Passato, presente, futuro

di Mitsuki91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La decisione del preside ***
Capitolo 2: *** Richiesta ***
Capitolo 3: *** Risposta ***
Capitolo 4: *** Orfin Gaunt ***
Capitolo 5: *** Lo sapevi? ***
Capitolo 6: *** Sfogo ***
Capitolo 7: *** Primo giorno di scuola ***



Capitolo 1
*** La decisione del preside ***


L’altro giorno ho chiesto su facebook se iniziare a scrivere subito la storia, sapendo di non poter dare aggiornamenti regolari e, anzi, prevedendo tempi lunghi… Mi è stato risposto di sì, perciò eccomi qua! =D
Vi presento l’ultima storia di questa serie, seguito de ‘L’erede di Serpeverde’. Spero che l’apprezzerete come le altre due =)
Mi raccomando, fatemi sapere che ne pensate! =)
E scusatemi se non aggiornerò molto spesso… Se vi farò aspettare un bel po’… Purtroppo gli esami chiamano, non decido io le date degli appelli! >..<
Buona lettura =)


La decisione del preside

Alla fine il preside Dippet aveva acconsentito.
Aveva richiamato Tom ed Eva l’ultimo giorno prima delle vacanze nel suo studio, per dare una risposta definitiva.
“Ho contattato tua zia Emily per esporle la tua richiesta, Eva, e lei ha… Ehm, confermato quello che avevi detto.” disse, con un attimo di esitazione. In effetti la donna era stata parecchio sgarbata e fin troppo entusiasta di potersi ‘liberare’ della nipote per quell’estate. “E abbiamo avvertito anche il tuo orfanotrofio, Tom, quindi… Potete restare.”
Gli occhi di Eva si erano illuminati.
“La ringrazio, preside!” esclamò, felice come non mai.
Tom le strinse piano la mano, come per darle un avvertimento.
Il preside Dippet la fissò intensamente negli occhi.
“Naturalmente, signorina, questo non significa che avete la piena libertà. Siete comunque dei minorenni, e non pensiate che la vostra… Relazione… Sia passata sotto silenzio. So che vi frequentate, ma situazioni… Indecenti…” il preside si stava trovando in enorme difficoltà: non aveva mai dovuto trattare prima certi argomenti, men che meno con due studenti.
Eva avvampò fino alla punta dei capelli quando capì dove il professore volesse andare a parare, tuttavia Tom non si scompose e mantenne il suo proverbiale autocontrollo.
“Signore, non si preoccupi. Siamo persone responsabili e, in ogni caso, non è mia intenzione mancare di rispetto ad Eva, che come lei ben saprà è la mia ragazza.”
Armando Dippet guardò negli occhi Tom, cercando di non provare il disagio che sentiva, e decise di dargli fiducia.
“Ebbene, non ho altro da aggiungere. Io vivo nel castello, quindi non resterete soli, e credo che anche qualcun altro del corpo docenti rimanga… Albus Silente, ad esempio, lui rimane tutti gli anni... Non siete costretti a dormire nei vostri dormitori, d’estate ovviamente non vi sono parole d’ordine e questo potrebbe creare un po’ di confusione. Ci sono vari appartamenti sparsi nel castello, ma confido nel vostro buonsenso.”
Eva colse chiaramente il messaggio dietro quelle parole, e ancor di più dietro l’occhiata che il preside lanciò loro: letti separati. Lei non sapeva che pensare: da una parte aveva già dormito con Tom, non vedeva l’ora di rifare l’esperienza, aveva paura del buio e quindi non poteva permettersi di stare sola di notte… Dall’altra, però, vedeva anche le cose dal punto di vista del preside, che giudicava sconveniente che due ragazzi dormissero insieme. Chissà che avrebbe pensato se avesse saputo del resto. Già stava facendo un gran favore, permettendo loro di rimanere…
Si congedarono poco dopo e si diressero verso il parco, più precisamente verso un salice piangente che avevano scoperto giusto il giorno prima e che avevano eletto a loro personale rifugio.
I lunghi rami cadevano davanti a loro, abbastanza fitti da creare ombra fresca ma non troppo da impedire la vista sul lago, anche se in effetti erano un po’ distanti. Si sistemarono come al solito: lui dietro, la schiena appoggiata al tronco, lei davanti, fra le sue gambe, la testa sul suo petto. Il bello dell’ombra era la frescura: potevano starsene abbracciati per ore senza dover colare dal caldo, sudando come matti.
“Allora.” disse Eva “Cosa sarebbe questa storia che mi rispetti?”
Tom abbassò la testa ed incontrò i suoi occhi azzurri.
“A che ti riferisci?” chiese, sorpreso.
“Beh… A quello che hai detto al preside… Sai, che siamo responsabili e che mi rispetti…” Eva avvampò, cercando di far capire al suo ragazzo quello che aveva in testa “Però… Noi facciamo anche certe cose.”
Tom fece un sorrisetto furbo.
“Oh… Intendi forse che facendo… Certe cose… Io ti manchi di rispetto?” le chiese “Credevo che anche tu fossi d’accordo…”
Eva distolse lo sguardo, imbarazzata.
“Non è che non mi dispiaccia… E’ che… E’ sconveniente… Per una ragazza, soprattutto, prima del matrimonio…”
La ragazza non aveva dimenticato il tono sbalordito della sua amica Annie quando Daniel, scherzando, l’aveva accusata di fare ‘zozzerie’ con Tom. Lei personalmente non ci vedeva nulla di male, anzi, ma aveva paura che se Annie avesse saputo non l’avrebbe più guardata con gli stessi occhi. Dopotutto era la sua migliore amica, e lei non voleva che si facesse un’idea sbagliata…
Tom prese i polsi di Eva e poi la buttò per terra, semi-sdraiandosi sopra di lei, senza pesarle. Nei suoi occhi c’era una luce divertita e forse anche un po’ maliziosa.
“Dunque mi stai dicendo che questo… Ti dà fastidio?”
Eva era arrossita come non mai, e iniziava a sentire decisamente caldo.
“No, io… Pensavo, gli altri…”
“Gli altri? Perché agli altri dovrebbe interessare quello che facciamo noi due, in privato?”
La ragazza percepì un gonfiore premerle sulla gamba destra e sentì l’eccitazione salire.
“Ma Annie…”
“Annie pensa male di te, solo perché abbiamo fatto certe cose?”
“Non gliel’ho detto.” ammise Eva.
“E vorresti?”
“Cosa?”
“Vorresti dirglielo?”
“E’ che… E’ la mia migliore amica.”
“Questo non significa doverle dire tutto quello che fai con me, Eva.”
Tom si rialzò di scatto, trascinando la ragazza con sé e abbracciandosela stretta.
“Comunque… Se non ti accetterà, dopo che saprà quello che hai fatto… Anche se personalmente non vedo nessun motivo per cui tu debba dirglielo… Allora vuol dire che non era poi così amica.”
“Tom…” sussurrò Eva, alzando lo sguardo e vedendo il ragazzo intento ad osservare il lago.
“Chi non ti vuole non ti merita.”
C’era qualcosa, in quelle parole, nel tono della voce. Come una sorta di… Durezza, quasi dolore, anche se nascosto molto abilmente.
Eva liberò un braccio ed iniziò ad accarezzargli la guancia, facendogli abbassare lo sguardo.
“Non m’importa della gente. Hai ragione: Annie potrà pensare quello che vorrà, se mai lo saprà. Non voglio smettere di fare quello che facciamo solo perché… Perché gli altri non capiscono.”
Tom sorrise, uno di quei rari sorrisi senza il luccichio di scherno dietro agli occhi. Dolce, amoroso: solo per lei, Eva.
Si chinò a baciarla e lei sentì il desiderio afferrarla, di nuovo.
“Neanche io voglio smettere, sai?” le disse, scendendo a baciarla lungo il collo. Eva gemette, stringendolo di più a sé.
“Credo però che dovremo aspettare domani, quando non ci sarà più nessuno. Non vorrai mica dare spettacolo, vero? Le fronde del salice non riusciranno a nasconderci del tutto.”
Lei fece una faccia contrariata e lui ridacchiò.
“Come sei impaziente, Eva.”
Passarono il resto del pomeriggio abbracciati, sotto il salice, godendosi la vista del parco e degli studenti che passavano l’ultimo giorno di scuola in riva al lago.


