Ice Storm di britt4ever (/viewuser.php?uid=142603)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - L'incarico ***
Capitolo 2: *** Beatrix ***
Capitolo 3: *** La Verità ***
Capitolo 4: *** Il risveglio dopo la tempesta ***
Capitolo 5: *** L'assedio di Savannah - I preparativi ***
Capitolo 6: *** Tempo di Confessioni ***
Capitolo 7: *** Savannah - L'imboscata ***
Capitolo 8: *** Savannah – Gli Imperativi del Cuore ***
Capitolo 9: *** Il Piano Svelato ***
Capitolo 10: *** Lady Kitten ***
Capitolo 11: *** Voglio il tuo Cuore ***
Capitolo 12: *** L’apparenza a volte inganna ***
Capitolo 13: *** Shall we dance? ***
Capitolo 14: *** 1, 2, 3 not only you and me ***
Capitolo 15: *** Showdown ***
Capitolo 16: *** L'anello ***
Capitolo 17: *** Tavington: l’uomo e il carnefice Parte Prima: l’uomo ***
Capitolo 18: *** Tavington: l’uomo e il carnefice Parte Seconda: il carnefice ***
Capitolo 19: *** La piccola tigre in gabbia ***
Capitolo 20: *** Fuori Controllo ***
Capitolo 21: *** Lei è mia ***
Capitolo 22: *** Solo un brutto sogno? ***
Capitolo 23: *** Il Dubbio ***
Capitolo 24: *** Qualcuno in arrivo? ***
Capitolo 25: *** Sotto una bella luna piena ***
Capitolo 26: *** L’inizio dell’avventura ***
Capitolo 27: *** Essere abbastanza per te ***
Capitolo 28: *** Giocare con i sentimenti costa caro ***
Capitolo 29: *** L’epifania di William ***
Capitolo 30: *** Il Buongiorno si vede dal mattino ***
Capitolo 31: *** Un passo avanti, due passi indietro ***
Capitolo 32: *** Grangie non si tocca ***
Capitolo 33: *** Gli intrighi ***
Capitolo 34: *** Libera ***
Capitolo 35: *** Toc Toc ***
Capitolo 36: *** L’umiliazione ***
Capitolo 37: *** L’amore basta? ***
Capitolo 38: *** Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris. ***
Capitolo 39: *** Nescio sed fieri sentio et excrucior ***
Capitolo 40: *** La torta al cioccolato ***
Capitolo 41: *** Incubi dal passato ***
Capitolo 42: *** Quando il gatto non c’è, i topi ballano ***
Capitolo 43: *** In Vino Veritas ***
Capitolo 44: *** Reminiscenze dolorose ***
Capitolo 45: *** Le Proposte ***
Capitolo 46: *** Chiarimenti ***
Capitolo 47: *** Ritorno alla normalità ***
Capitolo 48: *** Complicità ***
Capitolo 49: *** A carte scoperte ***
Capitolo 50: *** Legati ***
Capitolo 51: *** Tra le lacrime e la Verità ***
Capitolo 52: *** **Avviso** ***
Capitolo 53: *** Nodi su Nodi ***
Capitolo 1 *** Prologo - L'incarico ***
prologo
Ciao a
tutte. ^^
Mi prendo qualche secondo del vostro tempo per spiegarvi come
è nata questa mia passione per quell'adorabile uomo che
porta il nome di William Tavington. Per mia sfortuna non l'ho inventato
io da ex novo, è un personaggio del film 'Il Patriota' di R.
Emmerich del 2000, vi consiglio di vedere quel film perché
è ben fatto e ha anche degli attori niente male.(H.Ledger,
per citarne uno a caso) :p
Perciò, purtroppo non posso prendere i crediti per il
Colonnello, mentre Beatrix è totalmente un'eroina da me
inventata, in lei è presente una componente angelica, come
Beatrice di Dante, ma allo stesso tempo per catturare il cuore di
quell'uomo brutale ci vuole una piccola volpe, furba e scaltra. Ecco,
così è nata Beatrix, nome insolito lo so...:)
Jason Isaacs, l'attore che ha interpretato Tavington, è un
uomo incredibile, ho visto non so più quanti suoi film e la
mia opinione non cambia..lo adoro. *-*
Spero di riuscire a trasmettervi, almeno in parte, la mia passione per
lui..
Vi lascio alla mia storia, nella quale troverete odio, amore, lussuria,
gelosia, orgoglio e coraggio..il tutto trainato da quella potente forza
che è la storia.
Così si apre il prologo..siamo nel 1779, nelle Colonie del
Sud dove un Colonnello Inglese sta discutendo con il suo superiore..
Buona Lettura
Giulia ^^
PROLOGO
L'INCARICO
Guerra
d’Indipendenza Americana
South Carolina, 1779
Il Colonnello William Tavington camminava avanti indietro nella sua
stanza, non riusciva a capire il motivo per cui il Generale Cornwallis
volesse parlargli. Che il Lord Generale avesse intuito il suo piano per
impossessarsi del comando, per giungere finalmente a quella tanto
agognata vittoria a cui tutti gli Inglesi anelavano? Tavington stava
logorando la suola degli stivali per il tanto camminare sulla ruvida
pavimentazione dell’alloggio. Il tuum tuum degli
stivali riecheggiava nella stanza.
Come mai tutta quella agitazione?
Non era da lui.
No, Tavington lo ripeteva per convincersi.
Convincersi di aver di nuovo vinto su Cornwallis. Quell’uomo
non riusciva mai ad apprezzare il Colonnello e nemmeno ci furono mai
numerosi encomi per lui, anzi quasi nessuno. Chissà come mai
il Generale apprezzasse di gran lunga il Generale O’Hara a
scapito di Tavington. Sapeva che il dilemma si sarebbe risolto nel giro
di pochi minuti. Troppo preso dalle sue elucubrazioni quasi non
sentì il lieve rumore del servo che batteva alla sua porta.
Tavington non si fece attendere oltre e così aprì
con impeto e si erse imponente davanti al servo, il quale intimorito
non osò quasi parlare, tanta la paura verso il Colonnello.
"Colonnello. Il Lord Generale chiede di voi."
Il servo titubante non sapeva quale reazione avesse scatenato nel
Colonnello, col suo atteggiamento stoico non rendeva manifeste le sue
emozioni tanto facilmente e questa era una peculiarità di
Tavington. In tutto il Fort Charlotte pochi erano quelli che potevano
dire di conoscere il freddo Colonnello, in linea col retaggio
cavalleresco del passato credeva che fosse più opportuno che
il sovrano fosse temuto, piuttosto che amato. L’amore si
legava alla debolezza e tutto ciò entrava in conflitto con
Tavington. Lui voleva essere rispettato, temuto, odiato non era nei
suoi fini essere amato dal popolo. E così, senza
neanche rispondere al servo, si spinse più avanti facendolo
barcollare e poi si diresse a passo svelto verso la stanza di
Cornwallis.
"Entrate Colonnello. Dobbiamo parlare."
Tavington entrò nella camera del Generale con passo sicuro e
si avvicinò al suo cospetto, ponendosi con fierezza davanti
a Cornwallis.
"Ditemi Generale. Per quale ragione mi avete fatto chiamare. Mi
sembrava che la guerra stesse procedendo pro nobis, mi
è sfuggito qualcosa Generale? Ditemi."
Lo sbuffo di Cornwallis fece innervosire Tavington. Perché
vedeva sempre l’astio negli occhi di quell’uomo
quando si volgevano verso di lui?
"Quello che sto per dirvi, Colonnello, credo che possa anche
rallegrarvi. Ho a lungo meditato sul da farsi, soprattutto su chi
affidare questo compito. Ma a questo punto credo che mi possa fidare di
voi, Colonnello,
sebbene non abbia mai esaltato le vostre, come possiamo chiamarle
vediamo, modalità
di procedere.."
"Volevate dire di vincere, My Lord. Debbo rammentarvi che non ho mai
perso una battaglia e che continuo a portare grandi benefici
per tutti."
Con un lieve gesto della mano Cornwallis interruppe il discorso
encomiastico dell'Ufficiale.
"Certo, certo Colonnello, nessuno qui sta parlando di questo. Non ho
tempo e neanche voglia di disquisire qui con voi circa le vostre
barbarie che compite ogni giorno contro questi..contadini. Ho
richiesto la vostra presenza perché ho un lavoro per voi,
pensato quasi su misura per voi. Ho bisogno però di sapere
che posso fidarmi perché quello che sto per chiedervi non
è, per così dire, convenzionale."
Tavington non smise di puntare gli occhi sul suo superiore,
evidentemente non temeva nessuno e non era nemmeno curante delle
cariche gerarchiche.
"Devo supporre che sia un lavoro sporco Generale?"
"Supponete bene, Tavington. Voglio che andiate nel Villaggio di
Pembroke a 10 miglia Sud dal Santee e dovete chiedere di Samantha Kohl,
la riconoscerete facilmente poiché è una donna
alta, snella, con fiammeggianti capelli color del fuoco."
Si prospettava una giornata divertente, sentiva che avrebbe trovato il
suo divertimento a Pembroke, ne era certo.
"Cosa devo fare della donna, My Lord?"
Cornwallis si alzò dalla sua scrivania e si mosse
affinché potesse essere davanti al Colonnello.
"Dovete ucciderla."
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Capitolo 2 *** Beatrix ***
CAP I
Capitolo II
Beatrix
"Non capisco, Colonnello, perché stiamo andando a
Pembroke
a quest’ora della mattina. Dopo la lunga e dolorosa battaglia
di
ieri pensavo che almeno mezza giornata il Generale potesse concederla.."
Tavington e Bordon, il suo secondo in comando, si dirigevano a cavallo
verso il villaggio, con a
seguito sette o otto Dragoni. Tavington non aveva avvisato i suoi
uomini sulle intenzioni di Cornwallis perché era un affare
che
gli stava molto a cuore. Non potevano esservi voci ingiustificate.
"Ci sarà tempo per il sollazzo, non ti preoccupare, ma prima
di
tutto il dovere. Se siamo richiesti lì, è
lì che andremo."
"Certo Colonnello, al vostro servizio."
Quel villaggio era affollato di sporchi 'bifolchi armati col forcone'.
Gente troppo alla buona, molto lontana dalle raffinatezze Inglesi.
Tavington aveva sempre odiato l’America, quando seppe del suo
trasferimento nelle colonie la cosa non lo rallegrò affatto.
Sapeva che c’era da lavorare su quella gente inetta e
ignorante.
Lo sapeva, e non era quello che lo turbava. Ma questi coloni erano
gente barbara, arretrata, arricchiti semplicemente col lavoro degli
schiavi.
La sua Inghilterra, invece, quanto gli mancava!
Dover abbandonare la
sua piovosa Londra fu per William un colpo al cuore. Amava
l’avanguardia Inglese, le sue metropoli, the Biggest Empire
in
the World. Non riusciva neanche a confrontare la finezza Inglese con la
rozza America, erano incommensurabili. Purtroppo si trovava
lì fino a
quando l’esercito di Re Giorgio III avesse battuto quello
sbiadito esercito fatto di contadini.
Tutti quanti lo temevano, lo sentiva. Tutta la gente si era riunita
attorno all’esercito dei Dragoni Verdi e li fissavano
impauriti.
Che le danze abbiano inizio.
"Popolo di Pembroke, siamo venuti qui per parlare a tutti voi."
Ecco il solito annuncio di Bordon che richiamava l’attenzione
sulla legione.
"Chi siete voi?"
Una donna irriverente si mosse tra la folla. La più
coraggiosa, o forse l’unica che dimostrò un minimo
di
coraggio per aprire bocca. Spinse la gente per giungere davanti ai
cavalli per fronteggiare meglio gli uomini. Lei si rivolse a Bordon
credendo di parlare con il Capo.
"La domanda che dovresti fare dolcezza è chi sono
io...perdonate
l’intrusione, il mio nome è Tavington, Colonnello
William
Tavington."
Il volto imperturbabile della donna venne scalfito leggermente dalle
parole dell'uomo. I suoi occhi si volsero verso il Colonnello che
ebbe finalmente l’opportunità di rimirare le
fattezze
dell’impudente.
" 'The Butcher'? "
Una risatina maligna risalì dalle corde di Tavington.
"Avete sentito parlare di me vedo, fantastico!"
I suoi occhi quasi cedettero, la paura stava spingendo fuori, ma lei
resistette perché non voleva dimostrarsi debole.
"Come ha detto bene il Capitano, siamo venuti qui per cercare una
persona. Una donna per la precisione, Samantha Kohl. Perciò
che
si faccia avanti."
Lei continuava a fissarlo con fare arrogante, come se credesse davvero
di essere superiore a lui.
"Perché volete mia madre?"
Ma guarda il destino, chi lo avrebbe mai detto.
"È tua madre? Bene, allora portala qui, schiava."
I suoi occhi marrone scuro come la pece lo scrutarono, era
evidentemente infervorata dall’epiteto usato.
"Schiava? Io non sono la schiava di nessuno, tanto meno di uno schifoso
Inglese."
Lo sfidò puntando quei fastidiosi occhi su di lui. Si
credeva
davvero più forte? Forse aveva bisogno di una dimostrazione
della forza Inglese. Tavington tirò fuori la pistola e
gliela
puntò dritta verso il centro della fronte, ad una spanna da
lei
colpirla era scontato perfino per un tiratore poco esperto.
"Vuoi vedere come ti rendo la mia schiava, puttanella? Dimmi subito
dove si trova quella cagna di tua madre a meno che tu non voglia una
pallottola in testa."
Lei vacillò, non sapendo cosa fare. Che cosa volevano quegli
uomini da sua madre, lei lo diceva sempre che prima o poi sarebbero
arrivati per lei, ma non le aveva spiegato mai il perché.
Che situazione tremenda, non poteva dire loro della madre e se le
avessero fatto qualcosa?
No, non poteva proprio.
"I-io.."
"Eccomi, sono io la donna che volete. Sono Samantha Kohl."
Sua madre giunse accanto a lei posizionandosi troppo vicino al brutale
Tavington. Come mai tutto questo coraggio, perché non aveva
trovato mai lo stesso coraggio per parlarle? Per dirle veramente la sua
storia. Per tutta la sua vita sua madre era stata un fantasma che
vagava per casa, parlava con lei solo se necessario, quasi come se la
sola vista della figlia potesse urtarla. Sua madre non lo aveva mai
detto in modo esplicito, ma lei lo aveva capito. Non le disse mai del
suo vero padre, poteva essere morto, come poteva invece essere in giro
a
godersi la sua vita. Perché non l’aveva mai
cercata?
Perché non si era mai presentato davanti alla sua porta per
sapere di lei. Ogni suo compleanno, almeno quelli che si ricordava,
aspettava davanti alla sua finestra nella speranza che suo padre
venisse da lei, per farle gli auguri. Ma lo aveva aspettato invano e
dopo ventitré compleanni si era ormai avvezza alla sua
mancanza.
Ricordare il passato le faceva male, perché sapeva che quel
passato aveva ripercussioni sul suo presente e forse anche sul suo
futuro.
E sua madre cosa aveva fatto?
Niente.
Non poteva dire che fu una madre cattiva, nemmeno benevola. Mai botte,
mai sgridate, mai elogi.
L’indifferenza.
Questo era stato da sempre l’atteggiamento di sua madre nei
suoi
confronti. Le faceva male, molto male. Ma non ebbe mai il coraggio di
dirlo a lei, la vedeva come una foglia in autunno, secca e
fragile pronta a cadere in ogni istante. Per tutta la sua vita crebbe
da sola, senza punti di riferimento e senza quella lanterna materna a
rischiarare le tenebre della vita.
Sola.
I pochi amici che riusciva a farsi non la capivano fino
in fondo. Nessuno poteva capire il dolore che sentiva dentro,
perché per comprenderlo veramente bisogna passarci sopra,
essere
abbandonati dai propri genitori e solo allora si può provare
empatia. Ma lei tutto questo non riuscì a trovarlo mai. La
sua
vita non le piaceva, non si trovava a suo agio con quelli di Pembroke.
Loro rappresentavano la tipica famiglia coloniale.
Famiglie perfette, madri e padri che si amavano, figli adorabili e
umili schiavi.
Perfette, quasi finte, famiglie che solo superficialmente sembravano
oniriche e poi si rivelavano un covo di complotti, tradimenti, gelosie
e bugie. Lei non voleva essere come loro, voleva qualcosa di vero,
qualcosa di carnale.
E da qui giungiamo all’altra questione esistenziale.
L’amore.
Oh l’amour, l’amour, oppio per poeti. Lei non si
era
mai
innamorata, almeno non come lo aveva sempre inteso lei. Tutte le sue
compagne avevano tanti ammiratori, si accerchiavano di aitanti
giovanotti solo per il gusto della conquista. Quello che volevano
realmente non era l’oggetto del desiderio in sé,
più che altro era l’atto di conquista. Illudere i
ragazzi,
sentirsi dee e poi gettarli nel baratro dell’amore. Che cosa
sciocca, degno di una ragazza sciocca! Lei era diversa, non voleva
qualcosa di labile, cercava una certezza, quel qualcosa che non sarebbe
mai andato via. Un bastone che la reggesse nei momenti gloriosi, ma
anche nei momenti più bui della vita. Non era una ragazza di
facili costumi, ma non era neanche una puritana. Era vergine, ma non
pensate che dipendesse per qualche stupida religione che dichiari la
donna illibata fino al matrimonio.
Niente di tutto questo.
Lei voleva la passione, il calore, la carne che scotta e che brucia
fino a liquefarsi. Voleva qualcosa che la consumasse dentro, che la
divorasse. Voleva trovare davvero l’amore, non per un
semplice
capriccio, bensì per cercare la sua metà, aveva
letto il
Simposio Platonico e ne era rimasta attratta. Voleva ricongiungersi
alla sua metà e solo allora sarebbe stata veramente libera.
Solo in quel momento si accorse dello sguardo di Tavington su di lei,
la stava fissando, scrutando, analizzando.
Occhi su occhi.
Ghiaccio contro tempesta.
Lei aveva viaggiato mentalmente rivivendo la sua vita, senza sentire i
suoi occhi su di lei.
Quegli occhi.
Freddi, calcolatori, ghiacciati.
Se non fosse stato per la persona, avrebbe potuto trovarli quasi
affascinanti. Chissà quante donne doveva aver illuso con il
suo
portamento. Ma non appena lei iniziò a scontrarsi
visivamente
con lui, Tavington cambiò bersaglio.
Ebbe solo il tempo di girare la testa, per vedere Tavington sollevare
la pistola contro sua madre e senza emozioni dire:
"Sei tu. Abbiamo fatto in fretta a trovarti, ci hai risparmiato la
fatica di bruciare tutte queste case insignificanti per prenderti."
"Ebbene sì, sono qua. Ditemi, cosa volete da me?"
Con un ghigno malefico Tavington sputò la sua sentenza di
morte.
"Questo te lo manda il Generale Cornwallis."
E cosi dicendo, Tavington sparò alla donna e la uccise nel
preciso istante in cui il proiettile forò la sua fronte.
Il suo corpo cadde a terra.
Occhi sbarrati.
Era morta.
Perché? Cosa aveva fatto?
Troppi interrogativi senza
risposta.
"Ritornate pure alle vostre..faccende.
Lo spettacolo è
finito."
La gente si rivelò per quello che era sempre stata, nessuno
aprì bocca. Nessuno mosse un dito per protestare. Ognuno
tornò alle proprie occupazioni. Lei non ce la faceva a
muoversi.
La vedeva morta, sporca di sangue, uno spettacolo osceno.
"Tu non vai
da nessuna parte."
Tavington scese dal suo cavallo e si appropinquò a
lei.
Era alto, non tantissimo, ma sicuramente più alto di lei. La
sua
camminata rispecchiava il suo modo di vestire, la classe fatta in
persona.
Che pallone gonfiato, quanto si gonfierà il suo ego
ogni qualvolta le persone fanno esattamente quello che vuole!
"Non vi è bastato uccidere mia madre, volete completare il
quadretto familiare? Siete un fottuto bastar.."
Non riuscì a terminare la frase che un sonoro schiaffo la
colpì. La sua pelle si accaldò subito, non poteva
vederlo, ma sentì la guancia rossa per lo schiaffo. Si
sentiva
uno schifo, nessuno le aveva mai alzato le mani contro, nessuno.
"Capirai, che per me la disciplina è molto importante. Non
devi
mai mancarmi di rispetto, nessuno si è mai permesso in tutta
la
mia vita e non sarà di certa una sciatta contadinella a
farlo."
"Cosa volete?"
"Cosa voglio, mmh? Qualcosa mi dice che la lezione non ti ha
scoraggiata, che ragazzina impertinente, non devo sculacciarti, vero?"
Le sue dita si mossero lungo il perimetro della sua guancia saggiando
la consistenza. Le sue sporche mani su di lei le dettero il
voltastomaco, anche se non poteva negare la delicatezza del suo tocco.
"Credete di poter fare tutto quello che volete solo perché,
in questo momento, siete superiore?"
"Na-na-na. Qui siamo ancora lontani dal rispetto che mi devi, dolcezza.
Comunque sia, non farmi perdere tempo e sali sul cavallo."
Il suo mondo crollò in un secondo, sua madre era ancora a
terra e lui voleva portarla via, no!
"C-cavallo? Non capisco Colonnello, perché?"
"Quante domande, selvaggia. Ti basti sapere che ho del lavoro per te.
Sei fortunata, siamo in carenza di..'personale' al
Forte e
abbiamo bisogno di manodopera fresca."
Il suo risolino venne seguito a coro dagli altri soldati. Ridevano di
qualcosa che solo loro avevano capito.
"Io non ho intenzione di venire, ho già qui tutto quello che
mi serve."
Quella frase riusciva a malapena a convincere se stessa, figuriamoci
Tavington.
"La scelta è tua. O con le buone, e ti assicuro che sono
rare, o
con le cattive. Fossi al tuo posto sceglierei la seconda opzione ho
proprio voglia di sgranchirmi un po’. Allora? Tanto verrai
comunque al Forte, dipende da te il come."
E così dicendo si avvicinò sempre di
più a lei, come se volesse fronteggiarla meglio.
"Siete un uomo spregevole,Tavington. Godete nel ferire gli altri, avete
davvero bisogno di questo?"
Lui non sembrò offeso dalle sue parole, anzi gli gonfiarono
il petto.
"Penso proprio che io e te ci divertiremo molto insieme."
Tavington afferrò il suo braccio e la spinse verso il
cavallo.
"Su da brava, sali su, non farmi perdere altro tempo."
Lei salì sopra, aspettando che anche il Colonnello facesse
lo
stesso. Era incredibile il modo in cui riusciva a salire con
raffinatezza anche sul cavallo. Appena salito sopra prese le redini e
spronò il cavallo e così si mossero, sollecitando
anche
gli altri militi a fare lo stesso. Il suo corpo si trovava dietro
quello di lei e il suo sesso cozzava contro il suo fondoschiena
facendole sentire qualcosa che avrebbe preferito non percepire.
I due corpi erano vicini, molto vicini.
Lei sentì il respiro di Tavington sul collo, aria calda che
le
fece il solletico e il suo corpo reagì senza il controllo
della
sua volontà.
Brividi in tutto il corpo, i peli si rizzarono come se sentisse freddo.
Tavington sorrise fugacemente nel vedere l’effetto che le
faceva
e così si spinse oltre avvicinando la bocca al suo orecchio.
"Hey selvaggia, non mi hai ancora detto come ti chiami."
"Perché? Vi importa veramente saperlo?" rispose acida lei.
"No, però devo pur sapere con quale appellativo richiamare
la
tua attenzione, a meno che a te piaccia che ti chiami selvaggia.."
La sua bocca sfiorò l’orecchio, rendendolo
leggermente umido al suo passaggio.
"Ribelle.."
La sua bocca morse leggermente il suo collo, la parte sensibile che si
trovava sotto l’orecchio.
"Rozza contadina.."
Mentre tenne le redini con una mano, riuscì a liberare
l’altra per sollevarle leggermente la gonnella sgualcita,
rivelando poco a poco la sua gamba. La sua mano salì sempre
più, infuocando la sua pelle per il suo tocco lascivo.
"Puttan…"
No, questo era troppo.
La sua corsa venne arrestata dalla mano di lei, che abbassò
nuovamente la gonna, allontanando così la mano indesiderata.
"Beatrix. Beatrix è il mio nome. È la variante di
Beatrice, mia mamma è sempre stata un po’ strana."
Lui ritornò nella posizione di prima, fiero come al solito.
"Beatrix? È un nome inusuale per una coloniale ed io ne ho
visti di coloni. Il tuo nome mi suggerisce che devi avere un
caratterino da cattiva
micetta."
La sua voce, le sue parole, ma come si permetteva di giudicarla
così?
"Immagino che questo soddisferebbe i vostri sogni erotici, Colonnello.
Vi piacerebbe."
"Sogni, dici? Io non ho bisogno di sogni, sono un uomo pragmatico,
Beatrix, vivo di concretezza. Non mi faccio tanti castelli mentali, se
voglio qualcosa la prendo e senza tante cerimonie." ribattè
lui.
"Più parlo con voi e più vi odio Tavington, cosa
volete realmente da me, c'entra con mia madre?"
"No, tua madre lasciala giacere tra i morti. Tu mi servi, come ti ho
già detto prima, al Forte."
Sì, certo e casualmente
loro avevano bisogno di una cameriera al Forte.
Guarda il caso.
"Ma che fortuna, Colonnello, avete ucciso per sbaglio una cameriera o
forse si è uccisa lei pur di non vedervi più?"
Eccolo di nuovo il ghigno malefico che le fece vibrare i peli.
"Chi ha mai parlato di cameriera? Tu mi servi per altro dolcezza, per
qualcosa di più..utile
a tutti."
"Utile? Cosa dovrei fare esattamente, Colonnello?"
"Quante domande tesoro, molto presto lo scoprirai. Non vorrei mai
rovinarti la sorpresa."
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Capitolo 3 *** La Verità ***
cap 3
I
cavalli ben presto si
avvicinarono ad un’imponente struttura squadrata. Grossi pali
di
legno appuntiti sulle cime recintavano l’edificio, un grande
portone che sembrava pesare tonnellate si stava aprendo accogliendo i
soldati che facevano ritorno.
Questo doveva
essere Fort Charlotte.
Appena
entrati, davanti
agli occhi di Beatrix si
estendeva un ampio cortile, un gruppo di
soldati semplici si stava appressando. Come se vi fosse dietro una
coreografia studiata, quei militi si disposero su due lati per
accogliere gli Ufficiali capitanati da Tavington. Il Colonnello scese
da cavallo e le porse la mano per aiutarla a fare lo stesso, ma lei si
affrettò a fare da sé. Lui, compiaciuto,
camminò
davanti a lei, invitando i suoi compagni a rincasare negli alloggi.
Lei
rimase lì, ferma al centro della piazza senza sapere cosa
fare
esattamente. Lui si voltò verso di lei e con un lieve cenno
della testa la spronò a seguirlo. Bea si mosse e con grande
rammarico seguì il Colonnello verso l’ignoto. Lui
entrò dentro l’edificio sorpassando la guardia che
era
solita ispezionare i visitatori.
"Dove stiamo
andando?"
Alla fine
aprì bocca perché non riusciva proprio a
resistere, volendo sapere dove la stesse portando.
"Quanta
curiosità, Beatrice. Non te lo immagini, davvero?" la prese
in giro lui.
"Che cosa
dovrei immaginarmi esattamente, Colonnello? Per quanto ne so io,
potreste benissimo condurmi al patibolo."
"No, al
patibolo, ancora no dolcezza. Prima voglio vedere cosa riesco a fare di
te."
Con uno
sbuffo aprì una porta molto vecchia.
Vecchia e
polverosa, che
sembrava non avere mai conosciuto la pulizia. Mentre Tavington stava
girando la chiave, il suo cuore perse un battito, per la prima volta
nella sua vita non sapeva proprio cosa aspettarsi di vedere dentro.
"Ecco a te
tesoro, entra."
I suoi occhi
perlustrarono
la stanza, cercando di dare senso alle cose. La stanza angusta ospitava
già diverse ragazze e ragazzi, per un totale di cinque
individui. Erano per lo più giovani. L’arredo era
scarno, pochi
ammobili fatti di un materiale povero. Una sola finestra stretta e alta
si trovava in concomitanza del soffitto alla sua destra.
L’odore
che aleggiava era pessimo, quelle persone sembravano carne da macello.
Vittime come
lei.
Questo lo
intuì dallo sguardo affranto che volgevano verso di lei.
"Avrai tempo
per le
presentazioni, ora è meglio che tu capisca il motivo per cui
ti
ho condotta qui. Prima lo capisci, meglio sarà per tutti.
Sai, potrei farti
un bel discorso circa la tua permanenza, ma sfortunatamente sono
stanco. Perciò lascio l’onore alle tue amichette,
sapranno
spiegarti la questione."
La questione?
Quale
questione, che cosa voleva da lei? Le cose sembravano non essere
più controllate da Bea, che si sentiva sempre più
spettatrice del suo destino.
"Cosa
c’è, Colonnello, avete paura della
verità? Mostrate le palle per una volta, Tavington."
Dallo sguardo
spaurito
delle sue future coinquiline comprese che nessuno si permetteva mai di
avere quel tono con lui. Perché lo temevano tanto? Era
forte, sì, ma era pur sempre un uomo. Stranamente Tavington
non fu
sorpreso del suo atteggiamento e non ne venne neanche scalfito.
"Ma guarda un
po’
come tira fuori le unghie il gattino qui. Sembra proprio che questa
micetta abbia bisogno di una lezione. Non voglio intrattenermi oltre,
ma vista la tua impazienza stasera ti mostrerò chi
è
veramente William Tavington."
E con
un sorrisetto maligno se ne
andò.
Il cigolio
della porta che
si chiudeva sancì la definitiva uscita del Colonnello.
Purtroppo
era solo un’uscita temporanea.
Ancora
nessuno aprì bocca, la guardavano, la osservavano, ma non
parlavano.
Una ragazza
rossiccia si avvicinò a lei saltellando, si vedeva la gioia
nei suoi occhi.
"Sei nuova!
Che bello una nuova amica. Come ti chiami? Io sono Wellsie."
Che
vivacità, come
faceva ad essere così contenta? Lei si sentiva spaesata e
molto a
disagio. Era tutto nuovo, tutto così strano.
"Ciao
Wellsie, io sono Beatrix. Chiamami pure Bea, lo fanno tutti."
"Beeaaaa!!
Che bel nome,
anche se è un po’ strano. Sì,
è decisamente strano,
da dove vieni? Sei americana, vero? E dove sono i tuoi genitori?"
La
sua dirompenza l'avvolse, sembrava un uragano quella fragile ragazzina.
"Va bene,
Wellsie, sei una
ragazza esplosiva, quante domande. Allora..sì, è
decisamente
strano hai ragione, mia madre non è mai stata una mamma come
le
altre. Sì, sono americana, vengo dal Villaggio di Pembroke e
i miei
genitori ecco loro.."
No, non ce la
faceva. Non ero ancora pronta per parlare della sua famiglia, la ferita
era ancora aperta.
"Ma lasciala
respirare
un po', Wells, non vedi che è appena arrivata? Scusala, lei
è la
teppista del gruppo. Io sono Bella, ma tutti qua mi chiamano Bells,
libera di chiamarmi come vuoi."
La donna che
le stava
rivolgendo la parola era alta, con lunghi capelli neri come la notte e
una lisciatura a prova di parrucchiere. Grossi occhi azzurri,
quell’azzurrino cielo meraviglioso. Non ghiaccio, come quelli
di
Tavington, un po’ più scuri e molto belli. La sua
pelle
era pallida, il suo aspetto la rendeva quasi un vampiro. Sembrava
proprio una ragazza apposto, molto più tranquilla rispetto
all’altra.
Wells
era diversa dalle altre, sembrava la più
giovane, ma non ne era così sicura. Aveva i capelli portati
con
eleganti riccioli che ricadevano sulla sua schiena ed il suo incarnato
era meno pallido rispetto a quello di Bells. Doveva ammettere che la
sua euforia era comunque contagiosa, sembrava l’anima della
banda.
"Piacere di
conoscerti Bells. Grazie per l’accoglienza."
"Non
c’è di
che, dolcezza. Dopotutto se è Tavington l’uomo che
ti ha
portata qui, colpe non ne hai. Nessuno le ha mai.. Ma vieni avanti che
ti presento gli altri…"
Come mai gli
altri erano così passivi, li sedavano?
"…
lei è Catherine. È la
più longeva o, in altre parole, è la
più vecchia.."
Bells fece la
linguaccia
alla sua amica, la quale volse il suo sguardo ammonitore
all’amica. Aveva ragione, sembrava un più matura
rispetto alle altre, ma che ci faceva ancora lì? Era una
donna con morbide curve, carnagione scura abbronzata dal sole e capelli
marroni acconciati alla buona. Il suo sguardo era fiero, sembrava una
donna che difficilmente si piegava ai compromessi
altrui. Guardava Beatrix
stranamente, studiandola come se volesse capire qualcosa di lei
semplicemente indagando l'aspetto.
"Quindi tu
sei..Bea? Cosa ti porta qui, ragazzina? Voglia di avventura, sesso,
perché sei qua?"
Aveva proprio
ragione, voleva metterla sotto accusa.
"Emh...
veramente il
perché sono qui è ancora da scoprire. Tavington
mi ha
presa, mi ha detto di seguirlo, ma non mi ha spiegato niente."
Era sorpresa,
pensava che la volesse prendere in giro.
"Vuoi dire
che non sai chi sei diventata? Ah ah ah mi prendi in giro, biscottino?"
Ok, ora si
stava preoccupando seriamente.
Chi era
diventata? Chi?!
Wells
si intromise e allontanò la donna, riconducendola nel suo
angolino della stanza.
"Lasciala
stare Catherine, non vedi che è sconvolta? Non è
questo il modo per farle capire le cose."
"Capire cosa?
Wells ti
prego, dimmi, non mi tenere in pena! Che cosa vuole veramente Tavington
da me? Da me, da voi.. oh mio Dio, la mia testa.."
Bells si
avvicinò e la sorresse, la vista si stava offuscando.
Sentiva le gambe tremare e
aveva una voglia matta di tornare a casa.
Questo
posto non mi piace proprio.
"Torna in te,
Bea. Fatti forza su."
"Perché
non le dite
la verità e basta. È giusto che lo sappia.
Comunque io
sono Sheila."
Il suo
risolino era molto civettuolo, ma sembrava nel complesso una brava
ragazza.
"Piacere di
conoscerti Sheila."
I capelli li
portava
lunghi con qualche treccina a decorare la sua chioma. Quel colore era
bellissimo, dorati come le spighe di grano e la pelle
era chiara e ben curata. Era vestita diversamente dalle
altre, mentre quelle indossavano vestiti sgualciti e logori, Sheila
invece indossava un elegante vestitino bianco di lino, sembrava quasi
un angelo.
E solo allora vide un ragazzo che si era tenuto nascosto nell'ombra per
tutto quel tempo. Fece un passo verso di lei, cosicché la
fioca
luce proveniente dalla piccola finestra rese visibile il suo
volto.
Poco a poco la sua faccia si rivelò a lei: capelli biondi
come la
paglia, lentiggini sparse qua e là sul suo viso rotondo e
poi
grandi occhi marrone scuro.
Oh, no! Gabriel, amore mio.
Se
pensava di aver messo fuori gioco il suo cuore, avevo parlato troppo
presto. Che ci faceva lui in quel
posto? Erano anni che non lo vedeva, anni che purtroppo non erano
riusciti a cancellare il suo volto dalla sua mente. Quel volto
incantevole non era facile da dimenticare, proprio quel volto che
l'aveva fatto innamorare di lui a sedici anni.
Ed ora era lì.
Non
era sola.
Non sapeva il motivo che lo aveva portato in quel posto, ma lui non le
aveva
rivolto la parola, forse era meglio mantenere le distanze, almeno per
ora.
"Qualcuno
mi dice che cosa succede, per favore. Chi sono?"
Li stava
implorando perché voleva assolutamente sapere.
Catherine,
che era stata
nell’ombra fino a quel momento, fece un passo avanti
e si avvicinò
a Bea, fino a trovarsi ad una spanna da lei.
"Non so chi
tu sia stata
prima, ma ti posso dire che ora sei il nuovo giocattolo dei Dragoni
Verdi, dolcezza. Benvenuta nel club."
La testa
pulsava sempre di più, sentiva freddo.
Vedeva sempre
di meno e tutta la stanza girava come in un tornado.
E
caddi come corpo morto cade.
"Allora,
Colonnello, avete portato a termine la missione?"
La sua agitazione era
tangibile. Chissà come mai avrà decretato la
morte di
quella donna. Forse una spia o una delle sue tante amanti?
Quello che Tavington
sapeva, bastava per il momento, intuiva che una sola domanda in
più avrebbe potuto far crollare l’autocontrollo
del
Generale. Non era il caso. Che se la sbrigasse da sé, il suo
lavoro comunque lo aveva portato a termine, come sempre. Solo questo
importava veramente.
"Come sempre, My Lord. Bersaglio colpito e..affondato."
Il viso del vecchio uomo si ammorbidì poiché la
conferma di Tavington lo aveva rincuorato.
"Molto bene, Colonnello.
Ora potete tornare ai vostri appartamenti. Vi concedo la giornata di
domani libera, come omaggio per il vostro servigio nei miei riguardi. E
soprattutto affinché questo lavoro rimanga tra noi. Capite
che
non è il caso che girano voci ingiustificate."
"Ovviamente Generale, avete la mia parola. Col vostro permesso."
E con un lieve cenno del capo, il Colonnello si congedò.
Una giornata libera.
Una cosa incredibile, ci
voleva proprio una pausa.
Un'immagine gli comparve nella mente, ah quella piccola
ribelle lo aveva avvelenato con quel suo caratterino.
Nel frattempo Tavington si avvicinò alla porta e, girata la
grossa chiave, entrò.
"Vedo che avete fatto conoscenza con la nuova arrivata. Come si sente
la nostra giovane amica, le avete spiegato tutto?"
Il suo sguardo era
indefinito, non era rivolto ad una persona in particolare. Guardava
tutti e guardava nessuno. Era seduta in un angolo al buio con le gambe
piegate su se stessa, la testa poggiava sulle ginocchia. Si dondolava
appena e gli occhi erano vitrei, persi nel vuoto.
E così Tavington ebbe la conferma.
Lei lo sapeva.
Sheila si avvicinò sculettando e appoggiandosi al muro si
rivolse al Colonnello.
"Certo, Colonnello, ai
vostri comandi. L’abbiamo addestrata come volevate. Ed ora
dite,
chi prendete stasera? Avete voglia di divertirvi?"
Sembravano cani affamati davanti all’osso.
Ed il merito era tutto suo.
"Come sempre, peccato che
stasera voglio riservare il divertimento per un’altra.
Dopotutto
bisogna provare la merce appena arrivata. Beatrice, seguimi."
S-seguirlo? Ma cosa
succedeva?! Era già tornato, non era possibile.
Le aveva
rovinato la vita e continuava a farlo. Il suo mondo era crollato appena
aveva scoperto la verità.
Chi ero? Una prostituta? Non ero più io.
Pensare che doveva perdere
la verginità con lui, le fece venire il voltastomaco. Lo
odiava e non lo sopportava. Era un fastidio anche solo la sua vista.
Non le diede nemmeno il tempo di controbattere che già si
stava avviando fuori dalla stanza, che uomo odioso!
Finirà tutto presto. Doveva resistere.
"Tavington, aspettatemi. Avete tanta fretta?"
Lui rallentò un po’ il suo passo, permettendole di
raggiungerlo.
"Nessuna fretta, abbiamo tutta la notte per noi. Ho intenzione di
sfruttarla. Tutta."
"Ah, sì..veramente? E
perché sono proprio io colei che soddisferà i
vostri
desideri libidinosi? Non avreste preferito quel bocconcino di Sheila
oppure Bells o forse ancora Catherine..Perché io?"
Arrestò il passo e la sbatté violentemente contro
il muro sghignazzando.
"Qui le regole le
stabilisco io. E se io voglio te, sarà te che
avrò.
Voglio proprio vedere cosa faremo noi due stasera, magari trarrai anche
tu piacere dal nostro incontro."
Bea era trattenuta dal suo
corpo contro il muro. La schiacciava sempre più, avvicinando
il
suo viso a quello di lei e così i loro respiri erano in
sincrono.
Le afferrò la
coscia e la fece combaciare con la sua gamba. Premé su di
lei,
con l'intento di farle sentire che non scherzava affatto.
"Piacere, con voi? Non
credo proprio. Violenza gratuita? Sì. Non mi
tirerò indietro, ma
badate che da me oltre il corpo non avrete niente. Usatemi, sfruttatemi
fino a che non vi sarà nemmeno una goccia di me.
Accomodatemi."
Voleva essere forte,
doveva fargli capire che non avrebbe ceduto facilmente. La mano
dell'uomo salì verso il suo volto fino ad accarezzarle la
guancia. Inspirò forte e poi il peso che prima la opprimeva
sparì subito. Tavington si spostò e
continuò a
camminare come se niente fosse.
Una volta arrivati nella stanza del Colonnello, la porta venne chiusa e
l’incubo ebbe inizio.
"Quindi, è questa la vostra stanza?"
"Già.."
Lo sguardo di Tavington era strano, difficile da decifrare.
"Sai una cosa, Beatrice?"
Perché continuava a chiamarla così?
"No, ditemi Colonnello."
"Vedi.. Io ti ho presa senza neanche guardarti attentamente. Sei molto
lontana dal mio modello ideale di donna. Già.."
Questo era davvero troppo,
il suo viso divenne rosso dalla rabbia, l'aveva presa contro la sua
volontà e si lamentava pure! Non era un oggetto che poteva
cambiare a suo piacimento.
"Cos'è esattamente
che non va in me? Non che me ne importi comunque, solo per
curiosità." rispose seccata lei.
Il Colonnello sorrise di nuovo in modo cattivo.
"I tuoi capelli sembrano un covo di qualche volatile. Il tuo fisico,
poi, lascia alquanto a desiderare, posso solo supporre che siate una
donna.. di buona
forchetta."
Ma come si permetteva?
"Era un modo galante per
dirmi che sono grassa, Colonnello? Avete ragione, non sono una
bacchetta
di legno come le vostre signore Inglesi. Non ho i capelli ornati e
abbelliti come una lampada da sera. Non sono fine o ben curata. Ma
sapete una cosa? Non me ne importa niente né del vostro
giudizio
né di quello degli altri. Preferisco essere me stessa
piuttosto
che essere un prodotto in serie come le vostre compaesane."
Era davvero irritata, il suo atteggiamento era odioso.
"Pensi davvero che ti
metterei mai a confronto con loro? Siete così diverse. Il
tuo
aspetto si addice alla tua persona, dolcezza. Comunque sia, ormai sei
qui perché farti aspettare?"
Ah, pure! Perché non aveva un coltello sottomano, ne avrebbe
fatto buon uso.
"Pensate davvero che io vi lasci fare tutto quello che volete senza
reagire, senza urlare?" rispose scioccata lei.
"Per quello non ti devi
preoccupare. Tutti sanno cosa fanno gli Ufficiali la sera. È
normale. Devi capirci, abbiamo bisogno di divertirci dopo aver lavorato
duramente. E tu, mia cara, sarai il mio divertimento stasera."
Si avvicinò a lei
in modo spaventoso. Sapeva quello che voleva.
Quello, proprio quello.
Ciò che lei non aveva ancora concesso a nessuno finora.
La sua prima volta con lui. Con Tavington.
I suoi occhi erano
diversi, il suo azzurro si era liquefatto e quella nuova sfumatura li
rendeva molto più belli o forse solo molto più
eccitati.
Era lei l'artefice del cambiamento?
"Ho cambiato idea." disse lui.
"Davvero? Posso ritornare nei sotterranei?" sperò ancora lei.
Il suo riso le fece comprendere che c’era qualcosa sotto.
"Ma no, sciocchina, non ho cambiato i piani per stasera. Ho rivalutato
la modalità."
Tornò indietro e si
appoggiò al muro, mentre lei si allontanava sempre di
più da lui e purtroppo anche dalla sua unica via
d’uscita,
la porta.
Le gambe del Colonnello
erano incrociate, come le braccia. La guardava dritto negli occhi. Era
incredibile il fatto che indossasse ancora la giubba rossa, ma non la
toglieva mai? Pantaloni neri, camicia bianca e giacca rossa: ecco
l’armamentario dei Dragoni Verdi. Proprio irriconoscibili.
"Spogliati."
Cosa?
Davanti a lui. Mai.
"C-con voi?"
"Se vuoi compagnia posso chiamare qualche altro Ufficiale..capitano o
tenente?" la prese in giro lui.
Ci voleva anche il suo umorismo, voleva sicuramente umiliarla
ulteriormente.
"Non voglio nessun Ufficiale e voi siete compreso nella lista."
"No? L’hai voluto tu. Non ti ho persuasa con le parole, ma
forse con questo cambi idea, mmh?"
E così dicendo puntò la sua adorata pistola verso
di lei. Non scherzava affatto e avrebbe davvero sparato.
"Perché lo volete? Non vi basta prendere il mio corpo,
volete anche la mia dignità?"
"La tua dignità,
tesoro, l’hai persa una volta che hai varcato quella porta.
Ormai
sei il mio giocattolo."
Tanto valeva dargli quello che voleva, tanto avrebbe trovato lo stesso
altro da dire. Peggio di quei dannati sofisti.
Con grande rammarico
slegò il vestito. Cercò di
evitare i suoi occhi, ma sapeva di avere comunque il suo sguardo
puntato su di lei. Con un po’ di difficoltà il
vestito
cadde per terra e rimase nuda, un animale pronto per essere immolato.
Ad un certo punto, capì che doveva riacquistare un po' della
sua
dignità -almeno un po'- così affrontò
il suo
sguardo, pur sapendo che le sue guance si erano imporporate.
Lui la fissava, meditando sulla prossima mossa.
"Pensavo peggio."
Quel commento era peggio.
"E ora..che si fa?"
"Attenta che la tua impazienza sta gonfiando il mio ego."
Sembrava diverso, stava forse studiando cosa dire? Oppure stava
cercando il modo per metterla ancora più imbarazzo?
"Non sono impaziente, voglio solo che finisca presto."
Fece il primo passo verso di lei, piano.
Uno per volta.
Fece un giro attorno al
suo corpo, dando un’occhiata da tutte le angolazioni. E poi
la
spinse verso il letto. Con la sua ottima coordinazione motoria
incespicò e volò dritta sul letto. Il materasso
era
morbido, sembrava essere così accogliente. Tavington doveva
essere esigente anche in quello.
Ma che sbruffone quell’uomo. Lui la premé contro
le coperte coprendola con il suo corpo.
"Dimmi, Beatrix, sei una gattina cattiva anche con i tuoi amanti?"
Ma quali amanti? Credeva di avere a che fare con una vera prostituta?!
"Avete paura che graffi, Colonnello?"
"Niente affatto, tesoro. Stavo semplicemente pregustando il mio piacere
imminente." e con un sorrisino Tavington ribatté.
"Vi odio come non ho mai odiato nessun altro. Ve lo giuro."
Lui rise, quasi come se si alimentasse con le sue provocazioni.
"Mi piace l’odio,
Beatrice. È qualcosa di forte, pulsionale. Si dice che
l’odio e l’amore siano come il corpo e la sua
ombra, non
possono mai essere disgiunti, non pensi che si addica a questo momento?"
La risata beffeggiante di Tavington la infervorò.
"Come avete fatto a non
capirlo prima, la verità è che io vi amo alla
follia, voi
però non mi lasciate la possibilità di
dimostrarvelo...Brutto verme schifoso, prenditi questo."
E così dicendo gli sputò,'con tanto amore', in
faccia.
Pulendosi la faccia con la manica della camicia le disse:
"Molto divertente, Beatrice. Vedo che ti stai allietando, non credi che
sia venuta l'ora di far gioire anche me?"
Portò le sue mani sulle sue cosce portandole
all’altezza dei suoi fianchi.
Le sue mani esploravano il
corpo, soffermandosi sul seno, lo accarezzò con dolcezza
disegnando cerchi concentrici attorno al capezzolo.
Sapeva che l'atto doveva
farle schifo, allora perché le fece uno strano effetto il
suo
tocco? Intanto Tavington accostò la bocca in
prossimità
del suo capezzolo e poi poggiò le labbra sopra.
OH MIO DIO.
La sua lingua era vorace,
aveva perso tutta la dolcezza con la quale insisteva prima. Lei sentiva
il sopra bagnato per via del suo tocco e temeva di non essere bagnata
solo lì.
Perché il suo corpo reagiva così? Avrebbe dovuto
essere impassibile come la sua mente.
Invece disastro.
Sentiva delle strane
emozioni che non aveva mai provato prima. Lo stesso trattamento ottenne
l’altro capezzolo fino a che la sua bocca discese verso il
basso.
Si muoveva baciando ogni centimetro di pelle, lasciandola infuocata e
poi si fermò all’ombelico. Lo baciò e
poi
risalì, incollando le sue labbra sulla bocca di lei. Lei
cercò di
serrarle, ma era inutile.
La baciò
lentamente, prima con qualche bacetto leggero e poi iniziando a
mordicchiarle il labbro inferiore. Lei sentì che il suo
autocontrollo stava per vacillare, non era sicura di riuscire a
resistere, perché dentro di sé desiderava sentire
ancora
una volta il suo tocco lascivo. L’accesso era libero,
così
la baciò con lo stesso impeto dedicato in precedenza. La
lingua
girava e ruotava seducendola. Le sue labbra erano così
morbide e
carnose, umide al punto giusto. Continuava a darle piacere senza che
lei avesse corrisposto niente. Non sapeva cosa fare, lui era il primo
in tutto. E quando finalmente cercò di muovere la lingua
anche
lei, lui si fermò.
"Non ti faccio più
schifo, Bea?" e con il suo solito ghigno la riportò alla
realtà.
Eccolo di nuovo il solito Tavington.
"Avete confuso, Colonnello, il mio entusiasmo con la rassegnazione per
un finale che non dipende da me."
La sua bocca si avvicinò all'orecchio di Bea,
mordicchiandolo lievemente.
"Quindi vorresti dire che non ti piace, eh?"
Così dicendo continuò a lasciarle umida la pelle
per via della sua saliva e scese giù.
Molto in basso, oltre l’ombelico.
"Sai, Beatrice, non credo
di aver interpretato male i segnali del tuo corpo. Ne ho toccate di
donne, mia cara e so riconoscere il piacere in una femmina. Quando
lascerai da parte il tuo orgoglio, riuscirai a divertirti di
più
anche tu."
"Credete di conoscere il mio corpo cosi bene, Colonnello? Cosa ne
sapete voi? Magari ho avuto amanti migliori." lo sfidò lei.
"Lo scopriremo presto. Molto presto."
Senza neanche darle il
tempo di realizzare cosa volesse fare, introdusse un dito dentro di
lei. Lo spinse sempre più a fondo fino a che
incontrò un
ostacolo.
"Avete trovato ciò che cercavate, Tavington?"
Stai calma, respira e
non
pensare a quello che ti sta facendo e soprattutto non pensare al suo
tocco lì. Ma che diavolo..
"Aaaaaaaaaaaaaaah!!
Colonnello, ma siete impazzito?!"
I suoi occhi si accesero, le sue
sopracciglia si alzarono con un cipiglio incredulo.
"Ma come, Beatrice, con tutti gli amanti che hai avuto urli come una
ragazzina? Dovresti essere abituata, o sbaglio?"
Ma cosa stava dicendo e perché faceva così
dannatamente male?! Si sentiva andare a fuoco.
"S-smettetela Tavington, mi fate male." lo implorò.
"Male? Viste le tue
esperienze passate dovrebbe essere una passeggiata, no? Oh giusto,
è la tua prima volta. Sai, in effetti dovevo intuirlo che
eri
vergine, con quel caratterino spaventeresti chiunque."
"Andate al diavolo."
"Come preferisci. E ora di soddisfare anche me stesso."
Slacciò i pantaloni, senza neanche svestirsi.
Lei non riusciva a
guardare, così fissò un punto indefinito oltre le
sue
spalle e liberò la mente. Senza che se ne rendesse conto la
penetrò creando ulteriore male. Qualcosa si ruppe, un pezzo
di
carne probabilmente. E mentre qualcosa di liquido scendeva lungo le sue
cosce, lui continuava a spingere.
Lei riusciva a sentire i suoi gemiti addosso a lei, sospirava sul suo
collo ed era difficile far evadere la mente.
Spingeva sempre più
forte, sembrava una bestia nei movimenti, ma il volto era controllato,
evidentemente non era la prima volta per lui. Poi, i suoi
spasmi
si rallentarono e infine si esaurirono. Si
scostò dal corpo della fanciulla e si sistemò i
pantaloni, solo allora
notò che lei aveva pianto, forse senza rendersene conto. La
guardò attentamente, eppure non sembrava per niente colpito.
La guardò senza
dire niente per altri secondi e poi si allontanò da lei.
Sbottonò la giubba, gettandola poi su una sedia e
trattò la
camicia allo stesso modo.
Rimase così a torso nudo, infine
sfilò gli stivali e si sdraiò sul letto.
Lei era ancora scossa, ma un pensiero spingeva dentro di lei.
Te la farò
pagare, Tavington.
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Capitolo 4 *** Il risveglio dopo la tempesta ***
capitolo IV
Capitolo
IV
Il risveglio dopo la tempesta
Lo aveva
davvero fatto, si
sentiva male e si vergognava per quello che aveva perso. Aveva sempre
sognato quel momento, immaginandoselo con la persona che avrebbe amato.
Invece eccola lì nel letto con l’uomo che forse
odiava più
di ogni altra cosa sulla Terra.
Sembrava
fosse passata
un’eternità dal momento in cui aveva finalmente
chiuso gli
occhi, vedendo fuori dalla finestra poteva dire che era
l’alba.
Il cielo era colorato di macchie arancioni e rosse, sì era
più
che sicura che fosse proprio l’alba. La stanza era
leggermente
illuminata da permetterle di ammirare meglio il corpo
dell’uomo
che giaceva vicino a lei. I capelli erano sciolti e sparsi nel cuscino,
non si ricordava di averlo visto maneggiare i suoi capelli.
Strano.
Era
tranquillo come un
bambino, ma lei sapeva la verità, aveva visto che uomo
ignobile
si nascondeva sotto. Se solo avesse avuto un coltello lo avrebbe
piantato dritto nel suo cuore e allora sì che lui
l’avrebbe fatta
godere veramente. Anche se quell’idea allettava Beatrix,
capì che non era saggio farlo fuori nella sua stanza, per di
più in un Forte pieno di soldati.
No, non poteva.
Però
almeno doveva
provare a scappare da lui, prima che si svegliasse. Così
sollevò con delicatezza il lenzuolo e scostò di
lato le
sue gambe, il suo sguardo viaggiò lungo la stanza alla
ricerca
dei suoi vestiti, li trovò vicino alla poltrona. Mosse i
primi
passi sul pavimento di legno, cavolo
perché proprio quel legno cigolante?
Zampettò ancora due o tre passi ed afferrò la
sottoveste.
Ora sì che stava meglio, almeno aveva riacquistato un
po’ di
dignità.
"Non penserai
di andartene di già, dolcezza?"
Forse pensava
davvero di sì, ma era Tavington.
"Veramente mi
ero alzata per..andare in bagno. Madre natura chiama."
Il Colonnello
si alzò dal letto, noncurante della sua nudità.
Quando si era
tolto i vestiti?
Strano.
Non aveva
ancora avuto
l’occasione di vedere il suo corpo completamente nudo ed
era...imbarazzante.
La sua parte più pudica la spinse a girarsi
di tergo per nascondere la vista di Tavington.
"Non sarai
mica timida? Non dopo quello che abbiamo fatto la scorsa notte.."
La sua rabbia
crebbe a dismisura, così si girò irosa.
"Che avete fatto
Colonnello. Perché io non potevo farci niente, non ero nella
condizione di scegliere."
Sentiva il
suo viso caldo, causato sia della situazione che dall’ira.
"Potevi
scegliere di non
trarne piacere. Io non ho obbligato il tuo corpo ad accendersi per me,
quello è stata tutta opera tua."
Lo odiava, ma
sapeva che
diceva il vero. Anche se per poco, aveva gioito di quel momento, ma non
lo avrebbe mai confessato, tantomeno a lui.
"V-voi
siete..odioso, lo sapete? Io non vi sopporto, come fate ad avere la
risposta pronta ogni volta, vi addestrano?"
"Quello
è dato
dalle esperienze di vita, che mi hanno reso l’uomo che hai di
fronte. Quando ricevi tanti colpi, alla fine impari a darli."
Quella
cos’era, una specie di confessione? Tavington debole?! Nah,
nemmeno se lo avesse visto con i suoi occhi.
Già,
proprio quegli stessi occhi che non smettevano di abbassarsi a fissare
il suo..
No,
Beatrix smettila, guarda altrove!!
"Hai visto
qualcosa di interessante?"
Sbruffone,
ti piacerebbe.
"Non vi
esaltate tanto, non siete il primo uomo che vedo."
Il Colonnello
si
avvicinò sempre più fino a porsi a pochissima
distanza da
lei, le soffiava praticamente sul volto l’aria del
naso. La
sua mano accarezzò la pelle della ragazza muovendosi verso
il
basso, sempre di più fino a sfiorare il sangue ristagnato
sulla
sua coscia.
"Molti
uomini, vero?"
"Questo non
vuol dire niente, ci sono a-altri modi per giacere con un uomo."
L’angolo
della sua bocca si alzò verso l’alto, la prendeva
in giro.
"Oh, quindi
mi vuoi far
credere ora di essere esperta. Se fosse davvero così, lo
scopriremo presto, Beatrice sei una novità costante.
Sarà
per questo che ti ho tenuta ancora qui e non ti ho portata
giù?"
"Io voglio
ritornare dalle altre e vorrei anche capire in che senso sono il vostro
giocattolo.."
Rideva di
lei, la smorfia che aveva la sua bocca le faceva pensare a nulla di
buono.
"Sono
contento di vedere
che quelle buone a nulla ti abbiano spiegato bene la faccenda. Ora ti
basta sapere che sei mia e lo sarai fino a quando mi sarò
stancato di te."
Stava
giocando con la sua
vita, perché era così crudele? E Gabriel cosa
c'entrava in
tutta quella storia? Lo doveva scoprire al più presto.
"A meno che
gli Americani vincano la guerra, allora sarete voi a strisciare
Tavington."
"Questi sono
solo sogni,
Beatrice, gli Inglesi sono in vantaggio, vinciamo una battaglia dopo
l’altra tutto fa presagire un finale a nostro favore."
Goditi questo momento
finché puoi, perché da adesso in poi
cercherò in tutti i modi di farti cadere.
"Se ne siete
così sicuro, Colonnello, buon per voi. Ora, con il vostro
permesso, vorrei ritornare dalle mie compagne."
"Tanto non mi
servi oggi,
vattene. Anzi no, prima fai una cosa per me. E falla bene, se non vuoi
che mi inventi qualcos’altro."
Beatrix si
domandò a quali cose alludesse, aveva imparato in poco tempo
ad aspettarsi qualsiasi cosa da quell’uomo.
"Baciami."
disse perentorio.
"D-devo
ricambiare il vostro bacio?"
Perché
doveva essere così enigmatico?
"No, baciami
di tua spontanea volontà."
Questo non
era corretto, la dichiarava libera, ma allo stesso tempo non le dava
altre possibilità.
"E se mi
rifiutassi?"
"Dopo essere
venuta a letto con me, ti spaventa davvero un semplice bacio?"
Con maestria,
Tavington la
girò e si pose dietro di lei, attirandola verso la sua
solida
corporatura. La schiena combaciava con il petto muscoloso
dell’uomo facendole mancare il respiro. Il Colonnello le
scostò i capelli di lato, denudando il collo per poi
depositarvi
sopra piccoli baci lascivi. La sua mano strinse forte il suo petto
portandola sempre più vicina a lui. Inspirò il
suo odore,
provocando brividi lungo il suo collo.
"Perché
lo fate, perché vi piace torturarmi così?"
"Io non sto
facendo niente che anche tu non voglia, o mi sbaglio?"
Lei si
girò
portandosi alla sua altezza, le sue mani si mossero subito e coprirono
la distanza tra i corpi arpionando il collo di Tavington.
"Siete
odioso, lo sapete..?"
Le sue
piccole mani
perlustravano il suo petto, saggiando la compattezza del suo corpo, con
le dita disegnò linee immaginarie facendolo sospirare.
"Se solo ne
avessi la
possibilità vi ucciderei, qui e ora, ma allo stesso tempo
c’è qualcosa di sbagliato che mi spinge a volere
il vostro
corpo.."
Le sue mani
ora scendevano
giù, giungendo a sfiorare la leggera peluria sotto
l’ombelico. Il suo viaggio si fermò lì,
si mise a giocare
pigramente con i suoi riccioli neri, tirandoli leggermente.
"Cosa mi sta
succedendo, cosa mi state facendo..?"
Una mano
risalì e gli sfiorò il labbro inferiore,
tracciando il suo confine.
"Siete
l’essere
più ignobile che l’umanità abbia mai
conosciuto e
io vi trovo irresistibile. Buffo, vero? Qualcuno la chiamerebbe
Sindrome
di Stoccolma1
immagino.."
Smise di
sfiorare i suoi
peli e molto lentamente risalì il suo corpo marmoreo fino a
porre entrambe le mani sulle sue spalle.
Meravigliandolo,
fece un
salto e allacciò le gambe attorno alla sua vita, adagiando
le
sue braccia attorno al collo. Tavington, preso alla sprovvista, quasi
barcollò all’indietro, ma si riprese
immediatamente
afferrando saldamente i suoi glutei.
"Ditemi
perché.."
La presa del
Colonnello si fece più salda.
"Forse il tuo
corpo aveva bisogno solo di questo, lo hai privato di piacere per
troppo tempo.."
"Perché
con voi? Perché non con il figlio del fabbro?
Perché con l’uomo che odio?!"
Tavington si
mosse nella
stanza, fino a posarla sul tavolo dello scrittoio, le sue mani
accarezzarono voracemente le sue gambe, sentendone fame.
"Mi odi, ma
mi vuoi allo stesso tempo, vero?"
Sì
sì sì
"Lasciati
guidare dal tuo desiderio Beatrice."
Se solo fosse
stato un
uomo qualunque ci avrebbe anche pensato, ma lui era il Colonnello
William Tavington, l’assassino di sua madre, come poteva
passarci
sopra come se niente fosse?
Voleva
drogarla con il sesso e lei ci era quasi cascata.
Presa da
un’energia
nuova lo attirò a sé aggredendo le sue labbra, le
succhiò, facendolo gemere e poi depositò diversi
baci, infine…lo morse. Più forte che
poté e solo quando
sentì il sangue gocciolare nella sua bocca si
rallegrò.
Godeva grazie
al suo piacere, ma traeva ancora più piacere nel vederlo
soffrire.
Il Colonnello
la schiaffeggiò con forza facendole girare la testa
dall’altra parte.
"Ahi!"
Sembrava
veramente
arrabbiato, vedeva le fiamme nei suoi occhi. Scese dal
tavolo,
raccogliendo i suoi vestiti, sentiva di aver vinto una piccola
battaglia, ma ben presto sarebbe arrivata la risposta del Colonnello.
Quando pensava di poter andare via, lui la fermò, arpionando
il
braccio e premendo con forza le unghie. Avvicinò la bocca al
suo
orecchio e le disse:
"Non
è finita qui..."
Appena lui
allentò la presa, lei corse via.
Era andata
così vicina, se si fosse lasciata andare se ne sarebbe
pentita.
Dimenticarsi
chi fosse lui in realtà, come era successo?
Beatrix era
finalmente
arrivata a destinazione, era riuscita ad uscire dall’ala del
Forte occupata dagli Ufficiali ed ora si trovava nel grande cortile.
Una sagoma si stagliò vicino alla grande colonna al centro,
doveva essere Gabriel.
Era arrivato
il momento di avere chiarificazioni.
"Hey, che ci
fai qui tutto solo?"
Lui si
girò di tre
quarti e la guardò con gli occhi strani, le pupille erano di
un
nero scuro e sembrava arrabbiato.
Pure
lui, no.
"Forse dovrei
chiederti io
cosa ci fai qui. La porta da cui sei arrivata conduce agli alloggi
degli Ufficiali..hai dormito da lui, vero?"
Gabriel non
poteva
guardarla così. Dopo tutto quello che subiva da
quell’uomo, lui era rimasta l’unica luce nelle
tenebre.
Doveva
capirla.
"Gabriel,
senti..conosci Tavington meglio di me.."
"Che ci fai
qua allora? Dovevi restare a Pembroke. Lì eri al sicuro.."
Si
avvicinò fino a prenderla con due mani e la
strattonò più volte.
"Qui non lo
sei, loro sono Inglesi, sono i nostri nemici e noi dobbiamo scappare.
Sì, dobbiamo
scappare e io ti devo portare via con me!"
Non poteva
sbarazzarsi di lei così facilmente, c’erano troppe
cose da spiegare.
"Gab,
ascolta, io devo restare qui, voglio sapere perché mia madre
è morta, non posso andare via."
"Samantha
è morta e..chi l’ha uccisa?" chiese lui stupito.
"Lo sai chi
è..sempre lui. Se vengo via non saprò mai la
verità, comunque come farai tu a scappare? Non
vedi che siamo
sorvegliati notte e giorno, è impossibile!"
La presa del
ragazzo si
allentò e lui iniziò ad accarezzarle le braccia
dolcemente. All’improvviso si avvicinò e
l’abbracciò, forte. Le sussurrò
all’orecchio:
"E se ti
dicessi che mi sono fatto catturare volontariamente?"
"Gab, ma cosa
diavolo stai dicendo, chi è il pazzo che farebbe una cosa
del genere.."
Ad un certo
punto lei si staccò da lui e lo guardò furiosa.
"No, Gabriel
Martin, dimmi che non fai parte di quella banda di assassini!"
"Beatrix, non
siamo assassini, noi lottiamo per liberare l’America.
Combattiamo per la libertà."
Lei non
poteva credere che alla fine avesse fatto proprio quello in quegli
anni.
"Allora
perché non combatti con l’esercito dei Regolari,
perché con quella banda di..ribelli?!"
"Tu non sai
quante volte
abbiamo vinto, siamo più motivati, più addestrati
e siamo
delle persone normali che combattono per i loro ideali, combattiamo per
non avere il piede straniero nelle nostre terre."
Beatrix
sapeva che lui
diceva il vero, agivano per il bene di tutti, ma lei aveva sentito le
voci che circolavano. Si diceva che quel gruppo di Ribelli fosse
guidato dal fantomatico Fantasma, lo chiamavano così
perché nessuno riusciva a catturarlo. Era una furia,
abilità nel combattere fuse con grande astuzia strategica,
sapeva colpire bene i carri con gli approvvigionamenti Inglesi e
conquistava sempre il campo. Tutti lo temevano, sia i civili che i
militi, pochi erano quelli che conoscevano la sua vera
identità,
l’epiteto lo proteggeva affinché potesse
continuare la sua
battaglia. E ora lei sapeva che anche Gabriel faceva parte di quel
gruppo, era consapevole dei rischi, se solo gli Inglesi avessero
scoperto chi fosse in realtà, lo avrebbero impiccato subito.
Non poteva
permetterlo, avrebbe mantenuto il segreto a costo della vita.
"Mettiamo il
caso che io, ipoteticamente, ti capissi e vorrei aiutarti, cosa dovrei
fare?"
Senza
aspettare la sua
reazione, lui la baciò. Un bacio diverso da quello del
Colonnello, che sapeva di gioventù e lei non poté
non
ricambiarlo.
Quanto le era
mancato quel ragazzo!
"Gab,
rallenta, sono ancora abbastanza confusa. Hai un piano quindi?"
"Che ci fate
voi qui? Non vi è permesso gironzolare nel Forte, ritornate
nelle vostre stanze."
Un soldato si
avvicinò e li catturò in pose non prettamente
convenzionali.
"Avete
ragione, ma è colpa mia, sono nuova e mi devo ancora
ambientare."
Finalmente
Gabriel lasciò la presa e si staccò di qualche
centimetro da lei.
"Tu devi
essere quella nuova presa da Pembroke, vero?"
Tutto sommato
non sembrava essere una cattiva persona. Era alto, robusto e muscoloso,
e aveva i capelli biondi.
"Dite bene e
voi..siete?"
Mentre
conversavano, iniziarono ad incamminarsi verso lo scantinato.
"Capitano
Nikolas Bordon, sono il secondo in comando del Colonnello Tavington."
Me
l’ero dimenticato per un po’, perché
doveva nominarlo?
"Ah..interessante,
quindi conoscete intimamente il Colonnello?"
Il Capitano
sorrise e sembrava essere sincero. Alla fine non erano tutti degli
orsi, gli Inglesi di quel Forte!
"Difficile
darvi una
risposta, chi può dire di conoscere bene William?
Sta sempre sulle sue, conversa poco e quando lo fa riesce a far
piangere anche noi uomini. Posso dirvi che lo ammiro come condottiero,
ma come uomo..non lo conosco così bene."
"Siete il suo
braccio destro, lo conoscete meglio di chiunque altro, qualcosa potete
dire.."
Gabriel
sbruffava e si percepiva irritazione nel suo tono di voce:
"Ma cosa te
ne importa,
Bea? È odioso, pensavo lo avessi capito bene
l’altra sera
o forse il tuo interesse morboso per quell’uomo c'entra con
altro?"
Ma come si
permetteva di insinuare tali sciocchezze?!
"Aspetta un
po’ Gab,
questa cos’è..una sorte di gelosia? Scusa se mi fa
proprio
ridere! Da che pulpito la predica, da quello che mi ha abbandonata tre
anni fa, S-E-N-Z-A spiegazioni!"
Era in
collera, il viso
rosso per la furia, perché aveva rovinato tutto?! Andava
tutto
bene e poi quella gelosia era ingiustificata.
"Non
è vero, ti ho inviato quella lettera, ti avevo scritto tutto
quello che pensavo."
"Secondo te
una lettera
spiega la fine di una relazione? Io ti amavo sopra ogni cosa, ho pianto
giorno e notte per te, aspettando il tuo ritorno. E tu..certo ti sei
lavato le mani con una lettera!"
Bordon, che
fino a poco prima era rimasto a guardare la scena, interruppe la
discussione bruscamente.
"Va Bene
Romeo e Giulietta,
finitela qua. C’è gente che dorme e non
è il caso
di litigare in corridoio. Se volete proprio azzuffarvi vado a prendere
gli snack da mangiare!"
Beatrix si
mise a ridere
come una matta, lasciando di stucco i due uomini. A lei bastavano due
battutine per cancellare la rabbia.
"Mi piaci
Nik, sento che diventeremo amici."
Parlando,
erano già arrivati nella loro stanza.
"Sì,
sì. Intanto chiamami Capitano Bordon, streghetta. Che roba.."
E mentre lui
girava la chiave, lei sentiva di aver conquistato almeno un
po’ il cuore del Capitano.
Spoiler prossimo capitolo:
"Quale bacio? L'hai vista baciarsi con il biondo?"
Quindi lui sì
e io no. Vedremo.
1 il termine è moderno, ma
è l'unico che mi veniva in mente. :)
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Capitolo 5 *** L'assedio di Savannah - I preparativi ***
capitolo V
Capitolo
V L’assedio di Savannah – I preparativi
14 settembre 1779
Consiglio di
guerra indetto dal Generale Cornwallis.
"Signori, tra
qualche
giorno condurremo i nostri uomini a Savannah e assedieremo la
città. Badate bene che il nostro obiettivo rimane
Charleston, ma
è utile per controllare meglio i nemici. Il Generale
O’Hara guiderà il suo esercito colpendo da
sinistra,
Colonnello Tavington voi vi unirete da destra, il Colonnello Tarleton
invece si muoverà insieme a me seguendo la strada
principale."
Tutti gli
Ufficiali
parlottavano tra di loro, scambiandosi informazioni utili per la
partenza. Un’altra battaglia per William per dimostrare la
sua
bravura. Cornwallis gli aveva lasciato carta bianca, poteva finalmente
fare come voleva. Peccato solo che Tarleton, nonché suo
acerrimo
nemico, fosse di nuovo insieme al Generale, si divertiva a elogiare
tutti tranne che lui?
Qualcosa di
positivo
c’era, muovendosi con i suoi Dragoni avrebbe dettato lui
legge,
difficilmente avrebbe avuto così tante
possibilità di
scelta al fianco di Cornwallis.
"Ricordate
bene che queste
popolazioni, appena avremo finito la guerra, saranno nostri fratelli e
dovremo ristabilire nuovamente commercio con loro. Perciò
invito
ciascuno di voi a ponderare l’uso della forza, e ad
utilizzarla
solo se necessario. Non c’è bisogno di colorare di
barbarie il buon nome inglese."
Forse solo
Tavington lo notò, ma lo sguardo del Generale sembrava
volgersi proprio verso di lui.
Vediamo
un po’ cosa dirai quando domani mi coprirò di
gloria.
"Avete
domande?"
Tutti si
guardarono, ma nessuno aprì bocca.
"Molto bene.
Allora dichiaro chiuso questo incontro. Un brindisi a domani, alla
vittoria. A Sua Maestà Re Giorgio III."
Tutti i
militi alzarono la coppa e brindarono, a coro dissero: "Lunga vita al
Re."
Le poltrone
vennero svuotate dai soldati, una ad una, e Tavington fu tra gli ultimi
insieme a Bordon a lasciare la stanza.
"Quindi,
Colonnello, voi sarete il nostro punto di riferimento, non abbiamo
nessun vincolo di Cornwallis. Non siete contento?"
Lui
sorrideva, ma Tavington sospettava che c’era
dell’altro.
"A quanto
pare..Nik non
trovi anche tu strano il comportamento del Generale? Perché
non
affidare il lavoro a Banastre, è lui il suo pupillo, no?"
Era stupido
impuntarsi su
quella cosa, ma l’odio che provava per entrambi quegli uomini
certe volte gli annebbiava la mente.
"Non posso
credere che la faida tra te e Tarleton sia ancora aperta, pensavo
aveste chiarito."
Finché
lui si atteggiava da uomo vissuto, no.
William
provava antipatia
per Banastre perché a soli 22 anni era già
Colonnello e
sospettava che prima della fine della guerra sarebbe diventato perfino
Generale. Lui, invece, aveva 30 anni ed era arrivato al grado di
Colonnello perché se l’era meritato, con il sudore
di
battaglie. Il ragazzino, al contrario, di buona famiglia aveva
semplicemente comprato la carica e dato che suo padre -il Lord
Tarleton-
era amico di lunga data di Cornwallis, era stato facile inserirlo tra i
Dragoni Verdi.
Per Banastre
era solo un gioco.
Per William,
i suoi Dragoni Verdi erano la sua vita.
"Per me la
questione non è chiusa fino a che non lo vedo fuori dal mio
esercito."
"Sempre il
solito Will, quando ti impunti così, mi ricordi quella
streghetta.."
Chi?
"Di chi
stiamo parlando?"
Bordon aveva
gli occhi lucidi, le labbra si erano arricciate ad un sorriso. Era per
forza 'Quella' donna.
"È
chi penso io, Nik?"
"Affermativo
Colonnello"
E, scherzosamente, si mise sull’attenti.
"Quando hai
parlato con quel demonio?"
Mentre
parlavano, Bordon prese una coscia di pollo dal tavolo del buffet e la
divorò voracemente.
"Stamattina,
intratteneva il biiiondo."
"Anche se non
ti ingozzi
come un maiale va bene lo stesso, non ho capito niente. Quello biondo,
il prigioniero? Ha fatto amicizia velocemente.."
Finalmente
mandò giù il boccone e si pulì
velocemente con la manica della camicia.
"Molto
velocemente..dovevi
vedere William come litigavano, sembravano conoscersi da una vita. E
senza parlare del bacio in cortile.."
"Quale bacio?
L’hai vista baciarsi con il biondo?"
Bordon non
rispose, mosse
solo lievemente la testa dando una risposta affermativa in modo
silenzioso. Sentiva di aver toccato un tasto dolente per il Colonnello,
non voleva farlo infervorare di buona mattina.
"Bene..senti
ora devo
andare. Ci aggiorniamo stasera per i preparativi della partenza. Ah, mi
raccomando, porta lo stretto necessario, se vuoi compagnia femminile,
limitata nel numero. Non c’è bisogno di trasferire
l’intero harem."
E con un
sorrisino il Capitano se ne andò.
Quindi
lui sì e io no. Vedremo.
Avevano
appena finito il
misero pranzo concesso dagli Inglesi ed ora nello scantinato non
c’era molto da fare. Beatrix aveva capito come funzionavano
le
cose al Forte, loro non avevano un compito preciso, potevano essere
coinvolte per i lavori più vari. E Shila le aveva confidato
che
ad alcuni Ufficiali -tra i quali Tavington ovviamente- piaceva prendere
alcune di loro per il proprio piacere. Quella era purtroppo
un’eventualità reale e lei di questo temeva, non
voleva
essere una prostituta, avrebbe preferito lavorare anche 24 ore su 24.
Non era riuscita a finire la discussione con Gabriel e le dispiaceva
molto, ma l’intrusione di Bordon aveva reso il ragazzo triste
e
un po’ indisposto. Non poteva credere alla sua gelosia, era
lei
quella che doveva essere arrabbiata. Dopotutto era lui che
l’aveva abbandonata col cuore spezzato. In quegli anni non si
era
fatto sentire molto, forse qualche lettera l’aveva inviata,
ma
sentiva che si era spezzato qualcosa tra di loro. Sarebbe stato bello
aggiustare le cose con lui, ma tre anni passati e il posto in cui si
trovavano non rendevano semplici le cose.
"Bea…penso
che
dobbiamo parlare. Mi dispiace lasciare le cose tra noi così,
siamo cresciuti insieme e sento che l’amore per te non
è
cambiato. Lo sai che ti voglio bene."
Lei non aveva
avvertito la sua presenza vicina, troppo presa dai suoi pensieri.
"Non ti
preoccupare, Gab, anch’io ti voglio bene. Raccontami un
po’ cosa succede."
Lui la prese
per il braccio e la tirò fino a raggiungere un
angolo buio dello stanzino.
"Ti
racconterò
tutto, ma non qui, non è sicuro, non si sa mai che abbiano
spie
anche tra di noi! Ti porto in un posto."
Uscirono sul
balconcino e
lì lui si arrampicò sulla staccionata e poi
saltò.
Lei per poco non perse un battito, così preoccupata per la
salute del suo amico si affacciò e controllò.
Lui era
sull’erba sorridente, era un salto di pochi metri. Roba da
dilettanti.
"Salta. Ti
prendo io."
Beatrix si
fidò di Gabriel e saltò giù e, come
aveva detto, la prese al volo e la strinse a sé.
"Visto che ti
ho presa? Ora seguimi e fai piano."
Camminarono
lungo il
perimetro del Forte fino ad arrivare ad una tenda abbastanza logora,
allestita per un'occasione particolare in passato e dimenticatasi della
sua presenza subito.
Entrarono
dentro e la sua
ipotesi venne confermata: piccola e sporca. Al centro vi era una
barella malconcia e qualche tavolino usurato. Doveva essere una specie
di centro di ricovero provvisorio per i soldati feriti. Nonostante
l’angusto luogo, rimaneva però protetto da sguardi
troppo
curiosi.
"Come lo hai
scoperto?"
"Qualche mese
fa, girovagando per il Forte. Sai, quando sei un uomo in questo posto,
ti annoi facilmente."
Uno
scalpiccio li fece girare, sembrava che ci fosse qualcuno fuori,
così Gabriel uscì a controllare.
"Nessuno."
Rientrò
e questo sollevò un po’ Beatrix.
"Bene..raccontami
il piano, qual è?"
Lui la
fissò a lungo, come per meditare sul confessare o meno i
suoi piani segreti. Alla fine parlò.
"Qualche mese
fa mi sono
fatto catturare con l’accusa di aver aggredito un soldato
Inglese. Sapevo che non mi avrebbero impiccato per quello, ma una
buona dose di lavori forzati, come immaginavo, mi toccarono.
E
così fu.
Il mio
obiettivo era
quello di raccogliere informazioni, sono stato mandato qui come
informatore, spia, chiamami come vuoi, perché ci stiamo
preparando a qualcosa di grosso. Facendo molta attenzione e fatica sono
riuscito a scoprire la loro prossima mossa, ovvero
l’espugnazione
della città di Savannah. Essendo una cittadina con pochi
abitanti e possiamo dire debole dal punto di vista militare, ci si
aspetta un lavoro semplice. Ed è qui che interveniamo noi.
Loro
non sospettano che ci siamo armati a difesa proprio di Savannah!
È incredibile, no? Essere un passo avanti a loro e avere la
concreta possibilità di vincerli!"
La faccia di
Beatrix
diceva che aveva tanti dubbi a proposito. Troppe informazioni in poco
tempo e la sua testa non ragionava più bene.
"Aspetta un
po’..tu come hai fatto a riferire la notizia? Sembra troppo
semplice."
Lui le
sorrise e le accarezzò la gota.
"Perché
non mi chiedi..Gab perché proprio questo Forte?"
Aveva ragione
in effetti. Perchè proprio Forte Charlotte, Cornwallis e
Tavington sembravano essere i più crudeli.
"Perché
mia adorata
noi siamo pronti a colpire il nemico proprio nel suo epicentro, contro
i più malvagi...e poi conoscevamo già gente che
lavorava
qui."
Beatrix
schiaffeggiò scherzosamente il braccio dell’amico.
"Scemo e io
che ti credevo anche. Quindi tu cerchi e loro riferiscono al grande
capo?"
"Sì.
Tra qualche giorno
saremo liberi, liberi di tornare a casa e quest’incubo
sarà finito. Vinceremo questa volta, te lo assicuro!"
Pochi giorni
e sarebbe ritornata a casa..ma cosa rimaneva a Beatrix?
Non aveva
più nessuno,
era sola.
Come se
avesse compreso i
suoi dubbi, Gab l’abbracciò forte e
cercò di
trasmetterle un po’ della sua forza.
"Andrà
tutto bene, ci sono io con te."
Detto questo.
si tennero abbracciati ancora per qualche minuto e poi iniziarono ad
incamminarsi verso la loro stanza.
Quando
arrivarono, si separarono. Gabriel andò a sdraiarsi sul
divano e lei si accomodò su una poltrona sfasciata.
All’improvviso
Wellsie si avvicinò a lei.
"Come stai?
Ti sei abituata?"
Una domanda
da un milione di sterline, abituarsi a quella routine poteva avere solo
una connotazione negativa.
"Vuoi dire se
mi sono rassegnata a questo destino? Sì."
Wells si
chinò vicino a lei e l’abbracciò forte.
"Non dire
così, alla fine non è male. Non sono tutti
cattivi."
"Vuoi dirmi
che ti diverti qua e che non preferiresti essere a casa tua?"
Non poteva
volere davvero quell’inferno.
"Buffo..tutti
vogliono
tornarci, ma io più ci penso e più mi
chiedo..quale casa?
I miei genitori sono morti, questa è la mia casa."
Il suo viso
era strano, non si capiva se fosse davvero triste o felice. Ma una cosa
Beatrix l’aveva capita.
Lei
è come me.
Avevano un
fato simile,
anche Wellsie non aveva più una casa, una famiglia e la
sorte
aveva voluto che quel dannato Forte fosse il sostituto.
Perché
la vita era così ingiusta?
Sentiva
empatia verso quella ragazzina e forse proprio con lei avrebbe legato
di più.
"Allora io e
te non siamo
tanto diverse. Vediamo un po’ di tirarci su di morale tutte e
due..hai trovato l’amore Wells?"
Chissà
se conoscendo meglio quella ragazza avrebbe legato davvero..
"Mmm..c’è
una
persona che mi piace. Lui è bellissimo, biondo e
affascinante
con quell’accento inglese inglese. Tremendamente sexy! E.."
Che
adorabile! Nel raccontare della sua cotta era diventata tutta rossa,
sembrava un bel pomodoro!
"E.."
"E..niente.
È vietato avere legami sentimentali con gli Ufficiali."
Questa
è proprio bella..
"Loro
però possono usarci a piacimento come se fossimo strumenti
inanimati e senza volontà! Assurdo!"
"Già,
hai ragione. Ma Tavington non vuole essere contraddetto, è
una sua regola."
Figuriamoci
se lui non c'entrasse qualcosa..
"Sai..lo so
è
difficile da spiegare ma..non so cosa provo esattamente per lui. Ci
sono momenti che vorrei ammazzarlo con le mie stesse mani, altri in cui
sento qualcosa di diverso. Lo so, ora penserai che sono pazza!"
Wellsie si
era inginocchiata per terra e aveva sorriso amaramente
all’amica.
"Niente
affatto, ti capisco
bene..io ho passato tutta la vita ad odiarlo e amarlo nella stessa
misura. Ma alla fine di tutto, non posso che fare quello che dice."
Aveva
abbassato la testa, quasi come se quel pensiero la facesse vergognare
terribilmente.
"Hey tesoro,
non fare
così, lui sa essere molto persuasivo, se è quasi
riuscito
con me in un solo giorno, figurati con te che lo conosci da
più
tempo. Dai, non ti preoccupare, tra poco sarà tutto finito e
verranno a salvarci."
La sua testa
si alzò di scatto, mostrando gli occhi in lacrime.
"Per te
è facile dirlo, tanto domani te ne andrai.."
Beatrix si
chiese come facesse a saperlo.
"Cosa stai
dicendo, tesoro?"
"Non fare
finta di niente, vi ho sentiti.."
Ecco tutti i
pezzi che si collegavano, era lei che li spiava fuori dalla tenda.
"Prima hai
origliato, Wellsie?"
Sembrava
affranta e
dispiaciuta, era impossibile arrabbiarsi con lei. Faceva gli occhietti
dolci e quelle lacrime facevano commuovere chiunque.
"Non essere
arrabbiata con
me, non volevo ascoltare, all’inizio ero venuta per parlarti
e
poi..vi ho visti li dentro parlottare e non ho resistito, scusa."
"Scuse
accettate. Ma se hai sentito veramente, capisci che non puoi dirlo a
nessuno.
"Sì
sì. Lo so. Portami con te."
Quello era
proprio
escluso, già la missione era pericolosa di per
sé. Non
voleva mettere in pericolo anche lei, non era giusto.
"Ti prego."
Le sue mani
erano unite in segno di preghiera, per rafforzare la sua richiesta.
"No"
"Sì"
"No"
"Sì"
"No"
"Si"
"Va beeeene."
Ecco,
ci voleva pure che alzassi la voce. Cosa mi fai fare..
Wellsie si
alzò di
scatto, facendo voltare la testa di tutti i presenti e si
lanciò
sulle gambe di Beatrix. La tempestò di baci e le
sussurrò
nell’orecchio tante cose carine. Era affettuosa come quei
graziosi cani che fanno le coccole solo quando vogliono il cibo.
Mi
sa che dovrò farmi l’abitudine..di te!
"Lo sapevo
che avresti
capito, sentivo di aver trovato un’amica appena ti ho visto
ieri.
Ti prometto che non lo dirò a nessuno. Giurin giuretto."
Beatrix
sperava che la ragazza dicesse il vero, anche perché bastava
un solo sospetto per metterle nei guai.
"Brava,
Wellsie. Io mi sto
fidando di te, ti prego non farmene pentire e adesso andiamo a farci un
giro, qualcuno qui mi deve raccontare una storia su un bel affascinante
Ufficiale biondo.."
Parlarono per
ore senza
fermarsi per fare altro. Beatrix imparò a conoscere
l’amica e si rese conto di quante cose avessero in comune.
Prima
di tutto erano entrambe orfane e in passato cresciute con genitori poco
attenti alle loro esigenze. Avevano dovuto crescere da sole e avevano
affrontato i vari ostacoli della vita a loro modo. Una attraverso la
solitudine, l’altra con l’allegria.
Nel complesso
però
si ritenevano due pazze. Stessa bipolarità che le faceva
passare
da stati di euforia a tristezza in un battito di ciglia. Amavano
entrambe J.S.Bach e la danza, quando erano tristi talvolta scrivevano
qualche riga nel loro diario. E molte altre cose.
Per la prima
volta nella sua vita Beatrix sentiva di aver trovato qualcuno simile a
lei.
O
semplicemente aveva trovato la sua prima vera amica.
Quando poi il
sole
calò e lasciò posto ad un bellissimo cielo
stellato,
intuirono che la notte si stava avvicinando. Wellsie allora
salutò
la sua nuova amica e si sdraiò nel suo posto-letto.
Nella stanza
non si
sentivano rumori. Catherine era stata chiamata dal Capitano Wilkins per
massaggiargli la gamba dolente, colpita nell’ultima
rappresaglia.
Gabriel era andato a dormire da ore, perché voleva essere in
forze per il grande giorno. Shila e Bella erano state convocate dal
generale O’Hara per sistemare gli approvvigionamenti che
sarebbero stati portati a Savannah.
Beatrix era
al centro della stanza.
Tutto taceva.
Nessun rumore.
All’improvviso
sentì il lieve battito degli stivali che man mano diventava
sempre più forte. Si avvicinò alla porta e
percepì
i battiti. Sembravano quasi una sinfonia: due passi e poi il terzo era
più marcato, e così via con una certa
regolarità.
Doveva essere
per forza il suo incubo che veniva a prenderla.
Si
staccò dalla
porta giusto in tempo per non prendersela in faccia. Il volto
arrogantemente affascinate del Colonnello Tavington fece la sua
comparsa.
"Sempre
impaziente, vedo."
"Come sempre,
Colonnello."
Lei lo
seguì quella sera. Ed era felice, poiché sapeva
che sarebbe stata l’ultima.
Un solo
giorno e poi sarebbe stata lontana da quel Forte inglese.
Lontana da
lui.
Mentre si
incamminava, non riusciva a non sorridere.
|
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Capitolo 6 *** Tempo di Confessioni ***
capitolo VI
Capitolo
VI Tempo di Confessioni
Tavington
procedeva davanti a Beatrix con un solo pensiero costante, si ripeteva
come una litania:
Questa
volta è l’ultima.
Mancavano
pochi giorni
alla partenza, non sapeva ancora con precisione cosa avrebbero fatto
dopo, conosceva solamente la prima tappa: Savannah. Molto probabilmente
avrebbero continuato a marciare e così il Forte sarebbe
stato
disabitato per molto tempo. Ormai era abituato alla solita routine.
Mettevano su quella fortezza con tutto il necessario, compresa la
compagnia femminile e poi lo demolivano. Si spostavano in un altro
luogo e tutto ricominciava daccapo. Questa era la vita di un soldato,
senza mai una vera casa, ma sempre alla ricerca di nuovi spazi da
conquistare.
Questa volta,
però, sentiva che c’era qualcosa di diverso.
Non si era
mai affezionato
ad un posto in particolare perché sapeva che non potevano
permetterselo. Avevano fatto una scelta quando avevano deciso per la
vita bellica. La famiglia, gli affetti, gli amici, l’amore,
tutto
passava in secondo piano in favore della patria.
La vecchia
bugia rimaneva la stessa dulce
et decorum est pro patria mori.
Attraversando
il corridoio
che conduceva alla sua stanza, rifletteva sulla sua vita, ma
soprattutto sul prossimo futuro. Aveva percorso quella strada un sacco
di volte prima, tante donne, tanti volti, ma poteva dire di conoscere
almeno un loro nome?
No.
Ci era
abituato, ma mai
nessuna prima d’ora aveva catturato una frazione
dell’attenzione che prestava da due giorni a quella strega.
La
conosceva da poco tempo, eppure le era rimasta impressa..il suo
carattere determinato, la sua spensieratezza, la sua forza. Per una
volta non era solo affinità fisica, ma andava ben oltre,
vedeva
in lei i suoi stessi difetti che per anni il padre aveva cercato di
correggere con i “suoi” metodi. Più
passava del
tempo con Beatrix e più ripercorreva la sua
gioventù, lei
e il suo spirito libero gli ricordavano il giovane William.
Venire nelle
colonie doveva essere per lui un volta pagina, ed ecco i suoi incubi
riaffiorare per causa..sua.
Ecco
perché era
giunto alla conclusione che era necessario recidere i legami con lei
per sempre, la marcia verso Savannah era una manna dal cielo. Avrebbe
finito con lei quella sera, però prima l’avrebbe
posseduta
per l’ultima volta. Doveva decidere cosa farne di
lei..impiccarla
o buttarla fuori? La maggior parte di loro venivano uccise
perché sapevano troppo, infatti entrando in contatto intimo
con
gli Ufficiali, potevano venire a conoscenza di informazioni segrete,
che avrebbero potuto mettere l’intero esercito in pericolo.
Già, era per questo che si decideva per eliminarle tutte.
La decisione
era nelle sue
mani, sebbene Cornwallis fosse il Capo dal punto di vista formale,
quello che realmente decideva e metteva in pratica era Tavington.
A lui
spettava la scelta.
Erano appena
arrivati
nella stanza e Beatrix lo guardava diversamente dal solito, aveva il
volto sornione, che cosa nascondeva? Con lei doveva essere sempre
cauto, poteva rivelarsi molto pericolosa. E fu proprio quando lei gli
sorrise in modo ambiguo che decise.
Doveva morire.
"A cosa
dobbiamo tutta questa allegria stasera?"
Non smetteva
di sorridere, mentre uno stesso pensiero vagava nella sua mente
costantemente.
Quella
è l’ultima volta nella stanza con lui.
L’ultima.
Ecco cosa la
rallegrava tanto, non dover vedere più lui.
Inventa,
inventa!
"Niente di
speciale,
colonnello. Sono contenta di essermi ambientata nel Forte e ho anche
conosciuto una persona e siamo diventati amici."
"Ah, adesso
si spiega il tuo buon umore..un’amica, quindi, o un amico?"
Come se la
differenza
fosse davvero importante per Beatrix, lei era felice di aver trovato
persone gentili e cordiali, molto differenti dall’animo
scontroso
di Tavington.
"È
così importante? In che modo le mie amicizie possono
affliggervi?"
Erano ancora
vestiti al
centro della stanza. Lui indossava la sua solita tenuta dei Dragoni
Verdi, mentre lei un semplice vestito arancione.
Erano vicini,
ma non troppo.
"Mi importano
nel momento in cui scambi effusioni con un prigioniero davanti ad un
mio subalterno!"
"Oh
capisco..siete geloso!"
Il colonnello
fece un passo avanti nel tentativo di avvicinarsi a lei.
"Come no. Ti
piacerebbe."
Quanto
Beatrix odiava il
suo ghigno malefico, aveva un modo tutto suo di arricciare il labbro
superiore, degno di un uomo veramente malvagio.
"A me, dite?
Veramente siete voi quello che si sta lamentando sulle mie tecniche di
seduzione."
Il ghigno
sghembo era scomparso. Era sorpreso, infatti aveva inarcato il
sopracciglio.
"Quindi
ammetti di averlo sedotto e poi baciato?"
Adesso fu il
suo turno di muovere i passi verso di lui.
Sempre
più vicini.
"Perché..vi
importa qualcosa?"
"No."
Il viso
dell’uomo non permetteva di leggere alcuna emozione, stoico,
freddo, quasi marmoreo.
La mano della
ragazza si
mosse per slegare il suo codino militare. L'unica cosa che aveva il
coraggio di ammettere era che adorava quel codino. Prese il laccetto e
lo lanciò sullo scrittoio. Ora i capelli di Tavington erano
sciolti, lunghi, lasciati liberi al loro stato naturale. Quante volte
Beatrix aveva sognato di immergere le sue dite in quella fiumana di
capelli. Lo rendevano selvaggio e incontrollabile.
"Siete sicuro
che non vi dispiaccia che abbia baciato il giovane Gabriel?"
Pronunciò
quelle
parole ben sapendo l’effetto che avrebbero avuto sul
Colonnello,
facendo molta attenzione a marcare “giovane”.
"Dispiacermi,
e perché mai? Dopotutto così hai semplicemente
confermato il mio giudizio iniziale su di te.."
Senza
aspettare la sua
prossima mossa, Tavington sbottonò la giacca e la
appoggiò sulla poltrona. A ruota seguì la camicia.
"Siete
ingiusto se mi parlate così.."
Stranamente
lei si sentiva
offesa, non aveva bisogno che completasse la frase per sapere cosa non
aveva pronunciato, difatti lui amava eccedere nell’uso di
quella
parola.
Che lei
sentiva di non meritarsi.
"Ti aspettavi
forse un’altra reazione? Guardami, posso avere tutte le donne
che voglio, perché impuntarmi con te?"
"Già..perché?
Lasciatemi stare allora, prendete un’altra, avete una vasta
scelta."
Le sue
risposte avevano
acceso il suo animo belligerante, sentiva che era proprio quello che
lui voleva. La attirò a sé e posò le
sue labbra
sulla pelle accaldata di Beatrix, iniziò una lenta tortura
fatta
di tanti baci lussuriosi sul collo. Sebbene volesse respingere quelle
attenzioni, che creavano conflitto nella sua mente, non poté
non
gioirne. In quello, il Colonnello era un maestro, riusciva a farle
dimenticare chi era, cosa faceva e chi era lui!
"Mi piace
quando ti scaldi
così, sai essere molto espressiva, tipico di voi coloniali,
non
sapete contenere quello che provate. Paura, amore..tutto amplificato."
Le mani
esperte dell’uomo abbracciavano con delicatezza il corpo di
Beatrix, facendola fremere senza contegno.
Era proprio
quello che
voleva? Forse sì, perché tanto sarebbe stata
l’ultima
volta, poi non lo avrebbe più rivisto. Puntò le
unghie
nella sua schiena e premé forte, lui cercava sempre di
offenderla per il suo essere troppo spontaneo, se era quello che
voleva, gli avrebbe mostrato i suoi sentimenti amplificati.
Le unghie tracciavano profonde rette parallele nella pelle del
Colonnello, poteva percepire il sangue colare dalla schiena, ma non se
ne curò. Voleva ferirlo e bere dei suoi gemiti,
assaggiò
il suo collo che aveva un sapore speziato.
Lo morse.
"Hey micetta,
non ti basta più graffiare, mi mordi anche?"
Non sembrava
arrabbiato,
piuttosto divertito della situazione. Con le altre donne manteneva
sempre la sua posizione superiore, mentre con lei sapeva di non
riuscirci sempre.
Si baciarono
a lungo,
meditando sui movimenti repentini delle lingue, che si cercavano e
si incontravano. Sembrava che, questa volta, le cose andassero
diversamente. Avevano entrambi fame dell’altro, respiravano a
fatica pur di mantenere il contatto tra di loro. Tavington le
afferrò il volto con due mani e la strinse forte a
sé.
Poi Beatrix cadde sul letto e venne subito circondata da lui, ma quella
sera voleva essere lei a dettare legge. Invertì le posizioni
e
si mise a cavalcioni sul suo bacino.
"Non mi
avrete così facilmente, colonnello. Se lo volete davvero,
dovrete darmi qualcosa in cambio.."
Lui era
ancora eccitato,
respirava con fatica e metabolizzava le sue parole molto lentamente.
Alla fine parlò, accarezzandole una guancia.
"Mi sembra
che tu stia già ottenendo quello che vuoi.."
Se pensava
che a lei
bastasse semplicemente del sesso, si sbagliava di grosso. Classica
mentalità dell’uomo cavernicolo.
Beatrix prese
la sua mano e prima di abbassargliela sul petto, la baciò.
"Voglio
altro..risposte."
Tavington
sbruffò.
"Perché
voi donne
dovete sempre complicarvi la vita? Facciamo così, io ti
rispondo
e tu ti togli un pezzo d’abbigliamento."
Mai
una volta che facesse le cose come voglio io!
"Va bene..a
patto che siate sincero. Tutta la verità, nessuna omissione
o bugia."
Il Colonnello
si portò la mano sul cuore in segno di giuramento.
"Lo giuro."
"Prima
domanda..perché avete ucciso mia mamma?"
L’uomo
stava
già alzando la sua gonna, quando lei lo redarguì
con uno
sguardo come per dire “prima rispondi”.
"Te
l’ho già
detto, Cornwallis me l’ha ordinato. E, rispondo
già alla
tua prossima domanda, non so il motivo perchè non me ne ha
parlato, penso che non sapesse neanche della tua esistenza."
Strano, aveva
ingaggiato
uno dei killer più spietati per uccidere sua madre e non si
era
nemmeno preso il disturbo di eliminare tutta la famiglia. Molto
probabilmente aveva ragione Tavington, non sapeva di lei. Volle fidarsi
di lui, perciò non chiese altro su sua madre, sembrava
davvero
poco informato sulla questione.
In
effetti cosa ne sanno i sicari? Eseguono solo gli ordini.
Prima domanda
alquanto scontata, era curioso di sentire la prossima.
"Vi credo,
allora dov’è la vostra famiglia?"
"Na-na
tesoro, prima togliti il bustino e poi rispondo."
Senza stare a
contestare, si sbottonò molto lentamente il bustino.
Primo bottone.
Sguardo
puntato su di lui.
Secondo
bottone.
Un’altra
occhiata maliziosa.
Terzo bottone.
Si
sfiorò il petto con le dita.
Quarto
bottone.
Basta William
non
resisteva più a quella tortura, così
continuò lui
il lavoro e staccò bruscamente il bustino, rivelando una
parte
della sua sottoveste.
"Pensi che
sia facile mettere KO Tavington? Non sono il giovane Gabriel, ne ho
visti di corpi, dolcezza."
Già..allora
perché non smetteva di contemplare il suo, sebbene avesse
visto
dei corpi ancora più appetibili?
"Metto solo
in pratica le tecniche di persuasione che conosco Colonnello.
Rispondete."
Verità
o bugia?
Tanto in fin dei conti non l’avrebbe più rivista,
se
avesse mantenuto la sua promessa di ucciderla..non avrebbe parlato.
Tanto valeva raccontare parte del suo passato.
"Mio padre
vive a
Liverpool nella nostra tenuta ipotecata. Passa le sue giornate a bere,
bere e ancora bere. Non so come faccia a sopravvivere dal momento che
ha depauperato tutto il nostro patrimonio familiare. Penso che quella
sciagurata di mia madre gli mandi dei soldi, dopo tutto quello che ci
ha fatto e che le ha fatto, lei lo ha perdonato. È sempre
stato
così. Lei è andata ad abitare nella dimora di sua
sorella, cercando di far restare in piedi quello che rimane del nome
Tavington."
La sua stessa
confessione
lo aveva angosciato, non era solito parlare dei suoi problemi
familiari, ma sentiva che lei avrebbe capito. Non lo avrebbe giudicato,
visto un fato simile riservato ad entrambi. Nel volto di Beatrix non
leggeva orrore, biasimo o derisione.
Pietà.
La cosa che lui odiava in assoluto.
"Non provare
pietà per me, non la sopporterei. Preferirei una tua
battutina."
"Io non provo
pietà, davvero. Vi capisco. Anch’io ho vissuto
un’infanzia infelice. Mia madre mi ha tirata su da sola, ma
la
sua presenza è stata così incostante che, se non
ci fosse
stata, non avrei visto davvero la differenza. Era un fantasma. Almeno a
me piaceva vederla così, la sentivo come mio padre..un
fantasma.
Sai, io il mio non l’ho mai conosciuto, mia madre non me ne
ha
mai parlato, ma non devono essere stati in buoni rapporti. Immagino che
odiando lei, abbia di conseguenza odiato me. Perciò sul
serio,
odio la pietà quanto voi. L’unico sentimento che
provo in
questo momento è l’empatia. Strano, vero?"
Molto
strano. Ma anche piacevole.
"Come siamo
giunti al
momento di tristezza, Beatrice? Non ho mai sentito di persone che si
dedicano al sesso, rimuginando sul passato. Questo lo fate voi donne
tra di voi. Quindi basta domanda sul passato."
Lei mosse la
testa in risposta affermativa alla richiesta di Tavington.
"Sono
più che d’accordo. Altrimenti perdo tutta
l’eccitazione che mi avete procurato, Colonnello."
Intanto
calciò via la gonna, rimanendo solo con quella leggera
sottoveste.
"Non ti
preoccupare per quello. Ti posso accendere in qualsiasi momento, lo
sai."
"Mmm..interessante.
Però non è giusto, voi siete ancora vestito!
Prima
dell’ultima domanda dovete concedermi l’onore di
spogliarvi.."
Sorriso
malizioso.
"Permesso
accordato."
Beatrix
armeggiò
con i grossi bottoni dei pantaloni con difficoltà. Sebbene
volesse fare la spavalda, la ragazzina aveva poca esperienza. E
il risultato fu un tentativo goffo di seduzione.
Beatrix…
Sfilò
i pantaloni fino a denudargli le gambe e scoprì il piccolo
segreto di Tavington.
"Ma..mmm..oh
mio Dio! Me lo potevate dire!"
Ma
se te lo avessi detto, non mi sarei goduto la tua faccia imbarazzata.
Tutta rossa.
"Che
c’è, non
pensavo fosse obbligatorio portare quei fastidiosi mutandoni. E poi
è molto più semplice quando sono di fretta e devo
toglierli subito.."
"Va bene. Non
voglio sapere delle vostre amichette, Colonnello."
Sembrava
leggermente scocciata. E come non poteva Tavington cogliere la palla al
balzo e offrirle il suo stesso trattamento?
"Gelosa?"
"Oh certo,
Colonnello. Da starci male."
Bisognava
fare il punto della situazione.
"Hai ancora
una domanda, dolcezza e una sottoveste da togliere. Senza parlare della
mia fame da placare. Fai la domanda."
Lei
scivolò sul
corpo atletico del Colonnello fino a porsi a cavalcioni sul suo petto.
Dato che non era neanche una sua usanza l’uso di biancheria
intima, non voleva che i due sessi combaciassero subito.
"Va bene.
Allora, se
è l’ultima vi chiedo...quale sarà il
mio destino?
Dovrò stare tutta la vita qui nel Forte con voi?"
Domanda
interessante, che poteva avere tante sfumature diverse. Tavington si
chiese di nuovo..
Verità
o bugia?
"Tra qualche
giorno ce ne
andremo da qui. Verrà tutto smantellato e la..manodopera in
eccedenza eliminata. È sempre così."
Lei non
poteva sapere come
funzionavano gli affari di guerra, era solo una civile. Ecco
perché non lo aveva ancora aggredito.
"Quindi..il
vostro “harem” lo trasferirete con voi?"
Lui non
sapeva come
impostare il discorso, non aveva mai avuto problemi simili prima d'ora.
Aveva
ucciso, depredato, seviziato, torturato chiunque/qualunque. Ma, in quel
preciso momento, lei lo metteva in crisi.
"Dipende.
Qualcuna capita
di portarcela, per lo più quelle che creano meno problemi.
Per
il resto, come ho già detto prima, si attua
l’eliminazione, impiccagione. Mettila come vuoi."
Il movimento
delle sue
mani sul petto del Colonnello si fermò. Scese dal suo corpo
e si
pose vicino a lui, di fianco. Non era un modo per nascondersi da lui,
bensì per vederlo meglio.
Occhi
su occhi.
Tempesta
contro ghiaccio.
Proprio come
la prima volta che si erano visti.
Beatrix gli
afferrò saldamente il mento e lo puntò verso di
sé.
"Mi state
dicendo, Colonnello, che volete uccidermi?"
Nei suoi
occhi lei non
vedeva niente, il vuoto. Ghiaccio. Erano quelli i sentimenti
per lei? Perché allora tutte quelle confessioni, quelle
parole..per quale fine? Come se si fosse accesa una lampadina, lei
capì tutto.
Le domande,
le risposte, la gentilezza, il sesso..tanto poi l’avrebbe
uccisa! Non sarebbe rimasta viva per raccontare.
"Volevate
togliervi un
peso dalla coscienza, vero? La confessione al prete prima di farlo
fuori. Era vostra intenzione fin dall’inizio! E io che
credevo.."
Tavington
allontanò le sue mani e si appoggiò sui gomiti.
"Cosa,
credevi? Che mi
fossi innamorato, che avessi dimenticato che tu sei una prigioniera ed
io il tuo carceriere, cosa Beatrice?"
Lei non
rispose. Ma il corpo parlò per la ragazza, in modo molto
più loquace di tante parole.
Una lacrima
scese lungo la sua gota.
Una leggera
scia, silenziosa.
Nessun
pianto, nessun singhiozzo.
Si vergognava
terribilmente del suo comportamento, cosicché
abbassò il viso.
"Ti ho
ferita, vero? Questo vuol dire che hai provato qualcosa per me. Forse
è meglio chiarire le cose tra di noi."
Le
alzò il mento con due dita.
"Io non ti
amo, né
ora né mai. Sei stata una distrazione, come le altre. Ma
come
ogni bel gioco si giunge poi alla fine. E questa è la nostra
fine."
Beatrix si
maledisse per
essere stata così stupida da aver potuto pensare che, per
una
piccola frazione di tempo, lui avesse provato qualcosa per lei.
Ma si
sbagliava.
Mandava
giù le
lacrime, le quali senza farlo apposta colavano sulla guancia
ininterrottamente. Rendendola ancora più disperata.
"Avete
ragione. Sono stata
io la stupida ad illudermi su qualcosa che non c’è
mai
stato. Non capisco però perché ucciderci,
perché
non mandarci via?"
Beatrix
cercava di fermare
i singhiozzi e tentava anche di pulire la faccia, per acquistare di
nuovo un po’ di dignità.
"Come
potremmo fare
altrimenti? Ci conoscete e sapete informazioni sul Forte..potreste
venderle agli Americani. Non si può, mi dispiace."
"Non dite che
vi dispiace, perché non vi credo. Avete detto che alcune le
tenete, con quale criterio?"
Tavington
prese a giocherellare con la spallina della sua sottoveste.
"Vorresti
dirmi che preferiresti una vita da prostituta anziché la
morte?"
Messa
così, faceva
rabbrividire Beatrix peggio che la morte stessa. Aveva ragione lui.
Peccato solo che sarebbero bastati soli due giorni per poi arrivare a
Savannah. E lì sarebbe stata libera.
Il Colonnello
non sembrava
toccato dal suo discorso, tantomeno dalle sue lacrime, era molto
più concentrato sul suo corpo.
Già,
il suo sesso da soddisfare.
Una lampadina
si illuminò di nuovo.
"Avrei una
cosa da
proporvi. Portatemi con voi a Savannah e poi decidete lì
cosa
fare, magari cambiano le cose. Non so, ci sono meno battaglie,
più tempo libero da passare con me."
Era
sinceramente sorpreso, come se non capisse dove volesse andare a parare.
"Cosa ci
guadagneresti tu? Ti piace proprio essere la mia puttana.."
Le sue mani
fecero calare una spallina.
"Vi
sbagliate. Ma a voi
sì che vi alletta questa idea e non provate a dirmi che
potete
rendere vostra schiava qualunque donna di questo Forte. Potete anche
non amarmi, come dite, ma vi piaccio e vi attraggo."
Le mani di
Beatrix vagarono sul suo addome piatto e si fermarono giusto in tempo
sotto l’ombelico.
"Se mi volete
sono qua..a
vostra disposizione. Pensateci bene, se mi uccidete domani, cosa farete
durante il viaggio e dopo? Ci vorrà del tempo per trovarne
un’altra..e se per caso vi stancaste di me, potete sempre
impiccarmi a
Savannah."
Lui stava per
rispondere e
lei sapeva che non doveva permettergli di usare la ragione. Doveva
farlo parlare con i suoi istinti, sennò avrebbe perso.
Così gli prese in mano il membro e, senza sapere esattamente
cosa fare, iniziò ad accarezzarlo leggermente. Piccoli
gesti,
profondi e intensi. Non aveva mai toccato un uomo e sperava che Dio la
perdonasse per quello che stava facendo, ma serviva per salvarsi. Dio
l’avrebbe capita, no? Appena notò il cambiamento
nel Colonnello, aumentò la forza del massaggio, causando
gemiti
sempre più manifesti nell’uomo, che iniziava a
buttare
l’aria fuori dalla bocca pesantemente. Aveva mantenuto gli
occhi
aperti, ma il suo normale colore era diventato azzurro liquido,
eccitato e bellissimo. La guardava come per chiederle di
più, ma
lei non glielo avrebbe dato. Voleva anche lei di più.
"Credete di
sopravvivere senza di me, Colonnello?"
La sua mano
si fermò e lei attese la sua risposta.
Che
arrivò presto, anche se con qualche difficoltà
dell’uomo di riprendere fiato.
"Stai
diventando brava,
Beatrice, un po’ di tempo con me e diventeresti la mia
pupilla.
Ma non sarei arrivato fin qui se avessi dato retta a cosa dice il mio
membro."
Sebbene la
sua avversione
verbale, sapeva di aver scalfito un po’ la sua
volontà.
Doveva continuare, così si alzò la sottoveste
lentamente
e poi si spogliò definitivamente.
Rimanendo
nuda.
"Lo so che mi
volete, dirmi di no nuocerà anche a voi e lo sapete bene."
Manca
poco.
"Anche se ti
concedessi due giorni in più, cosa cambierebbe? Moriresti
comunque."
Peccato che
lui non poteva sapere del piano di Gabriel.
"Non sono mai
stata a Savannah e poi voi mi potreste insegnare tante altre cose per
approfondire la mia tecnica seduttiva. E.."
Lui era
dubbioso.
"Sembra che
tu mi nasconda
qualcosa..oltre le cose futili che mi hai elencato, TU non ci
guadagneresti niente. E non farmi credere il contrario.."
"Due giorni."
E lo
baciò con convinzione, come si bacerebbe un amante.
Approfondendo il bacio e rendendolo sempre più intenso.
"Cosa?"
Lei si
staccò, fissando i suoi occhi e senza mai abbandonarli.
"Due giorni
in più..di vita. È poco?"
Sebbene
Tavington percepisse qualcosa di strano, come se lei occultasse delle
cose, lasciò perdere. Per ora.
Due giorni?
Sì,
glieli avrebbe concessi.
Si convinse
che lo avrebbe fatto solo per approfittare della sua compagnia, ma la
verità stava sfiorando anche la sua mente.. non voglio lasciarla andare.
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Capitolo 7 *** Savannah - L'imboscata ***
capitolo VII
Capitolo
VII Savannah – L’Imboscata
Tavington
venne svegliato dai baci che Beatrix gli lasciava sul suo petto.
"Finalmente,
Colonnello. Siete sempre l'ultimo a svegliarvi."
La peccatrice
lo tentava,
cosa voleva realmente? Era un uomo con desideri sessuali ben
accentuati, ma non era uno stolto, intuiva che la donna stesse
macchinando qualcosa.
Era molto
pericolosa.
"A cosa devo
tutte queste attenzioni? Attenta che mi ci potrei anche abituare."
L'uomo la
avvinghiò a sé, intrappolandola con le sue forti
braccia.
"Dovreste
fare voi attenzione..a non affezionarvi a me."
Beatrix
attirò la
bocca del Colonnello vicino a sé e lo baciò
d'impegno.
Tavington era confuso, perché se stava mentendo era proprio
una
brava attrice. Lui sentiva il suo desiderio, percepiva la stessa
passione che logorava entrambi.
Lei
lo voleva.
Ma questo era
il suo
pensiero, dopotutto l'aveva minacciata di morte, come poteva giudicare
la bontà delle sue azioni? Beatrix magari utilizzava la sua
seduzione proprio con lui, il Casanova per antonomasia! Il suo corpo lo
spingeva a trattenere la donna, a saziarsi di lei. Ma il suo orgoglio
di predatore, o semplicemente il suo orgoglio, gli imponeva di
mantenere le distanze. Con lei era un'altra persona, non ragionava come
era solito fare, ma si lasciava trasportare dalla donna. Alla fine la
notte precedente aveva vinto la strega, aveva ottenuto i due giorni.
Bravo
William, ti stai facendo valere! Guardala come ti tenta e ti ammalia,
ti porterà alla perdizione.
Come per
scacciare le voci
nella sua testa, arrestò il movimento della sua bocca e
fissò i suoi occhi scuri, per sprofondare nei suoi pensieri.
"Devo
aspettarmi una micetta docile d'ora in poi?"
"Dipende da
quello che intendete, Colonnello."
Con una mano
Beatrix scostò una ciocca di capelli dalla fronte dell'uomo,
per poi posarla dietro l'orecchio.
"Farai tutto
quello che voglio?"
"No."
Alla fine non
era cambiata
per niente. Voleva circuirlo con qualche attenzione, ma non era esperta
nel gioco e non riusciva a fingere.
Tavington
apprezzava la
sincerità della ragazza, lei non si perdeva in tante
elucubrazioni inutili, diceva quello che pensava, sempre. Per questo
motivo il suo atteggiamento lo stordiva. Si era chiesto più
volte durante la notte se lei lo avesse davvero amato. Le lacrime erano
vere, Beatrix era triste e ferita, proprio come un'amante il cui amore
non è ricambiato.
Lui l'aveva
trattata come
tutte le altre, aveva tratto il suo piacere senza tener conto delle sue
esigenze. E, sebbene tutto, lei si era affezionata a lui, tanto da
starci male.
Com'era
possibile?
Aveva fatto
bene, in ogni
caso, a mettere le cose in chiaro con lei. Tanto non sarebbe durata,
erano troppo diversi, un oceano li divideva e poi lei aveva una
condanna di morte che le penzolava sulla testa.
Le aveva
concesso due giorni e due giorni le avrebbe dato.
Dopotutto era
un soldato, la parola data sacra.
Questo non
voleva dire, però, che non avrebbe fatto le cose come
voleva, il suo obiettivo rimaneva ucciderla.
Tutte le
donne del Forte
erano pericolose perché sapevano troppo, lei in particolare
era
pericolosa per lui.
Solo ora riusciva a riflettere sulle cose dette la
sera prima.
Ero
ubriaco? Sì, ubriaco di sesso.
Aveva
raccontato dettagli della sua vita, della sua famiglia, troppo intimi.
Lei sapeva troppe cose, era da eliminare.
Concedendole
i due giorni,
avrebbe reso lei più disposta a fare quello che lui voleva,
più docile e anche sicura di averlo sconfitto.
Lui, invece,
avrebbe goduto della sua compagnia "ricambiata" per altri giorni e poi
l'avrebbe uccisa.
Alla fine
avrebbe vinto sempre lui. Come sempre.
Sarebbe morta
per mano sua, non voleva che nessun altro la toccasse, sentiva di aver
creato un legame particolare con la donna.
In quel
momento Beatrix era supina nel suo letto, nuda, indifesa, che lo
guardava adorante.
I suoi occhi.
L'avrebbe
uccisa nello
stesso modo in cui ci andava a letto, guardandola negli occhi. Quegli
stessi occhi che, la prima volta a Pembroke, irriverenti lo avevano
sfidato. Quando la faccenda si sarebbe conclusa, non l'avrebbe
dimenticata tanto facilmente.
Era difficile
tornare
allegra nella sua stanza. Non dopo le rivelazioni della scorsa notte,
nemmeno se lo avesse fatto ubriacare, avrebbe avuto lo stesso
risultato. Lui le aveva raccontato momenti della sua famiglia molto
privati, eppure si era lasciato lo stesso andare. Beatrix si chiedeva
se vi fosse un altro motivo dietro la sua confessione, che sia stato
solo perché credeva di ucciderla? In ogni caso era strano e
metteva tanti dubbi.
La notte
precedente era
stata per lei indescrivibile, era stata così vicina alla
forca
ed era riuscita a scamparla per poco. Tavington era furbo, aveva
intuito che lei gli stava nascondendo qualcosa ed era più
che
sicura che d’ora in avanti l’avrebbe tenuta
d’occhio.
Beatrix sperava con tutto il cuore che il piano di Gabriel funzionasse,
altrimenti il cappio la stava aspettando.
Era stata una
stupida a
piangere, non riusciva a spiegarsi ancora perché lo avesse
fatto. Non doveva farsi vedere in quello stato da lui, proprio
dall’uomo che più odiava sulla Terra, ma che allo
stesso
tempo più amava.
Già,
lei aveva
sempre evitato l’amore e tutti i suoi fastidi, non era fatta
per
le storielle romantiche e Tavington faceva al caso suo.
Era per
questo che si era legata in modo così morboso a
quell’uomo?
Lei non
voleva parole vuote sussurrate senza un motivo, voleva la carne.
E lui era
tutto questo.
All’inizio
aveva incolpato lui della sua infatuazione ed ora capiva che era stato
tutto merito suo. La sera precedente il Colonnello le aveva fatto
capire che non provava assolutamente niente per lei.
Niente. Era
solo un giocattolo sessuale.
Eppure quando
facevano
l’amore, o forse meglio dire facevano sesso, lui era
così
caldo e bollente per lei, non era violento o rude in modo eccessivo.
Sembrava preso per lei, invece erano solo i castelli mentali che
Beatrix aveva costruito.
Nient’altro.
Mentre
rimuginava del passato, si convinceva sempre più che era
stato una fortuna il rifiuto di Tavington.
Che futuro
avrebbero avuto?
Lui era un
Ufficiale di
fama internazionale, infatti le sue gesta 'eroiche' erano
giunte oltreoceano, poteva avere chiunque e di sicuro non voleva una
contadinella americana. Cosa poteva offrirgli lei?
Si
raffigurò un ipotetico futuro con lui.
Una casetta
calda col cibo
pronto sul tavolo, lei a guardare la sua mandria di bambini, concepiti
tra le varie campagne che lo tenevano occupato. E lui a combattere per
il Paese, già un’altra grande differenza tra i due.
Due bandiere
opposte: una Inglese, antica e forte; e l’altra ancora in
fasce che aspettava
di poter essere nelle sue forze, quella Americana. Tavington avrebbe
davvero dimenticato quella grande differenza, che era la sua ragione di
vita?
No.
In ogni caso,
lei avrebbe avuto un ruolo marginale per lui, massaia e madre dei suoi
figli.
Infelice.
Lui, al
contrario, avrebbe avuto diverse amanti in giro per il mondo.
Felice.
Mentre
camminava su e giù nella saletta si domandò solo
ora:
Ma
che diavolo sto dicendo? Oddio l’ho davvero pensato!! Devo
allontanarmi da quell’uomo.
"Beaaa, dove
sei stata? È tutta la mattina che ti cerco."
L’allegria
di Wellsie le era mancata.
"Prova ad
immaginare..burbero, dannatamente sexy, arrogante e Inglese."
Wells
appoggiò due dita sul mento col fare pensoso.
"Non sono
sicura..Tavington?"
E scoppiarono
a ridere senza contegno.
"Proprio lui.
Ci credi che fra poco saremo libere? Oggi si fanno le valigie, vero?"
La ragazza
prese le mani di Beatrix tra le sue.
"Sìì.
Non vedo
l’ora, dicono che partiremo dopo pranzo. Vogliono anticipare
il
buio. In ogni caso è tutto pronto, dovresti andare da Gab,
ti
cercava."
Doveva
assolutamente
sistemare con lui i dettagli della fuga, non voleva sbagliare niente.
Lo cercò nella stanza, ma non lo trovò. Aguzzando
meglio
la vista, lo individuò sul balconcino che guardava
spensierato
il panorama.
"Eccitato?"
La sua voce
lo aveva leggermente spaventato, non pensava di essere in compagnia.
"Non puoi
immaginare. Aspettavo questo momento da una vita, tutte le barbarie
compiute da quegli assassini verranno vendicate."
Gabriel si
era girato e aveva allungato una mano sulla guancia della ragazza.
"Alla fine
sistemeremo anche le faccende lasciate in sospeso."
Beatrix si
chiese se intendesse proprio la loro relazione passata.
"Gab..certe
cose meglio lasciarle come sono."
E
così dicendo lasciò cadere la sua mano e prese un
po’ di distanza.
"Ti
lascerò tutto il tempo che vorrai, se vuoi sono qua e ti
aspetterò. Ricordi come stavamo bene insieme?"
Come
faceva a dirgli che non riusciva a non pensare al Colonnello
maledetto?
"Sì,
certo. Mi ricordo. Senti..cosa facciamo domani di preciso?"
Odiava
ferirlo, ma non era ancora pronta a confessargli la verità.
"Noi, niente
di preciso. Arriviamo a Savannah, ci sarà
un’imboscata, uccidiamo gli Inglesi e vinciamo."
"Sei molto
sicuro di questo. Avete contato che potrebbero rispondere e attaccare?"
Gabriel
sorrise malignamente.
"Oh,
sì e lo
speriamo. Non è bello colpire qualcuno che non si difende.
Ma
pensiamo di sfruttare l’effetto sorpresa, di sicuro ci
farà guadagnare in tempo. Saranno storditi, indeboliti e
avranno
subito grosse perdite. Per ora ci basta quello."
In fin dei
conti doveva ammettere che non erano degli sprovveduti quei Ribelli,
sapevano il fatto loro.
"Quindi,
appena incomincia la battaglia io e Wellsie scappiamo? A proposito, va
bene che c’è lei, vero?"
Che stupida!
Avrebbe dovuto dirglielo prima. E se avesse rifiutato la partecipazione
dell’amica?
"Nessun
problema. Sono
contento che ti sei tirata su di morale, non mi piace vederti triste
per colpa di quell’uomo. Tranquilla che non
causerà
più problemi a nessuno."
Peccato che
lui non poteva
sapere che il volto dell’uomo già la perseguitava
in quel
momento, l’avrebbe ossessionata per lungo tempo.
"In che
senso?"
"Tutti lo
odiano. Di sicuro sarà nel mirino di molti, la sua morte
è quasi scontata."
Un conto era
volere la sua morte, un’altra vederla. Beatrix non poteva
immaginarselo morto davanti ai suoi occhi.
Cosa avrebbe
fatto?
Sperò
con tutto il
cuore che Wellsie fosse più forte di lei, perché
più il tempo passava e più aveva paura dei suoi
stessi
pensieri.
Gabriel la
prese per mano e la guidò dentro.
"Andiamo, che
si chiederanno che fine abbiamo fatto."
Erano in
cammino da
diverse ore. Tutte le donne si erano occupate del cibo, dei vestiti e
di tutti gli accessori indispensabili. Cornwallis aveva designato ad
ognuno un’occupazione, affinché tutto risultasse
organizzato minuziosamente. Aveva mantenuto il potere, ma le cose erano
cambiate nel giro di poche ore.
Tavington
guidava i suoi
Dragoni seguendo la strada decisa dal Generale. Era solo, non aveva
superiori ed era perciò il Capo della spedizione. Aveva
pianificato diversamente dagli altri, sapeva che
quell’occasione,
più unica che rara, doveva essere sfruttata. Se avesse
eseguito
gli ordini sarebbe stato semplicemente uno dei vari Ufficiali.
Lui ambiva
alla gloria,
alla fama, voleva che le sue gesta fossero ricordate nel tempo. Insieme
a Bordon aveva radunato i loro militi e si erano incamminati prima
delle altre legioni.
Secondo i
calcoli del
Capitano Wilkins sarebbero arrivati a Savannah al tramonto, anticipando
gli altri di mezz’ora. Sebbene fossero pochi minuti di
vantaggio,
erano sufficienti per circondare la città e prenderla in
assalto. Di per sé, l’obiettivo era facilmente
conquistabile fin dall’inizio. Non avrebbero opposto
resistenza e
quando più tardi Cornwallis sarebbero arrivato, avrebbe
visto la
missione già compiuta. Questa volta non poteva non
omaggiarlo -volente o nolente- avrebbe finalmente ottenuto gli onori
che aspettava
da tempo.
Rimaneva un
piccolo dettaglio.
Quel fastidio
che aveva un nome particolare. Beatrix.
I
prigionieri erano
stati distribuiti equamente: Shila e Bella avevano seguito
O’Hara, Catherine e Gabriel con Cornwallis, mentre Wellsie e
Beatrix con Tavington.
Queste ultime
due non
erano state una scelta casuale. Lui le aveva volute e non aveva ammesso
repliche. Stranamente nessuno aveva detto niente in contrario, forse
perché troppo presi dalla missione.
Le due donne
affiancavano il Colonnello a cavallo, montavano entrambe lo stesso
purosangue.
"Come va,
Beatrice? La clessidra sta finendo la sabbia."
Il volto
della ragazza si girò verso l’uomo.
"Splendidamente.
Aspetto vostre istruzioni."
La sua arresa
lo insospettiva, non era da lei abbandonare così una
battaglia, senza almeno lottare.
"Vuoi proprio
morire, allora?"
Era
più ansioso
lui, che lei. Aveva riflettuto abbastanza su cosa fare ed era quasi
giunto all’idea di liberarla. Ma il suo comportamento era
strano.
Era tranquilla, come se a Savannah avrebbe visto la sua salvezza.
"Certo che
no, Colonnello. Spero ancora nelle mie arti seduttive."
Tavington
sorrise e accostò i due cavalli.
"E se ti
dicessi che voglio tenerti con me ancora un po’?"
Invece che
sorridere, come si era immaginato, era preoccupata.
Cosa
nascondi?
"Vi
direi che non voglio essere la vostra.."
Non
finì la frase e
guardò imbarazzata l’amica. Evidentemente aveva
paura del
suo giudizio, la povera Wellsie era rimasta estranea nel discorso,
sembrava nemmeno curarsi di loro.
"Che 'cosa'
non vuoi essere, Beatrice?"
Finalmente
ottenne quello che voleva, la furia nei suoi occhi.
"Lo sapete
bene."
"Mmm..non
credo."
Gli piaceva
punzecchiarla, amava il modo in cui rispondeva e non si faceva mettere
i piedi in testa.
"Sì,
invece. Vi piacciono solo quelle donnacce."
"Come te?"
Voleva
vederla rossa dalla rabbia e sapere anche cosa stava nascondendo.
"Io non sono
una puttana, Colonnello. Ma voi, invece, adorate quelle care donne e vi
piace rendere tali anche quelle perbene."
Beatrix aveva
alzato la
voce rispetto al tono che aveva mantenuto fino a quel momento,
così Wellsie la accarezzò leggermente. Cercava di
trasmetterle coraggio.
"Ieri sera in
quale categoria ti collocheresti? Aiutami, perché ho qualche
dubbio."
Il Colonnello
rise del suo
imbarazzo, nel vederla tutta rosa in viso. Lei si girò e non
gli
rispose più. Dopo qualche minuto, il Capitano Bordon
raggiunse
Tavington e gli annunciò che la città era molto
vicina.
Pochi
chilometri.
"Ho cambiato
idea."
Aveva
catturato la sua attenzione e lei gli aveva di nuovo rivolto la parola.
"In che
senso?"
"Non ti
voglio uccidere. Sarebbe un peccato dover dire addio ai tuoi 'servigi' "
Non era da
sentimentalismo e non voleva che pensasse minimamente che lo avesse
fatto per amore.
"No?!"
Era sorpresa,
ma non solo, anche stranamente preoccupata. Guardava a destra e
sinistra, cercando qualcosa che solo lei vedeva.
O che solo
lei si aspettava
di vedere.
"Perché
adesso? Non vi capisco."
Questa non
era la reazione
che pensava di vedere in lei. Ebbe la conferma che qualcosa non andava,
quando i fanti mandati in prima linea furono colpiti e tramortiti come
pezzi di domino.
Il Colonnello
alzò il braccio e diede segno di caricare.
"Alle armi!"
