Ice Storm

di britt4ever
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - L'incarico ***
Capitolo 2: *** Beatrix ***
Capitolo 3: *** La Verità ***
Capitolo 4: *** Il risveglio dopo la tempesta ***
Capitolo 5: *** L'assedio di Savannah - I preparativi ***
Capitolo 6: *** Tempo di Confessioni ***
Capitolo 7: *** Savannah - L'imboscata ***
Capitolo 8: *** Savannah – Gli Imperativi del Cuore ***
Capitolo 9: *** Il Piano Svelato ***
Capitolo 10: *** Lady Kitten ***
Capitolo 11: *** Voglio il tuo Cuore ***
Capitolo 12: *** L’apparenza a volte inganna ***
Capitolo 13: *** Shall we dance? ***
Capitolo 14: *** 1, 2, 3 not only you and me ***
Capitolo 15: *** Showdown ***
Capitolo 16: *** L'anello ***
Capitolo 17: *** Tavington: l’uomo e il carnefice Parte Prima: l’uomo ***
Capitolo 18: *** Tavington: l’uomo e il carnefice Parte Seconda: il carnefice ***
Capitolo 19: *** La piccola tigre in gabbia ***
Capitolo 20: *** Fuori Controllo ***
Capitolo 21: *** Lei è mia ***
Capitolo 22: *** Solo un brutto sogno? ***
Capitolo 23: *** Il Dubbio ***
Capitolo 24: *** Qualcuno in arrivo? ***
Capitolo 25: *** Sotto una bella luna piena ***
Capitolo 26: *** L’inizio dell’avventura ***
Capitolo 27: *** Essere abbastanza per te ***
Capitolo 28: *** Giocare con i sentimenti costa caro ***
Capitolo 29: *** L’epifania di William ***
Capitolo 30: *** Il Buongiorno si vede dal mattino ***
Capitolo 31: *** Un passo avanti, due passi indietro ***
Capitolo 32: *** Grangie non si tocca ***
Capitolo 33: *** Gli intrighi ***
Capitolo 34: *** Libera ***
Capitolo 35: *** Toc Toc ***
Capitolo 36: *** L’umiliazione ***
Capitolo 37: *** L’amore basta? ***
Capitolo 38: *** Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris. ***
Capitolo 39: *** Nescio sed fieri sentio et excrucior ***
Capitolo 40: *** La torta al cioccolato ***
Capitolo 41: *** Incubi dal passato ***
Capitolo 42: *** Quando il gatto non c’è, i topi ballano ***
Capitolo 43: *** In Vino Veritas ***
Capitolo 44: *** Reminiscenze dolorose ***
Capitolo 45: *** Le Proposte ***
Capitolo 46: *** Chiarimenti ***
Capitolo 47: *** Ritorno alla normalità ***
Capitolo 48: *** Complicità ***
Capitolo 49: *** A carte scoperte ***
Capitolo 50: *** Legati ***
Capitolo 51: *** Tra le lacrime e la Verità ***
Capitolo 52: *** **Avviso** ***
Capitolo 53: *** Nodi su Nodi ***



Capitolo 1
*** Prologo - L'incarico ***


prologo
Ciao a tutte. ^^
Mi prendo qualche secondo del vostro tempo per spiegarvi come è nata questa mia passione per quell'adorabile uomo che porta il nome di William Tavington. Per mia sfortuna non l'ho inventato io da ex novo, è un personaggio del film 'Il Patriota' di R. Emmerich del 2000, vi consiglio di vedere quel film perché è ben fatto e ha anche degli attori niente male.(H.Ledger, per citarne uno a caso) :p
Perciò, purtroppo non posso prendere i crediti per il Colonnello, mentre Beatrix è totalmente un'eroina da me inventata, in lei è presente una componente angelica, come Beatrice di Dante, ma allo stesso tempo per catturare il cuore di quell'uomo brutale ci vuole una piccola volpe, furba e scaltra. Ecco, così è nata Beatrix, nome insolito lo so...:)
Jason Isaacs, l'attore che ha interpretato Tavington, è un uomo incredibile, ho visto non so più quanti suoi film e la mia opinione non cambia..lo adoro. *-*
Spero di riuscire a trasmettervi, almeno in parte, la mia passione per lui..
Vi lascio alla mia storia, nella quale troverete odio, amore, lussuria, gelosia, orgoglio e coraggio..il tutto trainato da quella potente forza che è la storia.
Così si apre il prologo..siamo nel 1779, nelle Colonie del Sud dove un Colonnello Inglese sta discutendo con il suo superiore..

Buona Lettura
Giulia ^^




PROLOGO
L'INCARICO

Guerra d’Indipendenza Americana
South Carolina, 1779


Il Colonnello William Tavington camminava avanti indietro nella sua stanza, non riusciva a capire il motivo per cui il Generale Cornwallis volesse parlargli. Che il Lord Generale avesse intuito il suo piano per impossessarsi del comando, per giungere finalmente a quella tanto agognata vittoria a cui tutti gli Inglesi anelavano? Tavington stava logorando la suola degli stivali per il tanto camminare sulla ruvida pavimentazione dell’alloggio. Il tuum tuum degli stivali riecheggiava nella stanza.
Come mai tutta quella agitazione?
Non era da lui.
No, Tavington lo ripeteva per convincersi.
Convincersi di aver di nuovo vinto su Cornwallis. Quell’uomo non riusciva mai ad apprezzare il Colonnello e nemmeno ci furono mai numerosi encomi per lui, anzi quasi nessuno. Chissà come mai il Generale apprezzasse di gran lunga il Generale O’Hara a scapito di Tavington. Sapeva che il dilemma si sarebbe risolto nel giro di pochi minuti. Troppo preso dalle sue elucubrazioni quasi non sentì il lieve rumore del servo che batteva alla sua porta. Tavington non si fece attendere oltre e così aprì con impeto e si erse imponente davanti al servo, il quale intimorito non osò quasi parlare, tanta la paura verso il Colonnello.
"Colonnello. Il Lord Generale chiede di voi."
Il servo titubante non sapeva quale reazione avesse scatenato nel Colonnello, col suo atteggiamento stoico non rendeva manifeste le sue emozioni tanto facilmente e questa era una peculiarità di Tavington. In tutto il Fort Charlotte pochi erano quelli che potevano dire di conoscere il freddo Colonnello, in linea col retaggio cavalleresco del passato credeva che fosse più opportuno che il sovrano fosse temuto, piuttosto che amato. L’amore si legava alla debolezza e tutto ciò entrava in conflitto con Tavington. Lui voleva essere rispettato, temuto, odiato non era nei suoi fini essere amato dal popolo. E così,  senza neanche rispondere al servo, si spinse più avanti facendolo barcollare e poi si diresse a passo svelto verso la stanza di Cornwallis.
"Entrate Colonnello. Dobbiamo parlare."
Tavington entrò nella camera del Generale con passo sicuro e si avvicinò al suo cospetto, ponendosi con fierezza davanti a Cornwallis.
"Ditemi Generale. Per quale ragione mi avete fatto chiamare. Mi sembrava che la guerra stesse procedendo pro nobis, mi è sfuggito qualcosa Generale? Ditemi."
Lo sbuffo di Cornwallis fece innervosire Tavington. Perché vedeva sempre l’astio negli occhi di quell’uomo quando si volgevano verso di lui?
"Quello che sto per dirvi, Colonnello, credo che possa anche rallegrarvi. Ho a lungo meditato sul da farsi, soprattutto su chi affidare questo compito. Ma a questo punto credo che mi possa fidare di voi, Colonnello, sebbene non abbia mai esaltato le vostre, come possiamo chiamarle vediamo, modalità di procedere.."
"Volevate dire di vincere, My Lord. Debbo rammentarvi che non ho mai perso una battaglia e che continuo a portare grandi benefici per tutti."
Con un lieve gesto della mano Cornwallis interruppe il discorso encomiastico dell'Ufficiale.
"Certo, certo Colonnello, nessuno qui sta parlando di questo. Non ho tempo e neanche voglia di disquisire qui con voi circa le vostre barbarie che compite ogni giorno contro questi..contadini. Ho richiesto la vostra presenza perché ho un lavoro per voi, pensato quasi su misura per voi. Ho bisogno però di sapere che posso fidarmi perché quello che sto per chiedervi non è, per così dire, convenzionale."
Tavington non smise di puntare gli occhi sul suo superiore, evidentemente non temeva nessuno e non era nemmeno curante delle cariche gerarchiche.
"Devo supporre che sia un lavoro sporco Generale?"
"Supponete bene, Tavington. Voglio che andiate nel Villaggio di Pembroke a 10 miglia Sud dal Santee e dovete chiedere di Samantha Kohl, la riconoscerete facilmente poiché è una donna alta, snella, con fiammeggianti capelli color del fuoco."
Si prospettava una giornata divertente, sentiva che avrebbe trovato il suo divertimento a Pembroke, ne era certo.
"Cosa devo fare della donna, My Lord?"
Cornwallis si alzò dalla sua scrivania e si mosse affinché potesse essere davanti al Colonnello.
"Dovete ucciderla."

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Capitolo 2
*** Beatrix ***


CAP I
Capitolo II
Beatrix






 
"Non capisco, Colonnello, perché stiamo andando a Pembroke a quest’ora della mattina. Dopo la lunga e dolorosa battaglia di ieri pensavo che almeno mezza giornata il Generale potesse concederla.."
Tavington e Bordon, il suo secondo in comando, si dirigevano a cavallo verso il villaggio, con a seguito sette o otto Dragoni. Tavington non aveva avvisato i suoi uomini sulle intenzioni di Cornwallis perché era un affare che gli stava molto a cuore. Non potevano esservi voci ingiustificate.
"Ci sarà tempo per il sollazzo, non ti preoccupare, ma prima di tutto il dovere. Se siamo richiesti lì, è lì che andremo."
"Certo Colonnello, al vostro servizio."
Quel villaggio era affollato di sporchi 'bifolchi armati col forcone'. Gente troppo alla buona, molto lontana dalle raffinatezze Inglesi. Tavington aveva sempre odiato l’America, quando seppe del suo trasferimento nelle colonie la cosa non lo rallegrò affatto. Sapeva che c’era da lavorare su quella gente inetta e ignorante. Lo sapeva, e non era quello che lo turbava. Ma questi coloni erano gente barbara, arretrata, arricchiti semplicemente col lavoro degli schiavi.
La sua Inghilterra, invece, quanto gli mancava!
Dover abbandonare la sua piovosa Londra fu per William un colpo al cuore. Amava l’avanguardia Inglese, le sue metropoli, the Biggest Empire in the World. Non riusciva neanche a confrontare la finezza Inglese con la rozza America, erano incommensurabili. Purtroppo si trovava lì fino a quando l’esercito di Re Giorgio III avesse battuto quello sbiadito esercito fatto di contadini.
Tutti quanti lo temevano, lo sentiva. Tutta la gente si era riunita attorno all’esercito dei Dragoni Verdi e li fissavano impauriti.
Che le danze abbiano inizio.
"Popolo di Pembroke, siamo venuti qui per parlare a tutti voi."
Ecco il solito annuncio di Bordon che richiamava l’attenzione sulla legione.
"Chi siete voi?"
Una donna irriverente si mosse tra la folla. La più coraggiosa, o forse l’unica che dimostrò un minimo di coraggio per aprire bocca. Spinse la gente per giungere davanti ai cavalli per fronteggiare meglio gli uomini. Lei si rivolse a Bordon credendo di parlare con il Capo.
"La domanda che dovresti fare dolcezza è chi sono io...perdonate l’intrusione, il mio nome è Tavington, Colonnello William Tavington."
Il volto imperturbabile della donna venne scalfito leggermente dalle parole dell'uomo. I suoi occhi si volsero verso il Colonnello che ebbe finalmente l’opportunità di rimirare le fattezze dell’impudente.
" 'The Butcher'? "
Una risatina maligna risalì dalle corde di Tavington.
"Avete sentito parlare di me vedo, fantastico!"
I suoi occhi quasi cedettero, la paura stava spingendo fuori, ma lei resistette perché non voleva dimostrarsi debole.
"Come ha detto bene il Capitano, siamo venuti qui per cercare una persona. Una donna per la precisione, Samantha Kohl. Perciò che si faccia avanti."
Lei continuava a fissarlo con fare arrogante, come se credesse davvero di essere superiore a lui.
"Perché volete mia madre?"
Ma guarda il destino, chi lo avrebbe mai detto.
"È tua madre? Bene, allora portala qui, schiava."
I suoi occhi marrone scuro come la pece lo scrutarono, era evidentemente infervorata dall’epiteto usato.
"Schiava? Io non sono la schiava di nessuno, tanto meno di uno schifoso Inglese."
Lo sfidò puntando quei fastidiosi occhi su di lui. Si credeva davvero più forte? Forse aveva bisogno di una dimostrazione della forza Inglese. Tavington tirò fuori la pistola e gliela puntò dritta verso il centro della fronte, ad una spanna da lei colpirla era scontato perfino per un tiratore poco esperto.
"Vuoi vedere come ti rendo la mia schiava, puttanella? Dimmi subito dove si trova quella cagna di tua madre a meno che tu non voglia una pallottola in testa."
Lei vacillò, non sapendo cosa fare. Che cosa volevano quegli uomini da sua madre, lei lo diceva sempre che prima o poi sarebbero arrivati per lei, ma non le aveva spiegato mai il perché.
Che situazione tremenda, non poteva dire loro della madre e se le avessero fatto qualcosa?
No, non poteva proprio.
"I-io.."
"Eccomi, sono io la donna che volete. Sono Samantha Kohl."
Sua madre giunse accanto a lei posizionandosi troppo vicino al brutale Tavington. Come mai tutto questo coraggio, perché non aveva trovato mai lo stesso coraggio per parlarle? Per dirle veramente la sua storia. Per tutta la sua vita sua madre era stata un fantasma che vagava per casa, parlava con lei solo se necessario, quasi come se la sola vista della figlia potesse urtarla. Sua madre non lo aveva mai detto in modo esplicito, ma lei lo aveva capito. Non le disse mai del suo vero padre, poteva essere morto, come poteva invece essere in giro a godersi la sua vita. Perché non l’aveva mai cercata? Perché non si era mai presentato davanti alla sua porta per sapere di lei. Ogni suo compleanno, almeno quelli che si ricordava, aspettava davanti alla sua finestra nella speranza che suo padre venisse da lei, per farle gli auguri. Ma lo aveva aspettato invano e dopo ventitré compleanni si era ormai avvezza alla sua mancanza. Ricordare il passato le faceva male, perché sapeva che quel passato aveva ripercussioni sul suo presente e forse anche sul suo futuro.
E sua madre cosa aveva fatto?
Niente.
Non poteva dire che fu una madre cattiva, nemmeno benevola. Mai botte, mai sgridate, mai elogi.
L’indifferenza.
Questo era stato da sempre l’atteggiamento di sua madre nei suoi confronti. Le faceva male, molto male. Ma non ebbe mai il coraggio di dirlo a lei, la vedeva come una foglia in autunno, secca e fragile pronta a cadere in ogni istante. Per tutta la sua vita crebbe da sola, senza punti di riferimento e senza quella lanterna materna a rischiarare le tenebre della vita.
Sola.
I pochi amici che riusciva a farsi non la capivano fino in fondo. Nessuno poteva capire il dolore che sentiva dentro, perché per comprenderlo veramente bisogna passarci sopra, essere abbandonati dai propri genitori e solo allora si può provare empatia. Ma lei tutto questo non riuscì a trovarlo mai. La sua vita non le piaceva, non si trovava a suo agio con quelli di Pembroke.
Loro rappresentavano la tipica famiglia coloniale.
Famiglie perfette, madri e padri che si amavano, figli adorabili e umili schiavi.
Perfette, quasi finte, famiglie che solo superficialmente sembravano oniriche e poi si rivelavano un covo di complotti, tradimenti, gelosie e bugie. Lei non voleva essere come loro, voleva qualcosa di vero, qualcosa di carnale.
E da qui giungiamo all’altra questione esistenziale.
L’amore.
Oh l’amour, l’amour, oppio per poeti. Lei non si era mai innamorata, almeno non come lo aveva sempre inteso lei. Tutte le sue compagne avevano tanti ammiratori, si accerchiavano di aitanti giovanotti solo per il gusto della conquista. Quello che volevano realmente non era l’oggetto del desiderio in sé, più che altro era l’atto di conquista. Illudere i ragazzi, sentirsi dee e poi gettarli nel baratro dell’amore. Che cosa sciocca, degno di una ragazza sciocca! Lei era diversa, non voleva qualcosa di labile, cercava una certezza, quel qualcosa che non sarebbe mai andato via. Un bastone che la reggesse nei momenti gloriosi, ma anche nei momenti più bui della vita. Non era una ragazza di facili costumi, ma non era neanche una puritana. Era vergine, ma non pensate che dipendesse per qualche stupida religione che dichiari la donna illibata fino al matrimonio.
Niente di tutto questo.
Lei voleva la passione, il calore, la carne che scotta e che brucia fino a liquefarsi. Voleva qualcosa che la consumasse dentro, che la divorasse. Voleva trovare davvero l’amore, non per un semplice capriccio, bensì per cercare la sua metà, aveva letto il Simposio Platonico e ne era rimasta attratta. Voleva ricongiungersi alla sua metà e solo allora sarebbe stata veramente libera.
Solo in quel momento si accorse dello sguardo di Tavington su di lei, la stava fissando, scrutando, analizzando.
Occhi su occhi.
Ghiaccio contro tempesta.
Lei aveva viaggiato mentalmente rivivendo la sua vita, senza sentire i suoi occhi su di lei.
Quegli occhi.
Freddi, calcolatori, ghiacciati.
Se non fosse stato per la persona, avrebbe potuto trovarli quasi affascinanti. Chissà quante donne doveva aver illuso con il suo portamento. Ma non appena lei iniziò a scontrarsi visivamente con lui, Tavington cambiò bersaglio.
Ebbe solo il tempo di girare la testa, per vedere Tavington sollevare la pistola contro sua madre e senza emozioni dire:
"Sei tu. Abbiamo fatto in fretta a trovarti, ci hai risparmiato la fatica di bruciare tutte queste case insignificanti per prenderti."
"Ebbene sì, sono qua. Ditemi, cosa volete da me?"
Con un ghigno malefico Tavington sputò la sua sentenza di morte.
"Questo te lo manda il Generale Cornwallis."
E cosi dicendo, Tavington sparò alla donna e la uccise nel preciso istante in cui il proiettile forò la sua fronte.
Il suo corpo cadde a terra.
Occhi sbarrati.
Era morta.
Perché? Cosa aveva fatto?
Troppi interrogativi senza risposta.
"Ritornate pure alle vostre..faccende. Lo spettacolo è finito."
La gente si rivelò per quello che era sempre stata, nessuno aprì bocca. Nessuno mosse un dito per protestare. Ognuno tornò alle proprie occupazioni. Lei non ce la faceva a muoversi.
La vedeva morta, sporca di sangue, uno spettacolo osceno.
"Tu non vai da nessuna parte."
Tavington scese dal suo cavallo e si appropinquò a lei.
Era alto, non tantissimo, ma sicuramente più alto di lei. La sua camminata rispecchiava il suo modo di vestire, la classe fatta in persona.
Che pallone gonfiato, quanto si gonfierà il suo ego ogni qualvolta le persone fanno esattamente quello che vuole!
"Non vi è bastato uccidere mia madre, volete completare il quadretto familiare? Siete un fottuto bastar.."
Non riuscì a terminare la frase che un sonoro schiaffo la colpì. La sua pelle si accaldò subito, non poteva vederlo, ma sentì la guancia rossa per lo schiaffo. Si sentiva uno schifo, nessuno le aveva mai alzato le mani contro, nessuno.
"Capirai, che per me la disciplina è molto importante. Non devi mai mancarmi di rispetto, nessuno si è mai permesso in tutta la mia vita e non sarà di certa una sciatta contadinella a farlo."
"Cosa volete?"
"Cosa voglio, mmh? Qualcosa mi dice che la lezione non ti ha scoraggiata, che ragazzina impertinente, non devo sculacciarti, vero?"
Le sue dita si mossero lungo il perimetro della sua guancia saggiando la consistenza. Le sue sporche mani su di lei le dettero il voltastomaco, anche se non poteva negare la delicatezza del suo tocco.
"Credete di poter fare tutto quello che volete solo perché, in questo momento, siete superiore?"
"Na-na-na. Qui siamo ancora lontani dal rispetto che mi devi, dolcezza. Comunque sia,  non farmi perdere tempo e sali sul cavallo."
Il suo mondo crollò in un secondo, sua madre era ancora a terra e lui voleva portarla via, no!
"C-cavallo? Non capisco Colonnello, perché?"
"Quante domande, selvaggia. Ti basti sapere che ho del lavoro per te. Sei fortunata, siamo in carenza di..'personale' al Forte e abbiamo bisogno di manodopera fresca."
Il suo risolino venne seguito a coro dagli altri soldati. Ridevano di qualcosa che solo loro avevano capito.
"Io non ho intenzione di venire, ho già qui tutto quello che mi serve."
Quella frase riusciva a malapena a convincere se stessa, figuriamoci Tavington.
"La scelta è tua. O con le buone, e ti assicuro che sono rare, o con le cattive. Fossi al tuo posto sceglierei la seconda opzione ho proprio voglia di sgranchirmi un po’. Allora? Tanto verrai comunque al Forte, dipende da te il come."
E così dicendo si avvicinò sempre di più a lei, come se volesse fronteggiarla meglio.
"Siete un uomo spregevole,Tavington. Godete nel ferire gli altri, avete davvero bisogno di questo?"
Lui non sembrò offeso dalle sue parole, anzi gli gonfiarono il petto.
"Penso proprio che io e te ci divertiremo molto insieme."
Tavington afferrò il suo braccio e la spinse verso il cavallo.
"Su da brava, sali su, non farmi perdere altro tempo."
Lei salì sopra, aspettando che anche il Colonnello facesse lo stesso. Era incredibile il modo in cui riusciva a salire con raffinatezza anche sul cavallo. Appena salito sopra prese le redini e spronò il cavallo e così si mossero, sollecitando anche gli altri militi a fare lo stesso. Il suo corpo si trovava dietro quello di lei e il suo sesso cozzava contro il suo fondoschiena facendole sentire qualcosa che avrebbe preferito non percepire.
I due corpi erano vicini, molto vicini.
Lei sentì il respiro di Tavington sul collo, aria calda che le fece il solletico e il suo corpo reagì senza il controllo della sua volontà.
Brividi in tutto il corpo, i peli si rizzarono come se sentisse freddo. Tavington sorrise fugacemente nel vedere l’effetto che le faceva e così si spinse oltre avvicinando la bocca al suo orecchio.
"Hey selvaggia, non mi hai ancora detto come ti chiami."
"Perché? Vi importa veramente saperlo?" rispose acida lei.
"No, però devo pur sapere con quale appellativo richiamare la tua attenzione, a meno che a te piaccia che ti chiami selvaggia.."
La sua bocca sfiorò l’orecchio, rendendolo leggermente umido al suo passaggio.
"Ribelle.."
La sua bocca morse leggermente il suo collo, la parte sensibile che si trovava sotto l’orecchio.
"Rozza contadina.."
Mentre tenne le redini con una mano, riuscì a liberare l’altra per sollevarle leggermente la gonnella sgualcita, rivelando poco a poco la sua gamba. La sua mano salì sempre più, infuocando la sua pelle per il suo tocco lascivo.
"Puttan…"
No, questo era troppo.
La sua corsa venne arrestata dalla mano di lei, che abbassò nuovamente la gonna, allontanando così la mano indesiderata.
"Beatrix. Beatrix è il mio nome. È la variante di Beatrice, mia mamma è sempre stata un po’ strana."
Lui ritornò nella posizione di prima, fiero come al solito.
"Beatrix? È un nome inusuale per una coloniale ed io ne ho visti di coloni. Il tuo nome mi suggerisce che devi avere un caratterino da cattiva micetta."
La sua voce, le sue parole, ma come si permetteva di giudicarla così?
"Immagino che questo soddisferebbe i vostri sogni erotici, Colonnello. Vi piacerebbe."
"Sogni, dici? Io non ho bisogno di sogni, sono un uomo pragmatico, Beatrix, vivo di concretezza. Non mi faccio tanti castelli mentali, se voglio qualcosa la prendo e senza tante cerimonie." ribattè lui.
"Più parlo con voi e più vi odio Tavington, cosa volete realmente da me, c'entra con mia madre?"
"No, tua madre lasciala giacere tra i morti. Tu mi servi, come ti ho già detto prima, al Forte."
Sì, certo e casualmente loro avevano bisogno di una cameriera al Forte. Guarda il caso.
"Ma che fortuna, Colonnello, avete ucciso per sbaglio una cameriera o forse si è uccisa lei pur di non vedervi più?"
Eccolo di nuovo il ghigno malefico che le fece vibrare i peli.
"Chi ha mai parlato di cameriera? Tu mi servi per altro dolcezza, per qualcosa di più..utile a tutti."
"Utile? Cosa dovrei fare esattamente, Colonnello?"
"Quante domande tesoro, molto presto lo scoprirai. Non vorrei mai rovinarti la sorpresa."

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Capitolo 3
*** La Verità ***


cap 3
Capitolo III
La Verità






I cavalli ben presto si avvicinarono ad un’imponente struttura squadrata. Grossi pali di legno appuntiti sulle cime recintavano l’edificio, un grande portone che sembrava pesare tonnellate si stava aprendo accogliendo i soldati che facevano ritorno.
Questo doveva essere Fort Charlotte.
Appena entrati, davanti agli occhi di Beatrix si estendeva un ampio cortile, un gruppo di soldati semplici si stava appressando. Come se vi fosse dietro una coreografia studiata, quei militi si disposero su due lati per accogliere gli Ufficiali capitanati da Tavington. Il Colonnello scese da cavallo e le porse la mano per aiutarla a fare lo stesso, ma lei si affrettò a fare da sé. Lui, compiaciuto, camminò davanti a lei, invitando i suoi compagni a rincasare negli alloggi.
Lei rimase lì, ferma al centro della piazza senza sapere cosa fare esattamente. Lui si voltò verso di lei e con un lieve cenno della testa la spronò a seguirlo. Bea si mosse e con grande rammarico seguì il Colonnello verso l’ignoto. Lui entrò dentro l’edificio sorpassando la guardia che era solita ispezionare i visitatori.
"Dove stiamo andando?"
Alla fine aprì bocca perché non riusciva proprio a resistere, volendo sapere dove la stesse portando.
"Quanta curiosità, Beatrice. Non te lo immagini, davvero?" la prese in giro lui.
"Che cosa dovrei immaginarmi esattamente, Colonnello? Per quanto ne so io, potreste benissimo condurmi al patibolo."
"No, al patibolo, ancora no dolcezza. Prima voglio vedere cosa riesco a fare di te."
Con uno sbuffo aprì una porta molto vecchia.
Vecchia e polverosa, che sembrava non avere mai conosciuto la pulizia. Mentre Tavington stava girando la chiave, il suo cuore perse un battito, per la prima volta nella sua vita non sapeva proprio cosa aspettarsi di vedere dentro.
"Ecco a te tesoro, entra."
I suoi occhi perlustrarono la stanza, cercando di dare senso alle cose. La stanza angusta ospitava già diverse ragazze e ragazzi, per un totale di cinque individui. Erano per lo più giovani. L’arredo era scarno, pochi ammobili fatti di un materiale povero. Una sola finestra stretta e alta si trovava in concomitanza del soffitto alla sua destra. L’odore che aleggiava era pessimo, quelle persone sembravano carne da macello.
Vittime come lei.
Questo lo intuì dallo sguardo affranto che volgevano verso di lei.
"Avrai tempo per le presentazioni, ora è meglio che tu capisca il motivo per cui ti ho condotta qui. Prima lo capisci, meglio sarà per tutti. Sai, potrei farti un bel discorso circa la tua permanenza, ma sfortunatamente sono stanco. Perciò lascio l’onore alle tue amichette, sapranno spiegarti la questione."
La questione? Quale questione, che cosa voleva da lei? Le cose sembravano non essere più controllate da Bea, che si sentiva sempre più spettatrice del suo destino.
"Cosa c’è, Colonnello, avete paura della verità? Mostrate le palle per una volta, Tavington."
Dallo sguardo spaurito delle sue future coinquiline comprese che nessuno si permetteva mai di avere quel tono con lui. Perché lo temevano tanto? Era forte, sì, ma era pur sempre un uomo. Stranamente Tavington non fu sorpreso del suo atteggiamento e non ne venne neanche scalfito.
"Ma guarda un po’ come tira fuori le unghie il gattino qui. Sembra proprio che questa micetta abbia bisogno di una lezione. Non voglio intrattenermi oltre, ma vista la tua impazienza stasera ti mostrerò chi è veramente William Tavington."
E con un sorrisetto maligno se ne andò.

Il cigolio della porta che si chiudeva sancì la definitiva uscita del Colonnello. Purtroppo era solo un’uscita temporanea.
Ancora nessuno aprì bocca, la guardavano, la osservavano, ma non parlavano.
Una ragazza rossiccia si avvicinò a lei saltellando, si vedeva la gioia nei suoi occhi.
"Sei nuova! Che bello una nuova amica. Come ti chiami? Io sono Wellsie."
Che vivacità, come faceva ad essere così contenta? Lei si sentiva spaesata e molto a disagio. Era tutto nuovo, tutto così strano.
"Ciao Wellsie, io sono Beatrix. Chiamami pure Bea, lo fanno tutti."
"Beeaaaa!! Che bel nome, anche se è un po’ strano. Sì, è decisamente strano, da dove vieni? Sei americana, vero? E dove sono i tuoi genitori?"
La sua dirompenza l'avvolse, sembrava un uragano quella fragile ragazzina.
"Va bene, Wellsie, sei una ragazza esplosiva, quante domande. Allora..sì, è decisamente strano hai ragione, mia madre non è mai stata una mamma come le altre. Sì, sono americana, vengo dal Villaggio di Pembroke e i miei genitori ecco loro.."
No, non ce la faceva. Non ero ancora pronta per parlare della sua famiglia, la ferita era ancora aperta.
"Ma lasciala respirare un po', Wells, non vedi che è appena arrivata? Scusala, lei è la teppista del gruppo. Io sono Bella, ma tutti qua mi chiamano Bells, libera di chiamarmi come vuoi."
La donna che le stava rivolgendo la parola era alta, con lunghi capelli neri come la notte e una lisciatura a prova di parrucchiere. Grossi occhi azzurri, quell’azzurrino cielo meraviglioso. Non ghiaccio, come quelli di Tavington, un po’ più scuri e molto belli. La sua pelle era pallida, il suo aspetto la rendeva quasi un vampiro. Sembrava proprio una ragazza apposto, molto più tranquilla rispetto all’altra.
Wells era diversa dalle altre, sembrava la più giovane, ma non ne era così sicura. Aveva i capelli portati con eleganti riccioli che ricadevano sulla sua schiena ed il suo incarnato era meno pallido rispetto a quello di Bells. Doveva ammettere che la sua euforia era comunque contagiosa, sembrava l’anima della banda.
"Piacere di conoscerti Bells. Grazie per l’accoglienza."
"Non c’è di che, dolcezza. Dopotutto se è Tavington l’uomo che ti ha portata qui, colpe non ne hai. Nessuno le ha mai.. Ma vieni avanti che ti presento gli altri…"
Come mai gli altri erano così passivi, li sedavano?
"… lei è Catherine. È la più longeva o, in altre parole, è la più vecchia.."
Bells fece la linguaccia alla sua amica, la quale volse il suo sguardo ammonitore all’amica. Aveva ragione, sembrava un più matura rispetto alle altre, ma che ci faceva ancora lì? Era una donna con morbide curve, carnagione scura abbronzata dal sole e capelli marroni acconciati alla buona. Il suo sguardo era fiero, sembrava una donna che difficilmente si piegava ai compromessi altrui. Guardava Beatrix stranamente, studiandola come se volesse capire qualcosa di lei semplicemente indagando l'aspetto.
"Quindi tu sei..Bea? Cosa ti porta qui, ragazzina? Voglia di avventura, sesso, perché sei qua?"
Aveva proprio ragione, voleva metterla sotto accusa. 
"Emh... veramente il perché sono qui è ancora da scoprire. Tavington mi ha presa, mi ha detto di seguirlo, ma non mi ha spiegato niente."
Era sorpresa, pensava che la volesse prendere in giro.
"Vuoi dire che non sai chi sei diventata? Ah ah ah mi prendi in giro, biscottino?"
Ok, ora si stava preoccupando seriamente.
Chi era diventata? Chi?!
Wells si intromise e allontanò la donna, riconducendola nel suo angolino della stanza.
"Lasciala stare Catherine, non vedi che è sconvolta? Non è questo il modo per farle capire le cose."
"Capire cosa? Wells ti prego, dimmi, non mi tenere in pena! Che cosa vuole veramente Tavington da me? Da me, da voi.. oh mio Dio, la mia testa.."
Bells si avvicinò e la sorresse, la vista si stava offuscando. Sentiva le gambe tremare e aveva una voglia matta di tornare a casa.
Questo posto non mi piace proprio.
"Torna in te, Bea. Fatti forza su."
"Perché non le dite la verità e basta. È giusto che lo sappia. Comunque io sono Sheila."
Il suo risolino era molto civettuolo, ma sembrava nel complesso una brava ragazza.
"Piacere di conoscerti Sheila."
I capelli li portava lunghi con qualche treccina a decorare la sua chioma. Quel colore era bellissimo, dorati come le spighe di grano e la pelle era chiara e ben curata. Era vestita diversamente dalle altre, mentre quelle indossavano vestiti sgualciti e logori, Sheila invece indossava un elegante vestitino bianco di lino, sembrava quasi un angelo.
E solo allora vide un ragazzo che si era tenuto nascosto nell'ombra per tutto quel tempo. Fece un passo verso di lei, cosicché la fioca luce proveniente dalla piccola finestra rese visibile il suo volto. 
Poco a poco la sua faccia si rivelò a lei: capelli biondi come la paglia, lentiggini sparse qua e là sul suo viso rotondo e poi grandi occhi marrone scuro.
Oh, no! Gabriel, amore mio.
Se pensava di aver messo fuori gioco il suo cuore, avevo parlato troppo presto. Che ci faceva lui in quel posto? Erano anni che non lo vedeva, anni che purtroppo non erano riusciti a cancellare il suo volto dalla sua mente. Quel volto incantevole non era facile da dimenticare, proprio quel volto che l'aveva fatto innamorare di lui a sedici anni.
Ed ora era lì.
Non era sola.
Non sapeva il motivo che lo aveva portato in quel posto, ma lui non le aveva rivolto la parola, forse era meglio mantenere le distanze, almeno per ora.
"Qualcuno mi dice che cosa succede, per favore. Chi sono?"
Li stava implorando perché voleva assolutamente sapere.
Catherine, che era stata nell’ombra fino a quel momento, fece un passo avanti e si avvicinò a Bea, fino a trovarsi ad una spanna da lei.
"Non so chi tu sia stata prima, ma ti posso dire che ora sei il nuovo giocattolo dei Dragoni Verdi, dolcezza. Benvenuta nel club."
La testa pulsava sempre di più, sentiva freddo.
Vedeva sempre di meno e tutta la stanza girava come in un tornado.
E caddi come corpo morto cade.

"Allora, Colonnello, avete portato a termine la missione?"
La sua agitazione era tangibile. Chissà come mai avrà decretato la morte di quella donna. Forse una spia o una delle sue tante amanti?
Quello che Tavington sapeva, bastava per il momento, intuiva che una sola domanda in più avrebbe potuto far crollare l’autocontrollo del Generale. Non era il caso. Che se la sbrigasse da sé, il suo lavoro comunque lo aveva portato a termine, come sempre. Solo questo importava veramente.
"Come sempre, My Lord. Bersaglio colpito e..affondato."
Il viso del vecchio uomo si ammorbidì poiché la conferma di Tavington lo aveva rincuorato.
"Molto bene, Colonnello. Ora potete tornare ai vostri appartamenti. Vi concedo la giornata di domani libera, come omaggio per il vostro servigio nei miei riguardi. E soprattutto affinché questo lavoro rimanga tra noi. Capite che non è il caso che girano voci ingiustificate."
"Ovviamente Generale, avete la mia parola. Col vostro permesso."
E con un lieve cenno del capo, il Colonnello si congedò.
Una giornata libera.
Una cosa incredibile, ci voleva proprio una pausa.
Un'immagine gli comparve nella mente, ah quella piccola ribelle lo aveva avvelenato con quel suo caratterino.
Nel frattempo Tavington si avvicinò alla porta e, girata la grossa chiave, entrò.
"Vedo che avete fatto conoscenza con la nuova arrivata. Come si sente la nostra giovane amica, le avete spiegato tutto?"
Il suo sguardo era indefinito, non era rivolto ad una persona in particolare. Guardava tutti e guardava nessuno. Era seduta in un angolo al buio con le gambe piegate su se stessa, la testa poggiava sulle ginocchia. Si dondolava appena e gli occhi erano vitrei, persi nel vuoto.
E così Tavington ebbe la conferma.
Lei lo sapeva.
Sheila si avvicinò sculettando e appoggiandosi al muro si rivolse al Colonnello.
"Certo, Colonnello, ai vostri comandi. L’abbiamo addestrata come volevate. Ed ora dite, chi prendete stasera? Avete voglia di divertirvi?"
Sembravano cani affamati davanti all’osso.
Ed il merito era tutto suo.
"Come sempre, peccato che stasera voglio riservare il divertimento per un’altra. Dopotutto bisogna provare la merce appena arrivata. Beatrice, seguimi."


S-seguirlo? Ma cosa succedeva?! Era già tornato, non era possibile. Le aveva rovinato la vita e continuava a farlo. Il suo mondo era crollato appena aveva scoperto la verità.
Chi ero? Una prostituta? Non ero più io.
Pensare che doveva perdere la verginità con lui, le fece venire il voltastomaco. Lo odiava e non lo sopportava. Era un fastidio anche solo la sua vista.
Non le diede nemmeno il tempo di controbattere che già si stava avviando fuori dalla stanza, che uomo odioso!
Finirà tutto presto. Doveva resistere.
"Tavington, aspettatemi. Avete tanta fretta?"
Lui rallentò un po’ il suo passo, permettendole di raggiungerlo.
"Nessuna fretta, abbiamo tutta la notte per noi. Ho intenzione di sfruttarla. Tutta."
"Ah, sì..veramente? E perché sono proprio io colei che soddisferà i vostri desideri libidinosi? Non avreste preferito quel bocconcino di Sheila oppure Bells o forse ancora Catherine..Perché io?"
Arrestò il passo e la sbatté violentemente contro il muro sghignazzando.
"Qui le regole le stabilisco io. E se io voglio te, sarà te che avrò. Voglio proprio vedere cosa faremo noi due stasera, magari trarrai anche tu piacere dal nostro incontro."
Bea era trattenuta dal suo corpo contro il muro. La schiacciava sempre più, avvicinando il suo viso a quello di lei e così i loro respiri erano in sincrono.
Le afferrò la coscia e la fece combaciare con la sua gamba. Premé su di lei, con l'intento di farle sentire che non scherzava affatto.
"Piacere, con voi? Non credo proprio. Violenza gratuita? Sì. Non mi tirerò indietro, ma badate che da me oltre il corpo non avrete niente. Usatemi, sfruttatemi fino a che non vi sarà nemmeno una goccia di me. Accomodatemi."
Voleva essere forte, doveva fargli capire che non avrebbe ceduto facilmente. La mano dell'uomo salì verso il suo volto fino ad accarezzarle la guancia. Inspirò forte e poi il peso che prima la opprimeva sparì subito. Tavington si spostò e continuò a camminare come se niente fosse.
Una volta arrivati nella stanza del Colonnello, la porta venne chiusa e l’incubo ebbe inizio.
"Quindi, è questa la vostra stanza?"
"Già.."
Lo sguardo di Tavington era strano, difficile da decifrare.
"Sai una cosa, Beatrice?"
Perché continuava a chiamarla così?
"No, ditemi Colonnello."
"Vedi.. Io ti ho presa senza neanche guardarti attentamente. Sei molto lontana dal mio modello ideale di donna. Già.."
Questo era davvero troppo, il suo viso divenne rosso dalla rabbia, l'aveva presa contro la sua volontà e si lamentava pure! Non era un oggetto che poteva cambiare a suo piacimento.
"Cos'è esattamente che non va in me? Non che me ne importi comunque, solo per curiosità." rispose seccata lei.
Il Colonnello sorrise di nuovo in modo cattivo.
"I tuoi capelli sembrano un covo di qualche volatile. Il tuo fisico, poi, lascia alquanto a desiderare, posso solo supporre che siate una donna.. di buona forchetta."
Ma come si permetteva?
"Era un modo galante per dirmi che sono grassa, Colonnello? Avete ragione, non sono una bacchetta di legno come le vostre signore Inglesi. Non ho i capelli ornati e abbelliti come una lampada da sera. Non sono fine o ben curata. Ma sapete una cosa? Non me ne importa niente né del vostro giudizio né di quello degli altri. Preferisco essere me stessa piuttosto che essere un prodotto in serie come le vostre compaesane."
Era davvero irritata, il suo atteggiamento era odioso.
"Pensi davvero che ti metterei mai a confronto con loro? Siete così diverse. Il tuo aspetto si addice alla tua persona, dolcezza. Comunque sia, ormai sei qui perché farti aspettare?"
Ah, pure! Perché non aveva un coltello sottomano, ne avrebbe fatto buon uso.
"Pensate davvero che io vi lasci fare tutto quello che volete senza reagire, senza urlare?" rispose scioccata lei.
"Per quello non ti devi preoccupare. Tutti sanno cosa fanno gli Ufficiali la sera. È normale. Devi capirci, abbiamo bisogno di divertirci dopo aver lavorato duramente. E tu, mia cara, sarai il mio divertimento stasera."
Si avvicinò a lei in modo spaventoso. Sapeva quello che voleva.
Quello, proprio quello.
Ciò che lei non aveva ancora concesso a nessuno finora.
La sua prima volta con lui. Con Tavington.
I suoi occhi erano diversi, il suo azzurro si era liquefatto e quella nuova sfumatura li rendeva molto più belli o forse solo molto più eccitati.
Era lei l'artefice del cambiamento?
"Ho cambiato idea." disse lui.
"Davvero? Posso ritornare nei sotterranei?" sperò ancora lei.
Il suo riso le fece comprendere che c’era qualcosa sotto.
"Ma no, sciocchina, non ho cambiato i piani per stasera. Ho rivalutato la modalità."
Tornò indietro e si appoggiò al muro, mentre lei si allontanava sempre di più da lui e purtroppo anche dalla sua unica via d’uscita, la porta.
Le gambe del Colonnello erano incrociate, come le braccia. La guardava dritto negli occhi. Era incredibile il fatto che indossasse ancora la giubba rossa, ma non la toglieva mai? Pantaloni neri, camicia bianca e giacca rossa: ecco l’armamentario dei Dragoni Verdi. Proprio irriconoscibili.
"Spogliati."
Cosa? Davanti a lui. Mai.
"C-con voi?"
"Se vuoi compagnia posso chiamare qualche altro Ufficiale..capitano o tenente?" la prese in giro lui.
Ci voleva anche il suo umorismo, voleva sicuramente umiliarla ulteriormente.
"Non voglio nessun Ufficiale e voi siete compreso nella lista."
"No? L’hai voluto tu. Non ti ho persuasa con le parole, ma forse con questo cambi idea, mmh?"
E così dicendo puntò la sua adorata pistola verso di lei. Non scherzava affatto e avrebbe davvero sparato.
"Perché lo volete? Non vi basta prendere il mio corpo, volete anche la mia dignità?"
"La tua dignità, tesoro, l’hai persa una volta che hai varcato quella porta. Ormai sei il mio giocattolo."
Tanto valeva dargli quello che voleva, tanto avrebbe trovato lo stesso altro da dire. Peggio di quei dannati sofisti.
Con grande rammarico slegò il vestito. Cercò di evitare i suoi occhi, ma sapeva di avere comunque il suo sguardo puntato su di lei. Con un po’ di difficoltà il vestito cadde per terra e rimase nuda, un animale pronto per essere immolato. Ad un certo punto, capì che doveva riacquistare un po' della sua dignità -almeno un po'- così affrontò il suo sguardo, pur sapendo che le sue guance si erano imporporate.
Lui la fissava, meditando sulla prossima mossa.
"Pensavo peggio."
Quel commento era peggio.
"E ora..che si fa?"
"Attenta che la tua impazienza sta gonfiando il mio ego."
Sembrava diverso, stava forse studiando cosa dire? Oppure stava cercando il modo per metterla ancora più imbarazzo?
"Non sono impaziente, voglio solo che finisca presto."
Fece il primo passo verso di lei, piano.
Uno per volta.
Fece un giro attorno al suo corpo, dando un’occhiata da tutte le angolazioni. E poi la spinse verso il letto. Con la sua ottima coordinazione motoria incespicò e volò dritta sul letto. Il materasso era morbido, sembrava essere così accogliente. Tavington doveva essere esigente anche in quello.
Ma che sbruffone quell’uomo. Lui la premé contro le coperte coprendola con il suo corpo.
"Dimmi, Beatrix, sei una gattina cattiva anche con i tuoi amanti?"
Ma quali amanti? Credeva di avere a che fare con una vera prostituta?!
"Avete paura che graffi, Colonnello?"
"Niente affatto, tesoro. Stavo semplicemente pregustando il mio piacere imminente." e con un sorrisino Tavington ribatté.
"Vi odio come non ho mai odiato nessun altro. Ve lo giuro."
Lui rise, quasi come se si alimentasse con le sue provocazioni.
"Mi piace l’odio, Beatrice. È qualcosa di forte, pulsionale. Si dice che l’odio e l’amore siano come il corpo e la sua ombra, non possono mai essere disgiunti, non pensi che si addica a questo momento?"
La risata beffeggiante di Tavington la infervorò.
"Come avete fatto a non capirlo prima, la verità è che io vi amo alla follia, voi però non mi lasciate la possibilità di dimostrarvelo...Brutto verme schifoso, prenditi questo."
E così dicendo gli sputò,'con tanto amore', in faccia.
Pulendosi la faccia con la manica della camicia le disse:
"Molto divertente, Beatrice. Vedo che ti stai allietando, non credi che sia venuta l'ora di far gioire anche me?"
Portò le sue mani sulle sue cosce portandole all’altezza dei suoi fianchi.
Le sue mani esploravano il corpo, soffermandosi sul seno, lo accarezzò con dolcezza disegnando cerchi concentrici attorno al capezzolo.
Sapeva che l'atto doveva farle schifo, allora perché le fece uno strano effetto il suo tocco? Intanto Tavington accostò la bocca in prossimità del suo capezzolo e poi poggiò le labbra sopra.
OH MIO DIO.
La sua lingua era vorace, aveva perso tutta la dolcezza con la quale insisteva prima. Lei sentiva il sopra bagnato per via del suo tocco e temeva di non essere bagnata solo lì.
Perché il suo corpo reagiva così? Avrebbe dovuto essere impassibile come la sua mente.
Invece disastro.
Sentiva delle strane emozioni che non aveva mai provato prima. Lo stesso trattamento ottenne l’altro capezzolo fino a che la sua bocca discese verso il basso. Si muoveva baciando ogni centimetro di pelle, lasciandola infuocata e poi si fermò all’ombelico. Lo baciò e poi risalì, incollando le sue labbra sulla bocca di lei. Lei cercò di serrarle, ma era inutile.
La baciò lentamente, prima con qualche bacetto leggero e poi iniziando a mordicchiarle il labbro inferiore. Lei sentì che il suo autocontrollo stava per vacillare, non era sicura di riuscire a resistere, perché dentro di sé desiderava sentire ancora una volta il suo tocco lascivo. L’accesso era libero, così la baciò con lo stesso impeto dedicato in precedenza. La lingua girava e ruotava seducendola. Le sue labbra erano così morbide e carnose, umide al punto giusto. Continuava a darle piacere senza che lei avesse corrisposto niente. Non sapeva cosa fare, lui era il primo in tutto. E quando finalmente cercò di muovere la lingua anche lei, lui si fermò.
"Non ti faccio più schifo, Bea?" e con il suo solito ghigno la riportò alla realtà.
Eccolo di nuovo il solito Tavington.
"Avete confuso, Colonnello, il mio entusiasmo con la rassegnazione per un finale che non dipende da me."
La sua bocca si avvicinò all'orecchio di Bea, mordicchiandolo lievemente.
"Quindi vorresti dire che non ti piace, eh?"
Così dicendo continuò a lasciarle umida la pelle per via della sua saliva e scese giù.
Molto in basso, oltre l’ombelico.
"Sai, Beatrice, non credo di aver interpretato male i segnali del tuo corpo. Ne ho toccate di donne, mia cara e so riconoscere il piacere in una femmina. Quando lascerai da parte il tuo orgoglio, riuscirai a divertirti di più anche tu."
"Credete di conoscere il mio corpo cosi bene, Colonnello? Cosa ne sapete voi? Magari ho avuto amanti migliori." lo sfidò lei.
"Lo scopriremo presto. Molto presto."
Senza neanche darle il tempo di realizzare cosa volesse fare, introdusse un dito dentro di lei. Lo spinse sempre più a fondo fino a che incontrò un ostacolo.
"Avete trovato ciò che cercavate, Tavington?"
Stai calma, respira e non pensare a quello che ti sta facendo e soprattutto non pensare al suo tocco lì. Ma che diavolo..
"Aaaaaaaaaaaaaaah!! Colonnello, ma siete impazzito?!"
I suoi occhi si accesero, le sue sopracciglia si alzarono con un cipiglio incredulo.
"Ma come, Beatrice, con tutti gli amanti che hai avuto urli come una ragazzina? Dovresti essere abituata, o sbaglio?"
Ma cosa stava dicendo e perché faceva così dannatamente male?! Si sentiva andare a fuoco.
"S-smettetela Tavington, mi fate male." lo implorò.
"Male? Viste le tue esperienze passate dovrebbe essere una passeggiata, no? Oh giusto, è la tua prima volta. Sai, in effetti dovevo intuirlo che eri vergine, con quel caratterino spaventeresti chiunque."
"Andate al diavolo."
"Come preferisci. E ora di soddisfare anche me stesso."
Slacciò i pantaloni, senza neanche svestirsi.
Lei non riusciva a guardare, così fissò un punto indefinito oltre le sue spalle e liberò la mente. Senza che se ne rendesse conto la penetrò creando ulteriore male. Qualcosa si ruppe, un pezzo di carne probabilmente. E mentre qualcosa di liquido scendeva lungo le sue cosce, lui continuava a spingere.
Lei riusciva a sentire i suoi gemiti addosso a lei, sospirava sul suo collo ed era difficile far evadere la mente.
Spingeva sempre più forte, sembrava una bestia nei movimenti, ma il volto era controllato, evidentemente non era la prima volta per lui. Poi, i suoi spasmi si rallentarono e infine si esaurirono. Si scostò dal corpo della fanciulla e si sistemò i pantaloni, solo allora notò che lei aveva pianto, forse senza rendersene conto. La guardò attentamente, eppure non sembrava per niente colpito.
La guardò senza dire niente per altri secondi e poi si allontanò da lei. Sbottonò la giubba, gettandola poi su una sedia e trattò la camicia allo stesso modo.
Rimase così a torso nudo, infine sfilò gli stivali e si sdraiò sul letto.
Lei era ancora scossa, ma un pensiero spingeva dentro di lei.
Te la farò pagare, Tavington.


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Capitolo 4
*** Il risveglio dopo la tempesta ***


capitolo IV
Capitolo IV
Il risveglio dopo la tempesta




Lo aveva davvero fatto, si sentiva male e si vergognava per quello che aveva perso. Aveva sempre sognato quel momento, immaginandoselo con la persona che avrebbe amato. Invece eccola lì nel letto con l’uomo che forse odiava più di ogni altra cosa sulla Terra.
Sembrava fosse passata un’eternità dal momento in cui aveva finalmente chiuso gli occhi, vedendo fuori dalla finestra poteva dire che era l’alba. Il cielo era colorato di macchie arancioni e rosse, era più che sicura che fosse proprio l’alba. La stanza era leggermente illuminata da permetterle di ammirare meglio il corpo dell’uomo che giaceva vicino a lei. I capelli erano sciolti e sparsi nel cuscino, non si ricordava di averlo visto maneggiare i suoi capelli.
Strano.
Era tranquillo come un bambino, ma lei sapeva la verità, aveva visto che uomo ignobile si nascondeva sotto. Se solo avesse avuto un coltello lo avrebbe piantato dritto nel suo cuore e allora sì che lui l’avrebbe fatta godere veramente. Anche se quell’idea allettava Beatrix, capì che non era saggio farlo fuori nella sua stanza, per di più in un Forte pieno di soldati.
No, non poteva.
Però almeno doveva provare a scappare da lui, prima che si svegliasse. Così sollevò con delicatezza il lenzuolo e scostò di lato le sue gambe, il suo sguardo viaggiò lungo la stanza alla ricerca dei suoi vestiti, li trovò vicino alla poltrona. Mosse i primi passi sul pavimento di legno, cavolo perché proprio quel legno cigolante? Zampettò ancora due o tre passi ed afferrò la sottoveste. Ora sì che stava meglio, almeno aveva riacquistato un po’ di dignità.
"Non penserai di andartene di già, dolcezza?"
Forse pensava davvero di sì, ma era Tavington.
"Veramente mi ero alzata per..andare in bagno. Madre natura chiama."
Il Colonnello si alzò dal letto, noncurante della sua nudità.
Quando si era tolto i vestiti?
Strano.
Non aveva ancora avuto l’occasione di vedere il suo corpo completamente nudo ed era...imbarazzante. La sua parte più pudica la spinse a girarsi di tergo per nascondere la vista di Tavington.
"Non sarai mica timida? Non dopo quello che abbiamo fatto la scorsa notte.."
La sua rabbia crebbe a dismisura, così si girò irosa.
"Che avete fatto Colonnello. Perché io non potevo farci niente, non ero nella condizione di scegliere."
Sentiva il suo viso caldo, causato sia della situazione che dall’ira.
"Potevi scegliere di non trarne piacere. Io non ho obbligato il tuo corpo ad accendersi per me, quello è stata tutta opera tua."
Lo odiava, ma sapeva che diceva il vero. Anche se per poco, aveva gioito di quel momento, ma non lo avrebbe mai confessato, tantomeno a lui.
"V-voi siete..odioso, lo sapete? Io non vi sopporto, come fate ad avere la risposta pronta ogni volta, vi addestrano?"
"Quello è dato dalle esperienze di vita, che mi hanno reso l’uomo che hai di fronte. Quando ricevi tanti colpi, alla fine impari a darli."
Quella cos’era, una specie di confessione? Tavington debole?! Nah, nemmeno se lo avesse visto con i suoi occhi.
Già, proprio quegli stessi occhi che non smettevano di abbassarsi a fissare il suo..
No, Beatrix smettila, guarda altrove!!
"Hai visto qualcosa di interessante?"
Sbruffone, ti piacerebbe.
"Non vi esaltate tanto, non siete il primo uomo che vedo."
Il Colonnello si avvicinò sempre più fino a porsi a pochissima distanza da lei, le soffiava praticamente sul volto l’aria del naso. La sua mano accarezzò la pelle della ragazza muovendosi verso il basso, sempre di più fino a sfiorare il sangue ristagnato sulla sua coscia.
"Molti uomini, vero?"
"Questo non vuol dire niente, ci sono a-altri modi per giacere con un uomo."
L’angolo della sua bocca si alzò verso l’alto, la prendeva in giro.
"Oh, quindi mi vuoi far credere ora di essere esperta. Se fosse davvero così, lo scopriremo presto, Beatrice sei una novità costante. Sarà per questo che ti ho tenuta ancora qui e non ti ho portata giù?"
"Io voglio ritornare dalle altre e vorrei anche capire in che senso sono il vostro giocattolo.."
Rideva di lei, la smorfia che aveva la sua bocca le faceva pensare a nulla di buono.
"Sono contento di vedere che quelle buone a nulla ti abbiano spiegato bene la faccenda. Ora ti basta sapere che sei mia e lo sarai fino a quando mi sarò stancato di te."
Stava giocando con la sua vita, perché era così crudele? E Gabriel cosa c'entrava in tutta quella storia? Lo doveva scoprire al più presto.
"A meno che gli Americani vincano la guerra, allora sarete voi a strisciare Tavington."
"Questi sono solo sogni, Beatrice, gli Inglesi sono in vantaggio, vinciamo una battaglia dopo l’altra tutto fa presagire un finale a nostro favore."
Goditi questo momento finché puoi, perché da adesso in poi cercherò in tutti i modi di farti cadere.
"Se ne siete così sicuro, Colonnello, buon per voi. Ora, con il vostro permesso, vorrei ritornare dalle mie compagne."
"Tanto non mi servi oggi, vattene. Anzi no, prima fai una cosa per me. E falla bene, se non vuoi che mi inventi qualcos’altro."
Beatrix si domandò a quali cose alludesse, aveva imparato in poco tempo ad aspettarsi qualsiasi cosa da quell’uomo.
"Baciami." disse perentorio.
"D-devo ricambiare il vostro bacio?"
Perché doveva essere così enigmatico?
"No, baciami di tua spontanea volontà."
Questo non era corretto, la dichiarava libera, ma allo stesso tempo non le dava altre possibilità.
"E se mi rifiutassi?"
"Dopo essere venuta a letto con me, ti spaventa davvero un semplice bacio?"
Con maestria, Tavington la girò e si pose dietro di lei, attirandola verso la sua solida corporatura. La schiena combaciava con il petto muscoloso dell’uomo facendole mancare il respiro. Il Colonnello le scostò i capelli di lato, denudando il collo per poi depositarvi sopra piccoli baci lascivi. La sua mano strinse forte il suo petto portandola sempre più vicina a lui. Inspirò il suo odore, provocando brividi lungo il suo collo.
"Perché lo fate, perché vi piace torturarmi così?"
"Io non sto facendo niente che anche tu non voglia, o mi sbaglio?"
Lei si girò portandosi alla sua altezza, le sue mani si mossero subito e coprirono la distanza tra i corpi arpionando il collo di Tavington.
"Siete odioso, lo sapete..?"
Le sue piccole mani perlustravano il suo petto, saggiando la compattezza del suo corpo, con le dita disegnò linee immaginarie facendolo sospirare.
"Se solo ne avessi la possibilità vi ucciderei, qui e ora, ma allo stesso tempo c’è qualcosa di sbagliato che mi spinge a volere il vostro corpo.."
Le sue mani ora scendevano giù, giungendo a sfiorare la leggera peluria sotto l’ombelico. Il suo viaggio si fermò lì, si mise a giocare pigramente con i suoi riccioli neri, tirandoli leggermente.
"Cosa mi sta succedendo, cosa mi state facendo..?"
Una mano risalì e gli sfiorò il labbro inferiore, tracciando il suo confine.
"Siete l’essere più ignobile che l’umanità abbia mai conosciuto e io vi trovo irresistibile. Buffo, vero? Qualcuno la chiamerebbe Sindrome di Stoccolma1 immagino.."
Smise di sfiorare i suoi peli e molto lentamente risalì il suo corpo marmoreo fino a porre entrambe le mani sulle sue spalle.
Meravigliandolo, fece un salto e allacciò le gambe attorno alla sua vita, adagiando le sue braccia attorno al collo. Tavington, preso alla sprovvista, quasi barcollò all’indietro, ma si riprese immediatamente afferrando saldamente i suoi glutei.
"Ditemi perché.."
La presa del Colonnello si fece più salda.
"Forse il tuo corpo aveva bisogno solo di questo, lo hai privato di piacere per troppo tempo.."
"Perché con voi? Perché non con il figlio del fabbro? Perché con l’uomo che odio?!"
Tavington si mosse nella stanza, fino a posarla sul tavolo dello scrittoio, le sue mani accarezzarono voracemente le sue gambe, sentendone fame.
"Mi odi, ma mi vuoi allo stesso tempo, vero?"
Sì sì sì
"Lasciati guidare dal tuo desiderio Beatrice."
Se solo fosse stato un uomo qualunque ci avrebbe anche pensato, ma lui era il Colonnello William Tavington, l’assassino di sua madre, come poteva passarci sopra come se niente fosse?
Voleva drogarla con il sesso e lei ci era quasi cascata.
Presa da un’energia nuova lo attirò a sé aggredendo le sue labbra, le succhiò, facendolo gemere e poi depositò diversi baci, infine…lo morse. Più forte che poté e solo quando sentì il sangue gocciolare nella sua bocca si rallegrò.
Godeva grazie al suo piacere, ma traeva ancora più piacere nel vederlo soffrire.
Il Colonnello la schiaffeggiò con forza facendole girare la testa dall’altra parte.
"Ahi!"
Sembrava veramente arrabbiato, vedeva le fiamme nei suoi occhi. Scese dal tavolo,  raccogliendo i suoi vestiti, sentiva di aver vinto una piccola battaglia, ma ben presto sarebbe arrivata la risposta del Colonnello. Quando pensava di poter andare via, lui la fermò, arpionando il braccio e premendo con forza le unghie. Avvicinò la bocca al suo orecchio e le disse:
"Non è finita qui..."
Appena lui allentò la presa, lei corse via.

Era andata così vicina, se si fosse lasciata andare se ne sarebbe pentita.
Dimenticarsi chi fosse lui in realtà, come era successo?
Beatrix era finalmente arrivata a destinazione, era riuscita ad uscire dall’ala del Forte occupata dagli Ufficiali ed ora si trovava nel grande cortile. Una sagoma si stagliò vicino alla grande colonna al centro, doveva essere Gabriel.
Era arrivato il momento di avere chiarificazioni.
"Hey, che ci fai qui tutto solo?"
Lui si girò di tre quarti e la guardò con gli occhi strani, le pupille erano di un nero scuro e sembrava arrabbiato.
Pure lui, no.
"Forse dovrei chiederti io cosa ci fai qui. La porta da cui sei arrivata conduce agli alloggi degli Ufficiali..hai dormito da lui, vero?"
Gabriel non poteva guardarla così. Dopo tutto quello che subiva da quell’uomo, lui era rimasta l’unica luce nelle tenebre.
Doveva capirla.
"Gabriel, senti..conosci Tavington meglio di me.."
"Che ci fai qua allora? Dovevi restare a Pembroke. Lì eri al sicuro.."
Si avvicinò fino a prenderla con due mani e la strattonò più volte.
"Qui non lo sei, loro sono Inglesi, sono i nostri nemici e noi dobbiamo scappare. Sì, dobbiamo scappare e io ti devo portare via con me!"
Non poteva sbarazzarsi di lei così facilmente, c’erano troppe cose da spiegare.
"Gab, ascolta, io devo restare qui, voglio sapere perché mia madre è morta, non posso andare via."
"Samantha è morta e..chi l’ha uccisa?" chiese lui stupito.
"Lo sai chi è..sempre lui. Se vengo via non saprò mai la verità, comunque come farai tu a scappare? Non vedi che siamo sorvegliati notte e giorno, è impossibile!"
La presa del ragazzo si allentò e lui iniziò ad accarezzarle le braccia dolcemente. All’improvviso si avvicinò e l’abbracciò, forte. Le sussurrò all’orecchio:
"E se ti dicessi che mi sono fatto catturare volontariamente?"
"Gab, ma cosa diavolo stai dicendo, chi è il pazzo che farebbe una cosa del genere.."
Ad un certo punto lei si staccò da lui e lo guardò furiosa.
"No, Gabriel Martin, dimmi che non fai parte di quella banda di assassini!"
"Beatrix, non siamo assassini, noi lottiamo per liberare l’America. Combattiamo per la libertà."
Lei non poteva credere che alla fine avesse fatto proprio quello in quegli anni.
"Allora perché non combatti con l’esercito dei Regolari, perché con quella banda di..ribelli?!"
"Tu non sai quante volte abbiamo vinto, siamo più motivati, più addestrati e siamo delle persone normali che combattono per i loro ideali, combattiamo per non avere il piede straniero nelle nostre terre."
Beatrix sapeva che lui diceva il vero, agivano per il bene di tutti, ma lei aveva sentito le voci che circolavano. Si diceva che quel gruppo di Ribelli fosse guidato dal fantomatico Fantasma, lo chiamavano così perché nessuno riusciva a catturarlo. Era una furia, abilità nel combattere fuse con grande astuzia strategica, sapeva colpire bene i carri con gli approvvigionamenti Inglesi e conquistava sempre il campo. Tutti lo temevano, sia i civili che i militi, pochi erano quelli che conoscevano la sua vera identità, l’epiteto lo proteggeva affinché potesse continuare la sua battaglia. E ora lei sapeva che anche Gabriel faceva parte di quel gruppo, era consapevole dei rischi, se solo gli Inglesi avessero scoperto chi fosse in realtà, lo avrebbero impiccato subito.
Non poteva permetterlo, avrebbe mantenuto il segreto a costo della vita.
"Mettiamo il caso che io, ipoteticamente, ti capissi e vorrei aiutarti, cosa dovrei fare?"
Senza aspettare la sua reazione, lui la baciò. Un bacio diverso da quello del Colonnello, che sapeva di gioventù e lei non poté non ricambiarlo.
Quanto le era mancato quel ragazzo!
"Gab, rallenta, sono ancora abbastanza confusa. Hai un piano quindi?"
"Che ci fate voi qui? Non vi è permesso gironzolare nel Forte, ritornate nelle vostre stanze."
Un soldato si avvicinò e li catturò in pose non prettamente convenzionali.
"Avete ragione, ma è colpa mia, sono nuova e mi devo ancora ambientare."
Finalmente Gabriel lasciò la presa e si staccò di qualche centimetro da lei.
"Tu devi essere quella nuova presa da Pembroke, vero?"
Tutto sommato non sembrava essere una cattiva persona. Era alto, robusto e muscoloso, e aveva i capelli biondi.
"Dite bene e voi..siete?"
Mentre conversavano, iniziarono ad incamminarsi verso lo scantinato.
"Capitano Nikolas Bordon, sono il secondo in comando del Colonnello Tavington."
Me l’ero dimenticato per un po’, perché doveva nominarlo?
"Ah..interessante, quindi conoscete intimamente il Colonnello?"
Il Capitano sorrise e sembrava essere sincero. Alla fine non erano tutti degli orsi, gli Inglesi di quel Forte!
"Difficile darvi una risposta, chi può dire di conoscere bene William? Sta sempre sulle sue, conversa poco e quando lo fa riesce a far piangere anche noi uomini. Posso dirvi che lo ammiro come condottiero, ma come uomo..non lo conosco così bene."
"Siete il suo braccio destro, lo conoscete meglio di chiunque altro, qualcosa potete dire.."
Gabriel sbruffava e si percepiva irritazione nel suo tono di voce:
"Ma cosa te ne importa, Bea? È odioso, pensavo lo avessi capito bene l’altra sera o forse il tuo interesse morboso per quell’uomo c'entra con altro?"
Ma come si permetteva di insinuare tali sciocchezze?!
"Aspetta un po’ Gab, questa cos’è..una sorte di gelosia? Scusa se mi fa proprio ridere! Da che pulpito la predica, da quello che mi ha abbandonata tre anni fa, S-E-N-Z-A spiegazioni!"
Era in collera, il viso rosso per la furia, perché aveva rovinato tutto?! Andava tutto bene e poi quella gelosia era ingiustificata.
"Non è vero, ti ho inviato quella lettera, ti avevo scritto tutto quello che pensavo."
"Secondo te una lettera spiega la fine di una relazione? Io ti amavo sopra ogni cosa, ho pianto giorno e notte per te, aspettando il tuo ritorno. E tu..certo ti sei lavato le mani con una lettera!"
Bordon, che fino a poco prima era rimasto a guardare la scena, interruppe la discussione bruscamente.
"Va Bene Romeo e Giulietta, finitela qua. C’è gente che dorme e non è il caso di litigare in corridoio. Se volete proprio azzuffarvi vado a prendere gli snack da mangiare!"
Beatrix si mise a ridere come una matta, lasciando di stucco i due uomini. A lei bastavano due battutine per cancellare la rabbia.
"Mi piaci Nik, sento che diventeremo amici."
Parlando, erano già arrivati nella loro stanza.
"Sì, sì. Intanto chiamami Capitano Bordon, streghetta. Che roba.."
E mentre lui girava la chiave, lei sentiva di aver conquistato almeno un po’ il cuore del Capitano.

Spoiler prossimo capitolo:
"Quale bacio? L'hai vista baciarsi con il biondo?"
Quindi lui sì e io no. Vedremo.

1 il termine è moderno, ma è l'unico che mi veniva in mente. :)

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Capitolo 5
*** L'assedio di Savannah - I preparativi ***


capitolo V
Capitolo V L’assedio di Savannah – I preparativi





14 settembre 1779

Consiglio di guerra indetto dal Generale Cornwallis.
"Signori, tra qualche giorno condurremo i nostri uomini a Savannah e assedieremo la città. Badate bene che il nostro obiettivo rimane Charleston, ma è utile per controllare meglio i nemici. Il Generale O’Hara guiderà il suo esercito colpendo da sinistra, Colonnello Tavington voi vi unirete da destra, il Colonnello Tarleton invece si muoverà insieme a me seguendo la strada principale."
Tutti gli Ufficiali parlottavano tra di loro, scambiandosi informazioni utili per la partenza. Un’altra battaglia per William per dimostrare la sua bravura. Cornwallis gli aveva lasciato carta bianca, poteva finalmente fare come voleva. Peccato solo che Tarleton, nonché suo acerrimo nemico, fosse di nuovo insieme al Generale, si divertiva a elogiare tutti tranne che lui?
Qualcosa di positivo c’era, muovendosi con i suoi Dragoni avrebbe dettato lui legge, difficilmente avrebbe avuto così tante possibilità di scelta al fianco di Cornwallis.
"Ricordate bene che queste popolazioni, appena avremo finito la guerra, saranno nostri fratelli e dovremo ristabilire nuovamente commercio con loro. Perciò invito ciascuno di voi a ponderare l’uso della forza, e ad utilizzarla solo se necessario. Non c’è bisogno di colorare di barbarie il buon nome inglese."
Forse solo Tavington lo notò, ma lo sguardo del Generale sembrava volgersi proprio verso di lui.
Vediamo un po’ cosa dirai quando domani mi coprirò di gloria.
"Avete domande?"
Tutti si guardarono, ma nessuno aprì bocca.
"Molto bene. Allora dichiaro chiuso questo incontro. Un brindisi a domani, alla vittoria. A Sua Maestà Re Giorgio III."
Tutti i militi alzarono la coppa e brindarono, a coro dissero: "Lunga vita al Re."
Le poltrone vennero svuotate dai soldati, una ad una, e Tavington fu tra gli ultimi insieme a Bordon a lasciare la stanza.
"Quindi, Colonnello, voi sarete il nostro punto di riferimento, non abbiamo nessun vincolo di Cornwallis. Non siete contento?"
Lui sorrideva, ma Tavington sospettava che c’era dell’altro.
"A quanto pare..Nik non trovi anche tu strano il comportamento del Generale? Perché non affidare il lavoro a Banastre, è lui il suo pupillo, no?"
Era stupido impuntarsi su quella cosa, ma l’odio che provava per entrambi quegli uomini certe volte gli annebbiava la mente.
"Non posso credere che la faida tra te e Tarleton sia ancora aperta, pensavo aveste chiarito."
Finché lui si atteggiava da uomo vissuto, no.
William provava antipatia per Banastre perché a soli 22 anni era già Colonnello e sospettava che prima della fine della guerra sarebbe diventato perfino Generale. Lui, invece, aveva 30 anni ed era arrivato al grado di Colonnello perché se l’era meritato, con il sudore di battaglie. Il ragazzino, al contrario, di buona famiglia aveva semplicemente comprato la carica e dato che suo padre -il Lord Tarleton- era amico di lunga data di Cornwallis, era stato facile inserirlo tra i Dragoni Verdi.
Per Banastre era solo un gioco.
Per William, i suoi Dragoni Verdi erano la sua vita.
"Per me la questione non è chiusa fino a che non lo vedo fuori dal mio esercito."
"Sempre il solito Will, quando ti impunti così, mi ricordi quella streghetta.."
Chi?
"Di chi stiamo parlando?"
Bordon aveva gli occhi lucidi, le labbra si erano arricciate ad un sorriso. Era per forza 'Quella' donna.
"È chi penso io, Nik?"
"Affermativo Colonnello"
E, scherzosamente, si mise sull’attenti.

"Quando hai parlato con quel demonio?"
Mentre parlavano, Bordon prese una coscia di pollo dal tavolo del buffet e la divorò voracemente.
"Stamattina, intratteneva il biiiondo."
"Anche se non ti ingozzi come un maiale va bene lo stesso, non ho capito niente. Quello biondo, il prigioniero? Ha fatto amicizia velocemente.."
Finalmente mandò giù il boccone e si pulì velocemente con la manica della camicia.
"Molto velocemente..dovevi vedere William come litigavano, sembravano conoscersi da una vita. E senza parlare del bacio in cortile.."
"Quale bacio? L’hai vista baciarsi con il biondo?"
Bordon non rispose, mosse solo lievemente la testa dando una risposta affermativa in modo silenzioso. Sentiva di aver toccato un tasto dolente per il Colonnello, non voleva farlo infervorare di buona mattina.
"Bene..senti ora devo andare. Ci aggiorniamo stasera per i preparativi della partenza. Ah, mi raccomando, porta lo stretto necessario, se vuoi compagnia femminile, limitata nel numero. Non c’è bisogno di trasferire l’intero harem."
E con un sorrisino il Capitano se ne andò.
Quindi lui sì e io no. Vedremo.


Avevano appena finito il misero pranzo concesso dagli Inglesi ed ora nello scantinato non c’era molto da fare. Beatrix aveva capito come funzionavano le cose al Forte, loro non avevano un compito preciso, potevano essere coinvolte per i lavori più vari. E Shila le aveva confidato che ad alcuni Ufficiali -tra i quali Tavington ovviamente- piaceva prendere alcune di loro per il proprio piacere. Quella era purtroppo un’eventualità reale e lei di questo temeva, non voleva essere una prostituta, avrebbe preferito lavorare anche 24 ore su 24. Non era riuscita a finire la discussione con Gabriel e le dispiaceva molto, ma l’intrusione di Bordon aveva reso il ragazzo triste e un po’ indisposto. Non poteva credere alla sua gelosia, era lei quella che doveva essere arrabbiata. Dopotutto era lui che l’aveva abbandonata col cuore spezzato. In quegli anni non si era fatto sentire molto, forse qualche lettera l’aveva inviata, ma sentiva che si era spezzato qualcosa tra di loro. Sarebbe stato bello aggiustare le cose con lui, ma tre anni passati e il posto in cui si trovavano non rendevano semplici le cose.
"Bea…penso che dobbiamo parlare. Mi dispiace lasciare le cose tra noi così, siamo cresciuti insieme e sento che l’amore per te non è cambiato. Lo sai che ti voglio bene."
Lei non aveva avvertito la sua presenza vicina, troppo presa dai suoi pensieri.
"Non ti preoccupare, Gab, anch’io ti voglio bene. Raccontami un po’ cosa succede."
Lui la prese per il braccio e la tirò fino a raggiungere un angolo buio dello stanzino.
"Ti racconterò tutto, ma non qui, non è sicuro, non si sa mai che abbiano spie anche tra di noi! Ti porto in un posto."
Uscirono sul balconcino e lì lui si arrampicò sulla staccionata e poi saltò. Lei per poco non perse un battito, così preoccupata per la salute del suo amico si affacciò e controllò.
Lui era sull’erba sorridente, era un salto di pochi metri. Roba da dilettanti.
"Salta. Ti prendo io."
Beatrix si fidò di Gabriel e saltò giù e, come aveva detto, la prese al volo e la strinse a sé.
"Visto che ti ho presa? Ora seguimi e fai piano."
Camminarono lungo il perimetro del Forte fino ad arrivare ad una tenda abbastanza logora, allestita per un'occasione particolare in passato e dimenticatasi della sua presenza subito.
Entrarono dentro e la sua ipotesi venne confermata: piccola e sporca. Al centro vi era una barella malconcia e qualche tavolino usurato. Doveva essere una specie di centro di ricovero provvisorio per i soldati feriti. Nonostante l’angusto luogo, rimaneva però protetto da sguardi troppo curiosi.
"Come lo hai scoperto?"
"Qualche mese fa, girovagando per il Forte. Sai, quando sei un uomo in questo posto, ti annoi facilmente."
Uno scalpiccio li fece girare, sembrava che ci fosse qualcuno fuori, così Gabriel uscì a controllare.
"Nessuno."
Rientrò e questo sollevò un po’ Beatrix.
"Bene..raccontami il piano, qual è?"
Lui la fissò a lungo, come per meditare sul confessare o meno i suoi piani segreti. Alla fine parlò.
"Qualche mese fa mi sono fatto catturare con l’accusa di aver aggredito un soldato Inglese. Sapevo che non mi avrebbero impiccato per quello, ma una buona dose di lavori forzati, come immaginavo, mi toccarono.
E così fu.
Il mio obiettivo era quello di raccogliere informazioni, sono stato mandato qui come informatore, spia, chiamami come vuoi, perché ci stiamo preparando a qualcosa di grosso. Facendo molta attenzione e fatica sono riuscito a scoprire la loro prossima mossa, ovvero l’espugnazione della città di Savannah. Essendo una cittadina con pochi abitanti e possiamo dire debole dal punto di vista militare, ci si aspetta un lavoro semplice. Ed è qui che interveniamo noi. Loro non sospettano che ci siamo armati a difesa proprio di Savannah! È incredibile, no? Essere un passo avanti a loro e avere la concreta possibilità di vincerli!"
La faccia di Beatrix diceva che aveva tanti dubbi a proposito. Troppe informazioni in poco tempo e la sua testa non ragionava più bene.
"Aspetta un po’..tu come hai fatto a riferire la notizia? Sembra troppo semplice."
Lui le sorrise e le accarezzò la gota.
"Perché non mi chiedi..Gab perché proprio questo Forte?"
Aveva ragione in effetti. Perchè proprio Forte Charlotte, Cornwallis e Tavington sembravano essere i più crudeli.
"Perché mia adorata noi siamo pronti a colpire il nemico proprio nel suo epicentro, contro i più malvagi...e poi conoscevamo già gente che lavorava qui."
Beatrix schiaffeggiò scherzosamente il braccio dell’amico.
"Scemo e io che ti credevo anche. Quindi tu cerchi e loro riferiscono al grande capo?"
"Sì. Tra qualche giorno saremo liberi, liberi di tornare a casa e quest’incubo sarà finito. Vinceremo questa volta, te lo assicuro!"
Pochi giorni e sarebbe ritornata a casa..ma cosa rimaneva a Beatrix?
Non aveva più nessuno, era sola.
Come se avesse compreso i suoi dubbi, Gab l’abbracciò forte e cercò di trasmetterle un po’ della sua forza.
"Andrà tutto bene, ci sono io con te."
Detto questo. si tennero abbracciati ancora per qualche minuto e poi iniziarono ad incamminarsi verso la loro stanza.
Quando arrivarono, si separarono. Gabriel andò a sdraiarsi sul divano e lei si accomodò su una poltrona sfasciata.
All’improvviso Wellsie si avvicinò a lei.
"Come stai? Ti sei abituata?"
Una domanda da un milione di sterline, abituarsi a quella routine poteva avere solo una connotazione negativa.
"Vuoi dire se mi sono rassegnata a questo destino? Sì."
Wells si chinò vicino a lei e l’abbracciò forte.
"Non dire così, alla fine non è male. Non sono tutti cattivi."
"Vuoi dirmi che ti diverti qua e che non preferiresti essere a casa tua?"
Non poteva volere davvero quell’inferno.
"Buffo..tutti vogliono tornarci, ma io più ci penso e più mi chiedo..quale casa? I miei genitori sono morti, questa è la mia casa."
Il suo viso era strano, non si capiva se fosse davvero triste o felice. Ma una cosa Beatrix l’aveva capita.
Lei è come me.
Avevano un fato simile, anche Wellsie non aveva più una casa, una famiglia e la sorte aveva voluto che quel dannato Forte fosse il sostituto.
Perché la vita era così ingiusta?
Sentiva empatia verso quella ragazzina e forse proprio con lei avrebbe legato di più.
"Allora io e te non siamo tanto diverse. Vediamo un po’ di tirarci su di morale tutte e due..hai trovato l’amore Wells?"
Chissà se conoscendo meglio quella ragazza avrebbe legato davvero..
"Mmm..c’è una persona che mi piace. Lui è bellissimo, biondo e affascinante con quell’accento inglese inglese. Tremendamente sexy! E.."
Che adorabile! Nel raccontare della sua cotta era diventata tutta rossa, sembrava un bel pomodoro!
"E.."
"E..niente. È vietato avere legami sentimentali con gli Ufficiali."
Questa è proprio bella..
"Loro però possono usarci a piacimento come se fossimo strumenti inanimati e senza volontà! Assurdo!"
"Già, hai ragione. Ma Tavington non vuole essere contraddetto, è una sua regola."
Figuriamoci se lui non c'entrasse qualcosa..
"Sai..lo so è difficile da spiegare ma..non so cosa provo esattamente per lui. Ci sono momenti che vorrei ammazzarlo con le mie stesse mani, altri in cui sento qualcosa di diverso. Lo so, ora penserai che sono pazza!"
Wellsie si era inginocchiata per terra e aveva sorriso amaramente all’amica.
"Niente affatto, ti capisco bene..io ho passato tutta la vita ad odiarlo e amarlo nella stessa misura. Ma alla fine di tutto, non posso che fare quello che dice."
Aveva abbassato la testa, quasi come se quel pensiero la facesse vergognare terribilmente.
"Hey tesoro, non fare così, lui sa essere molto persuasivo, se è quasi riuscito con me in un solo giorno, figurati con te che lo conosci da più tempo. Dai, non ti preoccupare, tra poco sarà tutto finito e verranno a salvarci."
La sua testa si alzò di scatto, mostrando gli occhi in lacrime.
"Per te è facile dirlo, tanto domani te ne andrai.."
Beatrix si chiese come facesse a saperlo.
"Cosa stai dicendo, tesoro?"
"Non fare finta di niente, vi ho sentiti.."
Ecco tutti i pezzi che si collegavano, era lei che li spiava fuori dalla tenda.
"Prima hai origliato, Wellsie?"
Sembrava affranta e dispiaciuta, era impossibile arrabbiarsi con lei. Faceva gli occhietti dolci e quelle lacrime facevano commuovere chiunque.
"Non essere arrabbiata con me, non volevo ascoltare, all’inizio ero venuta per parlarti e poi..vi ho visti li dentro parlottare e non ho resistito, scusa."
"Scuse accettate. Ma se hai sentito veramente, capisci che non puoi dirlo a nessuno.
"Sì sì. Lo so. Portami con te."
Quello era proprio escluso, già la missione era pericolosa di per sé. Non voleva mettere in pericolo anche lei, non era giusto.
"Ti prego."
Le sue mani erano unite in segno di preghiera, per rafforzare la sua richiesta.
"No"
"Sì"
"No"
"Sì"
"No"
"Si"
"Va beeeene."
Ecco, ci voleva pure che alzassi la voce. Cosa mi fai fare..
Wellsie si alzò di scatto, facendo voltare la testa di tutti i presenti e si lanciò sulle gambe di Beatrix. La tempestò di baci e le sussurrò nell’orecchio tante cose carine. Era affettuosa come quei graziosi cani che fanno le coccole solo quando vogliono il cibo.
Mi sa che dovrò farmi l’abitudine..di te!
"Lo sapevo che avresti capito, sentivo di aver trovato un’amica appena ti ho visto ieri. Ti prometto che non lo dirò a nessuno. Giurin giuretto."
Beatrix sperava che la ragazza dicesse il vero, anche perché bastava un solo sospetto per metterle nei guai.
"Brava, Wellsie. Io mi sto fidando di te, ti prego non farmene pentire e adesso andiamo a farci un giro, qualcuno qui mi deve raccontare una storia su un bel affascinante Ufficiale biondo.."
Parlarono per ore senza fermarsi per fare altro. Beatrix imparò a conoscere l’amica e si rese conto di quante cose avessero in comune. Prima di tutto erano entrambe orfane e in passato cresciute con genitori poco attenti alle loro esigenze. Avevano dovuto crescere da sole e avevano affrontato i vari ostacoli della vita a loro modo. Una attraverso la solitudine, l’altra con l’allegria.
Nel complesso però si ritenevano due pazze. Stessa bipolarità che le faceva passare da stati di euforia a tristezza in un battito di ciglia. Amavano entrambe J.S.Bach e la danza, quando erano tristi talvolta scrivevano qualche riga nel loro diario. E molte altre cose.
Per la prima volta nella sua vita Beatrix sentiva di aver trovato qualcuno simile a lei.
O semplicemente aveva trovato la sua prima vera amica.
Quando poi il sole calò e lasciò posto ad un bellissimo cielo stellato, intuirono che la notte si stava avvicinando. Wellsie allora salutò la sua nuova amica e si sdraiò nel suo posto-letto.
Nella stanza non si sentivano rumori. Catherine era stata chiamata dal Capitano Wilkins per massaggiargli la gamba dolente, colpita nell’ultima rappresaglia. Gabriel era andato a dormire da ore, perché voleva essere in forze per il grande giorno. Shila e Bella erano state convocate dal generale O’Hara per sistemare gli approvvigionamenti che sarebbero stati portati a Savannah.
Beatrix era al centro della stanza.
Tutto taceva. Nessun rumore.
All’improvviso sentì il lieve battito degli stivali che man mano diventava sempre più forte. Si avvicinò alla porta e percepì i battiti. Sembravano quasi una sinfonia: due passi e poi il terzo era più marcato, e così via con una certa regolarità.
Doveva essere per forza il suo incubo che veniva a prenderla.
Si staccò dalla porta giusto in tempo per non prendersela in faccia. Il volto arrogantemente affascinate del Colonnello Tavington fece la sua comparsa.
"Sempre impaziente, vedo."
"Come sempre, Colonnello."
Lei lo seguì quella sera. Ed era felice, poiché sapeva che sarebbe stata l’ultima.
Un solo giorno e poi sarebbe stata lontana da quel Forte inglese.
Lontana da lui.
Mentre si incamminava, non riusciva a non sorridere.


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Capitolo 6
*** Tempo di Confessioni ***


capitolo VI
Capitolo VI Tempo di Confessioni



Tavington procedeva davanti a Beatrix con un solo pensiero costante, si ripeteva come una litania:
Questa volta è l’ultima.
Mancavano pochi giorni alla partenza, non sapeva ancora con precisione cosa avrebbero fatto dopo, conosceva solamente la prima tappa: Savannah. Molto probabilmente avrebbero continuato a marciare e così il Forte sarebbe stato disabitato per molto tempo. Ormai era abituato alla solita routine. Mettevano su quella fortezza con tutto il necessario, compresa la compagnia femminile e poi lo demolivano. Si spostavano in un altro luogo e tutto ricominciava daccapo. Questa era la vita di un soldato, senza mai una vera casa, ma sempre alla ricerca di nuovi spazi da conquistare.
Questa volta, però, sentiva che c’era qualcosa di diverso.
Non si era mai affezionato ad un posto in particolare perché sapeva che non potevano permetterselo. Avevano fatto una scelta quando avevano deciso per la vita bellica. La famiglia, gli affetti, gli amici, l’amore, tutto passava in secondo piano in favore della patria.
La vecchia bugia rimaneva la stessa dulce et decorum est pro patria mori.
Attraversando il corridoio che conduceva alla sua stanza, rifletteva sulla sua vita, ma soprattutto sul prossimo futuro. Aveva percorso quella strada un sacco di volte prima, tante donne, tanti volti, ma poteva dire di conoscere almeno un loro nome?
No.
Ci era abituato, ma mai nessuna prima d’ora aveva catturato una frazione dell’attenzione che prestava da due giorni a quella strega. La conosceva da poco tempo, eppure le era rimasta impressa..il suo carattere determinato, la sua spensieratezza, la sua forza. Per una volta non era solo affinità fisica, ma andava ben oltre, vedeva in lei i suoi stessi difetti che per anni il padre aveva cercato di correggere con i “suoi” metodi. Più passava del tempo con Beatrix e più ripercorreva la sua gioventù, lei e il suo spirito libero gli ricordavano il giovane William.
Venire nelle colonie doveva essere per lui un volta pagina, ed ecco i suoi incubi riaffiorare per causa..sua.
Ecco perché era giunto alla conclusione che era necessario recidere i legami con lei per sempre, la marcia verso Savannah era una manna dal cielo. Avrebbe finito con lei quella sera, però prima l’avrebbe posseduta per l’ultima volta. Doveva decidere cosa farne di lei..impiccarla o buttarla fuori? La maggior parte di loro venivano uccise perché sapevano troppo, infatti entrando in contatto intimo con gli Ufficiali, potevano venire a conoscenza di informazioni segrete, che avrebbero potuto mettere l’intero esercito in pericolo. Già, era per questo che si decideva per eliminarle tutte.
La decisione era nelle sue mani, sebbene Cornwallis fosse il Capo dal punto di vista formale, quello che realmente decideva e metteva in pratica era Tavington.
A lui spettava la scelta.
Erano appena arrivati nella stanza e Beatrix lo guardava diversamente dal solito, aveva il volto sornione, che cosa nascondeva? Con lei doveva essere sempre cauto, poteva rivelarsi molto pericolosa. E fu proprio quando lei gli sorrise in modo ambiguo che decise.
Doveva morire.


"A cosa dobbiamo tutta questa allegria stasera?"
Non smetteva di sorridere, mentre uno stesso pensiero vagava nella sua mente costantemente.
Quella è l’ultima volta nella stanza con lui.
L’ultima.
Ecco cosa la rallegrava tanto, non dover vedere più lui.
Inventa, inventa!
"Niente di speciale, colonnello. Sono contenta di essermi ambientata nel Forte e ho anche conosciuto una persona e siamo diventati amici."
"Ah, adesso si spiega il tuo buon umore..un’amica, quindi, o un amico?"
Come se la differenza fosse davvero importante per Beatrix, lei era felice di aver trovato persone gentili e cordiali, molto differenti dall’animo scontroso di Tavington.
"È così importante? In che modo le mie amicizie possono affliggervi?"
Erano ancora vestiti al centro della stanza. Lui indossava la sua solita tenuta dei Dragoni Verdi, mentre lei un semplice vestito arancione.
Erano vicini, ma non troppo.
"Mi importano nel momento in cui scambi effusioni con un prigioniero davanti ad un mio subalterno!"
"Oh capisco..siete geloso!"
Il colonnello fece un passo avanti nel tentativo di avvicinarsi a lei.
"Come no. Ti piacerebbe."
Quanto Beatrix odiava il suo ghigno malefico, aveva un modo tutto suo di arricciare il labbro superiore, degno di un uomo veramente malvagio.
"A me, dite? Veramente siete voi quello che si sta lamentando sulle mie tecniche di seduzione."
Il ghigno sghembo era scomparso. Era sorpreso, infatti aveva inarcato il sopracciglio.
"Quindi ammetti di averlo sedotto e poi baciato?"
Adesso fu il suo turno di muovere i passi verso di lui.
Sempre più vicini.
"Perché..vi importa qualcosa?"
"No."
Il viso dell’uomo non permetteva di leggere alcuna emozione, stoico, freddo, quasi marmoreo.
La mano della ragazza si mosse per slegare il suo codino militare. L'unica cosa che aveva il coraggio di ammettere era che adorava quel codino. Prese il laccetto e lo lanciò sullo scrittoio. Ora i capelli di Tavington erano sciolti, lunghi, lasciati liberi al loro stato naturale. Quante volte Beatrix aveva sognato di immergere le sue dite in quella fiumana di capelli. Lo rendevano selvaggio e incontrollabile.
"Siete sicuro che non vi dispiaccia che abbia baciato il giovane Gabriel?"
Pronunciò quelle parole ben sapendo l’effetto che avrebbero avuto sul Colonnello, facendo molta attenzione a marcare “giovane”.
"Dispiacermi, e perché mai? Dopotutto così hai semplicemente confermato il mio giudizio iniziale su di te.."
Senza aspettare la sua prossima mossa, Tavington sbottonò la giacca e la appoggiò sulla poltrona. A ruota seguì la camicia.
"Siete ingiusto se mi parlate così.."
Stranamente lei si sentiva offesa, non aveva bisogno che completasse la frase per sapere cosa non aveva pronunciato, difatti lui amava eccedere nell’uso di quella parola.
Che lei sentiva di non meritarsi.
"Ti aspettavi forse un’altra reazione? Guardami, posso avere tutte le donne che voglio, perché impuntarmi con te?"
"Già..perché? Lasciatemi stare allora, prendete un’altra, avete una vasta scelta."
Le sue risposte avevano acceso il suo animo belligerante, sentiva che era proprio quello che lui voleva. La attirò a sé e posò le sue labbra sulla pelle accaldata di Beatrix, iniziò una lenta tortura fatta di tanti baci lussuriosi sul collo. Sebbene volesse respingere quelle attenzioni, che creavano conflitto nella sua mente, non poté non gioirne. In quello, il Colonnello era un maestro, riusciva a farle dimenticare chi era, cosa faceva e chi era lui!
"Mi piace quando ti scaldi così, sai essere molto espressiva, tipico di voi coloniali, non sapete contenere quello che provate. Paura, amore..tutto amplificato."
Le mani esperte dell’uomo abbracciavano con delicatezza il corpo di Beatrix, facendola fremere senza contegno.
Era proprio quello che voleva? Forse sì, perché tanto sarebbe stata l’ultima volta, poi non lo avrebbe più rivisto. Puntò le unghie nella sua schiena e premé forte, lui cercava sempre di offenderla per il suo essere troppo spontaneo, se era quello che voleva, gli avrebbe mostrato i suoi sentimenti amplificati. Le unghie tracciavano profonde rette parallele nella pelle del Colonnello, poteva percepire il sangue colare dalla schiena, ma non se ne curò. Voleva ferirlo e bere dei suoi gemiti, assaggiò il suo collo che aveva un sapore speziato.
Lo morse.

"Hey micetta, non ti basta più graffiare, mi mordi anche?"
Non sembrava arrabbiato, piuttosto divertito della situazione. Con le altre donne manteneva sempre la sua posizione superiore, mentre con lei sapeva di non riuscirci sempre.
Si baciarono a lungo, meditando sui movimenti repentini delle lingue, che si cercavano e si incontravano. Sembrava che, questa volta, le cose andassero diversamente. Avevano entrambi fame dell’altro, respiravano a fatica pur di mantenere il contatto tra di loro. Tavington le afferrò il volto con due mani e la strinse forte a sé. Poi Beatrix cadde sul letto e venne subito circondata da lui, ma quella sera voleva essere lei a dettare legge. Invertì le posizioni e si mise a cavalcioni sul suo bacino.
"Non mi avrete così facilmente, colonnello. Se lo volete davvero, dovrete darmi qualcosa in cambio.."
Lui era ancora eccitato, respirava con fatica e metabolizzava le sue parole molto lentamente. Alla fine parlò, accarezzandole una guancia.
"Mi sembra che tu stia già ottenendo quello che vuoi.."
Se pensava che a lei bastasse semplicemente del sesso, si sbagliava di grosso. Classica mentalità dell’uomo cavernicolo.
Beatrix prese la sua mano e prima di abbassargliela sul petto, la baciò.
"Voglio altro..risposte."
Tavington sbruffò.
"Perché voi donne dovete sempre complicarvi la vita? Facciamo così, io ti rispondo e tu ti togli un pezzo d’abbigliamento."
Mai una volta che facesse le cose come voglio io!
"Va bene..a patto che siate sincero. Tutta la verità, nessuna omissione o bugia."
Il Colonnello si portò la mano sul cuore in segno di giuramento.
"Lo giuro."
"Prima domanda..perché avete ucciso mia mamma?"
L’uomo stava già alzando la sua gonna, quando lei lo redarguì con uno sguardo come per dire “prima rispondi”.
"Te l’ho già detto, Cornwallis me l’ha ordinato. E, rispondo già alla tua prossima domanda, non so il motivo perchè non me ne ha parlato, penso che non sapesse neanche della tua esistenza."
Strano, aveva ingaggiato uno dei killer più spietati per uccidere sua madre e non si era nemmeno preso il disturbo di eliminare tutta la famiglia. Molto probabilmente aveva ragione Tavington, non sapeva di lei. Volle fidarsi di lui, perciò non chiese altro su sua madre, sembrava davvero poco informato sulla questione.
In effetti cosa ne sanno i sicari? Eseguono solo gli ordini.


Prima domanda alquanto scontata, era curioso di sentire la prossima.
"Vi credo, allora dov’è la vostra famiglia?"
"Na-na tesoro, prima togliti il bustino e poi rispondo."
Senza stare a contestare, si sbottonò molto lentamente il bustino.
Primo bottone.
Sguardo puntato su di lui.
Secondo bottone.
Un’altra occhiata maliziosa.
Terzo bottone.
Si sfiorò il petto con le dita.
Quarto bottone.
Basta William non resisteva più a quella tortura, così continuò lui il lavoro e staccò bruscamente il bustino, rivelando una parte della sua sottoveste.
"Pensi che sia facile mettere KO Tavington? Non sono il giovane Gabriel, ne ho visti di corpi, dolcezza."
Già..allora perché non smetteva di contemplare il suo, sebbene avesse visto dei corpi ancora più appetibili?
"Metto solo in pratica le tecniche di persuasione che conosco Colonnello. Rispondete."
Verità o bugia? Tanto in fin dei conti non l’avrebbe più rivista, se avesse mantenuto la sua promessa di ucciderla..non avrebbe parlato. Tanto valeva raccontare parte del suo passato.
"Mio padre vive a Liverpool nella nostra tenuta ipotecata. Passa le sue giornate a bere, bere e ancora bere. Non so come faccia a sopravvivere dal momento che ha depauperato tutto il nostro patrimonio familiare. Penso che quella sciagurata di mia madre gli mandi dei soldi, dopo tutto quello che ci ha fatto e che le ha fatto, lei lo ha perdonato. È sempre stato così. Lei è andata ad abitare nella dimora di sua sorella, cercando di far restare in piedi quello che rimane del nome Tavington."
La sua stessa confessione lo aveva angosciato, non era solito parlare dei suoi problemi familiari, ma sentiva che lei avrebbe capito. Non lo avrebbe giudicato, visto un fato simile riservato ad entrambi. Nel volto di Beatrix non leggeva orrore, biasimo o derisione.
Pietà. La cosa che lui odiava in assoluto.
"Non provare pietà per me, non la sopporterei. Preferirei una tua battutina."
"Io non provo pietà, davvero. Vi capisco. Anch’io ho vissuto un’infanzia infelice. Mia madre mi ha tirata su da sola, ma la sua presenza è stata così incostante che, se non ci fosse stata, non avrei visto davvero la differenza. Era un fantasma. Almeno a me piaceva vederla così, la sentivo come mio padre..un fantasma. Sai, io il mio non l’ho mai conosciuto, mia madre non me ne ha mai parlato, ma non devono essere stati in buoni rapporti. Immagino che odiando lei, abbia di conseguenza odiato me. Perciò sul serio, odio la pietà quanto voi. L’unico sentimento che provo in questo momento è l’empatia. Strano, vero?"
Molto strano. Ma anche piacevole.
"Come siamo giunti al momento di tristezza, Beatrice? Non ho mai sentito di persone che si dedicano al sesso, rimuginando sul passato. Questo lo fate voi donne tra di voi. Quindi basta domanda sul passato."
Lei mosse la testa in risposta affermativa alla richiesta di Tavington.
"Sono più che d’accordo. Altrimenti perdo tutta l’eccitazione che mi avete procurato, Colonnello."
Intanto calciò via la gonna, rimanendo solo con quella leggera sottoveste.
"Non ti preoccupare per quello. Ti posso accendere in qualsiasi momento, lo sai."
"Mmm..interessante. Però non è giusto, voi siete ancora vestito! Prima dell’ultima domanda dovete concedermi l’onore di spogliarvi.."
Sorriso malizioso.
"Permesso accordato."
Beatrix armeggiò con i grossi bottoni dei pantaloni con difficoltà. Sebbene volesse fare la spavalda, la ragazzina aveva poca esperienza. E il risultato fu un tentativo goffo di seduzione.
Beatrix…
Sfilò i pantaloni fino a denudargli le gambe e scoprì il piccolo segreto di Tavington.
"Ma..mmm..oh mio Dio! Me lo potevate dire!"
Ma se te lo avessi detto, non mi sarei goduto la tua faccia imbarazzata. Tutta rossa.
"Che c’è, non pensavo fosse obbligatorio portare quei fastidiosi mutandoni. E poi è molto più semplice quando sono di fretta e devo toglierli subito.."
"Va bene. Non voglio sapere delle vostre amichette, Colonnello."
Sembrava leggermente scocciata. E come non poteva Tavington cogliere la palla al balzo e offrirle il suo stesso trattamento?
"Gelosa?"
"Oh certo, Colonnello. Da starci male."
Bisognava fare il punto della situazione.
"Hai ancora una domanda, dolcezza e una sottoveste da togliere. Senza parlare della mia fame da placare. Fai la domanda."
Lei scivolò sul corpo atletico del Colonnello fino a porsi a cavalcioni sul suo petto. Dato che non era neanche una sua usanza l’uso di biancheria intima, non voleva che i due sessi combaciassero subito.
"Va bene. Allora, se è l’ultima vi chiedo...quale sarà il mio destino? Dovrò stare tutta la vita qui nel Forte con voi?"
Domanda interessante, che poteva avere tante sfumature diverse. Tavington si chiese di nuovo..
Verità o bugia?
"Tra qualche giorno ce ne andremo da qui. Verrà tutto smantellato e la..manodopera in eccedenza eliminata. È sempre così."
Lei non poteva sapere come funzionavano gli affari di guerra, era solo una civile. Ecco perché non lo aveva ancora aggredito.
"Quindi..il vostro “harem” lo trasferirete con voi?"
Lui non sapeva come impostare il discorso, non aveva mai avuto problemi simili prima d'ora. Aveva ucciso, depredato, seviziato, torturato chiunque/qualunque. Ma, in quel preciso momento, lei lo metteva in crisi.
"Dipende. Qualcuna capita di portarcela, per lo più quelle che creano meno problemi. Per il resto, come ho già detto prima, si attua l’eliminazione, impiccagione. Mettila come vuoi."
Il movimento delle sue mani sul petto del Colonnello si fermò. Scese dal suo corpo e si pose vicino a lui, di fianco. Non era un modo per nascondersi da lui, bensì per vederlo meglio.

Occhi su occhi.
Tempesta contro ghiaccio.
Proprio come la prima volta che si erano visti.
Beatrix gli afferrò saldamente il mento e lo puntò verso di sé.
"Mi state dicendo, Colonnello, che volete uccidermi?"
Nei suoi occhi lei non vedeva niente, il vuoto. Ghiaccio. Erano quelli i sentimenti per lei? Perché allora tutte quelle confessioni, quelle parole..per quale fine? Come se si fosse accesa una lampadina, lei capì tutto.
Le domande, le risposte, la gentilezza, il sesso..tanto poi l’avrebbe uccisa! Non sarebbe rimasta viva per raccontare.
"Volevate togliervi un peso dalla coscienza, vero? La confessione al prete prima di farlo fuori. Era vostra intenzione fin dall’inizio! E io che credevo.."
Tavington allontanò le sue mani e si appoggiò sui gomiti.
"Cosa, credevi? Che mi fossi innamorato, che avessi dimenticato che tu sei una prigioniera ed io il tuo carceriere, cosa Beatrice?"
Lei non rispose. Ma il corpo parlò per la ragazza, in modo molto più loquace di tante parole.
Una lacrima scese lungo la sua gota.
Una leggera scia, silenziosa.
Nessun pianto, nessun singhiozzo.
Si vergognava terribilmente del suo comportamento, cosicché abbassò il viso.
"Ti ho ferita, vero? Questo vuol dire che hai provato qualcosa per me. Forse è meglio chiarire le cose tra di noi."
Le alzò il mento con due dita.
"Io non ti amo, né ora né mai. Sei stata una distrazione, come le altre. Ma come ogni bel gioco si giunge poi alla fine. E questa è la nostra fine."
Beatrix si maledisse per essere stata così stupida da aver potuto pensare che, per una piccola frazione di tempo, lui avesse provato qualcosa per lei.
Ma si sbagliava.
Mandava giù le lacrime, le quali senza farlo apposta colavano sulla guancia ininterrottamente. Rendendola ancora più disperata.
"Avete ragione. Sono stata io la stupida ad illudermi su qualcosa che non c’è mai stato. Non capisco però perché ucciderci, perché non mandarci via?"
Beatrix cercava di fermare i singhiozzi e tentava anche di pulire la faccia, per acquistare di nuovo un po’ di dignità.
"Come potremmo fare altrimenti? Ci conoscete e sapete informazioni sul Forte..potreste venderle agli Americani. Non si può, mi dispiace."
"Non dite che vi dispiace, perché non vi credo. Avete detto che alcune le tenete, con quale criterio?"
Tavington prese a giocherellare con la spallina della sua sottoveste.
"Vorresti dirmi che preferiresti una vita da prostituta anziché la morte?"
Messa così, faceva rabbrividire Beatrix peggio che la morte stessa. Aveva ragione lui. Peccato solo che sarebbero bastati soli due giorni per poi arrivare a Savannah. E lì sarebbe stata libera.
Il Colonnello non sembrava toccato dal suo discorso, tantomeno dalle sue lacrime, era molto più concentrato sul suo corpo.
Già, il suo sesso da soddisfare.
Una lampadina si illuminò di nuovo.
"Avrei una cosa da proporvi. Portatemi con voi a Savannah e poi decidete lì cosa fare, magari cambiano le cose. Non so, ci sono meno battaglie, più tempo libero da passare con me."
Era sinceramente sorpreso, come se non capisse dove volesse andare a parare.
"Cosa ci guadagneresti tu? Ti piace proprio essere la mia puttana.."
Le sue mani fecero calare una spallina.
"Vi sbagliate. Ma a voi sì che vi alletta questa idea e non provate a dirmi che potete rendere vostra schiava qualunque donna di questo Forte. Potete anche non amarmi, come dite, ma vi piaccio e vi attraggo."
Le mani di Beatrix vagarono sul suo addome piatto e si fermarono giusto in tempo sotto l’ombelico.
"Se mi volete sono qua..a vostra disposizione. Pensateci bene, se mi uccidete domani, cosa farete durante il viaggio e dopo? Ci vorrà del tempo per trovarne un’altra..e se per caso vi stancaste di me, potete sempre impiccarmi a Savannah."
Lui stava per rispondere e lei sapeva che non doveva permettergli di usare la ragione. Doveva farlo parlare con i suoi istinti, sennò avrebbe perso. Così gli prese in mano il membro e, senza sapere esattamente cosa fare, iniziò ad accarezzarlo leggermente. Piccoli gesti, profondi e intensi. Non aveva mai toccato un uomo e sperava che Dio la perdonasse per quello che stava facendo, ma serviva per salvarsi. Dio l’avrebbe capita, no? Appena notò il cambiamento nel Colonnello, aumentò la forza del massaggio, causando gemiti sempre più manifesti nell’uomo, che iniziava a buttare l’aria fuori dalla bocca pesantemente. Aveva mantenuto gli occhi aperti, ma il suo normale colore era diventato azzurro liquido, eccitato e bellissimo. La guardava come per chiederle di più, ma lei non glielo avrebbe dato. Voleva anche lei di più.
"Credete di sopravvivere senza di me, Colonnello?"
La sua mano si fermò e lei attese la sua risposta.
Che arrivò presto, anche se con qualche difficoltà dell’uomo di riprendere fiato.
"Stai diventando brava, Beatrice, un po’ di tempo con me e diventeresti la mia pupilla. Ma non sarei arrivato fin qui se avessi dato retta a cosa dice il mio membro."
Sebbene la sua avversione verbale, sapeva di aver scalfito un po’ la sua volontà. Doveva continuare, così si alzò la sottoveste lentamente e poi si spogliò definitivamente.
Rimanendo nuda.
"Lo so che mi volete, dirmi di no nuocerà anche a voi e lo sapete bene."
Manca poco.
"Anche se ti concedessi due giorni in più, cosa cambierebbe? Moriresti comunque."
Peccato che lui non poteva sapere del piano di Gabriel.
"Non sono mai stata a Savannah e poi voi mi potreste insegnare tante altre cose per approfondire la mia tecnica seduttiva. E.."
Lui era dubbioso.
"Sembra che tu mi nasconda qualcosa..oltre le cose futili che mi hai elencato, TU non ci guadagneresti niente. E non farmi credere il contrario.."
"Due giorni."
E lo baciò con convinzione, come si bacerebbe un amante. Approfondendo il bacio e rendendolo sempre più intenso.
"Cosa?"
Lei si staccò, fissando i suoi occhi e senza mai abbandonarli.
"Due giorni in più..di vita. È poco?"
Sebbene Tavington percepisse qualcosa di strano, come se lei occultasse delle cose, lasciò perdere. Per ora.
Due giorni?

Sì, glieli avrebbe concessi.
Si convinse che lo avrebbe fatto solo per approfittare della sua compagnia, ma la verità stava sfiorando anche la sua mente.. non voglio lasciarla andare.

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Capitolo 7
*** Savannah - L'imboscata ***


capitolo VII
Capitolo VII Savannah – L’Imboscata




Tavington venne svegliato dai baci che Beatrix gli lasciava sul suo petto.
"Finalmente, Colonnello. Siete sempre l'ultimo a svegliarvi."
La peccatrice lo tentava, cosa voleva realmente? Era un uomo con desideri sessuali ben accentuati, ma non era uno stolto, intuiva che la donna stesse macchinando qualcosa.
Era molto pericolosa.
"A cosa devo tutte queste attenzioni? Attenta che mi ci potrei anche abituare."
L'uomo la avvinghiò a sé, intrappolandola con le sue forti braccia.
"Dovreste fare voi attenzione..a non affezionarvi a me."
Beatrix attirò la bocca del Colonnello vicino a sé e lo baciò d'impegno. Tavington era confuso, perché se stava mentendo era proprio una brava attrice. Lui sentiva il suo desiderio, percepiva la stessa passione che logorava entrambi.
Lei lo voleva.
Ma questo era il suo pensiero, dopotutto l'aveva minacciata di morte, come poteva giudicare la bontà delle sue azioni? Beatrix magari utilizzava la sua seduzione proprio con lui, il Casanova per antonomasia! Il suo corpo lo spingeva a trattenere la donna, a saziarsi di lei. Ma il suo orgoglio di predatore, o semplicemente il suo orgoglio, gli imponeva di mantenere le distanze. Con lei era un'altra persona, non ragionava come era solito fare, ma si lasciava trasportare dalla donna. Alla fine la notte precedente aveva vinto la strega, aveva ottenuto i due giorni.
Bravo William, ti stai facendo valere! Guardala come ti tenta e ti ammalia, ti porterà alla perdizione.
Come per scacciare le voci nella sua testa, arrestò il movimento della sua bocca e fissò i suoi occhi scuri, per sprofondare nei suoi pensieri.
"Devo aspettarmi una micetta docile d'ora in poi?"
"Dipende da quello che intendete, Colonnello."
Con una mano Beatrix scostò una ciocca di capelli dalla fronte dell'uomo, per poi posarla dietro l'orecchio.
"Farai tutto quello che voglio?"
"No."
Alla fine non era cambiata per niente. Voleva circuirlo con qualche attenzione, ma non era esperta nel gioco e non riusciva a fingere.
Tavington apprezzava la sincerità della ragazza, lei non si perdeva in tante elucubrazioni inutili, diceva quello che pensava, sempre. Per questo motivo il suo atteggiamento lo stordiva. Si era chiesto più volte durante la notte se lei lo avesse davvero amato. Le lacrime erano vere, Beatrix era triste e ferita, proprio come un'amante il cui amore non è ricambiato.
Lui l'aveva trattata come tutte le altre, aveva tratto il suo piacere senza tener conto delle sue esigenze. E, sebbene tutto, lei si era affezionata a lui, tanto da starci male.
Com'era possibile?
Aveva fatto bene, in ogni caso, a mettere le cose in chiaro con lei. Tanto non sarebbe durata, erano troppo diversi, un oceano li divideva e poi lei aveva una condanna di morte che le penzolava sulla testa.
Le aveva concesso due giorni e due giorni le avrebbe dato.
Dopotutto era un soldato, la parola data sacra.
Questo non voleva dire, però, che non avrebbe fatto le cose come voleva, il suo obiettivo rimaneva ucciderla.
Tutte le donne del Forte erano pericolose perché sapevano troppo, lei in particolare era pericolosa per lui. Solo ora riusciva a riflettere sulle cose dette la sera prima.
Ero ubriaco? Sì, ubriaco di sesso.
Aveva raccontato dettagli della sua vita, della sua famiglia, troppo intimi. Lei sapeva troppe cose, era da eliminare.
Concedendole i due giorni, avrebbe reso lei più disposta a fare quello che lui voleva, più docile e anche sicura di averlo sconfitto.
Lui, invece, avrebbe goduto della sua compagnia "ricambiata" per altri giorni e poi l'avrebbe uccisa.
Alla fine avrebbe vinto sempre lui. Come sempre.
Sarebbe morta per mano sua, non voleva che nessun altro la toccasse, sentiva di aver creato un legame particolare con la donna.
In quel momento Beatrix era supina nel suo letto, nuda, indifesa, che lo guardava adorante.
I suoi occhi.
L'avrebbe uccisa nello stesso modo in cui ci andava a letto, guardandola negli occhi. Quegli stessi occhi che, la prima volta a Pembroke, irriverenti lo avevano sfidato. Quando la faccenda si sarebbe conclusa, non l'avrebbe dimenticata tanto facilmente.


Era difficile tornare allegra nella sua stanza. Non dopo le rivelazioni della scorsa notte, nemmeno se lo avesse fatto ubriacare, avrebbe avuto lo stesso risultato. Lui le aveva raccontato momenti della sua famiglia molto privati, eppure si era lasciato lo stesso andare. Beatrix si chiedeva se vi fosse un altro motivo dietro la sua confessione, che sia stato solo perché credeva di ucciderla? In ogni caso era strano e metteva tanti dubbi.
La notte precedente era stata per lei indescrivibile, era stata così vicina alla forca ed era riuscita a scamparla per poco. Tavington era furbo, aveva intuito che lei gli stava nascondendo qualcosa ed era più che sicura che d’ora in avanti l’avrebbe tenuta d’occhio. Beatrix sperava con tutto il cuore che il piano di Gabriel funzionasse, altrimenti il cappio la stava aspettando.
Era stata una stupida a piangere, non riusciva a spiegarsi ancora perché lo avesse fatto. Non doveva farsi vedere in quello stato da lui, proprio dall’uomo che più odiava sulla Terra, ma che allo stesso tempo più amava.
Già, lei aveva sempre evitato l’amore e tutti i suoi fastidi, non era fatta per le storielle romantiche e Tavington faceva al caso suo.
Era per questo che si era legata in modo così morboso a quell’uomo?
Lei non voleva parole vuote sussurrate senza un motivo, voleva la carne.
E lui era tutto questo.
All’inizio aveva incolpato lui della sua infatuazione ed ora capiva che era stato tutto merito suo. La sera precedente il Colonnello le aveva fatto capire che non provava assolutamente niente per lei.
Niente. Era solo un giocattolo sessuale.
Eppure quando facevano l’amore, o forse meglio dire facevano sesso, lui era così caldo e bollente per lei, non era violento o rude in modo eccessivo. Sembrava preso per lei, invece erano solo i castelli mentali che Beatrix aveva costruito.
Nient’altro.
Mentre rimuginava del passato, si convinceva sempre più che era stato una fortuna il rifiuto di Tavington.
Che futuro avrebbero avuto?
Lui era un Ufficiale di fama internazionale, infatti le sue gesta 'eroiche' erano giunte oltreoceano, poteva avere chiunque e di sicuro non voleva una contadinella americana. Cosa poteva offrirgli lei?
Si raffigurò un ipotetico futuro con lui.
Una casetta calda col cibo pronto sul tavolo, lei a guardare la sua mandria di bambini, concepiti tra le varie campagne che lo tenevano occupato. E lui a combattere per il Paese, già un’altra grande differenza tra i due.
Due bandiere opposte: una Inglese, antica e forte; e l’altra ancora in fasce che aspettava di poter essere nelle sue forze, quella Americana. Tavington avrebbe davvero dimenticato quella grande differenza, che era la sua ragione di vita?
No.
In ogni caso, lei avrebbe avuto un ruolo marginale per lui, massaia e madre dei suoi figli.
Infelice.
Lui, al contrario, avrebbe avuto diverse amanti in giro per il mondo.
Felice.
Mentre camminava su e giù nella saletta si domandò solo ora:
Ma che diavolo sto dicendo? Oddio l’ho davvero pensato!! Devo allontanarmi da quell’uomo.
"Beaaa, dove sei stata? È tutta la mattina che ti cerco."
L’allegria di Wellsie le era mancata.
"Prova ad immaginare..burbero, dannatamente sexy, arrogante e Inglese."
Wells appoggiò due dita sul mento col fare pensoso.
"Non sono sicura..Tavington?"
E scoppiarono a ridere senza contegno.
"Proprio lui. Ci credi che fra poco saremo libere? Oggi si fanno le valigie, vero?"
La ragazza prese le mani di Beatrix tra le sue.
"Sìì. Non vedo l’ora, dicono che partiremo dopo pranzo. Vogliono anticipare il buio. In ogni caso è tutto pronto, dovresti andare da Gab, ti cercava."
Doveva assolutamente sistemare con lui i dettagli della fuga, non voleva sbagliare niente. Lo cercò nella stanza, ma non lo trovò. Aguzzando meglio la vista, lo individuò sul balconcino che guardava spensierato il panorama.
"Eccitato?"
La sua voce lo aveva leggermente spaventato, non pensava di essere in compagnia.
"Non puoi immaginare. Aspettavo questo momento da una vita, tutte le barbarie compiute da quegli assassini verranno vendicate."
Gabriel si era girato e aveva allungato una mano sulla guancia della ragazza.
"Alla fine sistemeremo anche le faccende lasciate in sospeso."
Beatrix si chiese se intendesse proprio la loro relazione passata.
"Gab..certe cose meglio lasciarle come sono."
E così dicendo lasciò cadere la sua mano e prese un po’ di distanza.
"Ti lascerò tutto il tempo che vorrai, se vuoi sono qua e ti aspetterò. Ricordi come stavamo bene insieme?"
Come faceva  a dirgli che non riusciva a non pensare al Colonnello maledetto?
"Sì, certo. Mi ricordo. Senti..cosa facciamo domani di preciso?"
Odiava ferirlo, ma non era ancora pronta a confessargli la verità.
"Noi, niente di preciso. Arriviamo a Savannah, ci sarà un’imboscata, uccidiamo gli Inglesi e vinciamo."
"Sei molto sicuro di questo. Avete contato che potrebbero rispondere e attaccare?"
Gabriel sorrise malignamente.
"Oh, sì e lo speriamo. Non è bello colpire qualcuno che non si difende. Ma pensiamo di sfruttare l’effetto sorpresa, di sicuro ci farà guadagnare in tempo. Saranno storditi, indeboliti e avranno subito grosse perdite. Per ora ci basta quello."
In fin dei conti doveva ammettere che non erano degli sprovveduti quei Ribelli, sapevano il fatto loro.
"Quindi, appena incomincia la battaglia io e Wellsie scappiamo? A proposito, va bene che c’è lei, vero?"
Che stupida! Avrebbe dovuto dirglielo prima. E se avesse rifiutato la partecipazione dell’amica?
"Nessun problema. Sono contento che ti sei tirata su di morale, non mi piace vederti triste per colpa di quell’uomo. Tranquilla che non causerà più problemi a nessuno."
Peccato che lui non poteva sapere che il volto dell’uomo già la perseguitava in quel momento, l’avrebbe ossessionata per lungo tempo.
"In che senso?"
"Tutti lo odiano. Di sicuro sarà nel mirino di molti, la sua morte è quasi scontata."
Un conto era volere la sua morte, un’altra vederla. Beatrix non poteva immaginarselo morto davanti ai suoi occhi.
Cosa avrebbe fatto?
Sperò con tutto il cuore che Wellsie fosse più forte di lei, perché più il tempo passava e più aveva paura dei suoi stessi pensieri.
Gabriel la prese per mano e la guidò dentro.
"Andiamo, che si chiederanno che fine abbiamo fatto."

Erano in cammino da diverse ore. Tutte le donne si erano occupate del cibo, dei vestiti e di tutti gli accessori indispensabili. Cornwallis aveva designato ad ognuno un’occupazione, affinché tutto risultasse organizzato minuziosamente. Aveva mantenuto il potere, ma le cose erano cambiate nel giro di poche ore.
Tavington guidava i suoi Dragoni seguendo la strada decisa dal Generale. Era solo, non aveva superiori ed era perciò il Capo della spedizione. Aveva pianificato diversamente dagli altri, sapeva che quell’occasione, più unica che rara, doveva essere sfruttata. Se avesse eseguito gli ordini sarebbe stato semplicemente uno dei vari Ufficiali.
Lui ambiva alla gloria, alla fama, voleva che le sue gesta fossero ricordate nel tempo. Insieme a Bordon aveva radunato i loro militi e si erano incamminati prima delle altre legioni.
Secondo i calcoli del Capitano Wilkins sarebbero arrivati a Savannah al tramonto, anticipando gli altri di mezz’ora. Sebbene fossero pochi minuti di vantaggio, erano sufficienti per circondare la città e prenderla in assalto. Di per sé, l’obiettivo era facilmente conquistabile fin dall’inizio. Non avrebbero opposto resistenza e quando più tardi Cornwallis sarebbero arrivato, avrebbe visto la missione già compiuta. Questa volta non poteva non omaggiarlo -volente o nolente- avrebbe finalmente ottenuto gli onori che aspettava da tempo.
Rimaneva un piccolo dettaglio.
Quel fastidio che aveva un nome particolare. Beatrix.
I prigionieri  erano stati distribuiti equamente: Shila e Bella avevano seguito O’Hara, Catherine e Gabriel con Cornwallis, mentre Wellsie e Beatrix con Tavington.
Queste ultime due non erano state una scelta casuale. Lui le aveva volute e non aveva ammesso repliche. Stranamente nessuno aveva detto niente in contrario, forse perché troppo presi dalla missione.
Le due donne affiancavano il Colonnello a cavallo, montavano entrambe lo stesso purosangue.
"Come va, Beatrice? La clessidra sta finendo la sabbia."
Il volto della ragazza si girò verso l’uomo.
"Splendidamente. Aspetto vostre istruzioni."
La sua arresa lo insospettiva, non era da lei abbandonare così una battaglia, senza almeno lottare.
"Vuoi proprio morire, allora?"
Era più ansioso lui, che lei. Aveva riflettuto abbastanza su cosa fare ed era quasi giunto all’idea di liberarla. Ma il suo comportamento era strano. Era tranquilla, come se a Savannah avrebbe visto la sua salvezza.
"Certo che no, Colonnello. Spero ancora nelle mie arti seduttive."
Tavington sorrise e accostò i due cavalli.
"E se ti dicessi che voglio tenerti con me ancora un po’?"
Invece che sorridere, come si era immaginato, era preoccupata.
Cosa nascondi?
 "Vi direi che non voglio essere la vostra.."
Non finì la frase e guardò imbarazzata l’amica. Evidentemente aveva paura del suo giudizio, la povera Wellsie era rimasta estranea nel discorso, sembrava nemmeno curarsi di loro.
"Che 'cosa' non vuoi essere, Beatrice?"
Finalmente ottenne quello che voleva, la furia nei suoi occhi.
"Lo sapete bene."
"Mmm..non credo."
Gli piaceva punzecchiarla, amava il modo in cui rispondeva e non si faceva mettere i piedi in testa.
"Sì, invece. Vi piacciono solo quelle donnacce."
"Come te?"
Voleva vederla rossa dalla rabbia e sapere anche cosa stava nascondendo.
"Io non sono una puttana, Colonnello. Ma voi, invece, adorate quelle care donne e vi piace rendere tali anche quelle perbene."
Beatrix aveva alzato la voce rispetto al tono che aveva mantenuto fino a quel momento, così Wellsie la accarezzò leggermente. Cercava di trasmetterle coraggio.
"Ieri sera in quale categoria ti collocheresti? Aiutami, perché ho qualche dubbio."
Il Colonnello rise del suo imbarazzo, nel vederla tutta rosa in viso. Lei si girò e non gli rispose più. Dopo qualche minuto, il Capitano Bordon raggiunse Tavington e gli annunciò che la città era molto vicina.
Pochi chilometri.
"Ho cambiato idea."
Aveva catturato la sua attenzione e lei gli aveva di nuovo rivolto la parola.
"In che senso?"
"Non ti voglio uccidere. Sarebbe un peccato dover dire addio ai tuoi 'servigi' "
Non era da sentimentalismo e non voleva che pensasse minimamente che lo avesse fatto per amore.
"No?!"
Era sorpresa, ma non solo, anche stranamente preoccupata. Guardava a destra e sinistra, cercando qualcosa che solo lei vedeva.
O che solo lei si aspettava di vedere.
"Perché adesso? Non vi capisco."
Questa non era la reazione che pensava di vedere in lei. Ebbe la conferma che qualcosa non andava, quando i fanti mandati in prima linea furono colpiti e tramortiti come pezzi di domino.
Il Colonnello alzò il braccio e diede segno di caricare.
"Alle armi!"
I militi si mossero, ma con grande difficoltà. L’obiettivo era accerchiare la città, la sorte si era beffata di loro ed era Savannah che stava accerchiando gli Inglesi.
William si era trovato in situazioni più pericolose, ma solo ora capì di aver fatto un grande errore ad avanzare prima degli altri. Se ci fossero state le altre due legioni avrebbero avuto feriti e qualche perdita, ma avrebbero conquistato lo stesso il campo.
Così, erano spacciati.
Non potevano vincere perché stranamente erano inferiori di numero. I loro avversari non erano civili, ma erano quei Ribelli! Era una trappola architettata alla perfezione, ma chi poteva conoscere le loro mosse? Solo uno del Forte.
Beatrix lo guardava affranta, aveva perso il sorriso, ma continuava ad avere una strana faccia.
Lo guardava e non staccava gli occhi da lui, i suoi occhi che dicevano sempre tutto, in quel momento gli stavano parlando.
Mi dispiace.
Era stata lei a tradirlo, ora iniziava a capire tutto. I pezzi si incastravano e lui si diede dello stupido per aver pensato perfino di liberarla. Mentre lui cercava di evitarle la morte, lei vendeva informazioni ai nemici.
Era l’unica a sapere di Savannah.
Il suo cavallo partì alla carica e Tavington si buttò nella mischia.
Me la pagherai.