PS= Tenete conto dell’epoca in cui si svolge la storia… Non sono io che sono diventata bacchettona tutto d’un colpo XD

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Capitolo 2
*** Richiesta ***


Ce l’ho fatta!
Ho scritto questo capitolo, yay! =D
Gli esami sono finiti sabato u.u domenica sono stata tutto il giorno dal moroso e ieri e l’altro ieri università da mattina a sera =..= finalmente oggi ho trovato il tempo per scrivere… E questa storia non l’aggiornavo da troppo, così ho deciso di buttarmi su questa u.u
Bene, siete contenti? =D
Fatemi sapere che ne pensate ;) ringrazio chi mi segue/preferisce/ricorda e chi recensisce… Siete fantastici =)
Buona lettura! =D


Richiesta

Tom Riddle aveva avuto un’idea, un’idea che si era fatta strada nella sua mente con lentezza, che aveva faticato ad accettare come tale. Non sapeva che fare, se metterla in pratica o meno… Così decise di parlarne con la sua ragazza.
“Eva.”
“Che c’è, Tom?”
Erano in Sala Grande, per pranzoe: gli altri studenti se ne erano andati – Eva aveva salutato con molti abbracci le sue amiche – e rimanevano solo loro e qualche professore al castello. Vi era uno strano silenzio, in effetti, e i due ragazzi erano seduti al tavolo di Serpeverde, mentre Armando Dippet e Albus Silente chiacchieravano a quello dei professori.
“Volevo sapere… Che ne pensi di…”
Il ragazzo avvampò, cosa molto insolita per lui. Normalmente era sempre sicuro, freddo e distaccato, mentre adesso sembrava nervoso. Eva gli mise una mano sul ginocchio e lo invitò a proseguire con lo sguardo.
“Vorrei sapere se c’è qualche parente in vita di mia madre. Ecco. Aveva pensato di chiedere a… Al professor Silente… Se mi potrebbe aiutare nella ricerca. Voglio dire, abbiamo visto i documenti del processo di mio zio e mio nonno, e stando a quanto c’è scritto ormai dovrebbero essere liberi, quindi…”
Eva sorrise e gli diede un rapido bacio sulla guancia.
“E’ un’ottima idea, Tom.”
Il ragazzo parve rassicurato un poco dall’approvazione della ragazza e si rilassò.
“Posso chiederti una cosa? E’ una curiosità, più che altro…” chiese Eva, portandosi alla bocca un pezzo di carne.
“Dimmi.”
“Perché proprio il professor Silente?”
Tom poggiò la forchetta e il coltello e strinse la mani a pugno. Passò un bel po’ di tempo prima che si decidesse a rispondere.
“… Te l’ho mai detto che è stato il professor Silente a dirmi che ero un mago?”
Il secondo boccone di carne rimase fermo a mezz’aria.
“No, non me l’hai detto.”
“Il fatto è che ero un bambino… Insomma… Non volevo credergli, poi Silente ha incendiato il mio armadio….”
“Ha incendiato il tuo armadio?!”
“Sì, esatto. Ovviamente non per davvero, però… Devi capire che ero cattivo, Eva. Un bambino cattivo. E speciale.”
“Oh, Tom, nessun bambino è cattivo… Non intenzionalmente, almeno…”
Tom scosse la testa e chiuse gli occhi per un momento.
“Io lo ero, Eva. Avevo scoperto i miei poteri, avevo imparato a controllarli, e li usavo per far del male agli altri bambini in orfanotrofio. Non volevo stare lì. Non lo voglio tutt’ora.”
La ragazza decise di lasciar perdere definitivamente la carne e ancora una volta gli poggiò una mano sul ginocchio, stringendo piano. Sapeva che per Tom rivelare quella parte di sé non era facile: voleva fargli capire che lei ci sarebbe sempre stata, qualsiasi cosa lui avesse detto.
“Avevo rubato delle cose. Lui me le ha fatte restituire e mi ha detto che il furto non era tollerato a Hogwarts. Credo che mi abbia sempre tenuto d’occhio, sin dal primo giorno… E io sono stato corretto, almeno ai suoi occhi: lontano da lui, nel dormitorio dei Serpeverde, mi sono creato come una cerchia… Mi si sono avvicinate delle persone che trovavano interessante il mio essere sempre il migliore, che mi hanno messo in testa delle idee… Non ti nascondo che, prima di conoscere te, stavo pensando al modo più profittevole di usare quelle idee e quelle persone.”
“Oh, Tom.” mormorò Eva.
“Comunque, le cose sono cambiate. Ho incontrato te e… Mi sono innamorato.”
La ragazza si sentì felice oltre ogni dire. Sapeva che Tom l’amava, ma sentirselo dire… Lui, che misurava sempre le parole, che non si lasciava quasi mai a confidenze di questo tipo…
Tom si girò a guardarla negli occhi.
“Tu sei la cosa migliore che mi sia mai capitata, Eva. Senza di te non avrei mai visto certe cose da un’altra prospettiva e… Avrei preso una brutta strada, me ne rendo conto adesso. Il mio stare con te mi ha migliorato come persona e… Credevo di averlo dimostrato anche al professor Silente.”
Eva stava per dire qualcosa, ma Tom le mise un dito sulle labbra. Fece un sorriso triste.
“Poi è successo quell’incidente nella Camera dei Segreti, e tu hai rischiato di morire. In quel momento mi sono reso conto che, per la mia stupidità, per il mio volere sempre il controllo… Ti avevo messo in pericolo, avevo rischiato di perderti. E il professor Silente è intervenuto, e tutto ci che di buono poteva aver visto in me è evaporato.”
“Io non credo che…” iniziò Eva.
“Voglio solo ottenere fiducia da lui, di nuovo.” la interruppe Tom “Voglio dimostrargli che son cambiato veramente; che, anche se i miei modi sono sempre un po’ bruschi e distanti, la mia anima è nuova. Voglio coinvolgerlo in una cosa così personale in modo che si renda conto che non sono più un bambino capriccioso ferito per essere stato sgridato dopo aver commesso una malefatta… Ma sono un uomo degno di stima, che ha riconosciuto come saggio l’atteggiamento che ebbe Silente quel giorno.”
Eva si era commossa. Le lacrime scendevano copiose e le rigavano le guance, ma a lei non importava.
“Oh, Tom.”
In quel momento non importava neppure che il preside Dippett fosse poco distante e che li potesse vedere: la ragazza strinse a sé il giovane e affondò il viso nel suo petto.
“E’ davvero una bella cosa.” disse, mentre Tom sorrideva e l’abbracciava “E sono con te, come sempre.”

