Esgalwath, La nascita della leggenda

di Reira74
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 06 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 07 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 08 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 09 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 01 ***


DISCLAIMER:Il mondo di Arda e tutti i suoi personaggi sono di proprietà di Tolkien e di chiunque ne possieda i diritti.

 Esgalwath è profondamente ispirato (tanto che mi sento in obbligo di metterlo nei disclaimer anche se non viene mai citato) a Zevran Arainai del vidogioco Dragon Age di proprietà della BioWare che si è unito (non carnalmente... immaginate più una specie di possessione) al Principe degli Elfi creando questo “nuovo” personaggio che spero apprezzerete.

 Per quanto riguarda la storia è del genere fantasy più classico, quindi vi ricorderà moltissimi autori, per citare i miei preferiti che sicuramente in qualche modo avranno influenzato queste pagine potrei dirvi (escluso Tolkien ovviamente): R.A. Salvatore, Terry Brooks, U.K. LeGuin,  M. Weis e T. Hickman, M.Z. Bradley... e molti altri... (scusatemi ma non posso citare tutti gli scrittori di fantasy esistenti altrimenti non vi resta più il tempo per leggere la storia)

 

 Questa storia non ha alcun fine di lucro, né intende infrangere alcuna legge su diritti di pubblicazione e copyright.


Pairing:  Un elfo e un uomo... chi sono? Non fatevi ingannare dai nomi li conoscete benissimo!

 

Warnings: Ovviamente Slash, anche se piuttosto blando, almeno inizialmente... Hey accontentatevi! (schivando pomodori) Non doveva neppure esserci... ma a quanto pare non ho saputo resistere.


Rating:  Parte basso poi lo alzerò a causa di alcuni capitoli, ma per la maggior parte è una storia tranquilla.


Riassunto:  Dimenticate tutto quello che il professore vi ha raccontato...

 Prima Era... Purtroppo per Arda Melkor è riuscito a sconfiggere i Valar e ora regna incontrastato col titolo di Dio/Re.

La situazione peggiore è vissuta dagli Elfi, i Priminati nonché prediletti dei Potenti, che si sono rifiutati di voltar loro le spalle fino alla fine, e sono stati quasi completamente sterminati nell'Ultima Grande Battaglia, i superstiti sono diventati servitori (o peggio) nelle case degli Umani controllati direttamente da Melkor (che nonostante la vittoria teme la loro forza) con la magia.

 Per Umani e Nani la vita non è tanto tragica, essendosi alleati col vincitore godono di una relativa libertà, o perlomeno della libertà di cui si può godere sotto il giogo della tirannia, ma dopo diecimila anni la vita scorre tranquilla, la gente accetta quello stato di cose perché così è sempre stato e non possono immaginare una vita diversa...

… Le persone semplici si sa non si pongono domande sulla morale, si nasce, si lavora, si pagano i tributi e si muore...

… Ma dove c'è un tiranno, sempre, prima o dopo, qualcuno si sveglierà dal torpore e vedrà la possibilità di un mondo migliore...

Sempre dove c'è un Tiranno un manipolo di Eroi si ergerà a difendere quegli ideali da tempo dimenticati.

Giungiamo così a quella che sarebbe la Terza Era, se ci fosse stata la Seconda, cosa che non è successa, hai tempi che tutti voi conoscete, ma che purtroppo non riconoscerete...


Note:  Ricordo che quando ho parlato dell'idea di una What if? Che andava indietro fino alla Prima Era qualcuno (non sai quanto avevi ragione TajMa!) mi ha definita coraggiosa... folle era un termine più appropriato... mi sono ritrovata in mano un vespaio, tutta la storia andava riscritta per dare un senso alle cose, tradizioni, luoghi, persino i nomi (è già... il caro professore doveva dare un significato anche a quelli!) come poteva essersi evoluto il mondo in un arco di più di 10.000 anni? Pensateci sono tantissimi, la nostra Era Glaciale è finita 12.000 anni fa e guardate quanto ci siamo evoluti noi!?!

Comunque tornando al presente quella che doveva essere una breve Fanfic su un personaggio ha cominciato a ribellarsi e a crescere per rendere più reale questo mondo.

Spero di essere riuscita almeno in parte in questo intento, se non ce l'ho fatta perdonatemi, e non lesinate le critiche perché sono il modo migliore per migliorare.



*CAPITOLO 1*


Il mio nome è Halvilisson* e sono qui per raccontarvi una storia, anzi due storie.

La prima la conoscete tutti è quella che avete sentito mille volte e narra di come Melkor l'Illuminato, da solo si oppose all'oppressione dei perfidi Valar, riuscendo a unire sotto la sua giusta causa, la giovane razza degli uomini, quella dei nani, dei draghi e persino le potenze rinnegate come i Balrog e gli altri spiriti, persino gli Istari riconobbero la verità delle sue parole, lottando contro l'oppressione dei Dimenticati.

Solo i Priminati, restarono soggiogati dalle menzogne degli Oppressori, purtroppo le loro menti erano semplici, poco più sviluppate di quelle delle bestie, e come le bestie il loro animo era avido di sangue e amavano assai la lotta, fu quindi facile per quegli sciagurati soggiogarli e scagliarli contro il nostro Giusto Signore, e fino alla fine Egli, seppure nella sua infinita bontà molto ci provasse, non riusci a portare la ragione nei loro cuori feroci.

Molto se ne dispiacque, ma per raggiungere il suo scopo e distruggere i Valar Rinnegati, dovette quasi estinguere quelle prime creature, che, seppure non perfette, egli amava come figli.

Cercò con la magia di migliorare i sopravvissuti, ma dopo secoli di esperimenti riuscì solo a creare la nuova razza degli Orchi, che sebbene più disciplinati degli elfi, ancora indulgono nella disobbedienza.

Più di diecimila anni sono passati dai terribili giorni della Guerra dell'Ira, il Nostro Signore uscì vittorioso, i crudeli Valar vennero annientati così come i loro stolti servitori, da allora Arda ha conosciuto solo Ere di pace guidata dalla luce di Melkor il Pacificatore.

Pochi Elfi sono stati magnanimamente risparmiati, perché nessuno possa dimenticare il passato, naturalmente, vista la loro indole aggressiva ogni Elfo deve essere registrato al Signore in persona ed è solo Lui a poterne autorizzare la proprietà.

Fin dalla nascita viene loro imposto un Sigillo che garantisce la loro obbedienza e gli impedisce di far male a se stessi e ad altri, la maggior parte di loro è tenuta come animali esotici e curiosi nelle esposizioni delle città, dove possono essere osservati in sicurezza, solo ai Lord più ricchi e potenti a volte è concesso di possederne uno personale e incredibile ma vero pochissimi tra i bordelli più eleganti hanno ottenuto la licenza per metterne uno a disposizione dei clienti più facoltosi e perversi, dietro ferree misure di sicurezza e ulteriori vincoli magici.


Questa storia la conoscete tutti, ma come dicevo c'è un'altra storia, una storia che nessun umano dalla breve vita conosce e nessuno ricorda, che pochissimi nani ricordano e nessuno osa raccontare, che forse tutti gli elfi racconterebbero ma nessuno può parlarne.

Io conosco questa storia, la sentii migliaia di anni fa dalle labbra di un nano morente, che in quel momento nulla più temeva, insieme a due compagni la sentimmo e non vi credemmo.

Nella sua innocenza uno di noi racconto quelle parole al nostro Signore, il giorno dopo la sua testa pendeva dalle mura del castello.

Il mio secondo amico si recò dal Saggio Sire a chiedere spiegazioni e non venne più rivisto, così nessuno seppe mai che eravamo in tre ad aver sentito quella storia.

Con nessuno ne feci parola, perché guardando le orbite vuote divorate dai corvi del mio compagno avevo in fine compreso che c'è una storia che tutti conoscono, ma è quella sconosciuta che si avvicina maggiormente al vero.


Quel giorno feci una scelta, scelsi la via della verità, ero uno dai Custodi del Sapere, ma compresi quanto vano fosse quel titolo, eravamo custodi del nulla, solo di ciò che Melkor l'Ingannatore considerava degno conoscere.

Quel giorno scelsi la via della pazienza, e per anni nell'ombra cercai, le tracce del reale passato, camminai nel mondo, silenzioso come il vento, ascoltando i lamenti sussurrati vicino al focolare, non era amore quello che legava la gente al suo Dio-Re, ma paura, una paura così profondamente radicata che neppure si accorgevano di provarla.

Raccolsi attorno a me un manipolo di saggi e sempre nascosti continuammo la nostra ricerca, I Custodi del Sapere Oscuro ci chiamava Melkor, e sempre ci dava la caccia, ma sfuggenti come nebbia eravamo e il nostro potere aumentava.

Quel giorno scelsi la via della pazienza, ma oggi dopo quasi cinque millenni, sono qui a raccontarvi questa storia, perché giunto è il momento di agire.

Chi sono io? E come posso essere vissuto tanto a lungo? Come il vostro Dio-Re e i Valar io sono eterno, vivevo alla corte di Eru Ilúvatar, egli mi creò solo a loro inferiore, io sono un Maiar, uno di quelli che cedette al fascino della sua voce suadente, a quei tempi ero conosciuto come Olórin e saggio ero considerato, saggio non lo fui davvero, ma forse non è troppo tardi per porre rimedio.


Era ormai tarda mattinata quando un giovane uomo percorreva i grigi corridoi decorati da arazzi dei più svariati periodi della fortezza tra le montagne, dirigendosi a lunghe falcate, con la tranquillità di chi conosce bene la strada che sta percorrendo, verso lo studio del vecchio.


La fortezza di Ýridhindhren* sorgeva nel punto in cui le Montagne Nebbiose si congiungevano ai Monti di Ferro, in una profonda vallata scaldata dai vapori vulcanici dove il tempo non mutava mai con le stagioni, fatta della stessa pietra grigia dei monti appariva come un ammasso casuale di edifici, di stili e dimensioni diverse, ma nel suo disordine presentava una certa bellezza.

Costruita in origine come uno spartano rifugio in pietra sull'isola al centro del lago si era ampliata nei secoli con il sopraggiungere di nuovi seguaci che nel tempo si erano uniti al Maiar, maghi, eruditi, storici, linguisti, ma anche gente semplice con l'unico intento di aiutare chi li aveva aiutati, tutti uniti da un unico obbiettivo, riportare al mondo la verità sul loro Signore.

Quella che ormai appariva, soprattutto grazie all'aiuto dei nani, come un'imponente fortezza, ospitava centinaia di persone, organizzate in due gruppi principali, gli Eruditi e gli Stregoni, avevano chiamato se stessi Lehtaristari* per sottolineare il fatto di non essere influenzati da Morgoth.

Gli Eruditi si occupavano di raccogliere e catalogare ogni tipo di conoscenza che potessero trovare, dalla pergamena più antica alla testimonianza di un contadino, il mosaico che cercavano di comporre era tanto ampio quanto lacunoso e nulla poteva essere ignorato, col trascorrere dei secoli la biblioteca del palazzo era diventata la più completa e eterogenea raccolta di sapere si potesse trovare ad Arda.

Gli Stregoni invece cercavano di affinare i loro poteri, anche con l'aiuto degli antichi tomi trovati dagli studiosi, in modo da poter contrastare il potere degli Stregoni Neri addestrati da Melkor, ognuno agiva in base alle sue doti e al suo carattere quindi c'era chi si prodigava per curare, chi preferiva difendere e chi non disdegnava attaccare, i più vecchi e dotati insegnavano ai più giovani, in questo modo anche quelli la cui magia scorreva solo lievemente nel sangue imparavano a essere utili.

Entrambi i gruppi poi collaboravano assieme per studiare i manufatti che gli Harmairoitlar* portavano, spesso si trattava di potenti oggetti magici che andavano maneggiati con cura.

Solo i più fidati tra loro conoscevano la vera identità dell'uomo che tutti chiamavano Maestro, per gli altri era solo un Istari, molto potente e molto anziano con un grande sogno che volevano aiutare a realizzare.

Aveva l'aspetto di un vecchio il Maestro, con lunghi capelli e la barba imbiancati, era in quel momento seduto nel suo studio, circondato come sempre da pergamene che ricoprivano interamente l'ampio tavolo scuro, però non stava leggendo, comodamente seduto su una poltrona di broccato rosso che faceva risaltare in modo bizzarro le umili vesti grige, fumava da una lunga pipa, aspirando lentamente e osservando dalla grande finestra verso i giardini, dove alcuni ragazzi giocavano spensierati, ragazzi che erano nati li, ragazzi che non avevano ancora conosciuto il dolore del mondo se non attraverso le storie dei grandi.

Quanto tempo era passato da quando era giunto su quell'isola, quanto tempo era passato da quando il primo uomo aveva chiesto di seguirlo, quell'uomo era morto ed era ormai polvere ma molti erano venuti dopo di lui, non aveva voluto questo, non l'aveva cercato, ma la decisione presa tanti anni prima era stata il sassolino che aveva smosso la valanga e ora erano una comunità numerosa e ben organizzata, quello che lo spaventava però era il potere raccolto su quell'isola... quasi tutti quelli che possedevano un briciolo di magia e non volevano sottostare all'Ingannatore finivano per raggiungere quel luogo... strani sogni, strane coincidenze che portavano ai giusti incontri, era successo troppe volte perché potesse ancora credere alla casualità, c'era un Potere all'opera nel mondo e lo aveva scelto per portare avanti il suo disegno, ma quale che fosse questo Potere non gli era dato saperlo, non si era mai manifestato se non attraverso quella che molti definirebbero solo fortunata casualità... lui era al mondo da troppo tempo per credere alla fortunata casualità... questo Potere gli stava dando le armi per combattere ma non quelle per vincere, non si illudeva sul fatto che la loro piccola comunità per quanto ben addestrata potesse sopportare un attacco ben eseguito, erano troppo pochi... L'unica cosa che li aveva salvati fino a quel momento era la segretezza. Ma per quanto tempo ancora potevano nascondersi agli occhi dell'Oscuro Signore? Per quanto tempo Lui avrebbe sottovalutato una tale concentrazione di magia? Perché era questo che faceva, li stava cercando questo è vero, ma se li avesse ritenuti realmente una minaccia, li avrebbe trovati da tempo. Per quanto tempo la vita sarebbe continuata pacifica in quella valle celata dal fumo dei vulcani e dalle alte cime?

Con questi pensieri si girò ad accogliere l'uomo che attendeva sull'uscio aperto, un giovane dai lunghi capelli scuri e la pelle abbronzata di chi preferisce la vita all'aperto, gli abiti di cuoio semplici su cui spiccava una lunga e minacciosa spada, portava un piccolo arco in spalla, certamente più adatto alla caccia che alla battaglia, ma il particolare che era impossibile non notare erano gli occhi di quell'uomo di un azzurro così intenso da ricordare le profondità dell'oceano e come l'oceano rispecchiavano in superficie le correnti del suo animo.


 -Ho sentito che mi stavi cercando Halviliss-

-Sei giunto infine amico mio, a lungo ti ho cercato, è giunto il momento di smettere di cercare la conoscenza e agire per trovarla, ma non posso farlo da solo e necessito del tuo aiuto-

-Parli come sempre per enigmi, ma da tempo mi fido delle tue parole. Parla dunque, quale missione mi attende, in quale nuova mortale ricerca dovrò dirigere i miei passi-

-Mortali non lo sono mai state, tant'è che sei qui a rimproverarmi o parlo forse con uno spirito?-

-Mortali non lo sono state per fato e abilità, non certo per mancanza di pericoli-

-E sia, ma il fato ti è propizio e l'abilità non ti manca. Ma prima di chiedere nuovamente il tuo aiuto voglio che tu conosca l'intera storia, perché se grandi ti erano parsi in passato i pericoli ora ti dico che niente ti parranno davanti a ciò che sto per chiederti-

-Parla dunque, hai la mia attenzione e molto hai risvegliato in me la curiosità-

-Ascolta perché ciò che ti rivelerò sarà la mia condanna a morte se male ho interpretato il tuo cuore, oggi metterò il mio destino e quello di molti nelle tue mani-


Parte della storia che raccontai già la sapete, rivelai il mio nome e la mia natura e poi raccontai la seconda storia, quella udita dal nano, quella che cambiò la mia vita.


-Era vecchio il nano, molto vecchio anche per la sua razza, alcuni dicono che avesse più di tremila anni, si chiamava Durin il Senzamorte, e non furono gli anni a ucciderlo ma la spada di un orco, eravamo lì quando successe, cercammo di salvarlo ma era troppo grave, lui lo sapeva e per questo parlò. Aveva partecipato alla Guerra dell'Ira e aveva visto la luce degli Elfi, non la descrisse come un'aura malefica e malsana come sempre ci avevano raccontato, ma come una radiosa luce di pace, lui aveva visto il vero volto dei Valar, li aveva visti ritirarsi... bada bene, ritirarsi non morire, per evitare che quella guerra tra Potenze distruggesse ogni cosa, si erano ritirati per amore dei loro figli, tutti i loro figli. Anche io ero lì, eppure così ciechi erano i miei occhi che non avevo visto, ma un giovane nano aveva guardato e ricordato, si era alleato a Melkor non perché credesse alle sue parole ma per sopravvivere e far sopravvivere il suo popolo, perché aveva visto la crudeltà del suo sguardo e non voleva che i nani subissero il destino degli elfi. Per tutta la vita era restato fedele a quell'inganno per il bene della sua gente, ma nel momento della morte volle liberare il cuore da quel fardello. E disse un'altra cosa, quando i Valar si ritirarono anche gli Elfi lo fecero, e in molti erano sopravvissuti, fuggiti, celati alla vista dal potere degli Ainur, ma non alla sua vista forse perché il suo cuore piangeva per quel massacro... ma è importante che lui abbia visto, ora sappiamo che quello che viene raccontato è una menzogna e non tutti gli elfi perirono nella guerra.

A lungo ho cercato le prove a conferma di questo racconto e infine le ho trovate, poco per volta, raccogliendo frammenti di verità ora so che ciò che lui disse è vero.

Ciò che ti chiedo, amico mio, se accetterai, è ora di aiutarmi fuori da queste sale nella ricerca dei sopravvissuti e con il loro aiuto, se negli anni l'odio non li avrà corrotti, trovare la strada per i Valar così da chiedere il loro aiuto-


A lungo restarono in silenzio, il giovane e il vecchio, l'uno pensando a ciò che aveva appreso, l'altro attendendo la sua risposta.

-Mi hai dato molto su cui riflettere Maestro, non temere per la tua vita perché nel mio cuore non c'è amore per colui che chiama se stesso il Giusto Signore, molto ho viaggio e poco ho visto di giusto.

Questo però non significa che accetterò di aiutarti, molto mi hai dato da pensare e molte domande non trovano risposta. Perché quel popolo dovrebbe aiutare chi li voleva morti? Perché ora sarebbe diverso da allora per la sconfitta di Morgoth? Come trovare ciò che cerchiamo se pure un Ainur non ci è riuscito? Ma assieme a queste domande mi hai dato anche la speranza, la speranza in un mondo migliore, la speranza nella Luce che scaccia le Tenebre. Per questo non ti darò subito la mia risposta ho bisogno della notte per riflettere. Domani conoscerai la mia decisione-

 -E' giusto, niente mi sarei aspettato se non questo, ma vorrei fin d'ora che dimenticassi i miei nomi,  perché è troppo pericoloso pronunciarli fuori da queste sale. Halviliss è il nome di chi dovrebbe essere morto e Olórin un nome che nessuno dovrebbe ricordare. Ti sarei grato se mi chiamassi solo Mithrandir, il grigio pellegrino, poiché questo è il colore della nebbia in cui mi sono celato per tanto tempo, ed è un nome che non incute timore ne curiosità-

-Mithrandir, un nome appropriato concordo, un nome che verrà ricordato-

         




NOTE:

*Halvilisson: (Halda Nascosto+Vilissë Spirito+on)  Spirito nascosto

Ýridhindhren: (ýr Saggio+dîn Silenzioso+idhren Campo)  Campo del saggio silenzioso

Lehtaristari: (lehta Liberato+istar Saggio/Stregone) Stregoni liberi

Harmairoitlar: pl. (Harma Tesori+hir- trovare) Cacciatori di tesori

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Capitolo 2
*** Capitolo 02 ***


*CAPITOLO 2*


 Una notte di luna nuova, il momento migliore per agire, adoro le notti senza luna, le notti in cui solo le stelle gelidi diamanti rischiarano le tenebre, le notti in cui è facile nascondersi e colpire.

Perché è questo che sono, un'ombra tra le ombre, Esgalwath, Celato nell'Ombra, il mio nome e la mia vita racchiusi in una parola.

Non so se le persone che mi hanno messo al mondo si siano preoccupate di darmi un nome, quello che porto me lo diede la nana che mi ha allevato, era così che mi aveva trovato, un fagotto avvolto in stracci, nascosto tra le ombre di un vicolo della città bassa.

Ironia del destino, allevato e protetto da una nana, una della razza che più di tutte aveva massacrato i miei simili... non la mia razza, io non appartengo a nessuna razza, eppure quella nana è stata l'unica persona che abbia significato qualcosa per me, mi ha amato come una vera madre, mi ha nascosto, per evitare che mi portassero via, mi ha insegnato a muovermi furtivo e silenzioso tra quelle ombre da cui prendo il nome per non essere scoperto... e mi ha insegnato cos'è la morte.

 Avevo solo dieci anni quando è stata scoperta, tradita da un vicino invidioso che per puro caso aveva svelato il suo segreto. Non l'ho biasimato, la vita nella città bassa è dura e la mia cattura gli ha fruttato una bella ricompensa, ma non se l'è goduta a lungo, non l'ho biasimato ma è stata la prima persona che ho cercato quando sono fuggito.

Sono venuti di notte, non hanno fatto domande, l'hanno presa, fatta inginocchiare e le hanno tagliato la testa davanti ai miei occhi, per colpa mia, perché aveva voluto aiutare un neonato con l'unica colpa di avere le orecchie appuntite e una vita immortale.


Quel giorno venni marchiato, sapevo del Sigillo, lei sapeva, lei mi aveva insegnato tutto ciò che poteva, lei sapeva che dovevo crescere in fretta, non avevo tempo per giocare a fare il bambino.

 Il Sigillo, la gente crede che serva per controllarci, illusi! per quello ci sono le Chiavi, a cosa serve il Sigillo? A toglierci l'unica libertà che ancora c'era rimasta, quella di morire.

Nel periodo dopo la guerra ancora il Signore credeva di poter corrompere gli elfi al suo volere, ma si sbagliava, ben presto si accorse che questi preferivano la morte alla prigionia, così ideò i Sigilli che ci impediscono di recare volontariamente danno al nostro corpo.

In questo capisco i miei simili, quanto vorrei che la morte mi accogliesse a se.


Ero un bambino, ma a nessuno importava, ero solo un elfo, venni mandato in uno di quei rarissimi bordelli di lusso dove imparai molte cose utili, imparai ad aver cura del mio corpo perché fosse sempre agile e forte, imparai a controllare la paura e il dolore, imparai a soffocare ogni sentimento, imparai che il confine tra padrone e servo è sottile se si sanno giocare bene le proprie carte e io imparai a giocarle, sapevo cosa volevano da me e sapevo come darglielo, fino a rendermi indispensabile.

Non oso pensare quanto sia diventato ricco il proprietario di quel posto grazie alle mie doti, una sola notte con l'Elfo costava una fortuna, sono stati molti quelli ridotti alla rovina a causa dei miei occhi di ghiaccio che “solo loro” sapevano rendere azzurri e dolci, mentre lui continuava ad arricchirsi... un altro che non potrà godersi la sua fortuna, lui è stato il secondo.


Non so esattamente quanto tempo sono restato in quel luogo, sicuramente molto, ma il tempo perde significato se non può avvicinarti al giorno della morte, che senso ha allora calcolarne lo scorrere, comunque ormai ero adulto, e avevo imparato tutto quello che c'era da imparare in quel posto, così decisi di andarmene... e scelsi la mia vittima.

Doveva essere potente, abbastanza da ottenere il permesso di avere un elfo personale... e ricco, enormemente ricco, anche con l'intercessione del Signore in persona il mio padrone non sarebbe stato felice di perdermi, possibilmente non troppo furbo, ma quello non era un grosso problema, ci avrei impiegato più tempo ma alla fine sarei comunque riuscito ad averlo in mio potere.

Fu abbastanza facile farlo cadere nella rete, un sospiro deluso quando se ne andava, all'inizio debole, perché lui non doveva sentire quella mia debolezza, un sorriso timido al suo ritorno, molto impegno nelle arti amatorie, e nel tempo di pochi mesi saltavo ridendo tra le sue bracia vedendolo arrivare e una lacrima solitaria scendeva dai miei occhi color cielo sul suo petto, al pensiero delle altre persone che mi avrebbero posseduto fino al suo ritorno, perché “era lui, solo lui che volevo” finché un giorno venne a prendermi.

Come avevo pianificato le Chiavi del bordello vennero rimosse, le chiavi sono i vincoli magici con cui veniamo controllati, ci sono diversi gradi di restrizione, che vanno dal non recare danno a nessuno e non fuggire, quella base, a qualunque cosa passi per la mente del proprietario.

Per un breve periodo si sarebbero dovuti affidare a mezzi più fisici per assicurarsi che fossi inoffensivo, almeno fino a quando avessi raggiunto la mia nuova casa e ricevuto le nuove Chiavi, avevo contato esattamente su quello, era la base del mio piano.

Appena uscito provai l'irrefrenabile impulso di dimostrare la mia gratitudine al mio salvatore, sapevo già che non avrebbe saputo resistere, ero come una droga per lui, mi bastava uno sguardo per accendere la sua eccitazione, e non mi deluse neppure quel giorno, mi trascinò sul retro di una casa, scopandomi con violenza, e cedendo alle mie suppliche di slegarmi, “perché avevo bisogno di toccarlo, di sentirlo, di dimostrargli la mia gratitudine”.

Lo feci, gli dimostrai la mia gratitudine, prima di tagliagli la gola lo ringraziai guardandolo negli occhi e lui sorrise, era così perso nel mio sguardo da non accorgersi della lama che lo uccideva.


Lunghi anni sono passati da quel giorno in cui fui libero, lunghi anni in cui ho danzato con la Morte, ma anche la Morte è un'amante egoista, troppo presa dal suo piacere per concederlo anche a me, ma continuo ad essere un amante fedele a lei soltanto, nella speranza che un giorno lei mi conceda il suo abbraccio.

Sono Esgalwath, un assassino, una figura leggendaria, da quasi tremila anni vago per il mondo per confondermi e non rivelare la mia natura immortale, da quasi tremila anni vago per il mondo affinando la mia arte, posso essere crudele o rapido, silenzioso o teatrale, potrei ucciderti senza che tu neppure mi veda o ammaliarti fino a quando rischieresti la morte per guardarmi negli occhi e la troveresti, non ho padroni tranne quelli che mi pagano per i miei servigi, non ho un popolo, non ho amici se non le mie lame fedeli e l'ombra che mi segue da quando sono nato, sono il migliore perché la Morte mi ama, anche se non abbastanza da volermi con se...

… ma forse questa notte sarà quella giusta...


Era appostato nelle tenebre, immobile, studiava la sua vittima, come un predatore studia la preda, una grossa preda, non il solito riccone flaccido che si era fatto un nemico di troppo.

Ricordava il momento in cui aveva letto il suo nome sulla pergamena, era così che otteneva i lavori, dei contatti, persone utili solo per procurargli clienti, gli facevano avere un foglio di pergamena, a volte era solo un nome, altre volte c'erano indicazioni: deve sembrare un incidente, deve soffrire, prima di morire deve... e il sacchetto con le monete... passato un tempo adeguato per una vita umana si spostava... nuova città, nuovo contatto, nessuno lo cercava, nessuno lo aveva mai visto in volto se non le sue vittime.

Aveva trovato la pergamena e i soldi, l'aveva aperta e aveva avuto un brivido di piacere, finalmente una preda alla sua altezza, un sorriso gelido, no, nessuno era alla sua altezza, ma almeno questa volta si sarebbe dovuto impegnare.

Quell'uomo era un Harmairoitla, un cercatore di reliquie, anzi il cercatore di reliquie, una leggenda vivente, aveva sfidato la morte tante volte che persino lui lo ammirava, e come lui ne era sempre uscito vincitore.

Lo osservò con la sua vista acuta, si era accampato ai margini della città, un piccolo campo, un fuoco e una coperta, aveva udito che doveva incontrarsi con la sua squadra in quel luogo, una fortuna, affrontare il gruppo al completo sarebbe stato arduo anche per lui, si diceva che uno dei compagni fosse un mago piuttosto abile, ma così da solo era solo un uomo... si era aspettato di trovare un vecchio, magari ancora forte ma vecchio, erano molti anni che ascoltava le sue gesta, ma quello seduto intento a fumare era un giovane nel fiore degli anni, probabilmente possedeva il sangue dei Númenóreani, gli uomini ricompensati da Melkor per la loro fedeltà, lunghi capelli castani, trattenuti da un laccio di cuoio, lineamenti decisi, lo sguardo assorto e perso nel vuoto mentre fumava la pipa, l'aria di una persona che seppure sola nella notte non temeva nulla.

Era un peccato che dovesse morire, quello era un uomo che avrebbe potuto ammirare, ma aveva accettato il lavoro e lui manteneva sempre la parola.

Si riscosse dai pensieri, era sempre così prima di agire, la sua vita scorreva nella mente veloce, per ricordagli chi e cosa era, ma ora non poteva più attendere, era giunto il momento di rendere omaggio alla sua Signora.

Si avvicinò, silenzioso come un serpente, invisibile nella notte, leggero e elegante come il vento... si avvicinò fino a giungere alle spalle della preda e parlò.

Quello era un uomo che non meritava di morire con una lama nella schiena, quella era una delle poche persone degne di guardare la morte negli occhi.

-Sei pronto a incontrare la Nera Dama, Tàralelyol*?- come sempre il suono della sua voce lo turbò, non era abituato a sentirlo

-Sarò pronto quando sarà il momento, e non è questa la notte propizia, Esgalwath-

L'uomo si girò, lentamente, neppure un sussulto, si girò tranquillo aspirando la pipa, fissando i suoi occhi nell'altro, occhi profondi come il mare blu, occhi sereni, nessuna paura, nessuno stupore... gli occhi di qualcuno che lo stava aspettando... troppo tardi si rese conto che quell'uomo lo aveva chiamato per nome... troppo tardi il suo istinto gli gridò “TRAPPOLA”

Un colpo alle spalle e tutto fu buio.


Si svegliò, e immediatamente realizzò tre cose: era legato, era disarmato ed era vivo.

Sarebbe logico pensare che la prima cosa che uno realizza fosse quella di essere vivo, ma dal punto di vista pratico non era utile a farlo uscire da quella situazione, si era fatto fregare e non si erano neppure degnati di ucciderlo “Peggio per voi, avete fatto il primo errore” mantenne il respiro regolare, e restò immobile, non si dovevano accorgere che era sveglio.

Allertò i sensi per cogliere ogni cosa gli potesse tornare utile, non si trovava più all'aperto, questo era male, chiuso poteva significare porte da aprire... c'era un fuoco abbastanza vicino, sentì il calore sulla schiena, bene, il fuoco era un'arma... era steso a terra, pavimento di pietra, di nessuna utilità, legato con corde, non catene, bene, la corda poteva bruciare, gli avevano tolto tunica e stivali, male, non erano stupidi, si erano presi anche le armi nascoste... ascoltò i respiri e i passi nella stanza, tre... no quattro persone, la compagnia al completo, male, molto male, al momento non aveva opzioni di fuga, ma restava il loro errore, era vivo e poteva attendere un'occasione migliore, intanto doveva riuscire a capire i loro piani.

-Capo, non per offenderti ma hai notato che è un elfo vero?- “il nano, accento dell'est Moria... gente  dura quella, strano che accetti ordini da un umano”

-E' piuttosto difficile non notarlo-

-Ha il Sigillo, eppure è libero... hai mai sentito una cosa simile? Non hai pensato che potrebbe essere una trappola? Magari sta fingendo di essere libero per riferire al suo padrone le nostre intenzioni-

-No-

-Non è che potresti essere più chiaro? No è un po' vaga come risposta-

-Ho controllato, non ha nessuna Chiave su di lui- “Lo stregone, dannazione, non sopporto la magia”

-Non agitarti Gimli, scommetto che quella volpe di Tàr, già sospettava che avremmo trovato un elfo... oppure spaglio... capo...- “Una donna, sicuramente è quel famigerato arciere di cui si parla tanto, non pensavo fosse una donna”

-Hai troppa fiducia in me Rhawel, ma in questo caso hai ragione, lo sospettavo, da troppi anni la leggenda dell'assassino d'ombra vaga su Arda, in molte città in cui siamo stati ho sentito narrare la stessa storia, racconti troppo simili per appartenere a persone diverse, solo a fatica son riuscito a risalire a quel nome, Esgalwath, solo due possibilità si mostravano ai miei occhi, la prima era che si trattasse di una setta che addestrava i suoi seguaci nel medesimo modo, ma era la migliore che avessi mai conosciuto perché mai ho udito neppure una leggenda su una tale setta, la seconda possibilità, che si è rivelata quella esatta, era che avessimo a che fare con un immortale.- “E' furbo l'umano, capisco come abbia fatto a sopravvivere così a lungo”

-E a te Gimli dico che non credo che lui abbia un padrone, perché l'ho guardato negli occhi e ho visto lo sguardo di una persona che ha come unico padrone se stesso, sai che raramente mi sbaglio su queste cose... ma puoi chiederglielo tu stesso, dal momento che il nostro ospite è sveglio e attento...-

Aveva ancora gli occhi chiusi ma poté sentire gli sguardi puntarsi su di lui, era inutile continuare a fingere, li aprì lentamente, un sorriso furbo sulle labbra.

La luce lo ferì rendendo per un attimo tutto sfocato, quella macchia fulva che aveva davanti si rivelò essere il nano, una massa ispida e arruffata di barba e capelli con dietro un viso duro e due occhietti fin troppo attenti, nonostante si trovassero in quello che doveva essere il loro covo e lui fosse  al momento inoffensivo portava la cotta di maglia, poggiava entrambe le mani sull'enorme ascia bipenne come fosse un bastone da passeggio. Dietro di lui, alto e saldo nonostante l'età era lo stregone, l'aspetto scialbo non lo trasse in inganno neppure un attimo, gli occhi vivaci tradivano un'intelligenza fuori dal comune, nonostante il suo innato disprezzo per la magia, quel vetusto mago irradiava un senso di pace e tranquillità mentre lo osservava con un sorriso bonario. La donna, se così si poteva definire quella ragazzina di forse vent'anni, lo lasciò interdetto, alta poco più del nano ma estremamente più esile nascondeva quel poco di femminilità dietro abiti da ragazzo, pantaloni informi e una larga fascia di pelle stringeva così stretto il petto che se pure avesse avuto il seno sarebbe stato impossibile notarlo, portava i capelli corti di un nero corvino tanto lucidi da mandare bagliori scarlatti alla luce delle torce, almeno le ciocche che non erano tinte, era in uso nella nobiltà tingere i capelli, ma in genere veniva usato un colore alla volta, quella ragazzina invece si era divertita ad attingere a tutta la tavolozza di un pittore, sembrava fuori posto tra quei maschi imponenti, eppure se solo la metà delle storie sentite sull'Arciere erano vere aveva meritato il suo posto fra loro, ma era avventata, lo vedeva chiaramente dal modo il cui spostava continuamente il peso da un piede all'altro, lo sguardo che si posava su di lui e i compagni senza sosta, a differenza degli altri era nervosa e giovane, lei era il punto debole del gruppo, sarebbe riuscito a farla esplodere in un attimo appena avesse capito dove colpirla, e una volta infuriata avrebbe sicuramente fatto qualche errore.

Ma quello che incatenò il suo sguardo fu il loro capo, aveva già notato i suoi occhi, quegli occhi che lo avevano distratto, gli illuminavano il viso quando sorrideva, come in quel momento, un viso molto attraente, lineamenti forti ed nobili, la pelle abbronzata e un accenno di barba, il tutto posato su uno dei corpi più modellati che avesse mai visto, e lui ne aveva visti di corpi, gli abiti usurati e pratici non facevano altro che mettere ancora più in risalto la sua muscolatura, ma nonostante cercasse di valutare il suo nemico il suo sguardo continuava a tornare vero quegli abissi blu, tanto profondi da potersi perdere, e tanto penetranti da vederti l'anima.

Gli era bastato uno sguardo per valutare il luogo dove si trovava e i compagni invece continuava a osservare l'umano senza riuscire a definirlo.

-Come lo hai capito?- le parole uscirono da quelle labbra delicate taglienti e fredde

-Sei bravo, ma non abbastanza, le tue palpebre hanno tremato e hai perso un respiro- “Furbo, dannatamente troppo furbo, ma almeno posso vedere dove mi trovo e escogitare un piano di fuga”

-E' inutile- L'uomo lo guardò come potesse leggergli il pensiero -Non puoi fuggire, almeno non ora, presumo che col tempo potremmo fare un errore e abbassare la guardia, non possiamo sempre restare tutti in questa stanza a sorvegliarti, ma mi auguro che non arriveremo a quel momento- La sua voce era serena, sicura, le sue non erano minacce, ma semplici constatazioni

-Lo sai che sei morto vero? Sono stato pagato e porto sempre a termine il mio lavoro- anche la voce dell'assassino era calma anche per lui quella era una semplice constatazione.

-Riponi l'ascia Gimli, sapevamo perché era venuto-

Poggiò la mano sulla spalla dell'amico, poi si chinò sul prigioniero a terra e lo sollevò gentilmente mettendolo seduto su una poltrona.

-Pensi di salvarti la vita con la cortesia?-

-No, penso di farlo con le mie eccezionali doti diplomatiche- Scherzò -Ma... primo mi sta venendo male al collo guardando a terra, secondo la vista del tuo corpo seminudo ai miei pedi potrebbe farmi piacere ma non in questa circostanza, terzo ti abbiamo colpito troppo forte e, se non te ne sei accorto, stai sanguinando... ti sarebbe difficile uccidermi se morissi dissanguato-

"Così il mio corpo potrebbe piacerti... sviluppo interessante”

Chinò il capo remissivo per permettergli di vedere la ferita, un sospiro leggero quando gli scostò i capelli e un tremito appena percettibile mentre la sua mano calda gli accarezzò la nuca stendendo un unguento dall'odore pungente, per poi osservarlo con le ciglia leggermente abbassate e un sorriso imbarazzato quando lo ebbe di nuovo davanti. “Non è così spiacevole fingere”

La reazione dell'uomo fu fin troppo immediata, si sedette a cavalcioni su di lui, sfiorando col dorso della mano in torace liscio e scendendo sul bacino fino all'inguine, mentre le labbra scivolavano sull'orecchio allargandosi in un sorriso

-Te l'ho già detto... sei bravo, ma non abbastanza, sei sicuro di voler continuare questo gioco... potrebbe essere piacevole... inutile, ma piacevole- lambendo appena la punta con la lingua, e questa volta i brividi non furono finti.

Il númenóreano si allontanò osservando attento le reazioni suscitate, aveva agito d'impulso, non era stata sua intenzione provocarlo, erano lì per lavoro.

Confuso... Furioso... Seccato... Meravigliato... poi scoppiò in una melodiosa risata, quando aveva aperto la pergamena aveva capito che sarebbe stato un lavoro interessante, ma non aveva capito quanto...

-Dovevo provarci no?-

-Buon tentativo, immagino che di solito sbattere le ciglia così funzioni, e poi il modo in cui i tuoi occhi cambiano colore e impressionante, mi piacerebbe sapere come ci riesci-

-Se lo dicessi poi dovrei ucciderti- era tornato serio, ma nella stanza la tensione era notevolmente diminuita

-Non dovevi uccidermi comunque?-

-Ammetto che è un peccato ma porto sempre a termine il mio incarico-

-E siamo arrivati al punto, ora che non sei completamente concentrato su come fuggire, possiamo parlare di affari-

-Quali affari-

-Per prima cosa vorrei chiarire che NON hai nessun lavoro-

-Ah No?- Inclinò il capo sollevando un sopracciglio

-No, il nome sulla pergamena significava che dovevo incontrarti e non che dovevi uccidermi-

-Io non incontro i clienti-

-Lo so, è per questo che è stata necessaria un'esca, ma era fondamentale che ci incontrassimo, perché noi siamo il lavoro, dovresti farci entrare in un posto, a quanto si dice in giro sei il migliore-

-Vi siete presi tanto disturbo per niente, la mia risposta è No, lavoro da solo, se vi serve qualcosa pagate e lo farò... ma da solo- la voce era tornata fredda come era sempre stata, senza l'ombra di emozioni

-No, non da solo, dobbiamo essere noi a prenderla... e Si, lo farai- “Dannato mortale, come fa a essere sempre così tranquillo e sicuro”

-E' una minaccia? Non ho paura di morire, conosco la Morte, la mia signora e compagna non temo il suo abbraccio-

-Ci sono destini peggiori della morte-

"Un'altra constatazione, lo so, li conosco, e quelli li temo”

-Voglio fare un patto con te elfo, ascolterai la nostra richiesta e solo dopo deciderai. Se la tua risposta sarà ancora un No allora sarai libero di andare, puoi stare tranquillo che non tradiremo la  tuo identità, se non ti fidi della mia parola alla fine del racconto avrai in mano un segreto abbastanza grande per assicurarti il nostro silenzio-

-Ti fidi di me-

-Mi fido della tua parola, nulla di ciò che ho visto o sentito mi fa dubitare del tuo onore-

-E sia hai la mia parola, ascolterò e non tradirò il vostro segreto se voi non tradirete il mio, ma non dubitare la mia decisione non cambierà. Io lavoro da solo-

-Ma Tàr, non puoi pensare di lasciarlo andare! Ci serve il suo aiuto!-

-Non ho mai obbligato nessuno Rhawel, e non comincerò ora, se vorrà accettare sarà una sua decisione, se non lo farà troveremo un altro modo-

-Mithrandir, di qualcosa, cerca di farlo ragionare-

-In linea di massima sono d'accordo con lui, usare gli stessi mezzi dei Tiranni che combattiamo non ci porterà sulla via della Verità, trovo azzardato rivelargli i nostri propositi, ma mi sono sempre fidato del suo giudizio e non smetterò ora-

-Gimli?-

-Sono col capo, ragiona Rhawel, davvero ti fideresti di lui se lo obbligassimo con la forza o col ricatto? Alla prima occasione ci troveremmo con la gola tagliata- un sorriso maligno dell'assassino confermò le sue parole.

-E si, credo che per lui l'onore sia importante, forse l'unica cosa in cui crede veramente- poi rivolgendosi direttamente al prigioniero

-Non mi piaci, a essere onesto non ti capisco ed è questo che non mi piace, sembri cercare la morte più di quanto tu la porti, è un atteggiamento che non capisco, ma forse sbaglio. Per me non ha importanza, quello che importa è avere la tua parola, se così sarà cercherò di mettere da parte i miei dubbi e trattarti con rispetto- “Chi è questa gente? Come può questo nano aver capito tanto di me solo da qualche storia da osteria e qualche mia frase!”

Il capo della piccola Compagnia aveva osservato l'elfo per tutto il tempo, lo aveva visto sgranare gli occhi alle parole del nano, segno che ancora una volta l'amico aveva visto giusto, d'altra parte anche lui aveva avuto subito quel sospetto, anche se non lo avrebbe mai detto in maniera così diretta.

-Allora siamo tutti concordi? Rhawel?-

-Immagino che abbiate ragione...- poi rivolgendosi al nano -Solo una cosa vorrei farti notare Gimli, se davvero come dici tu è la morte che sta cercando, perché non mette da solo fine alla sua vita?-

-Perché non può, come non può fallire consapevolmente una missione per farsi uccidere-

Era stato l'uomo a rispondere, non il nano, ma la ragazza vide tutti gli altri annuire comprensivi, e l'elfo per la prima volta abbassare il capo sinceramente turbato.

Poi l'uomo continuò a spiegare

-E' per via del Sigillo, non serve a controllarlo come tutti pensano, ma questo lo sai altrimenti come ti spieghi il fatto che sia qui, quello che non sai è che il suo scopo è quello di impedirgli di farsi consapevolmente del male-

"Lo sanno, lo sanno tutti, e capiscono, capiscono la malvagità di cui è impregnato questo marchio, non bastava averci tolto tutto, doveva toglierci anche quell'unica piccola libertà, quella di scegliere la morte, l'ultimo crudele scherzo”

Ascoltò l'uomo continuare a spigare, lo sentì dire ad alta voce quello che lui stava pensando, nessuno lo aveva mai detto ad alta voce, neppure sua madre, lei gli aveva spiegato a cosa servisse e le ragioni pratiche, ma forse neppure lei aveva compreso cosa significasse veramente per un'immortale... loro invece capivano.

Per un istante, un microscopico istante, la corazza di gelo che lo avvolgeva sembrò incrinarsi, ma fu solo un istante, prima di rialzare lo sguardo con l'acciaio negli occhi.

Lui era solo un assassino, prima si liberava di quella gente meglio sarebbe stato.


La ragazza annuì, l'uomo si avvicinò facendolo piegare in avanti e con un unico colpo deciso del pugnale gli liberò le mani, poi le caviglie.

-Avete la mia attenzione, parlate- mentre si massaggiava i polsi per riattivare la circolazione accomodandosi languidamente sulla poltrona con una gamba sul bracciolo e l'altra distesa.

Ora era di nuovo padrone della situazione.




NOTE:
Esgalwath: Celato nell'ombra

Tàralelyol: Grande camminatore

Rhawel: Selvaggia/Indomabile

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Capitolo 3
*** Capitolo 03 ***


DISCLAIMER: Forse a qualcuno la descrizione della Torre ricorderà quella del film Conan il Barbaro... bhè avete ragione, mi sono ispirata proprio a quella.


*CAPITOLO 3*


-E' una follia- Aveva ascoltato in silenzio le parole dell'uomo e ancora non poteva credere alle proprie orecchie

-Ed è per questo che so che ci aiuterai-

-E io cosa ci guadagnerei?-

-Gloria, ricchezze, e una sfida alla quale non puoi rinunciare-

Il númenóreano non sbagliava, nel momento in cui aveva cominciato a spiegare quello che volevano fare, gli occhi dell'assassino si erano accesi per l'eccitazione, una sfida degna di quel nome, sarebbe stato interessante farlo, o morire provandoci... per tutto il racconto la sua mente non aveva fatto altro che valutare i possibili piani, e le possibilità di successo ed era giunto a due conclusioni... Primo: quella gente era assolutamente folle... coraggiosa, abile, intelligente, scaltra, ma completamente e irrimediabilmente folle. Secondo: si poteva fare, non c'erano molte possibilità, e la ragazza aveva ragione, avevano bisogno di lui, ma si poteva fare.

Aveva già deciso di non poter rinunciare a quella occasione, ma non gli avrebbe mai mostrato che l'idea lo eccitava al punto da accettare di lavorare in squadra, quella parte del piano era chiara, non potevano dirgli cosa prendere semplicemente perché non lo sapevano, ma loro sapevano cosa cercare, lui ci avrebbe impiegato mesi a sfogliare tutti i libri fino a trovare quello giusto.

-Tu la chiami sfida? Entrare nella Torre dell'Aurora, sotto al naso del braccio destro di Melkor e restarci finché non avrete trovato quello che cercate, che per inciso non sapete neppure cosa sia... io lo chiamo suicidio-

-Hai dimenticato uscirne-

-Cosa?-

-Hai dimenticato che vogliamo anche uscire da quella torre-

-Appunto... Follia pura-

-Allora, ci aiuterai? O non credi di esserne in grado, dobbiamo pensare che le storie che si raccontano sulla tua abilità sia solo fandonie-

-Bel tentativo mortale, ma non è facendo leva sul mio orgoglio che mi convincerai-

-Uhm, impari in fretta elfo, ma anche io dovevo provarci-

-Sappi che i miei dubbi non nascono dalla natura dell'impresa, che riuscirei facilmente a portare a termine da solo, ma dal fatto di dovermi portare appresso della zavorra-

-Piano con le parole bastardo- scattò il nano

-Calma Gimli, ha ragione, se avessimo il suo talento non saremmo qui a chiedere il suo aiuto-

Senza replicare Esgalwath si alzò, e si diresse verso la porta.

-E ora dove credi di andare?- la ragazza era pronta a fermarlo

-A cercare il modo di farvi entrare in quella torre... e di farvi uscire-

-Allora ci aiuterai-

-Avete la mia parola... Pagamento anticipato-

-Grazie- L'avventuriero gli allungò la mano grato dell'aiuto, stretta che ricambiò in fretta prima di  avviarsi fuori, ma con un ultimo ripensamento si rivolse di nuovo all'uomo

-Tàr... non affezionarti troppo il nano ha ragione-

-Su cosa?-

-Sono un bastardo- E scomparve nelle strade della città

La torre, enorme ed elegante costruzione di marmo carminio, dominava il centro della città di Nimbrethil, era la dimora di Sauron, braccio destro di Melkor, il più potente signore e stregone della Terra di Mezzo, troppo lontana per poterla scorgere, dall'altra parte del mare, sorgeva un identica torre, a Hanstovànnen, capitale del regno e sede del Dio/Re Melkor.

La base, liscia e completamente priva di finestre per decine di metri, si assottigliava salendo per attorcigliarsi su se stessa come se un enorme serpente la avvolgesse, se non bastasse questo a renderla impenetrabile il giardino era circondato da un alta muraglia e pattugliato ogni ora del giorno e della notte.

Un solo ingresso nelle mura, un gigantesco cancello di ferro, con sbarre grosse più di un braccio, due ingressi nella torre, quello principale e quello della servitù.

-Punti a nostro favore: gli arbusti e le piante del giardino sono abbastanza fitti da nasconderci tutti, le guardie ci impiegano abbastanza tempo per permettermi di entrare prima di tornare dall'altro lato della torre. Punti a sfavore: nessuno di voi sa arrampicarsi su una parete di marmo, e non siete abbastanza veloci per scalare le mura e nascondervi prima del ritorno delle guardie. Incognite: non so se riuscirete ad essere abbastanza silenziosi, non posso prevedere i movimenti degli abitanti della torre e non so se troveremo qualche tipo di difesa magica sugli oggetti che cercate... Vi avverto che odio le incognite-

Era tornato poco dopo l'alba, trovandoli praticamente come li aveva lasciati, e scoprendo che esclusa la giovane non erano affatto stupiti di vederlo “Si fidano veramente, strana, strana gente”

A meravigliarlo ancora di più era stato il fatto che avessero insistito affinché mangiasse qualcosa e si riposasse prima di ascoltare quello che aveva scoperto, non che gli fosse dispiaciuto, per organizzare l'agguato a quello che ora era suo socio e gli avvenimenti del giorno prima erano ormai due giorni che non mangiava ne dormiva, se non contava il tempo che era rimasto privo di sensi.

Aveva scoperto che gli avevano preparato una stanza e c'era dello stufato caldo che lo aspettava, quindi avevano fatto qualcosa oltre ad aspettarlo tutta la notte.

Dopo un paio d'ore di riposo era stato finalmente pronto a riportare le sue scoperte e a esporre il piano.

-E hai scoperto tutto in una notte- fischiò esterrefatto il nano

-Questo e altro ancora, la biblioteca che cercate è al settimo piano, due piani sotto le stanze private di Sauron, che per nostra fortuna al momento non è in città, non ho scoperto quando sarà di ritorno ma sicuramente non oggi, quindi se non avete obbiezioni proporrei di agire questa notte, preferisco non avere a che fare con lo Stregone... e vorrei lasciarmi alle spalle questa storia il prima possibile-

-Come sai dove si trova la biblioteca?- l'uomo decise di sorvolare sull'ultima frase

-Sono entrato- semplicemente, senza vantarsi come se fosse la cosa più naturale del mondo poi allungandosi felino sulla poltrona e sorridendo sornione

-Allora ho superato la prova?-

La risata del númenóreano era calda e forte come il vento del deserto

-Non mi aspettavo niente di meno, la tua fama è ben meritata-

-Se avete finito di divertirvi, possiamo cominciare a parlare di lavoro, cominciando dalle incognite-

-Sappiamo essere silenziosi quando serve, e tu lo sai bene, o non vedo forse un rosso livido sulla tua bionda testolina-

-Concesso mastro nano, se siete riusciti a sorprendere me, seppure distratto dal vostro capo, sarete sufficientemente silenziosi per delle guardie annoiate-

-Le difese magiche preoccupano meno me, che voi, posso occuparmene senza fastidio, cosa che voi  non sapreste fare Gwatheg-

A parlare era stato il vecchio, in un'altra circostanza si sarebbe offeso per quel nomignolo, ma quello stregone aveva qualcosa di rassicurante e nessuna parola che uscisse dalle sue labbra pareva offensiva.

-Gli abitanti non possiamo controllarli in nessuna maniera, dovremo affidarci alla fortuna per quanto poco mi aggrada-

-Se può consolarti il nostro Tàralelyol è la persona più fortunata che conosca- era ancora il vecchio

-Non credo nella fortuna, se esiste non si è mai degnata di presentarsi, credo nella mia abilità e nell'acciaio. Comunque sia quello che sia, questo è il mio piano...

Vado per primo, ragazzina sei in grado di lanciare un freccia con una fune al di là delle mura?-

-Con te legato alla fune mi darebbe più soddisfazione-

-Lo prenderò come un si. Dovrete salire uno alla volta, non c'è abbastanza tempo per farvi passare tutti assieme, quindi passerete uno per ogni giro delle guardie-

-Non c'è il rischio che vedano la fune-

-Ho detto che vi avrei portato dentro, non che sarebbe stato sicuro farlo, se avete idee migliori le ascolto-

Silenzio

-A questo punto dovrete restare nascosti finché non sarò entrato e sceso ad aprirvi la porta, fortunatamente di notte non c'è molta servitù in giro non dovrebbero esserci problemi, quindi prendete quello che dovete e ce ne andiamo da dove siamo venuti-

Silenzio

-Domande?-

-Solo una non avevi detto che non ti piaceva affidarti alla fortuna?-

-Infatti se ben ricordi mastro nano, ho detto fin dall'inizio che la vostra idea era pura follia, siete ancora in tempo a rinunciare- ghignò beffardo

-Nessun ripensamento, si va questa notte- l'uomo era risoluto, tanto quanto lo erano i compagni

-Mi piacerebbe sapere cosa ci possa essere di così prezioso in una pergamena da farvi rischiare tanto-

-Mi dispiace, se lo dicessi poi dovrei ucciderti- fu l'ironica risposta, ricambiata da una smorfia piccata.

Erano entrati, questo era già di per se straordinario, l'uomo gettò da una parte l'ennesima inutile pergamena, uno strano calore lo avvolgeva ricordando la figura scura che scivolava sulla parete liscia, come un ragno, seguendo appigli che solo le sue abili dita sentivano, no... non come un ragno, sembrava più un serpente, un sinuoso elegante serpente, immaginava quelle abili dita sulla sua pelle, quel corpo forte che scivolava sul suo... pessima idea... gettò un'altra pergamena, con troppa violenza, guadagnandosi un'occhiata omicida da parte dei compagni.

-Scusate, ma qui ci impieghiamo una vita-

Ancora pergamene su pergamene, il tempo passava, l'elfo era sempre più teso, ci stavano impiegando troppo

-Forse ho trovato qualcosa, Mithrandir, da un'occhiata- al sussurro della ragazza tutti si voltarono in attesa.

-E' lei?-

-Si, è quella giusta-

-Fuori allora... non c'è tempo da perdere-

Si muovevano silenziosi lungo le scale, scivolando tra le ombre coperti dai lunghi mantelli scuri che li rendevano quasi invisibili nell'oscurità, fino al piano terra, lentamente la speranza sulla riuscita dell'impresa cominciò a prendere forma nei loro cuori... quando tutto svanì improvvisamente...

una porta che si apriva, una giovane cameriera, un vassoio, il rumore dei vetri rotti assordante nel silenzio, il grido soffocato dalla lama dell'assassino... ma era troppo tardi, in molti si affacciarono per vedere la ragione di quel baccano, e mancava il tempo di farli tacere tutti prima che cominciassero le grida

-Correte!-

E corsero, più veloci che potevano, anche le guardie correvano, ormai non potevano più nascondersi, non c'era il tempo di scalare le mura, ma la fortuna li assistette ancora... il cancello era aperto...

-Al cancello! veloci!-

Le grate cominciarono a scendere lentamente, il nano fu il primo, seguito dalla ragazza che si era fermata a scagliare un paio di frecce, anche il vecchio stregone, nonostante l'età passò agevolmente, solo l'uomo e l'elfo si erano attardati per coprire la fuga degli altri

-Venite! Presto- Li sentirono gridare...

L'avventuriero si gettò a terra passando sotto alle grate quasi chiuse pensando di essere seguito dall'altro e così sarebbe stato se un colpo fortuito di una guardia non lo avesse sbilanciato quel tanto che bastava per fargli perdere l'attimo e sentire il tonfo sordo delle barre chiuse dietro di lui.

-Ho mantenuto la parola, siete fuori- mormorò rivolto più a se stesso che agli altri, udito solo dall'uomo appena oltre il cancello che non accennava a muoversi, combattuto tra cercare un modo per tornare indietro e la salvezza... non c'erano modi per tornare indietro, e se ci fossero stati nulla avrebbero potuto contro tutte quelle guardie, solo in quattro, cinque con l'elfo che presto non sarebbe stato più in condizioni di combattere. Ma non riusciva a lasciarlo, non aveva mai lasciato indietro nessuno fino a quel momento, vide le frecce di Rhawel scintillare veloci oltre le sbarre, anche lei non poteva fare molto, come lui anche gli altri non riuscivano a lasciare un compagno. Non che l'assassino fosse un vero compagno, a Rhawel neppure piaceva, ma li aveva aiutati, avrebbe potuto fuggire, invece si era trattenuto per coprirgli la fuga, gli sarebbe piaciuto pensare che l'avesse fatto per un altro motivo oltre quello di mantenere la parola data, purtroppo non ci sperava molto...

Era circondato, non aveva possibilità di fuga, eppure continuava a resistere, non aveva più possibilità di attaccare erano in troppi, si limitava a parare e schivare, ma a ogni ferita i movimenti erano più lenti... Cadde, le guardie si fermarono sicure di aver vinto, ammirandolo, forse, quando lo videro puntare un ginocchio a terra e rialzarsi. Ripresero i colpi, le vesti dell'assassino rese più scure e pesanti dal sangue suo e di quelli che aveva ucciso, cadde una seconda volta, e ancora gli assalitori si arrestarono, curiosi di vedere quanto sarebbe resistito, tentò di rialzarsi di nuovo ma le forze lo abbandonavano e dopo un attimo il ginocchio batte violentemente al suolo, ma pure da quella posizione le braccia si sollevarono pronte per continuare la lotta, non si sarebbe arreso almeno finché gli restava la forza di sollevare le sue armi.

Intanto Tàralelyol restava immobile, la mano tesa verso il cancello, incatenato a quegli occhi di ghiaccio...che si erano sollevati verso di lui, non stava più combattendo, le braccia erano scivolate inermi lungo i fianchi, il rumore secco del metallo contro la pietra mentre le lame gemelle cadevano a terra... lo osservava...

-Fuggite! Sciocchi!- Furono le sue ultime parole prima di crollare in avanti, i lunghi capelli biondi sparsi sulla pietra rossa del suo stesso sangue.



NOTE

Gwatheg: piccola ombra

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Capitolo 4
*** Capitolo 04 ***


*CAPITOLO 4*



E fuggì, con un peso nel cuore, ma finalmente trovò la forza di muovere le gambe e fuggire

-Tornerò...- non era sicuro che l'altro avesse sentito, era ferito e forse privo di sensi, ma non era morto, non poteva essere morto.



-Devo trovarlo- non era arrabbiato, non lo stava chiedendo, semplicemente li metteva al corrente della sua decisione.

Avevano dovuto lasciare la città, erano inseguiti, e non potevano correre il rischio di svelare il loro nascondiglio, per fortuna erano anche certi che nessuno li potesse riconoscere, il cappucci li avevano nascosti per tutto il tempo, rendendo loro possibile ritornare quando avevano avuto la certezza di aver seminato gli inseguitori

Ed eccoli lì, nella stanza dove diversi giorni prima avevano portato in assassino svenuto, a osservare il loro capo percorrerla a grandi falcate

-Non credo che lui si darebbe questa pena per uno di noi-

-Non è stato lui a mettere noi in questo guaio-

-Non lo abbiamo obbligato, e poi cosa ti fa credere che sia ancora vivo?-

-E' un elfo, hai un'idea di quanto pochi ne siano restati? Non lo sprecheranno uccidendolo e non ho visto nessun colpo mortale, le stesse guardie si trattenevano ben conoscendo i desideri del loro padrone-

-Ma è un ribelle, è riuscito a fuggire una volta, di certo non si fideranno a lasciargli le libertà di un servitore... e purtroppo per lui non credo che un assassino avrebbe molti clienti in un bordello-

-Non avrebbe molta importanza quello che ha fatto una volta che gli avranno messo le Chiavi, ma non credo che sarà quello il suo destino, avranno capito che è furbo, già una volta è riuscito ad eludere i vincoli e liberarsi-

-Però, ancora non pensi che sia morto?-

-No, se non è morto per le ferite quando lo hanno preso e come ho detto non penso lo sia, c'è un unico posto dove possono averlo portato e sono sicuro che lo troverò li-

-E dove?-

-All'Esposizione-

Il vecchio annuì pensieroso, il nano restò a bocca aperta, bloccando la replica che stava per uscire, la ragazza rabbrividì.

Lo sapevano, avevano visto gli zoo in altre città, e sapevano che, se il signore del luogo poteva permetterselo, gli elfi erano le attrazioni più ammirate, queste creature selvagge e sanguinarie, perché era così che venivano descritte nelle storie, spaventavano i bambini e incuriosivano gli adulti, non si potevano certo paragonare agli animali, per quanto esotici.

Non erano solo gli elfi a subire quel destino, ma ogni creatura che non potesse essere controllata da Melkor... Draghi della Luce, Spiriti degli Elementi, creature così rare e leggendarie che vederle in quella condizione metteva i brividi...

Loro lo sapevano, ma preferivano non pensarci, soprattutto non pensare che quel destino toccasse a qualcuno che conoscevano, qualcuno che aveva un nome, qualcuno che prima di incontrarli era libero.

E così la risposta cinica che il nano stava per dare, mutò in una semplice domanda

-Capo, lo sai che il tuo cuore troppo tenero ci farà ammazzare tutti, prima o poi, vero?-

-Non vi ho chiesto di venire-

-Non lo fai mai, eppure ti seguiamo ogni volta, spero almeno che quel principino vanitoso ci sarà riconoscente- anche la giovane non avrebbe lasciato mai nessuno a quel destino

-Mi sarei stupito se non avessi cercato di farlo ragazzo mio, se ho scelto te per questa missione è stato perché ho visto il tuo cuore ed è il cuore di un uomo che non lascerebbe un amico in pericolo-

-Grazie delle tue parole Mithrandir, anche se dubito che lui ci consideri suoi amici-

-Ma non è ciò che lui pensa quello che conta, ma ciò che pensi tu-



La mattina dopo un distinto nobile númenóreano passeggiava distrattamente tra la gente in visita al serraglio, i lunghi capelli castani legati in una morbida coda, un'elegante tunica corta color porpora lasciava scoperte le lunghe gambe muscolose fasciate da una calzamaglia alla moda, gli occhi blu si illuminavano divertiti ogni volta che la giovane e graziosa nobildonna, abbigliata come lui di rosso solo di tono più chiaro e coi capelli castamente coperti da un velo, si stringeva spaventata al suo braccio, quando passavano vicino alla gabbia di qualche bestia feroce, sorriso non dato dalla paura della damigella, ma dalla sua abilità nel simularla.

-Questi vestiti ci sono costati una fortuna e sono anche terribilmente scomodi-

-Sei l'unica donna che conosca che non ami i servigi di un sarto- rise l'uomo di gusto

-Amerei i servigi dei sarti se non si divertissero a trattarmi come un puntaspilli e sapessero cucire anche abiti che permettessero a una donna di muoversi-

-E' un vero peccato, perché quel abito ti dona molto, io non lo butterei se fossi in te, ho già notato gli uomini lanciarti diverse occhiate tanto che se fossi realmente il tuo promesso potrei esserne geloso-

-Ma non essere ridicolo- mormorò arrossendo -Comunque anche tu non sei male-

Sapevano perfettamente dove andare, non avevano bisogno di sapere che fosse lì, la folla che si accalcava davanti a quelle sbarre era un indizio più che sufficiente, nessuno notò le spalle del nobile irrigidirsi e le labbra della giovane stringersi, e seppure qualcuno le avesse notate le avrebbe certamente attribuite allo sgomento creato da quella creatura feroce, che seppure imprigionata era comunque spaventosa.

Cosa ci fosse di terrificante Tàr non lo comprendeva, era anche lui cresciuto sentendo narrare storie sulla ferocia degli elfi, ma osservandoli non ne aveva mai trovato traccia, e tanto meno la vedeva ora, doveva ammetterlo, i carcerieri avevano fatto un lavoro eccelso, non portava calzari, e la sua pelle era coperta solo da una corta striscia di pelle legata su un fianco, una linea sottile di intricati tatuaggi gli circondava la gola scendendo poi lungo il torace fino all'ombelico, due sottili lacci di cuoio gli stringevano i bicipiti, scivolando immobili lungo il braccio, immobile... quella era la parola, come si poteva trovare qualcosa di feroce in quella creatura immobile.

Era seduto a terra, con le gambe incrociate e le braccia lungo i fianchi, la schiena appoggiata alla fredda pietra, il capo chino, la lunga chioma bionda gli ricadeva sciolta sulle spalle, nascondendo il suo viso, perché stava nascondendo il viso? Cosa non voleva che la folla vedesse? Furia? Rabbia? Odio? Almeno erano queste le emozioni che l'uomo sperava di poter scorgere in quegli occhi, non voleva neppure prendere in considerazione le altre.



Forse sentendo inconsciamente, quello sguardo penetrante su di se, il prigioniero sollevò gli occhi, rivelando all'uomo proprio quel sentimento che non voleva vedervi... rassegnazione, sconfitta... ma fu una visione veloce prima che viso scendesse nuovamente a fissare il pavimento grigio.



Sentiva tutti quegli sguardi su di se, lui che per millenni si era nascosto a ogni sguardo ora si ritrovava in una gabbia spoglia, sotto gli occhi di tutti, senza neppure un ombra a velare la sua umiliazione, quelle occhiate gli bruciavano la pelle, le sentiva percorrere la sua figura come insetti disgustosi e non poteva fare nulla se non rifugiarsi nei suoi pensieri cercando di ignorarle.

Finché una sensazione forte, come se uno di quei dannati insetti lo stesse pungendo in profondità, come se volessero strappargli la pelle e mettere a nudo anche la sua anima, una sensazione che solo davanti a una persona aveva provato... sollevò lo sguardo, sicuro che tra tutti quegli occhi ne avrebbe visti due del colore del mare.



“Dannato bastardo mortale, sei venuto ad ammirare il risultato delle tue bravate? Non ti bastava avermi messo in questa situazione? No, lui voleva ammirare il crudele assassino in catene... Che tu sia maledetto assieme ai tuoi compagni! E che sia maledetto anche io! Avrei potuto fuggire facilmente, niente me lo impediva, se non la parola data... Quella e il fatto che quei maledetti mi piacevano, mi piaceva essere trattato come una persona e non come una cosa o un animale! E guarda quello che ci guadagno! Sono fregato, questa volta non si lasceranno raggirare... ecco a voi la fine della leggenda vivente! Sei soddisfatto mortale? Hai avuto quello che volevi, non puoi almeno lasciarmi impazzire in pace! Maledetto, che tu sia mille volte maledetto! E che almeno il doppio lo sia io! E maledetta sia anche la Nera signora! Morte unica compagna e amante che ancora una volta mi hai rifiutato, non potrò dunque mai compiacerti abbastanza? Non sarò mai degno della tua compagnia?”

Aveva continuato per ore in quel lungo e silenzioso monologo, alternando rabbia e sconforto, escludendo il mondo attorno a se, aveva sentito il giungere della notte umida, e gli sguardi che smettevano di torturarlo, finalmente solo nel silenzio, si era alzato muovendosi nello spazio ristretto per dare sollievo alle gambe, troppo a lungo rigide... troppo stanco per poter riposare, aveva fame e sete, non gli portavano da mangiare da due giorni, non erano contenti di lui e non avrebbe avuto nulla finché non si fosse deciso a “dare spettacolo” nessuno pagava per vederlo immobile sul pavimento... non lo picchiavano per non rovinare il suo aspetto, avevano metodi più ricercati loro, sapeva bene che alla fine avrebbe dovuto cedere, sentiva i crampi allo stomaco, e la gola bruciava, non poteva resistere a lungo prima che quel dannato Marchio lo costringesse a fare quello che volevano per sopravvivere.

Poi aveva udito quel suono, un rantolo seguito da un tonfo sordo, un suono che lui conosceva fin troppo bene, il suono di una vita rubata. Era stato leggero, solo i suoi sensi acuti gli avevano permesso di sentirlo eppure era sicuro di non essersi sbagliato... di nuovo silenzio... rumori di lotta, questa volta più vicini, metallo contro metallo, spade, pugnali... le guardie dietro la porta della sua gabbia si allontanarono, sentì i loro passi veloci... la lotta continuava... si ritrovò a tremare... amici? Nemici? Uno strano sospetto gli aleggiava nel cuore, il ricordo di due occhi blu tra la folla, ma non era possibile, non potevano essere tornati per lui, nessuno rischiava la vita per un assassino, nessuno rischiava la vita per un elfo... si sentì diviso come mai lo era stato prima, una piccola parte avrebbe voluto che quel sospetto fosse stato vero, anche se ormai non avevano speranze di salvarlo gli sarebbe piaciuto credere che esistesse qualcuno che si preoccupava per lui, l'altra parte, quella che conosceva bene, avrebbe voluto solo essere lasciata in pace, non aveva bisogno di amici e soprattutto non aveva bisogno di sentimenti, i sentimenti significavano dolore, i legami significavano dolore, essere soli voleva dire essere liberi.

I rumori erano cessati, qualunque cosa fosse successa presto l'avrebbe scoperta, passi che si avvicinavano alla porta... la chiave che girava... il chiavistello tirato...



Entrare non era stato difficile, a volte non era necessaria l'abilità di un ladro ma solo un pochino di astuzia, poco prima della chiusura un nobile númenóreano era uscito seccato, lasciando una damigella in lacrime davanti alla porta del custode, il poveruomo, che come ogni uomo che si rispetti era assolutamente incapace di affrontare il pianto di una donna, l'aveva fatta entrare nel suo ufficio, le aveva offerto da bere imbarazzato constatando poi con sollievo che era l'ora di chiusura e doveva allontanarsi qualche minuto per sprangare le porte, sperando che mentre era fuori quella crisi si placasse, non lo scoprì mai il poveretto, dal momento che appena rientrato in ufficio qualcosa di duro lo colpì alla testa, si svegliò il mattino dopo con un bernoccolo e della damigella non c'era traccia.

Rhawel gli aveva aperto sorridente, liberandosi degli abiti eleganti e del velo che le nascondeva i capelli, afferrando l'arco che l'uomo gli porgeva, aveva sempre avuto con se i pugnali nascosti sotto al vestito, ma senza l'arco si sentiva disarmata, la prima guardia non li aveva neppure visti, una freccia in pieno petto ed era caduta senza un grido, da li in poi non sarebbe stato così facile, avevano contato almeno una dozzina di guardie d'istanza all'esposizione e per raggiungere le porte delle gabbie dovevano passare dalla sala comune... “dodici contro quattro” sogghignò l'uomo “uno scontro impari”

Infatti la battaglia non era stata particolarmente eccitante, e presto si erano trovati a rovistare i corpi in cerca delle chiavi.

La prima porta sulla destra... la spalancò veloce, lui era lì di fronte, fermo, bellissimo, la luce delle torce che si rifletteva sulla pelle candida e i capelli chiari, quelle lunghe gambe perfettamente modellate che ora si muovevano eleganti verso di lui...

-Ti siamo mancati?- deglutì evitando di pensare alle sensazioni che gli dava quella vista

-Bhe, almeno un ciao... magari un grazie?-

Si era fermato a un passo dalla porta, gli occhi sgranati, la bocca aperta in una frase muta

-Avanti, non abbiamo tutta la notte- gli tese la mano invitandolo a seguirli, lo guardò sollevare lentamente la sua e fermarla a pochi centimetri dal corpo, sospirare e indietreggiare rassegnato fino alla parete per poi lasciarsi scivolare a terra.

-E adesso che gli prende! Non vuoi andartene?- sbottò il nano impaziente

Lui non rispose, scosse semplicemente il capo inerme

-Non può parlare e non può fuggire- il vecchio stregone indicò i tatuaggi sul suo corpo.

Annuì con un sorriso amaro

“Grazie per averci provato, ma per me non c'è speranza”

-Puoi fare qualcosa Mithrandir?-

-Probabilmente sì, ma non qui, e non ora, mi serve tempo per studiare quei simboli e trovare il modo di annullarli-

L'uomo annuì e si avvicinò all'elfo

-Scusami, ma un giorno mi ringrazierai- prima di colpirlo violentemente con l'elsa della spada facendogli perdere i sensi e caricandoselo in spalla

-Per fortuna che non pesa molto- ridacchiò Gimli

-Perché vuoi portarlo tu?-

-Tua l'idea, tuo il fagotto, capo- poi scoppiò in una sonora risata

-E adesso cosa succede?-

-Niente, niente, pensavo solo a tutte le botte in testa che ha preso da quando ci conosce, non credo che ci amerà mai-

Sempre ridendo, con un elfo svenuto in spalla, aprirono le altre porte liberando uno Spirito dei fiumi che mormorò solo un timido -Grazie- prima di fuggire via e un piccolo Drago argentato che svolazzò un paio di volte sopra le loro teste prima di andarsene, le altre bestie erano realmente pericolose e non volevano vittime innocenti sulla coscienza.



Si era svegliato ma non si muoveva, aveva paura di aprire gli occhi, aveva il terrore che se avesse mosso anche un solo muscolo avrebbe ceduto a quell'impulso pressante di alzarsi e tornare in quella gabbia

“Dannate Chiavi, ogni fibra del mio corpo mi ordina di tornare indietro, lo sapevo che era inutile, per quanto potrò resistere? Non molto, non posso restare immobile per sempre, cosa pensavano di fare? Se quel mago può realmente fare qualcosa è meglio che la faccia in fretta, mi sembra di bruciare, ho paura persino a respirare”

-Sei sveglio?-

“Non rispondo, non posso, sento che se solo annuissi perderei il controllo”

-Mithrandir, sta bene? E' rigido come la pietra e respira appena-

-Sta lottando-

“Una persona intelligente alla fine! Complimenti vecchio!”

-Contro cosa?-

“La ragazza invece deve impegnarsi di più”

-Contro i vincoli, sta cercando di non soccombere all'impulso di tornare indietro-

-Waw, non credevo fosse possibile!-

“Infatti non lo è... sto decisamente perdendo, non posso resistere ancora molto”

-Possiamo aiutarlo in qualche modo-

“Dammi un'altra botta in testa maledetto umano... non posso credere di averlo pensato veramente! Dannazione! Va bene, meglio una botta in testa che questa tortura”

-Se lo legassimo? potrebbe essere sufficiente?-

“Sì,Sì,Sì! Legatemi per favore! Legatemi!”

-Credo che potrebbe bastare, se fosse nella condizione di non poter tornare, dovrebbe riuscire a rilassarsi-

“Se riuscirò di nuovo a muovermi potrei anche baciarti vecchio”

Sentì le corde attorno alle caviglie

“Cosa fai, stupido mortale? Più strette! Così mi posso liberare a occhi chiusi”

-Tàr, lo so che non ti piace, ma cosi non servono a nulla, devi stringerle di più e le mani dietro la schiena, non davanti, ricordati che il vincolo gli imporrà di usare tutta la sua abilità per liberarsi, lui per primo deve essere convinto di non poterlo fare-

“Un altro bacio per il nano! Certo che quel tipo è inquietante non sarà che può leggere il pensiero?... Hey, nano, mi senti?... … … No, non può leggere il pensiero”

-Va bene così?-

“Sembrano abbastanza strette, dovrebbero andare, proviamoci...” aprì gli occhi, provò a strattonarle, “tengono” finalmente poteva respirare, stava per annuire quando si bloccò nuovamente... “No, non va bene troppe lame in giro per tagliarle, fiamme per bruciarle, basta che vi distraiate un attimo e sarò fuori di qui!”

-Ancora una cosa, capo, legalo a quella roccia laggiù-

Annuì, ancora una volta il nano aveva capito

-Perché?-

Spostò lo sguardo prima sulla spada, poi sul fuoco sperando che l'uomo capisse

-Certo che se fossi un po' meno sveglio sarebbe più facile per tutti- l'uomo gli stava sorridendo, sorrise anche lui, ora che finalmente aveva di nuovo il controllo poteva rilassarsi e tornare a essere razionale, si rese vagamente conto che i pensieri avuti poco prima erano piuttosto assurdi.

-Va bene qui?-

“Abbastanza lontano da tutto, si va bene” annuì

Si allontanò e tornò con un fagotto di coperte che stese sul terreno, invitandolo a distendersi, cosa che fece con piacere, era veramente esausto, poi lo coprì con le altre

-Avrai freddo- si era dimenticato di essere ancora praticamente nudo e solo ora nel tepore delle coperte si rendeva conto di aver avuto freddo

-Scusa per la sistemazione, ma abbiamo dovuto lasciare la casa, la tua faccia ora è fin troppo famosa, comunque qui saremo al sicuro, è uno dei nostri rifugi, non lo troveranno-

Erano in una grotta, e a giudicare dalla temperatura anche abbastanza in profondità, non gli importava, non era avvezzo alle comodità, l'importante era essere al sicuro.

Lo stregone si era avvicinato, aveva appoggiato una pergamena e inchiostro a terra poi si era rivolto all'elfo

-Posso?- indicando le coperte -Suppongo che tu sia stanco, ma prima comincio a studiare quei simboli prima ne verrò a capo, posso solo immaginare quanto questa situazione debba essere spiacevole per te, mi dispiace-

Annuì e lo osservò mentre ricopiava i simboli sulla pergamena “Mi ha davvero chiesto il permesso? Come se avessi potuto rifiutarlo... Ma avrei potuto, sono sicuro che se mi fossi rifiutato non mi avrebbe obbligato”

-Ho finito, grazie- e si allontanò

L'uomo invece era ancora al suo fianco

-Ti serve qualcosa? Hai sete, hai fame?-

“Acqua” cercò con lo sguardo l'otre di pelle, non gli importava del cibo ma la sete lo faceva impazzire, aveva la gola in fiamme e la bocca arida, si passò la lingua sulle labbra asciutte guardandolo implorante e sperando che capisse.

L'altro tornò un attimo dopo facendolo sollevare e portandogli la borraccia alla bocca... Acqua, non ricordava che avesse un così buon sapore, gli sembrava di non aver mai sentito niente di più dolce in vita sua

-Vuoi mangiare qualcosa?-

Scosse la testa, aveva fame, ma in quel momento sentiva che se avesse ingoiato un solo boccone si sarebbe sentito male, aveva i nervi scossi per tutta quella situazione, e i muscoli ancora doloranti per lo sforzo fatto poco prima.

-Allora riposa, vedrai che se al mondo esiste qualcuno in grado di risolvere questo guaio, quello è Mithrandir-



“Guaio... lo chiama guaio lui...” Ormai dormivano tutti, tranne il mago intento a studiare la pergamena coi suoi tatuaggi, e lui intento a osservare... a quanto pareva non trovava di meglio da fare che osservare le stellatiti sulla volta della grotta, di dormire non se ne parlava, troppi pensieri, troppi... “guai”, e il peggiore non erano i tatuaggi...”A quanto pare mi fido del vecchio, è questo il guaio peggiore, io non mi fido di nessuno, io sono Esgalwath, un assassino, ho come unica compagna la Morte, e non mi fido di nessuno tranne delle mie lame e della mia abilità... sono solo, è sempre stato così, non posso permettermi certe debolezze.

Eppure mi sto fidando del vecchio, non che abbia molta scelta, ma è chiaro che prima lascio queste persone meglio è... non posso, Melkor Eterno! Non posso andarmene! Sono tornati indietro per salvarmi, ho un Debito d'Onore, non posso permettere di lasciami un debito alle spalle, non sarei più libero.

Questa gente ha rischiato molto per liberarmi, hanno lasciato il loro comodo rifugio per proteggermi, stanno rimandando la loro missione per aiutarmi... non posso ignorarlo, sono loro debitore... sono in debito con quell'uomo, sono certo che è stato per suo volere che sono tornati...

Lui è quel genere di uomo, dannatamente abile, maledettamente scaltro e incredibilmente bell... buono... incredibilmente buono, un'idealista, un sognatore, uno di quei principi delle favole che sconfiggono il Valar malvagio e salvano la principessa... ma le favole sono favole appunto e nella realtà quelli come lui fanno una brutta fine... non che lo sappia per esperienza, non ho mai conosciuto nessuno come lui...

...

...Quell'uomo porta disgrazia... lo conosco da pochi giorni e cosa ci ho guadagnato? Catturato per due volte, due botte in testa, la mia faccia ora è famosa e solo qui legato sperando che un vecchio stregone possa togliermi queste dannate Chiavi... dovrebbero chiamarlo Sventura...

Però non posso lasciarlo, nonostante tutto non posso... davvero l'onore è l'unica cosa che mi resta... resterò quel tanto che basta per saldare il debito... poi ognuno per la sua strada... ma giuro che non mi lascerò più coinvolgere dalla loro follia, vogliono essere gentili? Vogliono preoccuparsi? La cosa non mi riguarda! E' solo per dovere che resto”

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Capitolo 5
*** Capitolo 05 ***


*CAPITOLO 5*

Si era addormentato molto tardi, nonostante la stanchezza i pensieri lo tenevano sveglio, ma alla fine il sonno aveva prevalso, e ora che era riposato doveva ammettere di sentirsi meglio.

Si mise seduto, gli altri erano già svegli e il profumo di uova e pancetta gli fece contrarre lo stomaco.

Come al solito l'uomo fu il primo ad avvicinarsi

-Ben svegliato, non ti abbiamo chiamato per la colazione, eri molto stanco e non volevamo disturbarti. Hai fame?-

Un secco cenno di assenso, non lo guardò negli occhi, aveva ritrovato lo sguardo gelido di quando lo aveva incontrato la prima volta

-Non posso slegarti, dovrai lasciare che io...- un altro cenno brusco, non lo aveva neppure lasciato finire la frase.

Lo imboccò con calma, l'atteggiamento freddo dell'elfo non lo disturbava, in realtà era più turbato dal vederlo confuso e arrendevole, quello era un comportamento che non gli era consono, ora sapeva che stava meglio.

-Mithrandir ha trovato il modo di cancellare i tatuaggi- rimase fermo con un boccone sospeso davanti alle labbra serrate

-Finisci prima. Sarà una procedura lunga e spiacevole, è meglio che tu sia in forze- Lo aveva immaginato, raramente quello che aveva a che fare con la magia era piacevole.

-Mi dispiace, sarà molto doloroso, dovrò interrompere alcune linee, e tracciarne altre, per tracciarle sarà sufficiente l'inchiostro, non è necessario tatuarle da momento che non saranno permanenti... ma per interromperle, l'unico modo... è incidere la pelle-

Annuì deciso, l'aveva capito nel momento in cui aveva parlato di interrompere le linee, aveva visto il coltello... andava bene, un dolore passeggero rispetto alla sofferenza che ancora sentiva per il desiderio di tornare indietro...

Si sdraiò e fece segno di cominciare... lui era pronto... regolarizzando il respiro ricominciò a fissare le stellatiti.

-Tàr, ho bisogno del tuo aiuto, quando taglierò dovrai premere questo impasto nella ferita, serve ad attenuare il dolore e a tenere scostati i margini delle ferite-

Sentì le mani calde dello stregone sfiorargli la pelle, mormorando a fior di labbra strane parole che non comprese, il freddo dell'inchiostro, il dolore del primo taglio, inarcò la schiena e affondò le mani nella stoffa del giaciglio e stringendo i denti gli fece cenno di proseguire

-Mi dispiace- sentì mormorare l'uomo -E' colpa mia, e tutta colpa mia-

“Ma non è colpa sua” pensò “Non è colpa sua se mi sono fatto prendere, è colpa del destino, o tuttalpiù mia, che non sono stato abbastanza agile, ma non è colpa sua, io stesso gli ho dato quelle colpe, ben sapendo che non le meritava”

Ormai stava ansimando, aveva perso il conto dei tagli sul suo corpo, gocce di sudore gli imperlavano la fronte, una mano gentile le asciugò e gli accarezzò i capelli, ormai sentiva solo quell'arcana melodia sommessa, finché di colpo anche quella tacque... e sentì il fuoco esplodere nel petto, gridò di dolore inarcandosi quasi a spezzarsi, per perdere finalmente i sensi.

Il primo pensiero quando si svegliò gli fece affiorare una smorfia seccata “E siamo a quattro, ormai è più il tempo che passo svenuto che altro” poi si accorse di essere slegato, l'istinto lo fece irrigidire come aveva fatto la volta precedente, ma non sentì nessun bisogno impellente che lo costringesse a fuggire, nessuna forza che lo trascinasse indietro “Ci sono riusciti! Quello che si dice sullo stregone non gli rende giustizia... non è certamente solo piuttosto abile... è estremamente potente! Se la gente sapesse che quei vincoli possono essere rimossi senza l'intervento di un adepto di Melkor... se la gente lo sapesse lui adesso sarebbe morto... anche lui ha rischiato molto mostrandomi il suo potere”

Aprì gli occhi, lo stavano osservando, aspettavano una reazione

-Stai bene? Puoi parlare?-

-Sì- Era strano sentire la sua voce, era stato per periodi anche più lunghi senza sentirla, ma mai perché qualcuno gliel'aveva tolta.

-Riesci a muoverti? Senti ancora il bisogno di fuggire?-

-Si. No- Lo sguardo fisso, la voce dura, non avrebbe incrociato ancora quegli occhi, non si sarebbe reso debole una seconda volta

Cercò di osservare il torace, per valutare le sue condizioni, ma scoprì che lo avevano già medicato e bendato

-Non era grave, le ferite erano piccole, non resteranno neppure le cicatrici-

-Il tatuaggio?- Avrebbe dovuto essere impassibile ma la sua voce si era incrinata

-E' scomparso completamente... guarda- sollevò un poco una striscia di lino scoprendo una piccola porzione di pelle, liscia... nessun segno nero... nessun simbolo arcano.

-Bevi questo- lo stregone gli porse una tazza -Nessuna magia, solo erbe, ti aiuteranno a riposare e a sopportare il dolore. Vedrai che al tuo risveglio starai di nuovo bene-

Accettò seccato la mano che lo aiutava a sollevarsi, bevve e si distese nuovamente aspettando il sonno ristoratore.