I militi si
mossero, ma
con grande difficoltà. L’obiettivo era accerchiare
la
città, la sorte si era beffata di loro ed era Savannah che
stava
accerchiando gli Inglesi.
William si
era trovato in
situazioni più pericolose, ma solo ora capì di
aver fatto
un grande errore ad avanzare prima degli altri. Se ci fossero state le
altre due legioni avrebbero avuto feriti e qualche perdita, ma
avrebbero conquistato lo stesso il campo.
Così,
erano spacciati.
Non potevano
vincere
perché stranamente erano inferiori di numero. I loro
avversari
non erano civili, ma erano quei Ribelli! Era una trappola architettata
alla perfezione, ma chi poteva conoscere le loro mosse? Solo uno del
Forte.
Beatrix lo
guardava affranta, aveva perso il sorriso, ma continuava ad avere una
strana faccia.
Lo guardava e
non staccava gli occhi da lui, i suoi occhi che dicevano sempre tutto,
in quel momento gli stavano parlando.
Mi
dispiace.
Era stata lei
a tradirlo,
ora iniziava a capire tutto. I pezzi si incastravano e lui si diede
dello stupido per aver pensato perfino di liberarla. Mentre
lui cercava
di evitarle la morte, lei vendeva informazioni ai nemici.
Era
l’unica a sapere di Savannah.
Il suo
cavallo partì alla carica e Tavington si buttò
nella mischia.
Me
la pagherai.
N/A
Ho dovuto tagliare in due parti il capitolo della battaglia,
perchè altrimenti diventava troppo lungo! ^_^
Un bacio a tutte coloro che seguono la storia!! :)
|
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Capitolo 8 *** Savannah – Gli Imperativi del Cuore ***
capitolo VIII
Capitolo
VIII Savannah - Gli Imperativi del Cuore
Si sentiva a pezzi, era agitata, nervosa e non sapeva cosa fare
esattamente.
Alla fine
avevano vinto,
non si poteva augurare un finale migliore. Lui li aveva pure
aiutati anticipando le altre squadre. I Ribelli erano in
vantaggio, avevano già ucciso un terzo della legione e nel
giro
di poco la squadra di Tavington sarebbe stata sconfitta. Niente di
più semplice. I corpi sarebbero stati nascosti e
né
Cornwallis né O’Hara avrebbero fiutato odore di
trappola.
Hai
vinto, perché sei triste?
Era facile
per il suo
cervello parlare, più difficile per il suo cuore. Il
Colonnello
aveva cambiato idea e quello complicava le cose. Lui aveva ricambiato
il suo sguardo ed era furioso, aveva capito del suo coinvolgimento e
questo la rendeva ancora più triste.
“Dobbiamo
andare Bea.”
Wellsie era
scesa da
cavallo e la invitò a fare lo stesso. Non poteva andare via
subito, il piano originale era stato cambiato. Nessuno si aspettava che
Tavington le avrebbe prese con sé.
Eppure lo
aveva fatto. Perché?
Gabriel era
rimasto con gli altri e bisognava aspettarlo, non aveva spiegato niente
a loro del dopo.
“Sì.
Saliamo la cunetta e nascondiamoci tra gli arbusti. Aspetteremo
lì Gab.”
Wellsie
accettò il suo nuovo piano deciso in quel momento e la
seguì.
Sedute
tranquille
sull’erba erano al riparo. Wellsie guardava la battaglia e
lei
poteva intuire dove vagasse il suo sguardo.
Bordon.
Beatrix si
era imposta di
guardare altrove, ma i suoi occhi la riconducevano sempre da lui. Era
così abile ed esperto in battaglia, uccideva un nemico dopo
l’altro senza accusare alcun colpo. La sua giacca si era
aperta,
sicuramente merito suo per favorire i movimenti di spada. Non aveva
ancora avuto occasione di vederlo in azione e adesso capiva
perché tutti lo temevano. Era veloce e astuto, sapeva
intercettare il colpo nemico e evitarlo con maestria. Ogni volta che
qualcuno si avvicinava troppo a lui, il suo cuore perdeva un colpo. Si
era messa a pregare per Tavington.
In quel
momento capì, non lo voleva morto.
Lo amava. Con
i pregi e i difetti.
Le sembrava
di essere
quasi la protagonista di uno di quei libri sdolcinati, dove la
protagonista capisce di essere innamorata, solo nel momento in cui
perde il suo amore. Lei non avrebbe aspettato ancora, glielo avrebbe
detto subito, anche a costo della vita.
I suoi occhi
guardarono l’amica che, conoscendola fin troppo bene,
intuì i suoi pensieri.
“Wellsie..”
Lei,
anticipandola, fece il segno con la mano per zittirla.
“Non
dire niente, tanto vengo con te.”
Non
c’era tempo per mettersi a discutere con lei, era testarda
quanto Beatrix, quindi non l’avrebbe persuasa.
Sentiva una
connessione con Wellsie, lei andava per Nikolas; lei per William.
“Piccolo
dettaglio tecnico Bea..come possiamo aiutarli 'noi'?”
Bella
domanda. Già, quello non era un romanzo, infatti non
sembrava che la battaglia procedesse a rallentatore.
No.
nessun libro. È la realtà. E noi siamo donne.
Fottute.
“Ormai
è tardi per tornare indietro. Prendi quella spada da quel
soldato morto e colpisci tutto quello che puoi.”
Sembrava
più semplice dirlo, che farlo. Le spade pesavano molto e
loro erano deboli anche solo per alzarle.
“Pesano
troppo, ma se troviamo delle pistole, potremmo farcela.”
“Bella
idea e buona fortuna. In caso non sopravvivessimo, volevo dirti che ti
voglio bene, Wellsie.”
L’altra
ragazza l’abbracciò forte.
“Anch’
io tesoro.”
Wellsie era
partita alla
ricerca di armi utili da usare. Nel momento in cui lasciò il
corpo dell’amica con lo sguardo, gli occhi di Beatrix
cercarono
subito Tavington.
Era impegnato
con un giovane, aveva caricato la pistola e lo aveva colpito, ma non
aveva notato che un altro lo aveva puntato.
Continuava a
non vederlo e il ribelle intanto stava caricando la pistola. Lo avrebbe
colpito mortalmente, ne era certa.
Doveva fare
qualcosa.
“William,
alla tua destra!”
Urlò
con tutta l’aria che il suo corpo possedeva. Nel suo
urlò mise il suo cuore, lui era il suo cuore.
Lui
voltò appena la
testa nella direzione di Beatrix e la fissò incredulo con
tante
domande. Poi, dopo aver recepito il messaggio, girò la testa
giusto in tempo per vedere la pistola caricata puntata verso di
sé.
Non ebbe il
tempo di spostarsi.
Il colpo
partì e lo tramortì.
Posò
una mano sulla
ferita sanguinante sul suo torace e poi cadde a terra.
L’altro
non andò oltre, se andò dedicandosi ad altri
soldati.
Lei corse
subito verso di lui, noncurante di quello che la stava circondando.
Si
inginocchiò per terra e raccolse la testa del Colonnello
sulle sue gambe.
Pianse senza
sosta e gridò in segno del suo dolore.
“William,
no! Ti prego svegliati. Non puoi morire, non adesso. Farò
quello che vuoi, ma resisti!”
Lui non
rispondeva, gli occhi erano semichiusi e le labbra biascicavano parole
senza senso.
“Beatrix,
sei tu.”
Ci voleva la
morte affinché lui la chiamasse con il suo vero nome. La
cosa la fece sorridere.
“Sì,
sono qua. Mi dispiace averti tradito, non voglio che tu
muoia.”
“Dovresti
essere contenta, non mi odi più?”
Faceva fatica
a parlare e lei non voleva che si stancasse.
“Shh..non
affaticarti. Avrai tempo di arrabbiarti con me, dopo. Ora dimmi, cosa
devo fare per aiutarti?”
Fortunatamente
il
proiettile sembrava non aver colpito il cuore, ma sicuramente era in
una zona rischiosa. Doveva agire subito, se non voleva che perdesse
troppo sangue.
“Estrai.
Proiettile.”
Era sempre
più
difficile prendere aria per parlare, ma lei capì cosa doveva
fare. Sebbene odiasse il sangue, lo fece per lui. Inserì le
dita
nella ferita e scavò alla ricerca del proiettile. Lo
trovò non tanto in profondità e lo estrasse.
Sperava che
bastasse quello per il momento. Aveva bisogno di essere spostato
immediatamente.
In quel
momento arrivò Wellsie con Bordon. Il Capitano era
malconcio, ma stava meglio del Colonnello.
Wellsie
gridò.
“William,
oh no! Cosa diavolo è successo?”
Si era creata
una strana
atmosfera, Tavington la guardava con (?) amore. Alzò un
braccio
e le accarezzò la faccia, sporcandola di sangue. Lei
baciò la mano e pianse, come stava facendo Beatrix da
minuti.
Quest’ultima si sentiva quasi un terzo incomodo, ma
successivamente notò che Bordon non era sorpreso della
situazione che si era creata.
“Non
ti preoccupare, tesoro. Starò meglio. Non
piangere.”
Ma lei lo
faceva e più lo sentiva parlare con fatica e più
stava male.
“Non
devi morire Will, tu sei tutto quello che mi rimane. Non mi lasciare
anche tu.”
“Non
lo farò, sorellina.”
Adesso la
questione era chiara.
Fratelli.
Come aveva
fatto a non notare le somiglianze prima? Gli occhi erano uguali.
Avrebbe voluto
farle mille domande, ma sapeva che non era il momento. Intanto Bordon
aveva preso un braccio del Colonnello e insieme alle altre due donne
cercava di spostare Tavington.
Riuscirono a
raggiungere la cunetta e a depositarvi l’uomo.
“Vado
a cercare aiuto. Resta qui con lui e non muoverti.”
Il Capitano
se ne
andò via e si portò dietro Wellsie. Le due
ragazze si
guardarono senza aprire bocca, Wellsie intuiva quali domande volesse
rivolgerle l’amica, così la anticipò.
Mentre se ne
andava le mimò con le labbra ‘poi ti
racconto’.
Sparirono
dalla sua vista.
Erano di
nuovo solo loro due.
Beatrix
incominciò
ad accarezzare i capelli dell’uomo, sussurrandogli parole
dolci.
Lei voleva che lui vivesse, quella era l’unica certezza.
Avrebbe fatto
di tutto per tenerlo in vita, andando anche contro i suoi compatrioti.
Intanto a
valle gli uomini
combattevano. Da poco erano arrivati i rinforzi Inglesi e lei
pensò che se Gabriel li avesse trovati, sarebbe stata pronta
ad
attaccare perfino lui per difendere il suo uomo.
Aveva
detto “suo uomo”?
“Colonnello,
vi prego, rimanete cosciente.”
“Chiamami
William. Mi piace. Nessuno lo fa mai.”
La sua voce
era roca,
per via delle ferite, ma era anche dolce. La guardava con un affetto
negli occhi, che non gli aveva mai visto prima. Era quello il volto che
avrebbe visto in un uomo innamorato? Nella sua breve vita aveva potuto
ammirare solamente il volto di Gabriel. Ma lui era fatto
così di
natura, era dolce e solare con tutti. Non era semplice ravvisare la
differenza di trattamento nei suoi confronti.
Invece con il
Colonnello
era diverso. Lui manteneva sempre la sua solita stoicità,
nemmeno nei loro momenti più intimi assumeva lineamenti
dolci.
Ecco perché lo spettacolo che gli occhi di Beatrix vedevano
la
confondevano e la meravigliavano allo stesso tempo, avrebbe voluto
vedergli sempre quel sorriso. Non quello maligno, ma quello sincero che
le stava rivolgendo proprio in quel momento.
Perché
non può essere sempre così?
“William,
non voglio che tu muoia, sul serio. Ho capito che non posso ignorare
quello che provo per te. Ti..”
Lui
girò il volto e si sistemò meglio tra le sue
cosce, affinché potesse guardarla dritto negli occhi.
“Ti..”
Lei
sospirò ed ebbe grande paura di quelle parole. Era come se
la lingua non volesse muoversi.
“Voglio
troppo!”
Lui sorrise
senza malignità. Per la prima volta.
“Ti
ho detto già quello che provo, perché continui
questa tortura autolesionistica?”
Lei lo
zittì, posando un dito tremante sulle sue labbra.
“Non
mi importa che non mi ami. Mi va bene così. Per
ora.”
“Sei
strana, donna. Sono io il malato o tu?”
Rimaneva
sempre lui, sia
in malattia, che in salute. Sebbene sul filo del rasoio, non aveva
perso il suo solito sarcasmo macabro che lo distingueva.
“Shh..non
ti stancare. Riposati e poi ne riparliamo quando, e se, sarai
sveglio.”
Gli sorrise
in modo genuino e gli tracciò il profilo del mento con le
dita.
“A
patto che tu mi dica quello che stavi per dire prima.”
“Non
posso.”
Tavington
prese le sue
dita e le baciò. Sebbene la sua condizione precaria gli
permettesse movimenti limitati, il suo tocco fece rabbrividire la donna.
“Basta
volerlo e
soprattutto sentirlo. Non si rifiuta mai l’ultimo desiderio
ad un
‘probabile uomo morto’.”
Beatrix
puntò i
suoi occhi verso quelli del Colonnello e percepì che le
forze
dell’uomo lo stavano abbandonando. Respirava sempre
più
debolmente, tossendo con fatica. I suoi occhi erano rossi e lucidi, sul
punto di lacrimare per il terribile dolore che stava sopportando.
Ma non si
lamentava.
Giaceva
lì, sulle sue gambe, con il sorriso stampato. Doveva
soffrire molto, ma non lo manifestava con la voce.
Aveva bisogno
di riposo e
lei sbagliava a farlo stancare così in quel momento. Avrebbe
dovuto farlo addormentare, mentre aspettavano il medico. Invece non
riusciva a resistergli, il Colonnello voleva sapere e lui parlava solo
attraverso frasi imperative. Beatrix, inoltre, intuiva che non avrebbe
trovato più lo stesso coraggio per confessargli i suoi
sentimenti. In quel momento lei non aveva sulle sue gambe il Colonnello
William Tavington, ma accarezzava semplicemente un uomo, il suo William.
Una volta in salute, sperando sempre che tutto andasse bene, sarebbe
ritornato ad essere il solito Ufficiale e lei la sua nemica.
Non poteva
discutere con lui, quindi decise di dargli quello che voleva.
Si
avvicinò e lo baciò.
Fu un bacio
dolce, il primo tra di loro. E poi a fior di labbra, molto piano quasi
sussurrato, gli disse:
"Ti
amo."
Ma il Colonnello
aveva già chiuso gli occhi e il respiro non si sentiva
più.
Il cuore si
era fermato.
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Capitolo 9 *** Il Piano Svelato ***
capitolo IX
Capitolo IX – Il Piano
Svelato
Bordon
era riuscito a
trovare il medico, era un uomo di Savannah poco incline ad aiutarci, il
Capitano riuscì a persuaderlo con i suoi modi. Il vecchio
dottore appena aveva visto il corpo del Colonnello si era fatto il
segno della croce, questo non rallegrò Beatrix, che
già
sentiva il cuore a pezzi.
Percepiva il corpo di Tavington freddo e fermo, poteva giurare che
avesse
smesso di respirare da un po’. Tutti insieme avevano spostato
l’infermo, depositandolo in un luogo più pulito.
Anche se
era difficile parlare di pulizia su quel terreno fangoso e sporco.
Il dottore aveva iniziato a prepararsi per intervenire
sull’uomo,
si era messo i suoi piccoli occhiali e aveva appoggiato a
terra la
sua borsa con gli strumenti da lavoro.
“Avrò bisogno d’aiuto
nell’operazione. Qualcuno qui non regge la vista del
sangue?”
Alzò lo sguardo verso i presenti, aspettando una risposta.
Ne
ebbe una prima da parte di Wellsie, la quale si rifugiò tra
le
braccia del Capitano, piangendo come una fontana.
“Non penso di farcela, Nik. È William.”
Singhiozzava e parlava per frasi interrotte. Era alquanto scossa, non
riusciva nemmeno a sopportare la vista del corpo straziato del fratello.
“Meglio che tu vada a riposarti, Wells. Vieni, sediamoci su
quella
grossa pietra là e tranquillizzati un po’. William
ha
bisogno di te.”
Così dicendo, il Capitano accompagnò la ragazza
nel luogo
citato e passò del tempo con lei. Cercava di farla distrarre.
“Io sto qui, dottore. Se avete bisogno, chiamatemi.”
Ormai rimaneva tutto nelle mani di Beatrix, non lo avrebbe lasciato
solo, voleva stare vicino a lui, aspettando con ansia il suo risveglio.
“Molto bene, ragazzina. Credi di essermi
d’aiuto?”
“Certamente, dottore. Farò qualsiasi
cosa.”
Il medico prese delle forbici e tagliò bruscamente la
camicia,
già squarciata di suo. Il sangue si era coagulato attorno
alla
ferita, probabilmente il suo corpo stava rispondendo
all’aggressione, cercando di riparare i tessuti danneggiati.
“Com’è messo?”
Dallo sguardo contrariato del dottore, capì che
era meglio
lasciarlo lavorare in silenzio, di certo non voleva che a causa della
sua irruenza, ne patisse il Colonnello.
Il vecchio uomo si accinse a pulire il sito danneggiato, rendendo
ancora più nitida la vista della ferita.
“È stato fortunato il tuo Colonnello. Deve essere
stato
colpito quasi di striscio, non sembra molto profonda. In ogni caso,
dobbiamo rimuovere prima la pallottola per evitare infezioni
ulteriori..”
Un pensiero le balenò immediatamente in testa, lo aveva già fatto.
“Dottore, veramente ho già rimosso la pallottola
prima, appena è stato colpito.”
“Avete fatto bene. Molto probabilmente gli avete risparmiato
mesi
a riposo. Non so se questo è un bene o un male..”
Beatrix sapeva che doveva fidarsi del medico, in quel momento era
l’unica ancora di salvezza per William. Però
c’era
qualcosa che non le piaceva nell’uomo, era un nemico del
Colonnello, che motivo avrebbe avuto di salvargli la vita? I suoi dubbi
vennero in parte spazzati via dall’intervento sicuro del
Capitano.
“Ricordate vecchio. Lui muore, voi lo seguite a
ruota.”
Un piccolo sorriso si allargò sul volto di Beatrix, sapeva
che non doveva ridere delle disgrazie altrui.
Purtroppo era fatta così.
“Emh..certo…b-bè...devo tornare al
lavoro.”
Beatrix non conosceva nessuna nozione di medicina, sapeva qualcosina di
filosofia, perché la madre ne aveva un’ossessione.
Eppure,
quello che il dottore stava facendo sul corpo di Tavington era per lei
un’incognita.
Poté notare che stava versando un liquido scuro, di cattivo
odore. Vennero sparse copiosamente delle gocce sulla ferita e
successivamente si mise a tamponare. I passaggi erano i medesimi:
unguento seguito da tamponamento.
Un liquido miracoloso..
Fino a quel momento la mano di Beatrix stringeva quella del Colonnello,
sebbene le sembrava quasi di toccare un morto. Non riusciva a capire,
il medico diceva che non era grave, eppure non respirava. Lei ne era
convinta, non aveva più sentito il battito.
Ne era sicura, o forse era solo tutta l’ansia accumulata?
“Come mai quello sguardo strano, ragazzina? Sta
guarendo.”
Sembrava sincero o semplicemente era molto più impaurito per
le
conseguenze che avrebbe dovuto fronteggiare in caso di fallimento.
“Già..sembrerebbe così. Mi stavo
domandando..il suo
cuore non batteva prima, com’è
possibile?”
Le grosse sopracciglia del medico si incurvarono, rendendo ancora
più incredulo il suo volto.
“Non è possibile, altrimenti sarebbe morto. Non
era
così grave da arrestare il battito cardiaco. Senti tu
stessa, metti una
mano sul suo cuore.”
La ragazza metabolizzava lentamente le parole dell’uomo. Era
possibile che si fosse immaginata tutto? Ecco il perché
della
misurata attenzione del Capitano. Poteva l’amore averla
incasinata così tanto?
Si decise a seguire il consiglio del dottore.
La sua pazzia avrebbe avuto fine.
Senza staccare la mano destra dalla mano di Tavington, portò
l’altra all’altezza del suo cuore.
Bum..bum…bum
Le lacrime scesero lungo le sue gote senza sosta.
“Batte. Dottore, batte! È vivo!”
Ad un certo punto, la mano del Colonnello si rianimò e
strinse quella della ragazza.
“Hey micetta, rallenta. Sarò anche vivo, ma sono
ferito. Bloody hell,
la ferita è aperta. Perché non l’avete
chiusa?”
Sembrava aver riacquistato il tono abituale, nessuna paura e pieno
controllo della situazione.
Spostava lo sguardo da Beatrix al vecchio dottore, prima uno poi
l’altro; prima uno, poi l’atro.
“E lei, chi è?”
L’uomo balbettò, ritrovandosi le guance colorate
un po’ di rosso. Doveva aver sentito parlare del ‘Butcher of
Carolina’. Non sapeva come incominciare il
discorso, così Beatrix intervenne.
“Colonnello, quest’uomo è il
signor..”
Guardò il dottore in cerca di aiuto. Non conosceva il suo
nome.
“..Lee..”
“Sì..il signor Lee è un dottore, e vi
sta curando.”
Il viso del Colonnello si rilassò e così
appoggiò comodamente la testa sulle ginocchia di Beatrix.
“Bene. Allora che sta ancora aspettando? Chiuda la
ferita!”
Il vecchio Colonnello stava sostituendo quello infermo e delirante. In
ogni caso, le cose che si erano detti e gli sguardi che si erano
scambiati, Beatrix li avrebbe custoditi con cura.
Intimorito dalle pressioni di Tavington, il medico si mise
all’opera, radunando l’occorrente: filo, ago, una
cintola,
altre boccette con liquido dal colore scuro.
“Farà male, Colonnello. Mi dispiace, ma non ho
avuto il
tempo di portarmi dietro gli strumenti anestetici. Morda questa
cintura.”
Lo ha fatto apposta..
Beatrix conosceva bene ‘quei’ dottori, a Pembroke
ce
n’era uno simile. Non lavoravano per la comunità,
bensì per il loro onorario. Intuiva che gli Inglesi lo
avrebbe
ucciso, pensava di restituire a loro in parte il favore.
“Un dottore senza strumenti chirurgici? Non vi sembra un
po’ strano, Colonnello?”
Sapeva che il dubbio avrebbe reso più furioso Tavington,
stando
con lui stava assumendo certi suoi comportamenti. Il suo cuore la
spingeva a cercare la verità e se lo avesse ucciso durante
l’intervento? Tanto, Tavington, sarebbe morto comunque. Un
Colonnello inglese in meno, faceva comodo a loro.
Il volto iroso dell’Ufficiale guardò
minacciosamente il medico.
“Come se non ci avessi già pensato, Beatrice. Mi
fa
piacere sapere che siamo sulla stessa linea d’onda.
Voi,
invece, lavorate. Dopo verrete pagato per il servizio prestato alla
Corona.”
Il medico era preoccupato.
“Vi prego, Colonnello. Davvero non è stata mia
intenzione.”
Ma quelle frasi erano inutili ormai, Beatrix conosceva bene Tavington.
La sua sentenza di morte già pronunciata.
“Zitto. Continuate.”
Il dottore lavorò sulla sutura dei due lembi di pelle
squarciati. Forse impiegando più impeto che non avrebbe
dovuto.
In ogni caso riuscì a completare l’opera e
Tavington
resistette con coraggio.
Beatrix, infatti, aveva cercato di aiutarlo come poteva per farlo
soffrire meno, ma essere cuciti senza anestesia era un supplizio
infinito. La cintola che il Colonnello tratteneva tra i suoi denti era
scavata di piccoli fossi, causati dai morsi convulsi
dell’uomo.
Soffriva e cercava di non darlo a vedere, mordeva con forza la cintura
e puntava lo sguardo dritto negli occhi di Beatrix.
Lei cercava di trasmettergli forza.
Qualche volta sentiva perfino Wellsie piangere e singhiozzare, soffriva
per il fratello e stava sempre più male ad ogni grido
dolente.
Il tormento terminò.
Dopotutto aveva ragione il signor Lee, non era così grave
come
pensava. Il Colonnello riusciva a stare in piedi, anche se i movimenti
non erano dei più semplici. Si erse in tutta la sua bellezza.
A petto nudo..
Beatrix fantasticò su di lui, il suo corpo atletico e tonico
nei
punti giusti risvegliava le sue fantasie più oscure. Si
immaginò di baciare ogni singolo centimetro del suo corpo,
coprendo tutto il suo petto di baci. Aveva desiderato più
volte
di ricambiare le sue attenzioni, mostrando che anche lei poteva
stupirlo e affascinarlo. Un desiderio nascosto nei meandri della sua
mante la spingeva ad alzarsi e poi rivolgere l’attenzione ai
capezzoli del Colonnello. Immaginò la sua lingua
tracciare
la circonferenza di uno e poi dell’altro..
“Micetta, a cosa stai pensando?”
Oddio, stava davvero fantasticando su di lui.. non si era neanche
accorta
di aver morso il suo labbro in modo licenzioso. E Tavington sembrava
aver intercettato i suoi pensieri, certo stava diventando una
pervertita come lui!
“Niente..niente di importante. Cambiano discorso, per
favore?”
La sua supplica aveva fatto divertire il Colonnello, che sorrideva in
modo sincero. Lui si avvicinò a lei, accarezzandole la
guancia
lentamente. Poi, all’improvviso, strattonò il
bordo del suo
corpetto e baciò voracemente le labbra della ragazza.
Beatrix sapeva che non erano soli, c’erano altri tre
individui,
che molto probabilmente si stavano godendo la scena sghignazzando.
Tavington, noncurante del pubblico, continuò il bacio,
approfondendolo sempre di più. La baciava con impeto e fame,
come se lei fosse un’oasi nel deserto. E lei non
poté non
ricambiare, toccando ed esplorando il suo petto muscoloso, su cui tanto
aveva sognato.
Quando l’uomo pensò di essere soddisfatto, si
staccò dalla ragazza.
I loro occhi continuavano a sfidarsi, senza cambiare direzione.
Occhi su occhi.
Beatrix sentiva di dover dire qualcosa, quando finalmente si decise ad
aprire bocca, Bordon l’anticipò.
“William..mmm..Colonnello..”
La sua goffaggine attirò l’attenzione di Tavington
che
interruppe immediatamente il contatto visivo e si rivolse al suo
subalterno.
“Dobbiamo andare Capitano, c’è una
battaglia che ci aspetta.”
Beatrix afferrò il Colonnello per il braccio e lo
strattonò verso di sé.
“Non potete ritornare, vi ammazzeranno.”
Un cipiglio incredulo si formò nell’uomo.
“Che novità, Beatrice. Siamo in guerra e guarda
caso io sono un soldato.”
Ignorandola, recuperò almeno la giacca e la
indossò. La
maglia era inutilizzabile, perciò la lasciò per
terra.
Con un cenno del capo invitò il Capitano a seguirlo.
“E noi, che facciamo?”
Tavington penso alla risposta per alcuni secondi. Si era perso troppe
cose durante l’intorpidimento.
“Quanto tempo è trascorso da quando siamo
arrivati?”
Bordon, efficiente come al solito, rispose con fermezza:
“Un’ora, Colonnello. Siete rimasto svenuto per un
po’.”
La sera era già inoltrata, il buio si faceva strada e
William voleva sapere a tutti costi l’esito della battaglia.
Se Cornwallis avesse saputo dell’accaduto, altro che gloria e
statue, avrebbe riso di lui.
Doveva evitarlo.
“Ci dirigeremo tutti quanti a Savannah e sarà
entro le mura che deciderò il da farsi.”
Il dottore era rimasto in disparte fino a quel momento, l’ora
del suo giudizio era arrivata.
“Per quanto concerne voi, Lee. Sarò magnanimo, non
vi
ucciderò, questo non vuol dire che non ricambierò
il
vostro favore.”
Il Colonnello si avvicinò a Bordon e afferrò la
sua pistola, prese la mira e colpì il medico.
“Non è una ferita profonda, è solo di striscio. Ora
curatevi senza anestesia.”
Il quartetto si incamminò nel bosco per dirigersi verso
Savannah.
William camminava soddisfatto, aveva organizzato un piano perfetto e
tutti gli avevano creduto. Quando il dottore aveva detto a Beatrix che
la ferita non era mortale, aveva pensato che lo avesse scoperto. Invece
lei lo aveva supportato, aveva pianto per lui, quelle lacrime
così reali che lo avevano lasciato interdetto.
Beatrix era coinvolta in un qualche piano con i Ribelli, non lo aveva
confessato, eppure i suoi occhi, sempre così rivelatori,
avevano
parlato per lei.
Sapeva.
La domanda che si poneva Tavington mentre camminavano era, in che
misura aveva partecipato?
In ogni caso conosceva almeno qualcuno che doveva essere legato con
quei dannati Ribelli, che lo stavano ossessionando.
Doveva abbattere quell’esercito di contadini e solo allora
avrebbe potuto chiedere onorificenze a Cornwallis, prima di allora
l’unica cosa che avrebbe ottenuto sarebbe stata derisione.
Guardava dritto lungo il sentiero, noncurante di rovi e serpenti. Aveva
deciso di non guardare in faccia Beatrix per un po’, doveva
decidere cosa fare di lei. Qualche volta la sentiva lamentarsi per la
fatica o per l’ambiente ostile alle scampagnate.
Tipico delle donne..
“Non è lamentandoti che otterrai qualcosa,
dolcezza. Sei
una contadina, in fondo, dovresti essere abituata a questi
luoghi.”
Lei non gli aveva risposto, gli stava al passo e lo guardava torvo
sperando di catturare la sua attenzione, almeno uno sguardo.
Ma lui mantenne la testa alta.
La cosa più giusta da fare sarebbe stata averla uccisa
prima,
quando ne aveva avuto l’occasione, eppure in certi momenti
lei lo
stupiva, per esempio quando si era occupata di lui, medicandolo ed
offrendogli calore ed assistenza.
Era un Ufficiale e non poteva farsi sciogliere da quelle cose da
femmine.
Aveva ideato un piano perfetto, da tempo girava voce che vi fosse una
qualche spia nel Forte. Troppe informazioni uscivano dalla fortezza in
modo inspiegabile. Il Generale aveva riunito solo lui, Tarleton e
O’Hara, ed insieme a loro aveva progettato la cattura dei
Ribelli
a Savannah.
Doveva sembrare l’assedio di una città, in
realtà volevano catturare tutti i Ribelli della zona.
Il Generale aveva individuato quell’obiettivo come basilare.
L’errore compiuto da Tavington era stato dare la carica
troppo
presto, pensava di poter fare tutto da solo. Aveva davvero pensato che
la sua legione avrebbe sconfitto da sola il gruppo, non si aspettava
però di trovare una cinquantina di uomini.
Troppi, oltre le sue aspettative.
La farsa doveva essere recitata con tutti, prigionieri e servi
compresi. Non si sapeva chi fosse la spia, poteva essere un milite,
come invece un prigioniero.
Quella era l’incognita ed ora lui aveva la conferma che
Beatrix sapeva qualcosa.
L’avrebbe persuasa a rivelargli il nome.
La battaglia, poi, aveva preso una piega sbagliata ed urgeva una sua
uscita di scena per gestire meglio la faccenda.
Quel colpo, una fortuna.
Non aveva calcolato, però, la presenza della ragazza, se
fosse
stata davvero lei la spia, sarebbe scappata via. Invece era rimasta a
soccorrerlo, aveva pianto per lui e gli aveva anche confessato il suo
amore. In quel momento Tavington avrebbe voluto stenderla a terra e
possederla senza pietà. Amava quando si piegava
così al suo volere,
quando si sottometteva al suo gioco seduttivo.
Lei gli aveva creduto e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui.
Eppure quelle parole non potevano avere significato, sicuramente le
aveva pronunciate perché lui stava per morire. Le avrebbe
dette
anche in un altro contesto?
Un altro dubbio che attanagliava il Colonnello. E poi c’era
il
suo tradimento, una sua amante non poteva essere una rivoltosa.
No, non era possibile.
Doveva punirla in qualche modo, ferirla.
Savannah.
Troverò lì la soluzione..
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Capitolo 10 *** Lady Kitten ***
capitolo X
Capitolo X – Lady Kitten
Avviso:
Capitolo
con Rating rosseggiante.
Dopo un’ora
"Quanto manca?"
Si era lamentata più volte, ma lui non le aveva detto
niente.
Stavano camminando da ore, per Beatrix sembrava quasi
un'eternità. Era stanca e assettata, aveva urgenza di
riposare
un poco. In ogni caso, nonostante il suo malcontento, non disse altro
all'uomo che la affiancava. Conosceva Tavington, poteva immaginare la
sua risposta. Così, col passare del tempo, la sua mente si
era
avvezza ormai alla fatica e non ci faceva più caso.
La cosa che proprio non riusciva a comprendere era il perché
del
tanto camminare nel bosco, lungo quei sentieri tortuosi e nemici
all'uomo. Certo, sicuramente una manna dal cielo per banditi, ma poco
utili per il resto. Sentiva tutte le gambe sanguinanti e ferite per
colpa dei cespugli di rovi, le braccia erano invece il bersaglio
preferito di quelle maledette zanzare.
Si sentiva, nel complesso, orrenda.
Come fa ad essere
così calmo? Quanto lo odio..
Anche se devo ammettere
che ha proprio un bel fondoschiena..
Senza rendersene conto stava fissando con ammirazione il corpo di
Tavington. Come se lui avesse captato i suoi pensieri, le
lanciò
un'occhiata ammonitrice nel momento in cui gli occhi birichini della
ragazza venivano catturati dalla straordinaria rotondezza dei glutei
del Colonnello.
Che pensieri!
È la stanchezza, gioca brutti scherzi.
Per liberare la sua mente dalle fattezze di Tavington, decise di dare
uno sguardo all'altra coppia, che era a qualche passo indietro da loro.
Sembravano così felici e soddisfatti, si desideravano
reciprocamente e poi il Capitano era divertente, vivace, in sintonia
con la spensieratezza di Wellsie.
Perfetti per stare insieme.
Sarebbe stato bello anche per lei camminare mano nella mano con il Suo
Colonnello, un pensiero che scacciò immediatamente. Sapeva
che
era una cosa impossibile, come chiedere alla Terra di non girare
attorno al Sole.
Lei poteva sentire il risolino di Wellsie scaturito dalle battutine
divertenti del Capitano, se da una parte la cosa la rendeva felice,
perché voleva bene all'amica e le augurava ogni
felicità;
dall'altra non poteva che essere gelosa delle attenzioni che Bordon
rivolgeva alla sua compagna. Era così premuroso e
affettuoso,
lui agiva sempre così, senza che vi fosse dietro un qualche
obbligo, lo faceva perché lo sentiva.
Perché lo
voleva.
Non ci volle molto per farla ritornare a pensare alla sua ossessione e
dannazione, sempre e comunque la sua mente viaggiava verso di lui e la
spingeva verso Tavington. Lui camminava fiero come al solito, stavano
camminando già da qualche minuto e lui non aveva ancora
detto
niente.
Terribile l'attesa.
Beatrix aveva così tante domande che avrebbe voluto fargli.
Alla fine si fece forza e aprì bocca.
"Come mai tutto questo silenzio?"
Il Colonnello girò leggermente il viso nella direzione della
ragazza, volgendole un sorriso maligno. Il suo sorriso.
"Cosa dovrei dire, Beatrice?"
Come faceva a mantenere sempre quella calma? Delle volte lei odiava
quel suo modo di fare, avrebbe preferito una sfuriata.
"Qualcosa. Qualsiasi cosa."
All'improvviso Tavington si arrestò e prese ad accarezzarle
una
guancia. Il suo dito si mosse lungo il perimetro del suo collo,
rasentando di poco il suo seno.
Beatrix era incantata dai movimenti lenti e studiati del Colonnello,
non riusciva a staccare gli occhi da quelli dell'uomo. Il quale, al
contrario, sembrava consapevole delle sue azioni e dell'effetto che
provocavano in lei.
"Beatrice.."
La ragazza si era avvicinata al Colonnello, aspettandosi un bacio da
lui.
"Mmh..ditemi."
Quel bacio non arrivò.
"Il tuo corpetto è slacciato."
E senza dire altro si incamminò, lasciando Beatrix senza
parole.
Quasi come se la magia fosse finta, lei si risvegliò e
armeggiò con i lacci del corpetto per metterlo apposto. Una
volta fatto, cercò di raggiungere Tavington.
"Tutto qua? Avete perso tutta la vostra fantasia, Colonnello?"
"Forse tu ti aspettavi altro, Beatrice."
Per la prima volta, la guardò serio.
Eccolo, ci siamo, il
momento è arrivato.
Voleva parlare di quello che era successo sul campo. Beatrix sentiva di
non essere ancora pronta ad affrontare la situazione spinosa. Forse Dio
o forse il Destino la aiutò in quel momento.
Erano arrivati alle porte di Savannah. Un grande cartello ligneo apriva
le porte della Città.
"Colonnello, cosa dobbiamo fare qui?"
"Seguimi, il resto te lo spiegherò più avanti.
Qualsiasi
cosa succeda, stammi vicino e fa' quello che dico. Promesso?"
La stava mettendo alle strette, un grande dubbio la sommergeva e non
sapeva se fidarsi di lui era la cosa migliore. Con lo sguardo duro,
Tavington la indusse a rispondere alla svelta.
Forse fare quello che diceva era sbagliato, ma era l'unica cosa che poteva fare in quel
momento.
"Promesso."
Si guardarono negli occhi intensamente per diversi secondi.
Ad un certo punto, un ragazzino dal corpo acerbo e gracile
cercò di attirare l'attenzione di Tavington.
"C-Colonnello Tavington..?"
"Sì. Chi mi vuole?"
Il ragazzino sembrava turbato dalla presenza del Colonnello,
sicuramente era stato mandato da un Generale. Beatrix poteva leggere
nei suoi occhi paura e terrore dell'uomo davanti al quale sostava.
"Il Generale Cornwallis, Signore. Questa lettera è per voi."
Una missiva per lui, strano. Perché non rivolgersi
direttamente al Colonnello?
Sempre i soliti misteri
di Cornwallis.
Gli occhi di Tavington si muovevano con rapidità tra le
righe, le pupille saettavano a destra e sinistra senza sosta.
Che cosa vorrà mai?
"Bordon, alla Locanda di Welma, sarà là che
alloggerete
temporaneamente. Domani mattina abbiamo un incontro con i Generali."
Il Capitano aveva lasciato la mano di Wellsie e stava ascoltando
attentamente le istruzioni del suo Superiore.
"Come volete, Colonnello. Le ragazze..dove vanno?"
"Con noi."
Lo disse con la faccia quasi disgustata -e senza alzare gli occhi dalla
lettera-.
Il caos regnava nella mente di Beatrix, lei e Wellsie potevano davvero
stare con loro e quale destino le attendeva?
O meglio dire, quale destino attendeva lei..
Il Capitano strattonò bruscamente Wellsie e la
esortò a seguirlo.
Poveretta, aveva il viso affranto quanto quello di Beatrix. Era questa
la vita che l'aspettava?
Lei aveva ancora tanti interrogativi a cui avrebbe voluto dare una
risposta, intanto le venne in mente che c'era ancora la faccenda di
Gabriel in sospeso..
Persa nei suoi pensieri aveva dimenticato la presenza del Colonnello
il quale, al contrario, non si era dimenticato affatto di lei.
"Non mi guardate così." disse lei affranta.
"Così come, Beatrice?"
Stava sicuramente ideando un piano per farle pentire la scelta fatta
sul campo.
"Come se non lo sapeste. Ebbene volete uccidermi?"
"Perché dovrei farlo? Sono un uomo di parola, ti avevo
promesso che non lo avrei fatto."
Si era accostato alla donna, posando le sue forti mani sulle sue spalle.
"Neanche dopo quello che avete scoperto di me?"
La memoria del passato accese gli occhi del Colonnello, i quali per un
secondo divennero furenti.
"Dobbiamo andare, è già troppo tardi. Alla
locanda ci aspettano e non mi piace farmi aspettare."
Le arpionò il braccio e si mise a camminare.
Stava camminando verso una locanda, quale fosse era ancora un'incognita
per Beatrix. Lo seguiva, anche perché alternative non ne
aveva,
il cappio era sempre lì che bussava alla sua porta.
Finalmente il mistero in parte venne risolto.
Lady Kitten.
Se pensava che fosse una semplice locanda come le altre, sbagliava di
grosso.
Fuori era stupenda, un grande mulino rosso era collocato vicino
all'entrata, per dare il benvenuto ai forestieri.
Non sembrava un punto di ristoro, come si era aspettata Beatrix. La sua
idea venne confermata dagli interni: tutto rosso.
Erano presenti tanti tavoli rotondi, piccoli e numerosi. Sedie
intagliate finemente, decorate con motivi floreali. A sinistra era
situato un banco, probabilmente era il banco del vivandiere. Lucido,
pulito. Non aveva mai visto un luogo tanto bello, almeno di quelli che
si era potuta permettere a Pembroke.
Il pavimento era fatto di legno, lucido e suonava quasi delle sinfonie
con il tacchettio degli stivali.
In fondo alla sala c'era un palco rialzato, dei pendagli dall'alto lo
decoravano e creavano delle strane luci.
Un palco..cosa ci faceva
lì?
Beatrix guardava adorante il luogo che la circondava, rimanendo
incantata dalla bellezza del Saloon stile vecchio West.
La bocca del Colonnello si avvicinò pericolosamente al suo
orecchio e sospirò diverse parole che suonavano tanto come
una
minaccia.
"Comunque, per inciso, non ho scordato quello che mi hai fatto prima.."
Le sue braccia l'avevano attirata verso il corpo robusto di Tavington,
ora lui si trovava proprio dietro la ragazza. E la stringeva sempre
più, facendole mancare l'aria, non solo grazie alla sua
stretta.
Lei si domandava a cosa alludesse di preciso, poteva riferirsi al suo
coinvolgimento nel piano di Gab oppure poteva essere la dichiarazione
fatta in punto di morte..
Beatrix aspettò, sperando che lui volesse aiutarla a
chiarire le idee.
Non lo fece.
Al contrario, respirò sul suo collo, lasciandole tanti baci
e
poi la morse lascivamente, senza ferirla più di tanto.
Era un morso d'amore.
La sua lingua bagnava la pelle della ragazza, facendola sospirare per
lui, si sentiva stanca, ma -se lui glielo avesse proposto- lo avrebbe
soddisfatto lì, al centro della sala.
"Sei stata una cattiva micetta, lo sai? Urge da me darti una punizione,
tesoro."
La mano del Colonnello aveva alzato un lato della veste, mostrando le
sue gambe. Una volta scoperte, la sua mano poté vagliare la
coscia di Beatrix senza ostacoli -e lei glielo lasciò fare.
Si sentiva in uno stato di nirvana, libera ed estasiata grazie al tocco
rilassante di Tavington.
Poteva anche essere un grande bastardo, ma rimaneva un ottimo
seduttore, quelli di peggior specie.
Prima ti ammaliano e poi
ti gettano via.. Diceva sempre sua mamma.
La mano impudente del Colonnello si muoveva sul corpo della ragazza,
senza mostrare paura o tentennamenti. Stava cercando il fulcro del suo
piacere e lo trovò facilmente.
Con una mano reggeva il busto di Beatrix, con l'altra accarezzava
dolcemente il sesso della fanciulla, provocando in lei gemiti e
sussurri senza contegno.
Lei sentiva di dover dire 'basta', ma il suo corpo la frenava, le
proibiva di muovere alcun arto contro le cure maliziose dell'Ufficiale.
Ancora un po' e poi gli
dico di fermarsi..
Questo era l'unico pensiero che era riuscita a formulare, anzi l'unica
frase di senso compiuto che non iniziasse con 'oh, ah, sì..'
Si ripeteva che lo avrebbe fermato, ma ancora niente.
"Ti piace, Beatrice?"
Anche se il Colonnello non parlava concitato come Beatrix, non sembrava
immune al fascino della ragazza. Sapeva -anzi sentiva- di averlo
eccitato, riusciva a percepire un rigonfiamento abbastanza turgido
posato sul suo fondoschiena.
Avrebbe voluto rispondere 'no', ma le labbra non si decidevano ad
emettere alcun suono.
Anzi si stava mordendo quelle stesse labbra, tanto il piacere che
Tavington le stava facendo provare. Infatti le sue dite si erano
inoltrate tra le pieghe del suo sesso caldo, spingeva sempre
più, anelando al frutto della sua passione.
Lo trovò bollente e pulsante per lui, eretto e pronto ad
accogliere il suo tocco delicato. Cosa che non accadde, Tavington
rigioì del fatto di trovarla bollente per lui,
toccò la
donna -nel suo punto più intimo- con voracità,
senza
lasciarle nemmeno il tempo di prendere il respiro. La toccava senza
sosta, cercando di farle raggiungere l'apice in fretta.
Lei ansimava e sussurrava parole senza senso, che facevano gonfiare il
petto del Colonnello.
Sapeva di essere bravo e lei sapeva di essere in una posizione
indecente.
In piedi, mezza vestita, abbarbicata al suo soldato maledetto,
sospirando frasi concitate.. chiunque l'avesse vista così,
avrebbe pensato di lei di una prostituta.
Sebbene nei meandri della sua mente intuiva che era sbagliato
comportarsi così, che al massimo avrebbero dovuto appartarsi
in
qualche alloggio, in quel momento, però, non rimpiangeva
l'attimo con lui.
Le piaceva a dismisura quello che le stava facendo il Colonnello, aveva
le labbra martoriate dal tanto mordere. Voleva girarsi e toccarlo e
mettere anche lui nella stessa situazione compromettente.
Ma qualsiasi movimento era bloccato dalle forti braccia di Tavington,
che la stringevano con grande forza e non le permettevano di fare
niente. Se non gioire delle sue attenzioni.
Lui la baciava, la mordeva, la stringeva e respirava affannosamente
sulla sua pelle marchiata da lui.
"Desideri ancora volermi morto?"
La stava conducendo poco poco al culmine, i suoi muscoli interni si
stavano contraendo preparandosi ad accogliere l'orgasmo imminente.
La stanza ruotava e la sua vista si appannò lievemente.
Sentiva
di avere le labbra secche e la sudorazione era aumentata.
Era vicina al suo apice.
E poi arrivò. Violentemente.
Fu quasi una liberazione, tutti i muscoli si rilassarono e
iniziò a sospirare pesantemente.
Senza che se ne rendesse conto, si stava strusciando in modo indecente
contro la protuberanza del Colonnello.
Lui non sembrava contento delle sue attenzioni, quasi non le volesse.
Come se il suo obiettivo fosse dare piacere solamente a lei..questo non è
Tavington.
"Che fate, non mi volete?" Miagolò lei.
Una donna fece sentire la sua presenza, i suoi tacchi rimbombavano
nella stanza e spaventarono Beatrix.
Non aveva bisogno di incontrare gli occhi della donna per sapere quale
sentimento la attraversasse. L'immagine che aveva di fronte la poteva
percepire anche Beatrix e questo la fece vergognare tantissimo. Le sue
gote diventarono rosse e cercò di sistemarsi in qualche
modo.
Anche questa volta, Tavington non glielo permise, sorrideva, contento
della scena che si era creata.
Come se già sapesse tutto, brutto..
"Marie. Siete in ritardo, il Generale mi aveva detto che ero
già atteso."
Il volto freddo e inespressivo della donna non si addolcì
con le
parole del Colonnello, anzi ne sembrò quasi infastidita.
"Infatti vi aspettavo, Colonnello. Certo non potevo pensare che avreste
avuto così tanta fretta di soddisfare i vostri bisogni con
la
vostra prostituta."
Nel giro di pochi secondi, Beatrix riacquisì un briciolo di
dignità, non poteva permettere a quella donna -che nemmeno
conosceva- di insultarla così.
"Zitta, mia cara. Parlo io, ricordati la promessa."
Le sussurrò lui all'orecchio.
Sicuramente aveva organizzato tutto nei minimi particolari, la vendetta
ideale per umiliarla.
"La mia accompagnatrice, per l'appunto, è solo mia,
perciò vedete di vestirla a dovere come le vostre pupille,
ricordandovi che è di mia proprietà."
Beatrix stava per rispondergli, quando uno sguardo ammonitore del
Colonnello la frenò.
La promessa..
Aveva quel sorriso maligno e perfido stampato in faccia. Soddisfatto.
(?) Eppure era lei quella soddisfatta.
"Farò come vorrete, Colonnello. Se volete seguirmi, vi
mostrerò le vostre stanze."
La ragazza iniziò a preoccuparsi, lontano da lui
chissà che fine avrebbe fatto in quel posto.
"Io e lei staremo nella stessa stanza.."
Beatrix rimase sollevata dall'intervento di Tavington.
"..eccetto stasera."
Ecco, aveva cantato vittoria troppo presto. Lei lo tirò per
la giubba, esortandolo a rivolgerle la parola subito.
Tavington le scostò una ciocca di capelli fuori posto e la
depose dietro l'orecchio.
"Mmh sembra che qualcuno qui voglia un replay."
"Certo, come no. Stasera siete stato troppo gentile, non starete
diventando troppo buono? Non avete neanche pensato a voi!"
La mano del Colonnello afferrò il mento della ragazza
avvicinando le loro bocche.
"Avrò il mio divertimento, contaci. Ma non con te."
Detto ciò, continuò a seguire Marie lungo il
corridoio.
Salirono un piano e poi giunsero dopo non molto davanti una porta che
segnava il numero tre.
"Ecco la vostra stanza, Colonnello."
"Molto bene, fate accomodare la ragazza e portatele abiti e cibo."
La signora fece un cenno di assenso con la testa e iniziò a
girare la chiave della porta.
"Quanto a me, voglio una donna. Subito."
Beatrix entrò nella stanza, la vista di Tavington la
schifava.
Lo odiava perché riusciva sempre a convincerla di qualcosa e
poi
il secondo dopo distruggeva tutte le sue convinzioni.
Mentre lei osservava la stanza, gli altri due sembravano parlottare
sulla sua 'compagnia per la notte.'
"Ci vedremo domani, Beatrice. Non vieni a darmi il bacio della
buonanotte?"
Lei camminò i passi necessari per avvicinarsi alla porta.
Non lo avrebbe baciato, di questo ne era sicura.
"Baciate la vostra amichetta, Colonnello."
E così gli chiuse la porta in faccia.
Lui non rispose, non si arrabbiò e non tentò
nemmeno di aprire la porta.
Lo sentì canticchiare e allontanarsi da lei.
"Vai pure dalla tua puttana."
N/A
Ciao a tutte!! ^^
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^
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Capitolo 11 *** Voglio il tuo Cuore ***
capitolo XI
Capitolo XI
Voglio il tuo Cuore
Erano passate diverse ore da quando Beatrix era rimasta sola nella
stanza. Si rigirava nel letto sperando di chiudere occhio, eppure il
pensiero di Tavington la ossessionava. Aveva dormito poco e sentiva che
l’alba era ormai vicina. Gli uccellini cantavano e le prime
luci
del giorno si allargavano tra le tenebre della notte. Sapeva
dov’era lui, si era premurato di non omettere la sua
destinazione.
Lei poteva cercare di cambiarlo, ma alla fine rimaneva sempre lui.
Il suo tradimento sul campo lo stava incominciando a pagare e lei
sapeva bene che le sorprese non erano finite. Intuiva che lui avrebbe
trovato un altro modo per farla soffrire.
E il dolore che stava provando in quel momento era grande, avrebbe
preferito la forca subito, al supplizio che l’attendeva.
Aveva
provato a rinnegare i suoi sentimenti per lui, ma invano. Poteva anche
dirlo a lui, per orgoglio, ma alla fine era sempre e solo il suo cuore
a pagarne le spese.
Saperlo con un’altra la feriva, anche se non capiva il
perché.
Era spregevole, malvagio, cercava in tutti i modi di recarle dolore
e soprattutto pensava solo ed esclusivamente a se stesso.
Come aveva fatto ad innamorarsi di un uomo così?
Aveva perso la testa per lui, nessun altro era mai riuscito a farle
fare certe cose. Nemmeno con Gabriel aveva provato un così
forte
trasporto.
Un rumore di stivali la avvisò che qualcuno stava arrivando.
Non aveva bisogno di chiedersi chi fosse, sapeva che era lui.
Lo sentì aprire la porta e chiuderla con delicatezza, quasi
non volesse svegliarla.
Come se a lui importasse
davvero quello..
Sicuramente si stava spogliando, perché percepiva il fruscio
dei
suoi vestiti. E poi, ad un certo punto, sollevò il lenzuolo.
Non aveva voglia di parlargli, era troppo amareggiata, stava pregando
affinché il suo corpo non reagisse per lui. E sperava
soprattutto che il Colonnello non avesse idee strane in testa.
Lui invece pensava proprio quello.
Aveva accostato il suo corpo al suo e premeva contro di lei, facendole
sentire il calore, ma allo stesso tempo infiammava anche la sua rabbia.
Era stato con un’altra, non voleva essere la ruota di scorta,
a
soddisfare i pruriti saltuari. Tavington accarezzò
leggermente
il suo braccio, che era rimasto scoperto, e lasciava qualche bacio
sulla sua pelle.
“Che c’è, vi siete già
stancato della vostra amichetta?”
Lo aveva fatto ridere, di sicuro si stava prendendo gioco di lei.
“Devo interpretarla come una forma di gelosia?”
“Interpretatela come volete.”
Gli rispose bruscamente, lasciandolo a bocca aperta. Credeva che lei
sarebbe stata dolce e disponibile, ma si sbagliava di grosso.
“Sì, sei gelosa.”
E così dicendo si girò e prese le distanze da lei.
Beatrix non poteva lasciare la questione così, non voleva
che
lui avesse –anche questa volta- l’ultima parola.
“Non sono gelosa, smettetela. Non sono la vostra fidanzata
né la vostra amante, fate quello che volete.”
Ora che si era girata verso di lui, poteva scrutare meglio il corpo del
Colonnello. Era sdraiato sulla schiena, un braccio piegato sotto la
testa e gli occhi chiusi.
È
rilassato..il porco ora è pieno.
“Per l’appunto. Perché ti urta sapere
che mi sono scopato una puttana?”
Già..perché era tanto dispiaciuta?
Bella domanda, se l’era posta diverse volte.
L’indifferenza
sarebbe stata la risposta più giusta, ma era così
difficile essere freddi come il marmo, quando nel cuore si era aperta
una voragine.
“Io non sono una puttana.”
Rispose atona, non aveva più voglia di discutere quella
mattina.
Avrebbe voluto che lui se ne andasse via presto, cosicché
potesse chiudersi in stanza per tutto il resto della giornata. Gli
diede le spalle e cercò di coprirsi il corpo, nascondendosi
da
lui.
“Pensi che ti stia usando?”
“Perché, non lo fate?”
Tavington si era di nuovo avvicinato a lei, stringendola forte questa
volta e obbligandola a girare il volto verso di lui.
“Mi sembrava ti piacesse farti usare da me.”
La fissava senza lasciare il contatto visivo e lei ricambiava lo
sguardo.
“Lo faccio perché non ho scelta, e lo sapete. Non
torniamo sui vecchi discorsi.”
Il Colonnello sfiorava il viso della ragazza, accarezzando il
suo collo.
“Lo fai solo per quello?”
E, senza attendere risposta, la baciò.
Era un bacio diverso dai soliti, era dolce e senza pretese. Ricordava
molto quel bacio.
E lui, ora, non era in fin di vita.
Non era da lui comportarsi così, voleva forse circuirla con
le
belle parole e le carezze da gentiluomo? Le piaceva baciarlo in quel
modo, le sembrava così spontaneo, non si sentiva costretta
da
lui. Tavington bagnava le sue labbra e appoggiava dolcemente le sue
mani sulla sua pancia. Beatrix sentiva il suo cuore scoppiare, era
confusa, non voleva staccarsi da lui. Le loro lingue si cercavano,
qualche volta lui si fermava e le stampava qualche bacio sulle labbra.
Lei non sapeva per quanto tempo sarebbe stato così docile,
preferì approfittare di quell’occasione
-più unica,
che rara.
“Fate l’amore con me. Fatemi credere in questo
sogno ancora un po’, prima che mi svegli.”
Quelle parole dovevano averlo sconvolto, perché i suoi occhi
si erano spalancati e la guardavano con stupore.
“Io non faccio l’amore con nessuna.”
E, per l’ennesima volta, prese le distanze da lei.
Il gioco era passato nelle mani di Beatrix, era lei che lo inseguiva.
Era riuscita a scalfire un po’ il suo cuore di pietra, non
avrebbe demorso quando era finalmente giunta ad un primo traguardo.
“Non dovete fare nulla di speciale, è stato
così bello poco fa.”
“Io non sono così, Beatrice. Io faccio sesso con
chi
voglio, quando voglio. I legami sentimentali non fanno per
me.”
Lei si commosse senza volerlo. Le sembrava un bambino spaurito, aveva
solo bisogno di affetto, peccato che fosse così testardo.
“Allora sarò io
a fare l’amore con voi. A me piace così.”
“Non puoi saperlo, sei venuta a letto solo con me.”
rimbeccò lui.
Beatrix stava gattonando sul letto, coprendo la distanza che la
separava da Tavington.
“Posso però dar voce alle mie fantasie, che si
sono moltiplicate da quando vi conosco.”
Il Colonnello non si era ancora spostato, forse aspettava di vedere la
sua mossa. Anche se non sembrava convinto di quello che lei diceva.
La curiosità lo induceva a continuare quel gioco con lei.
“Quali fantasie?”
Beatrix rise in modo peccaminoso, Tavington aveva un chiodo fisso.
“Se me lo permettete, ve le mostro.”
Le gambe della ragazza circondarono quelle del Colonnello,
imprigionandolo sotto di sé. Con una mano lo spinse
giù
contro il materasso, per farlo sdraiare.
“Non mi piace essere sottomesso, Beatrice. E non mi piace
stare sotto.”
“Uffi, quante pretese Colonnello! È proprio qui
che vi
sbagliate. L’amore non è sottomissione di una sola
parte,
entrambe alienano una parte di sè per
l’altro.”
E così dicendo lo baciò, come lui aveva fatto
prima.
“Non pretendo che mi diciate ‘ti
amo’.”
Continuò a baciarlo, appoggiando le sue piccole mani sul
volto ispido dell’uomo.
“Non ancora, Colonnello.”
Beatrix si meravigliò del comportamento di Tavington, non
era stato sgarbato né rude. Semplicemente sincero.
Lei temeva un suo sbalzo d’umore -da un momento
all’altro- e ne aveva il timore.
Stranamente lui aveva ancora la camicia addosso, non l’aveva
tolta e quel tessuto stava diventando insopportabile.
“Non cambierò, Beatrice. Mi piace la mia vita
così com’è.”
Non si sarebbe arresa, sebbene le sue parole fossero avverse, avrebbe
perdurato.
“Non potete saperlo, non avete mai avuto una donna che si sia
dedicata solo a voi.”
Tavington aveva stretto i suoi polsi e allontanato le sue labbra da
quelle di lei.
“Ma ne ho avute a centinaia a soddisfare i miei bisogni.
Perché accontentarmi di una, quando ne possa avere
molte?”
Lui era duro da scalfire, così il risultato sarebbe stato
più soddisfacente. Non voleva arrendersi, gli avrebbe
mostrato i
lati positivi dell’amore.
Almeno avrebbe provato.
“Perché io vi amo!”
Il Colonnello aveva alzato la schiena, trattenendo ancora la sua presa
ferrea sui polsi della ragazza.
“Tu non sai niente dell’amore.”
“Oh, certo! Non so niente, ogni cosa.. non so niente! So
quello
che provo quando sto con voi e..anche quando non ci siete.”
Aveva abbassato la testa, vergognandosi di essere sempre troppo debole
quando parlava con lui. Avrebbe mai superato quel problema?
“Io invece non provo niente per te, pensa un po’.
Cosa proveresti di così forte per me? Sentiamo..”
La voleva ferire e lo sapevano entrambi, questa volta però
non
si sarebbe lasciata ostacolare da lui. Si svincolò dalla sua
presa e -liberata una mano- afferrò una mano del Colonnello,
appoggiandola sul suo cuore.
“Ecco cosa
sento.”
Non era una ragazza di molte parole, preferiva parlare per fatti.
Sapeva anche lei che il suo cuore batteva molte veloce, poteva perfino
percepire il battito che rimbombava nelle sue orecchie.
“Questo non vuol dire niente, io non..provo la stessa
cosa.”
“Perché voi non sapete niente
dell’amore, rifuggite da esso.”
Le loro mani si erano intrecciate e Beatrix percepiva un barlume di
cedimento nel Colonnello.
“Non ci guadagnerei niente dall’amore, è
solo una perdita di tempo per persone stupide e senza
speranze.”
Anche se le sue parole non erano rassicuranti, il suo tono di voce lo
tradiva, il dubbio si era insinuato in lui.
“Sono stupida, ma vi amo.”
Senza aspettare la sua prossima mossa, Beatrix iniziò a
sbottonare la camicia di Tavington. In pochi secondi lo aveva privato
dell’indumento, lasciando il suo bellissimo petto scoperto.
Baciò quella parte del corpo su cui aveva tanto sognato. Lui
si
era ammansito, sospirava senza emettere suono e le lasciava prendere il
controllo.
Una volta sdraiato nuovamente sul materasso, trascinò lei
con
sé. Le attenzioni di Beatrix piacevano a Tavington, anche se
non
proferiva parola.
Le unghie della ragazza graffiavano di tanto in tanto il petto
dell’uomo, provocando in lui sospiri pesanti.
“Quindi, non ti sei mai innamorata?”
Beatrix si fermò di colpo, non alzò gli occhi
verso di
lui. Qualche secondo di pausa e poi ritornò a concertarsi su
di
lui.
“No.”
Aveva mentito e non sapeva nemmeno perché.
Il Colonnello, però, sembrava aver captato la sua bugia,
infatti
afferrò i suoi capelli in un pugno e la obbligò a
guardarlo.
“Qualcosa mi dice che tu stai mentendo.”
Sembrava un po’ infastidito, perciò alla fine gli
raccontò la verità.
“Una volta, tanto tempo fa. Ma ormai non
c’è più niente tra di noi.”
“C’entra per caso il prigioniero di
Pembroke?”
Beatrix era sorpresa dal ragionamento di Tavington, non poteva averlo
capito da solo.
Come si era tradita?
Non rispose, per non mettersi in un altro casino peggiore. Gabriel
più stava lontano da Tavington, più era meglio.
“Lo prendo per un sì. E dimmi, ti faceva provare
quello che ti faccio provare io?”
Lo voleva sapere solo per gonfiare ulteriormente il suo ego, lo odiava
quando faceva così. Discese dalle sue gambe e si rimise al
fianco del Colonnello.
“Ma come, ti arrendi di già? Devo credere che quel
perdente valga qualcosa per te?”
Il gioco era di nuovo tornato nelle mani di Tavington, come sempre.
In qualche secondo l’aveva imprigionata sotto di
sé.
“Preferisci quel tontolone a me?”
Si sentiva una sciocca perché non aveva ancora risposto.
Eppure voleva che lui cambiasse argomento presto.
“È diverso.”
“Come ‘diverso’?”
Lo aveva stuzzicato ed ora Tavington esigeva di essere soddisfatto.
Beatrix indossava semplicemente una sottoveste che aveva qualche
bottone, per la foga di toglierla, quasi gliela strappò. La
lasciò nuda, con il corpo dell’uomo che premeva
sempre di
più contro di lei.
“Non lo
so.”
Il Colonnello iniziò a sbottonarsi i suoi pantaloni e -una
volta sfilati- rimase anche lui nudo.
“Sì che lo sai, Beatrice. O lui o io.
Decidi.”
Erano entrambi senza vestiti, due corpi caldi e pronti a ricevere
attenzioni. Quella risposta che lui tanto voleva, Beatrix sembrava poco
incline a concedergliela. Così, per distrarlo, prese a
massaggiare il suo membro, credeva che bastasse a fermare Tavington.
“Beatrice..perché fai così? Vuoi il mio
amore e poi sbavi per un altro.”
Il corpo del Colonnello rispondeva automaticamente alle sue carezze,
facendo oscillare avanti e indietro il suo corpo. Quella sua pelle
così delicata era liscia come la seta e le piaceva
procurargli
quel piacere, perché sapeva di essere lei
l’artefice dei
gemiti e sussurri esagitati.
“Io voglio voi,
nessun altro. Ma..”
Mentre era impegnata nel massaggio, l’altra mano libera
vagliava
la solidità del corpo di Tavington, meravigliandosi di
trovare
pochi peli a ricoprirlo. Era muscoloso e tonico, senza un filo di
grasso, e lei lo trovava bellissimo. Il corpo trasudava forza bruta.
Tavington si era sciolto il codino militare e aveva i capelli in
disordine, il suo volto era una maschera di piacere, aveva la testa
leggermente rovesciata all’indietro e le labbra dolcemente
aperte, dalle quali uscivano paroline senza senso. Vederlo
così
-fuori controllo- lo rendeva semplicemente un uomo, lontano dal freddo
Colonnello inglese.
Ed era tutto per lei, per merito suo.
“Ma, cosa?”
Beatrix aveva tentato la via della seduzione, peccato che Tavington ci
sapesse fare, ed era il suo turno.
Bruscamente liberò il suo membro dalle sue attenzioni e
iniziò una lenta tortura per indurla a parlare. Voleva farla
impazzire e farle implorare di essere presa da lui, doveva esserci solo
lui per
lei.
Nessun altro.
Il glande toccava e accarezzava leggermente il sesso della fanciulla,
senza spingere forte. La sfiorava senza penetrarla, facendola soffrire
enormemente e facendole desiderare altro. Usava il sesso come tattica
di persuasione, e lei era vicina al cedimento.
Lo voleva terribilmente, da starci male. Si sentiva bagnata e calda,
pronta per accoglierlo dentro di sé. Al contrario, lui
sembrava
volesse continuare quella tortura fino alla sua ammissione.
“Colonnello..”
Intanto -mentre si dilettava a tormentarla sotto- iniziò a
toccare anche il seno. Beatrix aveva perso il controllo, gemeva senza
contegno.
Lo voleva disperatamente.
“Va bene, lo ammetto. Vi desidero molto di più di
lui.”
Non sembrava sorpreso dalle sue parole, anche se lo allettavano.
“Lo sapevo. È un piacere sentirselo dire..ogni volta. Sai, la
cagna che mi sono scopato questa notte ha detto lo stesso.”
Anche dopo la sua confessione, Tavington non aveva smesso di toccarla e
stimolarla.
“Che differenza c’è tra me e
lei?”
Lui rimase in silenzio per un po’ e poi rispose con
naturalezza, senza cattiveria.
Solo sincerità.
“Mi piaci. Credo.”
Non era un ‘ti
amo’, ma detto da lui era un grande passo avanti.
“Lo sapevo. È un piacere sentirselo dire..ogni volta.”
Sentiva che poco a poco le cose tra di loro stavano cambiando.
“Una cosa da modificare al più presto è
la tua
linguaccia, Beatrice. Oppure mi costringerai a trovare un altro uso per
quella bocca, qualcosa di più utile.”
Poteva intuire quello che lui intendesse e non si stupiva neanche che
lo avesse detto.
Era da lui.
“Forse Colonnello, quando anche voi utilizzerete la vostra
per qualcosa di più utile..ad entrambi.”
Tavington rise della sua allusione e forse per la prima volta qualcuno
lo aveva stupito veramente.
“Questa giornata promette bene. Stai diventando spudorata
come me, dolcezza.”
Il Colonnello le accarezzò le gambe, mentre la baciava con
una
fame nuova. Lei aveva imprigionato con le sue gambe il torso
dell’uomo, ricambiando il bacio con la stessa energia di
Tavington. La baciava, la mordeva, la graffiava, lasciando diversi
marchi sul suo corpo. Voleva renderla sua, non solo per sé,
anche perché lo sapessero gli altri.
E adesso sapeva chi era l’altro.
Sapeva che lei era già pronta per lui, così
-senza
tante cerimonie- la penetrò e spinse dentro di lei con forza.
Voleva che fosse solo sua e di nessun altro, il pensiero che il
prigioniero l’avesse avuta lo infastidiva. Non aveva mai
manifestato un sentimento simile prima d’ora, solo con lei
aveva
bisogno di tutte quelle certezze.
“Dimmi che mi desideri..”
Il suo bacio rude le graffiò il labbro e -noncurante-
continuò a baciarla. Solo con grande fatica, Beatrix
riusciva a
respirare.
“Vi desidero.”
Succhiava la pelle nivea del collo della ragazza, che ormai aveva su di
sé diversi segni lasciati da lui.
“Dimmi che mi ami..”
Aveva alzato la testa e la guardava negli occhi. Spingeva dentro di lei
senza sosta, ogni volta sempre più in fondo, riempiendola.
“Lo sai che ti amo, W-William.”
Non lo aveva mai chiamato per nome -almeno da cosciente. Non era
più lei a parlare, ma il suo corpo.
Sentiva di essere vicina all’orgasmo, lui continuava a
spingere, guardandola fisso negli occhi.
“Vieni per me, Beatrice.”
E -come se il suo corpo obbedisse a lui- venne.
Fu un orgasmo travolgente, sentiva il cuore battere a mille, la pelle
bagnata e calda. Le guance rosse per l’eccitazione e le
pupille
dilatate.
Lui non si era mosso, era rimasto a godersi lo spettacolo. I suoi occhi
non avevano mancato nessun movimento ed erano attenti al suo acme.
Tavington era uscito dal suo corpo e -tornato qualche barlume di
lucidità in lei- si accorse che lui era ancora duro, non era
venuto. Aveva fatto in modo che fosse prima lei a venire, senza
occuparsi di lui.
Ed è
già la seconda volta..non prometteva bene.
“Colonnello, voi.. non andrete da un’altra ora
vero?”
Era preoccupata, aveva paura che l’avesse presa in giro
un’altra volta.
“Vuoi?”
Sorrideva. Si beffava di lei -come sempre.
“No!”
“Bene. Perché io non ho nessuna intenzione di
muovermi da qua.”
Ritornò a baciarla, rallentando la frenesia, anche se lui
aveva
bisogno di liberarsi. Lei gli prese il membro in mano e
iniziò a
sfiorarlo, prima dolcemente e poi sempre più velocemente,
aumentando la forza.
Si baciavano e si sfioravano e tutto sembrava perfetto -troppo perfetto- e
lei aveva paura di svegliarsi da un momento all’altro.
Dopo qualche minuto lui venne, i loro sospiri vennero ingoiati da un
bacio all’altro.
Lei lo stringeva forte a sé, sperando che fosse
così
sempre. Continuarono a baciarsi e nessuno dei due sembrava volersi
fermare.
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Capitolo 12 *** L’apparenza a volte inganna ***
capitolo XII
Capitolo XII
– L’apparenza a volte inganna
***
Buone Feste a tutte :)
Un bacio..vi
lascio al capitolo ^^
***
William
poteva
dire di aver dormito ben poco, aveva trascorso la notte precedente
insieme a quella prostituta scelta da Marie. Lo aveva fatto non
perché ne aveva sentito l’esigenza,
bensì per
ferire lei. Non era la prima volta per lui, era abituato a quel tipo di
‘sfogo’ sessuale, eppure non era riuscito nello
scopo.
Aveva lei in mente per tutto il tempo, aveva provato ad allontanarla e
pensare solo ed esclusivamente al suo piacere, ma non ci era riuscito.
Ogni volta che permetteva al suo corpo di liberarsi, gli veniva in
mente il viso di Beatrix. Stava diventando la sua ossessione, ed ora
più che mai si stava rendendo conto del pasticcio in cui si
era
messo. L’amore per un soldato era pericoloso, allontanava
dagli
impegni militari e per lui quella vita era tutto.
Almeno fino a
quel momento.
Appena
entrato in stanza
non aveva resistito alla tentazione, la desiderava e la voleva.
Quell’altra era stata un palliativo inutile, non aveva
saziato la
sua fame e tutto il suo corpo lo pregava di liberarsi in lei.
Quella mattina era stata movimentata in tutti i sensi, le aveva aperto
il suo cuore ed ora temeva per quelle confessioni che a nessuna aveva
mai rivelato. Aveva il timore che lei prendesse troppo sul serio le sue
parole, poteva anche essere attratto da Beatrix -in qualche modo- ma
non era innamorato di lei.
Almeno
credo.
La giornata
sarebbe stata
pesante, avrebbe dovuto incontrare il Generale e pianificare la
prossima mossa. E poi avrebbe ottenuto da lei il nome del ribelle,
Beatrix doveva per forza conoscere coloro che avevano ideato il piano
per distruggere gli Inglesi.
E lei glielo
avrebbe detto, con le buone..o con le cattive.
“Svegliati
bella addormentata. Il sole è alto in cielo.”
La
strattonò delicatamente per indurla a svegliarsi.
“Mmm..Colonnello..che
volete? Che ore sono?”
Ancora mezza
addormentata, si rigirò nel letto, avvolgendo le lenzuola su
di sé.
“Mattina
inoltrata e io devo andare via.”
Tavington
posò una gamba sul pavimento –nel tentativo di
uscire dal letto- ma lei lo attirò a sé.
“È
presto, non andate. Rimanete ancora un po’ con me.”
In quel
momento era buffa:
aveva i capelli arruffati e gli occhi mezzi chiusi. Molti dicono che le
donne al mattino solo la visione più eterea e paradisiaca,
ma
quello che stava osservando Tavington sembrava alquanto diverso: aveva
l’aspetto di una donna che si era cimentata nella lotta
durante
la notte. Eppure anche in quello stato gli piaceva. Ne aveva avute di
belle ragazze e lei non si poteva di certo considerare
‘bella’, ma aveva quel qualcosa che lo attirava
come una
calamita. Intanto Beatrix era riuscita a tirare il Colonnello verso di
sé e lui non poteva che cogliere tra le sue braccia il caldo
corpo della donna. Si baciarono per qualche minuto e poi fu lui a
interrompere il bacio.
“Devo
andare, Cornwallis mi aspetta.”
E senza
lasciarle il tempo di riprenderlo, si alzò dal letto e
iniziò a vestirsi.
“Mentre
voi siete via, io cosa faccio?”
“Sai
cos’è questo luogo?”
Non poteva
portarla con
sé, eppure non voleva che girasse per la città da
sola
–libera di combinare i suoi soliti pasticci.
“Mmm..no.
Se
Cornwallis vi ha permesso di alloggiare qui deve aver pensato qualcosa
adatto a voi..un bordello azzarderei?”
Si era messa
a ridere senza contegno –come sempre- ed ora assomigliava
proprio ad una piccola ribelle.
“Vedo
che hai
un’alta opinione di me, Beatrice. Ti ho già
avvisato sul
fatto che modificherò il tuo atteggiamento?”
Il Colonnello
era ormai
vestito e pronto per raggiungere Cornwallis. Beatrix, intanto, si era
alzata anche lei dal letto e –incurante della sua
nudità-
ondeggiò verso di lui.
“Voi
tenterete di
modificarlo, ma tanto non ci riuscirete.”
Lo aveva
raggiunto e aveva
notato che gli occhi di Tavington erano diventati azzurro liquido,
succedeva sempre quando era eccitato.
“Siete
sicuro che non volete rimanere? So essere molto persuasiva, lo sapete
no?”
Alitò
quelle parole
a pochi centimetri dal viso dell’uomo e depositò
qualche
bacio lento sul suo viso. Con le sue piccole mani perlustrava il petto
dell’uomo, cercò di sbottonargli la giacca, ma
Tavington
la precedette ed allontanò le sue mani dal suo corpo.
“Non
ne dubito. Sarà per un’altra volta.”
Si
staccò da lei e
s’incamminò verso l’uscita. Come se un
pensiero si
fosse manifestato solo in quel momento, si girò verso di lei.
“Ah,
Beatrice, ancora una cosa. Quando sarai vestita, vai da Marie, ti
dirà lei cosa fare.”
E
così uscì dalla stanza.
Una volta
vestita, Beatrix
si preparò ad incontrare la Signora della locanda, quella
donna
non le era piaciuta fin dall’inizio e temeva che
l’impressione iniziale non sarebbe cambiata. Scese le scale
cercando di fare il più silenzioso possibile, e alla fine
giunse
nella sala principale. Quel salone era ancora più bello di
giorno, tutte quelle luci -che aveva notato la sera precedente- non
erano niente in confronto a quello che stava vedendo in quel momento.
Era un luogo piacevole da guardare, lontano
dall’austerità
della donna che li aveva accolti. Accarezzò la superficie di
quei tavoli, muovendo qualche passo fino a porsi davanti a quel
misterioso palco, che aveva attirato la sua attenzione la sera prima.
Continuava a non comprendere il motivo della sua esistenza.
“Non
sei Inglese, vero?”
Quella donna
le avrebbe
fatto venire un colpo al cuore un giorno, continuava a sorprenderla.
Non si era accorta della sua presenza, Beatrix si girò per
osservare alla luce del sole il volto della donna.
“Da
cosa lo avete intuito?”
Quella donna,
Marie, si avvicinò a lei, con passi felini, delicati e degni
di una nobildonna.
“La
troppa
curiosità è per gli Inglesi impudenza, sai? I
tuoi occhi,
poi, mi confermano la mia idea, troppo arroganti per essere una
Inglese.”
L’aveva
insultata la notte precedente e continuava a farlo, aveva forse
qualcosa contro di lei?
“Nemmeno
voi avete uno sguardo riverente, signora.”
La donna
porse la mano a Beatrix, addolcendo il suo sguardo.
“Marie,
ti prego. Mi sembra di capire che sei anche tu Americana, come me.”
La scoperta
stupì
leggermente la ragazza, chissà per quale motivo aveva
pensato di
lei di una donna Inglese. Strinse la mano di Marie, sentendosi un
po’ più a suo agio.
“Non
lo avrei mai detto, avete tenuto testa a Tavington, non è
facile a primo acchito.”
“So
gestire gli
uomini come il Colonnello Tavington, li vedo tutti i giorni. Credono di
poter dominare il mondo perché hanno quelle tre o quattro
stelle
sul petto. La verità sai qual è? Vengono tutti
qua la
sera a sbavare dietro ad una delle mie fanciulle.”
Dopotutto non
era una cattiva persona, aveva sbagliato a giudicarla subito.
“In
ogni caso siete stata meravigliosa, invidio la vostra risolutezza,
M’am.”
“Vieni
con me che ti
mostro il mio paradiso. Come mai tutta questa formalità? Tra
compaesane possiamo darci del ‘tu’. Come ti
chiami?”
Marie si
incamminò, invitando tacitamente Bea a fare lo stesso.
“Beatrix.
È vos..tuo questo posto, Marie?”
“Tutto
mio, nessun uomo mi legherà mai a sé.”
Lo disse
sorridendo e facendo così sorridere anche la ragazza.
“Non
è una locanda come le altre vero?”
Marie le
stava mostrando
intanto le camere che si trovavano al piano terreno, erano piccole, ma
allegre. Tutto il locale aveva tinte chiare, era bello da vedere.
“In
parte. Diamo vitto e alloggio, in più abbiamo anche un modo
diverso per intrattenere gli ospiti.”
Erano uscite
dagli alloggi
e la donna la stava conducendo alle cucine. Beatrix temeva di trovarsi
davvero in un bordello, altro che modo
diverso..
“Immagino
che sia lo stesso modo usato per far ‘divertire’ il
Colonnello.”
La cucina era
linda, si vedeva il tocco femminile, dubitava che vi fosse la presenza
maschile in quell’oasi.
Appena
uscite, Marie la inchiodò con lo sguardo e si
affrettò a precisare.
“Quella
è
stata un’eccezione, Tavington non mi ha dato altra scelta.
Questo
non è un bordello e se hai voglia, ti posso spiegare
cos’è.”
Ritornarono
nel salone principale e –dopo che Marie si sedette su uno
sgabello- anche la ragazza fece lo stesso.
“Il
Lady Kitten
l’ho ereditato dai miei genitori, che a loro volta lo hanno
ricevuto dai loro. Le donne della mia famiglia sono sempre state forti
e autoritarie e volevano che il loro messaggio venisse trasmesso anche
fuori. È nata così la locanda, le donne unite per
schiacciare gli uomini, utopico vero? Un mondo in cui le donne possono
uguagliare gli uomini, impossibile dirai. Bè..noi ci
crediamo.”
Beatrix
pensò
subito alla Banda dei Ribelli, per via delle loro idee così
innovative, ma allo stesso modo poco applicabili. Ed ora che Savannah
era controllata dagli Inglesi rischiavano molto.
“È
impossibile. Non hai paura della forca, ne vale veramente la
pena?”
“Quello
che vogliamo
non è tanto, se ci pensi bene è solo la
libertà.
Se i coloni pensano di vincere questa guerra contro il gigante Inglese,
perché allora è impossibile
l’emancipazione
femminile?”
Marie
guardava fisso negli occhi Beatrix, come se volesse trasmetterle la sua
forza e il suo coraggio. Ma lei non voleva, non poteva credere a
quello che stava dicendo.
“Anche
se
conquistassimo quel ‘pezzetto di carta’, credi che
ci
considereranno un giorno di più di semplici
‘fattrici’?”
Marie si era
alzata, ed ora si ergeva in posizione superiore rispetto alla ragazza,
dal suo volto traspariva dispiacere.
“Credevo
di aver visto una fiamma bruciare nei tuoi occhi neri, evidentemente mi
sbagliavo.”
E prese a
camminare, allontanandosi da lei.
“La
verità forse è che ti piace essere la sua alcova
ambulante.”
Quella fiamma
che Marie aveva visto, si riaccese in Beatrix, lei era forte e non
voleva essere il giocattolino di Tavington.
“Vi
sbagliate.”
Marie si era
girata, aspettando che continuasse.
“Vorrei
liberarmi di
lui, e se potessi lo farei. Ma è come se..è
difficile da
spiegare. Qualcosa mi spinge sempre verso di lui, a volerlo. E mi sento
così stupida dopo.”
La donna si
era nuovamente avvicinata alla ragazza e quando le fu molto vicino, le
prese il mento con due dita.
“Non
ti piacerebbe
averlo sotto il tuo potere? Vorresti vedere quella sua maschera di
orgoglio sciogliersi e pendere dalle tue labbra?”
Gli occhi di
Beatrix
luccicavano, quell’idea la attraeva, ma sentiva in cuor suo
che
con Tavington era una missione impossibile.
“Sarebbe
bellissimo, voi parlate così però
perché non conoscete Tavington..”
Le mani forti
della donna avevano arpionato le braccia di Beatrix, la scuoteva,
cercando di farla ragionare.
“Lo
credi
così diverso dagli altri? Vuole il sesso, lo brama come
l’orso con il miele e tu , mia cara bambina, sei per lui il
miele
più buono. Ma non è il tuo corpo che vuole,
Beatrix.”
“Cosa
vuole?”
Marie
portò alcune ciocche fuori posto, dietro le orecchie della
ragazza.
“È
la tua
sottomissione. Sapere che tu ti struggi per lui, che faresti qualsiasi
cosa per le sue attenzioni. Gli uomini –Tavington compreso-
ambiscono a sentirsi Dei per noi donne, vogliono essere ammirati.
Finché le donne lo permettono, non cambieranno mai le
cose.”
Dopo il suo
discorso, che
aveva molto colpito Beatrix, si staccò da lei di qualche
passo.
Aveva idee folli, eppure piaceva alla ragazza, la quale sentiva di
essere stata stregata dal suo discorso. Avrebbe voluto essere come lei,
essere padrona del mondo, perché Marie era convinta di
quello
che diceva.
“Insegnami,
allora. Rendimi come te, Marie, ti prego.”
La donna la
osservava,
come se potesse leggere dentro di lei. Senza dire niente, ad un certo
punto, batté le mani, come per richiamare
l’attenzione di
qualcuno..o forse di qualcuna.
“Ladies..venite
qua. Abbiamo una nuova amica.”
Sei o sette
ragazze
giunsero nella sala, come per magia. Erano vestite in modo succinto, a
prima vista le avrebbe giudicate delle meretrici, parlando con Marie,
aveva capito che non poteva dare nulla per scontato. Erano belle,
fiere, lo sguardo deciso e provocatorio. Vestivano con abiti simili,
dai colori forti, che lasciavano la pelle molto scoperta.
Sembravano
essere a loro agio.
“Queste
sono le mie
ragazze, non sono prostitute, non ti preoccupare. Condividiamo gli
stessi ideali e la stessa passione.”
Si trovavano
dietro la
matrona e guardavano Beatrix come se fosse un’estranea nel
loro
mondo elitario. Beatrix ignorò i loro sguardi accusatori e
fissò intensamente Marie.
“Cosa
devo fare per essere come..voi? Puoi insegnarmi?”
“Certo
che posso, tesoro. Ti potrei dare degli spunti per mettere le redini al
nostro Colonnello Inglese.”
Rise, e a
ruota seguirono
le sue pupille, una in particolare la guardava diversamente. Beatrix
aveva notato che era trasalita quando aveva sentito il nome di
Tavington.
È
lei quella che si è portato a letto..
La gelosia la
infiammò, era la più bella e quella dallo sguardo
più altero, doveva aver dato filo da torcere a William.
All’improvviso volle sapere tutti i dettagli del loro
incontro,
anche se saperlo l’avrebbe ferita. Era decisa a farsi
insegnare
da Marie, non voleva trovarsi più in quella situazione,
voleva
che William fosse solo suo e di nessun’altra.
Era decisa
più che mai.
“Va
bene, le redini del Colonnello le voglio tirare io..”
Fece alcuni
passi in direzione della ragazza che sentiva di odiare terribilmente.
“Solo
io. Dimmi
tutto quello che devo fare.”
“Devi
sentirti prima di tutto padrona del tuo corpo, prima di quello altrui.
Sei pronta per rischiare?”
Beatrix aveva
lasciato con lo sguardo la ragazza ed ora guardava Marie, con sicurezza.
“Mai
stata più sicura.”
La donna
iniziò a girare in tondo attorno alla fanciulla, cercando di
mettere alla prova la sua tempra.
“Sai,
Beatrix, molte
sono quelle che mi chiedono di entrare a far parte del gruppo. Come
faccio a sapere che sei quella giusta?”
“Mettimi
alla prova. Sono determinata, Marie.”
Il giro
terminò davanti a Beatrix, la donna la scrutò
attentamente e poi disse:
“Molto
bene, incominceremo subito. Vai con loro, ti vestiranno e ti
prepareranno per la prova.”
Quella forza
-che aveva
accompagnato la fanciulla finora- la spinse a muovere i primi passi
verso quelle ragazze, che non sembravano essere socievoli.
Evidentemente non volevano un’estranea tra di loro.
Eppure
Beatrix le seguì, mentre nella sua mente si formavano tante
domande, che lasciò in sospeso per il momento.
La condussero
in uno stanzino che si trovava oltre il palco, angusto, ma allo stesso
tempo bello da vedere.
Il tocco di
Marie si sentiva ovunque.
C’erano
tanti
sgabelli attaccati a diversi banconi e poi poteva ammirare un grosso
specchio, che rendeva ancora più magico il posto. La fecero
sedere e poi iniziarono a recuperare il materiale che serviva, nessuna
le aveva ancora rivolto la parola. Tre ragazze avevano portato una
tinozza, nella quale avevano versato acqua –probabilmente
calda,
almeno lo sperava. La aiutarono ad entrarvi, dopo averla spogliata la
immersero nell’acqua calda della vasca. La insaponarono e la
pulirono, finché fu linda e pulita. Utilizzarono diverse
salviette per tamponare la sua pelle, fino a quando non fu
completamente asciutta. Alcune le spalmarono una crema, che aveva un
odore buonissimo, era la prima volta per lei, nessuno si era mai preso
cura di lei così.
“Ti
piace il viola o il nero?”
Finalmente
qualcuna le
rivolse la parola, senza che vi fu alcuna emozione nella voce, sentiva
che le aveva parlato solo perché costretta. Beatrix decise
di
rispondere comunque.
“Nero.”
Quella
domanda ebbe una
ragion d’essere quando arrivò una fanciulla con in
mano un
bellissimo vestito. Era stupendo, anche se era molto corto, non ne
aveva mai indossati di simili prima.
La aiutarono
nell’indossarlo e, una volta addosso, la condussero davanti
allo specchio grande.
Si sentiva
un’altra
persona, bella e sensuale. Senza rendersene conto nella sua mente si
creò l’immagine di Tavington, tutto ad un tratto
avrebbe
voluto compiacerlo e sedurlo, come aveva detto Marie.
Lui
sottomesso al suo
potere..forse una chimera che non si sarebbe mai realizzata, o forse
con un piccolo aiuto, la realtà.
“Pensi
che riuscirai davvero a tenerlo stretto a te?”
Quella
ragazza
–fastidiosa- che aveva odiato fin dal primo momento, stava in
quel momento stringendo i lacci del corpetto –forse con
troppo
impeto-. Le aveva sussurrato nell’orecchio quella frase, che
sapeva tanto di cattiveria.
Ebbe
così la conferma che l’odio era reciproco.
“Perché
no? Lo faccio da quando lo conosco.”
Voleva essere
volitiva come lei, non le avrebbe lasciato l’ultima parola.
Quella
ragazza tirò il laccio, e le fece mancare il respiro.
Stringeva
troppo.
“A
quanto mi risulta, ieri notte eravamo soli.”
Beatrix la
fissò attraverso lo specchio e puntò gli occhi su
di lei.
“Poi
è venuto da me.
Non devi averlo fatto divertire tanto se poi è corso subito
da me.. a farsi soddisfare.”
Sorrise al
suo riflesso. Intanto la fanciulla –appena finito il lavoro-
si allontanò di qualche passo da lei.
“Magari
voleva fare
il paragone. Sei solo una ragazzina, una stupida slavata contadina,
questo niente lo cambierà mai.”
Arpionò
le sue braccia e le sussurrò all’orecchio:
“Nemmeno
un bel vestito, tesoro.”
E poi se ne
andò, senza lasciare a Beatrix il tempo di controbattere.
Avrebbe
dimostrato a tutti
che poteva essere chi voleva, si sarebbe impegnata e avrebbe chiesto
aiuto a Marie, che sembrava l’unica amica di cui fidarsi.
Quasi
d’incanto la matrona arrivò e i suoi tacchi
risuonarono nella stanza.
“Lasciala
perdere,
è gelosa delle mie attenzioni per te. Non devi ascoltare
quello
che dice. Sei pronta a mostrare agli uomini di cosa sei
fatta?”
Beatrix si
girò per
incontrare il suo sguardo, sentiva di provare sempre più
sentimento per quella donna così gentile.
“Sì.”
“Molto
bene, iniziamo.”
Si muoveva
nello stanzino portandosi dietro un bastone, la rendeva così
austera.
“Regola
numero uno. Mai fingere.”
Col bastone
diede un colpo al legno del pavimento.
“Se
vuoi avere successo con quei barbari
non devi calarti in un ruolo che non ti appartiene, perché
anche
se fingi una sera, prima o poi salterà fuori il tuo vero
‘io’ e così incasinerai solo le cose.
Immaginati una
donna che riempie il corpetto di lana, per rendere il seno
più
florido e prospero di quello che è..”
Camminava
nella stanza
come se stesse raccontando un episodio buffo, ma il suo modo di
discorrere incantava Bea, che non riusciva a non sentirla.
“Tutti
la ammirano,
gli uomini cadono ai suoi piedi, poi arriva un bell’uomo e la
porta nel suo letto. Cosa credi che succederà?”
“Mmm..faranno
sesso?”
La
redarguì con lo sguardo, non era quella la risposta che
voleva.
“Prima
di quello, Beatrix..pensa alla dicotomia
finzione/realtà.”
La lampadina
si accese e fece ridere Beatrix, la quale si era immaginata la scena
nella sua mente.
“Ah..vedrà
che ha le tette piccole, che si era aggiunta la lana.”
“Bravissima.
Pensa
che imbarazzo, cosa ha risolto? Niente, lui scapperà a gambe
levate. Ecco perché devi essere sempre te stessa. Lo farai
innamorare di qualcosa che perdurerà e non
sparirà come
le foglie in autunno.”
Beatrix era
eccitata per le informazioni che stava recependo, voleva sapere tutto,
era molto curiosa.
“Va
bene, ho capito!
Deve innamorarsi di me e non di quella che lui desidererebbe
avere come ragazza. E poi, altre regole?”
Marie
sorrideva nel vedere la reazione entusiasta della fanciulla.
“Te
le rivelerò con il tempo. Ogni giorno, una regola. Sfrutta
al massimo questa.”
“Lo
farò, grazie Marie.”
E si
precipitò ad abbracciarla, stupendo la donna.
“Fra
una settimana
ci sarà una festa meravigliosa qui a Savannah. Voglio che tu
affianchi le mie fanciulle, ti dovrò allenare personalmente,
ma
confido in te. So che puoi riuscirci.”
A
fare cosa?
Beatrix la
guardò stranita, non sapeva a cosa alludesse Marie.
“Ah
già.. non
ti ho detto cosa facciamo qui per ‘intrattenere’
gli
ospiti, che stupida! Vieni che te lo mostro..”
La prese per
mano e la portò fuori dallo stanzino.
Una volta
trovatasi nella sala principale, capì il perché
del palco.
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Capitolo 13 *** Shall we dance? ***
capitolo XIII
CAPITOLO
XIII – Shall we dance?
Toc toc
“Avanti.”
La porta della stanza di Beatrix si aprì, ed
entrò la sua
amica Wellsie. La sola presenza della ragazza la rallegrava.
“Ciao tesoro, come va?”
Beatrix aveva ancora indosso il vestito di Marie, le piaceva molto
anche se aveva paura di essere un’altra. La sua lezione era
stata
molto interessante e la ragazza anelava il prossimo incontro. Eppure
quel vestito non lo sentiva suo, non era il suo modo di essere.
“Benissimo!”
Wellsie era sempre il solito tornado, beata lei che rideva alla vita
sempre e comunque e beata lei che aveva la fortuna di avere un uomo
come Bordon, certamente molto diverso da Tavington.
“Come mai quel viso affranto, Bea? Mio fratello ti ha fatto
qualcosa?”
Ecco, c’era ancora quella questione da risolvere.
“In un modo o nell’altro c’entra sempre
lui, ma dimmi
un po’..il Colonnello è tuo fratello?
Perché non me
lo hai detto prima?”
Ora aveva il viso triste, forse non avrebbe dovuto attaccare lei. La
ragazza si sedette sul bordo del letto con Bea e iniziò a
raccontare la sua storia.
“Hai ragione, avrei dovuto, ma..”
Il pianto la colse a metà frase e rese Beatrix ancora
più
colpevole, non avrebbe dovuto chiederlo a lei, sentiva che la colpa era
di lui.
“Bea..te lo giuro..avrei voluto, tu sei diversa dalle altre,
lo
avevo capito fin dall’inizio. Ma mio fratello mi ha imposto
di
non dirlo a nessuno, dice che se vengono a sapere del mio legame con
lui, potrebbero prendersela con me.”
Il ragionamento, in effetti, non era sbagliato. Non era giusto che lei
pagasse i crimini atroci del fratello, forse era stata una fortuna che
non glielo avesse detto prima, dopotutto Gabriel era un nemico,
quell’informazione sarebbe stata preziosa per i Ribelli, un
buon
modo per far inginocchiare Tavington.
“Hai fatto bene, Wells. Mi duole dirlo, ma il Colonnello non
sbaglia, non devi dirlo a nessuno. Io ora lo so e sarà il
nostro
segreto, va bene?”
Era riuscita a farle ritornare –almeno parzialmente- il
sorriso.
“Va bene. Nessuno. Dato che sai, ti racconto la mia
storia.”
Beatrix si sistemò meglio sul letto, permettendo anche
all’amica di sdraiarsi con lei. erano entrambe a pancia in su
che
guardavano il soffitto.
“Sono nata a Liverpool nell’anno del Signore 1759.
William
era più grande di me, aveva già dieci anni e
–come
tutti i fratelli maggiori- non era contento che fossi arrivata io. Mia
madre, Lady Esther Tavington, era molto attaccata a lui, voleva bene a
tutti e due, però ho sempre creduto che avesse un debole per
Will. Mio padre, Lord Jack Tavington, era un uomo brutale e malvagio.
Non ho un bel ricordo di lui, mia madre lo temeva; ero piccola eppure
capivo bene quello che mi circondava. Lei si chiudeva tutte le sere in
stanza e ci diceva di fare lo stesso, io non riuscivo a capirne il
motivo. Una notte..”
Piangeva e singhiozzava, ricordare il passato era per lei molto
doloroso. Beatrix la strinse a sé, cercando di infonderle
quella
forza, che lei le trasmetteva sempre quando ne aveva bisogno.
“Wellsie, va tutto bene. Fermati, non
c’è bisogno di star male.”
“No. Voglio dirti tutta
la verità. Lui era un ubriacone, amava giocare a carte
insieme
ai suoi amici –che erano come lui. Li portava a casa e, tutte
le
sere, giocavano tutti i loro soldi fino a tarda notte. Una volta
–tornata dalla biblioteca- andai nella mia stanza, non
ricordo
bene quanti anni avessi...forse otto. Quella notte maledetta dimenticai
di chiudere a chiave la porta. Stavo dormendo da un po’
quando
sentii un leggero scalpiccio, qualcuno era entrato nella stanza e non
me ne resi conto fino a che qualcuno non mi scostò le
lenzuola.
Avrei voluto urlare, ma mi tapparono la bocca. Erano due o tre ed erano
ubriachi, puzzavano di alcool e accarezzavano la mia pelle, mi stavano
alzando la veste, il mio cuore batteva forte. Avevo paura, ho provato a
scalciare, ad agitarmi; ma niente. Sentivo che era la fine, ero solo
una bimba non potevo sapere quello
che volevano davvero, vidi che si stavano spogliando, ma le loro
intenzioni erano oscure per me, sentivo però che volevano
farmi
male. E sai qual è la cosa peggiore di tutte?”
Prese un respiro profondo, le lacrime scendevano copiosamente. Il mio
animo era turbato, avevo pietà per lei, non era giusto che
una
bambina avesse dovuto soffrire tutte quelle pene.
“Mio padre era lì. Nell’angolo mi
guardava mentre
quei maiali mi mettevano le mani addosso, beveva la sua bottiglia di
liquore e non faceva niente per fermarli, anzi fomentava la loro
voglia. Quando persi le speranze che venisse qualcuno ad aiutarmi,
arrivò lui. William all’epoca aveva diciotto anni,
da poco
era entrato nell’Esercito, era contentissimo, si allenava
notte e
giorno per essere forte e robusto. Fu lui quel giorno a salvarmi, aveva
notato che -differentemente dal solito- mio padre mancava nel
salotto, così aprì la porta della mia stanza. I
suoi
occhi erano furiosi, sapevo che li avrebbe affrontati per salvarmi.
Tirò qualche pugno e calcio, ti assicuro che bastarono per
tramortirli, perché erano ubriachi e si rendevano poco conto
di
quello che succedeva. Una volta stesi a terra, vide mio padre. Divenne
una bestia, mi ordinò di lasciare la stanza. Non ti posso
dire
cosa successe realmente quella sera, io corsi via nella stanza di mia
madre, avevo ancora paura, lei mi abbracciava e piangeva con me. Dopo
un po’ arrivò William, mi prese in braccio e disse
a mia
madre che papà era morto. Mentirei se ti dicessi che mi
dispiacque, ero contenta di stare con lui, avrei voluto stare con Will
per sempre. Perché sapevo che lui ci sarebbe stato sempre
per
me, sarebbe venuto a salvarmi. Will e mamma non parlarono, si
scambiarono un’occhiata loquace, lei venne a darmi un bacio e
io
me ne andai via con lui. Quella fu l’ultima volta che vidi
mia
madre e mio padre. Seppi, anni dopo, che lei aveva seguito lui,
uccidendosi. È stato William a crescermi, mi ha portato
sempre
con sé, in qualsiasi posto e non mi successe più
niente
di brutto. C’era lui con me. Il mio eroe.”
Quella confessione aveva scosso anche Beatrix. Eppure ricordava
un’altra versione della storia, quella di Tavington era
diversa.
A chi aveva mentito: a lei o a sua sorella? In ogni caso, sapeva che
non doveva coinvolgere la ragazza in questo discorso, dopotutto
Tavington lo aveva confessato solo a lei, avrebbe chiesto a
lui
spiegazioni.
“Wellsie sento tristezza per te, la tua storia è
terribile
e agghiacciante. Sembra strano dirlo, eppure il Colonnello è
proprio la tua luce, la tua salvezza. Non l’avevo mai
considerato
così prima, forse ha sofferto anche lui..Non ti manca tua
madre?”
Wellsie si era alzata, vagava nella stanza come un’anima in
pena.
“Moltissimo. Lei è il mio unico rimpianto, eppure
si
è tolta la vita. Senza di noi, vivere con mio padre doveva
essere terribile. Tirava avanti per me e Will, quando ce ne andammo,
rimaneva solo mio padre.”
“Forse era innamorata di lui, nonostante il suo
atteggiamento..”
Anche Beatrix si era alzata, fermò Wellsie e la
abbracciò
forte. Sentiva di volerle molto bene, era un’amica vera.
“Forse. Che ne dici di parlare di qualcosa di allegro, il
passato
è passato. Non voglio pensare a cose brutte, dimmi di te e
lui..come va?”
Uscirono dalla stanza e presero a camminare lungo il corridoio.
“Mi ha detto ‘mi piaci. Credo’ che cosa
vuole dire secondo te?” squittì.
“Che è innamorato, ma –come sempre- il
suo orgoglio
prevale e non gli fa ammettere la verità. Lo conosco da un
bel
po’ e ti posso assicurare che a nessuna aveva mai detto
quello.
Dagli tempo.”
Era bello avere un’amica come Wellsie, con lei poteva parlare
liberamente e sapeva che l’avrebbe sempre aiutata nel suo
piccolo.
“Sai, ho conosciuto la padrona di questa meravigliosa
locanda. Si
chiama Marie, ed è molto simpatica, mi sta aiutando a
conquistare il cuore del Colonnello. La devi conoscere
assolutamente.”
E così dicendo, la trascinò giù dalle
scale. La
accompagnò fino al salone principale, ma sembrava
esserci
nessuno. Non si sentivano le ragazze parlare, erano sole.
“Uffi Wells, non c’è. Te la
presenterò un
altro giorno, allora. Guarda quel palco..secondo te a cosa
serve?”
L’amica temporeggiò, pensando alla risposta che le
sembrava più giusta. Si avvicinò al palco e, dopo
averlo
esaminato bene, espresse il suo pensiero.
“Non saprei..per ballare?”
La sua risposta lasciò Beatrix allibita, si sentiva una
stupida
a non esserci arrivata in fretta come lei. In effetti un palco non ha
molte utilità e lei aveva azzeccato.
“Sìì. Indovina chi ballerà
con loro alla prossima festa del villaggio?”
Wellsie girò la testa in direzione dell’amica, era
meravigliata e sconcertata, come se non volesse credere a quello che le
stava raccontando.
“Nooo. Tu?!?!”
“Già!!”
Wells corse verso Bea e le prese le mani tra le sue, saltellando come
una bambina.
“Che bello, non ci credo! Aspetta un po’..sai
ballare?”
La domanda metteva in difficoltà la ragazza, Beatrix sperava
che
gli insegnamenti di Marie dessero buoni frutti, anche in quel settore.
Non voleva deluderla, sapeva che riponeva grandi speranze in lei.
“Non proprio, però mi insegneranno.
Avrò bisogno di
tempo per ingranare, Marie dice che mi servirà anche per
sciogliermi un po’. Dici che è una cattiva
idea?”
“No, assolutamente! Fallo. Credi che accetteranno anche
me?”
La padrona della locanda non avrebbe avuto niente contro, dopotutto
Wells era forte e intraprendente come volevano loro e aveva bisogno
anche lei del suo piccolo momento di rivincita.
“Sei la benvenuta.”
Marie entrò nella stanza, stupendo –come sempre-
Beatrix.
Doveva abituarsi alle sue comparse dal nulla. I suoi tacchi
echeggiavano nel grande salone, mentre lei si spingeva sempre
più vicina a loro, accompagnata dalle sue ragazze.
“Che ne dite di provare qualche passo ora?”
Wellsie e Beatrix si guardarono negli occhi e dissero in coro:
“Sì.”
“Molto bene, incominciamo dalle basi. Come lo ricorda il mio
nome, non sono americana al cento per cento. Ho dei discendenti
francesi e la danza che tutti i nobili ballano, fanciulle,
l’hanno inventato proprio i francesi. Quello che faremo oggi
è distruggere quel meraviglioso, monumentale minuetto di cui
i
nobili sono tanto fieri. È un ballo difficile, mie care, ma
anche terribilmente noioso.”
Si era avvicinata ad una ragazza, quella che Beatrix odiava, quella serpe di cui non
conosceva nemmeno il nome, vista l’importanza.
La prese per mano e si incamminarono lungo la pista, si muovevano in
cerchio tenendo le braccia tese, cosicché vi fosse molta
distanza tra di loro. Quella danza era fatta di tanti passetti piccoli,
sembravano danzare sull’acqua, quasi non poggiavano i piedi
per
terra.
http://www.youtube.com/watch?v=KqyLOCpPEOM
(minuetto ballato)
“Vedete, mie belle? Non c’è un vero
contatto fisico
con il partner, è una danza fine a se stessa, per ostentare
la
ricchezza di quei balordi. Si chiama minuetto, pas menu,
perché fatto di tanti piccoli passi.
Ditemi la verità, vi piace?”
Anche Beatrix aveva avuto la stessa impressione, lei non era una
ballerina, eppure aveva sempre visto nella danza qualcosa di intimo. E
quel minuetto non aveva proprio niente di intimo.
“A dire il vero, no. Quindi la tua intenzione è
quella di smontare questa coreografia, Marie?”
Gli occhi della matrona si illuminarono.
“Esattamente, tesoro. Ho reinventato questa danza, mettendoci
un
pizzico di femminismo che c’è in me. La danza
è
passione pura, se si balla con l’uomo che si desidera diventa
più intenso dell’amplesso stesso. Se siete brave
abbastanza, riuscirete a dettare le regole in pista, sarete voi a
condurre il gioco e metterete in ginocchio il poveretto.”
Amava sentirla parlare, sembrava che cantasse solo poesia. Aveva
l’abilità di partire da cose semplici, dalle quali
desumere un significato più profondo. Quella sfida avrebbe
reso
Bea più forte e forse sarebbe riuscita nello scopo di
vincere
finalmente Tavington.
“Facciamo le coppie. Tu..”
Marie guardò Wells in cerca di supporto.
“Wellsie.”
“Bene. Tu, Wellsie, danzerai con Esmeralda; invece Beatrix
con me.”
Ecco, la serpe
aveva un nome..Esmeralda...
Quel nome le si addiceva in pieno, sapeva di malvagio, degno di una
antica meretrice.
Le prove incominciarono.
Prima di tutto, al contrario di prima, le distanze tra i due ballerini
vennero ridimensionate. I corpi combaciavano, erano molto vicini che si
poteva sentire il fiato dell’altro sul corpo. La mano destra
di
Bea era intrecciata con quella di Marie, l’altra era posata
sul
suo busto. La ragazza si sentiva a disagio per la posizione acquisita,
forse adesso era troppo intima.
Non obiettò, seguì le istruzioni della signora e
iniziarono le vere danze. Giravano in circolo, a volte lentamente;
altre più velocemente. I passi erano più lunghi e
intensi, prendevano il posto a quei fastidiosi saltelli.
“Sai qual è il segreto, Bea?”
La ragazza scosse la testa.
“Segui il tuo corpo, fai quello che ti senti.”
Era difficile fare come diceva, quella volta, aveva una paura tremenda
di pestarle i piedi, Marie danzava leggiadra, invidiava il suo talento.
Molte volte Beatrix abbassava la testa, per controllare i passi, e
subito veniva redarguita dalla signora. Quel ballo era bello, eppure si
sentiva a disagio, quel vestito poi la faceva sentire un pavone che
danza goffamente.
“Sii sincera, il vestito ti piace?”
Sembrava brutto dirle di no, visto che anche lei ne era entusiasta il
giorno prima.
“Sì, mi piace. Solo che..non lo sento adatto a me.
Mi sento un’altra persona.”
Marie non era arrabbiata per la sua risposta, eppure era stata
così carina a scegliere proprio quello, per lei.
“Mi sa che siamo pronti per la seconda lezione di seduzione.
Cogli la bellezza che c’è in te, tesoro. Questo
vestito
è meraviglioso, estremamente sexy e vedi che
piacerà -anzi farà impazzire- il tuo
Colonnello.
Però se tu non ti senti a tuo agio, avrai il risultato
opposto.
Se ti piaci, uno sguardo solo lo catturerà. Ricorda, devi
essere
sicura di te e al naturale, senza artifizi.”
Su, Beatrix, tira su la
testa.
Il consiglio di Marie non era difficile da seguire, doveva solo
crederci e poi avrebbe fatto credere a chiunque quello che voleva.
“Sai, Marie? Credo di aver capito il tuo messaggio
perfettamente.”
L’arrivo dei militi interruppe le danze. Tutte le ragazze si
fermarono e attesero l’ingresso dei soldati.
E –come al solito- non poteva mancare Tavington. A differenza
degli altri, che guardavano tutte quante indistintamente, lui aveva un
obiettivo.
Guardava lei, solo Beatrix. Quello la rese davvero felice.
“Vi prego non vi fermate per noi. Ci piace
guardare.”
I soldati risero lascivamente, non era difficile intuire il
perché. Per fortuna Marie si interpose e riuscì a
sciogliere le danze, senza rendere arrabbiato il Colonnello. Poco a
poco le fanciulle vennero chiamate da ciascun milite, per chiacchierare
e danzare, anche se Beatrix sospettava anche per altro.
Wellsie corse tra le braccia del suo Bordon, lasciando
all’amica
una dura scelta. Poteva o emulare Wells oppure andarsene via. Decise di
mettere in pratica gli insegnamenti della matrona.
Lei lo guardava senza staccare gli occhi dai suoi, come per sfidare la
sua autorità, una cosa che lui tollerava minimamente.
Così –forse per ripicca- l’uomo si
diresse verso
Esmeralda, rendendo quell’oca ancora più
civettuola che
già era. Sapeva dell’odio che provava per lei,
eppure
eccolo che si muoveva scaltro come una volpe verso quella mangiatrice
di uomini, lasciando lei come una scema al centro della sala. Voleva
farla ingelosire, voleva –anzi si aspettava- una sfuriata da
parte della ragazza. Marie non era andata via, la guardava
intensamente, studiava le sue mosse, forse la stava testando. Beatrix
era triste perché da una parte avrebbe voluto essere forte
per
rendere la donna orgogliosa di lei, ma dall’altra soffriva
terribilmente nel vedere quello scellerato che toccava Esmeralda,
quelle mani avvezze a toccare solo lei.
Lui è mio!
Bea non avrebbe ceduto.
Voleva una sua reazione? L’avrebbe avuta, ma avrebbe scelto
lei quale.
Con passo sicuro –consapevole degli occhi famelici degli
uomini,
dato il suo vestito alquanto provocante- si diresse verso gli altri
militi. Si dimenticò del suo amore, camminava verso i suoi
subalterni, ancheggiando e muovendo lievemente i suoi capelli, i quali
ondeggiavano con grazia, scoprendo di tanto in tanto il suo generoso
décolleté. La ammiravano e a lei piaceva,
iniziava a
capire quello che diceva Marie; sentire gli altri pendere dalle proprie
labbra, dava potere. E lei, come una drogata, ne voleva ancora. Voleva
avere potere su di lui.
Evitò il suo sguardo, guardò tutti, cercava la
preda
migliore, qualcuno che avrebbe fatto arrabbiare il Colonnello. E quando
pensò di aver perso le speranze, una reminescenza del
passato
fece cadere i suoi occhi sul giovane Colonnello Tarleton. Aveva sentito
–anche se a dire il vero non ne era sicura- che era
l’avversario di Tavington, non correva buon sangue tra di
loro.
Si rallegrò della sua scelta e si diresse con passo felpato
verso il Colonnello. L’altro, da vero gentiluomo, le prese la
mano e la baciò. Era solo un bacio, lo sapeva, eppure quel
tocco
la lasciò stordita. La guadava bramoso, occhi neri scuri e
profondi. Quella tenebra stava offuscando i suoi sensi, possibile che
un bacio potesse avere codesto effetto?
Ricorda Bea, sei tu a
dirigere il gioco! Giusto.
“Il vostro sguardo impudente mi affascina, Sir.”
“Banastre, vi prego. Banastre Tarleton. Qual è il
vostro nome, angelo?”
Le sue parole confermarono i suoi modi, proprio da gentleman.
“Beatrix.”
Era un uomo attraente, capelli ramati portati con il solito codino
militare. Non era molto alto, Tavington lo superava di sicuro di
altezza, eppure aveva fascino. Era un ragazzo, aveva la sua
età
forse e sembrava educato e garbato, mancava in lui la tracotanza di
Tavington. Chissà perché lo detestava
così tanto..
Quando lui le lasciò la mano, fu come se le avessero tolto
l’aria, le piaceva il suo tocco, era dolce.
“Mi permettete questa danza, Banastre?”
“Come dire di no ad una creatura come voi? Mi intrigate
Beatrix.”
Qualcuno stava suonando, non si capiva chi e dove, eppure si sentiva
una bellissima melodia. Quella danza era l’occasione di
Beatrix
di far soffrire Tavington.
Banastre la prese per mano e la condusse al centro della sala. Mentre
si muovevano, la ragazza ebbe l’occasione di vedere cosa
succedeva attorno. Si erano formate alcune coppie, qualcuno
se
n’era andato via, la sua ‘ossessione’
invece si stava
avvicinando, anche lui voleva ballare.
Beatrix prese coraggio e attirò Banastre contro di
sé, i
due corpi erano molto vicini, lui aveva arpionato il suo busto, mentre
l’altra mano era intrecciata a quella della ragazza. Aveva il
seno schiacciato sul petto del Colonnello e poggiava il mento sulla
spalla dell’uomo, poté così vedere cosa
faceva
realmente Tavington. Anche lui prese tra di sé Esmeralda e
fece
sì che Beatrix potesse vedere bene la loro posizione
pregiudizievole.
Si guardarono negli occhi per diversi secondi.
Lei lo stava sfidando.
Lui aveva accettato.
La domanda era..chi avrebbe ceduto prima?
N/A
Ciao a tutte!! ^^
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^
|
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Capitolo 14 *** 1, 2, 3 not only you and me ***
capitolo XIV
Capitolo XIV
–
1, 2, 3 not only you and me
La
musica era
lenta e carezzevole. Banastre sembrava essere un ottimo ballerino,
tratteneva tra le sue braccia il corpo di Beatrix, era bello danzare
con lui. Non smetteva di puntare i suoi occhi in quelli della ragazza,
qualche volta la faceva girare e poi la riprendeva addosso a
sé.
Tutto quel gioco era iniziato per far ingelosire Tavington, nel farlo
però stava scoprendo di provare attrazione per il Colonnello
sbagliato. Sentiva il suo corpo in subbuglio, aveva una presa forte,
eppure c’era quel briciolo di dolcezza che rendeva magico il
tocco. Mentre girava, poté avere l’occasione di
vedere
Tavington, la stava osservando da un po’. Sembrava non aver
perso
nemmeno un suo movimento, i suoi occhi fulminavano il collega e poi si
posavano di nuovo su di lei con bramosia. Dapprima aveva prestato
attenzione solo a Beatrix, poi col passare del tempo, notando che lei
era ben presa da Banastre, allora si concentrò sulla sua
accompagnatrice. Esmeralda non capiva di trovarsi nel bel mezzo di quel
gioco perverso, nel quale lei non era coinvolta. Guardava con desiderio
il Colonnello, nonostante lui non ricambiasse lo stesso sentimento. La
musica, poi, divenne più veloce ed li attirò in
una danza
frenetica. Tavington aveva capito che lei lo stava facendo ingelosire,
lei voleva proprio quello e lui si stava rimproverando per la debolezza
mostrata. Avrebbe dovuto guardare quell’altra, invece non
riusciva a smettere di osservare la piccola strega vestita di rosso.
Beatrix si sentiva sensuale e accattivante in quel momento, era un vero
piacere sentire gli occhi famelici del Colonnello che scivolavano sul
suo corpo.
Quale Colonnello?
Quel
gioco la
stava catturando perché erano tutti e due coinvolti, le
piaceva
essere lei a dirigere la partita, bastava che lei si fermasse e tutto
avrebbe avuto fine. Eppure non riusciva a smettere, Banastre
–quando lei si distraeva un poco- la stringeva più
forte,
per ritrovare i suoi occhi. Lei non poteva sapere se lui avesse intuito
del suo scopo, Beatrix si chiedeva se per caso lui sapesse che in
realtà lei voleva Tavington. La ragazza non poteva saperlo,
però lui continuava a ballare con lei e le aveva fatto
capire
chiaramente che la trovava attraente. Come sarebbe andato a finire?
“Siete
amico di Tavington?”
Fece
finta di non sapere della piccola faida tra i due.
“Non
esattamente. Diciamo che io e William abbiamo lo stesso carattere, non
ci possono essere due galli in un pollaio.”
Rise
dell’immagine che Banastre le aveva fornito, in effetti
rappresentava bene loro due. Due maschi alfa non possono stare nella
stessa stanza; ebbe perciò la conferma di aver scelto
l’uomo giusto.
“Ditemi,
Banastre,
c’è una fanciulla che aspetta il vostro ritorno a
casa?”
Era
bene chiarire fin da subito se aveva senso quello strano gioco.
“Le
storie oltreoceano non funzionano mai, finiscono sempre col tradimento
di una delle due parti.”
Le
piaceva come
ragionava il Colonnello, sembrava un uomo che tenesse davvero alla
propria ragazza. Almeno era quello che poteva desumere fino a quel
momento.
“Siete
mai stato innamorato?”
Si
diede del
tempo per rispondere. Era proprio diverso da Tavington, lui avrebbe
risposto subito, di getto. Banastre invece era riflessivo.
“No.
Qualche infatuazione giovanile, ma di poco conto. E voi, invece.
Qualcuno ha preso il vostro cuore?”
Era
lecito chiederglielo, ma l’amore era una faccenda seria. Cosa
provava per Tavington?
Era
lussuria o era amore?
Finché
copulavano tutti i giorni era difficile far parlare il suo cuore.
“Sì,
in effetti qualcuno c’è. Però la cosa
non è reciproca. Credo.”
Le
fece fare una
giravolta e quando ritornò a sentire il suo corpo, la sua
schiena poggiava contro il petto robusto di Tarleton.
“Lo
ami?”
“Forse,
perché?”
Lui
sorrise e
guardò il suo avversario. William li scrutava e stava
obiettando
visivamente contro la loro posizione, molto intima, ma anche molto
piacevole.
Banastre
baciò il collo di Beatrix, facendole venire la pelle
d’oca.
Un
solo piccolo bacio.
“Perché
lui non potrà mai amare. Non più.”
Quella
frase
detta così lasciava diversi interrogativi, eppure in quel
momento non poteva approfondire, avrebbe posto quelle domande
più avanti.
Le
fece fare un’altra giravolta e così
ritornò nella posizione iniziale.
“Voi
che ne sapete?” rispose lei.
“Fidatevi,
lo conosco da molto tempo. Il suo cuore è gelido, come la
sua
anima. Ha ‘spento’ la sua umanità anni
fa,
dolcezza.”
Sembrava
conoscerlo bene, poteva dire però che diceva il vero?
L’unico modo era chiedere a Tavington.
“Pensate
di essere diverso, voi, Bloody
Ban?"
Glielo
aveva
sussurrato delicatamente nell’orecchio. A Pembroke si parlava
anche di lui, se Tavington era 'The Butcher', Tarleton era famoso per
il suo essere cruento e sanguinario quanto il collega. Poteva essere
più garbato nei modi, ma era solo una maschera. Se si andava
a
scalfire poco alla volta quella facciata posticcia, rimaneva la sua
vera indole.
Quella
che lo aveva reso famoso nelle Colonie del Sud.
“Siete
Americana, angelo, vedo. E, ditemi, da quale pulcioso villaggio
provenite?”
I
toni erano
cambiati leggermente. Molto bene, voleva fronteggiare l’uomo
che
c’era in lui, non il baronetto sulla superficie.
“Pembroke.”
Lui
si accinse a pensare quale fosse esattamente.
“Non
vi scomodate, Colonnello. Il mio villaggio è stato razziato
dal vostro amico.”
E
gli sorrise falsamente. Lui colse subito il cambiamento in lei.
“Mia
diletta, spero che questo non cambi le cose tra di noi. Siete una
creatura interessante” la strinse forte e le
scostò i
capelli da una parte e le sussurrò nell’orecchio
“sensuale e invitante, vi sto desiderando in questo
momento.”
Mmm,
la faccenda stava diventando goliardica, non aveva più un
Colonnello a cui badare, bensì due!
Beatrix, te lo sei
cercato!
“E
cosa vi piace di più di me, Ban?”
Lo
stava chiamando con quel soprannome spaventoso, avrebbe risposto
così il killer spietato che c’era in lui?
“Siete
una
svergognata. Fate quello che volete, quando volete. Ci intendiamo
parecchio, bambolina, anch’io la penso come voi.”
Oddio,
bambolina?
Per Tavington era una ‘micetta’, per lui
‘bambolina’..per
fortuna che mia madre riposa in pace.
“Quindi..cosa
volete fare ora?”
La
guardò intensamente.
“Questo.”
E
la
baciò, nello stesso modo in cui la prendeva Tavington. Si
fermò a ballare e depose entrambe le mani sul volto di
Beatrix,
bagnava le sue labbra e lei –seppure volesse respingerlo- non
lo
fece. Contraccambiò, spinta dalla voglia di far ingelosire
l’altro, ma anche per una sincera curiosità.
Baciava bene,
Dio se baciava divinamente. La ragazza aveva chiuso gli occhi e aveva
buttato fuori dalla sua testa William, voleva concentrarsi su di
sé, sul piacere di Beatrix.
Mise una mano sul capo dell’uomo e lo attirò
più
vicino a sé e poi intrecciò le braccia dietro il
collo.
Si
baciarono ancora per qualche secondo interminabile e poi lui si
scostò.
Le
sorrise.
Sì,
si era trasformato. Era più animale che uomo.
E
le piaceva.
Ripresero
a muoversi in pista e lo sguardo che Tavington le mostrava non
presagiva nulla di buono.
È
arrabbiato, tanto!
“Anche
se
lo hai fatto per farlo ingelosire, va bene lo stesso. Questo gioco,
bambolina, mi diverte. Se vuoi, sai dove trovarmi.”
Mentre
una
melodia si stava affievolendo, lasciando poi il posto ad
un’altra, Banastre la fece girare su di sé. E fu
proprio
in quel momento, in cui lei non aveva più un contatto fisico
con
Banastre, che Tavington la prese fra le sue braccia. Il tutto era
successo senza arrestare la musica, la quale invece continuava a
suonare. Ora Beatrix era con William, mentre Esmeralda ballava con
Banastre. Il cambio la scombussolò all’inizio, fu
poi
-quando si ritrovò con la sua deliziosa
‘ossessione’- che capì che era quello il
posto dove
voleva stare fin dal principio. Ripresero a danzare, come se nulla
fosse. Le mani di Tavington erano molto più forti, mancava
in
lui qualsiasi dolcezza, la tratteneva contro di sé come per
farle capire che lei era sua. Ballava bene, doveva ammetterlo, si stava
divertendo un sacco.
“Piccola
micetta cattiva, ti dovrei sculacciare qui davanti a tutti per la tua
impudenza.”
Poi,
lentamente
il ritmo diminuì nuovamente. Beatrix era sempre molto vicina
al
Colonnello, i due corpi erano schiacciati e –sicuramente- lui
poteva sentire che il suo cuore batteva forte, le sembrava quasi che
volesse uscire dalla sua gabbia toracica. Con fare naturale la mano
destra di Tavington vagliò il busto della ragazza,
la sua
mano senza vergogna scese pericolosamente verso il basso, le stava
accarezzando il suo fondoschiena. Non si curava del fatto che fossero
in una stanza piena di soldati e perciò non erano soli;
ignorò il fatto. Arpionò i suoi glutei e nel
mentre li
accarezzò in circolo lascivamente. Il vestito -che lei
sapeva
essere molto corto- si alzò di qualche centimetro, la
ragazza
sperava che non scoprisse troppo il suo corpo. avrebbe dovuto fermarlo,
ma quel tocco le era mancato.
Il
suo tocco.
“Cosa
devo fare per farmi perdonare?”
Gli
sorrise sensualmente, passandosi la lingua sul labbro superiore
lentamente, in modo licenzioso.
“Dai
anche a me quello che hai dato a lui.”
Sembravano
non
ballare più, camminava lentamente e lui aveva infilato una
gamba
tra quelle di Beatrix. Così lei sentì quello che
lui le
avrebbe fatto una volta rimasti soli, aveva voluto fare la spavalda, ne
avrebbe pagato caro l’affronto.
“E
di
più” aggiunse il Colonnello “tu sei mia,
solo mia.
Ricordatelo bene la prossima volta che vuoi scoparti qualcun
altro.”
Il
ginocchio di
Tavington pressò contro il sesso della fanciulla, fasciato
dalla
gonnella. Eppure poteva sentire bene il peso, quel peso
così stimolante in quel punto. Aveva esagerato quella
mattina, il suo corpo non ce la faceva più.
Esigeva
attenzione.
Così
lei si strusciò contro di lui, cosicché potesse
diminuire leggermente quel bisogno.
Lui,
però, non sembrava volerla accontentare.
“Non
credo proprio, dolcezza. Ti sei comportata male.”
Furtivamente
la ragazza osservò quello che facevano gli altri, molti si
erano
fermati. Guardavano loro con grande curiosità, aspettando di
vedere fino a dove si sarebbero spinti. Tarleton li osservava anche
lui, sebbene non avesse smesso di danzare. Beatrix doveva fare qualcosa
che avrebbe messo Tavington in difficoltà, eppure non sapeva
cosa. In quel momento temeva che fosse lui quello ad uscirne meglio,
stava infatti mostrando a tutti che lei era sua, in quel modo
così terribilmente animale che la stava facendo assomigliare
ad
un oggetto.
No!
Toccava
a lei fargli capire che lui era di Beatrix.
La
mano della
giovane accarezzò la sua gamba per poi sfiorare
–con
lentezza, soffermandosi un po’- la sua erezione attraverso i
suoi
pantaloni. Lo stava fissando negli occhi, voleva osservare qualsiasi
mutamento in lui. Le sue pupille si erano leggermente dilatate, forse
si aspettava che lei andasse oltre, invece lei risalì sul
suo
corpo. Toccò il petto e poi giunse al collo.
Incominciò
ad accarezzare senza impegno i suoi capelli che uscivano dal codino e
poi tirò con forza verso di sé il collo di
Tavington. Una
volta ottenuto quello che voleva, si alzò sulle punte
–aiutata anche dalle scarpe col tacco- e poi lo
baciò.
Schiacciò le sue labbra contro quelle del Colonnello,
all’inizio lui non ricambiò il bacio, poi le diede
libero
accesso e mosse la lingua insieme a quella della ragazza. Lui sapeva di
buono, di Brandy. La stava mangiando con le labbra, la mordeva ed
assaporava il suo sapore. Beatrix in quel momento si sentiva fuori uso,
aveva voglia di fare solo una cosa insieme a lui. Tutti li guardavano e
rendeva più eccitante il momento, anche Banastre li stava
osservando, infatti aveva smesso di danzare.
Il
baciò terminò.
“Gattina,
oggi sei bollente e insaziabile.”
Respiravano
ancora pesantemente e si guardavano negli occhi con un unico pensiero
in mente, lo stesso che condividevano in quel momento.
“William..”
Disse
il suo
nome contro le sue labbra, sospirando profondamente. Addio le buone
maniere, il ‘tu’ e tutto il resto. Lo voleva e
subito,
perché lui doveva stare con Beatrix e non doveva
permettergli di
lasciare la stanza con quella serpe.
“Siamo
già a due volte oggi, sai, mi vuoi consumare?”
La
baciò di nuovo, delicatamente.
“Tu..mi
vuoi ancora?”
La
ragazza
spostò le sue attenzioni sul collo del Colonnello,
lasciò
qualche bacio accompagnato da qualche morsetto.
“Beatrix..”
No,
doveva
dirglielo. Doveva abbattere il suo muro di orgoglio. Fece viaggiare la
mano sul corpo di Tavington, toccò la protuberanza turgida
nella
patta dei pantaloni, sorridendo della sua vittoria.
“Mmm..credo
proprio di sì. Mi vuoi ancora. Eppure voglio che tu me lo
dica.”
Lui
tentennava,
ma non rispondeva. Il suo amor proprio era odioso delle volte -anzi
sempre. Strinse tra le sue mani il segno evidente della sua eccitazione
e attese una sua reazione.
“Sì.
Ti voglio.”
Ce
l’aveva
fatta! Lui era crollato e per una volta aveva vinto lei.
Così si
staccò bruscamente da lui, indietreggiò di
qualche passo
e lo guardò attentamente.
Aveva
il volto
eccitato, le labbra semiaperte in modo licenzioso, gli occhi con le
pupille ben dilatate –quanto amava i suoi occhi azzurri come
il
ghiaccio.
Era
bellissimo.
Il
suo corpo la
tentava, se avesse dato ascolto ai suoi istinti, lo avrebbe spinto per
terra e poi si sarebbe divertita. Invece la sua mente esigeva una
rivincita.
Lo
guardò
con falsa dolcezza –segno che venne di sicuro interpretato da
lui
come una presa in giro- e gli lanciò un baciò in
aria.
“Peccato,
amore. Sono io a non volerti.”
E
così
dicendo si allontanò da lui, lo sorpassò
lasciandolo
basito. Non si curò della sua reazione, avrebbe affrontato
dopo
le conseguenze, ora era il momento di Beatrix. Marie, intanto, le
sorrise da lontano e le fece l’occhiolino, sembrava
orgogliosa di
lei. La ragazza si sistemò velocemente il vestito e i
capelli e
poi si diresse verso il Colonnello Tarleton.
“Colonnello,
avete voglia di fare un giro?”
Banastre
era
scioccato –quanto forse Tavington- eppure non
rifiutò il
suo invitò ed uscì insieme a Beatrix. La ragazza
sapeva
di averla combinata grossa quella volta, lo aveva praticamente umiliato
davanti ai suoi subalterni, la cosa che lo faceva più
arrabbiare. Aveva paura che venisse a prenderla con la forza, ma non lo
fece. In effetti c’era con lei Tarleton e poi non avrebbe
fatto
una bella figura a ‘rincorrerla’, avrebbe
compromesso
ulteriormente la sua posizione.
Che
eccitazione, sentiva l’adrenalina pomparle nelle vene. Si
sentiva elettrizzata.
Aveva
la mente
in subbuglio, tanti pensieri difficili da riordinare. La sua testa le
gridava che presto –molto presto- avrebbe affrontato la
reazione
di Tavington.
Una
vocina pressante si fece spazio tra le altre.