***

Qualche ora dopo Tom bussò all’ufficio del professor Silente.
“Ah, ragazzo… Entra, entra… Tu e la signorina White avete trovato una sistemazione?”
“Sì, signore. Abbiamo preso un appartamento nella Torre Nord.”
Lui ed Eva avevano passato il pomeriggio esplorando il castello in lungo e in largo, scoprendo così anche numerosi passaggi segreti. L’appartamento era ampio e comodo: c’erano due camere matrimoniali separate – per ingannare il professor Dippet, naturalmente, dato che loro avevano intenzione di dormire insieme –, un bagno, un salottino e uno studio.
“Fantastico, davvero. Quindi, che posso fare per te?”
Tom esitò un attimo.
“Mi chiedevo se… Ecco… Ho fatto delle ricerche per trovare i miei veri genitori…”
“Lo so, Tom.”
Silente non fece cenno all’incidente della Camera e il ragazzo gliene fu immensamente grato. Il professore intrecciò le mani e vi poggiò sopra il mento, osservandolo intensamente.
“Volevo cercare i miei parenti. Ho scoperto di avere uno zio e un nonno, da parte di madre, che hanno passato un certo periodo ad Azkaban. Ora sono usciti e vorrei avere il suo permesso, e la sua guida, per poterli andare a trovare e conoscere.”
Ci fu un lungo minuto di silenzio in cui il professore esitò.
“Dovrei chiedere al preside Dippet. Io non ho nulla in contrario, però… Ti farò sapere.”
“La ringrazio, professore.”
Tom uscì dallo studio molto più sollevato e vide Eva che lo stava aspettando.
“Com’è andata?” gli chiese.
“Penso bene. Mi farà sapere. Ma ora… Andiamo a letto, madmoiselle?”
La ragazza ridacchiò, poi si alzò sulla punta dei piedi e gli diede un lieve bacio a stampo.
“Con molto piacere, monsieur.”

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Capitolo 3
*** Risposta ***


Eccomi… Posto il nuovo capitolo =)
Sono rimasta indietro con la stesura di questa storia perché mi son ritrovata a partecipare a dei contest… Comunque non vi preoccupate: ho già scritto i prossimi due capitoli! =) andare avanti dopo quelli sarà un po’ un problema… Diciamo che sono anche rimasta indietro con lo studio, perciò mi prenderò una pausa dalla scrittura almeno fino a gennaio… O magari scriverò, ma senza pubblicare (in sostanza non garantisco gli aggiornamenti XD).
… Bei tempi quelli in cui aggiornavo tutti i giorni…
Comunque, bando alle ciance, ringrazio come sempre chi mi segue/preferisce/ricorda e chi recensisce! =)
Buona lettura =)


Risposta

Eva era molto nervosa all’idea di condividere di nuovo il letto con Tom. Certo, non vedeva l’ora e certo, l’avevano già fatto… Ma allora non c’era quel tipo di rapporto fra loro. Lui cosa avrebbe fatto? Avrebbe preteso da lei certe cose tutti i giorni?
In realtà Tom si mostrò molto dolce. Una volta che si furono messi il pigiama si sdraiò sul letto e le scostò il lenzuolo, in modo da farle spazio. Eva si buttò a capofitto fra le sue braccia e lui la strinse, dandole dei baci affettuosi fra i capelli.
Passarono una notte tranquilla e si svegliarono tutti accaldati e sudati perché avevano dormito avvinghiati l’uno all’altro. O meglio: Tom non aveva lasciato andare Eva per tutta la notte e anche ora, mentre la ragazza era sveglia, poggiava la testa sul suo seno e sembrava felice e beato nonostante il caldo.
Eva sorrise dolcemente e gli carezzò i capelli.
Questo lato di Tom era sconosciuto ai più: la ragazza intuiva che era solo per lei e non poteva che provare un moto d’affetto verso di lui. Il ragazzo decise di svegliarsi proprio in quel momento e alzò il viso verso Eva, lo sguardo ancora assonnato, puntellandosi un po’ sui gomiti per riuscire a darle un lieve bacio.
La giovane ridacchiò e lo strinse a sé.
“Da quanto sei sveglia?” le chiese lui.
“Non molto, in realtà. Nemmeno cinque minuti.”
Tom sbadigliò, poi si alzò a sedere e trascinò Eva con sé.
“Ehi!” esclamò lei “Ma che…”
Lui la stava baciando con ardore. La ragazza si sentì andare a fuoco e rispose al bacio quasi con irruenza. Presto si ritrovò le mani di Tom sul suo corpo, che l’accarezzavano e l’esploravano come già avevano fatto in passato. Con un sospiro decise di ricambiare quel gesto e presto si ritrovò a toccare Tom ovunque: il viso, i capelli, il petto, sotto la maglia del pigiama, scendendo… Il suo desiderio si accese così come quello del ragazzo.
Finirono per fare l’amore sul loro nuovo letto, di prima mattina, con ancora il sapore del sonno in bocca.
“… Eva…” sussurrò Tom, una volta finito, mentre la ragazza in questione era accoccolata sul suo petto e si godeva le sua carezze.
“Che c’è, Tom?” chiese lei, tranquilla e appagata. Erano ancora nudi e non avevano il lenzuolo a coprirli, ma con quel caldo si stava decisamente bene.
“Vorrei stare così con te per sempre.”
Eva ridacchiò e nel contempo il suo stomaco brontolò rumorosamente.
“Non si può, dobbiamo anche mangiare! Comunque non temere: per tutta l’estate potremo vivere insieme… Non è fantastico?”
La ragazza percepì Tom sorridere e si decise ad alzarsi.
Dopo una mezz’oretta erano entrambi pronti e scesero in Sala Grande per la colazione.
“Ah, signor Riddle! La stavo per venire a cercare!”
Il professor Silente stava uscendo dalla Sala proprio mentre loro entravano.
“Mi dica, professore.”
Il tono di Tom era così serio e controllato che Eva quasi si mise a ridacchiare, pensando al contrasto con quello che aveva usato prima – dolce e sensuale – mentre erano a letto.
“Ho parlato con il preside Dippet. Lui comprende i tuoi sentimenti e la tua voglia di conoscere la tua famiglia… E crede che, se me ne avessi parlato prima, certe cose si sarebbero potute evitare.” il professore scrutò con i suoi penetranti occhi azzurri il giovane, sottolineando le ultima parole. Contrariamente al solito, Tom non si mostrò impassibile, anzi: il suo sguardo si fece addolorato e mormorò un: “Lo so, professore”.
Eva gli strinse la mano per fargli forza.
Silente parve estremamente soddisfatto e compiaciuto dalla reazione del ragazzo.
“Per questo motivo sono più che disposto ad accompagnarti. Se per te va bene partiremo dopo pranzo… O, se preferisci aspettare, fammelo sapere.”
Tom rifletté un momento, a testa bassa. Quando alzò il capo il suo sguardo era duro.
“No, va benissimo. Oggi pomeriggio.”
“Allora l’aspetto alle due all’ingresso.”
“Naturalmente verrà anche Eva… Può venire, vero, professore?”
Silente sorrise.
“Certamente.”
Il professore se ne andò lasciando i due giovani soli.
“… Andiamo a mangiare?” chiese Eva, dolcemente, visto che il ragazzo sembrava deciso a rimanere fermo sulla porta.
Tom si riscosse.
“Ma certo. Andiamo.”
“Tom, sei sicuro di essere pronto?”
Il ragazzo sorrise, mentre si accomodavano al tavolo di Corvonero.
“Ma certo, Eva. Sarà un po’ strano, però… Non vedo l’ora. Voglio davvero capire chi sono.”
Eva gli strinse un poco il ginocchio, sorridendo, prima di iniziare a mangiare.
Sarebbe stato un pomeriggio interessante.