-Si può sapere perché deve essere sempre così gelido? Almeno un grazie poteva dirlo- bisbigliò la ragazza

-Lascia perdere Rhawel-

-Ma...-

-Ti ho detto di lasciare perdere- aveva alzato la voce, era la prima volta che lo sentiva perdere il controllo poi continuò stanco

-E' colpa nostra... colpa mia, se si è trovato in quella situazione, non ha nulla per cui ringraziarci-

-D'accordo, io lascerò perdere... ma tu non azzardarti a sentirti in colpa per lui... mi hai capito! Lui non lo merita-

“Ha ragione Tàr... non lo merito, prima lo capisci meglio sarà per entrambi”

Infatti stava di nuovo bene, doveva aver dormito a lungo perché il suo stomaco reclamava attenzioni senza aspettare l'invito raggiunse il gruppo attorno al fuoco e si servì una porzione di carne, avevano fatto i bagagli, probabilmente stavano per partire.

Lo guardarono muoversi con sicurezza e distacco, non avevano pensato che li raggiungesse, mangiò con calma, senza guardarli, era vicino a loro ma allo stesso tempo separato da una pesante barriera.

L'uomo gli allungò un fagotto, i suoi pugnali erano appoggiati sopra... pensava che non li avrebbe più rivisti

-Questi sono tuoi, li abbiamo trovati quando siamo venuti a liberarti, immaginavo li volessi indietro, ci sono anche le monete che avevamo pattuito-

Prese gli abiti e le lame, le accarezzò dolcemente, le sue amiche...

-Volevo solo dirti che mi dispiace averti creato tanti problemi... Noi stiamo per partire, puoi restare qui tutto il tempo che vuoi, finché non deciderai dove andare, abbiamo lasciato anche un po' di provviste- il tono dell'uomo era stanco, rassegnato, se avesse sollevato lo sguardo troverebbe sicuramente la tristezza in quegli occhi blu.

-Io so già dove andare, potete riprendervi le vostre provviste-

-Ah... bene...-

-Vengo con voi-

Il tonfo di un piatto che cadeva, quello della donna, il nano era bloccato con un pezzo di carne tra i denti col sugo che gli colava sulla barba rossa, il vecchio sorrise “Lo sapeva il vecchio intrigante, un giorno dovremo fare una chiacchierata, sei molto più di quello che sembri vero?”

-Non vi agitate, non provo certo piacere nella vostra compagnia, e presumo la cosa sia reciproca. Ma ho un debito, e io i debiti li pago, quindi vi seguirò fino a quando potrò considerarmi pari e poi saluti e con un po' di fortuna non ci rivedremo più-

-Non hai nessun debito, considerati pure libero-

-Non posso, perché il debito c'è, non eravate tenuti a venire a salvarmi, avevo accettato e conoscevo i rischi... ma siete comunque venuti e per quanto consideri questa vostra azione sciocca e illogica non posso ignorarlo-

-Parla col capo, è stato lui a volerti tirare fuori, per quanto mi riguarda stavi bene dove stavi-

-Fingerò di credervi madamigella, seppure abbia contato quattro persone non una quella notte, ma forse i miei sensi offuscati mi ingannavano.

Comunque sia con te soltanto Tàralelyol, come loro capo, vedrò saldato il mio debito.

E ora se volete concedermi qualche istante per vestirmi, che sono stanco di apparire come una bestia ad una fiera, sarò pronto a partire-

-Ti ho forse detto che potevi venire con noi?-

-No, non l'hai fatto... capo...- con un sorriso ironico -Ne io l'ho chiesto. Verro con voi, sia che io cammini al vostro fianco, sia che io vi segua nascosto e quando vi troverete in pericolo sarò lì per pareggiare i conti-

-Non sai neppure dove stiamo andando, non sarà una gita di piacere-

-Su questo ci contavo, molti pericoli più probabilità di chiudere in fretta la questione-

Continuò rivolto al resto della compagnia

-Vorreste accettare una tregua? Non vi prometto amore e neppure amicizia, ma non vi recherò fastidio se non ne recherete a me-

-E' un po' deludente come richiesta di una tregua. Se fossi io il capo ti caccerei il più lontano possibile da noi, non ci serve un assassino che non conosce altro che gelo e morte, ma non sono io a prendere le decisioni e se gli altri ti accetteranno farò la mia parte per... non recarti fastidio-

-Molto gentile da parte vostra mia signora-

-L'ho già detto una volta, non ti capisco, ma rispetto il tuo senso dell'onore e tanto mi basta, se è tuo desiderio seguirci non ho nulla in contrario, anzi trovo interessante poterti conoscere perché seppure gelida la tua lingua è assai arguta-

-Benvenuto, avevo sperato in questa tua decisione- è l'unico commento dello stregone

-Quindi Tàralelyol ora conosci i pensieri dei tuoi compagni, la decisione spetta a te-

-Se questa è la tua scelta, non mi opporrò, ma prima penso sia il caso che tu conosca la nostra destinazione e la nostra missione... Potresti non essere più tanto ansioso di seguirci, dopo che mi avrai ascoltato-

-Già ora non sono ansioso di seguirti, ma ascolterò la tua storia, perché molto mi incuriosisce sapere cosa può esserci scritto di così importante in una pergamena... Potere? Gloria? Ricchezze?-

-Libertà, Verità e Giustizia è quello che cerchiamo- “Sciocco idealista e sognatore fino al midollo”

-Comincerò dall'inizio, sorvolerò come siamo giunti a questa conoscenza perché questo è un segreto che non riguarda me, e non voglio svelare i segreti degli altri... ti basti sapere che abbiamo sentito una storia, a che l'abbiamo verificata per accertarci che fosse vera.

Questa storia parla della grande menzogna di Melkor, egli non è ne Giusto, ne Illuminato, ne Pacificatore, regna con l'ausilio della paura e solo per questo motivo che la nostra era non conosce lotte, fu lui a scatenare la guerra contro i Valar ingannando gli umani e i nani e convincendoli della loro malvagità, ma la parte importante della storia è che egli non distrusse i Valar, furono loro a ritirarsi per evitare che quella guerra annientasse il mondo da loro creato, e con loro portarono gli Elfi... Posso capire quanto questa rivelazione possa risultarti sconvolgente, scoprire che il tuo popolo non è scomparso e non tutti sono asserviti...- aveva notato la piega tirata delle labbra quando aveva nominato gli elfi

-Non cercare di capire cosa provo- soffiò con rabbia -TU non sai nulla, non mi importa di quella gente, io non sono uno di loro! Puoi chiamarmi elfo ma non accomunarmi mai a quella gente, quelli che mi hanno messo al mondo mi hanno abbandonato al mio destino, nessuno è mai venuto a cercarmi! Io non conto nulla per loro e loro non contano nulla per me!-

-Ma non puoi sapere...-

-COSA!? Perché sono stato lasciato solo a morire, se non mi avesse trovato quella nana! Perché la donna che mi ha partorito odiava tanto suo figlio da lasciarlo senza un biglietto? senza nulla? O forse vorresti dirmi che lei mi amava e sarebbe voluta tornare ma non ha potuto? Non mi importa! Per quanto mi riguarda ho avuto una sola madre e non era un elfo, non voglio conoscere le scuse che potrebbe avere... Quindi se vuoi continuare con la storia fallo ma non presumere cose su di me, quando non mi conosci affatto!-

Se voleva essere sicuro che tutti capissero quanto invece gli importava non avrebbe potuto reagire meglio, mai lo avevano visto così furioso, ne lo avevano sentito gridare, persino quando era stato catturato era rimasto gelido e impassibile, ma ricordare le sue origini gli faceva perdere il controllo.

Proprio per quel motivo l'uomo decise di non insistere, poteva vedere quella ferita aperta e capiva che era per difendersi da quella ferita che allontanava tutti, l'idea che li seguisse comincia a essere meno brutta, forse poteva salvarlo, “idealista” penserebbe l'elfo, ma davvero quel mortale aveva il cuore troppo tenero.

-Perdonami hai ragione, non succederà più. Dunque dove ero arrivato... I Valar si sono ritirati e gli elfi li hanno seguiti e noi sappiamo dove si sono rifugiati... ma non come raggiungerli.

Quella pergamena contiene una mappa, una mappa che ci condurrà in un luogo dove speriamo di trovare qualche indizio sulla strada da seguire per superare le Nebbie Invalicabili.

-Bene- rispose freddamente

-Bene?... Nessun siete folli? Oppure questo è un suicidio? Nessuna domanda del tipo perché li cerchiamo? O cosa faremo quando li  avremo trovati? Non ti interessa sapere in che avventura ti stai cacciando?-

-Non particolarmente, ho già detto che più la strada è pericolosa prima mi libererò. E' la vostra missione quindi non mi interessa quanto sia folle e siete liberissimi di suicidarvi. Ultimo, so perfettamente cosa farete quando li troverete... morirete, tu sei un númenóreano, il tuo amico un nano, saranno certamente felicissimi di vedervi- concluse ironicamente

-Comunque, come vi ho detto, la cosa non mi riguarda, per quel tempo prevedo di essere lontano-

-Immagino che a questo punto ogni altra discussione sia inutile, come inutile resta la tua decisione di seguirci, lo ripeto... Non hai nessun debito nei miei confronti, ma se davvero sei deciso a seguire  il tuo senso dell'onore non posso fare altro che accettarlo-

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Capitolo 6
*** Capitolo 06 ***


*CAPITOLO 6*


“Verde!” La foresta era verde, non di un unico verde intendiamoci, decine e decine di tonalità diverse, ma sempre verde restava! C'era il verde del muschio, quello dell'erba, quello delle felci, quello più scuro dei cespugli di ginepro, che graffiavano in maniera non troppo piacevole, e quello delle foglie... milioni di foglie che sembravano avere ognuna il suo verde particolare... “chi ha inventato il modo di dire Verde-Foglia dovrebbe spiegarmi a quale foglia si riferiva” l'elfo sbuffò “ e non possono starsene un po' ferme? Sempre a frusciare, mai un momento di silenzio!”

Esgalwath non amava i boschi, non li aveva mai amati, nella sua lunga vita aveva viaggiato molto, e ne aveva attraversati molti, ma restava una creatura di città, amava la sicurezza delle quattro mura, una solida parete a coprirgli le spalle, ampi tetti su cui strisciare e nascondersi, angoli e vicoli bui in cui scomparire, e i rumori... quelli familiari, passi, zoccoli, ruote, voci, quelli li capiva e li identificava.

Perciò camminava sempre più teso al fianco dei compagni improvvisati, cercando di espandere i sensi confusi da quei rumori molesti.

-Avverti qualche pericolo?- quell'atteggiamento teso e guardingo non era sfuggito al comandante della compagnia, che già temeva di trovarsi a combattere il primo giorno di marcia

-No- fu la risposta secca e stizzita -e non lo avvertirei neppure se ci fosse, non con questo baccano-

-Baccano?- tese l'orecchio cercando di capire a cosa l'altro si riferisse

-Non lo senti? Il vento, le foglie, gli uccelli, gli insetti come è possibile sentire se qualcuno ci sta per tendere un'imboscata? E se così fosse non c'è un dannato posto in cui nascondersi!-

Lo sguardo gelido era quasi tagliente per la concentrazione, le labbra serrate e i muscoli tesi. Cosa che il númenóreano trovava al quanto divertente

-Sei veramente l'essenza stessa del cittadino perfetto- ridacchiò – Scusa ma data la tua abilità, certo non pensavo che qualche foglia ti spaventasse-

-Non mi spaventa- lo fulminò l'elfo – e solo perché trovo la vita di città più comoda non significa che non sia in grado di cavarmela in una foresta. Per tua informazione ho viaggiato molto e non avevo compagni a proteggermi-

-Questo lo sapevo, anche se ora mi chiedo come tu ci sia riuscito senza impazzire per l'ansia-

Un lieve rossore colorò la pelle candida dell'immortale

-Sarò anche fuori dal mio elemento, ma la cosa non ti riguarda, quando ci troveremo davanti una battaglia saprò fare la mia parte-

-Di questo non dubito, ma mi spiace vederti così nervoso...-

-Ho già detto che non è affar tuo- replicò gelido

-Se la smettessi un momento di stare sulla difensiva- sbuffò l'uomo stizzito -Volevo solo dire che dovrai stare in questa situazione per molto tempo, non abbiamo in programma di fermarci in centri abitati, se potremo evitarlo. Quindi visto che il viaggio è lungo e noioso ti avrei proposto di insegnarti quello che so sui boschi, non sono così diversi dalla città che conosci quando hai imparato a distinguerne i rumori. Ma vedo che a te piace questa situazione, quindi continua pure a sobbalzare per ogni cinguettio- e si allontanò per raggiungere gli altri lasciandolo di nuovo solo.

Lui ci provava davvero a essere gentile, ma quell'essere era la cosa più irritante con cui avesse mai avuto a che fare, neppure un santo potrebbe mantenere la calma di fronte a quello sguardo gelido, quello sguardo che poteva diventare azzurro come il cielo... “No, era solo una finzione... non pensarci Tàr... gelido è solo gelido e tagliente come un rasoio... ma anche così è veramente eccitan... crudele, solo crudele”

Forse era stato troppo affrettato con l'uomo, non sarebbe stato male imparare qualcosa, gli sarebbe potuto tornare utile in futuro, quel mortale fastidioso non aveva torto, ogni volta che si era trovato solo in terre selvagge era stato un tormento, sempre coi nervi tesi, una grave mancanza per uno come lui, aveva sempre usato le persone per i suoi scopi perché questa volta avrebbe dovuto essere diverso, il fatto che non gli piacesse quel particolare uomo non avrebbe dovuto essere un problema, non gli era mai piaciuto nessuno eppure aveva cercato di imparare da tutti quanto più poteva...

“Ma non è questo il problema vero? Sii onesto almeno con te stesso, non riesci a usarlo come usi gli altri solo perché temi di avvicinarlo, quell'uomo ti piace e hai paura che avvicinandoti non riusciresti a mantenere il dovuto distacco” “Non mi piace affatto! Non lo sopporto...” “Bugiardo, ma se non riesci a staccargli gli occhi di dosso” “Lo ammetto è un bell'uomo, mi riesce difficile non guardarlo. E allora? Non mi sono mai negato i piaceri della carne” “Per lui è diverso, se mai ti concedesse il suo corpo non lo farebbe certo solo per appagare i sensi, non è quel genere d'uomo... hai mai sfogato i tuoi istinti con qualcuno che potesse guardarti in volto mentre lo facevi? Non negare che sarebbe diverso” “L'ho già fatto” “Erano vittime, il tuo volto era l'ultima cosa che vedevano, saresti disposto a ucciderlo?” “No” “No, non lo faresti perché lui ti attira, ti incuriosisce... non hai mai incontrato uno come lui” “Perché gli idealisti muoiono, di certo non mi interessa un debole, così sciocco da rischiare la vita per qualcuno che a malapena conosce “ “Allora se non ti interessa e lo consideri un debole perché hai paura ad usarlo?” “Non ho paura, è una questione d'onore, per quanto consideri il suo gesto sciocco e illogico resta il fatto che mi ha aiutato, non sarebbe giusto usarlo per i miei scopi” “Ma se è lui a proporlo non lo stai usando, quindi cosa ti spinge ad allontanarlo se non la paura di sentirti di nuovo vulnerabile?” “Non ho paura e non mi lascerò più coinvolgere da queste persone! Semplicemente non avevo pensato che potesse essermi utile... questo dannato bosco mi distrae”

Pensare, parlare con se stesso, l'unica persona sulla quale contare, lo aveva sempre aiutato a chiarirsi le idee... ora sapeva cosa fare, o almeno credeva di saperlo.


Si fermarono al tramonto dopo aver camminato tutto il giorno, erano stanchi ma le chiacchiere attorno al fuoco erano allegre e rilassate, per tutti tranne per l'elfo che continuava a tenersi in disparte, non che qualcuno cercasse di coinvolgerlo, nessuno aveva voglia di sentire i suoi commenti sprezzanti. Quando ormai anche l'ultimo raggio di sole si era spento da tempo si erano distesi nei giacigli per le meritate ore di sonno, tranne l'uomo, che dopo aver acceso la pipa si era messo comodo contro un albero preparandosi al lungo turno di guardia.

-Ti piace molto vero?- l'immortale aveva aspettato che tutti dormissero prima di raggiungere il númenóreano, era così assorto in contemplazione che quasi pensava non l'avesse sentito, si era seduto al suo fianco e solo dopo minuti di silenzio aveva parlato.

-Cosa?- Era sorpreso, non che non l'avesse sentito alzarsi e avvicinarsi, era sorpreso della sua presenza così vicina e della domanda, non aveva più rivolto la parola a nessuno per tutta la giornata.

-Il bosco-

-Perché ti interessa? Vuoi avere qualcos'altro per criticarci e farci notare quanto ci consideri insignificanti?- Non aveva avuto intenzione di essere così brusco, ma le parole erano uscite senza riflettere, l'atteggiamento dell'elfo lo feriva, più cercava di essere gentile, più questo lo allontanava.

-Scusa, non era mia intenzione disturbare... avevo solo pensato che... niente... non fa niente...- “Già, cosa avevo pensato? Che mi dispiaceva essere stato così brusco questa mattina? Che mi avresti accolto a braccia aperte solo perché venivo a parlarti? Cosa pretendevo, sono io che voglio tenere tutti lontani, alla fine anche lui l'ha capito”

Ma quando si alzò per allontanarsi una mano gli afferrò il polso bloccandolo.

-Si mi piace molto- “Perché sei qui? E' forse il tuo modo per scusarti? Non avrei dovuto reagire in quel modo, è la prima volta che si avvicina di sua volontà”

-Perché?... Sto cercando di capire, avevi ragione oggi, questi luoghi mi inquietano, non riesco a trovare nessuna bellezza al contrario di te... forse se riuscissi a trovarla sarei meno nervoso-

-E' difficile spiegarlo a parole... non è il bosco in se, potrebbe essere la brughiera o persino il deserto... è per come mi fanno sentire... libero, credo che libero sia la parola giusta. Immagino tu non capisca vero? Io sono libero, ma quando sono rinchiuso tra quattro mura, o tra gli stretti vicoli o in una strada affollata, mi sembra di soffocare, mi sento come un animale in gabbia...- vide l'altro irrigidirsi a quel paragone

-Scusa, non volevo, non è stata una scelta di parole felice-

Un lieve cenno del capo gli fece capire che non importava e lo incoraggiò a continuare

-Hai mai guardato il cielo? Guarda- indicando la volta punteggiata di stelle sopra di loro -Hai mai visto niente di simile nelle tue città? Lì il cielo è sempre velato dai fumi e offuscato dalle luci... non ti fa sentire piccolo e insignificante? Come se tutti i nostri pensieri e dolori fossero briciole microscopiche nell'immensità del creato... eppure mi riempie anche di orgoglio perché io stesso faccio parte di questa meraviglia-

Si interruppe perso in quella distesa infinita dimentico di tutto, persino dell'assassino al suo fianco che in quel momento era rapito dallo stesso spettacolo, non si era mai soffermato molto a guardare il cielo, non sapeva se per merito delle parole dell'uomo o davvero lontano da tutto fosse diverso ma non si era mai sentito come in quel momento... colmo di meraviglia per quella visione sublime, ancora non riusciva a condividere le emozioni dell'uomo ma certamente non aveva mai visto niente di così bello.

Parlando più a se stesso che ad altri Tàr riprese

-E non è solo il cielo, pensa agli alberi, o all'erba o la sabbia, immobili eppure sempre in movimento, uguali ma sempre diversi... la forza della natura scorre in loro e io posso sentirla, sulla pelle, nell'aria che respiro, nel sole che mi scalda, nell'acqua che mi bagna... la sento e mi da forza, mi da coraggio... … Tu la senti?- Ricordandosi all'improvviso dell'elfo al suo fianco

-Se ti riferisci al fatto che come elfo dovrei avere un legame particolare...-

L'altro lo interruppe prima di ricominciare quella discussione

-No, mi riferivo al fatto che i tuoi sensi sono molto più sviluppati di quelli di qualunque umano, tutti i tuoi sensi, quindi pensavo che anche tu potessi percepirlo-

-No, io... a essere sincero non ci ho mai neppure provato, ero troppo nervoso per concentrarmi su qualcosa che non fossero i rumori... non saprei neppure cosa devo sentire-

Una risata calda, non si sentì offeso, non era una risata di scherno ma di meraviglia

-E' questo il tuo primo errore, quando sei all'aperto non sono i rumori a doverti spaventare, ma il silenzio, quando la natura si sente minacciata tace, non preoccuparti che il cinguettio degli uccelli copra l'avanzata di un pericolo, preoccupati quando non sentirai gli uccelli cinguettare-

-Vorresti insegnarmi?- “Ecco l'aveva chiesto, non era stato cosi difficile”

-Mi piacerebbe molto-

-Bene- Bene, non grazie, lui non ringraziava mai  



Dopo quella notte il cammino si presentò più rilassante per tutti, Esgalwath cominciava a sentirsi più a suo agio in quei luoghi, gli altri componenti si sentivano più a loro agio in sua presenza, perché anche cercando di ignorarlo l'elfo taciturno li innervosiva tutti, invece quel nuovo compromesso sembrava aver stabilito una sorta di equilibrio nel gruppo.

Fu tutto chiaro fin dal primo mattino, la voce di Tàralelyol che spiegava tranquillo e quella dell'assassino che poneva domande, dopo un momento di confusione, infatti nessuno aveva mai sentito quella voce non accompagnata da note sarcastiche, ironiche, acide o astiose, avevano cominciato prima timidamente poi più frequentemente a inserirsi nei discorsi, aggiungendo particolari alle spiegazioni dell'uomo o chiarendole a loro maniera.

Esgalwath si era accorto ben presto che il nano poteva parlare per ore se nessuno lo interrompeva, le sue spiegazioni fiorivano di metafore spesso divertenti, sebbene potesse sembrare superficiale e goliardico non era mai banale, e non parlava mai a sproposito, aperto e sincero, forse troppo diretto ma comunque arguto e di piacevole conversazione.

La ragazza invece era ancora guardinga nei suoi confronti, anche se si impegnava per aiutarlo spesso lo faceva con sufficienza, soffocando commenti ironici sulla sua ignoranza, osservandola però aveva notato che il suo atteggiamento era leggermente riservato con tutti, tranne che col suo capo, e aveva intuito che le ragioni della sua freddezza nei suoi confronti andavano in qualche modo oltre al suo modo di porsi, sicuramente non ne aveva mai accennato, ma nel suo mestiere era arrivato a conoscere profondamente l'animo umano, era convinto che le ragioni del disprezzo della donna avessero radici profonde e l'unica spiegazione che poteva trovare stava nel fatto che disprezzasse o gli elfi o gli assassini... o entrambi.

Il mago non parlava quasi mai, si limitava ad annuire spesso perso in profondi pensieri, ma un paio di volte si era fatto convincere a narrare storie del tempo prima della vittoria di Melkor, storie bellissime sui primi elfi e sui giardini dei Valar, aveva descritto i quattordici potenti, e le loro dimore, erano storie fantastiche che diceva di aver appreso negli anni di studi, ma quando narrava sembrava perso nella malinconia dei ricordi, una ruga di dolore e rimorso si disegnava sulla sua fronte, quel vecchio incuriosiva molto l'elfo, intuiva fosse molto più di quanto diceva di essere, ma non riusciva a capire cosa nascondesse.

L'uomo invece continuava a stupirlo, l'aveva classificato come un sognatore, scaltro ma debole, aveva invece scoperto che sapeva essere cinico e estremamente determinato, era molto istruito, conosceva molte canzoni antiche, i trattati sull'arte della guerra e sapeva parlare l'antica lingua, poteva essere un abile manipolatore tanto che anche lui era caduto nei suoi tranelli arrivando nei ragionamenti esattamente dove voleva farlo arrivare ma usava raramente questa abilità dal momento che il suo carisma non gli rendeva necessario servirsene per i suoi scopi.

Aveva sicuramente sangue magico nelle vene, altrimenti non si poteva spiegare il modo in cui riusciva a percepire le energie della natura, sembrava quasi potesse comunicare con le piante e gli animali, la cosa non era molto strana, grazie a Melkor e ai suoi seguaci, che non si facevano scrupoli a disseminare il regno di bastardi, la magia era piuttosto diffusa tanto che era stato creato un ordine di maghi anche se nessuno era molto potente, ma quell'uomo sembrava non rendersene neppure conto, senza sforzo alcuno poteva sentire il vento parlare di pioggia e diceva che erano solo gli anni di esperienza, ma era chiaro che era molto di più, nessuna esperienza poteva fargli capire che tra i rami di un pino si nascondeva un nido di vipere a più di cento passi di distanza.



Dopo cinque tranquilli giorni di cammino, di cui due persi a cercare un guado sicuro sul Gelion in piena avevano raggiunto le falde degli Ered Luin, e le cascate del Lhûn, dietro le quali a detta di Gimli si nascondeva un passaggio per attraversare velocemente le montagne e soprattutto di evitare la Torre di Hendomindo* che dominava il passaggio tra gli Ered Luin e le Montagne Bianche.

-Gimli, sei sicuro che sia qui?- chiese scettica Rhawel

-Che c'è, non ti fidi?- La guadò storto il nano

-Non dubiterei mai di voi Messer Gimli- inchino ironico -Ma mi permetto di obbiettare che non vedo nulla-

-Madamigella cara, se si vedesse non sarebbe un segreto vi pare?-

-Lungi da me contraddirvi ma se non lo vediamo... come lo troviamo?-

-Vi ho detto o no che so dove si trova... più o meno...-

-Io ho sentito che avete detto che durante una gara di bevute... memorabile, parole vostre... un nano vi ha svelato la sua esistenza... ora mi chiedo chi dei due fosse più ubriaco-

-Insomma la volete finire voi due! E' da ieri che va avanti così!- Anche se all'inizio era stato divertente ormai Tàr non ne poteva più delle beccate di quei due

-Infatti è da ieri che ho scoperto che questo passaggio esiste grazie a una gara di bevute tra nani, lo sai capo come finiscono quelle gare-

-Certo che lo sa... finiscono con me che vinco-

L'uomo scosse la testa sbuffando esasperato, e sollevò lo sguardo verso l'elfo che sorrise divertito, seduto su una sporgenza rocciosa a qualche metro sopra di loro, le gambe ciondoloni nel vuoto, e i capelli mossi dal vento umido della cascata.

Aveva trovato quasi subito il passaggio, ma era così beato in quella sensazione di pace che non voleva perderla, su quella roccia sospesa nel vuoto riusciva a capire i sentimenti che l'uomo cercava da giorni di trasmettergli, mentre osservava la sua mano penetrare la sottile parete d'acqua e la vedeva dividersi in lucenti nastri tra le sue dita, la foresta verde che si adornava di mille arcobaleni per la nebbiolina umida che si posava sulle sue ciglia, e quel profumo... non aveva mai sentito l'aria profumare in quel modo, fresco e dolce, aveva attraversato quella parete trasparente e gelata e si era sentito vivo, si era sentito limpido e libero come se in quel momento il passato non esistesse, aveva inclinato la testa all'indietro lasciando che mille aghi di giaccio trapassassero la pelle scivolando sui capelli, lungo la schiena e non aveva sentito dolore ma gioia, e ora mentre il vento gli asciugava la chioma bionda ancora gioiva, per le chiacchiere assurde dei compagni, per l'espressione implorante dell'uomo, per quelle stupide goccioline che gli annebbiavano la vista... sapeva che presto si sarebbe dovuto alzare, che presto quella sensazione sarebbe svanita ma non voleva perderla “ancora un momento, un momento solo per capire cosa significhi essere liberi, essere vivi, poi potrò chiudere nuovamente il mio cuore, ma ora quando morirò saprò di essere stato vivo almeno per qualche istante”

Fu solo dopo molto tempo che, forse mosso a pietà dall'espressione supplice del númenóreano, si decise ad alzarsi facendo segno agli altri di raggiungerlo.

-Se avete finito di litigare, penso che il nostro Gwatheg abbia trovato la strada-

-Che vi dicevo! Mai dubitare di un nano, soprattutto mai dubitare di questo nano, che mi dici ora signorina!-

-La tua solita fortuna-

-Non è fortuna, è abilità, un'innata abilità nel reggere l'alcol... una gran dote sapete-

 
      

"Ironico è il destino” lo aveva sempre pensato, proprio quando aveva sentito la gioia della vita, ecco che di nuovo le tenebre lo avvolgevano, cullandolo con le loro ombre rassicuranti, a ricordargli chi era, a ricordargli il suo destino, quelle ombre fitte, appena dissipate dalla luce del bastone del mago, quelle ombre erano lui, per un momento era stato rischiarato da un'effimera luce, ma era stato solo il passaggio di un bastone lucente, che non poteva cancellare le ombre ma solo allontanarle, per poi farle richiudere, più fitte ancora, dopo essere passato.




NOTE

*Hendomindo: (Hen occhio+Mindo Torre) Torre dell'Occhio

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Capitolo 7
*** Capitolo 07 ***


*CAPITOLO 7*

Quel luogo non era sicuro, tutti se ne rendevano conto, lo capiva il númenóreano con quella strana affinità con la natura, lo capiva l'elfo con i suoi sensi acuti, lo capiva il nano per la sua sensibilità verso la terra, lo capiva il mago per il suo legame con le energie immanenti, e lo capiva anche la ragazza semplicemente per il disgustoso odore di morte nell'aria.

Erano diverse ore che camminavano, l'uscita non avrebbe dovuto essere lontana, ma più avanzavano più la sensazione e l'odore diventano opprimenti.

-Gimli, sei sicuro che siamo vicini?- era almeno la decima volta che Rhawel poneva quella domanda, nell'ultima ora

-Te lo ripeto, non più di mezza giornata di cammino mi ha assicurato il mio amico, manca poco ormai-

-Esattamente quanto tempo fa c'è passato il tuo amico?- si informò l'uomo

-Ehm... lui precisamente... non è che ci sia proprio venuto... ha scoperto il passaggio su un'antica mappa...-

Ma prima, che i compagni avessero il tempo di maledire il malcapitato e imbarazzato nano la voce tesa dell'assassino li bloccò

-Non siamo soli-

-Cosa?- Rhawel

-Quanti?- Tàr

-Molti, non so cosa ma sono grossi e si avvicinano veloci-

-Si, posso sentirli... dannazione! Ragni, siamo in una dannata tana di Ragni Giganti!- Non era la prima volta che il gruppo di Harmairoitlar* aveva a che fare con quelle bestie, e ogni volta se l'erano cavata per un soffio e per la proverbiale fortuna del loro capo

-Fuori di qui! Veloci e attenti alle tele!-

Cominciarono a camminare più veloci, sempre più veloci, niente corse, non potevano rischiare di perdere l'attenzione, dovevano restare vigili e concentrati, erano guerrieri esperti, non ragazzini in preda al panico.

Lo scalpiccio di zampe alle loro spalle si avvicinava, come un raschiare di metallo sulla pietra, “Sono in molti, almeno sei, ma non hanno fretta, come tutti i ragni si divertono a giocare con la preda”

-Dannazione!- Muoversi ormai era diventato difficile, il passaggio quasi completamente ostruito dalle ragnatele robuste e appiccicose, “Ecco perché non hanno fretta, si vogliono risparmiare la fatica e prenderci quando ormai saremo immobilizzati”

Si fecero strada con spade, coltelli e asce menando fendenti, strappando il metallo alle trame collose, mentre i fili vischiosi si attaccavano impacciando i movimenti.

La prima bestia li sorprese dall'alto, muovendosi sulle tele erano incredibilmente silenziosi, una fiamma azzurra uscì dal bastone del mago avvolgendo la creatura che precipitò al suolo e incendiando l'intrico di ragnatele

-Non potevi farlo prima?- lo fulminò l'immortale

-Se lo avessi fatto prima non avrei potuto farlo adesso, le mie risorse non sono infinite-

La spiegazione avrebbe dovuto bastargli in quel momento perché altri due mostri li avevano raggiunti, quasi fossero abbastanza intelligenti da apprendere dagli errori un filo denso intrappolò la mano dello stregone, bloccandolo inerme alla parete.

L'uomo si parò immediatamente davanti al vecchio facendogli scudo col proprio corpo affiancato dall'elfo

-Rhawel, Gimli, liberatelo! A questi ci pensiamo noi- schivando agevolmente un secondo getto appiccicoso, fortunatamente per loro quell'arma immobilizzante era troppo lenta per essere utile in combattimento, poi rivolgendosi all'assassino

-Tu occupati di quello, alla femmina ci penso io!-

-E da cosa la distingui la femmina? Gli guardi sotto le sottane?- era la prima volta che combatteva scherzando con qualcuno

-Naturalmente è quella più appiccicosa- colpendo una zampa con un poderoso fendente e incalzando la bestia che arretrava per il dolore

-Hey! Tàr, non offendere!- si difese l'arciere tagliando l'ennesima tela per raggiungere Mithrandir

-Ma non riuscite a stare in silenzio neanche quando combattete?- una serie veloce di colpi delle lame gemelle aprirono altrettante ferite nel corpo del ragno mentre scansava agilmente i colpi letali delle zampe affilate

-Soprattutto quando combattiamo- un affondo all'addome, troppo superficiale per essere mortale -Altrimenti dov'è il divertimento?- continuò il nano girandosi ad affrontare una terza creatura sopraggiunta

-E cosa ci sarebbe di divertente?- l'ennesima raffica di colpi veloci aveva raggiunto il mostro, mentre danzava tra otto arti pelosi

-Noi che vinciamo e loro che muoiono, se non è divertimento questo- l'ascia roteò veloce tranciando di netto l'appendice protesa a colpire

-Voi non siete normali- in un turbinio di vesti nere saltò piroettando di lato atterrando sul corpo del mostro mentre i lunghi pugnali scendevano incrociandosi a segnare con una X il cervello della bestia

-Esibizionista- sogghignò l'uomo

-Almeno io il mio lavoro l'ho fatto. Ti serve una mano?-

-No, grazie, mi stavo solo divertendo un po', è tanto che non mi alleno decentemente- mentre un attacco di punta trapassava mortalmente l'avversario penetrando l'orrida bocca zannuta

-Presuntuoso- incalzò l'elfo

-Non guardate me, ho cominciato dopo di voi- un colpo mirato squarciò il ventre della bestia riversando sul povero nano le interiora nere e maleodoranti

-Disgustoso- Esclamarono contemporaneamente Tàralelyol e Esgalwath per poi guardarsi negli occhi, divertito il primo, scioccato il secondo “Melkor Onnipotente! Comincio a comportarmi come loro!”

-Se voi tre avete finito di fare a gara a chi ha la spada più lunga...- cercò di intromettersi la ragazza

-Io non faccio a gara... la mia è decisamente più lunga-

-Solo perché io uso l'ascia-

-Ragazzini...- sospirò esasperata -Da lui me lo aspetto, ma tu dovresti essere il nostro capo...-

-Credo che Rhawel volesse dire che ora che sono libero sarebbe meglio uscire, sicuramente ci sono degli altri ragni e anche se per ora li abbiamo spaventati torneranno-


Su una cosa il nano aveva ragione, l'uscita era vicina, e fortunatamente anche un allegro torrente di montagna per ripulirsi del tanfo della caverna e delle ragnatele.

Il primo a finire in acqua fu neanche a dirlo il nano che, nelle condizioni in cui era, venne letteralmente gettato dai compagni con tanto di armatura ed elmo tra grida e insulti, mentre anche la giovane e lo stregone godevano di quel ristoro, i due più abili cercatori di tracce perlustravano la zona per accertarne la sicurezza.

-Puoi andare tu se vuoi, la battaglia non mi ha particolarmente scosso-

Infatti l'uomo già aveva notato che neppure una macchia contaminava la pelle candida, e solo i resti appiccicosi delle ragnatele imbrattavano le vesti dell'assassino.

-C'è spazio per entrambi... o temi forse di spogliarti davanti a un misero mortale?-

-Non temo certamente per me stesso, ma per l'uomo che sarebbe tormentato dalla mia vista-

-A rischio di offendere la tua modestia devo ricordarti che questo gioco l'ho già vinto una volta, e ti ripeto che non è un bel corpo ad accendere il mio desiderio- ormai liberatosi della tunica si era già immerso nell'acqua limpida, per un istante qualcosa aveva mandato un luccichio verde sul suo petto muscoloso, prima che si affrettasse a sfilarlo e nasconderlo tra le pieghe degli indumenti lasciati a terra.

-Continui a fare apprezzamenti sul mio aspetto ma dici di non esserne attratto... è alquanto incoerente permettimi di dirlo, potrei pensare che i tuoi gusti mirino verso le grazie della dolce Rhawel ma se così fosse non vedrei ragione nei tuoi apprezzamenti- mentre parlava però non riusciva a distogliere lo sguardo dai muscoli sodi e il corpo elegante dell'umano, sorpreso però da una sonora e genuina risata

-Scusami è solo che il pensiero di dolce e Rhawel nella stessa frase mi sconvolge- tornando poi serio -il fatto che non mi senta attratto da te non ti da il diritto di fare supposizioni sulle mie preferenze, perché scommetto che molti uomini che avevano conosciuto solo il calore di una donna hanno ceduto alle tue tentazioni, ma dovresti aver capito che non sono una delle tue facili prede, perché non è a un corpo che riserverò le mie attenzioni ma a un cuore, e quello non ha genere-

Anche se in quel momento il sangue che scorreva veloce e il respiro pesante osservando il compagno che si era deciso a raggiungerlo parevano smentire le sue parole.

-Crudele mortale! Così spezzi il mio povero cuore! Non hai forse pietà di un misero elfo che chiede solo una carezza?- Ormai aveva lasciato ogni malizia portando il tono su piani più giocosi a dispetto del desiderio che lo aveva spinto all'inizio “Solo carne, nessun legame per me, tra noi non potrà esserci mai nulla, siamo troppo diversi, ma nulla mi vieta di rendere piacevoli i giorni che passerò in compagnia di queste persone, potrò tornare in seguito alla mia vita”

-Ma se è solo una carezza che chiedete, potrei anche accontentarvi nella mia magnanimità non potrei mai sopportare il rimorso di un cuore spezzato-

Quanto sono sciocche le persone che credendosi troppo sicure di se portano avanti giochi che non hanno la forza di continuare... lentamente le distanze diminuirono, mentre gli occhi incatenati si fondevano, fu un tocco lieve che dalla guancia scese sul petto liscio, e si interruppe in un attimo quando entrambi si ritrassero scottati abbassando lo sguardo nella paura che l'altro leggesse la debolezza delle parole appena pronunciate.

"Solo una carezza! Stupido idiota che ancora cado nei suoi tranelli, quegli occhi azzurri riescono a stregarmi nonostante sappia che sono solo un'illusione, non voglio essere il suo giocattolo, il passatempo per la noia del viaggio, ha messo ben in chiaro chi è, e io pur riempiendomi di belle parole mi sento bruciare solo sfiorando quella pelle perfetta”

“Stupido idiota! Illuso, come credo di poter mantenere il solito distacco se solo il calore della sua mano mi da i brividi? Lo desidero, non posso fingere, e se ho intenzione di mantenere la promessa e seguirli non posso lasciarmi andare, non riesco a controllarmi, devo smetterla di provocarlo sapendo che lui non andrà mai fino in fondo, e io per primo non voglio che vada fino in fondo, se lo facesse significherebbe che ha visto in me qualcosa che non esiste”

Così dopo essere entrambi giunti silenziosamente la medesima conclusione, che era di evitare accuratamente in futuro situazioni così imbarazzanti per non compromettere l'equilibrio conquistato, raggiunsero l'accampamento dove un allegro fuocherello già scoppiettava per asciugare gli abiti lavati.

 
   

Arrivati a quel punto si sentivano più rilassati, la grotta alle spalle e una catena di monti a separarli da Sauron e la sua ira, senza aver mai incrociato la strada con le guardie che erano certamente state sguinzagliate sulle loro tracce, dopo aver abbattuto quattro ragni giganti senza neppure un graffio.

Rinfrancati da bagno un ristoratore, una cena calda e un tranquillo riposo si apprestavano a continuare il cammino con ottimismo, palese persino nell'elfo, scendendo lungo un sentiero che dirigeva a est.

Il percorso era chiaro, costeggiare le montagne e poi la foresta tenendosi nascosti all'occhio della Torre senza però penetrare al suo interno, quella foresta infatti era molto antica, più dello stesso Sauron, ed era pericolosa, tanto che lo stesso númenóreano la temeva, aveva spiegato che veniva chiamata la Foresta Vivente perché sembrava davvero che gli alberi fossero vivi, e non erano amichevoli, una rabbia antica li animava, contro il Valar regnante che aveva tentato di sottometterla ma che veniva riversata su tutti gli arditi che mettevano piede al suo interno.

Purtroppo per loro anche la fortuna a volte distoglie lo sguardo dai suoi protetti, e dopo appena una giornata di cammino si trovarono a decidere se provare e rischiare la sorte tra gli alberi o affrontare un intero clan di Troll di montagna, la seconda opzione conduceva a morte certa, già uno di quel bestioni era un avversario formidabile, ma sette valevano un esercito, quindi si trovarono costretti a tentare la via del bosco.          


 

Per quanto cercassero di mantenersi vicino al confine si accorsero ben presto che la foresta aveva altri progetti per loro e vennero spinti inesorabilmente verso l'interno.

-Maledette piante, se non si trova un sentiero me lo faccio a forza di braccia!!!- Il nano più nervoso degli altri estrasse l'ascia pronto a colpire

-Mettila via- poco più di un sussurro dell'uomo, che però metteva i brividi

-Mettila via- ripeté mentre un rombo come un lungo tuono lontano sembrava attraversare il bosco.

Non c'era bisogno di ripeterlo la terza volta, quel suono che faceva accapponare la pelle aveva reso ben chiaro il parere degli alberi sulle asce

-Buoni, cari, scherzavo... voi non mi conoscete ma io scherzo sempre... Gimli il burlone mi chiamano... no, questo nano non farebbe male neppure a un ramoscello...-

Ma le parole del nano non sembravano avere effetto sulla rabbia che covava in quei luoghi

-Qualche idea?- si rivolse l'uomo agli amici

-Sei tu l'esperto, io comincio a pensare che avremmo avuto più possibilità coi Troll-

-Scusa, Tàr, non sai quanto mi sia difficile ammetterlo ma sono d'accordo con l'elfo-

-Non sei di grande aiuto, Rhawel-

-Mithrandir?-

-Credo che l'unica cosa sensata a questo punto sia proseguire e vedere dove questo bosco vuole portarci, e magari sperare che ci sia qualcuno in grado di capirci-

-Cosa sai di questo posto, Sapiente?- non che il biondo elfo fosse interessato a quel luogo maledetto ma in quel momento tutto era meglio di quel cupo ringhio che li circondava.

 -Non molto a dire il vero, è antico, uno dei pochi luoghi che non siano sotto il potere di  Morgoth, e c'è Potere, posso sentirlo ovunque attorno a me, non il potere controllato di maghi e stregoni, ma una forza selvaggia e indomita, un potere primitivo che non è mutato affatto da quando i Valar lo cantarono.

Non è malvagio, di questo non dubitate, ma così alieno ai nostri pensieri da essere pericoloso, questo luogo esiste da prima del risveglio degli elfi, da prima che la parola venisse udita nella Terra di Mezzo, era abitato dagli Ent, la seconda delle razze a essere creata per il desiderio di Yavanna Kementári di proteggere le sue amate piante... Creature meravigliose erano gli Ent, potenti e selvagge eppure sagge quanto la terra stessa può esserlo, e gentili a dispetto dell'apparenza erano sensibili e schivi... Chissà se ne restano ancora? Essi scesero in campo a fianco dei Potenti e come gli elfi vennero distrutti, ma forse come gli elfi alcuni sono sopravvissuti... che perdita sarebbe non poter ascoltare più i loro canti...- ancora una volta, come spesso accadeva quando narrava dei tempi antichi, ristette in silenzio perso in quelli, che seppure all'elfo paresse impossibile, sembravano ricordi

-Scusatemi ragazzi, sono ormai vecchio e la mia mente gioca a rimpiattino con le idee, mi stavate chiedendo di questo luogo... questo era appunto l'originale dimora di quelle creature, e quella rabbia che voi sentite non è l'odio arrogante dell'Oscuro Signore, ma la rabbia data dal dolore e dalla paura-

-E di cosa avrebbero paura degli stupidi alberi?-

-Gimli!!!-

-Ho detto stupendi, degli stupendi alberi-

-Di molte cose, fuoco, asce, tenebre, magie oscure... il fatto che ancora resistano non significa che nelle ere Egli non abbia provato in ogni modo a distruggere questa foresta, senza però riuscire e questo mi porta a pensare che ancora qualche Antico ivi dimori-

-E questo è bene o male?-

-Bene se ci è amico, molto male se ci è nemico... ma guardate amici miei, là il sentiero si allarga, credo che presto avremo le risposte che cerchiamo. Animo ragazzi, non facciamo attendere il nostro ospite-

Come aveva detto lo Stregone il sentiero si allargava in una radura attraversata da un fiume

-Questo deve essere il Bruien, mi duole avvertirvi miei cari ragazzi che siamo finiti proprio nel centro della foresta, non credo ne usciremo se gli alberi non ce lo permetteranno-  

Ma il tono cupo del vecchio mago mal si accordava con l'allegro motivetto che sentivano avvicinarsi lungo il fiume

 - Ehi dol! Bel dol! Suona un dong dillo! Suona un dong! Salta ancor! Salice bal dillo!-

E dall'ombra degli alberi videro apparire uno strano ometto che avanza saltellando e fischiettando.

Basso di statura, una folta barba bruna che copriva il viso rosso e rugoso, indossava una giacca blu cielo con braghe e cintura verdi il tutto accompagnato da dei vistosi stivali gialli e un enorme cappello con una piuma blu

- Ehi! Ehi! Venite qui! Dove girovagate? Su, giù, qui, lì, vicino oppur lontano?

Infine siete giunti, ero stanco di aspettare

Veloci Tom seguite e potrete riposare-

Straniti e assai confusi da quello strano personaggio, ma per qualche ragione non intimoriti, forse per l'aspetto gioviale e i toni cortesi, restavano però insicuri se seguirlo o meno

-Ehi! Venite, bella dol! Giunti son gli amici!

Cortesia è ricambiata! Siam tutti ora felici!

Viva il divertimento! Cantiamo tutti assieme!

Che triste Baccador se non vi può ringraziare

lo attende da quando la sorella ha potuto riabbracciare.

Ehi! Vieni bel doll! Cara dol! Mio tesoro!

Baccador, Boccador, un'allegra bocca d'or!-

-Chi siete Messere e come ci conoscete? perché vi sento dire che da molto ci attendete?- Tàr si trovò a sorridere delle sue stesse parole quando si accorse che pur senza volerlo aveva anche lui parlato in rima.

-Strane domande fate mio giovane signore

Non sai chi sei tu, ne chi ti sta vicino

e chiedi a me chi sono?  Ma tosto ti rispondo

Il vecchio Tom Bombadil è un tipo allegro,

Porta stivali gialli ed una giacca blu cielo.

Nessuno l'ha mai preso, perché Tom è il Messere;

Più potenti i suoi canti, e più veloci i suoi piedi.

E vi conosco da tempo, da quando è ritornata

La sorella di Baccador che avete liberata

Che un atto cortese vien sempre ripagato

e il vostro grande cuore oggi sarà aiutato.

Ehi doll! Vieni bel doll! Cara dol! Mio tesoro!

Il vento soffia leggero e la stella spunta d'oro

Laggiù ai piedi della Collina che brilla alla luce solare,

Sulla soglia aspetta il debole chiarore stellare,

La mia graziosa dama, figlia della Regina del Fiume,

Esile più di un salice, più limpida dell'acqua, più brillante di un lume-

-Penso si riferisca allo spirito del fiume che abbiamo liberato assieme al nostro Gwatheg-

-Vedo Grigio Pellegrino che il tuo intelletto ancor non si trastulla,

Seguite Tom ora vi porta a casa, la tavola è imbandita e non ci manca nulla:

crema dorata e miele, c'è il burro e pure il pane,

le rose alla finestra attorno alle persiane-

Senza guardare se veniva seguito oppure no lo strano ometto si avviò lungo il sentiero

-Cosa ne pensate? a me un riparo sicuro e del buon cibo non dispiacerebbero-

-Io appoggio il nano, se qualcuno volesse la mia opinione, potrò anche cominciare a conoscere meglio i boschi, ma delle solide mura sarebbero un piacevole cambiamento-

-A me non sembra pericoloso, sicuramente bizzarro ma innocuo-

-Non sono sicuro che sia così innocuo Rhawel, ma non avverto pericolo. Mithrandir sei sicuramente più addentro a queste faccende per giudicare al meglio, dicci dunque-

-Chi sia Tom Bombadil questo lo ignoro, ma dici giusto Tàr, innocuo non lo è affatto, è potente, forse più di Melkor stesso, ma per noi non è un pericolo, ci ha offerto il suo aiuto e queste vecchie ossa si arrischiano a sperare in un letto comodo-

Seguirono così Tom, guidati dall'allegro canticchiare, fino a una casa di pietra in cima a una collina, sulla soglia ad attenderli c'era una donna, se donna si poteva definire una simile bellezza, lunghi capelli biondi come grano maturo scendevano morbidi fino alla vita, sulla veste verde decorata da perle che rilucevano come gocce di rugiada, e la cintura d'oro sembrava una catena di gigli e non_ti_scordar_di_me

-Benvenuti, cari amici, se mi è concesso chiamarvi amici, sono Baccador, la Figlia del Fiume, ho sperato così tanto di conoscere coloro che hanno un cuore tanto grande da liberare un timido Spirito dei Fiumi-

E avvicinandosi leggera li abbracciò uno a uno baciandoli sulla guancia

-Non abbiamo fatto nulla di speciale, mia signora, eravamo solo nel posto giusto al momento giusto- cercò di replicare Tàr imbarazzato

-E avete fatto quello che era giusto, non velare di modestia un così grande gesto, quando tu stesso sai che pochi lo avrebbero fatto-  

prendendolo poi per mano lo guidò all'interno

-Venite, cara gente. Chiudiamo fuori la notte! Forse temete ancora le nebbie oscure e le ombre minacciose degli alberi. Non abbiate paura! Questa notte siete sotto il tetto di Tom Bombadil-

-Dolce dama Baccador! Ora capisco da dove veniva la gioia nascosta nelle canzoni che udivamo!-

La dolce risata fece imporporare le gote del nano facendo sembrare ancora più rossa la barba

-Qual felice incontro! Sedete adesso in attesa del Messere della casa. Non tarderà-

Strana davvero fu quella serata, una tavola imbandita, bevande inebrianti e le canzoni di Bombadil, tale era lo stupore dei viaggiatori che non proferirono parola, neppure quando vennero condotti in una stanza accogliente con morbidi letti.

Solo al mattino, riposati come se avessero dormito giorni e non una sola notte, l'uomo riuscì ad esprimere il rammarico di dover lasciare quel luogo incantato

-Vi siamo grati per l'ospitalità tanto che le parole non possono esprimerlo, ma è con amarezza che dobbiamo lasciarvi, un lungo cammino ci attende e non possiamo indugiare-

-Non angustiarti, giovane uomo, se il fato sarà propizio ancora ci rivedremo in una terra libera, ma la vostra strada vi attende, e per poco tempo sarà sicura dai pericoli, la mia dolce Baccador già vi attende sulle sponde dell'Angren, guiderà una barca sicura fino alle montagne, finché sarete con la Figlia del Fiume nessuna sventura vi coglierà-

-Avrete per sempre la nostra gratitudine, e vorrei nel congedarmi porre un ultima domanda.

Sapreste voi dirmi chi è Tom Bombadil?-

Una risata accompagnò la risposta del Messere

 -Saggio è colui che apprende dai propri errori... Ebbene questo vi dirò.  Il più anziano, ecco chi è. Ricordate, amici, quel che vi dico: Tom era qui prima del fiume e degli alberi; Tom ricorda la prima goccia di pioggia e la prima ghianda. Egli tracciò i sentieri prima della Gente Alta, e vide arrivata la Gente Piccola. Era qui prima dei Re e delle tombe e degli Spettri. Quando gli Elfi emigrarono a ovest, Tom era già qui, prima che i mari si curvassero; conobbe l'oscurità sotto le stelle quand'era innocua e senza paura: prima che da Fuori giungesse l'Oscuro Signore-

E con queste parole si allontanò cantando lasciandoli sulla barca con la sua Signora.



NOTE

*Harmairoitlar: Cercatori di tesori


*Le canzoni di Tom Bombadil sono quasi completamente copiate da “Il signore degli anelli” e “Le avventure di Tom Bombadil” di J.R.R.Tolkien, tranne alcune necessarie modifiche per adattarle alla trama.

Ho preferito lasciarle il più fedeli possibile all'originale dal momento che Bombadil è un personaggio molto importante e enigmatico dell'universo Tolkeniano.

Non mi dilungherò in questa sede sulle varie interpretazioni dal momento che ci sarebbe da scriverne un saggio, vi dirò soltanto che in questa storia ho preso come valida la teoria dell'Osservatore, ossia una creatura antica e potente quanto Eru Ilúvatar stesso, con il compito di osservare e ricordare, quindi assolutamente neutrale negli avvenimenti di Arda al di fuori delle sue terre.

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Capitolo 8
*** Capitolo 08 ***


*CAPITOLO 8*


-Mio Signore Morgoth-

L'uomo si inchinò alla sfera fiammeggiante sorretta da tre artigli di metallo all'altezza del suo viso.

Era alto e slanciato, i lineamenti affilati ma eleganti erano in quel momento piegati in un espressione servile.

La pelle candida più della neve e altrettanto gelata, luccicava debolmente al chiarore delle torce imperlata di sudore freddo, si inchinò ancora più profondamente attendendo di udire la voce del suo signore, i lunghi capelli neri ricadevano lisci ai lati del volto pallido incorniciandolo di tenebra, gli occhi leggermente allungati si sollevavano a scatti verso la sfera, nascosti dalle lunghe ciglia che circondavano di ombre scure i due pozzi di oscurità degli occhi senza iride.

Era bello, di una bellezza gelida e perversa, la bellezza degli Immortali, ma oscura e malata, indossava una pesante sopraveste rossa come il sangue, aperta davanti a scoprire il torace nudo, sopra degli ampi pantaloni dello stesso tessuto, sulle mani guanti d'oro arrivavano fino alle nocche lasciando libere le lunghe dita e si abbinavano agli stivali che si intravedevano sotto le larghe braghe.

Come colpito da una frusta invisibile cadde in ginocchio con un tonfo sordo, con la fronte che sfiorava il pavimento e i capelli che si allargavano attorno

-Sono deluso. Sauron-

-Chiedo perdono. Mio Signore-

-Non voglio le tue scuse- tuonò -Voglio quelle persone!-

-Le stiamo cercando Mio Lord, ma sembrano scomparse nel nulla-

-Non mi interessano le tue patetiche scuse, consegnameli o ne pagherai le conseguenze-

-Sì, Mio Signore-

-So che non mi deluderai ancora- la voce si era fatta dolce come melassa e altrettanto viscida -Alzati, mio fedele Sauron e dimmi, sei sicuro che fosse un elfo?-

-Sì, Mio Sire- si sollevò come ordinato anche se quel cambio di umore lo spaventava più delle minacce -E' stato confermato da ogni guardia-

-Un elfo libero? Come è potuto succedere?-

-Non libero, aveva il Sigillo-

-Quindi un fuggitivo, questo cambia le cose... Bene, meglio così- rifletté tra se, poi si rivolse nuovamente al suo generale -In migliaia di anni solo uno è riuscito a fuggire, a Ivril, è riuscito a sopravvivere per tutto questo tempo... notevole... e degli altri? Cosa puoi dirmi?-

-Molto poco, Mio Signore, nessuno li ha visti-

-Entrano ed escono indisturbati dalla TUA Torre! Dai TUOI Serragli! E nessuno li ha visti!?- le fiamme della sfera avvamparono in risonanza alla collera dell'Oscuro Sire, mentre il potente generale cadeva nuovamente in ginocchio soffocando un gemito

-Perdonatemi, Sire, se fossi stato qui non sarebbe successo- tentò di giustificarsi

-Mi stai forse accusando per aver richiesto la tua presenza!-

-Io...- deglutì -No... Naturalmente no, non era mia intenzione...-

-Naturalmente, mio fedele amico- disse nuovamente gentile -In fondo hai ragione, non dovrei distoglierti così spesso dai tuoi doveri, ma la tuo compagnia mi è cara, e solo il gelo del tuo corpo riesce ha placare il mio fuoco, alzati, non togliermi il piacere di ammirarti seppure da questa distanza-

-Mi rendete troppo onore, Sire-

-Lo faccio, ma ciò che do posso anche togliere. Hai scoperto cosa hanno rubato?-

-Solo una vecchia pergamena, dei tempi che seguirono l'Ultima Battaglia, quella che narrava della distruzione dell'Arma Suprema degli Elfi-

Le fiamme avvamparono fino ad accecarlo mentre un grido di rabbia faceva tremare la stanza

-Trovali! Stanno andando li! Trovali e consegnami quell'elfo! Non accetterò un altro fallimento, Sauron!-

Con un ultimo bagliore rosso il Palantìr si spense restando nero e immobile.


Lo Stregone Nero si girò lentamente, negli occhi cupi fiamme blu dardeggiavano minacciose, sollevò lo sguardo sulla giovane donna che giaceva legata al centro dell'enorme letto, e sorrise, un sorriso perfido e glaciale, lei lo vide e cercò di rannicchiarsi contro la spalliera, nell'inutile speranza di farsi piccola e invisibile, il sangue scendeva tra le sue gambe, e la pelle era cosparsa di lividi di diversi colori e striature rossastre, ma lui la vide, il suo terrore lo esaltava, gli dava potere, gli dava piacere, ma era di un altro tipo di piacere che aveva bisogno, si avvicinò al letto con passi lenti e misurati, assaporando ogni tremito, ogni singhiozzo, ogni lacrima, pose un ginocchio sul letto, afferrandola per i capelli e trascinandola verso di se, tendendo l'orecchio in attesa del grido di dolore che sapeva sarebbe venuto, poi le prese il viso tra le mani e le torse di scatto, fu uno schiocco secco, pulito, era cosi facile togliere una vita, la osservo ancora a lungo, guardando la morte nei suoi occhi vuoti, era questo il vero potere, il potere di togliere la vita, lentamente le spalle si rilassarono e i lineamenti si distesero mentre le fiamme nei suoi occhi si spegnevano, con un sospiro soddisfatto lasciò andare quel corpo privo di vita che rimbalzò leggermente cadendo scomposto sulle lenzuola mentre un filo di sangue colava dalle labbra dischiuse.


-Chiamate il Capo Caccia- ordinò alla guardia in attesa fuori dalla porta.

Se andavano verso Est, verso la palude c'era solo una strada che potevano prendere, e non l'avrebbero superata, aveva già fatto allertare la Torre di Hendomindo, l'Occhio era ben aperto, e aveva fatto trasferire altri uomini, neppure una volpe poteva muoversi nel raggio di miglia senza venire scorta, ma non era abbastanza, non poteva permettersi errori.


-Ho del lavoro per te, Gothmog-

Il Capo Caccia era un Orco, le sue dimensioni non erano notevoli, come pure non lo era la sua forza, ma mai nessuno avrebbe commesso l'errore di sfidarlo, vestiva di pelli, cucite assieme a brandelli di pelliccia ispida, non portava armi, ma mai nessuno lo avrebbe sottovalutato, lui viveva coi Mannari, come loro cacciava e come loro si nutriva e loro lo seguivano come avrebbero seguito un Capobranco

-Ordinate, Mio Signore Sauron- e come la loro la sua voce assomigliava a un ringhio sordo e minaccioso

-Porta i tuoi Mannari al Passo Tarnaringa, potrebbe giungere un gruppo di avventurieri, sono cinque, uno di loro è un elfo. Non devono passare. Portami l'elfo, degli altri non mi importa-

-Sarà fatto-



Il dolce canto di Baccador accarezzava le loro menti, mentre scivolavano tranquilli sul fiume, senza l'ausilio di remi.

-Riposate viaggiatori, a voi penserà Baccador la Bella, riposate e quando aprirete gli occhi la vostra meta sarà raggiunta-

E senza volerlo le palpebre si fecero pesanti, e il respiro lento finché caddero addormentati, cullati dal dondolio dell'acqua.

Pareva passato un istante quando ancora udirono quella voce soave, forse era stato davvero un istante, anche se giorni sarebbe dovuto durare il viaggio, perché quella notte videro che la luna non era cambiata.

-Sveglia amici! E' ora di salutarci-

-Chiedo perdono, Meravigliosa Dama, non capisco come il sonno ci abbia colto giacché c'eravamo appena svegliati- si scusò Tàr imbarazzato

-Non temere, siete stati carezzati dalla voce di mio Padre, che per voi ha reso rapido il viaggio-

Solo in quel momento i compagni si accorsero dei monti che li sovrastano, mentre la Signora continuò

-Questi sono gli Hithaeglir, le Montagne Nebbiose, oltre non posso condurvi, è giunta l'ora che torni, Bombadil mi attende, ormai siete lontani dallo sguardo della Torre ma non siate troppo fiduciosi perché molti pericoli sono ancora sul vostro cammino, e la protezione del Messere cesserà al limitare del bosco perché egli non ha poteri al di fuori di esso-

-Vi siamo comunque grati, Mia Signora per l'aiuto che voi e il Signore ci avete concesso, i pericoli che ci attendono li affronteremo, quando ci siamo messi in cammino sapevamo dei rischi e non ci lasceremo fermare-

-Queste sono parole di un condottiero, e nulla di meno mi aspettavo, andate dunque e che le nostre strade si ricongiungano in tempi più lieti-


La salita fino al passo era faticosa ma non ardua, la giornata mite e il sentiero sicuro, e gli amici erano ancora forti del riposo goduto, il sole splendeva sui monti illuminandoli di riflessi dorati e la verde foresta ai loro piedi sembrava uno smeraldo incastonato in oro, si trovarono a canticchiare le canzoni di Bombadil ridendo, mentre il nano decantava le innumerevoli virtù della Figlia del Fiume, e l'elfo le stranezze di quel piccolo Signore al quale tutti avrebbero voluto porre domande e tutti come per incanto avevano dimenticato di farlo

-Non a caso la mente sfuggiva, certi misteri sono fatti per non essere svelati- fu l'unico commento dello Stregone, se egli sapesse più dei compagni non lo rivelò.

Raggiunsero la cima prima del tramonto, e si fermarono per la notte senza allontanarsi dal sentiero, le abilità di cacciatrice di Rhawel gli procurarono due grasse e gustose oche da arrostire e così sazi si prepararono per la notte.

La luna era già alta in cielo quando un ululato li svegliò tutti, ancora prima che il nano di guardia desse l'allarme

-Mannari!- Esclamò verso i compagni che si alzavano veloci

-Sembra che siano a caccia, spero non di noi-

-Non per contraddirti umano ma visto come attiri i problemi sono quasi certo che stiano cercando noi-

-Forse avrai l'occasione di saldare il tuo debito, non ne sei felice?-

-Proprio ora che cominciavo ad apprezzare la compagnia- ghignò sarcastico

-Non sono molti, dovremmo farcela- Gimli accarezzò impaziente la grande ascia

-Intanto che dite di muoverci e guadagnare un po' di tempo? Non manca molto all'alba e con la luce sarà più facile-

-Dico che hai dato un ottimo consiglio Mithrandir, le mie frecce trovano meglio il bersaglio se possono vederlo-

-Voi restate con lo Stregone e con la sua luce, io vado avanti a controllare che non ci siano sorprese lungo il cammino-

-Gwath! Stai attento e cerca di non morire-

-Questa sì che sarebbe una novità- rispose ironico -Ma starò comunque attento, sai che non mi è permesso fare altrimenti- mormorò scomparendo nel buio

-Non lo sopporto quando fa così-

-Non biasimarlo, Rhawel, è la sua vita-

-E tu non difenderlo sempre, Tàr... per quanto mi riguarda può anche farsi ammazzare se proprio lo desidera- ringhiò tra i denti

Con un sospiro l'uomo si allontanò mettendosi alla testa del gruppo, capiva i sentimenti della ragazza, la conosceva da troppo tempo per non comprendere, ma non poteva fare a meno di provare pena per l'assassino, e pensare che ci fosse ancora una speranza.

Se solo si fidasse, se riuscisse ad abbassare le barriere che ha costruito attorno al suo cuore potrebbe vedere che al mondo ci sono anche cose per cui vale la pena vivere, ma ogni volta che fa un piccolo passo avanti si chiude ancora di più come se ne fosse spaventato”


Gli ululati erano sempre più vicini, e già una tenue striscia di luce profilava l'orizzonte quando l'elfo riapparve davanti a loro

-Brutte notizie, più avanti il sentiero si stringe correndo a strapiombo su un crepaccio, se ci raggiungessero in quel punto non potremmo combattere-

-Allora avanziamo finché possiamo poi giriamoci ad affrontarli, già il cielo si rischiara, tra poco ci sarà possibile vedere il nemico-

Come aveva detto infatti il sentiero si bloccava più avanti, stringendosi a lasciare il passo a non più di una persona, e sotto di loro il fondo del dirupo si nascondeva ancora avvolto nel buio della notte, proseguire sarebbe una follia, armi in pugno si volsero in attesa.

Lo Stregone arretrò cercando nella protezione dei compagni la possibilità di usare il bastone magico.

Rhawel raggiunse una sporgenza rialzata dove avrebbe avuto maggior margine di tiro, un ginocchio a terra, la freccia incoccata, e la corda tesa, leggere nuvole di vapore rivelavano il respiro nella fredda aria di montagna, respiro rapido per eccitazione, ma la mano era ferma.

I tre guerrieri formavano un'eccezionale muraglia su cui presto gli aggressori si sarebbero schiantati, spada, ascia e coltelli, abilità, forza e agilità, un uomo, un nano e un elfo uniti da uno strano destino, simili nei sorrisi di sfida, uguali nell'adrenalina che precede uno scontro.

Il sole che sorgeva alle loro spalle faceva brillare il metallo, e colorava di fuoco i capelli dell'assassino rendendo ancora più surreale il contrasto con quegli occhi d'acciaio. Lo stesso fuoco che avvampava nell'elmo del nano confondendosi con la chioma fulva, mentre il brivido della battaglia ardeva nel suo sguardo. Al centro immobile e apparentemente rilassato, l'uomo attendeva con un sorriso beffardo, sicuro e nobile, il vento che agita il mantello, la spada protesa in avanti, con la punta al cielo.

Così li scorsero le malcapitate bestie, e se avessero avuto un cervello appena più sviluppato di un animale abbrutito sarebbero certo tornati sui loro passi, ma la furia della battaglia annebbiava quelle già deboli menti che si gettarono all'assalto.

Come una sola mente con molte braccia reagirono i compagni, ancora i nemici non avevano spiccato il primo balzo che già cadevano trafitti da frecce e lampi azzurri.

Tàr spostò di lato la spada pronta a un fendente e scattò in avanti, seguito da un'ascia sollevata alta sopra la testa e due pugnali paralleli.

Per diversi minuti il caos rese impossibile definire i movimenti, solo un turbinio di metallo, zanne e pelo scuro di sangue, guaiti e latrati, saette argentee di frecce e lampi di fuoco azzurro.

La lotta caotica divise presto i tre combattenti, che senza tregua continuavano ad incalzare, la danza dell'assassino sembrava quasi ipnotizzare gli avversari che restavano impotenti sotto i suoi colpi, un'espressione feroce quanto quella delle bestie che lo attaccavano numerose, forse vedendo nel suo fisico esile un avversario meno pericoloso.

Una danza macabra che portò i suoi passi sull'orlo del baratro, muovendosi però leggeri e sicuri e lasciando che fossero i nemici a sfamare quella nera voragine.

La battaglia era ormai vinta, una leggera vibrazione sotto il piede, e prima di poter reagire il terreno sotto di lui era scomparso, sentì la voce dell'uomo gridare il suo nome, ma era tardi, senza rendersene conto un sorriso leggero distese i lineamenti dell'angelico viso mentre precipitava nel vuoto.

Infine giungo a te Mia Signora, non hai scordato il tuo fedele amante”

Sentì le rocce tagliare la pelle e la polvere bruciare nei polmoni, il corpo ormai inerte rimbalzare sulla roccia per proseguire la sua corsa, e forse per un istante ebbe paura, paura del dolore prima della fine, per un istante ricordò due occhi del colore del mare che lo guardano gentili porgendogli la mano, e per un istante sentì il cuore tremare per il rimpianto di una vita che avrebbe potuto avere se non fosse stato quello che era.

E rivide il volto di sua madre, quella donna piccola e gentile, ma tanto coraggiosa da volerlo prendere con se, rivide il suo caldo sorriso mentre gli scompigliava i capelli con affetto prima di rimboccargli le coperte “Il mio piccolo principe, sei la mia piccola luce, la luce che da un senso alla vita di questa misera vecchia” e lui gli diceva che non era vecchia ed era bellissima, e se lui era un principe allora lei era la regina e lei rideva “Sei troppo bello per questo mondo e troppo buono, vorrei che non dovessi mai cambiare, e adesso dormi, vita mia” ma lei non c'era più, era stato lui a ucciderla solo perché lo aveva amato, ma forse presto l'avrebbe rivista e si sarebbe potuto scusare, scusare per averla uccisa, scusare per non essere buono come lei credeva.

E finalmente quell'istante passò e fu solo il buio a cancellare il dolore, la paura, il rimpianto e i ricordi.


-Gwath!- Aveva gridato con tutto il fiato che aveva, ma era troppo tardi, solo il tempo di vederlo scomparire oltre l'orlo del precipizio, sorridendo “Dannato idiota!” non si era neppure accorto del terribile colpo con cui aveva ucciso l'ultima bestia prima di correre all'orlo del baratro, ma il fondo ancora avvolto dal buio non permetteva di scorgerlo.

-Cosa pensi di fare? Sei impazzito?- La voce dell'amica lo riscosse dai suoi pensieri mentre già faceva scivolare una gamba oltre il crinale

-Scendo-

-Vuoi morire anche tu?-

-Ormai è giorno, con la luce posso farcela, non è una scalata difficile-

-E' inutile, nessuno potrebbe sopravvivere a una caduta del genere-

-Se ci fossi io laggiù, non vorresti controllare?-

A quelle parole non poté fare altro che abbassare lo sguardo e annuire

-Fai solo attenzione-

Ma l'uomo stava già scendendo


La parete irregolare offriva molti appigli per le mani esperte, forse non possedeva la grazia dell'elfo mentre saliva la parete liscia della torre, ma era abbastanza abile da riuscire senza affanno in quella discesa, la luce nascente schiariva il fondo permettendogli di vedere sempre meglio, la prima cosa che i suoi occhi puntarono fu la chiazza nera di un mantello, quando fu più vicino vide una gamba piegata in modo innaturale e immobile, per un momento il respiro si bloccò ma continuò a scendere.

Solo quando raggiunse il suolo riuscì a vederlo, il corpo immobile semicoperto dalle pietre, i vestiti laceri e insanguinati, su un braccio un osso spezzato spiccava bianco sulla tunica nera.

Doveva avvicinarsi, era li per quel motivo, ma non riusciva a muovere un passo, non aveva mai perso nessuno dei suoi uomini, ancora una volta si incolpò di averlo trascinato nel suo mondo e non gli importava se quello era il più grande desiderio dell'elfo, non era il suo... lui non voleva che morisse, non finché era con lui, non finché poteva guardarlo, non finché avrebbe dovuto accettare che aveva ottenuto quello che voleva... dopo... quando se ne fosse andato sarebbe stato diverso, non l'avrebbe mai saputo e avrebbe potuto sognare quegli occhi finalmente felici nessuno avrebbe potuto smentire quei sogni.

-Tàr!-

Dopo interminabili minuti finalmente una voce riuscì a portarlo indietro, il sole era alto, sollevò lo sguardo osservando gli amici che lo guardavano preoccupati, ormai anche loro potevano vedere.

Lentamente, molto lentamente, si inginocchiò accanto al corpo cominciando a spostare le pietre.

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Capitolo 9
*** Capitolo 09 ***


*CAPITOLO 9*


-Fottuto bastardo...- mormorò e poi alzò il viso e gridò -E' vivo!-

-Per la frusta di un Balrog!!! Davvero la Nera Signora deve tenere in gran conto quel dannato figlio di una donnina allegra!-

-O forse neppure lei vuole la sua compagnia, visto il carattere che si ritrova... Ora scendiamo, Tàr!-

-Fermati, Rhawel! Non da qui, cercate un'altra strada o almeno un punto dove la parete sia abbastanza bassa da usare le corde, non possiamo arrampicarci con lui-

-Ne sei sicuro? se ci fossero altri lupi?-

-Posso difendermi, voi state attenti e buttate giù il mio zaino-

Un tonfo sordo lo avvisò che lo zaino era arrivato

-Non ti muovere, capo, torniamo presto-

E dove vuoi che vada”


-Avanti amici troviamo in fretta un sentiero, potrebbe aver bisogno di aiuto-

-Non è da te preoccuparti così, Mithrandir, Tàr è un guaritore esperto, se l'elfo è vivo con lui è in buone mani-

-Non è per l'elfo che mi preoccupo, Gimli, ma per il nostro amico, quando lui si sveglierà non sarà per niente felice e sai bene quanto possa ferire con la sua lingua e Tàralelyol...-

-E Tàralelyol ultimamente è molto sensibile per quello che riguarda quell'assassino- continuò per lui la ragazza

-Ah... l'avete notato anche voi?- ridacchiò il nano

-Non c'è niente da ridere, tu cosa ne pensi Mithrandir?-

Dopo un lungo silenzio lo stregone rispose

-Non lo so davvero, non so davvero cosa pensare... ma temo che uno di loro ne soffrirà, non so ancora chi però-

-Non è difficile da capire, quell'individuo è così freddo che gelerebbe l'inferno, non vedo come potrebbe soffrire-

Ma né il nano, né lo stregone le risposero, limitandosi a camminare pensierosi.


Appena ebbe sentito gli amici allontanarsi, l'uomo non perse tempo, con un efficienza nata dalla lunga esperienza di battaglie e vita da vagabondo.

Prima di potersi occupare del ferito doveva assicurarsi che la zona fosse sicura, e trovare un riparo per poterlo curare e tenere al caldo, la prima cosa non fu difficile si trovavano su un pianoro rialzato e questo rendeva più agevole la difesa, anche se per una volta sperava di poter restare tranquillo, quindi si limitò a spargere rametti e foglie secche lungo il perimetro in modo che chiunque si fosse avvicinato si sarebbe fatto sentire.

Altri rami servirono per accendere il fuoco su cui mise a scaldare l'acqua del torrente che fortunatamente scorreva sul fondo del crepaccio.

Sotto una sporgenza della roccia ampia a sufficienza da ripararli dal vento ammucchiò abbastanza foglie che coprì col suo mantello in modo da creare un giaciglio comodo.

Solo quando tutto fu pronto tornò a occuparsi dell'amico, che incredibilmente non aveva subito ferite mortali, le cose che lo preoccupavano di più erano il braccio e la gamba, se non fosse riuscito a sistemarle non sarebbe più riuscito a usarle, e questo sarebbe stato un colpo tremendo per l'immortale.

Per prima cosa lo trasportò vicino al torrente, strappando quello che restava degli abiti per poterlo pulire più agevolmente -Spero non ci fossi troppo affezionato- sorrise pensando alla reazione dell'altro quando si fosse svegliato, ma questo pensiero ne portò uno più triste, gli accarezzò dolcemente una guancia, non avrebbe mai avuto il coraggio di toccarlo così se fosse stato sveglio ma in quel momento poteva fingere che fosse quella creatura luminosa dei suoi sogni -Mi dispiace, non sarai felice quando ti sveglierai, è vero che la Morte non ti vuole... lo sai? mi ha dato i brividi vederti sorridere quando credevi che fosse finita, non c'è dunque nulla che possa legarti a questo mondo? Scusami, se potessi sentirmi mi odieresti, ma sono felice che tu sia ancora qui, forse la tua Signora tiene in maggior conto i miei desideri dei tuoi... dovresti trovarti un'amante meno esigente Gwatheg-

Con un ultima carezza ricominciò il suo lavoro, pulendo delicatamente il suo corpo da sangue e polvere, lo sentì rabbrividire al contatto con l'acqua gelida ma non riprese i sensi.

Solo quando fu sicuro di aver rimosso ogni piccolo frammento di terra o roccia e che le ferite fossero ben pulite lo sollevò di nuovo per distenderlo nel rifugio improvvisato e raggiungere lo zaino, senza perdere mai di vista l'elfo, cominciò ad estrarre piccoli sacchetti di pelle che mise a terra assieme a un pestello, dal primo sacchetto una manciata di foglie secche finì nell'acqua che ormai bolliva sprigionando subito un profumo fresco e pungente, mentre un pizzico più piccolo veniva depositato nel pestello, assieme ad altre foglie e a una manciata di polvere d'argilla verde poi cominciò a lavorarle attentamente canticchiando piano, si era accorto che appena il profumo dell'Athelas aveva avvolto il ferito il suo respiro si era fatto più regolare, ora poteva scorgere il suo petto alzarsi e abbassarsi ritmicamente, sperò che non si svegliasse troppo presto, per quello che doveva fare era meglio se restava incosciente.


Soddisfatto del risultato aggiunse un mestolo d'acqua profumata e mescolò fino ad ottenere un impasto omogeneo e aromatico che passò su ogni taglio e escoriazione prima di bendarle

-Ora viene la parte difficile, scusami ma è davvero necessario, cerca di non svegliarti proprio adesso, è un consiglio, amico- si ritrovò ad accarezzargli di nuovo il viso passando le dita tra quei capelli soffici -Lo so... sono un debole e un sentimentale, tu al mio posto lo faresti senza tanti problemi, ma cosa posso farci se l'idea di farti male mi mette angoscia?-

Con un ultimo sospiro si distaccò da quel viso angelico distendendogli con attenzione il braccio ferito lontano dal corpo, l'osso aveva perforato la carne e usciva bianco e inquietante dalla pelle.

Si inginocchiò sull'arto, stringendolo saldamente tra le ginocchia all'altezza del gomito, afferrandolo con entrambe le mani sotto la frattura, uno strappo secco e deciso, tirando e ruotandolo finché non vide l'osso rientrare e riprendere il suo posto.

Nonostante fosse svenuto l'assassino aveva gridato, un grido che gli aveva tolto il fiato riecheggiando tra le montagne, un dolore tale da farlo rinvenire e svenire poco dopo per la sofferenza, ma non poteva fermarsi, doveva assicurarsi che fosse a posto se voleva essere sicuro di salvargli la funzionalità dell'organo, dopo averlo posizionato e medicato lo fasciò stretto tra due rami dritti, solo in quel momento si fermò sudato per la fatica e la concentrazione.

Qualche istante per riprendere fiato, poi ripeté la stessa manovra con la gamba, che non era messa male come il braccio ma era comunque fratturata.

Finalmente, quando ormai stava calando la sera annuì soddisfatto, aveva fatto tutto quello che poteva, e sapeva di averlo fatto bene, ora toccava all'immortale fare il resto, e se quelle sulle capacità di guarigione della sua razza non erano leggende non ci avrebbe impiegato molto.

Con la notte giunse una leggera febbre, era un buon segno, il fisico stava reagendo, il respiro era più pesante ma sempre regolare, Tàr era ipnotizzato dal movimento di quel petto che spuntava candido sotto le coperte, non riusciva a distogliere lo sguardo

-Vorrei poterti dire che ti trovo meraviglioso, ma non sarebbe la verità, lo sei ora, con gli occhi chiusi e quel viso d'angelo, ma per quanto possa desiderarti non posso sopportare quello sguardo di ghiaccio e quell'odio verso il mondo che non cerchi neppure di nascondere, come può una creatura così bella portare tanto odio?- sorridendo a se stesso -Devo essere veramente impazzito a parlarti così, sai è più bello parlarti quando non puoi sentirmi... così bello... e così solo... vorresti farmi entrare? Se mi aprissi il tuo cuore non saresti più solo, ma non sai neppure come si fa vero? Anche volendo hai perso quella chiave tanto tempo fa. Stavo pensando, che in giro si dice che tu sia in grado di scassinare qualunque serratura, vorresti insegnarmi? Perché vorrei tanto essere un ladro e scassinare quella con cui hai chiuso il tuo cuore... Mi senti, Notte? Mi sono appena dichiarato al tuo figlio, sii mia testimone perché lui mai udrà queste parole, ma se un giorno vorrai liberarlo dai tuoi tentacoli, chiamami e sarò pronto ad afferrarlo mentre cade, perché proprio io che mi misi in viaggio per trovare la Luce, sto donando il mio cuore al Signore delle Ombre... ma non lascerò che lo distrugga, l'ho donato al Principe luminoso che viene ogni notte nei miei sogni, a lui mi rivelerò se lui esiste dentro l'ombra in cui si nasconde-

L'alba giunse senza cambiamenti, sperava che gli amici lo raggiungessero presto, era stanco, ma temeva di addormentarsi su quelle montagne ostili, controllò le medicazioni constatando che le ferite più lievi erano già rimarginate “Decisamente quelle sulle capacità di guarigione degli elfi non sono leggende” preparò una leggera colazione e ricominciò a vegliare il suo malato.

Verso la metà della giornata un ramo spezzato gli segnalò che qualcuno si stava avvicinando, pronto con la spada in mano come la lupa che difende il cucciolo.

-Tàr! Siamo noi, possiamo avvicinarci o sei deciso ad affettarci?- era felice di poter finalmente risentire la voce allegra del nano

-State bene?-

-Noi sì, e messer ghiacciolo come sta?-

-Messer ghiacciolo?-

-Sì, mentre cercavamo un sentiero abbiamo passato il tempo a cercargli un soprannome adatto... sei pregato di non riferirglielo, ci tengo alla mia barba-

-Io mi preoccuperei della gola- ribatté acida la donna

-E io cosa ho detto?- ridacchiò -Pensa un po'... la gola sta proprio dietro la barba... Davvero Tàr come sta? E tu stai bene?-

-Io sto bene, ho solo bisogno di una dormita. Lui invece dorme, non si è ancora ripreso ma non ha ferite gravi, un braccio e una gamba erano messi male, ma credo di averli sistemati, potrò esserne certo solo tra qualche giorno-

-Mithrandir, ti risulta che gli elfi sappiano volare? Per le corna di mille Balrog non ho mai sentito di qualcuno che fa un volo del genere e sopravvive, e lui non è neppure ferito gravemente-

-Bhe, dipende cosa intendi per gravemente, sì, non è in pericolo di vita, ma come ti sentiresti se non potessi più impugnare la tua ascia? E ricordati che uccidere è l'unica cosa che gli permette di restare libero-

-Oh- il nano

-Appunto, Oh!-

-Resta comunque il fatto che ha una fortuna sfacciata-

-Su questo io non discuto.... ma è meglio che tu non lo dica a lui quando si sveglia-


Era finalmente riuscito a dormire e si sentiva molto meglio, anche se la preoccupazione per l'elfo non lo aveva lasciato riposare più di qualche ora prima di tornare al suo capezzale con la scusa, palesemente poco credibile dal momento che le condizioni dell'altro non erano gravi, di essere il guaritore più esperto.


Dolore?” fu il primo pensiero mentre riprendeva i sensi “Credevo che la morte cancellasse il dolore” una fitta lancinante al braccio lo fece gemere, e nella mente annebbiata cominciò a farsi strada la consapevolezza di essere ancora vivo... rabbia... una rabbia tale che avrebbe voluto gridare ma dalla gola riarsa uscì solo un lamento strozzato

Una mano gli sollevò il capo

-Bevi, ti aiuterà a sopportare-

Lui, sempre lui, non poteva davvero lasciarlo in pace? Lui e la sua dannata mania di voler salvare il mondo... chi altri poteva essere se non lui!”

Aprì gli occhi, se uno sguardo avesse potuto uccidere l'uomo sarebbe certamente morto trafitto dall'acciaio di quelle iridi dilatate dalla rabbia... odio, odio puro aveva preso il posto del gelo

-Tu-

Una sola sillaba, due lettere che racchiudevano un intero discorso, una moltitudine di accuse, due lettere soffiate tra i denti che esprimevano da sole la forza di quell'occhiata

-Tu... come hai osato... non credere che ti ringrazierò per questo... Tu...-

L'uomo avrebbe potuto ribattere, avrebbe potuto spiegare, difendersi, ma rimase immobile di fronte a quella furia, incapace di sostenere quello sguardo assassino

-Tu... Prega di non incontrarmi di nuovo, da ora considero il nostro debito saldato, mi hai reso la libertà e ti sei preso la mia morte, siamo pari, non farti più vedere-

Se avesse gridato, se lo avesse insultato, sarebbe stato più facile reagire, sarebbe stato più facile sopportare, ma ogni parola, scandita lentamente, entrava dura nel cuore, lasciando ferite sanguinanti.

Incapace di resistere oltre, si alzò, sentendo ancora quegli occhi trafiggerlo mentre si allontanava.


Osservando fisso l'uomo che si allontanava non si era accorto che qualcun altro si era avvicinato finché una mano aperta non lo aveva colpito violentemente al viso piegandogli la testa di scatto.

-Maledetto bastardo, figlio di puttana! Ti diverti a essere tanto crudele? Sei solo una patetica imitazione di un individuo dal cuore di pietra. No! Se fosse di pietra vorrebbe dire che almeno un cuore c'è, ma dubito che tu ne abbia mai avuto uno!- La ragazza aveva assistito a tutta la conversazione, aveva visto le parole ferire il suo più caro amico, e i sentimenti che tratteneva da ormai troppo tempo erano esplosi in quello schiaffo.

Mentre parlava l'assassino aveva riportato il capo dritto fissando le iridi ormai accecate di rabbia in quelle della giovane

-Hai finito?- sibilò gelido

Se la furia di questa fosse stata leggermente inferiore, forse avrebbe scorto il pericolo di quello sguardo, ma in quel momento era più cieca di lui, il fiume di emozioni aveva rotto la diga e non si sarebbe lasciato arrestare

-Non credere di spaventarmi, forse potresti uccidermi ma almeno io avrei vissuto. Hai ragione, avremmo dovuto lasciarti in fondo a questo dannato crepaccio, non ti meritavi altro, mi sarei divertita a guardarti... un assassino zoppo e senza un braccio, quanto saresti durato? Quanto prima che quel Sigillo che ti costringe a sopravvivere ti avesse fatto andare a elemosinare cibo e riparo da quelli che ti vogliono in catene? Sorpresa!!! Non stavi morendo, neppure la Morte ti vuole, e perché prendersi il disturbo, sei già suo, sei morto da così tanto tempo che mi chiedo se tu sia mai vissuto!-

-Non parlare di cose che non...-

-Cosa!? Che non conosco? Il povero piccolo elfo che nessuno vuole, poverino che storia triste che ha avuto... Svegliati! Il mondo fa schifo, pensi di essere l'unico che ha avuto una vita difficile? La fuori è pieno di elfi che non hanno le tue capacita e sono ancora costretti a servire! La fuori e pieno di gente che ha visto le persone che amava morire per un gesto o una parola sbagliata! Apri gli occhi e vedi di crescere una buona volta! Non mi fai pena, sei libero, sei intelligente, sei abile potresti fare qualcosa di buono e invece non fai nulla!-

-Cosa ne può sapere una ragazzina umana viziata del mondo! Tu con la tua testa piena di stupidi ideali...- le soffiò in faccia glaciale

-Tu invece lo conosci il mondo vero! Chi conosci oltre te stesso? Hai mai cercato di capire qualcuno? Credi che Tàr abbia lasciato la sua gente per sete d'avventura? O non ti sei chiesto cosa spinge un nano a vagare in superficie? Ti sei domandato quale peso sopporta il cuore di Mithrandir, che rende lucidi i suoi occhi ogni volta che parla del passato?