N/A
 Ho dovuto tagliare in due parti il capitolo della battaglia, perchè altrimenti diventava troppo lungo! ^_^
Un bacio a tutte coloro che seguono la storia!! :)


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Capitolo 8
*** Savannah – Gli Imperativi del Cuore ***


capitolo VIII
Capitolo VIII Savannah - Gli Imperativi del Cuore



Si sentiva a pezzi, era agitata, nervosa e non sapeva cosa fare esattamente.

Alla fine avevano vinto, non si poteva augurare un finale migliore. Lui li aveva pure aiutati anticipando le altre squadre. I Ribelli erano in vantaggio, avevano già ucciso un terzo della legione e nel giro di poco la squadra di Tavington sarebbe stata sconfitta. Niente di più semplice. I corpi sarebbero stati nascosti e né Cornwallis né O’Hara avrebbero fiutato odore di trappola.
Hai vinto, perché sei triste?
Era facile per il suo cervello parlare, più difficile per il suo cuore. Il Colonnello aveva cambiato idea e quello complicava le cose. Lui aveva ricambiato il suo sguardo ed era furioso, aveva capito del suo coinvolgimento e questo la rendeva ancora più triste.
“Dobbiamo andare Bea.”
Wellsie era scesa da cavallo e la invitò a fare lo stesso. Non poteva andare via subito, il piano originale era stato cambiato. Nessuno si aspettava che Tavington le avrebbe prese con sé.
Eppure lo aveva fatto. Perché?
Gabriel era rimasto con gli altri e bisognava aspettarlo, non aveva spiegato niente a loro del dopo.
“Sì. Saliamo la cunetta e nascondiamoci tra gli arbusti. Aspetteremo lì Gab.”
Wellsie accettò il suo nuovo piano deciso in quel momento e la seguì.
Sedute tranquille sull’erba erano al riparo. Wellsie guardava la battaglia e lei poteva intuire dove vagasse il suo sguardo.
Bordon.
Beatrix si era imposta di guardare altrove, ma i suoi occhi la riconducevano sempre da lui. Era così abile ed esperto in battaglia, uccideva un nemico dopo l’altro senza accusare alcun colpo. La sua giacca si era aperta, sicuramente merito suo per favorire i movimenti di spada. Non aveva ancora avuto occasione di vederlo in azione e adesso capiva perché tutti lo temevano. Era veloce e astuto, sapeva intercettare il colpo nemico e evitarlo con maestria. Ogni volta che qualcuno si avvicinava troppo a lui, il suo cuore perdeva un colpo. Si era messa a pregare per Tavington.
In quel momento capì, non lo voleva morto.
Lo amava. Con i pregi e i difetti.
Le sembrava di essere quasi la protagonista di uno di quei libri sdolcinati, dove la protagonista capisce di essere innamorata, solo nel momento in cui perde il suo amore. Lei non avrebbe aspettato ancora, glielo avrebbe detto subito, anche a costo della vita.
I suoi occhi guardarono l’amica che, conoscendola fin troppo bene, intuì i suoi pensieri.
“Wellsie..”
Lei, anticipandola, fece il segno con la mano per zittirla.
“Non dire niente, tanto vengo con te.”
Non c’era tempo per mettersi a discutere con lei, era testarda quanto Beatrix, quindi non l’avrebbe persuasa.
Sentiva una connessione con Wellsie, lei andava per Nikolas; lei per William.
“Piccolo dettaglio tecnico Bea..come possiamo aiutarli 'noi'?”
Bella domanda. Già, quello non era un romanzo, infatti non sembrava che la battaglia procedesse a rallentatore.
No. nessun libro. È la realtà. E noi siamo donne. Fottute.
“Ormai è tardi per tornare indietro. Prendi quella spada da quel soldato morto e colpisci tutto quello che puoi.”
Sembrava più semplice dirlo, che farlo. Le spade pesavano molto e loro erano deboli anche solo per alzarle.
“Pesano troppo, ma se troviamo delle pistole, potremmo farcela.”
“Bella idea e buona fortuna. In caso non sopravvivessimo, volevo dirti che ti voglio bene, Wellsie.”
L’altra ragazza l’abbracciò forte.
“Anch’ io tesoro.”
Wellsie era partita alla ricerca di armi utili da usare. Nel momento in cui lasciò il corpo dell’amica con lo sguardo, gli occhi di Beatrix cercarono subito Tavington.
Era impegnato con un giovane, aveva caricato la pistola e lo aveva colpito, ma non aveva notato che un altro lo aveva puntato.
Continuava a non vederlo e il ribelle intanto stava caricando la pistola. Lo avrebbe colpito mortalmente, ne era certa.
Doveva fare qualcosa.
“William, alla tua destra!”
Urlò con tutta l’aria che il suo corpo possedeva. Nel suo urlò mise il suo cuore, lui era il suo cuore.
Lui voltò appena la testa nella direzione di Beatrix e la fissò incredulo con tante domande. Poi, dopo aver recepito il messaggio, girò la testa giusto in tempo per vedere la pistola caricata puntata verso di sé.
Non ebbe il tempo di spostarsi.
Il colpo partì e lo tramortì.
Posò una mano sulla ferita sanguinante sul suo torace e poi cadde a terra. L’altro non andò oltre, se andò dedicandosi ad altri soldati.
Lei corse subito verso di lui, noncurante di quello che la stava circondando.
Si inginocchiò per terra e raccolse la testa del Colonnello sulle sue gambe.
Pianse senza sosta e gridò in segno del suo dolore.
“William, no! Ti prego svegliati. Non puoi morire, non adesso. Farò quello che vuoi, ma resisti!”
Lui non rispondeva, gli occhi erano semichiusi e le labbra biascicavano parole senza senso.
“Beatrix, sei tu.”
Ci voleva la morte affinché lui la chiamasse con il suo vero nome. La cosa la fece sorridere.
“Sì, sono qua. Mi dispiace averti tradito, non voglio che tu muoia.”
“Dovresti essere contenta, non mi odi più?”
Faceva fatica a parlare e lei non voleva che si stancasse.
“Shh..non affaticarti. Avrai tempo di arrabbiarti con me, dopo. Ora dimmi, cosa devo fare per aiutarti?”
Fortunatamente il proiettile sembrava non aver colpito il cuore, ma sicuramente era in una zona rischiosa. Doveva agire subito, se non voleva che perdesse troppo sangue.
“Estrai. Proiettile.”
Era sempre più difficile prendere aria per parlare, ma lei capì cosa doveva fare. Sebbene odiasse il sangue, lo fece per lui. Inserì le dita nella ferita e scavò alla ricerca del proiettile. Lo trovò non tanto in profondità e lo estrasse. Sperava che bastasse quello per il momento. Aveva bisogno di essere spostato immediatamente.
In quel momento arrivò Wellsie con Bordon. Il Capitano era malconcio, ma stava meglio del Colonnello.
Wellsie gridò.
“William, oh no! Cosa diavolo è successo?”
Si era creata una strana atmosfera, Tavington la guardava con (?) amore. Alzò un braccio e le accarezzò la faccia, sporcandola di sangue. Lei baciò la mano e pianse, come stava facendo Beatrix da minuti. Quest’ultima si sentiva quasi un terzo incomodo, ma successivamente notò che Bordon non era sorpreso della situazione che si era creata.
“Non ti preoccupare, tesoro. Starò meglio. Non piangere.”
Ma lei lo faceva e più lo sentiva parlare con fatica e più stava male.
“Non devi morire Will, tu sei tutto quello che mi rimane. Non mi lasciare anche tu.”
“Non lo farò, sorellina.”
Adesso la questione era chiara.
Fratelli.
Come aveva fatto a non notare le somiglianze prima? Gli occhi erano uguali. Avrebbe voluto farle mille domande, ma sapeva che non era il momento. Intanto Bordon aveva preso un braccio del Colonnello e insieme alle altre due donne cercava di spostare Tavington.
Riuscirono a raggiungere la cunetta e a depositarvi l’uomo.
“Vado a cercare aiuto. Resta qui con lui e non muoverti.”
Il Capitano se ne andò via e si portò dietro Wellsie. Le due ragazze si guardarono senza aprire bocca, Wellsie intuiva quali domande volesse rivolgerle l’amica, così la anticipò. Mentre se ne andava le mimò con le labbra ‘poi ti racconto’.
Sparirono dalla sua vista.
Erano di nuovo solo loro due.
Beatrix incominciò ad accarezzare i capelli dell’uomo, sussurrandogli parole dolci. Lei voleva che lui vivesse, quella era l’unica certezza.
Avrebbe fatto di tutto per tenerlo in vita, andando anche contro i suoi compatrioti.
Intanto a valle gli uomini combattevano. Da poco erano arrivati i rinforzi Inglesi e lei pensò che se Gabriel li avesse trovati, sarebbe stata pronta ad attaccare perfino lui per difendere il suo uomo.
Aveva detto “suo uomo”?
“Colonnello, vi prego, rimanete cosciente.”
“Chiamami William. Mi piace. Nessuno lo fa mai.”
La sua voce era roca, per via delle ferite, ma era anche dolce. La guardava con un affetto negli occhi, che non gli aveva mai visto prima. Era quello il volto che avrebbe visto in un uomo innamorato? Nella sua breve vita aveva potuto ammirare solamente il volto di Gabriel. Ma lui era fatto così di natura, era dolce e solare con tutti. Non era semplice ravvisare la differenza di trattamento nei suoi confronti.
Invece con il Colonnello era diverso. Lui manteneva sempre la sua solita stoicità, nemmeno nei loro momenti più intimi assumeva lineamenti dolci. Ecco perché lo spettacolo che gli occhi di Beatrix vedevano la confondevano e la meravigliavano allo stesso tempo, avrebbe voluto vedergli sempre quel sorriso. Non quello maligno, ma quello sincero che le stava rivolgendo proprio in quel momento.
Perché non può essere sempre così?
“William, non voglio che tu muoia, sul serio. Ho capito che non posso ignorare quello che provo per te. Ti..”
Lui girò il volto e si sistemò meglio tra le sue cosce, affinché potesse guardarla dritto negli occhi.
“Ti..”
Lei sospirò ed ebbe grande paura di quelle parole. Era come se la lingua non volesse muoversi.
“Voglio troppo!”
Lui sorrise senza malignità. Per la prima volta.
“Ti ho detto già quello che provo, perché continui questa tortura autolesionistica?”
Lei lo zittì, posando un dito tremante sulle sue labbra.
“Non mi importa che non mi ami. Mi va bene così. Per ora.”
“Sei strana, donna. Sono io il malato o tu?”
Rimaneva sempre lui, sia in malattia, che in salute. Sebbene sul filo del rasoio, non aveva perso il suo solito sarcasmo macabro che lo distingueva.
“Shh..non ti stancare. Riposati e poi ne riparliamo quando, e se, sarai sveglio.”
Gli sorrise in modo genuino e gli tracciò il profilo del mento con le dita.
“A patto che tu mi dica quello che stavi per dire prima.”
“Non posso.”
Tavington prese le sue dita e le baciò. Sebbene la sua condizione precaria gli permettesse movimenti limitati, il suo tocco fece rabbrividire la donna.
“Basta volerlo e soprattutto sentirlo. Non si rifiuta mai l’ultimo desiderio ad un ‘probabile uomo morto’.”
Beatrix puntò i suoi occhi verso quelli del Colonnello e percepì che le forze dell’uomo lo stavano abbandonando. Respirava sempre più debolmente, tossendo con fatica. I suoi occhi erano rossi e lucidi, sul punto di lacrimare per il terribile dolore che stava sopportando.  
Ma non si lamentava.
Giaceva lì, sulle sue gambe, con il sorriso stampato. Doveva soffrire molto, ma non lo manifestava con la voce.
Aveva bisogno di riposo e lei sbagliava a farlo stancare così in quel momento. Avrebbe dovuto farlo addormentare, mentre aspettavano il medico. Invece non riusciva a resistergli, il Colonnello voleva sapere e lui parlava solo attraverso frasi imperative. Beatrix, inoltre, intuiva che non avrebbe trovato più lo stesso coraggio per confessargli i suoi sentimenti. In quel momento lei non aveva sulle sue gambe il Colonnello William Tavington, ma accarezzava semplicemente un uomo, il suo William. Una volta in salute, sperando sempre che tutto andasse bene, sarebbe ritornato ad essere il solito Ufficiale e lei la sua nemica.
Non poteva discutere con lui, quindi decise di dargli quello che voleva.
Si avvicinò e lo baciò.
Fu un bacio dolce, il primo tra di loro. E poi a fior di labbra, molto piano quasi sussurrato, gli disse:
"Ti amo."
Ma il Colonnello aveva già chiuso gli occhi e il respiro non si sentiva più.
Il cuore si era fermato.



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Capitolo 9
*** Il Piano Svelato ***


capitolo IX
Capitolo IX – Il Piano Svelato


Bordon era riuscito a trovare il medico, era un uomo di Savannah poco incline ad aiutarci, il Capitano riuscì a persuaderlo con i suoi modi. Il vecchio dottore appena aveva visto il corpo del Colonnello si era fatto il segno della croce, questo non rallegrò Beatrix, che già sentiva il cuore a pezzi.
Percepiva il corpo di Tavington freddo e fermo, poteva giurare che avesse smesso di respirare da un po’. Tutti insieme avevano spostato l’infermo, depositandolo in un luogo più pulito. Anche se era difficile parlare di pulizia su quel terreno fangoso e sporco.
Il dottore aveva iniziato a prepararsi per intervenire sull’uomo, si era messo i suoi piccoli occhiali e aveva appoggiato a terra la sua borsa con gli strumenti da lavoro.
“Avrò bisogno d’aiuto nell’operazione. Qualcuno qui non regge la vista del sangue?”
Alzò lo sguardo verso i presenti, aspettando una risposta. Ne ebbe una prima da parte di Wellsie, la quale si rifugiò tra le braccia del Capitano, piangendo come una fontana.
“Non penso di farcela, Nik. È William.”
Singhiozzava e parlava per frasi interrotte. Era alquanto scossa, non riusciva nemmeno a sopportare la vista del corpo straziato del fratello.
“Meglio che tu vada a riposarti, Wells. Vieni, sediamoci su quella grossa pietra là e tranquillizzati un po’. William ha bisogno di te.”
Così dicendo, il Capitano accompagnò la ragazza nel luogo citato e passò del tempo con lei. Cercava di farla distrarre.
“Io sto qui, dottore. Se avete bisogno, chiamatemi.”
Ormai rimaneva tutto nelle mani di Beatrix, non lo avrebbe lasciato solo, voleva stare vicino a lui, aspettando con ansia il suo risveglio.
“Molto bene, ragazzina. Credi di essermi d’aiuto?”
“Certamente, dottore. Farò qualsiasi cosa.”
Il medico prese delle forbici e tagliò bruscamente la camicia, già squarciata di suo. Il sangue si era coagulato attorno alla ferita, probabilmente il suo corpo stava rispondendo all’aggressione, cercando di riparare i tessuti danneggiati.
“Com’è messo?”
Dallo sguardo contrariato  del dottore, capì che era meglio lasciarlo lavorare in silenzio, di certo non voleva che a causa della sua irruenza, ne patisse il Colonnello.
Il vecchio uomo si accinse a pulire il sito danneggiato, rendendo ancora più nitida la vista della ferita.
“È stato fortunato il tuo Colonnello. Deve essere stato colpito quasi di striscio, non sembra molto profonda. In ogni caso, dobbiamo rimuovere prima la pallottola per evitare infezioni ulteriori..”
Un pensiero le balenò immediatamente in testa, lo aveva già fatto.
“Dottore, veramente ho già rimosso la pallottola prima, appena è stato colpito.”
“Avete fatto bene. Molto probabilmente gli avete risparmiato mesi a riposo. Non so se questo è un bene o un male..”
Beatrix sapeva che doveva fidarsi del medico, in quel momento era l’unica ancora di salvezza per William. Però c’era qualcosa che non le piaceva nell’uomo, era un nemico del Colonnello, che motivo avrebbe avuto di salvargli la vita? I suoi dubbi vennero in parte spazzati via dall’intervento sicuro del Capitano.
“Ricordate vecchio. Lui muore, voi lo seguite a ruota.”
Un piccolo sorriso si allargò sul volto di Beatrix, sapeva che non doveva ridere delle disgrazie altrui.
Purtroppo era fatta così.
“Emh..certo…b-bè...devo tornare al lavoro.”
Beatrix non conosceva nessuna nozione di medicina, sapeva qualcosina di filosofia, perché la madre ne aveva un’ossessione. Eppure, quello che il dottore stava facendo sul corpo di Tavington era per lei un’incognita.
Poté notare che stava versando un liquido scuro, di cattivo odore. Vennero sparse copiosamente delle gocce sulla ferita e successivamente si mise a tamponare. I passaggi erano i medesimi: unguento seguito da tamponamento.
Un liquido miracoloso..
Fino a quel momento la mano di Beatrix stringeva quella del Colonnello, sebbene le sembrava quasi di toccare un morto. Non riusciva a capire, il medico diceva che non era grave, eppure non respirava. Lei ne era convinta, non aveva più sentito il battito.
Ne era sicura, o forse era solo tutta l’ansia accumulata?
“Come mai quello sguardo strano, ragazzina? Sta guarendo.”
Sembrava sincero o semplicemente era molto più impaurito per le conseguenze che avrebbe dovuto fronteggiare in caso di fallimento.
“Già..sembrerebbe così. Mi stavo domandando..il suo cuore non batteva prima, com’è possibile?”
Le grosse sopracciglia del medico si incurvarono, rendendo ancora più incredulo il suo volto.
“Non è possibile, altrimenti sarebbe morto. Non era così grave da arrestare il battito cardiaco. Senti tu stessa, metti una mano sul suo cuore.”
La ragazza metabolizzava lentamente le parole dell’uomo. Era possibile che si fosse immaginata tutto? Ecco il perché della misurata attenzione del Capitano. Poteva l’amore averla incasinata così tanto?
Si decise a seguire il consiglio del dottore.
La sua pazzia avrebbe avuto fine.
Senza staccare la mano destra dalla mano di Tavington, portò l’altra all’altezza del suo cuore.
Bum..bum…bum
Le lacrime scesero lungo le sue gote senza sosta.
“Batte. Dottore, batte! È vivo!”
Ad un certo punto, la mano del Colonnello si rianimò e strinse quella della ragazza.
“Hey micetta, rallenta. Sarò anche vivo, ma sono ferito. Bloody hell, la ferita è aperta. Perché non l’avete chiusa?”
Sembrava aver riacquistato il tono abituale, nessuna paura e pieno controllo della situazione.
Spostava lo sguardo da Beatrix al vecchio dottore, prima uno poi l’altro; prima uno, poi l’atro.
“E lei, chi è?”
L’uomo balbettò, ritrovandosi le guance colorate un po’ di rosso. Doveva aver sentito parlare del ‘Butcher of Carolina’. Non sapeva come incominciare il discorso, così Beatrix intervenne.
“Colonnello, quest’uomo è il signor..”
Guardò il dottore in cerca di aiuto. Non conosceva il suo nome.
“..Lee..”
“Sì..il signor Lee è un dottore, e vi sta curando.”
Il viso del Colonnello si rilassò e così appoggiò comodamente la testa sulle ginocchia di Beatrix.
“Bene. Allora che sta ancora aspettando? Chiuda la ferita!”
Il vecchio Colonnello stava sostituendo quello infermo e delirante. In ogni caso, le cose che si erano detti e gli sguardi che si erano scambiati, Beatrix li avrebbe custoditi con cura.
Intimorito dalle pressioni di Tavington, il medico si mise all’opera, radunando l’occorrente: filo, ago, una cintola, altre boccette con liquido dal colore scuro.
“Farà male, Colonnello. Mi dispiace, ma non ho avuto il tempo di portarmi dietro gli strumenti anestetici. Morda questa cintura.”
Lo ha fatto apposta..
Beatrix conosceva bene ‘quei’ dottori, a Pembroke ce n’era uno simile. Non lavoravano per la comunità, bensì per il loro onorario. Intuiva che gli Inglesi lo avrebbe ucciso, pensava di restituire a loro in parte il favore.
“Un dottore senza strumenti chirurgici? Non vi sembra un po’ strano, Colonnello?”
Sapeva che il dubbio avrebbe reso più furioso Tavington, stando con lui stava assumendo certi suoi comportamenti. Il suo cuore la spingeva a cercare la verità e se lo avesse ucciso durante l’intervento? Tanto, Tavington, sarebbe morto comunque. Un Colonnello inglese in meno, faceva comodo a loro.
Il volto iroso dell’Ufficiale guardò minacciosamente il medico.
“Come se non ci avessi già pensato, Beatrice. Mi fa piacere sapere che siamo sulla stessa linea d’onda.  Voi, invece, lavorate. Dopo verrete pagato per il servizio prestato alla Corona.”
Il medico era preoccupato.
“Vi prego, Colonnello. Davvero non è stata mia intenzione.”
Ma quelle frasi erano inutili ormai, Beatrix conosceva bene Tavington.
La sua sentenza di morte già pronunciata.
“Zitto. Continuate.”
Il dottore lavorò sulla sutura dei due lembi di pelle squarciati. Forse impiegando più impeto che non avrebbe dovuto. In ogni caso riuscì a completare l’opera e Tavington resistette con coraggio.
Beatrix, infatti, aveva cercato di aiutarlo come poteva per farlo soffrire meno, ma essere cuciti senza anestesia era un supplizio infinito. La cintola che il Colonnello tratteneva tra i suoi denti era scavata di piccoli fossi, causati dai morsi convulsi dell’uomo. Soffriva e cercava di non darlo a vedere, mordeva con forza la cintura e puntava lo sguardo dritto negli occhi di Beatrix.
Lei cercava di trasmettergli forza.
Qualche volta sentiva perfino Wellsie piangere e singhiozzare, soffriva per il fratello e stava sempre più male ad ogni grido dolente.
Il tormento terminò.
Dopotutto aveva ragione il signor Lee, non era così grave come pensava. Il Colonnello riusciva a stare in piedi, anche se i movimenti non erano dei più semplici. Si erse in tutta la sua bellezza.
A petto nudo..
Beatrix fantasticò su di lui, il suo corpo atletico e tonico nei punti giusti risvegliava le sue fantasie più oscure. Si immaginò di baciare ogni singolo centimetro del suo corpo, coprendo tutto il suo petto di baci. Aveva desiderato più volte di ricambiare le sue attenzioni, mostrando che anche lei poteva stupirlo e affascinarlo. Un desiderio nascosto nei meandri della sua mante la spingeva ad alzarsi e poi rivolgere l’attenzione ai capezzoli del Colonnello. Immaginò la sua lingua  tracciare la circonferenza di uno e poi dell’altro..
“Micetta, a cosa stai pensando?”
Oddio, stava davvero fantasticando su di lui.. non si era neanche accorta di aver morso il suo labbro in modo licenzioso. E Tavington sembrava aver intercettato i suoi pensieri, certo stava diventando una pervertita come lui!
“Niente..niente di importante. Cambiano discorso, per favore?”
La sua supplica aveva fatto divertire il Colonnello, che sorrideva in modo sincero. Lui si avvicinò a lei, accarezzandole la guancia lentamente. Poi, all’improvviso, strattonò il bordo del suo corpetto e baciò voracemente le labbra della ragazza.
Beatrix sapeva che non erano soli, c’erano altri tre individui, che molto probabilmente si stavano godendo la scena sghignazzando.
Tavington, noncurante del pubblico, continuò il bacio, approfondendolo sempre di più. La baciava con impeto e fame, come se lei fosse un’oasi nel deserto. E lei non poté non ricambiare, toccando ed esplorando il suo petto muscoloso, su cui tanto aveva sognato.
Quando l’uomo pensò di essere soddisfatto, si staccò dalla ragazza.
I loro occhi continuavano a sfidarsi, senza cambiare direzione.
Occhi su occhi.
Beatrix sentiva di dover dire qualcosa, quando finalmente si decise ad aprire bocca, Bordon l’anticipò.
“William..mmm..Colonnello..”
La sua goffaggine attirò l’attenzione di Tavington che interruppe immediatamente il contatto visivo e si rivolse al suo subalterno.
“Dobbiamo andare Capitano, c’è una battaglia che ci aspetta.”
Beatrix afferrò il Colonnello per il braccio e lo strattonò verso di sé.
“Non potete ritornare, vi ammazzeranno.”
Un cipiglio incredulo si formò nell’uomo.
“Che novità, Beatrice. Siamo in guerra e guarda caso io sono un soldato.”
Ignorandola, recuperò almeno la giacca e la indossò. La maglia era inutilizzabile, perciò la lasciò per terra. Con un cenno del capo invitò il Capitano a seguirlo.
“E noi, che facciamo?”
Tavington penso alla risposta per alcuni secondi. Si era perso troppe cose durante l’intorpidimento.
“Quanto tempo è trascorso da quando siamo arrivati?”
Bordon, efficiente come al solito, rispose con fermezza: “Un’ora, Colonnello. Siete rimasto svenuto per un po’.”
La sera era già inoltrata, il buio si faceva strada e William voleva sapere a tutti costi l’esito della battaglia.
Se Cornwallis avesse saputo dell’accaduto, altro che gloria e statue, avrebbe riso di lui.
Doveva evitarlo.
“Ci dirigeremo tutti quanti a Savannah e sarà entro le mura che deciderò il da farsi.”
Il dottore era rimasto in disparte fino a quel momento, l’ora del suo giudizio era arrivata.
“Per quanto concerne voi, Lee. Sarò magnanimo, non vi ucciderò, questo non vuol dire che non ricambierò il vostro favore.”
Il Colonnello si avvicinò a Bordon e afferrò la sua pistola, prese la mira e colpì il medico.
“Non è una ferita profonda, è solo di striscio. Ora curatevi senza anestesia.”
Il quartetto si incamminò nel bosco per dirigersi verso Savannah.


William camminava soddisfatto, aveva organizzato un piano perfetto e tutti gli avevano creduto. Quando il dottore aveva detto a Beatrix che la ferita non era mortale, aveva pensato che lo avesse scoperto. Invece lei lo aveva supportato, aveva pianto per lui, quelle lacrime così reali che lo avevano lasciato interdetto.
Beatrix era coinvolta in un qualche piano con i Ribelli, non lo aveva confessato, eppure i suoi occhi, sempre così rivelatori, avevano parlato per lei.
Sapeva.
La domanda che si poneva Tavington mentre camminavano era, in che misura aveva partecipato?
In ogni caso conosceva almeno qualcuno che doveva essere legato con quei dannati Ribelli, che lo stavano ossessionando.
Doveva abbattere quell’esercito di contadini e solo allora avrebbe potuto chiedere onorificenze a Cornwallis, prima di allora l’unica cosa che avrebbe ottenuto sarebbe stata derisione.
Guardava dritto lungo il sentiero, noncurante di rovi e serpenti. Aveva deciso di non guardare in faccia Beatrix per un po’, doveva decidere cosa fare di lei. Qualche volta la sentiva lamentarsi per la fatica o per l’ambiente ostile alle scampagnate.
Tipico delle donne..
“Non è lamentandoti che otterrai qualcosa, dolcezza. Sei una contadina, in fondo, dovresti essere abituata a questi luoghi.”
Lei non gli aveva risposto, gli stava al passo e lo guardava torvo sperando di catturare la sua attenzione, almeno uno sguardo.
Ma lui mantenne la testa alta.
La cosa più giusta da fare sarebbe stata averla uccisa prima, quando ne aveva avuto l’occasione, eppure in certi momenti lei lo stupiva, per esempio quando si era occupata di lui, medicandolo ed offrendogli calore ed assistenza.
Era un Ufficiale e non poteva farsi sciogliere da quelle cose da femmine.
Aveva ideato un piano perfetto, da tempo girava voce che vi fosse una qualche spia nel Forte. Troppe informazioni uscivano dalla fortezza in modo inspiegabile. Il Generale aveva riunito solo lui, Tarleton e O’Hara, ed insieme a loro aveva progettato la cattura dei Ribelli a Savannah.
Doveva sembrare l’assedio di una città, in realtà volevano catturare tutti i Ribelli della zona.
Il Generale aveva individuato quell’obiettivo come basilare.
L’errore compiuto da Tavington era stato dare la carica troppo presto, pensava di poter fare tutto da solo. Aveva davvero pensato che la sua legione avrebbe sconfitto da sola il gruppo, non si aspettava però di trovare una cinquantina di uomini.
Troppi, oltre le sue aspettative.
La farsa doveva essere recitata con tutti, prigionieri e servi compresi. Non si sapeva chi fosse la spia, poteva essere un milite, come invece un prigioniero.
Quella era l’incognita ed ora lui aveva la conferma che Beatrix sapeva qualcosa.
L’avrebbe persuasa a rivelargli il nome.
La battaglia, poi, aveva preso una piega sbagliata ed urgeva una sua uscita di scena per gestire meglio la faccenda.
Quel colpo, una fortuna.
Non aveva calcolato, però, la presenza della ragazza, se fosse stata davvero lei la spia, sarebbe scappata via. Invece era rimasta a soccorrerlo, aveva pianto per lui e gli aveva anche confessato il suo amore. In quel momento Tavington avrebbe voluto stenderla a terra e possederla senza pietà. Amava quando si piegava così al suo volere, quando si sottometteva al suo gioco seduttivo.
Lei gli aveva creduto e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui.
Eppure quelle parole non potevano avere significato, sicuramente le aveva pronunciate perché lui stava per morire. Le avrebbe dette anche in un altro contesto?
Un altro dubbio che attanagliava il Colonnello. E poi c’era il suo tradimento, una sua amante non poteva essere una rivoltosa.
No, non era possibile.
Doveva punirla in qualche modo, ferirla.
Savannah. Troverò lì la soluzione..

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Capitolo 10
*** Lady Kitten ***


capitolo X
Capitolo X – Lady Kitten




Avviso:
Capitolo con Rating rosseggiante.


Dopo un’ora
"Quanto manca?"
Si era lamentata più volte, ma lui non le aveva detto niente.
Stavano camminando da ore, per Beatrix sembrava quasi un'eternità. Era stanca e assettata, aveva urgenza di riposare un poco. In ogni caso, nonostante il suo malcontento, non disse altro all'uomo che la affiancava. Conosceva Tavington, poteva immaginare la sua risposta. Così, col passare del tempo, la sua mente si era avvezza ormai alla fatica e non ci faceva più caso.
La cosa che proprio non riusciva a comprendere era il perché del tanto camminare nel bosco, lungo quei sentieri tortuosi e nemici all'uomo. Certo, sicuramente una manna dal cielo per banditi, ma poco utili per il resto. Sentiva tutte le gambe sanguinanti e ferite per colpa dei cespugli di rovi, le braccia erano invece il bersaglio preferito di quelle maledette zanzare.
Si sentiva, nel complesso, orrenda.
Come fa ad essere così calmo? Quanto lo odio..
Anche se devo ammettere che ha proprio un bel fondoschiena..
Senza rendersene conto stava fissando con ammirazione il corpo di Tavington. Come se lui avesse captato i suoi pensieri, le lanciò un'occhiata ammonitrice nel momento in cui gli occhi birichini della ragazza venivano catturati dalla straordinaria rotondezza dei glutei del Colonnello.
Che pensieri! È la stanchezza, gioca brutti scherzi.
Per liberare la sua mente dalle fattezze di Tavington, decise di dare uno sguardo all'altra coppia, che era a qualche passo indietro da loro. Sembravano così felici e soddisfatti, si desideravano reciprocamente e poi il Capitano era divertente, vivace, in sintonia con la spensieratezza di Wellsie.
Perfetti per stare insieme.
Sarebbe stato bello anche per lei camminare mano nella mano con il Suo Colonnello, un pensiero che scacciò immediatamente. Sapeva che era una cosa impossibile, come chiedere alla Terra di non girare attorno al Sole.
Lei poteva sentire il risolino di Wellsie scaturito dalle battutine divertenti del Capitano, se da una parte la cosa la rendeva felice, perché voleva bene all'amica e le augurava ogni felicità; dall'altra non poteva che essere gelosa delle attenzioni che Bordon rivolgeva alla sua compagna. Era così premuroso e affettuoso, lui agiva sempre così, senza che vi fosse dietro un qualche obbligo, lo faceva perché lo sentiva.
Perché lo voleva.
Non ci volle molto per farla ritornare a pensare alla sua ossessione e dannazione, sempre e comunque la sua mente viaggiava verso di lui e la spingeva verso Tavington. Lui camminava fiero come al solito, stavano camminando già da qualche minuto e lui non aveva ancora detto niente.
Terribile l'attesa.
Beatrix aveva così tante domande che avrebbe voluto fargli. Alla fine si fece forza e aprì bocca.
"Come mai tutto questo silenzio?"
Il Colonnello girò leggermente il viso nella direzione della ragazza, volgendole un sorriso maligno. Il suo sorriso.
"Cosa dovrei dire, Beatrice?"
Come faceva a mantenere sempre quella calma? Delle volte lei odiava quel suo modo di fare, avrebbe preferito una sfuriata.
"Qualcosa. Qualsiasi cosa."
All'improvviso Tavington si arrestò e prese ad accarezzarle una guancia. Il suo dito si mosse lungo il perimetro del suo collo, rasentando di poco il suo seno.
Beatrix era incantata dai movimenti lenti e studiati del Colonnello, non riusciva a staccare gli occhi da quelli dell'uomo. Il quale, al contrario, sembrava consapevole delle sue azioni e dell'effetto che provocavano in lei.
"Beatrice.."
La ragazza si era avvicinata al Colonnello, aspettandosi un bacio da lui.
"Mmh..ditemi."
Quel bacio non arrivò.
"Il tuo corpetto è slacciato."
E senza dire altro si incamminò, lasciando Beatrix senza parole.
Quasi come se la magia fosse finta, lei si risvegliò e armeggiò con i lacci del corpetto per metterlo apposto. Una volta fatto, cercò di raggiungere Tavington.
"Tutto qua? Avete perso tutta la vostra fantasia, Colonnello?"
"Forse tu ti aspettavi altro, Beatrice."
Per la prima volta, la guardò serio.
Eccolo, ci siamo, il momento è arrivato.
Voleva parlare di quello che era successo sul campo. Beatrix sentiva di non essere ancora pronta ad affrontare la situazione spinosa. Forse Dio o forse il Destino la aiutò in quel momento.
Erano arrivati alle porte di Savannah. Un grande cartello ligneo apriva le porte della Città.
"Colonnello, cosa dobbiamo fare qui?"
"Seguimi, il resto te lo spiegherò più avanti. Qualsiasi cosa succeda, stammi vicino e fa' quello che dico. Promesso?"
La stava mettendo alle strette, un grande dubbio la sommergeva e non sapeva se fidarsi di lui era la cosa migliore. Con lo sguardo duro, Tavington la indusse a rispondere alla svelta.
Forse fare quello che diceva era sbagliato, ma era l'unica cosa che poteva fare in quel momento.
"Promesso."
Si guardarono negli occhi intensamente per diversi secondi.
Ad un certo punto, un ragazzino dal corpo acerbo e gracile cercò di attirare l'attenzione di Tavington.
"C-Colonnello Tavington..?"
"Sì. Chi mi vuole?"
Il ragazzino sembrava turbato dalla presenza del Colonnello, sicuramente era stato mandato da un Generale. Beatrix poteva leggere nei suoi occhi paura e terrore dell'uomo davanti al quale sostava.
"Il Generale Cornwallis, Signore. Questa lettera è per voi."
Una missiva per lui, strano. Perché non rivolgersi direttamente al Colonnello?
Sempre i soliti misteri di Cornwallis.
Gli occhi di Tavington si muovevano con rapidità tra le righe, le pupille saettavano a destra e sinistra senza sosta.
Che cosa vorrà mai?
"Bordon, alla Locanda di Welma, sarà là che alloggerete temporaneamente. Domani mattina abbiamo un incontro con i Generali."
Il Capitano aveva lasciato la mano di Wellsie e stava ascoltando attentamente le istruzioni del suo Superiore.
"Come volete, Colonnello. Le ragazze..dove vanno?"
"Con noi."
Lo disse con la faccia quasi disgustata -e senza alzare gli occhi dalla lettera-.
Il caos regnava nella mente di Beatrix, lei e Wellsie potevano davvero stare con loro e quale destino le attendeva?
O meglio dire, quale destino attendeva lei..
Il Capitano strattonò bruscamente Wellsie e la esortò a seguirlo.
Poveretta, aveva il viso affranto quanto quello di Beatrix. Era questa la vita che l'aspettava?
Lei aveva ancora tanti interrogativi a cui avrebbe voluto dare una risposta, intanto le venne in mente che c'era ancora la faccenda di Gabriel in sospeso..
Persa nei suoi pensieri aveva dimenticato la presenza del Colonnello il quale, al contrario, non si era dimenticato affatto di lei.
"Non mi guardate così." disse lei affranta.
"Così come, Beatrice?"
Stava sicuramente ideando un piano per farle pentire la scelta fatta sul campo.
"Come se non lo sapeste. Ebbene volete uccidermi?"
"Perché dovrei farlo? Sono un uomo di parola, ti avevo promesso che non lo avrei fatto."
Si era accostato alla donna, posando le sue forti mani sulle sue spalle.
"Neanche dopo quello che avete scoperto di me?"
La memoria del passato accese gli occhi del Colonnello, i quali per un secondo divennero furenti.
"Dobbiamo andare, è già troppo tardi. Alla locanda ci aspettano e non mi piace farmi aspettare."
Le arpionò il braccio e si mise a camminare.
Stava camminando verso una locanda, quale fosse era ancora un'incognita per Beatrix. Lo seguiva, anche perché alternative non ne aveva, il cappio era sempre lì che bussava alla sua porta.
Finalmente il mistero in parte venne risolto.
Lady Kitten.
Se pensava che fosse una semplice locanda come le altre, sbagliava di grosso.
Fuori era stupenda, un grande mulino rosso era collocato vicino all'entrata, per dare il benvenuto ai forestieri.
Non sembrava un punto di ristoro, come si era aspettata Beatrix. La sua idea venne confermata dagli interni: tutto rosso.
Erano presenti tanti tavoli rotondi, piccoli e numerosi. Sedie intagliate finemente, decorate con motivi floreali. A sinistra era situato un banco, probabilmente era il banco del vivandiere. Lucido, pulito. Non aveva mai visto un luogo tanto bello, almeno di quelli che si era potuta permettere a Pembroke.
Il pavimento era fatto di legno, lucido e suonava quasi delle sinfonie con il tacchettio degli stivali.
In fondo alla sala c'era un palco rialzato, dei pendagli dall'alto lo decoravano e creavano delle strane luci.
Un palco..cosa ci faceva lì?
Beatrix guardava adorante il luogo che la circondava, rimanendo incantata dalla bellezza del Saloon stile vecchio West.
La bocca del Colonnello si avvicinò pericolosamente al suo orecchio e sospirò diverse parole che suonavano tanto come una minaccia.
"Comunque, per inciso, non ho scordato quello che mi hai fatto prima.."
Le sue braccia l'avevano attirata verso il corpo robusto di Tavington, ora lui si trovava proprio dietro la ragazza. E la stringeva sempre più, facendole mancare l'aria, non solo grazie alla sua stretta.
Lei si domandava a cosa alludesse di preciso, poteva riferirsi al suo coinvolgimento nel piano di Gab oppure poteva essere la dichiarazione fatta in punto di morte..
Beatrix aspettò, sperando che lui volesse aiutarla a chiarire le idee.
Non lo fece.
Al contrario, respirò sul suo collo, lasciandole tanti baci e poi la morse lascivamente, senza ferirla più di tanto.
Era un morso d'amore.
La sua lingua bagnava la pelle della ragazza, facendola sospirare per lui, si sentiva stanca, ma -se lui glielo avesse proposto- lo avrebbe soddisfatto lì, al centro della sala.
"Sei stata una cattiva micetta, lo sai? Urge da me darti una punizione, tesoro."
La mano del Colonnello aveva alzato un lato della veste, mostrando le sue gambe. Una volta scoperte, la sua mano poté vagliare la coscia di Beatrix senza ostacoli -e lei glielo lasciò fare.
Si sentiva in uno stato di nirvana, libera ed estasiata grazie al tocco rilassante di Tavington.
Poteva anche essere un grande bastardo, ma rimaneva un ottimo seduttore, quelli di peggior specie.
Prima ti ammaliano e poi ti gettano via.. Diceva sempre sua mamma.
La mano impudente del Colonnello si muoveva sul corpo della ragazza, senza mostrare paura o tentennamenti. Stava cercando il fulcro del suo piacere e lo trovò facilmente.
Con una mano reggeva il busto di Beatrix, con l'altra accarezzava dolcemente il sesso della fanciulla, provocando in lei gemiti e sussurri senza contegno.
Lei sentiva di dover dire 'basta', ma il suo corpo la frenava, le proibiva di muovere alcun arto contro le cure maliziose dell'Ufficiale.
Ancora un po' e poi gli dico di fermarsi..
Questo era l'unico pensiero che era riuscita a formulare, anzi l'unica frase di senso compiuto che non iniziasse con 'oh, ah, sì..'
Si ripeteva che lo avrebbe fermato, ma ancora niente.
"Ti piace, Beatrice?"
Anche se il Colonnello non parlava concitato come Beatrix, non sembrava immune al fascino della ragazza. Sapeva -anzi sentiva- di averlo eccitato, riusciva a percepire un rigonfiamento abbastanza turgido posato sul suo fondoschiena.
Avrebbe voluto rispondere 'no', ma le labbra non si decidevano ad emettere alcun suono.
Anzi si stava mordendo quelle stesse labbra, tanto il piacere che Tavington le stava facendo provare. Infatti le sue dite si erano inoltrate tra le pieghe del suo sesso caldo, spingeva sempre più, anelando al frutto della sua passione.
Lo trovò bollente e pulsante per lui, eretto e pronto ad accogliere il suo tocco delicato. Cosa che non accadde, Tavington rigioì del fatto di trovarla bollente per lui, toccò la donna -nel suo punto più intimo- con voracità, senza lasciarle nemmeno il tempo di prendere il respiro. La toccava senza sosta, cercando di farle raggiungere l'apice in fretta.
Lei ansimava e sussurrava parole senza senso, che facevano gonfiare il petto del Colonnello.
Sapeva di essere bravo e lei sapeva di essere in una posizione indecente.
In piedi, mezza vestita, abbarbicata al suo soldato maledetto, sospirando frasi concitate.. chiunque l'avesse vista così, avrebbe pensato di lei di una prostituta.
Sebbene nei meandri della sua mente intuiva che era sbagliato comportarsi così, che al massimo avrebbero dovuto appartarsi in qualche alloggio, in quel momento, però, non rimpiangeva l'attimo con lui.
Le piaceva a dismisura quello che le stava facendo il Colonnello, aveva le labbra martoriate dal tanto mordere. Voleva girarsi e toccarlo e mettere anche lui nella stessa situazione compromettente.
Ma qualsiasi movimento era bloccato dalle forti braccia di Tavington, che la stringevano con grande forza e non le permettevano di fare niente. Se non gioire delle sue attenzioni.
Lui la baciava, la mordeva, la stringeva e respirava affannosamente sulla sua pelle marchiata da lui.
"Desideri ancora volermi morto?"
La stava conducendo poco poco al culmine, i suoi muscoli interni si stavano contraendo preparandosi ad accogliere l'orgasmo imminente.
La stanza ruotava e la sua vista si appannò lievemente. Sentiva di avere le labbra secche e la sudorazione era aumentata.
Era vicina al suo apice.
E poi arrivò. Violentemente.
Fu quasi una liberazione, tutti i muscoli si rilassarono e iniziò a sospirare pesantemente.
Senza che se ne rendesse conto, si stava strusciando in modo indecente contro la protuberanza del Colonnello.
Lui non sembrava contento delle sue attenzioni, quasi non le volesse. Come se il suo obiettivo fosse dare piacere solamente a lei..questo non è Tavington.
"Che fate, non mi volete?" Miagolò lei.
Una donna fece sentire la sua presenza, i suoi tacchi rimbombavano nella stanza e spaventarono Beatrix.
Non aveva bisogno di incontrare gli occhi della donna per sapere quale sentimento la attraversasse. L'immagine che aveva di fronte la poteva percepire anche Beatrix e questo la fece vergognare tantissimo. Le sue gote diventarono rosse e cercò di sistemarsi in qualche modo. Anche questa volta, Tavington non glielo permise, sorrideva, contento della scena che si era creata.
Come se già sapesse tutto, brutto..
"Marie. Siete in ritardo, il Generale mi aveva detto che ero già atteso."
Il volto freddo e inespressivo della donna non si addolcì con le parole del Colonnello, anzi ne sembrò quasi infastidita.
"Infatti vi aspettavo, Colonnello. Certo non potevo pensare che avreste avuto così tanta fretta di soddisfare i vostri bisogni con la vostra prostituta."
Nel giro di pochi secondi, Beatrix riacquisì un briciolo di dignità, non poteva permettere a quella donna -che nemmeno conosceva- di insultarla così.
"Zitta, mia cara. Parlo io, ricordati la promessa."
Le sussurrò lui all'orecchio.
Sicuramente aveva organizzato tutto nei minimi particolari, la vendetta ideale per umiliarla.
"La mia accompagnatrice, per l'appunto, è solo mia, perciò vedete di vestirla a dovere come le vostre pupille, ricordandovi che è di mia proprietà."
Beatrix stava per rispondergli, quando uno sguardo ammonitore del Colonnello la frenò.
La promessa..
Aveva quel sorriso maligno e perfido stampato in faccia. Soddisfatto. (?) Eppure era lei quella soddisfatta.
"Farò come vorrete, Colonnello. Se volete seguirmi, vi mostrerò le vostre stanze."
La ragazza iniziò a preoccuparsi, lontano da lui chissà che fine avrebbe fatto in quel posto.
"Io e lei staremo nella stessa stanza.."
Beatrix rimase sollevata dall'intervento di Tavington.
"..eccetto stasera."
Ecco, aveva cantato vittoria troppo presto. Lei lo tirò per la giubba, esortandolo a rivolgerle la parola subito.
Tavington le scostò una ciocca di capelli fuori posto e la depose dietro l'orecchio.
"Mmh sembra che qualcuno qui voglia un replay."
"Certo, come no. Stasera siete stato troppo gentile, non starete diventando troppo buono? Non avete neanche pensato a voi!"
La mano del Colonnello afferrò il mento della ragazza avvicinando le loro bocche.
"Avrò il mio divertimento, contaci. Ma non con te."
Detto ciò, continuò a seguire Marie lungo il corridoio. Salirono un piano e poi giunsero dopo non molto davanti una porta che segnava il numero tre.
"Ecco la vostra stanza, Colonnello."
"Molto bene, fate accomodare la ragazza e portatele abiti e cibo."
La signora fece un cenno di assenso con la testa e iniziò a girare la chiave della porta.
"Quanto a me, voglio una donna. Subito."
Beatrix entrò nella stanza, la vista di Tavington la schifava. Lo odiava perché riusciva sempre a convincerla di qualcosa e poi il secondo dopo distruggeva tutte le sue convinzioni.
Mentre lei osservava la stanza, gli altri due sembravano parlottare sulla sua 'compagnia per la notte.'
"Ci vedremo domani, Beatrice. Non vieni a darmi il bacio della buonanotte?"
Lei camminò i passi necessari per avvicinarsi alla porta. Non lo avrebbe baciato, di questo ne era sicura.
"Baciate la vostra amichetta, Colonnello."
E così gli chiuse la porta in faccia.
Lui non rispose, non si arrabbiò e non tentò nemmeno di aprire la porta.
Lo sentì canticchiare e allontanarsi da lei.
"Vai pure dalla tua puttana."


N/A
Ciao a tutte!! ^^
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^


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Capitolo 11
*** Voglio il tuo Cuore ***


capitolo XI
Capitolo XI
Voglio il tuo Cuore





Erano passate diverse ore da quando Beatrix era rimasta sola nella stanza. Si rigirava nel letto sperando di chiudere occhio, eppure il pensiero di Tavington la ossessionava. Aveva dormito poco e sentiva che l’alba era ormai vicina. Gli uccellini cantavano e le prime luci del giorno si allargavano tra le tenebre della notte. Sapeva dov’era lui, si era premurato di non omettere la sua destinazione.
Lei poteva cercare di cambiarlo, ma alla fine rimaneva sempre lui.
Il suo tradimento sul campo lo stava incominciando a pagare e lei sapeva bene che le sorprese non erano finite. Intuiva che lui avrebbe trovato un altro modo per farla soffrire.
E il dolore che stava provando in quel momento era grande, avrebbe preferito la forca subito, al supplizio che l’attendeva. Aveva provato a rinnegare i suoi sentimenti per lui, ma invano. Poteva anche dirlo a lui, per orgoglio, ma alla fine era sempre e solo il suo cuore a pagarne le spese.
Saperlo con un’altra la feriva, anche se non capiva il perché.
Era spregevole, malvagio, cercava in tutti i modi di recarle dolore e soprattutto pensava solo ed esclusivamente a se stesso.
Come aveva fatto ad innamorarsi di un uomo così?
Aveva perso la testa per lui, nessun altro era mai riuscito a farle fare certe cose. Nemmeno con Gabriel aveva provato un così forte trasporto.
Un rumore di stivali la avvisò che qualcuno stava arrivando. Non aveva bisogno di chiedersi chi fosse, sapeva che era lui.
Lo sentì aprire la porta e chiuderla con delicatezza, quasi non volesse svegliarla.
Come se a lui importasse davvero quello..
Sicuramente si stava spogliando, perché percepiva il fruscio dei suoi vestiti. E poi, ad un certo punto, sollevò il lenzuolo.
Non aveva voglia di parlargli, era troppo amareggiata, stava pregando affinché il suo corpo non reagisse per lui. E sperava soprattutto che il Colonnello non avesse idee strane in testa.
Lui invece pensava proprio quello.
Aveva accostato il suo corpo al suo e premeva contro di lei, facendole sentire il calore, ma allo stesso tempo infiammava anche la sua rabbia.
Era stato con un’altra, non voleva essere la ruota di scorta, a soddisfare i pruriti saltuari. Tavington accarezzò leggermente il suo braccio, che era rimasto scoperto, e lasciava qualche bacio sulla sua pelle.
“Che c’è, vi siete già stancato della vostra amichetta?”
Lo aveva fatto ridere, di sicuro si stava prendendo gioco di lei.
“Devo interpretarla come una forma di gelosia?”
“Interpretatela come volete.”
Gli rispose bruscamente, lasciandolo a bocca aperta. Credeva che lei sarebbe stata dolce e disponibile, ma si sbagliava di grosso.
“Sì, sei gelosa.”
E così dicendo si girò e prese le distanze da lei.
Beatrix non poteva lasciare la questione così, non voleva che lui avesse –anche questa volta- l’ultima parola.
“Non sono gelosa, smettetela. Non sono la vostra fidanzata né la vostra amante, fate quello che volete.”
Ora che si era girata verso di lui, poteva scrutare meglio il corpo del Colonnello. Era sdraiato sulla schiena, un braccio piegato sotto la testa e gli occhi chiusi.
È rilassato..il porco ora è pieno.
“Per l’appunto. Perché ti urta sapere che mi sono scopato una puttana?”
Già..perché era tanto dispiaciuta?
Bella domanda, se l’era posta diverse volte. L’indifferenza sarebbe stata la risposta più giusta, ma era così difficile essere freddi come il marmo, quando nel cuore si era aperta una voragine.
“Io non sono una puttana.”
Rispose atona, non aveva più voglia di discutere quella mattina. Avrebbe voluto che lui se ne andasse via presto, cosicché potesse chiudersi in stanza per tutto il resto della giornata. Gli diede le spalle e cercò di coprirsi il corpo, nascondendosi da lui.
“Pensi che ti stia usando?”
“Perché, non lo fate?”
Tavington si era di nuovo avvicinato a lei, stringendola forte questa volta e obbligandola a girare il volto verso di lui.
“Mi sembrava ti piacesse farti usare da me.”
La fissava senza lasciare il contatto visivo e lei ricambiava lo sguardo.
“Lo faccio perché non ho scelta, e lo sapete. Non torniamo sui vecchi discorsi.”
Il Colonnello sfiorava il viso della ragazza, accarezzando  il suo collo.
“Lo fai solo per quello?”
E, senza attendere risposta, la baciò.
Era un bacio diverso dai soliti, era dolce e senza pretese. Ricordava molto quel bacio.
E lui, ora, non era in fin di vita.
Non era da lui comportarsi così, voleva forse circuirla con le belle parole e le carezze da gentiluomo? Le piaceva baciarlo in quel modo, le sembrava così spontaneo, non si sentiva costretta da lui. Tavington bagnava le sue labbra e appoggiava dolcemente le sue mani sulla sua pancia. Beatrix sentiva il suo cuore scoppiare, era confusa, non voleva staccarsi da lui. Le loro lingue si cercavano, qualche volta lui si fermava e le stampava qualche bacio sulle labbra.
Lei non sapeva per quanto tempo sarebbe stato così docile, preferì approfittare di quell’occasione -più unica, che rara.
“Fate l’amore con me. Fatemi credere in questo sogno ancora un po’, prima che mi svegli.”
Quelle parole dovevano averlo sconvolto, perché i suoi occhi si erano spalancati e la guardavano con stupore.
“Io non faccio l’amore con nessuna.”
E, per l’ennesima volta, prese le distanze da lei.
Il gioco era passato nelle mani di Beatrix, era lei che lo inseguiva.
Era riuscita a scalfire un po’ il suo cuore di pietra, non avrebbe demorso quando era finalmente giunta ad un primo traguardo.
“Non dovete fare nulla di speciale, è stato così bello poco fa.”
“Io non sono così, Beatrice. Io faccio sesso con chi voglio, quando voglio. I legami sentimentali non fanno per me.”
Lei si commosse senza volerlo. Le sembrava un bambino spaurito, aveva solo bisogno di affetto, peccato che fosse così testardo.
“Allora sarò io a fare l’amore con voi. A me piace così.”
“Non puoi saperlo, sei venuta a letto solo con me.” rimbeccò lui.
Beatrix stava gattonando sul letto, coprendo la distanza che la separava da Tavington.
“Posso però dar voce alle mie fantasie, che si sono moltiplicate da quando vi conosco.”
Il Colonnello non si era ancora spostato, forse aspettava di vedere la sua mossa. Anche se non sembrava convinto di quello che lei diceva.
La curiosità lo induceva a continuare quel gioco con lei.
“Quali fantasie?”
Beatrix rise in modo peccaminoso, Tavington aveva un chiodo fisso.
“Se me lo permettete, ve le mostro.”
Le gambe della ragazza circondarono quelle del Colonnello, imprigionandolo sotto di sé. Con una mano lo spinse giù contro il materasso, per farlo sdraiare.
“Non mi piace essere sottomesso, Beatrice. E non mi piace stare sotto.”
“Uffi, quante pretese Colonnello! È proprio qui che vi sbagliate. L’amore non è sottomissione di una sola parte, entrambe alienano una parte di sè per l’altro.”
E così dicendo lo baciò, come lui aveva fatto prima.
“Non pretendo che mi diciate ‘ti amo’.”
Continuò a baciarlo, appoggiando le sue piccole mani sul volto ispido dell’uomo.
“Non ancora, Colonnello.”
Beatrix si meravigliò del comportamento di Tavington, non era stato sgarbato né rude. Semplicemente sincero.
Lei temeva un suo sbalzo d’umore -da un momento all’altro- e ne aveva il timore.
Stranamente lui aveva ancora la camicia addosso, non l’aveva tolta e quel tessuto stava diventando insopportabile.
“Non cambierò, Beatrice. Mi piace la mia vita così com’è.”
Non si sarebbe arresa, sebbene le sue parole fossero avverse, avrebbe perdurato.
“Non potete saperlo, non avete mai avuto una donna che si sia dedicata solo a voi.”
Tavington aveva stretto i suoi polsi e allontanato le sue labbra da quelle di lei.
“Ma ne ho avute a centinaia a soddisfare i miei bisogni. Perché accontentarmi di una, quando ne possa avere molte?”
Lui era duro da scalfire, così il risultato sarebbe stato più soddisfacente. Non voleva arrendersi, gli avrebbe mostrato i lati positivi dell’amore.
Almeno avrebbe provato.
“Perché io vi amo!”
Il Colonnello aveva alzato la schiena, trattenendo ancora la sua presa ferrea sui polsi della ragazza.
“Tu non sai niente dell’amore.”
“Oh, certo! Non so niente, ogni cosa.. non so niente! So quello che provo quando sto con voi e..anche quando non ci siete.”
Aveva abbassato la testa, vergognandosi di essere sempre troppo debole quando parlava con lui. Avrebbe mai superato quel problema?
“Io invece non provo niente per te, pensa un po’. Cosa proveresti di così forte per me? Sentiamo..”
La voleva ferire e lo sapevano entrambi, questa volta però non si sarebbe lasciata ostacolare da lui. Si svincolò dalla sua presa e -liberata una mano- afferrò una mano del Colonnello, appoggiandola sul suo cuore.
“Ecco cosa sento.”
Non era una ragazza di molte parole, preferiva parlare per fatti.
Sapeva anche lei che il suo cuore batteva molte veloce, poteva perfino percepire il battito che rimbombava nelle sue orecchie.
“Questo non vuol dire niente, io non..provo la stessa cosa.”
“Perché voi non sapete niente dell’amore, rifuggite da esso.”
Le loro mani si erano intrecciate e Beatrix percepiva un barlume di cedimento nel Colonnello.
“Non ci guadagnerei niente dall’amore, è solo una perdita di tempo per persone stupide e senza speranze.”
Anche se le sue parole non erano rassicuranti, il suo tono di voce lo tradiva, il dubbio si era insinuato in lui.
“Sono stupida, ma vi amo.”
Senza aspettare la sua prossima mossa, Beatrix iniziò a sbottonare la camicia di Tavington. In pochi secondi lo aveva privato dell’indumento, lasciando il suo bellissimo petto scoperto.
Baciò quella parte del corpo su cui aveva tanto sognato. Lui si era ammansito, sospirava senza emettere suono e le lasciava prendere il controllo.
Una volta sdraiato nuovamente sul materasso, trascinò lei con sé. Le attenzioni di Beatrix piacevano a Tavington, anche se non proferiva parola.
Le unghie della ragazza graffiavano di tanto in tanto il petto dell’uomo, provocando in lui sospiri pesanti.
“Quindi, non ti sei mai innamorata?”
Beatrix si fermò di colpo, non alzò gli occhi verso di lui. Qualche secondo di pausa e poi ritornò a concertarsi su di lui.
“No.”
Aveva mentito e non sapeva nemmeno perché.
Il Colonnello, però, sembrava aver captato la sua bugia, infatti afferrò i suoi capelli in un pugno e la obbligò a guardarlo.
“Qualcosa mi dice che tu stai mentendo.”
Sembrava un po’ infastidito, perciò alla fine gli raccontò la verità.
“Una volta, tanto tempo fa. Ma ormai non c’è più niente tra di noi.”
“C’entra per caso il prigioniero di Pembroke?”
Beatrix era sorpresa dal ragionamento di Tavington, non poteva averlo capito da solo.
Come si era tradita?
Non rispose, per non mettersi in un altro casino peggiore. Gabriel più stava lontano da Tavington, più era meglio.
“Lo prendo per un sì. E dimmi, ti faceva provare quello che ti faccio provare io?”
Lo voleva sapere solo per gonfiare ulteriormente il suo ego, lo odiava quando faceva così. Discese dalle sue gambe e si rimise al fianco del Colonnello.
“Ma come, ti arrendi di già? Devo credere che quel perdente valga qualcosa per te?”
Il gioco era di nuovo tornato nelle mani di Tavington, come sempre.
In qualche secondo l’aveva imprigionata sotto di sé.
“Preferisci quel tontolone a me?”
Si sentiva una sciocca perché non aveva ancora risposto. Eppure voleva che lui cambiasse argomento presto.
“È diverso.”
“Come ‘diverso’?”
Lo aveva stuzzicato ed ora Tavington esigeva di essere soddisfatto. Beatrix indossava semplicemente una sottoveste che aveva qualche bottone, per la foga di toglierla, quasi gliela strappò. La lasciò nuda, con il corpo dell’uomo che premeva sempre di più contro di lei.
“Non lo so.”       
Il Colonnello iniziò a sbottonarsi i suoi pantaloni e -una volta sfilati- rimase anche lui nudo.
“Sì che lo sai, Beatrice. O lui o io. Decidi.”
Erano entrambi senza vestiti, due corpi caldi e pronti a ricevere attenzioni. Quella risposta che lui tanto voleva, Beatrix sembrava poco incline a concedergliela. Così, per distrarlo, prese a massaggiare il suo membro, credeva che bastasse a fermare Tavington.
“Beatrice..perché fai così? Vuoi il mio amore e poi sbavi per un altro.”
Il corpo del Colonnello rispondeva automaticamente alle sue carezze, facendo oscillare avanti e indietro il suo corpo. Quella sua pelle così delicata era liscia come la seta e le piaceva procurargli quel piacere, perché sapeva di essere lei l’artefice dei gemiti e sussurri esagitati.
“Io voglio voi, nessun altro. Ma..”
Mentre era impegnata nel massaggio, l’altra mano libera vagliava la solidità del corpo di Tavington, meravigliandosi di trovare pochi peli a ricoprirlo. Era muscoloso e tonico, senza un filo di grasso, e lei lo trovava bellissimo. Il corpo trasudava forza bruta. Tavington si era sciolto il codino militare e aveva i capelli in disordine, il suo volto era una maschera di piacere, aveva la testa leggermente rovesciata all’indietro e le labbra dolcemente aperte, dalle quali uscivano paroline senza senso. Vederlo così -fuori controllo- lo rendeva semplicemente un uomo, lontano dal freddo Colonnello inglese.
Ed era tutto per lei, per merito suo.
“Ma, cosa?”
Beatrix aveva tentato la via della seduzione, peccato che Tavington ci sapesse fare, ed era il suo turno.
Bruscamente liberò il suo membro dalle sue attenzioni e iniziò una lenta tortura per indurla a parlare. Voleva farla impazzire e farle implorare di essere presa da lui, doveva esserci solo lui per lei.
Nessun altro.
Il glande toccava e accarezzava leggermente il sesso della fanciulla, senza spingere forte. La sfiorava senza penetrarla, facendola soffrire enormemente e facendole desiderare altro. Usava il sesso come tattica di persuasione, e lei era vicina al cedimento.
Lo voleva terribilmente, da starci male. Si sentiva bagnata e calda, pronta per accoglierlo dentro di sé. Al contrario, lui sembrava volesse continuare quella tortura fino alla sua ammissione.
“Colonnello..”
Intanto -mentre si dilettava a tormentarla sotto- iniziò a toccare anche il seno. Beatrix aveva perso il controllo, gemeva senza contegno.
Lo voleva disperatamente.
“Va bene, lo ammetto. Vi desidero molto di più di lui.”
Non sembrava sorpreso dalle sue parole, anche se lo allettavano.
“Lo sapevo. È un piacere sentirselo dire..ogni volta. Sai, la cagna che mi sono scopato questa notte ha detto lo stesso.”
Anche dopo la sua confessione, Tavington non aveva smesso di toccarla e stimolarla.
“Che differenza c’è tra me e lei?”
Lui rimase in silenzio per un po’ e poi rispose con naturalezza, senza cattiveria.
Solo sincerità.
“Mi piaci. Credo.”
Non era un ‘ti amo’, ma detto da lui era un grande passo avanti.
“Lo sapevo. È un piacere sentirselo dire..ogni volta.”
Sentiva che poco a poco le cose tra di loro stavano cambiando.
“Una cosa da modificare al più presto è la tua linguaccia, Beatrice. Oppure mi costringerai a trovare un altro uso per quella bocca, qualcosa di più utile.
Poteva intuire quello che lui intendesse e non si stupiva neanche che lo avesse detto.
Era da lui.
“Forse Colonnello, quando anche voi utilizzerete la vostra per qualcosa di più utile..ad entrambi.”
Tavington rise della sua allusione e forse per la prima volta qualcuno lo aveva stupito veramente.
“Questa giornata promette bene. Stai diventando spudorata come me, dolcezza.”
Il Colonnello le accarezzò le gambe, mentre la baciava con una fame nuova. Lei aveva imprigionato con le sue gambe il torso dell’uomo, ricambiando il bacio con la stessa energia di Tavington. La baciava, la mordeva, la graffiava, lasciando diversi marchi sul suo corpo. Voleva renderla sua, non solo per sé, anche perché lo sapessero gli altri.
E adesso sapeva chi era l’altro.
Sapeva che lei era già pronta per lui, così -senza tante cerimonie- la penetrò e spinse dentro di lei con forza.
Voleva che fosse solo sua e di nessun altro, il pensiero che il prigioniero l’avesse avuta lo infastidiva. Non aveva mai manifestato un sentimento simile prima d’ora, solo con lei aveva bisogno di tutte quelle certezze.
“Dimmi che mi desideri..”
Il suo bacio rude le graffiò il labbro e -noncurante- continuò a baciarla. Solo con grande fatica, Beatrix riusciva a respirare.
“Vi desidero.”
Succhiava la pelle nivea del collo della ragazza, che ormai aveva su di sé diversi segni lasciati da lui.
“Dimmi che mi ami..”
Aveva alzato la testa e la guardava negli occhi. Spingeva dentro di lei senza sosta, ogni volta sempre più in fondo, riempiendola.
“Lo sai che ti amo, W-William.”
Non lo aveva mai chiamato per nome -almeno da cosciente. Non era più lei a parlare, ma il suo corpo.
Sentiva di essere vicina all’orgasmo, lui continuava a spingere, guardandola fisso negli occhi.
“Vieni per me, Beatrice.”
E -come se il suo corpo obbedisse a lui- venne.
Fu un orgasmo travolgente, sentiva il cuore battere a mille, la pelle bagnata e calda. Le guance rosse per l’eccitazione e le pupille dilatate.
Lui non si era mosso, era rimasto a godersi lo spettacolo. I suoi occhi non avevano mancato nessun movimento ed erano attenti al suo acme.
Tavington era uscito dal suo corpo e -tornato qualche barlume di lucidità in lei- si accorse che lui era ancora duro, non era venuto. Aveva fatto in modo che fosse prima lei a venire, senza occuparsi di lui.
Ed è già la seconda volta..non prometteva bene.
“Colonnello, voi.. non andrete da un’altra ora vero?”
Era preoccupata, aveva paura che l’avesse presa in giro un’altra volta.
“Vuoi?”
Sorrideva. Si beffava di lei -come sempre.
“No!”
“Bene. Perché io non ho nessuna intenzione di muovermi da qua.”
Ritornò a baciarla, rallentando la frenesia, anche se lui aveva bisogno di liberarsi. Lei gli prese il membro in mano e iniziò a sfiorarlo, prima dolcemente e poi sempre più velocemente, aumentando la forza.
Si baciavano e si sfioravano e tutto sembrava perfetto -troppo perfetto- e lei aveva paura di svegliarsi da un momento all’altro.
Dopo qualche minuto lui venne, i loro sospiri vennero ingoiati da un bacio all’altro.
Lei lo stringeva forte a sé, sperando che fosse così sempre. Continuarono a baciarsi e nessuno dei due sembrava volersi fermare.

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Capitolo 12
*** L’apparenza a volte inganna ***


capitolo XII
Capitolo XII – L’apparenza a volte inganna



***

Buone Feste a tutte :)
Un bacio..vi lascio al capitolo ^^

***
William poteva dire di aver dormito ben poco, aveva trascorso la notte precedente insieme a quella prostituta scelta da Marie. Lo aveva fatto non perché ne aveva sentito l’esigenza, bensì per ferire lei. Non era la prima volta per lui, era abituato a quel tipo di ‘sfogo’ sessuale, eppure non era riuscito nello scopo. Aveva lei in mente per tutto il tempo, aveva provato ad allontanarla e pensare solo ed esclusivamente al suo piacere, ma non ci era riuscito. Ogni volta che permetteva al suo corpo di liberarsi, gli veniva in mente il viso di Beatrix. Stava diventando la sua ossessione, ed ora più che mai si stava rendendo conto del pasticcio in cui si era messo. L’amore per un soldato era pericoloso, allontanava dagli impegni militari e per lui quella vita era tutto.
Almeno fino a quel momento.
Appena entrato in stanza non aveva resistito alla tentazione, la desiderava e la voleva. Quell’altra era stata un palliativo inutile, non aveva saziato la sua fame e tutto il suo corpo lo pregava di liberarsi in lei. Quella mattina era stata movimentata in tutti i sensi, le aveva aperto il suo cuore ed ora temeva per quelle confessioni che a nessuna aveva mai rivelato. Aveva il timore che lei prendesse troppo sul serio le sue parole, poteva anche essere attratto da Beatrix -in qualche modo- ma non era innamorato di lei.
Almeno credo.
La giornata sarebbe stata pesante, avrebbe dovuto incontrare il Generale e pianificare la prossima mossa. E poi avrebbe ottenuto da lei il nome del ribelle, Beatrix doveva per forza conoscere coloro che avevano ideato il piano per distruggere gli Inglesi.
E lei glielo avrebbe detto, con le buone..o con le cattive.
“Svegliati bella addormentata. Il sole è alto in cielo.”
La strattonò delicatamente per indurla a svegliarsi.
“Mmm..Colonnello..che volete? Che ore sono?”
Ancora mezza addormentata, si rigirò nel letto, avvolgendo le lenzuola su di sé.
“Mattina inoltrata e io devo andare via.”
Tavington posò una gamba sul pavimento –nel tentativo di uscire dal letto- ma lei lo attirò a sé.
“È presto, non andate. Rimanete ancora un po’ con me.”
In quel momento era buffa: aveva i capelli arruffati e gli occhi mezzi chiusi. Molti dicono che le donne al mattino solo la visione più eterea e paradisiaca, ma quello che stava osservando Tavington sembrava alquanto diverso: aveva l’aspetto di una donna che si era cimentata nella lotta durante la notte. Eppure anche in quello stato gli piaceva. Ne aveva avute di belle ragazze e lei non si poteva di certo considerare ‘bella’, ma aveva quel qualcosa che lo attirava come una calamita. Intanto Beatrix era riuscita a tirare il Colonnello verso di sé e lui non poteva che cogliere tra le sue braccia il caldo corpo della donna. Si baciarono per qualche minuto e poi fu lui a interrompere il bacio.
“Devo andare, Cornwallis mi aspetta.”
E senza lasciarle il tempo di riprenderlo, si alzò dal letto e iniziò a vestirsi.
“Mentre voi siete via, io cosa faccio?”
“Sai cos’è questo luogo?”
Non poteva portarla con sé, eppure non voleva che girasse per la città da sola –libera di combinare i suoi soliti pasticci.
“Mmm..no. Se Cornwallis vi ha permesso di alloggiare qui deve aver pensato qualcosa adatto a voi..un bordello azzarderei?”
Si era messa a ridere senza contegno –come sempre- ed ora assomigliava proprio ad una piccola ribelle.
“Vedo che hai un’alta opinione di me, Beatrice. Ti ho già avvisato sul fatto che modificherò il tuo atteggiamento?”
Il Colonnello era ormai vestito e pronto per raggiungere Cornwallis. Beatrix, intanto, si era alzata anche lei dal letto e –incurante della sua nudità- ondeggiò verso di lui.
“Voi tenterete di modificarlo, ma tanto non ci riuscirete.”
Lo aveva raggiunto e aveva notato che gli occhi di Tavington erano diventati azzurro liquido, succedeva sempre quando era eccitato.
“Siete sicuro che non volete rimanere? So essere molto persuasiva, lo sapete no?”
Alitò quelle parole a pochi centimetri dal viso dell’uomo e depositò qualche bacio lento sul suo viso. Con le sue piccole mani perlustrava il petto dell’uomo, cercò di sbottonargli la giacca, ma Tavington la precedette ed allontanò le sue mani dal suo corpo.
“Non ne dubito. Sarà per un’altra volta.”
Si staccò da lei e s’incamminò verso l’uscita. Come se un pensiero si fosse manifestato solo in quel momento, si girò verso di lei.
“Ah, Beatrice, ancora una cosa. Quando sarai vestita, vai da Marie, ti dirà lei cosa fare.”
E così uscì dalla stanza.


Una volta vestita, Beatrix si preparò ad incontrare la Signora della locanda, quella donna non le era piaciuta fin dall’inizio e temeva che l’impressione iniziale non sarebbe cambiata. Scese le scale cercando di fare il più silenzioso possibile, e alla fine giunse nella sala principale. Quel salone era ancora più bello di giorno, tutte quelle luci -che aveva notato la sera precedente- non erano niente in confronto a quello che stava vedendo in quel momento. Era un luogo piacevole da guardare, lontano dall’austerità della donna che li aveva accolti. Accarezzò la superficie di quei tavoli, muovendo qualche passo fino a porsi davanti a quel misterioso palco, che aveva attirato la sua attenzione la sera prima. Continuava a non comprendere il motivo della sua esistenza.
“Non sei Inglese, vero?”
Quella donna le avrebbe fatto venire un colpo al cuore un giorno, continuava a sorprenderla. Non si era accorta della sua presenza, Beatrix si girò per osservare alla luce del sole il volto della donna.
“Da cosa lo avete intuito?”
Quella donna, Marie, si avvicinò a lei, con passi felini, delicati e degni di una nobildonna.
“La troppa curiosità è per gli Inglesi impudenza, sai? I tuoi occhi, poi, mi confermano la mia idea, troppo arroganti per essere una Inglese.”
L’aveva insultata la notte precedente e continuava a farlo, aveva forse qualcosa contro di lei?
“Nemmeno voi avete uno sguardo riverente, signora.”
La donna porse la mano a Beatrix, addolcendo il suo sguardo.
“Marie, ti prego. Mi sembra di capire che sei anche tu Americana, come me.
La scoperta stupì leggermente la ragazza, chissà per quale motivo aveva pensato di lei di una donna Inglese. Strinse la mano di Marie, sentendosi un po’ più a suo agio.
“Non lo avrei mai detto, avete tenuto testa a Tavington, non è facile a primo acchito.”
“So gestire gli uomini come il Colonnello Tavington, li vedo tutti i giorni. Credono di poter dominare il mondo perché hanno quelle tre o quattro stelle sul petto. La verità sai qual è? Vengono tutti qua la sera a sbavare dietro ad una delle mie fanciulle.”
Dopotutto non era una cattiva persona, aveva sbagliato a giudicarla subito.
“In ogni caso siete stata meravigliosa, invidio la vostra risolutezza, M’am.”
“Vieni con me che ti mostro il mio paradiso. Come mai tutta questa formalità? Tra compaesane possiamo darci del ‘tu’. Come ti chiami?”
Marie si incamminò, invitando tacitamente Bea a fare lo stesso.
“Beatrix. È vos..tuo questo posto, Marie?”
“Tutto mio, nessun uomo mi legherà mai a sé.”
Lo disse sorridendo e facendo così sorridere anche la ragazza.
“Non è una locanda come le altre vero?”
Marie le stava mostrando intanto le camere che si trovavano al piano terreno, erano piccole, ma allegre. Tutto il locale aveva tinte chiare, era bello da vedere.
“In parte. Diamo vitto e alloggio, in più abbiamo anche un modo diverso per intrattenere gli ospiti.”
Erano uscite dagli alloggi e la donna la stava conducendo alle cucine. Beatrix temeva di trovarsi davvero in un bordello, altro che modo diverso..
“Immagino che sia lo stesso modo usato per far ‘divertire’ il Colonnello.”
La cucina era linda, si vedeva il tocco femminile, dubitava che vi fosse la presenza maschile in quell’oasi.
Appena uscite, Marie la inchiodò con lo sguardo e si affrettò a precisare.
“Quella è stata un’eccezione, Tavington non mi ha dato altra scelta. Questo non è un bordello e se hai voglia, ti posso spiegare cos’è.”
Ritornarono nel salone principale e –dopo che Marie si sedette su uno sgabello- anche la ragazza fece lo stesso.
“Il Lady Kitten l’ho ereditato dai miei genitori, che a loro volta lo hanno ricevuto dai loro. Le donne della mia famiglia sono sempre state forti e autoritarie e volevano che il loro messaggio venisse trasmesso anche fuori. È nata così la locanda, le donne unite per schiacciare gli uomini, utopico vero? Un mondo in cui le donne possono uguagliare gli uomini, impossibile dirai. Bè..noi ci crediamo.”
Beatrix pensò subito alla Banda dei Ribelli, per via delle loro idee così innovative, ma allo stesso modo poco applicabili. Ed ora che Savannah era controllata dagli Inglesi rischiavano molto.
“È impossibile. Non hai paura della forca, ne vale veramente la pena?”
“Quello che vogliamo non è tanto, se ci pensi bene è solo la libertà. Se i coloni pensano di vincere questa guerra contro il gigante Inglese, perché allora è impossibile l’emancipazione femminile?”
Marie guardava fisso negli occhi Beatrix, come se volesse trasmetterle la sua forza e il suo coraggio. Ma lei non voleva, non poteva credere a quello che stava dicendo.
“Anche se conquistassimo quel ‘pezzetto di carta’, credi che ci considereranno un giorno di più di semplici ‘fattrici’?”
Marie si era alzata, ed ora si ergeva in posizione superiore rispetto alla ragazza, dal suo volto traspariva dispiacere.
“Credevo di aver visto una fiamma bruciare nei tuoi occhi neri, evidentemente mi sbagliavo.”
E prese a camminare, allontanandosi da lei.
“La verità forse è che ti piace essere la sua alcova ambulante.”
Quella fiamma che Marie aveva visto, si riaccese in Beatrix, lei era forte e non voleva essere il giocattolino di Tavington.
“Vi sbagliate.”
Marie si era girata, aspettando che continuasse.
“Vorrei liberarmi di lui, e se potessi lo farei. Ma è come se..è difficile da spiegare. Qualcosa mi spinge sempre verso di lui, a volerlo. E mi sento così stupida dopo.”
La donna si era nuovamente avvicinata alla ragazza e quando le fu molto vicino, le prese il mento con due dita.
“Non ti piacerebbe averlo sotto il tuo potere? Vorresti vedere quella sua maschera di orgoglio sciogliersi e pendere dalle tue labbra?”
Gli occhi di Beatrix luccicavano, quell’idea la attraeva, ma sentiva in cuor suo che con Tavington era una missione impossibile.
“Sarebbe bellissimo, voi parlate così però perché non conoscete Tavington..”
Le mani forti della donna avevano arpionato le braccia di Beatrix, la scuoteva, cercando di farla ragionare.
“Lo credi così diverso dagli altri? Vuole il sesso, lo brama come l’orso con il miele e tu , mia cara bambina, sei per lui il miele più buono. Ma non è il tuo corpo che vuole, Beatrix.”
“Cosa vuole?”
Marie portò alcune ciocche fuori posto, dietro le orecchie della ragazza.
“È la tua sottomissione. Sapere che tu ti struggi per lui, che faresti qualsiasi cosa per le sue attenzioni. Gli uomini –Tavington compreso- ambiscono a sentirsi Dei per noi donne, vogliono essere ammirati. Finché le donne lo permettono, non cambieranno mai le cose.”
Dopo il suo discorso, che aveva molto colpito Beatrix, si staccò da lei di qualche passo. Aveva idee folli, eppure piaceva alla ragazza, la quale sentiva di essere stata stregata dal suo discorso. Avrebbe voluto essere come lei, essere padrona del mondo, perché Marie era convinta di quello che diceva.
“Insegnami, allora. Rendimi come te, Marie, ti prego.”
La donna la osservava, come se potesse leggere dentro di lei. Senza dire niente, ad un certo punto, batté le mani, come per richiamare l’attenzione di qualcuno..o forse di qualcuna.
“Ladies..venite qua. Abbiamo una nuova amica.”
Sei o sette ragazze giunsero nella sala, come per magia. Erano vestite in modo succinto, a prima vista le avrebbe giudicate delle meretrici, parlando con Marie, aveva capito che non poteva dare nulla per scontato. Erano belle, fiere, lo sguardo deciso e provocatorio. Vestivano con abiti simili, dai colori forti, che lasciavano la pelle molto scoperta.
Sembravano essere a loro agio.
“Queste sono le mie ragazze, non sono prostitute, non ti preoccupare. Condividiamo gli stessi ideali e la stessa passione.”
Si trovavano dietro la matrona e guardavano Beatrix come se fosse un’estranea nel loro mondo elitario. Beatrix ignorò i loro sguardi accusatori e fissò intensamente Marie.
“Cosa devo fare per essere come..voi? Puoi insegnarmi?”
“Certo che posso, tesoro. Ti potrei dare degli spunti per mettere le redini al nostro Colonnello Inglese.”
Rise, e a ruota seguirono le sue pupille, una in particolare la guardava diversamente. Beatrix aveva notato che era trasalita quando aveva sentito il nome di Tavington.
È lei quella che si è portato a letto..
La gelosia la infiammò, era la più bella e quella dallo sguardo più altero, doveva aver dato filo da torcere a William. All’improvviso volle sapere tutti i dettagli del loro incontro, anche se saperlo l’avrebbe ferita. Era decisa a farsi insegnare da Marie, non voleva trovarsi più in quella situazione, voleva che William fosse solo suo e di nessun’altra.
Era decisa più che mai.
“Va bene, le redini del Colonnello le voglio tirare io..”
Fece alcuni passi in direzione della ragazza che sentiva di odiare terribilmente.
“Solo io. Dimmi tutto quello che devo fare.”
“Devi sentirti prima di tutto padrona del tuo corpo, prima di quello altrui. Sei pronta per rischiare?”
Beatrix aveva lasciato con lo sguardo la ragazza ed ora guardava Marie, con sicurezza.
“Mai stata più sicura.”
La donna iniziò a girare in tondo attorno alla fanciulla, cercando di mettere alla prova la sua tempra.
“Sai, Beatrix, molte sono quelle che mi chiedono di entrare a far parte del gruppo. Come faccio a sapere che sei quella giusta?”
“Mettimi alla prova. Sono determinata, Marie.”
Il giro terminò davanti a Beatrix, la donna la scrutò attentamente e poi disse:
“Molto bene, incominceremo subito. Vai con loro, ti vestiranno e ti prepareranno per la prova.”
Quella forza -che aveva accompagnato la fanciulla finora- la spinse a muovere i primi passi verso quelle ragazze, che non sembravano essere socievoli. Evidentemente non volevano un’estranea tra di loro.
Eppure Beatrix le seguì, mentre nella sua mente si formavano tante domande, che lasciò in sospeso per il momento.
La condussero in uno stanzino che si trovava oltre il palco, angusto, ma allo stesso tempo bello da vedere.
Il tocco di Marie si sentiva ovunque.
C’erano tanti sgabelli attaccati a diversi banconi e poi poteva ammirare un grosso specchio, che rendeva ancora più magico il posto. La fecero sedere e poi iniziarono a recuperare il materiale che serviva, nessuna le aveva ancora rivolto la parola. Tre ragazze avevano portato una tinozza, nella quale avevano versato acqua –probabilmente calda, almeno lo sperava. La aiutarono ad entrarvi, dopo averla spogliata la immersero nell’acqua calda della vasca. La insaponarono e la pulirono, finché fu linda e pulita. Utilizzarono diverse salviette per tamponare la sua pelle, fino a quando non fu completamente asciutta. Alcune le spalmarono una crema, che aveva un odore buonissimo, era la prima volta per lei, nessuno si era mai preso cura di lei così.
“Ti piace il viola o il nero?”
Finalmente qualcuna le rivolse la parola, senza che vi fu alcuna emozione nella voce, sentiva che le aveva parlato solo perché costretta. Beatrix decise di rispondere comunque.
“Nero.”
Quella domanda ebbe una ragion d’essere quando arrivò una fanciulla con in mano un bellissimo vestito. Era stupendo, anche se era molto corto, non ne aveva mai indossati di simili prima.
La aiutarono nell’indossarlo e, una volta addosso, la condussero davanti allo specchio grande.
Si sentiva un’altra persona, bella e sensuale. Senza rendersene conto nella sua mente si creò l’immagine di Tavington, tutto ad un tratto avrebbe voluto compiacerlo e sedurlo, come aveva detto Marie.
Lui sottomesso al suo potere..forse una chimera che non si sarebbe mai realizzata, o forse con un piccolo aiuto, la realtà.
“Pensi che riuscirai davvero a tenerlo stretto a te?”
Quella ragazza –fastidiosa- che aveva odiato fin dal primo momento, stava in quel momento stringendo i lacci del corpetto –forse con troppo impeto-. Le aveva sussurrato nell’orecchio quella frase, che sapeva tanto di cattiveria.
Ebbe così la conferma che l’odio era reciproco.
“Perché no? Lo faccio da quando lo conosco.”
Voleva essere volitiva come lei, non le avrebbe lasciato l’ultima parola.
Quella ragazza tirò il laccio, e le fece mancare il respiro.
Stringeva troppo.
“A quanto mi risulta, ieri notte eravamo soli.”
Beatrix la fissò attraverso lo specchio e puntò gli occhi su di lei.
“Poi è venuto da me. Non devi averlo fatto divertire tanto se poi è corso subito da me.. a farsi soddisfare.”
Sorrise al suo riflesso. Intanto la fanciulla –appena finito il lavoro- si allontanò di qualche passo da lei.
“Magari voleva fare il paragone. Sei solo una ragazzina, una stupida slavata contadina, questo niente lo cambierà mai.”
Arpionò le sue braccia e le sussurrò all’orecchio:
“Nemmeno un bel vestito, tesoro.”
E poi se ne andò, senza lasciare a Beatrix il tempo di controbattere.
Avrebbe dimostrato a tutti che poteva essere chi voleva, si sarebbe impegnata e avrebbe chiesto aiuto a Marie, che sembrava l’unica amica di cui fidarsi.
Quasi d’incanto la matrona arrivò e i suoi tacchi risuonarono nella stanza.
“Lasciala perdere, è gelosa delle mie attenzioni per te. Non devi ascoltare quello che dice. Sei pronta a mostrare agli uomini di cosa sei fatta?”
Beatrix si girò per incontrare il suo sguardo, sentiva di provare sempre più sentimento per quella donna così gentile.
“Sì.”
“Molto bene, iniziamo.”
Si muoveva nello stanzino portandosi dietro un bastone, la rendeva così austera.
“Regola numero uno. Mai fingere.”
Col bastone diede un colpo al legno del pavimento.
“Se vuoi avere successo con quei barbari non devi calarti in un ruolo che non ti appartiene, perché anche se fingi una sera, prima o poi salterà fuori il tuo vero ‘io’ e così incasinerai solo le cose. Immaginati una donna che riempie il corpetto di lana, per rendere il seno più florido e prospero di quello che è..”
Camminava nella stanza come se stesse raccontando un episodio buffo, ma il suo modo di discorrere incantava Bea, che non riusciva a non sentirla.
“Tutti la ammirano, gli uomini cadono ai suoi piedi, poi arriva un bell’uomo e la porta nel suo letto. Cosa credi che succederà?”
“Mmm..faranno sesso?”
La redarguì con lo sguardo, non era quella la risposta che voleva.
“Prima di quello, Beatrix..pensa alla dicotomia finzione/realtà.”
La lampadina si accese e fece ridere Beatrix, la quale si era immaginata la scena nella sua mente.
“Ah..vedrà che ha le tette piccole, che si era aggiunta la lana.”
“Bravissima. Pensa che imbarazzo, cosa ha risolto? Niente, lui scapperà a gambe levate. Ecco perché devi essere sempre te stessa. Lo farai innamorare di qualcosa che perdurerà e non sparirà come le foglie in autunno.”
Beatrix era eccitata per le informazioni che stava recependo, voleva sapere tutto, era molto curiosa.
“Va bene, ho capito! Deve innamorarsi di me e non di quella  che lui desidererebbe avere come ragazza. E poi, altre regole?”
Marie sorrideva nel vedere la reazione entusiasta della fanciulla.
“Te le rivelerò con il tempo. Ogni giorno, una regola. Sfrutta al massimo questa.”
“Lo farò, grazie Marie.”
E si precipitò ad abbracciarla, stupendo la donna.
“Fra una settimana ci sarà una festa meravigliosa qui a Savannah. Voglio che tu affianchi le mie fanciulle, ti dovrò allenare personalmente, ma confido in te. So che puoi riuscirci.”
A fare cosa?
Beatrix la guardò stranita, non sapeva a cosa alludesse Marie.
“Ah già.. non ti ho detto cosa facciamo qui per ‘intrattenere’ gli ospiti, che stupida! Vieni che te lo mostro..”
La prese per mano e la portò fuori dallo stanzino.
Una volta trovatasi nella sala principale, capì il perché del palco.

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Capitolo 13
*** Shall we dance? ***


capitolo XIII
CAPITOLO XIII – Shall we dance?




Toc toc
“Avanti.”
La porta della stanza di Beatrix si aprì, ed entrò la sua amica Wellsie. La sola presenza della ragazza la rallegrava.
“Ciao tesoro, come va?”
Beatrix aveva ancora indosso il vestito di Marie, le piaceva molto anche se aveva paura di essere un’altra. La sua lezione era stata molto interessante e la ragazza anelava il prossimo incontro. Eppure quel vestito non lo sentiva suo, non era il suo modo di essere.
“Benissimo!”
Wellsie era sempre il solito tornado, beata lei che rideva alla vita sempre e comunque e beata lei che aveva la fortuna di avere un uomo come Bordon, certamente molto diverso da Tavington.
“Come mai quel viso affranto, Bea? Mio fratello ti ha fatto qualcosa?”
Ecco, c’era ancora quella questione da risolvere.
“In un modo o nell’altro c’entra sempre lui, ma dimmi un po’..il Colonnello è tuo fratello? Perché non me lo hai detto prima?”
Ora aveva il viso triste, forse non avrebbe dovuto attaccare lei. La ragazza si sedette sul bordo del letto con Bea e iniziò a raccontare la sua storia.
“Hai ragione, avrei dovuto, ma..”
Il pianto la colse a metà frase e rese Beatrix ancora più colpevole, non avrebbe dovuto chiederlo a lei, sentiva che la colpa era di lui.
“Bea..te lo giuro..avrei voluto, tu sei diversa dalle altre, lo avevo capito fin dall’inizio. Ma mio fratello mi ha imposto di non dirlo a nessuno, dice che se vengono a sapere del mio legame con lui, potrebbero prendersela con me.”
Il ragionamento, in effetti, non era sbagliato. Non era giusto che lei pagasse i crimini atroci del fratello, forse era stata una fortuna che non glielo avesse detto prima, dopotutto Gabriel era un nemico, quell’informazione sarebbe stata preziosa per i Ribelli, un buon modo per far inginocchiare Tavington.
“Hai fatto bene, Wells. Mi duole dirlo, ma il Colonnello non sbaglia, non devi dirlo a nessuno. Io ora lo so e sarà il nostro segreto, va bene?”
Era riuscita a farle ritornare –almeno parzialmente- il sorriso.
“Va bene. Nessuno. Dato che sai, ti racconto la mia storia.”
Beatrix si sistemò meglio sul letto, permettendo anche all’amica di sdraiarsi con lei. erano entrambe a pancia in su che guardavano il soffitto.
“Sono nata a Liverpool nell’anno del Signore 1759. William era più grande di me, aveva già dieci anni e –come tutti i fratelli maggiori- non era contento che fossi arrivata io. Mia madre, Lady Esther Tavington, era molto attaccata a lui, voleva bene a tutti e due, però ho sempre creduto che avesse un debole per Will. Mio padre, Lord Jack Tavington, era un uomo brutale e malvagio. Non ho un bel ricordo di lui, mia madre lo temeva; ero piccola eppure capivo bene quello che mi circondava. Lei si chiudeva tutte le sere in stanza e ci diceva di fare lo stesso, io non riuscivo a capirne il motivo. Una notte..”
Piangeva e singhiozzava, ricordare il passato era per lei molto doloroso. Beatrix la strinse a sé, cercando di infonderle quella forza, che lei le trasmetteva sempre quando ne aveva bisogno.
“Wellsie, va tutto bene. Fermati, non c’è bisogno di star male.”
“No. Voglio dirti tutta la verità. Lui era un ubriacone, amava giocare a carte insieme ai suoi amici –che erano come lui. Li portava a casa e, tutte le sere, giocavano tutti i loro soldi fino a tarda notte. Una volta –tornata dalla biblioteca- andai nella mia stanza, non ricordo bene quanti anni avessi...forse otto. Quella notte maledetta dimenticai di chiudere a chiave la porta. Stavo dormendo da un po’ quando sentii un leggero scalpiccio, qualcuno era entrato nella stanza e non me ne resi conto fino a che qualcuno non mi scostò le lenzuola. Avrei voluto urlare, ma mi tapparono la bocca. Erano due o tre ed erano ubriachi, puzzavano di alcool e accarezzavano la mia pelle, mi stavano alzando la veste, il mio cuore batteva forte. Avevo paura, ho provato a scalciare, ad agitarmi; ma niente. Sentivo che era la fine, ero solo una bimba non potevo sapere quello che volevano davvero, vidi che si stavano spogliando, ma le loro intenzioni erano oscure per me, sentivo però che volevano farmi male. E sai qual è la cosa peggiore di tutte?”
Prese un respiro profondo, le lacrime scendevano copiosamente. Il mio animo era turbato, avevo pietà per lei, non era giusto che una bambina avesse dovuto soffrire tutte quelle pene.
“Mio padre era lì. Nell’angolo mi guardava mentre quei maiali mi mettevano le mani addosso, beveva la sua bottiglia di liquore e non faceva niente per fermarli, anzi fomentava la loro voglia. Quando persi le speranze che venisse qualcuno ad aiutarmi, arrivò lui. William all’epoca aveva diciotto anni, da poco era entrato nell’Esercito, era contentissimo, si allenava notte e giorno per essere forte e robusto. Fu lui quel giorno a salvarmi, aveva notato che -differentemente  dal solito- mio padre mancava nel salotto, così aprì la porta della mia stanza. I suoi occhi erano furiosi, sapevo che li avrebbe affrontati per salvarmi. Tirò qualche pugno e calcio, ti assicuro che bastarono per tramortirli, perché erano ubriachi e si rendevano poco conto di quello che succedeva. Una volta stesi a terra, vide mio padre. Divenne una bestia, mi ordinò di lasciare la stanza. Non ti posso dire cosa successe realmente quella sera, io corsi via nella stanza di mia madre, avevo ancora paura, lei mi abbracciava e piangeva con me. Dopo un po’ arrivò William, mi prese in braccio e disse a mia madre che papà era morto. Mentirei se ti dicessi che mi dispiacque, ero contenta di stare con lui, avrei voluto stare con Will per sempre. Perché sapevo che lui ci sarebbe stato sempre per me, sarebbe venuto a salvarmi. Will e mamma non parlarono, si scambiarono un’occhiata loquace, lei venne a darmi un bacio e io me ne andai via con lui. Quella fu l’ultima volta che vidi mia madre e mio padre. Seppi, anni dopo, che lei aveva seguito lui, uccidendosi. È stato William a crescermi, mi ha portato sempre con sé, in qualsiasi posto e non mi successe più niente di brutto. C’era lui con me. Il mio eroe.”
Quella confessione aveva scosso anche Beatrix. Eppure ricordava un’altra versione della storia, quella di Tavington era diversa. A chi aveva mentito: a lei o a sua sorella? In ogni caso, sapeva che non doveva coinvolgere la ragazza in questo discorso, dopotutto Tavington lo aveva confessato  solo a lei, avrebbe chiesto a lui spiegazioni.
“Wellsie sento tristezza per te, la tua storia è terribile e agghiacciante. Sembra strano dirlo, eppure il Colonnello è proprio la tua luce, la tua salvezza. Non l’avevo mai considerato così prima, forse ha sofferto anche lui..Non ti manca tua madre?”
Wellsie si era alzata, vagava nella stanza come un’anima in pena.
“Moltissimo. Lei è il mio unico rimpianto, eppure si è tolta la vita. Senza di noi, vivere con mio padre doveva essere terribile. Tirava avanti per me e Will, quando ce ne andammo, rimaneva solo mio padre.”
“Forse era innamorata di lui, nonostante il suo atteggiamento..”
Anche Beatrix si era alzata, fermò Wellsie e la abbracciò forte. Sentiva di volerle molto bene, era un’amica vera.
“Forse. Che ne dici di parlare di qualcosa di allegro, il passato è passato. Non voglio pensare a cose brutte, dimmi di te e lui..come va?”
Uscirono dalla stanza e presero a camminare lungo il corridoio.
“Mi ha detto ‘mi piaci. Credo’ che cosa vuole dire secondo te?” squittì.
“Che è innamorato, ma –come sempre- il suo orgoglio prevale e non gli fa ammettere la verità. Lo conosco da un bel po’ e ti posso assicurare che a nessuna aveva mai detto quello. Dagli tempo.”
Era bello avere un’amica come Wellsie, con lei poteva parlare liberamente e sapeva che l’avrebbe sempre aiutata nel suo piccolo.
“Sai, ho conosciuto la padrona di questa meravigliosa locanda. Si chiama Marie, ed è molto simpatica, mi sta aiutando a conquistare il cuore del Colonnello. La devi conoscere assolutamente.”
E così dicendo, la trascinò giù dalle scale. La accompagnò fino al salone principale, ma sembrava  esserci nessuno. Non si sentivano le ragazze parlare, erano sole.
“Uffi Wells, non c’è. Te la presenterò un altro giorno, allora. Guarda quel palco..secondo te a cosa serve?”
L’amica temporeggiò, pensando alla risposta che le sembrava più giusta. Si avvicinò al palco e, dopo averlo esaminato bene, espresse il suo pensiero.
“Non saprei..per ballare?”
La sua risposta lasciò Beatrix allibita, si sentiva una stupida a non esserci arrivata in fretta come lei. In effetti un palco non ha molte utilità e lei aveva azzeccato.
“Sìì. Indovina chi ballerà con loro alla prossima festa del villaggio?”
Wellsie girò la testa in direzione dell’amica, era meravigliata e sconcertata, come se non volesse credere a quello che le stava raccontando.
“Nooo. Tu?!?!”
“Già!!”
Wells corse verso Bea e le prese le mani tra le sue, saltellando come una bambina.
“Che bello, non ci credo! Aspetta un po’..sai ballare?”
La domanda metteva in difficoltà la ragazza, Beatrix sperava che gli insegnamenti di Marie dessero buoni frutti, anche in quel settore. Non voleva deluderla, sapeva che riponeva grandi speranze in lei.
“Non proprio, però mi insegneranno. Avrò bisogno di tempo per ingranare, Marie dice che mi servirà anche per sciogliermi un po’. Dici che è una cattiva idea?”
“No, assolutamente! Fallo. Credi che accetteranno anche me?”
La padrona della locanda non avrebbe avuto niente contro, dopotutto Wells era forte e intraprendente come volevano loro e aveva bisogno anche lei del suo piccolo momento di rivincita.  
“Sei la benvenuta.”
Marie entrò nella stanza, stupendo –come sempre- Beatrix. Doveva abituarsi alle sue comparse dal nulla. I suoi tacchi echeggiavano nel grande salone, mentre lei si spingeva sempre più vicina  a loro, accompagnata dalle sue ragazze.
“Che ne dite di provare qualche passo ora?”
Wellsie e Beatrix si guardarono negli occhi e dissero in coro: “Sì.”
“Molto bene, incominciamo dalle basi. Come lo ricorda il mio nome, non sono americana al cento per cento. Ho dei discendenti francesi e la danza che tutti i nobili ballano, fanciulle, l’hanno inventato proprio i francesi. Quello che faremo oggi è distruggere quel meraviglioso, monumentale minuetto di cui i nobili sono tanto fieri. È un ballo difficile, mie care, ma anche terribilmente noioso.”
Si era avvicinata ad una ragazza, quella che Beatrix odiava, quella serpe di cui non conosceva nemmeno il nome, vista l’importanza.
La prese per mano e si incamminarono lungo la pista, si muovevano in cerchio tenendo le braccia tese, cosicché vi fosse molta distanza tra di loro. Quella danza era fatta di tanti passetti piccoli, sembravano danzare sull’acqua, quasi non poggiavano i piedi per terra.

http://www.youtube.com/watch?v=KqyLOCpPEOM
(minuetto ballato)

“Vedete, mie belle? Non c’è un vero contatto fisico con il partner, è una danza fine a se stessa, per ostentare la ricchezza di quei balordi. Si chiama minuetto, pas menu, perché fatto di tanti piccoli passi.
Ditemi la verità, vi piace?”
Anche Beatrix aveva avuto la stessa impressione, lei non era una ballerina, eppure aveva sempre visto nella danza qualcosa di intimo. E quel minuetto  non aveva proprio niente di intimo.
“A dire il vero, no. Quindi la tua intenzione è quella di smontare questa coreografia, Marie?”
Gli occhi della matrona si illuminarono.
“Esattamente, tesoro. Ho reinventato questa danza, mettendoci un pizzico di femminismo che c’è in me. La danza è passione pura, se si balla con l’uomo che si desidera diventa più intenso dell’amplesso stesso. Se siete brave abbastanza, riuscirete a dettare le regole in pista, sarete voi a condurre il gioco e metterete in ginocchio il poveretto.”
Amava sentirla parlare, sembrava che cantasse solo poesia. Aveva l’abilità di partire da cose semplici, dalle quali desumere un significato più profondo. Quella sfida avrebbe reso Bea più forte e forse sarebbe riuscita nello scopo di vincere finalmente Tavington.
“Facciamo le coppie. Tu..”
Marie guardò Wells in cerca di supporto.
“Wellsie.”
“Bene. Tu, Wellsie, danzerai con Esmeralda; invece Beatrix con me.”
Ecco, la serpe aveva un nome..Esmeralda... Quel nome le si addiceva in pieno, sapeva di malvagio, degno di una antica meretrice.
Le prove incominciarono.
Prima di tutto, al contrario di prima, le distanze tra i due ballerini vennero ridimensionate. I corpi combaciavano, erano molto vicini che si poteva sentire il fiato dell’altro sul corpo. La mano destra di Bea era intrecciata con quella di Marie, l’altra era posata sul suo busto. La ragazza si sentiva a disagio per la posizione acquisita, forse adesso era troppo intima. Non obiettò, seguì le istruzioni della signora e iniziarono le vere danze. Giravano in circolo, a volte lentamente; altre più velocemente. I passi erano più lunghi e intensi, prendevano il posto a quei fastidiosi saltelli.
“Sai qual è il segreto, Bea?”
La ragazza scosse la testa.
“Segui il tuo corpo, fai quello che ti senti.”
Era difficile fare come diceva, quella volta, aveva una paura tremenda di pestarle i piedi, Marie danzava leggiadra, invidiava il suo talento.
Molte volte Beatrix abbassava la testa, per controllare i passi, e subito veniva redarguita dalla signora. Quel ballo era bello, eppure si sentiva a disagio, quel vestito poi la faceva sentire un pavone che danza goffamente.
“Sii sincera, il vestito ti piace?”
Sembrava brutto dirle di no, visto che anche lei ne era entusiasta il giorno prima.
“Sì, mi piace. Solo che..non lo sento adatto a me. Mi sento un’altra persona.”
Marie non era arrabbiata per la sua risposta, eppure era stata così carina a scegliere proprio quello, per lei.
“Mi sa che siamo pronti per la seconda lezione di seduzione. Cogli la bellezza che c’è in te, tesoro. Questo vestito è meraviglioso, estremamente sexy e vedi che piacerà  -anzi farà impazzire- il tuo Colonnello. Però se tu non ti senti a tuo agio, avrai il risultato opposto. Se ti piaci, uno sguardo solo lo catturerà. Ricorda, devi essere sicura di te e al naturale, senza artifizi.”
Su, Beatrix, tira su la testa. Il consiglio di Marie non era difficile da seguire, doveva solo crederci e poi avrebbe fatto credere a chiunque quello che voleva.
“Sai, Marie? Credo di aver capito il tuo messaggio perfettamente.”
L’arrivo dei militi interruppe le danze. Tutte le ragazze si fermarono e attesero l’ingresso dei soldati.
E –come al solito- non poteva mancare Tavington. A differenza degli altri, che guardavano tutte quante indistintamente, lui aveva un obiettivo.
Guardava lei, solo Beatrix. Quello la rese davvero felice.
“Vi prego non vi fermate per noi. Ci piace guardare.”
I soldati risero lascivamente, non era difficile intuire il perché. Per fortuna Marie si interpose e riuscì a sciogliere le danze, senza rendere arrabbiato il Colonnello. Poco a poco le fanciulle vennero chiamate da ciascun milite, per chiacchierare e danzare, anche se Beatrix sospettava anche per altro. Wellsie corse tra le braccia del suo Bordon, lasciando all’amica una dura scelta. Poteva o emulare Wells oppure andarsene via. Decise di mettere in pratica gli insegnamenti della matrona.
Lei lo guardava senza staccare gli occhi dai suoi, come per sfidare la sua autorità, una cosa che lui tollerava minimamente. Così –forse per ripicca- l’uomo si diresse verso Esmeralda, rendendo quell’oca ancora più civettuola che già era. Sapeva dell’odio che provava per lei, eppure eccolo che si muoveva scaltro come una volpe verso quella mangiatrice di uomini, lasciando lei come una scema al centro della sala. Voleva farla ingelosire, voleva –anzi si aspettava- una sfuriata da parte della ragazza. Marie non era andata via, la guardava intensamente, studiava le sue mosse, forse la stava testando. Beatrix era triste perché da una parte avrebbe voluto essere forte per rendere la donna orgogliosa di lei, ma dall’altra soffriva terribilmente nel vedere quello scellerato che toccava Esmeralda, quelle mani avvezze a toccare solo lei.
Lui è mio!
Bea non avrebbe ceduto.
Voleva una sua reazione? L’avrebbe avuta, ma avrebbe scelto lei quale.
Con passo sicuro –consapevole degli occhi famelici degli uomini, dato il suo vestito alquanto provocante- si diresse verso gli altri militi. Si dimenticò del suo amore, camminava verso i suoi subalterni, ancheggiando e muovendo lievemente i suoi capelli, i quali ondeggiavano con grazia, scoprendo di tanto in tanto il suo generoso décolleté. La ammiravano e a lei piaceva, iniziava a capire quello che diceva Marie; sentire gli altri pendere dalle proprie labbra, dava potere. E lei, come una drogata, ne voleva ancora. Voleva avere potere su di lui.
Evitò il suo sguardo, guardò tutti, cercava la preda migliore, qualcuno che avrebbe fatto arrabbiare il Colonnello. E quando pensò di aver perso le speranze, una reminescenza del passato fece cadere i suoi occhi sul giovane Colonnello Tarleton. Aveva sentito –anche se a dire il vero non ne era sicura- che era l’avversario di Tavington, non correva buon sangue tra di loro. Si rallegrò della sua scelta e si diresse con passo felpato verso il Colonnello. L’altro, da vero gentiluomo, le prese la mano e la baciò. Era solo un bacio, lo sapeva, eppure quel tocco la lasciò stordita. La guadava bramoso, occhi neri scuri e profondi. Quella tenebra stava offuscando i suoi sensi, possibile che un bacio potesse avere codesto effetto?
Ricorda Bea, sei tu a dirigere il gioco! Giusto.  
“Il vostro sguardo impudente mi affascina, Sir.”
“Banastre, vi prego. Banastre Tarleton. Qual è il vostro nome, angelo?”
Le sue parole confermarono i suoi modi, proprio da gentleman.
“Beatrix.”
Era un uomo attraente, capelli ramati portati con il solito codino militare. Non era molto alto, Tavington lo superava di sicuro di altezza, eppure aveva fascino. Era un ragazzo, aveva la sua età forse e sembrava educato e garbato, mancava in lui la tracotanza di Tavington. Chissà perché lo detestava così tanto..
Quando lui le lasciò la mano, fu come se le avessero tolto l’aria, le piaceva il suo tocco, era dolce.
“Mi permettete questa danza, Banastre?”
“Come dire di no ad una creatura come voi? Mi intrigate Beatrix.”
Qualcuno stava suonando, non si capiva chi e dove, eppure si sentiva una bellissima melodia. Quella danza era l’occasione di Beatrix di far soffrire Tavington.
Banastre la prese per mano e la condusse al centro della sala. Mentre si muovevano, la ragazza ebbe l’occasione di vedere cosa succedeva attorno.  Si erano formate alcune coppie, qualcuno se n’era andato via, la sua ‘ossessione’ invece si stava avvicinando, anche lui voleva ballare.
Beatrix prese coraggio e attirò Banastre contro di sé, i due corpi erano molto vicini, lui aveva arpionato il suo busto, mentre l’altra mano era intrecciata a quella della ragazza. Aveva il seno schiacciato sul petto del Colonnello e poggiava il mento sulla spalla dell’uomo, poté così vedere cosa faceva realmente Tavington. Anche lui prese tra di sé Esmeralda e fece sì che Beatrix potesse vedere bene la loro posizione pregiudizievole.
Si guardarono negli occhi per diversi secondi.
Lei lo stava sfidando.
Lui aveva accettato.
La domanda era..chi avrebbe ceduto prima?



N/A
Ciao a tutte!! ^^
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^




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Capitolo 14
*** 1, 2, 3 not only you and me ***


capitolo XIV
Capitolo XIV –
1, 2, 3 not only you and me




La musica era lenta e carezzevole. Banastre sembrava essere un ottimo ballerino, tratteneva tra le sue braccia il corpo di Beatrix, era bello danzare con lui. Non smetteva di puntare i suoi occhi in quelli della ragazza, qualche volta la faceva girare e poi la riprendeva addosso a sé. Tutto quel gioco era iniziato per far ingelosire Tavington, nel farlo però stava scoprendo di provare attrazione per il Colonnello sbagliato. Sentiva il suo corpo in subbuglio, aveva una presa forte, eppure c’era quel briciolo di dolcezza che rendeva magico il tocco. Mentre girava, poté avere l’occasione di vedere Tavington, la stava osservando da un po’. Sembrava non aver perso nemmeno un suo movimento, i suoi occhi fulminavano il collega e poi si posavano di nuovo su di lei con bramosia. Dapprima aveva prestato attenzione solo a Beatrix, poi col passare del tempo, notando che lei era ben presa da Banastre, allora si concentrò sulla sua accompagnatrice. Esmeralda non capiva di trovarsi nel bel mezzo di quel gioco perverso, nel quale lei non era coinvolta. Guardava con desiderio il Colonnello, nonostante lui non ricambiasse lo stesso sentimento. La musica, poi, divenne più veloce ed li attirò in una danza frenetica. Tavington aveva capito che lei lo stava facendo ingelosire, lei voleva proprio quello e lui si stava rimproverando per la debolezza mostrata. Avrebbe dovuto guardare quell’altra, invece non riusciva a smettere di osservare la piccola strega vestita di rosso. Beatrix si sentiva sensuale e accattivante in quel momento, era un vero piacere sentire gli occhi famelici del Colonnello che scivolavano sul suo corpo.
Quale Colonnello?
Quel gioco la stava catturando perché erano tutti e due coinvolti, le piaceva essere lei a dirigere la partita, bastava che lei si fermasse e tutto avrebbe avuto fine. Eppure non riusciva a smettere, Banastre –quando lei si distraeva un poco- la stringeva più forte, per ritrovare i suoi occhi. Lei non poteva sapere se lui avesse intuito del suo scopo, Beatrix si chiedeva se per caso lui sapesse che in realtà lei voleva Tavington. La ragazza non poteva saperlo, però lui continuava a ballare con lei e le aveva fatto capire chiaramente che la trovava attraente. Come sarebbe andato a finire?
“Siete amico di Tavington?”
Fece finta di non sapere della piccola faida tra i due.
“Non esattamente. Diciamo che io e William abbiamo lo stesso carattere, non ci possono essere due galli in un pollaio.”
Rise dell’immagine che Banastre le aveva fornito, in effetti rappresentava bene loro due. Due maschi alfa non possono stare nella stessa stanza; ebbe perciò la conferma di aver scelto l’uomo giusto.
“Ditemi, Banastre, c’è una fanciulla che aspetta il vostro ritorno a casa?”
Era bene chiarire fin da subito se aveva senso quello strano gioco.
“Le storie oltreoceano non funzionano mai, finiscono sempre col tradimento di una delle due parti.”
Le piaceva come ragionava il Colonnello, sembrava un uomo che tenesse davvero alla propria ragazza. Almeno era quello che poteva desumere fino a quel momento.
“Siete mai stato innamorato?”
Si diede del tempo per rispondere. Era proprio diverso da Tavington, lui avrebbe risposto subito, di getto. Banastre invece era riflessivo.
“No. Qualche infatuazione giovanile, ma di poco conto. E voi, invece. Qualcuno ha preso il vostro cuore?”
Era lecito chiederglielo, ma l’amore era una faccenda seria. Cosa provava per Tavington?
Era lussuria o era amore?
Finché copulavano tutti i giorni era difficile far parlare il suo cuore.
“Sì, in effetti qualcuno c’è. Però la cosa non è reciproca. Credo.”
Le fece fare una giravolta e quando ritornò a sentire il suo corpo, la sua schiena poggiava contro il petto robusto di Tarleton.
“Lo ami?”
“Forse, perché?”
Lui sorrise e guardò il suo avversario. William li scrutava e stava obiettando visivamente contro la loro posizione, molto intima, ma anche molto piacevole.
Banastre baciò il collo di Beatrix, facendole venire la pelle d’oca.
Un solo piccolo bacio.
“Perché lui non potrà mai amare. Non più.”
Quella frase detta così lasciava diversi interrogativi, eppure in quel momento non poteva approfondire, avrebbe posto quelle domande più avanti.
Le fece fare un’altra giravolta e così ritornò nella posizione iniziale.
“Voi che ne sapete?” rispose lei.
“Fidatevi, lo conosco da molto tempo. Il suo cuore è gelido, come la sua anima. Ha ‘spento’ la sua umanità anni fa, dolcezza.”
Sembrava conoscerlo bene, poteva dire però che diceva il vero? L’unico modo era chiedere a Tavington.
“Pensate di essere diverso, voi, Bloody Ban?"
Glielo aveva sussurrato delicatamente nell’orecchio. A Pembroke si parlava anche di lui, se Tavington era 'The Butcher', Tarleton era famoso per il suo essere cruento e sanguinario quanto il collega. Poteva essere più garbato nei modi, ma era solo una maschera. Se si andava a scalfire poco alla volta quella facciata posticcia, rimaneva la sua vera indole.
Quella che lo aveva reso famoso nelle Colonie del Sud.
“Siete Americana, angelo, vedo. E, ditemi, da quale pulcioso villaggio provenite?”
I toni erano cambiati leggermente. Molto bene, voleva fronteggiare l’uomo che c’era in lui, non il baronetto sulla superficie.
“Pembroke.”
Lui si accinse a pensare quale fosse esattamente.
“Non vi scomodate, Colonnello. Il mio villaggio è stato razziato dal vostro amico.”
E gli sorrise falsamente. Lui colse subito il cambiamento in lei.
“Mia diletta, spero che questo non cambi le cose tra di noi. Siete una creatura interessante” la strinse forte e le scostò i capelli da una parte e le sussurrò nell’orecchio “sensuale e invitante, vi sto desiderando in questo momento.”
Mmm, la faccenda stava diventando goliardica, non aveva più un Colonnello a cui badare, bensì due!
Beatrix, te lo sei cercato!
“E cosa vi piace di più di me, Ban?”
Lo stava chiamando con quel soprannome spaventoso, avrebbe risposto così il killer spietato che c’era in lui?
“Siete una svergognata. Fate quello che volete, quando volete. Ci intendiamo parecchio, bambolina, anch’io la penso come voi.”
Oddio, bambolina?  Per Tavington era una ‘micetta’, per lui ‘bambolina’..per fortuna che mia madre riposa in pace.
“Quindi..cosa volete fare ora?”
La guardò intensamente.
“Questo.”
E la baciò, nello stesso modo in cui la prendeva Tavington. Si fermò a ballare e depose entrambe le mani sul volto di Beatrix, bagnava le sue labbra e lei –seppure volesse respingerlo- non lo fece. Contraccambiò, spinta dalla voglia di far ingelosire l’altro, ma anche per una sincera curiosità. Baciava bene, Dio se baciava divinamente. La ragazza aveva chiuso gli occhi e aveva buttato fuori dalla sua testa William, voleva concentrarsi su di sé, sul piacere di Beatrix. Mise una mano sul capo dell’uomo e lo attirò più vicino a sé e poi intrecciò le braccia dietro il collo.
Si baciarono ancora per qualche secondo interminabile e poi lui si scostò.
Le sorrise.
Sì, si era trasformato. Era più animale che uomo.
E le piaceva.
Ripresero a muoversi in pista e lo sguardo che Tavington le mostrava non presagiva nulla di buono.
È arrabbiato, tanto!
“Anche se lo hai fatto per farlo ingelosire, va bene lo stesso. Questo gioco, bambolina, mi diverte. Se vuoi, sai dove trovarmi.”
Mentre una melodia si stava affievolendo, lasciando poi il posto ad un’altra, Banastre la fece girare su di sé. E fu proprio in quel momento, in cui lei non aveva più un contatto fisico con Banastre, che Tavington la prese fra le sue braccia. Il tutto era successo senza arrestare la musica, la quale invece continuava a suonare. Ora Beatrix era con William, mentre Esmeralda ballava con Banastre. Il cambio la scombussolò all’inizio, fu poi -quando si ritrovò con la sua deliziosa ‘ossessione’- che capì che era quello il posto dove voleva stare fin dal principio. Ripresero a danzare, come se nulla fosse. Le mani di Tavington erano molto più forti, mancava in lui qualsiasi dolcezza, la tratteneva contro di sé come per farle capire che lei era sua. Ballava bene, doveva ammetterlo, si stava divertendo un sacco.
“Piccola micetta cattiva, ti dovrei sculacciare qui davanti a tutti per la tua impudenza.”
Poi, lentamente il ritmo diminuì nuovamente. Beatrix era sempre molto vicina al Colonnello, i due corpi erano schiacciati e –sicuramente- lui poteva sentire che il suo cuore batteva forte, le sembrava quasi che volesse uscire dalla sua gabbia toracica. Con fare naturale la mano destra di Tavington vagliò  il busto della ragazza, la sua mano senza vergogna scese pericolosamente verso il basso, le stava accarezzando il suo fondoschiena. Non si curava del fatto che fossero in una stanza piena di soldati e perciò non erano soli; ignorò il fatto. Arpionò i suoi glutei e nel mentre li accarezzò in circolo lascivamente. Il vestito -che lei sapeva essere molto corto- si alzò di qualche centimetro, la ragazza sperava che non scoprisse troppo il suo corpo. avrebbe dovuto fermarlo, ma quel tocco le era mancato.
Il suo tocco.
“Cosa devo fare per farmi perdonare?”
Gli sorrise sensualmente, passandosi la lingua sul labbro superiore lentamente, in modo licenzioso.
“Dai anche a me quello che hai dato a lui.”
Sembravano non ballare più, camminava lentamente e lui aveva infilato una gamba tra quelle di Beatrix. Così lei sentì quello che lui le avrebbe fatto una volta rimasti soli, aveva voluto fare la spavalda, ne avrebbe pagato caro l’affronto.
“E di più” aggiunse il Colonnello “tu sei mia, solo mia. Ricordatelo bene la prossima volta che vuoi scoparti qualcun altro.”
Il ginocchio di Tavington pressò contro il sesso della fanciulla, fasciato dalla gonnella. Eppure poteva sentire bene il peso, quel peso così stimolante in quel punto. Aveva esagerato quella mattina, il suo corpo non ce la faceva più.
Esigeva attenzione.
Così lei si strusciò contro di lui, cosicché potesse diminuire leggermente quel bisogno.
Lui, però, non sembrava volerla accontentare.
“Non credo proprio, dolcezza. Ti sei comportata male.”
Furtivamente  la ragazza osservò quello che facevano gli altri, molti si erano fermati. Guardavano loro con grande curiosità, aspettando di vedere fino a dove si sarebbero spinti. Tarleton li osservava anche lui, sebbene non avesse smesso di danzare. Beatrix doveva fare qualcosa che avrebbe messo Tavington in difficoltà, eppure non sapeva cosa. In quel momento temeva che fosse lui quello ad uscirne meglio, stava infatti mostrando a tutti che lei era sua, in quel modo così terribilmente animale che la stava facendo assomigliare ad un oggetto.
No!
Toccava a lei fargli capire che lui era di Beatrix.
La mano della giovane accarezzò la sua gamba per poi sfiorare –con lentezza, soffermandosi un po’- la sua erezione attraverso i suoi pantaloni. Lo stava fissando negli occhi, voleva osservare qualsiasi mutamento in lui. Le sue pupille si erano leggermente dilatate, forse si aspettava che lei andasse oltre, invece lei risalì sul suo corpo. Toccò il petto e poi giunse al collo. Incominciò ad accarezzare senza impegno i suoi capelli che uscivano dal codino e poi tirò con forza verso di sé il collo di Tavington. Una volta ottenuto quello che voleva, si alzò sulle punte –aiutata anche dalle scarpe col tacco- e poi lo baciò. Schiacciò le sue labbra contro quelle del Colonnello, all’inizio lui non ricambiò il bacio, poi le diede libero accesso e mosse la lingua insieme a quella della ragazza. Lui sapeva di buono, di Brandy. La stava mangiando con le labbra, la mordeva ed assaporava il suo sapore. Beatrix in quel momento si sentiva fuori uso, aveva voglia di fare solo una cosa insieme a lui. Tutti li guardavano e rendeva più eccitante il momento, anche Banastre li stava osservando, infatti aveva smesso di danzare.
Il baciò terminò.
“Gattina, oggi sei bollente e insaziabile.”
Respiravano ancora pesantemente e si guardavano negli occhi con un unico pensiero in mente, lo stesso che condividevano in quel momento.
 “William..”
Disse il suo nome contro le sue labbra, sospirando profondamente. Addio le buone maniere, il ‘tu’ e tutto il resto. Lo voleva e subito, perché lui doveva stare con Beatrix e non doveva permettergli di lasciare la stanza con quella serpe.
“Siamo già a due volte oggi, sai, mi vuoi consumare?”
La baciò di nuovo, delicatamente.
“Tu..mi vuoi ancora?”
La ragazza spostò le sue attenzioni sul collo del Colonnello, lasciò qualche bacio accompagnato da qualche morsetto.
“Beatrix..”
No, doveva dirglielo. Doveva abbattere il suo muro di orgoglio. Fece viaggiare la mano sul corpo di Tavington, toccò la protuberanza turgida nella patta dei pantaloni, sorridendo della sua vittoria.
“Mmm..credo proprio di sì. Mi vuoi ancora. Eppure voglio che tu me lo dica.”
Lui tentennava, ma non rispondeva. Il suo amor proprio era odioso delle volte -anzi sempre. Strinse tra le sue mani il segno evidente della sua eccitazione e attese una sua reazione.
“Sì. Ti voglio.”
Ce l’aveva fatta! Lui era crollato e per una volta aveva vinto lei. Così si staccò bruscamente da lui, indietreggiò di qualche passo e lo guardò attentamente.
Aveva il volto eccitato, le labbra semiaperte in modo licenzioso, gli occhi con le pupille ben dilatate –quanto amava i suoi occhi azzurri come il ghiaccio.
Era bellissimo.
Il suo corpo la tentava, se avesse dato ascolto ai suoi istinti, lo avrebbe spinto per terra e poi si sarebbe divertita. Invece la sua mente esigeva una rivincita.
Lo guardò con falsa dolcezza –segno che venne di sicuro interpretato da lui come una presa in giro- e gli lanciò un baciò in aria.
“Peccato, amore. Sono io a non volerti.”
E così dicendo si allontanò da lui, lo sorpassò lasciandolo basito. Non si curò della sua reazione, avrebbe affrontato dopo le conseguenze, ora era il momento di Beatrix. Marie, intanto, le sorrise da lontano e le fece l’occhiolino, sembrava orgogliosa di lei. La ragazza si sistemò velocemente il vestito e i capelli e poi si diresse verso il Colonnello Tarleton.
“Colonnello, avete voglia di fare un giro?”
Banastre era scioccato –quanto forse Tavington- eppure non rifiutò il suo invitò ed uscì insieme a Beatrix. La ragazza sapeva di averla combinata grossa quella volta, lo aveva praticamente umiliato davanti ai suoi subalterni, la cosa che lo faceva più arrabbiare. Aveva paura che venisse a prenderla con la forza, ma non lo fece. In effetti c’era con lei Tarleton e poi non avrebbe fatto una bella figura a ‘rincorrerla’, avrebbe compromesso ulteriormente la sua posizione.
Che eccitazione, sentiva l’adrenalina pomparle nelle vene. Si sentiva elettrizzata.
Aveva la mente in subbuglio, tanti pensieri difficili da riordinare. La sua testa le gridava che presto –molto presto- avrebbe affrontato la reazione di Tavington.
Una vocina pressante si fece spazio tra le altre.  
Goditi questo momento, ragazza mia, perché quello scellerato –come minimo- si porterà a letto metà delle ragazze di Savannah.
E con quell’amara immagine uscì dalla locanda insieme a Banastre. Aveva il braccio poggiato in quello del Colonnello, inoltre, si era premurata di far notare ogni dettaglio possibile a Tavington.
Doveva logorarsi dalla gelosia.


N/A
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Giulia ^^

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Capitolo 15
*** Showdown ***


capitolo XV
Capitolo XV
- Showdown -
La resa dei conti




Tarleton era stato cordiale con lei, avevano parlato per un po’. Lo aveva conosciuto meglio, sebbene per certi versi non potesse non ravvisare somiglianze con il suo collega, aveva capito che erano diversi. Tavington voleva sempre comandare, non gli piaceva essere messo in secondo piano. Sembrava quasi geloso delle sue cose e -ovviamente- reputava lei una sua cosa, che poteva possedere fino all’esaurimento e gettare via, eventualmente, quando sopraggiunta la noia. Tarleton, invece, sembrava in quello diverso. Era anche lui un condottiero, abituato a dare ordini e comandi ai suoi subalterni, eppure nella sua voce non si sentiva alcuna pretesa, non era rude, non cercava infatti di costringerla minimamente. Voleva farle compagnia, le aveva raccontato di come era stare nelle colonie. Era per lui la prima volta lì, era cresciuto a Liverpool, il luogo in cui era nato. Esattamente lo stesso luogo dal quale proveniva anche Tavington, Beatrix si chiese se per caso si conoscessero fin da piccoli.
Gli piaceva stare in America perché era calda e più rilassante della piovosa Londra. Si sentiva in pace in quel posto, anche se non ci contava di vivere lì per sempre.
Giusto il tempo della battaglia.

Dopo aver girato, ed essendo già pomeriggio inoltrato, decisero di fare ritorno alla locanda di Marie.
“Dove alloggiate, Colonnello?” chiese lei.
“Nella vostra stessa locanda. Cornwallis ha deciso di sistemare lì i suoi collaboratori più stretti.”
Perciò Beatrix poté immaginare che avesse detto anche al Generale O’Hara di andare lì. E lei non si era accorta di niente, Tavington le aveva nascosto ogni cosa bene. Lo odiava, voleva ferirlo ancora. Voleva poi che facesse ritorno da lei come un cagnolino, anelava nel vederlo strisciare per lei.
Una volta entrati nella locanda, sembrava essere tutto tranquillo, la sala era di nuovo vuota. Così, si diressero al primo piano e lì Beatrix scoprì che la stanza di Banastre era vicina a quella di Tavington, contigue.
Lui aveva la numero quattro.