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Capitolo 4
*** Orfin Gaunt ***


Buona sera a tutti u.u
Oggi è il mio compleanno… E ho deciso di farvi io un regalo XD
Ecco qui il nuovo capitolo! XD Ringraziate Luna Kira Malfoy che su facebook mi ha fatto gli auguri e mi ha ricordato (inconsapevolmente) di pubblicare! XD
Beh, come al solito vi ringrazio tutti =)
Buona lettura, fatemi sapere che ne pensate! =)
(PS= ho usato le stesse frasi del libro u.u)


Orfin Gaunt

I due ragazzi erano fermi davanti al portone d’ingresso quando il professor Silente li raggiunse.
“Dove hai detto che si trovano i tuoi parenti?” chiese il professore, mentre tutti e tre si incamminavano verso il cancello.
“Il paese dovrebbe chiamarsi Little Hangleton. Non so esattamente dove sia la casa… Ho l’indirizzo, però, anche se non è molto chiaro…”
Silente si fermò e sorrise.
“Non preoccuparti, Tom, la troveremo.”
Il ragazzo annuì brevemente ed Eva gli strinse una mano.
Appena uscirono dalla protezioni del castello il professore stese un braccio per poter eseguire una materializzazione congiunta. I due ragazzi, infatti, erano ancora troppo giovani e non avevano ancora dato l’esame di materializzazione.
Sparirono e riapparirono poco dopo con un lieve pop ai margini di una foresta, poco lontani dal villaggio, per non farsi vedere dai Babbani.
“Allora, Tom… L’indirizzo?”
Il ragazzo prese un pezzo di pergamena dalla tasca dei pantaloni e lo porse a Silente. Il mago pronunciò uno strano incantesimo puntando la bacchetta contro il foglio: dopo alcuni istanti la bacchetta stessa si rigirò nella mano del suo proprietario ed indicò un piccolo viottolo.
I tre si apprestarono a seguire la strada. Dopo circa un quarto d’ora la bacchetta ebbe un brusco cambio di direzione e indicò il folto degli alberi: Tom guardò Eva in modo perplesso e poi si infilò in un piccolo buco nella siepe per entrare nel bosco.
Riconobbero la casa solo perché la bacchetta di Silente la stava indicando. Il luogo era sporco e umido: la costruzione era talmente logora, piena di muffa ed edera, che sembrava reggersi in piedi solo con l’ausilio della magia.
Tom si avvicinò alla casa, leggermente disgustato. Eva gli stette accanto, preoccupata, tenendogli sempre la mano per infondergli forza. Silente, invece, si era fermato parecchi passi indietro e osservava ammirato il bosco: guardava ovunque tranne che verso la casa. Il ragazzo capì che gli stava dando la possibilità di fare quello che voleva senza dover subire le interferenze di un insegnate, ovvero di un autorità, e lo apprezzò molto per questo.
Trovarono la porta a fatica: il legno era marcio e si distingueva dalla pietra anche e soprattutto per il serpente che vi era inchiodato sopra. Con un moto di disgusto Tom l’aprì.
“TU!”
Se l’uomo non si fosse mosso probabilmente né Tom né Eva l’avrebbero individuato, in mezzo a quel lerciume. Aveva capelli e barba lunghissimi e sporchi e vestiva quelli che dovevano essere stracci.
“TU!” ripeté, prima di scagliarsi contro il ragazzo. Aveva un pugnale e una bacchetta.
Fermo.”
Tom disse la prima cosa che gli venne in mente e usò il Serpentese per coglierlo di sorpresa: funzionò. L’uomo scivolò verso il tavolo e fece cadere delle pentole. Rimasero in silenzio a lungo: Eva si strinse di più a Tom, decisamente spaventata dall’uomo e dai sibili che non capiva.
Lo parli?” chiese infine lo sconosciuto.
Sì, lo parlo. Sei Orvoloson?
No.”
Dov’è?
Morto. E’ morto anni fa, no?
Allora tu chi sei? Orfin?
Ma sì…
Ci fu ancora un attimo di silenzio, in cui Tom strinse la mano ad Eva, come a comunicarle che andava tutto bene. La ragazza alzò lo sguardo e vide che lui aveva un’espressione tesa, corrucciata.
Pensavo che eri quel Babbano. Sei uguale a quel Babbano.”
Ora Tom era stupito. Eva si sentì estremamente frustrata nel non riuscire a comprendere cosa i due si stessero dicendo.
Quale Babbano?
Quel Babbano che piaceva a mia sorella, quel Babbano che vive nella grande casa lassù. Sei identico a lui. Riddle. Ma adesso è più vecchio, eh? E’ più vecchio di te, adesso che ci penso…”
Tom si sentì quasi mancare.
Suo padre.
Aveva trovato suo padre. Non nutriva particolari speranze su quel versante: essendo i Gaunt una famiglia Purosangue con una mentalità retrograda era ovvio che lui fosse un bastardo di qualche tipo, abbandonato in orfanotrofio perché non degno. Nessuno dei suoi parenti si era mai degnato di cercarlo, da parte di madre. Forse suo padre nemmeno sapeva della sua esistenza: era un’ipotesi che gli si era appena affacciata alla mente ed appariva così meravigliosa…
E’ tornato, sai?
Riddle è tornato?
Già, l’ha lasciata, e le sta bene, sposare quella feccia! Ci ha derubati, sai, prima di scappare! Dov’è il medaglione, eh, dov’è il medaglione di Serpeverde? Ci ha disonorati, quella sgualdrina! E tu chi sei, che vieni qui a fare domande su tutto? E’ finita, no… Finita…
Le sue ipotesi svanirono prima che ancora che potessero concretizzarsi: i suoi genitori erano sposati. Ma allora… Perché? Perché Riddle era tornato e aveva abbandonato sua madre incinta e disperata, lasciandola morire?
Doveva scoprirlo.
Con questo pensiero in testa Tom si voltò e trascinò via Eva dalla casa, lasciando Orfin solo con sé stesso e la sua miseria.
“Che succede?” gli chiese la ragazza.
Tom scosse leggermente la testa e non parlò finché non tornarono da Silente.
“Ah! Ragazzo! Come è andata? E’ stata una rimpatriata piacevole?”
“Professore” disse il giovane “Le scoccerebbe accompagnarci da un’altra parte?”
“Per oggi, miei cari, sono tutto vostro. Dove dobbiamo andare? Servirà di nuovo materializzarci?”
Tom scosse la testa e uscì dal folto degli alberi. Eva lo seguì, perplessa e preoccupata, e Silente rimase qualche passo dietro a loro.
Una volta che furono di nuovo sul viottolo il ragazzo si guardò attorno e indicò con il capo una grande villa gentilizia.
“Lì. A quanto pare è la casa di mio padre.”
Eva spalancò gli occhi, meravigliata e inorridita insieme, mentre Silente si mise in marcia fischiettando un allegro motivetto.

