Esgalwath, La nascita della leggenda di Reira74 (/viewuser.php?uid=73416)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 06 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 07 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 08 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 09 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 01 ***
DISCLAIMER:Il
mondo di Arda e tutti i suoi personaggi sono di proprietà di
Tolkien e di chiunque ne possieda i diritti.
Esgalwath
è profondamente ispirato (tanto che mi sento in obbligo di
metterlo nei disclaimer anche se non viene mai citato) a Zevran Arainai
del vidogioco Dragon Age di proprietà della BioWare che si
è unito (non carnalmente... immaginate più una
specie di possessione) al Principe degli Elfi creando questo
“nuovo” personaggio che spero apprezzerete.
Per
quanto riguarda la storia è del genere fantasy
più classico, quindi vi ricorderà moltissimi
autori, per citare i miei preferiti che sicuramente in qualche modo
avranno influenzato queste pagine potrei dirvi (escluso Tolkien
ovviamente): R.A. Salvatore, Terry Brooks, U.K. LeGuin, M.
Weis e T. Hickman, M.Z. Bradley... e molti altri... (scusatemi ma non
posso citare tutti gli scrittori di fantasy esistenti altrimenti non vi
resta più il tempo per leggere la storia)
Questa
storia non ha alcun fine di lucro, né intende infrangere
alcuna legge su diritti di pubblicazione e copyright.
Pairing:
Un elfo e un uomo... chi sono? Non fatevi ingannare dai nomi li
conoscete benissimo!
Warnings:
Ovviamente Slash, anche se piuttosto blando, almeno
inizialmente... Hey accontentatevi! (schivando pomodori) Non doveva
neppure esserci... ma a quanto pare non ho saputo resistere.
Rating:
Parte basso poi lo alzerò a causa di alcuni capitoli, ma per
la maggior parte è una storia tranquilla.
Riassunto:
Dimenticate tutto quello che il professore vi ha raccontato...
Prima Era... Purtroppo per Arda Melkor
è riuscito a sconfiggere i Valar e ora regna incontrastato
col titolo di Dio/Re.
La situazione peggiore è vissuta dagli
Elfi, i Priminati nonché prediletti dei Potenti, che si sono
rifiutati di voltar loro le spalle fino alla fine, e sono stati quasi
completamente sterminati nell'Ultima Grande Battaglia, i superstiti
sono diventati servitori (o peggio) nelle case degli Umani controllati
direttamente da Melkor (che nonostante la vittoria teme la loro forza)
con la magia.
Per Umani e Nani la vita non è
tanto tragica, essendosi alleati col vincitore godono di una relativa
libertà, o perlomeno della libertà di cui si
può godere sotto il giogo della tirannia, ma dopo diecimila
anni la vita scorre tranquilla, la gente accetta quello stato di cose
perché così è sempre stato e non
possono immaginare una vita diversa...
… Le persone semplici si sa non si
pongono domande sulla morale, si nasce, si lavora, si pagano i tributi
e si muore...
… Ma dove c'è un tiranno,
sempre, prima o dopo, qualcuno si sveglierà dal torpore e
vedrà la possibilità di un mondo migliore...
Sempre dove c'è un Tiranno un manipolo
di Eroi si ergerà a difendere quegli ideali da tempo
dimenticati.
Giungiamo così a quella che sarebbe la
Terza Era, se ci fosse stata la Seconda, cosa che non è
successa, hai tempi che tutti voi conoscete, ma che purtroppo non
riconoscerete...
Note:
Ricordo che quando ho parlato dell'idea di una What if? Che andava
indietro fino alla Prima Era qualcuno (non sai quanto avevi ragione
TajMa!) mi ha definita coraggiosa... folle era un termine
più appropriato... mi sono ritrovata in mano un vespaio,
tutta la storia andava riscritta per dare un senso alle cose,
tradizioni, luoghi, persino i nomi (è già... il
caro professore doveva dare un significato anche a quelli!) come poteva
essersi evoluto il mondo in un arco di più di 10.000 anni?
Pensateci sono tantissimi, la nostra Era Glaciale è finita
12.000 anni fa e guardate quanto ci siamo evoluti noi!?!
Comunque tornando al presente quella che doveva
essere una breve Fanfic su un personaggio ha cominciato a ribellarsi e
a crescere per rendere più reale questo mondo.
Spero di essere riuscita almeno in parte in questo
intento, se non ce l'ho fatta perdonatemi, e non lesinate le critiche
perché sono il modo migliore per migliorare.
Il mio nome è
Halvilisson* e sono qui per raccontarvi una storia, anzi due
storie.
La
prima la conoscete tutti è quella che avete sentito mille
volte e narra di come Melkor l'Illuminato, da solo si oppose
all'oppressione dei perfidi Valar, riuscendo a unire sotto la sua
giusta causa, la giovane razza degli uomini, quella dei nani, dei
draghi e persino le potenze rinnegate come i Balrog e gli altri
spiriti, persino gli Istari riconobbero la verità delle sue
parole, lottando contro l'oppressione dei Dimenticati.
Solo
i Priminati, restarono soggiogati dalle menzogne degli Oppressori,
purtroppo le loro menti erano semplici, poco più sviluppate
di quelle delle bestie, e come le bestie il loro animo era avido di
sangue e amavano assai la lotta, fu quindi facile per quegli sciagurati
soggiogarli e scagliarli contro il nostro Giusto Signore, e fino alla
fine Egli, seppure nella sua infinita bontà molto ci
provasse, non riusci a portare la ragione nei loro cuori feroci.
Molto
se ne dispiacque, ma per raggiungere il suo scopo e distruggere i Valar
Rinnegati, dovette quasi estinguere quelle prime creature, che, seppure
non perfette, egli amava come figli.
Cercò
con la magia di migliorare i sopravvissuti, ma dopo secoli di
esperimenti riuscì solo a creare la nuova razza degli Orchi,
che sebbene più disciplinati degli elfi, ancora indulgono
nella disobbedienza.
Più
di diecimila anni sono passati dai terribili giorni della Guerra
dell'Ira, il Nostro Signore uscì vittorioso, i crudeli Valar
vennero annientati così come i loro stolti servitori, da
allora Arda ha conosciuto solo Ere di pace guidata dalla luce di Melkor
il Pacificatore.
Pochi
Elfi sono stati magnanimamente risparmiati, perché nessuno
possa dimenticare il passato, naturalmente, vista la loro indole
aggressiva ogni Elfo deve essere registrato al Signore in persona ed
è solo Lui a poterne autorizzare la proprietà.
Fin
dalla nascita viene loro imposto un Sigillo che garantisce la loro
obbedienza e gli impedisce di far male a se stessi e ad altri, la
maggior parte di loro è tenuta come animali esotici e
curiosi nelle esposizioni delle città, dove possono essere
osservati in sicurezza, solo ai Lord più ricchi e potenti a
volte è concesso di possederne uno personale e incredibile
ma vero pochissimi tra i bordelli più eleganti hanno
ottenuto la licenza per metterne uno a disposizione dei clienti
più facoltosi e perversi, dietro ferree misure di sicurezza
e ulteriori vincoli magici.
Questa storia la
conoscete tutti, ma come dicevo c'è un'altra storia, una
storia che nessun umano dalla breve vita conosce e nessuno ricorda, che
pochissimi nani ricordano e nessuno osa raccontare, che forse tutti gli
elfi racconterebbero ma nessuno può parlarne.
Io
conosco questa storia, la sentii migliaia di anni fa dalle labbra di un
nano morente, che in quel momento nulla più temeva, insieme
a due compagni la sentimmo e non vi credemmo.
Nella
sua innocenza uno di noi racconto quelle parole al nostro Signore, il
giorno dopo la sua testa pendeva dalle mura del castello.
Il
mio secondo amico si recò dal Saggio Sire a chiedere
spiegazioni e non venne più rivisto, così nessuno
seppe mai che eravamo in tre ad aver sentito quella storia.
Con
nessuno ne feci parola, perché guardando le orbite vuote
divorate dai corvi del mio compagno avevo in fine compreso che
c'è una storia che tutti conoscono, ma è quella
sconosciuta che si avvicina maggiormente al vero.
Quel giorno feci una
scelta, scelsi la via della verità, ero uno dai Custodi del
Sapere, ma compresi quanto vano fosse quel titolo, eravamo custodi del
nulla, solo di ciò che Melkor l'Ingannatore considerava
degno conoscere.
Quel
giorno scelsi la via della pazienza, e per anni nell'ombra cercai, le
tracce del reale passato, camminai nel mondo, silenzioso come il vento,
ascoltando i lamenti sussurrati vicino al focolare, non era amore
quello che legava la gente al suo Dio-Re, ma paura, una paura
così profondamente radicata che neppure si accorgevano di
provarla.
Raccolsi
attorno a me un manipolo di saggi e sempre nascosti continuammo la
nostra ricerca, I Custodi del Sapere Oscuro ci chiamava Melkor, e
sempre ci dava la caccia, ma sfuggenti come nebbia eravamo e il nostro
potere aumentava.
Quel
giorno scelsi la via della pazienza, ma oggi dopo quasi cinque
millenni, sono qui a raccontarvi questa storia, perché
giunto è il momento di agire.
Chi
sono io? E come posso essere vissuto tanto a lungo? Come il vostro
Dio-Re e i Valar io sono eterno, vivevo alla corte di Eru
Ilúvatar, egli mi creò solo a loro inferiore, io
sono un Maiar, uno di quelli che cedette al fascino della sua voce
suadente, a quei tempi ero conosciuto come Olórin e saggio
ero considerato, saggio non lo fui davvero, ma forse non è
troppo tardi per porre rimedio.
Era ormai tarda mattinata quando un giovane uomo
percorreva i grigi corridoi decorati da arazzi dei più
svariati periodi della fortezza tra le montagne, dirigendosi a lunghe
falcate, con la tranquillità di chi conosce bene la strada
che sta percorrendo, verso lo studio del vecchio.
La fortezza di Ýridhindhren* sorgeva nel punto in cui le
Montagne Nebbiose si congiungevano ai Monti di Ferro, in una profonda
vallata scaldata dai vapori vulcanici dove il tempo non mutava mai con
le stagioni, fatta della stessa pietra grigia dei monti appariva come
un ammasso casuale di edifici, di stili e dimensioni diverse, ma nel
suo disordine presentava una certa bellezza.
Costruita in origine come uno spartano rifugio in
pietra sull'isola al centro del lago si era ampliata nei secoli con il
sopraggiungere di nuovi seguaci che nel tempo si erano uniti al Maiar,
maghi, eruditi, storici, linguisti, ma anche gente semplice con l'unico
intento di aiutare chi li aveva aiutati, tutti uniti da un unico
obbiettivo, riportare al mondo la verità sul loro Signore.
Quella che ormai appariva, soprattutto grazie
all'aiuto dei nani, come un'imponente fortezza, ospitava centinaia di
persone, organizzate in due gruppi principali, gli Eruditi e gli
Stregoni, avevano chiamato se stessi Lehtaristari* per sottolineare il
fatto di non essere influenzati da Morgoth.
Gli Eruditi si occupavano di raccogliere e
catalogare ogni tipo di conoscenza che potessero trovare, dalla
pergamena più antica alla testimonianza di un contadino, il
mosaico che cercavano di comporre era tanto ampio quanto lacunoso e
nulla poteva essere ignorato, col trascorrere dei secoli la biblioteca
del palazzo era diventata la più completa e eterogenea
raccolta di sapere si potesse trovare ad Arda.
Gli Stregoni invece cercavano di affinare i loro
poteri, anche con l'aiuto degli antichi tomi trovati dagli studiosi, in
modo da poter contrastare il potere degli Stregoni Neri addestrati da
Melkor, ognuno agiva in base alle sue doti e al suo carattere quindi
c'era chi si prodigava per curare, chi preferiva difendere e chi non
disdegnava attaccare, i più vecchi e dotati insegnavano ai
più giovani, in questo modo anche quelli la cui magia
scorreva solo lievemente nel sangue imparavano a essere utili.
Entrambi i gruppi poi collaboravano assieme per
studiare i manufatti che gli Harmairoitlar* portavano, spesso si
trattava di potenti oggetti magici che andavano maneggiati con cura.
Solo i più fidati tra loro conoscevano
la vera identità dell'uomo che tutti chiamavano Maestro, per
gli altri era solo un Istari, molto potente e molto anziano con un
grande sogno che volevano aiutare a realizzare.
Aveva l'aspetto di un vecchio il Maestro, con
lunghi capelli e la barba imbiancati, era in quel momento seduto nel
suo studio, circondato come sempre da pergamene che ricoprivano
interamente l'ampio tavolo scuro, però non stava leggendo,
comodamente seduto su una poltrona di broccato rosso che faceva
risaltare in modo bizzarro le umili vesti grige, fumava da una lunga
pipa, aspirando lentamente e osservando dalla grande finestra verso i
giardini, dove alcuni ragazzi giocavano spensierati, ragazzi che erano
nati li, ragazzi che non avevano ancora conosciuto il dolore del mondo
se non attraverso le storie dei grandi.
Quanto tempo era passato da quando era giunto su
quell'isola, quanto tempo era passato da quando il primo uomo aveva
chiesto di seguirlo, quell'uomo era morto ed era ormai polvere ma molti
erano venuti dopo di lui, non aveva voluto questo, non l'aveva cercato,
ma la decisione presa tanti anni prima era stata il sassolino che aveva
smosso la valanga e ora erano una comunità numerosa e ben
organizzata, quello che lo spaventava però era il potere
raccolto su quell'isola... quasi tutti quelli che possedevano un
briciolo di magia e non volevano sottostare all'Ingannatore finivano
per raggiungere quel luogo... strani sogni, strane coincidenze che
portavano ai giusti incontri, era successo troppe volte
perché potesse ancora credere alla casualità,
c'era un Potere all'opera nel mondo e lo aveva scelto per portare
avanti il suo disegno, ma quale che fosse questo Potere non gli era
dato saperlo, non si era mai manifestato se non attraverso quella che
molti definirebbero solo fortunata casualità... lui era al
mondo da troppo tempo per credere alla fortunata
casualità... questo Potere gli stava dando le armi per
combattere ma non quelle per vincere, non si illudeva sul fatto che la
loro piccola comunità per quanto ben addestrata potesse
sopportare un attacco ben eseguito, erano troppo pochi... L'unica cosa
che li aveva salvati fino a quel momento era la segretezza. Ma per
quanto tempo ancora potevano nascondersi agli occhi dell'Oscuro
Signore? Per quanto tempo Lui avrebbe sottovalutato una tale
concentrazione di magia? Perché era questo che faceva, li
stava cercando questo è vero, ma se li avesse ritenuti
realmente una minaccia, li avrebbe trovati da tempo. Per quanto tempo
la vita sarebbe continuata pacifica in quella valle celata dal fumo dei
vulcani e dalle alte cime?
Con questi pensieri si girò ad
accogliere l'uomo che attendeva sull'uscio aperto, un giovane dai
lunghi capelli scuri e la pelle abbronzata di chi preferisce la vita
all'aperto, gli abiti di cuoio semplici su cui spiccava una lunga e
minacciosa spada, portava un piccolo arco in spalla, certamente
più adatto alla caccia che alla battaglia, ma il particolare
che era impossibile non notare erano gli occhi di quell'uomo di un
azzurro così intenso da ricordare le profondità
dell'oceano e come l'oceano rispecchiavano in superficie le correnti
del suo animo.
-Ho sentito che mi stavi cercando Halviliss-
-Sei giunto infine amico mio, a lungo ti ho
cercato, è giunto il momento di smettere di cercare la
conoscenza e agire per trovarla, ma non posso farlo da solo e necessito
del tuo aiuto-
-Parli come sempre per enigmi, ma da tempo mi fido
delle tue parole. Parla dunque, quale missione mi attende, in quale
nuova mortale ricerca dovrò dirigere i miei passi-
-Mortali non lo sono mai state, tant'è
che sei qui a rimproverarmi o parlo forse con uno spirito?-
-Mortali non lo sono state per fato e
abilità, non certo per mancanza di pericoli-
-E sia, ma il fato ti è propizio e
l'abilità non ti manca. Ma prima di chiedere nuovamente il
tuo aiuto voglio che tu conosca l'intera storia, perché se
grandi ti erano parsi in passato i pericoli ora ti dico che niente ti
parranno davanti a ciò che sto per chiederti-
-Parla dunque, hai la mia attenzione e molto hai
risvegliato in me la curiosità-
-Ascolta perché ciò che ti
rivelerò sarà la mia condanna a morte se male ho
interpretato il tuo cuore, oggi metterò il mio destino e
quello di molti nelle tue mani-
Parte della storia che raccontai già la sapete, rivelai il
mio nome e la mia natura e poi raccontai la seconda storia, quella
udita dal nano, quella che cambiò la mia vita.
-Era vecchio il nano, molto vecchio anche per la sua razza, alcuni
dicono che avesse più di tremila anni, si chiamava Durin il
Senzamorte, e non furono gli anni a ucciderlo ma la spada di un orco,
eravamo lì quando successe, cercammo di salvarlo ma era
troppo grave, lui lo sapeva e per questo parlò. Aveva
partecipato alla Guerra dell'Ira e aveva visto la luce degli Elfi, non
la descrisse come un'aura malefica e malsana come sempre ci avevano
raccontato, ma come una radiosa luce di pace, lui aveva visto il vero
volto dei Valar, li aveva visti ritirarsi... bada bene, ritirarsi non
morire, per evitare che quella guerra tra Potenze distruggesse ogni
cosa, si erano ritirati per amore dei loro figli, tutti i loro figli.
Anche io ero lì, eppure così ciechi erano i miei
occhi che non avevo visto, ma un giovane nano aveva guardato e
ricordato, si era alleato a Melkor non perché credesse alle
sue parole ma per sopravvivere e far sopravvivere il suo popolo,
perché aveva visto la crudeltà del suo sguardo e
non voleva che i nani subissero il destino degli elfi. Per tutta la
vita era restato fedele a quell'inganno per il bene della sua gente, ma
nel momento della morte volle liberare il cuore da quel fardello. E
disse un'altra cosa, quando i Valar si ritirarono anche gli Elfi lo
fecero, e in molti erano sopravvissuti, fuggiti, celati alla vista dal
potere degli Ainur, ma non alla sua vista forse perché il
suo cuore piangeva per quel massacro... ma è importante che
lui abbia visto, ora sappiamo che quello che viene raccontato
è una menzogna e non tutti gli elfi perirono nella guerra.
A lungo ho cercato le prove a conferma di questo
racconto e infine le ho trovate, poco per volta, raccogliendo frammenti
di verità ora so che ciò che lui disse
è vero.
Ciò che ti chiedo, amico mio, se
accetterai, è ora di aiutarmi fuori da queste sale nella
ricerca dei sopravvissuti e con il loro aiuto, se negli anni l'odio non
li avrà corrotti, trovare la strada per i Valar
così da chiedere il loro aiuto-
A lungo restarono in silenzio, il giovane e il vecchio, l'uno pensando
a ciò che aveva appreso, l'altro attendendo la sua risposta.
-Mi hai dato molto su cui riflettere Maestro, non
temere per la tua vita perché nel mio cuore non
c'è amore per colui che chiama se stesso il Giusto Signore,
molto ho viaggio e poco ho visto di giusto.
Questo però non significa che
accetterò di aiutarti, molto mi hai dato da pensare e molte
domande non trovano risposta. Perché quel popolo dovrebbe
aiutare chi li voleva morti? Perché ora sarebbe diverso da
allora per la sconfitta di Morgoth? Come trovare ciò che
cerchiamo se pure un Ainur non ci è riuscito? Ma assieme a
queste domande mi hai dato anche la speranza, la speranza in un mondo
migliore, la speranza nella Luce che scaccia le Tenebre. Per questo non
ti darò subito la mia risposta ho bisogno della notte per
riflettere. Domani conoscerai la mia decisione-
-E' giusto, niente mi sarei aspettato se
non questo, ma vorrei fin d'ora che dimenticassi i miei nomi,
perché è troppo pericoloso pronunciarli fuori da
queste sale. Halviliss è il nome di chi dovrebbe essere
morto e Olórin un nome che nessuno dovrebbe ricordare. Ti
sarei grato se mi chiamassi solo Mithrandir, il grigio pellegrino,
poiché questo è il colore della nebbia in cui mi
sono celato per tanto tempo, ed è un nome che non incute
timore ne curiosità-
-Mithrandir, un nome appropriato concordo, un nome
che verrà ricordato-
NOTE:
*Halvilisson: (Halda Nascosto+Vilissë
Spirito+on)
Spirito nascosto
Ýridhindhren: (ýr Saggio+dîn
Silenzioso+idhren
Campo)
Campo del saggio silenzioso
Lehtaristari: (lehta Liberato+istar Saggio/Stregone)
Stregoni liberi
Harmairoitlar: pl. (Harma Tesori+hir- trovare) Cacciatori
di tesori
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 02 ***
*CAPITOLO 2*
Una notte di
luna nuova, il momento migliore per agire, adoro le notti senza luna,
le notti in cui solo le stelle gelidi diamanti rischiarano le tenebre,
le notti in cui è facile nascondersi e colpire.
Perché
è questo che sono, un'ombra tra le ombre, Esgalwath, Celato
nell'Ombra, il mio nome e la mia vita racchiusi in una parola.
Non so se le
persone che mi hanno messo al mondo si siano preoccupate di darmi un
nome, quello che porto me lo diede la nana che mi ha allevato, era
così che mi aveva trovato, un fagotto avvolto in stracci,
nascosto tra le ombre di un vicolo della città bassa.
Ironia del
destino, allevato e protetto da una nana, una della razza che
più di tutte aveva massacrato i miei simili... non la mia
razza, io non appartengo a nessuna razza, eppure quella nana
è stata l'unica persona che abbia significato qualcosa per
me, mi ha amato come una vera madre, mi ha nascosto, per evitare che mi
portassero via, mi ha insegnato a muovermi furtivo e silenzioso tra
quelle ombre da cui prendo il nome per non essere scoperto... e mi ha
insegnato cos'è la morte.
Avevo
solo dieci anni quando è stata scoperta, tradita da un
vicino invidioso che per puro caso aveva svelato il suo segreto. Non
l'ho biasimato, la vita nella città bassa è dura
e la mia cattura gli ha fruttato una bella ricompensa, ma non se
l'è goduta a lungo, non l'ho biasimato ma è stata
la prima persona che ho cercato quando sono fuggito.
Sono venuti di
notte, non hanno fatto domande, l'hanno presa, fatta inginocchiare e le
hanno tagliato la testa davanti ai miei occhi, per colpa mia,
perché aveva voluto aiutare un neonato con l'unica colpa di
avere le orecchie appuntite e una vita immortale.
Quel giorno venni marchiato, sapevo del Sigillo, lei sapeva, lei mi
aveva insegnato tutto ciò che poteva, lei sapeva che dovevo
crescere in fretta, non avevo tempo per giocare a fare il bambino.
Il
Sigillo, la gente crede che serva per controllarci, illusi! per quello
ci sono le Chiavi, a cosa serve il Sigillo? A toglierci l'unica
libertà che ancora c'era rimasta, quella di morire.
Nel periodo dopo
la guerra ancora il Signore credeva di poter corrompere gli elfi al suo
volere, ma si sbagliava, ben presto si accorse che questi preferivano
la morte alla prigionia, così ideò i Sigilli che
ci impediscono di recare volontariamente danno al nostro corpo.
In questo
capisco i miei simili, quanto vorrei che la morte mi accogliesse a se.
Ero un bambino, ma a nessuno importava, ero solo un elfo, venni mandato
in uno di quei rarissimi bordelli di lusso dove imparai molte cose
utili, imparai ad aver cura del mio corpo perché fosse
sempre agile e forte, imparai a controllare la paura e il dolore,
imparai a soffocare ogni sentimento, imparai che il confine tra padrone
e servo è sottile se si sanno giocare bene le proprie carte
e io imparai a giocarle, sapevo cosa volevano da me e sapevo come
darglielo, fino a rendermi indispensabile.
Non oso pensare
quanto sia diventato ricco il proprietario di quel posto grazie alle
mie doti, una sola notte con l'Elfo costava una fortuna, sono stati
molti quelli ridotti alla rovina a causa dei miei occhi di ghiaccio che
“solo loro” sapevano rendere azzurri e dolci,
mentre lui continuava ad arricchirsi... un altro che non
potrà godersi la sua fortuna, lui è stato il
secondo.
Non so esattamente quanto tempo sono restato in quel luogo, sicuramente
molto, ma il tempo perde significato se non può avvicinarti
al giorno della morte, che senso ha allora calcolarne lo scorrere,
comunque ormai ero adulto, e avevo imparato tutto quello che c'era da
imparare in quel posto, così decisi di andarmene... e scelsi
la mia vittima.
Doveva essere
potente, abbastanza da ottenere il permesso di avere un elfo
personale... e ricco, enormemente ricco, anche con l'intercessione del
Signore in persona il mio padrone non sarebbe stato felice di perdermi,
possibilmente non troppo furbo, ma quello non era un grosso problema,
ci avrei impiegato più tempo ma alla fine sarei comunque
riuscito ad averlo in mio potere.
Fu abbastanza
facile farlo cadere nella rete, un sospiro deluso quando se ne andava,
all'inizio debole, perché lui non doveva sentire quella mia
debolezza, un sorriso timido al suo ritorno, molto impegno nelle arti
amatorie, e nel tempo di pochi mesi saltavo ridendo tra le sue bracia
vedendolo arrivare e una lacrima solitaria scendeva dai miei occhi
color cielo sul suo petto, al pensiero delle altre persone che mi
avrebbero posseduto fino al suo ritorno, perché
“era lui, solo lui che volevo” finché un
giorno venne a prendermi.
Come avevo
pianificato le Chiavi del bordello vennero rimosse, le chiavi sono i
vincoli magici con cui veniamo controllati, ci sono diversi gradi di
restrizione, che vanno dal non recare danno a nessuno e non fuggire,
quella base, a qualunque cosa passi per la mente del proprietario.
Per un breve
periodo si sarebbero dovuti affidare a mezzi più fisici per
assicurarsi che fossi inoffensivo, almeno fino a quando avessi
raggiunto la mia nuova casa e ricevuto le nuove Chiavi, avevo contato
esattamente su quello, era la base del mio piano.
Appena uscito
provai l'irrefrenabile impulso di dimostrare la mia gratitudine al mio
salvatore, sapevo già che non avrebbe saputo resistere, ero
come una droga per lui, mi bastava uno sguardo per accendere la sua
eccitazione, e non mi deluse neppure quel giorno, mi
trascinò sul retro di una casa, scopandomi con violenza, e
cedendo alle mie suppliche di slegarmi, “perché
avevo bisogno di toccarlo, di sentirlo, di dimostrargli la mia
gratitudine”.
Lo feci, gli
dimostrai la mia gratitudine, prima di tagliagli la gola lo ringraziai
guardandolo negli occhi e lui sorrise, era così perso nel
mio sguardo da non accorgersi della lama che lo uccideva.
Lunghi anni sono passati da quel giorno in cui fui libero, lunghi anni
in cui ho danzato con la Morte, ma anche la Morte è
un'amante egoista, troppo presa dal suo piacere per concederlo anche a
me, ma continuo ad essere un amante fedele a lei soltanto, nella
speranza che un giorno lei mi conceda il suo abbraccio.
Sono Esgalwath,
un assassino, una figura leggendaria, da quasi tremila anni vago per il
mondo per confondermi e non rivelare la mia natura immortale, da quasi
tremila anni vago per il mondo affinando la mia arte, posso essere
crudele o rapido, silenzioso o teatrale, potrei ucciderti senza che tu
neppure mi veda o ammaliarti fino a quando rischieresti la morte per
guardarmi negli occhi e la troveresti, non ho padroni tranne quelli che
mi pagano per i miei servigi, non ho un popolo, non ho amici se non le
mie lame fedeli e l'ombra che mi segue da quando sono nato, sono il
migliore perché la Morte mi ama, anche se non abbastanza da
volermi con se...
… ma
forse questa notte sarà quella giusta...
Era appostato nelle tenebre, immobile, studiava la
sua vittima, come un predatore studia la preda, una grossa preda, non
il solito riccone flaccido che si era fatto un nemico di troppo.
Ricordava il momento in cui aveva letto il suo nome
sulla pergamena, era così che otteneva i lavori, dei
contatti, persone utili solo per procurargli clienti, gli facevano
avere un foglio di pergamena, a volte era solo un nome, altre volte
c'erano indicazioni: deve sembrare un incidente, deve soffrire, prima
di morire deve... e il sacchetto con le monete... passato un tempo
adeguato per una vita umana si spostava... nuova città,
nuovo contatto, nessuno lo cercava, nessuno lo aveva mai visto in volto
se non le sue vittime.
Aveva trovato la pergamena e i soldi, l'aveva
aperta e aveva avuto un brivido di piacere, finalmente una preda alla
sua altezza, un sorriso gelido, no, nessuno era alla sua altezza, ma
almeno questa volta si sarebbe dovuto impegnare.
Quell'uomo era un Harmairoitla, un cercatore di
reliquie, anzi il cercatore di reliquie, una leggenda vivente, aveva
sfidato la morte tante volte che persino lui lo ammirava, e come lui ne
era sempre uscito vincitore.
Lo osservò con la sua vista acuta, si
era accampato ai margini della città, un piccolo campo, un
fuoco e una coperta, aveva udito che doveva incontrarsi con la sua
squadra in quel luogo, una fortuna, affrontare il gruppo al completo
sarebbe stato arduo anche per lui, si diceva che uno dei compagni fosse
un mago piuttosto abile, ma così da solo era solo un uomo...
si era aspettato di trovare un vecchio, magari ancora forte ma vecchio,
erano molti anni che ascoltava le sue gesta, ma quello seduto intento a
fumare era un giovane nel fiore degli anni, probabilmente possedeva il
sangue dei Númenóreani, gli uomini ricompensati
da Melkor per la loro fedeltà, lunghi capelli castani,
trattenuti da un laccio di cuoio, lineamenti decisi, lo sguardo assorto
e perso nel vuoto mentre fumava la pipa, l'aria di una persona che
seppure sola nella notte non temeva nulla.
Era un peccato che dovesse morire, quello era un
uomo che avrebbe potuto ammirare, ma aveva accettato il lavoro e lui
manteneva sempre la parola.
Si riscosse dai pensieri, era sempre
così prima di agire, la sua vita scorreva nella mente
veloce, per ricordagli chi e cosa era, ma ora non poteva più
attendere, era giunto il momento di rendere omaggio alla sua Signora.
Si avvicinò, silenzioso come un
serpente, invisibile nella notte, leggero e elegante come il vento...
si avvicinò fino a giungere alle spalle della preda e
parlò.
Quello era un uomo che non meritava di morire con
una lama nella schiena, quella era una delle poche persone degne di
guardare la morte negli occhi.
-Sei pronto a incontrare la Nera Dama,
Tàralelyol*?- come sempre il suono della sua voce lo
turbò, non era abituato a sentirlo
-Sarò pronto quando sarà il
momento, e non è questa la notte propizia, Esgalwath-
L'uomo si girò, lentamente, neppure un
sussulto, si girò tranquillo aspirando la pipa, fissando i
suoi occhi nell'altro, occhi profondi come il mare blu, occhi sereni,
nessuna paura, nessuno stupore... gli occhi di qualcuno che lo stava
aspettando... troppo tardi si rese conto che quell'uomo lo aveva
chiamato per nome... troppo tardi il suo istinto gli gridò
“TRAPPOLA”
Un colpo alle spalle e tutto fu buio.
Si svegliò, e immediatamente realizzò tre cose:
era legato, era disarmato ed era vivo.
Sarebbe logico pensare che la prima cosa che uno
realizza fosse quella di essere vivo, ma dal punto di vista pratico non
era utile a farlo uscire da quella situazione, si era fatto fregare e
non si erano neppure degnati di ucciderlo “Peggio per voi,
avete fatto il primo errore” mantenne il respiro regolare, e
restò immobile, non si dovevano accorgere che era sveglio.
Allertò i sensi per cogliere ogni cosa
gli potesse tornare utile, non si trovava più all'aperto,
questo era male, chiuso poteva significare porte da aprire... c'era un
fuoco abbastanza vicino, sentì il calore sulla schiena,
bene, il fuoco era un'arma... era steso a terra, pavimento di pietra,
di nessuna utilità, legato con corde, non catene, bene, la
corda poteva bruciare, gli avevano tolto tunica e stivali, male, non
erano stupidi, si erano presi anche le armi nascoste...
ascoltò i respiri e i passi nella stanza, tre... no quattro
persone, la compagnia al completo, male, molto male, al momento non
aveva opzioni di fuga, ma restava il loro errore, era vivo e poteva
attendere un'occasione migliore, intanto doveva riuscire a capire i
loro piani.
-Capo, non per offenderti ma hai notato che
è un elfo vero?- “il nano, accento dell'est
Moria... gente dura quella, strano che accetti ordini da un
umano”
-E' piuttosto difficile non notarlo-
-Ha il Sigillo, eppure è libero... hai
mai sentito una cosa simile? Non hai pensato che potrebbe essere una
trappola? Magari sta fingendo di essere libero per riferire al suo
padrone le nostre intenzioni-
-No-
-Non è che potresti essere
più chiaro? No è un po' vaga come risposta-
-Ho controllato, non ha nessuna Chiave su di lui-
“Lo stregone, dannazione, non sopporto la magia”
-Non agitarti Gimli, scommetto che quella volpe di
Tàr, già sospettava che avremmo trovato un
elfo... oppure spaglio... capo...- “Una donna, sicuramente
è quel famigerato arciere di cui si parla tanto, non pensavo
fosse una donna”
-Hai troppa fiducia in me Rhawel, ma in questo caso
hai ragione, lo sospettavo, da troppi anni la leggenda dell'assassino
d'ombra vaga su Arda, in molte città in cui siamo stati ho
sentito narrare la stessa storia, racconti troppo simili per
appartenere a persone diverse, solo a fatica son riuscito a risalire a
quel nome, Esgalwath, solo due possibilità si mostravano ai
miei occhi, la prima era che si trattasse di una setta che addestrava i
suoi seguaci nel medesimo modo, ma era la migliore che avessi mai
conosciuto perché mai ho udito neppure una leggenda su una
tale setta, la seconda possibilità, che si è
rivelata quella esatta, era che avessimo a che fare con un immortale.-
“E' furbo l'umano, capisco come abbia fatto a sopravvivere
così a lungo”
-E a te Gimli dico che non credo che lui abbia un
padrone, perché l'ho guardato negli occhi e ho visto lo
sguardo di una persona che ha come unico padrone se stesso, sai che
raramente mi sbaglio su queste cose... ma puoi chiederglielo tu stesso,
dal momento che il nostro ospite è sveglio e attento...-
Aveva ancora gli occhi chiusi ma poté
sentire gli sguardi puntarsi su di lui, era inutile continuare a
fingere, li aprì lentamente, un sorriso furbo sulle labbra.
La luce lo ferì rendendo per un attimo
tutto sfocato, quella macchia fulva che aveva davanti si
rivelò essere il nano, una massa ispida e arruffata di barba
e capelli con dietro un viso duro e due occhietti fin troppo attenti,
nonostante si trovassero in quello che doveva essere il loro covo e lui
fosse al momento inoffensivo portava la cotta di maglia,
poggiava entrambe le mani sull'enorme ascia bipenne come fosse un
bastone da passeggio. Dietro di lui, alto e saldo nonostante
l'età era lo stregone, l'aspetto scialbo non lo trasse in
inganno neppure un attimo, gli occhi vivaci tradivano un'intelligenza
fuori dal comune, nonostante il suo innato disprezzo per la magia, quel
vetusto mago irradiava un senso di pace e tranquillità
mentre lo osservava con un sorriso bonario. La donna, se
così si poteva definire quella ragazzina di forse vent'anni,
lo lasciò interdetto, alta poco più del nano ma
estremamente più esile nascondeva quel poco di
femminilità dietro abiti da ragazzo, pantaloni informi e una
larga fascia di pelle stringeva così stretto il petto che se
pure avesse avuto il seno sarebbe stato impossibile notarlo, portava i
capelli corti di un nero corvino tanto lucidi da mandare bagliori
scarlatti alla luce delle torce, almeno le ciocche che non erano tinte,
era in uso nella nobiltà tingere i capelli, ma in genere
veniva usato un colore alla volta, quella ragazzina invece si era
divertita ad attingere a tutta la tavolozza di un pittore, sembrava
fuori posto tra quei maschi imponenti, eppure se solo la
metà delle storie sentite sull'Arciere erano vere aveva
meritato il suo posto fra loro, ma era avventata, lo vedeva chiaramente
dal modo il cui spostava continuamente il peso da un piede all'altro,
lo sguardo che si posava su di lui e i compagni senza sosta, a
differenza degli altri era nervosa e giovane, lei era il punto debole
del gruppo, sarebbe riuscito a farla esplodere in un attimo appena
avesse capito dove colpirla, e una volta infuriata avrebbe sicuramente
fatto qualche errore.
Ma quello che incatenò il suo sguardo fu
il loro capo, aveva già notato i suoi occhi, quegli occhi
che lo avevano distratto, gli illuminavano il viso quando sorrideva,
come in quel momento, un viso molto attraente, lineamenti forti ed
nobili, la pelle abbronzata e un accenno di barba, il tutto posato su
uno dei corpi più modellati che avesse mai visto, e lui ne
aveva visti di corpi, gli abiti usurati e pratici non facevano altro
che mettere ancora più in risalto la sua muscolatura, ma
nonostante cercasse di valutare il suo nemico il suo sguardo continuava
a tornare vero quegli abissi blu, tanto profondi da potersi perdere, e
tanto penetranti da vederti l'anima.
Gli era bastato uno sguardo per valutare il luogo
dove si trovava e i compagni invece continuava a osservare l'umano
senza riuscire a definirlo.
-Come lo hai capito?- le parole uscirono da quelle
labbra delicate taglienti e fredde
-Sei bravo, ma non abbastanza, le tue palpebre
hanno tremato e hai perso un respiro- “Furbo, dannatamente
troppo furbo, ma almeno posso vedere dove mi trovo e escogitare un
piano di fuga”
-E' inutile- L'uomo lo guardò come
potesse leggergli il pensiero -Non puoi fuggire, almeno non ora,
presumo che col tempo potremmo fare un errore e abbassare la guardia,
non possiamo sempre restare tutti in questa stanza a sorvegliarti, ma
mi auguro che non arriveremo a quel momento- La sua voce era serena,
sicura, le sue non erano minacce, ma semplici constatazioni
-Lo sai che sei morto vero? Sono stato pagato e
porto sempre a termine il mio lavoro- anche la voce dell'assassino era
calma anche per lui quella era una semplice constatazione.
-Riponi l'ascia Gimli, sapevamo perché
era venuto-
Poggiò la mano sulla spalla dell'amico,
poi si chinò sul prigioniero a terra e lo sollevò
gentilmente mettendolo seduto su una poltrona.
-Pensi di salvarti la vita con la cortesia?-
-No, penso di farlo con le mie eccezionali doti
diplomatiche- Scherzò -Ma... primo mi sta venendo male al
collo guardando a terra, secondo la vista del tuo corpo seminudo ai
miei pedi potrebbe farmi piacere ma non in questa circostanza, terzo ti
abbiamo colpito troppo forte e, se non te ne sei accorto, stai
sanguinando... ti sarebbe difficile uccidermi se morissi dissanguato-
"Così il mio corpo potrebbe piacerti...
sviluppo interessante”
Chinò il capo remissivo per permettergli
di vedere la ferita, un sospiro leggero quando gli scostò i
capelli e un tremito appena percettibile mentre la sua mano calda gli
accarezzò la nuca stendendo un unguento dall'odore pungente,
per poi osservarlo con le ciglia leggermente abbassate e un sorriso
imbarazzato quando lo ebbe di nuovo davanti. “Non
è così spiacevole fingere”
La reazione dell'uomo fu fin troppo immediata, si
sedette a cavalcioni su di lui, sfiorando col dorso della mano in
torace liscio e scendendo sul bacino fino all'inguine, mentre le labbra
scivolavano sull'orecchio allargandosi in un sorriso
-Te l'ho già detto... sei bravo, ma non
abbastanza, sei sicuro di voler continuare questo gioco... potrebbe
essere piacevole... inutile, ma piacevole- lambendo appena la punta con
la lingua, e questa volta i brividi non furono finti.
Il númenóreano si
allontanò osservando attento le reazioni suscitate, aveva
agito d'impulso, non era stata sua intenzione provocarlo, erano
lì per lavoro.
Confuso... Furioso... Seccato... Meravigliato...
poi scoppiò in una melodiosa risata, quando aveva aperto la
pergamena aveva capito che sarebbe stato un lavoro interessante, ma non
aveva capito quanto...
-Dovevo provarci no?-
-Buon tentativo, immagino che di solito sbattere le
ciglia così funzioni, e poi il modo in cui i tuoi occhi
cambiano colore e impressionante, mi piacerebbe sapere come ci riesci-
-Se lo dicessi poi dovrei ucciderti- era tornato
serio, ma nella stanza la tensione era notevolmente diminuita
-Non dovevi uccidermi comunque?-
-Ammetto che è un peccato ma porto
sempre a termine il mio incarico-
-E siamo arrivati al punto, ora che non sei
completamente concentrato su come fuggire, possiamo parlare di affari-
-Quali affari-
-Per prima cosa vorrei chiarire che NON hai nessun
lavoro-
-Ah No?- Inclinò il capo sollevando un
sopracciglio
-No, il nome sulla pergamena significava che dovevo
incontrarti e non che dovevi uccidermi-
-Io non incontro i clienti-
-Lo so, è per questo che è
stata necessaria un'esca, ma era fondamentale che ci incontrassimo,
perché noi siamo il lavoro, dovresti farci entrare in un
posto, a quanto si dice in giro sei il migliore-
-Vi siete presi tanto disturbo per niente, la mia
risposta è No, lavoro da solo, se vi serve qualcosa pagate e
lo farò... ma da solo- la voce era tornata fredda come era
sempre stata, senza l'ombra di emozioni
-No, non da solo, dobbiamo essere noi a
prenderla... e Si, lo farai- “Dannato mortale, come fa a
essere sempre così tranquillo e sicuro”
-E' una minaccia? Non ho paura di morire, conosco
la Morte, la mia signora e compagna non temo il suo abbraccio-
-Ci sono destini peggiori della morte-
"Un'altra constatazione, lo so, li conosco, e
quelli li temo”
-Voglio fare un patto con te elfo, ascolterai la
nostra richiesta e solo dopo deciderai. Se la tua risposta
sarà ancora un No allora sarai libero di andare, puoi stare
tranquillo che non tradiremo la tuo identità, se
non ti fidi della mia parola alla fine del racconto avrai in mano un
segreto abbastanza grande per assicurarti il nostro silenzio-
-Ti fidi di me-
-Mi fido della tua parola, nulla di ciò
che ho visto o sentito mi fa dubitare del tuo onore-
-E sia hai la mia parola, ascolterò e
non tradirò il vostro segreto se voi non tradirete il mio,
ma non dubitare la mia decisione non cambierà. Io lavoro da
solo-
-Ma Tàr, non puoi pensare di lasciarlo
andare! Ci serve il suo aiuto!-
-Non ho mai obbligato nessuno Rhawel, e non
comincerò ora, se vorrà accettare sarà
una sua decisione, se non lo farà troveremo un altro modo-
-Mithrandir, di qualcosa, cerca di farlo ragionare-
-In linea di massima sono d'accordo con lui, usare
gli stessi mezzi dei Tiranni che combattiamo non ci porterà
sulla via della Verità, trovo azzardato rivelargli i nostri
propositi, ma mi sono sempre fidato del suo giudizio e non
smetterò ora-
-Gimli?-
-Sono col capo, ragiona Rhawel, davvero ti
fideresti di lui se lo obbligassimo con la forza o col ricatto? Alla
prima occasione ci troveremmo con la gola tagliata- un sorriso maligno
dell'assassino confermò le sue parole.
-E si, credo che per lui l'onore sia importante,
forse l'unica cosa in cui crede veramente- poi rivolgendosi
direttamente al prigioniero
-Non mi piaci, a essere onesto non ti capisco ed
è questo che non mi piace, sembri cercare la morte
più di quanto tu la porti, è un atteggiamento che
non capisco, ma forse sbaglio. Per me non ha importanza, quello che
importa è avere la tua parola, se così
sarà cercherò di mettere da parte i miei dubbi e
trattarti con rispetto- “Chi è questa gente? Come
può questo nano aver capito tanto di me solo da qualche
storia da osteria e qualche mia frase!”
Il capo della piccola Compagnia aveva osservato
l'elfo per tutto il tempo, lo aveva visto sgranare gli occhi alle
parole del nano, segno che ancora una volta l'amico aveva visto giusto,
d'altra parte anche lui aveva avuto subito quel sospetto, anche se non
lo avrebbe mai detto in maniera così diretta.
-Allora siamo tutti concordi? Rhawel?-
-Immagino che abbiate ragione...- poi rivolgendosi
al nano -Solo una cosa vorrei farti notare Gimli, se davvero come dici
tu è la morte che sta cercando, perché non mette
da solo fine alla sua vita?-
-Perché non può, come non
può fallire consapevolmente una missione per farsi uccidere-
Era stato l'uomo a rispondere, non il nano, ma la
ragazza vide tutti gli altri annuire comprensivi, e l'elfo per la prima
volta abbassare il capo sinceramente turbato.
Poi l'uomo continuò a spiegare
-E' per via del Sigillo, non serve a controllarlo
come tutti pensano, ma questo lo sai altrimenti come ti spieghi il
fatto che sia qui, quello che non sai è che il suo scopo
è quello di impedirgli di farsi consapevolmente del male-
"Lo sanno, lo sanno tutti, e capiscono, capiscono
la malvagità di cui è impregnato questo marchio,
non bastava averci tolto tutto, doveva toglierci anche quell'unica
piccola libertà, quella di scegliere la morte, l'ultimo
crudele scherzo”
Ascoltò l'uomo continuare a spigare, lo
sentì dire ad alta voce quello che lui stava pensando,
nessuno lo aveva mai detto ad alta voce, neppure sua madre, lei gli
aveva spiegato a cosa servisse e le ragioni pratiche, ma forse neppure
lei aveva compreso cosa significasse veramente per un'immortale... loro
invece capivano.
Per un istante, un microscopico istante, la corazza
di gelo che lo avvolgeva sembrò incrinarsi, ma fu solo un
istante, prima di rialzare lo sguardo con l'acciaio negli occhi.
Lui era solo un assassino, prima si liberava di
quella gente meglio sarebbe stato.
La ragazza annuì, l'uomo si avvicinò facendolo
piegare in avanti e con un unico colpo deciso del pugnale gli
liberò le mani, poi le caviglie.
-Avete la mia attenzione, parlate- mentre si
massaggiava i polsi per riattivare la circolazione accomodandosi
languidamente sulla poltrona con una gamba sul bracciolo e l'altra
distesa.
Ora era di nuovo padrone della situazione.
NOTE:
Esgalwath: Celato nell'ombra
Tàralelyol: Grande camminatore
Rhawel: Selvaggia/Indomabile
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 03 ***
DISCLAIMER: Forse a
qualcuno la descrizione della Torre ricorderà quella del
film Conan il
Barbaro... bhè avete ragione, mi sono ispirata proprio a
quella.
*CAPITOLO 3*
-E' una follia-
Aveva ascoltato in silenzio le parole dell'uomo e ancora non poteva
credere alle proprie orecchie
-Ed è
per questo che so che ci aiuterai-
-E io cosa ci
guadagnerei?-
-Gloria,
ricchezze, e una sfida alla quale non puoi rinunciare-
Il
númenóreano non sbagliava, nel momento in cui
aveva cominciato a spiegare quello che volevano fare, gli occhi
dell'assassino si erano accesi per l'eccitazione, una sfida degna di
quel nome, sarebbe stato interessante farlo, o morire provandoci... per
tutto il racconto la sua mente non aveva fatto altro che valutare i
possibili piani, e le possibilità di successo ed era giunto
a due conclusioni... Primo: quella gente era assolutamente folle...
coraggiosa, abile, intelligente, scaltra, ma completamente e
irrimediabilmente folle. Secondo: si poteva fare, non c'erano molte
possibilità, e la ragazza aveva ragione, avevano bisogno di
lui, ma si poteva fare.
Aveva
già deciso di non poter rinunciare a quella occasione, ma
non gli avrebbe mai mostrato che l'idea lo eccitava al punto da
accettare di lavorare in squadra, quella parte del piano era chiara,
non potevano dirgli cosa prendere semplicemente perché non
lo sapevano, ma loro sapevano cosa cercare, lui ci avrebbe impiegato
mesi a sfogliare tutti i libri fino a trovare quello giusto.
-Tu la chiami
sfida? Entrare nella Torre dell'Aurora, sotto al naso del braccio
destro di Melkor e restarci finché non avrete trovato quello
che cercate, che per inciso non sapete neppure cosa sia... io lo chiamo
suicidio-
-Hai dimenticato
uscirne-
-Cosa?-
-Hai dimenticato
che vogliamo anche uscire da quella torre-
-Appunto...
Follia pura-
-Allora, ci
aiuterai? O non credi di esserne in grado, dobbiamo pensare che le
storie che si raccontano sulla tua abilità sia solo fandonie-
-Bel tentativo
mortale, ma non è facendo leva sul mio orgoglio che mi
convincerai-
-Uhm, impari in
fretta elfo, ma anche io dovevo provarci-
-Sappi che i
miei dubbi non nascono dalla natura dell'impresa, che riuscirei
facilmente a portare a termine da solo, ma dal fatto di dovermi portare
appresso della zavorra-
-Piano con le
parole bastardo- scattò il nano
-Calma Gimli, ha
ragione, se avessimo il suo talento non saremmo qui a chiedere il suo
aiuto-
Senza replicare
Esgalwath si alzò, e si diresse verso la porta.
-E ora dove
credi di andare?- la ragazza era pronta a fermarlo
-A cercare il
modo di farvi entrare in quella torre... e di farvi uscire-
-Allora ci
aiuterai-
-Avete la mia
parola... Pagamento anticipato-
-Grazie-
L'avventuriero gli allungò la mano grato dell'aiuto, stretta
che ricambiò in fretta prima di avviarsi fuori, ma
con un ultimo ripensamento si rivolse di nuovo all'uomo
-Tàr...
non affezionarti troppo il nano ha ragione-
-Su cosa?-
-Sono un
bastardo- E scomparve nelle strade della città
La torre, enorme ed elegante costruzione di marmo
carminio, dominava il centro della città di Nimbrethil, era
la dimora di Sauron, braccio destro di Melkor, il più
potente signore e stregone della Terra di Mezzo, troppo lontana per
poterla scorgere, dall'altra parte del mare, sorgeva un identica torre,
a Hanstovànnen, capitale del regno e sede del Dio/Re Melkor.
La base, liscia e completamente priva di finestre
per decine di metri, si assottigliava salendo per attorcigliarsi su se
stessa come se un enorme serpente la avvolgesse, se non bastasse questo
a renderla impenetrabile il giardino era circondato da un alta muraglia
e pattugliato ogni ora del giorno e della notte.
Un solo ingresso nelle mura, un gigantesco cancello
di ferro, con sbarre grosse più di un braccio, due ingressi
nella torre, quello principale e quello della servitù.
-Punti a nostro favore: gli arbusti e le piante del
giardino sono abbastanza fitti da nasconderci tutti, le guardie ci
impiegano abbastanza tempo per permettermi di entrare prima di tornare
dall'altro lato della torre. Punti a sfavore: nessuno di voi sa
arrampicarsi su una parete di marmo, e non siete abbastanza veloci per
scalare le mura e nascondervi prima del ritorno delle guardie.
Incognite: non so se riuscirete ad essere abbastanza silenziosi, non
posso prevedere i movimenti degli abitanti della torre e non so se
troveremo qualche tipo di difesa magica sugli oggetti che cercate... Vi
avverto che odio le incognite-
Era tornato poco dopo l'alba, trovandoli
praticamente come li aveva lasciati, e scoprendo che esclusa la giovane
non erano affatto stupiti di vederlo “Si fidano veramente,
strana, strana gente”
A meravigliarlo ancora di più era stato
il fatto che avessero insistito affinché mangiasse qualcosa
e si riposasse prima di ascoltare quello che aveva scoperto, non che
gli fosse dispiaciuto, per organizzare l'agguato a quello che ora era
suo socio e gli avvenimenti del giorno prima erano ormai due giorni che
non mangiava ne dormiva, se non contava il tempo che era rimasto privo
di sensi.
Aveva scoperto che gli avevano preparato una stanza
e c'era dello stufato caldo che lo aspettava, quindi avevano fatto
qualcosa oltre ad aspettarlo tutta la notte.
Dopo un paio d'ore di riposo era stato finalmente
pronto a riportare le sue scoperte e a esporre il piano.
-E hai scoperto tutto in una notte-
fischiò esterrefatto il nano
-Questo e altro ancora, la biblioteca che cercate
è al settimo piano, due piani sotto le stanze private di
Sauron, che per nostra fortuna al momento non è in
città, non ho scoperto quando sarà di ritorno ma
sicuramente non oggi, quindi se non avete obbiezioni proporrei di agire
questa notte, preferisco non avere a che fare con lo Stregone... e
vorrei lasciarmi alle spalle questa storia il prima possibile-
-Come sai dove si trova la biblioteca?- l'uomo
decise di sorvolare sull'ultima frase
-Sono entrato- semplicemente, senza vantarsi come
se fosse la cosa più naturale del mondo poi allungandosi
felino sulla poltrona e sorridendo sornione
-Allora ho superato la prova?-
La risata del númenóreano era
calda e forte come il vento del deserto
-Non mi aspettavo niente di meno, la tua fama
è ben meritata-
-Se avete finito di divertirvi, possiamo cominciare
a parlare di lavoro, cominciando dalle incognite-
-Sappiamo essere silenziosi quando serve, e tu lo
sai bene, o non vedo forse un rosso livido sulla tua bionda testolina-
-Concesso mastro nano, se siete riusciti a
sorprendere me, seppure distratto dal vostro capo, sarete
sufficientemente silenziosi per delle guardie annoiate-
-Le difese magiche preoccupano meno me, che voi,
posso occuparmene senza fastidio, cosa che voi non sapreste
fare Gwatheg-
A parlare era stato il vecchio, in un'altra
circostanza si sarebbe offeso per quel nomignolo, ma quello stregone
aveva qualcosa di rassicurante e nessuna parola che uscisse dalle sue
labbra pareva offensiva.
-Gli abitanti non possiamo controllarli in nessuna
maniera, dovremo affidarci alla fortuna per quanto poco mi aggrada-
-Se può consolarti il nostro
Tàralelyol è la persona più fortunata
che conosca- era ancora il vecchio
-Non credo nella fortuna, se esiste non si
è mai degnata di presentarsi, credo nella mia
abilità e nell'acciaio. Comunque sia quello che sia, questo
è il mio piano...
Vado per primo, ragazzina sei in grado di lanciare
un freccia con una fune al di là delle mura?-
-Con te legato alla fune mi darebbe più
soddisfazione-
-Lo prenderò come un si. Dovrete salire
uno alla volta, non c'è abbastanza tempo per farvi passare
tutti assieme, quindi passerete uno per ogni giro delle guardie-
-Non c'è il rischio che vedano la fune-
-Ho detto che vi avrei portato dentro, non che
sarebbe stato sicuro farlo, se avete idee migliori le ascolto-
Silenzio
-A questo punto dovrete restare nascosti
finché non sarò entrato e sceso ad aprirvi la
porta, fortunatamente di notte non c'è molta
servitù in giro non dovrebbero esserci problemi, quindi
prendete quello che dovete e ce ne andiamo da dove siamo venuti-
Silenzio
-Domande?-
-Solo una non avevi detto che non ti piaceva
affidarti alla fortuna?-
-Infatti se ben ricordi mastro nano, ho detto fin
dall'inizio che la vostra idea era pura follia, siete ancora in tempo a
rinunciare- ghignò beffardo
-Nessun ripensamento, si va questa notte- l'uomo
era risoluto, tanto quanto lo erano i compagni
-Mi piacerebbe sapere cosa ci possa essere di
così prezioso in una pergamena da farvi rischiare tanto-
-Mi dispiace, se lo dicessi poi dovrei ucciderti-
fu l'ironica risposta, ricambiata da una smorfia piccata.
Erano entrati, questo era già di per se
straordinario, l'uomo gettò da una parte l'ennesima inutile
pergamena, uno strano calore lo avvolgeva ricordando la figura scura
che scivolava sulla parete liscia, come un ragno, seguendo appigli che
solo le sue abili dita sentivano, no... non come un ragno, sembrava
più un serpente, un sinuoso elegante serpente, immaginava
quelle abili dita sulla sua pelle, quel corpo forte che scivolava sul
suo... pessima idea... gettò un'altra pergamena, con troppa
violenza, guadagnandosi un'occhiata omicida da parte dei compagni.
-Scusate, ma qui ci impieghiamo una vita-
Ancora pergamene su pergamene, il tempo passava,
l'elfo era sempre più teso, ci stavano impiegando troppo
-Forse ho trovato qualcosa, Mithrandir, da
un'occhiata- al sussurro della ragazza tutti si voltarono in attesa.
-E' lei?-
-Si, è quella giusta-
-Fuori allora... non c'è tempo da
perdere-
Si muovevano silenziosi lungo le scale, scivolando
tra le ombre coperti dai lunghi mantelli scuri che li rendevano quasi
invisibili nell'oscurità, fino al piano terra, lentamente la
speranza sulla riuscita dell'impresa cominciò a prendere
forma nei loro cuori... quando tutto svanì improvvisamente...
una porta che si apriva, una giovane cameriera, un
vassoio, il rumore dei vetri rotti assordante nel silenzio, il grido
soffocato dalla lama dell'assassino... ma era troppo tardi, in molti si
affacciarono per vedere la ragione di quel baccano, e mancava il tempo
di farli tacere tutti prima che cominciassero le grida
-Correte!-
E corsero, più veloci che potevano,
anche le guardie correvano, ormai non potevano più
nascondersi, non c'era il tempo di scalare le mura, ma la fortuna li
assistette ancora... il cancello era aperto...
-Al cancello! veloci!-
Le grate cominciarono a scendere lentamente, il
nano fu il primo, seguito dalla ragazza che si era fermata a scagliare
un paio di frecce, anche il vecchio stregone, nonostante
l'età passò agevolmente, solo l'uomo e l'elfo si
erano attardati per coprire la fuga degli altri
-Venite! Presto- Li sentirono gridare...
L'avventuriero si gettò a terra passando
sotto alle grate quasi chiuse pensando di essere seguito dall'altro e
così sarebbe stato se un colpo fortuito di una guardia non
lo avesse sbilanciato quel tanto che bastava per fargli perdere
l'attimo e sentire il tonfo sordo delle barre chiuse dietro di lui.
-Ho mantenuto la parola, siete fuori-
mormorò rivolto più a se stesso che agli altri,
udito solo dall'uomo appena oltre il cancello che non accennava a
muoversi, combattuto tra cercare un modo per tornare indietro e la
salvezza... non c'erano modi per tornare indietro, e se ci fossero
stati nulla avrebbero potuto contro tutte quelle guardie, solo in
quattro, cinque con l'elfo che presto non sarebbe stato più
in condizioni di combattere. Ma non riusciva a lasciarlo, non aveva mai
lasciato indietro nessuno fino a quel momento, vide le frecce di Rhawel
scintillare veloci oltre le sbarre, anche lei non poteva fare molto,
come lui anche gli altri non riuscivano a lasciare un compagno. Non che
l'assassino fosse un vero compagno, a Rhawel neppure piaceva, ma li
aveva aiutati, avrebbe potuto fuggire, invece si era trattenuto per
coprirgli la fuga, gli sarebbe piaciuto pensare che l'avesse fatto per
un altro motivo oltre quello di mantenere la parola data, purtroppo non
ci sperava molto...
Era circondato, non aveva possibilità di
fuga, eppure continuava a resistere, non aveva più
possibilità di attaccare erano in troppi, si limitava a
parare e schivare, ma a ogni ferita i movimenti erano più
lenti... Cadde, le guardie si fermarono sicure di aver vinto,
ammirandolo, forse, quando lo videro puntare un ginocchio a terra e
rialzarsi. Ripresero i colpi, le vesti dell'assassino rese
più scure e pesanti dal sangue suo e di quelli che aveva
ucciso, cadde una seconda volta, e ancora gli assalitori si
arrestarono, curiosi di vedere quanto sarebbe resistito,
tentò di rialzarsi di nuovo ma le forze lo abbandonavano e
dopo un attimo il ginocchio batte violentemente al suolo, ma pure da
quella posizione le braccia si sollevarono pronte per continuare la
lotta, non si sarebbe arreso almeno finché gli restava la
forza di sollevare le sue armi.
Intanto Tàralelyol restava immobile, la
mano tesa verso il cancello, incatenato a quegli occhi di
ghiaccio...che si erano sollevati verso di lui, non stava
più combattendo, le braccia erano scivolate inermi lungo i
fianchi, il rumore secco del metallo contro la pietra mentre le lame
gemelle cadevano a terra... lo osservava...
-Fuggite! Sciocchi!- Furono le sue ultime parole
prima di crollare in avanti, i lunghi capelli biondi sparsi sulla
pietra rossa del suo stesso sangue.
NOTE
Gwatheg: piccola ombra
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 04 ***
*CAPITOLO
4*
E
fuggì, con un peso nel cuore, ma finalmente trovò
la forza di
muovere le gambe e fuggire
-Tornerò...-
non era sicuro che l'altro avesse sentito, era ferito e forse privo
di sensi, ma non era morto, non poteva essere morto.
-Devo trovarlo- non era arrabbiato, non lo stava
chiedendo,
semplicemente li metteva al corrente della sua decisione.
Avevano dovuto lasciare la città, erano
inseguiti, e non
potevano correre il rischio di svelare il loro nascondiglio, per
fortuna erano anche certi che nessuno li potesse riconoscere, il
cappucci li avevano nascosti per tutto il tempo, rendendo loro
possibile ritornare quando avevano avuto la certezza di aver seminato
gli inseguitori
Ed eccoli lì, nella stanza dove diversi
giorni prima avevano
portato in assassino svenuto, a osservare il loro capo percorrerla a
grandi falcate
-Non credo che lui si darebbe questa pena per uno
di noi-
-Non è stato lui a mettere noi in questo
guaio-
-Non lo abbiamo obbligato, e poi cosa ti fa credere
che sia ancora
vivo?-
-E' un elfo, hai un'idea di quanto pochi ne siano
restati? Non lo
sprecheranno uccidendolo e non ho visto nessun colpo mortale, le
stesse guardie si trattenevano ben conoscendo i desideri del loro
padrone-
-Ma è un ribelle, è riuscito
a fuggire una volta, di certo non
si fideranno a lasciargli le libertà di un servitore... e
purtroppo
per lui non credo che un assassino avrebbe molti clienti in un
bordello-
-Non avrebbe molta importanza quello che ha fatto
una volta che
gli avranno messo le Chiavi, ma non credo che sarà quello il
suo
destino, avranno capito che è furbo, già una
volta è riuscito ad
eludere i vincoli e liberarsi-
-Però, ancora non pensi che sia morto?-
-No, se non è morto per le ferite quando
lo hanno preso e come ho
detto non penso lo sia, c'è un unico posto dove possono
averlo
portato e sono sicuro che lo troverò li-
-E dove?-
-All'Esposizione-
Il vecchio annuì pensieroso, il nano
restò a bocca aperta,
bloccando la replica che stava per uscire, la ragazza
rabbrividì.
Lo sapevano, avevano visto gli zoo in altre
città, e sapevano
che, se il signore del luogo poteva permetterselo, gli elfi erano le
attrazioni più ammirate, queste creature selvagge e
sanguinarie,
perché era così che venivano descritte nelle
storie, spaventavano i
bambini e incuriosivano gli adulti, non si potevano certo paragonare
agli animali, per quanto esotici.
Non erano solo gli elfi a subire quel destino, ma
ogni creatura
che non potesse essere controllata da Melkor... Draghi della Luce,
Spiriti degli Elementi, creature così rare e leggendarie che
vederle
in quella condizione metteva i brividi...
Loro lo sapevano, ma preferivano non pensarci,
soprattutto non
pensare che quel destino toccasse a qualcuno che conoscevano,
qualcuno che aveva un nome, qualcuno che prima di incontrarli era
libero.
E così la risposta cinica che il nano
stava per dare, mutò in
una semplice domanda
-Capo, lo sai che il tuo cuore troppo tenero ci
farà ammazzare
tutti, prima o poi, vero?-
-Non vi ho chiesto di venire-
-Non lo fai mai, eppure ti seguiamo ogni volta,
spero almeno che
quel principino vanitoso ci sarà riconoscente- anche la
giovane non
avrebbe lasciato mai nessuno a quel destino
-Mi sarei stupito se non avessi cercato di farlo
ragazzo mio, se
ho scelto te per questa missione è stato perché
ho visto il tuo
cuore ed è il cuore di un uomo che non lascerebbe un amico
in
pericolo-
-Grazie delle tue parole Mithrandir, anche se
dubito che lui ci
consideri suoi amici-
-Ma non è ciò che lui pensa
quello che conta, ma ciò che pensi
tu-
La mattina dopo un distinto nobile
númenóreano passeggiava
distrattamente tra la gente in visita al serraglio, i lunghi capelli
castani legati in una morbida coda, un'elegante tunica corta color
porpora lasciava scoperte le lunghe gambe muscolose fasciate da una
calzamaglia alla moda, gli occhi blu si illuminavano divertiti ogni
volta che la giovane e graziosa nobildonna, abbigliata come lui di
rosso solo di tono più chiaro e coi capelli castamente
coperti da un
velo, si stringeva spaventata al suo braccio, quando passavano vicino
alla gabbia di qualche bestia feroce, sorriso non dato dalla paura
della damigella, ma dalla sua abilità nel simularla.
-Questi vestiti ci sono costati una fortuna e sono
anche
terribilmente scomodi-
-Sei l'unica donna che conosca che non ami i
servigi di un sarto-
rise l'uomo di gusto
-Amerei i servigi dei sarti se non si divertissero
a trattarmi
come un puntaspilli e sapessero cucire anche abiti che permettessero
a una donna di muoversi-
-E' un vero peccato, perché quel abito
ti dona molto, io non lo
butterei se fossi in te, ho già notato gli uomini lanciarti
diverse
occhiate tanto che se fossi realmente il tuo promesso potrei esserne
geloso-
-Ma non essere ridicolo- mormorò
arrossendo -Comunque anche tu
non sei male-
Sapevano perfettamente dove andare, non avevano
bisogno di sapere
che fosse lì, la folla che si accalcava davanti a quelle
sbarre era
un indizio più che sufficiente, nessuno notò le
spalle del nobile
irrigidirsi e le labbra della giovane stringersi, e seppure qualcuno
le avesse notate le avrebbe certamente attribuite allo sgomento
creato da quella creatura feroce, che seppure imprigionata era
comunque spaventosa.
Cosa ci fosse di terrificante Tàr non lo
comprendeva, era anche
lui cresciuto sentendo narrare storie sulla ferocia degli elfi, ma
osservandoli non ne aveva mai trovato traccia, e tanto meno la vedeva
ora, doveva ammetterlo, i carcerieri avevano fatto un lavoro eccelso,
non portava calzari, e la sua pelle era coperta solo da una corta
striscia di pelle legata su un fianco, una linea sottile di intricati
tatuaggi gli circondava la gola scendendo poi lungo il torace fino
all'ombelico, due sottili lacci di cuoio gli stringevano i bicipiti,
scivolando immobili lungo il braccio, immobile... quella era la
parola, come si poteva trovare qualcosa di feroce in quella creatura
immobile.
Era seduto a terra, con le gambe incrociate e le
braccia lungo i
fianchi, la schiena appoggiata alla fredda pietra, il capo chino, la
lunga chioma bionda gli ricadeva sciolta sulle spalle, nascondendo il
suo viso, perché stava nascondendo il viso? Cosa non voleva
che la
folla vedesse? Furia? Rabbia? Odio? Almeno erano queste le emozioni
che l'uomo sperava di poter scorgere in quegli occhi, non voleva
neppure prendere in considerazione le altre.
Forse sentendo inconsciamente, quello sguardo
penetrante su di se,
il prigioniero sollevò gli occhi, rivelando all'uomo proprio
quel
sentimento che non voleva vedervi... rassegnazione, sconfitta... ma
fu una visione veloce prima che viso scendesse nuovamente a fissare
il pavimento grigio.
Sentiva tutti quegli sguardi su di se, lui che per
millenni si era
nascosto a ogni sguardo ora si ritrovava in una gabbia spoglia, sotto
gli occhi di tutti, senza neppure un ombra a velare la sua
umiliazione, quelle occhiate gli bruciavano la pelle, le sentiva
percorrere la sua figura come insetti disgustosi e non poteva fare
nulla se non rifugiarsi nei suoi pensieri cercando di ignorarle.
Finché una sensazione forte, come se uno
di quei dannati insetti
lo stesse pungendo in profondità, come se volessero
strappargli la
pelle e mettere a nudo anche la sua anima, una sensazione che solo
davanti a una persona aveva provato... sollevò lo sguardo,
sicuro
che tra tutti quegli occhi ne avrebbe visti due del colore del mare.
“Dannato bastardo mortale, sei venuto ad
ammirare il risultato
delle tue bravate? Non ti bastava avermi messo in questa situazione?
No, lui voleva ammirare il crudele assassino in catene... Che tu sia
maledetto assieme ai tuoi compagni! E che sia maledetto anche io!
Avrei potuto fuggire facilmente, niente me lo impediva, se non la
parola data... Quella e il fatto che quei maledetti mi piacevano, mi
piaceva essere trattato come una persona e non come una cosa o un
animale! E guarda quello che ci guadagno! Sono fregato, questa volta
non si lasceranno raggirare... ecco a voi la fine della leggenda
vivente! Sei soddisfatto mortale? Hai avuto quello che volevi, non
puoi almeno lasciarmi impazzire in pace! Maledetto, che tu sia mille
volte maledetto! E che almeno il doppio lo sia io! E maledetta sia
anche la Nera signora! Morte unica compagna e amante che ancora una
volta mi hai rifiutato, non potrò dunque mai compiacerti
abbastanza?
Non sarò mai degno della tua compagnia?”
Aveva continuato per ore in quel lungo e silenzioso
monologo,
alternando rabbia e sconforto, escludendo il mondo attorno a se,
aveva sentito il giungere della notte umida, e gli sguardi che
smettevano di torturarlo, finalmente solo nel silenzio, si era alzato
muovendosi nello spazio ristretto per dare sollievo alle gambe,
troppo a lungo rigide... troppo stanco per poter riposare, aveva fame
e sete, non gli portavano da mangiare da due giorni, non erano
contenti di lui e non avrebbe avuto nulla finché non si
fosse deciso
a “dare spettacolo” nessuno pagava per vederlo
immobile sul
pavimento... non lo picchiavano per non rovinare il suo aspetto,
avevano metodi più ricercati loro, sapeva bene che alla fine
avrebbe
dovuto cedere, sentiva i crampi allo stomaco, e la gola bruciava, non
poteva resistere a lungo prima che quel dannato Marchio lo
costringesse a fare quello che volevano per sopravvivere.
Poi aveva udito quel suono, un rantolo seguito da
un tonfo sordo,
un suono che lui conosceva fin troppo bene, il suono di una vita
rubata. Era stato leggero, solo i suoi sensi acuti gli avevano
permesso di sentirlo eppure era sicuro di non essersi sbagliato... di
nuovo silenzio... rumori di lotta, questa volta più vicini,
metallo
contro metallo, spade, pugnali... le guardie dietro la porta della
sua gabbia si allontanarono, sentì i loro passi veloci... la
lotta
continuava... si ritrovò a tremare... amici? Nemici? Uno
strano
sospetto gli aleggiava nel cuore, il ricordo di due occhi blu tra la
folla, ma non era possibile, non potevano essere tornati per lui,
nessuno rischiava la vita per un assassino, nessuno rischiava la vita
per un elfo... si sentì diviso come mai lo era stato prima,
una
piccola parte avrebbe voluto che quel sospetto fosse stato vero,
anche se ormai non avevano speranze di salvarlo gli sarebbe piaciuto
credere che esistesse qualcuno che si preoccupava per lui, l'altra
parte, quella che conosceva bene, avrebbe voluto solo essere lasciata
in pace, non aveva bisogno di amici e soprattutto non aveva bisogno
di sentimenti, i sentimenti significavano dolore, i legami
significavano dolore, essere soli voleva dire essere liberi.
I rumori erano cessati, qualunque cosa fosse
successa presto
l'avrebbe scoperta, passi che si avvicinavano alla porta... la chiave
che girava... il chiavistello tirato...
Entrare non era stato difficile, a volte non era
necessaria
l'abilità di un ladro ma solo un pochino di astuzia, poco
prima
della chiusura un nobile númenóreano era uscito
seccato, lasciando
una damigella in lacrime davanti alla porta del custode, il
poveruomo, che come ogni uomo che si rispetti era assolutamente
incapace di affrontare il pianto di una donna, l'aveva fatta entrare
nel suo ufficio, le aveva offerto da bere imbarazzato constatando poi
con sollievo che era l'ora di chiusura e doveva allontanarsi qualche
minuto per sprangare le porte, sperando che mentre era fuori quella
crisi si placasse, non lo scoprì mai il poveretto, dal
momento che
appena rientrato in ufficio qualcosa di duro lo colpì alla
testa, si
svegliò il mattino dopo con un bernoccolo e della damigella
non
c'era traccia.
Rhawel
gli aveva aperto sorridente, liberandosi degli abiti eleganti e del
velo che le nascondeva i capelli, afferrando l'arco che l'uomo gli
porgeva, aveva sempre avuto con se i pugnali nascosti sotto al
vestito, ma senza l'arco si sentiva disarmata, la prima guardia non
li aveva neppure visti, una freccia in pieno petto ed era caduta
senza un grido, da li in poi non sarebbe stato così facile,
avevano
contato almeno una dozzina di guardie d'istanza all'esposizione e per
raggiungere le porte delle gabbie dovevano passare dalla sala
comune... “dodici contro quattro”
sogghignò l'uomo “uno
scontro impari”
Infatti
la battaglia non era stata particolarmente eccitante, e presto si
erano trovati a rovistare i corpi in cerca delle chiavi.
La
prima porta sulla destra... la spalancò veloce, lui era
lì di
fronte, fermo, bellissimo, la luce delle torce che si rifletteva
sulla pelle candida e i capelli chiari, quelle lunghe gambe
perfettamente modellate che ora si muovevano eleganti verso di lui...
-Ti
siamo mancati?- deglutì evitando di pensare alle sensazioni
che gli
dava quella vista
-Bhe,
almeno un ciao... magari un grazie?-
Si era fermato a un passo dalla porta, gli occhi
sgranati, la
bocca aperta in una frase muta
-Avanti, non abbiamo tutta la notte- gli tese la
mano invitandolo
a seguirli, lo guardò sollevare lentamente la sua e fermarla
a pochi
centimetri dal corpo, sospirare e indietreggiare rassegnato fino alla
parete per poi lasciarsi scivolare a terra.
-E adesso che gli prende! Non vuoi andartene?-
sbottò il nano
impaziente
Lui non rispose, scosse semplicemente il capo inerme
-Non può parlare e non può
fuggire- il vecchio stregone indicò
i tatuaggi sul suo corpo.
Annuì con un sorriso amaro
“Grazie per averci provato, ma per me non
c'è speranza”
-Puoi fare qualcosa Mithrandir?-
-Probabilmente sì, ma non qui, e non
ora, mi serve tempo per
studiare quei simboli e trovare il modo di annullarli-
L'uomo annuì e si avvicinò
all'elfo
-Scusami, ma un giorno mi ringrazierai- prima di
colpirlo
violentemente con l'elsa della spada facendogli perdere i sensi e
caricandoselo in spalla
-Per fortuna che non pesa molto-
ridacchiò Gimli
-Perché vuoi portarlo tu?-
-Tua l'idea, tuo il fagotto, capo- poi
scoppiò in una sonora
risata
-E adesso cosa succede?-
-Niente, niente, pensavo solo a tutte le botte in
testa che ha
preso da quando ci conosce, non credo che ci amerà mai-
Sempre ridendo, con un elfo svenuto in spalla,
aprirono le altre
porte liberando uno Spirito dei fiumi che mormorò solo un
timido
-Grazie- prima di fuggire via e un piccolo Drago argentato che
svolazzò un paio di volte sopra le loro teste prima di
andarsene, le
altre bestie erano realmente pericolose e non volevano vittime
innocenti sulla coscienza.
Si era svegliato ma non si muoveva, aveva paura di
aprire gli
occhi, aveva il terrore che se avesse mosso anche un solo muscolo
avrebbe ceduto a quell'impulso pressante di alzarsi e tornare in
quella gabbia
“Dannate Chiavi, ogni fibra del mio corpo
mi ordina di tornare
indietro, lo sapevo che era inutile, per quanto potrò
resistere? Non
molto, non posso restare immobile per sempre, cosa pensavano di fare?
Se quel mago può realmente fare qualcosa è meglio
che la faccia in
fretta, mi sembra di bruciare, ho paura persino a respirare”
-Sei sveglio?-
“Non rispondo, non posso, sento che se
solo annuissi perderei il
controllo”
-Mithrandir, sta bene? E' rigido come la pietra e
respira appena-
-Sta lottando-
“Una persona intelligente alla fine!
Complimenti vecchio!”
-Contro cosa?-
“La ragazza invece deve impegnarsi di
più”
-Contro i vincoli, sta cercando di non soccombere
all'impulso di
tornare indietro-
-Waw, non credevo fosse possibile!-
“Infatti non lo è... sto
decisamente perdendo, non posso
resistere ancora molto”
-Possiamo aiutarlo in qualche modo-
“Dammi un'altra botta in testa maledetto
umano... non posso
credere di averlo pensato veramente! Dannazione! Va bene, meglio una
botta in testa che questa tortura”
-Se lo legassimo? potrebbe essere sufficiente?-
“Sì,Sì,Sì!
Legatemi per favore! Legatemi!”
-Credo che potrebbe bastare, se fosse nella
condizione di non
poter tornare, dovrebbe riuscire a rilassarsi-
“Se riuscirò di nuovo a
muovermi potrei anche baciarti vecchio”
Sentì le corde attorno alle caviglie
“Cosa fai, stupido mortale?
Più strette! Così mi posso
liberare a occhi chiusi”
-Tàr, lo so che non ti piace, ma cosi
non servono a nulla, devi
stringerle di più e le mani dietro la schiena, non davanti,
ricordati che il vincolo gli imporrà di usare tutta la sua
abilità
per liberarsi, lui per primo deve essere convinto di non poterlo
fare-
“Un altro bacio per il nano! Certo che
quel tipo è inquietante
non sarà che può leggere il pensiero?... Hey,
nano, mi senti?... …
… No, non può leggere il pensiero”
-Va bene così?-
“Sembrano abbastanza strette, dovrebbero
andare, proviamoci...”
aprì gli occhi, provò a strattonarle,
“tengono” finalmente
poteva respirare, stava per annuire quando si bloccò
nuovamente...
“No, non va bene troppe lame in giro per tagliarle, fiamme
per
bruciarle, basta che vi distraiate un attimo e sarò fuori di
qui!”
-Ancora una cosa, capo, legalo a quella roccia
laggiù-
Annuì, ancora una volta il nano aveva
capito
-Perché?-
Spostò lo sguardo prima sulla spada, poi
sul fuoco sperando che
l'uomo capisse
-Certo che se fossi un po' meno sveglio sarebbe
più facile per
tutti- l'uomo gli stava sorridendo, sorrise anche lui, ora che
finalmente aveva di nuovo il controllo poteva rilassarsi e tornare a
essere razionale, si rese vagamente conto che i pensieri avuti poco
prima erano piuttosto assurdi.
-Va bene qui?-
“Abbastanza lontano da tutto, si va
bene” annuì
Si allontanò e tornò con un
fagotto di coperte che stese sul
terreno, invitandolo a distendersi, cosa che fece con piacere, era
veramente esausto, poi lo coprì con le altre
-Avrai freddo- si era dimenticato di essere ancora
praticamente
nudo e solo ora nel tepore delle coperte si rendeva conto di aver
avuto freddo
-Scusa per la sistemazione, ma abbiamo dovuto
lasciare la casa, la
tua faccia ora è fin troppo famosa, comunque qui saremo al
sicuro, è
uno dei nostri rifugi, non lo troveranno-
Erano in una grotta, e a giudicare dalla
temperatura anche
abbastanza in profondità, non gli importava, non era avvezzo
alle
comodità, l'importante era essere al sicuro.
Lo stregone si era avvicinato, aveva appoggiato una
pergamena e
inchiostro a terra poi si era rivolto all'elfo
-Posso?- indicando le coperte -Suppongo che tu sia
stanco, ma
prima comincio a studiare quei simboli prima ne verrò a
capo, posso
solo immaginare quanto questa situazione debba essere spiacevole per
te, mi dispiace-
Annuì e lo osservò mentre
ricopiava i simboli sulla pergamena
“Mi ha davvero chiesto il permesso? Come se avessi potuto
rifiutarlo... Ma avrei potuto, sono sicuro che se mi fossi rifiutato
non mi avrebbe obbligato”
-Ho finito, grazie- e si allontanò
L'uomo invece era ancora al suo fianco
-Ti serve qualcosa? Hai sete, hai fame?-
“Acqua” cercò con lo
sguardo l'otre di pelle, non gli
importava del cibo ma la sete lo faceva impazzire, aveva la gola in
fiamme e la bocca arida, si passò la lingua sulle labbra
asciutte
guardandolo implorante e sperando che capisse.
L'altro tornò un attimo dopo facendolo
sollevare e portandogli la
borraccia alla bocca... Acqua, non ricordava che avesse un
così buon
sapore, gli sembrava di non aver mai sentito niente di più
dolce in
vita sua
-Vuoi mangiare qualcosa?-
Scosse la testa, aveva fame, ma in quel momento
sentiva che se
avesse ingoiato un solo boccone si sarebbe sentito male, aveva i
nervi scossi per tutta quella situazione, e i muscoli ancora
doloranti per lo sforzo fatto poco prima.
-Allora riposa, vedrai che se al mondo esiste
qualcuno in grado di
risolvere questo guaio, quello è Mithrandir-
“Guaio... lo chiama guaio
lui...” Ormai dormivano tutti,
tranne il mago intento a studiare la pergamena coi suoi tatuaggi, e
lui intento a osservare... a quanto pareva non trovava di meglio da
fare che osservare le stellatiti sulla volta della grotta, di dormire
non se ne parlava, troppi pensieri, troppi...
“guai”, e il
peggiore non erano i tatuaggi...”A quanto pare mi fido del
vecchio,
è questo il guaio peggiore, io non mi fido di nessuno, io
sono
Esgalwath, un assassino, ho come unica compagna la Morte, e non mi
fido di nessuno tranne delle mie lame e della mia abilità...
sono
solo, è sempre stato così, non posso permettermi
certe debolezze.
Eppure mi sto fidando del vecchio, non che abbia
molta scelta, ma
è chiaro che prima lascio queste persone meglio
è... non posso,
Melkor Eterno! Non posso andarmene! Sono tornati indietro per
salvarmi, ho un Debito d'Onore, non posso permettere di lasciami un
debito alle spalle, non sarei più libero.
Questa gente ha rischiato molto per liberarmi,
hanno lasciato il
loro comodo rifugio per proteggermi, stanno rimandando la loro
missione per aiutarmi... non posso ignorarlo, sono loro debitore...
sono in debito con quell'uomo, sono certo che è stato per
suo volere
che sono tornati...
Lui è quel genere di uomo, dannatamente
abile, maledettamente
scaltro e incredibilmente bell... buono... incredibilmente buono,
un'idealista, un sognatore, uno di quei principi delle favole che
sconfiggono il Valar malvagio e salvano la principessa... ma le
favole sono favole appunto e nella realtà quelli come lui
fanno una
brutta fine... non che lo sappia per esperienza, non ho mai
conosciuto nessuno come lui...
...
...Quell'uomo porta disgrazia... lo conosco da
pochi giorni e cosa
ci ho guadagnato? Catturato per due volte, due botte in testa, la mia
faccia ora è famosa e solo qui legato sperando che un
vecchio
stregone possa togliermi queste dannate Chiavi... dovrebbero
chiamarlo Sventura...
…
Però non posso lasciarlo, nonostante
tutto non posso... davvero
l'onore è l'unica cosa che mi resta... resterò
quel tanto che basta
per saldare il debito... poi ognuno per la sua strada... ma giuro che
non mi lascerò più coinvolgere dalla loro follia,
vogliono essere
gentili? Vogliono preoccuparsi? La cosa non mi riguarda! E' solo per
dovere che resto”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 05 ***
*CAPITOLO 5*
Si era addormentato molto tardi, nonostante la
stanchezza i pensieri lo tenevano sveglio, ma alla fine il sonno aveva
prevalso, e ora che era riposato doveva ammettere di sentirsi meglio.
Si mise seduto, gli altri erano già
svegli e il profumo di uova e pancetta gli fece contrarre lo stomaco.
Come al solito l'uomo fu il primo ad avvicinarsi
-Ben svegliato, non ti abbiamo chiamato per la
colazione, eri molto stanco e non volevamo disturbarti. Hai fame?-
Un secco cenno di assenso, non lo guardò
negli occhi, aveva ritrovato lo sguardo gelido di quando lo aveva
incontrato la prima volta
-Non posso slegarti, dovrai lasciare che io...- un
altro cenno brusco, non lo aveva neppure lasciato finire la frase.
Lo imboccò con calma, l'atteggiamento
freddo dell'elfo non lo disturbava, in realtà era
più turbato dal vederlo confuso e arrendevole, quello era un
comportamento che non gli era consono, ora sapeva che stava meglio.
-Mithrandir ha trovato il modo di cancellare i
tatuaggi- rimase fermo con un boccone sospeso davanti alle labbra
serrate
-Finisci prima. Sarà una procedura lunga
e spiacevole, è meglio che tu sia in forze- Lo aveva
immaginato, raramente quello che aveva a che fare con la magia era
piacevole.
-Mi dispiace, sarà molto doloroso,
dovrò interrompere alcune linee, e tracciarne altre, per
tracciarle sarà sufficiente l'inchiostro, non è
necessario tatuarle da momento che non saranno permanenti... ma per
interromperle, l'unico modo... è incidere la pelle-
Annuì deciso, l'aveva capito nel momento
in cui aveva parlato di interrompere le linee, aveva visto il
coltello... andava bene, un dolore passeggero rispetto alla sofferenza
che ancora sentiva per il desiderio di tornare indietro...
Si sdraiò e fece segno di cominciare...
lui era pronto... regolarizzando il respiro ricominciò a
fissare le stellatiti.
-Tàr, ho bisogno del tuo aiuto, quando
taglierò dovrai premere questo impasto nella ferita, serve
ad attenuare il dolore e a tenere scostati i margini delle ferite-
Sentì le mani calde dello stregone
sfiorargli la pelle, mormorando a fior di labbra strane parole che non
comprese, il freddo dell'inchiostro, il dolore del primo taglio,
inarcò la schiena e affondò le mani nella stoffa
del giaciglio e stringendo i denti gli fece cenno di proseguire
-Mi dispiace- sentì mormorare l'uomo -E'
colpa mia, e tutta colpa mia-
“Ma non è colpa sua”
pensò “Non è colpa sua se mi sono fatto
prendere, è colpa del destino, o tuttalpiù mia,
che non sono stato abbastanza agile, ma non è colpa sua, io
stesso gli ho dato quelle colpe, ben sapendo che non le
meritava”
Ormai stava ansimando, aveva perso il conto dei
tagli sul suo corpo, gocce di sudore gli imperlavano la fronte, una
mano gentile le asciugò e gli accarezzò i
capelli, ormai sentiva solo quell'arcana melodia sommessa,
finché di colpo anche quella tacque... e sentì il
fuoco esplodere nel petto, gridò di dolore inarcandosi quasi
a spezzarsi, per perdere finalmente i sensi.
Il primo pensiero quando si svegliò gli
fece affiorare una smorfia seccata “E siamo a quattro, ormai
è più il tempo che passo svenuto che
altro” poi si accorse di essere slegato, l'istinto lo fece
irrigidire come aveva fatto la volta precedente, ma non
sentì nessun bisogno impellente che lo costringesse a
fuggire, nessuna forza che lo trascinasse indietro “Ci sono
riusciti! Quello che si dice sullo stregone non gli rende giustizia...
non è certamente solo piuttosto abile... è
estremamente potente! Se la gente sapesse che quei vincoli possono
essere rimossi senza l'intervento di un adepto di Melkor... se la gente
lo sapesse lui adesso sarebbe morto... anche lui ha rischiato molto
mostrandomi il suo potere”
Aprì gli occhi, lo stavano osservando,
aspettavano una reazione
-Stai bene? Puoi parlare?-
-Sì- Era strano sentire la sua voce, era
stato per periodi anche più lunghi senza sentirla, ma mai
perché qualcuno gliel'aveva tolta.
-Riesci a muoverti? Senti ancora il bisogno di
fuggire?-
-Si. No- Lo sguardo fisso, la voce dura, non
avrebbe incrociato ancora quegli occhi, non si sarebbe reso debole una
seconda volta
Cercò di osservare il torace, per
valutare le sue condizioni, ma scoprì che lo avevano
già medicato e bendato
-Non era grave, le ferite erano piccole, non
resteranno neppure le cicatrici-
-Il tatuaggio?- Avrebbe dovuto essere impassibile
ma la sua voce si era incrinata
-E' scomparso completamente... guarda-
sollevò un poco una striscia di lino scoprendo una piccola
porzione di pelle, liscia... nessun segno nero... nessun simbolo arcano.
-Bevi questo- lo stregone gli porse una tazza
-Nessuna magia, solo erbe, ti aiuteranno a riposare e a sopportare il
dolore. Vedrai che al tuo risveglio starai di nuovo bene-
Accettò seccato la mano che lo aiutava a
sollevarsi, bevve e si distese nuovamente aspettando il sonno
ristoratore.