No! Tu non te lo chiedi perché vuoi continuare a compatirti... Vuoi sapere cosa ne sa questa “ragazzina umana viziata” del mondo? Guarda!!!- Ormai senza fiato per le grida si era chinata portando il viso a pochi centimetri dall'elfo e scostato i capelli dalle orecchie

-Ho detto guarda!!!- ormai stava gridando di disperazione non più di rabbia

Nonostante la vista acuta l'elfo ci impiegò un po' per scorgere quello che la donna stava indicando, un sottile cicatrice che percorreva la parte superiore dell'orecchio.

In quell'istante, tutto l'odio e il furore svanirono quando la sorpresa gli tolse il fiato

-Tu sei...- sussurrò con espressione incredula

-Per metà, mia madre era umana- ormai quel fiume che l'aveva travolta si era esaurito lasciandola scivolare seduta a terra spossata.

-Chi è stato a...- non riusciva a trovare le parole, seppure negasse la sua natura di elfo non aveva mai pensato a un gesto così drastico

-A farmi questo?- indicandosi le orecchie -Sono stata io... Tu mi chiedi cosa so della vita? Ne so abbastanza da aver distrutto un intero villaggio...-

La voce era bassa, quasi atona, come pure gli occhi... non la interruppe, forse era cinico e insensibile ma sapeva riconoscere un dolore così simile al suo.

-Ti racconterò una storia, non perché voglio la tua pietà, non perché voglio che tu mi racconti la tua, non mi interessa la tua storia, posso immaginarla in centinaia di storie che ho già sentito, e ...soprattutto... non mi interessa la tua pietà, non mi interessa la pietà di nessuno... ma giunti a questo punto è giusto che tu sappia anche il resto, e forse ti servirà ad aprire gli occhi su quel mondo che dici di conoscere.

Non ho mai conosciuto i miei genitori, ma mia madre mi ha lasciato tante lettere, le scriveva mentre attendeva la mia nascita, forse sapeva che non sarebbe sopravvissuta al parto, e voleva che in qualche modo mi ricordassi di loro e sapessi quanto mi avevano amato.

Mia madre era una nobile, mio padre un servo nella sua casa, tu pensi che non esistano, ma ci sono persone che guardano gli elfi come individui e non come proprietà, mia madre era una di quelle, e quello che vide in quell'elfo la fece innamorare, e lui di lei.

Si amarono molto, rubando attimi di intimità, sapendo il destino che li attendeva se fossero stati scoperti, mi sono spesso chiesta perché i vincoli magici non impedissero a mio padre di amarla, credo che semplicemente nessuno avesse mai preso in considerazione questa possibilità.

La storia andò avanti per anni, finché mia madre non scopri di essere incinta, se mi avessero tenuta la loro storia sarebbe certamente stata scoperta, ma neppure un istante pensarono di uccidermi, mi vedevano come un dono un dono raro e prezioso, così fecero l'unica cosa che potevano fare, decisero di fuggire.

Secondo Mithrandir la scoperta di essere padre cambiò qualcosa nello spirito dell'elfo rendendo più deboli le Chiavi, non comprendo molto la magia, ma mi hanno spiegato che queste imposizioni agiscono direttamente sullo Spirito e che questo in circostanze particolari può cambiare... dovrai accontentarti di questa spiegazione perché come ho detto la magia non riesco a comprenderla.

Comunque fuggirono una notte, naturalmente il mio caro nonno sguinzagliò tutte gli uomini che poteva al loro inseguimento, quando fu chiaro che il loro piano sarebbe fallito mio padre si fermò, salutò mia madre con un bacio, le disse di proteggermi sempre, che ero la cosa più bella che gli fosse mai accaduta perché ero il frutto del loro amore, le disse di fuggire veloce e non voltarsi indietro, che lui sarebbe sempre vissuto dentro di me...- si fermò per riprendere fiato mentre gli occhi si gonfiavano di lacrime

-Fu la prima persona che uccisi... mio padre... si lanciò ad affrontare gli inseguitori per dare il tempo a mia madre di mettersi in salvo, quando fu lontana lei si girò... il tempo di vederlo cadere colpito a morte poi continuò a fuggire, non voleva che quel sacrificio fosse stato vano.

La trovò Mithrandir, molti giorni dopo, era stremata, ma non si arrese fino al giorno in cui nacqui, in una lettera scrisse che io dovevo vivere ad ogni costo, perché ero la prova del loro amore e che non mi avrebbero mai abbandonato, ma non è vero, forse dove sono ora mi osservano, non lo saprò mai perché qui sono sola.

Lo stregone mi affidò alle cure di una coppia di contadini, brava gente, con un cuore enorme, che non si interessavano della mia natura e mi amarono come la figlia che non avevano mai avuto. Vivevamo in un piccolo villaggio alle pendici dei Monti Bianchi, lontano dall'impero e dalla politica, tutti sapevano di me, ma nessuno me lo fece mai pesare, ero solo una bambina come tante altre, se non fosse stato per il fatto di dovermi nascondere ogni volta che arrivavano gli esattori non avrei neppure compreso di essere diversa.

Nei miei sogni di bambina quella era la mia vita, avrei lavorato la terra e avrei preso il posto di mia madre in casa, avrei sposato uno dei miei amici del villaggio e avremmo avuto tanti figli... ma come vedi non è andata così...

Avevo undici anni quando vennero a prendermi, non ho mai scoperto come mi avessero trovato, forse un viaggiatore mi aveva scorto in lontananza... non lo saprò mai... era un giorno allegro, stavamo tutti aspettando Mithrandir, quando arrivava facevamo una grande festa, lui portava sempre dei bellissimi fuochi d'artificio, dovresti vederli non c'è nessuno bravo come lui. Veniva a trovarmi ogni anno, sapevo che era stato lui a farmi nascere, i miei mi avevano raccontato tutta la storia e mi avevano dato le lettere della mia vera madre e per questo li amavo ancora di più.

Un uomo arrivò correndo a casa mia, aveva visto da lontano i soldati e avvertiva i miei di nascondermi, capivo perché erano agitati, non era il periodo degli esattori... mi calai nel pozzo come avevo fatto tante volte, c'era una nicchia nascosta abbastanza grande per una bambina, era un rifugio perfetto.

Dal mio nascondiglio li sentii arrivare, erano li per me, gli abitanti del villaggio finsero di non sapere di cosa parlassero, sentii il primo grido, era la voce del fabbro, rifecero la domanda e ancora i paesani non risposero, un altro grido, avrei gridato anch'io facendomi scoprire ma ero paralizzata dalla paura, continuarono così, grida e domande, ma nessuno mi tradì, mi consideravano una di loro... erano brave persone... alla fine i soldati si convinsero che dovevo essere fuggita e non c'era più motivo di restare in quel posto sperduto e arrivò l'odore del fuoco e il rumore delle case in fiamme che crollavano mescolato ad altre grida, poi il silenzio...

Non ricordo quanto tempo impiegai a trovare il coraggio di uscire, speravo di sentire qualcuno che mi chiamava come le altre volte, che mi diceva che se ne erano andati, ma c'era solo il silenzio... Erano morti tutti, per proteggermi... mi inginocchiai a fianco del corpo del secondo padre che avevo ucciso e piansi... piansi per ore... poi vidi il coltello, era ancora nel fodero, non avevano neppure provato a difendersi, lo presi con rabbia e mi feci questo... e restai li con il sangue e le lacrime che mi colavano sul viso.

Se Mithrandir non fosse arrivato sarei morta dissanguata, ma mi portò via e sistemò i tagli che avevo fatto, tanto che ora si notano appena.

Quel giorno ero morta anche io, restai con lui, ma non parlavo, non mangiavo se non mi dicevano di farlo, non mi alzavo neppure dal letto se non ero obbligata e passavo tutto il tempo nel parco su una panchina di pietra a fissare il vuoto.

Fu così che conobbi Tàr, era già passato un anno, e stavo su quella panchina, lui si sedette al mio fianco e cominciò a guardare il vuoto come me, restammo a lungo in silenzio poi con un sospiro udii quattro parole “Il mondo fa schifo” mi girai a guardarlo come se vedessi per la prima volta, tutti i pensieri, tutti i dolori che mi tormentavano da tanto tempo riassunti in quattro parole.

Appoggiò una spada al mio fianco poi si alzò, prima di andarsene parlò di nuovo “Puoi continuare a pensare che faccia schifo, oppure puoi cercare di cambiarlo per le persone che amavi, la scelta è solo tua” non l'ho più visto per mesi, ma da quella sera sono andata ogni giorno nel parco non a sedermi sulla panchina ma ad allenarmi con la spada.

La seconda volta che è venuto da me mi stavo allenando, mi ha guardato per un po' poi ha detto

Decisamente non hai il fisico per la spada, dovresti provare con un'altra arma”

Non so perché ma la risposta mi venne spontanea

L'arco” avevo seguito mio padre a caccia e lui si era divertito a insegnarmi a incoccare le frecce

Lui ha annuito

Fammi venire con te, insegnami a combattere”

Ti propongo un accordo, devo partire per un lungo viaggio, non ci vedremo per molto tempo, ma quando tornerò se sarai in grado di fare tre centri consecutivi allora potrai seguirmi e ti insegnerò tutto quello che so”

Quella sera sul mio letto c'era un arco nuovo e una faretra piena, passarono due anni prima che lo rivedessi, ma mi allenai ogni giorno e quando tornò sarei stata in grado di fare, non tre, ma tutti i centri che avesse voluto, come avrai capito mantenne la promessa e da quel giorno mi sono unita a lui e Gimli... Tàr è come un fratello per me, mi ha fatto tornare a vivere e mi ha insegnato tutto quello che so... non ti perdonerò se lo ferirai ancora-

Restarono a lungo in silenzio, un elfo e una mezzelfa, sconvolti, il primo per la storia ascoltata, la seconda per il dolore dei ricordi, quando stupendo persino se stesso l'assassino poggiò la mano su quella della ragazza facendole sollevare il viso stupita.

-Grazie, non deve essere stato facile ricordare... Grazie- Non sapeva perché la stava ringraziando, ma sentiva di doverlo fare, lei avrebbe capito, lei sapeva cosa si provava ad uccidere chi si amava, lei era così diversa eppure così simile, si ritrovò a pensare che se il destino fosse stato diverso le loro parti sarebbero state invertite, o forse no... forse lei sarebbe comunque stata abbastanza forte per reagire e lui invece sarebbe comunque rimasto vuoto...

-E' per questo che mi odi? Hai paura che possa ferire quelli che ami?-

-Se mi poni questa domanda è perché non sei pronto ad ascoltare la risposta, hai già la tua risposta, solo che non l'hai sentita-

Scuotendo il capo delusa, si avviò alla ricerca degli amici

-Rhawel, potresti scusarti con Tàralelyol da parte mia?-

-Dovresti farlo tu, quando tornerà-

Ma non ebbero l'occasione di sentire quelle scuse, quando tornarono all'accampamento Esgalwath era scomparso, assieme a tutte le sue cose.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


*CAPITOLO 10*


-Se n'è andato- lo sussurrò a se stesso con un filo di voce, continuava a ripeterselo.

Erano passati quattro giorni da quando non lo avevano trovato al campo, aveva voluto aspettare il primo giorno sperando che tornasse, il secondo e il terzo lo avevano cercato con la paura che nelle sue condizioni gli fosse successo qualcosa, ma non avevano trovato tracce, alla fine si era rassegnato a riprendere il cammino, eppure ancora non riusciva a darsi pace.

Non riusciva a crederci, era ferito, aveva perso molto sangue, ma aveva comunque trovato la forza di andarsene, eppure nonostante l'odio di quelle parole era convinto che sarebbe rimasto finché fosse stato meglio “non farti più vedere” lo aveva detto ma lui non ci aveva realmente creduto, era convinto che avrebbe avuto il tempo di spiegare quando fosse stato più calmo... era debole, se gli fosse accaduto qualcosa sarebbe stata di nuovo colpa sua...

-Tàr, non pensarci, non avresti potuto far nulla per fermarlo- Lui non parlava ma la giovane poteva leggere tutti quei pensieri sul suo viso

-Avrei potuto parlargli, avrei potuto spiegare, avrei potuto...-

-Non sarebbe servito, sai che gli ho parlato... ero sicura che avesse capito, sembrava diverso, mi ha persino chiesto di chiederti scusa...-

-Allora perché?-

-Non lo so Tàr, forse in fin dei conti il motivo non era importante, non quanto il fatto che tu lo abbia comunque curato... io credo che si sia spaventato, è un solitario, lo è sempre stato, non gli piace dover dipendere da altri, credo che abbia avuto paura di poter cambiare-

-Da quando lo hai osservato così bene?-

-Non è questo... io credo di comprenderlo... se non fosse stato per te avrei potuto essere come lui...-

-Ma tu ti sei lasciata aiutare...-

-Conoscevo l'amore dei miei genitori, avevo vissuto come una persona normale amata e rispettata, avevo il sostegno di Mithrandir, non ho mai dovuto sottostare a delle catene, non mi sono mai dovuta nascondere... io posso solo immaginare quello che sarei diventata...-

-Per questo lo disprezzi, perché è quello che saresti potuta essere tu?-

-In parte, forse... ma non solo... Non lo disprezzo... forse lo compatisco... è difficile da spigare...-

-Non ne hai bisogno, comprendo perfettamente, perché gli stessi pensieri a volte mi turbano, ma forse avendo più anni dei tuoi ho imparato ad accettare, è una sua scelta... non puoi giudicare il modo di vivere degli altri-

-Lo so, ma è difficile-

-Non ho detto che sia facile, ma sei giovane, col tempo capirai-


Altri due soli erano sorti e tramontati sui viaggiatori che attraversavano quei boschi verdi e rigogliosi, non avevano trovato tracce dell'elfo, ma neppure lo avevano sperato, si sarebbe certamente diretto verso sud, dove le zone erano più civilizzate, e non verso lande sempre più selvagge come quelle che loro percorrevano.

Raggiunsero il limitare della palude al tramonto, non un confine naturale, dove il bosco moriva lentamente e il terreno si inumidiva a poco a poco, ma un taglio netto, un passo erano nel bosco, quello dopo rischiavano di sprofondare nel pantano.

Quel luogo metteva i brividi, era evidente che la natura avesse poco a che vedere con quell'acquitrino, era morto, normalmente ci sarebbero stati insetti, uccelli palustri, rettili e anfibi ma niente sembrava vivere tra quei rami contorti e marcescenti, il sibilo del vento tra le foglie putride era l'unico rumore e il tanfo di decomposizione li raggiungeva nonostante fosse filtrato dalle foglie fresche della foresta.

-Siamo proprio certi di dover andare la dentro?- ora che lo vedeva con i suoi occhi il nano non era più tanto sicuro di voler proseguire

-Se esiste qualcosa che può esserci d'aiuto solo là potremo trovarla-

-Qui troveremo solo morte, Mithrandir, credi davvero che un tempo questo fosse un Reame degli elfi?-

-Non lo credo, lo so. Uno dei più belli, la sua capitale Caras Galadhon era così meravigliosa che nessuna parola potrebbe descriverla, creata sugli alberi e cantata fra i rami, in un insieme tanto armonico da rendere difficile comprendere dove finisse il lavoro della natura e cominciasse quello degli elfi e la notte s'illuminava di mille luci tanto che le stelle parevano moltiplicarsi, e la musica! Che musica soave si poteva udire tra le mura di quel paradiso!-

-Parli come se l'avessi veduta- ancora una volta il númenóreano poteva scorgere quell'espressione sofferente sul viso del vecchio stregone, avrebbe voluto rincuorarlo, ma non poteva svelare il segreto che solo lui conosceva

-Purtroppo non la vidi mai, ma molto ne ho letto e assai rimpiango di non aver potuto ammirare la gemma di Lòrien-

-Sarà ma io non capisco che bisogno c'è di vivere sugli alberi, solida roccia, quella si che è una degna dimora-

-Forse per un nano, ma per quegli elfi niente era più bello che vivere vicino alle amate stelle-

-Credi che quel luogo esita ancora? E' tutto morto qui e se come dici quella città sorgeva tra i rami dispero di trovarla intatta-

-Lo spero, una grande magia la proteggeva, forse non sarà intatta ma credo abbia resistito, la magia scagliata contro questo luogo era potente, forse la più potente che Melkor abbia mai usato, ma anche la magia di Lòrien lo era-

-Perché accanirsi tanto contro questo luogo? Ho visto luoghi devastati dalla magia oscura viaggiando ma mai con una tale ferocia- già la ragazza aveva detto di non amare la magia, e la vista di quello che un tale potere poteva fare non faceva che alimentare la sua convinzione, certo persone come Mithrandir la usavano per il bene... ma in mani sbagliate...

-La versione ufficiale è che in questo luogo stavano creando una pericolosissima arma magica... la verità è che qui è racchiuso un potere molto antico, e lui lo voleva, ma il qualche modo gli elfi sono riusciti a metterlo fuori dalla sua portata, quando ha capito di non potersene impadronire ha fatto in modo che nessun altro potesse farlo-

-Quale Potere può accecare d'odio una persona in tal misura, lui che è già più potente di chiunque altro?-

-L'unico potere che ancora non possiede, quello di vedere il futuro-

Quelle parole li colpirono nella loro realtà, tanto grande era stato quel sacrificio antico, l'unico che poteva dare la speranza di sconfiggere il Nero Signore, se fosse riuscito a controllare quel potere nessuno avrebbe avuto speranze di rivalsa, ogni tentativo sarebbe stato stroncato ancora prima di compiersi... migliaia di anni prima quegli immortali avevano rinunciato a fuggire ed erano morti perché loro oggi avessero una possibilità.

Non si sarebbero lasciati intimorire da quella terra scura e morta, quel sacrificio non sarebbe stato vano.  

-Accampiamoci qui, tenteremo domani con la luce del giorno-

-Speriamo che quella mappa che abbiamo trovato nella Torre sia attendibile, altrimenti sarà tutto inutile-

-Deve essere attendibile Mithrandir!- ringhiò l'uomo -Deve esserlo! Per gli elfi che vivevano qui! Perché dobbiamo trovare la strada per attraversare le Nebbie! E perché quello che abbiamo fatto a Esgalwath non sia stato vano...- aveva detto l'ultima frase in un sussurro, che però non era sfuggito agli amici

-Sta bene non ti preoccupare, è un ragazzo pieno di risorse-

-Era così debole, e se non avessi sistemato bene gli arti? E se sforzandosi li avesse danneggiati di nuovo?... E se anche raggiungesse una città? a causa nostra ora è ricercato, tutti ormai conosceranno la sua identità...-

-Se la caverà, lo ha sempre fatto, non se ne sarebbe andato se non fosse stato sicuro di cavarsela, hai detto tu stesso che le ferite guarivano a velocità incredibile, probabilmente ora è in grado di correre e combattere come prima-

-Vorrei avere la tua stessa sicurezza Gimli-

-Non possiamo averla, ma dobbiamo sperare che il nostro amico stia bene-

-Amico?-

-Certo che ti credi, sarà anche un fottuto bastardo, ma in fondo mi stavo abituando ad averlo tra i piedi-

-Melkor immortale! Vorrei tanto vedere la sua faccia a sentire una cosa del genere!-

-Credo che a Messer Ghiacciolo verrebbe un colpo-

-Attento alla barba Gimli!-

Era riuscito a farlo ridere, Gimli ci riusciva sempre, lo conosceva da più tempo di tutti gli altri e mai una volta lo aveva visto perdere il buonumore.


L'alba era giunta, portando nuova luce e nuova speranza, i sentieri della mappa si erano rivelati fino a quel momento sicuri, anche se non erano certi che li avrebbero portati a destinazione.

L'atmosfera era strana, anche se fuori non muoveva una foglia una leggera brezza li aveva investiti appena entrati, una brezza che dava i brividi, non solo per l'odore nauseabondo che portava, ma perché sembrava sussurrare i lamenti dei morti, il nome Palude dei Sussurri non poteva essere più azzeccato.

All'inizio era solo una sensazione, ma cominciò a prendere forza mano a mano che si addentravano nell'acquitrino, prendeva forza come il vento che ormai minacciava di strappargli i mantelli, riuscivano quasi a sentire delle parole in quei sussurri ma non potevano ancora coglierle. Fu solamente quando arrivarono in vista delle rovine di Caras Galadhon che la situazione precipitò.

“Sérë”(Riposo) “Nuru”(Morte) Erano quelle le parole che portava il vento, un vento che ora soffiava impetuoso attorno a loro, impedendogli di avanzare oltre, strappando le vesti e tagliando la pelle come se fosse dotato di artigli, che altro non erano che foglie affilate come rasoi, a nulla servivano le armi contro quel nemico inesistente

-Mithrandir!!! Fa qualcosa!- Gridò l'uomo sopra il frastuono del vento cercando di ripararsi il viso mentre un altro taglio si apriva sul braccio

-Ci sto provando, ma questa non è magia! Almeno non del genere che conosco, non riesco a fermarlo!-

-Dobbiamo tornare indietro, non possiamo avanzare!- Ma anche quel tentativo pareva vano, l'unico relativamente protetto da quell'assalto era il nano per via della pesante armatura e dell'elmo che lasciava aperta solo una piccola fessura per gli occhi, ma non poteva nulla per aiutare i compagni, sembravano destinati a morire dissanguati lentamente da fronde assassine, non potevano avanzare alla cieca in quel terreno impervio.

L'aiuto arrivò in un turbine di nero, anche se non potevano vederlo con gli occhi coperti per proteggerli, un turbine di nero, oro e acciaio, le lame che ruotavano così veloci davanti a lui da creare una barriera invalicabile.

Si fermarono solo un istante, il tempo di afferrare la ragazza per un polso e schiacciarla contro la propria schiena coprendola col suo mantello, prima di riprendere il suo scudo d'aria.

Troppo stupita per reagire a quella che inizialmente prese per un aggressione evitò di piantare un coltello nelle costole di chi la stava salvando.

-Sei tornato!- ma non ebbe risposta, invece l'elfo si rivolse al nano che era quello meno in difficoltà

-Gimli- urlò per sovrastare il vento -Pensa allo Stregone! Dobbiamo raggiungere le rovine, forse troveremo dove ripararci!-

“Quella voce... è possibile?” il pensiero era dell'uomo ma fu il nano a parlare

-Sei tornato!- ma anche lui venne ignorato, tornando a rivolgersi alla giovane

-Cerca di afferrare Tàr e non mi mollare-

-Contaci-

Dove trovasse in quel fisico esile la forza di contrastare quella bufera, non li stupiva quanto il fatto stesso che fosse li a contrastare quella bufera

-E' tornato- constatò in un sorriso il vecchio mago.

Appena superarono le mura dell'antica città il vento cessò improvviso, facendoli rovinare a terra per la forza con cui stavano avanzando.

Tàr si rialzò girandosi fino a incontrare quegli occhi chiari che credeva di non rivedere mai più

-Sei tornato...-

-Non me ne sono mai andato-

-Ma eri sparito, ti abbiamo cercato, eri ferito-

-Lo so, vi osservavo. Sto bene come vedi... Hai fatto un buon lavoro- Aveva abbassato lo sguardo mormorando l'ultima frase, era la cosa più simile a un grazie che avesse mai detto a quell'uomo

-Perché?-

-Avevo bisogno di stare un po' da solo, non sono abituato ad avere troppa gente attorno- suonava molto più distaccato di “Una ragazzina isterica mi ha preso a schiaffi e ha messo in dubbio tutte le mie convinzioni”

-Ah...-

-Non che non abbia voglia di chiacchierare con voi, ma immagino siate qui per un motivo-

-Naturalmente hai ragione. Da dove pensi di cominciare, Mithrandir?- Era tornato e sembrava che nulla fosse successo per lui, non si aspettava delle scuse, il fatto stesso che fosse li era un modo di chiedere scusa, e onestamente nessuno di loro se lo sarebbe aspettato.

-Da li- rispose semplicemente indicando un albero gigantesco al centro della collina, così grande che le torri degli uomini sembravano aghi al suo confronto, un monumentale cammino si snodava in una lunga spirale salendo coperto da eleganti archi, così in alto che la fine era nascosta alla vista da una coltre di nuvole.

-La dimora dei signori di questo luogo, se è conservata qualche traccia che ci indichi la strada da seguire la troveremo li-

-Speriamo solo che quella scala sia ancora abbastanza solida per reggerci-

-Lo sarà, Rhawel, non ti sei guardata attorno?-

Nessuno di loro lo aveva fatto, erano stati troppo impegnati a osservare un assassino che contro ogni previsione aveva rischiato la vita per salvarli, solo ora si accorgevano che quel luogo era stato preservato dallo sfacelo che li circondava, gli alberi erano spogli e grigi ma senza quell'alone di morte che si avvertiva all'esterno, parevano più addormentati.

Prima di poter seguire gli altri lungo la scalinata la mano della donna lo sfioro leggermente facendolo fermare

-Gwath, grazie-

Si girò di scatto e ricominciò a camminare, senza sapere come rispondere, non voleva usare una delle solite frasi sarcastiche ma non conosceva un altro modo di reagire.


“La Scala Infinita” ghignò l'uomo, non sapeva se quel percorso avesse un nome, ma se ne avesse avuto uno quello era di certo il più indicato. Salivano da ore, e ancora non ne vedevano la fine, avanzavano in silenzio, feriti, stanchi, anzi esausti per la lotta contro il vento soprannaturale, forse sarebbe stata una buona idea fermarsi a riposare e a curare le ferite, che anche se lievi contribuivano a togliere le forze, ma, anche se quella strana bufera si era placata, il pensiero di restare allo scoperto più dello stretto necessario li rendeva nervosi.

Solo adesso camminando in silenzio si rendeva conto dell'azzardo di quella scelta, non sapevano cosa li avrebbe attesi alla fine del cammino, altri pericoli? Altre battaglie? Avrebbero potuto affrontarle nelle loro condizioni? Avrebbero potuto affrontarle in qualunque condizione? Erano stati impotenti contro l'uragano magico, sarebbero morti senza l'aiuto dell'elfo... Già l'elfo... era tornato, non se ne era mai andato a quanto aveva detto... perché?... La sua risposta non lo convinceva, non completamente almeno, se fosse stato solo bisogno di solitudine niente gli impediva di avvertirli, di certo non si era mai fatto scrupoli a ferire i loro sentimenti... era successo qualcosa quel giorno, Rhawel aveva detto di avergli spiegato, di avergli fatto comprendere che non era mai stato in pericolo di vita... c'era dell'altro, non sapeva cosa gli avesse detto di preciso l'amica ma la conosceva abbastanza bene da sapere che non si era limitata a spiegargli gentilmente le sue ragioni... Sicuramente era successo qualcosa e lui lo avrebbe scoperto.


“Non lo capisco!!!” Sbuffò irritata la ragazza, quando aveva scoperto che era partito aveva pensato che le sue parole fossero cadute nel vuoto, poi era tornato e li aveva salvati, e si era detta che forse era riuscita a scuoterlo, ma ora si comportava di nuovo con quel freddo distacco... l'aveva ringraziato e lui non si era neppure girato a guardarla, li squadrava con quegli occhi duri, come se loro non fossero niente... eppure era li... “Decisamente non lo capisco!!!” sbuffò nuovamente frustrata


-Allora ci hai seguito tutto il tempo?- la voce del nano lo fece trasalire, era restato indietro rispetto agli altri, avrebbero pensato che voleva mantenere le distanze, ma in realtà un assurdo istinto protettivo gli faceva desiderare che nessuna minaccia li prendesse alle spalle, era così concentrato a cogliere un qualsiasi segno di pericolo dietro di lui da non accorgersi che Gimli aveva rallentato il passo staccandosi dagli altri fino a farsi raggiungere.

-Così ho detto-

-Tu non me la racconti giusta ragazzo, se non ci sopporti e ti piace tanto stare solo perché continui a seguirci? Non che non mi abbia fatto piacere beninteso, credo di non averti ancora ringraziato-

“Sempre dritto al punto vero amico? Già, perché vi seguo?”

-Il debito- disse invece ad alta voce

-Tze...- ridacchiò -Raccontalo al nostro capo, forse lui ci crede, comunque tanto per essere chiari hai saldato il tuo debito, ci hai salvati, eppure sei ancora qui-

Un altro Esgalwath sarebbe stato furioso con quell'individuo che pretendeva di capirlo, ma questo non poteva, dal momento che neppure lui ormai riusciva a capirsi

-E per quale ragione di grazia Mastro nano continuerei a seguirvi?-

-Non lo so, dimmelo tu-

-Siete voi ad aver avanzato la questione, ditemi dunque, sono ansioso di sapere perché vi starei seguendo-

-Forse per la stessa ragione che rallenta il tuo passo e ci copre le spalle- Allo sguardo allibito dell'immortale un ghigno impertinente fece capolino da sotto la barba rossa

-Ti piacciamo Mastro Assassino! Non potrai negarlo ancora per molto... L'irresistibile fascino di Gimli di Moria ha colpito ancora- rise sonoramente battendosi la mano sul petto

-Potreste aver ragione, oppure...- lo osservò in tralice beffardamente -Oppure... Messer Ghiacciolo sta prendendo le misure della vostra barba-

-Ah... Hops...- deglutì nervosamente -Stavi ascoltando...-

-Ho un udito molto sensibile... amico- calcando volutamente sull'ultima parola -Sei ancora convinto di volermi tra i piedi?-

Senza attendere una risposta aumentò l'andatura fino a raggiungere gli altri, lasciando indietro un nano interdetto per quello stano scambio di battute... non c'era stato cinismo, ne rabbia, sembrava che il biondo si fosse appena preso gioco di lui...e... sembrava che si stesse divertendo un mondo a farlo... Rhawel aveva diverse cose da spiegare, era successo qualcosa quando avevano parlato, quella ragazzina ne aveva combinata una delle sue, e questa volta sembrava che fosse qualcosa di buono.   


“Bene, bene, bene... questa proprio non me l'aspettavo!” A volte l'animo umano, o in questo caso elfico, era in grado di stupire anche uno spirito eterno come Olórin, aveva visto la luce nascosta dell'elfo, e il fiorire di un sentimento che neppure sapeva riconoscere, aveva sperato che quel sentimento avrebbe dissipato le ombre e riacceso quella luce, ma quando era scomparso si era detto che non sempre la Luce vince, lui in fondo non ne era forse la prova? Eppure era tornato, doveva esserci lo zampino di quell'impulsiva di Rhawel, non sapeva cosa gli avesse raccontato, anche se cominciava a farsi un'idea. Ora anche le ragioni della sua fuga apparivano diverse, quello che aveva detto a Tàr era la verità, aveva bisogno di restare solo, aveva bisogno di capire... se ci fosse riuscito e cosa avesse capito ancora non poteva dirlo, ma non dubitava di riuscirci presto.


Avevano raggiunto e superato i rami più bassi, attorno ai quali erano costruite grandi piattaforme o Talan, come aveva spiegato lo stregone, alcune scoperte altre invece parevano abitazioni, altre piattaforme, sorgevano attorno al tronco principale, la scala le attraversava al centro ed ebbero così modo di ammirarne l'arte e la solidità ma nessuna di queste era la loro destinazione, quando ormai il fusto cominciava a stringersi segno che erano vicini alla cima entrarono in quello che per dimensioni poteva competere con le più ricche dimore degli umani, non ci fu bisogno di annunciare che erano arrivati tale era la ricchezza e la meraviglia del luogo, le pareti decorate in verde e argento come se le foglie del maestoso albero fossero ancora vive e da esse filtrasse la luce della luna, il soffitto invece era dell'oro dei raggi del sole al tramonto e altrettanto lucente.

Davanti a loro due sedie intagliate nel legno argenteo dell'albero, cosi levigato da sembrare candido,

erano sormontate da baldacchini formati dai suoi stessi rami.

Osservandole furono colti dalla visione di come dovevano apparire quegli scranni quando la vita riempiva di foglie e fiori dorati quei rami, quando i nobili signori di quei luoghi ancora vi sedevano.

Fu durante quella visione che per la prima volta la tiepida brezza li sfiorò, non ne ebbero paura era così diversa dal vento che prima li aveva attaccati quanto può esserlo una tormenta invernale dal leggero zefiro di primavera.

Ed era proprio la primavera che sembravano sentire il quella carezza delicata, il profumo di fiori e verdi prati, di rugiada e gemme nuove, e un dolce canto, il più dolce che avessero mai sentito.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Vi chiedo perdono in anticipo questo capitolo non è molto lungo, in compenso lo sono le note, ma dal momento che è scritto per la maggior parte in rima, e non tutti potrebbero capirlo ho preferito mettere un piccolo riassunto/parafrasi in fondo.

Ciao e Buona Lettura!

Reira


*CAPITOLO 11*


Refoli di vento li avvolgevano in delicate spire, uno poi l'altro, allontanandosi e tornando indietro, sollevando i mantelli, solleticando la pelle, giocando coi loro capelli... la carezza di una madre, l'abbraccio di un' amico, il bacio di un'amante, era questo e molto altro ancora eppure altro non era che un semplice soffio d'aria.

La musica si avvicinava e si allontanava, gli sussurrava all'orecchio e gli girava attorno, quasi che fosse il vento stesso a cantare e loro lo rincorrevano con lo sguardo cercandolo nella grande sala beandosi di quella sensazione sublime.

All'inizio era solo una melodia senza parole, ma col passare del tempo le loro orecchie cominciarono a scorgere l'eco di una voce, era debole in principio, e difficile da comprendere, seguiva la musica avvicinandosi e allontanandosi senza fermarsi un istante, poco per volta acquistava vigore e presto furono in grado di udire chiaramente quel canto... che però un canto non era...


Ora il bosco è tranquillo, venite viaggiatori

in queste antiche sale non abbiate timori.

Non siate sconcertati dal mio parlare in rima

Son solo una canzone nel vento, non son più chi ero prima.

Thranduil amico caro che credevamo perduto

fino a noi sei giunto a portare il tuo aiuto?

Troppo tardi giungesti il tuo aiuto e vano

persa fu la speranza in un passato lontano”

Al fin ti riconosco Olórin immortale

All'Ovest ci incontrammo è difficile ricordare

Prontamente non ti conobbi il tuo aspetto è mutato

ma ciò non mi stupisce anche il mio è assai cambiato

Spirito tu eri e ora il tuo corpo sento

e io che avevo un corpo sono un alito di vento”


-Voi?...Voi siete Dama Galadriel?-


Questo era il mio nome ed al fianco è il mio consorte muto

Ogni spirito la sua voce m'ha dato per prestarvi aiuto.

Il vostro cuore è puro e la missione è degna

seppure più non siamo, il mal non ci rassegna.

Ma gli spiriti qui attorno non van sottovalutati

la rabbia ed il dolore li han resi assai spietati.

Ho chiesto a loro quiete per potervi parlare

ma sebbene loro Signora non li posso fermare”


-Parlate degli spiriti degli elfi morti?-


Ma noi non siamo morti, i nostri corpi non hai veduto?

Aguzzate lo sguardo e chiedete al cuore aiuto

Quegli alberi nodosi, che a voi paiono morti

altro non sono, che i nostri antichi corpi.

Quando il Vento Nero soffiò quella notte

al Bosco chiesi aiuto per scampar la morte

Ma il vento maligno gli Spiriti strappo via

e nel corpo non possiam tornare, ovunque esso sia

senza il nostro Spirito dal legno non sarem liberati

e a vagar nel vento senza posa siam sempre condannati.

Forse calmar la rabbia potrebbe il riposo

ma ad ogni or dal vento, il nostro spirito è roso

sempre dalla corrente noi siam trasportati

ed il fruscio di foglie morte sono sussurri stremati”


-Mia signora, esiste un modo per aiutarvi?-


Dolce e premuroso è il tuo cuore mortale

ma da questa triste sorte non ci puoi liberare.

Con la fine dell'Oscuro il maleficio sarà spezzato

e unito al proprio Spirito il corpo liberato

Ma fino ad allora non possiamo che aspettare

solo sussurri nel vento senza poterci fermare”


-Non posso liberarvi Antica Dama, ma se è vostro desiderio posso far riposare i vostri spiriti, fino al giorno della fine dell'Oscuro Signore-


Se questo è in tuo potere, Signore Illuminato

in eterno il tuo nome, sarà glorificato

Ma questa mia pena, rattrista i vostri cuori

son qui per darvi aiuto e non altri dolori.

Se come ci hai promesso poi potrem riposare

non indugiate oltre, cosa volete domandare?”


-Signora, ciò che ci preme sapere è se esiste un modo per superare le Nebbie e raggiungere il rifugio degli ultimi elfi-


Domanda assai bizzarra poiché Thranduil con voi viene

ed egli quella via la conosce molto bene

Suo padre Oropher la tracciò tanti anni fa

ed egli la percorse per venire fino qua.

Ma ora che ti osservo mi accorgo dell'errore

il viso sembra uguale ma non lo è il tuo cuore

sei giovane lo sento

e sento il tuo turbamento

distratta non lo scorsi in un primo momento.

Puoi dirmi gentilmente il nome del tuo parente?

Perché questa somiglianza è per me stupefacente”


-Mi dispiace signora, ma non ho nessun parente, o almeno nessuno che io conosca, sono stato trovato in fasce e allevato da una nana, e dopo la sua morte sono rimasto solo-


Di questo mi rattristo, ma il tuo cuore turbato

troverà in questa missione più di quel che ha cercato.

Tu dici di esser solo, ma non lo sei davvero

già ora ti circonda un affetto sincero.

Se la mente vuol negarlo il cuore già lo sente

Su queste mie parole rifletti attentamente”


Quella lieve brezza lo circondò dolcemente come l'abbraccio di un'amica scaldandogli il cuore, c'era del vero in quelle parole, lo sapeva, anche se era difficile ammetterlo... ma un'altra cosa lo turbava ancora di più, quella somiglianza tale da confonderla... possibile che la donna sapesse chi era? E lui lo voleva sapere? Prima di conoscere i compagni si sarebbe adirato all'idea di conoscere le sue origini, lui non aveva una famiglia, ne gli interessava averla... ma ora... quel dubbio si faceva strada in lui, tanto da scuoterlo, ma ancora non abbastanza per fargli porre quelle domande...


Ora torno alla domanda che mi avete inoltrato

seguite il mio percorso e il mistero è svelato.

Andate verso Est, fino al terzo fiume

Attraverso il deserto, attraverso le dune.

Fino ai monti seguite la via dell'affluente

Più giù in profondità cercate la sorgente

E in questo luogo ameno a voi sarà svelata

la strada che per noi, dagli elfi fu creata.

Noi non la percorremmo ma a voi cedo il segreto

possa il vostro destino del nostro esser più lieto.

Ed ora proseguiamo, vi preme altro sapere?

Che questo mio parlar comincia a essere greve”


-Ci dispiace avervi procurato ulteriore sofferenza, non era nostra intenzione, non abbiamo altre domande, ma se la vostra saggezza conosce le risposte alle domande che non sappiamo di dover porre allora ascolteremo i vostri consigli-


Sei giovane ma saggio, coraggioso mortale

perché ciò che non conosci non lo puoi domandare.

Allora certamente prima di riposare

un ultimo consiglio io ve lo voglio dare.

La strada era per gli elfi, la sua magia è arcana

fidarsi di un amico, non è mai cosa vana.

Il sangue porta vita, e non solo la morte

tu giovane assassino, dovrai sfidar la sorte.

Se quello che non cerchi, in fin sarà svelato

dovrai aprire il cuore per essere ascoltato.

E tu giovane mortale, non ti devi rassegnare

ricorda che Speranza è il tuo nome reale.

Provieni da una stirpe che la Luce ha tradito

ma niente è perduto se Speranza ha resistito.

Accetta ciò che sei e che a lungo hai fuggito

dispiega il tuo vessillo, vedrai sarai seguito.

Attendi il momento, il tuo cuore lo saprà

ma non esitare quando questo giungerà.

Del popolo dei nani conosco il coraggio,

e ora Piccolo Padre vedo che è anche saggio.

In tempi lontani Durin prese una decisione

ma non è troppo tardi per cambiare opinione

nell'Elmo dei Ricordi è nascosta la ragione

chi l'ascolterà ritroverà passione

In singolar tenzone il fato è compiuto

in cerca di un Campione per un popolo sperduto.

Nell'aiuto di tutti bisognerà sperare

Se dei Valar la luce si vorrà riportare.

Tu figlia di due stirpi, porti una storia triste

ma più di tutti Tu sai che l'amore esiste

a volte agli altri lo dovrai ricordare

ma non ti do consigli, sai bene come fare.

Le parole che hai donato, ti son sembrate vane

ma io vedo che in quel cuore han creato molte frane.

Quindi non demordere e continua nell'intento

e scoprirai dal ghiaccio può nascer sentimento.

Il sangue di Chi ha Scelto, scorre nelle tue vene,

messaggio per un Sire che nasconde le sue pene.

Cercar presto dovrai ciò che credi perduto

e in questa tua missione avrai inatteso aiuto.

A te Olórin, non ho nulla da dire

di me sei assai più saggio e sai che puoi riuscire.

Dimentica il passato,

che un errore ha segnato

ognuno può sbagliare,

ma può anche rimediare

Tu temi che la Tenebra ti abbia ormai domato

ma vedo solo Luce nel tuo animo agitato

Ricordi questa frase? Tu stesso sai che è vera

La Luce è ancor più bella dopo la notte più nera”


Per tutto il tempo la voce aveva girato attorno a loro, ma ora la sentivano lontana, come se quello spazio ristretto più non le bastasse, tornò poco dopo più debole e sussurrata,le forze usate per manifestarsi la stavano abbandonando, ma Lei ancora resisteva.


Ma ora sono stanca e vorrei riposare

è un compito arduo continuare a parlare.

Eran vane parole? Ti chiedo O Potente

o davvero puoi darci un riposo clemente?”


-Non lo erano Preziosissima Dama, ora che comprendo quello che vi è stato fatto posso rimediare anche se in modo limitato. Permettimi solo di ringraziarti anche a nome dei miei compagni troppo commossi per le tue parole e di salutarti con la speranza di poter presto rivedere la tua leggiadra figura camminare in questo mondo-

Ormai le parole avevano abbandonato la musica ma un caldo abbraccio li avvolse rassicurandoli.

Il canto dello Stregone si sostituì a quello della Signora, molto più arcano ma egualmente melodioso, e più cresceva di tono più la musica scemava, finché entrambi tacquero e i compagni seppero che non avrebbero più sentito quella carezza o udito quella voce fino a quando l'Oscuro Signore fosse stato sconfitto.

-Arrivederci, Dama Galadriel! Arrivederci Sire Celeborn! Grazie! E grazie a tutti voi spiriti stanchi che ci avete concesso il vostro aiuto...Ora potrete riposate-


Tante, troppe cose erano state dette, avevano le informazioni che gli servivano, ma ne avevano anche altre che non avevano chiesto, che non erano pronti ad ascoltare.

Ognuno di loro nascondeva un piccolo segreto, che non aveva svelato non per sfiducia nei compagni, ma per quella convinzione che se non ne avesse parlato esso sarebbe svanito.

Ora tutti si trovavano a fare i conti con quei segreti, con quelle paure, le parole della Signora degli Elfi riguardavano il futuro, un futuro che avevano sempre voluto evitare anche se in cuor loro sapevano che prima o poi avrebbero dovuto affrontarlo, improvvisamente quel futuro aveva preso forma, era diventato reale e non voleva più essere ignorato.



Reirapedia (ovvero la Wikipedia di Reira...NCA sta per Nuova Cronologia di Arda)

All'epoca della guerra avrebbe dovuto essere Amdír a regnare su Lòrien e in seguito suo figlio Amroth, dal momento che il primo morì nella battaglia... quella battaglia appunto vinta da Melkor, che sterminò quasi tutti gli elfi presenti (Amroth compreso)(anno 593Anni del Sole NCA).

Celeborn e Galadriel vennero lasciati con un gruppo di guerrieri fidati a proteggere il potere della Fonte (noi comuni mortali che abbiamo assistito alla sconfitta di Morgoth per mano di Tolkien la conosciamo come Specchio di Galadriel) il loro regno purtroppo non durò a lungo, una volta terminata la guerra l'Oscuro Signore rivolse la sua ira contro il Bosco d'Oro con le conseguenze descritte.(anni dall'86 all'103Anni di Melkor NCA)

  • anno 86- Melkor raggiunge Lòrien propone uno scambio tutti gli elfi prigionieri in cambio del Potere della Fonte. Primo rifiuto di Galadriel e Celeborn

  • anno 99- Viene creato il primo Orco torturando e corrompendo gli Elfi catturati. Melkor mostra la creatura ai Signori di Lòrien minacciando la stessa sorte per tutti i prigionieri. Secondo rifiuto.

  • Anno 102- Con un esercito di 400 Orchi sferra l'attacco al Bosco d'Oro credendo che l'orrore di combattere contro quelli che erano propri simili li costringa alla resa. Terzo rifiuto.

  • Anno 103-Galadriel cela alla vista di Melkor la Fonte nascondendola dove lui non potrà mai averla. Melkor maledice Lòrien.


IL CANTO DI GALADRIEL

PARAFRASI E COMMENTI.... OVVERO SE NON CI AVETE CAPITO NIENTE LEGGETE SOTTO

Per la musica sotto le parole io ho usato “Once You Had Gold” di Enya e “The Memory of Trees” sempre di Enya... ma sta bene anche con una ballata dolce tipo “La canzone di Marinella” di De André... voi immaginatela come preferite.

Ora il bosco è tranquillo,.. ...non son più chi ero prima”
State tranquilli questo posto è sicuro io sono uno spirito buono che parla/canta attraverso il vento.

Thranduil amico caro … … in un passato lontano”
Lo spirito scambia Esgalwath per un elfo di nome
Thranduil e crede sia venuto per aiutarli, purtroppo in ritardo.

Al fin ti riconosco Olórin … ... sono un alito di vento”
Scopriamo che lo Spirito aveva dimorato nelle Terre dell'Ovest quando possedeva ancora un corpo e là aveva conosciuto Olórin che ancora non aveva deciso quale forma assumere (Olórin è un Ainur ricordate? Quindi un entità immateriale che può prendere la forma che desidera).

Questo era il mio nome... ... non li posso fermare”
Lo spirito è Galadriel, e con lei c'è Celeborn, ma è muto... perché? Perché tutti gli spiriti hanno donato la loro voce alla Dama per permetterle di manifestarsi ai Compagni e aiutarli nella missione dal momento che anche in quella forma cercano di opporsi a Melkor. Con i suoi poteri lei aveva letto i loro animi reputandoli degni di tale aiuto.
Scopriamo anche che non ha responsabilità nell'attacco subito in precedenza, molti spiriti impazziti per il dolore non rispondono ai suoi comandi e solo per poco riesce a controllarli.

Ma noi non siamo morti,... ... sono sussurri stremati”
Descrive il tremendo destino che hanno subito, gli elfi di Lòrien non sono morti, ma i loro Spiriti vagano separati dai corpi dalla maledizione.
Quella notte cercarono di unirsi alla Natura per contrastare il Potere Oscuro, ma i corpi restarono intrappolati negli alberi mentre gli Spiriti venivano strappati via.
Senza il potere dello Spirito i corpi non si possono liberare e questi a loro volta sono condannati a vagare senza posa in cerca di quello che hanno perduto, forse gli spiriti si calmerebbero un po' se riuscissero a riposare ma devono continuare a muoversi sospinti dal vento maledetto.

Dolce e premuroso è il tuo cuore... ... senza poterci fermare”
Solo con la sconfitta dell'Oscuro Signore sarà possibile spezzare la Maledizione.

Se questo è in tuo potere,... ... cosa volete domandare?”
Se Mithrandir potrà davvero farli riposare fino alla fine di tutto gli saranno grati eternamente. Ma lei non è li per raccontare i suoi problemi bensì per risolvere i loro, quindi se dopo averli aiutati Olòrin manterrà la parola non vede l'ora di rispondere alle domande.

Domanda assai bizzarra... ... per venire fino qua.
Persiste nella svista... Un elfo di nome Oropher ha creato la via segreta e Thranduil suo figlio l'ha percorsa per arrivare al Bosco d'Oro... Quindi Thranduil è uscito dal rifugio degli elfi dopo la fine della guerra... Quanto dopo? Perché? Ai posteri l'ardua sentenza...

Ma ora che ti osservo... ... è per me stupefacente”
Finalmente te ne sei accorta!!! (Scusate a volte mi faccio prendere la mano) Comunque adesso che sa che non è Thranduil è curiosa di sapere chi sia quel elfo giovane e turbato.

Di questo mi rattristo,... ... ha cercato.
Questo punto non necessita spiegazioni... ameno che non vogliate sapere a cosa si riferisce... io lo so, ma non ve lo dico.

Tu dici di esser solo,... ... rifletti attentamente”
Galadriel ha fatto Bingo, noi ce n'eravamo già accorti che i quattro amici si stavano affezionando all'assassino, e l'assassino sta facendo sempre più fatica a ignorare il fatto che anche lui si sta affezionando.

Ora torno alla domanda... ... è svelato.
Adesso vi insegno la strada che volete sapere, seguite le istruzioni e troverete la via nascosta.

Andate verso Est,... ... dagli elfi fu creata”
Andate verso est attraverso il deserto, passate due fiumi, seguite l'affluente del terzo fiume fino alle montagne e trovate la sua sorgente sotterranea. In quel luogo si trova il passaggio che fu creato dagli elfi perché noi potessimo raggiungerli quando avessimo terminato il nostro compito.

Noi non la percorremmo... ... comincia a essere greve”
Noi non siamo riusciti a fuggire ma almeno a voi sarà utile quel passaggio, vi auguro di poter raggiungere quei luoghi.
Ma ora se avete altre domande da fare fate in fretta perché è faticoso per me parlare.

Sei giovane ma saggio,... … … ...
Anche qui è chiaro mi sembra, un bel complimento a Tàr e una sfilza di consigli/premonizioni che non vi spiego perché immagino sarete più curiosi di sapere quello che pensano i nostri eroi piuttosto che conoscere le idee di una scrittrice malata di mente... oppure potete provare a interpretare voi le profezie di Galadriel.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


*CAPITOLO 12*


La sera li ritrovò nella radura del bosco che avevano lasciato solo quella mattina, era passata meno di una giornata ma sembravano passati anni, da quando in quello stesso luogo sedevano spensierati attorno al fuoco, certo c'erano i pensieri per la missione, ma la loro vita, il loro destino, procedeva tranquillo senza i fantasmi del passato a strattonarlo in direzioni che non volevano prendere.

Meno di una giornata, eppure erano successe così tante cose... un assassino era tornato, un segreto era stato svelato, altri segreti erano stati resi manifesti e ognuno portava una profezia che prevedeva il dover scendere a compromessi con questi segreti...

Davvero troppe cose per una semplice giornata...


Sedevano attorno al fuoco, lo sguardo chino di chi sa che dovrebbe parlare, ma non vuole farlo, fingevano un interesse morboso per il piatto di zuppa e per le fiamme del falò, a intervalli ognuno alzava il capo aprendo la bocca per cominciare un discorso che però non veniva, mai una cena era stata più silenziosa in quella allegra compagnia.

Alla fine il númenóreano si alzò, quasi contemporaneamente alla sua amica, e si diresse a grandi falcate verso il fitto del bosco.

Lei lo osservò un istante indecisa se seguirlo poi si diresse in un altra direzione, quella presa da un altro amico che aveva lasciato il gruppo già da diverso tempo.

Lo trovò poco dopo, seduto contro il tronco di un albero, con la fronte poggiata sulle ginocchia piegate, si sedette al suo fianco e dopo interminabili minuti di silenzio appoggiò la mano sulla sua schiena.

Quel gesto così intimo e affettuoso fece sollevare lo sguardo all'assassino incontrando gli occhi limpidi di lei, lo sguardo duro si era smarrito in mille scintille lucenti, che si agitavano confuse in quegli occhi troppo chiari.

Fu quello sguardo così diverso da quello che aveva imparato a conoscere che gli fece ingoiare tutte le domande e le accuse che voleva rivolgergli e gli fece invece sussurrare dolcemente

-Non significa niente sai? Quel Thranduil potrebbe essere chiunque, potrebbe persino essere morto migliaia di anni fa, lo spirito poteva benissimo parlare di tempi molto antichi-

-Lo so, non è questo... è che... tu li hai mai odiati? Scusami è una domanda sciocca, tu sai che ti amavano e...-

-L'ho fatto invece, e molte volte anche, li ho odiati per avermi fatto nascere e lasciata sola in questo mondo, a volte avrei preferito non essere mai nata... e a volte li odio ancora, quando sento il dolore che mi schiaccia e credo di non poter più andare avanti-

-Io li ho odiati per tutta la vita, ma era solo un'idea che odiavo, ora che ho un nome e un viso da odiare, un viso uguale al mio... dovrebbe essere più facile odiare qualcosa di concreto piuttosto che un'idea, questo elfo potrebbe essere mio padre o mio nonno, o magari ho un fratello, uno che ha avuto l'amore dei nostri genitori... dovrebbe essere più facile... eppure non ci riesco-

-Allora non farlo. Non perdere tempo a odiare qualcuno senza saperne il motivo, se questa persona è ancora viva potresti incontrarla durante il nostro viaggio, forse era a questo che si riferiva Dama Galadriel dicendo che avresti trovato più di quanto cercavi, e se la incontrerai, solo allora potrai decidere se odiarla o meno-

Dopo un lungo silenzio finalmente l'elfo rispose

-Grazie, non eri tenuta a farlo-

-Non ho fatto nulla-

-Sei venuta a cercarmi, a parlare con me, non era necessario, non sarei fuggito un'altra volta-

-Non lo avevo pensato, ma è questo che fanno gli amici...- poi aggiunse con un sorriso -Capiscono quando vuoi restare solo e vengono a cercarti-

-Gli amici sono una gran scocciatura- gli rispose lui con lo stesso sorriso

-Sarebbe venuto Tàr, ma credo abbia avuto paura-

-Di me?-

-E' strano per lui, di solito sa come prendere le persone, ma con te sembra che sbagli ogni volta, credo non voglia rischiare ancora-

-Dovrei andare a parlargli-

-Dovresti... sarebbe una buona idea-

-Fossi in lui non mi ascolterei-

-E fortuna che non lo sei! Già uno è abbastanza due non potrei sopportarli! Comunque non lo conosci, darebbe un'altra possibilità persino a Melkor in persona se si dimostrasse realmente pentito-

-Due di lui o due di me?-

-Due di entrambi-

-Non so se posso convincerlo-

-Non dovrai convincerlo, tu parlagli e basta... Lui capirà- in quel momento gli faceva quasi tenerezza, era confuso, aveva fatto crollare ogni sua certezza, e si ritrovò a sperare di aver fatto la cosa giusta, lo aveva reso vulnerabile e non era sicura che fosse pronto ad affrontare il dolore dopo che si era difeso così bene per anni.

-E' che... non so come si fa-

-Con me ci riesci abbastanza bene-

-Non voglio essere preso a schiaffi ancora- cercò di sdrammatizzare

-Forse... o forse è per un altro motivo-

-E' mai possibile che siate tutti convinti di conoscermi meglio di quanto io non conosca me stesso?- per un momento la giovane credette che il vecchio Esgalwath stesse tornando, non sapeva se sperare che fosse scomparso, oppure no... ma stava finalmente parlando e...

-Lascia perdere...- la stupì invece lui, confermando i pensieri precedenti

-Io e chi altro?- si arrischiò lei

-Non importa, tanto alla fine mi sto rassegnando all'idea che abbiate ragione- sospirò tristemente- Piuttosto, immagino che se ti chiedessi perché trovo difficile parlare con Tàralelyol non mi risponderesti come l'altra volta... vero?-

-E' così, è una di quelle cose che devi capire da solo... Ora è meglio che torni dagli altri, si staranno preoccupando... ce ne siamo andati tutti senza parlare, anche Tàr... se magari ti interessasse l'ho visto andare in quella direzione...-

-Non ti arrendi mai vero?-

-Dama Galadriel ha detto di non demordere e ora che ho scoperto che aveva visto giusto sulla prima parte non ho nessuna intenzione di farlo... l'hai capito anche tu che parlava della nostra chiacchierata, vero?- “Spero davvero di stare facendo la cosa giusta quella Signora ne era convinta, e per qualche ragione mi fido di lei”

-Era piuttosto esplicito, credo lo abbiano capito tutti-

-No, gli altri no, forse lo immaginano, ma non ho mai detto molto di quello che è successo quella sera-

-Perché?-

-Perché non riguardava solo me, e non mi sembrava giusto raccontarlo senza che tu lo sapessi-

-Io non sono sicuro di meritarmi tanto rispetto-

-No, non lo meritavi. Prendilo come un anticipo sulla fiducia, forse Tàr non sbagliava su di te e un giorno mi dimostrerai di meritarlo-

-Questo è un colpo basso, Rhawel-

-Ho avuto un buon maestro- ridacchiò lei

-Tàr ti ha insegnato bene a manipolare le persone, non sono sicuro di doverlo ringraziare anche per questo-

-Per questo forse no...- disse mentre tornava al campo

“Non per questo, ma per tutto il resto sì... lo so che è per lui che quella ragazza è venuta da me, è per lui se mi ha raccontato quella storia ed è per lui se io ora sto cercando di darmi un altra possibilità, non sono neppure sicuro di quello che sto facendo, ma per una volta voglio provare a fare qualcosa”


-Tàr?- sembrava così triste, sperò ardentemente che almeno una parte di quei pensieri cupi non fosse causata da lui “Non tutti almeno...”

-Tàr?- ripeté ancora e questa volta si girò

-Esgalwath- se era stupito di vederlo non lo dimostrava, sembrava solo stanco

-...- con Rhawel era più facile, era lei che gli tirava fuori le parole, ora invece non sapeva come cominciare -Dobbiamo parlare-

-Non è necessario-

-Sì che lo è! E non mi interrompere, non è facile sai? E' la prima volta che lo faccio!- La foga con cui aveva fatto quell'affermazione ebbe il potere di far sorridere l'uomo

-Non ti interrompo più, comunque non te la stavi cavando male-

-Ah... Beh... Grazie immagino-

-Quindi sono: Spiegazioni, Scuse e... Anche ringraziamenti?-

-Maledizione! Vuoi finirla! Ti diverti tanto?- sbottò imbarazzato

-Un po'... mi dispiace, è divertente vederti in imbarazzo ogni tanto- sorrise ancora di più -Scusami, sono stato scorretto-

-Immagino di essermelo meritato-

Non era esattamente la conversazione che si era immaginato, era diversa dal modo serio con cui aveva parlato alla ragazza eppure a modo suo anche quell'uomo stava cercando di metterlo a suo agio

-Almeno ti ho fatto ridere, non era questa la mia intenzione ma è già qualcosa, spero non fosse colpa mia quella faccia triste-

Ora si che era stupito, era la prima volta che lo sentiva interessarsi ai sentimenti di qualcuno

-No, non è colpa tua...-

-Di solito sei più bravo a mentire- sorrise -Mi dispiace, davvero le cose che ho detto... non posso dirti che non le pensavo, perché in quel momento le pensavo... ma mi sbagliavo, avrei dovuto capirlo prima, hai sempre cercato di aiutarmi-

-Non è colpa tua-

-Sì, lo è. Non mi importa degli altri, non mi è mai importato. Sono sempre stato bene da solo e ferire le persone e il modo migliore per evitare che qualcuno si avvicini troppo... Ma con te non è servito, sei troppo testardo...-

-Perché mi stai dicendo queste cose?-

-Vorrei provare a ricominciare dall'inizio se me lo permetterai. Non ti assicuro di essere in grado di comportarmi bene ma vorrei provarci... E... credo che avrò bisogno di tutto l'aiuto possibile... Vorresti provarci, Estel?-

Vide gli occhi dell'uomo spalancarsi e il suo corpo irrigidirsi

-Come?... Come mi hai chiamato?- Paura? Sembrava paura quella che leggeva nel suo sguardo e dolore, lo aveva ferito di nuovo senza comprenderne il motivo

-Io... scusami... non volevo... ho letto una volta che significa Speranza nell'antica lingua... scusami se ho sbagliato... non credevo che...- “Glielo avevo detto che non sono capace a fare certi discorsi”

-No, scusami tu- l'ombra scura era passata così come era venuta -Non potevi sapere... Ma perché mi hai chiamato in quel modo?-

-Perché tu hai avuto fiducia in me fin dal primo momento, hai continuato a sperare che ci fosse qualcosa di buono oltre quello che mostravo, non hai perso la speranza neppure quando ti dicevo chiaramente che ero solo un freddo bastardo... e così sei diventato...-

-Estel... già due volte in questo giorno mi viene ricordato...-

-...- non capiva il senso di quel discorso quando improvvisamente “ricorda che Speranza è il tuo nome reale” -Lo Spirito! Io scusa non ci avevo pensato-

-Non è nulla, solo un brutto ricordo, ma dimmi piuttosto cosa ti ha fatto cambiare idea?-

-E' una lunga storia e vorrei raccontarla una sola volta, ma tu più di tutti meritavi delle scuse e soprattutto dei ringraziamenti, io credo di non averti mai ringraziato-

-No, non lo avevi mai fatto-

Restarono a lungo in silenzio senza sapere come continuare in piedi uno a fianco all'altro ognuno coi propri pensieri.

Fu il bruno a spezzare quel pesante silenzio

-Puoi chiamarmi Estel se ti fa piacere-

-Non lo farò se questo ti porta brutti ricordi-

-Non tutti sono brutti... mia madre mi chiamava così, ma fu anche l'ultima cosa che disse prima di morire, era da molto che non ci pensavo ma le parole di Dama Galadriel hanno risvegliato quei ricordi che cercavo di cancellare, prima ero sincero, non eri tu la causa della mia tristezza... Onen i-Estel Edain, ú-chebin estel anim “Ho dato la speranza agli uomini, non ne ho conservata per me” queste furono le ultime parole di mia madre prima di morire, è passato molto tempo ma lo ricordo come fosse ieri, ma prima Estel era un nome felice... forse anche per me è arrivato il momento di ricominciare-

Era la prima volta che l'assassino si trovava in una situazione simile, avrebbe voluto fare qualcosa, ma non sapeva cosa, e si ritrovò a imitare impacciato il gesto della ragazza appoggiando la mano sulla schiena dell'uomo, ricordò che migliaia di anni prima sua madre lo consolava nella stessa maniera e lo abbracciava, s'irrigidì pensando che non era ancora pronto per un contatto così intimo.

-Mi dispiace, com'è successo?-

-Come hai detto tu prima,  è una lunga storia e vorrei raccontarla una sola volta...- si girò con un lungo sospiro -Immagino che sia arrivato il momento di parlare di quello che è successo oggi... Vieni con me?-

-Ti seguo capo!- scattò ironicamente sull'attenti l'elfo

-Questo significa che hai intenzione di restare?-

-Io... pensavo che fosse chiaro... sì... vorrei restare se non hai nulla in contrario-

-Nulla. E per rispondere alla domanda di prima... Sì, vorrei provarci-


Il fuoco scoppiettava allegro, proiettando le sue ombre danzanti sulle cinque persone sedute in cerchio, anche se quattro di loro si conoscevano da anni sapevano di non conoscere completamente la storia dei loro compagni, e lo accettavano, perché questo li faceva sentire meno in colpa nel non raccontare la propria.

Mentre osservavano quelle fiamme sapevano che era arrivato il momento di venire allo scoperto, le parole della Signora degli Elfi erano chiare per ognuno di loro, quel passato che cercavano di dimenticare avrebbe avuto un ruolo fondamentale nella riuscita dell'impresa, e per quanto ciò gli fosse sgradito non avrebbero anteposto i loro problemi al destino del mondo.

-Bene, credo che tocchi a me cominciare, avete sentito le parole dello Spirito e immagino vi stiate chiedendo quale sia il loro significato... per me è fin troppo chiaro anche se non capisco come lei creda che io possa realizzare quello che mi ha chiesto-

Tàr aprì la bocca per continuare il racconto, quando fu distratto dall'elfo che si alzava di scatto

-Scusate, mi sono reso conto di non poter restare, non è giusto che ascolti, non preoccupatevi non intendo fuggire di nuovo, ma starò abbastanza lontano da non sentire. Già una volta ho fatto una promessa che poi mi sono reso conto di non poter mantenere, non voglio rischiare ancora-

-Dovresti ascoltare invece, se davvero è tua intenzione rimanere con noi-

-Perché?- Rhawel

-Rimani?- Gimli

-Mi sono sempre chiesto come mai non ci avessero scoperti- Mithrandir

-Perché, Rhawel? Perché mentre mi facevano quei maledetti tatuaggi mi sono reso conto che se mi avessero fatto delle domande non avrei potuto evitare di rispondere, mi avrebbero obbligato a farlo e l'unico motivo per cui non siete stati scoperti è che Sauron voleva avere l'onore di interrogarmi di persona e per vostra fortuna non era ancora tornato... Se dovessi essere catturato un'altra volta potreste non essere così fortunati- poi rivolgendosi al nano -Ho chiesto al vostro capo il permesso di restare con voi e lui è stato così gentile da darmelo... naturalmente se anche voi siete d'accordo-

-Sai, Tàr, credo che sia meglio che cominci il nostro Gwatheg a raccontare... sono proprio curioso di sapere a cosa dobbiamo questo cambiamento-

-Sì, Gimli, sono molto curioso anche io- confermò il mago

-Effettivamente se devi restare e giusto che anche gli altri decidano e non io solo, e non  mi preoccupo della possibilità che i nostri segreti vengano svelati... o credi forse che la magia funzioni solo sugli elfi?-

-Tu lo sapevi?-

-Sì, sarebbe stato lo stesso se fosse stato uno di noi a essere catturato-

-Non ci avevo mai pensato, non ho mai visto usare la magia su altri che non sugli elfi-

-Solo perché è più facile controllare la gente mantenendo una facciata rispettabile, ma se ti fossi soffermato a guardarti attorno ogni tanto ti saresti accorto di quanto sia fragile questa facciata-

-Sto cominciando a capirlo-

-Ne sono lieto, e quindi torniamo al punto di partenza... cosa, o per meglio dire chi, ti ha fatto cambiare idea?-

Si guardò attorno, gli sguardi curiosi degli altri lo incoraggiavano a parlare, sapeva di doverlo fare, sapeva che meritavano una spiegazione, ma aveva sperato di non doverlo fare quel giorno, sperava di avere un po' di tempo per abituarsi, Rhawel gli sorrideva comprensiva, stava aspettando come gli altri ma lei già sapeva... fece un lungo respiro “Prima la ragazza, poi Tàr e adesso questo... mi vogliono morto!...” in quel momento una mano calda coprì la sua e sollevò lo sguardo verso l'uomo, anche lui stava sorridendo rassicurante, “Non è così difficile” sembrava dirgli, ma lo era “E' maledettamente difficile... non ho mai parlato tanto in vita mia... non ho mai parlato di questo...”

-Non è obbligato a farlo se non se la sente- i pensieri dell'assassino erano stati interrotti dalla voce greve dello stregone

-Ha ragione- annuì il nano -non sei obbligato a farlo. E' vero che siamo tutti curiosi, ma ci racconterai questa storia quando te la sentirai... se te la sentirai... non importa il motivo che ti ha fatto cambiare idea, se vuoi restare sei il benvenuto-

A quell'affermazione la stretta dell'uomo si fece più forte come se fosse felice delle parole degli amici, anche la giovane continuava a sorridere, non era delusa dalla sua debolezza.

Sentì uno strano pizzicore dietro le palpebre che gli fece abbassare lo sguardo, era una sensazione fastidiosa e al contempo piacevole, non l'aveva mai provata prima... erano così tante le sensazioni che non aveva mai provato prima...

Forse fu proprio per quello, o per il fatto che nessuno lo obbligasse, o sentì che non poteva tradire quella fiducia, o forse fu il suo orgoglio a dirgli che non doveva essere così debole... o più probabilmente tutte queste cose assieme, ma fu così che, dopo che gli avevano detto che non era necessario che lo facesse, sollevò gli occhi su ognuno di loro e cominciò a parlare.

-Il giorno in cui me ne andai... dopo aver trattato cosi male il vostro capo, ho ricevuto una visita che mi ha molto colpito, nel vero senso della parola...-

-Puoi dirlo forte!- ridacchiò Rhawel, più che altro per allentargli la tensione

-Sì, effettivamente mi ha schiaffeggiato-

-Cosa?!-Nell'espressione stupita dell'uomo c'era una nota di rimprovero

-Diamine, ragazza! Sapevo che avevi fegato ma non che covassi anche un istinto suicida!-    

Lo stregone si limitò a ridere

-Non è che sapessi esattamente quello che facevo... ero leggermente furiosa- arrossì la giovane

-Devo dire che quel gesto mi ha fatto infuriare ancora di più, e probabilmente non sarebbe viva se non fossi anche stato stupito della cosa, in migliaia di anni nessuno aveva mai osato tanto... non che abbia mai lasciato ad altri le libertà che ho lasciato a voi, dovete capire che eravate le prime persone con cui passavo tanto tempo e soprattutto senza dovervi uccidere-

-Stai dicendo che in tutti questi anni non hai mai avuto contatti con nessuno?-

-Incontravo un unica volta quelli che mi procuravano i lavori e solo per decidere dove mi avrebbero fatto trovare soldi e istruzioni, nelle taverne bastava il cappuccio calato e il luccichio dei pugnali a dissuadere l'oste dal fare conversazione e nessuno, vi assicuro nessuno che mi abbia visto in volto è ancora vivo-

Dopo quelle rivelazioni il comportamento dell'assassino appariva sotto una luce diversa, riuscivano a malapena a immaginare quanto dovesse essere difficile per lui avere un tipo di conversazione civile quando per anni le uniche conversazioni che aveva avuto erano state con le sue vittime, in quel momento stava veramente facendo uno sforzo enorme

-Mi dispiace- disse l'uomo

-E per cosa? Ero io a volerlo. Comunque la vostra amica mi ha colpito e mi ha insultato abbastanza da ottenere la mia completa attenzione per un momento e...- rivolgendosi alla donna -Loro sanno chi sei?-

-Sì, credo di essere l'unica qui a non avere segreti- sospirò

-Quindi sapete quello che mi ha raccontato... Ecco, io credo di essermi vergognato... lei aveva tutti i diritti di insultarmi... è una ragazzina di neanche vent'anni eppure è riuscita ad andare avanti, io in quasi tremila sono ancora fermo-

L'aveva detto, non riusciva neppure a credere di essere riuscito a dirlo ad alta voce, non era stato tanto difficile, e ora si sentiva come si un pesante macigno gli fosse stato tolto dallo stomaco, si sentiva più leggero era riuscito ad ammettere, anche con sé stesso, di essere restato fermo in quella stanza dove sua madre veniva uccisa davanti ai suoi occhi.

Continuò rivolgendosi direttamente alla giovane, mentre gli altri osservavano in silenzio               

-L'ho capito sai, quello che hai cercato di dirmi... Ci ho pensato molto e ho capito perché mi odiavi tanto...-

-Io non ti odiavo...- Ma venne completamente ignorata

-Non era per quello che facevo, ma per quello che non facevo. Hai ragione... sono morto tanto tempo fa, ma non sono sempre stato così.

C'è stato un tempo in cui ero un bambino felice, sapevo di essere diverso, di dovermi nascondere ma mia madre riusciva a farmi sentire speciale, ed era proprio perché ero tanto speciale che nessuno doveva vedermi, altrimenti mi avrebbero voluto e mi avrebbero portato via.

Mi diceva che tutti gli elfi sono speciali e per questo che i ricchi li vogliono e che gli altri si accontentano di poterli vedere ed è per questo che si raccontano storie tanto brutte su di loro, perché le persone normali sono invidiose.

Sapevo che non era la mia vera madre, anche un bambino capisce la differenza, ma l'amavo, diceva che ero un dono del cielo tutto per lei, ero il suo tesoro... il cielo sarebbe stato più generoso se dentro quel fagotto gli avesse fatto trovare delle monete invece che me, io l'ho uccisa...-

-Non è stata colpa tua- il tono dell'uomo era simile a un ringhio, l'elfo si era aspettato di trovare pietà invece era rabbia quella che vedeva sui loro volti, la stessa che provava lui, la rabbia di chi ha visto e vissuto troppe ingiustizie, ma a differenza degli altri ancora non riusciva a perdonare sé stesso, l'Oscuro Signore aveva fatto le leggi, ma era stato per lui che erano state applicate, ma loro non lo ritenevano colpevole, così come lui non aveva ritenuto Rhawel colpevole... “Ma se Rhawel non è colpevole... allora io...?” soppesò un momento quel pensiero, forse anche lui avrebbe dovuto cominciare a perdonarsi... poi ricominciò a parlare

-Ero solo un bambino, ma quel giorno giurai di vendicarmi, e la vendetta mi ha tenuto in vita per anni. Li ho uccisi tutti, uno alla volta, nello stesso modo in cui è morta lei, li guardavo piangere e supplicare ed ero felice, volevo che sapessero perché stavano morendo, volevo che sapessero che chi li stava uccidendo era qual bambino che loro avevano ucciso-

Se pensavano di aver visto l'odio e la rabbia in quegli occhi dovettero ricredersi, la furia vendicativa che esprimeva in quel momento distorceva i lineamenti delicati facendolo sembrare più simile a una bestia che a una persona e nel suo sguardo solitamente gelido ardevano fiamme rosse di sangue, non provava rimorso per quello che aveva fatto, e seppure potessero essere quasi spaventati da lui in quel momento di certo non lo biasimavano, aveva fatto quello che ognuno di loro avrebbe voluto fare.

-Sono morti tutti- riprese -L'uomo che ci aveva tradito, quello che mi aveva comprato, il notabile che aveva ordinato la cattura, le guardie che l'avevano uccisa, i maghi che mi avevano tatuato e ogni cliente che mi aveva posseduto in tutti quegli anni- ringhiò sadico -Ah già... avevo dimenticato di dirvi che ero stato comprato dal proprietario di una Casa di Piacere... una vera fortuna per me, si imparano tante cose utili in quei posti-

Tacque scuotendo il capo mentre la furia svaniva lentamente dal suo volto, sentì l'uomo che quasi gli stritolava la mano per trattenersi, mentre lo attirava inconsapevolmente più vicino a se come volesse proteggerlo dal passato... Era così tanto tempo che qualcuno non provava l'impulso di proteggerlo, era inutile, lui non ne aveva più bisogno... ma era piacevole... sarebbe mai stato capace di lasciarsi andare completamente? Sarebbe mai stato capace di lasciare a un altro il compito di rassicurarlo senza sentirsi così vulnerabile?

Non notò neppure che mentre la sua mente formulava quei pensieri il suo corpo già si rilassava al calore confortante dell'uomo

-Sono tutti morti- ripeté ancora in un sussurro -Tutti... Tutti morti... E mentre l'ultima testa cadeva e l'ultima vita scivolava via sono morto anche io-  

Teneva ancora lo sguardo basso e quella sensazione di pizzicore dietro le palpebre si era trasformata in una pressione insistente e umida sulle lunghe ciglia mentre una perla lucente scivolava lungo la linea delicata della guancia “Una lacrima? Le ho viste tante volte negli occhi delle vittime, non credevo che ce ne fossero anche nei miei. Non ho mai pianto, neppure quando lei è morta”

Si accorse che il bruno si era inginocchiato dietro di lui solo quando sentì le sue braccia circondarlo e afferrargli entrambe le mani che teneva strette in grembo... e che stavano tremando... Lui, Esgalwath, la Leggenda d'Ombra stava tremando come una foglia e piangeva, una parte di lui si sentì incredibilmente in imbarazzo e soprattutto irritata per una tale mancanza di controllo, ma in quel momento non gli importava, era troppo scosso da quel fiume di emozioni per poterne riprendere il comando.

Lasciò che l'uomo lo traesse a sé poggiando la schiena sul suo petto e abbandonando il capo sulla sua spalla

-Non sei morto, sei qui- quella frase era dolce eppure senti la rabbia dietro di essa “E' arrabbiato per me... per quello che mi è successo, per quello che sono diventato”

-Era come se lo fossi- sapeva che gli altri stavano ascoltando ma era a lui soltanto che parlava -Avevo vissuto con l'unico scopo di vendicarmi e dopo averlo fatto non mi restava più niente. Rhawel aveva ragione io non ho fatto più niente... io non sono niente... non sono un assassino, uccido per vivere, perché è la cosa che so fare meglio, ma non provo nessun piacere nel farlo... e non cercavo neppure la morte, credevo di volerlo, ma... lei aveva ancora ragione, sono abile, ho aggirato i vincoli magici una volta, sono riuscito a contrastarli per ore la seconda, se avessi davvero voluto morire ci sarei riuscito, non mi serviva molto, un'esitazione, un passo falso, avrei potuto farlo... ma neppure questo mi interessava realmente... mi limitavo ad andare avanti giorno dopo giorno senza nessuno scopo... una vita di menzogne, e c'è voluta una ragazzina per farmi aprire gli occhi-

Intanto la suddetta ragazzina abbassava lo sguardo imbarazzata -Mi dispiace-

-Perché?- rise amaramente -Non era quello che volevi? Farmi aprire gli occhi?-

-Non volevo vederti soffrire credimi, forse avrei potuto essere meno dura-

-E io ti avrei cacciata a male parole senza sentire nulla di quello che dicevi. Credimi quando ti costruisci un muro di illusioni attorno per migliaia di anni non è con la gentilezza che puoi sperare di demolirlo-

-E ora se volete scusarmi- riprese liberandosi dalla stretta dell'uomo -Ho veramente bisogno di stare da solo- e scomparve tra gli alberi.


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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


*CAPITOLO 13*


Questa volta nessuno lo seguì, capivano fin troppo bene il suo desiderio, capivano quanto era stato difficile per lui affrontare quelle emozioni e doverle raccontare quando ancora stava imparando ad accettarle.

Rhawel era la più scossa di tutti, era vero quello che lui aveva detto, voleva fargli aprire gli occhi, ma non aveva tenuto conto delle conseguenze “Come al solito” si rimproverò mentalmente, agiva sempre d'impulso e spesso erano gli altri a dover pagare per i risvolti delle sue azioni, troppe volte aveva messo nei guai i suoi amici, forse il fatto che alla fine ne uscissero sempre al meglio le faceva credere di essere infallibile, ma questa volta non ne era sicura, quell'elfo aveva trovato il suo modo per combattere il dolore, che diritto aveva lei di interferire? Tàr aveva provato a spiegarglielo, di fargli capire che lui aveva diritto di vivere la sua vita nel modo che preferiva e non era compito loro interferire, anche gli altri lo avevano capito, ma lei no, come sempre lei aveva agito di impulso, e come sempre era un altro a pagarne il prezzo.

E ora si rigirava nel suo giaciglio, ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva quella lacrima che scivolava dai suoi occhi, quegli stessi occhi che aveva disprezzato, ma erano occhi di chi sapeva affrontare la vita, erano occhi che non conoscevano il dolore, e ora quelle lacrime... lui sbagliava, lei lo sapeva, ma aveva davvero il diritto di cambiare il suo modo di vivere? Chi gli diceva che ora sarebbe stato meglio? Lei conosceva il dolore, conosceva il suo dolore, erano così simili le loro storie, entrambi causa della morte di chi amavano... “Se solo avessi saputo...” Sì, se avesse saputo, lo avrebbe comunque condannato ad affrontare il dolore che lei aveva affrontato? Se ne fosse stata capace non avrebbe forse preferito lei stessa rinchiudere quel dolore in una prigione di ghiaccio per non soffrire ancora? Lei lo aveva superato, aveva avuto il tempo per farlo, ma a lui neppure quello avevano lasciato.

Fu per questo che anche mentre gli altri dormivano non riusciva a prendere sonno, e fu sempre per questo che quando una nuova aurora rischiarò il cielo, si alzò per dirigersi come la sera prima verso il bosco.

Lo trovò poco dopo e lo vide girarsi tranquillo

-Mi chiedevo quando saresti arrivata?- sembrava più calmo e sicuro

-Mi stavi aspettando?- chiese meravigliata

-No. Ma sapevo che saresti venuta, mi chiedevo solo quanto avresti resistito prima di farlo-

La ragazza sorrise imbarazzata, era davvero così prevedibile?

-Ero preoccupata-

-Non ne avevi motivo, sto bene... o almeno non sto per crollare se è questo che temi- la sua voce era strana, piatta, fredda ma non come prima, non c'era astio nel suo tono

-Mi dispiace. Pensavo davvero che fosse la cosa giusta da fare-

-Non è vero- fece irrigidire la ragazza -Tu non pensavi, non lo fai mai- continuò

-Hai ragione- chinando il capo -Me lo dicono in molti-

-Dovrei odiarti... invece credo di provare affetto per te, non ne sono certo- la osservò inclinando il capo e sollevando leggermente un sopracciglio

-Credi?- scherzò ripetendo il suo gesto

-Beh, è un emozione nuova, non posso esserne certo, potrebbe essere qualcos'altro-

-Non è che sei attratto da me vero?- scherzò lei

-Non saprei...non credo, non offenderti sei una bella ragazza ma non sei il mio genere... Delusa?- il sorriso bieco ricordava tanto il vecchio Esgalwath

-Melkor! No di certo! Non sei proprio il mio tipo!- farfugliò arrossendo

-Troppo bello?-

-Troppo presuntuoso-

-Colpito- portandosi le mani al cuore

In quel momento un lampo attraversò la mente della giovane, che spalancò gli occhi come lo vedesse per la prima volta

-Lo stai facendo apposta!- invei

-Cosa?- con lo sguardo più innocente si potesse immaginare

-Sapevi che mi sentivo in colpa e stai cercando di distrarmi-

-Ti sembro forse il genere di persona che fa queste cose?- ribatté scettico

-No! Ma lo stavi facendo!- annuì convinta

-Supponendo per un istante che lo stessi facendo... Ha funzionato?-

-Allora lo ammetti!-

-Non ammetto proprio niente, dovresti saperlo sono incapace di consolare o di rassicurare qualcuno... essere irritante, quello mi riesce bene...-

-Oh...-

-Rhawel che resta senza parole, questa sì che è una novità- la prese in giro lui, ma anche senza parole sapeva farsi notare perché la vide sollevarsi sulle punte e scoccargli un bacio sulla guancia facendolo irrigidire, quel contatto era troppo, non era preparato, ma non si allontanò.

-Grazie, pensavo di dover venire a consolarti invece sei stato tu a rassicurare me-

-Non ne avevi bisogno, davvero hai fatto la cosa giusta...- sospirò, si sedette a terra con la schiena contro il tronco, strappò alcuni fili d'erba rigirandoseli tra le dita, quando lei si accomodò al suo fianco riprese -Non è facile ammetterlo, e non credo sarò mai come voi, sono stato arido troppo a lungo, e ho visto troppa malvagità per poter condividere le vostre illusioni, ma il modo in cui vivevo era sbagliato... non è stato difficile capirlo una volta che ho cominciato a guardarmi indietro... il difficile è cambiare...-

-Cosa farai ora?-

-Non ne ho idea... verrò con voi, state facendo qualcosa di buono e forse aiutandovi la farò anche io-

-Questo non ti fa condividere le nostre illusioni?-

-No, mi fa avere uno scopo, qualcosa per cui guardare al futuro, una ragione per attendere il sole che sorge il giorno dopo, è già qualcosa non trovi?-

-E' un inizio- sospirò -Lo sai che seguendoci dovrai prima o poi scendere a patti anche con le tue origini, vero? Noi stiamo andando da loro- non aveva bisogno di dire chi erano loro, lo sapeva bene

-Non è detto che ci arriviate- rise, lei lo osservò non lo aveva mai sentito ridere prima -Comunque se questo è il mio destino, che sia, non stai forse pensando che per guarire il mio povero spirito dovrò anche accettare le mie origini?-

-Non lo avrei detto, ho smesso di agire senza riflettere, davvero Gwath, mi dispiace-

-Ti ho già detto che non devi... e non credo che potrai mai cambiare- sorrise -Non credo neppure che dovresti, ieri eri tanto sicura “Dama Galadriel ha detto di non demordere e non ho nessuna intenzione di farlo”- l'apostrofò imitandone la voce -Non era così che mi avevi detto?-

-Ieri era ieri-

-Ieri non avevi visto un mio momento di debolezza e non ti sentivi in colpa, oggi hai deciso di lavartene le mani e lasciare ad altri il compito di sistemare i tuoi guai-

-Non ci casco-

-Stai migliorando, ragazzina-

-Sei impossibile-

-Così dicono-

-Quindi ora vuoi incontrare gli Elfi?-

-Non voglio, ma lo farò se così deve essere-

-Ti fa paura l'idea di poter trovare quel Thranduil?-

-Non ho certo paura di uno stupido elfo!... Solo che... Non lo so... non riesco a immaginare di...- si fermò incapace di trovare le parole poi le chiese -Come ti sentiresti se potessi incontrare tuo padre o tua madre?-

La vide rabbuiarsi e subito si rese conto di essere stato poco delicato

-Scusami, non volevo ricordarti la loro morte-

-Non è questo... non ne ho mai parlato a nessuno, ma da quando siamo venuti a liberarti ho un pensiero in testa che non riesco a scacciare, quel giorno Tàr ha detto una cosa che continua a farmi pensare...-

Tacque riflettendo e lui non la interruppe aspettando che fosse lei a proseguire

 -Gimli gli chiese come mai fosse convinto che tu fossi ancora vivo e lui rispose... ricordo esattamente quelle parole, continuo a risentirle... E' un elfo, hai un'idea di quanto pochi ne siano restati? Non lo sprecheranno uccidendolo-

Si fermò ancora ma questa volta fu l'elfo a proseguire

-Ti chiedi se anche tuo padre possa essere ancora vivo? Se anche le guardie che li seguivano pensassero la stessa cosa? Se il colpo che ha ricevuto non fosse stato mortale?-

-Lo so, sono tanti se... è solo un'illusione, una vana speranza, ma non riesco a non pensarci...E' così sbagliato?-

-Forse avresti dovuto parlarne a Tàr, non a me. Ma posso dirti con sicurezza che questi erano i pensieri di quell'elfo quando è tornato indietro, non poteva dirlo a tua madre perché probabilmente temeva che lei, aggrappandosi alla speranza di aiutarlo non sarebbe fuggita, ma so con assoluta certezza che lui non credeva di morire, non sarebbe riuscito ad affrontare le guardie se lo avesse pensato anche solo per un'istante, si possono ingannare le Chiavi ma non il Sigillo, non con una decisione presa consapevolmente almeno...questo lo so molto bene...- concluse amaramente

-Ora non ti sto dicendo che lui sia vivo, nella foga della battaglia è molto difficile controllare i colpi... Ma non è sbagliato continuare a ...-

Non riuscì a finire la frase perché la ragazza era scattata in piedi e lo aveva preso per il polso trascinandolo verso il campo

-Cosa...?-

-Vieni con me voglio farti vedere una cosa-

Quella ragazzina si stava veramente prendendo troppe libertà, la cosa lo faceva impazzire ma lo divertiva anche.