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Capitolo 5
*** Lo sapevi? ***


Ed eccomi ui con un nuovo aggiornamento! =)
Questo capitolo l’ho in mente da… Beh, da quando iniziai a scrivere “Il gioco degli inafferrabili”, fate un po’ voi XD
Ringrazio REAwhereverIgo per la recensione dello scorso capitolo, credevo che mi aveste abbandonati tutti! D=
In ogni caso… Beh, non voglio rovinarvi la sorpresa, quindi buona lettura u.u


Lo sapevi?

Camminarono per una mezzoretta buona.
Se prima Tom non vedeva l’ora di sapere qualcosa in più su suo padre e si sentiva fortunato anche solo per il fatto di averlo trovato, ora… Ora aveva il dubbio su come fossero andare realmente le cose.
Già era strano che il figlio del signorotto locale avesse sposato una che viveva – o aveva vissuto – in una casa del genere. Certo, forse era un po’ più pulita e ben tenuta quando vi viveva Merope, però… Non quadrava lo stesso. La famiglia Purosangue era una famiglia misera e decisamente antibabbana, viste le condanne ad Azkaban di Orvoloson e Orfin. Come aveva fatto sua madre anche solo a venir notata dal padre?
Arrivarono di fronte alla villa. Tom era nervoso, anche se cercava di non darlo a vedere. Nonostante la sua espressione impassibile, Eva lo capì e gli si avvicinò. Alzò la testa per dargli un bacio sulla guancia e il ragazzo la fissò stupito per un momento prima di sorridere e carezzarle i capelli.
Era il momento della verità.
Silente, come poco prima, di fermò ad ammirare incantato un albero di limoni e sembrò non prestare attenzione alcuna ai due ragazzi. Continuava a fischiettare l’allegro motivetto che l’aveva accompagnato lungo tutta la strada e pareva perso nel suo mondo.
Tom bussò al grande portone di legno.
Venne ad aprirgli quella che, a prima vista, sembrava una semplice cameriera. Gli occhi della donna si sgranarono dalla sorpresa e questo fece capire ai ragazzi di essere sulla strada giusta.
“Cerco Tom Riddle senior.” disse Tom, con una voce bassa e seria.
“Su-subito.” rispose la cameriera, sparendo oltre l’uscio e lasciando la porta spalancata. Non aveva neppure chiesto i loro nomi: probabilmente lo shock era stato troppo forte.
I due ragazzi si guardarono un momento e poi annuirono: cercando di non far rumore entrarono in casa e si misero in cerca della cameriera scomparsa.
“Natalia, cara, ma chi è?”
Era una voce femminile a parlare. Proveniva da una stanza posta alla destra del corridoio: i due si avvicinarono.
“Ecco, io… Mi son dimenticata di chiedere i loro nomi, signora…”
Si sentì uno sbuffo di disappunto.
“Madre, perché non cerchi una donna competente la prossima volta? E’ evidente che questa non sa fare il suo mestiere.”
“S-signore… Il fatto è che…”
“Con permesso.”
Tom entrò deciso in quello che si scoprì essere un salotto: il camino di marmo bianco era ovviamente spento ma faceva bella mostra di sé, assieme ad alcuni mobili di legno evidentemente pregiati. Il divano color panna era occupato da quello che inequivocabilmente era Tom Riddle senior: la somiglianza era impressionante, se non fosse stata perla differenza d’età si sarebbe potuto dire che padre e figlio fossero gemelli. Un altro uomo – il nonno, ad occhio e croce – stava seduto su una poltrona coordinata al divano e fumava una pipa, mentre una donna – la nonna – era in piedi vicino alla porta e alla cameriera.
L’entrata del ragazzo sconvolse tutti. Tom Riddle senior scattò in piedi così come il nonno, e la nonna spalancò la bocca.
“E’ esattamente questo che volevo dire.” farfugliò la cameriera, per poi uscire in fretta dal salotto.
Eva rimase qualche passo dietro al suo ragazzo, continuando a stringergli la mano. Capiva che per lui era una situazione difficile.
“Quindi. Credo che sia inequivocabile. Qualcuno vuole raccontarmi la versione dei fatti vera?” chiese Tom, marcando sull’ultima parola. L’espressione era dura.
All’improvviso Tom senior scoppiò a ridere, buttando all’indietro la testa e tenendosi la pancia. Tutti gli altri si erano come gelati e osservavano quello spettacolo con espressioni metà inorridite e metà sorprese.
“Ah!” esclamò infine l’uomo “Quella strega! Credevo di essere stato chiaro!”
Tom sbiancò e poi arrossì. Eva gli strinse un po’ di più la mano.
“Tom… Caro… Ma che cosa… Non ci avevi detto…” iniziò a dire la nonna, incespicando sulle parole.
“Non vi avevo detto! E invece sì che l’ho fatto, ma ovviamente nessuno mi ha creduto! Quella era una sporca strega e ha usato una delle sue magie per tenermi legato a sé.”
Il cervello del ragazzo lavorava a pieno ritmo. Assorbiva le informazioni e le elaborava in un battito di ciglia. Possibile che sua madre avesse davvero stregato quest’uomo per costringerlo a stare con lui?