Goditi
questo momento, ragazza mia, perché quello scellerato
–come minimo- si porterà a letto metà
delle ragazze
di Savannah.
E
con
quell’amara immagine uscì dalla locanda insieme a
Banastre. Aveva il braccio poggiato in quello del Colonnello, inoltre,
si era premurata di far notare ogni dettaglio possibile a Tavington.
Doveva
logorarsi dalla gelosia.
N/A
Ciao a tutte!! ^^
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^
|
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Capitolo 15 *** Showdown ***
capitolo XV
Capitolo
XV
- Showdown -
La resa dei conti
Tarleton
era stato cordiale con lei, avevano parlato per un po’. Lo
aveva conosciuto meglio, sebbene per certi versi non potesse non
ravvisare somiglianze con il suo collega, aveva capito che erano
diversi. Tavington voleva sempre comandare, non gli piaceva essere
messo in secondo piano. Sembrava quasi geloso delle sue cose e
-ovviamente- reputava lei una sua cosa, che poteva possedere fino
all’esaurimento e gettare via, eventualmente, quando
sopraggiunta la noia. Tarleton, invece, sembrava in quello diverso. Era
anche lui un condottiero, abituato a dare ordini e comandi ai suoi
subalterni, eppure nella sua voce non si sentiva alcuna pretesa, non
era rude, non cercava infatti di costringerla minimamente. Voleva farle
compagnia, le aveva raccontato di come era stare nelle colonie. Era per
lui la prima volta lì, era cresciuto a Liverpool, il luogo
in cui era nato. Esattamente lo stesso luogo dal quale proveniva anche
Tavington, Beatrix si chiese se per caso si conoscessero fin da
piccoli.
Gli
piaceva stare in America perché era calda e più
rilassante della piovosa Londra. Si sentiva in pace in quel posto,
anche se non ci contava di vivere lì per sempre.
Giusto il tempo della battaglia.
Dopo
aver girato, ed essendo già pomeriggio inoltrato, decisero
di fare ritorno alla locanda di Marie.
“Dove
alloggiate, Colonnello?” chiese lei.
“Nella
vostra stessa locanda. Cornwallis ha deciso di sistemare lì
i suoi collaboratori più stretti.”
Perciò
Beatrix poté immaginare che avesse detto anche al Generale
O’Hara di andare lì. E lei non si era accorta di
niente, Tavington le aveva nascosto ogni cosa bene. Lo odiava, voleva
ferirlo ancora. Voleva poi che facesse ritorno da lei come un
cagnolino, anelava nel vederlo strisciare per lei.
Una
volta entrati nella locanda, sembrava essere tutto tranquillo, la sala
era di nuovo vuota. Così, si diressero al primo piano e
lì Beatrix scoprì che la stanza di Banastre era
vicina a quella di Tavington, contigue.
Lui aveva la numero quattro.
Rimasero
a guardarsi per qualche secondo, nessuno dei due sembrava voler
parlare. Alla fine il Colonnello si convinse a fare la prima mossa.
“Beatrix,
vorreste vedere la mia stanza?”
Oddio,
era quello il suo modo per portarla a letto? Quasi quasi a lei
mancavano i modi più diretti di William, la frase di
Banastre la faceva sorridere. Si costrinse a non ridere, non avrebbe
fatto una bella figura.
“Certo.”
E così entrò nella sua stanza.
L’intenzione
della ragazza non era sicuramente quella di andare a letto con lui,
voleva sì ferire Tavington, ma non a prezzo del suo corpo.
Aveva un po’ paura dell’uomo, e se
l’avesse presa contro la sua volontà? Dopotutto
non lo conosceva così bene, poteva rivelarsi un uomo bruto.
La
porta venne chiusa.
Cattivo
segno. Lui caricò e la prese contro di sé. La
baciò con impeto e la fece cadere sul letto con forza. Aveva
perso tutta la delicatezza usata in passato.
“Banastre.
Che fate?”
Era
sopra di lei e cercava con difficoltà di allargarle le gambe.
“Secondo
te? Dai, non fare la preziosa. Lo so che lo vuoi.”
Aveva
capito proprio niente di lei allora. Non aveva scusanti, non poteva
trattarla così. La ragazza reagì e lo
schiaffeggiò sulla guancia, mise nell’atto tutta
la forza di cui era capace. Riuscì a fermarlo, infatti si
bloccò, aveva il viso rosso causato dallo schiaffo. Come se
avesse realizzato solo in quel momento quello che stava facendo, si
spostò di lato. Si sdraiò di fianco e
poggiò la schiena sul materasso. Finalmente Beatrix ebbe la
possibilità di respirare con calma, il peso che la opprimeva
poco prima era sparito.
Respirava
liberamente e si mise così ad osservare il bruto che era di
fianco a lei.
“Mi
dispiace, scusa.” Disse lui alzando un braccio a coprire i
suoi occhi.
Sembrava
sincero, allora perché lo aveva fatto? Era proprio una
persona strana. Beatrix, spinta forse dalla compassione, gli
accarezzò il braccio.
“Ban..che
diavolo ti è successo?”
Erano
passati in modo silente al ‘tu’, vista
l’intimità di quello che avevano quasi fatto un
momento prima.
“Non
so. Mi piacevi e ti volevo.”
La
sua sincerità era disarmante, le sembrava quasi un bambino.
Sorrise della sua risposta.
“Faccio
così tanto ridere?”
Disse
lui abbassando il suo braccio. Si appoggiò sui suoi gomiti e
la osservò attentamente.
“Un
po’.”
Lei
continuava a ridere, sempre più forte rendendo lui ogni
secondo più sbalordito. Nemmeno lui riusciva a comprendere
quella creatura strana, era stato vicino a farle qualcosa di cui si
sarebbe pentito.
E
lei cosa faceva? Rideva.
“Va
bene, ho sbagliato, ora però smettila di ridacchiare. Sembra
che tu mi stia prendendo in giro.”
Lo
stava facendo innervosire, lo aveva capito dallo sguardo bruciante che
le aveva rivolto. Ma lei, noncurante, continuò a fare quello
che voleva.
“Oddio,
perché ridi? Cosa ho fatto di così
divertente?”
Beatrix
si era seduta a gambe incrociante nel letto e lo guardava.
“Niente.
Il tuo modo di fare, sembri un bambino.”
Oh oh. Forse non
avrebbe dovuto esprimere i suoi pensieri in modo così
diretto, lo aveva offeso? Di sicuro non era un bel complimento, anche
se nella sua voce non c’era una vera e propria presa in giro.
Dopotutto potevano anche diventare semplicemente amici, si era fermato
al momento giusto. Non l’aveva presa con forza, come aveva
fatto la prima sera l’altro Colonnello.
“Ti
faccio vedere io chi è il bambino.”
E
la schiacciò nuovamente contro il materasso. Questa volta,
però, la sua intenzione non era quella di andare a letto con
lei. Bensì le stava facendo il solletico alla pancia.
Beatrix soffriva terribilmente il solletico, infatti
incominciò a ridere. Sempre più forte, le stavano
per scendere le lacrime.
“Ho
capito, v-va bene. Banastre, ti prego.”
Ma
le preghiere della ragazza erano inutili, aveva fatto sorridere anche
lui. Il Colonnello continuava come se nulla fosse.
“Oh,
no. Avevi voglia di ridere prima, bambolina, ora ridi.”
Beatrix
non ce la faceva più, così per farlo arrestare,
lo spinse contro il materasso. Riuscì con estrema fatica ad
invertire le posizioni.
Lui
smise.
Le
accarezzò con dolcezza il volto e lasciò
lì la sua mano.
“In
questo momento ho davvero voglia di baciarti, tesoro.”
Anche
se lo voleva, Banastre non stava muovendo arto per prenderselo.
Aspettava che fosse lei a fare il primo passo, forse non voleva
spaventarla ulteriormente.
“Allora
fallo.”
Lei
si avvicinò un po’ esitante a lui e lo
baciò. Cercava di concentrarsi solo su di lui, ma non ci
riusciva. Pensava a William, perché in realtà era
lui che voleva, Banastre era troppo diverso, non gli assomigliava
minimamente.
Così,
si staccò dall’uomo e lo guardò
dispiaciuta. Non c’era bisogno di altre parole, lui aveva
già capito quello che pensava.
“Lo
ami proprio..”
Anche
se Beatrix poteva pensare di essere un’altra e sedurre chi
voleva solo per farlo ingelosire, non poteva mentire al suo cuore.
Lo
amava.
“Te
l’ho già detto, mi sembra.”
“Già.”
Era
furioso.
Non
si era ricordato di essere mai stato tanto arrabbiato in vita sua.
L’aveva umiliato davanti ai suoi uomini.
Lui, il Colonnello
William Tavington.
E
-come se non bastasse- se n’era andata via con Banastre.
Con tutti quelli che avrebbe potuto scegliere, aveva scelto proprio lui. Cosa aveva di
così affascinante quel ragazzino? Tutti lo volevano e lui
diventava così la seconda scelta.
Non era bastato che Cornwallis lo elogiasse ogni secondo.
No, ora anche lei si era impuntata con lui.
Vederla ballare con Tarleton gli aveva provocato una strana sensazione,
la rabbia era salita e aveva avuto voglia di uccidere
quell’idiota. Lui sapeva che stava facendo qualcosa che lo
irritava, Banastre lo conosceva molto bene. Dopotutto erano stati
migliori amici in Inghilterra e -anche se ora si odiavano- non avrebbe
dovuto farlo.
Di
proposito aveva continuato, facendolo arrivare ad un punto di non
ritorno. Non si era mai sentito così prima, era forse
gelosia?
No,
non era possibile.
Per far scattare la gelosia, bisogna essere innamorati e lui non lo era.
O,
sì?
Gli
stava facendo perdere la testa, Beatrix lo aveva prima fatto eccitare
terribilmente e poi se n’era andata via con
l’altro. Chissà dov’erano in quel
momento e chissà cosa stavano facendo soprattutto.
Staranno facendo
sesso!
Lei
era il suo giocattolo, quindi perché si preoccupava tanto?
Aveva una guerra da vincere, poi sarebbe ritornato a casa e
lì si sarebbe cercato una moglie. Una donna bella e ricca,
anzi no, solo ricca. Non gli importava molto anche se fosse stata una
vecchia rachitica, avrebbe soddisfatto i suoi bisogni con qualche
amante.
Già, quella doveva
essere la sua vita.
Una agiata, condotta come i dettami aristocratici sancivano.
Quella coloniale, cosa gli poteva offrire?
Una
piccola contadinella orfana e per di più Americana.
Che
se la tenesse pure Banastre.
Aveva
passato tutta la mattinata a scrivere piani di guerra nel suo piccolo
studio creato nella stanza data da Marie.
Aveva
provato a
farlo.
Ma
era stato distratto molte volte.
Ora
che gli alloggi erano occupati e non erano più soli, era
sparita la quiete che regnava in precedenza. In particolare, la sua
attenzione si era spostata sui rumori sospetti nella stanza attigua la
sua, quella
di Banastre. Era in compagnia, il collega, non riusciva a capire chi
fosse la donna. Non poteva più essere Beatrix, non poteva
aver passato l’intera giornata con lui, no?
Si
era così fermato nel suo lavoro, appoggiando la penna
d’oca e il foglio sul tavolo. Camminando per la stanza aveva
cercato di selezionare i rumori e aveva così capito chi era.
Lo
aveva capito quando aveva sentito una risata fragorosa fin troppo
familiare. Quella risata che aveva sentito quando la donna stava con lui.
Quante
cose stava condividendo con l’avversario? Troppe.
Così,
si decise ad uscire dalla sua stanza per mettere fine a quella tortura.
Era fuori nel corridoio, non aspettò nel riflettere se
aprire o meno la porta.
Non
era da lui.
La
aprì e la scena che si trovò davanti lo
colpì.
Non
‘lo colpì’, nel senso figurativo di
stupirlo, bensì lo colpì proprio come avrebbe
fatto un pugno nello stomaco. Lei stava montando Banastre ed era una
posizione molto intima, non aveva bisogno di tanta immaginazione per
capire cosa stavano facendo. Era tutto ben chiaro. Si sentiva tradito,
una sensazione mai provata prima.
“William,
non è come pensi” disse la sciagurata, ma le sue
parole erano aria.
“Ah,
davvero? Allora dimmi, secondo te cosa
penso tu stia facendo?”
L’aveva
messa in difficoltà, dopotutto aveva ragione lui. Non attese
comunque la sua risposta e lasciò quella stanza, non voleva
perdere il controllo vicino al Generale. Lo avrebbe screditato
ulteriormente.
Andò
nella sua stanza e la sbatté forte alle sue spalle.
Aveva
frainteso quello che aveva visto. Beatrix poteva immaginare quello che
si era raffigurato, ma non era la realtà.
Doveva
spiegarglielo.
Si
alzò dal letto, ma Banastre la trattenne per un braccio.
“Non
andare, non ha senso. Capirà quello che vuole capire, rischi
che ti faccia male in questo momento.”
Sembrava
sinceramente preoccupato per lei, ma Beatrix ormai aveva deciso. Con la
sua uscita le stava dicendo di scegliere, sulla pista aveva dato retta
al suo orgoglio; ma ora il suo cuore esigeva attenzione. Gli avrebbe
almeno spiegato la verità.
“Mi
dispiace, Ban. Devo andare.”
E,
senza aspettare una sua qualche risposta, scappò dalla sua
stanza e si diresse invece verso quella del primo Colonnello che le
aveva preso anima e corpo.
Fece
un respiro profondo e poi aprì lentamente la porta.
Lui
era davanti alla finestra che guardava fuori. Non si muoveva e le
faceva un po’ paura.
Chiuse
la porta e si decise ad affrontare la questione con lui.
“Non
c’è bisogno che resti, non
c’è niente da chiarire. Vattene.”
Si
era girato e stava riempiendo il bicchiere di Brandy. Beatrix cercava
ancora di capire il suo stato emotivo.
“Non
me ne andrò, William. Se non mi vuoi, mi devi buttare fuori
tu.”
Lo
sfidò lei a farlo.
“Credi
che non lo farei? Mi stai sottovalutando troppo ultimamente,
micetta.”
Sentire
da lui di nuovo quel soprannome, le faceva sperare in positivo.
“William,
ascolta, tra me e Banastre non c’è niente, stavamo
scherzando..”
Rimbeccò
lei, ma venne subito interrotta da lui a metà frase.
“Banastre?
Poche ore è già diventato Banastre? “
Il
Colonnello stava sorseggiando il suo liquore e scuoteva la testa come
per ridere di una battuta che sentiva solo lui. Evidentemente non aveva
gradito che lei lo avesse chiamato per nome, non ci aveva nemmeno fatto
caso.
“Abbiamo
scherzato un po’ e il tu è venuto da
sé.” Cercò di giustificarsi lei.
Lui
aveva poggiato sullo scrittoio il bicchiere e la guardava con
attenzione, ponderando forse la prossima mossa.
“Ho
notato quanto sei veloce a farti nuovi ‘amici’,
Beatrice. Prima il prigioniero, ora Banastre. Devo presumere che sia
Bordon il prossimo?”
Disse
lui in modo scherzoso, eppure quella frecciatina -che non aveva alcuna
ragion d’esistere, perché il Capitano stava con
Wells, non le avrebbe mai fatto un tale sgarro- la ferì. Lo
faceva sempre e in continuazione, insinuava cose senza senso e la
descriveva in modo sbagliato.
“Se
è quello che pensate, Colonnello.”
Quasi
le era passata la voglia di controbattere, sembrava inutile cercare di
vincere lui in quei battibecchi, verbalmente vinceva sempre. Manipolava
le parole a suo vantaggio.
“Ti
sei divertita nel tuo teatrino poco fa nella sala, mi hai umiliato
davanti a tutti ed ora fai tu
l’offesa?”
Aveva
fatto qualche passo verso di lei e si stava avvicinando sempre di
più.
“Voi
lo fate sempre, vi ho solo ricambiato con la stessa moneta.”
Sebbene
la vicinanza con l’uomo la facesse sentire debole,
cercò di mantenere lo sguardo forte.
“Questo
discorso lo puoi fare con un tuo amichetto, Beatrice. Io e te non siamo
sullo stesso piano. Io comando, tu obbedisci.”
Stava
mettendo le distanze tra di loro, quel muro che la ragazza era riuscita
a scalfire col tempo, era stato un lavoro inutile. Con quella
conversazione stavano involvendo all’inizio della loro
‘storia’.
Anche
se parlare di storia era proprio un parolone.
“Allora
perché venite a letto con me? Se vi faccio così
schifo, cercatevi una donna inglese con classe. A quello ambite,
no?”
A
differenza delle altre volte, non era indietreggiata nel vedere lui
muoversi verso di lei. Bensì era rimasta ferma nella sua
posizione, non avrebbe abbassato la testa.
“Questi
non sono tuoi problemi, Beatrice. Io e te facciamo solo sesso, solo
fantastico sesso. Tu non sai niente di me, questa è la
verità. Conosci il mio corpo, come lo potrebbe conoscere
qualsiasi prostituta che mi sono scopato.”
Se
l’avesse riempita di botte, non avrebbe avuto un tale effetto
devastante. Si sentiva davvero male, lo odiava per la sua
insensibilità. Voleva schiaffeggiarlo, fargli male. Fargli
sentire il dolore che lui le stava provocando in quel momento.
“Vorrei
uccidervi in questo momento, ma voi questo lo sapete già,
vero? Siete esperto in questo, mi ferite in un modo in cui nessuno
aveva mai fatto prima. Perché perdo tempo con voi?”
Poteva
anche cercare di controllare il suo corpo quanto poteva, ma le lacrime
scesero lo stesso. Si morse l’interno della bocca, sperando
che servisse a fermarle.
Inutile.
Perché
gli permetteva di trattarla così sempre?
Lui
rideva di lei, perché sapeva già quale effetto
avrebbe scatenato nella ragazza, prima ancora che pronunciasse la frase.
“Perché
mi ami. La verità è che mi sono trovato in questa
situazione tante volte, voi donne volete sempre di più, non
vi accontentate mai.”
Stava
continuando a prenderla in giro, era una sciocca a soffrire per un uomo
tanto ignobile.
“Ditemi,
Colonnello, perché non siete ancora sposato? Non siete
giovane, ammetto che siate un uomo bellissimo.”
Sentendo
come lei lo stava descrivendo, Tavington alzò le sue
sopracciglia, incredulo di sentirla dire così. Peccato che
il discorso non era terminato lì.
“Però
la bellezza non dura per sempre, voglio proprio vedere quante donne
avrete fra qualche anno. Comunque io so perché non avete
ancora una donna.”
Il
Colonnello era stupito dalla forza che lei aveva tirato fuori
all’ultimo, era incuriosito nel vedere dove volesse giungere.
“Ah,
sì? Mi conosci davvero così bene? Sentiamo un
po’.”
Beatrix
si preparò ad una sua sfuriata, perché quello che
gli stava per dire lo avrebbe fatto arrabbiare.
“Voi
desiderate sposare una donna facoltosa, ma la domanda è..
chi si sposerebbe mai un soldato squattrinato che si è
scopato metà delle donne di questo pianeta?”
Beatrix
chiuse gli occhi, aspettandosi uno schiaffo o una spinta brutale.
Aspettò qualche secondo e -visto che non succedeva niente-
poi aprì gli occhi.
Lui
stava ridendo, ma non in modo maligno, come faceva sempre. Invece era
una risata spontanea, sincera. La ragazza era meravigliata,
perché non lo aveva sentito mai ridere così.
“Tu lo
vorresti.”
“Voi
mi fate schifo.” Rimbeccò lei.
Solo
allora lui tirò fuori da una tasca dei pantaloni un
coltellino, Beatrix non aveva notato che lo aveva infilato prima.
L’avrebbe
punita a dovere. Lo sentiva.
Si
preparò al colpo.
N/A
Ciao a tutte!! ^^
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^
|
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Capitolo 16 *** L'anello ***
capitolo XVI
Capitolo
XVI
L’anello
Senza
darle il tempo
di realizzare cosa avrebbe fatto, glielo appoggiò dolcemente
sulla guancia. La lama era molto vicina alla sua pelle e -sebbene non
avesse premuto forte- una lieve scia di sangue si formò.
L’aveva appena graffiata, ma il suo obiettivo non era farle
male
in quel senso, per fortuna. Lo capì quando fece scivolare la
lama lungo la sua gota e poi percorrere il collo niveo della fanciulla.
Una
volta giunto lì, proseguì.
Beatrix
aveva i
brividi, aveva un po’ paura, non lo conosceva fino in fondo,
avrebbe potuto piantarglielo -in un battito di ciglia- nello stomaco.
Il coltello percorreva ora il corsetto, che formava il vestito di
Marie, e poi d’un tratto sferrò un colpo preciso.
In
un solo colpo aveva
tagliato tutti i lacci che legavano il corsetto, il quale
perciò, senza più un sostegno, si
afflosciò e fece
rilassare i seni, prima compressi. Il vestito si reggeva in modo
alquanto precario. Sapeva lei -e sicuramente sapeva anche lui- che
bastava tagliare le due spalline e sarebbe stata nuda.
“Beatrice,
so
molto bene che non ti faccio schifo per niente. E scommetto che se ti
toccassi lì sotto, sentirei che sei già pronta
per me,
non fingere il contrario.”
Faceva
tutto quello
perché era convinto di essere desiderato da lei, e forse il
suo
corpo continuava a volerlo. Ma non era pronta ad andare a letto con lui
di nuovo.
Voleva
ferirlo, perché non ci riusciva?
“Siete
sempre così sicuro di voi. Mi chiedo perché siate
qui con me dopo quello che vi ho fatto.”
La
lama -come immaginato- squarciò l’ultimo sostegno
del bellissimo vestito, che cadde per terra.
“Per
fare sesso.”
“Ma
io vi ho
‘umiliato davanti a tutti’” lo disse
imitando la sua
voce usata prima “perché non siete in compagnia di
una
prostituta? Qualunque donna può darvi sesso..eppure siete
qua.”
Aveva
centrato il punto. Lui aveva, doveva
aver pensato a lei per tutto il giorno. Chissà se si era
immaginato lei e Banastre. Il Colonnello non poteva sapere quello che
avevano fatto realmente, magari poteva giocare anche Beatrix con lui.
Lei
comunque rimaneva in svantaggio, perché era nuda davanti a
lui.
Inerme.
“Cosa
ti dice che non sono già stato con
un’altra?”
Era
una possibilità, vero. Ma lei non ne era convinta.
“Allora
devo desumere che non vi sia piaciuto molto, dato che stavate
origliando me e Banastre poco fa.”
“Io
non ho origliato, non sono un ragazzino!”
Rispose
subito lui,
evidentemente arrabbiato dalla sua insinuazione. Si sa, chi se la
prende è perché è in difetto.
Forse
aveva centrato nuovamente
il punto.
“Comunque
sia, a me non importa cosa fate. Scopatevi chi volete, tanto lo fate
comunque.”
Il
Colonnello si aspettava di averla disarmata, denudandola. Non si
aspettava di trovare sotto una piccola tigre.
I
tempi erano cambiati.
“Bene.
Allora evito di raccontarti i dettagli del mio incontro con la calda
Esmeralda.”
Quasi
sentiva che avrebbe messo lei in ballo, gli avrebbe ricambiato il
favore.
“Non
vi
trattenete, vi prego. Magari mentre lo raccontate, posso partecipare
anch’io parlando del mio incontro con il prestante
Banastre.”
Lo
aveva fatto infuriare e la cosa le faceva davvero piacere.
“Non
sarete mica geloso, Colonnello?” lo punzecchiò lei.
“Quanto
lo sei tu, micetta.”
Touchè.
“Ci
stiamo distruggendo a vicenda, William. È quello che
vuoi?”
Chiese
lei. Era stufa di quella battaglia, voleva porre una fine per sempre.
Lui
stava pensando.
Così
la ragazza
colse l’occasione per liberarlo della sua giubba rossa, la
fece
cadere a terra con un tonfo sordo. Poi si dedicò alla sua
camicia, slegando prima l’elegante fiocco della camicia. Una
volta sbottonata, gliela tolse.
Lo
lasciò a torso nudo, in tutta la sua bellezza.
“Tu
ed io non abbiamo un futuro, Beatrice. Non esiste che io ti
sposi.”
Lei
non si fece
abbattere dalla sua ostilità, gli accarezzò il
petto e
disegnò su di esso disegni immaginari.
“Perché
sei convinto di questo? Ti ho mai fatto pressioni su proposte
di matrimonio?”
Era
odioso quando si
metteva nei suoi panni e le faceva dire cose che lei non aveva mai
pensato. Anche se non era proprio giusto, ci aveva pensato. Certo, le
sarebbe piaciuto essere sua moglie, invece che la sua prostituta.
Eppure conosceva il suo modo di vedere, lui rimaneva -nonostante i
pasticci del padre- un Lord.
Un
Lord che sposa una contadina era surreale.
“Cosa
pensi di
fare del tuo futuro? Io ti ho tolto la tua verginità, come
credi
che ti giudicheranno gli uomini?”
Bè,
lei
però non era una nobile. Non doveva essere illibata, lui
ragionava come il nobile che era. Ma lei era una serva, poco contava
che fosse vergine.
“Dipende
da chi mi sposerò. Ad alcuni non importa.” Rispose
secca lei.
“Per
esempio il giovane Gabriel? Già, lui ti sposerebbe comunque.
Lo sa che vieni a letto con me?”
“Continuate
a prendermi in giro, ma posso avere chi voglio. Non penso mica a voi
tutto il tempo.”
Rimbeccò
lei.
“Bene.
Allora siamo in due, Beatrice.”
C’era
tensione
tra i due, qualcuno doveva abbattere un po’ il muro
d’orgoglio, sennò non sarebbero giunti da nessuna
parte.
“Non
ho intenzione di continuare così questo gioco,
Colonnello.”
Smise
di giocare sulla sue pelle e aspettò la sua risposta.
“Cosa
vuoi, micetta?”
“Voglio
contare qualcosa per voi. Non mi basta solo sesso, vi voglio solo per
me. Altrimenti è finita.”
Tavington
si sciolse il codino, liberando i capelli e forse cercando di
riflettere sulle sue parole.
“Mi
stai stupendo, Beatrice. Tutta questa forza e questo coraggio,
è stato forse Tarleton a destarlo?”
Stava
cercando di cambiare argomento, non avrebbe vinto così.
“Forse
-potendo fare il paragone- ho preferito lui, non lo credete
possibile?”
Conosceva
quel suo punto debole e lo avrebbe utilizzato bene.
“Vuoi
la
distanza tra di noi? Bene. Sembra che tu con lui sia più
felice,
perché sei corsa da me, allora? Va' da lui.”
Così
dicendo, ritornò allo scrittoio e prese a sorseggiare il suo
Brandy.
“Tanto
cosa ve
ne importa? Da me solo il sesso volete, no? Potrei benissimo andare a
letto con tutti e due. L’importante è che vi
conceda
sempre e comunque il mio corpo.”
La
sua indifferenza la fece sbottare.
Si
buttò sul letto e si sdraiò a pancia in su,
pensando.
“Questa
è la peggiore discussione della mia vita, lo sai,
gattina?”
Aveva
ormai finito il
suo liquore, così si avvicinò al letto, dove lei
era
sdraiata. Si sedette sul bordo e prese ad accarezzare il corpo della
fanciulla.
“Ci
feriamo a vicenda, William. Eppure nessuno crolla.” Disse lei
sconsolata.
“Forse
dovremmo arrenderci entrambi, dolcezza.”
Beatrix
si
alzò, rimanendo lo stesso seduta sul materasso.
Così
poté avere gli occhi che guardavano allo stesso livello
quelli
del Colonnello.
“Dimostratemi
che sono diversa dalle altre.”
Aveva
bisogno di un qualcosa a cui aggrapparsi per rimanere lì con
lui e non andarsene via.
“Come?”
rispose sinceramente lui.
“Fate
qualcosa che non avete mai fatto ad altre prima.”
Tavington
pensò con cura e poi il sorrisetto che gli comparve sulle
labbra, le fece capire che aveva risolto il problema.
“Sdraiati.”
Obbedì
al comando, eccitata dalla curiosità di vedere cosa aveva
architettato.
Beatrix
si aspettava
che lui si spogliasse. Invece rimase con i pantaloni addosso e le
allargò delicatamente le gambe. Continuava a guardare lei e
il
suo punto più intimo, spostando lo sguardo tra di loro.
Le
piaceva giocare con lui.
“C’è
una cosa che non ho mai fatto a nessuna.”
Sì,
le piaceva essere l’unica. Solo lei.
Il
Colonnello si mosse
lungo il materasso e si sistemò infine tra le sue gambe. Era
in
ginocchio e le stava accarezzando i polpacci.
“Ho
sempre pensato al mio piacere..”
La
voce era bassa e roca, quando parlava in modo così
dannatamente sexy la faceva ribollire e accaldare.
“Sai
qual è la cosa più interessante nel venire a
letto con te?”
“No.”
disse lei sincera.
“Che
ti
abbandoni sempre al mio tocco, perché -oltre a me- non hai
giaciuto con nessun altro. Sei in mio potere, dolcezza. Non sai cosa
aspettarti, vero?”
Era
incuriosita.
Come
faceva a saperlo? Era un tabù a casa sua.
Non
gli rispose, scosse solo la testa.
“Molto
bene, perché quello che ti ho fatto provare
fin’ora, non è niente in confronto a
questo.”
Le
sue mani esperte
toccarono le cosce della ragazza fino ad arrivare nel suo punto
più dolce. Fu lì che lui si fece strada tra le
pieghe del
suo sesso, finché trovo l’epicentro del suo
piacere.
E
poi abbassò la testa.
Beatrix
non aveva mai
fatto quella cosa prima e la posizione non favoriva di certo la vista.
Vedeva solo la testa del Colonnello immersa tra le sue cosce, eppure
anche senza vedere, percepiva e sentiva
il suo tocco. La sua lingua calda toccò dapprima dolcemente
la
sua carne sensibile e poi si mosse sempre più velocemente.
Era
abile, sapeva toccare i punti giusti, le faceva provare sensazioni
strane. Aveva ragione, era tutta un’altra cosa. Era
bellissimo,
la vista quasi si appannò per il piacere provato. Qualche
volta
gli aveva detto di fermarsi, perché erano troppo forti
quelle
sensazioni, ma lui non l’ascoltò.
Continuò ad
eccitarla a dismisura. Lei aveva arpionato il lenzuolo e lo stringeva
forte tra le sue dita, tanto che il tessuto si strappò
leggermente.
“Oddio,
ti amo. William!”
Era
così vicina
a qualcosa di sconvolgente, che tardava ad arrivare. Tavington stava
cercando in tutti i modi di farla resistere il più a lungo
possibile, rendendo quel lavoro una vera tortura. La cosa
però
che l’aveva eccitata di più di tutte erano gli
occhi
dell’uomo, non aveva infatti smesso di guardarla. La fissava
come
per studiare le sue reazioni, sicuramente si stava complimentando con
se stesso per lo stato in cui l’aveva ridotta. Lei si chiese
però quante cose lui sapesse fare e quanto cose invece lei non sapeva fare.
Gliele avrebbe insegnate tutte?
Non
riusciva
più a resistere, voleva che l’orgasmo arrivasse
subito. Ma
lui glielo impediva. Allora afferrò con forza i suoi capelli
e li
tirò.
“William.
Ti prego. Ora.”
Era
difficile anche formulare una sola frase, doveva aiutarla.
Dopo
alcuni minuti
provò qualcosa di molto forte, una liberazione. Sentiva la
pelle
accaldata e sudata, i capelli erano appiccicati alla fronte e respirava
con la bocca. Impiegò diversi minuti a ritornare a respirare
tranquillamente. Allora poi si sdraiò nuovamente e
aspettò che il suo cuore ritornasse a pompare normalmente.
Ad
un certo punto, lui
risalì il corpo della fanciulla e la baciò sulle
labbra.
Era tornato ad essere dolce e tenero, anche se le diede lo stesso
qualche morso. Il suo corpo non pesava, sebbene fosse sdraiato su
Beatrix, era un peso piacevole da sostenere. Le mani
dell’uomo
sfioravano la sua pelle, il più del tempo rimasero bloccate
sulle sue cosce.
“È
stato meraviglioso, William. Davvero sono la prima a cui lo
fai?”
Sembrava
quasi
imbarazzata nel domandarglielo, però voleva sapere se lo
aveva
detto perché lo pensava. O semplicemente voleva prenderla in
giro.
Il
Colonnello alzò il capo e la fissò negli occhi.
Forse questa volta sarebbe stato sincero.
“Sì.”
Quel
momento era perfetto, bastava che lui si sciogliesse un po’
di più e avrebbe aperto il suo cuore a lei.
“Andrai
da Banastre, ora?”
Il
Colonnello approfittò del momento di tranquillità
per interrogarla.
“Vuoi
che vada da lui? Una prostituta si passa tra i soldati, o
sbaglio?”
Rimbeccò
lei,
aveva bisogno di certezze solide da Tavington. Lui, di contro, le aveva
preso le mani tra le sue e l’aveva issata.
“Tu
non sei una prostituta. E sei solo mia.”
Quel
‘mio’
piaceva sempre di più a Beatrix, però poteva
avere tante
sfumature differenti. Magari era semplicemente la
possessività
che lui manifestava rivolta alle sue ‘cose’. Non
voleva
essere paragonata al suo cavallo o al suo esercito.
Lei
era una persona.
“Sono
stufa dei tuoi modi da cavernicolo. Dimmi una volta per tutte quello
che provi, ti piaccio?”
Ormai
erano arrivati
alla resa dei conti. Non avrebbe aspettato ancora, se la voleva, doveva
esprimerlo a parole. Aveva bisogno di quello, altrimenti avrebbe
continuato a pensare che fosse tutto nella sua mente.
“Definisci
‘piacere’. È difficile da spiegare, non
l’ho mai provato prima.”
Sembrava
una discussione fatta con un bambino, le sembrava di essere lei ad
insegnare lui ad amare.
“Quando
non ci sono ti manco?” chiese lei.
“Forse.”
Bugiardo.
Sapeva
che era diventato matto quando aveva saputo di lei e Ban. Se il suo
corpo parlava, perché non lo ascoltava?
Testardo.
“Va
bene. Allora
penso proprio che andrò dal Colonnello Tarleton a finire
quello
che abbiamo incominciato qui. Ti piace l’idea,
William?”
L’unico
modo per farlo ragionare era l’uso della forza, altrimenti
l’avrebbe abbattuta.
Infatti
la sua reazione arrivò subito, arpionò il braccio
della ragazza e non le permise di lasciare il letto.
“Provaci
e ti lego al letto.” Disse con gli occhi sicuri e fermi.
“William!”
La
faceva quasi sorridere il suo comportamento infantile.
“Aspetta
un minuto e rimani ferma lì.”
E
scese così
dal letto andando a rovistare i cassetti. Dopo qualche minuto -durante
il quale Beatrix si chiese cosa cercasse- si avvicinò di
nuovo
al letto.
“Vuoi
una dimostrazione del mio affetto? Ecco.”
Si
sedette sul letto e le prese la mano sinistra e
l’appoggiò sulla sua coscia, fasciata ancora dai
pantaloni.
“Questo
anello era di mia madre, è l’unica cosa che ho
tenuto del mio passato.”
Glielo
infilò nell’anulare e così lei
poté rimirare il gioiello donato.
Era
bellissimo.
C’era
una bellissima pietra rossa al centro, forse un rubino, con attorno
tante pietre luccicanti più piccole.
Era
troppo, non poteva accettarlo.
“William,
non è questo che intendevo.”
Disse
lei, cercando di sfilare l’anello per restituirglielo, ma lui
la fermò.
“Beatrice
è solo un simbolo, non ti sto chiedendo di sposarmi.
Tranquilla.
Voglio solo dimostrarti che..boh..ci tengo a te e che tu sei
mia..”
Beatrix
non gli
permise di finire la frase e lo abbracciò forte. Lo
trattenne
contro di sé per un lungo tempo, non voleva farlo andare
più via. Si staccarono solo di qualche centimetro, lo spazio
necessario per baciarsi meglio.
“Con
questo però le cose non cambiano, non posso sposarti. Sei
la mia.. amante.1”
Dopo
tanto combattere con lui, era bello ottenere finalmente qualcosa.
“L’unica?”
“L’unica.
Non ci sarà nessun’altra per me.”
1
nel '700 non c’erano tante
possibilità di impegnarsi con una donna: o la si prendeva
come sposa, fiancée,
o come ‘amante ufficiale’, mistress, una sola
senza cambiare ogni volta. ;)
N/A
Ciao a tutte!! ^^
****
Mi
scuso per l'enorme
ritardo, ma non ero a casa..il capitolo era già pronto da un
pò, spero di non avervi deluso. ^^
****
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^
|
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Capitolo 17 *** Tavington: l’uomo e il carnefice Parte Prima: l’uomo ***
capitolo XVII
Capitolo XVII
Tavington:
l’uomo e il carnefice
Parte Prima: l’uomo
Il
Colonnello Tavington si dirigeva a grandi passi verso la prigione
adibita per i Ribelli. La città era stata conquistata e i
Ribelli in parte uccisi, altri trattenuti per ottenere informazioni.
Del fantomatico Fantasma, ovvero il capo di quella banda, non
c’erano tracce, era scappato e nessuno era riuscito a
riconoscerlo. Avevano catturato dieci uomini, tra giovani, vecchi e
perfino un reverendo. La prigione si trovava nelle segrete
dell’edificio più fatiscente della
città, controllato come se fosse stato il Buckingham Palace.
Guardie fuori e dentro, era praticamente impossibile la fuga, solo gli
Ufficiali assegnati potevano entrarvi e uscirvi.
Il
Colonnello Tavington era uno di quelli.
Scendeva
le vecchie scale che lo conducevano verso quella Banda, pregustava il
piacere che avrebbe veramente provato nel torturare quegli uomini.
Doveva ottenere quel nome a tutti i costi.
“Buongiorno,
Colonnello.”
La
guardia alla porta delle segrete salutò con il gesto
militare Tavington.
“Qualche
accenno di rivolta nei nostri ospiti, tenente?”
Intanto
venne aperta la grande porta, così il Colonnello
entrò.
“Come
sempre, Sir.”
Il
tenente lasciò entrare Tavington e poi se ne
andò, chiudendosi la porta alle sue spalle.
Quel
lavoro poteva essere fatto benissimo anche da soli, infatti erano tutti
legati con le catene al muro. I movimenti erano molto limitati e non
avrebbero arrecato alcun dolore a nessuno.
William
li guardò bene, esaminando i loro sentimenti, cercando di
capire quale fosse la prossima persona da torturare.
Quella
stanza puzzava, si sentiva odore di topo morto.
Era
l’odore della morte.
Infatti
da quella stanza nessuno sarebbe uscito vivo.
Con
un ghigno che lo fece rallegrare, il Colonnello si diresse nella stanza
adiacente dove il Capitano Bordon si stava già occupando di
uno. Tavington aveva il portamento fiero, schiena sempre dritta, in lui
non c’era paura per nessuno. Le mani intrecciate dietro la
schiena, passi decisi.
Quelli
del carnefice.
Nello
stanzino c’erano due soldati e il Capitano. Fecero un cenno
di saluto e poi indirizzarono i loro sguardi verso l’uomo
riverso sul tavolo di legno al centro della stanza.
“Mi
dispiace, Colonnello, è morto.”
Disse
Bordon, riferendosi al Ribelle torturato precedentemente.
Tavington
era spazientito, dopo due giorni di interrogatori avrebbero dovuto
avere un qualche accenno di nome, un qualche indizio. Eppure niente. Il
buio assoluto.
Si
avvicinò al tavolo con passo felpato, il suo corpo trasudava
precisione. La freddezza del Colonnello infatti faceva paura a tutti,
poiché era imprevedibile.
Una
volta a contatto con il tavolo, prese il corpo morto e lo
rovesciò per terra con rabbia. Era furioso, voleva quel nome.
“Prendine
un altro. Subito.”
Il
comando non era indirizzato ad una persona precisa, eppure fu Bordon
quello che si mosse e andò nell’altra stanza.
Ritornò dopo qualche minuto con un ragazzino, quel prigioniero.
Scelta perfetta.
“Ci
rivediamo, Gabriel.”
Il
giovane sembrava sorpreso che il Colonnello lo conoscesse.
“Come
fate a sapere il mio nome?”
Tavington
lo prese per un braccio e arpionò forte la pelle, come per
stritolarlo.
“Diciamo
che me l’ha detto un uccellino. Ora dimmi, chi è
il Fantasma?”
Si
guardarono negli occhi, sperava di vedere tentennamenti. Ma il ragazzo
resisteva.
“Andate
a farvi fottere.”
E
così Gabriel sputò in faccia al Colonnello,
gettando fuori anche tutto il suo odio che provava. Tavington si
pulì il volto con la manica della camicia, provando
chiaramente disgusto, anche se quell’atto non era
così originale. Gli Americani erano tutti incivili,
cresciuti come delle bestie.
“Perché
no? In effetti ho passato una notte stupenda a fottermi la tua
amichetta.”
E
rise insieme agli altri, lasciando Gabriel sconcertato e furioso.
Cercò di svincolarsi per aggredire il Colonnello, ma le
forti braccia di Bordon e del tenente Kent lo trattenevano. Sembrava un
piccolo toro, scalciava, ma era comunque privo di forze.
“Siete
un bastardo, Tavington. Beatrix non è vostra, non ha niente
a che fare con voi. Viene a letto solo perché la
obbligate.”
Poteva
credere quello che voleva, ma William sapeva la verità.
Eppure aveva intuito che il prigioniero avesse ancora una cotta per
lei, poteva sfruttare quella piccola debolezza per avere informazioni.
“Legatelo
al tavolo e toglietegli la camicia.”
L’ordine
che partì da Tavington mobilitò i soldati, i
quali appoggiarono con forza il ribelle ed eseguirono il comando. Il
ragazzo aveva le braccia e le gambe tese agli antipodi.
“Ora
andatevene.”
La
stanza venne svuotata, rimanevano solo i due uomini.
“Volevate
privacy, Colonnello? Non dovevate disturbarvi..lo faccio anche con il
pubblico.”
William
sapeva che la sua sfrontatezza era solo una facciata, aveva paura di
lui. Ma cercava di nasconderlo bene.
“Voglio
godermi questo momento tutto per me, Gabriel.”
Sentiva
di averlo innervosito chiamandolo per nome, avrebbe continuato.
Camminò lentamente intorno al tavolo fino a che non si
trovò vicino alla testa del giovane. Tirò i suoi
capelli con forza.
“Chi
è il vostro Capo?”
Lo
disse in modo perentorio, non avrebbe accettato risposte negative. Il
gioco era già incominciato ed esigeva quel nome.
“Non
lo so.”
Tavington
tirò con più forza i capelli, alcune ciocche
dorate si staccarono.
“Chi
è?
“Non.
Lo. So.” Lo beffeggiò il ragazzo.
Lo
stava prendendo in giro; se voleva soffrire, avrebbe sofferto allora.
“Molto
bene, lo hai voluto tu.”
Si
allontanò e staccò dal muro una stecca di ferro,
quella che veniva usata per marchiare il bestiame. Si
avvicinò al camino e riscaldò il bastone, lo
voleva molto caldo.
“Cosa
volete fare?”
Disse
Gabriel preoccupato.
“Mi
faccio dire il nome.”
Quando
fu caldo a sufficienza, ritornò in prossimità del
ragazzo con la stecca in mano.
“Ultima
possibilità..il nome.”
Nemmeno
quello bastò, infatti Gabriel girò la testa
dall’altra parte e rispose silenziosamente al Colonnello.
Forse
non si aspettava che Tavington lo facesse davvero, forse lo conosceva
poco. Infatti lo marchiò dritto sul petto, la pelle si
liquefò, colava il sangue e il ragazzo urlava forte dal
dolore. Le corde tiravano, il Colonnello allora lasciò altri
marchi e poi, ad un certo punto, si fermò.
“Allora..qual
è il nome?”
“Anche
se ve lo dicessi, mi uccidereste comunque. Perché dovrei
tradire i miei connazionali?”
Tavington
abbandonò la stecca sul pavimento e scrutò il
volto del ragazzino.
“Tu
stai già tradendo i tuoi connazionali, l’unica
Nazione che esiste si trova oltreoceano. Questa, America,
è solo una colonia. Niente di più. E quando
avremo vinto verrete eliminati tutti.”
Il
Colonnello prese una sedia e si sedette vicino al prigioniero. Avevano
molto tempo da passare insieme fino a quando avrebbe ottenuto qualcosa.
“Io
sono un patriota! E voi Inglesi non vincerete la guerra.”
Era
duro e testardo, forse avrebbe dovuto portarsi dietro Beatrix, magari a
lei lo avrebbe detto.
Già,
a lei avrebbe confessato tutto.
“Quindi
morirai e sacrificherai la tua vita per questa stupida Causa? Bene,
vuol dire allora che torturerò qualcun altro. Qualcuno di
più fragile, che non si può difendere.”
Si
alzò dalla sedia, facendola rovesciare per terra.
“Magari
una donna, con i capelli e gli occhi neri come la notte. Te la immagini
lei al tuo posto?”
Se
non poteva minacciare lui, avrebbe usato quel suo punto debole.
“V-voi
non le farete del male. È una ragazza!”
Tavington
lo zittì con un leggero gesto della mano, come se quel
discorso fosse di poco conto.
“È
Americana, questo conta. Donna, uomo..in guerra è
indifferente.”
“Siete
un uomo spregevole.” Accusò il giovane.
“Che
grande giudizio originale, devo ammettere che nessuno me lo aveva detto
prima.”
Rispose
in modo sarcastico il Colonnello.
“Voi
dovete stare lontano da Beatrix. Lei non c’entra
niente!”
Urlò
Gabriel.
“Chi
me lo assicura? Magari tu le hai spifferato qualcosa.. non posso
esserne sicuro.”
Gli
piaceva vederlo logorarsi dal dolore fisico e mentale, lo avrebbe
distrutto prima della confessione.
“Lasciatela
stare, è innocente.”
Ripeté
come una cantilena il giovane, doveva amarla ancora.
“Parlando
di Beatrice..non userei la parola innocente.
Sotto le coperte si nasconde una leonessa, dovresti vedere i graffi che
mi lascia sulla schiena, le sue grida le sentono in tutta la
casa.”
La
gelosia accese Gabriel, aveva gli occhi infuocati, se lo avesse slegato
lo avrebbe di sicuro attaccato.
“Non
ci credo, la costringete.” Sperò ancora il giovane.
“Fai
come vuoi, magari dopo te la porto qui e te lo dice lei
stessa.”
E
così dicendo lo lasciò lì su quel
tavolo, uscì dalla stanza sentendo ancora l’eco
delle maledizioni e degli insulti lanciati da quello stolto ribelle. Lo
ignorò ed uscì dalla porta delle segrete. Non
aveva ancora ottenuto quel nome, Banastre sarebbe andato anche lui a
interrogare.
E
se riusciva a trovare qualcosa?
Doveva
batterlo sul tempo, quel tale, Gabriel,
sapeva. La violenza bruta era inutile, forse la sua arma che lo avrebbe
condotto alla vittoria era lei.
Sì,
se Beatrix diceva di amarlo, glielo avrebbe dimostrato.
Il
tempo scadeva, la guerra perdurava e lui aveva bisogno di quel dannato
nome.
Uscì
dall’edificio e sentì i caldi raggi del sole
attraversare la sua pelle. Si diresse verso il centro della
città, destinazione Lady Kitten.
Beatrix
continuava a rimirare l’anello di Tavington, era bellissimo.
Ma non era quello che le piaceva di più, era più
che altro il sapere che era riuscita a conquistare un pezzo del suo
cuore. Ogni volta un pezzetto in più, prima o poi lui
sarebbe stato solo di Beatrix. Sapeva che ce ne sarebbe voluto di
tempo, ma non si sarebbe arresa.
“Ti
piace?”
Tavington
la sorprese, non aveva avvertito la sua presenza.
“Hey..sì,
mi piace molto. Come mai siete già di ritorno?”
Quella
mattina si era alzato all’alba, dicendo che aveva degli
affari da sbrigare. Probabilmente Savannah era solo una tappa
temporanea, chissà dove sarebbero andati dopo.
“Stavo
torturando dei Ribelli e mi sei venuta in mente tu.”
Bè..era
proprio un bel pensiero. Di solito le ragazze rimandano ad immagini
allegre, spensierate; mentre lui aveva pensato a lei mentre si
dilettava a torturare i suoi connazionali. Non si poteva dire che fosse
un uomo prevedibile e nella norma.
Non
era entrato nella loro stanza da letto, era rimasto sullo stipite con
le gambe e braccia intrecciate. E la fissava da lontano, vagliando il
suo corpo con piacere.
“Che
dire, Colonnello..è proprio una frase romantica.”
“Io
non sono uomo da fiori e cioccolatini. Non fanno per me. Non..sono
io.”
Cercò
di giustificarsi lui, ma lei ormai lo stava iniziando a conoscere bene,
quando faceva così voleva essere semplicemente sincero.
“Va
bene e io ho comunque apprezzato di essere stata nella vostra testa per
un po’..quindi è per questo che siete
qua?”
Tavington
entrò finalmente nella stanza e si inginocchiò
vicino a lei. Ora avevano le loro teste allo stesso livello.
“Avevo
voglia di vederti.”
Oh,
era così dolce. Ma era davvero Tavington che stava parlando?
Lui non era dolce, a meno che non volesse qualcos’altro. Una
vocina nella sua testa le bisbigliava che avrebbe dovuto essere
diffidente, mentre un’altra ancora si fece prepotente e
cacciò l’altra.
Goditi questo momento!
Si
faceva sempre troppe paranoie e non riusciva mai a vivere il momento.
Così,
si alzò dal letto e gettò le sue braccia sul
Colonnello.
“Mmm..davvero?”
Lui
le sorrideva sincero e aveva già posato le sue possenti
braccia sul suo corpo. I loro nasi si sfioravano giocosamente.
“Già..”
Le
loro labbra si incontrarono e si baciarono. Quel giorno era
diverso dal solito, estremamente attento a lei, al suo piacere. Fu lui
ad interrompere prima il loro bacio mattutino.
“Verresti
con me in un posto?” chiese William.
“Va
bene.”
Beatrix
cercò di raffigurarsi dove l’avrebbe portata,
magari un bel posticino romantico, solo loro due. Sarebbe stato bello,
ma era anche impossibile.
Lui
la prese per mano e la condusse fuori dal Lady Kitten. Attraversarono
la città, non aveva ancora avuto l’occasione di
visitarla, conosceva ormai molto bene la locanda di Marie, eppure
quella stupenda città che li ospitava le era ancora ignota.
Non
era molto abitata, stava osservando alcuni bambini che giocavano con un
cavallo alla loro sinistra. Erano teneri, forse fratelli, scherzavano
con il fieno ed erano tutti e due sporchi. I bambini erano adorabili, a
Beatrix piacevano molto. A Pembroke capitava che doveva guardare i
figli dei Bree, mentre questi andavano al Consiglio -e lei ovviamente
non partecipava perché andava già sua madre.
Sebbene quei bambini fossero devastanti quanto un tornado, era comunque
bello passare del tempo con loro.
Così,
forse spinta da questa nostalgia appena manifestata, si diresse verso
quei due ragazzini che giocavano. Appena fu vicina a loro, la bambina
fece cadere una carota che teneva in mano, spaventata forse da Beatrix.
La ragazza la raccolse e gliela porse.
“Tieni.
Come ti chiami, tesoro?”
La
bimba dai capelli biondi e le lentiggini la guardò per
qualche secondo e poi prese la carota dalle sue mani.
“Christie.”
Doveva
avere appena cinque o sei anni, portava un grazioso vestito liso nei
bordi.
“Piacere
di conoscerti Christie, io sono Beatrix. È tuo questo bel
cavallo?”
Le
strinse dolcemente la mano e rese così felice la ragazzina.
La quale, ormai fatta conoscenza, la prese con la sua piccola manina e
la accompagnò verso il cavallo. Era un bel purosangue
marrone chiaro, stava mangiando il fieno che gli dava il ragazzino, ma
i suoi movimenti erano limitati, perché era legato con una
corda ad un’asta fissa.
“Sì,
questo è il Signor Perkins. Saluta Signor Perkins la mia
nuova amica, lei è Beatrix.”
Il
cavallo –ovviamente- non rispose verbalmente al saluto,
sebbene voltò la testa in direzione della sua padroncina. La
manina della bambina accarezzava ora la testa del cavallo.
“Non
sei nata qui, vero?”
Le
chiese dolcemente Christie.
“No,
però sono anch’io Americana come te.”
La
bambina la guardò un po’ diffidente, come se non
credesse alle sue parole.
“Allora
perché stai con lui?”
E
indicò così Tavington, che intanto si era
avvicinato a loro. Indossava la sua giubba rossa, perciò era
chiaro che la ragazzina sapesse della sua nazionalità.
“Perché
lei è mia prigioniera.”
Disse
il Colonnello con quello sguardo da sbruffone che aveva sempre quando
la prendeva in giro.
“Non
è vero, piccolina. Io non
sono la sua prigioniera. Siamo..amici.” Rimbeccò
Beatrix, smuovendo con dolcezza i capelli ribelli della bambina.
Già era difficile da spiegare a se stessa come era la loro
relazione, figuriamoci andarlo a spiegare ad una ragazzina.
Christie
rimase ferma a fissare William con curiosità, scrutando la
sua divisa militare.
Poi,
ad un certo punto, si avvicinò a Beatrix. Tirò
verso di sé la sua camicetta, nel tentativo di portarla al
suo stesso livello. La ragazza, in risposta, abbassò la
schiena e si portò alla sua altezza. La bambina
guardò prima Tavington e poi le disse
nell’orecchio a bassa voce.
“Ma
lui è l’uomo nero, lo sai?”
Dal
sorrisino beffardo che uscì dalle labbra del Colonnello,
capì che nonostante i tentativi di Christie lui aveva
ascoltato.
“Non
è sempre cattivo. Non bisogna solo farlo arrabbiare,
tesoro.”
Chissà
che storie macabre si raccontavano su di lui. Dopotutto i suoi compagni
Inglesi razziavano città dopo città, era quasi
normale che girassero queste voci su di loro.
“Ma
è cattivo, perché stai con lui?”
Tavington
si era inginocchiato anche lui come Beatrix ed erano ora tutti e tre
alla medesima altezza.
“Su
Beatrice, di’ alla piccola Christie perché stai
con me..”
La
ragazza avrebbe voluto girarsi e buttarlo per terra. Così si
sarebbe sporcato tutto di fango e avrebbe smesso di prendersi gioco di
lei.
Lo
fulminò con gli occhi, ma non bastò.
“La
risposta è semplice tesoro. Non vedi quanto sono
affascinante?”
La
sua frase fece ridere la bambina, ma fece sempre di più
innervosire Beatrix.
“Non
sei così cattivo come dice la mamma. Lei non vuole che parlo
con voi, dice che la notte venite a mangiare i bambini.”
Tavington
prese una carota dal cesto ed insieme a Christie diede da mangiare al
cavallo.
“No.
Non digerisco i bambini, mi vanno per traverso. Sai cosa mi piace
invece?”
La
bambina lo guardava incantata e Beatrix notò solo allora che
anche lei lo guardava affascinata dai suoi modi cordiali con la
ragazzina. Se gli avessero detto prima che Tavington era un uomo dolce
con i bambini avrebbe riso a crepapelle, invece in quel momento
capì che erano pochi quelli che conoscevano davvero quel
freddo Colonnello Inglese.
“No,
cosa ti piace?” chiese incuriosita Christie.
“La
torta al cioccolato. Ma da quando sono qui nelle Colonie non ho ancora
trovato nessuno che mi abbia fatto una torta.”
E
-sicuramente non accidentalmente- il suo sguardo cadde su Beatrix.
“Anche
a me piace la torta al cioccolato!”
Saltellò
la bambina, ormai non lo vedeva più come il nemico che era.
“Christie!
Christie! Vieni immediatamente qua!”
Una
donna con abbondanti fianchi si avvicinò a loro. Portava una
cuffietta in testa e aveva tutto il grembiule imbrattato di farina.
Doveva essere la madre, almeno credette così Beatrix.
Non
sembrava contenta che la sua figlioletta avesse fatto conoscenza.
Appena arrivata prese per le orecchie il ragazzino che era con Christie
e tirò forte.
“E
tu scellerato, perché non controlli tua sorella?”
Era
una donna violenta e dalla vista delle sue braccia spesse doveva
picchiare forte.
“Christina
Maria, quante volte ti ho detto che non devi parlare con gli
sconosciuti!”
Il
suo sguardo pieno d’odio cadde con riluttanza prima sul
Colonnello e poi su Beatrix.
“Soprattutto
se sono degli..Inglesi.”
Beatrix
era certa che non era quella la frase che avrebbe voluto pronunciare,
immaginò che nella sua mente scorresse una sequela di
insulti. Ma forse la paura verso Tavington la bloccò.
Prese
la bambina per un braccio e la trascinò via, portandosi
dietro il ragazzino livido in volto.
Erano
rimasti solo loro due.
Beatrix
si girò –senza parole- verso Tavington.
“Che
benvenuto caloroso. Non avete detto niente,
perché?”
Lui
le diede una semplice occhiata e poi proseguì a camminare,
sollecitando così Beatrix a fare lo stesso. Quando la
ragazza lo ebbe raggiunto lui rispose.
“Cosa
avrei dovuto dirle? Capisci adesso perché ti dico che sono
tutti ‘bifolchi armati col forcone?’ ”
Chissà
quante volte si era trovato di fronte a quella situazione, lui faceva
semplicemente il suo dovere, il suo lavoro. E tutti lo
evitavano come fosse la peste, adesso iniziava a capire sempre di
più il suo odio verso i suoi compaesani.
“Avete
ragione, però non sono tutti così.” Lo
trattenne per un braccio e lo costrinse così a voltarsi.
“Io non sono
così.”
Lui
le accarezzò con dolcezza il volto e tracciò con
il suo pollice cerchi sulla sua guancia. Quel massaggio rilassante le
fece abbassare le palpebre.
“Lo
so.”
Disse
solo quello e poi la spronò a seguirlo all’interno
di un edificio fatiscente. Sembrava molto precario, Beatrix aveva paura
che le cadesse addosso qualche trave di legno. Scesero le scale e poi
arrivarono nei sotterranei.
Era
tutto sporco e si sentiva un odore pessimo. Quasi le venne da vomitare.
Giunsero
davanti ad una porta con le guardie a controllarla.
Una
volta entrati, la porta venne chiusa. Beatrix osservò il
posto nel quale l’aveva condotta.
Già..proprio
un bel posticino romantico.
Spoiler prossimo cap
E pensare che fino a qualche secondo fa era stata così
contenta, eppure quella era la realtà.
Lui era il suo nemico.
Era sparito il suo adorabile William.
C’era solo il Colonnello Tavington.
N/A
Ciao a tutte!! ^^
****
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^
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Capitolo 18 *** Tavington: l’uomo e il carnefice Parte Seconda: il carnefice ***
Capitolo XVIII
Capitolo XVIII
Tavington:
l’uomo e il carnefice
Parte Seconda: il carnefice
“Che
ci facciamo qui?”
Chiese Beatrix titubante, quel posto la
inquietava,
c’erano uomini ammassati contro i freddi muri della cella.
Dovevano essere stati pestati, perché avevano i volti
sanguinanti e gonfi. E la cosa peggiore era che la ragazza ne conosceva
alcuni, c’era perfino il reverendo di Pembroke!
E pensare che fino a qualche secondo fa era stata
così contenta, eppure quella
era la realtà.
Lui era il suo nemico.
Era sparito il suo adorabile William.
C’era solo il Colonnello Tavington.
“Pensavo avessi nostalgia della tua
casa.”
Che cos’era, un modo per beffarsi di
lei?
I Ribelli avevano perso alla fine, avevano ideato
un buon
piano, ma non erano riusciti comunque a battere gli Inglesi. Beatrix
non riusciva a capire cosa fosse successo realmente, un momento prima
in battaglia Tavington stava perdendo e poi..eccoli tutti
lì.
Mancava un pezzo del puzzle.
“Io li conosco, Colonnello.”
Lui si era avvicinato a lei, che invece manteneva
le distanze dall’uomo.
“Lo so, amore.”
Aveva attirato il corpo della ragazza contro di
sé e
stava ispirando il suo odore. Beatrix era ancora sconvolta rispetto
alla situazione che si era creata per capire quello che il Colonnello
stava facendo. Non respinse le sue carezze, nemmeno i baci lascivi che
gli lasciava sul collo. Ma fu quando lui stava approfondendo le sue
attenzioni, che lei si staccò da lui.
“Che state facendo,
Colonnello?”
Lo guardava senza capire niente. Lui era dolce,
affettuoso, carino.
No, questo non era Tavington. Poteva continuare a ripetersi che era
cambiato, ma così prendeva solo in giro se stessa.
Cosa aveva in mente?
“Solo quello che vuoi anche tu,
Beatrice.”
E così ritornò alla carica.
Questa volta la
attirò con forza contro di sé e poi la
baciò. Fu
un bacio tutt’altro che dolce, era rude. Lontano da
quelli
che si erano scambiati fino a poco prima.
“No. Non così.”
Beatrix cercava di allontanarlo, ma le braccia di
Tavington
erano forti. Troppo per lei. Il peso del corpo dell’uomo
l’aveva fatta indietreggiare fino a che, ad un certo punto,
percepì la freddezza del muro contro la sua schiena. Lui la
bloccava e non le permetteva di allontanarsi.
“Avevi detto che mi amavi, non
è più così, gattina?”
Certo che lei lo amava ancora, ma non voleva
essere trattata
così. Era chiaro che lui non lo facesse perché
aveva
bisogno del contatto fisico con lei, mirava a metterla in imbarazzo di
fronte a quella gente, che una volta erano stati i suoi compaesani. Una
veloce occhiata agli altri individui confermò infatti il suo
pensiero. Chissà cosa pensavano in quel momento.
Lei,
Americana, che se la fa con gli Inglesi!
Quello era per forza il loro pensiero.
“Smettila, William.”
E gli tirò uno schiaffo potente contro
la guancia. Si
accorse subito di aver fatto un grosso errore quando sentì
lo
schiocco dello ceffone, ma soprattutto il fatto che tutte le persone si
erano girate verso di loro. Era stata una stupida a comportarsi
così, sapeva bene che lui odiava che fosse messa in
discussione
la sua autorità, e lei cosa faceva? Lo umiliava per la
seconda
volta davanti ai suoi nemici. Aveva paura di alzare lo sguardo verso il
Colonnello. Quando si decise a guardarlo, vide che aveva gli occhi
iniettati di sangue, era arrabbiato. Ma non era grave, vero? Dopotutto
si era infuriato anche per la questione di Tarleton e poi le aveva
regalato l’anello alla fine. Magari anche quella volta
l’avrebbe perdonata.
Lui fece un passo indietro, era controllato nei
movimenti. La
smorfia crudele che si era formata nel volto non era sparita. Lei era
pronta a ricevere uno schiaffo, che però non
arrivò.
Non disse niente e invece andò in
un’altra
stanza. Beatrix non sapeva esattamente cosa fare, così lo
seguì. Proprio in quella stanza vide l’ultima
persona che
avrebbe voluto vedere.
Gabriel!
Tavington era arrabbiato, perciò
intuiva che non poteva urlargli contro e nemmeno chiedergli di liberare
il suo amico.
Il Colonnello si rivolse al ragazzo in modo
minaccioso.
“Sei più in vena adesso di
raccontarmi chi è il vostro Capo?”
Ecco cosa voleva, il nome del Fantasma!
Povero Gab, chissà che pena doveva aver passato, aveva il
corpo
quasi macellato. In effetti non poteva essere altrimenti dal momento
che Tavington lo chiamavano proprio ‘The Butcher’.
“Da me non otterrete niente,
Colonnello. Uccidetemi, se volete.”
“Ti ucciderei molto volentieri subito,
ma credo che la tortura sia più soddisfacente.”
Era incredibile come era cambiato appena entrati
nella stanza. Era un’altra persona.
Beatrix aveva paura per Gabriel, Tavington non
scherzava. Non
sembrava una minaccia a vuoto, lo avrebbe fatto soffrire sul serio.
Allora la ragazza cercò di spezzare una lancia in suo favore.
“Colonnello, ragionate. Magari non sa
niente, dopotutto..”
Non le permise nemmeno di finire la frase, che la
interruppe subito.
“Fatti gli affari tuoi, Beatrice. Dopo
mi occuperò anche di te.”
Oddio, era terribile il modo in cui si era
rivolto a lei. Non
erano tanto le parole ad averla colpita, era piuttosto il tono. Da
spezzarle il cuore.
“Io non ho fatto niente,
Tavington.”
Se lui voleva la distanza, avrebbe avuto lo
stesso trattamento anche da parte sua.
Lui sghignazzò e poi si
avvicinò a lei lentamente.
“Questo lo stabilirò
io.”
Più lui faceva un passo verso di lei,
più lei indietreggiava. Non aveva ancora capito se scherzava
o meno.
“So del Fantasma quanto voi. Quindi non
potete farmi niente.”
Sembrava il gioco del gatto e del topo. Infatti
giravano
attorno al tavolo, ma stavano entrambi camminando piano, guardandosi
negli occhi.
“Dici? Vuoi dirmi che non posso
torturarti per avere il nome?”
Lei non capiva dove volesse andare a parare,
perciò si
fermò. Non aveva senso scappare da lui, dato che era
innocente.
E davvero non sapeva niente del Fantasma, perché fuggiva da
lui?
Doveva affrontarlo.
“No, non potete.”
Cercò di trasmettergli
–almeno con il portamento- sicurezza e fiducia in
sé. Sperò che bastasse.
Lui, intanto, si era avvicinato a lei. Era molto
vicino, si
trovava dietro le sue spalle. Le scostò i capelli da un lato
e
soffiò sul suo collo.
“Ma posso farlo per altri crimini,
Beatrice.”
La ragazza si girò bruscamente e
puntò i suoi occhi contro di lui.
“Tipo, quali? Perché mi sono
innamorata della persona sbagliata?”
La frase, forse, lo sconcertò per
qualche secondo, si
aspettava qualche cosa stupida da lei. Ed invece aveva di nuovo scelto
la verità. Peccato che fossero solo pochi secondi, gli
stessi
che utilizzò per ritornare come prima.
“In merito alla tua prima supposizione
ho già
un’idea. Per esempio, Beatrice, tu sapevi del piano che aveva
architettato questa banda?”
Beatrix cercò con lo sguardo Gab,
perché non
sapeva che fare. Lui le mimava di non parlare, ma tanto Tavington
sapeva del suo coinvolgimento. Si era praticamente auto confessata.
Optò per la verità, dal
momento che ormai aveva un piede più dentro che fuori dalla
fossa.
“Sì, lo sapevo.”
La sua confessione, come immaginato, non
stupì il
Colonnello. Lui già sapeva, voleva semplicemente vincere lui
come sempre. Ed era quello che stava facendo, in quel caso la ragazza
non aveva molte scusanti, era in colpa.
“Bene. E tu sai, Beatrice, che questo
è tradimento? Complottare con i nemici equivale ad una pena
di morte, lo sai?"
La stava spaventando. Per la prima volta da
quando lo aveva
conosciuto, lo temeva sul serio. Nemmeno a Pembroke aveva avuto
così tanta paura, perché in quel caso lui aveva
scherzato.
In quel momento no.
“Siamo in guerra, quindi non valgono le
stesse regole?”
Cercò di trovare una via di fuga,
venne però fermata fin da subito dal Colonnello.
“Proprio perché siamo in
guerra io sono
giustificato a fare del tuo corpo ciò che voglio.
Perché
altrimenti ci dovrebbe essere un processo e tutti i suoi fastidi.
Invece così faccio quello che voglio senza renderne conto a
nessuno. Hoc bellum est.”
Perché era così crudele?
Era davvero quello il vero Tavington?
Quello stesso nome che faceva tremare e
poi inginocchiare intere città?
Era quello l’uomo che amava?
“Perciò volete
uccidermi?”
Tanto valeva saperlo subito se era il cappio che
voleva metterle al collo.
Lui intanto aveva preso un coltello e si stava
avvicinando di nuovo a lei.
Oddio, la fine era vicina.
Ma non colpì lei, bensì
Gabriel. Era terribile
vedere quella scena, non lo aveva ucciso, solo ferito gravemente al
torace. Gab aveva urlato, ma tanto poco contava. Tavington continuava.
Colpiva ripetutamente il corpo –ormai già
martoriato- del
suo amico e il sangue colava. Lei avrebbe voluto fermarlo, ma tanto
sapeva che era inutile. L’unico risultato sarebbe stato farlo
innervosire di più. Stava male per Gabriel, piangeva e
urlava,
ma era inutile. Lui non si fermava, nemmeno quando lei lo
pregò
di prendere il suo corpo al posto di quello dell’amico. Se
era
quello il modo di ferirla, ci era riuscito pienamente.
Poi, ad un certo punto, lui si fermò.
E non
causalmente, infatti Gabriel aveva perso conoscenza, tanto forse il
dolore sopportato. Perciò Tavington si interruppe,
farfugliò qualcosa del tipo ‘Se non è
cosciente non
è divertente’ e poi ripose nuovamente il coltello
nei suoi
stivali.
Brutto sadico
che non sei altro! Ti odio!
Il suo cuore urlava cose terribili,
perché la sua anima si era frantumata insieme al corpo
macellato dell’amico.
“Se è me che volete punire,
fatelo! Non prendetevela con lui.”
Allora la ragazza prese la carica e
cercò di colpirlo
con i pugni, ma lui la fermò prima ancora che potesse
toccare il
suo corpo.
“Uccidetemi!”
Gli gridò, in piena crisi isterica.
Lui, in risposta, la guardò come si
guarda un matto in manicomio.
“Ancora no, però il tuo
amico morirà se non parlerà. Io voglio quel nome e io lo
otterrò, Beatrice.”
Era più che determinato ad ottenere
quel nome e lei
sapeva che in un modo o nell’altro lo avrebbe ottenuto. Il
problema era che lei sul serio non ne sapeva niente. Qualche voce
l’aveva sentita su quel Fantasma, ma erano appunto solo voci,
le
stesse che aveva udito su Tavington. Ma solo quando ne ebbe fatta la
sua conoscenza, capì veramente
qualcosa su di lui.
“Non so più come dirvelo,
Colonnello. Io non so niente.”
Sperò che lui lo capisse e non
infliggesse ulteriore dolore al povero amico.
“Forse sì,
Beatrice.”
E prese con forza i suoi capelli in un pugno. Li
stringeva
forte, molto forte che lei quasi credette che l’intera chioma
si
fosse staccata.
“O forse no.”
Aveva attirato il corpo della fanciulla contro il
suo petto e
manteneva ancora la presa salda sui suoi capelli. La mano destra
massaggiava il suo décolleté rudemente, come un
animale.
“Eppure Beatrice anche lui mi dice che
non sa niente, a chi devo credere?”
Finalmente lasciò la presa suoi
capelli e la
girò velocemente. Poi la sbatté con forza contro
il muro,
così forte che sentì perfino il rumore dello
schianto
contro le pietre.
“Dovete credermi, che motivo avrei di
mentirvi?”
Le sue mani non si erano fermate nemmeno un
secondo, aveva
infatti aperto barbaramente la sua camicetta, facendo saltare tutti i
bottoni. C’era una strana urgenza in lui che lei non riusciva
proprio a comprendere. Non era quella voglia che lo caratterizzava in
quei momenti, non era un bisogno fisico del suo corpo, ma era una
dimostrazione di potere. Glielo aveva fatto capire prima con le parole,
ed ora lo stava ribadendo con i fatti. Poteva cambiarlo quanto voleva,
ma lui rimaneva sempre e solo il Colonnello Tavington.
“Mi hai già mentito,
Beatrice. Ricordi in battaglia..per poco non sono morto grazie a
te.”
Parlava ancora di quello, quindi messe le cose in
quei termini non l’avrebbe perdonata mai.
“Era diverso, non ero ancora innamorata
di voi.”
Quelle parole erano aria e basta. Non lo aveva
fermato,
infatti Tavington le aveva staccato brutalmente la camicetta marrone
che componeva il completo che stava indossando. Non aveva ancora i seni
scoperti solo perché indossava la sottoveste che li copriva.
“Quindi devo credere che ora non mi
mentirai più per questo?”
Scostò la sottoveste da un lato,
facendo uscire
così i seni fuori. Così esposta si sentiva
inerme, come
poteva fare l’amore con lui in quel dannato posto?
L’aveva appena minacciata.
Sul tavolo c’era il suo migliore amico
mezzo morto.
E nell’altra stanza c’era in
pratica tutta la comunità di Pembroke.
Cos’era diventata, una prostituta?
“No, Colonnello, ve lo giuro, non vi
mentirò più. Lasciatemi adesso.”
Gli urlò contro, cercando al contempo
di staccarsi da
lui. Una cosa vana, perché lui aveva afferrato le sue cosce
e
–una volta prese saldamente- l’aveva issata. Era
riuscito
senza che lei se ne rendesse veramente conto a metterla nella posizione
che voleva lui. Per fare di lei quello che voleva.
“Non mi vuoi? Non avevi detto di
amarmi?”
Si prendeva ripetutamente gioco di lei, come se
fosse la sua bambola di pezza con cui poteva giocare quanto voleva.
“Non così e lo sapete bene.
Questo posto è macabro.”
“Questa è la mia vita,
Beatrice. È meglio
che tu capisca bene chi è realmente l’uomo di cui
ti sei
innamorata.”
Si fermò alcuni secondi per
sbottonarsi i pantaloni e
poi entrò con forza dentro di lei. Nessuna carezza, nessun
gesto
dolce, che solitamente anticipavano l’atto.
Niente, solo la sua forza bruta.
“Perché devi sapere,
Beatrice, che io sono questo.”
E spinse forte, facendola sbattere contro il
muro. Aveva i capelli scombinati e sospirava pesantemente.
“Sono un Colonnello Inglese, che serve
sua
Maestà Re Giorgio III. Non sono come il tuo amico colone,
non
zappo la terra.”
Un’altra spinta brutale.
“Combatto tutti i giorni questi
zoticoni. Non ci saranno mai cenette romantiche vicino al
camino.”
Un’altra spinta.
“Ma solo questi posti che tu chiami macabri. E sai una
cosa? A me piacciono questi posti.”
Questa volta spinse ancora più forte
delle altre,
quasi si sentiva violata dall’uomo che amava. Non poteva dire
che
la stesse violentando perché comunque lei lo amava e
c’era
sentimento, ma il modo rozzo con cui la stava trattando le faceva
venire le lacrime agli occhi.
Già, perché ormai piangeva
un fiume di lacrime.
Ma lui non si fermava, le stava facendo male. Eppure continuava quella
sua stupida dimostrazione di potere.
“Allora, Beatrice, mi ami
ancora?”
Lo odiava terribilmente, ma lo amava alla stessa
intensità. Come si faceva ad amare e odiare una persona
così? Era da stupidi, avrebbe dovuto dimenticarsi di lui.
Perché sebbene tutti i suoi sforzi di dimenticarsi che
fossero
nemici, lui non se n’era dimenticato mai.
Si sentiva a pezzi sia rispetto al suo fisico e
sia
nell’animo. Lui continuava a pompare e la stava stremando
nelle
forze e poi –quando raggiunse l’orgasmo- il
Colonnello si
arrestò. Prima si liberò in lei e poi la fece
scivolare
per terra. Non aveva più le forze sufficienti per muoversi,
aveva bisogno di riposare e voleva stare da sola dopo il suo assalto
precedente.
“Cosa vuoi che ti dica, William? Devo
dirti che ti odio..bene. TI ODIO. Ora vattene.”
Non lo guardò nemmeno in faccia. Lei
era appollaiata
per terra, le gambe semiaperte con il sangue che gocciolava sulle sue
cosce.
Era stato così brutale che
l’aveva fatta perfino sanguinare.
La testa era appoggiata contro il muro e il suo
sguardo era
vago, non aveva voglia di vederlo per un po’. Anzi per un bel
po’.
Lui, a differenza sua, non era stato per niente
colpito. Si
era sistemato i pantaloni e i capelli come se niente fosse e nel giro
di pochi secondi era riuscito a darsi un aspetto presentabile per
uscire fuori.
Lui non
cambierà mai.
Era un’illusa lei a credere ancora il
contrario.
“Molto bene, hai bisogno di riflettere,
Beatrice, da che parte stare.”
Si era inginocchiato vicino a lei e le parlava a
qualche
centimetro dal suo viso. La voglia di sputargli in faccia era tanta,
eppure si trattenne solo perché lo voleva fuori in fretta.
“Mi sembra che abbiate già
stabilito le nostre
posizioni, Colonnello. Io e voi non abbiamo niente a che fare a quanto
pare.”
Si sentiva distrutta, giù di morale.
Non voleva
rivalutare la sua storia con lui, perché sapeva fin troppo
bene
a che conclusioni sarebbe arrivata.
“La scelta è tua, Beatrice,
o sei dalla mia
parte e mi dici quel dannato nome che voglio, oppure ti
dichiari
mia nemica.”
Le accarezzò con falsa dolcezza la
guancia.
“Hai visto cosa succede ai miei nemici,
pensa bene da
che parte stare. Tanto in un modo o nell’altro
avrò quel
nome, a costo di torturare ogni fottuto Americano che trovo.”
Lei scacciò con riluttanza le sue mani
dal volto.
“E io, Colonnello, vi ho già
ripetuto che non so chi sia la persona che cercate.”
“Qualcuno lo sa, forse non sei tu,
forse non è il giovane Gabriel. Ma qualcuno sa.
Nell’altra stanza ci sono altri tuoi compaesani, scommetti
che anche loro mi diranno la stessa cosa?”
Beatrix non capiva perché si imputava
con lei, come faceva a dirgli un nome che non sapeva?
“Tanto ogni cosa che faccio non va bene
per voi,
uccidetemi subito invece che farmi passare le pene
dell’inferno!
Cosa volete da me?”
Lui passò il dito sul corpo della
ragazza, il dito ora
scendeva e sfiorava il suo petto ancora scoperto in modo indecente.
“Da te..personalmente vorrei tante
cose." rise sardonico mentre
le accarezzava con voluttà il seno e -a differenza
dell’altre volte- lei non voleva il suo tocco.
Era l’ultima cosa che desiderava.
"Ma prima di tutto il
dovere..procurami quel nome.”
“Dovrei tradire i miei amici,
è questo che mi state chiedendo?”
I suoi occhi si illuminarono, aveva centrato il
punto.
“Rimarrai qua con loro, Beatrice, fino
a quando non mi
dirai il nome. Minacciali, picchiali, scopali..fai quello che vuoi. Ma
io voglio
quel nome.”
Era incredibile. Lei era Americana e lui le stava
chiedendo di tradire i suoi compaesani. Solo un folle lo avrebbe fatto.
“Volete che sia la vostra spia? Ma non
sarà mai
credibile, ci hanno visti insieme e sanno che c’è
intimità..credete davvero che si confideranno con me?
Pensano
che io sia la puttana del Macellaio!”
Sebbene il suo sfogo avesse fatto ridere il
Colonnello, non servì però a dissuaderlo.
“Procurami quel nome, altrimenti
marcirai in questa topaia fino al resto dei tuoi giorni.”
Quella minaccia era tremenda, quel posto sapeva
di morte e lei non voleva starci.
“Non potete lasciarmi qua, vi
prego!”
Intanto Tavington aveva agganciato ad una gamba
della ragazza
la catena attaccata al muro. Non poteva più attaccarlo o
muoversi, la condanna era definitiva.
“Tu fai confessare il nome e io ti
libererò, semplice.”
Si alzò in piedi e si
incamminò fuori dalla stanza.
“Siete un bastardo, Tavington. Maledico
il giorno che vi ho conosciuto.”
Lui sghignazzò e -prima di uscire
dalla stanza- si girò un’ultima volta.
“Questo, Beatrice, risponde alla tua
domanda di prima.
Sì, esserti innamorata della persona sbagliata ti ha
condotta
qui. Non saprei che dirti per risolvere il problema, dal momento che
non mi sono mai trovato in quella
situazione.”
Chiuse velocemente la porta, senza aspettare che
lei rispondesse.
Lo odiava, aveva chiuso quella dannata cella.
E insieme aveva chiuso anche il suo cuore.
Ti odio,
Tavington!
N/A
Ciao a tutte!! ^^
****
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^
|
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Capitolo 19 *** La piccola tigre in gabbia ***
Capitolo XIX
Capitolo XIX
La piccola tigre in gabbia
Aveva
passato un
altro giorno terribile, dormendo lì per terra, in quel posto
che
odorava di morte. All’inizio aveva percepito il rumore
leggero
dei topi che giravano in quella cella buia. Ne aveva il terrore, eppure
anche se si fosse lamentata non sarebbe cambiata molto la situazione.
Appena lui aveva lasciato la stanza, lei aveva continuato a urlare e
gridare per cercare aiuto, di lacrime ne aveva versate copiosamente.
Ma
il tutto era comunque, inevitabilmente inutile.
Aveva
ormai capito che da quel posto senza l’aiuto del Colonnello
non sarebbe mai uscita. Almeno da viva.
La
notte era
passata lentamente, sembrava che la luce non volesse giungere mai in
quel luogo dimenticato da tutti. Lei lo aveva accompagnato fino a
lì, perciò sapeva bene che l’aveva
lasciata in un
posto sicuro. Nessuno l’avrebbe mai sentita,
perciò se
Beatrix voleva uscire fuori aveva poche alternative.
O
decideva di
lasciarsi morire, per cui sarebbe uscita comunque dalle segrete; oppure
accettava il compromesso di Tavington e collaborava con lui.
La
cosa
divertente era che se lui glielo avesse chiesto in modo differente,
magari senza minacciarla, lei forse avrebbe accettato di aiutarlo.
Il
fatto era che
l’orgoglio dell’uomo era terribile, era odioso. Per
lui,
chiederglielo, sarebbe stato come dimostrare una debolezza.
Già, il
Colonnello Tavington non si abbassa a tanto!
Beatrix
non
capiva ancora come non avesse trovato il Fantasma, era in gamba e
forte, lo aveva appurato vedendolo combattere, perciò
perché razzolava ancora nel buio?
Adesso
che l’aveva avvilita, prosciugando le sue forze e il suo
animo, come poteva pensare che l’avrebbe aiutato?
Forse
contava sul peso della minaccia, ma non poteva lasciarla lì
fino alla fine.
Lei
sperava che stesse bluffando.
Le
catene che la
tenevano al muro facevano male, aveva constatato che erano permessi
movimenti estesi. Poteva perfino muoversi nella stanza.
“Hey
Bea..sei sveglia?”
Le
chiese Gabriel, ancora disteso sul tavolo con le gambe e braccia
costrette.
“Purtroppo
sì. Quasi quasi preferivo dormire, almeno non mi accorgevo
che questa
è proprio la realtà.”
La
ragazza si
alzò in piedi. C’era una piccola fiaccola nella
stanza,
perciò qualcosa si vedeva. Si vergognava un po’ a
farsi
vedere in quello stato dal suo amico. Sapeva di avere ancora addosso il
sangue ristagnato, per fortuna il corpetto lo aveva rattoppato la sera
precedente.
Ma
nel complesso non era di certo presentabile.
“Ma
cosa hai combinato? Non eri così l’altra sera
prima che svenissi.”
Lei
si era avvicinata al tavolo e stava controllando le ferite sul corpo
del ragazzo.
“Non
ti preoccupare, Gab. Sono caduta, non è niente.”
Cercò
di evitare il discorso, tanto non avrebbe cambiato di molto le cose.
“Allora
perché hai del sangue sulla gonna, sulle gambe,..Beatrix che
succede?”
“Non
succede proprio niente, Gabriel. Pensiamo a come ce ne andremo da qui,
tanto ormai quel che è fatto è fatto.”
Le
dispiaceva un
po’ trattarlo male, ma non aveva proprio voglia di discutere
con
lui su quello che ormai il Colonnello le aveva già fatto. Le
cose non si potevano cambiare, non aveva senso continuare a parlare con
il senno di poi.
“Mi
dispiace, scusa. Non volevo farti arrabbiare, però ci tengo
a
te. Appena esco di qua lo ammazzo, te lo giuro.”
Aveva
gli occhi
rossi dalla rabbia, sicuramente aveva intuito quello che era successo
quando lui aveva perso conoscenza. Lo aveva fatto preoccupare e non era
quella la sua intenzione.
“Gab,
non credo che usciremo presto fuori di qua.”
“Sì,
usciremo, Bea. Quando mio padre avrà scoperto dove siamo
verrà a prenderci.”
Suo
padre era un
fabbricante di mobili, non aveva l’esperienza e certamente la
forza per venire a soccorrerli. Aveva sentito che i suoi compaesani si
erano riuniti e avevano deciso di formare quella Banda di Ribelli. E
non erano soldati, bensì semplicemente uomini. Forse era uno
di
quelli.
“Non
credo, Gabriel, che potrà mai arrivare fin qua.”
Rispose
lei,
ormai demoralizzata. Era bello continuare a sperare, ma in quel caso
non aveva senso. Solo Tavington poteva farli uscire e lui le aveva
fatto capire chiaramente quello che voleva.
Tradisco il mio Paese
o no?
Avrebbe
perso
Gabriel, avrebbe perso l’affetto di tutti. Le sarebbe rimasto
solo Tavington, ma era davvero sicura che lui –una volta
ottenuto
il nome- l’avrebbe ancora tenuta con sé?
No,
non ne era
sicura. Perché se la sua mente stava combattendo in quel
momento
con quei pensieri, voleva dire che il dubbio era insorto in lei.
“Mio
padre era un soldato, Beatrix, ed era anche molto bravo. Lui
verrà, te lo assicuro.”
“Non
me lo
avevi mai raccontato, Gab, allora perché non combatte
nell’esercito dei Regolari? Potrebbe essere utile.”
Lui
la guardò intensamente, come se stesse ponderando sul
continuare quella conversazione o meno.
“Lui
sta
combattendo, Beatrix, per la libertà.”
Forse
lui intendeva che faceva parte di quella banda, ma lei sapeva che non
era quello il modo migliore per aiutare la Causa.
“Vuoi
dire che è uno dei Ribelli?”
Lui
fece un respiro profondo e la guardò dritto negli occhi.
“Posso
fidarmi di te, Bea?”
Bella
domanda.
Aveva deciso di aiutare Tavington alla fine? Non lo sapeva, voleva del
tempo per pensarci. Ma lui la stava mettendo così alle
strette,
doveva decidere subito. Se avesse aspettato ulteriormente, lui avrebbe
visto il dubbio che c’era in lei.
Così
decise di rispondere seguendo il suo istinto. Il suo cuore
l’aveva condotta in quel posto, ora doveva dar retta al suo
cervello.
“Sì.”
Il
Colonnello
Tavington si svegliò quella mattina provando una strana
sensazione. Non era da lui dormire solo, aveva sempre voluto avere
compagnia. Questo non sempre perché ne sentiva la
necessità, bensì perché voleva sentire
accanto a
sé il calore di un corpo.
Da
quando aveva
lasciato la sua casa a Liverpool le cose erano cambiate, e non erano
migliorate per niente. Aveva fatto di tutto per lasciarsi dietro il suo
passato, perfino mentendo a sua sorella, eppure l’incubo che
lo
tormentava la notte si stava trasformando in realtà.
Sto diventando come
lui..
Quel
padre che aveva combattuto fin dalla sua fanciullezza stava prendendo
vita dentro di lui.
Forse
il suo
atteggiamento era scaturito proprio da quello, non aveva scelta di
cambiare. Era destinato a ripetere gli errori del padre?
Con
quel
pensiero, che gli chiudeva lo stomaco in una morsa, si diresse verso la
brocca con l’acqua. Ne versò un po’
sulle mani e si
sciacquò il viso, cercando di cancellare anche quelle
preoccupazioni.
Una
volta che fu pronto e vestito, uscì dal locale.
La
prima notte
solitaria nella sua vita, un record. Aveva avuto proposte da parte di
donne di passare con loro la notte, ma –in modo inspiegabile-
aveva detto no. Forse perché loro non erano lei.
Aveva provato già una volta ad andare con altre per
togliersi la
ragazza dalla testa, ma il risultato non era stato granché.
E
poi lui lo aveva fatto perché sapeva che dopo sarebbe andato
nella stanza con lei, avrebbe avuto Beatrix tra le braccia. E
–sebbene all’inizio fosse stata un po’
restia- lo
aveva sempre soddisfatto e si era abbandonata tra le sue braccia.
Ecco
perché -forse- non aveva voluto nessuna al suo posto, poi
sarebbe rimasto con l’immagine della sua ossessione per tutto
il
tempo, ma lei doveva stare nella prigione buia.
Mentre
William
scendeva gli scalini che lo conducevano alle celle pensava alla scelta
che aveva fatto, non era stato premeditato quel piano.
All’inizio
lui avrebbe voluto semplicemente portarla lì, baciarla un
po’, facendo innervosire il prigioniero che poi avrebbe
confessato. Non si aspettava di certo un suo rifiuto, come non si
aspettava quello schiaffo.
Già,
forse era stata proprio quella la fiamma che aveva acceso la sua ira.
Non avrebbe dovuto farlo davanti ai suoi nemici, si era presa gioco del
suo cuore e di lui.
No.
Era certo che non avrebbe mai deciso così se lei non
l’avesse schiaffeggiato.
Non
era abituato ai rifiuti, in effetti nessuno mai prima
d’ora lo aveva rifiutato. Pure lei, nel bene o nel male, lo
aveva sempre accolto.
Ancora
pochi metri e l’avrebbe rivista.
Sapeva
cosa
avrebbe incontrato, la furia della ragazza dopo il brutale assalto
della sera precedente. William un po’ si vergognava per
quello
che aveva fatto –anche se a lei non lo avrebbe mai
confessato-
però lui sapeva che era stata la rabbia. Tutta quella che
aveva
accumulato nella giornata e lei non aveva migliorato le cose, odiava
quando cercava di cambiarlo.
Lui
era un
soldato, doveva combattere per vincere quella dannata guerra, ed era
già grave che si fosse infatuato di lei, che era il suo
nemico.
Doveva capire che se voleva stare con lui, nei limiti stabiliti, quello avrebbe
avuto.
Quella vita che lei
disdegnava.
Quando
entrò nella cella in cui l’aveva lasciata, la
trovò
seduta su una sedia vicino a Gabriel. Stavano sorridendo mentre
giocavano a qualcosa. Lui l’aveva resa felice, mentre William
l’aveva ferita. Non gli piacevano come si erano messe le cose.
“Vedo
che ti sei ripresa velocemente..”
La
punzecchiò lui.
Lei
alzò lo sguardo stizzita, non sembrava per niente felice di
vederlo.
“Siete
già tornato. Non avevate da fare con qualche
puttana?”
rispose acida e tornò ad occuparsi di quello che faceva con
l’altro.
“La
notte ti ha portato consiglio?” la istigò.
“Sì,
decisamente.”
A
quel punto, lui si avvicinò a lei e attese di sentirle dire
il nome che voleva.
“Quindi?”
Beatrix
agitò le braccia e gli indicò le catene.
“Toglietele.”
“Così
poi farai la pazza?” rispose diffidente lui.
“Come
potrei farvi male dal momento che non ho nessun oggetto
contundente?”
Alzò
le
sopracciglia con fare arrogante. Gli era mancata davvero, se non ci
fosse stato nella stanza anche quel prigioniero l’avrebbe
stesa
per terra subito e avrebbe così recuperato le ore arretrate.
“Va
bene, voglio fidarmi di te.”
Così,
andò verso l’allacciatura delle catene e
–prese le chiavi- la liberò.
“Adesso,
il nome.”
Lei
si
avvicinò a lui fino a trovarsi molto vicino al suo volto.
Gli
diede un bacio sulla guancia piano e lentamente. Si muoveva come se
volesse fargli desiderare ogni centimetro del suo tocco.
E
lui lo voleva. Sì, che lo voleva.
“Mi
siete
mancato, lo sapete?” disse sensuale, mentre gli baciava il
collo,
sentiva la pelle tirare leggermente, lo stava marchiando.
Le
sue mani, dopo averlo stretto a sé, viaggiarono lungo la sua
schiena.
“Io
vi sono mancata?”
Gli
chiese piegando leggermente la testa di lato, mettendo un broncio
accattivante.
“Non
più di tanto.”
Il
Colonnello
sapeva di essere cattivo, ma non si sarebbe concesso subito a lei. Non
conosceva ancora fino in fondo le sue intenzioni, magari voleva
semplicemente incantarlo.
“Mmm..quasi
non mi stupisce la vostra risposta,
Colonnello.”
Lo
disse quasi
come se si beffasse del suo grado militare, aveva accarezzato lo stemma
che portava sul petto e lo guardava con disdegno.
“Che
vuoi, Beatrice?” le disse aspro.
La
ragazza si
muoveva ancheggiando, noncurante della presenza del suo amico. Si
comportava in modo del tutto inaspettato, lui aveva pensato di trovare
una tigre molto arrabbiata di essere messa in gabbia, invece aveva
trovato una micetta ammansita.
Quello
che aveva sempre sognato.
Lei
si era alzata sulle punte e aveva avvicinato la bocca
all’orecchio dell’uomo.
“Voglio
te.”
E
così
attirò la bocca di Tavington contro la sua. Lo
baciò
abbandonando la calma che aveva utilizzato prima. Il Colonnello
divorò letteralmente la sua bocca, mordendola, leccandola e
poi
si staccò.
“Mmm..vedo
che anche io ti sono mancata, William.”
Accarezzò
la sua divisa, mentre lasciava tanti baci sul suo collo.
“Dovrei
farti arrabbiare più spesso, allora.”
Lei
sorrise senza rispondere all’allusione e invece scese ad
accarezzare il suo busto.
“Ho
sognato questo momento tutta la notte, lo sai? Aspettavo di
rivederti..”
Le
sue mani erano giunte alla sua patta dei pantaloni, proprio
lì si arrestò la sua corsa.
“Qualcosa
mi dice che anche tu non vedevi l’ora di vedermi.”
E rise senza contegno.
Rimase
ad
accarezzarlo per un po’ rendendolo non poco eccitato e poi,
all’improvviso, cadde per terra inginocchiandosi ai suoi
piedi.
William
non
riusciva ancora a capire per quale motivo non avesse ancora fatto
niente. Era stato a godersi quello spettacolo senza replicare, senza
dire niente. Come se lei lo avesse stregato.
“Questo..questo
sarebbe quello che hai sognato?”
Chiese
il
Colonnello preso in contropiede, sentendo tutto ad un tratto molto
caldo e trovando scomoda –in quel momento più che
mai- la
presenza degli altri individui.
“Non
dovevo?”
Proseguì
lei con falsa innocenza. Dio, in quel momento avrebbe voluto essere
nella sua mente per capire davvero quello che stava pensando. Non
riusciva a dare un senso logico al suo atteggiamento arrendevole.
“Cosa
vuoi fare, Beatrice?”
La
ragazza lo guardò facendo gli occhioni dolci.
“Quello
che voglio fare ardentemente
in questo momento.”
Tavington
sentiva i pantaloni stringere, avevano bisogno di avere più
spazio. Lo stava portando al limite.
Il
Colonnello
gettò la testa all’indietro preparandosi a sentire
la sua
bocca su di sé. Chiuse gli occhi pregustando quel piacere di
cui
aveva un serio bisogno in quel momento.
“Lo
sapevo che eri una cattiva ragazza, lo avevo pensato dalla prima volta
a Pembroke.”
Ad
un certo
punto, Tavington sentì un click, un rumore sospetto in quel
momento e poi aprendo gli occhi capì quello che era successo.
Lei
lo aveva incatenato al muro, aveva sfruttato il suo momento di
debolezza per inchiodarlo al muro letteralmente!
Il
Colonnello
non ebbe il tempo di reagire per acciuffarla che era già
scappata via da lui. Le catene tiravano e non gli permettevano di fare
alcun movimento. E lui quello lo sapeva bene perché era
stato
lui che le aveva fatte impiantare affinché nessun
prigioniere
potesse ribellarsi e aggredire qualche Ufficiale.
Fregato con le mie
stesse armi.
“Avete
proprio ragione, Colonnello. Sono proprio una cattiva
ragazza.”
Lo prese in giro la fanciulla dall’altra parte della stanza,
rideva a crepapelle.
Tavington
non
abbandonò però la sua calma, non fece trasparire
alcuna
emozione diversa a lei. Quello che poteva vedere lei era semplicemente
lo stupore, ma niente di più.
Lui
controllò le sue tasche, prima una; poi l’altra,
alla
ricerca di quella cosa che l’avrebbe fatta smettere di
cantare
vittoria.
“Cercavate
queste?” e gli agitò sotto il naso il paio di
chiavi.
Che
bella idea
quella di mettere tutte quante insieme nello stesso anello, ora poteva
benissimo far uscire tutti i Ribelli, lasciando lui lì.
In
quel momento, Tavington comprese perché lei lo aveva
accarezzato intensamente precedentemente.. cercava le chiavi.
Idiota!
“Va
bene,
Beatrice. Bel giochetto, mi sono divertito.” Poi, guardandola
con
una minaccia –poco implicita- negli occhi proseguì
“ora dammi
le chiavi.”
Quell’ultima
frase tuonò come un ordine.
“Altrimenti?
Cosa
farete, Colonnello?” lo prese in giro lei.
“Ti
farò penare come se ci trovassimo in uno dei gironi
dell’Inferno.”
La
ragazza si incamminò in circolo nella stanza e assunse una
faccia perplessa.
“Forse,
ma prima sarà io
a farvi penare.”
Tavington
manteneva il suo solito portamento, era per nulla scalfito dalle sue
parole. Perché sapeva che lei non avrebbe mai inteso sul
serio
quello che diceva. Voleva spaventarlo, voleva prendersi una rivincita.
L’aveva
avuta, ora William trovava poco divertente quel gioco.
“Dammi
subito le chiavi, Beatrice.” Disse perentorio, con il tono
che non ammetteva repliche.
“Dopo,
prima voglio divertirmi un po’ con te, amore.”
Si
avvicinò all’uomo, non troppo, passandosi la
lingua sul labbro superiore in modo sensuale.
“Credevo
che lo volessi anche tu..”
Lui
prese un respiro, come se dovesse calmare i suoi nervi.
“Beatrice.”
Prese aria “sei ancora in tempo per rimediare al danno.
Liberami
e ti prometto che chiuderò un occhio.”
Promise
lui, ben sapendo che non gliel’avrebbe per niente perdonata.
Non
vedeva
l’ora di averla sottomano, avrebbe fatto crollare i muri
tante le
grida della ragazza. Lei doveva liberarlo, si era dato appuntamento con
Banastre e Cornwallis quel giorno nelle segrete per interrogare. Non
potevano vederlo in quello stato, non dovevano.
Avrebbe peggiorato la sua situazione ulteriormente, già,
quegli
uomini anelavano nel vederlo umiliato, ora lei gli stava fornendo
l’occasione sul piatto d’oro.
“Non
mi puoi tenere legato per tutto il tempo, arriveranno a darmi il
cambio.”
Intanto
quel
Gabriel se la stava ridendo sotto i baffi. Certo, doveva essere un
bello spettacolo per lui. Una piccola rivalsa contro il cattivo
Colonnello Inglese.
“Infatti,
William, non ti terrò lì per sempre.”
Beatrix fece
un passo indietro e poi disse, imitando la voce di Tavington
“prima dimmi il nome!”
E
quella strega scoppiò a ridere.
“Quasi
quasi, William, mi avevi fatto paura.”
Prese
il mazzo di chiavi e –invece che venire ad aiutarlo- si
diresse verso Gabriel e lo liberò.
“Beatrice,
stai commettendo un grande errore.. che pagherai a caro
prezzo.”
“Non
mi
fate paura, Colonnello. Ormai sono avvezza ai vostri modi barbari e
brutali, con tutto il male che mi avete fatto non potete affliggermene
un ulteriore.”
Mentre
il Ribelle si massaggiava i muscoli indolenziti, lei si
riavvicinò al Colonnello.
“Non
credo che possa esistere male peggiore di venire brutalizzata
dall’uomo che si ami.”
E,
per la prima
volta nella sua vita, William rimase senza parole mentre la donna
continuava a guardarlo negli occhi, senza smettere neanche quando
scesero silenziose lacrime sulla sua gota.
Allora
William
disse una frase che probabilmente fu un atto involontario della sua
coscienza, perché quella frase non l’aveva mai
detta a
nessuno. Almeno, non aveva mai
sentito col cuore quelle parole.
“Mi
dispiace.”
N/A
Ciao a tutte!! ^^
****
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^
|
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Capitolo 20 *** Fuori Controllo ***
capitolo XX
Capitolo XX
Fuori Controllo
“Non vi credo. Ormai non più,
Colonnello.”
Le aveva confessato troppe volte quel sentimento,
eppure un
momento dopo l’aveva calpestata come se niente fosse. Beatrix
continuava a ripetersi che non doveva lasciarsi trasportare da lui,
voleva ingannarla. Molto probabilmente era solo un modo per convincerla
a liberarlo, non lo pensava sul serio. Una parte del suo cuore avrebbe
voluto credergli sul serio, avrebbe voluto abbandonare quella lotta e
correre verso di lui. Ma quella piccola parte del suo cuore era troppo
debole, la sua mente stava prendendo il sopravvento e le stava
comandando di non farsi abbindolare. Se fosse stato davvero quello il
sentimento che diceva di provare, lo avrebbe dimostrato una volta
libero.
“Beatrice, non stai ragionando. Ti
rendi conto che sono
un Ufficiale e tu mi stai legando a questa dannata parete?!”
Tuonò lui.
In quel momento si avvicinò anche
Gabriel a Tavington, non troppo vicino.
“Già, Colonnello. Allora
anche voi vedete
l’aspetto divertente della faccenda.” E rise
insieme a
Beatrix.
“Non ci vedo niente di divertente.
Appena sarò fuori ti farò vedere io chi
riderà..”
Tavington sorrise malignamente a Gab, anche se
era legato la sua minaccia faceva paura.
“Proprio vero, Tavington.. quando sarete
fuori.”
Beatrix non voleva farli litigare, avrebbe dovuto
divertirsi
lei con William. Così, accostò una mano sul
braccio del
suo amico attirando la sua attenzione. Quando il giovane
girò il
volto verso di lei cercò di calmarlo.
“Gabriel, lascialo stare.
Perché non ti rilassi? Sei stato scomodo per un
po’ di giorni..”
Gli sorrise, sperando che servisse a rafforzare
il suo monito.
“Forse hai ragione, tesoro.”
Il ragazzo accarezzò dolcemente la sua
guancia, trasmettendole calore e dolcezza che non sentiva da un
po’.
“Se non ci fossi tu, Gab, sarei
persa.”
“Lo sai, Beatrix, che io sono sempre
qua per te.”
Forse spinta da quelle sue parole così
dolci o forse
semplicemente perché aveva un bisogno disperato di avere al
suo
fianco qualcuno che ci tenesse a lei, lo baciò.
Attirò le
sue labbra contro le sue e si abbandonò a quel momento.
Chiuse
gli occhi e immaginò di essere in un altro posto. In un
luogo
bello, soleggiato, solo loro due e quel bacio. Percepiva il calore del
corpo del ragazzo, favorito dal fatto che portava solo i pantaloni. Lui
la teneva stretta e giocava con la sua lingua.
Era qualcosa che le ricordava i bei tempi
passati, i momenti
a Pembroke con sua mamma, le uscite che facevano lei e Gabriel nei
boschi. Continuava a mantenere gli occhi chiusi e a visualizzarsi quel
panorama idilliaco.
C’erano solo lei e Gabriel, nessun
altro.
Si ricordava il profumo dei papaveri nel campo,
il rumore
delle campane che portavano le mucche e poi quei meravigliosi campi di
cotone sui quali le piaceva sdraiarsi e liberare la mente.
Lui non era pretenzioso, giocava con lei come
facevano da bambini e nel mentre le accarezzava con tenerezza le
braccia scoperte.
Era tutto perfetto, quel bacio era perfetto.
Eppure Beatrix sentiva che c’era
qualcosa che non
andava. Stava andando tutto bene, le sembrava che il tempo stesse
scorrendo all’indietro.
Allora perché percepiva un vuoto
dentro di lei?
Non provava pienezza come le altre volte, sapeva
che mancava
qualcosa per rendere davvero bello quel momento. Il bacio, le carezze,
la stretta.. non c’era niente di sbagliato e niente che lei
non
volesse. Sebbene temesse di aver rovinato quel momento,
continuò
ad accarezzarlo, questa volta però avvinghiò il
suo collo
e lo attirò con forza contro di sé. I movimenti
della sua
lingua erano più veloci, cercava disperatamente di
cancellare
quella strana sensazione. Poi, ad un certo punto, aprì gli
occhi
per rendere quel sogno una realtà.
Non vide però due occhi marrone scuro,
come si
aspettava. Bensì la sua mente aveva sovrapposto alla faccia
di
Gabriel quella del Colonnello.
Stava baciando il ragazzo pensando che fosse
Tavington!
Si vergognava da morire, si sentiva terribilmente
in colpa
per aver imbrogliato così il suo amico. Lei sapeva bene che
lui
era ancora innamorato di lei e certamente in quel momento lui aveva
pensato solo a lei. Se avesse letto i suoi pensieri..
Allora Beatrix si staccò di colpo da
Gabriel e prese
le distanze. Lui la guardava con sconcerto, probabilmente si chiedeva
per quale motivo si fosse arrestata.
“Hey, Bea.. ho fatto qualcosa di
sbagliato?” le chiese con genuina preoccupazione.
“No, no, Gabriel. Io, ehm.. No! Mi
è piaciuto molto il bacio, sei stato stupendo.”
Anche se in tal modo gli stava mentendo, sapeva
che non era
giusto gettare addosso al ragazzo le sue colpe. Solo lei doveva
fronteggiare i suoi fantasmi. Uno dei quali, in quel preciso momento,
stava ridendo. Non cercava nemmeno di contenersi, rideva di loro. Anzi
no, rideva di lei. Che avesse intuito la verità..? Nah
“Sono contento che ti sia
piaciuto.”
Prendendo due ciocche tra le dita,
accarezzò le sue punte. Le piaceva da matti quando lo faceva.
“Allora forse dovremmo andare da
qualche parte e stare un po’ insieme..”
azzardò Gabriel.
“Perché no, magari
possiamo..”
Era difficile cercare di pensare quando Tavington
non
smetteva di disturbarli. Era così chiaro che si stava
prendendo
beffa di loro, eppure non finiva. Non poteva fare un giro con Gabriel,
doveva chiudere la questione con quell’odioso Colonnello
Inglese.
Già..
solo per quello non vai via con lui, vero? Ammettilo che vuoi stare con
William.
Adesso anche la sua coscienza doveva parteggiare
per Tavington? Ma se un momento fa lo voleva far soffrire..
“Scusa, Gabriel, non posso..”
Il Colonnello continuava a fissarla, sfidandola a
lasciare la
stanza. Forse credeva che lei non sarebbe stata in grado di farlo, ma
si sbagliava di grosso.
Beatrix voleva, ma non poteva.
C’era Tavington da sistemare prima.
È
tutta colpa sua.. basta crederlo ragazza mia!
<
Stai zitta! >
“Gabriel, non posso..” poi
scrutò bene Tavington “..ora, forse
dopo.”
Lui non insistette. Le lasciò un
semplice bacio a
stampo e poi andò nell’altra stanza, quella dove
c’erano i Ribelli. Forse avrebbe architettato con loro un
piano
per uscire fuori.
Impresa non semplice, c’erano ancora le
guardie alla
porta delle segrete, senza contare quelle fuori
dall’edificio.
Sarebbe stata dura, se non ce l’avessero fatta Tavington si
sarebbe vendicato.
Li avrebbe torturati e uccisi tutti,
indipendentemente avendo il nome che voleva o meno.
“Perché non gli dici la
verità e basta?”
Tavington riportò la sua attenzione su
di sé.
“Quale verità,
Colonnello?”
Qualsiasi fosse erano comunque problemi suoi.
“Non capisco perché gli
menti, non è tuo amico?” la stuzzicò.
“Io non gli mento per niente. Io volevo
baciarlo e volevo lui..”
Tavington non sembrava colpito dalle parole,
quasi annoiato.
“Come vuoi.”
Non le credeva, ma chi pensava di essere?
“A me lui piace, Colonnello. Provo
qualcosa per lui, capite quel sentimento che si chiama amore?”
Lui sorrise della sua frase e si
avvicinò un poco a lei, almeno quanto le catene permettevano.
“Non ci credo.” Disse
l’uomo scandendo ogni sillaba lentamente.
“Dovete. È la
verità!” insistette lei, avvicinandosi a lui.
“Ti è piaciuto il
bacio?” chiese lui.
“Molto. Anzi no, moltissimo.”
Rimbeccò Beatrix.
Erano troppo vicini, avrebbe dovuto allontanarsi.
Lui avrebbe
potuto strozzarla, aggredirla, farle del male. Perché non si
spostava?!
Perché
la verità è che lo vuoi..ammettilo!
<
Ti ho detto di sparire. >
“Lo ami?”
Quella domanda la stupì. Si aspettava
un ‘chi
è il migliore: io o lui?’, invece aveva scelto
proprio la
domanda a cui era più difficile rispondere. Sarebbe stata in
grado di mentirgli per avere la sua rivincita? Non lo sapeva.
Bastò quella manciata di secondi di
tentennamento per
far sorridere Tavington, l’uomo sapeva di aver formulato la
domanda giusta. Quella che la metteva in discussione veramente.
“Dillo e ti lascerò
stare.”
“Io..”
Dai
Bea, menti! Digli questa bugia e rendilo felice..
<
A te non ascolto! Mi porti sulla cattiva strada. Sparisci. >
“Non ce la fai.”
Le mani di Tavington si erano posate con dolcezza
sul suo
volto. Non le aveva ancora fatto male, come invece pensava lei. Le
accarezzava la pelle.
“Sì, invece! William..
smettila.” Lo implorò.
“Di fare cosa, amore?”
Tanto lei lo sapeva bene che lo faceva apposta,
la stava prendendo in giro e la distraeva pure!
“Ti prego.”
Glielo sussurrò quasi come una
preghiera. Beatrix
voleva essere forte, ma quando lui si comportava così non
riusciva a resistere. Sapeva che poi avrebbe pagato caro le
conseguenze, eppure non ci riusciva.
Quei bellissimi occhi ghiaccio fissavano i suoi.
Non scorgeva né malizia né cattiveria.
Doveva fidarsi di lui?
“Dimmi di smetterla e lo
farò. Dimmi che non lo
vuoi anche tu e lo farò. Dimmi che non mi ami e lo
farò.
Dio, Beatrice, allontanami come hai fatto con lui!”
Quel leggero climax che si era creato
l’aveva colpita.
Lui rimaneva sempre il solito Colonnello che comanda tutto e tutti, non
cambiava nemmeno se legato con delle catene.
Ora, entrambe le mani dell’uomo
reggevano la testa della ragazza e avvicinarono il suo volto verso il
suo.
“Dillo.. ora!”
“William.. non posso.”
Si morse le labbra, nel vano tentativo di
arrestare le
lacrime. Era andata bene fino a quel momento, perché
arrendersi
così, facendolo vincere?
“Dipende dal fatto che ci sono i tuoi
amichetti nell’altra stanza?”
“C-cosa?”
Beatrix era stupita dalla piega che stava
prendendo la conversazione. Cosa c’entravano i Ribelli?
“Non fare la finta tonta.. è
per questo che ieri non mi hai baciato, no?”
Ma cosa..??
Ooh!
La ragazza riacquistò la tenacia di
prima e si staccò bruscamente da lui.
“Aspettate un po’,
Colonnello.. pensate che lo abbia fatto per quello?”
“Per cos’altro?”
disse semplicemente lui.
No, non poteva parlare sul serio.
“Vi ricordate almeno come vi siete
comportato ieri?”
Lui storse leggermente la bocca e poi disse:
“Sì, certo. Ti ho baciata, come faccio sempre,
e tu mi hai schiaffeggiato!”
Il tono che aveva usato faceva percepire una
certa irritazione.
“Lo schiaffo non era
perché.. c’erano loro. Era riferito ai modi che
avete usato!”
“Quali modi?”
rimbeccò lui.
“Come ‘quali modi’,
William?!”
Le stava facendo perdere la pazienza.
“Non ti ho trattata diversamente dal
solito, mi sembra.”
“Non è vero. Volevate usarmi
per far ingelosire
Gabriel e poi volevate umiliarmi di fronte a quella gente.”
Rispose con tono la ragazza.
“Credi davvero che me ne importi
qualcosa di quelle
persone? Volevo te, mentre tu non mi volevi! Non è una cosa
che
mi succede tanto spesso, Beatrice.”
Quella rivelazione la sbalordì,
iniziava a capire solo
in quel momento il suo atteggiamento. Tutto quello che era venuto dopo
dipendeva dal suo rifiuto..
“Mi avete ferita per quello,
Colonnello?! Non potevate dirmelo e basta?”
Lui alzò le spalle.
Già, tanto cosa gli cambiava
sbatterla contro il
muro e prendersi ciò che voleva? In un modo o
nell’altro
avrebbe avuto quello che voleva lo stesso.
Lei si sentiva esasperata. Parlare con lui voleva
dire avere
i nervi tesi e una voglia irresistibile di fare a pezzi qualcosa. Fece
un giro per la stanza, cercando di calmarsi.
“Vi odio!”
Lui sorrise.
“Questo lo sapevo già.. ma
non provi solo quello, vero Beatrice?” la stuzzicò.
“Non vi dirò più
niente.”
Prese la carica e si posizionò di
fronte all’uomo, puntandogli un dito contro.
“Ho chiuso con voi, dimenticatevi tutte
le smancerie passate.”
Lui fece finta di essere colpito dalle parole,
portandosi una mano al cuore.
“Mi stai uccidendo così,
amore.” Rise.
“Ridi pure, William. Da me non avrai
più niente!”
“Niente sesso?” chiese lui.
“No.”
“Nemmeno una toccatina?”
insistette.
“Santo Cielo, no. Colonnello, avete un
solo pensiero in testa!”
“Non resisterai. Tu mi vuoi
micetta” fece un passo verso di lei “non
negarlo.”
Lo disse agitando un dito davanti a lei.
“Vi piacerebbe.”
“Oh, bè. Ora che me lo
chiedi.. sì, mi piacerebbe.”
Prese i suoi capelli e tentò di
avvicinarla a lui, per quanto fosse possibile.
“Sai cosa non capisco?” le
sussurrò a fior di labbra.
“Cosa?”
“Continui ad ostinarti a rifiutarmi,
quando sappiamo benissimo tutti e due che mi vuoi e mi
desideri.”
Il Colonnello si umettò le labbra,
continuando a guardarla negli occhi.
“Non sempre quello che desideriamo
è anche quello più.. giusto.”
“Ma è quello che ci fa stare
bene.” Proseguì lui.
“Voi non siete l’uomo per me,
Tavington. Gabriel è l’uomo giusto.”
Scosse la testa, cercando di cacciare quei
pensieri impuri che l’attiravano verso il Colonnello.
“Allora perché sei qui con
me? Va’ da lui..”
Sebbene la esortasse ad uscire, non aveva
lasciato la presa sui capelli.
“Perché anche se
è sbagliato è
quello che mi fa stare bene.”
Affermò la fanciulla, riprendendo la
frase pronunciata in precedenza da Tavington.
Lui le sorrise e poi affogò le sue
labbra in quelle di
lei. La sua bocca era vogliosa, sapeva di caffè, in effetti
lui
aveva sempre un buon sapore. Non era dolce, divorava le sue labbra
facendole implorare altro.
Beatrix aveva appoggiato le braccia sulle spalle
di Tavington. Non voleva fermarsi, lo voleva per sé. Voleva lui, anche se
sapeva benissimo che era sbagliato.
Questa volta tenne gli occhi aperti. Si
guardavano fisso nelle pupille ed erano entrambi presi dal momento.
“William.. perché?”
Sussurrò lei, cercando con fatica di
staccarsi da quelle labbra carnose che amava.
“Perché ti voglio.”
Le labbra del Colonnello erano scese sul suo
collo, mordevano
la pelle, infuocandola. Le aprì il corpetto e
baciò
subito la parte di pelle scoperta.
“E perché anche tu mi vuoi,
testarda.”
Oh,
sì. Ti voglio anch’io, William..
Intanto la ragazza aveva appoggiato le mani sulla
giubba. La
aprì con fatica e poi la fece cadere per terra. Non si
apprestò a sbottonare la camicia, fece saltare tutti i
bottoni
nel tentativo di toglierla.
“Solo una volta e poi basta..”
Sembrava che stesse parlando più a se
stessa piuttosto che a lui.
I movimenti di Tavington erano limitati. Questa
volta toccava a lei prendere le redini.
Baciò il suo petto, prestando
attenzione ai suoi
capezzoli. Adorava il suo corpo, sebbene avesse diverse cicatrici a
ricoprirlo. Accarezzò la pelle, graffiandola di tanto in
tanto.
“Pensi di liberarmi, tesoro?”
Lei, che era messa quasi in ginocchio, rispose
semplicemente: “No.”
William sorrise e le smosse leggermente i capelli.
“Allora penso che non possiamo
divertirci, amore.”
Lei risalì il suo corpo e
lasciò un bacio dolce sulle labbra.
“Mmm.. forse ho
un’idea.”
Lo guardò maliziosa e
iniziò a sbottonare i
pantaloni. Una volta aperti, sfiorò i suoi peli pubici
facendolo
sospirare.
“Ti piace giocare con il fuoco,
micetta..”
“Non sai quanto..”
Mise una mano all’interno dei pantaloni
e trovò
quello che cercava. Lo accarezzò per tutta la lunghezza, era
incredibile che fosse già pronto per lei.
Voleva dire che la desiderava e che bramava il
suo corpo, come sempre.
Il Colonnello prese aria dal naso, iniziava a
riscaldarsi. Lei amava vederlo in quello stato, così fuori controllo,
alla sua mercé.
“Beatrice, non ti conviene farmi
perdere il controllo.”
“Perché..? Altrimenti
sarò io
a comandare?”
La ragazza riprese ad accarezzare e baciare il
suo petto. Una volta arrivata all’ombelico si
fermò.
Non lo avrebbe accontentato così
facilmente, avrebbe dovuto darle qualcosa in cambio.
“Avete ragione, è meglio che
mi fermi.”
Lui sbarrò gli occhi e la
fermò, prendendo in mano i suoi capelli.
“No. Continua.”
Comandò immediatamente.
Lei gli sorrise con malizia.
“Pregatemi.”
“Scordatelo.” Rispose secco
lui.
“Allora sarò io a pregarvi,
Colonnello Tavington. Vi
prego di spiegarmi cosa sta succedendo.”
Non era stata né Beatrix né
Tavington a parlare.
William aveva gli occhi sbarrati, la ragazza
allora
girò lentamente la testa e incontrò gli occhi
imperiosi
del Generale Cornwallis.
N/A
Ciao a tutte!! ^^
Bè,
che dire? Bel colpo di scena, vero? Mi piace l'idea di William fuori controllo..
Beatrix fa uno strano effetto a questo dannato Colonnello
Inglese!
****
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^
|
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Capitolo 21 *** Lei è mia ***
capitolo XXI
Capitolo XXI
Lei è mia
“Generale.”
Disse semplicemente Tavington, cercando di chiudersi almeno i
pantaloni per darsi un aspetto presentabile. Il suo incubo si stava
realizzando. Cornwallis e Tarleton lì, proprio in quel
momento.
Il Generale lo stava guardando in un modo in cui non era difficile
intuire i suoi pensieri riguardo alla scena. Perché Beatrix
era
ancora inginocchiata per terra a peggiorare così la
situazione?
“Generale. Posso spiegare, non è quello che
sembra..”
Il vecchio uomo non volle ascoltare le sue giustificazioni, con un
cenno della mano lo esortò a zittirsi.
“C’è poco da spiegare qui, Colonnello,
capisco bene cosa
stavate facendo.” E così dicendo agitò
la mano
nell’indicare la loro posa compromettente “Quello
che
però non comprendo è perché
lo state facendo qui, Tavington?”
Non poteva rimproverarlo di nuovo, questa volta avrebbe preso una nota
disciplinaria, lo sentiva.
“Veramente stavamo..”
Anche quella volta lo interruppe a metà frase.
“E per di più durante il vostro servizio,
Colonnello. Mi
avevate detto che sareste venuto ad interrogare.. devo presumere che
siano queste
le vostre usuali modalità di interrogare?”
Nel sentire quella frase, Tarleton scoppiò a ridere. Non si
fermò nemmeno quando Cornwallis si girò per
ammonirlo.
“Scusate, Generale. N-non resisto..”
E continuò così a prendere in giro Tavington,
come se già la faccenda non fosse di per sé
pietosa.
“Colonnello Tarleton, almeno voi contenetevi!”
“Avete ragione, scusate.”
Fece un inchino untuoso con la testa e poi prese le distanze
dall’uomo, il quale al contrario si stava avvicinando a
Tavington.
“Beatrix. Liberami subito!”
Disse immediatamente il Colonnello alla ragazza, la richiesta era stata
pronunciata con tono, sebbene avesse parlato a bassa voce. Lei non lo
disobbedì questa volta, forse perché timorosa
delle
intenzioni di Cornwallis. Una volta che lo ebbe liberato, si
sistemò la gonnella e chiuse subito il corpetto, anche se
ormai
si era già visto tutto quello che c’era da vedere.
Tavington fece un passo avanti verso il Generale e venne affiancato
subito dalla ragazza.
“Mi avete chiamata Beatrix.”
Gli disse sorridendo, toccandogli con affetto il braccio.
“Non ci credo..”
Quest’ultima frase, invece, la disse a bassa voce, come se
parlasse a se stessa.
“Quindi, Colonnello.. è lei quella da interrogare?”
Il modo con cui pronunciò la frase aveva diverse sfumature,
alcune delle quali diedero fastidio a Tavington.
“No.”
Alzò il suo braccio fino a metterlo davanti alla ragazza,
come per farle da scudo.
“Lei è mia.”
Da dove è
uscita quella frase?
Non fu solo Tavington quello sorpreso, dalle facce degli altri due si
poteva comprendere che erano stati colpiti anche loro. E adesso lo
guardavano come se fosse stato un pazzo.
“Volevo dire..” si sistemò la voce
“Lei
è una mia prigioniera. Mia prigioniera, ecco quello che
intendevo dire.”
Se Cornwallis credette a quella scusa, Beatrix non sembrava per niente
convinta. Lo capì perché lei lo guardava
sorridendogli e
non aveva ancora tolto quella piccola mano dal suo braccio.
“Molto bene allora, mi renderete conto della vostra condotta
più tardi. Iniziamo l’interrogatorio dei
ribelli.”
Ad un certo punto si sentì un colpo di pistola provenire
dall’altra stanza.
“Tutti fermi o lo ammazzo subito.”
Gabriel teneva fermo Tarleton con un braccio e lo minacciava con un
coltello. Bastava un solo colpo e sarebbe morto.
Se fosse dipeso da Tavington decidere della sua morte lo avrebbe fatto
ammazzare e poi avrebbe catturato quel biondo, che iniziava a dare
sempre più fastidio.
“Sei in un covo di Inglesi, non hai fuga ribelle. Libera il
mio Ufficiale.”
Cornwallis rispose più diplomatico, sicuramente ci teneva
alla pelle del suo favorito.
William si chiese cosa avesse fatto se ci fosse stato lui al posto di
Banastre.
“Sarete voi, Generale, a liberare i miei compagni. Altrimenti
gli taglio la gola.”
Cornwallis non sembrava cedere, non aveva ancora mosso piede per fare
qualcosa. Continuava la linea offensiva dell’intimorirlo
verbalmente. Peccato che lui non fronteggiasse quei bifolchi da tre
anni come invece faceva Tavington. Il Generale non li conosceva
così bene per rispondere come doveva.
“Generale, non è questo il modo più
giusto. Sparategli!” Insistette Tavington.
Il Generale lo zittì subito.
“Vi prego, Colonnello. Vi ho già rammentato
più
volte che le vostre tattiche brutali non portano buon nome alla Gran
Bretagna. Comportiamoci da Gentiluomini.”
William era in collera. Cornwallis doveva agire, ordinare che lo
attaccassero, dopotutto era solo un ragazzino, cosa poteva saperne di
armi e combattimento? Il Colonnello sapeva che il Generale faceva del
suo meglio per ostacolarlo sempre, non gli dava mai retta.
Bene, questa volta avrebbe visto veramente cosa sono quei Ribelli che
lui aveva considerato finora un facile nemico da abbattere.
“Forse dovreste dar retta al vostro Colonnello, Cornwallis.
Con
noi povera gente americana non serve parlare con il bon ton. Liberate i
prigionieri.”
Per rendere più efficace la minaccia passò il
coltello
sulla pelle di Banastre, una scia sottile di sangue scese verso il
basso.
“Generale, ascoltate Tavington. Sono solo un soldato, in
guerra
muoiono tanti soldati come me. non potete liberare quei
Ribelli.”
Disse Tarleton.
I pensieri di Cornwallis erano difficili da decifrare. Non era semplice
leggere dentro quel vecchio uomo bloccato nel suo status e nel suo
nome. Soppesava le parole di Tarleton, ma entrambi i Colonnelli
sapevano bene che lui non aveva mai ritenuto pericolosi quei Ribelli.
Li considerava semplicemente una banda di contadini troppo animati,
niente di più. Ma lui parlava così
perché era
stato fino a quel momento chiuso nel suo studio a progettare piani di
guerra, comandava da lontano. Invece Tavington e Tarleton li avevano
vissuti quei Ribelli, li avevano combattuti col sangue,
perciò
sapevano bene quanto fossero pericolosi e più motivati
dell’esercito dei Regolari americani.
Il Generale guardò il ribelle intensamente, poi il suo
sguardo
cadde su Tarleton. Dopo aver preso aria, infine parlò.
“In guerra si vince con la forza di tutti, il singolo
è
spacciato. Per questo ti insegnano fin da subito che non si abbandonano
mai i compagni, ci si spalleggia a vicenda.”
E con rassegnazione disse: “Liberate i prigionieri.”
La sua decisione stupì Gabriel, il quale non si sarebbe
aspettato finale migliore di quello.
Beatrix consegnò le chiavi in mano a Tavington, che poi
porse al
suo superiore. I suoi subalterni liberarono quella decina di uomini, ma
Gabriel teneva ancora Tarleton.
“Bene, Generale. Siete state corretto, perciò non
ucciderò il vostro uomo, eppure dobbiamo andarcene da qui e
voi
ordinerete ai vostri di lasciarci libero accesso, altrimenti lo
ammazzo.”
Tavington non resisteva più, avrebbe voluto aggredirlo lui
con
le sue mani. Cornwallis stava mandando all’aria un piano che
avevano architettato alla perfezione, che aveva portato con
sé
diversi prigionieri fatti. Gli sforzi di anni gettati
all’aria.
“Generale, non potete! Non possono uscire vivi da
qui.”
Gabriel lo guardò male.
“Non siete voi a comandare, Tavington. Sebbene
l’idea vi piaccia molto, vedo.”
“Difatti, Colonnello, state al vostro posto. E sia,
andatevene
ribelle. Avete la mia parola che nessuno colpirà.”
Come detto, bastò un cenno della mano per far abbassare le
pistole dei suoi soldati. La via venne liberata e i Ribelli uscirono.
Gabriel era ancora lì con Tarleton.
“Ora, non vi dispiacerà se mi porto dietro il
vostro
Colonnello? Solo per sicurezza.. in caso i vostri uomini sparino prima
che noi usciamo dalle mura della città.”
Uscirono tutti fuori dall’edificio e li seguirono come in una
processione. Dopo aver camminato fino al grande cartello di benvenuto
di Savannah, Gabriel si fermò.
William continuava a ripetersi che quel piano era da pazzi, anche se il
Generale aveva concesso loro di uscire fuori vivi, non voleva dire che
non avrebbe sparato dopo. Infatti, confermò il pensiero di
Tavington il fatto che i suoi tiratori erano ancora posizionati e
miravano alla Banda.
“Ho mantenuto la mia parola, ora ridatemi il
Colonnello.” Lo esortò Cornwallis.
Gabriel rise.
“Mi credete davvero così stupido, Generale? So
benissimo che, una volta liberato, darete ordine di sparare.”
Cornwallis si mantenne rigido e distaccato.
“Vi avevo promesso la salvezza fino alle porte della
città. Siete fuori ora.”
“Allora sarà il caso di fare un nuovo
accordo.”
La lama continuava ad accarezzare il viso di Banastre.
“Prendetelo.” Disse Gabriel ai suoi amici.
Due uomini presero il Colonnello e lo portarono verso gli altri
compagni.
Tavington capì, forse, quale fosse il loro vero piano.
I Ribelli erano raddoppiati di numero perciò o stava
diventando
lui cieco, oppure quelli erano gli altri ribelli venuti in soccorso. Un
piano perfetto, come l’altra volta William guardò
Beatrix
per vedere se lei c’entrasse qualcosa.
La scrutò per diversi secondi.
Lei era intenta nel guardare la scena come gli altri. Non era coinvolta
personalmente, perciò William si chiese per quale motivo
graffiasse la pelle delle mani con le unghie. Lo faceva già
da
un po’ di tempo, ma lui non lo aveva notato fino a quel
momento
perché era stata attratto dallo scambio tra Cornwallis e
Gabriel. Lei non lo stava guardando, anzi da quando erano giunti nella
piazza aveva cercato in tutti i modi di evitare il suo sguardo. Quando
lui la cercava, lei lo evitava. Perché quello strano
comportamento?
Allora lui si decise a muovere un passo verso di lei, poggiò
la
sua mano sulla sua spalla, l’unico modo che aveva per
attirare la
sua attenzione.
“Beatrice, stai bene?”
Lei quasi si spaventò quando lui la toccò.
Perché era così tesa?
“Io? Sì, sto bene. Sono preoccupata per
Gab..”
Dicendolo abbassò la testa e guardò per terra.
“Non devi farlo, lui se lo merita. Merita di essere ucciso,
non vedi che sta minacciando un mio compagno?”
Lei aveva le lacrime agli occhi, anche se non singhiozzava ancora.
“E quanti ne ha minacciati e uccisi Tarleton dei miei compagni?!
Loro non contano niente perché sono americani?”
Lo disse alzando il tono di voce, alcune persone si erano girate verso
di loro.
“Abbassa il tono di voce, Beatrice. Ti stai rendendo ridicola
di fronte a tutti.”
La sua esortazione colpì la ragazza, la quale si accorse
delle
teste che erano girate, ma non fece niente, alzò le spalle e
continuò a fronteggiarlo, guardandolo negli occhi.
“Ah, giusto. Non sia mai che la vostra puttana vi metta in
imbarazzo davanti a tutti, vero?”
Era in collera. Piangeva, urlava, tirava i pugni contro il Colonnello.
“Smettila.”
La prese tra le sue braccia e la strinse forte.
“Calmati, amore. Respira dal naso e butta fuori
l’aria.”