Arrivarono al campo che gli altri erano già svegli, non erano preoccupati avevano già immaginato dove fosse l'amica, li salutarono circospetti ma non fecero domande vedendo la fretta con cui la giovane trascinava il biondo frastornato verso il suo zaino.

Solo a quel punto la fretta la abbandonò, prese con calma un piccolo involto di tessuto, svolgendolo quasi con reverenza, al suo interno c'erano diverse lettere legate con cura e una tavoletta di legno grande quanto un palmo, fu la tavoletta che porse all'elfo

-L'ha fatta mia madre- spiegò -era brava a dipingere-

Sulla tavoletta erano raffigurati una giovane donna abbracciata a un elfo, la donna aveva lunghi capelli rossi, ma di un rosso così scuro da ricordare il colore del sangue, grandi occhi castani e la pelle chiara come quella dell'elfo al suo fianco.

La prima cosa che notò di lui fu che non aveva lo sguardo di un servo, ma l'espressione solenne e fiera di un signore, era difficile definirne l'età, ma antico fu la parola che gli affiorò alla mente, lunghi capelli neri lucidi come la notte, una ruga sulla fronte che però non deturpava il suo viso anzi gli dava un'aria saggia e misteriosa, stava osservando il viso di qualcuno che aveva sofferto, ma che portava con fierezza il suo dolore, era bello pensò, molto bello, non c'era da stupirsi se quella giovane umana lo avesse notato fra tanti

-Si chiamava Elrond- senti dire alla ragazza -Al palazzo lo chiamavano Neridur in segno di disprezzo, significa Servo degli Uomini, ma il suo nome era Elrond... era un grande guerriero, un Sire del suo popolo... chissà se sarebbe orgoglioso di me?...se alla fine è morto combattendo, credo ne sia stato felice...-

-Sono sicuro che sarebbe molto orgoglioso... sono sicuro che lo sarà se è sopravvissuto- gli restituì la tavoletta e restò un istante in silenzio come se fosse indeciso poi abbassando lo sguardo parlò -Verrò con te... se mi vorrai... quando questa storia sarà finita, andremo a cercarlo, non voglio darti illusioni ma almeno saprai quale è stato il suo destino-

La ragazza sollevò il capo incontrando gli occhi limpidi dell'assassino

-Lo faresti? Perché?-

-Perché non ti darai pace finché non lo saprai e perché non ho niente di meglio da fare al momento- rispose con un'alzata di spalle

 Rhawel si chinò sullo zaino per riporre il suo piccolo tesoro e soprattutto per nascondere gli occhi lucidi dalla commozione e il piccolo sorriso per il goffo tentativo dell'amico di mantenere la sua aria da cinico  “Cercar presto dovrai ciò che credi perduto e in questa tua missione avrai inatteso aiuto” per lei ormai i versi della Signora di Lòrien non erano più un mistero... almeno non quella parte.

Gli altri compagni avevano assistito alla scena confusi, sapevano di aver ancora una volta perso qualcosa di importante, ma da quello che avevano sentito capivano che non c'era da preoccuparsi, anzi sembrava che finalmente ogni cosa stesse andando come doveva.


La colazione fu certamente migliore della cena precedente, anche se restavano ancora molte questioni in sospeso l'innegabile gioia negli occhi della compagna li rendeva tutti felici, continuavano ancora a lanciare occhiate in tralice all'elfo, forse temendo di vederlo esplodere o crollare oppure rinsavire, non lo sapevano neppure loro ma quel cambiamento improvviso era quasi più agghiacciante della sua personalità precedente, ormai si erano abituati a trattare col gelido assassino e ancora non sapevano come comportarsi con questa nuova persona.

Come al solito il primo a rompere il ghiaccio fu il nano, trascinandolo in una divertente serie di prese in giro ai danni della povera ragazza, senza però troppa soddisfazione perché quest'ultima era talmente allegra da non irritarsi minimamente e ribattere come suo solito.

Esgalwath cercava di lasciarsi andare, anche se quell'atteggiamento che una volta gli era risultato naturale, stentava ad affiorare ora che lo desiderava, così si limitava a seguire i discorsi assurdi del nano e a sorridere, provando a rilassarsi e farsi coinvolgere.

Altre due persone osservavano interessate la scena, una leggermente preoccupata, l'altra più pensierosa.

 Mithrandir era preoccupato per quello che vedeva, era felice di poter vedere la luce dell'elfo che poco per volta tornava a brillare, perché lui poteva vederla quella luce, ma era preoccupato delle conseguenze di un così repentino cambiamento, non gli era sfuggito come l'immortale cercasse di farsi coinvolgere negli scherzi, senza però riuscirci, era strano, quando era freddo e distaccato non aveva avuto problemi a parlare con loro, ma a quei tempi aveva il controllo di se stesso e della situazione, sapeva qual'era il suo posto, ora invece si sentiva perso, non era più quella persona ma non era ancora diventato un altro, tutto questo lo rendeva insicuro e vulnerabile, potenzialmente pronto a esplodere.

Fortunatamente non era solo, e si trovava tra quelli che lui considerava le migliori persone di Arda, era sicuro che avrebbero saputo guidarlo nella giusta direzione, l'avevano fatto con Rhawel e la stessa giovane con la sua impulsività si era dimostrata fondamentale anzi a dispetto dell'iniziale freddezza al momento sembrava l'unica con cui lui si trovasse in qualche modo a suo agio.

Sì, a conti fatti l'Istar era convito che la situazione si sarebbe stabilizzata presto, avrebbe continuato a tenerlo d'occhio questo era certo, ma era fiducioso nelle capacità dell'immortale ed era più che sicuro che avrebbe trovato presto un nuovo equilibrio.

 L'uomo invece osservava pensieroso la luce che vedeva irradiarsi dall'immortale, prima era appena accennata, tanto che solo raramente era riuscito a scorgerla, ora invece lo circondava come un'aura pulsante luminosa e lo rendeva tanto simile al principe dei suoi sogni, quella strana luce, che occasionalmente aveva scorto nell'amica, sembrava avvolgere il biondo elfo rendendolo ultraterreno, avrebbe dovuto parlarne a Mithrandir, era chiaro che gli altri non la vedevano, ma in quel momento non era quello che lo impensieriva, ma il fatto che nei suoi sogni lui lo vedeva vestito solo di quella luce ancora più splendente, quasi accecante, lo vedeva venire verso di lui con le braccia tese ad accoglierlo, e si lasciava circondare da quell'abbraccio caldo e luminoso, poteva quasi sentire il tocco di quelle mani che lo accarezzavano mentre i loro corpi si univano... non sarebbe stato facile stargli vicino ricordando che lui non era il sogno ma era reale, la sera prima quando lo aveva stretto, anche se solo per pochi minuti, e aveva sentito quel corpo solido e caldo lasciarsi andare contro di lui, aveva temuto di non riuscire a controllarsi, avrebbe voluto poggiare le sue labbra e impossessarsi di quella bocca perfetta, e assaggiare il suo sapore, benediva il cielo che l'altro avesse deciso di sciogliere l'abbraccio e allontanarsi, persino in quel momento solo ripensandoci doveva ringraziare la tunica che nascondeva l'evidente eccitazione del suo corpo.

Forse era arrivato il momento di interrompere quelle allegre ciance e riprendere il discorso che aveva abbandonato, non lo entusiasmava raccontare la sua storia, ma di certo se lo aveva fatto l'assassinio lui non poteva essere da meno, e qualunque cosa avesse il potere di distoglierlo dalla dolce tortura di quei pensieri era la benvenuta, fosse anche il rivangare un passato sepolto che da sempre cercava di dimenticare.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


*CAPITOLO 14*


Una giovane donna correva per i corridoi di pietra del palazzo illuminati a giorno dalle numerose torce, gli abiti sfarzosi di scuro velluto si gonfiavano rallentandone i movimenti, teneva fra le braccia un bimbo di cinque o sei anni, con gli occhi blu spalancati e gonfi di lacrime di paura, neppure i muri spessi riuscivano ad attutire le grida disperate e il clamore della battaglia che circondava il castello e dalle finestre il riverbero degli incendi gettava ombre minacciose sugli spessi arazzi.

I suoi passi echeggiavano negli androni vuoti, così come il suo respiro affannato interrotto dai singhiozzi, tutti avevano abbandonato il palazzo, dal primo dei nobili all'ultimo dei servi, gli stessi servi per aiutare i quali il suo Re si era trovato al centro di quella rivolta, avrebbe sputato il suo disprezzo se avesse avuto la saliva per farlo, ma la gola bruciava per il fumo e per l'angoscia.

Gli elfi sarebbero rimasti a proteggere il loro padrone, loro avevano capito le intenzioni del marito, ma era stata lei stessa ad aver ordinato a tutti loro di nascondersi nelle cucine, non potevano combattere, sarebbero stati solo inutile carne da macello e non poteva permetterlo, si consolò pensando che almeno sarebbe restato vivo qualcuno per rimpiangere lei e il suo sposo.

Si fermò solo un attimo posando a terra il bimbo e strappando col ricco pugnale ingioiellato che portava in vita le preziose vesti che la impacciavano, ormai non era più una regina non gli importava delle apparenze, per poi riprendere il suo adorato bambino e gettarsi come una furia giù per la scalinata principale verso l'uomo che cercava con impazienza.  

-Ar-Athorn!- era lì il suo signore, immobile e fiero con la spada alzata verso il grande portone che già tremava sotto i colpi, circondato da poche decine di guardie fedeli

-Gilraen! Cosa fai qui! Devi fuggire!-

-Non senza di te! Non puoi fare più nulla, vieni via con noi, pensa a tuo figlio!-

-Non posso, vita mia, non posso fuggire senza lottare, nostro figlio non deve ricordare il padre come un codardo-

-Ma lui non deve ricordare il padre! Lui deve avere un padre! Un padre che lo ama e gli sta vicino-

A quelle parole il piccolo sollevò lo sguardo verso il genitore, dimenandosi per farsi mettere a terra e asciugando le lacrime

-Padre- disse con una voce tanto ferma da riempire d'orgoglio il giovane Re -Resterò al vostro fianco, combatterò con voi- sollevando la piccola spada giocattolo che portava al fianco

-Il mio piccolo eroe, so che sei coraggioso- il Re si inginocchiò davanti al figlio scompigliandogli dolcemente i lunghi boccoli scuri -E' per questo che ti affido tua madre, devi proteggerla, perché io non posso farlo, ma so che con te sarà in buone mani-

-Nooo!- gemette la donna -Non parlare così! C'è ancora tempo! Vieni con noi!-

Crollò accanto al marito aggrappandosi al suo braccio senza più curarsi di trattenere le lacrime.

L'uomo allargò le braccia stringendola forte e attirando anche il piccolo in quell'abbraccio muto, che sciolse solo dopo interminabili minuti

-No, Gilraen, non c'è più tempo. Le porte cederanno presto, devo distogliere la loro attenzione da voi, se non mi trovassero ad attenderli scoprirebbero subito la fuga-

La donna sapeva che aveva ragione ma non poteva, non riusciva a lasciarlo

-Padre- gli occhi del bimbo si erano fatti ancora lucidi, nonostante si sforzasse di mostrarsi forte al padre -Perché dobbiamo scappare? Voi siete il Re, perché fanno questo?-

-Figliolo, troppo presto devi capire quanto è duro il mondo, avrei voluto proteggerti da tutto questo, avrei voluto creare un mondo nuovo per te, ma ho fallito. Ricorda queste parole, ora non le capirai ma un giorno quando sarai più grande fanne tesoro. Il mondo sta cambiando, io posso sentirlo, ci sarà una nuova era, ho affrettato i tempi, e ho agito prima che fossero maturi, volevo combattere questa battaglia perché non ricadesse sulle tue spalle, ho commesso un errore, il giorno non era ancora giunto, ma non dubitare, quel giorno giungerà e tu dovrai continuare quello che io ho cominciato, so che sarai in grado di farlo, sei forte e io sono il padre più orgoglioso del mondo... Ricordati sempre che tu sei Ar-Agorn legittimo erede al trono di Númenor, ti affido i nostri tesori... Elendilmir* la corona di Númenor e l'Anello di Barahir* simbolo della nostra stirpe che ti appartengono di diritto, custodiscili con cura perché verrà il giorno in cui li indosserai con orgoglio-

Poi chiamò, girandosi verso i pochi fedeli che erano restati a osservare la scena colmi di tristezza, ammiravano il loro Re ed erano fedeli a lui come uomo, un manipolo di giusti tra le genti corrotte di quel regno nero, avrebbero dato la vita per lui, non si facevano illusioni sull'esito di quella battaglia, non rimpiangevano di farlo, ma rimpiangevano il fatto che il loro sacrificio sarebbe stato vano e l'uomo in cui riponevano le loro speranze sarebbe morto con loro.

Come la regina avevano tentato in vano di convincerlo a fuggire, ma sapevano che era inutile, l'uomo che guidava la rivolta era proprio il fratello del re e come membro della famiglia reale era a conoscenza dei passaggi segreti del palazzo, se non avessero trovato il loro signore ad affrontarli ogni via di fuga sarebbe stata chiusa e con essa le possibilità di mantenere viva almeno la discendenza dell'uomo che tanto ammiravano.

-Ecthelion!- Un uomo più attempato degli altri si avvicinò al Re inchinandosi, era forse troppo vecchio per combattere, ma nel suo sguardo c'era una forza e una fierezza che molti giovani ancora gli invidiavano, indossava le vesti dei consiglieri e non l'armatura come gli altri ma le sue mani conoscevano bene la spada e non avevano dimenticato come brandirla.

-Mio Re!-

-Alzati, amico mio, non sono più il Re di nessuno da quando il primo incendio e scoppiato in città-

-Fino alla morte voi sarete il mio Re-

-E fino alla morte sarà, il tempo ormai è breve- non c'era paura ne rimpianto nella voce del sovrano

-Tutto questo non sarebbe accaduto se non avessi raccontato a un giovane uomo i miei sogni e le mie visioni- chinò il capo il vecchio consigliere

-Non essere in pena amico mio, perché le tue visioni hanno reso la vita di quel giovane uomo degna di essere vissuta, non ho rimpianti, se non quello di aver trascorso troppo poco tempo con la donna che amo e di non veder crescere mio figlio, ma so per certo che il seme che ho piantato è forte, e che questo giorno contribuirà a rinforzare le sue radici, e quando mio figlio tornerà troverà un albero sano, pronto a fiorire per lui-

-Grazie mio signore- ora anche gli occhi dell'anziano amico erano lucidi

-Ti affido la mia famiglia, a te che più di ogni altro sai per cosa stavo combattendo, proteggili e tienili al sicuro, io sarò felice sapendoli sotto la tua protezione, so di chiederti molto... hai una moglie e un figlio, forse non potrai più rivederli-

-Li difenderò a costo della vita, non avrei rivisto comunque la mia famiglia, e come voi anche io combatto per dare un mondo migliore a mio figlio -

-Non ho dubbi che lo farai e quando Estel sarà abbastanza grande racconta a lui quello che raccontavi a me, lui sarà abbastanza forte per poter ammirare le cose che mi descrivevi-

-Lo farò mio Re-

-E ora andate, non c'è più tempo- un colpo più forte fece spicciolare la pietra attorno ai cardini del pesante portone sollevando una nuvola di polvere, come per confermare le parole dell'uomo -Vai Gilraen, mio unico amore, non voltarti indietro, ricorda che ti ho amata fin dal primo momento e non smetterò mai di farlo-

-...Athorn...- singhiozzò

-No, devi essere forte, come sei sempre stata, non smettere ora, fallo per me, non vedi il dolore che mi da, fallo per nostro figlio, lui avrà bisogno della tua forza-

L'abbracciò forte dandole un bacio in cui era racchiuso tutto il sentimento che troppo poco tempo aveva avuto per vivere, era un bacio dal sapore amaro della morte incombente, e salato come le lacrime che le rigavano il volto, era il loro ultimo bacio.

Ma anche quello finì, si chinò ancora una volta per stringere il figlio ormai in preda ai singhiozzi come la madre, poi il legittimo Re di Númenor si girò sollevando la spada verso le porte che stavano per cedere

-Andate! Ecthelion, portali al sicuro, fate presto!- non si girò a guardarli allontanarsi, sapeva che se gli occhi della moglie avessero incontrato i suoi avrebbe perso la forza per fuggire, non si girò e loro non videro mai la lacrima che scendeva lenta prima che calasse l'elmo.


Avevano appena girato nel corridoio che portava alle cucine, per raggiungere le cantine e da li il passaggio che li avrebbe condotti alla baia nascosta dove una piccola barca li attendeva, quando sentirono il fragore del portone che cadeva, ebbero un attimo di esitazione prima di aumentare il passo, l'unico segno del dolore che provava fu l'aumentare della stretta con cui la donna cingeva il bambino, ora non era il tempo per piangere ancora, lo avrebbe fatto di nuovo ma in quel momento doveva pensare alla salvezza del piccolo Estel.

Nelle cucine gli elfi del palazzo aspettavano silenziosi, alcuni sobbalzarono nel vederli entrare, ma subito si avvicinarono riconoscendo la loro signora, anche la donna sussultò nel vederli, aveva dimenticato di essere stata proprio lei a ordinargli di nascondersi li

-Venite con noi- disse -Dovete fuggire, le cose cambieranno qui a palazzo, non potete restare- poi dopo un attimo aggiunse -E' un ordine!-

In molti la guardarono con un sorriso malinconico, finché quello che era stato il cameriere personale del marito non si fece avanti

-Mia signora, le cose erano diverse prima del vostro arrivo, erano diverse prima che vostro marito diventasse Re, saranno diverse ora e ancora cambieranno in futuro, siamo stati felici di avervi conosciuto e piangeremo per il nostro signore... sapete bene che niente ci darebbe più gioia della libertà, e sarebbe un onore seguirvi, ma non possiamo, non è più in vostro potere darci un simile ordine- tacque un istante riflettendo se dire quello che la magia gli faceva sentire -Noi apparteniamo ai Signori di questo castello, e... mia Signora... voi non siete più la regina-

Attese di vedere la comprensione negli occhi della donna, lei comprese ma non crollò... la battaglia era conclusa e lui era morto...

-Ci dispiace Dama Gilraen-

-Non potevate fare nulla, mi dispiace di non aver dato prima quell'ordine-

-E a cosa sarebbe servito? Non saremo mai liberi, non avremmo potuto comunque difenderci, sarebbe stata una breve fuga che avrebbe portato solo dure conseguenze- Sorrise amaramente -Ma non siamo così inutili come credono, non possiamo recare danno a nessun umano, ma niente ci vieta di appiccare il fuoco alle cucine- un lampo dell'antico orgoglio attraversò i suoi occhi e quelli dei suoi compagni -Andate, raggiungete le cantine, da qui non vi seguiranno e non ci sono altre strade-

-Grazie-

-Siamo noi a dovervi ringraziare, avevamo dimenticato cosa significasse essere rispettati, ricorderemo sempre voi e il vostro consorte. Buona fortuna e che le foglie del vostro Albero della Vita non debbano mai appassire- detto questo si inginocchiò imitato da tutti gli altri e le baciò le mani.

Da quella posizione gli occhi scuri dell'elfo si trovarono a incrociare quelli profondi e seri di un'altra persona che fino a quel momento avevano ignorato, gli occhi di un bambino grandi e intensi.

Quando apri le minuscole labbra per parlare però la sua voce aveva perso il tono acuto dell'infanzia, forse per il fumo, o per i troppi singhiozzi, sembrava appartenere a qualcuno molto più grande di lui tanto che persino la madre abbassò lo sguardo preoccupata

-Come ti chiami?- chiese senza distogliere gli occhi da quelli dell'elfo

-Mól*, giovane principe- rispose stupito da quell'inutile domanda

-No- scosse la testa il bambino -Qual'era il tuo nome prima?-

Le mani dell'immortale si strinsero di scatto, mentre serrava i denti con uno schiocco, gli altri dietro di lui si lanciavano sguardi impauriti, c'erano luoghi in cui era permesso loro conservare i propri nomi, ma non a Númenor, in quel regno gli elfi erano solo Mól, schiavi.

-Erestor... mi chiamavo Erestor, Mio Signore- sussurrò timoroso abbassando il capo

-Ti chiami ancora Erestor, non dimenticarlo, in qualunque modo vorranno chiamarti tu non dimenticarlo mai. Non sarà sempre così, mio padre l'aveva visto e anche Ecthelion, io non dubito delle loro parole, non fatelo neanche voi, un giorno tornerò per portare a termine quello che loro avevano iniziato-

-E quel giorno saremo qui ad attendervi, possa Ilúvatar concedermi di vederlo. Avete fatto una grande promessa per un così piccolo corpo... Saprete mantenerla?-

-Ci proverò con tutte le mie forze-

-Di più non possiamo chiedere a un così giovane mortale- si volto a fare un cenno a un'elfa che scomparve dietro al camino per ricomparire poco dopo con un fagotto lungo e stretto

-Anche dopo migliaia di anni conserviamo ancora i nostri segreti e i nostri tesori- disse aprendo l'involto e porgendogli una meravigliosa spada, che era di poco più piccola di lui -La trovammo dopo secoli dall'ultima battaglia, mentre si aravano i campi, era rimasta sepolta per così tanto tempo... da allora la conserviamo, un cimelio delle ere passate, il suo nome è Narsil, Fiamma Luminosa, apparteneva a Turgon, un Re grande e valoroso... Ora la doniamo a te giovane Principe nella speranza che la sua luce possa ancora risplendere in battaglia. Ne sarai degno?-

-La porterò con onore fosse anche l'ultima cosa che faccio-

-Le parole di un grande Re escono dalla bocca di un bambino, sono tempi davvero strani...-

-Presto stanno venendo da questa parte!- gridò giungendo trafelato un elfo a guardia nel corridoio

-Via! Fuggite! Non temete quando arriveranno troveranno la strada bloccata-

E ripresero a correre verso le cantine, sentendo dietro di loro i rumori di quegli alleati inaspettati che cominciavano ad appiccare i fuochi.

Erestor guardò il piccolo Principe che si allontanava con la madre -Tutte le nostre speranze riposte in un bambino, Eru Ilúvatar proteggilo, e dagli la forza di rialzarsi quando la speranza lo abbandonerà... spero di avere visto giusto nel dargli fiducia- li osservò scomparire giù per le scale che conducevano alle cantine  poi si voltò ad aiutare i compagni, nessuno dei tre umani sentì le sue parole sommesse.


-Presto, Mia Regina, ancora un piccolo sforzo, ci siamo quasi- incitò il fidato consigliere, erano stremati, avevano corso per ore in quei tunnel dissestati temendo che gli uomini di Ar-Pharazôn giungessero prima di loro alla baia, portava tra le braccia il bambino sollevando la donna da quel peso e aveva affidato a lei la spada donata dagli elfi.

Era un'ottima lama, lui si intendeva di queste cose, migliore perfino di Aranrúth che ormai era sicuramente nelle mani dell'usurpatore, Narsil era certamente una spada degna di un grande Re, un dono davvero unico e inconsueto da fare a un bambino, senza contare il fatto che doveva significare davvero molto per loro visto che l'avevano custodita per secoli rischiando la collera dei loro padroni.

“Perché proprio ora?” si chiese l'uomo, la risposta che cercava si trovava negli occhi di quell'immortale, occhi diversi eppure così simili ai suoi e a quelli del suo Re, gli occhi di chi poteva vedere più lontano degli altri, ecco cosa lo aveva turbato tanto in quello sguardo, solo ora riusciva a capirlo.

Sorrise malgrado la situazione, creature straordinarie gli elfi, Melkor poteva anche pensare di averle in suo potere, ma nessun Sigillo o Chiave li avrebbe mai completamente sottomessi, erano ancora liberi di pensare, e di celare i loro segreti, aveva osservato per anni quel semplice servo andare e venire nelle stanze del suo Signore senza mai sospettare nulla, sarebbe stato costretto a rispondere a una domanda diretta, ma come chiedere qualcosa di cui non si immagina neppure l'esistenza? “No” pensò “Melkor non potrà mai dominarli”  


Uscirono sotto la luna, finalmente fuori dall'aria viziata dei cunicoli, la brezza marina li investì con i suoi profumi, una piccola barca a vela li attendeva, le vele grigie che si confondevano nella notte, la donna sapeva che se fosse stato giorno quelle vele sarebbero state del colore del mare, il camaleonte lo chiamava il suo sposo, uno speciale tessuto che aveva il potere di cambiare colore riflettendo quello dell'ambiente circostante, molto utile agli esploratori, alle spie, e alle barche che dovevano far fuggire quello che restava della famiglia reale.

Si allontanarono silenziosi dalla costa, scomparendo nelle tenebre, Gilraen, che era stata Regina di Númenor guardava la sua patria allontanarsi e scomparire piano piano, guardava quello che aveva perso e guarda al futuro incerto che l'attendeva, improvvisamente il peso delle lacrime trattenute divenne insopportabile e la fiera regina si accasciò sul ponte scossa dai singhiozzi.  


-Porca...- fischiò il nano -L'erede al trono di Númenor! Questa si che è una sorpresa! Dietro quegli abiti vecchi e quell'aspetto trasandato si nasconde un vero Re!-

Dei fatti accaduti quella notte Tàr aveva raccontato solo lo stretto indispensabile, tralasciando il dolore e la disperazione di quelle ore, ma gli amici lo sapevano e cercavano di sollevarlo a modo loro

-Un trono usurpato, Gimli, al momento non sono erede di niente-

-Sono veramente perplesso, mai nessuno era riuscito a nascondermi qualcosa per così tanto tempo, quindi il ragazzino che ho trovato in lacrime sulla tomba della madre altri non era che il giovane principe di Númenor-

-No, Mithrandir, quel principe era già morto, era morto durante quei giorni in cui aveva vegliato la madre morente per le ferite degli orchi senza poter fare nulla per salvarla-

-Mi dispiace-

-Lei era felice, andava finalmente a raggiungere il suo amato, e morta sorridendo, il primo sorriso dopo anni, e io sono stato felice della pace che aveva trovato, spero davvero che esista un mondo dove loro ora sono di nuovo assieme-

-Sei stato coraggioso-

-Lei lo era, io mi limitavo a non mostrarmi debole, tutti i sogni di mio padre, tutte le promesse si spegnevano mentre la guardavo allontanarsi sempre di più, lei credeva che non me ne accorgessi, ma io lo vedevo, i ricordi la stavano uccidendo mentre la speranza la abbandonava.

Aveva creato una rete di informatori, voleva continuare quello che mio padre aveva cominciato e pensava che io fossi troppo piccolo per aiutarla, ma ascoltavo di nascosto ogni conversazione, Númenor era andata avanti, mio zio era il Re acclamato e nessuno rimpiangeva mio padre, tutte le leggi eque e liberali che aveva fatto approvare e che avevano fatto infuriare i nobili fino ad arrivare alla rivolta erano state abolite senza proteste, quello che lui aveva fatto era stato inutile-

-Non è stato inutile, ha portato la speranza almeno nei più oppressi-

-Erano degli illusi, come lo ero io, non c'è speranza in quel regno nero e morto-

-C'è sempre speranza- tutti si girarono verso l'immortale che aveva parlato, non si aspettavano di sentire la sua voce, era restato immobile e silenzioso per tutto il tempo -L'hai dimenticato? Sei stato tu a insegnarmelo ”Ho dato la speranza agli uomini, non ne ho conservata per me” erano le parole di tua madre non farle tue-

-Non conosci quel regno, è marcio e morto, non c'è più nulla da salvare-

-Disse l'uomo che si ostinava a vedere qualcosa di buono in un assassino che odiava la vita- allargò le braccia con sufficienza sollevando il sopracciglio e facendo sorridere gli altri

-Con te era diverso, io potevo vedere qualcosa di buono-

-E non hai mai dubitato? Non hai mai pensato fosse inutile?- quando l'uomo abbassò lo sguardo seppe di essere sulla strada giusta -Hai ragione, non conosco Númenor ma credo che il tuo regno abbia solo bisogno di essere preso a schiaffi-

Tutti ridacchiarono guardando Rhawel, e anche l'uomo

-Sarà un po' difficile-

-E da quando ti piacciono le cose facili amico?- ora che la breccia era aperta Gimli non esitò a usarla

-Non conosco bene quel Ar-Agorn, ma so che Tàralelyol non si tirerebbe indietro davanti a una sfida- continuò la giovane

-Non mollerete vero?-

-Se lo facessimo ci odieresti, e ci rinfacceresti in eterno di non essere riusciti a convincerti-

-Che fine hanno fatto la corona, l'anello e la spada?- chiese lo stregone, pur pensando di conoscere già la risposta

-L'anello di mio padre, Barahir, e sempre con me, anche se non sono degno di indossarlo- sfilò da sotto la tunica un laccio di cuoio al quale dondolava, mandando vividi lampi verdi, un elegante anello dalla forma di due serpenti intrecciati, i riflessi verdi erano dati dagli smeraldi purissimi che componevano gli occhi delle serpi coronate d'oro -La corona e la spada sono sepolte assieme a mia madre, non desidero la prima, e ho tradito la fiducia di chi mi ha donato la seconda-

-Era un ragazzo quello che ha perso la speranza, io credo che l'uomo si più che degno, non hai tradito la loro fiducia, non stai forse lottando per la libertà anche se segui una strada diversa da quella tracciata da tuo padre?-

-E meno suicida oserei dire, con il dovuto rispetto per i morti, politicamente parlando non era stata una mossa molto astuta- il nano concluse la frase dello stregone.

-Immagino che non abbiate torto...-

-Certo che no! Ti abbiamo mai deluso?... Ehmm... domanda retorica...- finì la donna

-Se non ricordo male, il luogo in cui ti ho trovato non dista molto...- il mago sembrava riflettere ad alta voce

-Ricordi bene- sospirò l'uomo sapendo già come si sarebbe conclusa quella chiacchierata -Non più di due giorni di cammino-

-E molto che non visiti la tomba di tua madre, credo che questa missione non risentirà di una deviazione di pochi giorni-

-E magari nel frattempo potrei recuperare certi cimeli?- il bruno roteò gli occhi sollevandoli al cielo

-Toh... che sciocco, non mi era venuto in mente- sorrise innocentemente il vecchio -Ma ora che tu lo dici mi sembra un ottima idea-

Sollevò le mani in segno di resa ridendo -Mi arrendo, mi avete convinto, quando avremo risolto questa situazione cercherò un modo per tornare a Númenor e riprendermi quello che è mio, anche se non ho idea di come fare...-

-Ti conviene trovarla, quell'Erestor si starà chiedendo che fine hai fatto- ridacchiò Gimli

 

La decisione fu presto presa, smontarono il campo e ripartirono, non verso le terre aride a est, ma costeggiando l'Anduin verso nord, lungo un sentiero che li avrebbe condotti nuovamente alle pendici delle Montagne Nebbiose, verso una semplice tomba di pietra nascosta all'ombra dei monti, che, senza che il ragazzo a quei tempi lo sapesse, segnava l'inizio del sentiero che conduceva a  Ýridhindhren.

-E Ecthelion?- chiese la ragazza mentre camminavano -Ti ha poi raccontato le sue visioni?-

-Non ha mai potuto farlo. E' morto, almeno credo, successe pochi mesi dopo la nostra fuga, aveva trovato un rifugio per me e mia madre e si era allontanato in cerca di provviste, lo abbiamo atteso per giorni ma non è più tornato, ci è stato fedele fino alla fine e non ha rivelato il nostro nascondiglio-

-Non lo avevo immaginato, scusami. Quindi per tutti quegli anni siete stati solo tu e tua madre. Chi ti ha insegnato a combattere?-

-Ho imparato... osservando, ascoltando, allenandomi e facendo pratica, quando sei in fuga perenne in terre selvagge o impari o muori, proprio come il nostro Esgalwath, abbiamo più cose in comune di quante lui immagini-



NOTE:

*Mól: Schiavo

*Elendimir: Non sono impazzita ho lasciato il nome Elendimir per un semplice motivo, il suo significato è Gioiello di Elendil (stiamo parlando del primo Elendil, il discendente diretto di Elros e non del padre di Isildur) e il significato di Elendil contrariamente a quanto viene spesso riportato non è “Amico degli Elfi” ma “Amico delle Stelle" , viene spesso tradotto con Elfi perché questi erano appunto Eldar “Popolo delle Stelle” da Elen “Stelle”... quindi anche in questo crudele Númenor non c'è niente di male ad essere amici delle Stelle.

Per i curiosi:  

Elendilmir era realmente la corona di Númenor, creduta persa per molto tempo fu sostituita da una uguale ma di minor pregio e questo fatto crea un po' di confusione infatti esistono due Elendimir, ed è il secondo quello indossato da Aragorn nella Battaglia dei Campi del Pelennor. Quella originale invece  venne ritrovata da Aragorn e Gimli a Isengard, tempo dopo l'incoronazione di Re Elessar, che ritenendola però troppo preziosa la indossò solo nelle Celebrazioni più solenni (Racconti Incompiuti- J.R.R. Tolkien)...

Anello di Barahir fu donato da Finrod Felagund a Barahir. Alla morte di Barahir, Beren suo figlio insegue gli orchi che lo avevano ucciso e ne uccide il capitano, che stava vantandosi mostrando agli altri la mano mozzata di Barahir, recuperando così l'anello.

L'anello non era dotato di poteri magici, ma conferiva fama e onore a colui che lo indossava. L'oggetto in seguito pervenne a Elros, discendente di Beren e primo re di Nùmenor

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


*CAPITOLO 15*


Era il turno di guardia del númenóreano, aveva dato il cambio alla ragazza poco tempo prima e ora lei stava dormendo tranquilla assieme agli altri, gli ultimi tizzoni del fuoco rischiaravano il campo silenzioso sotto le stelle che sbirciavano tra i rami radi della radura, la piccola brace della pipa disegnava ombre rossastre sul viso dell'uomo, che guardava i compagni addormentati.

Ma non tutti si lasciavano cullare dall'abbraccio di Morfeo, osservò l'esile ed elegante figura dell'elfo scivolare fuori dal giaciglio, e avvicinarsi silenziosamente, aveva tolto la tunica per coricarsi in quella calda notte, e il torace brillava ancora più pallido sotto la luce della luna, fino alla riga scura delle braghe che scendevano basse sulle anche lasciando intravedere una leggera peluria chiara.

Avrebbe dovuto distogliere lo sguardo, ma i suoi occhi erano incatenati da quei movimenti sinuosi, dal gioco che le ombre creavano sul suo corpo mettendo in risalto i muscoli tonici, i lunghi capelli biondi ricadevano sciolti sulle spalle, sollevandosi e ondeggiando a ogni passo, il suo modo di muoversi era ipnotico, quei movimenti felini, sia che combattesse o che semplicemente camminasse sembravano una flessuosa danza di seduzione, deglutì e passò la lingua sulle labbra aride, si rendeva conto dell'effetto che aveva sui comuni mortali? C'era stato un tempo in cui ne era perfettamente consapevole, ma ormai quel modo di muoversi era diventato parte di lui, non ne era cosciente ma tutto in lui lo rendeva come un cobra che ammaliava le sue prede.

Sentiva lo sguardo dell'uomo che lo seguiva, ma non poteva neppure lontanamente immaginare i pensieri che lo torturavano, pensieri che ironicamente erano gli stessi che attraversavano la sua mente, gli stessi sogni che tormentavano l'uomo da tempo ormai scaldavano anche il suo sonno, non vedeva luci radiose ma il modo in cui i loro corpi si univano era lo stesso, quella notte svegliandosi si era trovato a dirigere i suoi passi proprio verso la persona dalla quale avrebbe dovuto stare lontano, solo anni di ferrea disciplina impedivano al suo corpo di rendere evidenti quei pensieri, i pantaloni che gli fasciavano strettamente le gambe erano di poco aiuto, senza gli anni passati nella casa di piacere che gli avevano insegnato l'assoluto controllo del proprio corpo, di tutto il proprio corpo, avrebbe certamente dovuto cambiare abbigliamento per poter ancora avvicinare quel mortale.

E davvero dovette far ricorso a tutto l'autocontrollo appreso per continuare a camminare tranquillo sotto lo sguardo dell'uomo, poteva sentire quegli occhi che accarezzavano la sua pelle, li immaginava soffermarsi sulle sue labbra e scendere stuzzicando i piccoli capezzoli duri per poi proseguire affondando nella leggera peluria dell'inguine, deglutì, senza sapere che nello stesso istante il pomo d'Adamo dell'altro si sollevava e abbassava assieme al suo, lo vide passare la lingua sulle labbra rosse e piene, circondate dall'accenno di barba, e una scossa lungo la spina dorsale quasi gli impedì di muovere il passo, vide un muscolo tendersi sulle forti braccia lasciate scoperte dalla tunica estiva, così sottile e attillata da non lasciare nulla all'immaginazione, anzi il tessuto lucido rifletteva la poca luce, mettendo ancora più in risalto l'addome scolpito e l'ampio torace che si alzava e abbassava veloce.

Entrambi osservarono tanto attentamente l'altro, giustificando quello che vedevano con l'immaginazione dovuta a sogni troppo vividi da non notare la liquida eccitazione che illuminava i loro sguardi, così l'elfo avanzò fino a lui, sedendosi tranquillamente al suo fianco e poggiando la schiena allo stesso tronco, mentre la pelle nuda delle braccia si sfiorava, si lasciò trasportare da quel leggero contatto senza che nulla trasparisse dal suo volto, sfilando la pipa dalle dita dell'uomo e aspirando, parve chiudere gli occhi gustandosi l'aroma dolce del fumo che scendeva lungo la gola mentre invece assaporava il gusto dell'altro sul legno liscio, la porse nuovamente al compagno che ripeté gli stessi gesti con gli stessi pensieri, ed entrambi trovarono che mai avevano fumato un erba-pipa così buona.

-Non sei stanco?- chiese l'uomo continuando quell'assurda recita

-Non dormo molto-

-Sì, lo avevo notato-

-Quando sei solo e braccato il sonno è un lusso che può costare molto caro-

-Lo so-

-Non è un problema, potrei persino evitare di dormire, negli anni ho imparato a riposare lo spirito mentre sono sveglio-

-Utile, come funziona?-

-Molto utile, anche se trovo infinitamente più piacevole dormire veramente. Basta che lasci la tua mente rigenerarsi una parte alla volta, così il corpo continua a muoversi e resta vigile anche se non completamente cosciente-  

-Quindi quando stai camminando silenzioso e assorto nei tuoi pensieri in realtà stai dormendo?-

-A volte, a volte invece penso davvero, ho molti pensieri ultimamente-

-Stai bene?-

-Dovrei essere io a porti questa domanda-

-Non sono io quello a cui è stata messa in discussione tutta la vita- sorrise -Io ho sempre saputo chi sono anche se cercavo di negarlo, probabilmente alla fine mi sarei rassegnato comunque al mio destino-

-A quanto pare sono davvero stato salvato da un nobile principe...- ridacchiò

-Scusa?-

-Niente di importante, erano pensieri sconnessi che facevo quando mi avevano catturato e riguardavano stupidi eroi che volevano salvare il mondo e nobili principi che salvavano principesse indifese-

-Oh- ghignò -Quindi saresti una principessa indifesa?-

Aprì la bocca per ribattere e la richiuse, rendendosi conto che effettivamente era esattamente quello che aveva detto, arrossendo imbarazzato fino alla punta delle lunghe orecchie.

-Non temete leggiadra fanciulla il vostro segreto è al sicuro-

-Fossi in te non continuerei...-

-Perché? Un così dolce e sensibile fiore non può certo nuocermi-

-Tàr...-

-Vi prego graziosa dama non siate in collera...-

Senza neppure accorgersene quell'uomo imponente si ritrovò schiena a terra con entrambi i polsi bloccati sopra la testa e il gomito dell'assassino che premeva sulla sua trachea, i loro sguardi che si fondevano, e quelle labbra dischiuse invitanti, morbide, i loro visi vicini, sempre più vicini...

Troppo vicini “Troppo vicini! Cosa sto facendo?” lo stesso pensiero attraversò le loro menti mentre chiudevano gli occhi per spezzare quello strano incantesimo che li attirava inesorabile l'uno verso l'altro.

-Ti avevo avvertito- soffiò a pochi centimetri dal suo viso scoppiando poi a ridere

-Sei stato scorretto- rise l'uomo pizzicandogli il braccio nudo -Mi hai preso alla sprovvista-

-Sono un assassino, è nella mia natura essere scorretto... Comunque, Ahio! !- massaggiandosi il braccio che cominciava ad arrossarsi

-Perché sai che non potresti mai battermi onestamente-

-Vuoi provare?-

-Con piacere... ma è meglio un'altra volta- indicando il campo dove i compagni li osservavano seccati rimettendosi a dormire dopo essersi assicurati che non c'erano pericoli borbottando tutti e tre qualcosa che assomigliava molto a un “Ragazzini!”

-Quindi- riprese poco dopo l'elfo -Tàralelyol, Estel, Ar-Agorn... sono tanti nomi per una persona sola, sei sicuro di sapere chi sei realmente?-

-Non più di quanto lo sia tu-

-Non mi rassicuri molto, io non ho la minima idea di chi sono-

-Neppure io, mi avessi posto questa domanda qualche giorno fa non avrei avuto esitazioni a rispondere, ma ora non so cosa fare-

-E quindi?-

-Andiamo avanti, per i prossimi giorni abbiamo una meta, nel frattempo speriamo di aver chiarito le idee... magari non dovremmo neppure preoccuparcene, come ci hai fatto notare tempo fa probabilmente saremo morti-

-Non credo sai-

-Da dove viene tutto questo ottimismo?-

-Dal fatto che mi sbaglio molto spesso e dal fatto che tu hai una missione da compiere e comincio a pensare che la casualità centri ben poco nella tua vita... sarebbe assurdo metterti su questa strada e farti morire prima del tempo-

-Non so se questo pensiero sia consolante o agghiacciante... cosa ti fa pensare che il mio destino sia già scritto?-

-Troppe coincidenze... per esempio, hai notato che tutti i tuoi cimeli sono di origine elfica? Il tuo anello, la tua corona e persino la spada, non ti sembra strano? Il nostro gruppo è formato da esponenti di quattro razze diverse, e probabilmente del meglio che ogni razza possa offrire... non dire agli altri che l'ho detto, anzi dimenticalo pure tu se puoi- si affrettò ad aggiungere facendo sorridere l'uomo

-Continua mi interessa, soprattutto la parte in cui mi consideri il meglio della mia razza-

-Mi ascolti o senti solo quello che ti va di sentire?- Lo fulminò con lo sguardo -Vuoi altre coincidenze? Sauron che era partito proprio quando avete deciso di rubare la pergamena, voi che venite a salvarmi liberando nel frattempo un Spirito dei Fiumi che si rivela essere la sorella della compagna di un Potente, io che faccio un volo di non so quanti metri e me la cavo con pochi graffi...-

-Non erano pochi! Hai idea di quanto ho faticato per rimetterti assieme?-

-Lo so- gli sorrise dolcemente -Ma sai cosa intendevo, non sarei dovuto sopravvivere eppure sono qui, ho deciso di aiutarvi, e probabilmente sono imparentato con qualcuno dall'altra parte delle Nebbie, cosa che, se interpreto bene le parole della Dama di Lòrien, sarà molto utile per farci entrare, anche se devo ammettere che quel riferimento al sangue mi preoccupa non poco-

-Non permetterò che ti accada qualcosa!- esclamò di slancio  

-Sciocco mortale troppo tenero, metteresti il mio destino davanti a quello di molti? Non è per questo che ti sto seguendo, sai che non temo la morte, non rinunciare alla missione per degli stupidi sentimentalismi-

-Non rinuncio, troveremo un altro modo- gli prese il mento fra le dita sfiorandogli la guancia e sollevando il viso fino a incrociare i suoi occhi -Tu prometti di non fare sciocchezze-

L'immortale inclinò il capo guardandolo sornione nascondendo il fuoco che gli infiammava le viscere per l'intensità di quello sguardo

-Sciocchezze? ...Dal mio punto di vista o dal tuo?-

-Hai capito perfettamente-

-Sì, ho capito, cercherò di evitare le sciocchezze- continuò per rassicurarlo -Non credo che sarà un problema, “il sangue porta vita” sembra riferirsi più alle mie origini, sangue inteso come discendenza... ma nel caso sbagliassi non fare sciocchezze neppure tu-

-Tipo entrare in una specie di prigione sorvegliatissima per tirarti fuori dai guai?-

-Esattamente, mi riferivo proprio a questo genere di azzardi... Anche se nutro poche speranze, ormai ho capito che la smania di salvare tutto e tutti ce l'hai nel sangue, è un tratto di famiglia-

-Solo di recente, se avessi conosciuto mio nonno non parleresti così, mio padre era diverso-

-Era speciale e ti ha trasmesso questa caratteristica-

-Sono speciale?-

-Ma sei fissato questa sera?- Mantenere il solito tono distaccato diventava sempre più difficile. Si era speciale, avrebbe voluto gridarlo ma non poteva, perché quello stolto mortale doveva rendere le cose più complicate di quello che già erano

-Non sono abituato a tanti complimenti, non da parte tua almeno... Sei cambiato...-

-E te ne accorgi adesso? Allora ho parlato per niente-

-Non fraintendermi, capisco quanto ti siano costate quelle parole, ma sentirlo e provarlo sono due cose diverse... non avevamo mai chiacchierato come stiamo facendo ora-

-Mi è piaciuto-

-Anche a me-

-Ora dovresti riposare, è il mio turno a stare di guardia-

-E' meglio che vada, io non ho ancora imparato a dormire mentre cammino- però si fermo ancora una volta a guardarlo -Grazie per la piacevole compagnia- e si diresse verso il campo

-Grazie a te- mormorò quando fu abbastanza lontano.


Attese, con gli occhi fissi nel vuoto, e quando tutto tornò immobile e silenzioso, accostò la mano pallida al viso, tracciando con le dita affusolate il contorno di un'altra mano più grande che sembrava ardere ancora sulla sua pelle, scese lungo il braccio, accarezzando la pelle arrossata dove lo aveva pizzicato e strinse tra le dita i capezzoli ricreando quel dolce dolore e inarcando la schiena per il piacere, morse forte il labbro per soffocare i gemiti con una mano artigliata al terreno, mentre l'altra scendeva piano sul ventre piatto e slacciava lentamente i pantaloni, per darsi il sollievo che aveva a lungo desiderato, un corpo forte e caldo era stretto tra le sue cosce, il cuore che batteva contro il suo mentre si allungava per trattenergli i polsi, i visi a pochi centimetri, il suo sguardo così intenso, le sue labbra socchiuse invitanti, passò la lingua lentamente sulle proprie immaginando il loro sapore, il suo odore che gli ottenebrava i sensi e il suo respiro affannato che gli accarezzava la spalla, inarcandosi e tremando, ansimando fra i gemiti soffocati e i battiti impazziti del cuore, accasciandosi stremato e svuotato contro quel tronco che avevano condiviso, con la pelle lucida e i capelli che gli incorniciavano il volto arrossato, gli occhi languidi socchiusi e le labbra dischiuse, con le foglie sopra di lui che sembravano frusciare eccitate, mute testimoni del suo piacere.

“Sarà sempre così?” si chiese “Solo io, queste stelle maliziose e un fantasma?” “Sì” si rispose “Valar ero così vicino! Cosa stavo facendo? Stavo per baciarlo? Forse prima avrei potuto pensare di sedurlo, ora non più, merita di meglio dalla vita, merita qualcuno che sia capace di amare... E la mia lussuria si quieterà di ricordi e sogni e il fruscio delle foglie curiose nasconderà i miei sospiri” inspiegabilmente sorrise, dolci ricordi erano molto più di quello che si era aspettato dalla vita fino a pochi giorni prima.


Poco lontano, nascosto dalla notte e dalle tiepide coltri, un altro labbro veniva stretto per imporsi il silenzio, vedeva i suoi occhi che gli bloccavano il respiro, e le sue labbra dischiuse morbide e accoglienti e sempre più vicine, la lingua si mosse lenta a cercare quelle labbra a esplorare quella bocca, un braccio si allungava sopra la testa immaginando lunghe dita affusolate che gli stringevano il polso, l'altra mano sfiorava l'orecchio risentendolo vibrare per una voce roca che mormorava parole che non ricordava, accarezzava la guancia sentendo ancora il calore dell'altra così vicina, scendeva sul collo e più giù lenta, la pelle liscia che premeva sulla sua bollente, quel dolce peso, che peso non era, che lo schiacciava a terra, sentiva sotto la sua mano la curva elegante di quella schiena delicata tendersi mentre si sollevava per guardarlo con occhi luminosi, e i suoi glutei sodi e perfetti schiacciarsi contro il suo inguine in quel movimento, continuò ad accarezzarsi con vigore non potendo resistere al fuoco che lo bruciava, sussultando al ritmo furioso di un cuore che sembrava voler sfondare il petto, finché non sentì il seme caldo schizzare l'addome e il suo fuoco assopirsi esausto e appagato.

“Sarà sempre così?” si chiese “Solo nel silenzio a immaginare quello che vorrei invece toccare?” “No” si rispose “Lui sarà mio, so di non essergli indifferente, riuscirò a conquistare il suo cuore... Valar ero così vicino! Cosa stavo facendo? Stavo per baciarlo? Non ora, non in questi tempi incerti, ha già sofferto troppo e non voglio procurargli altro dolore, non voglio legarlo a me per fargli piangere un altro cadavere. Riporterò la giustizia in questo mondo, perché possa desiderare di viverci, riprenderò il mio trono e costruirò un nuovo regno di Luce sulle ceneri del vecchio, un regno dove possa dimenticare il passato ed essere felice, questo sarà il dono con cui gli consegnerò il mio cuore. Allora, e solo allora andrò da lui, non un umile avventuriero senza nulla da offrire... No, lui merita di meglio... Ma quando verrà il momento si accorgerà di non essere l'unico a conoscere l'arte della seduzione” un lampo astuto gli attraversò gli occhi “Sì, meravigliosa creatura” sogghignò soddisfatto prima di addormentarsi “Forse ancora non lo sai, ma tu sei mia”


Quello dell'amore è un gioco strano, a volte ci sono cacciatori, a volte prede, a volte i cacciatori diventano prede e le prede cacciatori e altre volte i ruoli sono così confusi che non si capisce più chi sia cosa, tanto che la preda correrebbe a infilzarsi da sola sulla freccia se solo il cacciatore si degnasse di mostrare l'arco.       


 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


*CAPITOLO 16*


-Bene- sbottò il nano finita la colazione -A quanto pare è giunto il mio turno di spiegare le parole dello Spirito... State tranquilli, non c'è dietro nessuna storia triste, nessuna battaglia epica e neppure troni usurpati... in realtà potrei dire che è stata una pinta di troppo a mettermi nei guai, ma vi assicuro che ne è valsa la pena. La migliore birra che abbia mai bevuto! Non che le cose che ho detto non le avrei ripetute da sobrio... l'alcol le ha rese solo più colorite-

Ridacchiò tra i baffi, lisciandosi la lunga barba

-Vediamo un po' da dove cominciare?... intanto, cosa sapete dei nani? Non molto suppongo, siamo abbastanza riservati nelle nostre tradizioni... Quindi per cominciare dovrò spiegare alcuni punti fondamentali del nostro governo.

Per prima cosa, viaggiando nelle terre degli uomini ho sentito spesso parlare del Re dei Nani, sia chiaro i Nani non hanno nessun Re, anche se di questi tempi sembrano dimenticarlo anche loro... sto correndo troppo avanti, questa è la fine della storia- borbottò grattandosi la testa arruffata

-Cosa stavo dicendo? Ah sì, non c'è nessun Re dei Nani e neppure un Regno dei Nani se è per questo, in realtà ci sarebbero sette Clan, se proprio non riuscite a trattenervi chiamateli Regni, ma restano sempre e comunque sette, come sette erano i Capostipite, il fatto è che la Gente di Durin è diventata così ricca e numerosa da influenzare le decisioni di tutti gli altri e alla fine sembra che sia il suo Capoclan a prendere le decisioni per tutti i Nani.

Dei sette clan quattro sono sempre stati di poca importanza, e seguivano di volta in volta i più potenti, degli altri tre conoscete sicuramente i Sigin-tarâg*, che voi chiamate i Lungobarbi, che discendono appunto da Durin e hanno dimora nelle Montagne Nebbiose a Khazad-dûm o se preferite Moria, poi ci sono i Vastifasci, la stirpe di Dwalin che dimorano a Belegost nei Monti Azzurri ma probabilmente non ne avete mai sentito parlare, sono un popolo schivo, tranquillo, che poco si interressa alle faccende del mondo... Mi seguite? Guardate che è importante!

 Allora dicevo i tre Clan più potenti... l'ultimo, che fino a un paio di generazioni fa rivaleggiava con i Sigin-tarâg è quello dei Baraz-tarâg*, i Barbafiamma di Nogrod nei Monti Azzurri sono i discendenti Thràr, gente cocciuta e orgogliosa, che mal sopportava le ingerenze del Signore Oscuro, non ha caso sono stati loro ad aiutare i Lehtaristari nella costruzione di Ýridhindhren, se solo fossi nato qualche secolo prima sarei di certo stato tra quelli che sono partiti per aiutare gli Stregoni Liberi, sì, perché in parte discendo da quella stirpe, la parte di madre... una gran nana, non certo di dimensioni ma capite cosa intendo, aveva carattere, cocciuta più di un mulo, mi sono spesso chiesto chi portasse la barba in casa, certe grida peggio di un  mûmak in calore...-

-Gimli? Possiamo sperare che il carattere di tua madre abbia un senso nella storia?-

-Bhe, in effetti non ne ha molto, ma era davvero un gran nana avreste dovuto conoscerla! Comunque vi dicevo dei Barbafiamma, casualmente, e se capite cosa intendo con casualmente sapete che di casuale non c'è una pulce sulla coda di un drago! Dicevo, la sorte cominciò ad accanirsi contro quel Clan, i tunnel crollavano, i sentieri dei mercanti franavano, Troll e Mannari decisero che quei monti erano un perfetto territorio di caccia, le loro capre si ammalavano, nel giro di una generazione la popolazione venne decimata, tutti ne conoscevano la causa, ma a quel punto dirlo ad alta voce avrebbe portato solo altre sciagure, anche perché tutti gli altri Clan ormai facevano da leccapiedi ai Lungobarbi, come si scordano in fretta le amicizie, che a loro volta seguivano l'Oscuro come cagnolini, alla fine quelli che erano restati dovettero però mangiarsi l'orgoglio, anche perché non gli restava altro da mangiare che quello, e chiedere asilo ai disprezzati parenti.

Allora? Vi è chiaro? In teoria i Clan sono sette ma in pratica quello che comanda su tutti i nani è solo il Signore di Moria-

-E la cosa non ti piace...-

-Puoi dirlo forte Tàr, proprio non lo digerisco, e lo sai bene che io digerisco di tutto! Che poi sarebbe anche sopportabile se quel nano avesse un minimo di spirito, ma è la creatura più inutile che conosca!-

-Non l'avrai mica detto ad alta voce?-

-Hehe, ragazza mia, ho detto ben di peggio!- ribatté orgoglioso -Lasciate che vi spieghi, un tempo chi guidava il Clan veniva eletto da tutti in base al suo valore ed era un ottima cosa, infatti i Capiclan venivano chiamati Campioni, e non era una carica a vita, in qualunque momento potevano essere sfidati se non erano ritenuti all'altezza del compito e il vincitore diventava il nuovo Campione, questo li spronava a dare sempre il meglio, ma quel diavolo di Durin ha generato una discendenza di incomparabili Campioni, tanto che quelle teste vuote si sono convinte che basti avere il suo sangue per guidare il popolo, e nessuno lo contesta, da generazioni ormai quella carica è diventata ereditaria, e questo mollaccione indegno che siede ora sullo scranno più alto pensa solo agli agi e alle ricchezze... Non ha neppure più uno scranno di pietra come ogni buon nano deve avere! Una poltrona imbottita di velluti si è fatto portare! Vi pare possibile? Probabilmente non saprebbe riconoscere il manico di un'ascia dalla lama!- la voce del nano andava aumentando assieme agli insulti mentre gli amici lo osservavano preoccupati e divertiti immaginando il loro amico costretto a obbedire a quel Signore ben poco nanico

-Ma non è questo che mi ha fatto infuriare, il damerino ha deciso che i nani devono adeguarsi agli usi degli uomini! “Dobbiamo civilizzarci” dice lui! Come se non lo fossimo! Non ho niente in contrario a prendere quello che di buono ha la cultura della gente alta, sia ben chiaro, mi piacerebbe apprendere la vostra arte di forgiare l'acciaio rosso e alcuni liquori starebbero benissimo sulla mia tavola, se poi incontrassi un elfo che potesse spiegarmi i segreti del ferro nero...uuuh sarei il nano più felice del mondo, avete visto lo stiletto di Gwath? Non guardarmi in quel modo- l'espressione scettica dell'assassino venne immediatamente stroncata dal tono del nano -Sai benissimo di cosa parlo! Di quell'arma favolosa che tieni nascosta nello stivale! Dovrebbe essere un crimine tenere nascosta una meraviglia come quella! Gli uomini che ti avevano catturato dovevano essere ciechi o dei completi imbecilli per non essersela tenuta, vale una fortuna! Sei fortunato che l'abbiamo recuperata... a dire il vero io stesso sono stato tentato di requisirla prima di ricordarmi che ne avevi altre di lame e non saresti stato felice di scoprirlo... Un giorno dovrai raccontarmi come lo hai avuta! Non se ne vedono più molti in giro sai? Semplicemente meraviglioso! Così leggero eppure resistente, non esiste niente di più affilato del ferro nero, che poi non è mica ferro sapete? E' una pietra, ossidiana per l'esattezza, ho provato un infinità di volte a ricreare quella lavorazione, ma le lame restano sempre troppo fragili... proprio non capisco dove sbaglio... … …-

-Gimli? Vorresti per cortesia tornare tra noi e finire il racconto- rimbrottò il vecchio Stregone all'altro che continuava a forgiare estasiato una lama immaginaria

-Scusate, appunto, sarei più che felice di uno scambio culturale, ma non voglio e ribadisco non voglio nessuno spilungone anemico che mi serva la cena o che mi lucidi l'armatura! Me la lucido da solo l'armatura! Ogni nano anche solo lontanamente degno di questo nome dovrebbe farlo!-

-Stai dicendo che Náin vorrebbe che anche i Nani prendessero gli elfi come servitori?- spalancò gli occhi l'uomo

-Non me ne era giunta notizia, questo è molto grave, fino ad ora i nani sono sempre stati superiori a certe cose- si rabbuiò l'Istari

-Gimli, dovevi fare qualcosa!- scattò la ragazza

Il solo a rimanere in silenzio fu l'unico spilungone anemico presente, conosceva bene la storia dei nani dai racconti della madre, ma quanto erano cambiate le cose in duemila anni, lei avrebbe reagito esattamente come l'amico, ne sarebbe stata disgustata, anche lei era una Barbafiamma ed era molto orgogliosa di esserlo.

-E cosa credi che abbia fatto? Ho parlato all'assemblea, ma quei pagliacci sono lì solo per compiacere il regale Carciofo allevato con latte di coniglio, allora ho lanciato la sfida del Campione, possono non usare più le vecchie tradizioni ma sono ancora in vigore-

-E???- il coro fu unanime

-E niente, l'hanno rifiutata-

-Ma come? Hai detto che le antiche leggi sono ancora in vigore?-

-Si sono attaccati al fatto che mia madre non apparteneva al Clan, quindi non essendo completamente uno di loro non avevo diritto di ergermi a Campione dei Sigin-tarâg... Dannate Teste di Creta!-

-Per questo te ne sei andato?-

-Non me ne sono andato, sono stato cacciato come persona non gradita... e non è stato per quello, mi sono comportato bene all'assemblea, era mio diritto chiedere la sfida e loro diritto rifiutarla... è stato dopo il rifiuto che le cose mi sono un po' sfuggite di mano... insomma ero parecchio arrabbiato e per farmela passare sono andato a scolarmi un paio di birre... un po' più di un paio e mi sono trovato a gridare a tutti quello che pensavo dell'idiota patetico che chiamavano Signore-

-L'hai chiamato “idiota patetico” davanti a tutti?-

-No, l'ho chiamato “sottospecie di capra obesa che non riconosce una pietra da una carota”, “ridicolo giullare impagliato alla corte di Morgoth” e credo di aver accennato al fatto che avesse il cervello più vuoto della tazza del cesso di un elfo...- rivolgendosi imbarazzato al biondo -Scusami amico, non ti offendere è che noi nani abbiamo l'assurda convinzione che gli elfi non mangino... prima di conoscerti non avevo mai visto un elfo mangiare, e poi siete così magri!-

Di sicuro l'elfo non si era offeso, anzi si stava divertendo un mondo, anche se dopo l'ultima affermazione era un po' preoccupato per quelli che sperava non fossero stati mandati a Moria, quanto ci avrebbero impiegato i nani a capire che ogni tanto dovevano dargli da mangiare? Comunque si sentì il dovere di rispondere

-Nessun offesa anzi trovo che non avresti potuto usare parole migliori per descrivere quella specie di insulto ai Nani. E come avrai notato gli elfi mangiano, e anche regolarmente se ne hanno la possibilità, cosa che purtroppo non sempre capita, se ci pensi è logico che un ospite in casa di umani non veda mai un elfo mangiare... nutri forse i tuoi animali mentre intrattieni gli invitati?-

-Non...- cominciò l'uomo

-Non giustificarti per gli errori di altri- lo fermò l'immortale -Non siamo forse qui per porre fine a queste ingiustizie e poi non ho mai avuto soddisfazione più grande di quella provata nell'ascoltare le parole di questo colorito amico, mia madre era una Barbafiamma e posso assicurarti che sarebbe stata fiera di ascoltarti. Mi spiace solo che tu sia stato cacciato dalla tua gente-

-A me non dispiace affatto, potevo scegliere, o ritrattavo e chiedevo perdono oppure l'esilio... Ho scelto l'esilio, forse l'alcol aveva reso le parole più colorite ma pensavo fino all'ultima sillaba di quello che ho detto. Questo è un nano che Náin non vedrà mai inchinarsi a lui!-

-Ben detto amico!- esclamò Tàr assestandogli un sonora pacca sulla spalla -E ora dimmi, in quella fiaschetta che tieni nello zaino c'è ancora abbastanza Spirito dei Nani, per un brindisi in onore delle parole più vere che l'alcol abbia mai ispirato?-

-Se non in quella ce ne sarà di sicuro nella sorella che gli sta accanto, oppure nella cugina che e scivolata verso il fondo...-

-Ma quante ne porti?!-

-Ragazza mia, non si è mai troppo previdenti! Non sai mai quando potrebbe capitare l'occasione per un brindisi!-

-Prima di cominciare i festeggiamenti, hai quali poi mi unirò volentieri, potrei avere l'ardire di chiedere cosa sarebbe questo elmo dei ricordi a cui ha fatto riferimento Dama Galadriel-

-Ah si! L'elmo! Non ve ne ho parlato?-

-No, non l'hai fatto-

-Ne sei sicuro Mithrandir? Mi sembrava di averlo fato-

Il vecchio non si degnò neppure di rispondergli limitandosi a fulminarlo con gli occhi, anche se l'idea di fulminarlo con il bastone non gli era mai sembrata così allettante

-Se lo dici tu, mi sarà sfuggito, anche se davvero ero convinto di averlo fatto-

-...-

-Sì, sì... ho capito! Niente di misterioso, qualunque Nano potrebbe dirvi che stava parlando dell'Elmo Perduto di Durin, si chiama così perché la leggenda dice che conservi il ricordo dell'ultima cosa che chi lo portava ha visto prima di toglierlo, ma è solo una favola per i bambini-

-Quindi? Se non ha nessun potere cosa avrebbe di così speciale questo elmo?-

-Semplice, chi lo indossa può richiedere la Sfida e ergersi Campione di qualunque Clan desideri-

-Perfetto!- grido entusiasta la ragazza -Questo risolve tutti i nostri problemi! Ci basta prendere l'Elmo e quello sciocco arrogante non avrà più scuse, Gimli stai per diventare il nuovo Re dei Nani!-

-Non esiste il Re dei Nani!-

-Bhe.. sì.. quello che è... la parte importante è cacciare quel... come lo avevi chiamato? Ah sì... Carciofo-

-Non credi che se fosse stato facile, già altri ci avrebbero provato?-

-Ma gli altri non avevano il miglior Ladro e Assassino che sia mai esistito come amico! Ovunque lo tengano custodito Gwath potrà di certo prenderlo!-

Sembrava una bambina davanti alla torta preferita, quando era così eccitata non si poteva non notare la giovane età, ed era invece facile dimenticare la freddezza e l'abilità con cui l'aveva vista lottare, stavano sorridendo tutti e l'assassino più degli altri, quella dimostrazione di fiducia incondizionata da quella che più di tutti gli era stata ostile e quella parola detta senza riflettere, come se fosse la cosa più naturale del mondo... Amico, era una bella parola, non lo avrebbe mai creduto eppure era davvero una bella parola.

-Non dubito che lui sarebbe in grado di prenderlo, ovunque sia custodito, il punto è... dov'è custodito? Quando si parla dell'Elmo Perduto di Durin è perché è perduto! Nessuno lo ha più visto indossarlo dopo la Grande Battaglia-

-Questo avrebbe senso...- sembrò riflettere ad alta voce l'Istari

-Cosa avrebbe senso?-

-Sei sicuro Gimli che i suoi poteri siano solo invenzioni? Perché pensateci, se fosse vero quale ricordo sarebbe più meritevole di essere conservato se non la fuga dei Valar? Il ricordo dell'ultima volta in cui la loro Luce ha illuminato queste terre?-

- “nell'elmo dei ricordi è nascosta la ragione” Per la lingua biforcuta di un Drago! La Dama lo sapeva! Se potessimo trovare quell'Elmo potremmo mostrare a tutti i Nani la verità! Potremo mostrarla a tutti! Ma non abbiamo idea di dove si trovi...-

-Forse, ma è solo un'ipotesi, potrei avere un'idea su dove possa essere-

Quelle parole in bocca all'elfo erano le ultime che si sarebbero aspettati di sentire, Mithrandir? Forse, lui che aveva passato più tempo di chiunque altro a cercare la conoscenza. Gimli? Probabile, era sempre vissuto tra i nani e conosceva bene le loro leggende. Tàralelyol? Possibile, aveva esplorato più rovine di tutti quelli che avessero mai fatto il suo mestiere... Ma Esgalwath? Cosa poteva sapere lui del perduto Elmo di Durin?

-Quando ero bambino- continuò l'immortale -Mia madre mi raccontava tante storie per farmi addormentare, mi raccontava le storie che più conosceva, quelle sul suo popolo, le loro leggende le loro tradizioni, vi avevo già accennato che lei era una Barbafiamma, veniva da Nogrod, che a suo parere era la più splendida dimora nanica che sia mai stata scavata, lo diceva spesso, come diceva che persino Durin, il grande Eroe, dopo l'Ultima Battaglia, era voluto passare a visitare i suoi saloni scolpiti e illuminati dallo scintillio delle pietre preziose, prima di tornare a Khazad-dûm, mi raccontava che era sceso in profondità, per vedere dove il Mithril era più splendente, restò nel sottosuolo per ben cinque giorni... Forse non essendo un nano non riesco a capire la vostra passione per le cose che luccicano, ma cinque giorni a guardare una vena della roccia mi erano sempre sembrati un'esagerazione, anche se mi sono sempre guardato dal farglielo notare, era molto orgogliosa di quella presunta visita, continuava a ripetere che uno dei suoi avi lo aveva visto di persona e gli aveva persino rivolto la parola- sorrise a quel futile ricordo -Da quello che mi dite i tempi dovrebbero corrispondere, quindi ho pensato che forse in quella storia c'è un fondo di verità-

-Sì! Certamente! Come ho fatto a non pensarci!- esclamò lo stregone -Si dice che proprio sotto gli Ered Luin si trovi nascosta la Stanza del Risveglio... Pensate, quale luogo più sicuro per nascondere il suo tesoro che quella grotta che aveva vegliato il suo sonno per millenni-

-Grande Pietra! Sia ringraziata la roccia che ti ha portato da noi! E quella nana meravigliosa che ti ha salvato!- il nano gli saltò addosso abbracciandolo commosso -Lo sai che potresti aver svelato uno dei misteri più grandi del mio popolo!-

-Gyra- mormorò imbarazzato l'elfo -Si chiamava Gyra-

-Ti do la mia parola che quel nome verrà scolpito nella pietra, quando tutto questo sarà finito, le sale di Nogrod ritorneranno al loro splendore, e ogni visitatore leggerà il nome di Gyra entrando dai grandi portoni e al suo fianco quello di Esgalwath, Amico dei Nani-

-No- scosse la testa -Non quel nome, non voglio più nascondermi nell'ombra, credo sia arrivato il momento di avere un nuovo nome- poi continuò alleggerendo il tono -Tàr ne ha già tre ed è molto più giovane di me e scommetto che Mithrandir ne ha almeno una decina-

-Vinceresti la scommessa giovane elfo e ti dirò fin d'ora che se Tàr riconquisterà il suo trono avrà anche un quarto nome, è in uso che i Re di Númenor vengano incoronati col nome scelto dal Consiglio dei Primi*-

-Quindi, mio pallido amico Senza Nome, cosa dovrò incidere sopra i portoni di Nogrod?-

-Non ne ho la più pallida idea, un nome non è qualcosa che si cerca, almeno credo, ma qualcosa che si trova, per ora sono ancora un'Ombra, ma immagino che ti servirà ancora un po' di tempo per riportare all'antico splendore quel regno dimenticato, spero che per allora potrò essere qualcosa di diverso-

-Cerca di non metterci troppo, ho intenzione di cercare l'Elmo appena trovati i Valar! La Dama ha detto che servirà l'aiuto di tutti per poter vincere e, Per Morgoth! I Nani non resteranno indietro! Ora, se Mithrandir non ha altre domande, potremo fare quel brindisi?-

-Mithrandir è più che soddisfatto e credo che ora sia veramente il momento di brindare! Da tempo non sentivo notizie così di buon auspicio-

Come aveva affermato lo zaino del nano conteneva abbastanza Spirito per tutti i bicchieri che si sollevarono al primo brindisi

-Allora... Alle parole ispirate dall'alcol!- esclamò prima di prendere una lunga sorsata direttamente dalla fiaschetta passandola a Mithrandir

-All'Elmo dei Ricordi!- bevve a sua volta cedendola a Tàr

-Ai nuovi nomi!- un lungo sorso prima di porgerla a Gwath

-A Gyra e alle sue bellissime storie!- tracannò un sorso lunghissimo con una naturalezza da fare invidia a Gimli

-A un Nuovo Mondo!- la voce della ragazza era già un po' incerta dopo il quarto brindisi e completò quella frase seria scoppiando a ridere e rovesciandosi indietro sull'erba

L'elfo la guardò, spostando poi lo sguardo sui visi arrossati dell'uomo e del mago che ridevano senza ritegno assieme alla donna, per poi rivolgersi al rosso

-Che dici? Abbiamo esagerato coi festeggiamenti?-

-A quanti pare il Cordiale dei Nani è un po' troppo forte per loro... Credo che oggi faremo poca strada. Tu che mi dici? Te la senti di tenere il mio passo?-

-Se tu riesci a tenere il mio-

-Cos'è una sfida? Guarda che non ho mai perso in una gara di bevute, spilungone presuntuoso! Aspetta e vedrai!-

-Se hai intenzione di svuotare il tuo zaino, non sarò certo io a impedirlo, forse il suo peso cominciava a stancarti?-

-Ma sentitelo il damerino! Allora vediamo di cosa siete capace Mastro Elfo!- Lanciandogli una nuova fiaschetta piena che il biondo afferrò al volo

-Alla vostra, Messer Nano- la sollevò verso l'altro per poi portarla alle labbra e svuotarla con un lunghissima e unica boccata lasciando allibito il nano.




NOTE:

 *Sigin-tarâg: (Sigin Lungo+ tarâg barba) Lungobarbi.  Nome e Traduzione da Tolkien

* Baraz-tarâg: (Baraz rosso+tarâg barba) Barbafiamma.  Nome in italiano da Tolkien, Traduzione approssimativa mia, il Khuzdul, ossia il nanico non è stato molto sviluppato dal professore, ci sono pochissimi vocaboli.

*Consiglio dei Primi: Consiglio di Númenor composto da una rappresentanza dei nobili più potenti


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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


*CAPITOLO 17*



L'uomo si sollevò su un gomito gemendo, la luce accecante gli feriva gli occhi e un rumore assordante gli rimbombava nel cervello.

Cercò di mettere a fuoco la zona circostante, quella luce accecante era solo quella tenue del sole che tramontava dietro gli alberi “Tramonta? Quanto diavolo ho dormito? Auch! La mia povera testa!” Rhawel era ancora distesa a terra e dormiva profondamente, così come Mithrandir, si girò verso la fonte di quel rumore infernale e trovò Gimli, scompostamente accasciato a terra che russava sonoramente, stringendo ancora in mano una fiaschetta mentre altre vuote lo circondavano, una l'avevano vuotata assieme da dove venivano le altre due? Finalmente riuscì a mettere a fuoco l'unica persona ancora sveglia della radura, stava giocando svogliatamente con l'ennesima borraccia, dal suono ancora parzialmente piena, lanciandola in aria e riprendendola dopo complicate evoluzioni, senza neppure guardarla, infatti lo stava osservando con aria beffarda

-Vuoi l'ultimo goccio?- disse trattenendo a stento le risate

-Vai a farti...- ma non poté terminare la frase dal momento che fu assalito da conati di vomito solo per l'odore della bevanda

-Voi umani proprio non lo reggete l'alcol- poi porgendogli una tazza fumante -Mi sono permesso di attingere alla tua riserva di erbe. Bevila ti farà sentire meglio-

Infatti l'infuso ebbe effetto immediato, calmando il dolore alla testa e permettendogli di ritrovare un minimo di lucidità

-Non sapevo avessi anche doti di speziale-

-Non sarò bravo come te, ma so prendermi cura di me-

-Dovevo immaginarlo- poi indicando il nano -E' opera tua?-

-Ha insistito- rispose sollevando le spalle -Lo avevo avvertito, ma non mi ha creduto-

-Non avevo mai visto nessuno stendere Gimli-

-Addestramento speciale della Casa...- rispose ironico -Fai bere i clienti ma guardati bene dall'ubriacarti, e considerato che i clienti non mancavano e i metodi d'insegnamento erano piuttosto efficaci ho imparato presto a reggere anche i liquori più forti-

-Ti facevano bere?-

-Qualcuno lo trovava divertente, pensavano che vedermi ubriaco fosse l'ennesimo modo per umiliarmi- affermò con l'ennesima alzata di spalle -Così fingevo, loro erano contenti, il proprietario anche e io ero pronto per il lavoro successivo, la cosa peggiore erano i dolori, bere troppo a stomaco vuoto non è piacevole- ironizzò

Gli faceva male sentirlo parlare con tanta indifferenza di quello che aveva dovuto subire, non riusciva a capire come facesse a sopportarlo, solo ad ascoltarlo sentiva la rabbia montargli dentro e avrebbe volentieri fatto cadere qualche testa, invece l'altro parlava di quegli anni con una freddezza che lo faceva rabbrividire, senza il minimo accenno di sentimento, anche la vendetta che aveva consumato era stata fredda e calcolata, aveva capito che quel muro di ghiaccio era il luogo dietro al quale si rifugiava per non soffrire, ma ancora faticava a comprendere come ci riuscisse.

-So a cosa pensi, ma non era così male sai, in fondo molto di quello che so fare l'ho imparato in quel luogo, quello che facevo era una forma di pagamento per quello che imparavo, e comunque ho avuto la mia vendetta-

Probabilmente dovevano essere i postumi della sbornia, perché in quel momento sentiva il bisogno fisico di alzarsi e abbracciarlo, voleva farlo suo, voleva che non pensasse a nessun altro uomo che non fosse lui, non riusciva a pensare ad altri che lo toccavano, voleva cancellare definitivamente quel ricordo dalla mente dell'elfo e soprattutto voleva cancellarlo dalla sua.

Era geloso, maledettamente e assurdamente geloso, lo immaginava godere tra le braccia di quei vermi, lo immaginava provare piacere per quello che stava facendo, e non lo sopportava, la parte lucida del suo cervello gli gridava che quei pensieri erano illogici, che non aveva avuto scelta, che non c'era nessun piacere in quello che subiva, ma la logica e la gelosia non sono di certo compagne inseparabili, avrebbe preteso il sangue di ogni uomo che lo aveva toccato, se l'altro non lo avesse già fatto, e avrebbe preso il suo corpo, lo avrebbe preso fino a sentirlo piangere e implorare, implorare lui e solo lui, nessun altro doveva esistere, voleva sentirlo gridare il suo nome...

Se solo si fosse degnato di provare qualcosa mentre gli parlava degli altri, dolore, rabbia, qualunque cosa che gli facesse capire quanto disprezzasse quella gente, ma non c'era assolutamente niente in quegli occhi maledetti...

Voleva abbracciarlo, abbracciarlo e colpirlo allo stesso tempo, consolarlo e ferirlo, voleva che dimenticasse quelle persone che lo avevano avuto e voleva essere una di quelle persone, voleva sentirlo gridare di perdonarlo per aver permesso ad altri di toccarlo e soprattutto lo voleva...

Voleva sentire il calore del suo corpo, il sapore della sua pelle, voleva provare quello che aveva immaginato e che aveva portato tanti mortali alla rovina voleva sentire quelle labbra che lo accoglievano e lo portavano alla pazzia... quello lo avevano già fatto, quelle labbra, il semplice fatto che esistessero lo portava alla pazzia...



L'elfo lo stava osservando, e aveva paura, per la prima volta in migliaia di anni aveva paura, aveva accettato tutto quello che gli era successo dopo essere stato marchiato con fatalismo, come se non fosse realmente lui a vivere la sua vita.

La vita gli scivolava addosso mentre lui pianificava la sua vendetta e assorbiva ogni cosa gli avrebbe permesso di attuarla, non sentiva il dolore, non sentiva la paura, non sentiva nulla... ma ora quello sguardo... lo conosceva bene, lo ricordava bene, e non sapeva come comportarsi... non voleva fargli del male, neppure per difendersi, ma non poteva neppure lasciargli fare quello che lui voleva, non ora, non dopo che avevano intaccato il suo confortevole muro, e soprattutto non lui, non il coraggioso principe che aveva sconfitto il mago malvagio per salvarlo... e soprattutto “Perché? Cosa ho detto per accendere quella luce suoi occhi? Perché lui?” Respirò piano, tentando di allontanare la mente come tante, troppe, volte aveva fatto, cercando di rinforzare quel muro che lo aveva sempre protetto, ma non ci riusciva, nel momento in cui ne aveva un disperato bisogno il suo rifugio lo aveva abbandonato... “Perché?” Si era fidato di lui, si era lasciato andare come mai aveva fatto prima ed era riuscito a portare la follia in quegli occhi limpidi, lo sapeva che sarebbe accaduto, lui era una droga, lui uccideva tutto ciò che di buono toccava...

Trattenendo lacrime amare lo osservò avvicinarsi, restando immobile, pronto a piangere, implorare, gridare chiedendo perdono per qualunque cosa lui lo accusasse di aver fatto, pronto a concedergli qualunque cosa lui avesse desiderato, perché lui sapeva come fare, sapeva sempre quello che desideravano da lui, era questo che gli avevano insegnato, dare agli altri quello che volevano, ma questa volta avrebbe fatto male, e le lacrime sarebbero state vere...

Lo stava toccando, stringeva forte quell'esile braccio come volesse spezzarlo, l'altro non si muoveva, poteva sentirlo tremare e non se ne rendeva neppure conto, ma quella resa incondizionata gli diede quell'attimo di lucidità che bastava a fargli incontrare i suoi occhi spaventati, non lo aveva mai visto spaventato, vide le lacrime soffocate e quella domanda muta “Perché?” furono peggio di una secchiata di acqua gelata “Morgoth Maledetto! Cosa sto facendo!” ritrasse la mano di scatto sconcertato mentre l'altro si ritraeva confuso, deglutendo a fatica.

“Perché?” era la sola parola che la sua mente potesse formulare, la sola cosa che l'uomo potesse leggere in quegli occhi lucidi “Perché?”

-Io... non... perdonami- era veramente sconvolto, ora era lui a tremare violentemente, era stato a un passo dal violentarlo, proprio lui che non voleva confessargli i suoi sentimenti per proteggerlo lo stava per ferire nel modo peggiore possibile, e per cosa poi? Stentava persino a ricordarlo.

Tenendo gli occhi bassi per paura di incontrare nuovamente quello sguardo impaurito, si allontanò verso l'oscurità rassicurante del bosco lasciando l'altro ancora immobile dietro di se.



-Dannazione! Ora ricordo perché normalmente evito il Cordiale dei Nani- Mithrandir si era svegliato dolorante e si era diretto senza neppure pensarci a servirsi di un tazza dell'infuso ancora sul fuoco

-Meglio, molto meglio. Ci siamo andati pesanti, ma vedo che qualcuno ha continuato la festa dopo che l'ho lasciata- osservando il nano russante e le bottiglie vuote -Tàr dov'è?-

Se aveva notato l'immortale immobile e sconvolto non lo aveva dato a vedere, ma era assai probabile che nel suo stato non si fosse accorto di niente.

-E' andato a sgranchirsi le gambe, non era in condizioni migliori delle vostre- gli riusciva facile fingere, e non voleva che nessuno sapesse cosa era successo, almeno non finché lui stesso non lo avesse capito.

Aveva intuito di non essere fisicamente indifferente all'uomo, sapeva per esperienza di non essere indifferente a nessuno, uomo o donna se lo voleva, un dono lo definiva il suo padrone, ma Tàr si era sempre comportato in maniera impeccabile con lui, anche quando aveva alluso al fatto che avrebbe potuto essere disponibile per “una conoscenza approfondita” lui non era mai stato interessato a un rapporto solo fisico, allora cosa lo aveva fatto scattare in quel modo? L'alcol? Poteva essere una ragione, ma questo implicava che i desideri dell'uomo fossero diversi da quello che mostrava, l'alcol non crea nulla, ha solo il potere di togliere i freni e esasperare ogni sensazione... E l'alcol non spiegava quella luce malata negli occhi dell'altro, una luce folle, conosceva quello sguardo, l'uomo voleva fargli male, voleva vederlo soffrire e non ne capiva il motivo.



Cos'era successo mentre tutti erano ubriachi tra il loro capo e l'elfo? Perché era chiaro che qualcosa era successo, Tàr aveva lo sguardo di un condannato a morte sul patibolo, e l'elfo, quasi non potevano vederlo il suo sguardo tanto lo teneva basso, Rhawel aveva visto a colazione quando per un attimo le loro mani si erano sfiorate Gwath ritirarsi di scatto, e il dolore nello sguardo del suo più caro amico.

Mithrandir aveva notato i movimenti rigidi dell'immortale, quello sguardo vuoto e duro quelle poche volte che potevano scorgerlo, ma ferito e confuso quando credeva di non essere visto.

Gimli aveva visto il suo compagno avvicinarsi al biondo e sollevare una mano per richiamare la sua attenzione, ma ancora prima di avvicinarsi alla sua spalla aveva udito quella voce fredda che non sentiva da tempo -Non mi toccare- e aveva guardato quella mano ricadere pesante lungo il fianco mentre l'uomo osservava l'altro affrettare il passo e allontanarsi.

Quando si fermarono per la cena dopo quella lunghissima giornata, videro i due allontanarsi verso le direzioni opposte del bosco.

Nessuno aveva sentito una parola tra loro in tutto il giorno, eppure li avevano visti chiacchierare molte volte, ridere e persino giocare...

-Vado a parlargli-

-Non questa volta Rhawel, dammi retta, devono sbrigarsela da soli- la fermò il vecchio

-Ma cosa sarà successo?-

-Quello che temevamo... temo-

-Pensi che Gwath abbia approfittato dei sentimenti di Tàr?-

-Non so cosa pensare ragazza mia-

-Bhe io si!- borbottò il nano -Non ho idea di cosa sia successo, ma il capo ha la faccia di uno che l'ha combinata grossa, e sarà anche un caro amico ma qualsiasi cosa possa aver fatto per ridurre lo spilungone in quello stato... Diamine! Fa bene a starci male!-

-Non sei d'aiuto Gimli-

-Ho detto solo quello che pensavo, e questa volta Rhawel da retta a Mithrandir, devono risolverla da soli-

-E se non ci riuscissero?- sospirò afflitta la giovane

-Ci riusciranno- le sorrise -Mi ci gioco la barba! Tàr è testardo ma sa chiedere scusa, e quell'elfo è orgoglioso ma... dimmi la verità ragazzina, credi davvero che sia restato solo per le tue parole?-

-Ma lui ha detto...-

-Lui ha detto quella che crede sia la verità, ma ora ti dico qual'è la verità di questo nano! Quel biondino sarebbe stato insopportabile e arrogante e freddo e tutte quelle cose pessime che era e sarebbe rimasto con noi in ogni caso, trovando scuse di volta in volta più assurde per giustificare a se stesso il fatto che continuasse a seguirci. Perché qualcuno lo aveva colpito molto prima che lo facessi tu! E dai retta a me! Quel testone e molto più intelligente di quanto sembri e molto più buono di quanto vorrebbe, e qualsiasi cosa Tàr possa aver fatto, lui sa che non voleva farla e sono certo che in fondo lui lo abbia già perdonato-

-Amico mio, io non avrei saputo spiegarmi meglio!- rise il mago

-Quindi voi credete che Gwath...?-

-Ne siamo certi, ragazza mia, ne siamo certi-



Nell'oscurità del bosco due orecchie appuntite fin troppo sensibili non avevano potuto evitare di ascoltare le parole dette attorno al falò, una risata amara gli sfuggì dalle labbra, ancora si stupiva di quanto facilmente riuscissero a leggergli dentro? Era davvero così trasparente? Se era così, era una fortuna che fosse rimasto isolato per tanto tempo, elfo, uomo o nano non sarebbe sopravvissuto in quel mondo ostile se tutti potevano capirlo solo guardandolo, si consolava pensando che aveva ormai classificato quelle persone come fuori dal comune, quindi era probabile che non fosse sua la colpa di essere così accessibile.