Gli tornarono in mente le parole di Orfin: “Quel Babbano che piaceva a mia sorella, quel Babbano che vive nella grande casa lassù.” … “Già, l’ha lasciata, e le sta bene, sposare quella feccia!” … “Ci ha disonorati, quella sgualdrina!
Improvvisamente tutto divenne chiaro, ai suoi occhi. Sua madre aveva stregato quel Babbano perché ne era innamorata. Poi, forse pentita da quel gesto, aveva deciso di smetterla di usare incantesimi… Così Tom aveva scoperto l’inganno…
“Andiamo, figliolo! Non esiste la magia, non è po…”
Mancava solo una cosa. Una domanda, una sola, quella fondamentale.
Tom sfoderò la bacchetta e si avvicinò al padre, lasciando la mano di Eva. Gliela puntò alla gola e non fece caso alle mani tremanti di rabbia che stringevano la sua unica arma.
Il nonno smise immediatamente di parlare e Tom senior sbiancò, arretrando di qualche passo. Eva cercò di avvicinarsi per far ragionare il fidanzato.
“Tom.” sussurrò piano, ma non venne ascoltata.
“Lo sapevi?” chiese Tom, livido di rabbia.
Il padre arretrò di nuovo di qualche passo e sentì le gambe andare a sbattere contro il bordo del divano. Tremava: era spaventato come non mai. Negli occhi di quel ragazzo leggeva la furia.
“Rispondi: lo sapevi?!”
Il nonno e la nonna si erano immobilizzati, stupefatti, come se non credessero ai loro occhi.
Eva avanzò ancora di qualche passo ma non osò toccare il fidanzato.
Tom senior cercò di arretrare ancora e ottenne il solo risultato di cadere malamente sul divano.
“ALLORA! LO SAPEVI SI’ O NO?!”
Tom senior si puntellò sui gomiti giusto il poco che serviva per tirarsi indietro, cercando di scappare strisciando sulla schiena. La bacchetta del ragazzo era sempre puntata alla sua gola ed era vicina, circa a due centimetri.
“Cosa… Cosa?” chiese, terrorizzato, in un sussurro. Era ancora bianco dalla paura.
“CHE LEI ERA INCINTA! LO SAPEVI?!”
Ci fu ancora un istante di silenzio, in cui Eva fece un’ulteriore passo avanti.
Tom senior sembrò valutare la domanda del ragazzo e poi i suoi occhi si fecero spavaldi.
“Sì.”
Eva scattò in avanti mentre Tom tirava indietro il braccio, pronto a lanciare una maledizione.
“TOM! NO! BASTA!”
La ragazza agganciò il giovane alla vita e lo strattonò verso di sé, mentre con un braccio afferrava quello piegato del ragazzo e tentava di abbassarlo.
Tom emise un gemito strozzato e per un secondo Tom Riddle senior vide tutto il dolore del mondo in quegli occhi scuri così simili ai suoi.
Poi il dolore venne sostituito di nuovo dalla furia.
“LASCIAMI! DEVE PAGARE, DEVE…!”
“TI ESPELLERANNO! SMETTILA! E’ QUESTO CHE VUOI?! RAGIONA! FALLO PER ME!”
A quelle ultime parole Tom si bloccò. Le sue narici erano dilatate, i suoi muscoli erano tesi, la sua furia evidente.
Ma Tom Orvoloson Riddle stava prestando ascolto alle parole della sua ragazza.
Diede un ultimo sguardo di disprezzo al padre e si voltò, deciso, facendo barcollare Eva con il suo brusco movimento. Senza nemmeno chiederle scusa il giovane la prese per mano, marciando verso la porta.
“Ragazzo.” disse una voce dolce alle loro spalle, quella della nonna, quando ormai i due erano sulla porta del salotto.
Tom si fermò senza tuttavia girarsi ed Eva lo assecondò.
“So che per il momento è difficile. Non giudicare mio figlio solo per le sue azioni passate: se non vuoi perdonare lui, almeno permetti a me di conoscerti. Io non ho avuto la possibilità di scegliere… Ma la mia scelta sarebbe stata diversa. In questa casa sei il benvenuto.”
Tom rimase fermo e in silenzio ancora un attimo.
“Come ti chiami, ragazzo?”
C’era qualcosa di diverso, stavolta, nel tono. Non più solo dolcezza, anche… Era come se la voce si fosse incrinata.
“Tom Orvoloson Riddle.” rispose il ragazzo, per poi stringere un po’ di più la mano ad Eva e andarsene definitivamente da quella casa.
Il professor Silente li vide uscire e si avvicinò.
“Bene! Pronti per tornare?”
Tom fece un cenno del capo e il professore, con molto tatto, decise di non chiedergli cosa non andasse. Che non andasse qualcosa, poi, era evidente dalla postura rigida del ragazzo e dal suo colorito pallido.
Eva gli lasciò la mano e lo strinse a sé abbracciandogli la vita. Tom, dopo un primo momento di smarrimento, decise di ricambiare il gesto.
Silente porse loro un braccio ed entrambi vi si attaccarono.
Nessuno si era accorto della donna anziana che sbirciava da dietro le tende del salotto. Aveva una mano sulla bocca e lacrime silenziose le rigavano le guancie, mentre osservava il nipote sparire con la ragazza ed il vecchio signore.
Un nipote.
Aveva un nipote e suo figlio glielo aveva tenuto nascosto per anni. Nonostante le belle parole, anche lei era tremendamente arrabbiata con l’uomo. Comprendeva alla perfezione i sentimenti di Tom, il ragazzo.
Nessuno l’aveva vista mentre li osservava… Ma, poco prima che lo strambo trio sparisse nel nulla, alla donna sembrò di vedere il vecchio che le faceva l’occhiolino.