Le massaggiava la schiena e lei ascoltava la sua voce, incantata dal
tono dolce e affettuoso usato. Lui la portò più
lontano
rispetto agli altri, non c’era bisogno di avere un pubblico
nelle
loro faccende personali. Si allontanarono di poco, bastò
quel
breve spazio per cambiare aria.
Lei infatti si stava calmando, continuava a piangere sulla camicia
logora del Colonnello e non voleva staccarsi da lui.
“Brava, amore mio. Così.”
I suoi massaggi sulla schiena della fanciulla l’avevano
finalmente tranquillizzava. Solo allora lui le permise di staccarsi dal
suo corpo.
“Scusa per prima. Io..io..”
Corse via da lui e vomitò sul terreno. Sebbene non avesse
mangiato da un giorno riuscì a rigettare un po’ di
roba,
William la soccorse, nonostante non volesse sporcarsi i vestiti. Erano
già logori di loro, era mezzo nudo, mancava solo il vomito a
rendere il suo aspetto più incline alle provocazioni di
Banastre.
Già, Ban..
Si girò in direzione del gruppo, li sentiva discutere, ma
ancora nessuno aveva mosso piede. Nessun colpo, nessuna fuga.
Allora si concentrò sulla fanciulla.
Le prese i capelli e glieli tirò indietro, mentre lei
rigettava l’anima su quel terreno fangoso.
“William, io..i..”
“Non ti preoccupare, Beatrice. Fa’ quello che devi
fare.”
Dopo diversi minuti la ragazza alzò la testa e si
pulì con un lato della gonnella i residui sulla bocca.
“Beatrice. Te lo davo io un fazzoletto, certo che voi
americani siete proprio..”
Lei lo guardò male, offesa dalla sua accusa, allora lui si
corresse, non disse animali.
“..poco educati.”
Lei gli sorrise. Poi, lui le porse il suo fazzoletto e lei lo prese.
“Grazie. William, sono cresciuta in un piccolo villaggio di
campagna, non so nemmeno cosa sia essere educati.”
Il Colonnello le smosse i capelli.
La ragazza ora stava ammirando il pezzetto di stoffa che lui le aveva
ceduto, lo stava rimirando con attenzione.
Come se un fazzoletto potesse destare simile interesse..
“William, cos’è questo?”
E indico così due piccole iniziali nel bordo con un piccolo
stemma.
“È lo stemma dei Tavington. Grazie a mio padre
vale poco
più che quel pezzo di stoffa che tieni in mano.”
Lei continuò a guardarlo e poi glielo porse subito.
“Perché me lo avete dato? L’ho sporcato
tutto, mi dispiace. Io sono una stupida. Io..”
E prese di nuovo a piangere.
Lui mise le mani sulle sue spalle e la guardò negli occhi.
“Beatrice, mi dici cos’hai? Perché fai
così, perché sei così emotiva,
oggi?”
Lei lo abbracciò forte.
“Non lo so, William. Sarò malata.”
Lui la tenne per un po’ tra le sue braccia e poi si
staccò.
“Ora che stai meglio dobbiamo andare dagli altri.”
Il Colonnello la prese per mano nel tentativo di portarla di
là, ma lei resistette e non volle seguirlo.
“No. Stiamo qua.”
“Non posso stare qua, tesoro. Cornwallis ha bisogno di
me.”
Lei allora lo abbracciò nuovamente e fece capire che non si
sarebbe staccata tanto facilmente.
“No. Non dovete andare, state con me. Vi prego.”
Quasi lo implorò di non abbandonarla, ma lui non riusciva a
comprendere il suo insolito comportamento. Stava tramando qualcosa e
lui doveva sapere subito cosa.
“Va bene. Ma prima voglio che tu mi dica una cosa.”
La guardò dritto negli occhi.
“C’è qualcosa che devo sapere,
Beatrice?”
Lei stava iniziando ad evitare di nuovo il suo sguardo. Cambiava
direzione, teneva le mani a pugno.
“È tutta colpa vostra, voi mi avete ferita. Mi
avete fatto male.”
Disse a bassa voce, come se fosse sola.
“È tutta colpa vostra.”
William era più confuso che prima, lei sembrava in delirio.
Aveva anche la pelle accaldata, forse aveva la febbre. Molto
probabilmente si era presa una qualche malattia e forse la sua
permanenza nelle segrete non aveva giovato alla sua salute.
“Beatrice. Guardami negli occhi. Cosa hai fatto?”
Lei alzò la testa e poi appoggiò la sua mano
sulla guancia dell’uomo e prese ad accarezzarlo.
“Io..niente. Ma..”
Tavington sapeva quello che stava per dire. Quel dubbio che aveva avuto
poco prima in piazza si stava trasformando in realtà. Lei
gli
aveva mentito ed era in combutta con Gabriel.
Allora il Colonnello fece qualche passo indietro, voleva stare lontano
da lei. Non voleva neanche sapere cosa avesse combinato con il ribelle,
quello che sapeva era che lei lo aveva usato e forse lo stava facendo
anche in quel momento.
“William, ti prego non andare via. Scusami, tu eri andato via
e mi avevi fatto soffrire e..”
Lui la guardò con disprezzo.
“E..cosa?
Mi hai sostituito velocemente, vedo. E pensare che io invece ho passato
la notte da solo. Che sciocco.”
Scuoteva la testa come per togliere lei dalla mente.
“Non è quello che pensi, non abbiamo fatto niente.
Però so quello che vuole fare adesso. Ormai non posso
fermarlo..”
“A fare cosa, Beatrice?”
Intanto il gruppo stava fissando loro, per qualche motivo la
discussione era passata su di loro.
Tarleton era ancora con la Banda, lo tenevano fermo. Gabriel chiuse
l’accordo con il Generale.
“Bene, allora noi ce ne andiamo e ci portiamo dietro Bloody
Ban. Si divertirà con noi il vostro Colonnello Sanguinario.
E se per caso qualcuno di voi pensasse di colpirci, il vostro Ufficiale
sarà il primo a cadere.”
Cornwallis quindi non aveva risolto niente durante il suo
allontanamento. William sapeva che occorreva l’uso della
forza.
Beatrix lo affiancò e lo guardò triste. Aveva le
guance
rosse, sì.. di sicuro aveva la febbre. Gli prese la mano e
la
strinse come per scusarsi, allora lui sentì che era anche
molto
bollente. Doveva trovare un medico quando quel Gabriel avesse fatto la
sua defilata.
“Scusami. Non volevo deluderti.”
Lui non disse niente.
Non sapeva che cosa dire. Avrebbe voluto aggredirla verbalmente, ma
così l’avrebbe fatta stare ancora più
male. Non era
nelle forze per una lotta, avrebbe discusso più tardi.
“Ma prima di andare via, Generale. Voglio indietro la mia
donna.”
Quel tale, Gabriel, stava indicando Beatrix?
Cornwallis scrollò le spalle.
“Generale, lei non è la sua donna.”
Il suo superiore sembrava annoiato dalle sue parole, voleva Banastre e
di Beatrix non gliene importava niente. Lei gli stringeva la mano e
sembrava non volere andare vai con lui.
Ah, era quello il loro
piano.. chissà cosa le ha fatto cambiare idea.
“Tavington, dammi Beatrix.”
Il Colonnello fece un passo e si posizionò davanti alla
ragazza.
“No.”
“Non sei tu che comandi ora.”
William rise.
“Dovrei prendere gli ordini da un ragazzino che solo ieri
portava ancora il pannolino?”
Il pubblico rise e Gabriel si sentì infastidito
dall’insulto.
“Lei verrà via con me.”
“Vieni a prenderla, codardo.” Lo istigò
Tavington.
Allora Beatrix per non farli combattere si mosse verso Gabriel.
“No. Vengo, smettetela.”
Gabriel tirò un sospiro di sollievo e le sorrise. Lei si
girò verso William e lo abbracciò forte.
“Ti amo. Ti amerò sempre mio coraggioso Colonnello
Inglese.”
E così gli diede un bacio sulla guancia.
Lui non rispose.
Non poteva fare niente, Cornwallis non avrebbe mai fatto combattere per
una civile americana.
Se ne stava andando via con il ribelle.
Non l’avrebbe più rivista.
Non avrebbe più litigato con lei.
Non avrebbe più fatto l’amore con lei.
Non avrebbe avuto più occasione di confessarle i suoi
sentimenti.
Sarebbe ritornato il vecchio Tavington senza cuore. Tarleton sarebbe
morto, visto che i Ribelli lo avrebbero torturato e poi ucciso.
Era quello che volevo..
è quello che voglio ancora?
Un passo e avrebbero varcato quella porta.
N/A
Ciao a tutte!! ^^
****
Che cosa farà William?
****
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^
|
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Capitolo 22 *** Solo un brutto sogno? ***
Capitolo XXII
Capitolo XXII
Solo un brutto sogno?
“Fermati. Ho un accordo da proporti.”
I Ribelli si girarono e lo guardarono incuriositi.
Me ne
pentirò, lo so. Mi faranno penare quei bastardi e si
prenderanno una bella rivincita.
“Prendete me al posto di Tarleton. Dopotutto chi è
Bloody Ban rispetto al Butcher?”
Cornwallis sgranò gli occhi, i Ribelli anche. Solo Beatrix
sorrideva e a lui importava solo di lei dal momento che stava facendo
quello scambio -che lo avrebbe portato sicuramente alla morte- solo per
stare più tempo con quella strega.
Gabriel ci penso su e poi disse.
“Affare fatto.”
Lo scambio era avvenuto in modo silenzioso e molto rapidamente.
Cornwallis aveva preso da parte Tavington, ma non aveva cercato di
dissuaderlo nell’andare incontro ad una morte atroce.
“Colonnello, sarete da solo per poco. Una volta che sarete
andati
via, una pattuglia cercherà di seguirvi, anche se proveranno
a
nascondere bene le tracce. Conoscono questi posti, ma io so
di
aver dato loro il membro migliore del mio Esercito, Tavington. Confido
in voi e nella vostra condotta brutale
che avete perseguito finora.”
Quello era stato il semplice discorso d’addio del Generale al
suo
‘membro migliore’. Tavington sapeva che lo aveva
detto
tanto per dire qualcosa, voleva Banastre indietro, di quello era
più che sicuro.
Si stavano muovendo sopra i cavalli e il tempo sembrava passare
lentamente dal momento che lo avevano bendato per non fargli vedere il
percorso. Era disarmato, legato e bendato.. alla totale
mercé di
quei Ribelli.
Quando i cavalli si fermarono capì di essere arrivato a
destinazione. Lo fecero scendere dal cavallo e lo scortarono senza
troppa gentilezza nel luogo in cui molto probabilmente avrebbe
risieduto fino alla fine. Infatti ad un certo punto lo spinsero per
terra e gli tolsero la benda.
Poteva vedere di essere in una piccola tenda, ma non riusciva a capire
dove si trovasse esattamente perché il piccolo
luogo angusto non
permetteva di vedere al di fuori dall’abitacolo. Due uomini
che
non aveva mai visto prima <
certo, altrimenti sarebbero stati uccisi da lui. A parte il Fantasma,
ancora nessuno era scappato dal temibile Macellaio >
lo legarono ad un palo che si trovava al centro della tenda, forse era
il piedritto che sorreggeva la struttura precaria.
Non dissero niente, nemmeno una cattiva parola. Lo guardarono
semplicemente ridendo tra sé e sé e uno dei due
disse
poi, mentre usciva:
“Com’è essere dall’altra
parte, Colonnello?”
Tavington non rispose alla provocazione, sapeva che non aveva molto
tempo prima che lo facessero fuori perciò doveva raccogliere
tutte le informazioni che poteva e poi passarle a Cornwallis.
Provò a tirare la corda, ma avevano fatto un buon nodo e non
riusciva a muoverlo di un centimetro. Così, si
rassegnò e
aspettò di vedere la loro prossima mossa.
Il tempo passava e nessuno sembrava venire da lui, le luci che si
riflettevano sulla tenda si stavano scurendo, intuì che la
sera
era già vicina.
Ancora nessuno.
Sentiva le persone mangiare vicino al fuoco, percepiva le loro voci, le
loro risate e un odore forte di pollo che gli ricordava che non
mangiava dalla mattina.
Ancora nessuno.
Poi, quando ormai le voci erano poco a poco scomparse sentì
qualcuno fuori dalla tenda, piccoli passi indecisi. Doveva essere una
femmina.
Era Beatrix che entrava reggendo in mano un fagottino e una piccola
candela.
“Ehilà, Colonnello, vi piace la
sistemazione?”
Si inginocchiò vicino a lui e aprì per terra il
fazzoletto che conteneva un pezzo di pane, del formaggio e poi
c’era una piccola bottiglia.
“I tuoi amici sono molto accoglienti e poi dicono che siamo
noi Inglesi quelli freddi.” Rispose sarcastico.
Lei si mise più vicino a lui e incrociò le gambe.
“Non vi hanno portato cibo, vero?” chiese
preoccupata.
“No, ma non ti devi preoccupare per me. Sono un soldato e
sono abituato ad ogni evenienza.”
Lei gli sorrise e gli scostò alcuni ciuffi di capelli che
impedivano di vedere i suoi bei occhi ghiaccio.
“Suvvia William, non devi fare per forza il duro con me.
Comunque
sia, da quello che ho capito vogliono lasciarti in questo stato per un
po’ per indebolirti.”
Lui cercò di girarsi verso la sua direzione per guardarla
meglio
in volto, sebbene la fioca luce proveniente dalla candela non
permettesse di vedere alcunché.
“Come immaginavo, devo dedurre che non mi vogliono morto
altrimenti mi avrebbero già ucciso.”
Lei annuì.
“Già, pensano di ottenere informazioni sulle
prossime mosse degli Inglesi con la tortura.”
“Che facciano quello che vogliono, tanto non
parlerò.”
Lei scosse la testa di fronte alla sua testardaggine e poi
staccò un pezzo di pane e mise sopra del formaggio.
“Che vuoi fare?” chiese lui.
“Imboccarti, che altro? Non posso liberarti,
perciò nel
mentre inventiamo un piano di fuga ti tocca restare qua e lasciarti
trattare come un bambino da me.”
Lui rimase indignato dalle sue parole, era un uomo e non voleva essere
umiliato così. Sebbene sapesse che lei lo faceva per fargli
un
favore girò la testa dall’altra parte e
rifiutò il
cibo.
“Dai, William, mangia!”
“No.” rispose secco l’uomo.
“Come vuoi.”
A quel punto lei si mise a cavalcioni sulle sue gambe e poi
riuscì a
tenere fermo il volto del Colonnello fermandolo con una mano.
“Bene. E adesso mangia.”
Prese quel pezzetto di pane e lo fece viaggiare nell’aria
imitando il percorso di un treno.
“William arriva il treno, ciuf ciuf, apri la
bocca amore.”
Lui serrò i denti, ma alla fine, forse spinto dalla fame o
forse
dalla pietà nei confronti della fanciulla, aprì
la bocca.
“Bravo, ora un altro ancora.”
“Lo mangio se mi prometti che la smetti con il
treno.”
Lei gli sorrise e poi annuì.
Mangiò il pane col formaggio e poi bevve l’acqua
che lei gli aveva portato.
“Ho cercato se c’era del Brandy, ma se lo avessi
preso avrebbero capito che lo portavo a te.”
“Non ti preoccupare, l’acqua va bene comunque.
Quindi loro non sanno che sei qui con me?”
Lei scosse la testa.
“Perché sei venuta, Beatrice?”
Lei ci penso su e poi rispose.
“Per la stessa ragione per cui tu sei qui, amore.”
Aveva ragione, voleva stare con lei e aveva combinato un bel casino. Il
vecchio William non si sarebbe mai comportato così, che cosa
gli
stava succedendo? Cosa gli aveva fatto?
“Va’ a riposarti, sei ancora ammalata
ricordati.” La ammonì.
“Lo so, William, ma non potevo stare lontana da te.”
Lui scrutò il suo volto cercando di leggere le sue emozioni.
“Sei sicura che non sia solo senso di colpa? Non devi, io ho
scelto di stare qui.”
Lei lo abbracciò forte e lo ricoprì di baci su
tutta la faccia.
“Lo faccio perché ti amo, William. L’ho
sempre pensato e continuo a pensarlo.”
“Va bene, ti credo. Ora fammi respirare altrimenti mi
soffochi.”
Lei gli accarezzò il volto e poi gli sorrise con affetto.
“Certo. Meglio che vada adesso, ho detto a Gab che sarei
andata
un attimo a fare i miei bisogni. Non vorrei che mi venisse a
cercare.”
Gli trasmise un po’ di forza e cercò di sorridere
mentre
lo abbandonava, anche se stava lasciando un pezzo del suo cuore
lì.
Prima che uscisse lui la fermò.
“Beatrice.”
La ragazza si girò e aspettò la sua richiesta.
“Domani verrai a trovarmi di nuovo?”
Lei allora rimase ferma come una statua per alcuni secondi e poi si
girò verso di lui e si buttò addosso
all’uomo
seduto per terra.
Non c’era bisogno di capire quello che voleva da lui,
Tavington
lo sapeva bene perché era la stessa cosa che bramava dal
momento
che l’aveva vista.
Quando lei affogò le sue labbra sulle sue reagì
con
impeto al bacio che aveva niente di dolce, era piuttosto rapace e
famelico. Quella era l’unica cosa che William desiderava
veramente quella sera, di più del cibo. Le diede diversi
baci
brevi e poi si lasciò andare in un bacio più
profondo che
prendeva un pezzo della sua anima. Dopo qualche minuto, si staccarono
nello stesso momento e si guardarono negli occhi per un po’,
entrambi prendevano aria con fatica.
“Verrò tutti i momenti che posso, amore. Ti amo da
impazzire.”
E gli lasciò un bel bacio a stampo.
Lui avrebbe voluto trattenerla e tenerla lì per la notte.
Però sapeva che doveva andare, altrimenti qualcuno si
sarebbe
insospettito.
Lei corse via portandosi dietro il fagotto e la candela. Quando la
tenda si chiuse l’oscurità prese il sopravvento.
William prese un respiro profondo e sperò di prendere sonno
al
più presto. L’ultima cosa che vide fu il volto
sorridente
della sua Beatrice.
“Beatrix, dove sei stata? Ti ho cercata per tutta la Black
Swamp.”
La fanciulla era appena entrata nella tenda che condivideva con
Margaret, la sorella quindicenne di Gabriel.
“Avevo da fare, sbaglio o dovresti essere già a
letto?” la ammonì, sperando di sviare la
conversazione.
“Sì, ma..”
“Niente ma, Margaret. Va’ a letto.”
Rispose secca Beatrix.
“Va bene.”
La ragazzina la raggiunse e le diede un bacio sulla guancia.
“ ’Notte Bea.”
“ ’Notte Marge.”
La ragazzina raggiunse la sua branda e si coricò sopra.
Beatrix allora sciolse il corpetto e lo lasciò cadere a
terra,
uscì dalla gonnella e rimase davanti allo specchio con la
sottoveste addosso.
La figura che vedeva non le piaceva, i suoi capelli erano aggrovigliati
e spettinati, la sua pelle non era lucente. Le braccia erano spesse per
via del lavoro nei campi, messa di lato si notava anche un certo
gonfiore della pancia.
Sono brutta e grassa!
< Ma al
Colonnello piaci. >
A lui piaccio per far
sesso, non mi porterà mai con lui a qualche ballo, mi
terrà con sé solo la notte.
< …
>
Nemmeno la sua coscienza aveva replicato, perché quella era
la realtà.
“Sei bellissima.”
Gabriel era appena entrato nella tenda e dal suo sorriso sospetto
doveva essere stato lì per tutto il tempo.
“Guardone.”
Lui le sorrise e si avvicinò verso di lei. La prese per le
spalle e la ricondusse davanti allo specchio rettangolare che si
trovava davanti a loro.
“Dimmi, cosa vedi?”
“Una brutta ragazza.” Lo disse facendo una smorfia
alla sua figura.
“Sai cosa vedo io?”
Lei alzò il sopracciglio. “Cosa?”
Lui sorrise al suo riflesso e poi si rivolse a Beatrix.
“Vedo una bella ragazza. La tua bellezza non è
solo nelle
tue forme, Bea, c’è anche nei tuoi modi, nella
bontà che hai rivolto a quel verme che ha abusato di te per
tutto questo tempo. Tu sei speciale, Beatrix.”
La rigirò per trovarsela davanti agli occhi.
“Per me tu sei speciale.”
Lei non poté non sorridere per le belle parole che le aveva
rivolto, ma non solo. Riusciva sempre a tirarla su di morale, la faceva
ridere non perché voleva qualcosa in cambio, lo faceva
perché le voleva bene. Beatrix gli accarezzò la
guancia e
poi le labbra.
Lui era come lei, semplice. Loro erano gente di campagna, cresciuti con
poco, che si accontentavano di poco.
“Beatrix.. io.. volevo dirti che ti amo ancora e voglio
recuperare il tempo perso.”
Lei lo abbracciò forte ed inspirò il
suo odore che
sapeva di campo, tutto all’opposto di quello del Colonnello.
“Anch’io ti voglio bene, Gabriel.”
Rimasero così stretti per un bel po’ di tempo.
Poi, lei si
staccò e si preparò a congedarlo per andare a
letto.
“Vado a dormire, ci vediamo domani, va bene?”
“Va bene.”
E se ne andò. Lei raggiunse la branda e poi si
sdraiò sopra.
Quella notte fu una notte agitata, non era riuscita a prendere sonno
facilmente. Nella sua mente compariva il volto di Gabriel, ma nel
momento in cui si raffigurava un futuro possibile con lui, il fantasma
di William veniva ad ossessionarla. Aveva cercato in tutti i
modi
di cacciarlo via, ma niente. I suoi capelli, il suo odore, la sua voce,
la sua bocca e i suoi occhi..
Si era addormentata con un pensiero puro in testa, lei e Gabriel come
genitori, una fattoria tutta per loro..
“Mamma, mamma.
Sveglia!”
Si trovava in una stanza
da letto, in
una casa sconosciuta. Una bambina con un vestito grazioso e le trecce
saltava sul letto nell’intento di svegliarla. Lei si
alzò
e si fece condurre dalla bimba in cucina, lì
c’erano altri
quattro bambini che facevano colazione, bevendo latte. La bambina li
raggiunse e prese la sua scodella.
La casa era allegra,
dipinta con
colori chiari. Sentì una voce lontana, qualcuno canticchiava
una
canzone, così lei come incantata seguì quel suono
melodico. La voce la portò verso una stalla con diversi
animali,
un uomo senza maglia con i soli pantaloni addosso stava dando da
mangiare alle bestie. Non lo riconobbe finché lui si
girò
verso di lei.
“Tesoro, sei
già sveglia? È stata Maria, vero? Le avevo detto
di lasciarti dormire.”
Quell’uomo,
che scoprì
essere Gabriel, che scoprì essere suo marito e padre dei
suoi
figli, si era avvicinato a lei e la stava baciando sulla bocca. A lei
piaceva, ma non sentiva nessun trasporto e nessun brivido.
Però sentiva
una calma interiore, sapeva che di lui si poteva fidare.
“Ti amo,
Beatrix.”
Beatrix si stava muovendo tra le lenzuola, qualcosa non andava.
Si svegliò di colpo.
Era agitata, ma non sudata. Provava una strana sensazione, come quando
ti svegli e non capisci se è la realtà o
è il
sogno.
Prese aria con calma e poi si distese di nuovo. Rifletté sul
sogno, le piaceva, eppure c’era qualcosa che non andava. Una
volta che chiuse nuovamente gli occhi, sperò di poter
continuare
il sogno di prima.
Dopo qualche minuto si addormentò e il sogno -come per
magia- riprese proprio da dove lei lo aveva lasciato.
Era ancora nella stalla
con Gabriel,
lui la stava prendendo per mano e si muovevano all’interno
della
piccola casetta. I bambini avevano finito di mangiare ed erano andati a
giocare. Gab era salito di sopra -probabilmente per cambiarsi- mentre
la piccoletta che l’aveva svegliata, ora sapeva il nome,
Maria!
Ecco, Maria era tornata da lei.
“Mamma, domani
posso andare da Ellen per il suo compleanno?”
“Certo, amore.
Va’ pure.” Le accarezzò le guance
paffute lentigginose.
“Grazie,
mamma. Ti voglio bene!”
La donna
l’abbracciò
forte e poi la prese in braccio. Andarono fuori e passeggiarono un
po’ insieme. Beatrix guardava quella bambina che la sua mente
aveva creato nel sogno, era graziosa, sebbene un po’
paffutella.
Aveva i capelli neri, molto neri, quel colore scuro risaltava molto dal
momento che aveva gli occhi chiari, un azzurro così limpido
che
assomigliava quasi al colore degli iceberg. Occhi ghiaccio
meravigliosi..
Occhi ghiaccio..
ghiaccio..
ghiaccio..!!
La fece scendere e si
sedette su una roccia a pensare. La bimba la chiamò
ripetutamente.
“Mamma!
Mamma!”
Beatrix si agitava nel letto, le lenzuola erano cadute per terra.
La scena adesso era
cambiata. Era il
giorno seguente, i bambini erano andati a quella festa di compleanno,
Gabriel li aveva accompagnati.
Era sola in quella casa
che stava
iniziando a percepire come estranea. Si appoggiò al ripiano
e
cercò di prendere aria lentamente.
Ad un certo punto
percepì delle mani forti che l’aveva issata e la
stavano portando in camera al piano di sopra.
Era in balia di quello
sconosciuto che non riconosceva perché portava una mantella
con cappuccio a nasconderlo.
La fece sdraiare sul
letto e poi
iniziò a toglierle il vestito leggero che portava. Una volta
che
l’ebbe denudata, si tolse il mantello e il suo cuore perse un
battito.
“William.”
Disse semplicemente
quello, lui non
si tolse i vestiti, ma si avvicinò comunque al letto. Lei
non lo
stava respingendo, anzi agognava il suo tocco. Lui le prese le gambe e
gliele allargò, si spinse verso di lei e poi, dopo aver
sbottonato i suoi pantaloni, la penetrò.
Si baciavano, ansimando ciascuno sulla bocca dell’altro, lei
lo
spogliò e poi lo portò sul letto con lei. Si
rotolarono
tra le lenzuola, fecero l’amore per minuti che non finivano
mai.
Lui spingeva dentro di lei, ogni volta con più impeto e lei
lo
tratteneva con le unghie per non farlo andare più via.
Beatrix aveva caldo, la fronte era imperlata di sudore, la sottoveste
si era attaccata alla sua pelle.
"Non andare, amore." disse come una preghiera.
“Non andare,
ti prego.” Cercò di persuaderlo a restare.
Ma lui sciolse
l’abbraccio e si allontanò.
“Perché
vai? Resta con me, William ti amo.”
Lui non rispondeva e si
stava
già vestendo. Lei scese dal letto e prese la sua mano per
non
farlo scappare via. In quel momento vide l’anello dorato che
portava all’anulare.
Una fede..
Una fede..
Una fede..!!
“Williaaaaam!!”
Si svegliò di colpo, gridando il suo nome. Margaret venne
svegliata dal suo urlo.
“Bea, che succede?”
La ragazza respirava con grande affanno, era sudata, agitata e aveva il
cuore che batteva a mille.
“Niente, Margaret. Solo
un brutto sogno. Era solo un brutto sogno.”
N/A
Ciao a tutte!! ^^
****
Ha fatto bene Will a seguire Bea, voi dite che si sta
innamorando? *-*
****
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
Giulia ^^
|
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Capitolo 23 *** Il Dubbio ***
capitolo XXIII
Capitolo XXIII
Il Dubbio
Beatrix si era svegliata da poco.
Il sole era alto in cielo, ma lei sentiva ancora
i postumi
della nottata precedente. Si continuava a ripetere che era solo un
sogno, eppure quanto i sogni invece poi sono rivelatori?
Doveva parlarne con lui, anzi con loro.
Gabriel lo conosceva bene, sapeva che lui
l’amava
ancora e che l’avrebbe anche sposata se solo lei avesse detto
sì. Invece su William c’era un grande punto
interrogativo,
infatti non le aveva ancora nemmeno detto ti amo. Diceva di tenere a
lei, che la voleva e la desiderava. Ma cosa bramava: il suo corpo o il
suo cuore?
Lei conosceva bene la risposta e la sua mente
aveva elaborato
il sogno perfettamente, per lui sarebbe sempre stata
un’amante e
basta. Si sarebbe divertito con lei sotto le lenzuola, quando a casa
non c’è nessuno. Ma davanti alla
società avrebbe
mostrato una moglie del suo rango, una che avrebbe tirato su le sorti
della sua sventurata famiglia.
Certo, avrebbero potuto stare nelle colonie, ma
lui si sarebbe accontentato di quella vita semplice solo per stare con
lei?
Beatrix si vestì e si
preparò ad incontrare Gab.
“Hey, Gabriel. Che si fa oggi di
bello?”
Lui era davanti al focolare nella piazza e si
stava riscaldando.
“Interroghiamo il prigioniero. Non ci
vorrà
molto prima che Cornwallis scopra la nostra posizione, quando ci
capiterà di nuovo l’occasione di divertirci con
Tavington?”
Beatrix rabbrividì nel pensare il suo
William
torturato dai suoi compagni, anche se forse un po’ lui se lo
meritava. Era famoso tra la sua gente per il suo essere crudele e senza
un minimo di pietà, non era solito nemmeno concedere
quartiere
ai nemici che si arrendevano.
Già, si sarebbero vendicati per bene.
“Secondo me è
inutile.”
Bea si sedette su quei tronchi tagliati vicino al
focolare
con l’amico. Lui si girò verso di lei e la
guardò
sorpreso.
“Cosa?”
“Tavington è un Ufficiale
esperto, conosce bene
come funzionano queste cose, si farà ammazzare, ma non
parlerà.”
Il ragazzo pensò alle parole
dell’amica e
sospirò constatando che lei diceva la verità.
Sapevano
tutti quanto fosse duro quell’uomo.
“Lo so. Però devo
provarci.” E rise pensando alle cose brutali che gli avrebbe
inflitto.
“Gab, ascolta. Perché
abbassarci al suo livello?”
Lui le sorrise sinceramente, ma la sua mente era
irremovibile.
“Mi stai dicendo questo solo
perché ti preoccupi della mia anima dannata o..”
Lei lo guardò attentamente, sapendo
già cosa avrebbe detto.
“..oppure ti sta a cuore lui?”
Beatrix si alzò indignata.
“Cosa stai insinuando?”
Lui si alzò e la prese per mano.
“Niente, Bea. Mi chiedevo, dopo tutto
quello che ti ha
fatto come fai a tenere ancora a lui.. dovresti volere la sua morte
quanto me!”
Se solo lei non fosse innamorata persa di lui. Ma
questo Gabriel non poteva saperlo.
“Tu non sai niente.”
Così lasciò la sua presa e
si allontanò
dal suo amico. Lui la seguì e continuò il suo
discorso.
“Cosa dovrei sapere esattamente? Ho
visto come ti ha trattata al Forte e quello non era rispetto.”
Lei si girò furiosa, perché
lui non conosceva
William e non poteva permettersi di giudicarlo. Non sapeva proprio
niente.
“Tu non c’eri quando io ero
sola con lui. Tu non sai niente di William.”
Lui rise, ma non era qualcosa di familiare. Era
il tipico riso di quando uno ti prende in giro.
“Hai ragione, Bea, io non so niente di
William. Ma
conosco molto bene il Colonnello Tavington. Lo stesso che ha ucciso tua
madre..”
Lei si tappò le orecchie, non lo
voleva ascoltare. La
stava facendo soffrire utilizzando sua madre e sapendo che a lei faceva
male. Perché era così cattivo?
“Smettila, non ti voglio ascoltare!
Lasciami sola.”
Lei cercò di allontanarsi, ma lui la
trattenne per un braccio e non le permise di andare via.
“Eh, no. Tu ora stai qua con me a
terminare il
discorso. Non capisci che è pericoloso? Pensa se ti avesse
preso
la verginità..”
Lei si arrestò e lo guardò
intensamente.
Non disse niente, perché sapeva che
ormai la sua
virtù era compromessa da un po’, ma questo Gabriel
non
poteva di nuovo saperlo.
Lui ricambiò il suo sguardo e poi si
mise le mani nei capelli disperato.
“No. No. No, non può
essere!”
“Sì, invece.”
Rispose secca lei.
“Ti ha obbligata vero? Tu non puoi
averlo fatto.. sapendo.. è un assassino!”
Cercò di scuoterla, pensando che
bastasse a far sparire quei pensieri.
“Gabriel.. io lo amo.”
Lui fece un passo indietro.
Prese aria.
Cercò di calmarsi.
“No. Non è possibile, non
puoi. Ti ha fatto il
lavaggio del cervello. Sì, perché altrimenti
è
impensabile che tu ci sia andata a letto.”
Beatrix non aveva mai visto Gabriel in quello
stato. Era
sempre dolce, tranquillo, non era uno che si scandalizzava per poco.
Perché si comportava così?
“Io lo amo e non mi aspetto che tu
capisca.”
“Lui non ti ama.”
“Tu che ne sai?” rispose
stizzita la fanciulla.
Gabriel rise, rideva di lei.
“Oh..!”
Rise ancora, come se quello che lei aveva detto
destasse tale
riso. Si riavvicinò a lei, passi sicuri, calcolati e si pose
davanti alla ragazza. Le mise una mano sulla guancia, nello stesso modo
quando voleva trasmetterle calore. Ma lei sapeva purtroppo che quello
non era uno di quei bei momenti.
“Tu hai pensato davvero che lui ti
amasse, vero? E quando, dimmi. Quando ti sbatteva come un animale per
soddisfare le sue fantasie erotiche?”
La voce era piatta, parlava con tono di voce
basso che
rasentava la minaccia, ma aveva anche delle sfumature di dolcezza.
Peccato che quelle parole erano tutt’altro che carine.
Non voleva dare ragione a Gabriel, anche se
sapeva che quello che diceva non era tutto sbagliato.
“A me piaceva.” Disse piano
la ragazza, come se si vergognasse.
“Cosa esattamente, essere la sua
puttana?”
Lei allontanò la sua mano, arrabbiata
con il suo migliore amico che la stava dipingendo con epiteti che non
si meritava.
“Io non sono la sua puttana, Gabriel.
Noi stiamo insieme, vedi questo anello? Me lo ha regalato
lui.”
Il ragazzo guardò il gioiello
distrattamente, con scarso interesse.
“Questo anello, tesoro, conferma
semplicemente la mia
teoria. Invece che pagarti col denaro lo ha fatto con questo
gioiello..”
Lei non gli fece terminare la frase che lo
schiaffeggiò subito.
Lui si toccò la guancia calda e le
sorrise.
“Alquanto scontata e alquanto irritata.
Se ti scaldi tanto vuol dire che ho ragione.”
“No, ti sbagli. Io lo amo e lui ama me.
Storia finita.”
Gabriel rise di nuovo e lei stava iniziando ad
odiare il suo comportamento. Lo stava iniziando ad odiare veramente.
“È stato molto bravo nel
farti credere quello che voleva.”
“Lui non ha fatto niente, non avrei
dovuto dirti nulla. Pensavo che tu mi avresti capita.”
Lui sbruffò.
“Mi credi così stupido?
Però hai ragione, forse qui sono l’unico che ti
possa aiutare.”
Lei lo squadrò confusa, non aveva
chiesto a nessuno aiuto. Era una cosa che riguardava solo lei e William.
“Io non ho bisogno di
nessuno!”
E si allontanò da lui, cercando di
raggiungere la tenda dove risiedeva il suo Colonnello.
“Penso invece che fra qualche mese tu
busserai alla mia porta.”
Lei si girò infuriata.
“E perché mai?”
Gabriel la raggiunse e poi si rivolse a lei.
“Pensi che lui crescerà il
suo bastardo?
È un nobile Inglese e tu sei l’ultima donna che
sposerebbe
per avere figli.”
La ragazza alzò le sopracciglia
incredula. Lei non era
incinta, stava benissimo e William non doveva preoccuparsi di niente.
“Ti sbagli di nuovo. Non sono
incinta.”
Ciclo
interrotto
<
Non sono incinta >
Capogiri
<
Non sono incinta >
Vomito
<
Non sono incinta >
Caldo,
sempre caldo
<
Non sono incinta >
Pancia
grossa
“Non sono incinta!!” gli
urlò Beatrix.
Lunatica
<
Non sono incinta >
“Va bene, allora forse mi sono
sbagliato. Prima o poi comunque succederà e allora verrai da
me.”
Le diede un bacio sulla fronte e poi la
lasciò.
Lei entrò nella tenda nervosa. La
discussione animata
con il suo amico l’aveva resa irritabile, come se
già non
fosse abbastanza stressata in quel periodo.
“Cattivo umore?” disse
all’improvviso William.
“Un po’.”
Beatrix si sedette su uno sgabello
nell’angolo e prese
alcuni secondi per calmarsi. Tavington sapeva renderla più
furiosa di chiunque altro, perciò aveva bisogno di un
po’
di riposo. Quella febbre la stava sfiancando, doveva cercare un medico
al più presto.
Brava,
così vedi se sei incinta.
<
Non sono incinta! >
Lei notò che per terra c’era
una tovaglietta con
qualche stoviglia. Dovevano avergli portato da mangiare, la ragazza ne
fu felice. Aveva bisogno di forze per superare i vari interrogatori.
Mentre era ancora seduta lì, qualcuno
entrò.
Una fanciulla giovane, forse della stessa
età di Beatrix, entrò nella tenda sorreggendo una
brocca.
“Buongiorno, Colonnello. Dormito
bene?”
Disse con voce squittente.
Oca.
“Ho avuto nottate migliori,
Camille.”
Ma
guarda come risponde.. ‘Ho avuto nottate migliori,
Camille’
“Vi ho portato del latte per fare
colazione, ho munto la mucca io stessa solo per voi.”
Va bene, adesso era proprio chiaro che
quell’oca ci
stava provando con il suo William. Ma lui non avrebbe continuato quella
scena con lei ad assistere, vero?
“Che pensiero carino, tesoro.
Perché allora non vieni ad imboccarmi?”
Lei
sì, io no!
Camille arrossì. Appoggiò
per terra la brocca e
con le mani tremanti versò un po’ di latte in una
scodella. Poi, versò dentro dei pezzi di pane e
girò il
tutto con un cucchiaio.
Beatrix non disse niente. Lo guardava, anzi no lo
fulminava
con gli occhi sperando che capisse i suoi pensieri e stette poi
lì ad osservare la scena.
Lui non aveva ricambiato il suo sguardo,
l’aveva
evitata, come se lei fosse un fantasma. Corteggiava quella ragazza e
non si stava curando dei suoi sentimenti.
Gabriel
ha ragione..
<
Zitta, è ancora presto per cantar vittoria. >
Beatrix si alzò nel momento in cui
Camille prese il cucchiaio e lo avvicinò al Colonnello.
“Posso farlo io, Colonnello.”
Lui le diede uno sguardo fugace e poi si
concentrò sul cucchiaio che Camille gli stava porgendo.
“Non c’è bisogno,
a Camille non dà fastidio.”
La ragazza scosse subito la testa. “No,
no. Lo faccio volentieri.”
“Insisto, Colonnello, voglio
aiutarvi.”
Lui questa volta la guardò
fulminandola con gli occhi.
“Ho detto, Beatrice, che non
c’è bisogno.”
“Va bene.” Scrollò
le spalle e ritornò al suo posto.
Rimase seduta lì fino a che
quell’insulso
corteggiamento terminò con l’uscita definitiva di
Camille
dalla tenda.
Lei aspettò che lui dicesse qualcosa.
Anche solo una misera parola per giustificare quello che era appena
successo.
“Quindi..?” lo
pungolò lei.
“Quindi.. cosa?”
Lei si alzò dallo sgabello e lo
raggiunse. Si piegò sui talloni per trovarsi alla sua stessa
altezza.
“Volete portarvela a letto?”
Lui rimase sorpreso dal suo tono accusatorio.
“Anche se fosse, Beatrice, questi non
sono tuoi
problemi. Io non ti devo nessuna spiegazione, non sei la mia
fidanzata.”
Gabriel
ha ragione..
“Vero. Ma merito un po’ di
rispetto da parte vostra, almeno in mia presenza.”
Cercava di rimanere calma. Aveva mandato
giù la sua
provocazione, cercando di non rispondere male. Eppure quelle parole
ferivano e facevano tanto male.
“Come vuoi. La prossima volta
farò mettere un
cartello fuori con scritto ‘non disturbare’.
Contenta
adesso?”
Cos’era successo quella notte per
renderlo così
arrabbiato? Non aveva fatto niente di male e non sentiva di meritare
quel trattamento da lui.
“Voi pensate mai alle conseguenze delle
vostre azioni o vi piace solo divertirvi?”
"Mi era sembrato che ti piacesse giocare con me, tesoro."
continuò lui sulla linea offensiva.
"Forse è venuta l'ora di smetterla di fare i bambini e
pensare
seriamente. Devo riflettere della mia vita, Colonnello." disse
sconsolata.
Lui sbruffò. "Avevamo già parlato della tua
situazione, il mio pensiero non è cambiato, Beatrice."
Lei allora lo aggredì nuovamente.
"Quindi dovrei essere per voi sempre e solo una prostituta per
dilettarvi?"
Lui ricambiò il suo sguardo di ferro, ma questa volta non
disse
niente per replicare. La cosa diede fastidio a Beatrix
perché
voleva dire che lei aveva ragione. L'avrebbe usata quanto voleva e poi
l'avrebbe abbandonata come un giocattolo vecchio e passato di moda.
Lei gli sorrise e si alzò, aveva bisogno di stare lontano da
lui.
"Va bene. Allora vi dico.. io
sono stufa di questa situazione. Voglio di più."
"Non posso
darti di più, Beatrice." ribatté prontamente
Tavington.
"Io sono sempre venuta incontro alle vostre esigenze, ho accettato il
fatto di essere una.. prostituta per voi. L'ho fatto perché
credevo che bastasse per farvi capire a quanto sono disposta a
rinunciare per voi.. perfino alla mia dignità. Voi non avete
fatto niente per me."
Lui alzò solo un sopracciglio come se lei avesse detto una
cosa
senza senso. La ragazza allora rise in modo isterico, al limite della
sopportazione.
"A cosa avete rinunciato per me?" gli urlò poi contro
"niente!!"
Le girava la testa, non si sentiva molto bene e stava nuovamente
perdendo il controllo. Doveva tornare in sé.
"Perché siete così orgoglioso? È
così difficile
dirmi ti amo, valgo davvero niente per voi? Parlate, o vi giuro che
sarò io stessa a bastonarvi, Colonnello."
Lui la guardò come se fosse pazza e poi sorrise nel vederla
fuori controllo. Si divertiva a torturarla così.
"Ti ho già detto quello che sono, come sono fatto. Non
posso."
La rabbia prese il sopravvento in Beatrix.
"Balle, Tavington. Bordon è un Ufficiale quanto voi, certo
non
è un Colonnello ma è pur sempre un Capitano,
eppure lui ama
Wellsie e la rispetta. Non mi sembra che sia una prerogativa di voi
soldati vivere da soli. Evidentemente se vi nascondete, avete paura."
Lo punzecchiò lei, sperando che servisse a cavare fuori
qualcosa.
"Io non ho paura di niente. Forse non sei tu la donna che mi
farà perdere la testa e dire quelle due insulse parole che
vuoi
per forza che ti dica."
La sua risposta era in parte prevedibile, quando si sentiva colpito in
qualche modo aggrediva sempre gli altri. Ma Beatrix lo stava conoscendo
sempre meglio, non si sarebbe fatta intimorire così da lui.
"Forse. Allora perché non date questo
a quella lei."
Così dicendo sfilò l'anello di rubino
e lo
gettò per terra. Il Colonnello non staccò il suo
sguardo
da quello inferocito della ragazza e non diede nemmeno un'occhiata al
gioiello.
"Micetta, dai, non fare così. Prendilo, a te l'ho regalato.
Non vuole dire niente per te?" disse in tono scherzoso.
"Per quanto ne so io, potreste averne dato uno a ciascuna puttana che
vi siete fatto, Colonnello."
Lui rise di gusto.
"Teoria interessante, però quel bel anello che tu hai
buttato
con molta grazia coloniale per terra vale due volte il mio stipendio
annuo, non credo di riuscire a poterne comprare così
tanti, amore."
Lei sbarrò gli occhi nel constatare il valore di quel
gioiello, aveva intuito che valesse tanto, ma non pensava così
tanto.
"Oh, bè.. non lo sapevo. Questo comunque non cambia le
cose.. ho bisogno di sentirvelo dire."
Lui corrugò le sopracciglia dubbioso. "Cosa?"
"Ti amo." disse senza timori lei.
"No."
Furono le sue uniche parole dette.
"Lo voglio, Colonnello, e lo pretendo."
Se prima le piaceva giocare al gatto e al topo con lui ora doveva
pensare non solo a se stessa. Forse era incinta, il suo bambino
meritava di più.
Si avvicinò a lui e si inginocchiò per terra.
Quando ebbe
la sua attenzione su di sé si slacciò il
corpetto. Gli
fece vedere quello che poteva
avere alle sue condizioni, altrimenti non avrebbe avuto niente.
L'uomo sembrava deliziato dal suo corpo, ma non cedeva.
"Mi volete, Colonnello?"
"Sì." rispose immediatamente lui senza esitazioni.
"Bene, allora ditemi ciò che voglio sentire." Fece un passo
verso l'uomo, senza però toccarlo.
Lui sospirò e poi le sorrise malignamente. "Posso avere lo
stesso anche da altre, Camille per esempio."
Lei chiuse il corpetto con nervosismo.
"Certo. Come io posso far usare il mio corpo a qualcun altro, Gabriel
per esempio."
Il sorriso di Tavington si spense e lei ne gioì. La ragazza
si
alzò con l'intenzione di fargli capire che faceva sul serio.
Era
quasi all'uscita quando lui la fermò.
"Non ti dirò ti amo, Beatrice. Pensa però che se
sono qua
incatenato al posto di Tarleton un motivo c'è! E non
è
che mi diverto ad essere torturato da quei Ribelli!"
Lei si fermò a riflettere sulle sue parole senza muoversi.
Aveva
ragione, non le aveva detto un ti amo espresso, ma forse era rimasto
tacito nell'aria. Beatrix si convinse che avrebbe dovuto prendere da
lui poco alla volta senza eccedere, quella volta doveva accontentarsi.
Lui richiamò la sua attenzione. Era un uomo a cui non
piaceva mostrare i suoi sentimenti, non voleva essere
vulnerabile.
Perciò quando si accorse di aver detto troppo,
sviò sulla
strada del sarcasmo.
“Comunque sia, sei venuta qui per litigare,
cos’è hai il ciclo?” la
beffeggiò lui.
Lei gli rispose con tono deciso, senza
esitazioni. Girò il volto verso di lui e lo
affrontò.
“No, a dire la verità non ho
il mio ciclo regolare da più di una settimana.”
Il Colonnello smise di ridere e la
osservò serio.
“Stai scherzando?”
“No.” controbatté
Beatrix.
L'uomo non disse niente, così lei
continuò.
“Vedo che la notizia vi lascia
indifferente.”
Lui alzò nuovamente gli occhi e la
inchiodò.
“Sei incinta?”
Lei rispose con semplicità, con la
sola verità che lei conosceva in quel momento.
“Non lo so.”
“Devi
saperlo. Come hai fatto a non accorgetene prima?”
Beatrix si chiese se lui sapesse di ferirla come mille pugnalate ogni
volta che la trattava in quel modo.
“Non lo so, William. Ho avuto altre cose per la testa in
questo periodo.”
Tavington sembrava quasi arrabbiato con lei, come se fosse un suo
diritto saperlo, di più che Beatrix.
“Vado dal dottore, adesso.”
Si congedò così, perché tanto sapeva
che
continuare quella discussione con lui voleva dire litigare
violentemente. Mentre stava per uscire dalla tenda venne richiamata dal
Colonnello.
“Beatrice.. è mio?”
Lei si girò solo per guardarlo in faccia e vedere che stesse
parlando sul serio. Ma come gli veniva in mente di chiederle quella
cosa, pensava davvero che lei andasse con tutti?
Forse lo pensa..
Lo guardò stizzita, ma lui ancora attendeva una risposta.
Non gliene diede una.
Uscì dalla tenda più arrabbiata che mai con lui
per aver
messo in discussione la possibile paternità del possibile
bambino.
N/A
Ciao
a tutte!! ^^
I due
piccioncini litigano sempre..
Ho una domanda per voi.. nel prossimo capitolo ci sarà un
personaggio già visto nei passati capitoli.. chi
è? Chi
lo indovina gli dedico il prox cap! ^^ Beatrix ha dato un piccolo
indizio..:D
Un
bacio belle!!
Giulia ;)
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 24 *** Qualcuno in arrivo? ***
capitolo XXIV
Capitolo
XXIV
Qualcuno in arrivo?
La
ragazza si
guardò intorno per capire bene in quale luogo si trovassero
esattamente. Le avevano detto che era la vecchia missione spagnola, la
Black Swamp. Luogo ben protetto, una palude nella quale solo i
conoscitori del luogo sapevano muoversi senza perdersi.
Ottimo
rifugio, gli Inglesi avrebbero impiegato del tempo per scovarlo.
C’erano
diverse
tende, alcune erano essenzialmente piccoli dormitori, altre venivano
usate per discutere le prossime mosse. Beatrix intravide Margaret,
così la fermò per chiederle
un’informazione.
“Hey,
Marge.” La ragazza si voltò e poi si
avvicinò.
“Ciao
Bea. Dimmi.”
“Sai
se per caso abbiamo un dottore qui?
Lei
rimase meditabonda per alcuni secondi e poi il viso si
illuminò.
“Forse
uno c’è, ma non sono sicura. Era ferito e lo
abbiamo portato con noi qui. Vieni, ti ci porto.”
Beatrix
si fece condurre dalla ragazzina e nel mentre pensava
all’identità del dottore.
“Quindi
non è di Pembroke?” chiese Bea.
“Oh,
no. Vagabondava e diceva che gli Inglesi lo avevano colpito. Non
potevamo lasciarlo lì.”
Beatrix
sorrise alla
fanciulla nel vedere la bontà dei suoi compaesani. Loro
erano
tutti così, leali e sportivi anche con i nemici.
“Avete
fatto bene.”
Entrarono
in una delle
tante tende dell’accampamento. Un uomo era girato di spalle
intento nell’osservare il suo piccolo emporio di boccette sul
bancone.
“Vi
lascio.” Margaret la salutò e se ne
andò.
Beatrix
attese qualche
secondo che l’uomo si presentasse o che almeno si girasse
verso
di lei, ma niente. Allora decise di aprire lei per prima bocca.
“Mmm,
scusate. Siete per caso un dottore?”
L’uomo
forse
solo in quel momento si accorse della sua presenza. Si
aggiustò
gli occhiali e si girò verso la fanciulla.
“Sì,
sono il Dottor..”
Il
tempo si fermò all’improvviso.
Oh,
Dio mio..
L’uomo
indietreggiò, andando a sbattere contro il bancone e facendo
così oscillare le ampolle. Si allontanava da lei, mettendo
sempre più distanza.
“Stammi
lontano.”
Lei
capiva che dopo l’ultimo incontro poteva essere non proprio
felice di vederla di nuovo, ma addirittura così.
“Sono
venuta in pace.”
E
nel dirlo, Bea mise le mani in alto, facendo vedere che non aveva
niente di pericoloso con sé.
Il
Dottore.. Lee!! Ecco, si chiamava Lee, sembrava essere più
tranquillo. Allora Bea cercò di metterlo a suo agio.
“State
meglio Lee?”
“Vedo
che ti ricordi bene il mio nome dopo che il tuo fidanzato mi ha quasi
ucciso l’ultima volta.”
La
ragazza si avvicinò verso di lui, poi si sdraiò
sulla branda.
“Mi
dispiace, ma
erano circostanze diverse.” Disse semplicemente,
perché
tanto c’era poco da spiegare. Poteva immaginare
perché il
dottore ricordasse così bene Tavington, non era uno che si
scordava presto.
“Cosa
ti porta qui, sventurata?” chiese curioso.
“Ho
un dubbio.”
Le
sopracciglia folte di Lee si alzarono fin quasi a toccare
l’attaccatura dei capelli.
“E
io cosa c’entro con il tuo dubbio?”
Lei
girò la testa verso di lui.
“Siete
un medico, no?”
Lui
fece il giro della
branda e si sedette sul bordo per scrutarla meglio. Osservò
il
viso, il suo corpo e poi finalmente parlò.
“Vuoi
sapere di quanti mesi è?”
Lei
si alzò di colpo, spaventando un po’ il medico.
“No!
Devo sapere
se sono.. aspettate, voi.. sapete.. sono..??Oh, Dio.” E
ritornò sdraiata sulla branda, le lacrime uscirono senza che
lei
ne avesse un controllo.
Il
dottore cercò di tranquillizzarla, ma lei era molto agitata.
“Non
fare così, bambina mia.”
Si
alzò e prese delle pastiglie che poi le consegnò.
“Prendine
una, ti farà stare bene.”
Le
porse anche un bicchiere d’acqua e lei bevve mandando
giù quella pastiglia amara.
“Siete
sicuro che sono..?”
Lui
prese un respiro con calma.
“Certe
cose si sanno a vista, e tu dovresti essere la prima a
sentirlo.”
Lei
si era
tranquillizzata, respirava piano e le lacrime stavano scomparendo.
Eppure rimaneva quella sensazione di disagio interiore dentro di lei.
Se davvero lui diceva il vero, era di pochi mesi quel piccolo bimbo, se
non settimane. Come faceva lui a notarlo a prima vista? Lei non si
sentiva diversa o strana. Stava male, ma non c’era qualcosa
che
le facesse pensare ad una gravidanza.
“Io
non sento niente.”
Lui
prese una mano e gliela accarezzò.
“Dimmi
la verità.. lo vuoi questo bambino?”
Sì
sì sì
Lo
voleva
perché era figlio di William, sarebbe stata legata a lui e
così non l’avrebbe potuta lasciare più.
“Certo,
così lui starà con me per sempre.”
Lee
sbruffò.
“Vedi,
non vuoi il bambino. Vuoi il suo
bambino..”
“Oddio,
sono un mostro.” Si mise le mani sulla bocca mentre piangeva
nuovamente.
Beatrix
si rese conto
di essere stata un’egoista. Lo voleva solo perché
di
Tavington, avrebbe creato un bimbo che poi non sarebbe stato amato
abbastanza. Ma lui si meritava di meglio, non voleva che crescesse come
era cresciuta lei. I suoi genitori avrebbero amato quella creatura in
arrivo.
“Non
sei un mostro, sei giovane e innamorata. Ma sei sicura che i suoi
sentimenti siano uguali ai tuoi?”
Lei
piegò le
gambe e appoggiò sopra la testa sconsolata. Rimase in quella
posizione fetale per qualche minuto, senza avere l’intenzione
di
proferire parola.
“Non
posso obbligarlo?” chiese quasi pregandolo di dirgli
sì.
“No,
tesoro. Non si può.”
Le
accarezzò i capelli sperando che lei si risollevasse.
“Secondo
voi c’è una possibilità che lui questo
bambino lo voglia?”
Le
grandi sopracciglia
del dottore si incurvano nuovamente, ma questa volta non disse niente.
Si alzò semplicemente e si diresse verso il bancone dei
liquidi.
“Non
ti posso aiutare in quel senso, però ho qualcosa che forse
ti aiuterà. La scelta è tua.”
Ritornò
da lei con una piccola boccetta con del liquido e gliela porse.
“Questa
è
una medicina potente. È in grado di uccidere il bimbo che
c’è dentro di te, non sei obbligata a tenerlo se
non vuoi.
Ma come ho già detto prima.. la scelta è
tua.”
Lei
prese quella
medicina con diffidenza. Non voleva uccidere il suo bambino, anche se
era ancora piccino, era comunque dentro di lei ed era suo!
Quel
bambino era frutto del suo amore per William, ma era suo figlio e lei
gli avrebbe voluto bene come una madre avrebbe dovuto fare.
“Non
la voglio.” Gli disse spostando la medicina.
Lui
prese la boccetta e gliela mise tra le mani.
“Prendila.
Al massimo la butti poi via, ma prendila. Ascoltami.”
Lei,
sebbene non
volesse quell’oggetto, lo trattenne comunque nel suo grembo.
Si
alzò dalla branda ed abbracciò il medico forte.
“Grazie.
Grazie mille, mi dispiace per la vostra ferita.”
Lui
ricambiò il bacio affettuoso. “Ormai è
acqua passata, l’importante è che lui stia lontano da
me.”
Lei
gli fece l’occhiolino. “Finché le corde
tengono non può scappare.”
E
così uscì da quella tenda.
Camminava
tenendo ancora la boccetta con sé.
Lo
terrò, sì lo terrò anche se William lo
rifiuterà.
Si
accarezzò con dolcezza la pancia e poi parlò al
bambino.
“La
mamma ti vuole bene e ti sta aspettando con ansia.”
Mentre
accarezzava il suo ventre rigonfio, sentì qualcuno parlare
lì vicino.
“..ora.
Nessuno lo scoprirà, lui ha violentato e ucciso la mia
Stacy, Carl!”
Sicuramente
qualche
ribelle aveva preso troppo sul serio la Causa, ma questo non
interessava granché a Beatrix. Li aveva seguiti
perché
aveva visto che anche William lo aveva fatto. Da una parte ne era
felice, lo aveva sperato fin da subito; però era stato
qualcosa
di impulsivo e irrazionale da parte del Colonnello. Era un pensiero
carino, ma poteva costargli caro la vita e quello Bea lo temeva molto.
Proseguì per la sua strada, fino a che qualcuno disse il
nome di
Tavington e così attirò la sua attenzione.
“Tavington..
ma
sei matto? Hanno detto che lo vogliono interrogare alla loro maniera,
sai che al gran Capo non piace essere sfidato.”
Beatrix
allora si nascose dietro un cespuglio e rimase in ascolto.
“Non
m’importa niente di loro. Li ho seguiti solo per vendicarmi
di
quei fottuti Inglesi e del Macellaio. Hanno il Colonnello, che
aspettano.. che scappi?”
L’altro
non
rispose subito, lei intuì che era quello meno propenso
nell’uccidere William. L’altro invece era convinto
di
quello che diceva.. perciò William aveva davvero abusato di
quella Stacy? Lei sapeva che lui era stato un farabutto in precedenza,
ma sentirlo dire le fece gelare il sangue, infatti non poteva che
pensare all’uomo dolce che l’aveva aiutata quando
stava
vomitando.
No,
si sbagliavano. Lui non era così.
“Io
lo faccio, Carl. Tu fa’ quello che vuoi.”
Beatrix
cercò di sbilanciarsi affinché potesse vedere
meglio la scena, almeno il volto di quegli uomini.
Ma
niente.
“Va
bene, stanotte.”
La
ragazza si mosse ancora un po’, ma non vedeva molto.
“Beeea!
Che ci fai qua?”
La
ragazza si voltò, spaventata dall’intrusione.
“Margaret!
Oddio, mi hai fatto prendere un colpo.” Appoggiò
una mano sul cuore per farlo rallentare.
“Scusa,
ti cercava Gab. Mi ha chiamato lui.”
Gabriel,
l’ultima persona che voleva vedere in quel momento, la
discussione che avevano avuto l’ultima volta
l’aveva
lasciata arrabbiata e triste. Non era in vena di vederlo di nuovo.
“Digli
che non sto bene.”
E
si incamminò verso la tenda per andare a riposare, si
sentiva stranamente infiacchita.
“Mi
ha detto che avresti voluto interrogare con lui, forse si
sbagliava.”
William..
“No!
Vado.”
Cambiò
direzione e si diresse verso la tenda di Tavington. Come aveva
anticipato Margaret, suo fratello era già lì che
l’aspettava.
“Hai
fatto in fretta. Così felice di vedere me o lui?”
chiese Gabriel sarcastico.
“Indovina.”
Rispose secca e acida lei.
Quella
giornata non era in vena di riso e scherzi, si sentiva una bomba pronta
a esplodere in ogni momento.
Insieme
a lei e Gab
c’erano altri due uomini che non aveva ancora visto. Gab li
presentò velocemente indicandoli con una mano.
“Beatrix,
loro sono Anthony e Russell. Russ, Ann.. lei è la mia
Beatrix.”
Loro
fecero un cenno di saluto con la testa, almeno erano cordiali sebbene
taciturni. Gabriel nell’usare quel mia, che lei non
aveva per niente apprezzato, aveva anche messo un braccio sulle sue
spalle per rafforzare il concetto.
Quella
cosa la odiava
anche nel Colonnello, quella territorialità tra lo stesso
sesso
per dimostrare chi è il maschio alfa. Lo detestava,
soprattutto
perché lei non
era sua e lì c’era William.
Lo
volevano abbattere fisicamente e psicologicamente.
Ma
lui sarebbe stato
davvero ferito nel vederla flirtare con un altro? Si era divertito con
Camille e lei non aveva ancora avuto occasione di ricambiare il suo
favore.
Perciò,
da una
parte voleva farla pagare a William e vedere se anche lui fosse geloso
quanto lei. In più, voleva farla pagare anche a Gabriel,
eppure
sapeva che lui era la chiave per liberare William, o almeno per rendere
il suo soggiorno migliore.
Doveva
stare al gioco,
sì. Doveva far capire a Gab che Tavington non contava
niente,
così lui si sarebbe fidato di lei. Se quella notte fossero
davvero venuti a uccidere William doveva intervenire in qualche modo,
ma era impossibile fino a che loro la credevano complice del Macellaio.
Così
Beatrix
non sciolse l’abbraccio di Gab, ma lo attirò
invece contro
di sé per un bacio appassionato, lo stesso che concedeva
solo a
Tavington.
Gli
altri li guardavano con interesse e William sembrava –almeno
ancora adesso- non mostrare alcuna emozione.
Non
mi ama..
<
Devi andarci giù pesante, quel bacio non era niente. >
Forse
“Da
dove iniziamo?” chiese impaziente Bea per far terminare il
supplizio prima.
Gabriel
si incamminò per la stanza e si mise a pensare ispirando a
fondo.
“Frusta?”
propose Russell.
“Troppo
poco.” Rispose semplicemente Gab.
“Fuoco?”
propose Anthony.
“Poco!”
Disse di nuovo Gab.
Cosa
voleva da lui?
“Forse
dovremmo chiamare anche gli altri, lo vogliono tutti morto.”
Azzardò timido Russell.
Gabriel
lo squadrò bloccandolo con lo sguardo.
“Sono
io a fare
le regole, Russ. Il divertimento partirà da me, se lo
vogliono
si spartiranno poi i miei avanzi.”
Russell
fece un passo indietro, intimorito dalle parole ostili del compagno.
Non disse altro.
“Bene,
ora iniziamo il nostro interrogatorio Colonnello.”
Il
ragazzino si
rivolse a Tavington e gli sorrise freddamente. Di contro, il Colonnello
non sembrava essere per niente colpito dalla minaccia a lui rivolta.
“Perché
invece che parlare tanto, ragazzo,
non mi fai vedere quello che sai fare.”
Il
cuore di Beatrix
sussultava ogni qualvolta il suo William rispondeva, si sentiva
così orgogliosa di lui, non perdeva la sua tempra mai.
“Avete
ragione, ho già perso troppo tempo.” Si
sfregò le mani tra di loro, in segno di preparazione.
“Bea.”
Richiamò
l’attenzione della fanciulla.
“Cosa
ti piace in lui?”
Beatrix
rimase
sorpresa dalla sua domanda, non sembrava c’entrare molto con
quello che stavano facendo. Lei guardò allora William, che
ricambiava il suo sguardo ma non le suggeriva niente. Forse era curioso
di sentire la sua risposta.
“Ci
sono tante cose..” Gabriel la bloccò subito.
“Parti
del corpo, Bea. Cosa ti piace di più in lui?”
Aveva
gli occhi rossi
dall’ira repressa, era pronto perciò per far
soffrire il
Colonnello. Lei era pronta a vederlo soffrire?
“Perché
ti interessa tanto?” chiese infastidita la ragazza.
“Perché
sarà il punto di partenza della tortura.” Se la
rise
allegramente e lei tremò dalla paura.
“Scommetto
cinque monete d’oro Ann che dice gli occhi. Non vedo
l’ora
di vederglieli cavati.” Disse Russell all’amico.
Oddio,
ma era una cosa disumana e.. e lei non poteva permetterlo.
“Mah,
secondo me le piace quello che ha in mezzo alle gambe..”
rispose sarcastico Anthony.
“Dicono
che si è scopato la maggior parte delle nostre donne, Ann.
Dobbiamo vendicarci.”
Allora
lei si girò nella loro direzione e li guardò male.
“Evidentemente
se noi donne americane preferiamo gli Inglesi un motivo
c’è.”
E
mentre rispondeva
alle loro frecciatine, li prese in giro avvicinando il pollice
all’indice e facendo vedere cosa intendeva.
Loro
smisero di ridere.
Intanto
Gabriel la
stava guardando, non si era accorta che fino a quel momento lui la
stava scrutando attentamente, come se lei fosse la risoluzione
dell’enigma.
“Fuori
voi due.” Lo disse senza nemmeno guardarli, e loro lo
ascoltarono senza replicare.
“Cosa
vuoi Gab?” chiese spaventata Beatrix.
“Farlo
soffrire.”
Lei
ingoiò le sue parole lentamente e fece finta di non capire.
“Come?”
Allora
il ragazzo si rivolse al Colonnello.
“Ti
piace?” disse indicando Bea.
William
non incontrò gli occhi di Beatrix, sfidava solo Gabriel.
“Non
sono problemi tuoi.”
Gab
rise e si avvicinò di nuovo a Tavington.
“A
me lei piace molto, ma con me era sempre chiusa, faceva la puritana.
Con te invece si è aperta molto.”
Il
Colonnello lo
guardava male, aveva i denti scoperti come i cani quando vogliono
attaccare, ma non lo aggredì, invece continuò
quel gioco
di parole con Gabriel.
“Non
le piacevi così tanto.”
Beatrix
era in
disparte, dietro di loro, ma non diceva niente. Sperava che William
vincesse contro di lui, così lo avrebbe lasciato in pace.
“Forse,
ma a me lei piace ancora e voglio che sia solo mia.”
Allora
Bea intervenne, si sentiva un oggetto conteso tra i due e voleva porre
fine a quel gioco.
“Posso
parlare anch’io o voi maschi alfa avete il testosterone a
mille?”
Loro
girarono le teste
con noncuranza verso di lei. Poi Gabriel si alzò e si
posizionò dietro la ragazza. La attirò contro il
suo
corpo e poi la strinse forte a sé. Lei era davanti a
Tavington,
mentre era Gabriel dietro. Il ragazzo stava lasciando baci sul suo
collo, ma lei non provava niente. Né un brivido
né un
fremito.
Niente.
Beatrix
immaginò che il ragazzo stesse cercando di ferire il
Colonnello
flirtando con lei, ma lei non voleva farlo soffrire.
“Hai
ragione Bea, dimmi. Cos’ha lui che io non ho? Posso portarti
a letto anch’io quanto lui.”
Doveva
porre fine a
quel gioco, altrimenti temeva che Gab si sarebbe spinto fino a
prenderla lì davanti a William pur di fargli male.
“Fermati
Gab.” Si staccò dalla sua presa e
continuò.
Lei
guardò Tavington che non esprimeva niente, non la stava
consigliando nel dire qualcosa, aspettava la sua risposta.
“Io
ho fatto un errore ad innamorarmi di lui, è solo
un..” trattieni
le lacrime “un uomo che va bene solo
per scopare, è capace a fare solo quello.”
Lo
disse senza
esitazioni, pizzicava e mordeva l’interno delle labbra per
non
piangere e ci stava riuscendo. Gabriel la affiancò e le
chiese
stupito.
“Sul
serio?”
Lei
gli sorrise, cercando di essere la donna più convinta e
più allegra di questo mondo.
“Certo,
Gabriel.
Ho pensato alla tua proposta e ora ne sono sicura, mio figlio merita un
padre che gli voglia bene.” Gli appoggiò una mano
sulla
guancia.
Lui
era sconvolto, ma
felice e sorridente. Si era dimenticato della presenza di Tavington e
pensava solo alle parole della ragazza.
“Oh,
Bea.”
L’abbracciò forte e mentre lui continuava a dirle
parole
dolci lei non poté più trattenere quelle lacrime.
Scesero
quando la ragazza incontrò il volto ferito del Colonnello.
Non
diceva niente a parole, ma i suoi occhi, che erano sempre stati una
maschera di imperscrutabilità, ora le stavano parlando.
L’aveva ferito.
N/A
Ciao
a tutte!! ^^
E la vincitrice è...
(rullo di tamburi)
Iazoles_
Era
il Dottor Lee il vecchio personaggio ripescato! :D Ve lo ricordavate?
Dovevo farlo tornare in qualche modo, poveretto vagabondava ferito.. XD
Finalmente si è scoperta la verità sulla
gravidanza, ma
siamo solo all'inizio dei problemi. Beatrix deve scegliere lei questa
volta: sposa Gabriel o fugge con William? *-*
Un
bacio belle!!
Giulia ;)
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 25 *** Sotto una bella luna piena ***
capitolo 25
Capitolo XXV
Sotto una bella luna piena
Quella sera era festa per i Ribelli.
Ballavano e danzavano tutti davanti al fuoco felici e ubriachi.
Gabriel non aveva interrogato ulteriormente Tavington, voleva ferirlo e
lui sapeva di esserne riuscito. E questo anche Beatrix lo sapeva,
eppure era stato l’unico modo per avere la loro fiducia e per
poter liberare William. Non avrebbe sopportato che lo torturassero,
eppure forse proprio lei era quella che lo aveva ferito più
di
tutti. Lei che lo voleva proteggere.
Sono una stupida e il
piano non funzionerà mai.
Continuava a ripeterselo mentre stava camminando avanti e indietro
nella loro tenda, cioè la casa di Gabriel e Beatrix. Solo
l’idea le faceva rigirare l’intestino, doveva agire
subito
perché quei balordi avrebbero attaccato William quella sera
stessa e poi perché di sicuro Gabriel voleva passare la
notte
con lei.
Doveva agire, sì!
La guardia sarebbe stata debole, come previsto infatti non
c’era
nessuno a controllare Tavington, erano tutti presi dai festeggiamenti
dell’imminente matrimonio tra Bea e Gab.
“Dove vai? Beatrix vieni a festeggiare.”
Lei seguì il suo futuro marito in mezzo alla folla, cercando
di
fare attenzione a nascondere il coltellino che aveva messo negli
stivali.
Ballarono insieme e poi lui si arrampicò sopra un grosso
rialzo di legno per attirare l’attenzione degli amici.
“Compagni. Voglio che festeggiate tutti quanti me e la mia
mogliettina che ben presto sarà solo mia.”
Alzò in
alto un bicchiere di vino e tutti lo seguirono e cantarono a coro. Poi
proseguì.
“Stasera lasceremo la palude e ci dirigeremo verso un luogo
più protetto. Fate festa ora miei amici.”
Beatrix voleva andarsene e fuggire via. Si sentiva a disagio tra quelle
persone e doveva andarsi a preparare per il piano.
Ad un certo punto qualcuno la spaventò toccandole una spalla.
“Hey, Marge. Di nuovo, lo fai apposta?”
La ragazzina non rispose e invece la prese in disparte conducendola in
un angolo.
“Tieni.” E le porse così una lettera.
Beatrix si stupì per le poche parole che l’amica
le
rivolgeva, era strana, sembrava quasi diffidente e spuntava sempre
all’improvviso spaventandola.
Beatrix vide che il sigillo era chiuso, quindi non l’aveva
letta. Allora Bea la ringraziò e si congedò.
“Grazie, Marge. Vado a leggerla.”
Chi poteva scriverle in quel posto, chi sapeva dov’erano? I
dubbi
vennero spazzati via quando sentì l’odore di rose
sulla
lettera. Sapeva chi era, quanto tempo..
Tesoro mio, ma sei
sparita?
Mi manchi
così tanto e sono in pena per te e Will. Cosa è
successo, cosa stai facendo, dove sei?
Va bene, forse dovrei
rilassarmi un po’, però mi manchi. Hai tante cose
da dirmi.
Ti voglio bene e ti
penso sempre.
La solita Wellsie, pure nelle lettere si vedeva la sua esuberanza e
Beatrix era contenta di sentire l’amica dopo tanto. Poi
continuava.
Questo invece lo scrivo
da parte del
mio amato Nik. La marcia degli Inglesi verso il loro obiettivo
principale è iniziata, non possono tornare indietro.
Ma come non potevano tornare indietro, quindi li avrebbero abbandonati
lì? Che gente, gli Inglesi! Questo le
fece capire che il suo piano era da mettere in atto con urgenza,
dovevano sparire altrimenti William sarebbe morto e lei sarebbe stata
Mrs Martin.
Ho dato la lettera ad
una ragazzina
che diceva di conoscerti da bambina, spero che la lettera la stia
leggendo tu tesoro. Altrimenti invito il curiosone a farsi i propri
affari e buttare via il foglio.
Comunque sia, non faccio
nomi per non
lasciare tracce. Ti dico solo una cosa, se hai letto la lettera
incontriamoci alla luna nuova in un posto X.
In un posto X? E come faceva ad indovinarlo, Wellsie non cambiava mai,
ma le mancava tanto in quel momento. Voleva vederla una volta che
avrebbe liberato William.
Non ti posso rivelare il
luogo, come
tu ben sai. Ma ti dico solo una cosa, Will sa
dov’è. Non vedo l'ora di vederti, di'
a Will che spero che il prossimo Forte non sia
pieno di quegli odiosi francesi. Un bel Forte dovrebbe essere solo
Inglese.
Ti mando un bacio grosso
come un castello.
Ti voglio bene,
per sempre tua
Wells
Beatrix sorrise e rise nel leggere quelle poche righe. La sua amica la
cercava ancora e le voleva bene e lei l’avrebbe rivista.
Accartocciò il foglio e lo gettò nel focolare
acceso e
poi si girò per andare da William, non riuscì
nell’impresa perché andò a sbattere
contro una
figura.
“Dove stai andando?” disse Margaret con
circospezione.
“Sono incinta, come Gabriel ti ha detto oggi, e ho bisogno di
riposo.” Disse Beatrix con fermezza.
La ragazza la scrutò attentamente, sapeva che non le aveva
creduto, ma Bea sperò che bastasse il suo tono autoritario.
“Sì, mi ha detto che crescerà il
bastardo di
Tavington. Per questo mi chiedo.. perché stai con Gabriel
invece
che lui?”
La ragazza era esasperata e pronta a dar battaglia quella notte, ma
sapeva che doveva tenere le forze per fuggire con William, non poteva
sprecarle con quelle stupide conversazioni.
“Lui mi ha violentata.” Mentì
“Perché dovrei stare con lui?”
“Gab sa dei tuoi sogni?” chiese ancora.
Beatrix sperò di non aver parlato troppo nel sogno, forse
quella
notte aveva detto qualcosa di sbagliato, ma come faceva a saperlo?
“No, come io non so niente dei suoi. Ora, se vuoi
scusarmi..”
E la spinse delicatamente di lato per passare, ma Margaret si oppose di
nuovo.
“Chi ti ha scritto?”
Ora avrebbe smesso quell’interrogatorio, a costo di tirarle
un pugno in faccia.
Oddio, ha solo quindici
anni e l’ho pensato davvero!
Devo andare via..
“Non sono problemi tuoi.”
La fanciulla sembrò voler controbattere, invece non disse
niente
e la lasciò passare. Quando Bea le fu vicino le disse
nell’orecchio.
“Ti tengo d’occhio.”
Beatrix rise tra sé e sé di
quell’insulsa minaccia,
proveniente poi da una bambina e proseguì il suo percorso.
Non
andò subito dove voleva andare, aveva paura che quella
paranoica
di Marge la seguisse.
Così, si fece un giro e poi dopo un po’
andò dietro
la tenda di Tavington dove sapeva aver lasciato l’occorrente
per
quella sera.
Aprì il sacco e controllò che ci fosse tutto,
guardò ancora attorno, nessuno lì vicino.
Allora iniziò a spogliarsi. Tolse il corpetto, la gonnella e
la
sottoveste e rimase nuda. Poi, prese una larga camicia dal sacco e la
indossò, erano vestiti maschili quindi più grandi
della
sua taglia. Chiuse velocemente la camicia e fece il fiocco, dopo si
mise i pantaloni e gli stivali. Sistemò i capelli con un
nastro
e infine gettò i suoi vestiti in un cespuglio lì
vicino. Si
ricordò di prendere il coltello ed era riuscita a trovare
anche
la spada di Tavington.
Ora sembro proprio un
vero uomo!
Aveva scelto quegli abiti perché non poteva dare
nell’occhio, se avessero visto una donna entrare nella tenda
del
Colonnello si sarebbero insospettiti, mentre un uomo poteva essere solo
una guardia.
Quando fu pronta perlustrò la zona in cerca di spie, ma
ancora niente; allora entrò.
Tavington era ancora legato con la testa a penzoloni, sembrava
distrutto. Parlò senza nemmeno guardare il nuovo arrivato.
“Che volete, siete venuti a banchettare con me?”
Lei non rispose, ma rise nella sua mente. Il suo amore, il suo vero
amore era lì a qualche passo da lei e lei lo avrebbe di
nuovo
abbracciato. Le mancava così tanto.
La ragazza fece qualche passo e poi girò attorno al palo.
Una volta vicino alle corde prese un coltello.
“Mi volete uccidere? Fatelo, non mi importa più
niente.”
Lei prese il coltello e tagliò le corde.
“Vi sono mancata, Colonnello?” gli disse
nell’orecchio.
Lui alzò la testa, più sorpreso che ci fosse lei
che per le corde tagliate.
“Perché non sei a festeggiare?”
Intanto lui aveva sciolto i lacci e si era alzato massaggiandosi i
muscoli indolenziti.
“Come posso festeggiare se voi siete qua?”
Lui sembrava un po’ arrabbiato.
“Non c’era bisogno di venire, non voglio la
pietà.”
Allora lei prese la sua spada e gliela porse.
“Non è pietà, ma sono venuta
dall’uomo che amo.”
Lui le sorrideva e aveva anche preso l’arma, eppure non
sembrava convinto delle sue parole.
“Ah, capisco. Hai voglia di scopare. Micetta, non
c’era bisogno di tutto questo, bastava dirlo.”
Beatrix sapeva che lui si riferiva a quella terribile conversazione
precedente, ma era una sceneggiatura, non pensava davvero quelle
parole. Le aveva dette per avere Gabriel dalla sua parte.
“William, ascolta..”
Lui la zittì subito.
“Davvero, non c’è bisogno, se sono i
soldi per il
bambino che vuoi, te li darò. Non mi devi
spiegazioni.”
Lei non sapeva come convincerlo e non sapeva come spiegare la
verità. Stavano perdendo tempo, dovevano fuggire, avrebbero
chiarito poi.
Così lei lo prese per un braccio e lo trattenne.
“Dobbiamo scappare. Ti spiegherò strada facendo.
Prima togliti quella giacca da Dragone Verde.”
Non attese la sua risposta e lo trascinò fuori. Lui intanto
aveva fatto come lei aveva detto senza dire niente. La ragazza
controllò che non ci fosse nessuno e poi tirò con
sé lui.
Uscirono dalla tenda ed entrarono nella radura, mentre i Ribelli
stavano ancora festeggiando una grande burla.
Lei aveva ancora la mano arpionata al suo braccio, camminavano da
minuti e nessuno fiatava.
“Perché lo fai?” chiese lui curioso.
“Te l’ho detto, William, ti amo.”
Lui allora si fermò e la schiacciò contro un
albero.
“Non puoi amare me e lui, dolcezza.”
“Io non amo Gab.” Disse con fermezza la fanciulla.
“Ho detto quelle stupidaggini perché era
l’unico
modo per evadere, dovevano fidarsi di me e poi sapevo che lui avrebbe
fatto festa e tutto il resto. Era l’unico modo,
William.” E
appoggiò una mano sulla sua guancia.
“Non ti credo.”
“Ti prego, io ti voglio, ti amo e voglio stare con te. Solo
te, William.” Quasi lo implorò la ragazza.
Lui sembrava ancora diffidente e lei non sapeva più come
dimostrargli i suoi sentimenti. Poi prese una sua mano e la
appoggiò sul suo cuore che batteva forte.
“Lo senti? Batte per te, solo per te, amore.”
Lei capì di averlo vinto quando lui la schiacciò
più forte contro l’albero e la baciò
con foga.
Morse le sue labbra e le fece anche sanguinare, ma lei voleva tutto
quello. Voleva lui per sempre.
Beatrix avvolse le sue braccia sul collo di Tavington e lo
avvicinò di più a sé. Lui prese a
baciare e
leccare il suo collo con fame e poi le aprì la camicia.
Ad un certo punto si fermò e la guardò stranito.
“Perché sei vestita da uomo?”
Lei non pensò alla risposta, lo riprese addosso a
sé e si schiacciò contro lui.
“Dopo, William. Ora fammi tua.”
Lui rise della sua richiesta e poi continuò a far accendere
il
corpo della fanciulla. Afferrò il suo seno e lo strinse,
facendola gemere di dolore e piacere. Intanto le mani di Bea avevano
tolto la camicia del Colonnello e l’aveva gettata a terra,
poi si
era messa a baciare il suo petto e la sua pelle.
Amo il suo odore..
Tavington le aprì i pantaloni e glieli fece scendere
giù
sulle gambe. Lei si aspettava che la prendesse così, invece
li
fece cadere lentamente verso il basso e glieli tolse.
“Fai in fretta.” Ordinò lei.
“Quanta impazienza, amore.” Disse lui continuando a
ridere.
Allora lei aprì anche i pantaloni di William e li
strattonò per toglierli, sembrava impedita in quello,
perciò lui l’aiutò e li tolse da
sé. La
ragazza era ormai nuda e, presa da un attacco di libidine mai
conosciuto
prima, lo stava desiderando come se per lei lui fosse indispensabile.
Voleva tutto di lui.
Tavington tolse il suo fiocco e liberò i suoi capelli e
così la chioma si aprì come una coda di pavone.
“Mi piacciono i tuoi capelli, sono selvaggi come
te.”
Lei gli sorrise e prese invece a baciare le sue gambe muscolose.
“Vieni su amore che ti do quello che vuoi.”
Lei gli sorrise nuovamente e poi fissò intensamente quella
protuberanza turgida e grossa che si trovava a qualche centimetro dal
suo viso.
“Ho già quello che voglio.”
Per lei era tutto una prima volta, quello che sperimentava con lui era
una novità, non l’aveva fatto con nessuno. Eppure
nessuno
prima le aveva fatto venire quella voglia insana di un corpo caldo
addosso a sé. Nemmeno Gabriel con tutta la sua dolcezza di
quando stavano insieme l’aveva fatta avvicinare a tanto, ma
William sì.
Così, senza sapere bene cosa fare, prese in mano la sua
erezione. Era calda, pesante e invitante, Beatrix voleva renderlo
felice come lui faceva gioire sempre lei. Si morse un labbro in modo
provocatorio e lo guardò ammiccando.
“Ti voglio da impazzire, William.”
Lui respirava con fatica e i suoi occhi avevano una luce incantevole.
Erano ghiaccio liquido che si fondeva con il colore puro della luna
piena.
Bellissimo.. ed
è tutto mio.
Senza dire niente lo prese in bocca. Chiuse gli occhi e, trattenendolo
tra le labbra,
assaporò quel momento, cercando di sentire dentro di
sé
il sapore del suo William. Lo fece poi uscire dalla bocca lentamente e
osservò i cambiamenti in Tavington. La guardava implorando
silenziosamente di dargli di più e lei voleva, sì
voleva
renderlo felice e soddisfatto.
“Beatrice.. devi avvertirmi quando vuoi fare
l’avventata.” L’ammonì
scherzosamente.
“Non ti piace, ho sbagliato qualcosa?” chiese con
genuina innocenza lei.
“Non hai sbagliato. Ma questo, amore, non è il
luogo
migliore per insegnarti queste cose.” Si corresse subito lui.
La ragazza voleva davvero fargli piacere, ma forse lui avrebbe dovuto
insegnarle qualcosa. Così, prese semplicemente ad
accarezzare il
suo membro con intensità, lasciando solo qualche bacio sulla
punta.
Quando lui raggiunse il punto di non ritorno la richiamò.
“Vieni qua, amore. Se giochi ancora, poi rimani senza
niente.” Lei colse l’allusione e risalì
il suo corpo
snello passando le sue unghie sulla pelle.
Quando furono alla stessa altezza, nudi ed eccitati,
lui sfiorò la sua intimità e
sentì che lei
era
già pronta per lui. Accarezzò quella sua parte
così delicata,
senza approfondire il contatto. Intanto Tavington mordeva il suo collo
e le lasciava tanti marchi sulla
pelle. Prese ad accarezzare il seno, questa volta con dolcezza e poi
prese tra le labbra ciascun capezzolo, rendendo eccitata la fanciulla.
Sfiorava la sua intimità e intanto le stimolava i capezzoli,
lei
era al limite.
“William, non ce la faccio più. Ho bisogno di
te..”
non le permise di concludere la frase che l’aveva
già
penetrata. L’entrata fu brusca, come bramava lei in quel
momento.
Pompava dentro di lei, mentre le baciava le guance, il collo e poi la
baciò nuovamente.
Fecero l’amore contro quell’albero e
c’erano solo
loro due in quel momento. Vivevano quell’attimo senza
preoccupazioni.
Lei appoggiò le braccia sul collo di Tavington e poi lui le
afferrò i glutei e le fece intrecciare le gambe attorno al
suo corpo.
Si baciarono senza sosta, mentre lui la penetrava senza
pietà.
Era così bello poter godere di lui senza tutto il resto. Era
da
tanto che non aveva un contatto fisico con il suo William e le era
mancato
terribilmente. Ed ora era lì con lei.
“Oh, Dio. William, di più.”
Urlò la ragazza.
Lui contraccambiò il bacio famelico, ma non
aumentò la sua forza.
“Sei incinta, amore. Non posso fare troppo forte.”
Lei sbruffò, ma non aggiunse altro.
Poi finalmente raggiunse l’orgasmo, che colpì
entrambi nello stesso momento.
“Oh, Dio Santissimo.”
Disse lei come se fosse stata liberata. Lo guardò negli
occhi e poi prese con due mani il volto.
Si immerse in quelle due pozze di ghiaccio e gli disse: “Ti
amo.” E poi gli lasciò un bacio a stampo sulle
labbra.
Lui ricambiò il suo sguardo intenso e quando lei
sperò
che lui dicesse finalmente quelle due paroline che voleva, invece
Tavington ruppe la magia come sempre.
“Te l’avevo detto che avevi voglia di scopare, le
capisco certe cose.”
Gli diede uno schiaffo scherzoso sul capo. “Sei il solito
porco guastafeste.”
Lei alzò gli occhi al cielo e guardando quella bella luna
piena
ringraziò il cielo di averle ridato indietro il suo insaziabile William.
N/A
Ciao
a tutte!! ^^
Non so voi, ma io non vedevo l'ora di lasciare un po' di spazio a quei
due.. secondo me meritavano un momento tutto loro anche se colorato di
rosso.. :P Ed ora che sono in fuga contro tutti avremo tanti momenti
come questo.. *-* Forse Beatrix riuscirà a sciogliere quel
cuore ghiacciato.. :)
Un bacio
belle!!
Giulia ;)
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 26 *** L’inizio dell’avventura ***
capitolo 26
Capitolo
XXVI
L’inizio dell’avventura
Avevano
passato la
notte in quel bosco, senza curarsi del fatto che qualcuno potesse
venire a trovarli. Lui l’aveva abbracciata e
l’aveva tenuta
tra le sue braccia e lei si era sentita al sicuro. Con lui al suo
fianco nessuno poteva farle male. Lei dubitava che il merito della
tranquillità della notte passata fosse dovuto al fatto che
lui
non avesse dormito per fare la guardia. Non glielo aveva detto, ma lei
lo aveva intuito dalle sue occhiaie mattutine.
Era
lui a fare strada e lei lo seguiva senza fiatare, non riusciva a
smettere di
pensare a quello che era successo nell’ultima settimana.
Troppe
cose, troppo sconvolgenti. Ma adesso lui era lì con lei e
solo
quello contava veramente.
“William,
dove stiamo andando?”
Chiese
ad un certo
punto la ragazza per smorzare un po’ la tensione. Il
Colonnello
continuava a guardare davanti a sé e le rispose senza
nemmeno
guardarla.
“Non
lo so.”
Allora
lei si fermò e obbligò così lui a fare
lo stesso.
“Come,
non lo so? "
Finalmente
il Colonnello la guardò in faccia, girandosi verso di lei.
“Vuol
dire che non conosco questo dannato posto e per di più la
palude sembra essere tutta uguale.”
Lei
sorrise nel
constatare quanto fosse testardo e orgoglioso il suo Colonnello. Pur di
non chiedere a lei preferiva perdersi e allungare il passo.
“Io
la conosco bene, sono cresciuta in questo ‘dannato
posto’.”
Lui
alzò le sopracciglia, come per invitarla a proseguire.
“Quindi?”
Come
mai era così acido al mattino? Ogni volta bastava una notte
per farlo trasformare subito.
“Faccio
strada.”
Non
disse altro perché non voleva veramente incominciare a
litigare con lui.
Tavington
la
seguì continuando a non proferire parola. Certe volte si
lamentava del posto, delle zanzare.. cosa si aspettava da una palude?
Nella sua Gran Bretagna non c’erano zanzare e paludi?
Lei
conosceva bene il
luogo, non mentiva e solo i veri conoscitori del luogo potevano
muoversi senza perdere l’orientamento. Gabriel aveva scelto
bene
il luogo per nascondersi.
Gabriel..
chissà quanto sarà arrabbiato con me..
“William.”
Cercò di attirare la sua attenzione. Lui girò
semplicemente la testa verso di lei, un invito silenzioso a continuare.
“Posso
darti del ‘tu’?”
Lui
le sorrise. “Non lo stai già facendo?”
Lei
ricambiò il suo sorriso dolce. “Avete.. hai
ragione. Non ti dà fastidio?”
“Se
siamo solo
noi due, no. Dopo tutta l’intimità che hai
condiviso con
me, Beatrice, il ‘tu’ è
l’ultimo dei tuoi
problemi.”
Il
suo cuore fece una
piccola capriola nel sentire pronunciate quelle parole da lui. Un passo
alla volta e lo avrebbe conquistato tutto.
“Ecco,
appunto. Perché continui a chiamarmi Beatrice?”
Lui
si arrestò senza preavviso e aspettò alcuni
secondi per rispondere.
“Perché
mi piace.”
Senza
dirle niente
riprese il passo. In ogni caso Beatrix sapeva che la chiamava
così per darle fastidio, però se a lui piaceva..
lei
voleva dargli sempre piacere.
Ma
cosa stai dicendo? Non sei la sua bambola.
“Un
giorno riuscirai a chiamarmi con il mio vero nome? Anche Bea va
bene.”
Lui
le sorrise di nuovo, ma questa volta la ragazza ebbe il dubbio che lo
facesse per prenderla in giro.
“Forse.”
Rispose lui in modo secco.
Lei
sbuffò e continuò a camminare. Passarono alcune
ore e poi finalmente uscirono dalla palude insidiosa.
“Come
promesso, siamo fuori. Ora dove andiamo?” domandò
ansiosa Beatrix.
Lui
si diede alcuni
minuti per pensare. Guardò in tutte le direzioni,
odorò
l’aria, annusò il vento e toccò anche
la terra.
Ci
manca solo che mangi la corteccia e abbiamo fatto il pieno.
Era
accovacciato per
terra che accarezzava il terreno fangoso, lei lo stava guardando da un
po’ in modo curioso così lui si girò
verso di lei.
“Cosa
c’è che fa ridere, Beatrice?”
“Te.
Che fai?” chiese la ragazza con interesse, accovacciandosi
sui talloni come lui.
“Esamino
la terra, queste tracce di cavalli ci dovrebbero condurre in un luogo
abitato.”
Intanto,
mentre le
spiegava quello che faceva, il Colonnello aveva preso un po’
di
fango e lo stava trattenendo sulle dite scrutandolo con attenzione.
“Dici
che il fango parlerà, William?” lo prese in giro
lei.
Lui
la redarguì con uno sguardo severo. “Non
è fango, è sterco di cavallo, Beatrice.”
Lei
fece una faccia disgustata e prese le distanze da lui.
“Ma
che schifo, oddio e tu l’hai toccato.
Perché?”
Tavington
si era anche lui alzato e, a differenza sua, non faceva caso allo
sterco.
“Stavo
semplicemente sentendo se fosse calda o meno, per capire a quanto
distano gli Inglesi da noi.”
La
bocca di Beatrix si
aprì a disegnare una bella ‘O’ e poi la
richiuse
senza dire niente. Aveva ragione lui, eppure continuava a pensare che
facesse lo stesso schifo.
“Chi
ti dice che non sono Americani quelli che sono passati?”
Lui
intanto si era pulito velocemente lo sterco sui pantaloni e si era
avvicinato a lei.
“Hai
visto le impronte lasciate dai cavalli?”
Lei
si scorse a
sinistra per vedere meglio, continuava però a vedere
semplicemente delle impronte di zoccoli e niente di più.
Oh,
già.. forse lui, odorando quella roba, ha capito che sono
Inglesi. Magari i loro cavalli hanno un odore diverso dai nostri..
<
Fai la spiritosa oggi. >
Si
era persa nelle sue elucubrazioni e lui intanto la stava studiando
attentamente.
“Certe
volte mi piacerebbe essere nella tua testa, Beatrice. Sono sicuro che
mi farei tante risate.”
<
Noo, Bea! Non farlo avvicinare, non mi piace. >
“Non
credo, William, che tu piaccia alla mia coscienza.”
<
Ben detto, ragazza. >
Lui
era stupito dalla sua affermazione. “Ah, non piaccio? Nemmeno
quando facciamo sesso?”
Lei
divenne rossa, anche se erano soli in quel bosco si sentì lo
stesso in imbarazzo.
<
Bè, forse.. solo in quei momenti. Quando fa certe cose..
>
Smettila,
sei una pervertita!
<
Ma io sono te, tesoro. Allora anche tu sei una pervertita. >
No.
Io non sono te, tu non sei me, io sono io.. Oddio, ho mal di testa.
“Vedi?”
le
fece notare lui, riportandola sulla Terra. “Mi riferivo
proprio a
questo, mi piacerebbe essere davvero nella tua testa per capire a cosa
stai pensando.”
Lei
allora per non
mettere in croce la sua mente ulteriormente, lo prese per mano.
Ovviamente facendo attenzione a toccare la mano pulita e poi lo
strascinò fuori dal sentiero.
“Non
ti conviene, sul serio.”
Appena
furono sul sentiero principale lui richiamò la sua
attenzione.
“Dobbiamo
andare
a Charleston. L’obiettivo del Generale era il controllo
assoluto
di quella città, loro ci precedono di qualche giorno,
Beatrice.”
Lei
sembrava smarrita nel suo discorso, come faceva a sapere che erano
davanti a loro?
“Sei
sicuro che Cornwallis non abbia cambiato idea? E poi non mi hai
spiegato la storia degli zoccoli.”
Lui
la guardò
truce. “Sono sicuro, Beatrice. La conquista di Charleston
sarà cruciale, così poi passeremo alla Carolina
del
Nord.” Continuò poi il ragionamento.
“Se
tu avessi
prestato un po’ di attenzione, ti saresti accorta che le
impronte
lasciate avevano una piccola corona sul bordo, è il Nostro
marchio, perciò sono per forza Inglesi.”
Lei
questa volta non controbatté.
“Bene,
se non hai altre obiezioni.. direi di continuare a camminare, ne avremo
ancora per un bel po’.”
Come
detto,
proseguirono seguendo quel sentiero che sembrava non finire mai come un
deserto. Beatrix sperò che lui non volesse giungere a
destinazione a piedi, perché distava troppe miglia e tra
l’altro non avevano ancora mangiato.
“William.”
Lo chiamò lei.
“Che
c’è?”
“Ho
fame.” Si lamentò la ragazza.
“Presto
troveremo un posto per rifocillarci e riposare. Prenderemo anche dei
cavalli.”
Lei
rimase sollevata
dalle sue parole, aveva i piedi gonfi dal tanto camminare, la pancia
che stava brontolando da ore ed era ormai una musica che li
accompagnava nel tragitto. Era a pezzi ed era anche incinta.
Ad
un certo punto si ricordò della lettera di Wellsie, dopo
tutto quello che era successo lo aveva proprio dimenticato.
“Ah,
William,
c’è un’altra cosa. Wells mi ha scritto
una lettera
che io ho poi gettato via per non lasciare tracce.”
Era
riuscita ad avere la sua attenzione, infatti lui aspettava che
continuasse.
“Mi
ha detto che gli Inglesi sono andati avanti e stanno marciando verso il
prossimo obiettivo.”
Lui
sospirò pensando che Charleston fosse proprio
quell’obiettivo a cui si riferiva Wellsie.
“Ha
detto che ci saremo incontrati in un posto particolare alla luna nuova,
diceva che tu sapevi dov’era.”
Lei
rifletté ancora sulle parole dell’amica, ma non
riusciva ancora a comprenderle del tutto.
“Cosa
ha detto
di preciso quella sciocca di mia sorella? È incredibile, non
perde mai quel vizio di essere sibillina, nemmeno in queste
circostanze.”
Beatrix
rilesse la lettera nella sua mente e cercò di ripetere le
parole testuali.
“Non
dice niente di interessante, William.”
Lui
ispirò a fondo e fece un giro per riflettere da
sé.
“Deve
averti detto altro, nessun indizio?”
Voleva
rendersi utile, ma non riusciva a trovare niente di importante nelle
parole di Wellsie.
“Non
mi sembra,
parlava di altro che non c’entra niente con il luogo. Tipo
che si
augurava che non ci fossero altri francesi nel Forte in cui risiederemo
perché non le piacciono, un bel Forte deve essere solo
Inglese,
poi diceva che le mancavo molto, che Nik..”
Lui
la interruppe
subito e si avvicinò a grandi passi verso di lei.
L’afferrò con entrambe le mani saldamente e la
guardò negli occhi.
“Cosa
hai detto?”
Lei
era sorpresa dal suo atteggiamento, non pensava di aver detto qualcosa
di stupido.
“Ho
detto che le mancavo molto e..”
“No,
prima.”
“Non
vorrebbe
altri francesi nel Forte, evidentemente preferisce gli Inglesi.
Poveretta, per seguirti chissà quali persone avrà
incontrato!”
Lui
le sorrise e la baciò. Poi prese le distanze sorridente.
“Ma
certo,
perché non ci ho pensato prima? In effetti siamo sulla
strada,
scendiamo verso Sud e ci avvicineremo alla costa, oltrepassando
l’English Broad River arriveremo così a Port
Royal.
Charleston è a portata di mano.”
Sembrava
che parlasse
da solo, faceva ragionamenti e manifestava i suoi pensieri senza che
Beatrix riuscisse a seguire veramente il suo discorso.
“Hai
capito dov’è? Come?” chiese lei curiosa.
Lui
le sorrise nuovamente e la guardò con affetto.
“Ma
come, amore?! Io sono Inglese, giusto?”
“Sì
e..”
“E
noi Inglesi
non siamo alleati con i Francesi, sono nostri nemici quindi mi sembra
poco probabile che mia sorella abbia mai visto uno in un Forte
Inglese.”
Aveva
ragione, i
Francesi erano alleati degli Americani, quindi perché
Wellsie
aveva scritto quella cosa? Non aveva senso.
Vedendo
che lei non capiva ancora, Tavington proseguì.
“Lei
parla di un
Forte bello, giusto? ‘Bello’ in francese si dice
‘beau’; un bel Forte deve essere Inglese, Forte in
inglese
è ‘fort’.. Beau-fort,
Beaufort!”
Beatrix
impiegò
alcuni secondi a capire tutto il ragionamento, distorto quanto sua
sorella. Lei infatti non ci sarebbe mai arrivata da sola.
Però
William aveva ragione, Beaufort era vicino Port Royal, proseguendo il
cammino sarebbero giunti a Charleston.
“Penso
di aver
capito, William. E tu sei sicuro che tua sorella sia così
intelligente da aver pensato questi collegamenti e che non abbia
semplicemente parlato tanto per parlare?”
Lui
le rispose con
un’occhiata di ammonimento. Bè, forse era stato
Bordon a
inventare il piano. In ogni caso lei era contenta che il Colonnello
avesse afferrato il messaggio.
“Quindi
ora
cammineremo fino a Beaufort?” chiese titubante la ragazza,
mentre
i suoi piedi e la sua pancia pregavano che lui dicesse no.
“Non
credo che
potremmo arrivarci così senza sostare da qualche parte. Il
prossimo villaggio che troviamo ci fermiamo.”
Lei
fu sollevata nel
sentir dire quelle parole, non ce la faceva più. Tanto
Tavington
era vestito come un uomo ordinario, senza la sua giacca e il suo elmo
nessuno avrebbe detto che fosse il Colonnello Tavington.
Così,
ripresero la marcia.
William
aveva
mantenuto la promessa, si erano fermati al primo segno di
civiltà. Il villaggio era un certo Sunnyville, piccolo e
poco
conosciuto. Bea non ne aveva mai sentito parlare, ma era comunque
grazioso e privo di tracce Inglesi. Sembravano tutti Americani e
così lei si sentì un po’ a casa.
C’erano
pochi abitanti, poche casette e qualche locale di ristoro e
intrattenimento. Ah, già c’era anche una chiesa.
Quella
non mancava mai.
Tavington
aveva trovato una locanda che permetteva di passare anche la notte,
così entrarono.
Dire
che il posto
fosse brutto era proprio un eufemismo. Abituata alla bellezza del Lady
Kitten di Marie non riusciva davvero a paragonare quel locale scarno a
quello della sua amica. Era privo di qualsiasi abbellimento, tavoli e
sedie rovinati e sporchi. Al bancone c’era un uomo tarchiato
con
grandi baffi, era intento a pulire i bicchieri perciò non
venne
a salutarli. Era giorno perciò Beatrix si aspettava di
trovare
il locale vuoto, invece c’erano diverse persone,
perlopiù
uomini che bevevano e chiacchieravano rumorosamente. Una donna grossa
era alla cassa, doveva essere la locandiera; mentre alcune ragazze
giovani con vestiti succinti invece servivano ai tavoli. Nessuno
sembrava essersi accorto di loro.
Alcune
ragazze
però avevano notato eccome Tavington, certe avevano pure
rovesciato i bicchieri troppo intente a guardarlo. Gli lanciavano
sguardi maliziosi e privi di censura.
Oh,
belle.. lui è mio.
Per
marcare meglio il
territorio Beatrix aveva preso la mano di William e la stringeva forte
per far capire che lui stava con lei. Il Colonnello aveva notato la
stretta forte sulla mano, ma non aveva rifiutato il suo contatto, anzi
l’aveva attirata addosso a sé.
L’abbracciava forte e
le sussurrava nell’orecchio.
“Gelosa,
micetta?” la stuzzicò l’uomo.
“Sì.”
Rispose di getto lei, il suono era attutito perché aveva la
bocca appoggiata sulla sua camicia.
Era
così bello stringerlo forte, non poteva farne a meno. Lo
desiderava sempre e comunque.
“Dobbiamo
avere un piano, altrimenti se sospettano che sono Inglese siamo
finiti.”
Lei
alzò gli
occhi verso di lui. Intanto pensò che un tempo lo avrebbe
consegnato volentieri in mano ai suoi compaesani ed ora tutto
quell’odio era sparito. Sarebbe morta per salvarlo.
Sei
innamorata.. e incinta.
Già..
“Hai
un piano?” chiese lei.
Lui
sciolse l’abbraccio e scosse la testa affermativamente.
“Sì,
faremo finta di essere sposati e americani.”
Il
cuore di Beatrix
fece diverse capriole, anche se sapeva che era una sceneggiatura non
poté non esserne felice. Almeno così avrebbero
fatto le
prove per il futuro.
Come
se lui ti sposasse davvero nel futuro..
“Perciò
non dobbiamo usare il tuo cognome immagino.”
Lui
le accarezzò dolcemente la guancia. “No, sono
famoso tra la tua gente. Qual è il tuo?”
“Grange.”
Tavington
prese il suo mento con due dita e continuò a guardarla con
amore.
La
recita è già iniziata.. che bello sarebbe se
fosse sempre così..
“Perfetto
allora, saremo una tranquilla e innocua coppia americana che scappa dai
terribili e sanguinari Inglesi.”
Lei
ricambiò il suo sorriso, ridendo della sua frase.
“Però
il
tuo accento è marcato, si sente che sei Inglese. E poi noi
Americani del Sud abbiamo un accento tutto nostro, quelli del luogo si
capiscono subito.”
Quello
era un
problema, lui parlava in modo troppo elegante e britannico. Il dialetto
delle colonie del sud era rude, era un modo di parlare che si
riconosceva subito. Non lo avrebbero mai creduto americano come lei.
“Se
faranno
domande diremo che ho combattuto diversi anni nell’esercito
Inglese, è quello che hanno fatto i tuoi compagni fino a
quando
hanno deciso di diventare indipendenti, no?”
Il
suo ragionamento filava, forse con una dose di fortuna ce
l’avrebbero fatta.
“Va
bene. Allora incominciamo.”
Tavington
si avvicinò al bancone dove c’era la signora, lei
si girò verso di lui e rimase incantata.
Eccone
un’altra..
“Posso
fare qualcosa per te giovanotto? Non capita di vedere forestieri
così affascinanti da queste parti.”
Lui
le sorrise mostrando la sua perfetta dentatura, Beatrix
immaginò che cercasse di accattivarsi la locandiera.
“Dovremo
stare
alcuni giorni nella vostra locanda, milady, sempre se ci sono stanze
disponibili e avremo bisogno anche di cibo, viaggiamo da ore.”
Lei
smise di pulire il bancone e fece il giro del ripiano per salutarli
meglio.
“Oh,
certo.
Abbiamo diversi posti, con il problema della guerra il mercato ha avuto
un blocco disastroso. Vi do due camere e adesso chiamo una cameriera a
servirvi.”
Due
camere? Non aveva capito niente, loro erano sposati e dovevano avere la
stessa stanza.
Fa
la furba, magari vuole corteggiare il mio William.
“Veramente,
signora, io e mio marito vorremmo avere la stessa stanza.”
La
locandiera, che era
già andata a prendere le chiavi, si girò e
guardò
Beatrix lanciandole tante frecce invisibili. Aveva ragione la ragazza,
stava corteggiando Tavington.
Così,
forse capita l’antifona, prese una sola chiave della stanza e
la porse al Colonnello.
Lui
scosse la testa
ridendo nel vedere quanta gelosia la ragazza mostrasse. Poi prese la
chiave e la mise nella tasca dei pantaloni.
Mangiarono
in quella
locanda, le cameriere avevano portato del brodo di carne, del pane e
dell’acqua. William aveva insistito che lei non bevesse
alcolici
vista la sua situazione. Non poterono mancare ovviamente le occhiate
lascive delle cameriere dirette al suo ‘marito’ e
poi
finalmente andarono nella stanza presa.
Era
ormai pomeriggio
e, sebbene fosse ancora giorno, avevano bisogno di riposo. Tavington
era seduto allo scrittoio e stava guardando attentamente una mappa che
la locandiera aveva dato.
Beatrix
aveva notato
che lui non si era ancora lamentato, nemmeno una volta. Eppure sapeva
che aveva passato la notte sveglio a fare la guardia, meritava davvero
di riposare. Si avvicinò all’uomo e gli
massaggiò
le spalle.
“William,
che ne dici di dormire un po’? Domani ragioneremo sul da
farsi.”
Lui
appoggio la mappa
sul tavolo e poi seguì il suo consiglio. Si alzò
e
iniziò a sbottonarsi la camicia. Allora anche lei lo
imitò, peccato che non avesse i suoi vestiti, ma portava
ancora
quelli maschili. Tavington era rimasto in pantaloni, ma lei invece
voleva stare senza. Eppure sapeva che se fosse rimasta nuda lo avrebbe
stuzzicato, al contrario aveva bisogno di dormire. Così
decise
di lasciarsi i suoi vestiti e poi si sdraiò sul letto.
Lei
si avvicinò a lui e lo abbracciò forte.
“Buonanotte
Mr Grange.”
“Buonanotte
Mrs Grange.” Rispose lui e poi si chiusero gli occhi.
N/A
Ciao
a tutte!! ^^
Ed eccoci qua all'inizio di questa avventura. Vi anticipo che le cose
cambieranno presto, non ci saranno solo rose e fiori.. i problemi sono
appena iniziati! ^^ In questi capitoli scoprirete cosa ne pensa William
del bambino..
Un bacio
belle!!
Giulia ;)
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 27 *** Essere abbastanza per te ***
capitolo 27
Capitolo XXVII
Essere abbastanza per
te
Quando Beatrix aprì gli occhi i raggi del sole entravano
dalla
finestra. Lei si stiracchiò e cercò di capire che
ore
fossero. Non poteva aver dormito fino al giorno successivo, o
sì? Vicino a lei non percepiva nessuno,
così si
alzò sulla schiena. Tavington era di nuovo allo scrittoio
che
studiava qualcosa da fare.
“La dormigliona si è svegliata, ero sul punto di
buttarti dell’acqua in faccia.”
Lui non poteva fare lo scherzoso con lei al mattino, voleva dormire
ancora e lui la prendeva in giro così?! Per di
più era
felice come una pasqua.
“L’acqua te la butto addosso io se disturbi
ancora il mio sonno.”
E ritornò sdraiata nel calduccio del letto. Lui a quel punto
si alzò e si avvicinò alla ragazza.
“Non provarci ad addormentarti, oggi faremo il punto della
situazione. E poi ho appena chiesto di portare una tinozza in
camera.”
Gli occhi di Beatrix brillarono. Si sarebbe lavata, da quanto
tempo non lo faceva? Troppo.
“Per me?” chiese al settimo cielo lei.
“No, per noi.”
In quel momento preciso la porta si aprì ed entrò
una
ragazza che sorreggeva una tinozza in legno con dell’acqua
dentro.
“Ecco fatto, la tinozza è pronta, Mr
Grange.”
Mr Grange? Ah,
già la recita.
La cameriera uscì e così Beatrix si
alzò dal
letto. Notò che aveva portato anche del sapone,
chissà
con che fragranza..
Tavington si tolse i pantaloni e rimase nudo come mamma lo aveva fatto.
Il suo corpo era sempre uno spettacolo e sebbene Beatrix lo conoscesse
nei minimi particolari, non poteva non rimirarlo ogni volta. Senza
aspettarla si immerse nella tinozza e prese posto.
La ragazza si tolse finalmente quella camicia scomoda e poi si
sbarazzò anche dei pantaloni larghi. Una volta nuda
entrò
dentro e si sedette in mezzo alle gambe dell’uomo.
“Puzzo. Non vedevo l’ora di lavarmi, grazie
William.”
Lui le sorrise e prese la saponetta. “Il mio naso non ce la
faceva più a sopportare il tuo cattivo odore, l’ho
fatto
per il mio bene.”
Lei rimase offesa dalle sue parole ed era anche imbarazzata. Sapeva di
non profumare per via del tragitto e della mancata
disponibilità
di un bagno. Ma dirglielo era proprio perfido. Così si
girò per vedere il suo sguardo.
Lui notò che lei ci era rimasta male, allora
scoppiò a ridere. “Scherzavo, Beatrice.”
Lo perdonò per lo scherzo, ma non rise con lui, sempre il
solito insensibile!
“Comunque sia anch’io puzzo, lo sai che quando due
puzzano non possono sentire il cattivo odore altrui?”
Continuava la sua strada offensiva. Allora Bea si girò e gli
buttò un po’ d’acqua in faccia.
“Colonnello, siete un villano.”
Lui rise ancora, ma allo stesso tempo la guardò severo.
“Vuoi la guerra, Beatrice? Attenta che è una cosa
che mi
riesce piuttosto bene.”
Lei si mise sul lato opposto della tinozza e lo sfidò.
Invece che rispondere gli buttò altra acqua in faccia.
L’uomo allora controbatté gettandone altra addosso
a lei.
Passarono minuti a giocare e versare acqua fuori dalla vasca, avevano
infatti bagnato tutto. Poi lui la prese e la bloccò contro
il
suo corpo.
“Ti arrendi?” domandò il Colonnello.
“No.”
Tavington non disse altro, affogò le sue labbra in quelle
della
fanciulla e lei ricambiò con la stessa intensità
il
bacio. Lui intanto aveva sciolto la presa così da
permetterle di
abbracciarlo, lei gli mise le braccia attorno al collo e
continuò a baciare l’uomo che amava. Tavington
aveva il
potere di farla cadere ai suoi piedi con un semplice tocco, bastava un
bacio per farla soccombere. Le mani vogliose dell’uomo
viaggiavano sul corpo della ragazza, aveva arpionato i suoi glutei e
l’aveva attirata di più contro di sé.
Lei
percepì il suo desiderio, in particolare sentiva la sua
virilità che spingeva contro la sua pancia.
“Colonnello Tavington, credo che qualcuno lì sotto
complotti con il nemico.”
Lui prese la sua mano e gliela accarezzò con dolcezza. Poi
la
condusse sopra la sua erezione e la depositò lì.
“Credi di riuscire a portarlo dalla tua parte, Beatrice?
Guarda che lui è viziato.”
Lei lo accarezzò molto lentamente. “Credo di
sì, Colonnello. La guerra la posso vincere ancora.”
Mentre lei lo massaggiava, William appoggiò le mani sulle
sue
guance. Mise alcune ciocche ribelli dietro l’orecchio e poi
assaporò quel momento con lei.
“Stai diventando brava, Beatrice. Non è che hai
fatto pratica quando io ero legato?”
Lei si fermò subito, perché lui stava di nuovo
mettendo
in dubbio la sua fedeltà. Questa volta gliela avrebbe fatta
pagare. Senza che lui percepisse una differenza nel suo atteggiamento,
riprese ad accarezzarlo. Faceva con delicatezza e lo massaggiava dalla
punta fino alla base. Lui aveva gettato la testa all’indietro
e
respirava con fatica, era alla sua mercé. Così
lei
continuò a toccarlo e quando sentì
che era arrivato
al suo culmine si fermò.
Allora Tavington sbarrò gli occhi e la guardò
stizzito.
“Perché ti sei fermata?”
“Perché tu devi sempre essere uno stronzo,
William?”
Lui rimase a bocca aperta. Non era stupito per il suo rifiuto, nemmeno
per il tono. Lo aveva colpito l’epiteto usato, nessuno lo
aveva
mai chiamato così prima d’ora. Invece che
arrabbiarsi
però scoppiò a ridere.
“Stronzo?”
Lei era offesa dal suo comportamento, perché si beffava
sempre di lei?
“Non capisco perché ti stupisci tanto, come se
fossi la prima a dirlo..”
Lui continuò a ridere e poi si avvicinò a lei che
si trovava dall’altra parte della tinozza.
“Sei la prima invece, nessuno me lo aveva mai
detto.”
Quella sì che era una novità, perché
nessuno lo sopportava.
“Tutti lo pensano.” Rispose lei.
Intanto lui aveva preso le sue braccia e l’aveva issata
contro di
sé. E sebbene lei cercasse di stargli lontano, si
addossò
al suo corpo.
“Ma nessuno lo ha mai detto. Dai, vieni che ti
lavo.”
Erano entrambi sulle ginocchia e si guardavano negli occhi.
“Vuoi lavarmi?”
“Sì.” Ripeté lui.
Lei allora scosse la testa affermativamente e lasciò che lui
si
prendesse cura del suo corpo. William prese la saponetta, che lei
scoprì odorare di lavanda, e poi insaponò i
capelli. Una
volta fatto glieli sciacquò con un po’
d’acqua e
continuò a dedicarsi al suo corpo. Tavington
tornò ad
appoggiarsi al bordo della tinozza portandosi lei dietro. Beatrix
poggiava la schiena sulla sua pancia, intanto l’uomo le aveva
insaponato le gambe e le braccia. Poi aveva preso altro sapone e,
spalmato sulle mani, lo aveva passato sul suo seno, scese lungo la sua
pancia e si fermò qualche secondo sul lieve gonfiore che
presto
sarebbe stato un grande pancione.
Non disse niente e proseguì il percorso, così lei
decise
di indagare sui suoi pensieri circa il bambino dentro di lei. Beatrix
prese la mano di William e la ricondusse sulla pancia.
“Lo senti?” lo incoraggiò lei.
“Cosa?” rispose in tono burbero lui.
“Come, cosa?
Il nostro bambino, William.”
“Ah..” Lui la sistemò meglio sul suo
corpo e poi cercò di muovere la mano.
Lei non glielo permise, la trattenne sulla pancia. “Lo
senti?”
“No.”
Beatrix non si fece intimorire dal tono e dalle parole e prese ad
accarezzarsi il ventre con la mano di William che seguiva il percorso.
“Io a volte ci parlo insieme.”
Lui le spostò i capelli di lato e lasciò un bacio
sul collo. “Con chi, con la pulce?”
Lei scoppiò a ridere. ”Pulce?”
Tavington continuò a tempestare di baci il suo collo, la
voleva distrarre.
“Sì, è piccolo, non è un
bambino. È una pulce.”
“Va bene, allora è la nostra
pulce.”
Lui smise di baciarla e lei allora girò il volto per poterlo
guardare in faccia. Sembrava che fosse a corto di parole, eppure il suo
volto manifestava bene i suoi sentimenti.
“Beatrice..”
Lei vide le emozioni che combattevano dentro di lui, non lo voleva.
Non
lo aveva detto, ma glielo aveva fatto capire. Chissà quante
donne aveva messo incinte prima di lei, non le poteva mica
sposare tutte. Il piccolo bambino era solo un errore per lui, ma non
per lei.
Beatrix si sistemò tra le sue braccia e prese a comportarsi
come
prima. Finse che andava tutto bene, anche se il suo cuore si era
spezzato un pezzetto in più.
“Va bene, è la mia
pulce.”
Poi non resistette più vicino a lui, così si
alzò dalla tinozza e uscì.
“Beatrice, non fare così dai..”
Anche se il bagno non era terminato anche lui la imitò.
“Dimmi la verità, voglio solo la
sincerità.”
La ragazza aveva smesso di tamponarsi il corpo con
l’asciugamano e lo stava guardando negli occhi.
“Lo vuoi questo bambino?”
Lui rimase lì in piedi sulla tinozza e solo dopo qualche
secondo le diede la risposta che attendeva.
“No.”
Bè, almeno Beatrix poteva dire che era stato sincero. Non lo
voleva, perciò i suoi timori più oscuri si
stavano
realizzando. Avrebbe cresciuto il suo bambino da sola, come sua madre
aveva fatto prima di lei. Di nuovo, ma che cos’ era, una
maledizione della sua famiglia?
“Perché, no?
Dipende dal mio status, vero?” chiese lei in lacrime.
“Non solo, Beatrice. Pensa al fatto ovvio, siamo in guerra e
tu sei mia nemica.”
Era ormai uscito dalla vasca e aveva preso anche lui un panno, mentre
si asciugava frettolosamente non perdeva però nessuna
emozione
della fanciulla.
“Sì, ma la guerra non durerà per
sempre. Quando si
sarà conclusa, chiunque sia il vincitore, noi non saremo
più nemici.”
Lui si stava avvicinando a lei, ma al contrario Beatrix manteneva le
distanze. Voleva davvero sapere come la pensava e non voleva farsi
abbindolare dalle sue carezze, servivano solo a distrarla.
L’uomo
cercò di toccarla, ma lei di nuovo si spostò.
“No, William. Voglio sapere la verità, anche se so
che mi
farà male. Se noi non fossimo nemici, cambierebbe qualcosa,
non
vuoi il bambino per colpa mia?”
Lui si passò la mano nei capelli e prese aria lentamente.
“Beatrice.. la questione è complessa.”
Lei lo interruppe subito, perché sapeva che stava di nuovo
cercando di deviare la conversazione.
“No, non è complessa. Se io non fossi tua nemica,
cambierebbe qualcosa?” ripeté nuovamente lei.
“Va bene, pensiamo anche in astratto come vuoi te. Partorisci
il bambino, dove lo vuoi crescere?”
Lei scosse la testa perché era ovvio che sarebbe vissuto
lì con lei. Beatrix era crescita in America, quello era il
luogo
dove sarebbe cresciuto anche suo figlio.
Ah, già.. ecco quello che intendeva lui. Voleva portarselo
in Inghilterra.
“Starà qua nelle Colonie, qual è il
problema?” chiese lei alzando le spalle.
“Il problema è che io odio questo dannato posto,
lo
sopporto a malapena ora che devo solo combatterci, non ci vivrei mai
qui. Ma tu vuoi crescerlo con me, giusto?” cercò
di farla
ragionare lui.
“Sì.”
Lei abbassò la testa e si rassegnò al suo
destino. Aveva
ragione lui, come sempre, qualcuno doveva rinunciare a qualcosa e lui
le stava dicendo senza problemi che era lei quella persona.
“Sinceramente verresti con me a Londra? Riusciresti a
sopportare
gli sguardi altezzosi e derisori dei miei compaesani?”
Lei mantenne la testa abbassata, le lacrime scendevano silenziosamente.
Ormai sembrava che riuscisse solo a piangere, non riusciva
più a contenersi
come una volta. Aveva costruito fin da piccola un muro per proteggersi
dagli altri e lui lo aveva abbattuto. Quando poi aveva avuto
l’accesso libero al suo cuore, lo aveva trafitto senza
pietà. E così lei non poté non
piangere e sentire il suo
cuore fare di nuovo crack.
Vedendo che lei era così indifesa e spaurita, lui venne ad
abbracciarla. Non rifiutò il suo contatto, anzi lo
abbracciò forte e pianse contro di lui.
“William, io ti amo.”
“Lo so, Beatrice. Lo so. Ma, come ti ho già detto,
la
questione è complessa.” Si staccò un
secondo per
guardarla negli occhi “non siamo solo noi due, lo capisci?
Loro
non ti accetteranno mai per come sei e io, al contrario di quello che
pensi, ci tengo a te, non potrei farti soffrire così. Lo
capisci, Beatrice?”
Lei lo strinse forte e cercò di comprendere le sue parole,
in un
altro momento avrebbe potuto sciogliersi nel sentirle pronunciate. Ma
in quel momento si sentiva semplicemente rifiutata.
Lui si stava comportando come sua madre aveva fatto prima di lui e
anche suo padre. Nessuno la voleva, lei e il suo bambino sarebbero
stati destinati ad una vita infelice e solitaria.
A quel punto la ragazza si staccò e tirò su con
il naso in modo sgraziato.
“Hai ragione, ci sono troppe differenze che non si possono
appianare tra di noi. Ma io questo bambino lo voglio
davvero.”
Prese la mano di Tavington tra le sue e la strinse forte.
“All’inizio pensavo che lo volessi
perché era il nostro
bambino, invece ho capito che l’ho fatto per me. Io ho
bisogno di
questo bambino, William.. lui è tutto quello che ho. Sono
sola.”
E le lacrime scesero nuovamente.
“Non sei sola, io ti aiuterò come posso, dandoti
tutto
quello che hai bisogno. Ma non posso sposarti e non possiamo creare la
famiglia che tu vuoi.”
Le accarezzò la guancia nel tentativo di tranquillizzarla,
ma le
sue paure non svanivano. Un giorno lui sarebbe partito per la Gran
Bretagna e lei sarebbe rimasta sola.
Si andò a stendere sul letto e si raggomitolò in
posizione fetale. Era stanca di vivere solo sofferenza, ogni volta che
credeva di aver trovato la felicità, la perdeva lo stesso
istante. Lui allora si avvicinò a lei e la coprì
con il
lenzuolo.
“Capirai col tempo che lo sto facendo solo per il tuo
bene.”
Quando lui si alzò, lei lo trattenne con la mano.
“Non sono abbastanza per te, vero?”
William le asciugò le lacrime e le accarezzò nel
contempo le gote.
“Cosa devo fare per farti innamorare di me? Io non so
più
come dimostrarti i miei sentimenti, aiutami te.”
Proseguì.
Sebbene non volesse piangere, le lacrime scesero ancora bagnando la sua
faccia.
“Non è quello, lo sai..”
“Sì che è quello. Se tu mi amassi
davvero,
combatteresti con me questa battaglia e cercheresti un modo per
uscirne.
Invece ti arrendi così senza lottare, è semplice
vero
abbandonarmi in principio?”
Si alzò sulla schiena e lo strattonò, tirandogli
pugni.
Lui non si difese, la lasciò sfogare, ma il suo silenzio
rendeva
lei più nervosa e più furiosa.
“Fa’ qualcosa! Hanno ragione a dire che sei un
codardo.”
“Tu vaneggi.”
Tavington si alzò dal letto e prese i suoi vestiti.
“Ti lascio sola, hai bisogno di calmarti un
po’.”
Lei divenne allora una bestia.
“Calmarmi, calmarmi?
È questo che dovrò dire a mio figlio quando mi
chiederà di suo padre, che era un codardo?”
Lui aveva già indossato i pantaloni e li stava abbottonando.
“Forse è meglio che non sappia niente di suo
padre, no? Se
sono così terribile farei solo che rovinargli la
vita.”
Lei si era messa sulle ginocchia e restava ancora nel letto.
“Stai scappando di nuovo, quando la smetterai di correre dai
problemi? Tuo padre ti ha maltrattato, tua madre è rimasta a
guardare e tu sei scappato. Non si risolvono così le
situazioni,
si affrontano.”
Lui si girò verso di lei, puntandole il dito contro.
“Tu non sai niente di me, non puoi giudicarmi.”
“So quello che basta sapere, è per questo che ti
sei
portato dietro Wellsie, vero? Così in caso qualcun altro ti
deludesse saresti corso da lei, ma sai una cosa.. ? Devi crescere, non
sei un bambino, sei un uomo e mi hai messa incinta,
dannazione!”
Tavington aveva addosso ormai la camicia e si stava mettendo gli
stivali. Il suo modo di fare la irritava era come se lui avesse sempre
la situazione sottomano. E cosa faceva di nuovo? Se ne andava.
“Io non ti ho messa incinta, ho fatto sesso e basta. Non era
qualcosa di programmato, non so più come dirtelo.. non sei
la
mia fidanzata. Smettila di comportarti come tale.”
Allora lei scese dal letto e lo seguì.
“Mi comporto come una donna offesa dal comportamento
insensibile
dell’uomo che ama. Credi davvero che io lo volessi questo
bambino? So bene..” prese aria, cercando di buttare fuori un
po’ di ira “..che siamo in guerra, non avrei mai
scelto un
momento così delicato per farmi ingravidare. Eppure lo sono
e tu
devi aiutarmi ad affrontare questa situazione, me lo devi.”
Lui la prese per le spalle e la strattonò. “No, io
non ti devo niente.”
La spinse ancora indietro fino a che lei sbatté contro il
muro.
“Io non voglio questo dannato bambino.” Disse
scandendo lentamente le parole.
“E non voglio te!”
Per marcare la frase tirò un pugno contro il muro, a qualche
centimetro dal viso di Beatrix.
Rimase a guardarla per secondi, tenendola sempre schiacciata contro il
muro.
“Non mi ami..” disse lei con un filo di voce, ma
quella non
era una domanda. Era una constatazione di fatto. Lui non
l’amava.
Allora reagì d’impulso e lo
schiaffeggiò forte sulla guancia e poi lo graffiò
con le unghie.
“Ti odio, vorrei che soffrissi quanto sto soffrendo io in
questo
momento. Vorrei farti sanguinare come sta sanguinando il mio cuore in
questo momento.”
Lui indietreggiò. Si accarezzò la mascella, ma
non la colpì di risposta.
“Vorrei non averti mai conosciuto, sei solo un verme
schifoso. Un fottuto verme schifoso, ti odio.”
Si accasciò per terra e si piegò su stessa.
“Ti odio, ti odio..” ripeté come una
litania.
“Io non ti ho mai odiata, sto solo cercando di farti capire
come la penso.”
Lei alzò gli occhi, che ormai erano iniettati di sangue, e
lo fulminò con lo sguardo.
“Vattene. La tua vista mi deprime.”
Lui posò il suo sguardo su di lei un’ultima volta
e poi se
ne andò. Sbatté la porta ed uscì dalla
stanza,
lasciando Beatrix nello sconforto a piangere senza fine.
N/A
Ciao
a tutte!! ^^
Mi dispiace molto x il tremendo ritardo.. ma alla fine ci sono!!
Vi lascio al capitolo, sperando che sebbene sia in ritardo mi possa far
perdonare con questo nuovo cap.. ^^
Un bacio
belle!!
Giulia ;)
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 28 *** Giocare con i sentimenti costa caro ***
capitolo 28
Capitolo XXVIII
Giocare con i sentimenti costa caro
Tavington era uscito da quella stanza con
l’umore
negativo, aveva una voglia pazzesca di spaccare qualcosa e far male a
qualcuno. Perché con lei le conversazioni dovevano sempre
finire
male? Odiava il modo in cui lo chiudeva, pretendeva da lui cose che non
le avrebbe mai potuto dare. Quel bambino non lo voleva e lei non
c’entrava per niente con quella storia. Era
cresciuto con un
padre che non si era mai comportato come tale. Voleva che lui fosse il
suo tirapiedi, pretendeva che fosse passivo. Odiava la sua autonomia e
ancora di più odiava il fatto che William mettesse sempre in
discussione la sua autorità. Per suo padre era il suo
più
grande errore, per sua madre un grande punto interrogativo. Lei era
debole, si lasciava sottomettere da suo padre e non era stata nemmeno
in grado di proteggere i suoi stessi figli dagli abusi del padre
violento. Beatrix si sbagliava, lui aveva portato Wellsie con
sé
perché voleva salvarla, non era un appoggio dove scappare in
caso di necessità. Lui le voleva bene, era sua sorella e si
meritava di poter vivere la sua vita serenamente.
Mentre pensava al suo passato uscì
dalla locanda.
Fuori c’erano due ragazze che ricordava essere le cameriere
di
quel posto. Lo salutarono ammiccando nella sua direzione.
“Ehilà forestiero, volete
provare qualcosa di forte?” disse una cercando di stuzzicarlo.
“Chi ti dice che non ho già
ciò che voglio?” ribatté lui con
fermezza.
Allora la biondina lasciò
l’amica e, una volta congedata, si avvicinò a
Tavington.
“Mi state dicendo che quella mezzadra
vi fa provare davvero sensazioni.. forti?”
lo disse portando la sua mano sul petto del Colonnello e massaggiandolo.
“Siete un uomo affascinante, Mr Grange.
Se volete, vi
posso concedere un’ora del mio tempo per divertirci un
po’.” Si morse le labbra nel tentativo di sedurlo,
ma la
ragazzina non sapeva con chi stesse realmente parlando.
“Ti ripeto, dolcezza.” Prese
la mano della
fanciulla e l’allontanò dal suo corpo.
“Ho
già quello che voglio.”
La ragazza si offese e mise il broncio.
“Ditemi un po’, è ricca?”
Lui sembrava confuso. “Chi?”
Lei alzò le sopracciglia.
“Vostra moglie, la contadina slavata.”