Perché ogni parola che avevano detto era vera, e lui lo sapeva, non portava rancore all'uomo, ma a se stesso per non essere riuscito a evitare quella situazione.

Tàr poteva essere scaltro e a volte anche cinico se era necessario, ma aveva un cuore puro, forse per certi versi troppo ingenuo, avrebbe dovuto essere lui a tenere sotto controllo la situazione, lui sapeva bene chi era e l'effetto che aveva sui mortali, lo aveva imparato a sue spese molte volte, lui che disprezzava e venerava il suo corpo che gli aveva aperto tante porte...

Aveva sottovalutato il desiderio dell'altro e questo aveva portato all'inevitabile esplosione, se voleva mantenere i suoi propositi doveva trovare il modo di allontanarlo e in fretta, si era avvicinato troppo, era stato egoista, per il piacere che gli procurava la sua presenza si era lasciato andare, ma non lo avrebbe permesso ancora.

Avrebbe dovuto andarsene, ma semplicemente non poteva, ormai non era solo una questione tra lui e l'umano, si era affezionato a quella ragazza impicciona, a quel nano schietto e a quel vecchio misterioso e per la prima volta nella vita credeva in qualcosa, credeva che quel gruppo di pazzi sarebbe riuscito a cambiare il mondo... e diamine! Voleva essere parte di quel cambiamento!

Quindi avrebbe risolto il problema in un altro modo, sapeva già come fare, solo non aveva il coraggio di farlo, avrebbe significato chiudersi completamente ogni possibilità, ma lo avrebbe fatto, avrebbe messo in chiaro nel modo più duro che conosceva chi era e cosa doveva aspettarsi da lui, lo avrebbe ferito, lo sapeva e ne soffriva, ma era necessario, prima che lui si facesse illusioni, prima che i suoi sentimenti mettessero radici troppo profonde, lo avrebbe disgustato al punto che qualunque cosa si fosse illuso di provare sarebbe morta.

Perché non poteva dargli quello che voleva... Perché non poteva vedere ancora quello sguardo malato nei suoi occhi... Perché si era reso conto che poteva essere ferito da tutti, ma non da lui, perché, ancora, nonostante avesse preso una decisione quell'unica parola continuava a urlargli nel cervello “Perché?” Perché aveva desiderato ferirlo?...

Se era questo che voleva glielo avrebbe permesso... ma alle sue condizioni.



Con un sospiro rassegnato si voltò aggirando silenziosamente l'accampamento costeggiando l'Anduin per seguire i passi dell'uomo e porre fine a quella situazione.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


*CAPITOLO 18*


-Adesso è quell'albero a meritare la tua rabbia?-

L'aveva sentito ancora prima di vederlo, i colpi sordi dei pugni che colpivano la dura quercia.

Le braccia dell'uomo caddero inermi lungo i fianchi al solo udire quella voce atona, ma non ebbe il coraggio di girarsi

-La persona che meriterebbe questi colpi è fuori dalla mia portata-

-Non riesci a controllare le tue emozioni e le sfoghi sulla prima cosa che ti passa vicino- una lama di ghiaccio trafisse la schiena del bruno

-Tu invece le controlli fin troppo bene- rispose stanco

-Preferiresti che ti colpissi?-

-Sì, mi sentirei meglio-

-Non sono qui per farti sentire meglio- ribatté secco, poi spostò lo sguardo sulle sue mani, lunghi nastri rossi colavano dalle nocche lungo le dita, formando grosse gocce che lente si allungavano fino a staccarsi e cadere a terra piegando l'erba fresca -E non mi pare ti serva il mio aiuto- continuò sprezzante -Sai ferirti benissimo da solo-

-Allora perché sei qui?-

-Perché? Dimmi solo il perché-

-Io non lo so il perché- si era girato continuando a tenere lo sguardo basso, ricordava quella voce gelida e non poteva rivedere quegli occhi di ghiaccio, non dopo aver visto i suoi veri occhi -Non so cosa mi sia successo... Non volevo farti del male... L'ultima cosa che voglio è farti del male...-

-Ma lo hai fatto. Perché?-

“Ti prego grida, insultami, picchiami, qualunque cosa, ma non nasconderti di nuovo dietro a quel muro”

-Io non lo so, nella mia testa vedevo quelle persone ed ero furioso e...-

-E hai deciso di diventare uno di loro-

-No!- un grido strozzato -Non potrei mai... Non...- “Non potrei, ma lo stavo per diventare, sarebbe bastato un altro minuto e lo sarei diventato”

-Tu mi desideri?- Non aveva bisogno di una risposta, il silenzio immobile, e l'ostinazione con cui si fissava gli stivali parlavano più di mille parole.

L'uomo sentì l'altro avvicinarsi, abbassò ancora di più gli occhi per escluderlo dal suo campo visivo, ma non poté escludere quello che vide cadere ai suoi piedi, una tunica nera seguita da un paio di braghe

-Sono qui, prendimi- avvicinandosi di un altro passo

Tàr arretrò sbattendo la schiena contro lo stesso albero su cui prima aveva infierito, si sentì afferrare il mento e sollevare il viso con forza ma spostò di lato lo sguardo per non doverlo guardare

-Non vuoi guardarmi?- continuò quella voce tagliente -Credevo ti piacesse il mio corpo?- e abbassò il viso fino a impossessarsi della bocca dell'uomo, un bacio cattivo, violento strinse tra i denti le sue labbra senza però ferirle, avrebbe voluto piangere, quanto aveva desiderato quelle labbra e quella sarebbe stata l'unica occasione per assaggiarle, il bacio con cui lui lo avrebbe odiato.

Tàr puntò le mani su quel petto candido, macchiandolo di sangue, spingendolo via

-Ti prego smettila-

-Ti sbagli, sono io a dovere implorare, non era forse questo che volevi? Sentirmi implorare- rincarò sadico

-No!- gridò, poi ripeté in un sussurro -No-

-Tu mi desideri- continuò l'altro suadente avvicinandosi nuovamente e cominciando ad accarezzargli il petto -E questo è un problema, non riesci a controllarti...- si avvicinò ancora schiacciandolo contro il tronco affondò il viso nel suo collo succhiando e lappando la pelle morbida finché non lo sentì ansimare -Non devi, sai? Sai che posso darti il piacere che desideri...- gli afferrò le natiche facendo cozzare i bacini, sentendo attraverso il tessuto ruvido l'eccitazione dell'uomo premere contro la sua libera e svettante che non si preoccupava più di trattenere -Lo hai sempre saputo, è solo sesso, tu non mi sei indifferente e neppure io ho soddisfatto i miei bisogni da quando mi sono unito a voi... siamo carne, solo carne, io ti voglio, tu mi vuoi... solo carne-

-Non sono solo carne... Non...-

-Ah, No? E questa cos'è? Non è carne?- tenendo una mano ancora salda sui suoi glutei fece scivolare l'altra in avanti, carezzano l'interno della coscia, salendo fino al rigonfiamento bollente e prendendo a frizionarlo deciso, sorrise compiaciuto vedendo l'uomo gettare indietro il capo senza poter soffocare un gemito di piacere -Avanti dimmi cosa devo fare per soddisfarti. Vuoi che mi inginocchi?- e scivolò lentamente a terra cominciando a slacciargli i pantaloni

-Basta... per favore... non così... basta- lo implorò ansimando con il viso arrossato afferrando quei fili dorati per allontanarlo da se, striandoli di rosso, lo spinse via, facendolo cadere a terra, tremando mentre le lacrime gli rigavano il volto.

Lo osservò mentre si allungava distendendosi sull'erba, come se le sue parole o i suoi gesti non lo avessero neppure sfiorato, si sollevò sui gomiti, inarcando la schiena, esponendo il collo candido, guardandolo languidamente mentre passava la lingua sulle labbra scarlatte

-E come allora? Dimmi come mi vuoi e lo sarò- “Dimmi che mi vuoi, non odiarmi, non allontanarmi” allungò la gamba passandola dietro la caviglia dell'uomo e facendola salire lentamente, mentre con la mano si accarezzava lascivamente incatenando il suo sguardo

-Non così... Smettila... Non così... Basta... Non è il tuo corpo che voglio- si allontanò di scatto malfermo sulle gambe molli cadendo anche lui a terra

-Non la pensavi in questo modo ieri- “Cosa pensavi ieri? Ti disgusto tanto da fuggirmi come fossi una bestia?” ne approfittò per gattonare felino fino a lui che tentava inutilmente di allontanarsi strisciando sui gomiti

-No...Non... non ero in me...-

-Ne sei certo? Neghi forse di desiderarmi al punto di perdere il controllo?- “Ma io sono davvero una bestia, un mostro che non merita di vivere” ormai era inginocchiato su di lui, bloccandolo a terra, gli afferrò i polsi portando le sue mani sul suo petto

-Toccami... sentimi...- “Ti prego toccami, quest'unica volta toccami, fammi sentire il tuo calore... Ti prego sentimi, senti il mio cuore che batte, senti la menzogna dietro i miei gesti... non credermi, non disprezzarmi... NO!... Lui deve... deve... deve credermi!” fece scivolare quelle mani sulla sua pelle, sporcandosi di altro sangue ora misto a terra

-Non... Non così... non voglio questo-

-E cosa vuoi allora?- “Quello che vuoi non posso dartelo... Quello che vuoi non esiste...”

-Voglio te, voglio conoscerti, sapere quello che hai dentro, voglio conoscere il tuo cuore-

-Cosa ho dentro?- si alzò incombendo su di lui in tutto il suo splendore selvaggio -Ossa, muscoli, sangue e tendini, qui c'è lo stomaco e più su i polmoni- ogni parola come una coppia di lame gemelle colpiva in egual misura chi la ascoltava e chi la pronunciava -Vuoi conoscere il mio cuore? E' qui- indicando il petto -E' un organo vitale, batte, se si ferma significa che sei morto, se viene colpito da una lama o da una freccia sei sempre morto-Arretrò di un passo per permettere all'altro di vederlo bene -Ti basta o voi conoscere altro? Guardami!- allargò le braccia e girò lentamente su se stesso -Io sono questo! Non c'è nient'altro, lo sai, lo hai sempre saputo, sono stato chiaro dall'inizio. Quindi ora decidi, o così o in nessun altro modo- “No, non così... Valar, se esistete vi prego, non così”

Tàr restò immobile, pietrificato dalla vista dell'immortale, splendeva nella notte come un Dio, in piedi davanti a lui, “bellissimo e terribile” incombeva con le gambe divaricate, “da adorare e da temere” senza nascondere nulla alla sua vista, “possedere ed essere posseduti” il suo sesso che luccicava umido lo chiamava a sé, “carne, solo carne” la pelle candida sotto la luna sporca di sangue, “del mio sangue”, le braccia aperte pronte ad accoglierlo e a strappargli il cuore “per divorarlo con quella bocca rossa e sensuale” gli occhi accesi dal furore e dal desiderio, “fuoco e ghiaccio” i biondi capelli sollevati dal vento “Dio o Demone?” sorrideva gelido, perfetto, inarrivabile e vuoto “Carne, solo carne, lussuria e piacere, dannazione ed estasi...”

Fu un momento, la sua mano che si sollevava lentamente tendendosi verso quella figura maestosa in una muta richiesta... fu solo un momento... prima che ricadesse pesante sull'erba

-No, non così- sussurrò l'uomo esausto ma deciso

-E allora non fare più strani pensieri su di me- continuò l'elfo glaciale - Perché non c'è nient'altro oltre quello che vedi, ma se pensi che non sarai in grado di controllarti in futuro, prendi ora quello che ti viene offerto- l'elfo si girò rigidamente, allontanandosi a recuperare gli abiti e dando un'istante ai suoi nervi per placarsi e ritrovare il controllo e la determinazione che minacciavano di sfuggirgli sempre di più, rendendolo incapace di sostenere quello sguardo.

-Ti assicuro che non avrai più problemi da me- Come aveva fatto ad illudersi così, lui aveva ragione, sapeva bene chi era, eppure vedendolo cambiare si era illuso di rientrare nel cambiamento, aveva sperato che il suo cuore si aprisse ad altro oltre che all'amicizia, ma per lui non era altro che carne e non poteva accontentarsi della carne.

Era ferito, quella freddezza lo aveva ferito più dei colpi che si era rifiutato di dare “Ma se quello stolto si illude che io mi arrenda si sbaglia di grosso!” quell'episodio non sarebbe mai dovuto accadere, maledisse lo Spirito dei Nani, era presto aveva appena scoperto l'amicizia, non poteva pretendere che capisse che due corpi si uniscono non solo per il mero piacere, ma non avrebbe accantonato i suoi piani “Per ora illuditi pure di avermi sconfitto, mio freddo Principe, ma non ho ancora finito di uccidere il mago malvagio e come ogni nobile cavaliere non mi arrenderò prima di averlo fatto”

Ma di quei pensieri niente giunse a insospettire l'elfo

-Me lo auguro- così impassibile esteriormente eppure dentro tremò, aveva avuto quello che voleva, perché allora stava così male?  Ma si costrinse ad addolcire lo sguardo in un sorriso tendendo la mano in segno di pace

-Mi dispiace per quello che è successo, non accadrà più- afferrando quella mano dimentico delle ferite

-Ti perdono perché so che realmente non eri in te. Per quanto mi riguarda questa faccenda si chiude questa notte, non desidero parlarne oltre- poi rigirando la mano scura nella sua -E perché se non lo facessi non riusciresti più a impugnare una spada a forza di colpire alberi. Morgoth Dannato! Guarda come ti sei ridotto! Cosa penseranno gli altri?-

-Che ho preso a pugni un albero e come al solito l'albero ha vinto-

-Lo fai spesso?- inclinò il capo sorpreso inarcando il sopracciglio

-E' capitato altre volte-

-Sciocco mortale impulsivo... Vieni- lo trascinò gentilmente verso il fiume, lo fece sedere e cominciò a pulire delicatamente le ferite.

L'uomo osservava da dietro quella testa chinata intenta a curarlo, un piccolo sbuffo silenzioso gli uscì dalle labbra, sarebbe mai riuscito a capirlo? Quell'immortale era l'essere più complicato che gli fosse mai capitato di incontrare! L'attimo prima era il bastardo più freddo e cinico che avesse mai conosciuto, un secondo dopo si prendeva cura di lui delicatamente, come si poteva essere così assolutamente imprevedibili? Prima o poi lo avrebbe fatto impazzire!

L'elfo sentì quel leggero alito solleticargli la nuca e sorrise, poteva immaginare i pensieri dell'altro, e non poteva dargli torto, doveva sembrargli folle ma era giusto che fosse così.

-Adesso va meglio. Se non sbaglio domani hai il tuo piccolo tesoro da disseppellire, almeno non sporcherai di sangue una preziosa creazione degli Eldar-

“L'ho già fatto” pensò ricordando le impronte delle sue mani scure su quel petto pallido

-Dovresti pulirti anche tu o penseranno che abbiamo fatto a pugni- Fu invece quello che disse.


Rientrarono all'accampamento assieme, sotto gli sguardi sollevati dei compagni, qualunque fosse stata la causa quella momentanea crisi sembrava risolta.

Il nano fece l'occhiolino alla ragazza facendole notare che arrivavano dalla direzione presa dal loro capo e non da quella dell'elfo, ricevendo un sorriso compiaciuto in risposta, nessuno fece commenti sulle mani scorticate, come aveva previsto Tàr immaginavano già che fosse andato a sfogare la rabbia in quel modo.

Quello che però evitarono di dirsi l'un l'altro, per non preoccupare gli amici, senza sapere che tutti l'avevano capito, fu che la crisi era passata, ma non risolta, ormai conoscevano abbastanza bene il biondo immortale da poter vedere il velo di tristezza che nascondeva sotto l'apparente soddisfazione, e altrettanto bene il loro capo da vedere invece l'allegria che traspariva dallo sguardo contrito, potevano quasi vedere il suo cervello lavorare frenetico come quando stava per entrare in azione, stava pianificando, valutando, si stava preparando ad un lungo e accurato assedio.

Sapevano cosa significasse quello sguardo, sedevano anche per giorni fuori da antiche rovine guardandolo mentre le osservava nello stesso modo, poi all'improvviso si alzava ed entrava, e non c'erano trappole o tranelli che lo fermassero, Mithrandir una volta aveva detto che non era lui a scoprire gli antichi tesori, ma erano i tesori a rivelarsi a lui, perché sapeva sempre attendere il momento migliore per vederli... E ora stava osservando il nuovo compagno come fosse un'antica fortezza da espugnare, e questa volta non sarebbe stato facile perché nonostante le sue porte, come avevano detto Gimli e lo Stregone, fossero già aperte erano difese strenuamente dall'elfo che per qualche ignoto motivo non voleva che l'uomo le vedesse.

Ma non volevano neppure essere nei panni dell'elfo, oh no, quando il loro capo si metteva in testa qualcosa, niente era in grado di resistergli e quel povero immortale stava per imparalo a sue spese.   


Quando lasciarono i boschi si trovarono davanti una verde vallata, l'erba fresca ondeggiava al tiepido vento, macchie colorate di narcisi, saponaria, scilla e fiordalisi la punteggiavano allegramente, qua e là si alzavano cespugli gialli di profumate ginestre che si mischiava al profumo fresco della salvia selvatica dai delicati fiorellini blu.

In lontananza la pallida roccia degli  Hithaeglir brillava sotto il sole stagliandosi contro un cielo azzurro e senza nubi.

Farfalle variopinte e api laboriose si spostavano tra i fiori, solleticando i viaggiatori che disturbavano la loro quiete.

Quel luogo meraviglioso sembrava non aver mai conosciuto oscurità o guerre, eppure Tàr ricordava bene che proprio sulle rive del fiume che avevano appena lasciato alle spalle tanti anni prima lui e sua madre erano stati sorpresi da una pattuglia di orchi, aveva solo quindici anni ma aveva combattuto e aveva vinto, aveva impugnato Narsil con onore come altre volte prima... non era bastato, lei era ferita, forse con le conoscenze che aveva ora avrebbe potuto salvarla ma non a quei tempi, a quei tempi era solo un ragazzino che cercava di essere grande.

Si erano trascinati fino alle pendici dei monti prima che lei crollasse definitivamente, così aveva cercato un riparo ed era restato a guardarla mentre la vita la abbandonava e lì l'aveva sepolta, in quello stesso anfratto della roccia nascosto dall'edera dove l'aveva vista spegnersi, a pochi passi da una pietraia di quelle tanto comuni in montagna, che copriva ripida il fianco del monte, e fu proprio da quel impervio sentiero che Mithrandir scendeva quando sentì i singhiozzi del ragazzo e decise di condurlo con se, anche se per poco perché quell'animo inquieto mal sopportava la tranquillità della valle nascosta e si allontanò presto per cercare la sua strada, senza però smettere di aiutare l'Istari.

E ancora dopo tanto tempo nulla era cambiato, quel tendaggio verdeggiante che in quella stagione si copriva di piccoli fiori bianchi e profumati celava ancora l'ingresso.

L'uomo inspirò profondamente, prendendo coraggio prima di scostare l'edera con una mano e scomparire alla vista dei compagni che lo osservavano, non lo avrebbero seguito, non quella volta, aveva diritto di restare da solo.

Era una tomba semplice, colei che fu Regina di Númenor giaceva nella terra, solo un cumulo di pietre candide adornava la sua ultima dimora, tra esse spiccava solitaria un unica roccia  nera, sulla quale era stato inciso rozzamente un albero bianco senza foglie, l'ultimo omaggio di un figlio alla madre sovrana di un regno che l'aveva rinnegata.

A lungo ristette sulla soglia, lame di luce mobile filtravano tra le foglie, per la prima volta non provava pena in quel luogo ma speranza.

Si inginocchiò accanto alla tomba, spostando con cura e riverenza pietra dopo pietra fino a rivelare il tesoro che aveva nascosto tanti anni prima, con cautela aprì la stoffa e, lucente e maestosa come se tempo e polvere non l'avessero sfiorata, Narsil rivelò il suo splendore, sotto di essa incastonata in un filo di mithril risplendeva una bianca stella di cristallo elfico, Elendimir, la corona di Númenor, non aveva bisogno di essere pesante o maestosa perché lo splendore di quell'unica gemma rendeva inutile qualunque altro ornamento.

Dopo aver accuratamente riposizionato le pietre rimase a lungo fermo con quell'unica nera tra le mani, poi con un sorriso prese una candida scheggia e adornò quei rami spogli di piccole foglie e sopra di essi pose una stella incoronata

-L'albero piantato da mio padre sta per fiorire madre, non ho perso la speranza-

Con queste parole pose anche quell'ultima pietra sul tumulo e uscì.

Quando la luce del sole colpi per la prima volta dopo tanto tempo la Stella di Elendil questa esplose in un'accecante bagliore di arcobaleni incoronando di luce Tàralelyol che mai come in quel momento era sembrato così nobile e maestoso, egli era realmente Ar-Agorn il legittimo erede di Númenor e i compagni dovettero resistere all'impulso di inchinarsi tanto regale appariva ai loro occhi.

-Eccola la Stella degli Elfi!- colma di meraviglia era la voce dell'Istari -Fu davvero un triste giorno quando essa venne trafugata dall'elmo di Fëanor* per diventare simbolo di una discendenza di Traditori della Luce! Oggi gioisce il mio cuore perché di nuovo essa risplende sul capo di chi è degno di portarla-

Tra tutti Mithrandir fu l'unico a trovare la voce per parlare perché gli altri restavano muti e sopraffatti dalla vista di tale splendore che nessuna parola sarebbe stata degna di essere pronunciata.

Fu solo quando la gemma venne accuratamente riposta che l'attenzione fu catturata dal secondo oggetto che il númenóreano portava, forse meno appariscente ma sicuramente non di minor pregio, Narsil, la spada dei Signori Supremi dei Noldor, tramandata a partire da  Finwë fino all'ultima mano che la impugnò, quella di Turgon.

-Per la Barba di Durin! Guardate!- Gimli stava ammirando l'arma che era certamente opera dei nani quando aveva esclamato eccitato indicando le Rune incise sulla lama

Dal momento che nessuno sembrava condividere il sue entusiasmo continuò rivolto all'uomo

-Insomma! Non hai mai letto l'iscrizione?-

-Di grazia, quella sarebbe un iscrizione? Mi ero sempre chiesto cosa fossero quelle lineette! Sii serio Gimli, non vedo questa spada da quando ero un ragazzo e di certo a quei tempi non conoscevo le Cirth, ancora oggi non conosco abbastanza del vostro linguaggio per poterle tradurre-

-Non hai torto, teniamo ben custodito il segreto delle Rune, comunque qui dice "Narsil essenya, macil meletya, Telchar carnéron Návarotesse Finwëin " che significa "Narsil è il mio nome, spada potente, Telchar mi fece a Nogrod per Finwë" Capite! Che meraviglia una lama di Telchar si dice che nessun nano riuscì mai a eguagliare la sua abilità alla forgia e ora che vedo questa spada posso asserire che è certamente vero-

-Una spada forgiata dai Nani per il Signore dei Noldor, un cimelio di un epoca in cui l'odio non aveva ancora diviso quei popoli- biascicò l'anziano stregone -Quest'arma significa molto di più di una potente alleata in battaglia!-

-Ora che mi dici Estel?- ghignò l'immortale -Ancora coincidenze?-

Dopo aver lanciato un occhiata torva all'elfo senza degnarlo di una risposta continuò chiedendo ai compagni

-Secondo voi Erestor lo sapeva quando me ne ha fatto dono?-

-Se lo sapeva? Certamente, la storia di una Spada così famosa è sicuramente conosciuta da tutti gli immortali- rispose l'Istari -Se prevedesse per lei un altro destino oltre quello di scendere in battaglia non so dirlo, ma se quell'Erestor è lo stesso di cui ho memoria allora posso azzardarmi a dire che forse lo sperava-

-Di cui hai memoria?- Gwath aveva a lungo represso la curiosità nei confronti dell'anziano mago ma mai prima d'ora le parole lo avevano tradito tanto, questo aggiunto al quelle della Dama di Lòrien rendevano impossibile ignorare ciò che ormai era evidente a tutti, ossia che Mithrandir era molto più di quello che rivelasse

-Immagino che sia giunto il momento per voi tutti di sapere con chi state viaggiando- sospirò -Ebbene sia, accendiamo il fuoco e accampiamoci, quella che ho da narrare è una lunga storia e purtroppo non felice, il calore delle fiamme scaccerà forse la tenebra del mio cuore-


NOTE

*Scusate la “licenza poetica” nella storia originale l'Elendimir venne creato (non si sa da chi) per Silmariën, figlia di Elendil... in questa versione lo faccio risalire a Fëanor (quello che ha creato i Silmaril e i Palantiri) e Elendil l'ha solo ritrovato e fatto montare sul mithril per regalarlo alla figlia.

     Per i più curiosi: Tale gemma come i Silmaril aveva poteri magici, incuteva timore nei nemici e la sua luce non poteva essere spenta o resa invisibile dal potere dell'Unico Anello  « ...perché gli Orchi ancora temevano l'Elendilmir che portava in fronte » ... « L'Elendilmir dell'Ovest non poteva essere spento, e all'improvviso splendette rosso e minaccioso come un'ardente stella. Uomini e Orchi fecero largo impauriti; e Isildur, coprendosi con il cappuccio, svanì nella notte. »  Racconti Incompiuti (III,1) J.R.R. Tolkien

*Le cirth ("rune")  sono utilizzate per le iscrizioni dai nani e dagli elfi parlanti Sindarin. Secondo la mitologia tolkeniana le Cirth sono state ideate da Daeron, menestrello del re Thingol. Tuttavia con l'avvento delle Tengwar di Fëanor, ben più evolute, le Cirth caddero in disuso. Vennero in seguito adottate dai nani che le utilizzarono per trascrivere il Khuzdul. L'alfabeto è formato da una sessantina di rune 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


*CAPITOLO 19*


-Giunti a questo punto immagino vogliate sapere come quella Dama facesse a conoscermi-

-O perché ti ha chiamato Olórin-

-O cosa significa immortale-

-O che eri uno Spirito-

-O qual'è questo grande errore-

-Siete stati chiari ragazzi ho molte cose da spiegare, ed è inutile dirvi che è di vitale importanza che nessun altro le conosca oltre voi. Credo sia il caso di cominciare dall'inizio... Vi starete chiedendo quanti anni io abbia? Ebbene, non mi è dato dirvelo, non perché non ne abbia la volontà, ma perché neppure io ne sono a conoscenza... Fui creato prima che il tempo cominciasse a scorrere, prima che Ilúvatar creasse Eä, assieme agli altri Ainur cantai la creazione di Arda sebbene la mia voce fosse inferiore a quella dei Valar, cantai assieme a Melkor e ai quattordici Potenti prima che fossero divisi, prima che l'Oscurità diventasse Tenebra, io sono un Maiar, e Olórin era il mio nome.

Quando i Valar decisero di stabilire la loro dimora in Arda li seguii nelle Terre dell'Ovest, con molti compagni e con quello che credevamo il più saggio, Curunír, chiamato il Bianco, il più potente tra tutti noi.

Quelle Terre Oscure dove Morgoth ha stabilito la sua dimora, insozzandole col suo veleno erano un tempo un immenso giardino luminoso, la luce dei Due Alberi faceva risplendere ogni cosa e non esisteva il buio perché persino la notte era rischiarata da miliardi di stelle più lucenti di qualunque abbiate mai potuto ammirare, le albe si susseguivano in tenui tinte di rosa e argento e i tramonti si infiammavano di fuoco e d'oro e sempre il Canto continuava, aggiungendo in Arda nuovi colori e nuova vita.

Ricordo la gioia del giorno in cui Oromë tornò con la notizia che la prima vita si era svegliata e che aveva udito le prime parole sotto il cielo. Ci furono danze e lacrime di gioia e risa e quelli come me che ancora non avevano scelto un corpo di carne risplendevano e si rincorrevano tra fiori e fronde giocando tra zampilli di fontane.

Già il Male era tra noi ma non lo vedevamo, come poter vedere qualcosa che non doveva esistere? Nessuno di noi aveva mai creato il Male, quello che non sapevamo è che il Male esiste, come Eru indipendentemente dal fatto che noi lo vogliamo o meno.

Poi gli elfi vennero condotti fino ad Aman e subito ci innamorammo della loro Luce e della loro Grazia erano i Primogeniti e in loro risplendeva forte la Fiamma di Eru Ilúvatar.

Ma assieme alla gioia della loro venuta giunse anche il tarlo del dubbio, le prime incrinature nell'armonia fra i Potenti, perché non appena i nuovi nati videro Melkor riconobbero in lui la presenza che da tempo li osservava nascosta, ma se ciò era vero perché non aveva riferito ad altri la sua scoperta?

Parlai a Curunír di questi miei dubbi ma egli con quella che ai tempi consideravo saggezza li placò ricordandomi che quelle creature erano solo bambini, e come tali istintivi e capricciosi, mi fece notare che le loro menti per quanto ammirevoli per la prima creazione non erano certo paragonabili a quelle degli Ainur “Ammirane la bellezza” mi disse “Come ammiri quella dei variopinti uccelli che volano tra gli Alberi, ma a chi va la tua fiducia? A un leggiadro animale o a uno Spirito Sempiterno?” e quelle parole mi parvero vere e appropriate e quella fu la prima volta che chiusi i miei occhi.

Solo Manwë aveva visto il disastro dietro la sete di potere del Bianco, mi chiese di prendere il suo posto alla guida degli Istari ma non lo ascoltai, mi fidavo della saggezza del mio compagno e non potevo vedere nessun Male in lui... Questa mia fiducia mi portò, anzi, ci portò tutti alla rovina, poco per volta Curunír e Melkor avvelenarono le nostre menti, mostrandoci Tenebre dove era Luce e Luce dove era Tenebra.

Poco per volta cominciammo a credere che gli Elfi di proposito stessero corrompendo l'animo dei Valar, che per qualche crudele capriccio volessero mettere i fratelli in lotta tra loro, e Melkor, l'unico in grado di vederli per quello che erano fosse il loro bersaglio, e i Potenti incantati dalla loro grazia non riuscissero a vedere il loro animo meschino.

Curunír ci disse che il secondo in potenza fra i Supremi aveva già scorto l'aura feroce di quelle creature imperfette, per quel motivo non aveva portato la notizia del loro risveglio prevedendo il disastro che era purtroppo avvenuto.

Così laddove non avevo voluto credere alle parole giuste di Manwë credetti invece a quelle altre false, combattendo contro quelli che invece avrei dovuto difendere, prendendo forma corporea per proteggere chi avrei dovuto combattere, di questo almeno non mi sono macchiato, la mia indole non era mai stata adatta a una guerra e mi e stato risparmiato il crimine del massacro.

A quei tempi pensavo che Melkor il Giusto rispettasse il mio cuore debole alla sofferenza, ora so che se fui tenuto lontano dalle Prime Linee fu solo perché Egli non si fidò mai completamente di me, non potevo essere corrotto con lusinghe e potere come Curunír, le uniche cose che volevo erano quelle che lui non poteva darmi, ossia la Verità e la Giustizia così mi tenne sempre il più lontano possibile dagli eventi del mondo affinché non potessi vedere oltre il velo che mi era stato posto sugli occhi.

Per lunghi, lunghissimi anni ho continuato a essere cieco alle loro menzogne, contento di rivolgere il mio sguardo ai miei amati libri e felice della mia pacifica vita e sarò onesto con voi, non fu già la storia di un nano morente ad aprirmi gli occhi, giacché anche io come gli altri credetti fossero menzogne e se quel giorno Morgoth non fosse stato accecato dalla rabbia della paura facendo giustiziare i miei amici e compagni forse ancora crederei in quelle menzogne.

Invece capii che solo la Verità poteva avere il potere di scatenare una simile reazione, e quell'atto ignobilmente crudele fatto per nascondere il passato ebbe invece il potere di farlo riemergere.

Il resto della storia tutti la conoscete, anche se tranne Tàr non potevate immaginare che fossi io quello di cui parlano le leggende, io sono il Maestro di Ýridhindhren, l'unico che sia mai esistito, io ero quello che scopri la valle e l'isola in mezzo al lago, io costruii la prima capanna di pietre come rifugio per me soltanto, io la vidi crescere e la guidai come ancora faccio oggi, c'è sempre stato un unico Maestro ed è colui che primo fra gli Istari vide la Verità e si oppose all'Ingannatore-

Non aveva mai raccontato a nessuno quella storia, neppure a Tàralelyol aveva avuto il cuore di un racconto così dettagliato, ma, a differenza di quello che pensava, i ricordi non gli avevano gravato l'animo al contrario si sentiva leggero e in pace, sorrise della sua stoltezza, tanto bravi i vecchi a dare saggi consigli ai giovani, molto meno ad applicarli loro stessi, non aveva forse ripetuto centinaia di volte che lasciare uscire il dolore era il primo passo per accettarlo? E per la prima volta fu con cuore leggero che fece quella confessione, il passato era passato e il futuro era nelle sue mani.

-Questa è la storia di come il Saggio Olórin sia stato plagiato dalla Tenebra, mai in tutti questi anni ho smesso di rammaricarmi di ciò che avevo perduto, non so se potrò perdonarmi di avere voltato le spalle ad amici e compagni, avevo discorso con Dama Galadriel ai bordi di una cristallina fontana, avevo danzato con Vána la Signora della Primavera, viaggiato con  Oromë Signore delle Foreste, avevo ascoltato le visioni di Erestor sulla guerra che incombeva senza darvi credito... Sì, come vi ho detto conobbi un elfo di nome Erestor e molti altri assieme a lui, centinaia di visi e di nomi che ho tradito e che ora giacciono morti o servi o perduti.

Non posso cambiare lo scorrere del tempo e se nutrirete rancore nei miei confronti lo comprenderò, ma ho deciso che il destino del mondo non è ancora stato scritto e se è in mio potere cambiare le cose lo farò, spero ancora col vostro aiuto, ma anche da solo se sarà necessario-

Rimasero tutti ammutoliti, non certamente per il racconto che affettivamente li aveva scossi non poco, bensì per l'ultima dichiarazione dell'Istari, davvero aveva così poca fiducia in loro?

-Da quello che ho sentito- sbottò il nano -Posso affermare senza ombra di dubbio che l'appellativo di Saggio fu mal riposto in Olórin se lui crede davvero che questa storia possa mutare l'opinione che abbiamo! Parli di tempi antichi, tempi cupi in cui molti hanno commesso errori o preso terribili decisioni, ma quei tempi sono passati. Io conosco Mithrandir e so che è un uomo giusto e lo era anche Olórin, ha fatto un errore ma è abbastanza saggio da averlo capito e cercare di porvi rimedio. Ora dimmi tu che sei Saggio come lo definiresti un tale uomo?-

-Bel discorso, Gimli, e spero ardentemente che quelle frasi fossero dette per metterci alla prova, non già perché ci credesse realmente-

-Non lo so, Tàr, sai è molto vecchio- ridacchiò la ragazza -Potrebbe davvero cominciare a formulare pensieri sconnessi-

-Vedo miei cari giovani che nulla riesce a turbarvi- sorrise finalmente lo stregone -Ma non vi duole neanche un poco pensare che le cose sarebbero andate diversamente se solo avessi aperto gli occhi prima?-   

Questa volta fu l'assassino a rispondere per primo

-E in che modo? Se mi è dato chiederlo. Sei forse più potente dei 14 assieme e di tutto il loro esercito?- chiese cinicamente -Perché se non lo sei, l'unico cambiamento che riesco a vedere è un cadavere in più nella terra o, nella migliore delle ipotesi, saresti fuggito coi Potenti e noi fuori dalle Nebbie non avremmo avuto nessuno a mettere insieme questa banda di disperati che secondo i tuoi piani dovrebbe cambiare il corso degli eventi-

-Questo, mio giovane elfo- ribatté l'Istari fintamente offeso -Non è affatto un gruppo di disperati, ma il meglio che ogni razza potesse offrire, e non a caso sono riuniti, o credi forse dopo quello che hai udito in questi giorni che siano solo coincidenze quelle che ci hanno fatto incontrare-

-Non lo credo affatto- uno sguardo malizioso saettò verso l'umano -E ora ho anche le prove che Olórin può ancora essere definito saggio giacché io stesso ho pronunciato queste parole pochi giorni fa al futuro Re di Númenor-

-Non so se esserne sollevato o spaventato- lo squadrò lo Stregone

-E il futuro Re di Númenor rispose nello stesso modo- ridacchiò l'uomo ricambiando l'occhiata

-Il Saggio Istari anticipato da un elfo imberbe e che risponde come quello zuccone del nostro capo... questo si che mi preoccupa. Forse Rhawel non avevi torto sulle sue facoltà- tuonò allegro il nano.

-Ora se avete finito di burlarvi di un povero vecchio, potremmo passare a faccende più serie e consone a individui della nostra levatura?-

-Stai forse nascondendo, Mithrandir, dietro a parole forbite un rimprovero per il fatto che ci si dovrebbe aspettare maggiore serietà dai membri di una si peculiare compagnia? E prima che vi cada la barba per lo stupore conosco anche io la nobile favella, e se non la uso è perché a differenza vostra noi nani abbiamo capito che non serve parlare ore per dire una semplice frase-

-Dopo questo chiarimento del tutto superfluo- il capo decise che era giunto il momento di riprendere le redini del discorso -Oserei dire che le parole udite nel Bosco degli Elfi sono ormai svelate. Io devo riprendere il Trono e convincere gli uomini ad allearsi con quelli che per millenni hanno considerato inferiori, nonché pericolosi, per distruggere quello che invece ritengono un salvatore... una cosa da niente direi...-

-Non farla così tragica, capo, se quel Nobile Spirito ha detto quelle parole significa che una possibilità di riuscita esiste. Per quanto mi riguarda non vedo problemi di sorta, una volta trovato l'Elmo mi tolgo dai piedi il caprone e sono sicuro che i Nani sapranno vedere dov'è la giustizia e l'onore, credo ancora nella solidità dei miei simili-

-Gwath ci farà attraversare le Nebbie e Mithrandir convincerà i Valar, direi che siamo a posto almeno per il momento-

-E tu cosa dovresti fare, ragazzina?-

-Io la mia parte l'ho già fatta, Gimli, ho portato questo biondino fastidioso ed estremamente utile dalla nostra parte. Ti pare poco?-

-E?...-

-E niente, Gimli-

-Mi hai preso per uno stupido troll? Cos'era quella parte che riguardava il cercare qualcosa che credi perduto?-

-Beh... non ne ho parlato perché è una cosa abbastanza sciocca, e non ha nessuna rilevanza per la nostra missione... Ma... ecco io... quando tutto questo sarà finito voglio andare a Edhellond e cercare di scoprire cosa è successo a mio padre- mormorò imbarazzata

-E cosa ci sarebbe di sciocco in questo?- la guardò perplesso il nano

-Lo sapete no? Mia madre disse di aver visto il colpo mortale, non ci sono speranze che sia sopravvissuto, ma...-

-Tu lo speri- concluse per lei l'uomo

-Ho visto Gwath morire per due volte eppure entrambe le volte mi sbagliavo, poi c'è quella cosa che mi avete spiegato sul Sigillo... e... lei era lontana... forse si è ingannata sulla gravità del colpo... e poi tu hai detto quella cosa, e io... vi sembrerò una bambina sciocca ma non posso fare ameno di sperare-

-Quale cosa?-

-Quella sugli Elfi che sono rimasti pochi-

-E da allora ci pensi e non ne hai mai parlato con nessuno? Credi forse che ti lasceremo andare da sola?- c'era un leggero rimprovero nelle parole del suo capo

-Non ne parlavo per non sembrare una povera illusa, poi voi avete cose più importanti a cui pensare- rispose vagamente stizzita e poi continuò con voce neppure udibile -E non sarò sola-

-Cosa?-

-Ha detto che non sarà sola- intervenne a quel punto l'elfo per toglierla dall'impiccio -Ma credo che abbia paura di rovinare la mia reputazione di bastardo insensibile dicendovi che sono stato io a proporle questo viaggio-

-E perché lo avresti fatto?- bofonchiò il nano

-Perché mi andava e non avevo altro di meglio da fare- rispose cercando di sembrare il più disinteressato possibile, non avrebbe mai ammesso neppure con se stesso di essere diventato uno sciocco e debole sentimentale.


Quel posto era veramente bellissimo, doveva ammetterlo, quei colori così vividi, quella luce così limpida, quel profumo così fresco, per qualche ragione che non capiva quel profumo era legato alla figura del suo uomo, poteva ingannare tutti ma quel patetico spettacolo che aveva dato non poteva ingannare il suo cuore, certamente non conosceva l'amore e sicuramente non era in grado di provarne, eppure aveva la sensazione che nessun altro lo avrebbe fatto sentire come quell'insulso mortale e quel profumo era una parte di lui, gli ricordava il giorno in cui sarebbe dovuto morire, il giorno che ormai aveva cominciato a considerare il primo dalle sua rinascita, non avrebbe mai creduto possibile poter pensare con gioia al giorno in cui non era morto, eppure lo stava realmente facendo.

Disteso sull'erba osservava le candide nuvole rincorrersi in quel cielo azzurro, allungò una mano per staccare una di quelle foglie aromatiche strofinandola coi polpastrelli per liberarne maggiormente la fragranza e inspirò profondamente aspirando quell'odore fresco e pungente.

-E' Athelas- la sagoma scura dell'uomo si stagliava contro la luce del sole -La pianta che stavi odorando, si chiama Athelas o Foglia di Re- continuò sedendosi a fianco dell'immortale e sfilandogli la foglia dalle dita -E' comune a Númenor ma piuttosto rara nella Terra di Mezzo e ancora più raro trovarla in così gran numero e in un prato, perché preferisce il folto ombreggiato dei boschi.

Quando portai qui mia madre non l'avevo notata, forse c'è sempre stata ma il mio dolore non mi ha permesso di vederla o forse Eru Ilúvatar a deciso che la Foglia di Re fosse un ornamento degno della tomba di una Regina-

-Non hai mai pensato di chiederlo a Mithrandir? Lui di certo ha attraversato questo luogo innumerevoli volte e conosce la risposta a questa tua domanda-

-Non ho mai pensato di chiederlo, questa è una di quelle risposte che non ho desiderio di conoscere, queste piante sono un dono, non mi importa perché e da quanto tempo crescono qui-

-Mi piace questo profumo, non ne conosco la ragione ma continua a riportare la mia mente al giorno in cui sono precipitato-

-L'ho usata per curarti- sorrise l'uomo -E' un'erba molto potente che raramente manca nel mio zaino, può curare ogni tipo di veleno e infezione, anche se spesso i guaritori la sottovalutano io ho avuto modo di apprezzarne i risultati, si dice anche che il suo potere aumenti nelle mani di un Re, che sia un amuleto contro la malasorte e che protegga dal Male ma queste sono solo superstizioni-

-Forse davvero il suo potere aumenta nelle mani di un Re, per questo motivo tu la trovi tanto utile quando gli altri non lo fanno-

-Solo gli sciocchi non lo fanno- rise -Anche Mithrandir conosce bene le sue doti, o forse è anche lui Re?- Nel frattempo aveva stappato diverse piantine ripulendole dalla terra e riponendole nella sacchetta di pelle

-Scusami, dimenticavo, ero venuto ad avvisarti che la cena è quasi pronta, ti conviene raggiungerci se non vuoi rimanere a bacca asciutta, Gimli mi sembra molto affamato-

L'elfo si sollevò sui gomiti mentre lo osservava allontanarsi, una piccola pianta di quelle che aveva raccolto era caduta, una delle più belle coi piccoli fiori bianchi a forma di stella completamente aperti* la raccolse e l'avvicinò al viso aspirando profondamente il suo profumo prima di riporla con cura in una tasca dell'ampio mantello.



NOTE

*Non ho trovato nessuna descrizione delle piante di Athelas, ma se ne esistono e appare diversa da come l'ho descritta scusatemi


CURIOSITA'

La prima dimora degli Ainur in Arda fu Almaren era un'isola nel grande lago che si trovava al centro della Terra di Mezzo, quell'isola fu distrutta da Melkor e i Valar si trasferirono ad Aman fondando Valinor, il Secondo Reame Beato.

Ho omesso la prima patria per ovvi motivi di trama....

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


*CAPITOLO 20*


Each Uisge*, il demone di aria e fuoco, atterrò nella radura il cui falò si era spento ormai da qualche giorno, i suoi occhi di brace fiammeggiavano nella notte, come quelli del suo cavaliere.

Il pestilenziale fiato seccava l'erba fresca che sfiorava, mentre sbuffava e scalpitava in direzione della morta palude con la coda e la criniera che, come lugubri fiamme, continuavano ad agitarsi mosse da un vento inesistente.

Il prodigioso cavaliere scese avvicinandosi al confine di quelle terre maledette, un gigante, persino secondo i canoni delle genti di Númenor, che pure superavano in altezza tutti gli altri uomini, il corpo possente e muscoloso di un lottatore era coperto da una pesante armatura di pelle di viverna,che disegnava in maniera perfetta i pettorali massicci e gli addominali scolpiti, gli spallacci irti di punte acuminate si alzavano e abbassavano al ritmo dei passi nervosi che risuonavano nel silenzio come colpi potenti degli stivali ferrati.

Il mantello era tenebra assoluta e viva si contorceva e sibilava in tentacoli oscuri che si spandevano attorno al suo corpo mentre avanzava, per poi ricadere simili a pesante stoffa inanimata quando fermò i suoi passi.

-Morto!- imprecò -Tutto morto!- Un pugno sferrato coi guanti corazzati stroncò un giovane abete che aveva avuto la sfortuna di conoscere la rabbia di Morgoth.

-Non c'è nulla qui, cosa pensavano di trovare quegli sciocchi? Quella dannata strega si è portata via il mio Potere, ma ne lei ne i suoi patetici soldati sono sopravvissuti-

Parlava ad alta voce alla notte, nascondendo nell'ira una sicurezza che non possedeva, Melkor il Dio/Re di Arda odiava non sapere, e quella gente si comportava in maniera incomprensibile, cosa erano venuti a cercare in quel luogo sciagurato.

Dopo molti millenni il dubbio lo dilaniava, la paura che ora chi gli si opponeva possedesse quel potere a cui aveva tanto anelato.

-Maledetto Olórin!- ringhiò alle stelle, avrebbe dovuto ucciderlo subito, aveva sempre saputo di non potersi fidare, ma era potente e intelligente, molto più di quel burattino di Saruman, e lui amava il potere.

-E ora mi si è rivoltato contro! Dannato Sognatore sciocco! Possibile che abbia visto quello che a me è sfuggito?- Non era possibile, aveva cercato per secoli in quelle paludi in cerca delle traccie residue di potere, li non c'era nulla, tranne quei sudici bastardi che avevano osato opporsi alla sua giusta richiesta, eternamente intrappolati nel loro amato bosco, un destino ancora troppo clemente per la loro arroganza.

-Ma se non il potere cosa cercavano? Chi sono queste persone che osano sfidarmi? Chi è quell'elfo che è immune alla mia magia?-

Perché nella sua arroganza non prendeva neppure in considerazione il fatto che degli amici potessero tornare e affrontare il pericolo per un semplice compagno, ma si era convinto che quell'immortale possedesse la forza per annullare la sua magia, e questo, unito alle capacità di Olórin, perché era sicuro che ci fosse l'antico traditore dietro a tutto quel mistero, lo spaventava e la paura lo rendeva ancora più pericoloso.

Allargò le enormi braccia lanciando i tentacoli di tenebra nella palude, neri serpenti che si scioglievano alle sue spalle, scivolando sugli acquitrini, sibilando tra gli alberi morti, frustando l'aria in cerca di risposte, che però come un tempo a lui restavano celate, perché la Tenebra è incapace di riconoscere la Luce che si nasconde.

-Niente! Niente!- il suo ruggito squarciò il silenzio mentre le fiamme divampavano bruciando il bosco attorno a lui, l'orrida cavalcatura nitrì di piacere.

Non avrebbe permesso che uno sparuto gruppo di mortali con un sudicio elfo e un illuso Istar lo mettessero in ridicolo, doveva trovarli, doveva fermarli, e soprattutto doveva capire le loro intenzioni.

Si impose la calma richiamando le Tenebre che tornarono a tessere il cupo mantello, da dove cominciare?

Se non erano venuti a cercare Potere l'unica spiegazione era che cercassero una via, non poteva permettere che quegli sciocchi passassero le Nebbie, a differenza dei suoi servitori Lui aveva sempre saputo di non aver vinto realmente, ora era più forte, ma lo era veramente? Poteva fidarsi di quei melliflui fantocci che lo circondavano? Avidi e smidollati che adulavano la sua Gloria e si pavoneggiavano nel suo Potere. E il popolo? Marmaglia senza spina dorsale pronta a mordere la mano che l'aveva a lungo nutrita come un cane rabbioso si rivolta al cacciatore, buoni solo come carne da macello, li avrebbe usati come aveva sempre fatto, puntando sulla debolezza dei Valar che avrebbero trattenuto la mano contro quei poveri innocenti.

Non lo avevano fermato allora non ci sarebbero riusciti ora che era Signore Supremo, ma voleva governare su una terra in rovina? Voleva perdere i suoi giocattoli e balocchi? No, non lo voleva e soprattutto non voleva essere umiliato da un così esiguo gruppo di avventurieri.

Non poteva mostrarsi avventato, nessuno doveva minimamente sospettare che quella gente lo preoccupasse, già una volta aveva fatto quell'errore e lo aveva pagato caro, avrebbe allertato le viverne, dovevano attraversare il loro territorio e non ne sarebbero usciti vivi, gli dispiaceva per l'elfo ma era un sacrificio necessario, questa volta non avrebbe trattenuto la mano cercando prigionieri.

Sapeva chi doveva ringraziare per il fatto che fossero sfuggiti all'Occhio della Torre, Bombadil, quella spina nel fianco di cui non poteva liberarsi, ma anche lui alla fine avrebbe pagato, Ilúvatar non lo avrebbe protetto in eterno, Lui, solo Lui, Melkor il Potente era un degno figlio dell'Unico.

Questa volta fu una risata, malvagia e gelida a attraversare la notte mentre saliva sul  mostruoso cavallo, diretto a trovare un vecchio amico, che troppo a lungo aveva ignorato.  


Camminavano da giorni ormai in quelle terre desolate, solo le capacità di Tàr di riuscire a trovare le poche sorgenti presenti in quel deserto gli permettevano di sopravvivere.

Persino Gimli, dopo aver stoicamente resistito per un'intera giornata aveva abbandonato armatura e cotta di maglia per non fare la fine di una “capra al forno” come lui stesso aveva detto, sarebbe stato più agevole muoversi di notte e cercare un riparo dal sole infuocato di giorno ma neppure loro erano tanto folli, sapevano di essere nel territorio di caccia delle viverne, e muoversi con la frescura dell'oscurità sarebbe anche stato un invito a cena per quelle creature.

 Le Terre Desolate, miglia e miglia di sabbia rossa e rocce aguzze, solo i pazzi e i suicidi si avventuravano in quelle lande deserte, l'acqua era quasi inesistente e nascosta in profondità nel terreno, i pochi fiumi scorrevano in gole tanto profonde da essere quasi irraggiungibili e comunque un comune viaggiatore sarebbe morto molto prima di raggiungerli dal momento che distavano giorni di cammino sotto il sole cocente, per completare il quadro avvilente se si sopravviveva a caldo e sete c'era sempre il rischio di diventare il pasto di uno di quei mostri alati tanto amati da Melkor.

 Fortunatamente la compagnia che le stava attraversando in quel momento non era certo formata da comuni viaggiatori, il gruppo di Cacciatori di Reliquie si era trovato spesso in quelle regioni ricche di rovine, perché quel deserto, come altre zone martoriate, non era sempre stato tale, un tempo, prima della guerra, era una pianura fertile e verdeggiante, li era stata combattuta l'Ultima Battaglia, in quel luogo le forze dei Potenti si erano scontrate ferendo le terra in maniera devastante e, per completare l'opera, quello stesso deserto era stato a lungo conteso tra Draghi e Viverne finché i Draghi, indeboliti dal tradimento di Ancalagon* si erano dovuti arrendere alla supremazia delle rivali che godevano del favore di Morgoth.

La capacità del númenóreano di sapere sempre dove scavare per trovare acqua o di portarli ogni sera a un riparo di rocce o rovi che li nascondessero agli occhi dei mostri non mancavano ancora di sorprendere l'elfo, sebbene i compagni ci fossero da tempo abituati e non si ponessero domande per lui queste capacità avevano del magico, almeno finché l'uomo non gli aveva spiegato con pazienza a riconoscere i punti dove la sabbia era più scura, un sicuro segnale che fosse più umida, e vedere le irregolarità nelle onde di sabbia, che indicavano qualcosa di sufficientemente grosso da deviare il vento, ma anche ora sforzando la sua vista acuta su quella superficie monotona doveva ammettere che quel mortale aveva una vista migliore della sua, almeno per quanto riguardava certi particolari, per quanto ci provasse e sapesse cosa cercare lui continuava a vedere sabbia e rocce e il riverbero del sole che gli feriva le iridi chiare.

Ma non era a questo che stava pensando in quel momento, era balzato in avanti allontanandosi senza una parola, per poi fermarsi immobile davanti a un piccolo arbusto secco di rovi, e ancora stava li, immobile, con un'espressione meravigliata che intenerì il cuore del umano quando lo raggiunse.

-Cosa vedono i tuoi occhi di così bello in una pianta morta?- chiese dolcemente

Non si era neppure accorto del compagno che si era avvicinato.

-Non è morta- rispose orgoglioso di aver notato qualcosa che era sfuggito all'altro, si chinò accarezzando delicatamente, quasi con deferenza una piccola gemma che si stava aprendo rivelando un unica fogliolina verde, pallida e stropicciata, dall'aspetto debole e delicato, eppure inspiegabilmente viva.

-Non è meravigliosa? E' incredibile che trovi la forza di sopravvivere in questo inferno ma è qui, ed è viva, quasi non credo ai miei occhi. La vedi anche tu?-

-La vedo- allungò la mano sfiorando quella candida ancora appoggiata alla gemma -Mi ricorda qualcuno- disse con tenerezza -Solitaria, dall'aspetto fragile, ancora un po' accartocciata su sé stessa come avesse paura di aprirsi al mondo, e non le do torto, chi non avrebbe paura di un mondo come questo? Ma lei sopravvive, nonostante l'arsura, nonostante il deserto, nonostante tutto quello che il fato le ha scagliato contro, lei sopravvive ed è pronta ad aprirsi al sole-

-E' forte, neppure lei sa di esserlo, ma ci vuole forza per germogliare in un luogo come questo- se stesse ancora parlando della foglia o di sé stesso neppure lui lo sapeva

-Sì, lo è davvero-

-Conosci il suo nome nell'Antica Lingua?-

-Laeg Lassë Foglia Verde, Germoglio-

-LaegLassë- ripeté lasciando scivolare le parole sulla lingua in un sussurro -Laegolassë- riprovò ancora pensieroso -Laegolas...-

-Legolas- gli sussurrò all'orecchio -Legolas-

-Legolas... è bello-

-Sei bello... Legolas... sei un germoglio pronto a sbocciare-

-Forse sono solo pallido e raggrinzito- scherzò cercando di calmare i battiti del suo cuore

Con una risata l'uomo lasciò cadere l'argomento, aveva promesso di non spingersi troppo oltre, avrebbe continuato con cautela, ma prima di andarsene estrasse il pugnale e lo piantò nella sabbia scoprendo le radici, e strappandole al deserto

-No!- gridò l'assassino -Così la uccidi!-

-Forse lo penserà per un momento- rispose sorridendo e avvolgendola in una pezza umida che ripose nello zaino -Ma non preoccuparti, ha lottato abbastanza, mi prenderò cura di lei e la porterò dove potrà crescere senza paura-

“Sì, lo farà, lo farebbe, l'ha già fatto” e nonostante tutti i suoi propositi non poté impedirsi di sorridere anche se riuscì a voltarsi in tempo per evitare che lui lo vedesse “Ora non ho più dubbi, io sono Legolas, sono io quella giovane piantina”

-Non la farai morire vero, Estel?- domandò ancora girato di spalle osservando l'orizzonte

-Non ti preoccupare, è al sicuro, non permetterò che le accada nulla-

L'elfo continuò a osservare ostinatamente il deserto, gli occhi che luccicavano forse per la troppa luce, non poteva girarsi, non poteva perché aveva paura di leggere negli occhi dell'uomo che non stava più parlando della pianta “O forse ho paura che lui stia davvero parlando solo della pianta? Eru Ilúvatar dammi la forza! Sono stato io ad allontanarlo, ed è giusto così, non posso permettermi di avere certi pensieri, non posso permettermi di cedere...”

Ancora una volta fu il bruno a interrompere il momento così carico di sottintesi, forse meditando una leggera vendetta o forse deciso a scalfire poco alla volta la determinazione della preda, ma ora era lui a fare impazzire l'immortale allungando la mano e ritraendola subito dopo.

-Allora Germoglio, pensi di restare qui tutto il giorno o ti decidi a seguirci? Il sole già cala e visto le tue doti di osservazione ho appena deciso che non ci fermeremo finché non sarai tu a trovarci un riparo per la notte-

-Stai scherzando vero?- si riscosse immediatamente dai pensieri

-Assolutamente no-

-Aspetta- allungando il passo per rincorrerlo -Non puoi dire sul serio! Non ne sono in grado, vuoi farci ammazzare tutti?-

-Sai cosa cercare e la tua vista è acuta, non imparerai mai a cavartela da solo se non ci provi-

-Pensavo di essere io quello che voleva morire, agli altri non ci pensi?-

-Certo, quindi se non li vuoi sulla coscienza smettila di lamentarti e comincia a cercare-


Stava sudando, erano giorni che camminavano in quel deserto e solo adesso sudava, pensò mentre si asciugava la fronte con un braccio, e tirava indietro i lunghi capelli che aderivano fastidiosi alla pelle “Sono un elfo dannazione! Non sudo, non ho freddo, non sono mai stanco!” eppure sudava e le gocce salate scivolavano sulla fronte e gli annebbiavano la vista, ed era anche l'unico a preoccuparsene, quando il capo aveva comunicato la sua decisione l'unico commento era stata una pacca sulla spalla di Gimli

-A quanto pare è arrivato il tuo momento ragazzo- gli aveva detto -Tranquillo ci siamo passati tutti, il capo è convinto che sotto pressione si dia il meglio!-

“Che cosa significa! Non ho certo bisogno di essere messo sotto esame da uno stupido mortale, io! E poi perché diamine si ostinano a chiamarmi ragazzo! Dannazione! Dannazione! Dannazione!”

-Chiudi gli occhi e respira- sentì quella voce calda accarezzargli la nuca e immediatamente si calmò, gli sembrava di essere tornato bambino mentre sua madre gli insegnava paziente a muoversi furtivo

-Devi sentirlo il deserto, senti il vento, il sole la sabbia, non ti sono nemici, non ti stai preparando a una battaglia, cerca di rilassarti-

Aprì la bocca per parlare ma un dito fu immediatamente posato sulle labbra facendolo tacere

-Chiudi gli occhi e respira- sussurrò ancora mentre con la mano accarezzava lentamente il suo petto, traendolo con delicatezza ferma verso di se -Rilassati-

“Se mi rilasso ancora un poco mi cederanno le gambe”

 -Guarda con gli occhi ma senti col cuore- “Hai dimenticato che non ce l'ho, un cuore?” ma lo sentiva battere, sentiva forte il cuore dell'uomo battere contro la sua schiena, e sentiva il suo rispondergli

-Ora, apri gli occhi-

E vide, vide come non aveva mai visto prima, vide come vedeva lui, vide la calda luce del sole, vide il vento e la sabbia sempre in movimento, vide le ombre delle creste rincorrersi giocose, sentì il profumo della salsedine portato da miglia di distanza, e sentì la voce profonda della terra, il respiro caldo della brezza, il canto melodioso della luce o forse erano le sensazioni del corpo premuto dietro di lui

-Vedo- gli uscì in un singulto  

-Ne ero sicuro- quella bocca calda premuta sulla spalla sembrò ustionargli la pelle attraverso la stoffa.

Respirò profondamente cercando di ritrovare un controllo che minacciava ogni momento di sfuggirgli

-Dovresti smetterla di scivolarmi silenzioso alle spalle, quello è compito mio-

-E tu dovresti essere più attento, ma vedo che ultimamente ti distrai facilmente-

-Solo perché tu non sei un pericolo, anche se non ti sento arrivare il mio istinto sa che non ho nulla da temere-

L'uomo sorrise a quella frase più di quanto immaginasse, in realtà temeva che il suo comportamento passato avesse reso l'immortale più cauto nei suoi confronti, ma quell'ammissione ingenua fugava da lui ogni dubbio.

-Allora vai, Giovane Germoglio- scherzò -Ora che puoi vedere, dirigi sicuro i tuoi passi-

Quando il corpo dell'uomo si staccò da lui sentì improvvisamente freddo, un attimo di vuoto, come se improvvisamente gli venisse a mancare una parte importante di sé, e in quel momento per la prima volta maledisse la decisione che lo aveva portato ad allontanare per sempre l'unica persona che lo avrebbe mai fatto sentire completo, e si maledisse e maledisse le sue paure per non aver rischiato in quella sfida così grande contro se stesso, ma poi ricordò che era stato per proteggere lui che lo aveva fatto, per proteggerlo da quell'illusione di sentimento che non sarebbe mai riuscito a provare.

Ancora una volta, con uno sforzo che diventava ogni giorno sempre più pesante richiuse la mente a quei pensieri molesti, puntò gli occhi freddi sull'orizzonte e ricominciò a camminare deciso, verso un rifugio che ora sapeva dove trovare.



*Reirapedia  (ovvero la Wikipedia di Reira...NCA  sta per Nuova Cronologia di Arda)

Tolkien parla spesso dei Maiar rinnegati, alcuni li conosciamo (Sauron, Ungoliant, i Balrog...) di altri non si sa nulla quindi ho deciso di inventare... spero che il professore non me ne voglia... ma visto quello che ho fatto alla sua povera storia, non credo che se ne avrà a male per questo piccolo particolare, comunque per placare il suo spirito ho attinto dalla mitologia nordica alla quale lui stesso si è ispirato.

Each Uisge era uno dei tanti Maiar che venne corrotto dalle parole di Melkor, come Ungoliant non scelse una forma umana ma una demoniaca (anno 449 NCA).

 Viene descritto (da me ovviamente NdA) come un gigantesco e mostruoso cavallo di tenebra e fuoco, la sua bocca era munita di zanne aguzze e il suo alito era infuocato, il corpo possente ma scheletrico mostrava le fiamme che incendiavano le sue viscere ma non bruciavano i neri crini.

Poteva cavalcare nell'aria come nella terra, solo l'acqua gli incuteva timore perché una profezia aveva predetto che avrebbe trovato la morte quando le sue fiamme fossero state spente dall'Acqua della Pietra.

Il Maia non sapeva cosa fosse l'Acqua della Pietra, quindi, anche se la comune acqua non poteva spegnerlo, preferiva non avvicinarsi troppo.


Ancalagon: Signore dei Draghi e Primo drago alato di Arda, seguì Melkor come il padre Glaurung,(fin qui tutto normale... da adesso in poi vai con la Reirapedia) ma alla morte di quest'ultimo (anno 498 NCA) si accorse dell'inganno del Signore che preferì le Viverne ai Draghi cercando di relegarli a una posizione di secondo piano.

Ora come tutti sanno i Draghi sono cupidi e assetati di potere ma sopra ogni altra cosa sono liberi e orgogliosi.

Ancalagon già sopportava a malincuore il giogo della tirannia e quello smacco fatto al suo orgoglio preferendo le creature che da sempre erano acerrime nemiche gli diede il coraggio di ribellarsi (Anno 511 NCA)

Abbandonò Morgoth prima dell'ultima battaglia anche se gli altri della sua specie non vollero seguirlo, per non dover combattere contro i suoi fratelli scomparve dalla Terra di Mezzo nascondendosi in un luogo tuttora ignoto.

Si racconta che i Valar, per ricompensarlo del suo gesto prima di fuggire benedissero le sue uova, dando vita alla stirpe dei Draghi di Luce, quei Draghi che hanno le squame come metallo lucente e che ancora oggi vivono liberi dalla tirannia del Dio/Re, più intelligenti e forti dei loro compagni oscuri si tengono però schivamente isolati ed è raro avvistarli.


CURIOSITA'

L'Each Uisge (letteralmente "cavallo marino"), che si pronuncia ek-ooshkya, è uno demone marino. Conosciuto in Irlanda col nome Aughisky, è molto simile al Kelpie ma rispetto a quest'ultimo è ben più pericoloso. L'Each Uisge aggredisce vittime innocenti nell'acqua e le divora.

L'Each Uisge è una creatura mutaforma che si trasforma principalmente in un cavallo dalla folta criniera e dalla lunga coda con un manto dal color nero.

 Nella storia ho lasciato il nome Each Uisge perché l'aspetto a cui mi sono ispirata è quello anche in questo caso non si tratta di un demone dell'acqua.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


*CAPITOLO 21*

Si trovavano sull'orlo di uno strapiombo, l'altra parete molto più in basso e distante,  più giù in profondità spumeggiavano le acque tumultuose del Carnicelumë*, il rumore attutito dalla distanza, sull'altro lato da qualche parte c'era l'affluente che cercavano e quell'ostacolo era da superare assolutamente.

-Non possiamo scendere la parete e risalire come abbiamo fatto col Celduin?- chiese stupita la ragazza -Qui è anche più facile, vedete come è basso di la?-

-Non se ci teniamo alla vita, Rhawel, sai cosa sono quelle grotte sparse sulla parete?-

-ehm... no?- inclinò il viso con l'espressione imbarazzata di chi si sta domandando se la risposta che ha dato è quella giusta

-Una tana, e a giudicare dal numero di ingressi di una bestia molto grossa e antica-

-Augh... questo è male!- borbottò il nano

-Molto male, ho paura che anche trovando un riparo così vicino alla sua tana potrebbe comunque fiutare il nostro odore-

-Quindi non abbiamo speranze? Dobbiamo combattere? Non ho mai affrontato un avversario tanto grosso e pericoloso, devo ammettere che potrei trovarlo stimolante anche se avrei preferito evitarlo-

-Credimi, Legolas- pronunciò il nome con un sorriso, ogni volta che pensava al compagno come Legolas e non più come Esgalwath la tenerezza di quella parola gli riempiva il cuore -Preferirei assolutamente evitarlo, non dubito delle nostre abilità, ma un'Ombra Alata, soprattutto una antica e potente è di gran lunga sopra ogni possibilità di riuscita per un numero così misero di persone, fidati, le ho viste all'opera-

-Posso usare la magia... Quella vera intendo- propose a malincuore l'Istar

-E rivelare così a Morgoth la nostra posizione? Se dovessi usare il tuo potere di Maia potresti sicuramente sconfiggere il mostro, ma sai bene che qualunque Antico riconoscerebbe immediatamente un simile uso di Magia... non voglio morire, ma non è mia intenzione rivelare i nostri intenti se posso evitarlo-

-Allora cosa proponi, capo? Non mi sognerei mai di mettere in dubbio la tua intelligenza ma come hai detto non abbiamo vie d'uscita o mi sono perso qualcosa?-

-Una via c'è, Gimli, dobbiamo attraversare, raramente cacciano dall'altra parte del fiume, dovremmo essere relativamente al sicuro-

-Ah! Ma perché non ci abbiamo pensato prima!- lo guardò come si guarda un folle -E ci sai dire come? Visto che non possiamo scalare la parete e l'ultima volta che mi sono guardato la schiena non avevo le ali?-

-Ci sto pensando, datemi un momento-

-Credo di aver già fatto questa domanda- ridacchiò l'elfo -Rhawel non puoi raggiungere l'altra parte con una freccia e una fune?-

-Non questa volta Gwath... scusa Legolas... devo farci l'abitudine- sogghignò -E' troppo lontano anche per me, troppo distante per un'unica corda, dovremmo legarne assieme due e il peso trascinerebbe giù la freccia, nonostante il fatto che essendo così basso mi farebbe guadagnare molti metri-

-E se disfassimo la corda? Metà spessore, metà peso-

-In quel caso potrei provarci, anche se ti assicuro che sarebbe il miglior tiro che abbia mai fatto, non sono certa di riuscire-

-Sarebbe comunque inutile- si intromise Tàr -Metà peso e metà spessore significa anche metà resistenza, non sarebbe abbastanza per farci passare-

-Non per me, sono sufficientemente leggero e agile per farlo. Non mi sto vantando lo sai bene, non potrei provarci se non fossi certo di riuscire-  Mormorò l'ultima frase sfiorando il Sigillo che ancora deturpava la sua spalla.

Poi alzò lo sguardo sostenendo sicuro quello penetrante dell'uomo

-D'accordo-

-D'accordo?! Ma sei impazzito, capo? Non crederai davvero che io mi faccia una passeggiata nel vuoto? No! No! E ancora No! I nani non volano e non fanno gli equilibristi! Trovate subito un altro modo!... Ehi, mi ascoltate? Ho detto che io non lo faccio! Avete capito!-

Ma gli altri si erano già messi pazientemente al lavoro, ridendo del suo sbraitare ben sapendo che alla fine li avrebbe seguiti.


-Pronta?-

-Pronta- annuì decisa l'arciere

-Allora avanti, ragazzina, fammi vedere se sei brava in qualcos'altro oltre che nel molestare elfi- gli strizzò l'occhio il biondo

-Taci- sollevò il grosso arco e lentamente cominciò a tenderlo “Certo che ne ha di forza in quelle braccia sottili” continuò finché l'elfo iniziò a pensare che potesse spezzarlo, poi si fermò immobile con lo sguardo puntato sull'altra sponda senza neppure battere le ciglia e attese, stava sentendo il vento, aspettava il momento giusto per scoccare.

Quando finalmente lo fece trattennero tutti il fiato osservando la corda srotolare veloce e la freccia filare dritta raggiungendo la sponda opposta con ancora abbastanza forza da penetrare nel terreno per trequarti della lunghezza.

-Diamine, ragazza, sei un demonio!- fischiò il nano che pure conoscendola da molto tempo non aveva mai visto un tiro simile

-Davvero niente male, ragazzina, sono quasi impressionato- l'elfo alzò il sopracciglio guardandola soddisfatto

-Solo quasi?-

-I complimenti li lascio agli altri... ora vado, non abbiamo molto tempo-

-Fai attenzione-

-Sarà un gioco da ragazzi, ma nel caso mi succeda qualcosa non dimenticarti la mia piantina, Estel-

-Non scherzare-

Come aveva detto non avevano motivo di preoccuparsi, i suoi passi leggeri e agili curvavano a malapena la fune mentre raggiungeva veloce l'altro lato e fissava il cavo più grosso che si era trascinato dietro, facendogli segno di raggiungerlo.

La giovane lo raggiunse velocemente con una grazia e un'agilità di poco inferiori alle sue, lo stregone la seguì poco dopo, con passo più lento ma sicuro e come tutti sospettarono una leggera dose di magia.

-Tocca e te, Gimli-

-Te lo scordi-

-Vuoi restare qui?-

-Meglio lo stomaco della bestia, che sfracellato la in fondo-

-Se lo dici tu... allora io vado-

-Dannazione! Vado... Vado! Che razza di amici siete! Ma lo scordate che al ritorno passi da qui!-

Si avvinghiò alla corda con gambe e braccia trascinandosi avanti con una grazia da fare invidia a un lombrico, imprecando in lingua nanica per tutto il tempo, frasi che se anche non capivano avevano tutta l'aria di maledizioni.

-Ben fatto, amico- ironizzò l'immortale quando finalmente li raggiunse.

-Non avvicinarti, tu, traditore- borbottò scorbutico -Non me lo dimentico sai, che è stata tua l'idea!-

Intanto anche l'umano aveva cominciato la traversata, preferendo la forza delle braccia all'agilità avanzava dondolando nel vuoto mentre i pettorali e i bicipiti si gonfiavano per lo sforzo.

Quando fu quasi dall'altra parte sollevò lo sguardo osservando stupito l'espressione preoccupata dell'assassino, non l'aveva notata mentre erano gli altri a passare, gli angoli della bocca si sollevarono in un sorriso di sfida, e, mentre lo vedeva sbiancare e irrigidirsi, tese le braccia sollevando il corpo all'altezza della corda, poi lentamente ruotò facendo salire le gambe e restò sospeso per un istante a testa in giù prima di piegare i gomiti e darsi uno slancio verso l'alto che lo fece atterrare con un movimento perfetto sulla sabbia rossa, tutto questo lo aveva fatto senza distogliere lo sguardo da quella creatura immortale che aveva trattenuto il fiato, soffocando un grido e ora lo osservava con malcelato disprezzo

-Sei impazzito?- sibilò -Potevi ammazzarti-

-Preoccupato?- gli sorrise

-Certamente non per te, sciocco esibizionista. Mi preoccupo per la missione-

Nonostante le parole dure quando girò le spalle e si avviò per allontanarsi dal bordo del dirupo cercando un rifugio prima che calasse la notte il sorriso dell'uomo si allargò mentre gli occhi scintillavano soddisfatti.


Erano ormai calate le tenebre, l'ombra oscurò le stelle sopra di loro, un brivido gelido li fece appiattire contro le rocce sotto le quali si nascondevano, era la terza volta che la vedevano passare e ad ogni passaggio era sempre più vicina, purtroppo non si erano potuti allontanare molto dalla tana, la notte era sopraggiunta veloce lasciandogli appena il tempo di trovare una cresta rocciosa abbastanza ampia da nasconderli.

-Non avevi detto che non cacciano da questo lato del fiume?- bisbigliò Rhawel

-Ed è così, non capisco cosa la spinga a questo comportamento-

-Sta cercando qualcosa- mormorò l'elfo senza staccare gli occhi dal cielo, in quelle condizioni era l'unico a vedere bene nonostante il buio

-Sta cercando noi- annuì lo Stregone -Temo che ormai la nostra missione non sia un segreto per Morgoth, deve averle allertate-

-Non puoi esserne certo, magari essendo molto antica ha solo allargato il suo territorio di caccia-

-Presto dovremo decidere, o la combatto o moriremo, al prossimo passaggio sarà abbastanza vicina per fiutarci e allora queste misere rocce non ci nasconderanno a lungo-

-Deve esserci un'altra soluzione, se sveliamo troppo presto i nostri piani l'Imperatore Nero avrà tutto il tempo per organizzare una difesa, non dobbiamo sottovalutare l'effetto della paura creata quando le Nebbie si dissolveranno, non possiamo concedergli il tempo di prepararsi. La missione viene prima di ogni altra cosa-

-Se moriremo non ci sarà nessuna missione, ragazzo mio-

-Silenzio... sta tornando- avvertì l'assassino.


Come aveva previsto Mithrandir li aveva fiutati e ormai volava in circolo sulle loro teste, in una spirale sempre più stretta che li avrebbe presto condannati.

Ar-Agorn sfiorò la spada al suo fianco, Narsil, il dono di chi aveva avuto fiducia in lui, osservò i volti scuri dei compagni, anche loro avevano fiducia in lui, il peso dell'Elendimir nascosto sotto gli abiti gli premeva sul petto, il simbolo di una stirpe che aveva tradito la luce, non poteva succedere ancora, la missione veniva prima di ogni altra cosa... lui era il capo toccava a lui nascondere il segreto, era suo compito fare si che gli altri potessero continuare.

Lentamente, molto lentamente sciolse la cintura, Narsil scivolò silenziosa a terra.

-Fate in modo che venga impugnata con onore in battaglia- mormorò ai compagni che si voltarono senza capire, un sussurro che non era sfuggito neppure ai sensi acuti della viverna che già cominciava a scendere.

Senza una parola, senza lasciare loro il tempo di reagire o di fermarlo, uscì allo scoperto correndo veloce verso il dirupo.

-Non muovetevi!- gridò nella notte attirando su di se l'attenzione dell'Ombra Alata che scese in picchiata protendendo i poderosi artigli verso di lui.

-Dannato eroe!- scattò l'elfo sconvolto seguendolo così prontamente da lasciare tutti senza parole.

Ormai l'attenzione del mostro era concentrata sull'uomo in fuga, lo raggiunse afferrandolo tra le zampe uncinate e si sollevò con un battito d'ali per lanciarsi in basso verso la tana.

Mithrandir, Gimli e Rhawel osservavano la scena come se ai loro occhi il tempo avesse rallentato, la corsa veloce dell'umano e dell'elfo li aveva lasciati indietro, tutto si era svolto così rapidamente da non lasciargli il tempo di reagire, nel fiocco chiarore lunare videro il loro amico scomparire con la creatura oltre il crinale, videro la corsa forsennata dell'elfo spingerlo sempre più vicino all'orlo del precipizio e quando mancavano solo pochi passi a separarlo dal vuoto lo videro aprire le braccia, il nero mantello che si allargava dietro di lui, pensarono che volesse arrestare il suo slancio invece, puntando i pedi in un ultima spinta, si lanciò nel vuoto dietro alla bestia.

Quando finalmente raggiunsero anche loro la rupe tutto quello che riuscirono a vedere fu la viverna che precipitava avvitandosi senza controllo verso le acque tumultuose ma dei compagni non c'era traccia

-Ve lo giuro, se per qualche assurdo fato sono sopravvissuti questa volta li uccido con le mie mani!- imprecò la giovane mezzelfa -E guai a voi se provate a fermarmi!-

-Io non ti fermo di sicuro! Anche se prego Ilúvatar che siano vivi... ma cosa diamine hanno nella testa?-

Lo stregone non stava ascoltando, continuava a ripensare al salto dell'assassino senza riuscire a trovare una spiegazione logica

-E' saltato- mormorò tra se

-Grazie, Mithrandir- rispose sarcastica -Lo abbiamo visto tutti!-

-Non è possibile... Non doveva saltare...-

-Anche questo è piuttosto evidente, avere a che fare con un pazzo è già abbastanza, due sono davvero troppi!-

-Non capisci Rhawel, non doveva essere fisicamente possibile, il Sigillo, non avrebbe dovuto essere in grado di saltare-

-Per tutte le rocce degli Ered Luin! Come è possibile?!-

-Non ne ho idea... non ho mai visto prima una cosa del genere-

-Scusatemi, per quanto trovi interessanti questi arcani problemi, credo che sarebbe opportuno decidere cosa fare. Quando li troviamo... se sono vivi... vi lascerò il tempo di interrogarli- poi sorrise malefica -Prima di farli fuori...-

-Io propongo di continuare per la nostra strada, cercarli sarebbe inutile, potrebbero essere ovunque tra qui e il mare... ma se sono sopravvissuti si dirigeranno certamente verso la nostra meta, è per questo che Tàr ha attirato via il demone... per darci la possibilità di continuare-

-Tàr è un'idiota, come poteva pensare che avremmo accettato di vederlo sacrificare, non lo avremmo mai permesso- singhiozzò la ragazza ora che la rabbia era svanita

-E' per questo che non ci ha dato il tempo di reagire, lo sapeva- mormorò tristemente il nano

-Ma stanno bene, vero?-

-Lo spero, dobbiamo sperare nella fortuna e nel fato, ma sono fiducioso, il mostro è morto... e certamente non di morte naturale- ridacchiò -Quindi sono sopravvissuti abbastanza per ucciderla, e... chiamatemi ottimista...- sorrise il vecchio -Ma non ce li vedo proprio quei due che muoiono per una caduta in un fiume-

-No, decisamente non sarebbe cosa per loro morire in un modo tanto banale-

Così tornarono a recuperare i bagagli, trovando solo in quel momento la spada abbandonata a terra e comprendendo le parole sussurrate prima di uscire, fu Mithrandir a raccoglierla

-Verrà impugnata con onore, ma solo dalla mano a cui era destinata-

Gli altri annuirono solenni poi osservando i due zaini senza padrone vennero nuovamente colti dalla malinconia, che però trattennero incamminandosi rapidi verso est, non dovevano perdere la speranza, avrebbero riabbracciato presto gli amici, ma mentre camminavano in silenzio ognuno pregava a modo suo che fosse vero.

-Dobbiamo ricordarci la piantina di Gwath- dopo ore di silenzio la voce di Rhawel li sorprese

-Cosa?- domandò il nano

-La piantina di Legolas... Tàr ci resterebbe molto male se dovesse morire-

Non sapeva perché, ma improvvisamente quel misero vegetale era diventato estremamente importante, quel piccolo ammasso di rami brulli con un unica gemma verde la legava agli amici, da quella foglia Gwath aveva scelto il suo nuovo nome, la stessa che Tàr aveva promesso di curare e ripiantare in un luogo migliore, nel suo cuore sentiva che se l'avesse salvata allora i suoi amici sarebbero tornati a riprenderla, quindi si ripromise di prendersene cura finché l'uomo non fosse ricomparso e avesse ripreso quel compito.

Intanto continuavano a camminare e già un giorno era passato senza trovare traccia dei dispersi, si accamparono sconsolati senza premurarsi di proteggersi, ormai il pericolo viverne era lontano ma i loro cuori non ne trovavano sollievo.

A metà del secondo giorno, il rumore dell'acqua anticipò la scoperta dell'affluente, scorreva limpido tra le sabbie e una sottile linea verdeggiante che aveva strappato al deserto, la strada era comoda e sicura, senza lo spettro della sete e della calura, la loro meta era vicina, ma non riuscivano ad allertare il passo nella paura di allontanarsi troppo da chi aveva bisogno di loro, ma con la speranza di procedere nella giusta direzione per incontrarli.   



NOTE

Carnicelumë “Torrente Rosso”: il fiume esiste (sulle cartine di Tolkien c'è), il nome l'ho inventato perché non è segnato da nessuna parte... e vi assicuro che non esiste davvero quel nome, ho mandato mail a destra e a manca ai più accreditati siti tolkeniani italiani e stranieri... la risposta è unanime, quel maledetto fiume non ha un nome! Mi hanno anche consigliato “per scrupolosità” di inventarne uno che avesse a che vedere con quei monti (Orocarni) da cui ha origine per renderlo più veritiero, da qui “Carnicelumë”.

 Quindi se qualcuno potesse smentirmi è pregato di farlo e mi premurerò di informare i “cervelloni” della notizia :D

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


*CAPITOLO 22*


Mithrandir, Gimli e Rhawel osservavano la scena come se ai loro occhi il tempo avesse rallentato, la corsa veloce dell'umano e dell'elfo li aveva lasciati indietro, tutto si era svolto così velocemente da non lasciargli il tempo di reagire, nel fiocco chiarore lunare videro il loro amico scomparire con la creatura oltre il crinale, videro la corsa forsennata dell'elfo spingerlo sempre più vicino all'orlo del precipizio e quando mancavano solo pochi passi a separarlo dal vuoto lo videro aprire le braccia, il nero mantello che si allargava dietro di lui, pensarono che volesse arrestare la corsa invece puntando i pedi in un ultima spinta si lanciò nel vuoto dietro alla bestia.



Si lanciò in avanti con le braccia allargate e i pugnali lucenti stretti nei pugni, il mantello che sbatteva dietro di lui come le ali di un oscuro angelo.

Vedeva la distanza tra lui e la preda diminuire mentre la sua picchiata prendeva velocità e il bestia frenava la discesa per entrare nella tana, quando mancavano solo pochi metri si girò in volo portando in basso le gambe e mentre impattava violentemente il dorso scaglioso già le lame affondavano inesorabili nel lungo collo.

Un grido disumano raggelò il sangue prorompendo dalla bocca deforme che scattava indietro per liberarsi di quel nuovo aggressore ma, mentre il grido ancora echeggiava nella gola, l'assassino rotolava di lato liberando un'arma e schivando il letale attacco.

Rimase sospeso ondeggiando nel vuoto in balia del mostro impazzito per il dolore con l'unico appiglio dell'acciaio ancora profondamente conficcato nella carne protendendosi verso il compagno privo di sensi, appena un attimo prima che gli artigli mollassero la presa riusci a raggiungerlo cingendolo col braccio libero.

Il peso congiunto dei due fece penetrare maggiormente la lama, che, trascinata assieme a loro verso il basso, squartava lentamente pelle, tendini, e arterie in una pioggia di sangue nero che sgorgava inarrestabile.

In un ultimo spasmo la creatura riuscì finalmente a scrollarsi di dosso l'assalitore, ma era troppo tardi per salvarsi con le ali aperte e senza più grazia ne forze cominciò ad avvitarsi e precipitare inesorabile verso le acque che già avevano inghiottito l'elfo e l'umano.



La corrente impetuosa li catturò immediatamente, senza dare neppure il tempo di rifiatare dopo la caduta, venivano trascinati e sballottati senza riuscire a opporre resistenza, la lotta dell'immortale contro la forza del fiume, col corpo dell'uomo ancora stretto in una morsa di ferro, una presa disperata nella paura di perderlo, e in quel momento fu proprio la forza della disperazione a dargli energia sufficiente per non venire trascinato a fondo dal peso morto del compagno, annaspando per restare a galla e portandosi faticosamente, rubando ostinatamente al fiume metro dopo metro, fino alla riva.

Arrancò esausto sull'arenile trascinando il corpo esanime e crollando sfinito col viso nella sabbia e il braccio ancora protettivamente posato sul petto del númenóreano, si concesse solo un istante prima di risollevarsi, strisciando verso le labbra immobili, e soffiare in lui la sua vita, una volta, una seconda, una terza mentre il panico di averlo perso rischiava di sopraffarlo finalmente senti il torace contrarsi e il corpo sussultare alla ricerca d'aria mentre tossendo espelleva l'acqua del fiume.

Lo chiamava, non riusciva ad articolare altra parola che non fosse quell'unico sussurro “Estel” con la paura di aver fallito, il terrore di averlo perso “Estel”

-Legolas- la voce era così flebile che per un momento pensò di averla immaginata ma quando sollevò lo sguardo si trovò a specchiarsi in quelle iridi profonde illuminate dal sorriso dell'uomo

-Legolas- ripeté con voce leggermente più chiara respirando ancora a fatica

Fu solo quando scorse quel sorriso che la disperazione si tramutò in rabbia, quella rabbia assurda che nasce in un animo devastato dal terrore

-Maledetto stupido bastardo mortale! Che cazzo credevi di fare!- lo aggredì

-Avevo un piano- rispose debolmente tossendo ma senza smettere di sorridere

-Certo aveva un piano lui!- gridò esasperato

-Se fossi riuscito a saltare, e non mi fossi schiantato sulle rocce avrei potuto nuotare fino alla riva e sarei riuscito a distogliere l'attenzione dell'...- non riuscì però a finire la frase che un nuovo attacco di tosse lo sopraffece, a dispetto delle parole dure sentì immediatamente le mani calde che lo afferravano carezzandogli dolcemente la schiena finché l'attacco non fu passato

-Un piano schifoso, saremmo potuti morire entrambi- ribatté allora, ma con minor foga

-Sei saltato-

-Non mi hai lasciato una cazzo di scelta-

-Come hai fatto?-

-Come vuoi che abbia fatto! Mi sono spinto e giù!-

-Legolas- sorrise scoprendo che in quel momento la frustrazione dell'elfo era tale da non capire l'ovvio -il Sigillo-

-Io non ci pensavo...- spalancò gli occhi -L'idea di morire non mi aveva neppure sfiorato in quel momento...Non capisco... so solo che volevo raggiungerti, non pensavo a nient'altro...- si interruppe ansioso quando si accorse che l'altro stava perdendo nuovamente i sensi

-Estel! Stai bene, sei ferito!-

-Non è nulla, solo un graffio... tra poco starò bene... aiutami ad alzarmi, dobbiamo raggiungere gli altri-

-Sei sicuro di farcela?- chiese preoccupato

-Davvero, sto bene, solo un po' di debolezza-

-Sai dove siamo?-

-Sicuramente troppo a valle, dobbiamo tornare indietro...- aveva fatto solo pochi passi e già rischiava di finire a terra se una presa forte non lo avesse immediatamente sorretto

-Devi riposare, non puoi andare avanti in questo stato-

-No- rispose fin troppo secco -Aiutami, dobbiamo andarcene da qui-

Pensando che fosse la paura di nuovi attacchi a spingerlo, l'elfo acconsentì a proseguire aiutandolo a camminare.