Rimasero a guardarsi per qualche secondo, nessuno dei due sembrava voler parlare. Alla fine il Colonnello si convinse a fare la prima mossa.
“Beatrix, vorreste vedere la mia stanza?”
Oddio, era quello il suo modo per portarla a letto? Quasi quasi a lei mancavano i modi più diretti di William, la frase di Banastre la faceva sorridere. Si costrinse a non ridere, non avrebbe fatto una bella figura.
“Certo.” E così entrò nella sua stanza.
L’intenzione della ragazza non era sicuramente quella di andare a letto con lui, voleva sì ferire Tavington, ma non a prezzo del suo corpo. Aveva un po’ paura dell’uomo, e se l’avesse presa contro la sua volontà? Dopotutto non lo conosceva così bene, poteva rivelarsi un uomo bruto.
La porta venne chiusa.
Cattivo segno. Lui caricò e la prese contro di sé. La baciò con impeto e la fece cadere sul letto con forza. Aveva perso tutta la delicatezza usata in passato.
“Banastre. Che fate?”
Era sopra di lei e cercava con difficoltà di allargarle le gambe.
“Secondo te? Dai, non fare la preziosa. Lo so che lo vuoi.”
Aveva capito proprio niente di lei allora. Non aveva scusanti, non poteva trattarla così. La ragazza reagì e lo schiaffeggiò sulla guancia, mise nell’atto tutta la forza di cui era capace. Riuscì a fermarlo, infatti si bloccò, aveva il viso rosso causato dallo schiaffo. Come se avesse realizzato solo in quel momento quello che stava facendo, si spostò di lato. Si sdraiò di fianco e poggiò la schiena sul materasso. Finalmente Beatrix ebbe la possibilità di respirare con calma, il peso che la opprimeva poco prima era sparito.
Respirava liberamente e si mise così ad osservare il bruto che era di fianco a lei.
“Mi dispiace, scusa.” Disse lui alzando un braccio a coprire i suoi occhi.
Sembrava sincero, allora perché lo aveva fatto? Era proprio una persona strana. Beatrix, spinta forse dalla compassione, gli accarezzò il braccio.
“Ban..che diavolo ti è successo?”
Erano passati in modo silente al ‘tu’, vista l’intimità di quello che avevano quasi fatto un momento prima.
“Non so. Mi piacevi e ti volevo.”
La sua sincerità era disarmante, le sembrava quasi un bambino.
Sorrise della sua risposta.

“Faccio così tanto ridere?”
Disse lui abbassando il suo braccio. Si appoggiò sui suoi gomiti e la osservò attentamente.
“Un po’.”
Lei continuava a ridere, sempre più forte rendendo lui ogni secondo più sbalordito. Nemmeno lui riusciva a comprendere quella creatura strana, era stato vicino a farle qualcosa di cui si sarebbe pentito.
E lei cosa faceva? Rideva.
“Va bene, ho sbagliato, ora però smettila di ridacchiare. Sembra che tu mi stia prendendo in giro.”
Lo stava facendo innervosire, lo aveva capito dallo sguardo bruciante che le aveva rivolto. Ma lei, noncurante, continuò a fare quello che voleva.
“Oddio, perché ridi? Cosa ho fatto di così divertente?”
Beatrix si era seduta a gambe incrociante nel letto e lo guardava.
“Niente. Il tuo modo di fare, sembri un bambino.”
Oh oh. Forse non avrebbe dovuto esprimere i suoi pensieri in modo così diretto, lo aveva offeso? Di sicuro non era un bel complimento, anche se nella sua voce non c’era una vera e propria presa in giro. Dopotutto potevano anche diventare semplicemente amici, si era fermato al momento giusto. Non l’aveva presa con forza, come aveva fatto la prima sera l’altro Colonnello.
“Ti faccio vedere io chi è il bambino.”
E la schiacciò nuovamente contro il materasso. Questa volta, però, la sua intenzione non era quella di andare a letto con lei. Bensì le stava facendo il solletico alla pancia. Beatrix soffriva terribilmente il solletico, infatti incominciò a ridere. Sempre più forte, le stavano per scendere le lacrime.
“Ho capito, v-va bene. Banastre, ti prego.”
Ma le preghiere della ragazza erano inutili, aveva fatto sorridere anche lui. Il Colonnello continuava come se nulla fosse.
“Oh, no. Avevi voglia di ridere prima, bambolina, ora ridi.”
Beatrix non ce la faceva più, così per farlo arrestare, lo spinse contro il materasso. Riuscì con estrema fatica ad invertire le posizioni.
Lui smise.
Le accarezzò con dolcezza il volto e lasciò lì la sua mano.
“In questo momento ho davvero voglia di baciarti, tesoro.”
Anche se lo voleva, Banastre non stava muovendo arto per prenderselo. Aspettava che fosse lei a fare il primo passo, forse non voleva spaventarla ulteriormente.
“Allora fallo.”
Lei si avvicinò un po’ esitante a lui e lo baciò. Cercava di concentrarsi solo su di lui, ma non ci riusciva. Pensava a William, perché in realtà era lui che voleva, Banastre era troppo diverso, non gli assomigliava minimamente.
Così, si staccò dall’uomo e lo guardò dispiaciuta. Non c’era bisogno di altre parole, lui aveva già capito quello che pensava.
“Lo ami proprio..”
Anche se Beatrix poteva pensare di essere un’altra e sedurre chi voleva solo per farlo ingelosire, non poteva mentire al suo cuore.
Lo amava.
“Te l’ho già detto, mi sembra.”
“Già.”


Era furioso.
Non si era ricordato di essere mai stato tanto arrabbiato in vita sua. L’aveva umiliato davanti ai suoi uomini.
Lui, il Colonnello William Tavington.
E -come se non bastasse- se n’era andata via con Banastre.
Con tutti quelli che avrebbe potuto scegliere, aveva scelto proprio lui. Cosa aveva di così affascinante quel ragazzino? Tutti lo volevano e lui diventava così la seconda scelta.
Non era bastato che Cornwallis lo elogiasse ogni secondo.
No, ora anche lei si era impuntata con lui.
Vederla ballare con Tarleton gli aveva provocato una strana sensazione, la rabbia era salita e aveva avuto voglia di uccidere quell’idiota. Lui sapeva che stava facendo qualcosa che lo irritava, Banastre lo conosceva molto bene. Dopotutto erano stati migliori amici in Inghilterra e -anche se ora si odiavano- non avrebbe dovuto farlo.

Di proposito aveva continuato, facendolo arrivare ad un punto di non ritorno. Non si era mai sentito così prima, era forse gelosia?
No, non era possibile.
Per far scattare la gelosia, bisogna essere innamorati e lui non lo era.

O, sì?
Gli stava facendo perdere la testa, Beatrix lo aveva prima fatto eccitare terribilmente e poi se n’era andata via con l’altro. Chissà dov’erano in quel momento e chissà cosa stavano facendo soprattutto.
Staranno facendo sesso!
Lei era il suo giocattolo, quindi perché si preoccupava tanto? Aveva una guerra da vincere, poi sarebbe ritornato a casa e lì si sarebbe cercato una moglie. Una donna bella e ricca, anzi no, solo ricca. Non gli importava molto anche se fosse stata una vecchia rachitica, avrebbe soddisfatto i suoi bisogni con qualche amante.
Già, quella doveva essere la sua vita.
Una agiata, condotta come i dettami aristocratici sancivano.
Quella coloniale, cosa gli poteva offrire?

Una piccola contadinella orfana e per di più Americana.
Che se la tenesse pure Banastre.
Aveva passato tutta la mattinata a scrivere piani di guerra nel suo piccolo studio creato nella stanza data da Marie.
Aveva provato a farlo.
Ma era stato distratto molte volte.
Ora che gli alloggi erano occupati e non erano più soli, era sparita la quiete che regnava in precedenza. In particolare, la sua attenzione si era spostata sui rumori sospetti nella stanza attigua la sua, quella di Banastre. Era in compagnia, il collega, non riusciva a capire chi fosse la donna. Non poteva più essere Beatrix, non poteva aver passato l’intera giornata con lui, no?
Si era così fermato nel suo lavoro, appoggiando la penna d’oca e il foglio sul tavolo. Camminando per la stanza aveva cercato di selezionare i rumori e aveva così capito chi era.
Lo aveva capito quando aveva sentito una risata fragorosa fin troppo familiare. Quella risata che aveva sentito quando la donna stava con lui.
Quante cose stava condividendo con l’avversario? Troppe.
Così, si decise ad uscire dalla sua stanza per mettere fine a quella tortura. Era fuori nel corridoio, non aspettò nel riflettere se aprire o meno la porta.
Non era da lui.
La aprì e la scena che si trovò davanti lo colpì.
Non ‘lo colpì’, nel senso figurativo di stupirlo, bensì lo colpì proprio come avrebbe fatto un pugno nello stomaco. Lei stava montando Banastre ed era una posizione molto intima, non aveva bisogno di tanta immaginazione per capire cosa stavano facendo. Era tutto ben chiaro. Si sentiva tradito, una sensazione mai provata prima.
“William, non è come pensi” disse la sciagurata, ma le sue parole erano aria.
“Ah, davvero? Allora dimmi, secondo te cosa penso tu stia facendo?”
L’aveva messa in difficoltà, dopotutto aveva ragione lui. Non attese comunque la sua risposta e lasciò quella stanza, non voleva perdere il controllo vicino al Generale. Lo avrebbe screditato ulteriormente.
Andò nella sua stanza e la sbatté forte alle sue spalle.


Aveva frainteso quello che aveva visto. Beatrix poteva immaginare quello che si era raffigurato, ma non era la realtà.
Doveva spiegarglielo.
Si alzò dal letto, ma Banastre la trattenne per un braccio.
“Non andare, non ha senso. Capirà quello che vuole capire, rischi che ti faccia male in questo momento.”
Sembrava sinceramente preoccupato per lei, ma Beatrix ormai aveva deciso. Con la sua uscita le stava dicendo di scegliere, sulla pista aveva dato retta al suo orgoglio; ma ora il suo cuore esigeva attenzione. Gli avrebbe almeno spiegato la verità.
“Mi dispiace, Ban. Devo andare.”
E, senza aspettare una sua qualche risposta, scappò dalla sua stanza e si diresse invece verso quella del primo Colonnello che le aveva preso anima e corpo.
Fece un respiro profondo e poi aprì lentamente la porta.
Lui era davanti alla finestra che guardava fuori. Non si muoveva e le faceva un po’ paura.
Chiuse la porta e si decise ad affrontare la questione con lui.
“Non c’è bisogno che resti, non c’è niente da chiarire. Vattene.”
Si era girato e stava riempiendo il bicchiere di Brandy. Beatrix cercava ancora di capire il suo stato emotivo.
“Non me ne andrò, William. Se non mi vuoi, mi devi buttare fuori tu.”
Lo sfidò lei a farlo.
“Credi che non lo farei? Mi stai sottovalutando troppo ultimamente, micetta.”
Sentire da lui di nuovo quel soprannome, le faceva sperare in positivo.
“William, ascolta, tra me e Banastre non c’è niente, stavamo scherzando..”
Rimbeccò lei, ma venne subito interrotta da lui a metà frase.
“Banastre? Poche ore è già diventato Banastre?
Il Colonnello stava sorseggiando il suo liquore e scuoteva la testa come per ridere di una battuta che sentiva solo lui. Evidentemente non aveva gradito che lei lo avesse chiamato per nome, non ci aveva nemmeno fatto caso.
“Abbiamo scherzato un po’ e il tu è venuto da sé.” Cercò di giustificarsi lei.
Lui aveva poggiato sullo scrittoio il bicchiere e la guardava con attenzione, ponderando forse la prossima mossa.
“Ho notato quanto sei veloce a farti nuovi ‘amici’, Beatrice. Prima il prigioniero, ora Banastre. Devo presumere che sia Bordon il prossimo?”
Disse lui in modo scherzoso, eppure quella frecciatina -che non aveva alcuna ragion d’esistere, perché il Capitano stava con Wells, non le avrebbe mai fatto un tale sgarro- la ferì. Lo faceva sempre e in continuazione, insinuava cose senza senso e la descriveva in modo sbagliato.
 “Se è quello che pensate, Colonnello.”
Quasi le era passata la voglia di controbattere, sembrava inutile cercare di vincere lui in quei battibecchi, verbalmente vinceva sempre. Manipolava le parole a suo vantaggio.
“Ti sei divertita nel tuo teatrino poco fa nella sala, mi hai umiliato davanti a tutti ed ora fai tu l’offesa?”
Aveva fatto qualche passo verso di lei e si stava avvicinando sempre di più.
“Voi lo fate sempre, vi ho solo ricambiato con la stessa moneta.”
Sebbene la vicinanza con l’uomo la facesse sentire debole, cercò di mantenere lo sguardo forte.
“Questo discorso lo puoi fare con un tuo amichetto, Beatrice. Io e te non siamo sullo stesso piano. Io comando, tu obbedisci.”
Stava mettendo le distanze tra di loro, quel muro che la ragazza era riuscita a scalfire col tempo, era stato un lavoro inutile. Con quella conversazione stavano involvendo all’inizio della loro ‘storia’.
Anche se parlare di storia era proprio un parolone.
“Allora perché venite a letto con me? Se vi faccio così schifo, cercatevi una donna inglese con classe. A quello ambite, no?”
A differenza delle altre volte, non era indietreggiata nel vedere lui muoversi verso di lei. Bensì era rimasta ferma nella sua posizione, non avrebbe abbassato la testa.
“Questi non sono tuoi problemi, Beatrice. Io e te facciamo solo sesso, solo fantastico sesso. Tu non sai niente di me, questa è la verità. Conosci il mio corpo, come lo potrebbe conoscere qualsiasi prostituta che mi sono scopato.”
Se l’avesse riempita di botte, non avrebbe avuto un tale effetto devastante. Si sentiva davvero male, lo odiava per la sua insensibilità. Voleva schiaffeggiarlo, fargli male. Fargli sentire il dolore che lui le stava provocando in quel momento.
“Vorrei uccidervi in questo momento, ma voi questo lo sapete già, vero? Siete esperto in questo, mi ferite in un modo in cui nessuno aveva mai fatto prima. Perché perdo tempo con voi?”
Poteva anche cercare di controllare il suo corpo quanto poteva, ma le lacrime scesero lo stesso. Si morse l’interno della bocca, sperando che servisse a fermarle.
Inutile.
Perché gli permetteva di trattarla così sempre?
Lui rideva di lei, perché sapeva già quale effetto avrebbe scatenato nella ragazza, prima ancora che pronunciasse la frase.
“Perché mi ami. La verità è che mi sono trovato in questa situazione tante volte, voi donne volete sempre di più, non vi accontentate mai.”
Stava continuando a prenderla in giro, era una sciocca a soffrire per un uomo tanto ignobile.
“Ditemi, Colonnello, perché non siete ancora sposato? Non siete giovane, ammetto che siate un uomo bellissimo.”
Sentendo come lei lo stava descrivendo, Tavington alzò le sue sopracciglia, incredulo di sentirla dire così. Peccato che il discorso non era terminato lì.
“Però la bellezza non dura per sempre, voglio proprio vedere quante donne avrete fra qualche anno. Comunque io so perché non avete ancora una donna.”
Il Colonnello era stupito dalla forza che lei aveva tirato fuori all’ultimo, era incuriosito nel vedere dove volesse giungere.
“Ah, sì? Mi conosci davvero così bene? Sentiamo un po’.”
Beatrix si preparò ad una sua sfuriata, perché quello che gli stava per dire lo avrebbe fatto arrabbiare.
“Voi desiderate sposare una donna facoltosa, ma la domanda è.. chi si sposerebbe mai un soldato squattrinato che si è scopato metà delle donne di questo pianeta?”
Beatrix chiuse gli occhi, aspettandosi uno schiaffo o una spinta brutale. Aspettò qualche secondo e -visto che non succedeva niente- poi aprì gli occhi.
Lui stava ridendo, ma non in modo maligno, come faceva sempre. Invece era una risata spontanea, sincera. La ragazza era meravigliata, perché non lo aveva sentito mai ridere così.
Tu lo vorresti.”
“Voi mi fate schifo.” Rimbeccò lei.
Solo allora lui tirò fuori da una tasca dei pantaloni un coltellino, Beatrix non aveva notato che lo aveva infilato prima.
L’avrebbe punita a dovere. Lo sentiva.
Si preparò al colpo.


N/A
Ciao a tutte!! ^^
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^



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Capitolo 16
*** L'anello ***


capitolo XVI
Capitolo XVI
 L’anello



Senza darle il tempo di realizzare cosa avrebbe fatto, glielo appoggiò dolcemente sulla guancia. La lama era molto vicina alla sua pelle e -sebbene non avesse premuto forte- una lieve scia di sangue si formò. L’aveva appena graffiata, ma il suo obiettivo non era farle male in quel senso, per fortuna. Lo capì quando fece scivolare la lama lungo la sua gota e poi percorrere il collo niveo della fanciulla.
Una volta giunto lì, proseguì.
Beatrix aveva i brividi, aveva un po’ paura, non lo conosceva fino in fondo, avrebbe potuto piantarglielo -in un battito di ciglia- nello stomaco. Il coltello percorreva ora il corsetto, che formava il vestito di Marie, e poi d’un tratto sferrò un colpo preciso.
In un solo colpo aveva tagliato tutti i lacci che legavano il corsetto, il quale perciò, senza più un sostegno, si afflosciò e fece rilassare i seni, prima compressi. Il vestito si reggeva in modo alquanto precario. Sapeva lei -e sicuramente sapeva anche lui- che bastava tagliare le due spalline e sarebbe stata nuda.
“Beatrice, so molto bene che non ti faccio schifo per niente. E scommetto che se ti toccassi lì sotto, sentirei che sei già pronta per me, non fingere il contrario.”
Faceva tutto quello perché era convinto di essere desiderato da lei, e forse il suo corpo continuava a volerlo. Ma non era pronta ad andare a letto con lui di nuovo.
Voleva ferirlo, perché non ci riusciva?
“Siete sempre così sicuro di voi. Mi chiedo perché siate qui con me dopo quello che vi ho fatto.”
La lama -come immaginato- squarciò l’ultimo sostegno del bellissimo vestito, che cadde per terra.
“Per fare sesso.”
“Ma io vi ho ‘umiliato davanti a tutti’” lo disse imitando la sua voce usata prima “perché non siete in compagnia di una prostituta? Qualunque donna può darvi sesso..eppure siete qua.”
Aveva centrato il punto. Lui aveva, doveva aver pensato a lei per tutto il giorno. Chissà se si era immaginato lei e Banastre. Il Colonnello non poteva sapere quello che avevano fatto realmente, magari poteva giocare anche Beatrix con lui.
Lei comunque rimaneva in svantaggio, perché era nuda davanti a lui.
Inerme.
“Cosa ti dice che non sono già stato con un’altra?”
Era una possibilità, vero. Ma lei non ne era convinta.
“Allora devo desumere che non vi sia piaciuto molto, dato che stavate origliando me e Banastre poco fa.”
“Io non ho origliato, non sono un ragazzino!”
Rispose subito lui, evidentemente arrabbiato dalla sua insinuazione. Si sa, chi se la prende è perché è in difetto.
Forse aveva centrato nuovamente il punto.
“Comunque sia, a me non importa cosa fate. Scopatevi chi volete, tanto lo fate comunque.”
Il Colonnello si aspettava di averla disarmata, denudandola. Non si aspettava di trovare sotto una piccola tigre.
I tempi erano cambiati.
“Bene. Allora evito di raccontarti i dettagli del mio incontro con la calda Esmeralda.”
Quasi sentiva che avrebbe messo lei in ballo, gli avrebbe ricambiato il favore.
“Non vi trattenete, vi prego. Magari mentre lo raccontate, posso partecipare anch’io parlando del mio incontro con il prestante Banastre.”
Lo aveva fatto infuriare e la cosa le faceva davvero piacere.
“Non sarete mica geloso, Colonnello?” lo punzecchiò lei.
“Quanto lo sei tu, micetta.”
Touchè.
“Ci stiamo distruggendo a vicenda, William. È quello che vuoi?”
Chiese lei. Era stufa di quella battaglia, voleva porre una fine per sempre.
Lui stava pensando.
Così la ragazza colse l’occasione per liberarlo della sua giubba rossa, la fece cadere a terra con un tonfo sordo. Poi si dedicò alla sua camicia, slegando prima l’elegante fiocco della camicia. Una volta sbottonata, gliela tolse.
Lo lasciò a torso nudo, in tutta la sua bellezza.
“Tu ed io non abbiamo un futuro, Beatrice. Non esiste che io ti sposi.”
Lei non si fece abbattere dalla sua ostilità, gli accarezzò il petto e disegnò su di esso disegni immaginari.
“Perché sei convinto di questo? Ti ho mai fatto pressioni su proposte di matrimonio?”
Era odioso quando si metteva nei suoi panni e le faceva dire cose che lei non aveva mai pensato. Anche se non era proprio giusto, ci aveva pensato. Certo, le sarebbe piaciuto essere sua moglie, invece che la sua prostituta. Eppure conosceva il suo modo di vedere, lui rimaneva -nonostante i pasticci del padre- un Lord.
Un Lord che sposa una contadina era surreale.
“Cosa pensi di fare del tuo futuro? Io ti ho tolto la tua verginità, come credi che ti giudicheranno gli uomini?”
Bè, lei però non era una nobile. Non doveva essere illibata, lui ragionava come il nobile che era. Ma lei era una serva, poco contava che fosse vergine.
“Dipende da chi mi sposerò. Ad alcuni non importa.” Rispose secca lei.
“Per esempio il giovane Gabriel? Già, lui ti sposerebbe comunque. Lo sa che vieni a letto con me?”
“Continuate a prendermi in giro, ma posso avere chi voglio. Non penso mica a voi tutto il tempo.”
Rimbeccò lei.
“Bene. Allora siamo in due, Beatrice.”
C’era tensione tra i due, qualcuno doveva abbattere un po’ il muro d’orgoglio, sennò non sarebbero giunti da nessuna parte.
“Non ho intenzione di continuare così questo gioco, Colonnello.”
Smise di giocare sulla sue pelle e aspettò la sua risposta.
“Cosa vuoi, micetta?”
“Voglio contare qualcosa per voi. Non mi basta solo sesso, vi voglio solo per me. Altrimenti è finita.”
Tavington si sciolse il codino, liberando i capelli e forse cercando di riflettere sulle sue parole.
“Mi stai stupendo, Beatrice. Tutta questa forza e questo coraggio, è stato forse Tarleton a destarlo?”
Stava cercando di cambiare argomento, non avrebbe vinto così.
“Forse -potendo fare il paragone- ho preferito lui, non lo credete possibile?”
Conosceva quel suo punto debole e lo avrebbe utilizzato bene.
“Vuoi la distanza tra di noi? Bene. Sembra che tu con lui sia più felice, perché sei corsa da me, allora? Va' da lui.”
Così dicendo, ritornò allo scrittoio e prese a sorseggiare il suo Brandy.
“Tanto cosa ve ne importa? Da me solo il sesso volete, no? Potrei benissimo andare a letto con tutti e due. L’importante è che vi conceda sempre e comunque il mio corpo.”
La sua indifferenza la fece sbottare.
Si buttò sul letto e si sdraiò a pancia in su, pensando.
“Questa è la peggiore discussione della mia vita, lo sai, gattina?”
Aveva ormai finito il suo liquore, così si avvicinò al letto, dove lei era sdraiata. Si sedette sul bordo e prese ad accarezzare il corpo della fanciulla.
“Ci feriamo a vicenda, William. Eppure nessuno crolla.” Disse lei sconsolata.
“Forse dovremmo arrenderci entrambi, dolcezza.”
Beatrix si alzò, rimanendo lo stesso seduta sul materasso. Così poté avere gli occhi che guardavano allo stesso livello quelli del Colonnello.
“Dimostratemi che sono diversa dalle altre.”
Aveva bisogno di un qualcosa a cui aggrapparsi per rimanere lì con lui e non andarsene via.
“Come?” rispose sinceramente lui.
“Fate qualcosa che non avete mai fatto ad altre prima.”
Tavington pensò con cura e poi il sorrisetto che gli comparve sulle labbra, le fece capire che aveva risolto il problema.
“Sdraiati.”
Obbedì al comando, eccitata dalla curiosità di vedere cosa aveva architettato.
Beatrix si aspettava che lui si spogliasse. Invece rimase con i pantaloni addosso e le allargò delicatamente le gambe. Continuava a guardare lei e il suo punto più intimo, spostando lo sguardo tra di loro.
Le piaceva giocare con lui.
“C’è una cosa che non ho mai fatto a nessuna.”
Sì, le piaceva essere l’unica. Solo lei.
Il Colonnello si mosse lungo il materasso e si sistemò infine tra le sue gambe. Era in ginocchio e le stava accarezzando i polpacci.
“Ho sempre pensato al mio piacere..”
La voce era bassa e roca, quando parlava in modo così dannatamente sexy la faceva ribollire e accaldare.
“Sai qual è la cosa più interessante nel venire a letto con te?”
“No.” disse lei sincera.
“Che ti abbandoni sempre al mio tocco, perché -oltre a me- non hai giaciuto con nessun altro. Sei in mio potere, dolcezza. Non sai cosa aspettarti, vero?”
Era incuriosita.
Come faceva a saperlo? Era un tabù a casa sua.
Non gli rispose, scosse solo la testa.
“Molto bene, perché quello che ti ho fatto provare fin’ora, non è niente in confronto a questo.”
Le sue mani esperte toccarono le cosce della ragazza fino ad arrivare nel suo punto più dolce. Fu lì che lui si fece strada tra le pieghe del suo sesso, finché trovo l’epicentro del suo piacere.
E poi abbassò la testa.
Beatrix non aveva mai fatto quella cosa prima e la posizione non favoriva di certo la vista. Vedeva solo la testa del Colonnello immersa tra le sue cosce, eppure anche senza vedere, percepiva e sentiva il suo tocco. La sua lingua calda toccò dapprima dolcemente la sua carne sensibile e poi si mosse sempre più velocemente. Era abile, sapeva toccare i punti giusti, le faceva provare sensazioni strane. Aveva ragione, era tutta un’altra cosa. Era bellissimo, la vista quasi si appannò per il piacere provato. Qualche volta gli aveva detto di fermarsi, perché erano troppo forti quelle sensazioni, ma lui non l’ascoltò. Continuò ad eccitarla a dismisura. Lei aveva arpionato il lenzuolo e lo stringeva forte tra le sue dita, tanto che il tessuto si strappò leggermente.
“Oddio, ti amo. William!”
Era così vicina a qualcosa di sconvolgente, che tardava ad arrivare. Tavington stava cercando in tutti i modi di farla resistere il più a lungo possibile, rendendo quel lavoro una vera tortura. La cosa però che l’aveva eccitata di più di tutte erano gli occhi dell’uomo, non aveva infatti smesso di guardarla. La fissava come per studiare le sue reazioni, sicuramente si stava complimentando con se stesso per lo stato in cui l’aveva ridotta. Lei si chiese però quante cose lui sapesse fare e quanto cose invece lei non sapeva fare. Gliele avrebbe insegnate tutte?
Non riusciva più a resistere, voleva che l’orgasmo arrivasse subito. Ma lui glielo impediva. Allora afferrò con forza i suoi capelli e li tirò.
“William. Ti prego. Ora.”
Era difficile anche formulare una sola frase, doveva aiutarla.
Dopo alcuni minuti provò qualcosa di molto forte, una liberazione. Sentiva la pelle accaldata e sudata, i capelli erano appiccicati alla fronte e respirava con la bocca. Impiegò diversi minuti a ritornare a respirare tranquillamente. Allora poi si sdraiò nuovamente e aspettò che il suo cuore ritornasse a pompare normalmente.
Ad un certo punto, lui risalì il corpo della fanciulla e la baciò sulle labbra. Era tornato ad essere dolce e tenero, anche se le diede lo stesso qualche morso. Il suo corpo non pesava, sebbene fosse sdraiato su Beatrix, era un peso piacevole da sostenere. Le mani dell’uomo sfioravano la sua pelle, il più del tempo rimasero bloccate sulle sue cosce.
“È stato meraviglioso, William. Davvero sono la prima a cui lo fai?”
Sembrava quasi imbarazzata nel domandarglielo, però voleva sapere se lo aveva detto perché lo pensava. O semplicemente voleva prenderla in giro.
Il Colonnello alzò il capo e la fissò negli occhi. Forse questa volta sarebbe stato sincero.
“Sì.”
Quel momento era perfetto, bastava che lui si sciogliesse un po’ di più e avrebbe aperto il suo cuore a lei.
“Andrai da Banastre, ora?”
Il Colonnello approfittò del momento di tranquillità per interrogarla.
“Vuoi che vada da lui? Una prostituta si passa tra i soldati, o sbaglio?”
Rimbeccò lei, aveva bisogno di certezze solide da Tavington. Lui, di contro, le aveva preso le mani tra le sue e l’aveva issata.
“Tu non sei una prostituta. E sei solo mia.”
Quel ‘mio’ piaceva sempre di più a Beatrix, però poteva avere tante sfumature differenti. Magari era semplicemente la possessività che lui manifestava rivolta alle sue ‘cose’. Non voleva essere paragonata al suo cavallo o al suo esercito.
Lei era una persona.
“Sono stufa dei tuoi modi da cavernicolo. Dimmi una volta per tutte quello che provi, ti piaccio?”
Ormai erano arrivati alla resa dei conti. Non avrebbe aspettato ancora, se la voleva, doveva esprimerlo a parole. Aveva bisogno di quello, altrimenti avrebbe continuato a pensare che fosse tutto nella sua mente.
“Definisci ‘piacere’. È difficile da spiegare, non l’ho mai provato prima.”
Sembrava una discussione fatta con un bambino, le sembrava di essere lei ad insegnare lui ad amare.
“Quando non ci sono ti manco?” chiese lei.
“Forse.”
Bugiardo.
Sapeva che era diventato matto quando aveva saputo di lei e Ban. Se il suo corpo parlava, perché non lo ascoltava?
Testardo.
“Va bene. Allora penso proprio che andrò dal Colonnello Tarleton a finire quello che abbiamo incominciato qui. Ti piace l’idea, William?”
L’unico modo per farlo ragionare era l’uso della forza, altrimenti l’avrebbe abbattuta.
Infatti la sua reazione arrivò subito, arpionò il braccio della ragazza e non le permise di lasciare il letto.
“Provaci e ti lego al letto.” Disse con gli occhi sicuri e fermi.
“William!”
La faceva quasi sorridere il suo comportamento infantile.
“Aspetta un minuto e rimani ferma lì.”
E scese così dal letto andando a rovistare i cassetti. Dopo qualche minuto -durante il quale Beatrix si chiese cosa cercasse- si avvicinò di nuovo al letto.
“Vuoi una dimostrazione del mio affetto? Ecco.”
Si sedette sul letto e le prese la mano sinistra e l’appoggiò sulla sua coscia, fasciata ancora dai pantaloni.
“Questo anello era di mia madre, è l’unica cosa che ho tenuto del mio passato.”
Glielo infilò nell’anulare e così lei poté rimirare il gioiello donato.
Era bellissimo.
C’era una bellissima pietra rossa al centro, forse un rubino, con attorno tante pietre luccicanti più piccole.
Era troppo, non poteva accettarlo.
“William, non è questo che intendevo.”
Disse lei, cercando di sfilare l’anello per restituirglielo, ma lui la fermò.
“Beatrice è solo un simbolo, non ti sto chiedendo di sposarmi. Tranquilla. Voglio solo dimostrarti che..boh..ci tengo a te e che tu sei mia..”
Beatrix non gli permise di finire la frase e lo abbracciò forte. Lo trattenne contro di sé per un lungo tempo, non voleva farlo andare più via. Si staccarono solo di qualche centimetro, lo spazio necessario per baciarsi meglio.
“Con questo però le cose non cambiano, non posso sposarti. Sei la mia.. amante.1
Dopo tanto combattere con lui, era bello ottenere finalmente qualcosa.
“L’unica?”
“L’unica. Non ci sarà nessun’altra per me.”


1 nel '700 non c’erano tante possibilità di impegnarsi con una donna: o la si prendeva come sposa, fiancée, o come ‘amante ufficiale’, mistress, una sola senza cambiare ogni volta. ;)




N/A
Ciao a tutte!! ^^


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Mi scuso per l'enorme ritardo, ma non ero a casa..il capitolo era già pronto da un pò, spero di non avervi deluso. ^^
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Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^

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Capitolo 17
*** Tavington: l’uomo e il carnefice Parte Prima: l’uomo ***


capitolo XVII
Capitolo XVII
Tavington: l’uomo e il carnefice
Parte Prima: l’uomo



Il Colonnello Tavington si dirigeva a grandi passi verso la prigione adibita per i Ribelli. La città era stata conquistata e i Ribelli in parte uccisi, altri trattenuti per ottenere informazioni. Del fantomatico Fantasma, ovvero il capo di quella banda, non c’erano tracce, era scappato e nessuno era riuscito a riconoscerlo. Avevano catturato dieci uomini, tra giovani, vecchi e perfino un reverendo. La prigione si trovava nelle segrete dell’edificio più fatiscente della città, controllato come se fosse stato il Buckingham Palace. Guardie fuori e dentro, era praticamente impossibile la fuga, solo gli Ufficiali assegnati potevano entrarvi e uscirvi.
Il Colonnello Tavington era uno di quelli.
Scendeva le vecchie scale che lo conducevano verso quella Banda, pregustava il piacere che avrebbe veramente provato nel torturare quegli uomini. Doveva ottenere quel nome a tutti i costi.
“Buongiorno, Colonnello.”
La guardia alla porta delle segrete salutò con il gesto militare Tavington.
“Qualche accenno di rivolta nei nostri ospiti, tenente?”
Intanto venne aperta la grande porta, così il Colonnello entrò.
“Come sempre, Sir.”
Il tenente lasciò entrare Tavington e poi se ne andò, chiudendosi la porta alle sue spalle.
Quel lavoro poteva essere fatto benissimo anche da soli, infatti erano tutti legati con le catene al muro. I movimenti erano molto limitati e non avrebbero arrecato alcun dolore a nessuno.
William li guardò bene, esaminando i loro sentimenti, cercando di capire quale fosse la prossima persona da torturare.
Quella stanza puzzava, si sentiva odore di topo morto.
Era l’odore della morte.
Infatti da quella stanza nessuno sarebbe uscito vivo.
Con un ghigno che lo fece rallegrare, il Colonnello si diresse nella stanza adiacente dove il Capitano Bordon si stava già occupando di uno. Tavington aveva il portamento fiero, schiena sempre dritta, in lui non c’era paura per nessuno. Le mani intrecciate dietro la schiena, passi decisi.
Quelli del carnefice.
Nello stanzino c’erano due soldati e il Capitano. Fecero un cenno di saluto e poi indirizzarono i loro sguardi verso l’uomo riverso sul tavolo di legno al centro della stanza.
“Mi dispiace, Colonnello, è morto.”
Disse Bordon, riferendosi al Ribelle torturato precedentemente.
Tavington era spazientito, dopo due giorni di interrogatori avrebbero dovuto avere un qualche accenno di nome, un qualche indizio. Eppure niente. Il buio assoluto.
Si avvicinò al tavolo con passo felpato, il suo corpo trasudava precisione. La freddezza del Colonnello infatti faceva paura a tutti, poiché era imprevedibile.
Una volta a contatto con il tavolo, prese il corpo morto e lo rovesciò per terra con rabbia. Era furioso, voleva quel nome.
“Prendine un altro. Subito.”
Il comando non era indirizzato ad una persona precisa, eppure fu Bordon quello che si mosse e andò nell’altra stanza. Ritornò dopo qualche minuto con un ragazzino, quel prigioniero.
Scelta perfetta.
“Ci rivediamo, Gabriel.”
Il giovane sembrava sorpreso che il Colonnello lo conoscesse.
“Come fate a sapere il mio nome?”
Tavington lo prese per un braccio e arpionò forte la pelle, come per stritolarlo.
“Diciamo che me l’ha detto un uccellino. Ora dimmi, chi è il Fantasma?”
Si guardarono negli occhi, sperava di vedere tentennamenti. Ma il ragazzo resisteva.
“Andate a farvi fottere.”
E così Gabriel sputò in faccia al Colonnello, gettando fuori anche tutto il suo odio che provava. Tavington si pulì il volto con la manica della camicia, provando chiaramente disgusto, anche se quell’atto non era così originale. Gli Americani erano tutti incivili, cresciuti come delle bestie.
“Perché no? In effetti ho passato una notte stupenda a fottermi la tua amichetta.”
E rise insieme agli altri, lasciando Gabriel sconcertato e furioso. Cercò di svincolarsi per aggredire il Colonnello, ma le forti braccia di Bordon e del tenente Kent lo trattenevano. Sembrava un piccolo toro, scalciava, ma era comunque privo di forze.
“Siete un bastardo, Tavington. Beatrix non è vostra, non ha niente a che fare con voi. Viene a letto solo perché la obbligate.”
Poteva credere quello che voleva, ma William sapeva la verità. Eppure aveva intuito che il prigioniero avesse ancora una cotta per lei, poteva sfruttare quella piccola debolezza per avere informazioni.
“Legatelo al tavolo e toglietegli la camicia.”
L’ordine che partì da Tavington mobilitò i soldati, i quali appoggiarono con forza il ribelle ed eseguirono il comando. Il ragazzo aveva le braccia e le gambe tese agli antipodi.
“Ora andatevene.”
La stanza venne svuotata, rimanevano solo i due uomini.
“Volevate privacy, Colonnello? Non dovevate disturbarvi..lo faccio anche con il pubblico.”
William sapeva che la sua sfrontatezza era solo una facciata, aveva paura di lui. Ma cercava di nasconderlo bene.
“Voglio godermi questo momento tutto per me, Gabriel.”
Sentiva di averlo innervosito chiamandolo per nome, avrebbe continuato. Camminò lentamente intorno al tavolo fino a che non si trovò vicino alla testa del giovane. Tirò i suoi capelli con forza.
“Chi è il vostro Capo?”
Lo disse in modo perentorio, non avrebbe accettato risposte negative. Il gioco era già incominciato ed esigeva quel nome.
“Non lo so.”
Tavington tirò con più forza i capelli, alcune ciocche dorate si staccarono.
“Chi è?
“Non. Lo. So.” Lo beffeggiò il ragazzo.
Lo stava prendendo in giro; se voleva soffrire, avrebbe sofferto allora.
“Molto bene, lo hai voluto tu.”
Si allontanò e staccò dal muro una stecca di ferro, quella che veniva usata per marchiare il bestiame. Si avvicinò al camino e riscaldò il bastone, lo voleva molto caldo.
“Cosa volete fare?”
Disse Gabriel preoccupato.
“Mi faccio dire il nome.”
Quando fu caldo a sufficienza, ritornò in prossimità del ragazzo con la stecca in mano.
“Ultima possibilità..il nome.”
Nemmeno quello bastò, infatti Gabriel girò la testa dall’altra parte e rispose silenziosamente al Colonnello.
Forse non si aspettava che Tavington lo facesse davvero, forse lo conosceva poco. Infatti lo marchiò dritto sul petto, la pelle si liquefò, colava il sangue e il ragazzo urlava forte dal dolore. Le corde tiravano, il Colonnello allora lasciò altri marchi e poi, ad un certo punto, si fermò.
“Allora..qual è il nome?”
“Anche se ve lo dicessi, mi uccidereste comunque. Perché dovrei tradire i miei connazionali?”
Tavington abbandonò la stecca sul pavimento e scrutò il volto del ragazzino.
“Tu stai già tradendo i tuoi connazionali, l’unica Nazione che esiste si trova oltreoceano. Questa, America, è solo una colonia. Niente di più. E quando avremo vinto verrete eliminati tutti.”
Il Colonnello prese una sedia e si sedette vicino al prigioniero. Avevano molto tempo da passare insieme fino a quando avrebbe ottenuto qualcosa.
“Io sono un patriota! E voi Inglesi non vincerete la guerra.”
Era duro e testardo, forse avrebbe dovuto portarsi dietro Beatrix, magari a lei lo avrebbe detto.
Già, a lei avrebbe confessato tutto.
“Quindi morirai e sacrificherai la tua vita per questa stupida Causa? Bene, vuol dire allora che torturerò qualcun altro. Qualcuno di più fragile, che non si può difendere.”
Si alzò dalla sedia, facendola rovesciare per terra.
“Magari una donna, con i capelli e gli occhi neri come la notte. Te la immagini lei al tuo posto?”
Se non poteva minacciare lui, avrebbe usato quel suo punto debole.
“V-voi non le farete del male. È una ragazza!”
Tavington lo zittì con un leggero gesto della mano, come se quel discorso fosse di poco conto.
“È Americana, questo conta. Donna, uomo..in guerra è indifferente.”
“Siete un uomo spregevole.” Accusò il giovane.
“Che grande giudizio originale, devo ammettere che nessuno me lo aveva detto prima.”
Rispose in modo sarcastico il Colonnello.
“Voi dovete stare lontano da Beatrix. Lei non c’entra niente!”
Urlò Gabriel.
“Chi me lo assicura? Magari tu le hai spifferato qualcosa.. non posso esserne sicuro.”
Gli piaceva vederlo logorarsi dal dolore fisico e mentale, lo avrebbe distrutto prima della confessione.
“Lasciatela stare, è innocente.”
Ripeté come una cantilena il giovane, doveva amarla ancora.
“Parlando di Beatrice..non userei la parola innocente. Sotto le coperte si nasconde una leonessa, dovresti vedere i graffi che mi lascia sulla schiena, le sue grida le sentono in tutta la casa.”
La gelosia accese Gabriel, aveva gli occhi infuocati, se lo avesse slegato lo avrebbe di sicuro attaccato.
“Non ci credo, la costringete.” Sperò ancora il giovane.
“Fai come vuoi, magari dopo te la porto qui e te lo dice lei stessa.”
E così dicendo lo lasciò lì su quel tavolo, uscì dalla stanza sentendo ancora l’eco delle maledizioni e degli insulti lanciati da quello stolto ribelle. Lo ignorò ed uscì dalla porta delle segrete. Non aveva ancora ottenuto quel nome, Banastre sarebbe andato anche lui a interrogare.
E se riusciva a trovare qualcosa?
Doveva batterlo sul tempo, quel tale, Gabriel, sapeva. La violenza bruta era inutile, forse la sua arma che lo avrebbe condotto alla vittoria era lei.
Sì, se Beatrix diceva di amarlo, glielo avrebbe dimostrato.
Il tempo scadeva, la guerra perdurava e lui aveva bisogno di quel dannato nome.
Uscì dall’edificio e sentì i caldi raggi del sole attraversare la sua pelle. Si diresse verso il centro della città, destinazione Lady Kitten.


Beatrix continuava a rimirare l’anello di Tavington, era bellissimo. Ma non era quello che le piaceva di più, era più che altro il sapere che era riuscita a conquistare un pezzo del suo cuore. Ogni volta un pezzetto in più, prima o poi lui sarebbe stato solo di Beatrix. Sapeva che ce ne sarebbe voluto di tempo, ma non si sarebbe arresa.
“Ti piace?”
Tavington la sorprese, non aveva avvertito la sua presenza.
“Hey..sì, mi piace molto. Come mai siete già di ritorno?”
Quella mattina si era alzato all’alba, dicendo che aveva degli affari da sbrigare. Probabilmente Savannah era solo una tappa temporanea, chissà dove sarebbero andati dopo.
“Stavo torturando dei Ribelli e mi sei venuta in mente tu.”
Bè..era proprio un bel pensiero. Di solito le ragazze rimandano ad immagini allegre, spensierate; mentre lui aveva pensato a lei mentre si dilettava a torturare i suoi connazionali. Non si poteva dire che fosse un uomo prevedibile e nella norma.
Non era entrato nella loro stanza da letto, era rimasto sullo stipite con le gambe e braccia intrecciate. E la fissava da lontano, vagliando il suo corpo con piacere.
“Che dire, Colonnello..è proprio una frase romantica.”
“Io non sono uomo da fiori e cioccolatini. Non fanno per me. Non..sono io.”
Cercò di giustificarsi lui, ma lei ormai lo stava iniziando a conoscere bene, quando faceva così voleva essere semplicemente sincero.
“Va bene e io ho comunque apprezzato di essere stata nella vostra testa per un po’..quindi è per questo che siete qua?”
Tavington entrò finalmente nella stanza e si inginocchiò vicino a lei. Ora avevano le loro teste allo stesso livello.
“Avevo voglia di vederti.”
Oh, era così dolce. Ma era davvero Tavington che stava parlando? Lui non era dolce, a meno che non volesse qualcos’altro. Una vocina nella sua testa le bisbigliava che avrebbe dovuto essere diffidente, mentre un’altra ancora si fece prepotente e cacciò l’altra.
Goditi questo momento!
Si faceva sempre troppe paranoie e non riusciva mai a vivere il momento.
Così, si alzò dal letto e gettò le sue braccia sul Colonnello.
“Mmm..davvero?”
Lui le sorrideva sincero e aveva già posato le sue possenti braccia sul suo corpo. I loro nasi si sfioravano giocosamente.
“Già..”
Le loro labbra si incontrarono e si baciarono.  Quel giorno era diverso dal solito, estremamente attento a lei, al suo piacere. Fu lui ad interrompere prima il loro bacio mattutino.
“Verresti con me in un posto?” chiese William.
“Va bene.”
Beatrix cercò di raffigurarsi dove l’avrebbe portata, magari un bel posticino romantico, solo loro due. Sarebbe stato bello, ma era anche impossibile.
Lui la prese per mano e la condusse fuori dal Lady Kitten. Attraversarono la città, non aveva ancora avuto l’occasione di visitarla, conosceva ormai molto bene la locanda di Marie, eppure quella stupenda città che li ospitava le era ancora ignota.
Non era molto abitata, stava osservando alcuni bambini che giocavano con un cavallo alla loro sinistra. Erano teneri, forse fratelli, scherzavano con il fieno ed erano tutti e due sporchi. I bambini erano adorabili, a Beatrix piacevano molto. A Pembroke capitava che doveva guardare i figli dei Bree, mentre questi andavano al Consiglio -e lei ovviamente non partecipava perché andava già sua madre. Sebbene quei bambini fossero devastanti quanto un tornado, era comunque bello passare del tempo con loro.
Così, forse spinta da questa nostalgia appena manifestata, si diresse verso quei due ragazzini che giocavano. Appena fu vicina a loro, la bambina fece cadere una carota che teneva in mano, spaventata forse da Beatrix. La ragazza la raccolse e gliela porse.
“Tieni. Come ti chiami, tesoro?”
La bimba dai capelli biondi e le lentiggini la guardò per qualche secondo e poi prese la carota dalle sue mani.
“Christie.”
Doveva avere appena cinque o sei anni, portava un grazioso vestito liso nei bordi.
“Piacere di conoscerti Christie, io sono Beatrix. È tuo questo bel cavallo?”
Le strinse dolcemente la mano e rese così felice la ragazzina. La quale, ormai fatta conoscenza, la prese con la sua piccola manina e la accompagnò verso il cavallo. Era un bel purosangue marrone chiaro, stava mangiando il fieno che gli dava il ragazzino, ma i suoi movimenti erano limitati, perché era legato con una corda ad un’asta fissa.
“Sì, questo è il Signor Perkins. Saluta Signor Perkins la mia nuova amica, lei è Beatrix.”
Il cavallo –ovviamente- non rispose verbalmente al saluto, sebbene voltò la testa in direzione della sua padroncina. La manina della bambina accarezzava ora la testa del cavallo.
“Non sei nata qui, vero?”
Le chiese dolcemente Christie.
“No, però sono anch’io Americana come te.”
La bambina la guardò un po’ diffidente, come se non credesse alle sue parole.
“Allora perché stai con lui?”
E indicò così Tavington, che intanto si era avvicinato a loro. Indossava la sua giubba rossa, perciò era chiaro che la ragazzina sapesse della sua nazionalità.
“Perché lei è mia prigioniera.”
Disse il Colonnello con quello sguardo da sbruffone che aveva sempre quando la prendeva in giro.
“Non è vero, piccolina. Io non sono la sua prigioniera. Siamo..amici.” Rimbeccò Beatrix, smuovendo con dolcezza i capelli ribelli della bambina. Già era difficile da spiegare a se stessa come era la loro relazione, figuriamoci andarlo a spiegare ad una ragazzina.
Christie rimase ferma a fissare William con curiosità, scrutando la sua divisa militare.
Poi, ad un certo punto, si avvicinò a Beatrix. Tirò verso di sé la sua camicetta, nel tentativo di portarla al suo stesso livello. La ragazza, in risposta, abbassò la schiena e si portò alla sua altezza. La bambina guardò prima Tavington e poi le disse nell’orecchio a bassa voce.
“Ma lui è l’uomo nero, lo sai?”
Dal sorrisino beffardo che uscì dalle labbra del Colonnello, capì che nonostante i tentativi di Christie lui aveva ascoltato.
“Non è sempre cattivo. Non bisogna solo farlo arrabbiare, tesoro.”
Chissà che storie macabre si raccontavano su di lui. Dopotutto i suoi compagni Inglesi razziavano città dopo città, era quasi normale che girassero queste voci su di loro.
“Ma è cattivo, perché stai con lui?”
Tavington si era inginocchiato anche lui come Beatrix ed erano ora tutti e tre alla medesima altezza.
“Su Beatrice, di’ alla piccola Christie perché stai con me..”
La ragazza avrebbe voluto girarsi e buttarlo per terra. Così si sarebbe sporcato tutto di fango e avrebbe smesso di prendersi gioco di lei.
Lo fulminò con gli occhi, ma non bastò.
“La risposta è semplice tesoro. Non vedi quanto sono affascinante?”
La sua frase fece ridere la bambina, ma fece sempre di più innervosire Beatrix.
“Non sei così cattivo come dice la mamma. Lei non vuole che parlo con voi, dice che la notte venite a mangiare i bambini.”
Tavington prese una carota dal cesto ed insieme a Christie diede da mangiare al cavallo.
“No. Non digerisco i bambini, mi vanno per traverso. Sai cosa mi piace invece?”
La bambina lo guardava incantata e Beatrix notò solo allora che anche lei lo guardava affascinata dai suoi modi cordiali con la ragazzina. Se gli avessero detto prima che Tavington era un uomo dolce con i bambini avrebbe riso a crepapelle, invece in quel momento capì che erano pochi quelli che conoscevano davvero quel freddo Colonnello Inglese.
“No, cosa ti piace?” chiese incuriosita Christie.
“La torta al cioccolato. Ma da quando sono qui nelle Colonie non ho ancora trovato nessuno che mi abbia fatto una torta.”
E -sicuramente non accidentalmente- il suo sguardo cadde su Beatrix.
“Anche a me piace la torta al cioccolato!”
Saltellò la bambina, ormai non lo vedeva più come il nemico che era.
“Christie! Christie! Vieni immediatamente qua!”
Una donna con abbondanti fianchi si avvicinò a loro. Portava una cuffietta in testa e aveva tutto il grembiule imbrattato di farina. Doveva essere la madre, almeno credette così Beatrix.
Non sembrava contenta che la sua figlioletta avesse fatto conoscenza. Appena arrivata prese per le orecchie il ragazzino che era con Christie e tirò forte.
“E tu scellerato, perché non controlli tua sorella?”
Era una donna violenta e dalla vista delle sue braccia spesse doveva picchiare forte.
“Christina Maria, quante volte ti ho detto che non devi parlare con gli sconosciuti!”
Il suo sguardo pieno d’odio cadde con riluttanza prima sul Colonnello e poi su Beatrix.
“Soprattutto se sono degli..Inglesi.”
Beatrix era certa che non era quella la frase che avrebbe voluto pronunciare, immaginò che nella sua mente scorresse una sequela di insulti. Ma forse la paura verso Tavington la bloccò.
Prese la bambina per un braccio e la trascinò via, portandosi dietro il ragazzino livido in volto.
Erano rimasti solo loro due.
Beatrix si girò –senza parole- verso Tavington.
“Che benvenuto caloroso. Non avete detto niente, perché?”
Lui le diede una semplice occhiata e poi proseguì a camminare, sollecitando così Beatrix a fare lo stesso. Quando la ragazza lo ebbe raggiunto lui rispose.
“Cosa avrei dovuto dirle? Capisci adesso perché ti dico che sono tutti ‘bifolchi armati col forcone?’ ”
Chissà quante volte si era trovato di fronte a quella situazione, lui faceva semplicemente il suo dovere, il suo lavoro. E tutti lo evitavano come fosse la peste, adesso iniziava a capire sempre di più il suo odio verso i suoi compaesani.
“Avete ragione, però non sono tutti così.” Lo trattenne per un braccio e lo costrinse così a voltarsi.
Io non sono così.”
Lui le accarezzò con dolcezza il volto e tracciò con il suo pollice cerchi sulla sua guancia. Quel massaggio rilassante le fece abbassare le palpebre.
“Lo so.”
Disse solo quello e poi la spronò a seguirlo all’interno di un edificio fatiscente. Sembrava molto precario, Beatrix aveva paura che le cadesse addosso qualche trave di legno. Scesero le scale e poi arrivarono nei sotterranei.
Era tutto sporco e si sentiva un odore pessimo. Quasi le venne da vomitare.
Giunsero davanti ad una porta con le guardie a controllarla.
Una volta entrati, la porta venne chiusa. Beatrix osservò il posto nel quale l’aveva condotta.
Già..proprio un bel posticino romantico.  




Spoiler prossimo cap


E pensare che fino a qualche secondo fa era stata così contenta, eppure quella era la realtà.
Lui era il suo nemico.
Era sparito il suo adorabile William.
C’era solo il Colonnello Tavington.


N/A
Ciao a tutte!! ^^

****
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^

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Capitolo 18
*** Tavington: l’uomo e il carnefice Parte Seconda: il carnefice ***


Capitolo XVIII
Capitolo XVIII
Tavington: l’uomo e il carnefice
Parte Seconda: il carnefice




“Che ci facciamo qui?”
Chiese Beatrix titubante, quel posto la inquietava, c’erano uomini ammassati contro i freddi muri della cella. Dovevano essere stati pestati, perché avevano i volti sanguinanti e gonfi. E la cosa peggiore era che la ragazza ne conosceva alcuni, c’era perfino il reverendo di Pembroke!
E pensare che fino a qualche secondo fa era stata così contenta, eppure quella era la realtà.
Lui era il suo nemico.
Era sparito il suo adorabile William.
C’era solo il Colonnello Tavington.
“Pensavo avessi nostalgia della tua casa.”
Che cos’era, un modo per beffarsi di lei?
I Ribelli avevano perso alla fine, avevano ideato un buon piano, ma non erano riusciti comunque a battere gli Inglesi. Beatrix non riusciva a capire cosa fosse successo realmente, un momento prima in battaglia Tavington stava perdendo e poi..eccoli tutti lì. Mancava un pezzo del puzzle.
“Io li conosco, Colonnello.”
Lui si era avvicinato a lei, che invece manteneva le distanze dall’uomo.
“Lo so, amore.”
Aveva attirato il corpo della ragazza contro di sé e stava ispirando il suo odore. Beatrix era ancora sconvolta rispetto alla situazione che si era creata per capire quello che il Colonnello stava facendo. Non respinse le sue carezze, nemmeno i baci lascivi che gli lasciava sul collo. Ma fu quando lui stava approfondendo le sue attenzioni, che lei si staccò da lui.
“Che state facendo, Colonnello?”
Lo guardava senza capire niente. Lui era dolce, affettuoso, carino.
No, questo non era Tavington. Poteva continuare a ripetersi che era cambiato, ma così prendeva solo in giro se stessa.

Cosa aveva in mente?
“Solo quello che vuoi anche tu, Beatrice.”
E così ritornò alla carica. Questa volta la attirò con forza contro di sé e poi la baciò. Fu un bacio  tutt’altro che dolce, era rude. Lontano da quelli che si erano scambiati fino a poco prima.
“No. Non così.”
Beatrix cercava di allontanarlo, ma le braccia di Tavington erano forti. Troppo per lei. Il peso del corpo dell’uomo l’aveva fatta indietreggiare fino a che, ad un certo punto, percepì la freddezza del muro contro la sua schiena. Lui la bloccava e non le permetteva di allontanarsi.
“Avevi detto che mi amavi, non è più così, gattina?”
Certo che lei lo amava ancora, ma non voleva essere trattata così. Era chiaro che lui non lo facesse perché aveva bisogno del contatto fisico con lei, mirava a metterla in imbarazzo di fronte a quella gente, che una volta erano stati i suoi compaesani. Una veloce occhiata agli altri individui confermò infatti il suo pensiero. Chissà cosa pensavano in quel momento.
Lei, Americana, che se la fa con gli Inglesi!
Quello era per forza il loro pensiero.
“Smettila, William.”
E gli tirò uno schiaffo potente contro la guancia. Si accorse subito di aver fatto un grosso errore quando sentì lo schiocco dello ceffone, ma soprattutto il fatto che tutte le persone si erano girate verso di loro. Era stata una stupida a comportarsi così, sapeva bene che lui odiava che fosse messa in discussione la sua autorità, e lei cosa faceva? Lo umiliava per la seconda volta davanti ai suoi nemici. Aveva paura di alzare lo sguardo verso il Colonnello. Quando si decise a guardarlo, vide che aveva gli occhi iniettati di sangue, era arrabbiato. Ma non era grave, vero? Dopotutto si era infuriato anche per la questione di Tarleton e poi le aveva regalato l’anello alla fine. Magari anche quella volta l’avrebbe perdonata.
Lui fece un passo indietro, era controllato nei movimenti. La smorfia crudele che si era formata nel volto non era sparita. Lei era pronta a ricevere uno schiaffo, che però non arrivò.
Non disse niente e invece andò in un’altra stanza. Beatrix non sapeva esattamente cosa fare, così lo seguì. Proprio in quella stanza vide l’ultima persona che avrebbe voluto vedere.
Gabriel!
Tavington era arrabbiato, perciò intuiva che non poteva urlargli contro e nemmeno chiedergli di liberare il suo amico.
Il Colonnello si rivolse al ragazzo in modo minaccioso.
“Sei più in vena adesso di raccontarmi chi è il vostro Capo?”
Ecco cosa voleva, il nome del Fantasma!
Povero Gab, chissà che pena doveva aver passato, aveva il corpo quasi macellato. In effetti non poteva essere altrimenti dal momento che Tavington lo chiamavano proprio ‘The Butcher’.

“Da me non otterrete niente, Colonnello. Uccidetemi, se volete.”
“Ti ucciderei molto volentieri subito, ma credo che la tortura sia più soddisfacente.”
Era incredibile come era cambiato appena entrati nella stanza. Era un’altra persona.
Beatrix aveva paura per Gabriel, Tavington non scherzava. Non sembrava una minaccia a vuoto, lo avrebbe fatto soffrire sul serio. Allora la ragazza cercò di spezzare una lancia in suo favore.
“Colonnello, ragionate. Magari non sa niente, dopotutto..”
Non le permise nemmeno di finire la frase, che la interruppe subito.
“Fatti gli affari tuoi, Beatrice. Dopo mi occuperò anche di te.”
Oddio, era terribile il modo in cui si era rivolto a lei. Non erano tanto le parole ad averla colpita, era piuttosto il tono. Da spezzarle il cuore.
“Io non ho fatto niente, Tavington.”
Se lui voleva la distanza, avrebbe avuto lo stesso trattamento anche da parte sua.
Lui sghignazzò e poi si avvicinò a lei lentamente.
“Questo lo stabilirò io.”
Più lui faceva un passo verso di lei, più lei indietreggiava. Non aveva ancora capito se scherzava o meno.
“So del Fantasma quanto voi. Quindi non potete farmi niente.”
Sembrava il gioco del gatto e del topo. Infatti giravano attorno al tavolo, ma stavano entrambi camminando piano, guardandosi negli occhi.
“Dici? Vuoi dirmi che non posso torturarti per avere il nome?”
Lei non capiva dove volesse andare a parare, perciò si fermò. Non aveva senso scappare da lui, dato che era innocente. E davvero non sapeva niente del Fantasma, perché fuggiva da lui?
Doveva affrontarlo.
“No, non potete.”
Cercò di trasmettergli –almeno con il portamento- sicurezza e fiducia in sé. Sperò che bastasse.
Lui, intanto, si era avvicinato a lei. Era molto vicino, si trovava dietro le sue spalle. Le scostò i capelli da un lato e soffiò sul suo collo.
“Ma posso farlo per altri crimini, Beatrice.”
La ragazza si girò bruscamente e puntò i suoi occhi contro di lui.
“Tipo, quali? Perché mi sono innamorata della persona sbagliata?”
La frase, forse, lo sconcertò per qualche secondo, si aspettava qualche cosa stupida da lei. Ed invece aveva di nuovo scelto la verità. Peccato che fossero solo pochi secondi, gli stessi che utilizzò per ritornare come prima.
“In merito alla tua prima supposizione ho già un’idea. Per esempio, Beatrice, tu sapevi del piano che aveva architettato questa banda?”
Beatrix cercò con lo sguardo Gab, perché non sapeva che fare. Lui le mimava di non parlare, ma tanto Tavington sapeva del suo coinvolgimento. Si era praticamente auto confessata.
Optò per la verità, dal momento che ormai aveva un piede più dentro che fuori dalla fossa.
“Sì, lo sapevo.”
La sua confessione, come immaginato, non stupì il Colonnello. Lui già sapeva, voleva semplicemente vincere lui come sempre. Ed era quello che stava facendo, in quel caso la ragazza non aveva molte scusanti, era in colpa.
“Bene. E tu sai, Beatrice, che questo è tradimento? Complottare con i nemici equivale ad una pena di morte, lo sai?"
La stava spaventando. Per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, lo temeva sul serio. Nemmeno a Pembroke aveva avuto così tanta paura, perché in quel caso lui aveva scherzato.
In quel momento no.
“Siamo in guerra, quindi non valgono le stesse regole?”
Cercò di trovare una via di fuga, venne però fermata fin da subito dal Colonnello.
“Proprio perché siamo in guerra io sono giustificato a fare del tuo corpo ciò che voglio. Perché altrimenti ci dovrebbe essere un processo e tutti i suoi fastidi. Invece così faccio quello che voglio senza renderne conto a nessuno. Hoc bellum est.”
Perché era così crudele?
Era davvero quello il vero Tavington?
Quello stesso nome che faceva tremare e poi inginocchiare intere città?
Era quello l’uomo che amava?
“Perciò volete uccidermi?”
Tanto valeva saperlo subito se era il cappio che voleva metterle al collo.
Lui intanto aveva preso un coltello e si stava avvicinando di nuovo a lei.
Oddio, la fine era vicina.
Ma non colpì lei, bensì Gabriel. Era terribile vedere quella scena, non lo aveva ucciso, solo ferito gravemente al torace. Gab aveva urlato, ma tanto poco contava. Tavington continuava. Colpiva ripetutamente il corpo –ormai già martoriato- del suo amico e il sangue colava. Lei avrebbe voluto fermarlo, ma tanto sapeva che era inutile. L’unico risultato sarebbe stato farlo innervosire di più. Stava male per Gabriel, piangeva e urlava, ma era inutile. Lui non si fermava, nemmeno quando lei lo pregò di prendere il suo corpo al posto di quello dell’amico. Se era quello il modo di ferirla, ci era riuscito pienamente.
Poi, ad un certo punto, lui si fermò. E non causalmente, infatti Gabriel aveva perso conoscenza, tanto forse il dolore sopportato. Perciò Tavington si interruppe, farfugliò qualcosa del tipo ‘Se non è cosciente non è divertente’ e poi ripose nuovamente il coltello nei suoi stivali.
Brutto sadico che non sei altro! Ti odio!
Il suo cuore urlava cose terribili, perché la sua anima si era frantumata insieme al corpo macellato dell’amico.
“Se è me che volete punire, fatelo! Non prendetevela con lui.”
Allora la ragazza prese la carica e cercò di colpirlo con i pugni, ma lui la fermò prima ancora che potesse toccare il suo corpo. 
“Uccidetemi!”
Gli gridò, in piena crisi isterica.
Lui, in risposta, la guardò come si guarda un matto in manicomio.
“Ancora no, però il tuo amico morirà se non parlerà. Io voglio quel nome e io lo otterrò, Beatrice.”
Era più che determinato ad ottenere quel nome e lei sapeva che in un modo o nell’altro lo avrebbe ottenuto. Il problema era che lei sul serio non ne sapeva niente. Qualche voce l’aveva sentita su quel Fantasma, ma erano appunto solo voci, le stesse che aveva udito su Tavington. Ma solo quando ne ebbe fatta la sua conoscenza, capì veramente qualcosa su di lui.
“Non so più come dirvelo, Colonnello. Io non so niente.”
Sperò che lui lo capisse e non infliggesse ulteriore dolore al povero amico.
“Forse sì, Beatrice.”
E prese con forza i suoi capelli in un pugno. Li stringeva forte, molto forte che lei quasi credette che l’intera chioma si fosse staccata.
“O forse no.”
Aveva attirato il corpo della fanciulla contro il suo petto e manteneva ancora la presa salda sui suoi capelli. La mano destra massaggiava il suo décolleté rudemente, come un animale.
“Eppure Beatrice anche lui mi dice che non sa niente, a chi devo credere?”  
Finalmente lasciò la presa suoi capelli e la girò velocemente. Poi la sbatté con forza contro il muro, così forte che sentì perfino il rumore dello schianto contro le pietre.
“Dovete credermi, che motivo avrei di mentirvi?”
Le sue mani non si erano fermate nemmeno un secondo, aveva infatti aperto barbaramente la sua camicetta, facendo saltare tutti i bottoni. C’era una strana urgenza in lui che lei non riusciva proprio a comprendere. Non era quella voglia che lo caratterizzava in quei momenti, non era un bisogno fisico del suo corpo, ma era una dimostrazione di potere. Glielo aveva fatto capire prima con le parole, ed ora lo stava ribadendo con i fatti. Poteva cambiarlo quanto voleva, ma lui rimaneva sempre e solo il Colonnello Tavington.
“Mi hai già mentito, Beatrice. Ricordi in battaglia..per poco non sono morto grazie a te.”
Parlava ancora di quello, quindi messe le cose in quei termini non l’avrebbe perdonata mai.
“Era diverso, non ero ancora innamorata di voi.”
Quelle parole erano aria e basta. Non lo aveva fermato, infatti Tavington le aveva staccato brutalmente la camicetta marrone che componeva il completo che stava indossando. Non aveva ancora i seni scoperti solo perché indossava la sottoveste che li copriva.
“Quindi devo credere che ora non mi mentirai più per questo?”
Scostò la sottoveste da un lato, facendo uscire così i seni fuori. Così esposta si sentiva inerme, come poteva fare l’amore con lui in quel dannato posto?
L’aveva appena minacciata.
Sul tavolo c’era il suo migliore amico mezzo morto.
E nell’altra stanza c’era in pratica tutta la comunità di Pembroke.
Cos’era diventata, una prostituta?
“No, Colonnello, ve lo giuro, non vi mentirò più. Lasciatemi adesso.”
Gli urlò contro, cercando al contempo di staccarsi da lui. Una cosa vana, perché lui aveva afferrato le sue cosce e –una volta prese saldamente- l’aveva issata. Era riuscito senza che lei se ne rendesse veramente conto a metterla nella posizione che voleva lui. Per fare di lei quello che voleva.
“Non mi vuoi? Non avevi detto di amarmi?”
Si prendeva ripetutamente gioco di lei, come se fosse la sua bambola di pezza con cui poteva giocare quanto voleva.
“Non così e lo sapete bene. Questo posto è macabro.”
“Questa è la mia vita, Beatrice. È meglio che tu capisca bene chi è realmente l’uomo di cui ti sei innamorata.”
Si fermò alcuni secondi per sbottonarsi i pantaloni e poi entrò con forza dentro di lei. Nessuna carezza, nessun gesto dolce, che solitamente anticipavano l’atto.
Niente, solo la sua forza bruta.
“Perché devi sapere, Beatrice, che io sono questo.”
E spinse forte, facendola sbattere contro il muro. Aveva i capelli scombinati e sospirava pesantemente.
“Sono un Colonnello Inglese, che serve sua Maestà Re Giorgio III. Non sono come il tuo amico colone, non zappo la terra.”
Un’altra spinta brutale.
“Combatto tutti i giorni questi zoticoni. Non ci saranno mai cenette romantiche vicino al camino.”
Un’altra spinta.
“Ma solo questi posti che tu chiami macabri. E sai una cosa? A me piacciono questi posti.”
Questa volta spinse ancora più forte delle altre, quasi si sentiva violata dall’uomo che amava. Non poteva dire che la stesse violentando perché comunque lei lo amava e c’era sentimento, ma il modo rozzo con cui la stava trattando le faceva venire le lacrime agli occhi.
Già, perché ormai piangeva un fiume di lacrime. Ma lui non si fermava, le stava facendo male. Eppure continuava quella sua stupida dimostrazione di potere.
“Allora, Beatrice, mi ami ancora?”
Lo odiava terribilmente, ma lo amava alla stessa intensità. Come si faceva ad amare e odiare una persona così? Era da stupidi, avrebbe dovuto dimenticarsi di lui. Perché sebbene tutti i suoi sforzi di dimenticarsi che fossero nemici, lui non se n’era dimenticato mai.
Si sentiva a pezzi sia rispetto al suo fisico e sia nell’animo. Lui continuava a pompare e la stava stremando nelle forze e poi –quando raggiunse l’orgasmo- il Colonnello si arrestò. Prima si liberò in lei e poi la fece scivolare per terra. Non aveva più le forze sufficienti per muoversi, aveva bisogno di riposare e voleva stare da sola dopo il suo assalto precedente.
“Cosa vuoi che ti dica, William? Devo dirti che ti odio..bene. TI ODIO. Ora vattene.”
Non lo guardò nemmeno in faccia. Lei era appollaiata per terra, le gambe semiaperte con il sangue che gocciolava sulle sue cosce.
Era stato così brutale che l’aveva fatta perfino sanguinare.
La testa era appoggiata contro il muro e il suo sguardo era vago, non aveva voglia di vederlo per un po’. Anzi per un bel po’.
Lui, a differenza sua, non era stato per niente colpito. Si era sistemato i pantaloni e i capelli come se niente fosse e nel giro di pochi secondi era riuscito a darsi un aspetto presentabile per uscire fuori.
Lui non cambierà mai.
Era un’illusa lei a credere ancora il contrario.
“Molto bene, hai bisogno di riflettere, Beatrice, da che parte stare.”
Si era inginocchiato vicino a lei e le parlava a qualche centimetro dal suo viso. La voglia di sputargli in faccia era tanta, eppure si trattenne solo perché lo voleva fuori in fretta.
“Mi sembra che abbiate già stabilito le nostre posizioni, Colonnello. Io e voi non abbiamo niente a che fare a quanto pare.”
Si sentiva distrutta, giù di morale. Non voleva rivalutare la sua storia con lui, perché sapeva fin troppo bene a che conclusioni sarebbe arrivata.
“La scelta è tua, Beatrice, o sei dalla mia parte e mi dici quel dannato nome che voglio,  oppure ti dichiari mia nemica.”
Le accarezzò con falsa dolcezza la guancia.
“Hai visto cosa succede ai miei nemici, pensa bene da che parte stare. Tanto in un modo o nell’altro avrò quel nome, a costo di torturare ogni fottuto Americano che trovo.”
Lei scacciò con riluttanza le sue mani dal volto.
“E io, Colonnello, vi ho già ripetuto che non so chi sia la persona che cercate.”
“Qualcuno lo sa, forse non sei tu, forse non è il giovane Gabriel. Ma qualcuno sa. Nell’altra stanza ci sono altri tuoi compaesani, scommetti che anche loro mi diranno la stessa cosa?”
Beatrix non capiva perché si imputava con lei, come faceva a dirgli un nome che non sapeva?
“Tanto ogni cosa che faccio non va bene per voi, uccidetemi subito invece che farmi passare le pene dell’inferno! Cosa volete da me?”
Lui passò il dito sul corpo della ragazza, il dito ora scendeva e sfiorava il suo petto ancora scoperto in modo indecente.
“Da te..personalmente vorrei tante cose." rise sardonico mentre le accarezzava con voluttà il seno e -a differenza dell’altre volte- lei non voleva il suo tocco.
Era l’ultima cosa che desiderava.
"Ma prima di tutto il dovere..procurami quel nome.”
“Dovrei tradire i miei amici, è questo che mi state chiedendo?”
I suoi occhi si illuminarono, aveva centrato il punto.
“Rimarrai qua con loro, Beatrice, fino a quando non mi dirai il nome. Minacciali, picchiali, scopali..fai quello che vuoi. Ma io voglio quel nome.”
Era incredibile. Lei era Americana e lui le stava chiedendo di tradire i suoi compaesani. Solo un folle lo avrebbe fatto.
“Volete che sia la vostra spia? Ma non sarà mai credibile, ci hanno visti insieme e sanno che c’è intimità..credete davvero che si confideranno con me? Pensano che io sia la puttana del Macellaio!”
Sebbene il suo sfogo avesse fatto ridere il Colonnello, non servì però a dissuaderlo.
“Procurami quel nome, altrimenti marcirai in questa topaia fino al resto dei tuoi giorni.”
Quella minaccia era tremenda, quel posto sapeva di morte e lei non voleva starci.
“Non potete lasciarmi qua, vi prego!”
Intanto Tavington aveva agganciato ad una gamba della ragazza la catena attaccata al muro. Non poteva più attaccarlo o muoversi, la condanna era definitiva.
“Tu fai confessare il nome e io ti libererò, semplice.”
Si alzò in piedi e si incamminò fuori dalla stanza.
“Siete un bastardo, Tavington. Maledico il giorno che vi ho conosciuto.”
Lui sghignazzò e -prima di uscire dalla stanza- si girò un’ultima volta.
“Questo, Beatrice, risponde alla tua domanda di prima. Sì, esserti innamorata della persona sbagliata ti ha condotta qui. Non saprei che dirti per risolvere il problema, dal momento che non mi sono mai trovato in quella situazione.”  
Chiuse velocemente la porta, senza aspettare che lei rispondesse.
Lo odiava, aveva chiuso quella dannata cella.
E insieme aveva chiuso anche il suo cuore.
Ti odio, Tavington!


N/A
Ciao a tutte!! ^^

****
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^

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Capitolo 19
*** La piccola tigre in gabbia ***


Capitolo XIX
Capitolo XIX 
La piccola tigre in gabbia



Aveva passato un altro giorno terribile, dormendo lì per terra, in quel posto che odorava di morte. All’inizio aveva percepito il rumore leggero dei topi che giravano in quella cella buia. Ne aveva il terrore, eppure anche se si fosse lamentata non sarebbe cambiata molto la situazione. Appena lui aveva lasciato la stanza, lei aveva continuato a urlare e gridare per cercare aiuto, di lacrime ne aveva versate copiosamente.
Ma il tutto era comunque, inevitabilmente inutile.
Aveva ormai capito che da quel posto senza l’aiuto del Colonnello non sarebbe mai uscita. Almeno da viva.
La notte era passata lentamente, sembrava che la luce non volesse giungere mai in quel luogo dimenticato da tutti. Lei lo aveva accompagnato fino a lì, perciò sapeva bene che l’aveva lasciata in un posto sicuro. Nessuno l’avrebbe mai sentita, perciò se Beatrix voleva uscire fuori aveva poche alternative.
O decideva di lasciarsi morire, per cui sarebbe uscita comunque dalle segrete; oppure accettava il compromesso di Tavington e collaborava con lui.
La cosa divertente era che se lui glielo avesse chiesto in modo differente, magari senza minacciarla, lei forse avrebbe accettato di aiutarlo.
Il fatto era che l’orgoglio dell’uomo era terribile, era odioso. Per lui, chiederglielo, sarebbe stato come dimostrare una debolezza.
Già, il Colonnello Tavington non si abbassa a tanto!
Beatrix non capiva ancora come non avesse trovato il Fantasma, era in gamba e forte, lo aveva appurato vedendolo combattere, perciò perché razzolava ancora nel buio?
Adesso che l’aveva avvilita, prosciugando le sue forze e il suo animo, come poteva pensare che l’avrebbe aiutato?
Forse contava sul peso della minaccia, ma non poteva lasciarla lì fino alla fine.
Lei sperava che stesse bluffando.
Le catene che la tenevano al muro facevano male, aveva constatato che erano permessi movimenti estesi. Poteva perfino muoversi nella stanza.
“Hey Bea..sei sveglia?”
Le chiese Gabriel, ancora disteso sul tavolo con le gambe e braccia costrette.
“Purtroppo sì. Quasi quasi preferivo dormire, almeno non mi accorgevo che questa è proprio la realtà.”
La ragazza si alzò in piedi. C’era una piccola fiaccola nella stanza, perciò qualcosa si vedeva. Si vergognava un po’ a farsi vedere in quello stato dal suo amico. Sapeva di avere ancora addosso il sangue ristagnato, per fortuna il corpetto lo aveva rattoppato la sera precedente.
Ma nel complesso non era di certo presentabile.
“Ma cosa hai combinato? Non eri così l’altra sera prima che svenissi.”
Lei si era avvicinata al tavolo e stava controllando le ferite sul corpo del ragazzo.
“Non ti preoccupare, Gab. Sono caduta, non è niente.”
Cercò di evitare il discorso, tanto non avrebbe cambiato di molto le cose.
“Allora perché hai del sangue sulla gonna, sulle gambe,..Beatrix che succede?”
“Non succede proprio niente, Gabriel. Pensiamo a come ce ne andremo da qui, tanto ormai quel che è fatto è fatto.”
Le dispiaceva un po’ trattarlo male, ma non aveva proprio voglia di discutere con lui su quello che ormai il Colonnello le aveva già fatto. Le cose non si potevano cambiare, non aveva senso continuare a parlare con il senno di poi.
“Mi dispiace, scusa. Non volevo farti arrabbiare, però ci tengo a te. Appena esco di qua lo ammazzo, te lo giuro.”
Aveva gli occhi rossi dalla rabbia, sicuramente aveva intuito quello che era successo quando lui aveva perso conoscenza. Lo aveva fatto preoccupare e non era quella la sua intenzione.
“Gab, non credo che usciremo presto fuori di qua.”
“Sì, usciremo, Bea. Quando mio padre avrà scoperto dove siamo verrà a prenderci.”
Suo padre era un fabbricante di mobili, non aveva l’esperienza e certamente la forza per venire a soccorrerli. Aveva sentito che i suoi compaesani si erano riuniti e avevano deciso di formare quella Banda di Ribelli. E non erano soldati, bensì semplicemente uomini. Forse era uno di quelli.
“Non credo, Gabriel, che potrà mai arrivare fin qua.”
Rispose lei, ormai demoralizzata. Era bello continuare a sperare, ma in quel caso non aveva senso. Solo Tavington poteva farli uscire e lui le aveva fatto capire chiaramente quello che voleva.
Tradisco il mio Paese o no?
Avrebbe perso Gabriel, avrebbe perso l’affetto di tutti. Le sarebbe rimasto solo Tavington, ma era davvero sicura che lui –una volta ottenuto il nome- l’avrebbe ancora tenuta con sé?
No, non ne era sicura. Perché se la sua mente stava combattendo in quel momento con quei pensieri, voleva dire che il dubbio era insorto in lei.
“Mio padre era un soldato, Beatrix, ed era anche molto bravo. Lui verrà, te lo assicuro.”
“Non me lo avevi mai raccontato, Gab, allora perché non combatte nell’esercito dei Regolari? Potrebbe essere utile.”
Lui la guardò intensamente, come se stesse ponderando sul continuare quella conversazione o meno.
“Lui sta combattendo, Beatrix, per la libertà.”
Forse lui intendeva che faceva parte di quella banda, ma lei sapeva che non era quello il modo migliore per aiutare la Causa.
“Vuoi dire che è uno dei Ribelli?”
Lui fece un respiro profondo e la guardò dritto negli occhi.
“Posso fidarmi di te, Bea?”
Bella domanda. Aveva deciso di aiutare Tavington alla fine? Non lo sapeva, voleva del tempo per pensarci. Ma lui la stava mettendo così alle strette, doveva decidere subito. Se avesse aspettato ulteriormente, lui avrebbe visto il dubbio che c’era in lei.
Così decise di rispondere seguendo il suo istinto. Il suo cuore l’aveva condotta in quel posto, ora doveva dar retta al suo cervello.
“Sì.”


Il Colonnello Tavington si svegliò quella mattina provando una strana sensazione. Non era da lui dormire solo, aveva sempre voluto avere compagnia. Questo non sempre perché ne sentiva la necessità, bensì perché voleva sentire accanto a sé il calore di un corpo.
Da quando aveva lasciato la sua casa a Liverpool le cose erano cambiate, e non erano migliorate per niente. Aveva fatto di tutto per lasciarsi dietro il suo passato, perfino mentendo a sua sorella, eppure l’incubo che lo tormentava la notte si stava trasformando in realtà.
Sto diventando come lui..
Quel padre che aveva combattuto fin dalla sua fanciullezza stava prendendo vita dentro di lui.
Forse il suo atteggiamento era scaturito proprio da quello, non aveva scelta di cambiare. Era destinato a ripetere gli errori del padre?
Con quel pensiero, che gli chiudeva lo stomaco in una morsa, si diresse verso la brocca con l’acqua. Ne versò un po’ sulle mani e si sciacquò il viso, cercando di cancellare anche quelle preoccupazioni.
Una volta che fu pronto e vestito, uscì dal locale.
La prima notte solitaria nella sua vita, un record. Aveva avuto proposte da parte di donne di passare con loro la notte, ma –in modo inspiegabile- aveva detto no. Forse perché loro non erano lei. Aveva provato già una volta ad andare con altre per togliersi la ragazza dalla testa, ma il risultato non era stato granché. E poi lui lo aveva fatto perché sapeva che dopo sarebbe andato nella stanza con lei, avrebbe avuto Beatrix tra le braccia. E –sebbene all’inizio fosse stata un po’ restia- lo aveva sempre soddisfatto e si era abbandonata tra le sue braccia.
Ecco perché -forse- non aveva voluto nessuna al suo posto, poi sarebbe rimasto con l’immagine della sua ossessione per tutto il tempo, ma lei doveva stare nella prigione buia.
Mentre William scendeva gli scalini che lo conducevano alle celle pensava alla scelta che aveva fatto, non era stato premeditato quel piano. All’inizio lui avrebbe voluto semplicemente portarla lì, baciarla un po’, facendo innervosire il prigioniero che poi avrebbe confessato. Non si aspettava di certo un suo rifiuto, come non si aspettava quello schiaffo.
Già, forse era stata proprio quella la fiamma che aveva acceso la sua ira. Non avrebbe dovuto farlo davanti ai suoi nemici, si era presa gioco del suo cuore e di lui.
No. Era certo che non avrebbe mai deciso così se lei non l’avesse schiaffeggiato.
Non era abituato ai rifiuti, in effetti nessuno mai prima d’ora lo aveva rifiutato. Pure lei, nel bene o nel male, lo aveva sempre accolto.
Ancora pochi metri e l’avrebbe rivista.
Sapeva cosa avrebbe incontrato, la furia della ragazza dopo il brutale assalto della sera precedente. William un po’ si vergognava per quello che aveva fatto –anche se a lei non lo avrebbe mai confessato- però lui sapeva che era stata la rabbia. Tutta quella che aveva accumulato nella giornata e lei non aveva migliorato le cose, odiava quando cercava di cambiarlo.
Lui era un soldato, doveva combattere per vincere quella dannata guerra, ed era già grave che si fosse infatuato di lei, che era il suo nemico. Doveva capire che se voleva stare con lui, nei limiti stabiliti, quello avrebbe avuto.
Quella vita che lei disdegnava.
Quando entrò nella cella in cui l’aveva lasciata, la trovò seduta su una sedia vicino a Gabriel. Stavano sorridendo mentre giocavano a qualcosa. Lui l’aveva resa felice, mentre William l’aveva ferita. Non gli piacevano come si erano messe le cose.
“Vedo che ti sei ripresa velocemente..”
La punzecchiò lui.
Lei alzò lo sguardo stizzita, non sembrava per niente felice di vederlo.
“Siete già tornato. Non avevate da fare con qualche puttana?” rispose acida e tornò ad occuparsi di quello che faceva con l’altro.
“La notte ti ha portato consiglio?” la istigò.
“Sì, decisamente.”
A quel punto, lui si avvicinò a lei e attese di sentirle dire il nome che voleva.
“Quindi?”
Beatrix agitò le braccia e gli indicò le catene.
“Toglietele.”
“Così poi farai la pazza?” rispose diffidente lui.
“Come potrei farvi male dal momento che non ho nessun oggetto contundente?”
Alzò le sopracciglia con fare arrogante. Gli era mancata davvero, se non ci fosse stato nella stanza anche quel prigioniero l’avrebbe stesa per terra subito e avrebbe così recuperato le ore arretrate.
“Va bene, voglio fidarmi di te.”
Così, andò verso l’allacciatura delle catene e –prese le chiavi- la liberò.
“Adesso, il nome.”
Lei si avvicinò a lui fino a trovarsi molto vicino al suo volto. Gli diede un bacio sulla guancia piano e lentamente. Si muoveva come se volesse fargli desiderare ogni centimetro del suo tocco.
E lui lo voleva. Sì, che lo voleva.
“Mi siete mancato, lo sapete?” disse sensuale, mentre gli baciava il collo, sentiva la pelle tirare leggermente, lo stava marchiando.
Le sue mani, dopo averlo stretto a sé, viaggiarono lungo la sua schiena.
“Io vi sono mancata?”
Gli chiese piegando leggermente la testa di lato, mettendo un broncio accattivante.
“Non più di tanto.”
Il Colonnello sapeva di essere cattivo, ma non si sarebbe concesso subito a lei. Non conosceva ancora fino in fondo le sue intenzioni, magari voleva semplicemente incantarlo.
“Mmm..quasi non mi stupisce la vostra risposta, Colonnello.”
Lo disse quasi come se si beffasse del suo grado militare, aveva accarezzato lo stemma che portava sul petto e lo guardava con disdegno.
“Che vuoi, Beatrice?” le disse aspro.
La ragazza si muoveva ancheggiando, noncurante della presenza del suo amico. Si comportava in modo del tutto inaspettato, lui aveva pensato di trovare una tigre molto arrabbiata di essere messa in gabbia, invece aveva trovato una micetta ammansita.
Quello che aveva sempre sognato.
Lei si era alzata sulle punte e aveva avvicinato la bocca all’orecchio dell’uomo.
“Voglio te.”
E così attirò la bocca di Tavington contro la sua. Lo baciò abbandonando la calma che aveva utilizzato prima. Il Colonnello divorò letteralmente la sua bocca, mordendola, leccandola e poi si staccò.
“Mmm..vedo che anche io ti sono mancata, William.”
Accarezzò la sua divisa, mentre lasciava tanti baci sul suo collo.
“Dovrei farti arrabbiare più spesso, allora.”
Lei sorrise senza rispondere all’allusione e invece scese ad accarezzare il suo busto.
“Ho sognato questo momento tutta la notte, lo sai? Aspettavo di rivederti..”
Le sue mani erano giunte alla sua patta dei pantaloni, proprio lì si arrestò la sua corsa.
“Qualcosa mi dice che anche tu non vedevi l’ora di vedermi.” E rise senza contegno.
Rimase ad accarezzarlo per un po’ rendendolo non poco eccitato e poi, all’improvviso, cadde per terra inginocchiandosi ai suoi piedi.
William non riusciva ancora a capire per quale motivo non avesse ancora fatto niente. Era stato a godersi quello spettacolo senza replicare, senza dire niente. Come se lei lo avesse stregato.
“Questo..questo sarebbe quello che hai sognato?”
Chiese il Colonnello preso in contropiede, sentendo tutto ad un tratto molto caldo e trovando scomoda –in quel momento più che mai- la presenza degli altri individui.
“Non dovevo?”
Proseguì lei con falsa innocenza. Dio, in quel momento avrebbe voluto essere nella sua mente per capire davvero quello che stava pensando. Non riusciva a dare un senso logico al suo atteggiamento arrendevole.
“Cosa vuoi fare, Beatrice?”
La ragazza lo guardò facendo gli occhioni dolci.
“Quello che voglio fare ardentemente in questo momento.”
Tavington sentiva i pantaloni stringere, avevano bisogno di avere più spazio. Lo stava portando al limite.
Il Colonnello gettò la testa all’indietro preparandosi a sentire la sua bocca su di sé. Chiuse gli occhi pregustando quel piacere di cui aveva un serio bisogno in quel momento.
“Lo sapevo che eri una cattiva ragazza, lo avevo pensato dalla prima volta a Pembroke.”
Ad un certo punto, Tavington sentì un click, un rumore sospetto in quel momento e poi aprendo gli occhi capì quello che era successo.
Lei lo aveva incatenato al muro, aveva sfruttato il suo momento di debolezza per inchiodarlo al muro letteralmente!
Il Colonnello non ebbe il tempo di reagire per acciuffarla che era già scappata via da lui. Le catene tiravano e non gli permettevano di fare alcun movimento. E lui quello lo sapeva bene perché era stato lui che le aveva fatte impiantare affinché nessun prigioniere potesse ribellarsi e aggredire qualche Ufficiale.
Fregato con le mie stesse armi.
“Avete proprio ragione, Colonnello. Sono proprio una cattiva ragazza.” Lo prese in giro la fanciulla dall’altra parte della stanza, rideva a crepapelle.
Tavington non abbandonò però la sua calma, non fece trasparire alcuna emozione diversa a lei. Quello che poteva vedere lei era semplicemente lo stupore, ma niente di più.
Lui controllò le sue tasche, prima una; poi l’altra, alla ricerca di quella cosa che l’avrebbe fatta smettere di cantare vittoria.
“Cercavate queste?” e gli agitò sotto il naso il paio di chiavi.
Che bella idea quella di mettere tutte quante insieme nello stesso anello, ora poteva benissimo far uscire tutti i Ribelli, lasciando lui lì.
In quel momento, Tavington comprese perché lei lo aveva accarezzato intensamente precedentemente.. cercava le chiavi.
Idiota!
“Va bene, Beatrice. Bel giochetto, mi sono divertito.” Poi, guardandola con una minaccia –poco implicita- negli occhi proseguì “ora dammi le chiavi.”
Quell’ultima frase tuonò come un ordine.
“Altrimenti? Cosa farete, Colonnello?” lo prese in giro lei.
“Ti farò penare come se ci trovassimo in uno dei gironi dell’Inferno.”
La ragazza si incamminò in circolo nella stanza e assunse una faccia perplessa.
“Forse, ma prima sarà io a farvi penare.”
Tavington manteneva il suo solito portamento, era per nulla scalfito dalle sue parole. Perché sapeva che lei non avrebbe mai inteso sul serio quello che diceva. Voleva spaventarlo, voleva prendersi una rivincita.
L’aveva avuta, ora William trovava poco divertente quel gioco.
“Dammi subito le chiavi, Beatrice.” Disse perentorio, con il tono che non ammetteva repliche.
“Dopo, prima voglio divertirmi un po’ con te, amore.”
Si avvicinò all’uomo, non troppo, passandosi la lingua sul labbro superiore in modo sensuale.
“Credevo che lo volessi anche tu..”
Lui prese un respiro, come se dovesse calmare i suoi nervi.
“Beatrice.” Prese aria “sei ancora in tempo per rimediare al danno. Liberami e ti prometto che chiuderò un occhio.”
Promise lui, ben sapendo che non gliel’avrebbe per niente perdonata.
Non vedeva l’ora di averla sottomano, avrebbe fatto crollare i muri tante le grida della ragazza. Lei doveva liberarlo, si era dato appuntamento con Banastre e Cornwallis quel giorno nelle segrete per interrogare. Non potevano vederlo in quello stato, non dovevano. Avrebbe peggiorato la sua situazione ulteriormente, già, quegli uomini anelavano nel vederlo umiliato, ora lei gli stava fornendo l’occasione sul piatto d’oro.
“Non mi puoi tenere legato per tutto il tempo, arriveranno a darmi il cambio.”
Intanto quel Gabriel se la stava ridendo sotto i baffi. Certo, doveva essere un bello spettacolo per lui. Una piccola rivalsa contro il cattivo Colonnello Inglese.
“Infatti, William, non ti terrò lì per sempre.” Beatrix fece un passo indietro e poi disse, imitando la voce di Tavington “prima dimmi il nome!”
E quella strega scoppiò a ridere.
“Quasi quasi, William, mi avevi fatto paura.”
Prese il mazzo di chiavi e –invece che venire ad aiutarlo- si diresse verso Gabriel e lo liberò.
“Beatrice, stai commettendo un grande errore.. che pagherai a caro prezzo.”
“Non mi fate paura, Colonnello. Ormai sono avvezza ai vostri modi barbari e brutali, con tutto il male che mi avete fatto non potete affliggermene un ulteriore.”
Mentre il Ribelle si massaggiava i muscoli indolenziti, lei si riavvicinò al Colonnello.
“Non credo che possa esistere male peggiore di venire brutalizzata dall’uomo che si ami.”
E, per la prima volta nella sua vita, William rimase senza parole mentre la donna continuava a guardarlo negli occhi, senza smettere neanche quando scesero silenziose lacrime sulla sua gota.
Allora William disse una frase che probabilmente fu un atto involontario della sua coscienza, perché quella frase non l’aveva mai detta a nessuno. Almeno, non aveva mai sentito col cuore quelle parole.
“Mi dispiace.”

 
N/A
Ciao a tutte!! ^^

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un bacio grosso
Giulia ^^

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Capitolo 20
*** Fuori Controllo ***


capitolo XX
Capitolo XX 
Fuori Controllo




“Non vi credo. Ormai non più, Colonnello.”

Le aveva confessato troppe volte quel sentimento, eppure un momento dopo l’aveva calpestata come se niente fosse. Beatrix continuava a ripetersi che non doveva lasciarsi trasportare da lui, voleva ingannarla. Molto probabilmente era solo un modo per convincerla a liberarlo, non lo pensava sul serio. Una parte del suo cuore avrebbe voluto credergli sul serio, avrebbe voluto abbandonare quella lotta e correre verso di lui. Ma quella piccola parte del suo cuore era troppo debole, la sua mente stava prendendo il sopravvento e le stava comandando di non farsi abbindolare. Se fosse stato davvero quello il sentimento che diceva di provare, lo avrebbe dimostrato una volta libero.
“Beatrice, non stai ragionando. Ti rendi conto che sono un Ufficiale e tu mi stai legando a questa dannata parete?!” Tuonò lui.
In quel momento si avvicinò anche Gabriel a Tavington, non troppo vicino.
“Già, Colonnello. Allora anche voi vedete l’aspetto divertente della faccenda.” E rise insieme a Beatrix.
“Non ci vedo niente di divertente. Appena sarò fuori ti farò vedere io chi riderà..”
Tavington sorrise malignamente a Gab, anche se era legato la sua minaccia faceva paura.
“Proprio vero, Tavington.. quando sarete fuori.”
Beatrix non voleva farli litigare, avrebbe dovuto divertirsi lei con William. Così, accostò una mano sul braccio del suo amico attirando la sua attenzione. Quando il giovane girò il volto verso di lei cercò di calmarlo.
“Gabriel, lascialo stare. Perché non ti rilassi? Sei stato scomodo per un po’ di giorni..”
Gli sorrise, sperando che servisse a rafforzare il suo monito.
“Forse hai ragione, tesoro.”
Il ragazzo accarezzò dolcemente la sua guancia, trasmettendole calore e dolcezza che non sentiva da un po’.
“Se non ci fossi tu, Gab, sarei persa.”
“Lo sai, Beatrix, che io sono sempre qua per te.”
Forse spinta da quelle sue parole così dolci o forse semplicemente perché aveva un bisogno disperato di avere al suo fianco qualcuno che ci tenesse a lei, lo baciò. Attirò le sue labbra contro le sue e si abbandonò a quel momento. Chiuse gli occhi e immaginò di essere in un altro posto. In un luogo bello, soleggiato, solo loro due e quel bacio. Percepiva il calore del corpo del ragazzo, favorito dal fatto che portava solo i pantaloni. Lui la teneva stretta e giocava con la sua lingua.
Era qualcosa che le ricordava i bei tempi passati, i momenti a Pembroke con sua mamma, le uscite che facevano lei e Gabriel nei boschi. Continuava a mantenere gli occhi chiusi e a visualizzarsi quel panorama idilliaco.
C’erano solo lei e Gabriel, nessun altro.
Si ricordava il profumo dei papaveri nel campo, il rumore delle campane che portavano le mucche e poi quei meravigliosi campi di cotone sui quali le piaceva sdraiarsi e liberare la mente.
Lui non era pretenzioso, giocava con lei come facevano da bambini e nel mentre le accarezzava con tenerezza le braccia scoperte.
Era tutto perfetto, quel bacio era perfetto.
Eppure Beatrix sentiva che c’era qualcosa che non andava. Stava andando tutto bene, le sembrava che il tempo stesse scorrendo all’indietro.
Allora perché percepiva un vuoto dentro di lei?
Non provava pienezza come le altre volte, sapeva che mancava qualcosa per rendere davvero bello quel momento. Il bacio, le carezze, la stretta.. non c’era niente di sbagliato e niente che lei non volesse. Sebbene temesse di aver rovinato quel momento, continuò ad accarezzarlo, questa volta però avvinghiò il suo collo e lo attirò con forza contro di sé. I movimenti della sua lingua erano più veloci, cercava disperatamente di cancellare quella strana sensazione. Poi, ad un certo punto, aprì gli occhi per rendere quel sogno una realtà.
Non vide però due occhi marrone scuro, come si aspettava. Bensì la sua mente aveva sovrapposto alla faccia di Gabriel quella del Colonnello.
Stava baciando il ragazzo pensando che fosse Tavington!
Si vergognava da morire, si sentiva terribilmente in colpa per aver imbrogliato così il suo amico. Lei sapeva bene che lui era ancora innamorato di lei e certamente in quel momento lui aveva pensato solo a lei. Se avesse letto i suoi pensieri..
Allora Beatrix si staccò di colpo da Gabriel e prese le distanze. Lui la guardava con sconcerto, probabilmente si chiedeva per quale motivo si fosse arrestata.
“Hey, Bea.. ho fatto qualcosa di sbagliato?” le chiese con genuina preoccupazione.
“No, no, Gabriel. Io, ehm.. No! Mi è piaciuto molto il bacio, sei stato stupendo.”
Anche se in tal modo gli stava mentendo, sapeva che non era giusto gettare addosso al ragazzo le sue colpe. Solo lei doveva fronteggiare i suoi fantasmi. Uno dei quali, in quel preciso momento, stava ridendo. Non cercava nemmeno di contenersi, rideva di loro. Anzi no, rideva di lei. Che avesse intuito la verità..? Nah
“Sono contento che ti sia piaciuto.”
Prendendo due ciocche tra le dita, accarezzò le sue punte. Le piaceva da matti quando lo faceva.
“Allora forse dovremmo andare da qualche parte e stare un po’ insieme..” azzardò Gabriel.
“Perché no, magari possiamo..”
Era difficile cercare di pensare quando Tavington non smetteva di disturbarli. Era così chiaro che si stava prendendo beffa di loro, eppure non finiva. Non poteva fare un giro con Gabriel, doveva chiudere la questione con quell’odioso Colonnello Inglese.
Già.. solo per quello non vai via con lui, vero? Ammettilo che vuoi stare con William.
Adesso anche la sua coscienza doveva parteggiare per Tavington? Ma se un momento fa lo voleva far soffrire..
“Scusa, Gabriel, non posso..”
Il Colonnello continuava a fissarla, sfidandola a lasciare la stanza. Forse credeva che lei non sarebbe stata in grado di farlo, ma si sbagliava di grosso.
Beatrix voleva, ma non poteva. C’era Tavington da sistemare prima.
È tutta colpa sua.. basta crederlo ragazza mia!
< Stai zitta! >
“Gabriel, non posso..” poi scrutò bene Tavington “..ora, forse dopo.”
Lui non insistette. Le lasciò un semplice bacio a stampo e poi andò nell’altra stanza, quella dove c’erano i Ribelli. Forse avrebbe architettato con loro un piano per uscire fuori.
Impresa non semplice, c’erano ancora le guardie alla porta delle segrete, senza contare quelle fuori dall’edificio. Sarebbe stata dura, se non ce l’avessero fatta Tavington si sarebbe vendicato.
Li avrebbe torturati e uccisi tutti, indipendentemente avendo il nome che voleva o meno.
“Perché non gli dici la verità e basta?”
Tavington riportò la sua attenzione su di sé.
“Quale verità, Colonnello?”
Qualsiasi fosse erano comunque problemi suoi.
“Non capisco perché gli menti, non è tuo amico?” la stuzzicò.
“Io non gli mento per niente. Io volevo baciarlo e volevo lui..”
Tavington non sembrava colpito dalle parole, quasi annoiato.
“Come vuoi.”
Non le credeva, ma chi pensava di essere?
“A me lui piace, Colonnello. Provo qualcosa per lui, capite quel sentimento che si chiama amore?”
Lui sorrise della sua frase e si avvicinò un poco a lei, almeno quanto le catene permettevano.
“Non ci credo.” Disse l’uomo scandendo ogni sillaba lentamente.
“Dovete. È la verità!” insistette lei, avvicinandosi a lui.
“Ti è piaciuto il bacio?” chiese lui.
“Molto. Anzi no, moltissimo.” Rimbeccò Beatrix.
Erano troppo vicini, avrebbe dovuto allontanarsi. Lui avrebbe potuto strozzarla, aggredirla, farle del male. Perché non si spostava?!
Perché la verità è che lo vuoi..ammettilo!
< Ti ho detto di sparire. >
“Lo ami?”
Quella domanda la stupì. Si aspettava un ‘chi è il migliore: io o lui?’, invece aveva scelto proprio la domanda a cui era più difficile rispondere. Sarebbe stata in grado di mentirgli per avere la sua rivincita? Non lo sapeva.
Bastò quella manciata di secondi di tentennamento per far sorridere Tavington, l’uomo sapeva di aver formulato la domanda giusta. Quella che la metteva in discussione veramente.
“Dillo e ti lascerò stare.”
“Io..”
Dai Bea, menti! Digli questa bugia e rendilo felice..
< A te non ascolto! Mi porti sulla cattiva strada. Sparisci. >
“Non ce la fai.”
Le mani di Tavington si erano posate con dolcezza sul suo volto. Non le aveva ancora fatto male, come invece pensava lei. Le accarezzava la pelle.
“Sì, invece! William.. smettila.” Lo implorò.
“Di fare cosa, amore?”
Tanto lei lo sapeva bene che lo faceva apposta, la stava prendendo in giro e la distraeva pure!
 “Ti prego.”
Glielo sussurrò quasi come una preghiera. Beatrix voleva essere forte, ma quando lui si comportava così non riusciva a resistere. Sapeva che poi avrebbe pagato caro le conseguenze, eppure non ci riusciva.
Quei bellissimi occhi ghiaccio fissavano i suoi. Non scorgeva né malizia né cattiveria.
Doveva fidarsi di lui?
“Dimmi di smetterla e lo farò. Dimmi che non lo vuoi anche tu e lo farò. Dimmi che non mi ami e lo farò. Dio, Beatrice, allontanami come hai fatto con lui!”
Quel leggero climax che si era creato l’aveva colpita. Lui rimaneva sempre il solito Colonnello che comanda tutto e tutti, non cambiava nemmeno se legato con delle catene.
Ora, entrambe le mani dell’uomo reggevano la testa della ragazza e avvicinarono il suo volto verso il suo.
“Dillo.. ora!”
“William.. non posso.”
Si morse le labbra, nel vano tentativo di arrestare le lacrime. Era andata bene fino a quel momento, perché arrendersi così, facendolo vincere?
“Dipende dal fatto che ci sono i tuoi amichetti nell’altra stanza?”
“C-cosa?”
Beatrix era stupita dalla piega che stava prendendo la conversazione. Cosa c’entravano i Ribelli?
“Non fare la finta tonta.. è per questo che ieri non mi hai baciato, no?”
Ma cosa..??
Ooh!
La ragazza riacquistò la tenacia di prima e si staccò bruscamente da lui.
“Aspettate un po’, Colonnello.. pensate che lo abbia fatto per quello?”
“Per cos’altro?” disse semplicemente lui.
No, non poteva parlare sul serio.
“Vi ricordate almeno come vi siete comportato ieri?”
Lui storse leggermente la bocca e poi disse:
“Sì, certo. Ti ho baciata, come faccio sempre, e tu mi hai schiaffeggiato!”
Il tono che aveva usato faceva percepire una certa irritazione.
“Lo schiaffo non era perché.. c’erano loro. Era riferito ai modi che avete usato!”
“Quali modi?” rimbeccò lui.
“Come ‘quali modi’, William?!”
Le stava facendo perdere la pazienza.
“Non ti ho trattata diversamente dal solito, mi sembra.”
“Non è vero. Volevate usarmi per far ingelosire Gabriel e poi volevate umiliarmi di fronte a quella gente.” Rispose con tono la ragazza.
“Credi davvero che me ne importi qualcosa di quelle persone? Volevo te, mentre tu non mi volevi! Non è una cosa che mi succede tanto spesso, Beatrice.”
Quella rivelazione la sbalordì, iniziava a capire solo in quel momento il suo atteggiamento. Tutto quello che era venuto dopo dipendeva dal suo rifiuto..
“Mi avete ferita per quello, Colonnello?! Non potevate dirmelo e basta?”
Lui alzò le spalle.
Già, tanto cosa gli cambiava sbatterla contro il muro e prendersi ciò che voleva? In un modo o nell’altro avrebbe avuto quello che voleva lo stesso.
Lei si sentiva esasperata. Parlare con lui voleva dire avere i nervi tesi e una voglia irresistibile di fare a pezzi qualcosa. Fece un giro per la stanza, cercando di calmarsi.
“Vi odio!”
Lui sorrise.
“Questo lo sapevo già.. ma non provi solo quello, vero Beatrice?” la stuzzicò.
“Non vi dirò più niente.”
Prese la carica e si posizionò di fronte all’uomo, puntandogli un dito contro.
“Ho chiuso con voi, dimenticatevi tutte le smancerie passate.”
Lui fece finta di essere colpito dalle parole, portandosi una mano al cuore.
“Mi stai uccidendo così, amore.” Rise.
“Ridi pure, William. Da me non avrai più niente!”
“Niente sesso?” chiese lui.
“No.”
“Nemmeno una toccatina?” insistette.
“Santo Cielo, no. Colonnello, avete un solo pensiero in testa!”
“Non resisterai. Tu mi vuoi micetta” fece un passo verso di lei “non negarlo.”
Lo disse agitando un dito davanti a lei.
“Vi piacerebbe.”
“Oh, bè. Ora che me lo chiedi.. sì, mi piacerebbe.”
Prese i suoi capelli e tentò di avvicinarla a lui, per quanto fosse possibile.
“Sai cosa non capisco?” le sussurrò a fior di labbra.
“Cosa?”
“Continui ad ostinarti a rifiutarmi, quando sappiamo benissimo tutti e due che mi vuoi e mi desideri.”
Il Colonnello si umettò le labbra, continuando a guardarla negli occhi.
“Non sempre quello che desideriamo è anche quello più.. giusto.”
“Ma è quello che ci fa stare bene.” Proseguì lui.
“Voi non siete l’uomo per me, Tavington. Gabriel è l’uomo giusto.”
Scosse la testa, cercando di cacciare quei pensieri impuri che l’attiravano verso il Colonnello.
“Allora perché sei qui con me? Va’ da lui..”
Sebbene la esortasse ad uscire, non aveva lasciato la presa sui capelli.
“Perché anche se è sbagliato è quello che mi fa stare bene.”
Affermò la fanciulla, riprendendo la frase pronunciata in precedenza da Tavington.
Lui le sorrise e poi affogò le sue labbra in quelle di lei. La sua bocca era vogliosa, sapeva di caffè, in effetti lui aveva sempre un buon sapore. Non era dolce, divorava le sue labbra facendole implorare altro.
Beatrix aveva appoggiato le braccia sulle spalle di Tavington. Non voleva fermarsi, lo voleva per sé. Voleva lui, anche se sapeva benissimo che era sbagliato.
Questa volta tenne gli occhi aperti. Si guardavano fisso nelle pupille ed erano entrambi presi dal momento.
“William.. perché?”
Sussurrò lei, cercando con fatica di staccarsi da quelle labbra carnose che amava.
“Perché ti voglio.”
Le labbra del Colonnello erano scese sul suo collo, mordevano la pelle, infuocandola. Le aprì il corpetto e baciò subito la parte di pelle scoperta.
“E perché anche tu mi vuoi, testarda.”
Oh, sì. Ti voglio anch’io, William..
Intanto la ragazza aveva appoggiato le mani sulla giubba. La aprì con fatica e poi la fece cadere per terra. Non si apprestò a sbottonare la camicia, fece saltare tutti i bottoni nel tentativo di toglierla.
“Solo una volta e poi basta..”
Sembrava che stesse parlando più a se stessa piuttosto che a lui.
I movimenti di Tavington erano limitati. Questa volta toccava a lei prendere le redini.
Baciò il suo petto, prestando attenzione ai suoi capezzoli. Adorava il suo corpo, sebbene avesse diverse cicatrici a ricoprirlo. Accarezzò la pelle, graffiandola di tanto in tanto.
“Pensi di liberarmi, tesoro?”
Lei, che era messa quasi in ginocchio, rispose semplicemente: “No.”
William sorrise e le smosse leggermente i capelli.
“Allora penso che non possiamo divertirci, amore.”
Lei risalì il suo corpo e lasciò un bacio dolce sulle labbra.
“Mmm.. forse ho un’idea.”
Lo guardò maliziosa e iniziò a sbottonare i pantaloni. Una volta aperti, sfiorò i suoi peli pubici facendolo sospirare.
“Ti piace giocare con il fuoco, micetta..”
“Non sai quanto..”
Mise una mano all’interno dei pantaloni e trovò quello che cercava. Lo accarezzò per tutta la lunghezza, era incredibile che fosse già pronto per lei.
Voleva dire che la desiderava e che bramava il suo corpo, come sempre.
Il Colonnello prese aria dal naso, iniziava a riscaldarsi. Lei amava vederlo in quello stato, così fuori controllo, alla sua mercé.
“Beatrice, non ti conviene farmi perdere il controllo.”
“Perché..? Altrimenti sarò io a comandare?”
La ragazza riprese ad accarezzare e baciare il suo petto. Una volta arrivata all’ombelico si fermò.
Non lo avrebbe accontentato così facilmente, avrebbe dovuto darle qualcosa in cambio.
“Avete ragione, è meglio che mi fermi.”
Lui sbarrò gli occhi e la fermò, prendendo in mano i suoi capelli.
“No. Continua.” Comandò immediatamente.
Lei gli sorrise con malizia.
“Pregatemi.”
“Scordatelo.” Rispose secco lui.
“Allora sarò io a pregarvi, Colonnello Tavington. Vi prego di spiegarmi cosa sta succedendo.”
Non era stata né Beatrix né Tavington a parlare.
William aveva gli occhi sbarrati, la ragazza allora girò lentamente la testa e incontrò gli occhi imperiosi del Generale Cornwallis.


N/A
Ciao a tutte!! ^^

Bè, che dire? Bel colpo di scena, vero? Mi piace l'idea di William fuori controllo.. Beatrix fa uno strano effetto a questo dannato Colonnello Inglese! 

****
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^


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Capitolo 21
*** Lei è mia ***


capitolo XXI
Capitolo XXI
Lei è mia



“Generale.”
Disse semplicemente Tavington, cercando di  chiudersi almeno i pantaloni per darsi un aspetto presentabile. Il suo incubo si stava realizzando. Cornwallis e Tarleton lì, proprio in quel momento. Il Generale lo stava guardando in un modo in cui non era difficile intuire i suoi pensieri riguardo alla scena. Perché Beatrix era ancora inginocchiata per terra a peggiorare così la situazione?
“Generale. Posso spiegare, non è quello che sembra..”
Il vecchio uomo non volle ascoltare le sue giustificazioni, con un cenno della mano lo esortò a zittirsi.
“C’è poco da spiegare qui, Colonnello, capisco bene cosa stavate facendo.” E così dicendo agitò la mano nell’indicare la loro posa compromettente “Quello che però non comprendo è perché lo state facendo qui, Tavington?”
Non poteva rimproverarlo di nuovo, questa volta avrebbe preso una nota disciplinaria, lo sentiva.
“Veramente stavamo..”
Anche quella volta lo interruppe a metà frase.
“E per di più durante il vostro servizio, Colonnello. Mi avevate detto che sareste venuto ad interrogare.. devo presumere che siano queste le vostre usuali modalità di interrogare?”
Nel sentire quella frase, Tarleton scoppiò a ridere. Non si fermò nemmeno quando Cornwallis si girò per ammonirlo.
“Scusate, Generale. N-non resisto..”
E continuò così a prendere in giro Tavington, come se già la faccenda non fosse di per sé pietosa.
“Colonnello Tarleton, almeno voi contenetevi!”
“Avete ragione, scusate.”
Fece un inchino untuoso con la testa e poi prese le distanze dall’uomo, il quale al contrario si stava avvicinando a Tavington.
“Beatrix. Liberami subito!”
Disse immediatamente il Colonnello alla ragazza, la richiesta era stata pronunciata con tono, sebbene avesse parlato a bassa voce. Lei non lo disobbedì questa volta, forse perché timorosa delle intenzioni di Cornwallis. Una volta che lo ebbe liberato, si sistemò la gonnella e chiuse subito il corpetto, anche se ormai si era già visto tutto quello che c’era da vedere.
Tavington fece un passo avanti verso il Generale e venne affiancato subito dalla ragazza.
“Mi avete chiamata Beatrix.”
Gli disse sorridendo, toccandogli con affetto il braccio.
“Non ci credo..”
Quest’ultima frase, invece, la disse a bassa voce, come se parlasse a se stessa.
“Quindi, Colonnello.. è lei quella da interrogare?”
Il modo con cui pronunciò la frase aveva diverse sfumature, alcune delle quali diedero fastidio a Tavington.
“No.”
Alzò il suo braccio fino a metterlo davanti alla ragazza, come per farle da scudo.
“Lei è mia.”
Da dove è uscita quella frase?
Non fu solo Tavington quello sorpreso, dalle facce degli altri due si poteva comprendere che erano stati colpiti anche loro. E adesso lo guardavano come se fosse stato un pazzo.
“Volevo dire..” si sistemò la voce “Lei è una mia prigioniera. Mia prigioniera, ecco quello che intendevo dire.”
Se Cornwallis credette a quella scusa, Beatrix non sembrava per niente convinta. Lo capì perché lei lo guardava sorridendogli e non aveva ancora tolto quella piccola mano dal suo braccio.
“Molto bene allora, mi renderete conto della vostra condotta più tardi. Iniziamo l’interrogatorio dei ribelli.”
Ad un certo punto si sentì un colpo di pistola provenire dall’altra stanza.
“Tutti fermi o lo ammazzo subito.”
Gabriel teneva fermo Tarleton con un braccio e lo minacciava con un coltello. Bastava un solo colpo e sarebbe morto.
Se fosse dipeso da Tavington decidere della sua morte lo avrebbe fatto ammazzare e poi avrebbe catturato quel biondo, che iniziava a dare sempre più fastidio.
“Sei in un covo di Inglesi, non hai fuga ribelle. Libera il mio Ufficiale.”
Cornwallis rispose più diplomatico, sicuramente ci teneva alla pelle del suo favorito.
William si chiese cosa avesse fatto se ci fosse stato lui al posto di Banastre.
“Sarete voi, Generale, a liberare i miei compagni. Altrimenti gli taglio la gola.”
Cornwallis non sembrava cedere, non aveva ancora mosso piede per fare qualcosa. Continuava la linea offensiva dell’intimorirlo verbalmente. Peccato che lui non fronteggiasse quei bifolchi da tre anni come invece faceva Tavington. Il Generale non li conosceva così bene per rispondere come doveva.
“Generale, non è questo il modo più giusto. Sparategli!” Insistette Tavington.
Il Generale lo zittì subito.
“Vi prego, Colonnello. Vi ho già rammentato più volte che le vostre tattiche brutali non portano buon nome alla Gran Bretagna. Comportiamoci da Gentiluomini.”
William era in collera. Cornwallis doveva agire, ordinare che lo attaccassero, dopotutto era solo un ragazzino, cosa poteva saperne di armi e combattimento? Il Colonnello sapeva che il Generale faceva del suo meglio per ostacolarlo sempre, non gli dava mai retta.
Bene, questa volta avrebbe visto veramente cosa sono quei Ribelli che lui aveva considerato finora un facile nemico da abbattere.
“Forse dovreste dar retta al vostro Colonnello, Cornwallis. Con noi povera gente americana non serve parlare con il bon ton. Liberate i prigionieri.”
Per rendere più efficace la minaccia passò il coltello sulla pelle di Banastre, una scia sottile di sangue scese verso il basso.
“Generale, ascoltate Tavington. Sono solo un soldato, in guerra muoiono tanti soldati come me. non potete liberare quei Ribelli.” Disse Tarleton.
I pensieri di Cornwallis erano difficili da decifrare. Non era semplice leggere dentro quel vecchio uomo bloccato nel suo status e nel suo nome. Soppesava le parole di Tarleton, ma entrambi i Colonnelli sapevano bene che lui non aveva mai ritenuto pericolosi quei Ribelli. Li considerava semplicemente una banda di contadini troppo animati, niente di più. Ma lui parlava così perché era stato fino a quel momento chiuso nel suo studio a progettare piani di guerra, comandava da lontano. Invece Tavington e Tarleton li avevano vissuti quei Ribelli, li avevano combattuti col sangue, perciò sapevano bene quanto fossero pericolosi e più motivati dell’esercito dei Regolari americani.
Il Generale guardò il ribelle intensamente, poi il suo sguardo cadde su Tarleton. Dopo aver preso aria, infine parlò.
“In guerra si vince con la forza di tutti, il singolo è spacciato. Per questo ti insegnano fin da subito che non si abbandonano mai i compagni, ci si spalleggia a vicenda.”
E con rassegnazione disse: “Liberate i prigionieri.”
La sua decisione stupì Gabriel, il quale non si sarebbe aspettato finale migliore di quello.
Beatrix consegnò le chiavi in mano a Tavington, che poi porse al suo superiore. I suoi subalterni liberarono quella decina di uomini, ma Gabriel teneva ancora Tarleton.
“Bene, Generale. Siete state corretto, perciò non ucciderò il vostro uomo, eppure dobbiamo andarcene da qui e voi ordinerete ai vostri di lasciarci libero accesso, altrimenti lo ammazzo.”
Tavington non resisteva più, avrebbe voluto aggredirlo lui con le sue mani. Cornwallis stava mandando all’aria un piano che avevano architettato alla perfezione, che aveva portato con sé diversi prigionieri fatti. Gli sforzi di anni gettati all’aria.
“Generale, non potete! Non possono uscire vivi da qui.”
Gabriel lo guardò male.
“Non siete voi a comandare, Tavington. Sebbene l’idea vi piaccia molto, vedo.”
“Difatti, Colonnello, state al vostro posto. E sia, andatevene ribelle. Avete la mia parola che nessuno colpirà.”
Come detto, bastò un cenno della mano per far abbassare le pistole dei suoi soldati. La via venne liberata e i Ribelli uscirono. Gabriel era ancora lì con Tarleton.
“Ora, non vi dispiacerà se mi porto dietro il vostro Colonnello? Solo per sicurezza.. in caso i vostri uomini sparino prima che noi usciamo dalle mura della città.”
Uscirono tutti fuori dall’edificio e li seguirono come in una processione. Dopo aver camminato fino al grande cartello di benvenuto di Savannah, Gabriel si fermò.
William continuava a ripetersi che quel piano era da pazzi, anche se il Generale aveva concesso loro di uscire fuori vivi, non voleva dire che non avrebbe sparato dopo. Infatti, confermò il pensiero di Tavington il fatto che i suoi tiratori erano ancora posizionati e miravano alla Banda.
“Ho mantenuto la mia parola, ora ridatemi il Colonnello.” Lo esortò Cornwallis.
Gabriel rise.
“Mi credete davvero così stupido, Generale? So benissimo che, una volta liberato, darete ordine di sparare.”
Cornwallis si mantenne rigido e distaccato.
“Vi avevo promesso la salvezza fino alle porte della città. Siete fuori ora.”
“Allora sarà il caso di fare un nuovo accordo.”
La lama continuava ad accarezzare il viso di Banastre.
“Prendetelo.” Disse Gabriel ai suoi amici.
Due uomini presero il Colonnello e lo portarono verso gli altri compagni.
Tavington capì, forse, quale fosse il loro vero piano.
I Ribelli erano raddoppiati di numero perciò o stava diventando lui cieco, oppure quelli erano gli altri ribelli venuti in soccorso. Un piano perfetto, come l’altra volta William guardò Beatrix per vedere se lei c’entrasse qualcosa.
La scrutò per diversi secondi.
Lei era intenta nel guardare la scena come gli altri. Non era coinvolta personalmente, perciò William si chiese per quale motivo graffiasse la pelle delle mani con le unghie. Lo faceva già da un po’ di tempo, ma lui non lo aveva notato fino a quel momento perché era stata attratto dallo scambio tra Cornwallis e Gabriel. Lei non lo stava guardando, anzi da quando erano giunti nella piazza aveva cercato in tutti i modi di evitare il suo sguardo. Quando lui la cercava, lei lo evitava. Perché quello strano comportamento?
Allora lui si decise a muovere un passo verso di lei, poggiò la sua mano sulla sua spalla, l’unico modo che aveva per attirare la sua attenzione.
“Beatrice, stai bene?”
Lei quasi si spaventò quando lui la toccò. Perché era così tesa?
“Io? Sì, sto bene. Sono preoccupata per Gab..”
Dicendolo abbassò la testa e guardò per terra.
“Non devi farlo, lui se lo merita. Merita di essere ucciso, non vedi che sta minacciando un mio compagno?”
Lei aveva le lacrime agli occhi, anche se non singhiozzava ancora.
“E quanti ne ha minacciati e uccisi Tarleton dei miei compagni?! Loro non contano niente perché sono americani?”
Lo disse alzando il tono di voce, alcune persone si erano girate verso di loro.
“Abbassa il tono di voce, Beatrice. Ti stai rendendo ridicola di fronte a tutti.”
La sua esortazione colpì la ragazza, la quale si accorse delle teste che erano girate, ma non fece niente, alzò le spalle e continuò a fronteggiarlo, guardandolo negli occhi.
“Ah, giusto. Non sia mai che la vostra puttana vi metta in imbarazzo davanti a tutti, vero?”
Era in collera. Piangeva, urlava, tirava i pugni contro il Colonnello.
“Smettila.”
La prese tra le sue braccia e la strinse forte.
“Calmati, amore. Respira dal naso e butta fuori l’aria.”
Le massaggiava la schiena e lei ascoltava la sua voce, incantata dal tono dolce e affettuoso usato. Lui la portò più lontano rispetto agli altri, non c’era bisogno di avere un pubblico nelle loro faccende personali. Si allontanarono di poco, bastò quel breve spazio per cambiare aria.
Lei infatti si stava calmando, continuava a piangere sulla camicia logora del Colonnello e non voleva staccarsi da lui.
“Brava, amore mio. Così.”
I suoi massaggi sulla schiena della fanciulla l’avevano finalmente tranquillizzava. Solo allora lui le permise di staccarsi dal suo corpo.
“Scusa per prima. Io..io..”
Corse via da lui e vomitò sul terreno. Sebbene non avesse mangiato da un giorno riuscì a rigettare un po’ di roba, William la soccorse, nonostante non volesse sporcarsi i vestiti. Erano già logori di loro, era mezzo nudo, mancava solo il vomito a rendere il suo aspetto più incline alle provocazioni di Banastre.
Già, Ban..
Si girò in direzione del gruppo, li sentiva discutere, ma ancora nessuno aveva mosso piede. Nessun colpo, nessuna fuga.
Allora si concentrò sulla fanciulla.
Le prese i capelli e glieli tirò indietro, mentre lei rigettava l’anima su quel terreno fangoso.
“William, io..i..”
“Non ti preoccupare, Beatrice. Fa’ quello che devi fare.”
Dopo diversi minuti la ragazza alzò la testa e si pulì con un lato della gonnella i residui sulla bocca.
“Beatrice. Te lo davo io un fazzoletto, certo che voi americani siete proprio..”
Lei lo guardò male, offesa dalla sua accusa, allora lui si corresse, non disse animali.
“..poco educati.”
Lei gli sorrise. Poi, lui le porse il suo fazzoletto e lei lo prese.
“Grazie. William, sono cresciuta in un piccolo villaggio di campagna, non so nemmeno cosa sia essere educati.”
Il Colonnello le smosse i capelli.
La ragazza ora stava ammirando il pezzetto di stoffa che lui le aveva ceduto, lo stava rimirando con attenzione.
Come se un fazzoletto potesse destare simile interesse..
“William, cos’è questo?”
E indico così due piccole iniziali nel bordo con un piccolo stemma.
“È lo stemma dei Tavington. Grazie a mio padre vale poco più che quel pezzo di stoffa che tieni in mano.”
Lei continuò a guardarlo e poi glielo porse subito.
“Perché me lo avete dato? L’ho sporcato tutto, mi dispiace. Io sono una stupida. Io..”
E prese di nuovo a piangere.
Lui mise le mani sulle sue spalle e la guardò negli occhi.
“Beatrice, mi dici cos’hai? Perché fai così, perché sei così emotiva, oggi?”
Lei lo abbracciò forte.
“Non lo so, William. Sarò malata.”
Lui la tenne per un po’ tra le sue braccia e poi si staccò.
“Ora che stai meglio dobbiamo andare dagli altri.”
Il Colonnello la prese per mano nel tentativo di portarla di là, ma lei resistette e non volle seguirlo.
“No. Stiamo qua.”
“Non posso stare qua, tesoro. Cornwallis ha bisogno di me.”
Lei allora lo abbracciò nuovamente e fece capire che non si sarebbe staccata tanto facilmente.
“No. Non dovete andare, state con me. Vi prego.”
Quasi lo implorò di non abbandonarla, ma lui non riusciva a comprendere il suo insolito comportamento. Stava tramando qualcosa e lui doveva sapere subito cosa.
“Va bene. Ma prima voglio che tu mi dica una cosa.”
La guardò dritto negli occhi.
“C’è qualcosa che devo sapere, Beatrice?”
Lei stava iniziando ad evitare di nuovo il suo sguardo. Cambiava direzione, teneva le mani a pugno.
“È tutta colpa vostra, voi mi avete ferita. Mi avete fatto male.”
Disse a bassa voce, come se fosse sola.
“È tutta colpa vostra.”
William era più confuso che prima, lei sembrava in delirio. Aveva anche la pelle accaldata, forse aveva la febbre. Molto probabilmente si era presa una qualche malattia e forse la sua permanenza nelle segrete non aveva giovato alla sua salute.
“Beatrice. Guardami negli occhi. Cosa hai fatto?”
Lei alzò la testa e poi appoggiò la sua mano sulla guancia dell’uomo e prese ad accarezzarlo.
“Io..niente. Ma..”
Tavington sapeva quello che stava per dire. Quel dubbio che aveva avuto poco prima in piazza si stava trasformando in realtà. Lei gli aveva mentito ed era in combutta con Gabriel.
Allora il Colonnello fece qualche passo indietro, voleva stare lontano da lei. Non voleva neanche sapere cosa avesse combinato con il ribelle, quello che sapeva era che lei lo aveva usato e forse lo stava facendo anche in quel momento.
“William, ti prego non andare via. Scusami, tu eri andato via e mi avevi fatto soffrire e..”
Lui la guardò con disprezzo.
“E..cosa? Mi hai sostituito velocemente, vedo. E pensare che io invece ho passato la notte da solo. Che sciocco.”
Scuoteva la testa come per togliere lei dalla mente.
“Non è quello che pensi, non abbiamo fatto niente. Però so quello che vuole fare adesso. Ormai non posso fermarlo..”
“A fare cosa, Beatrice?”
Intanto il gruppo stava fissando loro, per qualche motivo la discussione era passata su di loro.
Tarleton era ancora con la Banda, lo tenevano fermo. Gabriel chiuse l’accordo con il Generale.
“Bene, allora noi ce ne andiamo e ci portiamo dietro Bloody Ban. Si divertirà con noi il vostro Colonnello Sanguinario. E se per caso qualcuno di voi pensasse di colpirci, il vostro Ufficiale sarà il primo a cadere.”
Cornwallis quindi non aveva risolto niente durante il suo allontanamento. William sapeva che occorreva l’uso della forza.
Beatrix lo affiancò e lo guardò triste. Aveva le guance rosse, sì.. di sicuro aveva la febbre. Gli prese la mano e la strinse come per scusarsi, allora lui sentì che era anche molto bollente. Doveva trovare un medico quando quel Gabriel avesse fatto la sua defilata.
“Scusami. Non volevo deluderti.”
Lui non disse niente.
Non sapeva che cosa dire. Avrebbe voluto aggredirla verbalmente, ma così l’avrebbe fatta stare ancora più male. Non era nelle forze per una lotta, avrebbe discusso più tardi.
“Ma prima di andare via, Generale. Voglio indietro la mia donna.”
Quel tale, Gabriel, stava indicando Beatrix?
Cornwallis scrollò le spalle.
“Generale, lei non è la sua donna.”
Il suo superiore sembrava annoiato dalle sue parole, voleva Banastre e di Beatrix non gliene importava niente. Lei gli stringeva la mano e sembrava non volere andare vai con lui.
Ah, era quello il loro piano.. chissà cosa le ha fatto cambiare idea.
“Tavington, dammi Beatrix.”
Il Colonnello fece un passo e si posizionò davanti alla ragazza.
“No.”
“Non sei tu che comandi ora.”
William rise.
“Dovrei prendere gli ordini da un ragazzino che solo ieri portava ancora il pannolino?”
Il pubblico rise e Gabriel si sentì infastidito dall’insulto.
“Lei verrà via con me.”
“Vieni a prenderla, codardo.” Lo istigò Tavington.
Allora Beatrix per non farli combattere si mosse verso Gabriel.
“No. Vengo, smettetela.”
Gabriel tirò un sospiro di sollievo e le sorrise. Lei si girò verso William e lo abbracciò forte.
“Ti amo. Ti amerò sempre mio coraggioso Colonnello Inglese.”
E così gli diede un bacio sulla guancia.
Lui non rispose.
Non poteva fare niente, Cornwallis non avrebbe mai fatto combattere per una civile americana.
Se ne stava andando via con il ribelle.
Non l’avrebbe più rivista.
Non avrebbe più litigato con lei.
Non avrebbe più fatto l’amore con lei.
Non avrebbe avuto più occasione di confessarle i suoi sentimenti.
Sarebbe ritornato il vecchio Tavington senza cuore. Tarleton sarebbe morto, visto che i Ribelli lo avrebbero torturato e poi ucciso.
Era quello che volevo.. è quello che voglio ancora?
Un passo e avrebbero varcato quella porta.