-Si può sapere perché deve
essere sempre così gelido? Almeno un grazie poteva dirlo-
bisbigliò la ragazza
-Lascia perdere Rhawel-
-Ma...-
-Ti ho detto di lasciare perdere- aveva alzato la
voce, era la prima volta che lo sentiva perdere il controllo poi
continuò stanco
-E' colpa nostra... colpa mia, se si è
trovato in quella situazione, non ha nulla per cui ringraziarci-
-D'accordo, io lascerò perdere... ma tu
non azzardarti a sentirti in colpa per lui... mi hai capito! Lui non lo
merita-
“Ha ragione Tàr... non lo
merito, prima lo capisci meglio sarà per entrambi”
Infatti stava di nuovo bene, doveva aver dormito a
lungo perché il suo stomaco reclamava attenzioni senza
aspettare l'invito raggiunse il gruppo attorno al fuoco e si
servì una porzione di carne, avevano fatto i bagagli,
probabilmente stavano per partire.
Lo guardarono muoversi con sicurezza e distacco,
non avevano pensato che li raggiungesse, mangiò con calma,
senza guardarli, era vicino a loro ma allo stesso tempo separato da una
pesante barriera.
L'uomo gli allungò un fagotto, i suoi
pugnali erano appoggiati sopra... pensava che non li avrebbe
più rivisti
-Questi sono tuoi, li abbiamo trovati quando siamo
venuti a liberarti, immaginavo li volessi indietro, ci sono anche le
monete che avevamo pattuito-
Prese gli abiti e le lame, le accarezzò
dolcemente, le sue amiche...
-Volevo solo dirti che mi dispiace averti creato
tanti problemi... Noi stiamo per partire, puoi restare qui tutto il
tempo che vuoi, finché non deciderai dove andare, abbiamo
lasciato anche un po' di provviste- il tono dell'uomo era stanco,
rassegnato, se avesse sollevato lo sguardo troverebbe sicuramente la
tristezza in quegli occhi blu.
-Io so già dove andare, potete
riprendervi le vostre provviste-
-Ah... bene...-
-Vengo con voi-
Il tonfo di un piatto che cadeva, quello della
donna, il nano era bloccato con un pezzo di carne tra i denti col sugo
che gli colava sulla barba rossa, il vecchio sorrise “Lo
sapeva il vecchio intrigante, un giorno dovremo fare una chiacchierata,
sei molto più di quello che sembri vero?”
-Non vi agitate, non provo certo piacere nella
vostra compagnia, e presumo la cosa sia reciproca. Ma ho un debito, e
io i debiti li pago, quindi vi seguirò fino a quando
potrò considerarmi pari e poi saluti e con un po' di fortuna
non ci rivedremo più-
-Non hai nessun debito, considerati pure libero-
-Non posso, perché il debito
c'è, non eravate tenuti a venire a salvarmi, avevo accettato
e conoscevo i rischi... ma siete comunque venuti e per quanto consideri
questa vostra azione sciocca e illogica non posso ignorarlo-
-Parla col capo, è stato lui a volerti
tirare fuori, per quanto mi riguarda stavi bene dove stavi-
-Fingerò di credervi madamigella,
seppure abbia contato quattro persone non una quella notte, ma forse i
miei sensi offuscati mi ingannavano.
Comunque sia con te soltanto Tàralelyol,
come loro capo, vedrò saldato il mio debito.
E ora se volete concedermi qualche istante per
vestirmi, che sono stanco di apparire come una bestia ad una fiera,
sarò pronto a partire-
-Ti ho forse detto che potevi venire con noi?-
-No, non l'hai fatto... capo...- con un sorriso
ironico -Ne io l'ho chiesto. Verro con voi, sia che io cammini al
vostro fianco, sia che io vi segua nascosto e quando vi troverete in
pericolo sarò lì per pareggiare i conti-
-Non sai neppure dove stiamo andando, non
sarà una gita di piacere-
-Su questo ci contavo, molti pericoli
più probabilità di chiudere in fretta la
questione-
Continuò rivolto al resto della compagnia
-Vorreste accettare una tregua? Non vi prometto
amore e neppure amicizia, ma non vi recherò fastidio se non
ne recherete a me-
-E' un po' deludente come richiesta di una tregua.
Se fossi io il capo ti caccerei il più lontano possibile da
noi, non ci serve un assassino che non conosce altro che gelo e morte,
ma non sono io a prendere le decisioni e se gli altri ti accetteranno
farò la mia parte per... non recarti fastidio-
-Molto gentile da parte vostra mia signora-
-L'ho già detto una volta, non ti
capisco, ma rispetto il tuo senso dell'onore e tanto mi basta, se
è tuo desiderio seguirci non ho nulla in contrario, anzi
trovo interessante poterti conoscere perché seppure gelida
la tua lingua è assai arguta-
-Benvenuto, avevo sperato in questa tua decisione-
è l'unico commento dello stregone
-Quindi Tàralelyol ora conosci i
pensieri dei tuoi compagni, la decisione spetta a te-
-Se questa è la tua scelta, non mi
opporrò, ma prima penso sia il caso che tu conosca la nostra
destinazione e la nostra missione... Potresti non essere più
tanto ansioso di seguirci, dopo che mi avrai ascoltato-
-Già ora non sono ansioso di seguirti,
ma ascolterò la tua storia, perché molto mi
incuriosisce sapere cosa può esserci scritto di
così importante in una pergamena... Potere? Gloria?
Ricchezze?-
-Libertà, Verità e Giustizia
è quello che cerchiamo- “Sciocco idealista e
sognatore fino al midollo”
-Comincerò dall'inizio,
sorvolerò come siamo giunti a questa conoscenza
perché questo è un segreto che non riguarda me, e
non voglio svelare i segreti degli altri... ti basti sapere che abbiamo
sentito una storia, a che l'abbiamo verificata per accertarci che fosse
vera.
Questa storia parla della grande menzogna di
Melkor, egli non è ne Giusto, ne Illuminato, ne
Pacificatore, regna con l'ausilio della paura e solo per questo motivo
che la nostra era non conosce lotte, fu lui a scatenare la guerra
contro i Valar ingannando gli umani e i nani e convincendoli della loro
malvagità, ma la parte importante della storia è
che egli non distrusse i Valar, furono loro a ritirarsi per evitare che
quella guerra annientasse il mondo da loro creato, e con loro portarono
gli Elfi... Posso capire quanto questa rivelazione possa risultarti
sconvolgente, scoprire che il tuo popolo non è scomparso e
non tutti sono asserviti...- aveva notato la piega tirata delle labbra
quando aveva nominato gli elfi
-Non cercare di capire cosa provo-
soffiò con rabbia -TU non sai nulla, non mi importa di
quella gente, io non sono uno di loro! Puoi chiamarmi elfo ma non
accomunarmi mai a quella gente, quelli che mi hanno messo al mondo mi
hanno abbandonato al mio destino, nessuno è mai venuto a
cercarmi! Io non conto nulla per loro e loro non contano nulla per me!-
-Ma non puoi sapere...-
-COSA!? Perché sono stato lasciato solo
a morire, se non mi avesse trovato quella nana! Perché la
donna che mi ha partorito odiava tanto suo figlio da lasciarlo senza un
biglietto? senza nulla? O forse vorresti dirmi che lei mi amava e
sarebbe voluta tornare ma non ha potuto? Non mi importa! Per quanto mi
riguarda ho avuto una sola madre e non era un elfo, non voglio
conoscere le scuse che potrebbe avere... Quindi se vuoi continuare con
la storia fallo ma non presumere cose su di me, quando non mi conosci
affatto!-
Se voleva essere sicuro che tutti capissero quanto
invece gli importava non avrebbe potuto reagire meglio, mai lo avevano
visto così furioso, ne lo avevano sentito gridare, persino
quando era stato catturato era rimasto gelido e impassibile, ma
ricordare le sue origini gli faceva perdere il controllo.
Proprio per quel motivo l'uomo decise di non
insistere, poteva vedere quella ferita aperta e capiva che era per
difendersi da quella ferita che allontanava tutti, l'idea che li
seguisse comincia a essere meno brutta, forse poteva salvarlo,
“idealista” penserebbe l'elfo, ma davvero quel
mortale aveva il cuore troppo tenero.
-Perdonami hai ragione, non succederà
più. Dunque dove ero arrivato... I Valar si sono ritirati e
gli elfi li hanno seguiti e noi sappiamo dove si sono rifugiati... ma
non come raggiungerli.
Quella pergamena contiene una mappa, una mappa che
ci condurrà in un luogo dove speriamo di trovare qualche
indizio sulla strada da seguire per superare le Nebbie Invalicabili.
-Bene- rispose freddamente
-Bene?... Nessun siete folli? Oppure questo
è un suicidio? Nessuna domanda del tipo perché li
cerchiamo? O cosa faremo quando li avremo trovati? Non ti
interessa sapere in che avventura ti stai cacciando?-
-Non particolarmente, ho già detto che
più la strada è pericolosa prima mi
libererò. E' la vostra missione quindi non mi interessa
quanto sia folle e siete liberissimi di suicidarvi. Ultimo, so
perfettamente cosa farete quando li troverete... morirete, tu sei un
númenóreano, il tuo amico un nano, saranno
certamente felicissimi di vedervi- concluse ironicamente
-Comunque, come vi ho detto, la cosa non mi
riguarda, per quel tempo prevedo di essere lontano-
-Immagino che a questo punto ogni altra discussione
sia inutile, come inutile resta la tua decisione di seguirci, lo
ripeto... Non hai nessun debito nei miei confronti, ma se davvero sei
deciso a seguire il tuo senso dell'onore non posso fare altro
che accettarlo-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo 06 ***
*CAPITOLO 6*
“Verde!” La foresta era verde,
non di un unico verde intendiamoci, decine e decine di
tonalità diverse, ma sempre verde restava! C'era il verde
del muschio, quello dell'erba, quello delle felci, quello
più scuro dei cespugli di ginepro, che graffiavano in
maniera non troppo piacevole, e quello delle foglie... milioni di
foglie che sembravano avere ognuna il suo verde particolare...
“chi ha inventato il modo di dire Verde-Foglia dovrebbe
spiegarmi a quale foglia si riferiva” l'elfo
sbuffò “ e non possono starsene un po' ferme?
Sempre a frusciare, mai un momento di silenzio!”
Esgalwath non amava i boschi, non li aveva mai
amati, nella sua lunga vita aveva viaggiato molto, e ne aveva
attraversati molti, ma restava una creatura di città, amava
la sicurezza delle quattro mura, una solida parete a coprirgli le
spalle, ampi tetti su cui strisciare e nascondersi, angoli e vicoli bui
in cui scomparire, e i rumori... quelli familiari, passi, zoccoli,
ruote, voci, quelli li capiva e li identificava.
Perciò camminava sempre più
teso al fianco dei compagni improvvisati, cercando di espandere i sensi
confusi da quei rumori molesti.
-Avverti qualche pericolo?- quell'atteggiamento
teso e guardingo non era sfuggito al comandante della compagnia, che
già temeva di trovarsi a combattere il primo giorno di marcia
-No- fu la risposta secca e stizzita -e non lo
avvertirei neppure se ci fosse, non con questo baccano-
-Baccano?- tese l'orecchio cercando di capire a
cosa l'altro si riferisse
-Non lo senti? Il vento, le foglie, gli uccelli,
gli insetti come è possibile sentire se qualcuno ci sta per
tendere un'imboscata? E se così fosse non c'è un
dannato posto in cui nascondersi!-
Lo sguardo gelido era quasi tagliente per la
concentrazione, le labbra serrate e i muscoli tesi. Cosa che il
númenóreano trovava al quanto divertente
-Sei veramente l'essenza stessa del cittadino
perfetto- ridacchiò – Scusa ma data la tua
abilità, certo non pensavo che qualche foglia ti spaventasse-
-Non mi spaventa- lo fulminò l'elfo
– e solo perché trovo la vita di città
più comoda non significa che non sia in grado di cavarmela
in una foresta. Per tua informazione ho viaggiato molto e non avevo
compagni a proteggermi-
-Questo lo sapevo, anche se ora mi chiedo come tu
ci sia riuscito senza impazzire per l'ansia-
Un lieve rossore colorò la pelle candida
dell'immortale
-Sarò anche fuori dal mio elemento, ma
la cosa non ti riguarda, quando ci troveremo davanti una battaglia
saprò fare la mia parte-
-Di questo non dubito, ma mi spiace vederti
così nervoso...-
-Ho già detto che non è affar
tuo- replicò gelido
-Se la smettessi un momento di stare sulla
difensiva- sbuffò l'uomo stizzito -Volevo solo dire che
dovrai stare in questa situazione per molto tempo, non abbiamo in
programma di fermarci in centri abitati, se potremo evitarlo. Quindi
visto che il viaggio è lungo e noioso ti avrei proposto di
insegnarti quello che so sui boschi, non sono così diversi
dalla città che conosci quando hai imparato a distinguerne i
rumori. Ma vedo che a te piace questa situazione, quindi continua pure
a sobbalzare per ogni cinguettio- e si allontanò per
raggiungere gli altri lasciandolo di nuovo solo.
Lui ci provava davvero a essere gentile, ma
quell'essere era la cosa più irritante con cui avesse mai
avuto a che fare, neppure un santo potrebbe mantenere la calma di
fronte a quello sguardo gelido, quello sguardo che poteva diventare
azzurro come il cielo... “No, era solo una finzione... non
pensarci Tàr... gelido è solo gelido e tagliente
come un rasoio... ma anche così è veramente
eccitan... crudele, solo crudele”
Forse era stato troppo affrettato con l'uomo, non
sarebbe stato male imparare qualcosa, gli sarebbe potuto tornare utile
in futuro, quel mortale fastidioso non aveva torto, ogni volta che si
era trovato solo in terre selvagge era stato un tormento, sempre coi
nervi tesi, una grave mancanza per uno come lui, aveva sempre usato le
persone per i suoi scopi perché questa volta avrebbe dovuto
essere diverso, il fatto che non gli piacesse quel particolare uomo non
avrebbe dovuto essere un problema, non gli era mai piaciuto nessuno
eppure aveva cercato di imparare da tutti quanto più
poteva...
“Ma non è questo il problema
vero? Sii onesto almeno con te stesso, non riesci a usarlo come usi gli
altri solo perché temi di avvicinarlo, quell'uomo ti piace e
hai paura che avvicinandoti non riusciresti a mantenere il dovuto
distacco” “Non mi piace affatto! Non lo
sopporto...” “Bugiardo, ma se non riesci a
staccargli gli occhi di dosso” “Lo ammetto
è un bell'uomo, mi riesce difficile non guardarlo. E allora?
Non mi sono mai negato i piaceri della carne” “Per
lui è diverso, se mai ti concedesse il suo corpo non lo
farebbe certo solo per appagare i sensi, non è quel genere
d'uomo... hai mai sfogato i tuoi istinti con qualcuno che potesse
guardarti in volto mentre lo facevi? Non negare che sarebbe
diverso” “L'ho già fatto”
“Erano vittime, il tuo volto era l'ultima cosa che vedevano,
saresti disposto a ucciderlo?” “No”
“No, non lo faresti perché lui ti attira, ti
incuriosisce... non hai mai incontrato uno come lui”
“Perché gli idealisti muoiono, di certo non mi
interessa un debole, così sciocco da rischiare la vita per
qualcuno che a malapena conosce “ “Allora se non ti
interessa e lo consideri un debole perché hai paura ad
usarlo?” “Non ho paura, è una questione
d'onore, per quanto consideri il suo gesto sciocco e illogico resta il
fatto che mi ha aiutato, non sarebbe giusto usarlo per i miei
scopi” “Ma se è lui a proporlo non lo
stai usando, quindi cosa ti spinge ad allontanarlo se non la paura di
sentirti di nuovo vulnerabile?” “Non ho paura e non
mi lascerò più coinvolgere da queste persone!
Semplicemente non avevo pensato che potesse essermi utile... questo
dannato bosco mi distrae”
Pensare, parlare con se stesso, l'unica persona
sulla quale contare, lo aveva sempre aiutato a chiarirsi le idee... ora
sapeva cosa fare, o almeno credeva di saperlo.
Si fermarono al tramonto dopo aver camminato tutto
il giorno, erano stanchi ma le chiacchiere attorno al fuoco erano
allegre e rilassate, per tutti tranne per l'elfo che continuava a
tenersi in disparte, non che qualcuno cercasse di coinvolgerlo, nessuno
aveva voglia di sentire i suoi commenti sprezzanti. Quando ormai anche
l'ultimo raggio di sole si era spento da tempo si erano distesi nei
giacigli per le meritate ore di sonno, tranne l'uomo, che dopo aver
acceso la pipa si era messo comodo contro un albero preparandosi al
lungo turno di guardia.
-Ti piace molto vero?- l'immortale aveva aspettato
che tutti dormissero prima di raggiungere il
númenóreano, era così assorto in
contemplazione che quasi pensava non l'avesse sentito, si era seduto al
suo fianco e solo dopo minuti di silenzio aveva parlato.
-Cosa?- Era sorpreso, non che non l'avesse sentito
alzarsi e avvicinarsi, era sorpreso della sua presenza così
vicina e della domanda, non aveva più rivolto la parola a
nessuno per tutta la giornata.
-Il bosco-
-Perché ti interessa? Vuoi avere
qualcos'altro per criticarci e farci notare quanto ci consideri
insignificanti?- Non aveva avuto intenzione di essere così
brusco, ma le parole erano uscite senza riflettere, l'atteggiamento
dell'elfo lo feriva, più cercava di essere gentile,
più questo lo allontanava.
-Scusa, non era mia intenzione disturbare... avevo
solo pensato che... niente... non fa niente...-
“Già, cosa avevo pensato? Che mi dispiaceva essere
stato così brusco questa mattina? Che mi avresti accolto a
braccia aperte solo perché venivo a parlarti? Cosa
pretendevo, sono io che voglio tenere tutti lontani, alla fine anche
lui l'ha capito”
Ma quando si alzò per allontanarsi una
mano gli afferrò il polso bloccandolo.
-Si mi piace molto- “Perché
sei qui? E' forse il tuo modo per scusarti? Non avrei dovuto reagire in
quel modo, è la prima volta che si avvicina di sua
volontà”
-Perché?... Sto cercando di capire,
avevi ragione oggi, questi luoghi mi inquietano, non riesco a trovare
nessuna bellezza al contrario di te... forse se riuscissi a trovarla
sarei meno nervoso-
-E' difficile spiegarlo a parole... non
è il bosco in se, potrebbe essere la brughiera o persino il
deserto... è per come mi fanno sentire... libero, credo che
libero sia la parola giusta. Immagino tu non capisca vero? Io sono
libero, ma quando sono rinchiuso tra quattro mura, o tra gli stretti
vicoli o in una strada affollata, mi sembra di soffocare, mi sento come
un animale in gabbia...- vide l'altro irrigidirsi a quel paragone
-Scusa, non volevo, non è stata una
scelta di parole felice-
Un lieve cenno del capo gli fece capire che non
importava e lo incoraggiò a continuare
-Hai mai guardato il cielo? Guarda- indicando la
volta punteggiata di stelle sopra di loro -Hai mai visto niente di
simile nelle tue città? Lì il cielo è
sempre velato dai fumi e offuscato dalle luci... non ti fa sentire
piccolo e insignificante? Come se tutti i nostri pensieri e dolori
fossero briciole microscopiche nell'immensità del creato...
eppure mi riempie anche di orgoglio perché io stesso faccio
parte di questa meraviglia-
Si interruppe perso in quella distesa infinita
dimentico di tutto, persino dell'assassino al suo fianco che in quel
momento era rapito dallo stesso spettacolo, non si era mai soffermato
molto a guardare il cielo, non sapeva se per merito delle parole
dell'uomo o davvero lontano da tutto fosse diverso ma non si era mai
sentito come in quel momento... colmo di meraviglia per quella visione
sublime, ancora non riusciva a condividere le emozioni dell'uomo ma
certamente non aveva mai visto niente di così bello.
Parlando più a se stesso che ad altri
Tàr riprese
-E non è solo il cielo, pensa agli
alberi, o all'erba o la sabbia, immobili eppure sempre in movimento,
uguali ma sempre diversi... la forza della natura scorre in loro e io
posso sentirla, sulla pelle, nell'aria che respiro, nel sole che mi
scalda, nell'acqua che mi bagna... la sento e mi da forza, mi da
coraggio... … Tu la senti?- Ricordandosi all'improvviso
dell'elfo al suo fianco
-Se ti riferisci al fatto che come elfo dovrei
avere un legame particolare...-
L'altro lo interruppe prima di ricominciare quella
discussione
-No, mi riferivo al fatto che i tuoi sensi sono
molto più sviluppati di quelli di qualunque umano, tutti i
tuoi sensi, quindi pensavo che anche tu potessi percepirlo-
-No, io... a essere sincero non ci ho mai neppure
provato, ero troppo nervoso per concentrarmi su qualcosa che non
fossero i rumori... non saprei neppure cosa devo sentire-
Una risata calda, non si sentì offeso,
non era una risata di scherno ma di meraviglia
-E' questo il tuo primo errore, quando sei
all'aperto non sono i rumori a doverti spaventare, ma il silenzio,
quando la natura si sente minacciata tace, non preoccuparti che il
cinguettio degli uccelli copra l'avanzata di un pericolo, preoccupati
quando non sentirai gli uccelli cinguettare-
-Vorresti insegnarmi?- “Ecco l'aveva
chiesto, non era stato cosi difficile”
-Mi piacerebbe molto-
-Bene- Bene, non grazie, lui non ringraziava mai
Dopo quella notte il cammino si presentò
più rilassante per tutti, Esgalwath cominciava a sentirsi
più a suo agio in quei luoghi, gli altri componenti si
sentivano più a loro agio in sua presenza, perché
anche cercando di ignorarlo l'elfo taciturno li innervosiva tutti,
invece quel nuovo compromesso sembrava aver stabilito una sorta di
equilibrio nel gruppo.
Fu tutto chiaro fin dal primo mattino, la voce di
Tàralelyol che spiegava tranquillo e quella dell'assassino
che poneva domande, dopo un momento di confusione, infatti nessuno
aveva mai sentito quella voce non accompagnata da note sarcastiche,
ironiche, acide o astiose, avevano cominciato prima timidamente poi
più frequentemente a inserirsi nei discorsi, aggiungendo
particolari alle spiegazioni dell'uomo o chiarendole a loro maniera.
Esgalwath si era accorto ben presto che il nano
poteva parlare per ore se nessuno lo interrompeva, le sue spiegazioni
fiorivano di metafore spesso divertenti, sebbene potesse sembrare
superficiale e goliardico non era mai banale, e non parlava mai a
sproposito, aperto e sincero, forse troppo diretto ma comunque arguto e
di piacevole conversazione.
La ragazza invece era ancora guardinga nei suoi
confronti, anche se si impegnava per aiutarlo spesso lo faceva con
sufficienza, soffocando commenti ironici sulla sua ignoranza,
osservandola però aveva notato che il suo atteggiamento era
leggermente riservato con tutti, tranne che col suo capo, e aveva
intuito che le ragioni della sua freddezza nei suoi confronti andavano
in qualche modo oltre al suo modo di porsi, sicuramente non ne aveva
mai accennato, ma nel suo mestiere era arrivato a conoscere
profondamente l'animo umano, era convinto che le ragioni del disprezzo
della donna avessero radici profonde e l'unica spiegazione che poteva
trovare stava nel fatto che disprezzasse o gli elfi o gli assassini...
o entrambi.
Il mago non parlava quasi mai, si limitava ad
annuire spesso perso in profondi pensieri, ma un paio di volte si era
fatto convincere a narrare storie del tempo prima della vittoria di
Melkor, storie bellissime sui primi elfi e sui giardini dei Valar,
aveva descritto i quattordici potenti, e le loro dimore, erano storie
fantastiche che diceva di aver appreso negli anni di studi, ma quando
narrava sembrava perso nella malinconia dei ricordi, una ruga di dolore
e rimorso si disegnava sulla sua fronte, quel vecchio incuriosiva molto
l'elfo, intuiva fosse molto più di quanto diceva di essere,
ma non riusciva a capire cosa nascondesse.
L'uomo invece continuava a stupirlo, l'aveva
classificato come un sognatore, scaltro ma debole, aveva invece
scoperto che sapeva essere cinico e estremamente determinato, era molto
istruito, conosceva molte canzoni antiche, i trattati sull'arte della
guerra e sapeva parlare l'antica lingua, poteva essere un abile
manipolatore tanto che anche lui era caduto nei suoi tranelli arrivando
nei ragionamenti esattamente dove voleva farlo arrivare ma usava
raramente questa abilità dal momento che il suo carisma non
gli rendeva necessario servirsene per i suoi scopi.
Aveva sicuramente sangue magico nelle vene,
altrimenti non si poteva spiegare il modo in cui riusciva a percepire
le energie della natura, sembrava quasi potesse comunicare con le
piante e gli animali, la cosa non era molto strana, grazie a Melkor e
ai suoi seguaci, che non si facevano scrupoli a disseminare il regno di
bastardi, la magia era piuttosto diffusa tanto che era stato creato un
ordine di maghi anche se nessuno era molto potente, ma quell'uomo
sembrava non rendersene neppure conto, senza sforzo alcuno poteva
sentire il vento parlare di pioggia e diceva che erano solo gli anni di
esperienza, ma era chiaro che era molto di più, nessuna
esperienza poteva fargli capire che tra i rami di un pino si nascondeva
un nido di vipere a più di cento passi di distanza.
Dopo cinque tranquilli giorni di cammino, di cui
due persi a cercare un guado sicuro sul Gelion in piena avevano
raggiunto le falde degli Ered Luin, e le cascate del Lhûn,
dietro le quali a detta di Gimli si nascondeva un passaggio per
attraversare velocemente le montagne e soprattutto di evitare la Torre
di Hendomindo* che dominava il passaggio tra gli Ered Luin e le
Montagne Bianche.
-Gimli, sei sicuro che sia qui?- chiese scettica
Rhawel
-Che c'è, non ti fidi?- La
guadò storto il nano
-Non dubiterei mai di voi Messer Gimli- inchino
ironico -Ma mi permetto di obbiettare che non vedo nulla-
-Madamigella cara, se si vedesse non sarebbe un
segreto vi pare?-
-Lungi da me contraddirvi ma se non lo vediamo...
come lo troviamo?-
-Vi ho detto o no che so dove si trova...
più o meno...-
-Io ho sentito che avete detto che durante una gara
di bevute... memorabile, parole vostre... un nano vi ha svelato la sua
esistenza... ora mi chiedo chi dei due fosse più ubriaco-
-Insomma la volete finire voi due! E' da ieri che
va avanti così!- Anche se all'inizio era stato divertente
ormai Tàr non ne poteva più delle beccate di quei
due
-Infatti è da ieri che ho scoperto che
questo passaggio esiste grazie a una gara di bevute tra nani, lo sai
capo come finiscono quelle gare-
-Certo che lo sa... finiscono con me che vinco-
L'uomo scosse la testa sbuffando esasperato, e
sollevò lo sguardo verso l'elfo che sorrise divertito,
seduto su una sporgenza rocciosa a qualche metro sopra di loro, le
gambe ciondoloni nel vuoto, e i capelli mossi dal vento umido della
cascata.
Aveva trovato quasi subito il passaggio, ma era
così beato in quella sensazione di pace che non voleva
perderla, su quella roccia sospesa nel vuoto riusciva a capire i
sentimenti che l'uomo cercava da giorni di trasmettergli, mentre
osservava la sua mano penetrare la sottile parete d'acqua e la vedeva
dividersi in lucenti nastri tra le sue dita, la foresta verde che si
adornava di mille arcobaleni per la nebbiolina umida che si posava
sulle sue ciglia, e quel profumo... non aveva mai sentito l'aria
profumare in quel modo, fresco e dolce, aveva attraversato quella
parete trasparente e gelata e si era sentito vivo, si era sentito
limpido e libero come se in quel momento il passato non esistesse,
aveva inclinato la testa all'indietro lasciando che mille aghi di
giaccio trapassassero la pelle scivolando sui capelli, lungo la schiena
e non aveva sentito dolore ma gioia, e ora mentre il vento gli
asciugava la chioma bionda ancora gioiva, per le chiacchiere assurde
dei compagni, per l'espressione implorante dell'uomo, per quelle
stupide goccioline che gli annebbiavano la vista... sapeva che presto
si sarebbe dovuto alzare, che presto quella sensazione sarebbe svanita
ma non voleva perderla “ancora un momento, un momento solo
per capire cosa significhi essere liberi, essere vivi, poi
potrò chiudere nuovamente il mio cuore, ma ora quando
morirò saprò di essere stato vivo almeno per
qualche istante”
Fu solo dopo molto tempo che, forse mosso a
pietà dall'espressione supplice del
númenóreano, si decise ad alzarsi facendo segno
agli altri di raggiungerlo.
-Se avete finito di litigare, penso che il nostro
Gwatheg abbia trovato la strada-
-Che vi dicevo! Mai dubitare di un nano,
soprattutto mai dubitare di questo nano, che mi dici ora signorina!-
-La tua solita fortuna-
-Non è fortuna, è
abilità, un'innata abilità nel reggere l'alcol...
una gran dote sapete-
"Ironico è il destino” lo
aveva sempre pensato, proprio quando aveva sentito la gioia della vita,
ecco che di nuovo le tenebre lo avvolgevano, cullandolo con le loro
ombre rassicuranti, a ricordargli chi era, a ricordargli il suo
destino, quelle ombre fitte, appena dissipate dalla luce del bastone
del mago, quelle ombre erano lui, per un momento era stato rischiarato
da un'effimera luce, ma era stato solo il passaggio di un bastone
lucente, che non poteva cancellare le ombre ma solo allontanarle, per
poi farle richiudere, più fitte ancora, dopo essere passato.
NOTE
*Hendomindo: (Hen occhio+Mindo Torre) Torre
dell'Occhio
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo 07 ***
*CAPITOLO 7*
Quel luogo non era sicuro, tutti se ne rendevano
conto, lo capiva il númenóreano con quella strana
affinità con la natura, lo capiva l'elfo con i suoi sensi
acuti, lo capiva il nano per la sua sensibilità verso la
terra, lo capiva il mago per il suo legame con le energie immanenti, e
lo capiva anche la ragazza semplicemente per il disgustoso odore di
morte nell'aria.
Erano diverse ore che camminavano, l'uscita non
avrebbe dovuto essere lontana, ma più avanzavano
più la sensazione e l'odore diventano opprimenti.
-Gimli, sei sicuro che siamo vicini?- era almeno la
decima volta che Rhawel poneva quella domanda, nell'ultima ora
-Te lo ripeto, non più di mezza giornata
di cammino mi ha assicurato il mio amico, manca poco ormai-
-Esattamente quanto tempo fa c'è passato
il tuo amico?- si informò l'uomo
-Ehm... lui precisamente... non è che ci
sia proprio venuto... ha scoperto il passaggio su un'antica mappa...-
Ma prima, che i compagni avessero il tempo di
maledire il malcapitato e imbarazzato nano la voce tesa dell'assassino
li bloccò
-Non siamo soli-
-Cosa?- Rhawel
-Quanti?- Tàr
-Molti, non so cosa ma sono grossi e si avvicinano
veloci-
-Si, posso sentirli... dannazione! Ragni, siamo in
una dannata tana di Ragni Giganti!- Non era la prima volta che il
gruppo di Harmairoitlar* aveva a che fare con quelle bestie, e ogni
volta se l'erano cavata per un soffio e per la proverbiale fortuna del
loro capo
-Fuori di qui! Veloci e attenti alle tele!-
Cominciarono a camminare più veloci,
sempre più veloci, niente corse, non potevano rischiare di
perdere l'attenzione, dovevano restare vigili e concentrati, erano
guerrieri esperti, non ragazzini in preda al panico.
Lo scalpiccio di zampe alle loro spalle si
avvicinava, come un raschiare di metallo sulla pietra, “Sono
in molti, almeno sei, ma non hanno fretta, come tutti i ragni si
divertono a giocare con la preda”
-Dannazione!- Muoversi ormai era diventato
difficile, il passaggio quasi completamente ostruito dalle ragnatele
robuste e appiccicose, “Ecco perché non hanno
fretta, si vogliono risparmiare la fatica e prenderci quando ormai
saremo immobilizzati”
Si fecero strada con spade, coltelli e asce menando
fendenti, strappando il metallo alle trame collose, mentre i fili
vischiosi si attaccavano impacciando i movimenti.
La prima bestia li sorprese dall'alto, muovendosi
sulle tele erano incredibilmente silenziosi, una fiamma azzurra
uscì dal bastone del mago avvolgendo la creatura che
precipitò al suolo e incendiando l'intrico di ragnatele
-Non potevi farlo prima?- lo fulminò
l'immortale
-Se lo avessi fatto prima non avrei potuto farlo
adesso, le mie risorse non sono infinite-
La spiegazione avrebbe dovuto bastargli in quel
momento perché altri due mostri li avevano raggiunti, quasi
fossero abbastanza intelligenti da apprendere dagli errori un filo
denso intrappolò la mano dello stregone, bloccandolo inerme
alla parete.
L'uomo si parò immediatamente davanti al
vecchio facendogli scudo col proprio corpo affiancato dall'elfo
-Rhawel, Gimli, liberatelo! A questi ci pensiamo
noi- schivando agevolmente un secondo getto appiccicoso, fortunatamente
per loro quell'arma immobilizzante era troppo lenta per essere utile in
combattimento, poi rivolgendosi all'assassino
-Tu occupati di quello, alla femmina ci penso io!-
-E da cosa la distingui la femmina? Gli guardi
sotto le sottane?- era la prima volta che combatteva scherzando con
qualcuno
-Naturalmente è quella più
appiccicosa- colpendo una zampa con un poderoso fendente e incalzando
la bestia che arretrava per il dolore
-Hey! Tàr, non offendere!- si difese
l'arciere tagliando l'ennesima tela per raggiungere Mithrandir
-Ma non riuscite a stare in silenzio neanche quando
combattete?- una serie veloce di colpi delle lame gemelle aprirono
altrettante ferite nel corpo del ragno mentre scansava agilmente i
colpi letali delle zampe affilate
-Soprattutto quando combattiamo- un affondo
all'addome, troppo superficiale per essere mortale -Altrimenti
dov'è il divertimento?- continuò il nano
girandosi ad affrontare una terza creatura sopraggiunta
-E cosa ci sarebbe di divertente?- l'ennesima
raffica di colpi veloci aveva raggiunto il mostro, mentre danzava tra
otto arti pelosi
-Noi che vinciamo e loro che muoiono, se non
è divertimento questo- l'ascia roteò veloce
tranciando di netto l'appendice protesa a colpire
-Voi non siete normali- in un turbinio di vesti
nere saltò piroettando di lato atterrando sul corpo del
mostro mentre i lunghi pugnali scendevano incrociandosi a segnare con
una X il cervello della bestia
-Esibizionista- sogghignò l'uomo
-Almeno io il mio lavoro l'ho fatto. Ti serve una
mano?-
-No, grazie, mi stavo solo divertendo un po',
è tanto che non mi alleno decentemente- mentre un attacco di
punta trapassava mortalmente l'avversario penetrando l'orrida bocca
zannuta
-Presuntuoso- incalzò l'elfo
-Non guardate me, ho cominciato dopo di voi- un
colpo mirato squarciò il ventre della bestia riversando sul
povero nano le interiora nere e maleodoranti
-Disgustoso- Esclamarono contemporaneamente
Tàralelyol e Esgalwath per poi guardarsi negli occhi,
divertito il primo, scioccato il secondo “Melkor Onnipotente!
Comincio a comportarmi come loro!”
-Se voi tre avete finito di fare a gara a chi ha la
spada più lunga...- cercò di intromettersi la
ragazza
-Io non faccio a gara... la mia è
decisamente più lunga-
-Solo perché io uso l'ascia-
-Ragazzini...- sospirò esasperata -Da
lui me lo aspetto, ma tu dovresti essere il nostro capo...-
-Credo che Rhawel volesse dire che ora che sono
libero sarebbe meglio uscire, sicuramente ci sono degli altri ragni e
anche se per ora li abbiamo spaventati torneranno-
Su una cosa il nano aveva ragione, l'uscita era
vicina, e fortunatamente anche un allegro torrente di montagna per
ripulirsi del tanfo della caverna e delle ragnatele.
Il primo a finire in acqua fu neanche a dirlo il
nano che, nelle condizioni in cui era, venne letteralmente gettato dai
compagni con tanto di armatura ed elmo tra grida e insulti, mentre
anche la giovane e lo stregone godevano di quel ristoro, i due
più abili cercatori di tracce perlustravano la zona per
accertarne la sicurezza.
-Puoi andare tu se vuoi, la battaglia non mi ha
particolarmente scosso-
Infatti l'uomo già aveva notato che
neppure una macchia contaminava la pelle candida, e solo i resti
appiccicosi delle ragnatele imbrattavano le vesti dell'assassino.
-C'è spazio per entrambi... o temi forse
di spogliarti davanti a un misero mortale?-
-Non temo certamente per me stesso, ma per l'uomo
che sarebbe tormentato dalla mia vista-
-A rischio di offendere la tua modestia devo
ricordarti che questo gioco l'ho già vinto una volta, e ti
ripeto che non è un bel corpo ad accendere il mio desiderio-
ormai liberatosi della tunica si era già immerso nell'acqua
limpida, per un istante qualcosa aveva mandato un luccichio verde sul
suo petto muscoloso, prima che si affrettasse a sfilarlo e nasconderlo
tra le pieghe degli indumenti lasciati a terra.
-Continui a fare apprezzamenti sul mio aspetto ma
dici di non esserne attratto... è alquanto incoerente
permettimi di dirlo, potrei pensare che i tuoi gusti mirino verso le
grazie della dolce Rhawel ma se così fosse non vedrei
ragione nei tuoi apprezzamenti- mentre parlava però non
riusciva a distogliere lo sguardo dai muscoli sodi e il corpo elegante
dell'umano, sorpreso però da una sonora e genuina risata
-Scusami è solo che il pensiero di dolce
e Rhawel nella stessa frase mi sconvolge- tornando poi serio -il fatto
che non mi senta attratto da te non ti da il diritto di fare
supposizioni sulle mie preferenze, perché scommetto che
molti uomini che avevano conosciuto solo il calore di una donna hanno
ceduto alle tue tentazioni, ma dovresti aver capito che non sono una
delle tue facili prede, perché non è a un corpo
che riserverò le mie attenzioni ma a un cuore, e quello non
ha genere-
Anche se in quel momento il sangue che scorreva
veloce e il respiro pesante osservando il compagno che si era deciso a
raggiungerlo parevano smentire le sue parole.
-Crudele mortale! Così spezzi il mio
povero cuore! Non hai forse pietà di un misero elfo che
chiede solo una carezza?- Ormai aveva lasciato ogni malizia portando il
tono su piani più giocosi a dispetto del desiderio che lo
aveva spinto all'inizio “Solo carne, nessun legame per me,
tra noi non potrà esserci mai nulla, siamo troppo diversi,
ma nulla mi vieta di rendere piacevoli i giorni che passerò
in compagnia di queste persone, potrò tornare in seguito
alla mia vita”
-Ma se è solo una carezza che chiedete,
potrei anche accontentarvi nella mia magnanimità non potrei
mai sopportare il rimorso di un cuore spezzato-
Quanto sono sciocche le persone che credendosi
troppo sicure di se portano avanti giochi che non hanno la forza di
continuare... lentamente le distanze diminuirono, mentre gli occhi
incatenati si fondevano, fu un tocco lieve che dalla guancia scese sul
petto liscio, e si interruppe in un attimo quando entrambi si
ritrassero scottati abbassando lo sguardo nella paura che l'altro
leggesse la debolezza delle parole appena pronunciate.
"Solo una carezza! Stupido idiota che ancora cado
nei suoi tranelli, quegli occhi azzurri riescono a stregarmi nonostante
sappia che sono solo un'illusione, non voglio essere il suo giocattolo,
il passatempo per la noia del viaggio, ha messo ben in chiaro chi
è, e io pur riempiendomi di belle parole mi sento bruciare
solo sfiorando quella pelle perfetta”
“Stupido idiota! Illuso, come credo di
poter mantenere il solito distacco se solo il calore della sua mano mi
da i brividi? Lo desidero, non posso fingere, e se ho intenzione di
mantenere la promessa e seguirli non posso lasciarmi andare, non riesco
a controllarmi, devo smetterla di provocarlo sapendo che lui non
andrà mai fino in fondo, e io per primo non voglio che vada
fino in fondo, se lo facesse significherebbe che ha visto in me
qualcosa che non esiste”
Così dopo essere entrambi giunti
silenziosamente la medesima conclusione, che era di evitare
accuratamente in futuro situazioni così imbarazzanti per non
compromettere l'equilibrio conquistato, raggiunsero l'accampamento dove
un allegro fuocherello già scoppiettava per asciugare gli
abiti lavati.
Arrivati a quel punto si sentivano più
rilassati, la grotta alle spalle e una catena di monti a separarli da
Sauron e la sua ira, senza aver mai incrociato la strada con le guardie
che erano certamente state sguinzagliate sulle loro tracce, dopo aver
abbattuto quattro ragni giganti senza neppure un graffio.
Rinfrancati da bagno un ristoratore, una cena calda
e un tranquillo riposo si apprestavano a continuare il cammino con
ottimismo, palese persino nell'elfo, scendendo lungo un sentiero che
dirigeva a est.
Il percorso era chiaro, costeggiare le montagne e
poi la foresta tenendosi nascosti all'occhio della Torre senza
però penetrare al suo interno, quella foresta infatti era
molto antica, più dello stesso Sauron, ed era pericolosa,
tanto che lo stesso númenóreano la temeva, aveva
spiegato che veniva chiamata la Foresta Vivente perché
sembrava davvero che gli alberi fossero vivi, e non erano amichevoli,
una rabbia antica li animava, contro il Valar regnante che aveva
tentato di sottometterla ma che veniva riversata su tutti gli arditi
che mettevano piede al suo interno.
Purtroppo per loro anche la fortuna a volte
distoglie lo sguardo dai suoi protetti, e dopo appena una giornata di
cammino si trovarono a decidere se provare e rischiare la sorte tra gli
alberi o affrontare un intero clan di Troll di montagna, la seconda
opzione conduceva a morte certa, già uno di quel bestioni
era un avversario formidabile, ma sette valevano un esercito, quindi si
trovarono costretti a tentare la via del
bosco.
Per quanto cercassero di mantenersi vicino al
confine si accorsero ben presto che la foresta aveva altri progetti per
loro e vennero spinti inesorabilmente verso l'interno.
-Maledette piante, se non si trova un sentiero me
lo faccio a forza di braccia!!!- Il nano più nervoso degli
altri estrasse l'ascia pronto a colpire
-Mettila via- poco più di un sussurro
dell'uomo, che però metteva i brividi
-Mettila via- ripeté mentre un rombo
come un lungo tuono lontano sembrava attraversare il bosco.
Non c'era bisogno di ripeterlo la terza volta, quel
suono che faceva accapponare la pelle aveva reso ben chiaro il parere
degli alberi sulle asce
-Buoni, cari, scherzavo... voi non mi conoscete ma
io scherzo sempre... Gimli il burlone mi chiamano... no, questo nano
non farebbe male neppure a un ramoscello...-
Ma le parole del nano non sembravano avere effetto
sulla rabbia che covava in quei luoghi
-Qualche idea?- si rivolse l'uomo agli amici
-Sei tu l'esperto, io comincio a pensare che
avremmo avuto più possibilità coi Troll-
-Scusa, Tàr, non sai quanto mi sia
difficile ammetterlo ma sono d'accordo con l'elfo-
-Non sei di grande aiuto, Rhawel-
-Mithrandir?-
-Credo che l'unica cosa sensata a questo punto sia
proseguire e vedere dove questo bosco vuole portarci, e magari sperare
che ci sia qualcuno in grado di capirci-
-Cosa sai di questo posto, Sapiente?- non che il
biondo elfo fosse interessato a quel luogo maledetto ma in quel momento
tutto era meglio di quel cupo ringhio che li circondava.
-Non molto a dire il vero, è
antico, uno dei pochi luoghi che non siano sotto il potere di
Morgoth, e c'è Potere, posso sentirlo ovunque attorno a me,
non il potere controllato di maghi e stregoni, ma una forza selvaggia e
indomita, un potere primitivo che non è mutato affatto da
quando i Valar lo cantarono.
Non è malvagio, di questo non dubitate,
ma così alieno ai nostri pensieri da essere pericoloso,
questo luogo esiste da prima del risveglio degli elfi, da prima che la
parola venisse udita nella Terra di Mezzo, era abitato dagli Ent, la
seconda delle razze a essere creata per il desiderio di Yavanna
Kementári di proteggere le sue amate piante... Creature
meravigliose erano gli Ent, potenti e selvagge eppure sagge quanto la
terra stessa può esserlo, e gentili a dispetto
dell'apparenza erano sensibili e schivi... Chissà se ne
restano ancora? Essi scesero in campo a fianco dei Potenti e come gli
elfi vennero distrutti, ma forse come gli elfi alcuni sono
sopravvissuti... che perdita sarebbe non poter ascoltare più
i loro canti...- ancora una volta, come spesso accadeva quando narrava
dei tempi antichi, ristette in silenzio perso in quelli, che seppure
all'elfo paresse impossibile, sembravano ricordi
-Scusatemi ragazzi, sono ormai vecchio e la mia
mente gioca a rimpiattino con le idee, mi stavate chiedendo di questo
luogo... questo era appunto l'originale dimora di quelle creature, e
quella rabbia che voi sentite non è l'odio arrogante
dell'Oscuro Signore, ma la rabbia data dal dolore e dalla paura-
-E di cosa avrebbero paura degli stupidi alberi?-
-Gimli!!!-
-Ho detto stupendi, degli stupendi alberi-
-Di molte cose, fuoco, asce, tenebre, magie
oscure... il fatto che ancora resistano non significa che nelle ere
Egli non abbia provato in ogni modo a distruggere questa foresta, senza
però riuscire e questo mi porta a pensare che ancora qualche
Antico ivi dimori-
-E questo è bene o male?-
-Bene se ci è amico, molto male se ci
è nemico... ma guardate amici miei, là il
sentiero si allarga, credo che presto avremo le risposte che cerchiamo.
Animo ragazzi, non facciamo attendere il nostro ospite-
Come aveva detto lo Stregone il sentiero si
allargava in una radura attraversata da un fiume
-Questo deve essere il Bruien, mi duole avvertirvi
miei cari ragazzi che siamo finiti proprio nel centro della foresta,
non credo ne usciremo se gli alberi non ce lo permetteranno-
Ma il tono cupo del vecchio mago mal si accordava
con l'allegro motivetto che sentivano avvicinarsi lungo il fiume
- Ehi dol! Bel dol! Suona un dong dillo!
Suona un dong! Salta ancor! Salice bal dillo!-
E dall'ombra degli alberi videro apparire uno
strano ometto che avanza saltellando e fischiettando.
Basso di statura, una folta barba bruna che copriva
il viso rosso e rugoso, indossava una giacca blu cielo con braghe e
cintura verdi il tutto accompagnato da dei vistosi stivali gialli e un
enorme cappello con una piuma blu
- Ehi! Ehi! Venite qui! Dove girovagate? Su,
giù, qui, lì, vicino oppur lontano?
Infine siete giunti, ero stanco di aspettare
Veloci Tom seguite e potrete riposare-
Straniti e assai confusi da quello strano
personaggio, ma per qualche ragione non intimoriti, forse per l'aspetto
gioviale e i toni cortesi, restavano però insicuri se
seguirlo o meno
-Ehi! Venite, bella dol! Giunti son gli amici!
Cortesia è ricambiata! Siam tutti ora
felici!
Viva il divertimento! Cantiamo tutti assieme!
Che triste Baccador se non vi può
ringraziare
lo attende da quando la sorella ha potuto
riabbracciare.
Ehi! Vieni bel doll! Cara dol! Mio tesoro!
Baccador, Boccador, un'allegra bocca d'or!-
-Chi siete Messere e come ci conoscete?
perché vi sento dire che da molto ci attendete?-
Tàr si trovò a sorridere delle sue stesse parole
quando si accorse che pur senza volerlo aveva anche lui parlato in rima.
-Strane domande fate mio giovane signore
Non sai chi sei tu, ne chi ti sta vicino
e chiedi a me chi sono? Ma tosto ti
rispondo
Il vecchio Tom Bombadil è un tipo
allegro,
Porta stivali gialli ed una giacca blu cielo.
Nessuno l'ha mai preso, perché Tom
è il Messere;
Più potenti i suoi canti, e
più veloci i suoi piedi.
E vi conosco da tempo, da quando è
ritornata
La sorella di Baccador che avete liberata
Che un atto cortese vien sempre ripagato
e il vostro grande cuore oggi sarà
aiutato.
Ehi doll! Vieni bel doll! Cara dol! Mio tesoro!
Il vento soffia leggero e la stella spunta d'oro
Laggiù ai piedi della Collina che brilla
alla luce solare,
Sulla soglia aspetta il debole chiarore stellare,
La mia graziosa dama, figlia della Regina del Fiume,
Esile più di un salice, più
limpida dell'acqua, più brillante di un lume-
-Penso si riferisca allo spirito del fiume che
abbiamo liberato assieme al nostro Gwatheg-
-Vedo Grigio Pellegrino che il tuo intelletto ancor
non si trastulla,
Seguite Tom ora vi porta a casa, la tavola
è imbandita e non ci manca nulla:
crema dorata e miele, c'è il burro e
pure il pane,
le rose alla finestra attorno alle persiane-
Senza guardare se veniva seguito oppure no lo
strano ometto si avviò lungo il sentiero
-Cosa ne pensate? a me un riparo sicuro e del buon
cibo non dispiacerebbero-
-Io appoggio il nano, se qualcuno volesse la mia
opinione, potrò anche cominciare a conoscere meglio i
boschi, ma delle solide mura sarebbero un piacevole cambiamento-
-A me non sembra pericoloso, sicuramente bizzarro
ma innocuo-
-Non sono sicuro che sia così innocuo
Rhawel, ma non avverto pericolo. Mithrandir sei sicuramente
più addentro a queste faccende per giudicare al meglio,
dicci dunque-
-Chi sia Tom Bombadil questo lo ignoro, ma dici
giusto Tàr, innocuo non lo è affatto,
è potente, forse più di Melkor stesso, ma per noi
non è un pericolo, ci ha offerto il suo aiuto e queste
vecchie ossa si arrischiano a sperare in un letto comodo-
Seguirono così Tom, guidati dall'allegro
canticchiare, fino a una casa di pietra in cima a una collina, sulla
soglia ad attenderli c'era una donna, se donna si poteva definire una
simile bellezza, lunghi capelli biondi come grano maturo scendevano
morbidi fino alla vita, sulla veste verde decorata da perle che
rilucevano come gocce di rugiada, e la cintura d'oro sembrava una
catena di gigli e non_ti_scordar_di_me
-Benvenuti, cari amici, se mi è concesso
chiamarvi amici, sono Baccador, la Figlia del Fiume, ho sperato
così tanto di conoscere coloro che hanno un cuore tanto
grande da liberare un timido Spirito dei Fiumi-
E avvicinandosi leggera li abbracciò uno
a uno baciandoli sulla guancia
-Non abbiamo fatto nulla di speciale, mia signora,
eravamo solo nel posto giusto al momento giusto- cercò di
replicare Tàr imbarazzato
-E avete fatto quello che era giusto, non velare di
modestia un così grande gesto, quando tu stesso sai che
pochi lo avrebbero fatto-
prendendolo poi per mano lo guidò
all'interno
-Venite, cara gente. Chiudiamo fuori la notte!
Forse temete ancora le nebbie oscure e le ombre minacciose degli
alberi. Non abbiate paura! Questa notte siete sotto il tetto di Tom
Bombadil-
-Dolce dama Baccador! Ora capisco da dove veniva la
gioia nascosta nelle canzoni che udivamo!-
La dolce risata fece imporporare le gote del nano
facendo sembrare ancora più rossa la barba
-Qual felice incontro! Sedete adesso in attesa del
Messere della casa. Non tarderà-
Strana davvero fu quella serata, una tavola
imbandita, bevande inebrianti e le canzoni di Bombadil, tale era lo
stupore dei viaggiatori che non proferirono parola, neppure quando
vennero condotti in una stanza accogliente con morbidi letti.
Solo al mattino, riposati come se avessero dormito
giorni e non una sola notte, l'uomo riuscì ad esprimere il
rammarico di dover lasciare quel luogo incantato
-Vi siamo grati per l'ospitalità tanto
che le parole non possono esprimerlo, ma è con amarezza che
dobbiamo lasciarvi, un lungo cammino ci attende e non possiamo
indugiare-
-Non angustiarti, giovane uomo, se il fato
sarà propizio ancora ci rivedremo in una terra libera, ma la
vostra strada vi attende, e per poco tempo sarà sicura dai
pericoli, la mia dolce Baccador già vi attende sulle sponde
dell'Angren, guiderà una barca sicura fino alle montagne,
finché sarete con la Figlia del Fiume nessuna sventura vi
coglierà-
-Avrete per sempre la nostra gratitudine, e vorrei
nel congedarmi porre un ultima domanda.
Sapreste voi dirmi chi è Tom Bombadil?-
Una risata accompagnò la risposta del
Messere
-Saggio è colui che apprende
dai propri errori... Ebbene questo vi dirò. Il
più anziano, ecco chi è. Ricordate, amici, quel
che vi dico: Tom era qui prima del fiume e degli alberi; Tom ricorda la
prima goccia di pioggia e la prima ghianda. Egli tracciò i
sentieri prima della Gente Alta, e vide arrivata la Gente Piccola. Era
qui prima dei Re e delle tombe e degli Spettri. Quando gli Elfi
emigrarono a ovest, Tom era già qui, prima che i mari si
curvassero; conobbe l'oscurità sotto le stelle quand'era
innocua e senza paura: prima che da Fuori giungesse l'Oscuro Signore-
E con queste parole si allontanò
cantando lasciandoli sulla barca con la sua Signora.
NOTE
*Harmairoitlar: Cercatori di tesori
*Le canzoni di Tom Bombadil sono quasi completamente copiate da
“Il signore degli anelli” e “Le avventure
di Tom Bombadil” di J.R.R.Tolkien, tranne alcune necessarie
modifiche per adattarle alla trama.
Ho preferito lasciarle il più fedeli
possibile all'originale dal momento che Bombadil è un
personaggio molto importante e enigmatico dell'universo Tolkeniano.
Non mi dilungherò in questa sede sulle
varie interpretazioni dal momento che ci sarebbe da scriverne un
saggio, vi dirò soltanto che in questa storia ho preso come
valida la teoria dell'Osservatore, ossia una creatura antica e potente
quanto Eru Ilúvatar stesso, con il compito di osservare e
ricordare, quindi assolutamente neutrale negli avvenimenti di Arda al
di fuori delle sue terre.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo 08 ***
*CAPITOLO
8*
-Mio
Signore Morgoth-
L'uomo
si inchinò alla sfera fiammeggiante sorretta da tre artigli
di
metallo all'altezza del suo viso.
Era
alto e slanciato, i lineamenti affilati ma eleganti erano in quel
momento piegati in un espressione servile.
La
pelle candida più della neve e altrettanto gelata, luccicava
debolmente al chiarore delle torce imperlata di sudore freddo, si
inchinò ancora più profondamente attendendo di
udire la voce del
suo signore, i lunghi capelli neri ricadevano lisci ai lati del volto
pallido incorniciandolo di tenebra, gli occhi leggermente allungati
si sollevavano a scatti verso la sfera, nascosti dalle lunghe ciglia
che circondavano di ombre scure i due pozzi di oscurità
degli occhi
senza iride.
Era
bello, di una bellezza gelida e perversa, la bellezza degli
Immortali, ma oscura e malata, indossava una pesante sopraveste rossa
come il sangue, aperta davanti a scoprire il torace nudo, sopra degli
ampi pantaloni dello stesso tessuto, sulle mani guanti d'oro
arrivavano fino alle nocche lasciando libere le lunghe dita e si
abbinavano agli stivali che si intravedevano sotto le larghe braghe.
Come
colpito da una frusta invisibile cadde in ginocchio con un tonfo
sordo, con la fronte che sfiorava il pavimento e i capelli che si
allargavano attorno
-Sono
deluso. Sauron-
-Chiedo
perdono. Mio Signore-
-Non
voglio le tue scuse- tuonò -Voglio quelle persone!-
-Le
stiamo cercando Mio Lord, ma sembrano scomparse nel nulla-
-Non
mi interessano le tue patetiche scuse, consegnameli o ne pagherai le
conseguenze-
-Sì,
Mio Signore-
-So
che non mi deluderai ancora- la voce si era fatta dolce come melassa
e altrettanto viscida -Alzati, mio fedele Sauron e dimmi, sei sicuro
che fosse un elfo?-
-Sì,
Mio Sire- si sollevò come ordinato anche se quel cambio di
umore lo
spaventava più delle minacce -E' stato confermato da ogni
guardia-
-Un
elfo libero? Come è potuto succedere?-
-Non
libero, aveva il Sigillo-
-Quindi
un fuggitivo, questo cambia le cose... Bene, meglio così-
rifletté
tra se, poi si rivolse nuovamente al suo generale -In migliaia di
anni solo uno è riuscito a fuggire, a Ivril, è
riuscito a
sopravvivere per tutto questo tempo... notevole... e degli altri?
Cosa puoi dirmi?-
-Molto
poco, Mio Signore, nessuno li ha visti-
-Entrano
ed escono indisturbati dalla TUA Torre! Dai TUOI Serragli! E nessuno
li ha visti!?- le fiamme della sfera avvamparono in risonanza alla
collera dell'Oscuro Sire, mentre il potente generale cadeva
nuovamente in ginocchio soffocando un gemito
-Perdonatemi,
Sire, se fossi stato qui non sarebbe successo- tentò di
giustificarsi
-Mi
stai forse accusando per aver richiesto la tua presenza!-
-Io...-
deglutì -No... Naturalmente no, non era mia intenzione...-
-Naturalmente,
mio fedele amico- disse nuovamente gentile -In fondo hai ragione, non
dovrei distoglierti così spesso dai tuoi doveri, ma la tuo
compagnia
mi è cara, e solo il gelo del tuo corpo riesce ha placare il
mio
fuoco, alzati, non togliermi il piacere di ammirarti seppure da
questa distanza-
-Mi
rendete troppo onore, Sire-
-Lo
faccio, ma ciò che do posso anche togliere. Hai scoperto
cosa hanno
rubato?-
-Solo
una vecchia pergamena, dei tempi che seguirono l'Ultima Battaglia,
quella che narrava della distruzione dell'Arma Suprema degli Elfi-
Le
fiamme avvamparono fino ad accecarlo mentre un grido di rabbia faceva
tremare la stanza
-Trovali!
Stanno andando li! Trovali e consegnami quell'elfo! Non
accetterò un
altro fallimento, Sauron!-
Con
un ultimo bagliore rosso il Palantìr si spense restando nero
e
immobile.
Lo
Stregone Nero si girò lentamente, negli occhi cupi fiamme
blu
dardeggiavano minacciose, sollevò lo sguardo sulla giovane
donna che
giaceva legata al centro dell'enorme letto, e sorrise, un sorriso
perfido e glaciale, lei lo vide e cercò di rannicchiarsi
contro la
spalliera, nell'inutile speranza di farsi piccola e invisibile, il
sangue scendeva tra le sue gambe, e la pelle era cosparsa di lividi
di diversi colori e striature rossastre, ma lui la vide, il suo
terrore lo esaltava, gli dava potere, gli dava piacere, ma era di un
altro tipo di piacere che aveva bisogno, si avvicinò al
letto con
passi lenti e misurati, assaporando ogni tremito, ogni singhiozzo,
ogni lacrima, pose un ginocchio sul letto, afferrandola per i capelli
e trascinandola verso di se, tendendo l'orecchio in attesa del grido
di dolore che sapeva sarebbe venuto, poi le prese il viso tra le mani
e le torse di scatto, fu uno schiocco secco, pulito, era cosi facile
togliere una vita, la osservo ancora a lungo, guardando la morte nei
suoi occhi vuoti, era questo il vero potere, il potere di togliere la
vita, lentamente le spalle si rilassarono e i lineamenti si distesero
mentre le fiamme nei suoi occhi si spegnevano, con un sospiro
soddisfatto lasciò andare quel corpo privo di vita che
rimbalzò
leggermente cadendo scomposto sulle lenzuola mentre un filo di sangue
colava dalle labbra dischiuse.
-Chiamate
il Capo Caccia- ordinò alla guardia in attesa fuori dalla
porta.
Se
andavano verso Est, verso la palude c'era solo una strada che
potevano prendere, e non l'avrebbero superata, aveva già
fatto
allertare la Torre di Hendomindo,
l'Occhio era ben aperto, e aveva fatto trasferire altri uomini,
neppure una volpe poteva muoversi nel raggio di miglia senza venire
scorta, ma non era abbastanza, non poteva permettersi errori.
-Ho
del lavoro per te, Gothmog-
Il
Capo Caccia
era un Orco, le sue dimensioni non erano notevoli, come pure non lo
era la sua forza, ma mai nessuno avrebbe commesso l'errore di
sfidarlo, vestiva di pelli, cucite assieme a brandelli di pelliccia
ispida, non portava armi, ma mai nessuno lo avrebbe sottovalutato,
lui viveva coi Mannari, come loro cacciava e come loro si nutriva e
loro lo seguivano come avrebbero seguito un Capobranco
-Ordinate,
Mio
Signore Sauron- e come la loro la sua voce assomigliava a un ringhio
sordo e minaccioso
-Porta
i tuoi Mannari al Passo Tarnaringa,
potrebbe giungere un gruppo di avventurieri, sono cinque, uno di loro
è un elfo. Non devono passare. Portami l'elfo, degli altri
non mi
importa-
-Sarà
fatto-
Il
dolce canto di Baccador accarezzava le loro menti, mentre scivolavano
tranquilli sul fiume, senza l'ausilio di remi.
-Riposate
viaggiatori, a voi penserà Baccador la Bella, riposate e
quando
aprirete gli occhi la vostra meta sarà raggiunta-
E
senza volerlo le palpebre si fecero pesanti, e il respiro lento
finché caddero addormentati, cullati dal dondolio dell'acqua.
Pareva
passato un istante quando ancora udirono quella voce soave, forse era
stato davvero un istante, anche se giorni sarebbe dovuto durare il
viaggio, perché quella notte videro che la luna non era
cambiata.
-Sveglia
amici! E' ora di salutarci-
-Chiedo
perdono, Meravigliosa Dama, non capisco come il sonno ci abbia colto
giacché c'eravamo appena svegliati- si scusò
Tàr imbarazzato
-Non
temere, siete stati carezzati dalla voce di mio Padre, che per voi ha
reso rapido il viaggio-
Solo
in quel momento i compagni si accorsero dei monti che li sovrastano,
mentre la Signora continuò
-Questi
sono gli Hithaeglir, le Montagne Nebbiose, oltre non posso condurvi,
è giunta l'ora che torni, Bombadil mi attende, ormai siete
lontani
dallo sguardo della Torre ma non siate troppo fiduciosi
perché molti
pericoli sono ancora sul vostro cammino, e la protezione del Messere
cesserà al limitare del bosco perché egli non ha
poteri al di fuori
di esso-
-Vi
siamo comunque grati, Mia Signora per l'aiuto che voi e il Signore ci
avete concesso, i pericoli che ci attendono li affronteremo, quando
ci siamo messi in cammino sapevamo dei rischi e non ci lasceremo
fermare-
-Queste
sono parole di un condottiero, e nulla di meno mi aspettavo, andate
dunque e che le nostre strade si ricongiungano in tempi più
lieti-
La
salita fino al passo era faticosa ma non ardua, la giornata mite e il
sentiero sicuro, e gli amici erano ancora forti del riposo goduto, il
sole splendeva sui monti illuminandoli di riflessi dorati e la verde
foresta ai loro piedi sembrava uno smeraldo incastonato in oro, si
trovarono a canticchiare le canzoni di Bombadil ridendo, mentre il
nano decantava le innumerevoli virtù della Figlia del Fiume,
e
l'elfo le stranezze di quel piccolo Signore al quale tutti avrebbero
voluto porre domande e tutti come per incanto avevano dimenticato di
farlo
-Non
a caso la mente sfuggiva, certi misteri sono fatti per non essere
svelati- fu l'unico commento dello Stregone, se egli sapesse
più dei
compagni non lo rivelò.
Raggiunsero
la cima prima del tramonto, e si fermarono per la notte senza
allontanarsi dal sentiero, le abilità di cacciatrice di
Rhawel gli
procurarono due grasse e gustose oche da arrostire e così
sazi si
prepararono per la notte.
La
luna era già alta in cielo quando un ululato li
svegliò tutti,
ancora prima che il nano di guardia desse l'allarme
-Mannari!-
Esclamò verso i compagni che si alzavano veloci
-Sembra
che siano a caccia, spero non di noi-
-Non
per contraddirti umano ma visto come attiri i problemi sono quasi
certo che stiano cercando noi-
-Forse
avrai l'occasione di saldare il tuo debito, non ne sei felice?-
-Proprio
ora che cominciavo ad apprezzare la compagnia- ghignò
sarcastico
-Non
sono molti, dovremmo farcela- Gimli accarezzò impaziente la
grande
ascia
-Intanto
che dite di muoverci e guadagnare un po' di tempo? Non manca molto
all'alba e con la luce sarà più facile-
-Dico
che hai dato un ottimo consiglio Mithrandir, le mie frecce trovano
meglio il bersaglio se possono vederlo-
-Voi
restate con lo Stregone e con la sua luce, io vado avanti a
controllare che non ci siano sorprese lungo il cammino-
-Gwath!
Stai attento e cerca di non morire-
-Questa
sì che sarebbe una novità- rispose ironico -Ma
starò comunque
attento, sai che non mi è permesso fare altrimenti-
mormorò
scomparendo nel buio
-Non
lo sopporto quando fa così-
-Non
biasimarlo, Rhawel, è la sua vita-
-E
tu non difenderlo sempre, Tàr... per quanto mi riguarda
può anche
farsi ammazzare se proprio lo desidera- ringhiò tra i denti
Con
un sospiro l'uomo si allontanò mettendosi alla testa del
gruppo,
capiva i sentimenti della ragazza, la conosceva da troppo tempo per
non comprendere, ma non poteva fare a meno di provare pena per
l'assassino, e pensare che ci fosse ancora una speranza.
“Se
solo si fidasse, se riuscisse ad abbassare le barriere che ha
costruito attorno al suo cuore potrebbe vedere che al mondo ci sono
anche cose per cui vale la pena vivere, ma ogni volta che fa un
piccolo passo avanti si chiude ancora di più come se ne
fosse
spaventato”
Gli
ululati erano sempre più vicini, e già una tenue
striscia di luce
profilava l'orizzonte quando l'elfo riapparve davanti a loro
-Brutte
notizie, più avanti il sentiero si stringe correndo a
strapiombo su
un crepaccio, se ci raggiungessero in quel punto non potremmo
combattere-
-Allora
avanziamo finché possiamo poi giriamoci ad affrontarli,
già il
cielo si rischiara, tra poco ci sarà possibile vedere il
nemico-
Come
aveva detto infatti il sentiero si bloccava più avanti,
stringendosi
a lasciare il passo a non più di una persona, e sotto di
loro il
fondo del dirupo si nascondeva ancora avvolto nel buio della notte,
proseguire sarebbe una follia, armi in pugno si volsero in attesa.
Lo
Stregone arretrò cercando nella protezione dei compagni la
possibilità di usare il bastone magico.
Rhawel
raggiunse una sporgenza rialzata dove avrebbe avuto maggior margine
di tiro, un ginocchio a terra, la freccia incoccata, e la corda tesa,
leggere nuvole di vapore rivelavano il respiro nella fredda aria di
montagna, respiro rapido per eccitazione, ma la mano era ferma.
I
tre guerrieri formavano un'eccezionale muraglia su cui presto gli
aggressori si sarebbero schiantati, spada, ascia e coltelli,
abilità,
forza e agilità, un uomo, un nano e un elfo uniti da uno
strano
destino, simili nei sorrisi di sfida, uguali nell'adrenalina che
precede uno scontro.
Il
sole che sorgeva alle loro spalle faceva brillare il metallo, e
colorava di fuoco i capelli dell'assassino rendendo ancora
più
surreale il contrasto con quegli occhi d'acciaio. Lo stesso fuoco che
avvampava nell'elmo del nano confondendosi con la chioma fulva,
mentre il brivido della battaglia ardeva nel suo sguardo. Al centro
immobile e apparentemente rilassato, l'uomo attendeva con un sorriso
beffardo, sicuro e nobile, il vento che agita il mantello, la spada
protesa in avanti, con la punta al cielo.
Così
li scorsero le malcapitate bestie, e se avessero avuto un cervello
appena più sviluppato di un animale abbrutito sarebbero
certo
tornati sui loro passi, ma la furia della battaglia annebbiava quelle
già deboli menti che si gettarono all'assalto.
Come
una sola mente con molte braccia reagirono i compagni, ancora i
nemici non avevano spiccato il primo balzo che già cadevano
trafitti
da frecce e lampi azzurri.
Tàr
spostò di lato la spada pronta a un fendente e
scattò in avanti,
seguito da un'ascia sollevata alta sopra la testa e due pugnali
paralleli.
Per
diversi minuti il caos rese impossibile definire i movimenti, solo un
turbinio di metallo, zanne e pelo scuro di sangue, guaiti e latrati,
saette argentee di frecce e lampi di fuoco azzurro.
La
lotta caotica divise presto i tre combattenti, che senza tregua
continuavano ad incalzare, la danza dell'assassino sembrava quasi
ipnotizzare gli avversari che restavano impotenti sotto i suoi colpi,
un'espressione feroce quanto quella delle bestie che lo attaccavano
numerose, forse vedendo nel suo fisico esile un avversario meno
pericoloso.
Una
danza macabra che portò i suoi passi sull'orlo del baratro,
muovendosi però leggeri e sicuri e lasciando che fossero i
nemici a
sfamare quella nera voragine.
La
battaglia era ormai vinta, una leggera vibrazione sotto il piede, e
prima di poter reagire il terreno sotto di lui era scomparso,
sentì
la voce dell'uomo gridare il suo nome, ma era tardi, senza rendersene
conto un sorriso leggero distese i lineamenti dell'angelico viso
mentre precipitava nel vuoto.
“Infine
giungo a te Mia Signora, non hai scordato il tuo fedele
amante”
Sentì
le rocce tagliare la pelle e la polvere bruciare nei polmoni, il
corpo ormai inerte rimbalzare sulla roccia per proseguire la sua
corsa, e forse per un istante ebbe paura, paura del dolore prima
della fine, per un istante ricordò due occhi del colore del
mare che
lo guardano gentili porgendogli la mano, e per un istante
sentì il
cuore tremare per il rimpianto di una vita che avrebbe potuto avere
se non fosse stato quello che era.
E
rivide il volto di sua madre, quella donna piccola e gentile, ma
tanto coraggiosa da volerlo prendere con se, rivide il suo caldo
sorriso mentre gli scompigliava i capelli con affetto prima di
rimboccargli le coperte “Il mio piccolo principe, sei la mia
piccola luce, la luce che da un senso alla vita di questa misera
vecchia” e lui gli diceva che non era vecchia ed era
bellissima, e
se lui era un principe allora lei era la regina e lei rideva
“Sei
troppo bello per questo mondo e troppo buono, vorrei che non dovessi
mai cambiare, e adesso dormi, vita mia” ma lei non c'era
più, era
stato lui a ucciderla solo perché lo aveva amato, ma forse
presto
l'avrebbe rivista e si sarebbe potuto scusare, scusare per averla
uccisa, scusare per non essere buono come lei credeva.
E
finalmente quell'istante passò e fu solo il buio a
cancellare il
dolore, la paura, il rimpianto e i ricordi.
-Gwath!-
Aveva gridato con tutto il fiato che aveva, ma era troppo tardi, solo
il tempo di vederlo scomparire oltre l'orlo del precipizio,
sorridendo “Dannato idiota!” non si era neppure
accorto del
terribile colpo con cui aveva ucciso l'ultima bestia prima di correre
all'orlo del baratro, ma il fondo ancora avvolto dal buio non
permetteva di scorgerlo.
-Cosa
pensi di fare? Sei impazzito?- La voce dell'amica lo riscosse dai
suoi pensieri mentre già faceva scivolare una gamba oltre il
crinale
-Scendo-
-Vuoi
morire anche tu?-
-Ormai
è giorno, con la luce posso farcela, non è una
scalata difficile-
-E'
inutile, nessuno potrebbe sopravvivere a una caduta del genere-
-Se
ci fossi io laggiù, non vorresti controllare?-
A
quelle parole non poté fare altro che abbassare lo sguardo e
annuire
-Fai
solo attenzione-
Ma
l'uomo stava già scendendo
La
parete irregolare offriva molti appigli per le mani esperte, forse
non possedeva la grazia dell'elfo mentre saliva la parete liscia
della torre, ma era abbastanza abile da riuscire senza affanno in
quella discesa, la luce nascente schiariva il fondo permettendogli di
vedere sempre meglio, la prima cosa che i suoi occhi puntarono fu la
chiazza nera di un mantello, quando fu più vicino vide una
gamba
piegata in modo innaturale e immobile, per un momento il respiro si
bloccò ma continuò a scendere.
Solo
quando raggiunse il suolo riuscì a vederlo, il corpo
immobile
semicoperto dalle pietre, i vestiti laceri e insanguinati, su un
braccio un osso spezzato spiccava bianco sulla tunica nera.
Doveva
avvicinarsi, era li per quel motivo, ma non riusciva a muovere un
passo, non aveva mai perso nessuno dei suoi uomini, ancora una volta
si incolpò di averlo trascinato nel suo mondo e non gli
importava se
quello era il più grande desiderio dell'elfo, non era il
suo... lui
non voleva che morisse, non finché era con lui, non
finché poteva
guardarlo, non finché avrebbe dovuto accettare che aveva
ottenuto
quello che voleva... dopo... quando se ne fosse andato sarebbe stato
diverso, non l'avrebbe mai saputo e avrebbe potuto sognare quegli
occhi finalmente felici nessuno avrebbe potuto smentire quei sogni.
-Tàr!-
Dopo
interminabili minuti finalmente una voce riuscì a portarlo
indietro,
il sole era alto, sollevò lo sguardo osservando gli amici
che lo
guardavano preoccupati, ormai anche loro potevano vedere.
Lentamente,
molto lentamente, si inginocchiò accanto al corpo
cominciando a
spostare le pietre.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo 09 ***
*CAPITOLO
9*
-Fottuto
bastardo...- mormorò e poi alzò il viso e
gridò -E' vivo!-
-Per
la frusta di un Balrog!!! Davvero la Nera Signora deve tenere in gran
conto quel dannato figlio di una donnina allegra!-
-O
forse neppure lei vuole la sua compagnia, visto il carattere che si
ritrova... Ora scendiamo, Tàr!-
-Fermati,
Rhawel! Non da qui, cercate un'altra strada o almeno un punto dove la
parete sia abbastanza bassa da usare le corde, non possiamo
arrampicarci con lui-
-Ne
sei sicuro? se ci fossero altri lupi?-
-Posso
difendermi, voi state attenti e buttate giù il mio zaino-
Un
tonfo sordo lo avvisò che lo zaino era arrivato
-Non
ti muovere, capo, torniamo presto-
“E
dove vuoi che vada”
-Avanti
amici troviamo in fretta un sentiero, potrebbe aver bisogno di aiuto-
-Non
è da te preoccuparti così, Mithrandir,
Tàr è un guaritore
esperto, se l'elfo è vivo con lui è in buone mani-
-Non
è per l'elfo che mi preoccupo, Gimli, ma per il nostro
amico, quando
lui si sveglierà non sarà per niente felice e sai
bene quanto possa
ferire con la sua lingua e Tàralelyol...-
-E
Tàralelyol ultimamente è molto sensibile per
quello che riguarda
quell'assassino- continuò per lui la ragazza
-Ah...
l'avete notato anche voi?- ridacchiò il nano
-Non
c'è niente da ridere, tu cosa ne pensi Mithrandir?-
Dopo
un lungo silenzio lo stregone rispose
-Non
lo so davvero, non so davvero cosa pensare... ma temo che uno di loro
ne soffrirà, non so ancora chi però-
-Non
è difficile da capire, quell'individuo è
così freddo che gelerebbe
l'inferno, non vedo come potrebbe soffrire-
Ma
né il nano, né lo stregone le risposero,
limitandosi a camminare
pensierosi.
Appena
ebbe sentito gli amici allontanarsi, l'uomo non perse tempo, con un
efficienza nata dalla lunga esperienza di battaglie e vita da
vagabondo.
Prima
di potersi occupare del ferito doveva assicurarsi che la zona fosse
sicura, e trovare un riparo per poterlo curare e tenere al caldo, la
prima cosa non fu difficile si trovavano su un pianoro rialzato e
questo rendeva più agevole la difesa, anche se per una volta
sperava
di poter restare tranquillo, quindi si limitò a spargere
rametti e
foglie secche lungo il perimetro in modo che chiunque si fosse
avvicinato si sarebbe fatto sentire.
Altri
rami servirono per accendere il fuoco su cui mise a scaldare l'acqua
del torrente che fortunatamente scorreva sul fondo del crepaccio.
Sotto
una sporgenza della roccia ampia a sufficienza da ripararli dal vento
ammucchiò abbastanza foglie che coprì col suo
mantello in modo da
creare un giaciglio comodo.
Solo
quando tutto fu pronto tornò a occuparsi dell'amico, che
incredibilmente non aveva subito ferite mortali, le cose che lo
preoccupavano di più erano il braccio e la gamba, se non
fosse
riuscito a sistemarle non sarebbe più riuscito a usarle, e
questo
sarebbe stato un colpo tremendo per l'immortale.
Per
prima cosa lo trasportò vicino al torrente, strappando
quello che
restava degli abiti per poterlo pulire più agevolmente
-Spero non ci
fossi troppo affezionato- sorrise pensando alla reazione dell'altro
quando si fosse svegliato, ma questo pensiero ne portò uno
più
triste, gli accarezzò dolcemente una guancia, non avrebbe
mai avuto
il coraggio di toccarlo così se fosse stato sveglio ma in
quel
momento poteva fingere che fosse quella creatura luminosa dei suoi
sogni -Mi dispiace, non sarai felice quando ti sveglierai, è
vero
che la Morte non ti vuole... lo sai? mi ha dato i brividi vederti
sorridere quando credevi che fosse finita, non c'è dunque
nulla che
possa legarti a questo mondo? Scusami, se potessi sentirmi mi
odieresti, ma sono felice che tu sia ancora qui, forse la tua Signora
tiene in maggior conto i miei desideri dei tuoi... dovresti trovarti
un'amante meno esigente Gwatheg-
Con
un ultima carezza ricominciò il suo lavoro, pulendo
delicatamente il
suo corpo da sangue e polvere, lo sentì rabbrividire al
contatto con
l'acqua gelida ma non riprese i sensi.
Solo
quando fu sicuro di aver rimosso ogni piccolo frammento di terra o
roccia e che le ferite fossero ben pulite lo sollevò di
nuovo per
distenderlo nel rifugio improvvisato e raggiungere lo zaino, senza
perdere mai di vista l'elfo, cominciò ad estrarre piccoli
sacchetti
di pelle che mise a terra assieme a un pestello, dal primo sacchetto
una manciata di foglie secche finì nell'acqua che ormai
bolliva
sprigionando subito un profumo fresco e pungente, mentre un pizzico
più piccolo veniva depositato nel pestello, assieme ad altre
foglie
e a una manciata di polvere d'argilla verde poi cominciò a
lavorarle
attentamente canticchiando piano, si era accorto che appena il
profumo dell'Athelas aveva avvolto il ferito il suo respiro si era
fatto più regolare, ora poteva scorgere il suo petto alzarsi
e
abbassarsi ritmicamente, sperò che non si svegliasse troppo
presto,
per quello che doveva fare era meglio se restava incosciente.
Soddisfatto
del risultato aggiunse un mestolo d'acqua profumata e
mescolò fino
ad ottenere un impasto omogeneo e aromatico che passò su
ogni taglio
e escoriazione prima di bendarle
-Ora
viene la parte difficile, scusami ma è davvero necessario,
cerca di
non svegliarti proprio adesso, è un consiglio, amico- si
ritrovò ad
accarezzargli di nuovo il viso passando le dita tra quei capelli
soffici -Lo so... sono un debole e un sentimentale, tu al mio posto
lo faresti senza tanti problemi, ma cosa posso farci se l'idea di
farti male mi mette angoscia?-
Con
un ultimo sospiro si distaccò da quel viso angelico
distendendogli
con attenzione il braccio ferito lontano dal corpo, l'osso aveva
perforato la carne e usciva bianco e inquietante dalla pelle.
Si
inginocchiò sull'arto, stringendolo saldamente tra le
ginocchia
all'altezza del gomito, afferrandolo con entrambe le mani sotto la
frattura, uno strappo secco e deciso, tirando e ruotandolo
finché
non vide l'osso rientrare e riprendere il suo posto.
Nonostante
fosse svenuto l'assassino aveva gridato, un grido che gli aveva tolto
il fiato riecheggiando tra le montagne, un dolore tale da farlo
rinvenire e svenire poco dopo per la sofferenza, ma non poteva
fermarsi, doveva assicurarsi che fosse a posto se voleva essere
sicuro di salvargli la funzionalità dell'organo, dopo averlo
posizionato e medicato lo fasciò stretto tra due rami
dritti, solo
in quel momento si fermò sudato per la fatica e la
concentrazione.
Qualche
istante per riprendere fiato, poi ripeté la stessa manovra
con la
gamba, che non era messa male come il braccio ma era comunque
fratturata.
Finalmente,
quando ormai stava calando la sera annuì soddisfatto, aveva
fatto
tutto quello che poteva, e sapeva di averlo fatto bene, ora toccava
all'immortale fare il resto, e se quelle sulle capacità di
guarigione della sua razza non erano leggende non ci avrebbe
impiegato molto.
Con
la notte giunse una leggera febbre, era un buon segno, il fisico
stava reagendo, il respiro era più pesante ma sempre
regolare, Tàr
era ipnotizzato dal movimento di quel petto che spuntava candido
sotto le coperte, non riusciva a distogliere lo sguardo
-Vorrei
poterti dire che ti trovo meraviglioso, ma non sarebbe la
verità, lo
sei ora, con gli occhi chiusi e quel viso d'angelo, ma per quanto
possa desiderarti non posso sopportare quello sguardo di ghiaccio e
quell'odio verso il mondo che non cerchi neppure di nascondere, come
può una creatura così bella portare tanto odio?-
sorridendo a se
stesso -Devo essere veramente impazzito a parlarti così, sai
è più
bello parlarti quando non puoi sentirmi... così bello... e
così
solo... vorresti farmi entrare? Se mi aprissi il tuo cuore non
saresti più solo, ma non sai neppure come si fa vero? Anche
volendo
hai perso quella chiave tanto tempo fa. Stavo pensando, che in giro
si dice che tu sia in grado di scassinare qualunque serratura,
vorresti insegnarmi? Perché vorrei tanto essere un ladro e
scassinare quella con cui hai chiuso il tuo cuore... Mi senti, Notte?
Mi sono appena dichiarato al tuo figlio, sii mia testimone
perché
lui mai udrà queste parole, ma se un giorno vorrai liberarlo
dai
tuoi tentacoli, chiamami e sarò pronto ad afferrarlo mentre
cade,
perché proprio io che mi misi in viaggio per trovare la
Luce, sto
donando il mio cuore al Signore delle Ombre... ma non
lascerò che lo
distrugga, l'ho donato al Principe luminoso che viene ogni notte nei
miei sogni, a lui mi rivelerò se lui esiste dentro l'ombra
in cui si
nasconde-
L'alba
giunse senza cambiamenti, sperava che gli amici lo raggiungessero
presto, era stanco, ma temeva di addormentarsi su quelle montagne
ostili, controllò le medicazioni constatando che le ferite
più
lievi erano già rimarginate “Decisamente quelle
sulle capacità di
guarigione degli elfi non sono leggende” preparò
una leggera
colazione e ricominciò a vegliare il suo malato.
Verso
la metà della giornata un ramo spezzato gli
segnalò che qualcuno si
stava avvicinando, pronto con la spada in mano come la lupa che
difende il cucciolo.
-Tàr!
Siamo noi, possiamo avvicinarci o sei deciso ad affettarci?- era
felice di poter finalmente risentire la voce allegra del nano
-State
bene?-
-Noi
sì, e messer ghiacciolo come sta?-
-Messer
ghiacciolo?-
-Sì,
mentre cercavamo un sentiero abbiamo passato il tempo a cercargli un
soprannome adatto... sei pregato di non riferirglielo, ci tengo alla
mia barba-
-Io
mi preoccuperei della gola- ribatté acida la donna
-E
io cosa ho detto?- ridacchiò -Pensa un po'... la gola sta
proprio
dietro la barba... Davvero Tàr come sta? E tu stai bene?-
-Io
sto bene, ho solo bisogno di una dormita. Lui invece dorme, non si
è
ancora ripreso ma non ha ferite gravi, un braccio e una gamba erano
messi male, ma credo di averli sistemati, potrò esserne
certo solo
tra qualche giorno-
-Mithrandir,
ti risulta che gli elfi sappiano volare? Per le corna di mille Balrog
non ho mai sentito di qualcuno che fa un volo del genere e
sopravvive, e lui non è neppure ferito gravemente-
-Bhe,
dipende cosa intendi per gravemente, sì, non è in
pericolo di vita,
ma come ti sentiresti se non potessi più impugnare la tua
ascia? E
ricordati che uccidere è l'unica cosa che gli permette di
restare
libero-
-Oh-
il nano
-Appunto,
Oh!-
-Resta
comunque il fatto che ha una fortuna sfacciata-
-Su
questo io non discuto.... ma è meglio che tu non lo dica a
lui
quando si sveglia-
Era
finalmente riuscito a dormire e si sentiva molto meglio, anche se la
preoccupazione per l'elfo non lo aveva lasciato riposare più
di
qualche ora prima di tornare al suo capezzale con la scusa,
palesemente poco credibile dal momento che le condizioni dell'altro
non erano gravi, di essere il guaritore più esperto.
“Dolore?”
fu il primo pensiero mentre riprendeva i sensi “Credevo che
la
morte cancellasse il dolore” una fitta lancinante al braccio
lo
fece gemere, e nella mente annebbiata cominciò a farsi
strada la
consapevolezza di essere ancora vivo... rabbia... una rabbia tale che
avrebbe voluto gridare ma dalla gola riarsa uscì solo un
lamento
strozzato
Una
mano gli sollevò il capo
-Bevi,
ti aiuterà a sopportare-
“Lui,
sempre lui, non poteva davvero lasciarlo in pace? Lui e la sua
dannata mania di voler salvare il mondo... chi altri poteva essere se
non lui!”
Aprì
gli occhi, se uno sguardo avesse potuto uccidere l'uomo sarebbe
certamente morto trafitto dall'acciaio di quelle iridi dilatate dalla
rabbia... odio, odio puro aveva preso il posto del gelo
-Tu-
Una
sola sillaba, due lettere che racchiudevano un intero discorso, una
moltitudine di accuse, due lettere soffiate tra i denti che
esprimevano da sole la forza di quell'occhiata
-Tu...
come hai osato... non credere che ti ringrazierò per
questo...
Tu...-
L'uomo
avrebbe potuto ribattere, avrebbe potuto spiegare, difendersi, ma
rimase immobile di fronte a quella furia, incapace di sostenere
quello sguardo assassino
-Tu...
Prega di non incontrarmi di nuovo, da ora considero il nostro debito
saldato, mi hai reso la libertà e ti sei preso la mia morte,
siamo
pari, non farti più vedere-
Se
avesse gridato, se lo avesse insultato, sarebbe stato più
facile
reagire, sarebbe stato più facile sopportare, ma ogni
parola,
scandita lentamente, entrava dura nel cuore, lasciando ferite
sanguinanti.
Incapace
di resistere oltre, si alzò, sentendo ancora quegli occhi
trafiggerlo mentre si allontanava.
Osservando
fisso l'uomo che si allontanava non si era accorto che qualcun altro
si era avvicinato finché una mano aperta non lo aveva
colpito
violentemente al viso piegandogli la testa di scatto.
-Maledetto
bastardo, figlio di puttana! Ti diverti a essere tanto crudele? Sei
solo una patetica imitazione di un individuo dal cuore di pietra. No!
Se fosse di pietra vorrebbe dire che almeno un cuore c'è, ma
dubito
che tu ne abbia mai avuto uno!- La ragazza aveva assistito a tutta la
conversazione, aveva visto le parole ferire il suo più caro
amico, e
i sentimenti che tratteneva da ormai troppo tempo erano esplosi in
quello schiaffo.
Mentre
parlava l'assassino aveva riportato il capo dritto fissando le iridi
ormai accecate di rabbia in quelle della giovane
-Hai
finito?- sibilò gelido
Se
la furia di questa fosse stata leggermente inferiore, forse avrebbe
scorto il pericolo di quello sguardo, ma in quel momento era
più
cieca di lui, il fiume di emozioni aveva rotto la diga e non si
sarebbe lasciato arrestare
-Non
credere di spaventarmi, forse potresti uccidermi ma almeno io avrei
vissuto. Hai ragione, avremmo dovuto lasciarti in fondo a questo
dannato crepaccio, non ti meritavi altro, mi sarei divertita a
guardarti... un assassino zoppo e senza un braccio, quanto saresti
durato? Quanto prima che quel Sigillo che ti costringe a sopravvivere
ti avesse fatto andare a elemosinare cibo e riparo da quelli che ti
vogliono in catene? Sorpresa!!! Non stavi morendo, neppure la Morte
ti vuole, e perché prendersi il disturbo, sei già
suo, sei morto da
così tanto tempo che mi chiedo se tu sia mai vissuto!-
-Non
parlare di cose che non...-
-Cosa!?