Lui le sorrise in modo accattivante. “No.”
La ragazza a quel punto sembrava in crisi, come
se non riuscisse a comprendere qualcosa.
“Allora perché
l’avete sposata? Siete.. diversi.
Voi siete un uomo così attraente e lei.. non è
nessuno!” disse in modo capriccioso.
“La vita va così, non va
sempre come vogliamo.”
La ragazza sembrò riflettere per un
po’ e poi gli propose.
“Non mentivo quando dicevo che ho
un’ora libera,
avete bisogno di un giro turistico della famosa e interessante
Sunnyville?”
Tavington era sul punto di rifiutare e poi si
disse che ci
avrebbe solo guadagnato. Doveva comprare delle cose e quella fanciulla
vogliosa poteva fare al suo caso.
“Perché no,
sconosciuta.” Rispose il Colonnello porgendole il braccio a
cui appoggiarsi.
Lei allora gli sorrise e si avvicinò a
lui, accettando
il braccio. “Faccio strada, io sono Patricia,
comunque.”
“Patricia.. tu sai cosa ha bisogno una
donna quando è particolarmente nervosa e isterica?”
Lei rise. “Ha il ciclo?”
“Sarebbe bello. Non proprio, abbiamo
avuto una discussione animata e ci siamo detti cose non
belle.”
Lei era stupita, ma continuava a sorridere.
“Oh,
già. Noi donne siamo particolarmente irritabili, zona
offlimits
quando: A- abbiamo il ciclo, B- siamo incinte, C- veniamo maltrattate
dall’uomo che amiamo e non veniamo comprese.”
Lui rimase a riflettere sulle parole della
ragazza, pensando che le donne fossero proprio strane da capire.
“Mettiamola così,
è incinta e io le ho detto che non voglio il
bambino.”
Le si formò un cipiglio incredulo, poi
scosse la
testa. “Brutta roba, allora. Volete un consiglio su come
farvi
perdonare?”
“Io non devo farmi perdonare di niente.
Lei ha sbagliato.”
Sebbene avesse detto quelle parole, dentro di lui
sentiva che
doveva aggiustare le cose con Beatrix, non voleva lasciarle
così. Nonostante tutto lei portava il suo bambino, un giorno
sarebbe diventato come lui. Voleva davvero che suo figlio lo odiasse
come lui odiava suo padre?
Patricia lo condusse in un negozio.
“Prima tappa:
dolci. Le donne incinte sono golose all’ennesima potenza e
poi
tutti sanno che basta un po’ di cioccolata per tirare su il
morale.”
Entrarono dentro e lui comprò diversi
dolci, facendosi
consigliare anche dalla ragazza e poi uscirono. Lei lo stava
strattonando per la città, pensava qualcosa e subito lo
spingeva
dentro un negozio e poi un altro. “Seconda tappa: vestiti
femminili. Ma come diavolo la fate andare in giro? Sembra una scappata
di casa.”
Lui la guardò dubbioso.
“Come faccio a sapere la sua taglia e quello che le
piace?”
Lei sbuffò. “Su, Mr Grange.
Non capite che
è il gesto che conta, in ogni caso la vostra Mrs Grange non
sembra un’appassionata di vestiti. Accetterà
tutto.”
Perciò di nuovo lui si fece
accompagnare da Patricia
in un’altra bottega e comprò un vestito per
Beatrix, uno
che piaceva a lui. Molto scollato e corto, simile a quello che le aveva
visto indosso al Lady Kitten.
Tavington aveva in mano diversi pacchi e si
sentiva uno
stupido, se qualcuno lo avesse visto gli avrebbe riso dietro, altro che
Colonnello Tavington. Per fortuna che lì lui era per tutti
Mr
Grange.
“Comunque sia, Patricia. Mettiamo in
chiaro che a me
non importa proprio niente di lei. Lo faccio solo perché non
ho
voglia di litigare per tutto il tragitto.”
Lei scoppiò a ridere.
“Certo, come dite voi.”
Patricia lo accompagnò alla fine
davanti ad un emporio diverso dagli altri, tutto rosa, qualcosa al
femminile.
“Ora vi devo lasciare. Questa
è la vostra ultima
tappa: ogni donna è prima di tutto una madre. Fatele capire
che
tenete al bambino, la renderebbe molto felice.” Lo
abbracciò e poi se ne andò.
William mise una mano nelle sue tasche e
ripescò l’anello di rubino.
Oh, Beatrix..
cosa mi hai fatto?
Tavington guardava l’insegna di quella
bottega da
minuti, ma non si era ancora deciso ad entrare. Poi una donna anziana
uscì e si rivolse a lui. “Vieni giovanotto, non
essere
timido.”
Dopo alcune esitazioni iniziali, alla fine
entrò
dentro. Sembrava un negozio per donne, l’anziana signora
stava
cucendo qualcosa.
“Cosa avete fatto?” lo
rimproverò la donna.
“Niente.” Rispose subito
Tavington.
“Siete un soldato.” Non era
una domanda, lo aveva capito. “E dal vostro portamento e
accento direi.. Inglese.”
William fece un passo indietro e
rifletté se fosse il caso di combattere contro una vecchia
per non farsi smascherare.
“Non ti preoccupare, figliolo. Non dico
niente, sono
vecchia e malata, questa guerra non cambierà il mio futuro.
Quindi, cosa avete fatto?” lo incalzò nuovamente.
“Cosa vi fa pensare che io abbia fatto
qualcosa, signora?”
“Siete affranto, pieno di pacchi e
siete in un emporio
per donne. Dato che suppongo non sia per voi che siete qua, devo la
vostra presenza per una donna.”
“Forse.”
Tavington appoggiò i pacchi per terra
e guardò
la stanza. “Lei è incinta, ma.. io non credo di
volere
questo bambino e lei vuole che io le dica che sono innamorato, ma non
è così. Lo so.”
“Credete?”
“Non so, sta succedendo tutto troppo in
fretta. La guerra, la mia famiglia, lei, io..”
L’anziana signora si alzò
dalla sedia a dondolo
e gli porse un fagotto. “Prendetelo e dimostratele quanto
tenete
a lei e al bambino.”
Tavington rimase con le mani a reggere quel
fagotto, nel quale non sapeva cosa ci fosse dentro.
“Io non tengo a lei.”
La signora gli sorrise. “Bugiardo e
orgoglioso. Non
lasciate che i vostri dubbi rovinino tutto, non vi conosco, giovanotto,
ma si vede che evidentemente il passato vi opprime. Lasciate il passato
a quello che è, e andate avanti. Finché vi
lasciate
condizionare, non vivrete mai.”
William voleva andare via. Si sentiva uno sciocco
a rimanere
lì, lui non era quella persona. Così fece un
passo
indietro e tentò di uscire, ma la vecchia lo
richiamò.
“Se il vostro dubbio riguarda i vostri
sentimenti per
lei.. è chiaro che provate qualcosa. Sento che siete
innamorato
di lei.”
Lui la guardò ancora e poi se ne
andò senza dare una risposta. L’anziana signora
sorrise.
“L’amore, l’amore.
Questi giovani non
capiscono più niente.” E ritornò
così a
cucire.
Beatrix era rimasta in quell’angolo per
diversi minuti,
anche se definire esattamente il tempo era impossibile. Si sentiva a
pezzi, non tanto fisicamente, ma soprattutto emotivamente. Aveva avuto
dei dubbi su William, in realtà li aveva sempre avuti,
eppure
sentirselo dire da lui in faccia era un colpo al cuore. Era rimasta
piegata su se stessa a pensare a cosa fare della sua vita, anche se lui
l’avesse aiutata economicamente le cose non sarebbero
cambiate
per niente. Lei non voleva i suoi soldi, non li aveva mai voluti,
voleva invece il suo amore. Avrebbe voluto crescere quella creatura con
lui, sapeva fin troppo bene cosa volesse dire crescere senza un padre e
non voleva assolutamente far passare lo stesso inferno anche a suo
figlio. Ma la scelta non toccava a lei, non poteva obbligare William a
stare con lei se evidentemente non era quello il suo intento, non la
voleva. L’aveva usata solo fisicamente e poi
l’aveva
gettata via.
Beatrix si alzò in piedi e fece mente
locale delle
cose da fare. Lui presto sarebbe arrivato e probabilmente sarebbero
partiti per Beaufort, la domanda che si stava chiedendo la fanciulla da
un po’ era.. che
senso ha andare con lui?
Lo poteva seguire finché voleva,
eppure lui un giorno
l’avrebbe lasciata comunque. Perciò, per evitare
un’ulteriore sofferenza ed umiliazione, Beatrix decise che
questa
volta avrebbe fatto lei la scelta.
Si asciugò le lacrime e
cercò di legarsi i
capelli alla buona, solo per darsi un aspetto presentabile. Prese quei
vestiti larghi e sporchi che aveva indossato prima e se li mise
addosso. Si guardò allo specchio un’ultima volta e
non
poté non continuare a vedere più un relitto che
la donna
che era un tempo. Lui l’aveva svuotata dentro. Diede un
ultimo
veloce sguardo alla stanza e poi uscì.
Una volta fuori dalla locanda prese aria
lentamente,
sperò che bastasse a calmarsi. Non aveva la più
pallida
idea su dove andare, come andare e perché andare. Eppure
s’incamminò nella via principale, il villaggio era
piccolo, le persone sembravano conoscersi tutte. In effetti non
c’era molto da vedere, Beatrix vagabondò per il
villaggio
e ad un certo punto si rese conto che non poteva rimanere
lì.
Tavington era uscito, solo il diavolo sapeva dove e lei non aveva
voglia di incontrarlo.
Sentì in lontananza qualcuno ridere
forte, così
venne catturata da quel suono stridente. Si voltò e vide il
suo
William che porgeva il braccio a una donna, guardandola più
attentamente sembrava una delle cameriere della locanda. Era
incredibile, avevano litigato da poche ore e lui era già
corso
tra le braccia di un’altra donna! Si nascose dietro una
panchina
e osservò meglio la scena, sembrava che stessero flirtando.
Da
quella distanza non sentiva il loro discorso, quello che vedeva era che
lui se ne stava andando via con un’altra. Il suo cuore si
spezzò di nuovo e così, asciugata una lacrima che
era
scesa involontariamente, si girò e se andò.
Sarebbe stata
un’umiliazione rimanere e vedere lui che corteggiava altre.
Sì, aveva preso la giusta decisione.
Doveva andare via.
Aveva paura che la riportasse indietro con la
forza,
così decise di uscire da Sunnyville e seguire quel sentiero
scosceso che pareva poco conosciuto. Sicuramente il Colonnello non
poteva essere passato lì, così lei si convinse
che quella
era la strada giusta da seguire. Lo amava ancora e molto probabilmente
lo avrebbe amato per sempre, ma non poteva più rimanere con
lui,
almeno fino a quando lui non fosse cambiato. Quel sentiero era pieno di
rovi e anche di serpenti, per poco non ne aveva pestato uno. Mentre
camminava sentiva rumori sospetti, però più ci
pensava e
più si rendeva conto che era frutto della sua immaginazione.
Stava diventando paranoica e il fatto che Tavington potesse averla
seguita fin lì la rendeva ulteriormente ansiosa.
“Chi
c’è?” urlò al vento come una
pazza.
Nessuno rispose.
Cosa ti
aspettavi? Non so, il killer che ti dice ‘Sì, sono
io. Scusa, devo ucciderti.’ ?
Andò avanti ed iniziò a
sentire la pancia brontolare, doveva procurarsi del cibo.
E poi ancora altri rumori di rami calpestati,
doveva esserci qualcuno.
“Vattene.” Urlò
nuovamente.
E di nuovo non rispose nessuno.
Ad un certo punto vide delle more e dei lamponi,
così
si fermò a coglierne alcuni. Erano morbidi e succosi e lei
ne
mangiò molti, dal momento che non aveva ancora mangiato.
Aveva
ormai finito i frutti che si trovavano vicino a lei, ma la ragazza ne
voleva ancora, così si sporse affinché potesse
prendere
le more che erano più difficili da raggiungere. Quando
finalmente riuscì a sfiorare il ramo, qualcosa la
colpì
alla testa e cadde per terra.
Ci vollero diversi minuti per tornare in
sé. Vedeva
opaco e poco chiaro e non aveva ancora capito cosa stesse succedendo.
Qualcosa l’aveva colpita, ma non riusciva a comprendere cosa.
“Ciao, amore.”
Disse una voce che lei percepiva lontana, doveva
essere ancora stordita.
“William..” disse con un filo
di voce, cercando di vedere chiaro.
Poi poco a poco la vista migliorò e
riuscì ad individuare il volto che si trovava di fronte.
“Ritenta e sarai più
fortunata.” Disse una
voce beffarda, mentre il volto molto arrabbiato di Gabriel comparve.
Era sdraiata per terra e qualcosa la bloccava, un
peso, ma
non riusciva a capire cosa. Cercò di alzarsi, ma nuovamente
non
ebbe successo, era come se fosse legata.
“Gabriel..”
sospirò con rassegnazione.
“Dov’è il tuo
principe azzurro, già stanco di te?”
domandò prendendosi gioco di lei.
“Lasciami stare.” Rispose
invano Beatrix.
Aveva capito come mai non riuscisse a spostarsi.
Era sdraiata
per terra con le mani e i piedi legati e lui si trovava a cavalcioni su
di lei. Non riusciva a muoversi di un centimetro e sembrava che
più si muovesse e più lui si irrigidiva su di
lei,
rendendo il peso ancora più opprimente.
“Sai perché sono qua,
vero?”
“Come hai fatto a trovarmi,
Gabriel?”
Prima di risponderle si guardò
attorno, come se aspettasse di vedere qualcuno da un momento
all’altro.
“Non è stato difficile. Una
volta usciti dalla
palude abbiamo seguito l’unica strada che c’era..
poi boh
siamo giunti qua. Puoi immaginare benissimo come ti ho trovata, un uomo
come Tavington con il suo bel accento Inglese non passa
inosservato.”
Beatrix si chiese dove fossero gli altri Ribelli.
Non vedeva
nessun altro eccetto Gabriel. Erano nascosti tra i cespugli o peggio
ancora erano andati a uccidere Tavington?
“Dove sono gli altri?”
“In giro. Credo. Comunque non
m’importa niente,
sono venuto qua perché io e te abbiamo una questione in
sospeso,
mogliettina.”
Era arrabbiato, lo sentiva e lo percepiva nel
tono e nelle parole velenose.
“Gabriel, so che ho sbagliato,
ma..”
Lui non le lasciò terminare la frase
che la
schiaffeggiò subito. Un forte ceffone le fece girare la
testa
dall’altra parte.
“Zitta puttana.” Disse
mettendoci tutta la cattiveria in quelle parole.
“Dovevo dar retta a quello che mi
dicevano tutti.
Sapevano che eri la sua puttana e io non li ho ascoltati, accecato
dall’amore per te!” tirò i suoi capelli
verso
l’alto, strappando anche qualche ciocca.
“Da lui me lo potevo anche aspettare,
ma da te.. io ti amavo!” le urlò contro.
“Gabriel, ti prego. Tu non sei
così, lasciami spiegare..”
La guardò solo con odio.
“Sì, io sono
così. Non sono il fragile e stupido ragazzino che tu mi
credi,
sono un uomo anche io!”
Poi le mise le mani sul collo e lo strinse.
“Sai cosa dovrei fare ora? Ucciderti.
Sarebbe
così facile e tutto questo tormento che provo sparirebbe
subito.”
Lei lo guardò con le lacrime agli
occhi, sperando che servisse per farlo rinsavire.
“Gabriel, tu non vuoi farmi veramente
del male..”
Lui tolse le mani dal suo collo. “No,
infatti. Io non
voglio farti del male, ti amo. Voglio stare con te, perché
non
lo capisci? Io non so più come dimostrarti i miei sentimenti
per
te.”
Disse sconsolato, mentre si logorava senza sapere
cosa fare esattamente.
Mentre Beatrix lo sentiva parlare le venne in
mente la conversazione precedente tra lei e Tavington.
“Cosa
devo fare per farti innamorare di me? Io non so più come
dimostrarti i miei sentimenti, aiutami te.”
Lo stava odiando per quello che le stava facendo,
ma si rese
conto che lui era come lei. Entrambi si sentivano rifiutati ed entrambi
non potevano avere l’oggetto del loro desiderio.
“Dimmi la verità Bea.. mi
ami?”
Beatrix poteva anche fingere che potesse
accontentarsi di
Gabriel, ma la verità era un’altra. Lei amava
William e
così sarebbe sempre stato.
“No, Gab. Io amo Tavington.”
Lui abbandonò la sua maschera di
tristezza e divenne furioso.
“No! Tu devi stare con me, solo con
me!”
Si alzò e la trascinò per i
capelli. Lei non
poteva fare niente, era legata e totalmente in balia della sua ira. La
condusse verso la riva del fiume e lì le tirò un
calcio
forte alla pancia. Lei si accovacciò cercando di placare il
dolore, ma le mani legate non le permettevano di difendersi dai colpi
brutali del suo vecchio amico.
“Tu sei mia. Se non posso averti,
nessuno ti avrà!”
Beatrix gattonò lontana da lui e
sembrava che Gabriel
si divertisse nel farle male. Quello non era il suo amico, non era la
stessa persona che giocava con lei da piccola, che aveva sempre cura di
lei, che la trattava come una principessa. Questo era un mostro, aveva
la faccia sfigurata dall’ira.
Poi la bloccò sul manto
d’erba e la fermò con il suo peso di nuovo.
“Perché mi fai questo,
Gab?” chiese disperata lei.
“Perché tu ti sei presa
gioco di me e dei miei sentimenti e io voglio farti sentire quanto male
mi ha fatto.”
Poi la schiaffeggiò un’altra
volta e le strappò la camicia che portava.
“Ho sbagliato, scusa. Ti prego, questo
non è il modo per risolvere la questione. Ti prego, lasciami
stare.”
Lui la guardò disgustato.
“Così poi correrai dal tuo Colonnello? No, mia
cara.”
Le accarezzò il seno e lei
cercò di pensare ad
altro. Perché se pensava davvero a quello che le stava
facendo, avrebbe vomitato. Sentiva in bocca il sapore del suo
sangue, infatti le aveva fatto sanguinare il labbro ed ora il sangue
colava lungo il collo.
“Immaginarmi te e lui mi viene il
voltastomaco,
ma..” le aprì brutalmente i pantaloni e glieli
abbassò quanto bastava per fare quello che aveva tutta
l’intenzione di fare.
“..ma in questo momento ho il desiderio
di provare quello che tu hai dato a lui.”
Gabriel si sbottonò i pantaloni e
continuò a fissarla con odio e repulsione.
Lei girò il volto dall’altra
parte. Sapeva
benissimo quello che le avrebbe fatto, la cosa più orrenda
era
che non poteva fermarlo in alcun modo. Si trovavano in un posto dove
sembrava esserci nessuno, molto probabilmente Gabriel si era portato
delle guardie ad assisterlo, perciò avrebbe potuto fare
quello
che voleva senza che nessuno venisse ad aiutarla. Era una sensazione
terribile essere spettatrice del proprio destino. Vedere, ma non
potersi né muovere né parlare.
Orrendo e umiliante.
Così girò il volto e fece
evadere la mente.
“So cosa stai facendo, Bea. Posso solo
immaginare a chi
stai pensando in questo momento. Ma non ti preoccupare, non
m’importa niente.”
Una volta sistematosi sopra di lei, la
penetrò con un
colpo forte e brutale. “No, non me ne importa niente. Voglio
essere lui solo per questo momento, voglio provare quello che prova lui
quando ti scopa.”
La penetrò nuovamente, ma lei non
sentiva niente. Le
lacrime scendevano, ma la sua mente era altrove. Non gli avrebbe
permesso di ferirla nell’animo.
Mentre lui continuava a prendersi ciò
che voleva da lei, Beatrix pensò a William.
Gli aveva detto che lo odiava e quella era
l’ultima
cosa detta prima di lasciarlo. Non l’avrebbe mai cercata,
forse
in quel preciso momento si stava divertendo con una delle cameriere
della locanda. Ma a lei non importava, le dispiaceva solo che se fosse
morta, lui avrebbe avuto quell’orrenda conversazione come
ricordo
di lei.
Chiuse gli occhi e pregò
affinché Gabriel
terminasse il suo piacere e che poi la uccidesse per porre fine
finalmente a quel supplizio.
Poi all’improvviso sentì un
colpo di pistola.
Beatrix aveva gli occhi sbarrati mentre il sangue
colava.
N/A
Ciao
a tutte!! ^^
Gran bel colpo di scena.. cosa succederà e soprattutto chi è
stato colpito?
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 29 *** L’epifania di William ***
capitolo 29
Capitolo
XXIX
L’epifania di William
“Si
è svegliata?”
“No,
ancora no. Vi terremo informato, Mr Grange.”
“Quanto
tempo devo ancora aspettare?”
Non
ci fu risposta.
Poi
lei sentì un lieve fruscio e di nuovo la porta venne chiusa.
E tutto ritornò annebbiato e lontano.
Qualcosa
bagnava la sua faccia, un panno forse. Non riusciva ancora a mettere a
fuoco perfettamente la camera, eppure un dolore lancinante allo stomaco
risvegliò in parte i suoi sensi. Tentò di alzare
la schiena, ma qualcuno non glielo permise.
Tutto
ritornò buio.
“Hey..
amore.. mi senti?”
Una
voce cristallina aveva pronunciato quelle parole, non era Gabriel. Era
William, ne era sicura, il suo cuore quasi si rianimò nel
sentirlo parlare.
Avrebbe
voluto rispondere subito, ma c’era qualcosa in gola che non
le permetteva di far vibrare le corde vocali. Si sentiva lì
con lui, ma allo stesso tempo era come se non ci fosse realmente.
Intrappolata
nel suo stesso corpo.
Lui
le accarezzava le braccia, nel vano tentativo di riportarla sulla
Terra. Infatti non sembrava cosciente della lotta interiore di Beatrix.
“Io..”
Si
schiarì la voce e tentò di incominciare un
discorso che sembrava essere importante.
“Beatrix..
io, io devo dirti una cosa.” Le prese la mano tra le sue e
l’accarezzò.
“Quando
ti ho vista lì per terra, alla mercé di quel
ribelle..”
La
voce si affievoliva e non solo perché il Colonnello faceva
fatica a pronunciare quelle parole, bensì anche
perché Beatrix faceva fatica a rimanere cosciente.
Cercò con tutta se stessa di rimanere lì con lui,
voleva resistere a tutti i costi perché sentiva che il
momento che tanto aveva aspettato era giunto. Ma il suo corpo era
debole, forse troppo per ancorarla alla realtà.
“..io
credo di amarti.”
Non
aveva sentito tutto il discorso, ma quell’ultima parte le
faceva morire di nuovo il cuore. Tentò di aprire gli occhi,
ma ancora niente. Poi, udì il rumore della sedia che veniva
spostata rumorosamente e successivamente Tavington prese a camminare
per la stanza.
“Sono
confuso perché non mi sono mai trovato in questa situazione
prima d’ora. Eppure sono sicuro che qualcosa sia cambiato.
Io, io ti vedo in modo diverso. Quando ti ho vista con Gabriel mi sono
immaginato me stesso al suo posto, quante volte ho abusato delle
persone, senza mai rendere conto a nessuno.”
Beatrix
non poteva ancora vederlo, così cercò di affinare
gli altri sensi che poteva maneggiare. Dal tono di voce, dalle pause
che faceva e dal respiro che prendeva in modo affannoso
intuì che quel discorso era per lui una liberazione. Molto
probabilmente non avrebbe avuto lo stesso coraggio di parlarle
così da cosciente, ma quel momento era per lui
un’epifania.
Aveva
capito di provare qualcosa per lei?
“Ora,
mentirei se ti dicessi che provo rimorso per quello che ho fatto in
passato, perché io amo la mia vita e quello che sono e
ripeterei le stesse cose. Ma tu..”
Prese
un’altra pausa e Beatrix sentì questa volta
qualcosa cadere per terra e rompersi in tanti pezzi.
“Lui
non doveva permettersi di toccarti! Pagherà per quello che
ti ha fatto, lo troverò e lo ammazzerò.”
Ritornò
al suo capezzale, sedendo sul letto vicino a lei.
“Non
puoi sentirmi, vero? Anche se lo fosse non vorresti ascoltarmi, io.. ti
ho fatto male. Mi odi perché non voglio la pulce, ma il
fatto è che.. voglio essere io il tuo unico
centro di interesse. E la pulce.. è il tuo solo pensiero
ultimamente!”
Le
accarezzò il volto, passando con delicatezza le dita sulla
sua guancia.
“Beatrix..
io ti amo.” Le prese le mani e le baciò
“non puoi lasciarmi, ho bisogno di te.”
La
ragazza lottò con tutte le sue forze per tornare da lui e
dirgli che lo perdonava, che non era più arrabbiata con lui.
Ma
non ci riusciva.
Il
suo corpo era freddo, duro e lei non era in grado di controllarlo.
Era
in trappola.
Allora
Tavington prese un altro respiro e la ragazza non percepì
per qualche secondo il contatto con la sua pelle. Poi, lui riprese la
sua mano tra le sue e così riconobbe qualcosa di duro e
freddo nel suo anulare. Sembrava un anello, ma dirlo con certezza era
difficile senza poter fare affidamento sulla sua vista. Le aveva forse
rimesso al dito l’anello di rubino?
“Questo
è tuo, non potrei darlo ad un’altra donna.
Perché non credo di potermi mai innamorare di nuovo di
un’altra donna come te.”
Fece
una pausa.
“Tu
mi conosci bene. Non sono un uomo dolce e romantico, io.. mi trovo
meglio in un campo di battaglia con la mia spada. In queste cose.. sono
un disastro. Non era mia intenzione incominciare questa cosa con te,
ma la situazione mi è sfuggita di mano. Tu non sei mai stata
il mio ideale di donna, eppure eccomi qua come un adolescente alla
prima cotta che ti parla, e non sei nemmeno cosciente! Forse
è un bene, ma..”
I
sensi la abbandonarono nuovamente e si ritrovò in un tunnel
bianco, deprivata sensorialmente.
“..tu
metti sempre in discussione quello che dico, quello che faccio.
Perché sei così cocciuta, perché non
fai quello che ti ordino?”
La
porta si aprì ed entrò qualcuno, dai passi
leggeri non poteva che essere una ragazza.
“Dovreste
lasciarla riposare, Signore..”
La
nuova arrivata aveva tentato di esortare il Colonnello, ma
dall’affievolimento della voce Beatrix aveva compreso che
Tavington l’aveva guardata male. Solitamente le persone si
facevano intimorire dal suo sguardo imponente. Beatrix si era
immaginata che il Colonnello si alzasse e la affrontasse, invece
sembrava che non si fosse mosso di un centimetro dalla sua posizione.
Infatti continuava a stare sul letto e rimandò solo un
comando alla ragazza.
“Fuori.”
Una
parola.
Carica
però di forza, una minaccia poco velata che fece breccia
nella donna. Infatti questa non rispose e se ne andò. La
porta si richiuse e William continuò a parlare con Beatrix
come se non vi fosse stata alcuna interruzione.
“Mi
manchi. Sono giorni che sei incosciente, qui possono fare poco e io mi
sento impotente. Non so cosa fare, perché non sei stata in
questa dannata stanza?”
I
giorni passavano e la ragazza non sembrava ritornare cosciente. Il
Colonnello Tavington era rimasto vicino a Beatrix nella speranza che
lei si riprendesse, ma ancora niente. Così, mentre William
guardava fuori dalla finestra in quella stanza così fredda,
ripensò al giorno dell’aggressione.
Aveva
girato come uno stupido in quel villaggio, comprando cose su cose e
sperando che qualcuno non lo vedesse in quello stato. Sebbene quel
pensiero viaggiasse nella sua mente, una piccola parte recondita nella
sua testa, o forse nel suo cuore, non vedeva l’ora che
Beatrix scoprisse quello che aveva fatto. Non si poteva aspettare dove
fosse andato, forse pensava che fosse a letto con un’altra?
Anzi
no, probabilmente pensava proprio quello. E in quel modo lui
l’avrebbe stupita, spingendola a mettere una pietra sopra la
loro lite precedente. William aveva ancora i pacchi con le cose
comprate e così si decise a tornare a casa. Una volta
ritornato alla locanda scoprì che la ragazza non
c’era, non aveva lasciato né una lettera
né un qualche misero indizio che motivasse la sua dipartita.
Dapprima
Tavington ne fu furioso, avrebbe voluto averla tra le mani e sentirselo
dire in faccia che lo stava lasciando, perché lei non poteva
abbandonarlo veramente. Forse era ferita, ma quella non era la scelta
migliore. La rabbia prese il sopravvento e William scagliò
tutto per terra in un impeto di ira.
“Maledetta!”
Passarono
diversi minuti prima che potesse ritornare lucido abbastanza per
analizzare la faccenda. Avrebbe potuto lasciar correre e permetterle di
fuggire, dopotutto era la scelta migliore per lei e per lui. Nessuno
avrebbe più sofferto e non ci sarebbero state più
litigi inutili, ma così avrebbe lasciato a Beatrix il
compito di prendere la decisione finale. Perciò, forse
spinto da un forte orgoglio o forse perché era il suo cuore
che lo stava guidando in quel momento e non la mente,
afferrò le armi e si spinse oltre la porta della camera..
Un
gemito lo riportò al presente. Si girò verso la
ragazza sul letto, William osservò i movimenti lenti del suo
petto, si alzava e si abbassava ad un ritmo regolare e lui quasi rimase
incantato nell’osservarla. Sembrava indifesa e tranquilla,
lontano dalla tigre che mostrava tutti i giorni con lui. Eppure nelle
ultime settimane lui l’aveva resa triste ed era colpa sua se
Beatrix si trovava lì. Fece un passo verso il letto e le
accarezzò con due dita la guancia, sentendola un
po’ più calda del solito. Il suo viso, pallido da
giorni, stava ritornando lentamente più roseo.
Pensando
che fosse un indizio della sua ripresa volle andare ad avvisare il
medico, ma il momento in cui si staccò dalla ragazza,
qualcosa lo trattenne.
“Non
lasciarmi..”
Era
stata lei a parlare. All’inizio credette di esserlo
immaginato, invece era stata proprio la ragazza a pronunciare quelle
parole. A quel punto William si inginocchiò per terra al suo
capezzale e appoggiò la testa sul suo petto.
“Sei
viva. Oh, Bea.. ero così preoccupato. Penso di non essere
stato mai così in pena da quando mia sorella era scappata di
casa! Oh, Dio.”
Lei
non riusciva ancora a ricambiare l’abbraccio con la stessa
forza usata dal Colonnello, anche se stava tentando a suo modo di
mandargli quel poco di calore che aveva.
“Oh,
William.. fa così male..”
Parlava
con difficoltà e aveva alcune lacrime che scendevano sul
viso. Il medico che Tavington aveva trovato era una specie di praticone
di medicina, sapeva poco rispetto a quello che si aspetta da un
dottore. Tuttavia era l’unico che aveva trovato e Beatrix
aveva un bisogno disperato di essere curata. L’aveva tenuta
in vita, in tal modo si era risparmiato una morte atroce che William
gli avrebbe reso in caso di fallimento. In ogni caso il dolore lei lo
sentiva. E non avendo i mezzi e forse neanche le competenze necessarie
per curarla al meglio, Beatrix continuava a soffrire.
“Non
ti affaticare. Prendi il respiro lentamente, ci sono io con
te.”
Lei
cercava di trattenere le lacrime per non fargli vedere quanto stesse
soffrendo, ma William ormai la conosceva bene e vedeva nei suoi occhi
il riflesso del suo dolore.
“Non
te ne vai via, vero?” chiese lei tirando su con il naso.
L’uomo
si alzò e si sistemò meglio sul letto accanto a
lei. “No, sto qua con te.”
“Me
lo prometti?”
Lui
la guardò in quei suoi grandi occhi nocciola. “Te
lo prometto.”
E
poi Beatrix richiuse gli occhi.
Appena
la ragazza fu di nuovo addormentata, Tavington prese una pezza dalla
ciotola poggiata sul tavolino e, una volta bagnata, la passò
sulla fronte della donna. Aveva oramai il viso del suo solito
incarnato, sembrava sulla via della guarigione. Erano passati giorni,
una settimana forse, da quel terribile giorno in cui l’aveva
trovata nel bosco. William si ricordava bene i momenti che avevano
segnato quella giornata, trovarla in quel sentiero era stata per lui
una fortuna. O meglio dire, era stata una fortuna che
quell’anziano l’avesse vista muoversi in quella
direzione e dopotutto una donna vestita da uomo non passa inosservata
quanto un Inglese in un villaggio americano.
Tavington
non voleva ricordare i dettagli di quel giorno, avrebbe voluto
dimenticare e mettersi subito in cammino per trovare quel dannato
ribelle. Lo avrebbe fatto già allora se solo lei non avesse
avuto bisogno delle cure.
Gli
era sfuggito per un soffio, era bastata quella frazione di secondo di
incertezza per farlo scappare via.
Un
momento, una manciata di secondi che avevano permesso a Gabriel di
strisciare via nel bosco.
Fu
quel pensiero giunto lì per caso che risvegliò
nell’uomo i ricordi passati.
Il
Colonnello aveva sentito le grida della fanciulla che echeggiavano
nella selva, purtroppo prima di giungere da lei aveva dovuto combattere
con alcuni ribelli posti a sorvegliare il loro
‘Capo’. Gabriel si era portato cinque uomini,
giovani e dilettanti. Sebbene Tavington fosse in inferiorità
numerica era riuscito a far crollare i suoi avversari, recando solo
qualche graffio sul braccio. Sembrava che il ribelle non si fosse
accorto di quello che stava succedendo, William non li vedeva ancora,
ma sentiva i gemiti di quel maiale, le parole sporche e deplorevoli, di
contro udiva i gemiti sconquassati di Beatrix che gli spezzavano il
cuore. Aveva fatto in fretta, superando quei rovi infernali per
giungere da quel bastardo e ucciderlo finalmente. Una volta trovatosi
davanti al ragazzo fece la prima cosa che il suo cervello
comandò, non ci pensò neanche un secondo.
Sparò.
Sapeva
di aver fatto centro, era stato promosso a Colonnello anche grazie alle
sue doti insuperabili di schermidore e tiratore. Non aveva mai
sbagliato e così colpì l’avversario.
Non era riuscito a colpire il cuore perché Gabriel si
trovava vicino a Beatrix, troppo per fare lo spavaldo. Ma era riuscito
comunque ad arrestare il suo assalto, lo voleva vivo per torturarlo
fino a fargli implorare pietà. Peccato che il giovane fosse
pieno di risorse, sanguinante e barcollante stava ancora trattenendo
con le sue luride mani la sua Beatrix. Lei era spaventata, stanca,
ferita, ma c’era un sentimento prevalente che lui
notò nel momento in cui i suoi occhi si posarono su quelli
di William.
Vergogna.
Era
così che si era sentita quando Tavington l’aveva
presa la prima sera con forza? Era anche lui un mostro quanto il suo
nemico?
“Sta’
lontano.. stai lontano, Tavington o ti giuro che
l’ammazzo.”
Per
rendere più incisiva la minaccia, puntava un coltello sulla
gola della fanciulla che, legata dalle corde, non poteva che seguire
Gabriel.
“Non
puoi scappare. Ti ucciderò, ribelle. E lo sai.”
Il
Colonnello parlava piano, ponderando le parole da usare.
“Non
puoi uccidermi e anche salvarla. Devi scegliere, quanto vale di
più: la nostra faida o lei. Tanto ho già avuto
quello che volevo, non mi serve più. Prendila, la tua puttana.”
William
ringhiò nel sentirlo volgersi così a Beatrix, ma
non poteva lasciarsi andare in quel momento. Era quello che
l’altro voleva.
“Lasciala,
Gabriel. Lei non c’entra niente.”
“Sì
che c’entra, era in combutta con te. Mi ha tradito per te. Mi
ha lasciato per te.” Rispose prontamente il ribelle, buttando
fuori tutta la rabbia e la frustrazione accumulata.
Gabriel
sorrise in modo maligno.
“Cosa
scegli, Colonnello?”
William
aveva la spada impugnata, pronto a dare battaglia, ma
l’avversario aveva ancora Beatrix come scudo. Poi, ad un
certo punto, spinse la fanciulla e la fece rotolare giù
dalla cunetta verso la riva del fiume.
Gabriel
aprì le braccia e si espose alla vista del Colonnello.
Doveva
scegliere.
Raggiungere
il ribelle e finirlo o andare dalla ragazza e soccorrerla.
Doveva
agire..
Poi,
Tavington venne catapultato di nuovo al presente. Pensandoci bene,
William non si era mai trovato in quella situazione. Era sempre stato
un uomo impulsivo e questa sua inclinazione l’aveva
manifestata maggiormente in battaglia.
Eppure
aveva esitato.. perché?
Non
si diede una risposta, bastò il suo sguardo che cadde sul
corpo della ragazza che gli aveva rubato il cuore e forse anche il
senno della ragione.
“William..
amore..”
Beatrix
biascicava parole nel sonno ed era così adorabile nel letto
tranquilla.
L’uomo
si avvicinò alle sue labbra e lasciò un bacio
casto prima di congedarsi per andare a dormire. Erano giorni che non lo
faceva, troppo preoccupato per la salute della ragazza ed ora che si
era ripresa poteva concedersi qualche ora di sonno.
Lei
aprì gli occhi e, mantenendoli socchiusi, lo
redarguì. “Avevi promesso..”
Lui
sorrise nel constatare che Beatrix non perdeva la sua cocciutaggine
mai. Non discusse con lei e si sdraiò sul letto nel poco
spazio disponibile.
Lei
gli sorrise e per la prima volta il cuore del freddo Colonnello si
riscaldò.
N/A
Ciao
a tutte!! ^^
Ecco un altro capitolo fresco fresco. Potrebbe sembrare un po' confuso,
ma il mio intento era quello di dare tante immagini del momento,
più che le parole. Dopo.. 29 capitoli (!!) finalmente
abbiamo la dichiarazione di William, lei non è cosciente, ma
il Colonnello ha capito di amarla.. presto glielo dirà in
modo diverso. :)
Beatrix era in quel letto perchè le vessazioni di Gabriel le
hanno fatto perdere coscienza e il bambino forse ne ha
risentito.. ma si scoprirà tutto bene prossimamente.. =)
Spero che questa versione più dolce di Tavington piaccia..
un bacio belle =)
Giulia
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 30 *** Il Buongiorno si vede dal mattino ***
capitolo 30
Capitolo XXX
Il Buongiorno si vede dal mattino
Rating
rosso!!
Beatrix
si svegliò sentendo i caldi raggi del sole toccare la sua
pelle. Si sentiva diversa, percepiva che le sue forze stavano tornando,
non era più intontita. Vedeva con chiarezza le forme della
stanza, era la loro stanza. A parte qualche mobilio che lui doveva aver
gettato per terra, era tutto come lo aveva lasciato. Cercò
di stiracchiarsi, ma c’era un peso che la rallentava. Infatti
il Colonnello dormiva vicino a lei, occupando un terzo del letto e
messo quasi sul bordo. Le faceva pena, pur di non ferirla o disturbarla
aveva preferito dormire male lui. Era strano vedere Tavington
comportarsi a quel modo, di solito pensava solo a se stesso. Invece in
quelle settimane di semi incoscienza si era dimostrato
un’altra persona.
Mi
ha detto che mi ama!
Era
quella l’ancora che l’aveva trattenuta, il voler
tornare da lui e sentirsi dire quelle parole. Lo desiderava davvero,
quanto bramava lui. Certo, avevano litigato e si erano detti cose
brutte, ma ormai il passato era lontano. Dopotutto lei si era
infervorata perché William si comportava sempre da
insensibile e dimostrava di non voler cambiare. Invece le aveva fatto
vedere proprio il contrario, era cambiato.
Beatrix sperava solo che la notte non avesse avuto l’effetto
di annebbiamento. Non vedeva l’ora che si svegliasse, voleva
abbracciarlo forte.
Baciarlo,
stringerlo. Amarlo.
Glielo
avrebbe permesso? Era così tranquillo. Aveva i capelli
spettinati e arruffati. Poi, Bea notò che la barba non era
fatta, come i vestiti non sembravano essere stati cambiati da giorni.
Era
stato così preoccupato per lei?
Mi
ha detto che mi ama!
Così,
Beatrix spostò con delicatezza il braccio
dell’uomo che le cingeva il petto e
si raddrizzò sulla schiena. Lo guardò
attentamente e vide in quell’uomo la sua ossessione
quotidiana e ormai l’amore della sua vita. Con due
dita scostò alcuni riccioli dalla fronte e poi
accarezzò con dolcezza il suo viso ispido. Il dito scese
sulle sue labbra carnose e poi risalì sulla sua gota. Le
piaceva toccarlo, soprattutto quando era addormentato,
perché lui non amava che lo toccasse così da
sveglio.
Troppo
orgoglioso.
Ad
un certo punto lui le afferrò il polso con la sua mano,
tenendo ancora gli occhi chiusi e tutto il resto del corpo bloccato
alla medesima posizione.
Cavoli, quanto era abile, pure nel sonno!
“Sono
io, William.” Lo rassicurò lei.
Lui
le sorrise di rimando, con gli occhi chiusi. “Lo so. Conosco
il tuo odore.”
A
quel punto aprì i suoi bellissimi occhi, mostrandole quelle
due pozze di mercurio liquido che quasi le sciolsero il cuore.
“Ah,
sì? E ti è mancato?”
Tavington
con uno scatto rapido l’avvolse nel suo abbraccio e,
invertite le posizioni, l’adagiò con delicatezza
sulla schiena.
“Sì,
molto. Come il tuo sapore, amore.”
La
parte ancora pudica della fanciulla fece arrossare leggermente le sue
gote nel sentire la sua affermazione, ma quello era Tavington. Era
abituata.
“Mi
sei mancato anche tu.”
E
così dicendo si alzò quel tanto per far
congiungere le loro labbra. Si baciarono col delicatezza, senza
spingersi oltre e mantenendo un ritmo lento e regolare. Lui si
adagiò meglio su di lei, cercando di non pesarle troppo e di
non toccare i suoi lividi ancora freschi. Lei gli tirava i capelli,
assaporando il suo sapore fino all’ultima goccia.
“William..”
Non
proseguì, lo guardò semplicemente negli occhi.
Mostrava tutto il desiderio che la consumava e che vide consumava anche
lui. Non c’era infatti bisogno che continuasse, lui
capì. Perché quell’ardore che la
divorava dentro lo sentiva anche lui.
Prima
di ricominciare, William si fermò alcuni secondi a
contemplare il viso della ragazza che gli aveva fatto perdere la testa.
“Ti
voglio, Beatrix. Come non ho mai voluto nessuna donna prima.”
Glielo
disse sussurrando quelle parole, che avevano un peso per Tavington, ma
che erano anche una liberazione.
“Da
quanto tempo che aspettavo di sentirti dire queste..”
Ma
l’uomo non le permise di finire la frase, aveva
già affogato le labbra sulle sue, divorandola. Le
mordicchiava le labbra, le baciava, spostando le sue attenzioni tra la
bocca della fanciulla e il suo collo. Lei gemeva e sospirava, segno che
la passione che condividevano era la stessa.
“Ti
sei divertito mentre ero via?”
Beatrix
sapeva di rovinare l’atmosfera e di rendere anche Tavington
nervoso. Ma, sebbene il suo corpo desiderasse con frenesia il corpo del
Colonnello, il suo cuore però esigeva una rassicurazione.
Dopotutto l’ultima volta che lo aveva visto era in compagnia
di una delle cameriere della locanda. Se lui l’aveva tradita,
doveva saperlo.
Ma
lui non rispondeva e il suo tentennamento le fece perdere un colpo al
cuore.
Mi
ha tradita davvero?
Chiuse
gli occhi un secondo e cercò di tranquillizzarsi.
Non
importa.. mi ama..
Vedendo
che lui non accennava a proferire parola, decise di lasciar cadere il
discorso e così lo baciò. Riprese da dove si era
interrotti, ma era come se qualcosa fosse cambiato.
Sono
stata una stupida a chiederlo! Ho rovinato tutto.
Mentre
le labbra della ragazza si muovevano sulle sue, William al contrario
non ricambiava il bacio. Come una pietra si era bloccato, pareva
arrabbiato.
“Come
puoi pensare una cosa del genere? Credi davvero che sarei andato a
divertirmi mentre tu eri in fin di vita qua?”
Disse
infatti con un filo di voce che rasentava il sussurro. Lei si
sentì ancora più in colpa, non avrebbe dovuto
domandare, ma doveva sapere. Voleva
sapere.
“Bé..”
cercò le parole per non ferirlo “non è
che sei sempre stato un santo, William.”
Quelle
parole lo colpirono come tante pugnalate, pugnalate al cuore. Lei lo vide,
anzi no, lo lesse nei suoi occhi. Aveva di nuovo sbagliato.
Lui
scosse la testa in segno di rassegnazione e si staccò dal
corpo della ragazza. Se ne stava andando e lei non poteva permetterlo
di nuovo. L’ultima volta era quasi morta fisicamente, ma
questa volta sarebbe morta dentro se lui l’avesse lasciata di
nuovo. Mentre lui retrocedeva sul letto, lei bloccò le sue
braccia e lo trattenne.
“No.
Ti prego, non andare. Scusami.”
Beatrix
non gli permise di spostarsi da lei, lo tratteneva con forza e con
tutto il suo amore.
“Beatrice..
so di essermi comportato male con te in passato e forse ti
ferirò ancora in futuro, ma..”
Questa
volta fu il turno della ragazza di interromperlo. Lo zittì
saltandogli in grembo e baciandolo. Erano entrambi sulle ginocchia sul
letto.
“Il
passato è il passato. Non voglio che non ci permetta di
vivere il nostro presente e di costruire il nostro futuro. William, io
voglio stare con te.”
“Lo
so, anche io. Ma i tuoi dubbi mi fanno male.”
Più
lo sentiva parlare e più percepiva che lui stava
condividendo con lei un pezzo della sua anima. “Anche a me fa
male pensarti con un’altra e non vorrei avere questi
dubbi.”
“Promettimi”
la ragazza si spinse oltre “promettimi che non
dovrò mai dubitare della tua fedeltà,
William.”
Lui
sorrise divertito. “Te l’ho già
promesso, ricordi?”
Beatrix
rise con lui. “Lo so. Ma avevamo detto che il passato era il
passato. Oggi è un nuovo inizio.. io e te.”
“Non
posso prometterlo, Beatrice.”
Lei
si rabbuiò un secondo, ma lui continuò subito
appena avvertì la sua tristezza nascente.
“Non
posso perché abbiamo un intruso, ricordi? Quella cosa.. che vuole
rubarmi il posto..”
William
aveva agitato le mani per farle capire a cosa si riferisse e quando lei
capì, scoppiò a ridere.
“Ah!
Il nostro bambino.”
“La
nostra pulce,
non è un bambino!”
Lei
fece una smorfia. “Quanto sei puntiglioso, fra qualche mese
sarà un bambino.”
Le
sopracciglia di Tavington si alzarono. “Se non si fa
ammazzare prima.”
A
quel punto Beatrix lo schiaffeggiò scherzosamente sul
braccio. “William!”
Lui
fece una smorfia pari al finto dolore. “Ouch! Però
devi ammettere che porta un tantino iella.”
“Non
è vero.” Disse la ragazza accarezzandosi la pancia
“Papà scherza, amore mio.”
“Pensi
sul serio che ti ascolti?” chiese lui prendendola in giro.
“Certo
che mi sente. Io e lui siamo legati.”
Tavington
allora si sporse più vicino a Beatrix e aggiunse la sua mano
sulla sua pancia. La fanciulla non si aspettava quel gesto, la
sorprese, ma in positivo.
“Io
continuo a sentire niente.” Disse lui con il suo solito
pragmatismo.
“Perché
senti con le orecchie o con il tatto.” Spiegò la
ragazza con semplicità.
“Oh,
certo.. che altro dovrei usare, Bea?”
“Il
cuore. Nel mio ho immaginato la pulce e parlo attraverso il mio
cuore.”
Lui
non riusciva a comprendere le sue parole. Beatrix sperò di
riuscire a mutare questo in lui in futuro, per fargli avere fede in
qualcosa che non fosse la bruta guerra. Non poteva continuare a vivere
così, sempre in guardia, erigendo un muro tra lui e gli
altri.
No,
lei lo avrebbe abbattuto.
“Ti
amo.”
Disse
all’improvviso la ragazza, stupendolo lei questa volta.
Tavington
rimase ancora qualche secondo con la mano sulla sua pancia. Sorrideva.
Poi alzò lo sguardo inchiodandola con i suoi occhi glaciali.
“Quanto?”
chiese.
Non
era proprio la frase che si aspettava Beatrix, ma conoscendo il suo ego
sproporzionato non si stupì. “Tanto.”
Lui
si staccò dalla ragazza e si appoggiò sul letto
con le mani, mettendosi a quattro zampe. La sua posizione la
obbligò ad indietreggiare e poggiare lentamente la schiena
sui cuscini.
“Tanto
quanto?” proseguì.
La
guardava con malizia, come se quella fiamma che si era accesa minuti
prima si fosse all’improvviso ridestata.
Lei
rise. “Tanto quanto.. una grande grande casa!”
William
fece l’offeso. “Solo?”
“No.
Il mondo, anzi no, l’universo.” E dicendolo
allargò le braccia indicando quello che stava dicendo.
Il
Colonnello a quel punto le accarezzò le gambe, passando le
dita con dolcezza, sfiorando alla superficie la pelle. Il suo tocco era
come un soffio d’aria sulla sua pelle, come se lui volesse
che lei chiedesse altro. Partì dalle caviglie e
risalì con lentezza misurata lungo il suo polpaccio, per poi
arrivare alla coscia. Beatrix non aveva i vestiti maschili addosso,
solo in quel momento si accorse che indossava una graziosa vestaglia da
donna. Era larga, di cotone, decorata con motivi floreali.
“Sei
stato tu a prendermi questa?” domandò indicando la
veste.
“Ti
piace?” chiese lui con genuino interesse.
Era
stato lui a comprarla? Oddio, immaginarsi Tavington in una bottega a
comprare per lei vestiti era assurdo, non riusciva proprio a
raffigurarselo. Possibile che lo avesse fatto davvero?
“Mi
piace molto, William.”
“Bene,
perché la mia donna deve avere il meglio.”
Il
solo pensiero di essere considerata la ‘sua donna’
le riscaldò il cuore, poi fu il suo tocco a renderla ancora
più bollente e calda per lui.
Bruscamente
William interruppe le sue fantasie afferrando con decisione le sue
gambe ed allacciandole alla sua vita.
“Dobbiamo
recuperare tanto io e te, convieni amore?”
“Non
potrei che essere d’accordo con te, amore mio.”
Allora
lui la tirò su e poi la baciò. Questa volta il
bacio fu tutt’altro che dolce, qualcosa era cambiato. Il
bacio era rude e famelico e Beatrix non poteva opporsi
perché lo voleva con la stessa intensità.
Tavington le sciolse i capelli che erano legati alla buona con un
laccetto. Li liberò aprendo una folta chioma più
ribelle che mai. Si baciavano senza sosta sedendo sul letto in modo
scomposto. Era una posizione tutt’altro che comoda. Era
seduta sul letto con le gambe allargate che cingevano la vita
dell’uomo e l’unico sostegno che aveva era lui.
Continuò a baciarlo nonostante quella posizione le facesse
sentire il dolore sulla pelle livida, ma non disse niente. Lo voleva
davvero e non avrebbe di nuovo rovinato quel momento. Poi lui le
spostò i capelli da un lato e prese a baciare anche il suo
collo, facendola gemere forte. “Mi sei mancato
così tanto, William.”
“Anche
tu, amore. Anche tu.” Disse tra un bacio e l’altro
lui.
“Ma
questa volta voglio fare le cose bene con te, Beatrice.”
E
si fermò.
“In
che senso?”
“Ho
pensato che.. ecco, la tua prima volta non è stata..
memorabile. Volevo che fosse diverso..”
Sembrava
quasi impaurito da quelle parole, come se si vergognasse a dirlo.
Sta
cambiando davvero..
Lei
non gli rispose, ma acconsentì con lo sguardo.
Così lui proseguì sfilando la sua veste dalla
testa. Rimase nuda davanti a lui, ma non essendo la loro
‘vera’ prima volta, non si vergognò.
Beatrix sapeva di non essere al meglio, aveva già intravisto
qualche livido di G.. non riusciva nemmeno a pronunciare il suo nome.
Le faceva male al cuore, non voleva più vederlo. William
percepì il suo turbamento e capì, così
cercò di metterla a suo agio. La riadagiò sul
materasso con dolcezza e poi prese un respiro. Come se così
facendo potesse cacciare via qualcosa. Doveva aver intuito i suoi
pensieri su G.
Si
mise sopra di lei, senza però toccarla. Invece che baciarla
sulla bocca, come si aspettava, invece lasciò un solo bacio
caldo sulla coscia. Continuò a tempestare di tanti piccoli
baci la sua gamba e lei capì il motivo. Cercava di farle
passare il tormento sui suoi lividi.
“Mi
dai un bacio sulla bua?” Chiese lei con amore.
“Sì.”
La
sua bocca aveva baciato e leccato ogni centimetro delle sue cosce per
poi risalire in alto. Il cuore di Bea si fermò un attimo
quando lo vide alzare lo sguardo su di lei e poi sul suo punto
più delicato. Così esposta si sentiva inerme e
aveva paura. Le mani di Tavington ora poggiavano sulle sue cosce,
avvicinandosi sempre più nel luogo dove anelava andare e
rivolgere le sue attenzioni.
“William..”
Disse
lei in un sospiro, ricordandosi quello che aveva provato
l’ultima volta. Lo voleva provare di nuovo, sapeva che era un
paradiso, eppure aveva paura lo stesso.
“Non
ti preoccupare, Beatrice. Fidati di me..”
“Mi
fido di te.” Disse con fermezza.
William
le sorrise con malizia e poi si fece strada sulla sua carne con le dita
aprendosi il passaggio. Una volta che ebbe l’accesso libero
inserì un dito dentro di lei, facendola gemere. Beatrix si
morse il labbro e chiuse gli occhi cercando di assaporare quel momento
di piacere. Il suo dito si muoveva dentro e fuori con
intensità crescente, intanto i suoi gemiti crescevano sempre
di più fino a che non poté più
trattenerli. Sospirava rumorosamente facendo sorridere lui di orgoglio.
Vedendo l’effetto che aveva scatenato in lei ne
inserì un altro e poi ancora un altro. Si muoveva dentro di
lei con forza, ma allo stesso tempo era dolce e attento.
“Ti
piace, eh?”
Avrebbe
voluto così tanto dirgli no, ma sarebbe stata una bugia
tremenda che non avrebbe avuto alcune fondamenta. Infatti il suo corpo
la tradiva, e lei lo sapeva bene, fin dal loro primo momento intimo era
successo così.
“Non
parli, Beatrice? Allora ti farò parlare io..”
Fece
uscire lentamente le sue dita e lei vide come erano lucide e bagnate
dei suoi umori.
“Sai
che il tuo sapore è dolce e mi attira come se fosse torta al
cioccolato?”
“E
tu ami il cioccolato.”
“Da
impazzire.”
E
poi Beatrix sentì le sue labbra dove prima aveva sentito le
sue dita. La sua lingua era calda e abile, si muoveva con maestria
sulla sua carne facendola gemere forte. Cercò di
trattenersi, ma questa volta le era impossibile. Come aveva predetto
lui infatti gemette forte e gli fece sentire bene quanto le piacesse
quello che le stava facendo.
“Allora,
ti piace?” tentò di nuovo William.
“Sì
sì sì. Oddio, io.. oh! William!”
Le
sue mani avevano leggermente lacerato il lenzuolo per il tanto tirare e
strappare. Era così vicina, mancava così poco e
si sarebbe liberata. Ma lui non sembrava volerla accontentare presto.
Infatti si fermò prima.
Vista
la sua faccia dispiaciuta, le spiegò.
“È ancora presto, amore.”
La
bocca di Tavington baciò il suo ombelico e poi la pancia. I
suoi capezzoli erano già eretti ed era come se chiedessero
attenzione. William non si fece attendere, prese tra le sue labbra un
capezzolo e poi un altro, massaggiandoli con voglia crescente.
“Il
tuo corpo mi fa impazzire. E non mi era mai successo.. è
come se volessi stare sempre dentro di te.”
“Oh,
William! Anche io ti voglio dentro di me. Vorrei che tu mi prendessi
totalmente, anima e corpo.”
Lui
baciò le sue labbra e lei percepì il suo stesso
sapore. William si fermò un secondo e la guardò
negli occhi. Senza tentennamenti, pupille contro pupille.
“Beatrix..”
“Mmm..”
disse lei in estasi, ormai drogata di lui.
“Ti
amo.”
Lei
quasi si strozzò con la sua stessa saliva. “Mi
ami?” chiese con stupore.
“Sì.”
“Oh,
cielo. Non ci credo! Anche io ti amo, amore. Sempre.”
Poi
la ragazza invertì le posizioni e si mise sopra di lui. Gli
aprì la camicia e lasciò così scoperto
il suo petto, gettando via l’indumento. Accarezzò
con voluttà quel petto muscoloso ricoperto di quei adorabili
riccioli. Lei li adorava, soprattutto quelli che si trovavano sotto il
suo ombelico. Li amava ed erano incredibilmente attraenti.
Depositò qualche bacio sulla sua pelle e poi aprì
il bottone dei pantaloni, facendo così spazio alla sua
erezione che sembrava crescere sempre più.
“Impaziente,
eh?” lo prese in giro lei.
“Sempre.”
Beatrix
gli sfilò i pantaloni e poi li gettò
dall’altra parte della stanza, lasciandolo nudo quanto lei.
Il Colonnello era già pronto per lei, non aveva bisogno di
altro. La sua virilità si presentava in tutto il suo
splendore sdraiata sulla sua pancia. Grossa e pesante. Vederla
così le faceva venire in mente pensieri impuri, si morse il
labbro in modo peccaminoso mentre fantasticava su di lui.
La
ragazza allora lo prese in mano, ma lui la redarguì subito.
“Bea..”
Anche lui era al limite come lei.
“Va
bene.” Si arrese.
A
quel punto, la fanciulla si posizionò sopra il corpo
bollente dell’uomo e accompagnò il suo membro
dentro di lei. Fece con delicatezza, centimetro dopo centimetro. Voleva
sentirlo dentro
di lei, voleva percepirlo crescere e ingrossarsi per lei. Con la
convinzione che era proprio lei a renderlo così. Lui
respirava con fatica e Beatrix sapeva che stava soffrendo, stava
resistendo per lei. Ma la ragazza non se ne curò, voleva
viversi quel momento. Una volta dentro, buttò fuori
l’aria come una liberazione e gettò la testa
all’indietro. Appoggiò le mani sul suo petto e
prese ossigeno lentamente. Poi si sporse verso di lui e, guardandolo
negli occhi, fece nuovamente separare i loro sessi per poi farli
congiungere con un colpo secco che fece diventare il ghiaccio negli
occhi di Tavington ancora più liquido. Anche lui respirava
con fatica, resisteva, ma era davvero al limite.
Poi
lei intrecciò le sue dita in quelle di lui e
iniziò a cavalcarlo. Dapprima lentamente e poi sempre
più veloce. I loro sessi cozzavano e facevano un piacevole
suono che lei aveva imparato ad amare. Sebbene fosse difficile,
cercò di non staccare gli occhi dai suoi. Voleva vederlo
negli occhi, voleva guardarlo venire, insieme. E poi
finalmente venne, con un urlo. Lui la seguì qualche secondo
dopo e la accolse tra le sue braccia. Lei crollò
letteralmente sul suo petto. Poggiava la guancia su di lui, il cuore
batteva forte e respirava con grande fatica. Era stremata.
“William..
sei incredi-bile.”
Lui
le accarezzò la schiena e la strinse forte. “No,
sei tu incredibile.”
“Ti
amo, William.”
“Ti
amo anche io, Beatrix.”
Ciaoo
a tutte ^^
Per
farmi perdonare della lentezza degli aggiornamenti recenti, questa
settimana ne ho pubblicati due e ne ho già pronto un terzo
=) spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non sia andata
‘oltre’. Mi scuso in anticipo se ho offeso
qualcuno, ma l’altro giorno ero davvero presa e non potevo
che continuare a scrivere, non ero io, la mia mano!! XD
Non
so se voi vedete The Vampire Diaries.. io lo adoro!! Comunque sia, ho
scritto questo capitolo ascoltando la musica di Ed Sheeran
“Kiss me”.. la scena tra Damon e Elena della 4x07
è stata molto di ispirazione!! :D
Boh..
mi sono dilungata troppo.. vi mando un bacio grosso.. sperando di non
essere stata troppo ‘rossa’ :)
Un
bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio
ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 31 *** Un passo avanti, due passi indietro ***
capitolo 31
Capitolo XXXI
Un passo avanti, due
passi indietro
Avevano passato la mattinata a letto abbracciati
e
accoccolati. Tavington l’aveva aiutata ad alzarsi e si erano
così preparati. Lui le aveva davvero comprato nuovi vestiti,
erano graziosi e soprattutto femminili. William l’aveva
esortata
a sbrigarsi, avevano una tabella di marcia da seguire e c’era
un
obiettivo da raggiungere: Beaufort.
“Abbiamo i giorni contati,
Beatrice.”
Prese una sacca in spalla e, una volta datole la
mano, uscirono dalla stanza.
“Mia sorella ha detto che dobbiamo
incontrarci alla
luna nuova, dovremo avere all’incirca due giorni per passare
la
contea.”
Beatrix scoprì che il piano del
Colonnello era
organizzato nei minimi dettagli: aveva portato una mappa col percorso
segnato, una bussola, provviste ed era infine riuscito a procurarsi
anche un cavallo. Appena la ragazza lo vide, il suo corpo martoriato
urlò di dolore, sarebbe stato un lungo viaggio stancante,
tutt’altro che piacevole. Eppure quando il suo sguardo si
posò sul’uomo che in quel momento stava caricando
le borse
sul quadrupede prese un respiro di sollievo. Lui le trasmetteva fiducia
e conforto. Forse le cose potevano davvero migliorare, sempre sperando
che Tavington non cambiasse di nuovo umore da un momento
all’altro. Ma Beatrix presagiva il contrario, almeno era
quello
che poteva dedurre vista la ‘bollente’ mattinata
passata
insieme.
“William, chi fa strada?”
“Vuoi provare?” chiese
sarcastico, già sapendo la risposta.
“No, grazie.”
Poi rimase a guardare la scena che si trovava
davanti, la sua
mente aveva ricreato un’altra situazione, infatti le stava
facendo ricordare ‘quel momento’. Il loro primo
incontro
che poi l’aveva condotta al Forte.
“Tu
non vai da nessuna parte.”
Tavington
scese dal suo cavallo e
si appropinquò vicino a lei. Era alto, non tantissimo, ma
sicuramente più alto di lei. La sua camminata rispecchiava
il
suo modo di vestire, la classe fatta in persona. Che pallone gonfiato,
quanto si gonfierà il suo ego ogni qualvolta le persone
fanno
esattamente quello che vuole.
“William.” Lo
chiamò lei.
“Mmm..” rispose semplicemente
l’uomo, invitandola a proseguire.
“Sai a cosa sto pensando ora?”
Lui, che era intento ad aggiustare la sella e le
redini, si girò di tre quarti, guardandola di sfuggita.
“Pensi che sia un indovino?”
“Ah ah ah.. dai! Un uomo romantico
direbbe
‘sì, amore, sto pensando anch’io la
stessa
cosa’ ”
E così pronunciò quella
frase in farsetto, inducendo in lui una risata beffarda.
“Io non sono un uomo romantico, amore.
Hai sbagliato persona.”
La ragazza a quel punto lo raggiunse e gli cinse
la vita da dietro.
“Non ho sbagliato. Amo proprio te,
così come sei.”
Tavington si lasciò accarezzare.
“Quindi a cosa
stavi pensando di così importante da volermi rendere
partecipe
dei tuoi pensieri?”
Beatrix si staccò e poi lo
affiancò accanto al cavallo.
“A te.”
William le accarezzò i capelli lungo
la loro lunghezza.
“Ma il tuo mondo gira attorno a
me?” chiese Tavington.
Beatrix si chiese se fosse una presa in giro.
“Certo, amore. E il tuo mondo deve
girare solo attorno al mio!” rispose con fermezza.
“Oh, certo. E, di grazia, ti sei
dimenticata che sono un soldato, omissione volontaria?”
“Mi piacerebbe. In ogni caso, che tu
sia il Colonnello
Tavington o semplicemente William.. ti amo comunque.”
Ribatté con amore Beatrix.
“Oh, quanto siamo romantiche oggi. Con
tutta questa dolcezza rischi il diabete, amore.”
Poi, Tavington le porse con gentilezza la mano e
la invitò a salire sul cavallo bianco.
“Su, Sali.”
“Na-na-na.
Qui siamo ancora
lontani dal rispetto che mi devi, dolcezza. Comunque sia, non farmi
perdere tempo e sali sul cavallo.”
Lei, dopo alcuni secondi che era ferma
perché ancora
intontita dalla potenza dei ricordi, accettò la mano e
salì sull’animale. Venne aiutata dal suo
Colonnello, che
l’aveva sorretta e le aveva facilitato l’arduo
compito.
Sentiva ancora le ossa far male, ma lui era stato così
premuroso
che aveva percepito poco dolore. Una volta che lei fu sistemata, anche
lui la imitò e con uno slancio abile salì sopra
il
quadrupede.
Tavington
afferrò il suo braccio e la spinse verso il cavallo.
“Su
da brava sali su, non farmi perdere altro tempo.”
“L’ultima volta che lo hai
detto mi hai fatto diventare la tua schiava sessuale.”
Tavington prese le redini e spronò il
cavallo, che si mosse al suo comando.
“Sei pronta a rischiare?”
“Dipende da cosa ottengo come
premio.” Lo istigò la ragazza.
Il Colonnello allora la attirò
più vicino a
sé e poi le sussurrò nell’orecchio.
“Me.”
Come la prima volta, le sue labbra a contatto con
la pelle sensibile del suo collo le diedero i brividi.
I due corpi
erano vicini, molto vicini.
Lei
sentì il respiro di
Tavington sul collo, aria calda che le fece il solletico e il suo corpo
reagì senza il controllo della sua volontà.
Brividi in
tutto il corpo, i peli si rizzarono come se sentisse freddo.
Tavington
sorrise fugacemente nel
vedere l’effetto che le faceva e così si spinse
oltre
avvicinando la bocca al suo orecchio.
“Hey
selvaggia, non mi hai ancora detto come ti chiami.”
Beatrix cercò di darsi un certo
contegno. “Allora vale la pena di rischiare.”
Incominciarono a muoversi e non si rivolsero la
parola per un
po’. Erano partiti a mattina inoltrata, avevano fatto una
colazione abbondante perché Tavington l’aveva
avvisata che
non si sarebbero fermati ancora per qualche ora.
Il cavallo che aveva preso William era un bel
esemplare.
Bianco, ma di una tonalità smunta con qualche macchia
più
scura a ricoprire il morbido manto. A Beatrix l’animale
piaceva,
le ricordava il Colonnello. L’associazione che aveva fatto
era
strana, ma aveva una ragion d’essere per lei.
Bello, agile, forte, ma negli occhi vedeva
qualcos’altro, come se la inducessero a investigare oltre.
Oltre
quella bella apparenza c’era dolore e sofferenza, legati
insieme
dall’abbandono e lei voleva ‘guarirlo’.
“Il cavallo lo hai comprato?”
la fanciulla ruppe ad un tratto il silenzio.
“Sì. Ho chiesto il
più forte che ci potesse portare a Beaufort il
più veloce possibile.”
“Lo hai provato? Come fai a saperlo con
certezza?” chiese con stupore Beatrix.
“Sono abituato a selezionare le cose e
le persone.” La rassicurò subito.
“Mi piace molto. Dovremmo dargli un
nome.” Propose lei.
“Interessante, e quale nome ti piace,
Beatrice?”
Lei ci pensò su. “Vediamo..
Grangie.”
Lui fece una smorfia di disgusto nel sentirle
pronunciare quel nome insolito. “Grangie?”
“Sì.. Grange..
Grangie!!” disse lei con euforia.
Il Colonnello però continuava a non
essere convinto.
“Va bene, vada per Grangie. Certo che hai tanta fantasia..
devo
tenerti d’occhio, altrimenti chissà che nome
toccherà a nostro figlio!”
Scoppiarono a ridere. Intanto però il
cuore di Bea sorrideva con lei, era così bello sentirgli
dire nostro
bambino, nostro
figlio.
“L’ho già scelto.
Sia se è femmina
sia se è maschio.” Ribatté con fermezza
la ragazza.
“E cosa hai pensato?”
domandò lui curioso.
“Eh eh.. segreto, amore mio!”
Lui le sorrise, ma non continuò a
punzecchiarla. Un giorno glielo avrebbe detto.
“Comunque, William.. Grangie
è proprio bello. Come te.” Disse lei con genuina
ammirazione.
“La bellezza non è tutto,
Beatrice.”
La sua massima la stupì, non era da
lui dire certe
cose. William dovette aver visto la sua faccia stupita,
perché
proseguì il suo discorso. “Ti sorprende
tanto?”
“Sì. Quindi.. se ingrassassi
ancora e mi riempissi di brufoli ti piacerei comunque?”
“Sì.” Rispose
pacato.
“Anche se venissi investita da un carro
e rimanessi paralizzata, sorda, muta, cieca..”
Tavington scoppiò a ridere,
interrompendola.
“Hey, hey, hey.. calma, amore! Non ti sembra di esagerare un
po’ con l’immaginazione?”
Lei fece il broncio. “Lo hai detto tu
che la iella ci segue!” affermò con sicurezza.
“Touché.”
Passarono altre ore. Ormai il cielo era sempre
più
scuro, era autunno inoltrato e le giornate si stavano accorciando. il
sole scompariva presto.
Erano sul quel cavallo da tanto tempo e quella
posizione
iniziava a stancare. A quel punto Tavington lasciò con una
mano
le redini e l’appoggiò sulla coscia della
fanciulla.
Beatrix indossava quel bel vestito scelto personalmente da Tavington,
rosso fuoco e corto al punto giusto per farlo impazzire.
“Allora, Beatrice, il tuo discorso vale
anche al contrario?”
Lui attese la sua risposta con interesse, mentre
la sua mano
calda continuava a massaggiare la sua coscia. Quel movimento la
distraeva, così cercò di isolare quelle emozioni
così forti che lui stava trasmettendo e tentò di
dare una
risposta sensata alla sua domanda.
“Perché non dovrebbe,
William?”
Ad un tratto il Colonnello allontanò
la mano e si concentrò sul percorso.
Passarono alcuni minuti e di nuovo cadde un
silenzio tombale
tra di loro. Beatrix si chiese se per caso lui volesse
un’altra
risposta. Provò a ripescare altre risposte più
‘giuste’ e poi decise di rompere lei il silenzio.
“Pensi che io sia attratta da te per il
tuo
fisico?” domandò alla fine la ragazza, riponendo
la
speranza che non fosse l’inizio di una discussione.
Lui non rispose subito. Anzi proprio non sembrava
volerle
dare una risposta, allora lei si girò lentamente per poter
vedere il suo viso e capire quello che stava pensando. Quando Tavington
si accorse del suo sguardo inquisitore, le rimandò
semplicemente
una alzata di spalle.
“Quello
vuol dire: ‘non mi importa’ o ‘sono
arrabbiato, lasciami perdere’ ?”
Tavington le sorrise. “Pensi che io sia
sempre arrabbiato con te?”
“Sì. Ho sempre paura a dirti
quello che penso
perché tu potresti prenderla male.” Gli
rispose con
sincerità.
“Questa volta non hai detto una delle
tue sciocchezze, Beatrice.”
“Una
delle mie sciocchezze??” gli fece eco,
infervorata lei questa volta.
“Ammetti che non sempre i tuoi
interventi sono dei più brillanti.”
“Mi stai prendendo in giro? Immagino
che tu, con le tue
scuole ‘alte’ in Gran Bretagna, non hai questo
problema.” Ribatté Beatrix con una alzata di
spalle.
“No, infatti.”
Quella fu la sua risposta. Ormai Bea aveva
imparato a
conoscere il suo modo di porsi con gli altri, soprattutto nei suoi
confronti. Quando rispondeva con monosillabi aveva qualcosa che non
andava.
“Tutto questo è iniziato per
quella mia stupida frase sul cavallo?” disse con stupore
Beatrix.
Poi si girò e tornò a
guardare davanti, a bassa
voce proseguì. “Devo stare zitta, accidenti a me e
alla
mia linguaccia!”
La sua imprecazione aveva fatto ridere sotto i
baffi Tavington.
“Io l’ho sempre detto che
quella bocca è da cambiare.”
La ragazza prese al balzo la palla per replicare
con falsa ironia. “Oh, certo. Ma a qualcuno piace la
mia bocca, soprattutto quando ti faccio..”
“Beatrice!” la
redarguì lui, interrompendola subito.
“Oh, suscettibile il
Colonnello!” disse con una smorfia.
“Devi imparare a contenerti. Una
signora non dice parolacce.”
“Per fortuna che non sono una signora
allora.” Rimbeccò lei.
“Non vuoi cambiare quello che
sei?” domandò Tavington, alludendo alla sua
condizione sociale.
“Chi nasce tondo non muore quadrato. Io
sono così, se vuoi una signora va’ a cercarla a
Londra.”
Nel suo tono di voce c’era un pizzico
di irritazione.
Odiava litigare con lui, ma tanto quel discorso era da fare. Tavington
le aveva già detto che non poteva sposarla, a suo dire,
perciò era lei che doveva decidere se sottostare alle sue
condizioni. Avrebbe dovuto immaginarsi che quella discussione si
sarebbe ripresentata e forse era meglio affrontarla subito, in quel
momento che aveva le forze di controbattere.
“Beatrice.. ti ricordi quello che ti ho
detto tempo fa?”
“Sul fatto che non puoi
sposarmi?”
Il cavallo si fermò.
“Sì.”
L’attenzione di Beatrix venne catturata
dal movimento
repentino e così voltò immediatamente la testa
per capire
il motivo. Davanti ai suoi occhi c’era un fiume, presumeva.
Tavington scese da cavallo e si avvicinò alla riva. La
ragazza
non lo seguì ancora, aspettò di avere sue
indicazioni
prima. William non era vestito come gli altri soldati Inglesi, portava
semplicemente una larga camicia logora, i suoi pantaloni neri e poi gli
stivali. I capelli erano legati, come al solito, con un laccetto. Era
in piedi davanti al fiume, ed era di una bellezza disarmante. Lei
sapeva bene l’effetto che le faceva, quando il suo sguardo si
posava sul suo era come se scattasse qualcosa dentro di lei. Il cuore
batteva più veloce e si sentiva più calda, in
particolare
percepiva le gote più accaldate.
Sei
proprio innamorata! Le suggerì una vocina
interiore.
Lui aveva poggiato le mani sui fianchi, aveva
allungato la
schiena e poi continuava a fissare il panorama davanti a sé,
come se potesse scrutare qualcosa che andava oltre. Finalmente, ad un
certo punto, lui si girò nella sua direzione e la
guardò.
I suoi occhi, che erano ghiaccio, avevano un
colore
così bello da farle sciogliere il cuore. Sembravano due
pozze di
mercurio fuso, come si faceva a non amarle?
“Beatrice?” tentò
di richiamarla lui dal suo viaggio mentale.
“Mmh..” rispose in trance.
“Hai visto qualcosa di interessante,
micetta?” chiese beffardo il Colonnello.
“Ehm.. veramente io..”
sistemò la voce
“io.. stavo guardando questo.. bel..”
agitò le mani
in direzione del.. nulla che si trovava davanti a loro. A parte il
fiume, attorno a loro c’era niente di interessante, anzi no,
proprio niente.
Lui arrivò in suo soccorso.
“Sei stata colpita
dai riflessi argentei sull’acqua, vero? Sono bellissimi, non
credi?”
Sembrava davvero convinto di quello che diceva,
come se non si fosse accorto che fino a poco prima lei stava sbavando
per lui.
“Era proprio quello che stavo per dire.
Non trovavo le parole ecomiabili per dirlo.”
“Encomiabili,
Beatrice.” L’ammonì lui, mentre si
avvicinava al cavallo.
La risposta di Beatrix fu una linguaccia al suo
compagno di
viaggio. Quando Tavington fu vicino a Grangie,
l’aiutò a
discendere dal quadrupede e poi prese le redini e lo condusse vicino ad
un tronco. Legò attorno al busto il purosangue e poi
tornò da lei.
“Passeremo la notte qui e domani
finalmente ci recheremo a Beaufort.”
“Bene.” Gli sorrise subito la
ragazza. “Allora, perché quello sguardo affranto,
amore?”
“Domani ci aspetterà
l’inferno, Beatrice.”
Intanto Tavington si tolse gli stivali e si
accinse a sbarazzarsi anche della camicia.
“In che senso?”
“Port Royal è un covo
di..” la guardò e moderò le parole
“..nemici.”
“Ah, ci sono Americani. E come faremo,
allora?”
Per l’ennesima volta, Tavington rispose
con una alzata di spalle, noncurante.
“Inventerò
qualcosa.”
Forse non aveva ancora ideato un piano o forse
semplicemente
non aveva voglia di iniziare quel discorso pesante con lei,
così
la ragazza decise di lasciar perdere. Cambiò discorso.
“Che fai?”
“Il bagno.”
Così dicendo si tolse anche i
pantaloni e rimase nudo.
A quel punto, Beatrix si guardò attorno di nuovo per vedere
se
ci fosse qualcuno che li stava spiando. Nessuno. Ma come faceva lui a
muoversi così, senza preoccuparsi che fosse nudo?
Come aveva detto, si avvicinò alla
riva e poi si
immerse nelle acque del fiume. L’acqua non doveva essere
calda,
la stagione non prometteva un bagno caldo. Lei lo guardò
muoversi nelle acque, facendo delle bracciate e poi si bagnò
anche i capelli e infine si girò verso di lei.
“Vieni?” le propose.
“Credo che passerò questa
volta.”
Non aveva voglia di buttarsi nell’acqua
fredda, proprio non ne aveva voglia.
“Non sai quello che ti
perdi.” Provò a stuzzicarla, ma lei resistette con
coraggio.
“Va bene, mi arrendo.” Poi la
guardò attentamente “Allora
va’ a cucinare, ho fame.”
Il suo tono le fece alzare le sopracciglia fino a
toccare l’attaccatura dei capelli.
“Chi credi che sia, la tua serva
personale?”
“No, sei la mia eccitante
micetta.”
“Oh, no. William, non funzionano le
paroline e nemmeno quello..”
cercava di concentrarsi ma lui le faceva gli occhi provocanti. Ci sono
delle cose che una donna innamorata non può sopportare..
“Smettila, William. Non hai detto la
parolina magica.”
“Hai ragione, micetta.”
Lui le sorrise con amore e poi rispose. “Subito!”
E poi sparì nell’acqua e non
le diede il tempo
di incominciare una lotta verbale lì. “William.
Torna
qui!”
Ma lui continuò a nuotare,
ignorandola. Beatrix a quel
punto si incamminò verso la sacca sul cavallo e prese le
provviste.
“Oh, Grangie. Spero che tu sia un
rappresentante del
mondo maschile migliore di quell’individuo
laggiù.”
Sebbene avesse voglia di lasciarlo a stecchetto,
non lo fece.
Il giorno seguente avrebbe avuto una giornata pesante e la loro
incolumità dipendeva anche dalla sua sanità
mentale.
Doveva riposare ed essere pronto per Port Royal, lui era uno dei
migliori a combattere, ma non poteva di certo abbattere un intero
esercito.
Non si era dimenticata del modo con cui
l’aveva
trattata, lo avrebbe ripagato più tardi. Lo avrebbe tenuto a
stecchetto in un altro modo, più doloroso.
Aperta la sacca, prese delle pagnotte di pane,
una fiaschetta
con dell’acqua. Si mise a cucinare, aveva cercato in giro
delle
erbe e poi aveva preparato un brodo di verdure con del pane a
pezzettini dentro. Aveva fatto difficoltà ad accendere il
fuoco,
ma dopo tanto provare ci era riuscita. Aveva cercato con lo sguardo il
Colonnello, ma non sembrava volesse uscire. Quando poi fu tutto pronto,
Tavington si presentò sorridente.
“Che buon profumo, quindi sai anche
cucinare! Mi sorprendi giorno dopo giorno.”
Beatrix si alzò in piedi e si
avvicinò al suo
volto arrogante. “Oh, non sai quante cose so fare. Le tengo
celate per l’effetto sorpresa. Non ti puoi immaginare cosa
vorrei
farti in questo momento.”
Lui camminò, nudo, verso il cavallo e
prese una coperta con la quale si asciugò.
“Non sai tu, micetta, cosa
ti farei adesso.”
Ti piacerebbe..
“Ti divertirai stasera, tu
e..” indicò il
suo bassoventre “..e il tuo amichetto, da soli farete
faville.”
E tornò così seduta per
terra e prese la sua scodella con il brodo.
“Arrabbiata ancora per prima?
Scherzavo.”
Si era asciugato ed era vestito con i suoi
pantaloni e la
camicia. Una volta vicino al focolare prese del brodo e si
avvicinò a Beatrix.
“Il tuo modo di scherzare, Inglese,
è indisponente delle volte. Anzi sempre.”
Lui tentò di avvinarla a lui con un
braccio, ma lei si
allontanò. “Ti atteggi come se fossi il mio
padrone.”
Mangiarono silenziosamente e intanto Beatrix
pensava a tutte le cose che avrebbe voluto dirgli.
“Lo sai come sono fatto. Non ci posso
fare niente.”
“No, infatti. Tanto sono solo la tua
compagna per la
notte, ci penserà qualcun’altra a sopportare il
tuo
caratteraccio.”
Finita la sua zuppa, la ragazza si
alzò e andò
a sdraiarsi dall’altra parte del focolare. Non aveva voglia
di
discutere con lui, non aveva voglia nemmeno di fare l’amore
con
lui. Voleva solo dormire e liberare la mente. Si sdraiò per
terra e sbirciò il Colonnello. Lui non aveva risposto, era
pensieroso, come se avesse delle cose da dirle, ma non disse niente.
Finì il brodo e poi si sdraiò dalla parte opposta
a
Beatrix.
La ragazza lo guardò ancora qualche
secondo, ma quando
i loro occhi si incontrarono, si girò dall’altra
parte e
chiuse gli occhi.
Si dice che la
notte porta consiglio.. speriamo sia vero.
Ciaoo a tutte ^^
Questo e
il prossimo capitolo saranno capitoli di passaggio.. Beaufort
sarà la chiave di volta. Lo ripeto sempre e non lo faccio
mai, ma sarà in quella città che finalmente si
scoprirà chi è il padre biologico di Beatrix..
per il resto questi due litigano, poi fanno pace, si baciano,
litigano.. reiterato all'inifinito. XD Eppure li trovo così
dolci insieme, come se si sono completassero a vicenda.
Un bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la
storia tra le preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 32 *** Grangie non si tocca ***
CAPITOLO 32
Capitolo
XXXII
Grangie non si tocca
Tavington
si svegliò molto presto. Il cielo era ancora scuro, i raggi
del
sole filtravano con difficoltà. Infatti l’inverno
era alle
porte e la guerra stava per giungere alla sua conclusione. Era in piedi
vicino ai resti del focolare acceso la notte precedente, mentre Beatrix
dormiva sul manto d’erba. Avrebbe dovuto svegliarla, quella
sarebbe stata una giornata pesante. Eppure non riuscì a
toglierle il sonno, era così tranquilla, non conscia che
dall’altra parte del fiume c’era una battaglia che
si
consumava.
Lei
era così,
strana, lunatica e poi.. lo sorprendeva. Era stato impossibile non
affezionarsi a lei. William accese il fuoco nuovamente e si
avvicinò a Beatrix. Non si era accorta che lui si era
già
svegliato, così si accovacciò sui talloni e
provò
a toccare con delicatezza la sua spalla. Ancora niente.
Accarezzò poi i capelli e il suo viso. Tavington si prese
qualche secondo per contemplarla da sopita.
Quanti
mesi doveva
avere il bambino, uno, due? Quando l’aveva ingravidata?
Diavolo..
forse dal primo momento. Con le altre era sempre stato abile nel
retrocedere in tempo senza riversare il suo seme in loro, mentre con
lei era stato diverso. Beatrix lo aveva sfidato, si era presa gioco di
lui più volte e lui di contro aveva voluto marchiarla in
qualche modo.
Bravo,
Tavington, guarda cos’hai combinato!
Già
si sentiva
i moniti di Cornwallis, non avrebbe preso bene la gravidanza della
ragazza. La guerra era giunta alla sua fine e i suoi compagni avevano
bisogno di lui per vincere, anzi no, Tavington aveva
bisogno di quella vittoria.
Un
leggero gemito
proveniente dalla bocca di Beatrix riportò la sua attenzione
sulla fanciulla. Prima non lo aveva notato, ma adesso era chiaro che
fosse incinta. Il viso era più rotondo, come i suoi fianchi
e..
la sua pancia. Non era qualcosa di estremamente evidente,
eppure
lui aveva notato la differenza.
Sto
per diventare padre..
Ad
un certo punto,
Beatrix aprì gli occhi ed incontrò i suoi. Lo
fissò per diversi secondi, ma non disse niente. Lui allora
si
avvicinò alla sua bocca con l’intento di baciarla,
ma lei
lo scansò bruscamente.
“Sei
ancora arrabbiata, micetta?”
Beatrix
si girò dall’altra parte ed evitò
nuovamente il suo sguardo.
“Stavo
bene quando dormivo. Ero in un castello con un bel principe
biondo.”
William
si alzò e fece il giro attorno al corpo della ragazza, poi
si mise davanti al suo volto.
“Ed
eri felice?”
Lei
lo guardò dalla sua posizione di svantaggio, essendo lei
sdraiata e lui in piedi.
“Boh,
che ne so. Era un sogno, tanto.”
Gli
occhi di Tavington rotearono. “Voi donne sapete solo
lamentarvi.”
E
poi prese alcuni passi di distanza da lei e si avvicinò alla
riva.
“Questo
è il tuo modo di scusarti, William?” chiese lei,
incalzandolo.
“Per
cosa,
dovrei scusarmi?”
Rispose
il Colonnello, continuando a darle le spalle per contemplare
l’acqua.
“Per
essere il solito cavernicolo!” rimbeccò la ragazza
una volta affiancato.
“Bene..
scusa.”
Rispose
Tavington con
poca convinzione. Era evidente che non sentisse quelle parole, voleva
semplicemente porre fine alla discussione dell’altra sera e
prevenire il sorgere di una nuova quel giorno.
Lui
la sentì
brontolare e tenere le braccia tese con i pugni serrati, ma non
continuò la sua invettiva. Invece mise una mano sul suo
braccio
e lo guardò in volto con calore.
“Va
bene, amore, chiudiamo qua la discussione.”
Brava,
micetta, tanto non hai speranze di vincere eh eh..
Mentre
la mente
machiavellica del Colonnello si godeva la vittoria, Beatrix si
avvicinò alle sponde del fiume e sfiorò
l’acqua con
i piedi.
“Credevo
peggio..” disse quasi a se stessa.
“Il
momento
migliore per fare il bagno è la notte, l’acqua ha
assorbito tutto il calore della giornata e lo rilascia.”
La
ragazza si girò verso di lui, mantenendo i piedi
nell’acqua.
“Cosa
sei,
un’enciclopedia? Lo sai che sono odiosi i sapientoni la
mattina,
mi verrebbe voglia di affogarti.” Sputò acida
Beatrix,
ancora assonnata.
“Sprizzi
amore da tutti i pori stamattina, micetta.”
“Ti
devi fare ancora perdonare.”
Beatrix
gli fece il broncio, seguito da uno sbadiglio. “Ho ancora
sonno!”
“Ti
farò dormire al Forte, quando e se lo
raggiungeremo.” Ci scherzò su Tavington.
“Ah
ah ah, spiritoso! Guarda che non siamo solo noi due,
c’è anche lui.”
E
così dicendo indicò il suo ventre.
William
le sorrise e
tornò al focolare, una volta lì si sedette sul
tronco
abbattuto. Beatrix non lo aveva raggiunto. Aveva i piedi immersi
nell’acqua, sembrava volesse fare il bagno, ma non entrava.
Poi
guardò attentamente l’acqua e rise, una risata
diabolica.
“Che
hai pensato, malefica strega?” la pungolò lui.
“Oh,
io? Niente.”
Rispose,
concedendogli il viso più angelico possibile. Ma il
Colonnello sapeva che aveva architettato qualcosa.
“William..”
richiamò l’attenzione su di sé.
“Dimmi,
micetta.”
“Lo
sai che sono ancora arrabbiata con te, vero?”
Lui
alzò lo sguardo su di lei.
“Sì.”
“E
lo sia che non mi toccherai fino a quando ti farai perdonare, lo sai
amore?”
Tavington
fece roteare
nuovamente gli occhi e si sistemò meglio sul tronco.
Buttò fuori l’aria con fastidio. “Io so
come farmi
perdonare..”
Provò
ad
alzarsi, ma lei lo redarguì subito con
un’occhiata.
“No. Niente sesso, questa volta risolverai le cose in altro
modo.
Il sesso sarà un premio, non le scuse.”
Ribatté
con fermezza la fanciulla, incrociando le braccia per rafforzare il suo
pensiero.
Lui
sbuffò. “Come faccio allora a farmi
perdonare?”
“Oh..
ci sono tanti modi. Per esempio..”
Bea
fece un giro nell’acqua. Si muoveva come se fosse una bambina
che fa i capricci.
“..per
esempio, ti potresti inginocchiare e chiedermi scusa con
convinzione.”
Tavington
le rispose scoppiando a ridere fragorosamente.
“Mai.”
Lei
mise di nuovo il broncio. “Bene. Allora non mi avrai mai!”
William
continuava a
ridere di lei e la ragazza non lo sopportava più.
Così,
quando pensava di aver perso con lui un’altra volta, le venne
in
mente un’idea.
“Sai
una cosa,
Beatrice? Mancherà più a te che a me,
già ti vedo
strisciare ad implorare di prenderti.”
Lei
gli fece una smorfia. “Mmm.. continua a sognare, amore. Forse
sarai tu a
strisciare.”
Poi,
uscì dall’acqua. “Lo sai che adoro
questo vestito, lo hai scelto tu?”
“Sì.
Ho
preso il più provocante e vedo che ti sta bene, almeno.. ti
starà bene ancora per qualche settimana. Quando poi
lieviterai..”
Tavington
si
bloccò, non perché lei lo avesse interrotto, ma
perché Beatrix gli aveva gettato addosso una pietra.
“Ahi!”
Si
massaggiò il petto dolorante. “Ma sei
matta?”
“Sì,
invece che farti perdonare, mi insulti di nuovo. Oh, ti odio!”
Il
Colonnello aveva
provato ad arrabbiarsi, ma non aveva senso. Bastava che vedesse il
volto infervorato della fanciulla per rallegrarsi. Gli piaceva vederla
diventare rossa dall’ira.
Tavington
notò
che Beatrix aveva lasciato delle erbe vicino al focolare.
Così
ne prese alcune e decise di preparare una sorta di tè o
tisana,
o qualunque cosa venisse per togliere il gusto acido in bocca.
Intanto
Beatrix
guardava Tavington armeggiare con pentole e fuoco miseramente. Avrebbe
voluto ridere, ma così lui si sarebbe fermato. Ed era troppo
divertente da osservare, all’improvvisò
escogitò
un’altra diavoleria.
“William,
io vado a farmi il bagno.”
“Perfetto.”
L’uomo
non
alzò lo sguardo su di lei e continuò invece a
fissare
quei ramoscelli per capire quale fosse l’erba giusta.
Beatrix
portò
le mani sull’allacciatura, posta -fortunatamente- davanti e
iniziò a slacciare il sopra. Era un bel vestito, particolare
ed
elaborato. Dopo diversi minuti Beatrix riuscì a liberare il
corpetto e Tavington riuscì a trovare la spezia giusta.
Così alla fine alzò lo sguardo su di lei.
Finalmente!
Pensò la ragazza.
Gli
sorrise e fece
cadere poi il corpetto per terra. Tavington mandò
giù un
groppo in gola e lei capì di averlo preso. Portò
le mani
sulla sua vita e poi scese giù, accarezzandosi le gambe con
dolcezza.
“Lo
so cosa stai facendo, non funzionerà, Beatrice.”
Ma
lei sapeva di avere tutta l’attenzione concentrata su di
sé, stava funzionando.
“Mmm..
certo, William.”
Poi,
ad un tratto,
sganciò il sotto e rimase nuda. Tavington, troppo preso dai
suoi
movimenti lenti calcolati, fece rovesciare il pentolino per terra.
“Dannazione!”
E
Beatrix rise di lui
in modo poco discreto. Ma a lei non bastava quello, così
fece
qualche passo indietro fino a quando sentì l’acqua
toccare
i suoi piedi. Indietreggiava lentamente, continuando a guardarlo senza
lasciare i suoi occhi. Lui la stava divorando, eppure non muoveva un
passo verso di lei.
Stupido
orgoglio!
L’acqua
era
tiepida, non vedeva l’ora di lavarsi e rilassarsi un
po’.
Quel gioco con lui era divertente ed eccitante. Ogni passo indietro che
faceva era qualche centimetro di acqua in più che la
bagnava.
Finalmente lui si alzò di scattò.
“Smettila.”
“Perché?”
rispose con un’alzata di spalle. “Mi
piace.”
“Ti
piace mandarmi fuori di testa!”
“Esatto!”
E
così dicendo
si immerse nell’acqua cristallina. Era così bello,
aveva
su di lei una funzione catartica. Il paradiso. Poi si
ricordò
del gioco, non voleva abbandonare la partita. Si bagnò i
capelli
e poi li lisciò dietro le spalle.
“Non
cucini, amore?” lo pungolò.
Il
Colonnello
staccò, per qualche secondo, gli occhi dal corpo della
ragazza e
fissò quel che restava della colazione penosa che aveva
fatto.
Niente.
“Mmm..
ho cambiato idea, non ho fame.”
Orgoglioso!
La
ragazza si distese
nell’acqua, muovendosi con dolcezza studiata, lasciando
sempre un
pezzo del suo corpo scoperto ed esposto agli occhi famelici di
Tavington. Il modo con cui la guardava la faceva sentire come una dea
posta su un piedistallo, era come se fosse un’oasi per un
viandante nel deserto. Non aveva mai avuto, in passato, la voglia di
essere desiderata dagli altri. Ma lui era diverso, era Tavington.
Essere bramata da lui era un onore e qualcosa di più unico
che
raro.
“Peccato..
io invece ho molta fame.”
Nel
dirlo si era passata la lingua sul labbro superiore per fargli intuire
la natura del suo appetito.
“Beatrice..”
disse semplicemente Tavington, facendo un lungo respiro.
“Sì?”
domandò con falsa ingenuità.
“Mi
stai facendo impazzire. Esci dall’acqua, dobbiamo
andare.”
Stava
cercando di
puntare su un terreno favorevole a lui. Sentiva di perdere e
così preferiva volgere la battaglia altrove. Ma lei era
inamovibile quella volta.
“No.
Se vuoi.. vienimi tu a prendere.”
Detto
quello si
allontanò dalla riva, così che l’unico
modo di
Tavington per prenderla fosse entrare nell’acqua.
“Credi
che non lo farei?”
Poi
lei sparì sott’acqua dopo aver risposto con una
alzata di spalle.
“Bene,
diavolessa. Ti faccio vedere io.”
Si
sbottonò i
pantaloni e li gettò sul tronco, stessa fine fece la
camicia.
Una volta nudo entrò nell’acqua insieme a lei.
“Oh..
sei entrato! Non lo avrei mai detto..”
“Sì..
certo. Ora..” l’afferrò da dietro e la
schiacciò contro di sé. “..ora sei
mia.”
La
attirò contro il suo corpo e morse poi la sua spalla, forte.
“William.. hai davvero fame.”
La
mano
dell’uomo raggiunse la sua pancia e poi scese giù
dove lei
desiderava essere toccata. “Non sai quanto,
micetta.”
“Avevamo
detto niente sesso.”
Disse
lei tra un ansito e l’altro, mentre il Colonnello la toccava
senza pietà.
Avvicinò
le sue labbra all’orecchio della ragazza. “Io non
ho promesso niente.”
Era
difficile litigare
con lui quando sentiva il corpo ribollire di passione. Lo voleva
fisicamente, il suo corpo era sempre stato un nemico.
“Se
fai la brava dopo ti do una cosa per farmi perdonare.”
E
quello fu
l’ultimo pensiero razionale che la sua mente
elaborò prima
che lui toccasse quel suo punto così delicato e la mandasse
in
tilt.
Una
volta vestiti
partirono e si incamminarono verso Beaufort. Ad un certo punto, il
Colonnello avvistò un pescatore sulla riva, si mosse verso
di
lui con l’intento forse di chiedergli informazioni.
“Cosa
gli vuoi dire?” chiese curiosa Bea.
“Sequestro
la sua barca.”
“Secondo
te, la puoi prendere così senza che ti opponga
resistenza?”
Si
stavano muovendo lungo la costa, non erano ancora saliti sul cavallo,
lo tiravano dietro con le redini.
“Certo
che me la darà.”
Poi
facendo un sorriso sardonico proseguì. “Altrimenti
sentirà il sapore della mia spada.”
Beatrix
si
arrestò nel sentire quelle parole pronunciate senza
pietà. “Ma è un civile, non
puoi.”
“Certo
che posso e la guerra mi giustifica.” Continuò con
arroganza.
Allora
la ragazza per persuaderlo a non uccidere il vecchio pescatore
escogitò un piano di riserva.
“Forse
potremmo non avere bisogno di un’imbarcazione.”
La
risposta del Colonnello arrivò subito, un’alzata
di sopracciglio che rendeva bene il suo pensiero a riguardo.
Beatrix
continuò il suo ragionamento, sperando di riuscire a
convincere Tavington.
“Potremmo
fare tutta la costa, arriveremo comunque a Beaufort in
tempo..”
Ma
William la
interruppe prima che potesse completare il suo discorso, che sembrava
non dissuadere il Colonnello dal suo piano originario.
“E
allungare la strada di ore e ore? Perché dovrei
farlo?”
Già,
se
avessero continuato a seguire il percorso lungo la riva del fiume
avrebbero impiegato il doppio, forse il triplo del tempo,
però
era mattino presto, potevano farcela ancora per la mezzanotte.
“William..
ti prego!” lo implorò Beatrix.
Lui
non la stava
più guardando in faccia. Era già alcuni passi
distante da
lei ed era più che intenzionato a prendere quella barca.
Allora
lei gli corse dietro, trascinandosi il cavallo.
“William,
dai..” poi le venne un’idea geniale
“Grangie dove lo mettiamo?”
La
sua domanda
fermò Tavington. Gli aveva dato qualcosa da pensare, almeno
adesso era costretto a rispondere. Il Colonnello la guardò e
poi
si pronunciò.
“Dato
che sei
così preoccupata per la salvezza di quell’uomo..
gli
daremo il cavallo in cambio della barca.”
Beatrix
rimase con gli occhi sbarrati.
Grangie, voleva vendere quel
bellissimo animale?
Mai,
al massimo avrebbe scambiato Tavington!!
“Te
lo puoi scordare.” Rispose lei categorica, con un tono che
non ammetteva repliche.
“Va
bene, allora
uccido il vecchio.” Poi si incamminò come se nulla
fosse
“tanto non cambia niente..”
Argh! Che odio!
Aveva sempre lui l’ultima parola, riusciva sempre a scamparla
e a fare come voleva lui.
Allora
lei tirò
fuori l’unica speranza che le rimaneva, l’unico
modo di
vincere Tavington era giocare come lui.
“Bene.”
Gli urlò “va’ pure a Beaufort, io
rimango qua con Grangie.”
E
così prese le
redini e tornò indietro, voleva fargli vedere che non
scherzava
affatto. Tavington si girò e osservò i suoi
movimenti
attentamente. “Scherzi, vero?”
“Come
scherzi tu, amore.” Rimbeccò subito.
“È
un addio, Beatrice?”
Lei
era ormai seduta sull’erba e lo guardava con odio malcelato
in volto.
“Sì.”
La
ragazza
guardò attentamente quello che faceva Tavington. Il suo
cuore
batteva forte perché non lo aveva mai sfidato
così,
almeno non esplicitamente. Ed ora lui poteva davvero scaricarla e
proseguire per la sua strada senza di lei.
La
fissava senza far trasparire i suoi pensieri, era una maschera di
ghiaccio.
Oddio,
cosa ho fatto? Adesso mi lascia qui da sola con Grangie..
“Come
vuoi.”
Rispose
Tavington e poi si incamminò.
Ciaoo a tutte ^^
Le
cose non sono ancora cambiate molto, ma presto si saprà
anche
quello che succede a Beaufort, ho scritto dal POV di Wellsie, spero vi
piaccia. Rispetto a questo.. cosa farà William,
venderà
quel bel cavallo e lascerà lì Beatrix?? =) Questi
capitoli erano forse lenti da leggere, vi prometto che già
dal
prossimo le cose si smuoveranno.. ho deciso di 'allungare' questi
momenti romantici tra di loro perché li avevo torturati
parecchio e tenuti lontani.. spero vi siano piaciuti :)
Vi
lascio :)
Un
bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio
ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 33 *** Gli intrighi ***
capitolo 33
Capitolo XXXIII
Gli intrighi
Il cuore di Beatrix batteva ancora forte, era in attesa di vedere cosa
avrebbe scelto William. Mentre vedeva nei suoi occhi
l’indecisione maledisse la sua impulsività, la
metteva
sempre nei casini. Allora decise di chiudere gli occhi per non vedere
Tavington, rimase così per un po’, con la testa
china e
gli occhi serrati e la mano che teneva forte le redini di Grangie. Poi
aprì gli occhi lentamente e la prima cosa che vide furono
due
stivali neri, piano risalì la sagoma che la sovrastava e
così le comparvero un paio di pantaloni e poi una camicia
bianca
e infine il viso contrariato del Colonnello.
“William..” Tentò di incominciare con
lui una conversazione, ma venne troncata sul nascere.
“Dobbiamo andare, la strada è lunga.”
Le strappò di mano le briglie del cavallo e la
superò.
“E non provare a lamentarti nemmeno una volta che sei
stanca.”
Proseguì lui, ammonendola in anticipo puntando un dito
contro.
La ragazza lo seguì, dovette accelerare il passo
perché
lui andava avanti a passo svelto, come se non ci fosse lei.
Beatrix non riusciva a capire perché le cose dovessero
sempre
andare così male tra di loro, dopo un momento magico quasi
da
fiaba ne seguiva sempre uno in cui lui era arrabbiato e scontroso. Poi
facevano pace e di nuovo si ripeteva tutto all’infinito.
Non potevano le cose andare bene.. sempre e comunque?
Il Colonnello non era salito su Grangie, lo tirava dietro, ma non era
intenzionato a montarlo. La ragazza si chiese se, facendo
così,
avessero allungato di molto il percorso. E soprattutto, come avrebbe
reagito se lei gli avesse rivolto la parola?
Bea prese un respiro lungo e poi si decise a rompere il ghiaccio.
“Hai parlato con quel signore alla fine?”
Almeno Tavington girò il volto verso di lei, non era del
tutto indifferente. “Sì.”
“Non è morto..”
Il
suo tono incerto rese quella frase quasi una domanda, anche se non era
quella la sua intenzione. Ma lui stava di
nuovo guardando davanti a sé. “No.”
Si stavano avvicinando ad una conca, se non prendevano una barca e
proseguivano sulla terraferma avevano bisogno di un passaggio per
passare dall’altra parte della costa oppure bastava trovare
un
punto in cui l’acqua non era alta e attraversare. Vedendo la
direzione che
Tavington stava prendendo capì che l’opzione
scelta era la
seconda.
“Stai rispondendo a monosillabi, perciò, come
ieri, ho fatto qualcosa che non va bene.”
Si fermò un secondo, sperando che lui cogliesse il momento
per
incominciare a parlare veramente con lei, ma niente. Allora lei si
ricordò quello che William le aveva detto.
“Ho detto una
delle mie sciocchezze, vero? Già, probabilmente
è questo..”
Tavington la bloccò subito fermandola sul posto, le
appoggiò le mani sulle braccia e mantenne la presa salda. La
stava guardando negli occhi intensamente e quel modo di trafiggerla con
quelle due pozze di ghiaccio le faceva venire i brividi di paura. La
ragazza si stava aspettando uno scatto d’ira da un momento
all’altro.
E poi arrivò.
Una violenza sulle sue labbra. La cosa la stupì e non poco,
si
era tuffato tra le sue labbra, ma quel bacio -se così si
poteva
chiamare tale- era famelico. Non c’era amore o desiderio, ma
qualcosa di animale. Come se volesse sottometterla fisicamente,
dato che mentalmente non ci riusciva più. La attirava sempre
più vicino a sé, la sua lingua era
così veloce che
quasi non riusciva a seguirlo. Ad un certo punto lo lasciò
fare,
si abbandonò al suo tocco, poi lui la staccò
bruscamente
dal suo corpo. Qualcosa di caldo colava dalle sue labbra, Beatrix si
portò la mano alla bocca e vide del sangue. Le aveva morso
il
labbro tanta la ferocia.
“William..”
“La devi smettere.”
Non si era spostato di un centimetro dalla sua posizione, la guardava
negli occhi ed era come se attendesse una sua reazione, ma lei non
riusciva a capire cosa volesse.
“Di fare..?”
“Di contraddirmi, di fare quello che vuoi, di..”
agitava le
mani e si toccava i capelli con nervosismo. “..di essere te.”
“Me?”
Beatrix si mise a ridere, anche se sapeva che lo avrebbe fatto
infuriare. Non era un modo però di mancargli di rispetto, ma
delle volte riusciva ad essere davvero buffo.
“Ti fa ridere?”
Lei allungò le mani e le allacciò al suo collo.
“Oh.. sì!”
Sorrideva a trentadue denti e non riusciva a smettere. Era
così
adorabile il suo Colonnello, taciturno, dolce, scontroso.. e poi diceva
che era lei la lunatica? Bé.. allora era vero il detto
‘Dio li fa e poi li accoppia’.
William la allontanò nuovamente da lui. “Hai
capito che sono arrabbiato, Beatrice?”
“Mmm.. sì!”
Lui sbuffò irritato, si sentiva la vittima del
gioco.
“Quando fai così..” prese una pausa
“ ..ti annegherei in acqua.”
Lei non riusciva a smettere di sorridere e guardarlo con amore. Quello
però che lui si aspettava era terrore, invece Beatrix
continuava
ad amarlo. Traeva sempre il bene nelle cose, anche nelle situazioni
più dure. Tavington era diverso, non ci riusciva.
“Non lo farai, e sai perché?”
“Sentiamo.” Disse scocciato il Colonnello.
“Perché poi ti mancherei. Immaginati tutte queste
ore senza la mia
compagnia..”
Gli si formò un cipiglio incredulo. “Sarebbe un
paradiso, qualche ora di silenzio e pace.”
Lei scoppiò a ridere. “Bugiardo. Mi ami troppo.”
Aveva messo enfasi nel pronunciare quella parola, cosa che non
passò inosservata.
“Sei proprio sicura di te, amore mio.”
La ragazza fece un passo verso di lui e poi, afferrandolo dai
pantaloni, lo attirò contro di sé. Le loro labbra
si
toccarono di nuovo, ma questa volta era Beatrix il direttore
d’orchestra. Il bacio era dolce e calmo, Tavington non si
rifiutò di concederglielo, anche se lei percepiva conflitto
dentro di lui.
“Sai perché sono sicura che mi ami?” gli
sussurrò sulle labbra.
“Perché..?”
Beatrix si alzò in punta di piedi, cosicché
potesse soffiare nelle sue orecchie.
“Perché, sebbene tu dica di non volermi e mi
insulti, tu ora sei qua con me.”
William la strinse tra le sue braccia e le rispose parlando
direttamente al suo orecchio, come aveva fatto in precedenza la ragazza.
“Potrebbe essere un bluff. Potrei benissimo prendere una
barca più avanti.”
Anche se il suo ragionamento aveva senso, Beatrix non ci credeva. Lei
sapeva che l’aveva fatto per lei, ne era sicura.
“Non lo farai.” Aveva tante frasi in testa, ma alla
fine
sussurrò quelle tre parole, come se fossero una
constatazione di
fatto e non una previsione.
Tavington rise. E il suono della sua voce unito al fatto che stava
ancora sussurrando nel suo orecchio le fece venire i brividi lungo
tutto il corpo. Quel gioco era eccitante, ma era anche pericoloso.
“Temo che non riuscirò a dissuaderti,
vero?”
Lei sorrise. E decise di non rispondere alla sua domanda. No, non ce
l’avrebbe fatta. Ormai lo conosceva bene.
“Dimmi che mi ami, William.” Lo implorò
Beatrix.
“Lo sai che per me è una cosa difficile da dire,
l’ho già detto una volta.”
Le braccia della ragazza strinsero più forte il Colonnello e
poi
lei appoggiò la testa sul petto di Tavington, mentre lui la
cullava. “Allora dimmelo di nuovo.”
Fort Trox, Beaufort,
South Carolina
“Wellsie, mi spieghi cosa stai
facendo?”
La ragazza girava per la stanza in cerca del vestito rosa con il fiocco
giallo che le aveva regalato Will per i suoi sedici anni. Ma ancora non
riusciva a trovarlo da nessuna parte. Aveva messo sottosopra la stanza.
Allora Bordon la fermò.
“Devo trovare quel dannato vestito, Nik.”
Gli fece i suoi occhioni dolci, che sapeva funzionavano su di lui.
“Lo hai visto?”
Il Capitano sembrava interdetto, l’amava e non poteva vederla
triste. Eppure quando si impuntava su qualcosa era peggio di una
bambina che le hanno rubato le caramelle.
Appoggiò due dita sulle sue labbra imbronciate.
“Amore,
perché fai così? Se ci tieni tanto, te ne vado a
comprare uno.”
Lei gli sorrise e si lanciò addosso al Capitano.
“Oh, è proprio per questo che ti amo!”
Lo baciò teneramente. Lui la guardava con amore, come faceva
sempre. Poi Wellsie fece un passo indietro.
“Lo voglio carino, Nik. Un colore chiaro con tanti
fiocchi.”
Lui acconsentì con un cenno della testa e si
preparò ad uscire dalla stanza per prenderle il vestito che
voleva.
Ma lei lo richiamò prima che potesse andarsene.
“Niiik.. prendimi anche un nastro rosa da mettere in
testa.”
Nikolas le sorrise. “Ma certo, amore.”
E poi uscì veramente dalla loro stanza.
Wellsie rimase lì a guardare fuori da quella piccola
finestra.
Il cielo era nuvoloso, probabilmente avrebbe piovuto quel pomeriggio.
La fanciulla sperò che la notte fosse migliore, finalmente
avrebbe abbracciato il suo amato fratello. Era stata in pena per lui
per un mese intero, non erano mai stati così lontani per
tanto
tempo, aveva temuto il peggio. Dio solo sapeva che bestie erano quegli
Americani.
Wellsie si inginocchiò vicino al crocifisso di
Gesù ed incrociò le mani in segno di preghiera.
“Ti prego, fa’ che arrivino sani e salvi.”
“Sono toccato.” La voce beffarda di un uomo
interruppe i
suoi pensieri e la fece voltare verso di lui. Era sullo stipite della
porta, a braccia incrociate.
“Banastre.” Ringhiò Wellsie, come se
solo
pronunciare quel nome fosse una maledizione. “Che
vuoi?”
“Potrei congiungermi con te in preghiera per il mio povero
amico.” Disse il Colonnello sardonicamente avvicinandosi alla
ragazza, che si era ormai alzata in piedi.
“Non devi fingere che ti interessi Banastre, Cornwallis non
c’è.”
Tarleton le sorrise. “Oh, ma io sono davvero interessato,
piccola Wellsie.”
Lei lo guardò con astio. “Interessato alla tua
promozione magari.”
L’uomo si sedette sul letto con dolcezza, allora la fanciulla
lo raggiunse.
“Fate pure, Colonnello Tarleton, come foste a casa
vostra.” Disse con falsa galanteria Wellsie.
“Vieni qua, Wellsie.” La invitò lui,
facendo segno di sedersi sul letto.
La ragazza non era sicura se fosse la cosa giusta, Nik poteva arrivare
da un momento all’altro e non voleva litigare con lui per
colpa
sua.
Vista la sua indecisione in volto, Banastre la rassicurò.
“Non ti voglio mica violentare.”
La ragazza si sedette e lui continuò. “Non sei il
mio tipo, pasticcino.”
“Nemmeno tu sei il mio tipo e poi io sono già
fidanzata.” Gli fece la linguaccia.
“Dov’è l’anello
allora?”
Lei rimase senza parole. Si guardò la mano sinistra che
portava
un semplice anellino al pollice, ma l’anulare era vuoto.
Osservò con tristezza la mano, mentre il Colonnello si
gonfiava
il suo ego per averla colpita dove le doleva. “Non
è
l’anello che ci rende impegnati l’un
l’altro. Ci
amiamo, questo conta.”
Nikolas non le aveva ancora dato l’anello perché
loro,
ufficialmente, non stavano insieme. Forse William lo aveva intuito,
anzi sicuramente lo sapeva. Ma Wellsie non ne aveva ancora parlato con
suo fratello, nel passato lui era stato così protettivo. Non
voleva che nessuno si legasse a lei, non le permetteva di avere neanche
amiche.
Beatrix era stata un’eccezione per lei, anche per William.
Quella
ragazza aveva cambiato il fratello e lei, che lo conosceva bene, lo
sapeva.
“Sei così sicura del suo amore? Noi soldati non
siamo affidabili in fatto di amore.”
“Forse volevi dire che tu
non sei affidabile.” Lo accusò Wellsie.
“Per esserlo, devi trovare la persona giusta, Wellsie. E io
non ho ancora trovato l’amore.”
Lei colse l’occasione per colpirlo. “Forse tu non
ti meriti l’amore.”
Il Colonnello fece una smorfia, non sembrava colpito dalle sue parole,
gli scivolavano addosso.
“Forse, ma nemmeno tuo
fratello lo merita, eppure ha Beatrix.”
Wellsie gli fece gli occhi assassini, non sopportava quando parlavano
male di William.
“Lui si merita Bea e sono bellissimi insieme.”
Ribadì la fanciulla.
“Saranno anche bellissimi, ma credi davvero che
durerà?” continuò a punzecchiarla
Tarleton.
“Certo, e lo vedrai con i tuoi occhi domani.”
“Domani?” chiese sorpreso Banastre.
Wellsie si fermò subito. Aveva parlato troppo, Ban poteva
sapere? Nik si sarebbe arrabbiato! Si morse il labbro, mentre tanti
pensieri si affollavano nella sua testa. Intanto il Colonnello la
guardava e aspettava una risposta. “Quindi?”
“Io..” disse con sconforto la fanciulla, non sapeva
cosa
poteva dire. Lei non rispondeva e questo faceva arrabbiare Banastre,
che aveva appoggiato le mani sulle sue fragili braccia e la scuoteva
per avere una risposta. “È vivo, sta venendo qua?
Come fa
a sapere di Beaufort?”
Wellsie non gli aveva risposto, ma lui aveva capito tutto da solo. E
lei era nei casini.
“Toglietele le mani di dosso, Colonnello.” Disse
Bordon, entrando nella stanza.
Guardava il suo Superiore con minaccia, gli avrebbe costato chiaro se
avesse colpito il Colonnello. Ma lui stava mettendo le mani sulla sua
Wellsie, non poteva permetterlo.
Banastre, stranamente, si staccò dalla fanciulla e si
alzò dal letto. Non era da Tarleton abbandonare
così
presto, eppure lo fece. “Ma certo, Capitano.”
Rispose mettendo enfasi nel pronunciare quella parola, come se volesse
ricordargli che era gerarchicamente inferiore a lui.
“Credo che Cornwallis abbia bisogno di voi, Colonnello.
Dopotutto
non c’è Tavington, dovete svolgere le sue
mansioni.”
Banastre ghignò. “Tavington non c’entra
niente. Con o senza di lui sarei al fianco del Generale.”
“Allora non avete bisogno di preoccuparvi della salute del
Colonnello, non c’è nemmeno bisogno di
discuterne.”
Rispose diplomatico Nik, riuscendo a zittire Banastre.
L’altro continuò a sghignazzare, ma alla fine
lasciò la stanza. “Scoprirò quello che
state
combinando.” E poi uscì.
Una volta soli, Nik si avvicinò a Wellsie e la prese tra le
sue braccia.
“Ti ha fatto qualcosa, amore?”
Lei lo strinse forte. “No, per fortuna che sei arrivato in
tempo. Non sapevo cosa fare.”
“Non ti devi più preoccupare, ci sono io con
te.”
La baciò con amore, un bacio dolce e tenero. “Ti
amo, Nik.”
“Ti amo anche io, fiorellino. Devi vedere il vestito che ti
ho
preso.” Disse Bordon, con l’intento di farle
dimenticare
Tarleton.
Ma le intenzioni della ragazza erano diverse. “Dopo, ora
voglio stare con te.”
Appoggiò le mani sulla sua giacca ed iniziò a
sbottonarla.
Il Colonnello Banastre Tarleton si stava dirigendo verso
l’ufficio del Generale Cornwallis, era arrabbiato. Furioso.
Quei
due avevano organizzato qualcosa che riguardava Tavington e non
volevano renderlo partecipe. Una piccola parte, molto piccola, gli
diceva che doveva essere grato al suo rivale perché lo aveva
salvato. Ma la coscienza lo aveva abbandonato anni fa quando si era
unito ai Dragoni Verdi di Sua Maestà. Tavington non era
più il suo migliore amico, non era più il
compagno di
bevute e di donne, era un suo
rivale.
Tavington stava tornando davvero? Lo avevano dato per morto tutti.
Non era possibile!
Entrò nella stanza del Generale e si sorprese del fatto che
non
ci fosse nessuno. Cornwallis doveva essere in giro di ricognizione con
il Generale O’Hara. Allora controllò il corridoio,
non
passava nessuno. A quel punto chiuse la porta e si posizionò
oltre la scrivania del Generale. C’erano tanti fogli, disegni
di
guerra, commentari di Ufficiali. Niente faceva al caso suo,
così
si sedette con sconforto sulla poltrona del suo Superiore.
“Deve esserci qualcosa! Se Tavington sta tornando, Cornwallis
deve esserne al corrente.”
Fece vagare lo sguardo nella stanza.
Era ricca, adornata con eleganza. Sebbene fossero lì in quel
Forte da alcune settimane, aveva già decorato la stanza con
vasi, quadri, specchi dorati. Si vedeva nel complesso che era
l’ufficio di un Generale.
La scrivania, placcata d’oro, aveva diversi cassetti.
Perlopiù contenevano oggetti personali del Generale, mentre
frugava trovò una busta piccola con il sigillo aperto.
Sembrava
vecchia e pesava, Tarleton fu catturato dalla busta, forse
perché emanava un buon profumo. Di donna. Guardò
la
missiva, poteva contenere qualcosa di importante, mentre pensava
sentì in lontananza il rumore di stivali. Qualcuno stava
arrivando, allora prese la busta e la nascose nella tasca interna della
giacca.
Si alzò dalla sedia e si preparò ad uscire dalla
stanza.
Ma la porta si aprì ed entrò O’Hara,
che lo
guardò con stupore. “Colonnello Tarleton, che cosa
ci fate
nella stanza del Generale?”
Banastre fece l’inchino militare al suo Superiore in segno di
saluto. “Devo parlare con Lord Cornwallis, è una
cosa
urgente, ma non riesco a trovarlo.”
“Non è al Forte, sta incontrando il Colonnello
Vegas, a
quanto pare quella Banda di Ribelli ha colpito uno dei nostri carri con
i rifornimenti, senza contare che hanno preso il diario personale di
Cornwallis. Oggi era alquanto scosso, forse non è il momento
migliore, Colonnello, per parlare con lui.”
Ecco di nuovo quei Ribelli, perché non riuscivano a
eliminare la loro minaccia?
“Cosa volevate chiedere al Generale?”
domandò con cortesia O’Hara.
Tarleton era sul punto di rifiutare l’aiuto, poi
pensò che forse poteva ricavare le sue informazioni anche dall’ombra di
Cornwallis. O’Hara seguiva il Generale ovunque,
tutto passava prima da lui e poi veniva riferito al Lord.
“Girano strane voci, Generale, volevo sapere la loro
natura.”
“Quali voci?”
Tarleton prese un respiro.
“Tavington.”
Disse, quasi come se fosse una maledizione, erano pochi quelli a cui
piaceva William. Bordon forse era l’unico.
“Ah.. sapete allora.” disse semplicemente
O’Hara,
come se avesse capito tutto. “Vi ha mandato Cornwallis per
recuperarlo?”
Banastre era confuso, ma era riuscito a sapere qualcosa. Lui era vivo e
qualcuno doveva prenderlo. Sfruttò l’occasione
fornita dal
Generale. “Sì, appunto mi stavo chiedendo quando
devo
prepararmi con i miei uomini.”
O’Hara gli fece cenno con la testa di seguirlo, il Generale
aprì il secondo cassetto a destra della scrivania ed
estrasse
una busta.
Doveva esserci un doppio
fondo che non avevo notato..
“Prendete, qui è scritto tutto quello che avete
bisogno di sapere.”
Gliela consegnò e poi lo guardò con ammonimento.
“Va bene, Generale.”
Prese la busta e uscì, dopo aver fatto un cenno di commiato.
Tarleton si incamminò verso la sua stanza. Guardò
la
busta che conteneva le risposte alle sue domande. Una volta dentro la
camera prese dello Scotch, si riempì il bicchiere e poi si
sedette sulla poltrona. Bevve a grandi sorsate il liquore e poi
iniziò a leggere il messaggio contenuto.
Il bicchiere cadde per terra.
Oh Mio Dio..
“Non è possibile!”
Ciaoo
a tutte ^^
Eccoci finalmente
a Beaufort!! Sebbene io ami scrivere scene romantiche tra quei due
piccioncini (*-*) purtroppo c'è anche una guerra che va
avanti ed
è da trattare.. mi sono divertita un sacco a scrivere questo
capitolo e i prossimi.. credo che le cose siano più belle
quando
movimentate, e vi assicuro che ci sarà taaanto movimento.
Cosa ne
pensate del Colonnello Tarleton? :P Lo avevamo già visto al
Lady
Kitten di Marie.. sono curiosa di sentire commenti su di lui.. ho il
presentimento che inizierete ad odiarlo come Gabriel XD.. eppure a me
piace, certo non come William (*-*)..
Cosa avrà letto di così terrificante? eh eh..
surprise!!
Un bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio
ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 34 *** Libera ***
capitolo 34
Capitolo XXXIV
Libera
Beatrix e William erano in viaggio da ore, avevano trovato un ponte ed
erano così passati dall'altra parte dell'English Broad
River.
Grangie era ancora con loro, sebbene lui continuasse a minacciarla che
avrebbe lasciato il cavallo, alla fine lo aveva tenuto con
sé.
Beatrix sembrava così entusiasta del quadrupede e William
non
era riuscito a renderla triste. Port Royal era a qualche metro da loro,
Tavington sapeva che era stato preso in assalto dagli Americani,
perciò non era un luogo sicuro. Però lui, dato
che non
era vestito come un Dragone Verde, era difficile ravvisarne in
quell'uomo il Colonnello Inglese.
"Rimaniamo qua a mangiare, William?" Disse la ragazza.
Lui si guardò intorno prima di rispondere, come se stesse
controllando la zona.
"Non sono sicuro che sia la scelta migliore, Beatrice."
“Perché?” chiese lei, ingenuamente.
“Hai seguito cosa è successo in questi anni nelle
Colonie?”
Beatrix non capiva se fosse un modo per stuzzicarla o fosse serio,
però il suo sguardo era duro. La ragazza notò che
stava
parlando con lei, eppure la sua mente era altrove. Era oltre le mura di
quella grande città, Port Royal.
“Non conosco i dettagli relativi ciascuna battaglia, so per
sommi capi.”
William guardava ancora davanti a sé. Era perso nei suoi
pensieri, sembrava un automa dal modo in cui si rivolgeva a lei.
“Stavamo andando così bene, vincevamo una
battaglia dopo
l’altra. Dicevano si sarebbe concluso tutto nel giro di
qualche
anno.”
Beatrix non pensava che si stesse nemmeno più rivolgendo a
lei,
era immerso nei suoi ricordi, evidentemente stava ripensando a qualche
battaglia. Era stato forse Port Royal a innescare quella catene di
memorie?
“Mi sono unito a Cornwallis subito, appena avuto notizia del
suo trasferimento nelle Colonie.”
Beatrix, ad un certo punto, cercò di partecipare al suo
discorso.
“Allora dovevi ammirare il Generale, William..”
“No.” la interruppe all’improvviso lui
“non era quello..”
Prese un respiro pesante. “Io.. avevo bisogno di cambiare
aria. Tutti a Londra parlavano di queste Americhe
come un luogo sano, florido, molti sono venuti qua riponendo speranze
in questa terra selvaggia.”
La ragazza gli accarezzò il braccio per fargli capire che
lei
c’era per lui, avrebbe voluto abbracciarlo forte. Sapeva
però che avrebbe rotto la magia, quello stesso
incantesimo
che stava cercando di tirare fuori una diversa parte di lui.
“E tu, perché sei qui.. per costruirti un nuovo
futuro come gli altri?” disse lei, quasi con disprezzo.
“Forse.”
Non riusciva ad essere mai sincero del tutto e in quel momento le stava
celando qualcosa. Perché non si apriva? Lei non lo avrebbe
mai
giudicato.
“Certe cose non le comprendo, voi Europei ragionate in modo
sbagliato e sarà questo che vi condurrà alla
sconfitta.”
Lui le sorrise, con una sfumatura amara nella voce. “Credi
ancora che perderemo, Beatrice?”
“Certo, William. Avete questa.. tendenza a muovervi
eliminando tutto ciò che vi precede.”
Il Colonnello si girò a guardarla, incerto sulla piega del
suo ragionamento.
“Questo è naturale, Beatrice. Se non elimino il
mio avversario non posso vincerlo.”
Lui ragionava in modo troppo pragmatico, era il suo modo di vedere il
mondo e lei non poteva cambiarlo. Eppure lo aveva plasmato e lo aveva
reso quell’uomo diffidente che si trovava davanti a lei.
“Nel farlo, immaginate però che quello che
è venuto prima sia inferiore
rispetto a voi.”
“Ma è così, pensa a come è
mutata in
positivo la nostra società. La vita è
più semplice
rispetto a quella dei nostri antenati. E sarà sempre
così, tesoro. Anche noi verremo superati un
giorno.”
Lei sbuffò. “Perché credete ancora che
il progresso
sia qualcosa di positivo, invece ci distruggerà e si
porterà via la nostra parte più
genuina.”
Beatrix era sempre stata una ragazza con forti ideali, sua madre aveva
provato in vari modi a dissuaderla dalle sue convinzioni, ma erano in
lei radicate. Tavington sembrava però trovarsi dalla parte
opposta rispetto a lei.
“Se la pensassero tutti come te saremo ancora
all’età della pietra.”
La ragazza sorrise. La sua metafora le aveva ricordato quelle che le
diceva la madre. A volte era dura come la pietra, ‘ti possono picchiare,
ma non ti pieghi’.
“Noi, William, siamo figli del nostro passato. Non possiamo
rinnegarlo, modella il nostro futuro.”
Beatrix lo aveva guardato negli occhi, seriamente. Il suo messaggio era
chiaro, lui era quell’uomo per colpa delle
brutalità di
suo padre. Eppure lui rinnegava il passato, pensava che bastasse
passare una pezza per cancellare le cose orrende e ricominciare
daccapo. Tuttavia, come sarebbe stato il suo William se fosse cresciuto
in una famiglia diversa? Beatrix se l’era chiesto
più
volte anche per se stessa, chissà la sua vita come sarebbe
stata
se avesse conosciuto il suo vero padre..
Papà..
un’ombra le passò attraverso, si era rattristita
nel giro di pochi minuti e stavano pure parlando di altro!
“In ogni caso, Beatrice, come mai tutti questi pensieri
filosofici?” chiese lui con incredulità. Ah, già.. si aspetta
una delle mie sciocchezze!
“Non fare quella faccia come fossi pazza. Da piccola leggevo
molti scritti di filosofi contemporanei e non, che mia mamma mi
portava, non chiedermi come facesse perché non lo
so.”
Beatrix si fermò perché Tavington era scoppiato a
ridere.
Sembrava davvero contento nel prenderla in giro e lei non capiva
perché. Visto il suo cipiglio curioso, lui si
spiegò.
“Da quand’è che educano i coloni, e per
di più donne,
alla filosofia?”
Lei rimase scioccata dalle sue insinuazioni, la verità era
che
sapeva poco di lei. Conosceva il suo corpo, ma la sua mente non era
stata centro di suo interesse.
“Ridi pure, William. Eppure, sebbene con sacrifici, mia madre
mi ha cresciuta molto bene.”
Poi si staccò da lui e proseguì verso la
città, senza attendere che la raggiungesse.
“Dai, non fare così, Beatrice. Sono stupito, piacevolmente stupito.”
Ribadì, cercando di farla girare.
Lei lo fece, ma solo per esplicare il suo pensiero. “Non sono
una stupida. E se è questo che pensi di me, sei tu lo stolto a
perdere ancora del tempo con una come me.”
Tavington smise di ridere e la raggiunse, allungando il passo.
“Non era mia intenzione offenderti.”
La fanciulla si girò a guardarlo per verificare la
sincerità delle sue parole. “Davvero?”
“Sì, è un lato di te che non avevo
visto e sono
contento di averlo scoperto. Magari quando arriveremo a Beaufort
potremmo intavolare un discorso io e te che non inizi con
‘spogliati’ e finisca con ‘di
nuovo’.”
Tavington posò le mani ai lati del suo volto e la
guardò
negli occhi. “Se credessi che fossi una stupida, non avrei
abbandonato i miei Dragoni Verdi per seguirti con Gabriel.”
Beatrix lo avvicinò e, saltandogli addosso, lo
baciò con passione.
“Adesso andiamo a Port Royal?” domandò
Bea.
“No, è sotto il controllo degli Americani.
L’abbiamo persa qualche mese fa.”
La ragazza si staccò dal corpo caldo del suo amato e lo
guardò con la curiosità nei suoi occhi marroni.
“Allora.. che cosa facciamo?”
William girò la testa verso il fiume, che questa volta
osservavano dall’altra parte. Rimase fisso in quella distesa
d’acqua e poi si girò nuovamente verso di lei.
Aveva un
lampo negli occhi, qualcosa di strano, diverso. Mai visto prima.
“Mi accusi di essere troppo ‘chiuso’ nel
mio status
di militare. Bene.. mancano poche ore che ci dividono da Beaufort. Che
ne dici di passarle senza inibizioni?”