N/A
Ciao a tutte!! ^^

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Che cosa farà William?
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Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^

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Capitolo 22
*** Solo un brutto sogno? ***


Capitolo XXII
Capitolo XXII
Solo un brutto sogno?



“Fermati. Ho un accordo da proporti.”
I Ribelli si girarono e lo guardarono incuriositi.
Me ne pentirò, lo so. Mi faranno penare quei bastardi e si prenderanno una bella rivincita.
“Prendete me al posto di Tarleton. Dopotutto chi è Bloody Ban rispetto al Butcher?”
Cornwallis sgranò gli occhi, i Ribelli anche. Solo Beatrix sorrideva e a lui importava solo di lei dal momento che stava facendo quello scambio -che lo avrebbe portato sicuramente alla morte- solo per stare più tempo con quella strega.
Gabriel ci penso su e poi disse.
“Affare fatto.”

Lo scambio era avvenuto in modo silenzioso e molto rapidamente. Cornwallis aveva preso da parte Tavington, ma non aveva cercato di dissuaderlo nell’andare incontro ad una morte atroce.
“Colonnello, sarete da solo per poco. Una volta che sarete andati via, una pattuglia cercherà di seguirvi, anche se proveranno a nascondere bene le tracce. Conoscono  questi posti, ma io so di aver dato loro il membro migliore del mio Esercito, Tavington. Confido in voi e nella vostra condotta brutale che avete perseguito finora.”
Quello era stato il semplice discorso d’addio del Generale al suo ‘membro migliore’. Tavington sapeva che lo aveva detto tanto per dire qualcosa, voleva Banastre indietro, di quello era più che sicuro.
Si stavano muovendo sopra i cavalli e il tempo sembrava passare lentamente dal momento che lo avevano bendato per non fargli vedere il percorso. Era disarmato, legato e bendato.. alla totale mercé di quei Ribelli.
Quando i cavalli si fermarono capì di essere arrivato a destinazione. Lo fecero scendere dal cavallo e lo scortarono senza troppa gentilezza nel luogo in cui molto probabilmente avrebbe risieduto fino alla fine. Infatti ad un certo punto lo spinsero per terra e gli tolsero la benda.
Poteva vedere di essere in una piccola tenda, ma non riusciva a capire dove si trovasse esattamente perché il piccolo luogo angusto non permetteva di vedere al di fuori dall’abitacolo. Due uomini che non aveva mai visto prima < certo, altrimenti sarebbero stati uccisi da lui. A parte il Fantasma, ancora nessuno era scappato dal temibile Macellaio > lo legarono ad un palo che si trovava al centro della tenda, forse era il piedritto che sorreggeva la struttura precaria.
Non dissero niente, nemmeno una cattiva parola. Lo guardarono semplicemente ridendo tra sé e sé e uno dei due disse poi, mentre usciva:
“Com’è essere dall’altra parte, Colonnello?”
Tavington non rispose alla provocazione, sapeva che non aveva molto tempo prima che lo facessero fuori perciò doveva raccogliere tutte le informazioni che poteva e poi passarle a Cornwallis.
Provò a tirare la corda, ma avevano fatto un buon nodo e non riusciva a muoverlo di un centimetro. Così, si rassegnò e aspettò di vedere la loro prossima mossa.
Il tempo passava e nessuno sembrava venire da lui, le luci che si riflettevano sulla tenda si stavano scurendo, intuì che la sera era già vicina.
Ancora nessuno.
Sentiva le persone mangiare vicino al fuoco, percepiva le loro voci, le loro risate e un odore forte di pollo che gli ricordava che non mangiava dalla mattina.
Ancora nessuno.
Poi, quando ormai le voci erano poco a poco scomparse sentì qualcuno fuori dalla tenda, piccoli passi indecisi. Doveva essere una femmina.
Era Beatrix che entrava reggendo in mano un fagottino e una piccola candela.
“Ehilà, Colonnello, vi piace la sistemazione?”
Si inginocchiò vicino a lui e aprì per terra il fazzoletto che conteneva un pezzo di pane, del formaggio e poi c’era una piccola bottiglia.
“I tuoi amici sono molto accoglienti e poi dicono che siamo noi Inglesi quelli freddi.” Rispose sarcastico.
Lei si mise più vicino a lui e incrociò le gambe.
“Non vi hanno portato cibo, vero?” chiese preoccupata.
“No, ma non ti devi preoccupare per me. Sono un soldato e sono abituato ad ogni evenienza.”
Lei gli sorrise e gli scostò alcuni ciuffi di capelli che impedivano di vedere i suoi bei occhi ghiaccio.
“Suvvia William, non devi fare per forza il duro con me. Comunque sia, da quello che ho capito vogliono lasciarti in questo stato per un po’ per indebolirti.”
Lui cercò di girarsi verso la sua direzione per guardarla meglio in volto, sebbene la fioca luce proveniente dalla candela non permettesse di vedere alcunché.
“Come immaginavo, devo dedurre che non mi vogliono morto altrimenti mi avrebbero già ucciso.”
Lei annuì.
“Già, pensano di ottenere informazioni sulle prossime mosse degli Inglesi con la tortura.”
“Che facciano quello che vogliono, tanto non parlerò.”
Lei scosse la testa di fronte alla sua testardaggine e poi staccò un pezzo di pane e mise sopra del formaggio.
“Che vuoi fare?” chiese lui.
“Imboccarti, che altro? Non posso liberarti, perciò nel mentre inventiamo un piano di fuga ti tocca restare qua e lasciarti trattare come un bambino da me.”
Lui rimase indignato dalle sue parole, era un uomo e non voleva essere umiliato così. Sebbene sapesse che lei lo faceva per fargli un favore girò la testa dall’altra parte e rifiutò il cibo.
“Dai, William, mangia!”
“No.” rispose secco l’uomo.
“Come vuoi.”
A quel punto lei si mise a cavalcioni sulle sue gambe e poi riuscì a tenere fermo il volto del Colonnello fermandolo con una mano.
“Bene. E adesso mangia.”
Prese quel pezzetto di pane e lo fece viaggiare nell’aria imitando il percorso di un treno.
“William arriva il treno, ciuf ciuf, apri la bocca amore.”
Lui serrò i denti, ma alla fine, forse spinto dalla fame o forse dalla pietà nei confronti della fanciulla, aprì la bocca.
“Bravo, ora un altro ancora.”
“Lo mangio se mi prometti che la smetti con il treno.”
Lei gli sorrise e poi annuì.
Mangiò il pane col formaggio e poi bevve l’acqua che lei gli aveva portato.
“Ho cercato se c’era del Brandy, ma se lo avessi preso avrebbero capito che lo portavo a te.”
“Non ti preoccupare, l’acqua va bene comunque. Quindi loro non sanno che sei qui con me?”
Lei scosse la testa.
“Perché sei venuta, Beatrice?”
Lei ci penso su e poi rispose.
“Per la stessa ragione per cui tu sei qui, amore.”
Aveva ragione, voleva stare con lei e aveva combinato un bel casino. Il vecchio William non si sarebbe mai comportato così, che cosa gli stava succedendo? Cosa gli aveva fatto?
“Va’ a riposarti, sei ancora ammalata ricordati.” La ammonì.
“Lo so, William, ma non potevo stare lontana da te.”
Lui scrutò il suo volto cercando di leggere le sue emozioni.
“Sei sicura che non sia solo senso di colpa? Non devi, io ho scelto di stare qui.”
Lei lo abbracciò forte e lo ricoprì di baci su tutta la faccia.
“Lo faccio perché ti amo, William. L’ho sempre pensato e continuo a pensarlo.”
“Va bene, ti credo. Ora fammi respirare altrimenti mi soffochi.”
Lei gli accarezzò il volto e poi gli sorrise con affetto.
“Certo. Meglio che vada adesso, ho detto a Gab che sarei andata un attimo a fare i miei bisogni. Non vorrei che mi venisse a cercare.”
Gli trasmise un po’ di forza e cercò di sorridere mentre lo abbandonava, anche se stava lasciando un pezzo del suo cuore lì.
Prima che uscisse lui la fermò.
“Beatrice.”
La ragazza si girò e aspettò la sua richiesta.
“Domani verrai a trovarmi di nuovo?”
Lei allora rimase ferma come una statua per alcuni secondi e poi si girò verso di lui e si buttò addosso all’uomo seduto per terra.
Non c’era bisogno di capire quello che voleva da lui, Tavington lo sapeva bene perché era la stessa cosa che bramava dal momento che l’aveva vista.
Quando lei affogò le sue labbra sulle sue reagì con impeto al bacio che aveva niente di dolce, era piuttosto rapace e famelico. Quella era l’unica cosa che William desiderava veramente quella sera, di più del cibo. Le diede diversi baci brevi e poi si lasciò andare in un bacio più profondo che prendeva un pezzo della sua anima. Dopo qualche minuto, si staccarono nello stesso momento e si guardarono negli occhi per un po’, entrambi prendevano aria con fatica.
“Verrò tutti i momenti che posso, amore. Ti amo da impazzire.”
E gli lasciò un bel bacio a stampo.
Lui avrebbe voluto trattenerla e tenerla lì per la notte. Però sapeva che doveva andare, altrimenti qualcuno si sarebbe insospettito.
Lei corse via portandosi dietro il fagotto e la candela. Quando la tenda si chiuse l’oscurità prese il sopravvento.
William prese un respiro profondo e sperò di prendere sonno al più presto. L’ultima cosa che vide fu il volto sorridente della sua Beatrice.

“Beatrix, dove sei stata? Ti ho cercata per tutta la Black Swamp.”
La fanciulla era appena entrata nella tenda che condivideva con Margaret, la sorella quindicenne di Gabriel.
“Avevo da fare, sbaglio o dovresti essere già a letto?” la ammonì, sperando di sviare la conversazione.
“Sì, ma..”
“Niente ma, Margaret. Va’ a letto.” Rispose secca Beatrix.
“Va bene.”
La ragazzina la raggiunse e le diede un bacio sulla guancia.
“ ’Notte Bea.”
“ ’Notte Marge.”
La ragazzina raggiunse la sua branda e si coricò sopra.
Beatrix allora sciolse il corpetto e lo lasciò cadere a terra, uscì dalla gonnella e rimase davanti allo specchio con la sottoveste addosso.
La figura che vedeva non le piaceva, i suoi capelli erano aggrovigliati e spettinati, la sua pelle non era lucente. Le braccia erano spesse per via del lavoro nei campi, messa di lato si notava anche un certo gonfiore della pancia.
Sono brutta e grassa!
< Ma al Colonnello piaci. >
A lui piaccio per far sesso, non mi porterà mai con lui a qualche ballo, mi terrà con sé solo la notte.
< … >
Nemmeno la sua coscienza aveva replicato, perché quella era la realtà.
“Sei bellissima.”
Gabriel era appena entrato nella tenda e dal suo sorriso sospetto doveva essere stato lì per tutto il tempo.
“Guardone.”
Lui le sorrise e si avvicinò verso di lei. La prese per le spalle e la ricondusse davanti allo specchio rettangolare che si trovava davanti a loro.
“Dimmi, cosa vedi?”
“Una brutta ragazza.” Lo disse facendo una smorfia alla sua figura.
“Sai cosa vedo io?”
Lei alzò il sopracciglio. “Cosa?”
Lui sorrise al suo riflesso e poi si rivolse a Beatrix.
“Vedo una bella ragazza. La tua bellezza non è solo nelle tue forme, Bea, c’è anche nei tuoi modi, nella bontà che hai rivolto a quel verme che ha abusato di te per tutto questo tempo. Tu sei speciale, Beatrix.”
La rigirò per trovarsela davanti agli occhi.
“Per me tu sei speciale.”
Lei non poté non sorridere per le belle parole che le aveva rivolto, ma non solo. Riusciva sempre a tirarla su di morale, la faceva ridere non perché voleva qualcosa in cambio, lo faceva perché le voleva bene. Beatrix gli accarezzò la guancia e poi le labbra.
Lui era come lei, semplice. Loro erano gente di campagna, cresciuti con poco, che si accontentavano di poco.
“Beatrix.. io.. volevo dirti che ti amo ancora e voglio recuperare il tempo perso.”
Lei lo abbracciò forte ed inspirò  il suo odore che sapeva di campo, tutto all’opposto di quello del Colonnello.
“Anch’io ti voglio bene, Gabriel.”
Rimasero così stretti per un bel po’ di tempo. Poi, lei si staccò e si preparò a congedarlo per andare a letto.
“Vado a dormire, ci vediamo domani, va bene?”
“Va bene.”
E se ne andò. Lei raggiunse la branda e poi si sdraiò sopra.
Quella notte fu una notte agitata, non era riuscita a prendere sonno facilmente. Nella sua mente compariva il volto di Gabriel, ma nel momento in cui si raffigurava un futuro possibile con lui, il fantasma di William  veniva ad ossessionarla. Aveva cercato in tutti i modi di cacciarlo via, ma niente. I suoi capelli, il suo odore, la sua voce, la sua bocca e i suoi occhi..
Si era addormentata con un pensiero puro in testa, lei e Gabriel come genitori, una fattoria tutta per loro..
“Mamma, mamma. Sveglia!”
Si trovava in una stanza da letto, in una casa sconosciuta. Una bambina con un vestito grazioso e le trecce saltava sul letto nell’intento di svegliarla. Lei si alzò e si fece condurre dalla bimba in cucina, lì c’erano altri quattro bambini che facevano colazione, bevendo latte. La bambina li raggiunse e prese la sua scodella.
La casa era allegra, dipinta con colori chiari. Sentì una voce lontana, qualcuno canticchiava una canzone, così lei come incantata seguì quel suono melodico. La voce la portò verso una stalla con diversi animali, un uomo senza maglia con i soli pantaloni addosso stava dando da mangiare alle bestie. Non lo riconobbe finché lui si girò verso di lei.
“Tesoro, sei già sveglia? È stata Maria, vero? Le avevo detto di lasciarti dormire.”
Quell’uomo, che scoprì essere Gabriel, che scoprì essere suo marito e padre dei suoi figli, si era avvicinato a lei e la stava baciando sulla bocca. A lei piaceva, ma non sentiva nessun trasporto e nessun brivido.
Però sentiva una calma interiore, sapeva che di lui si poteva fidare.
“Ti amo, Beatrix.”
Beatrix si stava muovendo tra le lenzuola, qualcosa non andava.
Si svegliò di colpo.
Era agitata, ma non sudata. Provava una strana sensazione, come quando ti svegli e non capisci se è la realtà o è il sogno.
Prese aria con calma e poi si distese di nuovo. Rifletté sul sogno, le piaceva, eppure c’era qualcosa che non andava. Una volta che chiuse nuovamente gli occhi, sperò di poter continuare il sogno di prima.
Dopo qualche minuto si addormentò e il sogno -come per magia- riprese proprio da dove lei lo aveva lasciato.
Era ancora nella stalla con Gabriel, lui la stava prendendo per mano e si muovevano all’interno della piccola casetta. I bambini avevano finito di mangiare ed erano andati a giocare. Gab era salito di sopra -probabilmente per cambiarsi- mentre la piccoletta che l’aveva svegliata, ora sapeva il nome, Maria! Ecco, Maria era tornata da lei.
“Mamma, domani posso andare da Ellen per il suo compleanno?”
“Certo, amore. Va’ pure.” Le accarezzò le guance paffute lentigginose.
“Grazie, mamma. Ti voglio bene!”
La donna l’abbracciò forte e poi la prese in braccio. Andarono fuori e passeggiarono un po’ insieme. Beatrix guardava quella bambina che la sua mente aveva creato nel sogno, era graziosa, sebbene un po’ paffutella. Aveva i capelli neri, molto neri, quel colore scuro risaltava molto dal momento che aveva gli occhi chiari, un azzurro così limpido che assomigliava quasi al colore degli iceberg. Occhi ghiaccio meravigliosi..
Occhi ghiaccio..
ghiaccio..
ghiaccio..!!
La fece scendere e si sedette su una roccia a pensare. La bimba la chiamò ripetutamente.
“Mamma! Mamma!”
Beatrix si agitava nel letto, le lenzuola erano cadute per terra.
La scena adesso era cambiata. Era il giorno seguente, i bambini erano andati a quella festa di compleanno, Gabriel li aveva accompagnati.
Era sola in quella casa che stava iniziando a percepire come estranea. Si appoggiò al ripiano e cercò di prendere aria lentamente.
Ad un certo punto percepì delle mani forti che l’aveva issata e la stavano portando in camera al piano di sopra.
Era in balia di quello sconosciuto che non riconosceva perché portava una mantella con cappuccio a nasconderlo.
La fece sdraiare sul letto e poi iniziò a toglierle il vestito leggero che portava. Una volta che l’ebbe denudata, si tolse il mantello e il suo cuore perse un battito.
“William.”
Disse semplicemente quello, lui non si tolse i vestiti, ma si avvicinò comunque al letto. Lei non lo stava respingendo, anzi agognava il suo tocco. Lui le prese le gambe e gliele allargò, si spinse verso di lei e poi, dopo aver sbottonato i suoi pantaloni, la penetrò. Si baciavano, ansimando ciascuno sulla bocca dell’altro, lei lo spogliò e poi lo portò sul letto con lei. Si rotolarono tra le lenzuola, fecero l’amore per minuti che non finivano mai. Lui spingeva dentro di lei, ogni volta con più impeto e lei lo tratteneva con le unghie per non farlo andare più via.
Beatrix aveva caldo, la fronte era imperlata di sudore, la sottoveste si era attaccata alla sua pelle.
"Non andare, amore." disse come una preghiera.
“Non andare, ti prego.” Cercò di persuaderlo a restare.
Ma lui sciolse l’abbraccio e si allontanò.
“Perché vai? Resta con me, William ti amo.”
Lui non rispondeva e si stava già vestendo. Lei scese dal letto e prese la sua mano per non farlo scappare via. In quel momento vide l’anello dorato che portava all’anulare.
Una fede..
Una fede..
Una fede..!!
“Williaaaaam!!”
Si svegliò di colpo, gridando il suo nome. Margaret venne svegliata dal suo urlo.
“Bea, che succede?”
La ragazza respirava con grande affanno, era sudata, agitata e aveva il cuore che batteva a mille.
“Niente, Margaret. Solo un brutto sogno. Era solo un brutto sogno.”

N/A
Ciao a tutte!! ^^

****
Ha fatto bene Will a seguire Bea, voi dite che si sta innamorando? *-*
****
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^

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Capitolo 23
*** Il Dubbio ***


capitolo XXIII
Capitolo XXIII
Il Dubbio




Beatrix si era svegliata da poco.
Il sole era alto in cielo, ma lei sentiva ancora i postumi della nottata precedente. Si continuava a ripetere che era solo un sogno, eppure quanto i sogni invece poi sono rivelatori?
Doveva parlarne con lui, anzi con loro.
Gabriel lo conosceva bene, sapeva che lui l’amava ancora e che l’avrebbe anche sposata se solo lei avesse detto sì. Invece su William c’era un grande punto interrogativo, infatti non le aveva ancora nemmeno detto ti amo. Diceva di tenere a lei, che la voleva e la desiderava. Ma cosa bramava: il suo corpo o il suo cuore?
Lei conosceva bene la risposta e la sua mente aveva elaborato il sogno perfettamente, per lui sarebbe sempre stata un’amante e basta. Si sarebbe divertito con lei sotto le lenzuola, quando a casa non c’è nessuno. Ma davanti alla società avrebbe mostrato una moglie del suo rango, una che avrebbe tirato su le sorti della sua sventurata famiglia.
Certo, avrebbero potuto stare nelle colonie, ma lui si sarebbe accontentato di quella vita semplice solo per stare con lei?
Beatrix si vestì e si preparò ad incontrare Gab.
“Hey, Gabriel. Che si fa oggi di bello?”
Lui era davanti al focolare nella piazza e si stava riscaldando.
“Interroghiamo il prigioniero. Non ci vorrà molto prima che Cornwallis scopra la nostra posizione, quando ci capiterà di nuovo l’occasione di divertirci con Tavington?”
Beatrix rabbrividì nel pensare il suo William torturato dai suoi compagni, anche se forse un po’ lui se lo meritava. Era famoso tra la sua gente per il suo essere crudele e senza un minimo di pietà, non era solito nemmeno concedere quartiere ai nemici che si arrendevano.
Già, si sarebbero vendicati per bene.
“Secondo me è inutile.”
Bea si sedette su quei tronchi tagliati vicino al focolare con l’amico. Lui si girò verso di lei e la guardò sorpreso.
“Cosa?”
“Tavington è un Ufficiale esperto, conosce bene come funzionano queste cose, si farà ammazzare, ma non parlerà.”
Il ragazzo pensò alle parole dell’amica e sospirò constatando che lei diceva la verità. Sapevano tutti quanto fosse duro quell’uomo.
“Lo so. Però devo provarci.” E rise pensando alle cose brutali che gli avrebbe inflitto.
“Gab, ascolta. Perché abbassarci al suo livello?”
Lui le sorrise sinceramente, ma la sua mente era irremovibile.
“Mi stai dicendo questo solo perché ti preoccupi della mia anima dannata o..”
Lei lo guardò attentamente, sapendo già cosa avrebbe detto.
“..oppure ti sta a cuore lui?”
Beatrix si alzò indignata.
“Cosa stai insinuando?”
Lui si alzò e la prese per mano.
“Niente, Bea. Mi chiedevo, dopo tutto quello che ti ha fatto come fai a tenere ancora a lui.. dovresti volere la sua morte quanto me!”
Se solo lei non fosse innamorata persa di lui. Ma questo Gabriel non poteva saperlo.
“Tu non sai niente.”
Così lasciò la sua presa e si allontanò dal suo amico. Lui la seguì e continuò il suo discorso.
“Cosa dovrei sapere esattamente? Ho visto come ti ha trattata al Forte e quello non era rispetto.”
Lei si girò furiosa, perché lui non conosceva William e non poteva permettersi di giudicarlo. Non sapeva proprio niente.
“Tu non c’eri quando io ero sola con lui. Tu non sai niente di William.”
Lui rise, ma non era qualcosa di familiare. Era il tipico riso di quando uno ti prende in giro.
“Hai ragione, Bea, io non so niente di William. Ma conosco molto bene il Colonnello Tavington. Lo stesso che ha ucciso tua madre..”
Lei si tappò le orecchie, non lo voleva ascoltare. La stava facendo soffrire utilizzando sua madre e sapendo che a lei faceva male. Perché era così cattivo?
“Smettila, non ti voglio ascoltare! Lasciami sola.”
Lei cercò di allontanarsi, ma lui la trattenne per un braccio e non le permise di andare via.
“Eh, no. Tu ora stai qua con me a terminare il discorso. Non capisci che è pericoloso? Pensa se ti avesse preso la verginità..”
Lei si arrestò e lo guardò intensamente.
Non disse niente, perché sapeva che ormai la sua virtù era compromessa da un po’, ma questo Gabriel non poteva di nuovo saperlo.
Lui ricambiò il suo sguardo e poi si mise le mani nei capelli disperato.
“No. No. No, non può essere!”
“Sì, invece.” Rispose secca lei.
“Ti ha obbligata vero? Tu non puoi averlo fatto.. sapendo.. è un assassino!”
Cercò di scuoterla, pensando che bastasse a far sparire quei pensieri.
“Gabriel.. io lo amo.”
Lui fece un passo indietro.
Prese aria.
Cercò di calmarsi.
“No. Non è possibile, non puoi. Ti ha fatto il lavaggio del cervello. Sì, perché altrimenti è impensabile che tu ci sia andata a letto.”
Beatrix non aveva mai visto Gabriel in quello stato. Era sempre dolce, tranquillo, non era uno che si scandalizzava per poco. Perché si comportava così?
“Io lo amo e non mi aspetto che tu capisca.”
“Lui non ti ama.”
“Tu che ne sai?” rispose stizzita la fanciulla.
Gabriel rise, rideva di lei.
Oh..!
Rise ancora, come se quello che lei aveva detto destasse tale riso. Si riavvicinò a lei, passi sicuri, calcolati e si pose davanti alla ragazza. Le mise una mano sulla guancia, nello stesso modo quando voleva trasmetterle calore. Ma lei sapeva purtroppo che quello non era uno di quei bei momenti.
“Tu hai pensato davvero che lui ti amasse, vero? E quando, dimmi. Quando ti sbatteva come un animale per soddisfare le sue fantasie erotiche?”
La voce era piatta, parlava con tono di voce basso che rasentava la minaccia, ma aveva anche delle sfumature di dolcezza. Peccato che quelle parole erano tutt’altro che carine.
Non voleva dare ragione a Gabriel, anche se sapeva che quello che diceva non era tutto sbagliato.
“A me piaceva.” Disse piano la ragazza, come se si vergognasse.
“Cosa esattamente, essere la sua puttana?”
Lei allontanò la sua mano, arrabbiata con il suo migliore amico che la stava dipingendo con epiteti che non si meritava.
“Io non sono la sua puttana, Gabriel. Noi stiamo insieme, vedi questo anello? Me lo ha regalato lui.”
Il ragazzo guardò il gioiello distrattamente, con scarso interesse.
“Questo anello, tesoro, conferma semplicemente la mia teoria. Invece che pagarti col denaro lo ha fatto con questo gioiello..”
Lei non gli fece terminare la frase che lo schiaffeggiò subito.
Lui si toccò la guancia calda e le sorrise.
“Alquanto scontata e alquanto irritata. Se ti scaldi tanto vuol dire che ho ragione.”
“No, ti sbagli. Io lo amo e lui ama me. Storia finita.”
Gabriel rise di nuovo e lei stava iniziando ad odiare il suo comportamento. Lo stava iniziando ad odiare veramente.
“È stato molto bravo nel farti credere quello che voleva.”
“Lui non ha fatto niente, non avrei dovuto dirti nulla. Pensavo che tu mi avresti capita.”
Lui sbruffò.
“Mi credi così stupido? Però hai ragione, forse qui sono l’unico che ti possa aiutare.”
Lei lo squadrò confusa, non aveva chiesto a nessuno aiuto. Era una cosa che riguardava solo lei e William.
“Io non ho bisogno di nessuno!”
E si allontanò da lui, cercando di raggiungere la tenda dove risiedeva il suo Colonnello.
“Penso invece che fra qualche mese tu busserai alla mia porta.”
Lei si girò infuriata.
“E perché mai?”
Gabriel la raggiunse e poi si rivolse a lei.
“Pensi che lui crescerà il suo bastardo? È un nobile Inglese e tu sei l’ultima donna che sposerebbe per avere figli.”
La ragazza alzò le sopracciglia incredula. Lei non era incinta, stava benissimo e William non doveva preoccuparsi di niente.
“Ti sbagli di nuovo. Non sono incinta.”
Ciclo interrotto
< Non sono incinta >
Capogiri
< Non sono incinta >
Vomito
< Non sono incinta >
Caldo, sempre caldo
< Non sono incinta >
Pancia grossa
“Non sono incinta!!” gli urlò Beatrix.
Lunatica
< Non sono incinta >
“Va bene, allora forse mi sono sbagliato. Prima o poi comunque succederà e allora verrai da me.”
Le diede un bacio sulla fronte e poi la lasciò.
Lei entrò nella tenda nervosa. La discussione animata con il suo amico l’aveva resa irritabile, come se già non fosse abbastanza stressata in quel periodo.
“Cattivo umore?” disse all’improvviso William.
“Un po’.”
Beatrix si sedette su uno sgabello nell’angolo e prese alcuni secondi per calmarsi. Tavington sapeva renderla più furiosa di chiunque altro, perciò aveva bisogno di un po’ di riposo. Quella febbre la stava sfiancando, doveva cercare un medico al più presto.
Brava, così vedi se sei incinta.
< Non sono incinta! >
Lei notò che per terra c’era una tovaglietta con qualche stoviglia. Dovevano avergli portato da mangiare, la ragazza ne fu felice. Aveva bisogno di forze per superare i vari interrogatori.
Mentre era ancora seduta lì, qualcuno entrò.
Una fanciulla giovane, forse della stessa età di Beatrix, entrò nella tenda sorreggendo una brocca.
“Buongiorno, Colonnello. Dormito bene?”
Disse con voce squittente.
Oca.
“Ho avuto nottate migliori, Camille.”
Ma guarda come risponde.. ‘Ho avuto nottate migliori, Camille’
“Vi ho portato del latte per fare colazione, ho munto la mucca io stessa solo per voi.”
Va bene, adesso era proprio chiaro che quell’oca ci stava provando con il suo William. Ma lui non avrebbe continuato quella scena con lei ad assistere, vero?
“Che pensiero carino, tesoro. Perché allora non vieni ad imboccarmi?”
Lei sì, io no!
Camille arrossì. Appoggiò per terra la brocca e con le mani tremanti versò un po’ di latte in una scodella. Poi, versò dentro dei pezzi di pane e girò il tutto con un cucchiaio.
Beatrix non disse niente. Lo guardava, anzi no lo fulminava con gli occhi sperando che capisse i suoi pensieri e stette poi lì ad osservare la scena.
Lui non aveva ricambiato il suo sguardo, l’aveva evitata, come se lei fosse un fantasma. Corteggiava quella ragazza e non si stava curando dei suoi sentimenti.
Gabriel ha ragione..
< Zitta, è ancora presto per cantar vittoria. >
Beatrix si alzò nel momento in cui Camille prese il cucchiaio e lo avvicinò al Colonnello.
“Posso farlo io, Colonnello.”
Lui le diede uno sguardo fugace e poi si concentrò sul cucchiaio che Camille gli stava porgendo.
“Non c’è bisogno, a Camille non dà fastidio.”
La ragazza scosse subito la testa. “No, no. Lo faccio volentieri.”
“Insisto, Colonnello, voglio aiutarvi.”
Lui questa volta la guardò fulminandola con gli occhi.
“Ho detto, Beatrice, che non c’è bisogno.”
“Va bene.” Scrollò le spalle e ritornò al suo posto.
Rimase seduta lì fino a che quell’insulso corteggiamento terminò con l’uscita definitiva di Camille dalla tenda.
Lei aspettò che lui dicesse qualcosa. Anche solo una misera parola per giustificare quello che era appena successo.
“Quindi..?” lo pungolò lei.
“Quindi.. cosa?”
Lei si alzò dallo sgabello e lo raggiunse. Si piegò sui talloni per trovarsi alla sua stessa altezza.
“Volete portarvela a letto?”
Lui rimase sorpreso dal suo tono accusatorio.
“Anche se fosse, Beatrice, questi non sono tuoi problemi. Io non ti devo nessuna spiegazione, non sei la mia fidanzata.”
Gabriel ha ragione..
“Vero. Ma merito un po’ di rispetto da parte vostra, almeno in mia presenza.”
Cercava di rimanere calma. Aveva mandato giù la sua provocazione, cercando di non rispondere male. Eppure quelle parole ferivano e facevano tanto male.
“Come vuoi. La prossima volta farò mettere un cartello fuori con scritto ‘non disturbare’. Contenta adesso?”
Cos’era successo quella notte per renderlo così arrabbiato? Non aveva fatto niente di male e non sentiva di meritare quel trattamento da lui.
“Voi pensate mai alle conseguenze delle vostre azioni o vi piace solo divertirvi?”
"Mi era sembrato che ti piacesse giocare con me, tesoro." continuò lui sulla linea offensiva.
"Forse è venuta l'ora di smetterla di fare i bambini e pensare seriamente. Devo riflettere della mia vita, Colonnello." disse sconsolata.
Lui sbruffò. "Avevamo già parlato della tua situazione, il mio pensiero non è cambiato, Beatrice."
Lei allora lo aggredì nuovamente.
"Quindi dovrei essere per voi sempre e solo una prostituta per dilettarvi?"
Lui ricambiò il suo sguardo di ferro, ma questa volta non disse niente per replicare. La cosa diede fastidio a Beatrix perché voleva dire che lei aveva ragione. L'avrebbe usata quanto voleva e poi l'avrebbe abbandonata come un giocattolo vecchio e passato di moda.
Lei gli sorrise e si alzò, aveva bisogno di stare lontano da lui.
"Va bene. Allora vi dico.. io sono stufa di questa situazione. Voglio di più."
"Non posso darti di più, Beatrice." ribatté prontamente Tavington.
"Io sono sempre venuta incontro alle vostre esigenze, ho accettato il fatto di essere una.. prostituta per voi. L'ho fatto perché credevo che bastasse per farvi capire a quanto sono disposta a rinunciare per voi.. perfino alla mia dignità. Voi non avete fatto niente per me."
Lui alzò solo un sopracciglio come se lei avesse detto una cosa senza senso. La ragazza allora rise in modo isterico, al limite della sopportazione.
"A cosa avete rinunciato per me?" gli urlò poi contro "niente!!"
Le girava la testa, non si sentiva molto bene e stava nuovamente perdendo il controllo. Doveva tornare in sé.
"Perché siete così orgoglioso? 
È così difficile dirmi ti amo, valgo davvero niente per voi? Parlate, o vi giuro che sarò io stessa a bastonarvi, Colonnello."
Lui la guardò come se fosse pazza e poi sorrise nel vederla fuori controllo. Si divertiva a torturarla così.
"Ti ho già detto quello che sono, come sono fatto. Non posso."
La rabbia prese il sopravvento in Beatrix.
"Balle, Tavington. Bordon è un Ufficiale quanto voi, certo non è un Colonnello ma è pur sempre un Capitano, eppure lui ama Wellsie e la rispetta. Non mi sembra che sia una prerogativa di voi soldati vivere da soli. Evidentemente se vi nascondete, avete paura."
Lo punzecchiò lei, sperando che servisse a cavare fuori qualcosa.
"Io non ho paura di niente. Forse non sei tu la donna che mi farà perdere la testa e dire quelle due insulse parole che vuoi per forza che ti dica."
La sua risposta era in parte prevedibile, quando si sentiva colpito in qualche modo aggrediva sempre gli altri. Ma Beatrix lo stava conoscendo sempre meglio, non si sarebbe fatta intimorire così da lui.
"Forse. Allora perché non date questo a quella lei." Così dicendo sfilò l'anello di rubino e lo gettò per terra. Il Colonnello non staccò il suo sguardo da quello inferocito della ragazza e non diede nemmeno un'occhiata al gioiello.
"Micetta, dai, non fare così. Prendilo, a te l'ho regalato. Non vuole dire niente per te?" disse in tono scherzoso.
"Per quanto ne so io, potreste averne dato uno a ciascuna puttana che vi siete fatto, Colonnello."
Lui rise di gusto.
"Teoria interessante, però quel bel anello che tu hai buttato con molta grazia coloniale per terra vale due volte il mio stipendio annuo, non credo di riuscire a poterne comprare così tanti, amore."
Lei sbarrò gli occhi nel constatare il valore di quel gioiello, aveva intuito che valesse tanto, ma non pensava così tanto.
"Oh, bè.. non lo sapevo. Questo comunque non cambia le cose.. ho bisogno di sentirvelo dire."
Lui corrugò le sopracciglia dubbioso. "Cosa?"
"Ti amo." disse senza timori lei.
"No."
Furono le sue uniche parole dette.
"Lo voglio, Colonnello, e lo pretendo."
Se prima le piaceva giocare al gatto e al topo con lui ora doveva pensare non solo a se stessa. Forse era incinta, il suo bambino meritava di più.
Si avvicinò a lui e si inginocchiò per terra. Quando ebbe la sua attenzione su di sé si slacciò il corpetto. Gli fece vedere quello che poteva avere alle sue condizioni, altrimenti non avrebbe avuto niente.
L'uomo sembrava deliziato dal suo corpo, ma non cedeva.
"Mi volete, Colonnello?"
"Sì." rispose immediatamente lui senza esitazioni.
"Bene, allora ditemi ciò che voglio sentire." Fece un passo verso l'uomo, senza però toccarlo.
Lui sospirò e poi le sorrise malignamente. "Posso avere lo stesso anche da altre, Camille per esempio."
Lei chiuse il corpetto con nervosismo.
"Certo. Come io posso far usare il mio corpo a qualcun altro, Gabriel per esempio."
Il sorriso di Tavington si spense e lei ne gioì. La ragazza si alzò con l'intenzione di fargli capire che faceva sul serio. Era quasi all'uscita quando lui la fermò.
"Non ti dirò ti amo, Beatrice. Pensa però che se sono qua incatenato al posto di Tarleton un motivo c'è! E non è che mi diverto ad essere torturato da quei Ribelli!"
Lei si fermò a riflettere sulle sue parole senza muoversi. Aveva ragione, non le aveva detto un ti amo espresso, ma forse era rimasto tacito nell'aria. Beatrix si convinse che avrebbe dovuto prendere da lui poco alla volta senza eccedere, quella volta doveva accontentarsi.
Lui richiamò la sua attenzione. Era un uomo a cui non piaceva mostrare i suoi sentimenti, non voleva essere vulnerabile. Perciò quando si accorse di aver detto troppo, sviò sulla strada del sarcasmo.
“Comunque sia, sei venuta qui per litigare, cos’è hai il ciclo?” la beffeggiò lui.
Lei gli rispose con tono deciso, senza esitazioni. Girò il volto verso di lui e lo affrontò.
“No, a dire la verità non ho il mio ciclo regolare da più di una settimana.”
Il Colonnello smise di ridere e la osservò serio.
“Stai scherzando?”
“No.” controbatté Beatrix.
L'uomo non disse niente, così lei continuò.
“Vedo che la notizia vi lascia indifferente.”
Lui alzò nuovamente gli occhi e la inchiodò.
“Sei incinta?”
Lei rispose con semplicità, con la sola verità che lei conosceva in quel momento.
“Non lo so.”
“Devi saperlo. Come hai fatto a non accorgetene prima?”
Beatrix si chiese se lui sapesse di ferirla come mille pugnalate ogni volta che la trattava in quel modo.
“Non lo so, William. Ho avuto altre cose per la testa in questo periodo.”
Tavington sembrava quasi arrabbiato con lei, come se fosse un suo diritto saperlo, di più che Beatrix.
“Vado dal dottore, adesso.”
Si congedò così, perché tanto sapeva che continuare quella discussione con lui voleva dire litigare violentemente. Mentre stava per uscire dalla tenda venne richiamata dal Colonnello.
“Beatrice.. è mio?”
Lei si girò solo per guardarlo in faccia e vedere che stesse parlando sul serio. Ma come gli veniva in mente di chiederle quella cosa, pensava davvero che lei andasse con tutti?
Forse lo pensa..
Lo guardò stizzita, ma lui ancora attendeva una risposta.
Non gliene diede una.
Uscì dalla tenda più arrabbiata che mai con lui per aver messo in discussione la possibile paternità del possibile bambino.

N/A
Ciao a tutte!! ^^
I due piccioncini litigano sempre..
Ho una domanda per voi.. nel prossimo capitolo ci sarà un personaggio già visto nei passati capitoli.. chi è? Chi lo indovina gli dedico il prox cap! ^^ Beatrix ha dato un piccolo indizio..:D

Un bacio belle!!
Giulia ;)

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.

un bacio grosso



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Capitolo 24
*** Qualcuno in arrivo? ***


capitolo XXIV
Capitolo XXIV
Qualcuno in arrivo?



La ragazza si guardò intorno per capire bene in quale luogo si trovassero esattamente. Le avevano detto che era la vecchia missione spagnola, la Black Swamp. Luogo ben protetto, una palude nella quale solo i conoscitori del luogo sapevano muoversi senza perdersi.
Ottimo rifugio, gli Inglesi avrebbero impiegato del tempo per scovarlo.
C’erano diverse tende, alcune erano essenzialmente piccoli dormitori, altre venivano usate per discutere le prossime mosse. Beatrix intravide Margaret, così la fermò per chiederle un’informazione.
“Hey, Marge.” La ragazza si voltò e poi si avvicinò.
“Ciao Bea. Dimmi.”
“Sai se per caso abbiamo un dottore qui?
Lei rimase meditabonda per alcuni secondi e poi il viso si illuminò.
“Forse uno c’è, ma non sono sicura. Era ferito e lo abbiamo portato con noi qui. Vieni, ti ci porto.”
Beatrix si fece condurre dalla ragazzina e nel mentre pensava all’identità del dottore.
“Quindi non è di Pembroke?” chiese Bea.
“Oh, no. Vagabondava e diceva che gli Inglesi lo avevano colpito. Non potevamo lasciarlo lì.”
Beatrix sorrise alla fanciulla nel vedere la bontà dei suoi compaesani. Loro erano tutti così, leali e sportivi anche con i nemici.
“Avete fatto bene.”
Entrarono in una delle tante tende dell’accampamento. Un uomo era girato di spalle intento nell’osservare il suo piccolo emporio di boccette sul bancone.
“Vi lascio.” Margaret la salutò e se ne andò.
Beatrix attese qualche secondo che l’uomo si presentasse o che almeno si girasse verso di lei, ma niente. Allora decise di aprire lei per prima bocca.
“Mmm, scusate. Siete per caso un dottore?”
L’uomo forse solo in quel momento si accorse della sua presenza. Si aggiustò gli occhiali e si girò verso la fanciulla.
“Sì, sono il Dottor..”
Il tempo si fermò all’improvviso.
Oh, Dio mio..
L’uomo indietreggiò, andando a sbattere contro il bancone e facendo così oscillare le ampolle. Si allontanava da lei, mettendo sempre più distanza.
“Stammi lontano.”
Lei capiva che dopo l’ultimo incontro poteva essere non proprio felice di vederla di nuovo, ma addirittura così.
“Sono venuta in pace.”
E nel dirlo, Bea mise le mani in alto, facendo vedere che non aveva niente di pericoloso con sé.
Il Dottore.. Lee!! Ecco, si chiamava Lee, sembrava essere più tranquillo. Allora Bea cercò di metterlo a suo agio.
“State meglio Lee?”
“Vedo che ti ricordi bene il mio nome dopo che il tuo fidanzato mi ha quasi ucciso l’ultima volta.”
La ragazza si avvicinò verso di lui, poi si sdraiò sulla branda.
“Mi dispiace, ma erano circostanze diverse.” Disse semplicemente, perché tanto c’era poco da spiegare. Poteva immaginare perché il dottore ricordasse così bene Tavington, non era uno che si scordava presto.
“Cosa ti porta qui, sventurata?” chiese curioso.
“Ho un dubbio.”
Le sopracciglia folte di Lee si alzarono fin quasi a toccare l’attaccatura dei capelli.
“E io cosa c’entro con il tuo dubbio?”
Lei girò la testa verso di lui.
“Siete un medico, no?”
Lui fece il giro della branda e si sedette sul bordo per scrutarla meglio. Osservò il viso, il suo corpo e poi finalmente parlò.
“Vuoi sapere di quanti mesi è?”
Lei si alzò di colpo, spaventando un po’ il medico.
“No! Devo sapere se sono.. aspettate, voi.. sapete.. sono..??Oh, Dio.” E ritornò sdraiata sulla branda, le lacrime uscirono senza che lei ne avesse un controllo.
Il dottore cercò di tranquillizzarla, ma lei era molto agitata.
“Non fare così, bambina mia.”
Si alzò e prese delle pastiglie che poi le consegnò.
“Prendine una, ti farà stare bene.”
Le porse anche un bicchiere d’acqua e lei bevve mandando giù quella pastiglia amara.
“Siete sicuro che sono..?”
Lui prese un respiro con calma.
“Certe cose si sanno a vista, e tu dovresti essere la prima a sentirlo.”
Lei si era tranquillizzata, respirava piano e le lacrime stavano scomparendo. Eppure rimaneva quella sensazione di disagio interiore dentro di lei. Se davvero lui diceva il vero, era di pochi mesi quel piccolo bimbo, se non settimane. Come faceva lui a notarlo a prima vista? Lei non si sentiva diversa o strana. Stava male, ma non c’era qualcosa che le facesse pensare ad una gravidanza.
“Io non sento niente.”
Lui prese una mano e gliela accarezzò.
“Dimmi la verità.. lo vuoi questo bambino?”
Sì sì sì
Lo voleva perché era figlio di William, sarebbe stata legata a lui e così non l’avrebbe potuta lasciare più.
“Certo, così lui starà con me per sempre.”
Lee sbruffò.
“Vedi, non vuoi il bambino. Vuoi il suo bambino..”
“Oddio, sono un mostro.” Si mise le mani sulla bocca mentre piangeva nuovamente.
Beatrix si rese conto di essere stata un’egoista. Lo voleva solo perché di Tavington, avrebbe creato un bimbo che poi non sarebbe stato amato abbastanza. Ma lui si meritava di meglio, non voleva che crescesse come era cresciuta lei. I suoi genitori avrebbero amato quella creatura in arrivo.
“Non sei un mostro, sei giovane e innamorata. Ma sei sicura che i suoi sentimenti siano uguali ai tuoi?”
Lei piegò le gambe e appoggiò sopra la testa sconsolata. Rimase in quella posizione fetale per qualche minuto, senza avere l’intenzione di proferire parola.
“Non posso obbligarlo?” chiese quasi pregandolo di dirgli sì.
“No, tesoro. Non si può.”
Le accarezzò i capelli sperando che lei si risollevasse.
“Secondo voi c’è una possibilità che lui questo bambino lo voglia?”
Le grandi sopracciglia del dottore si incurvano nuovamente, ma questa volta non disse niente. Si alzò semplicemente e si diresse verso il bancone dei liquidi.
“Non ti posso aiutare in quel senso, però ho qualcosa che forse ti aiuterà. La scelta è tua.”
Ritornò da lei con una piccola boccetta con del liquido e gliela porse.
“Questa è una medicina potente. È in grado di uccidere il bimbo che c’è dentro di te, non sei obbligata a tenerlo se non vuoi. Ma come ho già detto prima.. la scelta è tua.”
Lei prese quella medicina con diffidenza. Non voleva uccidere il suo bambino, anche se era ancora piccino, era comunque dentro di lei ed era suo!
Quel bambino era frutto del suo amore per William, ma era suo figlio e lei gli avrebbe voluto bene come una madre avrebbe dovuto fare.
“Non la voglio.” Gli disse spostando la medicina.
Lui prese la boccetta e gliela mise tra le mani.
“Prendila. Al massimo la butti poi via, ma prendila. Ascoltami.”
Lei, sebbene non volesse quell’oggetto, lo trattenne comunque nel suo grembo. Si alzò dalla branda ed abbracciò il medico forte.
“Grazie. Grazie mille, mi dispiace per la vostra ferita.”
Lui ricambiò il bacio affettuoso. “Ormai è acqua passata, l’importante è che lui stia lontano da me.”
Lei gli fece l’occhiolino. “Finché le corde tengono non può scappare.”
E così uscì da quella tenda.
Camminava tenendo ancora la boccetta con sé.
Lo terrò, sì lo terrò anche se William lo rifiuterà.
Si accarezzò con dolcezza la pancia e poi parlò al bambino.
“La mamma ti vuole bene e ti sta aspettando con ansia.”
Mentre accarezzava il suo ventre rigonfio, sentì qualcuno parlare lì vicino.
“..ora. Nessuno lo scoprirà, lui ha violentato e ucciso la mia Stacy, Carl!”
Sicuramente qualche ribelle aveva preso troppo sul serio la Causa, ma questo non interessava granché a Beatrix. Li aveva seguiti perché aveva visto che anche William lo aveva fatto. Da una parte ne era felice, lo aveva sperato fin da subito; però era stato qualcosa di impulsivo e irrazionale da parte del Colonnello. Era un pensiero carino, ma poteva costargli caro la vita e quello Bea lo temeva molto. Proseguì per la sua strada, fino a che qualcuno disse il nome di Tavington e così attirò la sua attenzione.
“Tavington.. ma sei matto? Hanno detto che lo vogliono interrogare alla loro maniera, sai che al gran Capo non piace essere sfidato.”
Beatrix allora si nascose dietro un cespuglio e rimase in ascolto.
“Non m’importa niente di loro. Li ho seguiti solo per vendicarmi di quei fottuti Inglesi e del Macellaio. Hanno il Colonnello, che aspettano.. che scappi?”
L’altro non rispose subito, lei intuì che era quello meno propenso nell’uccidere William. L’altro invece era convinto di quello che diceva.. perciò William aveva davvero abusato di quella Stacy? Lei sapeva che lui era stato un farabutto in precedenza, ma sentirlo dire le fece gelare il sangue, infatti non poteva che pensare all’uomo dolce che l’aveva aiutata quando stava vomitando.
No, si sbagliavano. Lui non era così.
“Io lo faccio, Carl. Tu fa’ quello che vuoi.”
Beatrix cercò di sbilanciarsi affinché potesse vedere meglio la scena, almeno il volto di quegli uomini.
Ma niente.
“Va bene, stanotte.”
La ragazza si mosse ancora un po’, ma non vedeva molto.
“Beeea! Che ci fai qua?”
La ragazza si voltò, spaventata dall’intrusione.
“Margaret! Oddio, mi hai fatto prendere un colpo.” Appoggiò una mano sul cuore per farlo rallentare.
“Scusa, ti cercava Gab. Mi ha chiamato lui.”
Gabriel, l’ultima persona che voleva vedere in quel momento, la discussione che avevano avuto l’ultima volta l’aveva lasciata arrabbiata e triste. Non era in vena di vederlo di nuovo.
“Digli che non sto bene.”
E si incamminò verso la tenda per andare a riposare, si sentiva stranamente infiacchita.
“Mi ha detto che avresti voluto interrogare con lui, forse si sbagliava.”
William..
“No! Vado.”
Cambiò direzione e si diresse verso la tenda di Tavington. Come aveva anticipato Margaret, suo fratello era già lì che l’aspettava.
“Hai fatto in fretta. Così felice di vedere me o lui?” chiese Gabriel sarcastico.
“Indovina.” Rispose secca e acida lei.
Quella giornata non era in vena di riso e scherzi, si sentiva una bomba pronta a esplodere in ogni momento.
Insieme a lei e Gab c’erano altri due uomini che non aveva ancora visto. Gab li presentò velocemente indicandoli con una mano.
“Beatrix, loro sono Anthony e Russell. Russ, Ann.. lei è la mia Beatrix.”
Loro fecero un cenno di saluto con la testa, almeno erano cordiali sebbene taciturni. Gabriel nell’usare quel mia, che lei non aveva per niente apprezzato, aveva anche messo un braccio sulle sue spalle per rafforzare il concetto.
Quella cosa la odiava anche nel Colonnello, quella territorialità tra lo stesso sesso per dimostrare chi è il maschio alfa. Lo detestava, soprattutto perché lei non era sua e lì c’era William.
Lo volevano abbattere fisicamente e psicologicamente.
Ma lui sarebbe stato davvero ferito nel vederla flirtare con un altro? Si era divertito con Camille e lei non aveva ancora avuto occasione di ricambiare il suo favore.
Perciò, da una parte voleva farla pagare a William e vedere se anche lui fosse geloso quanto lei. In più, voleva farla pagare anche a Gabriel, eppure sapeva che lui era la chiave per liberare William, o almeno per rendere il suo soggiorno migliore.
Doveva stare al gioco, sì. Doveva far capire a Gab che Tavington non contava niente, così lui si sarebbe fidato di lei. Se quella notte fossero davvero venuti a uccidere William doveva intervenire in qualche modo, ma era impossibile fino a che loro la credevano complice del Macellaio.
Così Beatrix non sciolse l’abbraccio di Gab, ma lo attirò invece contro di sé per un bacio appassionato, lo stesso che concedeva solo a Tavington.
Gli altri li guardavano con interesse e William sembrava –almeno ancora adesso- non mostrare alcuna emozione.
Non mi ama..
< Devi andarci giù pesante, quel bacio non era niente. >
Forse
“Da dove iniziamo?” chiese impaziente Bea per far terminare il supplizio prima.
Gabriel si incamminò per la stanza e si mise a pensare ispirando a fondo.
“Frusta?” propose Russell.
“Troppo poco.” Rispose semplicemente Gab.
“Fuoco?” propose Anthony.  
“Poco!” Disse di nuovo Gab.
Cosa voleva da lui?
“Forse dovremmo chiamare anche gli altri, lo vogliono tutti morto.” Azzardò timido Russell.
Gabriel lo squadrò bloccandolo con lo sguardo.
“Sono io a fare le regole, Russ. Il divertimento partirà da me, se lo vogliono si spartiranno poi i miei avanzi.”
Russell fece un passo indietro, intimorito dalle parole ostili del compagno. Non disse altro.
“Bene, ora iniziamo il nostro interrogatorio Colonnello.”
Il ragazzino si rivolse a Tavington e gli sorrise freddamente. Di contro, il Colonnello non sembrava essere per niente colpito dalla minaccia a lui rivolta.
“Perché invece che parlare tanto, ragazzo, non mi fai vedere quello che sai fare.”
Il cuore di Beatrix sussultava ogni qualvolta il suo William rispondeva, si sentiva così orgogliosa di lui, non perdeva la sua tempra mai.
“Avete ragione, ho già perso troppo tempo.” Si sfregò le mani tra di loro, in segno di preparazione.
“Bea.”
Richiamò l’attenzione della fanciulla.
“Cosa ti piace in lui?”
Beatrix rimase sorpresa dalla sua domanda, non sembrava c’entrare molto con quello che stavano facendo. Lei guardò allora William, che ricambiava il suo sguardo ma non le suggeriva niente. Forse era curioso di sentire la sua risposta.
“Ci sono tante cose..” Gabriel la bloccò subito.
“Parti del corpo, Bea. Cosa ti piace di più in lui?”
Aveva gli occhi rossi dall’ira repressa, era pronto perciò per far soffrire il Colonnello. Lei era pronta a vederlo soffrire?
“Perché ti interessa tanto?” chiese infastidita la ragazza.
“Perché sarà il punto di partenza della tortura.” Se la rise allegramente e lei tremò dalla paura.
“Scommetto cinque monete d’oro Ann che dice gli occhi. Non vedo l’ora di vederglieli cavati.” Disse Russell all’amico.
Oddio, ma era una cosa disumana e.. e lei non poteva permetterlo.
“Mah, secondo me le piace quello che ha in mezzo alle gambe..” rispose sarcastico Anthony.
“Dicono che si è scopato la maggior parte delle nostre donne, Ann. Dobbiamo vendicarci.”
Allora lei si girò nella loro direzione e li guardò male.
“Evidentemente se noi donne americane preferiamo gli Inglesi un motivo c’è.”
E mentre rispondeva alle loro frecciatine, li prese in giro avvicinando il pollice all’indice e facendo vedere cosa intendeva.
Loro smisero di ridere.
Intanto Gabriel la stava guardando, non si era accorta che fino a quel momento lui la stava scrutando attentamente, come se lei fosse la risoluzione dell’enigma.
“Fuori voi due.” Lo disse senza nemmeno guardarli, e loro lo ascoltarono senza replicare.
“Cosa vuoi Gab?” chiese spaventata Beatrix.
“Farlo soffrire.”
Lei ingoiò le sue parole lentamente e fece finta di non capire.
“Come?”
Allora il ragazzo si rivolse al Colonnello.
“Ti piace?” disse indicando Bea.
William non incontrò gli occhi di Beatrix, sfidava solo Gabriel.
“Non sono problemi tuoi.”
Gab rise e si avvicinò di nuovo a Tavington.
“A me lei piace molto, ma con me era sempre chiusa, faceva la puritana. Con te invece si è aperta molto.”
Il Colonnello lo guardava male, aveva i denti scoperti come i cani quando vogliono attaccare, ma non lo aggredì, invece continuò quel gioco di parole con Gabriel.
“Non le piacevi così tanto.”
Beatrix era in disparte, dietro di loro, ma non diceva niente. Sperava che William vincesse contro di lui, così lo avrebbe lasciato in pace.
“Forse, ma a me lei piace ancora e voglio che sia solo mia.”
Allora Bea intervenne, si sentiva un oggetto conteso tra i due e voleva porre fine a quel gioco.
“Posso parlare anch’io o voi maschi alfa avete il testosterone a mille?”
Loro girarono le teste con noncuranza verso di lei. Poi Gabriel si alzò e si posizionò dietro la ragazza. La attirò contro il suo corpo e poi la strinse forte a sé. Lei era davanti a Tavington, mentre era Gabriel dietro. Il ragazzo stava lasciando baci sul suo collo, ma lei non provava niente. Né un brivido né un fremito.
Niente.
Beatrix immaginò che il ragazzo stesse cercando di ferire il Colonnello flirtando con lei, ma lei non voleva farlo soffrire.
“Hai ragione Bea, dimmi. Cos’ha lui che io non ho? Posso portarti a letto anch’io quanto lui.”
Doveva porre fine a quel gioco, altrimenti temeva che Gab si sarebbe spinto fino a prenderla lì davanti a William pur di fargli male.
“Fermati Gab.” Si staccò dalla sua presa e continuò.
Lei guardò Tavington che non esprimeva niente, non la stava consigliando nel dire qualcosa, aspettava la sua risposta.
“Io ho fatto un errore ad innamorarmi di lui, è solo un..” trattieni le lacrime  “un uomo che va bene solo per scopare, è capace a fare solo quello.”
Lo disse senza esitazioni, pizzicava e mordeva l’interno delle labbra per non piangere e ci stava riuscendo. Gabriel la affiancò e le chiese stupito.
“Sul serio?”
Lei gli sorrise, cercando di essere la donna più convinta e più allegra di questo mondo.
“Certo, Gabriel. Ho pensato alla tua proposta e ora ne sono sicura, mio figlio merita un padre che gli voglia bene.” Gli appoggiò una mano sulla guancia.
Lui era sconvolto, ma felice e sorridente. Si era dimenticato della presenza di Tavington e pensava solo alle parole della ragazza.
“Oh, Bea.” L’abbracciò forte e mentre lui continuava a dirle parole dolci lei non poté più trattenere quelle lacrime. Scesero quando la ragazza incontrò il volto ferito del Colonnello. Non diceva niente a parole, ma i suoi occhi, che erano sempre stati una maschera di imperscrutabilità, ora le stavano parlando.
L’aveva ferito.

N/A
Ciao a tutte!! ^^
E la vincitrice è...
(rullo di tamburi)

Iazoles_

Era il Dottor Lee il vecchio personaggio ripescato! :D Ve lo ricordavate? Dovevo farlo tornare in qualche modo, poveretto vagabondava ferito.. XD
Finalmente si è scoperta la verità sulla gravidanza, ma siamo solo all'inizio dei problemi. Beatrix deve scegliere lei questa volta: sposa Gabriel o fugge con William? *-*

Un bacio belle!!
Giulia ;)

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.

un bacio grosso

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Capitolo 25
*** Sotto una bella luna piena ***


capitolo 25
Capitolo XXV
Sotto una bella luna piena


Quella sera era festa per i Ribelli.
Ballavano e danzavano tutti davanti al fuoco felici e ubriachi.
Gabriel non aveva interrogato ulteriormente Tavington, voleva ferirlo e lui sapeva di esserne riuscito. E questo anche Beatrix lo sapeva, eppure era stato l’unico modo per avere la loro fiducia e per poter liberare William. Non avrebbe sopportato che lo torturassero, eppure forse proprio lei era quella che lo aveva ferito più di tutti. Lei che lo voleva proteggere.
Sono una stupida e il piano non funzionerà mai.
Continuava a ripeterselo mentre stava camminando avanti e indietro nella loro tenda, cioè la casa di Gabriel e Beatrix. Solo l’idea le faceva rigirare l’intestino, doveva agire subito perché quei balordi avrebbero attaccato William quella sera stessa e poi perché di sicuro Gabriel voleva passare la notte con lei.
Doveva agire, sì!
La guardia sarebbe stata debole, come previsto infatti non c’era nessuno a controllare Tavington, erano tutti presi dai festeggiamenti dell’imminente matrimonio tra Bea e Gab.
“Dove vai? Beatrix vieni a festeggiare.”
Lei seguì il suo futuro marito in mezzo alla folla, cercando di fare attenzione a nascondere il coltellino che aveva messo negli stivali.
Ballarono insieme e poi lui si arrampicò sopra un grosso rialzo di legno per attirare l’attenzione degli amici.
“Compagni. Voglio che festeggiate tutti quanti me e la mia mogliettina che ben presto sarà solo mia.” Alzò in alto un bicchiere di vino e tutti lo seguirono e cantarono a coro. Poi proseguì.
“Stasera lasceremo la palude e ci dirigeremo verso un luogo più protetto. Fate festa ora miei amici.”
Beatrix voleva andarsene e fuggire via. Si sentiva a disagio tra quelle persone e doveva andarsi a preparare per il piano.
Ad un certo punto qualcuno la spaventò toccandole una spalla.
“Hey, Marge. Di nuovo, lo fai apposta?”
La ragazzina non rispose e invece la prese in disparte conducendola in un angolo.
“Tieni.” E le porse così una lettera.
Beatrix si stupì per le poche parole che l’amica le rivolgeva, era strana, sembrava quasi diffidente e spuntava sempre all’improvviso spaventandola.
Beatrix vide che il sigillo era chiuso, quindi non l’aveva letta. Allora Bea la ringraziò e si congedò.
“Grazie, Marge. Vado a leggerla.”
Chi poteva scriverle in quel posto, chi sapeva dov’erano? I dubbi vennero spazzati via quando sentì l’odore di rose sulla lettera. Sapeva chi era, quanto tempo..

Tesoro mio, ma sei sparita?
Mi manchi così tanto e sono in pena per te e Will. Cosa è successo, cosa stai facendo, dove sei?
Va bene, forse dovrei rilassarmi un po’, però mi manchi. Hai tante cose da dirmi.
Ti voglio bene e ti penso sempre.

La solita Wellsie, pure nelle lettere si vedeva la sua esuberanza e Beatrix era contenta di sentire l’amica dopo tanto. Poi continuava.

Questo invece lo scrivo da parte del mio amato Nik. La marcia degli Inglesi verso il loro obiettivo principale è iniziata, non possono tornare indietro.

Ma come non potevano tornare indietro, quindi li avrebbero abbandonati lì? Che gente, gli Inglesi! Questo le fece capire che il suo piano era da mettere in atto con urgenza, dovevano sparire altrimenti William sarebbe morto e lei sarebbe stata Mrs Martin.

Ho dato la lettera ad una ragazzina che diceva di conoscerti da bambina, spero che la lettera la stia leggendo tu tesoro. Altrimenti invito il curiosone a farsi i propri affari e buttare via il foglio.
Comunque sia, non faccio nomi per non lasciare tracce. Ti dico solo una cosa, se hai letto la lettera incontriamoci alla luna nuova in un posto X.

In un posto X? E come faceva ad indovinarlo, Wellsie non cambiava mai, ma le mancava tanto in quel momento. Voleva vederla una volta che avrebbe liberato William.

Non ti posso rivelare il luogo, come tu ben sai. Ma ti dico solo una cosa, Will sa dov’è. Non vedo l'ora di vederti, di' a Will che spero che il prossimo Forte non sia pieno di quegli odiosi francesi. Un bel Forte dovrebbe essere solo Inglese.
Ti mando un bacio grosso come un castello.

Ti voglio bene,
per sempre tua
Wells
 
Beatrix sorrise e rise nel leggere quelle poche righe. La sua amica la cercava ancora e le voleva bene e lei l’avrebbe rivista. Accartocciò il foglio e lo gettò nel focolare acceso e poi si girò per andare da William, non riuscì nell’impresa perché andò a sbattere contro una figura.
“Dove stai andando?” disse Margaret con circospezione.
“Sono incinta, come Gabriel ti ha detto oggi, e ho bisogno di riposo.” Disse Beatrix con fermezza.
La ragazza la scrutò attentamente, sapeva che non le aveva creduto, ma Bea sperò che bastasse il suo tono autoritario.
“Sì, mi ha detto che crescerà il bastardo di Tavington. Per questo mi chiedo.. perché stai con Gabriel invece che lui?”
La ragazza era esasperata e pronta a dar battaglia quella notte, ma sapeva che doveva tenere le forze per fuggire con William, non poteva sprecarle con quelle stupide conversazioni.
“Lui mi ha violentata.” Mentì “Perché dovrei stare con lui?”
“Gab sa dei tuoi sogni?” chiese ancora.
Beatrix sperò di non aver parlato troppo nel sogno, forse quella notte aveva detto qualcosa di sbagliato, ma come faceva a saperlo?
“No, come io non so niente dei suoi. Ora, se vuoi scusarmi..”
E la spinse delicatamente di lato per passare, ma Margaret si oppose di nuovo.
“Chi ti ha scritto?”
Ora avrebbe smesso quell’interrogatorio, a costo di tirarle un pugno in faccia.
Oddio, ha solo quindici anni e l’ho pensato davvero!
Devo andare via..
“Non sono problemi tuoi.”
La fanciulla sembrò voler controbattere, invece non disse niente e la lasciò passare. Quando Bea le fu vicino le disse nell’orecchio.
“Ti tengo d’occhio.”
Beatrix rise tra sé e sé di quell’insulsa minaccia, proveniente poi da una bambina e proseguì il suo percorso. Non andò subito dove voleva andare, aveva paura che quella paranoica di Marge la seguisse.
Così, si fece un giro e poi dopo un po’ andò dietro la tenda di Tavington dove sapeva aver lasciato l’occorrente per quella sera.
Aprì il sacco e controllò che ci fosse tutto, guardò ancora attorno, nessuno lì vicino.
Allora iniziò a spogliarsi. Tolse il corpetto, la gonnella e la sottoveste e rimase nuda. Poi, prese una larga camicia dal sacco e la indossò, erano vestiti maschili quindi più grandi della sua taglia. Chiuse velocemente la camicia e fece il fiocco, dopo si mise i pantaloni e gli stivali. Sistemò i capelli con un nastro e infine gettò i suoi vestiti in un cespuglio lì vicino. Si ricordò di prendere il coltello ed era riuscita a trovare anche la spada di Tavington.
Ora sembro proprio un vero uomo!
Aveva scelto quegli abiti perché non poteva dare nell’occhio, se avessero visto una donna entrare nella tenda del Colonnello si sarebbero insospettiti, mentre un uomo poteva essere solo una guardia.
Quando fu pronta perlustrò la zona in cerca di spie, ma ancora niente; allora entrò.
Tavington era ancora legato con la testa a penzoloni, sembrava distrutto. Parlò senza nemmeno guardare il nuovo arrivato.
“Che volete, siete venuti a banchettare con me?”
Lei non rispose, ma rise nella sua mente. Il suo amore, il suo vero amore era lì a qualche passo da lei e lei lo avrebbe di nuovo abbracciato. Le mancava così tanto.
La ragazza fece qualche passo e poi girò attorno al palo. Una volta vicino alle corde prese un coltello.
“Mi volete uccidere? Fatelo, non mi importa più niente.”
Lei prese il coltello e tagliò le corde.
“Vi sono mancata, Colonnello?” gli disse nell’orecchio.
Lui alzò la testa, più sorpreso che ci fosse lei che per le corde tagliate.
“Perché non sei a festeggiare?”
Intanto lui aveva sciolto i lacci e si era alzato massaggiandosi i muscoli indolenziti.
“Come posso festeggiare se voi siete qua?”
Lui sembrava un po’ arrabbiato.
“Non c’era bisogno di venire, non voglio la pietà.”
Allora lei prese la sua spada e gliela porse.
“Non è pietà, ma sono venuta dall’uomo che amo.”
Lui le sorrideva e aveva anche preso l’arma, eppure non sembrava convinto delle sue parole.
“Ah, capisco. Hai voglia di scopare. Micetta, non c’era bisogno di tutto questo, bastava dirlo.”
Beatrix sapeva che lui si riferiva a quella terribile conversazione precedente, ma era una sceneggiatura, non pensava davvero quelle parole. Le aveva dette per avere Gabriel dalla sua parte.
“William, ascolta..”
Lui la zittì subito.
“Davvero, non c’è bisogno, se sono i soldi per il bambino che vuoi, te li darò. Non mi devi spiegazioni.”
Lei non sapeva come convincerlo e non sapeva come spiegare la verità. Stavano perdendo tempo, dovevano fuggire, avrebbero chiarito poi.
Così lei lo prese per un braccio e lo trattenne.
“Dobbiamo scappare. Ti spiegherò strada facendo. Prima togliti quella giacca da Dragone Verde.”
Non attese la sua risposta e lo trascinò fuori. Lui intanto aveva fatto come lei aveva detto senza dire niente. La ragazza controllò che non ci fosse nessuno e poi tirò con sé lui. Uscirono dalla tenda ed entrarono nella radura, mentre i Ribelli stavano ancora festeggiando una grande burla.
Lei aveva ancora la mano arpionata al suo braccio, camminavano da minuti e nessuno fiatava.
“Perché lo fai?” chiese lui curioso.
“Te l’ho detto, William, ti amo.”
Lui allora si fermò e la schiacciò contro un albero.
“Non puoi amare me e lui, dolcezza.”
“Io non amo Gab.” Disse con fermezza la fanciulla. “Ho detto quelle stupidaggini perché era l’unico modo per evadere, dovevano fidarsi di me e poi sapevo che lui avrebbe fatto festa e tutto il resto. Era l’unico modo, William.” E appoggiò una mano sulla sua guancia.
“Non ti credo.”
“Ti prego, io ti voglio, ti amo e voglio stare con te. Solo te, William.” Quasi lo implorò la ragazza.
Lui sembrava ancora diffidente e lei non sapeva più come dimostrargli i suoi sentimenti. Poi prese una sua mano e la appoggiò sul suo cuore che batteva forte.
“Lo senti? Batte per te, solo per te, amore.”
Lei capì di averlo vinto quando lui la schiacciò più forte contro l’albero e la baciò con foga. Morse le sue labbra e le fece anche sanguinare, ma lei voleva tutto quello. Voleva lui per sempre.
Beatrix avvolse le sue braccia sul collo di Tavington e lo avvicinò di più a sé. Lui prese a baciare e leccare il suo collo con fame e poi le aprì la camicia.
Ad un certo punto si fermò e la guardò stranito.
“Perché sei vestita da uomo?”
Lei non pensò alla risposta, lo riprese addosso a sé e si schiacciò contro lui.
“Dopo, William. Ora fammi tua.”
Lui rise della sua richiesta e poi continuò a far accendere il corpo della fanciulla. Afferrò il suo seno e lo strinse, facendola gemere di dolore e piacere. Intanto le mani di Bea avevano tolto la camicia del Colonnello e l’aveva gettata a terra, poi si era messa a baciare il suo petto e la sua pelle.
Amo il suo odore..
Tavington le aprì i pantaloni e glieli fece scendere giù sulle gambe. Lei si aspettava che la prendesse così, invece li fece cadere lentamente verso il basso e glieli tolse.
“Fai in fretta.” Ordinò lei.
“Quanta impazienza, amore.” Disse lui continuando a ridere.
Allora lei aprì anche i pantaloni di William e li strattonò per toglierli, sembrava impedita in quello, perciò lui l’aiutò e li tolse da sé. La ragazza era ormai nuda e, presa da un attacco di libidine mai conosciuto prima, lo stava desiderando come se per lei lui fosse indispensabile. Voleva tutto di lui.
Tavington tolse il suo fiocco e liberò i suoi capelli e così la chioma si aprì come una coda di pavone.
“Mi piacciono i tuoi capelli, sono selvaggi come te.”
Lei gli sorrise e prese invece a baciare le sue gambe muscolose.
“Vieni su amore che ti do quello che vuoi.”
Lei gli sorrise nuovamente e poi fissò intensamente quella protuberanza turgida e grossa che si trovava a qualche centimetro dal suo viso.
“Ho già quello che voglio.”
Per lei era tutto una prima volta, quello che sperimentava con lui era una novità, non l’aveva fatto con nessuno. Eppure nessuno prima le aveva fatto venire quella voglia insana di un corpo caldo addosso a sé. Nemmeno Gabriel con tutta la sua dolcezza di quando stavano insieme l’aveva fatta avvicinare a tanto, ma William sì.
Così, senza sapere bene cosa fare, prese in mano la sua erezione. Era calda, pesante e invitante, Beatrix voleva renderlo felice come lui faceva gioire sempre lei. Si morse un labbro in modo provocatorio e lo guardò ammiccando.
“Ti voglio da impazzire, William.”
Lui respirava con fatica e i suoi occhi avevano una luce incantevole. Erano ghiaccio liquido che si fondeva con il colore puro della luna piena.
Bellissimo.. ed è tutto mio.
Senza dire niente lo prese in bocca. Chiuse gli occhi e, trattenendolo tra le labbra, assaporò quel momento, cercando di sentire dentro di sé il sapore del suo William. Lo fece poi uscire dalla bocca lentamente e osservò i cambiamenti in Tavington. La guardava implorando silenziosamente di dargli di più e lei voleva, sì voleva renderlo felice e soddisfatto.
“Beatrice.. devi avvertirmi quando vuoi fare l’avventata.” L’ammonì scherzosamente.
“Non ti piace, ho sbagliato qualcosa?” chiese con genuina innocenza lei.
“Non hai sbagliato. Ma questo, amore, non è il luogo migliore per insegnarti queste cose.” Si corresse subito lui.
La ragazza voleva davvero fargli piacere, ma forse lui avrebbe dovuto insegnarle qualcosa. Così, prese semplicemente ad accarezzare il suo membro con intensità, lasciando solo qualche bacio sulla punta.
Quando lui raggiunse il punto di non ritorno la richiamò.
“Vieni qua, amore. Se giochi ancora, poi rimani senza niente.” Lei colse l’allusione e risalì il suo corpo snello passando le sue unghie sulla pelle.
Quando furono alla stessa altezza, nudi ed eccitati, lui sfiorò la sua intimità e sentì che lei era già pronta per lui. Accarezzò quella sua parte così delicata, senza approfondire il contatto. Intanto Tavington mordeva il suo collo e le lasciava tanti marchi sulla pelle. Prese ad accarezzare il seno, questa volta con dolcezza e poi prese tra le labbra ciascun capezzolo, rendendo eccitata la fanciulla. Sfiorava la sua intimità e intanto le stimolava i capezzoli, lei era al limite.
“William, non ce la faccio più. Ho bisogno di te..” non le permise di concludere la frase che l’aveva già penetrata. L’entrata fu brusca, come bramava lei in quel momento. Pompava dentro di lei, mentre le baciava le guance, il collo e poi la baciò nuovamente.
Fecero l’amore contro quell’albero e c’erano solo loro due in quel momento. Vivevano quell’attimo senza preoccupazioni.
Lei appoggiò le braccia sul collo di Tavington e poi lui le afferrò i glutei e le fece intrecciare le gambe attorno al suo corpo. Si baciarono senza sosta, mentre lui la penetrava senza pietà.
Era così bello poter godere di lui senza tutto il resto. Era da tanto che non aveva un contatto fisico con il suo William e le era mancato terribilmente. Ed ora era lì con lei.
“Oh, Dio. William, di più.” Urlò la ragazza.
Lui contraccambiò il bacio famelico, ma non aumentò la sua forza.
“Sei incinta, amore. Non posso fare troppo forte.”
Lei sbruffò, ma non aggiunse altro.
Poi finalmente raggiunse l’orgasmo, che colpì entrambi nello stesso momento.
“Oh, Dio Santissimo.”
Disse lei come se fosse stata liberata. Lo guardò negli occhi e poi prese con due mani il volto.
Si immerse in quelle due pozze di ghiaccio e gli disse: “Ti amo.” E poi gli lasciò un bacio a stampo sulle labbra.
Lui ricambiò il suo sguardo intenso e quando lei sperò che lui dicesse finalmente quelle due paroline che voleva, invece Tavington ruppe la magia come sempre.
“Te l’avevo detto che avevi voglia di scopare, le capisco certe cose.”
Gli diede uno schiaffo scherzoso sul capo. “Sei il solito porco guastafeste.”
Lei alzò gli occhi al cielo e guardando quella bella luna piena ringraziò il cielo di averle ridato indietro il suo insaziabile William.


N/A
Ciao a tutte!! ^^
Non so voi, ma io non vedevo l'ora di lasciare un po' di spazio a quei due.. secondo me meritavano un momento tutto loro anche se colorato di rosso.. :P Ed ora che sono in fuga contro tutti avremo tanti momenti come questo.. *-* Forse Beatrix riuscirà a sciogliere quel cuore ghiacciato.. :)
Un bacio belle!!
Giulia ;)

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.

un bacio grosso

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Capitolo 26
*** L’inizio dell’avventura ***


capitolo 26
Capitolo XXVI
L’inizio dell’avventura


Avevano passato la notte in quel bosco, senza curarsi del fatto che qualcuno potesse venire a trovarli. Lui l’aveva abbracciata e l’aveva tenuta tra le sue braccia e lei si era sentita al sicuro. Con lui al suo fianco nessuno poteva farle male. Lei dubitava che il merito della tranquillità della notte passata fosse dovuto al fatto che lui non avesse dormito per fare la guardia. Non glielo aveva detto, ma lei lo aveva intuito dalle sue occhiaie mattutine.
Era lui a fare strada e lei lo seguiva senza fiatare, non riusciva a smettere di pensare a quello che era successo nell’ultima settimana.
Troppe cose, troppo sconvolgenti. Ma adesso lui era lì con lei e solo quello contava veramente.

“William, dove stiamo andando?”
Chiese ad un certo punto la ragazza per smorzare un po’ la tensione. Il Colonnello continuava a guardare davanti a sé e le rispose senza nemmeno guardarla.
“Non lo so.”
Allora lei si fermò e obbligò così lui a fare lo stesso.
“Come, non lo so? "
Finalmente il Colonnello la guardò in faccia, girandosi verso di lei.
“Vuol dire che non conosco questo dannato posto e per di più la palude sembra essere tutta uguale.”
Lei sorrise nel constatare quanto fosse testardo e orgoglioso il suo Colonnello. Pur di non chiedere a lei preferiva perdersi e allungare il passo.
“Io la conosco bene, sono cresciuta in questo ‘dannato posto’.”
Lui alzò le sopracciglia, come per invitarla a proseguire. “Quindi?”
Come mai era così acido al mattino? Ogni volta bastava una notte per farlo trasformare subito.
“Faccio strada.”
Non disse altro perché non voleva veramente incominciare a litigare con lui.
Tavington la seguì continuando a non proferire parola. Certe volte si lamentava del posto, delle zanzare.. cosa si aspettava da una palude? Nella sua Gran Bretagna non c’erano zanzare e paludi?
Lei conosceva bene il luogo, non mentiva e solo i veri conoscitori del luogo potevano muoversi senza perdere l’orientamento. Gabriel aveva scelto bene il luogo per nascondersi.
Gabriel.. chissà quanto sarà arrabbiato con me..
“William.” Cercò di attirare la sua attenzione. Lui girò semplicemente la testa verso di lei, un invito silenzioso a continuare.
“Posso darti del ‘tu’?”
Lui le sorrise. “Non lo stai già facendo?”
Lei ricambiò il suo sorriso dolce. “Avete.. hai ragione. Non ti dà fastidio?”
“Se siamo solo noi due, no. Dopo tutta l’intimità che hai condiviso con me, Beatrice, il ‘tu’ è l’ultimo dei tuoi problemi.”
Il suo cuore fece una piccola capriola nel sentire pronunciate quelle parole da lui. Un passo alla volta e lo avrebbe conquistato tutto.
“Ecco, appunto. Perché continui a chiamarmi Beatrice?”
Lui si arrestò senza preavviso e aspettò alcuni secondi per rispondere.
“Perché mi piace.”
Senza dirle niente riprese il passo. In ogni caso Beatrix sapeva che la chiamava così per darle fastidio, però se a lui piaceva.. lei voleva dargli sempre piacere.
Ma cosa stai dicendo? Non sei la sua bambola.
“Un giorno riuscirai a chiamarmi con il mio vero nome? Anche Bea va bene.”
Lui le sorrise di nuovo, ma questa volta la ragazza ebbe il dubbio che lo facesse per prenderla in giro.
“Forse.” Rispose lui in modo secco.
Lei sbuffò e continuò a camminare. Passarono alcune ore e poi finalmente uscirono dalla palude insidiosa.
“Come promesso, siamo fuori. Ora dove andiamo?” domandò ansiosa Beatrix.
Lui si diede alcuni minuti per pensare. Guardò in tutte le direzioni, odorò l’aria, annusò il vento e toccò anche la terra.
Ci manca solo che mangi la corteccia e abbiamo fatto il pieno.
Era accovacciato per terra che accarezzava il terreno fangoso, lei lo stava guardando da un po’ in modo curioso così lui si girò verso di lei.
“Cosa c’è che fa ridere, Beatrice?”
“Te. Che fai?” chiese la ragazza con interesse, accovacciandosi sui talloni come lui.
“Esamino la terra, queste tracce di cavalli ci dovrebbero condurre in un luogo abitato.”
Intanto, mentre le spiegava quello che faceva, il Colonnello aveva preso un po’ di fango e lo stava trattenendo sulle dite scrutandolo con attenzione.
“Dici che il fango parlerà, William?” lo prese in giro lei.
Lui la redarguì con uno sguardo severo. “Non è fango, è sterco di cavallo, Beatrice.”
Lei fece una faccia disgustata e prese le distanze da lui.
“Ma che schifo, oddio e tu l’hai toccato. Perché?”
Tavington si era anche lui alzato e, a differenza sua, non faceva caso allo sterco.
“Stavo semplicemente sentendo se fosse calda o meno, per capire a quanto distano gli Inglesi da noi.”
La bocca di Beatrix si aprì a disegnare una bella ‘O’ e poi la richiuse senza dire niente. Aveva ragione lui, eppure continuava a pensare che facesse lo stesso schifo.
“Chi ti dice che non sono Americani quelli che sono passati?”
Lui intanto si era pulito velocemente lo sterco sui pantaloni e si era avvicinato a lei.
“Hai visto le impronte lasciate dai cavalli?”
Lei si scorse a sinistra per vedere meglio, continuava però a vedere semplicemente delle impronte di zoccoli e niente di più.
Oh, già.. forse lui, odorando quella roba, ha capito che sono Inglesi. Magari i loro cavalli hanno un odore diverso dai nostri..
< Fai la spiritosa oggi. >
Si era persa nelle sue elucubrazioni e lui intanto la stava studiando attentamente.
“Certe volte mi piacerebbe essere nella tua testa, Beatrice. Sono sicuro che mi farei tante risate.”
< Noo, Bea! Non farlo avvicinare, non mi piace. >
“Non credo, William, che tu piaccia alla mia coscienza.”
< Ben detto, ragazza. >
Lui era stupito dalla sua affermazione. “Ah, non piaccio? Nemmeno quando facciamo sesso?”
Lei divenne rossa, anche se erano soli in quel bosco si sentì lo stesso in imbarazzo.
< Bè, forse.. solo in quei momenti. Quando fa certe cose.. >
Smettila, sei una pervertita!
< Ma io sono te, tesoro. Allora anche tu sei una pervertita. >
No. Io non sono te, tu non sei me, io sono io.. Oddio, ho mal di testa.
“Vedi?” le fece notare lui, riportandola sulla Terra. “Mi riferivo proprio a questo, mi piacerebbe essere davvero nella tua testa per capire a cosa stai pensando.”
Lei allora per non mettere in croce la sua mente ulteriormente, lo prese per mano. Ovviamente facendo attenzione a toccare la mano pulita e poi lo strascinò fuori dal sentiero.
“Non ti conviene, sul serio.”
Appena furono sul sentiero principale lui richiamò la sua attenzione.
“Dobbiamo andare a Charleston. L’obiettivo del Generale era il controllo assoluto di quella città, loro ci precedono di qualche giorno, Beatrice.”
Lei sembrava smarrita nel suo discorso, come faceva a sapere che erano davanti a loro?
“Sei sicuro che Cornwallis non abbia cambiato idea? E poi non mi hai spiegato la storia degli zoccoli.”
Lui la guardò truce. “Sono sicuro, Beatrice. La conquista di Charleston sarà cruciale, così poi passeremo alla Carolina del Nord.” Continuò poi il ragionamento.
“Se tu avessi prestato un po’ di attenzione, ti saresti accorta che le impronte lasciate avevano una piccola corona sul bordo, è il Nostro marchio, perciò sono per forza Inglesi.”
Lei questa volta non controbatté.
“Bene, se non hai altre obiezioni.. direi di continuare a camminare, ne avremo ancora per un bel po’.”
Come detto, proseguirono seguendo quel sentiero che sembrava non finire mai come un deserto. Beatrix sperò che lui non volesse giungere a destinazione a piedi, perché distava troppe miglia e tra l’altro non avevano ancora mangiato.
“William.” Lo chiamò lei.
“Che c’è?”
“Ho fame.” Si lamentò la ragazza.
“Presto troveremo un posto per rifocillarci e riposare. Prenderemo anche dei cavalli.”
Lei rimase sollevata dalle sue parole, aveva i piedi gonfi dal tanto camminare, la pancia che stava brontolando da ore ed era ormai una musica che li accompagnava nel tragitto. Era a pezzi ed era anche incinta.
Ad un certo punto si ricordò della lettera di Wellsie, dopo tutto quello che era successo lo aveva proprio dimenticato.
“Ah, William, c’è un’altra cosa. Wells mi ha scritto una lettera che io ho poi gettato via per non lasciare tracce.”
Era riuscita ad avere la sua attenzione, infatti lui aspettava che continuasse.
“Mi ha detto che gli Inglesi sono andati avanti e stanno marciando verso il prossimo obiettivo.”
Lui sospirò pensando che Charleston fosse proprio quell’obiettivo a cui si riferiva Wellsie.
“Ha detto che ci saremo incontrati in un posto particolare alla luna nuova, diceva che tu sapevi dov’era.”
Lei rifletté ancora sulle parole dell’amica, ma non riusciva ancora a comprenderle del tutto.
“Cosa ha detto di preciso quella sciocca di mia sorella? È incredibile, non perde mai quel vizio di essere sibillina, nemmeno in queste circostanze.”
Beatrix rilesse la lettera nella sua mente e cercò di ripetere le parole testuali.
“Non dice niente di interessante, William.”
Lui ispirò a fondo e fece un giro per riflettere da sé.
“Deve averti detto altro, nessun indizio?”
Voleva rendersi utile, ma non riusciva a trovare niente di importante nelle parole di Wellsie.
“Non mi sembra, parlava di altro che non c’entra niente con il luogo. Tipo che si augurava che non ci fossero altri francesi nel Forte in cui risiederemo perché non le piacciono, un bel Forte deve essere solo Inglese, poi diceva che le mancavo molto, che Nik..”
Lui la interruppe subito e si avvicinò a grandi passi verso di lei. L’afferrò con entrambe le mani saldamente e la guardò negli occhi.
“Cosa hai detto?”
Lei era sorpresa dal suo atteggiamento, non pensava di aver detto qualcosa di stupido.
“Ho detto che le mancavo molto e..”
“No, prima.”
“Non vorrebbe altri francesi nel Forte, evidentemente preferisce gli Inglesi. Poveretta, per seguirti chissà quali persone avrà incontrato!”
Lui le sorrise e la baciò. Poi prese le distanze sorridente.
“Ma certo, perché non ci ho pensato prima? In effetti siamo sulla strada, scendiamo verso Sud e ci avvicineremo alla costa, oltrepassando l’English Broad River arriveremo così a Port Royal. Charleston è a portata di mano.”
Sembrava che parlasse da solo, faceva ragionamenti e manifestava i suoi pensieri senza che Beatrix riuscisse a seguire veramente il suo discorso.
“Hai capito dov’è? Come?” chiese lei curiosa.
Lui le sorrise nuovamente e la guardò con affetto.
“Ma come, amore?! Io sono Inglese, giusto?”
“Sì e..”
“E noi Inglesi non siamo alleati con i Francesi, sono nostri nemici quindi mi sembra poco probabile che mia sorella abbia mai visto uno in un Forte Inglese.”
Aveva ragione, i Francesi erano alleati degli Americani, quindi perché Wellsie aveva scritto quella cosa? Non aveva senso.
Vedendo che lei non capiva ancora, Tavington proseguì.
“Lei parla di un Forte bello, giusto? ‘Bello’ in francese si dice ‘beau’; un bel Forte deve essere Inglese, Forte in inglese è ‘fort’.. Beau-fort, Beaufort!”
Beatrix impiegò alcuni secondi a capire tutto il ragionamento, distorto quanto sua sorella. Lei infatti non ci sarebbe mai arrivata da sola. Però William aveva ragione, Beaufort era vicino Port Royal, proseguendo il cammino sarebbero giunti a Charleston.
“Penso di aver capito, William. E tu sei sicuro che tua sorella sia così intelligente da aver pensato questi collegamenti e che non abbia semplicemente parlato tanto per parlare?”
Lui le rispose con un’occhiata di ammonimento. Bè, forse era stato Bordon a inventare il piano. In ogni caso lei era contenta che il Colonnello avesse afferrato il messaggio.
“Quindi ora cammineremo fino a Beaufort?” chiese titubante la ragazza, mentre i suoi piedi e la sua pancia pregavano che lui dicesse no.
“Non credo che potremmo arrivarci così senza sostare da qualche parte. Il prossimo villaggio che troviamo ci fermiamo.”
Lei fu sollevata nel sentir dire quelle parole, non ce la faceva più. Tanto Tavington era vestito come un uomo ordinario, senza la sua giacca e il suo elmo nessuno avrebbe detto che fosse il Colonnello Tavington.
Così, ripresero la marcia.
William aveva mantenuto la promessa, si erano fermati al primo segno di civiltà. Il villaggio era un certo Sunnyville, piccolo e poco conosciuto. Bea non ne aveva mai sentito parlare, ma era comunque grazioso e privo di tracce Inglesi. Sembravano tutti Americani e così lei si sentì un po’ a casa. C’erano pochi abitanti, poche casette e qualche locale di ristoro e intrattenimento. Ah, già c’era anche una chiesa. Quella non mancava mai.
Tavington aveva trovato una locanda che permetteva di passare anche la notte, così entrarono.
Dire che il posto fosse brutto era proprio un eufemismo. Abituata alla bellezza del Lady Kitten di Marie non riusciva davvero a paragonare quel locale scarno a quello della sua amica. Era privo di qualsiasi abbellimento, tavoli e sedie rovinati e sporchi. Al bancone c’era un uomo tarchiato con grandi baffi, era intento a pulire i bicchieri perciò non venne a salutarli. Era giorno perciò Beatrix si aspettava di trovare il locale vuoto, invece c’erano diverse persone, perlopiù uomini che bevevano e chiacchieravano rumorosamente. Una donna grossa era alla cassa, doveva essere la locandiera; mentre alcune ragazze giovani con vestiti succinti invece servivano ai tavoli. Nessuno sembrava essersi accorto di loro.
Alcune ragazze però avevano notato eccome Tavington, certe avevano pure rovesciato i bicchieri troppo intente a guardarlo. Gli lanciavano sguardi maliziosi e privi di censura.
Oh, belle.. lui è mio.
Per marcare meglio il territorio Beatrix aveva preso la mano di William e la stringeva forte per far capire che lui stava con lei. Il Colonnello aveva notato la stretta forte sulla mano, ma non aveva rifiutato il suo contatto, anzi l’aveva attirata addosso a sé. L’abbracciava forte e le sussurrava nell’orecchio.
“Gelosa, micetta?” la stuzzicò l’uomo.
“Sì.” Rispose di getto lei, il suono era attutito perché aveva la bocca appoggiata sulla sua camicia.
Era così bello stringerlo forte, non poteva farne a meno. Lo desiderava sempre e comunque.
“Dobbiamo avere un piano, altrimenti se sospettano che sono Inglese siamo finiti.”
Lei alzò gli occhi verso di lui. Intanto pensò che un tempo lo avrebbe consegnato volentieri in mano ai suoi compaesani ed ora tutto quell’odio era sparito. Sarebbe morta per salvarlo.
Sei innamorata.. e incinta.
Già..
“Hai un piano?” chiese lei.
Lui sciolse l’abbraccio e scosse la testa affermativamente.
“Sì, faremo finta di essere sposati e americani.”
Il cuore di Beatrix fece diverse capriole, anche se sapeva che era una sceneggiatura non poté non esserne felice. Almeno così avrebbero fatto le prove per il futuro.
Come se lui ti sposasse davvero nel futuro..
“Perciò non dobbiamo usare il tuo cognome immagino.”
Lui le accarezzò dolcemente la guancia. “No, sono famoso tra la tua gente. Qual è il tuo?”
“Grange.”
Tavington prese il suo mento con due dita e continuò a guardarla con amore.
La recita è già iniziata.. che bello sarebbe se fosse sempre così..
“Perfetto allora, saremo una tranquilla e innocua coppia americana che scappa dai terribili e sanguinari Inglesi.”
Lei ricambiò il suo sorriso, ridendo della sua frase.
“Però il tuo accento è marcato, si sente che sei Inglese. E poi noi Americani del Sud abbiamo un accento tutto nostro, quelli del luogo si capiscono subito.”
Quello era un problema, lui parlava in modo troppo elegante e britannico. Il dialetto delle colonie del sud era rude, era un modo di parlare che si riconosceva subito. Non lo avrebbero mai creduto americano come lei.
“Se faranno domande diremo che ho combattuto diversi anni nell’esercito Inglese, è quello che hanno fatto i tuoi compagni fino a quando hanno deciso di diventare indipendenti, no?”
Il suo ragionamento filava, forse con una dose di fortuna ce l’avrebbero fatta.
“Va bene. Allora incominciamo.”
Tavington si avvicinò al bancone dove c’era la signora, lei si girò verso di lui e rimase incantata.
Eccone un’altra..
“Posso fare qualcosa per te giovanotto? Non capita di vedere forestieri così affascinanti da queste parti.”
Lui le sorrise mostrando la sua perfetta dentatura, Beatrix immaginò che cercasse di accattivarsi la locandiera.
“Dovremo stare alcuni giorni nella vostra locanda, milady, sempre se ci sono stanze disponibili e avremo bisogno anche di cibo, viaggiamo da ore.”
Lei smise di pulire il bancone e fece il giro del ripiano per salutarli meglio.
“Oh, certo. Abbiamo diversi posti, con il problema della guerra il mercato ha avuto un blocco disastroso. Vi do due camere e adesso chiamo una cameriera a servirvi.”
Due camere? Non aveva capito niente, loro erano sposati e dovevano avere la stessa stanza.
Fa la furba, magari vuole corteggiare il mio William.
“Veramente, signora, io e mio marito vorremmo avere la stessa stanza.”
La locandiera, che era già andata a prendere le chiavi, si girò e guardò Beatrix lanciandole tante frecce invisibili. Aveva ragione la ragazza, stava corteggiando Tavington.
Così, forse capita l’antifona, prese una sola chiave della stanza e la porse al Colonnello.
Lui scosse la testa ridendo nel vedere quanta gelosia la ragazza mostrasse. Poi prese la chiave e la mise nella tasca dei pantaloni.
Mangiarono in quella locanda, le cameriere avevano portato del brodo di carne, del pane e dell’acqua. William aveva insistito che lei non bevesse alcolici vista la sua situazione. Non poterono mancare ovviamente le occhiate lascive delle cameriere dirette al suo ‘marito’ e poi finalmente andarono nella stanza presa.
Era ormai pomeriggio e, sebbene fosse ancora giorno, avevano bisogno di riposo. Tavington era seduto allo scrittoio e stava guardando attentamente una mappa che la locandiera aveva dato.
Beatrix aveva notato che lui non si era ancora lamentato, nemmeno una volta. Eppure sapeva che aveva passato la notte sveglio a fare la guardia, meritava davvero di riposare. Si avvicinò all’uomo e gli massaggiò le spalle.
“William, che ne dici di dormire un po’? Domani ragioneremo sul da farsi.”
Lui appoggio la mappa sul tavolo e poi seguì il suo consiglio. Si alzò e iniziò a sbottonarsi la camicia. Allora anche lei lo imitò, peccato che non avesse i suoi vestiti, ma portava ancora quelli maschili. Tavington era rimasto in pantaloni, ma lei invece voleva stare senza. Eppure sapeva che se fosse rimasta nuda lo avrebbe stuzzicato, al contrario aveva bisogno di dormire. Così decise di lasciarsi i suoi vestiti e poi si sdraiò sul letto.
Lei si avvicinò a lui e lo abbracciò forte.
“Buonanotte Mr Grange.”
“Buonanotte Mrs Grange.” Rispose lui e poi si chiusero gli occhi.


N/A
Ciao a tutte!! ^^
Ed eccoci qua all'inizio di questa avventura. Vi anticipo che le cose cambieranno presto, non ci saranno solo rose e fiori.. i problemi sono appena iniziati! ^^ In questi capitoli scoprirete cosa ne pensa William del bambino..
Un bacio belle!!
Giulia ;)

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.

un bacio grosso

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Capitolo 27
*** Essere abbastanza per te ***


capitolo 27
Capitolo XXVII
Essere abbastanza per te


Quando Beatrix aprì gli occhi i raggi del sole entravano dalla finestra. Lei si stiracchiò e cercò di capire che ore fossero. Non poteva aver dormito fino al giorno successivo, o sì? Vicino a lei non percepiva nessuno, così si alzò sulla schiena. Tavington era di nuovo allo scrittoio che studiava qualcosa da fare.
“La dormigliona si è svegliata, ero sul punto di buttarti dell’acqua in faccia.”
Lui non poteva fare lo scherzoso con lei al mattino, voleva dormire ancora e lui la prendeva in giro così?! Per di più era felice come una pasqua.
“L’acqua te la butto addosso io se disturbi ancora il mio sonno.”
E ritornò sdraiata nel calduccio del letto. Lui a quel punto si alzò e si avvicinò alla ragazza.
“Non provarci ad addormentarti, oggi faremo il punto della situazione. E poi ho appena chiesto di portare una tinozza in camera.”
Gli occhi di Beatrix brillarono. Si sarebbe lavata, da quanto tempo non lo faceva? Troppo.
“Per me?” chiese al settimo cielo lei.
“No, per noi.”
In quel momento preciso la porta si aprì ed entrò una ragazza che sorreggeva una tinozza in legno con dell’acqua dentro.
“Ecco fatto, la tinozza è pronta, Mr Grange.”
Mr Grange? Ah, già la recita.
La cameriera uscì e così Beatrix si alzò dal letto. Notò che aveva portato anche del sapone, chissà con che fragranza..
Tavington si tolse i pantaloni e rimase nudo come mamma lo aveva fatto. Il suo corpo era sempre uno spettacolo e sebbene Beatrix lo conoscesse nei minimi particolari, non poteva non rimirarlo ogni volta. Senza aspettarla si immerse nella tinozza e prese posto.
La ragazza si tolse finalmente quella camicia scomoda e poi si sbarazzò anche dei pantaloni larghi. Una volta nuda entrò dentro e si sedette in mezzo alle gambe dell’uomo.
“Puzzo. Non vedevo l’ora di lavarmi, grazie William.”
Lui le sorrise e prese la saponetta. “Il mio naso non ce la faceva più a sopportare il tuo cattivo odore, l’ho fatto per il mio bene.”
Lei rimase offesa dalle sue parole ed era anche imbarazzata. Sapeva di non profumare per via del tragitto e della mancata disponibilità di un bagno. Ma dirglielo era proprio perfido. Così si girò per vedere il suo sguardo.
Lui notò che lei ci era rimasta male, allora scoppiò a ridere. “Scherzavo, Beatrice.”
Lo perdonò per lo scherzo, ma non rise con lui, sempre il solito insensibile!
“Comunque sia anch’io puzzo, lo sai che quando due puzzano non possono sentire il cattivo odore altrui?”
Continuava la sua strada offensiva. Allora Bea si girò e gli buttò un po’ d’acqua in faccia.
“Colonnello, siete un villano.”
Lui rise ancora, ma allo stesso tempo la guardò severo. “Vuoi la guerra, Beatrice? Attenta che è una cosa che mi riesce piuttosto bene.”
Lei si mise sul lato opposto della tinozza e lo sfidò. Invece che rispondere gli buttò altra acqua in faccia.
L’uomo allora controbatté gettandone altra addosso a lei. Passarono minuti a giocare e versare acqua fuori dalla vasca, avevano infatti bagnato tutto. Poi lui la prese e la bloccò contro il suo corpo.
“Ti arrendi?” domandò il Colonnello.
“No.”
Tavington non disse altro, affogò le sue labbra in quelle della fanciulla e lei ricambiò con la stessa intensità il bacio. Lui intanto aveva sciolto la presa così da permetterle di abbracciarlo, lei gli mise le braccia attorno al collo e continuò a baciare l’uomo che amava. Tavington aveva il potere di farla cadere ai suoi piedi con un semplice tocco, bastava un bacio per farla soccombere. Le mani vogliose dell’uomo viaggiavano sul corpo della ragazza, aveva arpionato i suoi glutei e l’aveva attirata di più contro di sé. Lei percepì il suo desiderio, in particolare sentiva la sua virilità che spingeva contro la sua pancia.
“Colonnello Tavington, credo che qualcuno lì sotto complotti con il nemico.”
Lui prese la sua mano e gliela accarezzò con dolcezza. Poi la condusse sopra la sua erezione e la depositò lì.  
“Credi di riuscire a portarlo dalla tua parte, Beatrice? Guarda che lui è viziato.”
Lei lo accarezzò molto lentamente. “Credo di sì, Colonnello. La guerra la posso vincere ancora.”
Mentre lei lo massaggiava, William appoggiò le mani sulle sue guance. Mise alcune ciocche ribelli dietro l’orecchio e poi assaporò quel momento con lei.
“Stai diventando brava, Beatrice. Non è che hai fatto pratica quando io ero legato?”
Lei si fermò subito, perché lui stava di nuovo mettendo in dubbio la sua fedeltà. Questa volta gliela avrebbe fatta pagare. Senza che lui percepisse una differenza nel suo atteggiamento, riprese ad accarezzarlo. Faceva con delicatezza e lo massaggiava dalla punta fino alla base. Lui aveva gettato la testa all’indietro e respirava con fatica, era alla sua mercé. Così lei continuò a toccarlo e quando sentì che era arrivato al suo culmine si fermò.
Allora Tavington sbarrò gli occhi e la guardò stizzito.
“Perché ti sei fermata?”
“Perché tu devi sempre essere uno stronzo, William?”
Lui rimase a bocca aperta. Non era stupito per il suo rifiuto, nemmeno per il tono. Lo aveva colpito l’epiteto usato, nessuno lo aveva mai chiamato così prima d’ora. Invece che arrabbiarsi però scoppiò a ridere.
“Stronzo?”
Lei era offesa dal suo comportamento, perché si beffava sempre di lei?
“Non capisco perché ti stupisci tanto, come se fossi la prima a dirlo..”
Lui continuò a ridere e poi si avvicinò a lei che si trovava dall’altra parte della tinozza.
“Sei la prima invece, nessuno me lo aveva mai detto.”
Quella sì che era una novità, perché nessuno lo sopportava.
“Tutti lo pensano.” Rispose lei.
Intanto lui aveva preso le sue braccia e l’aveva issata contro di sé. E sebbene lei cercasse di stargli lontano, si addossò al suo corpo.
“Ma nessuno lo ha mai detto. Dai, vieni che ti lavo.”
Erano entrambi sulle ginocchia e si guardavano negli occhi.
“Vuoi lavarmi?”
“Sì.” Ripeté lui.
Lei allora scosse la testa affermativamente e lasciò che lui si prendesse cura del suo corpo. William prese la saponetta, che lei scoprì odorare di lavanda, e poi insaponò i capelli. Una volta fatto glieli sciacquò con un po’ d’acqua e continuò a dedicarsi al suo corpo. Tavington tornò ad appoggiarsi al bordo della tinozza portandosi lei dietro. Beatrix poggiava la schiena sulla sua pancia, intanto l’uomo le aveva insaponato le gambe e le braccia. Poi aveva preso altro sapone e, spalmato sulle mani, lo aveva passato sul suo seno, scese lungo la sua pancia e si fermò qualche secondo sul lieve gonfiore che presto sarebbe stato un grande pancione.
Non disse niente e proseguì il percorso, così lei decise di indagare sui suoi pensieri circa il bambino dentro di lei. Beatrix prese la mano di William e la ricondusse sulla pancia.
“Lo senti?” lo incoraggiò lei.
“Cosa?” rispose in tono burbero lui.
“Come, cosa? Il nostro bambino, William.”
“Ah..” Lui la sistemò meglio sul suo corpo e poi cercò di muovere la mano.
Lei non glielo permise, la trattenne sulla pancia. “Lo senti?”
“No.”
Beatrix non si fece intimorire dal tono e dalle parole e prese ad accarezzarsi il ventre con la mano di William che seguiva il percorso.
“Io a volte ci parlo insieme.”
Lui le spostò i capelli di lato e lasciò un bacio sul collo. “Con chi, con la pulce?”
Lei scoppiò a ridere. ”Pulce?”
Tavington continuò a tempestare di baci il suo collo, la voleva distrarre.
“Sì, è piccolo, non è un bambino. È una pulce.”
“Va bene, allora è la nostra pulce.”
Lui smise di baciarla e lei allora girò il volto per poterlo guardare in faccia. Sembrava che fosse a corto di parole, eppure il suo volto manifestava bene i suoi sentimenti.
“Beatrice..”
Lei vide le emozioni che combattevano dentro di lui, non lo voleva.
Non lo aveva detto, ma glielo aveva fatto capire. Chissà quante donne aveva messo incinte prima di lei, non le poteva mica sposare tutte. Il piccolo bambino era solo un errore per lui, ma non per lei.
Beatrix si sistemò tra le sue braccia e prese a comportarsi come prima. Finse che andava tutto bene, anche se il suo cuore si era spezzato un pezzetto in più.
“Va bene, è la mia pulce.”
Poi non resistette più vicino a lui, così si alzò dalla tinozza e uscì.
“Beatrice, non fare così dai..”
Anche se il bagno non era terminato anche lui la imitò.
“Dimmi la verità, voglio solo la sincerità.”
La ragazza aveva smesso di tamponarsi il corpo con l’asciugamano e lo stava guardando negli occhi.
“Lo vuoi questo bambino?”
Lui rimase lì in piedi sulla tinozza e solo dopo qualche secondo le diede la risposta che attendeva.
“No.”
Bè, almeno Beatrix poteva dire che era stato sincero. Non lo voleva, perciò i suoi timori più oscuri si stavano realizzando. Avrebbe cresciuto il suo bambino da sola, come sua madre aveva fatto prima di lei. Di nuovo, ma che cos’ era, una maledizione della sua famiglia?
“Perché, no? Dipende dal mio status, vero?” chiese lei in lacrime.
“Non solo, Beatrice. Pensa al fatto ovvio, siamo in guerra e tu sei mia nemica.”
Era ormai uscito dalla vasca e aveva preso anche lui un panno, mentre si asciugava frettolosamente non perdeva però nessuna emozione della fanciulla.
“Sì, ma la guerra non durerà per sempre. Quando si sarà conclusa, chiunque sia il vincitore, noi non saremo più nemici.”
Lui si stava avvicinando a lei, ma al contrario Beatrix manteneva le distanze. Voleva davvero sapere come la pensava e non voleva farsi abbindolare dalle sue carezze, servivano solo a distrarla. L’uomo cercò di toccarla, ma lei di nuovo si spostò.
“No, William. Voglio sapere la verità, anche se so che mi farà male. Se noi non fossimo nemici, cambierebbe qualcosa, non vuoi il bambino per colpa mia?”
Lui si passò la mano nei capelli e prese aria lentamente.
“Beatrice.. la questione è complessa.”
Lei lo interruppe subito, perché sapeva che stava di nuovo cercando di deviare la conversazione.
“No, non è complessa. Se io non fossi tua nemica, cambierebbe qualcosa?” ripeté nuovamente lei.
“Va bene, pensiamo anche in astratto come vuoi te. Partorisci il bambino, dove lo vuoi crescere?”
Lei scosse la testa perché era ovvio che sarebbe vissuto lì con lei. Beatrix era crescita in America, quello era il luogo dove sarebbe cresciuto anche suo figlio.
Ah, già.. ecco quello che intendeva lui. Voleva portarselo in Inghilterra.
“Starà qua nelle Colonie, qual è il problema?” chiese lei alzando le spalle.
“Il problema è che io odio questo dannato posto, lo sopporto a malapena ora che devo solo combatterci, non ci vivrei mai qui. Ma tu vuoi crescerlo con me, giusto?” cercò di farla ragionare lui.
“Sì.”
Lei abbassò la testa e si rassegnò al suo destino. Aveva ragione lui, come sempre, qualcuno doveva rinunciare a qualcosa e lui le stava dicendo senza problemi che era lei quella persona.
“Sinceramente verresti con me a Londra? Riusciresti a sopportare gli sguardi altezzosi e derisori dei miei compaesani?”
Lei mantenne la testa abbassata, le lacrime scendevano silenziosamente. Ormai sembrava che riuscisse solo a piangere, non riusciva più a contenersi come una volta. Aveva costruito fin da piccola un muro per proteggersi dagli altri e lui lo aveva abbattuto. Quando poi aveva avuto l’accesso libero al suo cuore, lo aveva trafitto senza pietà. E così lei non poté non piangere e sentire il suo cuore fare di nuovo crack.
Vedendo che lei era così indifesa e spaurita, lui venne ad abbracciarla. Non rifiutò il suo contatto, anzi lo abbracciò forte e pianse contro di lui.
“William, io ti amo.”
“Lo so, Beatrice. Lo so. Ma, come ti ho già detto, la questione è complessa.” Si staccò un secondo per guardarla negli occhi “non siamo solo noi due, lo capisci? Loro non ti accetteranno mai per come sei e io, al contrario di quello che pensi, ci tengo a te, non potrei farti soffrire così. Lo capisci, Beatrice?”
Lei lo strinse forte e cercò di comprendere le sue parole, in un altro momento avrebbe potuto sciogliersi nel sentirle pronunciate. Ma in quel momento si sentiva semplicemente rifiutata.
Lui si stava comportando come sua madre aveva fatto prima di lui e anche suo padre. Nessuno la voleva, lei e il suo bambino sarebbero stati destinati ad una vita infelice e solitaria.
A quel punto la ragazza si staccò e tirò su con il naso in modo sgraziato.
“Hai ragione, ci sono troppe differenze che non si possono appianare tra di noi. Ma io questo bambino lo voglio davvero.” Prese la mano di Tavington tra le sue e la strinse forte.
“All’inizio pensavo che lo volessi perché era il nostro bambino, invece ho capito che l’ho fatto per me. Io ho bisogno di questo bambino, William.. lui è tutto quello che ho. Sono sola.”
E le lacrime scesero nuovamente.
“Non sei sola, io ti aiuterò come posso, dandoti tutto quello che hai bisogno. Ma non posso sposarti e non possiamo creare la famiglia che tu vuoi.”
Le accarezzò la guancia nel tentativo di tranquillizzarla, ma le sue paure non svanivano. Un giorno lui sarebbe partito per la Gran Bretagna e lei sarebbe rimasta sola.
Si andò a stendere sul letto e si raggomitolò in posizione fetale. Era stanca di vivere solo sofferenza, ogni volta che credeva di aver trovato la felicità, la perdeva lo stesso istante. Lui allora si avvicinò a lei e la coprì con il lenzuolo.
“Capirai col tempo che lo sto facendo solo per il tuo bene.”
Quando lui si alzò, lei lo trattenne con la mano. “Non sono abbastanza per te, vero?”
William le asciugò le lacrime e le accarezzò nel contempo le gote.
“Cosa devo fare per farti innamorare di me? Io non so più come dimostrarti i miei sentimenti, aiutami te.” Proseguì.
Sebbene non volesse piangere, le lacrime scesero ancora bagnando la sua faccia.
“Non è quello, lo sai..”
“Sì che è quello. Se tu mi amassi davvero, combatteresti con me questa battaglia e cercheresti un modo per uscirne. Invece ti arrendi così senza lottare, è semplice vero abbandonarmi in principio?”
Si alzò sulla schiena e lo strattonò, tirandogli pugni. Lui non si difese, la lasciò sfogare, ma il suo silenzio rendeva lei più nervosa e più furiosa.
“Fa’ qualcosa! Hanno ragione a dire che sei un codardo.”
“Tu vaneggi.”
Tavington si alzò dal letto e prese i suoi vestiti. “Ti lascio sola, hai bisogno di calmarti un po’.”
Lei divenne allora una bestia.
“Calmarmi, calmarmi? È questo che dovrò dire a mio figlio quando mi chiederà di suo padre, che era un codardo?”
Lui aveva già indossato i pantaloni e li stava abbottonando.
“Forse è meglio che non sappia niente di suo padre, no? Se sono così terribile farei solo che rovinargli la vita.”
Lei si era messa sulle ginocchia e restava ancora nel letto.
“Stai scappando di nuovo, quando la smetterai di correre dai problemi? Tuo padre ti ha maltrattato, tua madre è rimasta a guardare e tu sei scappato. Non si risolvono così le situazioni, si affrontano.”
Lui si girò verso di lei, puntandole il dito contro. “Tu non sai niente di me, non puoi giudicarmi.”
“So quello che basta sapere, è per questo che ti sei portato dietro Wellsie, vero? Così in caso qualcun altro ti deludesse saresti corso da lei, ma sai una cosa.. ? Devi crescere, non sei un bambino, sei un uomo e mi hai messa incinta, dannazione!”
Tavington aveva addosso ormai la camicia e si stava mettendo gli stivali. Il suo modo di fare la irritava era come se lui avesse sempre la situazione sottomano. E cosa faceva di nuovo? Se ne andava.
“Io non ti ho messa incinta, ho fatto sesso e basta. Non era qualcosa di programmato, non so più come dirtelo.. non sei la mia fidanzata. Smettila di comportarti come tale.”
Allora lei scese dal letto e lo seguì.
“Mi comporto come una donna offesa dal comportamento insensibile dell’uomo che ama. Credi davvero che io lo volessi questo bambino? So bene..” prese aria, cercando di buttare fuori un po’ di ira “..che siamo in guerra, non avrei mai scelto un momento così delicato per farmi ingravidare. Eppure lo sono e tu devi aiutarmi ad affrontare questa situazione, me lo devi.”
Lui la prese per le spalle e la strattonò. “No, io non ti devo niente.”
La spinse ancora indietro fino a che lei sbatté contro il muro.
“Io non voglio questo dannato bambino.” Disse scandendo lentamente le parole.
“E non voglio te!”
Per marcare la frase tirò un pugno contro il muro, a qualche centimetro dal viso di Beatrix.
Rimase a guardarla per secondi, tenendola sempre schiacciata contro il muro.
“Non mi ami..” disse lei con un filo di voce, ma quella non era una domanda. Era una constatazione di fatto. Lui non l’amava.
Allora reagì d’impulso e lo schiaffeggiò forte sulla guancia e poi lo graffiò con le unghie.
“Ti odio, vorrei che soffrissi quanto sto soffrendo io in questo momento. Vorrei farti sanguinare come sta sanguinando il mio cuore in questo momento.”
Lui indietreggiò. Si accarezzò la mascella, ma non la colpì di risposta.
“Vorrei non averti mai conosciuto, sei solo un verme schifoso. Un fottuto verme schifoso, ti odio.”
Si accasciò per terra e si piegò su stessa. “Ti odio, ti odio..” ripeté come una litania.
“Io non ti ho mai odiata, sto solo cercando di farti capire come la penso.”
Lei alzò gli occhi, che ormai erano iniettati di sangue, e lo fulminò con lo sguardo.
“Vattene. La tua vista mi deprime.”
Lui posò il suo sguardo su di lei un’ultima volta e poi se ne andò. Sbatté la porta ed uscì dalla stanza, lasciando Beatrix nello sconforto a piangere senza fine.


N/A
Ciao a tutte!! ^^
Mi dispiace molto x il tremendo ritardo.. ma alla fine ci sono!!
Vi lascio al capitolo, sperando che sebbene sia in ritardo mi possa far perdonare con questo nuovo cap.. ^^
Un bacio belle!!
Giulia ;)

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.

un bacio grosso

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Capitolo 28
*** Giocare con i sentimenti costa caro ***


capitolo 28
Capitolo XXVIII
Giocare con i sentimenti costa caro



Tavington era uscito da quella stanza con l’umore negativo, aveva una voglia pazzesca di spaccare qualcosa e far male a qualcuno. Perché con lei le conversazioni dovevano sempre finire male? Odiava il modo in cui lo chiudeva, pretendeva da lui cose che non le avrebbe mai potuto dare. Quel bambino non lo voleva e lei non c’entrava per niente con quella storia. Era cresciuto con un padre che non si era mai comportato come tale. Voleva che lui fosse il suo tirapiedi, pretendeva che fosse passivo. Odiava la sua autonomia e ancora di più odiava il fatto che William mettesse sempre in discussione la sua autorità. Per suo padre era il suo più grande errore, per sua madre un grande punto interrogativo. Lei era debole, si lasciava sottomettere da suo padre e non era stata nemmeno in grado di proteggere i suoi stessi figli dagli abusi del padre violento. Beatrix si sbagliava, lui aveva portato Wellsie con sé perché voleva salvarla, non era un appoggio dove scappare in caso di necessità. Lui le voleva bene, era sua sorella e si meritava di poter vivere la sua vita serenamente.
Mentre pensava al suo passato uscì dalla locanda. Fuori c’erano due ragazze che ricordava essere le cameriere di quel posto. Lo salutarono ammiccando nella sua direzione.
“Ehilà forestiero, volete provare qualcosa di forte?” disse una cercando di stuzzicarlo.
“Chi ti dice che non ho già ciò che voglio?” ribatté lui con fermezza.
Allora la biondina lasciò l’amica e, una volta congedata, si avvicinò a Tavington.
“Mi state dicendo che quella mezzadra vi fa provare davvero sensazioni.. forti?” lo disse portando la sua mano sul petto del Colonnello e massaggiandolo.
“Siete un uomo affascinante, Mr Grange. Se volete, vi posso concedere un’ora del mio tempo per divertirci un po’.” Si morse le labbra nel tentativo di sedurlo, ma la ragazzina non sapeva con chi stesse realmente parlando.
“Ti ripeto, dolcezza.” Prese la mano della fanciulla e l’allontanò dal suo corpo. “Ho già quello che voglio.”
La ragazza si offese e mise il broncio. “Ditemi un po’, è ricca?”
Lui sembrava confuso. “Chi?”
Lei alzò le sopracciglia. “Vostra moglie, la contadina slavata.” Lui le sorrise in modo accattivante. “No.”
La ragazza a quel punto sembrava in crisi, come se non riuscisse a comprendere qualcosa.
“Allora perché l’avete sposata? Siete.. diversi. Voi siete un uomo così attraente e lei.. non è nessuno!” disse in modo capriccioso.
“La vita va così, non va sempre come vogliamo.”
La ragazza sembrò riflettere per un po’ e poi gli propose.
“Non mentivo quando dicevo che ho un’ora libera, avete bisogno di un giro turistico della famosa e interessante Sunnyville?”
Tavington era sul punto di rifiutare e poi si disse che ci avrebbe solo guadagnato. Doveva comprare delle cose e quella fanciulla vogliosa poteva fare al suo caso.
“Perché no, sconosciuta.” Rispose il Colonnello porgendole il braccio a cui appoggiarsi.
Lei allora gli sorrise e si avvicinò a lui, accettando il braccio. “Faccio strada, io sono Patricia, comunque.”
“Patricia.. tu sai cosa ha bisogno una donna quando è particolarmente nervosa e isterica?”
Lei rise. “Ha il ciclo?”
“Sarebbe bello. Non proprio, abbiamo avuto una discussione animata e ci siamo detti cose non belle.”
Lei era stupita, ma continuava a sorridere. “Oh, già. Noi donne siamo particolarmente irritabili, zona offlimits quando: A- abbiamo il ciclo, B- siamo incinte, C- veniamo maltrattate dall’uomo che amiamo e non veniamo comprese.”
Lui rimase a riflettere sulle parole della ragazza, pensando che le donne fossero proprio strane da capire.
“Mettiamola così, è incinta e io le ho detto che non voglio il bambino.”
Le si formò un cipiglio incredulo, poi scosse la testa. “Brutta roba, allora. Volete un consiglio su come farvi perdonare?”
“Io non devo farmi perdonare di niente. Lei ha sbagliato.”
Sebbene avesse detto quelle parole, dentro di lui sentiva che doveva aggiustare le cose con Beatrix, non voleva lasciarle così. Nonostante tutto lei portava il suo bambino, un giorno sarebbe diventato come lui. Voleva davvero che suo figlio lo odiasse come lui odiava suo padre?
Patricia lo condusse in un negozio. “Prima tappa: dolci. Le donne incinte sono golose all’ennesima potenza e poi tutti sanno che basta un po’ di cioccolata per tirare su il morale.”
Entrarono dentro e lui comprò diversi dolci, facendosi consigliare anche dalla ragazza e poi uscirono. Lei lo stava strattonando per la città, pensava qualcosa e subito lo spingeva dentro un negozio e poi un altro. “Seconda tappa: vestiti femminili. Ma come diavolo la fate andare in giro? Sembra una scappata di casa.”
Lui la guardò dubbioso. “Come faccio a sapere la sua taglia e quello che le piace?”
Lei sbuffò. “Su, Mr Grange. Non capite che è il gesto che conta, in ogni caso la vostra Mrs Grange non sembra un’appassionata di vestiti. Accetterà tutto.”
Perciò di nuovo lui si fece accompagnare da Patricia in un’altra bottega e comprò un vestito per Beatrix, uno che piaceva a lui. Molto scollato e corto, simile a quello che le aveva visto indosso al Lady Kitten.
Tavington aveva in mano diversi pacchi e si sentiva uno stupido, se qualcuno lo avesse visto gli avrebbe riso dietro, altro che Colonnello Tavington. Per fortuna che lì lui era per tutti Mr Grange.
“Comunque sia, Patricia. Mettiamo in chiaro che a me non importa proprio niente di lei. Lo faccio solo perché non ho voglia di litigare per tutto il tragitto.”
Lei scoppiò a ridere. “Certo, come dite voi.”
Patricia lo accompagnò alla fine davanti ad un emporio diverso dagli altri, tutto rosa, qualcosa al femminile.
“Ora vi devo lasciare. Questa è la vostra ultima tappa: ogni donna è prima di tutto una madre. Fatele capire che tenete al bambino, la renderebbe molto felice.” Lo abbracciò e poi se ne andò.
William mise una mano nelle sue tasche e ripescò l’anello di rubino.
Oh, Beatrix.. cosa mi hai fatto?
Tavington guardava l’insegna di quella bottega da minuti, ma non si era ancora deciso ad entrare. Poi una donna anziana uscì e si rivolse a lui. “Vieni giovanotto, non essere timido.”
Dopo alcune esitazioni iniziali, alla fine entrò dentro. Sembrava un negozio per donne, l’anziana signora stava cucendo qualcosa.
“Cosa avete fatto?” lo rimproverò la donna.
“Niente.” Rispose subito Tavington.
“Siete un soldato.” Non era una domanda, lo aveva capito. “E dal vostro portamento e accento direi.. Inglese.
William fece un passo indietro e rifletté se fosse il caso di combattere contro una vecchia per non farsi smascherare.
“Non ti preoccupare, figliolo. Non dico niente, sono vecchia e malata, questa guerra non cambierà il mio futuro. Quindi, cosa avete fatto?” lo incalzò nuovamente.
“Cosa vi fa pensare che io abbia fatto qualcosa, signora?”
“Siete affranto, pieno di pacchi e siete in un emporio per donne. Dato che suppongo non sia per voi che siete qua, devo la vostra presenza per una donna.”
“Forse.”
Tavington appoggiò i pacchi per terra e guardò la stanza. “Lei è incinta, ma.. io non credo di volere questo bambino e lei vuole che io le dica che sono innamorato, ma non è così. Lo so.”
“Credete?”
“Non so, sta succedendo tutto troppo in fretta. La guerra, la mia famiglia, lei, io..”
L’anziana signora si alzò dalla sedia a dondolo e gli porse un fagotto. “Prendetelo e dimostratele quanto tenete a lei e al bambino.”
Tavington rimase con le mani a reggere quel fagotto, nel quale non sapeva cosa ci fosse dentro.
“Io non tengo a lei.”
La signora gli sorrise. “Bugiardo e orgoglioso. Non lasciate che i vostri dubbi rovinino tutto, non vi conosco, giovanotto, ma si vede che evidentemente il passato vi opprime. Lasciate il passato a quello che è, e andate avanti. Finché vi lasciate condizionare, non vivrete mai.”
William voleva andare via. Si sentiva uno sciocco a rimanere lì, lui non era quella persona. Così fece un passo indietro e tentò di uscire, ma la vecchia lo richiamò.
“Se il vostro dubbio riguarda i vostri sentimenti per lei.. è chiaro che provate qualcosa. Sento che siete innamorato di lei.”
Lui la guardò ancora e poi se ne andò senza dare una risposta. L’anziana signora sorrise.
“L’amore, l’amore. Questi giovani non capiscono più niente.” E ritornò così a cucire.