Avanzavano lentamente nel deserto arroventato, ma nonostante il calore l'immortale poteva sentire i brividi che scuotevano il corpo muscoloso che si sorreggeva a lui con forza maggiore passo dopo passo finché non lo senti accasciarsi svenuto

-Maledizione Estel! Cos'hai?- Non riusciva a capire, eppure non c'erano ferite profonde e lui era un uomo forte perché non si riprendeva

-Fr... Freddo... Ho... Tanto... Freddo...-

Lo sentiva tremare scosso da brividi di febbre e non sapeva cosa fare

-Maledetto mortale, svegliati! Estel ti prego dimmi cosa devo fare!- Lo stringeva forte nella vana speranza di scaldarlo col suo corpo, la dove il sole infuocato non ci riusciva.

-Ve...Veleno- mormorò con voce appena udibile

“Dannazione!” in quel momento la gioia di vederlo vivo gli aveva fatto dimenticare che il veleno delle Ombre Alate era tra i più letali che esistessero, lo aveva usato nella sua vita precedente, poche gocce bastavano per sterminare intere famiglie, i suoi fornitori avrebbero avuto l'antidoto, ma non c'era nessun fornitore in quel dannato deserto

-Dimmi come posso curarti ti prego, non mi lasciare... Estel!... rispondimi!...- ma non rispondeva -Non osare morirmi tra le braccia mi hai sentito!- gridò -Se provi anche solo a pensarlo ti uccido- il sussulto di un tentativo di risata gli diede speranza

-Estel ascoltami, ascoltami ti prego, non mollare proprio adesso... parlami-

-Mithrandir... Athelas...-

“L'Athelas!” era vero glielo aveva detto, poteva curare i veleni, prese dalla tasca quella piccola piantina che aveva raccolto nel prato, gli era sembrata tanto bella ma ora appariva così piccola, troppo piccola, e non sapeva come usarla, se solo ci fosse stato lo Stregone, era sicuro che persino Gimli e Rhawel avrebbero saputo cosa fare ma era solo lui e quella dannata manciata di foglie e doveva fare qualcosa altrimenti lo avrebbe perso... chiudendo gli occhi per la paura di sbagliare la mise in bocca masticandola lentamente e la spalmò su ogni segno che gli artigli avevano lasciato poi attese, stringendolo forte e pregando, non aveva mai pregato prima, non sapeva neppure a chi pregare, non di certo la Nera Signora, non lo aveva mai ascoltato prima e aveva il terrore che non lo ascoltasse neppure questa volta mentre pregava che non si avvicinasse, che non lo portasse via.

Pregò i Valar, se davvero esistevano, li pregò di proteggerlo perché lui aveva rischiato tutto per loro, pregò il Fato, che lo aveva messo su quella strada e non poteva toglierlo prima del tempo, pregò Eru Ilúvatar e gli Spiriti della Natura che il númenóreano tanto amava.

Quando ebbe finito lacrime e preghiere si alzò prendendolo tra le braccia e cominciò a camminare verso Est, avrebbe trovato il fiume e la sorgente e gli amici, loro lo avrebbero salvato, doveva solo resistere ancora un poco.



Nei rari momenti in cui la coscienza riaffiorava, sentiva che si stavano muovendo, non poteva essere possibile, di certo non lo stava portando tra le braccia attraverso il deserto, doveva essere morto e finito in paradiso, anzi era certamente così dal momento che era tra le braccia del suo elfo e gli sembrava di vedere le sue labbra muoversi in una litania “Non mi lasciare” ma se era morto perché si sentiva bruciare dalla febbre, e perché Legolas era con lui, non poteva essere morto anche lui, era morto per colpa sua? Era morto per salvarlo? Eppure gli sembrava di ricordare che stesse bene... forse era stato ferito anche lui e il veleno lo aveva ucciso... no... più probabilmente era solo un sogno, un delirio dovuto alla febbre... eppure era certo di sentirlo “Estel, non mi lasciare” Dannazione! Proprio ora gli toccava di morire?! Provò a chiamarlo, voleva vedere un ultima volta i suoi occhi prima della fine, ma la voce non voleva uscire “Non voglio lasciarlo, Non voglio morire” pensava prima che la febbre lo riportasse nell'oblio.

Poi si risvegliava e ricominciavano i pensieri, quanto tempo era passato? Perché era ancora vivo? Era davvero tutto reale?



Quattro giorni, quattro giorni ininterrotti di cammino, ormai la borraccia pendeva desolatamente floscia dalla cintura, non avevano più acqua, ne restavano solo poche gocce, ma non le avrebbe toccate, non le toccava da tempo ormai, aveva smesso di bere quando aveva capito che non ce ne sarebbe stata abbastanza per entrambi, la conservava per lui, lui ne aveva più bisogno.

Non poteva perdere tempo a cercarne altra, ogni minuto, ogni attimo era importante, lui non aveva bisogno di bere, almeno non quanto l'uomo, era un elfo, un'immortale, era forte e aveva sopportato di peggio, doveva solo continuare a camminare, senza pensare alla sete o alla fame o al caldo e alla stanchezza, doveva pensare a lui... solo a lui... al suo corpo che respirava a fatica, così caldo da scottarlo più del sole.

Vagamente, solo una sensazione lontana, sentiva qualcosa che bruciava sulla spalla, aveva come l'impressione che fosse importante, ma non aveva ne il tempo ne le forze per curarsene.

Col passare del tempo i momenti in cui era lucido diventavano sempre più radi, se ne accorgeva, si accorgeva quando i suoi occhi si aprivano e lo cercavano, ma non aveva il coraggio di abbassare lo sguardo, non voleva vedere il momento in cui la luce li avrebbe abbandonati, ricordava bene com'era, lo aveva visto la prima volta a dieci anni quando aveva guardato spegnersi gli occhi di sua madre, non poteva sopportare di vederlo di nuovo, non quegli occhi, non gli occhi che lo avevano incatenato fin dal primo istante.

Solo ora che rischiava di perderlo si rendeva conto della follia di negare quello che sentiva, non li aveva aiutati per soldi, non li aveva seguiti per onore, non lo aveva odiato per le sue azioni, era sempre stata colpa di quegli occhi, quegli occhi che lo facevano sentire nudo e indifeso, protetto e amato... quegli occhi che lo avevano incatenato la prima notte mentre i compagni lo colpivano alle spalle, quegli occhi che lo piangevano mentre cadeva ferito nella Torre, che lo scrutavano tra la folla dello zoo, che lo curavano quando era immobile e muto, quegli occhi terrorizzati mentre precipitava, felici del suo ritorno, ridenti mentre giocavano... non poteva... no... non poteva guardare quegli occhi che si spegnevano

“Non mi lasciare”



-Lasciami- appena un sussurro, ma nonostante ogni sillaba marchiasse a fuoco la sua gola doveva trovare la forza di parlare

La lucidità era tornata prepotente, superando deliri e febbre, nel momento in cui la vista appannata si era posata sulla figura del suo elfo.

Si era sentito cadere a terra “Gwath non cadrebbe mai” pensò ma stava cadendo, e nonostante la debolezza l'unico pensiero dell'immortale era quello di proteggerlo, si era trovato così praticamente disteso, con l'altro inginocchiato sopra di lui, una mano lo teneva ancora stretto forte a se mentre con l'altra si sosteneva al terreno, lo sentiva ansimare mentre una cascata di capelli biondi gli ombreggiava il viso.

Lo adagiò delicatamente prima di aprire la borraccia e far cadere le ultime preziose gocce sulle sue labbra

-Mi dispiace, non è molta- quella voce quasi più debole della sua lo aveva costretto ad aprire gli occhi e quello che aveva visto era stato più forte di ogni delirio, di ogni febbre e veleno.

Lo stava uccidendo, a stento aveva riconosciuto la creatura perfetta che ricordava, la pelle candida sporca di polvere e ustionata dal sole con le guance rigate di lacrime, gli occhi infossati e arrossati per la stanchezza, i suoi meravigliosi capelli sporchi e arruffati, e le labbra, quelle labbra perfette, tese e spaccate per la sete.

A fatica aveva sollevato la mano carezzandogli la guancia e costringendolo ad incrociare il suo sguardo

“Finalmente posso vederli, i tuoi bellissimi occhi, ora so che non sono una finzione, sono il mio cielo, il cielo in cui potrò perdermi e lasciarmi andare felice”

E col ricordo di quel cielo azzurro aveva chiuso i suoi e sussurrato

-Lasciami-

-No- era quasi un lamento

-Hai fatto tutto quello che potevi, morirai con me se continui ancora-

-No... No... No...-

-Legolas, ascoltami- sentiva le forze scivolare via, ma doveva resistere, doveva riuscire a farlo ragionare -Non ha senso, devi lasciarmi, salvati almeno tu-

-Non ti lascio-

-Devi...- no, non poteva mollare adesso -Devi raggiungere gli altri... li devi... aiutare... la missione...-

-Non me ne importa un cazzo della missione!- gridò -E tu non morirai, mi hai capito, grosso stupido testone mortale! Non morirai! E ora stai zitto e risparmia le forze e non mollarmi perché io non ti lascio! Ascoltami bene, Non Ti Lascio! Che si fotta la missione e tutto il resto... E' la tua missione e tu la porterai a termine! Non ti lascio...- finì tra le lacrime

Nonostante la certezza che il suo tempo stesse per scadere si ritrovò a sorridere

-Allora... ti importa... almeno un po'... di me...- riuscì a dire prima di ricadere nell'incoscienza

-Dannato idiota! Certo che mi importa- lo accarezzò dolcemente -Se hai architettato tutto questo per costringermi ad ammetterlo hai vinto... Mi importa, sei contento, hai vinto ancora tu, ma non lasciarmi ti prego, resisti ancora...- ma l'uomo non poteva più sentirlo.



-Guardate!- la vista allenata dell'arciere aveva scorto prima degli altri la minuscola macchiolina nera che si muoveva all'orizzonte

-Che io sia dannato! O quello è lo scarafaggio più grosso che abbia mai visto o il nostro Gwatheg ci sta venendo incontro! Siano benedette quelle vesti nere che lo fanno spiccare come una mosca sulla farina-

-Devono stare bene se si sono mossi così veloci, avevano molta più strada di noi da percorrere- sorrise il mago

Con il cuore leggero come non era da giorni si incamminarono per raggiungere gli amici, ma mentre la distanza diminuiva si resero conto che qualcosa non andava, ormai avrebbero dovuto scorgere l'alta figura dell'uomo a fianco dell'elfo e si muovevano troppo lentamente.

Finalmente, quando furono più vicini, poterono vedere il loro amico esanime stretto fra le braccia dell'assassino che non era in condizioni migliori nonostante continuasse a muoversi

-Eru Ilúvatar! Deve averlo portato per tutto il tempo!- bisbigliò il nano

Si erano fermati di fronte al biondo che nonostante avesse arrestato i suoi passi non dava segno di riconoscerli

-Legolas, sei al sicuro, ora ci pensiamo noi-

Si lasciò avvicinare ma non accennava a lasciare l'uomo, continuava a muovere le labbra senza che ne uscisse alcun suono “M'importa” sembrava ripetesse

-Cosa significa?-

-Sta delirando, ha la febbre alta, è esausto e disidratato, è un miracolo che stia ancora in piedi- Mithrandir gli sfiorò la fronte che scottava poi parlò dolcemente

-Va tutto bene, Gwatheg, ci pensiamo noi, sei stato bravo, l'hai portato al sicuro-

-Veleno... Athelas... io...io... non sapevo cosa fare...- finalmente un barlume di lucidità parve tornare nel suo sguardo

-Sei stato bravo, gli hai salvato la vita- continuò dolcemente il vecchio -Ora però devi lasciarlo, ci penso io a lui, starà bene te lo prometto-

Finalmente allentò la presa lasciandolo alle loro cure, ma mentre lo allontanavano ancora la mano indugiava, scivolando sul suo braccio, fino a intrecciare le dita, solo quando anche quell'ultimo leggero contato cessò crollò privo di sensi afferrato prontamente da Gimli.

-Non so chi dei due sia in condizioni peggiori?- osservò la ragazza

-Li rimetteremo in piedi entrambi, Gimli, tu porta Tàr, noi pensiamo a Gwath, per prima cosa dobbiamo toglierli da questo sole-

-Melkor Divino! Mithrandir guarda!- mentre gli sollevava il braccio per passarlo sulla spalla l'occhio della giovane era stato attirato dalla tunica strappata sulla la spalla, ma non era strappata era bruciata e sulla pelle esposta il Sigillo brillava infuocato

-L'ha fatto di nuovo, vero? Questo coso non avrebbe dovuto permettergli di portare Tàr mettendo in pericolo la sua vita-

-Sì, l'ha fatto di nuovo, e molto a lungo questa volta-

-Deve avergli fatto un male infernale!-

-Credo non se ne sia reso neppure conto, non sarebbe potuto andare avanti se si fosse fermato a pensare-

-Da quello che mi avete detto su questa magia non sarebbe dovuto andare avanti comunque-

-In verità credo che il Sigillo non si sia mai realmente attivato, stava dando un segnale di pericolo, assi potente invero, come vedi... ma si gli avesse realmente ordinato di fermarsi avrebbe dovuto farlo-

-Come te lo spieghi?-

-Molto ci ho riflettuto dopo il salto e sono giunto a un'unica conclusione, ossia che il Marchio è molto più intelligente del nostro ragazzo e sapeva che per la sua salute sarebbe stato peggio perdere quell'uomo-

-Pensi che lui non l'abbia ancora capito?-

-Non questa volta, questa volta l'ha capito, non hai visto come lo stringeva? La domanda da porsi è, sarà in grado di ammetterlo?-



Si era risvegliato lentamente, la mano della mezzelfa posata sulla sua guancia, gli occhi fissi sul suo viso, per un'istante era tornato indietro, a un altro tempo in cui era debole e ferito, com'erano cambiate le cose, la stessa mano che lo aveva schiaffeggiato ora lo carezzava dolcemente, quegli occhi che lo avrebbero ucciso lo osservavano colmi di premura illuminandosi in un sorriso quando si accorse che era sveglio

-Ci hai fatto preoccupare sai?- gli sollevò il capo facendogli bere un liquido esageratamente dolce

“Già, era proprio cambiato tutto”

-Estel?- chiese debolmente

-Sta bene- sorrise ancora di più -Una volta eliminato il veleno si è ripreso velocemente ora sta riposando, d'altra parte lui non aveva camminato per giorni nel deserto senza cibo ne acqua, portando un grosso e stupido umano-

-Non avevo altra scelta- mormorò

Lei gli accarezzò di nuovo la guancia -Certo che l'avevi, avresti dovuto lasciarlo, se lo sarebbe meritato dopo quello che ha combinato- lo disse anche se era chiaro il sollievo di poterli riavere entrambi -Ti sei reso conto di quanto sei andato vicino a morire? Mi si è quasi fermato il cuore quando ti ho visto-

-Mi dispiace... come ci avete trovati?-

-Non lo ricordi? Sei stato tu a trovare noi, stavi venendo verso l'accampamento quando vi abbiamo visto-

-Non ricordò nulla dopo che lui ha chiuso gli occhi... diceva che non c'era più nulla da fare... che non potevo salvarlo... poi... poi non mi ha più risposto... credevo che mi avesse lasciato- stava per crollare ancora se le mani della giovane non si fossero strette sulle sue impedendogli di andare alla deriva nel dolore

-E invece no, sei stato incredibile, non capisco neppure come ci sei riuscito ma gli hai salvato la vita e te ne sarò grata per sempre-

In quel momento furono interrotti da un'ombra che oscurava l'ingresso della grotta, e dal rumore dei rami che Gimli aveva raccolto per il fuoco che cadevano

-Sia ringraziata la Roccia! Ti sei svegliato finalmente!- esclamò prima di abbracciarlo con forza -Ci hai fatto morire di paura! Non provarci mai più!-

-Posso assicurarti che non intendo ripetere l'esperienza- sorrise debolmente, gemendo per la stretta troppo vigorosa sul suo corpo ancora fragile

-Hops, scusa- lo lasciò imbarazzato -Tàr sarà felice, chiede di te ogni volta che si sveglia, credo si senta in colpa, e fa bene!-

-Non dovreste essere così duri con lui, era convinto di fare la cosa giusta... aveva un piano- ridacchiò

-Cosa fai? Ora lo difendi? Per la barba di Durin! Davvero le ho sentite tutte! Comunque non siamo duri con lui, il piano originale era di prenderlo a calci, ma ci limitiamo a qualche battuta, giusto perché capisca quanto siamo felici di riaverlo con noi... Ma scusaci, ti stiamo affaticando, dovresti riposare-

-A quanto dite ho riposate per giorni, mi dareste una mano ad alzarmi?- chiese con voce ancora malferma

-Otto giorni per la precisione... e dove vorresti andare?-

-C'è un fiume qui vicino, lo sento, ti prego Rhawel ho bisogno di un bagno, sono in condizioni orrende- L'aveva sognato così tante volte mentre camminava, un fiume, acqua fresca che portava via il sudore, la sabbia, il calore, come cambiano le priorità quando si sta per morire, in quel momento non gli interessavano tesori o ricchezze, avrebbe dato qualunque tesoro in cambio di un umile bagno, e ora poteva sentirlo, il gorgoglio dell'acqua che correva, ed era vicino, tanto vicino.

Il nano scoppiò a ridere -Ah, ragazzo mio, va bene essere sempre perfetti, ma non hai neppure la forza di parlare e la tua unica preoccupazione è lavarti?-

-Solo acqua, tanta acqua... non sapete quanto l'ho sognata...- si sforzò di spiegare

-No, non lo sappiamo ma possiamo immaginarlo, mi dispiace, capisco quanto puoi desiderarlo ma non sei ancora in condizioni di alzarti - rispose semplicemente la donna, poi aggiunse -Forse non ti rendi conto com'eri ridotto quando ti abbiamo trovato, allora si che eri in condizioni orrende, non ho intenzione di farti alzare, ora chiudi i tuoi occhioni imploranti, riposi e ti rimetti in forze, quando tornerà Mithrandir, se sarà d'accordo potrai fare il tuo bagno-

-Agli ordini Signora...- annuì mestamente, si rendeva conto anche da solo di non avere le forze per alzarsi, riusciva a malapena a parlare, ma ci aveva sperato tanto -A proposito dov'è Mithrandir?-

-Sulle montagne a cercare altre erbe, tra tutti e due avete esaurite le nostre scorte-

-Rhawel- mormorò mentre già la debolezza prendeva il sopravvento riportandolo nel mondo dei sogni -Ero ridotto davvero così male?-

-Sì- rispose dolcemente mentre gli sistemava le coperte e tornava a carezzargli il viso -Lo dicevo seriamente, abbiamo davvero temuto il peggio, forse non te ne rendi conto, eri al limite delle forze, disidratato, coperto di ustioni e con la febbre alta, hai delirato per giorni... non scherzavo quando dicevo che sei stato più vicino alla morte tu che Tàr... ma non importa, ora stai meglio, è questo che conta-

I lineamenti dell'elfo si distesero in un dolce sorriso mentre lasciava che il sonno avesse la meglio

-Lui è vivo, è questo che conta- sussurrò a fior di labbra, ma sia la ragazza che il nano avevano sentito e ora guardavano soddisfati e felici i due compagni addormentati.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


*CAPITOLO 23*


La seconda volta che si svegliò si sentiva molto meglio, e ancora di più quando si accorse che la mano che lo stava sollevando aiutandolo a bere non era quella sottile e delicata della mezzelfa ma un'altra più grande e calda.

-Estel?-

-Grazie- rispose l'uomo

-Estel?... Stai?...-

-Bene- concluse l'altro per lui -Non avresti dovuto farlo, non mi sarei mai perdonato se ti avessi ucciso... stavi così male quando mi sono svegliato...

-Sono felice di averlo fatto-

-Ma...-

-... ti assicuro che ho passato di peggio e senza le cure amorevoli di nessuno- in realtà non era vero, era stato punito, era stato ferito, ma se doveva credere a quello che gli avevano detto non era mai stato tanto vicino alla morte, tuttavia non era necessario che lui lo sapesse... ora che ci pensava si rese conto di non aver invocato la Nera Signora neppure una volta, c'era andato più vicino che mai ma non l'aveva cercata.

Sorrise

-Chi devo ringraziare per questo sorriso?-

-Mi sono appena reso conto di non voler morire-

-Lo spero bene!-

-Credo che sia colpa vostra-

-Di questo non mi dispiaccio, e non credo lo faranno neanche gli altri-

Rimasero in silenzio entrambi guardandosi intensamente, erano successe tante cose ma nessuno trovava il coraggio di parlarne, anche se per diversi motivi.

Fu il bruno a spezzare quel silenzio pesante

-Legolas, cos'è successo?-

-Stavi morendo, quando hai nominato l'Athelas mi sono ricordato che quel giorno nel prato avevi fatto cadere una piantina e io l'avevo raccolta, la tenevo ancora in tasca... non era molta, ma è stata sufficiente a rallentare il veleno-

-Non era questo che intendevo, Mithrandir mi aveva detto che avevi usato la Foglia del Re, anche se non capivo dove l'avessi trovata... Ma non era questo che intendevo, io non ricordo chiaramente ma so che è successo qualcosa, ti prego non negarlo... vorrei dirti tante cose, chiederti tante cose... ma non so neppure come cominciare-

-Non lo fare- mormorò -Ti prego non lo fare, non pormi domande alle quali non saprei rispondere... Ti prometto che parleremo di quello che è successo, ma non ora... Scusami, ho bisogno di capire io per primo cosa è successo prima di rispondere alla domanda che so già mi porrai-

Invece di rabbuiarsi l'uomo gli sorrise

-La risposta che mi hai dato è già più di quanto sperassi, ho promesso che non ti avrei più cercato e non sarò io a farlo-

La frase dell'umano lo aveva turbato, non capiva cosa significasse che era più di quanto sperasse, in cosa sperava? E cosa significava che non sarebbe stato lui a cercarlo? Possibile che intendesse dire che se si fosse fatto avanti non lo avrebbe respinto? Possibile che dopo che gli aveva mostrato la parte peggiore di sé quell'uomo ancora non lo disprezzasse? Possibile che nel profondo non avesse mai smesso di pensare a lui?

La domanda che gli aveva fatto nel deserto “ci tieni a me?” lo aveva fatto sperare di avere ancora una possibilità, ma non era certo che fosse stata reale, stava male, forse l'aveva solo sognata... Ma ora... Forse davvero aveva ancora quella possibilità... Sarebbe stato in grado di usarla? Avrebbe avuto il coraggio di rischiare? “Non ora” pensò “Ho bisogno di un momento per respirare, ho appena scoperto di avere un cuore, sono davvero pronto a farmelo spezzare se mi stessi sbagliando? Ma ho forse altra scelta? Non si stava comunque spezzando al pensiero di perderlo? Non era il mio cuore che batteva in quel deserto, ma il suo, se avesse smesso di battere anche il mio si sarebbe fermato, lo sapevo, era questo che mi faceva andare avanti, se si fosse svegliato in quel momento gli avrei gridato tutto quello che provavo...

Ma cosa provo in realtà? E' questo l'amore? Non è bello come nelle canzoni, fa male, nelle canzoni è gioia, non dovrebbe fare male... Forse è colpa mia, non ne sono capace, è come quando mi trovavo nei boschi e non sapevo cosa dovevo ascoltare, ho imparato a conoscere la voce della foresta, posso imparare anche quella di questo cuore sciupato? E chi mi aiuterà questa volta? Devo fidarmi ancora di lui e mettermi nelle sue mani perché mi guidi nuovamente?”

Il númenóreano poteva quasi vedere tutti quei pensieri su quel bellissimo volto, e il suo cuore saltava di gioia perché il momento che attendeva stava per arrivare, gli sembrava di sentire il rumore di tutte le barriere che si sgretolavano, ma doveva fare attenzione, era il momento più delicato, un solo errore e lo avrebbe perso per sempre, capiva quanto avesse bisogno di respiro meglio di lui, poteva vedere le domande che in quel momento di debolezza rischiavano di sopraffarlo, se si fosse spaventato si sarebbe chiuso nuovamente

-Non pensarci ora, devi recuperare le forze, abbiamo già perso troppo tempo e ormai la meta è vicina, tra poco saremo nel Reame degli Elfi, e avrai anche troppo di cui preoccuparti-

-Oh grazie, tu si che sai come conciliare il sonno, ora come pensi potrò riposare pensando a quello che troverò?- ma in realtà lo aveva fatto, il pensiero della famiglia perduta era niente a confronto della bufera che lo stava sommergendo, quello sciocco umano aveva il dono di riuscire sempre a calmarlo... tranne quando lo faceva agitare.

-Ti propongo un accordo, tu aiutami ad arrivare fino al torrente e io prometto che poi riposerò tranquillo- sorrise con una luce malandrina negli occhi

-Non so se dovrei, Mithrandir...- deglutì, non era la prima volta che lo vedeva nudo ma quella nuova luce che vedeva nei suoi occhi lo preoccupava non poco

-Non è ancora tornato, e sei un guaritore abbastanza esperto da vedere che sto meglio- poi fingendo un broncio e guardandolo da sotto le lunghe ciglia aggiunse -D'altra parte ti ho solo portato per giorni, tu dovresti farlo per pochi passi... ma se per te è troppo...- abbassò gli occhi con espressione angelica

-Sei una serpe, lo sai, vero?- divertito da quel lato infantile che l'assassino non avrebbe mai mostrato

In risposta ebbe soltanto un sorriso radioso, lo avrebbe fatto, e sarebbe stata una tortura, guardarlo, toccarlo e non mostrargli quanto lo desiderava, ma lo avrebbe fatto, sapeva da tempo di non poter negare nulla a quel sorriso.

Ma mentre osservava quello sguardo malizioso si rese improvvisamente conto che il gioco si stava spostando a un livello più alto, non era più da solo a muovere le pedine, ora anche l'assassino aveva fatto la sua mossa e doveva capire la sua tattica.

Capì quanto la posta si fosse alzata e quanto la battaglia fosse diventata ardua quando si trovarono entrambi immersi nell'acqua fresca, mentre l'elfo lo osservava con gli occhi socchiusi e un espressione di pura beatitudine.

“Questo è il paradiso? Acqua fresca e il mio uomo che mi abbraccia? Morissi ora sarei felice, ma voglio vivere, e voglio vivere centinaia di paradisi come questo” istintivamente dischiuse le labbra, lasciandosi andare, senza nascondere il piacere che quella mano che lo sfiorava delicata gli dava, gemendo sommessamente, inarcando la schiena per cercare di più da quel contatto, per sentire la sua eccitazione...

Perché gli resisteva? Come poteva non accorgersi che si stava completamente donando a lui?

Se ne era accorto, come fare a non accorgersene, e stava combattendo a sua volta la battaglia che l'altro aveva combattuto per giorni, cercando di frenare quello che il corpo voleva, mentre il cuore minacciava di uscire dal petto tanta era la gioia in quell'istante “E' così che vuoi giocare” sorrise “Non ti lascerò riportare tutto alla nuda carne, non prima di aver ascoltato quelle parole che temi tanto di pronunciare, ti voglio, e voglio tutto di te, o tutto o niente” ma resistergli sarebbe stata dura se non avesse presto compreso in che direzione puntare il suo cuore e non solo il suo corpo “Spero tu lo capisca in fretta, potrei morire se continui a guardarmi così, ma morirò combattendo, questa è una guerra che non posso perdere”

Si accorse immediatamente quando l'altro cessò di provare, vide la confusione e il dolore di essere respinto, viaggiava sulla lama di un rasoio, un solo sbaglio e la missione sarebbe fallita, non poteva dargli quello che voleva ma non poteva neppure rischiare che la paura gli facesse rialzare le barriere.



Si era sbagliato, era stata tutta un'illusione, lo aveva allontanato e ora lui non sentiva più niente, gli si era donato, si era esposto e lui aveva resistito, non se ne era neppure accorto, doveva essere davvero disgustato per non provare nulla guardandolo, nessuno aveva mai saputo resistergli.

Aveva lasciato che lo riportasse al giaciglio, girandosi subito sul fianco per dargli le spalle, sentiva gli occhi gonfiarsi, non gli avrebbe permesso di vedere quanto lo aveva ferito, lui non aveva nessuna colpa, si era scavato quella fossa da solo, sentì le coperte che venivano sollevate e sperò di potervisi nascondere sotto, ma la carezza della stoffa sulla pelle venne sostituita da quella calda della sua mano, scendeva lenta lungo la schiena dandogli i brividi, posandosi lieve sulla curva dei glutei, gli si bloccò il respiro e morse il labbro per soffocare un singhiozzo, ancora non aveva il coraggio di girarsi, sentì la punta delle sue dita risalire disegnando il profilo del suo fianco fermandosi sulla spalla dove si chinò a posare un bacio leggero e poi scendere ancora sfiorandogli il braccio e intrecciando le dita con le sue,  e, finalmente, trovò il coraggio di girarsi venendo risucchiato nelle profondità di quegli occhi che tanto amava, rischiando di smarrirsi per l'intensità di quello sguardo

-Sei bellissimo- gli sussurrò all'orecchio scivolando sullo zigomo verso quelle labbra dischiuse che però evitò posando due lievi baci sulle palpebre socchiuse

-Hai promesso che avremmo parlato, saprò aspettare- e si allontanò lasciandolo immobile, senza parole e più confuso che mai.

“Non capisco... Dove ho sbagliato? Ora sono certo che mi desidera ancora, perché mi respinge? Cosa vuole da me? Non mi sono forse arreso completamente a lui?” Ma mentre lo pensava la risposta arrivava con la voce profonda del númenóreano “sei sicuro di voler continuare questo gioco... potrebbe essere piacevole... inutile, ma piacevole” inutile, non era quello che lui voleva, non voleva  giocare “dovresti aver capito che non sono una delle tue facili prede, perché non è a un corpo che riserverò le mie attenzioni ma a un cuore” a lui non era mai interessato il suo corpo, ne era attratto ma era altro che voleva “Voglio te, voglio conoscerti, sapere quello che hai dentro, voglio conoscere il tuo cuore” era questo che voleva, lui si era limitato solo a dargli quello che aveva sempre dato, avrebbe potuto farlo da subito, ma non era quello che interessava al suo Estel, non era mai stato quello, se voleva avere una possibilità doveva realmente spogliarsi davanti a lui, e non solo degli abiti, doveva aprirgli il cuore e accettare tutto il dolore che questo avrebbe portato. Sarebbe stato in grado di farlo? Di abbandonare definitivamente quel rifugio che lo proteggeva da tutto e da tutti? Perché se lo avesse fatto non avrebbe più potuto tornare indietro, ci aveva messo secoli a costruirlo e non avrebbe avuto le forze per rifarlo, già ora tenere assieme i pezzi era sempre più difficile “-Così la uccidi!--Forse lo penserà per un momento- rispose sorridendo e avvolgendola in una pezza umida che ripose nello zaino -Ma non preoccuparti, ha lottato abbastanza, mi prenderò cura di lei e la porterò dove potrà crescere senza paura--Non la farai morire vero, Estel?- domandò ancora girato di spalle osservando l'orizzonte -Non ti preoccupare, è al sicuro, non permetterò che le accada nulla-” Era pronto a rischiare? Era pronto a morire per rinascere più forte? Ancora una volta quell'uomo aveva ragione, se lo avesse accontentato cedendo alle sue provocazioni sarebbe sbocciato solo in un arido deserto, ora sapeva di avere tempo, sapeva che lui avrebbe aspettato, sarebbe stato li per lui nel momento in cui avesse capito di essere pronto.

Mentre l'assassino pensava, il númenóreano stava appoggiato all'ingresso della grotta con l'espressione soddisfatta di chi si è appena accorto di avere messo il Re sotto scacco, sa che l'avversario l'ha capito e non gli resta altro da fare che attendere la resa, in realtà il suo primo istinto era stato quello di correre il più lontano possibile e gridare con quanto fiato aveva la sua gioia ma aveva scartato l'idea temendo di non poter correre abbastanza lontano per l'udito dell'elfo, così aveva assunto quella posa pacata e signorile cercando di mantenere un contegno adatto alla situazione.

Posa che non ingannò neppure un attimo i compagni che appena lo videro scoppiarono a ridere di cuore, Mithrandir compreso, sotto gli sguardi allibiti dei due.



Si erano rimessi in viaggio appena Legolas era stato in grado di camminare, all'inizio le tappe erano brevi per non stancarlo, ma presto avevano ricominciato a muoversi rapidamente all'interno della catena montuosa sempre seguendo il piccolo fiume, sempre più in profondità.

Le caverne che stavano attraversando non avevano nulla in comune a quelle dietro alla cascata, erano un susseguirsi di sale e saloni in cui le stellatiti e stalagmiti si congiungevano formando labirinti di colonne brillanti, l'acqua gocciolando aveva ricamato le pareti come i più fini merletti e la fiocca luce del bastone magico veniva riflessa e accresciuta dallo scintillare di pietre e blocchi di quarzo purissimo che riflettevano come specchi, si trovarono così ad attraversare un immenso geode viola di ametista, una grotta dal fondo di quarzo trasparente, talmente levigato  da dargli l'impressione di camminare sull'acqua, un'altra in cui le colonne erano così sottili e fitte da farli sembrare  piccole pulci tra le chiome di qualche mitologica creatura, e ancora stanze con mille cascate, stanze dalla risonanza così strana che i loro passi sembravano note musicali, stanze ricoperte da strano muschio con fiori bianchi che brillava di verde e la più bella di tutte, un'immensa sala di roccia nera e lucida tempestata di migliaia di diamanti tanto che credettero per un'istante di trovarsi a galleggiare in un cielo stellato.

Dire che il povero Gimli fosse senza parole sarebbe ancora poco, anche se da quando avevano cominciato a seguire quel cammino non era ancora riuscito a chiudere la bocca spalancata, pareva fosse in grado di pronunciare solo semplici vocali che andavano dal -Ahhhh!- al -Ohhhh!- al -Uhhhh!- fino a un -Ihhhh!- acuto che non credevano potesse uscire dalla sua gola.

-Devo tornare!- riuscì ad articolare in un raro momento di lucidità -Questo luogo è il paradiso perduto dei nani, neppure le nostre fiabe arrivano a tanto! Vorrei farne un santuario alla Pietra se gli elfi lo permetteranno, tutti dovrebbero poterlo ammirare!-



Fu quasi con rimpianto che varcando un meraviglioso arco di pietra rosa si trovarono di fronte un limpido lago sotterraneo dal quale usciva gorgogliando il torrente che avevano seguito.

Era la grotta più grande che avessero mai visto, tanto da poter scorgere a malapena la parete opposta, il lago la occupava quasi completamente escluso il sentiero sempre di marmo rosa come l'arco che avevano superato e l'acqua sembrava emanare una luce lattea tanto da illuminare ogni cosa di un surreale biancore.

-Siamo alla fine dunque- mormorò l'elfo trattenendo un brivido mentre cercava come gli altri il passaggio  

-A quanto pare, Mastro Elfo, non siete riuscito a liberarvi di noi come volevate e ora dovrete condividere il nostro triste fato... com'è che dicevate? Saranno felici di ricevere in visita un nano e un númenóreano?-

-A quanto pare...- rispose laconico

-Senti, spilungone, lo so che non sono affari miei, ma non posso fare a meno di notare che quei giorni nel deserto ti hanno turbato, ora, posso solo immaginare cosa passa in quel grazioso cervellino e ammetto che hai parecchi problemi da risolvere e non tutti riguardano le creature che stiamo per incontrare, posso darti solo un consiglio da vecchio nano impiccione? “Non temere l'incudine prima che il martello abbia schiacciato il dito” Diamine! Diventerai rugoso come Mithrandir se non smetti di preoccuparti! Segui il tuo cuore, lo facevi prima senza saperlo... e non negare con me ragazzo, ma se vuoi lo chiamerò istinto, segui l'istinto, l'istinto ti ha sempre aiutato non ti tradirà ora-

-Non credo tu possa capire, Gimli-

-Capisco più di quanto tu creda, ormai dovresti saperlo, sai quanto odio togliere l'armatura, per un guerriero della mia razza è come essere nudi e vulnerabili, ma non ho bisogno di un'armatura per combattere, e so che ci sarà sempre un amico a proteggermi le spalle, tutti a volte ci troviamo ad affrontare i nostri deserti e le armature sono solo un impiccio che dobbiamo imparare a togliere anche se ci sono battaglie che teniamo di combattere... e comunque vadano le cose sappi che non sarai più solo ad affrontarle... forse non ti è ancora entrato in quella bella testolina bionda ma nel momento in cui hai deciso di seguirci ti sei preso il pacchetto completo, nel bene e nel male, potrai anche trovarci fastidiosi e irritanti ma avrai sempre qualcuno a coprirti le spalle! Anche dovessi fare la più grossa idiozia dell'Universo! D'altronde siamo abituati a riparare quelle di Rhawel, non ci sarà molta differenza!-

-E ora cosa dovrei rispondere?-

-Nulla, ho parlato anche troppo per entrambi, te l'ho detto, sono solo un vecchio nano impiccione-

-Sempre a vostra disposizione, Mastro Gimli- sorrise finalmente

-Allora posso sperare di aver scongiurato il pericolo rughe su quel grazioso visino?-

-Non esageriamo però, non stai parlando con la cara Rhawel, non sono una damigella con un “grazioso visino”- ripeté arricciando il naso disgustato

-Sarà, ma voi elfi mi sembrate tutti damigelle, faccio ancora fatica a riconoscere un maschio da una femmina-

-La cosa è reciproca Messer Nano, dimentichi che conosco bene le vostre donne e sono forse uno dei pochi a poter notare quelle minuscole differenze che le distinguono dai loro uomini-

Giunti al lato opposto della sala si trovarono di fronte a uno spettacolo che neppure nei sogni più vividi avrebbero potuto immaginare, davanti a loro sorgeva quello che sembrava in tutto e per tutto a un gigantesco e candido albero pietrificato, le radici e parte del tronco si fondevano con la roccia e dai rami l'acqua filtrava dalla pietra cadendo nel lago in migliaia di fili luminosi.

-Eru Ilúvatar! Allora è questa la sorgente! Sembra che l'acqua venga creata da questo albero di pietra.  Non ho mai visto niente di simile e come nano ne ho viste tante di sorgenti sotterranee!-

-Ne mai lo vedrai, caro Gimli, queste che vedi sono le spoglie morte di Telperion l'albero d'argento di Valinor, il veleno di Ungoliant lo ha trasformato in pietra, in qualche modo devono essere riusciti a portarlo via con loro, gli Elfi hanno sempre amato l'Albero Bianco posso capire che non abbiano voluto lasciarlo alla mercé di Morgoth-

-Ed è la sua magia a creare l'acqua?- chiese intimidita la giovane

-Nessuna magia, osservatelo da vicino, questa roccia che un tempo era materia viva non è compatta e l'acqua filtra semplicemente da essa, per quanto spettacolare è un semplice fenomeno naturale.

Purtroppo a Telperion il Luminoso resta ben poca magia- concluse Mithrandir tristemente

-Poca ma non nessuna- sorrise il giovane capo poggiandogli la mano sulla spalla -Ne resta abbastanza per far risplendere questo lago. Niente di ciò che è stato muore definitivamente, così come gli Scomparsi non sono Perduti, il vecchio ch'è forte non s'aggrinza e le radici profonde non gelano. Dalle ceneri rinascerà un fuoco, L'ombra sprigionerà una scintilla. Nuova sarà la luce ora spenta, E morto quel che ha la corona.-

-Questa cosa che hai detto, cos'è?-

-Solo una nenia che mi cantava mio padre, Mithrandir, non l'ho mai capita, non so perché mi sia tornata in mente ora ma mi sembrava appropriata-

-E non immagini quanto sia appropriata, non sembra una anche a voi una profezia?-

-Una profezia o una speranza?-

-In entrambi i casi di ottimo auspicio, e ora andiamo, quel varco che si apre tra l'albero e la parete ha tutta l'aria di essere il nostro passaggio-



 “Il sangue porta vita, e non solo la morte

tu giovane assassino, dovrai sfidar la sorte.”

Una barriera di luce era davanti a loro, e gli sbarrava il passo, l'ultimo ostacolo che li separava dal Reame Nascosto degli Elfi, una volta oltrepassata avrebbero finalmente potuto concludere la loro missione, se fossero riusciti o avessero fallito lo avrebbero presto scoperto, non sapevano cosa li aspettava dall'altro lato.

Quello era il momento dei dubbi e delle paure, la paura dell'ignoto, la paura della morte, era strano per l'assassino temere la morte, quello era un sentimento che non avrebbe mai creduto di poter provare e aveva paura di chi avrebbe incontrato, il suo passato, la sua storia... un uomo che portava il suo viso. Sarebbe stato ancora lì? Avrebbe avuto modo di incontrarlo? E se lo avesse fatto cosa poteva dirgli? Salve, mi chiamo Esgalwath e come avrete notato dalla somiglianza credo che un qualche rapporto di parentela ci sia tra noi. Ora mi vorrebbe gentilmente spiegare perché nessuno si è mai fatto vivo per aiutarmi? Perché mi odiavate tanto da abbandonarmi in quel modo?

-Non sei obbligato a proseguire- L'uomo era giunto a interrompere i suoi pensieri, ormai non aveva più bisogno di sentire la sua voce per sapere che era lui, poteva sentirlo, come sapeva che ogni volta che la sua mente andava alla deriva lui arrivava come un'ancora di salvezza

-Ho fatto la mia scelta molto tempo fa-

-Ed è stata buona?-

-Sapeva di buono-

-Ne sono felice, ma allo stesso tempo temo per te-

-Devo farlo, non posso tirarmi indietro, voglio arrivare in fondo a questa storia, e poi sai che sono l'unico che può aprirla-

-Non mi riferivo alla barriera, almeno non solo... e poi non ne siamo sicuri-

-Io lo sono, le parole della Dama erano chiare-

-E se si fosse sbagliata? Sfidare la sorte significa che c'è un rischio-

-Sai che non si è sbagliata, e “sfidare la sorte” può semplicemente voler dire combattere questa assurda paura dell'ignoto-

-Non riesco a stare tranquillo-

-Saresti tanto preoccupato se fossi tu a dover passare? Lo sai che ho ragione. Prova a fidarti di me-  

-”Fidarsi di un amico, non è mai cosa vana” Era questo che intendeva dunque, non ho modo di fermarti. Dovrò farlo, dovrò fidarmi... ma continua a non piacermi-

Lo guardò preoccupato mentre muoveva alcuni passi verso la luce e si fermava nuovamente

-Datemi una spinta- ringhiò a denti stretti

-Va tutto bene?-

-Non ci riesco, non posso muovermi...-

-Il Sigillo avverte il pericolo-

-Invece io no! Ti ho detto di spingermi maledetto mortale non farla tanto lunga, è già abbastanza imbarazzante così!-

-Non credo sia una buona idea-

-Sì, sei stato chiaro, lo hai già spiegato più di una volta... ora però... fammi il sacrosanto piacere di fidarti e spingimi dall'altra parte... E giuro che quando incontreremo lo Stregone Nero dovrà pagare anche per questo...-

Stava ancora parlando quando si senti spingere con fin troppa forza verso il muro di luce che attraversò senza resistenza finendo col cadere malamente dall'altro lato, mentre sentiva la voce del nano che ridacchiava

-E' da quando ha cominciato a seguirci che voglio farlo... e poi scusa Tàr, lui aveva ragione la stavi facendo troppo lunga!- ricevendo in risposta un'occhiata truce da parte di entrambi i nominati

-Una volta tanto che ho ragione è mi ritrovo faccia a terra... preferivo quando avevo torto-

-Stai bene?-

-Polvere a parte? sì, non mi sono neppure reso conto di attraversare, a quanto pare questa cosa mi riconosce-

-E ora cosa facciamo?- chiese la ragazza -Riconosce te ma non noi, pensavo scomparisse una volta che tu fossi passato...-

La risata argentina dell'elfo la sorprese -Non dirmi che eri davvero convinta fosse così facile!-

-Beh... ci speravo...-

-Cosa pensi di fare!?- imprecò l'uomo vedendolo estrarre uno degli affilati pugnali

-Quello che avrei potuto fare anche dal vostro lato se non avessi saputo che avresti cercato di impedirmelo-

-Non ci pensare neppure!-

-Perché non vieni a fermarmi?- sorrise provocatorio mentre passava il filo della lama sul palmo senza che neppure un tremito gli attraversasse il viso con gli occhi fissi sulla linea rossa che si stava formando.

Appena il sangue cominciò ad uscire poggiò la mano sulla parete di roccia dove si congiungeva con la barriera che immediatamente si dissolse

-Tu lo sapevi Mithrandir? Perché non hai detto nulla!-

-Non ero sicuro che lui avesse capito, se lo avessi detto si sarebbe sentito il dovere di farlo e non volevo obbligarlo, ancora non sapevo se fosse o meno rischioso-

-Ma se lo avessi saputo avrei fatto qualcosa per fermarlo!-

-La smettete di parlare come se fossi morto? Sto bene, nessun rischio se non quello di morire dissanguato se non la smettete di discutere e non vi decidete a passare, vorrei poter togliere la mano da qui se non è di troppo disturbo- alzando gli occhi al cielo esasperato.

Riscossi da quelle parole e dal, non troppo velato, rimprovero ben meritato si affrettarono a passare appena la mano dell'immortale venne ritratta il muro di luce tornò intatto come se non si fosse mai mosso.

Dietro di loro potevano già scorgere l'ampio ingresso della caverna rischiarato dalla luce del giorno.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


*CAPITOLO 24*

Avevano mosso appena pochi passi quando Tàralelyol si accorse che l’elfo avanzava barcollando, lo afferrò sorreggendolo per il gomito un attimo prima che i suoi passi strascicati lo facessero inciampare e rischiare di cadere.

Non disse nulla, limitandosi a guardarlo con una nota di rimprovero e quell’espressione da “vuoi fare sempre di testa tua” che fece arrossire imbarazzato l’immortale

-Non è nulla, solo un giramento del capo, è già passato-

Ancora nessuna parola dall’umano che continuava a osservarlo scrutandolo tra le ombre del cappuccio, che aveva sollevato per nascondere il malessere, per accertarsi che questa volta dicesse la verità

-Davvero, non è nulla, solo stanchezza...- poi abbassando lo sguardo colpevole -Scusami-

Gli pose un dito sotto il mento facendogli nuovamente sollevare gli occhi e fissandoli ancora più intensamente poi non trovando tracce di menzogna finalmente sorrise e annuì più rilassato

-Ci fermiamo a riposare- disse ad alta voce per richiamare l’attenzione degli altri

-Cos’è successo?- chiese chinandosi su di lui mentre lo aiutava a sedersi all’ingresso della caverna, fuori un bosco verde e rigoglioso li circondava ma nessuno dei due lo aveva notato

-Non voleva farvi entrare, Rhawel è passata senza problemi ma quando è stato il vostro turno ha cercato di chiudersi, sembrava volermi risucchiare ogni energia-

-Ma non si è chiuso e... tu stai bene... vero?-

-Sì- sorrise notando la preoccupazione riaffiorare -Sono solo stanco, ora va già molto meglio, la Dama di Lòrien non sbagliava c’è qualcosa nel mio sangue che il portale ha riconosciuto, chiunque altro non sarebbe riuscito a mantenerlo aperto, credo che la mia stirpe abbia sangue nobile e forte nelle vene-

-Ehm... capo?...- furono interrotti dalla voce del nano, ma lo sarebbero stati comunque dalle punte di lancia che sentivano premere sulla pelle.

-Man ëa?(Chi siete?) Mana merë?(cosa volete?) Mallo tulë ?(Da dove venite?) Manen marta lahta Fenda?(Come osate oltrepassare la Soglia?)-

Era ancora girato di spalle e chinato verso l'assassino quando quella voce profonda ma dura e carica d'odio lo raggiunse, non aveva bisogno di girarsi per sapere a chi apparteneva, gli Elfi li avevano trovati per primi, capiva perfettamente le domande ma non lo diede a vedere, come non lo fece Olórin.

-Allontanate le mani dalle armi, lentamente, niente movimenti bruschi- li redarguì continuando a tenere le sue appoggiate alla parete di roccia e coprendo così quasi completamente Esgalwath

-Siamo morti, Tàr?- chiese timidamente la ragazza

-Non ancora, abbiamo un'arma segreta- molto lentamente staccò le mani dalla pietra abbassandole per aiutare l'assassino ad alzarsi sentì le punte di metallo premere maggiormente sulla carne

-á pusta!(Fermi!) áva nahtat!(Non uccideteli!)... áva carë sí (Non ancora)- 

I compagni trassero un respiro di sollievo, anche se la maggior parte di loro non capiva le parole il senso era stato chiaro

-Potrebbe questo elfo dal sangue nobile e potente abbassare il cappuccio e ammaliare i nemici con uno dei suoi famosi sorrisi?- sussurrò ridendo e sostenendo l'immortale mentre si voltava per osservare finalmente gli aggressori

-Questo elfo può fare di meglio- sollevò le mani lentamente con i palmi aperti al capo rivelando il viso fino a quel momento celato e raggelandoli con una delle sue migliori occhiate fredde e superiori.

-Rúcarë mana ná sina?!-(Quale diavoleria è questa?!)

-ëa fintalë Morion!-(è un'inganno dell'oscuro!)

-Nahtalvet sí!-(Uccidiamoli immediatamente!)

La reazione fu immediata, molti si irrigidirono, altri arretrarono, alcuni imprecarono anche se nessuno abbassò le armi, solo il loro comandante restò impassibile, con lo sguardo fiero e arrogante, i suoi occhi indagatori che si spostavano dal mortale a quello che si era rivelato un suo simile per tornare a puntarsi sull'umano.

- úquen nahtuva úquen!(Nessuno ucciderà nessuno!) atë nutë!(legateli!)- senza mai distogliere lo sguardo determinato dall'uomo rendendo chiaro che aveva capito perfettamente le dinamiche del gruppo che si trovava ad affrontare.

L'elfo poteva anche essere una creatura superiore ma era il mortale che dava gli ordini, e ricordava bene quella razza di mortali, gli anni non avevano cancellato il ricordo dei prediletti di Morgoth, e se il suo cuore gridava di affondare l'acciaio e chiedere sangue per ripagare il sangue, il controllo e l'addestramento gli imponevano cautela, prima della vendetta doveva fare chiarezza, quelle persone non erano arrivate per caso, quello strano elfo doveva essere condotto dal loro signore e ultima ma non meno importante, nonostante cercasse di ignorarla, la sensazione che qualcosa di importante stesse per accadere, e quella gente fosse parte integrale del cambiamento.

-Hesto, ta umë tanca, ná nai fintalë cotumo, ëa maurivë nahtantë sí!(capitano, è pericoloso, e sicuramente un inganno del nemico, dobbiamo ucciderli subito)-

-Ce nas fintalë, i Aran meriro cenë të-(Se è un inganno il Re vorrà vederli)

-Quendë enta hastas anta aratova, umpolis ëa!Ëas núlë!-(Quell'elfo porta il volto del nostro signore, non è possibile! E' magia nera!)

-An cé polis ëa felu mittanyuvalet Arallo, hya intyat elyë lá so?-(Dal momento che potrebbe essere magia nera li porteremo al nostro Signore, o pensi di essere migliore di lui?)

-Humines, cáno, lë avatyaren canya quettarinya, méran ortirë Aranya nyérello.-(Non lo faccio Comandante, perdona le mia parole irrispettose, volevo proteggere il Mio Signore da altri dolori)

 -Ëa faren, Canier, avá quetë! Lá termaruvain an veryë(E' abbastanza, Canier, taci! non sopporterò oltre la tua sfacciataggine)- lo riprese seccato -Apeantanë axan ar canin ná lastainan! Avamahtalyet ar nutelyet!(Ho dato un ordine e pretendo di essere obbedito! Disarmateli e legateli!)- finalmente si era deciso a distogliere gli occhi dall’umano per spostarlo seccato sul suo sottoposto che metteva in dubbio la sua autorità, e sotto quello sguardo duro il giovane elfo, perché anche a occhi non esperti era palese la sua gioventù, non poté fare altro che chinare il capo e balbettare umiliato la sua risposta

-Náto, turco- (Sì, capitano)

-Hequa atan, alyuvas ilcorin pata- (Non l'umano, aiuterà l'elfo a camminare)

-An so? Ná arraxa!- (Perché lui? E' il più pericoloso!)

- Ná ampolda a lá aloruvar, lá mennai irë i maicanya taruva lango sermeryava- (E' il più forte e non si ribellerà, non finché la mia lama starà sulla gola della sua amica)

Tàralelyol era rimasto impassibile sotto gli occhi del capitano, ostentando l'espressione confusa di chi non capisce quello che viene detto, ma attento ad ogni parola, ad ogni sfumatura della voce, era stata dura trattenersi quando aveva sentito che intendevano usare Rhawel per assicurarsi la sua collaborazione, ma non si era tradito, si fidava di quel comandante, gli sembrava capace e determinato, non si era lasciato sopraffare dalle emozioni neppure per un attimo, era più che certo che l'amica non corresse pericoli con lui.

-Non reagite- lo scandì lentamente, sperando che capissero che sapeva e aveva la situazione sotto controllo, non dubitava che lo avrebbero ascoltato, loro sapevano che aveva seguito ogni parola del dialogo e si fidavano di lui

-Molti di loro non attendo altro che un nostro errore per ucciderci, non possiamo permetterlo, devono comprendere che non siamo una minaccia-

Nessuno di loro mosse un muscolo quando vennero disarmati, solo Gimli azzardò sorridendo un -Trattala bene, è una vecchia amica- quando gli presero l'ascia, parole ricambiate da uno sguardo furente del guardiano che lo legava.

Quando arrivarono al númenóreano però le cose si fecero più difficili, appena Narsil venne estratta dal fodero suscitò lo sdegno di tutti i presenti, ancora prima che i compagni capissero cosa stava succedendo videro il loro capo cadere colpito al costato, ma anche cadendo una mano si apriva facendogli segno di rimanere fermi, e l'altra si stringeva al braccio dell'assassino che stava già per scattare -Non reagite-

-Vára pilu uaina caivo!(Sporco ladro dissacratore di morti!)-gli sputò addosso quello che lo aveva disarmato colpendolo ancora all'addome

-á farya sí!-(Ora basta!)

-Cáno, ista sin macil! Sana pilu paimetaina motto- (Capitano, conoscete questa spada! Questo ladro deve pagare la sua infamia!)

-Paimetuva, na lá sí. Istain sana macil fó lá mai tyë ar u quaptas i axaninya i ta vandanya. Nyë avatyaralat nëa, Canier, umelin enquetë, umalastalyen ata ar ucoluvat sana vaima. Silumë lestalyeco, hyeli lá maisi telyuva mótalya- (E pagherà, ma non ora. Conosco questa spada meglio di te e non cambia i miei ordini ne i miei intenti. Ti ho già perdonato una volta, Canier, e non amo ripetermi, disubbidiscimi ancora e non potrai indossare più quell'uniforme. Ora allontanati, altri più capaci finiranno il tuo lavoro)

Non c'era furia ne rabbia nella voce del comandante, solo la sicurezza di chi sa di avere il potere perché lo ha meritato, e sa come gestire delle reclute insofferenti, esigeva la disciplina dai suoi uomini, e seppure ne comprendesse le ragioni non avrebbe lasciato un simile comportamento impunito

Mentre i due elfi si scontravano Gwath si era chinato sull'uomo, mentre gli altri restando immobili si tendevano verso di lui

-Perché non provi a spiegargli? Digli come l'hai avuta- sussurrò l'elfo

-Sarebbe inutile, qui nessuno ci capisce, e anche capissero non mi crederebbero-

Risolto il piccolo ritardo causato dalla recluta tutti furono legati tranne il númenóreano che venne spinto con malagrazia verso l'elfo mentre il biondo comandante si portava dietro alla giovane e le puntava un lungo coltello alla gola, osservando dritto negli occhi il mortale fece scorrere la lama a pochi millimetri dall'esile collo indicando poi l'elfo al suo fianco.

Tàr annuì lentamente passando un braccio sotto la spalla legata dell'immortale

-Che succede ora? Perché tu non sei legato? E perché sta minacciando Rhawel?- sussurrò l'elfo

-Credo che vogliano che ti aiuti a camminare, Rhawel è la loro assicurazione affinché io non commetta scherzi-

-Io non ho...-

-Non c'è bisogno di fingere con loro- lo fissava “fingi dannazione!” -Hanno creato il portale sanno quanto sia pericoloso per chi entra senza invito, e avranno ben capito che tu eri l'unico che poteva aprirlo-

-Naturalmente, il mio orgoglio è fuori luogo- chinò stancamente il capo per nascondere un sorriso -Dovrei ringraziarli della premura anche se credo che il loro interesse sia più per la velocità del viaggio che per la mia salute-

All'ordine secco del comandante vennero spinti in avanti sempre circondati da una decina di lance spianate tanto che Tàr si chiedeva che bisogno c'era di prendere la sua amica in ostaggio, come se avessero potuto fare qualcosa in così netta inferiorità numerica, dovevano ritenerli veramente pericolosi, e soprattutto dovevano temere enormemente le Arti Oscure di Morgoth.

Un lieve colpo di spalla per attirare l'attenzione dell'uomo, un leggero strappo ai polsi “Posso liberarmi quando voglio”

Un sorriso appena accennato, gli occhi che si muovevano attorno “non ora” un colpetto allo stivale di pelle nera “Hai ancora lo stiletto?”

Gli occhi che si muovevano in basso dall'altro lato, la spalla appena spostata in avanti “Nell'altro stivale, intendi usarlo?”

Un impercettibile cenno del capo, l'angolo della bocca che si solleva un pizzico “No, ma è bello sapere di non essere completamente disarmati all'occorrenza”

Un lungo sguardo gli occhi che s'indurivano e un lento segno di assenso “Sono pronto quando vuoi, attendo solo un tuo gesto”

Uno sguardo altrettanto profondo, un sorriso e lo stesso cenno di assenso “Lo so, spero che non ce ne sia bisogno”

Erano state solo occhiate e impercettibili gesti che nessuno attorno a loro aveva notato ma entrambi avevano capito perfettamente l'altro, erano assieme da poche settimane eppure avevano lo stesso affiatamento che avrebbero avuto dopo anni, lo stesso che Tàr aveva con Gimli e Rhawel, era incredibile, l'assassino poteva anche aver lavorato bene da solo per millenni ma era chiaro che il lavoro di squadra gli veniva naturale.

Avanzavano lentamente con l'elfo che si appoggiava pesantemente a lui trascinando i piedi e inciampando di tanto in tanto, costringendolo a brusche prese per non farlo cadere, a dire il vero lo avrebbe lasciato cadere volentieri se non fosse stato per il coltello sulla gola di Rhawel, quel maledetto elfo si stava divertendo fin troppo “Beato lui che trova divertente questa situazione” anche se doveva ammettere che era un attore nato, non c'era niente di artefatto o innaturale nei suoi movimenti, come nell'espressione esausta e sofferente del suo viso e a quel punto si ritrovo a dover trattenere una risata anche lui “Certo che facciamo proprio una bella coppia noi due!” fortunatamente solo l'immortale appoggiato a lui poté sentire il lievi singulti del petto dell'uomo e alzò lo sguardo interrogativo

-Non mi ero accorto che stessi tanto male- gli disse serio “Sei bravo a fingere”

-Mi reggo a malapena in piedi- rispose nascondendo il viso “Te ne accorgi ora? E smettila di ridere vuoi farci scoprire?”

-Se non ci fermiamo presto sarò costretto a portarti di peso- “E non ci provare che non ne ho nessuna intenzione”

“Non sarebbe una cattiva idea”

Dopo pochi istanti stupendo l'elfo, se l'umano ne era stupito non lo diede a vedere, il capitano sollevò una mano facendo arrestare il gruppo.

-Hai la faccia di uno che sta per svenire- mormorò mentre lo aiutava a sedersi strizzandogli l'occhio

-Cosa? Ehm... sì- fu la risposta sofferente

-Non muoverti, voglio provare una cosa-

-Non...- ma era inutile, Tàr si stava già allontanando, puntando dritto verso il biondo comandante camminando lentamente e con le mani sollevate ma senza abbassare gli occhi.

I guardiani stavano già per reagire ma un gesto imperioso della mano li fermò

“Ha fegato questo Figlio di Traditori, questo devo concederglielo” -Mana merit?- (Cosa vuoi?)

-Acqua- poi mimando il gesto di bere indicò il compagno semi svenuto

Un semplice e secco segno di assenso e gli porse la sua stessa borraccia.

L'altero elfo si sedette su un tronco rovesciato, osservando pensieroso Narsil, erano trascorse solo poche ore e già pensava al mortale come a un “Figlio di Traditori” e non più a un Traditore egli stesso, era inutile, per quanto si sforzasse non trovava traccia di Magia Nera in quelle persone, le aveva osservate, aveva ascoltato ogni parola, ma non aveva scorto nulla che potesse alimentare la sua sete di vendetta.

L'elfo era quasi certo stesse fingendo la sua debolezza, era molto bravo certo, ma la sua luce era salda e non offuscata e debole, un servo di Morgoth avrebbe certamente imparato a nascondere la sua luce, un servo di Morgoth mandato per ingannarli avrebbe quantomeno imparato la loro lingua per cercare di blandirli con le parole. Se era un inganno proprio non lo comprendeva, certamente quel volto poteva aprirgli molte porte ma lui non sembrava consapevole del proprio aspetto.

Che fosse legato al suo Sire era chiaro, nessuno avrebbe potuto tenere il Cancello aperto abbastanza per fare entrare dei mortali, i Cavalieri d'Oro erano gli unici mortali autorizzati a superare la Barriera e loro di certo non lo erano, ma questo cosa significava? Nulla, non poteva sapere cosa gli fosse successo e dove andasse la sua fedeltà, forse era stato corrotto dal Sire Oscuro, forse era solo una sua creatura che aveva preso delle sembianze a loro famigliari, forse in tutto quel tempo Melkor era riuscito a corrompere lo Spirito senza danneggiare il corpo, una nuova razza di orchi con le sembianze di elfi...Ma aveva aperto il Passaggio, era stato riconosciuto come uno di loro.

“Valar Benedetti! Nessuno, neppure il Sire in persona avrebbe il potere di aprire il cancello per dei nemici! Quell'elfo dovrebbe essere morto e io mi preoccupo che stia fingendo!”

Più si sforzava di capire e più le domande aumentavano, conosceva il potere del Portale, lui era lì quando venne creato dai Potenti, l'ultima barriera contro il mondo esterno, nessun nemico poteva attraversarlo, eppure loro erano passati e questo poteva significare solo due cose... la prima non poteva accettarla, la seconda non voleva accettarla... Nel primo caso il Potere dei Quattordici si stava indebolendo e questo sapeva che era impossibile, nel secondo caso quelli non erano nemici e questo non voleva crederlo possibile.

Eppure quelle persone erano così diverse dai nemici che conosceva, il nano per esempio era sinceramente preoccupato per lo strano elfo, come poteva essere possibile che un nano fosse preoccupato per un'immortale? Loro che avevano trucidato tanti suoi amici senza un briciolo di pietà?

E lo stregone? Il suo bastone era bianco, nessun Mago Oscuro può avere un bastone bianco, non ai suoi occhi almeno, ricordava la Magia Nera che trasudava dal legno come un miasma velenoso densa e viscida grondava dai bastoni e dalle armi toccate da quegli esseri malvagi, ma non c'era... doveva esserci, aveva guardato e riguardato, ma non c'era, ne sul vecchio ne sulla sua arma nodosa... eppure lui c'era, lui lo sapeva, non esisteva nessun mago che non fosse sotto il controllo dell'Ingannatore.

La ragazza poi? Chi credeva di ingannare? Come poteva pensare che non riconoscesse una propria simile? O forse era dai compagni che si nascondeva? Era coraggiosa, non aveva avuto neppure un tremito quando le aveva puntato il coltello alla gola, rigida e fiera come una regina. Senza contare l'arco che portava, un'arma notevole, veramente imponente per una femmina, c'era da stupirsi che avesse anche solo la forza di tenderlo ma era sicuro che non lo portasse per gioco e che fosse perfettamente in grado di usarlo.

Poi c'era il númenóreano, solo al pensare quella parola i muscoli si tesero impercettibilmente, il sangue di Elros il Traditore, i Prediletti di Melkor, era furbo il mortale, lo aveva lasciato libero sperando che avendo un compagno vicino si sarebbero detti qualcosa che li tradisse, ma non lo avevano fatto, era cauto con le parole e non gli erano sfuggite le occhiate ammonitrici che aveva lanciato ai compagni... Che avesse scoperto il suo inganno? Oppure era semplicemente prudente? Le uniche cose che aveva sentito lo avevano confuso ancora di più “Perché non provi a spiegargli? Digli come l'hai avuta” “Sarebbe inutile, qui nessuno ci capisce, e anche capissero non mi crederebbero” In quale altro modo poteva averla avuta se non ricevendola in eredita da chi l'aveva strappata a un cadavere? Cosa c'era da spiegare? Cosa che non avrebbero creduto?...

Quella spada, la spada che ora teneva in mano e osservava preoccupato, la spada di Turgon, la spada che lo aveva salvato, Narsil, un'arma di un'altra epoca, un'arma particolare creata con l'arte dei nani e con la magia del suo popolo... Un'arma che non era felice di essere tornata a casa, poteva sentirla cantare il proprio disappunto, era offesa, e non di essere stata rubata al suo legittimo proprietario... no, quello sarebbe stato comprensibile... era offesa perché era stata tolta a quel mortale, lo stesso sangue dell'uomo che aveva ucciso chi la impugnava... e questo no... questo non riusciva proprio a comprenderlo...

Per la prima volta in migliaia di anni desiderò non essere stato isolato in quel rifugio sicuro, non aver ignorato il mondo esterno, perché tutto quello che sapeva sembrava in qualche modo sbagliato, e quello che non sapeva non gli era mai parso tanto importante.

Cos'era successo fuori mentre loro non guardavano? Quante cose erano cambiate che loro non sapevano?

Anche ora stentava a capire, il mortale aveva chiesto all'elfo se temesse di incontrare quel Thranduil a cui hanno detto che somiglia “Significa che non sanno chi è? O continua ad assere una farsa per ingannarmi?” L'elfo dice di non aver paura, ma che non cosa aspettarsi, però tranquillizza l'umano che ascolterà e solo dopo deciderà se odiarlo o meno, ma in ogni caso non commetterà sciocchezze, non vuole inimicarsi il nostro popolo “Perché dovrebbe aver paura di suo padre? Perché dovrebbe odiarlo? Possibile che in tutto questo tempo abbia pensato di essere stato abbandonato?...” Poi quella frase...

-... una somiglianza tale da confondere la Signora di Lòrien...-

Narsil cadde a terra risuonando nella notte mentre si alzava di scatto e li guardava attonito “Bugiardi!” lo stava per gridare, ma riusci a controllarsi per poco, doveva calmarsi e al più presto altrimenti si sarebbe tradito, o forse lo aveva già fatto, con passo deciso si allontanò tra gli alberi scomparendo nella notte.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Ciao a tutti! Volevo scusarmi per il ritardo ma sono stata colpita da un terribile lutto, il mio amato modem, Amleto, mi ha abbandonato dopo anni di onorato servizio, è caduto valorosamente durante l'esercizio dei suoi doveri... Ora quasto nuovo tizio che mi connete con un assurdo nome impronunciabile dovra sostituirlo, ma so già che non sara la stessa cosa... volete mettere la sensazione di accendere il PC e sapere che Hamlet vi assisterà per tutto il tempo? Già il pensiero era fonte di ispirazione...

Delirio terminato. scusate a volte mi capita :D

Buona Lettura!

*CAPITOLO 25*


-Non muoverti, voglio provare una cosa-

-Non...- ma era inutile, Tàr si stava già allontanando, puntando dritto verso il biondo comandante camminando lentamente e con le mani sollevate ma senza abbassare gli occhi.


Tornò poco dopo con una borraccia che gli portò alle labbra, in quel momento avrebbe voluto sputargliela in faccia l'acqua tanto era furioso, ma si limitò a un'occhiata gelida con gli occhi socchiusi per non mandare all'aria ore di recitazione impeccabile.

Solo quando decise che era trascorso abbastanza tempo da giustificare una debole ripresa si rivolse all'uomo con voce debole e sofferente che mal si accordava alle sue parole

-Sei forse impazzito? Cosa dovevi provare? Quanto in fretta riesci a farti ammazzare?-

-Non sono morto come vedi-

-Solo perché questi sono degli smidollati, se ci fossi stato io al posto di quell'elfo non saresti riuscito a muovere un passo-

-Per fortuna che non ci sei tu allora, comunque dovevo controllare il loro capo, ha riflettuto molto in queste ore e volevo assicurarmi che le sue intenzioni non fossero mutate, ricorda che la nostra amica è ancora nelle sue mani-

-E con questa bravata cosa avresti dimostrato?-

-Che non ha ancora cambiato idea sul fatto di volerci vivi-

-Come al solito i tuoi piani sono geniali- sbuffò -E se invece avesse cambiato idea?-

-Avrei anticipato i tempi- rispose con noncuranza

-Devo ancora capire come faccio a sopportarti, e la cosa più assurda e che tu sia ancora vivo visto come ragioni-

-Mithrandir la chiama fortuna-

-Mithrandir non crede alla fortuna-

-Tranne quando parla di me- ridacchiò

Neppure l'elfo riuscì a sopprimere una leggera risata che terminò con un gemito quando il gomito dell'amico accuratamente nascosto gli affondò nello stomaco.

Un'occhiata assassina

-Non dovresti ridere nelle tue condizioni, ti fa male-

-E tu non farmi ridere- “Questa me la paghi”

-Legolas- mormorò tornando serio -Ho bisogno di sapere una cosa, rispondimi onestamente, cosa farai se incontrerai quel Thranduil? Temi ancora di trovarlo?-

-Sai che lo incontrerò?- aveva parlato senza riflettere e subito se ne pentì

-Non ne sono certo- ma i suoi occhi dicevano il contrario e sapeva che lui avrebbe capito -Hai visto anche tu le reazioni quando ti hanno visto, conoscono il tuo viso, anche i più giovani e questo mi fa credere che lui sia ancora vivo. Se lo è, verrà certo a sapere di te e della vostra somiglianza- la spiegazione era più che plausibile, sperò di aver ingannato il capitano... sempre che i suoi dubbi non fossero infondati in quel caso stava prendendo tante precauzioni per niente, ma era meglio non rischiare. -Per questo ho bisogno di sapere cosa pensi di fare-

L'immortale non rispose subito, capiva la domanda e doveva dare un senso ai propri pensieri, con un sospiro appoggiò la testa indietro chiudendo gli occhi

-No, non lo temo, non più. Ho avuto molto tempo per riflettere e ancora non so cosa aspettarmi, ma lo ascolterò prima di decidere se merita o meno il mio odio, questo me lo devo, ho passato la mia vita a odiare tutti gli elfi perché non si curavano della mia esistenza ora voglio sapere perché sono stato gettato via come un rifiuto-

-Sono sicuro che c'è una spiegazione, nessuno getterebbe via qualcosa di tanto raro e prezioso- sussurrò stringendogli le mani

-Grazie- ricambiò la stretta con un lieve sorriso -E non temere non commetterò sciocchezze, so bene che non possiamo inimicarci questo popolo, ho detto che ascolterò quello che avrà da dire, ma non ti posso promettere altro. Non sono sicuro che una spiegazione potrà cambiare le cose, è passato troppo tempo e il mio cuore è troppo indurito per accettare una famiglia, e non dimenticare che non siamo neppure sicuri che ci sia un legame di parentela fra noi, c'è solo una somiglianza tale da confondere la Signora di Lòrien e la Barrie...-

Non riuscì a terminare la frase, il comandante degli elfi si era alzato di scatto facendo cadere Narsil e li osservava con gli occhi sgranati, per un'istante avevano temuto che volesse ucciderli poi era tornato sui suoi passi allontanandosi deciso verso il bosco.

Gwath nascose il viso nella spalla dell'uomo, parlando tanto piano che neppure l'udito finissimo dell'elfo avrebbe potuto sentirlo soprattutto ora che era lontano

-Qualcuno gioca il tuo stesso gioco, ma non conosce bene le regole-

-Non lo sottovalutare, è abile e scaltro, potrebbe essere un alleato prezioso quanto un nemico formidabile, se si è tradito in quel modo deve essere stato per qualcosa che ha udito e che lo a sconvolto, mai fino ad ora si era tradito-

-Tu lo avevi capito-

-Lo sospettavo. Hai visto dei prigionieri, lo sei stato tu stesso. Dimmi, quante volte capita che un carceriere ami ascoltare la voce di chi ha in custodia?-

-Mai-

-Appunto, noi abbiamo continuato a parlare tutto il tempo e neppure una volta ci è stato intimato di tacere, anzi, si è premurato di trovare una scusa plausibile affinché almeno due di noi stessero vicini e avessero la possibilità di parlarsi senza destare i nostri sospetti-

-Quindi non era preoccupato per la mia salute?- domandò ironico

-Sa che fingi, o comunque lo sospetta-

-Come?-

-Non per colpa tua, avresti ingannato anche me, deve essere qualche considerazione che ha fatto, credo riguardi il Passaggio, erano davvero stupiti del fatto che lo avessimo superato-

-E tu come lo sai?-

-L'ho osservato attentamente, tanto quanto lui ha osservato noi, soprattutto me devo dire, non gli piaccio, ma è anche confuso, durante il viaggio ho visto così tante espressioni passare sul suo volto che non oso neppure pensare cosa gli passi per la testa-

-Sì, l'ho notato anche io, anche se è molto controllato, dubito che qualcun altro oltre noi se ne sia accorto-

-Molto controllato e molto intelligente, sa comandare, è sicuro di se, non si lascia sorprendere facilmente e non ci ucciderà prima di aver avuto delle risposte, teme già che le risposte che avrà non gli piaceranno, ma non le rifiuterà, io in particolare lo disturbo, temo che abbia partecipato alla guerra e non porti un bel ricordo dei miei antenati, ma nonostante tutto ha fermato il suo uomo quando mi picchiava-

-Lo hai osservato molto bene- c'era una punta d'astio nella voce che il númenóreano non mancò di notare

-E' un soggetto interessante-

-A me sembra un'arrogante borioso, troppo sicuro di se, infondo tu lo hai scoperto subito, quanto potrà essere abile?-

-Te lo ripeto non lo sottovalutare, spero non si arrivi a questo ma non lo vorrei come nemico-

-Non temere, potrà non piacermi ma non commetterò l'errore di sottovalutare un possibile avversario. L'ho fatto una sola volta e guarda a cosa mi ha portato?-

Come risposta ottenne soltanto un sorriso malandrino

-Anche se continuo a non trovarlo così interessante come sembri trovarlo tu-

-Geloso?- ridacchiò

-Ti piacerebbe?-

-Forse-

-Non ci sperare, e comunque non potrei mai essere geloso di quel manico di scopa col naso troppo cresciuto e la paglia al posto dei capelli-

-Qualcuno potrebbe definirlo portamento fiero, lineamenti aristocratici e capelli del colore del grano maturo-

-Bleah... E quel, qualcuno, saresti tu?-

-Facevo tanto per parlare-

-E allora taci, certe frasi mi danno il voltastomaco-

-Si può sapere cosa avete da borbottare voi due?-

-Niente di importante, Gimli, Legolas è geloso- beccandosi una gomitata nelle costole

-Non sono geloso!-

-Di chi? Di quel damerino biondo e impagliato?-

-Valar! Grazie al cielo qualcuno con un po' di cervello!- sollevò lo sguardo al cielo l'assassino

-Gimli, che hanno quei due?- Rhawel era troppo lontana per sentire

-Niente di ché, Gwath è geloso del tuo elfo-

-Non sono geloso!-

-Quale mio elfo?-

-Quello che ti è stato appiccicato tutto il giorno-

-Ah, intendi quello che minaccia di decapitarmi? Effettivamente è carino-

-Come fai a trovare carino uno che ti punta un coltello alla gola?

-Non ho detto che mi è simpatico, Gwath, solo che non è male, e poi coltello a parte è stato gentile, cerca di metterti nei suoi panni, tu che faresti se un gruppo di quelli che consideri tuoi acerrimi nemici ti piombasse in casa senza invito?-

-Sarebbero morti prima di varcare la soglia-

-Vedi che mi dai ragione! Vista la situazione non è così male-

-Basta, ci rinuncio, Buona Notte!- sospirò poggiando il capo sulla spalla dell'uomo

-Ha ragione, è meglio che riposiamo tutti, non sappiamo cosa ci attenderà domani-

-Se ci uccidono avremo molto tempo per  riposare- ridacchiò il nano

-Sempre a vedere il lato positivo eh, Gimli?-


Intanto il Comandante dei Guardiani scuoteva il capo nell'ombra, incapace di credere alle proprie orecchie, era tornato sui suoi passi pochi istanti dopo essersi allontanato, forse il suo errore si poteva volgere in un vantaggio, non avevano detto niente di utile fino a quel momento ma magari credendolo lontano avrebbero abbassato la guardia, prendendo in considerazione l'ipotesi che lo avessero scoperto subito.

Era tornato indietro, e sì, li aveva sentiti parlare, ma non di quello che pensava, nessun piano di guerra, nessun tentativo di rivolta... stavano scherzando! Valar Potentissimi! Sapevano che sarebbero potuti morire in qualunque momento e stavano scherzando! La ragazza lo aveva addirittura definito gentile, gli puntava un coltello alla gola tutto il giorno e lei lo definiva gentile perché non l'aveva uccisa? Ma chi avevano catturato? Erano forse folli? O avevano qualche arma segreta ed erano tanto sicuri da non preoccuparsi della situazione? Ma chi voleva ingannare, quelli non erano i discorsi di servi dell'Oscuro sempre pronti a pugnalarsi alle spalle, quelli erano gli scherzi di un gruppo di amici affiatati e uniti.

Ancora una volta ascoltava e osservava e ancora una volta rifiutava di comprendere la spiegazione più semplice, non vedeva l'ora di raggiungere Andolondéva e consegnare quella strana gente al suo Signore, lui avrebbe certamente compreso quello che a lui sfuggiva.

Gli mancava la sua città, gli mancava la saggezza e il conforto del suo amato Sire, se lui fosse stato li non sarebbe stato così confuso, era stato fuori per troppo tempo, in quelle che fino a qualche ora prima erano stati inutili pattugliamenti, ormai servivano solo per formare i giovani, non conoscevano pericoli nel loro rifugio eppure avevano continuato imperterriti ad allenarsi e ad addestrare i loro figli come se la guerra dovesse sorprenderli all'improvviso, a volte si chiedeva a cosa servisse, non desiderava la guerra, aveva visto abbastanza sangue e morte per tutta la sua vita immortale, era felice di starsene in quel luogo sicuro eppure i Potenti continuavano a temere che non sarebbe durato e ora aveva le prove che avevano ragione.

Era strano, non voleva altre morti ma prevedeva che ci sarebbero state, la cosa non lo spaventava, lui non aveva mai dimenticato quelli che erano stati lasciati indietro, e quei due immortali, amici o nemici che fossero, avevano riaperto una vecchia ferita

“Fratelli, amici, padri e compagni, caduti nel sangue, allontanati in catene, noi sopravviviamo al loro dolore, ma come cancellare quel ricordo dal cuore? Stiamo qui rinchiusi in una prigione dorata, mentre chi amavamo soffre lontano, vi abbiamo dimenticati? Le nostre menti forse, la logica cinica e dura della sopravvivenza, ma mai i nostri cuori. Ma le nebbie hanno forse celato anche la speranza? Ah, Narsil! Se potessi parlare! C'è forse ancora luce fuori tra le tenebre? E se questi non sono nemici, non è forse nostro dovere aiutarli? Il tarlo del dubbio già rode il mio cuore, eppure sono passate solo poche ore! Tu brami la mano di chi ha sparso il mio sangue, No! Non è lui! Non lo devo dimenticare, lui è solo sangue del suo sangue, ma è difficile da accettare...

Devo sapere... devo sapere se qualcosa è cambiato... devo sapere se nelle tenebre una luce ha germogliato... devo sapere se dietro alle loro crudeli menzogne si nasconde una pallida speranza...

E se così fosse? Sono forse capace di dimenticare gli antichi rancori e camminare al fianco di chi ho odiato tanto? E' inutile porsi domande tanto assurde, non c'è speranza, solo menzogne, crudeli e dolorose menzogne...”

-Oh, Thranduil...- sospirò alla luna -Quali antichi dolori dovremo riaffrontare? E sarò proprio io a condurre a te chi ti farà soffrire...- “o forse gioire? Potrà mai essere, questo strano elfo, un figlio per te?

Non vedo Oscurità, ma tanto freddo in lui, e tu hai avuto freddo per troppo tempo per doverne sopportare ancora... eppure scorgo anche una debole fiamma, forse tu con la tua grazia potrai farla divampare? No, questo è un compito che spetta a quel mortale... c'è qualcosa nel modo in cui lo stringe e in quello in cui lui cerca il suo sostegno che va oltre la finzione...

Ma quali pensieri assurdi mi affiorano alla mente? Cosa mi importa di quello che fa un númenóreano? Fino a prova contraria sono nemici! E come tali li devo guardare!”


Era stata una lunga notte per il comandante, un notte di pensieri che gli avevano tolto il riposo, di domande che aumentavano e di risposte che invece fuggivano, di certezze vacillanti e dubbi pressanti, fu con immenso sollievo che prima del tramonto seguente scorse la sua città e il palazzo del suo Signore.

Andolondéva, il primo avamposto abitato dopo l'Unico Cancello, regno del Sire Thranduil, colui che come suo padre aveva il compito di vegliare sul solo ingresso al loro regno, a differenza degli altri Signori aveva voluto costruire il suo palazzo nella terra, un rifugio sicuro che servisse da  fortezza in caso di attacco, anche se la maggior parte degli altri elfi viveva in case nel bosco, la dimora del loro Sire era abbastanza ampia per accoglierli tutti in caso di pericolo.

Questo era successo perché subito dopo la guerra il ricordo degli orrori subiti e la paura erano ancora troppo vivi per poter credere di essere realmente al sicuro, nonostante le rassicurazioni dei Potenti, forse dovendo scegliere dopo migliaia di anni di pace Sire Thranduil, si sarebbe accontentato di un palazzo più tradizionale, ma in quei tempi bui aveva preferito rendere la zona più esposta alle possibili aggressioni il più sicura possibile.

Camminavano già da un po' su sentieri lastricati ai lati dei quali sorgevano deliziose villette di rami vivi intrecciati e pietre, dato che la primavera stava sbocciando in tutto il suo splendore, gli alberi erano carichi di fiori, e ogni dimora si adornava di un colore diverso, mentre in quelle più grandi diverse piante si intrecciavano fra loro cerando arcobaleni profumati, davanti e intorno ad ognuna giardini lussureggianti si contendevano il favore di uccelli variopinti e farfalle delicate, vasche d'acqua limpida il cui guizzavano pesci argentei trovavano rifugio all'ombra di flessuosi salici.

Potevano scorgere al loro passaggio sguardi curiosi e impauriti sbirciare nascosti dietro le finestre e gli usci, ma non incontrarono nessuno sul loro cammino se non gatti indolenti e cagnolini giocosi.

Il comandante aveva lasciato la giovane, ormai sicuro che non ci fosse il pericolo di una fuga, e guidava la colonna, di cui i prigionieri formavano il cuore, lungo la strada che li conduceva verso un ampio ponte di pietra dietro al quale su un erto pendio coperto di alberi si apriva l'ingresso di una caverna, due enormi faggi l'affiancavano come pilastri, scendendo fino ad affondare le radici nelle acque scure e tumultuose del fiume che stavano attraversando.

Appena avevano messo piede sul ponte l'ampio portale di quercia dura e mithril aveva cominciato ad aprirsi lentamente mentre le guardie si inchinavano rigide al loro capitano, solo quando furono entrati e i pesanti portoni richiusi fece segno alla compagnia di arrestarsi attendendo il consigliere che si avvicinava osservando inquieto i prigionieri

“Finalmente a casa” sospirò

-Alatulya, Condo, acánielmë i mentano. Aratarya tultan quetë sa meriryë velë quendu, tulyalë hyeli mandonna- (Bentornato, Lord Comandante, abbiamo ricevuto il messaggero. Sua Maestà mi manda a informarvi che desidera incontrare immediatamente l'elfo, fate condurre gli altri alle prigioni)

-á vala Aratarya- (Come Sua Maestà comanda) si inchinò leggermente per poi rivolgersi ai suoi uomini

-Quendë tulë asenyë. Tulyalë hyeli mandonna- (L'elfo viene con me. Portate gli altri alle prigioni)


Nel momento in cui Tàr aveva udito le parole del messaggero la sua mano era scivolata a stringere quella del compagno con la paura negli occhi

-E' il momento?- aveva chiesto lui serio

Aveva solo annuito greve, sapevano entrambi di cosa stavano parlando,

“Mi dispiace, avrei voluto essere al tuo fianco”

L'immortale lo aveva osservato preoccupato,  però un attimo prima che il comandante lo afferrasse per allontanarlo aveva inspirato profondamente e ricambiato la stretta con un sorriso

“Non preoccuparti, sto bene”


-Tàr, dove lo portano?- chiese agitata la mezzelfo mentre li conducevano per i ricchi corridoi illuminati da torce

-A fare i conti col suo passato-

-Lui è qui?-

-Lui è il Re- 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


*CAPITOLO 26*


-Bombadil! Mostrati maledetto, o hai troppa paura per affrontarmi!- la voce dell'Oscuro Sire rimbombò tra gli alberi che fremevano di collera, covando un atavico odio per il cavaliere e la cavalcatura che purtroppo si tenevano a distanza dai loro rami

-Quale lieta sorpresa- squillò allegra canzone del Messere -Vieni ragazzo vieni, la teiera e sul fuoco e di erba ho una presa-

-Smettila di cantare ed esci ad affrontarmi vile ficcanaso-

-Uscire? E perché mai? Fuori dal bosco prevedo solo guai! Venite voi piuttosto, al mio tavolo c'è posto. E che non sia mai detto, che Bombadil è un'ospite inetto-

-Pensi forse di ingannarmi con i tuoi modi cortesi- ringhiò rabbioso -Lo so bene che hai aiutato i miei nemici-

-Nemici, che brutto suono, mi storpia la canzone, il canto non vien buono. Ma se ti riferisci a stanchi viaggiatori, sei solo tu lo stolto che paga i suoi errori. Di certo non è Tom che esce da suo bosco, ma sempre chi ha bisogno sotto il suo tetto trova un posto. Se a un passo hai i mannari e all'altro i brutti Troll quale altra strada resta se non il bosco di Tom?- rise allegro l'ometto

-La smetterai di ridere! Un giorno pagherai per la tua sfrontatezza- le fiamme ormai divampavano attorno a lui lambendo i margini della foresta

E fu in quel momento che Melkor vide quello che a nessun mortale aveva mai visto, ma che lui già sapeva e per quello non osava avvicinarsi pur ostentando sicurezza e superiorità. Il sorriso di Bombadil scomparve nel momento in cui le prime fiamme scaldavano le foglioline esterne, gli occhi si fecero scuri mentre il suo corpo ardeva di fuoco bianco.