Beatrix era elettrizzata all’idea di fare qualcosa di diverso
e
fuori dagli schemi, anche se aveva un po’ di paura sul cosa
volesse fare. Tavington prese Grangie e lo condusse vicino
all’English Broad River.
“William, non lo vorrai mica affogare, vero?”
L’uomo si toccò il cuore come in una recita
tragica. “Oh, mi hai scoperto.”
Beatrix rise di nuovo, emettendo quel suono che solitamente sfondava i
timpani del Colonnello, eppure in quel momento sembrava felice di
vederla sorridere.
Tavington salì sul cavallo e le fece segno di seguirlo. Lei
allora si avvicinò e montò il suo bel Grangie.
Stranamente, stupendola, lui fece spazio a lei per farla stare davanti
a tenere le redini. Beatrix non capì subito cosa volesse
fare,
divenne tutto chiaro quando lui la mise davanti a sé e le
consegnò le briglie. Gli occhi della ragazza brillarono, non
si
aspettava di poter essere lei a fare strada, non riusciva a crederci.
“William..” lo chiamò.
Allora Tavington si addossò contro la schiena della ragazza
e le sussurrò nell’orecchio.
“Libera la mente, Beatrice.”
Le lasciò un bacio sul collo. “Solo io e
te.”
I brividi correvano lungo il suo corpo mentre William le sussurrava
nell’orecchio e lasciava un segno del suo passaggio sulla sua
pelle candida. “Solo una donna e un uomo.”
Fu quello che le fece prendere il volo.
Diede a Grangie il comando di muoversi e galopparono
sull’acqua bassa del fiume.
Liberi.
Lei urlava dalla felicità, non si era mai sentita
così
prima d’ora e tutto grazie a lui. Non c’era la
guerra in
quel momento, avevano solo il vento contro.
Il Colonnello Tarleton si stava muovendo con altri tre Dragoni, ne
aveva portati con sé pochi poiché non era una
missione
difficile. Dopotutto Tavington era un Ufficiale, sapeva difendersi
benissimo da solo, infatti Tarleton non si spiegava come mai tutta
quella misura di sicurezza. Che il Generale nascondesse altro?
Banastre aveva passato tutta la giornata con mille pensieri in testa,
quello che aveva scoperto era incredibile. Certo, quelle cose
succedevano, ma non così!
Appena avesse visto Cornwallis ne avrebbe parlato con lui, anche se
temeva non l’avrebbe presa bene.
“Colonnello, si dice che gli Spagnoli sono entrati in
guerra.”
Banastre interruppe mentalmente i suoi pensieri e si girò
verso
il Tenente Montgomery. Era giovane come lui, ma non arguto quanto
Tarleton. Lui aveva un fiuto nello scoprire i punti deboli
dell’avversario. Diede un fugace sguardo all’uomo,
nel suo
interlocutore c’era il desiderio di accattivarsi il Superiore
in
previsione di promozioni future.
Il Colonnello gli spiegò comunque la faccenda gentilmente.
“L’esercito del Generale Hook ne ha avuta prova,
prima i
Francesi adesso gli Spagnoli. Tenente, capite bene che questa non
è più una guerra per l’indipendenza,
è
divenuta una guerra contro la Gran Bretagna.”
Montgomery annuì nel vedere trasformato in parole i suoi
pensieri circa lo svolgimento della guerra.
“Vinceremo?”
chiese timoroso.
Tarleton lo guardò con gli occhi iniettati di sangue, una
cosa
che lo contraddistingueva era la determinazione, l’audacia,
la
voglia di non arrendersi mai. “Certo, Tenente. Siamo
nettamente
superiori a loro, a tutti
loro. Ora come ora siamo alla pari, perdiamo una battaglia, ma ne
vinciamo altre due, siamo più disciplinati. Vedrete,
Tenente,
tempo al tempo.”
L’altro fece l’inchino con la testa e
tornò a cavalcare il suo cavallo.
Tarleton si stava dirigendo ai confini di Beaufort, secondo le
indicazioni fornite dal Generale, Tavington avrebbe aggirato Port
Royal. E come dargli torto, era da stupidi entrare in un covo di
Americani contando sulla sola forza fisica di un uomo.
Un suicidio. Evidentemente Cornwallis credeva Tavington più
intelligente di questo. Passando o per la costa o per mare sarebbero
giunti nello stesso luogo, l’unico punto di accesso
più
sicuro.
Una scorta di Ufficiali per prelevare un Colonnello, era assurdo!
Cornwallis, da un anno a questa parte, stava sbagliando strategia,
indiscusso il fatto che gli ordini giungessero da Clinton, eppure il
Generale stava perdendo colpi, dava per scontato troppe cose, come la
faccenda dei Ribelli.
Lui e Tavington condividevano
un’indole criticata dai nemici, erano sanguinari, tenaci,
erano
paragonati all’uomo nero, avevano tutti paura di loro. Eppure
non
avevano ancora perso nemmeno una battaglia, sebbene i loro modi
venissero condannati, le loro vittorie erano però fonte di
gioia
per i loro Superiori.
È privo di
senso dire che
è sbagliato e ingiusto essere brutali in guerra,
poiché
la guerra stessa non è giusta! Ciononostante non viene
ripudiata
da nessuno ed è strumento per dirimere le controversie tra
Stati.
Tarleton, comunque, non era un politico e poi a lui quei discorsi non
interessavano. Era un soldato e avrebbe continuato ad essere il
bastardo che era fino a che qualcuno non lo avesse fatto fuori. Ma
anche in quel caso, vedeva la sua fine molto lontana.
Erano arrivati nel luogo segnato dal Generale, il Colonnello
tirò fuori il suo orologio dalla tasca e
controllò
l’ora. Era quasi la mezzanotte, il cielo non era terso, vista
la
brutta giornata passata, eppure la luna era nuova quella sera.
Il momento era arrivato.
Scese dal cavallo e si rivolse ai suoi uomini. “Il vostro
compito
è scortare Tavington, della ragazza me ne occupo
io.”
Loro restituirono un cenno della testa e si misero
sull’attenti.
Tarleton fece due passi, uscendo così dall’ombra,
e in
questo modo vide in lontananza un cavallo venire verso di loro. Era
ancora lontano, perciò riconoscere il conducente era arduo.
Poi,
man mano, l’animale si avvicinò a loro, fino a che
distava
pochi metri. C’era una fanciulla che teneva le redini del
cavallo, dal portamento e vestiario non poteva che essere una colone,
Banastre aveva visto solo una volta Beatrix. Si ricordava che fosse una
bella ragazza, non graziosa e fine come quelle che era abituato a
frequentare, però lo attraeva. Era diversa da quel giorno
alla
locanda, il viso era più rotondo, i capelli erano legati
alla
buona con un nastro, eppure si vedeva che erano in disordine. Il buio
non permetteva di vedere bene i lineamenti del viso, ma una cosa chiara
era il vestito. Corto, attillato, di sicuro una scelta del suo compare.
Tarleton fece mentalmente i complimenti a Tavington per la scelta del
vestito, ma dopotutto loro in fatto di donne erano esperti. Banastre
era rimasto bloccato nel contemplare quella creatura notturna, i suoi
pensieri dapprima puri diventarono nel giro di pochi secondi impuri.
Lei intanto spostò una gamba da un lato per poter discendere
dal
cavallo e nel farlo un lembo del vestitino si alzò facendo
vedere una porzione di pelle della gamba.
Perché le
donne non mettono vestiti così corti?
Aveva delle gambe tornite, non era proprio una bellezza Inglese.
Nonostante questo, capì perché Tavington si fosse
così impuntato su di lei.
Chissà
com’è a letto..
Il Colonnello continuò a fantasticare, forse in modo troppo
evidente, fino a che Beatrix scese dal cavallo e così
comparve
al suo posto la figura di Tavington. Che, dallo sguardo, sembrava aver
captato i suoi pensieri.
Discese dal cavallo e poi lo salutò, forzato dalla
situazione.
“Banastrian.” Disse a denti stretti, si percepiva
il suo accento scouse.
“Crispin.” Gli restituì il favore
utilizzando il suo secondo nome.
Si guardarono occhi negli occhi, nessuno dei due sembrava demordere,
come se fosse una prova di coraggio. Si trafiggevano l’un
l’altro, poi successivamente ghignarono in quel modo che
sapevano
faceva crollare ai loro piedi le fanciulle.
“Hey, bro.”
Si strinsero le mani in modo giocoso, seguito da una pacca sulla
schiena.
La ragazza, che era rimasta a guardarli senza dire niente fino a quel
momento, fece sentire la sua presenza.
“Disturbo la vostra rimpatriata?”
Loro si girarono verso di lei con uno sguardo duro, come se stesse
rompendo la magia che si era creata.
“Amici di lunga data?” cercò di smorzare
l’atmosfera lei.
“Sì, micetta. Siamo cresciuti praticamente
insieme.”
Tavington la affiancò e le appoggiò un braccio
sulle spalle in modo possessivo.
“Oh.. quindi mi hai seguito con Gabriel solo per salvare lui?”
Disse la giovane, con un tono forse troppo accusatorio, Banastre si
sentiva chiamato in causa. Certo che quella ragazza aveva un
caratterino niente male. In effetti, qualche ricordo di quel giorno
alla locanda, Tarleton ce l’aveva.
Sei dura da
sottomettere, bambolina..
Tavington comunque non rispose alla domanda, scoppiò a
ridere,
eludendo così un disastro imminente. “In quale
Forte
alloggeremo, Banastre?”
Tarleton impiegò un secondo per tornare lucido e concentrato
sulla questione importante. “Fort Trox. Ben protetto, piccole
stanze, servizio scadente e..”
Tavington terminò la frase. “..e buona fornitura
di donne. Già, come al solito.”
Banastre sghignazzò. “Già.”
“Allora fai strada, Ban.”
Il Tenente Montgomery si avvicinò, un po’
timoroso, a
loro. “Colonnello Tavington, voi verrete con noi.”
William lo guardò con astio, come se stesse dicendo una cosa
assurda.
“Quindi mi state dicendo che devo prendere gli ordini da
un..”
Guardò Tarleton in cerca di supporto, dopotutto non era un
suo
uomo, non conosceva il suo grado militare, ma era sicuro che era poco
più di un soldato semplice. Lo vedeva dalla schiena china,
piegata in modo troppo untuoso.
“Tenente.” Rispose prontamente il collega,
leggendogli la mente. Loro due erano molto simili.
“Bene, quindi dovrei sottostare alle direttive di un
Tenente?”
Rispose a Montgomery, facendo diventare rosso l’uomo, il
quale non riusciva a formulare una parola.
Biascicava le lettere. “Veramente.. ehm.. Sir,
cioè Lord.. ehm Colonnello.. è stato un
ordine..”
Il Tenente guardò il suo Superiore, Tarleton, come se
attendesse
il permesso per continuare a parlare, così fu Banastre a
terminare il suo pensiero.
“William, sono stato io ad ordinarlo.”
Tavington a quel punto si girò verso Banastre.
“Il tuo comando includeva anche la ragazza?”
Chiese, anche se conosceva fin troppo bene la risposta.
L’altro fece una pausa, quasi interdetto. “No.
Sarai stanco
dopo questo lungo viaggio e l’incontro con i Ribelli, loro ti
condurranno nella tua stanza. Beatrix, posso accompagnarla
io.”
William gli lanciò un’occhiata glaciale, per
fargli capire che aveva afferrato il suo intento.
Banastre si sentì in dovere di giustificarsi. “Lo
faccio
per te, per farti un favore. Non sono interessato a lei.”
Ma Tavington non sembrava credere alle sue parole. “Ma certo,
sei così disinteressato
che ti ricordi anche il suo nome. Buffo, vero?” lo
pungolò l’amico.
Questa volta Banastre ebbe la decenza di non rispondere.
“William..” lo chiamò Beatrix
“..io e te stiamo insieme vero? Non voglio dormire con altri.”
Disse, guardando chiaramente il Colonnello Tarleton.
Tavington sorrise nel constatare che la sua piccola tigre non aveva
bisogno di protezione, sapeva difendersi bene da sola.
“Certo,
amore. Ora andiamo che sei stanca, hai bisogno di riposare un
po’.”
Montgomery era ormai tornato dai suoi commilitoni, facendo passare
Tavington.
“Bene, William. Come vuoi, andremo tutti insieme al
Forte.” Disse Tarleton, rassegnandosi.
Avrò modo di
stare solo con lei..
Salirono a cavallo e partirono, destinazione: Fort Trox.
Ciaoo
a tutte ^^
Libera,
libera,
libera! Per una volta è lei a condurre il gioco ed
è
stato lui a permetterlo! Eh, le cose stanno cambiando tra questi due
splendori. =) Purtroppo qualcuno non è contento della
felicità tra i due innamorati e complotta alle loro spalle,
di
chi sto parlando? Del Colonnello Tarleton.. dite che è
invidioso? Si scopriranno meglio i suoi piani più avanti.. e
non
vi ho ancora detto qual è il contenuto della fantomatica lettera! ^^
Vi lascio ai vostri pensieri! :)
Un bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio
ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 35 *** Toc Toc ***
capitolo 35
Capitolo
XXXV
Toc Toc
William
si
svegliò la mattina successiva molto presto, da poco era
appena
passata l'alba. La sua Beatrix dormiva ancora perché lei, a
differenza sua, si era subito assopita. Era crollata appena erano
arrivati nella stanza.
Dormiva
in modo
scomposto, si era arrotolata le lenzuola attorno al corpo e non si era
neanche accorta che William non era più a letto.
Al
contrario,
Tavington non era riuscito a prendere sonno tranquillamente
perché aveva troppi pensieri in testa, l'incontro con il
Generale lo turbava. Non sapeva cosa aspettarsi, e in più
non
era ancora convinto della lealtà di Banastre.
Vero,
erano stati
grandi amici in passato, ma quei momenti di fratellanza erano passati
da molto tempo. Tutto quell'atteggiamento solidale nei suoi confronti
lo lasciava con tante domande. Accantonò momentaneamente
quelle
preoccupazioni e decise di prepararsi per l'incontro con Cornwallis.
Era
ormai già
vestito, dopo un bagno veloce aveva indossato i vestiti da Dragone che
gli aveva portato una cameriera. Era in piedi davanti allo specchio che
si stava facendo il codino militare e, mentre si accarezzava
il
viso, constatò che non era più ispido, era
così
bello tornare alla civiltà dopo tanto. Mentre annodava il
fazzoletto al collo si complimentò dell'uomo che era
riflesso
nello specchio.
"Sono
proprio affascinante!" Disse a se stesso.
"Specchio
specchio delle mie brame chi é il Colonnello più
affascinante del reame?"
Per
un momento William
credette fosse proprio lo specchio a parlare, dal momento che era
così preso dal contemplare se stesso. Ma la voce era dolce,
carezzevole e leggermente assonnata. Si girò a guardare il
letto
e vide la sua micetta poggiata su un fianco che lo osservava con
malizia.
Il
suo sguardo lo percorreva, sebbene fosse vestito lo fissava come fosse
nudo.
Aveva
i capelli in
disordine, come al solito, le guance leggermente arrossate e gli occhi
lucidi di desiderio.
"Pensavo
dormissi fino a mezzogiorno." La stuzzicò
Tavington.
"E
io non
pensavo fossi così vanitoso."
"Oh,
allora mi conosci poco."
La
ragazza si alzò sulla schiena, sedendo a gambe
incrociate.
"Uffi,
come sei arrogante! Ma questa non é una
novità."
"No?"
Domandò con divertimento William.
"Tra
te e Banastre non so davvero scegliere chi sia più
pomposo.."
Aver
nominato il suo
collega rese Tavington nervoso. Ed il suo cambiamento d'umore non
passò inosservato alla ragazza.
"Non
ti piace che parli di lui?"
Chiese
Beatrix e per la prima volta non aveva assunto un tono
beffardo.
Sembrava
davvero
interessata a saperne di più. Allora William decise di
risponderle sinceramente, anche se aveva il timore che farle conoscere
dettagli della sua vita lo avrebbe reso facilmente
attaccabile.
"No.
Preferirei che non lo nominassi se non è strettamente
necessario."
Poi
si girò nuovamente davanti allo specchio e
continuò a sistemarsi il fiocco.
"Perché?
Avete
una questione in sospeso?" domandò curiosa, scendendo dal
letto
per posizionarsi vicino a lui.
Non
possedeva ancora
una veste per la notte, perciò in quel momento era nuda.
Erano
lontani i tempi in cui si faceva problemi circa la sua
nudità.
Camminava infatti fiera nella piccola camera per vedere meglio
Tavington. “C’è qualcosa che non so,
William?”
Chiese
lei, con un
tono calmo, che implorava verità. Lui le toccò
una mano e
la accarezzò lentamente. “Niente di importante,
solo
piccoli screzi tra adolescenti.”
La
ragazza fu
rincuorata nel sentirlo aprirsi, stava mostrando di avere fiducia in
lei e Beatrix non gli avrebbe fatto rimpiangere la scelta fatta.
“Va
bene. Adesso vai dal Generale?”
“Sì.”
Sistemò l’ultimo bottone d’oro
nell’asola
della giacca “devo farmi aggiornare sull’andamento
della
guerra.”
Lei
lo
abbracciò forte da dietro e sospirò contro la sua
giacca
rossa, cercando di inalare tutto l’odore che poteva.
“Mi
mancherai tanto.”
Tavington
le fece il sorriso sghembo attraverso il suo riflesso.
“Starò via solo qualche ora.”
“Lo
so, però mi mancherai lo stesso.”
Aveva
il viso a forma
di cuore, le labbra arricciate e faceva gli occhioni dolci. Cercava in
tutti i modi di farlo sentire in colpa perché la stava
lasciando. Non capiva che lui aveva dei doveri da ottemperare? Eppure
quando faceva così gli si formava un groppo nello stomaco.
Una
sensazione nuova, mai provata. Qualcosa che gli comprimeva la pancia e
non lo faceva respirare.
Cosa
mi stai facendo?
“Farò
più in fretta possibile.” Cercò di
tranquillizzarla come poteva.
Beatrix
incurvò le sopracciglia, come se non ci credesse.
“Te
lo prometto.” Aggiunse.
A
quel punto, William
capì che era il momento di andare. Un secondo in
più in
quella stanza non gli avrebbe permesso più di uscire. Fece
qualche passo verso la porta, ma lei lo raggiunse e si
attaccò
al suo braccio. Lo tratteneva e gli impediva di uscire.
“Non
andare!”
William
rise. Non si
era mai trovato in una situazione così divertente, sembrava
quasi di essere in una commedia. La gravidanza doveva averle
scombussolato gli ormoni e le emozioni.
“Beatrice..”
le accarezzò i capelli, cercando di sciogliere qualche nodo
passando la mano in quella folta boscaglia. “..facciamo un
gioco?”
Gli
occhi della fanciulla brillarono. “Sì,
quale?” chiese subito incuriosita.
“Chiudi
gli occhi e apri leggermente la bocca.”
Lei
gli sorrise affettuosamente, aspettandosi un bacio, così
fece come le aveva detto.
Ma
una volta che ebbe
chiuso gli occhi ed abbandonato anche la presa sul suo braccio,
Tavington sfruttò quell’occasione per sgattaiolare
fuori
dalla stanza.
Beatrix
realizzò troppo tardi che il Colonnello era uscito. Era
nuda, non poteva uscire fuori.
Aveva
perciò vinto lui quella volta.
Tavington
si
incamminò e, come era stato avvisato la sera precedente,
trovò Banastre che lo attendeva in fondo al corridoio.
Beatrix
rimase ferma nella posizione in cui l'aveva lasciata Tavington.
Era
senza parole.
Si
era fatta ingannare da lui, ma la domanda che si stava ponendo era 'ma che diavolo stavo facendo?'
Beatrix
si rimise a
letto e ripensò a quello che era successo. Era impossibile
che
lo avesse sul serio implorato di non lasciarla.
Cosa
mi sta succedendo? Non sono io.. Sarò malata!
<
Sei incinta, Bea! >
Sì,
ma non penso che tutte le donne incinte diventino delle ninfomani
possessive.. O sì?
Mentre
la fanciulla
proseguiva quella battaglia contro la sua stessa coscienza, -e
già solo quel fatto confermava la sua pazzia imminente- la
mente
spostò la sua attenzione sulla sua infanzia.
Mamma..
Si
avvolse nelle
lenzuola ancora calde che portavano l'odore di Tavington, quell'odore
maschile, di sudore fresco. Era così buono il suo odore o
forse
era lei che stava diventando ossessionata da quell'uomo.
Beatrix
era incinta,
ma non ne era nemmeno certa, quando William fosse ritornato in camera
gli avrebbe chiesto di farsi visitare da un medico. Dopotutto quel Lee
non si poteva definire una persona affidabile, poteva anche averle
mentito per quello che sapeva.
Era
così sicura di stare bene?
Quando
si era
svegliata dall'intorpidimento era stata presa da William e dalla sua
dichiarazione, non aveva domandato della pulce. Come stava, G. aveva
fatto qualcosa al suo piccolo amore??
Si
passò la
mano sul suo ventre nudo, notando solo in quel momento un leggero
arrotondamento, quasi impercettibile. Fra qualche mese il suo corpo
sarebbe stato diverso, avrebbe preso qualche chilo, grazie
all’ospite dentro di lei che faceva sentire la sua
presenza.
"Oh,
piccola pulce. La mamma non vede l'ora di
abbracciarti!"
La
ragazza non sapeva
come comportarsi, era tutto nuovo per lei. Era cresciuta con sua mamma,
senza sorelle o fratelli dai quali apprendere qualcosa sulla
maternità.
Sarebbe
stata una buona madre?
In
un secondo il suo
viso si rabbuiò, pensò a William come padre. Lei
sapeva
con certezza che sarebbe stato un buon padre, lo aveva capito
osservando i piccoli gesti che rivolgeva alla pulce. Era dolce,
delicato, perfino quando avevano fatto l'amore quel giorno della fuga,
William aveva avuto un tocco gentile. Sebbene preferisse dipingersi
come un mostro, forse per mantenere con gli altri quella facciata da
duro, Beatrix aveva visto la verità celata sotto. Si era
preso
cura di Wellsie, era certa che avrebbe fatto un buon lavoro anche con
la loro pulce.
Uno
di quei giorni
avrebbero parlato del loro futuro, ma Bea preferì non
occuparsene in quel momento, si era svegliata felice e voleva
continuare ad essere così fino al suo ritorno.
E
fu con l'immagine del suo William che chiuse gli occhi e si
addormentò.
"Svegliaaaa!!"
Qualcuno
tentava di
portarla fuori dal mondo dei sogni, era una voce squillante, ma era
ancora lontana. Beatrix ignorò quella voce e invece
tornò
a concentrarsi sul suo sogno.
La
voce non si arrese e in più venne anche scossa per
rinvenire. "Beaaaaa."
La
ragazza si nascose sotto le coperte, coprendosi anche la testa con il
cuscino.
"Lasciami
dormire." Implorò di non essere
tormentata.
"Lo
hai voluto tu."
Si
allontanò
momentaneamente e, quando Beatrix pensò che fosse andata
via, si
sentì tirare dai piedi. Qualcuno la stava facendo cadere dal
letto, ignorando le proteste della ragazza. Cercò di
aggrapparsi
alle lenzuola, ma con insuccesso. Poi, ad un certo punto,
iniziò
lentamente a non percepire più il materasso sotto di
sé
e..
“Ahi!”
Era
per terra a faccia
in giù che guardava delle scarpette graziose. Non aveva
bisogno
di scrutare in volto l’ospite intruso, ormai era sveglia e
comprendeva tutto perfettamente.
“Wellsie.”
Disse con rassegnazione Beatrix.
Cercò
di
alzarsi e per fortuna si ricordò che era nuda. La sua
nudità non era più un problema con William, ma
con sua
sorella la questione era un po’ diversa. Aveva ancora qualche
briciola di pudore. Wellsie afferrò il messaggio e
così
andò a raccogliere le lenzuola e gliele passò.
Beatrix si
arrotolò il panno alla buona, tanto per nascondere le parti
più intime.
“Beeea!!”
urlò l’amica e poi
l’abbracciò forte, tanto
quasi da stritolarla. “Mi sei mancata un mondo.”
Beatrix
si
lasciò coccolare tra le sue braccia, un mese di lontananza e
la
sua amica non era cambiata per niente. Solita esuberanza e allegria
all’ennesima potenza.
“Mi
sei mancata anche tu, Wells. Non sai quante cose ti devo
raccontare.”
Wellsie
si staccò dal suo corpo, permettendole di respirare di nuovo
regolarmente. “Oh, sì. Tante.”
Poi
fece un passo
indietro e le porse una scatola quadrata e abbastanza grossa. Bea la
prese e, appoggiandola sul letto, la aprì. I suoi occhi
brillarono nel vedere il contenuto della scatola.
“Bellissimo.”
Disse prendendo il vestito e rimirandolo bene. Era ocra, semplice, ma
elegante e portava un bel fiocco -grande- rosa.
La
ragazza si girò verso l’amica. “Per
me?”
Wellsie
le sorrise. “Certo, ho mandato ieri Nik a prenderlo. Ti
piace?”
“Stupendo,
non ho parole per descrivere quello che provo. Lo amo.”
Si
avvicinò a Wells e le diede un bacio affettuoso sulla
guancia. “Grazie.”
“Le
amiche fanno
così, si fanno i regali e si rendono felici l’un
l’altra. Noi siamo amiche, vero?” chiese
con quella
vocina puerile, che trasmetteva desiderio di affetto e accettazione. Il
cuore di Beatrix si scaldò, lei e suo fratello erano molto
simili, l’unica differenza era che manifestavano le loro
emozioni
in modo diverso.
“Certo,
migliori amiche.” Rispose Bea.
Wellsie
fece i salti di gioia e poi prese il vestitino. “Vieni. Ti
aiuto a metterlo.”
Dopo
diversi minuti passati a lavarsi, rinfrescarsi e mettersi quel vestito,
finalmente fu pronta per uscire.
Era
davanti allo specchio e si sentiva un’altra persona.
In
passato non aveva
mai avuto bei vestiti, non era una nobile perciò non era
richiesto che vestisse come una nobildonna. Eppure anche in quelle
occasioni in cui aveva indossato vestiti diversi dal solito, come da
Marie o quando William gliene aveva comprato uno, erano diversi da
quello che stava ammirando allo specchio in quel momento.
L’abito
di
Wellsie era un vestito che solo una signora avrebbe indossato, non
c’era niente di provocante, la pelle mostrata era quella che
il
Galateo ordinava. Era semplice, ma straordinario allo stesso tempo.
“Grazie
Wells, grazie ancora. Ti voglio bene.”
“Ti
voglio bene anche io.” Rispose l’amica.
Poi
la prese per mano
ed uscirono nel corridoio. Camminarono in quella struttura che sembrava
diversa dal Fort Charlotte. E, nel mentre, iniziarono a chiacchierare.
“Allora,
queste novità?” esordì Wellsie.
Beatrix
fece un
respiro profondo, cercando di celare quel sorriso sornione che si stava
formando, ma non ci riuscì. “Sei la prima a
saperlo,
eccetto William ovviamente.”
Wells
era molto attenta alle sue parole, sembrava incuriosita. “
Che bello!”
Beatrix
prese una mano
dell’amica e se la portò sulla pancia.
Lasciò la
mano lì, aspettando che Wellsie avesse l’insight.
Gli
occhi di Wells erano sbarrati dall’incredulità.
“No. Non ci credo.” Disse con sgomento.
“Non.”
Pausa.
“Ci.”
Pausa.
“Credo!”
Beatrix
rise dalla gioia. “Sì, invece.”
Wellsie
l’abbracciò, stritolandola un’altra
volta.
“Sono così contenta per te e Will. Quanto
tempo?”
“Bella
domanda. Devo chiedere a William di farmi vedere da un medico per
sapere bene i dettagli della gravidanza.”
Wellsie
era al settimo cielo. “Wow, che notizia. Voglio essere la
madrina!”
“Ovvio,
non potrei chiedere ad altri.”
Avevano
percorso tutto il primo piano e, scendendo al piano terra, erano giunti
nel grande cortile del Forte.
Il
sole era alto in cielo, stranamente era una bella giornata. Una bella
giornata autunnale.
Beatrix
osservò
meglio la fortezza. C’erano delle guardie al grande portone
ed
altre disposte ai lati che proteggevano il confine. Dritti, fermi, con
lo sguardo alto e fiero.
Inglesi..
“Come
vanno invece le cose tra te e Nik?”
“Come
al solito. Tutto fantastico, qualche volta litighiamo, ma niente di
grave.”
Le
sue parole erano
belle, ma la ragazza aveva qualcosa di strano. Come se le stesse
nascondendo delle cose. Beatrix poggiò allora due dita sul
mento
di Wells per vederla bene in viso. “Hey tesoro, che
succede?”
“Niente, questo
è il problema.”
“Non
capisco..” rispose confusa Bea.
“Tra
di noi le cose saranno sempre così, non cambieranno
mai.”
“Come,
no? Vi sposerete..”
Ma
Wellsie la interruppe. “No, non ci sposeremo. William non lo
permetterebbe mai.”
In
quel gran cortile
c’era una lunga panca, usata forse dai soldati per fare
esercizi.
Allora le due ragazze si sedettero e continuarono la conversazione.
“Perché dovrebbe vietarlo? Sa che vi amate e Nik
sembra un
bravo ragazzo.”
Wellsie
si
guardò con tristezza le mani congiunte sul suo grembo.
“Io
e lui abbiamo un rapporto strano. Gli voglio bene e lo ringrazio per
tutto quello che ha fatto per me, ma..”
Alzò
lo sguardo
verso Beatrix. “Cercando di proteggermi da tutti i mali, dal
mondo, mi ha costruito attorno una campana di vetro.”
Bea
rifletté
sulle parole dell’amica, in effetti quella tendenza
all’essere possessivo, geloso e incredibilmente paranoico
l’aveva mostrata anche con lei.
La
sua mente volò dalla pulce. Sarà un buon
papà, pulce mia. Ci proteggerà dai cattivi..
“Wellsie,
tuo fratello conosce bene Nikolas, sa che non ti farebbe mai del
male.”
“Sì,
credo sia il suo migliore amico, od unico amico. Ma.. se io dovessi
sposarmi uno di questi giorni..”
Beatrix
completò la frase per lei. “..lo
abbandoneresti.”
La
ragazza comprese
molte cose in quel momento. Lei aveva dubitato fin
dall’inizio
che dietro quella corazza di ghiaccio che mostrava a tutti,
c’era
altro che il Colonnello Tavington nascondeva. Qualcosa che forse solo
Wellsie conosceva, l’amica faceva fatica a parlare di
quell’argomento delicato, così Beatrix decise di
non
andare oltre. Un giorno avrebbe conosciuto tutti gli oscuri segreti del
suo amato William, ma quel giorno sarebbe stato lui a
raccontarglieli.
Bea
posò le sue mani su quelle di Wellsie cercando di sostenerla
come poteva.
“Vedrai
che capirà come ti senti, devi solo dargli il tempo di
capire lui
cosa vuol dire amare senza riserva. E quel giorno vi sentirete bene
tutti e due.”
Wells
le sorrise,
più felice rispetto a prima. Quella nuvola di tristezza
stava
scomparendo. Continuarono a parlare per ore, raccontandosi aneddoti
divertenti, piccanti, buffi. Discutendo su tutto e tutti senza
barriere. Il tempo sembrava scorrere senza che le due ragazze ne
avessero l’esatta percezione.
“Dovevi
vederlo, cavalcava così fiero e poi..”
Wellsie
incominciò a raccontare un momento di comicità
che
riguardava Banastre e, proprio mentre le due ridevano a crepapelle,
vennero interrotte da una signora.
“Scusate,
posso porvi una domanda? Sono alquanto confusa.”
La
donna non era
anziana, forse sulla cinquantina. Aveva i capelli neri acconciati in
modo sublime, con tanto di diamanti in testa come decorazione. Aveva il
viso candido, doveva essere Inglese, e degli occhi di un nero inteso.
Indossava un abito di alta sartoria, un abito rosso sangue lungo che
copriva le caviglie, decorato con pendagli in oro. Aveva tanti
gioielli: alle dita, ai polsi, alle orecchie e al collo. Doveva essere
una nobile.
Beatrix
si chiese cosa
ci facesse quella bella donna in un Forte pieno di uomini, per di
più durante un conflitto che stava diventando mondiale.
“Dite,
Milady.” Rispose cordiale Wellsie.
“Vengo
dalla Gran Bretagna, sto cercando una persona..”
Poi
si fermò ad un tratto e guardò attentamente
Wellsie. “Lady Tavington?” Chiese sconcertata.
“Credo
vi stiate riferendo a mia madre, Esther.”
La
signora
annuì. “Oh, cielo. La mia cara amica, sventurata
vita la
sua, glielo avevo detto che non avrebbe dovuto sposare quello
sciagurato del marito. Lo avevo capito fin da subito, così
rude
e..”
Beatrix
stava
osservando la scena, sentiva in quelle parole la tipica cattiveria dei
nobili Inglesi padroni del mondo. Wellsie, impaurita, non le aveva
risposto, ma Beatrix, percependo la sofferenza nell’amica
scaturita da quelle parole, decise di interromperla.
“Non
è buona educazione
parlare delle persone che non ci sono, Milady.”
Di
contro, la signora
si voltò lentamente verso quell’interlocutore che
non
aveva considerato fino a quel momento. Dai suoi occhi si vedeva che non
era abituata a prendere ordini spesso. “Avete ragione, le mie
scuse. E, di grazia, il vostro nome?”
“L’educazione
non ha insegne nobiliari. La cafoneria sì.”
La
nobildonna
strabuzzò gli occhi, tanto lo stupore per quelle parole
così dirette verso di lei. La sua bocca si aprì e
poi si
richiuse senza che avesse emesso alcun suono. Era senza parole. Wellsie
guardava Bea con terrore, le suggeriva di stare zitta, eppure Beatrix
continuava a fissarla con la testa alta. Orgogliosa delle parole
pronunciate.
Poi,
all’improvviso, la signora scoppiò a ridere. Una
risata
forte, particolare, molto buffa e di certo bandita dal Galateo.
“Siete
la prima
persona che si rivolge così a me, ammetto di essere a
volte..
sgarbata. Malgrado ciò, nessuno me lo aveva mai detto prima.
Interessante.”
E
continuò a ridere allegramente, stupendo le due fanciulle e
qualche guardia. Dovevano conoscerla evidentemente.
“Allora..
donna del mistero..
mi indichereste la via per entrare in questa struttura? Devo
assolutamente far riposare questi piedi doloranti.”
Beatrix
diede uno sguardo alle sue scarpe: belle, ma scomode.
Che
fastidi essere una nobile!
“Perché
non li togliete? Qui non siamo a Londra, la classe l’avete
abbandonata quando avete lasciato la vostra città
monotona.”
La
signora la
osservò attentamente e poi si guardò in giro.
Senza dire
altro si poggiò su Beatrix e poi si sfilò le
scarpe
camminando a piedi nudi. “Ora, fate strada.”
Wellsie
si alzò
e, insieme a Bea, accompagnarono la donna all’interno.
Wellsie
chiamò una guardia e, una volta scambiate due parole, gli
intimò di portare dentro la nobile.
“È
stato un piacere, Signorina Tavington e voi..”
“Beatrice.”
Disse di getto la ragazza, non aveva usato il suo nome, ma quello con
cui William la chiamava sempre. Non sapeva spiegarne il
perché,
ma Beatrice
lo sentiva diverso da Beatrix.
“Nome
interessante, Beatrice. Me lo ricorderò.”
“Beatrice,
Beatrice, mi piace.” Mentre ripeteva il suo nome allegramente
entrò dentro con la guardia.
Quando
fu lontana, Wellsie la tirò per un braccio. “Ma
sei matta?! Sai chi hai appena insultato?”
Disse
l’amica in modo esagitato.
“No..
chi?” disse noncurante Beatrix.
“La
Contessa Cornwallis!”
Beatrix
rimase pietrificata. “Dimmi che è solo
un’omonimia. Non è imparentata con il
Generale..”
Wellsie
scosse la testa lentamente. “Se le cose non sono cambiate
è ancora..”
Il
sangue di Beatrix si gelò all’istante.
“..sua moglie.”
Ciaoo
a tutte ^^
Ooh...
siamo nel Forte!! William avrà un po' di cose da sistemare e
soprattutto un Generale da affrontare.. intanto Bea ritrova la sua
amica Wellsie, quelle due sono un'ottima squadra e forse aiutandosi a
vicenda riusciranno a risolvere i loro problemi di cuore..
Grande grande novità... una new entry.. Lady Cornwallis!!
Un'amica o una nemica??? ^^
Un bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio
ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 36 *** L’umiliazione ***
capitolo 36
Capitolo XXXVI
L’umiliazione
Wellsie venne chiamata da Bordon, così
Beatrix decise
di fare ritorno in stanza. Aveva ormai visto bene Fort Trox, non era
molto diverso da Fort Charlotte, si sarebbe abituata anche a
quello. La ragazza, dopo vari tentativi, alla fine
ritrovò
la strada della sua stanza.
Una volta dentro si guardò attorno,
era carina tutto
sommato, ma per lei solo il fatto di stare con William bastava a
renderle sopportabile quel luogo. Si sedette sul letto e fece oscillare
le gambe dolcemente. Non c’era molto da fare e lei non sapeva
come riempire il tempo, nell’altro Forte almeno aveva una
mansione da adempiere.
Ma in questa occasione.. quale era il suo ruolo,
come doveva comportarsi con gli altri?
Tavington, come al solito, non le aveva detto
niente, era scappato via senza una parola.
Beatrix allora scese dal letto e decise di
rendersi utile, non poteva passare l’intera giornata a letto!
A Pembroke era abituata ad alzarsi presto la
mattina per
andare ad aiutare sua mamma alla locanda. Samantha era la cuoca
più brava e nessuno in tutto il villaggio riusciva a
batterla in
cucina, per questo erano poche le sere in cui cenavano sole. Sua madre
doveva mandare avanti la locanda perciò aveva lavoro da fare
e
non poteva seguirla più di tanto. Beatrix si era lamentata
dell’assenza di sua madre, eppure aveva ragione lei, la
cresceva
da sola e in qualche modo doveva assumersi i doveri di un padre e di
una madre contemporaneamente.
Per un momento la sua mente creò il
volto di sua
mamma, Tavington l’aveva uccisa e lei lo aveva perdonato
subito,
anzi no, lui non
aveva mai
chiesto scusa. Lo aveva dato per scontato, era il suo incarico e lui
l’aveva portato a termine, neanche una parola per consolarla.
E
lei ora dormiva insieme all’uomo che aveva ucciso sua madre,
come
aveva fatto a dimenticarlo? Solo in quel momento -dopo mesi- aveva
pensato a quel dettaglio.
Allora
è vero che l’amore rende ciechi..
Un suono proveniente da fuori la
riportò al Forte.
Sullo scrittoio di legno accanto alla piccola finestrella
c’era
un orologio, la ragazza diede una sbirciata all’ora.
L’una.
Aveva passato la mattinata con l’amica
ed era volata in
un secondo e Tavington non era ancora tornato. Le aveva promesso che
avrebbero pranzato insieme ed invece ancora nessuna traccia.
Così decise di uscire fuori dalla stanza a cercarlo lei,
come
diceva il motto ‘Se Maometto non va alla montagna, la
montagna va
da Maometto’. Appena fuori si trovò nella stessa
situazione di poco prima, quella struttura era un labirinto, avrebbe
impiegato un po’ a prendere l’orientamento.
Lei si trovava al primo piano, al piano terra
aveva visto la
cucina e le stanze del personale. Perciò il Colonnello
doveva
essere in quel piano, in una di quelle stanze.. ma quale?
Alcune erano camere da letto degli Ufficiali,
perché i
soldati semplici dormivano in brande al piano terra, così le
aveva detto Wellsie.
Poteva aprire tutte le porte fino a trovare
quella giusta?
Ci rifletté un secondo, dopotutto era
pomeriggio, non
doveva esserci nessuno in camera quindi non avrebbe trovato nessuno.
Fece proprio quello, ne aprì una prima
e vide una
stanza simile alla sua, così la richiuse.
Continuò ad
aprire diverse porte e in nessun caso con successo, ormai si trovava
alla fine del corridoio, ne rimaneva solo una.
Girò la maniglia, riponendo in
quell’ultima camera le speranze che rimanevano.
Quello che vide la lasciò senza
parole. C’erano due uomini nudi e loro stavano..
“Oddio, scusate.. H-ho sbagliato..
scusate..” si
tappò gli occhi e si chiuse subito la porta alle spalle. Non
attese nemmeno che le rispondessero, scappò via.
“Che figura.. dovevo bussare..
chissà cosa avranno pensato!”
Era ancora scossa per quello che era appena
successo, senza
altre porte da aprire era scesa al piano terra dove sapeva
già
che non avrebbe trovato niente di utile.
Era vicina al crollo definitivo.
Aveva controllato due piani, dove poteva andare?
Uscì
nel cortile e notò che una guardia la stava guardando con
insistenza, forse per il vestito –anzi, sicuramente era
quello,
non era mai stata una ragazza con la fila di ammiratori. Si sentiva un
po’ a disagio per le sue occhiate poco discrete, se Tavington
fosse passato di lì si sarebbe arrabbiato con lei,
già.. se
solo lo avesse trovato.
Dove sei?
Stava per tornare dentro e chiudersi in stanza
per tutto il
giorno, quando le venne in mente un’idea geniale. Forse
avrebbe
potuto mettere in pratica le lezioni di seduzione di Marie, almeno
quelle occhiate che il ragazzo le volgeva sarebbero servite a qualcosa.
Così si sistemò
l’abito, i capelli e poi si diresse verso la guardia.
“Hey, ciao. Io
sono..” prese un ricciolo dei capelli e ci giocò
con malizia. “..Beatrix.”
Il ragazzo diventò rosso e
abbassò diverse volte lo sguardo verso il basso.
“Piacere, Miss.”
“Come ti chiami?”
Si morse il labbro e poi rispose.
“Mark, Mark Guter.”
Beatrix gli fece gli occhi dolci, poi
appoggiò le mani sulla sua giacca rossa.
“Mark, che nome carino.” Si
avvicinò al ragazzo. “Proprio come te.”
Lui tentennò, scosso. “Anche
voi siete carina, molto carina.”
Beatrix sapeva di aver fatto colpo su di lui,
perciò forse avrebbe condiviso qualche informazioni con lei.
“Ho bisogno di un favore, Mark. Mi
aiuteresti?” chiese arricciando le labbra.
“Certo, tutto quello che volete, Miss
Beatrix.”
Lei gli sorrise e poi si staccò da
lui. “Bene, sto cercando il Colonnello Tavington.”
Il ragazzo tremò nel sentire
pronunciato il nome di William, era così terribile?
“Siete sicura?”
Beatrix annuì.
“Sì, è urgente.”
Lui allora si sistemò il colletto
della giacca e poi
rispose. “In questo momento ha una riunione con i
Generali.”
“Perciò non posso
disturbarlo?” disse la ragazza, cogliendo
l’antifona.
Mark scosse la testa. “No.”
“Dove si sta svolgendo questa
riunione?”
Il soldato ruppe la linea e la prese per mano, si
spostarono
di qualche metro e infine le indicò qualcosa.
“Dovete
raggiungere l’altra ala del Forte, seguite questa
strada.”
Beatrix memorizzò bene le informazioni
e poi lo ringraziò. “Sei stato molto gentile,
Mark.”
E, per ringraziarlo veramente, gli
baciò una guancia con affetto.
Il ragazzo le sorrise e poi lei si
incamminò, seguendo la strada indicata da Mark.
Ecco perché non era riuscita a trovare
la stanza che
voleva! Si trovava nel lato opposto della struttura. Questo posto era
diverso dall’altro, più sfarzoso e
c’erano tante
candele, sebbene fosse giorno, specchi e arazzi. Diversi soldati erano
in piedi ai lati, nessuno le disse niente, come se non ci fosse.
L’atrio era grande, non sentiva nessun
rumore, eccetto qualche voce in lontananza.
Decise di seguire quella scia di sottofondo e
così si
trovò di fronte ad un grande portone in ottone.
Lì
davanti sostavano due guardie armate che, dalle occhiate glaciali che
le mandavano, non l’avrebbero fatta passare facilmente senza
una
scusa plausibile.
“Devo vedere il Colonnello
Tavington.” Esordì la ragazza.
La guardia a destra dai capelli ramati la
squadrò in
due secondi. “Non credo proprio. Chi sei, una delle sue
puttane?”
Beatrix si offese per quelle parole lanciate dal
soldato,
come si permetteva di giudicarla senza nemmeno conoscerla?
“Che
ne sapete voi, siete per caso una di loro?”
L’altro titubò preso in
contropiede, ma alla fine si riprese.
“Le donne non entrano,
ragazzina.” Sentenziò con tono che non ammetteva
repliche.
Beatrix pensò ad una scusa per
passare, spremé le meningi.
“Nemmeno se questa ragazzina
è la dama di compagnia della Contessa Cornwallis?”
Disse alzando un sopracciglio.
Ora cosa
rispondi?
La guardia lanciò uno sguardo al
collega in cerca di consiglio, così l’altro per la
prima volta intervenne.
“Rys, lasciala passare. Se dice il vero
finiremo nei guai, in caso contrario saranno loro a sbatterla
fuori.”
L’amico non sembrava ancora sicuro che
fosse la cosa
giusta. “Va bene, ma prima voglio accertarmi che dice il
vero.”
Fece spazio per farla passare e poi
entrò con lei.
La stanza non era molto grande, ma
c’erano tanti
Ufficiali, faceva fatica a distinguerli in quelle giacche rosse tutte
uguali.
Loro erano entrati, ma nessuno aveva notato la
loro presenza, troppo presi dai loro discorsi.
Al centro si trovava un tavolo lungo con attorno
gli Ufficiali e Cornwallis era l’unico che camminava avanti e
indietro.
Beatrix non riusciva a capire dove volesse
portarla la guardia, poi lo capì.
In una sedia seduta in un angolo c’era
la Contessa.
Ora sono nei
guai..
Si avvicinarono alla signora e poi, dopo un
inchino, la
guardia le parlò. “Contessa, questa donna dice di
essere
la vostra dama di compagnia. Vuole parlare con il Colonnello
Tavington.”
La Contessa lo squadrò con disgusto,
forse abituata a quel tipo di
-viscidi- individui.
Poi il suo sguardo cadde su Beatrix, era davvero nei guai. Tavington si
sarebbe arrabbiato ancora di più quando l’avesse
vista.
Trattenne lo sguardo sulla donna e così fece lei.
La Contessa sorrise. “Ebbene, non
capisco dove sia il problema.”
La guardia indicò Beatrix agitando le
mani
nervosamente. “Contessa, lei non può accedere
senza
permesso.”
La signora si alzò e
fronteggiò l’uomo.
“Mi state dicendo che devo chiedere a mio marito il permesso
per
far entrare le mie ancelle?”
La guardia abbassò lo sguardo e poi si
arrese. “Scusate Contessa, non avevo capito che
fosse..”
“Bé, ora lo
sapete.” Lo zittì lei, infastidita.
L’uomo fece un inchino.
“Certamente, Contessa. Scusate ancora.”
Lanciò un ultimo sguardo schifato a
Beatrix e poi uscì dalla stanza.
La Contessa si sedette nuovamente e poi le
indicò la
sedia accanto che era libera. Beatrix fece come detto e si
accomodò. “Grazie, non dovevate.”
La donna la guardò sorridendo.
“Sono abituata a fare quello che voglio, volevo farlo,
Beatrice.”
La fanciulla ricambiò il sorriso e
ringraziò
mentalmente la Divina Provvidenza di averla aiutata un’altra
volta.
“Cosa vuoi da Tavington,
quindi?” chiese curiosa.
Beatrix non sapeva ancora se poteva fidarsi della
donna, che interessi
aveva di stare dalla sua parte? Sicuramente l’aveva aiutata
per
un suo capriccio personale. Decise di non dirle la natura del suo
incontro.
“Niente di importante. Un messaggio da
sua sorella.”
La donna la guardò increspando le
labbra, dubitava forse delle sue parole?
“Capisco.”
Poi ritornarono ad osservare il chiacchiericcio
dei soldati,
alcuni parlavano animatamente, altri erano più timidi.
C’era comunque confusione, si faceva fatica a capire sempre
tutto
e in più i loro discorsi erano difficili da seguire, troppo
tecnici.
Beatrix cercò William.
Era vicino a Banastre e nessuno dei due
l’aveva vista
entrare. William era quello che interveniva di più ed era
anche
quello che faceva contrariare di più il Generale.
“Dobbiamo continuare a seguire la linea
offensiva, My Lord. È una vittoria regalata.”
Disse il Colonnello.
“Voi siete sempre così
sicuro di voi,
Colonnello. Hanno colpito i nostri approvvigionamenti per la seconda
volta, dobbiamo risparmiare risorse per questi ultimi mesi, almeno fino
a quando non ci riforniranno di nuovo.” Rispose il Generale.
William si alzò dalla sedia.
“Stiamo perdendo
un’occasione unica di farli soccombere, è da
stupidi
ritirarsi.”
Il Generale scosse la testa, come se quelle
discussioni con il Colonnello fossero per lui una routine.
“Non voglio il massacro di Harlem
Heights, Tavington.”
William alzò gli occhi in cielo.
“Leggete i miei
resoconti, Generale, non c’è stato nessun
massacro. Hanno
gonfiato la faccenda perché non possono accettare di aver
perso,
sebbene fossimo stati noi in inferiorità numerica.”
Lord Cornwallis lo guardò
attentamente. “Certe volte bisogna anche accettare di non
poter vincere tutte
le battaglie. Lo capireste anche voi se non pensaste solo alla fama e
gloria.”
William non abbassò lo sguardo, non si
fece abbattere dal Generale, anzi replicò senza
tentennamenti.
“Combatto per la vittoria, non la
gloria. Devo ricordavi che alla fine ho vinto Harlem
Heights?” disse con un ghigno soddisfatto.
“La prossima volta aspetterete miei
comandi.” Disse lentamente Cornwallis, come fosse una
minaccia.
A quel punto il Generale O’Hara, che
affiancava Cornwallis, si intromise nella loro discussione.
“Sembra tanto che il Colonnello
Tavington preferisca seguire i suoi
ordini.”
Si misero tutti a ridere, anche Banastre rise
sotto i baffi, sebbene fosse più discreto.
“Colonnello Tavington.”
Riprese le fila Cornwallis. “Farete come voglio io, non
attaccherete Charleston ora. Sono stato chiaro?”
William chiuse i pugni forte, ma -fortunatamente-
non rispose
ed invece fece l’inchino con la testa e poi sedette
nuovamente.
Tutti parlottavano di nuovo e fu difficile per
Beatrix
origliare la conversazione tra Ban e William, stavano discutendo da un
po’, allora lei si concentrò solo su di loro.
Banastre stava sghignazzando e poi si rivolse al
collega.
“Ti stimo, William. Sei l’unico che lo sfida
così
apertamente, lo sai amico che non sei nelle sue grazie?”
Tavington grugnì. “Non ho
nessuna intenzione di
accattivarmi Cornwallis, le mie battaglie parlano da sé,
Banastre.”
L’amico gli batté una pacca
sulla schiena.
“Tu, amico, non gli piaci. Io sì,
invece.” Disse
soddisfatto.
Tavington lo guardò di traverso, ma
poi sorrise. “Perché tu non gli dici quello che
pensi.”
“Vero.” Poi risero.
La ragazza aveva stretto i pugni forte quando
aveva ascoltato
la discussione tra il Generale e William e in tutto quel momento non si
era accorta dello sguardo attento della Contessa. “Non mi
vuoi
ancora dire il motivo che ti ha condotta qui?”
Beatrix staccò gli occhi da William e
si voltò verso la donna. “Ve l’ho detto
prima.”
La donna prese una mano tra le sue e la
accarezzò. “Intendevo il vero
motivo.”
Beatrix sbuffò, non voleva cedere, ma
la Contessa riprese.
“Forse ho capito tutto.”
Disse, mentre le accarezzava le dita, in particolare..
La ragazza tirò via la mano, ma troppo
tardi. La Contessa, infatti, aveva già notato il suo anello.
“Davvero prezioso e anche molto raro da
trovare.” Continuò sibillina la donna.
“La mia migliore amica ne possedeva uno e, che io sapessi,
era l’unica
proprietaria.”
Beatrix pensò a qualche scusa
credibile, ma più
rifletteva e più capiva che era tutto inutile, si sarebbe
incasinata ulteriormente.
Visto il suo silenzio, la Contessa
proseguì. “Devo presumere che tu sia una ladra
o..?”
“Vi prego.. è una cosa
complicata.”
La donna si sistemò meglio sulla sedia
per poterla scrutare più adeguatamente.
“Ho visto come lo guardi, non ci vuole
tanto a capire
che sei innamorata di lui.” Poi fece una pausa, continuando
ad
osservare il suo volto.
“I tuoi dubbi infatti non sono sui tuoi
sentimenti, ma i suoi.”
Beatrix abbassò la testa e si
guardò le mani in
cerca di parole, non aveva voglia di discutere sul loro rapporto.
“Io e lui siamo diversi, troppo. Io non sono una
nobile.”
La Contessa prese con le dita il suo mento e le
alzò
lo sguardo. “Conosco molte persone che stanno insieme sebbene
appartengano a ranghi differenti, hanno rinunciato a qualcosa, ma non
è impossibile.”
Beatrix si sentì meglio, non era poi
così male parlare con lei. “Voi non conoscete bene
William.”
“Oh, io conosco molto bene il
Colonnello e anche suo padre.”
Se nel pronunciare la prima parte le erano
brillati gli
occhi, nel nominare il padre aveva fatto una smorfia disgustata. Si
ricordava le parole di William, era un uomo violento e terribile, la
ragione per cui lui e Wells erano scappati di casa.
“William non è cattivo come
sembra, almeno non
sempre. A volte sa essere così dolce e premuroso e
sarà
un ottimo padre.” Disse con amore Beatrix, accarezzandosi il
ventre.
La Contessa le sorrise, aggiungendo anche la sua
mano al tocco. “Quindi è vero che sei
incinta..”
“Lo sapevate?” chiese stupita
la ragazza.
“Dubitavo, ti tocchi spesso la pancia
in modo protettivo. Lui lo sa?”
“Sì, e non è
sempre contento di diventare papà.”
Beatrix ripensò a quei momenti in cui
rifiutava la pulce. “Ci lavorerò su.”
“Non ne ho dubbi.”
Affermò sinceramente la Contessa.
Beatrix avrebbe voluto continuare a parlare con
la signora, si stava affezionando a lei, era così dolce e
affettuosa.
Purtroppo vennero interrotte, poiché
le sedie vennero
scostate rumorosamente, sembrava proprio che la riunione si fosse
completata.
Molti uscirono, Beatrix non sapeva cosa fare, non
aveva mai
girato mano nella mano con William. E poi lui non voleva che lei si
comportasse in modo troppo amichevole con lui davanti agli altri,
allora decise di mantenere un profilo basso. Salutò la
Contessa
ed andò da William.
“Siete stato meraviglioso, Colonnello
Tavington.”
Lui le stava dando le spalle, era impegnato a
informare i
suoi uomini degli spostamenti da fare. Sentì la sua voce, ma
non
interruppe il suo discorso, la ignorò. La ragazza allora
attese
che lui finisse, senza continuare a parlare.
Ma ad un certo punto, il Generale
O’Hara fece un passo verso di lei.
“Che maniere, Colonnello, avete
un’ammiratrice e
la trattate così. Non capisco come facciate ad avere
così
tante donne al seguito.”
Tavington congedò il suo uomo e si
dedicò alla ragazza e al Generale.
“Le faccende di guerra vengono prima,
Generale.”
Rispose seccato, portandosi dietro il rancore per la cosa che
O’Hara aveva detto prima.
“Chi è questa bella
fanciulla, Colonnello?”
William guardò Beatrix e poi il
Generale. “Lei è.. Beatrix.”
O’Hara storse il naso, non era quella
l’informazione che voleva e non era nemmeno quella che
desiderava
sentire la ragazza.
Lei lo conosceva bene, a differenza degli altri
sapeva
captare i suoi cambiamenti d’umore. In quel momento era in
imbarazzo e non sapeva come uscirne ed era chiaro che non voleva
raccontare di loro, così l’aiutò lei.
Diede un calcio al suo orgoglio e al suo cuore ed
esordì. “Io e il Colonnello condividiamo solo il
letto,
Generale. Traete voi le conclusioni su chi sia per lui.”
Beatrix aveva nominato O’Hara, eppure
guardava fisso
William e lui ricambiava lo sguardo. Tavington sapeva che
quella
frecciatina era rivolta a lui.
“Perché sei qui?”
chiese William, ignorando la presenza dell’altro.
“Non siete venuto per pranzo, come
avevate promesso,
allora sono venuta io da voi.” Rispose la fanciulla,
mantenendo
il tono distaccato.
“Avevo da fare, avresti potuto supporlo
da sola senza scomodarti a venire fin qua.” Disse glaciale
Tavington.
“Mi mancavi..”
confessò Beatrix, cedendo e facendo crollare così
le sue barriere.
“Va’ in stanza, Beatrice. Ci
vedremo stasera.” Replicò il Colonnello.
O’Hara si sentì un intruso e
così fece per andare.
“Non andate, Generale, me ne vado via
io. Sembra che la mia presenza non sia gradita qui. Evidentemente sono
fonte di.. imbarazzo
per il Colonnello.”
Lui non aveva ceduto nemmeno un secondo, la
guardò truce per tutto il tempo.
“Questo non è luogo per te,
Beatrice. Lasciami fare le mie cose.”
“Oh.. e quale sarebbe il mio posto? Il tuo
letto?” domandò alzando la voce.
“Ti stai rendendo ridicola e il
Generale non ha voglia
di sentire le idiozie che escono dalla tua bocca.” La
redarguì lui.
“Magari il Generale è
interessato a sentire le avventure del Colonnello Tavington quando cala il buio, o
forse potrei mostrargliele
direttamente.” Rimbeccò, facendo
l’occhiolino a O’Hara.
Un attimo prima rideva soddisfatta e un attimo
dopo si ritrovava con una mano sulla guancia.
William le aveva tirato uno schiaffo forte in
pieno viso, una
cosa che non faceva da tanto tempo. Sentì la guancia
diventare
poco a poco calda e rossa ed una lacrima scese silenziosamente, senza
emettere suono.
“Ora. Torna. In stanza.”
ripeté lentamente Tavington, questa volta era un ordine
però.
L’umiliazione per quella scena non le
fece dire altro,
lo guardò con gli occhi colmi di lacrime e così
si
accorse che tutti stavano fissando loro e lei. Avevano sentito tutto,
si sentiva così umiliata, avrebbe voluto seppellirsi viva.
Guardò lui, che la fulminava senza
pietà, era molto arrabbiato e questo le fece venire i
brividi.
Aveva paura..
“Mi dispiace..” disse con la
testa china e le lacrime che continuavano a scendere senza sosta.
E poi uscì via, correndo.
*
spoiler *
“Anch’io
ti amo, di più di quello che vorrei.” La
interruppe
lui. “Ma non potrò mai essere per te quello che
vuoi che sia. Non posso
annullare la mia vita per assisterti ogni secondo. O accetti che sono
questo o..”
Lei trasse da
sé la conclusione. “..o è
finita.”
Ciaoo
a tutte ^^
Allora, ditemi un po' vi piace la Contessa? Vi
anticipo che
nel prossimo capitolo avrà un ruolo centrale, ma che
influenza
avrà.. positiva o negativa? :)
William ha intanto reagito male all'arrivo di Beatrix.. o forse era
già un po' nervosetto da prima? Dopotutto la discussione con
il
Generale lo aveva lasciato con i nervi tesi e poi... eccola
lì
che arriva lei. Ha beccato il momento giusto poveretta.
Un bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio
ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 37 *** L’amore basta? ***
capitolo 37
Capitolo XXXVII
L’amore basta?
Tavington l’aveva vista andare via e
non aveva fatto niente per fermarla.
Era arrabbiato per vari motivi e lei aveva reso
quella giornata ancora più stressante. Perché era venuta?
Con tutti i posti dove poteva andare era proprio
andata da
lui. Il loro teatrino aveva catturato l’attenzione di molti e
William era abituato a quel tipo di sguardi, il suo essere sanguinario
aveva portato gli altri suoi commilitoni Inglesi a guardarlo con
circospezione.
E adesso era al centro della stanza, affiancato
ancora da O’Hara, con tutti gli occhi puntati su di lui.
Il Generale non aveva preso in simpatia il
Colonnello e
questo William lo aveva capito bene, cercava in tutti i modi di
mettergli il bastone nelle ruote e quello che era successo poco prima
era anche colpa sua.
“Allora Generale, avete altro da
chiedere?”
domandò stizzito Tavington, mantenendo comunque il rispetto
che
si deve ad un Superiore.
L’altro sorrise beffardo.
“No, ho capito tutto,
Colonnello.”
E così se ne andò.
Quando Tavington pensava di essersi liberato di
tutte le scocciature, giunse una donna. Quella donna.
“Liza, non incominciare. Ti
prego.”
La Contessa si avvicinò con cautela,
sapeva che quando
William aveva l’umore nero era meglio trattarlo
delicatamente.
“Vedo che le buone maniere che ti ha insegnato tua madre te
le
sei già dimenticate.”
“Scusate.. Contessa Cornwallis,
sono addolorato per la mia deplorevole condotta.” E fece un
inchino come si addice ad una nobile potente. Poi lui le porse il
braccio che lei accettò volentieri.
Una donna di buona famiglia non poteva farsi
vedere da sola
con un uomo, c’era sempre una dama di compagnia per evitare
voci
ingiustificate. Ma Elizabeth Cornwallis era da sempre stata una donna
fuori dagli schemi, non solo aveva battuto il record per aver
licenziato venti dame in un solo mese. In più, lei si
occupava
delle faccende del marito, a differenza delle altre nobildonne Inglesi
che erano rimaste a Londra, lei invece aveva voluto seguire Charles in
America.
Era stato duro per lei cercare di abituarsi alla
routine del marito, ma per amore lo aveva fatto.
“Non mi piace quello che ho visto,
William.” Lo ammonì la signora.
“La questione non è semplice
come sembra.”
Stavano camminando fuori nel corridoio, ma
William si fermò subito, non volle uscire fuori.
“Mi piacerebbe mostrarti questo Forte,
Liza. Ma i
doveri mi chiamano.” Concluse in modo sbrigativo. Conosceva
bene
quella donna da anni e sapeva quanto fosse impicciona. Se le avesse
permesso di venire a conoscenza del suo rapporto con Beatrix, non ne
sarebbe più uscito.
Tavington non era uno stupido, sapeva che avrebbe
dovuto
chiarire più tardi con la ragazza -forse in serata.
Perché c’erano delle cose che andavano chiarite
prima che
quella piccola conversazione divenisse una tragedia.
“William, ascoltami, non fare come tuo
padre.”
Tavington si girò a guardarla in faccia, sentir nominare il
padre che tanto odiava lo faceva innervosire. Ma Elizabeth
continuò il suo discorso, aveva infatti
l’attenzione
totale del Colonnello.
“Lei ti ama e tu puoi pensare di avere
ragione quanto
vuoi, ma l’hai ferita. Lei si fida di te ed è
chiaro come
l’acqua che farebbe qualsiasi cosa per te.”
William sbuffò, odiava quando qualcuno
gli faceva la
paternale, lo detestava quanto l’essere richiamato
all’ordine.
Ma la Contessa non demorse, lo afferrò
per un braccio e lo trattenne vicino a lei.
“Non abusare del suo amore, hai
l’occasione di essere un uomo migliore di tuo
padre.”
William rifletté sulle sue parole, che
in cuor suo
sapeva essere giuste, ma in quel momento era ancora turbato per la
discussione precedente, doveva parlare con Beatrix dopo aver meditato
quello da dire.
Altrimenti quella sera avrebbero rovinato il loro
rapporto per sempre.
Tavington stava per andarsene via, ma un pensiero
lo fece voltare nuovamente verso la donna.
“Non sono sicuro di essere pronto ad
aprire per sempre
le porte del mio cuore a lei. So che lei mi ama e penso -e sono sicuro-
di amarla anche io. Eppure certe volte quando mi raffiguro un futuro
ipotetico con lei, il mio mondo inizia a vacillare, lo sai anche tu
come funzionano le cose nel nostro mondo, Liza.”
Lei annuì, conoscendo i suoi dubbi
perfettamente.
“Comprendo le tue preoccupazioni, ma Beatrice è
incinta,
ormai è tardi per pensare a queste cose. Quel bambino non
merita
di essere lui la vittima del vostro gioco, ti consiglio di riflettere
bene sulle tue scelte e di prendere una decisione presto.”
“Lo so.”
Dopo aver salutato con un bacio sulla guancia la
donna,
Tavington rientrò nella stanza per finire di sistemare le
ultime
cose con Cornwallis.
Beatrix uscì da quella stanza
piangendo, con la testa
china cercando di evitare qualunque persona. Avrebbe voluto andarsene
via e gettarsi tutto il mondo alle spalle, ma non poteva. William le
aveva detto, anzi no ordinato
di tornare in stanza.
Dopo l’umiliazione di poco prima,
avrebbe dovuto fare come diceva?
La ragazza era nel totale sconforto, si sentiva
demoralizzata
e a pezzi, le sue parole erano state come una doccia fredda e le
avevano perforato il cuore.
Il tono che aveva usato indossando la maschera di
ghiaccio
l’aveva fatta sentire un’estranea, qualcuno senza
valore
per lui.
E come poteva lei giudicare correttamente quello
che era appena successo?
Beatrix si trovava ancora in quell’ala
del Forte, non
era ancora andata via. Almeno in quel posto dove
l’alterità regnava, poteva starsene da sola senza
avere
gli occhi degli altri addosso. Chissà come
l’avevano
etichettata gli uomini di Tavington. Ripensò alle parole
della
guardia..
“Non
credo proprio. Chi sei, una delle sue puttane?”
Forse aveva ragione lui, che senso aveva
continuare quella battaglia con William, se poi per gli altri era
nessuno?
Si trovava ora nel grande atrio sontuoso, piegata
sulle
ginocchia con la testa tra le gambe. Tutte quelle luci le stavano
facendo venire la nausea, tutto così finto.
Ad un certo punto, qualcuno interruppe il suo
pianto solitario. Una mano sfiorò con delicatezza il suo
braccio.
“Non ti abbattere così,
tesoro.”
Lei tirò su con il naso e poi
guardò la
Contessa con gli occhi pieni di lacrime. “Lo so, ma piangere
mi
fa liberare.”
La donna le porse un fazzoletto che lei accolse
gentilmente.
“Grazie.” Si
soffiò il naso.
“Piangere non serve a niente, non
cambia le cose. Ma io
so cosa può far cambiare quel tuo volto triste,
Beatrice.”
Rispose teneramente, pizzicandole leggermente le guance paffute.
“Cosa?” chiese Beatrix
curiosa, alzandosi in piedi.
“Sono sicura che un bel piatto caldo
sia un buon inizio, che ne dici?”
Beatrix le sorrise. “Grazie.”
La Contessa l’aveva portata al secondo
piano e
così lei scoprì che era quello il luogo dove
risiedeva la
donna. La sua stanza era imparagonabile rispetto a quella della
ragazza, era forse tre volte più grande della sua.
Per descriverla, lei doveva rivoluzionare il
termine di
opulenza. Beatrix era convinta che la maggior parte delle cose presenti
in quella camera provenissero proprio dalla Gran Bretagna,
perché altrimenti non poteva spiegarsi la loro presenza in
un
Forte popolato solo da militari. E poi c’era il tocco della
Contessa.
Un grosso letto si trovava a destra appena
entrati, lenzuola
di seta e ricamate finemente abbellivano il letto. Poi
c’erano
diversi comodini, tappeti orientali, tavoli, specchi,..
Quella stanza portava poi ad un’altra
adiacente, sempre occupata dai Cornwallis, almeno così
dedusse Beatrix.
E fu proprio lì che la condusse la
Contessa, probabilmente era la sala da pranzo.
Non ci volle molto affinché arrivasse
il cibo, infatti
cinque cameriere avevano già apparecchiato la tavola e
stavano
portando le pietanze.
Iniziarono a mangiare. “Così
è qua dove vivete, Contessa?”
“Ti prego, chiamami Liza, tanto siamo
sole.”
“Va bene, Liza. Ho dovuto ricredermi su
di te, ti avevo
giudicata male all’inizio.” Disse Beatrix e poi
prese
qualche foglia di insalata con la forchetta e la mangiò.
“Immagino, il mio carattere non piace a
molti. Eppure
quando sei una donna potente puoi essere anche la più
antipatica.. ti faranno lo stesso i piedi.”
Beatrix spezzò un pezzo di pane e lo
bagnò nel
sughetto. “Chissà che senso di potere ti
dà essere
una donna nella tua posizione, puoi fare quello che vuoi.”
Liza mangiava in modo composto: la schiena
dritta, i gomiti
non toccavano il tavolo, le mani non si sporcavano. Era la classe fatta
persona, invece la ragazza pranzava come era abituata a farlo, in modo
pressoché spartano.
“Sì, è
bello.” Rispose in modo
semplice la donna, ma un’ombra le offuscò quel bel
volto
sorridente.
“Sei sempre stata una
nobile?” chiese con ingenuità la fanciulla.
“Sì, certo, altrimenti non
avrei potuto sposare Charles.”
Beatrix pensò così alla sua
situazione con
Tavington, già.. non era una nobile, come poteva pensare di
poterlo sposare?
La Contessa ebbe sentore del cambiamento
d’umore.
“Mio marito è molto differente rispetto a William,
la sua
è una delle famiglie più potenti della Gran
Bretagna. I
Tavington non godono più di quel prestigio di cui godevano
in
passato.”
Beatrix fu incuriosita dalla piega che stava
prendendo il discorso. “Perché?”
“Esther, la madre di William, era la
mia migliore
amica, e lo è tuttora. I suoi genitori erano i Duchi di
Whitby,
avevano una certa influenza alla corte del Re. Il destino sventurato ha
voluto però che si innamorasse di Lord Jack Tavington, di
buona
famiglia, niente da ridire. Il problema erano le voci che giravano su
di lui, era un uomo affascinante, con un’indole
però
particolare.”
Beatrix era catturata da quel discorso, era
curiosa di
sentire la storia di William. Ma la Contessa faceva diverse pause, ogni
volta che entrava qualcuno a prendere i piatti e portarne altri, lei si
interrompeva. E poi proseguiva tranquilla.
Mentre la ragazza riempiva lo stomaco con del
brodo, Liza continuò.
“Il loro fidanzamento fu molto veloce,
si sposarono nel
giro di pochi mesi, anche perché Esther era incinta del
piccolo
William. Io sono convinta, ancora adesso dopo trent’anni, che
avrebbe pensato bene alla faccenda del matrimonio se non fosse rimasta
incinta. Sai, la gente parla e lei a quel tempo doveva giustificare
quella gravidanza inaspettata.”
La Contessa, finito il brodo, appoggiò
il cucchiaio sul tavolo.
“Esther mi confidava tutto, almeno fino
al giorno in
cui ha sposato Jack. Era così innamorata, niente avrebbe
potuto
ostacolarla, ma lei aveva gli occhi dell’amore, non riusciva
a
capire che quello che Jack le mostrava era solo una facciata. Aveva
messo su una bella sceneggiatura e lei scoprì la
verità
solo dopo il matrimonio, quando oramai Rien ne va plus, les jeux sont
faits.”
Una cameriera prese il piatto di Beatrix e infine
portò un dolce alla panna.
Oh, Bea ama i
dolci!
“William mi ha raccontato qualcosa di
loro e anche
Wellsie, ma sua madre non poteva fare più niente? I suoi
genitori..?”
Il dolce era così buono e soffice, un
paradiso. Ma lo sguardo di Liza si fece duro.
“I suoi genitori non tolleravano Lord
Tavington,
sebbene non fosse uno squattrinato, perciò quando lei decise
di
sposarlo chiusero le loro porte a lei per sempre. Esther
ereditò
la sua dote che poi Jack consumò nel primo mese di
matrimonio al
gioco. Era sempre più disperata e io volevo aiutarla, ma
cosa
avrebbero pensato gli altri? Erano diventati come la peste a Corte e
lei si vergognava a tornare perché sapeva avrebbe visto i
suoi
genitori.”
La ragazza finì il dolce e
guardò Liza.
“William è riuscito a scappare via però
e portare
con sé Wellsie, lei infatti pensa che i suoi genitori siano
morti. Faranno mai ritorno a casa?”
La Contessa sorrise tristemente. “Non
credo, almeno
finché c’è Jack. Pensa, non ha permesso
a Esther
nemmeno di andare al funerale dei suoi genitori, però i suoi
soldi se li è presi!” disse contrariata Liza.
Beatrix era dispiaciuta per le vicende sventurate
del Colonnello, adesso capiva i suoi modi. Almeno in parte.
“Ho voluto raccontarti queste cose
perché sono
convinta che tu sia l’unica persona che possa salvare
William.
Non lo avevo mai visto così innamorato, lo so che
è duro,
ma sta’ vicino a lui. Ha bisogno di qualcuno che gli dia
affetto,
se è un uomo rude delle volte, lo è per via del
padre.
Spero che avendo sentito questa storia, tu comprenda il suo
atteggiamento e spero con tutto il mio cuore che tu possa perdonarlo,
Beatrice.”
La ragazza stava di nuovo per piangere, si
sentiva in colpa
per William e aveva un ardente desiderio di andare da lui e
abbracciarlo forte.
Oh, William,
anche se mi fai soffrire, ti amo così tanto!
“Lo farò, Liza. Grazie
mille, si vede che ci
tieni a Esther e alla sua famiglia, io amo William e farò in
modo di venirgli incontro, perché non voglio
perderlo.”
Disse con convinzione Beatrix.
“Così che si
parla!”
La ragazza ringraziò ancora la donna
per il pranzo e
poi andò da Wellsie. Passò con lei il pomeriggio
a
parlare, raccontandole le ultime novità. E quando poi si
fece
tardi si incamminò verso la sua stanza.
Beatrix aveva paura a rientrare nella stanza, si
ricordava
bene gli occhi di Tavington com’erano quando si erano rivolti
a
lei. Il pomeriggio con Liza le aveva fatto vedere la situazione in modo
diverso.
Dopotutto anche per lei doveva essere difficile
essere la consorte di un Generale.
Beatrix non avrebbe dovuto comportarsi
così, ma ormai
era tardi piangere sul latte versato. Non era una bambina, era un
adulto e, come tale, doveva assumersi le sue responsabilità.
Fece un grande respiro e poi girò la maniglia.
La porta cigolò emettendo un rumore
che la faceva tremare tutta, in ogni caso si fece coraggio ed
entrò dentro.
Chiusa la porta, si mosse titubante
nell’oscurità dello spazio. Notò che il
locale era
nell’ombra assoluta, fatta eccezione per una candela accesa
sullo
scrittoio. Il buio non l’aiutava nell’individuare
bene i
contorni delle cose, ma il suo sguardo chiaramente stava cercando
Tavington.
All’improvviso altre due candele si
accesero e
così la ragazza poté vedere William. Era in piedi
vicino
allo scrittoio. Aveva i capelli slegati, leggermente spettinati, la
camicia era aperta e lasciava intravedere il suo petto muscoloso.
“Ti sei calmata?” disse
atono, dando le spalle.
La sua voce così piatta non le faceva presagire niente di
buono.
Beatrix cercò di calmarsi e trovare le
parole giuste
per evitare un disastro, ma la sua mente parlò per lei.
“È stata colpa tua, non hai mantenuto la
promessa.”
Tavington si girò d’un
tratto e così Bea poté vedere in volto i
sentimenti che lo attraversavano.
Era arrabbiato e, forse, la frase che lei aveva
appena pronunciato aveva peggiorato le cose.
“Colpa
mia?” domandò lui, scandendo ogni
parola.
“Avevi detto che saresti venuto
presto.”
Lui sospirò pesantemente, come se non
credesse alle sue parole. Che cosa aveva detto di così
strano?
Lo amava e voleva passare ogni momento
disponibile con lui,
cosa c’era di così sbagliato nell’amarlo
senza
riserva?
“Beatrice..” fece una pausa
“ti rendi conto di quello che stai dicendo? Non puoi essere
seria..”
William prese del vino e se lo versò
in un bicchiere che lei prima non aveva notato.
“Sì, invece. Me lo avevi
promesso e ti sei
dimenticato di tornare per pranzo.” Disse la fanciulla,
facendo
un passo verso di lui.
“Non mi sono dimenticato, avevo un
consiglio di guerra!”
“Allora questa stupida guerra
è più
importante di me.” rimbeccò lei, facendo
così
innervosire Tavington.
“Io spero che tu parli così
perché sei incinta, perché altrimenti..”
“Altrimenti, cosa?” lo
interruppe Beatrix. “Evidentemente sono stupida, hai ragione
te, come al solito, contento?”
William bevve una copiosa sorsata di vino,
cercando di rilassare i nervi per non fare qualcosa di cui dopo si
sarebbe pentito.
“Io non so più cosa fare con
te..” le
confessò con sconforto. “Sto cercando di venirti
incontro,
quanto posso, ma quando fai così mi lasci senza parole. Io
non
posso, Beatrice, stare dietro di te tutto il giorno.”
La ragazza pianse silenziosamente, in cuor suo
sapeva bene
che lui aveva ragione. Aveva sbagliato lei a comportarsi
così, a
farsi trasportare dalle sue emozioni. Eppure, ripensandoci, non era
pentita di quello che aveva fatto. “William, io ti amo
e..”
“Anch’io ti amo, di
più di quello che
vorrei.” La interruppe lui. “Ma non
potrò mai essere
per te quello che vuoi che sia. Non posso annullare la mia vita per
assisterti ogni secondo. O accetti che sono questo
o..”
Lei trasse da sé la conclusione.
“..o è finita.”
William finì il vino che aveva dentro
il bicchiere e poi si avvicinò a lei.
“Sì.”
Manifestò a parole il timore che Beatrix aveva sempre avuto:
perderlo.
“Sì, Beatrice. Io sono
disposto a tentare questo
rapporto con te, anche se non sapremo mai bene dove ci
condurrà.
Ma ho bisogno che anche tu ti impegni, devi promettermi di fidarti di
me. Se ti dico che vado via, poi ritorno. Magari non sarà
dopo
qualche ora, ma ritorno.”
Beatrix continuò a piangere, non
voleva essere
così debole, ma chiedere alle lacrime di non sgorgare come
una
fontana era un’impresa fallimentare. Lui non era stato
cattivo,
aveva ragione e lei lo sapeva.
Allora
perché sto così male?
“Non è semplice quando tutte
le persone
più importanti della tua vita, in un modo o
nell’altro, ti
hanno sempre abbandonato. Un giorno tu ti stuferai di perdere il tuo
tempo ad insegnarmi le cose e quando realizzerai che siamo troppo
diversi, mi lascerai per sempre.”
Tavington le accarezzò le gote bagnate
di lacrime e poi asciugò con i pollici il suo pianto.
“Non succederà.
Tu..” le sfiorò le
mani, toccando l’anello di rubino all’anulare.
“Quel
giorno a Pembroke, non ero venuto per te, il mio incarico non eri tu,
eppure ti ho portata via con me.”
I suoi pollici stavano in quel momento sfiorando
le sue
braccia scoperte per poi risalire fino alle spalle. “Non
avrei
dovuto, ma l’ho fatto, la tua forza, la tua testardaggine mi
hanno sfidato. E, adesso, secondo te chi ha vinto quella battaglia,
Beatrice?”
La sua voce era cambiata lentamente, era
più dolce e
mielosa. La ragazza era come in trance, attirata dalle sue parole come
un bambino con le caramelle.
“Chi?” chiese ingenuamente
Beatrix.
“Tu. Non ho mai perso nessuna
battaglia, eppure contro
di te ho perso. Tu sei la prima persona che mi abbia
colpito..”
la sua mano si abbassò sulla gabbia toracica della fanciulla
e
infine depositò la mano sul suo petto. “..al cuore.”
“Oh, William, ti amo così
tanto. Perché
mi dici queste cose? Lo sai che sono emotiva e piango subito. Io non so
cosa dire.. io..” Infatti la diga emozionale si
aprì.
“Non devi dire niente,
amore.” Posò
l’indice sulle sue labbra. “Dovevi sentire quello
che
provavo, così almeno la prossima volta mi lasci concludere
il
mio dannato consiglio di guerra senza provarci con uno dei miei
Superiori.”
Tavington le sorrise, facendo ridere anche lei.
“Scusami tanto, non so cosa mi sia preso. Sei
arrabbiato?”
“Certo.” Disse lui, facendole
una smorfia
ghignata. “Infatti ho già una punizione pronta per
te.”
Beatrix sbarrò gli occhi.
“P-punizione? Quale punizione?”
William fece un passo indietro. “Ti sei
comportata male
e devo in qualche modo sculacciarti, altrimenti gli altri cosa
penserebbero? Chiunque mi mancherebbe di rispetto..”
Il cuore di Beatrix fece un salto, la sua
coscienza infernale continuava a dirle -non è finita-
e adesso lei non sapeva cosa aspettarsi da lui.
*spoiler*
“Il
mio lavoro mi permette di essere me stesso.” Portò
il calice alla bocca e bevve una sorsata di vino.
“William,
tu sei
molto più di quel sadico psicopatico che fai credere di
essere.
Io ho visto che c’è altro.”
Ciaoo a tutte ^^
Vi
avevo
promesso che poco a poco i segreti si sarebbero svelati, ci sono quelli
di Bea, ma anche quello di William. La Contessa anche questa volta
è stata un valido sostegno per Beatrix.. E se vi dicessi che
anche lei nasconde qualcosa di importante? :D
Intanto
preparatevi per i prossimi due capitoli che saranno mooooolto 'intensi'
Un
bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio
ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 38 *** Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris. ***
capitolo 38
Capitolo XXXVIII
Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris.
“Mi vuoi punire, William?”
chiese la ragazza con un tono tra il malizioso e l’incerto.
Lui ritornò al tavolo, si
versò altro vino lentamente.
“Sì.”
Beatrix rimase incantata nell’osservare
il movimento
dolce del liquido rosso che riempiva poco a poco il calice posato sul
tavolo in legno.
Era strano vederlo bere vino, solitamente
preferiva il liquore.
Tavington colse la sua occhiata curiosa.
“Ti piace?” chiese indicando la bottiglia.
La ragazza scosse la testa. Non poteva definirsi
astemia,
anche se alcolici di rado li aveva bevuti, se non in occasioni
particolari.
“Hai cambiato.” Gli fece
notare lei.
William sghignazzò e, terminando di
riempire il
bicchiere, depositò poi la bottiglia con un tonfo sul tavolo
nuovamente.
“Per certe occasioni ci vuole qualcosa
di speciale.
Il vino rosso è..” alzò il calice in
alto e lo fece
oscillare lentamente, cosicché il liquido
ondeggiò
teneramente all’interno della conca.
“..è affascinante. Mi
ricorda il colore del sangue, ha qualcosa di irresistibile.”
Beatrix rimase in ascolto, attenta alle sue
parole che avevano una cadenza ammaliante, sebbene crudi.
“Il mio lavoro mi permette di essere me
stesso.” Portò il calice alla bocca e bevve una
sorsata di vino.
“William, tu sei molto più
di quel sadico
psicopatico che fai credere di essere. Io ho visto che
c’è
altro.”
Il Colonnello appoggiò il calice sul
tavolo e si
avvicinò a lei. “Credi ancora che ci sia del buono
in me,
come fai a dire una cosa del genere?”
“Tu mi ami, sei capace di provare
sentimenti. Puoi
essere una persona diversa.”
Tavington fece un passo verso di lei.
“Ma forse non voglio.”
Beatrix non si ritrasse, anzi fece un passo verso
di lui come a sfidarlo di farle male.
“Lo so bene ed è per questo
che voglio che tu sia te stesso con me. Io ti amo così come
sei, amore.”
William la baciò famelico, attirando
contro di sé il suo corpo. Sapeva di vino, era irresistibile.
La ragazza si arrese a lui, si lasciò
andare
trascinata dalla sua forza bruta. Poi lui si staccò
bruscamente.
Beatrix cercava di far ricongiungere le loro labbra, ma lui glielo
impediva.
“Non sono una bella persona, Beatrice,
uccido le
persone e mi piace farlo. Non puoi amarmi.. è assurdo.
L’amore è..”
“..è irrazionale e
incoerente..” Ribatté la ragazza.
Tavington estrasse dagli stivali uno stiletto.
Gli occhi di Beatrix si spalancarono per qualche
secondo, ma
subito dopo il momento di stupore tornò tranquilla come
prima.
Sapeva che non le avrebbe fatto male. Almeno lo
sperava quella volta.
Lui appoggiò la lama sulla sua guancia
e ne tracciò il confine.
“..imprevedibile..”
Beatrix afferrò la sua mano che
impugnava lo stiletto
e l’accompagnò lungo il suo tragitto. La mano
scendeva sul
suo collo e infine si fermò vicino al tessuto del vestito, a
qualche centimetro dal cuore. “..folle.”
William le sorrise. Aveva osservato bene i suoi
movimenti,
lei si era prestata al gioco, permettendogli di fare quello che voleva.
“Ti stai concedendo volontariamente?”
La ragazza lo guardò con malizia e poi
si girò
di schiena, si tirò i capelli da un lato e gli
mostrò
quello che voleva. Stava acconsentendo tacitamente, avrebbe capito?
Tavington allora mise via il pugnale e
posò le sue
mani sulle spalle nude della giovane, poi prese i lacci del corpetto ed
iniziò a sfilarlo, laccio dopo laccio. Beatrix respirava
lentamente, man mano che lui procedeva sentiva il suo corpo sempre
più libero e meno costretto.
Percepì che aveva finito il lavoro
quando sentì
l’aria sfiorare la schiena scoperta. William
accarezzò
quel pezzo di pelle, muovendo le mani a disegnare linee immaginarie. Il
suo tocco era delicato e rovente, lei sentiva i brividi in tutto il
corpo.
Poi, ad un certo punto, percepì
qualcosa di caldo sul
suo collo, William stava succhiando infatti la pelle delicata sotto
l’orecchio. Beatrix non sapeva cosa fare, le gambe stavano
per
cedere, le sue emozioni erano un groviglio inestricabile.
Involontariamente chiuse gli occhi e si lasciò trasportare
dal
suo abile tocco, Tavington conosceva bene il suo corpo e sapeva quali
parti destassero maggior piacere in lei.
La stava sottomettendo al suo volere, ed erano
solo all’inizio.
Si sentiva in estasi, trattenuta in piedi solo
dalle forti braccia dell’uomo che cingevano la sua vita.
“Ti pentirai della scelta
fatta.” Le disse
William all’orecchio con tono di voce sensuale. Poi prese il
lobo
del suo orecchio e lo trattenne tra le labbra.
“Non credo proprio.” Rispose
lei con quel poco di lucidità mentale che aveva ancora.
Tavington rise.
Con un colpo secco fece cadere il suo vestito,
lasciandola
nuda. La prese dalle spalle e la fece voltare con un tocco ancora dolce.
“Ti fidi davvero di me?”
domandò William.
“Sì, con tutta me
stessa.” Rispose prontamente la ragazza.
Tavington sghignazzò.
“Vedremo.”
Poi lei lo vide mettere le mani in tasca ed
estrarre una
fascia di seta, la superò e la bendò. La fascia
non era
fatta di un tessuto spesso, eppure vedeva poco, forse poco aiutata
dalla penombra della stanza.
Percepì William alle sue spalle che
soffiava nelle sue orecchie.
“Sei ancora in tempo per
arrenderti.” La stuzzicò il Colonnello.
“Nessuno mi sta obbligando, amore. Ti
voglio
completamente.” Ribadì con sicurezza la fanciulla.
Non
poteva vedere in volto le sue emozioni e in quel momento le sarebbe
davvero piaciuto.
Era al centro della stanza nuda e bendata, ma non
si sentiva
a disagio perché sapeva che c’era lui. Se avesse
davvero
visto il peggio in lui avrebbero potuto superare tutti gli ostacoli
insieme.
Senza che venne avvisata in qualche modo,
Tavington la
buttò sul letto, facendola cadere abilmente sulla sua
schiena.
Senza avere una percezione delle cose e delle sue azioni, si sentiva
come un burattino guidato da lui. Infatti non poteva che fidarsi del
suo uomo.
Il letto si abbassò leggermente,
così lei
capì che il Colonnello era salito sopra. Una sua mano stava
accarezzando prima una gamba, poi l’altra, risalendo con un
tocco
così delicato che quasi non lo percepiva.
La sua lentezza dei movimenti le fece venire i
brividi e
battere forte il cuore. Così, per tranquillizzarsi, si
sdraiò meglio sulla schiena e prese dei respiri profondi,
cercando di calmarsi. Lui doveva aver notato la sua lotta interiore,
perché lo sentì ridere maliziosamente.
“Agitata, micetta?”
Beatrix mascherò le sue emozioni.
“Niente affatto, solo impaziente.”
Detto quello, si aspettava di avere una di quelle
risposte
pronte del Colonnello. Invece lui non le rispose e in più il
suo
tocco sparì, facendole capire quanto ne avesse bisogno.
Beatrix attese di risentirlo su di sé,
ma niente.
Rilassò allora il corpo e poi
percepì le sue
mani che con forza la spingevano verso la spalliera del letto. Senza
che se ne fosse resa conto le aveva giunto i polsi legandoli con
qualcosa che non riusciva a decifrare. Poi prese i polsi uniti e li
tenne fermi alla spalliera, Beatrix sentiva il fruscio del tessuto che
aveva usato come nastro.
Le mani erano così immobilizzate,
aveva solo le gambe ancora libere di muoversi.
“Ti piacerebbe se potessi sottomettermi
così tutti i giorni, eh?” lo pungolò la
ragazza.
“Non sai quanto.” Rispose,
finendo di fare il nodo.
“Quindi questa sarebbe una delle tue
fantasie perverse, William?” domandò
maliziosamente Beatrix.
Lui in risposta rise. “Oh, non hai
ancora visto quali siano le mie fantasie su di te. Rimarresti
inorridita.”
La ragazza lo sentiva ancora seduto sul letto,
forse poggiava
sulle ginocchia, perché lo spazio che occupava era inferiore
rispetto a prima. Così lo cercò muovendo il piede
fino a
toccargli le gambe.
“E nelle tua mente gioco sempre una
parte passiva?”
“Sì.”
Il piede della ragazza salì verso
l’alto, fino a
toccare quello che cercava. Si fermò qualche secondo in quel
punto.
“Qualche volta dovremmo provare ad
invertire le
posizioni, era divertente quel giorno a Savannah quando ti ho legato
con le catene al muro.”
Tavington scese dal letto e lei sentì
il tonfo degli stivali che battevano sulla pavimentazione in legno.
“Immagino che ti sia divertita, ma non
succederà più.”
L’avvisò l’uomo.
Poi lui aprì qualcosa e lei
sentì un rumore
strano, qualcosa a cui non riusciva a dare senso. Era così
frustrante essere bendati, non pensava fosse così terribile.
Eppure non poteva che amare quel gioco bizzarro, era tutta una sorpresa
e lei doveva farsi condurre da lui.
Dopo qualche minuto di assenza, il Colonnello
ritornò
da lei. Salì sul letto, ponendosi questa volta in mezzo alle
sue
gambe, le aveva aperte con un colpo secco e poi si era messo
lì.
Quell’apertura innaturale le faceva
solleticare i
muscoli, che non abituati dolevano un po’. Senza contare che
quella posizione la metteva di fronte a lui aperta, in tutte le
accezioni possibili.
Le mani di Tavington si fermarono in
prossimità delle
sue ginocchia, ma non andarono oltre. Non fece nulla per qualche
secondo, rendendola ancora più inquieta.
“Ti piace questo gioco,
Beatrice?”
Lei rispose prontamente, facendo parlare
più il suo
corpo e le sue emozioni che la sua testa. “Se mi tocchi
diventa
ancora più bello.”
Quella sua frase fece sorridere Tavington.
“E dove vorresti sentire il mio tocco?”
Beatrix rimase interdetta, perché lei
voleva sentirlo
ovunque, voleva che toccasse ogni centimetro del suo corpo, ma poteva
confessargli quell’indecente pensiero?
Avrebbe pensato fosse una ninfomane.
Vedendo che lei non rispondeva, allora
cercò di spronarla. “Non me lo vuoi dire,
amore?”
Beatrix scosse la testa, sicura che lui avrebbe
letto i segnali del suo corpo.
“Vuoi che mi fermi?” disse
William, sicuramente per spaventarla, ma lei sapeva non
l’avrebbe fatto.
“No. Ma.. non posso indicarti
ciò che voglio se
sono legata.” Cercò una scusa lei, incasinandosi
ulteriormente.
“Oh, Bé.. puoi dirlo.”
Ecco, proprio quello che temeva!
“Mmm.. voglio che mi baci sulla
bocca.”
William rise di nuovo. “Come inizio va
bene, ma
sappiamo entrambi che non è lì che vuoi che ti
baci, vero
Beatrice?”
E per confermare le sue parole, passò
lentamente il
suo indice nel suo luogo proibito, salendo verso l’alto con
una
lentezza dolorosa fino a fermarsi sul Monte di Venere.
Sebbene quel percorso fosse stato breve, il
respiro di
Beatrix si era fermato, facendola irrigidire tutta. E quando lui si
fermò, fu arduo riprendersi subito.
“Allora, devo baciarti sulla
bocca?” la punzecchiò Tavington.
“No.” rispose stanca ed
eccitata la ragazza. “Però sarebbe lo stesso un
buon inizio.”
Disse, riprendendo le sue parole.
Quel tocco di poco prima l’aveva
mandata su di giri e
non era pronta per essere toccata lì di nuovo,
così
decise di muoversi in un campo più facile da giocare.
Le mani del Colonnello si staccarono dal suo
corpo e poggiarono ai lati della sua testa e poi lui la
baciò.
Piano, i giri della lingua erano studiati e
carezzevoli, la
sua lingua la stava mandando fuori di testa. William era un grande
bastardo, ma era davvero un bravo seduttore, perfino la donna
più frigida su tutto il Pianeta gli avrebbe ceduto senza
difficoltà.
La stava toccando semplicemente con la sua lingua
e
già era persa in lui. Beatrix si sentiva calda e vogliosa di
altro, ma non riusciva a pronunciare quelle parole che lui tanto voleva
sentirsi dire.
Poi, ad un tratto, Tavington si fermò.
“Vedo che questo gioco ti sta piacendo.”
“Sì.” Rispose
prontamente la fanciulla, senza provarne vergogna.
“William, non riesco a capire dove sia
la punizione. Se
è questo quello che ottengo, dovrei farti arrabbiare
più
spesso.”
Lui non rise malignamente quella volta, le
rispose con ritardo in modo oscuro. “Vedrai.”
Poi prese qualcosa che aveva appoggiato per terra
e le parlò nuovamente.
“Qual è il mio liquore
preferito?”
“Scotch.” Rispose senza
pensare Beatrix.
Tavington non disse niente riguardo alla sua
risposta, allora lei domandò impaziente.
“Giusto?”
Ancora niente, ma qualcosa stava
scivolando sul suo corpo.
Una sostanza liquida scorreva sulla sua pelle,
bagnando il
suo seno, la sua pancia e scendendo lentamente giù. Beatrix
cercò di far deviare il percorso, muovendo le gambe, ma lui
captò il suo intento e allora le tenne ferme.
“Sta’ buona.”
“Che diavolo è? Era un modo
gentile per dirmi che devo lavarmi?” chiese in tono agitato
Beatrix.
“È la tua
risposta.” Disse con nonchalance lui.
“Hai intenzione di asciugarmi
ora?”
William non le rispose ed invece
incominciò a passare
la sua lingua sulla sua pelle. Questa volta partì dal seno,
leccando in cerchi concentrici l’aureola rosea e poi
circondando
ciascun seno con voluttà. La toccava con delicatezza,
lasciando
qua e là qualche morso e bacio. Lei sapeva che i suoi
capezzoli
erano già eretti in modo capriccioso, come a richiamare la
sua
attenzione. Ma Tavington non sembrava volerla assecondare, infatti non
succhiò i capezzoli, come si aspettava. Invece li
guardò
attentamente, soffiandoci sopra, ma senza fare niente.
“Tutto questo Scotch ti sta dando alla
testa. Sei un ubriacone.” Cercò di farlo muovere
lei.
Tavington ignorò il suo pensiero e
scese a baciare il
suo ventre gonfio, fermandosi sull’ombelico pieno di liquore.
Sostò qualche secondo e dopo proseguì fino al
Monte di
Venere, senza proseguire oltre. Proprio dove desiderava la ragazza.
“William..” lo
pregò con frustrazione lei.
“Sì?” chiese lui,
come se fosse oscuro il motivo per cui lo richiamasse.
“Toccami.”
“Ma come, non sono un
ubriacone?” chiese con falsa genuinità.
Oh, che odio!
“Perché fai
così?”
Non la toccò dove voleva ardentemente
e ritornò a piazzarsi senza problemi tra le sue gambe.
“Perché altrimenti che
punizione sarebbe? Devi soffrire un po’, Beatrice.”
“Sei cattivo.” Disse Beatrix
abbastanza stizzita, era già la seconda volta che la
lasciava insoddisfatta.
“Mi desideri così tanto? Non
sei irata per lo schiaffo di oggi?” la stuzzicò
lui.
“Stai cercando di farmi arrabbiare,
William?”
Lui rise. “Tanto non fa molta
differenza, sei legata e sei sotto il mio controllo.”
Poi si avvicinò al suo orecchio e le
sussurrò con un tono minaccioso. “E farai quello
che voglio io.”
“E se mi dovessi rifiutare?”
lo sfidò la ragazza.
William passò un dito sulla sua
guancia, poi sulle labbra e infine lo inserì dentro.
“Sappiamo entrambi che non ne sei
capace.”
*spoiler*
"Ssh..
Beatrice, fidati di me. Questa è la mia
punizione e farai quello che voglio io, vero?" Chiese dolce Tavington,
senza cattiveria, malgrado le sue parole fossero un po' cattive.
"V-va bene. Mi
fido di te."
"Brava." Disse
lui, accarezzandole la chioma.
Ciaoo a tutte ^^
William
è arrabbiato con Beatrix, ma come la
punirà? Non è una novità che la nostra
Beatrix fa
perdere le staffe al Colonnello Tavington.. cosa si
inventerà
questa volta William?
Ho dovuto tagliare in due parti il capitolo perché mi veniva
troppo lungo.. spero di aver suscitato in voi la
curiosità
per il prossimo cap.. :P che sarà mooolto rosso, la sua
rabbia
verrà sublimata..
Attendo di sentire vostri prognostici.. ^^
Un bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio
ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 39 *** Nescio sed fieri sentio et excrucior ***
capitolo 39
Capitolo
XXXIX
Nescio sed fieri sentio et excrucior.
Rosso!
Lei era furibonda, poco a poco il suo disegno punitivo si
stava raffigurando. Un pezzo alla volta lui le avrebbe mostrato le sue
intenzioni. Intanto Beatrix, nella totale impotenza, non poteva che
seguire le sue indicazioni.
Il dito che aveva inserito aveva un sapore acre,
aveva ancora il suo sapore
sulla pelle.
“Ora.” le disse lentamente.
“Succhialo.”
Beatrix rimase pietrificata. “I-Il
dito?” domandò titubante, sperando di avere capito
male.
Lui rise malignamente.
“Cos’altro vorresti succhiare?”
Beatrix cercò di voltare la testa per
evitare
quell'atto umiliante, ma lui non glielo permise. Con l'altra mano
infatti teneva ferma la sua testa e la stava spronando a fare quello
che voleva lui.
"Ti farebbe così piacere che lo
facessi?" Chiese con coraggio la ragazza.
"Sì, molto."
Allora Bea incominciò a fare quello
che le aveva chiesto -ordinato.
Mosse la lingua lungo il suo dito, imitando chiaramente un gesto molto
più intimo. Lo accarezzò dolcemente, per poi
infine
succhiarlo senza ingordigia, con lentezza studiata per farlo
arrabbiare.
Poi si staccò e riprese a
parlare.
"Contento?" Chiese un po' scocciata, sapere che
lui stava
tramando qualcosa alle sue spalle la rendeva
nervosa.
"Non ancora." Rispose l’uomo. "Non ti
sei impegnata
molto, Beatrice, qualcosa non va?" Proseguì lui in tono
beffardo.
"William, qual è il tuo intento,
perché fai così?"
"Te l'ho detto, questa è una
punizione. Che poi sia
qualcosa di piacevole o sgradevole dipende solo da te, micetta."
Affermò il Colonnello.
"Per farti felice dovrei fare quello che vuoi
te?"
Lui le accarezzò il volto, seguendo la
linea della sua
mascella per poi scendere sul collo. La sua mano percorse il suo
décolleté, ignorando i seni doloranti di
attenzione e poi
scese sulla pancia.
La accarezzò con una dolcezza mai
provata prima, il
suo tocco era così leggero che non sapeva nemmeno se potesse
definirlo tocco.
Si stava forse preoccupando per la pulce? Aveva
paura di fargli del male?
Era proprio quel pensiero insieme ad altri che le
faceva
sperare in positivo per il cambiamento di William, in lui c'era
qualcosa di buono e lei l'avrebbe tirato fuori. A costo che venisse
torturata da lui quanto voleva.. Lo
avrebbe salvato!
La sua mano risalì verso l'alto e
infine si fermò sulla guancia.
"Se tu avessi fatto quello che io ti avevo detto,
non saremmo qui."
La sua mano accarezzava quella zona del suo corpo
che quella
mattinata aveva schiaffeggiato, un tocco assai diverso rispetto al
precedente.
"Scommetto, che conoscevi benissimo le
conseguenze del tuo
atteggiamento quando sei venuta a cercarmi in riunione. Eppure lo hai
fatto comunque, cosa dovrei fare con te, Beatrice?"
La ragazza mosse la testa per venire incontro
alla sua mano e per potersi così avvicinare a lui.
Era furiosa con William, eppure lo desiderava
così
tanto. Era qualcosa di inspiegabile, che non aveva esperito mai
precedentemente.
"Mi mancavi, te l'ho detto. Non mi piace stare
sola." Confessò sinceramente la fanciulla.
"Vuoi che ti prenda un cagnolino a farti
compagnia?" La prese in giro lui.
"No." Rimbeccò prontamente Beatrix.
"Voglio te, solo te. Non mi importa di nient'altro e
nessun’altro."
William allora, nel sentirla rivelare
così apertamente
i suoi sentimenti, decise di premiarla in qualche
modo.
Scese dal letto.
"Dove vai?" Chiese allarmata la
ragazza.
"Mi tolgo la camicia.” La
rassicurò lui. “Arrivo."
Come detto, si tolse la camicia, che ormai stava
diventando
un indumento insopportabile, e risalì sul letto, mettendosi
a
cavalcioni sul suo busto.
"Non togli anche i pantaloni? Voglio toccarti,
odio sentire solo quel tessuto ruvido."
Si lamentò senza pudore la
fanciulla.
"Presto ti
accontenterò."
Poi si allungò sopra di lei e
liberò una -sola-
mano. Così Beatrix continuava ad essere legata al letto, ma
i
suoi movimenti erano un po' più facilitati rispetto a
prima.
"Perché una sola?" Chiese
curiosa.
"Perché non mi fido a liberarti, ma ho
bisogno di una
mano.” Specificò il Colonnello.
"Lo sai che la tua mente è davvero
perversa, dovresti
fare un pensierino sul cambiare professione e diventare uno gigolo,
divertiresti un mondo quelle donne annoiate Inglesi." Lo
stuzzicò la ragazza.
Tavington rise. "E poi non saresti gelosa di
tutte quelle donne? Pensa loro nella tua posizione e poi
io.."
Ma Beatrix lo fermò subito,
maledicendo la sua stupida idea di stuzzicarlo.
"Ho afferrato, William. Niente gigolo, tu sei
solo mio." Ribadì Beatrix.
Allora lui la sfidò.
"Dimostramelo."
"Come?" Domandò la
ragazza.
"Fammi vedere che non mi dovrei pentire di
scegliere te."
Le mostrò lui, prendendo la sua mano
libera e poggiandola sulla patta dei pantaloni, ancora
chiusi.
"Ma non vedo niente." Gli fece notare subito
Beatrix.
"Immagina." Rispose tranquillamente il
Colonnello.
Beatrix fece un respiro e poi tastò il
tessuto dei
pantaloni alla ricerca dei bottoni. Riuscì a trovarlo dopo
qualche tentativo e così rimosse il primo grosso bottone
dall'asola, fece lo stesso anche per il secondo e infine il terzo.
Beatrix constatò che l'essere bendata
facilitava il
suo compito, altrimenti si sarebbe sentita in imbarazzo come al solito,
invece nella totale oscurità si sentiva quasi giustificata
dal
fascino delle tenebre. Succube di un desiderio
incomprensibile.
Le sue mani sfiorarono dei peli ruvidi, diversi
riccioli che
lei sapeva molto bene ricoprivano la zona del pube. Sebbene fosse cieca
temporaneamente, non poté non toccare quei peli che
suscitavano
sempre in lei tale interesse. Li trovava eccitanti. Quel gesto, che
stava diventando rituale, attirò l'attenzione del
Colonnello.
"Ti piacciono così tanto?"
Ecco, presa
con le mani nella marmellata!
< altro
che marmellata. Io direi con le mani proprio ne..
>
Perché
tu ti svegli solo in queste occasioni? Torna a
dormire.
< come
faccio a dormire con
uno stallone del genere piazzato sopra di me? Cosa gli farei.. Sai,
tesoro, io posso aiutarti molto. Dopotutto sono la tua coscienza
perversa. >
No, tu sei
perversa e basta!
Beatrix ignorò i pensieri torbidi che
la coscienza le inviava e invece mise le mani proprio nella marmellata.
La ragazza sentiva Tavington sospirare con
fatica, segno che
gli stava piacendo quello che gli faceva. Liberò la sua
erezione, poggiandola sulla sua pelle nuda.
Poi prese il suo membro e lo toccò con
tenerezza, come se avesse paura di guastarlo.
<
oddio, è così
eccitante. Non avevo mai provato queste cose, prima. Perché
non
mi dai il cambio? Voglio essere te, tu sei un'imbranata.
>
Non
è vero, lui è il mio uomo e so toccarlo molto
bene. Non ho bisogno di te.
Beatrix allora, arrabbiata con la sua coscienza
-e
cioè con se stessa, di conseguenza poteva dire che stava
impazzendo- riprese a massaggiarlo senza la dolcezza con cui aveva
insistito prima.
Muoveva infatti le sue mani con rabbia, tirando
la sua pelle
delicata avanti e indietro, facendo anche barcollare il Colonnello
verso di lei.
Quel tocco selvaggio venne da subito arrestato da
Tavington.
"Hey, micetta, calma. Che cosa succede?" Domandò premuroso,
non
consapevole della sua battaglia interiore.
"Scusa. Io.. Volevo fare qualcosa di diverso."
Tentò di giustificarsi lei. "Non sono molto esperta."
"Lo so e io ti insegnerò tutto quello
che devi sapere per farmi piacere."
Beatrix gli sorrise con affetto, sapendo che lui
lo avrebbe visto.
Tavington a quel punto si tolse i pantaloni e
rimase nudo
accanto a lei, non la cavalcò come aveva fatto prima, al
contrario l'aveva affiancata.
Il Colonnello accarezzò il corpo della sua Beatrice,
passando le mani in modo tale da farle il solletico. Beatrix rise e
fece così fermare Tavington.
"Non mi dire che soffri il solletico." Chiese lui
con sconcerto.
La ragazza annuì con la testa.
"Molto."
William allora cessò quel movimento
rilassante e la
mise di fianco come lui. Ora il Colonnello stava dietro di lei, l'aveva
attirata contro il suo petto. Con una mano spostò i suoi
capelli
da un lato, liberando il collo e facendola rabbrividire
subito.
La ragazza sentiva qualcosa di duro toccare il
suo
fondoschiena e lei sapeva bene cos'era, perché solo qualche
secondo prima lo stava accarezzando.
Quella posizione strana la fece preoccupare, non
aveva ancora
provato niente di diverso con William, ed essendo per lei tutto una
prima volta, aveva molta paura.
"Amore, che fai?" Chiese, biascicando le
parole.
"Faccio l'amore con te, Beatrice. Non ti
farò male."
La ragazza però non ne era convinta,
non era pratica
in fatto di sesso, ma quell'orifizio che lui voleva usare le sembrava
un luogo troppo innaturale. Tremò al solo
pensiero.
"William, ti prego, no." Lo implorò
lei.
Ma lui le stava già accarezzando il
fondoschiena, preparandola all'assalto.
"Ssh.. Beatrice, fidati di me. Questa
è la mia
punizione e farai quello che voglio io, vero?" Chiese dolce Tavington,
senza cattiveria, malgrado le sue parole fossero un po' cattive.
"V-va bene. Mi fido di te."
"Brava." Disse lui, accarezzandole la
chioma.
Il Colonnello aveva toccato con dolcezza il suo
pube e si era
lubrificato il dito, per poi passarlo sopra quel buco ancora stretto.
Mentre lui bagnava quella fessura, Beatrix fece tante preghiere
mentali.
Facciamo
cambio?
<
magari il round successivo. >
E poi la sua coscienza l'abbandonò,
come al solito nel momento di bisogno.
Il membro di William ora accarezzava con
delicatezza la piccola fessura e intanto le lisciava i capelli con
amore.
Prima di entrare dentro, le parlò
all'orecchio. "Dimmi che mi
ami."
Beatrix non rispose e lui non si mosse ancora.
"Dimmelo." La esortò
nuovamente.
"Ti amo."
E quando lo disse, il Colonnello la
penetrò nell'unica zona che era rimasta virginale.
Fu un dolore atroce, un'entrata brusca e senza
tante cerimonie. Non era entrato delicatamente, centimetro dopo
centimetro.
No, aveva spinto dentro di lei con forza,
riempiendola completamente.
"È stato così brutto?"
Domandò lui, respirando con fatica.
"Sì." Rispose lei, mentendo, sebbene
fosse stato
feroce, aveva provato una scarica di sensazioni differenti, una potenza
esponenziale.
Lo percepiva ancora dentro di lei, le sue pareti
interne lo
trattenevano e cercavano di adattarsi a quell'intrusione. Ma quando
stava iniziando a provare veramente del piacere anche lei, William
uscì fuori. "Bugiarda, lo so che ti è
piaciuto."
Poi si sistemò meglio contro di lei e,
baciandola sulla spalla, preparò il secondo ingresso.
"Dimmi di nuovo che mi ami."
"No. Dimmelo tu." Si rifiutò la
ragazza, iniziando a capire il suo giochetto.
Allora lui le morse la spalla, facendole sentire
dolore. "Ahi!"
"Ti avevo avvisata, sarà piacevole o
sgradevole in base a come ti comporterai."
"Tanto farai lo stesso quello che vuoi." Gli fece
notare la fanciulla.
"Vero, tuttavia potrai trarne anche tu
piacere."
Le baciò il collo, lasciando diversi
morsetti e baci sulla pelle. "Lo so che ti piace. Non mentirmi."
Beatrix sbuffò. "Perché non
posso chiederti anche io se mi ami?"
"Perché questo è il mio gioco. Mio
gioco, mie regole." La informò lui.
"Oh, parlare con te è una battaglia
persa in partenza.
Vuoi sempre avere ragione." Rispose seccata
Beatrix.
Il Colonnello rise e tornò a
posizionarsi bene alle sue spalle.
"Ti amo, contento?" Si arrese
lei.
Così Tavington entrò
nuovamente dentro di lei, "Oh, amore mio, non sai quanto. Non sai
quanto."
Continuò a penetrarla, senza
interruzioni quella volta.
Beatrix stava iniziando ad abituarsi al suo
tocco, la pelle
doleva un po' meno, ma il piacere faceva ancora fatica a riconoscerlo.
La pelle sfregava, poiché non avvezza a quel tipo di
entrate, di
conseguenza non riusciva a concentrarsi sul suo piacere, come avrebbe
fatto nella posizione canonica.
Ma dopo vari assalti brutali, i quali peraltro
erano di
gradimento del Colonnello, lo aveva capito dai gemiti contro la sua
pelle, dai morsi lasciati sul collo, dai baci famelici sulla schiena,
dal movimento delle sue mani sui suoi capelli, a volte li aveva anche
tirati forte e infine lo aveva capito dalle paroline sconce
all'orecchio.
Quella cosa, più delle altre, aveva
catturato la sua
attenzione, le cose che diceva erano strane, paroline che lei in
America non aveva mai sentito, eppure la eccitarono più di
tutto
il resto sommato. Forse colpa del suo accento Inglese che trovava
eccitante, ma alla fine fu quello a catturarla.
Ma
come dicevo.. Dopo
vari assalti, il Colonnello uscì fuori, proprio nel momento
in
cui le sue sconcerie e il suo tocco la stavano portando su un altro
livello.
William buttò fuori l'aria con grande
fatica, stanco di quei movimenti e poi la rigirò sulla
schiena.
Beatrix calcolò mentalmente che era la
seconda volta che la lasciava senza soddisfazione.
< no,
è la terza. >
Va
bene, è la terza, non cambia molto. Rimango sempre
insoddisfatta!
"Qual è il tuo gioco?" Chiese allo
stremo delle sue
forze la ragazza, mentre il Colonnello si riposizionava in mezzo alle
sue gambe.
"Non ti sei divertita?"
"Conosci bene la risposta, non hai voluto che mi
divertissi." Ribatté stizzita Beatrix.
Tavington sorrise di nuovo, Beatrix
stava iniziando a non sopportare più quel suono di voce.
Era stufa, stressata, insoddisfatta. Soprattutto
insoddisfatta.
Voleva che finisse tutto presto, invece lui la
portava su e
poi la faceva cadere senza permetterle di raggiungere il suo traguardo.
“Hai finito?” chiese
sbuffando la fanciulla.
Tavington appoggiò le mani sulle sue
gambe e scese
lentamente giù, verso la zona che aveva trascurato fino a
quel
momento.
“Ancora no, questo era solo un assaggio
della tua punizione, amore.”
Le sue mani arrivarono a destinazione e toccarono
le pieghe
calde del suo sesso, il dito la stimolava sensualmente e lei non
poté che contorcersi dal piacere torbido che le procurava.
Il
suo corpo si arcuava nel tentativo di avvicinarsi di più a
lui e
facilitargli così il compito.
Con un solo dito, il Colonnello la stava facendo
impazzire.
Beatrix aveva tutti i nervi tesi, si sentiva un ordigno pronto a
scoppiare da un momento all’altro, eppure Tavington non la
voleva
accontentare di nuovo.
Il suo dito si muoveva in circolo, stimolando
quel suo
bottoncino così sensibile. La ragazza strinse il labbro
inferiore tra i denti, non voleva concedergli la soddisfazione di
vederla implorare per toccarla.
No, dentro di sé, Beatrix sperava
ancora che avesse pietà di lei. Una speranza vana?
E quando di nuovo pensava di aver trovato pace,
Tavington interruppe il suo tocco.
La ragazza buttò la testa indietro,
volendo sprofondare per sempre in quel materasso.
Non ce la faceva più.
“William.. ti odio..” disse
ansimando, cercando di trovare il giusto ritmo per il respiro.
L’uomo non rispose alle sue parole, ma
appoggiò con delicatezza il pollice sulla sua carne.
“Il tuo corpo non mi odia
però, o
sbaglio?” E così continuò
a titillarla dolcemente.
“Questo non è corretto,
vorrei vedere te al mio posto cosa faresti.”Rispose con
ferocia Beatrix.
Si ricordò di avere una mano libera,
così si tolse la benda dagli occhi e poco a poco la vista
ritornò.
Quando ogni centimetro, millimetro, del corpo del
Colonnello
le si raffigurò davanti, le venne quasi voglia di tornare
bendata.
Ormai sapeva bene che era il suo punto debole e
doveva far leva su quello per uscire da quella situazione.
Tavington non disse niente riguardo alla sua
mossa repentina,
le sorrise semplicemente, come se sospettasse che avrebbe tolto la
benda.
“Mi liberi ora?” chiese lei,
tirando la corda che la legava ancora al letto.
“Non ti piace
più?” rispose William con un’altra
domanda, eludendo la sua.
“No.” disse con fermezza la
ragazza, raddrizzando la schiena per vederlo meglio.
Tavington l’attirò contro di
sé, fino a
far sfiorare i suoi capezzoli con i peli che ricoprivano il petto del
Colonnello.
Poi lui la baciò. Mentre la baciava,
Beatrix
tentò di staccarsi con la mente, ma il suo corpo aveva
un’altra idea in proposito. La lingua del Colonnello si
muoveva
con voracità, rendendo quel bacio disperato. Così
lei
capì che la cupidigia che aveva divorato lei fino a quel
momento, stava tormentando anche lui.
William si staccò e la
guardò negli occhi,
fissandola con due pozze di mercurio fuso che brillavano grazie ai
riflessi della candela sul comodino.
“Tu mi fai perdere il controllo. Quando
sono con te,
tutto diventa imprevedibile, non riesco a sopportarlo.” Le
confessò con sincerità.
“Lo so, amore.” Gli diede un
bacio leggero sulle
labbra. “Ma io non voglio essere tenuta in gabbia come fai
con
Wellsie, voglio essere libera.”
Tavington le sorrise, questa volta privo di
malignità.
“Devo abituarmi al fatto di avere te al mio fianco, non
sarà semplice la convivenza tra i nostri
caratteri.”
Poi si allungò e sciolse con
rapidità il nodo che la teneva legata alla spalliera.
Beatrix portò così le sue
mani sulla pancia del
Colonnello, risalì lentamente sfiorando dapprima il petto
muscoloso e poi le sue guance.
“William.. ho bisogno di te.”
Non ci vollero altre parole, lui la strinse forte
tra le sue
braccia, permettendo a lei di circondargli il collo. Beatrix si
avvinghiò a lui, contenta di potersi muovere liberamente,
poi
intrecciò le gambe attorno al suo forte busto.
Il corpo della fanciulla era ancora scivoloso per
via del
liquore che bagnava la sua pelle, Tavington posò le sue mani
sui
suoi glutei e la attirò contro la sua erezione che poggiava
contro il ventre di Beatrix.
La ragazza baciava con frenesia il suo amato,
toccando i suoi
capelli sciolti e tirandoli leggermente. Il Colonnello poi la
sollevò di qualche centimetro e, una volta sistemata
l’erezione, la penetrò.
Lei lo strinse forte e si abbandonò al
ritmo delle sue spinte, che avevano niente di dolce.
Tutta la frustrazione accumulata da entrambi si
rigettò in quelle possenti spinte che le facevano battere il
cuore velocemente.
Le mani del Colonnello toccavano con smania le
sue cosce,
riuscendo anche a graffiarla in qualche punto, poi la spinse senza
tante cerimonie contro il materasso, con un colpo secco.
Il volto di entrambi era sfigurato
dall’eccitazione,
William respirava con affanno mentre continuava a penetrarla, questa
volta si posizionò sopra di lei e le divaricò
ulteriormente le cosce. Intrecciò la sua mano in quella di
lei e
spinse forte facendola gemere ad alta voce.
Ad ogni spinta, il cuore della giovane sembrava
quasi fare un
salto fuori dal suo petto, non si ricordava di avere provato sensazioni
così forti prima d’ora. William baciò
il suo collo
e il suo seno, succhiando forte la sua pelle. Intanto Beatrix mosse le
sue mani sulla sua schiena e lì tracciò solchi
profondi
con le sue unghie.
Graffiò la sua pelle, sentendo il
sangue colare tra le sue dita e scendere lentamente sulla sua schiena.
William tirò su la testa e la
guardò, la sua
voce aveva una nota di malizia. “Oh, la mia micetta
è
tornata.”
Si baciarono ancora, divorandosi a vicenda e
facendo salire
la temperatura, sebbene fosse inverno. Le lenzuola oramai non
c’erano più, c’erano solo due corpi nudi
avvinghiati
che si rotolavano con passione nel letto.
L’orgasmo arrivò per
entrambi, facendo poi
crollare William sopra di Beatrix senza forze. Lei lo accolse tra le
sue braccia e cercò di stringerlo, nonostante fosse
stremata.
La ragazza guardava il soffitto ancora in estasi,
mentre la testa di William era affondata nel suo collo.
“Tu.. non puoi sopravvivere.. senza di
me.” disse Bea con l’ultimo respiro che aveva in
corpo.
Lui non si mosse di un centimetro, ma lei lo
sentì ridere sulla sua pelle.
“Oggi è stata una giornata
pesante, meglio che dormiamo un po’.”
Beatrix tentò di spostarlo, ma senza
successo. “Vuoi dormire così?”
“Sì.” Rispose di
getto William.
“Voglio sentire il tuo corpo contro il mio, il tuo odore, il
tuo
sapore. Tutto.”
Così la ragazza lo lasciò
com’era e non
si mosse più, lo abbracciò e, tenendolo tra le
sue
braccia, chiuse gli occhi.
Dopo qualche minuto lui si rivolse a lei, che
però era
già molto vicina al mondo dei sogni. William le
sussurrò
all’orecchio. “Ti amo, micetta.”
E quella frase fece sorridere il cuore di
Beatrix, ma lei non
gli rispose, fingendo di essere già addormentata. Allora
William
continuò, sapendo che lei non avrebbe replicato.
“Non
mi lasciare.”
Beatrix ormai dormiva e non riusciva a capire se
lui lo avesse davvero detto oppure fosse solo frutto del suo sogno.
Non poteva saperlo, oramai Morfeo
l’aveva accolta nel suo mondo.
Non
mi lasciare. Non mi lasciare. Non mi lasciare.
L’eco di quelle parole la cullò nel sonno.
Ciaoo a tutte ^^
Ed
eccomi tornata!!
Un grande ritardo di nuovo, ma alla fine ho pubblicato. Queste
settimane sono state terribili per me, vi è mai successo che
il
vostro ragazzo vi abbia lasciate via facebook, cioè
modificando
semplicemente lo status da 'fidanzato' a 'single'? Bè..
è
quello che è successo a me.. l'innominato non
risponde alle chiamate, ai messaggi, a niente.. sparito! Ed
è già il secondo che faccio scappare..
inizio a pensare che sia io il problema.. :(
Abbandonando i miei fallimenti d'amore, vi lascio al capitolo che era
già pronto da settimane, ma il mio stato d'animo era sotto
zero,
non ce l'ho fatta ad accendere il computer..
Continuerò ad essere puntuale d'ora in avanti!! ^^
Un bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio
ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 40 *** La torta al cioccolato ***
capitolo 50
Capitolo XL
La torta al cioccolato
Il rumore dei fulmini e della pioggia sovrastava ogni cosa.
La ragazza si alzò dal letto, scostando le lenzuola da un
lato.
Si accorse così che il Colonnello era scoperto, preoccupata
che
prendesse freddo lo coprì
immediatamente.
Mentre era persa nell'atto di contemplare il suo William, la finestra
si aprì con un colpo improvviso che la fece spaventare. Si
girò verso le due ante che si erano spalancate e si mise una
mano sul cuore come per arrestare i battiti del cuore pulsante.
Il cuore batteva forte per lo spavento, intanto fuori i lampi e
i fulmini coloravano con tinte forti il cielo del Sud della Carolina.
Era il 28 novembre 1779.
La guerra non si era ancora conclusa dopo tre anni di dure e
sanguinolente battaglie, ma forse un po' egoisticamente la sua mente
pensava ad altro.
Il fatto che fosse il 28 novembre per lei voleva dire solo una
cosa.
-4
Ancora quattro giorni e sarebbe stato il suo compleanno, il primo senza
la sua mamma.
Anche se non si era sempre comportata da manuale, aveva fatto del suo
meglio per non farle mancare niente a livello materiale. Forse
trascurando un po' troppo la sfera affettiva. Ma quello che era fatto
era fatto e apparteneva oramai al passato.
Il due dicembre sarebbe stato il suo ventiquattresimo compleanno; un
anno più vecchia, un anno più matura? Lo
sperava.
Si alzò dal letto e, facendo il giro attorno alla struttura,
si
posizionò davanti al Colonnello. Lui era sdraiato a pancia
in
giù, con la testa affondata nel cuscino e la bocca aperta.
Non
era mai stato così scomposto, almeno per quanto lei
ricordasse.
Ma la notte passata era stata molto movimentata e lei sentiva
ancora su di sé gli effetti della loro lotta notturna.
Osservò il suo corpo nudo, aveva i polsi segnati di strisce
rosse, molto probabilmente escoriazioni dovute allo sfregamento delle
corde contro la pelle. Si osservò meglio allo specchio e
notò anche dei morsi sul collo, sul seno -soprattutto lì-
e poi sulla pancia e, piegandosi, vide anche dei morsi sulle cosce.
La sua pelle non era candida e nivea come era sempre stata, ma era
macchiata da ombre scure, sicuramente i succhiotti che Tavington le
aveva fatto preso dalla foga sessuale. Non poteva uscire in quello
stato, sembrava che qualcuno l'avesse pestata. Portò una
mano
sul petto e premette con dolcezza sul livido che le sembrava il
più
brutto.
"Ahi!"
Faceva male.
Allora si staccò dallo specchio e tornò da
Tavington, non
aveva senso rimuginare sul passato, sarebbe tornata apposto in qualche
giorno.
Si avvicinò al letto e questa volta accarezzò i
capelli
del Colonnello, stranamente in disordine.
"Come sei bello, amore mio." Sussurrò contro la sua
guancia.
Gli liberò la fronte dai capelli e poi passò con
delicatezza le dita sulla faccia. Trascinata da un sentimento crescente
in lei, si abbassò e gli baciò la guancia,
scendendo poi
sulle labbra e lo baciò lì. William a quel punto
si mosse di
qualche centimetro e si grattò la faccia, come se un
moscerino
lo avesse punto.
Non sembrava avere intenzione di svegliarsi però, allora
Beatrix lo lasciò perdere.
Andò all'armadio e diede un'occhiata all'interno, come
pensava,
non c'era niente di femminile che potesse indossare. Così,
dato
che qualcosa doveva pur indossare, prese una camicia di Tavington e dei
pantaloni.
Li indossò, e lei sapeva quale era il suo aspetto
perché
si era vestita già una volta da uomo.
La camicia era troppo
larga, allora lei la arrotolò alla vita e fece un nodo
improvvisato, almeno quel tanto che bastasse a ridurre la grandezza di
quell'indumento. Per i pantaloni, purtroppo, non poteva farci niente..
anche se lì sulla sedia c'erano ancora le corde che
Tavington
aveva usato la sera prima, forse..
Un'idea all'improvviso la spinse a prendere quel laccio e
ad usarlo come cintura, certo non era l'ideale come cinta, ma meglio
che
niente. Almeno i pantaloni non le sarebbero caduti.
Si fece una coda veloce, mise le scarpe e poi scese al piano di sotto.
Sapeva che doveva lavarsi, la pelle pizzicava ancora per il liquore e
doveva farsi comunque un bagno, ma in quel momento la sua
priorità era un'altra.
L'idea che aveva in testa era chiara, ed era tutta intenzionata a
realizzarla. Camminò tranquilla fino alla cucina e poi
entrò.
All'interno c'erano diverse cameriere, tutte abbastanza giovani, ma
erano impegnate nel loro lavoro, quindi era difficile contarle. Al
banco, che fungeva da zona cottura, c'era una donna più
anziana,
era grassottella, aveva i capelli neri ricci portati all'interno di una
cuffietta di cotone. Aveva le mani infarinate, come il suo vestito, le
mani impastavano qualcosa e lei era serena mentre canticchiava una
musica.
Non aveva notato la presenza della fanciulla, allora Beatrix si spinse
oltre e le sfiorò con delicatezza la spalla.
Sarà stato perché era troppo presa dal suo
lavoro, ma la
donna fece letteralmente un passo indietro. Quel gesto
spaventò
perfino il gatto che era raggomitolato sulla sedia a dondolo davanti al
camino, infatti questo schizzò via correndo come se fosse
stato dannato.
La donna si girò verso Beatrix e, cercando di riprendere il
fiato, si rivolse a lei.
"E tu chi diavolo sei?" Disse in tono di rimprovero la signora,
guardandola attentamente.
"Sono Beatrix, io sono.." Tentò di rispondere, ma con
insuccesso. Infatti come era successo con O'Hara il giorno prima non
sapeva cosa dire esattamente.
"Ti ho vista ieri con la Contessa, pensavo fossi la sua dama di
compagnia, ma.. dagli abiti maschili ho i miei dubbi,
ora."
Beatrix allora si guardò i vestiti, sentendo le gote
imporporarsi.
"Non avevo altro da indossare e avevo anche fretta." Cercò
di giustificarsi la fanciulla.
La donna la scrutò ancora per qualche secondo e poi le
offrì la
mano per stringerla, prima di averla pulita alla
buona sul grembiule lercio.
"Comunque io sono Annie, sono la cuoca di Fort
Trox."
Beatrix strinse forte la sua mano. "Io sono Beatrix, chiamami pure Bea.
Io sono una cameriera di Fort Charlotte."
Annie ritrasse la mano e tornò così ad occuparsi
dell'impasto. "Oh, capisco. Che vita con questi soldati! Siamo i loro
giocattoli, ci portano dove vogliono e.." Si interruppe e si
avvicinò alla ragazza prima di continuare a parlare,
abbassando
il tono di qualche decibel. "..e alcuni, ho sentito, pretendono anche
prestazioni strettamente
personali, Bea."
Come era successo qualche minuto prima, la fanciulla
arrossì.
Lei sapeva bene a quali prestazioni la donna alludesse, lo aveva
esperito sulla sua pelle all'inizio. Ma col tempo le cose erano
cambiate, forse solo la loro prima volta era stata contro la sua
volontà, ma le altre volte era stato diverso, Beatrix lo
aveva
voluto. E lo voleva
ancora.
"Annie, non sono tutti uguali."
La donna, che era tornata a modellare la pasta passando questa volta il
matterello, si fermò nuovamente.
"Sai da quanto tempo lavoro in questo Forte?"
"Non saprei, dall'inizio della guerra?" Azzardò Beatrix,
pensando che al massimo fosse lì da tre
anni.
Lei invece sorrise. "No. Sei Americana e avrai notato che non sono del
luogo, vero?" Chiese in modo tendenzioso con un'alzata di
sopracciglia.
"Veramente non lo avevo notato, mascheri bene la tua provenienza, e
qualcosa mi dice che lo fai apposta." Aggiunse Beatrix.
Lei era cresciuta nelle Colonie del Sud, e sapeva riconoscere bene un
suo compaesano. Eppure la donna a tratti sembrava come lei, ma il suo
tono di voce pareva forzato, come se si impegnasse a parlare
così.
"Sei del Sud della Carolina?" Domandò
Annie.
"Sì, Pembroke. Tu non sei di qua, ora ne sono più
che
certa, ma non riesco a capire bene da dove vieni. Long Island?"
La donna tirò fuori dalla camicetta un
ciondolo con uno
stendardo, la ragazza si sporse per vedere meglio e così
vide
raffigurato il bassorilievo di un re.
Beatrix non lo riconosceva, ma all'improvviso la ragazza ebbe
un'intuizione.