Beatrix era rimasta in quell’angolo per diversi minuti, anche se definire esattamente il tempo era impossibile. Si sentiva a pezzi, non tanto fisicamente, ma soprattutto emotivamente. Aveva avuto dei dubbi su William, in realtà li aveva sempre avuti, eppure sentirselo dire da lui in faccia era un colpo al cuore. Era rimasta piegata su se stessa a pensare a cosa fare della sua vita, anche se lui l’avesse aiutata economicamente le cose non sarebbero cambiate per niente. Lei non voleva i suoi soldi, non li aveva mai voluti, voleva invece il suo amore. Avrebbe voluto crescere quella creatura con lui, sapeva fin troppo bene cosa volesse dire crescere senza un padre e non voleva assolutamente far passare lo stesso inferno anche a suo figlio. Ma la scelta non toccava a lei, non poteva obbligare William a stare con lei se evidentemente non era quello il suo intento, non la voleva. L’aveva usata solo fisicamente e poi l’aveva gettata via.
Beatrix si alzò in piedi e fece mente locale delle cose da fare. Lui presto sarebbe arrivato e probabilmente sarebbero partiti per Beaufort, la domanda che si stava chiedendo la fanciulla da un po’ era.. che senso ha andare con lui?
Lo poteva seguire finché voleva, eppure lui un giorno l’avrebbe lasciata comunque. Perciò, per evitare un’ulteriore sofferenza ed umiliazione, Beatrix decise che questa volta avrebbe fatto lei la scelta.
Si asciugò le lacrime e cercò di legarsi i capelli alla buona, solo per darsi un aspetto presentabile. Prese quei vestiti larghi e sporchi che aveva indossato prima e se li mise addosso. Si guardò allo specchio un’ultima volta e non poté non continuare a vedere più un relitto che la donna che era un tempo. Lui l’aveva svuotata dentro. Diede un ultimo veloce sguardo alla stanza e poi uscì.
Una volta fuori dalla locanda prese aria lentamente, sperò che bastasse a calmarsi. Non aveva la più pallida idea su dove andare, come andare e perché andare. Eppure s’incamminò nella via principale, il villaggio era piccolo, le persone sembravano conoscersi tutte. In effetti non c’era molto da vedere, Beatrix vagabondò per il villaggio e ad un certo punto si rese conto che non poteva rimanere lì. Tavington era uscito, solo il diavolo sapeva dove e lei non aveva voglia di incontrarlo.
Sentì in lontananza qualcuno ridere forte, così venne catturata da quel suono stridente. Si voltò e vide il suo William che porgeva il braccio a una donna, guardandola più attentamente sembrava una delle cameriere della locanda. Era incredibile, avevano litigato da poche ore e lui era già corso tra le braccia di un’altra donna! Si nascose dietro una panchina e osservò meglio la scena, sembrava che stessero flirtando. Da quella distanza non sentiva il loro discorso, quello che vedeva era che lui se ne stava andando via con un’altra. Il suo cuore si spezzò di nuovo e così, asciugata una lacrima che era scesa involontariamente, si girò e se andò. Sarebbe stata un’umiliazione rimanere e vedere lui che corteggiava altre.
Sì, aveva preso la giusta decisione. Doveva andare via.
Aveva paura che la riportasse indietro con la forza, così decise di uscire da Sunnyville e seguire quel sentiero scosceso che pareva poco conosciuto. Sicuramente il Colonnello non poteva essere passato lì, così lei si convinse che quella era la strada giusta da seguire. Lo amava ancora e molto probabilmente lo avrebbe amato per sempre, ma non poteva più rimanere con lui, almeno fino a quando lui non fosse cambiato. Quel sentiero era pieno di rovi e anche di serpenti, per poco non ne aveva pestato uno. Mentre camminava sentiva rumori sospetti, però più ci pensava e più si rendeva conto che era frutto della sua immaginazione. Stava diventando paranoica e il fatto che Tavington potesse averla seguita fin lì la rendeva ulteriormente ansiosa.
“Chi c’è?” urlò al vento come una pazza.
Nessuno rispose.
Cosa ti aspettavi? Non so, il killer che ti dice ‘Sì, sono io. Scusa, devo ucciderti.’ ?
Andò avanti ed iniziò a sentire la pancia brontolare, doveva procurarsi del cibo.
E poi ancora altri rumori di rami calpestati, doveva esserci qualcuno.
“Vattene.” Urlò nuovamente.
E di nuovo non rispose nessuno.
Ad un certo punto vide delle more e dei lamponi, così si fermò a coglierne alcuni. Erano morbidi e succosi e lei ne mangiò molti, dal momento che non aveva ancora mangiato. Aveva ormai finito i frutti che si trovavano vicino a lei, ma la ragazza ne voleva ancora, così si sporse affinché potesse prendere le more che erano più difficili da raggiungere. Quando finalmente riuscì a sfiorare il ramo, qualcosa la colpì alla testa e cadde per terra.
Ci vollero diversi minuti per tornare in sé. Vedeva opaco e poco chiaro e non aveva ancora capito cosa stesse succedendo. Qualcosa l’aveva colpita, ma non riusciva a comprendere cosa.
“Ciao, amore.”
Disse una voce che lei percepiva lontana, doveva essere ancora stordita.
“William..” disse con un filo di voce, cercando di vedere chiaro.
Poi poco a poco la vista migliorò e riuscì ad individuare il volto che si trovava di fronte.
“Ritenta e sarai più fortunata.” Disse una voce beffarda, mentre il volto molto arrabbiato di Gabriel comparve.
Era sdraiata per terra e qualcosa la bloccava, un peso, ma non riusciva a capire cosa. Cercò di alzarsi, ma nuovamente non ebbe successo, era come se fosse legata.
“Gabriel..” sospirò con rassegnazione.
“Dov’è il tuo principe azzurro, già stanco di te?” domandò prendendosi gioco di lei.
“Lasciami stare.” Rispose invano Beatrix.
Aveva capito come mai non riuscisse a spostarsi. Era sdraiata per terra con le mani e i piedi legati e lui si trovava a cavalcioni su di lei. Non riusciva a muoversi di un centimetro e sembrava che più si muovesse e più lui si irrigidiva su di lei, rendendo il peso ancora più opprimente.
“Sai perché sono qua, vero?”
“Come hai fatto a trovarmi, Gabriel?”
Prima di risponderle si guardò attorno, come se aspettasse di vedere qualcuno da un momento all’altro.
“Non è stato difficile. Una volta usciti dalla palude abbiamo seguito l’unica strada che c’era.. poi boh siamo giunti qua. Puoi immaginare benissimo come ti ho trovata, un uomo come Tavington con il suo bel accento Inglese non passa inosservato.”
Beatrix si chiese dove fossero gli altri Ribelli. Non vedeva nessun altro eccetto Gabriel. Erano nascosti tra i cespugli o peggio ancora erano andati a uccidere Tavington?
“Dove sono gli altri?”
“In giro. Credo. Comunque non m’importa niente, sono venuto qua perché io e te abbiamo una questione in sospeso, mogliettina.”
Era arrabbiato, lo sentiva e lo percepiva nel tono e nelle parole velenose.
“Gabriel, so che ho sbagliato, ma..”
Lui non le lasciò terminare la frase che la schiaffeggiò subito. Un forte ceffone le fece girare la testa dall’altra parte.
“Zitta puttana.” Disse mettendoci tutta la cattiveria in quelle parole.
“Dovevo dar retta a quello che mi dicevano tutti. Sapevano che eri la sua puttana e io non li ho ascoltati, accecato dall’amore per te!” tirò i suoi capelli verso l’alto, strappando anche qualche ciocca.
“Da lui me lo potevo anche aspettare, ma da te.. io ti amavo!” le urlò contro.
“Gabriel, ti prego. Tu non sei così, lasciami spiegare..”
La guardò solo con odio. “Sì, io sono così. Non sono il fragile e stupido ragazzino che tu mi credi, sono un uomo anche io!”
Poi le mise le mani sul collo e lo strinse.
“Sai cosa dovrei fare ora? Ucciderti. Sarebbe così facile e tutto questo tormento che provo sparirebbe subito.”
Lei lo guardò con le lacrime agli occhi, sperando che servisse per farlo rinsavire.
“Gabriel, tu non vuoi farmi veramente del male..”
Lui tolse le mani dal suo collo. “No, infatti. Io non voglio farti del male, ti amo. Voglio stare con te, perché non lo capisci? Io non so più come dimostrarti i miei sentimenti per te.”
Disse sconsolato, mentre si logorava senza sapere cosa fare esattamente.
Mentre Beatrix lo sentiva parlare le venne in mente la conversazione precedente tra lei e Tavington.
“Cosa devo fare per farti innamorare di me? Io non so più come dimostrarti i miei sentimenti, aiutami te.”
Lo stava odiando per quello che le stava facendo, ma si rese conto che lui era come lei. Entrambi si sentivano rifiutati ed entrambi non potevano avere l’oggetto del loro desiderio.
“Dimmi la verità Bea.. mi ami?”
Beatrix poteva anche fingere che potesse accontentarsi di Gabriel, ma la verità era un’altra. Lei amava William e così sarebbe sempre stato.
“No, Gab. Io amo Tavington.”
Lui abbandonò la sua maschera di tristezza e divenne furioso.
“No! Tu devi stare con me, solo con me!”
Si alzò e la trascinò per i capelli. Lei non poteva fare niente, era legata e totalmente in balia della sua ira. La condusse verso la riva del fiume e lì le tirò un calcio forte alla pancia. Lei si accovacciò cercando di placare il dolore, ma le mani legate non le permettevano di difendersi dai colpi brutali del suo vecchio amico.
“Tu sei mia. Se non posso averti, nessuno ti avrà!”
Beatrix gattonò lontana da lui e sembrava che Gabriel si divertisse nel farle male. Quello non era il suo amico, non era la stessa persona che giocava con lei da piccola, che aveva sempre cura di lei, che la trattava come una principessa. Questo era un mostro, aveva la faccia sfigurata dall’ira.
Poi la bloccò sul manto d’erba e la fermò con il suo peso di nuovo.
“Perché mi fai questo, Gab?” chiese disperata lei.
“Perché tu ti sei presa gioco di me e dei miei sentimenti e io voglio farti sentire quanto male mi ha fatto.”
Poi la schiaffeggiò un’altra volta e le strappò la camicia che portava.
“Ho sbagliato, scusa. Ti prego, questo non è il modo per risolvere la questione. Ti prego, lasciami stare.”
Lui la guardò disgustato. “Così poi correrai dal tuo Colonnello? No, mia cara.”
Le accarezzò il seno e lei cercò di pensare ad altro. Perché se pensava davvero a quello che le stava facendo,  avrebbe vomitato. Sentiva in bocca il sapore del suo sangue, infatti le aveva fatto sanguinare il labbro ed ora il sangue colava lungo il collo.
“Immaginarmi te e lui mi viene il voltastomaco, ma..” le aprì brutalmente i pantaloni e glieli abbassò quanto bastava per fare quello che aveva tutta l’intenzione di fare.
“..ma in questo momento ho il desiderio di provare quello che tu hai dato a lui.”
Gabriel si sbottonò i pantaloni e continuò a fissarla con odio e repulsione.
Lei girò il volto dall’altra parte. Sapeva benissimo quello che le avrebbe fatto, la cosa più orrenda era che non poteva fermarlo in alcun modo. Si trovavano in un posto dove sembrava esserci nessuno, molto probabilmente Gabriel si era portato delle guardie ad assisterlo, perciò avrebbe potuto fare quello che voleva senza che nessuno venisse ad aiutarla. Era una sensazione terribile essere spettatrice del proprio destino. Vedere, ma non potersi né muovere né parlare.
Orrendo e umiliante.
Così girò il volto e fece evadere la mente.
“So cosa stai facendo, Bea. Posso solo immaginare a chi stai pensando in questo momento. Ma non ti preoccupare, non m’importa niente.”
Una volta sistematosi sopra di lei, la penetrò con un colpo forte e brutale. “No, non me ne importa niente. Voglio essere lui solo per questo momento, voglio provare quello che prova lui quando ti scopa.”
La penetrò nuovamente, ma lei non sentiva niente. Le lacrime scendevano, ma la sua mente era altrove. Non gli avrebbe permesso di ferirla nell’animo.
Mentre lui continuava a prendersi ciò che voleva da lei, Beatrix pensò a William.
Gli aveva detto che lo odiava e quella era l’ultima cosa detta prima di lasciarlo. Non l’avrebbe mai cercata, forse in quel preciso momento si stava divertendo con una delle cameriere della locanda. Ma a lei non importava, le dispiaceva solo che se fosse morta, lui avrebbe avuto quell’orrenda conversazione come ricordo di lei.
Chiuse gli occhi e pregò affinché Gabriel terminasse il suo piacere e che poi la uccidesse per porre fine finalmente a quel supplizio.
Poi all’improvviso sentì un colpo di pistola.
Beatrix aveva gli occhi sbarrati mentre il sangue colava.

N/A
Ciao a tutte!! ^^
Gran bel colpo di scena.. cosa succederà e soprattutto chi è stato colpito?

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.

un bacio grosso

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Capitolo 29
*** L’epifania di William ***


capitolo 29
Capitolo XXIX
L’epifania di William


“Si è svegliata?”
“No, ancora no. Vi terremo informato, Mr Grange.”
“Quanto tempo devo ancora aspettare?”
Non ci fu risposta.
Poi lei sentì un lieve fruscio e di nuovo la porta venne chiusa. E tutto ritornò annebbiato e lontano.
Qualcosa bagnava la sua faccia, un panno forse. Non riusciva ancora a mettere a fuoco perfettamente la camera, eppure un dolore lancinante allo stomaco risvegliò in parte i suoi sensi. Tentò di alzare la schiena, ma qualcuno non glielo permise.
Tutto ritornò buio.
“Hey.. amore.. mi senti?”
Una voce cristallina aveva pronunciato quelle parole, non era Gabriel. Era William, ne era sicura, il suo cuore quasi si rianimò nel sentirlo parlare.
Avrebbe voluto rispondere subito, ma c’era qualcosa in gola che non le permetteva di far vibrare le corde vocali. Si sentiva lì con lui, ma allo stesso tempo era come se non ci fosse realmente.
Intrappolata nel suo stesso corpo.
Lui le accarezzava le braccia, nel vano tentativo di riportarla sulla Terra. Infatti non sembrava cosciente della lotta interiore di Beatrix.
“Io..”
Si schiarì la voce e tentò di incominciare un discorso che sembrava essere importante.
“Beatrix.. io, io devo dirti una cosa.” Le prese la mano tra le sue e l’accarezzò.
“Quando ti ho vista lì per terra, alla mercé di quel ribelle..”
La voce si affievoliva e non solo perché il Colonnello faceva fatica a pronunciare quelle parole, bensì anche perché Beatrix faceva fatica a rimanere cosciente. Cercò con tutta se stessa di rimanere lì con lui, voleva resistere a tutti i costi perché sentiva che il momento che tanto aveva aspettato era giunto. Ma il suo corpo era debole, forse troppo per ancorarla alla realtà.
“..io credo di amarti.”
Non aveva sentito tutto il discorso, ma quell’ultima parte le faceva morire di nuovo il cuore. Tentò di aprire gli occhi, ma ancora niente. Poi, udì il rumore della sedia che veniva spostata rumorosamente e successivamente Tavington prese a camminare per la stanza.
“Sono confuso perché non mi sono mai trovato in questa situazione prima d’ora. Eppure sono sicuro che qualcosa sia cambiato. Io, io ti vedo in modo diverso. Quando ti ho vista con Gabriel mi sono immaginato me stesso al suo posto, quante volte ho abusato delle persone, senza mai rendere conto a nessuno.”
Beatrix non poteva ancora vederlo, così cercò di affinare gli altri sensi che poteva maneggiare. Dal tono di voce, dalle pause che faceva e dal respiro che prendeva in modo affannoso intuì che quel discorso era per lui una liberazione. Molto probabilmente non avrebbe avuto lo stesso coraggio di parlarle così da cosciente, ma quel momento era per lui un’epifania.
Aveva capito di provare qualcosa per lei?
“Ora, mentirei se ti dicessi che provo rimorso per quello che ho fatto in passato, perché io amo la mia vita e quello che sono e ripeterei le stesse cose. Ma tu..”
Prese un’altra pausa e Beatrix sentì questa volta qualcosa cadere per terra e rompersi in tanti pezzi.
“Lui non doveva permettersi di toccarti! Pagherà per quello che ti ha fatto, lo troverò e lo ammazzerò.”
Ritornò al suo capezzale, sedendo sul letto vicino a lei.
“Non puoi sentirmi, vero? Anche se lo fosse non vorresti ascoltarmi, io.. ti ho fatto male. Mi odi perché non voglio la pulce, ma il fatto è che.. voglio essere io il tuo unico centro di interesse. E la pulce.. è il tuo solo pensiero ultimamente!”
Le accarezzò il volto, passando con delicatezza le dita sulla sua guancia.
“Beatrix.. io ti amo.” Le prese le mani e le baciò “non puoi lasciarmi, ho bisogno di te.”
La ragazza lottò con tutte le sue forze per tornare da lui e dirgli che lo perdonava, che non era più arrabbiata con lui.
Ma non ci riusciva.
Il suo corpo era freddo, duro e lei non era in grado di controllarlo.
Era in trappola.
Allora Tavington prese un altro respiro e la ragazza non percepì per qualche secondo il contatto con la sua pelle. Poi, lui riprese la sua mano tra le sue e così riconobbe qualcosa di duro e freddo nel suo anulare. Sembrava un anello, ma dirlo con certezza era difficile senza poter fare affidamento sulla sua vista. Le aveva forse rimesso al dito l’anello di rubino?
“Questo è tuo, non potrei darlo ad un’altra donna. Perché non credo di potermi mai innamorare di nuovo di un’altra donna come te.”
Fece una pausa.
“Tu mi conosci bene. Non sono un uomo dolce e romantico, io.. mi trovo meglio in un campo di battaglia con la mia spada. In queste cose.. sono un disastro. Non era mia intenzione incominciare questa cosa con te, ma la situazione mi è sfuggita di mano. Tu non sei mai stata il mio ideale di donna, eppure eccomi qua come un adolescente alla prima cotta che ti parla, e non sei nemmeno cosciente! Forse è un bene, ma..”
I sensi la abbandonarono nuovamente e si ritrovò in un tunnel bianco, deprivata sensorialmente.
“..tu metti sempre in discussione quello che dico, quello che faccio. Perché sei così cocciuta, perché non fai quello che ti ordino?”
La porta si aprì ed entrò qualcuno, dai passi leggeri non poteva che essere una ragazza.
“Dovreste lasciarla riposare, Signore..”
La nuova arrivata aveva tentato di esortare il Colonnello, ma dall’affievolimento della voce Beatrix aveva compreso che Tavington l’aveva guardata male. Solitamente le persone si facevano intimorire dal suo sguardo imponente. Beatrix si era immaginata che il Colonnello si alzasse e la affrontasse, invece sembrava che non si fosse mosso di un centimetro dalla sua posizione. Infatti continuava a stare sul letto e rimandò solo un comando alla ragazza.
“Fuori.”
Una parola.
Carica però di forza, una minaccia poco velata che fece breccia nella donna. Infatti questa non rispose e se ne andò. La porta si richiuse e William continuò a parlare con Beatrix come se non vi fosse stata alcuna interruzione.
“Mi manchi. Sono giorni che sei incosciente, qui possono fare poco e io mi sento impotente. Non so cosa fare, perché non sei stata in questa dannata stanza?”

I giorni passavano e la ragazza non sembrava ritornare cosciente. Il Colonnello Tavington era rimasto vicino a Beatrix nella speranza che lei si riprendesse, ma ancora niente. Così, mentre William guardava fuori dalla finestra in quella stanza così fredda, ripensò al giorno dell’aggressione.
Aveva girato come uno stupido in quel villaggio, comprando cose su cose e sperando che qualcuno non lo vedesse in quello stato. Sebbene quel pensiero viaggiasse nella sua mente, una piccola parte recondita nella sua testa, o forse nel suo cuore, non vedeva l’ora che Beatrix scoprisse quello che aveva fatto. Non si poteva aspettare dove fosse andato, forse pensava che fosse a letto con un’altra?
Anzi no, probabilmente pensava proprio quello. E in quel modo lui l’avrebbe stupita, spingendola a mettere una pietra sopra la loro lite precedente. William aveva ancora i pacchi con le cose comprate e così si decise a tornare a casa. Una volta ritornato alla locanda scoprì che la ragazza non c’era, non aveva lasciato né una lettera né un qualche misero indizio che motivasse la sua dipartita.
Dapprima Tavington ne fu furioso, avrebbe voluto averla tra le mani e sentirselo dire in faccia che lo stava lasciando, perché lei non poteva abbandonarlo veramente. Forse era ferita, ma quella non era la scelta migliore. La rabbia prese il sopravvento e William scagliò tutto per terra in un impeto di ira.
“Maledetta!”
Passarono diversi minuti prima che potesse ritornare lucido abbastanza per analizzare la faccenda. Avrebbe potuto lasciar correre e permetterle di fuggire, dopotutto era la scelta migliore per lei e per lui. Nessuno avrebbe più sofferto e non ci sarebbero state più litigi inutili, ma così avrebbe lasciato a Beatrix il compito di prendere la decisione finale. Perciò, forse spinto da un forte orgoglio o forse perché era il suo cuore che lo stava guidando in quel momento e non la mente, afferrò le armi e si spinse oltre la porta della camera..
Un gemito lo riportò al presente. Si girò verso la ragazza sul letto, William osservò i movimenti lenti del suo petto, si alzava e si abbassava ad un ritmo regolare e lui quasi rimase incantato nell’osservarla. Sembrava indifesa e tranquilla, lontano dalla tigre che mostrava tutti i giorni con lui. Eppure nelle ultime settimane lui l’aveva resa triste ed era colpa sua se Beatrix si trovava lì. Fece un passo verso il letto e le accarezzò con due dita la guancia, sentendola un po’ più calda del solito. Il suo viso, pallido da giorni, stava ritornando lentamente più roseo.
Pensando che fosse un indizio della sua ripresa volle andare ad avvisare il medico, ma il momento in cui si staccò dalla ragazza, qualcosa lo trattenne.
“Non lasciarmi..”
Era stata lei a parlare. All’inizio credette di esserlo immaginato, invece era stata proprio la ragazza a pronunciare quelle parole. A quel punto William si inginocchiò per terra al suo capezzale e appoggiò la testa sul suo petto.
“Sei viva. Oh, Bea.. ero così preoccupato. Penso di non essere stato mai così in pena da quando mia sorella era scappata di casa! Oh, Dio.”
Lei non riusciva ancora a ricambiare l’abbraccio con la stessa forza usata dal Colonnello, anche se stava tentando a suo modo di mandargli quel poco di calore che aveva.
“Oh, William.. fa così male..”
Parlava con difficoltà e aveva alcune lacrime che scendevano sul viso. Il medico che Tavington aveva trovato era una specie di praticone di medicina, sapeva poco rispetto a quello che si aspetta da un dottore. Tuttavia era l’unico che aveva trovato e Beatrix aveva un bisogno disperato di essere curata. L’aveva tenuta in vita, in tal modo si era risparmiato una morte atroce che William gli avrebbe reso in caso di fallimento. In ogni caso il dolore lei lo sentiva. E non avendo i mezzi e forse neanche le competenze necessarie per curarla al meglio, Beatrix continuava a soffrire.
“Non ti affaticare. Prendi il respiro lentamente, ci sono io con te.”
Lei cercava di trattenere le lacrime per non fargli vedere quanto stesse soffrendo, ma William ormai la conosceva bene e vedeva nei suoi occhi il riflesso del suo dolore.
“Non te ne vai via, vero?” chiese lei tirando su con il naso.
L’uomo si alzò e si sistemò meglio sul letto accanto a lei. “No, sto qua con te.”
“Me lo prometti?”
Lui la guardò in quei suoi grandi occhi nocciola. “Te lo prometto.”
E poi Beatrix richiuse gli occhi.
Appena la ragazza fu di nuovo addormentata, Tavington prese una pezza dalla ciotola poggiata sul tavolino e, una volta bagnata, la passò sulla fronte della donna. Aveva oramai il viso del suo solito incarnato, sembrava sulla via della guarigione. Erano passati giorni, una settimana forse, da quel terribile giorno in cui l’aveva trovata nel bosco. William si ricordava bene i momenti che avevano segnato quella giornata, trovarla in quel sentiero era stata per lui una fortuna. O meglio dire, era stata una fortuna che quell’anziano l’avesse vista muoversi in quella direzione e dopotutto una donna vestita da uomo non passa inosservata quanto un Inglese in un villaggio americano.
Tavington non voleva ricordare i dettagli di quel giorno, avrebbe voluto dimenticare e mettersi subito in cammino per trovare quel dannato ribelle. Lo avrebbe fatto già allora se solo lei non avesse avuto bisogno delle cure.
Gli era sfuggito per un soffio, era bastata quella frazione di secondo di incertezza per farlo scappare via.
Un momento, una manciata di secondi che avevano permesso a Gabriel di strisciare via nel bosco.
Fu quel pensiero giunto lì per caso che risvegliò nell’uomo i ricordi passati.
Il Colonnello aveva sentito le grida della fanciulla che echeggiavano nella selva, purtroppo prima di giungere da lei aveva dovuto combattere con alcuni ribelli posti a sorvegliare il loro ‘Capo’. Gabriel si era portato cinque uomini, giovani e dilettanti. Sebbene Tavington fosse in inferiorità numerica era riuscito a far crollare i suoi avversari, recando solo qualche graffio sul braccio. Sembrava che il ribelle non si fosse accorto di quello che stava succedendo, William non li vedeva ancora, ma sentiva i gemiti di quel maiale, le parole sporche e deplorevoli, di contro udiva i gemiti sconquassati di Beatrix che gli spezzavano il cuore. Aveva fatto in fretta, superando quei rovi infernali per giungere da quel bastardo e ucciderlo finalmente. Una volta trovatosi davanti al ragazzo fece la prima cosa che il suo cervello comandò, non ci pensò neanche un secondo.
Sparò.
Sapeva di aver fatto centro, era stato promosso a Colonnello anche grazie alle sue doti insuperabili di schermidore e tiratore. Non aveva mai sbagliato e così colpì l’avversario. Non era riuscito a colpire il cuore perché Gabriel si trovava vicino a Beatrix, troppo per fare lo spavaldo. Ma era riuscito comunque ad arrestare il suo assalto, lo voleva vivo per torturarlo fino a fargli implorare pietà. Peccato che il giovane fosse pieno di risorse, sanguinante e barcollante stava ancora trattenendo con le sue luride mani la sua Beatrix. Lei era spaventata, stanca, ferita, ma c’era un sentimento prevalente che lui notò nel momento in cui i suoi occhi si posarono su quelli di William.
Vergogna.
Era così che si era sentita quando Tavington l’aveva presa la prima sera con forza? Era anche lui un mostro quanto il suo nemico?
“Sta’ lontano.. stai lontano, Tavington o ti giuro che l’ammazzo.”
Per rendere più incisiva la minaccia, puntava un coltello sulla gola della fanciulla che, legata dalle corde, non poteva che seguire Gabriel.
“Non puoi scappare. Ti ucciderò, ribelle. E lo sai.”
Il Colonnello parlava piano, ponderando le parole da usare.
“Non puoi uccidermi e anche salvarla. Devi scegliere, quanto vale di più: la nostra faida o lei. Tanto ho già avuto quello che volevo, non mi serve più. Prendila, la tua puttana.”
William ringhiò nel sentirlo volgersi così a Beatrix, ma non poteva lasciarsi andare in quel momento. Era quello che l’altro voleva.
“Lasciala, Gabriel. Lei non c’entra niente.”
“Sì che c’entra, era in combutta con te. Mi ha tradito per te. Mi ha lasciato per te.” Rispose prontamente il ribelle, buttando fuori tutta la rabbia e la frustrazione accumulata.
Gabriel sorrise in modo maligno.
“Cosa scegli, Colonnello?”
William aveva la spada impugnata, pronto a dare battaglia, ma l’avversario aveva ancora Beatrix come scudo. Poi, ad un certo punto, spinse la fanciulla e la fece rotolare giù dalla cunetta verso la riva del fiume.
Gabriel aprì le braccia e si espose alla vista del Colonnello.
Doveva scegliere.
Raggiungere il ribelle e finirlo o andare dalla ragazza e soccorrerla.
Doveva agire..
Poi, Tavington venne catapultato di nuovo al presente. Pensandoci bene, William non si era mai trovato in quella situazione. Era sempre stato un uomo impulsivo e questa sua inclinazione l’aveva manifestata maggiormente in battaglia.
Eppure aveva esitato.. perché?
Non si diede una risposta, bastò il suo sguardo che cadde sul corpo della ragazza che gli aveva rubato il cuore e forse anche il senno della ragione.
“William.. amore..”
Beatrix biascicava parole nel sonno ed era così adorabile nel letto tranquilla.
L’uomo si avvicinò alle sue labbra e lasciò un bacio casto prima di congedarsi per andare a dormire. Erano giorni che non lo faceva, troppo preoccupato per la salute della ragazza ed ora che si era ripresa poteva concedersi qualche ora di sonno.
Lei aprì gli occhi e, mantenendoli socchiusi, lo redarguì.  “Avevi promesso..”
Lui sorrise nel constatare che Beatrix non perdeva la sua cocciutaggine mai. Non discusse con lei e si sdraiò sul letto nel poco spazio disponibile.
Lei gli sorrise e per la prima volta il cuore del freddo Colonnello si riscaldò.

N/A
Ciao a tutte!! ^^
Ecco un altro capitolo fresco fresco. Potrebbe sembrare un po' confuso, ma il mio intento era quello di dare tante immagini del momento, più che le parole. Dopo.. 29 capitoli (!!) finalmente abbiamo la dichiarazione di William, lei non è cosciente, ma il Colonnello ha capito di amarla.. presto glielo dirà in modo diverso. :)
Beatrix era in quel letto perchè le vessazioni di Gabriel le hanno fatto perdere coscienza e il bambino forse ne ha risentito.. ma si scoprirà tutto bene prossimamente.. =)
Spero che questa versione più dolce di Tavington piaccia..
un bacio belle =)
Giulia

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.

un bacio grosso

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Capitolo 30
*** Il Buongiorno si vede dal mattino ***


capitolo 30
Capitolo XXX 
Il Buongiorno si vede dal mattino

Rating rosso!!

Beatrix si svegliò sentendo i caldi raggi del sole toccare la sua pelle. Si sentiva diversa, percepiva che le sue forze stavano tornando, non era più intontita. Vedeva con chiarezza le forme della stanza, era la loro stanza. A parte qualche mobilio che lui doveva aver gettato per terra, era tutto come lo aveva lasciato. Cercò di stiracchiarsi, ma c’era un peso che la rallentava. Infatti il Colonnello dormiva vicino a lei, occupando un terzo del letto e messo quasi sul bordo. Le faceva pena, pur di non ferirla o disturbarla aveva preferito dormire male lui. Era strano vedere Tavington comportarsi a quel modo, di solito pensava solo a se stesso. Invece in quelle settimane di semi incoscienza si era dimostrato un’altra persona.
Mi ha detto che mi ama!
Era quella l’ancora che l’aveva trattenuta, il voler tornare da lui e sentirsi dire quelle parole. Lo desiderava davvero, quanto bramava lui. Certo, avevano litigato e si erano detti cose brutte, ma ormai il passato era lontano. Dopotutto lei si era infervorata perché William si comportava sempre da insensibile e dimostrava di non voler cambiare. Invece le aveva fatto vedere proprio il contrario, era cambiato. Beatrix sperava solo che la notte non avesse avuto l’effetto di annebbiamento. Non vedeva l’ora che si svegliasse, voleva abbracciarlo forte.
Baciarlo, stringerlo. Amarlo.
Glielo avrebbe permesso? Era così tranquillo. Aveva i capelli spettinati e arruffati. Poi, Bea notò che la barba non era fatta, come i vestiti non sembravano essere stati cambiati da giorni.
Era stato così preoccupato per lei?
Mi ha detto che mi ama!
Così, Beatrix spostò con delicatezza il braccio dell’uomo che le cingeva il petto e si raddrizzò sulla schiena. Lo guardò attentamente e vide in quell’uomo la sua ossessione quotidiana  e ormai l’amore della sua vita. Con due dita scostò alcuni riccioli dalla fronte e poi accarezzò con dolcezza il suo viso ispido. Il dito scese sulle sue labbra carnose e poi risalì sulla sua gota. Le piaceva toccarlo, soprattutto quando era addormentato, perché lui non amava che lo toccasse così da sveglio.
Troppo orgoglioso.
Ad un certo punto lui le afferrò il polso con la sua mano, tenendo ancora gli occhi chiusi e tutto il resto del corpo bloccato alla medesima posizione.
Cavoli, quanto era abile, pure nel sonno!

“Sono io, William.” Lo rassicurò lei.
Lui le sorrise di rimando, con gli occhi chiusi. “Lo so. Conosco il tuo odore.”
A quel punto aprì i suoi bellissimi occhi, mostrandole quelle due pozze di mercurio liquido che quasi le sciolsero il cuore.
“Ah, sì? E ti è mancato?”
Tavington con uno scatto rapido l’avvolse nel suo abbraccio e, invertite le posizioni, l’adagiò con delicatezza sulla schiena.
“Sì, molto. Come il tuo sapore, amore.”
La parte ancora pudica della fanciulla fece arrossare leggermente le sue gote nel sentire la sua affermazione, ma quello era Tavington. Era abituata.
“Mi sei mancato anche tu.”
E così dicendo si alzò quel tanto per far congiungere le loro labbra. Si baciarono col delicatezza, senza spingersi oltre e mantenendo un ritmo lento e regolare. Lui si adagiò meglio su di lei, cercando di non pesarle troppo e di non toccare i suoi lividi ancora freschi. Lei gli tirava i capelli, assaporando il suo sapore fino all’ultima goccia.
“William..”
Non proseguì, lo guardò semplicemente negli occhi. Mostrava tutto il desiderio che la consumava e che vide consumava anche lui. Non c’era infatti bisogno che continuasse, lui capì. Perché quell’ardore che la divorava dentro lo sentiva anche lui.
Prima di ricominciare, William si fermò alcuni secondi a contemplare il viso della ragazza che gli aveva fatto perdere la testa.
“Ti voglio, Beatrix. Come non ho mai voluto nessuna donna prima.”
Glielo disse sussurrando quelle parole, che avevano un peso per Tavington, ma che erano anche una liberazione.
“Da quanto tempo che aspettavo di sentirti dire queste..”
Ma l’uomo non le permise di finire la frase, aveva già affogato le labbra sulle sue, divorandola. Le mordicchiava le labbra, le baciava, spostando le sue attenzioni tra la bocca della fanciulla e il suo collo. Lei gemeva e sospirava, segno che la passione che condividevano era la stessa.
“Ti sei divertito mentre ero via?”
Beatrix sapeva di rovinare l’atmosfera e di rendere anche Tavington nervoso. Ma, sebbene il suo corpo desiderasse con frenesia il corpo del Colonnello, il suo cuore però esigeva una rassicurazione. Dopotutto l’ultima volta che lo aveva visto era in compagnia di una delle cameriere della locanda. Se lui l’aveva tradita, doveva saperlo.
Ma lui non rispondeva e il suo tentennamento le fece perdere un colpo al cuore.
Mi ha tradita davvero?
Chiuse gli occhi un secondo e cercò di tranquillizzarsi.
Non importa.. mi ama..
Vedendo che lui non accennava a proferire parola, decise di lasciar cadere il discorso e così lo baciò. Riprese da dove si era interrotti, ma era come se qualcosa fosse cambiato.
Sono stata una stupida a chiederlo! Ho rovinato tutto.
Mentre le labbra della ragazza si muovevano sulle sue, William al contrario non ricambiava il bacio. Come una pietra si era bloccato, pareva arrabbiato.
“Come puoi pensare una cosa del genere? Credi davvero che sarei andato a divertirmi mentre tu eri in fin di vita qua?”
Disse infatti con un filo di voce che rasentava il sussurro. Lei si sentì ancora più in colpa, non avrebbe dovuto domandare, ma doveva sapere. Voleva sapere.
“Bé..” cercò le parole per non ferirlo “non è che sei sempre stato un santo, William.”
Quelle parole lo colpirono come tante pugnalate, pugnalate al cuore. Lei lo vide, anzi no, lo lesse nei suoi occhi. Aveva di nuovo sbagliato.
Lui scosse la testa in segno di rassegnazione e si staccò dal corpo della ragazza. Se ne stava andando e lei non poteva permetterlo di nuovo. L’ultima volta era quasi morta fisicamente, ma questa volta sarebbe morta dentro se lui l’avesse lasciata di nuovo. Mentre lui retrocedeva sul letto, lei bloccò le sue braccia e lo trattenne.
“No. Ti prego, non andare. Scusami.”
Beatrix non gli permise di spostarsi da lei, lo tratteneva con forza e con tutto il suo amore.
“Beatrice.. so di essermi comportato male con te in passato e forse ti ferirò ancora in futuro, ma..”
Questa volta fu il turno della ragazza di interromperlo. Lo zittì saltandogli in grembo e baciandolo. Erano entrambi sulle ginocchia sul letto.
“Il passato è il passato. Non voglio che non ci permetta di vivere il nostro presente e di costruire il nostro futuro. William, io voglio stare con te.”
“Lo so, anche io. Ma i tuoi dubbi mi fanno male.”
Più lo sentiva parlare e più percepiva che lui stava condividendo con lei un pezzo della sua anima. “Anche a me fa male pensarti con un’altra e non vorrei avere questi dubbi.”
“Promettimi” la ragazza si spinse oltre “promettimi che non dovrò mai dubitare della tua fedeltà, William.”
Lui sorrise divertito. “Te l’ho già promesso, ricordi?”
Beatrix rise con lui. “Lo so. Ma avevamo detto che il passato era il passato. Oggi è un nuovo inizio.. io e te.”
“Non posso prometterlo, Beatrice.”
Lei si rabbuiò un secondo, ma lui continuò subito appena avvertì la sua tristezza nascente.
“Non posso perché abbiamo un intruso, ricordi? Quella cosa.. che vuole rubarmi il posto..”
William aveva agitato le mani per farle capire a cosa si riferisse e quando lei capì, scoppiò a ridere.
“Ah! Il nostro bambino.”
“La nostra pulce, non è un bambino!”
Lei fece una smorfia. “Quanto sei puntiglioso, fra qualche mese sarà un bambino.”
Le sopracciglia di Tavington si alzarono. “Se non si fa ammazzare prima.”
A quel punto Beatrix lo schiaffeggiò scherzosamente sul braccio. “William!”
Lui fece una smorfia pari al finto dolore. “Ouch! Però devi ammettere che porta un tantino iella.”
“Non è vero.” Disse la ragazza accarezzandosi la pancia “Papà scherza, amore mio.”
“Pensi sul serio che ti ascolti?” chiese lui prendendola in giro.
“Certo che mi sente. Io e lui siamo legati.”
Tavington allora si sporse più vicino a Beatrix e aggiunse la sua mano sulla sua pancia. La fanciulla non si aspettava quel gesto, la sorprese, ma in positivo.
“Io continuo a sentire niente.” Disse lui con il suo solito pragmatismo.
“Perché senti con le orecchie o con il tatto.” Spiegò la ragazza con semplicità.
“Oh, certo.. che altro dovrei usare, Bea?”
“Il cuore. Nel mio ho immaginato la pulce e parlo attraverso il mio cuore.”
Lui non riusciva a comprendere le sue parole. Beatrix sperò di riuscire a mutare questo in lui in futuro, per fargli avere fede in qualcosa che non fosse la bruta guerra. Non poteva continuare a vivere così, sempre in guardia, erigendo un muro tra lui e gli altri.
No, lei lo avrebbe abbattuto.
“Ti amo.”
Disse all’improvviso la ragazza, stupendolo lei questa volta.
Tavington rimase ancora qualche secondo con la mano sulla sua pancia. Sorrideva. Poi alzò lo sguardo inchiodandola con i suoi occhi glaciali.
“Quanto?” chiese.
Non era proprio la frase che si aspettava Beatrix, ma conoscendo il suo ego sproporzionato non si stupì. “Tanto.”
Lui si staccò dalla ragazza e si appoggiò sul letto con le mani, mettendosi a quattro zampe. La sua posizione la obbligò ad indietreggiare e poggiare lentamente la schiena sui cuscini.
“Tanto quanto?” proseguì.
La guardava con malizia, come se quella fiamma che si era accesa minuti prima si fosse all’improvviso ridestata.
Lei rise. “Tanto quanto.. una grande grande casa!”
William fece l’offeso. “Solo?”
“No. Il mondo, anzi no, l’universo.” E dicendolo allargò le braccia indicando quello che stava dicendo.
Il Colonnello a quel punto le accarezzò le gambe, passando le dita con dolcezza, sfiorando alla superficie la pelle. Il suo tocco era come un soffio d’aria sulla sua pelle, come se lui volesse che lei chiedesse altro. Partì dalle caviglie e risalì con lentezza misurata lungo il suo polpaccio, per poi arrivare alla coscia. Beatrix non aveva i vestiti maschili addosso, solo in quel momento si accorse che indossava una graziosa vestaglia da donna. Era larga, di cotone, decorata con motivi floreali.
“Sei stato tu a prendermi questa?” domandò indicando la veste.
“Ti piace?” chiese lui con genuino interesse.
Era stato lui a comprarla? Oddio, immaginarsi Tavington in una bottega a comprare per lei vestiti era assurdo, non riusciva proprio a raffigurarselo. Possibile che lo avesse fatto davvero?
“Mi piace molto, William.”
“Bene, perché la mia donna deve avere il meglio.”
Il solo pensiero di essere considerata la ‘sua donna’ le riscaldò il cuore, poi fu il suo tocco a renderla ancora più bollente e calda per lui.
Bruscamente William interruppe le sue fantasie afferrando con decisione le sue gambe ed allacciandole alla sua vita.
“Dobbiamo recuperare tanto io e te, convieni amore?”
“Non potrei che essere d’accordo con te, amore mio.”
Allora lui la tirò su e poi la baciò. Questa volta il bacio fu tutt’altro che dolce, qualcosa era cambiato. Il bacio era rude e famelico e Beatrix non poteva opporsi perché lo voleva con la stessa intensità. Tavington le sciolse i capelli che erano legati alla buona con un laccetto. Li liberò aprendo una folta chioma più ribelle che mai. Si baciavano senza sosta sedendo sul letto in modo scomposto. Era una posizione tutt’altro che comoda. Era seduta sul letto con le gambe allargate che cingevano la vita dell’uomo e l’unico sostegno che aveva era lui. Continuò a baciarlo nonostante quella posizione le facesse sentire il dolore sulla pelle livida, ma non disse niente. Lo voleva davvero e non avrebbe di nuovo rovinato quel momento. Poi lui le spostò i capelli da un lato e prese a baciare anche il suo collo, facendola gemere forte. “Mi sei mancato così tanto, William.”
“Anche tu, amore. Anche tu.” Disse tra un bacio e l’altro lui.
“Ma questa volta voglio fare le cose bene con te, Beatrice.”
E si fermò.
“In che senso?”
“Ho pensato che.. ecco, la tua prima volta non è stata.. memorabile. Volevo che fosse diverso..”
Sembrava quasi impaurito da quelle parole, come se si vergognasse a dirlo.
Sta cambiando davvero..
Lei non gli rispose, ma acconsentì con lo sguardo. Così lui proseguì sfilando la sua veste dalla testa. Rimase nuda davanti a lui, ma non essendo la loro ‘vera’ prima volta, non si vergognò. Beatrix sapeva di non essere al meglio, aveva già intravisto qualche livido di G.. non riusciva nemmeno a pronunciare il suo nome. Le faceva male al cuore, non voleva più vederlo. William percepì il suo turbamento e capì, così cercò di metterla a suo agio. La riadagiò sul materasso con dolcezza e poi prese un respiro. Come se così facendo potesse cacciare via qualcosa. Doveva aver intuito i suoi pensieri su G.
Si mise sopra di lei, senza però toccarla. Invece che baciarla sulla bocca, come si aspettava, invece lasciò un solo bacio caldo sulla coscia. Continuò a tempestare di tanti piccoli baci la sua gamba e lei capì il motivo. Cercava di farle passare il tormento sui suoi lividi.
“Mi dai un bacio sulla bua?” Chiese lei con amore.
“Sì.”
La sua bocca aveva baciato e leccato ogni centimetro delle sue cosce per poi risalire in alto. Il cuore di Bea si fermò un attimo quando lo vide alzare lo sguardo su di lei e poi sul suo punto più delicato. Così esposta si sentiva inerme e aveva paura. Le mani di Tavington ora poggiavano sulle sue cosce, avvicinandosi sempre più nel luogo dove anelava andare e rivolgere le sue attenzioni.
“William..”
Disse lei in un sospiro, ricordandosi quello che aveva provato l’ultima volta. Lo voleva provare di nuovo, sapeva che era un paradiso, eppure aveva paura lo stesso.
“Non ti preoccupare, Beatrice. Fidati di me..”
“Mi fido di te.” Disse con fermezza.
William le sorrise con malizia e poi si fece strada sulla sua carne con le dita aprendosi il passaggio. Una volta che ebbe l’accesso libero inserì un dito dentro di lei, facendola gemere. Beatrix si morse il labbro e chiuse gli occhi cercando di assaporare quel momento di piacere. Il suo dito si muoveva dentro e fuori con intensità crescente, intanto i suoi gemiti crescevano sempre di più fino a che non poté più trattenerli. Sospirava rumorosamente facendo sorridere lui di orgoglio. Vedendo l’effetto che aveva scatenato in lei ne inserì un altro e poi ancora un altro. Si muoveva dentro di lei con forza, ma allo stesso tempo era dolce e attento.
“Ti piace, eh?”
Avrebbe voluto così tanto dirgli no, ma sarebbe stata una bugia tremenda che non avrebbe avuto alcune fondamenta. Infatti il suo corpo la tradiva, e lei lo sapeva bene, fin dal loro primo momento intimo era successo così.
“Non parli, Beatrice? Allora ti farò parlare io..”
Fece uscire lentamente le sue dita e lei vide come erano lucide e bagnate dei suoi umori.
“Sai che il tuo sapore è dolce e mi attira come se fosse torta al cioccolato?”
“E tu ami il cioccolato.”
“Da impazzire.”
E poi Beatrix sentì le sue labbra dove prima aveva sentito le sue dita. La sua lingua era calda e abile, si muoveva con maestria sulla sua carne facendola gemere forte. Cercò di trattenersi, ma questa volta le era impossibile. Come aveva predetto lui infatti gemette forte e gli fece sentire bene quanto le piacesse quello che le stava facendo.
“Allora, ti piace?” tentò di nuovo William.
“Sì sì sì. Oddio, io.. oh! William!”
Le sue mani avevano leggermente lacerato il lenzuolo per il tanto tirare e strappare. Era così vicina, mancava così poco e si sarebbe liberata. Ma lui non sembrava volerla accontentare presto. Infatti si fermò prima.
Vista la sua faccia dispiaciuta, le spiegò. “È ancora presto, amore.”
La bocca di Tavington baciò il suo ombelico e poi la pancia. I suoi capezzoli erano già eretti ed era come se chiedessero attenzione. William non si fece attendere, prese tra le sue labbra un capezzolo e poi un altro, massaggiandoli con voglia crescente.
“Il tuo corpo mi fa impazzire. E non mi era mai successo.. è come se volessi stare sempre dentro di te.”
“Oh, William! Anche io ti voglio dentro di me. Vorrei che tu mi prendessi totalmente, anima e corpo.”
Lui baciò le sue labbra e lei percepì il suo stesso sapore. William si fermò un secondo e la guardò negli occhi. Senza tentennamenti, pupille contro pupille.
“Beatrix..”
“Mmm..” disse lei in estasi, ormai drogata di lui.
“Ti amo.”
Lei quasi si strozzò con la sua stessa saliva. “Mi ami?” chiese con stupore.
“Sì.”
“Oh, cielo. Non ci credo! Anche io ti amo, amore. Sempre.”
Poi la ragazza invertì le posizioni e si mise sopra di lui. Gli aprì la camicia e lasciò così scoperto il suo petto, gettando via l’indumento. Accarezzò con voluttà quel petto muscoloso ricoperto di quei adorabili riccioli. Lei li adorava, soprattutto quelli che si trovavano sotto il suo ombelico. Li amava ed erano incredibilmente attraenti. Depositò qualche bacio sulla sua pelle e poi aprì il bottone dei pantaloni, facendo così spazio alla sua erezione che sembrava crescere sempre più.
“Impaziente, eh?” lo prese in giro lei.
“Sempre.”
Beatrix gli sfilò i pantaloni e poi li gettò dall’altra parte della stanza, lasciandolo nudo quanto lei. Il Colonnello era già pronto per lei, non aveva bisogno di altro. La sua virilità si presentava in tutto il suo splendore sdraiata sulla sua pancia. Grossa e pesante. Vederla così le faceva venire in mente pensieri impuri, si morse il labbro in modo peccaminoso mentre fantasticava su di lui.
La ragazza allora lo prese in mano, ma lui la redarguì subito.
“Bea..” Anche lui era al limite come lei.  
“Va bene.” Si arrese.
A quel punto, la fanciulla si posizionò sopra il corpo bollente dell’uomo e accompagnò il suo membro dentro di lei. Fece con delicatezza, centimetro dopo centimetro. Voleva sentirlo dentro di lei, voleva percepirlo crescere e ingrossarsi per lei. Con la convinzione che era proprio lei a renderlo così. Lui respirava con fatica e Beatrix sapeva che stava soffrendo, stava resistendo per lei. Ma la ragazza non se ne curò, voleva viversi quel momento. Una volta dentro, buttò fuori l’aria come una liberazione e gettò la testa all’indietro. Appoggiò le mani sul suo petto e prese ossigeno lentamente. Poi si sporse verso di lui e, guardandolo negli occhi, fece nuovamente separare i loro sessi per poi farli congiungere con un colpo secco che fece diventare il ghiaccio negli occhi di Tavington ancora più liquido. Anche lui respirava con fatica, resisteva, ma era davvero al limite.
Poi lei intrecciò le sue dita in quelle di lui e iniziò a cavalcarlo. Dapprima lentamente e poi sempre più veloce. I loro sessi cozzavano e facevano un piacevole suono che lei aveva imparato ad amare. Sebbene fosse difficile, cercò di non staccare gli occhi dai suoi. Voleva vederlo negli occhi, voleva guardarlo venire, insieme. E poi finalmente venne, con un urlo. Lui la seguì qualche secondo dopo e la accolse tra le sue braccia. Lei crollò letteralmente sul suo petto. Poggiava la guancia su di lui, il cuore batteva forte e respirava con grande fatica. Era stremata.
“William.. sei incredi-bile.”
Lui le accarezzò la schiena e la strinse forte. “No, sei tu incredibile.”
“Ti amo, William.”
“Ti amo anche io, Beatrix.”




Ciaoo a tutte ^^
Per farmi perdonare della lentezza degli aggiornamenti recenti, questa settimana ne ho pubblicati due e ne ho già pronto un terzo =) spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non sia andata ‘oltre’. Mi scuso in anticipo se ho offeso qualcuno, ma l’altro giorno ero davvero presa e non potevo che continuare a scrivere, non ero io, la mia mano!! XD
Non so se voi vedete The Vampire Diaries.. io lo adoro!! Comunque sia, ho scritto questo capitolo ascoltando la musica di Ed Sheeran “Kiss me”.. la scena tra Damon e Elena della 4x07 è stata molto di ispirazione!! :D
Boh.. mi sono dilungata troppo.. vi mando un bacio grosso.. sperando di non essere stata troppo ‘rossa’ :)
Un bacio belle =)
Giulia
xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso

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Capitolo 31
*** Un passo avanti, due passi indietro ***


capitolo 31
Capitolo XXXI
Un passo avanti, due passi indietro



Avevano passato la mattinata a letto abbracciati e accoccolati. Tavington l’aveva aiutata ad alzarsi e si erano così preparati. Lui le aveva davvero comprato nuovi vestiti, erano graziosi e soprattutto femminili. William l’aveva esortata a sbrigarsi, avevano una tabella di marcia da seguire e c’era un obiettivo da raggiungere: Beaufort.
“Abbiamo i giorni contati, Beatrice.”
Prese una sacca in spalla e, una volta datole la mano, uscirono dalla stanza.
“Mia sorella ha detto che dobbiamo incontrarci alla luna nuova, dovremo avere all’incirca due giorni per passare la contea.”
Beatrix scoprì che il piano del Colonnello era organizzato nei minimi dettagli: aveva portato una mappa col percorso segnato, una bussola, provviste ed era infine riuscito a procurarsi anche un cavallo. Appena la ragazza lo vide, il suo corpo martoriato urlò di dolore, sarebbe stato un lungo viaggio stancante, tutt’altro che piacevole. Eppure quando il suo sguardo si posò sul’uomo che in quel momento stava caricando le borse sul quadrupede prese un respiro di sollievo. Lui le trasmetteva fiducia e conforto. Forse le cose potevano davvero migliorare, sempre sperando che Tavington non cambiasse di nuovo umore da un momento all’altro. Ma Beatrix presagiva il contrario, almeno era quello che poteva dedurre vista la ‘bollente’ mattinata passata insieme.
“William, chi fa strada?”
“Vuoi provare?” chiese sarcastico, già sapendo la risposta.
“No, grazie.”
Poi rimase a guardare la scena che si trovava davanti, la sua mente aveva ricreato un’altra situazione, infatti le stava facendo ricordare ‘quel momento’. Il loro primo incontro che poi l’aveva condotta al Forte.
“Tu non vai da nessuna parte.”
Tavington scese dal suo cavallo e si appropinquò vicino a lei. Era alto, non tantissimo, ma sicuramente più alto di lei. La sua camminata rispecchiava il suo modo di vestire, la classe fatta in persona. Che pallone gonfiato, quanto si gonfierà il suo ego ogni qualvolta le persone fanno esattamente quello che vuole.
“William.” Lo chiamò lei.
“Mmm..” rispose semplicemente l’uomo, invitandola a proseguire.
“Sai a cosa sto pensando ora?”
Lui, che era intento ad aggiustare la sella e le redini, si girò di tre quarti, guardandola di sfuggita.
“Pensi che sia un indovino?”
“Ah ah ah.. dai! Un uomo romantico direbbe ‘sì, amore, sto pensando anch’io la stessa cosa’ ”
E così pronunciò quella frase in farsetto, inducendo in lui una risata beffarda.
“Io non sono un uomo romantico, amore. Hai sbagliato persona.”
La ragazza a quel punto lo raggiunse e gli cinse la vita da dietro.
“Non ho sbagliato. Amo proprio te, così come sei.”
Tavington si lasciò accarezzare. “Quindi a cosa stavi pensando di così importante da volermi rendere partecipe dei tuoi pensieri?”
Beatrix si staccò e poi lo affiancò accanto al cavallo.
“A te.”
William le accarezzò i capelli lungo la loro lunghezza.
“Ma il tuo mondo gira attorno a me?” chiese Tavington.
Beatrix si chiese se fosse una presa in giro.
“Certo, amore. E il tuo mondo deve girare solo attorno al mio!” rispose con fermezza.
“Oh, certo. E, di grazia, ti sei dimenticata che sono un soldato, omissione volontaria?”
“Mi piacerebbe. In ogni caso, che tu sia il Colonnello Tavington o semplicemente William.. ti amo comunque.” Ribatté con amore Beatrix.
“Oh, quanto siamo romantiche oggi. Con tutta questa dolcezza rischi il diabete, amore.”
Poi, Tavington le porse con gentilezza la mano e la invitò a salire sul cavallo bianco.
“Su, Sali.”
“Na-na-na. Qui siamo ancora lontani dal rispetto che mi devi, dolcezza. Comunque sia, non farmi perdere tempo e sali sul cavallo.”
Lei, dopo alcuni secondi che era ferma perché ancora intontita dalla potenza dei ricordi, accettò la mano e salì sull’animale. Venne aiutata dal suo Colonnello, che l’aveva sorretta e le aveva facilitato l’arduo compito. Sentiva ancora le ossa far male, ma lui era stato così premuroso che aveva percepito poco dolore. Una volta che lei fu sistemata, anche lui la imitò e con uno slancio abile salì sopra il quadrupede.
Tavington afferrò il suo braccio e la spinse verso il cavallo.
“Su da brava sali su, non farmi perdere altro tempo.”
“L’ultima volta che lo hai detto mi hai fatto diventare la tua schiava sessuale.”
Tavington prese le redini e spronò il cavallo, che si mosse al suo comando.
“Sei pronta a rischiare?”
“Dipende da cosa ottengo come premio.” Lo istigò la ragazza.
Il Colonnello allora la attirò più vicino a sé e poi le sussurrò nell’orecchio. “Me.”
Come la prima volta, le sue labbra a contatto con la pelle sensibile del suo collo le diedero i brividi.
I due corpi erano vicini, molto vicini.
Lei sentì il respiro di Tavington sul collo, aria calda che le fece il solletico e il suo corpo reagì senza il controllo della sua volontà. Brividi in tutto il corpo, i peli si rizzarono come se sentisse freddo.
Tavington sorrise fugacemente nel vedere l’effetto che le faceva e così si spinse oltre avvicinando la bocca al suo orecchio.
“Hey selvaggia, non mi hai ancora detto come ti chiami.”
Beatrix cercò di darsi un certo contegno. “Allora vale la pena di rischiare.”
Incominciarono a muoversi e non si rivolsero la parola per un po’. Erano partiti a mattina inoltrata, avevano fatto una colazione abbondante perché Tavington l’aveva avvisata che non si sarebbero fermati ancora per qualche ora.
Il cavallo che aveva preso William era un bel esemplare. Bianco, ma di una tonalità smunta con qualche macchia più scura a ricoprire il morbido manto. A Beatrix l’animale piaceva, le ricordava il Colonnello. L’associazione che aveva fatto era strana, ma aveva una ragion d’essere per lei.
Bello, agile, forte, ma negli occhi vedeva qualcos’altro, come se la inducessero a investigare oltre. Oltre quella bella apparenza c’era dolore e sofferenza, legati insieme dall’abbandono e lei voleva ‘guarirlo’.
“Il cavallo lo hai comprato?” la fanciulla ruppe ad un tratto il silenzio.
“Sì. Ho chiesto il più forte che ci potesse portare a Beaufort il più veloce possibile.”
“Lo hai provato? Come fai a saperlo con certezza?” chiese con stupore Beatrix.
“Sono abituato a selezionare le cose e le persone.” La rassicurò subito.
“Mi piace molto. Dovremmo dargli un nome.” Propose lei.
“Interessante, e quale nome ti piace, Beatrice?”
Lei ci pensò su. “Vediamo.. Grangie.”
Lui fece una smorfia di disgusto nel sentirle pronunciare quel nome insolito. “Grangie?”
“Sì.. Grange.. Grangie!!” disse lei con euforia.
Il Colonnello però continuava a non essere convinto. “Va bene, vada per Grangie. Certo che hai tanta fantasia.. devo tenerti d’occhio, altrimenti chissà che nome toccherà a nostro figlio!”
Scoppiarono a ridere. Intanto però il cuore di Bea sorrideva con lei, era così bello sentirgli dire nostro bambino, nostro figlio.
“L’ho già scelto. Sia se è femmina sia se è maschio.” Ribatté con fermezza la ragazza.
“E cosa hai pensato?” domandò lui curioso.
“Eh eh.. segreto, amore mio!”
Lui le sorrise, ma non continuò a punzecchiarla. Un giorno glielo avrebbe detto.
“Comunque, William.. Grangie è proprio bello. Come te.” Disse lei con genuina ammirazione.
“La bellezza non è tutto, Beatrice.”
La sua massima la stupì, non era da lui dire certe cose. William dovette aver visto la sua faccia stupita, perché proseguì il suo discorso. “Ti sorprende tanto?”
“Sì. Quindi.. se ingrassassi ancora e mi riempissi di brufoli ti piacerei comunque?”
“Sì.” Rispose pacato.
“Anche se venissi investita da un carro e rimanessi paralizzata, sorda, muta, cieca..”
Tavington scoppiò a ridere, interrompendola. “Hey, hey, hey.. calma, amore! Non ti sembra di esagerare un po’ con l’immaginazione?”
Lei fece il broncio. “Lo hai detto tu che la iella ci segue!” affermò con sicurezza.
“Touché.”
Passarono altre ore. Ormai il cielo era sempre più scuro, era autunno inoltrato e le giornate si stavano accorciando. il sole scompariva presto.
Erano sul quel cavallo da tanto tempo e quella posizione iniziava a stancare. A quel punto Tavington lasciò con una mano le redini e l’appoggiò sulla coscia della fanciulla. Beatrix indossava quel bel vestito scelto personalmente da Tavington, rosso fuoco e corto al punto giusto per farlo impazzire.
“Allora, Beatrice, il tuo discorso vale anche al contrario?”
Lui attese la sua risposta con interesse, mentre la sua mano calda continuava a massaggiare la sua coscia. Quel movimento la distraeva, così cercò di isolare quelle emozioni così forti che lui stava trasmettendo e tentò di dare una risposta sensata alla sua domanda.
“Perché non dovrebbe, William?”
Ad un tratto il Colonnello allontanò la mano e si concentrò sul percorso.
Passarono alcuni minuti e di nuovo cadde un silenzio tombale tra di loro. Beatrix si chiese se per caso lui volesse un’altra risposta. Provò a ripescare altre risposte più ‘giuste’ e poi decise di rompere lei il silenzio.
“Pensi che io sia attratta da te per il tuo fisico?” domandò alla fine la ragazza, riponendo la speranza che non fosse l’inizio di una discussione.
Lui non rispose subito. Anzi proprio non sembrava volerle dare una risposta, allora lei si girò lentamente per poter vedere il suo viso e capire quello che stava pensando. Quando Tavington si accorse del suo sguardo inquisitore, le rimandò semplicemente una alzata di spalle.
Quello vuol dire: ‘non mi importa’ o ‘sono arrabbiato, lasciami perdere’ ?”
Tavington le sorrise. “Pensi che io sia sempre arrabbiato con te?”
“Sì. Ho sempre paura a dirti quello che penso perché tu potresti prenderla male.”  Gli rispose con sincerità.
“Questa volta non hai detto una delle tue sciocchezze, Beatrice.”
“Una delle mie sciocchezze??” gli fece eco, infervorata lei questa volta.
“Ammetti che non sempre i tuoi interventi sono dei più brillanti.”
“Mi stai prendendo in giro? Immagino che tu, con le tue scuole ‘alte’ in Gran Bretagna, non hai questo problema.” Ribatté Beatrix con una alzata di spalle.
“No, infatti.”
Quella fu la sua risposta. Ormai Bea aveva imparato a conoscere il suo modo di porsi con gli altri, soprattutto nei suoi confronti. Quando rispondeva con monosillabi aveva qualcosa che non andava.
“Tutto questo è iniziato per quella mia stupida frase sul cavallo?” disse con stupore Beatrix.
Poi si girò e tornò a guardare davanti, a bassa voce proseguì. “Devo stare zitta, accidenti a me e alla mia linguaccia!”
La sua imprecazione aveva fatto ridere sotto i baffi Tavington.
“Io l’ho sempre detto che quella bocca è da cambiare.”
La ragazza prese al balzo la palla per replicare con falsa ironia. “Oh, certo. Ma a qualcuno piace la mia bocca, soprattutto quando ti faccio..”
“Beatrice!” la redarguì lui, interrompendola subito.
“Oh, suscettibile il Colonnello!” disse con una smorfia.
“Devi imparare a contenerti. Una signora non dice parolacce.”
“Per fortuna che non sono una signora allora.” Rimbeccò lei.
“Non vuoi cambiare quello che sei?” domandò Tavington, alludendo alla sua condizione sociale.
“Chi nasce tondo non muore quadrato. Io sono così, se vuoi una signora va’ a cercarla a Londra.”
Nel suo tono di voce c’era un pizzico di irritazione. Odiava litigare con lui, ma tanto quel discorso era da fare. Tavington le aveva già detto che non poteva sposarla, a suo dire, perciò era lei che doveva decidere se sottostare alle sue condizioni. Avrebbe dovuto immaginarsi che quella discussione si sarebbe ripresentata e forse era meglio affrontarla subito, in quel momento che aveva le forze di controbattere.
“Beatrice.. ti ricordi quello che ti ho detto tempo fa?”
“Sul fatto che non puoi sposarmi?”
Il cavallo si fermò.
“Sì.”
L’attenzione di Beatrix venne catturata dal movimento repentino e così voltò immediatamente la testa per capire il motivo. Davanti ai suoi occhi c’era un fiume, presumeva. Tavington scese da cavallo e si avvicinò alla riva. La ragazza non lo seguì ancora, aspettò di avere sue indicazioni prima. William non era vestito come gli altri soldati Inglesi, portava semplicemente una larga camicia logora, i suoi pantaloni neri e poi gli stivali. I capelli erano legati, come al solito, con un laccetto. Era in piedi davanti al fiume, ed era di una bellezza disarmante. Lei sapeva bene l’effetto che le faceva, quando il suo sguardo si posava sul suo era come se scattasse qualcosa dentro di lei. Il cuore batteva più veloce e si sentiva più calda, in particolare percepiva le gote più accaldate.
Sei proprio innamorata! Le suggerì una vocina interiore.
Lui aveva poggiato le mani sui fianchi, aveva allungato la schiena e poi continuava a fissare il panorama davanti a sé, come se potesse scrutare qualcosa che andava oltre. Finalmente, ad un certo punto, lui si girò nella sua direzione e la guardò.
I suoi occhi, che erano ghiaccio, avevano un colore così bello da farle sciogliere il cuore. Sembravano due pozze di mercurio fuso, come si faceva a non amarle?
“Beatrice?” tentò di richiamarla lui dal suo viaggio mentale.
“Mmh..” rispose in trance.
“Hai visto qualcosa di interessante, micetta?” chiese beffardo il Colonnello.
“Ehm.. veramente io..” sistemò la voce “io.. stavo guardando questo.. bel..” agitò le mani in direzione del.. nulla che si trovava davanti a loro. A parte il fiume, attorno a loro c’era niente di interessante, anzi no, proprio niente.
Lui arrivò in suo soccorso. “Sei stata colpita dai riflessi argentei sull’acqua, vero? Sono bellissimi, non credi?”
Sembrava davvero convinto di quello che diceva, come se non si fosse accorto che fino a poco prima lei stava sbavando per lui.
“Era proprio quello che stavo per dire. Non trovavo le parole ecomiabili per dirlo.”
Encomiabili, Beatrice.” L’ammonì lui, mentre si avvicinava al cavallo.
La risposta di Beatrix fu una linguaccia al suo compagno di viaggio. Quando Tavington fu vicino a Grangie, l’aiutò a discendere dal quadrupede e poi prese le redini e lo condusse vicino ad un tronco. Legò attorno al busto il purosangue e poi tornò da lei.
“Passeremo la notte qui e domani finalmente ci recheremo a Beaufort.”
“Bene.” Gli sorrise subito la ragazza. “Allora, perché quello sguardo affranto, amore?”
“Domani ci aspetterà l’inferno, Beatrice.”
Intanto Tavington si tolse gli stivali e si accinse a sbarazzarsi anche della camicia.
“In che senso?”
“Port Royal è un covo di..” la guardò e moderò le parole “..nemici.”
“Ah, ci sono Americani. E come faremo, allora?”
Per l’ennesima volta, Tavington rispose con una alzata di spalle, noncurante.
“Inventerò qualcosa.”
Forse non aveva ancora ideato un piano o forse semplicemente non aveva voglia di iniziare quel discorso pesante con lei, così la ragazza decise di lasciar perdere. Cambiò discorso.
“Che fai?”
“Il bagno.”
Così dicendo si tolse anche i pantaloni e rimase nudo. A quel punto, Beatrix si guardò attorno di nuovo per vedere se ci fosse qualcuno che li stava spiando. Nessuno. Ma come faceva lui a muoversi così, senza preoccuparsi che fosse nudo?
Come aveva detto, si avvicinò alla riva e poi si immerse nelle acque del fiume. L’acqua non doveva essere calda, la stagione non prometteva un bagno caldo. Lei lo guardò muoversi nelle acque, facendo delle bracciate e poi si bagnò anche i capelli e infine si girò verso di lei.
“Vieni?” le propose.
“Credo che passerò questa volta.”
Non aveva voglia di buttarsi nell’acqua fredda, proprio non ne aveva voglia.
“Non sai quello che ti perdi.” Provò a stuzzicarla, ma lei resistette con coraggio.
“Va bene, mi arrendo.” Poi la guardò attentamente  “Allora va’ a cucinare, ho fame.”
Il suo tono le fece alzare le sopracciglia fino a toccare l’attaccatura dei capelli.
“Chi credi che sia, la tua serva personale?”
“No, sei la mia eccitante micetta.”
“Oh, no. William, non funzionano le paroline e nemmeno quello..” cercava di concentrarsi ma lui le faceva gli occhi provocanti. Ci sono delle cose che una donna innamorata non può sopportare..
“Smettila, William. Non hai detto la parolina magica.”
“Hai ragione, micetta.”
Lui le sorrise con amore e poi rispose. “Subito!”
E poi sparì nell’acqua e non le diede il tempo di incominciare una lotta verbale lì. “William. Torna qui!”
Ma lui continuò a nuotare, ignorandola. Beatrix a quel punto si incamminò verso la sacca sul cavallo e prese le provviste.
“Oh, Grangie. Spero che tu sia un rappresentante del mondo maschile migliore di quell’individuo laggiù.”
Sebbene avesse voglia di lasciarlo a stecchetto, non lo fece. Il giorno seguente avrebbe avuto una giornata pesante e la loro incolumità dipendeva anche dalla sua sanità mentale. Doveva riposare ed essere pronto per Port Royal, lui era uno dei migliori a combattere, ma non poteva di certo abbattere un intero esercito.
Non si era dimenticata del modo con cui l’aveva trattata, lo avrebbe ripagato più tardi. Lo avrebbe tenuto a stecchetto in un altro modo, più doloroso.
Aperta la sacca, prese delle pagnotte di pane, una fiaschetta con dell’acqua. Si mise a cucinare, aveva cercato in giro delle erbe e poi aveva preparato un brodo di verdure con del pane a pezzettini dentro. Aveva fatto difficoltà ad accendere il fuoco, ma dopo tanto provare ci era riuscita. Aveva cercato con lo sguardo il Colonnello, ma non sembrava volesse uscire. Quando poi fu tutto pronto, Tavington si presentò sorridente.
“Che buon profumo, quindi sai anche cucinare! Mi sorprendi giorno dopo giorno.”
Beatrix si alzò in piedi e si avvicinò al suo volto arrogante. “Oh, non sai quante cose so fare. Le tengo celate per l’effetto sorpresa. Non ti puoi immaginare cosa vorrei farti in questo momento.”
Lui camminò, nudo, verso il cavallo e prese una coperta con la quale si asciugò.
“Non sai tu, micetta, cosa ti farei adesso.”
Ti piacerebbe..
“Ti divertirai stasera, tu e..” indicò il suo bassoventre “..e il tuo amichetto, da soli farete faville.”
E tornò così seduta per terra e prese la sua scodella con il brodo.
“Arrabbiata ancora per prima? Scherzavo.”
Si era asciugato ed era vestito con i suoi pantaloni e la camicia. Una volta vicino al focolare prese del brodo e si avvicinò a Beatrix.
“Il tuo modo di scherzare, Inglese, è indisponente delle volte. Anzi sempre.”
Lui tentò di avvinarla a lui con un braccio, ma lei si allontanò. “Ti atteggi come se fossi il mio padrone.”
Mangiarono silenziosamente e intanto Beatrix pensava a tutte le cose che avrebbe voluto dirgli.
“Lo sai come sono fatto. Non ci posso fare niente.”
“No, infatti. Tanto sono solo la tua compagna per la notte, ci penserà qualcun’altra a sopportare il tuo caratteraccio.”
Finita la sua zuppa, la ragazza si alzò e andò a sdraiarsi dall’altra parte del focolare. Non aveva voglia di discutere con lui, non aveva voglia nemmeno di fare l’amore con lui. Voleva solo dormire e liberare la mente. Si sdraiò per terra e sbirciò il Colonnello. Lui non aveva risposto, era pensieroso, come se avesse delle cose da dirle, ma non disse niente. Finì il brodo e poi si sdraiò dalla parte opposta a Beatrix.
La ragazza lo guardò ancora qualche secondo, ma quando i loro occhi si incontrarono, si girò dall’altra parte e chiuse gli occhi.
Si dice che la notte porta consiglio.. speriamo sia vero.



Ciaoo a tutte ^^


Questo e il prossimo capitolo saranno capitoli di passaggio.. Beaufort sarà la chiave di volta. Lo ripeto sempre e non lo faccio mai, ma sarà in quella città che finalmente si scoprirà chi è il padre biologico di Beatrix.. per il resto questi due litigano, poi fanno pace, si baciano, litigano.. reiterato all'inifinito. XD Eppure li trovo così dolci insieme, come se si sono completassero a vicenda.
Un bacio belle =)

Giulia
xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso








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Capitolo 32
*** Grangie non si tocca ***


CAPITOLO 32
Capitolo XXXII
Grangie non si tocca


Tavington si svegliò molto presto. Il cielo era ancora scuro, i raggi del sole filtravano con difficoltà. Infatti l’inverno era alle porte e la guerra stava per giungere alla sua conclusione. Era in piedi vicino ai resti del focolare acceso la notte precedente, mentre Beatrix dormiva sul manto d’erba. Avrebbe dovuto svegliarla, quella sarebbe stata una giornata pesante. Eppure non riuscì a toglierle il sonno, era così tranquilla, non conscia che dall’altra parte del fiume c’era una battaglia che si consumava.
Lei era così, strana, lunatica e poi.. lo sorprendeva. Era stato impossibile non affezionarsi a lei. William accese il fuoco nuovamente e si avvicinò a Beatrix. Non si era accorta che lui si era già svegliato, così si accovacciò sui talloni e provò a toccare con delicatezza la sua spalla. Ancora niente. Accarezzò poi i capelli e il suo viso. Tavington si prese qualche secondo per contemplarla da sopita.
Quanti mesi doveva avere il bambino, uno, due? Quando l’aveva ingravidata? Diavolo.. forse dal primo momento. Con le altre era sempre stato abile nel retrocedere in tempo senza riversare il suo seme in loro, mentre con lei era stato diverso. Beatrix lo aveva sfidato, si era presa gioco di lui più volte e lui di contro aveva voluto marchiarla in qualche modo.
Bravo, Tavington, guarda cos’hai combinato!
Già si sentiva i moniti di Cornwallis, non avrebbe preso bene la gravidanza della ragazza. La guerra era giunta alla sua fine e i suoi compagni avevano bisogno di lui per vincere, anzi no, Tavington aveva bisogno di quella vittoria.
Un leggero gemito proveniente dalla bocca di Beatrix riportò la sua attenzione sulla fanciulla. Prima non lo aveva notato, ma adesso era chiaro che fosse incinta. Il viso era più rotondo, come i suoi fianchi e.. la sua pancia.  Non era qualcosa di estremamente evidente, eppure lui aveva notato la differenza.
Sto per diventare padre..
Ad un certo punto, Beatrix aprì gli occhi ed incontrò i suoi. Lo fissò per diversi secondi, ma non disse niente. Lui allora si avvicinò alla sua bocca con l’intento di baciarla, ma lei lo scansò bruscamente.
“Sei ancora arrabbiata, micetta?”
Beatrix si girò dall’altra parte ed evitò nuovamente il suo sguardo.
“Stavo bene quando dormivo. Ero in un castello con un bel principe biondo.”
William si alzò e fece il giro attorno al corpo della ragazza, poi si mise davanti al suo volto.
“Ed eri felice?”
Lei lo guardò dalla sua posizione di svantaggio, essendo lei sdraiata e lui in piedi.
“Boh, che ne so. Era un sogno, tanto.”
Gli occhi di Tavington rotearono. “Voi donne sapete solo lamentarvi.”
E poi prese alcuni passi di distanza da lei e si avvicinò alla riva.
“Questo è il tuo modo di scusarti, William?” chiese lei, incalzandolo.
“Per cosa, dovrei scusarmi?”
Rispose il Colonnello, continuando a darle le spalle per contemplare l’acqua.
“Per essere il solito cavernicolo!” rimbeccò la ragazza una volta affiancato.
“Bene.. scusa.”
Rispose Tavington con poca convinzione. Era evidente che non sentisse quelle parole, voleva semplicemente porre fine alla discussione dell’altra sera e prevenire il sorgere di una nuova quel giorno.
Lui la sentì brontolare e tenere le braccia tese con i pugni serrati, ma non continuò la sua invettiva. Invece mise una mano sul suo braccio e lo guardò in volto con calore.
“Va bene, amore, chiudiamo qua la discussione.”
Brava, micetta, tanto non hai speranze di vincere eh eh..
Mentre la mente machiavellica del Colonnello si godeva la vittoria, Beatrix si avvicinò alle sponde del fiume e sfiorò l’acqua con i piedi.
“Credevo peggio..” disse quasi a se stessa.
“Il momento migliore per fare il bagno è la notte, l’acqua ha assorbito tutto il calore della giornata e lo rilascia.”
La ragazza si girò verso di lui, mantenendo i piedi nell’acqua.
“Cosa sei, un’enciclopedia? Lo sai che sono odiosi i sapientoni la mattina, mi verrebbe voglia di affogarti.” Sputò acida Beatrix, ancora assonnata.
“Sprizzi amore da tutti i pori stamattina, micetta.”
“Ti devi fare ancora perdonare.”
Beatrix gli fece il broncio, seguito da uno sbadiglio. “Ho ancora sonno!”
“Ti farò dormire al Forte, quando e se lo raggiungeremo.” Ci scherzò su Tavington.
“Ah ah ah, spiritoso! Guarda che non siamo solo noi due, c’è anche lui.”
E così dicendo indicò il suo ventre.
William le sorrise e tornò al focolare, una volta lì si sedette sul tronco abbattuto. Beatrix non lo aveva raggiunto. Aveva i piedi immersi nell’acqua, sembrava volesse fare il bagno, ma non entrava. Poi guardò attentamente l’acqua e rise, una risata diabolica.
“Che hai pensato, malefica strega?” la pungolò lui.
“Oh, io? Niente.”
Rispose, concedendogli il viso più angelico possibile. Ma il Colonnello sapeva che aveva architettato qualcosa.
“William..” richiamò l’attenzione su di sé.
“Dimmi, micetta.”
“Lo sai che sono ancora arrabbiata con te, vero?”
Lui alzò lo sguardo su di lei. “Sì.”
“E lo sia che non mi toccherai fino a quando ti farai perdonare, lo sai amore?”
Tavington fece roteare nuovamente gli occhi e si sistemò meglio sul tronco. Buttò fuori l’aria con fastidio. “Io so come farmi perdonare..”
Provò ad alzarsi, ma lei lo redarguì subito con un’occhiata. “No. Niente sesso, questa volta risolverai le cose in altro modo. Il sesso sarà un premio, non le scuse.”
Ribatté con fermezza la fanciulla, incrociando le braccia per rafforzare il suo pensiero.
Lui sbuffò. “Come faccio allora a farmi perdonare?”
“Oh.. ci sono tanti modi. Per esempio..”
Bea fece un giro nell’acqua. Si muoveva come se fosse una bambina che fa i capricci.
“..per esempio, ti potresti inginocchiare e chiedermi scusa con convinzione.”
Tavington le rispose scoppiando a ridere fragorosamente. “Mai.”
Lei mise di nuovo il broncio. “Bene. Allora non mi avrai mai!”
William continuava a ridere di lei e la ragazza non lo sopportava più. Così, quando pensava di aver perso con lui un’altra volta, le venne in mente un’idea.
“Sai una cosa, Beatrice? Mancherà più a te che a me, già ti vedo strisciare ad implorare di prenderti.”
Lei gli fece una smorfia. “Mmm.. continua a sognare, amore. Forse sarai tu a strisciare.”
Poi, uscì dall’acqua. “Lo sai che adoro questo vestito, lo hai scelto tu?”
“Sì. Ho preso il più provocante e vedo che ti sta bene, almeno.. ti starà bene ancora per qualche settimana. Quando poi lieviterai..”
Tavington si bloccò, non perché lei lo avesse interrotto, ma perché Beatrix gli aveva gettato addosso una pietra. “Ahi!”
Si massaggiò il petto dolorante. “Ma sei matta?”
“Sì, invece che farti perdonare, mi insulti di nuovo. Oh, ti odio!”
Il Colonnello aveva provato ad arrabbiarsi, ma non aveva senso. Bastava che vedesse il volto infervorato della fanciulla per rallegrarsi. Gli piaceva vederla diventare rossa dall’ira.
Tavington notò che Beatrix aveva lasciato delle erbe vicino al focolare. Così ne prese alcune e decise di preparare una sorta di tè o tisana, o qualunque cosa venisse per togliere il gusto acido in bocca.

Intanto Beatrix guardava Tavington armeggiare con pentole e fuoco miseramente. Avrebbe voluto ridere, ma così lui si sarebbe fermato. Ed era troppo divertente da osservare, all’improvvisò escogitò un’altra diavoleria.
“William, io vado a farmi il bagno.”
“Perfetto.”
L’uomo non alzò lo sguardo su di lei e continuò invece a fissare quei ramoscelli per capire quale fosse l’erba giusta.
Beatrix portò le mani sull’allacciatura, posta -fortunatamente- davanti e iniziò a slacciare il sopra. Era un bel vestito, particolare ed elaborato. Dopo diversi minuti Beatrix riuscì a liberare il corpetto e Tavington riuscì a trovare la spezia giusta. Così alla fine alzò lo sguardo su di lei.
Finalmente! Pensò la ragazza.
Gli sorrise e fece cadere poi il corpetto per terra. Tavington mandò giù un groppo in gola e lei capì di averlo preso. Portò le mani sulla sua vita e poi scese giù, accarezzandosi le gambe con dolcezza.
“Lo so cosa stai facendo, non funzionerà, Beatrice.”
Ma lei sapeva di avere tutta l’attenzione concentrata su di sé, stava funzionando.
“Mmm.. certo, William.”
Poi, ad un tratto, sganciò il sotto e rimase nuda. Tavington, troppo preso dai suoi movimenti lenti calcolati, fece rovesciare il pentolino per terra. “Dannazione!”
E Beatrix rise di lui in modo poco discreto. Ma a lei non bastava quello, così fece qualche passo indietro fino a quando sentì l’acqua toccare i suoi piedi. Indietreggiava lentamente, continuando a guardarlo senza lasciare i suoi occhi. Lui la stava divorando, eppure non muoveva un passo verso di lei.
Stupido orgoglio!
L’acqua era tiepida, non vedeva l’ora di lavarsi e rilassarsi un po’. Quel gioco con lui era divertente ed eccitante. Ogni passo indietro che faceva era qualche centimetro di acqua in più che la bagnava. Finalmente lui si alzò di scattò. “Smettila.”
“Perché?” rispose con un’alzata di spalle. “Mi piace.”
“Ti piace mandarmi fuori di testa!”
“Esatto!”
E così dicendo si immerse nell’acqua cristallina. Era così bello, aveva su di lei una funzione catartica. Il paradiso. Poi si ricordò del gioco, non voleva abbandonare la partita. Si bagnò i capelli e poi li lisciò dietro le spalle.
“Non cucini, amore?” lo pungolò.
Il Colonnello staccò, per qualche secondo, gli occhi dal corpo della ragazza e fissò quel che restava della colazione penosa che aveva fatto. Niente.
“Mmm.. ho cambiato idea, non ho fame.”
Orgoglioso!
La ragazza si distese nell’acqua, muovendosi con dolcezza studiata, lasciando sempre un pezzo del suo corpo scoperto ed esposto agli occhi famelici di Tavington. Il modo con cui la guardava la faceva sentire come una dea posta su un piedistallo, era come se fosse un’oasi per un viandante nel deserto. Non aveva mai avuto, in passato, la voglia di essere desiderata dagli altri. Ma lui era diverso, era Tavington. Essere bramata da lui era un onore e qualcosa di più unico che raro.
“Peccato.. io invece ho molta fame.”
Nel dirlo si era passata la lingua sul labbro superiore per fargli intuire la natura del suo appetito.
“Beatrice..” disse semplicemente Tavington, facendo un lungo respiro.
“Sì?” domandò con falsa ingenuità.
“Mi stai facendo impazzire. Esci dall’acqua, dobbiamo andare.”
Stava cercando di puntare su un terreno favorevole a lui. Sentiva di perdere e così preferiva volgere la battaglia altrove. Ma lei era inamovibile quella volta.
“No. Se vuoi.. vienimi tu a prendere.”
Detto quello si allontanò dalla riva, così che l’unico modo di Tavington per prenderla fosse entrare nell’acqua.
“Credi che non lo farei?”
Poi lei sparì sott’acqua dopo aver risposto con una alzata di spalle.
“Bene, diavolessa. Ti faccio vedere io.”
Si sbottonò i pantaloni e li gettò sul tronco, stessa fine fece la camicia. Una volta nudo entrò nell’acqua insieme a lei.
“Oh.. sei entrato! Non lo avrei mai detto..”
“Sì.. certo. Ora..” l’afferrò da dietro e la schiacciò contro di sé. “..ora sei mia.”
La attirò contro il suo corpo e morse poi la sua spalla, forte. “William.. hai davvero fame.”
La mano dell’uomo raggiunse la sua pancia e poi scese giù dove lei desiderava essere toccata. “Non sai quanto, micetta.”
“Avevamo detto niente sesso.”
Disse lei tra un ansito e l’altro, mentre il Colonnello la toccava senza pietà.
Avvicinò le sue labbra all’orecchio della ragazza. “Io non ho promesso niente.”
Era difficile litigare con lui quando sentiva il corpo ribollire di passione. Lo voleva fisicamente, il suo corpo era sempre stato un nemico.
“Se fai la brava dopo ti do una cosa per farmi perdonare.”
E quello fu l’ultimo pensiero razionale che la sua mente elaborò prima che lui toccasse quel suo punto così delicato e la mandasse in tilt.

Una volta vestiti partirono e si incamminarono verso Beaufort. Ad un certo punto, il Colonnello avvistò un pescatore sulla riva, si mosse verso di lui con l’intento forse di chiedergli informazioni.
“Cosa gli vuoi dire?” chiese curiosa Bea.
“Sequestro la sua barca.”
“Secondo te, la puoi prendere così senza che ti opponga resistenza?”
Si stavano muovendo lungo la costa, non erano ancora saliti sul cavallo, lo tiravano dietro con le redini.
“Certo che me la darà.”
Poi facendo un sorriso sardonico proseguì. “Altrimenti sentirà il sapore della mia spada.”
Beatrix si arrestò nel sentire quelle parole pronunciate senza pietà. “Ma è un civile, non puoi.”
“Certo che posso e la guerra mi giustifica.” Continuò con arroganza.
Allora la ragazza per persuaderlo a non uccidere il vecchio pescatore escogitò un piano di riserva.
“Forse potremmo non avere bisogno di un’imbarcazione.”
La risposta del Colonnello arrivò subito, un’alzata di sopracciglio che rendeva bene il suo pensiero a riguardo.
Beatrix continuò il suo ragionamento, sperando di riuscire a convincere Tavington.
“Potremmo fare tutta la costa, arriveremo comunque a Beaufort in tempo..”
Ma William la interruppe prima che potesse completare il suo discorso, che sembrava non dissuadere il Colonnello dal suo piano originario.
“E allungare la strada di ore e ore? Perché dovrei farlo?”
Già, se avessero continuato a seguire il percorso lungo la riva del fiume avrebbero impiegato il doppio, forse il triplo del tempo, però era mattino presto, potevano farcela ancora per la mezzanotte.
“William.. ti prego!” lo implorò Beatrix.
Lui non la stava più guardando in faccia. Era già alcuni passi distante da lei ed era più che intenzionato a prendere quella barca. Allora lei gli corse dietro, trascinandosi il cavallo.
“William, dai..” poi le venne un’idea geniale “Grangie dove lo mettiamo?”
La sua domanda fermò Tavington. Gli aveva dato qualcosa da pensare, almeno adesso era costretto a rispondere. Il Colonnello la guardò e poi si pronunciò.
“Dato che sei così preoccupata per la salvezza di quell’uomo.. gli daremo il cavallo in cambio della barca.”
Beatrix rimase con gli occhi sbarrati.
Grangie, voleva vendere quel bellissimo animale?  
Mai, al massimo avrebbe scambiato Tavington!!
“Te lo puoi scordare.” Rispose lei categorica, con un tono che non ammetteva repliche.
“Va bene, allora uccido il vecchio.” Poi si incamminò come se nulla fosse “tanto non cambia niente..”
Argh! Che odio! Aveva sempre lui l’ultima parola, riusciva sempre a scamparla e a fare come voleva lui.
Allora lei tirò fuori l’unica speranza che le rimaneva, l’unico modo di vincere Tavington era giocare come lui.
“Bene.” Gli urlò “va’ pure a Beaufort, io rimango qua con Grangie.”
E così prese le redini e tornò indietro, voleva fargli vedere che non scherzava affatto. Tavington si girò e osservò i suoi movimenti attentamente. “Scherzi, vero?”
“Come scherzi tu, amore.” Rimbeccò subito.
“È un addio, Beatrice?”
Lei era ormai seduta sull’erba e lo guardava con odio malcelato in volto.  
“Sì.”
La ragazza guardò attentamente quello che faceva Tavington. Il suo cuore batteva forte perché non lo aveva mai sfidato così, almeno non esplicitamente. Ed ora lui poteva davvero scaricarla e proseguire per la sua strada senza di lei.
La fissava senza far trasparire i suoi pensieri, era una maschera di ghiaccio.
Oddio, cosa ho fatto? Adesso mi lascia qui da sola con Grangie..
“Come vuoi.”
Rispose Tavington e poi si incamminò.


Ciaoo a tutte ^^
Le cose non sono ancora cambiate molto, ma presto si saprà anche quello che succede a Beaufort, ho scritto dal POV di Wellsie, spero vi piaccia. Rispetto a questo.. cosa farà William, venderà quel bel cavallo e lascerà lì Beatrix?? =) Questi capitoli erano forse lenti da leggere, vi prometto che già dal prossimo le cose si smuoveranno.. ho deciso di 'allungare' questi momenti romantici tra di loro perché li avevo torturati parecchio e tenuti lontani.. spero vi siano piaciuti :)
Vi lascio :)
Un bacio belle =)
Giulia
xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso

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Capitolo 33
*** Gli intrighi ***


capitolo 33
Capitolo XXXIII
Gli intrighi


Il cuore di Beatrix batteva ancora forte, era in attesa di vedere cosa avrebbe scelto William. Mentre vedeva nei suoi occhi l’indecisione maledisse la sua impulsività, la metteva sempre nei casini. Allora decise di chiudere gli occhi per non vedere Tavington, rimase così per un po’, con la testa china e gli occhi serrati e la mano che teneva forte le redini di Grangie. Poi aprì gli occhi lentamente e la prima cosa che vide furono due stivali neri, piano risalì la sagoma che la sovrastava e così le comparvero un paio di pantaloni e poi una camicia bianca e infine il viso contrariato del Colonnello.
“William..” Tentò di incominciare con lui una conversazione, ma venne troncata sul nascere.
“Dobbiamo andare, la strada è lunga.”
Le strappò di mano le briglie del cavallo e la superò.
“E non provare a lamentarti nemmeno una volta che sei stanca.”
Proseguì lui, ammonendola in anticipo puntando un dito contro.
La ragazza lo seguì, dovette accelerare il passo perché lui andava avanti a passo svelto, come se non ci fosse lei.
Beatrix non riusciva a capire perché le cose dovessero sempre andare così male tra di loro, dopo un momento magico quasi da fiaba ne seguiva sempre uno in cui lui era arrabbiato e scontroso. Poi facevano pace e di nuovo si ripeteva tutto all’infinito.
Non potevano le cose andare bene.. sempre e comunque?
Il Colonnello non era salito su Grangie, lo tirava dietro, ma non era intenzionato a montarlo. La ragazza si chiese se, facendo così, avessero allungato di molto il percorso. E soprattutto, come avrebbe reagito se lei gli avesse rivolto la parola?
Bea prese un respiro lungo e poi si decise a rompere il ghiaccio.
“Hai parlato con quel signore alla fine?”
Almeno Tavington girò il volto verso di lei, non era del tutto indifferente. “Sì.”
“Non è morto..”
Il suo tono incerto rese quella frase quasi una domanda, anche se non era quella la sua intenzione. Ma lui stava di nuovo guardando davanti a sé. “No.”
Si stavano avvicinando ad una conca, se non prendevano una barca e proseguivano sulla terraferma avevano bisogno di un passaggio per passare dall’altra parte della costa oppure bastava trovare un punto in cui l’acqua non era alta e attraversare. Vedendo la direzione che Tavington stava prendendo capì che l’opzione scelta era la seconda.
“Stai rispondendo a monosillabi, perciò, come ieri, ho fatto qualcosa che non va bene.”
Si fermò un secondo, sperando che lui cogliesse il momento per incominciare a parlare veramente con lei, ma niente. Allora lei si ricordò quello che William le aveva detto.
“Ho detto una delle mie sciocchezze, vero? Già, probabilmente è questo..”
Tavington la bloccò subito fermandola sul posto, le appoggiò le mani sulle braccia e mantenne la presa salda. La stava guardando negli occhi intensamente e quel modo di trafiggerla con quelle due pozze di ghiaccio le faceva venire i brividi di paura. La ragazza si stava aspettando uno scatto d’ira da un momento all’altro.
E poi arrivò.
Una violenza sulle sue labbra. La cosa la stupì e non poco, si era tuffato tra le sue labbra, ma quel bacio -se così si poteva chiamare tale- era famelico. Non c’era amore o desiderio, ma qualcosa di animale. Come se volesse sottometterla fisicamente, dato che mentalmente non ci riusciva più. La attirava sempre più vicino a sé, la sua lingua era così veloce che quasi non riusciva a seguirlo. Ad un certo punto lo lasciò fare, si abbandonò al suo tocco, poi lui la staccò bruscamente dal suo corpo. Qualcosa di caldo colava dalle sue labbra, Beatrix si portò la mano alla bocca e vide del sangue. Le aveva morso il labbro tanta la ferocia.
“William..”
“La devi smettere.”
Non si era spostato di un centimetro dalla sua posizione, la guardava negli occhi ed era come se attendesse una sua reazione, ma lei non riusciva a capire cosa volesse.
“Di fare..?”
“Di contraddirmi, di fare quello che vuoi, di..” agitava le mani e si toccava i capelli con nervosismo. “..di essere te.”
“Me?”
Beatrix si mise a ridere, anche se sapeva che lo avrebbe fatto infuriare. Non era un modo però di mancargli di rispetto, ma delle volte riusciva ad essere davvero buffo.
“Ti fa ridere?”
Lei allungò le mani e le allacciò al suo collo. “Oh.. sì!”
Sorrideva a trentadue denti e non riusciva a smettere. Era così adorabile il suo Colonnello, taciturno, dolce, scontroso.. e poi diceva che era lei la lunatica? Bé.. allora era vero il detto ‘Dio li fa e poi li accoppia’.
William la allontanò nuovamente da lui. “Hai capito che sono arrabbiato, Beatrice?”
“Mmm.. sì!”
Lui sbuffò irritato, si sentiva la vittima del gioco.
“Quando fai così..” prese una pausa “ ..ti annegherei in acqua.”
Lei non riusciva a smettere di sorridere e guardarlo con amore. Quello però che lui si aspettava era terrore, invece Beatrix continuava ad amarlo. Traeva sempre il bene nelle cose, anche nelle situazioni più dure. Tavington era diverso, non ci riusciva.
“Non lo farai, e sai perché?”
“Sentiamo.” Disse scocciato il Colonnello.
“Perché poi ti mancherei. Immaginati tutte queste ore senza la mia compagnia..
Gli si formò un cipiglio incredulo. “Sarebbe un paradiso, qualche ora di silenzio e pace.”
Lei scoppiò a ridere. “Bugiardo. Mi ami troppo.”
Aveva messo enfasi nel pronunciare quella parola, cosa che non passò inosservata.
“Sei proprio sicura di te, amore mio.”
La ragazza fece un passo verso di lui e poi, afferrandolo dai pantaloni, lo attirò contro di sé. Le loro labbra si toccarono di nuovo, ma questa volta era Beatrix il direttore d’orchestra. Il bacio era dolce e calmo, Tavington non si rifiutò di concederglielo, anche se lei percepiva conflitto dentro di lui.
“Sai perché sono sicura che mi ami?” gli sussurrò sulle labbra.
“Perché..?”
Beatrix si alzò in punta di piedi, cosicché potesse soffiare nelle sue orecchie.
“Perché, sebbene tu dica di non volermi e mi insulti, tu ora sei qua con me.”
William la strinse tra le sue braccia e le rispose parlando direttamente al suo orecchio, come aveva fatto in precedenza la ragazza.
“Potrebbe essere un bluff. Potrei benissimo prendere una barca più avanti.”
Anche se il suo ragionamento aveva senso, Beatrix non ci credeva. Lei sapeva che l’aveva fatto per lei, ne era sicura.
“Non lo farai.” Aveva tante frasi in testa, ma alla fine sussurrò quelle tre parole, come se fossero una constatazione di fatto e non una previsione.
Tavington rise. E il suono della sua voce unito al fatto che stava ancora sussurrando nel suo orecchio le fece venire i brividi lungo tutto il corpo. Quel gioco era eccitante, ma era anche pericoloso.
“Temo che non riuscirò a dissuaderti, vero?”
Lei sorrise. E decise di non rispondere alla sua domanda. No, non ce l’avrebbe fatta. Ormai lo conosceva bene.
“Dimmi che mi ami, William.” Lo implorò Beatrix.
“Lo sai che per me è una cosa difficile da dire, l’ho già detto una volta.”
Le braccia della ragazza strinsero più forte il Colonnello e poi lei appoggiò la testa sul petto di Tavington, mentre lui la cullava. “Allora dimmelo di nuovo.”

Fort Trox, Beaufort, South Carolina
“Wellsie, mi spieghi cosa stai facendo?”
La ragazza girava per la stanza in cerca del vestito rosa con il fiocco giallo che le aveva regalato Will per i suoi sedici anni. Ma ancora non riusciva a trovarlo da nessuna parte. Aveva messo sottosopra la stanza. Allora Bordon la fermò.
“Devo trovare quel dannato vestito, Nik.”
Gli fece i suoi occhioni dolci, che sapeva funzionavano su di lui. “Lo hai visto?”
Il Capitano sembrava interdetto, l’amava e non poteva vederla triste. Eppure quando si impuntava su qualcosa era peggio di una bambina che le hanno rubato le caramelle.
Appoggiò due dita sulle sue labbra imbronciate. “Amore, perché fai così? Se ci tieni tanto, te ne vado a comprare uno.”
Lei gli sorrise e si lanciò addosso al Capitano. “Oh, è proprio per questo che ti amo!”
Lo baciò teneramente. Lui la guardava con amore, come faceva sempre. Poi Wellsie fece un passo indietro.
“Lo voglio carino, Nik. Un colore chiaro con tanti fiocchi.”
Lui acconsentì con un cenno della testa e si preparò ad uscire dalla stanza per prenderle il vestito che voleva.
Ma lei lo richiamò prima che potesse andarsene. “Niiik.. prendimi anche un nastro rosa da mettere in testa.”
Nikolas le sorrise. “Ma certo, amore.”
E poi uscì veramente dalla loro stanza.
Wellsie rimase lì a guardare fuori da quella piccola finestra. Il cielo era nuvoloso, probabilmente avrebbe piovuto quel pomeriggio. La fanciulla sperò che la notte fosse migliore, finalmente avrebbe abbracciato il suo amato fratello. Era stata in pena per lui per un mese intero, non erano mai stati così lontani per tanto tempo, aveva temuto il peggio. Dio solo sapeva che bestie erano quegli Americani.
Wellsie si inginocchiò vicino al crocifisso di Gesù ed incrociò le mani in segno di preghiera.
“Ti prego, fa’ che arrivino sani e salvi.”
“Sono toccato.” La voce beffarda di un uomo interruppe i suoi pensieri e la fece voltare verso di lui. Era sullo stipite della porta, a braccia incrociate.
“Banastre.” Ringhiò Wellsie, come se solo pronunciare quel nome fosse una maledizione. “Che vuoi?”
“Potrei congiungermi con te in preghiera per il mio povero amico.” Disse il Colonnello sardonicamente avvicinandosi alla ragazza, che si era ormai alzata in piedi.
“Non devi fingere che ti interessi Banastre, Cornwallis non c’è.”
Tarleton le sorrise. “Oh, ma io sono davvero interessato, piccola Wellsie.”
Lei lo guardò con astio. “Interessato alla tua promozione magari.”
L’uomo si sedette sul letto con dolcezza, allora la fanciulla lo raggiunse.
“Fate pure, Colonnello Tarleton, come foste a casa vostra.” Disse con falsa galanteria Wellsie.
“Vieni qua, Wellsie.” La invitò lui, facendo segno di sedersi sul letto.
La ragazza non era sicura se fosse la cosa giusta, Nik poteva arrivare da un momento all’altro e non voleva litigare con lui per colpa sua.
Vista la sua indecisione in volto, Banastre la rassicurò. “Non ti voglio mica violentare.”
La ragazza si sedette e lui continuò. “Non sei il mio tipo, pasticcino.”
“Nemmeno tu sei il mio tipo e poi io sono già fidanzata.” Gli fece la linguaccia.
“Dov’è l’anello allora?”
Lei rimase senza parole. Si guardò la mano sinistra che portava un semplice anellino al pollice, ma l’anulare era vuoto. Osservò con tristezza la mano, mentre il Colonnello si gonfiava il suo ego per averla colpita dove le doleva. “Non è l’anello che ci rende impegnati l’un l’altro. Ci amiamo, questo conta.”
Nikolas non le aveva ancora dato l’anello perché loro, ufficialmente, non stavano insieme. Forse William lo aveva intuito, anzi sicuramente lo sapeva. Ma Wellsie non ne aveva ancora parlato con suo fratello, nel passato lui era stato così protettivo. Non voleva che nessuno si legasse a lei, non le permetteva di avere neanche amiche.
Beatrix era stata un’eccezione per lei, anche per William. Quella ragazza aveva cambiato il fratello e lei, che lo conosceva bene, lo sapeva.
“Sei così sicura del suo amore? Noi soldati non siamo affidabili in fatto di amore.”
“Forse volevi dire che tu non sei affidabile.” Lo accusò Wellsie.
“Per esserlo, devi trovare la persona giusta, Wellsie. E io non ho ancora trovato l’amore.”
Lei colse l’occasione per colpirlo. “Forse tu non ti meriti l’amore.”
Il Colonnello fece una smorfia, non sembrava colpito dalle sue parole, gli scivolavano addosso.
“Forse, ma nemmeno tuo fratello lo merita, eppure ha Beatrix.”
Wellsie gli fece gli occhi assassini, non sopportava quando parlavano male di William.
“Lui si merita Bea e sono bellissimi insieme.” Ribadì la fanciulla.
“Saranno anche bellissimi, ma credi davvero che durerà?” continuò a punzecchiarla Tarleton.
“Certo, e lo vedrai con i tuoi occhi domani.”
“Domani?” chiese sorpreso Banastre.
Wellsie si fermò subito. Aveva parlato troppo, Ban poteva sapere? Nik si sarebbe arrabbiato! Si morse il labbro, mentre tanti pensieri si affollavano nella sua testa. Intanto il Colonnello la guardava e aspettava una risposta. “Quindi?”
“Io..” disse con sconforto la fanciulla, non sapeva cosa poteva dire. Lei non rispondeva e questo faceva arrabbiare Banastre, che aveva appoggiato le mani sulle sue fragili braccia e la scuoteva per avere una risposta. “È vivo, sta venendo qua? Come fa a sapere di Beaufort?”
Wellsie non gli aveva risposto, ma lui aveva capito tutto da solo. E lei era nei casini.
“Toglietele le mani di dosso, Colonnello.” Disse Bordon, entrando nella stanza.
Guardava il suo Superiore con minaccia, gli avrebbe costato chiaro se avesse colpito il Colonnello. Ma lui stava mettendo le mani sulla sua Wellsie, non poteva permetterlo.
Banastre, stranamente, si staccò dalla fanciulla e si alzò dal letto. Non era da Tarleton abbandonare così presto, eppure lo fece. “Ma certo, Capitano.”
Rispose mettendo enfasi nel pronunciare quella parola, come se volesse ricordargli che era gerarchicamente inferiore a lui.
“Credo che Cornwallis abbia bisogno di voi, Colonnello. Dopotutto non c’è Tavington, dovete svolgere le sue mansioni.”
Banastre ghignò. “Tavington non c’entra niente. Con o senza di lui sarei al fianco del Generale.”
“Allora non avete bisogno di preoccuparvi della salute del Colonnello, non c’è nemmeno bisogno di discuterne.” Rispose diplomatico Nik, riuscendo a zittire Banastre.
L’altro continuò a sghignazzare, ma alla fine lasciò la stanza. “Scoprirò quello che state combinando.” E poi uscì.
Una volta soli, Nik si avvicinò a Wellsie e la prese tra le sue braccia.
“Ti ha fatto qualcosa, amore?”
Lei lo strinse forte. “No, per fortuna che sei arrivato in tempo. Non sapevo cosa fare.”
“Non ti devi più preoccupare, ci sono io con te.”
La baciò con amore, un bacio dolce e tenero. “Ti amo, Nik.”
“Ti amo anche io, fiorellino. Devi vedere il vestito che ti ho preso.” Disse Bordon, con l’intento di farle dimenticare Tarleton.
Ma le intenzioni della ragazza erano diverse. “Dopo, ora voglio stare con te.”
Appoggiò le mani sulla sua giacca ed iniziò a sbottonarla.

Il Colonnello Banastre Tarleton si stava dirigendo verso l’ufficio del Generale Cornwallis, era arrabbiato. Furioso. Quei due avevano organizzato qualcosa che riguardava Tavington e non volevano renderlo partecipe. Una piccola parte, molto piccola, gli diceva che doveva essere grato al suo rivale perché lo aveva salvato. Ma la coscienza lo aveva abbandonato anni fa quando si era unito ai Dragoni Verdi di Sua Maestà. Tavington non era più il suo migliore amico, non era più il compagno di bevute e di donne, era un suo rivale.
Tavington stava tornando davvero? Lo avevano dato per morto tutti.
Non era possibile!
Entrò nella stanza del Generale e si sorprese del fatto che non ci fosse nessuno. Cornwallis doveva essere in giro di ricognizione con il Generale O’Hara. Allora controllò il corridoio, non passava nessuno. A quel punto chiuse la porta e si posizionò oltre la scrivania del Generale. C’erano tanti fogli, disegni di guerra, commentari di Ufficiali. Niente faceva al caso suo, così si sedette con sconforto sulla poltrona del suo Superiore.
“Deve esserci qualcosa! Se Tavington sta tornando, Cornwallis deve esserne al corrente.”
Fece vagare lo sguardo nella stanza.
Era ricca, adornata con eleganza. Sebbene fossero lì in quel Forte da alcune settimane, aveva già decorato la stanza con vasi, quadri, specchi dorati. Si vedeva nel complesso che era l’ufficio di un Generale.
La scrivania, placcata d’oro, aveva diversi cassetti. Perlopiù contenevano oggetti personali del Generale, mentre frugava trovò una busta piccola con il sigillo aperto. Sembrava vecchia e pesava, Tarleton fu catturato dalla busta, forse perché emanava un buon profumo. Di donna. Guardò la missiva, poteva contenere qualcosa di importante, mentre pensava sentì in lontananza il rumore di stivali. Qualcuno stava arrivando, allora prese la busta e la nascose nella tasca interna della giacca.
Si alzò dalla sedia e si preparò ad uscire dalla stanza. Ma la porta si aprì ed entrò O’Hara, che lo guardò con stupore. “Colonnello Tarleton, che cosa ci fate nella stanza del Generale?”
Banastre fece l’inchino militare al suo Superiore in segno di saluto. “Devo parlare con Lord Cornwallis, è una cosa urgente, ma non riesco a trovarlo.”
“Non è al Forte, sta incontrando il Colonnello Vegas, a quanto pare quella Banda di Ribelli ha colpito uno dei nostri carri con i rifornimenti, senza contare che hanno preso il diario personale di Cornwallis. Oggi era alquanto scosso, forse non è il momento migliore, Colonnello, per parlare con lui.”
Ecco di nuovo quei Ribelli, perché non riuscivano a eliminare la loro minaccia?
“Cosa volevate chiedere al Generale?” domandò con cortesia O’Hara.
Tarleton era sul punto di rifiutare l’aiuto, poi pensò che forse poteva ricavare le sue informazioni anche dall’ombra di Cornwallis. O’Hara seguiva il Generale ovunque, tutto passava prima da lui e poi veniva riferito al Lord.
“Girano strane voci, Generale, volevo sapere la loro natura.”
“Quali voci?”
Tarleton prese un respiro.
“Tavington.”
Disse, quasi come se fosse una maledizione, erano pochi quelli a cui piaceva William. Bordon forse era l’unico.
“Ah.. sapete allora.” disse semplicemente O’Hara, come se avesse capito tutto. “Vi ha mandato Cornwallis per recuperarlo?”
Banastre era confuso, ma era riuscito a sapere qualcosa. Lui era vivo e qualcuno doveva prenderlo. Sfruttò l’occasione fornita dal Generale. “Sì, appunto mi stavo chiedendo quando devo prepararmi con i miei uomini.”
O’Hara gli fece cenno con la testa di seguirlo, il Generale aprì il secondo cassetto a destra della scrivania ed estrasse una busta.
Doveva esserci un doppio fondo che non avevo notato..
“Prendete, qui è scritto tutto quello che avete bisogno di sapere.”
Gliela consegnò e poi lo guardò con ammonimento.
“Va bene, Generale.”
Prese la busta e uscì, dopo aver fatto un cenno di commiato.
Tarleton si incamminò verso la sua stanza. Guardò la busta che conteneva le risposte alle sue domande. Una volta dentro la camera prese dello Scotch, si riempì il bicchiere e poi si sedette sulla poltrona. Bevve a grandi sorsate il liquore e poi iniziò a leggere il messaggio contenuto.
Il bicchiere cadde per terra.
Oh Mio Dio..
“Non è possibile!”

Ciaoo a tutte ^^
Eccoci finalmente a Beaufort!! Sebbene io ami scrivere scene romantiche tra quei due piccioncini (*-*) purtroppo c'è anche una guerra che va avanti ed è da trattare.. mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo e i prossimi.. credo che le cose siano più belle quando movimentate, e vi assicuro che ci sarà taaanto movimento. Cosa ne pensate del Colonnello Tarleton? :P Lo avevamo già visto al Lady Kitten di Marie.. sono curiosa di sentire commenti su di lui.. ho il presentimento che inizierete ad odiarlo come Gabriel XD.. eppure a me piace, certo non come William (*-*)..
Cosa avrà letto di così terrificante? eh eh.. surprise!!
Un bacio belle =)

Giulia

xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso

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Capitolo 34
*** Libera ***


capitolo 34
Capitolo XXXIV
Libera


Beatrix e William erano in viaggio da ore, avevano trovato un ponte ed erano così passati dall'altra parte dell'English Broad River. Grangie era ancora con loro, sebbene lui continuasse a minacciarla che avrebbe lasciato il cavallo, alla fine lo aveva tenuto con sé. Beatrix sembrava così entusiasta del quadrupede e William non era riuscito a renderla triste. Port Royal era a qualche metro da loro, Tavington sapeva che era stato preso in assalto dagli Americani, perciò non era un luogo sicuro. Però lui, dato che non era vestito come un Dragone Verde, era difficile ravvisarne in quell'uomo il Colonnello Inglese.
"Rimaniamo qua a mangiare, William?" Disse la ragazza.
Lui si guardò intorno prima di rispondere, come se stesse controllando la zona.
"Non sono sicuro che sia la scelta migliore, Beatrice."
“Perché?” chiese lei, ingenuamente.
“Hai seguito cosa è successo in questi anni nelle Colonie?”
Beatrix non capiva se fosse un modo per stuzzicarla o fosse serio, però il suo sguardo era duro. La ragazza notò che stava parlando con lei, eppure la sua mente era altrove. Era oltre le mura di quella grande città, Port Royal.
“Non conosco i dettagli relativi ciascuna battaglia, so per sommi capi.”
William guardava ancora davanti a sé. Era perso nei suoi pensieri, sembrava un automa dal modo in cui si rivolgeva a lei.
“Stavamo andando così bene, vincevamo una battaglia dopo l’altra. Dicevano si sarebbe concluso tutto nel giro di qualche anno.”
Beatrix non pensava che si stesse nemmeno più rivolgendo a lei, era immerso nei suoi ricordi, evidentemente stava ripensando a qualche battaglia. Era stato forse Port Royal a innescare quella catene di memorie?
“Mi sono unito a Cornwallis subito, appena avuto notizia del suo trasferimento nelle Colonie.”
Beatrix, ad un certo punto, cercò di partecipare al suo discorso.
“Allora dovevi ammirare il Generale, William..”
“No.” la interruppe all’improvviso lui “non era quello..”
Prese un respiro pesante. “Io.. avevo bisogno di cambiare aria. Tutti a Londra parlavano di queste Americhe  come un luogo sano, florido, molti sono venuti qua riponendo speranze in questa terra selvaggia.”
La ragazza gli accarezzò il braccio per fargli capire che lei c’era per lui, avrebbe voluto abbracciarlo forte. Sapeva però che avrebbe rotto la magia, quello stesso incantesimo  che stava cercando di tirare fuori una diversa parte di lui.
“E tu, perché sei qui.. per costruirti un nuovo futuro come gli altri?” disse lei, quasi con disprezzo.
“Forse.”
Non riusciva ad essere mai sincero del tutto e in quel momento le stava celando qualcosa. Perché non si apriva? Lei non lo avrebbe mai giudicato.
“Certe cose non le comprendo, voi Europei ragionate in modo sbagliato e sarà questo che vi condurrà alla sconfitta.”
Lui le sorrise, con una sfumatura amara nella voce. “Credi ancora che perderemo, Beatrice?”
“Certo, William. Avete questa.. tendenza a muovervi eliminando tutto ciò che vi precede.”
Il Colonnello si girò a guardarla, incerto sulla piega del suo ragionamento.
“Questo è naturale, Beatrice. Se non elimino il mio avversario non posso vincerlo.”
Lui ragionava in modo troppo pragmatico, era il suo modo di vedere il mondo e lei non poteva cambiarlo. Eppure lo aveva plasmato e lo aveva reso quell’uomo diffidente che si trovava davanti a lei.
“Nel farlo, immaginate però che quello che è venuto prima sia inferiore rispetto a voi.”
“Ma è così, pensa a come è mutata in positivo la nostra società. La vita è più semplice rispetto a quella dei nostri antenati. E sarà sempre così, tesoro. Anche noi verremo superati un giorno.”
Lei sbuffò. “Perché credete ancora che il progresso sia qualcosa di positivo, invece ci distruggerà e si porterà via la nostra parte più genuina.”
Beatrix era sempre stata una ragazza con forti ideali, sua madre aveva provato in vari modi a dissuaderla dalle sue convinzioni, ma erano in lei radicate. Tavington sembrava però trovarsi dalla parte opposta rispetto a lei.
“Se la pensassero tutti come te saremo ancora all’età della pietra.”
La ragazza sorrise. La sua metafora le aveva ricordato quelle che le diceva la madre. A volte era dura come la pietra, ‘ti possono picchiare, ma non ti pieghi’.
“Noi, William, siamo figli del nostro passato. Non possiamo rinnegarlo, modella il nostro futuro.”
Beatrix lo aveva guardato negli occhi, seriamente. Il suo messaggio era chiaro, lui era quell’uomo per colpa delle brutalità di suo padre. Eppure lui rinnegava il passato, pensava che bastasse passare una pezza per cancellare le cose orrende e ricominciare daccapo. Tuttavia, come sarebbe stato il suo William se fosse cresciuto in una famiglia diversa? Beatrix se l’era chiesto più volte anche per se stessa, chissà la sua vita come sarebbe stata se avesse conosciuto il suo vero padre..
Papà.. un’ombra le passò attraverso, si era rattristita nel giro di pochi minuti e stavano pure parlando di altro!
“In ogni caso, Beatrice, come mai tutti questi pensieri filosofici?” chiese lui con incredulità. Ah, già.. si aspetta una delle mie sciocchezze!
“Non fare quella faccia come fossi pazza. Da piccola leggevo molti scritti di filosofi contemporanei e non, che mia mamma mi portava, non chiedermi come facesse perché non lo so.”
Beatrix si fermò perché Tavington era scoppiato a ridere. Sembrava davvero contento nel prenderla in giro e lei non capiva perché. Visto il suo cipiglio curioso, lui si spiegò.
“Da quand’è che educano i coloni, e per di più donne, alla filosofia?”
Lei rimase scioccata dalle sue insinuazioni, la verità era che sapeva poco di lei. Conosceva il suo corpo, ma la sua mente non era stata centro di suo interesse.
“Ridi pure, William. Eppure, sebbene con sacrifici, mia madre mi ha cresciuta molto bene.”
Poi si staccò da lui e proseguì verso la città, senza attendere che la raggiungesse.
“Dai, non fare così, Beatrice. Sono stupito, piacevolmente stupito.” Ribadì, cercando di farla girare.
Lei lo fece, ma solo per esplicare il suo pensiero. “Non sono una stupida. E se è questo che pensi di me, sei tu lo stolto a perdere ancora del tempo con una come me.”
Tavington smise di ridere e la raggiunse, allungando il passo. “Non era mia intenzione offenderti.”
La fanciulla si girò a guardarlo per verificare la sincerità delle sue parole. “Davvero?”
“Sì, è un lato di te che non avevo visto e sono contento di averlo scoperto. Magari quando arriveremo a Beaufort potremmo intavolare un discorso io e te che non inizi con ‘spogliati’ e finisca con ‘di nuovo’.”
Tavington posò le mani ai lati del suo volto e la guardò negli occhi. “Se credessi che fossi una stupida, non avrei abbandonato i miei Dragoni Verdi per seguirti con Gabriel.”
Beatrix lo avvicinò e, saltandogli addosso, lo baciò con passione.
“Adesso andiamo a Port Royal?” domandò Bea.
“No, è sotto il controllo degli Americani. L’abbiamo persa qualche mese fa.”
La ragazza si staccò dal corpo caldo del suo amato e lo guardò con la curiosità nei suoi occhi marroni. “Allora.. che cosa facciamo?”
William girò la testa verso il fiume, che questa volta osservavano dall’altra parte. Rimase fisso in quella distesa d’acqua e poi si girò nuovamente verso di lei. Aveva un lampo negli occhi, qualcosa di strano, diverso. Mai visto prima.
“Mi accusi di essere troppo ‘chiuso’ nel mio status di militare. Bene.. mancano poche ore che ci dividono da Beaufort. Che ne dici di passarle senza inibizioni?”
Beatrix era elettrizzata all’idea di fare qualcosa di diverso e fuori dagli schemi, anche se aveva un po’ di paura sul cosa volesse fare. Tavington prese Grangie e lo condusse vicino all’English Broad River.
“William, non lo vorrai mica affogare, vero?”
L’uomo si toccò il cuore come in una recita tragica. “Oh, mi hai scoperto.”
Beatrix rise di nuovo, emettendo quel suono che solitamente sfondava i timpani del Colonnello, eppure in quel momento sembrava felice di vederla sorridere.
Tavington salì sul cavallo e le fece segno di seguirlo. Lei allora si avvicinò e montò il suo bel Grangie. Stranamente, stupendola, lui fece spazio a lei per farla stare davanti a tenere le redini. Beatrix non capì subito cosa volesse fare, divenne tutto chiaro quando lui la mise davanti a sé e le consegnò le briglie. Gli occhi della ragazza brillarono, non si aspettava di poter essere lei a fare strada, non riusciva a crederci.
“William..” lo chiamò.
Allora Tavington si addossò contro la schiena della ragazza e le sussurrò nell’orecchio.
“Libera la mente, Beatrice.”
Le lasciò un bacio sul collo. “Solo io e te.”
I brividi correvano lungo il suo corpo mentre William le sussurrava nell’orecchio e lasciava un segno del suo passaggio sulla sua pelle candida. “Solo una donna e un uomo.”
Fu quello che le fece prendere il volo.
Diede a Grangie il comando di muoversi e galopparono sull’acqua bassa del fiume.
Liberi.
Lei urlava dalla felicità, non si era mai sentita così prima d’ora e tutto grazie a lui. Non c’era la guerra in quel momento, avevano solo il vento contro.