Che non conosco? Il povero piccolo elfo che nessuno vuole, poverino
che storia triste che ha avuto... Svegliati! Il mondo fa schifo,
pensi di essere l'unico che ha avuto una vita difficile? La fuori
è
pieno di elfi che non hanno le tue capacita e sono ancora costretti a
servire! La fuori e pieno di gente che ha visto le persone che amava
morire per un gesto o una parola sbagliata! Apri gli occhi e vedi di
crescere una buona volta! Non mi fai pena, sei libero, sei
intelligente, sei abile potresti fare qualcosa di buono e invece non
fai nulla!-
-Cosa
ne può sapere una ragazzina umana viziata del mondo! Tu con
la tua
testa piena di stupidi ideali...- le soffiò in faccia
glaciale
-Tu
invece lo conosci il mondo vero! Chi conosci oltre te stesso? Hai mai
cercato di capire qualcuno? Credi che Tàr abbia lasciato la
sua
gente per sete d'avventura? O non ti sei chiesto cosa spinge un nano
a vagare in superficie? Ti sei domandato quale peso sopporta il cuore
di Mithrandir, che rende lucidi i suoi occhi ogni volta che parla del
passato?
No!
Tu non te lo chiedi perché vuoi continuare a compatirti...
Vuoi
sapere cosa ne sa questa “ragazzina umana viziata”
del mondo?
Guarda!!!- Ormai senza fiato per le grida si era chinata portando il
viso a pochi centimetri dall'elfo e scostato i capelli dalle orecchie
-Ho
detto guarda!!!- ormai stava gridando di disperazione non
più di
rabbia
Nonostante
la vista acuta l'elfo ci impiegò un po' per scorgere quello
che la
donna stava indicando, un sottile cicatrice che percorreva la parte
superiore dell'orecchio.
In
quell'istante, tutto l'odio e il furore svanirono quando la sorpresa
gli tolse il fiato
-Tu
sei...- sussurrò con espressione incredula
-Per
metà, mia madre era umana- ormai quel fiume che l'aveva
travolta si
era esaurito lasciandola scivolare seduta a terra spossata.
-Chi
è stato a...- non riusciva a trovare le parole, seppure
negasse la
sua natura di elfo non aveva mai pensato a un gesto così
drastico
-A
farmi questo?- indicandosi le orecchie -Sono stata io... Tu mi chiedi
cosa so della vita? Ne so abbastanza da aver distrutto un intero
villaggio...-
La
voce era bassa, quasi atona, come pure gli occhi... non la
interruppe, forse era cinico e insensibile ma sapeva riconoscere un
dolore così simile al suo.
-Ti
racconterò una storia, non perché voglio la tua
pietà, non perché
voglio che tu mi racconti la tua, non mi interessa la tua storia,
posso immaginarla in centinaia di storie che ho già sentito,
e
...soprattutto... non mi interessa la tua pietà, non mi
interessa la
pietà di nessuno... ma giunti a questo punto è
giusto che tu sappia
anche il resto, e forse ti servirà ad aprire gli occhi su
quel mondo
che dici di conoscere.
Non
ho mai conosciuto i miei genitori, ma mia madre mi ha lasciato tante
lettere, le scriveva mentre attendeva la mia nascita, forse sapeva
che non sarebbe sopravvissuta al parto, e voleva che in qualche modo
mi ricordassi di loro e sapessi quanto mi avevano amato.
Mia
madre era una nobile, mio padre un servo nella sua casa, tu pensi che
non esistano, ma ci sono persone che guardano gli elfi come individui
e non come proprietà, mia madre era una di quelle, e quello
che vide
in quell'elfo la fece innamorare, e lui di lei.
Si
amarono molto, rubando attimi di intimità, sapendo il
destino che li
attendeva se fossero stati scoperti, mi sono spesso chiesta
perché i
vincoli magici non impedissero a mio padre di amarla, credo che
semplicemente nessuno avesse mai preso in considerazione questa
possibilità.
La
storia andò avanti per anni, finché mia madre non
scopri di essere
incinta, se mi avessero tenuta la loro storia sarebbe certamente
stata scoperta, ma neppure un istante pensarono di uccidermi, mi
vedevano come un dono un dono raro e prezioso, così fecero
l'unica
cosa che potevano fare, decisero di fuggire.
Secondo
Mithrandir la scoperta di essere padre cambiò qualcosa nello
spirito
dell'elfo rendendo più deboli le Chiavi, non comprendo molto
la
magia, ma mi hanno spiegato che queste imposizioni agiscono
direttamente sullo Spirito e che questo in circostanze particolari
può cambiare... dovrai accontentarti di questa spiegazione
perché
come ho detto la magia non riesco a comprenderla.
Comunque
fuggirono una notte, naturalmente il mio caro nonno
sguinzagliò
tutte gli uomini che poteva al loro inseguimento, quando fu chiaro
che il loro piano sarebbe fallito mio padre si fermò,
salutò mia
madre con un bacio, le disse di proteggermi sempre, che ero la cosa
più bella che gli fosse mai accaduta perché ero
il frutto del loro
amore, le disse di fuggire veloce e non voltarsi indietro, che lui
sarebbe sempre vissuto dentro di me...- si fermò per
riprendere
fiato mentre gli occhi si gonfiavano di lacrime
-Fu
la prima persona che uccisi... mio padre... si lanciò ad
affrontare
gli inseguitori per dare il tempo a mia madre di mettersi in salvo,
quando fu lontana lei si girò... il tempo di vederlo cadere
colpito
a morte poi continuò a fuggire, non voleva che quel
sacrificio fosse
stato vano.
La
trovò Mithrandir, molti giorni dopo, era stremata, ma non si
arrese
fino al giorno in cui nacqui, in una lettera scrisse che io dovevo
vivere ad ogni costo, perché ero la prova del loro amore e
che non
mi avrebbero mai abbandonato, ma non è vero, forse dove sono
ora mi
osservano, non lo saprò mai perché qui sono sola.
Lo
stregone mi affidò alle cure di una coppia di contadini,
brava
gente, con un cuore enorme, che non si interessavano della mia natura
e mi amarono come la figlia che non avevano mai avuto. Vivevamo in un
piccolo villaggio alle pendici dei Monti Bianchi, lontano dall'impero
e dalla politica, tutti sapevano di me, ma nessuno me lo fece mai
pesare, ero solo una bambina come tante altre, se non fosse stato per
il fatto di dovermi nascondere ogni volta che arrivavano gli esattori
non avrei neppure compreso di essere diversa.
Nei
miei sogni di bambina quella era la mia vita, avrei lavorato la terra
e avrei preso il posto di mia madre in casa, avrei sposato uno dei
miei amici del villaggio e avremmo avuto tanti figli... ma come vedi
non è andata così...
Avevo
undici anni quando vennero a prendermi, non ho mai scoperto come mi
avessero trovato, forse un viaggiatore mi aveva scorto in
lontananza... non lo saprò mai... era un giorno allegro,
stavamo
tutti aspettando Mithrandir, quando arrivava facevamo una grande
festa, lui portava sempre dei bellissimi fuochi d'artificio, dovresti
vederli non c'è nessuno bravo come lui. Veniva a trovarmi
ogni anno,
sapevo che era stato lui a farmi nascere, i miei mi avevano
raccontato tutta la storia e mi avevano dato le lettere della mia
vera madre e per questo li amavo ancora di più.
Un
uomo arrivò correndo a casa mia, aveva visto da lontano i
soldati e
avvertiva i miei di nascondermi, capivo perché erano
agitati, non
era il periodo degli esattori... mi calai nel pozzo come avevo fatto
tante volte, c'era una nicchia nascosta abbastanza grande per una
bambina, era un rifugio perfetto.
Dal
mio nascondiglio li sentii arrivare, erano li per me, gli abitanti
del villaggio finsero di non sapere di cosa parlassero, sentii il
primo grido, era la voce del fabbro, rifecero la domanda e ancora i
paesani non risposero, un altro grido, avrei gridato anch'io
facendomi scoprire ma ero paralizzata dalla paura, continuarono
così,
grida e domande, ma nessuno mi tradì, mi consideravano una
di
loro... erano brave persone... alla fine i soldati si convinsero che
dovevo essere fuggita e non c'era più motivo di restare in
quel
posto sperduto e arrivò l'odore del fuoco e il rumore delle
case in
fiamme che crollavano mescolato ad altre grida, poi il silenzio...
Non
ricordo quanto tempo impiegai a trovare il coraggio di uscire,
speravo di sentire qualcuno che mi chiamava come le altre volte, che
mi diceva che se ne erano andati, ma c'era solo il silenzio... Erano
morti tutti, per proteggermi... mi inginocchiai a fianco del corpo
del secondo padre che avevo ucciso e piansi... piansi per ore... poi
vidi il coltello, era ancora nel fodero, non avevano neppure provato
a difendersi, lo presi con rabbia e mi feci questo... e restai li con
il sangue e le lacrime che mi colavano sul viso.
Se
Mithrandir non fosse arrivato sarei morta dissanguata, ma mi
portò
via e sistemò i tagli che avevo fatto, tanto che ora si
notano
appena.
Quel
giorno ero morta anche io, restai con lui, ma non parlavo, non
mangiavo se non mi dicevano di farlo, non mi alzavo neppure dal letto
se non ero obbligata e passavo tutto il tempo nel parco su una
panchina di pietra a fissare il vuoto.
Fu
così che conobbi Tàr, era già passato
un anno, e stavo su quella
panchina, lui si sedette al mio fianco e cominciò a guardare
il
vuoto come me, restammo a lungo in silenzio poi con un sospiro udii
quattro parole “Il mondo fa schifo” mi girai a
guardarlo come se
vedessi per la prima volta, tutti i pensieri, tutti i dolori che mi
tormentavano da tanto tempo riassunti in quattro parole.
Appoggiò
una spada al mio fianco poi si alzò, prima di andarsene
parlò di
nuovo “Puoi continuare a pensare che faccia schifo, oppure
puoi
cercare di cambiarlo per le persone che amavi, la scelta è
solo tua”
non l'ho più visto per mesi, ma da quella sera sono andata
ogni
giorno nel parco non a sedermi sulla panchina ma ad allenarmi con la
spada.
La
seconda volta che è venuto da me mi stavo allenando, mi ha
guardato
per un po' poi ha detto
“Decisamente
non hai il fisico per la spada, dovresti provare con un'altra
arma”
Non
so perché ma la risposta mi venne spontanea
“L'arco”
avevo seguito mio padre a caccia e lui si era divertito a insegnarmi
a incoccare le frecce
Lui
ha annuito
“Fammi
venire con te, insegnami a combattere”
“Ti
propongo un accordo, devo partire per un lungo viaggio, non ci
vedremo per molto tempo, ma quando tornerò se sarai in grado
di fare
tre centri consecutivi allora potrai seguirmi e ti insegnerò
tutto
quello che so”
Quella
sera sul mio letto c'era un arco nuovo e una faretra piena, passarono
due anni prima che lo rivedessi, ma mi allenai ogni giorno e quando
tornò sarei stata in grado di fare, non tre, ma tutti i
centri che
avesse voluto, come avrai capito mantenne la promessa e da quel
giorno mi sono unita a lui e Gimli... Tàr è come
un fratello per
me, mi ha fatto tornare a vivere e mi ha insegnato tutto quello che
so... non ti perdonerò se lo ferirai ancora-
Restarono
a lungo in silenzio, un elfo e una mezzelfa, sconvolti, il primo per
la storia ascoltata, la seconda per il dolore dei ricordi, quando
stupendo persino se stesso l'assassino poggiò la mano su
quella
della ragazza facendole sollevare il viso stupita.
-Grazie,
non deve essere stato facile ricordare... Grazie- Non sapeva
perché
la stava ringraziando, ma sentiva di doverlo fare, lei avrebbe
capito, lei sapeva cosa si provava ad uccidere chi si amava, lei era
così diversa eppure così simile, si
ritrovò a pensare che se il
destino fosse stato diverso le loro parti sarebbero state invertite,
o forse no... forse lei sarebbe comunque stata abbastanza forte per
reagire e lui invece sarebbe comunque rimasto vuoto...
-E'
per questo che mi odi? Hai paura che possa ferire quelli che ami?-
-Se
mi poni questa domanda è perché non sei pronto ad
ascoltare la
risposta, hai già la tua risposta, solo che non l'hai
sentita-
Scuotendo
il capo delusa, si avviò alla ricerca degli amici
-Rhawel,
potresti scusarti con Tàralelyol da parte mia?-
-Dovresti
farlo tu, quando tornerà-
Ma
non ebbero l'occasione di sentire quelle scuse, quando tornarono
all'accampamento Esgalwath era scomparso, assieme a tutte le sue
cose.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
*CAPITOLO 10*
-Se n'è andato- lo sussurrò a se stesso con un
filo di voce, continuava a ripeterselo.
Erano passati quattro giorni da quando non lo
avevano trovato al campo, aveva voluto aspettare il primo giorno
sperando che tornasse, il secondo e il terzo lo avevano cercato con la
paura che nelle sue condizioni gli fosse successo qualcosa, ma non
avevano trovato tracce, alla fine si era rassegnato a riprendere il
cammino, eppure ancora non riusciva a darsi pace.
Non riusciva a crederci, era ferito, aveva perso
molto sangue, ma aveva comunque trovato la forza di andarsene, eppure
nonostante l'odio di quelle parole era convinto che sarebbe rimasto
finché fosse stato meglio “non farti
più vedere” lo aveva detto ma lui non ci aveva
realmente creduto, era convinto che avrebbe avuto il tempo di spiegare
quando fosse stato più calmo... era debole, se gli fosse
accaduto qualcosa sarebbe stata di nuovo colpa sua...
-Tàr, non pensarci, non avresti potuto
far nulla per fermarlo- Lui non parlava ma la giovane poteva leggere
tutti quei pensieri sul suo viso
-Avrei potuto parlargli, avrei potuto spiegare,
avrei potuto...-
-Non sarebbe servito, sai che gli ho parlato... ero
sicura che avesse capito, sembrava diverso, mi ha persino chiesto di
chiederti scusa...-
-Allora perché?-
-Non lo so Tàr, forse in fin dei conti
il motivo non era importante, non quanto il fatto che tu lo abbia
comunque curato... io credo che si sia spaventato, è un
solitario, lo è sempre stato, non gli piace dover dipendere
da altri, credo che abbia avuto paura di poter cambiare-
-Da quando lo hai osservato così bene?-
-Non è questo... io credo di
comprenderlo... se non fosse stato per te avrei potuto essere come
lui...-
-Ma tu ti sei lasciata aiutare...-
-Conoscevo l'amore dei miei genitori, avevo vissuto
come una persona normale amata e rispettata, avevo il sostegno di
Mithrandir, non ho mai dovuto sottostare a delle catene, non mi sono
mai dovuta nascondere... io posso solo immaginare quello che sarei
diventata...-
-Per questo lo disprezzi, perché
è quello che saresti potuta essere tu?-
-In parte, forse... ma non solo... Non lo
disprezzo... forse lo compatisco... è difficile da
spigare...-
-Non ne hai bisogno, comprendo perfettamente,
perché gli stessi pensieri a volte mi turbano, ma forse
avendo più anni dei tuoi ho imparato ad accettare,
è una sua scelta... non puoi giudicare il modo di vivere
degli altri-
-Lo so, ma è difficile-
-Non ho detto che sia facile, ma sei giovane, col
tempo capirai-
Altri due soli erano sorti e tramontati sui viaggiatori che
attraversavano quei boschi verdi e rigogliosi, non avevano trovato
tracce dell'elfo, ma neppure lo avevano sperato, si sarebbe certamente
diretto verso sud, dove le zone erano più civilizzate, e non
verso lande sempre più selvagge come quelle che loro
percorrevano.
Raggiunsero il limitare della palude al tramonto,
non un confine naturale, dove il bosco moriva lentamente e il terreno
si inumidiva a poco a poco, ma un taglio netto, un passo erano nel
bosco, quello dopo rischiavano di sprofondare nel pantano.
Quel luogo metteva i brividi, era evidente che la
natura avesse poco a che vedere con quell'acquitrino, era morto,
normalmente ci sarebbero stati insetti, uccelli palustri, rettili e
anfibi ma niente sembrava vivere tra quei rami contorti e marcescenti,
il sibilo del vento tra le foglie putride era l'unico rumore e il tanfo
di decomposizione li raggiungeva nonostante fosse filtrato dalle foglie
fresche della foresta.
-Siamo proprio certi di dover andare la dentro?-
ora che lo vedeva con i suoi occhi il nano non era più tanto
sicuro di voler proseguire
-Se esiste qualcosa che può esserci
d'aiuto solo là potremo trovarla-
-Qui troveremo solo morte, Mithrandir, credi
davvero che un tempo questo fosse un Reame degli elfi?-
-Non lo credo, lo so. Uno dei più belli,
la sua capitale Caras Galadhon era così meravigliosa che
nessuna parola potrebbe descriverla, creata sugli alberi e cantata fra
i rami, in un insieme tanto armonico da rendere difficile comprendere
dove finisse il lavoro della natura e cominciasse quello degli elfi e
la notte s'illuminava di mille luci tanto che le stelle parevano
moltiplicarsi, e la musica! Che musica soave si poteva udire tra le
mura di quel paradiso!-
-Parli come se l'avessi veduta- ancora una volta il
númenóreano poteva scorgere quell'espressione
sofferente sul viso del vecchio stregone, avrebbe voluto rincuorarlo,
ma non poteva svelare il segreto che solo lui conosceva
-Purtroppo non la vidi mai, ma molto ne ho letto e
assai rimpiango di non aver potuto ammirare la gemma di
Lòrien-
-Sarà ma io non capisco che bisogno
c'è di vivere sugli alberi, solida roccia, quella si che
è una degna dimora-
-Forse per un nano, ma per quegli elfi niente era
più bello che vivere vicino alle amate stelle-
-Credi che quel luogo esita ancora? E' tutto morto
qui e se come dici quella città sorgeva tra i rami dispero
di trovarla intatta-
-Lo spero, una grande magia la proteggeva, forse
non sarà intatta ma credo abbia resistito, la magia
scagliata contro questo luogo era potente, forse la più
potente che Melkor abbia mai usato, ma anche la magia di
Lòrien lo era-
-Perché accanirsi tanto contro questo
luogo? Ho visto luoghi devastati dalla magia oscura viaggiando ma mai
con una tale ferocia- già la ragazza aveva detto di non
amare la magia, e la vista di quello che un tale potere poteva fare non
faceva che alimentare la sua convinzione, certo persone come Mithrandir
la usavano per il bene... ma in mani sbagliate...
-La versione ufficiale è che in questo
luogo stavano creando una pericolosissima arma magica... la
verità è che qui è racchiuso un potere
molto antico, e lui lo voleva, ma il qualche modo gli elfi sono
riusciti a metterlo fuori dalla sua portata, quando ha capito di non
potersene impadronire ha fatto in modo che nessun altro potesse farlo-
-Quale Potere può accecare d'odio una
persona in tal misura, lui che è già
più potente di chiunque altro?-
-L'unico potere che ancora non possiede, quello di
vedere il futuro-
Quelle parole li colpirono nella loro
realtà, tanto grande era stato quel sacrificio antico,
l'unico che poteva dare la speranza di sconfiggere il Nero Signore, se
fosse riuscito a controllare quel potere nessuno avrebbe avuto speranze
di rivalsa, ogni tentativo sarebbe stato stroncato ancora prima di
compiersi... migliaia di anni prima quegli immortali avevano rinunciato
a fuggire ed erano morti perché loro oggi avessero una
possibilità.
Non si sarebbero lasciati intimorire da quella
terra scura e morta, quel sacrificio non sarebbe stato vano.
-Accampiamoci qui, tenteremo domani con la luce del
giorno-
-Speriamo che quella mappa che abbiamo trovato
nella Torre sia attendibile, altrimenti sarà tutto inutile-
-Deve essere attendibile Mithrandir!-
ringhiò l'uomo -Deve esserlo! Per gli elfi che vivevano qui!
Perché dobbiamo trovare la strada per attraversare le
Nebbie! E perché quello che abbiamo fatto a Esgalwath non
sia stato vano...- aveva detto l'ultima frase in un sussurro, che
però non era sfuggito agli amici
-Sta bene non ti preoccupare, è un
ragazzo pieno di risorse-
-Era così debole, e se non avessi
sistemato bene gli arti? E se sforzandosi li avesse danneggiati di
nuovo?... E se anche raggiungesse una città? a causa nostra
ora è ricercato, tutti ormai conosceranno la sua
identità...-
-Se la caverà, lo ha sempre fatto, non
se ne sarebbe andato se non fosse stato sicuro di cavarsela, hai detto
tu stesso che le ferite guarivano a velocità incredibile,
probabilmente ora è in grado di correre e combattere come
prima-
-Vorrei avere la tua stessa sicurezza Gimli-
-Non possiamo averla, ma dobbiamo sperare che il
nostro amico stia bene-
-Amico?-
-Certo che ti credi, sarà anche un
fottuto bastardo, ma in fondo mi stavo abituando ad averlo tra i piedi-
-Melkor immortale! Vorrei tanto vedere la sua
faccia a sentire una cosa del genere!-
-Credo che a Messer Ghiacciolo verrebbe un colpo-
-Attento alla barba Gimli!-
Era riuscito a farlo ridere, Gimli ci riusciva
sempre, lo conosceva da più tempo di tutti gli altri e mai
una volta lo aveva visto perdere il buonumore.
L'alba era giunta, portando nuova luce e nuova speranza, i sentieri
della mappa si erano rivelati fino a quel momento sicuri, anche se non
erano certi che li avrebbero portati a destinazione.
L'atmosfera era strana, anche se fuori non muoveva
una foglia una leggera brezza li aveva investiti appena entrati, una
brezza che dava i brividi, non solo per l'odore nauseabondo che
portava, ma perché sembrava sussurrare i lamenti dei morti,
il nome Palude dei Sussurri non poteva essere più azzeccato.
All'inizio era solo una sensazione, ma
cominciò a prendere forza mano a mano che si addentravano
nell'acquitrino, prendeva forza come il vento che ormai minacciava di
strappargli i mantelli, riuscivano quasi a sentire delle parole in quei
sussurri ma non potevano ancora coglierle. Fu solamente quando
arrivarono in vista delle rovine di Caras Galadhon che la situazione
precipitò.
“Sérë”(Riposo)
“Nuru”(Morte)
Erano quelle le parole che portava il vento, un vento che ora soffiava
impetuoso attorno a loro, impedendogli di avanzare oltre, strappando le
vesti e tagliando la pelle come se fosse dotato di artigli, che altro
non erano che foglie affilate come rasoi, a nulla servivano le armi
contro quel nemico inesistente
-Mithrandir!!! Fa qualcosa!- Gridò
l'uomo sopra il frastuono del vento cercando di ripararsi il viso
mentre un altro taglio si apriva sul braccio
-Ci sto provando, ma questa non è magia!
Almeno non del genere che conosco, non riesco a fermarlo!-
-Dobbiamo tornare indietro, non possiamo avanzare!-
Ma anche quel tentativo pareva vano, l'unico relativamente protetto da
quell'assalto era il nano per via della pesante armatura e dell'elmo
che lasciava aperta solo una piccola fessura per gli occhi, ma non
poteva nulla per aiutare i compagni, sembravano destinati a morire
dissanguati lentamente da fronde assassine, non potevano avanzare alla
cieca in quel terreno impervio.
L'aiuto arrivò in un turbine di nero,
anche se non potevano vederlo con gli occhi coperti per proteggerli, un
turbine di nero, oro e acciaio, le lame che ruotavano così
veloci davanti a lui da creare una barriera invalicabile.
Si fermarono solo un istante, il tempo di afferrare
la ragazza per un polso e schiacciarla contro la propria schiena
coprendola col suo mantello, prima di riprendere il suo scudo d'aria.
Troppo stupita per reagire a quella che
inizialmente prese per un aggressione evitò di piantare un
coltello nelle costole di chi la stava salvando.
-Sei tornato!- ma non ebbe risposta, invece l'elfo
si rivolse al nano che era quello meno in difficoltà
-Gimli- urlò per sovrastare il vento
-Pensa allo Stregone! Dobbiamo raggiungere le rovine, forse troveremo
dove ripararci!-
“Quella voce... è
possibile?” il pensiero era dell'uomo ma fu il nano a parlare
-Sei tornato!- ma anche lui venne ignorato,
tornando a rivolgersi alla giovane
-Cerca di afferrare Tàr e non mi mollare-
-Contaci-
Dove trovasse in quel fisico esile la forza di
contrastare quella bufera, non li stupiva quanto il fatto stesso che
fosse li a contrastare quella bufera
-E' tornato- constatò in un sorriso il
vecchio mago.
Appena superarono le mura dell'antica
città il vento cessò improvviso, facendoli
rovinare a terra per la forza con cui stavano avanzando.
Tàr si rialzò girandosi fino
a incontrare quegli occhi chiari che credeva di non rivedere mai
più
-Sei tornato...-
-Non me ne sono mai andato-
-Ma eri sparito, ti abbiamo cercato, eri ferito-
-Lo so, vi osservavo. Sto bene come vedi... Hai
fatto un buon lavoro- Aveva abbassato lo sguardo mormorando l'ultima
frase, era la cosa più simile a un grazie che avesse mai
detto a quell'uomo
-Perché?-
-Avevo bisogno di stare un po' da solo, non sono
abituato ad avere troppa gente attorno- suonava molto più
distaccato di “Una ragazzina isterica mi ha preso a schiaffi
e ha messo in dubbio tutte le mie convinzioni”
-Ah...-
-Non che non abbia voglia di chiacchierare con voi,
ma immagino siate qui per un motivo-
-Naturalmente hai ragione. Da dove pensi di
cominciare, Mithrandir?- Era tornato e sembrava che nulla fosse
successo per lui, non si aspettava delle scuse, il fatto stesso che
fosse li era un modo di chiedere scusa, e onestamente nessuno di loro
se lo sarebbe aspettato.
-Da li- rispose semplicemente indicando un albero
gigantesco al centro della collina, così grande che le torri
degli uomini sembravano aghi al suo confronto, un monumentale cammino
si snodava in una lunga spirale salendo coperto da eleganti archi,
così in alto che la fine era nascosta alla vista da una
coltre di nuvole.
-La dimora dei signori di questo luogo, se
è conservata qualche traccia che ci indichi la strada da
seguire la troveremo li-
-Speriamo solo che quella scala sia ancora
abbastanza solida per reggerci-
-Lo sarà, Rhawel, non ti sei guardata
attorno?-
Nessuno di loro lo aveva fatto, erano stati troppo
impegnati a osservare un assassino che contro ogni previsione aveva
rischiato la vita per salvarli, solo ora si accorgevano che quel luogo
era stato preservato dallo sfacelo che li circondava, gli alberi erano
spogli e grigi ma senza quell'alone di morte che si avvertiva
all'esterno, parevano più addormentati.
Prima di poter seguire gli altri lungo la scalinata
la mano della donna lo sfioro leggermente facendolo fermare
-Gwath, grazie-
Si girò di scatto e
ricominciò a camminare, senza sapere come rispondere, non
voleva usare una delle solite frasi sarcastiche ma non conosceva un
altro modo di reagire.
“La Scala Infinita” ghignò l'uomo, non
sapeva se quel percorso avesse un nome, ma se ne avesse avuto uno
quello era di certo il più indicato. Salivano da ore, e
ancora non ne vedevano la fine, avanzavano in silenzio, feriti,
stanchi, anzi esausti per la lotta contro il vento soprannaturale,
forse sarebbe stata una buona idea fermarsi a riposare e a curare le
ferite, che anche se lievi contribuivano a togliere le forze, ma, anche
se quella strana bufera si era placata, il pensiero di restare allo
scoperto più dello stretto necessario li rendeva nervosi.
Solo adesso camminando in silenzio si rendeva conto
dell'azzardo di quella scelta, non sapevano cosa li avrebbe attesi alla
fine del cammino, altri pericoli? Altre battaglie? Avrebbero potuto
affrontarle nelle loro condizioni? Avrebbero potuto affrontarle in
qualunque condizione? Erano stati impotenti contro l'uragano magico,
sarebbero morti senza l'aiuto dell'elfo... Già l'elfo... era
tornato, non se ne era mai andato a quanto aveva detto...
perché?... La sua risposta non lo convinceva, non
completamente almeno, se fosse stato solo bisogno di solitudine niente
gli impediva di avvertirli, di certo non si era mai fatto scrupoli a
ferire i loro sentimenti... era successo qualcosa quel giorno, Rhawel
aveva detto di avergli spiegato, di avergli fatto comprendere che non
era mai stato in pericolo di vita... c'era dell'altro, non sapeva cosa
gli avesse detto di preciso l'amica ma la conosceva abbastanza bene da
sapere che non si era limitata a spiegargli gentilmente le sue
ragioni... Sicuramente era successo qualcosa e lui lo avrebbe scoperto.
“Non lo capisco!!!” Sbuffò irritata la
ragazza, quando aveva scoperto che era partito aveva pensato che le sue
parole fossero cadute nel vuoto, poi era tornato e li aveva salvati, e
si era detta che forse era riuscita a scuoterlo, ma ora si comportava
di nuovo con quel freddo distacco... l'aveva ringraziato e lui non si
era neppure girato a guardarla, li squadrava con quegli occhi duri,
come se loro non fossero niente... eppure era li...
“Decisamente non lo capisco!!!” sbuffò
nuovamente frustrata
-Allora ci hai seguito tutto il tempo?- la voce del nano lo fece
trasalire, era restato indietro rispetto agli altri, avrebbero pensato
che voleva mantenere le distanze, ma in realtà un assurdo
istinto protettivo gli faceva desiderare che nessuna minaccia li
prendesse alle spalle, era così concentrato a cogliere un
qualsiasi segno di pericolo dietro di lui da non accorgersi che Gimli
aveva rallentato il passo staccandosi dagli altri fino a farsi
raggiungere.
-Così ho detto-
-Tu non me la racconti giusta ragazzo, se non ci
sopporti e ti piace tanto stare solo perché continui a
seguirci? Non che non mi abbia fatto piacere beninteso, credo di non
averti ancora ringraziato-
“Sempre dritto al punto vero amico?
Già, perché vi seguo?”
-Il debito- disse invece ad alta voce
-Tze...- ridacchiò -Raccontalo al nostro
capo, forse lui ci crede, comunque tanto per essere chiari hai saldato
il tuo debito, ci hai salvati, eppure sei ancora qui-
Un altro Esgalwath sarebbe stato furioso con
quell'individuo che pretendeva di capirlo, ma questo non poteva, dal
momento che neppure lui ormai riusciva a capirsi
-E per quale ragione di grazia Mastro nano
continuerei a seguirvi?-
-Non lo so, dimmelo tu-
-Siete voi ad aver avanzato la questione, ditemi
dunque, sono ansioso di sapere perché vi starei seguendo-
-Forse per la stessa ragione che rallenta il tuo
passo e ci copre le spalle- Allo sguardo allibito dell'immortale un
ghigno impertinente fece capolino da sotto la barba rossa
-Ti piacciamo Mastro Assassino! Non potrai negarlo
ancora per molto... L'irresistibile fascino di Gimli di Moria ha
colpito ancora- rise sonoramente battendosi la mano sul petto
-Potreste aver ragione, oppure...- lo
osservò in tralice beffardamente -Oppure... Messer
Ghiacciolo sta prendendo le misure della vostra barba-
-Ah... Hops...- deglutì nervosamente
-Stavi ascoltando...-
-Ho un udito molto sensibile... amico- calcando
volutamente sull'ultima parola -Sei ancora convinto di volermi tra i
piedi?-
Senza attendere una risposta aumentò
l'andatura fino a raggiungere gli altri, lasciando indietro un nano
interdetto per quello stano scambio di battute... non c'era stato
cinismo, ne rabbia, sembrava che il biondo si fosse appena preso gioco
di lui...e... sembrava che si stesse divertendo un mondo a farlo...
Rhawel aveva diverse cose da spiegare, era successo qualcosa quando
avevano parlato, quella ragazzina ne aveva combinata una delle sue, e
questa volta sembrava che fosse qualcosa di buono.
“Bene, bene, bene... questa proprio non me
l'aspettavo!” A volte l'animo umano, o in questo caso elfico,
era in grado di stupire anche uno spirito eterno come
Olórin, aveva visto la luce nascosta dell'elfo, e il fiorire
di un sentimento che neppure sapeva riconoscere, aveva sperato che quel
sentimento avrebbe dissipato le ombre e riacceso quella luce, ma quando
era scomparso si era detto che non sempre la Luce vince, lui in fondo
non ne era forse la prova? Eppure era tornato, doveva esserci lo
zampino di quell'impulsiva di Rhawel, non sapeva cosa gli avesse
raccontato, anche se cominciava a farsi un'idea. Ora anche le ragioni
della sua fuga apparivano diverse, quello che aveva detto a
Tàr era la verità, aveva bisogno di restare solo,
aveva bisogno di capire... se ci fosse riuscito e cosa avesse capito
ancora non poteva dirlo, ma non dubitava di riuscirci presto.
Avevano raggiunto e superato i rami più bassi, attorno ai
quali erano costruite grandi piattaforme o Talan, come aveva spiegato
lo stregone, alcune scoperte altre invece parevano abitazioni, altre
piattaforme, sorgevano attorno al tronco principale, la scala le
attraversava al centro ed ebbero così modo di ammirarne
l'arte e la solidità ma nessuna di queste era la loro
destinazione, quando ormai il fusto cominciava a stringersi segno che
erano vicini alla cima entrarono in quello che per dimensioni poteva
competere con le più ricche dimore degli umani, non ci fu
bisogno di annunciare che erano arrivati tale era la ricchezza e la
meraviglia del luogo, le pareti decorate in verde e argento come se le
foglie del maestoso albero fossero ancora vive e da esse filtrasse la
luce della luna, il soffitto invece era dell'oro dei raggi del sole al
tramonto e altrettanto lucente.
Davanti a loro due sedie intagliate nel legno
argenteo dell'albero, cosi levigato da sembrare candido,
erano sormontate da baldacchini formati dai suoi
stessi rami.
Osservandole furono colti dalla visione di come
dovevano apparire quegli scranni quando la vita riempiva di foglie e
fiori dorati quei rami, quando i nobili signori di quei luoghi ancora
vi sedevano.
Fu durante quella visione che per la prima volta la
tiepida brezza li sfiorò, non ne ebbero paura era
così diversa dal vento che prima li aveva attaccati quanto
può esserlo una tormenta invernale dal leggero zefiro di
primavera.
Ed era proprio la primavera che sembravano sentire
il quella carezza delicata, il profumo di fiori e verdi prati, di
rugiada e gemme nuove, e un dolce canto, il più dolce che
avessero mai sentito.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Vi
chiedo perdono in
anticipo questo capitolo non è molto lungo, in compenso lo
sono le
note, ma dal momento che è scritto per la maggior parte in
rima, e
non tutti potrebbero capirlo ho preferito mettere un piccolo
riassunto/parafrasi in fondo.
Ciao
e Buona
Lettura!
Reira
*CAPITOLO
11*
Refoli
di vento li avvolgevano in delicate spire, uno poi l'altro,
allontanandosi e tornando indietro, sollevando i mantelli,
solleticando la pelle, giocando coi loro capelli... la carezza di una
madre, l'abbraccio di un' amico, il bacio di un'amante, era questo e
molto altro ancora eppure altro non era che un semplice soffio
d'aria.
La
musica si avvicinava e si allontanava, gli sussurrava all'orecchio e
gli girava attorno, quasi che fosse il vento stesso a cantare e loro
lo rincorrevano con lo sguardo cercandolo nella grande sala beandosi
di quella sensazione sublime.
All'inizio
era solo una melodia senza parole, ma col passare del tempo le loro
orecchie cominciarono a scorgere l'eco di una voce, era debole in
principio, e difficile da comprendere, seguiva la musica
avvicinandosi e allontanandosi senza fermarsi un istante, poco per
volta acquistava vigore e presto furono in grado di udire chiaramente
quel canto... che però un canto non era...
“Ora
il bosco è tranquillo, venite viaggiatori
in
queste antiche sale non abbiate timori.
Non
siate sconcertati dal mio parlare in rima
Son
solo una canzone nel vento, non son più chi ero prima.
Thranduil
amico caro che credevamo perduto
fino
a noi sei giunto a portare il tuo aiuto?
Troppo
tardi giungesti il tuo aiuto e vano
persa
fu la speranza in un passato lontano”
Al
fin ti riconosco Olórin
immortale
All'Ovest
ci incontrammo è difficile ricordare
Prontamente
non ti conobbi il tuo aspetto è mutato
ma
ciò non mi stupisce anche il mio è assai cambiato
Spirito
tu eri e ora il tuo corpo sento
e
io che avevo un corpo sono un alito di vento”
-Voi?...Voi
siete Dama Galadriel?-
“Questo
era il mio nome ed al fianco è il mio consorte muto
Ogni
spirito la sua voce m'ha dato per prestarvi aiuto.
Il
vostro cuore è puro e la missione è degna
seppure
più non siamo, il mal non ci rassegna.
Ma
gli spiriti qui attorno non van sottovalutati
la
rabbia ed il dolore li han resi assai spietati.
Ho
chiesto a loro quiete per potervi parlare
ma
sebbene loro Signora non li posso fermare”
-Parlate
degli spiriti degli elfi morti?-
“Ma
noi non siamo morti, i nostri corpi non hai veduto?
Aguzzate
lo sguardo e chiedete al cuore aiuto
Quegli
alberi nodosi, che a voi paiono morti
altro
non sono, che i nostri antichi corpi.
Quando
il Vento Nero soffiò quella notte
al
Bosco chiesi aiuto per scampar la morte
Ma
il vento maligno gli Spiriti strappo via
e
nel corpo non possiam tornare, ovunque esso sia
senza
il nostro Spirito dal legno non sarem liberati
e
a vagar nel vento senza posa siam sempre condannati.
Forse
calmar la rabbia potrebbe il riposo
ma
ad ogni or dal vento, il nostro spirito è roso
sempre
dalla corrente noi siam trasportati
ed
il fruscio di foglie morte sono sussurri stremati”
-Mia
signora, esiste un modo per aiutarvi?-
“Dolce
e premuroso è il tuo cuore mortale
ma
da questa triste sorte non ci puoi liberare.
Con
la fine dell'Oscuro il maleficio sarà spezzato
e
unito al proprio Spirito il corpo liberato
Ma
fino ad allora non possiamo che aspettare
solo
sussurri nel vento senza poterci fermare”
-Non
posso liberarvi Antica Dama, ma se è vostro desiderio posso
far
riposare i vostri spiriti, fino al giorno della fine dell'Oscuro
Signore-
“Se
questo è in tuo potere, Signore Illuminato
in
eterno il tuo nome, sarà glorificato
Ma
questa mia pena, rattrista i vostri cuori
son
qui per darvi aiuto e non altri dolori.
Se
come ci hai promesso poi potrem riposare
non
indugiate oltre, cosa volete domandare?”
-Signora,
ciò che ci preme sapere è se esiste un modo per
superare le Nebbie
e raggiungere il rifugio degli ultimi elfi-
“Domanda
assai bizzarra poiché Thranduil con voi viene
ed
egli quella via la conosce molto bene
Suo
padre Oropher la tracciò tanti anni fa
ed
egli la percorse per venire fino qua.
Ma
ora che ti osservo mi accorgo dell'errore
il
viso sembra uguale ma non lo è il tuo cuore
sei
giovane lo sento
e
sento il tuo turbamento
distratta
non lo scorsi in un primo momento.
Puoi
dirmi gentilmente il nome del tuo parente?
Perché
questa somiglianza è per me stupefacente”
-Mi
dispiace signora, ma non ho nessun parente, o almeno nessuno che io
conosca, sono stato trovato in fasce e allevato da una nana, e dopo
la sua morte sono rimasto solo-
“Di
questo mi rattristo, ma il tuo cuore turbato
troverà
in questa missione più di quel che ha cercato.
Tu
dici di esser solo, ma non lo sei davvero
già
ora ti circonda un affetto sincero.
Se
la mente vuol negarlo il cuore già lo sente
Su
queste mie parole rifletti attentamente”
Quella
lieve brezza lo circondò dolcemente come l'abbraccio di
un'amica
scaldandogli il cuore, c'era del vero in quelle parole, lo sapeva,
anche se era difficile ammetterlo... ma un'altra cosa lo turbava
ancora di più, quella somiglianza tale da confonderla...
possibile
che la donna sapesse chi era? E lui lo voleva sapere? Prima di
conoscere i compagni si sarebbe adirato all'idea di conoscere le sue
origini, lui non aveva una famiglia, ne gli interessava averla... ma
ora... quel dubbio si faceva strada in lui, tanto da scuoterlo, ma
ancora non abbastanza per fargli porre quelle domande...
“Ora
torno alla domanda che mi avete inoltrato
seguite
il mio percorso e il mistero è svelato.
Andate
verso Est, fino al terzo fiume
Attraverso
il deserto, attraverso le dune.
Fino
ai monti seguite la via dell'affluente
Più
giù in profondità cercate la sorgente
E
in questo luogo ameno a voi sarà svelata
la
strada che per noi, dagli elfi fu creata.
Noi
non la percorremmo ma a voi cedo il segreto
possa
il vostro destino del nostro esser più lieto.
Ed
ora proseguiamo, vi preme altro sapere?
Che
questo mio parlar comincia a essere greve”
-Ci
dispiace avervi procurato ulteriore sofferenza, non era nostra
intenzione, non abbiamo altre domande, ma se la vostra saggezza
conosce le risposte alle domande che non sappiamo di dover porre
allora ascolteremo i vostri consigli-
“Sei
giovane ma saggio, coraggioso mortale
perché
ciò che non conosci non lo puoi domandare.
Allora
certamente prima di riposare
un
ultimo consiglio io ve lo voglio dare.
La
strada era per gli elfi, la sua magia è arcana
fidarsi
di un amico, non è mai cosa vana.
Il
sangue porta vita, e non solo la morte
tu
giovane assassino, dovrai sfidar la sorte.
Se
quello che non cerchi, in fin sarà svelato
dovrai
aprire il cuore per essere ascoltato.
E
tu giovane mortale, non ti devi rassegnare
ricorda
che Speranza è il tuo nome reale.
Provieni
da una stirpe che la Luce ha tradito
ma
niente è perduto se Speranza ha resistito.
Accetta
ciò che sei e che a lungo hai fuggito
dispiega
il tuo vessillo, vedrai sarai seguito.
Attendi
il momento, il tuo cuore lo saprà
ma
non esitare quando questo giungerà.
Del
popolo dei nani conosco il coraggio,
e
ora Piccolo Padre vedo che è anche saggio.
In
tempi lontani Durin prese una decisione
ma
non è troppo tardi per cambiare opinione
nell'Elmo
dei Ricordi è nascosta la ragione
chi
l'ascolterà ritroverà passione
In
singolar tenzone il fato è compiuto
in
cerca di un Campione per un popolo sperduto.
Nell'aiuto
di tutti bisognerà sperare
Se
dei Valar la luce si vorrà riportare.
Tu
figlia di due stirpi, porti una storia triste
ma
più di tutti Tu sai che l'amore esiste
a
volte agli altri lo dovrai ricordare
ma
non ti do consigli, sai bene come fare.
Le
parole che hai donato, ti son sembrate vane
ma
io vedo che in quel cuore han creato molte frane.
Quindi
non demordere e continua nell'intento
e
scoprirai dal ghiaccio può nascer sentimento.
Il
sangue di Chi ha Scelto, scorre nelle tue vene,
messaggio
per un Sire che nasconde le sue pene.
Cercar
presto dovrai ciò che credi perduto
e
in questa tua missione avrai inatteso aiuto.
A
te Olórin, non ho nulla da dire
di
me sei assai più saggio e sai che puoi riuscire.
Dimentica
il passato,
che
un errore ha segnato
ognuno
può sbagliare,
ma
può anche rimediare
Tu
temi che la Tenebra ti abbia ormai domato
ma
vedo solo Luce nel tuo animo agitato
Ricordi
questa frase? Tu stesso sai che è vera
La
Luce è ancor più bella dopo la notte
più nera”
Per
tutto il tempo la voce aveva girato attorno a loro, ma ora la
sentivano lontana, come se quello spazio ristretto più non
le
bastasse, tornò poco dopo più debole e
sussurrata,le forze usate
per manifestarsi la stavano abbandonando, ma Lei ancora resisteva.
“Ma
ora sono stanca e vorrei riposare
è
un compito arduo
continuare a parlare.
Eran
vane parole? Ti
chiedo O Potente
o
davvero puoi darci
un riposo clemente?”
-Non
lo erano Preziosissima Dama, ora che comprendo quello che vi
è stato
fatto posso rimediare anche se in modo limitato. Permettimi solo di
ringraziarti anche a nome dei miei compagni troppo commossi per le
tue parole e di salutarti con la speranza di poter presto rivedere la
tua leggiadra figura camminare in questo mondo-
Ormai
le parole avevano abbandonato la musica ma un caldo abbraccio li
avvolse rassicurandoli.
Il
canto dello Stregone si sostituì a quello della Signora,
molto più
arcano ma egualmente melodioso, e più cresceva di tono
più la
musica scemava, finché entrambi tacquero e i compagni
seppero che
non avrebbero più sentito quella carezza o udito quella voce
fino a
quando l'Oscuro Signore fosse stato sconfitto.
-Arrivederci,
Dama Galadriel! Arrivederci Sire Celeborn!
Grazie!
E grazie a tutti voi spiriti stanchi che ci avete concesso il vostro
aiuto...Ora potrete riposate-
Tante,
troppe cose erano state dette, avevano le informazioni che gli
servivano, ma ne avevano anche altre che non avevano chiesto, che non
erano pronti ad ascoltare.
Ognuno
di loro nascondeva un piccolo segreto, che non aveva svelato non per
sfiducia nei compagni, ma per quella convinzione che se non ne avesse
parlato esso sarebbe svanito.
Ora
tutti si trovavano a fare i conti con quei segreti, con quelle paure,
le parole della Signora degli Elfi riguardavano il futuro, un futuro
che avevano sempre voluto evitare anche se in cuor loro sapevano che
prima o poi avrebbero dovuto affrontarlo, improvvisamente quel futuro
aveva preso forma, era diventato reale e non voleva più
essere
ignorato.
Reirapedia
(ovvero
la Wikipedia di Reira...NCA sta per Nuova Cronologia di
Arda)
All'epoca
della guerra avrebbe dovuto essere Amdír a regnare su
Lòrien e in
seguito suo figlio Amroth, dal momento che il primo morì
nella
battaglia... quella battaglia appunto vinta da Melkor, che
sterminò
quasi tutti gli elfi presenti (Amroth compreso)(anno
593Anni del Sole NCA).
Celeborn
e Galadriel vennero lasciati con un gruppo di guerrieri fidati a
proteggere il potere della Fonte (noi comuni mortali che abbiamo
assistito alla sconfitta di Morgoth per mano di Tolkien la conosciamo
come Specchio di Galadriel) il loro regno purtroppo non durò
a
lungo, una volta terminata la guerra l'Oscuro Signore rivolse la sua
ira contro il Bosco d'Oro con le conseguenze descritte.(anni
dall'86 all'103Anni di Melkor NCA)
-
anno
86- Melkor raggiunge Lòrien propone uno scambio tutti gli
elfi prigionieri in cambio del Potere della Fonte. Primo rifiuto di
Galadriel e Celeborn
-
anno
99- Viene creato il primo Orco torturando e corrompendo gli Elfi
catturati. Melkor mostra la creatura ai Signori di Lòrien
minacciando la stessa sorte per tutti i prigionieri. Secondo rifiuto.
-
Anno
102- Con un esercito di 400 Orchi sferra l'attacco al Bosco d'Oro
credendo che l'orrore di combattere contro quelli che erano propri
simili li costringa alla resa. Terzo rifiuto.
IL
CANTO DI GALADRIEL
PARAFRASI
E COMMENTI.... OVVERO SE NON CI AVETE CAPITO NIENTE LEGGETE SOTTO
Per
la musica sotto le parole io ho usato “Once You Had
Gold” di Enya
e “The Memory of Trees” sempre di Enya... ma sta
bene anche con
una ballata dolce tipo “La canzone di Marinella” di
De André...
voi immaginatela come preferite.
“Ora
il bosco è tranquillo,.. ...non son più chi ero
prima”
State
tranquilli questo posto è sicuro io sono uno spirito buono
che
parla/canta attraverso il vento.
“Thranduil
amico caro … … in un passato lontano”
Lo
spirito scambia Esgalwath per un elfo di nome Thranduil
e crede sia venuto per aiutarli, purtroppo in ritardo.
“Al
fin ti riconosco Olórin
… ... sono un alito di vento”
Scopriamo
che lo Spirito aveva dimorato nelle Terre dell'Ovest quando possedeva
ancora un corpo e là aveva conosciuto Olórin che
ancora non aveva
deciso quale forma assumere (Olórin è un Ainur
ricordate? Quindi un
entità immateriale che può prendere la forma che
desidera).
“Questo
era il mio nome... ... non li posso fermare”
Lo
spirito è Galadriel, e con lei c'è Celeborn, ma
è muto... perché?
Perché tutti gli spiriti hanno donato la loro voce alla Dama
per
permetterle di manifestarsi ai Compagni e aiutarli nella missione dal
momento che anche in quella forma cercano di opporsi a Melkor. Con i
suoi poteri lei aveva letto i loro animi reputandoli degni di tale
aiuto.
Scopriamo
anche che non ha responsabilità nell'attacco subito in
precedenza,
molti spiriti impazziti per il dolore non rispondono ai suoi comandi
e solo per poco riesce a controllarli.
“Ma
noi non siamo morti,... ... sono sussurri stremati”
Descrive
il tremendo destino che hanno subito, gli elfi di Lòrien non
sono
morti, ma i loro Spiriti vagano separati dai corpi dalla maledizione.
Quella
notte cercarono di unirsi alla Natura per contrastare il Potere
Oscuro, ma i corpi restarono intrappolati negli alberi mentre gli
Spiriti venivano strappati via.
Senza
il potere dello Spirito i corpi non si possono liberare e questi a
loro volta sono condannati a vagare senza posa in cerca di quello che
hanno perduto, forse gli spiriti si calmerebbero un po' se
riuscissero a riposare ma devono continuare a muoversi sospinti dal
vento maledetto.
“Dolce
e premuroso è il tuo cuore... ... senza poterci
fermare”
Solo
con la sconfitta dell'Oscuro Signore sarà possibile spezzare
la
Maledizione.
“Se
questo è in tuo potere,... ... cosa volete
domandare?”
Se
Mithrandir potrà davvero farli riposare fino alla fine di
tutto gli
saranno grati eternamente. Ma lei non è li per raccontare i
suoi
problemi bensì per risolvere i loro, quindi se dopo averli
aiutati
Olòrin manterrà la parola non vede l'ora di
rispondere alle
domande.
“Domanda
assai bizzarra... ... per venire fino qua.
Persiste
nella svista... Un elfo di nome Oropher ha creato la via segreta e
Thranduil suo figlio l'ha percorsa per arrivare al Bosco d'Oro...
Quindi Thranduil è uscito dal rifugio degli elfi dopo la
fine della
guerra... Quanto dopo? Perché? Ai posteri l'ardua sentenza...
“Ma
ora che ti osservo... ... è per me stupefacente”
Finalmente
te ne sei accorta!!! (Scusate a volte mi faccio prendere la mano)
Comunque adesso che sa che non è Thranduil è
curiosa di sapere chi
sia quel elfo giovane e turbato.
“Di
questo mi rattristo,... ... ha cercato.
Questo
punto non necessita spiegazioni... ameno che non vogliate sapere a
cosa si riferisce... io lo so, ma non ve lo dico.
“Tu
dici di esser solo,... ... rifletti attentamente”
Galadriel
ha fatto Bingo, noi ce n'eravamo già accorti che i quattro
amici si
stavano affezionando all'assassino, e l'assassino sta facendo sempre
più fatica a ignorare il fatto che anche lui si sta
affezionando.
“Ora
torno alla domanda... ... è svelato.
Adesso
vi insegno la strada che volete sapere, seguite le istruzioni e
troverete la via nascosta.
“Andate
verso Est,... ... dagli elfi fu creata”
Andate
verso est attraverso il deserto, passate due fiumi, seguite
l'affluente del terzo fiume fino alle montagne e trovate la sua
sorgente sotterranea. In quel luogo si trova il passaggio che fu
creato dagli elfi perché noi potessimo raggiungerli quando
avessimo
terminato il nostro compito.
“Noi
non la percorremmo... ... comincia a essere greve”
Noi
non siamo riusciti a fuggire ma almeno a voi sarà utile quel
passaggio, vi auguro di poter raggiungere quei luoghi.
Ma
ora se avete altre domande da fare fate in fretta perché
è faticoso
per me parlare.
“Sei
giovane ma saggio,... … … ...
Anche
qui è chiaro mi sembra, un bel complimento a Tàr
e una sfilza di
consigli/premonizioni che non vi spiego perché immagino
sarete più
curiosi di sapere quello che pensano i nostri eroi piuttosto che
conoscere le idee di una scrittrice malata di mente... oppure potete
provare a interpretare voi le profezie di Galadriel.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
*CAPITOLO 12*
La sera li ritrovò nella radura del bosco che avevano
lasciato solo quella mattina, era passata meno di una giornata ma
sembravano passati anni, da quando in quello stesso luogo sedevano
spensierati attorno al fuoco, certo c'erano i pensieri per la missione,
ma la loro vita, il loro destino, procedeva tranquillo senza i fantasmi
del passato a strattonarlo in direzioni che non volevano prendere.
Meno di una giornata, eppure erano successe
così tante cose... un assassino era tornato, un segreto era
stato svelato, altri segreti erano stati resi manifesti e ognuno
portava una profezia che prevedeva il dover scendere a compromessi con
questi segreti...
Davvero troppe cose per una semplice giornata...
Sedevano attorno al fuoco, lo sguardo chino di chi sa che dovrebbe
parlare, ma non vuole farlo, fingevano un interesse morboso per il
piatto di zuppa e per le fiamme del falò, a intervalli
ognuno alzava il capo aprendo la bocca per cominciare un discorso che
però non veniva, mai una cena era stata più
silenziosa in quella allegra compagnia.
Alla fine il númenóreano si
alzò, quasi contemporaneamente alla sua amica, e si diresse
a grandi falcate verso il fitto del bosco.
Lei lo osservò un istante indecisa se
seguirlo poi si diresse in un altra direzione, quella presa da un altro
amico che aveva lasciato il gruppo già da diverso tempo.
Lo trovò poco dopo, seduto contro il
tronco di un albero, con la fronte poggiata sulle ginocchia piegate, si
sedette al suo fianco e dopo interminabili minuti di silenzio
appoggiò la mano sulla sua schiena.
Quel gesto così intimo e affettuoso fece
sollevare lo sguardo all'assassino incontrando gli occhi limpidi di
lei, lo sguardo duro si era smarrito in mille scintille lucenti, che si
agitavano confuse in quegli occhi troppo chiari.
Fu quello sguardo così diverso da quello
che aveva imparato a conoscere che gli fece ingoiare tutte le domande e
le accuse che voleva rivolgergli e gli fece invece sussurrare dolcemente
-Non significa niente sai? Quel Thranduil potrebbe
essere chiunque, potrebbe persino essere morto migliaia di anni fa, lo
spirito poteva benissimo parlare di tempi molto antichi-
-Lo so, non è questo... è
che... tu li hai mai odiati? Scusami è una domanda sciocca,
tu sai che ti amavano e...-
-L'ho fatto invece, e molte volte anche, li ho
odiati per avermi fatto nascere e lasciata sola in questo mondo, a
volte avrei preferito non essere mai nata... e a volte li odio ancora,
quando sento il dolore che mi schiaccia e credo di non poter
più andare avanti-
-Io li ho odiati per tutta la vita, ma era solo
un'idea che odiavo, ora che ho un nome e un viso da odiare, un viso
uguale al mio... dovrebbe essere più facile odiare qualcosa
di concreto piuttosto che un'idea, questo elfo potrebbe essere mio
padre o mio nonno, o magari ho un fratello, uno che ha avuto l'amore
dei nostri genitori... dovrebbe essere più facile... eppure
non ci riesco-
-Allora non farlo. Non perdere tempo a odiare
qualcuno senza saperne il motivo, se questa persona è ancora
viva potresti incontrarla durante il nostro viaggio, forse era a questo
che si riferiva Dama Galadriel dicendo che avresti trovato
più di quanto cercavi, e se la incontrerai, solo allora
potrai decidere se odiarla o meno-
Dopo un lungo silenzio finalmente l'elfo rispose
-Grazie, non eri tenuta a farlo-
-Non ho fatto nulla-
-Sei venuta a cercarmi, a parlare con me, non era
necessario, non sarei fuggito un'altra volta-
-Non lo avevo pensato, ma è questo che
fanno gli amici...- poi aggiunse con un sorriso -Capiscono quando vuoi
restare solo e vengono a cercarti-
-Gli amici sono una gran scocciatura- gli rispose
lui con lo stesso sorriso
-Sarebbe venuto Tàr, ma credo abbia
avuto paura-
-Di me?-
-E' strano per lui, di solito sa come prendere le
persone, ma con te sembra che sbagli ogni volta, credo non voglia
rischiare ancora-
-Dovrei andare a parlargli-
-Dovresti... sarebbe una buona idea-
-Fossi in lui non mi ascolterei-
-E fortuna che non lo sei! Già uno
è abbastanza due non potrei sopportarli! Comunque non lo
conosci, darebbe un'altra possibilità persino a Melkor in
persona se si dimostrasse realmente pentito-
-Due di lui o due di me?-
-Due di entrambi-
-Non so se posso convincerlo-
-Non dovrai convincerlo, tu parlagli e basta... Lui
capirà- in quel momento gli faceva quasi tenerezza, era
confuso, aveva fatto crollare ogni sua certezza, e si
ritrovò a sperare di aver fatto la cosa giusta, lo aveva
reso vulnerabile e non era sicura che fosse pronto ad affrontare il
dolore dopo che si era difeso così bene per anni.
-E' che... non so come si fa-
-Con me ci riesci abbastanza bene-
-Non voglio essere preso a schiaffi ancora-
cercò di sdrammatizzare
-Forse... o forse è per un altro motivo-
-E' mai possibile che siate tutti convinti di
conoscermi meglio di quanto io non conosca me stesso?- per un momento
la giovane credette che il vecchio Esgalwath stesse tornando, non
sapeva se sperare che fosse scomparso, oppure no... ma stava finalmente
parlando e...
-Lascia perdere...- la stupì invece lui,
confermando i pensieri precedenti
-Io e chi altro?- si arrischiò lei
-Non importa, tanto alla fine mi sto rassegnando
all'idea che abbiate ragione- sospirò tristemente-
Piuttosto, immagino che se ti chiedessi perché trovo
difficile parlare con Tàralelyol non mi risponderesti come
l'altra volta... vero?-
-E' così, è una di quelle
cose che devi capire da solo... Ora è meglio che torni dagli
altri, si staranno preoccupando... ce ne siamo andati tutti senza
parlare, anche Tàr... se magari ti interessasse l'ho visto
andare in quella direzione...-
-Non ti arrendi mai vero?-
-Dama Galadriel ha detto di non demordere e ora che
ho scoperto che aveva visto giusto sulla prima parte non ho nessuna
intenzione di farlo... l'hai capito anche tu che parlava della nostra
chiacchierata, vero?- “Spero davvero di stare facendo la cosa
giusta quella Signora ne era convinta, e per qualche ragione mi fido di
lei”
-Era piuttosto esplicito, credo lo abbiano capito
tutti-
-No, gli altri no, forse lo immaginano, ma non ho
mai detto molto di quello che è successo quella sera-
-Perché?-
-Perché non riguardava solo me, e non mi
sembrava giusto raccontarlo senza che tu lo sapessi-
-Io non sono sicuro di meritarmi tanto rispetto-
-No, non lo meritavi. Prendilo come un anticipo
sulla fiducia, forse Tàr non sbagliava su di te e un giorno
mi dimostrerai di meritarlo-
-Questo è un colpo basso, Rhawel-
-Ho avuto un buon maestro- ridacchiò lei
-Tàr ti ha insegnato bene a manipolare
le persone, non sono sicuro di doverlo ringraziare anche per questo-
-Per questo forse no...- disse mentre tornava al
campo
“Non per questo, ma per tutto il resto
sì... lo so che è per lui che quella ragazza
è venuta da me, è per lui se mi ha raccontato
quella storia ed è per lui se io ora sto cercando di darmi
un altra possibilità, non sono neppure sicuro di quello che
sto facendo, ma per una volta voglio provare a fare qualcosa”
-Tàr?- sembrava così triste,
sperò ardentemente che almeno una parte di quei pensieri
cupi non fosse causata da lui “Non tutti almeno...”
-Tàr?- ripeté ancora e questa
volta si girò
-Esgalwath- se era stupito di vederlo non lo
dimostrava, sembrava solo stanco
-...- con Rhawel era più facile, era lei
che gli tirava fuori le parole, ora invece non sapeva come cominciare
-Dobbiamo parlare-
-Non è necessario-
-Sì che lo è! E non mi
interrompere, non è facile sai? E' la prima volta che lo
faccio!- La foga con cui aveva fatto quell'affermazione ebbe il potere
di far sorridere l'uomo
-Non ti interrompo più, comunque non te
la stavi cavando male-
-Ah... Beh... Grazie immagino-
-Quindi sono: Spiegazioni, Scuse e... Anche
ringraziamenti?-
-Maledizione! Vuoi finirla! Ti diverti tanto?-
sbottò imbarazzato
-Un po'... mi dispiace, è divertente
vederti in imbarazzo ogni tanto- sorrise ancora di più
-Scusami, sono stato scorretto-
-Immagino di essermelo meritato-
Non era esattamente la conversazione che si era
immaginato, era diversa dal modo serio con cui aveva parlato alla
ragazza eppure a modo suo anche quell'uomo stava cercando di metterlo a
suo agio
-Almeno ti ho fatto ridere, non era questa la mia
intenzione ma è già qualcosa, spero non fosse
colpa mia quella faccia triste-
Ora si che era stupito, era la prima volta che lo
sentiva interessarsi ai sentimenti di qualcuno
-No, non è colpa tua...-
-Di solito sei più bravo a mentire-
sorrise -Mi dispiace, davvero le cose che ho detto... non posso dirti
che non le pensavo, perché in quel momento le pensavo... ma
mi sbagliavo, avrei dovuto capirlo prima, hai sempre cercato di
aiutarmi-
-Non è colpa tua-
-Sì, lo è. Non mi importa
degli altri, non mi è mai importato. Sono sempre stato bene
da solo e ferire le persone e il modo migliore per evitare che qualcuno
si avvicini troppo... Ma con te non è servito, sei troppo
testardo...-
-Perché mi stai dicendo queste cose?-
-Vorrei provare a ricominciare dall'inizio se me lo
permetterai. Non ti assicuro di essere in grado di comportarmi bene ma
vorrei provarci... E... credo che avrò bisogno di tutto
l'aiuto possibile... Vorresti provarci, Estel?-
Vide gli occhi dell'uomo spalancarsi e il suo corpo
irrigidirsi
-Come?... Come mi hai chiamato?- Paura? Sembrava
paura quella che leggeva nel suo sguardo e dolore, lo aveva ferito di
nuovo senza comprenderne il motivo
-Io... scusami... non volevo... ho letto una volta
che significa Speranza nell'antica lingua... scusami se ho sbagliato...
non credevo che...- “Glielo avevo detto che non sono capace a
fare certi discorsi”
-No, scusami tu- l'ombra scura era passata
così come era venuta -Non potevi sapere... Ma
perché mi hai chiamato in quel modo?-
-Perché tu hai avuto fiducia in me fin
dal primo momento, hai continuato a sperare che ci fosse qualcosa di
buono oltre quello che mostravo, non hai perso la speranza neppure
quando ti dicevo chiaramente che ero solo un freddo bastardo... e
così sei diventato...-
-Estel... già due volte in questo giorno
mi viene ricordato...-
-...- non capiva il senso di quel discorso quando
improvvisamente “ricorda che Speranza è il tuo
nome reale” -Lo Spirito! Io scusa non ci avevo pensato-
-Non è nulla, solo un brutto ricordo, ma
dimmi piuttosto cosa ti ha fatto cambiare idea?-
-E' una lunga storia e vorrei raccontarla una sola
volta, ma tu più di tutti meritavi delle scuse e soprattutto
dei ringraziamenti, io credo di non averti mai ringraziato-
-No, non lo avevi mai fatto-
Restarono a lungo in silenzio senza sapere come
continuare in piedi uno a fianco all'altro ognuno coi propri pensieri.
Fu il bruno a spezzare quel pesante silenzio
-Puoi chiamarmi Estel se ti fa piacere-
-Non lo farò se questo ti porta brutti
ricordi-
-Non tutti sono brutti... mia madre mi chiamava
così, ma fu anche l'ultima cosa che disse prima di morire,
era da molto che non ci pensavo ma le parole di Dama Galadriel hanno
risvegliato quei ricordi che cercavo di cancellare, prima ero sincero,
non eri tu la causa della mia tristezza... Onen i-Estel Edain,
ú-chebin estel anim “Ho dato la speranza agli
uomini, non ne ho conservata per me” queste furono le ultime
parole di mia madre prima di morire, è passato molto tempo
ma lo ricordo come fosse ieri, ma prima Estel era un nome felice...
forse anche per me è arrivato il momento di ricominciare-
Era la prima volta che l'assassino si trovava in
una situazione simile, avrebbe voluto fare qualcosa, ma non sapeva
cosa, e si ritrovò a imitare impacciato il gesto della
ragazza appoggiando la mano sulla schiena dell'uomo, ricordò
che migliaia di anni prima sua madre lo consolava nella stessa maniera
e lo abbracciava, s'irrigidì pensando che non era ancora
pronto per un contatto così intimo.
-Mi dispiace, com'è successo?-
-Come hai detto tu prima, è
una lunga storia e vorrei raccontarla una sola volta...- si
girò con un lungo sospiro -Immagino che sia arrivato il
momento di parlare di quello che è successo oggi... Vieni
con me?-
-Ti seguo capo!- scattò ironicamente
sull'attenti l'elfo
-Questo significa che hai intenzione di restare?-
-Io... pensavo che fosse chiaro... sì...
vorrei restare se non hai nulla in contrario-
-Nulla. E per rispondere alla domanda di prima...
Sì, vorrei provarci-
Il fuoco scoppiettava allegro, proiettando le sue ombre danzanti sulle
cinque persone sedute in cerchio, anche se quattro di loro si
conoscevano da anni sapevano di non conoscere completamente la storia
dei loro compagni, e lo accettavano, perché questo li faceva
sentire meno in colpa nel non raccontare la propria.
Mentre osservavano quelle fiamme sapevano che era
arrivato il momento di venire allo scoperto, le parole della Signora
degli Elfi erano chiare per ognuno di loro, quel passato che cercavano
di dimenticare avrebbe avuto un ruolo fondamentale nella riuscita
dell'impresa, e per quanto ciò gli fosse sgradito non
avrebbero anteposto i loro problemi al destino del mondo.
-Bene, credo che tocchi a me cominciare, avete
sentito le parole dello Spirito e immagino vi stiate chiedendo quale
sia il loro significato... per me è fin troppo chiaro anche
se non capisco come lei creda che io possa realizzare quello che mi ha
chiesto-
Tàr aprì la bocca per
continuare il racconto, quando fu distratto dall'elfo che si alzava di
scatto
-Scusate, mi sono reso conto di non poter restare,
non è giusto che ascolti, non preoccupatevi non intendo
fuggire di nuovo, ma starò abbastanza lontano da non
sentire. Già una volta ho fatto una promessa che poi mi sono
reso conto di non poter mantenere, non voglio rischiare ancora-
-Dovresti ascoltare invece, se davvero è
tua intenzione rimanere con noi-
-Perché?- Rhawel
-Rimani?- Gimli
-Mi sono sempre chiesto come mai non ci avessero
scoperti- Mithrandir
-Perché, Rhawel? Perché
mentre mi facevano quei maledetti tatuaggi mi sono reso conto che se mi
avessero fatto delle domande non avrei potuto evitare di rispondere, mi
avrebbero obbligato a farlo e l'unico motivo per cui non siete stati
scoperti è che Sauron voleva avere l'onore di interrogarmi
di persona e per vostra fortuna non era ancora tornato... Se dovessi
essere catturato un'altra volta potreste non essere così
fortunati- poi rivolgendosi al nano -Ho chiesto al vostro capo il
permesso di restare con voi e lui è stato così
gentile da darmelo... naturalmente se anche voi siete d'accordo-
-Sai, Tàr, credo che sia meglio che
cominci il nostro Gwatheg a raccontare... sono proprio curioso di
sapere a cosa dobbiamo questo cambiamento-
-Sì, Gimli, sono molto curioso anche io-
confermò il mago
-Effettivamente se devi restare e giusto che anche
gli altri decidano e non io solo, e non mi preoccupo della
possibilità che i nostri segreti vengano svelati... o credi
forse che la magia funzioni solo sugli elfi?-
-Tu lo sapevi?-
-Sì, sarebbe stato lo stesso se fosse
stato uno di noi a essere catturato-
-Non ci avevo mai pensato, non ho mai visto usare
la magia su altri che non sugli elfi-
-Solo perché è più
facile controllare la gente mantenendo una facciata rispettabile, ma se
ti fossi soffermato a guardarti attorno ogni tanto ti saresti accorto
di quanto sia fragile questa facciata-
-Sto cominciando a capirlo-
-Ne sono lieto, e quindi torniamo al punto di
partenza... cosa, o per meglio dire chi, ti ha fatto cambiare idea?-
Si guardò attorno, gli sguardi curiosi
degli altri lo incoraggiavano a parlare, sapeva di doverlo fare, sapeva
che meritavano una spiegazione, ma aveva sperato di non doverlo fare
quel giorno, sperava di avere un po' di tempo per abituarsi, Rhawel gli
sorrideva comprensiva, stava aspettando come gli altri ma lei
già sapeva... fece un lungo respiro “Prima la
ragazza, poi Tàr e adesso questo... mi vogliono
morto!...” in quel momento una mano calda coprì la
sua e sollevò lo sguardo verso l'uomo, anche lui stava
sorridendo rassicurante, “Non è così
difficile” sembrava dirgli, ma lo era “E'
maledettamente difficile... non ho mai parlato tanto in vita mia... non
ho mai parlato di questo...”
-Non è obbligato a farlo se non se la
sente- i pensieri dell'assassino erano stati interrotti dalla voce
greve dello stregone
-Ha ragione- annuì il nano -non sei
obbligato a farlo. E' vero che siamo tutti curiosi, ma ci racconterai
questa storia quando te la sentirai... se te la sentirai... non importa
il motivo che ti ha fatto cambiare idea, se vuoi restare sei il
benvenuto-
A quell'affermazione la stretta dell'uomo si fece
più forte come se fosse felice delle parole degli amici,
anche la giovane continuava a sorridere, non era delusa dalla sua
debolezza.
Sentì uno strano pizzicore dietro le
palpebre che gli fece abbassare lo sguardo, era una sensazione
fastidiosa e al contempo piacevole, non l'aveva mai provata prima...
erano così tante le sensazioni che non aveva mai provato
prima...
Forse fu proprio per quello, o per il fatto che
nessuno lo obbligasse, o sentì che non poteva tradire quella
fiducia, o forse fu il suo orgoglio a dirgli che non doveva essere
così debole... o più probabilmente tutte queste
cose assieme, ma fu così che, dopo che gli avevano detto che
non era necessario che lo facesse, sollevò gli occhi su
ognuno di loro e cominciò a parlare.
-Il giorno in cui me ne andai... dopo aver trattato
cosi male il vostro capo, ho ricevuto una visita che mi ha molto
colpito, nel vero senso della parola...-
-Puoi dirlo forte!- ridacchiò Rhawel,
più che altro per allentargli la tensione
-Sì, effettivamente mi ha schiaffeggiato-
-Cosa?!-Nell'espressione stupita dell'uomo c'era
una nota di rimprovero
-Diamine, ragazza! Sapevo che avevi fegato ma non
che covassi anche un istinto suicida!-
Lo stregone si limitò a ridere
-Non è che sapessi esattamente quello
che facevo... ero leggermente furiosa- arrossì la giovane
-Devo dire che quel gesto mi ha fatto infuriare
ancora di più, e probabilmente non sarebbe viva se non fossi
anche stato stupito della cosa, in migliaia di anni nessuno aveva mai
osato tanto... non che abbia mai lasciato ad altri le
libertà che ho lasciato a voi, dovete capire che eravate le
prime persone con cui passavo tanto tempo e soprattutto senza dovervi
uccidere-
-Stai dicendo che in tutti questi anni non hai mai
avuto contatti con nessuno?-
-Incontravo un unica volta quelli che mi
procuravano i lavori e solo per decidere dove mi avrebbero fatto
trovare soldi e istruzioni, nelle taverne bastava il cappuccio calato e
il luccichio dei pugnali a dissuadere l'oste dal fare conversazione e
nessuno, vi assicuro nessuno che mi abbia visto in volto è
ancora vivo-
Dopo quelle rivelazioni il comportamento
dell'assassino appariva sotto una luce diversa, riuscivano a malapena a
immaginare quanto dovesse essere difficile per lui avere un tipo di
conversazione civile quando per anni le uniche conversazioni che aveva
avuto erano state con le sue vittime, in quel momento stava veramente
facendo uno sforzo enorme
-Mi dispiace- disse l'uomo
-E per cosa? Ero io a volerlo. Comunque la vostra
amica mi ha colpito e mi ha insultato abbastanza da ottenere la mia
completa attenzione per un momento e...- rivolgendosi alla donna -Loro
sanno chi sei?-
-Sì, credo di essere l'unica qui a non
avere segreti- sospirò
-Quindi sapete quello che mi ha raccontato... Ecco,
io credo di essermi vergognato... lei aveva tutti i diritti di
insultarmi... è una ragazzina di neanche vent'anni eppure
è riuscita ad andare avanti, io in quasi tremila sono ancora
fermo-
L'aveva detto, non riusciva neppure a credere di
essere riuscito a dirlo ad alta voce, non era stato tanto difficile, e
ora si sentiva come si un pesante macigno gli fosse stato tolto dallo
stomaco, si sentiva più leggero era riuscito ad ammettere,
anche con sé stesso, di essere restato fermo in quella
stanza dove sua madre veniva uccisa davanti ai suoi occhi.
Continuò rivolgendosi direttamente alla
giovane, mentre gli altri osservavano in
silenzio
-L'ho capito sai, quello che hai cercato di
dirmi... Ci ho pensato molto e ho capito perché mi odiavi
tanto...-
-Io non ti odiavo...- Ma venne completamente
ignorata
-Non era per quello che facevo, ma per quello che
non facevo. Hai ragione... sono morto tanto tempo fa, ma non sono
sempre stato così.
C'è stato un tempo in cui ero un bambino
felice, sapevo di essere diverso, di dovermi nascondere ma mia madre
riusciva a farmi sentire speciale, ed era proprio perché ero
tanto speciale che nessuno doveva vedermi, altrimenti mi avrebbero
voluto e mi avrebbero portato via.
Mi diceva che tutti gli elfi sono speciali e per
questo che i ricchi li vogliono e che gli altri si accontentano di
poterli vedere ed è per questo che si raccontano storie
tanto brutte su di loro, perché le persone normali sono
invidiose.
Sapevo che non era la mia vera madre, anche un
bambino capisce la differenza, ma l'amavo, diceva che ero un dono del
cielo tutto per lei, ero il suo tesoro... il cielo sarebbe stato
più generoso se dentro quel fagotto gli avesse fatto trovare
delle monete invece che me, io l'ho uccisa...-
-Non è stata colpa tua- il tono
dell'uomo era simile a un ringhio, l'elfo si era aspettato di trovare
pietà invece era rabbia quella che vedeva sui loro volti, la
stessa che provava lui, la rabbia di chi ha visto e vissuto troppe
ingiustizie, ma a differenza degli altri ancora non riusciva a
perdonare sé stesso, l'Oscuro Signore aveva fatto le leggi,
ma era stato per lui che erano state applicate, ma loro non lo
ritenevano colpevole, così come lui non aveva ritenuto
Rhawel colpevole... “Ma se Rhawel non è
colpevole... allora io...?” soppesò un momento
quel pensiero, forse anche lui avrebbe dovuto cominciare a
perdonarsi... poi ricominciò a parlare
-Ero solo un bambino, ma quel giorno giurai di
vendicarmi, e la vendetta mi ha tenuto in vita per anni. Li ho uccisi
tutti, uno alla volta, nello stesso modo in cui è morta lei,
li guardavo piangere e supplicare ed ero felice, volevo che sapessero
perché stavano morendo, volevo che sapessero che chi li
stava uccidendo era qual bambino che loro avevano ucciso-
Se pensavano di aver visto l'odio e la rabbia in
quegli occhi dovettero ricredersi, la furia vendicativa che esprimeva
in quel momento distorceva i lineamenti delicati facendolo sembrare
più simile a una bestia che a una persona e nel suo sguardo
solitamente gelido ardevano fiamme rosse di sangue, non provava rimorso
per quello che aveva fatto, e seppure potessero essere quasi spaventati
da lui in quel momento di certo non lo biasimavano, aveva fatto quello
che ognuno di loro avrebbe voluto fare.
-Sono morti tutti- riprese -L'uomo che ci aveva
tradito, quello che mi aveva comprato, il notabile che aveva ordinato
la cattura, le guardie che l'avevano uccisa, i maghi che mi avevano
tatuato e ogni cliente che mi aveva posseduto in tutti quegli anni-
ringhiò sadico -Ah già... avevo dimenticato di
dirvi che ero stato comprato dal proprietario di una Casa di Piacere...
una vera fortuna per me, si imparano tante cose utili in quei posti-
Tacque scuotendo il capo mentre la furia svaniva
lentamente dal suo volto, sentì l'uomo che quasi gli
stritolava la mano per trattenersi, mentre lo attirava
inconsapevolmente più vicino a se come volesse proteggerlo
dal passato... Era così tanto tempo che qualcuno non provava
l'impulso di proteggerlo, era inutile, lui non ne aveva più
bisogno... ma era piacevole... sarebbe mai stato capace di lasciarsi
andare completamente? Sarebbe mai stato capace di lasciare a un altro
il compito di rassicurarlo senza sentirsi così vulnerabile?
Non notò neppure che mentre la sua mente
formulava quei pensieri il suo corpo già si rilassava al
calore confortante dell'uomo
-Sono tutti morti- ripeté ancora in un
sussurro -Tutti... Tutti morti... E mentre l'ultima testa cadeva e
l'ultima vita scivolava via sono morto anche io-
Teneva ancora lo sguardo basso e quella sensazione
di pizzicore dietro le palpebre si era trasformata in una pressione
insistente e umida sulle lunghe ciglia mentre una perla lucente
scivolava lungo la linea delicata della guancia “Una lacrima?
Le ho viste tante volte negli occhi delle vittime, non credevo che ce
ne fossero anche nei miei. Non ho mai pianto, neppure quando lei
è morta”
Si accorse che il bruno si era inginocchiato dietro
di lui solo quando sentì le sue braccia circondarlo e
afferrargli entrambe le mani che teneva strette in grembo... e che
stavano tremando... Lui, Esgalwath, la Leggenda d'Ombra stava tremando
come una foglia e piangeva, una parte di lui si sentì
incredibilmente in imbarazzo e soprattutto irritata per una tale
mancanza di controllo, ma in quel momento non gli importava, era troppo
scosso da quel fiume di emozioni per poterne riprendere il comando.
Lasciò che l'uomo lo traesse a
sé poggiando la schiena sul suo petto e abbandonando il capo
sulla sua spalla
-Non sei morto, sei qui- quella frase era dolce
eppure senti la rabbia dietro di essa “E' arrabbiato per
me... per quello che mi è successo, per quello che sono
diventato”
-Era come se lo fossi- sapeva che gli altri stavano
ascoltando ma era a lui soltanto che parlava -Avevo vissuto con l'unico
scopo di vendicarmi e dopo averlo fatto non mi restava più
niente. Rhawel aveva ragione io non ho fatto più niente...
io non sono niente... non sono un assassino, uccido per vivere,
perché è la cosa che so fare meglio, ma non provo
nessun piacere nel farlo... e non cercavo neppure la morte, credevo di
volerlo, ma... lei aveva ancora ragione, sono abile, ho aggirato i
vincoli magici una volta, sono riuscito a contrastarli per ore la
seconda, se avessi davvero voluto morire ci sarei riuscito, non mi
serviva molto, un'esitazione, un passo falso, avrei potuto farlo... ma
neppure questo mi interessava realmente... mi limitavo ad andare avanti
giorno dopo giorno senza nessuno scopo... una vita di menzogne, e
c'è voluta una ragazzina per farmi aprire gli occhi-
Intanto la suddetta ragazzina abbassava lo sguardo
imbarazzata -Mi dispiace-
-Perché?- rise amaramente -Non era
quello che volevi? Farmi aprire gli occhi?-
-Non volevo vederti soffrire credimi, forse avrei
potuto essere meno dura-
-E io ti avrei cacciata a male parole senza sentire
nulla di quello che dicevi. Credimi quando ti costruisci un muro di
illusioni attorno per migliaia di anni non è con la
gentilezza che puoi sperare di demolirlo-
-E ora se volete scusarmi- riprese liberandosi
dalla stretta dell'uomo -Ho veramente bisogno di stare da solo- e
scomparve tra gli alberi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
*CAPITOLO 13*
Questa volta nessuno lo seguì, capivano fin troppo bene il
suo desiderio, capivano quanto era stato difficile per lui affrontare
quelle emozioni e doverle raccontare quando ancora stava imparando ad
accettarle.
Rhawel era la più scossa di tutti, era
vero quello che lui aveva detto, voleva fargli aprire gli occhi, ma non
aveva tenuto conto delle conseguenze “Come al
solito” si rimproverò mentalmente, agiva sempre
d'impulso e spesso erano gli altri a dover pagare per i risvolti delle
sue azioni, troppe volte aveva messo nei guai i suoi amici, forse il
fatto che alla fine ne uscissero sempre al meglio le faceva credere di
essere infallibile, ma questa volta non ne era sicura, quell'elfo aveva
trovato il suo modo per combattere il dolore, che diritto aveva lei di
interferire? Tàr aveva provato a spiegarglielo, di fargli
capire che lui aveva diritto di vivere la sua vita nel modo che
preferiva e non era compito loro interferire, anche gli altri lo
avevano capito, ma lei no, come sempre lei aveva agito di impulso, e
come sempre era un altro a pagarne il prezzo.
E ora si rigirava nel suo giaciglio, ogni volta che
chiudeva gli occhi rivedeva quella lacrima che scivolava dai suoi
occhi, quegli stessi occhi che aveva disprezzato, ma erano occhi di chi
sapeva affrontare la vita, erano occhi che non conoscevano il dolore, e
ora quelle lacrime... lui sbagliava, lei lo sapeva, ma aveva davvero il
diritto di cambiare il suo modo di vivere? Chi gli diceva che ora
sarebbe stato meglio? Lei conosceva il dolore, conosceva il suo dolore,
erano così simili le loro storie, entrambi causa della morte
di chi amavano... “Se solo avessi saputo...”
Sì, se avesse saputo, lo avrebbe comunque condannato ad
affrontare il dolore che lei aveva affrontato? Se ne fosse stata capace
non avrebbe forse preferito lei stessa rinchiudere quel dolore in una
prigione di ghiaccio per non soffrire ancora? Lei lo aveva superato,
aveva avuto il tempo per farlo, ma a lui neppure quello avevano
lasciato.
Fu per questo che anche mentre gli altri dormivano
non riusciva a prendere sonno, e fu sempre per questo che quando una
nuova aurora rischiarò il cielo, si alzò per
dirigersi come la sera prima verso il bosco.
Lo trovò poco dopo e lo vide girarsi
tranquillo
-Mi chiedevo quando saresti arrivata?- sembrava
più calmo e sicuro
-Mi stavi aspettando?- chiese meravigliata
-No. Ma sapevo che saresti venuta, mi chiedevo solo
quanto avresti resistito prima di farlo-
La ragazza sorrise imbarazzata, era davvero
così prevedibile?
-Ero preoccupata-
-Non ne avevi motivo, sto bene... o almeno non sto
per crollare se è questo che temi- la sua voce era strana,
piatta, fredda ma non come prima, non c'era astio nel suo tono
-Mi dispiace. Pensavo davvero che fosse la cosa
giusta da fare-
-Non è vero- fece irrigidire la ragazza
-Tu non pensavi, non lo fai mai- continuò
-Hai ragione- chinando il capo -Me lo dicono in
molti-
-Dovrei odiarti... invece credo di provare affetto
per te, non ne sono certo- la osservò inclinando il capo e
sollevando leggermente un sopracciglio
-Credi?- scherzò ripetendo il suo gesto
-Beh, è un emozione nuova, non posso
esserne certo, potrebbe essere qualcos'altro-
-Non è che sei attratto da me vero?-
scherzò lei
-Non saprei...non credo, non offenderti sei una
bella ragazza ma non sei il mio genere... Delusa?- il sorriso bieco
ricordava tanto il vecchio Esgalwath
-Melkor! No di certo! Non sei proprio il mio tipo!-
farfugliò arrossendo
-Troppo bello?-
-Troppo presuntuoso-
-Colpito- portandosi le mani al cuore
In quel momento un lampo attraversò la
mente della giovane, che spalancò gli occhi come lo vedesse
per la prima volta
-Lo stai facendo apposta!- invei
-Cosa?- con lo sguardo più innocente si
potesse immaginare
-Sapevi che mi sentivo in colpa e stai cercando di
distrarmi-
-Ti sembro forse il genere di persona che fa queste
cose?- ribatté scettico
-No! Ma lo stavi facendo!- annuì convinta
-Supponendo per un istante che lo stessi facendo...
Ha funzionato?-
-Allora lo ammetti!-
-Non ammetto proprio niente, dovresti saperlo sono
incapace di consolare o di rassicurare qualcuno... essere irritante,
quello mi riesce bene...-
-Oh...-
-Rhawel che resta senza parole, questa
sì che è una novità- la prese in giro
lui, ma anche senza parole sapeva farsi notare perché la
vide sollevarsi sulle punte e scoccargli un bacio sulla guancia
facendolo irrigidire, quel contatto era troppo, non era preparato, ma
non si allontanò.
-Grazie, pensavo di dover venire a consolarti
invece sei stato tu a rassicurare me-
-Non ne avevi bisogno, davvero hai fatto la cosa
giusta...- sospirò, si sedette a terra con la schiena contro
il tronco, strappò alcuni fili d'erba rigirandoseli tra le
dita, quando lei si accomodò al suo fianco riprese -Non
è facile ammetterlo, e non credo sarò mai come
voi, sono stato arido troppo a lungo, e ho visto troppa
malvagità per poter condividere le vostre illusioni, ma il
modo in cui vivevo era sbagliato... non è stato difficile
capirlo una volta che ho cominciato a guardarmi indietro... il
difficile è cambiare...-
-Cosa farai ora?-
-Non ne ho idea... verrò con voi, state
facendo qualcosa di buono e forse aiutandovi la farò anche
io-
-Questo non ti fa condividere le nostre illusioni?-
-No, mi fa avere uno scopo, qualcosa per cui
guardare al futuro, una ragione per attendere il sole che sorge il
giorno dopo, è già qualcosa non trovi?-
-E' un inizio- sospirò -Lo sai che
seguendoci dovrai prima o poi scendere a patti anche con le tue
origini, vero? Noi stiamo andando da loro- non aveva bisogno di dire
chi erano loro, lo sapeva bene
-Non è detto che ci arriviate- rise, lei
lo osservò non lo aveva mai sentito ridere prima -Comunque
se questo è il mio destino, che sia, non stai forse pensando
che per guarire il mio povero spirito dovrò anche accettare
le mie origini?-
-Non lo avrei detto, ho smesso di agire senza
riflettere, davvero Gwath, mi dispiace-
-Ti ho già detto che non devi... e non
credo che potrai mai cambiare- sorrise -Non credo neppure che dovresti,
ieri eri tanto sicura “Dama Galadriel ha detto di non
demordere e non ho nessuna intenzione di farlo”-
l'apostrofò imitandone la voce -Non era così che
mi avevi detto?-
-Ieri era ieri-
-Ieri non avevi visto un mio momento di debolezza e
non ti sentivi in colpa, oggi hai deciso di lavartene le mani e
lasciare ad altri il compito di sistemare i tuoi guai-
-Non ci casco-
-Stai migliorando, ragazzina-
-Sei impossibile-
-Così dicono-
-Quindi ora vuoi incontrare gli Elfi?-
-Non voglio, ma lo farò se
così deve essere-
-Ti fa paura l'idea di poter trovare quel
Thranduil?-
-Non ho certo paura di uno stupido elfo!... Solo
che... Non lo so... non riesco a immaginare di...- si fermò
incapace di trovare le parole poi le chiese -Come ti sentiresti se
potessi incontrare tuo padre o tua madre?-
La vide rabbuiarsi e subito si rese conto di essere
stato poco delicato
-Scusami, non volevo ricordarti la loro morte-
-Non è questo... non ne ho mai parlato a
nessuno, ma da quando siamo venuti a liberarti ho un pensiero in testa
che non riesco a scacciare, quel giorno Tàr ha detto una
cosa che continua a farmi pensare...-
Tacque riflettendo e lui non la interruppe
aspettando che fosse lei a proseguire
-Gimli gli chiese come mai fosse convinto
che tu fossi ancora vivo e lui rispose... ricordo esattamente quelle
parole, continuo a risentirle...
E' un elfo, hai un'idea di quanto pochi ne siano restati? Non lo
sprecheranno uccidendolo-
Si fermò ancora ma questa volta fu
l'elfo a proseguire
-Ti chiedi se anche tuo padre possa essere ancora
vivo? Se anche le guardie che li seguivano pensassero la stessa cosa?