"Sei Inglese?" Domandò stupita, non poteva
crederci.
Annie annuì. "Sì, ma non dirlo a nessuno. Qui
racconto a
tutti che sono Americana, sembra che le altre ragazze che servono al
Forte abbiano un'allergia per tutto ciò che riguarda la Gran
Bretagna." Le spiegò la donna, rattristandosi un po', ma non
abbastanza da renderlo palese.
"Anche io ero come loro, prima."
Volle giustificarsi. "Ma ora.. La mia
migliore amica è Inglese, il mio.. ragazzo
è Inglese,
tutte le persone che hanno fatto del bene nella mia vita vengono dalla
Gran Bretagna. Invece quelle che pensavo di conoscere così
bene
mi hanno tradita e.."
Le lacrime irruppero senza volerlo, nella sua mente si erano create le
immagini relative alle brutalità che G. aveva compiuto su di
lei.
Annie allora si fermò e le circondò le braccia
per consolarla, sporcandola tutta.
"Dai, non piangere. Finché sei qua non ti faranno del male,
sai,
noi Inglesi abbiamo un pregio tra i tanti, non siamo delle
bestie."
Beatrix sorrise, le sembrava di ascoltare Tavington. Tirò su
con il naso, pulendosi con il dorso della mano.
"Quindi sei con loro prima ancora dello scoppio della guerra?" Chiese
incuriosita la ragazza.
"Sì, servivo già a Casa Cornwallis, Charles
é per
certi aspetti ancora un bambinone, vuole tutte le comodità.
E
soprattutto la sua Nanny Annie."
Annie le aveva dato un buffetto sulle guance e poi si era rimessa al
lavoro.
"Oh.. Allora conosci molto bene questo mondo." Asserì
Beatrix e la donna annuì in risposta.
Una volta che ebbe disteso la pasta, la mise affianco ad una simile,
cosa voleva fare, un dolce? Faceva al suo caso..
"Annie.. Sono venuta qui perché ho un'idea in mente, mi
aiuteresti?" Domandò Bea.
"Certo, dimmi. Vuoi fare colazione intanto?" La donna era andata vicino
al camino e aveva preso una cesta che era appoggiato per terra. Una
volta presa, gliela passò.
Beatrix diede un'occhiata all'interno e così la sua pancia
brontolò dalla fame. C'erano delle brioche decorate con
gocce di
cioccolato e zucchero a velo.
Erano così tante ed erano talmente appetitose.
Emanavano un profumo delizioso e sembravano morbide, chissà
se anche al tocco erano soffici.
"Devo darti il permesso per mangiarle o ti servi da
sola?"
Beatrix allora allungò la mano nella cesta ed
afferrò una
brioche, accanto c'era una ciambella e un altro dolce dalla forma
rotonda. Lei li prese tutti e tre, erano soffici e caldi, dovevano
essere appena sfornati. "Grazie."
Annie la osservò con interesse. "Avevi
fame."
Beatrix annuì mentre ingollava i dolciumi con
voracità.
All'inizio era stata titubante, non si era osata a prendere da
mangiare, ma adesso che stava mangiando un pezzo alla volta sentiva la
fame crescere.
Annie rideva nel guardarla, perciò Bea pensò che
il modo
con cui mangiava doveva essere poco femminile. Ma in quel momento non
le importava, erano brioche buonissime.
"Cucini divinamente, Annie."
"Me lo dicono tutti." Le sorrise. La donna nel contempo aveva preso
delle formine per fare i biscotti e infine aveva intinto i dolci in un
barattolo con del liquido vischioso bianco-crema.
"Cos'è, vaniglia?" Chiese incuriosita la ragazza, una volta
finita la sua colazione.
"Sì, ma é vaniglia speciale, ricetta di mia
nonna." Annie
prese un cucchiaino, catturò una noce di crema e gliela
porse.
"Assaggia e vedrai."
Beatrix prese il cucchiaino e lo mise in bocca. Assaporò
lentamente la sostanza, era pastosa, ma il gusto era lontano dalla
vaniglia classica, che lei tra l'altro non amava alla follia. Ma il
miscuglio di Annie era particolare e accattivante, si scioglieva in
bocca come burro.
"Ma è squisito, mi ricordi tanto la mia mamma. Anche lei
faceva
la cuoca e sapeva sfornare un capolavoro anche con pochi materiali a
disposizione."
Annie appoggiò i biscotti su una teglia, che poi
portò sopra il ripiano in pietra nel camino.
"È una cuoca? Allora hai avuto una brava
maestra."
Fece attenzione a non scottarsi e infine poggiò i
dolci.
"Era una
cuoca, lei però.. Non c'è più."
Tagliò corto la fanciulla, sapeva che se avesse parlato
ancora
delle sue tragedie personali avrebbe incominciato un piagnisteo senza
fine.
Per fortuna Annie colse l'antifona e non proseguì con le
domande.
"Allora." Disse la donna, avvicinandosi alla ragazza. "La tua
idea?"
Bene, proprio quello di cui voleva discutere.
Stava però incrociando le dita che il suo William fosse
ancora
addormentato, doveva assolutamente rimanere nel letto, altrimenti era
tutto inutile.
"Vorrei fare una torta al cioccolato." Esordì subito
Beatrix,
cogliendo di sorpresa la sua amica. Aveva intuito che amava il cibo e
tutto ciò che riguardava la cucina, forse aveva trovato una
valida alleata nel suo piano per conquistare
William.
"Se vuoi, ne ho una fatta di qualche giorno fa." Le suggerì
con
affetto la donna, ma Bea storse il naso.
"La mia intenzione era quella di farne una adesso, volevo farla a forma
di cuore e scrivere sopra una cosa. Posso?"
Annie, congiungendo le mani a mo' di preghiera, le portò
successivamente al petto. "Oh, che gesto romantico. Deve per forza
essere per una persona importante, vero?"
Beatrix le sorrise con un po' di imbarazzo. "In effetti sì,
il
fatto é che lui ragiona sempre troppo con la testa e usa
poco il
cuore. Vorrei farlo aprire di più con me, é una
cosa
brutta?"
"Assolutamente no." Rimbeccò la donna, prendendola per mano.
"Mi
pare un'idea meravigliosa. Vieni, incominciamo subito che poi si
svegliano i soldati e devo sbrigare le faccende domestiche."
Sììììì.
Pensò Beatrix, felicissima, non vedeva l'ora di iniziare.
Quando era a Pembroke si divertiva molto a cucinare ed inventare nuove
ricette con la madre. Annie aveva preso intanto gli ingredienti che
servivano e li aveva posati sul ripiano in legno. Beatrix vide: della
farina, delle uova, del burro, un po’ di zucchero, cacao e
forse
c'era dell'altro, ma era troppo eccitata che aveva perso la conta.
Si misero subito all'opera, Annie le aveva permesso di fare da sola,
istruendola nei vari passaggi e facendo lei qualcosa solo quando era in
crisi. E questo era un bene, perché Beatrix voleva fare
tutto da
sola, voleva vedere gli occhi di Tavington spalancarsi
nell’ammirare la sua torta preferita, sapendo che era stata lei
sola a farla.
Annie si era occupata del cioccolato, lo aveva fatto sciogliere
affinché la ragazza potesse usarlo alla fine per ricoprire
il
suo dolce.
Bea intanto aveva tagliato in cubetti il burro e lo aveva posto in una
scodella grande e, aggiunto lo zucchero, si erano messa a mescolare con
forza gli ingredienti per farli amalgamare. In seguito, aveva aggiunto
un uovo alla volta e aveva continuato a mescolare il tutto, quando poi
ottenne una crema densa ed omogenea aggiunse un po’ di quel
cioccolato che Annie aveva preparato.
Arrivata a questo punto, ebbe un vuoto di memoria, non sapeva come
continuare.
“Annie, ora che faccio?”
La donna diede uno sguardo veloce alla scodella e poi ne prese una
seconda e gliela consegnò.
“Ora metti in questa ciotola farina, cacao e lievito e
setacciali.”
Beatrix fece come da istruzioni e poi si rivolse nuovamente
all’amica. “Fatto, poi?”
“Brava, ora aggiungi gli ingredienti setacciati nella prima
scodella.” si allontanò e tornò con una
caraffa.
“Mentre lo fai, aggiungi alternando il latte.”
La ragazza si mise all’opera, sempre sotto la supervisione
della cuoca che la ammoniva e l’aiutava quando sbagliava.
"Come faccio a darle una forma di cuore?"
Sperava che fosse una cosa fattibile, il cuore era essenziale nel suo
piano.
La donna ci pensò su e poi, con i pochi materiali che aveva,
creò una struttura con la forma scelta da Beatrix, e l'aveva
creata semplicemente con un pezzo di cartone.
Eccezionale!
A quel punto, Beatrix versò il contenuto finale in una
teglia
imburrata su cui in precedenza Anne aveva poggiato la
formina.
"Perfetto, resta in piedi. Oh, Annie, che bello!" Disse Bea
allegramente.
"Sei stata brava." Poi l'aiutò a mettere il vassoio sul
fuoco.
Rimasero ad aspettare che entrambi i dolci cucinassero e passarono
così un paio d'ore. Annie e Beatrix ebbero il tempo di
conoscersi
meglio e scoprire nuove cose. La donna non era per niente antipatica o
altezzosa, anzi era divertente e umile. La combinazione
ideale.
Passato il tempo necessario alla cottura, Annie prese il vassoio con i
biscotti e quello della torta e li poggiò sul bancone.
Mentre l’amica abbelliva i suoi dolcetti con gli ultimi
ritocchi,
anche la ragazza si dilettò a completare la sua torta. Prese
del
cioccolato fuso e lo spalmò in abbondanza su tutta la
superficie, passando anche diversi strati.
Forse ho un po' esagerato.
Ma non se ne curò, a Tavington piaceva il cioccolato, meglio
che fosse di più che di meno.
Poi disegnò dei piccoli cuoricini con la vaniglia speciale
di
Annie e decorò infine il bordo con delle fragole belle
rosse.
Era bellissima, mancava solo il tocco finale. Doveva personalizzarla.
Con un pennellino intinto nella crema scrisse in alto 'Ti Amo, William'
e poi scese concludendo con un ‘la tua Beatrix.’
Era quasi tentata di scrivere Beatrice, solo per assecondare il suo
ego, ma sarebbe stato meno vero.
Disegnò un ultimo cuore vicino al suo nome e poi si
girò verso l'amica. "Che ne dici?"
Annie scrutò il suo lavoro attentamente, osservando da tutte
le angolazioni.
"Manca ancora una cosa." Disse pensierosa, con un dito sul mento.
Andò al ripiano delle spezie e prese un barattolino.
Ritornò davanti al dolce e poi agitò il barattolo
e così tanti fiocchi di neve caddero sulla torta.
Zucchero a velo! Se l'era dimenticato!
Ringraziò ancora Annie e poi mise la sua bella torta al
cioccolato su un vassoio per portarlo a Tavington, facendo attenzione a
non scottarsi.
"Grazie mille, Annie. Tornerò a trovarti." Disse Beatrix,
mentre prendeva tra le sue mani il vassoio.
"Ci conto e voglio sapere chi
è, e soprattutto come
ha reagito." Rispose, facendole l’occhiolino.
“Te lo prometto.”
Beatrix uscì dalla stanza. Nel corridoio incontrò
qualche
soldato, già pronto in divisa, tutti quanti si dirigevano
verso
il cortile. Lei fece un veloce cenno di saluto e poi
proseguì la
sua strada fino a che giunse nella stanza di
Tavington.
Girò delicatamente la maniglia con il gomito, ed
entrò.
William era ancora nel letto, girato questa volta verso la finestra.
Beatrix chiuse la porta alle sue spalle e si avvicinò al suo
William. Depositò il vassoio sul comodino e infine si
sedette
sul letto accanto a lui.
Accarezzò dolcemente i capelli che erano sparsi nel cuscino,
facendo girare William dalla sua parte.
Lei continuò a toccarlo, mentre lui intanto apriva gli occhi
lentamente. Era un po’ assonnato.
"Sei già sveglia." Disse, con la voce ancora impastata,
mentre
si passava una mano sugli occhi. "Ho il sonno leggero ed é
tardi, non mi succede di dormire così tanto. Mi fai uno
strano
effetto, donna."
Si tirò sulla schiena con l’intenzione di alzarsi
dal
letto, ma Beatrix lo trattenne con una mano sul petto. "Aspetta, uomo.
Devi prima mangiare."
William sbadigliò senza problemi davanti alla ragazza. "Come
vuoi, chiama allora una cameriera e dille di portare qualcosa da
mangiare."
Tavington cercò nuovamente di farla spostare, ma lei non gli
permetteva di alzarsi dal letto.
"No, ho detto che devi mangiare." Ripeté, scandendo bene
ogni parola.
A quel punto Tavington la guardò con uno sguardo stranito.
"Beatrice, stai bene?"
Lei annuì. "Chiudi gli occhi, ti ho fatto una
sorpresa."
"Amore." Il Colonnello appoggiò una mano sulla sua guancia.
"Devo alzarmi, oggi devo allenare la squadra."
Bea prese la sua mano e la strinse tra le sue. "Dopo, ora chiudi gli
occhi."
Lui fece una smorfia, doveva ancora imparare a fargli fare quello che
voleva lei. "Ti prego."
William le pizzicò le guance e poi sbuffò. "Solo
perché mi hai pregato."
E così finalmente chiuse gli occhi.
Beatrix si alzò e andò a prendere un coltello nel
cassetto dello scrittoio. Tornò a letto e si sedette
nuovamente
accanto a lui.
“Ora, aprili lentamente. Tada!”
Ciaoo a tutte ^^
Oh mamma, quanto tempo è passato
dall'ultima volta che ho pubblicato? ..Tanto! :(
Non mi perdo in tante chiacchiere e vi posto subito il capitolo, era un
po' più lungo, l'ho tagliato e pubblico il resto
venerdì.
:)
Spero perdoniate il mio ritardo.
Un bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio ancora tutte
quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 41 *** Incubi dal passato ***
capitolo 41
Capitolo XLI
Incubi dal passato
“Forza,
rialzati soldato.”
Il Colonnello Tarleton fece danzare la sua spada
contro la giubba malconcia del soldato semplice che stava allenando.
Banastre era un tipo divertente, amava stare con
i suoi
uomini, allenarli e farli sudore fino all'ultima goccia, per poi andare
a bere insieme nelle taverne.
Era la sua vita. E lui
l'amava.
Non era stato facile all'inizio, e ancora adesso
sentiva gli
occhi degli altri puntati su di lui. Era stato un privilegiato, suo
padre conosceva molto bene Cornwallis, quella amicizia gli aveva
permesso di salire di grado molto in fretta. Di solito i soldati
impiegavano almeno vent’anni per arrivare alle cariche
più
alte; Tarleton invece aveva avuto una strada preferenziale.
E, sebbene la cosa non gli dispiacesse affatto,
si sentiva sempre in
difetto nei confronti dei suoi commilitoni.
Era per questo che si impegnava il doppio degli
altri,
cercava in tutti i modi di farsi vedere dal Generale Cornwallis, per
fargli capire che si meritava quella posizione.
Ma gli sguardi altrui gli facevano intendere che
l'opinione comune era diversa dalla sua.
Intanto, il soldato contro il quale si stava
scontrando si
rialzò, riprendendo la sua spada caduta a terra durante lo
scontro.
L’uomo diede uno sguardo alla lama e
poi la
agitò in aria, con l'intento di colpire il Colonnello. Ma,
prontamente, Tarleton schivò il colpo, così la
spada
dell'avversario si infilzò nel terreno, sferrando un colpo a
vuoto.
Il Colonnello approfittò della
debolezza del compagno,
rigirò su se stesso e spinse con un calcio il soldato per
terra,
questo cadde sulle sue ginocchia, perdendo il controllo della sua arma.
Tarleton si posizionò alle sue spalle e successivamente
avvolse
in una morsa mortale il collo del soldato.
“Mai dare le spalle al
nemico.” Sentenziò il
Colonnello.
L'altro tremò nel sentire lo stiletto
del suo
Superiore contro la gola. Tarleton in un secondo aveva tirato fuori
l'arma e aveva messo il soldato ko.
“Adesso cosa fate, Bytes?”
Disse Banastre,
premendo forte contro la sua gola, sentendolo respirare a
fatica.
“Sono morto, Colonnello.”
Rispose titubante
l'uomo. Non aveva mosso un dito, si sentiva spacciato e così
si
era arreso.
Tarleton si
innervosì, non gli piacque la risposta arrendevole del suo
avversario.
Allora lasciò la presa e si tolse la
pettorina che aveva indossato durante l'allenamento, gettandola a terra
con forza.
Era arrabbiato.
“È così che
diresti in battaglia, Bytes?” grugnì con rabbia
Tarleton.
Le pupille del soldato si muovevano velocemente,
era agitato, guardava dal basso verso l’alto il Colonnello.
Per fortuna intervenne il Capitano Bordon in suo
soccorso. “Non aveva chance di battervi.”
Bordon era il secondo in commando di Tavington,
quando
William non c’era prendeva il suo posto e ne faceva le veci.
Peccato però che non avesse un briciolo di forza e astuzia
del
suo comandante.
Tarleton odiava essere contraddetto, e per di
più da
uno degli amici di Tavington. Così reagì di
istinto, con
una falcata precisa si posizionò di fronte al Capitano, poi
prese l’interlocutore per il colletto della giubba, i suoi
occhi
marroni come la pece erano infuocati, avrebbero incenerito qualsiasi
cosa con un solo sguardo.
“Quindi si arrende solo per questo? E
tu, Capitano,
daresti la tua vita solo perché il tuo avversario ti ha
messo alle strette??”
Il Colonnello trascinò
l’uomo contro la quercia che si trovava vicino a loro.
Intanto il soldato a terra tentò di
replicare, ma
tutto ciò che uscì dalla sua bocca furono
paroline
sconnesse, biascicate dalla tensione.
“Combatterei fino alla fine, ma prima o
poi arriva la fine
per tutti, Colonnello. Siamo solo pedine in questo gioco più
grande di noi.” Rispose con calma il giovane Capitano, lui
era la
razionalità fatta in persona, difficilmente si faceva
turbare da
qualcosa e sapevano tutti che era molto fedele a Tavington.
Tarleton rise amaramente.
“Già, solo pedine. Ma
basta una pedina per fare scacco al re. E io ho tutta
l’intenzione di abbattere il re, se lui è
impegnato a
combattere lascia sola la sua regina.
Tutta indifesa.” Controbatté minaccioso il
Colonnello.
Gli occhi del Capitano si spalancarono. Aveva
inteso bene il
messaggio subliminale nascosto dietro le parole ambigue di Banastre,
non era un mistero infatti che il Colonnello provasse qualcosa per
Wellsie.
Era la ragione per cui lui e Tavington non erano
più amici.
“Lei è mia.”
Banastre non aveva lasciato ancora la presa,
guardava sornione l’altro, come se si prendesse gioco di lui.
“Adesso è
tua, ma puoi dire lo stesso di domani, o dopodomani? Non puoi stare con
lei se sei un uomo morto, e vista la tua filosofia di vita non durerai
a lungo, Capitano Bordon.”
Banastre proseguì il suo discorso, poi, come se non vi fosse
stata alcuna interruzione, si rivolse nuovamente a Bytes.
“Non è così che
ti ho allenato. Prossimo
anno ci aspetteranno ancora battaglie, tante battaglie e mi aspetto
soldati pronti a tutto, certamente anche alla morte, ma soprattutto
pronti a vincere.”
Era riuscito ad avere l’attenzione
totale su di
sé, Bytes lo guardava attentamente, anche se tremava ancora
dalla paura. “Lo so, Colonnello.”
“Allora tira fuori le
palle..” Banastre
lasciò la presa su Bordon, facendo rilassare
l’uomo.
“..e comportati da uomo.”
Non era chiaro per chi fosse quel messaggio, ma
non
importava, il Colonnello non aggiunse altro, non attese nemmeno di
sentire la replica dei due uomini.
Se ne andò.
Si incamminò lungo il cortile senza
dire più
una parola, sentiva lontano quei due parlare, ma non se ne
curò.
Aveva già detto a sufficienza, sperava sinceramente che il
suo
monito venisse accolto dal soldato.. dai soldati.
Certo, non era da lui perdere il controllo in
quel modo, ma
erano sempre in guerra, una guerra che lui voleva vincere
assolutamente. La sua compagine doveva essere la migliore, doveva
brillare di fronte al battaglione di Tavington.
In quegli anni a combattere nelle Colonie del
Sud, lui e
Tavington si erano mostrati i più abili nel saper gestire i
rapporti con i loro nemici. Quelli che avevano agito con cautela,
cercando di legare con quei rozzi contadini, erano stati vinti, avevano
sottovalutato i loro avversari, risultando infine i perdenti.
Invece il pugno di ferro dei due Colonnelli aveva
tenuto a
bada gli animi populisti della gente. Ecco perché Tarleton
doveva distruggere Tavington, lo conosceva troppo bene, aveva un
carattere particolare, eppure era un eccellente comandante. E se
Banastre voleva restare nelle grazie del Generale doveva per forza
annientare il suo acerrimo nemico, nonché suo ex migliore
amico.
Il Colonnello intanto era entrato nel Forte.
Il suo umore era pessimo, aveva ancora i nervi
tesi per via
dello scontro avvenuto prima con uno dei suoi uomini, eppure era
arrivato il momento che aspettava da tanto tempo, avrebbe avuto
l’onorificenza che si meritava.
E se la sua bravura non era riuscita ancora a
fargli avere
quello che voleva, forse doveva tirar fuori il suo asso nella manica e
sollecitare così la buona sorte.
Una volta dentro, si recò nella stanza
di
O’Hara. Lo avevano avvisato che voleva discutere con lui una
questione, rimase nel suo studio a parlare di disegni di guerra e
tattiche per qualche ora e poi poté fare ritorno nella sua
stanza. Almeno qualche minuto per mettere a tacere il mondo ed evadere
da tutto.
La prima cosa che fece quando giunse nella sua
stanza fu
andare allo scrittoio e aprire lentamente il suo cassetto prezioso, il
contenuto che custodiva era la sua benedizione. Con quella lettera
poteva mettere in ginocchio Cornwallis.
Avrebbe pagato per i suoi segreti. Sì,
avrebbe pagato Banastre
per mantenere i suoi sporchi segreti.
Il Colonnello prese la busta e
l’accarezzò, come se fosse una gemma rara.
Tutto ad un tratto, però,
sentì dei passi in
lontananza. Qualcuno si avvicinava, qualcuno che doveva essere molto
arrabbiato, sentita la pesantezza dei passi.
Tarleton si affrettò a nascondere la
busta nel
cassetto e poi si sedette sulla sedia. Accavallò le gambe,
appoggiandole sul tavolo, e poi aspettò l’ospite
in arrivo.
La porta si aprì con impeto, sbattendo
perfino contro il muro tanto la veemenza del nuovo arrivato.
“Come ti sei permesso?”
“Non capisco quello che stai dicendo,
dolcezza.” Le rispose con nonchalance lui.
La ragazza si chiuse la porta alle spalle,
facendola sbattere nuovamente con un gran colpo.
“Non fare finta di non sapere niente,
Banastre.”
Con passi veloci era già arrivata davanti al Colonnello,
trovandosi molto vicino al volto sbruffone dell’uomo.
“Ti conosco molto bene, Ban.”
Disse la ragazza a due centimetri dalla sua faccia.
Aveva poggiato una mano sullo scrittoio e
l’altro sullo schienale della poltrona, lo teneva alle
strette.
Pensava di averlo sopraffatto, di averlo
intimorito, invece lei non sapeva di aver dato benzina sul fuoco.
“Ah sì, mi conosci
così bene?”
Banastre afferrò una ciocca dei suoi capelli ribelli e la
riportò dietro l’orecchio. “Allora
dimmi, sai che mi
fai impazzire dolcezza?”
In un secondo ribaltò le posizioni.
Si alzò dalla poltrona e fece perdere
l’equilibrio alla fanciulla, la quale cadde a peso morto
sulla
sedia dove prima sedeva lui.
Banastre la tenne ferma in quella posizione,
imprigionando i suoi polsi ai braccioli della poltrona.
“I tuoi occhi verde smeraldo mi
ossessionano ogni notte
Wellsie.” La sua mano accarezzò con dolcezza il
viso
candido della fanciulla, facendola sospirare impercettibilmente.
“Sogno le tue labbra rosse, la tua
pelle bianca come il
latte..” si avvicinò al suo orecchio e poi
inspirò
forte “..il tuo odore sulla mia pelle dopo che abbiamo fatto
l’amore.”
Wellsie lo allontanò, ritornando in
sé dopo qualche secondo di intontimento.
Troppo tardi, però.
Lui sapeva che lei aveva provato qualcosa prima,
l’aveva sentita gemere silenziosamente.
Ricorda
ancora. Un giorno sarà di nuovo mia.
Una volta abbattuto il suo Bordon e Tavington,
niente lo ostacolava più.
“Tu sogni Tarleton, tra me e te non
c’è più niente.”
Scandì con vigore la fanciulla.
Lui sorrise, ma non le rispose, attendendo che
continuasse il suo discorso. Gli piaceva sentirla parlare.
“E sei pregato di stare lontano dal mio
ragazzo.”
Wellsie si alzò dalla poltrona e lui
glielo permise,
ma nel momento in cui lei gli passò vicino venne trattenuta
per
un braccio.
“Una volta ero io il tuo
ragazzo.”
Lei lo guardò negli occhi e, senza
lasciarsi intimorire, si liberò dalla sua presa.
“Una volta ero io
l’unica che ti portavi a letto.”
E con quella frase spiazzò il
Colonnello, lasciandolo
senza parole. Lui infatti non disse altro e le permise di andare via.
Banastre rimase fermo nella stessa posizione,
sapendo che non poteva dire altro. Era in torto.
“Non volevo ferirti, io.. non ho
scusanti per quello.”
Lei nel frattempo aveva aperto la porta, ma non
era ancora uscita. La mano sulla maniglia, il cuore che batteva forte.
“Due cose.”
Il Colonnello era confuso.
“..Mmm?..”
“Due cose voglio fare dal giorno che ti
ho rivisto.”
Lui alzò la testa per incontrare il
suo sguardo. “Due cose?”
Lei lasciò la presa sulla maniglia e
poi corse verso di lui.
Si guardarono negli occhi intensamente e poi lei
lo baciò.
Si aggrappò alle sue forti spalle e lo
premette contro
di sé. Lui non fece niente oltre che ricambiare con passione
il
suo bacio inaspettato, era in balia di quella ragazza che gli aveva
rubato il cuore da giovane. Wellsie lo baciò con fervore,
scaricando tutta la tensione che aveva accumulato in quegli anni.
Fu un bacio profondo, ma breve.
“Devo presumere che sia una delle due..
posso solo
indovinare cos’è l’altra..”
Disse Banastre,
sospirando, guardandola in estasi, aveva il volto trasognato.
Lei si morse il labbro e gli sorrise.
“La vuoi adesso l’altra cosa?”
Il Colonnello le accarezzò il labbro
inferiore con il pollice, sensualmente. “..Mmm..”
Wellsie prese la mano dell’uomo e la
staccò dal suo corpo e poi agì.
Lo schiaffeggiò forte, facendo
risuonare l’eco
dello schiaffo nella stanza. “Ora sei accontentato,
Colonnello
Tarleton.”
Ban si massaggiò la mascella
dolorante, ma sorrideva.
Era felice lo stesso, Dio quanto voleva quella donna! Doveva riaverla
con sé.
Wellsie si allontanò e questa volta
per uscire davvero.
“Non è finita qua, amore.
Questo era solo
l’inizio..” le disse Banastre, ma la ragazza era
già
uscita.
Tarleton ritornò allo scrittoio e
sedette sulla sua poltrona.
Pensava alla fantomatica lettera e alla sua
Wellsie, poi
chiuse gli occhi e si addormentò. I ricordi del passato lo
tormentarono e, come sempre, rivide il volto della donna che
l’aveva condannato ad una vita sola e infelice. Eppure per la
prima volta qualcosa era cambiato, la sua assassina lo tormentava, ma
questa volta gli aveva sorriso.
Lei provava
ancora qualcosa per lui.
William aprì gli occhi e si
trovò di fronte una torta al cioccolato a forma di
cuore.
Nessuno prima d'ora gli aveva mai fatto una torta
simile, come faceva a sapere che era la sua
preferita?
William
rimase a guardare
il dolce senza emettere un suono. Non perché la torta non
gli
piacesse, ma la verità era che non sapeva cosa dire.
Era senza parole.
“Perché l'hai
fatta?” Domandò con un tono forse un po' troppo
rude.
“Perché..”
Balbettò la ragazza
“..perché volevo farti una
sorpresa.”
Tavington diede un'altra occhiata a quella torta
che non vedeva l'ora di assaggiare.
“Ah..” Fu tutto quello che
riuscì a dire,
perché gli uscivano sempre fuori quelle frasi poco
romantiche?
“Non ti piace?” Chiese lei,
visibilmente titubante.
La ragazza si stava mordendo il labbro inferiore,
torturava
quel pezzo di pelle e sicuramente si stava tormentando anche nella sua
testa, per cercare la cosa sbagliata che aveva
fatto.
William non era un tipo sdolcinato, ma forse
Beatrix si
meritava qualcosa in più, almeno glielo doveva
perché gli
aveva fatto la torta.
“É molto bella.”
Disse senza aggiungere
altro, in modo conciso e tagliente, senza quella carica emotiva che
sperava di trasmettere.
Si sistemò meglio sul materasso e
prese poi la mano della fanciulla tra le sue.
“Cosa
festeggiamo?”
“Niente di importante, solo il nostro amore.”
Ecco,
proprio quello che lui voleva evitare.
Lei aveva risposto di getto, come se quella cosa
fosse per lei naturale tanto quanto respirare.
Il problema per Tavington era la parola che aveva
usato.
Amore.
Non sapeva niente in fatto di sentimentalismi
diabetici, in
quel campo si trovava disarmato e impaurito quanto i suoi nemici sul
campo di fronte a lui.
Paura?
Provava davvero paura nell’aprirsi
senza barriere ad una donna, anzi no, ad un altro essere umano?
Odiava quelle cose che facevano le persone
innamorate.
L'amore rendeva deboli, era quello che gli avevano ripetuto fin da
piccolo. Ti rendeva vulnerabile, nel suo caso poi c'era la pulce.
Quindi lei e quella creatura diventavano due punti deboli che lui non
voleva avere.
“E cosa potrebbe fare una torta per il
nostro
amore?” Rispose brusco Tavington e,
vedendo che lei non rispondeva poiché scossa dalle sue
parole
cattive, proseguì.
“Te lo dico io.
Niente.”
Beatrix abbassò la testa, graffiandosi
la pelle con le unghiette, aveva notato che lo faceva sempre quando era
nervosa.
Poi però alzò il capo e lo
affrontò. “Ma almeno possiamo fare colazione
insieme.. Ti va?”
William chiuse per un secondo impercettibile gli
occhi,
dandosi dello stronzo da solo. Non si meritava quella donna, e lo
sapeva.
Era bravo a rovinare le cose, aveva una persona
disposta a
condividere la sua vita con lui e lui la stava allontanando solo
perché aveva paura di affrontare i suoi
demoni.
Beatrix lo guardava con incertezza, come se
avesse paura di lui.
“Micetta..”
Incominciò William, ma venne interrotto dalla
ragazza.
“O, se preferisci, puoi portarti un
pezzo della torta da dividere con i tuoi
amici.”
Ora si sentiva davvero uno stronzo. Una cosa
strana da provare, nuova.
“Sei stata molto dolce..”
fece una pausa “..io non sono abituato a.. questo.”
William stava tentando di trovare le parole
giuste per
mostrarle i suoi sentimenti, ma non era per niente facile per uno come
lui che non era abituato a mostrarsi debole con nessuno.
Era la prima volta che doveva rendere conto a
qualcuno delle
sue emozioni e, sebbene cercasse in tutti i modi di rimanere il freddo
e cinico Colonnello Inglese, sapeva che qualcosa dentro di lui era
cambiato.
Con lei, di sicuro, non riusciva più
ad alzare la
barriera come faceva con gli altri. Gli doleva vederla triste e
sconsolata.. voleva
renderla felice.
William Tavington, però, non si
comportava così
con le donne. Le usava per i suoi piaceri carnali e poi le gettava via
come roba usata e di scarso valore.
Perché non riusciva a vedere Beatrice
come le altre?
Perché si ricordava ogni vizio, mania,
fissazione,
qualsiasi cosa riguardasse la sua Beatrice e invece non riusciva a
rammentare un
solo nome di quelle ragazze che si era portato a letto nel passato?
Lui era un egoista, eppure adesso che si trovava
di fronte
Beatrix con la sua faccia a forma di cuore e la torta sul grembo, non
poteva ignorare quello che sentiva.
Voglio
che sia mia. Voglio essere io a renderla felice la mattina.
Pensieri che non aveva mai avuto prima si
affacciavano ora
nella sua mente. Le cose stavano cambiando, volente o nolente, e lui
doveva oramai fronteggiare il cambiamento.
Lei lo stava guardando ancora con amore e lui si
sentiva
inebetito, con la gola improvvisamente arsa che non sapeva che
dire.
“Beatrix. Io sento che è
arrivato il momento..”
Ma proprio allora qualcuno bussò alla
porta con fervore.
William tentò di ignorare chiunque
fosse perché
il discorso che voleva intavolare era importante. Beatrix
girò
la testa verso la porta, ma lui le rigirò il mento con due
dita,
per riportare la sua attenzione su di lui.
“Amore.. io e te dobbiamo parlare di
qualcosa di importante.. adesso.”
Ciaoo a tutte ^^
In
questo capitolo ho
voluto far prendere alla storia una piega precisa.. piano piano si
stanno scoprendo i 'segreti' di Cornwallis.
Quali
sono? Saranno così preziosi per il Generale Cornwallis,
tanto da lasciarsi ricattare dal Col. Tarleton?
Il
contenuto della famosa 'lettera' verrà svelato.. :)
Intanto
si è scoperto un nuovo lato del Colonnello..
quanto influenzerà Wellsie la sua relazione
passata con
Banastre, secondo voi prova ancora qualcosa per lui o lo ha dimenticato
per sempre con Nikolas?
I
protagonisti della storia sono William e Beatrix, ma ho voluto dare
giustizia anche a questi eroi secondari che tanto hanno fatto/faranno
per quei due.
Incubi dal passato.. non
solo
per Wells e Ban, ma anche per William e Bea.. il nostro Colonnello si
sta sciogliendo tra le braccia 'dolciose' di Beatrix.. quale
sarà la 'faccenda' della quale vuole discutere..?
eheheh
su questo vi stupirò parecchio.. :D
P.s.
avrei dovuto pubblicare prima, ma ho passato tutta la settimana a
revisionare il capitolo, metà lo avevo scritto 4 mesi fa
perciò non riuscivo ad allacciarmi bene alla storia..
così ho cancellato tutto e riscritto daccapo, mi scuso se
nel
fare questo è venuta meno la mia solita
'puntualità', ma
ho preferito rendervi un capitolo migliore.. spero di esservi riuscita.
:P
Boh..
finisco qua il mio sproloquio e vi lascio alle congetture sul prossimo
capitolo.. :)
Un
bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio
ancora tutte quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un
bacio grosso
|
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Capitolo 42 *** Quando il gatto non c’è, i topi ballano ***
capitolo 43
Capitolo
XLII
**Quando il gatto non c’è, i topi ballano**
“Colonnello Tavington, devo parlarvi.”
Si sentì dire dietro alla porta, ma William non sembrava
essersi
distratto da quell’intrusione. Voleva finire il discorso
incominciato con Beatrice.
“Non ora.” Rispose sbrigativo a chiunque fosse
dall’altra parte.
Lei aveva ancora le mani tra quelle del Colonnello, era meno scossa
rispetto a qualche minuto prima. Sembrava più rilassata.
“Cosa mi devi dire, William?” chiese lei in trepida
attesa.
“Io..”
Tavington venne bloccato di nuovo. La persona che bussava alla porta
continuava a battere, forse ignorava l’ordine perentorio del
Colonnello di allontanarsi?
“Ho detto, non
ora.” Ribatté William in tono
imperativo. “Non mi piace ripetere le cose.”
“Forse è urgente, amore.” Gli disse la
ragazza a voce bassa, cercando di far sentire solo a lui.
“Noi possiamo parlare più tardi.”
Proseguì poi, regalandogli un sorriso caldo.
Lui sbuffò, massaggiandosi i capelli con irritazione, ma
alla fine annuì. “Va bene.”
“Arrivo.” Rispose invece all’altro.
“Allora.. la torta non ce la fai a mangiarla.”
Disse Beatrix con sconforto e un po’ di delusione.
Lui prese il coltello e tagliò una fetta in modo grossolano.
“Perché no? Devo ancora fare colazione.”
Assaggiò un pezzo, era molto buona. Certo, c’era
una
quantità di cioccolato da metterlo al tappeto,
però
l’aveva molto apprezzata nel complesso.
“Sei stata brava, amore, almeno adesso sappiamo che non farai
morire di fame la pulce.”
William pensava di essere riuscito a tirarla su di morale, invece
l’aveva rattristata, un’ombra era passata sul suo
volto.
Cosa aveva detto di sbagliato?
Lui tentò di accarezzarla, ma lei si scansò e si
alzò.
Lo aveva davvero rifiutato?
“Ora devo andare, William. Vado.. da Wellsie.”
Anche lui si alzò con lei, dimenticandosi di essere
completamente nudo. Dettaglio che però non sfuggì
alla
ragazza, il suo viso si colorò infatti leggermente di rosso.
“Non sarai imbarazzata, vero micetta?”
Lei fece qualche passo indietro, avvicinandosi alla porta con
l’intento di defilarsi.
“Vado via, è meglio.”
“E non mi dai nemmeno un bacetto? Devo ricambiare il favore
per la fatica spesa nel farmi la torta.”
A quel punto si avvicinò a lei con passi felpati.
“Sai, William.. certe volte ho ancora qualche
difficoltà ad abituarmi ai tuoi modi.”
“Ai miei modi?” domandò sorpreso il
Colonnello, alzando un sopracciglio dallo stupore.
Lei continuò ad indietreggiare. “Sì, a
volte.. mi fai paura.”
“Pensavo fossimo andati oltre da un
po’..” gli fece notare lui.
Ad un certo punto la ragazza toccò la parete alle sue
spalle.
“Non sei un uomo semplice, William, devo ancora scoprirti
tutto.”
Lui le sorrise facendo infine congiungere le loro labbra.
“Quindi preferisci fare le cose lentamente, eh?” le
disse sospirando.
“Mmm..” rispose Beatrix in estasi.
“Bé, non
sempre, per certe cose
ti do l’autorizzazione ad agire come
vuoi.”
William le accarezzò i capelli, sorridendo contro le sue
labbra.
“Sei come l’oppio più buono per me,
Beatrice, devo
far attenzione con te.” Le lasciò un ultimo bacio
veloce.
“Sei una donna pericolosa.”
La fanciulla si morse il labbro inferiore, sfiorando poi il suo torso
con le dita. “Mi sto nascondendo le carte migliori per il
gran
finale.”
“Non ne dubito.” Poi accarezzò il suo
nasino con dolcezza. “Altrimenti che micetta
saresti?”
Qualcuno bussò nuovamente e ruppe la magia che si era
creata. “Colonnello?”
William alzò gli occhi al cielo, sospirando pesantemente.
“Meglio che vada davvero adesso.” Gli disse
Beatrix, cogliendo il suo sguardo.
Prima di andare però gli disse un’ultima cosa.
“Promettimi che faremo pranzo insieme.”
Lui la guardò negli occhi. “Prometto.”
E così Beatrix finalmente uscì.
Il Colonnello Tavington si vestì velocemente e poi
uscì
dalla sua stanza, fuori ad attenderlo c‘era il Tenente Kent.
“Sono curioso di sapere il motivo della tanta fretta,
Tenente.” Disse William, sistemandosi intanto il fiocco
attorno
al collo.
“Sono ordini, Colonnello. Il Capitano Bordon mi ha mandato a
chiamarvi.”
Intanto i due uomini si incamminarono, scendendo al piano inferiore.
“Perché non è venuto lui a
bussare?” rispose
William, non tanto al Tenente, più che altro a se stesso.
Dopo alcuni minuti di silenzio Kent proseguì, un
po’ titubante però, incespicando con le parole.
“State bene, non sembrate malato.”
Tavington gli restituì un’occhiataccia.
“Ti sembro malato?”
“No, no. Girava voce..”
I due soldati erano arrivati nel grande atrio. Tutte le finestre era
spalancante e così si sentivano diverse voci provenire dal
cortile.
Ma William era interessato alla piega che aveva preso il discorso. Si
fermò e guardò attentamente il Tenente.”Quale voce?
E soprattutto chi ha
detto questa sciocchezza?”
Kent si massaggiò il collo nervosamente, rendendo manifesto
il suo nervosismo.
Perché erano sempre tutti agitati di fronte a lui?
Tavington uscì fuori e lo stupore lo investì in
pieno.
C’erano diversi soldati che si allenavano, ma nessuno di
quelli faceva parte del suo battaglione.
Ma che diavolo stava succedendo?
Si girò incredulo verso il Tenente, che lo aveva seguito
all’aria aperta.
“Dove sono i miei uomini?” gli urlò
contro, agitando
le braccia ad indicare il gruppo di uomini che evidentemente mancava
all’appello.
“Non ci sono.” Rispose Kent.
“Davvero? Non lo avrei detto.”
Replicò William in tono sarcastico, ma la verità
era che
stava per perdere la pazienza. Già era nervoso
perché lo
aveva irritato di prima mattina con quel bussare fastidioso ed ora
quella bella sorpresa.
“Noi eseguiamo solo gli ordini, Colonnello.”
Tavington si avvicinò all’uomo, visibilmente
arrabbiato più che confuso. “Quali
ordini?”
“Il Colonnello Tarleton ha detto che non sareste venuto ad
allenarci, così ci ha mandati sull’Old Creek a
vegliare
sui confini.” Ammise Kent.
William non sapeva se essere furioso oppure davvero furioso.
Di sicuro da lui non era stato impartito alcun comando, quindi le cose
erano due: o il Tenente mentiva oppure, più probabile,
Tarleton
ne aveva combinata una delle sue.
Tavington prese un respiro profondo prima di aprire bocca.
“Una cosa non quadra, noterai anche tu..” poi gli
urlò contro “Tarleton non vi dà ordini,
idiota!”
Non era da Tavington utilizzare lemmi così colorati, ma
questa volta era molto arrabbiato.
“Ci ha detto che stavate male e voi eravate in ritardo. Non
siete
mai in ritardo, abbiamo pensato dicesse il vero.” Si vedeva
la
sua agitazione. “Come potevamo sapere..”
Ma William lo interruppe, agitando le mani, come per spazzare via le
cose che l’uomo stava dicendo. “Dovevate aspettare
un mio
ordine lo stesso, dov’è Bordon?”
“Ha seguito gli altri, ma ha mandato me a vedere se steste
davvero male.”
“Non potevate farlo prima
di andare?” proseguì Tavington.
“Conoscete il Colonnello Tarleton, ci ha intimati di fare
come voleva.. e noi lo abbiamo fatto.”
William era ancora arrabbiato per la faccenda, eppure stava cercando lo
stesso di contenersi per poi rilasciare tutto l’odio per chi
se
lo meritava davvero.
Tarleton.
Perché aveva detto quella bugia? Cosa stava combinando?
William aveva tante domande e tante cose da sistemare. Anche se il suo
primo impulso era cercare Banastre e risolvere la questione, sapeva che
il suo ruolo richiedeva che andasse a prelevare i suoi uomini.
Non avrebbe permesso ad un altro di occuparsi delle sue cose.
Così si incamminò.
“Bene, portami all’Old Creek, subito.”
Poi si
girò verso di lui con sguardo fermo e glaciale.
“Successivamente risponderete tutti quanti a me per
insubordinazione.”
Kent non ribatté, sebbene l’impulso vi fosse,
nonostante
questo annuì e si incamminò con il Colonnello
nella
stalla per prendere i cavalli.
Beatrix aveva lasciato da poco la stanza di Tavington con una strana
sensazione addosso.
Passare del tempo con lui era la cosa che le piaceva di più,
se
avesse potuto avrebbe legato lui
al letto e poi lo avrebbe tenuto
così per sempre.
Ma non poteva, nemmeno il tempo di svegliarsi che già se
n’era andato via.
Le dispiaceva un po’ per la torta, ma magari potevano
festeggiare
più tardi, tanto si sarebbero visti per pranzo. Il loro
incontro
però l’aveva resa felice e turbata allo stesso
tempo.
William era come un prisma, con tante facce e non le mostrava sempre la
stessa. Sapeva essere davvero cattivo, era in grado di ferirla come
nessun altro, eppure era anche il tenero amante che la coccolava quando
stava male. Il solo pensare a lui quel giorno
dell’aggressione di
G. le faceva venire il tremolio alle palpebre, con le lacrime che
spingevano per uscire. Quanto sarebbe stata bella, e più
semplice, la vita se lui fosse stato sempre
quell’uomo.
William da una parte e il Colonnello Tavington dall’altra.
Il buono e il cattivo.
Il sole e la luna.
La scelta tra i due era impossibile perché la
verità era che lei amava tutto di lui, ogni
cosa.
Beatrix stava camminando in quel corridoio rischiarato quel poco dalle
finestre che decoravano la stanza. Stava incominciando a conoscere il
Forte. Aveva capito per esempio quali locali erano da evitare e quali
invece erano a lei accessibili.
Dove andare? In qualche modo doveva riempire il tempo, così
decise di fare una capatina dalla sua amica Wellsie.
Mentre si avviava, involontariamente, la sua mente la
trascinò indietro nella conversazione con William.
“Sei stata brava, amore, almeno adesso sappiamo che non farai
morire di fame la pulce.”
Una frase che di per sé non aveva niente di cattivo
l’aveva resa eppure triste, perché aveva
l’impressione che il futuro che Beatrix stava costruendo per
loro
tre non era lo stesso che si era raffigurato William?
Col passare del tempo si era abituata al fatto di essere la sua amante
ufficiale, era una cosa strana, una cosa che non avrebbe accettato in
passato, ma lui era il suo amato Colonnello e lei avrebbe fatto
qualsiasi cosa per trattenerlo a sé. Pure rinnegando i suoi
principi, l’importante era avere una famiglia. Quella stessa
famiglia che a lei era stata negata fin da piccola.
Si accarezzò la pancia, sussurrando alla pulce.
“Tu avrai
una vita migliore. Più bella di quella che ha avuto la tua
mamma, farò qualsiasi cosa per tenermi
papà.”
Beatrix, ancora immersa tra i suoi pensieri, non si accorse di aver
sbattuto contro una persona. Alzando la testa però
notò
che era proprio quella che stava cercando.
“Beaaaaaa!!” l’abbracciò forte
la sua amica.
“Hey, Wells, stavo venendo giusto da te.”
La fanciulla allontanò le braccia e la guardò
perplessa.
“Ma non sai dov’è la mia
stanza.”
Beatrix si mise a ridere. “Hai ragione! Dove ho la
testa?”
Wellsie le sorrise con affetto, prendendola sottobraccio.
“Eh..
so io dove hai la testa! Dai, vieni che ti mostro la mia
stanzetta.”
Wells accompagnò la sua amica fino alla sua stanza. Una
volta
che la porta venne chiusa Beatrix poté ammirare la camera,
era
simile a quella che lei condivideva con Tavington.
Bea si guardò attorno, mentre Wellsie invece era
già
andata allo scrittoio per versarsi un po’ di acqua in un
bicchiere.
“Oddio, ma che caldo che fa! Non sono abituata a queste
temperature, da noi già da ottobre è incominciato
l’inverno.”
Intanto incominciò a bere un bicchiere dopo
l’altro, si vedeva che aveva tanta sete.
“Già.. questo è il Sud, baby!”
Wellsie appoggiò il bicchiere sul banco e poi si sedette su
una sedia vicino al tavolo.
“Posso chiederti un favore tesoro?”
domandò dubbiosa Beatrix.
“Certo, tutto quello che vuoi.”
“Lo so che te lo chiedo ogni volta, prometto che
provvederò al più presto, mi presteresti un
vestito?”
Wellsie le regalò un sorriso meraviglioso, tanto che quasi
si strozzò con l’acqua che stava ingollando.
“Certo, apri pure l’armadio e prendi quello che
vuoi.”
“Grazie!”
Così Beatrix fece proprio come detto, aprì le due
ante ed
il suo occhio catturò subito un abito nero. Lo
guardò
bene e realizzò immediatamente che era il vestito giusto per
lei, lo appoggiò sul suo corpo e si ammirò allo
specchio.
Il vestito era molto grazioso, non tanto impegnativo, ma quel poco per
catturare l’attenzione.
Aveva anche una generosa scollatura, una cosa che forse William avrebbe
apprezzato.
“Sì, ti sta davvero bene, Bea. È fatto
per te.”
Beatrix si svestì e provò l’abito,
facendosi
aiutare dall’amica per la chiusura. “Non ti
dispiace se lo
metto oggi? Te lo riporto domani mattina o stasera se vuoi..”
Wellsie prese i lacci del vestito ed iniziò ad inserirli
nelle
asole corrispondenti, intrecciandoli fino a formare tante
‘x’.
“Prendilo pure, a me non sta bene.”
Beatrix le lanciò un’occhiata scettica dal suo
riflesso nello specchio.
“Non ci credo, hai un fisico spettacolare.” Poi si
accarezzò la ciccia che aveva qua e là sul corpo,
iniziando a sentirsi pentita di aver mangiato tutte quelle brioche a
colazione. “E soprattutto sei magra!”
Wellsie sorrise amaramente. “Forse è
l’unico pregio,
Bea, ma agli uomini piacciono le donne con le forme, come te. Ai cani
piacciono le ossa.”
Wellsie aveva finito di allacciarle l’abito. Era perfetto, le
piaceva molto.
“Perché dici così? Io vorrei avere le
tue gambe slanciate.”
Wells rise con l’amica. “Ed io invece vorrei avere
il tuo
seno, caspita è..” agitò le mani
“..enorme.”
Poi si allontanò prendendo un altro bicchiere
d’acqua da
bere e proseguì a stuzzicarla. “Scommetto che Will
apprezza mooolto.”
Beatrix scoppiò a ridere dall’insolenza di
Wellsie.
“Wells!! Sembri tanto una ragazza tranquilla,
invece..”
E risero così per un po’ insieme.
“Oh, che maleducata che sono! Tu vuoi qualcosa da
bere?” domandò cortesemente Wellsie.
“No, grazie..” ma non finì la frase,
perché in effetti qualcosa voleva. Qualcosa di forte.
“Hai solo acqua, Wells? Liquori?”
La sua amica la guardò sorpresa. “Sei incinta,
Bea.”
Beatrix sbuffò, per poi sedersi infine sul letto, come una
bambina capricciosa.
“Lo so, magari lo diluisco con l’acqua.”
Si rivolse all’amica facendo il broncio.
“Ma sentiti, mi sembri uno di quegli ubriaconi che puoi
incontrare sull’Hall Street a Liverpool.”
Con rassegnazione Wellsie si alzò e andò verso la
vetrina degli alcolici vicino al letto.
“Vediamo un po’ cosa abbiamo..” disse
sovrappensiero, mentre Beatrix si avvicinava a controllare la riserva.
“Ma guarda quante belle bottiglie ci sono qui.”
Disse Bea,
intrufolandosi sotto il braccio di Wellsie. “Sono di Nik,
vero?”
“Oh, sì.” La ragazza prese una bottiglia
che era più larga che alta.
“Questa?” propose a Beatrix.
“Cos’è?”
“Mmh.. vediamo un po’..” svitò
il tappo e
annusò come un gattino curioso. “Sembrerebbe
Scotch.”
Beatrix fece una smorfia di disgusto. “Basta Scotch, tuo
fratello mi ha fatto venire la nausea per quel liquore.”
Allora Wellsie rimise nella teca la bottiglia, annuendo alle parole
dell’amica.
“Ti capisco, ma ti assicuro che non è
l’unico che ha
quel vizio.” Le disse con empatia e con un’alzata
di
sopracciglia.
“Anche al Capitano piace?” chiese incredula.
“Ooh sì.. anche a lui.”
“Credi sia una mania degli Inglesi?” chiese Bea.
“Probabile, vuoi provare qualcosa di nuovo nuovo?”
Beatrix indicò le bottiglie di vetro nella vetrina.
“Tra quelle?”
Wellsie scosse la testa sorniona. “Nope.”
Poi si allontanò dall’amica e si
avvicinò al grande
letto vicino a loro. Si abbassò per terra, alzò
le
coperte da un lato e infine mise la testa sotto al letto.
“Wellsie..?”
“Mmh..” rispose l’amica. “Un
attimo.”
Disse, con la voce attutita dallo spazio angusto dove si trovava.
“Che fai?”
“Trovo il mio Ginny.”
Beatrix era curiosa di sapere cosa stava cercando Wells e le sue
risposte concise ed enigmatiche la stuzzicavano sempre più.
Allora alzò il vestito, si inginocchiò anche lei
per
terra e infine controllò sotto il letto.
Erano entrambe immerse nell’oscurità e nella
polvere che cercavano solo Dio sapeva cosa.
“Cos’è Ginny?”
“Oh, Bea, devi conoscerlo assolutamente! Ultimamente
è il
mio migliore amico..” e lasciò la frase in
sospeso,
incuriosendo la sua amica.
“Succede qualcosa Wells, hai problemi?” Beatrix
aveva intuito che c’era qualcosa che preoccupava Wellsie.
“Non ora, prima di incominciare a parlare devo prendere un
po’ di Ginny.”
Beatrix rise, come se avesse avuto di fronte una pazza. “Ma chi o cos’è
questo Ginny??”
Wellsie afferrò saldamente qualcosa ed iniziò ad
indietreggiare, con l’intento di uscire fuori dal
nascondiglio.
Bea la seguì a ruota, notando che l’amica aveva in
mano un sacchetto di cartone in mano.
“Ecco cos’è Ginny!” disse
Wellsie, mostrando una..
bottiglia?
“Ginny è un liquore?” domandò
incredula Beatrix.
“Oh, sì.” Buttò per terra il
sacchetto e
svitò il tappo. “Ma è un liquore
speciale, non
è ancora in commercio, sono pochi ad avere questo elisir tra
le
mani.”
Beatrix si avvicinò all’amica per annusare
l’odore
di questa nuova sostanza. “Ma è un
alcolico?”
“Certo Bea, ma è diverso dallo Scotch. Quella
è
roba da uomini, questa…” andò allo
scrittoio e
prese un bicchiere, ne riempì due dita e lo porse a Beatrix.
“..questa è roba da femmine.”
Bea prese il bicchierino, indecisa sul da farsi, dopotutto era stata
lei a chiedere un liquore, quindi non si poteva di certo lamentare.
Portò il bicchiere alla bocca e buttò
giù tutto d’un fiato.
“Ah..!” aveva un gusto particolare e le piaceva
molto, aveva ragione Wellsie.
“Allora.. ti piace??” chiese l’altra
eccitata.
“Sì, come hai detto che si chiama?”
chiese Beatrix, con la gola che ancora bruciava per l’alcool.
“Non mi ricordo bene il nome preciso. Suonava tipo Jim, Gin..
boh, l’ho rinominato Ginny.”
“Bello. Quindi fammi capire bene siamo due ragazze sole, che
hanno una giornata da riempire in qualche modo..”
Afferrò
la bottiglia dalle mani di Wellsie. “..abbiamo un bel liquore
con
noi.. che facciamo?”
Si guardarono negli occhi, con lo sguardo sornione che diceva che
entrambe la pensavano allo stesso modo.
Ciaoo a tutte ^^
Buone vacanze a tutte, spero vi stiate divertendo
al mare!! ^^ Prima di partire riesco a pubblicare un bel capitoletto..
ed ecco le due donzelle sole che si divertono, riusciranno a fare festa
senza esagerare?
E cosa sarà successo al Colonnello Tavington ed i suoi
uomini, che Banastre stia complottando alle sue spalle? :)
Vi lascio al capitolo.. *-*
Un bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio ancora tutte
quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 43 *** In Vino Veritas ***
capitolo 53
Capitolo XLIII
**In Vino Veritas**
Wellsie andò al tavolo e prese due bicchieri di cristallo e
ci versò dentro del liquore.
“Stavi dicendo che bevi spesso, come mai?”
domandò curiosa Beatrix.
Wells le porse un bicchiere. “Ultimamente le cose tra me e
Nik non vanno molto bene.” Ammise con un po’ di
rammarico.
Bea intanto aveva buttato giù Ginny in un colpo. La gola
bruciava come se prendesse fuoco. “Aah.. nella lettera che mi
avevi scritto, quando ero all’accampamento, dicevi che
procedeva tutto bene, cosa è cambiato?”
Wells buttò giù anche lei la sua parte del
liquore, ma sembrava abituata a bere, non si accorse nemmeno della gola
che ardeva. “Era passato poco tempo da quando tu e Will
eravate andati via..”
Wellsie le stava spiegando come si sentiva, ma Bea sapeva che
c’era qualcos’altro che le stava nascondendo. Non
era possibile che lei e Nikolas avessero problemi, li aveva sempre
ritenuti la coppia ideale, quella dei romanzi d’amore.
“Ti ha tradita, vero?”
L’altra si mise a ridere, mentre si versava altro liquore
direttamente in bocca. Beatrix era un po’ preoccupata per la
sua amica.
“Nik non farebbe..
maaai.. una cosa del genere..”
Bea prese la bottiglia tra le sue mani e bevve anche lei un sorso.
“Sei molto strana, Wells.”
L’amica rideva ancora e Bea iniziava a dubitare che fosse
solo merito suo, l’alcool incominciava a fare effetto.
“Sono stanca di tutte le bugie, i segreti.. sono
stanca..” e poi si andò a sedere sul letto con un
tonfo sordo.
“Tutto si può sistemare” le
confidò Beatrix, inginocchiandosi ai piedi del letto
“guarda me e William, ne siamo la prova..”
L’altra le sorrise, ma senza convinzione, sembrava abbattuta,
triste e sconsolata e lei non sapeva quale fosse la ragione.
“Voi due siete belli insieme, non avrei mai detto che un
giorno mio fratello avrebbe trovato una donna come te.” Wells
si alzò dal letto, prendendo la bottiglia tra le mani di
Beatrix.
“Non è solo per il fatto che tu mi piaci. Lui non
è sempre una bella persona, lo so, ci sono cresciuta
insieme. Ma.. tu lo sopporti ogni giorno con tutti i suoi difetti, lo
accetti per quello che è..” Wells bevve un altro
sorso di liquore, questa volta più profondo e più
lungo.
“Certo che lo faccio, Wells, lo amo. E.. lui.. spero.. ami
me.”
In poco tempo la conversazione aveva spostato il suo asse, ed ora che
si parlava anche della sua relazione con William sentiva
un’ombra di tristezza ad invaderla.
Cosa aveva voluto dire quella mattina? Forse quella stessa sera le
avrebbe comunicato la sua intenzione di chiuderla con lei..?
“Passami quella bottiglia, Wells.” Le
ordinò la ragazza, con un tono degno di un alcolista cronico.
La sua amica gliela consegnò. “Lui ti ama, solo
che non vuole avere un’altra delusione..”
Beatrix bevve un altro sorso, e per poco non si strozzò.
“Un’altra delusione? Sapevo che aveva avuto altre
donne..”
Ma Wellsie la interruppe, riafferrando Ginny. “Sì,
sì, donne ne ha avute quanto a formare un harem.”
Specificò Wells, mentre beveva ancora. “Ma solo
con una si è.. per così dire..
fidanzato.”
Beatrix era sconvolta. Non sapeva niente di tutta quella storia e certo
il suo William non si era preoccupato di riferirle del suo passato.
Aveva avuto
un’altra..
Una donna a cui lui aveva concesso il suo cuore, una che lo aveva
abbracciato tutte le notti sapendo di essere l’unica per lui,
una donna che.. lui
aveva amato.
Beatrix si sedette sul letto, perché incominciava a non
sentirsi bene. Sebbene sapesse che era stupido riportare in vita il
passato, quella cosa che aveva scoperto però le aveva fatto
male.
Wellsie si avvicinò a lei e si sedette sul letto. Le aveva
letto negli occhi che c’era qualcosa che non andava, ma Wells
in quel momento non pareva lucida di mente.
Infatti la ragazza aveva evitato quel discorso fino a quel momento, le
aveva spiattellato quella storia solo perché era ubriaca.
“Che hai? Pensi che Scarlett sia un problema?”
chiese, accarezzandole la schiena con tenerezza.
“Scarlett?”
“Prima bevi.” e le porse la bottiglia.
Beatrix fece come detto e il liquore ormai non infuocava più
la sua bocca. Si era abituata al sapore acre e penetrante.
“Raccontami tutto.”
“Sei sicura che vuoi saperlo? Dopotutto è il
passato, William vuole te ora.” disse la ragazza,
accarezzandole il dorso della mano.
Beatrix ci pensò su. Avrebbe fatto ancora più
male, ma aveva il diritto di sapere tutto. Se la ragione per cui
William era così freddo e distaccato in amore dipendeva
anche da.. Scarlett..
voleva conoscere ogni dettaglio del suo passato.
“Quando tempo fa?” domandò Bea.
Wellsie prese un respiro lungo. “Lui aveva
all’incirca la tua età, mi sembra, quando
è incominciato tutto.”
Beatrix prese Ginny e bevve un altro po’ di liquore. La
bottiglia stava per finire. “Era solo una cotta
oppure..” lasciò la frase in sospeso, sperando che
fosse la prima opzione.
Wellsie scosse la testa. “Era innamorato di lei, era molto innamorato di
lei. Pensa che l’avrebbe anche sposata se le cose fossero
andate diversamente!”
Bea era attonita. Non riusciva nemmeno ad immaginarsi William come lo
dipingeva lei, era stata la sua ex fiamma a svuotarlo dentro?
“Era molto bella?” domandò Beatrix
curiosa, aveva così tante domande da porle e non si sentiva
neanche lei più lucida.
Wellsie annuì lentamente. “Piaceva a tanti
ragazzi, infatti aveva tanti corteggiatori, ma lei aveva permesso solo
a William di corteggiarla ufficialmente.”
Bea bevve un altro sorso di liquore. “Descrivimela.”
“Mmh.. alta, bionda, occhi cobalto, formosa nei punti
giusti.. la perfezione fatta in persona.”
Beatrix era rimasta all’inizio dell’elenco e mentre
la sua amica snocciolava tutti i pregi estetici della sua rivale si
rendeva conto in quante cose lei era in difetto.
Cosa vede William in me?
Se era stato con Scarlett come era riuscito ad accontentarsi di lei?
Lo fa perché
porti in grembo suo figlio, una volta che lo avrai partorito si
dimenticherà di te. Disse una vocina nella sua
testa. Uscirai di scena
nello stesso modo in cui sei entrata.
Bea grattò con le sue unghiette il dorso delle mani per il
nervoso. Aveva voglia di parlare con William, ma sapeva che le lacrime
spingeva per uscire fuori e lei le stava trattenendo con grande fatica.
Non ce l’avrebbe fatta ad affrontare lui.
“Tu sei molto meglio di lei.” le disse Wellsie,
facendo l’occhiolino.
Bea sorrise. “Lo dici perché sei mia
amica.”
“No.” disse Wells, accarezzandole una guancia.
“Lo dico perché lo penso, perché ho
conosciuto Scarlett molto bene. A differenza degli altri uomini, sono
andata oltre il suo bel fisico da mostra e ho scavato dentro. E sai
quello che ho trovato?”
Beatrix scosse la testa.
“Un guscio di donna. Dentro di lei non c’era
niente, era vuota, arida, disumana.. frigida!”
Bea rise, ma non erano bastate le belle parole di Wellsie a tirarla su
di morale. “Allora William cosa ha visto in lei? Hai detto
che era innamorato, non era solo qualcosa di fisico.”
Wellsie diede un’alzata di spalle. “Non so, William
non è tipo da chiedere alla sorellina più piccola
consigli in amore, però potevo vedere quello che mi
circondava anche se ero piccina.”
Beatrix si alzò dal letto, si mise a camminare per la stanza
perché aveva voglia di scaricare la tensione.
“Perché è finita tra di loro?”
Wellsie rise nervosamente, bevendo infine l’ultimo goccio di
Ginny. Rimise la bottiglia sotto il letto. “Perché
lui ha scoperto il suo gioco.”
“Quale gioco?”
Wellsie si alzò anche lei dal letto e raggiunse
l’amica. “Lui credeva di essere l’unico
per lei.. mentre in realtà le cose erano ben
diverse..” disse Wells, con una smorfia in volto.
“E lui non si era accorto di niente? Non ci credo!”
Wellsie annuì con la testa. “Devi, tesoro, lui era
così cieco da non rendersi conto di niente e lei lo ha preso
in giro per tutto il tempo.”
Bea scosse la testa, non riusciva a credere davvero alle sue parole.
Può l’amore rendere così ciechi?
Sì.
Allora questo rendeva William più umano, lo rendeva debole
quanto lei e le faceva sperare in una redenzione. Quindi doveva solo
trovare la chiave per aprire il suo cuore.
Beatrix sorrise senza rendersene conto. In un secondo era sparita tutta
la tristezza di prima, ora si sentiva carica e pronta ad esplodere per
ottenere ciò che voleva.
“La stai accettando bene la cosa, sono contenta.”
Constatò Wellsie. “Non hai nulla da temere per la
faccenda di Scarlett, lei è morta per lui nello stesso
momento in cui è morto il suo sentimento per lei. Non prova
più niente.”
Bea si morse il labbro inferiore, iniziando a mangiare poi le unghiette
delle mani. “Credi che Scarlett sia il motivo per cui lui si
è chiuso in se stesso in questi anni?”
Wells era pensierosa, e tra l’altro non si reggeva nemmeno
più in piedi. “Forse, certo non ha fatto bene al
suo animo già di per sé scontroso e introverso.
Credo che lei sia come le sue cicatrici, un memento per il futuro. Come
per dire ‘non andare più oltre quel
limite’.”
Era incredibile quanto Wellsie risultasse saggia da ebbra, era proprio
vera la massima in vino
veritas.
“Io voglio essere l’unica per lui, per me non ci
sarà mai più nessun altro, Wells. Se lui mi
dovesse lasciare.. non potrei sopportarlo.” Ammise con
sincerità Bea.
“Lo so, ed è per questo che ho sempre creduto che
tu fossi quella giusta per lui. Vi auguro ogni felicità
perché siete le due metà che si completano a
vicenda.”
Beatrix era fortunata ad avere un’amica come Wells,
un’alleata, una complice, una cognata affettuosa. E lei aveva
ragione su tutto, però mancava solo una cosa.. parlare con
William.
Aveva promesso che si sarebbero visti per pranzo, lui quella mattina
voleva dirle una cosa importante e se era qualcosa che avrebbe cambiato
il loro futuro voleva saperlo subito.
“Ti voglio tanto bene, Wells.”
L’abbracciò forte.
L’altra ricambiò, stringendola a sé.
“E io voglio bene a te.” Poi le disse
nell’orecchio. “Salvalo, non lasciarlo al suo
destino. È perso.”
Poi si staccarono e Wellsie le sorrise. “Non mi sento
granché, ho bevuto peggio di come faceva mio padre. Meglio
che vada a letto.”
E così dicendo andò sul letto e si
sdraiò sotto le coperte.
“Magari ci vediamo più tardi.” Disse Bea.
“Mmh..” fu l’unica risposta di Wells, si
stava già addormentando.
Beatrix decise di lasciare la stanza per permetterle di riposare.
Mentre camminava lungo il corridoio le venne in mente che non le aveva
più chiesto del suo litigio con Nik.
Qualcosa tra di loro si era incrinato, lo si capiva dalle parole, dal
comportamento bipolare di Wellsie, da tante cose.
E lei cosa aveva fatto per consolare la sua amica? Le aveva gettato
addosso le sue frustrazioni e i suoi tormenti.. se Wells non fosse
andata a letto sarebbe ritornata dentro a discutere con lei.
Ma ormai era tardi, la sua amica aveva bisogno di staccare un
po’ e mettere a tacere il mondo. E lei invece aveva bisogno
di scaricare la tensione che aveva accumulato.
Intanto era ritornata nella sua stanza.
Era rimasta così come l’aveva lasciata.
Sul tavolino, vicino al letto, c’era ancora la torta al
cioccolato che gli aveva fatto, mancava un bel pezzo, ma nel complesso
era ancora lì che reclamava di essere mangiata.
La stanza era illuminata dal sole che proveniva dalla finestra
spalancata, si era aperta un’altra volta. Si
avvicinò al letto e vide le lenzuola disfatte e umide,
portavano ancora i segni della loro notte bollente.
William le mancava, anche se lo aveva visto solo poche ore fa. Come si
era ridotta così per un uomo? Si accarezzò la
pancia e parlò alla pulce. “Credevo di fare tutto
questo per te.. invece mi sono resa conto che sono io ad avere bisogno
di lui, amore della mamma.”
Beatrix andò alla finestra e diede un’occhiata
fuori.
C’era il sole alto in cielo, anche se qualche nuvola nera si
vedeva all’orizzonte, ma era troppo lontana perché
rovinasse la bella giornata.
Bea cercò con lo sguardo William, ma non lo
trovò.
Mi manchi.
Non aveva niente da fare, Wellsie era KO, le rimaneva che stendersi sul
letto ed attendere come una brava moglie il suo ritorno a casa.
Casa? Chissà
quando avremo una casa tutta nostra, solo io, lui e la pulce..
Sogno o realtà?
Chiuse gli occhi.
La finestra si chiuse con un rumore assordante. Beatrix si
alzò di colpo dal letto e guardò fuori.
Il tempo era cambiato, non c’era più il sole che
illuminava la giornata, al suo posto erano comparse terribili nuvole
nere che portavano pioggia e fulmini.
Bea scese dal letto e andò a chiudere la finestra,
tentò, ma il vento era troppo forte e la spingeva indietro,
così decise di lasciarla aperta.
Per quanto tempo aveva dormito?
Nel cortile non c’era più nessuno, era deserto,
c’era qualche rumore nella casa, ma non più di
tanto.
L’orologio sul tavolo segnava le due passate.
William dov’era? Era già arrivato e se
n’era andato via oppure non era ancora rincasato?
Poteva arrivare tra poco e lei doveva prepararsi a riceverlo. Aveva un
sacco di cose per la testa, aveva tante domande su Scarlett, ma aveva
anche una gran voglia di sciogliere la tensione dentro di lei.
Era arrabbiata, nervosa, gelosa, invidiosa, frustrata..
Sentì un rumore di stivali che giungeva verso la sua stanza,
non ebbe il tempo di riconoscere il tonfo che la porta si
aprì d’un colpo.
“William!”
Il suo amore era bagnato dalla testa ai piedi, sembrava un piccolo
pulcino infreddolito. Beatrix gli corse incontro e lo
abbracciò forte. “Ti sei ricordato di venire da
me.”
Lui tentò di staccarla dal suo corpo, ma non ci riusciva.
“Te lo avevo promesso, non volevo ripetere il disastro
dell’altra volta.” Disse, facendole
l’occhiolino.
Bea non smise di abbracciarlo forte, aveva allacciato le braccia al suo
collo e aveva appoggiato la testa sul suo petto. Era rimasta in quella
posizione per un po’ e lui alla fine l’aveva
lasciata così.
“Se non ti stacchi, finirai per bagnarti tutta anche
te.” L’ammonì lui.
Beatrix alzò distrattamente gli occhi verso di lui, senza
demordere nel lasciare la presa. “E allora?”
domandò, facendo il broncio.
William le sorrise, facendo intanto dei massaggi delicati sulla sua
schiena. “E allora poi ti ammalerai, qui non abbiamo medici
chirurghi per curarti.”
Lei sbuffò. “Dovresti essere contento, se mi
ammalo e muoio poi potrai ritornare a fare la vita che facevi prima.
Avresti tutte le donne che vuoi.” Rispose la ragazza, con un
tono un po’ infantile.
William la fece staccare dal suo corpo e scosse la testa con uno
sguardo severo. “Non dire sciocchezze.” Si
sbottonò la giacca bagnata e la gettò sulla
poltrona. “Se volessi, potrei averle già adesso,
giù c’è uno stanzino pieno di
prostitute.”
Lei lo guardò allibita. “Non puoi essere
serio.”
Tavington rise. “Dicevo, appunto, se
volessi.”
Beatrix si avvicinò al suo uomo e lo abbracciò da
dietro. “Più passo giorni con te e più
mi affeziono, tanto che mi manchi ogni volta che non ci sei. Mi stai
facendo impazzire.”
William prese le sue mani e le baciò. “Non ti sto
abbandonando, ritorno da te.”
Lui si girò e la guardò negli occhi.
“Che succede?”
“Niente.” Rimbeccò lei. “Un
giorno potresti stancarti di me, potresti abbandonarmi..”
William scosse la testa. “Non succederà, io ti
amo, Beatrice. Riesci a capirlo questo? Non dico ti amo a
tutte..”
Ecco! Quella
frase era stata come un’accoltellata al cuore.
Io non sono Scarlett e
lui ama me! Vero??
Beatrix comprese che lagnarsi non serviva a niente, se voleva essere
per sempre l’unica donna al suo fianco dove comportarsi come
una donna adulta.
William le stava accarezzando dolcemente la guancia, lei prese la sua
mano e, baciandola, la mise giù. “Sei bagnato,
devi toglierti i vestiti.”
Poi prese a sbottonargli la camicia e la gettò a terra.
Passò le mani sul suo torace e scese giù verso la
patta dei pantaloni. Accarezzò la sua protuberanza ancora
coperta e poi si abbassò.
Alzò la gonna e si inginocchiò per terra. Tolse
lentamente il bottone d’oro dall’asola e fece
calare i pantaloni per terra.
Beatrix lo guardò con gli occhi iniettati di desiderio e
passione, lui sapeva quello che lei stava per fare prima che..
“Oddio”
Ciaoo
a tutte ^^
Invece che risolvere le vecchie questioni in
sospeso, ho aggiunto altri segreti alla storia.. L'insalatona si sta
arricchendo di dettagli sempre più nitidi che poco a poco
sveleranno l'immagine completa.
In questo capitolo è la volta di William, io amo i
personaggi cattivi, i bad
boys, ma quelli dal torbido passato, quelli che hanno una
giustificazione per le loro azioni. Non violenza gratuita.
E così ho voluto decorare un'altra facciata di William,
mostrandolo debole
quanto Beatrix.. questa è una scialuppa di salvataggio per
Beatrix.. può approfittarne e mettere in salvo il loro
rapporto o soccombere di fronte all'ostacolo e perderlo per sempre.
Dopo 43 capitoli immagino conosciate la risposta.. vi dico solo
che la faccenda di Scarlett è più
complessa di quello che sembra.. non riguarda solo il rapporto
William-Scarlett.. ma c'è un triangolo.. se non un
quadrato.. :D
Comprendo che è estate e siamo tutti al mare, ma in questi
giorni prima di pubblicare mi sono chiesta se la mancanza di recensioni
dipenda dal mio modo di scrivere che ha degradato la storia.. Se
c'è qualcosa che non va fatemelo sapere :P Non obbligo
nessuno a scrivere, ma è sempre un piacere sentire i vostri
pareri.. :)
Vi lascio al capitolo.. *-*
Un bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio ancora tutte
quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 44 *** Reminiscenze dolorose ***
cap 44
Capitolo XLIV
**Reminiscenze dolorose**
La sua mente lo aveva condotto in un altro mondo. Le attenzioni di
Beatrix gli piacevano, in effetti era diventata alquanto brava a dargli
piacere e lo stava conducendo in uno stato di
nirvana.
Ma, ad un certo punto, sempre la sua mente creò per lui
un'immagine insolita, si raffigurò lui e Beatrice in un loro
futuro ipotetico.
Lei, non solo in qualità di moglie, ma anche di madre dei
suoi
figli. Li vide correre felici sullo Yorkshire Moors, il luogo dal quale
proveniva Esther, sua madre. Figli coraggiosi che cavalcavano la
brughiera al suo fianco, magari avrebbe avuto un maschio, al quale
poteva insegnare tutto sulle armi, sul combattere, gli avrebbe
trasmesso ogni abilità.
Poi magari avrebbe avuto una femmina, sì, proprio una
femmina
che avrebbe avuto la cocciutaggine della madre. E poi ne avrebbero
potuti avere ancora tanti altri, a pensarci bene non ci aveva mai
riflettuto prima, ma l'idea di essere padre non lo turbava per niente,
lo rendeva ansioso ed eccitato.
La villa dei suoi genitori non gli era mai piaciuta, troppo grande e
troppo maestosa, non era per niente il suo genere ideale. Invece, una
bella casetta in un luogo sperduto come lo Yorkshire Moors gli piaceva,
non avrebbe avuto il problema dei vicini fastidiosi, non sarebbe stato
costretto a feste e cene sfarzose per compiacere gli altri
nobili.
Sarebbero stati solo lui, Beatrix e la pulce.. O altre pulci..
William aveva chiuso gli occhi, mentre si raffigurava quel futuro,
utopico o reale che fosse, e aveva annullato così il mondo
che
lo circondava. Ma l'esigenza del momento lo obbligò ad
aprire
gli occhi e vide così qualcosa di reale, tangibile, qualcosa
di
certo.
Ovvero, la sua possibile moglie, nonché madre delle pulci,
inginocchiata per terra a compiere una di quelle prestazioni che solo
alle puttane si chiedevano.
William si trovava in una situazione conflittuale, aveva da una parte
il suo corpo, che parlava meglio di lui, che lo implorava di stare
zitto. Dall'altra invece c'era il suo cuore, che vedeva in Beatrix non
la semplice amante, ma la accresceva di qualificazioni che dipendevano
dal suo sogno.
Come ultimo fattore c'era la sua mente, che fungeva da mediatore tra i
due, che cercava di conciliare i suoi bisogni più caduchi,
terreni, con quelli più puri.. Un po' come nel mito della
Biga
Alata di Platone.
Cosa doveva fare? Chi avrebbe vinto?
William si ricordava bene la sua infanzia, la madre costretta ai lavori
più sporchi da suo padre e, non raramente, anche dai suoi
amici
ubriaconi. Tavington aveva sempre creduto che fosse giusto quel modo di
pensare, le donne erano nate per essere comandate e gli uomini per
comandare, anche Aristotele lo diceva; ma ben presto non ne fu
più così convinto.
Sua madre aveva col tempo perso ogni sentimento per il padre,
all'inizio era davvero innamorata, ma alla fine la sua vita sventurata
le aveva fatto comprendere che grande errore avesse fatto nel farlo
entrato nella sua vita e nel suo cuore.
William aveva, per molto tempo, omologato la sua mente a quella del
padre. Aveva creduto che fosse giusto quello che faceva, aveva in
qualche modo giustificato il suo comportamento e lo aveva preso a
modello.
Gli piaceva andare con lui in giro per locali, pungolare le persone e
fare rissa. A differenza di Banastre, che aveva un'indole
più
romantica e che aveva sperimentato l'amore, a lui invece era stato
insegnato di rifuggire da quel sentimento.
Mai svegliarsi al mattino abbracciato ad una donna come due cucchiai,
mai.
Solo sesso, e sempre sesso.
E così lui aveva fatto fin dall'adolescenza, il padre -che
lui
chiamava solo Jack, per via della confidenza e connessione che avevano
loro due- gli aveva fatto sperimentare il sesso per la prima volta. Lo
aveva portato in un vicolo buio e gli aveva gettato tra le braccia una
ragazzina gracile.
Divertente, che lui dopo vent'anni ancora si ricordasse i dettagli di
quella notte.
Certo, perché dopo era stato un uomo
diverso..
La ragazzina gracile era vestita con stracci, non poteva che essere o
una povera orfanella o una sventurata scappata di casa. In ogni caso
era una persona in difficoltà, che aveva bisogno di riposo,
cibo, affetto.
"Soddisfa i tuoi bisogni, figliolo." Gli aveva detto allegramente il
padre.
"Sei sicuro, Jack, che lei vorrà?" Aveva domandato un
ingenuo quattordicenne William Tavington.
Il padre era scoppiato a ridere. "Cosa te ne importa, William? Se
oppone resistenza gliene dai di santa ragione, così si fa
con le
donne cocciute, proprio come faresti con un bastardo cane
randagio."
William aveva guardato la ragazzina che, ad occhio e croce, non poteva
superare l'età del giovane ragazzo. Lo guardava con paura,
portava delle belle treccine ai lati, di un colore ibrido, tra il rosso
e il biondo.. Come
quelle di mia sorella.. Aveva pensato William.
Le guance erano sporche, come il resto del viso, spostava lo sguardo
con terrore da lui al padre, come se non sapesse da chi aspettarsi la
violenza. Ma con la certezza che qualcuno l'avrebbe perpetrata lo
stesso contro di lei.
"V-vi prego, signore." Aveva balbettato, mentre la tensione aumentava
sempre di più. William guardava la bambina e poi osservava
lo
sguardo severo del padre, che attendeva con ansia che si divertisse,
non tanto per far gioire il figlio, quanto per far gioire il suo animo
malvagio.
"Forza, William. Non ti far abbattere dalle loro paroline tenere e
pure." Poi si era avvicinato e le aveva tirato una delle treccine con
forza. "Non vedi i loro occhi? Sono quelli del demonio, ti tentano come
il diavolo per farti perdere il senno della ragione e ti lasciano a
dannare per tutta la vita. Non ascoltarla, cercherà di farti
qualche fattura."
Benché le parole del padre avessero sempre un grande potere
persuasivo su di lui, il giovane Tavington non poteva che osservare,
come diceva il padre, il volto angelico della ragazzina e non poteva
che ammettere che non vedeva niente di diabolico.
Fu quello il giorno in cui William capì che la parola di
Jack
non era sempre veritiera, fu quello il giorno in cui
realizzò
che non c'è solo male o solo bene nel mondo, fu quello il
giorno
in cui capì che sono le azioni umane che rendono il mondo
buono
o cattivo e fu sempre quello il giorno in cui capì che lui
aveva
la facoltà di discernere il giusto, dallo
sbagliato.
E le nostre azioni sono sempre la causa di quello che
otteniamo.
Se William ripensava a quello che sarebbe successo dopo, col senno di
poi, riusciva a comprendere il significato di tanti eventi della sua
vita.
Mentre rimuginava sul passato, il tempo non si era fermato come invece
succedeva nei romanzi, infatti Beatrice era sempre inginocchiata per
terra che gli stava donando il piacere a cui lui tanto anelava. Eppure
era diverso dalle altre volte, aveva avuto diverse donne a dargli
piacere e quasi sempre erano semplicemente una valvola di sfogo per
saziare i suoi istinti.
Non era mai stato amore, erano dei giocattoli che lui usava a suo
piacimento e, fino d'ora, non si era mai posto il
problema.
"Beatrice.." Tentò di attirare la sua attenzione,
così che interrompesse il suo lavoro.
"Mmh.." Gli rispose lei, mentre continuava a fare quello che voleva.
William allora la prese per la testa e la staccò
delicatamente.
"Fermati." Le disse fermamente, almeno con la mente, perché
il
suo corpo invece lo implorava di lasciarla fare.
Beatrix, a
quel punto, alzò la testa e lo guardò dal basso
verso
l'alto. Lei gli sorrideva affettuosamente ed era ovvio che faceva
quella cosa solo per dare piacere a lui.
"Perché devo fermarmi? Pensavo ti piacesse.." E
così
cercò di ritornare alle sue cose, ma lui questa volta si
allontanò. Si sistemò i pantaloni e
aspettò che
lei si alzasse da terra; la fanciulla aveva uno sguardo confuso, come
se non riuscisse a capire il motivo dell'interruzione.
Per certi versi, in effetti, nemmeno lui riusciva a dare un senso ai
suoi pensieri.
"Cosa ho fatto di sbagliato?" Chiese con
ingenuità.
Lui scosse la testa e si riavvicinò a lei. Quando le fu
vicino,
quelle immagini che aveva creato prima ricomparvero, così si
allontanò e si posizionò accanto alla finestra,
la
pioggia gli bagnava il petto e lo rendeva
selvaggio.
Beatrix camminò dalla sua parte e gli toccò una
spalla
con dolcezza. "Amore, c'è qualcosa che non
va?"
William scosse la testa, ma non era convincente, era più un
modo
per cacciare via i suoi tormenti. "Solo pensieri." Rispose evasivo,
mentre guardava fuori dalla grande finestra.
La ragazza gli si affiancò e gli accarezzò il
mento
ispido, quell'oggi non aveva fatto la barba. Prendendogli il mento, lo
fece girare verso di lei. "Cattivi pensieri, eh? Così
colpisci
il mio ego di donna, non sono molto brava se ti faccio pensare ad altro
mentre.."
William non la lasciò terminare, la baciò.
Poggiando le
mani sulle sue gote, la schiacciò contro di sé.
Baciandola, divorandola, dentro e fuori.
"Ti amo." Le disse, guardandola negli occhi.
"Oh, William. Anch'io ti amo." Poi lei si staccò e lo
guardò con amore materno, come aveva fatto sua madre quel
famoso
giorno al rientro dalla notte brava con Jack. "Dimmi, cosa ti affligge,
amore?"
William non poteva sopportare tutto quello.
Lei era come una luce nelle sue tenebre, come era stata Beatrice per
Dante. Lei gli portava via l'oscurità della sua vita e
così facendo lo faceva penare nell'esperire nuovamente
quelle
cose.
Ma forse se lo meritava per tutto il male che aveva procurato nel
passato. Era la sua punizione divina, come per Dante era stato
ripercorrere l'oltretomba cristiano, passando dalle passioni torbidi ed
infernali, fino alla eterea verità. Anche lui era condannato
a
rivivere le sue nefandezze per espiarsi dalle sue
colpe?
"Le donne incinte non fanno certe cose." Le disse William,
pacato.
Beatrice sorrise. "Non ti eri mai posto il problema prima, cosa
è cambiato?"
Eh.. Cosa
era cambiato? Si era rivoltata la sua mente contro di
lui.
"Dovresti essere già nel secondo mese o giù di
lì, devi stare attenta. Sono mesi delicati."
Beatrix sembrava colpita dalle sue parole, come se non si aspettasse
quelle cose da lui.
William vide il suo volto che poco a poco diventava più
felice,
non passionale o arrabbiato, ma semplicemente radiante di
felicità. "E devi anche spostarti dalla finestra, potresti
prenderti un raffreddore. Anche se siamo nella Carolina del Sud, e le
stagioni sono invertite, siamo sempre in inverno."
Poi lui la prese per mano e la accompagnò a
letto.
"No, William, non ho sonno. Non faccio altro che dormire!" Gli disse
lei, facendo il broncio.
"Le donne incinte fanno quello." Le fece notare
lui.
Beatrix rise. "Magari le donne Inglesi lo fanno, per le donne Americane
sono giorni ordinari come tanti altri."
La sua testardaggine era la cosa che l'aveva fatto innamorare di lei,
ed eccola lì che, passati mesi, ancora ostentava il suo
carattere belligerante e fiero.
Poi il suo sguardo cadde accidentalmente sulla torta sul
comodino.
"Alla fine stamattina non l'abbiamo più mangiata. Lo
facciamo ora?" Disse, indicandola con la testa.
Beatrix si girò e l'abbracciò forte.
"Sì! È
un'ottima idea." Poi andò verso il tavolino e prese il
vassoio
con la torta. "E non era certo merito mio se non abbiamo mangiato la
torta, se ti ricordi bene." Gli rammentò
lei.
William si sedette sul letto e rise della sua battuta. "Meglio tardi
che mai, non sai che giornata ho avuto oggi,
amore."
Beatrix, prendendo il vassoio, raccolse anche il coltello di Tavington.
Appoggiò la torta sulle lenzuola e poi si sedette di
lato.
"No." Disse lui, battendo una mano sulle sue cosce. "Vieni a sederti
qua."
La ragazza, sorridendo, fece come detto. Si alzò e si
posizionò sopra le sue gambe, una volta seduta
poté
sentire il suo odore. Era quello tipico degli uomini, una commistione
di sudore e colonia.
"Sai, quando Wellsie era piccola la imboccavo
sempre."
Beatrix rimase con gli occhi sbarrati, incredula rispetto a quello che
stava dicendo. Non riusciva a vedere Tavington imboccare
qualcuno.
"Non ci credi?" Domandò lui, fingendo di essersi offeso.
"Noi
avevamo una tata, almeno fino a quando mio padre non l'ha sbattuta
fuori, letteralmente."
Poi William prese il coltello dalle mani di Beatrix e tagliò
una piccola fetta di torta.
Con la mano libera, mentre l'altra reggeva la ragazza, prese un
pezzetto e glielo appoggiò sulle labbra. Lei aprì
la
bocca e accolse il cibo.
"Ti stavo dicendo, si chiamava Emily, era una donna anziana,
probabilmente ora sarà morta. Era molto affettuosa, quando
litigavo con i miei mi portava sempre il cibo di
nascosto."
Beatrix ascoltava meravigliata la storia che lui le stava raccontando,
era raro avere quei momenti con William. Eppure era così
bello
vederlo rilassato e a suo agio, vederlo sorridere come un bambino,
sereno e senza preoccupazioni. Lei avrebbe voluto che lui fosse sempre
in quel modo. Mentre Bea mangiava la torta che lui le porgeva,
ascoltava il racconto, non aveva voluto interromperlo per paura che
cessasse anche la magia.
"A te piaceva, quindi?" Disse lei, mentre raccoglieva una briciola che
era caduta sul suo grembo.
"Rispetto all'affetto che ci dimostravano i miei, preferivo il suo. Mio
padre non è mai stato un uomo caloroso, poi sai com'era, te
l’ho già raccontato. Mia madre invece era come in
uno
stato catatonico, era presente fisicamente, ma la sua mente era
altrove."
Tavington prese un altro pezzo di torta e glielo diede da mangiare.
"Forse è stato meglio così, lui l'aveva svuotata
dentro,
la sua degradazione e la sua perversione l'avrebbe fatta crollare a
picco, spingendola ad accogliere perfino la morte. Invece era come un
fantasma, insensibile, imperturbabile.."
Beatrix si era stupita nel rendersi conto che la vita di William non
era stata molto diversa dalla sua, anche Samantha era stata una
presenza incostante nella sua vita, un'anima che vagava senza mai
risiedere veramente in un posto. Lei poteva capire bene i sentimenti di
William, il conflitto che aveva dentro di sé, la
difficoltà ad aprire le barriere che aveva eretto per tanto
tempo. Ma lei lo aveva fatto, le aveva abbattute per lui,
perché
aveva visto in lui la sua metà destinata, l'altra parte per
chiudere il cerchio.
"Perché non hai fatto niente per tua madre? Potevi portarla
via con te." Chiese Bea.
William scosse la testa, afflitto. "Non avrei potuto fare niente per
lei, ti basti pensare che Esther sapeva tutto quello che
papà
faceva. E quando dico tutto, intendo dire tutto. Sapeva bene chi portava in casa
e cosa
faceva quindi, o era una madre squilibrata che lasciava i suoi figli in
balia di quei maiali oppure era proprio andata."
A Beatrix venne il magone mentre Tavington raccontava i dettagli
più intimi della sua famiglia; era così felice,
da un
lato, che lui avesse voluto aprirsi con lei, era un grande passo
avanti. Ma dall'altra, era triste perché si immaginava il
piccolo William, un giovane uomo che aveva dovuto crescere
più
in fretta degli altri bambini per allevare un'altra creatura.. Wellsie.
Beatrix accarezzò il volto del suo uomo. "All'inizio ero
convinta che tu fossi un uomo freddo e crudele, incapace di provare
sentimenti." Gli accarezzò il petto muscoloso. "Ho sempre
pensato però che tu fossi l'uomo più attraente
che avessi
mai visto, anche quando mi prendevi contro la mia
volontà."
"Solo attraente? Io avrei una miriade di altri aggettivi che mi
renderebbero più giustizia." Rise lui.
Lei fece una smorfia. "Ma.. Questo è stato all'inizio,
quando mi
sono limitata ad amare il tuo corpo." La sua mano vagliava il suo petto
e lentamente si spostò alla sua sinistra, dove risiedeva il
suo
cuore. "Ma ben presto non mi sono più accontentata di avere
un
pezzo di te, quello che avevano avuto tutti. Volevo qualcosa che non
avessi dato ancora a nessun altro."
Proseguì lei, allontanando la nuvola nera che portava il
nome di Scarlett.
Il passato era passato.
"E l'hai ottenuto?" Domandò irriverente
l'uomo.
Lei fece sì con la testa. "Penso proprio di sì!"
Poi si
guardò la mano sinistra. "E ho ottenuto anche un bel
anello."
Tavington scoppiò a ridere. "Già, avrei dovuto
capirlo che era solo per l'anello!"
Bea lo abbracciò forte e lo strinse a sé.
Quell'uomo
stava diventando parte di se stessa, non sapeva come avrebbe fatto
senza di lui.
"Così mi soffochi, amore mio. Non provavo emozioni
così
contrastanti da anni, ti amo e ti voglio nonostante sia una cosa pazza
e irrazionale. Credo che tu mi abbia davvero fatto una fattura, allora
mio padre aveva ragione."
Bea si staccò lentamente, ma aveva le braccia ancora
allacciate
al suo collo. "E cosa diceva tuo padre? Sentiamo."
Lui sbuffò. "La storia è lunga e complessa, ma ti
posso
assicurare che mi ha cambiato la vita da quel dannato
giorno."
Beatrix si sporse di qualche centimetro e prese della torta con un
dito, così intinto di cioccolato lo passò sulle
labbra di
Tavington, il quale accolse il cioccolato, leccandole il dito. "Quale
giorno?"
Lui leccò via ogni residuo di cioccolato, erano sereni e
spensierati. Come due innamorati.
"È successo tanto tempo fa, mio padre mi ha iniziato al
sesso portandomi da una prostituta.."
Le sopracciglia di Beatrix si incurvarono fino all'attaccatura dei
capelli, mentre lo imboccava ancora.
Tavington mandò giù il boccone, mentre lei
rideva. "Non
ridere, non è così strano. Era un modo come
l'altro per
imparare, e poi io l'ho insegnato a te."
Ma Beatrix rideva ancora, adesso capiva molte cose. Quell'incontro con
la prostituta doveva avergli cambiato il modo di vedere le donne, per
questo gli piaceva rendere tutte sue schiavi?
"Almeno io mi ricordo il nome dell'uomo con cui l'ho fatto." Rispose la
ragazza, avvicinando le loro labbra e poi lo baciò con
dolcezza,
lentamente.
Lui ricambiò il bacio. "Anche io me lo ricordo." Si
impuntò lui.
Beatrix scese a baciargli il collo, tanti piccoli baci leziosi. "Come
no.." Lo prese in giro.
"Me lo ricordo molto bene.."
Lei intanto gli accarezzava la pancia, scendendo sempre più
giù, perché sentiva qualcosa crescere dentro di
lui, e
non era solo il sentimento e la complicità.
"..Mmh.."
"..Pierce.." Disse in un gemito Tavington.
Intanto Beatrix aveva accarezzato la sua mascolinità tesa
nei
suoi pantaloni, stava per aprire nuovamente i
pantaloni.
"..Scarlett Pierce.."
La mano di Beatrix si fermò sul grosso bottone
d'oro.
Il suo mondo si era fermato.
**spoiler
prox cap**
"Tu
non stai bene." Le disse lui, iniziando a preoccuparsi.
Beatrix si era messa a ridere. "Sono matta finché ti
conviene!"
"Non
sei matta, amore mio." La abbracciò e la tenne
così contro di sé per un
po'. "Non devi fare così, non hai niente da tenere da
nessuno,
tantomeno da Scarlett. Io voglio solo te."
Ciaoo a tutte ^^
Spero di avervi lasciato a bocca aperta con
questo finale, la
Scarlett del passato di Tavington è sempre la testa.. ora
manca
solo ricostruire la loro 'relazione', ma avrà voglia William
di
aprire quella ferita rimarginata e come influenzerà il suo
rapporto con Beatrix?
Non dico altro.. William ha in serbo qualcosa di speciale per Bea, ma
lei gli permetterà di fare quello che vuole? :D
Vi lascio al capitolo.. *-*
Un bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio ancora tutte
quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 45 *** Le Proposte ***
capitolo 45
Capitolo XLV
**Le Proposte**
La vasca era piena di acqua e sali profumati, l’aroma avvolse
Wellsie mentre si immergeva nella tinozza.
Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dai ricordi..
"Piccola,
dormi?"
La
fanciulla dai capelli rossi rantolava tra le lenzuola, sentendo un
improvviso colpo di calore. Non riusciva a comprendere se stesse
sognando o fosse sveglia. Le sembrava di essere in un sogno, sentiva i
suoni attutiti, i colori smorzati, il tatto alterato. Ed una voce
melodiosa.
"Piccola."
Era bellissima, era come
se fosse sotto ipnosi, era attratta dalla voce, voleva riemergere per
lei.
Qualcuno la
sfiorò, era un tocco delicato, un leggero fruscio sulla sua
spalla nuda. "Wellsie?"
Venne richiamata di
nuovo, così lei sollevò le
palpebre.
Due occhi marroni
invasero il suo mondo. "Hai fatto la pennichella
pomeridiana?"
La
fanciulla tirò su la testa e finalmente ritornò
in sé, anche se aveva dolore da qualche parte.
"Vattene." Fu l'unica
parola che disse, anzi, che sputò con
acidità.
Banastre era sdraiato
comodamente a pancia in su di fianco a Wellsie, aveva le gambe
incrociate e un braccio dietro alla testa.
Sembrava a
suo agio.
Almeno
lui.
"Sono
venuto a proporti un affare interessante." Le confidò
lui.
Wellsie si
alzò dal letto e lo incenerì con lo sguardo.
"Vattene, vieni più tardi, potrebbe arrivare
Nik."
Ban rise. "Non ti
preoccupare di lui, ho fatto in modo che fosse impegnato per un po' di
tempo."
Wellsie intanto si tolse
il vestito, rimanendo nuda, ormai era abituata a dare mostra del suo
corpo a quell'uomo odioso.
"Che cosa sei venuto a fare qui veramente?"
L'uomo fece il broncio.
"Non sei contenta della mia visita? Una volta non facevi
così.."
Wellsie si mise a
ridere. "Anche le bambine crescono e sanno riconoscere uno stronzo
quando lo vedono." Poi la ragazza si diresse verso
la porta e la aprì leggermente, coprendo con la struttura
lignea il suo corpo nudo. "Bella, potresti portarmi una tinozza per
favore?" Domandò alla cameriera del
piano.
Chiusa la porta,
guardò il Colonnello che giaceva ancora sul suo letto, lo
stesso letto che lei condivideva con Nik.
"Una volta non usavi
parole così colorite, che cosa è successo alla
mia piccola Wellsie?" Domandò l'uomo, facendosi beffa di
lei.
"Non c'è
più." Tagliò corto la
ragazza.
La porta si
aprì ed entrò una cameriera dai capelli nero
scuro e la pelle molto chiara, trascinava una tinozza, accompagnata da
diverse altre ragazze che riempirono la vasca di acqua
calda.
"Grazie, Bells." Disse
Wellsie, rivolgendosi alla ragazza dai capelli neri, l'altra le fece
l'occhiolino e poi uscì. Wells si immerse nella tinozza,
ignorando la presenza -fastidiosa- del Colonnello.
"Non ti preoccupi della
tua nudità? Non è conveniente per una ragazza
fidanzata come te lasciarsi vedere senza vestiti da un uomo diverso dal
suo fiancé."
Wellsie intanto era
dentro la vasca, il corpo era nascosto dall'acqua, anche se a tratti
era scoperta, vista la dimensione della tinozza.
"Come se non mi avessi
già vista nuda, Ban." Rispose lei, con un'alzata di
spalle.
Banastre scese dal letto
e con passi agili si avvicinò alla
ragazza.
"Sei cambiata." Le
disse, senza che fosse una domanda o una provocazione. Aveva
semplicemente constatato la realtà dei
fatti.
Wellsie si
massaggiò il collo, tentando di rilassare i muscoli, aveva
voglia di liberarsi di tutta la tensione, solo che non sapeva come
fare.
"Per questo devo
ringraziare te, mi hai aperto gli occhi sugli uomini." Poi si
voltò verso di lui, sorridendogli sorniona. "Grazie,
Banastre."
Lui rise di lei. "Non
pensare che sia l'unico che tradisce. Credi che il Capitano Bordon non
lo faccia?”
L'espressione di Wellsie
cambiò, indurendosi. "No, non lo farebbe mai. Mi conosce
troppo bene, sa che mi ferirebbe, lui."
"La cosa è
più complessa di quello che pensi, piccola. Io e lei eravamo
d'accordo, lei voleva farla pagare al suo fidanzato.
Io..”
Wellsie fece in modo di
girare tutto il corpo per trovarsi di fronte all'uomo, che sostava
dietro la tinozza sui talloni. "Tu mi hai tradita, non mi importa
perché. Lo hai fatto comunque."
Banastre scosse la
testa. "Se tu sapessi tutta la verità mi perdoneresti e
metteresti fine a quella pagliacciata con quello smidollato di Bordon.
Non puoi dire davvero di essere innamorata di lui."
Wellsie rise. "Oh, e tu
che ne sai dei miei sentimenti per lui? Nemmeno ti sono importati
quelli verso di te, dato che li hai barattati per una notte libidinosa
con quella puttana.”
Ban tentò di
accarezzarle la faccia, ma lei scansò la mano. "Non mi
toccare, traditore infedele."
"Sai, piccola mia, mi
piace questa nuova versione di te." Banastre le sorrise. "Se avessi
tirato fuori le unghiette tempo fa non sarei caduto in tentazione con
Carly."
Wellsie chiuse gli occhi
dal nervoso, mentre piantava le unghie contro la pelle della mano.
"Dimmi perché sei venuto qua."
Banastre si
avvicinò sempre più a lei, lo sguardo dell'uomo
diventava sempre più penetrante. Osservava le parti del
corpo della fanciulla lasciate scoperte dall'acqua, la quale modellava
con dolcezza le sue forme. Era molto più sensuale che essere
completamente senza veli, si era formato quello stato di incertezza di
vedo, non-vedo.
"Come ti dicevo prima,
ho un affare da proporti."
Wellsie non perse un
movimento, era tesa come una corda di violino. "Di cosa si tratta?"
La mano di Ban stava ora
accarezzando la sua guancia, scendendo lungo il collo fino a sfiorare
con due dita il seno della fanciulla. Wellsie chiuse gli occhi e si
morse il labbro inferiore pur di non gemere di fronte a
lui.
Quanto le era mancato
però il suo tocco..
Pensa a Nik. Pensa a
Nik. Pensa a Nik.
Non è
affascinante quanto Ban, ma almeno non ti tradirebbe. Ti
ama.
Le nocche di Tarleton
accarezzarono lascivamente il capezzolo di Wells, facendo centri
concentrici sulla sua aureola rosea. "Quanto mi fai impazzire, Wellsie.
Dopo che mi hai lasciato mi sono portato a letto un sacco di ragazze
per dimenticarti, le ho cercate come te. Ma nessuno era
te."
La mano scese lungo la
sua pancia, andando sotto il velo d'acqua e bagnando così la
manica della camicia di Tarleton. Il dito sfiorò l'ombelico
e andò nuovamente più giù. "Ho fatto
così tanto per cancellare il tuo volto dai miei sogni
perpetui di te, ho ucciso così tanti uomini sperando fossero
il tuo amato Bordon.”
Wellsie
sospirò rumorosamente, lei ordinava al suo corpo di
rigettare le sue attenzioni, di essere insensibile. Ed invece
desiderava il suo tocco, lo anelava ardentemente.
"Morivo all'idea che
qualcuno ti toccasse come ti toccavo io." Il suo dito sfiorò
la sua femminilità, carezzandola solo alla superficie. "Che
ti facesse gemere come ti facevo gemere io." Inserì un dito
all'interno e con il pollice massaggiò il suo bottone
dolorante e gonfio di desiderio.
"Perché tu
sei solo mia, ora e per sempre."
Mentre la mano si
lavorava il corpo della ragazza e la faceva soccombere ai suoi stessi
desideri libidinosi, lui, con l'altra mano, attirò il suo
volto contro di sé e la
baciò.
"Ban.. Ti prego,
lasciami, non voglio.." La fanciulla tentò di staccare le
loro labbra almeno, perché la sua mano la stava facendo
perdere. La stava eccitando fuori da ogni limite, ma lei resisteva
perché non voleva dargliela vinta.
Poteva resistere alla
lussuria, bastava essere imperturbabile.
Banastre
aumentò il ritmo dei movimenti, facendola gemere
silenziosamente. Si vedeva che faceva un grande sforzo a non urlare di
piacere. Ban le baciò il collo, dal momento che lei
rifuggiva il suo bacio. "Non mi combattere, piccola. Vieni per
me."
Nemmeno i
morsi alle sue labbra o la battaglia contro il suo piacere
riuscì a bloccare quello che successe
dopo.
"Oh, Ban.." Disse, in un
gemito, mentre il Colonnello le mordeva il seno.
"Sì,
così amore. Dì il mio nome.."
Wellsie venne e si
accasciò contro il sostegno della tinozza, mentre gli spasmi
si rallentavano poco a poco. "Ti odio."
Tarleton si
alzò da terra e prese un fazzoletto dalla tasca. "Bugiarda,
lo so che ti è piaciuto." Si asciugò la mano e si
avvicinò alla porta.
"Che diavolo sei venuto
a fare veramente? Non crederai di abbindolarmi con un orgasmo..?"
Domandò curiosa Wells.
Ban sorrise maligno.
"Quella era una mia curiosità, volevo sapere se fossi per te
indifferente.” Poi alzò un sopracciglio.
“E non mi sembra proprio.”
“Non conti
niente per me, ti ho usato per il mio piacere, non il tuo.”
Rimbeccò la ragazza.
Il Colonnello
aprì la porta e fece un passo per uscire. "La prossima volta
riscuoterò anche la mia parte e poi ti mostrerò
il piano che ho in mente."
Così se ne
andò, lasciando Wells piena di dubbi e incertezze. "Quale
piano, Ban? Ban?" Ma l'uomo aveva già chiuso la
porta.
Wellsie aprì gli occhi, mentre si rendeva veramente conto di
quello che aveva fatto.
C'era un sentimento prevalente in quel momento.
Vergogna.
William osservò Beatrix, aveva cambiato atteggiamento.
Era rimasta pietrificata, il volto quasi cinereo, era
sconvolta.
"S-Scarlett?" Disse, balbettando.
William non riusciva a comprendere il suo stato, non poteva sapere che
aveva messo sottosopra il suo mondo. "Non devi
preoccuparti per lei, riguarda il mio passato." Si
giustificò lui.
Lei si prese una ciocca dei capelli e ci giocò su. "Lo
so."
Ma non pareva tornata felice e radiante come prima, si vedeva che c'era
qualcosa che l'aveva visibilmente scossa. Allora William
cercò di indagare il suo sguardo per scoprire il motivo del
cambiamento.
Le accarezzò una guancia dolcemente. "Hey, dimmi che
c'è."
La ragazza scosse la testa, abbassando la sua mano. "Niente, solo la
solita gelosia. Niente di nuovo."
Poi si alzò e prese il vassoio che c'era sul letto. Mise il
coltello sopra e spostò i residui della torta sul comodino,
liberando il letto.
Lui la osservava mentre ripuliva, stava tentando di impegnare la mente,
cercava di non pensare troppo, perché altrimenti avrebbero
litigato. E non voleva, era felice per la ritrovata
complicità con il suo William.
"Non mi sembra che ci sia niente." Tavington si alzò e la
seguì, mentre lei sistemava il vassoio.
"Va tutto bene."
Aveva rovesciato il resto della torta nel cestino e poi aveva portato
il vassoio sporco sullo scrittoio.
"Se non ci fosse niente mi parleresti." Le disse
lui.
Beatrix aveva preso il vassoio e lo aveva poi immerso nella bacinella
d'acqua che usavano al mattino per lavarsi. Si muoveva frenetica,
sembrava una macchina, come se seguisse dei comandi, non aveva
movimenti naturali.
"Ti sto parlando,
amore, e ti sto dicendo che non c'è niente che non va."
Lavava il piatto e lo sgrassava con una salvietta appoggiata al gancio
vicino al tavolo.
"Fermati."
Beatrix aveva passato più volte lo straccio, scrostava il
pulito. "Ho da fare."
William, spazientito, le bloccò il braccio. "Dimmi cosa ho
fatto di sbagliato questa volta."
Lei sbuffò, alzando gli occhi al cielo, Beatrix stava per
parlare quando lui la fermò. "Non provare a dirmi niente, sto
perdendo la pazienza."
Bea lo guardò negli occhi, ma non gli disse una parola.
Ormai il momento magico si era esaurito nell'attimo in cui lui aveva
nominato l'altra donna. Lei aveva odiato non solo le parole, ma anche
il tono che aveva usato, tutto.
Provava ancora qualcosa per Scarlett?
"Sono stanca."
William prese il piatto che aveva in mano e lo mise sul tavolo,
bagnando per terra, lo scrittoio. Ma non se ne curò. "Vuoi
riposare?"
Lei scosse la testa. "Sono stanca di tutto, vorrei poter vivere con te
senza problemi. Senza dovermi preoccupare che da un momento all'altro
tu te ne vada, non voglio vivere con questa paura costante,
William." Lui aveva ascoltato le sue parole, aveva
capito cosa voleva e, in un certo senso, era anche quello che avrebbe
voluto Tavington.
"Non sarà sempre così, un giorno le cose saranno
diverse."
Lei allora sbraitò. "Come, diverse?"
William si grattò la testa. "Ci sto lavorando, era proprio
quello che ti volevo dire l'altra sera, Beatrice,
io.."
"Non mi importa, William." Tuonò lei. "Sono stufa delle tue
promesse!"
Lui tentò di bloccarla, ma lei era riuscita a liberarsi ed
allontanarsi così dall'uomo.
"Sono destinata a fare gli stessi errori di mia madre.." La diga
emozionale si ruppe e le lacrime inondarono il suo viso paffuto. "Gli
stessi.."
William tentò di avvicinarsi, ma lei metteva le mani
davanti. "Stammi lontano, ho bisogno di.. Spazio."
"Va bene, ma lasciami spiegare, io so come sistemare le cose, non mi
lasci parlare. Io, ti stavo dicendo, ho pensato ad una
cosa.."
"No. Non voglio ascoltarti, tu mi illudi." La testa le girava, si
sentiva poco bene. Aveva il respiro affannoso, si sentiva calda e aveva
una voglia matta di prendere a calci qualcuno, di
litigare.
"Mi dici le cose che voglio sentire, mi fai credere di essere l'unica
per te e poi.."
"Poi, cosa?"
La interruppe subito William. "Sei l'unica per me, chi altro dovrebbe
esserci?"
Lei scosse la testa. "Raccontami di Scarlett."
"Non c'è niente da dire, ti ho già detto tutto.
È una puttana con cui ho perso la verginità da
giovane, dimmi cosa c'entra lei ora con noi."
Beatrix odiava il modo in cui aveva nominato Scarlett, la dolcezza nel
nome e la cruda violenza nel nomignolo assegnatole.
Lui l'amava ancora, lo sapeva.
Magari sta con me per
dimenticare lei, chiodo schiaccia chiodo.
E se fosse tutto un
piano tra di loro per prendermi il bambino e poi vivere loro due
insieme?
Magari lei non
può avere figli.
Vogliono la mia pulce.
Stava diventando paranoica, aveva perso il controllo della situazione,
della sua mente.
Beatrix si toccò la pancia con fare protettivo. "Non vi
prenderete il mio bambino, non te lo lascerò."
William allora tentò di avvicinarsi nuovamente, ma lei
sembrava non capire più molto. Come se vivesse in un mondo
suo, come se fosse sotto effetto di qualche sostanza allucinogena.
"Vieni, amore, ti porto a letto. Sarai stanca.."
"Smettila di dirmi che sono stanca! Sto benissimo, tu vuoi far passare me per scema per
liberarti di me e vivere con Scarlett."
William si massaggiò le palpebre, cercando di trovare un
modo per farla rinsavire. Perché era chiaro che avesse
qualcosa, doveva capire solo cosa .
"Ascoltami, amore." Disse lui, dopo essersi calmato. La chiave per
comprendere il suo stato d'animo era l'empatia, mostrarle come stavano
realmente le cose. "Io ti amo, Scarlett non conta più niente
per me, ci sei solo tu ora."
"Non è vero." Rimbeccò la fanciulla, scuotendo la
testa. Non ci credeva. "Tu l'hai amata, lo so."
"Il passato è passato, non ho voglia né ha senso
discutere di qualcosa che riguarda la mia giovinezza." Le rispose lui
categorico.
Beatrix aveva notato che non aveva negato la cosa, non aveva detto di
non amarla.
Perciò
è vero, la ama ancora.
"Rispondimi, William. Ma voglio la verità, questa volta. Se
mi ami, come dici, devi raccontarmi tutto." Lo pregò
lei.
Tavington sbuffò. "A quale fine? Lei non mi interessa
più." Ammise lui.
Beatrix aveva caldo, sentiva il viso grondo di sudore. Aveva
più volte asciugato il volto con un fazzoletto, ma non
cambiava. Era inverno e lei si sentiva bollente
ovunque.
"Fa caldo, apri la finestra." Gli disse.
"Amore, non fa caldo. Vieni qua che ti controllo."
Lei scosse la testa. "Non ho bisogno di niente, voglio che tu apra
quella dannata finestra. Fa caldo." Ripeté
nuovamente.
William ignorò il suo commento e si mosse verso di lei, a
grandi falcate. Ignorando anche le sue pretese di non avvicinarsi a
lei.
"Vai via, lasciami sola."
"Non ti lascio sola." Beatrix tentò di scappare, ma venne
fermata subito da Tavington. Le bloccò le braccia in una
morsa ferrea e la trattenne contro di
sé.
Essere un soldato ha i
suoi pregi.
"Tu non stai bene." Le disse lui, iniziando a
preoccuparsi.
Beatrix si era messa a ridere. "Sono matta finché ti
conviene!"
"Non sei matta, amore mio." La abbracciò e la tenne
così contro di sé per un po'. "Non devi fare
così, non hai niente da temere da nessuno, tantomeno da
Scarlett. Io voglio solo te."
Bea si lasciò cullare da William, il movimento oscillatorio
la stava calmando. Aveva smesso di protestare e tentare di graffiarlo,
era stata come sedata dalle sue parole e dal suo
tocco.
William le parlò dolcemente nell'orecchio. "La pulce non
vorrebbe vederti così, se non lo vuoi fare per me, fallo per
lui."
Bea poggiava la testa su Tavington, aveva chiuso gli occhi. "Come sei
così sicuro che sia un lui
pulce?" Domandò all'istante la ragazza, con la
voce attutita dal petto dell'uomo.
"Mi sono fatto un'idea sul nostro bambino. Sul nostro futuro, la nostra
casa.."
Beatrix si staccò da William. "Hai pensato davvero a tutto
questo? Quindi ti importa di me.."
"Non l'avevi ancora capito? Prima ti volevo proprio dire questo, ho una
proposta da farti.."
"Ahi!" Beatrix si toccò la pancia, mentre un dolore
lancinante allo stomaco la spaccava in due. "Oh, Dio! Ah.. Male, male,
fa male."
Si piegò sulle ginocchia, ma il dolore così
aumentava. William la sorreggeva e non le permetteva di cadere. "Che
cos'hai?"
Beatrix lo guardò con gli occhi rossi e le lacrime che
scendevano involontariamente. Ora aveva davvero perso il controllo del
suo corpo. "Fa male."
"Cosa? Dimmi dove
hai male."
"Qui." Disse la ragazza in un gemito di dolore, toccandosi la pancia.
William la prese in braccio e, tenendola tra le sue braccia, la
adagiò delicatamente sul letto. "Chiamo un dottore." Disse
l'uomo, mentre cercava la camicia da indossare.
"Non mi lasciare sola, raccontami ancora del nostro
futuro."
William si avvicinò a lei, le diede un bacio veloce sulla
bocca e le accarezzò la guancia. "Ti racconterò
tutto quello che vuoi, ma adesso devo chiamare il
dottore."
**spoiler**
William mise la mano
sulla sua pancia con affetto "tu sei molto meglio di Scarlett" disse
lui, mentre chiudeva gli occhi, lasciandosi trasportare da
lei.
"Lo pensi davvero?"
Domandò la ragazza, mentre il suo cuore si gonfiava di
ego.
"Mmh.." Intanto le sue
mani disegnavano linee immaginarie sulla sua pancia "tu sarai la madre
di mio figlio, lei è stato solo l'errore più
grande della mia vita" ammise Tavington.
Ciaoo
a tutte ^^
Capisco che il comportamento di Beatrix, un po'
da pazza, possa risultare strano, ma acquisirà senso nel
prossimo capitolo. Che qualcuno tramasse alle loro spalle si sapeva, ma
forse complice c'è qualcuno molto vicino alla coppia.. :)
Vi lascio al capitolo.. *-*
Un bacio belle =)
Giulia
xoxo
Ringrazio ancora tutte
quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 46 *** Chiarimenti ***
capitolo 46
Capitolo XLVI
**Chiarimenti**
Beatrix si risvegliò dopo quella che
pareva un'eternità. Si sentiva indolenzita a macchia di
leopardo e aveva i pensieri confusi, come dopo una bella
sbornia.
"William?" Tastò il materasso vicino a
lei, ma non sentì nessun corpo.
"William?" Si alzò sulla schiena e
vide un po' di sangue sul lenzuolo.
"Si calmi, signorina."
Un uomo anziano con dei grossi baffi bianchi la
teneva ferma per le braccia, inchiodandola al letto.
"Chi è lei?" Chiese
confusa.
"Sono Carl Ross, sono il vostro
medico."
Beatrix ignorò le parole dell'uomo, e
continuò a perlustrare la stanza in cerca del suo
Colonnello. Quella era la loro stanza, almeno di una cosa era sicura.
Dalla finestra si intravedeva il chiaro di luna, questo voleva dire che
aveva dormito qualche ora. I pensieri iniziavano a riordinarsi
lentamente.
"Bevete un po' d'acqua." Disse il medico,
porgendole un bicchiere tra le mani.
La ragazza accettò l'acqua solo
perché si sentiva la gola arsa e appiccicosa, ma non voleva
quel signore con lei. "Dov'è William?" Domandò di
nuovo.
Il vecchio era perplesso.
"William?"
Beatrix gli passò il bicchiere vuoto,
che lui appoggiò sul comodino.
"Il Colonnello Tavington."
Specificò.
"Ah.." L'uomo annuì. "Ma certo,
è fuori che aspettava il vostro risveglio, lo
chiamo."
Il medico si alzò e andò
fuori.
Beatrix si stropicciò gli occhi
indolenziti e diede un'occhiata al vestito, qualcuno l'aveva svestita.
Indossava una bella camicia da notte in flanella, era morbida al tatto
e odorava di lavanda, non era sua, ma nemmeno di Wellsie. Allora chi
gliel'aveva data?
La porta si aprì.
"Amore." Urlò Beatrix, mentre cercava
di tendere le braccia al suo uomo che entrava.
"Ssh.. Non urlare, è notte." Rispose,
mentre si avvicinava a lei.
"Ho dormito così
tanto?"
Lui scosse la testa. "No, ma il dottore ti ha
dato una medicina per tenerti buona, urlavi come una
matta."
Beatrix aggrottò le sopracciglia,
aveva i pensieri confusi circa il passaggio intermedio tra il suo
svenimento e il suo risveglio. Si massaggiò le tempie.
"Perché ho la testa che scoppia?"
William si sedette sul letto. "Perché
ti sei presa una bella sbornia."
Bea rise. "Non è vero, io non
ho.."
"Wellsie mi ha raccontato tutto." La
guardò con sguardo ammonitore lui.
"Volevo solo divertirmi un po'." Si
giustificò la ragazza, sentendosi sotto
accusa.
"Lo so, ma non è questo il modo. Lo
sai cosa hai ingerito?"
Beatrix scosse la testa, mentre si portava le
mani sul grembo. "Cosa?"
"Vedi." Rimbeccò Tavington. "Non lo
sai nemmeno, ti sei lasciata trasportare dalle bravate di mia sorella e
guarda come ti sei ridotta."
Lui non sembrava tanto arrabbiato, lei lo aveva
visto veramente furioso, anche per futilità.
Ma, in quello momento, era solo stanco. Aveva
qualche riga di occhiaia, e la divisa ancora
addosso.
"Non hai dormito." Constatò lei alla
fine.
Tavington si portò le mani ai capelli
e si sciolse il codino, massaggiandosi il collo. "Come potevo? Volevo
sapere della tua condizione di salute."
Beatrix gli sorrise. "Eri davvero preoccupato per
me, non per la pulce?"
William le accarezzò il naso. "Anche,
ma soprattutto mi premeva sapere di te. Di pulci ne possiamo fare
quante ne vuoi, ma tu sei l'unica."
Bea allacciò le braccia al suo collo,
abbracciandolo forte.
"Oh, William. Mi dispiace aver litigato con te."
Gli disse nell'orecchio, mentre le lacrime scendevano
velocemente.
"Anche a me."
"Non volevo dire quelle cose brutte, non so
perché le ho dette.. Io.."
William si staccò delicatamente da lei
e la guardò negli occhi, asciugando le lacrime con il
pollice. "Eri sotto l'effetto dell'oppio, amore, non eri in
te."
"Non ho preso oppio, non faccio queste cose.
William, te lo giuro, non ho preso niente."
Tavington le accarezzò le labbra. "Lo
so, amore. Non è stata colpa tua, Wellsie mi ha raccontato
della bottiglia di Gin che avete bevuto."
Beatrix scosse la testa, non poteva credere che
la sua amica l'avesse tradita, Wellsie l'aveva
drogata?
"William, mi dispiace. Lo so che tu ora avrai una
bassa opinione di me, ma ti giuro che non succederà
più. Non perderò più il
controllo."
Tavington annuì. "Lo so, non devi
dirmi niente. Capisco che deve essere dura vivere con me, sai, anche
mia madre a volte lo faceva, quando papà era fuori di
sé." Poi si alzò e raggiunse la sedia. "Era un
modo per evadere dalla realtà, dai suoi problemi, da
noi.."
Non era quello che aveva fatto Beatrix, non si
era ubriacata e drogata di proposito. Anche se era stata una sua scelta
iniziare a bere, bicchiere dopo bicchiere fino a superare il limite di
non ritorno. Era stato anche per lei un modo per evadere dalla
realtà?
"Forse hai ragione in parte, ma non l'ho fatto
per allontanarmi da te."
William intanto si era tolto la camicia e l'aveva
appoggiata sulla sedia, poi si era sfilato gli stivali, abbandonandoli
per terra. Alla fine aveva sganciato il grosso bottone e aveva tolto i
pantaloni. "Per attirare la mia attenzione, per monopolizzarmi la
giornata?" Le chiese, mentre si avvicinava nudo al letto. Sembrava
avesse cambiato umore.
"Non era quello." Rispose, facendo spazio nel
letto.
Lui le fece una smorfia
incredula.
"Va bene, forse sono andata da Wellsie per
divertirmi un po' e superare il limite, così poi saresti
tornato in mio soccorso." Si portò le mani sul petto. "Ti
giuro, però, che non sapevo niente
dell'oppio."
William si mise sotto le coperte, attirando la
fanciulla contro di sé. "Lo so, Wellsie mi ha sempre dato
problemi. Ho paura che si stia cacciando in qualche guaio, prima
riuscivo a controllarla, ma ora.." Appoggiò la mano sulla
sua guancia e la baciò "..ora ho altro a cui
pensare."
Beatrix gli sorrise sulle labbra. "Dimentichiamo
la giornata di oggi?"
"Di sicuro, è stato un inferno, ma
domani sento sarà un giorno migliore." Le rispose con lo
sguardo furbetto.
"Cosa hai in mente?" Chiese
curiosa.
"Ho in mente una bella punizione per i miei
uomini indisciplinati, qualcosa da farli tremare solo all'idea di
saltare la gerarchia un'altra volta."
Beatrix appoggiò la testa sul petto
nudo di Tavington. "Cosa ti hanno fatto?"
"Hanno eseguito l'ordine capzioso del mio amato
collega, Colonnello Tarleton, senza prima confrontarsi con me."
William le accarezzava i capelli, che erano
lasciati sciolti sulla sua schiena. "Credi che Banastre stia tramando
alle tue spalle?"
Tavington rise. "Banastre trama da tempo alle mie
spalle, ma ora come ora sono convinto siamo vicini alla resa dei
conti."
"Qual è il premio della vostra
contesa?"
"Cornwallis sta preparando un attacco a sorpresa
contro gli Americani, la sua intenzione è quella di non fare
niente, lasciando credere che siamo a corto di idee, che siamo
stanchi.."
Bea diede un bacio sulla pancia di William. "Per
poi sorprenderli con un attacco feroce" concluse il suo pensiero la
fanciulla.
Tavington annuì. "Già,
proprio così.”
"Non capisco ancora cosa possano c'entrare
qualcosa i piani del Generale, con la vostra faida."
William le accarezzò la schiena,
massaggiando la colonna vertebrale, vertebra dopo vertebra. Era molto
rilassante.
"Cornwallis ha stabilito che porterà
solo uno dei nostri battaglioni in guerra."
Bea si alzò sulla schiena. "Cosa vuol
dire?"
"Clinton ha ordinato a Cornwallis di mandargli
l'altro a New York." Rispose lui, pacato.
Beatrix non riusciva invece ad essere
così tranquilla, perché non glielo aveva detto
prima?
"Aspetta un attimo, non riesco a capire bene..
Qual è la scelta migliore per te?"
"Tra New York e Cornwallis?"
Tavington le accarezzò le gambe
lasciate scoperte dalla camicia che si era alzata. "Dipende, possono
essere tutte e due buone occasioni per farmi notare, ma il problema
è Cornwallis."
Beatrix si mise a cavalcioni sulla sua pancia.
"Credi non ti promuoverà mai a
Generale?"
William scosse la testa. "Se potesse, non lo
farebbe. Sono progredito nella gerarchia militare grazie al Lord
Generale Wentworth."
Beatrix si sistemò meglio sopra il suo
corpo marmoreo, appoggiando le mani sul suo petto. "Chi
è?"
"Uno dei tanti Generali di Sua Maestà,
era un uomo coraggioso e forte in principi e ideali, peccato se ne sia
andato via troppo presto. Comunque è stato lui a promuovermi
a Colonnello, se fossi stato sotto Cornwallis non avrei avuto la stessa
fortuna di Tarleton."
Beatrix si alzò la camicia di flanella
e scoprì lentamente il suo corpo. "Ti meriti di
più tu il tuo status che lui, si vede che è solo
un ragazzino viziato, abituato ad ottenere quello che vuole, sarebbe
ora che Cornwallis aprisse gli occhi."
William intanto aveva spalancato gli occhi nel
vedere il corpo della sua Beatrix apparire poco alla volta alla sua
vista. "Non mi importa di Tarleton, basta che non si immischi nelle mie
faccende. Sono furioso che abbia messo in discussione la mia
autorità, scavalcandomi."
Tavington l'aiuto a sfilare la camicia dalla
testa.
Beatrix rise. "Ti piace che gli altri tremino al
solo sentire del tuo nome, vero?"
"Sì, molto. Non ho mai rimpianto
quello che ho fatto per arrivare fin qui e nessuno me lo
porterà via."
Tavington l'afferrò per le cosce e la
avvicinò a sé.
"Anche se vuol dire punire il tuo migliore
amico?" Chiese Beatrix.
"La clemenza viene scambiata per debolezza, se
voglio mantenere il potere che ho sui miei uomini devo farlo."
Beatrix si abbassò per baciarlo sulle
labbra, le loro lingue giocavano a rincorrersi. "Sono sicura farai
ciò che è giusto fare, William. Sappi,
però, che non c'è solo il potere, c'è
anche la famiglia, gli amici.. William non sei
solo."
Tavington rise. "Già.. E nel passato
sono stati proprio quelli che mi hanno pugnalato alle spalle."
Beatrix si avvicinò e si
unì completamente a lui, mentalmente e fisicamente. "Oh,
William. Io non sono Scarlett e Nikolas non è Tarleton. Abbi
fiducia nel mondo".
William mise la mano sulla sua pancia, mentre lei
lo cavalcava dolcemente "tu sei molto meglio di Scarlett" disse lui,
mentre chiudeva gli occhi, lasciandosi trasportare da
lei.
"Lo pensi davvero?" Domandò la
ragazza, mentre il suo cuore si gonfiò di
ego.
"Mmh.." Intanto le sue mani disegnavano linee
immaginarie sulla sua pancia "tu sarai la madre di mio figlio, lei
è stato solo l'errore più grande della mia vita"
ammise Tavington.
Beatrix scese sul suo collo e lo
tempestò di morsi giocosi "cosa ha fatto per meritare il tuo
odio?"
William aprì gli occhi, passando poi
le mani sui suoi capelli neri "non sono un uomo da mezzi termini,
Beatrice, ormai devi conoscermi molto bene. Se accordo la mia fiducia
è qualcosa di molto raro" poi le alzò la testa,
portandola alla sua altezza, guardandola negli occhi "e se vengo
tradito, volto pagina per sempre" concluse lui.
Beatrix continuava ad indagare il suo sguardo,
per vedere un cedimento, un qualcosa che le facesse vedere che fingeva,
ma niente. William intendeva davvero quello che diceva, le stava
mandando un messaggio?
"Non hai mai perdonato?" Domandò,
incuriosita.
Lui scosse la testa "non mi fido con
facilità delle persone e reputo questo sacrificio un grande
dono, chi non lo apprezza non merita una seconda
chance".
William poggiò le mani sulle sue
cosce, accarezzando con tenerezza la pelle. Solitamente era
più concitato a letto, invece in quel momento la stava
toccando con dolcezza, come se fosse stata di porcellana. Facevano
davvero l'amore, perché stavano condividendo le loro menti,
i loro cuori, lei sentiva una connessione con il suo Colonnello, che
non c'entrava niente con la componente sessuale.
"Lei ti ha chiesto di
perdonarla?"
"Non ne ha avuto il tempo, la sera che
l’ho scoperta a letto con un altro era anche la sera che ho
evitato la violenza contro mia sorella" confidò alla
fine.
"Quindi non hai avuto tempo di parlarne con lei..
Non sai quali sono i motivi che l'hanno spinta a tradirti, non le hai
permesso di spiegarsi.."
William la interruppe subito, mettendo un dito
davanti alla bocca "non c'era bisogno di altro, quello che avevo visto
mi aveva dato un'idea ben chiara, non avevo bisogno di ulteriori
delucidazioni"
Beatrix si tolse la mano dalla bocca per parlare
"non è vero, non hai sentito le sue
ragioni" .
"Beatrice" disse lui con arrendevolezza, ormai al
limite del piacere e del tormento "non ho voglia di parlare di
Scarlett, lei riguarda il mio passato. Un passato che mi sono buttato
alle spalle venendo qua nelle Colonie, non vorrai riaccendere i miei
sentimenti per lei, vero?" La stuzzicò prontamente
Tavington, conoscendo fin troppo bene la sua
ragazza.