Il Colonnello Tarleton si stava muovendo con altri tre Dragoni, ne aveva portati con sé pochi poiché non era una missione difficile. Dopotutto Tavington era un Ufficiale, sapeva difendersi benissimo da solo, infatti Tarleton non si spiegava come mai tutta quella misura di sicurezza. Che il Generale nascondesse altro?  Banastre aveva passato tutta la giornata con mille pensieri in testa, quello che aveva scoperto era incredibile. Certo, quelle cose succedevano, ma non così!  Appena avesse visto Cornwallis ne avrebbe parlato con lui, anche se temeva non l’avrebbe presa bene.
“Colonnello, si dice che gli Spagnoli sono entrati in guerra.”
Banastre interruppe mentalmente i suoi pensieri e si girò verso il Tenente Montgomery. Era giovane come lui, ma non arguto quanto Tarleton. Lui aveva un fiuto nello scoprire i punti deboli dell’avversario. Diede un fugace sguardo all’uomo, nel suo interlocutore c’era il desiderio di accattivarsi il Superiore in previsione di promozioni future.
Il Colonnello gli spiegò comunque la faccenda gentilmente.
“L’esercito del Generale Hook ne ha avuta prova, prima i Francesi adesso gli Spagnoli. Tenente, capite bene che questa non è più una guerra per l’indipendenza, è divenuta una guerra contro la Gran Bretagna.”
Montgomery annuì nel vedere trasformato in parole i suoi pensieri circa lo svolgimento della guerra. “Vinceremo?” chiese timoroso.
Tarleton lo guardò con gli occhi iniettati di sangue, una cosa che lo contraddistingueva era la determinazione, l’audacia, la voglia di non arrendersi mai. “Certo, Tenente. Siamo nettamente superiori a loro, a tutti loro. Ora come ora siamo alla pari, perdiamo una battaglia, ma ne vinciamo altre due, siamo più disciplinati. Vedrete, Tenente, tempo al tempo.”
L’altro fece l’inchino con la testa e tornò a cavalcare il suo cavallo.
Tarleton si stava dirigendo ai confini di Beaufort, secondo le indicazioni fornite dal Generale, Tavington avrebbe aggirato Port Royal. E come dargli torto, era da stupidi entrare in un covo di Americani contando sulla sola forza fisica di un uomo.
Un suicidio. Evidentemente Cornwallis credeva Tavington più intelligente di questo. Passando o per la costa o per mare sarebbero giunti nello stesso luogo, l’unico punto di accesso più sicuro.
Una scorta di Ufficiali per prelevare un Colonnello, era assurdo!
Cornwallis, da un anno a questa parte, stava sbagliando strategia, indiscusso il fatto che gli ordini giungessero da Clinton, eppure il Generale stava perdendo colpi, dava per scontato troppe cose, come la faccenda dei Ribelli.
Lui e Tavington condividevano un’indole criticata dai nemici, erano sanguinari, tenaci, erano paragonati all’uomo nero, avevano tutti paura di loro. Eppure non avevano ancora perso nemmeno una battaglia, sebbene i loro modi venissero condannati, le loro vittorie erano però fonte di gioia per i loro Superiori.
È privo di senso dire che è sbagliato e ingiusto essere brutali in guerra, poiché la guerra stessa non è giusta! Ciononostante non viene ripudiata da nessuno ed è strumento per dirimere le controversie tra Stati.
Tarleton, comunque, non era un politico e poi a lui quei discorsi non interessavano. Era un soldato e avrebbe continuato ad essere il bastardo che era fino a che qualcuno non lo avesse fatto fuori. Ma anche in quel caso, vedeva la sua fine molto lontana.
Erano arrivati nel luogo segnato dal Generale, il Colonnello tirò fuori il suo orologio dalla tasca e controllò l’ora. Era quasi la mezzanotte, il cielo non era terso, vista la brutta giornata passata, eppure la luna era nuova quella sera.
Il momento era arrivato.
Scese dal cavallo e si rivolse ai suoi uomini. “Il vostro compito è scortare Tavington, della ragazza me ne occupo io.”
Loro restituirono un cenno della testa e si misero sull’attenti.
Tarleton fece due passi, uscendo così dall’ombra, e in questo modo vide in lontananza un cavallo venire verso di loro. Era ancora lontano, perciò riconoscere il conducente era arduo. Poi, man mano, l’animale si avvicinò a loro, fino a che distava pochi metri. C’era una fanciulla che teneva le redini del cavallo, dal portamento e vestiario non poteva che essere una colone, Banastre aveva visto solo una volta Beatrix. Si ricordava che fosse una bella ragazza, non graziosa e fine come quelle che era abituato a frequentare, però lo attraeva. Era diversa da quel giorno alla locanda, il viso era più rotondo, i capelli erano legati alla buona con un nastro, eppure si vedeva che erano in disordine. Il buio non permetteva di vedere bene i lineamenti del viso, ma una cosa chiara era il vestito. Corto, attillato, di sicuro una scelta del suo compare. Tarleton fece mentalmente i complimenti a Tavington per la scelta del vestito, ma dopotutto loro in fatto di donne erano esperti. Banastre era rimasto bloccato nel contemplare quella creatura notturna, i suoi pensieri dapprima puri diventarono nel giro di pochi secondi impuri. Lei intanto spostò una gamba da un lato per poter discendere dal cavallo e nel farlo un lembo del vestitino si alzò facendo vedere una porzione di pelle della gamba.
Perché le donne non mettono vestiti così corti?
Aveva delle gambe tornite, non era proprio una bellezza Inglese. Nonostante questo, capì perché Tavington si fosse così impuntato su di lei.
Chissà com’è a letto..
Il Colonnello continuò a fantasticare, forse in modo troppo evidente, fino a che Beatrix scese dal cavallo e così comparve al suo posto la figura di Tavington. Che, dallo sguardo, sembrava aver captato i suoi pensieri.
Discese dal cavallo e poi lo salutò, forzato dalla situazione.
“Banastrian.” Disse a denti stretti, si percepiva il suo accento scouse.  
“Crispin.” Gli restituì il favore utilizzando il suo secondo nome.
Si guardarono occhi negli occhi, nessuno dei due sembrava demordere, come se fosse una prova di coraggio. Si trafiggevano l’un l’altro, poi successivamente ghignarono in quel modo che sapevano faceva crollare ai loro piedi le fanciulle.  
“Hey, bro.
Si strinsero le mani in modo giocoso, seguito da una pacca sulla schiena.
La ragazza, che era rimasta a guardarli senza dire niente fino a quel momento, fece sentire la sua presenza.
“Disturbo la vostra rimpatriata?”
Loro si girarono verso di lei con uno sguardo duro, come se stesse rompendo la magia che si era creata.  
“Amici di lunga data?” cercò di smorzare l’atmosfera lei.
“Sì, micetta. Siamo cresciuti praticamente insieme.”
Tavington la affiancò e le appoggiò un braccio sulle spalle in modo possessivo.
“Oh.. quindi mi hai seguito con Gabriel solo per salvare lui?”
Disse la giovane, con un tono forse troppo accusatorio, Banastre si sentiva chiamato in causa. Certo che quella ragazza aveva un caratterino niente male. In effetti, qualche ricordo di quel giorno alla locanda, Tarleton ce l’aveva.
Sei dura da sottomettere, bambolina..
Tavington comunque non rispose alla domanda, scoppiò a ridere, eludendo così un disastro imminente. “In quale Forte alloggeremo, Banastre?”
Tarleton impiegò un secondo per tornare lucido e concentrato sulla questione importante. “Fort Trox. Ben protetto, piccole stanze, servizio scadente e..”
Tavington terminò la frase. “..e buona fornitura di donne. Già, come al solito.”
Banastre sghignazzò. “Già.”
“Allora fai strada, Ban.”
Il Tenente Montgomery si avvicinò, un po’ timoroso, a loro. “Colonnello Tavington, voi verrete con noi.”
William lo guardò con astio, come se stesse dicendo una cosa assurda.
“Quindi mi state dicendo che devo prendere gli ordini da un..”
Guardò Tarleton in cerca di supporto, dopotutto non era un suo uomo, non conosceva il suo grado militare, ma era sicuro che era poco più di un soldato semplice. Lo vedeva dalla schiena china, piegata in modo troppo untuoso.
“Tenente.” Rispose prontamente il collega, leggendogli la mente. Loro due erano molto simili.
“Bene, quindi dovrei sottostare alle direttive di un Tenente?”
Rispose a Montgomery, facendo diventare rosso l’uomo, il quale non riusciva a formulare una parola.
Biascicava le lettere. “Veramente.. ehm.. Sir, cioè Lord.. ehm Colonnello.. è stato un ordine..”
Il Tenente guardò il suo Superiore, Tarleton, come se attendesse il permesso per continuare a parlare, così fu Banastre a terminare il suo pensiero.
“William, sono stato io ad ordinarlo.”
Tavington a quel punto si girò verso Banastre.
“Il tuo comando includeva anche la ragazza?” Chiese, anche se conosceva fin troppo bene la risposta.
L’altro fece una pausa, quasi interdetto. “No. Sarai stanco dopo questo lungo viaggio e l’incontro con i Ribelli, loro ti condurranno nella tua stanza. Beatrix, posso accompagnarla io.”
William gli lanciò un’occhiata glaciale, per fargli capire che aveva afferrato il suo intento.
Banastre si sentì in dovere di giustificarsi. “Lo faccio per te, per farti un favore. Non sono interessato a lei.”
Ma Tavington non sembrava credere alle sue parole. “Ma certo, sei così disinteressato che ti ricordi anche il suo nome. Buffo, vero?” lo pungolò l’amico.
Questa volta Banastre ebbe la decenza di non rispondere.
“William..” lo chiamò Beatrix “..io e te stiamo insieme vero? Non voglio dormire con altri.”
Disse, guardando chiaramente il Colonnello Tarleton.
Tavington sorrise nel constatare che la sua piccola tigre non aveva bisogno di protezione, sapeva difendersi bene da sola. “Certo, amore. Ora andiamo che sei stanca, hai bisogno di riposare un po’.”
Montgomery era ormai tornato dai suoi commilitoni, facendo passare Tavington.
“Bene, William. Come vuoi, andremo tutti insieme al Forte.” Disse Tarleton, rassegnandosi.
Avrò modo di stare solo con lei..
Salirono a cavallo e partirono, destinazione: Fort Trox.

Ciaoo a tutte ^^
Libera, libera, libera! Per una volta è lei a condurre il gioco ed è stato lui a permetterlo! Eh, le cose stanno cambiando tra questi due splendori. =) Purtroppo qualcuno non è contento della felicità tra i due innamorati e complotta alle loro spalle, di chi sto parlando? Del Colonnello Tarleton.. dite che è invidioso? Si scopriranno meglio i suoi piani più avanti.. e non vi ho ancora detto qual è il contenuto della fantomatica lettera! ^^
Vi lascio ai vostri pensieri! :)
Un bacio belle =)

Giulia

xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso

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Capitolo 35
*** Toc Toc ***


capitolo 35
Capitolo XXXV
Toc Toc



William si svegliò la mattina successiva molto presto, da poco era appena passata l'alba. La sua Beatrix dormiva ancora perché lei, a differenza sua, si era subito assopita. Era crollata appena erano arrivati nella stanza.     
Dormiva in modo scomposto, si era arrotolata le lenzuola attorno al corpo e non si era neanche accorta che William non era più a letto.
Al contrario, Tavington non era riuscito a prendere sonno tranquillamente perché aveva troppi pensieri in testa, l'incontro con il Generale lo turbava. Non sapeva cosa aspettarsi, e in più non era ancora convinto della lealtà di Banastre.
Vero, erano stati grandi amici in passato, ma quei momenti di fratellanza erano passati da molto tempo. Tutto quell'atteggiamento solidale nei suoi confronti lo lasciava con tante domande. Accantonò momentaneamente quelle preoccupazioni e decise di prepararsi per l'incontro con Cornwallis.
Era ormai già vestito, dopo un bagno veloce aveva indossato i vestiti da Dragone che gli aveva portato una cameriera. Era in piedi davanti allo specchio che si stava facendo il codino militare e,  mentre si accarezzava il viso, constatò che non era più ispido, era così bello tornare alla civiltà dopo tanto. Mentre annodava il fazzoletto al collo si complimentò dell'uomo che era riflesso nello specchio.     
"Sono proprio affascinante!" Disse a se stesso.    
"Specchio specchio delle mie brame chi é il Colonnello più affascinante del reame?"    
Per un momento William credette fosse proprio lo specchio a parlare, dal momento che era così preso dal contemplare se stesso. Ma la voce era dolce, carezzevole e leggermente assonnata. Si girò a guardare il letto e vide la sua micetta poggiata su un fianco che lo osservava con malizia.
Il suo sguardo lo percorreva, sebbene fosse vestito lo fissava come fosse nudo.     
Aveva i capelli in disordine, come al solito, le guance leggermente arrossate e gli occhi lucidi di desiderio.    
"Pensavo dormissi fino a mezzogiorno." La stuzzicò Tavington.    
"E io non pensavo fossi così vanitoso."    
"Oh, allora mi conosci poco."    
La ragazza si alzò sulla schiena, sedendo a gambe incrociate.    
"Uffi, come sei arrogante! Ma questa non é una novità."    
"No?" Domandò con divertimento William.    
"Tra te e Banastre non so davvero scegliere chi sia più pomposo.."    
Aver nominato il suo collega rese Tavington nervoso. Ed il suo cambiamento d'umore non passò inosservato alla ragazza.     
"Non ti piace che parli di lui?"    
Chiese Beatrix e per la prima volta non aveva assunto un tono beffardo.    
Sembrava davvero interessata a saperne di più. Allora William decise di risponderle sinceramente, anche se aveva il timore che farle conoscere dettagli della sua vita lo avrebbe reso facilmente attaccabile.    
"No. Preferirei che non lo nominassi se non è strettamente necessario."    
Poi si girò nuovamente davanti allo specchio e continuò a sistemarsi il fiocco.    
"Perché? Avete una questione in sospeso?" domandò curiosa, scendendo dal letto per posizionarsi vicino a lui.    
Non possedeva ancora una veste per la notte, perciò in quel momento era nuda. Erano lontani i tempi in cui si faceva problemi circa la sua nudità. Camminava infatti fiera nella piccola camera per vedere meglio Tavington. “C’è qualcosa che non so, William?”
Chiese lei, con un tono calmo, che implorava verità. Lui le toccò una mano e la accarezzò lentamente. “Niente di importante, solo piccoli screzi tra adolescenti.”
La ragazza fu rincuorata nel sentirlo aprirsi, stava mostrando di avere fiducia in lei e Beatrix non gli avrebbe fatto rimpiangere la scelta fatta.
“Va bene. Adesso vai dal Generale?”
“Sì.” Sistemò l’ultimo bottone d’oro nell’asola della giacca “devo farmi aggiornare sull’andamento della guerra.”
Lei lo abbracciò forte da dietro e sospirò contro la sua giacca rossa, cercando di inalare tutto l’odore che poteva. “Mi mancherai tanto.”
Tavington le fece il sorriso sghembo attraverso il suo riflesso. “Starò via solo qualche ora.”
“Lo so, però mi mancherai lo stesso.”
Aveva il viso a forma di cuore, le labbra arricciate e faceva gli occhioni dolci. Cercava in tutti i modi di farlo sentire in colpa perché la stava lasciando. Non capiva che lui aveva dei doveri da ottemperare? Eppure quando faceva così gli si formava un groppo nello stomaco. Una sensazione nuova, mai provata. Qualcosa che gli comprimeva la pancia e non lo faceva respirare.
Cosa mi stai facendo?
“Farò più in fretta possibile.” Cercò di tranquillizzarla come poteva.
Beatrix incurvò le sopracciglia, come se non ci credesse.
“Te lo prometto.” Aggiunse.
A quel punto, William capì che era il momento di andare. Un secondo in più in quella stanza non gli avrebbe permesso più di uscire. Fece qualche passo verso la porta, ma lei lo raggiunse e si attaccò al suo braccio. Lo tratteneva e gli impediva di uscire.
“Non andare!”
William rise. Non si era mai trovato in una situazione così divertente, sembrava quasi di essere in una commedia. La gravidanza doveva averle scombussolato gli ormoni e le emozioni.
“Beatrice..” le accarezzò i capelli, cercando di sciogliere qualche nodo passando la mano in quella folta boscaglia. “..facciamo un gioco?”
Gli occhi della fanciulla brillarono. “Sì, quale?” chiese subito incuriosita.
“Chiudi gli occhi e apri leggermente la bocca.”
Lei gli sorrise affettuosamente, aspettandosi un bacio, così fece come le aveva detto.
Ma una volta che ebbe chiuso gli occhi ed abbandonato anche la presa sul suo braccio, Tavington sfruttò quell’occasione per sgattaiolare fuori dalla stanza.
Beatrix realizzò troppo tardi che il Colonnello era uscito. Era nuda, non poteva uscire fuori.
Aveva perciò vinto lui quella volta.
Tavington si incamminò e, come era stato avvisato la sera precedente, trovò Banastre che lo attendeva in fondo al corridoio.

Beatrix rimase ferma nella posizione in cui l'aveva lasciata Tavington.
Era senza parole.
Si era fatta ingannare da lui, ma la domanda che si stava ponendo era 'ma che diavolo stavo facendo?'
Beatrix si rimise a letto e ripensò a quello che era successo. Era impossibile che lo avesse sul serio implorato di non lasciarla.    
Cosa mi sta succedendo? Non sono io.. Sarò malata!     
< Sei incinta, Bea! >    
Sì, ma non penso che tutte le donne incinte diventino delle ninfomani possessive.. O sì?     
Mentre la fanciulla proseguiva quella battaglia contro la sua stessa coscienza, -e già solo quel fatto confermava la sua pazzia imminente- la mente spostò la sua attenzione sulla sua infanzia.
Mamma..
Si avvolse nelle lenzuola ancora calde che portavano l'odore di Tavington, quell'odore maschile, di sudore fresco. Era così buono il suo odore o forse era lei che stava diventando ossessionata da quell'uomo.
Beatrix era incinta, ma non ne era nemmeno certa, quando William fosse ritornato in camera gli avrebbe chiesto di farsi visitare da un medico. Dopotutto quel Lee non si poteva definire una persona affidabile, poteva anche averle mentito per quello che sapeva.
Era così sicura di stare bene?
Quando si era svegliata dall'intorpidimento era stata presa da William e dalla sua dichiarazione, non aveva domandato della pulce. Come stava, G. aveva fatto qualcosa al suo piccolo amore??
Si passò la mano sul suo ventre nudo, notando solo in quel momento un leggero arrotondamento, quasi impercettibile. Fra qualche mese il suo corpo sarebbe stato diverso, avrebbe preso qualche chilo, grazie all’ospite dentro di lei che faceva sentire la sua presenza.    
"Oh, piccola pulce. La mamma non vede l'ora di abbracciarti!"    
La ragazza non sapeva come comportarsi, era tutto nuovo per lei. Era cresciuta con sua mamma, senza sorelle o fratelli dai quali apprendere qualcosa sulla maternità.
Sarebbe stata una buona madre?
In un secondo il suo viso si rabbuiò, pensò a William come padre. Lei sapeva con certezza che sarebbe stato un buon padre, lo aveva capito osservando i piccoli gesti che rivolgeva alla pulce. Era dolce, delicato, perfino quando avevano fatto l'amore quel giorno della fuga, William aveva avuto un tocco gentile. Sebbene preferisse dipingersi come un mostro, forse per mantenere con gli altri quella facciata da duro, Beatrix aveva visto la verità celata sotto. Si era preso cura di Wellsie, era certa che avrebbe fatto un buon lavoro anche con la loro pulce.
Uno di quei giorni avrebbero parlato del loro futuro, ma Bea preferì non occuparsene in quel momento, si era svegliata felice e voleva continuare ad essere così fino al suo ritorno.
E fu con l'immagine del suo William che chiuse gli occhi e si addormentò.    
"Svegliaaaa!!"
Qualcuno tentava di portarla fuori dal mondo dei sogni, era una voce squillante, ma era ancora lontana. Beatrix ignorò quella voce e invece tornò a concentrarsi sul suo sogno.
La voce non si arrese e in più venne anche scossa per rinvenire. "Beaaaaa."    
La ragazza si nascose sotto le coperte, coprendosi anche la testa con il cuscino.    
"Lasciami dormire." Implorò di non essere tormentata.    
"Lo hai voluto tu."    
Si allontanò momentaneamente e, quando Beatrix pensò che fosse andata via, si sentì tirare dai piedi. Qualcuno la stava facendo cadere dal letto, ignorando le proteste della ragazza. Cercò di aggrapparsi alle lenzuola, ma con insuccesso. Poi, ad un certo punto, iniziò lentamente a non percepire più il materasso sotto di sé e..
“Ahi!”
Era per terra a faccia in giù che guardava delle scarpette graziose. Non aveva bisogno di scrutare in volto l’ospite intruso, ormai era sveglia e comprendeva tutto perfettamente.
“Wellsie.” Disse con rassegnazione Beatrix.
Cercò di alzarsi e per fortuna si ricordò che era nuda. La sua nudità non era più un problema con William, ma con sua sorella la questione era un po’ diversa. Aveva ancora qualche briciola di pudore. Wellsie afferrò il messaggio e così andò a raccogliere le lenzuola e gliele passò. Beatrix si arrotolò il panno alla buona, tanto per nascondere le parti più intime.
“Beeea!!” urlò l’amica e poi l’abbracciò forte, tanto quasi da stritolarla. “Mi sei mancata un mondo.”
Beatrix si lasciò coccolare tra le sue braccia, un mese di lontananza e la sua amica non era cambiata per niente. Solita esuberanza e allegria all’ennesima potenza.
“Mi sei mancata anche tu, Wells. Non sai quante cose ti devo raccontare.”
Wellsie si staccò dal suo corpo, permettendole di respirare di nuovo regolarmente. “Oh, sì. Tante.”
Poi fece un passo indietro e le porse una scatola quadrata e abbastanza grossa. Bea la prese e, appoggiandola sul letto, la aprì. I suoi occhi brillarono nel vedere il contenuto della scatola.
“Bellissimo.” Disse prendendo il vestito e rimirandolo bene. Era ocra, semplice, ma elegante e portava un bel fiocco -grande- rosa.
La ragazza si girò verso l’amica. “Per me?”
Wellsie le sorrise. “Certo, ho mandato ieri Nik a prenderlo. Ti piace?”
“Stupendo, non ho parole per descrivere quello che provo. Lo amo.”
Si avvicinò a Wells e le diede un bacio affettuoso sulla guancia. “Grazie.”
“Le amiche fanno così, si fanno i regali e si rendono felici l’un l’altra. Noi siamo amiche,  vero?” chiese con quella vocina puerile, che trasmetteva desiderio di affetto e accettazione. Il cuore di Beatrix si scaldò, lei e suo fratello erano molto simili, l’unica differenza era che manifestavano le loro emozioni in modo diverso.
“Certo, migliori amiche.” Rispose Bea.
Wellsie fece i salti di gioia e poi prese il vestitino. “Vieni. Ti aiuto a metterlo.”
Dopo diversi minuti passati a lavarsi, rinfrescarsi e mettersi quel vestito, finalmente fu pronta per uscire.
Era davanti allo specchio e si sentiva un’altra persona.
In passato non aveva mai avuto bei vestiti, non era una nobile perciò non era richiesto che vestisse come una nobildonna. Eppure anche in quelle occasioni in cui aveva indossato vestiti diversi dal solito, come da Marie o quando William gliene aveva comprato uno, erano diversi da quello che stava ammirando allo specchio in quel momento.
L’abito di Wellsie era un vestito che solo una signora avrebbe indossato, non c’era niente di provocante, la pelle mostrata era quella che il Galateo ordinava. Era semplice, ma straordinario allo stesso tempo.
“Grazie Wells, grazie ancora. Ti voglio bene.”
“Ti voglio bene anche io.” Rispose l’amica.
Poi la prese per mano ed uscirono nel corridoio. Camminarono in quella struttura che sembrava diversa dal Fort Charlotte. E, nel mentre, iniziarono a chiacchierare.
“Allora, queste novità?” esordì Wellsie.
Beatrix fece un respiro profondo, cercando di celare quel sorriso sornione che si stava formando, ma non ci riuscì. “Sei la prima a saperlo, eccetto William ovviamente.”
Wells era molto attenta alle sue parole, sembrava incuriosita. “ Che bello!”
Beatrix prese una mano dell’amica e se la portò sulla pancia. Lasciò la mano lì, aspettando che Wellsie avesse l’insight.
Gli occhi di Wells erano sbarrati dall’incredulità. “No. Non ci credo.” Disse con sgomento.
“Non.”
Pausa.
“Ci.”
Pausa.
“Credo!”
Beatrix rise dalla gioia. “Sì, invece.”
Wellsie l’abbracciò, stritolandola un’altra volta. “Sono così contenta per te e Will. Quanto tempo?”
“Bella domanda. Devo chiedere a William di farmi vedere da un medico per sapere bene i dettagli della gravidanza.”
Wellsie era al settimo cielo. “Wow, che notizia. Voglio essere la madrina!”
“Ovvio, non potrei chiedere ad altri.”
Avevano percorso tutto il primo piano e, scendendo al piano terra, erano giunti nel grande cortile del Forte.
Il sole era alto in cielo, stranamente era una bella giornata. Una bella giornata autunnale.
Beatrix osservò meglio la fortezza. C’erano delle guardie al grande portone ed altre disposte ai lati che proteggevano il confine. Dritti, fermi, con lo sguardo alto e fiero.
Inglesi..
“Come vanno invece le cose tra te e Nik?”
“Come al solito. Tutto fantastico, qualche volta litighiamo, ma niente di grave.”
Le sue parole erano belle, ma la ragazza aveva qualcosa di strano. Come se le stesse nascondendo delle cose. Beatrix poggiò allora due dita sul mento di Wells per vederla bene in viso. “Hey tesoro, che succede?”
Niente, questo è il problema.”
“Non capisco..” rispose confusa Bea.
“Tra di noi le cose saranno sempre così, non cambieranno mai.”
“Come, no? Vi sposerete..”
Ma Wellsie la interruppe. “No, non ci sposeremo. William non lo permetterebbe mai.”
In quel gran cortile c’era una lunga panca, usata forse dai soldati per fare esercizi. Allora le due ragazze si sedettero e continuarono la conversazione. “Perché dovrebbe vietarlo? Sa che vi amate e Nik sembra un bravo ragazzo.”
Wellsie si guardò con tristezza le mani congiunte sul suo grembo. “Io e lui abbiamo un rapporto strano. Gli voglio bene e lo ringrazio per tutto quello che ha fatto per me, ma..”
Alzò lo sguardo verso Beatrix. “Cercando di proteggermi da tutti i mali, dal mondo, mi ha costruito attorno una campana di vetro.”
Bea rifletté sulle parole dell’amica, in effetti quella tendenza all’essere possessivo, geloso e incredibilmente paranoico l’aveva mostrata anche con lei.
La sua mente volò dalla pulce. Sarà un buon papà, pulce mia. Ci proteggerà dai cattivi..
“Wellsie, tuo fratello conosce bene Nikolas, sa che non ti farebbe mai del male.”
“Sì, credo sia il suo migliore amico, od unico amico. Ma.. se io dovessi sposarmi uno di questi giorni..”
Beatrix completò la frase per lei. “..lo abbandoneresti.”
La ragazza comprese molte cose in quel momento. Lei aveva dubitato fin dall’inizio che dietro quella corazza di ghiaccio che mostrava a tutti, c’era altro che il Colonnello Tavington nascondeva. Qualcosa che forse solo Wellsie conosceva, l’amica faceva fatica a parlare di quell’argomento delicato, così Beatrix decise di non andare oltre. Un giorno avrebbe conosciuto tutti gli oscuri segreti del suo amato William, ma quel giorno sarebbe stato lui a raccontarglieli.
Bea posò le sue mani su quelle di Wellsie cercando di sostenerla come poteva.
“Vedrai che capirà come ti senti, devi solo dargli il tempo di capire lui cosa vuol dire amare senza riserva. E quel giorno vi sentirete bene tutti e due.”
Wells le sorrise, più felice rispetto a prima. Quella nuvola di tristezza stava scomparendo. Continuarono a parlare per ore, raccontandosi aneddoti divertenti, piccanti, buffi. Discutendo su tutto e tutti senza barriere. Il tempo sembrava scorrere senza che le due ragazze ne avessero l’esatta percezione.
“Dovevi vederlo, cavalcava così fiero e poi..”
Wellsie incominciò a raccontare un momento di comicità che riguardava Banastre e, proprio mentre le due ridevano a crepapelle, vennero interrotte da una signora.
“Scusate, posso porvi una domanda? Sono alquanto confusa.”
La donna non era anziana, forse sulla cinquantina. Aveva i capelli neri acconciati in modo sublime, con tanto di diamanti in testa come decorazione. Aveva il viso candido, doveva essere Inglese, e degli occhi di un nero inteso. Indossava un abito di alta sartoria, un abito rosso sangue lungo che copriva le caviglie, decorato con pendagli in oro. Aveva tanti gioielli: alle dita, ai polsi, alle orecchie e al collo. Doveva essere una nobile.
Beatrix si chiese cosa ci facesse quella bella donna in un Forte pieno di uomini, per di più durante un conflitto che stava diventando mondiale.
“Dite, Milady.” Rispose cordiale Wellsie.
“Vengo dalla Gran Bretagna, sto cercando una persona..”
Poi si fermò ad un tratto e guardò attentamente Wellsie. “Lady Tavington?” Chiese sconcertata.
“Credo vi stiate riferendo a mia madre, Esther.”
La signora annuì. “Oh, cielo. La mia cara amica, sventurata vita la sua, glielo avevo detto che non avrebbe dovuto sposare quello sciagurato del marito. Lo avevo capito fin da subito, così rude e..”
Beatrix stava osservando la scena, sentiva in quelle parole la tipica cattiveria dei nobili Inglesi padroni del mondo. Wellsie, impaurita, non le aveva risposto, ma Beatrix, percependo la sofferenza nell’amica scaturita da quelle parole, decise di interromperla.
“Non è buona educazione parlare delle persone che non ci sono, Milady.”
Di contro, la signora si voltò lentamente verso quell’interlocutore che non aveva considerato fino a quel momento. Dai suoi occhi si vedeva che non era abituata a prendere ordini spesso. “Avete ragione, le mie scuse. E, di grazia, il vostro nome?”
“L’educazione non ha insegne nobiliari. La cafoneria sì.”
La nobildonna strabuzzò gli occhi, tanto lo stupore per quelle parole così dirette verso di lei. La sua bocca si aprì e poi si richiuse senza che avesse emesso alcun suono. Era senza parole. Wellsie guardava Bea con terrore, le suggeriva di stare zitta, eppure Beatrix continuava a fissarla con la testa alta. Orgogliosa delle parole pronunciate.
Poi, all’improvviso, la signora scoppiò a ridere. Una risata forte, particolare, molto buffa e di certo bandita dal Galateo.
“Siete la prima persona che si rivolge così a me, ammetto di essere a volte.. sgarbata. Malgrado ciò, nessuno me lo aveva mai detto prima. Interessante.”
E continuò a ridere allegramente, stupendo le due fanciulle e qualche guardia. Dovevano conoscerla evidentemente.
“Allora.. donna del mistero.. mi indichereste la via per entrare in questa struttura? Devo assolutamente far riposare questi piedi doloranti.”
Beatrix diede uno sguardo alle sue scarpe: belle, ma scomode.
Che fastidi essere una nobile!
“Perché non li togliete? Qui non siamo a Londra, la classe l’avete abbandonata quando avete lasciato la vostra città monotona.”
La signora la osservò attentamente e poi si guardò in giro. Senza dire altro si poggiò su Beatrix e poi si sfilò le scarpe camminando a piedi nudi. “Ora, fate strada.”
Wellsie si alzò e, insieme a Bea, accompagnarono la donna all’interno. Wellsie chiamò una guardia e, una volta scambiate due parole, gli intimò di portare dentro la nobile.
“È stato un piacere, Signorina Tavington e voi..”
“Beatrice.” Disse di getto la ragazza, non aveva usato il suo nome, ma quello con cui William la chiamava sempre. Non sapeva spiegarne il perché, ma Beatrice lo sentiva diverso da Beatrix.
“Nome interessante, Beatrice. Me lo ricorderò.”
“Beatrice, Beatrice, mi piace.” Mentre ripeteva il suo nome allegramente entrò dentro con la guardia.
Quando fu lontana, Wellsie la tirò per un braccio. “Ma sei matta?! Sai chi hai appena insultato?”
Disse l’amica in modo esagitato.
“No.. chi?” disse noncurante Beatrix.
“La Contessa Cornwallis!”
Beatrix rimase pietrificata. “Dimmi che è solo un’omonimia. Non è imparentata con il Generale..”
Wellsie scosse la testa lentamente. “Se le cose non sono cambiate è ancora..”
Il sangue di Beatrix si gelò all’istante. “..sua moglie.”


Ciaoo a tutte ^^
Ooh... siamo nel Forte!! William avrà un po' di cose da sistemare e soprattutto un Generale da affrontare.. intanto Bea ritrova la sua amica Wellsie, quelle due sono un'ottima squadra e forse aiutandosi a vicenda riusciranno a risolvere i loro problemi di cuore..
Grande grande novità... una new entry.. Lady Cornwallis!! Un'amica o una nemica??? ^^
Un bacio belle =)

Giulia

xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso

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Capitolo 36
*** L’umiliazione ***


capitolo 36
Capitolo XXXVI
L’umiliazione


Wellsie venne chiamata da Bordon, così Beatrix decise di fare ritorno in stanza. Aveva ormai visto bene Fort Trox, non era molto diverso da Fort Charlotte, si sarebbe abituata anche a quello.  La ragazza, dopo vari tentativi, alla fine ritrovò la strada della sua stanza.
Una volta dentro si guardò attorno, era carina tutto sommato, ma per lei solo il fatto di stare con William bastava a renderle sopportabile quel luogo. Si sedette sul letto e fece oscillare le gambe dolcemente. Non c’era molto da fare e lei non sapeva come riempire il tempo, nell’altro Forte almeno aveva una mansione da adempiere.
Ma in questa occasione.. quale era il suo ruolo, come doveva comportarsi con gli altri?
Tavington, come al solito, non le aveva detto niente, era scappato via senza una parola.
Beatrix allora scese dal letto e decise di rendersi utile, non poteva passare l’intera giornata a letto!
A Pembroke era abituata ad alzarsi presto la mattina per andare ad aiutare sua mamma alla locanda. Samantha era la cuoca più brava e nessuno in tutto il villaggio riusciva a batterla in cucina, per questo erano poche le sere in cui cenavano sole. Sua madre doveva mandare avanti la locanda perciò aveva lavoro da fare e non poteva seguirla più di tanto. Beatrix si era lamentata dell’assenza di sua madre, eppure aveva ragione lei, la cresceva da sola e in qualche modo doveva assumersi i doveri di un padre e di una madre contemporaneamente.
Per un momento la sua mente creò il volto di sua mamma, Tavington l’aveva uccisa e lei lo aveva perdonato subito, anzi no, lui non aveva mai chiesto scusa. Lo aveva dato per scontato, era il suo incarico e lui l’aveva portato a termine, neanche una parola per consolarla. E lei ora dormiva insieme all’uomo che aveva ucciso sua madre, come aveva fatto a dimenticarlo? Solo in quel momento -dopo mesi- aveva pensato a quel dettaglio.
Allora è vero che l’amore rende ciechi..
Un suono proveniente da fuori la riportò al Forte. Sullo scrittoio di legno accanto alla piccola finestrella c’era un orologio, la ragazza diede una sbirciata all’ora.
L’una.
Aveva passato la mattinata con l’amica ed era volata in un secondo e Tavington non era ancora tornato. Le aveva promesso che avrebbero pranzato insieme ed invece ancora nessuna traccia. Così decise di uscire fuori dalla stanza a cercarlo lei, come diceva il motto ‘Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto’. Appena fuori si trovò nella stessa situazione di poco prima, quella struttura era un labirinto, avrebbe impiegato un po’ a prendere l’orientamento.
Lei si trovava al primo piano, al piano terra aveva visto la cucina e le stanze del personale. Perciò il Colonnello doveva essere in quel piano, in una di quelle stanze.. ma quale?
Alcune erano camere da letto degli Ufficiali, perché i soldati semplici dormivano in brande al piano terra, così le aveva detto Wellsie.
Poteva aprire tutte le porte fino a trovare quella giusta?
Ci rifletté un secondo, dopotutto era pomeriggio, non doveva esserci nessuno in camera quindi non avrebbe trovato nessuno.
Fece proprio quello, ne aprì una prima e vide una stanza simile alla sua, così la richiuse. Continuò ad aprire diverse porte e in nessun caso con successo, ormai si trovava alla fine del corridoio, ne rimaneva solo una.
Girò la maniglia, riponendo in quell’ultima camera le speranze che rimanevano.
Quello che vide la lasciò senza parole. C’erano due uomini nudi e loro stavano..
“Oddio, scusate.. H-ho sbagliato.. scusate..” si tappò gli occhi e si chiuse subito la porta alle spalle. Non attese nemmeno che le rispondessero, scappò via.
“Che figura.. dovevo bussare.. chissà cosa avranno pensato!”
Era ancora scossa per quello che era appena successo, senza altre porte da aprire era scesa al piano terra dove sapeva già che non avrebbe trovato niente di utile.
Era vicina al crollo definitivo.
Aveva controllato due piani, dove poteva andare? Uscì nel cortile e notò che una guardia la stava guardando con insistenza, forse per il vestito –anzi, sicuramente era quello, non era mai stata una ragazza con la fila di ammiratori. Si sentiva un po’ a disagio per le sue occhiate poco discrete, se Tavington fosse passato di lì si sarebbe arrabbiato con lei, già.. se solo lo avesse trovato.
Dove sei?
Stava per tornare dentro e chiudersi in stanza per tutto il giorno, quando le venne in mente un’idea geniale. Forse avrebbe potuto mettere in pratica le lezioni di seduzione di Marie, almeno quelle occhiate che il ragazzo le volgeva sarebbero servite a qualcosa.
Così si sistemò l’abito, i capelli e poi si diresse verso la guardia.
“Hey, ciao.  Io sono..” prese un ricciolo dei capelli e ci giocò con malizia. “..Beatrix.”
Il ragazzo diventò rosso e abbassò diverse volte lo sguardo verso il basso.
“Piacere, Miss.”
“Come ti chiami?”
Si morse il labbro e poi rispose. “Mark, Mark Guter.”
Beatrix gli fece gli occhi dolci, poi appoggiò le mani sulla sua giacca rossa.
“Mark, che nome carino.” Si avvicinò al ragazzo. “Proprio come te.”
Lui tentennò, scosso. “Anche voi siete carina, molto carina.”
Beatrix sapeva di aver fatto colpo su di lui, perciò forse avrebbe condiviso qualche informazioni con lei.
“Ho bisogno di un favore, Mark. Mi aiuteresti?” chiese arricciando le labbra.
“Certo, tutto quello che volete, Miss Beatrix.”
Lei gli sorrise e poi si staccò da lui. “Bene, sto cercando il Colonnello Tavington.”
Il ragazzo tremò nel sentire pronunciato il nome di William, era così terribile?
“Siete sicura?”
Beatrix annuì. “Sì, è urgente.”
Lui allora si sistemò il colletto della giacca e poi rispose. “In questo momento ha una riunione con i Generali.”
“Perciò non posso disturbarlo?” disse la ragazza, cogliendo l’antifona.
Mark scosse la testa. “No.”
“Dove si sta svolgendo questa riunione?”
Il soldato ruppe la linea e la prese per mano, si spostarono di qualche metro e infine le indicò qualcosa. “Dovete raggiungere l’altra ala del Forte, seguite questa strada.”
Beatrix memorizzò bene le informazioni e poi lo ringraziò. “Sei stato molto gentile, Mark.”
E, per ringraziarlo veramente, gli baciò una guancia con affetto.
Il ragazzo le sorrise e poi lei si incamminò, seguendo la strada indicata da Mark.
Ecco perché non era riuscita a trovare la stanza che voleva! Si trovava nel lato opposto della struttura. Questo posto era diverso dall’altro, più sfarzoso e c’erano tante candele, sebbene fosse giorno, specchi e arazzi. Diversi soldati erano in piedi ai lati, nessuno le disse niente, come se non ci fosse.
L’atrio era grande, non sentiva nessun rumore, eccetto qualche voce in lontananza.
Decise di seguire quella scia di sottofondo e così si trovò di fronte ad un grande portone in ottone. Lì davanti sostavano due guardie armate che, dalle occhiate glaciali che le mandavano, non l’avrebbero fatta passare facilmente senza una scusa plausibile.
“Devo vedere il Colonnello Tavington.” Esordì la ragazza.
La guardia a destra dai capelli ramati la squadrò in due secondi. “Non credo proprio. Chi sei, una delle sue puttane?”
Beatrix si offese per quelle parole lanciate dal soldato, come si permetteva di giudicarla senza nemmeno conoscerla? “Che ne sapete voi, siete per caso una di loro?”
L’altro titubò preso in contropiede, ma alla fine si riprese.
“Le donne non entrano, ragazzina.” Sentenziò con tono che non ammetteva repliche.
Beatrix pensò ad una scusa per passare, spremé le meningi.
“Nemmeno se questa ragazzina è la dama di compagnia della Contessa Cornwallis?”
Disse alzando un sopracciglio.
Ora cosa rispondi?
La guardia lanciò uno sguardo al collega in cerca di consiglio, così l’altro per la prima volta intervenne.
“Rys, lasciala passare. Se dice il vero finiremo nei guai, in caso contrario saranno loro a sbatterla fuori.”
L’amico non sembrava ancora sicuro che fosse la cosa giusta. “Va bene, ma prima voglio accertarmi che dice il vero.”
Fece spazio per farla passare e poi entrò con lei.
La stanza non era molto grande, ma c’erano tanti Ufficiali, faceva fatica a distinguerli in quelle giacche rosse tutte uguali.
Loro erano entrati, ma nessuno aveva notato la loro presenza, troppo presi dai loro discorsi.
Al centro si trovava un tavolo lungo con attorno gli Ufficiali e Cornwallis era l’unico che camminava avanti e indietro.
Beatrix non riusciva a capire dove volesse portarla la guardia, poi lo capì.
In una sedia seduta in un angolo c’era la Contessa.
Ora sono nei guai..
Si avvicinarono alla signora e poi, dopo un inchino, la guardia le parlò. “Contessa, questa donna dice di essere la vostra dama di compagnia. Vuole parlare con il Colonnello Tavington.”
La Contessa lo squadrò con disgusto, forse abituata a quel tipo di -viscidi- individui. Poi il suo sguardo cadde su Beatrix, era davvero nei guai. Tavington si sarebbe arrabbiato ancora di più quando l’avesse vista. Trattenne lo sguardo sulla donna e così fece lei.
La Contessa sorrise. “Ebbene, non capisco dove sia il problema.”
La guardia indicò Beatrix agitando le mani nervosamente. “Contessa, lei non può accedere senza permesso.”
La signora si alzò e fronteggiò l’uomo. “Mi state dicendo che devo chiedere a mio marito il permesso per far entrare le mie ancelle?”
La guardia abbassò lo sguardo e poi si arrese. “Scusate Contessa, non avevo capito che fosse..”
“Bé, ora lo sapete.” Lo zittì lei, infastidita.
L’uomo fece un inchino. “Certamente, Contessa. Scusate ancora.”
Lanciò un ultimo sguardo schifato a Beatrix e poi uscì dalla stanza.
La Contessa si sedette nuovamente e poi le indicò la sedia accanto che era libera. Beatrix fece come detto e si accomodò. “Grazie, non dovevate.”
La donna la guardò sorridendo. “Sono abituata a fare quello che voglio, volevo farlo, Beatrice.”
La fanciulla ricambiò il sorriso e ringraziò mentalmente la Divina Provvidenza di averla aiutata un’altra volta.
“Cosa vuoi da Tavington, quindi?” chiese curiosa.
Beatrix non sapeva ancora se poteva fidarsi della donna, che interessi aveva di stare dalla sua parte? Sicuramente l’aveva aiutata per un suo capriccio personale. Decise di non dirle la natura del suo incontro.
“Niente di importante. Un messaggio da sua sorella.”
La donna la guardò increspando le labbra, dubitava forse delle sue parole?
“Capisco.”
Poi ritornarono ad osservare il chiacchiericcio dei soldati, alcuni parlavano animatamente, altri erano più timidi. C’era comunque confusione, si faceva fatica a capire sempre tutto e in più i loro discorsi erano difficili da seguire, troppo tecnici.
Beatrix cercò William.
Era vicino a Banastre e nessuno dei due l’aveva vista entrare. William era quello che interveniva di più ed era anche quello che faceva contrariare di più il Generale.
“Dobbiamo continuare a seguire la linea offensiva, My Lord. È una vittoria regalata.” Disse il Colonnello.
“Voi siete sempre così sicuro di voi, Colonnello. Hanno colpito i nostri approvvigionamenti per la seconda volta, dobbiamo risparmiare risorse per questi ultimi mesi, almeno fino a quando non ci riforniranno di nuovo.” Rispose il Generale.
William si alzò dalla sedia. “Stiamo perdendo un’occasione unica di farli soccombere, è da stupidi ritirarsi.”
Il Generale scosse la testa, come se quelle discussioni con il Colonnello fossero per lui una routine.
“Non voglio il massacro di Harlem Heights, Tavington.”
William alzò gli occhi in cielo. “Leggete i miei resoconti, Generale, non c’è stato nessun massacro. Hanno gonfiato la faccenda perché non possono accettare di aver perso, sebbene fossimo stati noi in inferiorità numerica.”
Lord Cornwallis lo guardò attentamente. “Certe volte bisogna anche accettare di non poter vincere tutte le battaglie. Lo capireste anche voi se non pensaste solo alla fama e gloria.”
William non abbassò lo sguardo, non si fece abbattere dal Generale, anzi replicò senza tentennamenti.
“Combatto per la vittoria, non la gloria. Devo ricordavi che alla fine ho vinto Harlem Heights?” disse con un ghigno soddisfatto.
“La prossima volta aspetterete miei comandi.” Disse lentamente Cornwallis, come fosse una minaccia.
A quel punto il Generale O’Hara, che affiancava Cornwallis, si intromise nella loro discussione.
“Sembra tanto che il Colonnello Tavington preferisca seguire i suoi ordini.”
Si misero tutti a ridere, anche Banastre rise sotto i baffi, sebbene fosse più discreto.
“Colonnello Tavington.” Riprese le fila Cornwallis. “Farete come voglio io, non attaccherete Charleston ora. Sono stato chiaro?”
William chiuse i pugni forte, ma -fortunatamente- non rispose ed invece fece l’inchino con la testa e poi sedette nuovamente.
Tutti parlottavano di nuovo e fu difficile per Beatrix origliare la conversazione tra Ban e William, stavano discutendo da un po’, allora lei si concentrò solo su di loro.
Banastre stava sghignazzando e poi si rivolse al collega. “Ti stimo, William. Sei l’unico che lo sfida così apertamente, lo sai amico che non sei nelle sue grazie?”
Tavington grugnì. “Non ho nessuna intenzione di accattivarmi Cornwallis, le mie battaglie parlano da sé, Banastre.”
L’amico gli batté una pacca sulla schiena. “Tu, amico, non gli piaci. Io sì, invece.” Disse soddisfatto.
Tavington lo guardò di traverso, ma poi sorrise. “Perché tu non gli dici quello che pensi.”
“Vero.” Poi risero.
La ragazza aveva stretto i pugni forte quando aveva ascoltato la discussione tra il Generale e William e in tutto quel momento non si era accorta dello sguardo attento della Contessa. “Non mi vuoi ancora dire il motivo che ti ha condotta qui?”
Beatrix staccò gli occhi da William e si voltò verso la donna. “Ve l’ho detto prima.”
La donna prese una mano tra le sue e la accarezzò. “Intendevo il vero motivo.”
Beatrix sbuffò, non voleva cedere, ma la Contessa riprese.
“Forse ho capito tutto.” Disse, mentre le accarezzava le dita, in particolare..
La ragazza tirò via la mano, ma troppo tardi. La Contessa, infatti, aveva già notato il suo anello.
“Davvero prezioso e anche molto raro da trovare.” Continuò sibillina la donna. “La mia migliore amica ne possedeva uno e, che io sapessi, era l’unica proprietaria.”
Beatrix pensò a qualche scusa credibile, ma più rifletteva e più capiva che era tutto inutile, si sarebbe incasinata ulteriormente.
Visto il suo silenzio, la Contessa proseguì. “Devo presumere che tu sia una ladra o..?”
“Vi prego.. è una cosa complicata.”
La donna si sistemò meglio sulla sedia per poterla scrutare più adeguatamente.
“Ho visto come lo guardi, non ci vuole tanto a capire che sei innamorata di lui.” Poi fece una pausa, continuando ad osservare il suo volto.
“I tuoi dubbi infatti non sono sui tuoi sentimenti, ma i suoi.”
Beatrix abbassò la testa e si guardò le mani in cerca di parole, non aveva voglia di discutere sul loro rapporto. “Io e lui siamo diversi, troppo. Io non sono una nobile.”
La Contessa prese con le dita il suo mento e le alzò lo sguardo. “Conosco molte persone che stanno insieme sebbene appartengano a ranghi differenti, hanno rinunciato a qualcosa, ma non è impossibile.”
Beatrix si sentì meglio, non era poi così male parlare con lei. “Voi non conoscete bene William.”
“Oh, io conosco molto bene il Colonnello e anche suo padre.”
Se nel pronunciare la prima parte le erano brillati gli occhi, nel nominare il padre aveva fatto una smorfia disgustata. Si ricordava le parole di William, era un uomo violento e terribile, la ragione per cui lui e Wells erano scappati di casa.
“William non è cattivo come sembra, almeno non sempre. A volte sa essere così dolce e premuroso e sarà un ottimo padre.” Disse con amore Beatrix, accarezzandosi il ventre.
La Contessa le sorrise, aggiungendo anche la sua mano al tocco. “Quindi è vero che sei incinta..”
“Lo sapevate?” chiese stupita la ragazza.
“Dubitavo, ti tocchi spesso la pancia in modo protettivo. Lui lo sa?”
“Sì, e non è sempre contento di diventare papà.”
Beatrix ripensò a quei momenti in cui rifiutava la pulce. “Ci lavorerò su.”
“Non ne ho dubbi.” Affermò sinceramente la Contessa.
Beatrix avrebbe voluto continuare a parlare con la signora, si stava affezionando a lei, era così dolce e affettuosa.
Purtroppo vennero interrotte, poiché le sedie vennero scostate rumorosamente, sembrava proprio che la riunione si fosse completata.
Molti uscirono, Beatrix non sapeva cosa fare, non aveva mai girato mano nella mano con William. E poi lui non voleva che lei si comportasse in modo troppo amichevole con lui davanti agli altri, allora decise di mantenere un profilo basso. Salutò la Contessa ed andò da William.
“Siete stato meraviglioso, Colonnello Tavington.”
Lui le stava dando le spalle, era impegnato a informare i suoi uomini degli spostamenti da fare. Sentì la sua voce, ma non interruppe il suo discorso, la ignorò. La ragazza allora attese che lui finisse, senza continuare a parlare.
Ma ad un certo punto, il Generale O’Hara fece un passo verso di lei.
“Che maniere, Colonnello, avete un’ammiratrice e la trattate così. Non capisco come facciate ad avere così tante donne al seguito.”
Tavington congedò il suo uomo e si dedicò alla ragazza e al Generale.
“Le faccende di guerra vengono prima, Generale.” Rispose seccato, portandosi dietro il rancore per la cosa che O’Hara aveva detto prima.
“Chi è questa bella fanciulla, Colonnello?”
William guardò Beatrix e poi il Generale. “Lei è.. Beatrix.”
O’Hara storse il naso, non era quella l’informazione che voleva e non era nemmeno quella che desiderava sentire la ragazza.
Lei lo conosceva bene, a differenza degli altri sapeva captare i suoi cambiamenti d’umore. In quel momento era in imbarazzo e non sapeva come uscirne ed era chiaro che non voleva raccontare di loro, così l’aiutò lei.
Diede un calcio al suo orgoglio e al suo cuore ed esordì. “Io e il Colonnello condividiamo solo il letto, Generale. Traete voi le conclusioni su chi sia per lui.”
Beatrix aveva nominato O’Hara, eppure guardava fisso William e lui ricambiava lo sguardo. Tavington sapeva  che quella frecciatina era rivolta a lui.
“Perché sei qui?” chiese William, ignorando la presenza dell’altro.
“Non siete venuto per pranzo, come avevate promesso, allora sono venuta io da voi.” Rispose la fanciulla, mantenendo il tono distaccato.
“Avevo da fare, avresti potuto supporlo da sola senza scomodarti a venire fin qua.” Disse glaciale Tavington.
“Mi mancavi..” confessò Beatrix, cedendo e facendo crollare così le sue barriere.
“Va’ in stanza, Beatrice. Ci vedremo stasera.” Replicò il Colonnello.
O’Hara si sentì un intruso e così fece per andare.
“Non andate, Generale, me ne vado via io. Sembra che la mia presenza non sia gradita qui. Evidentemente sono fonte di.. imbarazzo per il Colonnello.”
Lui non aveva ceduto nemmeno un secondo, la guardò truce per tutto il tempo.
“Questo non è luogo per te, Beatrice. Lasciami fare le mie cose.”
“Oh.. e quale sarebbe il mio posto? Il tuo letto?” domandò alzando la voce.
“Ti stai rendendo ridicola e il Generale non ha voglia di sentire le idiozie che escono dalla tua bocca.” La redarguì lui.
“Magari il Generale è interessato a sentire le avventure del Colonnello Tavington quando cala il buio, o forse potrei mostrargliele direttamente.” Rimbeccò, facendo l’occhiolino a O’Hara.
Un attimo prima rideva soddisfatta e un attimo dopo si ritrovava con una mano sulla guancia.
William le aveva tirato uno schiaffo forte in pieno viso, una cosa che non faceva da tanto tempo. Sentì la guancia diventare poco a poco calda e rossa ed una lacrima scese silenziosamente, senza emettere suono.
“Ora. Torna. In stanza.” ripeté lentamente Tavington, questa volta era un ordine però.
L’umiliazione per quella scena non le fece dire altro, lo guardò con gli occhi colmi di lacrime e così si accorse che tutti stavano fissando loro e lei. Avevano sentito tutto, si sentiva così umiliata, avrebbe voluto seppellirsi viva.
Guardò lui, che la fulminava senza pietà, era molto arrabbiato e questo le fece venire i brividi.
Aveva paura..
“Mi dispiace..” disse con la testa china e le lacrime che continuavano a scendere senza sosta.
E poi uscì via, correndo.







* spoiler *
“Anch’io ti amo, di più di quello che vorrei.” La interruppe lui. “Ma non potrò mai essere per te quello che vuoi che sia. Non posso annullare la mia vita per assisterti ogni secondo. O accetti che sono questo o..”
Lei trasse da sé la conclusione. “..o è finita.”

Ciaoo a tutte ^^
Allora, ditemi un po' vi piace la Contessa? Vi anticipo che nel prossimo capitolo avrà un ruolo centrale, ma che influenza avrà.. positiva o negativa? :)
William ha intanto reagito male all'arrivo di Beatrix.. o forse era già un po' nervosetto da prima? Dopotutto la discussione con il Generale lo aveva lasciato con i nervi tesi e poi... eccola lì che arriva lei. Ha beccato il momento giusto poveretta. 
Un bacio belle =)
Giulia

xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso

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Capitolo 37
*** L’amore basta? ***


capitolo 37
Capitolo XXXVII
L’amore basta?



Tavington l’aveva vista andare via e non aveva fatto niente per fermarla.
Era arrabbiato per vari motivi e lei aveva reso quella giornata ancora più stressante. Perché era venuta?
Con tutti i posti dove poteva andare era proprio andata da lui. Il loro teatrino aveva catturato l’attenzione di molti e William era abituato a quel tipo di sguardi, il suo essere sanguinario aveva portato gli altri suoi commilitoni Inglesi a guardarlo con circospezione.
E adesso era al centro della stanza, affiancato ancora da O’Hara, con tutti gli occhi puntati su di lui.
Il Generale non aveva preso in simpatia il Colonnello e questo William lo aveva capito bene, cercava in tutti i modi di mettergli il bastone nelle ruote e quello che era successo poco prima era anche colpa sua.
“Allora Generale, avete altro da chiedere?” domandò stizzito Tavington, mantenendo comunque il rispetto che si deve ad un Superiore.
L’altro sorrise beffardo. “No, ho capito tutto, Colonnello.”
E così se ne andò.
Quando Tavington pensava di essersi liberato di tutte le scocciature, giunse una donna. Quella donna.
“Liza, non incominciare. Ti prego.”  
La Contessa si avvicinò con cautela, sapeva che quando William aveva l’umore nero era meglio trattarlo delicatamente. “Vedo che le buone maniere che ti ha insegnato tua madre te le sei già dimenticate.”
“Scusate.. Contessa Cornwallis, sono addolorato per la mia deplorevole condotta.” E fece un inchino come si addice ad una nobile potente. Poi lui le porse il braccio che lei accettò volentieri.
Una donna di buona famiglia non poteva farsi vedere da sola con un uomo, c’era sempre una dama di compagnia per evitare voci ingiustificate. Ma Elizabeth Cornwallis era da sempre stata una donna fuori dagli schemi, non solo aveva battuto il record per aver licenziato venti dame in un solo mese. In più, lei si occupava delle faccende del marito, a differenza delle altre nobildonne Inglesi che erano rimaste a Londra, lei invece aveva voluto seguire Charles in America.
Era stato duro per lei cercare di abituarsi alla routine del marito, ma per amore lo aveva fatto.
“Non mi piace quello che ho visto, William.” Lo ammonì la signora.
“La questione non è semplice come sembra.”
Stavano camminando fuori nel corridoio, ma William si fermò subito, non volle uscire fuori.
“Mi piacerebbe mostrarti questo Forte, Liza. Ma i doveri mi chiamano.” Concluse in modo sbrigativo. Conosceva bene quella donna da anni e sapeva quanto fosse impicciona. Se le avesse permesso di venire a conoscenza del suo rapporto con Beatrix, non ne sarebbe più uscito.
Tavington non era uno stupido, sapeva che avrebbe dovuto chiarire più tardi con la ragazza -forse in serata. Perché c’erano delle cose che andavano chiarite prima che quella piccola conversazione divenisse una tragedia.
“William, ascoltami, non fare come tuo padre.” Tavington si girò a guardarla in faccia, sentir nominare il padre che tanto odiava lo faceva innervosire. Ma Elizabeth continuò il suo discorso, aveva infatti l’attenzione totale del Colonnello.
“Lei ti ama e tu puoi pensare di avere ragione quanto vuoi, ma l’hai ferita. Lei si fida di te ed è chiaro come l’acqua che farebbe qualsiasi cosa per te.”
William sbuffò, odiava quando qualcuno gli faceva la paternale, lo detestava quanto l’essere richiamato all’ordine.
Ma la Contessa non demorse, lo afferrò per un braccio e lo trattenne vicino a lei.
“Non abusare del suo amore, hai l’occasione di essere un uomo migliore di tuo padre.”
William rifletté sulle sue parole, che in cuor suo sapeva essere giuste, ma in quel momento era ancora turbato per la discussione precedente, doveva parlare con Beatrix dopo aver meditato quello da dire.
Altrimenti quella sera avrebbero rovinato il loro rapporto per sempre.
Tavington stava per andarsene via, ma un pensiero lo fece voltare nuovamente verso la donna.
“Non sono sicuro di essere pronto ad aprire per sempre le porte del mio cuore a lei. So che lei mi ama e penso -e sono sicuro- di amarla anche io. Eppure certe volte quando mi raffiguro un futuro ipotetico con lei, il mio mondo inizia a vacillare, lo sai anche tu come funzionano le cose nel nostro mondo, Liza.”
Lei annuì, conoscendo i suoi dubbi perfettamente. “Comprendo le tue preoccupazioni, ma Beatrice è incinta, ormai è tardi per pensare a queste cose. Quel bambino non merita di essere lui la vittima del vostro gioco, ti consiglio di riflettere bene sulle tue scelte e di prendere una decisione presto.”
“Lo so.”
Dopo aver salutato con un bacio sulla guancia la donna, Tavington rientrò nella stanza per finire di sistemare le ultime cose con Cornwallis.

Beatrix uscì da quella stanza piangendo, con la testa china cercando di evitare qualunque persona. Avrebbe voluto andarsene via e gettarsi tutto il mondo alle spalle, ma non poteva. William le aveva detto, anzi no ordinato di tornare in stanza.
Dopo l’umiliazione di poco prima, avrebbe dovuto fare come diceva?
La ragazza era nel totale sconforto, si sentiva demoralizzata e a pezzi, le sue parole erano state come una doccia fredda e le avevano perforato il cuore.
Il tono che aveva usato indossando la maschera di ghiaccio l’aveva fatta sentire un’estranea, qualcuno senza valore per lui.
E come poteva lei giudicare correttamente quello che era appena successo?
Beatrix si trovava ancora in quell’ala del Forte, non era ancora andata via. Almeno in quel posto dove l’alterità regnava, poteva starsene da sola senza avere gli occhi degli altri addosso. Chissà come l’avevano etichettata gli uomini di Tavington. Ripensò alle parole della guardia..
“Non credo proprio. Chi sei, una delle sue puttane?”
Forse aveva ragione lui, che senso aveva continuare quella battaglia con William, se poi per gli altri era nessuno?
Si trovava ora nel grande atrio sontuoso, piegata sulle ginocchia con la testa tra le gambe. Tutte quelle luci le stavano facendo venire la nausea, tutto così finto.
Ad un certo punto, qualcuno interruppe il suo pianto solitario. Una mano sfiorò con delicatezza il suo braccio.
“Non ti abbattere così, tesoro.”
Lei tirò su con il naso e poi guardò la Contessa con gli occhi pieni di lacrime. “Lo so, ma piangere mi fa liberare.”
La donna le porse un fazzoletto che lei accolse gentilmente.
“Grazie.” Si soffiò il naso.
“Piangere non serve a niente, non cambia le cose. Ma io so cosa può far cambiare quel tuo volto triste, Beatrice.” Rispose teneramente, pizzicandole leggermente le guance paffute.
“Cosa?” chiese Beatrix curiosa, alzandosi in piedi.
“Sono sicura che un bel piatto caldo sia un buon inizio, che ne dici?”
Beatrix le sorrise. “Grazie.”
La Contessa l’aveva portata al secondo piano e così lei scoprì che era quello il luogo dove risiedeva la donna. La sua stanza era imparagonabile rispetto a quella della ragazza, era forse tre volte più grande della sua.
Per descriverla, lei doveva rivoluzionare il termine di opulenza. Beatrix era convinta che la maggior parte delle cose presenti in quella camera provenissero proprio dalla Gran Bretagna, perché altrimenti non poteva spiegarsi la loro presenza in un Forte popolato solo da militari. E poi c’era il tocco della Contessa.
Un grosso letto si trovava a destra appena entrati, lenzuola di seta e ricamate finemente abbellivano il letto. Poi c’erano diversi comodini, tappeti orientali, tavoli, specchi,..
Quella stanza portava poi ad un’altra adiacente, sempre occupata dai Cornwallis, almeno così dedusse Beatrix.
E fu proprio lì che la condusse la Contessa, probabilmente era la sala da pranzo.
Non ci volle molto affinché arrivasse il cibo, infatti cinque cameriere avevano già apparecchiato la tavola e stavano portando le pietanze.
Iniziarono a mangiare. “Così è qua dove vivete, Contessa?”
“Ti prego, chiamami Liza, tanto siamo sole.”
“Va bene, Liza. Ho dovuto ricredermi su di te, ti avevo giudicata male all’inizio.” Disse Beatrix e poi prese qualche foglia di insalata con la forchetta e la mangiò.
“Immagino, il mio carattere non piace a molti. Eppure quando sei una donna potente puoi essere anche la più antipatica.. ti faranno lo stesso i piedi.”
Beatrix spezzò un pezzo di pane e lo bagnò nel sughetto. “Chissà che senso di potere ti dà essere una donna nella tua posizione, puoi fare quello che vuoi.”
Liza mangiava in modo composto: la schiena dritta, i gomiti non toccavano il tavolo, le mani non si sporcavano. Era la classe fatta persona, invece la ragazza pranzava come era abituata a farlo, in modo pressoché spartano.
“Sì, è bello.” Rispose in modo semplice la donna, ma un’ombra le offuscò quel bel volto sorridente.
“Sei sempre stata una nobile?” chiese con ingenuità la fanciulla.
“Sì, certo, altrimenti non avrei potuto sposare Charles.”
Beatrix pensò così alla sua situazione con Tavington, già.. non era una nobile, come poteva pensare di poterlo sposare?
La Contessa ebbe sentore del cambiamento d’umore. “Mio marito è molto differente rispetto a William, la sua è una delle famiglie più potenti della Gran Bretagna. I Tavington non godono più di quel prestigio di cui godevano in passato.”
Beatrix fu incuriosita dalla piega che stava prendendo il discorso. “Perché?”
“Esther, la madre di William, era la mia migliore amica, e lo è tuttora. I suoi genitori erano i Duchi di Whitby, avevano una certa influenza alla corte del Re. Il destino sventurato ha voluto però che si innamorasse di Lord Jack Tavington, di buona famiglia, niente da ridire. Il problema erano le voci che giravano su di lui, era un uomo affascinante, con un’indole però particolare.”
Beatrix era catturata da quel discorso, era curiosa di sentire la storia di William. Ma la Contessa faceva diverse pause, ogni volta che entrava qualcuno a prendere i piatti e portarne altri, lei si interrompeva. E poi proseguiva tranquilla.
Mentre la ragazza riempiva lo stomaco con del brodo, Liza continuò.
“Il loro fidanzamento fu molto veloce, si sposarono nel giro di pochi mesi, anche perché Esther era incinta del piccolo William. Io sono convinta, ancora adesso dopo trent’anni, che avrebbe pensato bene alla faccenda del matrimonio se non fosse rimasta incinta. Sai, la gente parla e lei a quel tempo doveva giustificare quella gravidanza inaspettata.”
La Contessa, finito il brodo, appoggiò il cucchiaio sul tavolo.
“Esther mi confidava tutto, almeno fino al giorno in cui ha sposato Jack. Era così innamorata, niente avrebbe potuto ostacolarla, ma lei aveva gli occhi dell’amore, non riusciva a capire che quello che Jack le mostrava era solo una facciata. Aveva messo su una bella sceneggiatura e lei scoprì la verità solo dopo il matrimonio, quando oramai Rien ne va plus, les jeux sont faits.”
Una cameriera prese il piatto di Beatrix e infine portò un dolce alla panna.
Oh, Bea ama i dolci!
“William mi ha raccontato qualcosa di loro e anche Wellsie, ma sua madre non poteva fare più niente? I suoi genitori..?”
Il dolce era così buono e soffice, un paradiso. Ma lo sguardo di Liza si fece duro.
“I suoi genitori non tolleravano Lord Tavington, sebbene non fosse uno squattrinato, perciò quando lei decise di sposarlo chiusero le loro porte a lei per sempre. Esther ereditò la sua dote che poi Jack consumò nel primo mese di matrimonio al gioco. Era sempre più disperata e io volevo aiutarla, ma cosa avrebbero pensato gli altri? Erano diventati come la peste a Corte e lei si vergognava a tornare perché sapeva avrebbe visto i suoi genitori.”
La ragazza finì il dolce e guardò Liza. “William è riuscito a scappare via però e portare con sé Wellsie, lei infatti pensa che i suoi genitori siano morti. Faranno mai ritorno a casa?”
La Contessa sorrise tristemente. “Non credo, almeno finché c’è Jack. Pensa, non ha permesso a Esther nemmeno di andare al funerale dei suoi genitori, però i suoi soldi se li è presi!” disse contrariata Liza.
Beatrix era dispiaciuta per le vicende sventurate del Colonnello, adesso capiva i suoi modi. Almeno in parte.
“Ho voluto raccontarti queste cose perché sono convinta che tu sia l’unica persona che possa salvare William. Non lo avevo mai visto così innamorato, lo so che è duro, ma sta’ vicino a lui. Ha bisogno di qualcuno che gli dia affetto, se è un uomo rude delle volte, lo è per via del padre. Spero che avendo sentito questa storia, tu comprenda il suo atteggiamento e spero con tutto il mio cuore che tu possa perdonarlo, Beatrice.”
La ragazza stava di nuovo per piangere, si sentiva in colpa per William e aveva un ardente desiderio di andare da lui e abbracciarlo forte.
Oh, William, anche se mi fai soffrire, ti amo così tanto!
“Lo farò, Liza. Grazie mille, si vede che ci tieni a Esther e alla sua famiglia, io amo William e farò in modo di venirgli incontro, perché non voglio perderlo.” Disse con convinzione Beatrix.
“Così che si parla!”
La ragazza ringraziò ancora la donna per il pranzo e poi andò da Wellsie. Passò con lei il pomeriggio a parlare, raccontandole le ultime novità. E quando poi si fece tardi si incamminò verso la sua stanza.
Beatrix aveva paura a rientrare nella stanza, si ricordava bene gli occhi di Tavington com’erano quando si erano rivolti a lei. Il pomeriggio con Liza le aveva fatto vedere la situazione in modo diverso.
Dopotutto anche per lei doveva essere difficile essere la consorte di un Generale.
Beatrix non avrebbe dovuto comportarsi così, ma ormai era tardi piangere sul latte versato. Non era una bambina, era un adulto e, come tale, doveva assumersi le sue responsabilità. Fece un grande respiro e poi girò la maniglia.
La porta cigolò emettendo un rumore che la faceva tremare tutta, in ogni caso si fece coraggio ed entrò dentro.
Chiusa la porta, si mosse titubante nell’oscurità dello spazio. Notò che il locale era nell’ombra assoluta, fatta eccezione per una candela accesa sullo scrittoio. Il buio non l’aiutava nell’individuare bene i contorni delle cose, ma il suo sguardo chiaramente stava cercando Tavington.
All’improvviso altre due candele si accesero e così la ragazza poté vedere William. Era in piedi vicino allo scrittoio. Aveva i capelli slegati, leggermente spettinati, la camicia era aperta e lasciava intravedere il suo petto muscoloso.
“Ti sei calmata?” disse atono, dando le spalle. La sua voce così piatta non le faceva presagire niente di buono.
Beatrix cercò di calmarsi e trovare le parole giuste per evitare un disastro, ma la sua mente parlò per lei. “È stata colpa tua, non hai mantenuto la promessa.”
Tavington si girò d’un tratto e così Bea poté vedere in volto i sentimenti che lo attraversavano.
Era arrabbiato e, forse, la frase che lei aveva appena pronunciato aveva peggiorato le cose.
“Colpa mia?” domandò lui, scandendo ogni parola.
“Avevi detto che saresti venuto presto.”
Lui sospirò pesantemente, come se non credesse alle sue parole. Che cosa aveva detto di così strano?
Lo amava e voleva passare ogni momento disponibile con lui, cosa c’era di così sbagliato nell’amarlo senza riserva?
“Beatrice..” fece una pausa “ti rendi conto di quello che stai dicendo? Non puoi essere seria..”
William prese del vino e se lo versò in un bicchiere che lei prima non aveva notato.
“Sì, invece. Me lo avevi promesso e ti sei dimenticato di tornare per pranzo.” Disse la fanciulla, facendo un passo verso di lui.
“Non mi sono dimenticato, avevo un consiglio di guerra!”
“Allora questa stupida guerra è più importante di me.” rimbeccò lei, facendo così innervosire Tavington.
“Io spero che tu parli così perché sei incinta, perché altrimenti..”
“Altrimenti, cosa?” lo interruppe Beatrix. “Evidentemente sono stupida, hai ragione te, come al solito, contento?”
William bevve una copiosa sorsata di vino, cercando di rilassare i nervi per non fare qualcosa di cui dopo si sarebbe pentito.
“Io non so più cosa fare con te..” le confessò con sconforto. “Sto cercando di venirti incontro, quanto posso, ma quando fai così mi lasci senza parole. Io non posso, Beatrice, stare dietro di te tutto il giorno.”
La ragazza pianse silenziosamente, in cuor suo sapeva bene che lui aveva ragione. Aveva sbagliato lei a comportarsi così, a farsi trasportare dalle sue emozioni. Eppure, ripensandoci, non era pentita di quello che aveva fatto. “William, io ti amo e..”
“Anch’io ti amo, di più di quello che vorrei.” La interruppe lui. “Ma non potrò mai essere per te quello che vuoi che sia. Non posso annullare la mia vita per assisterti ogni secondo. O accetti che sono questo o..”
Lei trasse da sé la conclusione. “..o è finita.”
William finì il vino che aveva dentro il bicchiere e poi si avvicinò a lei.
“Sì.” Manifestò a parole il timore che Beatrix aveva sempre avuto: perderlo.
“Sì, Beatrice. Io sono disposto a tentare questo rapporto con te, anche se non sapremo mai bene dove ci condurrà. Ma ho bisogno che anche tu ti impegni, devi promettermi di fidarti di me. Se ti dico che vado via, poi ritorno. Magari non sarà dopo qualche ora, ma ritorno.”
Beatrix continuò a piangere, non voleva essere così debole, ma chiedere alle lacrime di non sgorgare come una fontana era un’impresa fallimentare. Lui non era stato cattivo, aveva ragione e lei lo sapeva.
Allora perché sto così male?
“Non è semplice quando tutte le persone più importanti della tua vita, in un modo o nell’altro, ti hanno sempre abbandonato. Un giorno tu ti stuferai di perdere il tuo tempo ad insegnarmi le cose e quando realizzerai che siamo troppo diversi, mi lascerai per sempre.”
Tavington le accarezzò le gote bagnate di lacrime e poi asciugò con i pollici il suo pianto.
“Non succederà. Tu..” le sfiorò le mani, toccando l’anello di rubino all’anulare. “Quel giorno a Pembroke, non ero venuto per te, il mio incarico non eri tu, eppure ti ho portata via con me.”
I suoi pollici stavano in quel momento sfiorando le sue braccia scoperte per poi risalire fino alle spalle. “Non avrei dovuto, ma l’ho fatto, la tua forza, la tua testardaggine mi hanno sfidato. E, adesso, secondo te chi ha vinto quella battaglia, Beatrice?”
La sua voce era cambiata lentamente, era più dolce e mielosa. La ragazza era come in trance, attirata dalle sue parole come un bambino con le caramelle.
“Chi?” chiese ingenuamente Beatrix.
“Tu. Non ho mai perso nessuna battaglia, eppure contro di te ho perso. Tu sei la prima persona che mi abbia colpito..” la sua mano si abbassò sulla gabbia toracica della fanciulla e infine depositò la mano sul suo petto. “..al cuore.”
“Oh, William, ti amo così tanto. Perché mi dici queste cose? Lo sai che sono emotiva e piango subito. Io non so cosa dire.. io..” Infatti la diga emozionale si aprì.
“Non devi dire niente, amore.” Posò l’indice sulle sue labbra. “Dovevi sentire quello che provavo, così almeno la prossima volta mi lasci concludere il mio dannato consiglio di guerra senza provarci con uno dei miei Superiori.”
Tavington le sorrise, facendo ridere anche lei. “Scusami tanto, non so cosa mi sia preso. Sei arrabbiato?”
“Certo.” Disse lui, facendole una smorfia ghignata. “Infatti ho già una punizione pronta per te.”
Beatrix sbarrò gli occhi. “P-punizione? Quale punizione?”
William fece un passo indietro. “Ti sei comportata male e devo in qualche modo sculacciarti, altrimenti gli altri cosa penserebbero? Chiunque mi mancherebbe di rispetto..”
Il cuore di Beatrix fece un salto, la sua coscienza infernale continuava a dirle -non è finita- e adesso lei non sapeva cosa aspettarsi da lui.



*spoiler*
“Il mio lavoro mi permette di essere me stesso.” Portò il calice alla bocca e bevve una sorsata di vino.
“William, tu sei molto più di quel sadico psicopatico che fai credere di essere. Io ho visto che c’è altro.”


Ciaoo a tutte ^^

Vi avevo promesso che poco a poco i segreti si sarebbero svelati, ci sono quelli di Bea, ma anche quello di William. La Contessa anche questa volta è stata un valido sostegno per Beatrix.. E se vi dicessi che anche lei nasconde qualcosa di importante? :D
Intanto preparatevi per i prossimi due capitoli che saranno mooooolto 'intensi'
Un bacio belle =)
Giulia

xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso





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Capitolo 38
*** Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris. ***


capitolo 38
Capitolo XXXVIII
Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris.




“Mi vuoi punire, William?” chiese la ragazza con un tono tra il malizioso e l’incerto.
Lui ritornò al tavolo, si versò altro vino lentamente. “Sì.”
Beatrix rimase incantata nell’osservare il movimento dolce del liquido rosso che riempiva poco a poco il calice posato sul tavolo in legno.
Era strano vederlo bere vino, solitamente preferiva il liquore.
Tavington colse la sua occhiata curiosa. “Ti piace?” chiese indicando la bottiglia.
La ragazza scosse la testa. Non poteva definirsi astemia, anche se alcolici di rado li aveva bevuti, se non in occasioni particolari.
“Hai cambiato.” Gli fece notare lei.
William sghignazzò e, terminando di riempire il bicchiere, depositò poi la bottiglia con un tonfo sul tavolo nuovamente.
“Per certe occasioni ci vuole qualcosa di speciale. Il vino rosso è..” alzò il calice in alto e lo fece oscillare lentamente, cosicché il liquido ondeggiò teneramente all’interno della conca.
“..è affascinante. Mi ricorda il colore del sangue, ha qualcosa di irresistibile.”
Beatrix rimase in ascolto, attenta alle sue parole che avevano una cadenza ammaliante, sebbene crudi.  
“Il mio lavoro mi permette di essere me stesso.” Portò il calice alla bocca e bevve una sorsata di vino.
“William, tu sei molto più di quel sadico psicopatico che fai credere di essere. Io ho visto che c’è altro.”
Il Colonnello appoggiò il calice sul tavolo e si avvicinò a lei. “Credi ancora che ci sia del buono in me, come fai a dire una cosa del genere?”
“Tu mi ami, sei capace di provare sentimenti. Puoi essere una persona diversa.”
Tavington fece un passo verso di lei. “Ma forse non voglio.”
Beatrix non si ritrasse, anzi fece un passo verso di lui come a sfidarlo di farle male.
“Lo so bene ed è per questo che voglio che tu sia te stesso con me. Io ti amo così come sei, amore.”
William la baciò famelico, attirando contro di sé il suo corpo. Sapeva di vino, era irresistibile.
La ragazza si arrese a lui, si lasciò andare trascinata dalla sua forza bruta. Poi lui si staccò bruscamente. Beatrix cercava di far ricongiungere le loro labbra, ma lui glielo impediva.
“Non sono una bella persona, Beatrice, uccido le persone e mi piace farlo. Non puoi amarmi.. è assurdo. L’amore è..”
“..è irrazionale e incoerente..” Ribatté la ragazza.
Tavington estrasse dagli stivali uno stiletto.
Gli occhi di Beatrix si spalancarono per qualche secondo, ma subito dopo il momento di stupore tornò tranquilla come prima.
Sapeva che non le avrebbe fatto male. Almeno lo sperava quella volta.
Lui appoggiò la lama sulla sua guancia e ne tracciò il confine. “..imprevedibile..”
Beatrix afferrò la sua mano che impugnava lo stiletto e l’accompagnò lungo il suo tragitto. La mano scendeva sul suo collo e infine si fermò vicino al tessuto del vestito, a qualche centimetro dal cuore. “..folle.”
William le sorrise. Aveva osservato bene i suoi movimenti, lei si era prestata al gioco, permettendogli di fare quello che voleva. “Ti stai concedendo volontariamente?”
La ragazza lo guardò con malizia e poi si girò di schiena, si tirò i capelli da un lato e gli mostrò quello che voleva. Stava acconsentendo tacitamente, avrebbe capito?
Tavington allora mise via il pugnale e posò le sue mani sulle spalle nude della giovane, poi prese i lacci del corpetto ed iniziò a sfilarlo, laccio dopo laccio. Beatrix respirava lentamente, man mano che lui procedeva sentiva il suo corpo sempre più libero e meno costretto.
Percepì che aveva finito il lavoro quando sentì l’aria sfiorare la schiena scoperta. William accarezzò quel pezzo di pelle, muovendo le mani a disegnare linee immaginarie. Il suo tocco era delicato e rovente, lei sentiva i brividi in tutto il corpo.
Poi, ad un certo punto, percepì qualcosa di caldo sul suo collo, William stava succhiando infatti la pelle delicata sotto l’orecchio. Beatrix non sapeva cosa fare, le gambe stavano per cedere, le sue emozioni erano un groviglio inestricabile. Involontariamente chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dal suo abile tocco, Tavington conosceva bene il suo corpo e sapeva quali parti destassero maggior piacere in lei.
La stava sottomettendo al suo volere, ed erano solo all’inizio.
Si sentiva in estasi, trattenuta in piedi solo dalle forti braccia dell’uomo che cingevano la sua vita.
“Ti pentirai della scelta fatta.” Le disse William all’orecchio con tono di voce sensuale. Poi prese il lobo del suo orecchio e lo trattenne tra le labbra.
“Non credo proprio.” Rispose lei con quel poco di lucidità mentale che aveva ancora.
Tavington rise.
Con un colpo secco fece cadere il suo vestito, lasciandola nuda. La prese dalle spalle e la fece voltare con un tocco ancora dolce.
“Ti fidi davvero di me?” domandò William.
“Sì, con tutta me stessa.” Rispose prontamente la ragazza.
Tavington sghignazzò. “Vedremo.”
Poi lei lo vide mettere le mani in tasca ed estrarre una fascia di seta, la superò e la bendò. La fascia non era fatta di un tessuto spesso, eppure vedeva poco, forse poco aiutata dalla penombra della stanza.
Percepì William alle sue spalle che soffiava nelle sue orecchie.
“Sei ancora in tempo per arrenderti.” La stuzzicò il Colonnello.
“Nessuno mi sta obbligando, amore. Ti voglio completamente.” Ribadì con sicurezza la fanciulla. Non poteva vedere in volto le sue emozioni e in quel momento le sarebbe davvero piaciuto.
Era al centro della stanza nuda e bendata, ma non si sentiva a disagio perché sapeva che c’era lui. Se avesse davvero visto il peggio in lui avrebbero potuto superare tutti gli ostacoli insieme.
Senza che venne avvisata in qualche modo, Tavington la buttò sul letto, facendola cadere abilmente sulla sua schiena. Senza avere una percezione delle cose e delle sue azioni, si sentiva come un burattino guidato da lui. Infatti non poteva che fidarsi del suo uomo.
Il letto si abbassò leggermente, così lei capì che il Colonnello era salito sopra. Una sua mano stava accarezzando prima una gamba, poi l’altra, risalendo con un tocco così delicato che quasi non lo percepiva.
La sua lentezza dei movimenti le fece venire i brividi e battere forte il cuore. Così, per tranquillizzarsi, si sdraiò meglio sulla schiena e prese dei respiri profondi, cercando di calmarsi. Lui doveva aver notato la sua lotta interiore, perché lo sentì ridere maliziosamente.
“Agitata, micetta?”
Beatrix mascherò le sue emozioni. “Niente affatto, solo impaziente.”
Detto quello, si aspettava di avere una di quelle risposte pronte del Colonnello. Invece lui non le rispose e in più il suo tocco sparì, facendole capire quanto ne avesse bisogno.
Beatrix attese di risentirlo su di sé, ma niente.
Rilassò allora il corpo e poi percepì le sue mani che con forza la spingevano verso la spalliera del letto. Senza che se ne fosse resa conto le aveva giunto i polsi legandoli con qualcosa che non riusciva a decifrare. Poi prese i polsi uniti e li tenne fermi alla spalliera, Beatrix sentiva il fruscio del tessuto che aveva usato come nastro.
Le mani erano così immobilizzate, aveva solo le gambe ancora libere di muoversi.
“Ti piacerebbe se potessi sottomettermi così tutti i giorni, eh?” lo pungolò la ragazza.
“Non sai quanto.” Rispose, finendo di fare il nodo.
“Quindi questa sarebbe una delle tue fantasie perverse, William?” domandò maliziosamente Beatrix.
Lui in risposta rise. “Oh, non hai ancora visto quali siano le mie fantasie su di te. Rimarresti inorridita.”
La ragazza lo sentiva ancora seduto sul letto, forse poggiava sulle ginocchia, perché lo spazio che occupava era inferiore rispetto a prima. Così lo cercò muovendo il piede fino a toccargli le gambe.
“E nelle tua mente gioco sempre una parte passiva?”
“Sì.”
Il piede della ragazza salì verso l’alto, fino a toccare quello che cercava. Si fermò qualche secondo in quel punto.
“Qualche volta dovremmo provare ad invertire le posizioni, era divertente quel giorno a Savannah quando ti ho legato con le catene al muro.”
Tavington scese dal letto e lei sentì il tonfo degli stivali che battevano sulla pavimentazione in legno.
“Immagino che ti sia divertita, ma non succederà più.” L’avvisò l’uomo.
Poi lui aprì qualcosa e lei sentì un rumore strano, qualcosa a cui non riusciva a dare senso. Era così frustrante essere bendati, non pensava fosse così terribile. Eppure non poteva che amare quel gioco bizzarro, era tutta una sorpresa e lei doveva farsi condurre da lui.
Dopo qualche minuto di assenza, il Colonnello ritornò da lei. Salì sul letto, ponendosi questa volta in mezzo alle sue gambe, le aveva aperte con un colpo secco e poi si era messo lì.
Quell’apertura innaturale le faceva solleticare i muscoli, che non abituati dolevano un po’. Senza contare che quella posizione la metteva di fronte a lui aperta, in tutte le accezioni possibili.
Le mani di Tavington si fermarono in prossimità delle sue ginocchia, ma non andarono oltre. Non fece nulla per qualche secondo, rendendola ancora più inquieta.
“Ti piace questo gioco, Beatrice?”
Lei rispose prontamente, facendo parlare più il suo corpo e le sue emozioni che la sua testa. “Se mi tocchi diventa ancora più bello.”
Quella sua frase fece sorridere Tavington. “E dove vorresti sentire il mio tocco?”
Beatrix rimase interdetta, perché lei voleva sentirlo ovunque, voleva che toccasse ogni centimetro del suo corpo, ma poteva confessargli quell’indecente pensiero?
Avrebbe pensato fosse una ninfomane.
Vedendo che lei non rispondeva, allora cercò di spronarla. “Non me lo vuoi dire, amore?”
Beatrix scosse la testa, sicura che lui avrebbe letto i segnali del suo corpo.
“Vuoi che mi fermi?” disse William, sicuramente per spaventarla, ma lei sapeva non l’avrebbe fatto.
“No. Ma.. non posso indicarti ciò che voglio se sono legata.” Cercò una scusa lei, incasinandosi ulteriormente.
“Oh, Bé.. puoi dirlo.
Ecco, proprio quello che temeva!
“Mmm.. voglio che mi baci sulla bocca.”
William rise di nuovo. “Come inizio va bene, ma sappiamo entrambi che non è lì che vuoi che ti baci, vero Beatrice?”
E per confermare le sue parole, passò lentamente il suo indice nel suo luogo proibito, salendo verso l’alto con una lentezza dolorosa fino a fermarsi sul Monte di Venere.
Sebbene quel percorso fosse stato breve, il respiro di Beatrix si era fermato, facendola irrigidire tutta. E quando lui si fermò, fu arduo riprendersi subito.
“Allora, devo baciarti sulla bocca?” la punzecchiò Tavington.
“No.” rispose stanca ed eccitata la ragazza. “Però sarebbe lo stesso un buon inizio.”
Disse, riprendendo le sue parole.
Quel tocco di poco prima l’aveva mandata su di giri e non era pronta per essere toccata lì di nuovo, così decise di muoversi in un campo più facile da giocare.
Le mani del Colonnello si staccarono dal suo corpo e poggiarono ai lati della sua testa e poi lui la baciò.
Piano, i giri della lingua erano studiati e carezzevoli, la sua lingua la stava mandando fuori di testa. William era un grande bastardo, ma era davvero un bravo seduttore, perfino la donna più frigida su tutto il Pianeta gli avrebbe ceduto senza difficoltà.
La stava toccando semplicemente con la sua lingua e già era persa in lui. Beatrix si sentiva calda e vogliosa di altro, ma non riusciva a pronunciare quelle parole che lui tanto voleva sentirsi dire.
Poi, ad un tratto, Tavington si fermò. “Vedo che questo gioco ti sta piacendo.”
“Sì.” Rispose prontamente la fanciulla, senza provarne vergogna.
“William, non riesco a capire dove sia la punizione. Se è questo quello che ottengo, dovrei farti arrabbiare più spesso.”
Lui non rise malignamente quella volta, le rispose con ritardo in modo oscuro. “Vedrai.”
Poi prese qualcosa che aveva appoggiato per terra e le parlò nuovamente.
“Qual è il mio liquore preferito?”
“Scotch.” Rispose senza pensare Beatrix.
Tavington non disse niente riguardo alla sua risposta, allora lei domandò impaziente. “Giusto?”
Ancora niente, ma qualcosa stava scivolando sul suo corpo.
Una sostanza liquida scorreva sulla sua pelle, bagnando il suo seno, la sua pancia e scendendo lentamente giù. Beatrix cercò di far deviare il percorso, muovendo le gambe, ma lui captò il suo intento e allora le tenne ferme.
“Sta’ buona.”
“Che diavolo è? Era un modo gentile per dirmi che devo lavarmi?” chiese in tono agitato Beatrix.
“È la tua risposta.” Disse con nonchalance lui.
“Hai intenzione di asciugarmi ora?”
William non le rispose ed invece incominciò a passare la sua lingua sulla sua pelle. Questa volta partì dal seno, leccando in cerchi concentrici l’aureola rosea e poi circondando ciascun seno con voluttà. La toccava con delicatezza, lasciando qua e là qualche morso e bacio. Lei sapeva che i suoi capezzoli erano già eretti in modo capriccioso, come a richiamare la sua attenzione. Ma Tavington non sembrava volerla assecondare, infatti non succhiò i capezzoli, come si aspettava. Invece li guardò attentamente, soffiandoci sopra, ma senza fare niente.
“Tutto questo Scotch ti sta dando alla testa. Sei un ubriacone.” Cercò di farlo muovere lei.
Tavington ignorò il suo pensiero e scese a baciare il suo ventre gonfio, fermandosi sull’ombelico pieno di liquore. Sostò qualche secondo e dopo proseguì fino al Monte di Venere, senza proseguire oltre. Proprio dove desiderava la ragazza.
“William..” lo pregò con frustrazione lei.
“Sì?” chiese lui, come se fosse oscuro il motivo per cui lo richiamasse.
“Toccami.”
“Ma come, non sono un ubriacone?” chiese con falsa genuinità.
Oh, che odio!
“Perché fai così?”
Non la toccò dove voleva ardentemente e ritornò a piazzarsi senza problemi tra le sue gambe.
“Perché altrimenti che punizione sarebbe? Devi soffrire un po’, Beatrice.”
“Sei cattivo.” Disse Beatrix abbastanza stizzita, era già la seconda volta che la lasciava insoddisfatta.
“Mi desideri così tanto? Non sei irata per lo schiaffo di oggi?” la stuzzicò lui.
“Stai cercando di farmi arrabbiare, William?”
Lui rise. “Tanto non fa molta differenza, sei legata e sei sotto il mio controllo.”
Poi si avvicinò al suo orecchio e le sussurrò con un tono minaccioso. “E farai quello che voglio io.”
“E se mi dovessi rifiutare?” lo sfidò la ragazza.
William passò un dito sulla sua guancia, poi sulle labbra e infine lo inserì dentro.
“Sappiamo entrambi che non ne sei capace.”


*spoiler*
"Ssh.. Beatrice, fidati di me. Questa è la mia punizione e farai quello che voglio io, vero?" Chiese dolce Tavington, senza cattiveria, malgrado le sue parole fossero un po' cattive.
"V-va bene. Mi fido di te."    
"Brava." Disse lui, accarezzandole la chioma. 


Ciaoo a tutte ^^

William è arrabbiato con Beatrix, ma come la punirà? Non è una novità che la nostra Beatrix fa perdere le staffe al Colonnello Tavington.. cosa si inventerà questa volta William?
Ho dovuto tagliare in due parti il capitolo perché mi veniva troppo lungo.. spero di aver suscitato in voi la curiosità per il prossimo cap.. :P che sarà mooolto rosso, la sua rabbia verrà sublimata..
Attendo di sentire vostri prognostici.. ^^
Un bacio belle =)

Giulia

xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso

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Capitolo 39
*** Nescio sed fieri sentio et excrucior ***


capitolo 39
Capitolo XXXIX
Nescio sed fieri sentio et excrucior.



Rosso!

Lei era furibonda, poco a poco il suo disegno punitivo si stava raffigurando. Un pezzo alla volta lui le avrebbe mostrato le sue intenzioni. Intanto Beatrix, nella totale impotenza, non poteva che seguire le sue indicazioni.

Il dito che aveva inserito aveva un sapore acre, aveva ancora il suo sapore sulla pelle.
“Ora.” le disse lentamente. “Succhialo.”
Beatrix rimase pietrificata. “I-Il dito?” domandò titubante, sperando di avere capito male.
Lui rise malignamente. “Cos’altro vorresti succhiare?”
Beatrix cercò di voltare la testa per evitare quell'atto umiliante, ma lui non glielo permise. Con l'altra mano infatti teneva ferma la sua testa e la stava spronando a fare quello che voleva lui.    
"Ti farebbe così piacere che lo facessi?" Chiese con coraggio la ragazza.    
"Sì, molto."    
Allora Bea incominciò a fare quello che le aveva chiesto -ordinato. Mosse la lingua lungo il suo dito, imitando chiaramente un gesto molto più intimo. Lo accarezzò dolcemente, per poi infine succhiarlo senza ingordigia, con lentezza studiata per farlo arrabbiare.
Poi si staccò e riprese a parlare.    
"Contento?" Chiese un po' scocciata, sapere che lui stava tramando qualcosa alle sue spalle la rendeva nervosa.    
"Non ancora." Rispose l’uomo. "Non ti sei impegnata molto, Beatrice, qualcosa non va?" Proseguì lui in tono beffardo.    
"William, qual è il tuo intento, perché fai così?"    
"Te l'ho detto, questa è una punizione. Che poi sia qualcosa di piacevole o sgradevole dipende solo da te, micetta." Affermò il Colonnello.    
"Per farti felice dovrei fare quello che vuoi te?"    
Lui le accarezzò il volto, seguendo la linea della sua mascella per poi scendere sul collo. La sua mano percorse il suo décolleté, ignorando i seni doloranti di attenzione e poi scese sulla pancia.
La accarezzò con una dolcezza mai provata prima, il suo tocco era così leggero che non sapeva nemmeno se potesse definirlo tocco.     
Si stava forse preoccupando per la pulce? Aveva paura di fargli del male?     
Era proprio quel pensiero insieme ad altri che le faceva sperare in positivo per il cambiamento di William, in lui c'era qualcosa di buono e lei l'avrebbe tirato fuori. A costo che venisse torturata da lui quanto voleva.. Lo avrebbe salvato!    
La sua mano risalì verso l'alto e infine si fermò sulla guancia.    
"Se tu avessi fatto quello che io ti avevo detto, non saremmo qui."     
La sua mano accarezzava quella zona del suo corpo che quella mattinata aveva schiaffeggiato, un tocco assai diverso rispetto al precedente.    
"Scommetto, che conoscevi benissimo le conseguenze del tuo atteggiamento quando sei venuta a cercarmi in riunione. Eppure lo hai fatto comunque, cosa dovrei fare con te, Beatrice?"
La ragazza mosse la testa per venire incontro alla sua mano e per potersi così avvicinare a lui.
Era furiosa con William, eppure lo desiderava così tanto. Era qualcosa di inspiegabile, che non aveva esperito mai precedentemente.    
"Mi mancavi, te l'ho detto. Non mi piace stare sola." Confessò sinceramente la fanciulla.
"Vuoi che ti prenda un cagnolino a farti compagnia?" La prese in giro lui.    
"No." Rimbeccò prontamente Beatrix. "Voglio te, solo te. Non mi importa di nient'altro e nessun’altro."
William allora, nel sentirla rivelare così apertamente i suoi sentimenti, decise di premiarla in qualche modo.    
Scese dal letto.    
"Dove vai?" Chiese allarmata la ragazza.    
"Mi tolgo la camicia.” La rassicurò lui. “Arrivo."    
Come detto, si tolse la camicia, che ormai stava diventando un indumento insopportabile, e risalì sul letto, mettendosi a cavalcioni sul suo busto.
"Non togli anche i pantaloni? Voglio toccarti, odio sentire solo quel tessuto ruvido."
Si lamentò senza pudore la fanciulla.    
"Presto ti accontenterò."    
Poi si allungò sopra di lei e liberò una -sola- mano. Così Beatrix continuava ad essere legata al letto, ma i suoi movimenti erano un po' più facilitati rispetto a prima.    
"Perché una sola?" Chiese curiosa.    
"Perché non mi fido a liberarti, ma ho bisogno di una mano.” Specificò il Colonnello.
"Lo sai che la tua mente è davvero perversa, dovresti fare un pensierino sul cambiare professione e diventare uno gigolo, divertiresti un mondo quelle donne annoiate Inglesi." Lo stuzzicò la ragazza.    
Tavington rise. "E poi non saresti gelosa di tutte quelle donne? Pensa loro nella tua posizione e poi io.."    
Ma Beatrix lo fermò subito, maledicendo la sua stupida idea di stuzzicarlo.    
"Ho afferrato, William. Niente gigolo, tu sei solo mio." Ribadì Beatrix.    
Allora lui la sfidò. "Dimostramelo."    
"Come?" Domandò la ragazza.    
"Fammi vedere che non mi dovrei pentire di scegliere te."
Le mostrò lui, prendendo la sua mano libera e poggiandola sulla patta dei pantaloni, ancora chiusi.    
"Ma non vedo niente." Gli fece notare subito Beatrix.    
"Immagina." Rispose tranquillamente il Colonnello.    
Beatrix fece un respiro e poi tastò il tessuto dei pantaloni alla ricerca dei bottoni. Riuscì a trovarlo dopo qualche tentativo e così rimosse il primo grosso bottone dall'asola, fece lo stesso anche per il secondo e infine il terzo.
Beatrix constatò che l'essere bendata facilitava il suo compito, altrimenti si sarebbe sentita in imbarazzo come al solito, invece nella totale oscurità si sentiva quasi giustificata dal fascino delle tenebre. Succube di un desiderio incomprensibile.    
Le sue mani sfiorarono dei peli ruvidi, diversi riccioli che lei sapeva molto bene ricoprivano la zona del pube. Sebbene fosse cieca temporaneamente, non poté non toccare quei peli che suscitavano sempre in lei tale interesse. Li trovava eccitanti. Quel gesto, che stava diventando rituale, attirò l'attenzione del Colonnello.     
"Ti piacciono così tanto?"     
Ecco, presa con le mani nella marmellata!    
< altro che marmellata. Io direi con le mani proprio ne.. >    
Perché tu ti svegli solo in queste occasioni? Torna a dormire.    
< come faccio a dormire con uno stallone del genere piazzato sopra di me? Cosa gli farei.. Sai, tesoro, io posso aiutarti molto. Dopotutto sono la tua coscienza perversa. >    
No, tu sei perversa e basta!    
Beatrix ignorò i pensieri torbidi che la coscienza le inviava e invece mise le mani proprio nella marmellata.
La ragazza sentiva Tavington sospirare con fatica, segno che gli stava piacendo quello che gli faceva. Liberò la sua erezione, poggiandola sulla sua pelle nuda.
Poi prese il suo membro e lo toccò con tenerezza, come se avesse paura di guastarlo.
< oddio, è così eccitante. Non avevo mai provato queste cose, prima. Perché non mi dai il cambio? Voglio essere te, tu sei un'imbranata. >    
Non è vero, lui è il mio uomo e so toccarlo molto bene. Non ho bisogno di te.    
Beatrix allora, arrabbiata con la sua coscienza -e cioè con se stessa, di conseguenza poteva dire che stava impazzendo- riprese a massaggiarlo senza la dolcezza con cui aveva insistito prima.
Muoveva infatti le sue mani con rabbia, tirando la sua pelle delicata avanti e indietro, facendo anche barcollare il Colonnello verso di lei.     
Quel tocco selvaggio venne da subito arrestato da Tavington. "Hey, micetta, calma. Che cosa succede?" Domandò premuroso, non consapevole della sua battaglia interiore.    
"Scusa. Io.. Volevo fare qualcosa di diverso." Tentò di giustificarsi lei. "Non sono molto esperta."
"Lo so e io ti insegnerò tutto quello che devi sapere per farmi piacere."    
Beatrix gli sorrise con affetto, sapendo che lui lo avrebbe visto.    
Tavington a quel punto si tolse i pantaloni e rimase nudo accanto a lei, non la cavalcò come aveva fatto prima, al contrario l'aveva affiancata.    
Il Colonnello accarezzò il corpo della sua Beatrice, passando le mani in modo tale da farle il solletico. Beatrix rise e fece così fermare Tavington.    

"Non mi dire che soffri il solletico." Chiese lui con sconcerto.    
La ragazza annuì con la testa. "Molto."    
William allora cessò quel movimento rilassante e la mise di fianco come lui. Ora il Colonnello stava dietro di lei, l'aveva attirata contro il suo petto. Con una mano spostò i suoi capelli da un lato, liberando il collo e facendola rabbrividire subito.    
La ragazza sentiva qualcosa di duro toccare il suo fondoschiena e lei sapeva bene cos'era, perché solo qualche secondo prima lo stava accarezzando.
Quella posizione strana la fece preoccupare, non aveva ancora provato niente di diverso con William, ed essendo per lei tutto una prima volta, aveva molta paura.    
"Amore, che fai?" Chiese, biascicando le parole.    
"Faccio l'amore con te, Beatrice. Non ti farò male."    
La ragazza però non ne era convinta, non era pratica in fatto di sesso, ma quell'orifizio che lui voleva usare le sembrava un luogo troppo innaturale. Tremò al solo pensiero.    
"William, ti prego, no." Lo implorò lei.    
Ma lui le stava già accarezzando il fondoschiena, preparandola all'assalto.    
"Ssh.. Beatrice, fidati di me. Questa è la mia punizione e farai quello che voglio io, vero?" Chiese dolce Tavington, senza cattiveria, malgrado le sue parole fossero un po' cattive.
"V-va bene. Mi fido di te."    
"Brava." Disse lui, accarezzandole la chioma.    
Il Colonnello aveva toccato con dolcezza il suo pube e si era lubrificato il dito, per poi passarlo sopra quel buco ancora stretto. Mentre lui bagnava quella fessura, Beatrix fece tante preghiere mentali.    
Facciamo cambio?    
< magari il round successivo. >    
E poi la sua coscienza l'abbandonò, come al solito nel momento di bisogno.    
Il membro di William ora accarezzava con delicatezza la piccola fessura e intanto le lisciava i capelli con amore.
Prima di entrare dentro, le parlò all'orecchio.    "Dimmi che mi ami."    
Beatrix non rispose e lui non si mosse ancora.     
"Dimmelo." La esortò nuovamente.    
"Ti amo."     
E quando lo disse, il Colonnello la penetrò nell'unica zona che era rimasta virginale.
Fu un dolore atroce, un'entrata brusca e senza tante cerimonie. Non era entrato delicatamente, centimetro dopo centimetro.
No, aveva spinto dentro di lei con forza, riempiendola completamente.     
"È stato così brutto?" Domandò lui, respirando con fatica.    
"Sì." Rispose lei, mentendo, sebbene fosse stato feroce, aveva provato una scarica di sensazioni differenti, una potenza esponenziale.
Lo percepiva ancora dentro di lei, le sue pareti interne lo trattenevano e cercavano di adattarsi a quell'intrusione. Ma quando stava iniziando a provare veramente del piacere anche lei, William uscì fuori. "Bugiarda, lo so che ti è piaciuto."    
Poi si sistemò meglio contro di lei e, baciandola sulla spalla, preparò il secondo ingresso.
"Dimmi di nuovo che mi ami."    
"No. Dimmelo tu." Si rifiutò la ragazza, iniziando a capire il suo giochetto.    
Allora lui le morse la spalla, facendole sentire dolore. "Ahi!"    
"Ti avevo avvisata, sarà piacevole o sgradevole in base a come ti comporterai."    
"Tanto farai lo stesso quello che vuoi." Gli fece notare la fanciulla.    
"Vero, tuttavia potrai trarne anche tu piacere."    
Le baciò il collo, lasciando diversi morsetti e baci sulla pelle. "Lo so che ti piace. Non mentirmi."
Beatrix sbuffò. "Perché non posso chiederti anche io se mi ami?"    
"Perché questo è il mio gioco. Mio gioco, mie regole." La informò lui.    
"Oh, parlare con te è una battaglia persa in partenza. Vuoi sempre avere ragione." Rispose seccata Beatrix.    
Il Colonnello rise e tornò a posizionarsi bene alle sue spalle.    
"Ti amo, contento?" Si arrese lei.    
Così Tavington entrò nuovamente dentro di lei, "Oh, amore mio, non sai quanto. Non sai quanto."
Continuò a penetrarla, senza interruzioni quella volta.
Beatrix stava iniziando ad abituarsi al suo tocco, la pelle doleva un po' meno, ma il piacere faceva ancora fatica a riconoscerlo. La pelle sfregava, poiché non avvezza a quel tipo di entrate, di conseguenza non riusciva a concentrarsi sul suo piacere, come avrebbe fatto nella posizione canonica.
Ma dopo vari assalti brutali, i quali peraltro erano di gradimento del Colonnello, lo aveva capito dai gemiti contro la sua pelle, dai morsi lasciati sul collo, dai baci famelici sulla schiena, dal movimento delle sue mani sui suoi capelli, a volte li aveva anche tirati forte e infine lo aveva capito dalle paroline sconce all'orecchio.
Quella cosa, più delle altre, aveva catturato la sua attenzione, le cose che diceva erano strane, paroline che lei in America non aveva mai sentito, eppure la eccitarono più di tutto il resto sommato. Forse colpa del suo accento Inglese che trovava eccitante, ma alla fine fu quello a catturarla.    
Ma come dicevo.. Dopo vari assalti, il Colonnello uscì fuori, proprio nel momento in cui le sue sconcerie e il suo tocco la stavano portando su un altro livello.    
William buttò fuori l'aria con grande fatica, stanco di quei movimenti e poi la rigirò sulla schiena.
Beatrix calcolò mentalmente che era la seconda volta che la lasciava senza soddisfazione.
< no, è la terza. >    
Va bene, è la terza, non cambia molto. Rimango sempre insoddisfatta!    
"Qual è il tuo gioco?" Chiese allo stremo delle sue forze la ragazza, mentre il Colonnello si riposizionava in mezzo alle sue gambe.    
"Non ti sei divertita?"    
"Conosci bene la risposta, non hai voluto che mi divertissi." Ribatté stizzita Beatrix.     
 Tavington sorrise di nuovo, Beatrix stava iniziando a non sopportare più quel suono di voce.
Era stufa, stressata, insoddisfatta. Soprattutto insoddisfatta.
Voleva che finisse tutto presto, invece lui la portava su e poi la faceva cadere senza permetterle di raggiungere il suo traguardo.
“Hai finito?” chiese sbuffando la fanciulla.
Tavington appoggiò le mani sulle sue gambe e scese lentamente giù, verso la zona che aveva trascurato fino a quel momento.
“Ancora no, questo era solo un assaggio della tua punizione, amore.”
Le sue mani arrivarono a destinazione e toccarono le pieghe calde del suo sesso, il dito la stimolava sensualmente e lei non poté che contorcersi dal piacere torbido che le procurava. Il suo corpo si arcuava nel tentativo di avvicinarsi di più a lui e facilitargli così il compito.
Con un solo dito, il Colonnello la stava facendo impazzire. Beatrix aveva tutti i nervi tesi, si sentiva un ordigno pronto a scoppiare da un momento all’altro, eppure Tavington non la voleva accontentare di nuovo.
Il suo dito si muoveva in circolo, stimolando quel suo bottoncino così sensibile. La ragazza strinse il labbro inferiore tra i denti, non voleva concedergli la soddisfazione di vederla implorare per toccarla.
No, dentro di sé, Beatrix sperava ancora che avesse pietà di lei. Una speranza vana?
E quando di nuovo pensava di aver trovato pace, Tavington interruppe il suo tocco.    
La ragazza buttò la testa indietro, volendo sprofondare per sempre in quel materasso.
Non ce la faceva più.
“William.. ti odio..” disse ansimando, cercando di trovare il giusto ritmo per il respiro.
L’uomo non rispose alle sue parole, ma appoggiò con delicatezza il pollice sulla sua carne.
“Il tuo corpo non mi odia però, o sbaglio?” E così continuò a titillarla dolcemente.
“Questo non è corretto, vorrei vedere te al mio posto cosa faresti.”Rispose con ferocia Beatrix.
Si ricordò di avere una mano libera, così si tolse la benda dagli occhi e poco a poco la vista ritornò.
Quando ogni centimetro, millimetro, del corpo del Colonnello le si raffigurò davanti, le venne quasi voglia di tornare bendata.
Ormai sapeva bene che era il suo punto debole e doveva far leva su quello per uscire da quella situazione.
Tavington non disse niente riguardo alla sua mossa repentina, le sorrise semplicemente, come se sospettasse che avrebbe tolto la benda.
“Mi liberi ora?” chiese lei, tirando la corda che la legava ancora al letto.
“Non ti piace più?” rispose William con un’altra domanda, eludendo la sua.
“No.” disse con fermezza la ragazza, raddrizzando la schiena per vederlo meglio.
Tavington l’attirò contro di sé, fino a far sfiorare i suoi capezzoli con i peli che ricoprivano il petto del Colonnello.
Poi lui la baciò. Mentre la baciava, Beatrix tentò di staccarsi con la mente, ma il suo corpo aveva un’altra idea in proposito. La lingua del Colonnello si muoveva con voracità, rendendo quel bacio disperato. Così lei capì che la cupidigia che aveva divorato lei fino a quel momento, stava tormentando anche lui.
William si staccò e la guardò negli occhi, fissandola con due pozze di mercurio fuso che brillavano grazie ai riflessi della candela sul comodino.
“Tu mi fai perdere il controllo. Quando sono con te, tutto diventa imprevedibile, non riesco a sopportarlo.” Le confessò con sincerità.
“Lo so, amore.” Gli diede un bacio leggero sulle labbra. “Ma io non voglio essere tenuta in gabbia come fai con Wellsie, voglio essere libera.”
Tavington le sorrise, questa volta privo di malignità. “Devo abituarmi al fatto di avere te al mio fianco, non sarà semplice la convivenza tra i nostri caratteri.”
Poi si allungò e sciolse con rapidità il nodo che la teneva legata alla spalliera.
Beatrix portò così le sue mani sulla pancia del Colonnello, risalì lentamente sfiorando dapprima il petto muscoloso e poi le sue guance.
“William.. ho bisogno di te.”
Non ci vollero altre parole, lui la strinse forte tra le sue braccia, permettendo a lei di circondargli il collo. Beatrix si avvinghiò a lui, contenta di potersi muovere liberamente, poi intrecciò le gambe attorno al suo forte busto.
Il corpo della fanciulla era ancora scivoloso per via del liquore che bagnava la sua pelle, Tavington posò le sue mani sui suoi glutei e la attirò contro la sua erezione che poggiava contro il ventre di Beatrix.
La ragazza baciava con frenesia il suo amato, toccando i suoi capelli sciolti e tirandoli leggermente. Il Colonnello poi la sollevò di qualche centimetro e, una volta sistemata l’erezione, la penetrò.
Lei lo strinse forte e si abbandonò al ritmo delle sue spinte, che avevano niente di dolce.
Tutta la frustrazione accumulata da entrambi si rigettò in quelle possenti spinte che le facevano battere il cuore velocemente.
Le mani del Colonnello toccavano con smania le sue cosce, riuscendo anche a graffiarla in qualche punto, poi la spinse senza tante cerimonie contro il materasso, con un colpo secco.
Il volto di entrambi era sfigurato dall’eccitazione, William respirava con affanno mentre continuava a penetrarla, questa volta si posizionò sopra di lei e le divaricò ulteriormente le cosce. Intrecciò la sua mano in quella di lei e spinse forte facendola gemere ad alta voce.
Ad ogni spinta, il cuore della giovane sembrava quasi fare un salto fuori dal suo petto, non si ricordava di avere provato sensazioni così forti prima d’ora. William baciò il suo collo e il suo seno, succhiando forte la sua pelle. Intanto Beatrix mosse le sue mani sulla sua schiena e lì tracciò solchi profondi con le sue unghie.
Graffiò la sua pelle, sentendo il sangue colare tra le sue dita e scendere lentamente sulla sua schiena.
William tirò su la testa e la guardò, la sua voce aveva una nota di malizia. “Oh, la mia micetta è tornata.”
Si baciarono ancora, divorandosi a vicenda e facendo salire la temperatura, sebbene fosse inverno. Le lenzuola oramai non c’erano più, c’erano solo due corpi nudi avvinghiati che si rotolavano con passione nel letto.
L’orgasmo arrivò per entrambi, facendo poi crollare William sopra di Beatrix senza forze. Lei lo accolse tra le sue braccia e cercò di stringerlo, nonostante fosse stremata.
La ragazza guardava il soffitto ancora in estasi, mentre la testa di William era affondata nel suo collo.
“Tu.. non puoi sopravvivere.. senza di me.” disse Bea con l’ultimo respiro che aveva in corpo.
Lui non si mosse di un centimetro, ma lei lo sentì ridere sulla sua pelle.
“Oggi è stata una giornata pesante, meglio che dormiamo un po’.”
Beatrix tentò di spostarlo, ma senza successo. “Vuoi dormire così?”
“Sì.” Rispose di getto William. “Voglio sentire il tuo corpo contro il mio, il tuo odore, il tuo sapore. Tutto.”
Così la ragazza lo lasciò com’era e non si mosse più, lo abbracciò e, tenendolo tra le sue braccia,  chiuse gli occhi.
Dopo qualche minuto lui si rivolse a lei, che però era già molto vicina al mondo dei sogni. William le sussurrò all’orecchio. “Ti amo, micetta.”
E quella frase fece sorridere il cuore di Beatrix, ma lei non gli rispose, fingendo di essere già addormentata. Allora William continuò, sapendo che lei non avrebbe replicato.
“Non mi lasciare.”
Beatrix ormai dormiva e non riusciva a capire se lui lo avesse davvero detto oppure fosse solo frutto del suo sogno.
Non poteva saperlo, oramai Morfeo l’aveva accolta nel suo mondo.
Non mi lasciare. Non mi lasciare. Non mi lasciare. L’eco di quelle parole la cullò nel sonno.


Ciaoo a tutte ^^
Ed eccomi tornata!!
Un grande ritardo di nuovo, ma alla fine ho pubblicato. Queste settimane sono state terribili per me, vi è mai successo che il vostro ragazzo vi abbia lasciate via facebook, cioè modificando semplicemente lo status da 'fidanzato' a 'single'? Bè.. è quello che è successo a me.. l'innominato non risponde alle chiamate, ai messaggi, a niente.. sparito! Ed è già il secondo che faccio scappare.. inizio a pensare che sia io il problema.. :(
Abbandonando i miei fallimenti d'amore, vi lascio al capitolo che era già pronto da settimane, ma il mio stato d'animo era sotto zero, non ce l'ho fatta ad accendere il computer..
Continuerò ad essere puntuale d'ora in avanti!! ^^
Un bacio belle =)

Giulia

xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso



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Capitolo 40
*** La torta al cioccolato ***


capitolo 50
Capitolo XL

La torta al cioccolato


Il rumore dei fulmini e della pioggia sovrastava ogni cosa.
La ragazza si alzò dal letto, scostando le lenzuola da un lato. Si accorse così che il Colonnello era scoperto, preoccupata che prendesse freddo lo coprì immediatamente.    
Mentre era persa nell'atto di contemplare il suo William, la finestra si aprì con un colpo improvviso che la fece spaventare. Si girò verso le due ante che si erano spalancate e si mise una mano sul cuore come per arrestare i battiti del cuore pulsante.
Il cuore batteva forte per lo spavento, intanto fuori i lampi e i fulmini coloravano con tinte forti il cielo del Sud della Carolina.
Era il 28 novembre 1779.    
La guerra non si era ancora conclusa dopo tre anni di dure e sanguinolente battaglie, ma forse un po' egoisticamente la sua mente pensava ad altro.     
Il fatto che fosse il 28 novembre per lei voleva dire solo una cosa.    
-4
Ancora quattro giorni e sarebbe stato il suo compleanno, il primo senza la sua mamma.
Anche se non si era sempre comportata da manuale, aveva fatto del suo meglio per non farle mancare niente a livello materiale. Forse trascurando un po' troppo la sfera affettiva. Ma quello che era fatto era fatto e apparteneva oramai al passato.     
Il due dicembre sarebbe stato il suo ventiquattresimo compleanno; un anno più vecchia, un anno più matura? Lo sperava.
Si alzò dal letto e, facendo il giro attorno alla struttura, si posizionò davanti al Colonnello. Lui era sdraiato a pancia in giù, con la testa affondata nel cuscino e la bocca aperta. Non era mai stato così scomposto, almeno per quanto lei ricordasse. Ma la notte passata era stata molto movimentata e lei sentiva ancora su di sé gli effetti della loro lotta notturna.     
Osservò il suo corpo nudo, aveva i polsi segnati di strisce rosse, molto probabilmente escoriazioni dovute allo sfregamento delle corde contro la pelle. Si osservò meglio allo specchio e notò anche dei morsi sul collo, sul seno -soprattutto lì- e poi sulla pancia e, piegandosi, vide anche dei morsi sulle cosce.
La sua pelle non era candida e nivea come era sempre stata, ma era macchiata da ombre scure, sicuramente i succhiotti che Tavington le aveva fatto preso dalla foga sessuale. Non poteva uscire in quello stato, sembrava che qualcuno l'avesse pestata. Portò una mano sul petto e premette con dolcezza sul livido che le sembrava il più brutto.
"Ahi!"
Faceva male.    
Allora si staccò dallo specchio e tornò da Tavington, non aveva senso rimuginare sul passato, sarebbe tornata apposto in qualche giorno.    
Si avvicinò al letto e questa volta accarezzò i capelli del Colonnello, stranamente in disordine.     
"Come sei bello, amore mio." Sussurrò contro la sua guancia.    
Gli liberò la fronte dai capelli e poi passò con delicatezza le dita sulla faccia. Trascinata da un sentimento crescente in lei, si abbassò e gli baciò la guancia, scendendo poi sulle labbra e lo baciò lì. William a quel punto si mosse di qualche centimetro e si grattò la faccia, come se un moscerino lo avesse punto.    
Non sembrava avere intenzione di svegliarsi però, allora Beatrix lo lasciò perdere.
Andò all'armadio e diede un'occhiata all'interno, come pensava, non c'era niente di femminile che potesse indossare. Così, dato che qualcosa doveva pur indossare, prese una camicia di Tavington e dei pantaloni.    
Li indossò, e lei sapeva quale era il suo aspetto perché si era vestita già una volta da uomo.
La camicia era troppo larga, allora lei la arrotolò alla vita e fece un nodo improvvisato, almeno quel tanto che bastasse a ridurre la grandezza di quell'indumento. Per i pantaloni, purtroppo, non poteva farci niente.. anche se lì sulla sedia c'erano ancora le corde che Tavington aveva usato la sera prima, forse..    
Un'idea all'improvviso la spinse a prendere quel laccio e ad usarlo come cintura, certo non era l'ideale come cinta, ma meglio che niente. Almeno i pantaloni non le sarebbero caduti.
Si fece una coda veloce, mise le scarpe e poi scese al piano di sotto.
Sapeva che doveva lavarsi, la pelle pizzicava ancora per il liquore e doveva farsi comunque un bagno, ma in quel momento la sua priorità era un'altra.
L'idea che aveva in testa era chiara, ed era tutta intenzionata a realizzarla. Camminò tranquilla fino alla cucina e poi entrò.
All'interno c'erano diverse cameriere, tutte abbastanza giovani, ma erano impegnate nel loro lavoro, quindi era difficile contarle. Al banco, che fungeva da zona cottura, c'era una donna più anziana, era grassottella, aveva i capelli neri ricci portati all'interno di una cuffietta di cotone. Aveva le mani infarinate, come il suo vestito, le mani impastavano qualcosa e lei era serena mentre canticchiava una musica.
Non aveva notato la presenza della fanciulla, allora Beatrix si spinse oltre e le sfiorò con delicatezza la spalla.
Sarà stato perché era troppo presa dal suo lavoro, ma la donna fece letteralmente un passo indietro. Quel gesto spaventò perfino il gatto che era raggomitolato sulla sedia a dondolo davanti al camino, infatti questo schizzò via correndo come se fosse stato dannato.
La donna si girò verso Beatrix e, cercando di riprendere il fiato, si rivolse a lei.    
"E tu chi diavolo sei?" Disse in tono di rimprovero la signora, guardandola attentamente.
"Sono Beatrix, io sono.." Tentò di rispondere, ma con insuccesso. Infatti come era successo con O'Hara il giorno prima non sapeva cosa dire esattamente.    
"Ti ho vista ieri con la Contessa, pensavo fossi la sua dama di compagnia, ma.. dagli abiti maschili ho i miei dubbi, ora."    
Beatrix allora si guardò i vestiti, sentendo le gote imporporarsi.     
"Non avevo altro da indossare e avevo anche fretta." Cercò di giustificarsi la fanciulla.    
La donna la scrutò ancora per qualche secondo e poi le offrì la mano per stringerla, prima di averla pulita alla buona sul grembiule lercio.            
"Comunque io sono Annie, sono la cuoca di Fort Trox."    
Beatrix strinse forte la sua mano. "Io sono Beatrix, chiamami pure Bea. Io sono una cameriera di Fort Charlotte."    
Annie ritrasse la mano e tornò così ad occuparsi dell'impasto. "Oh, capisco. Che vita con questi soldati! Siamo i loro giocattoli, ci portano dove vogliono e.." Si interruppe e si avvicinò alla ragazza prima di continuare a parlare, abbassando il tono di qualche decibel. "..e alcuni, ho sentito, pretendono anche prestazioni strettamente personali, Bea."    
Come era successo qualche minuto prima, la fanciulla arrossì.
Lei sapeva bene a quali prestazioni la donna alludesse, lo aveva esperito sulla sua pelle all'inizio. Ma col tempo le cose erano cambiate, forse solo la loro prima volta era stata contro la sua volontà, ma le altre volte era stato diverso, Beatrix lo aveva voluto. E lo voleva ancora.    
"Annie, non sono tutti uguali."    
La donna, che era tornata a modellare la pasta passando questa volta il matterello, si fermò nuovamente.    
"Sai da quanto tempo lavoro in questo Forte?"    
"Non saprei, dall'inizio della guerra?" Azzardò Beatrix, pensando che al massimo fosse lì da tre anni.    
Lei invece sorrise. "No. Sei Americana e avrai notato che non sono del luogo, vero?" Chiese in modo tendenzioso con un'alzata di sopracciglia.    
"Veramente non lo avevo notato, mascheri bene la tua provenienza, e qualcosa mi dice che lo fai apposta." Aggiunse Beatrix.
Lei era cresciuta nelle Colonie del Sud, e sapeva riconoscere bene un suo compaesano. Eppure la donna a tratti sembrava come lei, ma il suo tono di voce pareva forzato, come se si impegnasse a parlare così.     
"Sei del Sud della Carolina?" Domandò Annie.    
"Sì, Pembroke. Tu non sei di qua, ora ne sono più che certa, ma non riesco a capire bene da dove vieni. Long Island?"    La donna tirò fuori dalla camicetta un ciondolo con uno stendardo, la ragazza si sporse per vedere meglio e così vide raffigurato il bassorilievo di un re.
Beatrix non lo riconosceva, ma all'improvviso la ragazza ebbe un'intuizione.     
"Sei Inglese?" Domandò stupita, non poteva crederci.    
Annie annuì. "Sì, ma non dirlo a nessuno. Qui racconto a tutti che sono Americana, sembra che le altre ragazze che servono al Forte abbiano un'allergia per tutto ciò che riguarda la Gran Bretagna." Le spiegò la donna, rattristandosi un po', ma non abbastanza da renderlo palese.
"Anche io ero come loro, prima." Volle giustificarsi. "Ma ora.. La mia migliore amica è Inglese, il mio.. ragazzo è Inglese, tutte le persone che hanno fatto del bene nella mia vita vengono dalla Gran Bretagna. Invece quelle che pensavo di conoscere così bene mi hanno tradita e.."    
Le lacrime irruppero senza volerlo, nella sua mente si erano create le immagini relative alle brutalità che G. aveva compiuto su di lei.
Annie allora si fermò e le circondò le braccia per consolarla, sporcandola tutta.     
"Dai, non piangere. Finché sei qua non ti faranno del male, sai, noi Inglesi abbiamo un pregio tra i tanti, non siamo delle bestie."    
Beatrix sorrise, le sembrava di ascoltare Tavington. Tirò su con il naso, pulendosi con il dorso della mano.
"Quindi sei con loro prima ancora dello scoppio della guerra?" Chiese incuriosita la ragazza.
"Sì, servivo già a Casa Cornwallis, Charles é per certi aspetti ancora un bambinone, vuole tutte le comodità. E soprattutto la sua Nanny Annie."    
Annie le aveva dato un buffetto sulle guance e poi si era rimessa al lavoro.    
"Oh.. Allora conosci molto bene questo mondo." Asserì Beatrix e la donna annuì in risposta.
Una volta che ebbe disteso la pasta, la mise affianco ad una simile, cosa voleva fare, un dolce? Faceva al suo caso..    
"Annie.. Sono venuta qui perché ho un'idea in mente, mi aiuteresti?" Domandò Bea.    
"Certo, dimmi. Vuoi fare colazione intanto?" La donna era andata vicino al camino e aveva preso una cesta che era appoggiato per terra. Una volta presa, gliela passò.     
Beatrix diede un'occhiata all'interno e così la sua pancia brontolò dalla fame. C'erano delle brioche decorate con gocce di cioccolato e zucchero a velo.
Erano così tante ed erano talmente appetitose.
Emanavano un profumo delizioso e sembravano morbide, chissà se anche al tocco erano soffici.
"Devo darti il permesso per mangiarle o ti servi da sola?"    
Beatrix allora allungò la mano nella cesta ed afferrò una brioche, accanto c'era una ciambella e un altro dolce dalla forma rotonda. Lei li prese tutti e tre, erano soffici e caldi, dovevano essere appena sfornati. "Grazie."    
Annie la osservò con interesse. "Avevi fame."    
Beatrix annuì mentre ingollava i dolciumi con voracità. All'inizio era stata titubante, non si era osata a prendere da mangiare, ma adesso che stava mangiando un pezzo alla volta sentiva la fame crescere.
Annie rideva nel guardarla, perciò Bea pensò che il modo con cui mangiava doveva essere poco femminile. Ma in quel momento non le importava, erano brioche buonissime.
"Cucini divinamente, Annie."    
"Me lo dicono tutti." Le sorrise. La donna nel contempo aveva preso delle formine per fare i biscotti e infine aveva intinto i dolci in un barattolo con del liquido vischioso bianco-crema.    
"Cos'è, vaniglia?" Chiese incuriosita la ragazza, una volta finita la sua colazione.    
"Sì, ma é vaniglia speciale, ricetta di mia nonna." Annie prese un cucchiaino, catturò una noce di crema e gliela porse. "Assaggia e vedrai."    
Beatrix prese il cucchiaino e lo mise in bocca. Assaporò lentamente la sostanza, era pastosa, ma il gusto era lontano dalla vaniglia classica, che lei tra l'altro non amava alla follia. Ma il miscuglio di Annie era particolare e accattivante, si scioglieva in bocca come burro.    
"Ma è squisito, mi ricordi tanto la mia mamma. Anche lei faceva la cuoca e sapeva sfornare un capolavoro anche con pochi materiali a disposizione."    
Annie appoggiò i biscotti su una teglia, che poi portò sopra il ripiano in pietra nel camino.
"È una cuoca? Allora hai avuto una brava maestra."    
Fece attenzione a non scottarsi e infine poggiò i dolci.    
"Era una cuoca, lei però.. Non c'è più." Tagliò corto la fanciulla, sapeva che se avesse parlato ancora delle sue tragedie personali avrebbe incominciato un piagnisteo senza fine.
Per fortuna Annie colse l'antifona e non proseguì con le domande.    
"Allora." Disse la donna, avvicinandosi alla ragazza. "La tua idea?"    
Bene, proprio quello di cui voleva discutere.
Stava però incrociando le dita che il suo William fosse ancora addormentato, doveva assolutamente rimanere nel letto, altrimenti era tutto inutile.
"Vorrei fare una torta al cioccolato." Esordì subito Beatrix, cogliendo di sorpresa la sua amica. Aveva intuito che amava il cibo e tutto ciò che riguardava la cucina, forse aveva trovato una valida alleata nel suo piano per conquistare William.    
"Se vuoi, ne ho una fatta di qualche giorno fa." Le suggerì con affetto la donna, ma Bea storse il naso.    
"La mia intenzione era quella di farne una adesso, volevo farla a forma di cuore e scrivere sopra una cosa. Posso?"    
Annie, congiungendo le mani a mo' di preghiera, le portò successivamente al petto. "Oh, che gesto romantico. Deve per forza essere per una persona importante, vero?"    
Beatrix le sorrise con un po' di imbarazzo. "In effetti sì, il fatto é che lui ragiona sempre troppo con la testa e usa poco il cuore. Vorrei farlo aprire di più con me, é una cosa brutta?"    
"Assolutamente no." Rimbeccò la donna, prendendola per mano. "Mi pare un'idea meravigliosa. Vieni, incominciamo subito che poi si svegliano i soldati e devo sbrigare le faccende domestiche."
Sììììì. Pensò Beatrix, felicissima, non vedeva l'ora di iniziare.
Quando era a Pembroke si divertiva molto a cucinare ed inventare nuove ricette con la madre. Annie aveva preso intanto gli ingredienti che servivano e li aveva posati sul ripiano in legno. Beatrix vide: della farina, delle uova, del burro, un po’ di zucchero, cacao e forse c'era dell'altro, ma era troppo eccitata che aveva perso la conta.
Si misero subito all'opera, Annie le aveva permesso di fare da sola, istruendola nei vari passaggi e facendo lei qualcosa solo quando era in crisi. E questo era un bene, perché Beatrix voleva fare tutto da sola, voleva vedere gli occhi di Tavington spalancarsi nell’ammirare la sua torta preferita, sapendo che era stata lei sola a farla.     
Annie si era occupata del cioccolato, lo aveva fatto sciogliere affinché la ragazza potesse usarlo alla fine per ricoprire il suo dolce.
Bea intanto aveva tagliato in cubetti il burro e lo aveva posto in una scodella grande e, aggiunto lo zucchero, si erano messa a mescolare con forza gli ingredienti per farli amalgamare. In seguito, aveva aggiunto un uovo alla volta e aveva continuato a mescolare il tutto, quando poi ottenne una crema densa ed omogenea aggiunse un po’ di quel cioccolato che Annie aveva preparato.
Arrivata a questo punto, ebbe un vuoto di memoria, non sapeva come continuare.
“Annie, ora che faccio?”
La donna diede uno sguardo veloce alla scodella e poi ne prese una seconda e gliela consegnò.
“Ora metti in questa ciotola farina, cacao e lievito e setacciali.”
Beatrix fece come da istruzioni e poi si rivolse nuovamente all’amica. “Fatto, poi?”
“Brava, ora aggiungi gli ingredienti setacciati nella prima scodella.” si allontanò e tornò con una caraffa. “Mentre lo fai, aggiungi alternando il latte.”
La ragazza si mise all’opera, sempre sotto la supervisione della cuoca che la ammoniva e l’aiutava quando sbagliava.
"Come faccio a darle una forma di cuore?"
Sperava che fosse una cosa fattibile, il cuore era essenziale nel suo piano.    
La donna ci pensò su e poi, con i pochi materiali che aveva, creò una struttura con la forma scelta da Beatrix, e l'aveva creata semplicemente con un pezzo di cartone.
Eccezionale!
A quel punto, Beatrix versò il contenuto finale in una teglia imburrata su cui in precedenza Anne aveva poggiato la formina.    
"Perfetto, resta in piedi. Oh, Annie, che bello!" Disse Bea allegramente.    
"Sei stata brava." Poi l'aiutò a mettere il vassoio sul fuoco.    
Rimasero ad aspettare che entrambi i dolci cucinassero e passarono così un paio d'ore. Annie e Beatrix ebbero il tempo di conoscersi meglio e scoprire nuove cose. La donna non era per niente antipatica o altezzosa, anzi era divertente e umile. La combinazione ideale.    
Passato il tempo necessario alla cottura, Annie prese il vassoio con i biscotti e quello della torta e li poggiò sul bancone.
Mentre l’amica abbelliva i suoi dolcetti con gli ultimi ritocchi, anche la ragazza si dilettò a completare la sua torta. Prese del cioccolato fuso e lo spalmò in abbondanza su tutta la superficie, passando anche diversi strati.    
Forse ho un po' esagerato.     
Ma non se ne curò, a Tavington piaceva il cioccolato, meglio che fosse di più che di meno.
Poi disegnò dei piccoli cuoricini con la vaniglia speciale di Annie e decorò infine il bordo con delle fragole belle rosse.
Era bellissima, mancava solo il tocco finale. Doveva personalizzarla.
Con un pennellino intinto nella crema scrisse in alto 'Ti Amo, William' e poi scese concludendo con un ‘la tua Beatrix.’
Era quasi tentata di scrivere Beatrice, solo per assecondare il suo ego, ma sarebbe stato meno vero.
Disegnò un ultimo cuore vicino al suo nome e poi si girò verso l'amica. "Che ne dici?"
Annie scrutò il suo lavoro attentamente, osservando da tutte le angolazioni.     
"Manca ancora una cosa." Disse pensierosa, con un dito sul mento.
Andò al ripiano delle spezie e prese un barattolino. Ritornò davanti al dolce e poi agitò il barattolo e così tanti fiocchi di neve caddero sulla torta.     
Zucchero a velo! Se l'era dimenticato!    
Ringraziò ancora Annie e poi mise la sua bella torta al cioccolato su un vassoio per portarlo a Tavington, facendo attenzione a non scottarsi.    
"Grazie mille, Annie. Tornerò a trovarti." Disse Beatrix, mentre prendeva tra le sue mani il vassoio.
"Ci conto e voglio sapere chi è, e soprattutto come ha reagito." Rispose, facendole l’occhiolino.
“Te lo prometto.”
Beatrix uscì dalla stanza. Nel corridoio incontrò qualche soldato, già pronto in divisa, tutti quanti si dirigevano verso il cortile. Lei fece un veloce cenno di saluto e poi proseguì la sua strada fino a che giunse nella stanza di Tavington.    
Girò delicatamente la maniglia con il gomito, ed entrò.
William era ancora nel letto, girato questa volta verso la finestra. Beatrix chiuse la porta alle sue spalle e si avvicinò al suo William. Depositò il vassoio sul comodino e infine si sedette sul letto accanto a lui.     
Accarezzò dolcemente i capelli che erano sparsi nel cuscino, facendo girare William dalla sua parte.    
Lei continuò a toccarlo, mentre lui intanto apriva gli occhi lentamente. Era un po’ assonnato.
"Sei già sveglia." Disse, con la voce ancora impastata, mentre si passava una mano sugli occhi. "Ho il sonno leggero ed é tardi, non mi succede di dormire così tanto. Mi fai uno strano effetto, donna."    
Si tirò sulla schiena con l’intenzione di alzarsi dal letto, ma Beatrix lo trattenne con una mano sul petto. "Aspetta, uomo. Devi prima mangiare."    
William sbadigliò senza problemi davanti alla ragazza. "Come vuoi, chiama allora una cameriera e dille di portare qualcosa da mangiare."    
Tavington cercò nuovamente di farla spostare, ma lei non gli permetteva di alzarsi dal letto.
"No, ho detto che devi mangiare." Ripeté, scandendo bene ogni parola.    
A quel punto Tavington la guardò con uno sguardo stranito. "Beatrice, stai bene?"    
Lei annuì. "Chiudi gli occhi, ti ho fatto una sorpresa."    
"Amore." Il Colonnello appoggiò una mano sulla sua guancia. "Devo alzarmi, oggi devo allenare la squadra."    
Bea prese la sua mano e la strinse tra le sue. "Dopo, ora chiudi gli occhi."    
Lui fece una smorfia, doveva ancora imparare a fargli fare quello che voleva lei. "Ti prego."
William le pizzicò le guance e poi sbuffò. "Solo perché mi hai pregato."    
E così finalmente chiuse gli occhi.
Beatrix si alzò e andò a prendere un coltello nel cassetto dello scrittoio. Tornò a letto e si sedette nuovamente accanto a lui.    
“Ora, aprili lentamente. Tada!”