Se il colpo che ha ricevuto non fosse stato mortale?-
-Lo so, sono tanti se... è solo
un'illusione, una vana speranza, ma non riesco a non pensarci...E'
così sbagliato?-
-Forse avresti dovuto parlarne a Tàr,
non a me. Ma posso dirti con sicurezza che questi erano i pensieri di
quell'elfo quando è tornato indietro, non poteva dirlo a tua
madre perché probabilmente temeva che lei, aggrappandosi
alla speranza di aiutarlo non sarebbe fuggita, ma so con assoluta
certezza che lui non credeva di morire, non sarebbe riuscito ad
affrontare le guardie se lo avesse pensato anche solo per un'istante,
si possono ingannare le Chiavi ma non il Sigillo, non con una decisione
presa consapevolmente almeno...questo lo so molto bene...- concluse
amaramente
-Ora non ti sto dicendo che lui sia vivo, nella
foga della battaglia è molto difficile controllare i
colpi... Ma non è sbagliato continuare a ...-
Non riuscì a finire la frase
perché la ragazza era scattata in piedi e lo aveva preso per
il polso trascinandolo verso il campo
-Cosa...?-
-Vieni con me voglio farti vedere una cosa-
Quella ragazzina si stava veramente prendendo
troppe libertà, la cosa lo faceva impazzire ma lo divertiva
anche.
Arrivarono al campo che gli altri erano
già svegli, non erano preoccupati avevano già
immaginato dove fosse l'amica, li salutarono circospetti ma non fecero
domande vedendo la fretta con cui la giovane trascinava il biondo
frastornato verso il suo zaino.
Solo a quel punto la fretta la
abbandonò, prese con calma un piccolo involto di tessuto,
svolgendolo quasi con reverenza, al suo interno c'erano diverse lettere
legate con cura e una tavoletta di legno grande quanto un palmo, fu la
tavoletta che porse all'elfo
-L'ha fatta mia madre- spiegò -era brava
a dipingere-
Sulla tavoletta erano raffigurati una giovane donna
abbracciata a un elfo, la donna aveva lunghi capelli rossi, ma di un
rosso così scuro da ricordare il colore del sangue, grandi
occhi castani e la pelle chiara come quella dell'elfo al suo fianco.
La prima cosa che notò di lui fu che non
aveva lo sguardo di un servo, ma l'espressione solenne e fiera di un
signore, era difficile definirne l'età, ma antico fu la
parola che gli affiorò alla mente, lunghi capelli neri
lucidi come la notte, una ruga sulla fronte che però non
deturpava il suo viso anzi gli dava un'aria saggia e misteriosa, stava
osservando il viso di qualcuno che aveva sofferto, ma che portava con
fierezza il suo dolore, era bello pensò, molto bello, non
c'era da stupirsi se quella giovane umana lo avesse notato fra tanti
-Si chiamava Elrond- senti dire alla ragazza -Al
palazzo lo chiamavano Neridur in segno di disprezzo, significa Servo
degli Uomini, ma il suo nome era Elrond... era un grande guerriero, un
Sire del suo popolo... chissà se sarebbe orgoglioso di
me?...se alla fine è morto combattendo, credo ne sia stato
felice...-
-Sono sicuro che sarebbe molto orgoglioso... sono
sicuro che lo sarà se è sopravvissuto- gli
restituì la tavoletta e restò un istante in
silenzio come se fosse indeciso poi abbassando lo sguardo
parlò -Verrò con te... se mi vorrai... quando
questa storia sarà finita, andremo a cercarlo, non voglio
darti illusioni ma almeno saprai quale è stato il suo
destino-
La ragazza sollevò il capo incontrando
gli occhi limpidi dell'assassino
-Lo faresti? Perché?-
-Perché non ti darai pace
finché non lo saprai e perché non ho niente di
meglio da fare al momento- rispose con un'alzata di spalle
Rhawel si chinò sullo zaino
per riporre il suo piccolo tesoro e soprattutto per nascondere gli
occhi lucidi dalla commozione e il piccolo sorriso per il goffo
tentativo dell'amico di mantenere la sua aria da cinico “Cercar presto dovrai
ciò che credi perduto e in questa tua missione avrai
inatteso aiuto” per lei ormai i versi della
Signora di Lòrien non erano più un mistero...
almeno non quella parte.
Gli altri compagni avevano assistito alla scena
confusi, sapevano di aver ancora una volta perso qualcosa di
importante, ma da quello che avevano sentito capivano che non c'era da
preoccuparsi, anzi sembrava che finalmente ogni cosa stesse andando
come doveva.
La colazione fu certamente migliore della cena precedente, anche se
restavano ancora molte questioni in sospeso l'innegabile gioia negli
occhi della compagna li rendeva tutti felici, continuavano ancora a
lanciare occhiate in tralice all'elfo, forse temendo di vederlo
esplodere o crollare oppure rinsavire, non lo sapevano neppure loro ma
quel cambiamento improvviso era quasi più agghiacciante
della sua personalità precedente, ormai si erano abituati a
trattare col gelido assassino e ancora non sapevano come comportarsi
con questa nuova persona.
Come al solito il primo a rompere il ghiaccio fu il
nano, trascinandolo in una divertente serie di prese in giro ai danni
della povera ragazza, senza però troppa soddisfazione
perché quest'ultima era talmente allegra da non irritarsi
minimamente e ribattere come suo solito.
Esgalwath cercava di lasciarsi andare, anche se
quell'atteggiamento che una volta gli era risultato naturale, stentava
ad affiorare ora che lo desiderava, così si limitava a
seguire i discorsi assurdi del nano e a sorridere, provando a
rilassarsi e farsi coinvolgere.
Altre due persone osservavano interessate la scena,
una leggermente preoccupata, l'altra più pensierosa.
Mithrandir era preoccupato per quello che
vedeva, era felice di poter vedere la luce dell'elfo che poco per volta
tornava a brillare, perché lui poteva vederla quella luce,
ma era preoccupato delle conseguenze di un così repentino
cambiamento, non gli era sfuggito come l'immortale cercasse di farsi
coinvolgere negli scherzi, senza però riuscirci, era strano,
quando era freddo e distaccato non aveva avuto problemi a parlare con
loro, ma a quei tempi aveva il controllo di se stesso e della
situazione, sapeva qual'era il suo posto, ora invece si sentiva perso,
non era più quella persona ma non era ancora diventato un
altro, tutto questo lo rendeva insicuro e vulnerabile, potenzialmente
pronto a esplodere.
Fortunatamente non era solo, e si trovava tra
quelli che lui considerava le migliori persone di Arda, era sicuro che
avrebbero saputo guidarlo nella giusta direzione, l'avevano fatto con
Rhawel e la stessa giovane con la sua impulsività si era
dimostrata fondamentale anzi a dispetto dell'iniziale freddezza al
momento sembrava l'unica con cui lui si trovasse in qualche modo a suo
agio.
Sì, a conti fatti l'Istar era convito
che la situazione si sarebbe stabilizzata presto, avrebbe continuato a
tenerlo d'occhio questo era certo, ma era fiducioso nelle
capacità dell'immortale ed era più che sicuro che
avrebbe trovato presto un nuovo equilibrio.
L'uomo invece osservava pensieroso la
luce che vedeva irradiarsi dall'immortale, prima era appena accennata,
tanto che solo raramente era riuscito a scorgerla, ora invece lo
circondava come un'aura pulsante luminosa e lo rendeva tanto simile al
principe dei suoi sogni, quella strana luce, che occasionalmente aveva
scorto nell'amica, sembrava avvolgere il biondo elfo rendendolo
ultraterreno, avrebbe dovuto parlarne a Mithrandir, era chiaro che gli
altri non la vedevano, ma in quel momento non era quello che lo
impensieriva, ma il fatto che nei suoi sogni lui lo vedeva vestito solo
di quella luce ancora più splendente, quasi accecante, lo
vedeva venire verso di lui con le braccia tese ad accoglierlo, e si
lasciava circondare da quell'abbraccio caldo e luminoso, poteva quasi
sentire il tocco di quelle mani che lo accarezzavano mentre i loro
corpi si univano... non sarebbe stato facile stargli vicino ricordando
che lui non era il sogno ma era reale, la sera prima quando lo aveva
stretto, anche se solo per pochi minuti, e aveva sentito quel corpo
solido e caldo lasciarsi andare contro di lui, aveva temuto di non
riuscire a controllarsi, avrebbe voluto poggiare le sue labbra e
impossessarsi di quella bocca perfetta, e assaggiare il suo sapore,
benediva il cielo che l'altro avesse deciso di sciogliere l'abbraccio e
allontanarsi, persino in quel momento solo ripensandoci doveva
ringraziare la tunica che nascondeva l'evidente eccitazione del suo
corpo.
Forse era arrivato il momento di interrompere
quelle allegre ciance e riprendere il discorso che aveva abbandonato,
non lo entusiasmava raccontare la sua storia, ma di certo se lo aveva
fatto l'assassinio lui non poteva essere da meno, e qualunque cosa
avesse il potere di distoglierlo dalla dolce tortura di quei pensieri
era la benvenuta, fosse anche il rivangare un passato sepolto che da
sempre cercava di dimenticare.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
*CAPITOLO 14*
Una giovane donna
correva per i corridoi di pietra del palazzo illuminati a giorno dalle
numerose torce, gli abiti sfarzosi di scuro velluto si gonfiavano
rallentandone i movimenti, teneva fra le braccia un bimbo di cinque o
sei anni, con gli occhi blu spalancati e gonfi di lacrime di paura,
neppure i muri spessi riuscivano ad attutire le grida disperate e il
clamore della battaglia che circondava il castello e dalle finestre il
riverbero degli incendi gettava ombre minacciose sugli spessi arazzi.
I suoi passi
echeggiavano negli androni vuoti, così come il suo respiro
affannato interrotto dai singhiozzi, tutti avevano abbandonato il
palazzo, dal primo dei nobili all'ultimo dei servi, gli stessi servi
per aiutare i quali il suo Re si era trovato al centro di quella
rivolta, avrebbe sputato il suo disprezzo se avesse avuto la saliva per
farlo, ma la gola bruciava per il fumo e per l'angoscia.
Gli elfi
sarebbero rimasti a proteggere il loro padrone, loro avevano capito le
intenzioni del marito, ma era stata lei stessa ad aver ordinato a tutti
loro di nascondersi nelle cucine, non potevano combattere, sarebbero
stati solo inutile carne da macello e non poteva permetterlo, si
consolò pensando che almeno sarebbe restato vivo qualcuno
per rimpiangere lei e il suo sposo.
Si
fermò solo un attimo posando a terra il bimbo e strappando
col ricco pugnale ingioiellato che portava in vita le preziose vesti
che la impacciavano, ormai non era più una regina non gli
importava delle apparenze, per poi riprendere il suo adorato bambino e
gettarsi come una furia giù per la scalinata principale
verso l'uomo che cercava con impazienza.
-Ar-Athorn!- era
lì il suo signore, immobile e fiero con la spada alzata
verso il grande portone che già tremava sotto i colpi,
circondato da poche decine di guardie fedeli
-Gilraen! Cosa
fai qui! Devi fuggire!-
-Non senza di
te! Non puoi fare più nulla, vieni via con noi, pensa a tuo
figlio!-
-Non posso, vita
mia, non posso fuggire senza lottare, nostro figlio non deve ricordare
il padre come un codardo-
-Ma lui non deve
ricordare il padre! Lui deve avere un padre! Un padre che lo ama e gli
sta vicino-
A quelle parole
il piccolo sollevò lo sguardo verso il genitore, dimenandosi
per farsi mettere a terra e asciugando le lacrime
-Padre- disse
con una voce tanto ferma da riempire d'orgoglio il giovane Re
-Resterò al vostro fianco, combatterò con voi-
sollevando la piccola spada giocattolo che portava al fianco
-Il mio piccolo
eroe, so che sei coraggioso- il Re si inginocchiò davanti al
figlio scompigliandogli dolcemente i lunghi boccoli scuri -E' per
questo che ti affido tua madre, devi proteggerla, perché io
non posso farlo, ma so che con te sarà in buone mani-
-Nooo!- gemette
la donna -Non parlare così! C'è ancora tempo!
Vieni con noi!-
Crollò
accanto al marito aggrappandosi al suo braccio senza più
curarsi di trattenere le lacrime.
L'uomo
allargò le braccia stringendola forte e attirando anche il
piccolo in quell'abbraccio muto, che sciolse solo dopo interminabili
minuti
-No, Gilraen,
non c'è più tempo. Le porte cederanno presto,
devo distogliere la loro attenzione da voi, se non mi trovassero ad
attenderli scoprirebbero subito la fuga-
La donna sapeva
che aveva ragione ma non poteva, non riusciva a lasciarlo
-Padre- gli
occhi del bimbo si erano fatti ancora lucidi, nonostante si sforzasse
di mostrarsi forte al padre -Perché dobbiamo scappare? Voi
siete il Re, perché fanno questo?-
-Figliolo,
troppo presto devi capire quanto è duro il mondo, avrei
voluto proteggerti da tutto questo, avrei voluto creare un mondo nuovo
per te, ma ho fallito. Ricorda queste parole, ora non le capirai ma un
giorno quando sarai più grande fanne tesoro. Il mondo sta
cambiando, io posso sentirlo, ci sarà una nuova era, ho
affrettato i tempi, e ho agito prima che fossero maturi, volevo
combattere questa battaglia perché non ricadesse sulle tue
spalle, ho commesso un errore, il giorno non era ancora giunto, ma non
dubitare, quel giorno giungerà e tu dovrai continuare quello
che io ho cominciato, so che sarai in grado di farlo, sei forte e io
sono il padre più orgoglioso del mondo... Ricordati sempre
che tu sei Ar-Agorn legittimo erede al trono di Númenor, ti
affido i nostri tesori... Elendilmir* la corona di Númenor e
l'Anello di Barahir* simbolo della nostra stirpe che ti appartengono di
diritto, custodiscili con cura perché verrà il
giorno in cui li indosserai con orgoglio-
Poi
chiamò, girandosi verso i pochi fedeli che erano restati a
osservare la scena colmi di tristezza, ammiravano il loro Re ed erano
fedeli a lui come uomo, un manipolo di giusti tra le genti corrotte di
quel regno nero, avrebbero dato la vita per lui, non si facevano
illusioni sull'esito di quella battaglia, non rimpiangevano di farlo,
ma rimpiangevano il fatto che il loro sacrificio sarebbe stato vano e
l'uomo in cui riponevano le loro speranze sarebbe morto con loro.
Come la regina
avevano tentato in vano di convincerlo a fuggire, ma sapevano che era
inutile, l'uomo che guidava la rivolta era proprio il fratello del re e
come membro della famiglia reale era a conoscenza dei passaggi segreti
del palazzo, se non avessero trovato il loro signore ad affrontarli
ogni via di fuga sarebbe stata chiusa e con essa le
possibilità di mantenere viva almeno la discendenza
dell'uomo che tanto ammiravano.
-Ecthelion!- Un
uomo più attempato degli altri si avvicinò al Re
inchinandosi, era forse troppo vecchio per combattere, ma nel suo
sguardo c'era una forza e una fierezza che molti giovani ancora gli
invidiavano, indossava le vesti dei consiglieri e non l'armatura come
gli altri ma le sue mani conoscevano bene la spada e non avevano
dimenticato come brandirla.
-Mio Re!-
-Alzati, amico
mio, non sono più il Re di nessuno da quando il primo
incendio e scoppiato in città-
-Fino alla morte
voi sarete il mio Re-
-E fino alla
morte sarà, il tempo ormai è breve- non c'era
paura ne rimpianto nella voce del sovrano
-Tutto questo
non sarebbe accaduto se non avessi raccontato a un giovane uomo i miei
sogni e le mie visioni- chinò il capo il vecchio consigliere
-Non essere in
pena amico mio, perché le tue visioni hanno reso la vita di
quel giovane uomo degna di essere vissuta, non ho rimpianti, se non
quello di aver trascorso troppo poco tempo con la donna che amo e di
non veder crescere mio figlio, ma so per certo che il seme che ho
piantato è forte, e che questo giorno contribuirà
a rinforzare le sue radici, e quando mio figlio tornerà
troverà un albero sano, pronto a fiorire per lui-
-Grazie mio
signore- ora anche gli occhi dell'anziano amico erano lucidi
-Ti affido la
mia famiglia, a te che più di ogni altro sai per cosa stavo
combattendo, proteggili e tienili al sicuro, io sarò felice
sapendoli sotto la tua protezione, so di chiederti molto... hai una
moglie e un figlio, forse non potrai più rivederli-
-Li
difenderò a costo della vita, non avrei rivisto comunque la
mia famiglia, e come voi anche io combatto per dare un mondo migliore a
mio figlio -
-Non ho dubbi
che lo farai e quando Estel sarà abbastanza grande racconta
a lui quello che raccontavi a me, lui sarà abbastanza forte
per poter ammirare le cose che mi descrivevi-
-Lo
farò mio Re-
-E ora andate,
non c'è più tempo- un colpo più forte
fece spicciolare la pietra attorno ai cardini del pesante portone
sollevando una nuvola di polvere, come per confermare le parole
dell'uomo -Vai Gilraen, mio unico amore, non voltarti indietro, ricorda
che ti ho amata fin dal primo momento e non smetterò mai di
farlo-
-...Athorn...-
singhiozzò
-No, devi essere
forte, come sei sempre stata, non smettere ora, fallo per me, non vedi
il dolore che mi da, fallo per nostro figlio, lui avrà
bisogno della tua forza-
L'abbracciò
forte dandole un bacio in cui era racchiuso tutto il sentimento che
troppo poco tempo aveva avuto per vivere, era un bacio dal sapore amaro
della morte incombente, e salato come le lacrime che le rigavano il
volto, era il loro ultimo bacio.
Ma anche quello
finì, si chinò ancora una volta per stringere il
figlio ormai in preda ai singhiozzi come la madre, poi il legittimo Re
di Númenor si girò sollevando la spada verso le
porte che stavano per cedere
-Andate!
Ecthelion, portali al sicuro, fate presto!- non si girò a
guardarli allontanarsi, sapeva che se gli occhi della moglie avessero
incontrato i suoi avrebbe perso la forza per fuggire, non si
girò e loro non videro mai la lacrima che scendeva lenta
prima che calasse l'elmo.
Avevano appena girato nel corridoio che portava alle cucine, per
raggiungere le cantine e da li il passaggio che li avrebbe condotti
alla baia nascosta dove una piccola barca li attendeva, quando
sentirono il fragore del portone che cadeva, ebbero un attimo di
esitazione prima di aumentare il passo, l'unico segno del dolore che
provava fu l'aumentare della stretta con cui la donna cingeva il
bambino, ora non era il tempo per piangere ancora, lo avrebbe fatto di
nuovo ma in quel momento doveva pensare alla salvezza del piccolo Estel.
Nelle cucine gli
elfi del palazzo aspettavano silenziosi, alcuni sobbalzarono nel
vederli entrare, ma subito si avvicinarono riconoscendo la loro
signora, anche la donna sussultò nel vederli, aveva
dimenticato di essere stata proprio lei a ordinargli di nascondersi li
-Venite con noi-
disse -Dovete fuggire, le cose cambieranno qui a palazzo, non potete
restare- poi dopo un attimo aggiunse -E' un ordine!-
In molti la
guardarono con un sorriso malinconico, finché quello che era
stato il cameriere personale del marito non si fece avanti
-Mia signora, le
cose erano diverse prima del vostro arrivo, erano diverse prima che
vostro marito diventasse Re, saranno diverse ora e ancora cambieranno
in futuro, siamo stati felici di avervi conosciuto e piangeremo per il
nostro signore... sapete bene che niente ci darebbe più
gioia della libertà, e sarebbe un onore seguirvi, ma non
possiamo, non è più in vostro potere darci un
simile ordine- tacque un istante riflettendo se dire quello che la
magia gli faceva sentire -Noi apparteniamo ai Signori di questo
castello, e... mia Signora... voi non siete più la regina-
Attese di vedere
la comprensione negli occhi della donna, lei comprese ma non
crollò... la battaglia era conclusa e lui era morto...
-Ci dispiace
Dama Gilraen-
-Non potevate
fare nulla, mi dispiace di non aver dato prima quell'ordine-
-E a cosa
sarebbe servito? Non saremo mai liberi, non avremmo potuto comunque
difenderci, sarebbe stata una breve fuga che avrebbe portato solo dure
conseguenze- Sorrise amaramente -Ma non siamo così inutili
come credono, non possiamo recare danno a nessun umano, ma niente ci
vieta di appiccare il fuoco alle cucine- un lampo dell'antico orgoglio
attraversò i suoi occhi e quelli dei suoi compagni -Andate,
raggiungete le cantine, da qui non vi seguiranno e non ci sono altre
strade-
-Grazie-
-Siamo noi a
dovervi ringraziare, avevamo dimenticato cosa significasse essere
rispettati, ricorderemo sempre voi e il vostro consorte. Buona fortuna
e che le foglie del vostro Albero della Vita non debbano mai appassire-
detto questo si inginocchiò imitato da tutti gli altri e le
baciò le mani.
Da quella
posizione gli occhi scuri dell'elfo si trovarono a incrociare quelli
profondi e seri di un'altra persona che fino a quel momento avevano
ignorato, gli occhi di un bambino grandi e intensi.
Quando apri le
minuscole labbra per parlare però la sua voce aveva perso il
tono acuto dell'infanzia, forse per il fumo, o per i troppi singhiozzi,
sembrava appartenere a qualcuno molto più grande di lui
tanto che persino la madre abbassò lo sguardo preoccupata
-Come ti
chiami?- chiese senza distogliere gli occhi da quelli dell'elfo
-Mól*,
giovane principe- rispose stupito da quell'inutile domanda
-No- scosse la
testa il bambino -Qual'era il tuo nome prima?-
Le mani
dell'immortale si strinsero di scatto, mentre serrava i denti con uno
schiocco, gli altri dietro di lui si lanciavano sguardi impauriti,
c'erano luoghi in cui era permesso loro conservare i propri nomi, ma
non a Númenor, in quel regno gli elfi erano solo
Mól, schiavi.
-Erestor... mi
chiamavo Erestor, Mio Signore- sussurrò timoroso abbassando
il capo
-Ti chiami
ancora Erestor, non dimenticarlo, in qualunque modo vorranno chiamarti
tu non dimenticarlo mai. Non sarà sempre così,
mio padre l'aveva visto e anche Ecthelion, io non dubito delle loro
parole, non fatelo neanche voi, un giorno tornerò per
portare a termine quello che loro avevano iniziato-
-E quel giorno
saremo qui ad attendervi, possa Ilúvatar concedermi di
vederlo. Avete fatto una grande promessa per un così piccolo
corpo... Saprete mantenerla?-
-Ci
proverò con tutte le mie forze-
-Di
più non possiamo chiedere a un così giovane
mortale- si volto a fare un cenno a un'elfa che scomparve dietro al
camino per ricomparire poco dopo con un fagotto lungo e stretto
-Anche dopo
migliaia di anni conserviamo ancora i nostri segreti e i nostri tesori-
disse aprendo l'involto e porgendogli una meravigliosa spada, che era
di poco più piccola di lui -La trovammo dopo secoli
dall'ultima battaglia, mentre si aravano i campi, era rimasta sepolta
per così tanto tempo... da allora la conserviamo, un cimelio
delle ere passate, il suo nome è Narsil, Fiamma Luminosa,
apparteneva a Turgon, un Re grande e valoroso... Ora la doniamo a te
giovane Principe nella speranza che la sua luce possa ancora
risplendere in battaglia. Ne sarai degno?-
-La
porterò con onore fosse anche l'ultima cosa che faccio-
-Le parole di un
grande Re escono dalla bocca di un bambino, sono tempi davvero
strani...-
-Presto stanno
venendo da questa parte!- gridò giungendo trafelato un elfo
a guardia nel corridoio
-Via! Fuggite!
Non temete quando arriveranno troveranno la strada bloccata-
E ripresero a
correre verso le cantine, sentendo dietro di loro i rumori di quegli
alleati inaspettati che cominciavano ad appiccare i fuochi.
Erestor
guardò il piccolo Principe che si allontanava con la madre
-Tutte le nostre speranze riposte in un bambino, Eru
Ilúvatar proteggilo, e dagli la forza di rialzarsi quando la
speranza lo abbandonerà... spero di avere visto giusto nel
dargli fiducia- li osservò scomparire giù per le
scale che conducevano alle cantine poi si voltò ad
aiutare i compagni, nessuno dei tre umani sentì le sue
parole sommesse.
-Presto, Mia Regina, ancora un piccolo sforzo, ci siamo quasi-
incitò il fidato consigliere, erano stremati, avevano corso
per ore in quei tunnel dissestati temendo che gli uomini di
Ar-Pharazôn giungessero prima di loro alla baia, portava tra
le braccia il bambino sollevando la donna da quel peso e aveva affidato
a lei la spada donata dagli elfi.
Era un'ottima
lama, lui si intendeva di queste cose, migliore perfino di
Aranrúth che ormai era sicuramente nelle mani
dell'usurpatore, Narsil era certamente una spada degna di un grande Re,
un dono davvero unico e inconsueto da fare a un bambino, senza contare
il fatto che doveva significare davvero molto per loro visto che
l'avevano custodita per secoli rischiando la collera dei loro padroni.
“Perché
proprio ora?” si chiese l'uomo, la risposta che cercava si
trovava negli occhi di quell'immortale, occhi diversi eppure
così simili ai suoi e a quelli del suo Re, gli occhi di chi
poteva vedere più lontano degli altri, ecco cosa lo aveva
turbato tanto in quello sguardo, solo ora riusciva a capirlo.
Sorrise malgrado
la situazione, creature straordinarie gli elfi, Melkor poteva anche
pensare di averle in suo potere, ma nessun Sigillo o Chiave li avrebbe
mai completamente sottomessi, erano ancora liberi di pensare, e di
celare i loro segreti, aveva osservato per anni quel semplice servo
andare e venire nelle stanze del suo Signore senza mai sospettare
nulla, sarebbe stato costretto a rispondere a una domanda diretta, ma
come chiedere qualcosa di cui non si immagina neppure l'esistenza?
“No” pensò “Melkor non
potrà mai dominarli”
Uscirono sotto la luna, finalmente fuori dall'aria viziata dei
cunicoli, la brezza marina li investì con i suoi profumi,
una piccola barca a vela li attendeva, le vele grigie che si
confondevano nella notte, la donna sapeva che se fosse stato giorno
quelle vele sarebbero state del colore del mare, il camaleonte lo
chiamava il suo sposo, uno speciale tessuto che aveva il potere di
cambiare colore riflettendo quello dell'ambiente circostante, molto
utile agli esploratori, alle spie, e alle barche che dovevano far
fuggire quello che restava della famiglia reale.
Si allontanarono
silenziosi dalla costa, scomparendo nelle tenebre, Gilraen, che era
stata Regina di Númenor guardava la sua patria allontanarsi
e scomparire piano piano, guardava quello che aveva perso e guarda al
futuro incerto che l'attendeva, improvvisamente il peso delle lacrime
trattenute divenne insopportabile e la fiera regina si
accasciò sul ponte scossa dai singhiozzi.
-Porca...- fischiò il nano -L'erede al trono di
Númenor! Questa si che è una sorpresa! Dietro
quegli abiti vecchi e quell'aspetto trasandato si nasconde un vero Re!-
Dei fatti accaduti quella notte Tàr
aveva raccontato solo lo stretto indispensabile, tralasciando il dolore
e la disperazione di quelle ore, ma gli amici lo sapevano e cercavano
di sollevarlo a modo loro
-Un trono usurpato, Gimli, al momento non sono
erede di niente-
-Sono veramente perplesso, mai nessuno era riuscito
a nascondermi qualcosa per così tanto tempo, quindi il
ragazzino che ho trovato in lacrime sulla tomba della madre altri non
era che il giovane principe di Númenor-
-No, Mithrandir, quel principe era già
morto, era morto durante quei giorni in cui aveva vegliato la madre
morente per le ferite degli orchi senza poter fare nulla per salvarla-
-Mi dispiace-
-Lei era felice, andava finalmente a raggiungere il
suo amato, e morta sorridendo, il primo sorriso dopo anni, e io sono
stato felice della pace che aveva trovato, spero davvero che esista un
mondo dove loro ora sono di nuovo assieme-
-Sei stato coraggioso-
-Lei lo era, io mi limitavo a non mostrarmi debole,
tutti i sogni di mio padre, tutte le promesse si spegnevano mentre la
guardavo allontanarsi sempre di più, lei credeva che non me
ne accorgessi, ma io lo vedevo, i ricordi la stavano uccidendo mentre
la speranza la abbandonava.
Aveva creato una rete di informatori, voleva
continuare quello che mio padre aveva cominciato e pensava che io fossi
troppo piccolo per aiutarla, ma ascoltavo di nascosto ogni
conversazione, Númenor era andata avanti, mio zio era il Re
acclamato e nessuno rimpiangeva mio padre, tutte le leggi eque e
liberali che aveva fatto approvare e che avevano fatto infuriare i
nobili fino ad arrivare alla rivolta erano state abolite senza
proteste, quello che lui aveva fatto era stato inutile-
-Non è stato inutile, ha portato la
speranza almeno nei più oppressi-
-Erano degli illusi, come lo ero io, non
c'è speranza in quel regno nero e morto-
-C'è sempre speranza- tutti si girarono
verso l'immortale che aveva parlato, non si aspettavano di sentire la
sua voce, era restato immobile e silenzioso per tutto il tempo -L'hai
dimenticato? Sei stato tu a insegnarmelo ”Ho dato la speranza
agli uomini, non ne ho conservata per me” erano le parole di
tua madre non farle tue-
-Non conosci quel regno, è marcio e
morto, non c'è più nulla da salvare-
-Disse l'uomo che si ostinava a vedere qualcosa di
buono in un assassino che odiava la vita- allargò le braccia
con sufficienza sollevando il sopracciglio e facendo sorridere gli altri
-Con te era diverso, io potevo vedere qualcosa di
buono-
-E non hai mai dubitato? Non hai mai pensato fosse
inutile?- quando l'uomo abbassò lo sguardo seppe di essere
sulla strada giusta -Hai ragione, non conosco Númenor ma
credo che il tuo regno abbia solo bisogno di essere preso a schiaffi-
Tutti ridacchiarono guardando Rhawel, e anche l'uomo
-Sarà un po' difficile-
-E da quando ti piacciono le cose facili amico?-
ora che la breccia era aperta Gimli non esitò a usarla
-Non conosco bene quel Ar-Agorn, ma so che
Tàralelyol non si tirerebbe indietro davanti a una sfida-
continuò la giovane
-Non mollerete vero?-
-Se lo facessimo ci odieresti, e ci rinfacceresti
in eterno di non essere riusciti a convincerti-
-Che fine hanno fatto la corona, l'anello e la
spada?- chiese lo stregone, pur pensando di conoscere già la
risposta
-L'anello di mio padre, Barahir, e sempre con me,
anche se non sono degno di indossarlo- sfilò da sotto la
tunica un laccio di cuoio al quale dondolava, mandando vividi lampi
verdi, un elegante anello dalla forma di due serpenti intrecciati, i
riflessi verdi erano dati dagli smeraldi purissimi che componevano gli
occhi delle serpi coronate d'oro -La corona e la spada sono sepolte
assieme a mia madre, non desidero la prima, e ho tradito la fiducia di
chi mi ha donato la seconda-
-Era un ragazzo quello che ha perso la speranza, io
credo che l'uomo si più che degno, non hai tradito la loro
fiducia, non stai forse lottando per la libertà anche se
segui una strada diversa da quella tracciata da tuo padre?-
-E meno suicida oserei dire, con il dovuto rispetto
per i morti, politicamente parlando non era stata una mossa molto
astuta- il nano concluse la frase dello stregone.
-Immagino che non abbiate torto...-
-Certo che no! Ti abbiamo mai deluso?... Ehmm...
domanda retorica...- finì la donna
-Se non ricordo male, il luogo in cui ti ho trovato
non dista molto...- il mago sembrava riflettere ad alta voce
-Ricordi bene- sospirò l'uomo sapendo
già come si sarebbe conclusa quella chiacchierata -Non
più di due giorni di cammino-
-E molto che non visiti la tomba di tua madre,
credo che questa missione non risentirà di una deviazione di
pochi giorni-
-E magari nel frattempo potrei recuperare certi
cimeli?- il bruno roteò gli occhi sollevandoli al cielo
-Toh... che sciocco, non mi era venuto in mente-
sorrise innocentemente il vecchio -Ma ora che tu lo dici mi sembra un
ottima idea-
Sollevò le mani in segno di resa ridendo
-Mi arrendo, mi avete convinto, quando avremo risolto questa situazione
cercherò un modo per tornare a Númenor e
riprendermi quello che è mio, anche se non ho idea di come
fare...-
-Ti conviene trovarla, quell'Erestor si
starà chiedendo che fine hai fatto- ridacchiò
Gimli
La decisione fu presto presa, smontarono il campo e
ripartirono, non verso le terre aride a est, ma costeggiando l'Anduin
verso nord, lungo un sentiero che li avrebbe condotti nuovamente alle
pendici delle Montagne Nebbiose, verso una semplice tomba di pietra
nascosta all'ombra dei monti, che, senza che il ragazzo a quei tempi lo
sapesse, segnava l'inizio del sentiero che conduceva a
Ýridhindhren.
-E Ecthelion?- chiese la ragazza mentre camminavano
-Ti ha poi raccontato le sue visioni?-
-Non ha mai potuto farlo. E' morto, almeno credo,
successe pochi mesi dopo la nostra fuga, aveva trovato un rifugio per
me e mia madre e si era allontanato in cerca di provviste, lo abbiamo
atteso per giorni ma non è più tornato, ci
è stato fedele fino alla fine e non ha rivelato il nostro
nascondiglio-
-Non lo avevo immaginato, scusami. Quindi per tutti
quegli anni siete stati solo tu e tua madre. Chi ti ha insegnato a
combattere?-
-Ho imparato... osservando, ascoltando, allenandomi
e facendo pratica, quando sei in fuga perenne in terre selvagge o
impari o muori, proprio come il nostro Esgalwath, abbiamo
più cose in comune di quante lui immagini-
NOTE:
*Mól:
Schiavo
*Elendimir:
Non sono impazzita ho lasciato il nome Elendimir per un semplice
motivo, il suo significato è Gioiello di Elendil (stiamo
parlando del primo Elendil, il discendente diretto di Elros e non del
padre di Isildur) e il significato di Elendil contrariamente a quanto
viene spesso riportato non è “Amico degli
Elfi” ma “Amico delle Stelle" , viene spesso
tradotto con Elfi perché questi erano appunto Eldar
“Popolo delle Stelle” da Elen
“Stelle”... quindi anche in questo crudele
Númenor non c'è niente di male ad essere amici
delle Stelle.
Per i
curiosi:
Elendilmir
era realmente la corona di Númenor, creduta persa per molto
tempo fu sostituita da una uguale ma di minor pregio e questo fatto
crea un po' di confusione infatti esistono due Elendimir, ed
è il secondo quello indossato da Aragorn nella Battaglia dei
Campi del Pelennor. Quella originale invece venne ritrovata
da Aragorn e Gimli a Isengard, tempo dopo l'incoronazione di Re
Elessar, che ritenendola però troppo preziosa la
indossò solo nelle Celebrazioni più solenni (Racconti Incompiuti- J.R.R.
Tolkien)...
Anello
di Barahir fu donato da Finrod Felagund a Barahir. Alla
morte di Barahir, Beren suo figlio insegue gli orchi che lo avevano
ucciso e ne uccide il capitano, che stava vantandosi mostrando agli
altri la mano mozzata di Barahir, recuperando così l'anello.
L'anello non era dotato di poteri magici, ma
conferiva fama e onore a colui che lo indossava. L'oggetto in seguito
pervenne a Elros, discendente di Beren e primo re di Nùmenor
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
*CAPITOLO 15*
Era il turno di guardia del númenóreano, aveva
dato il cambio alla ragazza poco tempo prima e ora lei stava dormendo
tranquilla assieme agli altri, gli ultimi tizzoni del fuoco
rischiaravano il campo silenzioso sotto le stelle che sbirciavano tra i
rami radi della radura, la piccola brace della pipa disegnava ombre
rossastre sul viso dell'uomo, che guardava i compagni addormentati.
Ma non tutti si lasciavano cullare dall'abbraccio
di Morfeo, osservò l'esile ed elegante figura dell'elfo
scivolare fuori dal giaciglio, e avvicinarsi silenziosamente, aveva
tolto la tunica per coricarsi in quella calda notte, e il torace
brillava ancora più pallido sotto la luce della luna, fino
alla riga scura delle braghe che scendevano basse sulle anche lasciando
intravedere una leggera peluria chiara.
Avrebbe dovuto distogliere lo sguardo, ma i suoi
occhi erano incatenati da quei movimenti sinuosi, dal gioco che le
ombre creavano sul suo corpo mettendo in risalto i muscoli tonici, i
lunghi capelli biondi ricadevano sciolti sulle spalle, sollevandosi e
ondeggiando a ogni passo, il suo modo di muoversi era ipnotico, quei
movimenti felini, sia che combattesse o che semplicemente camminasse
sembravano una flessuosa danza di seduzione, deglutì e
passò la lingua sulle labbra aride, si rendeva conto
dell'effetto che aveva sui comuni mortali? C'era stato un tempo in cui
ne era perfettamente consapevole, ma ormai quel modo di muoversi era
diventato parte di lui, non ne era cosciente ma tutto in lui lo rendeva
come un cobra che ammaliava le sue prede.
Sentiva lo sguardo dell'uomo che lo seguiva, ma non
poteva neppure lontanamente immaginare i pensieri che lo torturavano,
pensieri che ironicamente erano gli stessi che attraversavano la sua
mente, gli stessi sogni che tormentavano l'uomo da tempo ormai
scaldavano anche il suo sonno, non vedeva luci radiose ma il modo in
cui i loro corpi si univano era lo stesso, quella notte svegliandosi si
era trovato a dirigere i suoi passi proprio verso la persona dalla
quale avrebbe dovuto stare lontano, solo anni di ferrea disciplina
impedivano al suo corpo di rendere evidenti quei pensieri, i pantaloni
che gli fasciavano strettamente le gambe erano di poco aiuto, senza gli
anni passati nella casa di piacere che gli avevano insegnato l'assoluto
controllo del proprio corpo, di tutto il proprio corpo, avrebbe
certamente dovuto cambiare abbigliamento per poter ancora avvicinare
quel mortale.
E davvero dovette far ricorso a tutto
l'autocontrollo appreso per continuare a camminare tranquillo sotto lo
sguardo dell'uomo, poteva sentire quegli occhi che accarezzavano la sua
pelle, li immaginava soffermarsi sulle sue labbra e scendere
stuzzicando i piccoli capezzoli duri per poi proseguire affondando
nella leggera peluria dell'inguine, deglutì, senza sapere
che nello stesso istante il pomo d'Adamo dell'altro si sollevava e
abbassava assieme al suo, lo vide passare la lingua sulle labbra rosse
e piene, circondate dall'accenno di barba, e una scossa lungo la spina
dorsale quasi gli impedì di muovere il passo, vide un
muscolo tendersi sulle forti braccia lasciate scoperte dalla tunica
estiva, così sottile e attillata da non lasciare nulla
all'immaginazione, anzi il tessuto lucido rifletteva la poca luce,
mettendo ancora più in risalto l'addome scolpito e l'ampio
torace che si alzava e abbassava veloce.
Entrambi osservarono tanto attentamente l'altro,
giustificando quello che vedevano con l'immaginazione dovuta a sogni
troppo vividi da non notare la liquida eccitazione che illuminava i
loro sguardi, così l'elfo avanzò fino a lui,
sedendosi tranquillamente al suo fianco e poggiando la schiena allo
stesso tronco, mentre la pelle nuda delle braccia si sfiorava, si
lasciò trasportare da quel leggero contatto senza che nulla
trasparisse dal suo volto, sfilando la pipa dalle dita dell'uomo e
aspirando, parve chiudere gli occhi gustandosi l'aroma dolce del fumo
che scendeva lungo la gola mentre invece assaporava il gusto dell'altro
sul legno liscio, la porse nuovamente al compagno che ripeté
gli stessi gesti con gli stessi pensieri, ed entrambi trovarono che mai
avevano fumato un erba-pipa così buona.
-Non sei stanco?- chiese l'uomo continuando
quell'assurda recita
-Non dormo molto-
-Sì, lo avevo notato-
-Quando sei solo e braccato il sonno è
un lusso che può costare molto caro-
-Lo so-
-Non è un problema, potrei persino
evitare di dormire, negli anni ho imparato a riposare lo spirito mentre
sono sveglio-
-Utile, come funziona?-
-Molto utile, anche se trovo infinitamente
più piacevole dormire veramente. Basta che lasci la tua
mente rigenerarsi una parte alla volta, così il corpo
continua a muoversi e resta vigile anche se non completamente
cosciente-
-Quindi quando stai camminando silenzioso e assorto
nei tuoi pensieri in realtà stai dormendo?-
-A volte, a volte invece penso davvero, ho molti
pensieri ultimamente-
-Stai bene?-
-Dovrei essere io a porti questa domanda-
-Non sono io quello a cui è stata messa
in discussione tutta la vita- sorrise -Io ho sempre saputo chi sono
anche se cercavo di negarlo, probabilmente alla fine mi sarei
rassegnato comunque al mio destino-
-A quanto pare sono davvero stato salvato da un
nobile principe...- ridacchiò
-Scusa?-
-Niente di importante, erano pensieri sconnessi che
facevo quando mi avevano catturato e riguardavano stupidi eroi che
volevano salvare il mondo e nobili principi che salvavano principesse
indifese-
-Oh- ghignò -Quindi saresti una
principessa indifesa?-
Aprì la bocca per ribattere e la
richiuse, rendendosi conto che effettivamente era esattamente quello
che aveva detto, arrossendo imbarazzato fino alla punta delle lunghe
orecchie.
-Non temete leggiadra fanciulla il vostro segreto
è al sicuro-
-Fossi in te non continuerei...-
-Perché? Un così dolce e
sensibile fiore non può certo nuocermi-
-Tàr...-
-Vi prego graziosa dama non siate in collera...-
Senza neppure accorgersene quell'uomo imponente si
ritrovò schiena a terra con entrambi i polsi bloccati sopra
la testa e il gomito dell'assassino che premeva sulla sua trachea, i
loro sguardi che si fondevano, e quelle labbra dischiuse invitanti,
morbide, i loro visi vicini, sempre più vicini...
Troppo vicini “Troppo vicini! Cosa sto
facendo?” lo stesso pensiero attraversò le loro
menti mentre chiudevano gli occhi per spezzare quello strano
incantesimo che li attirava inesorabile l'uno verso l'altro.
-Ti avevo avvertito- soffiò a pochi
centimetri dal suo viso scoppiando poi a ridere
-Sei stato scorretto- rise l'uomo pizzicandogli il
braccio nudo -Mi hai preso alla sprovvista-
-Sono un assassino, è nella mia natura
essere scorretto... Comunque, Ahio! !- massaggiandosi il braccio che
cominciava ad arrossarsi
-Perché sai che non potresti mai
battermi onestamente-
-Vuoi provare?-
-Con piacere... ma è meglio un'altra
volta- indicando il campo dove i compagni li osservavano seccati
rimettendosi a dormire dopo essersi assicurati che non c'erano pericoli
borbottando tutti e tre qualcosa che assomigliava molto a un
“Ragazzini!”
-Quindi- riprese poco dopo l'elfo
-Tàralelyol, Estel, Ar-Agorn... sono tanti nomi per una
persona sola, sei sicuro di sapere chi sei realmente?-
-Non più di quanto lo sia tu-
-Non mi rassicuri molto, io non ho la minima idea
di chi sono-
-Neppure io, mi avessi posto questa domanda qualche
giorno fa non avrei avuto esitazioni a rispondere, ma ora non so cosa
fare-
-E quindi?-
-Andiamo avanti, per i prossimi giorni abbiamo una
meta, nel frattempo speriamo di aver chiarito le idee... magari non
dovremmo neppure preoccuparcene, come ci hai fatto notare tempo fa
probabilmente saremo morti-
-Non credo sai-
-Da dove viene tutto questo ottimismo?-
-Dal fatto che mi sbaglio molto spesso e dal fatto
che tu hai una missione da compiere e comincio a pensare che la
casualità centri ben poco nella tua vita... sarebbe assurdo
metterti su questa strada e farti morire prima del tempo-
-Non so se questo pensiero sia consolante o
agghiacciante... cosa ti fa pensare che il mio destino sia
già scritto?-
-Troppe coincidenze... per esempio, hai notato che
tutti i tuoi cimeli sono di origine elfica? Il tuo anello, la tua
corona e persino la spada, non ti sembra strano? Il nostro gruppo
è formato da esponenti di quattro razze diverse, e
probabilmente del meglio che ogni razza possa offrire... non dire agli
altri che l'ho detto, anzi dimenticalo pure tu se puoi- si
affrettò ad aggiungere facendo sorridere l'uomo
-Continua mi interessa, soprattutto la parte in cui
mi consideri il meglio della mia razza-
-Mi ascolti o senti solo quello che ti va di
sentire?- Lo fulminò con lo sguardo -Vuoi altre coincidenze?
Sauron che era partito proprio quando avete deciso di rubare la
pergamena, voi che venite a salvarmi liberando nel frattempo un Spirito
dei Fiumi che si rivela essere la sorella della compagna di un Potente,
io che faccio un volo di non so quanti metri e me la cavo con pochi
graffi...-
-Non erano pochi! Hai idea di quanto ho faticato
per rimetterti assieme?-
-Lo so- gli sorrise dolcemente -Ma sai cosa
intendevo, non sarei dovuto sopravvivere eppure sono qui, ho deciso di
aiutarvi, e probabilmente sono imparentato con qualcuno dall'altra
parte delle Nebbie, cosa che, se interpreto bene le parole della Dama
di Lòrien, sarà molto utile per farci entrare,
anche se devo ammettere che quel riferimento al sangue mi preoccupa non
poco-
-Non permetterò che ti accada qualcosa!-
esclamò di slancio
-Sciocco mortale troppo tenero, metteresti il mio
destino davanti a quello di molti? Non è per questo che ti
sto seguendo, sai che non temo la morte, non rinunciare alla missione
per degli stupidi sentimentalismi-
-Non rinuncio, troveremo un altro modo- gli prese
il mento fra le dita sfiorandogli la guancia e sollevando il viso fino
a incrociare i suoi occhi -Tu prometti di non fare sciocchezze-
L'immortale inclinò il capo guardandolo
sornione nascondendo il fuoco che gli infiammava le viscere per
l'intensità di quello sguardo
-Sciocchezze? ...Dal mio punto di vista o dal tuo?-
-Hai capito perfettamente-
-Sì, ho capito, cercherò di
evitare le sciocchezze- continuò per rassicurarlo -Non credo
che sarà un problema, “il sangue porta
vita” sembra riferirsi più alle mie origini,
sangue inteso come discendenza... ma nel caso sbagliassi non fare
sciocchezze neppure tu-
-Tipo entrare in una specie di prigione
sorvegliatissima per tirarti fuori dai guai?-
-Esattamente, mi riferivo proprio a questo genere
di azzardi... Anche se nutro poche speranze, ormai ho capito che la
smania di salvare tutto e tutti ce l'hai nel sangue, è un
tratto di famiglia-
-Solo di recente, se avessi conosciuto mio nonno
non parleresti così, mio padre era diverso-
-Era speciale e ti ha trasmesso questa
caratteristica-
-Sono speciale?-
-Ma sei fissato questa sera?- Mantenere il solito
tono distaccato diventava sempre più difficile. Si era
speciale, avrebbe voluto gridarlo ma non poteva, perché
quello stolto mortale doveva rendere le cose più complicate
di quello che già erano
-Non sono abituato a tanti complimenti, non da
parte tua almeno... Sei cambiato...-
-E te ne accorgi adesso? Allora ho parlato per
niente-
-Non fraintendermi, capisco quanto ti siano costate
quelle parole, ma sentirlo e provarlo sono due cose diverse... non
avevamo mai chiacchierato come stiamo facendo ora-
-Mi è piaciuto-
-Anche a me-
-Ora dovresti riposare, è il mio turno a
stare di guardia-
-E' meglio che vada, io non ho ancora imparato a
dormire mentre cammino- però si fermo ancora una volta a
guardarlo -Grazie per la piacevole compagnia- e si diresse verso il
campo
-Grazie a te- mormorò quando fu
abbastanza lontano.
Attese, con gli occhi fissi nel vuoto, e quando tutto tornò
immobile e silenzioso, accostò la mano pallida al viso,
tracciando con le dita affusolate il contorno di un'altra mano
più grande che sembrava ardere ancora sulla sua pelle, scese
lungo il braccio, accarezzando la pelle arrossata dove lo aveva
pizzicato e strinse tra le dita i capezzoli ricreando quel dolce dolore
e inarcando la schiena per il piacere, morse forte il labbro per
soffocare i gemiti con una mano artigliata al terreno, mentre l'altra
scendeva piano sul ventre piatto e slacciava lentamente i pantaloni,
per darsi il sollievo che aveva a lungo desiderato, un corpo forte e
caldo era stretto tra le sue cosce, il cuore che batteva contro il suo
mentre si allungava per trattenergli i polsi, i visi a pochi
centimetri, il suo sguardo così intenso, le sue labbra
socchiuse invitanti, passò la lingua lentamente sulle
proprie immaginando il loro sapore, il suo odore che gli ottenebrava i
sensi e il suo respiro affannato che gli accarezzava la spalla,
inarcandosi e tremando, ansimando fra i gemiti soffocati e i battiti
impazziti del cuore, accasciandosi stremato e svuotato contro quel
tronco che avevano condiviso, con la pelle lucida e i capelli che gli
incorniciavano il volto arrossato, gli occhi languidi socchiusi e le
labbra dischiuse, con le foglie sopra di lui che sembravano frusciare
eccitate, mute testimoni del suo piacere.
“Sarà sempre
così?” si chiese “Solo io, queste stelle
maliziose e un fantasma?” “Sì”
si rispose “Valar ero così vicino! Cosa stavo
facendo? Stavo per baciarlo? Forse prima avrei potuto pensare di
sedurlo, ora non più, merita di meglio dalla vita, merita
qualcuno che sia capace di amare... E la mia lussuria si
quieterà di ricordi e sogni e il fruscio delle foglie
curiose nasconderà i miei sospiri”
inspiegabilmente sorrise, dolci ricordi erano molto più di
quello che si era aspettato dalla vita fino a pochi giorni prima.
Poco lontano, nascosto dalla notte e dalle tiepide coltri, un altro
labbro veniva stretto per imporsi il silenzio, vedeva i suoi occhi che
gli bloccavano il respiro, e le sue labbra dischiuse morbide e
accoglienti e sempre più vicine, la lingua si mosse lenta a
cercare quelle labbra a esplorare quella bocca, un braccio si allungava
sopra la testa immaginando lunghe dita affusolate che gli stringevano
il polso, l'altra mano sfiorava l'orecchio risentendolo vibrare per una
voce roca che mormorava parole che non ricordava, accarezzava la
guancia sentendo ancora il calore dell'altra così vicina,
scendeva sul collo e più giù lenta, la pelle
liscia che premeva sulla sua bollente, quel dolce peso, che peso non
era, che lo schiacciava a terra, sentiva sotto la sua mano la curva
elegante di quella schiena delicata tendersi mentre si sollevava per
guardarlo con occhi luminosi, e i suoi glutei sodi e perfetti
schiacciarsi contro il suo inguine in quel movimento,
continuò ad accarezzarsi con vigore non potendo resistere al
fuoco che lo bruciava, sussultando al ritmo furioso di un cuore che
sembrava voler sfondare il petto, finché non
sentì il seme caldo schizzare l'addome e il suo fuoco
assopirsi esausto e appagato.
“Sarà sempre
così?” si chiese “Solo nel silenzio a
immaginare quello che vorrei invece toccare?”
“No” si rispose “Lui sarà mio,
so di non essergli indifferente, riuscirò a conquistare il
suo cuore... Valar ero così vicino! Cosa stavo facendo?
Stavo per baciarlo? Non ora, non in questi tempi incerti, ha
già sofferto troppo e non voglio procurargli altro dolore,
non voglio legarlo a me per fargli piangere un altro cadavere.
Riporterò la giustizia in questo mondo, perché
possa desiderare di viverci, riprenderò il mio trono e
costruirò un nuovo regno di Luce sulle ceneri del vecchio,
un regno dove possa dimenticare il passato ed essere felice, questo
sarà il dono con cui gli consegnerò il mio cuore.
Allora, e solo allora andrò da lui, non un umile
avventuriero senza nulla da offrire... No, lui merita di meglio... Ma
quando verrà il momento si accorgerà di non
essere l'unico a conoscere l'arte della seduzione” un lampo
astuto gli attraversò gli occhi “Sì,
meravigliosa creatura” sogghignò soddisfatto prima
di addormentarsi “Forse ancora non lo sai, ma tu sei
mia”
Quello dell'amore è un gioco strano, a volte ci sono
cacciatori, a volte prede, a volte i cacciatori diventano prede e le
prede cacciatori e altre volte i ruoli sono così confusi che
non si capisce più chi sia cosa, tanto che la preda
correrebbe a infilzarsi da sola sulla freccia se solo il cacciatore si
degnasse di mostrare
l'arco.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
*CAPITOLO 16*
-Bene- sbottò il nano finita la colazione -A quanto pare
è giunto il mio turno di spiegare le parole dello Spirito...
State tranquilli, non c'è dietro nessuna storia triste,
nessuna battaglia epica e neppure troni usurpati... in
realtà potrei dire che è stata una pinta di
troppo a mettermi nei guai, ma vi assicuro che ne è valsa la
pena. La migliore birra che abbia mai bevuto! Non che le cose che ho
detto non le avrei ripetute da sobrio... l'alcol le ha rese solo
più colorite-
Ridacchiò tra i baffi, lisciandosi la lunga barba
-Vediamo un po' da dove cominciare?... intanto, cosa sapete
dei nani? Non molto suppongo, siamo abbastanza riservati nelle nostre
tradizioni... Quindi per cominciare dovrò spiegare alcuni
punti fondamentali del nostro governo.
Per prima cosa, viaggiando nelle terre degli uomini ho sentito
spesso parlare del Re dei Nani, sia chiaro i Nani non hanno nessun Re,
anche se di questi tempi sembrano dimenticarlo anche loro... sto
correndo troppo avanti, questa è la fine della storia-
borbottò grattandosi la testa arruffata
-Cosa stavo dicendo? Ah sì, non c'è
nessun Re dei Nani e neppure un Regno dei Nani se è per
questo, in realtà ci sarebbero sette Clan, se proprio non
riuscite a trattenervi chiamateli Regni, ma restano sempre e comunque
sette, come sette erano i Capostipite, il fatto è che la
Gente di Durin è diventata così ricca e numerosa
da influenzare le decisioni di tutti gli altri e alla fine sembra che
sia il suo Capoclan a prendere le decisioni per tutti i Nani.
Dei sette clan quattro sono sempre stati di poca importanza, e
seguivano di volta in volta i più potenti, degli altri tre
conoscete sicuramente i Sigin-tarâg*, che voi chiamate i
Lungobarbi, che discendono appunto da Durin e hanno dimora nelle
Montagne Nebbiose a Khazad-dûm o se preferite Moria, poi ci
sono i Vastifasci, la stirpe di Dwalin che dimorano a Belegost nei
Monti Azzurri ma probabilmente non ne avete mai sentito parlare, sono
un popolo schivo, tranquillo, che poco si interressa alle faccende del
mondo... Mi seguite? Guardate che è importante!
Allora dicevo i tre Clan più potenti...
l'ultimo, che fino a un paio di generazioni fa rivaleggiava con i
Sigin-tarâg è quello dei Baraz-tarâg*, i
Barbafiamma di Nogrod nei Monti Azzurri sono i discendenti
Thràr, gente cocciuta e orgogliosa, che mal sopportava le
ingerenze del Signore Oscuro, non ha caso sono stati loro ad aiutare i
Lehtaristari nella costruzione di Ýridhindhren, se solo
fossi nato qualche secolo prima sarei di certo stato tra quelli che
sono partiti per aiutare gli Stregoni Liberi, sì,
perché in parte discendo da quella stirpe, la parte di
madre... una gran nana, non certo di dimensioni ma capite cosa intendo,
aveva carattere, cocciuta più di un mulo, mi sono spesso
chiesto chi portasse la barba in casa, certe grida peggio di
un mûmak in calore...-
-Gimli? Possiamo sperare che il carattere di tua madre abbia
un senso nella storia?-
-Bhe, in effetti non ne ha molto, ma era davvero un gran nana
avreste dovuto conoscerla! Comunque vi dicevo dei Barbafiamma,
casualmente, e se capite cosa intendo con casualmente sapete che di
casuale non c'è una pulce sulla coda di un drago! Dicevo, la
sorte cominciò ad accanirsi contro quel Clan, i tunnel
crollavano, i sentieri dei mercanti franavano, Troll e Mannari decisero
che quei monti erano un perfetto territorio di caccia, le loro capre si
ammalavano, nel giro di una generazione la popolazione venne decimata,
tutti ne conoscevano la causa, ma a quel punto dirlo ad alta voce
avrebbe portato solo altre sciagure, anche perché tutti gli
altri Clan ormai facevano da leccapiedi ai Lungobarbi, come si scordano
in fretta le amicizie, che a loro volta seguivano l'Oscuro come
cagnolini, alla fine quelli che erano restati dovettero però
mangiarsi l'orgoglio, anche perché non gli restava altro da
mangiare che quello, e chiedere asilo ai disprezzati parenti.
Allora? Vi è chiaro? In teoria i Clan sono sette ma
in pratica quello che comanda su tutti i nani è solo il
Signore di Moria-
-E la cosa non ti piace...-
-Puoi dirlo forte Tàr, proprio non lo digerisco, e
lo sai bene che io digerisco di tutto! Che poi sarebbe anche
sopportabile se quel nano avesse un minimo di spirito, ma è
la creatura più inutile che conosca!-
-Non l'avrai mica detto ad alta voce?-
-Hehe, ragazza mia, ho detto ben di peggio!-
ribatté orgoglioso -Lasciate che vi spieghi, un tempo chi
guidava il Clan veniva eletto da tutti in base al suo valore ed era un
ottima cosa, infatti i Capiclan venivano chiamati Campioni, e non era
una carica a vita, in qualunque momento potevano essere sfidati se non
erano ritenuti all'altezza del compito e il vincitore diventava il
nuovo Campione, questo li spronava a dare sempre il meglio, ma quel
diavolo di Durin ha generato una discendenza di incomparabili Campioni,
tanto che quelle teste vuote si sono convinte che basti avere il suo
sangue per guidare il popolo, e nessuno lo contesta, da generazioni
ormai quella carica è diventata ereditaria, e questo
mollaccione indegno che siede ora sullo scranno più alto
pensa solo agli agi e alle ricchezze... Non ha neppure più
uno scranno di pietra come ogni buon nano deve avere! Una poltrona
imbottita di velluti si è fatto portare! Vi pare possibile?
Probabilmente non saprebbe riconoscere il manico di un'ascia dalla
lama!- la voce del nano andava aumentando assieme agli insulti mentre
gli amici lo osservavano preoccupati e divertiti immaginando il loro
amico costretto a obbedire a quel Signore ben poco nanico
-Ma non è questo che mi ha fatto infuriare, il
damerino ha deciso che i nani devono adeguarsi agli usi degli uomini!
“Dobbiamo civilizzarci” dice lui! Come se non lo
fossimo! Non ho niente in contrario a prendere quello che di buono ha
la cultura della gente alta, sia ben chiaro, mi piacerebbe apprendere
la vostra arte di forgiare l'acciaio rosso e alcuni liquori starebbero
benissimo sulla mia tavola, se poi incontrassi un elfo che potesse
spiegarmi i segreti del ferro nero...uuuh sarei il nano più
felice del mondo, avete visto lo stiletto di Gwath? Non guardarmi in
quel modo- l'espressione scettica dell'assassino venne immediatamente
stroncata dal tono del nano -Sai benissimo di cosa parlo! Di quell'arma
favolosa che tieni nascosta nello stivale! Dovrebbe essere un crimine
tenere nascosta una meraviglia come quella! Gli uomini che ti avevano
catturato dovevano essere ciechi o dei completi imbecilli per non
essersela tenuta, vale una fortuna! Sei fortunato che l'abbiamo
recuperata... a dire il vero io stesso sono stato tentato di requisirla
prima di ricordarmi che ne avevi altre di lame e non saresti stato
felice di scoprirlo... Un giorno dovrai raccontarmi come lo hai avuta!
Non se ne vedono più molti in giro sai? Semplicemente
meraviglioso! Così leggero eppure resistente, non esiste
niente di più affilato del ferro nero, che poi non
è mica ferro sapete? E' una pietra, ossidiana per
l'esattezza, ho provato un infinità di volte a ricreare
quella lavorazione, ma le lame restano sempre troppo fragili... proprio
non capisco dove sbaglio... … …-
-Gimli? Vorresti per cortesia tornare tra noi e finire il
racconto- rimbrottò il vecchio Stregone all'altro che
continuava a forgiare estasiato una lama immaginaria
-Scusate, appunto, sarei più che felice di uno
scambio culturale, ma non voglio e ribadisco non voglio nessuno
spilungone anemico che mi serva la cena o che mi lucidi l'armatura! Me
la lucido da solo l'armatura! Ogni nano anche solo lontanamente degno
di questo nome dovrebbe farlo!-
-Stai dicendo che Náin vorrebbe che anche i Nani
prendessero gli elfi come servitori?- spalancò gli occhi
l'uomo
-Non me ne era giunta notizia, questo è molto
grave, fino ad ora i nani sono sempre stati superiori a certe cose- si
rabbuiò l'Istari
-Gimli, dovevi fare qualcosa!- scattò la ragazza
Il solo a rimanere in silenzio fu l'unico spilungone anemico
presente, conosceva bene la storia dei nani dai racconti della madre,
ma quanto erano cambiate le cose in duemila anni, lei avrebbe reagito
esattamente come l'amico, ne sarebbe stata disgustata, anche lei era
una Barbafiamma ed era molto orgogliosa di esserlo.
-E cosa credi che abbia fatto? Ho parlato all'assemblea, ma
quei pagliacci sono lì solo per compiacere il regale
Carciofo allevato con latte di coniglio, allora ho lanciato la sfida
del Campione, possono non usare più le vecchie tradizioni ma
sono ancora in vigore-
-E???- il coro fu unanime
-E niente, l'hanno rifiutata-
-Ma come? Hai detto che le antiche leggi sono ancora in
vigore?-
-Si sono attaccati al fatto che mia madre non apparteneva al
Clan, quindi non essendo completamente uno di loro non avevo diritto di
ergermi a Campione dei Sigin-tarâg... Dannate Teste di Creta!-
-Per questo te ne sei andato?-
-Non me ne sono andato, sono stato cacciato come persona non
gradita... e non è stato per quello, mi sono comportato bene
all'assemblea, era mio diritto chiedere la sfida e loro diritto
rifiutarla... è stato dopo il rifiuto che le cose mi sono un
po' sfuggite di mano... insomma ero parecchio arrabbiato e per farmela
passare sono andato a scolarmi un paio di birre... un po'
più di un paio e mi sono trovato a gridare a tutti quello
che pensavo dell'idiota patetico che chiamavano Signore-
-L'hai chiamato “idiota patetico” davanti
a tutti?-
-No, l'ho chiamato “sottospecie di capra obesa che
non riconosce una pietra da una carota”, “ridicolo
giullare impagliato alla corte di Morgoth” e credo di aver
accennato al fatto che avesse il cervello più vuoto della
tazza del cesso di un elfo...- rivolgendosi imbarazzato al biondo
-Scusami amico, non ti offendere è che noi nani abbiamo
l'assurda convinzione che gli elfi non mangino... prima di conoscerti
non avevo mai visto un elfo mangiare, e poi siete così
magri!-
Di sicuro l'elfo non si era offeso, anzi si stava divertendo
un mondo, anche se dopo l'ultima affermazione era un po' preoccupato
per quelli che sperava non fossero stati mandati a Moria, quanto ci
avrebbero impiegato i nani a capire che ogni tanto dovevano dargli da
mangiare? Comunque si sentì il dovere di rispondere
-Nessun offesa anzi trovo che non avresti potuto usare parole
migliori per descrivere quella specie di insulto ai Nani. E come avrai
notato gli elfi mangiano, e anche regolarmente se ne hanno la
possibilità, cosa che purtroppo non sempre capita, se ci
pensi è logico che un ospite in casa di umani non veda mai
un elfo mangiare... nutri forse i tuoi animali mentre intrattieni gli
invitati?-
-Non...- cominciò l'uomo
-Non giustificarti per gli errori di altri- lo
fermò l'immortale -Non siamo forse qui per porre fine a
queste ingiustizie e poi non ho mai avuto soddisfazione più
grande di quella provata nell'ascoltare le parole di questo colorito
amico, mia madre era una Barbafiamma e posso assicurarti che sarebbe
stata fiera di ascoltarti. Mi spiace solo che tu sia stato cacciato
dalla tua gente-
-A me non dispiace affatto, potevo scegliere, o ritrattavo e
chiedevo perdono oppure l'esilio... Ho scelto l'esilio, forse l'alcol
aveva reso le parole più colorite ma pensavo fino all'ultima
sillaba di quello che ho detto. Questo è un nano che
Náin non vedrà mai inchinarsi a lui!-
-Ben detto amico!- esclamò Tàr
assestandogli un sonora pacca sulla spalla -E ora dimmi, in quella
fiaschetta che tieni nello zaino c'è ancora abbastanza
Spirito dei Nani, per un brindisi in onore delle parole più
vere che l'alcol abbia mai ispirato?-
-Se non in quella ce ne sarà di sicuro nella
sorella che gli sta accanto, oppure nella cugina che e scivolata verso
il fondo...-
-Ma quante ne porti?!-
-Ragazza mia, non si è mai troppo previdenti! Non
sai mai quando potrebbe capitare l'occasione per un brindisi!-
-Prima di cominciare i festeggiamenti, hai quali poi mi
unirò volentieri, potrei avere l'ardire di chiedere cosa
sarebbe questo elmo dei ricordi a cui ha fatto riferimento Dama
Galadriel-
-Ah si! L'elmo! Non ve ne ho parlato?-
-No, non l'hai fatto-
-Ne sei sicuro Mithrandir? Mi sembrava di averlo fato-
Il vecchio non si degnò neppure di rispondergli
limitandosi a fulminarlo con gli occhi, anche se l'idea di fulminarlo
con il bastone non gli era mai sembrata così allettante
-Se lo dici tu, mi sarà sfuggito, anche se davvero
ero convinto di averlo fatto-
-...-
-Sì, sì... ho capito! Niente di
misterioso, qualunque Nano potrebbe dirvi che stava parlando dell'Elmo
Perduto di Durin, si chiama così perché la
leggenda dice che conservi il ricordo dell'ultima cosa che chi lo
portava ha visto prima di toglierlo, ma è solo una favola
per i bambini-
-Quindi? Se non ha nessun potere cosa avrebbe di
così speciale questo elmo?-
-Semplice, chi lo indossa può richiedere la Sfida e
ergersi Campione di qualunque Clan desideri-
-Perfetto!- grido entusiasta la ragazza -Questo risolve tutti
i nostri problemi! Ci basta prendere l'Elmo e quello sciocco arrogante
non avrà più scuse, Gimli stai per diventare il
nuovo Re dei Nani!-
-Non esiste il Re dei Nani!-
-Bhe.. sì.. quello che è... la parte
importante è cacciare quel... come lo avevi chiamato? Ah
sì... Carciofo-
-Non credi che se fosse stato facile, già altri ci
avrebbero provato?-
-Ma gli altri non avevano il miglior Ladro e Assassino che sia
mai esistito come amico! Ovunque lo tengano custodito Gwath
potrà di certo prenderlo!-
Sembrava una bambina davanti alla torta preferita, quando era
così eccitata non si poteva non notare la giovane
età, ed era invece facile dimenticare la freddezza e
l'abilità con cui l'aveva vista lottare, stavano sorridendo
tutti e l'assassino più degli altri, quella dimostrazione di
fiducia incondizionata da quella che più di tutti gli era
stata ostile e quella parola detta senza riflettere, come se fosse la
cosa più naturale del mondo... Amico, era una bella parola,
non lo avrebbe mai creduto eppure era davvero una bella parola.
-Non dubito che lui sarebbe in grado di prenderlo, ovunque sia
custodito, il punto è... dov'è custodito? Quando
si parla dell'Elmo Perduto di Durin è perché
è perduto! Nessuno lo ha più visto indossarlo
dopo la Grande Battaglia-
-Questo avrebbe senso...- sembrò riflettere ad alta
voce l'Istari
-Cosa avrebbe senso?-
-Sei sicuro Gimli che i suoi poteri siano solo invenzioni?
Perché pensateci, se fosse vero quale ricordo sarebbe
più meritevole di essere conservato se non la fuga dei
Valar? Il ricordo dell'ultima volta in cui la loro Luce ha illuminato
queste terre?-
- “nell'elmo
dei ricordi è nascosta la ragione”
Per la lingua biforcuta di un Drago! La Dama lo sapeva! Se potessimo
trovare quell'Elmo potremmo mostrare a tutti i Nani la
verità! Potremo mostrarla a tutti! Ma non abbiamo idea di
dove si trovi...-
-Forse, ma è solo un'ipotesi, potrei avere un'idea
su dove possa essere-
Quelle parole in bocca all'elfo erano le ultime che si
sarebbero aspettati di sentire, Mithrandir? Forse, lui che aveva
passato più tempo di chiunque altro a cercare la conoscenza.
Gimli? Probabile, era sempre vissuto tra i nani e conosceva bene le
loro leggende. Tàralelyol? Possibile, aveva esplorato
più rovine di tutti quelli che avessero mai fatto il suo
mestiere... Ma Esgalwath? Cosa poteva sapere lui del perduto Elmo di
Durin?
-Quando ero bambino- continuò l'immortale -Mia
madre mi raccontava tante storie per farmi addormentare, mi raccontava
le storie che più conosceva, quelle sul suo popolo, le loro
leggende le loro tradizioni, vi avevo già accennato che lei
era una Barbafiamma, veniva da Nogrod, che a suo parere era la
più splendida dimora nanica che sia mai stata scavata, lo
diceva spesso, come diceva che persino Durin, il grande Eroe, dopo
l'Ultima Battaglia, era voluto passare a visitare i suoi saloni
scolpiti e illuminati dallo scintillio delle pietre preziose, prima di
tornare a Khazad-dûm, mi raccontava che era sceso in
profondità, per vedere dove il Mithril era più
splendente, restò nel sottosuolo per ben cinque giorni...
Forse non essendo un nano non riesco a capire la vostra passione per le
cose che luccicano, ma cinque giorni a guardare una vena della roccia
mi erano sempre sembrati un'esagerazione, anche se mi sono sempre
guardato dal farglielo notare, era molto orgogliosa di quella presunta
visita, continuava a ripetere che uno dei suoi avi lo aveva visto di
persona e gli aveva persino rivolto la parola- sorrise a quel futile
ricordo -Da quello che mi dite i tempi dovrebbero corrispondere, quindi
ho pensato che forse in quella storia c'è un fondo di
verità-
-Sì! Certamente! Come ho fatto a non pensarci!-
esclamò lo stregone -Si dice che proprio sotto gli Ered Luin
si trovi nascosta la Stanza del Risveglio... Pensate, quale luogo
più sicuro per nascondere il suo tesoro che quella grotta
che aveva vegliato il suo sonno per millenni-
-Grande Pietra! Sia ringraziata la roccia che ti ha portato da
noi! E quella nana meravigliosa che ti ha salvato!- il nano gli
saltò addosso abbracciandolo commosso -Lo sai che potresti
aver svelato uno dei misteri più grandi del mio popolo!-
-Gyra- mormorò imbarazzato l'elfo -Si chiamava Gyra-
-Ti do la mia parola che quel nome verrà scolpito
nella pietra, quando tutto questo sarà finito, le sale di
Nogrod ritorneranno al loro splendore, e ogni visitatore
leggerà il nome di Gyra entrando dai grandi portoni e al suo
fianco quello di Esgalwath, Amico dei Nani-
-No- scosse la testa -Non quel nome, non voglio più
nascondermi nell'ombra, credo sia arrivato il momento di avere un nuovo
nome- poi continuò alleggerendo il tono -Tàr ne
ha già tre ed è molto più giovane di
me e scommetto che Mithrandir ne ha almeno una decina-
-Vinceresti la scommessa giovane elfo e ti dirò fin
d'ora che se Tàr riconquisterà il suo trono
avrà anche un quarto nome, è in uso che i Re di
Númenor vengano incoronati col nome scelto dal Consiglio dei
Primi*-
-Quindi, mio pallido amico Senza Nome, cosa dovrò
incidere sopra i portoni di Nogrod?-
-Non ne ho la più pallida idea, un nome non
è qualcosa che si cerca, almeno credo, ma qualcosa che si
trova, per ora sono ancora un'Ombra, ma immagino che ti
servirà ancora un po' di tempo per riportare all'antico
splendore quel regno dimenticato, spero che per allora potrò
essere qualcosa di diverso-
-Cerca di non metterci troppo, ho intenzione di cercare l'Elmo
appena trovati i Valar! La Dama ha detto che servirà l'aiuto
di tutti per poter vincere e, Per Morgoth! I Nani non resteranno
indietro! Ora, se Mithrandir non ha altre domande, potremo fare quel
brindisi?-
-Mithrandir è più che soddisfatto e
credo che ora sia veramente il momento di brindare! Da tempo non
sentivo notizie così di buon auspicio-
Come aveva affermato lo zaino del nano conteneva abbastanza
Spirito per tutti i bicchieri che si sollevarono al primo brindisi
-Allora... Alle parole ispirate dall'alcol!-
esclamò prima di prendere una lunga sorsata direttamente
dalla fiaschetta passandola a Mithrandir
-All'Elmo dei Ricordi!- bevve a sua volta cedendola a
Tàr
-Ai nuovi nomi!- un lungo sorso prima di porgerla a Gwath
-A Gyra e alle sue bellissime storie!- tracannò un
sorso lunghissimo con una naturalezza da fare invidia a Gimli
-A un Nuovo Mondo!- la voce della ragazza era già
un po' incerta dopo il quarto brindisi e completò quella
frase seria scoppiando a ridere e rovesciandosi indietro sull'erba
L'elfo la guardò, spostando poi lo sguardo sui visi
arrossati dell'uomo e del mago che ridevano senza ritegno assieme alla
donna, per poi rivolgersi al rosso
-Che dici? Abbiamo esagerato coi festeggiamenti?-
-A quanti pare il Cordiale dei Nani è un po' troppo
forte per loro... Credo che oggi faremo poca strada. Tu che mi dici? Te
la senti di tenere il mio passo?-
-Se tu riesci a tenere il mio-
-Cos'è una sfida? Guarda che non ho mai perso in
una gara di bevute, spilungone presuntuoso! Aspetta e vedrai!-
-Se hai intenzione di svuotare il tuo zaino, non
sarò certo io a impedirlo, forse il suo peso cominciava a
stancarti?-
-Ma sentitelo il damerino! Allora vediamo di cosa siete capace
Mastro Elfo!- Lanciandogli una nuova fiaschetta piena che il biondo
afferrò al volo
-Alla vostra, Messer Nano- la sollevò verso l'altro
per poi portarla alle labbra e svuotarla con un lunghissima e unica
boccata lasciando allibito il nano.
NOTE:
*Sigin-tarâg: (Sigin Lungo+
tarâg barba)
Lungobarbi. Nome e Traduzione da Tolkien
* Baraz-tarâg: (Baraz rosso+tarâg
barba)
Barbafiamma. Nome in italiano da Tolkien, Traduzione
approssimativa mia, il Khuzdul, ossia il nanico non è stato
molto sviluppato dal professore, ci sono pochissimi vocaboli.
*Consiglio dei Primi: Consiglio di Númenor composto
da una rappresentanza dei nobili più potenti
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
*CAPITOLO 17*
L'uomo si sollevò su un gomito gemendo, la luce
accecante gli
feriva gli occhi e un rumore assordante gli rimbombava nel cervello.
Cercò di mettere a fuoco la zona circostante,
quella luce
accecante era solo quella tenue del sole che tramontava dietro gli
alberi “Tramonta? Quanto diavolo ho dormito? Auch! La mia
povera
testa!” Rhawel era ancora distesa a terra e dormiva
profondamente,
così come Mithrandir, si girò verso la fonte di
quel rumore
infernale e trovò Gimli, scompostamente accasciato a terra
che
russava sonoramente, stringendo ancora in mano una fiaschetta mentre
altre vuote lo circondavano, una l'avevano vuotata assieme da dove
venivano le altre due? Finalmente riuscì a mettere a fuoco
l'unica
persona ancora sveglia della radura, stava giocando svogliatamente
con l'ennesima borraccia, dal suono ancora parzialmente piena,
lanciandola in aria e riprendendola dopo complicate evoluzioni, senza
neppure guardarla, infatti lo stava osservando con aria beffarda
-Vuoi l'ultimo goccio?- disse trattenendo a stento le risate
-Vai a farti...- ma non poté terminare la frase dal
momento che
fu assalito da conati di vomito solo per l'odore della bevanda
-Voi umani proprio non lo reggete l'alcol- poi porgendogli una
tazza fumante -Mi sono permesso di attingere alla tua riserva di
erbe. Bevila ti farà sentire meglio-
Infatti l'infuso ebbe effetto immediato, calmando il dolore
alla
testa e permettendogli di ritrovare un minimo di lucidità
-Non sapevo avessi anche doti di speziale-
-Non sarò bravo come te, ma so prendermi cura di me-
-Dovevo immaginarlo- poi indicando il nano -E' opera tua?-
-Ha insistito- rispose sollevando le spalle -Lo avevo
avvertito,
ma non mi ha creduto-
-Non avevo mai visto nessuno stendere Gimli-
-Addestramento speciale della Casa...- rispose ironico -Fai
bere i
clienti ma guardati bene dall'ubriacarti, e considerato che i clienti
non mancavano e i metodi d'insegnamento erano piuttosto efficaci ho
imparato presto a reggere anche i liquori più forti-
-Ti facevano bere?-
-Qualcuno lo trovava divertente, pensavano che vedermi ubriaco
fosse l'ennesimo modo per umiliarmi- affermò con l'ennesima
alzata
di spalle -Così fingevo, loro erano contenti, il
proprietario anche
e io ero pronto per il lavoro successivo, la cosa peggiore erano i
dolori, bere troppo a stomaco vuoto non è piacevole-
ironizzò
Gli faceva male sentirlo parlare con tanta indifferenza di
quello
che aveva dovuto subire, non riusciva a capire come facesse a
sopportarlo, solo ad ascoltarlo sentiva la rabbia montargli dentro e
avrebbe volentieri fatto cadere qualche testa, invece l'altro parlava
di quegli anni con una freddezza che lo faceva rabbrividire, senza il
minimo accenno di sentimento, anche la vendetta che aveva consumato
era stata fredda e calcolata, aveva capito che quel muro di ghiaccio
era il luogo dietro al quale si rifugiava per non soffrire, ma ancora
faticava a comprendere come ci riuscisse.
-So a cosa pensi, ma non era così male sai, in
fondo molto di
quello che so fare l'ho imparato in quel luogo, quello che facevo era
una forma di pagamento per quello che imparavo, e comunque ho avuto
la mia vendetta-
Probabilmente dovevano essere i postumi della sbornia,
perché in
quel momento sentiva il bisogno fisico di alzarsi e abbracciarlo,
voleva farlo suo, voleva che non pensasse a nessun altro uomo che non
fosse lui, non riusciva a pensare ad altri che lo toccavano, voleva
cancellare definitivamente quel ricordo dalla mente dell'elfo e
soprattutto voleva cancellarlo dalla sua.
Era geloso, maledettamente e assurdamente geloso, lo
immaginava
godere tra le braccia di quei vermi, lo immaginava provare piacere
per quello che stava facendo, e non lo sopportava, la parte lucida
del suo cervello gli gridava che quei pensieri erano illogici, che
non aveva avuto scelta, che non c'era nessun piacere in quello che
subiva, ma la logica e la gelosia non sono di certo compagne
inseparabili, avrebbe preteso il sangue di ogni uomo che lo aveva
toccato, se l'altro non lo avesse già fatto, e avrebbe preso
il suo
corpo, lo avrebbe preso fino a sentirlo piangere e implorare,
implorare lui e solo lui, nessun altro doveva esistere, voleva
sentirlo gridare il suo nome...
Se solo si fosse degnato di provare qualcosa mentre gli
parlava
degli altri, dolore, rabbia, qualunque cosa che gli facesse capire
quanto disprezzasse quella gente, ma non c'era assolutamente niente
in quegli occhi maledetti...
Voleva abbracciarlo, abbracciarlo e colpirlo allo stesso
tempo,
consolarlo e ferirlo, voleva che dimenticasse quelle persone che lo
avevano avuto e voleva essere una di quelle persone, voleva sentirlo
gridare di perdonarlo per aver permesso ad altri di toccarlo e
soprattutto lo voleva...
Voleva sentire il calore del suo corpo, il sapore della sua
pelle,
voleva provare quello che aveva immaginato e che aveva portato tanti
mortali alla rovina voleva sentire quelle labbra che lo accoglievano
e lo portavano alla pazzia... quello lo avevano già fatto,
quelle
labbra, il semplice fatto che esistessero lo portava alla pazzia...
L'elfo lo stava osservando, e aveva paura, per la prima volta
in
migliaia di anni aveva paura, aveva accettato tutto quello che gli
era successo dopo essere stato marchiato con fatalismo, come se non
fosse realmente lui a vivere la sua vita.
La vita gli scivolava addosso mentre lui pianificava la sua
vendetta e assorbiva ogni cosa gli avrebbe permesso di attuarla, non
sentiva il dolore, non sentiva la paura, non sentiva nulla... ma ora
quello sguardo... lo conosceva bene, lo ricordava bene, e non sapeva
come comportarsi... non voleva fargli del male, neppure per
difendersi, ma non poteva neppure lasciargli fare quello che lui
voleva, non ora, non dopo che avevano intaccato il suo confortevole
muro, e soprattutto non lui, non il coraggioso principe che aveva
sconfitto il mago malvagio per salvarlo... e soprattutto
“Perché?
Cosa ho detto per accendere quella luce suoi occhi? Perché
lui?”
Respirò piano, tentando di allontanare la mente come tante,
troppe,
volte aveva fatto, cercando di rinforzare quel muro che lo aveva
sempre protetto, ma non ci riusciva, nel momento in cui ne aveva un
disperato bisogno il suo rifugio lo aveva abbandonato...
“Perché?”
Si era fidato di lui, si era lasciato andare come mai aveva fatto
prima ed era riuscito a portare la follia in quegli occhi limpidi, lo
sapeva che sarebbe accaduto, lui era una droga, lui uccideva tutto
ciò che di buono toccava...
Trattenendo lacrime amare lo osservò avvicinarsi,
restando
immobile, pronto a piangere, implorare, gridare chiedendo perdono per
qualunque cosa lui lo accusasse di aver fatto, pronto a concedergli
qualunque cosa lui avesse desiderato, perché lui sapeva come
fare,
sapeva sempre quello che desideravano da lui, era questo che gli
avevano insegnato, dare agli altri quello che volevano, ma questa
volta avrebbe fatto male, e le lacrime sarebbero state vere...
Lo stava toccando, stringeva forte quell'esile braccio come
volesse spezzarlo, l'altro non si muoveva, poteva sentirlo tremare e
non se ne rendeva neppure conto, ma quella resa incondizionata gli
diede quell'attimo di lucidità che bastava a fargli
incontrare i
suoi occhi spaventati, non lo aveva mai visto spaventato, vide le
lacrime soffocate e quella domanda muta
“Perché?” furono peggio
di una secchiata di acqua gelata “Morgoth Maledetto! Cosa sto
facendo!” ritrasse la mano di scatto sconcertato mentre
l'altro si
ritraeva confuso, deglutendo a fatica.
“Perché?” era la sola parola
che la sua mente potesse
formulare, la sola cosa che l'uomo potesse leggere in quegli occhi
lucidi “Perché?”
-Io... non... perdonami- era veramente sconvolto, ora era lui
a
tremare violentemente, era stato a un passo dal violentarlo, proprio
lui che non voleva confessargli i suoi sentimenti per proteggerlo lo
stava per ferire nel modo peggiore possibile, e per cosa poi?
Stentava persino a ricordarlo.
Tenendo gli occhi bassi per paura di incontrare nuovamente
quello
sguardo impaurito, si allontanò verso l'oscurità
rassicurante del
bosco lasciando l'altro ancora immobile dietro di se.
-Dannazione! Ora ricordo perché normalmente evito
il Cordiale dei
Nani- Mithrandir si era svegliato dolorante e si era diretto senza
neppure pensarci a servirsi di un tazza dell'infuso ancora sul fuoco
-Meglio, molto meglio. Ci siamo andati pesanti, ma vedo che
qualcuno ha continuato la festa dopo che l'ho lasciata- osservando il
nano russante e le bottiglie vuote -Tàr dov'è?-
Se aveva notato l'immortale immobile e sconvolto non lo aveva
dato
a vedere, ma era assai probabile che nel suo stato non si fosse
accorto di niente.
-E' andato a sgranchirsi le gambe, non era in condizioni
migliori
delle vostre- gli riusciva facile fingere, e non voleva che nessuno
sapesse cosa era successo, almeno non finché lui stesso non
lo
avesse capito.
Aveva intuito di non essere fisicamente indifferente all'uomo,
sapeva per esperienza di non essere indifferente a nessuno, uomo o
donna se lo voleva, un dono lo definiva il suo padrone, ma
Tàr si
era sempre comportato in maniera impeccabile con lui, anche quando
aveva alluso al fatto che avrebbe potuto essere disponibile per
“una
conoscenza approfondita” lui non era mai stato interessato a
un
rapporto solo fisico, allora cosa lo aveva fatto scattare in quel
modo? L'alcol? Poteva essere una ragione, ma questo implicava che i
desideri dell'uomo fossero diversi da quello che mostrava, l'alcol
non crea nulla, ha solo il potere di togliere i freni e esasperare
ogni sensazione... E l'alcol non spiegava quella luce malata negli
occhi dell'altro, una luce folle, conosceva quello sguardo, l'uomo
voleva fargli male, voleva vederlo soffrire e non ne capiva il
motivo.
Cos'era successo mentre tutti erano ubriachi tra il loro capo
e
l'elfo? Perché era chiaro che qualcosa era successo,
Tàr aveva lo
sguardo di un condannato a morte sul patibolo, e l'elfo, quasi non
potevano vederlo il suo sguardo tanto lo teneva basso, Rhawel aveva
visto a colazione quando per un attimo le loro mani si erano sfiorate
Gwath ritirarsi di scatto, e il dolore nello sguardo del suo
più
caro amico.
Mithrandir aveva notato i movimenti rigidi dell'immortale,
quello
sguardo vuoto e duro quelle poche volte che potevano scorgerlo, ma
ferito e confuso quando credeva di non essere visto.
Gimli aveva visto il suo compagno avvicinarsi al biondo e
sollevare una mano per richiamare la sua attenzione, ma ancora prima
di avvicinarsi alla sua spalla aveva udito quella voce fredda che non
sentiva da tempo -Non mi toccare- e aveva guardato quella mano
ricadere pesante lungo il fianco mentre l'uomo osservava l'altro
affrettare il passo e allontanarsi.
Quando si fermarono per la cena dopo quella lunghissima
giornata,
videro i due allontanarsi verso le direzioni opposte del bosco.
Nessuno aveva sentito una parola tra loro in tutto il giorno,
eppure li avevano visti chiacchierare molte volte, ridere e persino
giocare...
-Vado a parlargli-
-Non questa volta Rhawel, dammi retta, devono sbrigarsela da
soli-
la fermò il vecchio
-Ma cosa sarà successo?-
-Quello che temevamo... temo-
-Pensi che Gwath abbia approfittato dei sentimenti di
Tàr?-
-Non so cosa pensare ragazza mia-
-Bhe io si!- borbottò il nano -Non ho idea di cosa
sia successo,
ma il capo ha la faccia di uno che l'ha combinata grossa, e
sarà
anche un caro amico ma qualsiasi cosa possa aver fatto per ridurre lo
spilungone in quello stato... Diamine! Fa bene a starci male!-
-Non sei d'aiuto Gimli-
-Ho detto solo quello che pensavo, e questa volta Rhawel da
retta
a Mithrandir, devono risolverla da soli-
-E se non ci riuscissero?- sospirò afflitta la
giovane
-Ci riusciranno- le sorrise -Mi ci gioco la barba!
Tàr è
testardo ma sa chiedere scusa, e quell'elfo è orgoglioso
ma... dimmi
la verità ragazzina, credi davvero che sia restato solo per
le tue
parole?-
-Ma lui ha detto...-
-Lui ha detto quella che crede sia la verità, ma
ora ti dico
qual'è la verità di questo nano! Quel biondino
sarebbe stato
insopportabile e arrogante e freddo e tutte quelle cose pessime che
era e sarebbe rimasto con noi in ogni caso, trovando scuse di volta
in volta più assurde per giustificare a se stesso il fatto
che
continuasse a seguirci. Perché qualcuno lo aveva colpito
molto prima
che lo facessi tu! E dai retta a me! Quel testone e molto
più
intelligente di quanto sembri e molto più buono di quanto
vorrebbe,
e qualsiasi cosa Tàr possa aver fatto, lui sa che non voleva
farla e
sono certo che in fondo lui lo abbia già perdonato-
-Amico mio, io non avrei saputo spiegarmi meglio!- rise il mago
-Quindi voi credete che Gwath...?-
-Ne siamo certi, ragazza mia, ne siamo certi-
Nell'oscurità del bosco due orecchie appuntite fin
troppo
sensibili non avevano potuto evitare di ascoltare le parole dette
attorno al falò, una risata amara gli sfuggì
dalle labbra, ancora
si stupiva di quanto facilmente riuscissero a leggergli dentro? Era
davvero così trasparente? Se era così, era una
fortuna che fosse
rimasto isolato per tanto tempo, elfo, uomo o nano non sarebbe
sopravvissuto in quel mondo ostile se tutti potevano capirlo solo
guardandolo, si consolava pensando che aveva ormai classificato
quelle persone come fuori dal comune, quindi era probabile che non
fosse sua la colpa di essere così accessibile.