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Capitolo 6
*** Sfogo ***


Allora… Scrivere questa storia diventa sempre più difficile, non so perché D= Ho in mente quello che deve succedere, in linea di massima, ma non riesco ad esprimerlo. Forse è anche a causa degli esami che mi mettono pressione… Però non ce la faccio, mannaggia a me è.é Spero di non aver scritto troppe schifezze… Vi avviso che fino a fine gennaio, purtroppo, sarò impegnata con gli esami, quindi, a meno che non mi venga un’ispirazione improvvisa, non so quando potrò aggiornare. Mi scuso immensamente >..<
Nel frattempo vi lascio questo capitolo… Fatemi sapere che ne pensate =)
Buona lettura =)


Sfogo

Appena arrivarono ad Hogwarts, Tom corse verso il castello. Eva si trattenne giusto il tempo per ringraziare frettolosamente il professor Silente, poi andò a cercarlo. L’aveva perso di vista e non capiva dove potesse essere: provò nella loro stanza ma niente, cercò di forzare l’apertura della Sala Comune dei Serpeverde ma niente… Poi le venne in mente. Girò i tacchi e ripercorse tutti i sotterranei per cominciare a salire, una rampa di scala dopo l’altra.
Arrivò al settimo piano con i polmoni che scoppiavano e si appoggiò per un attimo alla parete che la separava da Tom, per riprendere fiato. Quando si fu ripresa chiuse gli occhi e si concentrò: apparve una porta, che Eva aprì senza esitazione.
Tom era là, disteso sul letto color arcobaleno, che guardava la stoffa del baldacchino con espressione vacua.
“Tom.” sussurrò Eva, sdraiandosi vicino a lui “Come… Come va?”
Lui si riscosse e si girò a guardarla: aveva un’espressione preoccupata, era rossa in faccia per via della corsa fatta e aspettava una risposta. Senza neppure rendersi conto di quel che faceva, le afferrò il viso e si mise a baciarla in modo irruento, passionale.
Eva si tranquillizzò un attimo: sapeva che era il suo modo di sfogarsi, l’aveva adottato anche dopo l’apertura della Camera dei Segreti. Cercò di prepararsi psicologicamente a quello che sarebbe accaduto e non si stupì quindi quando Tom, in preda ormai alla passione, le strappò letteralmente la gonna e la maglietta.
Fecero l’amore così, in modo rude, quando Eva ancora non era del tutto pronta. Pazientò perché sapeva che quello non era il vero Tom, che il dolore che stava provando lei non era nulla in confronto a quello che il suo ragazzo si sentiva dentro.
Una volta che Tom fu soddisfatto si staccò da lei e si ributtò sul letto. Eva si girò di nuovo verso di lui e gli carezzò una guancia.
“Tom.” sussurrò, perché il ragazzo sembrava essersi di nuovo perso nella stoffa del baldacchino.
Due gocce apparvero negli occhi di Tom, trasformandosi in scie salate sulle sue guancie.
“Oh, Tom.” disse di nuovo Eva.
Lui si girò e la strinse a sé, iniziando a singhiozzare.
“Scusa.” sussurrò “Scusa…”
Lei lo abbracciò e cercò di trasmettergli tutto il suo calore e il suo conforto.
“Ssssh… Non ti preoccupare… Va tutto bene… Ssssh…”
Eva riuscì a sciogliersi per un secondo dal suo abbraccio e lo strinse lei, facendogli poggiare la testa sul suo petto.
“Va tutto bene, Tom…”
Il ragazzo continuava a singhiozzare, mentre Eva lo cullava e cercava di rassicurarlo.
Dopo un bel po’ di tempo Tom smise. Si asciugò il viso con una manica e alzò lo sguardo, incrociando quello della sua ragazza.
Eva si sentì stringere il cuore alla vista di quegli occhi arrossati. Lui l’attirò a sé e la baciò, stavolta con dolcezza.
“Grazie.” le disse, con la voce un po’ roca.
“Per cosa?”
“Perché sei con me.”
“Oh, Tom.” Eva lo strinse di nuovo a sé, cullandolo “Ma io ci sono sempre.”
Lo sentì sorridere, sul suo seno.
“Lo so. E’… Una bella sensazione.”
Si staccarono, pur continuando a toccarsi. Lui le accarezzava i capelli e lei aveva le mani sul suo petto.
“Che hai intenzione di fare?”
Tom sospirò.
“Che dovrei fare? Non posso fare assolutamente niente…”
“Tua nonna vorrebbe conoscerti, hai sentito.”
Un altro sospiro.
“Secondo te dovrei scriverle?”
“La decisione è solo tua, Tom. Comunque, in linea di massima, io direi di non far pagare a lei colpe che sono di tuo padre.”
Tom la lasciò andare e si mise a sedere, poggiando la schiena sui cuscini del letto.
“Mi chiedo…” iniziò a dire, senza terminare la frase.
Anche Eva si alzò, e gli poggiò il capo sul petto.
“Cosa?”
“Coma mai mia madre l’ha dovuto incantare?”
La ragazza sospirò.
“Forse venivano da realtà troppo diverse per potersi amare normalmente.”
“… Da quello che ha detto Orfin, lui non la voleva.”
“Ah, e così era Orfin? Comunque… Hai visto dove viveva. Non biasimarla… Secondo me è solo voluta fuggire. Probabilmente la sua condizione, sommata a quella di un amore non corrisposto… Non so, potrebbe essere stata davvero disperata.”
“Già. Forse hai ragione.”
“Tom.” disse improvvisamente Eva, come se le fosse venuta in mente una rivelazione. Alzò la testa e lo fissò dritto negli occhi, con sguardo deciso “In ogni caso ricorda sempre che non sei colpevole degli sbagli dei tuoi genitori. Lei ha sbagliato a incantarlo, lui ha sbagliato a lasciare anche te, oltre a lei. Ma tu non c’entri niente, lo sai vero?”
“Io…”
“Devi saperlo. Non c’è esitazione che tenga. Tuo padre era arrabbiato, molto arrabbiato, ma ha sbagliato. Forse perché eri ancora dentro la pancia di tua madre, però… Non è riuscito a scinderti da lei. Anche lei ha sbagliato, vero, ma in ogni caso sono sicura che ti abbia anche amato tantissimo, così come amava lui. Non è colpa tua se è morta, se sei finito in un orfanotrofio, se tuo padre non si è più fatto vivo.”
Un’altra lacrima sfuggì al controllo di Tom, e scese solitaria sulla guancia. Eva l’asciugò con un bacio.
“Sì… Hai ragione…”
La ragazza sorrise, incredibilmente sollevata. Non voleva che Tom si addossasse responsabilità che non aveva. Lo strinse a sé.
“Va meglio, adesso?”
Lui l’abbracciò.
“Certo. Va molto meglio.”

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Capitolo 7
*** Primo giorno di scuola ***



Ragazzi e ragazze, non sono morta, sono tornata! =D
Ho scritto questo capitolo dopo un sacco che non scrivevo più in generale, quindi non siate troppo dure =..= in ogni caso ora ho un problema D= so cosa deve succedere al compleanno di Tom, so forse cosa deve succedere al compleanno di Eva… Poi però le cose che devono accadere accadono dopo! D=
Come faccio?! Che ci scrivo, in mezzo?! D=
Lo sapevo che non dovevo lanciarmi in questa impresa prima di aver finito di scrivere tutto è.é è che non voglio fare troppi salti temporali, ma così… Non so, proverò >..< se vado troppo di fretta, comunque, cercate di non linciarmi! >..<
Per concludere, ringrazio chi segue/preferisce/ricorda e recensisce, anche se io sparisco a mesi alterni! XD cercate di capirmi, questa storia di è rivelata più difficile del previsto…