Ciaoo a tutte ^^
Oh mamma, quanto tempo è passato dall'ultima volta che ho pubblicato? ..Tanto! :(
Non mi perdo in tante chiacchiere e vi posto subito il capitolo, era un po' più lungo, l'ho tagliato e pubblico il resto venerdì. :)
Spero perdoniate il mio ritardo.
Un bacio belle =)

Giulia

xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
   

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Capitolo 41
*** Incubi dal passato ***


capitolo 41
Capitolo XLI



Incubi dal passato

“Forza, rialzati soldato.”    
Il Colonnello Tarleton fece danzare la sua spada contro la giubba malconcia del soldato semplice che stava allenando.
Banastre era un tipo divertente, amava stare con i suoi uomini, allenarli e farli sudore fino all'ultima goccia, per poi andare a bere insieme nelle taverne.    
Era la sua vita. E lui l'amava.    
Non era stato facile all'inizio, e ancora adesso sentiva gli occhi degli altri puntati su di lui. Era stato un privilegiato, suo padre conosceva molto bene Cornwallis, quella amicizia gli aveva permesso di salire di grado molto in fretta. Di solito i soldati impiegavano almeno vent’anni per arrivare alle cariche più alte; Tarleton invece aveva avuto una strada preferenziale.
E, sebbene la cosa non gli dispiacesse affatto, si sentiva sempre in difetto nei confronti dei suoi commilitoni.    
Era per questo che si impegnava il doppio degli altri, cercava in tutti i modi di farsi vedere dal Generale Cornwallis, per fargli capire che si meritava quella posizione.     
Ma gli sguardi altrui gli facevano intendere che l'opinione comune era diversa dalla sua.
Intanto, il soldato contro il quale si stava scontrando si rialzò, riprendendo la sua spada caduta a terra durante lo scontro.    
L’uomo diede uno sguardo alla lama e poi la agitò in aria, con l'intento di colpire il Colonnello. Ma, prontamente, Tarleton schivò il colpo, così la spada dell'avversario si infilzò nel terreno, sferrando un colpo a vuoto.
Il Colonnello approfittò della debolezza del compagno, rigirò su se stesso e spinse con un calcio il soldato per terra, questo cadde sulle sue ginocchia, perdendo il controllo della sua arma. Tarleton si posizionò alle sue spalle e successivamente avvolse in una morsa mortale il collo del soldato.    
“Mai dare le spalle al nemico.” Sentenziò il Colonnello.    
L'altro tremò nel sentire lo stiletto del suo Superiore contro la gola. Tarleton in un secondo aveva tirato fuori l'arma e aveva messo il soldato ko.    
“Adesso cosa fate, Bytes?” Disse Banastre, premendo forte contro la sua gola, sentendolo respirare a fatica.    
“Sono morto, Colonnello.” Rispose titubante l'uomo. Non aveva mosso un dito, si sentiva spacciato e così si era arreso.
Tarleton si innervosì, non gli piacque la risposta arrendevole del suo avversario.    
Allora lasciò la presa e si tolse la pettorina che aveva indossato durante l'allenamento, gettandola a terra con forza.
Era arrabbiato.
“È così che diresti in battaglia, Bytes?” grugnì con rabbia Tarleton.
Le pupille del soldato si muovevano velocemente, era agitato, guardava dal basso verso l’alto il Colonnello.
Per fortuna intervenne il Capitano Bordon in suo soccorso. “Non aveva chance di battervi.”
Bordon era il secondo in commando di Tavington, quando William non c’era prendeva il suo posto e ne faceva le veci. Peccato però che non avesse un briciolo di forza e astuzia del suo comandante.
Tarleton odiava essere contraddetto, e per di più da uno degli amici di Tavington. Così reagì di istinto, con una falcata precisa si posizionò di fronte al Capitano, poi prese l’interlocutore per il colletto della giubba, i suoi occhi marroni come la pece erano infuocati, avrebbero incenerito qualsiasi cosa con un solo sguardo.
“Quindi si arrende solo per questo? E tu, Capitano, daresti la tua vita solo perché il tuo avversario ti ha messo alle strette??”
Il Colonnello trascinò l’uomo contro la quercia che si trovava vicino a loro.
Intanto il soldato a terra tentò di replicare, ma tutto ciò che uscì dalla sua bocca furono paroline sconnesse, biascicate dalla tensione.
“Combatterei fino alla fine, ma prima o poi arriva la fine per tutti, Colonnello. Siamo solo pedine in questo gioco più grande di noi.” Rispose con calma il giovane Capitano, lui era la razionalità fatta in persona, difficilmente si faceva turbare da qualcosa e sapevano tutti che era molto fedele a Tavington.
Tarleton rise amaramente. “Già, solo pedine. Ma basta una pedina per fare scacco al re. E io ho tutta l’intenzione di abbattere il re, se lui è impegnato a combattere lascia sola la sua regina. Tutta indifesa.” Controbatté minaccioso il Colonnello.
Gli occhi del Capitano si spalancarono. Aveva inteso bene il messaggio subliminale nascosto dietro le parole ambigue di Banastre, non era un mistero infatti che il Colonnello provasse qualcosa per Wellsie.
Era la ragione per cui lui e Tavington non erano più amici.
“Lei è mia.”
Banastre non aveva lasciato ancora la presa, guardava sornione l’altro, come se si prendesse gioco di lui.
Adesso è tua, ma puoi dire lo stesso di domani, o dopodomani? Non puoi stare con lei se sei un uomo morto, e vista la tua filosofia di vita non durerai a lungo, Capitano Bordon.” Banastre proseguì il suo discorso, poi, come se non vi fosse stata alcuna interruzione, si rivolse nuovamente a Bytes.
“Non è così che ti ho allenato. Prossimo anno ci aspetteranno ancora battaglie, tante battaglie e mi aspetto soldati pronti a tutto, certamente anche alla morte, ma soprattutto pronti a vincere.
Era riuscito ad avere l’attenzione totale su di sé, Bytes lo guardava attentamente, anche se tremava ancora dalla paura. “Lo so, Colonnello.”
“Allora tira fuori le palle..” Banastre lasciò la presa su Bordon, facendo rilassare l’uomo. “..e comportati da uomo.”
Non era chiaro per chi fosse quel messaggio, ma non importava, il Colonnello non aggiunse altro, non attese nemmeno di sentire la replica dei due uomini.
Se ne andò.
Si incamminò lungo il cortile senza dire più una parola, sentiva lontano quei due parlare, ma non se ne curò. Aveva già detto a sufficienza, sperava sinceramente che il suo monito venisse accolto dal soldato.. dai soldati.
Certo, non era da lui perdere il controllo in quel modo, ma erano sempre in guerra, una guerra che lui voleva vincere assolutamente. La sua compagine doveva essere la migliore, doveva brillare di fronte al battaglione di Tavington.
In quegli anni a combattere nelle Colonie del Sud, lui e Tavington si erano mostrati i più abili nel saper gestire i rapporti con i loro nemici. Quelli che avevano agito con cautela, cercando di legare con quei rozzi contadini, erano stati vinti, avevano sottovalutato i loro avversari, risultando infine i perdenti.
Invece il pugno di ferro dei due Colonnelli aveva tenuto a bada gli animi populisti della gente. Ecco perché Tarleton doveva distruggere Tavington, lo conosceva troppo bene, aveva un carattere particolare, eppure era un eccellente comandante. E se Banastre voleva restare nelle grazie del Generale doveva per forza annientare il suo acerrimo nemico, nonché suo ex migliore amico.
Il Colonnello intanto era entrato nel Forte.
Il suo umore era pessimo, aveva ancora i nervi tesi per via dello scontro avvenuto prima con uno dei suoi uomini, eppure era arrivato il momento che aspettava da tanto tempo, avrebbe avuto l’onorificenza che si meritava.
E se la sua bravura non era riuscita ancora a fargli avere quello che voleva, forse doveva tirar fuori il suo asso nella manica e sollecitare così la buona sorte.
Una volta dentro, si recò nella stanza di O’Hara. Lo avevano avvisato che voleva discutere con lui una questione, rimase nel suo studio a parlare di disegni di guerra e tattiche per qualche ora e poi poté fare ritorno nella sua stanza. Almeno qualche minuto per mettere a tacere il mondo ed evadere da tutto.
La prima cosa che fece quando giunse nella sua stanza fu andare allo scrittoio e aprire lentamente il suo cassetto prezioso, il contenuto che custodiva era la sua benedizione. Con quella lettera poteva mettere in ginocchio Cornwallis.
Avrebbe pagato per i suoi segreti. Sì, avrebbe pagato Banastre per mantenere i suoi sporchi segreti.
Il Colonnello prese la busta e l’accarezzò, come se fosse una gemma rara.
Tutto ad un tratto, però, sentì dei passi in lontananza. Qualcuno si avvicinava, qualcuno che doveva essere molto arrabbiato, sentita la pesantezza dei passi.
Tarleton si affrettò a nascondere la busta nel cassetto e poi si sedette sulla sedia. Accavallò le gambe, appoggiandole sul tavolo, e poi aspettò l’ospite in arrivo.
La porta si aprì con impeto, sbattendo perfino contro il muro tanto la veemenza del nuovo arrivato.
“Come ti sei permesso?”
“Non capisco quello che stai dicendo, dolcezza.” Le rispose con nonchalance lui.
La ragazza si chiuse la porta alle spalle, facendola sbattere nuovamente con un gran colpo.
“Non fare finta di non sapere niente, Banastre.” Con passi veloci era già arrivata davanti al Colonnello, trovandosi molto vicino al volto sbruffone dell’uomo.
“Ti conosco molto bene, Ban.” Disse la ragazza a due centimetri dalla sua faccia.
Aveva poggiato una mano sullo scrittoio e l’altro sullo schienale della poltrona, lo teneva alle strette.
Pensava di averlo sopraffatto, di averlo intimorito, invece lei non sapeva di aver dato benzina sul fuoco.
“Ah sì, mi conosci così bene?” Banastre afferrò una ciocca dei suoi capelli ribelli e la riportò dietro l’orecchio. “Allora dimmi, sai che mi fai impazzire dolcezza?”
In un secondo ribaltò le posizioni.
Si alzò dalla poltrona e fece perdere l’equilibrio alla fanciulla, la quale cadde a peso morto sulla sedia dove prima sedeva lui.
Banastre la tenne ferma in quella posizione, imprigionando i suoi polsi ai braccioli della poltrona.
“I tuoi occhi verde smeraldo mi ossessionano ogni notte Wellsie.” La sua mano accarezzò con dolcezza il viso candido della fanciulla, facendola sospirare impercettibilmente.
“Sogno le tue labbra rosse, la tua pelle bianca come il latte..” si avvicinò al suo orecchio e poi inspirò forte “..il tuo odore sulla mia pelle dopo che abbiamo fatto l’amore.”
Wellsie lo allontanò, ritornando in sé dopo qualche secondo di intontimento.
Troppo tardi, però.
Lui sapeva che lei aveva provato qualcosa prima, l’aveva sentita gemere silenziosamente.
Ricorda ancora. Un giorno sarà di nuovo mia.
Una volta abbattuto il suo Bordon e Tavington, niente lo ostacolava più.
“Tu sogni Tarleton, tra me e te non c’è più niente.” Scandì con vigore la fanciulla.
Lui sorrise, ma non le rispose, attendendo che continuasse il suo discorso. Gli piaceva sentirla parlare.
“E sei pregato di stare lontano dal mio ragazzo.”
Wellsie si alzò dalla poltrona e lui glielo permise, ma nel momento in cui lei gli passò vicino venne trattenuta per un braccio.
“Una volta ero io il tuo ragazzo.”
Lei lo guardò negli occhi e, senza lasciarsi intimorire, si liberò dalla sua presa.
“Una volta ero io l’unica che ti portavi a letto.”
E con quella frase spiazzò il Colonnello, lasciandolo senza parole. Lui infatti non disse altro e le permise di andare via.
Banastre rimase fermo nella stessa posizione, sapendo che non poteva dire altro. Era in torto.
“Non volevo ferirti, io.. non ho scusanti per quello.
Lei nel frattempo aveva aperto la porta, ma non era ancora uscita. La mano sulla maniglia, il cuore che batteva forte.
“Due cose.”
Il Colonnello era confuso. “..Mmm?..”
“Due cose voglio fare dal giorno che ti ho rivisto.”
Lui alzò la testa per incontrare il suo sguardo. “Due cose?”
Lei lasciò la presa sulla maniglia e poi corse verso di lui.
Si guardarono negli occhi intensamente e poi lei lo baciò.
Si aggrappò alle sue forti spalle e lo premette contro di sé. Lui non fece niente oltre che ricambiare con passione il suo bacio inaspettato, era in balia di quella ragazza che gli aveva rubato il cuore da giovane. Wellsie lo baciò con fervore, scaricando tutta la tensione che aveva accumulato in quegli anni.
Fu un bacio profondo, ma breve.
“Devo presumere che sia una delle due.. posso solo indovinare cos’è l’altra..” Disse Banastre, sospirando, guardandola in estasi, aveva il volto trasognato.
Lei si morse il labbro e gli sorrise. “La vuoi adesso l’altra cosa?”
Il Colonnello le accarezzò il labbro inferiore con il pollice, sensualmente. “..Mmm..”
Wellsie prese la mano dell’uomo e la staccò dal suo corpo e poi agì.
Lo schiaffeggiò forte, facendo risuonare l’eco dello schiaffo nella stanza. “Ora sei accontentato, Colonnello Tarleton.”
Ban si massaggiò la mascella dolorante, ma sorrideva. Era felice lo stesso, Dio quanto voleva quella donna! Doveva riaverla con sé.
Wellsie si allontanò e questa volta per uscire davvero.
“Non è finita qua, amore. Questo era solo l’inizio..” le disse Banastre, ma la ragazza era già uscita.
Tarleton ritornò allo scrittoio e sedette sulla sua poltrona.
Pensava alla fantomatica lettera e alla sua Wellsie, poi chiuse gli occhi e si addormentò. I ricordi del passato lo tormentarono e, come sempre, rivide il volto della donna che l’aveva condannato ad una vita sola e infelice. Eppure per la prima volta qualcosa era cambiato, la sua assassina lo tormentava, ma questa volta gli aveva sorriso.
Lei provava ancora qualcosa per lui.


William aprì gli occhi e si trovò di fronte una torta al cioccolato a forma di cuore.    
Nessuno prima d'ora gli aveva mai fatto una torta simile, come faceva a sapere che era la sua preferita?  
William rimase a guardare il dolce senza emettere un suono. Non perché la torta non gli piacesse, ma la verità era che non sapeva cosa dire.
Era senza parole.    
“Perché l'hai fatta?” Domandò con un tono forse un po' troppo rude.     
“Perché..” Balbettò la ragazza “..perché volevo farti una sorpresa.”    
Tavington diede un'altra occhiata a quella torta che non vedeva l'ora di assaggiare.    
“Ah..” Fu tutto quello che riuscì a dire, perché gli uscivano sempre fuori quelle frasi poco romantiche?
“Non ti piace?” Chiese lei, visibilmente titubante.    
La ragazza si stava mordendo il labbro inferiore, torturava quel pezzo di pelle e sicuramente si stava tormentando anche nella sua testa, per cercare la cosa sbagliata che aveva fatto.    
William non era un tipo sdolcinato, ma forse Beatrix si meritava qualcosa in più, almeno glielo doveva perché gli aveva fatto la torta.    
“É molto bella.” Disse senza aggiungere altro, in modo conciso e tagliente, senza quella carica emotiva che sperava di trasmettere.
Si sistemò meglio sul materasso e prese poi la mano della fanciulla tra le sue.
“Cosa festeggiamo?”    
“Niente di importante, solo il nostro amore.
Ecco, proprio quello che lui voleva evitare.
Lei aveva risposto di getto, come se quella cosa fosse per lei naturale tanto quanto respirare.    
Il problema per Tavington era la parola che aveva usato.
Amore.
Non sapeva niente in fatto di sentimentalismi diabetici, in quel campo si trovava disarmato e impaurito quanto i suoi nemici sul campo di fronte a lui.
Paura?
Provava davvero paura nell’aprirsi senza barriere ad una donna, anzi no, ad un altro essere umano?
Odiava quelle cose che facevano le persone innamorate. L'amore rendeva deboli, era quello che gli avevano ripetuto fin da piccolo. Ti rendeva vulnerabile, nel suo caso poi c'era la pulce. Quindi lei e quella creatura diventavano due punti deboli che lui non voleva avere.    
“E cosa potrebbe fare una torta per il nostro amore?” Rispose brusco Tavington e, vedendo che lei non rispondeva poiché scossa dalle sue parole cattive, proseguì.
“Te lo dico io. Niente.”    
Beatrix abbassò la testa, graffiandosi la pelle con le unghiette, aveva notato che lo faceva sempre quando era nervosa.
Poi però alzò il capo e lo affrontò. “Ma almeno possiamo fare colazione insieme.. Ti va?”
William chiuse per un secondo impercettibile gli occhi, dandosi dello stronzo da solo. Non si meritava quella donna, e lo sapeva.
Era bravo a rovinare le cose, aveva una persona disposta a condividere la sua vita con lui e lui la stava allontanando solo perché aveva paura di affrontare i suoi demoni.    
Beatrix lo guardava con incertezza, come se avesse paura di lui.    
“Micetta..” Incominciò William, ma venne interrotto dalla ragazza.    
“O, se preferisci, puoi portarti un pezzo della torta da dividere con i tuoi amici.”    
Ora si sentiva davvero uno stronzo. Una cosa strana da provare, nuova.
“Sei stata molto dolce..” fece una pausa “..io non sono abituato a.. questo.”
William stava tentando di trovare le parole giuste per mostrarle i suoi sentimenti, ma non era per niente facile per uno come lui che non era abituato a mostrarsi debole con nessuno.
Era la prima volta che doveva rendere conto a qualcuno delle sue emozioni e, sebbene cercasse in tutti i modi di rimanere il freddo e cinico Colonnello Inglese, sapeva che qualcosa dentro di lui era cambiato.
Con lei, di sicuro, non riusciva più ad alzare la barriera come faceva con gli altri. Gli doleva vederla triste e sconsolata.. voleva renderla felice.
William Tavington, però, non si comportava così con le donne. Le usava per i suoi piaceri carnali e poi le gettava via come roba usata e di scarso valore.
Perché non riusciva a vedere Beatrice come le altre?
Perché si ricordava ogni vizio, mania, fissazione, qualsiasi cosa riguardasse la sua Beatrice e invece non riusciva a rammentare un solo nome di quelle ragazze che si era portato a letto nel passato?
Lui era un egoista, eppure adesso che si trovava di fronte Beatrix con la sua faccia a forma di cuore e la torta sul grembo, non poteva ignorare quello che sentiva.
Voglio che sia mia. Voglio essere io a renderla felice la mattina.
Pensieri che non aveva mai avuto prima si affacciavano ora nella sua mente. Le cose stavano cambiando, volente o nolente, e lui doveva oramai fronteggiare il cambiamento.
Lei lo stava guardando ancora con amore e lui si sentiva inebetito, con la gola improvvisamente arsa che non sapeva che dire.        
“Beatrix. Io sento che è arrivato il momento..”
Ma proprio allora qualcuno bussò alla porta con fervore.
William tentò di ignorare chiunque fosse perché il discorso che voleva intavolare era importante. Beatrix girò la testa verso la porta, ma lui le rigirò il mento con due dita, per riportare la sua attenzione su di lui.
“Amore.. io e te dobbiamo parlare di qualcosa di importante.. adesso.”



Ciaoo a tutte ^^
In questo capitolo ho voluto far prendere alla storia una piega precisa.. piano piano si stanno scoprendo i 'segreti' di Cornwallis.
Quali sono? Saranno così preziosi per il Generale Cornwallis, tanto da lasciarsi ricattare dal Col. Tarleton?
Il contenuto della famosa 'lettera' verrà svelato.. :)
Intanto si è scoperto un nuovo lato del Colonnello..  quanto influenzerà Wellsie la sua relazione passata con Banastre, secondo voi prova ancora qualcosa per lui o lo ha dimenticato per sempre con Nikolas?
I protagonisti della storia sono William e Beatrix, ma ho voluto dare giustizia anche a questi eroi secondari che tanto hanno fatto/faranno per quei due.
Incubi dal passato.. non solo per Wells e Ban, ma anche per William e Bea.. il nostro Colonnello si sta sciogliendo tra le braccia 'dolciose' di Beatrix.. quale sarà la 'faccenda' della quale vuole discutere..?
eheheh su questo vi stupirò parecchio.. :D
P.s. avrei dovuto pubblicare prima, ma ho passato tutta la settimana a revisionare il capitolo, metà lo avevo scritto 4 mesi fa perciò non riuscivo ad allacciarmi bene alla storia.. così ho cancellato tutto e riscritto daccapo, mi scuso se nel fare questo è venuta meno la mia solita 'puntualità', ma ho preferito rendervi un capitolo migliore.. spero di esservi riuscita. :P
Boh.. finisco qua il mio sproloquio e vi lascio alle congetture sul prossimo capitolo.. :)
Un bacio belle =)
Giulia
xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso


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Capitolo 42
*** Quando il gatto non c’è, i topi ballano ***


capitolo 43
Capitolo XLII



**Quando il gatto non c’è, i topi ballano**


“Colonnello Tavington, devo parlarvi.”
Si sentì dire dietro alla porta, ma William non sembrava essersi distratto da quell’intrusione. Voleva finire il discorso incominciato con Beatrice.
“Non ora.” Rispose sbrigativo a chiunque fosse dall’altra parte.
Lei aveva ancora le mani tra quelle del Colonnello, era meno scossa rispetto a qualche minuto prima. Sembrava più rilassata.
“Cosa mi devi dire, William?” chiese lei in trepida attesa.
“Io..”
Tavington venne bloccato di nuovo. La persona che bussava alla porta continuava a battere, forse ignorava l’ordine perentorio del Colonnello di allontanarsi?
“Ho detto, non ora.” Ribatté William in tono imperativo. “Non mi piace ripetere le cose.”
“Forse è urgente, amore.” Gli disse la ragazza a voce bassa, cercando di far sentire solo a lui.
“Noi possiamo parlare più tardi.” Proseguì poi, regalandogli un sorriso caldo.
Lui sbuffò, massaggiandosi i capelli con irritazione, ma alla fine annuì. “Va bene.”
“Arrivo.” Rispose invece all’altro.
“Allora.. la torta non ce la fai a mangiarla.” Disse Beatrix con sconforto e un po’ di delusione.
Lui prese il coltello e tagliò una fetta in modo grossolano. “Perché no? Devo ancora fare colazione.”
Assaggiò un pezzo, era molto buona. Certo, c’era una quantità di cioccolato da metterlo al tappeto, però l’aveva molto apprezzata nel complesso.
“Sei stata brava, amore, almeno adesso sappiamo che non farai morire di fame la pulce.”
William pensava di essere riuscito a tirarla su di morale, invece l’aveva rattristata, un’ombra era passata sul suo volto.
Cosa aveva detto di sbagliato?
Lui tentò di accarezzarla, ma lei si scansò e si alzò.
Lo aveva davvero rifiutato?
“Ora devo andare, William. Vado.. da Wellsie.”
Anche lui si alzò con lei, dimenticandosi di essere completamente nudo. Dettaglio che però non sfuggì alla ragazza, il suo viso si colorò infatti leggermente di rosso.
“Non sarai imbarazzata, vero micetta?”
Lei fece qualche passo indietro, avvicinandosi alla porta con l’intento di defilarsi.
“Vado via, è meglio.”
“E non mi dai nemmeno un bacetto? Devo ricambiare il favore per la fatica spesa nel farmi la torta.”
A quel punto si avvicinò a lei con passi felpati.
“Sai, William..  certe volte ho ancora qualche difficoltà ad abituarmi ai tuoi modi.”
“Ai miei modi?” domandò sorpreso il Colonnello, alzando un sopracciglio dallo stupore.
Lei continuò ad indietreggiare. “Sì, a volte.. mi fai paura.”
“Pensavo fossimo andati oltre da un po’..” gli fece notare lui.
Ad un certo punto la ragazza toccò la parete alle sue spalle. “Non sei un uomo semplice, William, devo ancora scoprirti tutto.
Lui le sorrise facendo infine congiungere le loro labbra.
“Quindi preferisci fare le cose lentamente, eh?” le disse sospirando.
“Mmm..” rispose Beatrix in estasi. “Bé, non sempre, per certe cose ti do l’autorizzazione ad agire come vuoi.”
William le accarezzò i capelli, sorridendo contro le sue labbra.
“Sei come l’oppio più buono per me, Beatrice, devo far attenzione con te.” Le lasciò un ultimo bacio veloce. “Sei una donna pericolosa.”
La fanciulla si morse il labbro inferiore, sfiorando poi il suo torso con le dita. “Mi sto nascondendo le carte migliori per il gran finale.”
“Non ne dubito.” Poi accarezzò il suo nasino con dolcezza. “Altrimenti che micetta saresti?”
Qualcuno bussò nuovamente e ruppe la magia che si era creata. “Colonnello?”
William alzò gli occhi al cielo, sospirando pesantemente.
“Meglio che vada davvero adesso.” Gli disse Beatrix, cogliendo il suo sguardo.
Prima di andare però gli disse un’ultima cosa. “Promettimi che faremo pranzo insieme.”
Lui la guardò negli occhi. “Prometto.”
E così Beatrix finalmente uscì.
Il Colonnello Tavington si vestì velocemente e poi uscì dalla sua stanza, fuori ad attenderlo c‘era il Tenente Kent.
“Sono curioso di sapere il motivo della tanta fretta, Tenente.” Disse William, sistemandosi intanto il fiocco attorno al collo.
“Sono ordini, Colonnello. Il Capitano Bordon mi ha mandato a chiamarvi.”
Intanto i due uomini si incamminarono, scendendo al piano inferiore. “Perché non è venuto lui a bussare?” rispose William, non tanto al Tenente, più che altro a se stesso.
Dopo alcuni minuti di silenzio Kent proseguì, un po’ titubante però, incespicando con le parole.
“State bene, non sembrate malato.”
Tavington gli restituì un’occhiataccia. “Ti sembro malato?”
“No, no. Girava voce..”
I due soldati erano arrivati nel grande atrio. Tutte le finestre era spalancante e così si sentivano diverse voci provenire dal cortile.
Ma William era interessato alla piega che aveva preso il discorso. Si fermò e guardò attentamente il Tenente.”Quale voce? E soprattutto chi ha detto questa sciocchezza?”
Kent si massaggiò il collo nervosamente, rendendo manifesto il suo nervosismo.
Perché erano sempre tutti agitati di fronte a lui?
Tavington uscì fuori e lo stupore lo investì in pieno.
C’erano diversi soldati che si allenavano, ma nessuno di quelli faceva parte del suo battaglione.
Ma che diavolo stava succedendo?
Si girò incredulo verso il Tenente, che lo aveva seguito all’aria aperta.
“Dove sono i miei uomini?” gli urlò contro, agitando le braccia ad indicare il gruppo di uomini che evidentemente mancava all’appello.
“Non ci sono.” Rispose Kent.
“Davvero? Non lo avrei detto.”
Replicò William in tono sarcastico, ma la verità era che stava per perdere la pazienza. Già era nervoso perché lo aveva irritato di prima mattina con quel bussare fastidioso ed ora quella bella sorpresa.
“Noi eseguiamo solo gli ordini, Colonnello.”
Tavington si avvicinò all’uomo, visibilmente arrabbiato più che confuso. “Quali ordini?”
“Il Colonnello Tarleton ha detto che non sareste venuto ad allenarci, così ci ha mandati sull’Old Creek a vegliare sui confini.” Ammise Kent.
William non sapeva se essere furioso oppure davvero furioso.
Di sicuro da lui non era stato impartito alcun comando, quindi le cose erano due: o il Tenente mentiva oppure, più probabile, Tarleton ne aveva combinata una delle sue.
Tavington prese un respiro profondo prima di aprire bocca.
“Una cosa non quadra, noterai anche tu..” poi gli urlò contro “Tarleton non vi dà ordini, idiota!”
Non era da Tavington utilizzare lemmi così colorati, ma questa volta era molto arrabbiato.
“Ci ha detto che stavate male e voi eravate in ritardo. Non siete mai in ritardo, abbiamo pensato dicesse il vero.” Si vedeva la sua agitazione. “Come potevamo sapere..”
Ma William lo interruppe, agitando le mani, come per spazzare via le cose che l’uomo stava dicendo. “Dovevate aspettare un mio ordine lo stesso, dov’è Bordon?”  
“Ha seguito gli altri, ma ha mandato me a vedere se steste davvero male.”
“Non potevate farlo prima di andare?” proseguì Tavington.
“Conoscete il Colonnello Tarleton, ci ha intimati di fare come voleva.. e noi lo abbiamo fatto.”
William era ancora arrabbiato per la faccenda, eppure stava cercando lo stesso di contenersi per poi rilasciare tutto l’odio per chi se lo meritava davvero.
Tarleton.
Perché aveva detto quella bugia? Cosa stava combinando?
William aveva tante domande e tante cose da sistemare. Anche se il suo primo impulso era cercare Banastre e risolvere la questione, sapeva che il suo ruolo richiedeva che andasse a prelevare i suoi uomini.
Non avrebbe permesso ad un altro di occuparsi delle sue cose.
Così si incamminò.
“Bene, portami all’Old Creek, subito.” Poi si girò verso di lui con sguardo fermo e glaciale. “Successivamente risponderete tutti quanti a me per insubordinazione.”
Kent non ribatté, sebbene l’impulso vi fosse, nonostante questo annuì e si incamminò con il Colonnello nella stalla per prendere i cavalli.

Beatrix aveva lasciato da poco la stanza di Tavington con una strana sensazione addosso.
Passare del tempo con lui era la cosa che le piaceva di più, se avesse potuto avrebbe legato lui al letto e poi lo avrebbe tenuto così per sempre.
Ma non poteva, nemmeno il tempo di svegliarsi che già se n’era andato via.
Le dispiaceva un po’ per la torta, ma magari potevano festeggiare più tardi, tanto si sarebbero visti per pranzo. Il loro incontro però l’aveva resa felice e turbata allo stesso tempo.
William era come un prisma, con tante facce e non le mostrava sempre la stessa. Sapeva essere davvero cattivo, era in grado di ferirla come nessun altro, eppure era anche il tenero amante che la coccolava quando stava male. Il solo pensare a lui quel giorno dell’aggressione di G. le faceva venire il tremolio alle palpebre, con le lacrime che spingevano per uscire. Quanto sarebbe stata bella, e più semplice, la vita se lui fosse stato sempre quell’uomo.
William da una parte e il Colonnello Tavington dall’altra.
Il buono e il cattivo.
Il sole e la luna.
La scelta tra i due era impossibile perché la verità era che lei amava tutto di lui, ogni cosa.
Beatrix stava camminando in quel corridoio rischiarato quel poco dalle finestre che decoravano la stanza. Stava incominciando a conoscere il Forte. Aveva capito per esempio quali locali erano da evitare e quali invece erano a lei accessibili.
Dove andare? In qualche modo doveva riempire il tempo, così decise di fare una capatina dalla sua amica Wellsie.
Mentre si avviava, involontariamente, la sua mente la trascinò indietro nella conversazione con William.
“Sei stata brava, amore, almeno adesso sappiamo che non farai morire di fame la pulce.”
Una frase che di per sé non aveva niente di cattivo l’aveva resa eppure triste, perché aveva l’impressione che il futuro che Beatrix stava costruendo per loro tre non era lo stesso che si era raffigurato William?
Col passare del tempo si era abituata al fatto di essere la sua amante ufficiale, era una cosa strana, una cosa che non avrebbe accettato in passato, ma lui era il suo amato Colonnello e lei avrebbe fatto qualsiasi cosa per trattenerlo a sé. Pure rinnegando i suoi principi, l’importante era avere una famiglia. Quella stessa famiglia che a lei era stata negata fin da piccola.
Si accarezzò la pancia, sussurrando alla pulce. “Tu avrai una vita migliore. Più bella di quella che ha avuto la tua mamma, farò qualsiasi cosa per tenermi papà.”
Beatrix, ancora immersa tra i suoi pensieri, non si accorse di aver sbattuto contro una persona. Alzando la testa però notò che era proprio quella che stava cercando.
“Beaaaaaa!!” l’abbracciò forte la sua amica.
“Hey, Wells, stavo venendo giusto da te.”
La fanciulla allontanò le braccia e la guardò perplessa. “Ma non sai dov’è la mia stanza.”
Beatrix si mise a ridere. “Hai ragione! Dove ho la testa?”
Wellsie le sorrise con affetto, prendendola sottobraccio. “Eh.. so io dove hai la testa! Dai, vieni che ti mostro la mia stanzetta.”
Wells accompagnò la sua amica fino alla sua stanza. Una volta che la porta venne chiusa Beatrix poté ammirare la camera, era simile a quella che lei condivideva con Tavington.
Bea si guardò attorno, mentre Wellsie invece era già andata allo scrittoio per versarsi un po’ di acqua in un bicchiere.
“Oddio, ma che caldo che fa! Non sono abituata a queste temperature, da noi già da ottobre è incominciato l’inverno.”
Intanto incominciò a bere un bicchiere dopo l’altro, si vedeva che aveva tanta sete.
“Già.. questo è il Sud, baby!”
Wellsie appoggiò il bicchiere sul banco e poi si sedette su una sedia vicino al tavolo.
“Posso chiederti un favore tesoro?” domandò dubbiosa Beatrix.
“Certo, tutto quello che vuoi.”
“Lo so che te lo chiedo ogni volta, prometto che provvederò al più presto, mi presteresti un vestito?”
Wellsie le regalò un sorriso meraviglioso, tanto che quasi si strozzò con l’acqua che stava ingollando.
“Certo, apri pure l’armadio e prendi quello che vuoi.”
“Grazie!”
Così Beatrix fece proprio come detto, aprì le due ante ed il suo occhio catturò subito un abito nero. Lo guardò bene e realizzò immediatamente che era il vestito giusto per lei, lo appoggiò sul suo corpo e si ammirò allo specchio.
Il vestito era molto grazioso, non tanto impegnativo, ma quel poco per catturare l’attenzione.
Aveva anche una generosa scollatura, una cosa che forse William avrebbe apprezzato.
“Sì, ti sta davvero bene, Bea. È fatto per te.”
Beatrix si svestì e provò l’abito, facendosi aiutare dall’amica per la chiusura. “Non ti dispiace se lo metto oggi? Te lo riporto domani mattina o stasera se vuoi..”
Wellsie prese i lacci del vestito ed iniziò ad inserirli nelle asole corrispondenti, intrecciandoli fino a formare tante ‘x’.
“Prendilo pure, a me non sta bene.”
Beatrix le lanciò un’occhiata scettica dal suo riflesso nello specchio.
“Non ci credo, hai un fisico spettacolare.” Poi si accarezzò la ciccia che aveva qua e là sul corpo, iniziando a sentirsi pentita di aver mangiato tutte quelle brioche a colazione. “E soprattutto sei magra!”
Wellsie sorrise amaramente. “Forse è l’unico pregio, Bea, ma agli uomini piacciono le donne con le forme, come te. Ai cani piacciono le ossa.”
Wellsie aveva finito di allacciarle l’abito. Era perfetto, le piaceva molto.
“Perché dici così? Io vorrei avere le tue gambe slanciate.”
Wells rise con l’amica. “Ed io invece vorrei avere il tuo seno, caspita è..” agitò le mani “..enorme.”
Poi si allontanò prendendo un altro bicchiere d’acqua da bere e proseguì a stuzzicarla. “Scommetto che Will apprezza mooolto.”
Beatrix scoppiò a ridere dall’insolenza di Wellsie. “Wells!! Sembri tanto una ragazza tranquilla, invece..”
E risero così per un po’ insieme.
“Oh, che maleducata che sono! Tu vuoi qualcosa da bere?” domandò cortesemente Wellsie.
“No, grazie..” ma non finì la frase, perché in effetti qualcosa voleva. Qualcosa di forte.
“Hai solo acqua, Wells? Liquori?”
La sua amica la guardò sorpresa. “Sei incinta, Bea.”
Beatrix sbuffò, per poi sedersi infine sul letto, come una bambina capricciosa.
“Lo so, magari lo diluisco con l’acqua.” Si rivolse all’amica facendo il broncio.
“Ma sentiti, mi sembri uno di quegli ubriaconi che puoi incontrare sull’Hall Street a Liverpool.”
Con rassegnazione Wellsie si alzò e andò verso la vetrina degli alcolici vicino al letto.
“Vediamo un po’ cosa abbiamo..” disse sovrappensiero, mentre Beatrix si avvicinava a controllare la riserva.
“Ma guarda quante belle bottiglie ci sono qui.” Disse Bea, intrufolandosi sotto il braccio di Wellsie. “Sono di Nik, vero?”
“Oh, sì.” La ragazza prese una bottiglia che era più larga che alta.
“Questa?” propose a Beatrix.
“Cos’è?”
“Mmh.. vediamo un po’..” svitò il tappo e annusò come un gattino curioso. “Sembrerebbe Scotch.”
Beatrix fece una smorfia di disgusto. “Basta Scotch, tuo fratello mi ha fatto venire la nausea per quel liquore.”
Allora Wellsie rimise nella teca la bottiglia, annuendo alle parole dell’amica.
“Ti capisco, ma ti assicuro che non è l’unico che ha quel vizio.” Le disse con empatia e con un’alzata di sopracciglia.
“Anche al Capitano piace?” chiese incredula.
“Ooh sì.. anche a lui.”
“Credi sia una mania degli Inglesi?” chiese Bea.
“Probabile, vuoi provare qualcosa di nuovo nuovo?”
Beatrix indicò le bottiglie di vetro nella vetrina. “Tra quelle?”
Wellsie scosse la testa sorniona. “Nope.”
Poi si allontanò dall’amica e si avvicinò al grande letto vicino a loro. Si abbassò per terra, alzò le coperte da un lato e infine mise la testa sotto al letto.
“Wellsie..?”
“Mmh..” rispose l’amica. “Un attimo.” Disse, con la voce attutita dallo spazio angusto dove si trovava.
“Che fai?”
“Trovo il mio Ginny.”
Beatrix era curiosa di sapere cosa stava cercando Wells e le sue risposte concise ed enigmatiche la stuzzicavano sempre più. Allora alzò il vestito, si inginocchiò anche lei per terra e infine controllò sotto il letto.
Erano entrambe immerse nell’oscurità e nella polvere che cercavano solo Dio sapeva cosa.
“Cos’è Ginny?”
“Oh, Bea, devi conoscerlo assolutamente! Ultimamente è il mio migliore amico..” e lasciò la frase in sospeso, incuriosendo la sua amica.
“Succede qualcosa Wells, hai problemi?” Beatrix aveva intuito che c’era qualcosa che preoccupava Wellsie.
“Non ora, prima di incominciare a parlare devo prendere un po’ di Ginny.”
Beatrix rise, come se avesse avuto di fronte una pazza. “Ma chi o cos’è questo Ginny??”
Wellsie afferrò saldamente qualcosa ed iniziò ad indietreggiare, con l’intento di uscire fuori dal nascondiglio.
Bea la seguì a ruota, notando che l’amica aveva in mano un sacchetto di cartone in mano.
“Ecco cos’è Ginny!” disse Wellsie, mostrando una.. bottiglia?
“Ginny è un liquore?” domandò incredula Beatrix.
“Oh, sì.” Buttò per terra il sacchetto e svitò il tappo. “Ma è un liquore speciale, non è ancora in commercio, sono pochi ad avere questo elisir tra le mani.”
Beatrix si avvicinò all’amica per annusare l’odore di questa nuova sostanza. “Ma è un alcolico?”
“Certo Bea, ma è diverso dallo Scotch. Quella è roba da uomini, questa…” andò allo scrittoio e prese un bicchiere, ne riempì due dita e lo porse a Beatrix. “..questa è roba da femmine.”
Bea prese il bicchierino, indecisa sul da farsi, dopotutto era stata lei a chiedere un liquore, quindi non si poteva di certo lamentare.
Portò il bicchiere alla bocca e buttò giù tutto d’un fiato.
“Ah..!” aveva un gusto particolare e le piaceva molto, aveva ragione Wellsie.
“Allora.. ti piace??” chiese l’altra eccitata.
“Sì, come hai detto che si chiama?” chiese Beatrix, con la gola che ancora bruciava per l’alcool.
“Non mi ricordo bene il nome preciso. Suonava tipo Jim, Gin.. boh, l’ho rinominato Ginny.”
“Bello. Quindi fammi capire bene siamo due ragazze sole, che hanno una giornata da riempire in qualche modo..” Afferrò la bottiglia dalle mani di Wellsie. “..abbiamo un bel liquore con noi.. che facciamo?”
Si guardarono negli occhi, con lo sguardo sornione che diceva che entrambe la pensavano allo stesso modo.

Ciaoo a tutte ^^
Buone vacanze a tutte, spero vi stiate divertendo al mare!! ^^ Prima di partire riesco a pubblicare un bel capitoletto.. ed ecco le due donzelle sole che si divertono, riusciranno a fare festa senza esagerare?
E cosa sarà successo al Colonnello Tavington ed i suoi uomini, che Banastre stia complottando alle sue spalle? :)
Vi lascio al capitolo.. *-*
Un bacio belle =)

Giulia

xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
 

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Capitolo 43
*** In Vino Veritas ***


capitolo 53
Capitolo XLIII



**In Vino Veritas**


Wellsie andò al tavolo e prese due bicchieri di cristallo e ci versò dentro del liquore.
“Stavi dicendo che bevi spesso, come mai?” domandò curiosa Beatrix.
Wells le porse un bicchiere. “Ultimamente le cose tra me e Nik non vanno molto bene.” Ammise con un po’ di rammarico.
Bea intanto aveva buttato giù Ginny in un colpo. La gola bruciava come se prendesse fuoco. “Aah.. nella lettera che mi avevi scritto, quando ero all’accampamento, dicevi che procedeva tutto bene, cosa è cambiato?”
Wells buttò giù anche lei la sua parte del liquore, ma sembrava abituata a bere, non si accorse nemmeno della gola che ardeva. “Era passato poco tempo da quando tu e Will eravate andati via..”
Wellsie le stava spiegando come si sentiva, ma Bea sapeva che c’era qualcos’altro che le stava nascondendo. Non era possibile che lei e Nikolas avessero problemi, li aveva sempre ritenuti la coppia ideale, quella dei romanzi d’amore.
“Ti ha tradita, vero?”
L’altra si mise a ridere, mentre si versava altro liquore direttamente in bocca. Beatrix era un po’ preoccupata per la sua amica.
“Nik non farebbe.. maaai.. una cosa del genere..”
Bea prese la bottiglia tra le sue mani e bevve anche lei un sorso. “Sei molto strana, Wells.”
L’amica rideva ancora e Bea iniziava a dubitare che fosse solo merito suo, l’alcool incominciava a fare effetto.
“Sono stanca di tutte le bugie, i segreti.. sono stanca..” e poi si andò a sedere sul letto con un tonfo sordo.
“Tutto si può sistemare” le confidò Beatrix, inginocchiandosi ai piedi del letto “guarda me e William,  ne siamo la prova..”
L’altra le sorrise, ma senza convinzione, sembrava abbattuta, triste e sconsolata e lei non sapeva quale fosse la ragione.
“Voi due siete belli insieme, non avrei mai detto che un giorno mio fratello avrebbe trovato una donna come te.” Wells si alzò dal letto, prendendo la bottiglia tra le mani di Beatrix.
“Non è solo per il fatto che tu mi piaci. Lui non è sempre una bella persona, lo so, ci sono cresciuta insieme. Ma.. tu lo sopporti ogni giorno con tutti i suoi difetti, lo accetti per quello che è..” Wells bevve un altro sorso di liquore, questa volta più profondo e più lungo.
“Certo che lo faccio, Wells, lo amo. E.. lui.. spero.. ami me.”
In poco tempo la conversazione aveva spostato il suo asse, ed ora che si parlava anche della sua relazione con William sentiva un’ombra di tristezza ad invaderla.
Cosa aveva voluto dire quella mattina? Forse quella stessa sera le avrebbe comunicato la sua intenzione di chiuderla con lei..?
“Passami quella bottiglia, Wells.” Le ordinò la ragazza, con un tono degno di un alcolista cronico.
La sua amica gliela consegnò. “Lui ti ama, solo che non vuole avere un’altra delusione..”
Beatrix bevve un altro sorso, e per poco non si strozzò. “Un’altra delusione? Sapevo che aveva avuto altre donne..”
Ma Wellsie la interruppe, riafferrando Ginny. “Sì, sì, donne ne ha avute quanto a formare un harem.” Specificò Wells, mentre beveva ancora. “Ma solo con una si è.. per così dire.. fidanzato.”
Beatrix era sconvolta. Non sapeva niente di tutta quella storia e certo il suo William non si era preoccupato di riferirle del suo passato.
Aveva avuto un’altra..
Una donna a cui lui aveva concesso il suo cuore, una che lo aveva abbracciato tutte le notti sapendo di essere l’unica per lui, una donna che.. lui aveva amato.
Beatrix si sedette sul letto, perché incominciava a non sentirsi bene. Sebbene sapesse che era stupido riportare in vita il passato, quella cosa che aveva scoperto però le aveva fatto male.
Wellsie si avvicinò a lei e si sedette sul letto. Le aveva letto negli occhi che c’era qualcosa che non andava, ma Wells in quel momento non pareva lucida di mente.
Infatti la ragazza aveva evitato quel discorso fino a quel momento, le aveva spiattellato quella storia solo perché era ubriaca.
“Che hai? Pensi che Scarlett sia un problema?” chiese, accarezzandole la schiena con tenerezza.
“Scarlett?”
“Prima bevi.” e le porse la bottiglia.
Beatrix fece come detto e il liquore ormai non infuocava più la sua bocca. Si era abituata al sapore acre e penetrante. “Raccontami tutto.”
“Sei sicura che vuoi saperlo? Dopotutto è il passato, William vuole te ora.” disse la ragazza, accarezzandole il dorso della mano.
Beatrix ci pensò su. Avrebbe fatto ancora più male, ma aveva il diritto di sapere tutto. Se la ragione per cui William era così freddo e distaccato in amore dipendeva anche da.. Scarlett.. voleva conoscere ogni dettaglio del suo passato.
“Quando tempo fa?” domandò Bea.
Wellsie prese un respiro lungo. “Lui aveva all’incirca la tua età, mi sembra, quando è incominciato tutto.”
Beatrix prese Ginny e bevve un altro po’ di liquore. La bottiglia stava per finire. “Era solo una cotta oppure..” lasciò la frase in sospeso, sperando che fosse la prima opzione.
Wellsie scosse la testa. “Era innamorato di lei, era molto innamorato di lei. Pensa che l’avrebbe anche sposata se le cose fossero andate diversamente!”
Bea era attonita. Non riusciva nemmeno ad immaginarsi William come lo dipingeva lei, era stata la sua ex fiamma a svuotarlo dentro?
“Era molto bella?” domandò Beatrix curiosa, aveva così tante domande da porle e non si sentiva neanche lei più lucida.
Wellsie annuì lentamente. “Piaceva a tanti ragazzi, infatti aveva tanti corteggiatori, ma lei aveva permesso solo a William di corteggiarla ufficialmente.”
Bea bevve un altro sorso di liquore. “Descrivimela.”
“Mmh.. alta, bionda, occhi cobalto, formosa nei punti giusti.. la perfezione fatta in persona.”
Beatrix era rimasta all’inizio dell’elenco e mentre la sua amica snocciolava tutti i pregi estetici della sua rivale si rendeva conto in quante cose lei era in difetto.
Cosa vede William in me?
Se era stato con Scarlett come era riuscito ad accontentarsi di lei?
Lo fa perché porti in grembo suo figlio, una volta che lo avrai partorito si dimenticherà di te. Disse una vocina nella sua testa. Uscirai di scena nello stesso modo in cui sei entrata.
Bea grattò con le sue unghiette il dorso delle mani per il nervoso. Aveva voglia di parlare con William, ma sapeva che le lacrime spingeva per uscire fuori e lei le stava trattenendo con grande fatica. Non ce l’avrebbe fatta ad affrontare lui.
“Tu sei molto meglio di lei.” le disse Wellsie, facendo l’occhiolino.
Bea sorrise. “Lo dici perché sei mia amica.”
“No.” disse Wells, accarezzandole una guancia. “Lo dico perché lo penso, perché ho conosciuto Scarlett molto bene. A differenza degli altri uomini, sono andata oltre il suo bel fisico da mostra e ho scavato dentro. E sai quello che ho trovato?”
Beatrix scosse la testa.
“Un guscio di donna. Dentro di lei non c’era niente, era vuota, arida, disumana.. frigida!”
Bea rise, ma non erano bastate le belle parole di Wellsie a tirarla su di morale. “Allora William cosa ha visto in lei? Hai detto che era innamorato, non era solo qualcosa di fisico.”
Wellsie diede un’alzata di spalle. “Non so, William non è tipo da chiedere alla sorellina più piccola consigli in amore, però potevo vedere quello che mi circondava anche se ero piccina.”
Beatrix si alzò dal letto, si mise a camminare per la stanza perché aveva voglia di scaricare la tensione. “Perché è finita tra di loro?”
Wellsie rise nervosamente, bevendo infine l’ultimo goccio di Ginny. Rimise la bottiglia sotto il letto. “Perché lui ha scoperto il suo gioco.”
“Quale gioco?”
Wellsie si alzò anche lei dal letto e raggiunse l’amica. “Lui credeva di essere l’unico per lei.. mentre in realtà le cose erano ben diverse..” disse Wells, con una smorfia in volto.
“E lui non si era accorto di niente? Non ci credo!”
Wellsie annuì con la testa. “Devi, tesoro, lui era così cieco da non rendersi conto di niente e lei lo ha preso in giro per tutto il tempo.”
Bea scosse la testa, non riusciva a credere davvero alle sue parole. Può l’amore rendere così ciechi?
Sì.
Allora questo rendeva William più umano, lo rendeva debole quanto lei e le faceva sperare in una redenzione. Quindi doveva solo trovare la chiave per aprire il suo cuore.
Beatrix sorrise senza rendersene conto. In un secondo era sparita tutta la tristezza di prima, ora si sentiva carica e pronta ad esplodere per ottenere ciò che voleva.
“La stai accettando bene la cosa, sono contenta.” Constatò Wellsie. “Non hai nulla da temere per la faccenda di Scarlett, lei è morta per lui nello stesso momento in cui è morto il suo sentimento per lei. Non prova più niente.”
Bea si morse il labbro inferiore, iniziando a mangiare poi le unghiette delle mani. “Credi che Scarlett sia il motivo per cui lui si è chiuso in se stesso in questi anni?”
Wells era pensierosa, e tra l’altro non si reggeva nemmeno più in piedi. “Forse, certo non ha fatto bene al suo animo già di per sé scontroso e introverso. Credo che lei sia come le sue cicatrici, un memento per il futuro. Come per dire ‘non andare più oltre quel limite’.”
Era incredibile quanto Wellsie risultasse saggia da ebbra, era proprio vera la massima in vino veritas.
“Io voglio essere l’unica per lui, per me non ci sarà mai più nessun altro, Wells. Se lui mi dovesse lasciare.. non potrei sopportarlo.” Ammise con sincerità Bea.
“Lo so, ed è per questo che ho sempre creduto che tu fossi quella giusta per lui. Vi auguro ogni felicità perché siete le due metà che si completano a vicenda.”
Beatrix era fortunata ad avere un’amica come Wells, un’alleata, una complice, una cognata affettuosa. E lei aveva ragione su tutto, però mancava solo una cosa.. parlare con William.
Aveva promesso che si sarebbero visti per pranzo, lui quella mattina voleva dirle una cosa importante e se era qualcosa che avrebbe cambiato il loro futuro voleva saperlo subito.
“Ti voglio tanto bene, Wells.” L’abbracciò forte.
L’altra ricambiò, stringendola a sé. “E io voglio bene a te.” Poi le disse nell’orecchio. “Salvalo, non lasciarlo al suo destino. È perso.”
Poi si staccarono e Wellsie le sorrise. “Non mi sento granché, ho bevuto peggio di come faceva mio padre. Meglio che vada a letto.”
E così dicendo andò sul letto e si sdraiò sotto le coperte.
“Magari ci vediamo più tardi.” Disse Bea.
“Mmh..” fu l’unica risposta di Wells, si stava già addormentando.
Beatrix decise di lasciare la stanza per permetterle di riposare. Mentre camminava lungo il corridoio le venne in mente che non le aveva più chiesto del suo litigio con Nik.
Qualcosa tra di loro si era incrinato, lo si capiva dalle parole, dal comportamento bipolare di Wellsie, da tante cose.
E lei cosa aveva fatto per consolare la sua amica? Le aveva gettato addosso le sue frustrazioni e i suoi tormenti.. se Wells non fosse andata a letto sarebbe ritornata dentro a discutere con lei.
Ma ormai era tardi, la sua amica aveva bisogno di staccare un po’ e mettere a tacere il mondo. E lei invece aveva bisogno di scaricare la tensione che aveva accumulato.
Intanto era ritornata nella sua stanza.
Era rimasta così come l’aveva lasciata.
Sul tavolino, vicino al letto, c’era ancora la torta al cioccolato che gli aveva fatto, mancava un bel pezzo, ma nel complesso era ancora lì che reclamava di essere mangiata.
La stanza era illuminata dal sole che proveniva dalla finestra spalancata, si era aperta un’altra volta. Si avvicinò al letto e vide le lenzuola disfatte e umide, portavano ancora i segni della loro notte bollente.
William le mancava, anche se lo aveva visto solo poche ore fa. Come si era ridotta così per un uomo? Si accarezzò la pancia e parlò alla pulce. “Credevo di fare tutto questo per te.. invece mi sono resa conto che sono io ad avere bisogno di lui, amore della mamma.”
Beatrix andò alla finestra e diede un’occhiata fuori.
C’era il sole alto in cielo, anche se qualche nuvola nera si vedeva all’orizzonte, ma era troppo lontana perché rovinasse la bella giornata.
Bea cercò con lo sguardo William, ma non lo trovò.
Mi manchi.
Non aveva niente da fare, Wellsie era KO, le rimaneva che stendersi sul letto ed attendere come una brava moglie il suo ritorno a casa.
Casa? Chissà quando avremo una casa tutta nostra, solo io, lui e la pulce..
Sogno o realtà?
Chiuse gli occhi.
La finestra si chiuse con un rumore assordante. Beatrix si alzò di colpo dal letto e guardò fuori.
Il tempo era cambiato, non c’era più il sole che illuminava la giornata, al suo posto erano comparse terribili nuvole nere che portavano pioggia e fulmini.
Bea scese dal letto e andò a chiudere la finestra, tentò, ma il vento era troppo forte e la spingeva indietro, così decise di lasciarla aperta.
Per quanto tempo aveva dormito?
Nel cortile non c’era più nessuno, era deserto, c’era qualche rumore nella casa, ma non più di tanto.
L’orologio sul tavolo segnava le due passate.
William dov’era? Era già arrivato e se n’era andato via oppure non era ancora rincasato?
Poteva arrivare tra poco e lei doveva prepararsi a riceverlo. Aveva un sacco di cose per la testa, aveva tante domande su Scarlett, ma aveva anche una gran voglia di sciogliere la tensione dentro di lei.
Era arrabbiata, nervosa, gelosa, invidiosa, frustrata..
Sentì un rumore di stivali che giungeva verso la sua stanza, non ebbe il tempo di riconoscere il tonfo che la porta si aprì d’un colpo.
“William!”
Il suo amore era bagnato dalla testa ai piedi, sembrava un piccolo pulcino infreddolito. Beatrix gli corse incontro e lo abbracciò forte. “Ti sei ricordato di venire da me.”
Lui tentò di staccarla dal suo corpo, ma non ci riusciva. “Te lo avevo promesso, non volevo ripetere il disastro dell’altra volta.” Disse, facendole l’occhiolino.
Bea non smise di abbracciarlo forte, aveva allacciato le braccia al suo collo e aveva appoggiato la testa sul suo petto. Era rimasta in quella posizione per un po’ e lui alla fine l’aveva lasciata così.
“Se non ti stacchi, finirai per bagnarti tutta anche te.” L’ammonì lui.
Beatrix alzò distrattamente gli occhi verso di lui, senza demordere nel lasciare la presa. “E allora?” domandò, facendo il broncio.
William le sorrise, facendo intanto dei massaggi delicati sulla sua schiena. “E allora poi ti ammalerai, qui non abbiamo medici chirurghi per curarti.”
Lei sbuffò. “Dovresti essere contento, se mi ammalo e muoio poi potrai ritornare a fare la vita che facevi prima. Avresti tutte le donne che vuoi.” Rispose la ragazza, con un tono un po’ infantile.
William la fece staccare dal suo corpo e scosse la testa con uno sguardo severo. “Non dire sciocchezze.” Si sbottonò la giacca bagnata e la gettò sulla poltrona. “Se volessi, potrei averle già adesso, giù c’è uno stanzino pieno di prostitute.”
Lei lo guardò allibita. “Non puoi essere serio.”
Tavington rise. “Dicevo, appunto, se volessi.”
Beatrix si avvicinò al suo uomo e lo abbracciò da dietro. “Più passo giorni con te e più mi affeziono, tanto che mi manchi ogni volta che non ci sei. Mi stai facendo impazzire.”
William prese le sue mani e le baciò. “Non ti sto abbandonando, ritorno da te.”
Lui si girò e la guardò negli occhi. “Che succede?”
“Niente.” Rimbeccò lei. “Un giorno potresti stancarti di me, potresti abbandonarmi..”
William scosse la testa. “Non succederà, io ti amo, Beatrice. Riesci a capirlo questo? Non dico ti amo a tutte..”
Ecco! Quella frase era stata come un’accoltellata al cuore.
Io non sono Scarlett e lui ama me! Vero??
Beatrix comprese che lagnarsi non serviva a niente, se voleva essere per sempre l’unica donna al suo fianco dove comportarsi come una donna adulta.
William le stava accarezzando dolcemente la guancia, lei prese la sua mano e, baciandola, la mise giù. “Sei bagnato, devi toglierti i vestiti.”
Poi prese a sbottonargli la camicia e la gettò a terra. Passò le mani sul suo torace e scese giù verso la patta dei pantaloni. Accarezzò la sua protuberanza ancora coperta e poi si abbassò.
Alzò la gonna e si inginocchiò per terra. Tolse lentamente il bottone d’oro dall’asola e fece calare i pantaloni per terra.
Beatrix lo guardò con gli occhi iniettati di desiderio e passione, lui sapeva quello che lei stava per fare prima che.. “Oddio”


Ciaoo a tutte ^^
Invece che risolvere le vecchie questioni in sospeso, ho aggiunto altri segreti alla storia.. L'insalatona si sta arricchendo di dettagli sempre più nitidi che poco a poco sveleranno l'immagine completa.
In questo capitolo è la volta di William, io amo i personaggi cattivi, i bad boys, ma quelli dal torbido passato, quelli che hanno una giustificazione per le loro azioni. Non violenza gratuita.
E così ho voluto decorare un'altra facciata di William, mostrandolo debole quanto Beatrix.. questa è una scialuppa di salvataggio per Beatrix.. può approfittarne e mettere in salvo il loro rapporto o soccombere di fronte all'ostacolo e perderlo per sempre.
Dopo 43 capitoli immagino conosciate la risposta.. vi dico solo che la faccenda di Scarlett è più complessa di quello che sembra.. non riguarda solo il rapporto William-Scarlett.. ma c'è un triangolo.. se non un quadrato.. :D
Comprendo che è estate e siamo tutti al mare, ma in questi giorni prima di pubblicare mi sono chiesta se la mancanza di recensioni dipenda dal mio modo di scrivere che ha degradato la storia.. Se c'è qualcosa che non va fatemelo sapere :P Non obbligo nessuno a scrivere, ma è sempre un piacere sentire i vostri pareri.. :)
Vi lascio al capitolo.. *-*
Un bacio belle =)

Giulia

xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
 

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Capitolo 44
*** Reminiscenze dolorose ***


cap 44
Capitolo XLIV

**Reminiscenze dolorose**  
 

 
La sua mente lo aveva condotto in un altro mondo. Le attenzioni di Beatrix gli piacevano, in effetti era diventata alquanto brava a dargli piacere e lo stava conducendo in uno stato di nirvana.    
Ma, ad un certo punto, sempre la sua mente creò per lui un'immagine insolita, si raffigurò lui e Beatrice in un loro futuro ipotetico.
Lei, non solo in qualità di moglie, ma anche di madre dei suoi figli. Li vide correre felici sullo Yorkshire Moors, il luogo dal quale proveniva Esther, sua madre. Figli coraggiosi che cavalcavano la brughiera al suo fianco, magari avrebbe avuto un maschio, al quale poteva insegnare tutto sulle armi, sul combattere, gli avrebbe trasmesso ogni abilità.
Poi magari avrebbe avuto una femmina, sì, proprio una femmina che avrebbe avuto la cocciutaggine della madre. E poi ne avrebbero potuti avere ancora tanti altri, a pensarci bene non ci aveva mai riflettuto prima, ma l'idea di essere padre non lo turbava per niente, lo rendeva ansioso ed eccitato.    
La villa dei suoi genitori non gli era mai piaciuta, troppo grande e troppo maestosa, non era per niente il suo genere ideale. Invece, una bella casetta in un luogo sperduto come lo Yorkshire Moors gli piaceva, non avrebbe avuto il problema dei vicini fastidiosi, non sarebbe stato costretto a feste e cene sfarzose per compiacere gli altri nobili.    
Sarebbero stati solo lui, Beatrix e la pulce.. O altre pulci..    
William aveva chiuso gli occhi, mentre si raffigurava quel futuro, utopico o reale che fosse, e aveva annullato così il mondo che lo circondava. Ma l'esigenza del momento lo obbligò ad aprire gli occhi e vide così qualcosa di reale, tangibile, qualcosa di certo.    
Ovvero, la sua possibile moglie, nonché madre delle pulci, inginocchiata per terra a compiere una di quelle prestazioni che solo alle puttane si chiedevano.    
William si trovava in una situazione conflittuale, aveva da una parte il suo corpo, che parlava meglio di lui, che lo implorava di stare zitto. Dall'altra invece c'era il suo cuore, che vedeva in Beatrix non la semplice amante, ma la accresceva di qualificazioni che dipendevano dal suo sogno.    
Come ultimo fattore c'era la sua mente, che fungeva da mediatore tra i due, che cercava di conciliare i suoi bisogni più caduchi, terreni, con quelli più puri.. Un po' come nel mito della Biga Alata di Platone.     
Cosa doveva fare? Chi avrebbe vinto?    
William si ricordava bene la sua infanzia, la madre costretta ai lavori più sporchi da suo padre e, non raramente, anche dai suoi amici ubriaconi. Tavington aveva sempre creduto che fosse giusto quel modo di pensare, le donne erano nate per essere comandate e gli uomini per comandare, anche Aristotele lo diceva; ma ben presto non ne fu più così convinto.    
Sua madre aveva col tempo perso ogni sentimento per il padre, all'inizio era davvero innamorata, ma alla fine la sua vita sventurata le aveva fatto comprendere che grande errore avesse fatto nel farlo entrato nella sua vita e nel suo cuore.    
William aveva, per molto tempo, omologato la sua mente a quella del padre. Aveva creduto che fosse giusto quello che faceva, aveva in qualche modo giustificato il suo comportamento e lo aveva preso a modello.    
Gli piaceva andare con lui in giro per locali, pungolare le persone e fare rissa. A differenza di Banastre, che aveva un'indole più romantica e che aveva sperimentato l'amore, a lui invece era stato insegnato di rifuggire da quel sentimento.     
Mai svegliarsi al mattino abbracciato ad una donna come due cucchiai, mai.     
Solo sesso, e sempre sesso.    
E così lui aveva fatto fin dall'adolescenza, il padre -che lui chiamava solo Jack, per via della confidenza e connessione che avevano loro due- gli aveva fatto sperimentare il sesso per la prima volta. Lo aveva portato in un vicolo buio e gli aveva gettato tra le braccia una ragazzina gracile.    
Divertente, che lui dopo vent'anni ancora si ricordasse i dettagli di quella notte.    
Certo, perché dopo era stato un uomo diverso..    
La ragazzina gracile era vestita con stracci, non poteva che essere o una povera orfanella o una sventurata scappata di casa. In ogni caso era una persona in difficoltà, che aveva bisogno di riposo, cibo, affetto.    
"Soddisfa i tuoi bisogni, figliolo." Gli aveva detto allegramente il padre.    
"Sei sicuro, Jack, che lei vorrà?" Aveva domandato un ingenuo quattordicenne William Tavington.    
Il padre era scoppiato a ridere. "Cosa te ne importa, William? Se oppone resistenza gliene dai di santa ragione, così si fa con le donne cocciute, proprio come faresti con un bastardo cane randagio."    
William aveva guardato la ragazzina che, ad occhio e croce, non poteva superare l'età del giovane ragazzo. Lo guardava con paura, portava delle belle treccine ai lati, di un colore ibrido, tra il rosso e il biondo.. Come quelle di mia sorella.. Aveva pensato William.     
Le guance erano sporche, come il resto del viso, spostava lo sguardo con terrore da lui al padre, come se non sapesse da chi aspettarsi la violenza. Ma con la certezza che qualcuno l'avrebbe perpetrata lo stesso contro di lei. 
"V-vi prego, signore." Aveva balbettato, mentre la tensione aumentava sempre di più. William guardava la bambina e poi osservava lo sguardo severo del padre, che attendeva con ansia che si divertisse, non tanto per far gioire il figlio, quanto per far gioire il suo animo malvagio.    
"Forza, William. Non ti far abbattere dalle loro paroline tenere e pure." Poi si era avvicinato e le aveva tirato una delle treccine con forza. "Non vedi i loro occhi? Sono quelli del demonio, ti tentano come il diavolo per farti perdere il senno della ragione e ti lasciano a dannare per tutta la vita. Non ascoltarla, cercherà di farti qualche fattura."    
Benché le parole del padre avessero sempre un grande potere persuasivo su di lui, il giovane Tavington non poteva che osservare, come diceva il padre, il volto angelico della ragazzina e non poteva che ammettere che non vedeva niente di diabolico.    
Fu quello il giorno in cui William capì che la parola di Jack non era sempre veritiera, fu quello il giorno in cui realizzò che non c'è solo male o solo bene nel mondo, fu quello il giorno in cui capì che sono le azioni umane che rendono il mondo buono o cattivo e fu sempre quello il giorno in cui capì che lui aveva la facoltà di discernere il giusto, dallo sbagliato.    
E le nostre azioni sono sempre la causa di quello che otteniamo.    
Se William ripensava a quello che sarebbe successo dopo, col senno di poi, riusciva a comprendere il significato di tanti eventi della sua vita.    
Mentre rimuginava sul passato, il tempo non si era fermato come invece succedeva nei romanzi, infatti Beatrice era sempre inginocchiata per terra che gli stava donando il piacere a cui lui tanto anelava. Eppure era diverso dalle altre volte, aveva avuto diverse donne a dargli piacere e quasi sempre erano semplicemente una valvola di sfogo per saziare i suoi istinti.     
Non era mai stato amore, erano dei giocattoli che lui usava a suo piacimento e, fino d'ora, non si era mai posto il problema.    
"Beatrice.." Tentò di attirare la sua attenzione, così che interrompesse il suo lavoro.  
"Mmh.." Gli rispose lei, mentre continuava a fare quello che voleva. William allora la prese per la testa e la staccò delicatamente.    
"Fermati." Le disse fermamente, almeno con la mente, perché il suo corpo invece lo implorava di lasciarla fare.   Beatrix, a quel punto, alzò la testa e lo guardò dal basso verso l'alto. Lei gli sorrideva affettuosamente ed era ovvio che faceva quella cosa solo per dare piacere a lui.    
"Perché devo fermarmi? Pensavo ti piacesse.." E così cercò di ritornare alle sue cose, ma lui questa volta si allontanò. Si sistemò i pantaloni e aspettò che lei si alzasse da terra; la fanciulla aveva uno sguardo confuso, come se non riuscisse a capire il motivo dell'interruzione.     
Per certi versi, in effetti, nemmeno lui riusciva a dare un senso ai suoi pensieri.    
"Cosa ho fatto di sbagliato?" Chiese con ingenuità.    
Lui scosse la testa e si riavvicinò a lei. Quando le fu vicino, quelle immagini che aveva creato prima ricomparvero, così si allontanò e si posizionò accanto alla finestra, la pioggia gli bagnava il petto e lo rendeva selvaggio.    
Beatrix camminò dalla sua parte e gli toccò una spalla con dolcezza. "Amore, c'è qualcosa che non va?"    
William scosse la testa, ma non era convincente, era più un modo per cacciare via i suoi tormenti. "Solo pensieri." Rispose evasivo, mentre guardava fuori dalla grande finestra.
La ragazza gli si affiancò e gli accarezzò il mento ispido, quell'oggi non aveva fatto la barba. Prendendogli il mento, lo fece girare verso di lei. "Cattivi pensieri, eh? Così colpisci il mio ego di donna, non sono molto brava se ti faccio pensare ad altro mentre.."    
William non la lasciò terminare, la baciò. Poggiando le mani sulle sue gote, la schiacciò contro di sé. Baciandola, divorandola, dentro e fuori.    
"Ti amo." Le disse, guardandola negli occhi.    
"Oh, William. Anch'io ti amo." Poi lei si staccò e lo guardò con amore materno, come aveva fatto sua madre quel famoso giorno al rientro dalla notte brava con Jack. "Dimmi, cosa ti affligge, amore?"    
William non poteva sopportare tutto quello.
Lei era come una luce nelle sue tenebre, come era stata Beatrice per Dante. Lei gli portava via l'oscurità della sua vita e così facendo lo faceva penare nell'esperire nuovamente quelle cose.    
Ma forse se lo meritava per tutto il male che aveva procurato nel passato. Era la sua punizione divina, come per Dante era stato ripercorrere l'oltretomba cristiano, passando dalle passioni torbidi ed infernali, fino alla eterea verità. Anche lui era condannato a rivivere le sue nefandezze per espiarsi dalle sue colpe?    
"Le donne incinte non fanno certe cose." Le disse William, pacato.    
Beatrice sorrise. "Non ti eri mai posto il problema prima, cosa è cambiato?"    
Eh.. Cosa era cambiato? Si era rivoltata la sua mente contro di lui.    
"Dovresti essere già nel secondo mese o giù di lì, devi stare attenta. Sono mesi delicati."
Beatrix sembrava colpita dalle sue parole, come se non si aspettasse quelle cose da lui.
William vide il suo volto che poco a poco diventava più felice, non passionale o arrabbiato, ma semplicemente radiante di felicità. "E devi anche spostarti dalla finestra, potresti prenderti un raffreddore. Anche se siamo nella Carolina del Sud, e le stagioni sono invertite, siamo sempre in inverno."    
Poi lui la prese per mano e la accompagnò a letto.    
"No, William, non ho sonno. Non faccio altro che dormire!" Gli disse lei, facendo il broncio.
"Le donne incinte fanno quello." Le fece notare lui.    
Beatrix rise. "Magari le donne Inglesi lo fanno, per le donne Americane sono giorni ordinari come tanti altri."    
La sua testardaggine era la cosa che l'aveva fatto innamorare di lei, ed eccola lì che, passati mesi, ancora ostentava il suo carattere belligerante e fiero.    
Poi il suo sguardo cadde accidentalmente sulla torta sul comodino.    
"Alla fine stamattina non l'abbiamo più mangiata. Lo facciamo ora?" Disse, indicandola con la testa.    
Beatrix si girò e l'abbracciò forte. "Sì! È un'ottima idea." Poi andò verso il tavolino e prese il vassoio con la torta. "E non era certo merito mio se non abbiamo mangiato la torta, se ti ricordi bene." Gli rammentò lei.    
William si sedette sul letto e rise della sua battuta. "Meglio tardi che mai, non sai che giornata ho avuto oggi, amore."    
Beatrix, prendendo il vassoio, raccolse anche il coltello di Tavington. Appoggiò la torta sulle lenzuola e poi si sedette di lato.    

"No." Disse lui, battendo una mano sulle sue cosce. "Vieni a sederti qua."    
La ragazza, sorridendo, fece come detto. Si alzò e si posizionò sopra le sue gambe, una volta seduta poté sentire il suo odore. Era quello tipico degli uomini, una commistione di sudore e colonia.    
"Sai, quando Wellsie era piccola la imboccavo sempre."    
Beatrix rimase con gli occhi sbarrati, incredula rispetto a quello che stava dicendo. Non riusciva a vedere Tavington imboccare qualcuno.    
"Non ci credi?" Domandò lui, fingendo di essersi offeso. "Noi avevamo una tata, almeno fino a quando mio padre non l'ha sbattuta fuori, letteralmente."    
Poi William prese il coltello dalle mani di Beatrix e tagliò una piccola fetta di torta.
Con la mano libera, mentre l'altra reggeva la ragazza, prese un pezzetto e glielo appoggiò sulle labbra. Lei aprì la bocca e accolse il cibo.    
"Ti stavo dicendo, si chiamava Emily, era una donna anziana, probabilmente ora sarà morta. Era molto affettuosa, quando litigavo con i miei mi portava sempre il cibo di nascosto."    
Beatrix ascoltava meravigliata la storia che lui le stava raccontando, era raro avere quei momenti con William. Eppure era così bello vederlo rilassato e a suo agio, vederlo sorridere come un bambino, sereno e senza preoccupazioni. Lei avrebbe voluto che lui fosse sempre in quel modo. Mentre Bea mangiava la torta che lui le porgeva, ascoltava il racconto, non aveva voluto interromperlo per paura che cessasse anche la magia.
"A te piaceva, quindi?" Disse lei, mentre raccoglieva una briciola che era caduta sul suo grembo.    
"Rispetto all'affetto che ci dimostravano i miei, preferivo il suo. Mio padre non è mai stato un uomo caloroso, poi sai com'era, te l’ho già raccontato. Mia madre invece era come in uno stato catatonico, era presente fisicamente, ma la sua mente era altrove."    
Tavington prese un altro pezzo di torta e glielo diede da mangiare. "Forse è stato meglio così, lui l'aveva svuotata dentro, la sua degradazione e la sua perversione l'avrebbe fatta crollare a picco, spingendola ad accogliere perfino la morte. Invece era come un fantasma, insensibile, imperturbabile.."    
Beatrix si era stupita nel rendersi conto che la vita di William non era stata molto diversa dalla sua, anche Samantha era stata una presenza incostante nella sua vita, un'anima che vagava senza mai risiedere veramente in un posto. Lei poteva capire bene i sentimenti di William, il conflitto che aveva dentro di sé, la difficoltà ad aprire le barriere che aveva eretto per tanto tempo. Ma lei lo aveva fatto, le aveva abbattute per lui, perché aveva visto in lui la sua metà destinata, l'altra parte per chiudere il cerchio.    
"Perché non hai fatto niente per tua madre? Potevi portarla via con te." Chiese Bea.  
William scosse la testa, afflitto. "Non avrei potuto fare niente per lei, ti basti pensare che Esther sapeva tutto quello che papà faceva. E quando dico tutto, intendo dire tutto. Sapeva bene chi portava in casa e cosa faceva quindi, o era una madre squilibrata che lasciava i suoi figli in balia di quei maiali oppure era proprio andata."  
A Beatrix venne il magone mentre Tavington raccontava i dettagli più intimi della sua famiglia; era così felice, da un lato, che lui avesse voluto aprirsi con lei, era un grande passo avanti. Ma dall'altra, era triste perché si immaginava il piccolo William, un giovane uomo che aveva dovuto crescere più in fretta degli altri bambini per allevare un'altra creatura.. Wellsie. 
Beatrix accarezzò il volto del suo uomo. "All'inizio ero convinta che tu fossi un uomo freddo e crudele, incapace di provare sentimenti." Gli accarezzò il petto muscoloso. "Ho sempre pensato però che tu fossi l'uomo più attraente che avessi mai visto, anche quando mi prendevi contro la mia volontà."    
"Solo attraente? Io avrei una miriade di altri aggettivi che mi renderebbero più giustizia." Rise lui.    
Lei fece una smorfia. "Ma.. Questo è stato all'inizio, quando mi sono limitata ad amare il tuo corpo." La sua mano vagliava il suo petto e lentamente si spostò alla sua sinistra, dove risiedeva il suo cuore. "Ma ben presto non mi sono più accontentata di avere un pezzo di te, quello che avevano avuto tutti. Volevo qualcosa che non avessi dato ancora a nessun altro."    
Proseguì lei, allontanando la nuvola nera che portava il nome di Scarlett.
Il passato era passato.    
"E l'hai ottenuto?" Domandò irriverente l'uomo.    
Lei fece sì con la testa. "Penso proprio di sì!" Poi si guardò la mano sinistra. "E ho ottenuto anche un bel anello." 
Tavington scoppiò a ridere. "Già, avrei dovuto capirlo che era solo per l'anello!"    
Bea lo abbracciò forte e lo strinse a sé. Quell'uomo stava diventando parte di se stessa, non sapeva come avrebbe fatto senza di lui.     
"Così mi soffochi, amore mio. Non provavo emozioni così contrastanti da anni, ti amo e ti voglio nonostante sia una cosa pazza e irrazionale. Credo che tu mi abbia davvero fatto una fattura, allora mio padre aveva ragione."    
Bea si staccò lentamente, ma aveva le braccia ancora allacciate al suo collo. "E cosa diceva tuo padre? Sentiamo."    
Lui sbuffò. "La storia è lunga e complessa, ma ti posso assicurare che mi ha cambiato la vita da quel dannato giorno."    
Beatrix si sporse di qualche centimetro e prese della torta con un dito, così intinto di cioccolato lo passò sulle labbra di Tavington, il quale accolse il cioccolato, leccandole il dito. "Quale giorno?"    
Lui leccò via ogni residuo di cioccolato, erano sereni e spensierati. Come due innamorati.    
"È successo tanto tempo fa, mio padre mi ha iniziato al sesso portandomi da una prostituta.."    
Le sopracciglia di Beatrix si incurvarono fino all'attaccatura dei capelli, mentre lo imboccava ancora.    
Tavington mandò giù il boccone, mentre lei rideva. "Non ridere, non è così strano. Era un modo come l'altro per imparare, e poi io l'ho insegnato a te."    
Ma Beatrix rideva ancora, adesso capiva molte cose. Quell'incontro con la prostituta doveva avergli cambiato il modo di vedere le donne, per questo gli piaceva rendere tutte sue schiavi?    
"Almeno io mi ricordo il nome dell'uomo con cui l'ho fatto." Rispose la ragazza, avvicinando le loro labbra e poi lo baciò con dolcezza, lentamente.    
Lui ricambiò il bacio. "Anche io me lo ricordo." Si impuntò lui.    
Beatrix scese a baciargli il collo, tanti piccoli baci leziosi. "Come no.." Lo prese in giro.    
"Me lo ricordo molto bene.."    
Lei intanto gli accarezzava la pancia, scendendo sempre più giù, perché sentiva qualcosa crescere dentro di lui, e non era solo il sentimento e la complicità. "..Mmh.."    
"..Pierce.." Disse in un gemito Tavington.    
Intanto Beatrix aveva accarezzato la sua mascolinità tesa nei suoi pantaloni, stava per aprire nuovamente i pantaloni.    
"..Scarlett Pierce.."    
La mano di Beatrix si fermò sul grosso bottone d'oro.    
Il suo mondo si era fermato.    
 



**spoiler prox cap**
"Tu non stai bene." Le disse lui, iniziando a preoccuparsi.
Beatrix si era messa a ridere. "Sono matta finché ti conviene!"
"Non sei matta, amore mio." La abbracciò e la tenne così contro di sé per un po'. "Non devi fare così, non hai niente da tenere da nessuno, tantomeno da Scarlett. Io voglio solo te."


Ciaoo a tutte ^^
Spero di avervi lasciato a bocca aperta con questo finale, la Scarlett del passato di Tavington è sempre la testa.. ora manca solo ricostruire la loro 'relazione', ma avrà voglia William di aprire quella ferita rimarginata e come influenzerà il suo rapporto con Beatrix?
Non dico altro.. William ha in serbo qualcosa di speciale per Bea, ma lei gli permetterà di fare quello che vuole? :D
Vi lascio al capitolo.. *-*
Un bacio belle =)

Giulia

xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
 

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Capitolo 45
*** Le Proposte ***


capitolo 45
Capitolo XLV

**Le Proposte**  
 


La vasca era piena di acqua e sali profumati, l’aroma avvolse Wellsie mentre si immergeva nella tinozza.
Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dai ricordi..
"Piccola, dormi?"  
La fanciulla dai capelli rossi rantolava tra le lenzuola, sentendo un improvviso colpo di calore. Non riusciva a comprendere se stesse sognando o fosse sveglia. Le sembrava di essere in un sogno, sentiva i suoni attutiti, i colori smorzati, il tatto alterato. Ed una voce melodiosa.    
"Piccola."
Era bellissima, era come se fosse sotto ipnosi, era attratta dalla voce, voleva riemergere per lei.     
Qualcuno la sfiorò, era un tocco delicato, un leggero fruscio sulla sua spalla nuda. "Wellsie?"
Venne richiamata di nuovo, così lei sollevò le palpebre.    
Due occhi marroni invasero il suo mondo. "Hai fatto la pennichella pomeridiana?"  
La fanciulla tirò su la testa e finalmente ritornò in sé, anche se aveva dolore da qualche parte.     
"Vattene." Fu l'unica parola che disse, anzi, che sputò con acidità.    
Banastre era sdraiato comodamente a pancia in su di fianco a Wellsie, aveva le gambe incrociate e un braccio dietro alla testa.
Sembrava a suo agio.  
Almeno lui.  
"Sono venuto a proporti un affare interessante." Le confidò lui.    
Wellsie si alzò dal letto e lo incenerì con lo sguardo. "Vattene, vieni più tardi, potrebbe arrivare Nik."    
Ban rise. "Non ti preoccupare di lui, ho fatto in modo che fosse impegnato per un po' di tempo."
Wellsie intanto si tolse il vestito, rimanendo nuda, ormai era abituata a dare mostra del suo corpo a quell'uomo odioso.    
"Che cosa sei venuto a fare qui veramente?"    

L'uomo fece il broncio. "Non sei contenta della mia visita? Una volta non facevi così.."    
Wellsie si mise a ridere. "Anche le bambine crescono e sanno riconoscere uno stronzo quando lo vedono."    Poi la ragazza si diresse verso la porta e la aprì leggermente, coprendo con la struttura lignea il suo corpo nudo. "Bella, potresti portarmi una tinozza per favore?" Domandò alla cameriera del piano.    
Chiusa la porta, guardò il Colonnello che giaceva ancora sul suo letto, lo stesso letto che lei condivideva con Nik.    
"Una volta non usavi parole così colorite, che cosa è successo alla mia piccola Wellsie?" Domandò l'uomo, facendosi beffa di lei.    
"Non c'è più." Tagliò corto la ragazza.    
La porta si aprì ed entrò una cameriera dai capelli nero scuro e la pelle molto chiara, trascinava una tinozza, accompagnata da diverse altre ragazze che riempirono la vasca di acqua calda.    
"Grazie, Bells." Disse Wellsie, rivolgendosi alla ragazza dai capelli neri, l'altra le fece l'occhiolino e poi uscì.    Wells si immerse nella tinozza, ignorando la presenza -fastidiosa- del Colonnello.    
"Non ti preoccupi della tua nudità? Non è conveniente per una ragazza fidanzata come te lasciarsi vedere senza vestiti da un uomo diverso dal suo fiancé."    
Wellsie intanto era dentro la vasca, il corpo era nascosto dall'acqua, anche se a tratti era scoperta, vista la dimensione della tinozza.     
"Come se non mi avessi già vista nuda, Ban." Rispose lei, con un'alzata di spalle.    
Banastre scese dal letto e con passi agili si avvicinò alla ragazza.    
"Sei cambiata." Le disse, senza che fosse una domanda o una provocazione. Aveva semplicemente constatato la realtà dei fatti.    
Wellsie si massaggiò il collo, tentando di rilassare i muscoli, aveva voglia di liberarsi di tutta la tensione, solo che non sapeva come fare.    
"Per questo devo ringraziare te, mi hai aperto gli occhi sugli uomini." Poi si voltò verso di lui, sorridendogli sorniona. "Grazie, Banastre."    
Lui rise di lei. "Non pensare che sia l'unico che tradisce. Credi che il Capitano Bordon non lo faccia?”
L'espressione di Wellsie cambiò, indurendosi. "No, non lo farebbe mai. Mi conosce troppo bene, sa che mi ferirebbe, lui."    
"La cosa è più complessa di quello che pensi, piccola. Io e lei eravamo d'accordo, lei voleva farla pagare al suo fidanzato. Io..”    
Wellsie fece in modo di girare tutto il corpo per trovarsi di fronte all'uomo, che sostava dietro la tinozza sui talloni. "Tu mi hai tradita, non mi importa perché. Lo hai fatto comunque."    
Banastre scosse la testa. "Se tu sapessi tutta la verità mi perdoneresti e metteresti fine a quella pagliacciata con quello smidollato di Bordon. Non puoi dire davvero di essere innamorata di lui."    
Wellsie rise. "Oh, e tu che ne sai dei miei sentimenti per lui? Nemmeno ti sono importati quelli verso di te, dato che li hai barattati per una notte libidinosa con quella puttana.”
Ban tentò di accarezzarle la faccia, ma lei scansò la mano. "Non mi toccare, traditore infedele."
"Sai, piccola mia, mi piace questa nuova versione di te." Banastre le sorrise. "Se avessi tirato fuori le unghiette tempo fa non sarei caduto in tentazione con Carly."    
Wellsie chiuse gli occhi dal nervoso, mentre piantava le unghie contro la pelle della mano. "Dimmi perché sei venuto qua."    
Banastre si avvicinò sempre più a lei, lo sguardo dell'uomo diventava sempre più penetrante. Osservava le parti del corpo della fanciulla lasciate scoperte dall'acqua, la quale modellava con dolcezza le sue forme. Era molto più sensuale che essere completamente senza veli, si era formato quello stato di incertezza di vedo, non-vedo.    
"Come ti dicevo prima, ho un affare da proporti."    
Wellsie non perse un movimento, era tesa come una corda di violino. "Di cosa si tratta?"
La mano di Ban stava ora accarezzando la sua guancia, scendendo lungo il collo fino a sfiorare con due dita il seno della fanciulla. Wellsie chiuse gli occhi e si morse il labbro inferiore pur di non gemere di fronte a lui.    
Quanto le era mancato però il suo tocco..    
Pensa a Nik. Pensa a Nik. Pensa a Nik.     
Non è affascinante quanto Ban, ma almeno non ti tradirebbe. Ti ama.    
Le nocche di Tarleton accarezzarono lascivamente il capezzolo di Wells, facendo centri concentrici sulla sua aureola rosea. "Quanto mi fai impazzire, Wellsie. Dopo che mi hai lasciato mi sono portato a letto un sacco di ragazze per dimenticarti, le ho cercate come te. Ma nessuno era te."    
La mano scese lungo la sua pancia, andando sotto il velo d'acqua e bagnando così la manica della camicia di Tarleton. Il dito sfiorò l'ombelico e andò nuovamente più giù. "Ho fatto così tanto per cancellare il tuo volto dai miei sogni perpetui di te, ho ucciso così tanti uomini sperando fossero il tuo amato Bordon.”    
Wellsie sospirò rumorosamente, lei ordinava al suo corpo di rigettare le sue attenzioni, di essere insensibile. Ed invece desiderava il suo tocco, lo anelava ardentemente.    
"Morivo all'idea che qualcuno ti toccasse come ti toccavo io." Il suo dito sfiorò la sua femminilità, carezzandola solo alla superficie. "Che ti facesse gemere come ti facevo gemere io." Inserì un dito all'interno e con il pollice massaggiò il suo bottone dolorante e gonfio di desiderio.     
"Perché tu sei solo mia, ora e per sempre."    
Mentre la mano si lavorava il corpo della ragazza e la faceva soccombere ai suoi stessi desideri libidinosi, lui, con l'altra mano, attirò il suo volto contro di sé e la baciò.    
"Ban.. Ti prego, lasciami, non voglio.." La fanciulla tentò di staccare le loro labbra almeno, perché la sua mano la stava facendo perdere. La stava eccitando fuori da ogni limite, ma lei resisteva perché non voleva dargliela vinta.    
Poteva resistere alla lussuria, bastava essere imperturbabile.    
Banastre aumentò il ritmo dei movimenti, facendola gemere silenziosamente. Si vedeva che faceva un grande sforzo a non urlare di piacere. Ban le baciò il collo, dal momento che lei rifuggiva il suo bacio. "Non mi combattere, piccola. Vieni per me."  
Nemmeno i morsi alle sue labbra o la battaglia contro il suo piacere riuscì a bloccare quello che successe dopo.    
"Oh, Ban.." Disse, in un gemito, mentre il Colonnello le mordeva il seno.    
"Sì, così amore. Dì il mio nome.."    
Wellsie venne e si accasciò contro il sostegno della tinozza, mentre gli spasmi si rallentavano poco a poco. "Ti odio."  
Tarleton si alzò da terra e prese un fazzoletto dalla tasca. "Bugiarda, lo so che ti è piaciuto." Si asciugò la mano e si avvicinò alla porta.    
"Che diavolo sei venuto a fare veramente? Non crederai di abbindolarmi con un orgasmo..?" Domandò curiosa Wells.        
Ban sorrise maligno. "Quella era una mia curiosità, volevo sapere se fossi per te indifferente.” Poi alzò un sopracciglio. “E non mi sembra proprio.”    
“Non conti niente per me, ti ho usato per il mio piacere, non il tuo.” Rimbeccò la ragazza.    
Il Colonnello aprì la porta e fece un passo per uscire. "La prossima volta riscuoterò anche la mia parte e poi ti mostrerò il piano che ho in mente."    
Così se ne andò, lasciando Wells piena di dubbi e incertezze. "Quale piano, Ban? Ban?" Ma l'uomo aveva già chiuso la porta.    
Wellsie aprì gli occhi, mentre si rendeva veramente conto di quello che aveva fatto.    
C'era un sentimento prevalente in quel momento.    
Vergogna.

 
William osservò Beatrix, aveva cambiato atteggiamento. Era  rimasta pietrificata, il volto quasi cinereo, era sconvolta.    
"S-Scarlett?" Disse, balbettando.    
William non riusciva a comprendere il suo stato, non poteva sapere che aveva messo sottosopra il suo mondo.   "Non devi preoccuparti per lei, riguarda il mio passato." Si giustificò lui.    
Lei si prese una ciocca dei capelli e ci giocò su. "Lo so."    
Ma non pareva tornata felice e radiante come prima, si vedeva che c'era qualcosa che l'aveva visibilmente scossa. Allora William cercò di indagare il suo sguardo per scoprire il motivo del cambiamento.    
Le accarezzò una guancia dolcemente. "Hey, dimmi che c'è."    
La ragazza scosse la testa, abbassando la sua mano. "Niente, solo la solita gelosia. Niente di nuovo."    
Poi si alzò e prese il vassoio che c'era sul letto. Mise il coltello sopra e spostò i residui della torta sul comodino, liberando il letto.    
Lui la osservava mentre ripuliva, stava tentando di impegnare la mente, cercava di non pensare troppo, perché altrimenti avrebbero litigato. E non voleva, era felice per la ritrovata complicità con il suo William.    
"Non mi sembra che ci sia niente." Tavington si alzò e la seguì, mentre lei sistemava il vassoio.
"Va tutto bene."    
Aveva rovesciato il resto della torta nel cestino e poi aveva portato il vassoio sporco sullo scrittoio.
"Se non ci fosse niente mi parleresti." Le disse lui.    
Beatrix aveva preso il vassoio e lo aveva poi immerso nella bacinella d'acqua che usavano al mattino per lavarsi. Si muoveva frenetica, sembrava una macchina, come se seguisse dei comandi, non aveva movimenti naturali.    
"Ti sto parlando, amore, e ti sto dicendo che non c'è niente che non va." Lavava il piatto e lo sgrassava con una salvietta appoggiata al gancio vicino al tavolo.    
"Fermati."
Beatrix aveva passato più volte lo straccio, scrostava il pulito. "Ho da fare."    
William, spazientito, le bloccò il braccio. "Dimmi cosa ho fatto di sbagliato questa volta."    
Lei sbuffò, alzando gli occhi al cielo, Beatrix stava per parlare quando lui la fermò. "Non provare a dirmi niente, sto perdendo la pazienza."    
Bea lo guardò negli occhi, ma non gli disse una parola. Ormai il momento magico si era esaurito nell'attimo in cui lui aveva nominato l'altra donna. Lei aveva odiato non solo le parole, ma anche il tono che aveva usato, tutto.
Provava ancora qualcosa per Scarlett?    
"Sono stanca."    
William prese il piatto che aveva in mano e lo mise sul tavolo, bagnando per terra, lo scrittoio. Ma non se ne curò. "Vuoi riposare?"    
Lei scosse la testa. "Sono stanca di tutto, vorrei poter vivere con te senza problemi. Senza dovermi preoccupare che da un momento all'altro tu te ne vada, non voglio vivere con questa paura costante, William."   Lui aveva ascoltato le sue parole, aveva capito cosa voleva e, in un certo senso, era anche quello che avrebbe voluto Tavington.     
"Non sarà sempre così, un giorno le cose saranno diverse."    
Lei allora sbraitò. "Come, diverse?"    
William si grattò la testa. "Ci sto lavorando, era proprio quello che ti volevo dire l'altra sera, Beatrice, io.."    
"Non mi importa, William." Tuonò lei. "Sono stufa delle tue promesse!"    
Lui tentò di bloccarla, ma lei era riuscita a liberarsi ed allontanarsi così dall'uomo.     
"Sono destinata a fare gli stessi errori di mia madre.." La diga emozionale si ruppe e le lacrime inondarono il suo viso paffuto. "Gli stessi.."    
William tentò di avvicinarsi, ma lei metteva le mani davanti. "Stammi lontano, ho bisogno di.. Spazio."
"Va bene, ma lasciami spiegare, io so come sistemare le cose, non mi lasci parlare. Io, ti stavo dicendo, ho pensato ad una cosa.."    
"No. Non voglio ascoltarti, tu mi illudi." La testa le girava, si sentiva poco bene. Aveva il respiro affannoso, si sentiva calda e aveva una voglia matta di prendere a calci qualcuno, di litigare.    
"Mi dici le cose che voglio sentire, mi fai credere di essere l'unica per te e poi.."    
"Poi, cosa?"  La interruppe subito William. "Sei l'unica per me, chi altro dovrebbe esserci?"
Lei scosse la testa. "Raccontami di Scarlett."     
"Non c'è niente da dire, ti ho già detto tutto. È una puttana con cui ho perso la verginità da giovane, dimmi cosa c'entra lei ora con noi."    
Beatrix odiava il modo in cui aveva nominato Scarlett, la dolcezza nel nome e la cruda violenza nel nomignolo assegnatole.  
Lui l'amava ancora, lo sapeva.     
Magari sta con me per dimenticare lei, chiodo schiaccia chiodo.
E se fosse tutto un piano tra di loro per prendermi il bambino e poi vivere loro due insieme?
Magari lei non può avere figli.
Vogliono la mia pulce.     
Stava diventando paranoica, aveva perso il controllo della situazione, della sua mente.    
Beatrix si toccò la pancia con fare protettivo. "Non vi prenderete il mio bambino, non te lo lascerò."
William allora tentò di avvicinarsi nuovamente, ma lei sembrava non capire più molto. Come se vivesse in un mondo suo, come se fosse sotto effetto di qualche sostanza allucinogena.
"Vieni, amore, ti porto a letto. Sarai stanca.."    
"Smettila di dirmi che sono stanca! Sto benissimo, tu vuoi far passare me per scema per liberarti di me e vivere con Scarlett."    
William si massaggiò le palpebre, cercando di trovare un modo per farla rinsavire. Perché era chiaro che avesse qualcosa, doveva capire solo cosa    .
"Ascoltami, amore." Disse lui, dopo essersi calmato. La chiave per comprendere il suo stato d'animo era l'empatia, mostrarle come stavano realmente le cose. "Io ti amo, Scarlett non conta più niente per me, ci sei solo tu ora."    
"Non è vero." Rimbeccò la fanciulla, scuotendo la testa. Non ci credeva. "Tu l'hai amata, lo so."
"Il passato è passato, non ho voglia né ha senso discutere di qualcosa che riguarda la mia giovinezza." Le rispose lui categorico.    
Beatrix aveva notato che non aveva negato la cosa, non aveva detto di non amarla.    
Perciò è vero, la ama ancora.    
"Rispondimi, William. Ma voglio la verità, questa volta. Se mi ami, come dici, devi raccontarmi tutto." Lo pregò lei.    
Tavington sbuffò. "A quale fine? Lei non mi interessa più." Ammise lui.    
Beatrix aveva caldo, sentiva il viso grondo di sudore. Aveva più volte asciugato il volto con un fazzoletto, ma non cambiava. Era inverno e lei si sentiva bollente ovunque.    
"Fa caldo, apri la finestra." Gli disse.    
"Amore, non fa caldo. Vieni qua che ti controllo."    
Lei scosse la testa. "Non ho bisogno di niente, voglio che tu apra quella dannata finestra. Fa caldo." Ripeté nuovamente.    
William ignorò il suo commento e si mosse verso di lei, a grandi falcate. Ignorando anche le sue pretese di non avvicinarsi a lei.    
"Vai via, lasciami sola."    
"Non ti lascio sola." Beatrix tentò di scappare, ma venne fermata subito da Tavington. Le bloccò le braccia in una morsa ferrea e la trattenne contro di sé.    
Essere un soldato ha i suoi pregi.    
"Tu non stai bene." Le disse lui, iniziando a preoccuparsi.    
Beatrix si era messa a ridere. "Sono matta finché ti conviene!"    
"Non sei matta, amore mio." La abbracciò e la tenne così contro di sé per un po'. "Non devi fare così, non hai niente da temere da nessuno, tantomeno da Scarlett. Io voglio solo te."    
Bea si lasciò cullare da William, il movimento oscillatorio la stava calmando. Aveva smesso di protestare e tentare di graffiarlo, era stata come sedata dalle sue parole e dal suo tocco.    
William le parlò dolcemente nell'orecchio. "La pulce non vorrebbe vederti così, se non lo vuoi fare per me, fallo per lui."    
Bea poggiava la testa su Tavington, aveva chiuso gli occhi. "Come sei così sicuro che sia un lui pulce?" Domandò all'istante la ragazza, con la voce attutita dal petto dell'uomo.    
"Mi sono fatto un'idea sul nostro bambino. Sul nostro futuro, la nostra casa.."    
Beatrix si staccò da William. "Hai pensato davvero a tutto questo? Quindi ti importa di me.."    
"Non l'avevi ancora capito? Prima ti volevo proprio dire questo, ho una proposta da farti.."
"Ahi!" Beatrix si toccò la pancia, mentre un dolore lancinante allo stomaco la spaccava in due. "Oh, Dio! Ah.. Male, male, fa male."     
Si piegò sulle ginocchia, ma il dolore così aumentava. William la sorreggeva e non le permetteva di cadere. "Che cos'hai?"    
Beatrix lo guardò con gli occhi rossi e le lacrime che scendevano involontariamente. Ora aveva davvero perso il controllo del suo corpo. "Fa male."    
"Cosa? Dimmi dove hai male."    
"Qui." Disse la ragazza in un gemito di dolore, toccandosi la pancia.     
William la prese in braccio e, tenendola tra le sue braccia, la adagiò delicatamente sul letto. "Chiamo un dottore." Disse l'uomo, mentre cercava la camicia da indossare.    
"Non mi lasciare sola, raccontami ancora del nostro futuro."    
William si avvicinò a lei, le diede un bacio veloce sulla bocca e le accarezzò la guancia. "Ti racconterò tutto quello che vuoi, ma adesso devo chiamare il dottore."        
 



**spoiler**
William mise la mano sulla sua pancia con affetto "tu sei molto meglio di Scarlett" disse lui, mentre chiudeva gli occhi, lasciandosi trasportare da lei.   
"Lo pensi davvero?" Domandò la ragazza, mentre il suo cuore si gonfiava di ego.   
"Mmh.." Intanto le sue mani disegnavano linee immaginarie sulla sua pancia "tu sarai la madre di mio figlio, lei è stato solo l'errore più grande della mia vita" ammise Tavington.   


Ciaoo a tutte ^^
Capisco che il comportamento di Beatrix, un po' da pazza, possa risultare strano, ma acquisirà senso nel prossimo capitolo. Che qualcuno tramasse alle loro spalle si sapeva, ma forse complice c'è qualcuno molto vicino alla coppia.. :)
Vi lascio al capitolo.. *-*
Un bacio belle =)

Giulia

xoxo

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
 

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Capitolo 46
*** Chiarimenti ***


capitolo 46
Capitolo XLVI
**Chiarimenti**

 
Beatrix si risvegliò dopo quella che pareva un'eternità. Si sentiva indolenzita a macchia di leopardo e aveva i pensieri confusi, come dopo una bella sbornia.    
"William?" Tastò il materasso vicino a lei, ma non sentì nessun corpo.    
"William?" Si alzò sulla schiena e vide un po' di sangue sul lenzuolo.    
"Si calmi, signorina."    
Un uomo anziano con dei grossi baffi bianchi la teneva ferma per le braccia, inchiodandola al letto.
"Chi è lei?" Chiese confusa.    
"Sono Carl Ross, sono il vostro medico."        
Beatrix ignorò le parole dell'uomo, e continuò a perlustrare la stanza in cerca del suo Colonnello. Quella era la loro stanza, almeno di una cosa era sicura. Dalla finestra si intravedeva il chiaro di luna, questo voleva dire che aveva dormito qualche ora. I pensieri iniziavano a riordinarsi lentamente.    
"Bevete un po' d'acqua." Disse il medico, porgendole un bicchiere tra le mani.    
La ragazza accettò l'acqua solo perché si sentiva la gola arsa e appiccicosa, ma non voleva quel signore con lei. "Dov'è William?" Domandò di nuovo.    
Il vecchio era perplesso. "William?"    
Beatrix gli passò il bicchiere vuoto, che lui appoggiò sul comodino.    
"Il Colonnello Tavington." Specificò.    
"Ah.." L'uomo annuì. "Ma certo, è fuori che aspettava il vostro risveglio, lo chiamo."    
Il medico si alzò e andò fuori.    
Beatrix si stropicciò gli occhi indolenziti e diede un'occhiata al vestito, qualcuno l'aveva svestita. Indossava una bella camicia da notte in flanella, era morbida al tatto e odorava di lavanda, non era sua, ma nemmeno di Wellsie. Allora chi gliel'aveva data?    
La porta si aprì.     
"Amore." Urlò Beatrix, mentre cercava di tendere le braccia al suo uomo che entrava.    
"Ssh.. Non urlare, è notte." Rispose, mentre si avvicinava a lei.    
"Ho dormito così tanto?"    
Lui scosse la testa. "No, ma il dottore ti ha dato una medicina per tenerti buona, urlavi come una matta."    
Beatrix aggrottò le sopracciglia, aveva i pensieri confusi circa il passaggio intermedio tra il suo svenimento e il suo risveglio. Si massaggiò le tempie. "Perché ho la testa che scoppia?"
William si sedette sul letto. "Perché ti sei presa una bella sbornia."    
Bea rise. "Non è vero, io non ho.."    
"Wellsie mi ha raccontato tutto." La guardò con sguardo ammonitore lui.    
"Volevo solo divertirmi un po'." Si giustificò la ragazza, sentendosi sotto accusa.    
"Lo so, ma non è questo il modo. Lo sai cosa hai ingerito?"    
Beatrix scosse la testa, mentre si portava le mani sul grembo. "Cosa?"    
"Vedi." Rimbeccò Tavington. "Non lo sai nemmeno, ti sei lasciata trasportare dalle bravate di mia sorella e guarda come ti sei ridotta."    
Lui non sembrava tanto arrabbiato, lei lo aveva visto veramente furioso, anche per futilità.
Ma, in quello momento, era solo stanco. Aveva qualche riga di occhiaia, e la divisa ancora addosso.    
"Non hai dormito." Constatò lei alla fine.    
Tavington si portò le mani ai capelli e si sciolse il codino, massaggiandosi il collo. "Come potevo? Volevo sapere della tua condizione di salute."    
Beatrix gli sorrise. "Eri davvero preoccupato per me, non per la pulce?"    
William le accarezzò il naso. "Anche, ma soprattutto mi premeva sapere di te. Di pulci ne possiamo fare quante ne vuoi, ma tu sei l'unica."    
Bea allacciò le braccia al suo collo, abbracciandolo forte.
"Oh, William. Mi dispiace aver litigato con te." Gli disse nell'orecchio, mentre le lacrime scendevano velocemente.    
"Anche a me."    
"Non volevo dire quelle cose brutte, non so perché le ho dette.. Io.."    
William si staccò delicatamente da lei e la guardò negli occhi, asciugando le lacrime con il pollice. "Eri sotto l'effetto dell'oppio, amore, non eri in te."    
"Non ho preso oppio, non faccio queste cose. William, te lo giuro, non ho preso niente."    
Tavington le accarezzò le labbra. "Lo so, amore. Non è stata colpa tua, Wellsie mi ha raccontato della bottiglia di Gin che avete bevuto."    
Beatrix scosse la testa, non poteva credere che la sua amica l'avesse tradita, Wellsie l'aveva drogata?    
"William, mi dispiace. Lo so che tu ora avrai una bassa opinione di me, ma ti giuro che non succederà più. Non perderò più il controllo."    
Tavington annuì. "Lo so, non devi dirmi niente. Capisco che deve essere dura vivere con me, sai, anche mia madre a volte lo faceva, quando papà era fuori di sé." Poi si alzò e raggiunse la sedia. "Era un modo per evadere dalla realtà, dai suoi problemi, da noi.."    
Non era quello che aveva fatto Beatrix, non si era ubriacata e drogata di proposito. Anche se era stata una sua scelta iniziare a bere, bicchiere dopo bicchiere fino a superare il limite di non ritorno. Era stato anche per lei un modo per evadere dalla realtà?    
"Forse hai ragione in parte, ma non l'ho fatto per allontanarmi da te."    
William intanto si era tolto la camicia e l'aveva appoggiata sulla sedia, poi si era sfilato gli stivali, abbandonandoli per terra. Alla fine aveva sganciato il grosso bottone e aveva tolto i pantaloni. "Per attirare la mia attenzione, per monopolizzarmi la giornata?" Le chiese, mentre si avvicinava nudo al letto. Sembrava avesse cambiato umore.    
"Non era quello." Rispose, facendo spazio nel letto.    
Lui le fece una smorfia incredula.    
"Va bene, forse sono andata da Wellsie per divertirmi un po' e superare il limite, così poi saresti tornato in mio soccorso." Si portò le mani sul petto. "Ti giuro, però, che non sapevo niente dell'oppio."    
William si mise sotto le coperte, attirando la fanciulla contro di sé. "Lo so, Wellsie mi ha sempre dato problemi. Ho paura che si stia cacciando in qualche guaio, prima riuscivo a controllarla, ma ora.." Appoggiò la mano sulla sua guancia e la baciò "..ora ho altro a cui pensare."    
Beatrix gli sorrise sulle labbra. "Dimentichiamo la giornata di oggi?"    
"Di sicuro, è stato un inferno, ma domani sento sarà un giorno migliore." Le rispose con lo sguardo furbetto.    
"Cosa hai in mente?" Chiese curiosa.    
"Ho in mente una bella punizione per i miei uomini indisciplinati, qualcosa da farli tremare solo all'idea di saltare la gerarchia un'altra volta."    
Beatrix appoggiò la testa sul petto nudo di Tavington. "Cosa ti hanno fatto?"    
"Hanno eseguito l'ordine capzioso del mio amato collega, Colonnello Tarleton, senza prima confrontarsi con me."
William le accarezzava i capelli, che erano lasciati sciolti sulla sua schiena. "Credi che Banastre stia tramando alle tue spalle?"    
Tavington rise. "Banastre trama da tempo alle mie spalle, ma ora come ora sono convinto siamo vicini alla resa dei conti."    
"Qual è il premio della vostra contesa?"    
"Cornwallis sta preparando un attacco a sorpresa contro gli Americani, la sua intenzione è quella di non fare niente, lasciando credere che siamo a corto di idee, che siamo stanchi.."
Bea diede un bacio sulla pancia di William. "Per poi sorprenderli con un attacco feroce" concluse il suo pensiero la fanciulla.    
Tavington annuì. "Già, proprio così.”
"Non capisco ancora cosa possano c'entrare qualcosa i piani del Generale, con la vostra faida."
William le accarezzò la schiena, massaggiando la colonna vertebrale, vertebra dopo vertebra. Era molto rilassante.    
"Cornwallis ha stabilito che porterà solo uno dei nostri battaglioni in guerra."    
Bea si alzò sulla schiena. "Cosa vuol dire?"    
"Clinton ha ordinato a Cornwallis di mandargli l'altro a New York." Rispose lui, pacato.
Beatrix non riusciva invece ad essere così tranquilla, perché non glielo aveva detto prima?
"Aspetta un attimo, non riesco a capire bene.. Qual è la scelta migliore per te?"    
"Tra New York e Cornwallis?"    
Tavington le accarezzò le gambe lasciate scoperte dalla camicia che si era alzata. "Dipende, possono essere tutte e due buone occasioni per farmi notare, ma il problema è Cornwallis."
Beatrix si mise a cavalcioni sulla sua pancia. "Credi non ti promuoverà mai a Generale?"    
William scosse la testa. "Se potesse, non lo farebbe. Sono progredito nella gerarchia militare grazie al Lord Generale Wentworth."    
Beatrix si sistemò meglio sopra il suo corpo marmoreo, appoggiando le mani sul suo petto. "Chi è?"    
"Uno dei tanti Generali di Sua Maestà, era un uomo coraggioso e forte in principi e ideali, peccato se ne sia andato via troppo presto. Comunque è stato lui a promuovermi a Colonnello, se fossi stato sotto Cornwallis non avrei avuto la stessa fortuna di Tarleton."    
Beatrix si alzò la camicia di flanella e scoprì lentamente il suo corpo. "Ti meriti di più tu il tuo status che lui, si vede che è solo un ragazzino viziato, abituato ad ottenere quello che vuole, sarebbe ora che Cornwallis aprisse gli occhi."    
William intanto aveva spalancato gli occhi nel vedere il corpo della sua Beatrix apparire poco alla volta alla sua vista. "Non mi importa di Tarleton, basta che non si immischi nelle mie faccende. Sono furioso che abbia messo in discussione la mia autorità, scavalcandomi."    
Tavington l'aiuto a sfilare la camicia dalla testa.     
Beatrix rise. "Ti piace che gli altri tremino al solo sentire del tuo nome, vero?"     
"Sì, molto. Non ho mai rimpianto quello che ho fatto per arrivare fin qui e nessuno me lo porterà via."    
Tavington l'afferrò per le cosce e la avvicinò a sé.     
"Anche se vuol dire punire il tuo migliore amico?" Chiese Beatrix.    
"La clemenza viene scambiata per debolezza, se voglio mantenere il potere che ho sui miei uomini devo farlo."
Beatrix si abbassò per baciarlo sulle labbra, le loro lingue giocavano a rincorrersi. "Sono sicura farai ciò che è giusto fare, William. Sappi, però, che non c'è solo il potere, c'è anche la famiglia, gli amici.. William non sei solo."    
Tavington rise. "Già.. E nel passato sono stati proprio quelli che mi hanno pugnalato alle spalle."
Beatrix si avvicinò e si unì completamente a lui, mentalmente e fisicamente. "Oh, William. Io non sono Scarlett e Nikolas non è Tarleton. Abbi fiducia nel mondo".        
William mise la mano sulla sua pancia, mentre lei lo cavalcava dolcemente "tu sei molto meglio di Scarlett" disse lui, mentre chiudeva gli occhi, lasciandosi trasportare da lei.    
"Lo pensi davvero?" Domandò la ragazza, mentre il suo cuore si gonfiò di ego.    
"Mmh.." Intanto le sue mani disegnavano linee immaginarie sulla sua pancia "tu sarai la madre di mio figlio, lei è stato solo l'errore più grande della mia vita" ammise Tavington.    
Beatrix scese sul suo collo e lo tempestò di morsi giocosi "cosa ha fatto per meritare il tuo odio?"
William aprì gli occhi, passando poi le mani sui suoi capelli neri "non sono un uomo da mezzi termini, Beatrice, ormai devi conoscermi molto bene. Se accordo la mia fiducia è qualcosa di molto raro" poi le alzò la testa, portandola alla sua altezza, guardandola negli occhi "e se vengo tradito, volto pagina per sempre" concluse lui.    
Beatrix continuava ad indagare il suo sguardo, per vedere un cedimento, un qualcosa che le facesse vedere che fingeva, ma niente. William intendeva davvero quello che diceva, le stava mandando un messaggio?    
"Non hai mai perdonato?" Domandò, incuriosita.    
Lui scosse la testa "non mi fido con facilità delle persone e reputo questo sacrificio un grande dono, chi non lo apprezza non merita una seconda chance".    
William poggiò le mani sulle sue cosce, accarezzando con tenerezza la pelle. Solitamente era più concitato a letto, invece in quel momento la stava toccando con dolcezza, come se fosse stata di porcellana. Facevano davvero l'amore, perché stavano condividendo le loro menti, i loro cuori, lei sentiva una connessione con il suo Colonnello, che non c'entrava niente con la componente sessuale.    
"Lei ti ha chiesto di perdonarla?"    
"Non ne ha avuto il tempo, la sera che l’ho scoperta a letto con un altro era anche la sera che ho evitato la violenza contro mia sorella" confidò alla fine.    
"Quindi non hai avuto tempo di parlarne con lei.. Non sai quali sono i motivi che l'hanno spinta a tradirti, non le hai permesso di spiegarsi.."    
William la interruppe subito, mettendo un dito davanti alla bocca "non c'era bisogno di altro, quello che avevo visto mi aveva dato un'idea ben chiara, non avevo bisogno di ulteriori delucidazioni"
Beatrix si tolse la mano dalla bocca per parlare "non è vero, non hai sentito le sue ragioni"    .
"Beatrice" disse lui con arrendevolezza, ormai al limite del piacere e del tormento "non ho voglia di parlare di Scarlett, lei riguarda il mio passato. Un passato che mi sono buttato alle spalle venendo qua nelle Colonie, non vorrai riaccendere i miei sentimenti per lei, vero?" La stuzzicò prontamente Tavington, conoscendo fin troppo bene la sua ragazza.    
Lei scosse immediatamente la testa "assolutamente no, ma io mi preoccupavo per me. Se un giorno dovessi fare qualcosa di sbagliato, magari senza volerlo, e tu mi lasciassi.. Io, William, poi cosa farei?"    
"Tu non sei Carly, amore, te l'ho già detto. Quella donna è un'ombra oscura che appartiene alla mia vita, ma non conta più niente per me, io amo te".    
Beatrix sorrise "mi piace sentirtelo dire, ho bisogno di averti vicino a me, William".    
Lui la baciò e poi invertì le posizioni "e allora io te lo ripeterò fino a che non ti sarai stufata" poi la schiacciò contro il materasso, tenendola ferma con le mani intrecciate tra di loro.    
"Io sarei un ostacolo per la tua promozione?" Domandò la ragazza, ad un certo punto.    
"Perché dovresti?" Chiese confuso, mentre si posizionava sopra di lei, attento a non fare pressioni sulla sua pancia.    
"Non so, magari a New York le cose sono diverse".    
Le sopracciglia di William si incurvarono "combatterei allo stesso modo come farei qua, solamente sarei più controllato, e sicuramente ci sono contatti per salire di grado. Nella Carolina c'è solo Cornwallis a decidere, a lui spetta la scelta finale" chiarì Tavington.    
Beatrix gli accarezzò il petto segnato dalle tante cicatrici "hai dato così tanto per il tuo Paese, rischi ogni giorno la tua vita per il capriccio del tuo Re".    
Lui si lasciò toccare dalla ragazza, vagliava il corpo, seguendo il contorno di ciascuna cicatrice. Ed erano tante, lui lo sapeva bene perché aveva smesso di guardarsi allo specchio. Tante mezzelune bianche.        
"Fino alla fine della guerra è ancora il tuo Re. Comunque io non lo faccio solo per questo, te l'ho detto, mi ha permesso di lasciare il sudiciume della mia vita a Londra, mi ha reso un uomo nuovo. Carly è morta per me, perché è morto anche quell'uomo che l'aveva amata".
Bea lo osservò alla fioca luce della candela "non torneresti indietro?"    
Lui scosse immediatamente la testa "mai, il mio passato mi ha aiutato a comprendere il presente e il futuro".    
"E cosa hai realizzato?"    
"All'inizio, i primi anni in America ero carico di odio, facevo a pezzi chiunque, non mi importava di niente" la mano di Tavington si spostò sul suo petto e le titillò il capezzolo "è così che mi sono fatto quella bella nomea presso i tuoi compaesani.."    
"Il macellaio?"     
Lui sorrise maligno "già, proprio quello. Mi piaceva far tremare le persone prima ancora del mio arrivo, mi dava sempre più potere sapere di avere il controllo su di loro, fino a che sono arrivato ad un punto di non ritorno, e non ho potuto non far altro che quello".    
Beatrix mise le sue mani sulle sue, stringendole "e avevi tante donne ai tuoi piedi.."    
L'uomo continuò a sorridere sornione "eh, sì.. Strano, ma più le tratti male e più ti cercano.."    
Bea gli allontanò le mani "non è vero, ma gli uomini cattivi sono quelli più interessati, quelli più complessi, che ti fanno venir voglia di conoscerli nel loro profondo, di.."    
Completò lui la frase "di salvarli" rise "non ho bisogno di quello, ciò che voglio realmente è una persona che mi accetti per quello che sono. Mi piace la persona che sono diventata e non voglio cambiare, so che è dura accettare di vivere con me, con tutto il fardello che mi porto dietro, ma queste sono le mie condizioni" rispose con fermezza, mentre lei si alzava sulla schiena.    
"Mi abituerò all'idea, ci sto provando perché voglio costruire una famiglia con te, anche se vuol dire non vivere con te alla luce del sole, mi basta che siamo io, te e la pulce".    
Lui la baciò "lo so, è quello che voglio anche io".    


Banastre si trovava nel suo harem. Aveva diverse ragazze che gli donavano il piacere e lui si lasciava toccare ed estasiare da loro.
“Colonnello Tarleton, siete così muscoloso. Avete ucciso tanti uomini?” chiese una, mentre si strusciava su di lui.
“Mmh..” annuì, mentre una fanciulla bionda lo imboccava con un po’ d’uva.
La porta della sua stanza si aprì con impeto, accogliendo una Wellsie molto arrabbiata, se fosse stata una locomotiva avrebbe sbuffato.
“Mi hai imbrogliato!” gli urlò contro.
Lui non si fece scomporre dai modi della ragazza e rimase nella stessa posizione, cercando di ignorarla.
Allora la fanciulla giunse al suo capezzale e prese due ragazze per le braccia, trascinandole con violenza “fuori di qua!”
Loro, forse turbate dalla sua rabbia, se ne andarono, lanciando qualche maledizione e insulto.
“Non c’era motivo di fare questa sceneggiata, piccola” Banastre si alzò e si avvicinò alla ragazza “se mi volevi tutto per te, bastava dirlo”.
Lei batté i denti, visibilmente stizzita “cosa c’era in quel Gin?”
Lui fece finta di non capire “Gin, magari?” rispose, con un’alzata di spalle.
“Non è vero, c’era oppio! Avrebbe potuto ammazzarmi”.
Banastre alzò le sopracciglia “ma non sei morta, quindi ho calcolato giusto le dosi”.
Poi appoggiò una mano sul suo braccio, ma lei lo scansò “non erano questi i patti, non mi avevi detto che la volevi morta” disse con mestizia la ragazza.
“Questo non deve riguardarti” poi afferrò fermamente il suo mento, obbligandola a guardarlo negli occhi “abbiamo un patto, mi sembra”.
Lei mandò giù con fatica “lo so, ma..”
Banastre scosse la testa, annoiato “ma niente, Wellsie. Tu fai il lavoro per me, ed io per te. Siamo chiari?”
Lei annuì lentamente “allora voglio la parte che mi devi”.
Il Colonnello scoppiò a ridere “così poi te la svignerai? No, mia cara. Ti posso dare un anticipo, se vuoi, qualcosa che ti farà credere con più vigore nella causa”.
I suoi occhi brillarono “cosa?”
Tarleton sorrise “tuo fratello ti ha mentito su tante cose”.