Perché ogni parola che avevano detto era vera, e
lui lo sapeva,
non portava rancore all'uomo, ma a se stesso per non essere riuscito
a evitare quella situazione.
Tàr poteva essere scaltro e a volte anche cinico se
era
necessario, ma aveva un cuore puro, forse per certi versi troppo
ingenuo, avrebbe dovuto essere lui a tenere sotto controllo la
situazione, lui sapeva bene chi era e l'effetto che aveva sui
mortali, lo aveva imparato a sue spese molte volte, lui che
disprezzava e venerava il suo corpo che gli aveva aperto tante
porte...
Aveva sottovalutato il desiderio dell'altro e questo aveva
portato
all'inevitabile esplosione, se voleva mantenere i suoi propositi
doveva trovare il modo di allontanarlo e in fretta, si era avvicinato
troppo, era stato egoista, per il piacere che gli procurava la sua
presenza si era lasciato andare, ma non lo avrebbe permesso ancora.
Avrebbe dovuto andarsene, ma semplicemente non poteva, ormai
non
era solo una questione tra lui e l'umano, si era affezionato a quella
ragazza impicciona, a quel nano schietto e a quel vecchio misterioso
e per la prima volta nella vita credeva in qualcosa, credeva che quel
gruppo di pazzi sarebbe riuscito a cambiare il mondo... e diamine!
Voleva essere parte di quel cambiamento!
Quindi avrebbe risolto il problema in un altro modo, sapeva
già
come fare, solo non aveva il coraggio di farlo, avrebbe significato
chiudersi completamente ogni possibilità, ma lo avrebbe
fatto,
avrebbe messo in chiaro nel modo più duro che conosceva chi
era e
cosa doveva aspettarsi da lui, lo avrebbe ferito, lo sapeva e ne
soffriva, ma era necessario, prima che lui si facesse illusioni,
prima che i suoi sentimenti mettessero radici troppo profonde, lo
avrebbe disgustato al punto che qualunque cosa si fosse illuso di
provare sarebbe morta.
Perché non poteva dargli quello che voleva...
Perché non poteva
vedere ancora quello sguardo malato nei suoi occhi... Perché
si era
reso conto che poteva essere ferito da tutti, ma non da lui,
perché,
ancora, nonostante avesse preso una decisione quell'unica parola
continuava a urlargli nel cervello
“Perché?” Perché aveva
desiderato ferirlo?...
Se era questo che voleva glielo avrebbe permesso... ma alle
sue
condizioni.
Con un sospiro rassegnato si voltò aggirando
silenziosamente
l'accampamento costeggiando l'Anduin per seguire i passi dell'uomo e
porre fine a quella situazione.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
*CAPITOLO 18*
-Adesso è quell'albero a meritare la tua rabbia?-
L'aveva sentito ancora prima di vederlo, i colpi
sordi dei pugni che colpivano la dura quercia.
Le braccia dell'uomo caddero inermi lungo i fianchi
al solo udire quella voce atona, ma non ebbe il coraggio di girarsi
-La persona che meriterebbe questi colpi
è fuori dalla mia portata-
-Non riesci a controllare le tue emozioni e le
sfoghi sulla prima cosa che ti passa vicino- una lama di ghiaccio
trafisse la schiena del bruno
-Tu invece le controlli fin troppo bene- rispose
stanco
-Preferiresti che ti colpissi?-
-Sì, mi sentirei meglio-
-Non sono qui per farti sentire meglio-
ribatté secco, poi spostò lo sguardo sulle sue
mani, lunghi nastri rossi colavano dalle nocche lungo le dita, formando
grosse gocce che lente si allungavano fino a staccarsi e cadere a terra
piegando l'erba fresca -E non mi pare ti serva il mio aiuto-
continuò sprezzante -Sai ferirti benissimo da solo-
-Allora perché sei qui?-
-Perché? Dimmi solo il perché-
-Io non lo so il perché- si era girato
continuando a tenere lo sguardo basso, ricordava quella voce gelida e
non poteva rivedere quegli occhi di ghiaccio, non dopo aver visto i
suoi veri occhi -Non so cosa mi sia successo... Non volevo farti del
male... L'ultima cosa che voglio è farti del male...-
-Ma lo hai fatto. Perché?-
“Ti prego grida, insultami, picchiami,
qualunque cosa, ma non nasconderti di nuovo dietro a quel
muro”
-Io non lo so, nella mia testa vedevo quelle
persone ed ero furioso e...-
-E hai deciso di diventare uno di loro-
-No!- un grido strozzato -Non potrei mai... Non...-
“Non potrei, ma lo stavo per diventare, sarebbe bastato un
altro minuto e lo sarei diventato”
-Tu mi desideri?- Non aveva bisogno di una
risposta, il silenzio immobile, e l'ostinazione con cui si fissava gli
stivali parlavano più di mille parole.
L'uomo sentì l'altro avvicinarsi,
abbassò ancora di più gli occhi per escluderlo
dal suo campo visivo, ma non poté escludere quello che vide
cadere ai suoi piedi, una tunica nera seguita da un paio di braghe
-Sono qui, prendimi- avvicinandosi di un altro passo
Tàr arretrò sbattendo la
schiena contro lo stesso albero su cui prima aveva infierito, si
sentì afferrare il mento e sollevare il viso con forza ma
spostò di lato lo sguardo per non doverlo guardare
-Non vuoi guardarmi?- continuò quella
voce tagliente -Credevo ti piacesse il mio corpo?- e abbassò
il viso fino a impossessarsi della bocca dell'uomo, un bacio cattivo,
violento strinse tra i denti le sue labbra senza però
ferirle, avrebbe voluto piangere, quanto aveva desiderato quelle labbra
e quella sarebbe stata l'unica occasione per assaggiarle, il bacio con
cui lui lo avrebbe odiato.
Tàr puntò le mani su quel
petto candido, macchiandolo di sangue, spingendolo via
-Ti prego smettila-
-Ti sbagli, sono io a dovere implorare, non era
forse questo che volevi? Sentirmi implorare- rincarò sadico
-No!- gridò, poi ripeté in un
sussurro -No-
-Tu mi desideri- continuò l'altro
suadente avvicinandosi nuovamente e cominciando ad accarezzargli il
petto -E questo è un problema, non riesci a controllarti...-
si avvicinò ancora schiacciandolo contro il tronco
affondò il viso nel suo collo succhiando e lappando la pelle
morbida finché non lo sentì ansimare -Non devi,
sai? Sai che posso darti il piacere che desideri...- gli
afferrò le natiche facendo cozzare i bacini, sentendo
attraverso il tessuto ruvido l'eccitazione dell'uomo premere contro la
sua libera e svettante che non si preoccupava più di
trattenere -Lo hai sempre saputo, è solo sesso, tu non mi
sei indifferente e neppure io ho soddisfatto i miei bisogni da quando
mi sono unito a voi... siamo carne, solo carne, io ti voglio, tu mi
vuoi... solo carne-
-Non sono solo carne... Non...-
-Ah, No? E questa cos'è? Non
è carne?- tenendo una mano ancora salda sui suoi glutei fece
scivolare l'altra in avanti, carezzano l'interno della coscia, salendo
fino al rigonfiamento bollente e prendendo a frizionarlo deciso,
sorrise compiaciuto vedendo l'uomo gettare indietro il capo senza poter
soffocare un gemito di piacere -Avanti dimmi cosa devo fare per
soddisfarti. Vuoi che mi inginocchi?- e scivolò lentamente a
terra cominciando a slacciargli i pantaloni
-Basta... per favore... non così...
basta- lo implorò ansimando con il viso arrossato afferrando
quei fili dorati per allontanarlo da se, striandoli di rosso, lo spinse
via, facendolo cadere a terra, tremando mentre le lacrime gli rigavano
il volto.
Lo osservò mentre si allungava
distendendosi sull'erba, come se le sue parole o i suoi gesti non lo
avessero neppure sfiorato, si sollevò sui gomiti, inarcando
la schiena, esponendo il collo candido, guardandolo languidamente
mentre passava la lingua sulle labbra scarlatte
-E come allora? Dimmi come mi vuoi e lo
sarò- “Dimmi che mi vuoi, non odiarmi, non
allontanarmi” allungò la gamba passandola dietro
la caviglia dell'uomo e facendola salire lentamente, mentre con la mano
si accarezzava lascivamente incatenando il suo sguardo
-Non così... Smettila... Non
così... Basta... Non è il tuo corpo che voglio-
si allontanò di scatto malfermo sulle gambe molli cadendo
anche lui a terra
-Non la pensavi in questo modo ieri-
“Cosa pensavi ieri? Ti disgusto tanto da fuggirmi come fossi
una bestia?” ne approfittò per gattonare felino
fino a lui che tentava inutilmente di allontanarsi strisciando sui
gomiti
-No...Non... non ero in me...-
-Ne sei certo? Neghi forse di desiderarmi al punto
di perdere il controllo?- “Ma io sono davvero una bestia, un
mostro che non merita di vivere” ormai era inginocchiato su
di lui, bloccandolo a terra, gli afferrò i polsi portando le
sue mani sul suo petto
-Toccami... sentimi...- “Ti prego
toccami, quest'unica volta toccami, fammi sentire il tuo calore... Ti
prego sentimi, senti il mio cuore che batte, senti la menzogna dietro i
miei gesti... non credermi, non disprezzarmi... NO!... Lui deve...
deve... deve credermi!” fece scivolare quelle mani sulla sua
pelle, sporcandosi di altro sangue ora misto a terra
-Non... Non così... non voglio questo-
-E cosa vuoi allora?- “Quello che vuoi
non posso dartelo... Quello che vuoi non esiste...”
-Voglio te, voglio conoscerti, sapere quello che
hai dentro, voglio conoscere il tuo cuore-
-Cosa ho dentro?- si alzò incombendo su
di lui in tutto il suo splendore selvaggio -Ossa, muscoli, sangue e
tendini, qui c'è lo stomaco e più su i polmoni-
ogni parola come una coppia di lame gemelle colpiva in egual misura chi
la ascoltava e chi la pronunciava -Vuoi conoscere il mio cuore? E' qui-
indicando il petto -E' un organo vitale, batte, se si ferma significa
che sei morto, se viene colpito da una lama o da una freccia sei sempre
morto-Arretrò di un passo per permettere all'altro di
vederlo bene -Ti basta o voi conoscere altro? Guardami!-
allargò le braccia e girò lentamente su se stesso
-Io sono questo! Non c'è nient'altro, lo sai, lo hai sempre
saputo, sono stato chiaro dall'inizio. Quindi ora decidi, o
così o in nessun altro modo- “No, non
così... Valar, se esistete vi prego, non
così”
Tàr restò immobile,
pietrificato dalla vista dell'immortale, splendeva nella notte come un
Dio, in piedi davanti a lui, “bellissimo e
terribile” incombeva con le gambe divaricate, “da
adorare e da temere” senza nascondere nulla alla sua vista,
“possedere ed essere posseduti” il suo sesso che
luccicava umido lo chiamava a sé, “carne, solo
carne” la pelle candida sotto la luna sporca di sangue,
“del mio sangue”, le braccia aperte pronte ad
accoglierlo e a strappargli il cuore “per divorarlo con
quella bocca rossa e sensuale” gli occhi accesi dal furore e
dal desiderio, “fuoco e ghiaccio” i biondi capelli
sollevati dal vento “Dio o Demone?” sorrideva
gelido, perfetto, inarrivabile e vuoto “Carne, solo carne,
lussuria e piacere, dannazione ed estasi...”
Fu un momento, la sua mano che si sollevava
lentamente tendendosi verso quella figura maestosa in una muta
richiesta... fu solo un momento... prima che ricadesse pesante sull'erba
-No, non così- sussurrò
l'uomo esausto ma deciso
-E allora non fare più strani pensieri
su di me- continuò l'elfo glaciale - Perché non
c'è nient'altro oltre quello che vedi, ma se pensi che non
sarai in grado di controllarti in futuro, prendi ora quello che ti
viene offerto- l'elfo si girò rigidamente, allontanandosi a
recuperare gli abiti e dando un'istante ai suoi nervi per placarsi e
ritrovare il controllo e la determinazione che minacciavano di
sfuggirgli sempre di più, rendendolo incapace di sostenere
quello sguardo.
-Ti assicuro che non avrai più problemi
da me- Come aveva fatto ad illudersi così, lui aveva
ragione, sapeva bene chi era, eppure vedendolo cambiare si era illuso
di rientrare nel cambiamento, aveva sperato che il suo cuore si aprisse
ad altro oltre che all'amicizia, ma per lui non era altro che carne e
non poteva accontentarsi della carne.
Era ferito, quella freddezza lo aveva ferito
più dei colpi che si era rifiutato di dare “Ma se
quello stolto si illude che io mi arrenda si sbaglia di
grosso!” quell'episodio non sarebbe mai dovuto accadere,
maledisse lo Spirito dei Nani, era presto aveva appena scoperto
l'amicizia, non poteva pretendere che capisse che due corpi si uniscono
non solo per il mero piacere, ma non avrebbe accantonato i suoi piani
“Per ora illuditi pure di avermi sconfitto, mio freddo
Principe, ma non ho ancora finito di uccidere il mago malvagio e come
ogni nobile cavaliere non mi arrenderò prima di averlo
fatto”
Ma di quei pensieri niente giunse a insospettire
l'elfo
-Me lo auguro- così impassibile
esteriormente eppure dentro tremò, aveva avuto quello che
voleva, perché allora stava così male?
Ma si costrinse ad addolcire lo sguardo in un sorriso tendendo la mano
in segno di pace
-Mi dispiace per quello che è successo,
non accadrà più- afferrando quella mano dimentico
delle ferite
-Ti perdono perché so che realmente non
eri in te. Per quanto mi riguarda questa faccenda si chiude questa
notte, non desidero parlarne oltre- poi rigirando la mano scura nella
sua -E perché se non lo facessi non riusciresti
più a impugnare una spada a forza di colpire alberi. Morgoth
Dannato! Guarda come ti sei ridotto! Cosa penseranno gli altri?-
-Che ho preso a pugni un albero e come al solito
l'albero ha vinto-
-Lo fai spesso?- inclinò il capo
sorpreso inarcando il sopracciglio
-E' capitato altre volte-
-Sciocco mortale impulsivo... Vieni- lo
trascinò gentilmente verso il fiume, lo fece sedere e
cominciò a pulire delicatamente le ferite.
L'uomo osservava da dietro quella testa chinata
intenta a curarlo, un piccolo sbuffo silenzioso gli uscì
dalle labbra, sarebbe mai riuscito a capirlo? Quell'immortale era
l'essere più complicato che gli fosse mai capitato di
incontrare! L'attimo prima era il bastardo più freddo e
cinico che avesse mai conosciuto, un secondo dopo si prendeva cura di
lui delicatamente, come si poteva essere così assolutamente
imprevedibili? Prima o poi lo avrebbe fatto impazzire!
L'elfo sentì quel leggero alito
solleticargli la nuca e sorrise, poteva immaginare i pensieri
dell'altro, e non poteva dargli torto, doveva sembrargli folle ma era
giusto che fosse così.
-Adesso va meglio. Se non sbaglio domani hai il tuo
piccolo tesoro da disseppellire, almeno non sporcherai di sangue una
preziosa creazione degli Eldar-
“L'ho già fatto”
pensò ricordando le impronte delle sue mani scure su quel
petto pallido
-Dovresti pulirti anche tu o penseranno che abbiamo
fatto a pugni- Fu invece quello che disse.
Rientrarono all'accampamento assieme, sotto gli
sguardi sollevati dei compagni, qualunque fosse stata la causa quella
momentanea crisi sembrava risolta.
Il nano fece l'occhiolino alla ragazza facendole
notare che arrivavano dalla direzione presa dal loro capo e non da
quella dell'elfo, ricevendo un sorriso compiaciuto in risposta, nessuno
fece commenti sulle mani scorticate, come aveva previsto Tàr
immaginavano già che fosse andato a sfogare la rabbia in
quel modo.
Quello che però evitarono di dirsi l'un
l'altro, per non preoccupare gli amici, senza sapere che tutti
l'avevano capito, fu che la crisi era passata, ma non risolta, ormai
conoscevano abbastanza bene il biondo immortale da poter vedere il velo
di tristezza che nascondeva sotto l'apparente soddisfazione, e
altrettanto bene il loro capo da vedere invece l'allegria che
traspariva dallo sguardo contrito, potevano quasi vedere il suo
cervello lavorare frenetico come quando stava per entrare in azione,
stava pianificando, valutando, si stava preparando ad un lungo e
accurato assedio.
Sapevano cosa significasse quello sguardo, sedevano
anche per giorni fuori da antiche rovine guardandolo mentre le
osservava nello stesso modo, poi all'improvviso si alzava ed entrava, e
non c'erano trappole o tranelli che lo fermassero, Mithrandir una volta
aveva detto che non era lui a scoprire gli antichi tesori, ma erano i
tesori a rivelarsi a lui, perché sapeva sempre attendere il
momento migliore per vederli... E ora stava osservando il nuovo
compagno come fosse un'antica fortezza da espugnare, e questa volta non
sarebbe stato facile perché nonostante le sue porte, come
avevano detto Gimli e lo Stregone, fossero già aperte erano
difese strenuamente dall'elfo che per qualche ignoto motivo non voleva
che l'uomo le vedesse.
Ma non volevano neppure essere nei panni dell'elfo,
oh no, quando il loro capo si metteva in testa qualcosa, niente era in
grado di resistergli e quel povero immortale stava per imparalo a sue
spese.
Quando lasciarono i boschi si trovarono davanti una
verde vallata, l'erba fresca ondeggiava al tiepido vento, macchie
colorate di narcisi, saponaria, scilla e fiordalisi la punteggiavano
allegramente, qua e là si alzavano cespugli gialli di
profumate ginestre che si mischiava al profumo fresco della salvia
selvatica dai delicati fiorellini blu.
In lontananza la pallida roccia degli
Hithaeglir brillava sotto il sole stagliandosi contro un cielo azzurro
e senza nubi.
Farfalle variopinte e api laboriose si spostavano
tra i fiori, solleticando i viaggiatori che disturbavano la loro quiete.
Quel luogo meraviglioso sembrava non aver mai
conosciuto oscurità o guerre, eppure Tàr
ricordava bene che proprio sulle rive del fiume che avevano appena
lasciato alle spalle tanti anni prima lui e sua madre erano stati
sorpresi da una pattuglia di orchi, aveva solo quindici anni ma aveva
combattuto e aveva vinto, aveva impugnato Narsil con onore come altre
volte prima... non era bastato, lei era ferita, forse con le conoscenze
che aveva ora avrebbe potuto salvarla ma non a quei tempi, a quei tempi
era solo un ragazzino che cercava di essere grande.
Si erano trascinati fino alle pendici dei monti
prima che lei crollasse definitivamente, così aveva cercato
un riparo ed era restato a guardarla mentre la vita la abbandonava e
lì l'aveva sepolta, in quello stesso anfratto della roccia
nascosto dall'edera dove l'aveva vista spegnersi, a pochi passi da una
pietraia di quelle tanto comuni in montagna, che copriva ripida il
fianco del monte, e fu proprio da quel impervio sentiero che Mithrandir
scendeva quando sentì i singhiozzi del ragazzo e decise di
condurlo con se, anche se per poco perché quell'animo
inquieto mal sopportava la tranquillità della valle nascosta
e si allontanò presto per cercare la sua strada, senza
però smettere di aiutare l'Istari.
E ancora dopo tanto tempo nulla era cambiato, quel
tendaggio verdeggiante che in quella stagione si copriva di piccoli
fiori bianchi e profumati celava ancora l'ingresso.
L'uomo inspirò profondamente, prendendo
coraggio prima di scostare l'edera con una mano e scomparire alla vista
dei compagni che lo osservavano, non lo avrebbero seguito, non quella
volta, aveva diritto di restare da solo.
Era una tomba semplice, colei che fu Regina di
Númenor giaceva nella terra, solo un cumulo di pietre
candide adornava la sua ultima dimora, tra esse spiccava solitaria un
unica roccia nera, sulla quale era stato inciso rozzamente un
albero bianco senza foglie, l'ultimo omaggio di un figlio alla madre
sovrana di un regno che l'aveva rinnegata.
A lungo ristette sulla soglia, lame di luce mobile
filtravano tra le foglie, per la prima volta non provava pena in quel
luogo ma speranza.
Si inginocchiò accanto alla tomba,
spostando con cura e riverenza pietra dopo pietra fino a rivelare il
tesoro che aveva nascosto tanti anni prima, con cautela aprì
la stoffa e, lucente e maestosa come se tempo e polvere non l'avessero
sfiorata, Narsil rivelò il suo splendore, sotto di essa
incastonata in un filo di mithril risplendeva una bianca stella di
cristallo elfico, Elendimir, la corona di Númenor, non aveva
bisogno di essere pesante o maestosa perché lo splendore di
quell'unica gemma rendeva inutile qualunque altro ornamento.
Dopo aver accuratamente riposizionato le pietre
rimase a lungo fermo con quell'unica nera tra le mani, poi con un
sorriso prese una candida scheggia e adornò quei rami spogli
di piccole foglie e sopra di essi pose una stella incoronata
-L'albero piantato da mio padre sta per fiorire
madre, non ho perso la speranza-
Con queste parole pose anche quell'ultima pietra
sul tumulo e uscì.
Quando la luce del sole colpi per la prima volta
dopo tanto tempo la Stella di Elendil questa esplose in un'accecante
bagliore di arcobaleni incoronando di luce Tàralelyol che
mai come in quel momento era sembrato così nobile e
maestoso, egli era realmente Ar-Agorn il legittimo erede di
Númenor e i compagni dovettero resistere all'impulso di
inchinarsi tanto regale appariva ai loro occhi.
-Eccola la Stella degli Elfi!- colma di meraviglia
era la voce dell'Istari -Fu davvero un triste giorno quando essa venne
trafugata dall'elmo di Fëanor* per diventare simbolo di una
discendenza di Traditori della Luce! Oggi gioisce il mio cuore
perché di nuovo essa risplende sul capo di chi è
degno di portarla-
Tra tutti Mithrandir fu l'unico a trovare la voce
per parlare perché gli altri restavano muti e sopraffatti
dalla vista di tale splendore che nessuna parola sarebbe stata degna di
essere pronunciata.
Fu solo quando la gemma venne accuratamente riposta
che l'attenzione fu catturata dal secondo oggetto che il
númenóreano portava, forse meno appariscente ma
sicuramente non di minor pregio, Narsil, la spada dei Signori Supremi
dei Noldor, tramandata a partire da Finwë fino
all'ultima mano che la impugnò, quella di Turgon.
-Per la Barba di Durin! Guardate!- Gimli stava
ammirando l'arma che era certamente opera dei nani quando aveva
esclamato eccitato indicando le Rune incise sulla lama
Dal momento che nessuno sembrava condividere il sue
entusiasmo continuò rivolto all'uomo
-Insomma! Non hai mai letto l'iscrizione?-
-Di grazia, quella sarebbe un iscrizione? Mi ero
sempre chiesto cosa fossero quelle lineette! Sii serio Gimli, non vedo
questa spada da quando ero un ragazzo e di certo a quei tempi non
conoscevo le Cirth, ancora oggi non conosco abbastanza del vostro
linguaggio per poterle tradurre-
-Non hai torto, teniamo ben custodito il segreto
delle Rune, comunque qui dice "Narsil
essenya, macil meletya, Telchar carnéron
Návarotesse Finwëin " che significa
"Narsil è il mio nome, spada potente, Telchar mi fece a
Nogrod per Finwë" Capite! Che meraviglia una lama di Telchar
si dice che nessun nano riuscì mai a eguagliare la sua
abilità alla forgia e ora che vedo questa spada posso
asserire che è certamente vero-
-Una spada forgiata dai Nani per il Signore dei
Noldor, un cimelio di un epoca in cui l'odio non aveva ancora diviso
quei popoli- biascicò l'anziano stregone -Quest'arma
significa molto di più di una potente alleata in battaglia!-
-Ora che mi dici Estel?- ghignò
l'immortale -Ancora coincidenze?-
Dopo aver lanciato un occhiata torva all'elfo senza
degnarlo di una risposta continuò chiedendo ai compagni
-Secondo voi Erestor lo sapeva quando me ne ha
fatto dono?-
-Se lo sapeva? Certamente, la storia di una Spada
così famosa è sicuramente conosciuta da tutti gli
immortali- rispose l'Istari -Se prevedesse per lei un altro destino
oltre quello di scendere in battaglia non so dirlo, ma se quell'Erestor
è lo stesso di cui ho memoria allora posso azzardarmi a dire
che forse lo sperava-
-Di cui hai memoria?- Gwath aveva a lungo represso
la curiosità nei confronti dell'anziano mago ma mai prima
d'ora le parole lo avevano tradito tanto, questo aggiunto al quelle
della Dama di Lòrien rendevano impossibile ignorare
ciò che ormai era evidente a tutti, ossia che Mithrandir era
molto più di quello che rivelasse
-Immagino che sia giunto il momento per voi tutti
di sapere con chi state viaggiando- sospirò -Ebbene sia,
accendiamo il fuoco e accampiamoci, quella che ho da narrare
è una lunga storia e purtroppo non felice, il calore delle
fiamme scaccerà forse la tenebra del mio cuore-
NOTE
*Scusate la “licenza poetica”
nella storia originale l'Elendimir venne creato (non si sa da chi) per
Silmariën, figlia di Elendil... in questa versione lo faccio
risalire a Fëanor (quello che ha creato i Silmaril e i
Palantiri) e Elendil l'ha solo ritrovato e fatto montare sul mithril
per regalarlo alla figlia.
Per i più curiosi:
Tale gemma come i Silmaril aveva poteri magici, incuteva timore nei
nemici e la sua luce non poteva essere spenta o resa invisibile dal
potere dell'Unico Anello « ...perché gli
Orchi ancora temevano l'Elendilmir che portava in fronte »
... « L'Elendilmir dell'Ovest non poteva essere spento, e
all'improvviso splendette rosso e minaccioso come un'ardente stella.
Uomini e Orchi fecero largo impauriti; e Isildur, coprendosi con il
cappuccio, svanì nella notte. »
Racconti Incompiuti
(III,1) J.R.R. Tolkien
*Le cirth
("rune") sono utilizzate per le iscrizioni dai nani e dagli
elfi parlanti Sindarin. Secondo la mitologia tolkeniana le Cirth sono
state ideate da Daeron, menestrello del re Thingol. Tuttavia con
l'avvento delle Tengwar di Fëanor, ben più evolute,
le Cirth caddero in disuso. Vennero in seguito adottate dai nani che le
utilizzarono per trascrivere il Khuzdul. L'alfabeto è
formato da una sessantina di rune
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
*CAPITOLO 19*
-Giunti a questo punto immagino vogliate sapere come quella Dama
facesse a conoscermi-
-O perché ti ha chiamato Olórin-
-O cosa significa immortale-
-O che eri uno Spirito-
-O qual'è questo grande errore-
-Siete stati chiari ragazzi ho molte cose da spiegare, ed
è inutile dirvi che è di vitale importanza che
nessun altro le conosca oltre voi. Credo sia il caso di cominciare
dall'inizio... Vi starete chiedendo quanti anni io abbia? Ebbene, non
mi è dato dirvelo, non perché non ne abbia la
volontà, ma perché neppure io ne sono a
conoscenza... Fui creato prima che il tempo cominciasse a scorrere,
prima che Ilúvatar creasse Eä, assieme agli altri
Ainur cantai la creazione di Arda sebbene la mia voce fosse inferiore a
quella dei Valar, cantai assieme a Melkor e ai quattordici Potenti
prima che fossero divisi, prima che l'Oscurità diventasse
Tenebra, io sono un Maiar, e Olórin era il mio nome.
Quando i Valar decisero di stabilire la loro dimora in Arda li
seguii nelle Terre dell'Ovest, con molti compagni e con quello che
credevamo il più saggio, Curunír, chiamato il
Bianco, il più potente tra tutti noi.
Quelle Terre Oscure dove Morgoth ha stabilito la sua dimora,
insozzandole col suo veleno erano un tempo un immenso giardino
luminoso, la luce dei Due Alberi faceva risplendere ogni cosa e non
esisteva il buio perché persino la notte era rischiarata da
miliardi di stelle più lucenti di qualunque abbiate mai
potuto ammirare, le albe si susseguivano in tenui tinte di rosa e
argento e i tramonti si infiammavano di fuoco e d'oro e sempre il Canto
continuava, aggiungendo in Arda nuovi colori e nuova vita.
Ricordo la gioia del giorno in cui Oromë
tornò con la notizia che la prima vita si era svegliata e
che aveva udito le prime parole sotto il cielo. Ci furono danze e
lacrime di gioia e risa e quelli come me che ancora non avevano scelto
un corpo di carne risplendevano e si rincorrevano tra fiori e fronde
giocando tra zampilli di fontane.
Già il Male era tra noi ma non lo vedevamo, come
poter vedere qualcosa che non doveva esistere? Nessuno di noi aveva mai
creato il Male, quello che non sapevamo è che il Male
esiste, come Eru indipendentemente dal fatto che noi lo vogliamo o meno.
Poi gli elfi vennero condotti fino ad Aman e subito ci
innamorammo della loro Luce e della loro Grazia erano i Primogeniti e
in loro risplendeva forte la Fiamma di Eru Ilúvatar.
Ma assieme alla gioia della loro venuta giunse anche il tarlo
del dubbio, le prime incrinature nell'armonia fra i Potenti,
perché non appena i nuovi nati videro Melkor riconobbero in
lui la presenza che da tempo li osservava nascosta, ma se
ciò era vero perché non aveva riferito ad altri
la sua scoperta?
Parlai a Curunír di questi miei dubbi ma egli con
quella che ai tempi consideravo saggezza li placò
ricordandomi che quelle creature erano solo bambini, e come tali
istintivi e capricciosi, mi fece notare che le loro menti per quanto
ammirevoli per la prima creazione non erano certo paragonabili a quelle
degli Ainur “Ammirane la bellezza” mi disse
“Come ammiri quella dei variopinti uccelli che volano tra gli
Alberi, ma a chi va la tua fiducia? A un leggiadro animale o a uno
Spirito Sempiterno?” e quelle parole mi parvero vere e
appropriate e quella fu la prima volta che chiusi i miei occhi.
Solo Manwë aveva visto il disastro dietro la sete di
potere del Bianco, mi chiese di prendere il suo posto alla guida degli
Istari ma non lo ascoltai, mi fidavo della saggezza del mio compagno e
non potevo vedere nessun Male in lui... Questa mia fiducia mi
portò, anzi, ci portò tutti alla rovina, poco per
volta Curunír e Melkor avvelenarono le nostre menti,
mostrandoci Tenebre dove era Luce e Luce dove era Tenebra.
Poco per volta cominciammo a credere che gli Elfi di proposito
stessero corrompendo l'animo dei Valar, che per qualche crudele
capriccio volessero mettere i fratelli in lotta tra loro, e Melkor,
l'unico in grado di vederli per quello che erano fosse il loro
bersaglio, e i Potenti incantati dalla loro grazia non riuscissero a
vedere il loro animo meschino.
Curunír ci disse che il secondo in potenza fra i
Supremi aveva già scorto l'aura feroce di quelle creature
imperfette, per quel motivo non aveva portato la notizia del loro
risveglio prevedendo il disastro che era purtroppo avvenuto.
Così laddove non avevo voluto credere alle parole
giuste di Manwë credetti invece a quelle altre false,
combattendo contro quelli che invece avrei dovuto difendere, prendendo
forma corporea per proteggere chi avrei dovuto combattere, di questo
almeno non mi sono macchiato, la mia indole non era mai stata adatta a
una guerra e mi e stato risparmiato il crimine del massacro.
A quei tempi pensavo che Melkor il Giusto rispettasse il mio
cuore debole alla sofferenza, ora so che se fui tenuto lontano dalle
Prime Linee fu solo perché Egli non si fidò mai
completamente di me, non potevo essere corrotto con lusinghe e potere
come Curunír, le uniche cose che volevo erano quelle che lui
non poteva darmi, ossia la Verità e la Giustizia
così mi tenne sempre il più lontano possibile
dagli eventi del mondo affinché non potessi vedere oltre il
velo che mi era stato posto sugli occhi.
Per lunghi, lunghissimi anni ho continuato a essere cieco alle
loro menzogne, contento di rivolgere il mio sguardo ai miei amati libri
e felice della mia pacifica vita e sarò onesto con voi, non
fu già la storia di un nano morente ad aprirmi gli occhi,
giacché anche io come gli altri credetti fossero menzogne e
se quel giorno Morgoth non fosse stato accecato dalla rabbia della
paura facendo giustiziare i miei amici e compagni forse ancora crederei
in quelle menzogne.
Invece capii che solo la Verità poteva avere il
potere di scatenare una simile reazione, e quell'atto ignobilmente
crudele fatto per nascondere il passato ebbe invece il potere di farlo
riemergere.
Il resto della storia tutti la conoscete, anche se tranne
Tàr non potevate immaginare che fossi io quello di cui
parlano le leggende, io sono il Maestro di Ýridhindhren,
l'unico che sia mai esistito, io ero quello che scopri la valle e
l'isola in mezzo al lago, io costruii la prima capanna di pietre come
rifugio per me soltanto, io la vidi crescere e la guidai come ancora
faccio oggi, c'è sempre stato un unico Maestro ed
è colui che primo fra gli Istari vide la Verità e
si oppose all'Ingannatore-
Non aveva mai raccontato a nessuno quella storia, neppure a
Tàralelyol aveva avuto il cuore di un racconto
così dettagliato, ma, a differenza di quello che pensava, i
ricordi non gli avevano gravato l'animo al contrario si sentiva leggero
e in pace, sorrise della sua stoltezza, tanto bravi i vecchi a dare
saggi consigli ai giovani, molto meno ad applicarli loro stessi, non
aveva forse ripetuto centinaia di volte che lasciare uscire il dolore
era il primo passo per accettarlo? E per la prima volta fu con cuore
leggero che fece quella confessione, il passato era passato e il futuro
era nelle sue mani.
-Questa è la storia di come il Saggio
Olórin sia stato plagiato dalla Tenebra, mai in tutti questi
anni ho smesso di rammaricarmi di ciò che avevo perduto, non
so se potrò perdonarmi di avere voltato le spalle ad amici e
compagni, avevo discorso con Dama Galadriel ai bordi di una cristallina
fontana, avevo danzato con Vána la Signora della Primavera,
viaggiato con Oromë Signore delle Foreste, avevo
ascoltato le visioni di Erestor sulla guerra che incombeva senza darvi
credito... Sì, come vi ho detto conobbi un elfo di nome
Erestor e molti altri assieme a lui, centinaia di visi e di nomi che ho
tradito e che ora giacciono morti o servi o perduti.
Non posso cambiare lo scorrere del tempo e se nutrirete
rancore nei miei confronti lo comprenderò, ma ho deciso che
il destino del mondo non è ancora stato scritto e se
è in mio potere cambiare le cose lo farò, spero
ancora col vostro aiuto, ma anche da solo se sarà necessario-
Rimasero tutti ammutoliti, non certamente per il racconto che
affettivamente li aveva scossi non poco, bensì per l'ultima
dichiarazione dell'Istari, davvero aveva così poca fiducia
in loro?
-Da quello che ho sentito- sbottò il nano -Posso
affermare senza ombra di dubbio che l'appellativo di Saggio fu mal
riposto in Olórin se lui crede davvero che questa storia
possa mutare l'opinione che abbiamo! Parli di tempi antichi, tempi cupi
in cui molti hanno commesso errori o preso terribili decisioni, ma quei
tempi sono passati. Io conosco Mithrandir e so che è un uomo
giusto e lo era anche Olórin, ha fatto un errore ma
è abbastanza saggio da averlo capito e cercare di porvi
rimedio. Ora dimmi tu che sei Saggio come lo definiresti un tale uomo?-
-Bel discorso, Gimli, e spero ardentemente che quelle frasi
fossero dette per metterci alla prova, non già
perché ci credesse realmente-
-Non lo so, Tàr, sai è molto vecchio-
ridacchiò la ragazza -Potrebbe davvero cominciare a
formulare pensieri sconnessi-
-Vedo miei cari giovani che nulla riesce a turbarvi- sorrise
finalmente lo stregone -Ma non vi duole neanche un poco pensare che le
cose sarebbero andate diversamente se solo avessi aperto gli occhi
prima?-
Questa volta fu l'assassino a rispondere per primo
-E in che modo? Se mi è dato chiederlo. Sei forse
più potente dei 14 assieme e di tutto il loro esercito?-
chiese cinicamente -Perché se non lo sei, l'unico
cambiamento che riesco a vedere è un cadavere in
più nella terra o, nella migliore delle ipotesi, saresti
fuggito coi Potenti e noi fuori dalle Nebbie non avremmo avuto nessuno
a mettere insieme questa banda di disperati che secondo i tuoi piani
dovrebbe cambiare il corso degli eventi-
-Questo, mio giovane elfo- ribatté l'Istari
fintamente offeso -Non è affatto un gruppo di disperati, ma
il meglio che ogni razza potesse offrire, e non a caso sono riuniti, o
credi forse dopo quello che hai udito in questi giorni che siano solo
coincidenze quelle che ci hanno fatto incontrare-
-Non lo credo affatto- uno sguardo malizioso saettò
verso l'umano -E ora ho anche le prove che Olórin
può ancora essere definito saggio giacché io
stesso ho pronunciato queste parole pochi giorni fa al futuro Re di
Númenor-
-Non so se esserne sollevato o spaventato- lo
squadrò lo Stregone
-E il futuro Re di Númenor rispose nello stesso
modo- ridacchiò l'uomo ricambiando l'occhiata
-Il Saggio Istari anticipato da un elfo imberbe e che risponde
come quello zuccone del nostro capo... questo si che mi preoccupa.
Forse Rhawel non avevi torto sulle sue facoltà-
tuonò allegro il nano.
-Ora se avete finito di burlarvi di un povero vecchio,
potremmo passare a faccende più serie e consone a individui
della nostra levatura?-
-Stai forse nascondendo, Mithrandir, dietro a parole forbite
un rimprovero per il fatto che ci si dovrebbe aspettare maggiore
serietà dai membri di una si peculiare compagnia? E prima
che vi cada la barba per lo stupore conosco anche io la nobile favella,
e se non la uso è perché a differenza vostra noi
nani abbiamo capito che non serve parlare ore per dire una semplice
frase-
-Dopo questo chiarimento del tutto superfluo- il capo decise
che era giunto il momento di riprendere le redini del discorso -Oserei
dire che le parole udite nel Bosco degli Elfi sono ormai svelate. Io
devo riprendere il Trono e convincere gli uomini ad allearsi con quelli
che per millenni hanno considerato inferiori, nonché
pericolosi, per distruggere quello che invece ritengono un salvatore...
una cosa da niente direi...-
-Non farla così tragica, capo, se quel Nobile
Spirito ha detto quelle parole significa che una possibilità
di riuscita esiste. Per quanto mi riguarda non vedo problemi di sorta,
una volta trovato l'Elmo mi tolgo dai piedi il caprone e sono sicuro
che i Nani sapranno vedere dov'è la giustizia e l'onore,
credo ancora nella solidità dei miei simili-
-Gwath ci farà attraversare le Nebbie e Mithrandir
convincerà i Valar, direi che siamo a posto almeno per il
momento-
-E tu cosa dovresti fare, ragazzina?-
-Io la mia parte l'ho già fatta, Gimli, ho portato
questo biondino fastidioso ed estremamente utile dalla nostra parte. Ti
pare poco?-
-E?...-
-E niente, Gimli-
-Mi hai preso per uno stupido troll? Cos'era quella parte che
riguardava il cercare qualcosa che credi perduto?-
-Beh... non ne ho parlato perché è una
cosa abbastanza sciocca, e non ha nessuna rilevanza per la nostra
missione... Ma... ecco io... quando tutto questo sarà finito
voglio andare a Edhellond e cercare di scoprire cosa è
successo a mio padre- mormorò imbarazzata
-E cosa ci sarebbe di sciocco in questo?- la guardò
perplesso il nano
-Lo sapete no? Mia madre disse di aver visto il colpo mortale,
non ci sono speranze che sia sopravvissuto, ma...-
-Tu lo speri- concluse per lei l'uomo
-Ho visto Gwath morire per due volte eppure entrambe le volte
mi sbagliavo, poi c'è quella cosa che mi avete spiegato sul
Sigillo... e... lei era lontana... forse si è ingannata
sulla gravità del colpo... e poi tu hai detto quella cosa, e
io... vi sembrerò una bambina sciocca ma non posso fare
ameno di sperare-
-Quale cosa?-
-Quella sugli Elfi che sono rimasti pochi-
-E da allora ci pensi e non ne hai mai parlato con nessuno?
Credi forse che ti lasceremo andare da sola?- c'era un leggero
rimprovero nelle parole del suo capo
-Non ne parlavo per non sembrare una povera illusa, poi voi
avete cose più importanti a cui pensare- rispose vagamente
stizzita e poi continuò con voce neppure udibile -E non
sarò sola-
-Cosa?-
-Ha detto che non sarà sola- intervenne a quel
punto l'elfo per toglierla dall'impiccio -Ma credo che abbia paura di
rovinare la mia reputazione di bastardo insensibile dicendovi che sono
stato io a proporle questo viaggio-
-E perché lo avresti fatto?- bofonchiò
il nano
-Perché mi andava e non avevo altro di meglio da
fare- rispose cercando di sembrare il più disinteressato
possibile, non avrebbe mai ammesso neppure con se stesso di essere
diventato uno sciocco e debole sentimentale.
Quel posto era veramente bellissimo, doveva ammetterlo, quei colori
così vividi, quella luce così limpida, quel
profumo così fresco, per qualche ragione che non capiva quel
profumo era legato alla figura del suo uomo, poteva ingannare tutti ma
quel patetico spettacolo che aveva dato non poteva ingannare il suo
cuore, certamente non conosceva l'amore e sicuramente non era in grado
di provarne, eppure aveva la sensazione che nessun altro lo avrebbe
fatto sentire come quell'insulso mortale e quel profumo era una parte
di lui, gli ricordava il giorno in cui sarebbe dovuto morire, il giorno
che ormai aveva cominciato a considerare il primo dalle sua rinascita,
non avrebbe mai creduto possibile poter pensare con gioia al giorno in
cui non era morto, eppure lo stava realmente facendo.
Disteso sull'erba osservava le candide nuvole rincorrersi in
quel cielo azzurro, allungò una mano per staccare una di
quelle foglie aromatiche strofinandola coi polpastrelli per liberarne
maggiormente la fragranza e inspirò profondamente aspirando
quell'odore fresco e pungente.
-E' Athelas- la sagoma scura dell'uomo si stagliava contro la
luce del sole -La pianta che stavi odorando, si chiama Athelas o Foglia
di Re- continuò sedendosi a fianco dell'immortale e
sfilandogli la foglia dalle dita -E' comune a Númenor ma
piuttosto rara nella Terra di Mezzo e ancora più raro
trovarla in così gran numero e in un prato,
perché preferisce il folto ombreggiato dei boschi.
Quando portai qui mia madre non l'avevo notata, forse
c'è sempre stata ma il mio dolore non mi ha permesso di
vederla o forse Eru Ilúvatar a deciso che la Foglia di Re
fosse un ornamento degno della tomba di una Regina-
-Non hai mai pensato di chiederlo a Mithrandir? Lui di certo
ha attraversato questo luogo innumerevoli volte e conosce la risposta a
questa tua domanda-
-Non ho mai pensato di chiederlo, questa è una di
quelle risposte che non ho desiderio di conoscere, queste piante sono
un dono, non mi importa perché e da quanto tempo crescono
qui-
-Mi piace questo profumo, non ne conosco la ragione ma
continua a riportare la mia mente al giorno in cui sono precipitato-
-L'ho usata per curarti- sorrise l'uomo -E' un'erba molto
potente che raramente manca nel mio zaino, può curare ogni
tipo di veleno e infezione, anche se spesso i guaritori la
sottovalutano io ho avuto modo di apprezzarne i risultati, si dice
anche che il suo potere aumenti nelle mani di un Re, che sia un amuleto
contro la malasorte e che protegga dal Male ma queste sono solo
superstizioni-
-Forse davvero il suo potere aumenta nelle mani di un Re, per
questo motivo tu la trovi tanto utile quando gli altri non lo fanno-
-Solo gli sciocchi non lo fanno- rise -Anche Mithrandir
conosce bene le sue doti, o forse è anche lui Re?- Nel
frattempo aveva stappato diverse piantine ripulendole dalla terra e
riponendole nella sacchetta di pelle
-Scusami, dimenticavo, ero venuto ad avvisarti che la cena
è quasi pronta, ti conviene raggiungerci se non vuoi
rimanere a bacca asciutta, Gimli mi sembra molto affamato-
L'elfo si sollevò sui gomiti mentre lo osservava
allontanarsi, una piccola pianta di quelle che aveva raccolto era
caduta, una delle più belle coi piccoli fiori bianchi a
forma di stella completamente aperti* la raccolse e
l'avvicinò al viso aspirando profondamente il suo profumo
prima di riporla con cura in una tasca dell'ampio mantello.
NOTE
*Non ho trovato nessuna descrizione delle piante di Athelas,
ma se ne esistono e appare diversa da come l'ho descritta scusatemi
CURIOSITA'
La prima dimora degli Ainur in Arda fu Almaren era un'isola
nel grande lago che si trovava al centro della Terra di Mezzo,
quell'isola fu distrutta da Melkor e i Valar si trasferirono ad Aman
fondando Valinor, il Secondo Reame Beato.
Ho omesso la prima patria per ovvi motivi di trama....
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
*CAPITOLO 20*
Each Uisge*, il demone di aria e fuoco, atterrò nella radura
il cui falò si era spento ormai da qualche giorno, i suoi
occhi di brace fiammeggiavano nella notte, come quelli del suo
cavaliere.
Il pestilenziale
fiato seccava l'erba fresca che sfiorava, mentre sbuffava e scalpitava
in direzione della morta palude con la coda e la criniera che, come
lugubri fiamme, continuavano ad agitarsi mosse da un vento inesistente.
Il prodigioso
cavaliere scese avvicinandosi al confine di quelle terre maledette, un
gigante, persino secondo i canoni delle genti di Númenor,
che pure superavano in altezza tutti gli altri uomini, il corpo
possente e muscoloso di un lottatore era coperto da una pesante
armatura di pelle di viverna,che disegnava in maniera perfetta i
pettorali massicci e gli addominali scolpiti, gli spallacci irti di
punte acuminate si alzavano e abbassavano al ritmo dei passi nervosi
che risuonavano nel silenzio come colpi potenti degli stivali ferrati.
Il mantello era
tenebra assoluta e viva si contorceva e sibilava in tentacoli oscuri
che si spandevano attorno al suo corpo mentre avanzava, per poi
ricadere simili a pesante stoffa inanimata quando fermò i
suoi passi.
-Morto!-
imprecò -Tutto morto!- Un pugno sferrato coi guanti
corazzati stroncò un giovane abete che aveva avuto la
sfortuna di conoscere la rabbia di Morgoth.
-Non
c'è nulla qui, cosa pensavano di trovare quegli sciocchi?
Quella dannata strega si è portata via il mio Potere, ma ne
lei ne i suoi patetici soldati sono sopravvissuti-
Parlava ad alta
voce alla notte, nascondendo nell'ira una sicurezza che non possedeva,
Melkor il Dio/Re di Arda odiava non sapere, e quella gente si
comportava in maniera incomprensibile, cosa erano venuti a cercare in
quel luogo sciagurato.
Dopo molti
millenni il dubbio lo dilaniava, la paura che ora chi gli si opponeva
possedesse quel potere a cui aveva tanto anelato.
-Maledetto
Olórin!- ringhiò alle stelle, avrebbe dovuto
ucciderlo subito, aveva sempre saputo di non potersi fidare, ma era
potente e intelligente, molto più di quel burattino di
Saruman, e lui amava il potere.
-E ora mi si
è rivoltato contro! Dannato Sognatore sciocco! Possibile che
abbia visto quello che a me è sfuggito?- Non era possibile,
aveva cercato per secoli in quelle paludi in cerca delle traccie
residue di potere, li non c'era nulla, tranne quei sudici bastardi che
avevano osato opporsi alla sua giusta richiesta, eternamente
intrappolati nel loro amato bosco, un destino ancora troppo clemente
per la loro arroganza.
-Ma se non il
potere cosa cercavano? Chi sono queste persone che osano sfidarmi? Chi
è quell'elfo che è immune alla mia magia?-
Perché
nella sua arroganza non prendeva neppure in considerazione il fatto che
degli amici potessero tornare e affrontare il pericolo per un semplice
compagno, ma si era convinto che quell'immortale possedesse la forza
per annullare la sua magia, e questo, unito alle capacità di
Olórin, perché era sicuro che ci fosse l'antico
traditore dietro a tutto quel mistero, lo spaventava e la paura lo
rendeva ancora più pericoloso.
Allargò
le enormi braccia lanciando i tentacoli di tenebra nella palude, neri
serpenti che si scioglievano alle sue spalle, scivolando sugli
acquitrini, sibilando tra gli alberi morti, frustando l'aria in cerca
di risposte, che però come un tempo a lui restavano celate,
perché la Tenebra è incapace di riconoscere la
Luce che si nasconde.
-Niente!
Niente!- il suo ruggito squarciò il silenzio mentre le
fiamme divampavano bruciando il bosco attorno a lui, l'orrida
cavalcatura nitrì di piacere.
Non avrebbe
permesso che uno sparuto gruppo di mortali con un sudicio elfo e un
illuso Istar lo mettessero in ridicolo, doveva trovarli, doveva
fermarli, e soprattutto doveva capire le loro intenzioni.
Si impose la
calma richiamando le Tenebre che tornarono a tessere il cupo mantello,
da dove cominciare?
Se non erano
venuti a cercare Potere l'unica spiegazione era che cercassero una via,
non poteva permettere che quegli sciocchi passassero le Nebbie, a
differenza dei suoi servitori Lui aveva sempre saputo di non aver vinto
realmente, ora era più forte, ma lo era veramente? Poteva
fidarsi di quei melliflui fantocci che lo circondavano? Avidi e
smidollati che adulavano la sua Gloria e si pavoneggiavano nel suo
Potere. E il popolo? Marmaglia senza spina dorsale pronta a mordere la
mano che l'aveva a lungo nutrita come un cane rabbioso si rivolta al
cacciatore, buoni solo come carne da macello, li avrebbe usati come
aveva sempre fatto, puntando sulla debolezza dei Valar che avrebbero
trattenuto la mano contro quei poveri innocenti.
Non lo avevano
fermato allora non ci sarebbero riusciti ora che era Signore Supremo,
ma voleva governare su una terra in rovina? Voleva perdere i suoi
giocattoli e balocchi? No, non lo voleva e soprattutto non voleva
essere umiliato da un così esiguo gruppo di avventurieri.
Non poteva
mostrarsi avventato, nessuno doveva minimamente sospettare che quella
gente lo preoccupasse, già una volta aveva fatto
quell'errore e lo aveva pagato caro, avrebbe allertato le viverne,
dovevano attraversare il loro territorio e non ne sarebbero usciti
vivi, gli dispiaceva per l'elfo ma era un sacrificio necessario, questa
volta non avrebbe trattenuto la mano cercando prigionieri.
Sapeva chi
doveva ringraziare per il fatto che fossero sfuggiti all'Occhio della
Torre, Bombadil, quella spina nel fianco di cui non poteva liberarsi,
ma anche lui alla fine avrebbe pagato, Ilúvatar non lo
avrebbe protetto in eterno, Lui, solo Lui, Melkor il Potente era un
degno figlio dell'Unico.
Questa volta fu
una risata, malvagia e gelida a attraversare la notte mentre saliva
sul mostruoso cavallo, diretto a trovare un vecchio amico,
che troppo a lungo aveva ignorato.
Camminavano da giorni ormai in quelle terre
desolate, solo le capacità di Tàr di riuscire a
trovare le poche sorgenti presenti in quel deserto gli permettevano di
sopravvivere.
Persino Gimli, dopo aver stoicamente resistito per
un'intera giornata aveva abbandonato armatura e cotta di maglia per non
fare la fine di una “capra al forno” come lui
stesso aveva detto, sarebbe stato più agevole muoversi di
notte e cercare un riparo dal sole infuocato di giorno ma neppure loro
erano tanto folli, sapevano di essere nel territorio di caccia delle
viverne, e muoversi con la frescura dell'oscurità sarebbe
anche stato un invito a cena per quelle creature.
Le Terre Desolate, miglia e miglia di
sabbia rossa e rocce aguzze, solo i pazzi e i suicidi si avventuravano
in quelle lande deserte, l'acqua era quasi inesistente e nascosta in
profondità nel terreno, i pochi fiumi scorrevano in gole
tanto profonde da essere quasi irraggiungibili e comunque un comune
viaggiatore sarebbe morto molto prima di raggiungerli dal momento che
distavano giorni di cammino sotto il sole cocente, per completare il
quadro avvilente se si sopravviveva a caldo e sete c'era sempre il
rischio di diventare il pasto di uno di quei mostri alati tanto amati
da Melkor.
Fortunatamente la compagnia che le stava
attraversando in quel momento non era certo formata da comuni
viaggiatori, il gruppo di Cacciatori di Reliquie si era trovato spesso
in quelle regioni ricche di rovine, perché quel deserto,
come altre zone martoriate, non era sempre stato tale, un tempo, prima
della guerra, era una pianura fertile e verdeggiante, li era stata
combattuta l'Ultima Battaglia, in quel luogo le forze dei Potenti si
erano scontrate ferendo le terra in maniera devastante e, per
completare l'opera, quello stesso deserto era stato a lungo conteso tra
Draghi e Viverne finché i Draghi, indeboliti dal tradimento
di Ancalagon* si erano dovuti arrendere alla supremazia delle rivali
che godevano del favore di Morgoth.
La capacità del
númenóreano di sapere sempre dove scavare per
trovare acqua o di portarli ogni sera a un riparo di rocce o rovi che
li nascondessero agli occhi dei mostri non mancavano ancora di
sorprendere l'elfo, sebbene i compagni ci fossero da tempo abituati e
non si ponessero domande per lui queste capacità avevano del
magico, almeno finché l'uomo non gli aveva spiegato con
pazienza a riconoscere i punti dove la sabbia era più scura,
un sicuro segnale che fosse più umida, e vedere le
irregolarità nelle onde di sabbia, che indicavano qualcosa
di sufficientemente grosso da deviare il vento, ma anche ora sforzando
la sua vista acuta su quella superficie monotona doveva ammettere che
quel mortale aveva una vista migliore della sua, almeno per quanto
riguardava certi particolari, per quanto ci provasse e sapesse cosa
cercare lui continuava a vedere sabbia e rocce e il riverbero del sole
che gli feriva le iridi chiare.
Ma non era a questo che stava pensando in quel
momento, era balzato in avanti allontanandosi senza una parola, per poi
fermarsi immobile davanti a un piccolo arbusto secco di rovi, e ancora
stava li, immobile, con un'espressione meravigliata che
intenerì il cuore del umano quando lo raggiunse.
-Cosa vedono i tuoi occhi di così bello
in una pianta morta?- chiese dolcemente
Non si era neppure accorto del compagno che si era
avvicinato.
-Non è morta- rispose orgoglioso di aver
notato qualcosa che era sfuggito all'altro, si chinò
accarezzando delicatamente, quasi con deferenza una piccola gemma che
si stava aprendo rivelando un unica fogliolina verde, pallida e
stropicciata, dall'aspetto debole e delicato, eppure inspiegabilmente
viva.
-Non è meravigliosa? E' incredibile che
trovi la forza di sopravvivere in questo inferno ma è qui,
ed è viva, quasi non credo ai miei occhi. La vedi anche tu?-
-La vedo- allungò la mano sfiorando
quella candida ancora appoggiata alla gemma -Mi ricorda qualcuno- disse
con tenerezza -Solitaria, dall'aspetto fragile, ancora un po'
accartocciata su sé stessa come avesse paura di aprirsi al
mondo, e non le do torto, chi non avrebbe paura di un mondo come
questo? Ma lei sopravvive, nonostante l'arsura, nonostante il deserto,
nonostante tutto quello che il fato le ha scagliato contro, lei
sopravvive ed è pronta ad aprirsi al sole-
-E' forte, neppure lei sa di esserlo, ma ci vuole
forza per germogliare in un luogo come questo- se stesse ancora
parlando della foglia o di sé stesso neppure lui lo sapeva
-Sì, lo è davvero-
-Conosci il suo nome nell'Antica Lingua?-
-Laeg Lassë Foglia Verde, Germoglio-
-LaegLassë- ripeté lasciando
scivolare le parole sulla lingua in un sussurro -Laegolassë-
riprovò ancora pensieroso -Laegolas...-
-Legolas- gli sussurrò all'orecchio
-Legolas-
-Legolas... è bello-
-Sei bello... Legolas... sei un germoglio pronto a
sbocciare-
-Forse sono solo pallido e raggrinzito-
scherzò cercando di calmare i battiti del suo cuore
Con una risata l'uomo lasciò cadere
l'argomento, aveva promesso di non spingersi troppo oltre, avrebbe
continuato con cautela, ma prima di andarsene estrasse il pugnale e lo
piantò nella sabbia scoprendo le radici, e strappandole al
deserto
-No!- gridò l'assassino -Così
la uccidi!-
-Forse lo penserà per un momento-
rispose sorridendo e avvolgendola in una pezza umida che ripose nello
zaino -Ma non preoccuparti, ha lottato abbastanza, mi
prenderò cura di lei e la porterò dove
potrà crescere senza paura-
“Sì, lo farà, lo
farebbe, l'ha già fatto” e nonostante tutti i suoi
propositi non poté impedirsi di sorridere anche se
riuscì a voltarsi in tempo per evitare che lui lo vedesse
“Ora non ho più dubbi, io sono Legolas, sono io
quella giovane piantina”
-Non la farai morire vero, Estel?-
domandò ancora girato di spalle osservando l'orizzonte
-Non ti preoccupare, è al sicuro, non
permetterò che le accada nulla-
L'elfo continuò a osservare
ostinatamente il deserto, gli occhi che luccicavano forse per la troppa
luce, non poteva girarsi, non poteva perché aveva paura di
leggere negli occhi dell'uomo che non stava più parlando
della pianta “O forse ho paura che lui stia davvero parlando
solo della pianta? Eru Ilúvatar dammi la forza! Sono stato
io ad allontanarlo, ed è giusto così, non posso
permettermi di avere certi pensieri, non posso permettermi di
cedere...”
Ancora una volta fu il bruno a interrompere il
momento così carico di sottintesi, forse meditando una
leggera vendetta o forse deciso a scalfire poco alla volta la
determinazione della preda, ma ora era lui a fare impazzire l'immortale
allungando la mano e ritraendola subito dopo.
-Allora Germoglio, pensi di restare qui tutto il
giorno o ti decidi a seguirci? Il sole già cala e visto le
tue doti di osservazione ho appena deciso che non ci fermeremo
finché non sarai tu a trovarci un riparo per la notte-
-Stai scherzando vero?- si riscosse immediatamente
dai pensieri
-Assolutamente no-
-Aspetta- allungando il passo per rincorrerlo -Non
puoi dire sul serio! Non ne sono in grado, vuoi farci ammazzare tutti?-
-Sai cosa cercare e la tua vista è
acuta, non imparerai mai a cavartela da solo se non ci provi-
-Pensavo di essere io quello che voleva morire,
agli altri non ci pensi?-
-Certo, quindi se non li vuoi sulla coscienza
smettila di lamentarti e comincia a cercare-
Stava sudando, erano giorni che camminavano in quel deserto e solo
adesso sudava, pensò mentre si asciugava la fronte con un
braccio, e tirava indietro i lunghi capelli che aderivano fastidiosi
alla pelle “Sono un elfo dannazione! Non sudo, non ho freddo,
non sono mai stanco!” eppure sudava e le gocce salate
scivolavano sulla fronte e gli annebbiavano la vista, ed era anche
l'unico a preoccuparsene, quando il capo aveva comunicato la sua
decisione l'unico commento era stata una pacca sulla spalla di Gimli
-A quanto pare è arrivato il tuo momento
ragazzo- gli aveva detto -Tranquillo ci siamo passati tutti, il capo
è convinto che sotto pressione si dia il meglio!-
“Che cosa significa! Non ho certo bisogno
di essere messo sotto esame da uno stupido mortale, io! E poi
perché diamine si ostinano a chiamarmi ragazzo! Dannazione!
Dannazione! Dannazione!”
-Chiudi gli occhi e respira- sentì
quella voce calda accarezzargli la nuca e immediatamente si
calmò, gli sembrava di essere tornato bambino mentre sua
madre gli insegnava paziente a muoversi furtivo
-Devi sentirlo il deserto, senti il vento, il sole
la sabbia, non ti sono nemici, non ti stai preparando a una battaglia,
cerca di rilassarti-
Aprì la bocca per parlare ma un dito fu
immediatamente posato sulle labbra facendolo tacere
-Chiudi gli occhi e respira- sussurrò
ancora mentre con la mano accarezzava lentamente il suo petto,
traendolo con delicatezza ferma verso di se -Rilassati-
“Se mi rilasso ancora un poco mi
cederanno le gambe”
-Guarda con gli occhi ma senti col cuore-
“Hai dimenticato che non ce l'ho, un cuore?” ma lo
sentiva battere, sentiva forte il cuore dell'uomo battere contro la sua
schiena, e sentiva il suo rispondergli
-Ora, apri gli occhi-
E vide, vide come non aveva mai visto prima, vide
come vedeva lui, vide la calda luce del sole, vide il vento e la sabbia
sempre in movimento, vide le ombre delle creste rincorrersi giocose,
sentì il profumo della salsedine portato da miglia di
distanza, e sentì la voce profonda della terra, il respiro
caldo della brezza, il canto melodioso della luce o forse erano le
sensazioni del corpo premuto dietro di lui
-Vedo- gli uscì in un singulto
-Ne ero sicuro- quella bocca calda premuta sulla
spalla sembrò ustionargli la pelle attraverso la stoffa.
Respirò profondamente cercando di
ritrovare un controllo che minacciava ogni momento di sfuggirgli
-Dovresti smetterla di scivolarmi silenzioso alle
spalle, quello è compito mio-
-E tu dovresti essere più attento, ma
vedo che ultimamente ti distrai facilmente-
-Solo perché tu non sei un pericolo,
anche se non ti sento arrivare il mio istinto sa che non ho nulla da
temere-
L'uomo sorrise a quella frase più di
quanto immaginasse, in realtà temeva che il suo
comportamento passato avesse reso l'immortale più cauto nei
suoi confronti, ma quell'ammissione ingenua fugava da lui ogni dubbio.
-Allora vai, Giovane Germoglio- scherzò
-Ora che puoi vedere, dirigi sicuro i tuoi passi-
Quando il corpo dell'uomo si staccò da
lui sentì improvvisamente freddo, un attimo di vuoto, come
se improvvisamente gli venisse a mancare una parte importante di
sé, e in quel momento per la prima volta maledisse la
decisione che lo aveva portato ad allontanare per sempre l'unica
persona che lo avrebbe mai fatto sentire completo, e si maledisse e
maledisse le sue paure per non aver rischiato in quella sfida
così grande contro se stesso, ma poi ricordò che
era stato per proteggere lui che lo aveva fatto, per proteggerlo da
quell'illusione di sentimento che non sarebbe mai riuscito a provare.
Ancora una volta, con uno sforzo che diventava ogni
giorno sempre più pesante richiuse la mente a quei pensieri
molesti, puntò gli occhi freddi sull'orizzonte e
ricominciò a camminare deciso, verso un rifugio che ora
sapeva dove trovare.
*Reirapedia
(ovvero la Wikipedia di Reira...NCA sta per Nuova Cronologia
di Arda)
Tolkien parla spesso dei Maiar rinnegati, alcuni li
conosciamo (Sauron, Ungoliant, i Balrog...) di altri non si sa nulla
quindi ho deciso di inventare... spero che il professore non me ne
voglia... ma visto quello che ho fatto alla sua povera storia, non
credo che se ne avrà a male per questo piccolo particolare,
comunque per placare il suo spirito ho attinto dalla mitologia nordica
alla quale lui stesso si è ispirato.
Each
Uisge era uno dei tanti Maiar che venne corrotto dalle
parole di Melkor, come Ungoliant non scelse una forma umana ma una
demoniaca (anno 449 NCA).
Viene descritto (da me ovviamente NdA)
come un gigantesco e mostruoso cavallo di tenebra e fuoco, la sua bocca
era munita di zanne aguzze e il suo alito era infuocato, il corpo
possente ma scheletrico mostrava le fiamme che incendiavano le sue
viscere ma non bruciavano i neri crini.
Poteva cavalcare nell'aria come nella terra, solo
l'acqua gli incuteva timore perché una profezia aveva
predetto che avrebbe trovato la morte quando le sue fiamme fossero
state spente dall'Acqua della Pietra.
Il Maia non sapeva cosa fosse l'Acqua della Pietra,
quindi, anche se la comune acqua non poteva spegnerlo, preferiva non
avvicinarsi troppo.
Ancalagon:
Signore dei Draghi e Primo drago alato di Arda, seguì Melkor
come il padre Glaurung,(fin
qui tutto normale... da adesso in poi vai con la Reirapedia)
ma alla morte di quest'ultimo (anno 498 NCA) si accorse dell'inganno
del Signore che preferì le Viverne ai Draghi cercando di
relegarli a una posizione di secondo piano.
Ora come tutti sanno i Draghi sono cupidi e
assetati di potere ma sopra ogni altra cosa sono liberi e orgogliosi.
Ancalagon già sopportava a malincuore il
giogo della tirannia e quello smacco fatto al suo orgoglio preferendo
le creature che da sempre erano acerrime nemiche gli diede il coraggio
di ribellarsi (Anno 511 NCA)
Abbandonò Morgoth prima dell'ultima
battaglia anche se gli altri della sua specie non vollero seguirlo, per
non dover combattere contro i suoi fratelli scomparve dalla Terra di
Mezzo nascondendosi in un luogo tuttora ignoto.
Si racconta che i Valar, per ricompensarlo del suo
gesto prima di fuggire benedissero le sue uova, dando vita alla stirpe
dei Draghi di Luce, quei Draghi che hanno le squame come metallo
lucente e che ancora oggi vivono liberi dalla tirannia del Dio/Re,
più intelligenti e forti dei loro compagni oscuri si tengono
però schivamente isolati ed è raro avvistarli.
CURIOSITA'
L'Each Uisge (letteralmente "cavallo marino"), che
si pronuncia ek-ooshkya, è uno demone marino. Conosciuto in
Irlanda col nome Aughisky, è molto simile al Kelpie ma
rispetto a quest'ultimo è ben più pericoloso.
L'Each Uisge aggredisce vittime innocenti nell'acqua e le divora.
L'Each Uisge è una creatura mutaforma
che si trasforma principalmente in un cavallo dalla folta criniera e
dalla lunga coda con un manto dal color nero.
Nella storia ho lasciato il nome Each
Uisge perché l'aspetto a cui mi sono ispirata è
quello anche in questo caso non si tratta di un demone dell'acqua.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
*CAPITOLO 21*
Si trovavano sull'orlo di uno strapiombo, l'altra
parete molto più in basso e distante,
più giù in profondità spumeggiavano le
acque tumultuose del Carnicelumë*, il rumore attutito dalla
distanza, sull'altro lato da qualche parte c'era l'affluente che
cercavano e quell'ostacolo era da superare assolutamente.
-Non possiamo scendere la parete e risalire come
abbiamo fatto col Celduin?- chiese stupita la ragazza -Qui è
anche più facile, vedete come è basso di la?-
-Non se ci teniamo alla vita, Rhawel, sai cosa sono
quelle grotte sparse sulla parete?-
-ehm... no?- inclinò il viso con
l'espressione imbarazzata di chi si sta domandando se la risposta che
ha dato è quella giusta
-Una tana, e a giudicare dal numero di ingressi di
una bestia molto grossa e antica-
-Augh... questo è male!-
borbottò il nano
-Molto male, ho paura che anche trovando un riparo
così vicino alla sua tana potrebbe comunque fiutare il
nostro odore-
-Quindi non abbiamo speranze? Dobbiamo combattere?
Non ho mai affrontato un avversario tanto grosso e pericoloso, devo
ammettere che potrei trovarlo stimolante anche se avrei preferito
evitarlo-
-Credimi, Legolas- pronunciò il nome con
un sorriso, ogni volta che pensava al compagno come Legolas e non
più come Esgalwath la tenerezza di quella parola gli
riempiva il cuore -Preferirei assolutamente evitarlo, non dubito delle
nostre abilità, ma un'Ombra Alata, soprattutto una antica e
potente è di gran lunga sopra ogni possibilità di
riuscita per un numero così misero di persone, fidati, le ho
viste all'opera-
-Posso usare la magia... Quella vera intendo-
propose a malincuore l'Istar
-E rivelare così a Morgoth la nostra
posizione? Se dovessi usare il tuo potere di Maia potresti sicuramente
sconfiggere il mostro, ma sai bene che qualunque Antico riconoscerebbe
immediatamente un simile uso di Magia... non voglio morire, ma non
è mia intenzione rivelare i nostri intenti se posso evitarlo-
-Allora cosa proponi, capo? Non mi sognerei mai di
mettere in dubbio la tua intelligenza ma come hai detto non abbiamo vie
d'uscita o mi sono perso qualcosa?-
-Una via c'è, Gimli, dobbiamo
attraversare, raramente cacciano dall'altra parte del fiume, dovremmo
essere relativamente al sicuro-
-Ah! Ma perché non ci abbiamo pensato
prima!- lo guardò come si guarda un folle -E ci sai dire
come? Visto che non possiamo scalare la parete e l'ultima volta che mi
sono guardato la schiena non avevo le ali?-
-Ci sto pensando, datemi un momento-
-Credo di aver già fatto questa domanda-
ridacchiò l'elfo -Rhawel non puoi raggiungere l'altra parte
con una freccia e una fune?-
-Non questa volta Gwath... scusa Legolas... devo
farci l'abitudine- sogghignò -E' troppo lontano anche per
me, troppo distante per un'unica corda, dovremmo legarne assieme due e
il peso trascinerebbe giù la freccia, nonostante il fatto
che essendo così basso mi farebbe guadagnare molti metri-
-E se disfassimo la corda? Metà
spessore, metà peso-
-In quel caso potrei provarci, anche se ti assicuro
che sarebbe il miglior tiro che abbia mai fatto, non sono certa di
riuscire-
-Sarebbe comunque inutile- si intromise
Tàr -Metà peso e metà spessore
significa anche metà resistenza, non sarebbe abbastanza per
farci passare-
-Non per me, sono sufficientemente leggero e agile
per farlo. Non mi sto vantando lo sai bene, non potrei provarci se non
fossi certo di riuscire- Mormorò l'ultima frase
sfiorando il Sigillo che ancora deturpava la sua spalla.
Poi alzò lo sguardo sostenendo sicuro
quello penetrante dell'uomo
-D'accordo-
-D'accordo?! Ma sei impazzito, capo? Non crederai
davvero che io mi faccia una passeggiata nel vuoto? No! No! E ancora
No! I nani non volano e non fanno gli equilibristi! Trovate subito un
altro modo!... Ehi, mi ascoltate? Ho detto che io non lo faccio! Avete
capito!-
Ma gli altri si erano già messi
pazientemente al lavoro, ridendo del suo sbraitare ben sapendo che alla
fine li avrebbe seguiti.
-Pronta?-
-Pronta- annuì decisa l'arciere
-Allora avanti, ragazzina, fammi vedere se sei
brava in qualcos'altro oltre che nel molestare elfi- gli
strizzò l'occhio il biondo
-Taci- sollevò il grosso arco e
lentamente cominciò a tenderlo “Certo che ne ha di
forza in quelle braccia sottili” continuò
finché l'elfo iniziò a pensare che potesse
spezzarlo, poi si fermò immobile con lo sguardo puntato
sull'altra sponda senza neppure battere le ciglia e attese, stava
sentendo il vento, aspettava il momento giusto per scoccare.
Quando finalmente lo fece trattennero tutti il
fiato osservando la corda srotolare veloce e la freccia filare dritta
raggiungendo la sponda opposta con ancora abbastanza forza da penetrare
nel terreno per trequarti della lunghezza.
-Diamine, ragazza, sei un demonio!-
fischiò il nano che pure conoscendola da molto tempo non
aveva mai visto un tiro simile
-Davvero niente male, ragazzina, sono quasi
impressionato- l'elfo alzò il sopracciglio guardandola
soddisfatto
-Solo quasi?-
-I complimenti li lascio agli altri... ora vado,
non abbiamo molto tempo-
-Fai attenzione-
-Sarà un gioco da ragazzi, ma nel caso
mi succeda qualcosa non dimenticarti la mia piantina, Estel-
-Non scherzare-
Come aveva detto non avevano motivo di
preoccuparsi, i suoi passi leggeri e agili curvavano a malapena la fune
mentre raggiungeva veloce l'altro lato e fissava il cavo più
grosso che si era trascinato dietro, facendogli segno di raggiungerlo.
La giovane lo raggiunse velocemente con una grazia
e un'agilità di poco inferiori alle sue, lo stregone la
seguì poco dopo, con passo più lento ma sicuro e
come tutti sospettarono una leggera dose di magia.
-Tocca e te, Gimli-
-Te lo scordi-
-Vuoi restare qui?-
-Meglio lo stomaco della bestia, che sfracellato la
in fondo-
-Se lo dici tu... allora io vado-
-Dannazione! Vado... Vado! Che razza di amici
siete! Ma lo scordate che al ritorno passi da qui!-
Si avvinghiò alla corda con gambe e
braccia trascinandosi avanti con una grazia da fare invidia a un
lombrico, imprecando in lingua nanica per tutto il tempo, frasi che se
anche non capivano avevano tutta l'aria di maledizioni.
-Ben fatto, amico- ironizzò l'immortale
quando finalmente li raggiunse.
-Non avvicinarti, tu, traditore-
borbottò scorbutico -Non me lo dimentico sai, che
è stata tua l'idea!-
Intanto anche l'umano aveva cominciato la
traversata, preferendo la forza delle braccia all'agilità
avanzava dondolando nel vuoto mentre i pettorali e i bicipiti si
gonfiavano per lo sforzo.
Quando fu quasi dall'altra parte sollevò
lo sguardo osservando stupito l'espressione preoccupata dell'assassino,
non l'aveva notata mentre erano gli altri a passare, gli angoli della
bocca si sollevarono in un sorriso di sfida, e, mentre lo vedeva
sbiancare e irrigidirsi, tese le braccia sollevando il corpo
all'altezza della corda, poi lentamente ruotò facendo salire
le gambe e restò sospeso per un istante a testa in
giù prima di piegare i gomiti e darsi uno slancio verso
l'alto che lo fece atterrare con un movimento perfetto sulla sabbia
rossa, tutto questo lo aveva fatto senza distogliere lo sguardo da
quella creatura immortale che aveva trattenuto il fiato, soffocando un
grido e ora lo osservava con malcelato disprezzo
-Sei impazzito?- sibilò -Potevi
ammazzarti-
-Preoccupato?- gli sorrise
-Certamente non per te, sciocco esibizionista. Mi
preoccupo per la missione-
Nonostante le parole dure quando girò le
spalle e si avviò per allontanarsi dal bordo del dirupo
cercando un rifugio prima che calasse la notte il sorriso dell'uomo si
allargò mentre gli occhi scintillavano soddisfatti.
Erano ormai calate le tenebre, l'ombra
oscurò le stelle sopra di loro, un brivido gelido li fece
appiattire contro le rocce sotto le quali si nascondevano, era la terza
volta che la vedevano passare e ad ogni passaggio era sempre
più vicina, purtroppo non si erano potuti allontanare molto
dalla tana, la notte era sopraggiunta veloce lasciandogli appena il
tempo di trovare una cresta rocciosa abbastanza ampia da nasconderli.
-Non avevi detto che non cacciano da questo lato
del fiume?- bisbigliò Rhawel
-Ed è così, non capisco cosa
la spinga a questo comportamento-
-Sta cercando qualcosa- mormorò l'elfo
senza staccare gli occhi dal cielo, in quelle condizioni era l'unico a
vedere bene nonostante il buio
-Sta cercando noi- annuì lo Stregone
-Temo che ormai la nostra missione non sia un segreto per Morgoth, deve
averle allertate-
-Non puoi esserne certo, magari essendo molto
antica ha solo allargato il suo territorio di caccia-
-Presto dovremo decidere, o la combatto o moriremo,
al prossimo passaggio sarà abbastanza vicina per fiutarci e
allora queste misere rocce non ci nasconderanno a lungo-
-Deve esserci un'altra soluzione, se sveliamo
troppo presto i nostri piani l'Imperatore Nero avrà tutto il
tempo per organizzare una difesa, non dobbiamo sottovalutare l'effetto
della paura creata quando le Nebbie si dissolveranno, non possiamo
concedergli il tempo di prepararsi. La missione viene prima di ogni
altra cosa-
-Se moriremo non ci sarà nessuna
missione, ragazzo mio-
-Silenzio... sta tornando- avvertì
l'assassino.
Come aveva previsto Mithrandir li aveva fiutati e
ormai volava in circolo sulle loro teste, in una spirale sempre
più stretta che li avrebbe presto condannati.
Ar-Agorn sfiorò la spada al suo fianco,
Narsil, il dono di chi aveva avuto fiducia in lui, osservò i
volti scuri dei compagni, anche loro avevano fiducia in lui, il peso
dell'Elendimir nascosto sotto gli abiti gli premeva sul petto, il
simbolo di una stirpe che aveva tradito la luce, non poteva succedere
ancora, la missione veniva prima di ogni altra cosa... lui era il capo
toccava a lui nascondere il segreto, era suo compito fare si che gli
altri potessero continuare.
Lentamente, molto lentamente sciolse la cintura,
Narsil scivolò silenziosa a terra.
-Fate in modo che venga impugnata con onore in
battaglia- mormorò ai compagni che si voltarono senza
capire, un sussurro che non era sfuggito neppure ai sensi acuti della
viverna che già cominciava a scendere.
Senza una parola, senza lasciare loro il tempo di
reagire o di fermarlo, uscì allo scoperto correndo veloce
verso il dirupo.
-Non muovetevi!- gridò nella notte
attirando su di se l'attenzione dell'Ombra Alata che scese in picchiata
protendendo i poderosi artigli verso di lui.
-Dannato eroe!- scattò l'elfo sconvolto
seguendolo così prontamente da lasciare tutti senza parole.
Ormai l'attenzione del mostro era concentrata
sull'uomo in fuga, lo raggiunse afferrandolo tra le zampe uncinate e si
sollevò con un battito d'ali per lanciarsi in basso verso la
tana.
Mithrandir, Gimli e Rhawel osservavano la scena
come se ai loro occhi il tempo avesse rallentato, la corsa veloce
dell'umano e dell'elfo li aveva lasciati indietro, tutto si era svolto
così rapidamente da non lasciargli il tempo di reagire, nel
fiocco chiarore lunare videro il loro amico scomparire con la creatura
oltre il crinale, videro la corsa forsennata dell'elfo spingerlo sempre
più vicino all'orlo del precipizio e quando mancavano solo
pochi passi a separarlo dal vuoto lo videro aprire le braccia, il nero
mantello che si allargava dietro di lui, pensarono che volesse
arrestare il suo slancio invece, puntando i pedi in un ultima spinta,
si lanciò nel vuoto dietro alla bestia.
Quando finalmente raggiunsero anche loro la rupe
tutto quello che riuscirono a vedere fu la viverna che precipitava
avvitandosi senza controllo verso le acque tumultuose ma dei compagni
non c'era traccia
-Ve lo giuro, se per qualche assurdo fato sono
sopravvissuti questa volta li uccido con le mie mani!-
imprecò la giovane mezzelfa -E guai a voi se provate a
fermarmi!-
-Io non ti fermo di sicuro! Anche se prego
Ilúvatar che siano vivi... ma cosa diamine hanno nella
testa?-
Lo stregone non stava ascoltando, continuava a
ripensare al salto dell'assassino senza riuscire a trovare una
spiegazione logica
-E' saltato- mormorò tra se
-Grazie, Mithrandir- rispose sarcastica -Lo abbiamo
visto tutti!-
-Non è possibile... Non doveva
saltare...-
-Anche questo è piuttosto evidente,
avere a che fare con un pazzo è già abbastanza,
due sono davvero troppi!-
-Non capisci Rhawel, non doveva essere fisicamente
possibile, il Sigillo, non avrebbe dovuto essere in grado di saltare-
-Per tutte le rocce degli Ered Luin! Come
è possibile?!-
-Non ne ho idea... non ho mai visto prima una cosa
del genere-
-Scusatemi, per quanto trovi interessanti questi
arcani problemi, credo che sarebbe opportuno decidere cosa fare. Quando
li troviamo... se sono vivi... vi lascerò il tempo di
interrogarli- poi sorrise malefica -Prima di farli fuori...-
-Io propongo di continuare per la nostra strada,
cercarli sarebbe inutile, potrebbero essere ovunque tra qui e il
mare... ma se sono sopravvissuti si dirigeranno certamente verso la
nostra meta, è per questo che Tàr ha attirato via
il demone... per darci la possibilità di continuare-
-Tàr è un'idiota, come poteva
pensare che avremmo accettato di vederlo sacrificare, non lo avremmo
mai permesso- singhiozzò la ragazza ora che la rabbia era
svanita
-E' per questo che non ci ha dato il tempo di
reagire, lo sapeva- mormorò tristemente il nano
-Ma stanno bene, vero?-
-Lo spero, dobbiamo sperare nella fortuna e nel
fato, ma sono fiducioso, il mostro è morto... e certamente
non di morte naturale- ridacchiò -Quindi sono sopravvissuti
abbastanza per ucciderla, e... chiamatemi ottimista...- sorrise il
vecchio -Ma non ce li vedo proprio quei due che muoiono per una caduta
in un fiume-
-No, decisamente non sarebbe cosa per loro morire
in un modo tanto banale-
Così tornarono a recuperare i bagagli,
trovando solo in quel momento la spada abbandonata a terra e
comprendendo le parole sussurrate prima di uscire, fu Mithrandir a
raccoglierla
-Verrà impugnata con onore, ma solo
dalla mano a cui era destinata-
Gli altri annuirono solenni poi osservando i due
zaini senza padrone vennero nuovamente colti dalla malinconia, che
però trattennero incamminandosi rapidi verso est, non
dovevano perdere la speranza, avrebbero riabbracciato presto gli amici,
ma mentre camminavano in silenzio ognuno pregava a modo suo che fosse
vero.
-Dobbiamo ricordarci la piantina di Gwath- dopo ore
di silenzio la voce di Rhawel li sorprese
-Cosa?- domandò il nano
-La piantina di Legolas... Tàr ci
resterebbe molto male se dovesse morire-
Non sapeva perché, ma improvvisamente
quel misero vegetale era diventato estremamente importante, quel
piccolo ammasso di rami brulli con un unica gemma verde la legava agli
amici, da quella foglia Gwath aveva scelto il suo nuovo nome, la stessa
che Tàr aveva promesso di curare e ripiantare in un luogo
migliore, nel suo cuore sentiva che se l'avesse salvata allora i suoi
amici sarebbero tornati a riprenderla, quindi si ripromise di
prendersene cura finché l'uomo non fosse ricomparso e avesse
ripreso quel compito.
Intanto continuavano a camminare e già
un giorno era passato senza trovare traccia dei dispersi, si
accamparono sconsolati senza premurarsi di proteggersi, ormai il
pericolo viverne era lontano ma i loro cuori non ne trovavano sollievo.
A metà del secondo giorno, il rumore
dell'acqua anticipò la scoperta dell'affluente, scorreva
limpido tra le sabbie e una sottile linea verdeggiante che aveva
strappato al deserto, la strada era comoda e sicura, senza lo spettro
della sete e della calura, la loro meta era vicina, ma non riuscivano
ad allertare il passo nella paura di allontanarsi troppo da chi aveva
bisogno di loro, ma con la speranza di procedere nella giusta direzione
per incontrarli.
NOTE
Carnicelumë
“Torrente Rosso”: il fiume esiste (sulle cartine di
Tolkien c'è), il nome l'ho inventato perché non
è segnato da nessuna parte... e vi assicuro che non esiste
davvero quel nome, ho mandato mail a destra e a manca ai più
accreditati siti tolkeniani italiani e stranieri... la risposta
è unanime, quel maledetto fiume non ha un nome! Mi hanno
anche consigliato “per scrupolosità” di
inventarne uno che avesse a che vedere con quei monti (Orocarni) da cui
ha origine per renderlo più veritiero, da qui
“Carnicelumë”.
Quindi se qualcuno potesse smentirmi
è pregato di farlo e mi premurerò di informare i
“cervelloni” della notizia :D
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Capitolo 22 ***
*CAPITOLO 22*
Mithrandir, Gimli e
Rhawel osservavano la scena come se ai loro occhi il tempo avesse
rallentato, la corsa veloce dell'umano e dell'elfo li aveva lasciati
indietro, tutto si era svolto così velocemente da non
lasciargli il tempo di reagire, nel fiocco chiarore lunare videro il
loro amico scomparire con la creatura oltre il crinale, videro la corsa
forsennata dell'elfo spingerlo sempre più vicino all'orlo
del precipizio e quando mancavano solo pochi passi a separarlo dal
vuoto lo videro aprire le braccia, il nero mantello che si allargava
dietro di lui, pensarono che volesse arrestare la corsa invece puntando
i pedi in un ultima spinta si lanciò nel vuoto dietro alla
bestia.
Si lanciò in avanti con le braccia
allargate e i pugnali lucenti stretti nei pugni, il mantello che
sbatteva dietro di lui come le ali di un oscuro angelo.
Vedeva la distanza tra lui e la preda diminuire
mentre la sua picchiata prendeva velocità e il bestia
frenava la discesa per entrare nella tana, quando mancavano solo pochi
metri si girò in volo portando in basso le gambe e mentre
impattava violentemente il dorso scaglioso già le lame
affondavano inesorabili nel lungo collo.
Un grido disumano raggelò il sangue
prorompendo dalla bocca deforme che scattava indietro per liberarsi di
quel nuovo aggressore ma, mentre il grido ancora echeggiava nella gola,
l'assassino rotolava di lato liberando un'arma e schivando il letale
attacco.
Rimase sospeso ondeggiando nel vuoto in balia del
mostro impazzito per il dolore con l'unico appiglio dell'acciaio ancora
profondamente conficcato nella carne protendendosi verso il compagno
privo di sensi, appena un attimo prima che gli artigli mollassero la
presa riusci a raggiungerlo cingendolo col braccio libero.
Il peso congiunto dei due fece penetrare
maggiormente la lama, che, trascinata assieme a loro verso il basso,
squartava lentamente pelle, tendini, e arterie in una pioggia di sangue
nero che sgorgava inarrestabile.
In un ultimo spasmo la creatura riuscì
finalmente a scrollarsi di dosso l'assalitore, ma era troppo tardi per
salvarsi con le ali aperte e senza più grazia ne forze
cominciò ad avvitarsi e precipitare inesorabile verso le
acque che già avevano inghiottito l'elfo e l'umano.
La corrente impetuosa li catturò
immediatamente, senza dare neppure il tempo di rifiatare dopo la
caduta, venivano trascinati e sballottati senza riuscire a opporre
resistenza, la lotta dell'immortale contro la forza del fiume, col
corpo dell'uomo ancora stretto in una morsa di ferro, una presa
disperata nella paura di perderlo, e in quel momento fu proprio la
forza della disperazione a dargli energia sufficiente per non venire
trascinato a fondo dal peso morto del compagno, annaspando per restare
a galla e portandosi faticosamente, rubando ostinatamente al fiume
metro dopo metro, fino alla riva.
Arrancò esausto sull'arenile trascinando
il corpo esanime e crollando sfinito col viso nella sabbia e il braccio
ancora protettivamente posato sul petto del
númenóreano, si concesse solo un istante prima di
risollevarsi, strisciando verso le labbra immobili, e soffiare in lui
la sua vita, una volta, una seconda, una terza mentre il panico di
averlo perso rischiava di sopraffarlo finalmente senti il torace
contrarsi e il corpo sussultare alla ricerca d'aria mentre tossendo
espelleva l'acqua del fiume.
Lo chiamava, non riusciva ad articolare altra
parola che non fosse quell'unico sussurro “Estel”
con la paura di aver fallito, il terrore di averlo perso
“Estel”
-Legolas- la voce era così flebile che
per un momento pensò di averla immaginata ma quando
sollevò lo sguardo si trovò a specchiarsi in
quelle iridi profonde illuminate dal sorriso dell'uomo
-Legolas- ripeté con voce leggermente
più chiara respirando ancora a fatica
Fu solo quando scorse quel sorriso che la
disperazione si tramutò in rabbia, quella rabbia assurda che
nasce in un animo devastato dal terrore
-Maledetto stupido bastardo mortale! Che cazzo
credevi di fare!- lo aggredì
-Avevo un piano- rispose debolmente tossendo ma
senza smettere di sorridere
-Certo aveva un piano lui!- gridò
esasperato
-Se fossi riuscito a saltare, e non mi fossi
schiantato sulle rocce avrei potuto nuotare fino alla riva e sarei
riuscito a distogliere l'attenzione dell'...- non riuscì
però a finire la frase che un nuovo attacco di tosse lo
sopraffece, a dispetto delle parole dure sentì
immediatamente le mani calde che lo afferravano carezzandogli
dolcemente la schiena finché l'attacco non fu passato
-Un piano schifoso, saremmo potuti morire entrambi-
ribatté allora, ma con minor foga
-Sei saltato-
-Non mi hai lasciato una cazzo di scelta-
-Come hai fatto?-
-Come vuoi che abbia fatto! Mi sono spinto e
giù!-
-Legolas- sorrise scoprendo che in quel momento la
frustrazione dell'elfo era tale da non capire l'ovvio -il Sigillo-
-Io non ci pensavo...- spalancò gli
occhi -L'idea di morire non mi aveva neppure sfiorato in quel
momento...Non capisco... so solo che volevo raggiungerti, non pensavo a
nient'altro...- si interruppe ansioso quando si accorse che l'altro
stava perdendo nuovamente i sensi
-Estel! Stai bene, sei ferito!-
-Non è nulla, solo un graffio... tra
poco starò bene... aiutami ad alzarmi, dobbiamo raggiungere
gli altri-
-Sei sicuro di farcela?- chiese preoccupato
-Davvero, sto bene, solo un po' di debolezza-
-Sai dove siamo?-
-Sicuramente troppo a valle, dobbiamo tornare
indietro...- aveva fatto solo pochi passi e già rischiava di
finire a terra se una presa forte non lo avesse immediatamente sorretto
-Devi riposare, non puoi andare avanti in questo
stato-
-No- rispose fin troppo secco -Aiutami, dobbiamo
andarcene da qui-
Pensando che fosse la paura di nuovi attacchi a
spingerlo, l'elfo acconsentì a proseguire aiutandolo a
camminare.