-Fermo!- Tuonò con voce potente e fiera, un solo gesto della sua mano bastò per far ritirare le lingue scarlatte -Fermati, se non hai deciso di affrontarmi, Secondo figlio di Eru! Infrangi i patti ed io farò lo stesso! Non toccherai il mio bosco e io non interferirò col Fato, ma entra nel mio Regno solo se sei pronto a combattere!-

-La pagherai! Mio Padre non ti proteggerà in eterno!-

-Non mi serve protezione, sono al di sopra delle dispute di voi esseri inferiori! Sei tu che hai cercato di interferire col mio lavoro, e devo forse ricordarti com'è finita?-

-I tuoi amati alberi ancora mi temono- soffiò maligno

-E tu temi me... O credi di aver abbastanza Potere, ora, per riprovarci?-

-Verrà il giorno che ti farò rimangiare la tua arroganza-

-Lo attenderò con impazienza, dopotutto quel giorno, se mai arriverà sarà la fine di tutto, nel bene o nel male, e io avrò concluso il mio lavoro-

-Non pensare di spaventarmi con le tue pretese sull'Ambar-metta*-

-Oh, ragazzo mio, lungi da me il volerti spaventare, ora temo di doverti salutare, il tea si raffredda e per quanto sia piacevole chiacchierare non voglio far attendere Baccador. Ossequi, Secondo, e porta le mie condoglianze a Sauron per la morte di Daebolgorthebeth*- sventolò il cappello piumato -Hops, ma forse ancora non lo sapevi, magari non dovevo dirlo- si allontanò ridendo allegro riprendendo a canticchiare.


Era morta, Morgoth guardò il Messere allontanarsi felice mentre la rabbia esplodeva attorno a lui... Era morta! La Signora delle Viverne, la Regina delle Ombre Alate, una delle sue più potenti alleate era morta! E come se non fosse sufficiente ora quelle patetiche creature avrebbero cominciato ad azzuffarsi fra loro reclamando il comando! E loro erano passati, con un poco di fortuna non incolumi, ma erano certamente passati e avevano ucciso Daebolgorthebeth...Ora l'unica speranza era che fossero gli elfi a fermarli, lui non era mai riuscito ad entrare di certo non avrebbe potuto farlo Olórin, per quanto abile non era certamente al suo livello e ancora meno lo era quello schiavo fuggitivo, ma entrati o meno avrebbero pagato il loro affronto.

Con un rombo di tempesta gli zoccoli di Each Uisge colpirono il suolo lanciandosi in alto e galoppando veloce verso casa, doveva immediatamente porre fine all'anarchia delle Ombre Alate e doveva assicurarsi la collaborazione degli alleati, non era ancora giunto il momento di mostrare le sue preoccupazioni ma avrebbe fatto in modo di non essere impreparato.



 


Seguiva il capitano lungo i corridoi della fortezza, ormai non si curava più neppure di fingere una debolezza che non aveva mai avuto, e, a conferma delle parole di Tàralelyol, l'elfo al suo fianco non ne era affatto stupito.

Aveva mentito, era spaventato per quello che stava per succedere, ma non lo avrebbe mai ammesso, si ritrovò a maledire i lunghi corridoi che parevano interminabili, voleva porre fine al più presto a quella incertezza, oppure voleva fuggire il più lontano possibile... certamente questo avrebbe stupito quel rigido comandante, lui tanto sicuro di sé di certo non immaginava che sarebbe potuto fuggire in qualsiasi momento... ma non lo avrebbe fatto, non lo avrebbe fatto perché sarebbero stati gli amici a pagare per la sua insolenza una volta che lui fosse stato lontano, non lo avrebbe fatto perché nonostante l'apprensione era stanco di vivere nel dubbio e voleva delle risposte.

Camminava assorto nei suoi pensieri, tanto che quasi non si accorse quando si fermarono davanti a un grande portone.

Le guardie ai lati lo aprirono e gli venne fatto cenno di entrare, solo un'esitazione e avanzò trattenendo il respiro finché non sentì il pesante legno richiudersi alle sue spalle.

Era solo? Quale carceriere avrebbe lasciato solo un prigioniero in una sala piena di tesori? “Uno che sottovaluta il nemico e la sua capacità di liberarsi. L'avevo detto che quel tipo non era così intelligente” Ma questo pensiero fu istantaneamente fugato quando si guardò attorno “Una stanza piena di tesori e nessuna uscita tranne quella da cui sono entrato”

Si trovava in un'enorme sala circolare davanti a lui, rialzato di pochi gradini un trono vuoto, d'oro e smeraldi tagliati ad imitare piccole foglie d'edera che partendo dal terreno salivano intrecciandosi fino all'alto schienale, attorno alle colonne la stessa edera ma di lucente mithril illuminava di un tenue bagliore la sala riflettendo la luce delle leggere fiammelle che pendevano dal soffitto in gocce di cristallo come fosse un cielo stellato.

E in tutta questa meraviglia, non una finestra, non una porta e neppure la più piccola presa d'aria, non sarebbe potuto fuggire ora, neppure se lo avesse voluto... e non era solo...

Dall'ombra avanzava una imponente figura, lunghi capelli tanto chiari e luminosi da ricordare i decori delle colonne, la pelle candida, il passo fiero, e un viso che aveva osservato riflesso migliaia di volte, forse leggermente più segnato dagli anni e dai dolori, ma non poteva negare la somiglianza, ora comprendeva come la Signora del Bosco d'Oro avesse potuto confonderli, solo gli occhi erano diversi, se i suoi erano chiari come il cielo e spesso grigi come l'acciaio, quelli del Sire erano verdi, il verde cupo delle antiche foreste.

Rimasero a studiarsi a lungo, osservandosi e valutandosi, Esgalwath si era inchinato, aveva promesso che non avrebbe fatto sciocchezze e sapeva come comportarsi difronte a un Re, anche se certamente non era un inchino che avrebbe soddisfatto la vanità di un potente, era però sufficiente per non farlo accusare di essere irrispettoso.

-Lë mai ná?- (E tu saresti?)

Scosse il capo, questa era un'ipotesi che non aveva preso in considerazione, se neppure il signore di quel luogo parlava la loro lingua presto Tàr avrebbe dovuto rivelare il suo gioco

-E tu saresti?- ripeté con aria seccata nella lingua comune

-Non lo so, maestà, sono qui per avere risposte-

-Hai gli occhi di tua madre-

-Conoscevate mia madre?-

-Credo di averla conosciuta abbastanza bene dal momento che ti abbiamo concepito-

-Quindi voi sareste?... Mio padre?-

-Così devo supporre anche se non mi spiego come tu possa essere vivo-

-Se è per questo, non me lo spiego neppure io-

-Vorresti farmi credere che non sei qui per spacciarti per il mio figlio perduto e guadagnarti la nostra fiducia?-

-Non lo sono, ma anche se lo fossi non lo direi, quindi come deciderete se dico il vero?-

-I tuoi modi sono alquanto scortesi, e trovo disdicevole che un principe degli Eldar non conosca la propria lingua-

“Quest'elfo è pazzo forse? Di cosa sta parlando?”

-Me ne scuso, Sire, quando incontrerò i miei precettori gli comunicherò questa loro mancanza-

-L'ironia mi è nota, e la trovo alquanto fuori luogo-

-E io trovo fuori luogo, che voi mi accusiate di non parlare una lingua che mai fino ad oggi avevo udito-

-Non sei certo l'unico elfo, dall'altro lato delle Nebbie, qualcuno si sarà pure occupato di te?-

-Non certo degli elfi- strinse i pugni e respirò forte, aveva promesso che avrebbe ascoltato ma si rivelava più difficile del previsto

-Così in basso sono caduti i nostri simili da non curarsi di una regina e di suo figlio?-

-Maestà, credete forse che sai dato loro di passeggiare liberamente, ospitare amici e magari dare anche delle feste? Sono servi! o forse non conoscete il significato di questa parola?-

“No, così non va, devo calmarmi”

-Servi dell'Oscuro, traditori del loro sangue, se non trovano la forza di ribellarsi-

-Parlate come avessero una scelta-

-C'è sempre una scelta, la morte sarebbe un destino più onorevole, potrebbero tentare di fuggire magari morirebbero provandoci ma sarebbe una morte onorevole, tu sei qui, perché sei solo e accompagnato da nemici e non dai tuoi simili?-

Chiuse gli occhi e inspirò profondamente, tutti i buoni propositi cancellati da quelle accuse ingiuriose, quando li riaprì lo sguardo freddo di un assassino investì il sovrano, Legolas e tutto quello che aveva compreso in quei giorni era scomparso, i compagni avrebbero potuto scorgere il lui solo la compostezza gelida con cui lo avevano conosciuto.

-La scelta? La scelta dite voi? Cosa ne sapete di quello che succede fuori di qui? Credete forse che ci sia una scelta? Credete che questi simboli servano solo ad ornare la mia pelle?- ringhiò mostrando la spalla -Non c'è scelta. Credete che non abbia desiderato la morte sopra ogni altra cosa? Credete che quelli che un tempo chiamavate amici o fratelli non desiderino la morte? La fuori non ci sono concessi desideri! La fuori viviamo solo per servire, e non lo facciamo per scelta, lo facciamo perché costretti! Costretti con la magia!

Riuscite a immaginare, nella vostra suprema arroganza, cosa significhi restare a guardare impotente mentre il tuo corpo agisce indipendentemente dalla tua volontà?

Non sono qui per mio volere, non sono qui perché ho “scelto”!- quasi sputo l'ultima parola come se lo disgustasse -Sono qui perché il mio aspetto mi ha dato potere sulle persone, abbastanza da potermi liberare per poco tempo dalla magia e fuggire... vi disgusta pensare al vostro figlio che si abbassa a questo?... anche a me! Ma non avevo scelta! E non l'ho avuta neppure dopo, perché non sono e non sarò mai libero, non finché porterò questo Marchio d'infamia sul mio corpo!-

Si fermò a prendere respiro, aspettando una reazione, una reazione qualsiasi, ma l'immortale davanti a lui sembrava non l'avesse neppure udito, ringraziò di essere legato perché se fosse stato libero niente gli avrebbe impedito di colpirlo, si aggrappò alle corde come ad un'ancora piantando le unghie nei palmi per impedirsi di scioglierle.

L'antico immortale lo osservava in silenzio, era quello suo figlio? Tutto quel veleno, tutto quell'odio, cosa gli era successo? Lui non gridava, no, in questo gli assomigliava, ma non aveva bisogno di gridare perché il gelo e il disprezzo nella sua voce erano più che sufficienti a fargli comprendere che lui non aveva più un figlio, non lo aveva mai avuto e non lo aveva ora.

-E' per questo che ti sei preso tanto disturbo? Per sputare addosso il tuo odio a tuo padre? Sei venuto con i Servi dell'Oscuro per avere un'immotivata vendetta?-

-Servi dell'Oscuro? L'Oscuro non ha bisogno di mandare da voi i suoi servi- sputò – lo servite a sufficienza restando qui nascosti come topi.

Non voglio vendetta, non saprei cosa farmene...  Volevo delle risposte, volevo sapere perché avevate deciso di non volere un figlio e mi avete abbandonato senza una parola, ma vedo che nella vostra arroganza non vi degnate di dare spiegazioni, siete troppo impegnato ad emettere sentenze su cose delle quali non avete nessuna conoscenza. Bene, sapete cosa vi dico? La vostra reazione è per me una risposta soddisfacente, avevo promesso ai miei amici che vi avrei ascoltato, ebbene l'ho fatto e il Nulla ho udito.

Quelli che voi chiamate nemici stanno rischiando la vita per portare una speranza a quelli che un tempo chiamavate fratelli... mentre voi li accusate di avervi tradito-

-Quindi preferisci degli assassini alla tua famiglia?-

-Non ho una famiglia, e se mai l'ho avuta non siete certo voi! Non è stato un elfo a raccogliere l'infante abbandonato e a proteggerlo come un figlio, quando la sua famiglia non si è mai degnata di mostrarsi, è stato un nano, voi li disprezzate tanto eppure la pietà del suo cuore, non del vostro, mi ha salvato, mi ha amato come una vera madre sapendo che rischiava la vita proteggendo un elfo ed è morta per quello che aveva fatto! Potete chiamare assassina lei? Quegli uomini che tenete prigionieri hanno sfidato le guardie di Sauron per venirmi a liberare nonostante io gli mostrassi solo odio e disprezzo, mi hanno trattato come un loro pari, mi hanno mostrato che esiste una ragione per vivere e si chiama speranza... Potete chiamarli assassini?-

-Loro hanno sterminato la nostra razza-

-No, i padri dei padri dei loro padri lo hanno fatto, non loro. Loro stanno cercando di liberarla la nostra razza. Loro! non io, non voi!. Prima di conoscerli non riuscivo neppure a dirlo “la nostra razza”, se c'è un assassino quello sono io, non sarei mai venuto se non fosse stato per la loro cocciutaggine, erano convinti che gli Elfi fossero saggi e illuminati, erano convinti che li avreste aiutati a salvare i vostri fratelli, io li chiamavo sciocchi, e avevo ragione...-

-Non ti capisco, potresti vivere come un principe degli Eldar e scegli di morire con dei traditori della Luce?-

-Scelgo di morire con degli amici che hanno lottato per la giustizia, piuttosto che vivere continuando a nascondermi dietro una menzogna-

-E sia, hai fatto la tua scelta-

Bastò un gesto della mano perché le porte si spalancassero e le guardie arrivassero a trascinarlo via.



Thranduil, il grande Sire, il potente Signore, indietreggiò osservando le porte richiudersi fino ad accasciarsi sui gradini del trono perdendo la testa fra le mani.

Sapeva chi era, lo aveva sentito appena aveva passato la Barriera, aveva sentito il richiamo del suo sangue, non capiva come fosse possibile ma lui era lì, avrebbe voluto abbracciarlo e piangere di gioia... ma la paura... la paura lo aveva frenato, non sapeva cosa fosse diventato, non sapeva se lo avesse voluto, aveva paura, paura di aprire il suo cuore ed essere nuovamente annientato dal dolore, come il giorno in cui loro “Non loro, lui è ancora vivo, solo lei è morta”... il giorno in cui aveva sentito il Legame lacerarsi e aveva saputo che era inutile continuare le ricerche, perché lei non esisteva più, era morta assieme al suo figlio non nato, ma suo figlio era nato, forse un parto prematuro? Forse lei era morta nel darlo alla luce? “Non lo saprò mai, ma se avessi continuato a cercare, se non mi fossi accasciato esausto in preda al dolore...”, se lo avesse fatto forse avrebbe trovato suo figlio, forse tutto questo non sarebbe mai successo, non sarebbe stato costretto a crescere tra le tenebre fino ad assorbirle nel suo cuore.

Con immensa fatica si sollevò, aveva bisogno di consiglio e di conforto mai come in quel momento sentiva il bisogno del calore di un abbraccio, gli era mancato, era stato lontano troppo a lungo.


Come sospettava lo trovò nelle sue stanze ma aprendo la porta si rese conto che non era l'unico ad essere stato turbato dai nuovi prigionieri, non lo aveva neppure sentito entrare, e questo già da solo rendeva l'idea di quanto profondi dovessero essere i suoi pensieri, lui sempre tanto attento e sicuro.

Stava davanti allo specchio, la tunica aperta era scivolata fino alla vita ma non se ne curava, osservava la sua immagine seguendo con le dita la lunga cicatrice che gli attraversava il torace dalla spalla fino al fianco opposto.

Era tanto tempo che non lo vedeva più guardare quella cicatrice, pensava l'avesse superato ormai, quella cattura doveva averlo turbato più di quanto pensasse.

Gli si avvicinò cingendolo da dietro e fermandogli le mani tra le sue, lasciando una lunga scia di baci sul suo collo, finché non lo sentì sospirare e rilassarsi

-Sei bellissimo-

-Lo ero, un tempo, ora...Sono solo sfregiato-

-Lo sei ancora- intrecciò le dita con le sue e percorse ancora quel lungo sfregio prima di attirarle a se e baciarne i palmi -Perché ora? Dopo tanto tempo? Sono stati loro a risvegliarti tetri ricordi?-

-Non ha più importanza ora che sei qui- girò la testa fino ad incontrare le sue labbra sfiorandole con un bacio leggero -Ma come puoi illuminarmi con la tua luce se anch'essa è appesantita dall'ombra?-

-Amo quella cicatrice, senza quella non ci saremmo mai trovati- rispose accarezzandolo lentamente e facendolo sospirare

-E ora ti sentiresti meno in colpa per la sua morte e per tuo figlio, sai che hai fatto tutto quello che potevi, non potevi sapere che era già nato-

-Come puoi conoscere sempre i miei pensieri?-

-Conosco te- Lasciò che la testa gli ricadesse all'indietro sulla sua spalla

-Io non l'amavo, ma amavo il figlio che portava-

-Non l'hai mai tradita, hai soffocato il tuo cuore per migliaia di anni in nome del rispetto e dell'amore fraterno che vi legava-

-E tu non ti sei mai lamentato-

-Avevo la tua amicizia e tanto mi bastava, potevo comprendere i tuoi doveri... Ma non è il nostro passato che ti turba... Lo hai fatto rinchiudere con gli altri?- senza sciogliere l'abbraccio si era girato per guardarlo negli occhi

-Cosa dovevo fare? Lui ha scelto loro-

-Ha davvero potuto scegliere?- il suo tono era dolce come quello di chi si rivolge a un bambino

-Hai ascoltato tutto?-

-Sì. E tu? Tu hai ascoltato?-

-Il rimprovero della tua voce mi dice che non l'ho fatto, vero?-

-Immagino che la confusione e la paura debbano averti ottenebrato, perché di certo la parola arrogante non ti si addice e neppure quell'ostentata freddezza... Non hai ascoltato una sola parola di quello che diceva- sussurrò carezzandogli una guancia

-No- sospirò -No, davvero-

-Perché lo hai fatto?- gli sorrise dolcemente

-Avevo paura, paura che lui mi ritenesse colpevole, paura che lui mi odiasse- si abbandonò all'abbraccio del guardiano, lasciandosi avvolgere da suo calore, mentre nascondeva il viso sulla sua spalla

-Lo fa- rispose sinceramente -Ti ritiene colpevole, ti odia e tu non hai detto nulla per fargli credere il contrario... era davvero venuto per ascoltare, e tu non gli hai dato nessuna spiegazione, ti sei limitato ad attaccarlo... Luce Mia, quel ragazzo è convinto da tutta la vita di essere stato abbandonato, di essere stato gettato via perché non lo volevate... ti meravigli forse che abbia scelto i suoi compagni-

-Lui crede questo? Valar! Io non immaginavo, come potevo sapere?-

-Avresti saputo se lo avessi ascoltato, siete simili alla fine, entrambi avete sofferto, ed entrambi avete scelto di chiudere il vostro cuore per non soffrire ancora-

-Ma tu sei riuscito ad aprire il mio-

-E lui troverà qualcuno che riaprirà il suo-

-Ma non sarò io- sospirò amaramente

-No, non sarai tu... Ma potresti insegnargli a rispettarti, magari provando a rimediare quella patetica scena a cui ho assistito-

-Credi ci sia del vero nelle parole che ha detto? Immagino tu li abbia osservati e ascoltati a lungo visto che avete impiegato due giorni a percorrere il cammino di poche ore-

Il guardiano si allontanò, girandosi nuovamente verso lo specchio, si chinò leggermente mentre posava i palmi aperti sulla pietra fredda ai lati del vetro, osservò un'istante il suo riflesso prima di chiudere gli occhi e poggiare la fronte sulla superficie liscia con un sospiro

-Haldir?-

-Non è facile risponderti, il mio cuore vorrebbe dirti che ci sono nemici, vorrebbe vederli giustiziati, vorrebbe vendetta...-

-Ma non è questa la risposta che mi darai-

-Non posso-

-Chi?- “Chi ti ha turbato tanto”

-Sai che il loro capo è un númenóreano?-

-Capisco. E' per quello che stavi nuovamente osservando quell'antica ferita?-

-No, non puoi capire... Hai visto Narsil?- gli indicò la spada abbandonata sul letto

-Prendila, ascoltala-

E così fece, prese la spada e ascoltò il canto dell'acciaio, come solo gli antichi Eldar potevano fare, come solo le armi forgiate dalla loro magia potevano cantare, e venne investito dallo sdegno della potente lama

-Capisci ora? La spada che mi ha salvato brama la mano di chi dovrebbe invece impugnare quella che mi ha fatto questo-

-Sei sicuro che sia sangue del suo sangue? Il fatto che sia di Númenor, non lo rende un suo discendente-

-Non mi faresti questa domanda se lo avessi visto... Come posso scordare quel volto?-

Chiuse gli occhi e il passato tornò prepotente facendolo tremare, non era più nella sua confortevole stanza ma sul campo di battaglia.

Poteva udire le grida e i lamenti strazianti degli amici, sentiva l'odore del sangue e della carne bruciata, ma ormai non ci faceva più caso, da quanto tempo combattevano? Ore? Giorni? Avrebbero potuto anche essere anni, non ci pensava più, si muoveva come in un limbo sul campo di battaglia, sordo e cieco ad ogni cosa che non fosse il canto della sua spada, continuava a colpire, uccidendo e mutilando e ad ogni vita che prendeva un pezzetto di lui moriva.

A volte un viso famigliare lo raggiungeva in quella sorta di oblio, il nano che gli aveva forgiato la spada, il ragazzo a cui aveva insegnato a cavalcare era cresciuto, l'uomo con cui aveva bevuto,... lampi, solo e soltanto lampi, immagini e pensieri che fuggivano prima che potesse esitare... prima che potesse impazzire.

E ancora sangue, sangue sulla sua lama, sangue sulle sue mani, sui suoi capelli d'oro e sulla sua armatura un tempo lucente, sangue che gli sporcava il viso e il mantello scarlatto, sangue scuro e denso, poteva quasi percepirne il sapore dolce e metallico.

Attorno a lui i corpi senza vita dei compagni, la terra pesante e bagnata dalla vita dei sui amici, ma lui continuava a combattere, orribili creature li circondavano, vampiri, spettri, demoni, creature delle Tenebre che gioivano nel seguire gli ordini del loro signore, si nutrivano dei morti e banchettavano coi loro corpi, i nani, che un tempo chiamava amici, avanzavano come bestie in quella carneficina e gli uomini... gli uomini guidati da Elros il Traditore... Elros... lo aveva visto nascere, chiamava suo padre fratello e suo fratello amico...

Quando se lo trovò davanti non erano le sue braccia ad essere pesanti ma il suo cuore, tutta quella morte, tutto quel sangue... che senso aveva continuare? Quasi non si accorse quando Aranrúth calò su di lui aprendogli il torace da parte a parte...

-Elros...- mormorò mentre cadeva

-Haldir- gli rispose con un ghigno sadico preparandosi al colpo di grazia, la lama empia grondante della malvagità di Morgoth come un velenoso miasma che calava su di lui... e in quel momento la luce di Turgon, la fiamma di Narsil che deviava il colpo e poi fu solo il buio, finché non si svegliò dopo molti giorni in un letto al sicuro nella loro nuova patria con Thranduil che lo accudiva.

-Come posso dimenticare? Eppure devo farlo, lui non è il suo antenato... Ma non chiedermi di giudicare. Come posso essere giusto? Vai da loro, parlagli tu stesso... e cancela questi dubbi che mi rodono l'anima- la sua voce calda e profonda incrinata dalla sofferenza

-Oh, Amore... i tuoi dubbi valgono più di molte risposte, perché se non sei riuscito a trovare malvagità nei loro cuori, e non dubito tu ci abbia provato in ogni modo, non credo che potrò farlo io-

-Sì, ci ho provato, ci ho provato con tutte le mie forze... ma non l'ho trovata... avrei dovuto venire subito da te, invece nella mia arroganza speravo di scoprire i loro piani lasciandoli parlare sicuri di non essere compresi... tutto ciò che ho portato alla luce sono stati antichi dolori-

-Sai, seppure non lo conosca, credo già di provare simpatia per quel mortale, forse la sua venuta servirà a fare finalmente guarire questa ferita, un poco lo invidio, io non ne ho mai avuto il potere-

-Questa ferita non potrà mai guarire, sono poche le armi in grado di lasciare cicatrici sul corpo di un'immortale... Aranrúth è una di quelle, resterò sfregiato per sempre-

-Non parlavo di quella del corpo, di quella non mi importa. Tu Sei Bellissimo, quanto tempo dovrò impiegare a farti comprendere che quel piccolo segno non cambia nulla di ciò che sei-

-Piccolo?- sollevò il sopracciglio perplesso

-Piccolo e invisibile ai miei occhi... anzi, no, perfettamente visibile e meraviglioso, amo tutto di te, amo il tuo corpo perfetto, la tua pelle morbida, amo il tuo profumo, la tua voce, il tuo calore e amo questa enorme e meravigliosa cicatrice...- aveva accompagnato ogni parola a baci e carezze fino a renderlo debole e fremente tra le sue mani, spingendolo quasi senza che se accorgesse fino al bordo del letto dove lo aveva fatto cadere senza staccare la bocca dalla sua pelle -Ma tu lo sai bene, mio piccolo e vanitoso guardiano, lo sai e vuoi solo che io te lo ripeta... lo sai quando mi eccita questo tuo corpo sfregiato... piccolo demonio tentatore-

Poi non ci fu più posto per le parole quando le loro bocche si unirono alla disperata ricerca di ossigeno, due anime spezzate che si completavano, mentre le carezze diventavano più esigenti, fameliche di attenzioni.

Il guardiano prese la mano del suo Sire portandola alle labbra e succhiando avidamente le dita per poi guidarla verso la sua apertura con sguardo implorante gemendo di piacere quando lo sentì invadere la sua intimità

-Valar, amore, ti prego non farmi attendere oltre-

-Haldir-

-Thranduil... tuo!- gridò quando sentì il sesso finalmente riempirlo cominciando a muovere i fianchi come sapeva far impazzire l'amante

-Sì, Haldir, mio... dillo ancora, di il mio nome-

-Thranduil...   Thranduil...  Thranduil...- ad ogni spinta scosse di piacere percorrevano il suo corpo trattenendo il proprio piacere per non anticipare l'amato.

Giacquero in fine esausti e felici tra le braccia l'uno dell'altro

-Amore mio, non invidiare quel mortale, tu curi quella ferita ogni giorno, tu sei la mia vita-

-Ti prego ripetilo ancora-

-La mia vita...- gli sussurrò all'orecchio

-Ti ho mai detto quanto amo la tua voce?-

-Ogni giorno, vita mia- sorrise

-Potrei morire felice ascoltandola, così calda, così morbida, potresti amarmi solo con la tua voce senza che io veda il tuo corpo-

-E se ti amassi, invece, con la mia voce e anche col mio corpo?- mormorò accarezzandolo languidamente

-Valar, quanto mi sei mancato! Ti proibisco di andare ancora di pattuglia- sussurrò ricominciando ad assaggiarlo

-Devo ricordarti che sei stato tu ad ordinarlo?-

-Hai già appurato quanto io sia stolto e insensato, anzi, d'ora in avanti ti proibisco di lasciare questa stanza-

-La cosa potrebbe allettarmi se non avessi il tremendo sospetto che in quel caso neppure tu lasceresti più la stanza, mio insaziabile amante-

-E probabilmente avresti ragione-

-Va da tuo figlio ora- lo scacciò con un ultimo bacio -Ritroverai me e la mia voce ad attendere il tuo ritorno-

-Grazie-



NOTE

Ambar-metta la Fine del Mondo per gli Eldar

Daebolgorthebeth (Dae ombra+baul tormento+gortheb orribile+eth fem. ) Ombra dell'orribile tormento

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


*CAPITOLO 27*



Ancora una volta si era lasciato condurre remissivo per quei corridoi, seguendo le guardie che avevano a malapena il coraggio di toccarlo, il suo aspetto le spaventava, ormai tutti a palazzo sapevano chi era, purtroppo per lui, gli elfi avevano un udito molto fine

Sapessero quanto poco conta questo mio sangue... Di certo hanno più riguardo per me di colui che mi ha concepito... Chissà perché poi? Non hanno forse udito che il loro signore mi considera al pari degli altri prigionieri?” Sospirò tristemente continuando a camminare mesto, cosa si era aspettato? Che alla fine avesse anche lui finito per credere che davvero ci fosse un'altra spiegazione? Che avesse infondo al cuore sperato che non lo avessero abbandonato volontariamente? Si era lasciato condizionare dal loro ottimismo... “Non m'importa... non ho mai desiderato una famiglia...” Ma ormai quei pensieri suonavano stonati persino alle sue orecchie

-Sire non ascoltare ma sentire, cano Haldir, lui ascoltare... Tu aspettare- una delle guardie si era avvicinata parlando la lingua comune con fatica, ma con tono gentile e ora lo osservava annuendo decisa e gli sorrideva

-Tu aspettare, Thranduil buon re-

L'aveva osservata confuso, quel elfo stava forse cercando di consolarlo? Come era possibile? Loro non erano forse i nemici che tutti in quel luogo dovevano disprezzare?

-Capito me? Io poche parole in nuova lingua, poco capito ma poco piace...tu buon Eldar, noi aiuta fratelli fuori-

Sarebbe voluto scoppiare a ridere, lui un buon elfo? Se a malapena si considerava un elfo! Ma gli era grato per quello che cercava di dirgli cosi sorrise e lo ringraziò, non perché credesse minimamente a quello che diceva, capiva poco della lingua comune e non aveva visto lo sguardo del loro “Buon Re” mentre parlava, lui invece capiva e aveva visto, ma ringraziò perché era stato gentile con un prigioniero che neppure conosceva, lo ringraziò perché gli aveva dimostrato che al mondo non tutti erano malvagi e che quelli con cui viaggiava non erano i soli ad credere nei sogni, lo ringraziò perché in quel momento in cui la speranza che non sapeva neppure di aver avuto stava vacillando era riuscito con poche parole a farla risorgere.

-Come ti chiami?-

-Lindir-

-Grazie, Lindir. Io sono Esg.. Legolas, io sono Legolas- gli sorrise

-Ben tornato in tua casa, Legolas... Ora tu scusa, io ho ordine, me non felice... ma tu aspettare- e continuò a sorridere e annuire anche mentre lo faceva entrare nella cella e lo incatenava a fianco dei compagni.

Solo quando la porta fu chiusa e il rumore dei passi scomparso in lontananza si lasciò andare a una risata liberatoria sotto gli occhi dei compagni ammutoliti

-E' impazzito?- chiese la giovane

-Legolas? Stai bene?- rincarò Tàr preoccupato da quello scoppio insensato di ilarità

-Oh, scusate... sto meravigliosamente- riuscì finalmente a rispondere tra le risa

-Allora il colloquio è andato bene?-

La risata diventò ancora più forte

-Se fosse andato bene sarei qui appeso con voi?-

-No, effettivamente non ha molto senso...- borbottò il nano

-Lasciate che vi informi che il Sire di questo luogo è un emerito idiota... ed è mio padre- se non fosse stato legato si sarebbe piegato in due dalle risate

-Lo abbiamo perso...- sospirò la ragazza -Non ha retto il colpo ed è impazzito-

-No, no, sto bene davvero- calmandosi leggermente ma cominciando ad agitarsi

-Vuoi stare fermo! Mi fai venire il mal di mare- tirandosi su solo a forza di addominali era riuscito a portare i piedi fino alla catena stringendola saldamente tra le gambe e allentando così la tensione sui polsi e ora armeggiava concentrato con i grossi ceppi di metallo, purtroppo nel farlo aveva anche continuato a spintonare l'uomo che ora dondolava infelicemente

-Il mal di mare? Sotto terra? Dammi un altro minuto, ho quasi finito-

-Finito cosa?-

-Questo- saltò agilmente a terra libero

-Come ci sei riuscito?-

-Fascino, mia dolce fanciulla, nessuna serratura è in grado di resistermi- sfoggiò un sorriso irriverente -Non era forse per questo che mi avevate cercato?-

-E ora pensi di startene lì a vantarti? o hai intenzione di liberare anche noi?-

-Non so... se me lo chiedete gentilmente... forse...-

-Tirami subito giù da qui, bastardo presuntuoso!-

-Amica mia, non esagerare con la gentilezza... potrei commuovermi-

Alla fine furono tutti liberi, anche se ancora imprigionati

-Ora vuoi dirci cosa è successo? Cosa c'era di tanto divertente?-

-Niente davvero, Tàr, ho appena scoperto di essere un buon elfo-

-Tu? Un buon Elfo?- scoppiò a ridere Rhawel seguita da Gimli

-Vedete? Lo pensate anche voi-

-L'ha detto Thranduil?-

-No, Mithrandir, e anticipando la tua domanda, non ci aiuterà-

-Ma l'hai ascoltato? Cosa ti ha detto?-

-Sì, Tàr, ho ascoltato come avevo promesso, e non ha detto nulla... assolutamente nulla... escludendo il fatto che non approva che io non conosca la sua lingua, che gli elfi prigionieri sono dei traditori perché non cercano di liberarsi e che voi siete degli assassini e meritate la morte-

-Non è possibile! Come può accusare quelli che un tempo erano suoi compagni di essere traditori? E' inaudito!-

-Lo so, ho fatto quello che potevo, ho tentato di spiegare, avresti dovuto essere tu a farlo, è la tua causa, forse saresti stato più convincente, ma ne dubito, non ha neppure ascoltato... Melkor Maledetto! Se non fossi stato legato lo avrei preso a schiaffi!-

-Ragazzo, tu passi troppo tempo con Rhawel-

-No, Mithrandir, a volte è l'unico modo- sospirò -Ci ho provato, tanto non sarebbe mai venuto a parlare con voi, lui aveva già deciso... voi eravate morti-

-Noi? E tu?-

-Io potevo restare con lui-

-Perché sei qui? Potevi salvarti-

-Non siamo ancora morti-

-Dannazione! Tu ci credi! Tu hai finito per credere al nostro sogno! E' per questo che invece di salvarti hai cercato di convincerlo e sei finito quaggiù!- La mezzelfa gli saltò al collo con gli occhi lucidi per la commozione, gli stessi occhi di tutti gli altri

-Potrei, e dico potrei, avere un piccolo dubbio sul fatto che non siate completamente folli... e non avrei potuto vivere nella menzogna, non un'altra volta, non dopo quello che ho visto-

-E ora come facciamo ad uscire da qui?-

-Semplice, non usciamo-

-Ma tu hai detto che ci avrebbero uccisi? E allora?-

-Allora... noi aspettare- si appoggiò alla parete sedendosi comodamente a terra

-Noi- l'uomo sgranò gli occhi -Aspettare?-

-E' questo che ha detto la guardia... Thranduil buon Re... Tu aspettare-

-Ma tu hai detto che non aveva ascoltato, che non ci avrebbe aiutato- pigolò Rhawel

-Sì, e ne sono ancora convinto, ma abbiamo fatto tanta strada che male c'è aspettare un po'-

-Il fatto che potrebbe essere il nostro ultimo po'?- borbottò Gimli

-Non rientrava forse nei vostri piani?-

-E tutto questo perché l'ha detto una guardia?-

-Ha anche detto che io buon Eldar e che loro aiuta fratelli fuori... e che capitano Haldir ascoltare-

-In questo caso...- Gimli roteò gli occhi -Noi aspettare, spero solo non mi facciano dimagrire troppo prima di uccidermi... i vermi ci resterebbero male-



-Stai bene?- Tàr si era seduto al suo fianco osservandolo a lungo

-Ti sembrerà strano, sembra strano anche a me, ma sto bene-

-Mi hai stupito, ero preparato alla tua collera, all'odio, alla confusione, persino alle lacrime, ma non mi aspettavo questo-

-In fondo devi ringraziare lui... mentre mi guardava con quello sguardo freddo mi è sembrato di vedermi in uno specchio... lui non ascoltava, non sentiva, si è chiuso in se stesso sordo ad ogni ragione... come me...-

-Tu credi che possa imparare a sentire? come te?-

-Lindir lo crede-

-Lindir?-

-La guardia. Io lo spero... alla fine il rispetto che ho visto negli occhi dei suoi uomini non era finzione, quindi in qualche modo quel rispetto deve averlo meritato-

-Era la stessa impressione che avevo avuto io dalle frasi che ho ascoltato-

Restarono in silenzio persi nei propri pensieri, finché l'elfo non lo stupì nuovamente avvicinandosi spontaneamente e accoccolandosi tra le sue braccia

-Estel, ho paura... se mi stessi sbagliando? E' la prima volta che cerco di fare qualcosa di utile e potrebbe essere l'ultima... Io ho paura di morire, non voglio morire...-

Lo strinse tra le braccia sorridendo dolcemente e posando le labbra sul suo capo

-Non morirai-

-...è solo colpa vostra, io non temevo la morte, e invece ora mi spaventa, ci sono così tante cose che non ho mai fatto, non voglio morire ora-

-Non morirai-

-Come puoi dirlo?-

-Mi fido di te, fino ad oggi hai sempre rifiutato di ascoltare il tuo cuore, ma tu sai bene che lui non ti ha mai mentito, oggi finalmente ti sei aperto, hai lasciato che fosse lui a guidare le tue azioni, se tu credi che lui possa essere convinto ad ascoltarci, Bene, allora io so che è vero-

-Se quello che non cerchi infin sarà svelato, dovrai aprire il cuore per essere ascoltato-

La voce di Mithrandir li raggiunse da lontano, come se provenisse da un altro luogo, da un altro tempo.

-Vedi? Esattamente quello che dicevo- sorrise stringendolo più forte

-Estel- sussurrò prima di chiudere gli occhi lasciandosi cullare da quella sensazione di pace

-Sì, è il mio nome-



Sembrava che fosse passata un'eternità in quella cella quando invece non erano che poche ore, d'istinto si alzarono tutti in piedi sentendo dei passi risuonare lungo il corridoio, preparandosi alla reazione delle guardie nel trovarli liberi dalle catene, ma non fu una guardia a varcare la soglia della loro prigione.

Un elfo riccamente vestito con lunghi capelli chiari fermati da una sottile corona, anche senza conoscerlo seppero subito chi avevano davanti, sapevano della somiglianza ma a osservarli era impressionante e si inchinarono rispettosi.

Legolas rilassò le braccia appoggiando la schiena e un piede alla parete e restò dritto con la gamba piegata, guardando il nuovo arrivato con espressione insolente

-Amici, vi presento Thranduil, Signore di questi luoghi, nonché mio procreatore- accompagnò le parole con un ampio gesto della mano -Padre- sibilò con un gesto leggero del capo

E il Re davanti a lui rise

-Immaginavo che le mie guardie vi avessero legati?-

-Sapete Sire, un Principe degli Eldar non poteva trovare altro che scomoda quella posizione- rispose affettato con un gesto lezioso delle dita -Spero non vi offenda che abbia voluto migliorare la nostra sistemazione-

-Gwath!- lo ammonì Tàr

-Non preoccupatevi capitano, non porto certo rancore per parole vere e ben meritate- la voce era solenne ma gli occhi brillavano divertiti.

Chi era quell'elfo? Possibile fosse la stessa persona che aveva incontrato prima? Cosa era successo?

-Figliolo, mi rendo conto che abbiamo cominciato col piede sbagliato, e non certo per colpa tua. Dovremo parlare, e questa volta intendo veramente, vorrei avere la possibilità di giustificarmi per l'ignobile scena alla quale hai dovuto assistere, posso assicurarti che quello in quella stanza non è il mio usuale comportamento... Ma sono costretto a rimandare, ora è d'obbligo che discuta col vostro capo, temo infatti che questa sistemazione non vi sia consona e spero di potervi porre presto rimedio- poi indicando a Tàralelyol la porta proseguì

-Númenóreano, vorreste seguirmi? Ho la sensazione che la nostra sarà una chiacchierata molto lunga, e che mi darà molto su cui riflettere, non vi stupirete se preferisco affrontarla sotto la luce di Anor, non temete per i vostri compagni, non gli verrà fatto loro alcun male-



Erano giunti in un piccolo e delizioso giardino, circondato su tre lati dalle alte pendici dei monti mentre il quarto da un muro di pietre, al centro di una grande vasca in cui scivolavano tranquilli candidi cigni sorgeva in piccolo chiosco di marmo bianco coperto di rose rampicanti.

Fu in quel quieto tempio che il sire lo condusse, facendogli segno di sedersi al suo fianco

Lo scrutò a lungo prima di parlare, tanto che Tàralelyol cominciava a sentirsi inquieto sotto quell'accurato esame.

-Quindi Haldir non sbagliava, voi discendete davvero dalla stirpe di Elros il Traditore. Gli somigliate, ma le somiglianze sono tante quante le differenze-

-Il suo sangue scorre nelle mie vene, Sire, ma non sono lui-

-Naturalmente, non stavo insinuando questo, ma cercate di comprendere, non è facile per noi, lui è stato quello che più di chiunque altro ci ha feriti-

-Lo capisco, e se fosse in mio potere cambiare il passato lo farei, ma non posso. Vorrei però provare a mutare il futuro se me lo concederete-

-Forse sarebbe più facile non pensare a voi come a un númenóreano se avessi un nome con cui chiamarvi-

-Il mio nome è Tàr...- poi si interruppe deciso a rischiare tutto in quel momento -Il mio nome è Ar-Agorn, figlio di Ar-Athorn, legittimo erede al trono di Númenor-

-Bene, Ar-Agorn- si rilassò meravigliando l'umano -In questo caso credo che potremo lasciare da parte le formalità e parlare da pari e pari-

-Non mi temete?-

-Forse la domanda che dovreste pormi è se vi credo-

-Quindi, non mi credete?- chiese sempre più confuso

-Certo che vi credo, credo che siate il legittimo Re di Númenor, e credo a quello che ha detto mio figlio in vostra vece, da voi desidero conoscere i dettagli. Devo ammettere di non aver dato molta importanza a quello che mi è stato detto e non aver posto a lui queste domande, voglio sapere com'è realmente la situazione la fuori, come avete fatto ad arrivare qui e come pensate di poterla cambiare-

-Davvero vi fidate di noi? Perdonate il mio stupore ma dalle parole di Gwath avevo avuto tutt'altra impressione-

-Me ne dispiace, e posso ben comprendere la vostra incredulità, ma vi posso anche assicurare che scene come quella non si ripeteranno più, fortunatamente per voi ho ottimi consiglieri che sanno vedere nel mio cuore meglio di quanto sappia fare io stesso, e che mi conoscono abbastanza da sapere che in condizioni normali mai mi sarei condotto in si deprecabile maniera-

-Questo posso comprenderlo, ma ancora non capisco come possiate fidarvi di me, non mi avete ancora chiesto nulla, come sapete se vi mentirei?-

-Le parole possono mentire, ho altri modi per sentire la verità, la conoscevo già prima di venire da voi, in molti hanno parlato in vostro favore, Ar-Agorn, il vostro compagno, il mio capitano, Narsil e mi è bastato guardarvi negli occhi per sapere che erano nel giusto-

-La spada?-

-Sì, la spada, la vostra spada. Cosa sapete di quella lama?-

-Che è una spada famosa, fu forgiata da Telchar per Finwë, e dopo di lui è passata ad ogni Sire Supremo degli Eldar fino a Turgon che cadde in battaglia, da allora ne sono state perse le tracce almeno fino a ottantasei anni fa quando ne sono entrato in possesso-

-Ottantasei anni? Dovevate essere un bambino!-

-Sì, lo ero-

-Questa è la prima storia che vorrei ascoltare da voi, come siete entrato in possesso di quest'arma? E perché lei preferisce la vostra mano alla mia?-

-Io non capisco, cosa volete dire?-

-Questa, come poche altre armi come lei, è una spada speciale, sapete perché si dice che l'arte alla forgia di Telchar non potrà più essere eguagliata?-

-Lo dovreste chiedere al mio amico Gimli-

-Neppure lui saprebbe rispondere, vi sto parlando di tempi assai antichi, tempi in cui il popolo del vostro compagno e il mio erano amici, Telchar era straordinario alla forgia, ma ciò che rese leggendarie le sue armi fu l'amicizia e la collaborazione degli elfi, mentre lui temprava il metallo nel fuoco con l'incudine e il martello noi raggiungevamo il Cuore del metallo stesso, vivificando il suo Elemento. Ditemi vi è mai parso di udire questa lama cantare durante una battaglia? No, non rispondete, vedo già nei vostri occhi che l'avete udita, dovreste esserne onorato, non a tutti lei farebbe udire il suo canto... Quello che sto cercando di dirvi è che le armi come questa possiedono un'anima, una Volontà, se non gli piacete sarà solo un banale pezzo d'acciaio ben forgiato, ma se lei vi riconoscerà degno allora avrete la più preziosa delle alleate in battaglia, danzate alla sua musica e vedrete che la vostra mano non conoscerà esitazioni-

-State dicendo che Narsil vi ha detto di volere che sia io ad impugnarla?-

-Non a parole, ha molti doni ma non questo- annuì sorridendo -Ma, sì, è piuttosto chiaro per chi la sa ascoltare-

-Non potete immaginare quanto le vostre parole mi riempiano di gioia, non riesco ancora a sentirmi degno di quell'arma e soprattutto della fiducia che in me è stata riposta, ma sapere che lei non mi disprezza mi da speranza-

-E ora vorreste di grazia dirmi come l'avete avuta?-

-E stato un dono, un dono ad un bambino che fuggiva dal suo regno, ma per farvi comprendere perché mi è stata data e da chi è prima necessario che risponda a una domanda che mi avete posto in precedenza. Non potreste comprendere il significato e le motivazioni di questo dono senza conoscere la vita al di là delle Nebbie-

Mentre il númenóreano raccontava la vita fuori dal loro rifugio sicuro l'espressione del Signore degli elfi si era fatta sempre più cupa, ascoltava ogni parola senza fiatare rendendosi improvvisamente conto di quante cose avessero volutamente ignorato e dimenticato nel loro dorato esilio, sentì montare la rabbia per il crudele destino degli Elfi di Lòrien, verso Morgoth... e verso se stesso, era stato in quel luogo dopo la guerra... quasi tremila anni prima... con una moglie che nonostante portasse in grembo suo figlio non aveva voluto sentire ragioni e lo aveva seguito... c'era stato ma vedendo la desolazione e il veleno che ammorbava quel luogo, non aveva avuto il cuore di addentrarsi fino a Caras Galadhon... avrebbe potuto aiutare i suoi fratelli, quello che aveva fatto il mago avrebbe potuto farlo facilmente anche lui, ma non era entrato... si era esposto al pericolo per arrivare fino li, aveva perso la moglie e il figlio per arrivare fino li, e non era entrato... se lo avesse fatto chissà quante cose sarebbero cambiate, forse il tempo impiegato in quel luogo gli avrebbe fatto evitare la battaglia che lo aveva separato dalla compagna, forse sapendo che Melkor non possedeva il Potere della Fonte avrebbero potuto uscire più spesso... forse ora avrebbe avuto un figlio...

Quando Tàralelyol arrivò a raccontare di suo padre, della fuga, e di come aveva avuto Narsil, la rabbia si tramutò in indignazione, la fuori i discendenti di Elros il Traditore morivano per aiutare i loro fratelli, mentre loro inacidivano nell'ozio e in un, ormai inutile, rancore.

Per Thranduil, Signore dei Boschi del Cancello, la decisione era stata presa. Non era in suo potere scegliere per tutto il popolo degli Eldar quindi li avrebbe condotti da Gil-Galad e avrebbe perorato la loro causa, ma indipendentemente da quale sarebbe stata la decisione del Sommo Re, lui non sarebbe più rimasto a guardare.

Il suo cervello già cominciava la lavorare febbrilmente, doveva presentarsi al Sire Supremo con una strategia, una possibilità di successo... lui non si sarebbe accontentato dei sogni di un gruppo di avventurieri, però se l'intuito non lo ingannava sapeva già di avere un'alleato a palazzo... ricordava bene Erestor, ricordava il suo dono ed ora era più che sicuro non avesse sbagliato a donare la spada a quell'uomo... e ricordava anche quanto fosse legato a uno dei migliori amici del Re...

-Credo che infine siamo arrivati a capirci, Ar-Agorn figlio di Ar-Athorn- sospirò -Tenete, questa vi appartiene- porgendogli Narsil

-Ma questa spada appartiene al Sommo Re degli Eldar-

-Questa spada appartiene a colui che si erge a protezione del nostro popolo, e siete voi quell'uomo, non io, non il Supremo... Non posso farvi promesse a suo nome, non è in mio potere, ma vi accompagnerò alla Capitale, parlerete con Gil-Galad e avrete il mio appoggio, e se lui non volesse aiutarvi allora verrò con voi assieme a chiunque vorrà seguirci, e sappiate che saranno in molti, perché nessuno di noi ha dimenticato i suoi fratelli e ora che sappiamo che c'è ancora speranza non li lasceremo al loro destino-

-Grazie, Maestà- si inchinò

-No, non inchinatevi, e non ringraziatemi, sono io a doverlo fare, permettetemi di stringervi la mano alla maniera dei mortali, se tale è ancora l'uso, e di abbracciarvi come saluterei un mio pari e un mio amico-

-E' per me un'onore, Sire-

-E ora andate, sarete stanco e anche i vostri amici, vi farò preparare le stanze migliori e potremo parlare ancora durante il viaggio, i vostri compagni mi incuriosiscono molto- poi sospirò amaramente -Vi inviterei a condividere il cibo alla mia tavola ma temo che la mia presenza risulterebbe sgradita a qualcuno-

-Maestà, non mi avete domandato come mai pur essendoci liberati delle catene non abbiamo tentato la fuga- chiese apparentemente cambiando discorso

-Pensavo ci aveste provato senza successo-

-Nessuna porta può resistere a vostro figlio- rise l'uomo -Non siamo fuggiti perché lui ha deciso di aspettare... Non ha avuto una vita facile, non si è mai fidato di altri che di se stesso e solo da poco si è unito a noi cominciando ad aprirsi leggermente... eppure ha deciso di aspettare perché una delle guardie ha detto che avreste cambiato idea- sorrise comprensivo

-Pensate che non tutto sia perduto?-

-Penso che Gwath abbia bisogno dei suoi tempi, ha appena conosciuto l'amicizia, sta scoprendo l'amore, non credo sia pronto per accettare una famiglia... anzi credo che inconsciamente sia sollevato per il vostro comportamento, ora può continuare a fingere odiarvi e non deve pensare a come comportarsi con voi-

-Perché dite “fingere”?-

-Perché per lui è più facile mentire a se stesso che agli altri, ma posso dirvi che se vi avesse odiato veramente ora non sareste qui, e certamente non avrebbe aspettato di vedere se una guardia aveva ragione-

-Ma... era legato, non poteva farmi nulla...- non aveva ancora finito la frase che la risata divertita dell'uomo lo sorprese

-Non potete immaginare quanto poco significassero quelle corde per lui, le poteva sciogliere tanto velocemente che non avreste avuto neppure il tempo di reagire-

-Lo conoscete molto bene-

-Mi piacerebbe poterlo conoscere veramente, ma nessuno può realmente dire di conoscerlo, neppure lui...-

-E fortunato ad avere un amico come voi-

-Non solo io, siamo tutti affezionati al nostro Gwatheg- sorrise dolcemente

-Perché continuate a chiamarlo Ombra?-

-Perché è il nome che aveva prima di incontrarci, da poco ha scelto la sua nuova natura, ma a volte è difficile dimenticare che non è più la nostra piccola Ombra- rispose teneramente

-Vi rendete conto che lui ha qualche migliaio di anni più di voi, vero?- rise il Re

-Non commettete questo errore, è vero che è nato migliaia di anni fa, ma il suo Cuore e il suo Spirito stanno cominciando a vedere la luce solo ora... Sire, andateci piano con lui, non voglio vederlo soffrire-

-Siete molto protettivo, ho quasi avuto l'impressione che la vostra fosse una minaccia-

-Nessuna minaccia, anche se temo di non poter parlare per Rhawel- ridacchiò -Ma dite il vero, sono molto protettivo, ha sofferto troppo, merita un poco di felicità... Ora se volete scusarmi, questi discorsi dovreste farli con lui e non con me, anzi ho già parlato fin troppo e certamente non ne sarebbe felice-

-Non temete, da me non saprà nulla- annuì bonariamente -E ora ho un altro motivo per dovervi ringraziare, temo che non riuscirò mai a sdebitarmi con voi-

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


*CAPITOLO 28*



Thranduil era stato di parola, il mattino successivo, dopo aver dormito in stanze accoglienti, anzi, ad onor del vero stanze così lussuose che solo Ar-Agorn e Olórin ne avevano viste di simili e talmente tanto tempo prima da ricordarle a malapena, erano stati svegliati da alcuni valletti che li avevano informati della partenza appena fossero stati pronti.

Nelle loro stanze erano state riempite vasche fumanti con una scelta di essenze profumate che non avrebbero mai neppure potuto immaginare, e sui loro letti posati eleganti abiti dalla foggia elfica dei quali tutti, tranne Gimli che -Mai e poi mai, mi vedrete vestito come una donna!-, avevano approfittato.

Esgalwath, aveva guardato disgustato quelle vesti eleganti dai colori così chiari che mai in vita sua aveva pensato di indossare, aveva osservato e toccato per un tempo infinito quel morbido tessuto verde pallido rifinito d'argento, guardando con rimpianto la sua casacca nera... e a brandelli... in realtà non è che avesse molta scelta, non andava di certo in giro con un guardaroba nello zaino, e dei suoi abiti restava molto poco dopo l'avventura nel deserto... “Ma proprio verde dannazione! E così chiaro!” Per un'istante pensò di richiamare il valletto e farsi portare qualcos'altro, ma non era nel suo carattere comportarsi da principino viziato, per giunta avrebbe rischiato di ritrovarsi il padre nella stanza.

Il padre... Com'era strana quella parola... La sera prima si era presentato chiedendogli il permesso di parlare, si era presentato alla sua porta, non lo aveva fatto convocare, e questo, sebbene gli costasse ammetterlo, gli aveva fatto piacere, lui non era mai stato il genere di persona alla quale gli altri mostravano questo rispetto, chi aveva bisogno di lui lo faceva chiamare, era così prima ed era stato così anche dopo che era fuggito, ma quell'elfo... un Re... si era presentato alla sua porta e aveva chiesto di parlare, lo aveva chiesto semplicemente, non ordinato, e lui aveva ascoltato.


-L'inizio della storia già lo conosci, erano passati migliaia di anni da quando ci rifugiammo in questi luoghi, non tanti quanti sono stati per voi, ti accorgerai presto che qui il tempo scorre in maniera diversa, è un effetto della magia dei Valar, neppure noi ne eravamo a conoscenza finché non venne deciso che dovevamo conoscere il destino al quale erano andati incontro i nostri fratelli di Lòrien, mi offrii volontario, molti erano ancora scossi per la guerra e i loro cuori non avrebbero retto la scoperta di altri fratelli morti.

Avrei voluto andare solo, ma tua madre non lo permise, era una guerriera, e non solo nel corpo ma soprattutto nello spirito... combatteva come te, con due lame gemelle aveva una grazia innata, non ti ho mai visto lottare ma sono certo che vedendoti potrei rivedere la sua danza... le somigli, hai i suoi stessi occhi e lo stesso fisico esile eppure tanto forte... non mi avrebbe mai lasciato partire da solo... discutemmo a lungo, le feci presente le sue condizioni, la accusai di essere egoista e di pensare solo a se stessa, ma alla fine fu lei ad averla vinta, la sua gravidanza era appena iniziata e non le avrebbe creato problemi, avremmo dovuto uscire solo per qualche settimana, muoverci furtivamente, stare alla larga dai pericoli accertarci delle sorti del Bosco d'Oro e tornare... era rischioso, certamente, ma niente che non fosse in grado di affrontare, e niente le avrebbe fatto cambiare idea.

Devi sapere che la sua famiglia... quelli che sarebbero stati i tuoi zii, vivevano in quei luoghi, come potevo negarle il diritto di conoscere la sorte dei suoi fratelli?

Partimmo in silenzio, alcuni avrebbero voluto fermarci per paura, altri invece avrebbero voluto seguirci, non potevamo permettere ai primi di farlo per la necessità di conoscere il fato dei nostri compagni, e non potevamo permetterlo neppure ai secondi perché maggiore fosse stato il nostro numero più facile sarebbe stato scoprirci.

La prima parte del viaggio fu tranquilla, giungemmo a Lòrien e tu sai cosa trovammo, anzi, lo sai meglio di me, perché noi non avemmo il cuore di addentrarci nella palude, se lo avessimo fatto... se lo avessimo fatto quante cose sarebbero potute cambiare? Ma è inutile porsi simili domande, il passato non si può mutare, e noi non entrammo.

Col cuore in lacrime e lo spirito greve ci avviammo sulla via del ritorno, forse fu proprio la nostra pena a farci commettere quell'imprudenza che ti ha causato tanto dolore, noi non li vedemmo arrivare, non prima che loro vedessero noi almeno... una pattuglia di orchi, erano almeno una ventina e appena ci fiutarono parvero impazziti dalla gioia della caccia.

Prima tentammo la fuga, ma la terra è molto cambiata da quando noi la percorrevamo, il sangue e la malvagità l'hanno ferita e quei luoghi non ci erano familiari come lo erano a loro e presto ci rendemmo conto che sarebbe stato inutile, quindi anche se non era nei nostri piani attirare l'attenzione ci apprestammo a dare battaglia, non avevamo scelta, non potevamo farci catturare rischiando di rivelare i nostri segreti, l'unica soluzione era la morte, o la nostra o la loro.

Ancora una volta le chiesi di fuggire, di metterti in salvo, e ancora una volta lei non volle sentire ragioni, sapeva che solo non avrei avuto scampo, assieme potevamo vincere.

Abbiamo vinto... ma quanto cara ci è costata quella vittoria... la battaglia ci aveva separati, la vidi cadere nelle acque del fiume e venire trascinata via dalla corrente, la cercai, la cercai a lungo, sapevo che era viva, so che non conosci molto del nostro mondo ma un giorno scoprirai che quando ti unisci a una persona tra voi si crea un legame e potrai sapere se quella persona sta bene oppure no, e io sapevo che era viva e se lei era viva... non potevo neppure concepire l'idea che tu non lo fossi... ma i giorni passavano, a volte trovai tracce del suo passaggio purtroppo eravamo entrambi fuggiaschi in un mondo che ci era ostile, vidi il destino dei fratelli prigionieri, li vidi inchinarsi ma mai avrei pensato che lo facessero obbligati con la magia... conosco Morgoth e gli Abissi di Oscurità in cui è caduto, ma non potevo immaginare fosse giunto a questo nella sua folle mente, ma forse la preoccupazione per il vostro destino non mi permetteva di ragionare lucidamente.

Passarono giorni, settimane e mesi senza che riuscissi a raggiungerla... finché una notte lo sentii... quel dolore lacerante al petto... quello strappo violento che mi lasciò senza fiato... non lo avevo mai sentito prima, non ero mai stato legato a nessuno prima di lei... ma per certe cose non sono necessarie spiegazioni, quando una parte di te muore non hai bisogno che qualcuno ti dica che è morta, lo sai e basta... e così seppi che lei era perduta per sempre, assieme al mio bambino... il mio piccolo bambino non ancora nato.

Non riesco a descriverti come mi sentii in quel momento, e ti auguro di non doverlo mai scoprire, sentire che una parte di te muore e non poter fare nulla per impedirlo... avevo perso un figlio e una compagna... in quel momento non riuscivo a comprendere perché stessi ancora respirando, perché il mio cuore batteva ancora se il vostro non lo faceva più? Non ricordo neppure come sono tornato a casa, per anni sono stato solo l'ombra di me stesso finché con pazienza è amore un caro amico è riuscito ad aprire di nuovo il mio cuore... ma non è questa la storia che vuoi sentire... io ho meritato quel dolore... e non merito la gioia che ne è seguita... non sapendo che mentre io ricominciavo a vivere tu soffrivi da solo, schiavo di un destino crudele e di crudeli padroni senza conoscere le tue origini e l'amore che ti aveva concepito...

Tu sei qui per avere delle risposte... e vorrei tanto potertele dare, ma non so cosa accadde quel giorno...

Questa parte della storia non te la posso raccontare, non riesco a spiegarmi come tu sia qui, non era ancora il momento, era troppo presto per te... forse i patimenti della fuga hanno anticipato i tuoi tempi... mi dispiace... so che volevi da me delle spiegazioni, ma non le ho... non so quello che è successo, probabilmente non lo sapremo mai, solo lei poteva dircelo... ma lei non c'è più...

Però, se vorrai credermi, ti posso giurare su quanto ho di più caro al mondo, che lei non ti ha abbandonato, non lo avrebbe mai fatto... Non so quello che è successo, ma so che ti amava, ti prego non pensare a lei con disprezzo, non ti avrebbe mai lasciato se avesse avuto una scelta...

E così non avrei mai fatto io... se solo avessi saputo... mi dispiace, posso solo immaginare quello che deve essere stata la tua vita la fuori, anzi probabilmente non posso neppure immaginarlo, ma non avevo idea... non avrei mai e poi mai smesso di cercare se avessi anche solo lontanamente immaginato...

Io non posso chiederti perdono, non posso chiederlo, non ho il diritto di chiederlo, ma non posso neppure impedirmi di sperare che un giorno vorrai concedermelo... quando ti ho visto oggi... ho avuto paura, paura del tuo odio, paura del tuo disprezzo e ho reagito come uno stolto chiudendomi dietro all'arroganza per non essere ferito... io... non puoi neppure immaginare l'agonia che mi ha dato l'averti perso, ancora non eri nato e già avrei dato la vita per te... sognavo le tue prime parole, i tuoi primi passi, il giorno in cui ti avrei insegnato a tirare con l'arco... poi è tutto svanito... non volevo sperare di avere un figlio e dover sopportare nuovamente il dolore della perdita...-

Aveva concluso con un sospiro, si era aspettato la rabbia e infinite interruzioni, si era aspettato che lui non lo lasciasse neppure cominciare a parlare invece per tutto il tempo non si era mosso, non un sussulto, non un fiato, era restato appoggiato al muro a fianco della porta, così come quando gli aveva aperto e lo aveva fatto entrare, non lo guardava neppure limitandosi a osservare un punto imprecisato davanti a lui, e immobile restò quando lui tacque tanto che si chiese se lo avesse realmente ascoltato, non lo avrebbe biasimato se non lo avesse fatto, lui non lo aveva fatto, ma doveva fare quel tentativo...

Quando ormai si stava rassegnando ad andarsene nel silenzio una voce greve lo fermò

-E' un poco tardi per le mie prime parole, e anche per i miei primi passi- poi si scostò per lasciarlo passare -Ma vi ringrazio per avermi raccontato questa storia- aprì la porta senza aggiungere altro in un chiaro invito ad andarsene.


Gli aveva chiesto perdono, perdono per il loro primo incontro e perdono per non averlo cercato, ma lui non aveva il potere di concedere quel perdono, non poteva concederlo perché non c'era nulla da perdonare... Poteva forse accusarlo di non aver cercato qualcuno di cui non conosceva l'esistenza? Poteva forse accusarlo di essersi nascosto dietro a un muro di freddezza per non soffrire? Sarebbe stato ipocrita da pare sua farlo, lui lo aveva fatto per anni, lui lo stava ancora facendo... No, non gli portava rancore, aveva smesso di portargliene quando era entrato nella cella chiedendo di parlare col suo Estel, in quel momento non gli era importato chi fosse stato in passato quell'elfo e cosa avesse fatto, l'unica cosa che gli importava era che li avrebbe aiutati, e tanto meno poteva portargliene ora, ora che sapeva la verità... Sì, gli credeva, aveva visto la pena nei suoi occhi, lui sbagliava, poteva capire quel dolore, lo aveva sentito mentre portava quell'assurdo mortale tra le braccia, poteva immaginare cosa significasse perdere qualcuno a cui si tiene senza poter fare nulla per salvarlo.

Quindi se gli credeva, e se lo comprendeva, perché provava quell'inquietudine all'idea di averlo di nuovo davanti? Perché quel muro per lui era così difficile da abbattere? Lui non voleva un padre, non voleva neppure degli amici ma si era trovato suo malgrado a provare affetto per quelle persone, e ora doveva accettare questo estraneo? “Dannato mortale! Maledetto il giorno in cui ho accettato quel lavoro!” Mugugnò osservando la strana immagine che gli rimandava lo specchio, una creatura dalla pelle candida e dai capelli lucenti abbigliata d'argento e verde pallido, le linee morbide della veste che contrastavano con quelle attillate più funzionali che era solito usare, si immaginò mentre tentava un'imboscata abbigliato in quel modo e arricciò il naso disgustato.

-Sei meraviglioso- non si era neppure accorto che Tàr era entrato

-Dici?- domandò scettico senza staccare gli occhi dallo specchio

-Legolas, un verde germoglio pronto a sbocciare- sorrise lasciando scivolare la mano sul tessuto lungo il braccio -Dovrei complimentarmi con chi a scelto questo colore-

-Non lo so, mi piaceva il nero- però doveva ammettere che quell'immagine lo attraeva, quello che stava osservando era un principe, non un ladro, non un assassino, non uno schiavo, quello che stava osservando non era Esgalwath, era Legolas, era un elfo, aveva un padre e degli amici e uno scopo... e tante incognite davanti  

-Anche a me piaceva, ma a volte si può cambiare, verrà di nuovo il tempo del nero e delle lame, verrà fin troppo presto il tempo in cui dovrai danzare la tua danza letale, ma per oggi perché non provi a goderti il verde e la luce? Per oggi lascia che sia la seta a carezzarti la pelle e non il duro cuoio- gli sussurrò all'orecchio mentre faceva scivolare il morbido tessuto sul suo fianco provocandogli brividi di piacere

-Conosco le carezze della seta, il loro è un piacere effimero-

-Uno schiavo del piacere conosceva quelle carezze dolorose, il principe Legolas, lui le conosce?-

-Io non sono un...- ma le parole morirono soffocate da un brivido quando quelle mani calde continuando le loro morbide carezze erano risalite lungo i fianchi e avevano cominciato a disegnare cerchi setosi sul suo bacino

-Come io non sono un Re, ma tali sono i titoli che portiamo, un'Ombra o un Cercatore di Reliquie, un Principe o un Re, nero o verde, seta o cuoio, cambia forse qualcosa di quello che siamo?-

-Lui è venuto ieri sera, mi ha parlato- sospirò lasciandosi andare contro il suo petto

-E tu lo hai perdonato-

-Non l'ho fatto, io non ho parlato-

-L'hai fatto- l'elfo si girò appena quanto bastava per incontrare lo sguardo sorridente dell'uomo poi chiuse gli occhi con un sospiro e annuì, riporto lo sguardo sulla sua immagine riflessa, incantato dalle mani abbronzate che scivolavano delicate sul suo corpo, dai riflessi della luce del mattino su quel tessuto pallido che si muoveva sotto quei tocchi.

Lentamente, quasi timidamente, sollevò le sue portandole sulle altre e sfiorandone il dorso con la punta delle dita, percorrendo timoroso le linee dei nervi forti, osservando l'immagine dell'uomo dietro di lui, alla ricerca di un segno che gli dicesse se quei tocchi gli erano sgraditi oppure che lo incoraggiasse a continuare, il volto alle sue spalle non mutò ma gli parve di sentire un cuore che batteva forte contro la sua schiena, ma forse era solo l'eco del suo. Distese le dita lasciando i palmi aderire completamente alla pelle scura, poi le richiuse intrecciandole alle altre e trascinandole verso l'alto fino a incrociarle sul petto abbracciandosi le spalle  

-Io posso avere un padre?-

-Lo avevi anche prima, solo non lo sapevi- ora che aveva le mani bloccate aveva ripreso a carezzargli la pelle, ma con le labbra, lasciando scie di baci leggeri

-Quindi qualcosa cambia-

-Sì, cambia- posò un ultimo caldo bacio sulla spalla prima di tornare a guardarlo attraverso lo specchio -Ma tornerebbe uguale se ora ti chiamassi Esgalwath, Messaggero di Morte e ti restituissi i tuoi abiti?-

-E' quello che sono... ma...no... non tornerei mai più uguale-

-E' solo una parte di quello che sei, tu puoi essere tutto quello che vuoi-

-E cosa voglio?-

-Questo devi dirlo tu-

-Non voglio più essere solo-

-Non lo sei più da molto tempo-

-Voglio continuare a sentirmi come ora-

-E come ti senti ora?-

-Amato... Protetto-

-Lo sei-

-E' bello, non ricordavo più come fosse-

-Non dovrai dimenticarlo più... Non avresti mai dovuto dimenticarlo-

-Ti prego non smettere- mormorò girandosi e poggiando la fronte sul petto dell'uomo

-Di fare cosa?-

-Di mostrarmi che le carezze della seta non fanno male, che possono essere dolci e calde, mostrami che possono farmi sospirare e tremare per il piacere e non per il dolore e la paura, mostrami che possono avvolgermi per proteggermi e non per ferirmi-

Non gli rispose, si limitò a stringerlo forte ricominciando ad accarezzarlo dolcemente, baciando i suoi morbidi capelli, sentiva le sue lacrime bagnargli il petto, mentre finalmente lavavano via il dolore in un pianto silenzioso e immobile, continuò a stringerlo senza parlare, facendo scivolare il tessuto sulla sua schiena, sui suoi fianchi, senza malizia, senza eccitazione cercando solo di riempire ogni gesto di tutto il calore che il suo sentimento poteva infondergli cercando di dargli quello che gli aveva chiesto.

Restarono così, immobili, nel centro della stanza, stretti l'uno all'altro, per la prima volta senza che il contatto dei loro corpi risvegliasse il desiderio, senza il fuoco della passione da nascondere, solo un liberatorio abbraccio, solo un'infinita dolcezza, solo quello che ancora l'elfo temeva di chiamare amore.

Restarono così, immobili, nel centro della stanza, senza bisogno di parole, o di spiegazioni, finché non vennero riportati alla realtà da un leggero bussare alla porta.

L'immortale si staccò di scatto, voltandosi di spalle, mentre Ar-Agorn rispondeva

-Scusate il disturbo- s'inchinò riverente un valletto parlando in un incerta ma corretta lingua comune, Sire Thranduil si era assicurato che tutti quelli assegnati agli ospiti fossero in grado di comprendere e farsi comprendere dagli stranieri

-Sua Maestà voleva farvi sapere che non è necessario partire oggi, si è reso conto che avete avuto un viaggio molto travagliato e si scusa se ha peccato di troppa premura, se dovesse essere sorto qualche problema o desideraste rimandare la partenza, non sarebbe motivo di cruccio e non creerebbe a lui nessun problema-

-Legolas?- chiamò interrogativo Tàr e lo vide annuire

-Riferisci a Sua Maestà che siamo pronti e che li raggiungeremo tra pochi minuti-

-Dannazione!- sentì imprecare l'elfo quando la porta si fu richiusa -La vostra compagnia mi farà impazzire!- poi si girò gli occhi ancora lucidi e arrossati -Scusami, temo di esserti apparso folle- tentò di spiegare imbarazzato -Ti sarò sembrato una donnina isterica che si mette a piangere perché non apprezza la stoffa del suo abito... è che... devi sapere...- abbassò il capo mordendosi il labbro

-Lo so, ho capito- in un attimo era di nuovo davanti a lui, con un sorriso rassicurante gli fece risollevare lo sguardo -Non mi devi dare nessuna spiegazione-

-Grazie-

-Di cosa?-

-Di essere restato-

-Gwath, quello che ho detto prima, tu lo sai che non mentivo, vero? Tu non sei solo, non lo sarai mai più, e non parlo soltanto di me, c'è Rhawel, c'è Gimli e Mithrandir... e anche tuo...-

-Mio padre?-

-Sì, neppure lui non ti lascerà più solo, se lo allontanerai ti osserverà da una rispettosa distanza, ma sarà sempre lì per te appena lo cercherai-

-Lo so- inspirò forte -Credo che dovrei dargli una possibilità, se non come padre almeno come conoscente-

-Sarebbe già molto per lui-

-Adesso lasciami solo, fastidioso mortale, altrimenti non finirò mai di prepararmi, avverti gli altri che vi raggiungo fra poco... e inventati qualcosa per il ritardo- spingendolo verso la porta

-Posso dire che ci stavamo piacevolmente rotolando tra le lenzuola mentre ti insegnavo a implorare il mio nome?- ridacchiò affacciandosi dentro mentre usciva

-Qualcosa di più credibile, chi mi conosce sa che saresti tu a implorare il mio molto prima-

-Prima o poi dovrò mettere alla prova questa tua teoria-

-A vostra disposizione, Mio Sire- si inchinò teatralmente l'elfo -Ma ora, fuori da questa stanza!-


Uscito si appoggiò con le spalle al muro, respirando forte e stringendo i pugni fino a sbiancare le nocche, era stata dura controllarsi dentro, ma lui non aveva bisogno della sua rabbia, al contrario, quello che gli serviva era solo quel caldo e rassicurante abbraccio... che stupido era stato, come aveva fatto a non capirlo subito! Sete, essenze e oli profumati, stanze lussuose... Quello che per tutti era sinonimo di ricchezza e agio, per l'assassino era lo specchio della sua vita da schiavo...

Ma forse non era stata inutile quella sua mancanza, per la prima volta lo aveva visto aprirsi a un dolore che aveva sempre negato di provare, per la prima volta si era lasciato andare completamente indifeso tra le sue braccia, per la prima volta si era lasciato amare non col corpo ma col cuore...

No, decisamente quello che era successo non era stato un male, anche la rabbia che lo prendeva ogni volta che pensava a quello che quella povera creatura aveva dovuto subire cominciò a scemare, sostituita da una tenerezza profonda per l'innocenza con cui lui gli si era finalmente donato seppure non se ne fosse reso conto, sorrise, “e lui si è scusato e mi ha persino ringraziato, avrei dovuto essere io a ringraziarlo per il dono immenso che mi ha fatto” finalmente con un nuovo sorriso sulle labbra si avviò verso il cortile esterno


Quando Tàr uscì notò immediatamente le occhiate preoccupate degli amici, che però si distesero subito vedendo la sua espressione serena, tranne quella del Sire che restava teso e lo osservava sofferente

-Lui sta bene? Ci sono problemi? E' per colpa mia?-

-No, Maestà, non è colpa vostra e non c'è nessun problema... anzi, con un poco di fortuna ne abbiamo appena risolto uno molto grosso-

-Quale?-

-Al nostro Gwatheg non piaceva la seta- sorrise enigmatico e senza aggiungere altro si diresse verso i cavalli

-Cosa voleva dire?- chiese Thranduil perplesso ai compagni

-Non lo chieda a noi, Maestà, ne sappiamo quanto lei... ma di certo intendeva molto di più di quello che ha detto- rise il nano

-Purtroppo il cervello di Tàr lo capisce solo Tàr, non ci sprechi tempo, Sire, tanto è inutile- aggiunse Rhawel

-Il vostro amico a volte è davvero strano-

-Benvenuto nel nostro mondo, Mastro Haldir-

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


*CAPITOLO 29*


Il viaggio si era dimostrato più piacevole del previsto, gli abitanti del piccolo regno di confine si fidavano ciecamente del loro signore, e nessuno osò mettere in dubbio la sua parola quando li dichiarò suoi amici, al contrario molti si avvicinavano leggermente timorosi ma determinati a mostrare il loro appoggio alla missione che stavano portando avanti, Thranduil non sbagliava, pensò Ar-Agorn, nessuno di loro aveva dimenticato i fratelli e molti sarebbero stati felici di seguirli.

Solo uno restava guardingo e a disagio, almeno nei confronti del númenóreano, perché sembrava poter trattare con gentilezza tutti tranne lui, Haldir, Capitano dei Guardiani.

Si era accorto come lo osservasse, come sembrasse mormorare frasi a sé stesso guardandolo, gli era anche più che chiaro il forte legame che lo univa al suo Signore e non aveva nessuna intenzione di averlo come nemico.

Il secondo giorno si presentò l'occasione che aspettava, camminava solo girando per l'accampamento per controllare che tutto fosse perfetto, Tàr aumentò il passo affiancandosi a lui, l'elfo lo degnò solo di uno sguardo tornando a guardare la strada

-Furu hya sanya? Ná lávina nin é milya?- (Bugia o verità? Mi è permesso davvero sperare?) mormorò rivolto al nulla

-Mai istan cámanya, polin tóquetë len- (Potrei rispondervi, se sapessi di cosa mi si accusa)

-Parlate la mia lingua?- lo guardò stupito

-E voi la mia, direi che possiamo considerarci pari-

-Siete abile, ora più che mai dovrei diffidare di voi- rispose freddamente

-Perché non potete credermi quando gli altri lo fanno? Soprattutto perché avete spinto il vostro Signore a credermi, se voi non lo fate?-

-Come sapete che è merito mio?-

-Siete l'unico che ci ha ascoltato tutto il tempo-

-Lo avete sempre saputo?-

-Lo sospettavo, e Sua Maestà me lo ha confermato quando mi ha parlato di un consigliere fidato... gli siete molto legato?-

-Non credo la cosa vi riguardi-

-Scusatemi, non volevo essere inopportuno-

-Non ha importanza- continuò a fissare ostinato il sentiero -Cosa volete da me? Perché siete qui?-

-Se vi rispondessi, capire, vi sembrerebbe una richiesta troppo assurda?-

-No, presumo di no- sospirò rassegnato -Chiedete, cercherò di rispondere per quanto mi è possibile-

-E io farò lo stesso...Quella sera nel bosco, cosa vi ha turbato fino a farvi tradire?-

-Avete davvero visto  Caras Galadhon? Avete parlato con Dama Galadriel?-

-Sì, lo abbiamo fatto. Chi?-

Lo osservò a lungo, poteva davvero parlare con quel mortale? Alla fine la sua storia non era un segreto per nessuno, lo avrebbe scoperto comunque, già era strano che fino ad ora non avesse ancora udito qualcuno che si rivolgeva a lui come Haldir o Lòrien, molti lo facevano ancora nonostante fosse passato tanto tempo... Però non era facile parlarne, e tra tutti proprio a quell'uomo...

-I miei fratelli. Quel luogo era la mia casa, partii guidando l'esercito di Sire Amdír, e più non vi feci ritorno. Potete comprendere il dolore che porta la vostra speranza? Devo credere che sono vivi e piangere la loro morte una seconda volta?-

-Non posso dirvi se sono vivi, ci sono state crudeli battaglie prima della maledizione, ma se erano vivi l'ultimo giorno lo sono ancora-  

-Devo rendervene atto, non cercate di blandirmi con parole dolci o mezze verità meno dolorose-

-La Verità raramente è dolce, le Menzogne lo sono, cosa guadagnerei dal mentirvi?-

-La mia fiducia?-

-E se invece volessi la vostra amicizia?-

-Sarebbe complicato-

-Dipende dal mio sangue? Dal fatto che discendo da Elros? Dal Traditore?-

-Sì-

-Ho visto la cicatrice-

L'elfo lo guardò meravigliato, sapeva di essere stato visto, lo aveva sentito avvicinarsi e allontanarsi subito dopo al fiume, ma non pensava che quell'umano potesse collegare immediatamente la cicatrice alle occhiate che gli riservava e da li a Elros, doveva ammettere che possedeva un intuito davvero raro

-Siete solito guardare elfi nudi?-

-Scusatemi, non era mia intenzione spiare, ero anche io andato al torrente per rinfrescarmi ma appena vi ho visto mi sono allontanato-

-Non prima di aver ammirato il ricamo che il vostro antenato mi ha lasciato-

-Ho visto ferite sul corpo di Legolas, alcune molto gravi, rimarginarsi senza lasciare segni-

-Non sono molte le armi in grado di lasciare il loro ricordo sulla nostra pelle-

-Aranrúth è una di quelle, immagino-

-La spada che dovrebbe essere al vostro fianco- annuì -E invece al suo posto c'è la spada che mi ha salvato-

-Avete ragione... è complicato- sbuffò

Il Guardiano si arrestò fissandolo stranito un momento, poi, inspiegabilmente, scoppiò a ridere

-Siete buffo, mortale, siete talmente diverso dal vostro parente che potrei persino dimenticare il vostro sangue-

-Bene... almeno credo... intendo non il fatto di essere buffo, ma che possiate dimenticare il mio sangue-

A quella frase l'elfo rise ancora più forte e dopo un'istante anche l'uomo si unì alla risata

-A questo punto temo sia inutile continuare a tentare di ignorarvi, ditemi, mortale, c'è forse qualcuno che non siate riuscito a conquistare?- quella risata aveva avuto uno strano effetto sul Guardiano, sembrava che come per magia avesse dissipato ogni freddezza e sospetto, tanto che persino la sua voce appariva diversa, più calda, più gentile

-Haimé, l'unico che vorrei davvero conquistare mi resiste- sospirò scherzosamente l'uomo

-Se ora vi chiedessi se la cosa è in qualche modo legata al figlio del mio Signore mi rispondereste che la cosa non mi riguarda?-

-Sarei più diplomatico-

L'elfo si voltò appena a guardare il giovane elfo, distogliendo immediatamente lo sguardo

-Esgalwath... uno strano nome per uno strano elfo, non ho mai visto una luce come la sua, un momento sembra voler esplodere l'attimo dopo sembra venire inghiottita dalle Ombre, a volte mi spaventa, vedo molto Male attorno a lui- asserì di nuovo serio

-Ha sofferto molto-

-Posso vederlo, mi spiace per lui, ma non gli permetterò di ferire Thranduil, anche lui ha sofferto molto-

-Non lo farà, almeno non consapevolmente, a volte gli riesce difficile trovare le parole per esprimere quello che prova-

-E' un problema di famiglia-

Restarono in silenzio osservando padre e figlio con la stessa espressione negli occhi

-Sì, gli sono molto legato- sospirò l'elfo

-Cosa?-

-Mi avevate chiesto se gli ero molto legato e vi ho risposto. So che inizialmente non si è comportato nel migliore dei modi, ma è una brava persona-

-Non dovete giustificarlo, ci siamo già chiariti e comprendo bene il suo tormento in quel momento, e anche suo figlio lo comprende-

-Fu lui a salvarmi, giacevo riverso sul campo di battaglia, in molti mi credettero morto, quella ferita avrebbe ucciso elfi più forti di me, ma lui si è accorto che ancora vivevo, ha fermato l'emorragia come poteva per poi portarmi tra le braccia per tutta la durata della fuga, so che gli dicevano di lasciarmi, che non poteva salvarmi, io stesso lo dissi in un raro momento di lucidità... ma lui non si è arreso, mi conosceva appena, era stato a volte a Lòrien per incontrare la sua futura sposa, ma ci eravamo scambiati solo poche parole eppure non mi ha lasciato, dovevano marciare veloci per fuggire ma... non mi ha lasciato... e mi è restato vicino anche dopo, quando mi sono svegliato e ho visto lo scempio sul mio corpo, quando ho pianto la morte di tutti gli amici nella Battaglia, quando ho saputo della fine del mio bosco... lui non mi ha lasciato-

-E voi non avete lasciato lui-

-Non potrei mai farlo, lui è l'aria che respiro... Non ditelo al vostro amico, non vorrei pensasse che non amava sua madre, che non è stato l'amore a concepirlo, lui è stato concepito nell'amore... quello che provavano per la vita che avrebbero creato-

-Ma non l'uno per l'altra-

-No, rispetto, complicità, amicizia... ma, no, non amore...-

-E anche per questo si sente in colpa-

-Vedete molte cose mortale. Capite ora perché non potrei mai lasciarlo?-

-Meglio di quanto pensiate, so cosa significa aprire gli occhi nel delirio e vedere il volto di chi ami stravolto per la fatica, implorarlo di lasciarti perché il dolore di vederlo soffrire è più forte delle ferite, ma allo stesso tempo ringraziare il cielo di averlo accanto-

-Lui?-

-Sì- sorrise -A quanto pare anche quello è un problema di famiglia-

-Quando?-

-Appena prima di giungere da voi, conoscete il deserto qui fuori? Dal fiume alla grotta, veleno di viverna-

-E' un cammino lungo e il veleno è rapido-

-Quattro giorni, sotto il sole, senza cibo ne acqua, senza fermarsi mai a riposare, sopportando il mio peso-

-Notevole, non lo credevo tanto forte! E tu dici di non averlo conquistato? A quello che mi si racconta non è esattamente una persona altruista, credi lo avrebbe fatto per chiunque?