Primo giorno di scuola

Alla fine, Tom decise di scrivere a sua nonna. Non lo disse ad Eva, ma lei vide la prima delle lettere di risposta, riposta con cura in un cassetto del loro piccolo appartamento, e sorrise.
L’estate stava finendo. Presto sarebbe iniziato un nuovo anno scolastico e Tom era più sereno. Eva non sapeva come sentirsi: da una parte non vedeva l’ora di abbracciare di nuovo i suoi amici, dall’altra sapeva che lei e Tom non potevano continuare a dormire insieme, dato che sarebbero dovuti ritornare nei rispettivi dormitori.
Mancavano ancora due anni prima che finissero Hogwarts. Ogni tanto Eva ci pensava, stupendosi da una parte di come il tempo fosse passato in fretta e, dall’altra, di quanto ancora rimanesse da fare prima che la società magica la considerasse adulta. Beh, per quello ci voleva di meno, giusto un anno. A marzo avrebbe avuto diciassette anni, e per tutti sarebbe stata maggiorenne… Tranne che per i Babbani. Un moto di stizza la pervase, mentre ripensava a zia Emily, alla sua cattiveria e al suo modo di sfruttare la morte dei suoi genitori per farsi i suoi interessi.
Tom l’afferrò da dietro proprio in quel momento, calmandola. Lei era seduta sul pavimento – fresco: dato che c’era un gran caldo era una soluzione ottima, nonostante settembre fosse alle porte – e lui era appena uscito dal bagno.
“Che succede?” chiese, affondando il viso nei suoi capelli.
“Come accidenti fai a sapere che mi stava succedendo qualcosa, scusa?” chiese Eva, meravigliata dalla perspicacia del ragazzo. E dire che solo un anno prima sembrava così freddo, insensibile…
“Sei diventata rigida. Non è mai un bene, quando t’irrigidisci.”
Eva sorrise, rilassandosi.
“Beh, niente. Pensavo a zia Emily…”
“Oh, già. Non me ne hai mai parlato molto, vero?”
Lei cercò di scrollare le spalle, per quanto fosse possibile, dato che Tom la stava stringendo.
“Non c’è molto da dire. E’ diventata la mia tutrice dopo la morte dei miei. Solo che mi fa una rabbia… Non si è mai interessata di me, mi considera un peso, eppure è decisa a sopportarmi perché così può mettere le mani sui soldi di papà. I miei erano abbastanza ricchi, sai, e finché sarò minorenne lei può fare quello che vuole, con la scusa che deve pensare al mio ‘bene’…”
Tom allentò la stretta e le mise due dita sotto il mento, per farle alzare il viso verso di lui.
“Non andrà avanti per sempre, Eva. A marzo sarai maggiorenne, e potrai fare ciò che vuoi.”
Prima che lei potesse rispondere, sottolineando il fatto che ci sarebbero voluti ancora due anni per diventare maggiorenne nel mondo dei Babbani, lui la baciò.
Eva lo considerò un buon diversivo, così i due continuarono a coccolarsi per tutto il resto del giorno, godendosi appieno gli ultimi istanti di vacanza che spettavano loro.
Il giorno dopo, infatti, sarebbe stato il primo settembre.
Fu strano andare in stazione per aspettare il treno che doveva arrivare, fu ancora più strano cercare gli amici fra la folla e salutarsi, così come tornare al castello senza bagagli e animali al seguito.
Nella carrozza di Eva c’erano ovviamente Annie, Beth, Daniel e Tom, che aveva invitato qualche suo compagno di Casa. L’atmosfera era piuttosto tesa, ma lui manteneva un controllo impeccabile, presentando tutti a tutti. Si vedeva che stava cercando di appianare le divergenze di pensiero, e gli incauti Serpeverdi che provavano anche solo a fare una smorfia di ribrezzo finivano per lo scontrarsi con gli occhi di Tom e rabbrividire. Nonostante tutto, a loro quel ragazzo faceva ancora paura, e non avevano intenzione di contrariarlo.
Con il banchetto la tensione venne lasciata alle spalle e, forti della divisione fra Case, gli amici di Eva si lanciarono in un racconto entusiasta delle loro vacanze estive. La ragazza annuiva e sorrideva a tutti, ma non sapeva che dire riguardo alle sue, di vacanze estive: non aveva fatto molto, e l’unica volta che lei e Tom erano usciti dal castello era stato per cercare i parenti ancora in vita del ragazzo… Una questione delicata, da non condividere a cuor leggero. Per tutta la serata, comunque, si sentì stranamente osservata, e più volte vide gli occhi di Annie scrutarla con interesse e sospetto. Proprio non capiva che cos’avesse l’amica.
Lo scoprì il giorno dopo. Le lezioni erano incominciate e tutti dovevano riprendere il ritmo. Eva si era abituata a tutt’altri orari e faticò ad alzarsi la mattina, così si trascinò in una nube di stanchezza per tutto il giorno, almeno finché Annie non la trascinò in un’aula vuota, alla fine delle lezioni.
Era così curiosa di scoprire finalmente cosa si celasse dietro il comportamento dell’amica che si svegliò definitivamente.
“Eva, io… Ecco, devo chiederti una cosa… Anzi, no, dirti…”
“Annie, taglia corto, che succede?”
La ragazza era nervosa, si torceva le mani e annaspava. Alle parole di Eva, arrossì fino alla punta dei capelli.
“Ecco, ma tu… Hai mai fatto certe cose con Tom? Voglio dire…”
Aveva parlato veloce, ma Eva aveva capito lo stesso. Anche lei arrossì.
“Oh.” rispose solo, non sapendo bene che dire.
L’amica, vedendola in quello stato, si affrettò a precisare.
“E’ che l’anno scorso ho detto delle cose, e tu sembravi a disagio, così quest’estate ci ho pensato, e insomma, forse sbagliavo io, no? Certo per me bisogna sempre e comunque aspettare, però non è che se lo fai prima del matrimonio allora sei una sgualdrina, e non vorrei che tu ti fossi fatta un’opinione sbagliata! Cioè, l’opinione che ho io di te… Non cambia per questo, sei una brava ragazza…”
La voce di Annie si spense in un sussurro, mentre lei continuava ad arrossire e si guardava furiosamente i piedi.
Eva ci mise un attimo per realizzare cos’era successo, poi sorrise e si sentì liberata di un peso. Appoggiò una mano sulla spalla dell’amica e lei alzò il viso.
“E’ vero.” disse, grata di potersi confidare con l’amica “Ho fatto… Ho fatto certe cose. Ma non me ne pento, né me ne vergogno. Anche se non vado a dirlo in giro, ovviamente. Non te l’ho detto perché… Non sapevo come la pensassi, avevo paura che tu mi giudicassi male. Mi fa piacere sapere che mi sbagliavo.”
Annie allargò le braccia e la strinse, come a consolidare la loro amicizia.
“Sono contenta che tu me l’abbia detto ora. Se vuoi raccontarmi, sappi che ti ascolto.”
Eva ricambiò l’abbraccio e sorrise ancora di più.
L’anno scolastico era iniziato nel migliore dei modi.

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