Avanzavano lentamente nel deserto arroventato, ma
nonostante il calore l'immortale poteva sentire i brividi che
scuotevano il corpo muscoloso che si sorreggeva a lui con forza
maggiore passo dopo passo finché non lo senti accasciarsi
svenuto
-Maledizione Estel! Cos'hai?- Non riusciva a
capire, eppure non c'erano ferite profonde e lui era un uomo forte
perché non si riprendeva
-Fr... Freddo... Ho... Tanto... Freddo...-
Lo sentiva tremare scosso da brividi di febbre e
non sapeva cosa fare
-Maledetto mortale, svegliati! Estel ti prego dimmi
cosa devo fare!- Lo stringeva forte nella vana speranza di scaldarlo
col suo corpo, la dove il sole infuocato non ci riusciva.
-Ve...Veleno- mormorò con voce appena
udibile
“Dannazione!” in quel momento
la gioia di vederlo vivo gli aveva fatto dimenticare che il veleno
delle Ombre Alate era tra i più letali che esistessero, lo
aveva usato nella sua vita precedente, poche gocce bastavano per
sterminare intere famiglie, i suoi fornitori avrebbero avuto
l'antidoto, ma non c'era nessun fornitore in quel dannato deserto
-Dimmi come posso curarti ti prego, non mi
lasciare... Estel!... rispondimi!...- ma non rispondeva -Non osare
morirmi tra le braccia mi hai sentito!- gridò -Se provi
anche solo a pensarlo ti uccido- il sussulto di un tentativo di risata
gli diede speranza
-Estel ascoltami, ascoltami ti prego, non mollare
proprio adesso... parlami-
-Mithrandir... Athelas...-
“L'Athelas!” era vero glielo
aveva detto, poteva curare i veleni, prese dalla tasca quella piccola
piantina che aveva raccolto nel prato, gli era sembrata tanto bella ma
ora appariva così piccola, troppo piccola, e non sapeva come
usarla, se solo ci fosse stato lo Stregone, era sicuro che persino
Gimli e Rhawel avrebbero saputo cosa fare ma era solo lui e quella
dannata manciata di foglie e doveva fare qualcosa altrimenti lo avrebbe
perso... chiudendo gli occhi per la paura di sbagliare la mise in bocca
masticandola lentamente e la spalmò su ogni segno che gli
artigli avevano lasciato poi attese, stringendolo forte e pregando, non
aveva mai pregato prima, non sapeva neppure a chi pregare, non di certo
la Nera Signora, non lo aveva mai ascoltato prima e aveva il terrore
che non lo ascoltasse neppure questa volta mentre pregava che non si
avvicinasse, che non lo portasse via.
Pregò i Valar, se davvero esistevano, li
pregò di proteggerlo perché lui aveva rischiato
tutto per loro, pregò il Fato, che lo aveva messo su quella
strada e non poteva toglierlo prima del tempo, pregò Eru
Ilúvatar e gli Spiriti della Natura che il
númenóreano tanto amava.
Quando ebbe finito lacrime e preghiere si
alzò prendendolo tra le braccia e cominciò a
camminare verso Est, avrebbe trovato il fiume e la sorgente e gli
amici, loro lo avrebbero salvato, doveva solo resistere ancora un poco.
Nei rari momenti in cui la coscienza riaffiorava,
sentiva che si stavano muovendo, non poteva essere possibile, di certo
non lo stava portando tra le braccia attraverso il deserto, doveva
essere morto e finito in paradiso, anzi era certamente così
dal momento che era tra le braccia del suo elfo e gli sembrava di
vedere le sue labbra muoversi in una litania “Non mi
lasciare” ma se era morto perché si sentiva
bruciare dalla febbre, e perché Legolas era con lui, non
poteva essere morto anche lui, era morto per colpa sua? Era morto per
salvarlo? Eppure gli sembrava di ricordare che stesse bene... forse era
stato ferito anche lui e il veleno lo aveva ucciso... no...
più probabilmente era solo un sogno, un delirio dovuto alla
febbre... eppure era certo di sentirlo “Estel, non mi
lasciare” Dannazione! Proprio ora gli toccava di morire?!
Provò a chiamarlo, voleva vedere un ultima volta i suoi
occhi prima della fine, ma la voce non voleva uscire “Non
voglio lasciarlo, Non voglio morire” pensava prima che la
febbre lo riportasse nell'oblio.
Poi si risvegliava e ricominciavano i pensieri,
quanto tempo era passato? Perché era ancora vivo? Era
davvero tutto reale?
Quattro giorni, quattro giorni ininterrotti di
cammino, ormai la borraccia pendeva desolatamente floscia dalla
cintura, non avevano più acqua, ne restavano solo poche
gocce, ma non le avrebbe toccate, non le toccava da tempo ormai, aveva
smesso di bere quando aveva capito che non ce ne sarebbe stata
abbastanza per entrambi, la conservava per lui, lui ne aveva
più bisogno.
Non poteva perdere tempo a cercarne altra, ogni
minuto, ogni attimo era importante, lui non aveva bisogno di bere,
almeno non quanto l'uomo, era un elfo, un'immortale, era forte e aveva
sopportato di peggio, doveva solo continuare a camminare, senza pensare
alla sete o alla fame o al caldo e alla stanchezza, doveva pensare a
lui... solo a lui... al suo corpo che respirava a fatica,
così caldo da scottarlo più del sole.
Vagamente, solo una sensazione lontana, sentiva
qualcosa che bruciava sulla spalla, aveva come l'impressione che fosse
importante, ma non aveva ne il tempo ne le forze per curarsene.
Col passare del tempo i momenti in cui era lucido
diventavano sempre più radi, se ne accorgeva, si accorgeva
quando i suoi occhi si aprivano e lo cercavano, ma non aveva il
coraggio di abbassare lo sguardo, non voleva vedere il momento in cui
la luce li avrebbe abbandonati, ricordava bene com'era, lo aveva visto
la prima volta a dieci anni quando aveva guardato spegnersi gli occhi
di sua madre, non poteva sopportare di vederlo di nuovo, non quegli
occhi, non gli occhi che lo avevano incatenato fin dal primo istante.
Solo ora che rischiava di perderlo si rendeva conto
della follia di negare quello che sentiva, non li aveva aiutati per
soldi, non li aveva seguiti per onore, non lo aveva odiato per le sue
azioni, era sempre stata colpa di quegli occhi, quegli occhi che lo
facevano sentire nudo e indifeso, protetto e amato... quegli occhi che
lo avevano incatenato la prima notte mentre i compagni lo colpivano
alle spalle, quegli occhi che lo piangevano mentre cadeva ferito nella
Torre, che lo scrutavano tra la folla dello zoo, che lo curavano quando
era immobile e muto, quegli occhi terrorizzati mentre precipitava,
felici del suo ritorno, ridenti mentre giocavano... non poteva... no...
non poteva guardare quegli occhi che si spegnevano
“Non mi lasciare”
-Lasciami- appena un sussurro, ma nonostante ogni
sillaba marchiasse a fuoco la sua gola doveva trovare la forza di
parlare
La lucidità era tornata prepotente,
superando deliri e febbre, nel momento in cui la vista appannata si era
posata sulla figura del suo elfo.
Si era sentito cadere a terra “Gwath non
cadrebbe mai” pensò ma stava cadendo, e nonostante
la debolezza l'unico pensiero dell'immortale era quello di proteggerlo,
si era trovato così praticamente disteso, con l'altro
inginocchiato sopra di lui, una mano lo teneva ancora stretto forte a
se mentre con l'altra si sosteneva al terreno, lo sentiva ansimare
mentre una cascata di capelli biondi gli ombreggiava il viso.
Lo adagiò delicatamente prima di aprire
la borraccia e far cadere le ultime preziose gocce sulle sue labbra
-Mi dispiace, non è molta- quella voce
quasi più debole della sua lo aveva costretto ad aprire gli
occhi e quello che aveva visto era stato più forte di ogni
delirio, di ogni febbre e veleno.
Lo stava uccidendo, a stento aveva riconosciuto la
creatura perfetta che ricordava, la pelle candida sporca di polvere e
ustionata dal sole con le guance rigate di lacrime, gli occhi infossati
e arrossati per la stanchezza, i suoi meravigliosi capelli sporchi e
arruffati, e le labbra, quelle labbra perfette, tese e spaccate per la
sete.
A fatica aveva sollevato la mano carezzandogli la
guancia e costringendolo ad incrociare il suo sguardo
“Finalmente posso vederli, i tuoi
bellissimi occhi, ora so che non sono una finzione, sono il mio cielo,
il cielo in cui potrò perdermi e lasciarmi andare
felice”
E col ricordo di quel cielo azzurro aveva chiuso i
suoi e sussurrato
-Lasciami-
-No- era quasi un lamento
-Hai fatto tutto quello che potevi, morirai con me
se continui ancora-
-No... No... No...-
-Legolas, ascoltami- sentiva le forze scivolare
via, ma doveva resistere, doveva riuscire a farlo ragionare -Non ha
senso, devi lasciarmi, salvati almeno tu-
-Non ti lascio-
-Devi...- no, non poteva mollare adesso -Devi
raggiungere gli altri... li devi... aiutare... la missione...-
-Non me ne importa un cazzo della missione!-
gridò -E tu non morirai, mi hai capito, grosso stupido
testone mortale! Non morirai! E ora stai zitto e risparmia le forze e
non mollarmi perché io non ti lascio! Ascoltami bene, Non Ti
Lascio! Che si fotta la missione e tutto il resto... E' la tua missione
e tu la porterai a termine! Non ti lascio...- finì tra le
lacrime
Nonostante la certezza che il suo tempo stesse per
scadere si ritrovò a sorridere
-Allora... ti importa... almeno un po'... di me...-
riuscì a dire prima di ricadere nell'incoscienza
-Dannato idiota! Certo che mi importa- lo
accarezzò dolcemente -Se hai architettato tutto questo per
costringermi ad ammetterlo hai vinto... Mi importa, sei contento, hai
vinto ancora tu, ma non lasciarmi ti prego, resisti ancora...- ma
l'uomo non poteva più sentirlo.
-Guardate!- la vista allenata dell'arciere aveva
scorto prima degli altri la minuscola macchiolina nera che si muoveva
all'orizzonte
-Che io sia dannato! O quello è lo
scarafaggio più grosso che abbia mai visto o il nostro
Gwatheg ci sta venendo incontro! Siano benedette quelle vesti nere che
lo fanno spiccare come una mosca sulla farina-
-Devono stare bene se si sono mossi così
veloci, avevano molta più strada di noi da percorrere-
sorrise il mago
Con il cuore leggero come non era da giorni si
incamminarono per raggiungere gli amici, ma mentre la distanza
diminuiva si resero conto che qualcosa non andava, ormai avrebbero
dovuto scorgere l'alta figura dell'uomo a fianco dell'elfo e si
muovevano troppo lentamente.
Finalmente, quando furono più vicini,
poterono vedere il loro amico esanime stretto fra le braccia
dell'assassino che non era in condizioni migliori nonostante
continuasse a muoversi
-Eru Ilúvatar! Deve averlo portato per
tutto il tempo!- bisbigliò il nano
Si erano fermati di fronte al biondo che nonostante
avesse arrestato i suoi passi non dava segno di riconoscerli
-Legolas, sei al sicuro, ora ci pensiamo noi-
Si lasciò avvicinare ma non accennava a
lasciare l'uomo, continuava a muovere le labbra senza che ne uscisse
alcun suono “M'importa” sembrava ripetesse
-Cosa significa?-
-Sta delirando, ha la febbre alta, è
esausto e disidratato, è un miracolo che stia ancora in
piedi- Mithrandir gli sfiorò la fronte che scottava poi
parlò dolcemente
-Va tutto bene, Gwatheg, ci pensiamo noi, sei stato
bravo, l'hai portato al sicuro-
-Veleno... Athelas... io...io... non sapevo cosa
fare...- finalmente un barlume di lucidità parve tornare nel
suo sguardo
-Sei stato bravo, gli hai salvato la vita-
continuò dolcemente il vecchio -Ora però devi
lasciarlo, ci penso io a lui, starà bene te lo prometto-
Finalmente allentò la presa lasciandolo
alle loro cure, ma mentre lo allontanavano ancora la mano indugiava,
scivolando sul suo braccio, fino a intrecciare le dita, solo quando
anche quell'ultimo leggero contato cessò crollò
privo di sensi afferrato prontamente da Gimli.
-Non so chi dei due sia in condizioni peggiori?-
osservò la ragazza
-Li rimetteremo in piedi entrambi, Gimli, tu porta
Tàr, noi pensiamo a Gwath, per prima cosa dobbiamo toglierli
da questo sole-
-Melkor Divino! Mithrandir guarda!- mentre gli
sollevava il braccio per passarlo sulla spalla l'occhio della giovane
era stato attirato dalla tunica strappata sulla la spalla, ma non era
strappata era bruciata e sulla pelle esposta il Sigillo brillava
infuocato
-L'ha fatto di nuovo, vero? Questo coso non avrebbe
dovuto permettergli di portare Tàr mettendo in pericolo la
sua vita-
-Sì, l'ha fatto di nuovo, e molto a
lungo questa volta-
-Deve avergli fatto un male infernale!-
-Credo non se ne sia reso neppure conto, non
sarebbe potuto andare avanti se si fosse fermato a pensare-
-Da quello che mi avete detto su questa magia non
sarebbe dovuto andare avanti comunque-
-In verità credo che il Sigillo non si
sia mai realmente attivato, stava dando un segnale di pericolo, assi
potente invero, come vedi... ma si gli avesse realmente ordinato di
fermarsi avrebbe dovuto farlo-
-Come te lo spieghi?-
-Molto ci ho riflettuto dopo il salto e sono giunto
a un'unica conclusione, ossia che il Marchio è molto
più intelligente del nostro ragazzo e sapeva che per la sua
salute sarebbe stato peggio perdere quell'uomo-
-Pensi che lui non l'abbia ancora capito?-
-Non questa volta, questa volta l'ha capito, non
hai visto come lo stringeva? La domanda da porsi è,
sarà in grado di ammetterlo?-
Si era risvegliato lentamente, la mano della
mezzelfa posata sulla sua guancia, gli occhi fissi sul suo viso, per
un'istante era tornato indietro, a un altro tempo in cui era debole e
ferito, com'erano cambiate le cose, la stessa mano che lo aveva
schiaffeggiato ora lo carezzava dolcemente, quegli occhi che lo
avrebbero ucciso lo osservavano colmi di premura illuminandosi in un
sorriso quando si accorse che era sveglio
-Ci hai fatto preoccupare sai?- gli
sollevò il capo facendogli bere un liquido esageratamente
dolce
“Già, era proprio cambiato
tutto”
-Estel?- chiese debolmente
-Sta bene- sorrise ancora di più -Una
volta eliminato il veleno si è ripreso velocemente ora sta
riposando, d'altra parte lui non aveva camminato per giorni nel deserto
senza cibo ne acqua, portando un grosso e stupido umano-
-Non avevo altra scelta- mormorò
Lei gli accarezzò di nuovo la guancia
-Certo che l'avevi, avresti dovuto lasciarlo, se lo sarebbe meritato
dopo quello che ha combinato- lo disse anche se era chiaro il sollievo
di poterli riavere entrambi -Ti sei reso conto di quanto sei andato
vicino a morire? Mi si è quasi fermato il cuore quando ti ho
visto-
-Mi dispiace... come ci avete trovati?-
-Non lo ricordi? Sei stato tu a trovare noi, stavi
venendo verso l'accampamento quando vi abbiamo visto-
-Non ricordò nulla dopo che lui ha
chiuso gli occhi... diceva che non c'era più nulla da
fare... che non potevo salvarlo... poi... poi non mi ha più
risposto... credevo che mi avesse lasciato- stava per crollare ancora
se le mani della giovane non si fossero strette sulle sue impedendogli
di andare alla deriva nel dolore
-E invece no, sei stato incredibile, non capisco
neppure come ci sei riuscito ma gli hai salvato la vita e te ne
sarò grata per sempre-
In quel momento furono interrotti da un'ombra che
oscurava l'ingresso della grotta, e dal rumore dei rami che Gimli aveva
raccolto per il fuoco che cadevano
-Sia ringraziata la Roccia! Ti sei svegliato
finalmente!- esclamò prima di abbracciarlo con forza -Ci hai
fatto morire di paura! Non provarci mai più!-
-Posso assicurarti che non intendo ripetere
l'esperienza- sorrise debolmente, gemendo per la stretta troppo
vigorosa sul suo corpo ancora fragile
-Hops, scusa- lo lasciò imbarazzato
-Tàr sarà felice, chiede di te ogni volta che si
sveglia, credo si senta in colpa, e fa bene!-
-Non dovreste essere così duri con lui,
era convinto di fare la cosa giusta... aveva un piano-
ridacchiò
-Cosa fai? Ora lo difendi? Per la barba di Durin!
Davvero le ho sentite tutte! Comunque non siamo duri con lui, il piano
originale era di prenderlo a calci, ma ci limitiamo a qualche battuta,
giusto perché capisca quanto siamo felici di riaverlo con
noi... Ma scusaci, ti stiamo affaticando, dovresti riposare-
-A quanto dite ho riposate per giorni, mi dareste
una mano ad alzarmi?- chiese con voce ancora malferma
-Otto giorni per la precisione... e dove vorresti
andare?-
-C'è un fiume qui vicino, lo sento, ti
prego Rhawel ho bisogno di un bagno, sono in condizioni orrende-
L'aveva sognato così tante volte mentre camminava, un fiume,
acqua fresca che portava via il sudore, la sabbia, il calore, come
cambiano le priorità quando si sta per morire, in quel
momento non gli interessavano tesori o ricchezze, avrebbe dato
qualunque tesoro in cambio di un umile bagno, e ora poteva sentirlo, il
gorgoglio dell'acqua che correva, ed era vicino, tanto vicino.
Il nano scoppiò a ridere -Ah, ragazzo
mio, va bene essere sempre perfetti, ma non hai neppure la forza di
parlare e la tua unica preoccupazione è lavarti?-
-Solo acqua, tanta acqua... non sapete quanto l'ho
sognata...- si sforzò di spiegare
-No, non lo sappiamo ma possiamo immaginarlo, mi
dispiace, capisco quanto puoi desiderarlo ma non sei ancora in
condizioni di alzarti - rispose semplicemente la donna, poi aggiunse
-Forse non ti rendi conto com'eri ridotto quando ti abbiamo trovato,
allora si che eri in condizioni orrende, non ho intenzione di farti
alzare, ora chiudi i tuoi occhioni imploranti, riposi e ti rimetti in
forze, quando tornerà Mithrandir, se sarà
d'accordo potrai fare il tuo bagno-
-Agli ordini Signora...- annuì
mestamente, si rendeva conto anche da solo di non avere le forze per
alzarsi, riusciva a malapena a parlare, ma ci aveva sperato tanto -A
proposito dov'è Mithrandir?-
-Sulle montagne a cercare altre erbe, tra tutti e
due avete esaurite le nostre scorte-
-Rhawel- mormorò mentre già
la debolezza prendeva il sopravvento riportandolo nel mondo dei sogni
-Ero ridotto davvero così male?-
-Sì- rispose dolcemente mentre gli
sistemava le coperte e tornava a carezzargli il viso -Lo dicevo
seriamente, abbiamo davvero temuto il peggio, forse non te ne rendi
conto, eri al limite delle forze, disidratato, coperto di ustioni e con
la febbre alta, hai delirato per giorni... non scherzavo quando dicevo
che sei stato più vicino alla morte tu che Tàr...
ma non importa, ora stai meglio, è questo che conta-
I lineamenti dell'elfo si distesero in un dolce
sorriso mentre lasciava che il sonno avesse la meglio
-Lui è vivo, è questo che
conta- sussurrò a fior di labbra, ma sia la ragazza che il
nano avevano sentito e ora guardavano soddisfati e felici i due
compagni addormentati.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** Capitolo 23 ***
*CAPITOLO 23*
La seconda volta che si svegliò si sentiva molto meglio, e
ancora di più quando si accorse che la mano che lo stava
sollevando aiutandolo a bere non era quella sottile e delicata della
mezzelfa ma un'altra più grande e calda.
-Estel?-
-Grazie- rispose l'uomo
-Estel?... Stai?...-
-Bene- concluse l'altro per lui -Non avresti dovuto
farlo, non mi sarei mai perdonato se ti avessi ucciso... stavi
così male quando mi sono svegliato...
-Sono felice di averlo fatto-
-Ma...-
-... ti assicuro che ho passato di peggio e senza
le cure amorevoli di nessuno- in realtà non era vero, era
stato punito, era stato ferito, ma se doveva credere a quello che gli
avevano detto non era mai stato tanto vicino alla morte, tuttavia non
era necessario che lui lo sapesse... ora che ci pensava si rese conto
di non aver invocato la Nera Signora neppure una volta, c'era andato
più vicino che mai ma non l'aveva cercata.
Sorrise
-Chi devo ringraziare per questo sorriso?-
-Mi sono appena reso conto di non voler morire-
-Lo spero bene!-
-Credo che sia colpa vostra-
-Di questo non mi dispiaccio, e non credo lo
faranno neanche gli altri-
Rimasero in silenzio entrambi guardandosi
intensamente, erano successe tante cose ma nessuno trovava il coraggio
di parlarne, anche se per diversi motivi.
Fu il bruno a spezzare quel silenzio pesante
-Legolas, cos'è successo?-
-Stavi morendo, quando hai nominato l'Athelas mi
sono ricordato che quel giorno nel prato avevi fatto cadere una
piantina e io l'avevo raccolta, la tenevo ancora in tasca... non era
molta, ma è stata sufficiente a rallentare il veleno-
-Non era questo che intendevo, Mithrandir mi aveva
detto che avevi usato la Foglia del Re, anche se non capivo dove
l'avessi trovata... Ma non era questo che intendevo, io non ricordo
chiaramente ma so che è successo qualcosa, ti prego non
negarlo... vorrei dirti tante cose, chiederti tante cose... ma non so
neppure come cominciare-
-Non lo fare- mormorò -Ti prego non lo
fare, non pormi domande alle quali non saprei rispondere... Ti prometto
che parleremo di quello che è successo, ma non ora...
Scusami, ho bisogno di capire io per primo cosa è successo
prima di rispondere alla domanda che so già mi porrai-
Invece di rabbuiarsi l'uomo gli sorrise
-La risposta che mi hai dato è
già più di quanto sperassi, ho promesso che non
ti avrei più cercato e non sarò io a farlo-
La frase dell'umano lo aveva turbato, non capiva
cosa significasse che era più di quanto sperasse, in cosa
sperava? E cosa significava che non sarebbe stato lui a cercarlo?
Possibile che intendesse dire che se si fosse fatto avanti non lo
avrebbe respinto? Possibile che dopo che gli aveva mostrato la parte
peggiore di sé quell'uomo ancora non lo disprezzasse?
Possibile che nel profondo non avesse mai smesso di pensare a lui?
La domanda che gli aveva fatto nel deserto
“ci tieni a me?” lo aveva fatto sperare di avere
ancora una possibilità, ma non era certo che fosse stata
reale, stava male, forse l'aveva solo sognata... Ma ora... Forse
davvero aveva ancora quella possibilità... Sarebbe stato in
grado di usarla? Avrebbe avuto il coraggio di rischiare? “Non
ora” pensò “Ho bisogno di un momento per
respirare, ho appena scoperto di avere un cuore, sono davvero pronto a
farmelo spezzare se mi stessi sbagliando? Ma ho forse altra scelta? Non
si stava comunque spezzando al pensiero di perderlo? Non era il mio
cuore che batteva in quel deserto, ma il suo, se avesse smesso di
battere anche il mio si sarebbe fermato, lo sapevo, era questo che mi
faceva andare avanti, se si fosse svegliato in quel momento gli avrei
gridato tutto quello che provavo...
Ma cosa provo in realtà? E' questo
l'amore? Non è bello come nelle canzoni, fa male, nelle
canzoni è gioia, non dovrebbe fare male... Forse
è colpa mia, non ne sono capace, è come quando mi
trovavo nei boschi e non sapevo cosa dovevo ascoltare, ho imparato a
conoscere la voce della foresta, posso imparare anche quella di questo
cuore sciupato? E chi mi aiuterà questa volta? Devo fidarmi
ancora di lui e mettermi nelle sue mani perché mi guidi
nuovamente?”
Il númenóreano poteva quasi
vedere tutti quei pensieri su quel bellissimo volto, e il suo cuore
saltava di gioia perché il momento che attendeva stava per
arrivare, gli sembrava di sentire il rumore di tutte le barriere che si
sgretolavano, ma doveva fare attenzione, era il momento più
delicato, un solo errore e lo avrebbe perso per sempre, capiva quanto
avesse bisogno di respiro meglio di lui, poteva vedere le domande che
in quel momento di debolezza rischiavano di sopraffarlo, se si fosse
spaventato si sarebbe chiuso nuovamente
-Non pensarci ora, devi recuperare le forze,
abbiamo già perso troppo tempo e ormai la meta è
vicina, tra poco saremo nel Reame degli Elfi, e avrai anche troppo di
cui preoccuparti-
-Oh grazie, tu si che sai come conciliare il sonno,
ora come pensi potrò riposare pensando a quello che
troverò?- ma in realtà lo aveva fatto, il
pensiero della famiglia perduta era niente a confronto della bufera che
lo stava sommergendo, quello sciocco umano aveva il dono di riuscire
sempre a calmarlo... tranne quando lo faceva agitare.
-Ti propongo un accordo, tu aiutami ad arrivare
fino al torrente e io prometto che poi riposerò tranquillo-
sorrise con una luce malandrina negli occhi
-Non so se dovrei, Mithrandir...-
deglutì, non era la prima volta che lo vedeva nudo ma quella
nuova luce che vedeva nei suoi occhi lo preoccupava non poco
-Non è ancora tornato, e sei un
guaritore abbastanza esperto da vedere che sto meglio- poi fingendo un
broncio e guardandolo da sotto le lunghe ciglia aggiunse -D'altra parte
ti ho solo portato per giorni, tu dovresti farlo per pochi passi... ma
se per te è troppo...- abbassò gli occhi con
espressione angelica
-Sei una serpe, lo sai, vero?- divertito da quel
lato infantile che l'assassino non avrebbe mai mostrato
In risposta ebbe soltanto un sorriso radioso, lo
avrebbe fatto, e sarebbe stata una tortura, guardarlo, toccarlo e non
mostrargli quanto lo desiderava, ma lo avrebbe fatto, sapeva da tempo
di non poter negare nulla a quel sorriso.
Ma mentre osservava quello sguardo malizioso si
rese improvvisamente conto che il gioco si stava spostando a un livello
più alto, non era più da solo a muovere le
pedine, ora anche l'assassino aveva fatto la sua mossa e doveva capire
la sua tattica.
Capì quanto la posta si fosse alzata e
quanto la battaglia fosse diventata ardua quando si trovarono entrambi
immersi nell'acqua fresca, mentre l'elfo lo osservava con gli occhi
socchiusi e un espressione di pura beatitudine.
“Questo è il paradiso? Acqua
fresca e il mio uomo che mi abbraccia? Morissi ora sarei felice, ma
voglio vivere, e voglio vivere centinaia di paradisi come
questo” istintivamente dischiuse le labbra, lasciandosi
andare, senza nascondere il piacere che quella mano che lo sfiorava
delicata gli dava, gemendo sommessamente, inarcando la schiena per
cercare di più da quel contatto, per sentire la sua
eccitazione...
Perché gli resisteva? Come poteva non
accorgersi che si stava completamente donando a lui?
Se ne era accorto, come fare a non accorgersene, e
stava combattendo a sua volta la battaglia che l'altro aveva combattuto
per giorni, cercando di frenare quello che il corpo voleva, mentre il
cuore minacciava di uscire dal petto tanta era la gioia in
quell'istante “E' così che vuoi giocare”
sorrise “Non ti lascerò riportare tutto alla nuda
carne, non prima di aver ascoltato quelle parole che temi tanto di
pronunciare, ti voglio, e voglio tutto di te, o tutto o
niente” ma resistergli sarebbe stata dura se non avesse
presto compreso in che direzione puntare il suo cuore e non solo il suo
corpo “Spero tu lo capisca in fretta, potrei morire se
continui a guardarmi così, ma morirò combattendo,
questa è una guerra che non posso perdere”
Si accorse immediatamente quando l'altro
cessò di provare, vide la confusione e il dolore di essere
respinto, viaggiava sulla lama di un rasoio, un solo sbaglio e la
missione sarebbe fallita, non poteva dargli quello che voleva ma non
poteva neppure rischiare che la paura gli facesse rialzare le barriere.
Si era sbagliato, era stata tutta un'illusione, lo
aveva allontanato e ora lui non sentiva più niente, gli si
era donato, si era esposto e lui aveva resistito, non se ne era neppure
accorto, doveva essere davvero disgustato per non provare nulla
guardandolo, nessuno aveva mai saputo resistergli.
Aveva lasciato che lo riportasse al giaciglio,
girandosi subito sul fianco per dargli le spalle, sentiva gli occhi
gonfiarsi, non gli avrebbe permesso di vedere quanto lo aveva ferito,
lui non aveva nessuna colpa, si era scavato quella fossa da solo,
sentì le coperte che venivano sollevate e sperò
di potervisi nascondere sotto, ma la carezza della stoffa sulla pelle
venne sostituita da quella calda della sua mano, scendeva lenta lungo
la schiena dandogli i brividi, posandosi lieve sulla curva dei glutei,
gli si bloccò il respiro e morse il labbro per soffocare un
singhiozzo, ancora non aveva il coraggio di girarsi, sentì
la punta delle sue dita risalire disegnando il profilo del suo fianco
fermandosi sulla spalla dove si chinò a posare un bacio
leggero e poi scendere ancora sfiorandogli il braccio e intrecciando le
dita con le sue, e, finalmente, trovò il coraggio
di girarsi venendo risucchiato nelle profondità di quegli
occhi che tanto amava, rischiando di smarrirsi per
l'intensità di quello sguardo
-Sei bellissimo- gli sussurrò
all'orecchio scivolando sullo zigomo verso quelle labbra dischiuse che
però evitò posando due lievi baci sulle palpebre
socchiuse
-Hai promesso che avremmo parlato, saprò
aspettare- e si allontanò lasciandolo immobile, senza parole
e più confuso che mai.
“Non capisco... Dove ho sbagliato? Ora
sono certo che mi desidera ancora, perché mi respinge? Cosa
vuole da me? Non mi sono forse arreso completamente a lui?”
Ma mentre lo pensava la risposta arrivava con la voce profonda del
númenóreano “sei
sicuro di voler continuare questo gioco... potrebbe essere piacevole...
inutile, ma piacevole” inutile, non era quello
che lui voleva, non voleva giocare “dovresti aver capito
che non sono una delle tue facili prede, perché non
è a un corpo che riserverò le mie attenzioni ma a
un cuore” a lui non era mai interessato il suo
corpo, ne era attratto ma era altro che voleva “Voglio te, voglio
conoscerti, sapere quello che hai dentro, voglio conoscere il tuo
cuore” era questo che voleva, lui si era
limitato solo a dargli quello che aveva sempre dato, avrebbe potuto
farlo da subito, ma non era quello che interessava al suo Estel, non
era mai stato quello, se voleva avere una possibilità doveva
realmente spogliarsi davanti a lui, e non solo degli abiti, doveva
aprirgli il cuore e accettare tutto il dolore che questo avrebbe
portato. Sarebbe stato in grado di farlo? Di abbandonare
definitivamente quel rifugio che lo proteggeva da tutto e da tutti?
Perché se lo avesse fatto non avrebbe più potuto
tornare indietro, ci aveva messo secoli a costruirlo e non avrebbe
avuto le forze per rifarlo, già ora tenere assieme i pezzi
era sempre più difficile “-Così la
uccidi!--Forse lo penserà per un momento- rispose sorridendo
e avvolgendola in una pezza umida che ripose nello zaino -Ma non
preoccuparti, ha lottato abbastanza, mi prenderò cura di lei
e la porterò dove potrà crescere senza paura--Non
la farai morire vero, Estel?- domandò ancora girato di
spalle osservando l'orizzonte -Non ti preoccupare, è al
sicuro, non permetterò che le accada nulla-”
Era pronto a rischiare? Era pronto a morire per rinascere
più forte? Ancora una volta quell'uomo aveva ragione, se lo
avesse accontentato cedendo alle sue provocazioni sarebbe sbocciato
solo in un arido deserto, ora sapeva di avere tempo, sapeva che lui
avrebbe aspettato, sarebbe stato li per lui nel momento in cui avesse
capito di essere pronto.
Mentre l'assassino pensava, il
númenóreano stava appoggiato all'ingresso della
grotta con l'espressione soddisfatta di chi si è appena
accorto di avere messo il Re sotto scacco, sa che l'avversario l'ha
capito e non gli resta altro da fare che attendere la resa, in
realtà il suo primo istinto era stato quello di correre il
più lontano possibile e gridare con quanto fiato aveva la
sua gioia ma aveva scartato l'idea temendo di non poter correre
abbastanza lontano per l'udito dell'elfo, così aveva assunto
quella posa pacata e signorile cercando di mantenere un contegno adatto
alla situazione.
Posa che non ingannò neppure un attimo i
compagni che appena lo videro scoppiarono a ridere di cuore, Mithrandir
compreso, sotto gli sguardi allibiti dei due.
Si erano rimessi in viaggio appena Legolas era
stato in grado di camminare, all'inizio le tappe erano brevi per non
stancarlo, ma presto avevano ricominciato a muoversi rapidamente
all'interno della catena montuosa sempre seguendo il piccolo fiume,
sempre più in profondità.
Le caverne che stavano attraversando non avevano
nulla in comune a quelle dietro alla cascata, erano un susseguirsi di
sale e saloni in cui le stellatiti e stalagmiti si congiungevano
formando labirinti di colonne brillanti, l'acqua gocciolando aveva
ricamato le pareti come i più fini merletti e la fiocca luce
del bastone magico veniva riflessa e accresciuta dallo scintillare di
pietre e blocchi di quarzo purissimo che riflettevano come specchi, si
trovarono così ad attraversare un immenso geode viola di
ametista, una grotta dal fondo di quarzo trasparente, talmente
levigato da dargli l'impressione di camminare sull'acqua,
un'altra in cui le colonne erano così sottili e fitte da
farli sembrare piccole pulci tra le chiome di qualche
mitologica creatura, e ancora stanze con mille cascate, stanze dalla
risonanza così strana che i loro passi sembravano note
musicali, stanze ricoperte da strano muschio con fiori bianchi che
brillava di verde e la più bella di tutte, un'immensa sala
di roccia nera e lucida tempestata di migliaia di diamanti tanto che
credettero per un'istante di trovarsi a galleggiare in un cielo
stellato.
Dire che il povero Gimli fosse senza parole sarebbe
ancora poco, anche se da quando avevano cominciato a seguire quel
cammino non era ancora riuscito a chiudere la bocca spalancata, pareva
fosse in grado di pronunciare solo semplici vocali che andavano dal
-Ahhhh!- al -Ohhhh!- al -Uhhhh!- fino a un -Ihhhh!- acuto che non
credevano potesse uscire dalla sua gola.
-Devo tornare!- riuscì ad articolare in
un raro momento di lucidità -Questo luogo è il
paradiso perduto dei nani, neppure le nostre fiabe arrivano a tanto!
Vorrei farne un santuario alla Pietra se gli elfi lo permetteranno,
tutti dovrebbero poterlo ammirare!-
Fu quasi con rimpianto che varcando un meraviglioso
arco di pietra rosa si trovarono di fronte un limpido lago sotterraneo
dal quale usciva gorgogliando il torrente che avevano seguito.
Era la grotta più grande che avessero
mai visto, tanto da poter scorgere a malapena la parete opposta, il
lago la occupava quasi completamente escluso il sentiero sempre di
marmo rosa come l'arco che avevano superato e l'acqua sembrava emanare
una luce lattea tanto da illuminare ogni cosa di un surreale biancore.
-Siamo alla fine dunque- mormorò l'elfo
trattenendo un brivido mentre cercava come gli altri il passaggio
-A quanto pare, Mastro Elfo, non siete riuscito a
liberarvi di noi come volevate e ora dovrete condividere il nostro
triste fato... com'è che dicevate? Saranno felici di
ricevere in visita un nano e un númenóreano?-
-A quanto pare...- rispose laconico
-Senti, spilungone, lo so che non sono affari miei,
ma non posso fare a meno di notare che quei giorni nel deserto ti hanno
turbato, ora, posso solo immaginare cosa passa in quel grazioso
cervellino e ammetto che hai parecchi problemi da risolvere e non tutti
riguardano le creature che stiamo per incontrare, posso darti solo un
consiglio da vecchio nano impiccione? “Non temere l'incudine
prima che il martello abbia schiacciato il dito” Diamine!
Diventerai rugoso come Mithrandir se non smetti di preoccuparti! Segui
il tuo cuore, lo facevi prima senza saperlo... e non negare con me
ragazzo, ma se vuoi lo chiamerò istinto, segui l'istinto,
l'istinto ti ha sempre aiutato non ti tradirà ora-
-Non credo tu possa capire, Gimli-
-Capisco più di quanto tu creda, ormai
dovresti saperlo, sai quanto odio togliere l'armatura, per un guerriero
della mia razza è come essere nudi e vulnerabili, ma non ho
bisogno di un'armatura per combattere, e so che ci sarà
sempre un amico a proteggermi le spalle, tutti a volte ci troviamo ad
affrontare i nostri deserti e le armature sono solo un impiccio che
dobbiamo imparare a togliere anche se ci sono battaglie che teniamo di
combattere... e comunque vadano le cose sappi che non sarai
più solo ad affrontarle... forse non ti è ancora
entrato in quella bella testolina bionda ma nel momento in cui hai
deciso di seguirci ti sei preso il pacchetto completo, nel bene e nel
male, potrai anche trovarci fastidiosi e irritanti ma avrai sempre
qualcuno a coprirti le spalle! Anche dovessi fare la più
grossa idiozia dell'Universo! D'altronde siamo abituati a riparare
quelle di Rhawel, non ci sarà molta differenza!-
-E ora cosa dovrei rispondere?-
-Nulla, ho parlato anche troppo per entrambi, te
l'ho detto, sono solo un vecchio nano impiccione-
-Sempre a vostra disposizione, Mastro Gimli-
sorrise finalmente
-Allora posso sperare di aver scongiurato il
pericolo rughe su quel grazioso visino?-
-Non esageriamo però, non stai parlando
con la cara Rhawel, non sono una damigella con un “grazioso
visino”- ripeté arricciando il naso disgustato
-Sarà, ma voi elfi mi sembrate tutti
damigelle, faccio ancora fatica a riconoscere un maschio da una femmina-
-La cosa è reciproca Messer Nano,
dimentichi che conosco bene le vostre donne e sono forse uno dei pochi
a poter notare quelle minuscole differenze che le distinguono dai loro
uomini-
Giunti al lato opposto della sala si trovarono di
fronte a uno spettacolo che neppure nei sogni più vividi
avrebbero potuto immaginare, davanti a loro sorgeva quello che sembrava
in tutto e per tutto a un gigantesco e candido albero pietrificato, le
radici e parte del tronco si fondevano con la roccia e dai rami l'acqua
filtrava dalla pietra cadendo nel lago in migliaia di fili luminosi.
-Eru Ilúvatar! Allora è
questa la sorgente! Sembra che l'acqua venga creata da questo albero di
pietra. Non ho mai visto niente di simile e come nano ne ho
viste tante di sorgenti sotterranee!-
-Ne mai lo vedrai, caro Gimli, queste che vedi sono
le spoglie morte di Telperion l'albero d'argento di Valinor, il veleno
di Ungoliant lo ha trasformato in pietra, in qualche modo devono essere
riusciti a portarlo via con loro, gli Elfi hanno sempre amato l'Albero
Bianco posso capire che non abbiano voluto lasciarlo alla
mercé di Morgoth-
-Ed è la sua magia a creare l'acqua?-
chiese intimidita la giovane
-Nessuna magia, osservatelo da vicino, questa
roccia che un tempo era materia viva non è compatta e
l'acqua filtra semplicemente da essa, per quanto spettacolare
è un semplice fenomeno naturale.
Purtroppo a Telperion il Luminoso resta ben poca
magia- concluse Mithrandir tristemente
-Poca ma non nessuna- sorrise il giovane capo
poggiandogli la mano sulla spalla -Ne resta abbastanza per far
risplendere questo lago. Niente di ciò che è
stato muore definitivamente, così come gli Scomparsi non
sono Perduti, il vecchio ch'è forte non s'aggrinza e le
radici profonde non gelano. Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla. Nuova sarà la
luce ora spenta, E morto quel che ha la corona.-
-Questa cosa che hai detto, cos'è?-
-Solo una nenia che mi cantava mio padre,
Mithrandir, non l'ho mai capita, non so perché mi sia
tornata in mente ora ma mi sembrava appropriata-
-E non immagini quanto sia appropriata, non sembra
una anche a voi una profezia?-
-Una profezia o una speranza?-
-In entrambi i casi di ottimo auspicio, e ora
andiamo, quel varco che si apre tra l'albero e la parete ha tutta
l'aria di essere il nostro passaggio-
“Il
sangue porta vita, e non solo la morte
tu giovane
assassino, dovrai sfidar la sorte.”
Una barriera di luce era davanti a loro, e gli
sbarrava il passo, l'ultimo ostacolo che li separava dal Reame Nascosto
degli Elfi, una volta oltrepassata avrebbero finalmente potuto
concludere la loro missione, se fossero riusciti o avessero fallito lo
avrebbero presto scoperto, non sapevano cosa li aspettava dall'altro
lato.
Quello era il momento dei dubbi e delle paure, la
paura dell'ignoto, la paura della morte, era strano per l'assassino
temere la morte, quello era un sentimento che non avrebbe mai creduto
di poter provare e aveva paura di chi avrebbe incontrato, il suo
passato, la sua storia... un uomo che portava il suo viso. Sarebbe
stato ancora lì? Avrebbe avuto modo di incontrarlo? E se lo
avesse fatto cosa poteva dirgli? Salve, mi chiamo Esgalwath e come
avrete notato dalla somiglianza credo che un qualche rapporto di
parentela ci sia tra noi. Ora mi vorrebbe gentilmente spiegare
perché nessuno si è mai fatto vivo per aiutarmi?
Perché mi odiavate tanto da abbandonarmi in quel modo?
-Non sei obbligato a proseguire- L'uomo era giunto
a interrompere i suoi pensieri, ormai non aveva più bisogno
di sentire la sua voce per sapere che era lui, poteva sentirlo, come
sapeva che ogni volta che la sua mente andava alla deriva lui arrivava
come un'ancora di salvezza
-Ho fatto la mia scelta molto tempo fa-
-Ed è stata buona?-
-Sapeva di buono-
-Ne sono felice, ma allo stesso tempo temo per te-
-Devo farlo, non posso tirarmi indietro, voglio
arrivare in fondo a questa storia, e poi sai che sono l'unico che
può aprirla-
-Non mi riferivo alla barriera, almeno non solo...
e poi non ne siamo sicuri-
-Io lo sono, le parole della Dama erano chiare-
-E se si fosse sbagliata? Sfidare la sorte
significa che c'è un rischio-
-Sai che non si è sbagliata, e
“sfidare la sorte” può semplicemente
voler dire combattere questa assurda paura dell'ignoto-
-Non riesco a stare tranquillo-
-Saresti tanto preoccupato se fossi tu a dover
passare? Lo sai che ho ragione. Prova a fidarti di me-
-”Fidarsi
di un amico, non è mai cosa vana” Era
questo che intendeva dunque, non ho modo di fermarti. Dovrò
farlo, dovrò fidarmi... ma continua a non piacermi-
Lo guardò preoccupato mentre muoveva
alcuni passi verso la luce e si fermava nuovamente
-Datemi una spinta- ringhiò a denti
stretti
-Va tutto bene?-
-Non ci riesco, non posso muovermi...-
-Il Sigillo avverte il pericolo-
-Invece io no! Ti ho detto di spingermi maledetto
mortale non farla tanto lunga, è già abbastanza
imbarazzante così!-
-Non credo sia una buona idea-
-Sì, sei stato chiaro, lo hai
già spiegato più di una volta... ora
però... fammi il sacrosanto piacere di fidarti e spingimi
dall'altra parte... E giuro che quando incontreremo lo Stregone Nero
dovrà pagare anche per questo...-
Stava ancora parlando quando si senti spingere con
fin troppa forza verso il muro di luce che attraversò senza
resistenza finendo col cadere malamente dall'altro lato, mentre sentiva
la voce del nano che ridacchiava
-E' da quando ha cominciato a seguirci che voglio
farlo... e poi scusa Tàr, lui aveva ragione la stavi facendo
troppo lunga!- ricevendo in risposta un'occhiata truce da parte di
entrambi i nominati
-Una volta tanto che ho ragione è mi
ritrovo faccia a terra... preferivo quando avevo torto-
-Stai bene?-
-Polvere a parte? sì, non mi sono
neppure reso conto di attraversare, a quanto pare questa cosa mi
riconosce-
-E ora cosa facciamo?- chiese la ragazza -Riconosce
te ma non noi, pensavo scomparisse una volta che tu fossi passato...-
La risata argentina dell'elfo la sorprese -Non
dirmi che eri davvero convinta fosse così facile!-
-Beh... ci speravo...-
-Cosa pensi di fare!?- imprecò l'uomo
vedendolo estrarre uno degli affilati pugnali
-Quello che avrei potuto fare anche dal vostro lato
se non avessi saputo che avresti cercato di impedirmelo-
-Non ci pensare neppure!-
-Perché non vieni a fermarmi?- sorrise
provocatorio mentre passava il filo della lama sul palmo senza che
neppure un tremito gli attraversasse il viso con gli occhi fissi sulla
linea rossa che si stava formando.
Appena il sangue cominciò ad uscire
poggiò la mano sulla parete di roccia dove si congiungeva
con la barriera che immediatamente si dissolse
-Tu lo sapevi Mithrandir? Perché non hai
detto nulla!-
-Non ero sicuro che lui avesse capito, se lo avessi
detto si sarebbe sentito il dovere di farlo e non volevo obbligarlo,
ancora non sapevo se fosse o meno rischioso-
-Ma se lo avessi saputo avrei fatto qualcosa per
fermarlo!-
-La smettete di parlare come se fossi morto? Sto
bene, nessun rischio se non quello di morire dissanguato se non la
smettete di discutere e non vi decidete a passare, vorrei poter
togliere la mano da qui se non è di troppo disturbo- alzando
gli occhi al cielo esasperato.
Riscossi da quelle parole e dal, non troppo velato,
rimprovero ben meritato si affrettarono a passare appena la mano
dell'immortale venne ritratta il muro di luce tornò intatto
come se non si fosse mai mosso.
Dietro di loro potevano già scorgere
l'ampio ingresso della caverna rischiarato dalla luce del giorno.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** Capitolo 24 ***
*CAPITOLO 24*
Avevano mosso appena pochi passi quando
Tàralelyol si accorse che l’elfo avanzava
barcollando, lo afferrò sorreggendolo per il gomito un
attimo prima che i suoi passi strascicati lo facessero inciampare e
rischiare di cadere.
Non disse nulla, limitandosi a guardarlo con una
nota di rimprovero e quell’espressione da “vuoi
fare sempre di testa tua” che fece arrossire imbarazzato
l’immortale
-Non è nulla, solo un giramento del
capo, è già passato-
Ancora nessuna parola dall’umano che
continuava a osservarlo scrutandolo tra le ombre del cappuccio, che
aveva sollevato per nascondere il malessere, per accertarsi che questa
volta dicesse la verità
-Davvero, non è nulla, solo
stanchezza...- poi abbassando lo sguardo colpevole -Scusami-
Gli pose un dito sotto il mento facendogli
nuovamente sollevare gli occhi e fissandoli ancora più
intensamente poi non trovando tracce di menzogna finalmente sorrise e
annuì più rilassato
-Ci fermiamo a riposare- disse ad alta voce per
richiamare l’attenzione degli altri
-Cos’è successo?- chiese
chinandosi su di lui mentre lo aiutava a sedersi all’ingresso
della caverna, fuori un bosco verde e rigoglioso li circondava ma
nessuno dei due lo aveva notato
-Non voleva farvi entrare, Rhawel è
passata senza problemi ma quando è stato il vostro turno ha
cercato di chiudersi, sembrava volermi risucchiare ogni energia-
-Ma non si è chiuso e... tu stai bene...
vero?-
-Sì- sorrise notando la preoccupazione
riaffiorare -Sono solo stanco, ora va già molto meglio, la
Dama di Lòrien non sbagliava c’è
qualcosa nel mio sangue che il portale ha riconosciuto, chiunque altro
non sarebbe riuscito a mantenerlo aperto, credo che la mia stirpe abbia
sangue nobile e forte nelle vene-
-Ehm... capo?...- furono interrotti dalla voce del
nano, ma lo sarebbero stati comunque dalle punte di lancia che
sentivano premere sulla pelle.
-Man ëa?(Chi siete?) Mana
merë?(cosa
volete?) Mallo tulë ?(Da dove venite?)
Manen marta lahta Fenda?(Come
osate oltrepassare la Soglia?)-
Era ancora girato di spalle e chinato verso
l'assassino quando quella voce profonda ma dura e carica d'odio lo
raggiunse, non aveva bisogno di girarsi per sapere a chi apparteneva,
gli Elfi li avevano trovati per primi, capiva perfettamente le domande
ma non lo diede a vedere, come non lo fece Olórin.
-Allontanate le mani dalle armi, lentamente, niente
movimenti bruschi- li redarguì continuando a tenere le sue
appoggiate alla parete di roccia e coprendo così quasi
completamente Esgalwath
-Siamo morti, Tàr?- chiese timidamente
la ragazza
-Non ancora, abbiamo un'arma segreta- molto
lentamente staccò le mani dalla pietra abbassandole per
aiutare l'assassino ad alzarsi sentì le punte di metallo
premere maggiormente sulla carne
-á pusta!(Fermi!)
áva nahtat!(Non
uccideteli!)... áva carë
sí (Non
ancora)-
I
compagni trassero un respiro di sollievo, anche se la maggior parte di
loro non capiva le parole il senso era stato chiaro
-Potrebbe questo elfo dal sangue nobile e potente
abbassare il cappuccio e ammaliare i nemici con uno dei suoi famosi
sorrisi?- sussurrò ridendo e sostenendo l'immortale mentre
si voltava per osservare finalmente gli aggressori
-Questo elfo può fare di meglio-
sollevò le mani lentamente con i palmi aperti al capo
rivelando il viso fino a quel momento celato e raggelandoli con una
delle sue migliori occhiate fredde e superiori.
-Rúcarë mana ná
sina?!-(Quale diavoleria
è questa?!)
-ëa fintalë Morion!-(è un'inganno
dell'oscuro!)
-Nahtalvet sí!-(Uccidiamoli immediatamente!)
La reazione fu immediata, molti si irrigidirono,
altri arretrarono, alcuni imprecarono anche se nessuno
abbassò le armi, solo il loro comandante restò
impassibile, con lo sguardo fiero e arrogante, i suoi occhi indagatori
che si spostavano dal mortale a quello che si era rivelato un suo
simile per tornare a puntarsi sull'umano.
- úquen nahtuva úquen!(Nessuno ucciderà
nessuno!) atë nutë!(legateli!)- senza
mai distogliere lo sguardo determinato dall'uomo rendendo chiaro che
aveva capito perfettamente le dinamiche del gruppo che si trovava ad
affrontare.
L'elfo poteva anche essere una creatura superiore
ma era il mortale che dava gli ordini, e ricordava bene quella razza di
mortali, gli anni non avevano cancellato il ricordo dei prediletti di
Morgoth, e se il suo cuore gridava di affondare l'acciaio e chiedere
sangue per ripagare il sangue, il controllo e l'addestramento gli
imponevano cautela, prima della vendetta doveva fare chiarezza, quelle
persone non erano arrivate per caso, quello strano elfo doveva essere
condotto dal loro signore e ultima ma non meno importante, nonostante
cercasse di ignorarla, la sensazione che qualcosa di importante stesse
per accadere, e quella gente fosse parte integrale del cambiamento.
-Hesto, ta umë tanca, ná nai
fintalë cotumo, ëa maurivë
nahtantë sí!(capitano,
è pericoloso, e sicuramente un inganno del nemico, dobbiamo
ucciderli subito)-
-Ce nas fintalë, i Aran meriro
cenë të-(Se
è un inganno il Re vorrà vederli)
-Quendë enta hastas anta aratova, umpolis
ëa!Ëas núlë!-(Quell'elfo porta il volto del
nostro signore, non è possibile! E' magia nera!)
-An cé polis ëa felu
mittanyuvalet Arallo, hya intyat elyë lá so?-(Dal momento che potrebbe essere
magia nera li porteremo al nostro Signore, o pensi di essere migliore
di lui?)
-Humines, cáno, lë avatyaren
canya quettarinya, méran ortirë Aranya
nyérello.-(Non
lo faccio Comandante, perdona le mia parole irrispettose, volevo
proteggere il Mio Signore da altri dolori)
-Ëa faren, Canier,
avá quetë! Lá termaruvain an
veryë(E'
abbastanza, Canier, taci! non sopporterò oltre la tua
sfacciataggine)- lo riprese seccato -Apeantanë
axan ar canin ná lastainan! Avamahtalyet ar nutelyet!(Ho dato un ordine e pretendo di
essere obbedito! Disarmateli e legateli!)- finalmente si
era deciso a distogliere gli occhi dall’umano per spostarlo
seccato sul suo sottoposto che metteva in dubbio la sua
autorità, e sotto quello sguardo duro il giovane elfo,
perché anche a occhi non esperti era palese la sua
gioventù, non poté fare altro che chinare il capo
e balbettare umiliato la sua risposta
-Náto, turco- (Sì, capitano)
-Hequa atan, alyuvas ilcorin pata- (Non l'umano, aiuterà
l'elfo a camminare)
-An so? Ná arraxa!- (Perché lui? E' il
più pericoloso!)
- Ná ampolda a lá aloruvar,
lá mennai irë i maicanya taruva lango sermeryava- (E' il più forte e
non si ribellerà, non finché la mia lama
starà sulla gola della sua amica)
Tàralelyol era rimasto impassibile sotto
gli occhi del capitano, ostentando l'espressione confusa di chi non
capisce quello che viene detto, ma attento ad ogni parola, ad ogni
sfumatura della voce, era stata dura trattenersi quando aveva sentito
che intendevano usare Rhawel per assicurarsi la sua collaborazione, ma
non si era tradito, si fidava di quel comandante, gli sembrava capace e
determinato, non si era lasciato sopraffare dalle emozioni neppure per
un attimo, era più che certo che l'amica non corresse
pericoli con lui.
-Non reagite- lo scandì lentamente,
sperando che capissero che sapeva e aveva la situazione sotto
controllo, non dubitava che lo avrebbero ascoltato, loro sapevano che
aveva seguito ogni parola del dialogo e si fidavano di lui
-Molti di loro non attendo altro che un nostro
errore per ucciderci, non possiamo permetterlo, devono comprendere che
non siamo una minaccia-
Nessuno di loro mosse un muscolo quando vennero
disarmati, solo Gimli azzardò sorridendo un -Trattala bene,
è una vecchia amica- quando gli presero l'ascia, parole
ricambiate da uno sguardo furente del guardiano che lo legava.
Quando arrivarono al
númenóreano però le cose si fecero
più difficili, appena Narsil venne estratta dal fodero
suscitò lo sdegno di tutti i presenti, ancora prima che i
compagni capissero cosa stava succedendo videro il loro capo cadere
colpito al costato, ma anche cadendo una mano si apriva facendogli
segno di rimanere fermi, e l'altra si stringeva al braccio
dell'assassino che stava già per scattare -Non reagite-
-Vára pilu uaina caivo!(Sporco ladro dissacratore di
morti!)-gli sputò addosso quello che lo aveva
disarmato colpendolo ancora all'addome
-á farya sí!-(Ora basta!)
-Cáno, ista sin macil! Sana pilu
paimetaina motto- (Capitano,
conoscete questa spada! Questo ladro deve pagare la sua infamia!)
-Paimetuva, na lá sí. Istain
sana macil fó lá mai tyë ar u quaptas i
axaninya i ta vandanya. Nyë avatyaralat nëa, Canier,
umelin enquetë, umalastalyen ata ar ucoluvat sana vaima.
Silumë lestalyeco, hyeli lá maisi telyuva
mótalya- (E
pagherà, ma non ora. Conosco questa spada meglio di te e non
cambia i miei ordini ne i miei intenti. Ti ho già perdonato
una volta, Canier, e non amo ripetermi, disubbidiscimi ancora e non
potrai indossare più quell'uniforme. Ora allontanati, altri
più capaci finiranno il tuo lavoro)
Non c'era furia ne rabbia nella voce del
comandante, solo la sicurezza di chi sa di avere il potere
perché lo ha meritato, e sa come gestire delle reclute
insofferenti, esigeva la disciplina dai suoi uomini, e seppure ne
comprendesse le ragioni non avrebbe lasciato un simile comportamento
impunito
Mentre i due elfi si scontravano Gwath si era
chinato sull'uomo, mentre gli altri restando immobili si tendevano
verso di lui
-Perché non provi a spiegargli? Digli
come l'hai avuta- sussurrò l'elfo
-Sarebbe inutile, qui nessuno ci capisce, e anche
capissero non mi crederebbero-
Risolto il piccolo ritardo causato dalla recluta
tutti furono legati tranne il númenóreano che
venne spinto con malagrazia verso l'elfo mentre il biondo comandante si
portava dietro alla giovane e le puntava un lungo coltello alla gola,
osservando dritto negli occhi il mortale fece scorrere la lama a pochi
millimetri dall'esile collo indicando poi l'elfo al suo fianco.
Tàr annuì lentamente passando
un braccio sotto la spalla legata dell'immortale
-Che succede ora? Perché tu non sei
legato? E perché sta minacciando Rhawel?-
sussurrò l'elfo
-Credo che vogliano che ti aiuti a camminare,
Rhawel è la loro assicurazione affinché io non
commetta scherzi-
-Io non ho...-
-Non c'è bisogno di fingere con loro- lo
fissava “fingi dannazione!” -Hanno creato il
portale sanno quanto sia pericoloso per chi entra senza invito, e
avranno ben capito che tu eri l'unico che poteva aprirlo-
-Naturalmente, il mio orgoglio è fuori
luogo- chinò stancamente il capo per nascondere un sorriso
-Dovrei ringraziarli della premura anche se credo che il loro interesse
sia più per la velocità del viaggio che per la
mia salute-
All'ordine secco del comandante vennero spinti in
avanti sempre circondati da una decina di lance spianate tanto che
Tàr si chiedeva che bisogno c'era di prendere la sua amica
in ostaggio, come se avessero potuto fare qualcosa in così
netta inferiorità numerica, dovevano ritenerli veramente
pericolosi, e soprattutto dovevano temere enormemente le Arti Oscure di
Morgoth.
Un lieve colpo di spalla per attirare l'attenzione
dell'uomo, un leggero strappo ai polsi “Posso liberarmi
quando voglio”
Un sorriso appena accennato, gli occhi che si
muovevano attorno “non ora” un colpetto allo
stivale di pelle nera “Hai ancora lo stiletto?”
Gli occhi che si muovevano in basso dall'altro
lato, la spalla appena spostata in avanti “Nell'altro
stivale, intendi usarlo?”
Un impercettibile cenno del capo, l'angolo della
bocca che si solleva un pizzico “No, ma è bello
sapere di non essere completamente disarmati all'occorrenza”
Un lungo sguardo gli occhi che s'indurivano e un
lento segno di assenso “Sono pronto quando vuoi, attendo solo
un tuo gesto”
Uno sguardo altrettanto profondo, un sorriso e lo
stesso cenno di assenso “Lo so, spero che non ce ne sia
bisogno”
Erano state solo occhiate e impercettibili gesti
che nessuno attorno a loro aveva notato ma entrambi avevano capito
perfettamente l'altro, erano assieme da poche settimane eppure avevano
lo stesso affiatamento che avrebbero avuto dopo anni, lo stesso che
Tàr aveva con Gimli e Rhawel, era incredibile, l'assassino
poteva anche aver lavorato bene da solo per millenni ma era chiaro che
il lavoro di squadra gli veniva naturale.
Avanzavano lentamente con l'elfo che si appoggiava
pesantemente a lui trascinando i piedi e inciampando di tanto in tanto,
costringendolo a brusche prese per non farlo cadere, a dire il vero lo
avrebbe lasciato cadere volentieri se non fosse stato per il coltello
sulla gola di Rhawel, quel maledetto elfo si stava divertendo fin
troppo “Beato lui che trova divertente questa
situazione” anche se doveva ammettere che era un attore nato,
non c'era niente di artefatto o innaturale nei suoi movimenti, come
nell'espressione esausta e sofferente del suo viso e a quel punto si
ritrovo a dover trattenere una risata anche lui “Certo che
facciamo proprio una bella coppia noi due!” fortunatamente
solo l'immortale appoggiato a lui poté sentire il lievi
singulti del petto dell'uomo e alzò lo sguardo interrogativo
-Non mi ero accorto che stessi tanto male- gli
disse serio “Sei bravo a fingere”
-Mi reggo a malapena in piedi- rispose nascondendo
il viso “Te ne accorgi ora? E smettila di ridere vuoi farci
scoprire?”
-Se non ci fermiamo presto sarò
costretto a portarti di peso- “E non ci provare che non ne ho
nessuna intenzione”
“Non sarebbe una cattiva idea”
Dopo pochi istanti stupendo l'elfo, se l'umano ne
era stupito non lo diede a vedere, il capitano sollevò una
mano facendo arrestare il gruppo.
-Hai la faccia di uno che sta per svenire-
mormorò mentre lo aiutava a sedersi strizzandogli l'occhio
-Cosa? Ehm... sì- fu la risposta
sofferente
-Non muoverti, voglio provare una cosa-
-Non...- ma era inutile, Tàr si stava
già allontanando, puntando dritto verso il biondo comandante
camminando lentamente e con le mani sollevate ma senza abbassare gli
occhi.
I guardiani stavano già per reagire ma
un gesto imperioso della mano li fermò
“Ha fegato questo Figlio di Traditori,
questo devo concederglielo” -Mana merit?- (Cosa vuoi?)
-Acqua- poi mimando il gesto di bere
indicò il compagno semi svenuto
Un semplice e secco segno di assenso e gli porse la
sua stessa borraccia.
L'altero elfo si sedette su un tronco rovesciato,
osservando pensieroso Narsil, erano trascorse solo poche ore e
già pensava al mortale come a un “Figlio di
Traditori” e non più a un Traditore egli stesso,
era inutile, per quanto si sforzasse non trovava traccia di Magia Nera
in quelle persone, le aveva osservate, aveva ascoltato ogni parola, ma
non aveva scorto nulla che potesse alimentare la sua sete di vendetta.
L'elfo era quasi certo stesse fingendo la sua
debolezza, era molto bravo certo, ma la sua luce era salda e non
offuscata e debole, un servo di Morgoth avrebbe certamente imparato a
nascondere la sua luce, un servo di Morgoth mandato per ingannarli
avrebbe quantomeno imparato la loro lingua per cercare di blandirli con
le parole. Se era un inganno proprio non lo comprendeva, certamente
quel volto poteva aprirgli molte porte ma lui non sembrava consapevole
del proprio aspetto.
Che fosse legato al suo Sire era chiaro, nessuno
avrebbe potuto tenere il Cancello aperto abbastanza per fare entrare
dei mortali, i Cavalieri d'Oro erano gli unici mortali autorizzati a
superare la Barriera e loro di certo non lo erano, ma questo cosa
significava? Nulla, non poteva sapere cosa gli fosse successo e dove
andasse la sua fedeltà, forse era stato corrotto dal Sire
Oscuro, forse era solo una sua creatura che aveva preso delle sembianze
a loro famigliari, forse in tutto quel tempo Melkor era riuscito a
corrompere lo Spirito senza danneggiare il corpo, una nuova razza di
orchi con le sembianze di elfi...Ma aveva aperto il Passaggio, era
stato riconosciuto come uno di loro.
“Valar Benedetti! Nessuno, neppure il
Sire in persona avrebbe il potere di aprire il cancello per dei nemici!
Quell'elfo dovrebbe essere morto e io mi preoccupo che stia
fingendo!”
Più si sforzava di capire e
più le domande aumentavano, conosceva il potere del Portale,
lui era lì quando venne creato dai Potenti, l'ultima
barriera contro il mondo esterno, nessun nemico poteva attraversarlo,
eppure loro erano passati e questo poteva significare solo due cose...
la prima non poteva accettarla, la seconda non voleva accettarla... Nel
primo caso il Potere dei Quattordici si stava indebolendo e questo
sapeva che era impossibile, nel secondo caso quelli non erano nemici e
questo non voleva crederlo possibile.
Eppure quelle persone erano così diverse
dai nemici che conosceva, il nano per esempio era sinceramente
preoccupato per lo strano elfo, come poteva essere possibile che un
nano fosse preoccupato per un'immortale? Loro che avevano trucidato
tanti suoi amici senza un briciolo di pietà?
E lo stregone? Il suo bastone era bianco, nessun
Mago Oscuro può avere un bastone bianco, non ai suoi occhi
almeno, ricordava la Magia Nera che trasudava dal legno come un miasma
velenoso densa e viscida grondava dai bastoni e dalle armi toccate da
quegli esseri malvagi, ma non c'era... doveva esserci, aveva guardato e
riguardato, ma non c'era, ne sul vecchio ne sulla sua arma nodosa...
eppure lui c'era, lui lo sapeva, non esisteva nessun mago che non fosse
sotto il controllo dell'Ingannatore.
La ragazza poi? Chi credeva di ingannare? Come
poteva pensare che non riconoscesse una propria simile? O forse era dai
compagni che si nascondeva? Era coraggiosa, non aveva avuto neppure un
tremito quando le aveva puntato il coltello alla gola, rigida e fiera
come una regina. Senza contare l'arco che portava, un'arma notevole,
veramente imponente per una femmina, c'era da stupirsi che avesse anche
solo la forza di tenderlo ma era sicuro che non lo portasse per gioco e
che fosse perfettamente in grado di usarlo.
Poi c'era il númenóreano,
solo al pensare quella parola i muscoli si tesero impercettibilmente,
il sangue di Elros il Traditore, i Prediletti di Melkor, era furbo il
mortale, lo aveva lasciato libero sperando che avendo un compagno
vicino si sarebbero detti qualcosa che li tradisse, ma non lo avevano
fatto, era cauto con le parole e non gli erano sfuggite le occhiate
ammonitrici che aveva lanciato ai compagni... Che avesse scoperto il
suo inganno? Oppure era semplicemente prudente? Le uniche cose che
aveva sentito lo avevano confuso ancora di più
“Perché non provi a spiegargli? Digli come l'hai
avuta” “Sarebbe inutile, qui nessuno ci capisce, e
anche capissero non mi crederebbero” In quale altro modo
poteva averla avuta se non ricevendola in eredita da chi l'aveva
strappata a un cadavere? Cosa c'era da spiegare? Cosa che non avrebbero
creduto?...
Quella spada, la spada che ora teneva in mano e
osservava preoccupato, la spada di Turgon, la spada che lo aveva
salvato, Narsil, un'arma di un'altra epoca, un'arma particolare creata
con l'arte dei nani e con la magia del suo popolo... Un'arma che non
era felice di essere tornata a casa, poteva sentirla cantare il proprio
disappunto, era offesa, e non di essere stata rubata al suo legittimo
proprietario... no, quello sarebbe stato comprensibile... era offesa
perché era stata tolta a quel mortale, lo stesso sangue
dell'uomo che aveva ucciso chi la impugnava... e questo no... questo
non riusciva proprio a comprenderlo...
Per la prima volta in migliaia di anni
desiderò non essere stato isolato in quel rifugio sicuro,
non aver ignorato il mondo esterno, perché tutto quello che
sapeva sembrava in qualche modo sbagliato, e quello che non sapeva non
gli era mai parso tanto importante.
Cos'era successo fuori mentre loro non guardavano?
Quante cose erano cambiate che loro non sapevano?
Anche ora stentava a capire, il mortale aveva
chiesto all'elfo se temesse di incontrare quel Thranduil a cui hanno
detto che somiglia “Significa che non sanno chi è?
O continua ad assere una farsa per ingannarmi?” L'elfo dice
di non aver paura, ma che non cosa aspettarsi, però
tranquillizza l'umano che ascolterà e solo dopo
deciderà se odiarlo o meno, ma in ogni caso non
commetterà sciocchezze, non vuole inimicarsi il nostro
popolo “Perché dovrebbe aver paura di suo padre?
Perché dovrebbe odiarlo? Possibile che in tutto questo tempo
abbia pensato di essere stato abbandonato?...” Poi quella
frase...
-... una somiglianza tale da confondere la Signora
di Lòrien...-
Narsil cadde a terra risuonando nella notte mentre
si alzava di scatto e li guardava attonito
“Bugiardi!” lo stava per gridare, ma riusci a
controllarsi per poco, doveva calmarsi e al più presto
altrimenti si sarebbe tradito, o forse lo aveva già fatto,
con passo deciso si allontanò tra gli alberi scomparendo
nella notte.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** Capitolo 25 ***
Ciao a tutti!
Volevo scusarmi per il ritardo ma sono stata colpita da un terribile
lutto, il mio amato modem, Amleto, mi ha abbandonato dopo anni di
onorato servizio, è caduto valorosamente durante l'esercizio
dei suoi doveri... Ora quasto nuovo tizio che mi connete con un assurdo
nome impronunciabile dovra sostituirlo, ma so già che non
sara la stessa cosa... volete mettere la sensazione di accendere il PC
e sapere che Hamlet vi assisterà per tutto il tempo?
Già il pensiero era fonte di ispirazione...
Delirio terminato.
scusate a volte mi capita :D
Buona Lettura!
*CAPITOLO 25*
-Non muoverti, voglio
provare una cosa-
-Non...- ma era
inutile, Tàr si stava già allontanando, puntando
dritto verso il biondo comandante camminando lentamente e con le mani
sollevate ma senza abbassare gli occhi.
Tornò poco dopo con una borraccia che gli portò
alle labbra, in quel momento avrebbe voluto sputargliela in faccia
l'acqua tanto era furioso, ma si limitò a un'occhiata gelida
con gli occhi socchiusi per non mandare all'aria ore di recitazione
impeccabile.
Solo quando decise che era trascorso abbastanza
tempo da giustificare una debole ripresa si rivolse all'uomo con voce
debole e sofferente che mal si accordava alle sue parole
-Sei forse impazzito? Cosa dovevi provare? Quanto
in fretta riesci a farti ammazzare?-
-Non sono morto come vedi-
-Solo perché questi sono degli
smidollati, se ci fossi stato io al posto di quell'elfo non saresti
riuscito a muovere un passo-
-Per fortuna che non ci sei tu allora, comunque
dovevo controllare il loro capo, ha riflettuto molto in queste ore e
volevo assicurarmi che le sue intenzioni non fossero mutate, ricorda
che la nostra amica è ancora nelle sue mani-
-E con questa bravata cosa avresti dimostrato?-
-Che non ha ancora cambiato idea sul fatto di
volerci vivi-
-Come al solito i tuoi piani sono geniali-
sbuffò -E se invece avesse cambiato idea?-
-Avrei anticipato i tempi- rispose con noncuranza
-Devo ancora capire come faccio a sopportarti, e la
cosa più assurda e che tu sia ancora vivo visto come ragioni-
-Mithrandir la chiama fortuna-
-Mithrandir non crede alla fortuna-
-Tranne quando parla di me- ridacchiò
Neppure l'elfo riuscì a sopprimere una
leggera risata che terminò con un gemito quando il gomito
dell'amico accuratamente nascosto gli affondò nello stomaco.
Un'occhiata assassina
-Non dovresti ridere nelle tue condizioni, ti fa
male-
-E tu non farmi ridere- “Questa me la
paghi”
-Legolas- mormorò tornando serio -Ho
bisogno di sapere una cosa, rispondimi onestamente, cosa farai se
incontrerai quel Thranduil? Temi ancora di trovarlo?-
-Sai che lo incontrerò?- aveva parlato
senza riflettere e subito se ne pentì
-Non ne sono certo- ma i suoi occhi dicevano il
contrario e sapeva che lui avrebbe capito -Hai visto anche tu le
reazioni quando ti hanno visto, conoscono il tuo viso, anche i
più giovani e questo mi fa credere che lui sia ancora vivo.
Se lo è, verrà certo a sapere di te e della
vostra somiglianza- la spiegazione era più che plausibile,
sperò di aver ingannato il capitano... sempre che i suoi
dubbi non fossero infondati in quel caso stava prendendo tante
precauzioni per niente, ma era meglio non rischiare. -Per questo ho
bisogno di sapere cosa pensi di fare-
L'immortale non rispose subito, capiva la domanda e
doveva dare un senso ai propri pensieri, con un sospiro
appoggiò la testa indietro chiudendo gli occhi
-No, non lo temo, non più. Ho avuto
molto tempo per riflettere e ancora non so cosa aspettarmi, ma lo
ascolterò prima di decidere se merita o meno il mio odio,
questo me lo devo, ho passato la mia vita a odiare tutti gli elfi
perché non si curavano della mia esistenza ora voglio sapere
perché sono stato gettato via come un rifiuto-
-Sono sicuro che c'è una spiegazione,
nessuno getterebbe via qualcosa di tanto raro e prezioso-
sussurrò stringendogli le mani
-Grazie- ricambiò la stretta con un
lieve sorriso -E non temere non commetterò sciocchezze, so
bene che non possiamo inimicarci questo popolo, ho detto che
ascolterò quello che avrà da dire, ma non ti
posso promettere altro. Non sono sicuro che una spiegazione
potrà cambiare le cose, è passato troppo tempo e
il mio cuore è troppo indurito per accettare una famiglia, e
non dimenticare che non siamo neppure sicuri che ci sia un legame di
parentela fra noi, c'è solo una somiglianza tale da
confondere la Signora di Lòrien e la Barrie...-
Non riuscì a terminare la frase, il
comandante degli elfi si era alzato di scatto facendo cadere Narsil e
li osservava con gli occhi sgranati, per un'istante avevano temuto che
volesse ucciderli poi era tornato sui suoi passi allontanandosi deciso
verso il bosco.
Gwath nascose il viso nella spalla dell'uomo,
parlando tanto piano che neppure l'udito finissimo dell'elfo avrebbe
potuto sentirlo soprattutto ora che era lontano
-Qualcuno gioca il tuo stesso gioco, ma non conosce
bene le regole-
-Non lo sottovalutare, è abile e
scaltro, potrebbe essere un alleato prezioso quanto un nemico
formidabile, se si è tradito in quel modo deve essere stato
per qualcosa che ha udito e che lo a sconvolto, mai fino ad ora si era
tradito-
-Tu lo avevi capito-
-Lo sospettavo. Hai visto dei prigionieri, lo sei
stato tu stesso. Dimmi, quante volte capita che un carceriere ami
ascoltare la voce di chi ha in custodia?-
-Mai-
-Appunto, noi abbiamo continuato a parlare tutto il
tempo e neppure una volta ci è stato intimato di tacere,
anzi, si è premurato di trovare una scusa plausibile
affinché almeno due di noi stessero vicini e avessero la
possibilità di parlarsi senza destare i nostri sospetti-
-Quindi non era preoccupato per la mia salute?-
domandò ironico
-Sa che fingi, o comunque lo sospetta-
-Come?-
-Non per colpa tua, avresti ingannato anche me,
deve essere qualche considerazione che ha fatto, credo riguardi il
Passaggio, erano davvero stupiti del fatto che lo avessimo superato-
-E tu come lo sai?-
-L'ho osservato attentamente, tanto quanto lui ha
osservato noi, soprattutto me devo dire, non gli piaccio, ma
è anche confuso, durante il viaggio ho visto così
tante espressioni passare sul suo volto che non oso neppure pensare
cosa gli passi per la testa-
-Sì, l'ho notato anche io, anche se
è molto controllato, dubito che qualcun altro oltre noi se
ne sia accorto-
-Molto controllato e molto intelligente, sa
comandare, è sicuro di se, non si lascia sorprendere
facilmente e non ci ucciderà prima di aver avuto delle
risposte, teme già che le risposte che avrà non
gli piaceranno, ma non le rifiuterà, io in particolare lo
disturbo, temo che abbia partecipato alla guerra e non porti un bel
ricordo dei miei antenati, ma nonostante tutto ha fermato il suo uomo
quando mi picchiava-
-Lo hai osservato molto bene- c'era una punta
d'astio nella voce che il númenóreano non
mancò di notare
-E' un soggetto interessante-
-A me sembra un'arrogante borioso, troppo sicuro di
se, infondo tu lo hai scoperto subito, quanto potrà essere
abile?-
-Te lo ripeto non lo sottovalutare, spero non si
arrivi a questo ma non lo vorrei come nemico-
-Non temere, potrà non piacermi ma non
commetterò l'errore di sottovalutare un possibile
avversario. L'ho fatto una sola volta e guarda a cosa mi ha portato?-
Come risposta ottenne soltanto un sorriso malandrino
-Anche se continuo a non trovarlo così
interessante come sembri trovarlo tu-
-Geloso?- ridacchiò
-Ti piacerebbe?-
-Forse-
-Non ci sperare, e comunque non potrei mai essere
geloso di quel manico di scopa col naso troppo cresciuto e la paglia al
posto dei capelli-
-Qualcuno potrebbe definirlo portamento fiero,
lineamenti aristocratici e capelli del colore del grano maturo-
-Bleah... E quel, qualcuno, saresti tu?-
-Facevo tanto per parlare-
-E allora taci, certe frasi mi danno il
voltastomaco-
-Si può sapere cosa avete da borbottare
voi due?-
-Niente di importante, Gimli, Legolas è
geloso- beccandosi una gomitata nelle costole
-Non sono geloso!-
-Di chi? Di quel damerino biondo e impagliato?-
-Valar! Grazie al cielo qualcuno con un po' di
cervello!- sollevò lo sguardo al cielo l'assassino
-Gimli, che hanno quei due?- Rhawel era troppo
lontana per sentire
-Niente di ché, Gwath è
geloso del tuo elfo-
-Non sono geloso!-
-Quale mio elfo?-
-Quello che ti è stato appiccicato tutto
il giorno-
-Ah, intendi quello che minaccia di decapitarmi?
Effettivamente è carino-
-Come fai a trovare carino uno che ti punta un
coltello alla gola?
-Non ho detto che mi è simpatico, Gwath,
solo che non è male, e poi coltello a parte è
stato gentile, cerca di metterti nei suoi panni, tu che faresti se un
gruppo di quelli che consideri tuoi acerrimi nemici ti piombasse in
casa senza invito?-
-Sarebbero morti prima di varcare la soglia-
-Vedi che mi dai ragione! Vista la situazione non
è così male-
-Basta, ci rinuncio, Buona Notte!-
sospirò poggiando il capo sulla spalla dell'uomo
-Ha ragione, è meglio che riposiamo
tutti, non sappiamo cosa ci attenderà domani-
-Se ci uccidono avremo molto tempo per
riposare- ridacchiò il nano
-Sempre a vedere il lato positivo eh, Gimli?-
Intanto il Comandante dei Guardiani scuoteva il capo nell'ombra,
incapace di credere alle proprie orecchie, era tornato sui suoi passi
pochi istanti dopo essersi allontanato, forse il suo errore si poteva
volgere in un vantaggio, non avevano detto niente di utile fino a quel
momento ma magari credendolo lontano avrebbero abbassato la guardia,
prendendo in considerazione l'ipotesi che lo avessero scoperto subito.
Era tornato indietro, e sì, li aveva
sentiti parlare, ma non di quello che pensava, nessun piano di guerra,
nessun tentativo di rivolta... stavano scherzando! Valar Potentissimi!
Sapevano che sarebbero potuti morire in qualunque momento e stavano
scherzando! La ragazza lo aveva addirittura definito gentile, gli
puntava un coltello alla gola tutto il giorno e lei lo definiva gentile
perché non l'aveva uccisa? Ma chi avevano catturato? Erano
forse folli? O avevano qualche arma segreta ed erano tanto sicuri da
non preoccuparsi della situazione? Ma chi voleva ingannare, quelli non
erano i discorsi di servi dell'Oscuro sempre pronti a pugnalarsi alle
spalle, quelli erano gli scherzi di un gruppo di amici affiatati e
uniti.
Ancora una volta ascoltava e osservava e ancora una
volta rifiutava di comprendere la spiegazione più semplice,
non vedeva l'ora di raggiungere Andolondéva e consegnare
quella strana gente al suo Signore, lui avrebbe certamente compreso
quello che a lui sfuggiva.
Gli mancava la sua città, gli mancava la
saggezza e il conforto del suo amato Sire, se lui fosse stato li non
sarebbe stato così confuso, era stato fuori per troppo
tempo, in quelle che fino a qualche ora prima erano stati inutili
pattugliamenti, ormai servivano solo per formare i giovani, non
conoscevano pericoli nel loro rifugio eppure avevano continuato
imperterriti ad allenarsi e ad addestrare i loro figli come se la
guerra dovesse sorprenderli all'improvviso, a volte si chiedeva a cosa
servisse, non desiderava la guerra, aveva visto abbastanza sangue e
morte per tutta la sua vita immortale, era felice di starsene in quel
luogo sicuro eppure i Potenti continuavano a temere che non sarebbe
durato e ora aveva le prove che avevano ragione.
Era strano, non voleva altre morti ma prevedeva che
ci sarebbero state, la cosa non lo spaventava, lui non aveva mai
dimenticato quelli che erano stati lasciati indietro, e quei due
immortali, amici o nemici che fossero, avevano riaperto una vecchia
ferita
“Fratelli, amici, padri e compagni,
caduti nel sangue, allontanati in catene, noi sopravviviamo al loro
dolore, ma come cancellare quel ricordo dal cuore? Stiamo qui rinchiusi
in una prigione dorata, mentre chi amavamo soffre lontano, vi abbiamo
dimenticati? Le nostre menti forse, la logica cinica e dura della
sopravvivenza, ma mai i nostri cuori. Ma le nebbie hanno forse celato
anche la speranza? Ah, Narsil! Se potessi parlare! C'è forse
ancora luce fuori tra le tenebre? E se questi non sono nemici, non
è forse nostro dovere aiutarli? Il tarlo del dubbio
già rode il mio cuore, eppure sono passate solo poche ore!
Tu brami la mano di chi ha sparso il mio sangue, No! Non è
lui! Non lo devo dimenticare, lui è solo sangue del suo
sangue, ma è difficile da accettare...
Devo sapere... devo sapere se qualcosa è
cambiato... devo sapere se nelle tenebre una luce ha germogliato...
devo sapere se dietro alle loro crudeli menzogne si nasconde una
pallida speranza...
E se così fosse? Sono forse capace di
dimenticare gli antichi rancori e camminare al fianco di chi ho odiato
tanto? E' inutile porsi domande tanto assurde, non c'è
speranza, solo menzogne, crudeli e dolorose menzogne...”
-Oh, Thranduil...- sospirò alla luna
-Quali antichi dolori dovremo riaffrontare? E sarò proprio
io a condurre a te chi ti farà soffrire...- “o
forse gioire? Potrà mai essere, questo strano elfo, un
figlio per te?
Non vedo Oscurità, ma tanto freddo in
lui, e tu hai avuto freddo per troppo tempo per doverne sopportare
ancora... eppure scorgo anche una debole fiamma, forse tu con la tua
grazia potrai farla divampare? No, questo è un compito che
spetta a quel mortale... c'è qualcosa nel modo in cui lo
stringe e in quello in cui lui cerca il suo sostegno che va oltre la
finzione...
Ma quali pensieri assurdi mi affiorano alla mente?
Cosa mi importa di quello che fa un númenóreano?
Fino a prova contraria sono nemici! E come tali li devo
guardare!”
Era stata una lunga notte per il comandante, un notte di pensieri che
gli avevano tolto il riposo, di domande che aumentavano e di risposte
che invece fuggivano, di certezze vacillanti e dubbi pressanti, fu con
immenso sollievo che prima del tramonto seguente scorse la sua
città e il palazzo del suo Signore.
Andolondéva, il primo avamposto abitato
dopo l'Unico Cancello, regno del Sire Thranduil, colui che come suo
padre aveva il compito di vegliare sul solo ingresso al loro regno, a
differenza degli altri Signori aveva voluto costruire il suo palazzo
nella terra, un rifugio sicuro che servisse da fortezza in
caso di attacco, anche se la maggior parte degli altri elfi viveva in
case nel bosco, la dimora del loro Sire era abbastanza ampia per
accoglierli tutti in caso di pericolo.
Questo era successo perché subito dopo
la guerra il ricordo degli orrori subiti e la paura erano ancora troppo
vivi per poter credere di essere realmente al sicuro, nonostante le
rassicurazioni dei Potenti, forse dovendo scegliere dopo migliaia di
anni di pace Sire Thranduil, si sarebbe accontentato di un palazzo
più tradizionale, ma in quei tempi bui aveva preferito
rendere la zona più esposta alle possibili aggressioni il
più sicura possibile.
Camminavano già da un po' su sentieri
lastricati ai lati dei quali sorgevano deliziose villette di rami vivi
intrecciati e pietre, dato che la primavera stava sbocciando in tutto
il suo splendore, gli alberi erano carichi di fiori, e ogni dimora si
adornava di un colore diverso, mentre in quelle più grandi
diverse piante si intrecciavano fra loro cerando arcobaleni profumati,
davanti e intorno ad ognuna giardini lussureggianti si contendevano il
favore di uccelli variopinti e farfalle delicate, vasche d'acqua
limpida il cui guizzavano pesci argentei trovavano rifugio all'ombra di
flessuosi salici.
Potevano scorgere al loro passaggio sguardi curiosi
e impauriti sbirciare nascosti dietro le finestre e gli usci, ma non
incontrarono nessuno sul loro cammino se non gatti indolenti e
cagnolini giocosi.
Il comandante aveva lasciato la giovane, ormai
sicuro che non ci fosse il pericolo di una fuga, e guidava la colonna,
di cui i prigionieri formavano il cuore, lungo la strada che li
conduceva verso un ampio ponte di pietra dietro al quale su un erto
pendio coperto di alberi si apriva l'ingresso di una caverna, due
enormi faggi l'affiancavano come pilastri, scendendo fino ad affondare
le radici nelle acque scure e tumultuose del fiume che stavano
attraversando.
Appena avevano messo piede sul ponte l'ampio
portale di quercia dura e mithril aveva cominciato ad aprirsi
lentamente mentre le guardie si inchinavano rigide al loro capitano,
solo quando furono entrati e i pesanti portoni richiusi fece segno alla
compagnia di arrestarsi attendendo il consigliere che si avvicinava
osservando inquieto i prigionieri
“Finalmente a casa”
sospirò
-Alatulya, Condo, acánielmë i
mentano. Aratarya tultan quetë sa meriryë
velë quendu, tulyalë hyeli mandonna- (Bentornato, Lord Comandante,
abbiamo ricevuto il messaggero. Sua Maestà mi manda a
informarvi che desidera incontrare immediatamente l'elfo, fate condurre
gli altri alle prigioni)
-á vala Aratarya- (Come Sua Maestà
comanda) si inchinò leggermente per poi
rivolgersi ai suoi uomini
-Quendë tulë asenyë.
Tulyalë hyeli mandonna-
(L'elfo viene con me. Portate gli altri alle prigioni)
Nel momento in cui Tàr aveva udito le parole del messaggero
la sua mano era scivolata a stringere quella del compagno con la paura
negli occhi
-E' il momento?- aveva chiesto lui serio
Aveva solo annuito greve, sapevano entrambi di cosa
stavano parlando,
“Mi dispiace, avrei voluto essere al tuo
fianco”
L'immortale lo aveva osservato
preoccupato, però un attimo prima che il
comandante lo afferrasse per allontanarlo aveva inspirato profondamente
e ricambiato la stretta con un sorriso
“Non preoccuparti, sto bene”
-Tàr, dove lo portano?- chiese agitata la mezzelfo mentre li
conducevano per i ricchi corridoi illuminati da torce
-A fare i conti col suo passato-
-Lui è qui?-
-Lui è il Re-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** Capitolo 26 ***
*CAPITOLO 26*
-Bombadil!