-Forse prova qualcosa...- sospirò Tàr -Anzi, ne sono quasi certo... il problema è farglielo capire-

-Spiacente, non posso aiutarti, mai avuto questo problema-



-Figliolo?-

-Sire!- Era sobbalzato nel sentire la sua voce, osservava il suo uomo ridere e parlare con quell'essere borioso ed insopportabile, e gli dava fastidio, non era geloso, lui non poteva essere geloso e certamente non poteva essere geloso di quello... semplicemente non gli era mai piaciuto, non si fidava del modo in cui continuava a guardare il suo Estel

-Non ci riuscirai mai, vero? A chiamarmi padre, intendo-

-Io... mi dispiace, scusatemi-

-Non importa, non era di questo che volevo parlarti-

-Ditemi, Sir... Padre-

-Vorresti usarmi la cortesia di non uccidere il Capitano dei miei Guardiani? Se dovessimo andare in guerra potrebbe tornarci utile-

-Non stavo pensando al vostro capitano, il suo pensiero non mi tocca-

-I tuoi occhi dicevano il contrario-

-Non capisco di cosa parliate-

-Posso assicurarti, con un discreto margine sicurezza, che non ha nessuna intenzione di portarti via il tuo uomo, e comunque potresti raggiungerli e baciarlo davanti a tutti così metteresti in chiaro che è tuo e non dovrei preoccuparmi per altri dei miei elfi- sorrise il Re

-Lui... Estel... Tàr... Non è il mio uomo!- balbettò imbarazzato immaginando la scena

-Strano, dal modo in cui lo guardi ero più che convinto lo fosse-

-Io non lo guardo! E' solo un amico. E nella remota ipotesi potesse essere di più di certo non sarei preoccupato delle attenzioni che quell'insipido guardiano gli riserva, non lo degnerebbe di uno sguardo-

-Insipido? Tu dici? Ho sempre pensato che Haldir possedesse un certo fascino, sono in molti a sospirare per un suo sguardo-

-Non di certo Estel-

-Su questo non ti do torto, credo che su di lui nessuno sguardo potrebbe funzionare, neppure quello del mio Haldir-

-Se vi piace tanto perché non mettete in pratica voi quello che avete consigliato a me?-

-Sai, figliolo, un giorno dovrò farlo veramente-

-Sire?- lo guardò stupito

-No, niente, pensavo ad alta voce...-

-Quindi è lui? Il caro amico che è riuscito a riaprire il vostro cuore?-

Il Sovrano lo guardò pensieroso, senza sapere se dire o meno la verità

-Temete forse che mi senta tradito perché avete sostituito mia madre?...- poi un sorriso furbo gli illuminò il viso -Ma voi non l'avete sostituita... lui era qui anche prima... vedo dalla vostra espressione che ho colto nel segno... E lei lo sapeva?-

-Io... non è come credi... lascia che ti spieghi...- balbettò imbarazzato

-Maestà... Padre...- rispose divertito -Credete realmente che io possa giudicarvi per come vi siete comportato con mia madre? Forse sarò freddo e cinico, ma non la conoscevo, non l'ho mai conosciuta, voi dite che lei mi amava, che voi mi amavate, so che siete sincero. Potrei fingermi sconvolto dal vostro comportamento, ma sarebbe ipocrita da parte mia, io non conosco l'amore, non so cosa sia e cosa si provi, quindi con quale arbitrio potrei giudicarvi? Se lui vi ha dato la forza per superare il dolore siatene felice e non vergognatevene... se è del mio giudizio che vi preoccupate non angustiatevi, io non vi do colpe-

Osservò il padre che lo guardava stranito e riprese fraintendendo l'espressione

-Pensate che dovrei essere triste per lei? Non chiedetemi tanto, non ho mai avuto un padre e l'unica madre che ho conosciuto era una nana... Starete pensando a che razza di mostro avete messo al mondo, me ne dispiace... Sono qui con voi, e sto imparando a conoscervi, vedo una persona che merita rispetto e merita amore, forse non sono in grado di chiamarvi padre, ma mi rallegro della vostra felicità, e se siete invece voi a sentirvi in colpa per lei non fatelo, godete della gioia, al mondo ce n'è così poca. Ora sono io a dover temere il vostro giudizio? Vi vergognate forse di avermi concepito?-

-Vergognarmi? Ma se non potrei essere più felice! Hai nascosto dietro al cinismo quelle frasi che non avrei mai sperato di poter udire dalle tue labbra- sorrise commosso -Figlio mio, dici di non conoscere l'amore e di non saper amare? Non ti rendi neppure conto di quanto grande sia il tuo cuore, hai dato a questo vecchio elfo una gioia che mai avrebbe potuto immaginare!.... Io, se ora ti chiedessi il permesso di abbracciarti... sarebbe troppo, vero?-

-Sì, troppo- poi abbassando il tono di voce -Ma se voleste comunque farlo non fuggirei-

Thranduil lo osservò con la bocca aperta per lo stupore, allargò le braccia avvicinandosi lentamente, come per assicurasi di aver capito bene, per dargli il tempo di allontanarsi se lo avesse voluto, col timore che si sarebbe sottratto a quel contatto sgradito, ma niente di tutto questo successe...

Dopo tremila anni, dopo aver creduto di averlo perso stava finalmente abbracciando suo figlio, era rigido tra le sue braccia e non lo ricambiava, ma non era neppure fuggito, dopo qualche tempo lo senti sollevare le braccia e ricambiare impacciato il gesto “Grazie, Valar, Grazie per avermi ridato il mio bambino” pensò con gli occhi gonfi di lacrime.

Lacrime di gioia che stavano brillando anche negli occhi di un nano, di una giovane mezzelfo e di un anziano Istar, come in quelle di un númenóreano e di un Capitano che avevano interrotto i loro discorsi osservando ammutoliti la scena

-Grazie, Ar-Agorn, erede di Elros, tu l'hai portato qui, tu hai riportato la gioia al mio Signore, di questo non potrò mai esserti abbastanza riconoscente- mormorò l'elfo flettendo il ginocchio per rendergli omaggio

-No- gli afferrò rapido le braccia impedendogli di compiere il gesto -Non inginocchiatevi a me, perché tanto dovrei fare a voi, è vostro il merito se Thranduil ha trovato la forza di parlargli... Voi vedete la gioia del vostro compagno, io vedo molto di più... Se solo aveste conosciuto Esgalwath qualche mese fa, ora potreste capire cosa significa per lui il gesto che sta compiendo-



-Ehm... padre, siete davvero convinto del vostro “amico”?- sciogliendo l'abbraccio mentre guardava le mani del suo uomo strette sulle braccia dell'elfo

-Come lo sono del fatto che il sole sorgerà domattina- rise il Re -Ma ora è meglio che vada ad allontanarlo da quel mortale non-tuo, come ho detto mi creerebbe non pochi problemi se dovesse accidentalmente cadere su uno dei tuoi coltelli... Ma, figliolo, permettimi un consiglio da padre, non te ne ho mai dati ma sono sicuro che per questo mi ringrazierai un giorno... Parlagli, semplicemente parlagli, perché vuoi continuare a nasconderti quando neppure volendo riesci a nascondere a te stesso di amarlo?... e non dirmi che non sei in grado di amare, conosco quello sguardo, lo vedo ogni giorno allo specchio quando penso a lui... Quello sguardo non inganna nessuno, pensi forse che gli altri non abbiano capito? Solo tu e quel mortale vi ostinate a non volerlo vedere... Parlagli e fallo prima che sia troppo tardi, o potresti pentirtene-

-Io- sorrise il giovane principe -Ho già deciso di farlo, ma grazie del consiglio- “Spero solo che lui non mi rifiuti” pensò tristemente.

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


*CAPITOLO 30*



-Sire Ar-Agorn, mi scuso per l'interruzione, ma ho urgente necessità di conferire col mio Capitano... in privato-

-Naturalmente, Maestà-

-Capitano Haldir- si inchinò leggermente -E' stato un piacere conoscervi-

-Una gioia inattesa che scopro con piacere, Ar-Agorn di Númenor, erede di Elros- contraccambiò l'inchino

-Maestà, vi lascio alle questioni del vostro regno-

Il mortale non si era ancora girato che già Thranduil afferrava il Guardiano per il polso avviandosi composto, almeno fino ai primi alberi, verso il limitare della radura, per poi trascinarlo con foga verso la protezione degli alberi fitti e baciarlo con passione contro il possente tronco di un antico larice.

-Da quando cerchiamo la protezione della foresta più profonda per un semplice bacio?- rise appena le sue labbra furono libere  -Oh! Scusa... tuo figlio- e senza lasciare il tempo di rispondere invertì le posizioni e riprese possesso di quella bocca

-Lui sa... e approva...- invertendo nuovamente i ruoli abbandonando le labbra per dedicarsi al collo niveo slacciandogli i mantello purpureo che scivolò a terra -E non è un semplice bacio che voglio questa notte-

-E cosa vuole il mio Sire?- ansimò reclinando il capo ed esponendo il collo a quei baci roventi

-Tutto- soffiò sulla sua pelle cominciando a slacciare la sua tunica e scendendo a lambirgli il petto -Il tuo Sire vuole portarti a gridare tanto forte che all'accampamento temeranno di essere attaccati-

Haldir rise, e Thranduil si fermo a guardarlo estasiato solo un'istante prima che le sue labbra diventassero nuovamente proprietà dell'amante

-A cosa devo tanto benvenuto ardore?-

-A questo... alla tua risata, è una cosa così rara... e oggi è la seconda volta che la sento... Valar, sai quanto sia bella la tua risata? Quanto mi renda felice?- sussurrò rauco tra i baci -Ormai ne avevo perso il ricordo, è dai tempi di Lòrien che non la udivo, ti ho mai detto che ho amato ancora prima di vederti la tua voce e la tua risata?...Quando ridevi il giorno pareva più luminoso e il bosco sembrava risplendere... Era così forte... Così piena di vita...Valar!... che gioia... risentirla- ormai anche la tunica giaceva a terra assieme al mantello, si staccò dalle sue labbra per dedicare la sua attenzione al petto che sollevava e abbassava veloce al ritmo del respiro ansimante, dalle spalle scendendo lungo lo sterno, per poi risalire e ricominciare quella dolce tortura lungo la cicatrice, lasciando una scia di baci umidi lungo tutta la sua lunghezza, come faceva da anni, come sapeva fargli perdere il senno, scendendo lentamente fino ad inginocchiarsi davanti a lui...

Afferrò i suoi fianchi traendolo a se e schiacciando il viso contro il bacino, lo vide appoggiare il capo e le spalle al tronco aggrappandovisi forte per aiutare le gambe che rischiavano di non sostenerlo, mentre si mordeva forte il labbro cercando di controllare le ondate di piacere che minacciavano di sommergerlo e continuò la sua discesa lenta fin al punto il cui lo sfregio scompariva sotto i pantaloni, si fermò un'istante osservandolo lascivamente poi afferrò il tessuto fra i denti trascinandolo giù, sorrise divertito sentendo il respiro dell'altro che si bloccava e il rumore delle unghie che graffiavano l'albero, sollevò le braccia lungo la sua schiena fino a dove le spalle toccavano il legno e ridiscese premendole con forza e facendolo aderire ancora di più a se. Si fermò sui glutei infilando i pollici oltre l'orlo e completando quello che con la sola bocca non poteva fare, un gemito usci violento quando l'erezione scattò finalmente libera, dura e già leggermente umida

-Ho detto che voglio sentirti gridare- soffiò rauco a pochi millimetri dall'asta pulsante, lo vide tremare incontrollato e gli afferrò saldamente i fianchi per impedirgli di cadere

Senza lasciargli il tempo di riprendere il controllo fece scomparire il membro turgido nella sua bocca facendolo gemere selvaggio e venire gridando il suo nome, solo allora lo lasciò scivolare dolcemente a terra, sdraiandosi al suo fianco e abbracciandolo mentre ancora tremava per i postumi dell'amplesso

-Ti amo-

-Ricordami di ridere più spesso-

-Sempre-

-Ti amo-

-Anche i Valar mi amano, oggi ho avuto in dono l'abbraccio di mio figlio e la risata del mio amante, non potrà mai esserci giorno più bello-

-Anche il mio non è stato male- sorrise beato -Dici che mi hanno sentito fino all'accampamento?-

-Uhmmm... non credo, sei troppo delicato, mio meraviglioso Guardiano- poi ricominciò ad accarezzarlo lascivamente -Ma posso sempre ritentare, magari se mi impegno di più...-  

-Parola mia tu mi vuoi morto, elfo!- ma già sentiva il suo membro rispondere alle carezze

-A proposito di morti- ridacchiò il Re -Vedi di non avvicinarti troppo al númenóreano-

-Sei geloso?-

-Ad essere sincero un poco... e stato lui a farti ridere dopo tanto tempo, ma ne comprendo il motivo... sono lieto che vi siate chiariti, ma non è per me che parlavo, mio figlio lo è molto più di me ed è molto possessivo verso quel mortale che dice di non amare- concluse ricominciando a baciarlo

-E ora smettila di distrarmi e taci... ho un'impresa da portare a termine-

-Non così in fretta, amore- si sollevò di scatto bloccandolo al suolo e sollevandogli la tunica fin sopra la testa -Questa volta giochiamo ad armi pari-



-Oh... bene- sospirò l'assassino -Mancavi giusto tu... immagino tu sia qui per parlare di quello che mi hai visto fare? Dovevo capirlo dopo Rhawel, Gimli e persino il Vecchio che prima o poi saresti arrivato-

-In realtà volevo chiederti se avessi capito quali spezie avevano usato nello stufato di questa sera, era delizioso, non credi?-

Legolas osservò storto quell'insopportabile mortale, poi gli sorrise

-Meglio della tua cucina sicuramente!-

-Non mi sembra che ti sia mai lamentato-

-Solo perché avevo fame... e poi viste le alternative... avrete tante doti ma tra queste non c'è cucinare-

Si girò a osservare l'orizzonte stellato con la mano appoggiata a un tronco e attese di averlo di nuovo al suo fianco

-Sono bellissime non trovi?-

-Un tempo non lo avresti detto-

-Sembra passata una vita-

-Sì, una vita-

-Estel, noi dovremmo parlare-

-Lo stiamo facendo-

-No, di quello che è successo-

-Di quello che è successo oggi?-

-In un certo senso le cose sono collegate- tornò a osservare le stelle, sospirando, senza parlare

-Legolas? Dove sei?-

-Qui, e ovunque, sono in una piccola stanza nella città bassa, su un lussuoso letto di seta, nelle strade buie e silenziose, sono in una cella senza voce, e in un bosco luminoso, sono in un allegro torrente di montagna e in una radura stellata, sono in un deserto orribile... eppure sono qui...-

-Non ti capisco?-

-Neppure io... è come se tutta la mia vita mi stesse cadendo addosso in questo momento, sotto questo cielo meraviglioso... e io non so cosa devo farne di questa vita-

-E' per via di tuo padre?-

-No, anche se lui mi ha aperto gli occhi, mi ama Estel, nonostante sappia quello che sono, nonostante non mi avesse mai visto prima, nonostante non gli abbia riservato altro che freddezza... lui mi ama-

-E ti turba?-

-Sì, mi fa pensare di essere migliore di ciò che sono realmente-

-Forse lo sei-

-Tu sei come lui, anche tu mi fai sentire migliore-

-Forse lo sei-

-E se non lo fossi?-

-Lo sei-

-Mi hai insegnato cos'è un abbraccio, non avrei mai potuto fare quello che ho fatto oggi senza di te-

-Hai fatto tutto da solo, sei stato tu a cercare le mie braccia-

L'elfo tornò silenzioso a perdersi nella notte, le stelle luminose che si rispecchiavano nei suoi occhi

-Dobbiamo parlare-

-Lo hai già detto. Sono qui, Legolas, non fuggo-

-Estel, io...- si bloccò di scatto ascoltando la notte -Tàr, non siamo soli- portando istintivamente le mani ai coltelli imitato dall'uomo

-Arcan lenna avatyarin, Aran Ar-Agorn, Cundu- mormorò inchinandosi -Umin mentenya pusta ar utennein. Canonya mentan sacalë, cé ecuva tuvo liyúmë ilapace. Mai cenetlyë eces onta uvanima alatercen. Ëan nyérë na horyan manquetë len nanwenë hópanna-   (Chiedo perdono, Sire Ar-Agorn, Principe- -Non era mia intenzione disturbare e non stavo origliando. Il mio capitano mi ha mandato a cercarvi, purtroppo potremmo ricevere visite inaspettate. Vedervi da soli nei boschi potrebbe creare spiacevoli malintesi. Sono mortificato ma devo chiedervi di tornare all'accampamento)

-Ci sono problemi, Tàr?-

-A quanto pare potrebbero essercene, meglio che torniamo...- fece per allontanarsi di un passo lentamente poi con un ultimo ripensamento tornò a girarsi ritornando a perdersi in quegli occhi limpidi -Legolas...- sospirò

-Sì?-

-Mi dispiace, avrei davvero voluto parlare-

-Ci sarà tempo-

-Sì, ci sarà tempo-

Tempo, quanto ancora doveva attendere? Quanto prima di poter finalmente ascoltare quelle parole dalle sue labbra? Sempre che poi fossero quelle le parole che stava per dire, non sapeva di cosa voleva parlargli, magari aveva scoperto di provare attrazione per uno degli elfi di Thranduil e voleva confidarsi... o forse Rhawel, infondo erano molto uniti, no, questo non poteva crederlo, non c'era attrazione fra lui e la sua amica... almeno non del tipo che c'era tra loro... “Dannazione, devono essere quelle parole che vuole dirmi! Devono, o sarei perduto!”

“Dannazione! Anche il Fato mi è avverso? Finalmente trovo il coraggio di parlare ed ecco che succede qualcosa! Riuscirò a trovare di nuovo le parole? E non sarà troppo tardi? Non può, non deve essere troppo tardi, o sarei perduto!” Tempo, aveva detto che c'era tempo, ma lo credeva davvero? Era sicuro che lui lo avrebbe atteso, era sicuro che lui non lo avrebbe rifiutato, ma questo era una vita prima, ora che doveva parlare era terrorizzato da un suo rifiuto... ora che lo aveva visto scherzare con altri era terrorizzato dall'idea di non avere più tempo... “Per tremila anni ho vagato senza scopo su questa terra e ora non ho tempo”



Si erano rimessi in cammino poco dopo l'alba, Ar-Agorn e Legolas fiancheggiavano Sire Thranduil, il resto dalla compagnia li seguiva affiancato da alcuni consiglieri, Haldir restava indietro, non volevano militari all'interno del gruppo di testa.

La formazione non era casuale, era stata lungamente discussa la sera precedente, doveva essere immediatamente chiaro che il Popolo del Confine nutriva piena fiducia negli stranieri e che Ar-Agorn e Legolas erano considerati di pari prestigio rispetto al loro Re.

Non prevedevano problemi, ma preferivano non correre rischi, gli esploratori avevano avvistato un campo di Roquen Arion (Cavalieri della Luce del Sole) o Cavalieri d'Oro come erano conosciuti fuori dalle Nebbie erano amici e alleati fidati, ma pur sempre mortali e come tali avventati.

A differenza degli Elfi non avevano mai accettato completamente l'isolamento e al raggiungimento della maggiore età i giovani venivano mandati per tre mesi nel mondo esterno, restavano lontani dalle città e dalle Signorie perché i loro diversi costumi non avrebbero ingannato qualcuno più avveduto di un semplice paesano, quindi non erano molto più informati dei loro vicini immortali ma almeno conoscevano un poco della vita com'era proseguita lontano dal loro rifugio e questo li rendeva in grado di effettuare scorribande armate contro gli uomini di Melkor.

I compagni avevano ascoltato interessati, tutti conoscevano la Leggenda dei Cavalieri d'Oro, favole per spaventare i bambini, nessuno li aveva mai visti, o per meglio dire, nessuno che li avesse visti era vissuto abbastanza per raccontarlo, e ora invece sapevano che la legenda era verità e che presto avrebbero incontrato queste mitologiche figure.

-Non credevamo che dei mortali avessero goduto della protezione riservata ai Priminati- chiese Tàr mentre cavalcavano al Signore del Cancello

-Questa protezione non è stata creata per noi, ma per tutti quelli che restarono fedeli ai Quattordici.

Marach e la sua gente furono gli unici tra i mortali a non voltarci le spalle, in verità non furono loro a decidere, a quei tempi li chiamavamo Signori dei Cavalli ma non furono mai Signori ma semplicemente Amici, i Mearas le meravigliose cavalcature donate loro dai Potenti sapevano da quale parte combattere e i loro cavalieri non le avrebbero mai costrette altrimenti.

Quelli che incontrerete oggi sono i discendenti di Marach, e i loro destrieri quelli nati dai Mearas, sono gente orgogliosa e fiera, state attenti a non offenderli perché mal sopportano di essere messi in ridicolo, ma sono anche valorosi e leali, se otterrete il loro rispetto avrete dei potenti alleati, apprezzano più di ogni altra cosa il valore e in questo non avrete problemi a farvi accettare da loro-

-In cosa quindi?... Avete detto in questo, quindi immagino ci sia qualcosa che invece ci creerà problemi-

-Non sbagliate, Ar-Agorn, ci sono cose che al momento è meglio che non sappiano, specialmente riguardo mio figlio e Olórin, mi dispiace amici, ma loro non capirebbero, non prima di aver imparato ad apprezzarvi, in questo sono come bambini, non riescono a vedere le sfumature, per loro tutto si riduce a giusto o sbagliato, Luce e Tenebra, non hanno mai accettato che la Luce generi ombre e che la Tenebra possa non essere assoluta. Hanno il loro Codice d'Onore e da esso non si discostano-

-Non temete... padre- ancora gli riusciva difficile pronunciare quella parola -So essere sufficientemente luminoso all'occorrenza e per Mithrandir non sarà un problema, è l'unico ad essere convinto di avere un passato oscuro da nascondere-


Fu esattamente in quel momento che uscendo dall'ombra degli alberi i loro occhi furono abbagliati dal riflesso aureo, che come un'onda di puro metallo liquido scivolava armoniosa sulla prateria

-Un éored completo e in assetto da combattimento!- fischiò Haldir -Si aspettavano battaglie sul loro cammino-

-Re Théoden è vecchio ormai, ma ha ancora lunghe orecchie, credo che l'arrivo degli stranieri non sia più un segreto per nessuno, anche se a quanto vedo mal interpretato-

-Mortali! Creature sciocche, impulsive e illogiche! Solo uno stolto Sennacoi (Vita Corta) potrebbe inviare un esercito a combattere una guerra che non sa neppure se esiste-

-Haldir- lo riprese sorridendo il sovrano -Controllati e mostra un poco di rispetto-

-Solo perché ci sono alleati non significa che debba amarli, se non fosse per quel poco di senno dei loro destrieri sarebbero dei completi i...-

-Haldir!-

-E' la verità, puoi pure fare il carino con loro, ma la mia posizione mi permette di trattarli da superiore quale mi ritengo senza rischiare incidenti diplomatici- sollevò il mento arrogante osservando il compagno con un sorriso irriverente -E tu mi invidi per questo- continuò con gli occhi che scintillavano divertiti

-Vorreste quantomeno parlare nella vostra lingua?- borbottò Gimli

-Sarebbe scortese farlo, Mastro Nano-

-Allora siate così cortesi da usarmi questa scortesia, mi eviterete di dover difendere questi cavalieri che neppure conosco in quanto io stesso mortale sciocco, impulsivo e illogico- sbuffò mentre Rhawel copriva la bocca con la mano per nascondere la risatina che le era uscita spontanea e Tàralelyol soffocava un colpo di tosse

-Illogici- commentò il Capitano mentre arretrava tornando alla sua postazione

-Avete dimenticato sciocchi e impulsivi, Mastro Haldir- gli urlò dietro il nano

-Gimli!-

-Se state per chiedermi come siano sopravvissuti fino ad oggi, padre, vi dico già che non ne ho la più pallida idea-  



Quando ormai poche poche miglia separavano il corteo degli elfi dalla cavalleria dorata  uno dei cavalieri cavalcò avanti, un uomo alto, molto più degli altri e dal suo elmo spioveva una bianca coda di cavallo.

Quando giunse di fronte al Signore degli Eldar sfilò l'elmo rivelando una lunga chioma bionda, che incorniciava un volto giovane ma dai lineamenti decisi e fieri, guastato solo dai limpidi occhi azzurri che seppure potessero essere definiti belli, si posavano con arroganza sul gruppo degli stranieri

-Sire Thranduil- si inchinò senza scendere da cavallo

-Éomer, ragazzo mio- sorrise l'antico elfo -Quale piacevole sorpresa! Cosa ti conduce verso i nostri boschi, con cotanta fretta e furia nelle armi spianate-

-Ci è giunta notizia, Sire, che i Cancelli sono stati violati. Gli  Eorlingas sono pronti a dare il loro sostegno agli antichi alleati- fece scorrere lo sguardo sui compagni per poi rivolgersi nuovamente al Re -Ma vedo che la battaglia è già conclusa, sono questi gli unici che avete risparmiato?-

-Mi scuso per la scortesia, credo che delle presentazioni siano necessarie, amici, vi presento Éomer, figlio di  Éomund, nipote di Re Théoden di Rohan, terzo maresciallo del Riddermark-

Lasciò loro il tempo di inchinarsi al cavaliere poi riprese

-Le voci che avete udito sono vere, ma solo in parte, i Cancelli sono stati aperti ma non violati, poiché colui che li ha oltrepassati aveva ogni diritto di farlo, e questi signori che vedete sono coloro che lo accompagnavano. Lord Maresciallo posso avere il piacere di presentarvi mio figlio Legolas, a lungo creduto morto-

-E' un immenso piacere per me fare la conoscenza dei fieri alleati del mio Nobile Padre- rispose con voce lieve sorridendo gentilmente

-Il piacere è mio, Principe Legolas- rispose il Rohirrim inchinandosi rigidamente senza abbassare lo sguardo -Avete impiagato molto tempo a trovare la strada di casa-

Thranduil strinse i pugni sotto il mantello irritato da quella mancanza di rispetto e temendo il peggio vista l'indole aggressiva del figlio che però lo stupì lasciandosi sfuggire un sospiro afflitto dalle labbra e abbassando lo sguardo triste

-Dite il vero, Lord Maresciallo, troppo tempo, è stata una strada lunga e faticosa quella che mi ha riportato da mio padre, e non avrei mai potuto percorrerla senza l'aiuto di questi fedeli compagni, immagino sappiate che il segreto del Cancello è ben custodito, e seppure fosse mio diritto di sangue attraversarlo solo di recente abbiamo scoperto la via per raggiungerlo-

-Chiedo venia, Principe, non era mia intenzione turbarvi-

-Non siete voi a turbarmi ma la tristezza del mondo fuori dalle Nebbie, e i vostri legittimi dubbi non fanno altro che aumentare la stima per degli alleati che si dimostrano capaci- sollevò lo sguardo sorridendo luminoso

-Mi rendete onore, Principe-

-Padre, posso avere io stesso il piacere di presentare a questo degno cavaliere gli amici che mi hanno accompagnato in questo viaggio?-

-Naturalmente, figliolo-

-Il prode nano che vedete alle mie spalle è Gimli, figlio di Gloim, che unisce nel suo sangue le stirpi di Durin e Thràr, è stato cacciato da Khazad-dûm per avere difeso davanti al suo Re le sorti degli Elfi prigionieri, ma senza mai arrendersi ha continuato la sua lotta contro Morgoth-

Attese che il nano e il cavaliere concludessero gli inchini di rito e riprese

-La giovane donna, le cui apparenze potrebbero trarvi il inganno è Dama Rhawel delle Montagne Bianche, Arciere Infallibile, coraggiosa e indomita, combatte l'Ombra da quando aveva dodici anni e sono molti i modi in cui mi ha salvato in questo lungo viaggio-

Per la prima volta il cavaliere si soffermò ad osservare la giovane donna che si inchinava regale, poteva vedere in lei tutte le qualità descritte, e, oltre quelle, una rara bellezza.

-Il più saggio tra noi, Mithrandir di Ýridhindhren, il Maestro dei Liberi Stregoni...-

-Pensavo fossero solo una leggenda-

-E noi lo pensavamo di voi, per nostra fortuna eravamo entrambi nel torto Figlio di Marach- sorrise cordialmente l'anziano Istar -E' con immenso piacere che faccio la vostra conoscenza-

-Mai grande quanto il mio, Reverendo Padre, non sapete che gioia sapere che esiste qualcuno in grado di opporre la sua magia a quella degli Stregoni Neri-

-E ultimo ma non meno importante, il mortale a cui debbo più volte la vita, Ar-Agorn, figlio di Ar-Athorn, legittimo erede al trono di Númenor-

L'uomo quasi cadde da cavallo per la sorpresa, aveva visto che si trattava di un númenóreano, ma non poteva immaginare che appartenesse alla famiglia reale.

-Posso solo supporre che ci siano vicende molto importanti da narrare se un númenóreano, e per giunta erede del Traditore, cavalca al fianco del Sire del Cancello, senza ceppi e con la testa ancora attaccata al collo-

-Ci sono- rispose solenne Thranduil -Invero questo incontro fortuito ci risparmia molti giorni di attesa, giacché tuo zio avrebbe dovuto essere certamente informato, quindi ti chiedo, Éomer, figlio di  Éomund, cavalca veloce verso Edoras e porta la notizia a Re Theoden, perché la battaglia per cui eravate pronti non è mai stata combattuta, ma forse presto dovrete prepararvi alla guerra, questi Nobili Signori non sono giunti a noi col solo intento di riportarmi mio figlio, ma sono qui per offrire il loro aiuto e per chiedere il nostro, e giunto il tempo di ribellarci e portare aiuto a coloro che non hanno potuto raggiungere questo riparo, li sto conducendo a Valarencálë, dal nostro Supremo Sire, presto si terrà un Consiglio di Guerra, e sono certo gli Eorlingas non vorranno mancare-

-Gil-Galad darà il suo consenso a partire?- chiese eccitato dall'idea della battaglia

-Lo spero, ma se così non fosse non potrà impedire di farlo a chi lo vorrà-

-Dite bene, Sire Thranduil, gli Eorlingas non mancheranno, e so già quale sarà la decisione di mio zio-

Con un profondo inchino si rimise l'elmo e girò il cavallo allontanandosi al galoppo


-E anche questa è fatta- Rhawel sospirò di sollievo -Gwath, sei stato grande!-

-Solo grande? Sei stato incredibile... tutto sorrisini e sospiri “Ohhh, prode cavaliere, Lord Maresciallo, grande e valente alleato...”- esclamò Gimli -Scusatemi ma devo trovare qualcosa di forte o potrei sentirmi male- borbottò poi allontanandosi

-Devo dire che sono rimasto sorpreso, figliolo-

-Pensavate lo avrei aggredito?-

-Sì, per un momento l'ho temuto-


-Capitano Haldir?-

-Cosa volete, Messer Nano, prendervi ancora gioco di me?-

-No, sono qui per chiedere umilmente il vostro perdono, quel mortale è un emerito idiota, non so il vostro Sire ma io vi ho invidiato di certo, mi sarebbe piaciuto non dover assistere a questo incontro... quanto vorrei avere il suo elmo!-

-Il vostro non vi piace più?-

-No, vorrei vomitarci dentro, e scusate i miei modi, ma ho temuto davvero di sentirmi male-

-Conosco la sensazione, tenete- allungandogli la borraccia dalla quale stava bevendo -Vi aiuterà-

-Non ho sete-

-Ma questo lo apprezzerete- ammiccò divertito -Un mio personale rimedio contro i mortali idioti-

Gimli assaggiò prima titubante il contenuto, poi aprendosi in un'espressione felice si attaccò alla fiaschetta.


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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


*CAPITOLO 31*


-Benvenuti a Valarencálë, Capitale del nostro Regno, dimora di Gil-galad, ultimo Supremo Sire degli Eldar-

Così la presentò Thranduil, erano giunti alle porte di un'imponente città, anche se forse imponente non era l'aggettivo adatto, certamente lo era nelle dimensioni, ma di sicuro non nell'aspetto.

Sorgeva ai pedi di un'altissima montagna, che sembrava scolpita nel ghiaccio tanto era candida e lucente, in cima a quel monte stava la dimora dei Potenti, e presto, se fossero riusciti a ottenere il sostegno del Signore di quel luogo avrebbero potuto raggiungerla.

Ai piedi dell'altura si ergeva costruita, anzi sarebbe più appropriato dire ricamata nella stessa roccia, la Capitale degli Elfi, meravigliosa in quel momento mentre il suo abbagliante candore cominciava a tingersi di rosa riflettendo le luci dell'alba, senza difesa alcuna se non quella data da un'elegante muro di cinta formato da sottili steli di alabastro che si intrecciavano e si arricciavano come viticci, interrompendosi solo per lasciare il posto e un delicato cancello in filigrana di mithril.

L'interno della città era non meno incredibile, volte, scalinate, strade sospese, attraversavano o aggiravano centinaia di cascate d'acqua cristallina che creavano infiniti arcobaleni, chioschi e colonnati coperti di rose rampicanti, candidi palazzi ricamati d'argento.

Il primo pensiero dei viaggiatori fu che quella città non aveva bisogno di difese perché neppure il cuore più nero avrebbe potuto levare la mano contro un simile gioiello, ma sapevano bene che questa era solo una mera speranza, Morgoth non avrebbe esitato a distruggerla come aveva distrutto ogni altra cosa bella, ma si resero presto conto, almeno Ar-Agorn e Mithrandir, che quel luogo non era affatto indifeso, seppure privo di barriere architettoniche, ogni angolo, ogni strada, ogni pietra era intriso della magia dei Valar.  


Fortunatamente per i compagni, l'essere giunti al seguito del Lord del Cancello evitò spiacevoli soggiorni in celle umide, vennero accompagnati in stanze lussuose anche se fu vietato loro di lasciarle, almeno fino al momento in cui Sire Gil-galad avesse richiesto la loro presenza.

Non ne furono preoccupati, era una situazione che avevano previsto, avrebbero atteso che i due Signori si confrontassero lasciando a Thranduil il compito di perorare la loro causa, sapevano che fra tutti lui era quello con maggiori possibilità di successo e anche se l'attesa era snervante erano tutti ormai ottimisti sulla riuscita del viaggio.

Dopo molte ore fu Haldir a varcare la soglia degli appartamenti riservati ai compagni, si girarono in silenzio attendendo che fosse lui a parlare

-Non prenderà nessuna decisione- annunciò -Riserva il giudizio ai Potenti, ma non vi è ostile, e se i Quattordici vi approveranno sarà felice di partire. Avrebbe deciso fin d'ora -continuò sorridendo -Il mio Signore sa essere alquanto persuasivo, ma l'enormità di quello che chiedete e le conseguenze sul nostro popolo non gli consentono di prendere questa decisione da solo. Potete fin d'ora considerarvi liberi di passeggiare ovunque vogliate ma questa sera vorrebbe avere il piacere di conoscervi e condividere con voi il suo cibo-

Un impercettibile sospiro di sollievo attraversò la stanza

-Saremo onorati di accettare l'invito, grazie Haldir-

-Dovere Ar-Agorn- sorrise


Come nel palazzo di Thranduil avevano camere regali, furono forniti di tutto quello che potevano chiedere e anche non chiedere, ogni stanza aveva un piccolo guardaroba adatto alle loro necessità, un bagno privato con acqua corrente e un'enorme vasca, profumi, oli, balsami e ogni cosa potessero immaginare.

Ar-Agorn si preparò velocemente, per poter raggiungere le stanze dell'amico, era ancora vivido in lui il dolore che quei lussi gli avevano fatto affiorare e non riusciva a lasciarlo solo, ma contrariamente ai suoi timori lo trovò già pronto e intento a spazzolarsi i capelli

-Devo averti davvero spaventato se ora ti precipiti da me ogni volta che siamo ospiti in un palazzo- gli sorrise dolcemente

-Scusami, non volevo insinuare...- arrossì imbarazzato l'uomo

-Va tutto bene, Estel, non sono offeso... mi fa piacere averti qui-

-Va davvero tutto bene?-

-Sì- annuì mentre ricominciava a spazzolarsi -Ora te ne andrai?-

-Perché me lo chiedi?-

-Ogni volta che ho bisogno di aiuto compari al mio fianco, ma quando sto bene ti tieni a distanza, non ti sembra un poco assurda questa situazione?-

-Tu vorresti che restassi?-

-Mi piacerebbe-

-Posso?- chiese sfilandogli la spazzola dalle dita e l'elfo annuì lasciando che fosse lui a continuare

-Perché lo fai? Perché mi tieni lontano?-

-Te l'ho promesso, ricordi?-

-E tu mantieni sempre le promesse?-

-Sì, sempre-

-Estel, mi prometteresti una cosa?-

-Sì-

-Non sai neppure cosa?- rise l'immortale

-La risposta sarebbe sempre, sì-

-Promettimi che riusciremo a trovare il tempo per parlare-

-Sì-

-E' una promessa?-

-E' una promessa-

-Grazie... e ora andiamo, sarebbe scortese far aspettare il nostro illustre ospite-

-E da quando ti importa di essere scortese?-

-Da quando il mondo intero si è coalizzato per costringermi a comportarmi bene- sbuffò

-Non il mondo intero- rise l'uomo -Solo un gruppetto piccolissimo di persone-


La sala in cui erano stati fatti accomodare era piuttosto piccola e semplice per un palazzo tanto sontuoso, si erano aspettati di doversi inchinare al Signore nella Sala del Trono, davanti a tutta la sua corte, invece si trovavano in davanti un tavolo elegantemente apparecchiato per solo nove persone, ma la cosa che li stupì maggiormente fu che sul tavolo di forma circolare tutti i posti erano esattamente uguali, non c'erano scranni più regali, o posate più ricche, o coppe più grandi, si erano aspettati di essere convocati da un Re e si trovavano a quella che poteva sembrare un cena in famiglia, ed era questo che stavano pensando quando Gil-galad fece il suo ingresso.

Quando lo videro per la prima volta il pensiero corse all'Elendimir che avevano ammirato sul capo di Tàr, come quella gemma, che non aveva bisogno di montature preziose o pesanti, anche lui non aveva bisogno di trono o corone per risplendere di regalità.

La Luce degli Eldar che poteva essere notata solo da persone speciali come Ar-Agorn o Mithrandir splendeva in lui così forte che era impossibile per chiunque non vederla, eppure quella luce così fulgida riempì di malinconia i compagni, come se volesse celare un antico dolore.

Il suo aspetto, non meno della sua aura, incuteva rispetto. Alto quanto il númenóreano e altrettanto possente univa però la grazia e l'eleganza del suo popolo, la pelle candida faceva da sfondo a due incredibili occhi viola profondi e scintillanti, i capelli biondi scendevano sciolti e ondulati sulla schiena trattenuti da un semplice cerchio d'oro, come del colore dell'oro erano le sue vesti, oro e rosso che sfumavano ardenti come se fosse il tramonto stesso ad aver tessuto il suo abito.

Appena dietro a lui camminava l'elfo più strano che avessero mai veduto, anche lui abbigliato con i colori del tramonto era ancora più alto del suo Re e metteva in mostra i muscoli ben sviluppati con una cortissima tunica senza maniche che, incrociata davanti, lasciava aperta una profonda e generosa scollatura, i pantaloni attillati scomparivano in ampi stivali alti a metà coscia e sulle spalle portava un'enorme spadone a due mani. Ma la cosa che più attirava lo sguardo erano i capelli, lucenti fili d'oro lunghi fino ai fianchi erano acconciati in una cascata di sottili treccine che terminavano ognuna con una perla rossa.

-Maestà- si inchinarono

-Vi prego alzatevi, se avessi voluto certe formalità vi avrei incontrato davanti alla corte. Ma speravo di poter passare una serata tranquilla e discorrere di ciò che il mio amico Thranduil mi ha raccontato, voglio ascoltare la storia dalle vostre labbra e sapere di più sui nostri fratelli che sono prigionieri-

-L'elfo che vi ha donato la spada- parlò lo strano guerriero rivolgendosi all'uomo -Cosa potete dirmi di lui?-

-Glorfindel, che maniere!- lo rimproverò il Re -Vi prego di perdonarlo, signori, innanzitutto le presentazioni, questi è Glorfindel, generale del nostro esercito, prezioso consigliere nonché carissimo amico... e inopportuno amante dell'entrate ad effetto- continuò poi rivolto al compagno -Ora che ti sei fatto ammirare potresti posare quell'inutile arma? Nessuno cercherà di uccidermi questa sera-

La risata sommessa di Thranduil arrivò dal fondo della sala mentre il generale poggiava la spada con un sorriso impertinente

-Dovete sapere che lui e Erestor erano molto uniti, più che fratelli, è da quando ha udito quel nome che l'ansia di sapere se quell'Erestor e l'amico perduto sono la stessa persona lo angustia, quindi ancora una volta vi chiedo perdono-

-Posso ben comprendere il vostro turbamento, ma come ho già detto a Thranduil ero appena un bambino e non ricordo molto, solo una cosa non potrei mai dimenticare, gli occhi, erano verdi, ma tanto scuri da sembrare quasi privi di iride-

-Gil...- gli sfuggì in un sussurro

-Sì, lo so, non può essere che lui- stringendogli il braccio

-E sta, stava... bene?- chiese ansioso il generale

-Era vivo, e in salute, è passato molto tempo però... dovete capire...- si interruppe pensando a come spiegare a qualcuno che non era mai stato a Númenor quello che poteva essere successo senza essere troppo crudele, ma non ne ebbe bisogno perché fu Glorfindel ad anticiparlo

-Hanno rischiato molto aiutandovi, credete che vostro zio possa averli uccisi?-

-No- rispose sicuro -Scusatemi se parlo francamente, ma nel nostro mondo gli elfi sono merci preziose, non li avrà uccisi, ma non posso assicurarvi che sia ancora...-

-In salute?- Glorfindel si irrigidì al pensiero

-Sì, in salute. Mi dispiace per il vostro amico-

-Ciò che importa è che sia vivo e che voi andiate a riprenderlo-

-Sono qui per questo-

A quell'affermazione il generale annuì soddisfatto e la serata continuò tranquilla mentre Tàr si trovava a raccontare ancora una volta la sua storia e le condizioni della vita sotto la tirannia di Morgoth.


Era ormai notte inoltrata quando tutti si congedarono, anche se non erano stati ancora consultati i Potenti già le prime strategie si delineavano, un piano d'azione, si erano immaginati possibili scenari per la campagna militare, si erano valutate le possibilità di riuscita e le necessità di alleati, nessuno lo aveva ammesso, ma ormai la guerra imminente era data per scontata.

Thranduil e Gil-galad erano ormai restati soli, mentre sorseggiavano quieti l'ultimo bicchiere di nettare rosso delle viti

-Allora, fratello, cosa pensi dei nostri ospiti?-

-Penso che se non lo avessi veduto con i miei occhi non lo crederei possibile... Erestor è vivo, Olórin è tornato, non solo ma in questi anni ha addestrato degli Stregoni liberi dalle Tenebre che potranno combattere al nostro fianco, il padre di quel ragazzo, un discendente di Elros è morto per difendere la nostra gente, e il figlio vuole riconquistare il trono non per onori e ricchezze ma per comandare un esercito contro l'Oscuro, Durin ci ha visti scappare e ha sempre mantenuto il segreto e ora uno del suo popolo cercherà di spodestare il suo Re per portare i nani dalla nostra parte... Lo avresti creduto possibile?-

-No di certo, eppure sta succedendo... Ho notato che hai evitato di nominare la mezzelfa, eppure ti ho visto osservarla spesso-

-Cosa sai di lei?-

-Non molto, devo ammettere che con quello che è successo non abbiamo avuto modo di parlare della sua storia, e non mi sembrava neppure educato chiederla, ma è sicuramente una persona notevole, ti stupiresti se ti dicessi che è riuscita ad impressionare persino Haldir?-

-Impresa non comune, ma non mi stupisce, dopo questa giornata nulla mi stupisce-

-Però in lei c'è qualcosa che ti turba-

-Niente di importante, mi ha ricordato un caro amico... Spero di non averla offesa, non volevo essere inopportuno continuando a guardarla-

Thranduil osservò in silenzio il vecchio amico, sapeva che c'era di più, ma sapeva anche che sarebbe stato inutile insistere, la guerra aveva lasciato molte cicatrici a tutti loro, e la sola cosa che avrebbero voluto sarebbe stata dimenticare, lui era stato graziato dai Valar, lui aveva ritrovato colui per il quale il suo cuore piangeva, ma pochi altri avrebbero avuto quella fortuna.  

-Gil... ho un figlio- sospirò il Signore del Cancello sorridendo estasiato alla luna

-Sì, credo di averlo capito- ridacchiò l'altro lasciando scivolare via i ricordi -Lo avevo capito la prima volta, le successive centinaia mi hanno reso ben chiaro il concetto-

-Io... mi sembra ancora un sogno...-

-Sono felice per te, fratello, non pensavo di poter rivedere un giorno questa gioia sul tuo volto, sembra che tu sia tornato indietro nel tempo, potrei quasi temere di rivedere il vecchio e scellerato Thranduil che andava per boschi a sedurre qualunque creatura attraente incontrasse sulla sua strada-

-Temo che per quello sia ormai tardi, qualcuno potrebbe non approvare-

-A proposito di quel qualcuno, ho forse sognato o ho davvero sentito il Guardiano di Lòrien ridere? E più di una volta-

-Uno dei tanti miracoli accaduti in questi giorni, è riuscito a superare il suo passato e a lasciare odio e rancore alle spalle-

-Suppongo che il númenóreano sia responsabile di ciò-

-Sì. Temo che non riuscirò mai a sdebitarmi con lui, per quello che sta facendo per noi, per Haldir e per...-

-Tuo figlio?-

-Sì, per mio figlio-

-Devo ammettere che mi ha stupito, dopo quello che mi avevi raccontato non credevo veramente che potesse essere così luminoso, tutto il dolore che portava... avevo creduto che la gioia di averlo trovato offuscasse il tuo giudizio, mi sbagliavo, raramente ho visto tanta forza d'animo in un individuo-

-E non hai visto nulla, l'ho ritrovato solo da poco tempo ma ogni giorno lo vedo crescere e fiorire, è come una gemma che si è svegliata dopo un lungo inverno e ora cerca solo il sole-

-Sempre il númenóreano?-

-Non solo, gli sono tutti molto affezionati, ma temo di doverti rispondere ancora di sì-

-Più che affezionati direi protettivi, ogni volta che il discorso finiva sulle condizioni servili degli elfi, su Chiavi e Sigilli lo guardavano per assicurarsi che stesse bene, la mezzelfa non lo perde di vista un momento come se fosse sua madre, ma è difficile non notare quanto gli sia legato il mortale-

-E' stato fortunato a incontrarli, non stupirti se ti sembrano forse troppo apprensivi, loro sanno quanto ha sofferto, loro lo hanno visto cambiare e non vogliono vederlo soffrire ancora... Legolas non è debole, ma in questo momento è molto fragile emotivamente-

-Non ho mai pensato che fosse debole, al contrario, come ti ho detto mi stupisco della sua forza-

-Lo so, è incredibile non trovi? Ti ho detto che ha portato il mortale attraverso il deserto per quattro giorni?-

-Sì, hai già detto anche questo- rise -E' decisamente tuo figlio, avventato e testardo quanto il padre, ma altrettanto coraggioso e leale... o forse, solo altrettanto innamorato-

-Non dirlo a loro, è inutile, negherebbero!-

I vecchi amici restarono a lungo a scherzare e a ricordare allegri i giorni più felici come non facevano da tanto tempo, ma quando Thranduil si ritirò nelle sue stanze Gil-galad si avviò con passo pesante attraverso il giardino, verso una radura solitaria che spesso aveva accolto il suo dolore, la maschera gioiosa aveva abbandonato il suo volto gentile, mentre veniva risucchiato inesorabile nel vortice dei ricordi.

Ma in quel luogo, lontano dalle luci del palazzo e nascosto dalle fronde, dove sperava di ritrovare la pace si ritrovò ad affrontare la causa della sua malinconia, la persona che aveva risvegliato il suo dolore.

-Vi piace questo luogo?-

La voce del Re fece sobbalzare la ragazza

-Sire-

-Vi prego non inchinatevi. Vi credevo già nelle vostre stanze a riposare-

-Ed era mia intenzione andarci, ma poi ho trovato questa radura, è così bello qui, lontano dalle luci e dalle attenzioni-

-Lo so, vengo spesso in questo luogo-

La giovane lo guardò stupita

-Pensavo amaste la luce, tutta la vostra città è così luminosa-

-La amo, ma ci sono momenti in cui la luce troppo forte può ferire gli occhi se il cuore non è pronto a guardarla-

-E il vostro non lo è?- poi accorgendosi di aver parlato senza riflettere si affrettò ad aggiungere -Scusatemi, parlo troppo, non sono cose che mi riguardano, non volevo essere indelicata. Vi lascio ai vostri pensieri-

-No, vi prego non andate. In realtà sono felice di avervi incontrato, vi avrei cercata prima se avessi saputo che non vi eravate ritirata. Volevo scusarmi per il mio comportamento, non era mia intenzione importunarvi continuando ad osservarvi, mi rendo conto di essere stato scortese-

-Sono io a dovermi scusare se in qualche modo vi ho turbato-

-Voi non avete fatto nulla per turbarmi, sono stati i vostri occhi, mi ricordano quelli di un'altra persona, vi guardavo e continuavo a chiedermi perché i suoi occhi fossero su di voi-

-Forse avete conosciuto mio padre, un poco gli somiglio, il suo nome è Elrond-

Il Sire Supremo dei Noldor spalancò la bocca cercando l'aria che era sfuggita ai suoi polmoni, con le gambe tremanti si accasciò pallido sul sedile di marmo

-Vi sentite bene?-

-Elrond è... Elrond è...- balbettò -Elrond è vostro padre? Io, non... Lui, non... Non sapevo avesse una figlia, non me l'ha mai detto-

-Voi lo conoscete?- chiese eccitata -Lo avete visto? Sta bene?-

-Mi dispiace- sembrava aver ripreso il controllo -Credevo lo sapeste, vostro padre è morto, nella battaglia...

-Quale battaglia?-

-L'Ultima Battaglia-

-Non è possibile...-

-Mi dispiace Lady Rhawel, ero la, io stesso l'ho visto cadere...- continuò tristemente

-Vi ripeto che non è possibile, Maestà- continuò la giovane -Ditemi, quanti anni credete che io abbia?-

-Devo ammettere di non riuscire a capirlo- le rispose stupito della domanda -Per voi, come per il figlio di Thranduil mi è impossibile definirla, forse avete passato troppo tempo vicino all'Ombra, i vostri Spiriti sono mutevoli, instabili, non riesco a coglierli-

-Non posso parlare per Gwath, ma nel mio caso non è difficile, gli anni che ho sono quelli che vedete sul mio viso, non sapevo neppure di essere un'immortale prima che Thranduil lo dicesse-

Sbarrò quegli occhi d'ametista incredulo e sconvolto

-No... non... io, l'ho visto cadere, l'ho visto morire!-

-Vi stupireste a sapere quanto spesso accade di sbagliarsi-

-Non è possibile, tutto questo tempo... non posso crederci... Lui e vivo. Dov'è? Sta bene? Vi prego raccontatami di lui, raccontatemi di voi... Lui è vivo...-

-Vorrei chiedervi le stesse cose perché io non l'ho mai conosciuto, posso dirvi ciò che di lui mi ha scritto mia madre, ma vedo che gli eravate molto affezionato e non voglio portarvi altro dolore illudendovi inutilmente... Ciò che voi vedeste, mia madre lo vide vent'anni fa... Io non so dove sia, non so se stia bene... non so neppure se sia ancora vivo...-

-Ma non sapete neppure se sia morto! Voi non credete a quello che ha visto vostra madre o non avreste parlato in questo modo... Come posso non illudermi? Vedo i suoi occhi sul vostro volto e la speranza mi riempie il cuore, era il mio più caro amico, il più fidato consigliere, il miglior compagno in battaglia, ogni notte nel buio di questa radura ricordo il suo viso... ora voi mi dite che non era morto, e mi chiedete di non sperare?-

-Non vi chiedo di non sperare, io stessa l'ho creduto morto fino a poco tempo fa, posso però dirvi che, nonostante quello che mia madre ha visto, Gwath è certo che lui fosse sicuro di non morire, per via del Sigillo, e Gwath è stato a lungo schia... cioè, lui sa bene come funziona...-

-Non temete, conosco la sua storia, Thranduil ha parlato molto del figlio, non sono uno di quegli sciocchi mortali incapaci di vedere oltre le apparenze-

-Grazie, io mi fido di Legolas, e se lui dice che c'è una speranza voglio crederci, è per questo che andremo a cercarlo, quando Tàr partirà per Númenor partiremo anche noi, a cena siete stati chiari sul motivo per cui non possiamo andare con lui, non mi piace, ma lo comprendo, però non resterò qui ad aspettare che torni, saremo al suo fianco quando guerra sarà dichiarata ma fino a quel momento voglio provare a trovare mio padre... Quindi, no, non vi dico di non sperare, solo di non illudervi, perché nulla è certo e, se davvero vi era tanto caro, scoprire che lui è morto dopo aver gioito sarebbe un dolore ancora più forte-

-Se avessi avuto dei dubbi sul fatto che siate sua figlia ora non ne avrei più alcuno, non lo avete mai conosciuto ma mi sembrava di sentire la sua voce nelle vostre parole... lui mi avrebbe parlato nello stesso modo- guardò la giovane con gli occhi lucidi -Verrò con voi, e non provate neppure a protestare, avete bisogno di qualcuno in grado di rimuovere le Chiavi visto che Mithrandir non ci sarà, e il motivo per cui non potevate partire col vostro capo resta immutato, dovete imparare a comprendere cosa significhi essere dagli Immortali, dovete imparare a nascondere la vostra Luce per non farvi scoprire, avreste potuto impararlo qui, ma potremo farlo altrettanto facilmente in viaggio-

-Io non credo... voi siete il Sommo Sire, non dovreste partire in questo modo-

-Questo lasciatelo decidere a me e alla mia gente-

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


DLING DLONG, comunicazione di servizio... Se siete interessati ho aperto un piccolo sito dove oltre alle storie che leggete qui e alle mie poesie, potete trovare le manipolazioni delle immagini che faccio sulle storie e la galleria dei personaggi per  togliervi lo sfizio di vedere se io li avevo immaginati come li avete immaginati voi...

Vi metto il link diretto che comunque da oggi in poi potrete trovare anche nella mia pagina... avete presente sotto il nome quel simbolino a forma di mappamondo?...

Sì?!?! Ah... ok, pensavo solo che visto che è piccolino magari non lo avevate visto, ma a quanto pare sono io quella cecata :D

http://dreamjourney.altervista.org/index.html





*CAPITOLO 32*



Nimbrethil, Palazzo di Sauron

Il sole sarebbe sorto dopo poche ore e il Generale Nero sedeva davanti allo specchio pettinando i lunghi capelli corvini, non riusciva a dormire quella notte, come molte altre prima di quella.

Sul letto dietro a lui il corpo di un giovane giaceva scomposto, il sangue che sporcava le lenzuola, uno dei tanti che si erano susseguiti in quei giorni, deboli, duravano sempre troppo poco e lo lasciavano con l'amaro in bocca, aveva bisogno di sfogare la rabbia, la paura per aver fallito ancora, erano giorni che il suo Signore non si faceva sentire e quello non era mai un buon segno, più passava il tempo più l'inquietudine aumentava, ma quegli inutili schiavi non avevano neppure la decenza di lasciarlo sfogare degnamente.

Aveva lavato via il sangue dalla sua pelle che ora brillava di minuscole perle che scivolavano lente a terra e bagnavano il telo che teneva legato in vita, scagliò con rabbia la spazzola contro lo specchio che esplose in mille schegge acuminate, proprio mentre i frammenti cadevano si girò di scatto al rumore della porta che si apriva sbattendo violentemente e con un unico aggraziato movimento era già prostrato a terra, la fronte sul pavimento, le ultime scintillanti scaglie piovevano sulla sua schiena come polvere lucente .

-Sei nervoso vedo, fai bene ad esserlo!- tuonò gelida la voce del Signore Oscuro

-Mio Sire...- mormorò schiacciando ancora di più la fronte a terra, si maledisse per il gesto impulsivo sentendo il vetro ferirgli la carne

-Non sapevo del vostro arrivo... Se ne fossi stato informato vi avrei fatto preparare una degna accoglienza...-

-Devo forse avvertire prima di giungere in un mio palazzo?- lo interruppe imperioso

-No, no, Mio Signore... non intendevo certo questo...- cercò di non fare tremare la voce, ormai poteva vedere il sangue che colava dalla fronte e dai palmi, dove lo specchio aveva lacerato la pelle, le ginocchia pulsavano sorde e anche se non poteva vederle da quella posizione sapeva che non erano in condizioni migliori, ma lui non gli aveva ancora dato il permesso di alzarsi ed era già abbastanza contrariato per tentare qualunque movimento che potesse dargli sollievo.

-Ora sono stanco per il viaggio, avremo tempo per discutere le tue mancanze-

-Naturalmente, Mio Sire, farò subito preparare le Vostre stanze- sospirò impercettibilmente sperando che il peggio fosse passato per poi gelare quando udì nuovamente la voce parlare

-Queste, sono di mio gradimento-

-Le mie...- gli sfuggì per la sorpresa prima di riprendersi e mormorare umile -Come la Vostra Magnificenza desidera-

-Cosa?- la risata tonante lo fece rabbrividire -Volevi dire le tue stanze? Credi forse che siano tue? Credi anche che questo palazzo sia tuo? Vedo che hai dimenticato che tutto quello che hai lo devi a me soltanto!- Un pesante stivale calò sulla sua schiena schiacciandolo a terra lame di vetro che ferivano il petto e l'addome -Ecco, questo è il tuo posto, ai miei piedi a strisciare come il verme che sei!  Portatelo via! Che possa riflettere indisturbato su cosa significhi disobbedirmi!-

Solo quando sentì i passi cadenzati sul marmo si accorse che il Re non era entrato da solo, due delle sue guardie lo seguivano, no, realizzò mentre lo sollevavano malamente afferrandolo per le braccia, non erano le sue guardie, ma di Melkor, lui non aveva mai avuto nulla se non l'illusione.

Non tentò di ribellarsi, sarebbe stato inutile, l'unica speranza che gli restava era che la furia del suo signore si placasse rapidamente, era naturale che volesse umiliarlo, aveva fallito e meritava una punizione, ma sapeva che il suo Re lo aveva sempre tenuto vicino, lui era stato il primo ad appoggiarlo, lui era stato quello che aveva scelto come compagno tra tanti spasimanti quando ancora non aveva sfidato i fratelli, lui c'era sempre stato, non lo avrebbe di certo rinnegato per un'errore.

Restò in piedi immobile sostenuto dalle guardie, il capo chino e i capelli umidi scompigliati che si incollavano al viso sporco di sangue, sottilissimi fili rossi disegnavano la pelle candida, sapeva di essere bello, e credeva che il suo Re non avrebbe potuto resistergli a lungo, mentre veniva sollevato il telo che copriva i fianchi era caduto a terra, non provava vergogna davanti agli uomini, voleva solo che lui lo guardasse, che lui lo toccasse... uno dei soldati si chinò per raccoglierlo

-Fermo! Anche quello straccio mi appartiene! E' tempo che capisca di non avere nulla se non quello che gli ho concesso immeritatamente!-

Mentre veniva trascinato via con malagrazia deglutì pregando di non essersi sbagliato, poteva essersi illuso sul potere che aveva, ma non poteva essersi illuso su di lui... non poteva aver finto per tanto tempo.




Valarencálë, Palazzo sulla montagna

Dopo una visita come quella del mortale e dell'Istar anche gli spiriti sempiterni potevano essere turbati, infatti, mentre più in basso la Compagnia si preparava a partire, ancora indugiavano nelle forme corporee che avevano preso per incontrarli.

Dei quattordici Valar, ormai solo gli otto Aratan restavano a osservare i preparativi alle pendici del monte, per il legame spirituale che li univa avevano capito che il loro fratello portava un'enorme fardello e attendevano le sue parole

-Sapete che devo farlo, è mio dovere aiutarlo, non ha nessuna possibilità senza di me- dichiarò deciso Aulë

-Non c'è permesso interferire, è la legge-

-Parli tu, Súlimo, che guidavi i passi di Olórin portandolo a incrociare la strada con i più dotati? E che mi dici di Irmo che mandava sogni e visioni a chiunque dal cuore puro mostrasse un briciolo di magia?-

-Noi non abbiamo mai interferito, mostravamo delle possibilità, davamo loro una scelta-

-Gimli non avrà nessuna scelta, solo chi era all'interno quando la Sala del Riposo è stata sigillata può penetrarvi, e di quelli nessuno rimane, io solo, Spirito Eterno, sopravvivo di quell'Era-

-Se scegli di andare ti perderemo, dovrai prendere forma mortale e non ti sarà permesso cambiarla fino alla tua morte, e noi perderemo un fratello- singhiozzò Nienna

-Sarà solo per poco, cos'è una vita mortale al confronto con l'eternità? E guadagnerete un popolo per la nostra guerra-

-Saremo più deboli contro Melkor, non puoi abbandonarci prima della battaglia- Oromë che aveva continuato a percorrere il terrazzo a grandi falcate si fermò osservandolo

-Ti ringrazio della fiducia, fratello, ma non è così che potrai farmi cambiare idea, sai meglio di me che nessun aiuto ci serve per sconfiggere il nostro avversario, ci è pari in potere, uno solo di noi avrebbe la possibilità di batterlo, e tu, Signore della Guerra, di certo non lo temi. Quello che temiamo, quello che ci ha già fermati una volta, non è lui ma chi lo circonda, non possiamo macchiarci del sangue dei Figli di Eru, loro devono combattere la loro guerra, noi la nostra-

-Aulë ha ragione- intervenne finalmente Ulmo con la sua voce profonda -I popoli di Arda devono essere uniti o soccomberemo come un tempo, non possiamo raggiungere il nostro crudele fratello finché si fa scudo coi corpi dei mortali, non accetterò di scendere in battaglia se questo significa vedere ancora i nostri Figli impugnare le armi contro di noi-

-La Terra ancora piange per il sangue versato, non potrebbe sopportarlo ancora, ma come posso scegliere tra il mio sposo e i miei figli?-

-Yavanna, mia amata, come puoi non scegliere i nostri figli?-

-Sorella, non c'è una scelta, perderai il tuo sposo, ma non sarà in eterno, quando il suo corpo morirà lo accoglierò nelle mie Aule e saremo ancora una volta uniti-

-Fratelli cari- sorrise Varda -Non vedete quanto inutile sia questa discussione? Egli ha già deciso, e noi possiamo solo augurargli che Eru vegli su di lui e lo riporti presto a noi-

-E giusto, mia amata, e avrà la nostra benedizione. Allora che sia ciò che deve essere, fratello, ti unirai ai mortali come uno di loro, e al tuo ritorno potrai narrarci cosa si provi a varcare l'ingresso delle Aule dalle porte a loro destinate-




Valarencálë, Stanze di Gil-galad

-Da quando ti nascondi nell'ombra e temi di avvicinarti, amico mio?-

Senza distogliere lo sguardo dal porto e dalla nave che veniva preparata, il Supremo Sire dei Noldor si rivolse al suo generale.

Sul letto dietro di lui uno zaino era pronto e aveva già abbandonato le vesti regali per i comodi abiti da viaggio

-Sapevi che ero qui?-

-Come non sentirti? I tuoi sospiri sono tanto forti che mi avresti destato se mi fossi coricato-

-Non volevo disturbarti-

-Ora sono davvero preoccupato- si girò sorridendo -Non ti sei mai fatto scrupolo di disturbare, ne tanto meno hai trattenuto i tuoi pensieri... parla dunque-

-Non ti piacerà ciò che ho da dire-

-Non sarebbe la prima volta-

-Ma questa volta porto dolore con le mie parole e non sono certo di volerle pronunziare-

-Le parole non portano dolore, la vita lo fa. Parla dunque, questo riserbo tanto inusuale mi sta inquietando-

-Non partire-

-Questo lo hanno già detto tutti gli altri consiglieri, temi forse che Thranduil non sarà in grado di guidarvi? Nutro piena fiducia in lui e con te al suo fianco so che saprete condurre il nostro popolo nel migliore dei modi-

-Non mi importa del nostro popolo, so bene che Thranduil è in grado di farlo, forse anche meglio di te, lui ha quel pizzico di avventatezza e quella freddezza che tu non avrai mai e che sarà molto utile nella guerra imminente... E' all'amico che chiedo di restare, non al Re-

-Se parli all'amico sai bene che non può farlo, devo partire, fratello-

-Gil, io c'ero... ero con te  sull'isola di Balar, quando quel coraggioso ragazzino arrivò sulla sua barchetta dopo essere sfuggito a Curunír, io c'ero quando scelse l'immortalità, io c'ero mentre gli insegnavi a combattere, mentre gli insegnavi cosa significa essere un Eldar, io l'ho visto crescere, diventare forte e saggio, l'ho visto meritare il titolo di Lord che prima portava solo in virtù del padre... e in tutto questo tempo ho visto te, come lo guardavi, come lui ti guardava, sei stato prima un insegnante, poi un amico, poi un fratello... ma non era nessuno di questi che è sceso in battaglia al suo fianco quel giorno... E c'ero anche dopo, so quanto hai sofferto, ho visto le tue lacrime e il tuo dolore, so che non hai ancora dimenticato... Vuoi davvero rivivere tutto questo?-

-Devo, io devo sapere-

-E cosa cambierebbe? Se lui fosse morto oggi, o vent'anni fa, cosa potresti fare se non accusarti per il resto della tua vita immortale di non essere andato a cercarlo? Di averlo creduto morto? Ti conosco, so che non troveresti mai il perdono-

-E se non lo facessi? Cosa cambierebbe se non lo facessi? Se lui fosse morto vent'anni fa perché io non l'ho cercato, cambierebbe forse qualcosa il fatto di non essere li per scoprirlo? Se lui stesse morendo ora, cosa cambierebbe il fatto che io parta? E se invece lui morisse tra un mese perché non ho aiutato quei ragazzi? Se sua figlia fosse in pericolo e io non potessi aiutarla? Se ho perso lui devo rischiare anche l'unica cosa che ha lasciato in questo mondo? Rispondimi, Glorfindel, dimmi, cosa cambierebbe?-

-Lo vedi? Già ora il dolore ti divora, già ora il senso di colpa ti lacera-

-Sì, è così, ma non incolpare quello zaino o questi vestiti... incolpa il fato, se vuoi, che ha messo quella giovane sulla mia strada, ma sai bene che prima o poi avrei scoperto la verità, sono felice che sia prima, che sia ora... ora che c'è ancora speranza-

-La speranza può distruggerti-

-Come ci fosse ancora qualcosa da distruggere- rise amaramente -Tu non capisci, Glor, non puoi capire...- si aggrappò al davanzale tanto forte da far scricchiolare il legno -Io lo sapevo, l'ho sempre saputo, ma ho preferito credere agli occhi piuttosto che al cuore, Turgon era morto e a me toccava prendere il suo fardello sulle spalle, mi dicevo che non potevo perdermi dietro futili illusioni... ma il mio cuore non voleva tacere... mi ripetevo che lo avevo visto morire... ma il mio cuore non accettava ragioni... ho cercato di convincermi che non esisteva nessun legame tra noi, che non c'erano state promesse quindi non potevo sentire il legame spezzarsi... ma nel mio cuore non ci ho mai creduto... ogni giorno, ogni notte ho cercato di dimenticare, di perdonarmi... Tu parli di speranza? Quale speranza può esserci per me? Se anche fosse vivo, se anche lo trovassi, come potrebbe non odiarmi? Come posso io non odiarmi?-

Glorfindel lo guardava ammutolito, si era sempre considerato un amico, un fratello eppure non aveva mai sospettato il peso della colpa che gravava sulle sue spalle, conosceva il suo dolore, vedeva quanto ancora il ricordo lo intristisse, ma era convinto che il tempo avesse addolcito il suo tormento, invece ora aveva davanti un fantasma annientato dalla pena, ora che non si nascondeva, ora che si lasciava vedere... solo ora capiva che gli anni non lo avevano aiutato, al contrario il rimorso era cresciuto nel suo cuore e lo avrebbe ucciso se non fosse giunta quella giovane.

-Capisci ora?- lo guardava con lo sguardo spento -Capisci perché non posso non partire?-

-Capisco, devi andare, non per cercare lui, ma per salvare te stesso- si avvicinò afferrandolo per le spalle -Ma ora guardami, e ascoltami attentamente, dovrei prenderti a schiaffi per aver taciuto tutti questi anni, ma non ne abbiamo il tempo, quindi vedi di fare attenzione, perché giuro che non ti permetterò di partire finché non ti sarà chiaro... a costo di legarti e chiuderti in un armadio!-

-Questa vorrei vederla- accennò un lieve sorriso

-Così va meglio- annuì -Non ti lascerò partire in questo stato, saresti un pericolo per te stesso, e se pensi che questo non abbia più importanza ricorda i ragazzi che viaggiano con te, sono giovani e tutto della loro natura gli è nuovo, hanno bisogno di una guida. Tu puoi essere quella guida ma solo se ritrovi la tua forza. Hai detto che non potresti perdonarti se succedesse qualcosa a Lady Rhawel, come pensi di poterla aiutare in queste condizioni? E il figlio di Thranduil? Sai che è molto fragile  credi di poter vedere i suoi turbamenti se il tuo cuore non si libera dei propri? Vuoi forse dover affrontare il Sire del Cancello e dirgli che suo figlio è perduto?

Non ti dirò che questi tuoi sensi di colpa sono assurdi è immotivati, non servirebbe e forse non sarebbe neppure vero, se davvero credevi ci fosse una speranza avresti dovuto fare qualcosa, mandare al diavolo doveri e responsabilità e partire... ma questo non sarebbe stato da te, io e Thranduil lo avremmo fatto, non tu... ed è per questo che Turgon ha scelto te e non uno di noi, tu sei sempre stato quello responsabile...

Non hai sbagliato, non esisteva una decisione giusta, se avessi seguito il tuo cuore ora porteresti le colpe di aver tradito la tua gente, è stato grazie a te che il nostro popolo ha trovato la forza di risorgere dopo la Guerra... Hai fatto una scelta, e ora devi accettare le conseguenze di quella scelta,  sei fortunato, ti viene data la possibilità di rimediare... non sprecarla, se lui è perduto sii un padre per sua figlia, se invece lo troverai lascia che sia lui a decidere se meriti odio o perdono e se odio sarà allora trova il modo di fare ammenda, se invece sarà perdono troverete assieme la strada per curare i vostri Spiriti-

-Come può esserci perdono?- sospirò

-E' di Elrond che stiamo parlando, sai che se fosse stato al tuo posto avrebbe agito allo stesso modo, anzi se il tempo non lo ha cambiato sentirai una bella ramanzina sul fatto di averci abbandonati mentre ci preparavamo alla guerra- sorrise con uno scintillio negli occhi

-Già, il tempo... cosa sarà restato di lui dopo tanti anni in catene...-

-Santissimi Valar! Elfo maledetto, non comincerai anche a pensare a questo? Speravo di portarti il sorriso e invece pensi già al peggio!-

Si allontanò per sbattere teatralmente la testa contro il muro frustando l'aria con le lunghe trecce

-Una cosa alla volta?- sorrise finalmente il Re

-Bravo ragazzo, forse non sei completamente senza speranze!-




Valarencálë, Giardino esterno del palazzo

Il númenóreano, come il Sommo Sire, stava osservando i preparativi sulla nave, si appoggiava pensieroso sulla balaustra di marmo intagliata, cercando di dare un senso alle centinaia di pensieri che affollavano la sua mente.

Stava per tornare a casa, cosa avrebbe trovato? Cosa avrebbe fatto? Come poteva riuscire? Aveva qualche speranza di riuscire? E poi c'era stato l'incontro con i potenti, aveva dovuto fare una scelta per poter essere ricevuto, lui come  Eärendil migliaia di anni prima aveva dovuto fare la scelta e ora si chiedeva se era stata quella giusta.

Ma tra tutti questi pensieri, un volto continuava a riaffiorare prepotentemente, un volto che sembrava più importante di ogni destino, di ogni trono, di ogni battaglia, il volto dell'immortale che si era avvicinato silenzioso fino ad arrivare al suo fianco, rilassandosi con la schiena contro il marmo lo scrutava intensamente.

-Quindi stai per partire?-

-Anche tu-

-Non mi piace, vorrei venire con te-

-Anche io lo vorrei, ma purtroppo non è possibile-

-Lo so, non puoi presentarti accompagnato da elfi, non subito almeno, e ne io ne Rhawel siamo in grado di nascondere la nostra luce, luce che per inteso non sapevo neppure di possedere...-

-Io la vedevo-

-Mi chiedo se vi sarebbe mai venuto in mente di informarmi- lo guardò seccato, poi si rilassò -A questo punto non ha molta importanza, come te la vedrebbe chiunque possieda un briciolo di magia, vorrei avere più tempo, vorrei non aver passato tutti questi anni a rinnegare la mia natura... ma non c'è tempo... quindi promettimi solo di fare attenzione-

-Starò attento- sorrise divertito il bruno

-Lo dici ma hai il fastidioso vizio di finire nei guai quando non ti sono vicino-

-Davvero? A me sembra il contrario-

-Ma a me succede solo quando sei nei paraggi, prima di conoscerti me la cavavo egregiamente-

-Sì, come no!-

L'elfo non rispose alla provocazione, invece inspirò profondamente e gli porse leggermente imbarazzato lo stiletto che Gimli aveva tanto ammirato

-Estel, vorrei che questo lo tenessi tu-

-Non... Legolas, non posso accettarlo, è un dono troppo prezioso-

-Ti prego, ho sentito delle voci su tuo zio, si dice sia un Negromante, il “Ferro Nero” è l'unico materiale in grado di uccidere uno Spettro... Prendilo... ti prego-

-Grazie... Legolas?- lo osservò intensamente mentre l'altro abbassava lo sguardo timido -E' forse un modo per dirmi che sarai in pena per me mentre saremo lontani?-

-Io...- lo vide mordersi in labbro e annuire con un sospiro

-Ormai è tardi e sono tutti a riposare, nessuno ci disturberà questa volta-

Annuì ancora chiudendo gli occhi

-E' così difficile?-

-Sì- era poco più che un sussurro -Io... Tu... ecco... Vorrei venire con te...-

-Vieni qui- sorrise dolcemente allargando le braccia.

L'assassino si avvicinò rifugiandosi in quella stretta sicura e poggiando la fronte sulla sua spalla

-Hai paura che mi succeda qualcosa?-

Annuì ancora -Mi prometti che tornerai?-

-Lo prometto-

-E tu mantieni sempre le promesse-

-Sempre-

Di nuovo il silenzio assordante dei loro cuori

-Estel... Tu sai quello che sto cercando di dire?-

-Spero... spero tanto di sì- sorrise

-E non mi aiuterai dicendolo a mio posto, vero?- inclinò il capo implorante

-Non credo proprio-

-Potresti almeno dirmi quale sarebbe la tua risposta-

-Sì... potrei, ma non lo farò- sogghignò -Devi fare una domanda se vuoi una risposta, anche perché non sono ancora certo di quale sia la domanda-

-Lo so... è giusto così...-

-Ma?-

-Ma è tremendamente difficile... Tu non mi toccherai finché non lo dirò, vero?-

-Ti sto toccando-

-Non intendevo in questo senso-

-Se invece di girarci attorno lo dicessi è basta risparmieremmo un sacco di tempo-

-Così non sei d'aiuto- sbuffò

-Legolas...-

-Io... Io, credo che sentirò la tua mancanza, e...-

silenzio

-E?-

-E... ecco... se ci ritroveremo...-

-Quando ci ritroveremo- sorrise -L'ho promesso-

-Quando ci ritroveremo... Tu una volta hai detto di volermi conoscere, di voler conoscere il mio cuore, vorrei farlo, vorrei provarci, se tu lo vuoi ancora, lo so che ho tanti difetti, lo so che sono stato disgustoso nei tuoi confronti, ma vorrei mostrarti il mio cuore, se lo vuoi...- aveva parlato senza prendere fiato ma a quel punto si fermò guardando un attimo il mortale per poi abbassare lo sguardo -E' tuo se lo vuoi ancora, il mio cuore intendo... non vale molto, non so neppure se funziona … ma potresti aiutarmi a sistemarlo-

-Sì-

-Mi dispiace, non avrei dovuto dirlo, non dopo quello che ho fatto...-

-Ho detto, sì- sorrise sollevandogli il viso

-Sì?-

-Sì-

-Oh... bene, io... grazie, allora quando tornerai, noi... ecco, è meglio che vada, non vorrei fare aspettare Rhawel... grazie...- allontanandosi con le gambe tremanti e il petto che doleva per la gioia e lo sforzo.


Si diresse verso il palazzo volando, incredulo per aver trovato il coraggio di parlare e ancora di più per la risposta dell'uomo, e felice, felice come mai era stato prima.

Poco prima di rientrare si girò a guardarlo un'ultima volta, appena in tempo per vedere il sorriso malizioso e il luccichio soddisfatto nei suoi occhi prima che tornasse a guardare la nave.

Lo osservò voltarsi e dargli le spalle, il ricordo di quello sguardo, senza neppure pensare tornò sui suoi passi afferrando il númenóreano per una spalla, facendolo girare e appropriandosi delle sue labbra.

-Legolas... cosa... stai...- ansimando per riprendere il respiro

-Esgalwath, per te...-  

Gli girava la testa, la lingua dell'immortale che danzava con la sua, Valar! Che buon sapore aveva! E quanto era calda, come aveva potuto aspettare tanto, in quel momento non esisteva più nulla, solo loro, le loro labbra, il loro sospiri, finché improvviso come era incominciato l'assalto terminò, l'elfo si girò di scatto per allontanarsi ma venne trattenuto

-Legolas, cosa...?-

-Ho detto Esgalwath! cosa faccio? Quello che avrei dovuto fare tempo fa, sono un ladro e prendo quello che voglio... volevo le tue labbra e ora le ho prese- rispose duramente tentando di nuovo di andarsene -Lasciami!-

-Aspetta! Perché?- lo guardò confuso

-Perché?!- Soffiò tremando di rabbia ancora premuto contro il corpo del mortale -Lo hai sempre saputo vero? Ti sei divertito a giocare con me? Bastardo manipolatore! C'è mai stata una parola o un gesto sincero? Avevi già deciso prima di incontrarmi o è stato solo dopo? Il grande uomo, onesto e buono... Dovrei ucciderti, lo farei se non fosse che gli altri si aspettano grandi cose da te, ma me la pagherai... E ora lasciami!-

Tàr si girò fulmineo trascinando con se l'elfo e invertendo le posizioni, bloccandogli i polsi sopra la testa con una mano mentre col corpo lo schiacciava contro la parete

-Cosa credi di fare?- stava lottando senza successo per liberarsi, non avrebbe mai creduto che quel umano fosse tanto forte

-Ora sta fermo e ascoltami, sciocco che non sei altro! Lo sapevo? Sì, lo sapevo, o meglio lo speravo.

Da quando? Credo che sia stato quel giorno al fiume, o forse già da prima, da quando mi hai mostrato i tuoi veri occhi, non so dirtelo, mi sei entrato dentro silenzioso come un serpente e quando l'ho capito era ormai troppo tardi, ma quel giorno ho anche capito che non eri il gelido assassino che volevi far credere...

Cosa avrei dovuto fare? Cantarti canzoni d'amore? Regalarti fiori e gioielli? Mi avresti riso in faccia!

Hai ragione! Non sono stato sincero.

Hai ragione, ti ho manipolato, ma non ho mai e poi mai giocato con te! Non ti ho mai fatto fare nulla che tu non volessi, ho solo cercato di guidarti dove il tuo cuore voleva ma che tu volevi ascoltare!

Non ti chiederò scusa! L'ho fatto e lo rifarei, forse i miei gesti non sono stati completamente spontanei, ma i sentimenti che mi spingevano a compierli lo erano! Se solo non ti fossi ostinato a cercare di nasconderti dietro al tuo caro muro avremmo risparmiato un sacco di tempo.

Credi che mi sia divertito ad aspettarti? Credi che sia stato facile resisterti? Non era un gioco, dannazione! Non era un gioco, razza di stupido, meraviglioso, splendido elfo...-

-Non mi piace essere manipolato- sibilò, ma gran parte della foga era svanita, come affievoliti si erano i tentativi di liberarsi.

Fece scivolare una mano dietro la sua schiena mentre si chinava sussurrandogli all'orecchio

-Cosa dovevo fare? Ti volevo, e sapevo che anche tu mi volevi... cosa dovevo farci con te?...-

-Sm... Smettila di distrarmi... Devo... devo odiarti- Mormorò accasciandosi contro quel corpo caldo con un sospiro

-Lo stai facendo di nuovo, vero? Manipolarmi, lo stai facendo anche adesso...- mentre il suo corpo rispondeva al tocco di quelle mani che riuscivano a farlo tremare solo con una carezza

-Forse...- sorrise malizioso -Devo smettere?-

-No, per questa volta credo che ti concederò di continuare-

-Non mi odi più?-

-E' troppo faticoso odiarti, devo risparmiare le forze per il viaggio-

-Ne sono felice, perché ora sono costretto a riprendermi quello che mi hai rubato- senza lasciargli il tempo di rispondere ricominciò a baciarlo, prima dolcemente ma mentre sentiva la bocca dell'altro aprirsi per accoglierlo e le loro lingue danzare non riuscì più a trattenersi, la danza diventò una lotta , lo attirò a se con impeto facendo cozzare i denti sollevando la mano dietro la sua nuca e stringendo i suoi capelli nel pugno mentre l'altro faceva lo stesso.

Ansimando per il bisogno di ossigeno si separarono solo un istante, il tempo di prendere aria, per poi riprendere quel focoso assalto, sentiva il viso bruciare per il fuoco di quella bocca e per l'accenno di barba dura che gli pizzicava la pelle, quella bocca che sembrava volerlo divorare, che gli mordeva le labbra, il mento, il collo per poi risalire e ricominciare a baciarlo con passione sempre maggiore.

Le loro mani risalivano lungo la schiena stringendo le vesti che si attorcigliavano nel tentativo pressante di poter raggiungere la pelle continuando a cozzare contro quel muro alternandosi per raggiungere una supremazia che nessuno voleva concedere.

Solo quando sentì le mani dell'uomo privarlo della camicia si rese conto che stava completamente perdendo il controllo, lui che aveva sempre avuto il controllo assoluto sul suo corpo, lui che era stato allevato e addestrato solo con quello scopo, ansimava tremando privo di volontà.

Forse con l'ultimo barlume di lucidità fu preso dalla paura che quello che stavano facendo non fosse giusto, che lui potesse pentirsene il giorno dopo quando quel momento di lussuria fosse passato.

Con l'ultimo residuo di forza, prima di perdersi completamente nella bramosia gli afferrò il polso bloccandolo

-Estel?- ansimò -Se non ti fermi subito non credo che potrò trattenermi...-

-E tu non farlo- Brontolò sulla sua pelle ricominciando a baciarlo

-Estel?- soffiò rocco -Non dovevamo parlare prima?-

-Lo abbiamo fatto-

-Ma è quasi l'alba... devo... Rhawel... Gil-galad-

-Che aspettino... noi abbiamo aspettato fin troppo... o forse sei tu, a volere che mi fermi?-

Non ebbe nessuna risposta, almeno non a parole, perché in quel momento si ritrovò sbattuto contro la balaustra con la schiena piegata all'indietro e la testa che ciondolava nel vuoto cercando di trattenere le grida di piacere mentre la bocca dell'elfo succhiava avida i suoi capezzoli risalendo con le mani lungo l'addome...


FINE.



-Che fine del cavolo!- Nota delle lettrici

-Noi l'avevamo avvertita di non finirla così, ma mai che si ascoltino dei poveri personaggi-



-HiHiHi, scherzetto! C'eravate cascate?... No?!?! Ma allora che gusto c'è? Vi aspetto prestissimo col seguito “Esgalwath, La Leggenda degli Eroi”... Intanto vi ringrazio di avermi sopportato finora. Grazie. Grazie. Grazie. Bacioni e a presto

La vostra affezionatissima Reira-

-Hey! E noi?-

-Ok, anche Tàr e Gwath ringraziano-

-Ferma! Questa è discriminazione! Solo perché siamo cattivi non ci nomini neppure?-

-Chiedo venia, un grazie anche da Sauron e Melkor-

-Aspe...-

-Baaaaaasta!!!! Ho capito! Vi ringraziano tutti! Anche quelli che non hanno avuto battute e quelli che preparavano i panini e gli addetti al trucco e parrucco e il mio psichiatra disponibile 24 ore su 24!-

.





CURIOSITA'

I Valar non sono vere e proprie divinità, ma solo i più potenti tra gli Ainur, sono sottoposti al volere di Eru, l'unico vero Dio di .

Dei 14 Potenti solo Otto, gli Aratar, sono i Supremi di Arda, e sono considerati superiori rispetto a qualunque altro Valar, Maiar, e a tutte le altre specie inviate da Ilúvatar in Eä. sono: Manwë e Varda, Ulmo, Yavanna e Aulë, Mandos, Nienna e Oromë.

I 14 Valar:

Manwë detto Súlimo, Re dei Valar, Supremo Sovrano di Arda, Signore dell'Aria;

Ulmo, Re del Mare, Signore delle Acque;

Aulë detto Mahal ovvero il Fabbro, Signore della Terra;

Oromë detto Aldaron, il Grande Cavaliere, Signore delle Foreste;

Námo detto Mandos (dal luogo in cui dimora), il Giudice, Signore della Morte e del Destino; fratello maggiore di Lòrien, risiede nelle Aule di Mandos

Irmo detto Lórien (dal luogo in cui dimora), Signore del Desiderio; fratello minore di Námo, insieme sono indicati come Fëanturi ("I Signori degli Spiriti"). È il Signore delle Visioni e dei Sogni e il suo nome significa "Desiderante" o "Signore del Desiderio".

Tulkas detto Astaldo, il Valoroso, il Campione di Valinor, Signore della Guerra

Varda detta Elentári, Signora delle Stelle; sposa di Manwe Sùlimo

Yavanna detta Kementári, Palúrien, Dispensatrice di Frutti, Regina della Terra; sposa di Aulë

Nienna, Signora della Tristezza; è stato il suo pianto ad ispirare negli altri Dei misericordia verso i mortali

Estë la Guaritrice, Signora della Pace. Il suo nome significa riposo. Suo sposo è Irmo, e vive con lui nei giardini di Lórien in Valinor.

Vairë la Tessitrice, Signora della Storia; sposa di Mandos, tesse continuamente delle tele che raffigurano tutta la storia del mondo;

Vána la Sempregiovane, Signora della Primavera; sorella di Yavanna e sposa di Oromë. Al suo passaggio i fiori si aprono e gli uccelli cantano allegramente.

Nessa la Danzatrice, Signora della Femminilità; è nota per la sua velocità e la sua agilità, per la sua capacità di comunicare con i cervi che la seguono tra la natura e per il suo amore per la danza; sposa di Tulkas. È anche nota per la sua bellezza pura e per l'amore che suscita il suo sguardo.



Le Aule di Mandos o Sale dell'Attesa sono il luogo in cui tutti i figli di Eru vanno dopo la morte.

Gli umani vi sostano solo per un breve periodo proseguendo poi verso i Giardini di Eru, posti al di la dei confini di Eä.

Elfi e Nani invece vi dimorano molto a lungo, oppure per sempre, sembra che Tolkien abbia cambiato idea più volte in proposito, inizialmente non era prevista la reincarnazione in seguito, quando fece tornare Glorfindel creò anche questa possibilità, per poi dire che il suo era stato un caso eccezionale e poi negarlo nuovamente... comunque Glorfindel rimane l'unico caso di elfo che sia mai tornato ed è detto chiaramente che fu dietro richiesta esplicita di Manwë che Mandos lo lasciò andare.

Il problema del corpo è un altro argomento spinoso... in alcune lettere il maestro dice che veniva dato loro un nuovo corpo, in altre che i Valar riparavano il loro vecchio corpo facendolo tornare integro e pronto a riaccogliere il loro spirito

Comunque sia che si prenda per buona l'idea della reincarnazione oppure no, l'unica cosa certa è che i Noldor non sarebbero mai potuti tornare per via della Maledizione di Mandos.

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