**spoiler**
"Colonnello Tav.." tentò un discorso Bordon.
"Silenzio!" Ordinò l'altro, senza neanche girarsi a guardarlo. Si mise in punta, per osservarli bene tutti quanti "mi avete mancato di rispetto, avete osato insultare la mia autorità, dimenticandovi che sono io quello che vi ha condotti qua!"
"IO" urlò forte e l'eco rimbombò in tutta la stanza "dovrei punirvi mettendovi a pane e acqua per qualche mese". Tavington rise malignamente, come di una battuta che solo lui aveva sentito "lo farei davvero, credetemi, ma purtroppo ho bisogno delle vostre forze per vincere questa competizione con Tarleton".
Il suono della tromba segnò l'inizio della giornata.
"Da oggi abbandonerete ogni cosa che avete fatto finora. Ogni. Cosa".


Novità in cantiere
Ho pubblicato un capitolo dopo l'altro, ma questa non è una novità! Ho già pronti altri tre o quattro capitoli che sveleranno finalmente il grande mistero sul passato di Beatrix.
Tavington prende nuovamente le redini del suo battaglione e nei prossimi capitoli farà vedere a Tarleton chi si merita davvero il titolo.. per quanto riguarda Bea, lei invece avrà una nuova compagnia, anche se non è proprio nuova.. Liza, e lei sarà la chiave per risolvere l'enigma.
Quindi la prossima settimana ci saranno tanti bei capitoletti densi densi, non sono ancora conclusivi di tutto, ma la novità è che forse sono gli ultimi.. :(

Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
 


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Capitolo 47
*** Ritorno alla normalità ***


Capitolo XLVII
**Ritorno alla normalità**

 

Tavington si alzò prima ancora che il sole sorgesse. Si vestì in fretta, cercando di non svegliare la ragazza che dormiva ancora. Indossò la sua giubba rossa e inserì la spada nella fodera della cintura. Scese le scale velocemente, era incominciato il countdown della scelta finale di Cornwallis e lui doveva battere sul tempo Tarleton. 
Giunto nel gran cortile del Forte, proseguì fino a che giunse di fronte gli appartamenti dei soldati.
I suoi soldati.
Aprì la porta, senza neanche preoccuparsi di bussare e la richiuse, facendola sbattere rumorosamente di proposito.
"Sveglia!" Urlò forte il Colonnello.
Gli uomini dormivano in brande senza materasso, semplici stracci costituivano i loro giacigli. Infatti solo gli Ufficiali dormivano in letti che potevano essere chiamati tali e solo i collaboratori personali di Cornwallis avevano una stanza per loro.
I soldati si alzarono subito dalle brande, formando due linee perfette che si guardavano l'un l'altro. Erano in tuta tutti quanti, ma -sebbene svegliati presto- rimanevano con la schiena dritta e gli occhi ben aperti.
William sapeva di aver addestrato bene i suoi uomini, poteva essere crudele e spietato, ma sapeva fare bene il suo lavoro.
Tavington camminò lentamente tra le due fila ordinate, scrutando lo sguardo di ciascuno di loro.
"Immagino sappiate il motivo della mia collera".
I passi erano calcolati, precisi ed erano il solo suono che si percepiva nella tenda.
"Ieri sono sceso ad allenare il mio esercito" proseguì "e indovinate cosa ho scoperto".
Il Colonnello si era fermato di fronte a Bordon, il Capitano non accennava a dire una parola, non era il caso di rendere Tavington più incollerito.
"I miei uomini non c'erano" lo scrutò attentamente e poi proseguì il cammino, tenendo le braccia dietro la schiena.
"Buffo, ho pensato, perché la mia squadra dovrebbe andarsene senza che io abbia ordinato alcunché?"
Si arrestò nuovamente. Un respiro e poi un altro passo.
"Oh, sì. Il mio caro collega ha detto di andare" disse con odio contro il Tenente Kent "ora si spiega tutto" sputò con acidità.
"Colonnello Tav.." tentò un discorso Bordon.
"Silenzio!" Ordinò l'altro, senza neanche girarsi a guardarlo.
Si mise in punta, per osservarli bene tutti quanti "mi avete mancato di rispetto, avete osato insultare la mia autorità, dimenticandovi che sono io quello che vi ha condotti qua!"
"IO" urlò forte e l'eco rimbombò in tutta la stanza "dovrei punirvi mettendovi a pane e acqua per qualche mese".
Tavington rise malignamente, come di una battuta che solo lui aveva sentito "lo farei davvero, credetemi, ma purtroppo ho bisogno delle vostre forze per vincere questa competizione con Tarleton".
Il suono della tromba segnò l'inizio della giornata.
"Da oggi abbandonerete ogni cosa che avete fatto finora. Ogni. Cosa".
Li scrutò, mentre ricominciava a camminare piano "seguirete il mio piano alla perfezione, il primo che esce dagli schemi o si rivela essere troppo lento rispetto agli altri verrà tagliato fuori".
Rise "e quando dico fuori intendo verrà mandato a Camden a soccorrere i feriti".
Il Colonnello si avvicinò alla grossa bacinella che veniva usata per la pulizia ordinaria dei soldati e la rovesciò per terra con nonchalance "questa non vi servirà più per un po', due settimane senza acqua, per lavarvi intendo".
Poi li guardò sorridendo "non manderete posta, lettere d'amore, qualsiasi missiva non verrà recapitata".
Tavington sistemò la bacinella in posizione stabile e poi si asciugò la mano bagnata con un fazzoletto "farete il doppio dell'allenamento, il coprifuoco verrà spostato di qualche ora e non vedrete donne fino.."
Tutti erano muti, nessuno osava fiatare. Ascoltavano il loro Superiore snocciolare la punizione senza emettere sillaba.
"..fino alla prossima battaglia vinta".
Poi indicò un ragazzo biondo che sostava vicino a lui "tu" lo chiamò.
"Sissignore!"
"Cento flessioni e cinquanta giri attorno al Forte".
"Subito, Colonnello Tavington" e si abbassò per terra a compiere le flessioni.
Allora William si girò verso l'altra fila e indicò uno a caso, come prima. Questa volta era basso e grasso, i capelli fuoriuscivano disordinati dal berretto.
"Togliti questo ridicolo cappello" gli ordinò Tavington a pochi centimetri dal suo volto unto.
"Subito, Colonnello" e gettò immediatamente il berretto per terra, come se valesse niente.
"Come ti chiami soldato?" Domandò William.
"Soldato semplice, Jones, Signore!" gli urlò forte e chiaro.
"Jones, Jones.." ripeté Tavington con disprezzo "non ho mai sentito il tuo nome prima, da dove vieni?"
L'uomo mandò giù lentamente, ma non abbassò lo sguardo "Kentwood, Signore".
William alzò le sopracciglia sorpreso "Louisiana, vedo. Allora sei un colone.." disse con grande disprezzo, senza nemmeno tentare di celare il disgusto.
"Sono un lealista, Signore, combatto come voi.."
"Io sono Inglese, tu no" lo fermò Tavington subito "non siamo uguali, ma purtroppo non sono io a fare le regole del gioco".
William sapeva che parte dell'esercito di Sua Maestà era costituito da lealisti, americani che erano rimasti fedeli alla Corona, ma lui non si fidava di loro. Erano accettati dai più, ma lui -che era di mente inamovibile- li vedevano sempre come nemici.
"Dov'è la tua famiglia, soldato semplice Jones?"
"Mia moglie e le mie due bambine sono andate a vivere con sua zia in Canada, perché.."
"Sì, sì" lo interruppe con un'alzata di mano Tavington "lo so, la terra dei tuoi simili".
"Colonnello, io credo nella causa quanto voi, non sono Inglese, ma non sono un nemico dell'Inghilterra come questi patrioti" gli rispose, senza lasciarsi scalfire dalle continue parole acide del suo Superiore.
"Perciò sei pronto a colpire i tuoi stessi compaesani" lo incalzò l'altro "magari tuoi amici, la tua famiglia.."
Il soldato non rispose, perché aveva poco da rispondere.
"Hai fatto bene a mandarli in Canada, quella terra pullula di lealisti, probabilmente moriranno uccisi dagli Americani" disse con semplicità William "ma almeno non sarai costretto a dover impugnare un'arma contro di loro".
Poi parlò a tutto l'auditorio "quanti sono come lui?"
Gli uomini si scambiarono qualche occhiata, senza spiccicare una parola.
"Bordon!" lo chiamò il Colonnello "Un passo avanti".
Lui fece come detto "Sissignore!"
"Quanti lealisti abbiamo?"
"Dieci, Colonnello".
William pensò un minuto al suo piano che aveva architettato, odiava quegli uomini, ma forse potevano tornargli utile.
"Andate a prepararvi tutti, vi voglio al campo fra mezzora" poi si rivolse al biondo di prima "tu continua".
Gli uomini ruppero la linea e andarono a cambiarsi in fretta.
"Bordon, con me" e poi uscì dalla tenda.
William attraversò il cortile e si posizionò vicino all'obelisco.
"Colonnello, io non volevo ascoltare Tarleton, ma lui ce l'ha imposto".
William guardava verso il grande cancello, quasi ignorando le parole dell'amico "non è la prima volta che lui tenti di mettermi in cattiva luce, ma è la prima volta che mi avete disobbedito tutti quanti!" inveì lui.
Bordon si avvicinò con cautela, mantenendo la distanza di sicurezza.
"Noi gli abbiamo creduto, visto gli eventi che.."
Tavington si girò verso di lui, con occhi rossi dalla rabbia "quali eventi?"
Bordon abbassò un secondo lo sguardo per terra, mentre riordinava i pensieri "noi abbiamo sbagliato, siamo noi in colpa, Colonnello".
Ma William non demorse, sapeva che c'era dell'altro che doveva dirgli.
"Quali eventi?" Ripeté, scandendo le lettere lentamente.
"Tarleton non si è limitato a dare ordini al vostro battaglione, lui ha anche sparso voci su di voi.."
Tavington strinse i denti, pronto a scoppiare da un momento all'altro.
Bordon aveva notato il cambiamento impercettibile del suo comportamento, ma aveva continuato, tanto gliel'avrebbe fatto dire comunque. Meglio con le buone.
"Diceva che eravate cambiato, che non eravate più in grado di comandare, che avreste abbandonato tutto presto".
William rise di gusto, ma con lo sguardo ancora assassino "che idiozia, e voi idioti gli avete dato retta!"
Bordon si grattò la testa dalla frustrazione "io non ho cambiato l'opinione su di voi, Colonnello. Mai."
L'altro annuì.
"Ma gli altri si sono lasciati convincere da Tarleton perché lui aveva usato come fondamento del suo ragionamento.."
"Chi?" lo interrogò Tavington.
"Beatrix, lui dice che siete cambiato da quando la ragazza è venuta al Forte, che fate cose.. strane".
William rifletté sugli ultimi avvenimenti che lo avevano reso protagonista. In effetti aveva fatto molte cose che non avrebbe mai fatto nel passato, riconosceva di essere cambiato. Ma non credeva che anche gli altri lo avessero notato, quello era un grande problema. Se i suoi uomini aveva creduto alle parole capziose del Colonnello, si erano lasciati distorcere la realtà dei fatti da quell'impostore.
C'era bisogno di riportare le cose al loro posto, di far vedere a tutti che il Colonnello Tavington era lo stesso freddo e insensibile comandante, certo i romanticismi magari li avrebbe tenuti per la sua Beatrice. Ma in campo doveva essere per forza il brutale Macellaio che avevano conosciuto gli Americani nella prima fase della guerra.
Stavano giungendo ad una fine di quello scontro e lui doveva indossare nuovamente la maschera di ghiaccio e combattere come sapeva fare.
"Ho un piano da realizzare, Bordon" poi si diresse verso l'entrata "vieni, che te lo mostro".
I due uomini entrarono nel Forte.


Qualcuno bussò lievemente alla porta della loro stanza. Beatrix si alzò con pigrizia e girò la maniglia, cogliendo l'ospite con la sola camicia di Tavington addosso.
"Sì?"
"Mi manda Lady Cornwallis, mi ha chiesto di consegnarle questa".
La fanciulla che portava la missiva della Contessa era una delle cameriere del Forte, alta, slanciata e mora, Beatrix non aveva ancora avuto modo di conoscerla.
"Grazie" rispose la ragazza, prendendo la lettera tra le sue mani.
L'altra fece l'inchino e poi se ne andò.
Beatrix rimase basita, non era abituata a vedere persone che si inchinavano per salutarla, era tutto nuovo. In quel Forte stavano succedendo cose strane, prima l'oppio nella bottiglia di liquore, poi gli inganni di Banastre e adesso il comportamento strano delle persone di fronte a lei.
Bea chiuse la porta e controllò il foglio che era sigillato graziosamente in una busta.

Cara Beatrice,
spero tu stia meglio, sono venuta a conoscenza della tua malattia dal Colonnello Tavington.
Ho incontrato poco fa la piccola Wellsie, mi ha avvisato delle tue attuali condizioni di salute e mi sento felice di sapere che hai passato il peggio ormai.
Come sta il tuo piccolo adorabile bambino?
Questa mattina prenderò il tè sulla terrazza nell'ala ovest del Forte, se hai voglia mi farebbe molto piacere chiacchierare un po' con te.
Saluti,

Semplicemente Liza


Beatrix rilesse più volte la lettera, come se non si capacitasse di quello che leggeva. Non ci poteva credere che la Contessa si fosse ricordata di lei, quel poco che aveva passato in sua compagnia era stato tempo speso bene. Le piaceva la signora, quindi sì, avrebbe proprio accettato il suo invito per il famoso tè Inglese.
Aprì l'armadio in fretta e prese il vestito che Wellsie le aveva imprestato la prima volta che era arrivata a Beaufort, quello giallo pallido con il fiocco grande al centro. Era perfetto e congruo per l'incontro con Elizabeth, non era provocante né troppo castigante.
Beatrix lo indossò, mettendo anche delle belle scarpette con tacco, sempre un dono di Wellsie.
Già, la sua amica..
Beatrix aveva bisogno di parlare anche con lei, la questione dell'oppio l'aveva lasciata senza parole, come aveva fatto a non notare il sapore del liquore viziato? E, soprattutto, come aveva fatto la sua amica a non accorgersene? Le aveva confidato che non era la prima volta che beveva il Gin, quindi avrebbe dovuto capirlo che non era quello originale?
C'erano troppe domande che aveva in mente Bea, e se ci avesse pensato un minuto in più si sarebbero moltiplicate e lei non si sarebbe mossa da quella stanza.
Prese la lettera e la appoggiò sotto il cuscino, era stupido tenerla, ma non sapeva come spiegarlo, si sentiva elettrizzata all'idea che la Contessa avesse scritto per sapere di lei.
Uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle. Non fu difficile trovare la terrazza, con tutti i viaggi perlustrativi della zona aveva imparato ad orientarsi, o almeno a chiedere informazioni.
La porta della camera della Contessa Cornwallis era già aperta, non c'era nessuno ad accoglierla, ma l'aria forte invernale faceva danzare le tende, che ondeggiavano con maestria.
La ragazza bussò sulla porta comunque, perché non sapeva come comportarsi, nessuno le aveva mai insegnato le buone maniere. Sapeva uccidere un caprino, sapeva mungere una mucca o uccidere un maiale, ma non sapeva niente di bon-ton.
Bussò nuovamente, ma non si percepì alcuna risposta.
Allora entrò nella stanza, come previsto all'interno non c'era nessuna persona, ma poteva sentire molto bene un suono melodioso, come se qualcuno suonasse uno strumento.
Si fece guidare dalle note, attraversò la camera lussureggiante e poi scostò le tende bianche.
Dall'altra parte, sulla terrazza, c'era la Contessa che suonava un.. flauto, almeno così credette subito la fanciulla, poco esperta in fatto di musica.
La Contessa non aveva udito che non era più sola, continuava a muovere con grazia le sue dita sui fori dello strumento, emettendo un suono dolce per le orecchie. Beatrix rimase in ascolto, non aveva avuto cuore di interromperla, pareva così concentrata sul suono e poi era un piacere stare a sentire.
La donna completò l'opera e poi appoggiò il flauto sul suo grembo.
Era seduta su una sedia a dondolo in legno, si lasciava cullare mentre si accarezzava teneramente il grembo.
Nel momento in cui Beatrix cercò di interpretare il suo comportamento, la donna si girò nella sua direzione.
"Sei arrivata, ti aspettavo" disse, senza scomporsi.
Al contrario, Beatrix rimase pietrificata, non si era mossa di un centimetro.
"Siediti" le disse la donna, indicando la seduta lasciata libera. La fanciulla notò che sulla sua c'era un cuscino sopra, lei si avvicinò e lo alzò prima di sedersi.
"Devi tenerlo" asserì Elizabeth, mentre l'aiutava a posare di nuovo il morbido cuscino sulla sedia.
Beatrix lasciò che la Contessa facesse come voleva e poi si sedette accanto a lei, avevano solo un piccolo tavolino a dividerle.
"Ho pensato avresti gradito qualcosa di soffice su cui sederti, dovresti essere piuttosto stanca in questi mesi, Beatrice" le confidò la donna.
"Grazie" rispose subito la fanciulla "è stato carino da parte vostra Contessa".
L'altra la guardò come rimproverandola "pensavo avessi chiarito sul tu, oppure devo tornare a darti anche io del voi?" rimbeccò scherzosamente la Contessa, mentre le sorrideva felice.
Beatrix non capiva perché si comportasse così, forse lo faceva con tutti o forse solo con lei. Questo non poteva saperlo, ma sapeva invece che il suo cuore balzava di felicità pura ogni volta che la Contessa si rivolgeva così a lei. La trattava come se fossero state pari, come se non si rendesse conto della grande differenza che intercorreva tra le due.
Come fosse solo sua amica.
"Va bene, Liza" rimbeccò sorridendo.
Poi la donna si sporse sul tavolino e prese la teiera che fumava leggermente, versò del tè in due tazze e poi la riposò sul sostegno.
"Ti piace con il latte?" domandò all'altra.
Bea era un po' imbarazzata perché non aveva mai bevuto tè prima, era strano, ma sua madre non lo aveva mai preparato.
"Io non saprei.." disse incerta la ragazza.
"Non l'hai mai preso con il latte?"
La fanciulla scosse la testa.
"Oh.. allora dobbiamo rimediare subito" prese la piccola lattiera in porcella e versò del latte copiosamente.
"..è così buono come dicono?" chiese titubante la fanciulla.
Elizabeth non le rispose, ma sorrise.
Aggiunse due cucchiaini di zucchero in ciascuna tazza e poi le passò il tè pronto.
Beatrix lo appoggiò sul grembo e poi attese che anche la Contessa prendesse il suo.
"Assaggialo e vedrai" la spronò Liza.
Beatrix bevve il tè preparato dall'amica e si meravigliò nel constatare quanto fosse buono e delizioso. Lei aveva sempre creduto che fosse un passatempo dei nobili Inglesi, qualcosa per rendersi diversi dagli altri. Almeno così lei lo aveva vissuto, invece le piaceva quella tisana.
"Mi piace" ne aveva ancora un po', ma volle aspettare a berlo tutto, era ancora caldo "non lo prendi alle cinque?" chiese incuriosita Beatrix.
"In teoria sì, nella pratica il tè mi piace molto perciò lo prendo ogni volta che ho un po' di tempo libero".
Poi la Contessa la scrutò con interesse "vedo che stai meglio oggi, ieri non sembravi tu. Eri così spenta, angelo" constatò infine, mentre beveva a piccole sorsate dalla sua tazza.
Bea annuì "Stamattina mi sento molto meglio, grazie. Come facevi a sapere della mia salute?"
Elizabeth appoggiò la tazza vuota sul tavolino "ieri sono passata a darti un'occhiata. Ho intravisto Wellsie tutta affannata che usciva dalla stanza del Colonnello Tarleton, così le ho chiesto perché fosse così agitata".
Le sopracciglia di Bea si incurvarono "Usciva dalla stanza di Banastre?" ripeté la ragazza.
"Credo si chiami così, non me lo ricordo sinceramente. Il Colonnello dai capelli rossi".
Bea appoggiò anche lei la tazza sul tavolino, all'improvviso le era passata la voglia di bere.
Cosa ci faceva Wellsie in camera con Ban?
Sapeva degli inganni del Colonnello, ma cosa c'entrava lei con lui?
Se prima aveva avuto tanti interrogativi, ora ne aveva una miriade.
Aveva bisogno di parlare con Wells.
"Mi sembri scossa, tesoro" disse la donna, accarezzandole il braccio "era solo preoccupata per te, era in pena per la tua salute precaria. Credo si sentisse colpevole".
Bea la osservò con gli occhi bassi "Sai perché ieri sono stata male?" domandò con un filo di voce, come una bambina intimorita per le conseguenze delle sue azioni.
L'altra annuì lentamente. Beatrix si vergognava per quello che aveva fatto, di sicuro ora la Contessa avrebbe pensato male di lei.
"Non era mia intenzione esagerare, l'altro giorno mi sono lasciata andare. Non mi sono preoccupata di niente, come non facevo da un po'.."
Beatrix alzò gli occhi e con sua sorpresa realizzò che la donna la osservava sorridendo, non vedeva nei suoi occhi rimprovero o colpa.
Non le parlava con toni aspri, come faceva la madre. Ma l'abbracciò, stringendola contro di sé.
"Non so come mai, ma sento come una connessione con te, piccola Beatrice. Immagino tu abbia avuto le tue buone ragioni per eccedere con Wellsie e forse, se hai voglia, puoi parlarmene adesso".
La donna sciolse il suo abbraccio e poi si alzò.
"Vuoi fare una passeggiata?"
Beatrix rimase seduta sulla sedia, indecisa sul da farsi.
Non ci ragionò su molto, fece quello che il suo istinto le suggeriva.
Si alzò e affiancò la Contessa "Sarei onorata".




**spoiler**
"Amavi il Generale quando lo hai sposato?" 
Elizabeth annuì "era la cosa giusta da fare in quel momento, Beatrice". 
La ragazza tirò leggermente le redini di Grangie, facendolo procedere più lentamente "non è quello che ti ho domandato" disse, facendole l'occhiolino. 
La Contessa rise "hai ragione, ma è la risposta che è giusto darti". 





 

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Capitolo 48
*** Complicità ***


Capitolo XLVIII


**Complicità**

"Mi concedi un attimo? Prendo un mantello per coprirci".
Poi entrò nella sua stanza e si diresse verso un grosso baule di legno, intarsiato a regola d'arte. Beatrix la seguì e la osservò tirare fuori due mantelli pesanti.
"Tieni" disse, porgendole uno "ti potresti prendere qualcosa, al bambino non fa bene".
Beatrix accettò il mantello "grazie" e lo indossò, le due uscirono dalla stanza.
"Immagino non sia facile vivere chiusa in questo Forte, sebbene il Generale ti abbia creato una bella gabbia d'oro, rimane sempre una gabbia".
Liza rise amaramente, consapevole del suo destino "come darti torto, eppure la vita a Londra era così grigia e monotona senza di lui. Mi mancava" ammise la Contessa.
Le due donne erano giunte nel cortile principale, lì Bea vide William che parlava con Bordon. Sembrava furioso, perché la vide, ma non la salutò.
Lei aveva agitato la mano nella sua direzione, ma lui l'aveva sorpassata come se nulla fosse, entrando con il Capitano.
"Vedo che non sono l'unica sopraffatta dall'amore" disse scherzosa Liza.
Beatrix scosse la testa "no, a quanto pare" la ragazza abbassò la mano, sentendosi come rifiutata dal Colonnello.
Ma nel suo cuore sapeva che doveva dargli il beneficio del dubbio, lo aveva visto parlare -anzi, no, litigare animatamente- con il suo secondo Bordon. Forse era stata quella la ragione che lo aveva reso di malumore.
Quando fosse rincasato avrebbe chiesto spiegazioni, ma ora era il momento di Beatrix di svagarsi un po'. Un divertimento sano, però, non quello eccessivo di Wellsie.
"Ami i cavalli, Liza?" chiese tutto ad un tratto la ragazza, come illuminata dalla vista di uno stalliere che faceva entrare uno stallone nella stalla.
La Contessa diede un'alzata di spalle "a Londra non ho molte occasioni di cavalcare liberamente, esco solo con la mia dama di compagnia".
Beatrix seguì con lo sguardo lo stalliere e proprio in quel momento le venne un'idea grandiosa in mente. Tanto William era preso dalla discussione con Bordon, non avrebbe potuto opporsi.
"Non sei più a Londra, qui puoi fare quello che vuoi" rimbeccò la ragazza, ma senza riuscire a convincere molto la signora.
"Che cosa hai in mente, Beatrice?" chiese.
Bea non rispose, invece la prese per mano e la -trascinò- fino alla stalla "amo i cavalli, in particolare uno.."
Non terminò la frase, che si era già buttata tra le braccia del suo purosangue.
"Grangie!" Urlò al suo bellissimo cavallo.
Non aveva speso nemmeno un secondo per capire chi fosse, riconosceva molto bene il suo cavallo. Quell'animale per lei era importante perché portava con sé i momenti che lei aveva passato con il suo William. Nel bene o nel male, quel cavallo era stato il testimone del cambiamento del Colonnello.
Beatrix si era avvicinato al suo cavallo e lo aveva abbracciato, incurante degli sguardi alteri degli altri.
"Quanto mi sei mancato cavallino" gli disse, mentre lo carezzava dalla criniera alla pancia.
La Contessa, intanto, si era anche lei avvicinata "è tuo?" chiese.
Bea annuì felice. "Sì, lo ha preso William quando siamo stati a Sunnyville".
Liza la affiancò e poi sfilò un guanto. Una volta liberata la mano, l'appoggiò con titubanza sulla testa del cavallo "come è carino" disse infine.
Beatrix scoppiò a ridere "che fine ha fatto la Contessa Cornwallis?" domandò scherzosa Bea.
Anche Elizabeth rise con lei "l'ho lasciata in Inghilterra, qui voglio essere solo Liza".
Poi si girò verso lo stalliere, acquisendo il suo solito portamento da nobile "allora, ragazzo, portami un cavallo".
Il giovane stalliere osservava le due donne con uno sguardo perso, come se diffidasse dal credere che stesse vedendo davvero due donne nella stalla.
"Devo ripeterlo di nuovo?" Disse stizzita la signora.
L'altro allora scosse velocemente la testa, poteva anche non credere ai suoi occhi, ma doveva aver riconosciuto il volto della moglie del Lord Generale Cornwallis.
"Subito, Contessa" rimbeccò con un inchino reale. E poi sparì alla ricerca del cavallo.
"Hai voglia di fare una cavalcata insieme, Liza?" chiese la fanciulla, mentre sprizzava felicità da tutti i pori. Era impossibile dirle di no in quel momento, nessuno con un cuore lo avrebbe fatto.
"Perché no?" disse la signora "mi sembra un'ottima idea".
Nel frattempo era arrivato lo stalliere con un bel cavallo nero, di una tonalità così scura che con difficoltà si riuscivano a vedere i suoi occhi.
La Contessa si fece aiutare dal ragazzo a salire e poi anche Beatrix la imitò, facendo da sola però.
Le due donne spronarono il cavallo e questo partì.
Giunti alla cancellata però affrontarono un ostacolo, c'erano le guardie che controllavano l'entrata. Non le avrebbero fatte uscire, dopotutto erano sempre nel bel mezzo della guerra..
Gli uomini non si accingevano a spostarsi e così resero la donna anziana più irritata "lasciate libero il passo" ordinò.
Ma loro non si muovevano, nemmeno un movimento impercettibile degli occhi.
Niente.
"Molto bene, allora dovrò riferire a mio marito, il Generale Cornwallis, che i suoi uomini mi hanno tenuta in ostaggio nel Forte".
Loro iniziarono a vacillare, si lanciavano sguardi furtivi alla ricerca delle parole giuste. Poi uno parlò, di sicuro quello con il grado più alto tra di loro.
"Non abbiamo avuto notizia della vostra uscita, Contessa. Vostro marito ci ha detto.."
Lei lo zittì con una semplice alzata di mano "mio marito mi ha detto che potevo fare come volevo a Beaufort, devo supporre che mi sia vietato uscire a fare una cavalcata?" disse, incalzandoli.
L'uomo moro scosse la testa "certo che siete libera, Contessa, ma non è sicuro stare lì fuori mentre ci sono i nostri nemici che ispezionano ogni centimetro del perimetro del Forte. Lo facciamo per voi, Contessa Cornwallis" proseguì.
"Non abbiamo bisogno di protezione, soldato. Siamo donne, ma non siamo sciocche, sapremo scegliere la strada giusta, evitando i sentieri secondari".
L'uomo pareva convinto dalle sue parole, ma c'era qualcosa che lo tratteneva e lei non sapeva cosa. Mancava un pezzo del puzzle per farlo crollare.
Ci voleva un ordine!
Beatrix rammentò che i soldati facevano solo quello che i Superiori ordinavano loro, quindi non si sarebbero mossi fino a che non avessero avuto un comando dall'alto. Magari da qualcuno che loro temevano, un nome che li avrebbe fatti tremare di paura, ed evidentemente non era Cornwallis.
"Soldato" disse la fanciulla "abbiamo avuto l'autorizzazione da parte del Colonnello Tavington".
Il milite si girò nella sua direzione, fino a quel momento non l'aveva neanche considerata. Lui sapeva lei chi era e quindi, come gli altri soldati, mostrava la stessa indifferenza.
"Non credo proprio" sputò acido lui.
Allora Bea si ricordò delle parole di William la sera precedente, aveva promesso li avrebbe puniti.
"Se non mi credete.. bene" disse Beatrix con vigore, testa alta e senza lasciarsi abbattere "andiamo da Tavington e chiediamoglielo personalmente" proseguì lei.
Lo sguardo dell'uomo era pietrificato, si vedeva la sua lotta interiore.
Un punto per Beatrix.
Lo stava mettendo al tappeto.
"Io non ho niente da temere" continuò la ragazza "al massimo mi chiuderà qualche giorno nella stanza se per caso avessi mentito" disse, con un'alzata noncurante.
"Ma cosa farà a voi?" Chiese ironicamente la fanciulla "si arrabbierà che lo avete disturbato per una simile sciocchezza, mi chiedo se Tavington la prenderà bene.."
Beatrix lasciò -appositamente- la frase in sospeso. Il soldato sudava freddo, e non aveva ancora detto niente.
E Bea vince la partita!
"Lasciatele passare" ordinò agli altri uomini. Quelli non replicarono e aprirono la grande cancellata.
Beatrix sorrise e spronò Grangie, così fece la Contessa.
"I miei complimenti, Beatrice" le disse Liza.
"Eh.." rimbeccò la fanciulla "gli uomini sono semplici da capire e sono così prevedibili".
Risero e poi uscirono dai confini sicuri del Forte.
Beatrix fece strada, le due donne galoppavano serenamente. Il sole era alto in cielo, c'erano diverse nuvole che a tratti lo coprivano a tratti lo facevano splendere. E poi c'era Beatrix che si sentiva libera, la sua vita non era fatta per stare chiusa nel Forte. Lei amava la vita, correre, cavalcare senza problemi. Da tanto non si sentiva così.
"Sembri a tuo agio, Beatrice. Il tuo volto si è improvvisamente illuminato" le fece notare la Contessa.
Bea sorrise, girandosi verso di lei "hai ragione, Liza. Questa è la mia vita, stare con William mi ha fatto dimenticare quanto fosse bella la libertà".
"Ti tiene stretta?"
La fanciulla annuì "è un uomo abituato a comandare, ad avere tutto sotto controllo e io ho dovuto modellare la mia volontà per stare accanto a lui".
La donna guardava di fronte a sé, ascoltava Beatrix, ma era come se la discussione l'avesse condotta in un altro mondo.
"Capisco quello che vuoi dire, Beatrice" le confidò la signora "sposare Charles è stata una lotta di compromessi, l'ho sempre reputata una cosa giusta, ma delle volte vorrei le cose fossero andate diversamente.."
Si vedeva che qualcosa l'aveva scossa, non sorrideva più come prima, ma si era rabbuiata all'improvviso.
"Amavi il Generale quando lo hai sposato?"
Elizabeth annuì "era la cosa giusta da fare in quel momento, Beatrice".
La ragazza tirò leggermente le redini di Grangie, facendolo procedere più lentamente "non è quello che ti ho domandato" disse, facendole l'occhiolino.
La Contessa rise "hai ragione, ma è la risposta che è giusto darti".
"Facciamo una gara?" domandò la fanciulla.
Erano uscite da un po' dai confini sicuri del Forte, quindi ormai si erano messe in un bel pasticcio. Tanto valeva godersi un po' di quella libertà che da tanto non gustavano.
Elizabeth non rispose, ma diede una bella spinta al suo cavallo che partì veloce.
"Così non è valido" urlò la ragazza, ma tanto la donna era partita e sembrava volesse vincere a tutti i costi. Beatrix non avrebbe mai detto che la Contessa fosse una donna competitiva.
Correvano sui loro cavalli, ridendo e scherzando. E continuarono così per un po', i loro cavalli si muovevano leggiadri sul campo.
Dopo aver stancato bene i purosangue, si fermarono.
"Grangie ha bisogno di riposare un po'.." asserì la ragazza, scendendo da cavallo.
"Hai ragione" constatò la donna, scendendo pure lei dall'animale. Li legarono ad un tronco e poi si guardarono attorno.
"Conosco un posto bellissimo qui vicino, hai voglia di venirci con me?" domandò Elizabeth.
"Sei già stata qui?" si stupì Bea.
La donna annuì semplicemente, allora Beatrix si lasciò guidare da lei.
"Dovrebbe esserci anche un ruscello, magari più tardi ci portiamo i cavalli".
"Va bene" rispose Beatrix.
Iniziarono a camminare, inoltrandosi nel bosco.
"Come mai sei già stata qui?" chiese Bea.
Liza aveva raccolto un filo d'erba e ci giocava, come una bambina.
"La mia vita non doveva essere quella della Contessa Cornwallis, sai?"
"In che senso?"
Liza sospirò "io amo davvero Charles e lui sarà sempre l'unico per me, ma.."
Si interruppe, toccandosi il naso, come per arrestare le lacrime o qualcos'altro.
"Lui non è l'unico uomo che ami?" azzardò Beatrix.
Elizabeth scosse la testa subito "lo è, ora e per sempre. Non so nemmeno perché ho incominciato questo stupido discorso" disse affranta la Contessa, mentre si asciugava una lacrima che era sfuggita al suo controllo.
"Hey" disse Bea, accarezzandole un braccio teneramente "qualcosa ti fa stare male, cos'é?"
La donna la guardò negli occhi e allora le sue lacrime scesero senza freni, inondandole il viso ben curato.
"Solo il passato, Beatrice, dovrei esserci passata sopra, ma non è facile" ammise, tirando su con il naso.
"Ti sei pentita di averlo sposato?"
Lei scosse la testa "mai, ma al cuore non si comanda, vero? Guarda, invece, questa sciocca donna che piange su ciò che non potrà più cambiare".
Beatrix si sentiva triste, le veniva quasi da piangere per la Contessa e aveva una irresistibile voglia di sapere ogni dettaglio della sua vita. Era come se rispondesse ad un comando altro, aveva bisogno di sapere.
"Noi possiamo cambiare il nostro destino, Liza. Guarda me.. qualche mese fa ero una ragazza che non aveva uno scopo nella vita, ma semplicemente vivere" le toccò una guancia bagnata "ed ora sono mamma, avrò un bellissimo bambino con l'uomo che amo" confidò, sorridendo felice.
"Lo ami, si vede. E so bene che anche lui ti ama, ti ha messo davanti al suo lavoro, davanti agli ordini del suo Superiore. Beatrice, William ti ama davvero".
Beatrix la abbracciò forte, trattenendola contro di sé. Sapeva di cannella, aveva un odore buono, che le veniva voglia di non staccarsi più dalla donna.
"Sai cosa diceva mia mamma?"
"Cosa?" chiese la Contessa.
"Che piangere ti fa sfogare, ma solo parlare ti libera.."
Le donne si staccarono e presero a camminare "non credo sia così interessante la mia storia, ti annoierei con i miei problemi".
Bea scosse la testa "no, mi piacerebbe sapere e so che ti aiuterebbe a buttare fuori quello che ti sta facendo star male. Di cosa si tratta?"
"Era l'estate del 1754.." incominciò, mentre procedevano sempre più in fondo nella radura. I boschi si infittivano e la luce spariva poco a poco dalla loro visuale, si avventuravano verso il buio.
"I miei genitori erano nobili, e come molti nobili Inglesi amavano venire nelle Colonie nelle vacanze" disse.
"Non c'era ancora la guerra.." notò Beatrix "io non ero nemmeno nata! Quanto tempo!" disse ridendo Bea.
"Quanti anni hai, Beatrice? Sembri molto più giovane.."
La ragazza agitò la mano "lo dicono tutti, ma ho proprio ventitré anni, anzi no, fra poco ne faccio ventiquattro!"
"Li porti bene, e comunque sì, tu non eri ancora nata allora. Ti dicevo, i miei mi avevano promessa al più vecchio dei Cornwallis, quello che avrebbe ereditato tutto".
Bea rimase colpita, ma nemmeno più di tanto "caspita, ti avevano sistemata bene, allora".
"Eh, sì. E io sapevo che l'anno dopo mi sarei sposata con Charles, quindi i miei giorni erano contati. Quell'estate ero partita con un'intenzione precisa in mente, divertirmi. Sai, fare quello che poi non avrei più potuto fare".
Beatrix sorrise "ma qualcosa è andato storto.."
Elizabeth scosse la testa "no, anzi, è stato il periodo più bello della mia vita" ammise, socchiudendo un secondo gli occhi. Inspirava l'aria, come se potesse riassaporare quei momenti persi.
Erano finalmente uscite da quel bosco oscuro, a Bea non era piaciuto, ma non era riuscita ad interrompere Liza, voleva sentire la storia. Per fortuna ora si trovavano di nuovo sotto il sole e solo allora la ragazza notò che erano proprio su un colle. Potevano vedere tutto da lì, perfino il Forte, anche se molto lontano.
"Era questo il posto che dicevi?" chiese Bea, con gli occhi sbarrati e la bocca aperta dalla meraviglia.
"Sì.. bello, vero?" Liza tolse alcune forcine e i suoi capelli scuri si librarono in aria, muovendosi col vento "non puoi immaginare cosa rappresenti questo posto per me, quanti ricordi" disse, guardando il panorama mozzafiato che si stendeva di fronte loro "è come una seconda pelle per me".
"Mi piace molto, ti dà una sensazione di libertà incredibile".
Vicino a loro c'era un tronco grosso e spesso, che faceva ombra. Allora Beatrix si avvicinò e si sedette sotto, per coprirsi, si sentiva un po' stanca, la sua piccola pulce si muoveva dentro di lei.
"Ti dispiace se mi fermo un minuto, ho un crampo alla pancia" disse la ragazza.
La Contessa si girò immediatamente verso di lei "certo, sei sicura di stare bene?"
Bea annuì con poca convinzione "almeno credo" rispose, accarezzandosi la pancia.
A quel punto Elizabeth le si avvicinò e sedette anche lei sotto al robusto albero.
"Vieni" disse, mentre la aiutava a poggiare la testa sul suo grembo "sai cosa diceva mia madre?"
Bea scosse la testa "cosa?"
"Che non c'è rimedio migliore per il dolore che un po' di coccole".
Tenne la sua testa sul grembo, e le accarezzò la pancia con dolcezza.
"Questi sono solo i primi mesi, più vai avanti e più sarà dura, Beatrice".
La ragazza chiuse gli occhi e si fece cullare dal vento che oscillava e dalle cure della donna "e non ho nessuno a cui chiedere consigli su come sopportare questi momenti" disse con affranto.
"Non hai tua madre?"
Bea rimase in silenzio per qualche secondo, alla fine parlò "è morta" disse, senza raccontare altri dettagli.
"Mi dispiace, immagino sia dura crescere senza avere un riferimento.."
La ragazza sbuffò con rassegnazione "tanto non è stata molto presente nella mia vita.. c'era, non c'era".
"Anche la mia era così, ma lei lo faceva perché era così che gli altri si aspettavano da lei. Aveva obblighi e doveri morali nei confronti di tutti e io venivo sempre dopo" dichiarò la Contessa "ma alla fine ci ho fatto l'abitudine".
"Non c'era molto da fare, eh?" disse Beatrix, rispondendo alla donna e, forse, anche a se stessa. "Raccontami la storia" chiese infine.
"Giusto, la mia estate come donna nuova. Sono stata dagli Earnshaw, grandi latifondisti Inglesi, erano anziani e senza figli e ci accolsero con la stessa allegria dei miei genitori. Ero in America, ma avevo ancora la gabbia d'oro che mi perseguitava dalla Gran Bretagna, allora dissi ai miei che sarei stata per qualche mese da una mia cugina, che era sposata ovviamente. Loro acconsentirono e non mi seguirono".
"Sei stata furba, Liza".
"Non potevo sapere in quale pasticcio meraviglioso mi sarei cacciata più tardi. Justine, mia cugina, era una donna particolare, era venuta a vivere a Beaufort per stare lontano da tutti i formalismi Inglesi e io l'avevo scelta per quel motivo. Un giorno mi chiese di accompagnarla ad un ballo".
Elizabeth fece una pausa.
"Io mi preparai e indossai un bel vestito, quelli che indossavo a Londra, perché credevo mi portasse ad uno di quei balli.."
Beatrix rise "scommetto che non fu così".
Liza sorrise "no, proprio l'opposto. Era una festa patronale, c'erano contadini, artigiani, commercianti.. gente del luogo".
"Allora non ti sei divertita" disse la ragazza.
Elizabeth le accarezzò la guancia con tenerezza "ti sbagli, è stato il giorno più bello che io riesca a ricordare, fu anche quello il giorno in cui incontrai Daniel per la prima volta.." disse come da un luogo lontano.
"Chi è Daniel?" domandò curiosa Bea.
Liza la guardò negli occhi e Beatrix vide che brillavano "l'uomo della mia vita".
Click.
Beatrix alzò subito la testa, conosceva bene quel suono. Qualcuno aveva caricato una pistola.



**spolier**
"Io non riesco ancora a crederci, Colonnello, come hanno fatto i Generali O'Hara e Cornwallis a non rendersi conto di quello che stava succedendo?" Chiese nervoso. 
"Hanno incolpato i Ribelli, come ho fatto io fin dall'inizio, ma se ci pensi bene loro sono vittime quanto noi in questo gioco, qualcuno li sta manipolando per metterli contro di noi, nello stesso modo in cui ci hanno messo contro di loro". 
"Una spia che fa il doppio gioco?" 

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Capitolo 49
*** A carte scoperte ***


Capitolo XLIX

 
A carte scoperte

Tavington stese la mappa che segnava gli Stati delle Colonie del Sud sul suo scrittoio. Aveva buttato giù per terra ogni cosa ci fosse sul tavolo, doveva fare spazio.
La mappa era grande abbastanza per lo scopo che gli serviva, Bordon si trovava affianco a lui e non si perdeva un movimento.
"Qui siamo noi" disse William, appoggiando un mattoncino su 'Beaufort' "ho avuto modo di parlare con Cornwallis e mi ha riferito di rappresaglie contro i carri dei rifornimenti recentemente, infatti siamo a corto di sostanze, Capitano.."
Bordon si grattò impercettibilmente la testa "avete ragione, noi facciamo i controlli ogni giorno, ma non riusciamo mai ad acciuffare quella banda di Ribelli" disse, affranto.
"Lo so, stanotte ci ho riflettuto. Loro conoscono la nostra posizione sempre, a Savannah ci hanno teso un'imboscata, ma come facevano a sapere che ci saremo diretti là?"
Bordon rimase in ascolto.
"Ti ricordi la liberazione dei Ribelli per opera di quel tale, Gabriel, mi sembra".
"Sì, Colonnello, ricordo".
"Come hanno fatto a uscire?" chiese con un'alzata di sopracciglia.
"Hanno preso come ostaggio il Colonnello Tarleton e poi voi vi siete offerto.."
"Non dico quello, Bordon" lo fermò subito Tavington "non capisci che era quello che volevano farci credere? Loro volevano che la nostra attenzione fosse posta su quel ragazzo, io ero sicuro fosse lui il famoso Fantasma, capo di quella banda" ammise William con frustrazione, poggiando le mani sul tavolo.
"Non è così Colonnello?" domandò l'altro, senza capire il suo Superiore.
William sorrise amaramente "non è mai stato lui, Bordon. Volevano distrarmi dall'obiettivo, mi hanno fuorviato, mi hanno.. fregato".
"Cosa state dicendo, Colonnello? Faccio fatica a seguirvi.." ammise il Capitano.
"Pensa al quadro completo, Bordon. Non ti fermare ai dettagli, al singolo fatto, lo devi collocare all'interno di tutto il disegno".
Fece una pausa "chi ha deciso di venire qui a Beaufort?"
"Cornwallis, è lui che prende queste decisioni. Ma non state parlando sul serio, non vorrete accusare il Lord Generale.."
Tavington scosse la testa "certo che no, lui è semplicemente una vittima, una pedina, è stato manovrato da un altro" poi il Colonnello si avvicinò al viso di Bordon "qualcuno su cui ripone la stima, non è stato lui a decidere per Beaufort. Ne sono sicuro".
"Va bene, mettiamo caso che sia così. E poi?"
William guardò il segnaposto che indicava Beaufort, poi ne appoggiò un altro su Savannah e un altro ancora sul Forte Charlotte e così via, segnando tutti i luoghi in cui gli Inglesi avevano risieduto nello scorso anno.
Bordon seguiva la mano di Tavington e così notò che i mattoncini seguivano una strada particolare, uno a uno portavano al Forte Trox, a Beaufort.
"Non ci vedo niente di strano, Colonnello. Magari non siete a conoscenza di tutti i piani del Lord Generale, magari aveva scelto questa location fin dall'inizio, è un posto.."
William terminò la frase per lui "protetto, lo so. Proprio quello che serviva, renderci protetti e isolati".
Bordon scosse la testa dubbioso "abbiamo alleati vicini".
"Al Nord, al Sud c'è solo Cornwallis" disse Tavington "comunque, io ero convinto che fosse Gabriel l'uomo che cercavo".
"Il Fantasma?" Chiese l'uomo.
Tavington scosse la testa "no, la spia".
"Spia??" Bordon era allibito.
"Avevo questo dubbio da un po', dal primo attacco a sorpresa a Savannah, ma in quell'occasione erano riusciti a ingannarmi.. a distrarmi" ammise.
"Colonnello, voi avete un nome in mente, vero?" Non era una vera domanda, aveva un sentore sulla risposta, ma lo chiese comunque.
William rise "da un po', ma ieri ho collegato i pezzi tra di loro".
"Io ancora non comprendo cosa ci sia di sbagliato in questa città, Colonnello.."
William allora aprì in fretta il suo cassetto e tirò fuori dei blocchi di pasta indurita e li posizionò successivamente sulla mappa. Ne mise tre o quattro attorno Beaufort, a formare un poligono irregolare.
"Questa è la zona in cui abbiamo messo le sentinelle per controllare l'area, giusto?"
"Sì" annuì l'altro.
"Bene, ora guarda il disegno".
L'uomo osservò la mappa con i segnaposto "siamo in una botta di ferro, Colonnello".
"Molto bene, Bordon, allora dimmi. Cinque punti sicuri di sonda attorno al Forte e tutti, dico tutti, gli attacchi contro i nostri carri sono andati a segno. Spiegami come mai.."
Il Capitano osservò la mappa, ma non rispondeva. Non sapeva cosa dire, qualche rappresaglia a segno ci stava, ma tutte erano troppo.
Quella mattina i soldati di Tavington erano stati mandati a pattugliare, ma..
"Voi non ci avete dato l'ordine di andare sul confine, Colonnello".
William scosse la testa "no, avevo stabilito con Cornwallis un percorso che vi volevo far seguire, ma Tarleton mi ha preceduto".
"Come faceva a sapere Tarleton dei vostri piani, anche io ho pensato subito a lui, ma ci sono troppi spazi mancati, Colonnello".
Tavington si massaggiò il collo "è un piano degno di uno stratega" disse infine.
Bordon annuì "grande intelligenza, già".
“No, solo un motivo forte e determinante e forse rancore.." William aprì il cassetto e prelevò la sua pistola "aspettati un attacco da un momento all'altro, ormai hanno raggiunto il loro obiettivo. Siamo chiusi in questo Forte, senza rifornimenti, senza collegamenti con i nostri alleati. Sacrificati!"
"Io non riesco ancora a crederci, Colonnello, come hanno fatto i Generali O'Hara e Cornwallis a non rendersi conto di quello che stava succedendo?" Chiese nervoso.
"Hanno incolpato i Ribelli, come ho fatto io fin dall'inizio, ma se ci pensi bene loro sono vittime quanto noi in questo gioco, qualcuno li sta manipolando per metterli contro di noi, nello stesso modo in cui ci hanno messo contro di loro".
"Una spia che fa il doppio gioco?"
William rise "doppio, triplo.. non ti puoi immaginare quale sia il vero volto di questo traditore, perché è qualcuno che ci è stato vicino, che ha sudato con noi in battaglia, che si è rallegrato con noi in tempo di vittoria, che ha condiviso il cibo con noi, ci è stato fratello e poi ci ha pugnalati alle spalle!"
Bordon alzò gli occhi verso il suo Superiore "non posso crederci".
"Devi, solo una persona poteva convincere Cornwallis ad avanzare fino in questo covo di Ribelli. Ma lui lo ha fatto perché si è fidato, come abbiamo fatto noi. Non pensavo l'odio, la competizione, potessero portare a tanto. Ma in questi giorni mi si sono aperti gli occhi su molte cose, Nikolas" disse alla fine.
"Colonnello Tavington, io sono sempre al vostro fianco, se avete bisogno di una spalla. Su di me potete contare ciecamente, non vi tradirei mai, morire per salvare il mio comandante".
William gli sorrise "anche se è uno stronzo?"
Bordon gli appoggiò una mano sulla spalla "proprio questo è il bello dell'amicizia, sorreggersi nel momento del bisogno. Tutti sono amici nei momenti di gioia, ma nei momenti bui servono gli amici".
Qualcuno fece squillare la tromba e li interruppe.
William si affacciò e vide che sotto si era scatenato l'inferno.
Un attacco al Forte, se lo aspettava, anche se non così presto..
"Dobbiamo andare, Bordon" disse velocemente Tavington, inserendo alcune munizioni nel fodero.
"A quanto pare i nostri nemici hanno deciso di agire alla luce del sole".
L'altro gli stava dietro, pronto a combattere "sono sempre pronto".
"Oggi sarà il giorno della verità, molte saranno le carte scoperte e scommetto che la nostra spia non si trova più nel Forte".
"Come fate ad esserne così certo?"
"Perché hanno intenzione di buttarlo giù, Bordon, e farci fuori tutti".
Uscirono dalla stanza e percorsero il corridoio.
Prima di uscire dal Forte e affrontare -forse- la morte, William si girò verso Bordon.
"Devi farmi un favore, Nikolas, come amico".
L'altro annuì "tutto per voi".
Tavington allora prese una busta e gliela consegnò "se dovesse succedermi qualcosa la potresti consegnare a Beatrice?"
"Certo, Colonnello, ma voi come.."
"Te l'ho detto, sapevo da un po' di questi piani segreti. L'unica cosa che mi mancava era una delucidazione sul movente, non riuscivo a trovarne uno così solido da causare tanto dolore. Invece ho avuto l'illuminazione ieri" disse.
"Lei non è qui, Colonnello?"
William scosse la testa felice "no, ho chiesto ad un'amica un favore.. dovrebbe essere lontano da qui".
Bordon prese la busta e la inserì all'interno della fodera della giacca.
"Farò come mi avete detto, Colonnello, custodirò questa lettera, ma sarete voi a consegnarla alla vostra Beatrice".
William tirò fuori la pistola, sorrise, ma non rispose.
La battaglia era iniziata.

Il Colonnello Tavington scese velocemente le scale e osservò il campo.
I soldati erano impegnati a combattere contro quelli che sembravano Ribelli, lo aveva capito dal loro abbigliamento. Non indossavano nessuna divisa continentale, ma vestiti semplici.
Come avevano fatto a sorpassare le guardie, come erano riusciti a penetrare all'interno di Fort Trox? Questo non faceva che confermare i suoi sospetti, qualcuno aveva dato loro il libero accesso.
William caricò la pistola e poi colpì un uomo, dritto al cuore. Senza accertarsi di averlo ucciso, proseguì, tirando fuori la sua spada.
“Bordon”.
Il Capitano aveva appena tramortito un giovane, lo raggiunse “ditemi, Colonnello”.
William trapassò il corpo di un ragazzo e poi diede un colpo secco con il manico della pistola ad un altro.
“Manda dieci uomini sul confine, velocemente” caricò la pistola in fretta e poi la puntò contro un uomo “voglio un resoconto subito” sparò, colpendo l’uomo al centro del torace.
“Ai comandi” Bordon sferrò un colpo feroce contro il ribelle che stava caricando contro di lui in tutta furia “altro?”
“Sì, manda dei Dragoni all’interno del Forte” diede un pugno in faccia all’americano di fronte a lui “altri fuori dal Forte ad arrestare i nemici” schivò con abilità un attacco e uccise un altro uomo.
“Sarà fatto, Colonnello”.
“Bene, ora vai. Manda tutti gli altri sul campo e vediamo di rendere onore al buon nome Inglese”.
Erano in svantaggio, erano sicuramente più numerosi, ma erano stati battuti -di nuovo- dal fattore sorpresa degli altri.
Tavington caricò la pistola e la puntò su un vecchio, che barcollava, forse già colpito da un altro. Senza aspettare nemmeno un secondo sferrò un colpo di spada preciso contro il torace di un altro, questo cadde per terra in ginocchio.
Era un ragazzino, avrà avuto all'incirca sedici anni, biondo, occhi azzurri. William leggeva l'innocenza nei suoi occhi, ma non poteva permettersi di essere compassionevole in quel momento, dopotutto solo uno di loro due sarebbe sopravvissuto.
E lui doveva vivere, non per se stesso, come aveva fatto fino a quel momento, ma per Beatrice e il bambino.
Il secondo di incertezza si volatilizzò nell'attimo in cui vide il volto sorridente della sua Beatrice; il giovane lo guardava con gli occhi che lacrimavano, chiedendogli pietà.
William appoggiò la sua pistola contro la fronte del ragazzo e poi sparò.
Il macellaio.
Non William, solo il terribile, sanguinario Macellaio.
Appena alzò la testa, venne buttato giù per terra.
"Brutto figlio di puttana!" urlò qualcuno, quella stessa persona che lo bloccava contro il terreno.
Tavington gli diede un pugno in faccia, colpendolo forte fino a stordirlo. Approfittò del suo intontimento temporaneo per invertire le posizioni e tenerlo fermo contro terra.
Un altro pugno in faccia e questo batté la testa più volte contro il terreno, poi William sfilò uno stiletto dagli stivali e lo colpì al cuore.
Gli uomini che stavano combattendo in quel momento non li aveva ancora visti, dovevano averli reclutati di recente e mancava anche all'appello il giovane Gabriel.
Dopo minuti intensi di combattimenti fino ad esaurire le forze di ciascuna fazione, William calcolò velocemente il numero dei nemici.
Era calato nettamente, questo poteva dire solo una cosa, o erano stati uccisi o erano scappati via.
Beatrix era ancora lì fuori e lui doveva cercarla e metterla in salvo, Elizabeth aveva detto che l'avrebbe portata lontano, ma come avrebbero fatto a difendersi loro due in caso di attacco?
Due donne perse.
"Colonnello Tavington" lo chiamò un soldato che era ferito alla gamba, la copriva con una mano per evitare un'emorragia.
"Voi non siete uno dei miei uomini" dichiarò subito William.
L'altro annuì "lo so bene, Colonnello. Sono venuto a chiedervi quali sono i comandi, Signore" disse, respirando con fatica.
"E perché venite da me, soldato?" rispose seccato William.
Ci mancavano solo i Dragoni di Tarleton a complicargli le cose!
Tavington lo sorpassò, evitandolo con gelo negli occhi. Aveva una battaglia di cui occuparsi, non certamente gli inganni di Banastre!
"Colonnello!" urlò l'altro.
Ma William lo ignorò, senza nemmeno voltarsi.
Aveva bisogno di sfogarsi, di fare a pezzi un corpo, oh quanto gli mancava!
Afferrò saldamente il manico della spada e la agitò in aria, tagliando in due un uomo; non si arrestò, si girò su se stesso e colpì il soldato nemico che si trovava vicino a lui. Fece lo sgambetto al vecchio che stava correndo verso di lui e, una volta per terra, lo infilzò proprio nel centro della schiena, in alto al centro e il suo cuore smise di battere.
Superò alcuni uomini, scostandoli con rabbia e poi entrò nell'ala ovest del Forte, dove sapeva risiedeva Cornwallis.
Il palazzo che splendeva di lusso un tempo, ora era un luogo scarno e inospitale. Quei Ribelli avevano fatto un bel lavoro, avevano trafugato ogni cosa, persino i tappeti orientali.
Vide un uomo sanguinante, che si reggeva a malapena allo stipite della porta.
"Identificati soldato" ordinò Tavington.
"John Locke, Signore. Guardia speciale del Lord Generale Cornwallis" disse, con grande fatica, allo stremo delle sue forze.
"Dov'è lui?"
L'altro scosse la testa.
William lo prese per le spalle e lo fece andare a sbattere contro il muro "Morto?" gli urlò.
"N-no, Colonnello" disse l'uomo spaurito.
"Allora dov'è?"
Il soldato scosse la testa di nuovo, facendo innervosire Tavington.
"N-non l-lo so.." riuscì a dire, biascicando le parole.
William lasciò la presa, facendolo crollare per terra.
Dov'era il Generale? Come faceva la sua guardia personale a non sapere dove si trovasse?
Tavington si prese la testa tra le mani, stava andando di male in peggio. C'era qualcosa che gli sfuggiva, ma non riusciva a capire cosa.
Aveva realizzato ci fosse Tarleton dietro tutta quella messinscena, ma qualcosa non quadrava.
Il movente del Colonnello era la fama, la voglia di vincere su William, di fargli vedere che era migliore di lui, ma allora.. perché prendere Cornwallis?
William sentì delle grida in lontananza, una donna urlava e implorava i suoi assalitori di lasciarla andare.
Il Colonnello seguì quelle voci, scese le scale in fretta e si ritrovò ben presto nella cucina.
"Allontanatevi o vi ammazzo!" sbraitò la vecchia cuoca contro un americano, la donna brandiva un matterello e pensava di difendersi con quello. Ne era convinta.
"Cosa credi di farmi con quello, vecchia pazza?" rise malignamente l'uomo.
"Posso farvi tanto male se vi colpisco in testa" rispose, balbettando un po' dalla paura.
"Mi sono stufato di te" disse l'altro, tirò fuori la pistola e gliela puntò alla testa "è ora di farti stare zitta".
"Lasciatemi, ho detto che non so dove sia la Contessa" pianse "non lo, credetemi. Vi supplico".
L'uomo scosse la testa "io so che ti sbagli, mi hanno detto che conosci bene la famiglia Cornwallis. Ora, dimmi" urlò forte "dov'è Elizabeth Cornwallis??"
"Non lo so, vi ho detto!" replicò, ma senza convincere l'altro.
"Va bene, ora mi sono scocciato" rimbeccò, caricando la pistola.
William fece un passo dentro la stanza e gli posò lui l'arma contro la testa "già, mi sono scocciato anch'io. Che ne dici di far divertire un po' anche me?"
"Chi sei?" chiese l'altro.
"Non capisco che gusto ci sia a minacciare una vecchia donna che non può difendersi" proseguì, ignorando la domanda del ribelle.
"Chi ti manda?" gli domandò cortesemente Tavington.
L'uomo rise forte, come se non sapesse di avere una pistola puntata contro "andate al diavolo, al rogo tutti voi Inglesi insieme al vostro Re".
William rise "non sono un'amante dei barbecue, ma forse potrei trovare l'idea alquante allettante come nuovo metodo di tortura" poi si rivolse alla donna "sei una cuoca, giusto?"
Lei annuì subito, abbassando il matterello "sì".
"Vedi, ho tutto l'occorrente per cuocerti per bene".
"Voi non starete parlando sul serio?" chiese.
Tavington fece uno dei suoi ghigni malvagi "devo in qualche modo meritarmi la nomea che mi avete, gentilmente, affibbiato, no?" poi disse, in farsetto "il temibile Macellaio, l'uomo nero che viene a mangiare i bambini!"
Il ribelle abbassò la pistola, che teneva ancora puntata contro la donna.
"Tavington" disse, in un sussurro.
Non una domanda, non un'imprecazione, ma un gemito di paura.
L'uomo si girò ad incontrare gli occhi ghiaccio del Colonnello.
"Il piacere è mio, sul serio" gli riferì lui, ridendo di gusto.
L'americano diede uno sguardo fugace alla sua pistola, William sapeva cosa stava per fare, glielo avrebbe impedito "se vuoi incontrare la morte, te la presento io".
Tavington si buttò contro l'uomo con tutto il suo peso e i due caddero così per terra. Entrambe le pistole vennero scagliate contro il muro e i due uomini si misero a colpirsi a vicenda. L'americano lo aveva preso per il collo e tentava di strangolarlo; William, invece, si trovava sopra di lui e faceva lo stesso.
Lo scontro finì presto, ma non per merito del Colonnello. La donna, che era rimasta lontana e spaventata fino a quel momento, caricò il suo matterello e colpì il ribelle alla testa con forza.
"Beccatevi questo, tanti saluti dalla vecchia pazza!"
Tavington sospirò. Iniziava ad essere stanco, la battaglia lo eccitava più di ogni altra cosa -non proprio tutto, comunque- ma il suo corpo era stato recentemente sovraccaricato di emozioni.
"Ho fatto bene?" domandò la cuoca.
Il Colonnello annuì "sì, brava".
Poi Tavington si alzò, senza ringraziarla, ma la minacciò con un dito contro "resta qua, se si sveglia.." si pulì il sangue che colava dal naso con la manica della camicia "..dagli un'altra botta in testa".
La signora annuì velocemente.
Si piegò sulle ginocchia, accovacciata vicino al corpo stordito dell'uomo, reggendo il suo matterello saldamente "se si sveglia lo colpisco, va bene. Posso farcela".
"Voi dove andate?"
"Prima di interrogarlo devo parlare con una persona".
William si asciugò la fronte e poi uscì dalla cucina.
Aveva avuto un'idea chiara su tutto, ma gli ultimi elementi che aveva scoperto avevano creato altri mille quesiti senza risposta.
Era stato vicino alla risoluzione dell'enigma, ma c'erano due cose scollegate.
Cornwallis.
Elizabeth.
Più ci pensava e più si convinceva che non aveva visto tutto, era riuscito ad andare oltre il dettaglio per raffigurarsi il disegno completo, allora cosa aveva omesso?
Era uscito dal palazzo e si stava dirigendo verso il cortile.
Doveva cercare quel maledetto, a meno che non fosse scappato via.. probabile.
Allora perché lo cercava? Forse in cuor suo credeva non fosse lui la spia?
Doveva essere lui, perché l'alternativa era agghiacciante.
Vide sul campo tanti feriti, ma soprattutto tanti morti. Ma non trovava la persona che cercava.
Qualcos'altro non funzionava.. perché gli uomini di Tarleton si muovevano così scoordinati? Mancava loro un riferimento.
William aveva dato istruzioni chiare ai suoi uomini su come agire in caso di attacco e, prima di andare a cercare Cornwallis, aveva dato le ultime dritte. Lui comunque aveva Bordon, che era la sua spalla, il suo braccio destro, sapeva leggergli nella mente.
Invece Banastre in quello era molto diverso da William, piaceva a tutti, ma voleva essere solo lui a comandare. Aveva un secondo in comando, ma non lo aveva mai trattato come tale, piuttosto come un soldato semplice.
Tavington fermò uno dei Dragoni di Tarleton "dov'è il vostro Superiore?" chiese con tono imperativo.
L'altro guardava a destra e a sinistra, senza guardare il Colonnello, era evidentemente scosso per la battaglia.
"Dov'è?" urlò di nuovo.
"Non c'è".
William se avesse potuto avrebbe gridato forte, stava impazzendo.
Perché erano spariti tutti? "Cosa vuol dire che non c'è? Quando l'avete visto l'ultima volta?"
"Ieri, aveva detto che era stanco. Non è sceso oggi in battaglia".
William sbarrò gli occhi "cosa?? Chi vi ha dato gli ordini?"
L'altro scosse la testa "nessuno, Colonnello".
Tavington non proseguì oltre, lasciò la presa e lo fece andare via.
Diceva il vero perché era già il secondo che gli confermava che Tarleton non era sceso a comandare i suoi Dragoni.
Così non andava bene, perché William aveva creduto che Banastre avesse fatto tutto quello per la gloria, ma sul campo non si era presentato, Cornwallis era sparito e poi lui non c'entrava niente con Elizabeth.
William a quel punto entrò nella fortezza.
Andò svelto al piano superiore e cercò la stanza di Tarleton, se lui era la spia doveva aver lasciato qualcosa, almeno un indizio.
Si avvicinò alla porta e sentì qualcuno mugugnare.
Girò la maniglia e si ritrovò una scena pietosa, a tratti buffa, a tratti drammatica.
Questo però voleva dire che aveva sbagliato su tutto..
Chi sei?

**spoiler**
"Non mi chiedi nemmeno come è andata la battaglia? Te lo dico io, allora, i tuoi uomini sembravano tori sbizzarriti senza guida, Cornwallis è sparito, tutto il Forte è sottosopra -ma almeno i Ribelli sono fuggiti via- non posso ancora calcolare il numero dei feriti e morti, ma non sarà un numero piacevole". 
Fece una pausa. 
"Niente da dire, eh? Per il resto mi posso consolare con" lo indicò "questa bella scena", rise di nuovo. 

 

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Capitolo 50
*** Legati ***


Capitolo L 
 
 
**Legati**
 
"Chi sei?" domandò Beatrix, con un filo di voce.
Liza aveva ancora le braccia attorno alla ragazza, con fare protettivo.
L'uomo guardava la Contessa, puntando la pistola contro le due fanciulle con sguardo glaciale.
Bea si girò verso la donna, gli occhi domandavano spiegazioni "che succede?" chiese.
Boom
Uno sparo fece sobbalzare le donne.
Rumori di cannoni, scoppi di pistole riempivano l'aria, sembrava di essere nel bel mezzo di un combattimento e forse quell'uomo che sostava muto di fronte a loro era uno dei nemici.
Beatrix si alzò "chi sei?" chiese di nuovo.
L'assalitore aveva un mantello con cappuccio a coprirgli il volto, non si riuscivano a vedere i suoi lineamenti.
"Chi siete?" l'uomo parlò per la prima volta.
La Contessa la affiancò e la prese per mano "ci conviene non fare niente di avventato" sussurrò alla ragazza.
"Liza, è armato" confidò la fanciulla.
"Lo so" poi la signora la superò e si mise davanti, a coprire Bea.
"Lasciaci andare" si sfilò i suoi orecchini e glieli mostrò "ti posso dare questi, sono diamanti. Ma, ti prego, non farci male".
L'uomo diede uno sguardo fugace ai monili e poi osservò nuovamente la Contessa "chi siete?" domandò, ignorando gli orecchini.
"Siamo donne indifese" rispose diplomatica.
"Inglesi? Le donne americane non posso possedere di certo quei diamanti" osservò l'uomo.
Liza annuì "sì, sono inglese. Ma sono sempre una donna" alzò le mani in cielo "disarmata".
L'uomo scosse la testa "credi che i soldati Inglesi si preoccupino di questo? Violentano le nostre donne e le uccidono con i nostri bambini in grembo, senza pietà".
Beatrix sobbalzò e si toccò senza rendersene conto il ventre, in modo istintivo.
"Voi Americani proclamate di essere diversi dai vostri nemici" gli fece notare Elizabeth "se vi comportate come loro non siete meglio degli Inglesi".
La Contessa proseguiva sulla linea inoffensiva, parole misurate e controllate, ma non si riusciva a capire se avesse fatto centro o meno.
"Parlate bene signora, come vi chiamate?" domandò, non aveva ancora abbassato la pistola.
"Liza" rispose subito lei.
"Bel nome, e cosa ci fanno due donne sole durante uno scontro armato?"
Bea si intromise "stavamo facendo una cavalcata, c'è la bella giornata oggi".
L'uomo alzò gli occhi al cielo "vero, comunque non posso lasciarvi libere" disse.
"Ti prego" implorò la ragazza.
Elizabeth le accarezzò i capelli "stai tranquilla, tesoro" disse, dandole un bacio sulla testa.
"Cosa hai intenzione di fare con noi?"
Era incredibile quanto la Contessa fosse tranquilla, riusciva a sapersi controllare. E per fortuna! Perché Beatrix invece era in bilico, era sull'orlo della crisi. Aveva tanta paura.
"Non lo so ancora" rispose infine, abbassando però la pistola.
Bea sospirò un secondo.
"Ma non credete che vi lascio libere" tirò fuori una corda "adesso venite con me".

Le aveva legate con una corda resistente, tutte e due, perciò era duro liberarsi, quasi impossibile.
Bea sperava che da un momento all'altro arrivasse William, ma dentro di lei sapeva che non sarebbe arrivato. Aveva eluso il suo ordine, l'aveva sfidato e adesso avrebbe pagato le conseguenze.
"Perché abbiamo sentito i rumori di pistola prima?" domandò ad un tratto Beatrix.
Stavano proseguendo a piedi, almeno loro due; il sequestratore invece procedeva a cavallo.
"Perché c'è una battaglia là fuori, ragazza".
Beatrix lo guardò di traverso "non sono una ragazza, sono una donna. Saremo anche alla tua mercé, ma non ci faremo trattare come canovacci usati".
L'uomo rise di gusto "hai fegato, fanciulla, davvero i miei complimenti" poi diede uno sguardo fugace alla Contessa "ma tua madre è più composta di te".
Bea osservò Elizabeth.
La donna era vicina a lei, legata come Beatrix. Ma non diceva niente, non si era lamentata nemmeno una volta. Aveva permesso all'altro di legarle le mani e poi aveva taciuto. A guardarla bene in quel momento non sembrava la Contessa Cornwallis, ma piuttosto una donna come le altre.
"Cosa ti fa pensare che lei sia mia madre?" lo sfidò Bea.
Il ribelle incurvò le sopracciglia "non è così?"
La Contessa scosse la testa.
Avevano preso in contropiede l'uomo "allora cosa siete, parenti, affini?"
Beatrix rispose d'impulso "amiche".
"Ah" esclamò l'americano.
"Chi ha incominciato la battaglia?" chiese Elizabeth.
"Noi" disse tronfio lui "e saremo sempre noi a finirla".
"Credete davvero di battere Cornwallis?" domandò la Contessa "un esercito di contadini crede davvero di battere un esercito di dodici mila giubbe rosse?" chiese lei, con un'alzata di sopracciglia.
Beatrix era invidiosa del modo in cui parlava Elizabeth. Era così brava con le parole e poi era informata sui fatti inerenti il lavoro del marito, Tavington invece le riferiva solo le cose che gradiva a letto, non in battaglia.
O forse sono io che non gli ho posto mai domande del genere.. si chiese la ragazza.
Il ribelle tirò le redini del cavallo e inchiodò con lo sguardo la Contessa "non vi preoccupate milady, il Lord Generale non è più un problema".

Dopo minuti, o forse ore di viaggio, si fermarono.
Beatrix era stata vicina più volte a perdere i sensi, senza capire perché, ma si sentiva male. E poi era preoccupata per William, prima aveva evitato di esternarlo perché se il ribelle avesse scoperto del suo rapporto con Tavington, o peggio ancora della gravidanza, le avrebbe fatto male. E lei si preoccupava per la pulce.
"Dove stiamo andando?" chiese, con la gola arsa. Aveva tanta sete, e anche fame.
"A casa mia" rispose l'altro, scendendo da cavallo.
La ragazza si stropicciò gli occhi e, poco a poco, vide una casetta.
Piccola, ma ben tenuta, almeno fuori. C'era anche un giardino con delle piante coltivate e alle spalle del rudere si estendevano ettari infiniti di campo di grano.
Il ribelle legò la corda ad un palo e poi sparì dalla loro vista, probabilmente era andato a sistemare il cavallo.
"Liza, cosa facciamo?"
"Assecondiamolo, almeno all'inizio" rispose a bassa voce "e poi troviamo un modo per scappare".
Beatrix stava per rispondere, quando vide in lontananza l'uomo muoversi verso di loro.
Era ancora incappucciato, ma ben presto il suo volto non sarebbe stato più celato. E allora sì che sarebbero incominciati i problemi, perché le vittime che vedono in faccia l'aggressore non vengono mai lasciate vive.
Vennero slegate tutte e due, ma lo sguardo glaciale dell'uomo le bloccò in un secondo, facendo loro vedere l'arma che portava alla cintura.
"Se provate a scappare, vi prometto che vi uccido. Sono stato chiaro?"
Loro annuirono.
"Molto bene. Ora entriamo in casa che mi dovete un po' di spiegazioni".
La sua casetta era abbastanza spartana, sembrava la casa di un reduce di guerra. Aveva trofei, medaglie incorniciate in teche, spade incrociate o scudi appesi al muro come ornamento.
Per il resto aveva il minimo essenziale.
Un tavolo in legno con qualche mobilio, che presumibilmente conteneva stoviglie. Un camino, piuttosto grande, e poi una grossa tenda, che forse teneva coperta la zona notte.
Lui intanto si era diretto verso il camino e aveva buttato dentro un po' di legna, per accendere il fuoco.
Beatrix vedeva pallini bianchi, si sentiva sudata più del normale e aveva tanto caldo.
"Scusa.. io" tentò di appoggiarsi alla sedia vicina a lei, ma le cose si stavano moltiplicando. Vedeva doppio, si aggrappò a qualcosa, ma "devo.."
Cadde per terra e l'ultima cosa che vide fu la Contessa che correva verso di lei.

"Tesoro, bevi".
Qualcosa di bagnato le sfiorava le labbra, percepiva un buon odore nell’aria e sentiva sempre più caldo. Tanto caldo.
"Beatrice.. fatti forza".
Qualcuno spingeva a forza del cibo nella sua bocca, ma lei aveva poche forze per replicare. Vedeva ancora sfocato, stava tornando l'udito, ma era come se i suoi occhi non volessero aprirsi.
"Perché sta male?" domandò qualcuno.
Una pausa. Un sospiro.
Non dirgli che sono incinta avrebbe voluto gridare, ma era come se fosse fuori dal suo corpo, spettatrice della realtà che viveva. Immobilizzata.
"Ha avuto l'influenza pochi giorni fa e non si è ancora ripresa" rispose la donna e Bea sospirò dentro di sé.
Che tu sia beatificata, Elizabeth!
"Ha il viso bianco, sembra un fantasma! Ironia della sorte e io che pensavo che ci fosse solo un Fantasma.."
"Ha bisogno di alcune ore di sonno, altrimenti non si riprenderà più" disse la Contessa.
Lui non rispose, ma Beatrix intuì avesse acconsentito perché Liza aveva sospirato felice.

Beatrix si svegliò più tardi, non sapeva dire per quanto tempo fosse rimasta intontita, ma abbastanza. Infatti si sentiva in forze, i muscoli erano rilassati, la testa non girava più, vedeva, sentiva, percepiva..
Era viva.
Alzò la schiena e si accorse che aveva qualcosa di pesante a coprirla. Pelliccia calda, riscaldata anche dal camino che si trovava vicino a lei.
Elizabeth giaceva vicino a Beatrix, si era accovacciata di lato e aveva posto un braccio sopra di lei, come se volesse proteggerla.
"Ti sei svegliata" disse qualcuno, facendola sobbalzare dallo spavento.
Il rapitore sedeva su uno sgabello distante da loro, aveva parlato senza guardarla negli occhi, semplicemente intagliava qualcosa su un monolite di legno.
"Sì" rispose Beatrix, sentendosi a disagio in presenza dell'uomo.
Si alzò, facendo attenzione alla Contessa e, una volta coperta con la pelliccia, si avvicinò all'americano.
"Ti ringrazio" disse la fanciulla.
"Per cosa?" rispose lui, alzando gli occhi verso di lei.
Beatrix balbettò un po' "per l'aiuto di prima, per l'accoglienza".
Ma lui la bloccò subito, tagliando corto "non ho fatto niente, dovresti ringraziare la tua amica" poi le puntò il coltellino contro "siete sempre mie prigioniere, non dimenticatevelo".
"Grazie, comunque. Non ci hai ancora ucciso almeno" disse, titubante.
L'uomo le passò una scodella che c'era sul tavolo "mangia, è rimasta un po' di minestra. La tua amica ha provato a farti mangiare, ma vomitavi tutto" le raccontò.
Beatrix si sedette al tavolo e avvicinò la scodella verso di lei. Non poteva rifiutare e non voleva proprio, aveva una tale fame che si sarebbe mangiata anche gli animali morti che erano appesi al muro come trofeo di caccia.
Prese il cucchiaio di legno e incominciò a mangiare silenziosamente, senza parlare con l'altro.
All'inizio era stata delicata, aveva preso il cucchiaio e aveva mangiato un boccone alla volta, come farebbe una signora. Ma alla fine, la sua natura si manifestò, appoggiò la posata sul tavolo e bevve direttamente dalla ciotola, come un cane.
Beatrix sentì l'uomo ridere sotto i baffi, allora alzò gli occhi verso di lui, continuando a ingollare la pastina.
"Tu non puoi essere inglese come lei" asserì, indicando con la testa la Contessa "mi rifiuto di crederci".
Bea appoggiò la scodella sul tavolo, facendo un ruttino.
L'altro rise.
"Che c'è?" chiese la fanciulla "non hai mai visto una donna mangiare?"
Lui scosse la testa "gli Inglesi non dovrebbero essere più.. a modo?"
Questa volta fu il turno di Beatrix di ridere "probabilmente è così, ma io non sono inglese".
L'americano smise di lavorare al cavallino che stava intarsiando nel legno, alzò un sopracciglio incredulo.
"Non ci credi, eh?" rimbeccò la ragazza.
"No" disse, cercando di scrutare nei suoi occhi "non sei inglese, posso crederlo. Ma un americano non starebbe in un Forte con degli Inglesi".
Bea schiarì la voce "e tu come fai a sapere che.."
"Vi ho viste" dichiarò, interrompendola.
"Già da Fort Trox?"
Lui annuì "sì, l'attacco era stabilito da giorni e io oggi vi ho viste uscire dalla cancellata del Forte, quindi.."
"Quindi questo non dimostra niente" rimbeccò immediatamente "che ne sai che non siamo.." Bea agitò le mani in aria "lavoranti del Forte".
L'americano scoppiò a ridere "hai fantasia, ragazza. Coraggio e grande immaginazione, ma so che non è così" si sporse verso di lei "e io non sbaglio mai".
Beatrix sbuffò, ma c'era poco da fare "allora che ne farai di noi?" domandò impertinente.
Lui riprese il suo lavoro sul modellino "quando la tua amica si sarà svegliata ne parleremo insieme" concluse.
E Beatrix intuì che aveva messo un punto finale alla frase in modo implicito, un fare -poco carino- per dirle che aveva terminato la galanteria da buon vicino.

 
***

William rise di gusto, come non faceva da tanto tempo "Oddio, Banastre. Ah ah ah.. cosa direbbe Cornwallis se ti vedesse così?" disse, mentre entrava e si chiudeva la porta alle spalle.
L'altro Colonnello non rispose, ma solo perché non poteva. Mugugnava, gemeva contro la stoffa, ma aveva la bocca bloccata.
William si avvicinò al suo tavolo e perlustrò attentamente.
"Mmgg..gg..mm".
William alzò gli occhi verso di lui "cosa? Non ti sento, parla più forte" disse, prendendolo in giro.
Tavington diede un'occhiata allo scrittoio di Tarleton, alla ricerca di un qualche indizio, perché si rifiutava di credere che avesse sbagliato il suo ragionamento. Che avesse seguito fino a quel momento la strada errata.
Non poteva crederci.
Il tavolo era pieno di scartoffie inutili, resoconti di guerra, commentari "e queste cosa sono?" osservò le lettere laccate che 'profumavano di donna'??
"Non mi dire che tieni le lettere che ti scrivono le tue ammiratrici..?" Tavington rise "più patetico di quello che pensavo".
Poi William aprì la bocca, continuando a pungolarlo "oh, sì. Tu credevi davvero che lei ti amasse. Ah ah, povero illuso" disse acido, con una smorfia.
"Mmmmmm… grggg..mmmmm"
Tavington lesse velocemente le missive, ma niente di interessante. O meglio, niente che gli potesse servire in quel momento, anche se lì davanti a lui c'era tanto materiale per prendersi gioco dell'antico rivale.
William non aveva trovato niente meritevole di interesse su quello scrittoio, così si appoggiò sul tavolo pesantemente "qualcosa devi aver lasciato, Banastrian".
Poi si sedette sulla grande poltrona del Colonnello e lo guardò da quella posizione.
"Quanto darei per poter ritrarre questo momento" appoggiò le gambe sullo scrittoio e lo osservò bene, ridendo di gusto "pensa alla vergogna se qualcuno ti vedesse così, e guarda la fortuna che proprio io sono venuto qua".
"Mmmggg..!!!" disse l'altro.
Tavington ignorò i gemiti lamentosi e petulanti dell'uomo e proseguì la sua indagine. Osservò con diligenza la stanza ma, a parte il Colonnello legato al letto nudo, non trovava niente fuori posto.
Il cestino vuoto, i vestiti penzolanti dalle ante dell'armadio aperto, la camera nel caos totale, la biancheria intima di donna in giro.. tutti gli elementi nel complesso non rendevano l'immagine di un uomo che aveva pianificato la fuga a breve.
No, William si convinse che Tarleton non aveva deciso di scappare, ma il profilo della spia che aveva ideato doveva essere quello, solamente non aveva trovato il suo S.I.
"Non mi chiedi nemmeno come è andata la battaglia? Te lo dico io, allora i tuoi uomini sembravano tori sbizzarriti senza guida, Cornwallis è sparito, tutto il Forte è sottosopra -ma almeno i Ribelli sono fuggiti via- non posso ancora calcolare il numero dei feriti e morti, ma non sarà un numero piacevole".
Fece una pausa.
"Niente da dire, eh? Per il resto mi posso consolare con" lo indicò "questa bella scena", rise di nuovo.
Si stava per alzare, ma la sua attenzione venne catturata da un lucchetto su uno dei cassetti dello scrittoio.
Era forse un indizio?
William non poteva sapere con certezza cosa avrebbe trovato, ma una cosa sicura era che Tarleton stava nascondendo qualcosa.
Se si mette un lucchetto si vuole per forza occultare qualcosa!
Tavington si alzò e si diresse verso l'altro uomo legato.
"Vuoi che ti sleghi?" Gli chiese, a pochi centimetri dal suo viso, con il sorriso sghembo stampato in volto.
William abbassò leggermente la benda dalla bocca, appena un po'.
"Brutto figlio di.." William gli ricucì la bocca, coprendola nuovamente.
"Tze Tze, non provarci, Ban" lo ammonì con un dito puntato contro "ricordati che sono l'unico che ti può liberare".
Tarleton alzò gli occhi al cielo e probabilmente lo maledisse in tutte le lingue del mondo, ma il suo mugugnare rendeva il suono molto distorto.
Quando l'uomo smise di agitarsi, di scalciare e di emettere suoni non identificati, William gli permise di parlare, abbassando la benda.
"Calmo?"
Banastre digrignò i denti così forte che perfino William riuscì a sentirli battere tra loro "molto bene, ora" si sedette sul letto vicino a lui "raccontami cosa è successo".
"Slegami" gli ordinò Tarleton.
Tavington rise "non credo proprio, tu rimani ancora nella lista dei sospettati" fece un'alzata di spalle "semplicemente devo decidere dove collocarti" specificò.
"Sospettati? Lista? Io sono una vittima!" tirò le corde con cui era legato al letto e lo fece tremare "non lo vedi?!"




 
**spoiler**
Capitolo LI – Tra le Lacrime e la Verità
“Allora le cose non potranno tornare mai più come prima..”
“No” rimbeccò subito Tavington, senza attendere che l’altro finisse la frase “ognuno di noi ha delle priorità, dei doveri da ottemperare, se il nostro lavoro fa incontrare le nostre strade –come adesso- allora non mi sottrarrò ai miei obblighi” poi continuò, dopo una pausa meditativa, guardandolo negli occhi “ma il rapporto che avevamo un tempo, la nostra amicizia è morta nel momento in cui ti sei scopato Scarlett” sputò fuori William, fissandolo con disprezzo e odio.
 
 
 

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Capitolo 51
*** Tra le lacrime e la Verità ***


Capitolo LI


**Tra le Lacrime e la Verità**
 
Spero perdoniate il grande ritardo!! Buon Halloween a tutte! ^^ 

Beatrix guardava le fiamme del camino che danzavano, mentre la sua testa era altrove.
Il loro aguzzino era andato via da qualche ora, accertandosi prima che fossero chiuse per bene nella casa.
E così Bea era rimasta ad osservare il fuoco, mentre attendeva che anche la Contessa si svegliasse. Non aveva voluto chiamarla prima perché tanto avrebbero fatto poco insieme, il ribelle aveva slegato un bel cane e lo aveva messo a fare loro la guardia.
Era grande e grosso e faceva tanta paura, senza contare che Beatrix aveva la fobia dei cani, questo rendeva perciò quella presenza ancora più fastidiosa.
La ragazza si era allontanata il più possibile dalla bestia, portandosi così nel lato della stanza diametralmente opposto.
Sentì Elizabeth gemere. Si stava svegliando.
“Beatrice.. non dormi?” domandò, stirandosi i muscoli.
La ragazza scosse la testa “non più. Credo di aver avuto un altro mancamento” confidò, infine.
“Lo penso anch’io” si alzò e si avvicinò “ti succede spesso?”
“In questi giorni sì, prima non più di tanto”.
Elizabeth le scostò una ciocca ribelle “credo sia anche lo stress che stai accumulando” poi si girò e si mise a perlustrare la stanza “e di certo questo non ti aiuta..”
Beatrix rise amaramente “inizio a pensare che porto sfortuna. Passo dalla padella alla brace, non c’è mai un momento di tranquillità” disse, col viso affranto.
La Contessa avvicinò le mani al fuoco, per riscaldarsi “sei mai stata in Gran Bretagna?”
La fanciulla si girò per guardarla con una smorfia in volto.
“Sono seria” aggiunse Liza, sorridendo.
“Sai, a Pembroke, il villaggio in cui sono nata, gli Inglesi erano visti come il demonio. Se avessi anche solo nominato a mia madre che volevo andare nel tuo Paese, mi avrebbero impiccato nella pubblica piazza” rispose, ridendo.
Questa volta fu il turno di Elizabeth di rimanere allibita.
“Sono seria” finì la ragazza.
“Vedo che ti hanno cresciuta con un odio radicato nei confronti degli Inglesi.. Beatrice, non sono tutti degli orchi, il male c’è ovunque” rimbeccò, indicando la stanza.
“Adesso lo so, ma non è facile cercare di cambiare la forma mentis di una persona. Guarda William, mi ama, ma delle volte ho come l’impressione che cerchi di giustificare i miei natali. Come se si vergognasse di quello che sono” le confidò.
Elizabeth annuì lentamente “non è facile, hai ragione. E per William è ancora più difficile, tesoro, lui deve credere in quello che gli dicono, perché è la sua ragione di vita” poi guardò il fuoco “ed è anche quella di mio marito”.
“Perché ci odiamo così tanto? In effetti noi Americani siamo inglesi in fondo, no?” disse, sorridendo.
“Il signor Jefferson non la penserebbe così..” rise la Contessa.
Beatrix si sfilò le scarpette e si sedette sulle ginocchia “alla fine per avere mille tiranni qui, è meglio averne uno che sta mille miglia da qui, non credi?” Disse Bea, con un’alzata di spalle.
“Non hai torto, Beatrice. Hai fratelli che combattono nell’esercito continentale?”
La ragazza scosse la testa “non ho fratelli. Figlia unica”.
“Adesso capisco perché sei così volitiva, non hai avuto fratelli maggiori a controllarti..”
Beatrix la osservò “perché, tu sì?”
La donna annuì “già, e non uno, bensì quattro”.
L’altra spalancò gli occhi “quattro? Immagino sia stata una prigionia costante”.
“No” rispose Elizabeth, con una smorfia giocosa “ad essere sincera solo con uno ho stabilito un legame forte, che mantengo tuttora. Con gli altri erano continui atti formali, solo per incontrare l’approvazione degli altri, ma Alexei è diverso”.
“Il tuo fratello preferito?”
“Sì, lui. Vive in Francia, così ci vediamo poco, ma ci sentiamo sempre per lettere” rispose la Contessa, con sguardo trasognato.
“Perché è andato fino in Francia?” domandò curiosa la ragazza.
“Perché ha seguito il suo amore, Annette. Ha rinunciato al titolo per lei, ma ora è felice. Quando gli chiedo se rimpiange la scelta che ha fatto, mi risponde ogni volta che rifarebbe tutto daccapo”.
Beatrix era incantata dal racconto della donna, in effetti lei la faceva sempre sognare con le sue storie oltre il tempo “una volta mi avevi detto che se si ama veramente una persona si possono anche superare quegli ostacoli.. ti riferivi ad Alexei e Annette?”
Elizabeth le sorrise “lui rappresenta la felicità fatta in persona, invidio la sua vita, mi sarebbe piaciuto prendere in mano la mia e fare veramente quello che volevo, a quest’ora vivrei felice con Daniel e il nostro bambino” sospirò, passandosi una mano sul petto.
“Perché non lo hai fatto?” domandò Beatrix.
“Perché ormai è tardi. Sono morti tutti e due” rispose, con le palpebre che tremavano debolmente, minacciando di far piovere.
“Come sono..”
La porta si aprì, bloccando Beatrix sul nascere, proprio nel momento in cui avrebbe voluto continuare a parlare con la Contessa.
“Siete tutte e due in piedi” constatò il ribelle, entrando e chiudendo la porta alle sue spalle “molto bene, così possiamo fare il punto della situazione”.
“Stai buono Rusky” disse al cane, accarezzandolo, mentre si faceva accogliere in casa.
 
***
 
“Cosa è successo?”
“Ho dato una piccola festicciola in camera” dichiarò soddisfatto il Colonnello dai capelli rossi.
William annuì “e questo spiega il disordine che regna nella tua stanza, ma non perché sei legato a un letto”.
Banastre sorrise “se tu sapessi, William, quello che è successo ieri notte, m’invidieresti soltanto”.
Tavington alzò un sopracciglio “non credo proprio, hai messo i tuoi svaghi di fronte ai tuoi obblighi Ban, che diavolo ti prende?” lo incalzò l’uomo.
Tarleton sbuffò, puntando gli occhi al soffitto “tu non capisci, non ho fatto niente di male. Niente che Cornwallis..”
William lo guardò con sguardo infuocato “certo, niente che Cornwallis non ti perdonerebbe, vero? Giusto, tanto hai il Lord Generale che giustifica ogni tua sbandata, ma oggi hai superato il limite” lo ammonì serio.
“Allora va’ da Cornwallis a raccontargli tutto, tanto stai aspettando solo quello..”
Tavington scosse la testa, con rassegnazione “se lo avessi voluto fare, lo avrei già fatto, non credi? E poi abbiamo problemi ben più gravi di questo, ora”.
Banastre annuì “già, devi slegarmi. Sono ancora legato” tirò le corde come poteva “inizio ad avere le braccia addormentate”.
“Dovrei lasciarti qui, come punizione per la tua imprudenza, ma purtroppo ho bisogno del tuo aiuto”.
Tavington tirò fuori uno stiletto e poi si allungò verso il corpo del Colonnello.
“William..”
Tavington stava tagliando lentamente la corda che teneva intrappolato Tarleton, quasi non si accorse dell’altro che lo aveva chiamato “che c’è?”
“Per me non è stato solo sesso” dichiarò alla fine.
Non era stato detto alcun nome, ma entrambi sapevano a cosa –anzi meglio dire, a chi- si riferissero.
William mandò giù silenziosamente, senza rimbeccare, ma con lo stomaco che improvvisamente si era chiuso. L’antica ferita non era chiusa e gli rendeva la sola vista di Ban intollerabile.
“Non mi credi?” domandò, con le sopracciglia che si erano incontrate dubbiose.
Tavington scosse la testa e infine liberò una mano dalla costrizione della spessa corda.
“Ban, non mi interessa. Ho buttato il passato alle mie spalle e non voglio tornare sui miei passi”.
Tarleton abbassò il braccio libero, cercando di farlo distendere un po’ “ma non mi hai ancora perdonato” sentenziò alla fine.
Un altro colpo secco e anche l’altro braccio era libero “no, non posso”.
Tavington rimise lo stiletto nei suoi stivali e poi si alzò dal letto. Una volta in piedi, prese a massaggiarsi le palpebre, dolenti anche per il fardello dei ricordi.
Non poteva permettersi di aprire la diga che aveva costruito sul suo passato, altrimenti si sarebbe riversato tutto il dolore fuori. Non sarebbe sopravvissuto.
“Allora le cose non potranno tornare mai più come prima..”
“No” rimbeccò subito Tavington, senza attendere che l’altro finisse la frase “ognuno di noi ha delle priorità, dei doveri da ottemperare, se il nostro lavoro fa incontrare le nostre strade –come adesso- allora non mi sottrarrò ai miei obblighi” poi continuò, dopo una pausa meditativa, guardandolo negli occhi “ma il rapporto che avevamo un tempo, la nostra amicizia è morta nel momento in cui ti sei scopato Scarlett” sputò fuori William, fissandolo con disprezzo e odio.
Tarleton annuì con mestizia “ci sono delle cose di Carly che tu non sai, William, se solo..”
Tavington alzò una mano in aria, gesto esplicito per dirgli di fermarsi “non mi interessa. Ora vestiti. Ti aspetto fuori”.
 
Dopo alcuni minuti, il Colonnello Tarleton uscì dalla sua stanza. Vestiva con la divisa Inglese, la classica giacca rossa e pantaloni neri, ma i capelli erano leggermente arruffati, lontano dalla coda ordinata di Tavington.
“Che cosa è successo durante la mia assenza?” domandò Banastre.
Sembrava essere tornato tutto come prima, l’intimità che si era creata pochi minuti prima si era dissipata con un semplice cambio di vestiti. Un cambio –forse- anche di status?
“Si è scatenato l’inferno” gli comunicò Tavington con nonchalance.
 
***
 
Wellsie era rimasta per tutto il tempo nascosta dietro le grandi colonne all’interno del Forte. Avrebbe dovuto scappare, erano questi i piani, ma la verità era che non ci riusciva. Continuava a pensare a suo fratello, ai suoi genitori, ai suoi amici.. a Beatrix..
Più ci pensava e più stava male, tanto che aveva rigettato l’anima sul terreno appiccicoso. Era riuscita a rimanere nascosta, senza che nessuno si fosse accorto di lei.
Chi si poteva accorgere di una piccola ragazzina dai capelli rossi appostata dietro un grande monolite?
Nessuno.
Nessuno che si accorgeva mai di lei, o era troppo piccola o troppo ‘femmina’, c’era sempre qualcosa che non la faceva essere adatta.
Era diventata una persona che non era, solo per assecondare Tarleton, per sperare che per lui fosse qualcosa di più che una semplice concubina; lo aveva sperato così tanto, ma i suoi stupidi sogni da ragazzina si erano infranti quel maledetto giorno.
Wellsie stropicciò ulteriormente il fazzoletto che teneva tra le sue mani, odiava quella donna. La odiava con tutto il cuore, aveva rovinato la sua famiglia, la vita di suo fratello e infine la sua. Era stata accolta nella sua casa, l’aveva trattata come una sorella e infine li aveva pugnalati.
Chiuse un secondo gli occhi e una sola striscia solitaria le rigò la gota. Sola com’era lei.
Voleva così tanto tornare al Forte, voleva correre tra le braccia di suo fratello come faceva da piccola e sfogarsi con lui, ma aveva paura che lui sapesse la verità.
Fort Trox era sotto assedio, i Ribelli giungevano da ogni dove. Erano riusciti a superare le barriere resistenti degli Inglesi con ogni mezzo, e alla fine avevano raggiunto il loro obiettivo.
E cosa rimaneva a Wellsie?
Una misera verità che aveva barattato con la lealtà dei suoi amici.
Dove sarebbe andata ora?
Che cosa avrebbe fatto?
Si sedette per terra e raccolse le gambe contro il suo petto, mentre le lacrime non avevano più una barra a trattenerle.
Si odiava.
“Amore” qualcuno la chiamò.
Wellsie alzò gli occhi bagnati verso l’inglese che sostava ferito di fronte a lei. Aveva i vestiti lacerati, la camicia tutta strappata, i capelli d’oro in disordine, tutta la faccia sporca, ma era sempre bellissimo per lei.
Non volle credere alle menzogne della sua immaginazione, come avrebbe voluto che fosse lui, ma sapeva che era solo frutto della sua mente capziosa.
“Lasciami stare” disse a se stessa.
Allora l’uomo si accovacciò sui suoi talloni e le accarezzò con dolcezza il braccio “amore, sono io, Nik, non ti ricordi più di me?” le chiese, pacato, con un sorriso genuino in faccia.
“Non sei tu, ti sto immaginando” gli disse Wellsie, alzando nuovamente gli occhi verso di lui.
Bordon rise “dici che stai sognando? Allora dammi un bacio bella principessa che ti risveglio dal tuo sonno”.
Wellsie pianse ancora più forte “smettila di essere così gentile, mi fai sentire ancora più in colpa”.
Bordon aggrottò la fronte, mentre lui la prendeva tra le sue braccia per cullarla “cosa hai fatto per sentirti in colpa, Wells?”
Lei lo abbracciò forte, mentre si asciugava le lacrime sulla sua camicia, catturando il suo odore, che le faceva sempre pensare a lui “non posso dirtelo”.
Bordon le accarezzò i capelli annodati, sciogliendo i nodi “hai fatto qualcosa di brutto?”
La ragazza annuì, gemendo.
“Va bene, e se io ti dicessi che forse so qual è il male che ti affligge?” domandò, ancora tranquillo.
“Non puoi saperlo” disse lei.
Nikolas sospirò “già, non mi accorgo se la mia ragazza si alza nel cuore della notte senza dirmi niente per poi tornare all’alba..?”
Lei si staccò da lui e Nik proseguì “non mi accorgo nemmeno se i miei compagni mi vengono a dire che il mio piccolo amore passa del tempo con uno di noi..?”
Wellsie mandò giù l’aria in gola.
“Tu lo sapevi?” chiese titubante la ragazza.
“Sai, Wellsie, i soldati sono più chiacchieroni delle donne all’ora del tè” poi le toccò delicatamente il nasino perfetto “e i muri di un Forte parlano più degli stessi uomini che ci vivono”.
Wellsie si alzò in piedi e così fece il Capitano “da quanto lo sapevi?”
Lui alzò le spalle, come se fosse una cosa poco importante “da un po’..”
Lei strinse a sé le spalle “e non mi hai detto niente?”
Nikolas si avvicinò a lei, sempre sorridendole “cosa avrei dovuto dirti, Wells? Di non vederlo più? Ti conosco bene, avrei avuto l’effetto contrario; se te lo avessi proibito, avresti avuto più desiderio di incontrarlo” le disse con semplicità.
Wellsie non sapeva cosa dire, era rimasta senza parole. Da quando aveva incominciato a vedere Banastre si era raffigurata il momento in cui avrebbe discusso con Nikolas. Eppure, tra tutti i castelli mentali che aveva pensato, questo era proprio il più improbabile.
Perché si stava comportando come se la sua azione fosse di poco conto?
“Quindi non sei arrabbiato?”
“Se intendi, essere arrabbiato con te, no. Sai..” scosse la testa, cercando di raggruppare le parole tra di loro “..sono diviso in due. C’è il mio cuore che ti perdona, che incolpa se stesso, perché se sei scappata tra le braccia di Tarleton vuol dire che ti mancava qualcosa” fece una pausa “poi c’è la mia mente. Caspita, Wellsie, io sono un uomo e sono inferocito che.. hai fatto qualcosa con lui.. c’erano momenti in cui avrei voluto picchiarlo, io..” abbassò lo sguardo per terra un secondo e poi la guardò con gli occhi lucidi “..io ti amo, prenderei una cannonata per te, farei qualsiasi cosa per renderti felice e se lui non fosse il mio Superiore gli avrei fatto il culo”.
Wellsie rimase colpita dalle parole pungenti di Bordon, lui era razionale, quieto. Era difficile scuoterlo e invece lei c’era riuscita. Era strano sentirlo parlare così, anche perché ogni singola lettera era una pugnalata al suo cuore.
Già, perché lei lo aveva ferito andando con Banastre e lo sapeva dal primo momento, come sapeva che un giorno avrebbe dovuto affrontare quel discorso con lui.
“Tu lo ami, vero?” chiese il Capitano senza mezzi termini.
Wellsie non sapeva come rispondere, era a corto di lemmi rilevanti.
“Io.. amo più te”.
Bordon annuì “lo so. Wellsie, se tu vuoi stare con lui io non te ne faccio una colpa..”
Wells lo interruppe, allacciando le sue braccia al suo collo. Uno slancio così improvviso che quasi fece cadere per terra il Capitano.
“Non mi lasciare, ti prego. Ho fatto un errore, lui mi ha preso in giro, come ha sempre fatto. E io ci sono cascata di nuovo, come una stupida”.
Lui la strinse forte tra le sue braccia “sapeva come fare per farti abboccare, amore. Ora, però, devi dirmi cosa vuoi fare.. con chi vuoi stare?”
Wellsie aveva il labbro tremolante “con te. Con te. Con te, per sempre”.
“Dobbiamo tornare dentro Wells, devo parlare con tuo fratello” disse infine, staccandosi dal corpo caldo della fanciulla.
Allora Wellsie lo guardò triste “Dentro? I-io non posso..”
Bordon la osservava perplesso “perché non puoi?”
La ragazza scosse la testa “non posso” ripeté, come un automa.
Allora Nikolas le arpionò le braccia, facendo sì che lei lo guardasse bene “Wellsie, ascoltami. C’entra per caso il Colonnello Tarleton?”
Lei abbassò gli occhi verso il terreno.
“Guardami, amore. Guarda me e dimmi.. tu sai qualcosa di quello che è successo oggi?”
Lei ebbe un sussulto, ma non fiatava ancora.
“Io ho fatto un grande sforzo per perdonarti oggi, ho dovuto mettere il mio orgoglio da parte”.
Ma lei osservava ancora distrattamente il manto fangoso.
“Guardami” le ordinò, strattonandola “guardami negli occhi, lo stai proteggendo? Wellsie?”
“Non posso” ripeté lei un’altra volta.
“Mi ami? Allora dimostramelo, fammi vedere che conto di più di quell’idiota di Tarleton e parlami” prese il suo mento con due dita “hey, piccina, ti puoi fidare di me. Io ti amo”.
Lei annuì “lo so, ma..”
Wellsie prese un respiro profondo.
Se lui aveva fatto un grande sforzo per perdonarla e buttarsi le sue azioni incriminanti alle spalle, anche lei doveva farsi coraggio e dirgli tutto.
Doveva, se voleva stare con Nikolas.
“Va bene” disse infine “ti racconto tutto”.
 

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Capitolo 52
*** **Avviso** ***


Ciao ragazze! Rispetto all'ultima volta che ho scritto su EFP sono passati diversi mesi, mi dispiace. Per diversi motivi ho smesso momentaneamente di scrivere, vi dico che la mia testa è stata impegnata in cose care a me che mi hanno davvero scossa, incredibile come in una manciata di mesi sia cambiata la mia vita tra organizzazione del matrimonio, gravidanza, interruzione della gravidanza, studio... Ho avuto un tornado nella testa che mi ha spazzato via la creatività, ma soprattutto la voglia di scrivere di nuovo. Diverse di voi mi hanno scritto chiedendomi il motivo per cui mi fossi fermata, non ho risposto ai vostri messaggi perché su EFP non ci sono stata fino a qualche giorno fa... La mia vita sta tornando -per quanto possibile- alla normalità e così mi sono decisa a tornare a scrivere, anche perché rimanere rinchiusa nella mia depressione per la perdita della piccola Sophia non mi ha fatto stare bene, mi devo convincere che è un segnale del Signore che forse non sentiva me e Fabio pronti... Spero possiate perdonare il mio ritardo e spero di non essere stata troppo 'aperta' circa le mie emozioni. Vi abbraccio, Giulia

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Capitolo 53
*** Nodi su Nodi ***


capitolo 51
Capitolo LI
Nodi su Nodi




La camera degli interrogatori era una stanza con le pareti in pietra, poche finestre, pavimentazione maleodorante e sporca: Tavington si trovava lì.
Aveva lasciato Banastre sul campo a contenere l’invasione e fare una censita dei morti e feriti.
Lui, invece, aveva preso alcuni ribelli, che erano rimasti in vita, e stava procedendo alla loro interrogazione.
“Non credo di aver capito bene, soldato” disse, freddo, Tavington.
“Non vi dirò niente” urlò, l’altro.
“Altre dieci” ordinò il Colonnello, all’uomo barbuto che faceva da esecutore in quel momento.
L’uomo agitò in aria la frusta e la fece cadere pesante sulla schiena nuda del ribelle.
“Aah!” ruggì l’uomo, mentre sopportava l’ennesima frustata del giorno.
“In un modo o nell’altro, scoprirò cosa state tramando e troverò il vostro Fantasma” esclamò, atono, Tavington.
Un’altra frustata, la schiena si stava decorando con lunghe linee perfette rosse, sebbene fosse sotto tortura da ore, ancora non si accingeva a spifferare alcun dettaglio.
“Anche l’altra volta a Savannah lo avevate detto” lo sfidò, quasi in fin di vita “eppure, eccoci qua!”
Tavington rise, si avvicinò con passo felpato al ribelle “riguardo questo piccolo dettaglio, non farò lo stesso errore due volte” poi, afferrò la spada che si trovava sul tavolo.
Senza dire niente, afferrò la testa dell’uomo e poi gli staccò il capo.
Fu veloce, freddo, silenzioso, non volle accompagnare il suo atto da qualche giustificazione, non volle addolcire la pillola.
William durante l’inizio della guerra, aveva mostrato brutalità incommensurabili: sotto il Generale Wentworth aveva brillato. Il vecchio era debole, sebbene il Colonnello si fosse guadagnato la terribile nomea del macellaio, lui non lo aveva giudicato. Anzi, lo aveva aiutato a salire di gerarchia, già, perché William gliene aveva fatto vincere di battaglie!
Era venuto nelle colonie per dimenticarsi di Scarlett, lei era stata una profonda delusione, era stata la prima volta per lui di aprirsi con una donna, si era donato completamente e lei lo aveva tradito e non con una persona qualunque: Banastre.
William aveva scelto di seguire Wentworth proprio per evitare di avere rapporti con il suo ormai ex migliore amico, ogni volta che lo guardava in faccia, non poteva non ricordarsi quella scena: lui e Carly.
“Portatemene un altro” ordinò, cercando di far sparire dalla sua mente i ricordi passati.
Il Tenente Kent buttò per terra un uomo: era paffuto, sguardo chino. Provò ad alzarsi, ma barcollava, non era ferito, eppure non si reggeva in piedi, sembrava molto teso.
“Colonnello, io vi supplico…” lo pregò l’uomo, senza che l’altro avesse ancora dato inizio veramente alla tortura.
Ah ah ah” si beffò di lui Tavington “mi supplichi?” ripeté, prendendosi gioco dell’uomo.
“Sì, ho famiglia” proseguì, sperando di far breccia nell’animo del Colonnello.
“Non puoi neanche immaginare quante volte io abbia sentito questo” gli rispose, quasi scocciato “legatelo” ordinò ai suoi uomini.
Così, i militi fecero come avevano fatto per gli altri dieci uomini prima di lui: lo fecero alzare e, poi, lo adagiarono su un tavolo di legno.
“Sai, cos’è questo?” domandò, Tavington.
L’uomo sudava freddo, ma si lasciò porre ugualmente sopra quella fredda lastra, era molto terrorizzato “n-no” biascicò, in un misto tra paura e confusione.
I soldati tornarono ai loro posti, contro le pareti.
“Come, no?” replicò William, sardonico “è il mio giocattolo preferito” gli rivelò, pacato, mentre accarezzava dolcemente il legno.
Lo strumento di tortura era una tavola equipaggiata di corde che, una volta legate ai piedi e alle mani della persona predestinata, diventava una sorte di gioco elastico.
“Te lo spiegherò molto velocemente” il Colonnello si avvicinò all’uomo, il quale alzò lo sguardo verso di lui, sempre più angosciato.
“Vedi, io fra poco ordinerò di tirare quelle leve” rivelò, indicando le due grosse ruote poste agli antipodi del tavolo “le leve faranno tirare le corde che sono attaccate al tuo corpo e poi… splash!
Non c’era bisogno che spiegasse cosa sarebbe successo esattamente, era chiaro: le corde avrebbero fatto allungare il corpo dell’uomo fino a che non si fossero spaccate, lentamente: le ossa, i muscoli e ogni parte del suo corpo.
“Perché lo fate?” domandò, agitato, l’uomo, quando finalmente capì cosa avrebbe sopportato.
“Perché voi non mi date scelta” gli illustrò “non siete per niente collaborativi, dopotutto, io non vi chiedo molto” si rattristò, ironicamente.
“Io” balbettò “vi voglio aiutare, Colonnello, vi prego lasciatemi andare” dichiarò.
Tavington rise “avete visto?” si rivolse ai suoi compagni “non ho ancora incominciato l’interrogatorio e già mi prega: fantastico!”
Gli altri soldati risero insieme al loro gerarca.
“Non sto s-scherzando, Colonnello” continuò l’uomo “io sono un servitore di Sua Maestà” rincarò la dose.
Tavington lo guardò, canzonatore “lo vedo, oh, sì che lo vedo!” constatò, allargando le mani per evidenziare il fatto che, se l’uomo si trovava lì, un motivo c’era!
“Io non volevo, vi supplico” rimbeccò.
“Alle leve” ordinò Tavington, e così i suoi uomini iniziarono a poggiare le mani sulle grosse ruote.
“Vi prego!” urlò.
William ignorò le preghiere e le grida e fece cenno, con la mano, di girare le leve.
Il corpo dell’uomo iniziò a torcersi: i tendini tiravano, i muscoli dolevano.
Aahh!” latrò il ribelle “io lo sapevo… aaahh…” disse, in preda a lacrime e dolori lancinanti “lo sapevo, lo sapevo, Gabriel, che tu sia dannato!”
Tavington colse un nome che gli ricordava molto qualcosa, “fermatevi” ordinò e loro fecero come ordinato.
“Che cosa hai detto?” inquisì il Colonnello.
L’uomo era terrorizzato, aveva parlato troppo, senza volerlo “io” biascicò “niente”.
Tavington lo prese per il colletto della camicia, bastò alzarlo di pochi centimetri per farlo urlare nuovamente di dolore “ripeti quello che hai detto” scandì, lentamente, con tono minaccioso.
“Io mi stavo sfogando, Colonnello” si spiegò.
William prese lo stiletto, poggiato sul tavolo, e lo avvicinò alla gola dell’uomo “io posso rendere la tua morte veloce e indolore o lenta e agognante” gli riferì, atono.
Il ribelle mandò giù rumorosamente “lo so”.
“Quindi, sta a te la scelta” si rivolse ancora Tavington.
L’americano diede uno sguardo vitreo alla stanza delle torture, osservò gli aguzzini inglesi con le mani sempre sulle leve, da un momento all’altro tutto sarebbe incominciato daccapo.
“Io non volevo unirmi al loro gruppo” raccontò.
William lo liberò dalla sua stretta “bene” disse, mentre si sedeva sul tavolo accanto a lui “questo è un inizio”.

Era notte.
William era stanco, aveva interrogato diversi ribelli, la maggior parte erano stati fallimentari, aveva solo perso tempo.
Qualcuno li aveva addestrati bene e non poteva essere un semplice contadino, come aveva previsto all’inizio. Non conosceva ancora il nome del fantomatico Fantasma, eppure, aveva acquisito informazioni molto interessanti.
Si trovava nella piazza principale, vagliò la struttura: la cancellata era abbattuta, sul suolo c’erano cadaveri senza nome, sangue ovunque, la pace, che aveva regnato il giorno precedente, era stata spazzata via dall’assedio subito quell’oggi.
“Banastre” lo chiamò, William.
Il Colonnello dai capelli rossi stava smistando gli uomini per la notte, si girò verso Tavington “dimmi” rispose, distrattamente, mentre continuava a lavorare.
“Devo parlarti” asserì.
“Adesso?” domandò l’uomo.
William annuì, mentre si avvicinava a lui “che fai?”
“Voglio che ripariate la cinta” riferì al suo secondo “e voglio che mandi una ventina di uomini al di fuori della cintura” imperò.
L’altro fece un cenno di capo “ai comandi, Colonnello” e poi sparì.
“Sto sistemando quello che si può sistemare” rispose al collega, sbuffando “ho fatto una cazzata, William” continuò, girandosi verso il suo amico.
Tavington fece una smorfia di assenso neutra, non era ravvisabile alcun sentimento in lui “già ma, ormai, non possiamo cambiare le cose” alzò le spalle.
“Io ancora non mi capacito di quello che è successo” si sfogò “e, dov’è Cornwallis, perché non ha dato ordini?”
William rise, amaramente “mio caro amico” gli diede una spacca sulle spalle “siamo soli”.
Banastre lo guardò con un cipiglio incredulo “che vuoi dire?”
Tavington gli tese una busta “leggi” ordinò.
L’altro si appoggiò alla colonna, e fece come detto, lesse velocemente la missiva che conteneva all’interno.
William, intanto, si massaggiò i muscoli del collo dolenti, si sentiva uno schifo: aveva bisogno di riposare il corpo, la mente, aveva un odore acre addosso.
Vide una lucciola e cercò di catturarla tra le sue mani, era piccola e luminosa, e risplendeva nella penombra.
Oh, Beatrice, dove sei?, pensò.
La ragazza le mancava, lui aveva cercato di non pensarci troppo quella giornata, altrimenti non avrebbe risolto niente, eppure, lei era un pensiero costante. Avrebbe voluto stringerla tra le sue braccia, inspirare il suo dolce odore e poi addormentarsi con la sua piccola strega.
“Che cosa vuol dire ho nominato O’Hara come mio successore?” gli fece l’eco Ban.
William lasciò stare la lucciola, ritornando dal suo compagno “vuol dire che, la nostra faida è servita a ben poco, amico” si sporse “non è servito a niente che ci siamo fatti guerra per risplendere a suoi occhi” fece una smorfia “lui aveva già scelto” concluse.
Tarleton stracciò il foglio, che reggeva tra le mani “vuol dire che ho leccato il culo al vecchio perché poi lui lasciasse le redini a O’Hara?” sbraitò, furioso.
William gli fece segno di calmarsi “non c’è bisogno di usare parole tante colorite, mio caro collega, a quanto pare i nostri sforzi in guerra sono stati vani, non ha scelto nessuno dei due” affermò, alzando le spalle.
Ban scosse la testa “io sono senza parole, sono…” temporeggiò “indignato!”
William annuì “già, non fa piacere ma, almeno io, non ho rinunciato alla mia dignità per arruffianarmi il vecchio” lo derise l’uomo.
Tarleton rise, ma senza ironia “ah, ah, divertente, William. Tu di certo sai come consolare una persona” ammise, alla fine.
I due si avvicinarono all’ingresso del Forte “comunque sia, Cornwallis non è stato magnanimo nei nostri confronti” proseguì “ma, non sono questi i veri problemi, adesso” lo avvisò, pacato.
“Lo so, il problema è stare alle direttive di quell’irlandese” fece una smorfia, Tarleton.
Tavington sbuffò “Ban, finiscila” lo redarguì “non so, se hai notato che abbiamo il Forte sottosopra”.
“Sì, sì” disse l’altro, come un bambino sgridato da un adulto “è solo che mi dà fastidio!”
William lo prese per le spalle e lo scosse con vigore “ritorna in te! Non sei nel tuo mondo fantasioso, come ieri notte” gli lanciò una frecciatina amara.
Il ragazzo ripensò alla sera precedente “già…” pian piano ricordò ogni dettaglio, allora si immobilizzò “Wellsie!” affermò, digrignando i denti.
“Che c’entra mia sorella, adesso?” domandò Tavington.
Banastre sorrise, con un leggero imbarazzo “ehm… è un po’ complessa la cosa, Will” gli confidò.
William mosse lievemente i muscoli del collo tesi, mentre il puzzle si stava completando poco a poco. Staccò le mani dal compagno e lo guardò, glaciale “io” disse “ti ammazzo!”
“Williaaaaaaaam” si sentì in lontananza, entrambi gli uomini si voltarono verso il Capitano Bordon e Wellsie.
La fanciulla lasciò le mani del Capitano e poi corse verso suo fratello, William non respinse l’affettuosità, ricambiò l’abbraccio, tenendola contro di sé.
“Oh, William!” disse lei, piangendo a dirotto “quanto mi sei mancato!”
“Dove sei stata?” chiese, un po’ burbero.
Lei si staccò dal suo corpo, guardandolo con gli occhi bassi dalla vergogna “io…” biascicò “sono stata via!”
“Sei stata via?” ripeté lui “dove?”
Wellsie aggrovigliò le mani, in ansia, allora Tavington sbottò “mi spiegate cosa avete oggi tutti quanti?” domandò, senza specificare la platea cui si rivolgeva.
“Posso spiegarti tutto, William” si offrì Tarleton.
“Tu sta’ zitto” lo interruppe il Colonnello “mi dovete dare spiegazioni, ma non ora”.
William si massaggiò le tempie, la testa stava scoppiando, ironico il fatto che fosse così tranquillo in battaglia, sebbene lì ci fosse davvero una guerra; mentre gli intrighi che lo circondavano, lo rendevano teso come una corda di violino.
“Basta” concluse alla fine “sono stanco di tutti voi, andate a dormire” li congedò.
Lasciò il gruppo e fece per entrare nella struttura ma, appena prima di aprire il grande portone, si rivolse alla compagine di nuovo “dormite bene, perché domani, tutti voi” li indicò, minaccioso “mi renderete conto di un bel po’ di cosette” e, così dicendo, se ne andò.
Non si preoccupò di salutare nessuno, girò la maniglia e se ne andò nel suo appartamento.
Era stufo di tutto e di tutti, sapeva che c’erano diverse cose da sistemare e lui, di certo, non si sarebbe tirato indietro. Ma, in quel momento, non aveva voglia di pensare a niente: né Tarleton, né Wellsie, né Cornwallis e nemmeno quella dannata guerra!
Entrò nella loro stanza, quella che avevano condiviso quei pochi giorni a Beaufort.
Inutile dirlo, che l’unica persona che realmente mancava a William fosse la sua Beatrice.
Si sciolse il nodo alla cravatta e si tolse la giubba rossa.
Andò verso lo scrittoio, sul quale c’era un bicchiere vuoto e, lì vicino, dello Scotch. Ne versò copiosamente, voleva addormentarsi subito e, l’alcol, faceva al caso suo.
La stanza era rimasta così come l’aveva lasciata: per terra c’era la vestaglia che la Contessa Cornwallis aveva donato alla fanciulla.
William raccolse l’indumento e mandò giù un po’ di Scotch.
Dio, pensò, ha il suo odore!
Il Colonnello aveva chiesto a Liza di portare via la ragazza, lui era a conoscenza che la Contessa fosse già stata a Beaufort prima, l’avrebbe tratta in salvo.
L’indomani le avrebbe recuperate e avrebbe sistemato anche le altre cose lasciate in sospeso.
Ingollò un altro bicchiere di Scotch e poi si distese sul letto, chiuse gli occhi, facendo finta di non essere solo.

***

“Liza” chiamò la ragazza.
“Dimmi” rispose l’altra.
“Non stai dormendo?” chiese, cercando di tirare le catene che la legavano al muro, per avvicinarsi alla donna.
La Contessa rise “non credo di essere sonnambula” rimbeccò, a bassa voce “quindi, credo che, sì, sono sveglia, tesoro”.
Le donne sentirono l’americano ronfare rumorosamente, dall’altra parte della stanza.
Le aveva dato da mangiare e poi si era coricato a letto, dopo aver illustrato il piano che aveva riservato alle due sventurate.
“Secondo te, ci sente?” domandò alla donna, tentando di continuare a parlare a bassa voce.
“Non credo” rispose la Contessa “ha il sonno pesante” constatò, infine.
Loro dormivano su un giaciglio improvvisato per terra: un po’ di paglia e le aveva sistemate. Ovviamente, non si era dimenticato di legarle al muro con una specie di catena, sembrava più uno strumento per cani, ma sicuramente efficace. Beatrix aveva già provato a tirare, graffiare, mordere, ma invano.
E poi, anche se fosse riuscita a liberarsi, c’era Rusky, il cane a fare da guardia.
Bea era una ragazza spregiudicata, amava il pericolo, non aveva paura di sperimentare qualcosa di nuovo ma, di una cosa, aveva il terrore: i cani. Non sapeva spiegarne il motivo, ma aveva quella fobia, quindi, vedeva molto lontana la sua scarcerazione.
Liza, invece, era stata tranquilla, non aveva fatto nessuna scenata da baronetta, era stata al suo gioco e aveva fatto tutto quello che l’americano aveva detto.
“Non dormi?” chiese la fanciulla.
Liza si girò verso di lei e, contando sulla luce pallida della luna che penetrava dalla finestra, osservò la giovane “non riusciremo a evadere” le confidò, un po’ affranta.
Beatrix si avvicinò alla Contessa e poi prese le mani tra le sue “abbi fede, Liza” la rincuorò “sono sicura che William verrà a prenderci!” le rivelò, serena.
La donna sospirò, pesantemente “sono felice che tu non ti stia deprimendo, piccola Beatrice, ma io sto perdendo le speranze” scosse la testa.
“Non devi” alzò il tono, la ragazza “lui si accorgerà della nostra assenza e verrà a prenderci” affermò, baldanzosa.
Liza accarezzò le sue mani “devo dirti una cosa, Beatrice”.
La ragazza le sorrise, in attesa di sentire la novella “dimmi” la esortò.
“Io ti ho mentito stamattina” le rivelò.
“In che senso?” domandò la fanciulla, sbigottita.
“William mi ha chiesto un favore ieri, mentre eri nel letto non cosciente” spiegò.
Quale favore, Liza?” indagò la ragazza.
La donna aveva una cadenza inglese melodica, purtroppo, aveva un modo di parlare che, a volte, faceva innervosire Beatrix. Ogni cosa che faceva, la faceva con un atteggiamento laissez-faire, era come se le cose bisognasse estrapolarle con le tenaglie: snocciolava un discorso molto lentamente.
Beatrix, invece, era abituata a essere un torrente in piena, quando aveva qualcosa da dire, non si preoccupava di dire la cosa giusta, non si apprestava a decorare con belle parole: diceva quello che voleva dire, punto.
“Lui voleva solo proteggerti, angelo” disse la donna.
Un altro dettaglio, era esasperante “scusami, Liza, non sto capendo niente. Prima di tutto” si rivolse “perché non me l’hai detto prima? In che senso, mi hai mentito? In positivo? In negativo? William sa dove siamo?”
La Contessa fu sopraffatta dalle domande pungenti e continue della giovane “comprendo che tu abbia tanti quesiti da pormi ma, ti assicuro, che io e il Colonnello abbiamo agito in buona fede” tossì “mi ha chiesto di portarti sull’altura, per tenerti lontana dall’assedio del Forte” le raccontò.
“Quindi, lui sapeva del loro attacco?” chiese.
Liza scosse la testa, un po’ dubbiosa “non penso, lui mi accennava al fatto che doveva sistemare una cosa importante con Tarleton e voleva che tu non fossi con lui” rivelò.
Beatrix si alzò sulla schiena “in che senso, non mi voleva tra i piedi?” domandò “perché? Io non posso, e non voglio, stare lontano da lui, Liza. Perché, non ha voluto che rimassi al suo fianco?” la diga emozionale si ruppe.
La Contessa si alzò, e la abbracciò, carezzando i suoi capelli dolcemente “credimi, tutto quello che ha fatto, lo ha fatto solo per il tuo bene. William è convinto che ci sia una spia nel Forte” confessò “per quanto mi possa ricordare, rammento che lui credeva che la spia fosse…”
“Banastre” concluse, svicia, la ragazza.
“Già, non voleva semplicemente che tu fossi al centro della loro faida” proseguì il racconto, la Contessa “voleva sistemare quelle cose delicate e aveva paura che Tarleton reagisse male, ferendo te” ammise.
Beatrix aveva il capo contro il petto della donna, l’abbracciava forte. Aveva ascoltato la sua rivelazione ed era rimasta colpita, William non l’aveva avvisata sulle sue intenzioni ma, prima di tutto il resto, aveva pensato a lei.
Beatrix sorrise al suo pensiero “mi ama” disse.
“Certo che ti ama, tesoro” controbatté la donna.
“Quando ci viene a prendere?” domandò, curiosa, Bea.
Intanto, si era staccata dalla Contessa ed erano così tornate sdraiate sul giaciglio.
“Se i piani non sono cambiati, domani mattina verrà a prenderci, tesoro” la rassicurò.
Bea si coprì con la coperta, che l’uomo le aveva concesso “sapeva che avremmo passato la notte da sole?”
Liza annuì “sì, qui vicino conoscevo un bel posto per riposare, ma…” indicò la stanza nella quale si trovavano “ma i piani sono cambiati, a quanto pare”.
Tonf!
Una scarpa, per poco, non colpì Beatrix.
“State zitte!” grugnì il cavernicolo, con la voce impastata.
La ragazza sbuffò “lo odio, non vedo l’ora che sia domani!” disse all’altra, a voce bassa.
“Anch’io” rispose la donna, chiudendo gli occhi “buonanotte, Beatrice”.
“Buonanotte, Liza” disse la donna.
Beatrix guardò la luna e pensò al suo William, poche ore li dividevano e poi sarebbero stati di nuovo insieme.


N/A
A distanza di, quasi anno, torno a pubblicare un nuovo capitolo, lo so, mi starete odiando in questo momento, finalmente sono riuscita a prendermi un po' di tempo per dare giustizia a questa storia. Spero che, la lunga attesa non vi abbia fatto amare meno Beatrix e William :P
Mi rendo conto che dopo tutto questo tempo, non potevo tornare con un capitolo che svelasse 'tutti' i misteri che avvolgono Ice Storm, questo cap l'ho immaginato come transitorio, vi annuncio che un personaggio -molto chiacchierato- tornerà e metterà in crisi l'amore di Will e Bea! ^^
P.s. quest'ultimo mese ho revisionato ciascun capitolo, mi sono accorta di alcune cosette che mi sono piaciute poco e ho cercato di sistemarla, un po' per volta ripubblicherò i capitoli 'sistemati'.

Vi mando un bacio grosso,
Giulia :)

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