Mostrati maledetto, o hai troppa paura per affrontarmi!- la voce
dell'Oscuro Sire rimbombò tra gli alberi che fremevano di
collera, covando un atavico odio per il cavaliere e la cavalcatura che
purtroppo si tenevano a distanza dai loro rami
-Quale lieta
sorpresa- squillò allegra canzone del Messere -Vieni ragazzo
vieni, la teiera e sul fuoco e di erba ho una presa-
-Smettila di
cantare ed esci ad affrontarmi vile ficcanaso-
-Uscire? E
perché mai? Fuori dal bosco prevedo solo guai! Venite voi
piuttosto, al mio tavolo c'è posto. E che non sia mai detto,
che Bombadil è un'ospite inetto-
-Pensi forse di
ingannarmi con i tuoi modi cortesi- ringhiò rabbioso -Lo so
bene che hai aiutato i miei nemici-
-Nemici, che
brutto suono, mi storpia la canzone, il canto non vien buono. Ma se ti
riferisci a stanchi viaggiatori, sei solo tu lo stolto che paga i suoi
errori. Di certo non è Tom che esce da suo bosco, ma sempre
chi ha bisogno sotto il suo tetto trova un posto. Se a un passo hai i
mannari e all'altro i brutti Troll quale altra strada resta se non il
bosco di Tom?- rise allegro l'ometto
-La smetterai di
ridere! Un giorno pagherai per la tua sfrontatezza- le fiamme ormai
divampavano attorno a lui lambendo i margini della foresta
E fu in quel
momento che Melkor vide quello che a nessun mortale aveva mai visto, ma
che lui già sapeva e per quello non osava avvicinarsi pur
ostentando sicurezza e superiorità. Il sorriso di Bombadil
scomparve nel momento in cui le prime fiamme scaldavano le foglioline
esterne, gli occhi si fecero scuri mentre il suo corpo ardeva di fuoco
bianco.
-Fermo!-
Tuonò con voce potente e fiera, un solo gesto della sua mano
bastò per far ritirare le lingue scarlatte -Fermati, se non
hai deciso di affrontarmi, Secondo figlio di Eru! Infrangi i patti ed
io farò lo stesso! Non toccherai il mio bosco e io non
interferirò col Fato, ma entra nel mio Regno solo se sei
pronto a combattere!-
-La pagherai!
Mio Padre non ti proteggerà in eterno!-
-Non mi serve
protezione, sono al di sopra delle dispute di voi esseri inferiori! Sei
tu che hai cercato di interferire col mio lavoro, e devo forse
ricordarti com'è finita?-
-I tuoi amati
alberi ancora mi temono- soffiò maligno
-E tu temi me...
O credi di aver abbastanza Potere, ora, per riprovarci?-
-Verrà
il giorno che ti farò rimangiare la tua arroganza-
-Lo
attenderò con impazienza, dopotutto quel giorno, se mai
arriverà sarà la fine di tutto, nel bene o nel
male, e io avrò concluso il mio lavoro-
-Non pensare di
spaventarmi con le tue pretese sull'Ambar-metta*-
-Oh, ragazzo
mio, lungi da me il volerti spaventare, ora temo di doverti salutare,
il tea si raffredda e per quanto sia piacevole chiacchierare non voglio
far attendere Baccador. Ossequi, Secondo, e porta le mie condoglianze a
Sauron per la morte di Daebolgorthebeth*- sventolò il
cappello piumato -Hops, ma forse ancora non lo sapevi, magari non
dovevo dirlo- si allontanò ridendo allegro riprendendo a
canticchiare.
Era morta, Morgoth guardò il Messere allontanarsi felice
mentre la rabbia esplodeva attorno a lui... Era morta! La Signora delle
Viverne, la Regina delle Ombre Alate, una delle sue più
potenti alleate era morta! E come se non fosse sufficiente ora quelle
patetiche creature avrebbero cominciato ad azzuffarsi fra loro
reclamando il comando! E loro erano passati, con un poco di fortuna non
incolumi, ma erano certamente passati e avevano ucciso
Daebolgorthebeth...Ora l'unica speranza era che fossero gli elfi a
fermarli, lui non era mai riuscito ad entrare di certo non avrebbe
potuto farlo Olórin, per quanto abile non era certamente al
suo livello e ancora meno lo era quello schiavo fuggitivo, ma entrati o
meno avrebbero pagato il loro affronto.
Con un rombo di
tempesta gli zoccoli di Each Uisge colpirono il suolo lanciandosi in
alto e galoppando veloce verso casa, doveva immediatamente porre fine
all'anarchia delle Ombre Alate e doveva assicurarsi la collaborazione
degli alleati, non era ancora giunto il momento di mostrare le sue
preoccupazioni ma avrebbe fatto in modo di non essere impreparato.
Seguiva il capitano lungo i corridoi della fortezza, ormai non si
curava più neppure di fingere una debolezza che non aveva
mai avuto, e, a conferma delle parole di Tàralelyol, l'elfo
al suo fianco non ne era affatto stupito.
Aveva mentito, era spaventato per quello che stava
per succedere, ma non lo avrebbe mai ammesso, si ritrovò a
maledire i lunghi corridoi che parevano interminabili, voleva porre
fine al più presto a quella incertezza, oppure voleva
fuggire il più lontano possibile... certamente questo
avrebbe stupito quel rigido comandante, lui tanto sicuro di
sé di certo non immaginava che sarebbe potuto fuggire in
qualsiasi momento... ma non lo avrebbe fatto, non lo avrebbe fatto
perché sarebbero stati gli amici a pagare per la sua
insolenza una volta che lui fosse stato lontano, non lo avrebbe fatto
perché nonostante l'apprensione era stanco di vivere nel
dubbio e voleva delle risposte.
Camminava assorto nei suoi pensieri, tanto che
quasi non si accorse quando si fermarono davanti a un grande portone.
Le guardie ai lati lo aprirono e gli venne fatto
cenno di entrare, solo un'esitazione e avanzò trattenendo il
respiro finché non sentì il pesante legno
richiudersi alle sue spalle.
Era solo? Quale carceriere avrebbe lasciato solo un
prigioniero in una sala piena di tesori? “Uno che sottovaluta
il nemico e la sua capacità di liberarsi. L'avevo detto che
quel tipo non era così intelligente” Ma questo
pensiero fu istantaneamente fugato quando si guardò attorno
“Una stanza piena di tesori e nessuna uscita tranne quella da
cui sono entrato”
Si trovava in un'enorme sala circolare davanti a
lui, rialzato di pochi gradini un trono vuoto, d'oro e smeraldi
tagliati ad imitare piccole foglie d'edera che partendo dal terreno
salivano intrecciandosi fino all'alto schienale, attorno alle colonne
la stessa edera ma di lucente mithril illuminava di un tenue bagliore
la sala riflettendo la luce delle leggere fiammelle che pendevano dal
soffitto in gocce di cristallo come fosse un cielo stellato.
E in tutta questa meraviglia, non una finestra, non
una porta e neppure la più piccola presa d'aria, non sarebbe
potuto fuggire ora, neppure se lo avesse voluto... e non era solo...
Dall'ombra avanzava una imponente figura, lunghi
capelli tanto chiari e luminosi da ricordare i decori delle colonne, la
pelle candida, il passo fiero, e un viso che aveva osservato riflesso
migliaia di volte, forse leggermente più segnato dagli anni
e dai dolori, ma non poteva negare la somiglianza, ora comprendeva come
la Signora del Bosco d'Oro avesse potuto confonderli, solo gli occhi
erano diversi, se i suoi erano chiari come il cielo e spesso grigi come
l'acciaio, quelli del Sire erano verdi, il verde cupo delle antiche
foreste.
Rimasero a studiarsi a lungo, osservandosi e
valutandosi, Esgalwath si era inchinato, aveva promesso che non avrebbe
fatto sciocchezze e sapeva come comportarsi difronte a un Re, anche se
certamente non era un inchino che avrebbe soddisfatto la
vanità di un potente, era però sufficiente per
non farlo accusare di essere irrispettoso.
-Lë mai ná?- (E tu saresti?)
Scosse il capo, questa era un'ipotesi che non aveva
preso in considerazione, se neppure il signore di quel luogo parlava la
loro lingua presto Tàr avrebbe dovuto rivelare il suo gioco
-E tu saresti?- ripeté con aria seccata
nella lingua comune
-Non lo so, maestà, sono qui per avere
risposte-
-Hai gli occhi di tua madre-
-Conoscevate mia madre?-
-Credo di averla conosciuta abbastanza bene dal
momento che ti abbiamo concepito-
-Quindi voi sareste?... Mio padre?-
-Così devo supporre anche se non mi
spiego come tu possa essere vivo-
-Se è per questo, non me lo spiego
neppure io-
-Vorresti farmi credere che non sei qui per
spacciarti per il mio figlio perduto e guadagnarti la nostra fiducia?-
-Non lo sono, ma anche se lo fossi non lo direi,
quindi come deciderete se dico il vero?-
-I tuoi modi sono alquanto scortesi, e trovo
disdicevole che un principe degli Eldar non conosca la propria lingua-
“Quest'elfo è pazzo forse? Di
cosa sta parlando?”
-Me ne scuso, Sire, quando incontrerò i
miei precettori gli comunicherò questa loro mancanza-
-L'ironia mi è nota, e la trovo alquanto
fuori luogo-
-E io trovo fuori luogo, che voi mi accusiate di
non parlare una lingua che mai fino ad oggi avevo udito-
-Non sei certo l'unico elfo, dall'altro lato delle
Nebbie, qualcuno si sarà pure occupato di te?-
-Non certo degli elfi- strinse i pugni e
respirò forte, aveva promesso che avrebbe ascoltato ma si
rivelava più difficile del previsto
-Così in basso sono caduti i nostri
simili da non curarsi di una regina e di suo figlio?-
-Maestà, credete forse che sai dato loro
di passeggiare liberamente, ospitare amici e magari dare anche delle
feste? Sono servi! o forse non conoscete il significato di questa
parola?-
“No, così non va, devo
calmarmi”
-Servi dell'Oscuro, traditori del loro sangue, se
non trovano la forza di ribellarsi-
-Parlate come avessero una scelta-
-C'è sempre una scelta, la morte sarebbe
un destino più onorevole, potrebbero tentare di fuggire
magari morirebbero provandoci ma sarebbe una morte onorevole, tu sei
qui, perché sei solo e accompagnato da nemici e non dai tuoi
simili?-
Chiuse gli occhi e inspirò
profondamente, tutti i buoni propositi cancellati da quelle accuse
ingiuriose, quando li riaprì lo sguardo freddo di un
assassino investì il sovrano, Legolas e tutto quello che
aveva compreso in quei giorni era scomparso, i compagni avrebbero
potuto scorgere il lui solo la compostezza gelida con cui lo avevano
conosciuto.
-La scelta? La scelta dite voi? Cosa ne sapete di
quello che succede fuori di qui? Credete forse che ci sia una scelta?
Credete che questi simboli servano solo ad ornare la mia pelle?-
ringhiò mostrando la spalla -Non c'è scelta.
Credete che non abbia desiderato la morte sopra ogni altra cosa?
Credete che quelli che un tempo chiamavate amici o fratelli non
desiderino la morte? La fuori non ci sono concessi desideri! La fuori
viviamo solo per servire, e non lo facciamo per scelta, lo facciamo
perché costretti! Costretti con la magia!
Riuscite a immaginare, nella vostra suprema
arroganza, cosa significhi restare a guardare impotente mentre il tuo
corpo agisce indipendentemente dalla tua volontà?
Non sono qui per mio volere, non sono qui
perché ho “scelto”!- quasi sputo
l'ultima parola come se lo disgustasse -Sono qui perché il
mio aspetto mi ha dato potere sulle persone, abbastanza da potermi
liberare per poco tempo dalla magia e fuggire... vi disgusta pensare al
vostro figlio che si abbassa a questo?... anche a me! Ma non avevo
scelta! E non l'ho avuta neppure dopo, perché non sono e non
sarò mai libero, non finché porterò
questo Marchio d'infamia sul mio corpo!-
Si fermò a prendere respiro, aspettando
una reazione, una reazione qualsiasi, ma l'immortale davanti a lui
sembrava non l'avesse neppure udito, ringraziò di essere
legato perché se fosse stato libero niente gli avrebbe
impedito di colpirlo, si aggrappò alle corde come ad
un'ancora piantando le unghie nei palmi per impedirsi di scioglierle.
L'antico immortale lo osservava in silenzio, era
quello suo figlio? Tutto quel veleno, tutto quell'odio, cosa gli era
successo? Lui non gridava, no, in questo gli assomigliava, ma non aveva
bisogno di gridare perché il gelo e il disprezzo nella sua
voce erano più che sufficienti a fargli comprendere che lui
non aveva più un figlio, non lo aveva mai avuto e non lo
aveva ora.
-E' per questo che ti sei preso tanto disturbo? Per
sputare addosso il tuo odio a tuo padre? Sei venuto con i Servi
dell'Oscuro per avere un'immotivata vendetta?-
-Servi dell'Oscuro? L'Oscuro non ha bisogno di
mandare da voi i suoi servi- sputò – lo servite a
sufficienza restando qui nascosti come topi.
Non voglio vendetta, non saprei cosa
farmene... Volevo delle risposte, volevo sapere
perché avevate deciso di non volere un figlio e mi avete
abbandonato senza una parola, ma vedo che nella vostra arroganza non vi
degnate di dare spiegazioni, siete troppo impegnato ad emettere
sentenze su cose delle quali non avete nessuna conoscenza. Bene, sapete
cosa vi dico? La vostra reazione è per me una risposta
soddisfacente, avevo promesso ai miei amici che vi avrei ascoltato,
ebbene l'ho fatto e il Nulla ho udito.
Quelli che voi chiamate nemici stanno rischiando la
vita per portare una speranza a quelli che un tempo chiamavate
fratelli... mentre voi li accusate di avervi tradito-
-Quindi preferisci degli assassini alla tua
famiglia?-
-Non ho una famiglia, e se mai l'ho avuta non siete
certo voi! Non è stato un elfo a raccogliere l'infante
abbandonato e a proteggerlo come un figlio, quando la sua famiglia non
si è mai degnata di mostrarsi, è stato un nano,
voi li disprezzate tanto eppure la pietà del suo cuore, non
del vostro, mi ha salvato, mi ha amato come una vera madre sapendo che
rischiava la vita proteggendo un elfo ed è morta per quello
che aveva fatto! Potete chiamare assassina lei? Quegli uomini che
tenete prigionieri hanno sfidato le guardie di Sauron per venirmi a
liberare nonostante io gli mostrassi solo odio e disprezzo, mi hanno
trattato come un loro pari, mi hanno mostrato che esiste una ragione
per vivere e si chiama speranza... Potete chiamarli assassini?-
-Loro hanno sterminato la nostra razza-
-No, i padri dei padri dei loro padri lo hanno
fatto, non loro. Loro stanno cercando di liberarla la nostra razza.
Loro! non io, non voi!. Prima di conoscerli non riuscivo neppure a
dirlo “la nostra razza”, se c'è un
assassino quello sono io, non sarei mai venuto se non fosse stato per
la loro cocciutaggine, erano convinti che gli Elfi fossero saggi e
illuminati, erano convinti che li avreste aiutati a salvare i vostri
fratelli, io li chiamavo sciocchi, e avevo ragione...-
-Non ti capisco, potresti vivere come un principe
degli Eldar e scegli di morire con dei traditori della Luce?-
-Scelgo di morire con degli amici che hanno lottato
per la giustizia, piuttosto che vivere continuando a nascondermi dietro
una menzogna-
-E sia, hai fatto la tua scelta-
Bastò un gesto della mano
perché le porte si spalancassero e le guardie arrivassero a
trascinarlo via.
Thranduil, il grande Sire, il potente Signore,
indietreggiò osservando le porte richiudersi fino ad
accasciarsi sui gradini del trono perdendo la testa fra le mani.
Sapeva chi era, lo aveva sentito appena aveva
passato la Barriera, aveva sentito il richiamo del suo sangue, non
capiva come fosse possibile ma lui era lì, avrebbe voluto
abbracciarlo e piangere di gioia... ma la paura... la paura lo aveva
frenato, non sapeva cosa fosse diventato, non sapeva se lo avesse
voluto, aveva paura, paura di aprire il suo cuore ed essere nuovamente
annientato dal dolore, come il giorno in cui loro “Non loro,
lui è ancora vivo, solo lei è morta”...
il giorno in cui aveva sentito il Legame lacerarsi e aveva saputo che
era inutile continuare le ricerche, perché lei non esisteva
più, era morta assieme al suo figlio non nato, ma suo figlio
era nato, forse un parto prematuro? Forse lei era morta nel darlo alla
luce? “Non lo saprò mai, ma se avessi continuato a
cercare, se non mi fossi accasciato esausto in preda al
dolore...”, se lo avesse fatto forse avrebbe trovato suo
figlio, forse tutto questo non sarebbe mai successo, non sarebbe stato
costretto a crescere tra le tenebre fino ad assorbirle nel suo cuore.
Con immensa fatica si sollevò, aveva
bisogno di consiglio e di conforto mai come in quel momento sentiva il
bisogno del calore di un abbraccio, gli era mancato, era stato lontano
troppo a lungo.
Come sospettava lo trovò nelle sue
stanze ma aprendo la porta si rese conto che non era l'unico ad essere
stato turbato dai nuovi prigionieri, non lo aveva neppure sentito
entrare, e questo già da solo rendeva l'idea di quanto
profondi dovessero essere i suoi pensieri, lui sempre tanto attento e
sicuro.
Stava davanti allo specchio, la tunica aperta era
scivolata fino alla vita ma non se ne curava, osservava la sua immagine
seguendo con le dita la lunga cicatrice che gli attraversava il torace
dalla spalla fino al fianco opposto.
Era tanto tempo che non lo vedeva più
guardare quella cicatrice, pensava l'avesse superato ormai, quella
cattura doveva averlo turbato più di quanto pensasse.
Gli si avvicinò cingendolo da dietro e
fermandogli le mani tra le sue, lasciando una lunga scia di baci sul
suo collo, finché non lo sentì sospirare e
rilassarsi
-Sei bellissimo-
-Lo ero, un tempo, ora...Sono solo sfregiato-
-Lo sei ancora- intrecciò le dita con le
sue e percorse ancora quel lungo sfregio prima di attirarle a se e
baciarne i palmi -Perché ora? Dopo tanto tempo? Sono stati
loro a risvegliarti tetri ricordi?-
-Non ha più importanza ora che sei qui-
girò la testa fino ad incontrare le sue labbra sfiorandole
con un bacio leggero -Ma come puoi illuminarmi con la tua luce se
anch'essa è appesantita dall'ombra?-
-Amo quella cicatrice, senza quella non ci saremmo
mai trovati- rispose accarezzandolo lentamente e facendolo sospirare
-E ora ti sentiresti meno in colpa per la sua morte
e per tuo figlio, sai che hai fatto tutto quello che potevi, non potevi
sapere che era già nato-
-Come puoi conoscere sempre i miei pensieri?-
-Conosco te- Lasciò che la testa gli
ricadesse all'indietro sulla sua spalla
-Io non l'amavo, ma amavo il figlio che portava-
-Non l'hai mai tradita, hai soffocato il tuo cuore
per migliaia di anni in nome del rispetto e dell'amore fraterno che vi
legava-
-E tu non ti sei mai lamentato-
-Avevo la tua amicizia e tanto mi bastava, potevo
comprendere i tuoi doveri... Ma non è il nostro passato che
ti turba... Lo hai fatto rinchiudere con gli altri?- senza sciogliere
l'abbraccio si era girato per guardarlo negli occhi
-Cosa dovevo fare? Lui ha scelto loro-
-Ha davvero potuto scegliere?- il suo tono era
dolce come quello di chi si rivolge a un bambino
-Hai ascoltato tutto?-
-Sì. E tu? Tu hai ascoltato?-
-Il rimprovero della tua voce mi dice che non l'ho
fatto, vero?-
-Immagino che la confusione e la paura debbano
averti ottenebrato, perché di certo la parola arrogante non
ti si addice e neppure quell'ostentata freddezza... Non hai ascoltato
una sola parola di quello che diceva- sussurrò carezzandogli
una guancia
-No- sospirò -No, davvero-
-Perché lo hai fatto?- gli sorrise
dolcemente
-Avevo paura, paura che lui mi ritenesse colpevole,
paura che lui mi odiasse- si abbandonò all'abbraccio del
guardiano, lasciandosi avvolgere da suo calore, mentre nascondeva il
viso sulla sua spalla
-Lo fa- rispose sinceramente -Ti ritiene colpevole,
ti odia e tu non hai detto nulla per fargli credere il contrario... era
davvero venuto per ascoltare, e tu non gli hai dato nessuna
spiegazione, ti sei limitato ad attaccarlo... Luce Mia, quel ragazzo
è convinto da tutta la vita di essere stato abbandonato, di
essere stato gettato via perché non lo volevate... ti
meravigli forse che abbia scelto i suoi compagni-
-Lui crede questo? Valar! Io non immaginavo, come
potevo sapere?-
-Avresti saputo se lo avessi ascoltato, siete
simili alla fine, entrambi avete sofferto, ed entrambi avete scelto di
chiudere il vostro cuore per non soffrire ancora-
-Ma tu sei riuscito ad aprire il mio-
-E lui troverà qualcuno che
riaprirà il suo-
-Ma non sarò io- sospirò
amaramente
-No, non sarai tu... Ma potresti insegnargli a
rispettarti, magari provando a rimediare quella patetica scena a cui ho
assistito-
-Credi ci sia del vero nelle parole che ha detto?
Immagino tu li abbia osservati e ascoltati a lungo visto che avete
impiegato due giorni a percorrere il cammino di poche ore-
Il guardiano si allontanò, girandosi
nuovamente verso lo specchio, si chinò leggermente mentre
posava i palmi aperti sulla pietra fredda ai lati del vetro,
osservò un'istante il suo riflesso prima di chiudere gli
occhi e poggiare la fronte sulla superficie liscia con un sospiro
-Haldir?-
-Non è facile risponderti, il mio cuore
vorrebbe dirti che ci sono nemici, vorrebbe vederli giustiziati,
vorrebbe vendetta...-
-Ma non è questa la risposta che mi
darai-
-Non posso-
-Chi?- “Chi ti ha turbato tanto”
-Sai che il loro capo è un
númenóreano?-
-Capisco. E' per quello che stavi nuovamente
osservando quell'antica ferita?-
-No, non puoi capire... Hai visto Narsil?- gli
indicò la spada abbandonata sul letto
-Prendila, ascoltala-
E così fece, prese la spada e
ascoltò il canto dell'acciaio, come solo gli antichi Eldar
potevano fare, come solo le armi forgiate dalla loro magia potevano
cantare, e venne investito dallo sdegno della potente lama
-Capisci ora? La spada che mi ha salvato brama la
mano di chi dovrebbe invece impugnare quella che mi ha fatto questo-
-Sei sicuro che sia sangue del suo sangue? Il fatto
che sia di Númenor, non lo rende un suo discendente-
-Non mi faresti questa domanda se lo avessi
visto... Come posso scordare quel volto?-
Chiuse gli occhi e il passato tornò
prepotente facendolo tremare, non era più nella sua
confortevole stanza ma sul campo di battaglia.
Poteva udire le
grida e i lamenti strazianti degli amici, sentiva l'odore del sangue e
della carne bruciata, ma ormai non ci faceva più caso, da
quanto tempo combattevano? Ore? Giorni? Avrebbero potuto anche essere
anni, non ci pensava più, si muoveva come in un limbo sul
campo di battaglia, sordo e cieco ad ogni cosa che non fosse il canto
della sua spada, continuava a colpire, uccidendo e mutilando e ad ogni
vita che prendeva un pezzetto di lui moriva.
A volte un viso
famigliare lo raggiungeva in quella sorta di oblio, il nano che gli
aveva forgiato la spada, il ragazzo a cui aveva insegnato a cavalcare
era cresciuto, l'uomo con cui aveva bevuto,... lampi, solo e soltanto
lampi, immagini e pensieri che fuggivano prima che potesse esitare...
prima che potesse impazzire.
E ancora sangue,
sangue sulla sua lama, sangue sulle sue mani, sui suoi capelli d'oro e
sulla sua armatura un tempo lucente, sangue che gli sporcava il viso e
il mantello scarlatto, sangue scuro e denso, poteva quasi percepirne il
sapore dolce e metallico.
Attorno a lui i
corpi senza vita dei compagni, la terra pesante e bagnata dalla vita
dei sui amici, ma lui continuava a combattere, orribili creature li
circondavano, vampiri, spettri, demoni, creature delle Tenebre che
gioivano nel seguire gli ordini del loro signore, si nutrivano dei
morti e banchettavano coi loro corpi, i nani, che un tempo chiamava
amici, avanzavano come bestie in quella carneficina e gli uomini... gli
uomini guidati da Elros il Traditore... Elros... lo aveva visto
nascere, chiamava suo padre fratello e suo fratello amico...
Quando se lo
trovò davanti non erano le sue braccia ad essere pesanti ma
il suo cuore, tutta quella morte, tutto quel sangue... che senso aveva
continuare? Quasi non si accorse quando Aranrúth
calò su di lui aprendogli il torace da parte a parte...
-Elros...-
mormorò mentre cadeva
-Haldir- gli
rispose con un ghigno sadico preparandosi al colpo di grazia, la lama
empia grondante della malvagità di Morgoth come un velenoso
miasma che calava su di lui... e in quel momento la luce di Turgon, la
fiamma di Narsil che deviava il colpo e poi fu solo il buio,
finché non si svegliò dopo molti giorni in un
letto al sicuro nella loro nuova patria con Thranduil che lo accudiva.
-Come posso dimenticare? Eppure devo farlo, lui non
è il suo antenato... Ma non chiedermi di giudicare. Come
posso essere giusto? Vai da loro, parlagli tu stesso... e cancela
questi dubbi che mi rodono l'anima- la sua voce calda e profonda
incrinata dalla sofferenza
-Oh, Amore... i tuoi dubbi valgono più di
molte risposte, perché se non sei riuscito a trovare
malvagità nei loro cuori, e non dubito tu ci abbia provato
in ogni modo, non credo che potrò farlo io-
-Sì, ci ho provato, ci ho provato con
tutte le mie forze... ma non l'ho trovata... avrei dovuto venire subito
da te, invece nella mia arroganza speravo di scoprire i loro piani
lasciandoli parlare sicuri di non essere compresi... tutto
ciò che ho portato alla luce sono stati antichi dolori-
-Sai, seppure non lo conosca, credo già
di provare simpatia per quel mortale, forse la sua venuta
servirà a fare finalmente guarire questa ferita, un poco lo
invidio, io non ne ho mai avuto il potere-
-Questa ferita non potrà mai guarire,
sono poche le armi in grado di lasciare cicatrici sul corpo di
un'immortale... Aranrúth è una di quelle,
resterò sfregiato per sempre-
-Non parlavo di quella del corpo, di quella non mi
importa. Tu Sei Bellissimo, quanto tempo dovrò impiegare a
farti comprendere che quel piccolo segno non cambia nulla di
ciò che sei-
-Piccolo?- sollevò il sopracciglio
perplesso
-Piccolo e invisibile ai miei occhi... anzi, no,
perfettamente visibile e meraviglioso, amo tutto di te, amo il tuo
corpo perfetto, la tua pelle morbida, amo il tuo profumo, la tua voce,
il tuo calore e amo questa enorme e meravigliosa cicatrice...- aveva
accompagnato ogni parola a baci e carezze fino a renderlo debole e
fremente tra le sue mani, spingendolo quasi senza che se accorgesse
fino al bordo del letto dove lo aveva fatto cadere senza staccare la
bocca dalla sua pelle -Ma tu lo sai bene, mio piccolo e vanitoso
guardiano, lo sai e vuoi solo che io te lo ripeta... lo sai quando mi
eccita questo tuo corpo sfregiato... piccolo demonio tentatore-
Poi non ci fu più posto per le parole
quando le loro bocche si unirono alla disperata ricerca di ossigeno,
due anime spezzate che si completavano, mentre le carezze diventavano
più esigenti, fameliche di attenzioni.
Il guardiano prese la mano del suo Sire portandola
alle labbra e succhiando avidamente le dita per poi guidarla verso la
sua apertura con sguardo implorante gemendo di piacere quando lo
sentì invadere la sua intimità
-Valar, amore, ti prego non farmi attendere oltre-
-Haldir-
-Thranduil... tuo!- gridò quando
sentì il sesso finalmente riempirlo cominciando a muovere i
fianchi come sapeva far impazzire l'amante
-Sì, Haldir, mio... dillo ancora, di il
mio nome-
-Thranduil...
Thranduil... Thranduil...- ad ogni spinta scosse di piacere
percorrevano il suo corpo trattenendo il proprio piacere per non
anticipare l'amato.
Giacquero in fine esausti e felici tra le braccia
l'uno dell'altro
-Amore mio, non invidiare quel mortale, tu curi
quella ferita ogni giorno, tu sei la mia vita-
-Ti prego ripetilo ancora-
-La mia vita...- gli sussurrò
all'orecchio
-Ti ho mai detto quanto amo la tua voce?-
-Ogni giorno, vita mia- sorrise
-Potrei morire felice ascoltandola, così
calda, così morbida, potresti amarmi solo con la tua voce
senza che io veda il tuo corpo-
-E se ti amassi, invece, con la mia voce e anche
col mio corpo?- mormorò accarezzandolo languidamente
-Valar, quanto mi sei mancato! Ti proibisco di
andare ancora di pattuglia- sussurrò ricominciando ad
assaggiarlo
-Devo ricordarti che sei stato tu ad ordinarlo?-
-Hai già appurato quanto io sia stolto e
insensato, anzi, d'ora in avanti ti proibisco di lasciare questa stanza-
-La cosa potrebbe allettarmi se non avessi il
tremendo sospetto che in quel caso neppure tu lasceresti più
la stanza, mio insaziabile amante-
-E probabilmente avresti ragione-
-Va da tuo figlio ora- lo scacciò con un
ultimo bacio -Ritroverai me e la mia voce ad attendere il tuo ritorno-
-Grazie-
NOTE
Ambar-metta
la Fine del Mondo per gli Eldar
Daebolgorthebeth (Dae ombra+baul tormento+gortheb orribile+eth fem. ) Ombra
dell'orribile tormento
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** Capitolo 27 ***
*CAPITOLO
27*
Ancora una volta
si era lasciato condurre remissivo per quei corridoi, seguendo le
guardie che avevano a malapena il coraggio di toccarlo, il suo
aspetto le spaventava, ormai tutti a palazzo sapevano chi era,
purtroppo per lui, gli elfi avevano un udito molto fine
“Sapessero
quanto poco conta questo mio sangue... Di certo hanno più
riguardo
per me di colui che mi ha concepito... Chissà
perché poi? Non hanno
forse udito che il loro signore mi considera al pari degli altri
prigionieri?” Sospirò tristemente continuando a
camminare mesto,
cosa si era aspettato? Che alla fine avesse anche lui finito per
credere che davvero ci fosse un'altra spiegazione? Che avesse infondo
al cuore sperato che non lo avessero abbandonato volontariamente? Si
era lasciato condizionare dal loro ottimismo... “Non
m'importa...
non ho mai desiderato una famiglia...” Ma ormai quei pensieri
suonavano stonati persino alle sue orecchie
-Sire non
ascoltare ma sentire, cano Haldir, lui ascoltare...
Tu
aspettare- una delle guardie si era avvicinata parlando la lingua
comune con fatica, ma con tono gentile e ora lo osservava annuendo
decisa e gli sorrideva
-Tu aspettare,
Thranduil buon re-
L'aveva osservata
confuso, quel elfo stava forse cercando di consolarlo? Come era
possibile? Loro non erano forse i nemici che tutti in quel luogo
dovevano disprezzare?
-Capito me? Io
poche parole in nuova lingua, poco capito ma poco piace...tu buon
Eldar, noi aiuta fratelli fuori-
Sarebbe voluto
scoppiare a ridere, lui un buon elfo? Se a malapena si considerava un
elfo! Ma gli era grato per quello che cercava di dirgli cosi sorrise
e lo ringraziò, non perché credesse minimamente a
quello che
diceva, capiva poco della lingua comune e non aveva visto lo sguardo
del loro “Buon Re” mentre parlava, lui invece
capiva e aveva
visto, ma ringraziò perché era stato gentile con
un prigioniero che
neppure conosceva, lo ringraziò perché gli aveva
dimostrato che al
mondo non tutti erano malvagi e che quelli con cui viaggiava non
erano i soli ad credere nei sogni, lo ringraziò
perché in quel
momento in cui la speranza che non sapeva neppure di aver avuto stava
vacillando era riuscito con poche parole a farla risorgere.
-Come ti chiami?-
-Lindir-
-Grazie, Lindir.
Io sono Esg.. Legolas, io sono Legolas- gli sorrise
-Ben tornato in
tua casa, Legolas... Ora tu scusa, io ho ordine, me non felice... ma
tu aspettare- e continuò a sorridere e annuire anche mentre
lo
faceva entrare nella cella e lo incatenava a fianco dei compagni.
Solo quando la
porta fu chiusa e il rumore dei passi scomparso in lontananza si
lasciò andare a una risata liberatoria sotto gli occhi dei
compagni
ammutoliti
-E' impazzito?-
chiese la giovane
-Legolas? Stai
bene?- rincarò Tàr preoccupato da quello scoppio
insensato di
ilarità
-Oh, scusate...
sto meravigliosamente- riuscì finalmente a rispondere tra le
risa
-Allora il
colloquio è andato bene?-
La risata diventò
ancora più forte
-Se fosse andato
bene sarei qui appeso con voi?-
-No,
effettivamente non ha molto senso...- borbottò il nano
-Lasciate che vi
informi che il Sire di questo luogo è un emerito idiota...
ed è mio
padre- se non fosse stato legato si sarebbe piegato in due dalle
risate
-Lo abbiamo
perso...- sospirò la ragazza -Non ha retto il colpo ed
è impazzito-
-No, no, sto bene
davvero- calmandosi leggermente ma cominciando ad agitarsi
-Vuoi stare
fermo! Mi fai venire il mal di mare- tirandosi su solo a forza di
addominali era riuscito a portare i piedi fino alla catena
stringendola saldamente tra le gambe e allentando così la
tensione
sui polsi e ora armeggiava concentrato con i grossi ceppi di metallo,
purtroppo nel farlo aveva anche continuato a spintonare l'uomo che
ora dondolava infelicemente
-Il mal di mare?
Sotto terra? Dammi un altro minuto, ho quasi finito-
-Finito cosa?-
-Questo- saltò
agilmente a terra libero
-Come ci sei
riuscito?-
-Fascino, mia
dolce fanciulla, nessuna serratura è in grado di resistermi-
sfoggiò
un sorriso irriverente -Non era forse per questo che mi avevate
cercato?-
-E ora pensi di
startene lì a vantarti? o hai intenzione di liberare anche
noi?-
-Non so... se me
lo chiedete gentilmente... forse...-
-Tirami subito
giù da qui, bastardo presuntuoso!-
-Amica mia, non
esagerare con la gentilezza... potrei commuovermi-
Alla fine furono
tutti liberi, anche se ancora imprigionati
-Ora vuoi dirci
cosa è successo? Cosa c'era di tanto divertente?-
-Niente davvero,
Tàr, ho appena scoperto di essere un buon elfo-
-Tu? Un buon
Elfo?- scoppiò a ridere Rhawel seguita da Gimli
-Vedete? Lo
pensate anche voi-
-L'ha detto
Thranduil?-
-No, Mithrandir,
e anticipando la tua domanda, non ci aiuterà-
-Ma l'hai
ascoltato? Cosa ti ha detto?-
-Sì, Tàr, ho
ascoltato come avevo promesso, e non ha detto nulla... assolutamente
nulla... escludendo il fatto che non approva che io non conosca la
sua lingua, che gli elfi prigionieri sono dei traditori
perché non
cercano di liberarsi e che voi siete degli assassini e meritate la
morte-
-Non è
possibile! Come può accusare quelli che un tempo erano suoi
compagni
di essere traditori? E' inaudito!-
-Lo so, ho fatto
quello che potevo, ho tentato di spiegare, avresti dovuto essere tu a
farlo, è la tua causa, forse saresti stato più
convincente, ma ne
dubito, non ha neppure ascoltato... Melkor Maledetto! Se non fossi
stato legato lo avrei preso a schiaffi!-
-Ragazzo, tu
passi troppo tempo con Rhawel-
-No, Mithrandir,
a volte è l'unico modo- sospirò -Ci ho provato,
tanto non sarebbe
mai venuto a parlare con voi, lui aveva già deciso... voi
eravate
morti-
-Noi? E tu?-
-Io potevo
restare con lui-
-Perché sei qui?
Potevi salvarti-
-Non siamo ancora
morti-
-Dannazione! Tu
ci credi! Tu hai finito per credere al nostro sogno! E' per questo
che invece di salvarti hai cercato di convincerlo e sei finito
quaggiù!- La mezzelfa gli saltò al collo con gli
occhi lucidi per
la commozione, gli stessi occhi di tutti gli altri
-Potrei, e dico
potrei, avere un piccolo dubbio sul fatto che non siate completamente
folli... e non avrei potuto vivere nella menzogna, non un'altra
volta, non dopo quello che ho visto-
-E ora come
facciamo ad uscire da qui?-
-Semplice, non
usciamo-
-Ma tu hai detto
che ci avrebbero uccisi? E allora?-
-Allora... noi
aspettare- si appoggiò alla parete sedendosi comodamente a
terra
-Noi- l'uomo
sgranò gli occhi -Aspettare?-
-E' questo che ha
detto la guardia... Thranduil buon Re... Tu aspettare-
-Ma tu hai detto
che non aveva ascoltato, che non ci avrebbe aiutato- pigolò
Rhawel
-Sì, e ne sono
ancora convinto, ma abbiamo fatto tanta strada che male c'è
aspettare un po'-
-Il fatto che
potrebbe essere il nostro ultimo po'?- borbottò Gimli
-Non rientrava
forse nei vostri piani?-
-E tutto questo
perché l'ha detto una guardia?-
-Ha anche detto
che io buon Eldar e che loro aiuta fratelli fuori... e che capitano
Haldir ascoltare-
-In questo
caso...- Gimli roteò gli occhi -Noi aspettare, spero solo
non mi
facciano dimagrire troppo prima di uccidermi... i vermi ci
resterebbero male-
-Stai bene?- Tàr
si era seduto al suo fianco osservandolo a lungo
-Ti sembrerà
strano, sembra strano anche a me, ma sto bene-
-Mi hai stupito,
ero preparato alla tua collera, all'odio, alla confusione, persino
alle lacrime, ma non mi aspettavo questo-
-In fondo devi
ringraziare lui... mentre mi guardava con quello sguardo freddo mi
è
sembrato di vedermi in uno specchio... lui non ascoltava, non
sentiva, si è chiuso in se stesso sordo ad ogni ragione...
come
me...-
-Tu credi che
possa imparare a sentire? come te?-
-Lindir lo crede-
-Lindir?-
-La guardia. Io
lo spero... alla fine il rispetto che ho visto negli occhi dei suoi
uomini non era finzione, quindi in qualche modo quel rispetto deve
averlo meritato-
-Era la stessa
impressione che avevo avuto io dalle frasi che ho ascoltato-
Restarono in
silenzio persi nei propri pensieri, finché l'elfo non lo
stupì
nuovamente avvicinandosi spontaneamente e accoccolandosi tra le sue
braccia
-Estel, ho
paura... se mi stessi sbagliando? E' la prima volta che cerco di fare
qualcosa di utile e potrebbe essere l'ultima... Io ho paura di
morire, non voglio morire...-
Lo strinse tra le
braccia sorridendo dolcemente e posando le labbra sul suo capo
-Non morirai-
-...è solo colpa
vostra, io non temevo la morte, e invece ora mi spaventa, ci sono
così tante cose che non ho mai fatto, non voglio morire ora-
-Non morirai-
-Come puoi
dirlo?-
-Mi fido di te,
fino ad oggi hai sempre rifiutato di ascoltare il tuo cuore, ma tu
sai bene che lui non ti ha mai mentito, oggi finalmente ti sei
aperto, hai lasciato che fosse lui a guidare le tue azioni, se tu
credi che lui possa essere convinto ad ascoltarci, Bene, allora io so
che è vero-
-Se quello che
non cerchi infin sarà svelato, dovrai aprire il cuore per
essere
ascoltato-
La voce di
Mithrandir li raggiunse da lontano, come se provenisse da un altro
luogo, da un altro tempo.
-Vedi?
Esattamente quello che dicevo- sorrise stringendolo più forte
-Estel- sussurrò
prima di chiudere gli occhi lasciandosi cullare da quella sensazione
di pace
-Sì, è il mio
nome-
Sembrava che
fosse passata un'eternità in quella cella quando invece non
erano
che poche ore, d'istinto si alzarono tutti in piedi sentendo dei
passi risuonare lungo il corridoio, preparandosi alla reazione delle
guardie nel trovarli liberi dalle catene, ma non fu una guardia a
varcare la soglia della loro prigione.
Un elfo
riccamente vestito con lunghi capelli chiari fermati da una sottile
corona, anche senza conoscerlo seppero subito chi avevano davanti,
sapevano della somiglianza ma a osservarli era impressionante e si
inchinarono rispettosi.
Legolas rilassò
le braccia appoggiando la schiena e un piede alla parete e
restò
dritto con la gamba piegata, guardando il nuovo arrivato con
espressione insolente
-Amici, vi
presento Thranduil, Signore di questi luoghi, nonché mio
procreatore- accompagnò le parole con un ampio gesto della
mano
-Padre- sibilò con un gesto leggero del capo
E il Re davanti a
lui rise
-Immaginavo che
le mie guardie vi avessero legati?-
-Sapete Sire, un
Principe degli Eldar non poteva trovare altro che scomoda quella
posizione- rispose affettato con un gesto lezioso delle dita -Spero
non vi offenda che abbia voluto migliorare la nostra sistemazione-
-Gwath!- lo
ammonì Tàr
-Non
preoccupatevi capitano, non porto certo rancore per parole vere e ben
meritate- la voce era solenne ma gli occhi brillavano divertiti.
Chi era
quell'elfo? Possibile fosse la stessa persona che aveva incontrato
prima? Cosa era successo?
-Figliolo, mi
rendo conto che abbiamo cominciato col piede sbagliato, e non certo
per colpa tua. Dovremo parlare, e questa volta intendo veramente,
vorrei avere la possibilità di giustificarmi per l'ignobile
scena
alla quale hai dovuto assistere, posso assicurarti che quello in
quella stanza non è il mio usuale comportamento... Ma sono
costretto
a rimandare, ora è d'obbligo che discuta col vostro capo,
temo
infatti che questa sistemazione non vi sia consona e spero di potervi
porre presto rimedio- poi indicando a Tàralelyol la porta
proseguì
-Númenóreano,
vorreste seguirmi? Ho la sensazione che la nostra sarà una
chiacchierata molto lunga, e che mi darà molto su cui
riflettere,
non vi stupirete se preferisco affrontarla sotto la luce di Anor, non
temete per i vostri compagni, non gli verrà fatto loro alcun
male-
Erano giunti in
un piccolo e delizioso giardino, circondato su tre lati dalle alte
pendici dei monti mentre il quarto da un muro di pietre, al centro di
una grande vasca in cui scivolavano tranquilli candidi cigni sorgeva
in piccolo chiosco di marmo bianco coperto di rose rampicanti.
Fu in quel quieto
tempio che il sire lo condusse, facendogli segno di sedersi al suo
fianco
Lo scrutò a
lungo prima di parlare, tanto che Tàralelyol cominciava a
sentirsi
inquieto sotto quell'accurato esame.
-Quindi Haldir
non sbagliava, voi discendete davvero dalla stirpe di Elros il
Traditore. Gli somigliate, ma le somiglianze sono tante quante le
differenze-
-Il suo sangue
scorre nelle mie vene, Sire, ma non sono lui-
-Naturalmente,
non stavo insinuando questo, ma cercate di comprendere, non
è facile
per noi, lui è stato quello che più di chiunque
altro ci ha feriti-
-Lo capisco, e se
fosse in mio potere cambiare il passato lo farei, ma non posso.
Vorrei però provare a mutare il futuro se me lo concederete-
-Forse sarebbe
più facile non pensare a voi come a un
númenóreano se avessi un
nome con cui chiamarvi-
-Il mio nome è
Tàr...- poi si interruppe deciso a rischiare tutto in quel
momento
-Il mio nome è Ar-Agorn, figlio di Ar-Athorn, legittimo
erede al
trono di Númenor-
-Bene, Ar-Agorn-
si rilassò meravigliando l'umano -In questo caso credo che
potremo
lasciare da parte le formalità e parlare da pari e pari-
-Non mi temete?-
-Forse la domanda
che dovreste pormi è se vi credo-
-Quindi, non mi
credete?- chiese sempre più confuso
-Certo che vi
credo, credo che siate il legittimo Re di Númenor, e credo a
quello
che ha detto mio figlio in vostra vece, da voi desidero conoscere i
dettagli. Devo ammettere di non aver dato molta importanza a quello
che mi è stato detto e non aver posto a lui queste domande,
voglio
sapere com'è realmente la situazione la fuori, come avete
fatto ad
arrivare qui e come pensate di poterla cambiare-
-Davvero vi
fidate di noi? Perdonate il mio stupore ma dalle parole di Gwath
avevo avuto tutt'altra impressione-
-Me ne dispiace,
e posso ben comprendere la vostra incredulità, ma vi posso
anche
assicurare che scene come quella non si ripeteranno più,
fortunatamente per voi ho ottimi consiglieri che sanno vedere nel mio
cuore meglio di quanto sappia fare io stesso, e che mi conoscono
abbastanza da sapere che in condizioni normali mai mi sarei condotto
in si deprecabile maniera-
-Questo posso
comprenderlo, ma ancora non capisco come possiate fidarvi di me, non
mi avete ancora chiesto nulla, come sapete se vi mentirei?-
-Le parole
possono mentire, ho altri modi per sentire la verità, la
conoscevo
già prima di venire da voi, in molti hanno parlato in vostro
favore,
Ar-Agorn, il vostro compagno, il mio capitano, Narsil e mi è
bastato
guardarvi negli occhi per sapere che erano nel giusto-
-La spada?-
-Sì, la spada,
la vostra spada. Cosa sapete di quella lama?-
-Che è una spada
famosa, fu forgiata da Telchar
per Finwë, e dopo di lui è passata ad ogni Sire
Supremo degli Eldar
fino a Turgon che cadde in battaglia, da allora ne sono state perse
le tracce almeno fino a ottantasei anni fa quando ne sono entrato in
possesso-
-Ottantasei anni?
Dovevate essere un bambino!-
-Sì, lo ero-
-Questa è la
prima storia che vorrei ascoltare da voi, come siete entrato in
possesso di quest'arma? E perché lei preferisce la vostra
mano alla
mia?-
-Io non capisco,
cosa volete dire?-
-Questa, come
poche altre armi come lei, è una spada speciale, sapete
perché si
dice che l'arte alla forgia di Telchar non potrà
più essere
eguagliata?-
-Lo dovreste
chiedere al mio amico Gimli-
-Neppure lui
saprebbe rispondere, vi sto parlando di tempi assai antichi, tempi in
cui il popolo del vostro compagno e il mio erano amici, Telchar era
straordinario alla forgia, ma ciò che rese leggendarie le
sue armi
fu l'amicizia e la collaborazione degli elfi, mentre lui temprava il
metallo nel fuoco con l'incudine e il martello noi raggiungevamo il
Cuore del metallo stesso, vivificando il suo Elemento. Ditemi vi
è
mai parso di udire questa lama cantare durante una battaglia? No, non
rispondete, vedo già nei vostri occhi che l'avete udita,
dovreste
esserne onorato, non a tutti lei farebbe udire il suo canto... Quello
che sto cercando di dirvi è che le armi come questa
possiedono
un'anima, una Volontà, se non gli piacete sarà
solo un banale pezzo
d'acciaio ben forgiato, ma se lei vi riconoscerà degno
allora avrete
la più preziosa delle alleate in battaglia, danzate alla sua
musica
e vedrete che la vostra mano non conoscerà esitazioni-
-State dicendo
che Narsil vi ha detto di volere che sia io ad impugnarla?-
-Non a parole, ha
molti doni ma non questo- annuì sorridendo -Ma,
sì, è piuttosto
chiaro per chi la sa ascoltare-
-Non potete
immaginare quanto le vostre parole mi riempiano di gioia, non riesco
ancora a sentirmi degno di quell'arma e soprattutto della fiducia che
in me è stata riposta, ma sapere che lei non mi disprezza mi
da
speranza-
-E ora vorreste
di grazia dirmi come l'avete avuta?-
-E stato un dono,
un dono ad un bambino che fuggiva dal suo regno, ma per farvi
comprendere perché mi è stata data e da chi
è prima necessario che
risponda a una domanda che mi avete posto in precedenza. Non potreste
comprendere il significato e le motivazioni di questo dono senza
conoscere la vita al di là delle Nebbie-
Mentre il
númenóreano raccontava la vita fuori dal loro
rifugio sicuro
l'espressione del Signore degli elfi si era fatta sempre più
cupa,
ascoltava ogni parola senza fiatare rendendosi improvvisamente conto
di quante cose avessero volutamente ignorato e dimenticato nel loro
dorato esilio, sentì montare la rabbia per il crudele
destino degli
Elfi di Lòrien, verso Morgoth... e verso se stesso, era
stato in
quel luogo dopo la guerra... quasi tremila anni prima... con una
moglie che nonostante portasse in grembo suo figlio non aveva voluto
sentire ragioni e lo aveva seguito... c'era stato ma vedendo la
desolazione e il veleno che ammorbava quel luogo, non aveva avuto il
cuore di addentrarsi fino a Caras Galadhon... avrebbe potuto aiutare
i suoi fratelli, quello che aveva fatto il mago avrebbe potuto farlo
facilmente anche lui, ma non era entrato... si era esposto al
pericolo per arrivare fino li, aveva perso la moglie e il figlio per
arrivare fino li, e non era entrato... se lo avesse fatto
chissà
quante cose sarebbero cambiate, forse il tempo impiegato in quel
luogo gli avrebbe fatto evitare la battaglia che lo aveva separato
dalla compagna, forse sapendo che Melkor non possedeva il Potere
della Fonte avrebbero potuto uscire più spesso... forse ora
avrebbe
avuto un figlio...
Quando Tàralelyol
arrivò a raccontare di suo padre, della fuga, e di come
aveva avuto
Narsil, la rabbia si tramutò in indignazione, la fuori i
discendenti
di Elros il Traditore morivano per aiutare i loro fratelli, mentre
loro inacidivano nell'ozio e in un, ormai inutile, rancore.
Per Thranduil,
Signore dei Boschi del Cancello, la decisione era stata presa. Non
era in suo potere scegliere per tutto il popolo degli Eldar quindi li
avrebbe condotti da Gil-Galad e avrebbe perorato la loro causa, ma
indipendentemente da quale sarebbe stata la decisione del Sommo Re,
lui non sarebbe più rimasto a guardare.
Il suo cervello
già cominciava la lavorare febbrilmente, doveva presentarsi
al Sire
Supremo con una strategia, una possibilità di successo...
lui non si
sarebbe accontentato dei sogni di un gruppo di avventurieri,
però se
l'intuito non lo ingannava sapeva già di avere un'alleato a
palazzo... ricordava bene Erestor, ricordava il suo dono ed ora era
più che sicuro non avesse sbagliato a donare la spada a
quell'uomo... e ricordava anche quanto fosse legato a uno dei
migliori amici del Re...
-Credo che infine
siamo arrivati a capirci, Ar-Agorn figlio di Ar-Athorn-
sospirò
-Tenete, questa vi appartiene- porgendogli Narsil
-Ma questa spada
appartiene al Sommo Re degli Eldar-
-Questa spada
appartiene a colui che si erge a protezione del nostro popolo, e
siete voi quell'uomo, non io, non il Supremo... Non posso farvi
promesse a suo nome, non è in mio potere, ma vi
accompagnerò alla
Capitale, parlerete con Gil-Galad e avrete il mio appoggio, e se lui
non volesse aiutarvi allora verrò con voi assieme a chiunque
vorrà
seguirci, e sappiate che saranno in molti, perché nessuno di
noi ha
dimenticato i suoi fratelli e ora che sappiamo che c'è
ancora
speranza non li lasceremo al loro destino-
-Grazie, Maestà-
si inchinò
-No, non
inchinatevi, e non ringraziatemi, sono io a doverlo fare,
permettetemi di stringervi la mano alla maniera dei mortali, se tale
è ancora l'uso, e di abbracciarvi come saluterei un mio pari
e un
mio amico-
-E' per me
un'onore, Sire-
-E ora andate,
sarete stanco e anche i vostri amici, vi farò preparare le
stanze
migliori e potremo parlare ancora durante il viaggio, i vostri
compagni mi incuriosiscono molto- poi sospirò amaramente -Vi
inviterei a condividere il cibo alla mia tavola ma temo che la mia
presenza risulterebbe sgradita a qualcuno-
-Maestà, non mi
avete domandato come mai pur essendoci liberati delle catene non
abbiamo tentato la fuga- chiese apparentemente cambiando discorso
-Pensavo ci
aveste provato senza successo-
-Nessuna porta
può resistere a vostro figlio- rise l'uomo -Non siamo
fuggiti perché
lui ha deciso di aspettare... Non ha avuto una vita facile, non si
è
mai fidato di altri che di se stesso e solo da poco si è
unito a noi
cominciando ad aprirsi leggermente... eppure ha deciso di aspettare
perché una delle guardie ha detto che avreste cambiato idea-
sorrise
comprensivo
-Pensate che non
tutto sia perduto?-
-Penso che Gwath
abbia bisogno dei suoi tempi, ha appena conosciuto l'amicizia, sta
scoprendo l'amore, non credo sia pronto per accettare una famiglia...
anzi credo che inconsciamente sia sollevato per il vostro
comportamento, ora può continuare a fingere odiarvi e non
deve
pensare a come comportarsi con voi-
-Perché dite
“fingere”?-
-Perché per lui
è più facile mentire a se stesso che agli altri,
ma posso dirvi che
se vi avesse odiato veramente ora non sareste qui, e certamente non
avrebbe aspettato di vedere se una guardia aveva ragione-
-Ma... era
legato, non poteva farmi nulla...- non aveva ancora finito la frase
che la risata divertita dell'uomo lo sorprese
-Non potete
immaginare quanto poco significassero quelle corde per lui, le poteva
sciogliere tanto velocemente che non avreste avuto neppure il tempo
di reagire-
-Lo conoscete
molto bene-
-Mi piacerebbe
poterlo conoscere veramente, ma nessuno può realmente dire
di
conoscerlo, neppure lui...-
-E fortunato ad
avere un amico come voi-
-Non solo io,
siamo tutti affezionati al nostro Gwatheg- sorrise dolcemente
-Perché
continuate a chiamarlo Ombra?-
-Perché è il
nome che aveva prima di incontrarci, da poco ha scelto la sua nuova
natura, ma a volte è difficile dimenticare che non
è più la nostra
piccola Ombra- rispose teneramente
-Vi rendete conto
che lui ha qualche migliaio di anni più di voi, vero?- rise
il Re
-Non commettete
questo errore, è vero che è nato migliaia di anni
fa, ma il suo
Cuore e il suo Spirito stanno cominciando a vedere la luce solo
ora... Sire, andateci piano con lui, non voglio vederlo soffrire-
-Siete molto
protettivo, ho quasi avuto l'impressione che la vostra fosse una
minaccia-
-Nessuna
minaccia, anche se temo di non poter parlare per Rhawel-
ridacchiò
-Ma dite il vero, sono molto protettivo, ha sofferto troppo, merita
un poco di felicità... Ora se volete scusarmi, questi
discorsi
dovreste farli con lui e non con me, anzi ho già parlato fin
troppo
e certamente non ne sarebbe felice-
-Non temete, da
me non saprà nulla- annuì bonariamente -E ora ho
un altro motivo
per dovervi ringraziare, temo che non riuscirò mai a
sdebitarmi con
voi-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 28 *** Capitolo 28 ***
*CAPITOLO 28*
Thranduil era stato di parola, il mattino successivo, dopo
aver dormito in stanze accoglienti, anzi, ad onor del vero stanze
così lussuose che solo Ar-Agorn e Olórin ne
avevano viste di simili e talmente tanto tempo prima da ricordarle a
malapena, erano stati svegliati da alcuni valletti che li avevano
informati della partenza appena fossero stati pronti.
Nelle loro stanze erano state riempite vasche fumanti con una
scelta di essenze profumate che non avrebbero mai neppure potuto
immaginare, e sui loro letti posati eleganti abiti dalla foggia elfica
dei quali tutti, tranne Gimli che -Mai e poi mai, mi vedrete vestito
come una donna!-, avevano approfittato.
Esgalwath, aveva guardato disgustato quelle vesti eleganti dai
colori così chiari che mai in vita sua aveva pensato di
indossare, aveva osservato e toccato per un tempo infinito quel morbido
tessuto verde pallido rifinito d'argento, guardando con rimpianto la
sua casacca nera... e a brandelli... in realtà non
è che avesse molta scelta, non andava di certo in giro con
un guardaroba nello zaino, e dei suoi abiti restava molto poco dopo
l'avventura nel deserto... “Ma proprio verde dannazione! E
così chiaro!” Per un'istante pensò di
richiamare il valletto e farsi portare qualcos'altro, ma non era nel
suo carattere comportarsi da principino viziato, per giunta avrebbe
rischiato di ritrovarsi il padre nella stanza.
Il padre... Com'era strana quella parola... La sera prima si
era presentato chiedendogli il permesso di parlare, si era presentato
alla sua porta, non lo aveva fatto convocare, e questo, sebbene gli
costasse ammetterlo, gli aveva fatto piacere, lui non era mai stato il
genere di persona alla quale gli altri mostravano questo rispetto, chi
aveva bisogno di lui lo faceva chiamare, era così prima ed
era stato così anche dopo che era fuggito, ma quell'elfo...
un Re... si era presentato alla sua porta e aveva chiesto di parlare,
lo aveva chiesto semplicemente, non ordinato, e lui aveva ascoltato.
-L'inizio della storia
già lo conosci, erano passati migliaia di anni da quando ci
rifugiammo in questi luoghi, non tanti quanti sono stati per voi, ti
accorgerai presto che qui il tempo scorre in maniera diversa,
è un effetto della magia dei Valar, neppure noi ne eravamo a
conoscenza finché non venne deciso che dovevamo conoscere il
destino al quale erano andati incontro i nostri fratelli di
Lòrien, mi offrii volontario, molti erano ancora scossi per
la guerra e i loro cuori non avrebbero retto la scoperta di altri
fratelli morti.
Avrei voluto andare solo,
ma tua madre non lo permise, era una guerriera, e non solo nel corpo ma
soprattutto nello spirito... combatteva come te, con due lame gemelle
aveva una grazia innata, non ti ho mai visto lottare ma sono certo che
vedendoti potrei rivedere la sua danza... le somigli, hai i suoi stessi
occhi e lo stesso fisico esile eppure tanto forte... non mi avrebbe mai
lasciato partire da solo... discutemmo a lungo, le feci presente le sue
condizioni, la accusai di essere egoista e di pensare solo a se stessa,
ma alla fine fu lei ad averla vinta, la sua gravidanza era appena
iniziata e non le avrebbe creato problemi, avremmo dovuto uscire solo
per qualche settimana, muoverci furtivamente, stare alla larga dai
pericoli accertarci delle sorti del Bosco d'Oro e tornare... era
rischioso, certamente, ma niente che non fosse in grado di affrontare,
e niente le avrebbe fatto cambiare idea.
Devi sapere che la sua
famiglia... quelli che sarebbero stati i tuoi zii, vivevano in quei
luoghi, come potevo negarle il diritto di conoscere la sorte dei suoi
fratelli?
Partimmo in silenzio,
alcuni avrebbero voluto fermarci per paura, altri invece avrebbero
voluto seguirci, non potevamo permettere ai primi di farlo per la
necessità di conoscere il fato dei nostri compagni, e non
potevamo permetterlo neppure ai secondi perché maggiore
fosse stato il nostro numero più facile sarebbe stato
scoprirci.
La prima parte del viaggio
fu tranquilla, giungemmo a Lòrien e tu sai cosa trovammo,
anzi, lo sai meglio di me, perché noi non avemmo il cuore di
addentrarci nella palude, se lo avessimo fatto... se lo avessimo fatto
quante cose sarebbero potute cambiare? Ma è inutile porsi
simili domande, il passato non si può mutare, e noi non
entrammo.
Col cuore in lacrime e lo
spirito greve ci avviammo sulla via del ritorno, forse fu proprio la
nostra pena a farci commettere quell'imprudenza che ti ha causato tanto
dolore, noi non li vedemmo arrivare, non prima che loro vedessero noi
almeno... una pattuglia di orchi, erano almeno una ventina e appena ci
fiutarono parvero impazziti dalla gioia della caccia.
Prima tentammo la fuga, ma
la terra è molto cambiata da quando noi la percorrevamo, il
sangue e la malvagità l'hanno ferita e quei luoghi non ci
erano familiari come lo erano a loro e presto ci rendemmo conto che
sarebbe stato inutile, quindi anche se non era nei nostri piani
attirare l'attenzione ci apprestammo a dare battaglia, non avevamo
scelta, non potevamo farci catturare rischiando di rivelare i nostri
segreti, l'unica soluzione era la morte, o la nostra o la loro.
Ancora una volta le chiesi
di fuggire, di metterti in salvo, e ancora una volta lei non volle
sentire ragioni, sapeva che solo non avrei avuto scampo, assieme
potevamo vincere.
Abbiamo vinto... ma quanto
cara ci è costata quella vittoria... la battaglia ci aveva
separati, la vidi cadere nelle acque del fiume e venire trascinata via
dalla corrente, la cercai, la cercai a lungo, sapevo che era viva, so
che non conosci molto del nostro mondo ma un giorno scoprirai che
quando ti unisci a una persona tra voi si crea un legame e potrai
sapere se quella persona sta bene oppure no, e io sapevo che era viva e
se lei era viva... non potevo neppure concepire l'idea che tu non lo
fossi... ma i giorni passavano, a volte trovai tracce del suo passaggio
purtroppo eravamo entrambi fuggiaschi in un mondo che ci era ostile,
vidi il destino dei fratelli prigionieri, li vidi inchinarsi ma mai
avrei pensato che lo facessero obbligati con la magia... conosco
Morgoth e gli Abissi di Oscurità in cui è caduto,
ma non potevo immaginare fosse giunto a questo nella sua folle mente,
ma forse la preoccupazione per il vostro destino non mi permetteva di
ragionare lucidamente.
Passarono giorni, settimane
e mesi senza che riuscissi a raggiungerla... finché una
notte lo sentii... quel dolore lacerante al petto... quello strappo
violento che mi lasciò senza fiato... non lo avevo mai
sentito prima, non ero mai stato legato a nessuno prima di lei... ma
per certe cose non sono necessarie spiegazioni, quando una parte di te
muore non hai bisogno che qualcuno ti dica che è morta, lo
sai e basta... e così seppi che lei era perduta per sempre,
assieme al mio bambino... il mio piccolo bambino non ancora nato.
Non riesco a descriverti
come mi sentii in quel momento, e ti auguro di non doverlo mai
scoprire, sentire che una parte di te muore e non poter fare nulla per
impedirlo... avevo perso un figlio e una compagna... in quel momento
non riuscivo a comprendere perché stessi ancora respirando,
perché il mio cuore batteva ancora se il vostro non lo
faceva più? Non ricordo neppure come sono tornato a casa,
per anni sono stato solo l'ombra di me stesso finché con
pazienza è amore un caro amico è riuscito ad
aprire di nuovo il mio cuore... ma non è questa la storia
che vuoi sentire... io ho meritato quel dolore... e non merito la gioia
che ne è seguita... non sapendo che mentre io ricominciavo a
vivere tu soffrivi da solo, schiavo di un destino crudele e di crudeli
padroni senza conoscere le tue origini e l'amore che ti aveva
concepito...
Tu sei qui per avere delle
risposte... e vorrei tanto potertele dare, ma non so cosa accadde quel
giorno...
Questa parte della storia
non te la posso raccontare, non riesco a spiegarmi come tu sia qui, non
era ancora il momento, era troppo presto per te... forse i patimenti
della fuga hanno anticipato i tuoi tempi... mi dispiace... so che
volevi da me delle spiegazioni, ma non le ho... non so quello che
è successo, probabilmente non lo sapremo mai, solo lei
poteva dircelo... ma lei non c'è più...
Però, se vorrai
credermi, ti posso giurare su quanto ho di più caro al
mondo, che lei non ti ha abbandonato, non lo avrebbe mai fatto... Non
so quello che è successo, ma so che ti amava, ti prego non
pensare a lei con disprezzo, non ti avrebbe mai lasciato se avesse
avuto una scelta...
E così non avrei
mai fatto io... se solo avessi saputo... mi dispiace, posso solo
immaginare quello che deve essere stata la tua vita la fuori, anzi
probabilmente non posso neppure immaginarlo, ma non avevo idea... non
avrei mai e poi mai smesso di cercare se avessi anche solo lontanamente
immaginato...
Io non posso chiederti
perdono, non posso chiederlo, non ho il diritto di chiederlo, ma non
posso neppure impedirmi di sperare che un giorno vorrai concedermelo...
quando ti ho visto oggi... ho avuto paura, paura del tuo odio, paura
del tuo disprezzo e ho reagito come uno stolto chiudendomi dietro
all'arroganza per non essere ferito... io... non puoi neppure
immaginare l'agonia che mi ha dato l'averti perso, ancora non eri nato
e già avrei dato la vita per te... sognavo le tue prime
parole, i tuoi primi passi, il giorno in cui ti avrei insegnato a
tirare con l'arco... poi è tutto svanito... non volevo
sperare di avere un figlio e dover sopportare nuovamente il dolore
della perdita...-
Aveva concluso con un
sospiro, si era aspettato la rabbia e infinite interruzioni, si era
aspettato che lui non lo lasciasse neppure cominciare a parlare invece
per tutto il tempo non si era mosso, non un sussulto, non un fiato, era
restato appoggiato al muro a fianco della porta, così come
quando gli aveva aperto e lo aveva fatto entrare, non lo guardava
neppure limitandosi a osservare un punto imprecisato davanti a lui, e
immobile restò quando lui tacque tanto che si chiese se lo
avesse realmente ascoltato, non lo avrebbe biasimato se non lo avesse
fatto, lui non lo aveva fatto, ma doveva fare quel tentativo...
Quando ormai si stava
rassegnando ad andarsene nel silenzio una voce greve lo fermò
-E' un poco tardi per le
mie prime parole, e anche per i miei primi passi- poi si
scostò per lasciarlo passare -Ma vi ringrazio per avermi
raccontato questa storia- aprì la porta senza aggiungere
altro in un chiaro invito ad andarsene.
Gli aveva chiesto perdono, perdono per il loro primo incontro
e perdono per non averlo cercato, ma lui non aveva il potere di
concedere quel perdono, non poteva concederlo perché non
c'era nulla da perdonare... Poteva forse accusarlo di non aver cercato
qualcuno di cui non conosceva l'esistenza? Poteva forse accusarlo di
essersi nascosto dietro a un muro di freddezza per non soffrire?
Sarebbe stato ipocrita da pare sua farlo, lui lo aveva fatto per anni,
lui lo stava ancora facendo... No, non gli portava rancore, aveva
smesso di portargliene quando era entrato nella cella chiedendo di
parlare col suo Estel, in quel momento non gli era importato chi fosse
stato in passato quell'elfo e cosa avesse fatto, l'unica cosa che gli
importava era che li avrebbe aiutati, e tanto meno poteva portargliene
ora, ora che sapeva la verità... Sì, gli credeva,
aveva visto la pena nei suoi occhi, lui sbagliava, poteva capire quel
dolore, lo aveva sentito mentre portava quell'assurdo mortale tra le
braccia, poteva immaginare cosa significasse perdere qualcuno a cui si
tiene senza poter fare nulla per salvarlo.
Quindi se gli credeva, e se lo comprendeva, perché
provava quell'inquietudine all'idea di averlo di nuovo davanti?
Perché quel muro per lui era così difficile da
abbattere? Lui non voleva un padre, non voleva neppure degli amici ma
si era trovato suo malgrado a provare affetto per quelle persone, e ora
doveva accettare questo estraneo? “Dannato mortale! Maledetto
il giorno in cui ho accettato quel lavoro!”
Mugugnò osservando la strana immagine che gli rimandava lo
specchio, una creatura dalla pelle candida e dai capelli lucenti
abbigliata d'argento e verde pallido, le linee morbide della veste che
contrastavano con quelle attillate più funzionali che era
solito usare, si immaginò mentre tentava un'imboscata
abbigliato in quel modo e arricciò il naso disgustato.
-Sei meraviglioso- non si era neppure accorto che
Tàr era entrato
-Dici?- domandò scettico senza staccare gli occhi
dallo specchio
-Legolas, un verde germoglio pronto a sbocciare- sorrise
lasciando scivolare la mano sul tessuto lungo il braccio -Dovrei
complimentarmi con chi a scelto questo colore-
-Non lo so, mi piaceva il nero- però doveva
ammettere che quell'immagine lo attraeva, quello che stava osservando
era un principe, non un ladro, non un assassino, non uno schiavo,
quello che stava osservando non era Esgalwath, era Legolas, era un
elfo, aveva un padre e degli amici e uno scopo... e tante incognite
davanti
-Anche a me piaceva, ma a volte si può cambiare, verrà di nuovo il tempo del nero e delle lame,
verrà fin troppo presto il tempo in cui dovrai danzare la
tua danza letale, ma per oggi perché non provi a goderti il
verde e la luce? Per oggi lascia che sia la seta a carezzarti la pelle
e non il duro cuoio- gli sussurrò all'orecchio mentre faceva
scivolare il morbido tessuto sul suo fianco provocandogli brividi di
piacere
-Conosco le carezze della seta, il loro è un
piacere effimero-
-Uno schiavo del piacere conosceva quelle carezze dolorose, il
principe Legolas, lui le conosce?-
-Io non sono un...- ma le parole morirono soffocate da un
brivido quando quelle mani calde continuando le loro morbide carezze
erano risalite lungo i fianchi e avevano cominciato a disegnare cerchi
setosi sul suo bacino
-Come io non sono un Re, ma tali sono i titoli che portiamo,
un'Ombra o un Cercatore di Reliquie, un Principe o un Re, nero o verde,
seta o cuoio, cambia forse qualcosa di quello che siamo?-
-Lui è venuto ieri sera, mi ha parlato-
sospirò lasciandosi andare contro il suo petto
-E tu lo hai perdonato-
-Non l'ho fatto, io non ho parlato-
-L'hai fatto- l'elfo si girò appena quanto bastava
per incontrare lo sguardo sorridente dell'uomo poi chiuse gli occhi con
un sospiro e annuì, riporto lo sguardo sulla sua immagine
riflessa, incantato dalle mani abbronzate che scivolavano delicate sul
suo corpo, dai riflessi della luce del mattino su quel tessuto pallido
che si muoveva sotto quei tocchi.
Lentamente, quasi timidamente, sollevò le sue
portandole sulle altre e sfiorandone il dorso con la punta delle dita,
percorrendo timoroso le linee dei nervi forti, osservando l'immagine
dell'uomo dietro di lui, alla ricerca di un segno che gli dicesse se
quei tocchi gli erano sgraditi oppure che lo incoraggiasse a
continuare, il volto alle sue spalle non mutò ma gli parve
di sentire un cuore che batteva forte contro la sua schiena, ma forse
era solo l'eco del suo. Distese le dita lasciando i palmi aderire
completamente alla pelle scura, poi le richiuse intrecciandole alle
altre e trascinandole verso l'alto fino a incrociarle sul petto
abbracciandosi le spalle
-Io posso avere un padre?-
-Lo avevi anche prima, solo non lo sapevi- ora che aveva le
mani bloccate aveva ripreso a carezzargli la pelle, ma con le labbra,
lasciando scie di baci leggeri
-Quindi qualcosa cambia-
-Sì, cambia- posò un ultimo caldo bacio
sulla spalla prima di tornare a guardarlo attraverso lo specchio -Ma
tornerebbe uguale se ora ti chiamassi Esgalwath, Messaggero di Morte e
ti restituissi i tuoi abiti?-
-E' quello che sono... ma...no... non tornerei mai
più uguale-
-E' solo una parte di quello che sei, tu puoi essere tutto
quello che vuoi-
-E cosa voglio?-
-Questo devi dirlo tu-
-Non voglio più essere solo-
-Non lo sei più da molto tempo-
-Voglio continuare a sentirmi come ora-
-E come ti senti ora?-
-Amato... Protetto-
-Lo sei-
-E' bello, non ricordavo più come fosse-
-Non dovrai dimenticarlo più... Non avresti mai
dovuto dimenticarlo-
-Ti prego non smettere- mormorò girandosi e
poggiando la fronte sul petto dell'uomo
-Di fare cosa?-
-Di mostrarmi che le carezze della seta non fanno male, che
possono essere dolci e calde, mostrami che possono farmi sospirare e
tremare per il piacere e non per il dolore e la paura, mostrami che
possono avvolgermi per proteggermi e non per ferirmi-
Non gli rispose, si limitò a stringerlo forte
ricominciando ad accarezzarlo dolcemente, baciando i suoi morbidi
capelli, sentiva le sue lacrime bagnargli il petto, mentre finalmente
lavavano via il dolore in un pianto silenzioso e immobile,
continuò a stringerlo senza parlare, facendo scivolare il
tessuto sulla sua schiena, sui suoi fianchi, senza malizia, senza
eccitazione cercando solo di riempire ogni gesto di tutto il calore che
il suo sentimento poteva infondergli cercando di dargli quello che gli
aveva chiesto.
Restarono così, immobili, nel centro della stanza,
stretti l'uno all'altro, per la prima volta senza che il contatto dei
loro corpi risvegliasse il desiderio, senza il fuoco della passione da
nascondere, solo un liberatorio abbraccio, solo un'infinita dolcezza,
solo quello che ancora l'elfo temeva di chiamare amore.
Restarono così, immobili, nel centro della stanza,
senza bisogno di parole, o di spiegazioni, finché non
vennero riportati alla realtà da un leggero bussare alla
porta.
L'immortale si staccò di scatto, voltandosi di
spalle, mentre Ar-Agorn rispondeva
-Scusate il disturbo- s'inchinò riverente un
valletto parlando in un incerta ma corretta lingua comune, Sire
Thranduil si era assicurato che tutti quelli assegnati agli ospiti
fossero in grado di comprendere e farsi comprendere dagli stranieri
-Sua Maestà voleva farvi sapere che non
è necessario partire oggi, si è reso conto che
avete avuto un viaggio molto travagliato e si scusa se ha peccato di
troppa premura, se dovesse essere sorto qualche problema o desideraste
rimandare la partenza, non sarebbe motivo di cruccio e non creerebbe a
lui nessun problema-
-Legolas?- chiamò interrogativo Tàr e lo
vide annuire
-Riferisci a Sua Maestà che siamo pronti e che li
raggiungeremo tra pochi minuti-
-Dannazione!- sentì imprecare l'elfo quando la
porta si fu richiusa -La vostra compagnia mi farà
impazzire!- poi si girò gli occhi ancora lucidi e arrossati
-Scusami, temo di esserti apparso folle- tentò di spiegare
imbarazzato -Ti sarò sembrato una donnina isterica che si
mette a piangere perché non apprezza la stoffa del suo
abito... è che... devi sapere...- abbassò il capo
mordendosi il labbro
-Lo so, ho capito- in un attimo era di nuovo davanti a lui,
con un sorriso rassicurante gli fece risollevare lo sguardo -Non mi
devi dare nessuna spiegazione-
-Grazie-
-Di cosa?-
-Di essere restato-
-Gwath, quello che ho detto prima, tu lo sai che non mentivo,
vero? Tu non sei solo, non lo sarai mai più, e non parlo
soltanto di me, c'è Rhawel, c'è Gimli e
Mithrandir... e anche tuo...-
-Mio padre?-
-Sì, neppure lui non ti lascerà
più solo, se lo allontanerai ti osserverà da una
rispettosa distanza, ma sarà sempre lì per te
appena lo cercherai-
-Lo so- inspirò forte -Credo che dovrei dargli una
possibilità, se non come padre almeno come conoscente-
-Sarebbe già molto per lui-
-Adesso lasciami solo, fastidioso mortale, altrimenti non
finirò mai di prepararmi, avverti gli altri che vi raggiungo
fra poco... e inventati qualcosa per il ritardo- spingendolo verso la
porta
-Posso dire che ci stavamo piacevolmente rotolando tra le
lenzuola mentre ti insegnavo a implorare il mio nome?-
ridacchiò affacciandosi dentro mentre usciva
-Qualcosa di più credibile, chi mi conosce sa che
saresti tu a implorare il mio molto prima-
-Prima o poi dovrò mettere alla prova questa tua
teoria-
-A vostra disposizione, Mio Sire- si inchinò
teatralmente l'elfo -Ma ora, fuori da questa stanza!-
Uscito si appoggiò con le spalle al muro,
respirando forte e stringendo i pugni fino a sbiancare le nocche, era
stata dura controllarsi dentro, ma lui non aveva bisogno della sua
rabbia, al contrario, quello che gli serviva era solo quel caldo e
rassicurante abbraccio... che stupido era stato, come aveva fatto a non
capirlo subito! Sete, essenze e oli profumati, stanze lussuose...
Quello che per tutti era sinonimo di ricchezza e agio, per l'assassino
era lo specchio della sua vita da schiavo...
Ma forse non era stata inutile quella sua mancanza, per la
prima volta lo aveva visto aprirsi a un dolore che aveva sempre negato
di provare, per la prima volta si era lasciato andare completamente
indifeso tra le sue braccia, per la prima volta si era lasciato amare
non col corpo ma col cuore...
No, decisamente quello che era successo non era stato un male,
anche la rabbia che lo prendeva ogni volta che pensava a quello che
quella povera creatura aveva dovuto subire cominciò a
scemare, sostituita da una tenerezza profonda per l'innocenza con cui
lui gli si era finalmente donato seppure non se ne fosse reso conto,
sorrise, “e lui si è scusato e mi ha persino
ringraziato, avrei dovuto essere io a ringraziarlo per il dono immenso
che mi ha fatto” finalmente con un nuovo sorriso sulle labbra
si avviò verso il cortile esterno
Quando Tàr uscì notò
immediatamente le occhiate preoccupate degli amici, che però
si distesero subito vedendo la sua espressione serena, tranne quella
del Sire che restava teso e lo osservava sofferente
-Lui sta bene? Ci sono problemi? E' per colpa mia?-
-No, Maestà, non è colpa vostra e non
c'è nessun problema... anzi, con un poco di fortuna ne
abbiamo appena risolto uno molto grosso-
-Quale?-
-Al nostro Gwatheg non piaceva la seta- sorrise enigmatico e
senza aggiungere altro si diresse verso i cavalli
-Cosa voleva dire?- chiese Thranduil perplesso ai compagni
-Non lo chieda a noi, Maestà, ne sappiamo quanto
lei... ma di certo intendeva molto di più di quello che ha
detto- rise il nano
-Purtroppo il cervello di Tàr lo capisce solo
Tàr, non ci sprechi tempo, Sire, tanto è inutile-
aggiunse Rhawel
-Il vostro amico a volte è davvero strano-
-Benvenuto nel nostro mondo, Mastro Haldir-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 29 *** Capitolo 29 ***
*CAPITOLO 29*
Il viaggio si era dimostrato più
piacevole del previsto, gli abitanti del piccolo regno di confine si
fidavano ciecamente del loro signore, e nessuno osò mettere
in dubbio la sua parola quando li dichiarò suoi amici, al
contrario molti si avvicinavano leggermente timorosi ma determinati a
mostrare il loro appoggio alla missione che stavano portando avanti,
Thranduil non sbagliava, pensò Ar-Agorn, nessuno di loro
aveva dimenticato i fratelli e molti sarebbero stati felici di seguirli.
Solo uno restava guardingo e a disagio, almeno nei
confronti del númenóreano, perché
sembrava poter trattare con gentilezza tutti tranne lui, Haldir,
Capitano dei Guardiani.
Si era accorto come lo osservasse, come sembrasse
mormorare frasi a sé stesso guardandolo, gli era anche
più che chiaro il forte legame che lo univa al suo Signore e
non aveva nessuna intenzione di averlo come nemico.
Il secondo giorno si presentò
l'occasione che aspettava, camminava solo girando per l'accampamento
per controllare che tutto fosse perfetto, Tàr
aumentò il passo affiancandosi a lui, l'elfo lo
degnò solo di uno sguardo tornando a guardare la strada
-Furu hya sanya? Ná lávina
nin é milya?-
(Bugia o verità? Mi è permesso davvero sperare?)
mormorò rivolto al nulla
-Mai istan cámanya, polin
tóquetë len- (Potrei
rispondervi, se sapessi di cosa mi si accusa)
-Parlate la mia lingua?- lo guardò stupito
-E voi la mia, direi che possiamo considerarci
pari-
-Siete abile, ora più che mai dovrei
diffidare di voi- rispose freddamente
-Perché non potete credermi quando gli
altri lo fanno? Soprattutto perché avete spinto il vostro
Signore a credermi, se voi non lo fate?-
-Come sapete che è merito mio?-
-Siete l'unico che ci ha ascoltato tutto il tempo-
-Lo avete sempre saputo?-
-Lo sospettavo, e Sua Maestà me lo ha
confermato quando mi ha parlato di un consigliere fidato... gli siete
molto legato?-
-Non credo la cosa vi riguardi-
-Scusatemi, non volevo essere inopportuno-
-Non ha importanza- continuò a fissare
ostinato il sentiero -Cosa volete da me? Perché siete qui?-
-Se vi rispondessi, capire, vi sembrerebbe una
richiesta troppo assurda?-
-No, presumo di no- sospirò rassegnato
-Chiedete, cercherò di rispondere per quanto mi è
possibile-
-E io farò lo stesso...Quella sera nel
bosco, cosa vi ha turbato fino a farvi tradire?-
-Avete davvero visto Caras Galadhon?
Avete parlato con Dama Galadriel?-
-Sì, lo abbiamo fatto. Chi?-
Lo osservò a lungo, poteva davvero
parlare con quel mortale? Alla fine la sua storia non era un segreto
per nessuno, lo avrebbe scoperto comunque, già era strano
che fino ad ora non avesse ancora udito qualcuno che si rivolgeva a lui
come Haldir o Lòrien, molti lo facevano ancora nonostante
fosse passato tanto tempo... Però non era facile parlarne, e
tra tutti proprio a quell'uomo...
-I miei fratelli. Quel luogo era la mia casa,
partii guidando l'esercito di Sire Amdír, e più
non vi feci ritorno. Potete comprendere il dolore che porta la vostra
speranza? Devo credere che sono vivi e piangere la loro morte una
seconda volta?-
-Non posso dirvi se sono vivi, ci sono state
crudeli battaglie prima della maledizione, ma se erano vivi l'ultimo
giorno lo sono ancora-
-Devo rendervene atto, non cercate di blandirmi con
parole dolci o mezze verità meno dolorose-
-La Verità raramente è dolce,
le Menzogne lo sono, cosa guadagnerei dal mentirvi?-
-La mia fiducia?-
-E se invece volessi la vostra amicizia?-
-Sarebbe complicato-
-Dipende dal mio sangue? Dal fatto che discendo da
Elros? Dal Traditore?-
-Sì-
-Ho visto la cicatrice-
L'elfo lo guardò meravigliato, sapeva di
essere stato visto, lo aveva sentito avvicinarsi e allontanarsi subito
dopo al fiume, ma non pensava che quell'umano potesse collegare
immediatamente la cicatrice alle occhiate che gli riservava e da li a
Elros, doveva ammettere che possedeva un intuito davvero raro
-Siete solito guardare elfi nudi?-
-Scusatemi, non era mia intenzione spiare, ero
anche io andato al torrente per rinfrescarmi ma appena vi ho visto mi
sono allontanato-
-Non prima di aver ammirato il ricamo che il vostro
antenato mi ha lasciato-
-Ho visto ferite sul corpo di Legolas, alcune molto
gravi, rimarginarsi senza lasciare segni-
-Non sono molte le armi in grado di lasciare il
loro ricordo sulla nostra pelle-
-Aranrúth è una di quelle,
immagino-
-La spada che dovrebbe essere al vostro fianco-
annuì -E invece al suo posto c'è la spada che mi
ha salvato-
-Avete ragione... è complicato-
sbuffò
Il Guardiano si arrestò fissandolo
stranito un momento, poi, inspiegabilmente, scoppiò a ridere
-Siete buffo, mortale, siete talmente diverso dal
vostro parente che potrei persino dimenticare il vostro sangue-
-Bene... almeno credo... intendo non il fatto di
essere buffo, ma che possiate dimenticare il mio sangue-
A quella frase l'elfo rise ancora più
forte e dopo un'istante anche l'uomo si unì alla risata
-A questo punto temo sia inutile continuare a
tentare di ignorarvi, ditemi, mortale, c'è forse qualcuno
che non siate riuscito a conquistare?- quella risata aveva avuto uno
strano effetto sul Guardiano, sembrava che come per magia avesse
dissipato ogni freddezza e sospetto, tanto che persino la sua voce
appariva diversa, più calda, più gentile
-Haimé, l'unico che vorrei davvero
conquistare mi resiste- sospirò scherzosamente l'uomo
-Se ora vi chiedessi se la cosa è in
qualche modo legata al figlio del mio Signore mi rispondereste che la
cosa non mi riguarda?-
-Sarei più diplomatico-
L'elfo si voltò appena a guardare il
giovane elfo, distogliendo immediatamente lo sguardo
-Esgalwath... uno strano nome per uno strano elfo,
non ho mai visto una luce come la sua, un momento sembra voler
esplodere l'attimo dopo sembra venire inghiottita dalle Ombre, a volte
mi spaventa, vedo molto Male attorno a lui- asserì di nuovo
serio
-Ha sofferto molto-
-Posso vederlo, mi spiace per lui, ma non gli
permetterò di ferire Thranduil, anche lui ha sofferto molto-
-Non lo farà, almeno non
consapevolmente, a volte gli riesce difficile trovare le parole per
esprimere quello che prova-
-E' un problema di famiglia-
Restarono in silenzio osservando padre e figlio con
la stessa espressione negli occhi
-Sì, gli sono molto legato-
sospirò l'elfo
-Cosa?-
-Mi avevate chiesto se gli ero molto legato e vi ho
risposto. So che inizialmente non si è comportato nel
migliore dei modi, ma è una brava persona-
-Non dovete giustificarlo, ci siamo già
chiariti e comprendo bene il suo tormento in quel momento, e anche suo
figlio lo comprende-
-Fu lui a salvarmi, giacevo riverso sul campo di
battaglia, in molti mi credettero morto, quella ferita avrebbe ucciso
elfi più forti di me, ma lui si è accorto che
ancora vivevo, ha fermato l'emorragia come poteva per poi portarmi tra
le braccia per tutta la durata della fuga, so che gli dicevano di
lasciarmi, che non poteva salvarmi, io stesso lo dissi in un raro
momento di lucidità... ma lui non si è arreso, mi
conosceva appena, era stato a volte a Lòrien per incontrare
la sua futura sposa, ma ci eravamo scambiati solo poche parole eppure
non mi ha lasciato, dovevano marciare veloci per fuggire ma... non mi
ha lasciato... e mi è restato vicino anche dopo, quando mi
sono svegliato e ho visto lo scempio sul mio corpo, quando ho pianto la
morte di tutti gli amici nella Battaglia, quando ho saputo della fine
del mio bosco... lui non mi ha lasciato-
-E voi non avete lasciato lui-
-Non potrei mai farlo, lui è l'aria che
respiro... Non ditelo al vostro amico, non vorrei pensasse che non
amava sua madre, che non è stato l'amore a concepirlo, lui
è stato concepito nell'amore... quello che provavano per la
vita che avrebbero creato-
-Ma non l'uno per l'altra-
-No, rispetto, complicità, amicizia...
ma, no, non amore...-
-E anche per questo si sente in colpa-
-Vedete molte cose mortale. Capite ora
perché non potrei mai lasciarlo?-
-Meglio di quanto pensiate, so cosa significa
aprire gli occhi nel delirio e vedere il volto di chi ami stravolto per
la fatica, implorarlo di lasciarti perché il dolore di
vederlo soffrire è più forte delle ferite, ma
allo stesso tempo ringraziare il cielo di averlo accanto-
-Lui?-
-Sì- sorrise -A quanto pare anche quello
è un problema di famiglia-
-Quando?-
-Appena prima di giungere da voi, conoscete il
deserto qui fuori? Dal fiume alla grotta, veleno di viverna-
-E' un cammino lungo e il veleno è
rapido-
-Quattro giorni, sotto il sole, senza cibo ne
acqua, senza fermarsi mai a riposare, sopportando il mio peso-
-Notevole, non lo credevo tanto forte! E tu dici di
non averlo conquistato? A quello che mi si racconta non è
esattamente una persona altruista, credi lo avrebbe fatto per chiunque?
-Forse prova qualcosa...- sospirò
Tàr -Anzi, ne sono quasi certo... il problema è
farglielo capire-
-Spiacente, non posso aiutarti, mai avuto questo
problema-
-Figliolo?-
-Sire!- Era sobbalzato nel sentire la sua voce,
osservava il suo uomo ridere e parlare con quell'essere borioso ed
insopportabile, e gli dava fastidio, non era geloso, lui non poteva
essere geloso e certamente non poteva essere geloso di quello...
semplicemente non gli era mai piaciuto, non si fidava del modo in cui
continuava a guardare il suo Estel
-Non ci riuscirai mai, vero? A chiamarmi padre,
intendo-
-Io... mi dispiace, scusatemi-
-Non importa, non era di questo che volevo parlarti-
-Ditemi, Sir... Padre-
-Vorresti usarmi la cortesia di non uccidere il
Capitano dei miei Guardiani? Se dovessimo andare in guerra potrebbe
tornarci utile-
-Non stavo pensando al vostro capitano, il suo
pensiero non mi tocca-
-I tuoi occhi dicevano il contrario-
-Non capisco di cosa parliate-
-Posso assicurarti, con un discreto margine
sicurezza, che non ha nessuna intenzione di portarti via il tuo uomo, e
comunque potresti raggiungerli e baciarlo davanti a tutti
così metteresti in chiaro che è tuo e non dovrei
preoccuparmi per altri dei miei elfi- sorrise il Re
-Lui... Estel... Tàr... Non è
il mio uomo!- balbettò imbarazzato immaginando la scena
-Strano, dal modo in cui lo guardi ero
più che convinto lo fosse-
-Io non lo guardo! E' solo un amico. E nella remota
ipotesi potesse essere di più di certo non sarei preoccupato
delle attenzioni che quell'insipido guardiano gli riserva, non lo
degnerebbe di uno sguardo-
-Insipido? Tu dici? Ho sempre pensato che Haldir
possedesse un certo fascino, sono in molti a sospirare per un suo
sguardo-
-Non di certo Estel-
-Su questo non ti do torto, credo che su di lui
nessuno sguardo potrebbe funzionare, neppure quello del mio Haldir-
-Se vi piace tanto perché non mettete in
pratica voi quello che avete consigliato a me?-
-Sai, figliolo, un giorno dovrò farlo
veramente-
-Sire?- lo guardò stupito
-No, niente, pensavo ad alta voce...-
-Quindi è lui? Il caro amico che
è riuscito a riaprire il vostro cuore?-
Il Sovrano lo guardò pensieroso, senza
sapere se dire o meno la verità
-Temete forse che mi senta tradito
perché avete sostituito mia madre?...- poi un sorriso furbo
gli illuminò il viso -Ma voi non l'avete sostituita... lui
era qui anche prima... vedo dalla vostra espressione che ho colto nel
segno... E lei lo sapeva?-
-Io... non è come credi... lascia che ti
spieghi...- balbettò imbarazzato
-Maestà... Padre...- rispose divertito
-Credete realmente che io possa giudicarvi per come vi siete comportato
con mia madre? Forse sarò freddo e cinico, ma non la
conoscevo, non l'ho mai conosciuta, voi dite che lei mi amava, che voi
mi amavate, so che siete sincero. Potrei fingermi sconvolto dal vostro
comportamento, ma sarebbe ipocrita da parte mia, io non conosco
l'amore, non so cosa sia e cosa si provi, quindi con quale arbitrio
potrei giudicarvi? Se lui vi ha dato la forza per superare il dolore
siatene felice e non vergognatevene... se è del mio giudizio
che vi preoccupate non angustiatevi, io non vi do colpe-
Osservò il padre che lo guardava
stranito e riprese fraintendendo l'espressione
-Pensate che dovrei essere triste per lei? Non
chiedetemi tanto, non ho mai avuto un padre e l'unica madre che ho
conosciuto era una nana... Starete pensando a che razza di mostro avete
messo al mondo, me ne dispiace... Sono qui con voi, e sto imparando a
conoscervi, vedo una persona che merita rispetto e merita amore, forse
non sono in grado di chiamarvi padre, ma mi rallegro della vostra
felicità, e se siete invece voi a sentirvi in colpa per lei
non fatelo, godete della gioia, al mondo ce n'è
così poca. Ora sono io a dover temere il vostro giudizio? Vi
vergognate forse di avermi concepito?-
-Vergognarmi? Ma se non potrei essere
più felice! Hai nascosto dietro al cinismo quelle frasi che
non avrei mai sperato di poter udire dalle tue labbra- sorrise commosso
-Figlio mio, dici di non conoscere l'amore e di non saper amare? Non ti
rendi neppure conto di quanto grande sia il tuo cuore, hai dato a
questo vecchio elfo una gioia che mai avrebbe potuto immaginare!....
Io, se ora ti chiedessi il permesso di abbracciarti... sarebbe troppo,
vero?-
-Sì, troppo- poi abbassando il tono di
voce -Ma se voleste comunque farlo non fuggirei-
Thranduil lo osservò con la bocca aperta
per lo stupore, allargò le braccia avvicinandosi lentamente,
come per assicurasi di aver capito bene, per dargli il tempo di
allontanarsi se lo avesse voluto, col timore che si sarebbe sottratto a
quel contatto sgradito, ma niente di tutto questo successe...
Dopo tremila anni, dopo aver creduto di averlo
perso stava finalmente abbracciando suo figlio, era rigido tra le sue
braccia e non lo ricambiava, ma non era neppure fuggito, dopo qualche
tempo lo senti sollevare le braccia e ricambiare impacciato il gesto
“Grazie, Valar, Grazie per avermi ridato il mio
bambino” pensò con gli occhi gonfi di lacrime.
Lacrime di gioia che stavano brillando anche negli
occhi di un nano, di una giovane mezzelfo e di un anziano Istar, come
in quelle di un númenóreano e di un Capitano che
avevano interrotto i loro discorsi osservando ammutoliti la scena
-Grazie, Ar-Agorn, erede di Elros, tu l'hai portato
qui, tu hai riportato la gioia al mio Signore, di questo non
potrò mai esserti abbastanza riconoscente-
mormorò l'elfo flettendo il ginocchio per rendergli omaggio
-No- gli afferrò rapido le braccia
impedendogli di compiere il gesto -Non inginocchiatevi a me,
perché tanto dovrei fare a voi, è vostro il
merito se Thranduil ha trovato la forza di parlargli... Voi vedete la
gioia del vostro compagno, io vedo molto di più... Se solo
aveste conosciuto Esgalwath qualche mese fa, ora potreste capire cosa
significa per lui il gesto che sta compiendo-
-Ehm... padre, siete davvero convinto del vostro
“amico”?- sciogliendo l'abbraccio mentre guardava
le mani del suo uomo strette sulle braccia dell'elfo
-Come lo sono del fatto che il sole
sorgerà domattina- rise il Re -Ma ora è meglio
che vada ad allontanarlo da quel mortale non-tuo, come ho detto mi
creerebbe non pochi problemi se dovesse accidentalmente cadere su uno
dei tuoi coltelli... Ma, figliolo, permettimi un consiglio da padre,
non te ne ho mai dati ma sono sicuro che per questo mi ringrazierai un
giorno... Parlagli, semplicemente parlagli, perché vuoi
continuare a nasconderti quando neppure volendo riesci a nascondere a
te stesso di amarlo?... e non dirmi che non sei in grado di amare,
conosco quello sguardo, lo vedo ogni giorno allo specchio quando penso
a lui... Quello sguardo non inganna nessuno, pensi forse che gli altri
non abbiano capito? Solo tu e quel mortale vi ostinate a non volerlo
vedere... Parlagli e fallo prima che sia troppo tardi, o potresti
pentirtene-
-Io- sorrise il giovane principe -Ho già
deciso di farlo, ma grazie del consiglio- “Spero solo che lui
non mi rifiuti” pensò tristemente.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 30 *** Capitolo 30 ***
*CAPITOLO 30*
-Sire Ar-Agorn, mi scuso per l'interruzione, ma ho
urgente necessità di conferire col mio Capitano... in
privato-
-Naturalmente, Maestà-
-Capitano Haldir- si inchinò leggermente
-E' stato un piacere conoscervi-
-Una gioia inattesa che scopro con piacere,
Ar-Agorn di Númenor, erede di Elros-
contraccambiò l'inchino
-Maestà, vi lascio alle questioni del
vostro regno-
Il mortale non si era ancora girato che
già Thranduil afferrava il Guardiano per il polso avviandosi
composto, almeno fino ai primi alberi, verso il limitare della radura,
per poi trascinarlo con foga verso la protezione degli alberi fitti e
baciarlo con passione contro il possente tronco di un antico larice.
-Da quando cerchiamo la protezione della foresta
più profonda per un semplice bacio?- rise appena le sue
labbra furono libere -Oh! Scusa... tuo figlio- e senza
lasciare il tempo di rispondere invertì le posizioni e
riprese possesso di quella bocca
-Lui sa... e approva...- invertendo nuovamente i
ruoli abbandonando le labbra per dedicarsi al collo niveo slacciandogli
i mantello purpureo che scivolò a terra -E non è
un semplice bacio che voglio questa notte-
-E cosa vuole il mio Sire?- ansimò
reclinando il capo ed esponendo il collo a quei baci roventi
-Tutto- soffiò sulla sua pelle
cominciando a slacciare la sua tunica e scendendo a lambirgli il petto
-Il tuo Sire vuole portarti a gridare tanto forte che all'accampamento
temeranno di essere attaccati-
Haldir rise, e Thranduil si fermo a guardarlo
estasiato solo un'istante prima che le sue labbra diventassero
nuovamente proprietà dell'amante
-A cosa devo tanto benvenuto ardore?-
-A questo... alla tua risata, è una cosa
così rara... e oggi è la seconda volta che la
sento... Valar, sai quanto sia bella la tua risata? Quanto mi renda
felice?- sussurrò rauco tra i baci -Ormai ne avevo perso il
ricordo, è dai tempi di Lòrien che non la udivo,
ti ho mai detto che ho amato ancora prima di vederti la tua voce e la
tua risata?...Quando ridevi il giorno pareva più luminoso e
il bosco sembrava risplendere... Era così forte...
Così piena di vita...Valar!... che gioia... risentirla-
ormai anche la tunica giaceva a terra assieme al mantello, si
staccò dalle sue labbra per dedicare la sua attenzione al
petto che sollevava e abbassava veloce al ritmo del respiro ansimante,
dalle spalle scendendo lungo lo sterno, per poi risalire e ricominciare
quella dolce tortura lungo la cicatrice, lasciando una scia di baci
umidi lungo tutta la sua lunghezza, come faceva da anni, come sapeva
fargli perdere il senno, scendendo lentamente fino ad inginocchiarsi
davanti a lui...
Afferrò i suoi fianchi traendolo a se e
schiacciando il viso contro il bacino, lo vide appoggiare il capo e le
spalle al tronco aggrappandovisi forte per aiutare le gambe che
rischiavano di non sostenerlo, mentre si mordeva forte il labbro
cercando di controllare le ondate di piacere che minacciavano di
sommergerlo e continuò la sua discesa lenta fin al punto il
cui lo sfregio scompariva sotto i pantaloni, si fermò
un'istante osservandolo lascivamente poi afferrò il tessuto
fra i denti trascinandolo giù, sorrise divertito sentendo il
respiro dell'altro che si bloccava e il rumore delle unghie che
graffiavano l'albero, sollevò le braccia lungo la sua
schiena fino a dove le spalle toccavano il legno e ridiscese premendole
con forza e facendolo aderire ancora di più a se. Si
fermò sui glutei infilando i pollici oltre l'orlo e
completando quello che con la sola bocca non poteva fare, un gemito
usci violento quando l'erezione scattò finalmente libera,
dura e già leggermente umida
-Ho detto che voglio sentirti gridare-
soffiò rauco a pochi millimetri dall'asta pulsante, lo vide
tremare incontrollato e gli afferrò saldamente i fianchi per
impedirgli di cadere
Senza lasciargli il tempo di riprendere il
controllo fece scomparire il membro turgido nella sua bocca facendolo
gemere selvaggio e venire gridando il suo nome, solo allora lo
lasciò scivolare dolcemente a terra, sdraiandosi al suo
fianco e abbracciandolo mentre ancora tremava per i postumi
dell'amplesso
-Ti amo-
-Ricordami di ridere più spesso-
-Sempre-
-Ti amo-
-Anche i Valar mi amano, oggi ho avuto in dono
l'abbraccio di mio figlio e la risata del mio amante, non
potrà mai esserci giorno più bello-
-Anche il mio non è stato male- sorrise
beato -Dici che mi hanno sentito fino all'accampamento?-
-Uhmmm... non credo, sei troppo delicato, mio
meraviglioso Guardiano- poi ricominciò ad accarezzarlo
lascivamente -Ma posso sempre ritentare, magari se mi impegno di
più...-
-Parola mia tu mi vuoi morto, elfo!- ma
già sentiva il suo membro rispondere alle carezze
-A proposito di morti- ridacchiò il Re
-Vedi di non avvicinarti troppo al númenóreano-
-Sei geloso?-
-Ad essere sincero un poco... e stato lui a farti
ridere dopo tanto tempo, ma ne comprendo il motivo... sono lieto che vi
siate chiariti, ma non è per me che parlavo, mio figlio lo
è molto più di me ed è molto
possessivo verso quel mortale che dice di non amare- concluse
ricominciando a baciarlo
-E ora smettila di distrarmi e taci... ho
un'impresa da portare a termine-
-Non così in fretta, amore- si
sollevò di scatto bloccandolo al suolo e sollevandogli la
tunica fin sopra la testa -Questa volta giochiamo ad armi pari-
-Oh... bene- sospirò l'assassino
-Mancavi giusto tu... immagino tu sia qui per parlare di quello che mi
hai visto fare? Dovevo capirlo dopo Rhawel, Gimli e persino il Vecchio
che prima o poi saresti arrivato-
-In realtà volevo chiederti se avessi
capito quali spezie avevano usato nello stufato di questa sera, era
delizioso, non credi?-
Legolas osservò storto
quell'insopportabile mortale, poi gli sorrise
-Meglio della tua cucina sicuramente!-
-Non mi sembra che ti sia mai lamentato-
-Solo perché avevo fame... e poi viste
le alternative... avrete tante doti ma tra queste non c'è
cucinare-
Si girò a osservare l'orizzonte stellato
con la mano appoggiata a un tronco e attese di averlo di nuovo al suo
fianco
-Sono bellissime non trovi?-
-Un tempo non lo avresti detto-
-Sembra passata una vita-
-Sì, una vita-
-Estel, noi dovremmo parlare-
-Lo stiamo facendo-
-No, di quello che è successo-
-Di quello che è successo oggi?-
-In un certo senso le cose sono collegate-
tornò a osservare le stelle, sospirando, senza parlare
-Legolas? Dove sei?-
-Qui, e ovunque, sono in una piccola stanza nella
città bassa, su un lussuoso letto di seta, nelle strade buie
e silenziose, sono in una cella senza voce, e in un bosco luminoso,
sono in un allegro torrente di montagna e in una radura stellata, sono
in un deserto orribile... eppure sono qui...-
-Non ti capisco?-
-Neppure io... è come se tutta la mia
vita mi stesse cadendo addosso in questo momento, sotto questo cielo
meraviglioso... e io non so cosa devo farne di questa vita-
-E' per via di tuo padre?-
-No, anche se lui mi ha aperto gli occhi, mi ama
Estel, nonostante sappia quello che sono, nonostante non mi avesse mai
visto prima, nonostante non gli abbia riservato altro che freddezza...
lui mi ama-
-E ti turba?-
-Sì, mi fa pensare di essere migliore di
ciò che sono realmente-
-Forse lo sei-
-Tu sei come lui, anche tu mi fai sentire migliore-
-Forse lo sei-
-E se non lo fossi?-
-Lo sei-
-Mi hai insegnato cos'è un abbraccio,
non avrei mai potuto fare quello che ho fatto oggi senza di te-
-Hai fatto tutto da solo, sei stato tu a cercare le
mie braccia-
L'elfo tornò silenzioso a perdersi nella
notte, le stelle luminose che si rispecchiavano nei suoi occhi
-Dobbiamo parlare-
-Lo hai già detto. Sono qui, Legolas,
non fuggo-
-Estel, io...- si bloccò di scatto
ascoltando la notte -Tàr, non siamo soli- portando
istintivamente le mani ai coltelli imitato dall'uomo
-Arcan lenna avatyarin, Aran Ar-Agorn, Cundu-
mormorò inchinandosi -Umin mentenya pusta ar utennein.
Canonya mentan sacalë, cé ecuva tuvo
liyúmë ilapace. Mai cenetlyë eces onta
uvanima alatercen. Ëan nyérë na horyan
manquetë len nanwenë
hópanna- (Chiedo perdono, Sire Ar-Agorn,
Principe- -Non era mia intenzione disturbare e non stavo origliando. Il
mio capitano mi ha mandato a cercarvi, purtroppo potremmo ricevere
visite inaspettate. Vedervi da soli nei boschi potrebbe creare
spiacevoli malintesi. Sono mortificato ma devo chiedervi di tornare
all'accampamento)
-Ci sono problemi, Tàr?-
-A quanto pare potrebbero essercene, meglio che
torniamo...- fece per allontanarsi di un passo lentamente poi
con un ultimo ripensamento tornò a girarsi ritornando a
perdersi in quegli occhi limpidi -Legolas...- sospirò
-Sì?-
-Mi dispiace, avrei davvero voluto parlare-
-Ci sarà tempo-
-Sì, ci sarà tempo-
Tempo, quanto ancora doveva attendere? Quanto prima
di poter finalmente ascoltare quelle parole dalle sue labbra? Sempre
che poi fossero quelle le parole che stava per dire, non sapeva di cosa
voleva parlargli, magari aveva scoperto di provare attrazione per uno
degli elfi di Thranduil e voleva confidarsi... o forse Rhawel, infondo
erano molto uniti, no, questo non poteva crederlo, non c'era attrazione
fra lui e la sua amica... almeno non del tipo che c'era tra loro...
“Dannazione, devono essere quelle parole che vuole dirmi!
Devono, o sarei perduto!”
“Dannazione! Anche il Fato mi
è avverso? Finalmente trovo il coraggio di parlare ed ecco
che succede qualcosa! Riuscirò a trovare di nuovo le parole?
E non sarà troppo tardi? Non può, non deve essere
troppo tardi, o sarei perduto!” Tempo, aveva detto che c'era
tempo, ma lo credeva davvero? Era sicuro che lui lo avrebbe atteso, era
sicuro che lui non lo avrebbe rifiutato, ma questo era una vita prima,
ora che doveva parlare era terrorizzato da un suo rifiuto... ora che lo
aveva visto scherzare con altri era terrorizzato dall'idea di non avere
più tempo... “Per tremila anni ho vagato senza
scopo su questa terra e ora non ho tempo”
Si erano rimessi in cammino poco dopo l'alba,
Ar-Agorn e Legolas fiancheggiavano Sire Thranduil, il resto dalla
compagnia li seguiva affiancato da alcuni consiglieri, Haldir restava
indietro, non volevano militari all'interno del gruppo di testa.
La formazione non era casuale, era stata lungamente
discussa la sera precedente, doveva essere immediatamente chiaro che il
Popolo del Confine nutriva piena fiducia negli stranieri e che Ar-Agorn
e Legolas erano considerati di pari prestigio rispetto al loro Re.
Non prevedevano problemi, ma preferivano non
correre rischi, gli esploratori avevano avvistato un campo di Roquen
Arion (Cavalieri della
Luce del Sole) o Cavalieri d'Oro come erano conosciuti
fuori dalle Nebbie erano amici e alleati fidati, ma pur sempre mortali
e come tali avventati.
A differenza degli Elfi non avevano mai accettato
completamente l'isolamento e al raggiungimento della maggiore
età i giovani venivano mandati per tre mesi nel mondo
esterno, restavano lontani dalle città e dalle Signorie
perché i loro diversi costumi non avrebbero ingannato
qualcuno più avveduto di un semplice paesano, quindi non
erano molto più informati dei loro vicini immortali ma
almeno conoscevano un poco della vita com'era proseguita lontano dal
loro rifugio e questo li rendeva in grado di effettuare scorribande
armate contro gli uomini di Melkor.
I compagni avevano ascoltato interessati, tutti
conoscevano la Leggenda dei Cavalieri d'Oro, favole per spaventare i
bambini, nessuno li aveva mai visti, o per meglio dire, nessuno che li
avesse visti era vissuto abbastanza per raccontarlo, e ora invece
sapevano che la legenda era verità e che presto avrebbero
incontrato queste mitologiche figure.
-Non credevamo che dei mortali avessero goduto
della protezione riservata ai Priminati- chiese Tàr mentre
cavalcavano al Signore del Cancello
-Questa protezione non è stata creata
per noi, ma per tutti quelli che restarono fedeli ai Quattordici.
Marach e la sua gente furono gli unici tra i
mortali a non voltarci le spalle, in verità non furono loro
a decidere, a quei tempi li chiamavamo Signori dei Cavalli ma non
furono mai Signori ma semplicemente Amici, i Mearas le meravigliose
cavalcature donate loro dai Potenti sapevano da quale parte combattere
e i loro cavalieri non le avrebbero mai costrette altrimenti.
Quelli che incontrerete oggi sono i discendenti di
Marach, e i loro destrieri quelli nati dai Mearas, sono gente
orgogliosa e fiera, state attenti a non offenderli perché
mal sopportano di essere messi in ridicolo, ma sono anche valorosi e
leali, se otterrete il loro rispetto avrete dei potenti alleati,
apprezzano più di ogni altra cosa il valore e in questo non
avrete problemi a farvi accettare da loro-
-In cosa quindi?... Avete detto in questo, quindi
immagino ci sia qualcosa che invece ci creerà problemi-
-Non sbagliate, Ar-Agorn, ci sono cose che al
momento è meglio che non sappiano, specialmente riguardo mio
figlio e Olórin, mi dispiace amici, ma loro non capirebbero,
non prima di aver imparato ad apprezzarvi, in questo sono come bambini,
non riescono a vedere le sfumature, per loro tutto si riduce a giusto o
sbagliato, Luce e Tenebra, non hanno mai accettato che la Luce generi
ombre e che la Tenebra possa non essere assoluta. Hanno il loro Codice
d'Onore e da esso non si discostano-
-Non temete... padre- ancora gli riusciva difficile
pronunciare quella parola -So essere sufficientemente luminoso
all'occorrenza e per Mithrandir non sarà un problema,
è l'unico ad essere convinto di avere un passato oscuro da
nascondere-
Fu esattamente in quel momento che uscendo dall'ombra degli alberi i
loro occhi furono abbagliati dal riflesso aureo, che come un'onda di
puro metallo liquido scivolava armoniosa sulla prateria
-Un éored completo e in assetto da
combattimento!- fischiò Haldir -Si aspettavano battaglie sul
loro cammino-
-Re Théoden è vecchio ormai,
ma ha ancora lunghe orecchie, credo che l'arrivo degli stranieri non
sia più un segreto per nessuno, anche se a quanto vedo mal
interpretato-
-Mortali! Creature sciocche, impulsive e illogiche!
Solo uno stolto Sennacoi (Vita
Corta) potrebbe inviare un esercito a combattere una
guerra che non sa neppure se esiste-
-Haldir- lo riprese sorridendo il sovrano
-Controllati e mostra un poco di rispetto-
-Solo perché ci sono alleati non
significa che debba amarli, se non fosse per quel poco di senno dei
loro destrieri sarebbero dei completi i...-
-Haldir!-
-E' la verità, puoi pure fare il carino
con loro, ma la mia posizione mi permette di trattarli da superiore
quale mi ritengo senza rischiare incidenti diplomatici-
sollevò il mento arrogante osservando il compagno con un
sorriso irriverente -E tu mi invidi per questo- continuò con
gli occhi che scintillavano divertiti
-Vorreste quantomeno parlare nella vostra lingua?-
borbottò Gimli
-Sarebbe scortese farlo, Mastro Nano-
-Allora siate così cortesi da usarmi
questa scortesia, mi eviterete di dover difendere questi cavalieri che
neppure conosco in quanto io stesso mortale sciocco, impulsivo e
illogico- sbuffò mentre Rhawel copriva la bocca con la mano
per nascondere la risatina che le era uscita spontanea e
Tàralelyol soffocava un colpo di tosse
-Illogici- commentò il Capitano mentre
arretrava tornando alla sua postazione
-Avete dimenticato sciocchi e impulsivi, Mastro
Haldir- gli urlò dietro il nano
-Gimli!-
-Se state per chiedermi come siano sopravvissuti
fino ad oggi, padre, vi dico già che non ne ho la
più pallida idea-
Quando ormai poche poche miglia separavano il
corteo degli elfi dalla cavalleria dorata uno dei cavalieri
cavalcò avanti, un uomo alto, molto più degli
altri e dal suo elmo spioveva una bianca coda di cavallo.
Quando giunse di fronte al Signore degli Eldar
sfilò l'elmo rivelando una lunga chioma bionda, che
incorniciava un volto giovane ma dai lineamenti decisi e fieri,
guastato solo dai limpidi occhi azzurri che seppure potessero essere
definiti belli, si posavano con arroganza sul gruppo degli stranieri
-Sire Thranduil- si inchinò senza
scendere da cavallo
-Éomer, ragazzo mio- sorrise l'antico
elfo -Quale piacevole sorpresa! Cosa ti conduce verso i nostri boschi,
con cotanta fretta e furia nelle armi spianate-
-Ci è giunta notizia, Sire, che i
Cancelli sono stati violati. Gli Eorlingas sono pronti a dare
il loro sostegno agli antichi alleati- fece scorrere lo sguardo sui
compagni per poi rivolgersi nuovamente al Re -Ma vedo che la battaglia
è già conclusa, sono questi gli unici che avete
risparmiato?-
-Mi scuso per la scortesia, credo che delle
presentazioni siano necessarie, amici, vi presento Éomer,
figlio di Éomund, nipote di Re Théoden
di Rohan, terzo maresciallo del Riddermark-
Lasciò loro il tempo di inchinarsi al
cavaliere poi riprese
-Le voci che avete udito sono vere, ma solo in
parte, i Cancelli sono stati aperti ma non violati, poiché
colui che li ha oltrepassati aveva ogni diritto di farlo, e questi
signori che vedete sono coloro che lo accompagnavano. Lord Maresciallo
posso avere il piacere di presentarvi mio figlio Legolas, a lungo
creduto morto-
-E' un immenso piacere per me fare la conoscenza
dei fieri alleati del mio Nobile Padre- rispose con voce lieve
sorridendo gentilmente
-Il piacere è mio, Principe Legolas-
rispose il Rohirrim inchinandosi rigidamente senza abbassare lo sguardo
-Avete impiagato molto tempo a trovare la strada di casa-
Thranduil strinse i pugni sotto il mantello
irritato da quella mancanza di rispetto e temendo il peggio vista
l'indole aggressiva del figlio che però lo stupì
lasciandosi sfuggire un sospiro afflitto dalle labbra e abbassando lo
sguardo triste
-Dite il vero, Lord Maresciallo, troppo tempo,
è stata una strada lunga e faticosa quella che mi ha
riportato da mio padre, e non avrei mai potuto percorrerla senza
l'aiuto di questi fedeli compagni, immagino sappiate che il segreto del
Cancello è ben custodito, e seppure fosse mio diritto di
sangue attraversarlo solo di recente abbiamo scoperto la via per
raggiungerlo-
-Chiedo venia, Principe, non era mia intenzione
turbarvi-
-Non siete voi a turbarmi ma la tristezza del mondo
fuori dalle Nebbie, e i vostri legittimi dubbi non fanno altro che
aumentare la stima per degli alleati che si dimostrano capaci-
sollevò lo sguardo sorridendo luminoso
-Mi rendete onore, Principe-
-Padre, posso avere io stesso il piacere di
presentare a questo degno cavaliere gli amici che mi hanno accompagnato
in questo viaggio?-
-Naturalmente, figliolo-
-Il prode nano che vedete alle mie spalle
è Gimli, figlio di Gloim, che unisce nel suo sangue le
stirpi di Durin e Thràr, è stato cacciato da
Khazad-dûm per avere difeso davanti al suo Re le sorti degli
Elfi prigionieri, ma senza mai arrendersi ha continuato la sua lotta
contro Morgoth-
Attese che il nano e il cavaliere concludessero gli
inchini di rito e riprese
-La giovane donna, le cui apparenze potrebbero
trarvi il inganno è Dama Rhawel delle Montagne Bianche,
Arciere Infallibile, coraggiosa e indomita, combatte l'Ombra da quando
aveva dodici anni e sono molti i modi in cui mi ha salvato in questo
lungo viaggio-
Per la prima volta il cavaliere si
soffermò ad osservare la giovane donna che si inchinava
regale, poteva vedere in lei tutte le qualità descritte, e,
oltre quelle, una rara bellezza.
-Il più saggio tra noi, Mithrandir di
Ýridhindhren, il Maestro dei Liberi Stregoni...-
-Pensavo fossero solo una leggenda-
-E noi lo pensavamo di voi, per nostra fortuna
eravamo entrambi nel torto Figlio di Marach- sorrise cordialmente
l'anziano Istar -E' con immenso piacere che faccio la vostra conoscenza-
-Mai grande quanto il mio, Reverendo Padre, non
sapete che gioia sapere che esiste qualcuno in grado di opporre la sua
magia a quella degli Stregoni Neri-
-E ultimo ma non meno importante, il mortale a cui
debbo più volte la vita, Ar-Agorn, figlio di Ar-Athorn,
legittimo erede al trono di Númenor-
L'uomo quasi cadde da cavallo per la sorpresa,
aveva visto che si trattava di un númenóreano, ma
non poteva immaginare che appartenesse alla famiglia reale.
-Posso solo supporre che ci siano vicende molto
importanti da narrare se un númenóreano, e per
giunta erede del Traditore, cavalca al fianco del Sire del Cancello,
senza ceppi e con la testa ancora attaccata al collo-
-Ci sono- rispose solenne Thranduil -Invero questo
incontro fortuito ci risparmia molti giorni di attesa,
giacché tuo zio avrebbe dovuto essere certamente informato,
quindi ti chiedo, Éomer, figlio di
Éomund, cavalca veloce verso Edoras e porta la notizia a Re
Theoden, perché la battaglia per cui eravate pronti non
è mai stata combattuta, ma forse presto dovrete prepararvi
alla guerra, questi Nobili Signori non sono giunti a noi col solo
intento di riportarmi mio figlio, ma sono qui per offrire il loro aiuto
e per chiedere il nostro, e giunto il tempo di ribellarci e portare
aiuto a coloro che non hanno potuto raggiungere questo riparo, li sto
conducendo a Valarencálë, dal nostro Supremo Sire,
presto si terrà un Consiglio di Guerra, e sono certo gli
Eorlingas non vorranno mancare-
-Gil-Galad darà il suo consenso a
partire?- chiese eccitato dall'idea della battaglia
-Lo spero, ma se così non fosse non
potrà impedire di farlo a chi lo vorrà-
-Dite bene, Sire Thranduil, gli Eorlingas non
mancheranno, e so già quale sarà la decisione di
mio zio-
Con un profondo inchino si rimise l'elmo e
girò il cavallo allontanandosi al galoppo
-E anche questa è fatta- Rhawel
sospirò di sollievo -Gwath, sei stato grande!-
-Solo grande? Sei stato incredibile... tutto
sorrisini e sospiri “Ohhh, prode cavaliere, Lord Maresciallo,
grande e valente alleato...”- esclamò Gimli
-Scusatemi ma devo trovare qualcosa di forte o potrei sentirmi male-
borbottò poi allontanandosi
-Devo dire che sono rimasto sorpreso, figliolo-
-Pensavate lo avrei aggredito?-
-Sì, per un momento l'ho temuto-
-Capitano Haldir?-
-Cosa volete, Messer Nano, prendervi ancora gioco
di me?-
-No, sono qui per chiedere umilmente il vostro
perdono, quel mortale è un emerito idiota, non so il vostro
Sire ma io vi ho invidiato di certo, mi sarebbe piaciuto non dover
assistere a questo incontro... quanto vorrei avere il suo elmo!-
-Il vostro non vi piace più?-
-No, vorrei vomitarci dentro, e scusate i miei
modi, ma ho temuto davvero di sentirmi male-
-Conosco la sensazione, tenete- allungandogli la
borraccia dalla quale stava bevendo -Vi aiuterà-
-Non ho sete-
-Ma questo lo apprezzerete- ammiccò
divertito -Un mio personale rimedio contro i mortali idioti-
Gimli assaggiò prima titubante il
contenuto, poi aprendosi in un'espressione felice si attaccò
alla fiaschetta.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 31 *** Capitolo 31 ***
*CAPITOLO 31*
-Benvenuti a Valarencálë,
Capitale del nostro Regno, dimora di Gil-galad, ultimo Supremo Sire
degli Eldar-
Così la presentò Thranduil,
erano giunti alle porte di un'imponente città, anche se
forse imponente non era l'aggettivo adatto, certamente lo era nelle
dimensioni, ma di sicuro non nell'aspetto.
Sorgeva ai pedi di un'altissima montagna, che
sembrava scolpita nel ghiaccio tanto era candida e lucente, in cima a
quel monte stava la dimora dei Potenti, e presto, se fossero riusciti a
ottenere il sostegno del Signore di quel luogo avrebbero potuto
raggiungerla.
Ai piedi dell'altura si ergeva costruita, anzi
sarebbe più appropriato dire ricamata nella stessa roccia,
la Capitale degli Elfi, meravigliosa in quel momento mentre il suo
abbagliante candore cominciava a tingersi di rosa riflettendo le luci
dell'alba, senza difesa alcuna se non quella data da un'elegante muro
di cinta formato da sottili steli di alabastro che si intrecciavano e
si arricciavano come viticci, interrompendosi solo per lasciare il
posto e un delicato cancello in filigrana di mithril.
L'interno della città era non meno
incredibile, volte, scalinate, strade sospese, attraversavano o
aggiravano centinaia di cascate d'acqua cristallina che creavano
infiniti arcobaleni, chioschi e colonnati coperti di rose rampicanti,
candidi palazzi ricamati d'argento.
Il primo pensiero dei viaggiatori fu che quella
città non aveva bisogno di difese perché neppure
il cuore più nero avrebbe potuto levare la mano contro un
simile gioiello, ma sapevano bene che questa era solo una mera
speranza, Morgoth non avrebbe esitato a distruggerla come aveva
distrutto ogni altra cosa bella, ma si resero presto conto, almeno
Ar-Agorn e Mithrandir, che quel luogo non era affatto indifeso, seppure
privo di barriere architettoniche, ogni angolo, ogni strada, ogni
pietra era intriso della magia dei Valar.
Fortunatamente per i compagni, l'essere giunti al
seguito del Lord del Cancello evitò spiacevoli soggiorni in
celle umide, vennero accompagnati in stanze lussuose anche se fu
vietato loro di lasciarle, almeno fino al momento in cui Sire Gil-galad
avesse richiesto la loro presenza.
Non ne furono preoccupati, era una situazione che
avevano previsto, avrebbero atteso che i due Signori si confrontassero
lasciando a Thranduil il compito di perorare la loro causa, sapevano
che fra tutti lui era quello con maggiori possibilità di
successo e anche se l'attesa era snervante erano tutti ormai ottimisti
sulla riuscita del viaggio.
Dopo molte ore fu Haldir a varcare la soglia degli
appartamenti riservati ai compagni, si girarono in silenzio attendendo
che fosse lui a parlare
-Non prenderà nessuna decisione-
annunciò -Riserva il giudizio ai Potenti, ma non vi
è ostile, e se i Quattordici vi approveranno sarà
felice di partire. Avrebbe deciso fin d'ora -continuò
sorridendo -Il mio Signore sa essere alquanto persuasivo, ma
l'enormità di quello che chiedete e le conseguenze sul
nostro popolo non gli consentono di prendere questa decisione da solo.
Potete fin d'ora considerarvi liberi di passeggiare ovunque vogliate ma
questa sera vorrebbe avere il piacere di conoscervi e condividere con
voi il suo cibo-
Un impercettibile sospiro di sollievo
attraversò la stanza
-Saremo onorati di accettare l'invito, grazie
Haldir-
-Dovere Ar-Agorn- sorrise
Come nel palazzo di Thranduil avevano camere
regali, furono forniti di tutto quello che potevano chiedere e anche
non chiedere, ogni stanza aveva un piccolo guardaroba adatto alle loro
necessità, un bagno privato con acqua corrente e un'enorme
vasca, profumi, oli, balsami e ogni cosa potessero immaginare.
Ar-Agorn si preparò velocemente, per
poter raggiungere le stanze dell'amico, era ancora vivido in lui il
dolore che quei lussi gli avevano fatto affiorare e non riusciva a
lasciarlo solo, ma contrariamente ai suoi timori lo trovò
già pronto e intento a spazzolarsi i capelli
-Devo averti davvero spaventato se ora ti precipiti
da me ogni volta che siamo ospiti in un palazzo- gli sorrise dolcemente
-Scusami, non volevo insinuare...-
arrossì imbarazzato l'uomo
-Va tutto bene, Estel, non sono offeso... mi fa
piacere averti qui-
-Va davvero tutto bene?-
-Sì- annuì mentre
ricominciava a spazzolarsi -Ora te ne andrai?-
-Perché me lo chiedi?-
-Ogni volta che ho bisogno di aiuto compari al mio
fianco, ma quando sto bene ti tieni a distanza, non ti sembra un poco
assurda questa situazione?-
-Tu vorresti che restassi?-
-Mi piacerebbe-
-Posso?- chiese sfilandogli la spazzola dalle dita
e l'elfo annuì lasciando che fosse lui a continuare
-Perché lo fai? Perché mi
tieni lontano?-
-Te l'ho promesso, ricordi?-
-E tu mantieni sempre le promesse?-
-Sì, sempre-
-Estel, mi prometteresti una cosa?-
-Sì-
-Non sai neppure cosa?- rise l'immortale
-La risposta sarebbe sempre, sì-
-Promettimi che riusciremo a trovare il tempo per
parlare-
-Sì-
-E' una promessa?-
-E' una promessa-
-Grazie... e ora andiamo, sarebbe scortese far
aspettare il nostro illustre ospite-
-E da quando ti importa di essere scortese?-
-Da quando il mondo intero si è
coalizzato per costringermi a comportarmi bene- sbuffò
-Non il mondo intero- rise l'uomo -Solo un
gruppetto piccolissimo di persone-
La sala in cui erano stati fatti accomodare era
piuttosto piccola e semplice per un palazzo tanto sontuoso, si erano
aspettati di doversi inchinare al Signore nella Sala del Trono, davanti
a tutta la sua corte, invece si trovavano in davanti un tavolo
elegantemente apparecchiato per solo nove persone, ma la cosa che li
stupì maggiormente fu che sul tavolo di forma circolare
tutti i posti erano esattamente uguali, non c'erano scranni
più regali, o posate più ricche, o coppe
più grandi, si erano aspettati di essere convocati da un Re
e si trovavano a quella che poteva sembrare un cena in famiglia, ed era
questo che stavano pensando quando Gil-galad fece il suo ingresso.
Quando lo videro per la prima volta il pensiero
corse all'Elendimir che avevano ammirato sul capo di Tàr,
come quella gemma, che non aveva bisogno di montature preziose o
pesanti, anche lui non aveva bisogno di trono o corone per risplendere
di regalità.
La Luce degli Eldar che poteva essere notata solo
da persone speciali come Ar-Agorn o Mithrandir splendeva in lui
così forte che era impossibile per chiunque non vederla,
eppure quella luce così fulgida riempì di
malinconia i compagni, come se volesse celare un antico dolore.
Il suo aspetto, non meno della sua aura, incuteva
rispetto. Alto quanto il númenóreano e
altrettanto possente univa però la grazia e l'eleganza del
suo popolo, la pelle candida faceva da sfondo a due incredibili occhi
viola profondi e scintillanti, i capelli biondi scendevano sciolti e
ondulati sulla schiena trattenuti da un semplice cerchio d'oro, come
del colore dell'oro erano le sue vesti, oro e rosso che sfumavano
ardenti come se fosse il tramonto stesso ad aver tessuto il suo abito.
Appena dietro a lui camminava l'elfo più
strano che avessero mai veduto, anche lui abbigliato con i colori del
tramonto era ancora più alto del suo Re e metteva in mostra
i muscoli ben sviluppati con una cortissima tunica senza maniche che,
incrociata davanti, lasciava aperta una profonda e generosa scollatura,
i pantaloni attillati scomparivano in ampi stivali alti a
metà coscia e sulle spalle portava un'enorme spadone a due
mani. Ma la cosa che più attirava lo sguardo erano i
capelli, lucenti fili d'oro lunghi fino ai fianchi erano acconciati in
una cascata di sottili treccine che terminavano ognuna con una perla
rossa.
-Maestà- si inchinarono
-Vi prego alzatevi, se avessi voluto certe
formalità vi avrei incontrato davanti alla corte. Ma speravo
di poter passare una serata tranquilla e discorrere di ciò
che il mio amico Thranduil mi ha raccontato, voglio ascoltare la storia
dalle vostre labbra e sapere di più sui nostri fratelli che
sono prigionieri-
-L'elfo che vi ha donato la spada- parlò
lo strano guerriero rivolgendosi all'uomo -Cosa potete dirmi di lui?-
-Glorfindel, che maniere!- lo rimproverò
il Re -Vi prego di perdonarlo, signori, innanzitutto le presentazioni,
questi è Glorfindel, generale del nostro esercito, prezioso
consigliere nonché carissimo amico... e inopportuno amante
dell'entrate ad effetto- continuò poi rivolto al compagno
-Ora che ti sei fatto ammirare potresti posare quell'inutile arma?
Nessuno cercherà di uccidermi questa sera-
La risata sommessa di Thranduil arrivò
dal fondo della sala mentre il generale poggiava la spada con un
sorriso impertinente
-Dovete sapere che lui e Erestor erano molto uniti,
più che fratelli, è da quando ha udito quel nome
che l'ansia di sapere se quell'Erestor e l'amico perduto sono la stessa
persona lo angustia, quindi ancora una volta vi chiedo perdono-
-Posso ben comprendere il vostro turbamento, ma
come ho già detto a Thranduil ero appena un bambino e non
ricordo molto, solo una cosa non potrei mai dimenticare, gli occhi,
erano verdi, ma tanto scuri da sembrare quasi privi di iride-
-Gil...- gli sfuggì in un sussurro
-Sì, lo so, non può essere
che lui- stringendogli il braccio
-E sta, stava... bene?- chiese ansioso il generale
-Era vivo, e in salute, è passato molto
tempo però... dovete capire...- si interruppe pensando a
come spiegare a qualcuno che non era mai stato a Númenor
quello che poteva essere successo senza essere troppo crudele, ma non
ne ebbe bisogno perché fu Glorfindel ad anticiparlo
-Hanno rischiato molto aiutandovi, credete che
vostro zio possa averli uccisi?-
-No- rispose sicuro -Scusatemi se parlo
francamente, ma nel nostro mondo gli elfi sono merci preziose, non li
avrà uccisi, ma non posso assicurarvi che sia ancora...-
-In salute?- Glorfindel si irrigidì al
pensiero
-Sì, in salute. Mi dispiace per il
vostro amico-
-Ciò che importa è che sia
vivo e che voi andiate a riprenderlo-
-Sono qui per questo-
A quell'affermazione il generale annuì
soddisfatto e la serata continuò tranquilla mentre
Tàr si trovava a raccontare ancora una volta la sua storia e
le condizioni della vita sotto la tirannia di Morgoth.
Era ormai notte inoltrata quando tutti si
congedarono, anche se non erano stati ancora consultati i Potenti
già le prime strategie si delineavano, un piano d'azione, si
erano immaginati possibili scenari per la campagna militare, si erano
valutate le possibilità di riuscita e le
necessità di alleati, nessuno lo aveva ammesso, ma ormai la
guerra imminente era data per scontata.
Thranduil e Gil-galad erano ormai restati soli,
mentre sorseggiavano quieti l'ultimo bicchiere di nettare rosso delle
viti
-Allora, fratello, cosa pensi dei nostri ospiti?-
-Penso che se non lo avessi veduto con i miei occhi
non lo crederei possibile... Erestor è vivo,
Olórin è tornato, non solo ma in questi anni ha
addestrato degli Stregoni liberi dalle Tenebre che potranno combattere
al nostro fianco, il padre di quel ragazzo, un discendente di Elros
è morto per difendere la nostra gente, e il figlio vuole
riconquistare il trono non per onori e ricchezze ma per comandare un
esercito contro l'Oscuro, Durin ci ha visti scappare e ha sempre
mantenuto il segreto e ora uno del suo popolo cercherà di
spodestare il suo Re per portare i nani dalla nostra parte... Lo
avresti creduto possibile?-
-No di certo, eppure sta succedendo... Ho notato
che hai evitato di nominare la mezzelfa, eppure ti ho visto osservarla
spesso-
-Cosa sai di lei?-
-Non molto, devo ammettere che con quello che
è successo non abbiamo avuto modo di parlare della sua
storia, e non mi sembrava neppure educato chiederla, ma è
sicuramente una persona notevole, ti stupiresti se ti dicessi che
è riuscita ad impressionare persino Haldir?-
-Impresa non comune, ma non mi stupisce, dopo
questa giornata nulla mi stupisce-
-Però in lei c'è qualcosa che
ti turba-
-Niente di importante, mi ha ricordato un caro
amico... Spero di non averla offesa, non volevo essere inopportuno
continuando a guardarla-
Thranduil osservò in silenzio il vecchio
amico, sapeva che c'era di più, ma sapeva anche che sarebbe
stato inutile insistere, la guerra aveva lasciato molte cicatrici a
tutti loro, e la sola cosa che avrebbero voluto sarebbe stata
dimenticare, lui era stato graziato dai Valar, lui aveva ritrovato
colui per il quale il suo cuore piangeva, ma pochi altri avrebbero
avuto quella fortuna.
-Gil... ho un figlio- sospirò il Signore
del Cancello sorridendo estasiato alla luna
-Sì, credo di averlo capito-
ridacchiò l'altro lasciando scivolare via i ricordi -Lo
avevo capito la prima volta, le successive centinaia mi hanno reso ben
chiaro il concetto-
-Io... mi sembra ancora un sogno...-
-Sono felice per te, fratello, non pensavo di poter
rivedere un giorno questa gioia sul tuo volto, sembra che tu sia
tornato indietro nel tempo, potrei quasi temere di rivedere il vecchio
e scellerato Thranduil che andava per boschi a sedurre qualunque
creatura attraente incontrasse sulla sua strada-
-Temo che per quello sia ormai tardi, qualcuno
potrebbe non approvare-
-A proposito di quel qualcuno, ho forse sognato o
ho davvero sentito il Guardiano di Lòrien ridere? E
più di una volta-
-Uno dei tanti miracoli accaduti in questi giorni,
è riuscito a superare il suo passato e a lasciare odio e
rancore alle spalle-
-Suppongo che il númenóreano
sia responsabile di ciò-
-Sì. Temo che non riuscirò
mai a sdebitarmi con lui, per quello che sta facendo per noi, per
Haldir e per...-
-Tuo figlio?-
-Sì, per mio figlio-
-Devo ammettere che mi ha stupito, dopo quello che
mi avevi raccontato non credevo veramente che potesse essere
così luminoso, tutto il dolore che portava... avevo creduto
che la gioia di averlo trovato offuscasse il tuo giudizio, mi
sbagliavo, raramente ho visto tanta forza d'animo in un individuo-
-E non hai visto nulla, l'ho ritrovato solo da poco
tempo ma ogni giorno lo vedo crescere e fiorire, è come una
gemma che si è svegliata dopo un lungo inverno e ora cerca
solo il sole-
-Sempre il númenóreano?-
-Non solo, gli sono tutti molto affezionati, ma
temo di doverti rispondere ancora di sì-
-Più che affezionati direi protettivi,
ogni volta che il discorso finiva sulle condizioni servili degli elfi,
su Chiavi e Sigilli lo guardavano per assicurarsi che stesse bene, la
mezzelfa non lo perde di vista un momento come se fosse sua madre, ma
è difficile non notare quanto gli sia legato il mortale-
-E' stato fortunato a incontrarli, non stupirti se
ti sembrano forse troppo apprensivi, loro sanno quanto ha sofferto,
loro lo hanno visto cambiare e non vogliono vederlo soffrire ancora...
Legolas non è debole, ma in questo momento è
molto fragile emotivamente-
-Non ho mai pensato che fosse debole, al contrario,
come ti ho detto mi stupisco della sua forza-
-Lo so, è incredibile non trovi? Ti ho
detto che ha portato il mortale attraverso il deserto per quattro
giorni?-
-Sì, hai già detto anche
questo- rise -E' decisamente tuo figlio, avventato e testardo quanto il
padre, ma altrettanto coraggioso e leale... o forse, solo altrettanto
innamorato-
-Non dirlo a loro, è inutile,
negherebbero!-
I vecchi amici restarono a lungo a scherzare e a
ricordare allegri i giorni più felici come non facevano da
tanto tempo, ma quando Thranduil si ritirò nelle sue stanze
Gil-galad si avviò con passo pesante attraverso il giardino,
verso una radura solitaria che spesso aveva accolto il suo dolore, la
maschera gioiosa aveva abbandonato il suo volto gentile, mentre veniva
risucchiato inesorabile nel vortice dei ricordi.
Ma in quel luogo, lontano dalle luci del palazzo e
nascosto dalle fronde, dove sperava di ritrovare la pace si
ritrovò ad affrontare la causa della sua malinconia, la
persona che aveva risvegliato il suo dolore.
-Vi piace questo luogo?-
La voce del Re fece sobbalzare la ragazza
-Sire-
-Vi prego non inchinatevi. Vi credevo
già nelle vostre stanze a riposare-
-Ed era mia intenzione andarci, ma poi ho trovato
questa radura, è così bello qui, lontano dalle
luci e dalle attenzioni-
-Lo so, vengo spesso in questo luogo-
La giovane lo guardò stupita
-Pensavo amaste la luce, tutta la vostra
città è così luminosa-
-La amo, ma ci sono momenti in cui la luce troppo
forte può ferire gli occhi se il cuore non è
pronto a guardarla-
-E il vostro non lo è?- poi accorgendosi
di aver parlato senza riflettere si affrettò ad aggiungere
-Scusatemi, parlo troppo, non sono cose che mi riguardano, non volevo
essere indelicata. Vi lascio ai vostri pensieri-
-No, vi prego non andate. In realtà sono
felice di avervi incontrato, vi avrei cercata prima se avessi saputo
che non vi eravate ritirata. Volevo scusarmi per il mio comportamento,
non era mia intenzione importunarvi continuando ad osservarvi, mi rendo
conto di essere stato scortese-
-Sono io a dovermi scusare se in qualche modo vi ho
turbato-
-Voi non avete fatto nulla per turbarmi, sono stati
i vostri occhi, mi ricordano quelli di un'altra persona, vi guardavo e
continuavo a chiedermi perché i suoi occhi fossero su di voi-
-Forse avete conosciuto mio padre, un poco gli
somiglio, il suo nome è Elrond-
Il Sire Supremo dei Noldor spalancò la
bocca cercando l'aria che era sfuggita ai suoi polmoni, con le gambe
tremanti si accasciò pallido sul sedile di marmo
-Vi sentite bene?-
-Elrond è... Elrond è...-
balbettò -Elrond è vostro padre? Io, non... Lui,
non... Non sapevo avesse una figlia, non me l'ha mai detto-
-Voi lo conoscete?- chiese eccitata -Lo avete
visto? Sta bene?-
-Mi dispiace- sembrava aver ripreso il controllo
-Credevo lo sapeste, vostro padre è morto, nella battaglia...
-Quale battaglia?-
-L'Ultima Battaglia-
-Non è possibile...-
-Mi dispiace Lady Rhawel, ero la, io stesso l'ho
visto cadere...- continuò tristemente
-Vi ripeto che non è possibile,
Maestà- continuò la giovane -Ditemi, quanti anni
credete che io abbia?-
-Devo ammettere di non riuscire a capirlo- le
rispose stupito della domanda -Per voi, come per il figlio di Thranduil
mi è impossibile definirla, forse avete passato troppo tempo
vicino all'Ombra, i vostri Spiriti sono mutevoli, instabili, non riesco
a coglierli-
-Non posso parlare per Gwath, ma nel mio caso non
è difficile, gli anni che ho sono quelli che vedete sul mio
viso, non sapevo neppure di essere un'immortale prima che Thranduil lo
dicesse-
Sbarrò quegli occhi d'ametista incredulo
e sconvolto
-No... non... io, l'ho visto cadere, l'ho visto
morire!-
-Vi stupireste a sapere quanto spesso accade di
sbagliarsi-
-Non è possibile, tutto questo tempo...
non posso crederci... Lui e vivo. Dov'è? Sta bene? Vi prego
raccontatami di lui, raccontatemi di voi... Lui è vivo...-
-Vorrei chiedervi le stesse cose perché
io non l'ho mai conosciuto, posso dirvi ciò che di lui mi ha
scritto mia madre, ma vedo che gli eravate molto affezionato e non
voglio portarvi altro dolore illudendovi inutilmente... Ciò
che voi vedeste, mia madre lo vide vent'anni fa... Io non so dove sia,
non so se stia bene... non so neppure se sia ancora vivo...-
-Ma non sapete neppure se sia morto! Voi non
credete a quello che ha visto vostra madre o non avreste parlato in
questo modo... Come posso non illudermi? Vedo i suoi occhi sul vostro
volto e la speranza mi riempie il cuore, era il mio più caro
amico, il più fidato consigliere, il miglior compagno in
battaglia, ogni notte nel buio di questa radura ricordo il suo viso...
ora voi mi dite che non era morto, e mi chiedete di non sperare?-
-Non vi chiedo di non sperare, io stessa l'ho
creduto morto fino a poco tempo fa, posso però dirvi che,
nonostante quello che mia madre ha visto, Gwath è certo che
lui fosse sicuro di non morire, per via del Sigillo, e Gwath
è stato a lungo schia... cioè, lui sa bene come
funziona...-
-Non temete, conosco la sua storia, Thranduil ha
parlato molto del figlio, non sono uno di quegli sciocchi mortali
incapaci di vedere oltre le apparenze-
-Grazie, io mi fido di Legolas, e se lui dice che
c'è una speranza voglio crederci, è per questo
che andremo a cercarlo, quando Tàr partirà per
Númenor partiremo anche noi, a cena siete stati chiari sul
motivo per cui non possiamo andare con lui, non mi piace, ma lo
comprendo, però non resterò qui ad aspettare che
torni, saremo al suo fianco quando guerra sarà dichiarata ma
fino a quel momento voglio provare a trovare mio padre... Quindi, no,
non vi dico di non sperare, solo di non illudervi, perché
nulla è certo e, se davvero vi era tanto caro, scoprire che
lui è morto dopo aver gioito sarebbe un dolore ancora
più forte-
-Se avessi avuto dei dubbi sul fatto che siate sua
figlia ora non ne avrei più alcuno, non lo avete mai
conosciuto ma mi sembrava di sentire la sua voce nelle vostre parole...
lui mi avrebbe parlato nello stesso modo- guardò la giovane
con gli occhi lucidi -Verrò con voi, e non provate neppure a
protestare, avete bisogno di qualcuno in grado di rimuovere le Chiavi
visto che Mithrandir non ci sarà, e il motivo per cui non
potevate partire col vostro capo resta immutato, dovete imparare a
comprendere cosa significhi essere dagli Immortali, dovete imparare a
nascondere la vostra Luce per non farvi scoprire, avreste potuto
impararlo qui, ma potremo farlo altrettanto facilmente in viaggio-
-Io non credo... voi siete il Sommo Sire, non
dovreste partire in questo modo-
-Questo lasciatelo decidere a me e alla mia gente-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 32 *** Capitolo 32 ***
DLING DLONG, comunicazione di
servizio... Se siete interessati ho aperto un piccolo sito
dove oltre alle storie che leggete qui e alle mie poesie, potete
trovare le manipolazioni delle immagini che faccio sulle storie e la
galleria dei personaggi per togliervi lo sfizio di vedere se
io li avevo immaginati come li avete immaginati voi...
Vi metto il link diretto che
comunque da oggi in poi potrete trovare anche nella mia pagina... avete
presente sotto il nome quel simbolino a forma di mappamondo?...
Sì?!?! Ah... ok,
pensavo solo che visto che è piccolino magari non lo avevate
visto, ma a quanto pare sono io quella cecata :D
http://dreamjourney.altervista.org/index.html
*CAPITOLO 32*
Nimbrethil,
Palazzo di Sauron
Il sole sarebbe sorto dopo poche ore e il Generale
Nero sedeva davanti allo specchio pettinando i lunghi capelli corvini,
non riusciva a dormire quella notte, come molte altre prima di quella.
Sul letto dietro a lui il corpo di un giovane
giaceva scomposto, il sangue che sporcava le lenzuola, uno dei tanti
che si erano susseguiti in quei giorni, deboli, duravano sempre troppo
poco e lo lasciavano con l'amaro in bocca, aveva bisogno di sfogare la
rabbia, la paura per aver fallito ancora, erano giorni che il suo
Signore non si faceva sentire e quello non era mai un buon segno,
più passava il tempo più l'inquietudine
aumentava, ma quegli inutili schiavi non avevano neppure la decenza di
lasciarlo sfogare degnamente.
Aveva lavato via il sangue dalla sua pelle che ora
brillava di minuscole perle che scivolavano lente a terra e bagnavano
il telo che teneva legato in vita, scagliò con rabbia la
spazzola contro lo specchio che esplose in mille schegge acuminate,
proprio mentre i frammenti cadevano si girò di scatto al
rumore della porta che si apriva sbattendo violentemente e con un unico
aggraziato movimento era già prostrato a terra, la fronte
sul pavimento, le ultime scintillanti scaglie piovevano sulla sua
schiena come polvere lucente .
-Sei nervoso vedo, fai bene ad esserlo!-
tuonò gelida la voce del Signore Oscuro
-Mio Sire...- mormorò schiacciando
ancora di più la fronte a terra, si maledisse per il gesto
impulsivo sentendo il vetro ferirgli la carne
-Non sapevo del vostro arrivo... Se ne fossi stato
informato vi avrei fatto preparare una degna accoglienza...-
-Devo forse avvertire prima di giungere in un mio
palazzo?- lo interruppe imperioso
-No, no, Mio Signore... non intendevo certo
questo...- cercò di non fare tremare la voce, ormai poteva
vedere il sangue che colava dalla fronte e dai palmi, dove lo specchio
aveva lacerato la pelle, le ginocchia pulsavano sorde e anche se non
poteva vederle da quella posizione sapeva che non erano in condizioni
migliori, ma lui non gli aveva ancora dato il permesso di alzarsi ed
era già abbastanza contrariato per tentare qualunque
movimento che potesse dargli sollievo.
-Ora sono stanco per il viaggio, avremo tempo per
discutere le tue mancanze-
-Naturalmente, Mio Sire, farò subito
preparare le Vostre stanze- sospirò impercettibilmente
sperando che il peggio fosse passato per poi gelare quando
udì nuovamente la voce parlare
-Queste, sono di mio gradimento-
-Le mie...- gli sfuggì per la sorpresa
prima di riprendersi e mormorare umile -Come la Vostra Magnificenza
desidera-
-Cosa?- la risata tonante lo fece rabbrividire
-Volevi dire le tue stanze? Credi forse che siano tue? Credi anche che
questo palazzo sia tuo? Vedo che hai dimenticato che tutto quello che
hai lo devi a me soltanto!- Un pesante stivale calò sulla
sua schiena schiacciandolo a terra lame di vetro che ferivano il petto
e l'addome -Ecco, questo è il tuo posto, ai miei piedi a
strisciare come il verme che sei! Portatelo via! Che possa
riflettere indisturbato su cosa significhi disobbedirmi!-
Solo quando sentì i passi cadenzati sul
marmo si accorse che il Re non era entrato da solo, due delle sue
guardie lo seguivano, no, realizzò mentre lo sollevavano
malamente afferrandolo per le braccia, non erano le sue guardie, ma di
Melkor, lui non aveva mai avuto nulla se non l'illusione.
Non tentò di ribellarsi, sarebbe stato
inutile, l'unica speranza che gli restava era che la furia del suo
signore si placasse rapidamente, era naturale che volesse umiliarlo,
aveva fallito e meritava una punizione, ma sapeva che il suo Re lo
aveva sempre tenuto vicino, lui era stato il primo ad appoggiarlo, lui
era stato quello che aveva scelto come compagno tra tanti spasimanti
quando ancora non aveva sfidato i fratelli, lui c'era sempre stato, non
lo avrebbe di certo rinnegato per un'errore.
Restò in piedi immobile sostenuto dalle
guardie, il capo chino e i capelli umidi scompigliati che si
incollavano al viso sporco di sangue, sottilissimi fili rossi
disegnavano la pelle candida, sapeva di essere bello, e credeva che il
suo Re non avrebbe potuto resistergli a lungo, mentre veniva sollevato
il telo che copriva i fianchi era caduto a terra, non provava vergogna
davanti agli uomini, voleva solo che lui lo guardasse, che lui lo
toccasse... uno dei soldati si chinò per raccoglierlo
-Fermo! Anche quello straccio mi appartiene! E'
tempo che capisca di non avere nulla se non quello che gli ho concesso
immeritatamente!-
Mentre veniva trascinato via con malagrazia
deglutì pregando di non essersi sbagliato, poteva essersi
illuso sul potere che aveva, ma non poteva essersi illuso su di lui...
non poteva aver finto per tanto tempo.
Valarencálë,
Palazzo sulla montagna
Dopo una visita come quella del mortale e
dell'Istar anche gli spiriti sempiterni potevano essere turbati,
infatti, mentre più in basso la Compagnia si preparava a
partire, ancora indugiavano nelle forme corporee che avevano preso per
incontrarli.
Dei quattordici Valar, ormai solo gli otto Aratan
restavano a osservare i preparativi alle pendici del monte, per il
legame spirituale che li univa avevano capito che il loro fratello
portava un'enorme fardello e attendevano le sue parole
-Sapete che devo farlo, è mio dovere
aiutarlo, non ha nessuna possibilità senza di me-
dichiarò deciso Aulë
-Non c'è permesso interferire,
è la legge-
-Parli tu, Súlimo, che guidavi i passi
di Olórin portandolo a incrociare la strada con i
più dotati? E che mi dici di Irmo che mandava sogni e
visioni a chiunque dal cuore puro mostrasse un briciolo di magia?-
-Noi non abbiamo mai interferito, mostravamo delle
possibilità, davamo loro una scelta-
-Gimli non avrà nessuna scelta, solo chi
era all'interno quando la Sala del Riposo è stata sigillata
può penetrarvi, e di quelli nessuno rimane, io solo, Spirito
Eterno, sopravvivo di quell'Era-
-Se scegli di andare ti perderemo, dovrai prendere
forma mortale e non ti sarà permesso cambiarla fino alla tua
morte, e noi perderemo un fratello- singhiozzò Nienna
-Sarà solo per poco, cos'è
una vita mortale al confronto con l'eternità? E guadagnerete
un popolo per la nostra guerra-
-Saremo più deboli contro Melkor, non
puoi abbandonarci prima della battaglia- Oromë che aveva
continuato a percorrere il terrazzo a grandi falcate si
fermò osservandolo
-Ti ringrazio della fiducia, fratello, ma non
è così che potrai farmi cambiare idea, sai meglio
di me che nessun aiuto ci serve per sconfiggere il nostro avversario,
ci è pari in potere, uno solo di noi avrebbe la
possibilità di batterlo, e tu, Signore della Guerra, di
certo non lo temi. Quello che temiamo, quello che ci ha già
fermati una volta, non è lui ma chi lo circonda, non
possiamo macchiarci del sangue dei Figli di Eru, loro devono combattere
la loro guerra, noi la nostra-
-Aulë ha ragione- intervenne finalmente
Ulmo con la sua voce profonda -I popoli di Arda devono essere uniti o
soccomberemo come un tempo, non possiamo raggiungere il nostro crudele
fratello finché si fa scudo coi corpi dei mortali, non
accetterò di scendere in battaglia se questo significa
vedere ancora i nostri Figli impugnare le armi contro di noi-
-La Terra ancora piange per il sangue versato, non
potrebbe sopportarlo ancora, ma come posso scegliere tra il mio sposo e
i miei figli?-
-Yavanna, mia amata, come puoi non scegliere i
nostri figli?-
-Sorella, non c'è una scelta, perderai
il tuo sposo, ma non sarà in eterno, quando il suo corpo
morirà lo accoglierò nelle mie Aule e saremo
ancora una volta uniti-
-Fratelli cari- sorrise Varda -Non vedete quanto
inutile sia questa discussione? Egli ha già deciso, e noi
possiamo solo augurargli che Eru vegli su di lui e lo riporti presto a
noi-
-E giusto, mia amata, e avrà la nostra
benedizione. Allora che sia ciò che deve essere, fratello,
ti unirai ai mortali come uno di loro, e al tuo ritorno potrai narrarci
cosa si provi a varcare l'ingresso delle Aule dalle porte a loro
destinate-
Valarencálë,
Stanze di Gil-galad
-Da quando ti nascondi nell'ombra e temi di
avvicinarti, amico mio?-
Senza distogliere lo sguardo dal porto e dalla nave
che veniva preparata, il Supremo Sire dei Noldor si rivolse al suo
generale.
Sul letto dietro di lui uno zaino era pronto e
aveva già abbandonato le vesti regali per i comodi abiti da
viaggio
-Sapevi che ero qui?-
-Come non sentirti? I tuoi sospiri sono tanto forti
che mi avresti destato se mi fossi coricato-
-Non volevo disturbarti-
-Ora sono davvero preoccupato- si girò
sorridendo -Non ti sei mai fatto scrupolo di disturbare, ne tanto meno
hai trattenuto i tuoi pensieri... parla dunque-
-Non ti piacerà ciò che ho da
dire-
-Non sarebbe la prima volta-
-Ma questa volta porto dolore con le mie parole e
non sono certo di volerle pronunziare-
-Le parole non portano dolore, la vita lo fa. Parla
dunque, questo riserbo tanto inusuale mi sta inquietando-
-Non partire-
-Questo lo hanno già detto tutti gli
altri consiglieri, temi forse che Thranduil non sarà in
grado di guidarvi? Nutro piena fiducia in lui e con te al suo fianco so
che saprete condurre il nostro popolo nel migliore dei modi-
-Non mi importa del nostro popolo, so bene che
Thranduil è in grado di farlo, forse anche meglio di te, lui
ha quel pizzico di avventatezza e quella freddezza che tu non avrai mai
e che sarà molto utile nella guerra imminente... E'
all'amico che chiedo di restare, non al Re-
-Se parli all'amico sai bene che non può
farlo, devo partire, fratello-
-Gil, io c'ero... ero con te sull'isola
di Balar, quando quel coraggioso ragazzino arrivò sulla sua
barchetta dopo essere sfuggito a Curunír, io c'ero quando
scelse l'immortalità, io c'ero mentre gli insegnavi a
combattere, mentre gli insegnavi cosa significa essere un Eldar, io
l'ho visto crescere, diventare forte e saggio, l'ho visto meritare il
titolo di Lord che prima portava solo in virtù del padre...
e in tutto questo tempo ho visto te, come lo guardavi, come lui ti
guardava, sei stato prima un insegnante, poi un amico, poi un
fratello... ma non era nessuno di questi che è sceso in
battaglia al suo fianco quel giorno... E c'ero anche dopo, so quanto
hai sofferto, ho visto le tue lacrime e il tuo dolore, so che non hai
ancora dimenticato... Vuoi davvero rivivere tutto questo?-
-Devo, io devo sapere-
-E cosa cambierebbe? Se lui fosse morto oggi, o
vent'anni fa, cosa potresti fare se non accusarti per il resto della
tua vita immortale di non essere andato a cercarlo? Di averlo creduto
morto? Ti conosco, so che non troveresti mai il perdono-
-E se non lo facessi? Cosa cambierebbe se non lo
facessi? Se lui fosse morto vent'anni fa perché io non l'ho
cercato, cambierebbe forse qualcosa il fatto di non essere li per
scoprirlo? Se lui stesse morendo ora, cosa cambierebbe il fatto che io
parta? E se invece lui morisse tra un mese perché non ho
aiutato quei ragazzi? Se sua figlia fosse in pericolo e io non potessi
aiutarla? Se ho perso lui devo rischiare anche l'unica cosa che ha
lasciato in questo mondo? Rispondimi, Glorfindel, dimmi, cosa
cambierebbe?-
-Lo vedi? Già ora il dolore ti divora,
già ora il senso di colpa ti lacera-
-Sì, è così, ma
non incolpare quello zaino o questi vestiti... incolpa il fato, se
vuoi, che ha messo quella giovane sulla mia strada, ma sai bene che
prima o poi avrei scoperto la verità, sono felice che sia
prima, che sia ora... ora che c'è ancora speranza-
-La speranza può distruggerti-
-Come ci fosse ancora qualcosa da distruggere- rise
amaramente -Tu non capisci, Glor, non puoi capire...- si
aggrappò al davanzale tanto forte da far scricchiolare il
legno -Io lo sapevo, l'ho sempre saputo, ma ho preferito credere agli
occhi piuttosto che al cuore, Turgon era morto e a me toccava prendere
il suo fardello sulle spalle, mi dicevo che non potevo perdermi dietro
futili illusioni... ma il mio cuore non voleva tacere... mi ripetevo
che lo avevo visto morire... ma il mio cuore non accettava ragioni...
ho cercato di convincermi che non esisteva nessun legame tra noi, che
non c'erano state promesse quindi non potevo sentire il legame
spezzarsi... ma nel mio cuore non ci ho mai creduto... ogni giorno,
ogni notte ho cercato di dimenticare, di perdonarmi... Tu parli di
speranza? Quale speranza può esserci per me? Se anche fosse
vivo, se anche lo trovassi, come potrebbe non odiarmi? Come posso io
non odiarmi?-
Glorfindel lo guardava ammutolito, si era sempre
considerato un amico, un fratello eppure non aveva mai sospettato il
peso della colpa che gravava sulle sue spalle, conosceva il suo dolore,
vedeva quanto ancora il ricordo lo intristisse, ma era convinto che il
tempo avesse addolcito il suo tormento, invece ora aveva davanti un
fantasma annientato dalla pena, ora che non si nascondeva, ora che si
lasciava vedere... solo ora capiva che gli anni non lo avevano aiutato,
al contrario il rimorso era cresciuto nel suo cuore e lo avrebbe ucciso
se non fosse giunta quella giovane.
-Capisci ora?- lo guardava con lo sguardo spento
-Capisci perché non posso non partire?-
-Capisco, devi andare, non per cercare lui, ma per
salvare te stesso- si avvicinò afferrandolo per le spalle
-Ma ora guardami, e ascoltami attentamente, dovrei prenderti a schiaffi
per aver taciuto tutti questi anni, ma non ne abbiamo il tempo, quindi
vedi di fare attenzione, perché giuro che non ti
permetterò di partire finché non ti
sarà chiaro... a costo di legarti e chiuderti in un armadio!-
-Questa vorrei vederla- accennò un lieve
sorriso
-Così va meglio- annuì -Non
ti lascerò partire in questo stato, saresti un pericolo per
te stesso, e se pensi che questo non abbia più importanza
ricorda i ragazzi che viaggiano con te, sono giovani e tutto della loro
natura gli è nuovo, hanno bisogno di una guida. Tu puoi
essere quella guida ma solo se ritrovi la tua forza. Hai detto che non
potresti perdonarti se succedesse qualcosa a Lady Rhawel, come pensi di
poterla aiutare in queste condizioni? E il figlio di Thranduil? Sai che
è molto fragile credi di poter vedere i suoi
turbamenti se il tuo cuore non si libera dei propri? Vuoi forse dover
affrontare il Sire del Cancello e dirgli che suo figlio è
perduto?
Non ti dirò che questi tuoi sensi di
colpa sono assurdi è immotivati, non servirebbe e forse non
sarebbe neppure vero, se davvero credevi ci fosse una speranza avresti
dovuto fare qualcosa, mandare al diavolo doveri e
responsabilità e partire... ma questo non sarebbe stato da
te, io e Thranduil lo avremmo fatto, non tu... ed è per
questo che Turgon ha scelto te e non uno di noi, tu sei sempre stato
quello responsabile...
Non hai sbagliato, non esisteva una decisione
giusta, se avessi seguito il tuo cuore ora porteresti le colpe di aver
tradito la tua gente, è stato grazie a te che il nostro
popolo ha trovato la forza di risorgere dopo la Guerra... Hai fatto una
scelta, e ora devi accettare le conseguenze di quella scelta,
sei fortunato, ti viene data la possibilità di rimediare...
non sprecarla, se lui è perduto sii un padre per sua figlia,
se invece lo troverai lascia che sia lui a decidere se meriti odio o
perdono e se odio sarà allora trova il modo di fare ammenda,
se invece sarà perdono troverete assieme la strada per
curare i vostri Spiriti-
-Come può esserci perdono?-
sospirò
-E' di Elrond che stiamo parlando, sai che se fosse
stato al tuo posto avrebbe agito allo stesso modo, anzi se il tempo non
lo ha cambiato sentirai una bella ramanzina sul fatto di averci
abbandonati mentre ci preparavamo alla guerra- sorrise con uno
scintillio negli occhi
-Già, il tempo... cosa sarà
restato di lui dopo tanti anni in catene...-
-Santissimi Valar! Elfo maledetto, non comincerai
anche a pensare a questo? Speravo di portarti il sorriso e invece pensi
già al peggio!-
Si allontanò per sbattere teatralmente
la testa contro il muro frustando l'aria con le lunghe trecce
-Una cosa alla volta?- sorrise finalmente il Re
-Bravo ragazzo, forse non sei completamente senza
speranze!-
Valarencálë,
Giardino esterno del palazzo
Il númenóreano, come il Sommo
Sire, stava osservando i preparativi sulla nave, si appoggiava
pensieroso sulla balaustra di marmo intagliata, cercando di dare un
senso alle centinaia di pensieri che affollavano la sua mente.
Stava per tornare a casa, cosa avrebbe trovato?
Cosa avrebbe fatto? Come poteva riuscire? Aveva qualche speranza di
riuscire? E poi c'era stato l'incontro con i potenti, aveva dovuto fare
una scelta per poter essere ricevuto, lui come
Eärendil migliaia di anni prima aveva dovuto fare la scelta e
ora si chiedeva se era stata quella giusta.
Ma tra tutti questi pensieri, un volto continuava a
riaffiorare prepotentemente, un volto che sembrava più
importante di ogni destino, di ogni trono, di ogni battaglia, il volto
dell'immortale che si era avvicinato silenzioso fino ad arrivare al suo
fianco, rilassandosi con la schiena contro il marmo lo scrutava
intensamente.
-Quindi stai per partire?-
-Anche tu-
-Non mi piace, vorrei venire con te-
-Anche io lo vorrei, ma purtroppo non è
possibile-
-Lo so, non puoi presentarti accompagnato da elfi,
non subito almeno, e ne io ne Rhawel siamo in grado di nascondere la
nostra luce, luce che per inteso non sapevo neppure di possedere...-
-Io la vedevo-
-Mi chiedo se vi sarebbe mai venuto in mente di
informarmi- lo guardò seccato, poi si rilassò -A
questo punto non ha molta importanza, come te la vedrebbe chiunque
possieda un briciolo di magia, vorrei avere più tempo,
vorrei non aver passato tutti questi anni a rinnegare la mia natura...
ma non c'è tempo... quindi promettimi solo di fare
attenzione-
-Starò attento- sorrise divertito il
bruno
-Lo dici ma hai il fastidioso vizio di finire nei
guai quando non ti sono vicino-
-Davvero? A me sembra il contrario-
-Ma a me succede solo quando sei nei paraggi, prima
di conoscerti me la cavavo egregiamente-
-Sì, come no!-
L'elfo non rispose alla provocazione, invece
inspirò profondamente e gli porse leggermente imbarazzato lo
stiletto che Gimli aveva tanto ammirato
-Estel, vorrei che questo lo tenessi tu-
-Non... Legolas, non posso accettarlo, è
un dono troppo prezioso-
-Ti prego, ho sentito delle voci su tuo zio, si
dice sia un Negromante, il “Ferro Nero”
è l'unico materiale in grado di uccidere uno Spettro...
Prendilo... ti prego-
-Grazie... Legolas?- lo osservò
intensamente mentre l'altro abbassava lo sguardo timido -E' forse un
modo per dirmi che sarai in pena per me mentre saremo lontani?-
-Io...- lo vide mordersi in labbro e annuire con un
sospiro
-Ormai è tardi e sono tutti a riposare,
nessuno ci disturberà questa volta-
Annuì ancora chiudendo gli occhi
-E' così difficile?-
-Sì- era poco più che un
sussurro -Io... Tu... ecco... Vorrei venire con te...-
-Vieni qui- sorrise dolcemente allargando le
braccia.
L'assassino si avvicinò rifugiandosi in
quella stretta sicura e poggiando la fronte sulla sua spalla
-Hai paura che mi succeda qualcosa?-
Annuì ancora -Mi prometti che tornerai?-
-Lo prometto-
-E tu mantieni sempre le promesse-
-Sempre-
Di nuovo il silenzio assordante dei loro cuori
-Estel... Tu sai quello che sto cercando di dire?-
-Spero... spero tanto di sì- sorrise
-E non mi aiuterai dicendolo a mio posto, vero?-
inclinò il capo implorante
-Non credo proprio-
-Potresti almeno dirmi quale sarebbe la tua
risposta-
-Sì... potrei, ma non lo
farò- sogghignò -Devi fare una domanda se vuoi
una risposta, anche perché non sono ancora certo di quale
sia la domanda-
-Lo so... è giusto così...-
-Ma?-
-Ma è tremendamente difficile... Tu non
mi toccherai finché non lo dirò, vero?-
-Ti sto toccando-
-Non intendevo in questo senso-
-Se invece di girarci attorno lo dicessi
è basta risparmieremmo un sacco di tempo-
-Così non sei d'aiuto- sbuffò
-Legolas...-
-Io... Io, credo che sentirò la tua
mancanza, e...-
silenzio
-E?-
-E... ecco... se ci ritroveremo...-
-Quando ci ritroveremo- sorrise -L'ho promesso-
-Quando ci ritroveremo... Tu una volta hai detto di
volermi conoscere, di voler conoscere il mio cuore, vorrei farlo,
vorrei provarci, se tu lo vuoi ancora, lo so che ho tanti difetti, lo
so che sono stato disgustoso nei tuoi confronti, ma vorrei mostrarti il
mio cuore, se lo vuoi...- aveva parlato senza prendere fiato ma a quel
punto si fermò guardando un attimo il mortale per poi
abbassare lo sguardo -E' tuo se lo vuoi ancora, il mio cuore intendo...
non vale molto, non so neppure se funziona … ma potresti
aiutarmi a sistemarlo-
-Sì-
-Mi dispiace, non avrei dovuto dirlo, non dopo
quello che ho fatto...-
-Ho detto, sì- sorrise sollevandogli il
viso
-Sì?-
-Sì-
-Oh... bene, io... grazie, allora quando tornerai,
noi... ecco, è meglio che vada, non vorrei fare aspettare
Rhawel... grazie...- allontanandosi con le gambe tremanti e il petto
che doleva per la gioia e lo sforzo.
Si diresse verso il palazzo volando, incredulo per
aver trovato il coraggio di parlare e ancora di più per la
risposta dell'uomo, e felice, felice come mai era stato prima.
Poco prima di rientrare si girò a
guardarlo un'ultima volta, appena in tempo per vedere il sorriso
malizioso e il luccichio soddisfatto nei suoi occhi prima che tornasse
a guardare la nave.
Lo osservò voltarsi e dargli le spalle,
il ricordo di quello sguardo, senza neppure pensare tornò
sui suoi passi afferrando il númenóreano per una
spalla, facendolo girare e appropriandosi delle sue labbra.
-Legolas... cosa... stai...- ansimando per
riprendere il respiro
-Esgalwath, per te...-
Gli girava la testa, la lingua dell'immortale che
danzava con la sua, Valar! Che buon sapore aveva! E quanto era calda,
come aveva potuto aspettare tanto, in quel momento non esisteva
più nulla, solo loro, le loro labbra, il loro sospiri,
finché improvviso come era incominciato l'assalto
terminò, l'elfo si girò di scatto per
allontanarsi ma venne trattenuto
-Legolas, cosa...?-
-Ho detto Esgalwath! cosa faccio? Quello che avrei
dovuto fare tempo fa, sono un ladro e prendo quello che voglio...
volevo le tue labbra e ora le ho prese- rispose duramente tentando di
nuovo di andarsene -Lasciami!-
-Aspetta! Perché?- lo guardò
confuso
-Perché?!- Soffiò tremando di
rabbia ancora premuto contro il corpo del mortale -Lo hai sempre saputo
vero? Ti sei divertito a giocare con me? Bastardo manipolatore!
C'è mai stata una parola o un gesto sincero? Avevi
già deciso prima di incontrarmi o è stato solo
dopo? Il grande uomo, onesto e buono... Dovrei ucciderti, lo farei se
non fosse che gli altri si aspettano grandi cose da te, ma me la
pagherai... E ora lasciami!-
Tàr si girò fulmineo
trascinando con se l'elfo e invertendo le posizioni, bloccandogli i
polsi sopra la testa con una mano mentre col corpo lo schiacciava
contro la parete
-Cosa credi di fare?- stava lottando senza successo
per liberarsi, non avrebbe mai creduto che quel umano fosse tanto forte
-Ora sta fermo e ascoltami, sciocco che non sei
altro! Lo sapevo? Sì, lo sapevo, o meglio lo speravo.
Da quando? Credo che sia stato quel giorno al
fiume, o forse già da prima, da quando mi hai mostrato i
tuoi veri occhi, non so dirtelo, mi sei entrato dentro silenzioso come
un serpente e quando l'ho capito era ormai troppo tardi, ma quel giorno
ho anche capito che non eri il gelido assassino che volevi far
credere...
Cosa avrei dovuto fare? Cantarti canzoni d'amore?
Regalarti fiori e gioielli? Mi avresti riso in faccia!
Hai ragione! Non sono stato sincero.
Hai ragione, ti ho manipolato, ma non ho mai e poi
mai giocato con te! Non ti ho mai fatto fare nulla che tu non volessi,
ho solo cercato di guidarti dove il tuo cuore voleva ma che tu volevi
ascoltare!
Non ti chiederò scusa! L'ho fatto e lo
rifarei, forse i miei gesti non sono stati completamente spontanei, ma
i sentimenti che mi spingevano a compierli lo erano! Se solo non ti
fossi ostinato a cercare di nasconderti dietro al tuo caro muro avremmo
risparmiato un sacco di tempo.
Credi che mi sia divertito ad aspettarti? Credi che
sia stato facile resisterti? Non era un gioco, dannazione! Non era un
gioco, razza di stupido, meraviglioso, splendido elfo...-
-Non mi piace essere manipolato- sibilò,
ma gran parte della foga era svanita, come affievoliti si erano i
tentativi di liberarsi.
Fece scivolare una mano dietro la sua schiena
mentre si chinava sussurrandogli all'orecchio
-Cosa dovevo fare? Ti volevo, e sapevo che anche tu
mi volevi... cosa dovevo farci con te?...-
-Sm... Smettila di distrarmi... Devo... devo
odiarti- Mormorò accasciandosi contro quel corpo caldo con
un sospiro
-Lo stai facendo di nuovo, vero? Manipolarmi, lo
stai facendo anche adesso...- mentre il suo corpo rispondeva al tocco
di quelle mani che riuscivano a farlo tremare solo con una carezza
-Forse...- sorrise malizioso -Devo smettere?-
-No, per questa volta credo che ti
concederò di continuare-
-Non mi odi più?-
-E' troppo faticoso odiarti, devo risparmiare le
forze per il viaggio-
-Ne sono felice, perché ora sono
costretto a riprendermi quello che mi hai rubato- senza lasciargli il
tempo di rispondere ricominciò a baciarlo, prima dolcemente
ma mentre sentiva la bocca dell'altro aprirsi per accoglierlo e le loro
lingue danzare non riuscì più a trattenersi, la
danza diventò una lotta , lo attirò a se con
impeto facendo cozzare i denti sollevando la mano dietro la sua nuca e
stringendo i suoi capelli nel pugno mentre l'altro faceva lo stesso.
Ansimando per il bisogno di ossigeno si separarono
solo un istante, il tempo di prendere aria, per poi riprendere quel
focoso assalto, sentiva il viso bruciare per il fuoco di quella bocca e
per l'accenno di barba dura che gli pizzicava la pelle, quella bocca
che sembrava volerlo divorare, che gli mordeva le labbra, il mento, il
collo per poi risalire e ricominciare a baciarlo con passione sempre
maggiore.
Le loro mani risalivano lungo la schiena stringendo
le vesti che si attorcigliavano nel tentativo pressante di poter
raggiungere la pelle continuando a cozzare contro quel muro
alternandosi per raggiungere una supremazia che nessuno voleva
concedere.
Solo quando sentì le mani dell'uomo
privarlo della camicia si rese conto che stava completamente perdendo
il controllo, lui che aveva sempre avuto il controllo assoluto sul suo
corpo, lui che era stato allevato e addestrato solo con quello scopo,
ansimava tremando privo di volontà.
Forse con l'ultimo barlume di lucidità
fu preso dalla paura che quello che stavano facendo non fosse giusto,
che lui potesse pentirsene il giorno dopo quando quel momento di
lussuria fosse passato.
Con l'ultimo residuo di forza, prima di perdersi
completamente nella bramosia gli afferrò il polso
bloccandolo
-Estel?- ansimò -Se non ti fermi subito
non credo che potrò trattenermi...-
-E tu non farlo- Brontolò sulla sua
pelle ricominciando a baciarlo
-Estel?- soffiò rocco -Non dovevamo
parlare prima?-
-Lo abbiamo fatto-
-Ma è quasi l'alba... devo... Rhawel...
Gil-galad-
-Che aspettino... noi abbiamo aspettato fin
troppo... o forse sei tu, a volere che mi fermi?-
Non ebbe nessuna risposta, almeno non a parole,
perché in quel momento si ritrovò sbattuto contro
la balaustra con la schiena piegata all'indietro e la testa che
ciondolava nel vuoto cercando di trattenere le grida di piacere mentre
la bocca dell'elfo succhiava avida i suoi capezzoli risalendo con le
mani lungo l'addome...
FINE.
-Che fine del cavolo!- Nota delle lettrici
-Noi l'avevamo avvertita di non finirla
così, ma mai che si ascoltino dei poveri personaggi-
-HiHiHi, scherzetto! C'eravate cascate?... No?!?! Ma allora
che gusto c'è? Vi aspetto prestissimo col seguito
“Esgalwath, La Leggenda degli Eroi”... Intanto vi
ringrazio di avermi sopportato finora. Grazie. Grazie. Grazie. Bacioni
e a presto
La vostra affezionatissima Reira-
-Hey! E noi?-
-Ok, anche Tàr e Gwath ringraziano-
-Ferma! Questa è discriminazione! Solo
perché siamo cattivi non ci nomini neppure?-
-Chiedo venia, un grazie anche da Sauron e Melkor-
-Aspe...-
-Baaaaaasta!!!! Ho capito! Vi ringraziano tutti!
Anche quelli che non hanno avuto battute e quelli che preparavano i
panini e gli addetti al trucco e parrucco e il mio psichiatra
disponibile 24 ore su 24!-
.
CURIOSITA'
I
Valar non sono vere e
proprie divinità, ma solo i più potenti tra gli
Ainur, sono
sottoposti al volere di Eru, l'unico vero Dio di Eä.
Dei
14 Potenti
solo Otto,
gli
Aratar,
sono
i Supremi di Arda, e sono considerati
superiori rispetto a qualunque altro Valar, Maiar, e a tutte le altre
specie inviate da Ilúvatar in Eä. sono:
Manwë e Varda, Ulmo,
Yavanna e Aulë, Mandos, Nienna e Oromë.
I 14 Valar:
•
Manwë
detto Súlimo, Re dei Valar, Supremo Sovrano di Arda, Signore
dell'Aria;
•
Ulmo,
Re del Mare, Signore
delle Acque;
•
Aulë
detto Mahal ovvero il Fabbro, Signore della
Terra;
•
Oromë
detto Aldaron, il Grande Cavaliere, Signore
delle Foreste;
•
Námo
detto Mandos (dal luogo in cui dimora), il Giudice, Signore
della Morte e del Destino; fratello maggiore
di Lòrien, risiede nelle Aule di Mandos
•
Irmo
detto Lórien (dal luogo in cui dimora), Signore
del Desiderio;
fratello minore di Námo,
insieme sono indicati come Fëanturi ("I
Signori degli Spiriti"). È il Signore
delle Visioni e dei Sogni e il suo nome significa "Desiderante"
o "Signore del Desiderio".
•
Tulkas
detto Astaldo, il Valoroso, il Campione di Valinor, Signore
della Guerra
•
Varda
detta Elentári, Signora
delle Stelle;
sposa di Manwe Sùlimo
•
Yavanna
detta Kementári, Palúrien, Dispensatrice di
Frutti, Regina
della Terra;
sposa di Aulë
•
Nienna,
Signora
della Tristezza;
è stato il suo pianto ad ispirare negli altri Dei
misericordia verso
i mortali
•
Estë
la Guaritrice, Signora
della Pace.
Il suo nome significa riposo.
Suo sposo è Irmo, e vive con lui nei giardini di
Lórien in Valinor.
•
Vairë
la Tessitrice, Signora
della Storia;
sposa di Mandos, tesse continuamente delle tele che raffigurano tutta
la storia del mondo;
•
Vána
la Sempregiovane, Signora
della Primavera;
sorella di Yavanna e sposa di Oromë. Al suo passaggio i fiori
si
aprono e gli uccelli cantano allegramente.
•
Nessa
la Danzatrice, Signora
della Femminilità;
è nota per la sua velocità e la sua
agilità, per la sua capacità
di comunicare con i cervi che la seguono tra la natura e per il suo
amore per la danza; sposa di Tulkas.
È anche nota per la sua
bellezza pura e per l'amore che suscita il suo sguardo.
Le
Aule di Mandos o Sale dell'Attesa sono il luogo in cui tutti
i
figli di Eru vanno dopo la morte.
Gli
umani vi sostano solo per un breve periodo proseguendo poi verso i
Giardini di Eru, posti al di la dei confini di Eä.
Elfi
e Nani invece vi dimorano molto a lungo, oppure per sempre, sembra
che Tolkien abbia cambiato idea più volte in proposito,
inizialmente
non era prevista la reincarnazione in seguito, quando fece tornare
Glorfindel creò anche questa possibilità, per poi
dire che il suo
era stato un caso eccezionale e poi negarlo nuovamente... comunque
Glorfindel rimane l'unico caso di elfo che sia mai tornato ed
è
detto chiaramente che fu dietro richiesta esplicita di Manwë
che
Mandos lo lasciò andare.
Il
problema del corpo è un altro argomento spinoso... in alcune
lettere
il maestro dice che veniva dato loro un nuovo corpo, in altre che i
Valar riparavano il loro vecchio corpo facendolo tornare integro e
pronto a riaccogliere il loro spirito
Comunque
sia che si prenda per buona l'idea della reincarnazione oppure no,
l'unica cosa certa è che i Noldor non sarebbero mai potuti
tornare
per via della Maledizione di Mandos.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1239628
|