Lei scosse immediatamente la testa "assolutamente
no, ma io mi preoccupavo per me. Se un giorno dovessi fare qualcosa di
sbagliato, magari senza volerlo, e tu mi lasciassi.. Io, William, poi
cosa farei?"
"Tu non sei Carly, amore, te l'ho già
detto. Quella donna è un'ombra oscura che appartiene alla
mia vita, ma non conta più niente per me, io amo
te".
Beatrix sorrise "mi piace sentirtelo dire, ho
bisogno di averti vicino a me, William".
Lui la baciò e poi invertì
le posizioni "e allora io te lo ripeterò fino a che non ti
sarai stufata" poi la schiacciò contro il materasso,
tenendola ferma con le mani intrecciate tra di
loro.
"Io sarei un ostacolo per la tua promozione?"
Domandò la ragazza, ad un certo punto.
"Perché dovresti?" Chiese confuso,
mentre si posizionava sopra di lei, attento a non fare pressioni sulla
sua pancia.
"Non so, magari a New York le cose sono
diverse".
Le sopracciglia di William si incurvarono
"combatterei allo stesso modo come farei qua, solamente sarei
più controllato, e sicuramente ci sono contatti per salire
di grado. Nella Carolina c'è solo Cornwallis a decidere, a
lui spetta la scelta finale" chiarì
Tavington.
Beatrix gli accarezzò il petto segnato
dalle tante cicatrici "hai dato così tanto per il tuo Paese,
rischi ogni giorno la tua vita per il capriccio del tuo
Re".
Lui si lasciò toccare dalla ragazza,
vagliava il corpo, seguendo il contorno di ciascuna cicatrice. Ed erano
tante, lui lo sapeva bene perché aveva smesso di guardarsi
allo specchio. Tante mezzelune bianche.
"Fino alla fine della guerra è ancora
il tuo Re.
Comunque io non lo faccio solo per questo, te l'ho detto, mi ha
permesso di lasciare il sudiciume della mia vita a Londra, mi ha reso
un uomo nuovo. Carly è morta per me, perché
è morto anche quell'uomo che l'aveva amata".
Bea lo osservò alla fioca luce della
candela "non torneresti indietro?"
Lui scosse immediatamente la testa "mai, il mio
passato mi ha aiutato a comprendere il presente e il
futuro".
"E cosa hai realizzato?"
"All'inizio, i primi anni in America ero carico
di odio, facevo a pezzi chiunque, non mi importava di niente" la mano
di Tavington si spostò sul suo petto e le titillò
il capezzolo "è così che mi sono fatto quella
bella nomea presso i tuoi compaesani.."
"Il
macellaio?"
Lui sorrise maligno "già, proprio
quello. Mi piaceva far tremare le persone prima ancora del mio arrivo,
mi dava sempre più potere sapere di avere il controllo su di
loro, fino a che sono arrivato ad un punto di non ritorno, e non ho
potuto non far altro che quello".
Beatrix mise le sue mani sulle sue, stringendole
"e avevi tante donne ai tuoi piedi.."
L'uomo continuò a sorridere sornione
"eh, sì.. Strano, ma più le tratti male e
più ti cercano.."
Bea gli allontanò le mani "non
è vero, ma gli uomini cattivi sono quelli più
interessati, quelli più complessi, che ti fanno venir voglia
di conoscerli nel loro profondo, di.."
Completò lui la frase "di salvarli"
rise "non ho bisogno di quello, ciò che voglio realmente
è una persona che mi accetti per quello che sono. Mi piace
la persona che sono diventata e non voglio cambiare, so che
è dura accettare di vivere con me, con tutto il fardello che
mi porto dietro, ma queste sono le mie condizioni" rispose con
fermezza, mentre lei si alzava sulla schiena.
"Mi abituerò all'idea, ci sto provando
perché voglio costruire una famiglia con te, anche se vuol
dire non vivere con te alla luce del sole, mi basta che siamo io, te e
la pulce".
Lui la baciò "lo so, è
quello che voglio anche io".
Banastre si trovava nel suo harem. Aveva diverse
ragazze che gli donavano il piacere e lui si lasciava toccare ed
estasiare da loro.
“Colonnello Tarleton, siete
così muscoloso. Avete ucciso tanti uomini?” chiese
una, mentre si strusciava su di lui.
“Mmh..” annuì,
mentre una fanciulla bionda lo imboccava con un po’
d’uva.
La porta della sua stanza si aprì con
impeto, accogliendo una Wellsie molto arrabbiata, se fosse stata una
locomotiva avrebbe sbuffato.
“Mi hai imbrogliato!” gli
urlò contro.
Lui non si fece scomporre dai modi della ragazza
e rimase nella stessa posizione, cercando di ignorarla.
Allora la fanciulla giunse al suo capezzale e
prese due ragazze per le braccia, trascinandole con violenza
“fuori di qua!”
Loro, forse turbate dalla sua rabbia, se ne
andarono, lanciando qualche maledizione e insulto.
“Non c’era motivo di fare
questa sceneggiata, piccola” Banastre si alzò e si
avvicinò alla ragazza “se mi volevi tutto per te,
bastava dirlo”.
Lei batté i denti, visibilmente
stizzita “cosa c’era in quel Gin?”
Lui fece finta di non capire “Gin,
magari?” rispose, con un’alzata di spalle.
“Non è vero, c’era
oppio! Avrebbe potuto ammazzarmi”.
Banastre alzò le sopracciglia
“ma non sei morta, quindi ho calcolato giusto le
dosi”.
Poi appoggiò una mano sul suo braccio,
ma lei lo scansò “non erano questi i patti, non mi
avevi detto che la volevi morta” disse con mestizia la
ragazza.
“Questo non deve riguardarti”
poi afferrò fermamente il suo mento, obbligandola a
guardarlo negli occhi “abbiamo un patto, mi sembra”.
Lei mandò giù con fatica
“lo so, ma..”
Banastre scosse la testa, annoiato “ma
niente, Wellsie. Tu fai il lavoro per me, ed io per te. Siamo
chiari?”
Lei annuì lentamente “allora
voglio la parte che mi devi”.
Il Colonnello scoppiò a ridere
“così poi te la svignerai? No, mia cara. Ti posso
dare un anticipo, se vuoi, qualcosa che ti farà credere con
più vigore nella causa”.
I suoi occhi brillarono
“cosa?”
Tarleton sorrise “tuo fratello ti ha
mentito su tante cose”.
**spoiler**
"Colonnello Tav.."
tentò un discorso Bordon.
"Silenzio!" Ordinò l'altro, senza neanche girarsi a
guardarlo. Si mise in punta, per osservarli bene tutti quanti "mi avete
mancato di rispetto, avete osato insultare la mia autorità,
dimenticandovi che sono io quello che vi ha condotti qua!"
"IO" urlò forte e l'eco rimbombò in tutta la
stanza "dovrei punirvi mettendovi a pane e acqua per qualche mese".
Tavington rise malignamente, come di una battuta che solo lui aveva
sentito "lo farei davvero, credetemi, ma purtroppo ho bisogno delle
vostre forze per vincere questa competizione con Tarleton".
Il suono della tromba segnò l'inizio della giornata.
"Da oggi abbandonerete ogni cosa che avete fatto finora. Ogni. Cosa".
Novità
in cantiere
Ho pubblicato un capitolo dopo l'altro, ma questa
non è una novità! Ho già pronti altri
tre o quattro capitoli che sveleranno finalmente il grande mistero sul
passato di Beatrix.
Tavington prende nuovamente le redini del suo battaglione e nei
prossimi capitoli farà vedere a Tarleton chi si merita
davvero il titolo.. per quanto riguarda Bea, lei invece avrà
una nuova compagnia, anche se non è proprio nuova.. Liza, e
lei sarà la chiave per risolvere l'enigma.
Quindi la prossima settimana ci saranno tanti bei capitoletti densi
densi, non sono ancora conclusivi di tutto, ma la
novità è che forse sono gli ultimi.. :(
Ringrazio ancora tutte
quelle che recensiscono, che hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
un bacio grosso
|
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Capitolo 47 *** Ritorno alla normalità ***
Capitolo XLVII
**Ritorno alla normalità**
Tavington si alzò prima ancora che il sole sorgesse. Si vestì in fretta, cercando di non svegliare la ragazza che dormiva ancora. Indossò la sua giubba rossa e inserì la spada nella fodera della cintura. Scese le scale velocemente, era incominciato il countdown della scelta finale di Cornwallis e lui doveva battere sul tempo Tarleton.
Giunto nel gran cortile del Forte, proseguì fino a che giunse di fronte gli appartamenti dei soldati.
I suoi soldati.
Aprì la porta, senza neanche preoccuparsi di bussare e la richiuse, facendola sbattere rumorosamente di proposito.
"Sveglia!" Urlò forte il Colonnello.
Gli uomini dormivano in brande senza materasso, semplici stracci costituivano i loro giacigli. Infatti solo gli Ufficiali dormivano in letti che potevano essere chiamati tali e solo i collaboratori personali di Cornwallis avevano una stanza per loro.
I soldati si alzarono subito dalle brande, formando due linee perfette che si guardavano l'un l'altro. Erano in tuta tutti quanti, ma -sebbene svegliati presto- rimanevano con la schiena dritta e gli occhi ben aperti.
William sapeva di aver addestrato bene i suoi uomini, poteva essere crudele e spietato, ma sapeva fare bene il suo lavoro.
Tavington camminò lentamente tra le due fila ordinate, scrutando lo sguardo di ciascuno di loro.
"Immagino sappiate il motivo della mia collera".
I passi erano calcolati, precisi ed erano il solo suono che si percepiva nella tenda.
"Ieri sono sceso ad allenare il mio esercito" proseguì "e indovinate cosa ho scoperto".
Il Colonnello si era fermato di fronte a Bordon, il Capitano non accennava a dire una parola, non era il caso di rendere Tavington più incollerito.
"I miei uomini non c'erano" lo scrutò attentamente e poi proseguì il cammino, tenendo le braccia dietro la schiena.
"Buffo, ho pensato, perché la mia squadra dovrebbe andarsene senza che io abbia ordinato alcunché?"
Si arrestò nuovamente. Un respiro e poi un altro passo.
"Oh, sì. Il mio caro collega ha detto di andare" disse con odio contro il Tenente Kent "ora si spiega tutto" sputò con acidità.
"Colonnello Tav.." tentò un discorso Bordon.
"Silenzio!" Ordinò l'altro, senza neanche girarsi a guardarlo.
Si mise in punta, per osservarli bene tutti quanti "mi avete mancato di rispetto, avete osato insultare la mia autorità, dimenticandovi che sono io quello che vi ha condotti qua!"
"IO" urlò forte e l'eco rimbombò in tutta la stanza "dovrei punirvi mettendovi a pane e acqua per qualche mese".
Tavington rise malignamente, come di una battuta che solo lui aveva sentito "lo farei davvero, credetemi, ma purtroppo ho bisogno delle vostre forze per vincere questa competizione con Tarleton".
Il suono della tromba segnò l'inizio della giornata.
"Da oggi abbandonerete ogni cosa che avete fatto finora. Ogni. Cosa".
Li scrutò, mentre ricominciava a camminare piano "seguirete il mio piano alla perfezione, il primo che esce dagli schemi o si rivela essere troppo lento rispetto agli altri verrà tagliato fuori".
Rise "e quando dico fuori intendo verrà mandato a Camden a soccorrere i feriti".
Il Colonnello si avvicinò alla grossa bacinella che veniva usata per la pulizia ordinaria dei soldati e la rovesciò per terra con nonchalance "questa non vi servirà più per un po', due settimane senza acqua, per lavarvi intendo".
Poi li guardò sorridendo "non manderete posta, lettere d'amore, qualsiasi missiva non verrà recapitata".
Tavington sistemò la bacinella in posizione stabile e poi si asciugò la mano bagnata con un fazzoletto "farete il doppio dell'allenamento, il coprifuoco verrà spostato di qualche ora e non vedrete donne fino.."
Tutti erano muti, nessuno osava fiatare. Ascoltavano il loro Superiore snocciolare la punizione senza emettere sillaba.
"..fino alla prossima battaglia vinta".
Poi indicò un ragazzo biondo che sostava vicino a lui "tu" lo chiamò.
"Sissignore!"
"Cento flessioni e cinquanta giri attorno al Forte".
"Subito, Colonnello Tavington" e si abbassò per terra a compiere le flessioni.
Allora William si girò verso l'altra fila e indicò uno a caso, come prima. Questa volta era basso e grasso, i capelli fuoriuscivano disordinati dal berretto.
"Togliti questo ridicolo cappello" gli ordinò Tavington a pochi centimetri dal suo volto unto.
"Subito, Colonnello" e gettò immediatamente il berretto per terra, come se valesse niente.
"Come ti chiami soldato?" Domandò William.
"Soldato semplice, Jones, Signore!" gli urlò forte e chiaro.
"Jones, Jones.." ripeté Tavington con disprezzo "non ho mai sentito il tuo nome prima, da dove vieni?"
L'uomo mandò giù lentamente, ma non abbassò lo sguardo "Kentwood, Signore".
William alzò le sopracciglia sorpreso "Louisiana, vedo. Allora sei un colone.." disse con grande disprezzo, senza nemmeno tentare di celare il disgusto.
"Sono un lealista, Signore, combatto come voi.."
"Io sono Inglese, tu no" lo fermò Tavington subito "non siamo uguali, ma purtroppo non sono io a fare le regole del gioco".
William sapeva che parte dell'esercito di Sua Maestà era costituito da lealisti, americani che erano rimasti fedeli alla Corona, ma lui non si fidava di loro. Erano accettati dai più, ma lui -che era di mente inamovibile- li vedevano sempre come nemici.
"Dov'è la tua famiglia, soldato semplice Jones?"
"Mia moglie e le mie due bambine sono andate a vivere con sua zia in Canada, perché.."
"Sì, sì" lo interruppe con un'alzata di mano Tavington "lo so, la terra dei tuoi simili".
"Colonnello, io credo nella causa quanto voi, non sono Inglese, ma non sono un nemico dell'Inghilterra come questi patrioti" gli rispose, senza lasciarsi scalfire dalle continue parole acide del suo Superiore.
"Perciò sei pronto a colpire i tuoi stessi compaesani" lo incalzò l'altro "magari tuoi amici, la tua famiglia.."
Il soldato non rispose, perché aveva poco da rispondere.
"Hai fatto bene a mandarli in Canada, quella terra pullula di lealisti, probabilmente moriranno uccisi dagli Americani" disse con semplicità William "ma almeno non sarai costretto a dover impugnare un'arma contro di loro".
Poi parlò a tutto l'auditorio "quanti sono come lui?"
Gli uomini si scambiarono qualche occhiata, senza spiccicare una parola.
"Bordon!" lo chiamò il Colonnello "Un passo avanti".
Lui fece come detto "Sissignore!"
"Quanti lealisti abbiamo?"
"Dieci, Colonnello".
William pensò un minuto al suo piano che aveva architettato, odiava quegli uomini, ma forse potevano tornargli utile.
"Andate a prepararvi tutti, vi voglio al campo fra mezzora" poi si rivolse al biondo di prima "tu continua".
Gli uomini ruppero la linea e andarono a cambiarsi in fretta.
"Bordon, con me" e poi uscì dalla tenda.
William attraversò il cortile e si posizionò vicino all'obelisco.
"Colonnello, io non volevo ascoltare Tarleton, ma lui ce l'ha imposto".
William guardava verso il grande cancello, quasi ignorando le parole dell'amico "non è la prima volta che lui tenti di mettermi in cattiva luce, ma è la prima volta che mi avete disobbedito tutti quanti!" inveì lui.
Bordon si avvicinò con cautela, mantenendo la distanza di sicurezza.
"Noi gli abbiamo creduto, visto gli eventi che.."
Tavington si girò verso di lui, con occhi rossi dalla rabbia "quali eventi?"
Bordon abbassò un secondo lo sguardo per terra, mentre riordinava i pensieri "noi abbiamo sbagliato, siamo noi in colpa, Colonnello".
Ma William non demorse, sapeva che c'era dell'altro che doveva dirgli.
"Quali eventi?" Ripeté, scandendo le lettere lentamente.
"Tarleton non si è limitato a dare ordini al vostro battaglione, lui ha anche sparso voci su di voi.."
Tavington strinse i denti, pronto a scoppiare da un momento all'altro.
Bordon aveva notato il cambiamento impercettibile del suo comportamento, ma aveva continuato, tanto gliel'avrebbe fatto dire comunque. Meglio con le buone.
"Diceva che eravate cambiato, che non eravate più in grado di comandare, che avreste abbandonato tutto presto".
William rise di gusto, ma con lo sguardo ancora assassino "che idiozia, e voi idioti gli avete dato retta!"
Bordon si grattò la testa dalla frustrazione "io non ho cambiato l'opinione su di voi, Colonnello. Mai."
L'altro annuì.
"Ma gli altri si sono lasciati convincere da Tarleton perché lui aveva usato come fondamento del suo ragionamento.."
"Chi?" lo interrogò Tavington.
"Beatrix, lui dice che siete cambiato da quando la ragazza è venuta al Forte, che fate cose.. strane".
William rifletté sugli ultimi avvenimenti che lo avevano reso protagonista. In effetti aveva fatto molte cose che non avrebbe mai fatto nel passato, riconosceva di essere cambiato. Ma non credeva che anche gli altri lo avessero notato, quello era un grande problema. Se i suoi uomini aveva creduto alle parole capziose del Colonnello, si erano lasciati distorcere la realtà dei fatti da quell'impostore.
C'era bisogno di riportare le cose al loro posto, di far vedere a tutti che il Colonnello Tavington era lo stesso freddo e insensibile comandante, certo i romanticismi magari li avrebbe tenuti per la sua Beatrice. Ma in campo doveva essere per forza il brutale Macellaio che avevano conosciuto gli Americani nella prima fase della guerra.
Stavano giungendo ad una fine di quello scontro e lui doveva indossare nuovamente la maschera di ghiaccio e combattere come sapeva fare.
"Ho un piano da realizzare, Bordon" poi si diresse verso l'entrata "vieni, che te lo mostro".
I due uomini entrarono nel Forte.
Qualcuno bussò lievemente alla porta della loro stanza. Beatrix si alzò con pigrizia e girò la maniglia, cogliendo l'ospite con la sola camicia di Tavington addosso.
"Sì?"
"Mi manda Lady Cornwallis, mi ha chiesto di consegnarle questa".
La fanciulla che portava la missiva della Contessa era una delle cameriere del Forte, alta, slanciata e mora, Beatrix non aveva ancora avuto modo di conoscerla.
"Grazie" rispose la ragazza, prendendo la lettera tra le sue mani.
L'altra fece l'inchino e poi se ne andò.
Beatrix rimase basita, non era abituata a vedere persone che si inchinavano per salutarla, era tutto nuovo. In quel Forte stavano succedendo cose strane, prima l'oppio nella bottiglia di liquore, poi gli inganni di Banastre e adesso il comportamento strano delle persone di fronte a lei.
Bea chiuse la porta e controllò il foglio che era sigillato graziosamente in una busta.
Cara Beatrice,
spero tu stia meglio, sono venuta a conoscenza della tua malattia dal Colonnello Tavington.
Ho incontrato poco fa la piccola Wellsie, mi ha avvisato delle tue attuali condizioni di salute e mi sento felice di sapere che hai passato il peggio ormai.
Come sta il tuo piccolo adorabile bambino?
Questa mattina prenderò il tè sulla terrazza nell'ala ovest del Forte, se hai voglia mi farebbe molto piacere chiacchierare un po' con te.
Saluti,
Semplicemente Liza
Beatrix rilesse più volte la lettera, come se non si capacitasse di quello che leggeva. Non ci poteva credere che la Contessa si fosse ricordata di lei, quel poco che aveva passato in sua compagnia era stato tempo speso bene. Le piaceva la signora, quindi sì, avrebbe proprio accettato il suo invito per il famoso tè Inglese.
Aprì l'armadio in fretta e prese il vestito che Wellsie le aveva imprestato la prima volta che era arrivata a Beaufort, quello giallo pallido con il fiocco grande al centro. Era perfetto e congruo per l'incontro con Elizabeth, non era provocante né troppo castigante.
Beatrix lo indossò, mettendo anche delle belle scarpette con tacco, sempre un dono di Wellsie.
Già, la sua amica..
Beatrix aveva bisogno di parlare anche con lei, la questione dell'oppio l'aveva lasciata senza parole, come aveva fatto a non notare il sapore del liquore viziato? E, soprattutto, come aveva fatto la sua amica a non accorgersene? Le aveva confidato che non era la prima volta che beveva il Gin, quindi avrebbe dovuto capirlo che non era quello originale?
C'erano troppe domande che aveva in mente Bea, e se ci avesse pensato un minuto in più si sarebbero moltiplicate e lei non si sarebbe mossa da quella stanza.
Prese la lettera e la appoggiò sotto il cuscino, era stupido tenerla, ma non sapeva come spiegarlo, si sentiva elettrizzata all'idea che la Contessa avesse scritto per sapere di lei.
Uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle. Non fu difficile trovare la terrazza, con tutti i viaggi perlustrativi della zona aveva imparato ad orientarsi, o almeno a chiedere informazioni.
La porta della camera della Contessa Cornwallis era già aperta, non c'era nessuno ad accoglierla, ma l'aria forte invernale faceva danzare le tende, che ondeggiavano con maestria.
La ragazza bussò sulla porta comunque, perché non sapeva come comportarsi, nessuno le aveva mai insegnato le buone maniere. Sapeva uccidere un caprino, sapeva mungere una mucca o uccidere un maiale, ma non sapeva niente di bon-ton.
Bussò nuovamente, ma non si percepì alcuna risposta.
Allora entrò nella stanza, come previsto all'interno non c'era nessuna persona, ma poteva sentire molto bene un suono melodioso, come se qualcuno suonasse uno strumento.
Si fece guidare dalle note, attraversò la camera lussureggiante e poi scostò le tende bianche.
Dall'altra parte, sulla terrazza, c'era la Contessa che suonava un.. flauto, almeno così credette subito la fanciulla, poco esperta in fatto di musica.
La Contessa non aveva udito che non era più sola, continuava a muovere con grazia le sue dita sui fori dello strumento, emettendo un suono dolce per le orecchie. Beatrix rimase in ascolto, non aveva avuto cuore di interromperla, pareva così concentrata sul suono e poi era un piacere stare a sentire.
La donna completò l'opera e poi appoggiò il flauto sul suo grembo.
Era seduta su una sedia a dondolo in legno, si lasciava cullare mentre si accarezzava teneramente il grembo.
Nel momento in cui Beatrix cercò di interpretare il suo comportamento, la donna si girò nella sua direzione.
"Sei arrivata, ti aspettavo" disse, senza scomporsi.
Al contrario, Beatrix rimase pietrificata, non si era mossa di un centimetro.
"Siediti" le disse la donna, indicando la seduta lasciata libera. La fanciulla notò che sulla sua c'era un cuscino sopra, lei si avvicinò e lo alzò prima di sedersi.
"Devi tenerlo" asserì Elizabeth, mentre l'aiutava a posare di nuovo il morbido cuscino sulla sedia.
Beatrix lasciò che la Contessa facesse come voleva e poi si sedette accanto a lei, avevano solo un piccolo tavolino a dividerle.
"Ho pensato avresti gradito qualcosa di soffice su cui sederti, dovresti essere piuttosto stanca in questi mesi, Beatrice" le confidò la donna.
"Grazie" rispose subito la fanciulla "è stato carino da parte vostra Contessa".
L'altra la guardò come rimproverandola "pensavo avessi chiarito sul tu, oppure devo tornare a darti anche io del voi?" rimbeccò scherzosamente la Contessa, mentre le sorrideva felice.
Beatrix non capiva perché si comportasse così, forse lo faceva con tutti o forse solo con lei. Questo non poteva saperlo, ma sapeva invece che il suo cuore balzava di felicità pura ogni volta che la Contessa si rivolgeva così a lei. La trattava come se fossero state pari, come se non si rendesse conto della grande differenza che intercorreva tra le due.
Come fosse solo sua amica.
"Va bene, Liza" rimbeccò sorridendo.
Poi la donna si sporse sul tavolino e prese la teiera che fumava leggermente, versò del tè in due tazze e poi la riposò sul sostegno.
"Ti piace con il latte?" domandò all'altra.
Bea era un po' imbarazzata perché non aveva mai bevuto tè prima, era strano, ma sua madre non lo aveva mai preparato.
"Io non saprei.." disse incerta la ragazza.
"Non l'hai mai preso con il latte?"
La fanciulla scosse la testa.
"Oh.. allora dobbiamo rimediare subito" prese la piccola lattiera in porcella e versò del latte copiosamente.
"..è così buono come dicono?" chiese titubante la fanciulla.
Elizabeth non le rispose, ma sorrise.
Aggiunse due cucchiaini di zucchero in ciascuna tazza e poi le passò il tè pronto.
Beatrix lo appoggiò sul grembo e poi attese che anche la Contessa prendesse il suo.
"Assaggialo e vedrai" la spronò Liza.
Beatrix bevve il tè preparato dall'amica e si meravigliò nel constatare quanto fosse buono e delizioso. Lei aveva sempre creduto che fosse un passatempo dei nobili Inglesi, qualcosa per rendersi diversi dagli altri. Almeno così lei lo aveva vissuto, invece le piaceva quella tisana.
"Mi piace" ne aveva ancora un po', ma volle aspettare a berlo tutto, era ancora caldo "non lo prendi alle cinque?" chiese incuriosita Beatrix.
"In teoria sì, nella pratica il tè mi piace molto perciò lo prendo ogni volta che ho un po' di tempo libero".
Poi la Contessa la scrutò con interesse "vedo che stai meglio oggi, ieri non sembravi tu. Eri così spenta, angelo" constatò infine, mentre beveva a piccole sorsate dalla sua tazza.
Bea annuì "Stamattina mi sento molto meglio, grazie. Come facevi a sapere della mia salute?"
Elizabeth appoggiò la tazza vuota sul tavolino "ieri sono passata a darti un'occhiata. Ho intravisto Wellsie tutta affannata che usciva dalla stanza del Colonnello Tarleton, così le ho chiesto perché fosse così agitata".
Le sopracciglia di Bea si incurvarono "Usciva dalla stanza di Banastre?" ripeté la ragazza.
"Credo si chiami così, non me lo ricordo sinceramente. Il Colonnello dai capelli rossi".
Bea appoggiò anche lei la tazza sul tavolino, all'improvviso le era passata la voglia di bere.
Cosa ci faceva Wellsie in camera con Ban?
Sapeva degli inganni del Colonnello, ma cosa c'entrava lei con lui?
Se prima aveva avuto tanti interrogativi, ora ne aveva una miriade.
Aveva bisogno di parlare con Wells.
"Mi sembri scossa, tesoro" disse la donna, accarezzandole il braccio "era solo preoccupata per te, era in pena per la tua salute precaria. Credo si sentisse colpevole".
Bea la osservò con gli occhi bassi "Sai perché ieri sono stata male?" domandò con un filo di voce, come una bambina intimorita per le conseguenze delle sue azioni.
L'altra annuì lentamente. Beatrix si vergognava per quello che aveva fatto, di sicuro ora la Contessa avrebbe pensato male di lei.
"Non era mia intenzione esagerare, l'altro giorno mi sono lasciata andare. Non mi sono preoccupata di niente, come non facevo da un po'.."
Beatrix alzò gli occhi e con sua sorpresa realizzò che la donna la osservava sorridendo, non vedeva nei suoi occhi rimprovero o colpa.
Non le parlava con toni aspri, come faceva la madre. Ma l'abbracciò, stringendola contro di sé.
"Non so come mai, ma sento come una connessione con te, piccola Beatrice. Immagino tu abbia avuto le tue buone ragioni per eccedere con Wellsie e forse, se hai voglia, puoi parlarmene adesso".
La donna sciolse il suo abbraccio e poi si alzò.
"Vuoi fare una passeggiata?"
Beatrix rimase seduta sulla sedia, indecisa sul da farsi.
Non ci ragionò su molto, fece quello che il suo istinto le suggeriva.
Si alzò e affiancò la Contessa "Sarei onorata".
**spoiler**
"Amavi il Generale quando lo hai sposato?"
Elizabeth annuì "era la cosa giusta da fare in quel momento, Beatrice".
La ragazza tirò leggermente le redini di Grangie, facendolo procedere più lentamente "non è quello che ti ho domandato" disse, facendole l'occhiolino.
La Contessa rise "hai ragione, ma è la risposta che è giusto darti".
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Capitolo 48 *** Complicità ***
Capitolo XLVIII
**Complicità**
"Mi concedi un attimo? Prendo un mantello per coprirci".
Poi entrò nella sua stanza e si diresse verso un grosso baule di legno, intarsiato a regola d'arte. Beatrix la seguì e la osservò tirare fuori due mantelli pesanti.
"Tieni" disse, porgendole uno "ti potresti prendere qualcosa, al bambino non fa bene".
Beatrix accettò il mantello "grazie" e lo indossò, le due uscirono dalla stanza.
"Immagino non sia facile vivere chiusa in questo Forte, sebbene il Generale ti abbia creato una bella gabbia d'oro, rimane sempre una gabbia".
Liza rise amaramente, consapevole del suo destino "come darti torto, eppure la vita a Londra era così grigia e monotona senza di lui. Mi mancava" ammise la Contessa.
Le due donne erano giunte nel cortile principale, lì Bea vide William che parlava con Bordon. Sembrava furioso, perché la vide, ma non la salutò.
Lei aveva agitato la mano nella sua direzione, ma lui l'aveva sorpassata come se nulla fosse, entrando con il Capitano.
"Vedo che non sono l'unica sopraffatta dall'amore" disse scherzosa Liza.
Beatrix scosse la testa "no, a quanto pare" la ragazza abbassò la mano, sentendosi come rifiutata dal Colonnello.
Ma nel suo cuore sapeva che doveva dargli il beneficio del dubbio, lo aveva visto parlare -anzi, no, litigare animatamente- con il suo secondo Bordon. Forse era stata quella la ragione che lo aveva reso di malumore.
Quando fosse rincasato avrebbe chiesto spiegazioni, ma ora era il momento di Beatrix di svagarsi un po'. Un divertimento sano, però, non quello eccessivo di Wellsie.
"Ami i cavalli, Liza?" chiese tutto ad un tratto la ragazza, come illuminata dalla vista di uno stalliere che faceva entrare uno stallone nella stalla.
La Contessa diede un'alzata di spalle "a Londra non ho molte occasioni di cavalcare liberamente, esco solo con la mia dama di compagnia".
Beatrix seguì con lo sguardo lo stalliere e proprio in quel momento le venne un'idea grandiosa in mente. Tanto William era preso dalla discussione con Bordon, non avrebbe potuto opporsi.
"Non sei più a Londra, qui puoi fare quello che vuoi" rimbeccò la ragazza, ma senza riuscire a convincere molto la signora.
"Che cosa hai in mente, Beatrice?" chiese.
Bea non rispose, invece la prese per mano e la -trascinò- fino alla stalla "amo i cavalli, in particolare uno.."
Non terminò la frase, che si era già buttata tra le braccia del suo purosangue.
"Grangie!" Urlò al suo bellissimo cavallo.
Non aveva speso nemmeno un secondo per capire chi fosse, riconosceva molto bene il suo cavallo. Quell'animale per lei era importante perché portava con sé i momenti che lei aveva passato con il suo William. Nel bene o nel male, quel cavallo era stato il testimone del cambiamento del Colonnello.
Beatrix si era avvicinato al suo cavallo e lo aveva abbracciato, incurante degli sguardi alteri degli altri.
"Quanto mi sei mancato cavallino" gli disse, mentre lo carezzava dalla criniera alla pancia.
La Contessa, intanto, si era anche lei avvicinata "è tuo?" chiese.
Bea annuì felice. "Sì, lo ha preso William quando siamo stati a Sunnyville".
Liza la affiancò e poi sfilò un guanto. Una volta liberata la mano, l'appoggiò con titubanza sulla testa del cavallo "come è carino" disse infine.
Beatrix scoppiò a ridere "che fine ha fatto la Contessa Cornwallis?" domandò scherzosa Bea.
Anche Elizabeth rise con lei "l'ho lasciata in Inghilterra, qui voglio essere solo Liza".
Poi si girò verso lo stalliere, acquisendo il suo solito portamento da nobile "allora, ragazzo, portami un cavallo".
Il giovane stalliere osservava le due donne con uno sguardo perso, come se diffidasse dal credere che stesse vedendo davvero due donne nella stalla.
"Devo ripeterlo di nuovo?" Disse stizzita la signora.
L'altro allora scosse velocemente la testa, poteva anche non credere ai suoi occhi, ma doveva aver riconosciuto il volto della moglie del Lord Generale Cornwallis.
"Subito, Contessa" rimbeccò con un inchino reale. E poi sparì alla ricerca del cavallo.
"Hai voglia di fare una cavalcata insieme, Liza?" chiese la fanciulla, mentre sprizzava felicità da tutti i pori. Era impossibile dirle di no in quel momento, nessuno con un cuore lo avrebbe fatto.
"Perché no?" disse la signora "mi sembra un'ottima idea".
Nel frattempo era arrivato lo stalliere con un bel cavallo nero, di una tonalità così scura che con difficoltà si riuscivano a vedere i suoi occhi.
La Contessa si fece aiutare dal ragazzo a salire e poi anche Beatrix la imitò, facendo da sola però.
Le due donne spronarono il cavallo e questo partì.
Giunti alla cancellata però affrontarono un ostacolo, c'erano le guardie che controllavano l'entrata. Non le avrebbero fatte uscire, dopotutto erano sempre nel bel mezzo della guerra..
Gli uomini non si accingevano a spostarsi e così resero la donna anziana più irritata "lasciate libero il passo" ordinò.
Ma loro non si muovevano, nemmeno un movimento impercettibile degli occhi.
Niente.
"Molto bene, allora dovrò riferire a mio marito, il Generale Cornwallis, che i suoi uomini mi hanno tenuta in ostaggio nel Forte".
Loro iniziarono a vacillare, si lanciavano sguardi furtivi alla ricerca delle parole giuste. Poi uno parlò, di sicuro quello con il grado più alto tra di loro.
"Non abbiamo avuto notizia della vostra uscita, Contessa. Vostro marito ci ha detto.."
Lei lo zittì con una semplice alzata di mano "mio marito mi ha detto che potevo fare come volevo a Beaufort, devo supporre che mi sia vietato uscire a fare una cavalcata?" disse, incalzandoli.
L'uomo moro scosse la testa "certo che siete libera, Contessa, ma non è sicuro stare lì fuori mentre ci sono i nostri nemici che ispezionano ogni centimetro del perimetro del Forte. Lo facciamo per voi, Contessa Cornwallis" proseguì.
"Non abbiamo bisogno di protezione, soldato. Siamo donne, ma non siamo sciocche, sapremo scegliere la strada giusta, evitando i sentieri secondari".
L'uomo pareva convinto dalle sue parole, ma c'era qualcosa che lo tratteneva e lei non sapeva cosa. Mancava un pezzo del puzzle per farlo crollare.
Ci voleva un ordine!
Beatrix rammentò che i soldati facevano solo quello che i Superiori ordinavano loro, quindi non si sarebbero mossi fino a che non avessero avuto un comando dall'alto. Magari da qualcuno che loro temevano, un nome che li avrebbe fatti tremare di paura, ed evidentemente non era Cornwallis.
"Soldato" disse la fanciulla "abbiamo avuto l'autorizzazione da parte del Colonnello Tavington".
Il milite si girò nella sua direzione, fino a quel momento non l'aveva neanche considerata. Lui sapeva lei chi era e quindi, come gli altri soldati, mostrava la stessa indifferenza.
"Non credo proprio" sputò acido lui.
Allora Bea si ricordò delle parole di William la sera precedente, aveva promesso li avrebbe puniti.
"Se non mi credete.. bene" disse Beatrix con vigore, testa alta e senza lasciarsi abbattere "andiamo da Tavington e chiediamoglielo personalmente" proseguì lei.
Lo sguardo dell'uomo era pietrificato, si vedeva la sua lotta interiore.
Un punto per Beatrix.
Lo stava mettendo al tappeto.
"Io non ho niente da temere" continuò la ragazza "al massimo mi chiuderà qualche giorno nella stanza se per caso avessi mentito" disse, con un'alzata noncurante.
"Ma cosa farà a voi?" Chiese ironicamente la fanciulla "si arrabbierà che lo avete disturbato per una simile sciocchezza, mi chiedo se Tavington la prenderà bene.."
Beatrix lasciò -appositamente- la frase in sospeso. Il soldato sudava freddo, e non aveva ancora detto niente.
E Bea vince la partita!
"Lasciatele passare" ordinò agli altri uomini. Quelli non replicarono e aprirono la grande cancellata.
Beatrix sorrise e spronò Grangie, così fece la Contessa.
"I miei complimenti, Beatrice" le disse Liza.
"Eh.." rimbeccò la fanciulla "gli uomini sono semplici da capire e sono così prevedibili".
Risero e poi uscirono dai confini sicuri del Forte.
Beatrix fece strada, le due donne galoppavano serenamente. Il sole era alto in cielo, c'erano diverse nuvole che a tratti lo coprivano a tratti lo facevano splendere. E poi c'era Beatrix che si sentiva libera, la sua vita non era fatta per stare chiusa nel Forte. Lei amava la vita, correre, cavalcare senza problemi. Da tanto non si sentiva così.
"Sembri a tuo agio, Beatrice. Il tuo volto si è improvvisamente illuminato" le fece notare la Contessa.
Bea sorrise, girandosi verso di lei "hai ragione, Liza. Questa è la mia vita, stare con William mi ha fatto dimenticare quanto fosse bella la libertà".
"Ti tiene stretta?"
La fanciulla annuì "è un uomo abituato a comandare, ad avere tutto sotto controllo e io ho dovuto modellare la mia volontà per stare accanto a lui".
La donna guardava di fronte a sé, ascoltava Beatrix, ma era come se la discussione l'avesse condotta in un altro mondo.
"Capisco quello che vuoi dire, Beatrice" le confidò la signora "sposare Charles è stata una lotta di compromessi, l'ho sempre reputata una cosa giusta, ma delle volte vorrei le cose fossero andate diversamente.."
Si vedeva che qualcosa l'aveva scossa, non sorrideva più come prima, ma si era rabbuiata all'improvviso.
"Amavi il Generale quando lo hai sposato?"
Elizabeth annuì "era la cosa giusta da fare in quel momento, Beatrice".
La ragazza tirò leggermente le redini di Grangie, facendolo procedere più lentamente "non è quello che ti ho domandato" disse, facendole l'occhiolino.
La Contessa rise "hai ragione, ma è la risposta che è giusto darti".
"Facciamo una gara?" domandò la fanciulla.
Erano uscite da un po' dai confini sicuri del Forte, quindi ormai si erano messe in un bel pasticcio. Tanto valeva godersi un po' di quella libertà che da tanto non gustavano.
Elizabeth non rispose, ma diede una bella spinta al suo cavallo che partì veloce.
"Così non è valido" urlò la ragazza, ma tanto la donna era partita e sembrava volesse vincere a tutti i costi. Beatrix non avrebbe mai detto che la Contessa fosse una donna competitiva.
Correvano sui loro cavalli, ridendo e scherzando. E continuarono così per un po', i loro cavalli si muovevano leggiadri sul campo.
Dopo aver stancato bene i purosangue, si fermarono.
"Grangie ha bisogno di riposare un po'.." asserì la ragazza, scendendo da cavallo.
"Hai ragione" constatò la donna, scendendo pure lei dall'animale. Li legarono ad un tronco e poi si guardarono attorno.
"Conosco un posto bellissimo qui vicino, hai voglia di venirci con me?" domandò Elizabeth.
"Sei già stata qui?" si stupì Bea.
La donna annuì semplicemente, allora Beatrix si lasciò guidare da lei.
"Dovrebbe esserci anche un ruscello, magari più tardi ci portiamo i cavalli".
"Va bene" rispose Beatrix.
Iniziarono a camminare, inoltrandosi nel bosco.
"Come mai sei già stata qui?" chiese Bea.
Liza aveva raccolto un filo d'erba e ci giocava, come una bambina.
"La mia vita non doveva essere quella della Contessa Cornwallis, sai?"
"In che senso?"
Liza sospirò "io amo davvero Charles e lui sarà sempre l'unico per me, ma.."
Si interruppe, toccandosi il naso, come per arrestare le lacrime o qualcos'altro.
"Lui non è l'unico uomo che ami?" azzardò Beatrix.
Elizabeth scosse la testa subito "lo è, ora e per sempre. Non so nemmeno perché ho incominciato questo stupido discorso" disse affranta la Contessa, mentre si asciugava una lacrima che era sfuggita al suo controllo.
"Hey" disse Bea, accarezzandole un braccio teneramente "qualcosa ti fa stare male, cos'é?"
La donna la guardò negli occhi e allora le sue lacrime scesero senza freni, inondandole il viso ben curato.
"Solo il passato, Beatrice, dovrei esserci passata sopra, ma non è facile" ammise, tirando su con il naso.
"Ti sei pentita di averlo sposato?"
Lei scosse la testa "mai, ma al cuore non si comanda, vero? Guarda, invece, questa sciocca donna che piange su ciò che non potrà più cambiare".
Beatrix si sentiva triste, le veniva quasi da piangere per la Contessa e aveva una irresistibile voglia di sapere ogni dettaglio della sua vita. Era come se rispondesse ad un comando altro, aveva bisogno di sapere.
"Noi possiamo cambiare il nostro destino, Liza. Guarda me.. qualche mese fa ero una ragazza che non aveva uno scopo nella vita, ma semplicemente vivere" le toccò una guancia bagnata "ed ora sono mamma, avrò un bellissimo bambino con l'uomo che amo" confidò, sorridendo felice.
"Lo ami, si vede. E so bene che anche lui ti ama, ti ha messo davanti al suo lavoro, davanti agli ordini del suo Superiore. Beatrice, William ti ama davvero".
Beatrix la abbracciò forte, trattenendola contro di sé. Sapeva di cannella, aveva un odore buono, che le veniva voglia di non staccarsi più dalla donna.
"Sai cosa diceva mia mamma?"
"Cosa?" chiese la Contessa.
"Che piangere ti fa sfogare, ma solo parlare ti libera.."
Le donne si staccarono e presero a camminare "non credo sia così interessante la mia storia, ti annoierei con i miei problemi".
Bea scosse la testa "no, mi piacerebbe sapere e so che ti aiuterebbe a buttare fuori quello che ti sta facendo star male. Di cosa si tratta?"
"Era l'estate del 1754.." incominciò, mentre procedevano sempre più in fondo nella radura. I boschi si infittivano e la luce spariva poco a poco dalla loro visuale, si avventuravano verso il buio.
"I miei genitori erano nobili, e come molti nobili Inglesi amavano venire nelle Colonie nelle vacanze" disse.
"Non c'era ancora la guerra.." notò Beatrix "io non ero nemmeno nata! Quanto tempo!" disse ridendo Bea.
"Quanti anni hai, Beatrice? Sembri molto più giovane.."
La ragazza agitò la mano "lo dicono tutti, ma ho proprio ventitré anni, anzi no, fra poco ne faccio ventiquattro!"
"Li porti bene, e comunque sì, tu non eri ancora nata allora. Ti dicevo, i miei mi avevano promessa al più vecchio dei Cornwallis, quello che avrebbe ereditato tutto".
Bea rimase colpita, ma nemmeno più di tanto "caspita, ti avevano sistemata bene, allora".
"Eh, sì. E io sapevo che l'anno dopo mi sarei sposata con Charles, quindi i miei giorni erano contati. Quell'estate ero partita con un'intenzione precisa in mente, divertirmi. Sai, fare quello che poi non avrei più potuto fare".
Beatrix sorrise "ma qualcosa è andato storto.."
Elizabeth scosse la testa "no, anzi, è stato il periodo più bello della mia vita" ammise, socchiudendo un secondo gli occhi. Inspirava l'aria, come se potesse riassaporare quei momenti persi.
Erano finalmente uscite da quel bosco oscuro, a Bea non era piaciuto, ma non era riuscita ad interrompere Liza, voleva sentire la storia. Per fortuna ora si trovavano di nuovo sotto il sole e solo allora la ragazza notò che erano proprio su un colle. Potevano vedere tutto da lì, perfino il Forte, anche se molto lontano.
"Era questo il posto che dicevi?" chiese Bea, con gli occhi sbarrati e la bocca aperta dalla meraviglia.
"Sì.. bello, vero?" Liza tolse alcune forcine e i suoi capelli scuri si librarono in aria, muovendosi col vento "non puoi immaginare cosa rappresenti questo posto per me, quanti ricordi" disse, guardando il panorama mozzafiato che si stendeva di fronte loro "è come una seconda pelle per me".
"Mi piace molto, ti dà una sensazione di libertà incredibile".
Vicino a loro c'era un tronco grosso e spesso, che faceva ombra. Allora Beatrix si avvicinò e si sedette sotto, per coprirsi, si sentiva un po' stanca, la sua piccola pulce si muoveva dentro di lei.
"Ti dispiace se mi fermo un minuto, ho un crampo alla pancia" disse la ragazza.
La Contessa si girò immediatamente verso di lei "certo, sei sicura di stare bene?"
Bea annuì con poca convinzione "almeno credo" rispose, accarezzandosi la pancia.
A quel punto Elizabeth le si avvicinò e sedette anche lei sotto al robusto albero.
"Vieni" disse, mentre la aiutava a poggiare la testa sul suo grembo "sai cosa diceva mia madre?"
Bea scosse la testa "cosa?"
"Che non c'è rimedio migliore per il dolore che un po' di coccole".
Tenne la sua testa sul grembo, e le accarezzò la pancia con dolcezza.
"Questi sono solo i primi mesi, più vai avanti e più sarà dura, Beatrice".
La ragazza chiuse gli occhi e si fece cullare dal vento che oscillava e dalle cure della donna "e non ho nessuno a cui chiedere consigli su come sopportare questi momenti" disse con affranto.
"Non hai tua madre?"
Bea rimase in silenzio per qualche secondo, alla fine parlò "è morta" disse, senza raccontare altri dettagli.
"Mi dispiace, immagino sia dura crescere senza avere un riferimento.."
La ragazza sbuffò con rassegnazione "tanto non è stata molto presente nella mia vita.. c'era, non c'era".
"Anche la mia era così, ma lei lo faceva perché era così che gli altri si aspettavano da lei. Aveva obblighi e doveri morali nei confronti di tutti e io venivo sempre dopo" dichiarò la Contessa "ma alla fine ci ho fatto l'abitudine".
"Non c'era molto da fare, eh?" disse Beatrix, rispondendo alla donna e, forse, anche a se stessa. "Raccontami la storia" chiese infine.
"Giusto, la mia estate come donna nuova. Sono stata dagli Earnshaw, grandi latifondisti Inglesi, erano anziani e senza figli e ci accolsero con la stessa allegria dei miei genitori. Ero in America, ma avevo ancora la gabbia d'oro che mi perseguitava dalla Gran Bretagna, allora dissi ai miei che sarei stata per qualche mese da una mia cugina, che era sposata ovviamente. Loro acconsentirono e non mi seguirono".
"Sei stata furba, Liza".
"Non potevo sapere in quale pasticcio meraviglioso mi sarei cacciata più tardi. Justine, mia cugina, era una donna particolare, era venuta a vivere a Beaufort per stare lontano da tutti i formalismi Inglesi e io l'avevo scelta per quel motivo. Un giorno mi chiese di accompagnarla ad un ballo".
Elizabeth fece una pausa.
"Io mi preparai e indossai un bel vestito, quelli che indossavo a Londra, perché credevo mi portasse ad uno di quei balli.."
Beatrix rise "scommetto che non fu così".
Liza sorrise "no, proprio l'opposto. Era una festa patronale, c'erano contadini, artigiani, commercianti.. gente del luogo".
"Allora non ti sei divertita" disse la ragazza.
Elizabeth le accarezzò la guancia con tenerezza "ti sbagli, è stato il giorno più bello che io riesca a ricordare, fu anche quello il giorno in cui incontrai Daniel per la prima volta.." disse come da un luogo lontano.
"Chi è Daniel?" domandò curiosa Bea.
Liza la guardò negli occhi e Beatrix vide che brillavano "l'uomo della mia vita".
Click.
Beatrix alzò subito la testa, conosceva bene quel suono. Qualcuno aveva caricato una pistola.
**spolier**
"Io non riesco ancora a crederci, Colonnello, come hanno fatto i Generali O'Hara e Cornwallis a non rendersi conto di quello che stava succedendo?" Chiese nervoso.
"Hanno incolpato i Ribelli, come ho fatto io fin dall'inizio, ma se ci pensi bene loro sono vittime quanto noi in questo gioco, qualcuno li sta manipolando per metterli contro di noi, nello stesso modo in cui ci hanno messo contro di loro".
"Una spia che fa il doppio gioco?"
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Capitolo 49 *** A carte scoperte ***
Capitolo XLIX
A carte scoperte
Tavington stese la mappa che segnava gli Stati delle Colonie del Sud sul suo scrittoio. Aveva buttato giù per terra ogni cosa ci fosse sul tavolo, doveva fare spazio.
La mappa era grande abbastanza per lo scopo che gli serviva, Bordon si trovava affianco a lui e non si perdeva un movimento.
"Qui siamo noi" disse William, appoggiando un mattoncino su 'Beaufort' "ho avuto modo di parlare con Cornwallis e mi ha riferito di rappresaglie contro i carri dei rifornimenti recentemente, infatti siamo a corto di sostanze, Capitano.."
Bordon si grattò impercettibilmente la testa "avete ragione, noi facciamo i controlli ogni giorno, ma non riusciamo mai ad acciuffare quella banda di Ribelli" disse, affranto.
"Lo so, stanotte ci ho riflettuto. Loro conoscono la nostra posizione sempre, a Savannah ci hanno teso un'imboscata, ma come facevano a sapere che ci saremo diretti là?"
Bordon rimase in ascolto.
"Ti ricordi la liberazione dei Ribelli per opera di quel tale, Gabriel, mi sembra".
"Sì, Colonnello, ricordo".
"Come hanno fatto a uscire?" chiese con un'alzata di sopracciglia.
"Hanno preso come ostaggio il Colonnello Tarleton e poi voi vi siete offerto.."
"Non dico quello, Bordon" lo fermò subito Tavington "non capisci che era quello che volevano farci credere? Loro volevano che la nostra attenzione fosse posta su quel ragazzo, io ero sicuro fosse lui il famoso Fantasma, capo di quella banda" ammise William con frustrazione, poggiando le mani sul tavolo.
"Non è così Colonnello?" domandò l'altro, senza capire il suo Superiore.
William sorrise amaramente "non è mai stato lui, Bordon. Volevano distrarmi dall'obiettivo, mi hanno fuorviato, mi hanno.. fregato".
"Cosa state dicendo, Colonnello? Faccio fatica a seguirvi.." ammise il Capitano.
"Pensa al quadro completo, Bordon. Non ti fermare ai dettagli, al singolo fatto, lo devi collocare all'interno di tutto il disegno".
Fece una pausa "chi ha deciso di venire qui a Beaufort?"
"Cornwallis, è lui che prende queste decisioni. Ma non state parlando sul serio, non vorrete accusare il Lord Generale.."
Tavington scosse la testa "certo che no, lui è semplicemente una vittima, una pedina, è stato manovrato da un altro" poi il Colonnello si avvicinò al viso di Bordon "qualcuno su cui ripone la stima, non è stato lui a decidere per Beaufort. Ne sono sicuro".
"Va bene, mettiamo caso che sia così. E poi?"
William guardò il segnaposto che indicava Beaufort, poi ne appoggiò un altro su Savannah e un altro ancora sul Forte Charlotte e così via, segnando tutti i luoghi in cui gli Inglesi avevano risieduto nello scorso anno.
Bordon seguiva la mano di Tavington e così notò che i mattoncini seguivano una strada particolare, uno a uno portavano al Forte Trox, a Beaufort.
"Non ci vedo niente di strano, Colonnello. Magari non siete a conoscenza di tutti i piani del Lord Generale, magari aveva scelto questa location fin dall'inizio, è un posto.."
William terminò la frase per lui "protetto, lo so. Proprio quello che serviva, renderci protetti e isolati".
Bordon scosse la testa dubbioso "abbiamo alleati vicini".
"Al Nord, al Sud c'è solo Cornwallis" disse Tavington "comunque, io ero convinto che fosse Gabriel l'uomo che cercavo".
"Il Fantasma?" Chiese l'uomo.
Tavington scosse la testa "no, la spia".
"Spia??" Bordon era allibito.
"Avevo questo dubbio da un po', dal primo attacco a sorpresa a Savannah, ma in quell'occasione erano riusciti a ingannarmi.. a distrarmi" ammise.
"Colonnello, voi avete un nome in mente, vero?" Non era una vera domanda, aveva un sentore sulla risposta, ma lo chiese comunque.
William rise "da un po', ma ieri ho collegato i pezzi tra di loro".
"Io ancora non comprendo cosa ci sia di sbagliato in questa città, Colonnello.."
William allora aprì in fretta il suo cassetto e tirò fuori dei blocchi di pasta indurita e li posizionò successivamente sulla mappa. Ne mise tre o quattro attorno Beaufort, a formare un poligono irregolare.
"Questa è la zona in cui abbiamo messo le sentinelle per controllare l'area, giusto?"
"Sì" annuì l'altro.
"Bene, ora guarda il disegno".
L'uomo osservò la mappa con i segnaposto "siamo in una botta di ferro, Colonnello".
"Molto bene, Bordon, allora dimmi. Cinque punti sicuri di sonda attorno al Forte e tutti, dico tutti, gli attacchi contro i nostri carri sono andati a segno. Spiegami come mai.."
Il Capitano osservò la mappa, ma non rispondeva. Non sapeva cosa dire, qualche rappresaglia a segno ci stava, ma tutte erano troppo.
Quella mattina i soldati di Tavington erano stati mandati a pattugliare, ma..
"Voi non ci avete dato l'ordine di andare sul confine, Colonnello".
William scosse la testa "no, avevo stabilito con Cornwallis un percorso che vi volevo far seguire, ma Tarleton mi ha preceduto".
"Come faceva a sapere Tarleton dei vostri piani, anche io ho pensato subito a lui, ma ci sono troppi spazi mancati, Colonnello".
Tavington si massaggiò il collo "è un piano degno di uno stratega" disse infine.
Bordon annuì "grande intelligenza, già".
“No, solo un motivo forte e determinante e forse rancore.." William aprì il cassetto e prelevò la sua pistola "aspettati un attacco da un momento all'altro, ormai hanno raggiunto il loro obiettivo. Siamo chiusi in questo Forte, senza rifornimenti, senza collegamenti con i nostri alleati. Sacrificati!"
"Io non riesco ancora a crederci, Colonnello, come hanno fatto i Generali O'Hara e Cornwallis a non rendersi conto di quello che stava succedendo?" Chiese nervoso.
"Hanno incolpato i Ribelli, come ho fatto io fin dall'inizio, ma se ci pensi bene loro sono vittime quanto noi in questo gioco, qualcuno li sta manipolando per metterli contro di noi, nello stesso modo in cui ci hanno messo contro di loro".
"Una spia che fa il doppio gioco?"
William rise "doppio, triplo.. non ti puoi immaginare quale sia il vero volto di questo traditore, perché è qualcuno che ci è stato vicino, che ha sudato con noi in battaglia, che si è rallegrato con noi in tempo di vittoria, che ha condiviso il cibo con noi, ci è stato fratello e poi ci ha pugnalati alle spalle!"
Bordon alzò gli occhi verso il suo Superiore "non posso crederci".
"Devi, solo una persona poteva convincere Cornwallis ad avanzare fino in questo covo di Ribelli. Ma lui lo ha fatto perché si è fidato, come abbiamo fatto noi. Non pensavo l'odio, la competizione, potessero portare a tanto. Ma in questi giorni mi si sono aperti gli occhi su molte cose, Nikolas" disse alla fine.
"Colonnello Tavington, io sono sempre al vostro fianco, se avete bisogno di una spalla. Su di me potete contare ciecamente, non vi tradirei mai, morire per salvare il mio comandante".
William gli sorrise "anche se è uno stronzo?"
Bordon gli appoggiò una mano sulla spalla "proprio questo è il bello dell'amicizia, sorreggersi nel momento del bisogno. Tutti sono amici nei momenti di gioia, ma nei momenti bui servono gli amici".
Qualcuno fece squillare la tromba e li interruppe.
William si affacciò e vide che sotto si era scatenato l'inferno.
Un attacco al Forte, se lo aspettava, anche se non così presto..
"Dobbiamo andare, Bordon" disse velocemente Tavington, inserendo alcune munizioni nel fodero.
"A quanto pare i nostri nemici hanno deciso di agire alla luce del sole".
L'altro gli stava dietro, pronto a combattere "sono sempre pronto".
"Oggi sarà il giorno della verità, molte saranno le carte scoperte e scommetto che la nostra spia non si trova più nel Forte".
"Come fate ad esserne così certo?"
"Perché hanno intenzione di buttarlo giù, Bordon, e farci fuori tutti".
Uscirono dalla stanza e percorsero il corridoio.
Prima di uscire dal Forte e affrontare -forse- la morte, William si girò verso Bordon.
"Devi farmi un favore, Nikolas, come amico".
L'altro annuì "tutto per voi".
Tavington allora prese una busta e gliela consegnò "se dovesse succedermi qualcosa la potresti consegnare a Beatrice?"
"Certo, Colonnello, ma voi come.."
"Te l'ho detto, sapevo da un po' di questi piani segreti. L'unica cosa che mi mancava era una delucidazione sul movente, non riuscivo a trovarne uno così solido da causare tanto dolore. Invece ho avuto l'illuminazione ieri" disse.
"Lei non è qui, Colonnello?"
William scosse la testa felice "no, ho chiesto ad un'amica un favore.. dovrebbe essere lontano da qui".
Bordon prese la busta e la inserì all'interno della fodera della giacca.
"Farò come mi avete detto, Colonnello, custodirò questa lettera, ma sarete voi a consegnarla alla vostra Beatrice".
William tirò fuori la pistola, sorrise, ma non rispose.
La battaglia era iniziata.
Il Colonnello Tavington scese velocemente le scale e osservò il campo.
I soldati erano impegnati a combattere contro quelli che sembravano Ribelli, lo aveva capito dal loro abbigliamento. Non indossavano nessuna divisa continentale, ma vestiti semplici.
Come avevano fatto a sorpassare le guardie, come erano riusciti a penetrare all'interno di Fort Trox? Questo non faceva che confermare i suoi sospetti, qualcuno aveva dato loro il libero accesso.
William caricò la pistola e poi colpì un uomo, dritto al cuore. Senza accertarsi di averlo ucciso, proseguì, tirando fuori la sua spada.
“Bordon”.
Il Capitano aveva appena tramortito un giovane, lo raggiunse “ditemi, Colonnello”.
William trapassò il corpo di un ragazzo e poi diede un colpo secco con il manico della pistola ad un altro.
“Manda dieci uomini sul confine, velocemente” caricò la pistola in fretta e poi la puntò contro un uomo “voglio un resoconto subito” sparò, colpendo l’uomo al centro del torace.
“Ai comandi” Bordon sferrò un colpo feroce contro il ribelle che stava caricando contro di lui in tutta furia “altro?”
“Sì, manda dei Dragoni all’interno del Forte” diede un pugno in faccia all’americano di fronte a lui “altri fuori dal Forte ad arrestare i nemici” schivò con abilità un attacco e uccise un altro uomo.
“Sarà fatto, Colonnello”.
“Bene, ora vai. Manda tutti gli altri sul campo e vediamo di rendere onore al buon nome Inglese”.
Erano in svantaggio, erano sicuramente più numerosi, ma erano stati battuti -di nuovo- dal fattore sorpresa degli altri.
Tavington caricò la pistola e la puntò su un vecchio, che barcollava, forse già colpito da un altro. Senza aspettare nemmeno un secondo sferrò un colpo di spada preciso contro il torace di un altro, questo cadde per terra in ginocchio.
Era un ragazzino, avrà avuto all'incirca sedici anni, biondo, occhi azzurri. William leggeva l'innocenza nei suoi occhi, ma non poteva permettersi di essere compassionevole in quel momento, dopotutto solo uno di loro due sarebbe sopravvissuto.
E lui doveva vivere, non per se stesso, come aveva fatto fino a quel momento, ma per Beatrice e il bambino.
Il secondo di incertezza si volatilizzò nell'attimo in cui vide il volto sorridente della sua Beatrice; il giovane lo guardava con gli occhi che lacrimavano, chiedendogli pietà.
William appoggiò la sua pistola contro la fronte del ragazzo e poi sparò.
Il macellaio.
Non William, solo il terribile, sanguinario Macellaio.
Appena alzò la testa, venne buttato giù per terra.
"Brutto figlio di puttana!" urlò qualcuno, quella stessa persona che lo bloccava contro il terreno.
Tavington gli diede un pugno in faccia, colpendolo forte fino a stordirlo. Approfittò del suo intontimento temporaneo per invertire le posizioni e tenerlo fermo contro terra.
Un altro pugno in faccia e questo batté la testa più volte contro il terreno, poi William sfilò uno stiletto dagli stivali e lo colpì al cuore.
Gli uomini che stavano combattendo in quel momento non li aveva ancora visti, dovevano averli reclutati di recente e mancava anche all'appello il giovane Gabriel.
Dopo minuti intensi di combattimenti fino ad esaurire le forze di ciascuna fazione, William calcolò velocemente il numero dei nemici.
Era calato nettamente, questo poteva dire solo una cosa, o erano stati uccisi o erano scappati via.
Beatrix era ancora lì fuori e lui doveva cercarla e metterla in salvo, Elizabeth aveva detto che l'avrebbe portata lontano, ma come avrebbero fatto a difendersi loro due in caso di attacco?
Due donne perse.
"Colonnello Tavington" lo chiamò un soldato che era ferito alla gamba, la copriva con una mano per evitare un'emorragia.
"Voi non siete uno dei miei uomini" dichiarò subito William.
L'altro annuì "lo so bene, Colonnello. Sono venuto a chiedervi quali sono i comandi, Signore" disse, respirando con fatica.
"E perché venite da me, soldato?" rispose seccato William.
Ci mancavano solo i Dragoni di Tarleton a complicargli le cose!
Tavington lo sorpassò, evitandolo con gelo negli occhi. Aveva una battaglia di cui occuparsi, non certamente gli inganni di Banastre!
"Colonnello!" urlò l'altro.
Ma William lo ignorò, senza nemmeno voltarsi.
Aveva bisogno di sfogarsi, di fare a pezzi un corpo, oh quanto gli mancava!
Afferrò saldamente il manico della spada e la agitò in aria, tagliando in due un uomo; non si arrestò, si girò su se stesso e colpì il soldato nemico che si trovava vicino a lui. Fece lo sgambetto al vecchio che stava correndo verso di lui e, una volta per terra, lo infilzò proprio nel centro della schiena, in alto al centro e il suo cuore smise di battere.
Superò alcuni uomini, scostandoli con rabbia e poi entrò nell'ala ovest del Forte, dove sapeva risiedeva Cornwallis.
Il palazzo che splendeva di lusso un tempo, ora era un luogo scarno e inospitale. Quei Ribelli avevano fatto un bel lavoro, avevano trafugato ogni cosa, persino i tappeti orientali.
Vide un uomo sanguinante, che si reggeva a malapena allo stipite della porta.
"Identificati soldato" ordinò Tavington.
"John Locke, Signore. Guardia speciale del Lord Generale Cornwallis" disse, con grande fatica, allo stremo delle sue forze.
"Dov'è lui?"
L'altro scosse la testa.
William lo prese per le spalle e lo fece andare a sbattere contro il muro "Morto?" gli urlò.
"N-no, Colonnello" disse l'uomo spaurito.
"Allora dov'è?"
Il soldato scosse la testa di nuovo, facendo innervosire Tavington.
"N-non l-lo so.." riuscì a dire, biascicando le parole.
William lasciò la presa, facendolo crollare per terra.
Dov'era il Generale? Come faceva la sua guardia personale a non sapere dove si trovasse?
Tavington si prese la testa tra le mani, stava andando di male in peggio. C'era qualcosa che gli sfuggiva, ma non riusciva a capire cosa.
Aveva realizzato ci fosse Tarleton dietro tutta quella messinscena, ma qualcosa non quadrava.
Il movente del Colonnello era la fama, la voglia di vincere su William, di fargli vedere che era migliore di lui, ma allora.. perché prendere Cornwallis?
William sentì delle grida in lontananza, una donna urlava e implorava i suoi assalitori di lasciarla andare.
Il Colonnello seguì quelle voci, scese le scale in fretta e si ritrovò ben presto nella cucina.
"Allontanatevi o vi ammazzo!" sbraitò la vecchia cuoca contro un americano, la donna brandiva un matterello e pensava di difendersi con quello. Ne era convinta.
"Cosa credi di farmi con quello, vecchia pazza?" rise malignamente l'uomo.
"Posso farvi tanto male se vi colpisco in testa" rispose, balbettando un po' dalla paura.
"Mi sono stufato di te" disse l'altro, tirò fuori la pistola e gliela puntò alla testa "è ora di farti stare zitta".
"Lasciatemi, ho detto che non so dove sia la Contessa" pianse "non lo, credetemi. Vi supplico".
L'uomo scosse la testa "io so che ti sbagli, mi hanno detto che conosci bene la famiglia Cornwallis. Ora, dimmi" urlò forte "dov'è Elizabeth Cornwallis??"
"Non lo so, vi ho detto!" replicò, ma senza convincere l'altro.
"Va bene, ora mi sono scocciato" rimbeccò, caricando la pistola.
William fece un passo dentro la stanza e gli posò lui l'arma contro la testa "già, mi sono scocciato anch'io. Che ne dici di far divertire un po' anche me?"
"Chi sei?" chiese l'altro.
"Non capisco che gusto ci sia a minacciare una vecchia donna che non può difendersi" proseguì, ignorando la domanda del ribelle.
"Chi ti manda?" gli domandò cortesemente Tavington.
L'uomo rise forte, come se non sapesse di avere una pistola puntata contro "andate al diavolo, al rogo tutti voi Inglesi insieme al vostro Re".
William rise "non sono un'amante dei barbecue, ma forse potrei trovare l'idea alquante allettante come nuovo metodo di tortura" poi si rivolse alla donna "sei una cuoca, giusto?"
Lei annuì subito, abbassando il matterello "sì".
"Vedi, ho tutto l'occorrente per cuocerti per bene".
"Voi non starete parlando sul serio?" chiese.
Tavington fece uno dei suoi ghigni malvagi "devo in qualche modo meritarmi la nomea che mi avete, gentilmente, affibbiato, no?" poi disse, in farsetto "il temibile Macellaio, l'uomo nero che viene a mangiare i bambini!"
Il ribelle abbassò la pistola, che teneva ancora puntata contro la donna.
"Tavington" disse, in un sussurro.
Non una domanda, non un'imprecazione, ma un gemito di paura.
L'uomo si girò ad incontrare gli occhi ghiaccio del Colonnello.
"Il piacere è mio, sul serio" gli riferì lui, ridendo di gusto.
L'americano diede uno sguardo fugace alla sua pistola, William sapeva cosa stava per fare, glielo avrebbe impedito "se vuoi incontrare la morte, te la presento io".
Tavington si buttò contro l'uomo con tutto il suo peso e i due caddero così per terra. Entrambe le pistole vennero scagliate contro il muro e i due uomini si misero a colpirsi a vicenda. L'americano lo aveva preso per il collo e tentava di strangolarlo; William, invece, si trovava sopra di lui e faceva lo stesso.
Lo scontro finì presto, ma non per merito del Colonnello. La donna, che era rimasta lontana e spaventata fino a quel momento, caricò il suo matterello e colpì il ribelle alla testa con forza.
"Beccatevi questo, tanti saluti dalla vecchia pazza!"
Tavington sospirò. Iniziava ad essere stanco, la battaglia lo eccitava più di ogni altra cosa -non proprio tutto, comunque- ma il suo corpo era stato recentemente sovraccaricato di emozioni.
"Ho fatto bene?" domandò la cuoca.
Il Colonnello annuì "sì, brava".
Poi Tavington si alzò, senza ringraziarla, ma la minacciò con un dito contro "resta qua, se si sveglia.." si pulì il sangue che colava dal naso con la manica della camicia "..dagli un'altra botta in testa".
La signora annuì velocemente.
Si piegò sulle ginocchia, accovacciata vicino al corpo stordito dell'uomo, reggendo il suo matterello saldamente "se si sveglia lo colpisco, va bene. Posso farcela".
"Voi dove andate?"
"Prima di interrogarlo devo parlare con una persona".
William si asciugò la fronte e poi uscì dalla cucina.
Aveva avuto un'idea chiara su tutto, ma gli ultimi elementi che aveva scoperto avevano creato altri mille quesiti senza risposta.
Era stato vicino alla risoluzione dell'enigma, ma c'erano due cose scollegate.
Cornwallis.
Elizabeth.
Più ci pensava e più si convinceva che non aveva visto tutto, era riuscito ad andare oltre il dettaglio per raffigurarsi il disegno completo, allora cosa aveva omesso?
Era uscito dal palazzo e si stava dirigendo verso il cortile.
Doveva cercare quel maledetto, a meno che non fosse scappato via.. probabile.
Allora perché lo cercava? Forse in cuor suo credeva non fosse lui la spia?
Doveva essere lui, perché l'alternativa era agghiacciante.
Vide sul campo tanti feriti, ma soprattutto tanti morti. Ma non trovava la persona che cercava.
Qualcos'altro non funzionava.. perché gli uomini di Tarleton si muovevano così scoordinati? Mancava loro un riferimento.
William aveva dato istruzioni chiare ai suoi uomini su come agire in caso di attacco e, prima di andare a cercare Cornwallis, aveva dato le ultime dritte. Lui comunque aveva Bordon, che era la sua spalla, il suo braccio destro, sapeva leggergli nella mente.
Invece Banastre in quello era molto diverso da William, piaceva a tutti, ma voleva essere solo lui a comandare. Aveva un secondo in comando, ma non lo aveva mai trattato come tale, piuttosto come un soldato semplice.
Tavington fermò uno dei Dragoni di Tarleton "dov'è il vostro Superiore?" chiese con tono imperativo.
L'altro guardava a destra e a sinistra, senza guardare il Colonnello, era evidentemente scosso per la battaglia.
"Dov'è?" urlò di nuovo.
"Non c'è".
William se avesse potuto avrebbe gridato forte, stava impazzendo.
Perché erano spariti tutti? "Cosa vuol dire che non c'è? Quando l'avete visto l'ultima volta?"
"Ieri, aveva detto che era stanco. Non è sceso oggi in battaglia".
William sbarrò gli occhi "cosa?? Chi vi ha dato gli ordini?"
L'altro scosse la testa "nessuno, Colonnello".
Tavington non proseguì oltre, lasciò la presa e lo fece andare via.
Diceva il vero perché era già il secondo che gli confermava che Tarleton non era sceso a comandare i suoi Dragoni.
Così non andava bene, perché William aveva creduto che Banastre avesse fatto tutto quello per la gloria, ma sul campo non si era presentato, Cornwallis era sparito e poi lui non c'entrava niente con Elizabeth.
William a quel punto entrò nella fortezza.
Andò svelto al piano superiore e cercò la stanza di Tarleton, se lui era la spia doveva aver lasciato qualcosa, almeno un indizio.
Si avvicinò alla porta e sentì qualcuno mugugnare.
Girò la maniglia e si ritrovò una scena pietosa, a tratti buffa, a tratti drammatica.
Questo però voleva dire che aveva sbagliato su tutto..
Chi sei?
**spoiler**
"Non mi chiedi nemmeno come è andata la battaglia? Te lo dico io, allora, i tuoi uomini sembravano tori sbizzarriti senza guida, Cornwallis è sparito, tutto il Forte è sottosopra -ma almeno i Ribelli sono fuggiti via- non posso ancora calcolare il numero dei feriti e morti, ma non sarà un numero piacevole".
Fece una pausa.
"Niente da dire, eh? Per il resto mi posso consolare con" lo indicò "questa bella scena", rise di nuovo.
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Capitolo 50 *** Legati ***
Capitolo L
**Legati**
"Chi sei?" domandò Beatrix, con un filo di voce.
Liza aveva ancora le braccia attorno alla ragazza, con fare protettivo.
L'uomo guardava la Contessa, puntando la pistola contro le due fanciulle con sguardo glaciale.
Bea si girò verso la donna, gli occhi domandavano spiegazioni "che succede?" chiese.
Boom
Uno sparo fece sobbalzare le donne.
Rumori di cannoni, scoppi di pistole riempivano l'aria, sembrava di essere nel bel mezzo di un combattimento e forse quell'uomo che sostava muto di fronte a loro era uno dei nemici.
Beatrix si alzò "chi sei?" chiese di nuovo.
L'assalitore aveva un mantello con cappuccio a coprirgli il volto, non si riuscivano a vedere i suoi lineamenti.
"Chi siete?" l'uomo parlò per la prima volta.
La Contessa la affiancò e la prese per mano "ci conviene non fare niente di avventato" sussurrò alla ragazza.
"Liza, è armato" confidò la fanciulla.
"Lo so" poi la signora la superò e si mise davanti, a coprire Bea.
"Lasciaci andare" si sfilò i suoi orecchini e glieli mostrò "ti posso dare questi, sono diamanti. Ma, ti prego, non farci male".
L'uomo diede uno sguardo fugace ai monili e poi osservò nuovamente la Contessa "chi siete?" domandò, ignorando gli orecchini.
"Siamo donne indifese" rispose diplomatica.
"Inglesi? Le donne americane non posso possedere di certo quei diamanti" osservò l'uomo.
Liza annuì "sì, sono inglese. Ma sono sempre una donna" alzò le mani in cielo "disarmata".
L'uomo scosse la testa "credi che i soldati Inglesi si preoccupino di questo? Violentano le nostre donne e le uccidono con i nostri bambini in grembo, senza pietà".
Beatrix sobbalzò e si toccò senza rendersene conto il ventre, in modo istintivo.
"Voi Americani proclamate di essere diversi dai vostri nemici" gli fece notare Elizabeth "se vi comportate come loro non siete meglio degli Inglesi".
La Contessa proseguiva sulla linea inoffensiva, parole misurate e controllate, ma non si riusciva a capire se avesse fatto centro o meno.
"Parlate bene signora, come vi chiamate?" domandò, non aveva ancora abbassato la pistola.
"Liza" rispose subito lei.
"Bel nome, e cosa ci fanno due donne sole durante uno scontro armato?"
Bea si intromise "stavamo facendo una cavalcata, c'è la bella giornata oggi".
L'uomo alzò gli occhi al cielo "vero, comunque non posso lasciarvi libere" disse.
"Ti prego" implorò la ragazza.
Elizabeth le accarezzò i capelli "stai tranquilla, tesoro" disse, dandole un bacio sulla testa.
"Cosa hai intenzione di fare con noi?"
Era incredibile quanto la Contessa fosse tranquilla, riusciva a sapersi controllare. E per fortuna! Perché Beatrix invece era in bilico, era sull'orlo della crisi. Aveva tanta paura.
"Non lo so ancora" rispose infine, abbassando però la pistola.
Bea sospirò un secondo.
"Ma non credete che vi lascio libere" tirò fuori una corda "adesso venite con me".
Le aveva legate con una corda resistente, tutte e due, perciò era duro liberarsi, quasi impossibile.
Bea sperava che da un momento all'altro arrivasse William, ma dentro di lei sapeva che non sarebbe arrivato. Aveva eluso il suo ordine, l'aveva sfidato e adesso avrebbe pagato le conseguenze.
"Perché abbiamo sentito i rumori di pistola prima?" domandò ad un tratto Beatrix.
Stavano proseguendo a piedi, almeno loro due; il sequestratore invece procedeva a cavallo.
"Perché c'è una battaglia là fuori, ragazza".
Beatrix lo guardò di traverso "non sono una ragazza, sono una donna. Saremo anche alla tua mercé, ma non ci faremo trattare come canovacci usati".
L'uomo rise di gusto "hai fegato, fanciulla, davvero i miei complimenti" poi diede uno sguardo fugace alla Contessa "ma tua madre è più composta di te".
Bea osservò Elizabeth.
La donna era vicina a lei, legata come Beatrix. Ma non diceva niente, non si era lamentata nemmeno una volta. Aveva permesso all'altro di legarle le mani e poi aveva taciuto. A guardarla bene in quel momento non sembrava la Contessa Cornwallis, ma piuttosto una donna come le altre.
"Cosa ti fa pensare che lei sia mia madre?" lo sfidò Bea.
Il ribelle incurvò le sopracciglia "non è così?"
La Contessa scosse la testa.
Avevano preso in contropiede l'uomo "allora cosa siete, parenti, affini?"
Beatrix rispose d'impulso "amiche".
"Ah" esclamò l'americano.
"Chi ha incominciato la battaglia?" chiese Elizabeth.
"Noi" disse tronfio lui "e saremo sempre noi a finirla".
"Credete davvero di battere Cornwallis?" domandò la Contessa "un esercito di contadini crede davvero di battere un esercito di dodici mila giubbe rosse?" chiese lei, con un'alzata di sopracciglia.
Beatrix era invidiosa del modo in cui parlava Elizabeth. Era così brava con le parole e poi era informata sui fatti inerenti il lavoro del marito, Tavington invece le riferiva solo le cose che gradiva a letto, non in battaglia.
O forse sono io che non gli ho posto mai domande del genere.. si chiese la ragazza.
Il ribelle tirò le redini del cavallo e inchiodò con lo sguardo la Contessa "non vi preoccupate milady, il Lord Generale non è più un problema".
Dopo minuti, o forse ore di viaggio, si fermarono.
Beatrix era stata vicina più volte a perdere i sensi, senza capire perché, ma si sentiva male. E poi era preoccupata per William, prima aveva evitato di esternarlo perché se il ribelle avesse scoperto del suo rapporto con Tavington, o peggio ancora della gravidanza, le avrebbe fatto male. E lei si preoccupava per la pulce.
"Dove stiamo andando?" chiese, con la gola arsa. Aveva tanta sete, e anche fame.
"A casa mia" rispose l'altro, scendendo da cavallo.
La ragazza si stropicciò gli occhi e, poco a poco, vide una casetta.
Piccola, ma ben tenuta, almeno fuori. C'era anche un giardino con delle piante coltivate e alle spalle del rudere si estendevano ettari infiniti di campo di grano.
Il ribelle legò la corda ad un palo e poi sparì dalla loro vista, probabilmente era andato a sistemare il cavallo.
"Liza, cosa facciamo?"
"Assecondiamolo, almeno all'inizio" rispose a bassa voce "e poi troviamo un modo per scappare".
Beatrix stava per rispondere, quando vide in lontananza l'uomo muoversi verso di loro.
Era ancora incappucciato, ma ben presto il suo volto non sarebbe stato più celato. E allora sì che sarebbero incominciati i problemi, perché le vittime che vedono in faccia l'aggressore non vengono mai lasciate vive.
Vennero slegate tutte e due, ma lo sguardo glaciale dell'uomo le bloccò in un secondo, facendo loro vedere l'arma che portava alla cintura.
"Se provate a scappare, vi prometto che vi uccido. Sono stato chiaro?"
Loro annuirono.
"Molto bene. Ora entriamo in casa che mi dovete un po' di spiegazioni".
La sua casetta era abbastanza spartana, sembrava la casa di un reduce di guerra. Aveva trofei, medaglie incorniciate in teche, spade incrociate o scudi appesi al muro come ornamento.
Per il resto aveva il minimo essenziale.
Un tavolo in legno con qualche mobilio, che presumibilmente conteneva stoviglie. Un camino, piuttosto grande, e poi una grossa tenda, che forse teneva coperta la zona notte.
Lui intanto si era diretto verso il camino e aveva buttato dentro un po' di legna, per accendere il fuoco.
Beatrix vedeva pallini bianchi, si sentiva sudata più del normale e aveva tanto caldo.
"Scusa.. io" tentò di appoggiarsi alla sedia vicina a lei, ma le cose si stavano moltiplicando. Vedeva doppio, si aggrappò a qualcosa, ma "devo.."
Cadde per terra e l'ultima cosa che vide fu la Contessa che correva verso di lei.
"Tesoro, bevi".
Qualcosa di bagnato le sfiorava le labbra, percepiva un buon odore nell’aria e sentiva sempre più caldo. Tanto caldo.
"Beatrice.. fatti forza".
Qualcuno spingeva a forza del cibo nella sua bocca, ma lei aveva poche forze per replicare. Vedeva ancora sfocato, stava tornando l'udito, ma era come se i suoi occhi non volessero aprirsi.
"Perché sta male?" domandò qualcuno.
Una pausa. Un sospiro.
Non dirgli che sono incinta avrebbe voluto gridare, ma era come se fosse fuori dal suo corpo, spettatrice della realtà che viveva. Immobilizzata.
"Ha avuto l'influenza pochi giorni fa e non si è ancora ripresa" rispose la donna e Bea sospirò dentro di sé.
Che tu sia beatificata, Elizabeth!
"Ha il viso bianco, sembra un fantasma! Ironia della sorte e io che pensavo che ci fosse solo un Fantasma.."
"Ha bisogno di alcune ore di sonno, altrimenti non si riprenderà più" disse la Contessa.
Lui non rispose, ma Beatrix intuì avesse acconsentito perché Liza aveva sospirato felice.
Beatrix si svegliò più tardi, non sapeva dire per quanto tempo fosse rimasta intontita, ma abbastanza. Infatti si sentiva in forze, i muscoli erano rilassati, la testa non girava più, vedeva, sentiva, percepiva..
Era viva.
Alzò la schiena e si accorse che aveva qualcosa di pesante a coprirla. Pelliccia calda, riscaldata anche dal camino che si trovava vicino a lei.
Elizabeth giaceva vicino a Beatrix, si era accovacciata di lato e aveva posto un braccio sopra di lei, come se volesse proteggerla.
"Ti sei svegliata" disse qualcuno, facendola sobbalzare dallo spavento.
Il rapitore sedeva su uno sgabello distante da loro, aveva parlato senza guardarla negli occhi, semplicemente intagliava qualcosa su un monolite di legno.
"Sì" rispose Beatrix, sentendosi a disagio in presenza dell'uomo.
Si alzò, facendo attenzione alla Contessa e, una volta coperta con la pelliccia, si avvicinò all'americano.
"Ti ringrazio" disse la fanciulla.
"Per cosa?" rispose lui, alzando gli occhi verso di lei.
Beatrix balbettò un po' "per l'aiuto di prima, per l'accoglienza".
Ma lui la bloccò subito, tagliando corto "non ho fatto niente, dovresti ringraziare la tua amica" poi le puntò il coltellino contro "siete sempre mie prigioniere, non dimenticatevelo".
"Grazie, comunque. Non ci hai ancora ucciso almeno" disse, titubante.
L'uomo le passò una scodella che c'era sul tavolo "mangia, è rimasta un po' di minestra. La tua amica ha provato a farti mangiare, ma vomitavi tutto" le raccontò.
Beatrix si sedette al tavolo e avvicinò la scodella verso di lei. Non poteva rifiutare e non voleva proprio, aveva una tale fame che si sarebbe mangiata anche gli animali morti che erano appesi al muro come trofeo di caccia.
Prese il cucchiaio di legno e incominciò a mangiare silenziosamente, senza parlare con l'altro.
All'inizio era stata delicata, aveva preso il cucchiaio e aveva mangiato un boccone alla volta, come farebbe una signora. Ma alla fine, la sua natura si manifestò, appoggiò la posata sul tavolo e bevve direttamente dalla ciotola, come un cane.
Beatrix sentì l'uomo ridere sotto i baffi, allora alzò gli occhi verso di lui, continuando a ingollare la pastina.
"Tu non puoi essere inglese come lei" asserì, indicando con la testa la Contessa "mi rifiuto di crederci".
Bea appoggiò la scodella sul tavolo, facendo un ruttino.
L'altro rise.
"Che c'è?" chiese la fanciulla "non hai mai visto una donna mangiare?"
Lui scosse la testa "gli Inglesi non dovrebbero essere più.. a modo?"
Questa volta fu il turno di Beatrix di ridere "probabilmente è così, ma io non sono inglese".
L'americano smise di lavorare al cavallino che stava intarsiando nel legno, alzò un sopracciglio incredulo.
"Non ci credi, eh?" rimbeccò la ragazza.
"No" disse, cercando di scrutare nei suoi occhi "non sei inglese, posso crederlo. Ma un americano non starebbe in un Forte con degli Inglesi".
Bea schiarì la voce "e tu come fai a sapere che.."
"Vi ho viste" dichiarò, interrompendola.
"Già da Fort Trox?"
Lui annuì "sì, l'attacco era stabilito da giorni e io oggi vi ho viste uscire dalla cancellata del Forte, quindi.."
"Quindi questo non dimostra niente" rimbeccò immediatamente "che ne sai che non siamo.." Bea agitò le mani in aria "lavoranti del Forte".
L'americano scoppiò a ridere "hai fantasia, ragazza. Coraggio e grande immaginazione, ma so che non è così" si sporse verso di lei "e io non sbaglio mai".
Beatrix sbuffò, ma c'era poco da fare "allora che ne farai di noi?" domandò impertinente.
Lui riprese il suo lavoro sul modellino "quando la tua amica si sarà svegliata ne parleremo insieme" concluse.
E Beatrix intuì che aveva messo un punto finale alla frase in modo implicito, un fare -poco carino- per dirle che aveva terminato la galanteria da buon vicino.
***
William rise di gusto, come non faceva da tanto tempo "Oddio, Banastre. Ah ah ah.. cosa direbbe Cornwallis se ti vedesse così?" disse, mentre entrava e si chiudeva la porta alle spalle.
L'altro Colonnello non rispose, ma solo perché non poteva. Mugugnava, gemeva contro la stoffa, ma aveva la bocca bloccata.
William si avvicinò al suo tavolo e perlustrò attentamente.
"Mmgg..gg..mm".
William alzò gli occhi verso di lui "cosa? Non ti sento, parla più forte" disse, prendendolo in giro.
Tavington diede un'occhiata allo scrittoio di Tarleton, alla ricerca di un qualche indizio, perché si rifiutava di credere che avesse sbagliato il suo ragionamento. Che avesse seguito fino a quel momento la strada errata.
Non poteva crederci.
Il tavolo era pieno di scartoffie inutili, resoconti di guerra, commentari "e queste cosa sono?" osservò le lettere laccate che 'profumavano di donna'??
"Non mi dire che tieni le lettere che ti scrivono le tue ammiratrici..?" Tavington rise "più patetico di quello che pensavo".
Poi William aprì la bocca, continuando a pungolarlo "oh, sì. Tu credevi davvero che lei ti amasse. Ah ah, povero illuso" disse acido, con una smorfia.
"Mmmmmm… grggg..mmmmm"
Tavington lesse velocemente le missive, ma niente di interessante. O meglio, niente che gli potesse servire in quel momento, anche se lì davanti a lui c'era tanto materiale per prendersi gioco dell'antico rivale.
William non aveva trovato niente meritevole di interesse su quello scrittoio, così si appoggiò sul tavolo pesantemente "qualcosa devi aver lasciato, Banastrian".
Poi si sedette sulla grande poltrona del Colonnello e lo guardò da quella posizione.
"Quanto darei per poter ritrarre questo momento" appoggiò le gambe sullo scrittoio e lo osservò bene, ridendo di gusto "pensa alla vergogna se qualcuno ti vedesse così, e guarda la fortuna che proprio io sono venuto qua".
"Mmmggg..!!!" disse l'altro.
Tavington ignorò i gemiti lamentosi e petulanti dell'uomo e proseguì la sua indagine. Osservò con diligenza la stanza ma, a parte il Colonnello legato al letto nudo, non trovava niente fuori posto.
Il cestino vuoto, i vestiti penzolanti dalle ante dell'armadio aperto, la camera nel caos totale, la biancheria intima di donna in giro.. tutti gli elementi nel complesso non rendevano l'immagine di un uomo che aveva pianificato la fuga a breve.
No, William si convinse che Tarleton non aveva deciso di scappare, ma il profilo della spia che aveva ideato doveva essere quello, solamente non aveva trovato il suo S.I.
"Non mi chiedi nemmeno come è andata la battaglia? Te lo dico io, allora i tuoi uomini sembravano tori sbizzarriti senza guida, Cornwallis è sparito, tutto il Forte è sottosopra -ma almeno i Ribelli sono fuggiti via- non posso ancora calcolare il numero dei feriti e morti, ma non sarà un numero piacevole".
Fece una pausa.
"Niente da dire, eh? Per il resto mi posso consolare con" lo indicò "questa bella scena", rise di nuovo.
Si stava per alzare, ma la sua attenzione venne catturata da un lucchetto su uno dei cassetti dello scrittoio.
Era forse un indizio?
William non poteva sapere con certezza cosa avrebbe trovato, ma una cosa sicura era che Tarleton stava nascondendo qualcosa.
Se si mette un lucchetto si vuole per forza occultare qualcosa!
Tavington si alzò e si diresse verso l'altro uomo legato.
"Vuoi che ti sleghi?" Gli chiese, a pochi centimetri dal suo viso, con il sorriso sghembo stampato in volto.
William abbassò leggermente la benda dalla bocca, appena un po'.
"Brutto figlio di.." William gli ricucì la bocca, coprendola nuovamente.
"Tze Tze, non provarci, Ban" lo ammonì con un dito puntato contro "ricordati che sono l'unico che ti può liberare".
Tarleton alzò gli occhi al cielo e probabilmente lo maledisse in tutte le lingue del mondo, ma il suo mugugnare rendeva il suono molto distorto.
Quando l'uomo smise di agitarsi, di scalciare e di emettere suoni non identificati, William gli permise di parlare, abbassando la benda.
"Calmo?"
Banastre digrignò i denti così forte che perfino William riuscì a sentirli battere tra loro "molto bene, ora" si sedette sul letto vicino a lui "raccontami cosa è successo".
"Slegami" gli ordinò Tarleton.
Tavington rise "non credo proprio, tu rimani ancora nella lista dei sospettati" fece un'alzata di spalle "semplicemente devo decidere dove collocarti" specificò.
"Sospettati? Lista? Io sono una vittima!" tirò le corde con cui era legato al letto e lo fece tremare "non lo vedi?!"
**spoiler**
Capitolo LI – Tra le Lacrime e la Verità
“Allora le cose non potranno tornare mai più come prima..”
“No” rimbeccò subito Tavington, senza attendere che l’altro finisse la frase “ognuno di noi ha delle priorità, dei doveri da ottemperare, se il nostro lavoro fa incontrare le nostre strade –come adesso- allora non mi sottrarrò ai miei obblighi” poi continuò, dopo una pausa meditativa, guardandolo negli occhi “ma il rapporto che avevamo un tempo, la nostra amicizia è morta nel momento in cui ti sei scopato Scarlett” sputò fuori William, fissandolo con disprezzo e odio.
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Capitolo 51 *** Tra le lacrime e la Verità ***
Capitolo LI
**Tra le Lacrime e la Verità**
Spero perdoniate il grande ritardo!! Buon Halloween a tutte! ^^
Beatrix guardava le fiamme del camino che danzavano, mentre la sua testa era altrove.
Il loro aguzzino era andato via da qualche ora, accertandosi prima che fossero chiuse per bene nella casa.
E così Bea era rimasta ad osservare il fuoco, mentre attendeva che anche la Contessa si svegliasse. Non aveva voluto chiamarla prima perché tanto avrebbero fatto poco insieme, il ribelle aveva slegato un bel cane e lo aveva messo a fare loro la guardia.
Era grande e grosso e faceva tanta paura, senza contare che Beatrix aveva la fobia dei cani, questo rendeva perciò quella presenza ancora più fastidiosa.
La ragazza si era allontanata il più possibile dalla bestia, portandosi così nel lato della stanza diametralmente opposto.
Sentì Elizabeth gemere. Si stava svegliando.
“Beatrice.. non dormi?” domandò, stirandosi i muscoli.
La ragazza scosse la testa “non più. Credo di aver avuto un altro mancamento” confidò, infine.
“Lo penso anch’io” si alzò e si avvicinò “ti succede spesso?”
“In questi giorni sì, prima non più di tanto”.
Elizabeth le scostò una ciocca ribelle “credo sia anche lo stress che stai accumulando” poi si girò e si mise a perlustrare la stanza “e di certo questo non ti aiuta..”
Beatrix rise amaramente “inizio a pensare che porto sfortuna. Passo dalla padella alla brace, non c’è mai un momento di tranquillità” disse, col viso affranto.
La Contessa avvicinò le mani al fuoco, per riscaldarsi “sei mai stata in Gran Bretagna?”
La fanciulla si girò per guardarla con una smorfia in volto.
“Sono seria” aggiunse Liza, sorridendo.
“Sai, a Pembroke, il villaggio in cui sono nata, gli Inglesi erano visti come il demonio. Se avessi anche solo nominato a mia madre che volevo andare nel tuo Paese, mi avrebbero impiccato nella pubblica piazza” rispose, ridendo.
Questa volta fu il turno di Elizabeth di rimanere allibita.
“Sono seria” finì la ragazza.
“Vedo che ti hanno cresciuta con un odio radicato nei confronti degli Inglesi.. Beatrice, non sono tutti degli orchi, il male c’è ovunque” rimbeccò, indicando la stanza.
“Adesso lo so, ma non è facile cercare di cambiare la forma mentis di una persona. Guarda William, mi ama, ma delle volte ho come l’impressione che cerchi di giustificare i miei natali. Come se si vergognasse di quello che sono” le confidò.
Elizabeth annuì lentamente “non è facile, hai ragione. E per William è ancora più difficile, tesoro, lui deve credere in quello che gli dicono, perché è la sua ragione di vita” poi guardò il fuoco “ed è anche quella di mio marito”.
“Perché ci odiamo così tanto? In effetti noi Americani siamo inglesi in fondo, no?” disse, sorridendo.
“Il signor Jefferson non la penserebbe così..” rise la Contessa.
Beatrix si sfilò le scarpette e si sedette sulle ginocchia “alla fine per avere mille tiranni qui, è meglio averne uno che sta mille miglia da qui, non credi?” Disse Bea, con un’alzata di spalle.
“Non hai torto, Beatrice. Hai fratelli che combattono nell’esercito continentale?”
La ragazza scosse la testa “non ho fratelli. Figlia unica”.
“Adesso capisco perché sei così volitiva, non hai avuto fratelli maggiori a controllarti..”
Beatrix la osservò “perché, tu sì?”
La donna annuì “già, e non uno, bensì quattro”.
L’altra spalancò gli occhi “quattro? Immagino sia stata una prigionia costante”.
“No” rispose Elizabeth, con una smorfia giocosa “ad essere sincera solo con uno ho stabilito un legame forte, che mantengo tuttora. Con gli altri erano continui atti formali, solo per incontrare l’approvazione degli altri, ma Alexei è diverso”.
“Il tuo fratello preferito?”
“Sì, lui. Vive in Francia, così ci vediamo poco, ma ci sentiamo sempre per lettere” rispose la Contessa, con sguardo trasognato.
“Perché è andato fino in Francia?” domandò curiosa la ragazza.
“Perché ha seguito il suo amore, Annette. Ha rinunciato al titolo per lei, ma ora è felice. Quando gli chiedo se rimpiange la scelta che ha fatto, mi risponde ogni volta che rifarebbe tutto daccapo”.
Beatrix era incantata dal racconto della donna, in effetti lei la faceva sempre sognare con le sue storie oltre il tempo “una volta mi avevi detto che se si ama veramente una persona si possono anche superare quegli ostacoli.. ti riferivi ad Alexei e Annette?”
Elizabeth le sorrise “lui rappresenta la felicità fatta in persona, invidio la sua vita, mi sarebbe piaciuto prendere in mano la mia e fare veramente quello che volevo, a quest’ora vivrei felice con Daniel e il nostro bambino” sospirò, passandosi una mano sul petto.
“Perché non lo hai fatto?” domandò Beatrix.
“Perché ormai è tardi. Sono morti tutti e due” rispose, con le palpebre che tremavano debolmente, minacciando di far piovere.
“Come sono..”
La porta si aprì, bloccando Beatrix sul nascere, proprio nel momento in cui avrebbe voluto continuare a parlare con la Contessa.
“Siete tutte e due in piedi” constatò il ribelle, entrando e chiudendo la porta alle sue spalle “molto bene, così possiamo fare il punto della situazione”.
“Stai buono Rusky” disse al cane, accarezzandolo, mentre si faceva accogliere in casa.
***
“Cosa è successo?”
“Ho dato una piccola festicciola in camera” dichiarò soddisfatto il Colonnello dai capelli rossi.
William annuì “e questo spiega il disordine che regna nella tua stanza, ma non perché sei legato a un letto”.
Banastre sorrise “se tu sapessi, William, quello che è successo ieri notte, m’invidieresti soltanto”.
Tavington alzò un sopracciglio “non credo proprio, hai messo i tuoi svaghi di fronte ai tuoi obblighi Ban, che diavolo ti prende?” lo incalzò l’uomo.
Tarleton sbuffò, puntando gli occhi al soffitto “tu non capisci, non ho fatto niente di male. Niente che Cornwallis..”
William lo guardò con sguardo infuocato “certo, niente che Cornwallis non ti perdonerebbe, vero? Giusto, tanto hai il Lord Generale che giustifica ogni tua sbandata, ma oggi hai superato il limite” lo ammonì serio.
“Allora va’ da Cornwallis a raccontargli tutto, tanto stai aspettando solo quello..”
Tavington scosse la testa, con rassegnazione “se lo avessi voluto fare, lo avrei già fatto, non credi? E poi abbiamo problemi ben più gravi di questo, ora”.
Banastre annuì “già, devi slegarmi. Sono ancora legato” tirò le corde come poteva “inizio ad avere le braccia addormentate”.
“Dovrei lasciarti qui, come punizione per la tua imprudenza, ma purtroppo ho bisogno del tuo aiuto”.
Tavington tirò fuori uno stiletto e poi si allungò verso il corpo del Colonnello.
“William..”
Tavington stava tagliando lentamente la corda che teneva intrappolato Tarleton, quasi non si accorse dell’altro che lo aveva chiamato “che c’è?”
“Per me non è stato solo sesso” dichiarò alla fine.
Non era stato detto alcun nome, ma entrambi sapevano a cosa –anzi meglio dire, a chi- si riferissero.
William mandò giù silenziosamente, senza rimbeccare, ma con lo stomaco che improvvisamente si era chiuso. L’antica ferita non era chiusa e gli rendeva la sola vista di Ban intollerabile.
“Non mi credi?” domandò, con le sopracciglia che si erano incontrate dubbiose.
Tavington scosse la testa e infine liberò una mano dalla costrizione della spessa corda.
“Ban, non mi interessa. Ho buttato il passato alle mie spalle e non voglio tornare sui miei passi”.
Tarleton abbassò il braccio libero, cercando di farlo distendere un po’ “ma non mi hai ancora perdonato” sentenziò alla fine.
Un altro colpo secco e anche l’altro braccio era libero “no, non posso”.
Tavington rimise lo stiletto nei suoi stivali e poi si alzò dal letto. Una volta in piedi, prese a massaggiarsi le palpebre, dolenti anche per il fardello dei ricordi.
Non poteva permettersi di aprire la diga che aveva costruito sul suo passato, altrimenti si sarebbe riversato tutto il dolore fuori. Non sarebbe sopravvissuto.
“Allora le cose non potranno tornare mai più come prima..”
“No” rimbeccò subito Tavington, senza attendere che l’altro finisse la frase “ognuno di noi ha delle priorità, dei doveri da ottemperare, se il nostro lavoro fa incontrare le nostre strade –come adesso- allora non mi sottrarrò ai miei obblighi” poi continuò, dopo una pausa meditativa, guardandolo negli occhi “ma il rapporto che avevamo un tempo, la nostra amicizia è morta nel momento in cui ti sei scopato Scarlett” sputò fuori William, fissandolo con disprezzo e odio.
Tarleton annuì con mestizia “ci sono delle cose di Carly che tu non sai, William, se solo..”
Tavington alzò una mano in aria, gesto esplicito per dirgli di fermarsi “non mi interessa. Ora vestiti. Ti aspetto fuori”.
Dopo alcuni minuti, il Colonnello Tarleton uscì dalla sua stanza. Vestiva con la divisa Inglese, la classica giacca rossa e pantaloni neri, ma i capelli erano leggermente arruffati, lontano dalla coda ordinata di Tavington.
“Che cosa è successo durante la mia assenza?” domandò Banastre.
Sembrava essere tornato tutto come prima, l’intimità che si era creata pochi minuti prima si era dissipata con un semplice cambio di vestiti. Un cambio –forse- anche di status?
“Si è scatenato l’inferno” gli comunicò Tavington con nonchalance.
***
Wellsie era rimasta per tutto il tempo nascosta dietro le grandi colonne all’interno del Forte. Avrebbe dovuto scappare, erano questi i piani, ma la verità era che non ci riusciva. Continuava a pensare a suo fratello, ai suoi genitori, ai suoi amici.. a Beatrix..
Più ci pensava e più stava male, tanto che aveva rigettato l’anima sul terreno appiccicoso. Era riuscita a rimanere nascosta, senza che nessuno si fosse accorto di lei.
Chi si poteva accorgere di una piccola ragazzina dai capelli rossi appostata dietro un grande monolite?
Nessuno.
Nessuno che si accorgeva mai di lei, o era troppo piccola o troppo ‘femmina’, c’era sempre qualcosa che non la faceva essere adatta.
Era diventata una persona che non era, solo per assecondare Tarleton, per sperare che per lui fosse qualcosa di più che una semplice concubina; lo aveva sperato così tanto, ma i suoi stupidi sogni da ragazzina si erano infranti quel maledetto giorno.
Wellsie stropicciò ulteriormente il fazzoletto che teneva tra le sue mani, odiava quella donna. La odiava con tutto il cuore, aveva rovinato la sua famiglia, la vita di suo fratello e infine la sua. Era stata accolta nella sua casa, l’aveva trattata come una sorella e infine li aveva pugnalati.
Chiuse un secondo gli occhi e una sola striscia solitaria le rigò la gota. Sola com’era lei.
Voleva così tanto tornare al Forte, voleva correre tra le braccia di suo fratello come faceva da piccola e sfogarsi con lui, ma aveva paura che lui sapesse la verità.
Fort Trox era sotto assedio, i Ribelli giungevano da ogni dove. Erano riusciti a superare le barriere resistenti degli Inglesi con ogni mezzo, e alla fine avevano raggiunto il loro obiettivo.
E cosa rimaneva a Wellsie?
Una misera verità che aveva barattato con la lealtà dei suoi amici.
Dove sarebbe andata ora?
Che cosa avrebbe fatto?
Si sedette per terra e raccolse le gambe contro il suo petto, mentre le lacrime non avevano più una barra a trattenerle.
Si odiava.
“Amore” qualcuno la chiamò.
Wellsie alzò gli occhi bagnati verso l’inglese che sostava ferito di fronte a lei. Aveva i vestiti lacerati, la camicia tutta strappata, i capelli d’oro in disordine, tutta la faccia sporca, ma era sempre bellissimo per lei.
Non volle credere alle menzogne della sua immaginazione, come avrebbe voluto che fosse lui, ma sapeva che era solo frutto della sua mente capziosa.
“Lasciami stare” disse a se stessa.
Allora l’uomo si accovacciò sui suoi talloni e le accarezzò con dolcezza il braccio “amore, sono io, Nik, non ti ricordi più di me?” le chiese, pacato, con un sorriso genuino in faccia.
“Non sei tu, ti sto immaginando” gli disse Wellsie, alzando nuovamente gli occhi verso di lui.
Bordon rise “dici che stai sognando? Allora dammi un bacio bella principessa che ti risveglio dal tuo sonno”.
Wellsie pianse ancora più forte “smettila di essere così gentile, mi fai sentire ancora più in colpa”.
Bordon aggrottò la fronte, mentre lui la prendeva tra le sue braccia per cullarla “cosa hai fatto per sentirti in colpa, Wells?”
Lei lo abbracciò forte, mentre si asciugava le lacrime sulla sua camicia, catturando il suo odore, che le faceva sempre pensare a lui “non posso dirtelo”.
Bordon le accarezzò i capelli annodati, sciogliendo i nodi “hai fatto qualcosa di brutto?”
La ragazza annuì, gemendo.
“Va bene, e se io ti dicessi che forse so qual è il male che ti affligge?” domandò, ancora tranquillo.
“Non puoi saperlo” disse lei.
Nikolas sospirò “già, non mi accorgo se la mia ragazza si alza nel cuore della notte senza dirmi niente per poi tornare all’alba..?”
Lei si staccò da lui e Nik proseguì “non mi accorgo nemmeno se i miei compagni mi vengono a dire che il mio piccolo amore passa del tempo con uno di noi..?”
Wellsie mandò giù l’aria in gola.
“Tu lo sapevi?” chiese titubante la ragazza.
“Sai, Wellsie, i soldati sono più chiacchieroni delle donne all’ora del tè” poi le toccò delicatamente il nasino perfetto “e i muri di un Forte parlano più degli stessi uomini che ci vivono”.
Wellsie si alzò in piedi e così fece il Capitano “da quanto lo sapevi?”
Lui alzò le spalle, come se fosse una cosa poco importante “da un po’..”
Lei strinse a sé le spalle “e non mi hai detto niente?”
Nikolas si avvicinò a lei, sempre sorridendole “cosa avrei dovuto dirti, Wells? Di non vederlo più? Ti conosco bene, avrei avuto l’effetto contrario; se te lo avessi proibito, avresti avuto più desiderio di incontrarlo” le disse con semplicità.
Wellsie non sapeva cosa dire, era rimasta senza parole. Da quando aveva incominciato a vedere Banastre si era raffigurata il momento in cui avrebbe discusso con Nikolas. Eppure, tra tutti i castelli mentali che aveva pensato, questo era proprio il più improbabile.
Perché si stava comportando come se la sua azione fosse di poco conto?
“Quindi non sei arrabbiato?”
“Se intendi, essere arrabbiato con te, no. Sai..” scosse la testa, cercando di raggruppare le parole tra di loro “..sono diviso in due. C’è il mio cuore che ti perdona, che incolpa se stesso, perché se sei scappata tra le braccia di Tarleton vuol dire che ti mancava qualcosa” fece una pausa “poi c’è la mia mente. Caspita, Wellsie, io sono un uomo e sono inferocito che.. hai fatto qualcosa con lui.. c’erano momenti in cui avrei voluto picchiarlo, io..” abbassò lo sguardo per terra un secondo e poi la guardò con gli occhi lucidi “..io ti amo, prenderei una cannonata per te, farei qualsiasi cosa per renderti felice e se lui non fosse il mio Superiore gli avrei fatto il culo”.
Wellsie rimase colpita dalle parole pungenti di Bordon, lui era razionale, quieto. Era difficile scuoterlo e invece lei c’era riuscita. Era strano sentirlo parlare così, anche perché ogni singola lettera era una pugnalata al suo cuore.
Già, perché lei lo aveva ferito andando con Banastre e lo sapeva dal primo momento, come sapeva che un giorno avrebbe dovuto affrontare quel discorso con lui.
“Tu lo ami, vero?” chiese il Capitano senza mezzi termini.
Wellsie non sapeva come rispondere, era a corto di lemmi rilevanti.
“Io.. amo più te”.
Bordon annuì “lo so. Wellsie, se tu vuoi stare con lui io non te ne faccio una colpa..”
Wells lo interruppe, allacciando le sue braccia al suo collo. Uno slancio così improvviso che quasi fece cadere per terra il Capitano.
“Non mi lasciare, ti prego. Ho fatto un errore, lui mi ha preso in giro, come ha sempre fatto. E io ci sono cascata di nuovo, come una stupida”.
Lui la strinse forte tra le sue braccia “sapeva come fare per farti abboccare, amore. Ora, però, devi dirmi cosa vuoi fare.. con chi vuoi stare?”
Wellsie aveva il labbro tremolante “con te. Con te. Con te, per sempre”.
“Dobbiamo tornare dentro Wells, devo parlare con tuo fratello” disse infine, staccandosi dal corpo caldo della fanciulla.
Allora Wellsie lo guardò triste “Dentro? I-io non posso..”
Bordon la osservava perplesso “perché non puoi?”
La ragazza scosse la testa “non posso” ripeté, come un automa.
Allora Nikolas le arpionò le braccia, facendo sì che lei lo guardasse bene “Wellsie, ascoltami. C’entra per caso il Colonnello Tarleton?”
Lei abbassò gli occhi verso il terreno.
“Guardami, amore. Guarda me e dimmi.. tu sai qualcosa di quello che è successo oggi?”
Lei ebbe un sussulto, ma non fiatava ancora.
“Io ho fatto un grande sforzo per perdonarti oggi, ho dovuto mettere il mio orgoglio da parte”.
Ma lei osservava ancora distrattamente il manto fangoso.
“Guardami” le ordinò, strattonandola “guardami negli occhi, lo stai proteggendo? Wellsie?”
“Non posso” ripeté lei un’altra volta.
“Mi ami? Allora dimostramelo, fammi vedere che conto di più di quell’idiota di Tarleton e parlami” prese il suo mento con due dita “hey, piccina, ti puoi fidare di me. Io ti amo”.
Lei annuì “lo so, ma..”
Wellsie prese un respiro profondo.
Se lui aveva fatto un grande sforzo per perdonarla e buttarsi le sue azioni incriminanti alle spalle, anche lei doveva farsi coraggio e dirgli tutto.
Doveva, se voleva stare con Nikolas.
“Va bene” disse infine “ti racconto tutto”.
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Capitolo 52 *** **Avviso** ***
Ciao ragazze!
Rispetto all'ultima volta che ho scritto su EFP sono passati diversi mesi, mi dispiace.
Per diversi motivi ho smesso momentaneamente di scrivere, vi dico che la mia testa è stata impegnata in cose care a me che mi hanno davvero scossa, incredibile come in una manciata di mesi sia cambiata la mia vita tra organizzazione del matrimonio, gravidanza, interruzione della gravidanza, studio...
Ho avuto un tornado nella testa che mi ha spazzato via la creatività, ma soprattutto la voglia di scrivere di nuovo.
Diverse di voi mi hanno scritto chiedendomi il motivo per cui mi fossi fermata, non ho risposto ai vostri messaggi perché su EFP non ci sono stata fino a qualche giorno fa...
La mia vita sta tornando -per quanto possibile- alla normalità e così mi sono decisa a tornare a scrivere, anche perché rimanere rinchiusa nella mia depressione per la perdita della piccola Sophia non mi ha fatto stare bene, mi devo convincere che è un segnale del Signore che forse non sentiva me e Fabio pronti...
Spero possiate perdonare il mio ritardo e spero di non essere stata troppo 'aperta' circa le mie emozioni.
Vi abbraccio, Giulia |
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Capitolo 53 *** Nodi su Nodi ***
capitolo 51
Capitolo LI
Nodi
su Nodi
La camera
degli interrogatori era una stanza con le pareti in pietra, poche
finestre, pavimentazione maleodorante e sporca: Tavington si trovava
lì.
Aveva
lasciato Banastre sul campo a contenere l’invasione e fare
una censita dei morti e feriti.
Lui, invece,
aveva preso alcuni ribelli, che erano rimasti in vita, e stava
procedendo alla loro interrogazione.
“Non
credo di aver capito bene, soldato” disse, freddo, Tavington.
“Non
vi dirò niente” urlò, l’altro.
“Altre
dieci” ordinò il Colonnello, all’uomo
barbuto che faceva da esecutore in quel momento.
L’uomo
agitò in aria la frusta e la fece cadere pesante sulla
schiena nuda del ribelle.
“Aah!”
ruggì l’uomo, mentre sopportava
l’ennesima frustata del giorno.
“In
un modo o nell’altro, scoprirò cosa state tramando
e troverò il vostro Fantasma” esclamò,
atono, Tavington.
Un’altra
frustata, la schiena si stava decorando con lunghe linee perfette
rosse, sebbene fosse sotto tortura da ore, ancora non si accingeva a
spifferare alcun dettaglio.
“Anche
l’altra volta a Savannah lo avevate detto” lo
sfidò, quasi in fin di vita “eppure, eccoci
qua!”
Tavington
rise, si avvicinò con passo felpato al ribelle
“riguardo questo piccolo dettaglio, non farò lo
stesso errore due volte” poi, afferrò la spada che
si trovava sul tavolo.
Senza dire
niente, afferrò la testa dell’uomo e poi gli
staccò il capo.
Fu veloce,
freddo, silenzioso, non volle accompagnare il suo atto da qualche
giustificazione, non volle addolcire la pillola.
William
durante l’inizio della guerra, aveva mostrato
brutalità incommensurabili: sotto il Generale Wentworth
aveva brillato. Il vecchio era debole, sebbene il Colonnello si fosse
guadagnato la terribile nomea del macellaio,
lui non lo aveva giudicato. Anzi, lo aveva aiutato a salire di
gerarchia, già, perché William gliene aveva fatto
vincere di battaglie!
Era venuto
nelle colonie per dimenticarsi di Scarlett, lei era stata una profonda
delusione, era stata la prima volta per lui di aprirsi con una donna,
si era donato completamente e lei lo aveva tradito e non con una
persona qualunque: Banastre.
William aveva
scelto di seguire Wentworth proprio per evitare di avere rapporti con
il suo ormai ex migliore amico, ogni volta che lo guardava in faccia,
non poteva non ricordarsi quella
scena: lui e Carly.
“Portatemene
un altro” ordinò, cercando di far sparire dalla
sua mente i ricordi passati.
Il Tenente
Kent buttò per terra un uomo: era paffuto, sguardo chino.
Provò ad alzarsi, ma barcollava, non era ferito, eppure non
si reggeva in piedi, sembrava molto teso.
“Colonnello,
io vi supplico…” lo pregò
l’uomo, senza che l’altro avesse ancora dato inizio
veramente alla tortura.
“Ah ah ah”
si beffò di lui Tavington “mi
supplichi?” ripeté, prendendosi gioco
dell’uomo.
“Sì,
ho famiglia” proseguì, sperando di far breccia
nell’animo del Colonnello.
“Non
puoi neanche immaginare quante volte io abbia sentito questo”
gli rispose, quasi scocciato “legatelo”
ordinò ai suoi uomini.
Così,
i militi fecero come avevano fatto per gli altri dieci uomini prima di
lui: lo fecero alzare e, poi, lo adagiarono su un tavolo di legno.
“Sai,
cos’è questo?” domandò,
Tavington.
L’uomo
sudava freddo, ma si lasciò porre ugualmente sopra quella
fredda lastra, era molto terrorizzato “n-no”
biascicò, in un misto tra paura e confusione.
I soldati
tornarono ai loro posti, contro le pareti.
“Come,
no?”
replicò William, sardonico “è il mio
giocattolo preferito” gli rivelò, pacato, mentre
accarezzava dolcemente il legno.
Lo strumento
di tortura era una tavola equipaggiata di corde che, una volta legate
ai piedi e alle mani della persona predestinata, diventava una sorte di
gioco elastico.
“Te
lo spiegherò molto velocemente” il Colonnello si
avvicinò all’uomo, il quale alzò lo
sguardo verso di lui, sempre più angosciato.
“Vedi,
io fra poco ordinerò di tirare quelle leve”
rivelò, indicando le due grosse ruote poste agli antipodi
del tavolo “le leve faranno tirare le corde che sono
attaccate al tuo corpo e poi… splash!”
Non
c’era bisogno che spiegasse cosa sarebbe successo
esattamente, era chiaro: le corde avrebbero fatto allungare il corpo
dell’uomo fino a che non si fossero spaccate, lentamente: le
ossa, i muscoli e ogni parte del suo corpo.
“Perché
lo fate?” domandò, agitato, l’uomo,
quando finalmente capì cosa avrebbe sopportato.
“Perché
voi non mi date scelta” gli illustrò
“non siete per niente collaborativi, dopotutto, io non vi
chiedo molto” si rattristò, ironicamente.
“Io”
balbettò “vi voglio aiutare, Colonnello, vi prego
lasciatemi andare” dichiarò.
Tavington
rise “avete visto?” si rivolse ai suoi compagni
“non ho ancora incominciato l’interrogatorio e
già mi prega:
fantastico!”
Gli altri
soldati risero insieme al loro gerarca.
“Non
sto s-scherzando, Colonnello” continuò
l’uomo “io sono un servitore di Sua
Maestà” rincarò la dose.
Tavington lo
guardò, canzonatore “lo vedo, oh, sì
che lo vedo!” constatò, allargando le mani per
evidenziare il fatto che, se l’uomo si trovava lì,
un motivo c’era!
“Io
non volevo, vi supplico” rimbeccò.
“Alle
leve” ordinò Tavington, e così i suoi
uomini iniziarono a poggiare le mani sulle grosse ruote.
“Vi
prego!” urlò.
William
ignorò le preghiere e le grida e fece cenno, con la mano, di
girare le leve.
Il corpo
dell’uomo iniziò a torcersi: i tendini tiravano, i
muscoli dolevano.
“Aahh!”
latrò il ribelle “io lo sapevo…
aaahh…” disse, in preda a lacrime e dolori
lancinanti “lo sapevo, lo sapevo, Gabriel, che tu sia
dannato!”
Tavington
colse un nome che gli ricordava molto qualcosa,
“fermatevi” ordinò e loro fecero come
ordinato.
“Che
cosa hai detto?” inquisì il Colonnello.
L’uomo
era terrorizzato, aveva parlato troppo, senza volerlo
“io” biascicò
“niente”.
Tavington lo
prese per il colletto della camicia, bastò alzarlo di pochi
centimetri per farlo urlare nuovamente di dolore “ripeti
quello che hai detto” scandì, lentamente, con tono
minaccioso.
“Io
mi stavo sfogando, Colonnello” si spiegò.
William prese
lo stiletto, poggiato sul tavolo, e lo avvicinò alla gola
dell’uomo “io posso rendere la tua morte veloce e
indolore o lenta e agognante” gli riferì, atono.
Il ribelle
mandò giù rumorosamente “lo
so”.
“Quindi,
sta a te la scelta” si rivolse ancora Tavington.
L’americano
diede uno sguardo vitreo alla stanza delle torture, osservò
gli aguzzini inglesi con le mani sempre sulle leve, da un momento
all’altro tutto sarebbe incominciato daccapo.
“Io
non volevo unirmi al loro gruppo” raccontò.
William lo
liberò dalla sua stretta “bene” disse,
mentre si sedeva sul tavolo accanto a lui “questo
è un inizio”.
Era notte.
William era
stanco, aveva interrogato diversi ribelli, la maggior parte erano stati
fallimentari, aveva solo perso tempo.
Qualcuno li
aveva addestrati bene e non poteva essere un semplice contadino, come
aveva previsto all’inizio. Non conosceva ancora il nome del
fantomatico Fantasma, eppure, aveva acquisito informazioni molto
interessanti.
Si trovava
nella piazza principale, vagliò la struttura: la cancellata
era abbattuta, sul suolo c’erano cadaveri senza nome, sangue
ovunque, la pace, che aveva regnato il giorno precedente, era stata
spazzata via dall’assedio subito quell’oggi.
“Banastre”
lo chiamò, William.
Il Colonnello
dai capelli rossi stava smistando gli uomini per la notte, si
girò verso Tavington “dimmi” rispose,
distrattamente, mentre continuava a lavorare.
“Devo
parlarti” asserì.
“Adesso?”
domandò l’uomo.
William
annuì, mentre si avvicinava a lui “che
fai?”
“Voglio
che ripariate la cinta” riferì al suo secondo
“e voglio che mandi una ventina di uomini al di fuori della
cintura” imperò.
L’altro
fece un cenno di capo “ai comandi, Colonnello” e
poi sparì.
“Sto
sistemando quello che si può sistemare” rispose al
collega, sbuffando “ho fatto una cazzata, William”
continuò, girandosi verso il suo amico.
Tavington
fece una smorfia di assenso neutra, non era ravvisabile alcun
sentimento in lui “già ma, ormai, non possiamo
cambiare le cose” alzò le spalle.
“Io
ancora non mi capacito di quello che è successo”
si sfogò “e, dov’è
Cornwallis, perché non ha dato ordini?”
William rise,
amaramente “mio caro amico” gli diede una spacca
sulle spalle “siamo soli”.
Banastre lo
guardò con un cipiglio incredulo “che vuoi
dire?”
Tavington gli
tese una busta “leggi” ordinò.
L’altro
si appoggiò alla colonna, e fece come detto, lesse
velocemente la missiva che conteneva all’interno.
William,
intanto, si massaggiò i muscoli del collo dolenti, si
sentiva uno schifo: aveva bisogno di riposare il corpo, la mente, aveva
un odore acre addosso.
Vide una
lucciola e cercò di catturarla tra le sue mani, era piccola
e luminosa, e risplendeva nella penombra.
Oh, Beatrice, dove sei?,
pensò.
La ragazza le
mancava, lui aveva cercato di non pensarci troppo quella giornata,
altrimenti non avrebbe risolto niente, eppure, lei era un pensiero
costante. Avrebbe voluto stringerla tra le sue braccia, inspirare il
suo dolce odore e poi addormentarsi con la sua piccola strega.
“Che
cosa vuol dire ho
nominato O’Hara come mio successore?”
gli fece l’eco Ban.
William
lasciò stare la lucciola, ritornando dal suo compagno
“vuol dire che, la nostra faida è servita a ben
poco, amico” si sporse “non è servito a
niente che ci siamo fatti guerra per risplendere a suoi
occhi” fece una smorfia “lui aveva già
scelto” concluse.
Tarleton
stracciò il foglio, che reggeva tra le mani “vuol
dire che ho leccato il culo al vecchio perché poi lui
lasciasse le redini a O’Hara?” sbraitò,
furioso.
William gli
fece segno di calmarsi “non c’è bisogno
di usare parole tante colorite, mio caro collega, a quanto pare i
nostri sforzi in guerra sono stati vani, non ha scelto nessuno dei
due” affermò, alzando le spalle.
Ban scosse la
testa “io sono senza parole, sono…”
temporeggiò “indignato!”
William
annuì “già, non fa piacere ma, almeno
io, non ho rinunciato alla mia dignità per arruffianarmi il
vecchio” lo derise l’uomo.
Tarleton
rise, ma senza ironia “ah,
ah, divertente, William. Tu di certo sai come consolare
una persona” ammise, alla fine.
I due si
avvicinarono all’ingresso del Forte “comunque sia,
Cornwallis non è stato magnanimo nei nostri
confronti” proseguì “ma, non sono questi
i veri problemi,
adesso” lo avvisò, pacato.
“Lo
so, il problema è stare alle direttive di
quell’irlandese” fece una smorfia, Tarleton.
Tavington
sbuffò “Ban, finiscila” lo
redarguì “non so, se hai notato che abbiamo il
Forte sottosopra”.
“Sì,
sì” disse l’altro, come un bambino
sgridato da un adulto “è solo che mi dà
fastidio!”
William lo
prese per le spalle e lo scosse con vigore “ritorna in te!
Non sei nel tuo mondo fantasioso, come ieri notte” gli
lanciò una frecciatina amara.
Il ragazzo
ripensò alla sera precedente
“già…” pian piano
ricordò ogni dettaglio, allora si immobilizzò
“Wellsie!” affermò, digrignando i denti.
“Che
c’entra mia sorella, adesso?” domandò
Tavington.
Banastre
sorrise, con un leggero imbarazzo “ehm…
è un po’ complessa la cosa, Will” gli
confidò.
William mosse
lievemente i muscoli del collo tesi, mentre il puzzle si stava
completando poco a poco. Staccò le mani dal compagno e lo
guardò, glaciale “io” disse
“ti ammazzo!”
“Williaaaaaaaam”
si sentì in lontananza, entrambi gli uomini si voltarono
verso il Capitano Bordon e Wellsie.
La fanciulla
lasciò le mani del Capitano e poi corse verso suo fratello,
William non respinse l’affettuosità,
ricambiò l’abbraccio, tenendola contro di
sé.
“Oh,
William!” disse lei, piangendo a dirotto “quanto mi
sei mancato!”
“Dove
sei stata?” chiese, un po’ burbero.
Lei si
staccò dal suo corpo, guardandolo con gli occhi bassi dalla
vergogna “io…” biascicò
“sono stata via!”
“Sei
stata via?” ripeté lui “dove?”
Wellsie
aggrovigliò le mani, in ansia, allora Tavington
sbottò “mi spiegate cosa avete oggi tutti
quanti?” domandò, senza specificare la platea cui
si rivolgeva.
“Posso
spiegarti tutto, William” si offrì Tarleton.
“Tu
sta’ zitto” lo interruppe il Colonnello
“mi dovete dare spiegazioni, ma non ora”.
William si
massaggiò le tempie, la testa stava scoppiando, ironico il
fatto che fosse così tranquillo in battaglia, sebbene
lì ci fosse davvero una guerra; mentre gli intrighi che lo
circondavano, lo rendevano teso come una corda di violino.
“Basta”
concluse alla fine “sono stanco di tutti voi, andate a
dormire” li congedò.
Lasciò
il gruppo e fece per entrare nella struttura ma, appena prima di aprire
il grande portone, si rivolse alla compagine di nuovo
“dormite bene, perché domani, tutti voi”
li indicò, minaccioso “mi renderete conto di un
bel po’ di cosette” e, così dicendo, se
ne andò.
Non si
preoccupò di salutare nessuno, girò la maniglia e
se ne andò nel suo appartamento.
Era stufo di
tutto e di tutti, sapeva che c’erano diverse cose da
sistemare e lui, di certo, non si sarebbe tirato indietro. Ma, in quel
momento, non aveva voglia di pensare a niente: né Tarleton,
né Wellsie, né Cornwallis e nemmeno quella
dannata guerra!
Entrò
nella loro
stanza, quella che avevano condiviso quei pochi giorni a Beaufort.
Inutile
dirlo, che l’unica persona che realmente mancava a William
fosse la sua Beatrice.
Si sciolse il
nodo alla cravatta e si tolse la giubba rossa.
Andò
verso lo scrittoio, sul quale c’era un bicchiere vuoto e,
lì vicino, dello Scotch. Ne versò copiosamente,
voleva addormentarsi subito e, l’alcol, faceva al caso suo.
La stanza era
rimasta così come l’aveva lasciata: per terra
c’era la vestaglia che la Contessa Cornwallis aveva donato
alla fanciulla.
William
raccolse l’indumento e mandò giù un
po’ di Scotch.
Dio,
pensò, ha il
suo odore!
Il Colonnello
aveva chiesto a Liza di portare via la ragazza, lui era a conoscenza
che la Contessa fosse già stata a Beaufort prima,
l’avrebbe tratta in salvo.
L’indomani
le avrebbe recuperate e avrebbe sistemato anche le altre cose lasciate
in sospeso.
Ingollò
un altro bicchiere di Scotch e poi si distese sul letto, chiuse gli
occhi, facendo finta di non essere solo.
***
“Liza”
chiamò la ragazza.
“Dimmi”
rispose l’altra.
“Non
stai dormendo?” chiese, cercando di tirare le catene che la
legavano al muro, per avvicinarsi alla donna.
La Contessa
rise “non credo di essere sonnambula”
rimbeccò, a bassa voce “quindi, credo che,
sì, sono sveglia, tesoro”.
Le donne
sentirono l’americano ronfare rumorosamente,
dall’altra parte della stanza.
Le aveva dato
da mangiare e poi si era coricato a letto, dopo aver illustrato il
piano che aveva riservato alle due sventurate.
“Secondo
te, ci sente?” domandò alla donna, tentando di
continuare a parlare a bassa voce.
“Non
credo” rispose la Contessa “ha il sonno
pesante” constatò, infine.
Loro
dormivano su un giaciglio improvvisato per terra: un po’ di
paglia e le aveva sistemate. Ovviamente, non si era dimenticato di
legarle al muro con una specie di catena, sembrava più uno
strumento per cani, ma sicuramente efficace. Beatrix aveva
già provato a tirare, graffiare, mordere, ma invano.
E poi, anche
se fosse riuscita a liberarsi, c’era Rusky, il cane a fare da
guardia.
Bea era una
ragazza spregiudicata, amava il pericolo, non aveva paura di
sperimentare qualcosa di nuovo ma, di una cosa, aveva il terrore: i cani. Non sapeva
spiegarne il motivo, ma aveva quella fobia, quindi, vedeva molto
lontana la sua scarcerazione.
Liza, invece,
era stata tranquilla, non aveva fatto nessuna scenata da baronetta, era
stata al suo gioco e aveva fatto tutto quello che l’americano
aveva detto.
“Non
dormi?” chiese la fanciulla.
Liza si
girò verso di lei e, contando sulla luce pallida della luna
che penetrava dalla finestra, osservò la giovane
“non riusciremo a evadere” le confidò,
un po’ affranta.
Beatrix si
avvicinò alla Contessa e poi prese le mani tra le sue
“abbi fede, Liza” la rincuorò
“sono sicura che William verrà a
prenderci!” le rivelò, serena.
La donna
sospirò, pesantemente “sono felice che tu non ti
stia deprimendo, piccola Beatrice, ma io sto perdendo le
speranze” scosse la testa.
“Non
devi” alzò il tono, la ragazza “lui si
accorgerà della nostra assenza e verrà a
prenderci” affermò, baldanzosa.
Liza
accarezzò le sue mani “devo dirti una cosa,
Beatrice”.
La ragazza le
sorrise, in attesa di sentire la novella “dimmi” la
esortò.
“Io
ti ho mentito stamattina” le rivelò.
“In
che senso?” domandò la fanciulla, sbigottita.
“William
mi ha chiesto un favore ieri, mentre eri nel letto non
cosciente” spiegò.
“Quale favore,
Liza?” indagò la ragazza.
La donna
aveva una cadenza inglese melodica, purtroppo, aveva un modo di parlare
che, a volte, faceva innervosire Beatrix. Ogni cosa che faceva, la
faceva con un atteggiamento laissez-faire,
era come se le cose bisognasse estrapolarle con le tenaglie:
snocciolava un discorso molto lentamente.
Beatrix,
invece, era abituata a essere un torrente in piena, quando aveva
qualcosa da dire, non si preoccupava di dire la cosa giusta, non si
apprestava a decorare con belle parole: diceva quello che voleva dire,
punto.
“Lui
voleva solo proteggerti, angelo” disse la donna.
Un altro
dettaglio, era esasperante “scusami, Liza, non sto capendo
niente. Prima di tutto” si rivolse
“perché non me l’hai detto prima? In che
senso, mi hai mentito? In positivo? In negativo? William sa dove
siamo?”
La Contessa
fu sopraffatta dalle domande pungenti e continue della giovane
“comprendo che tu abbia tanti quesiti da pormi ma, ti
assicuro, che io e il Colonnello abbiamo agito in buona fede”
tossì “mi ha chiesto di portarti
sull’altura, per tenerti lontana dall’assedio del
Forte” le raccontò.
“Quindi,
lui sapeva del loro attacco?” chiese.
Liza scosse
la testa, un po’ dubbiosa “non penso, lui mi
accennava al fatto che doveva sistemare una cosa importante con
Tarleton e voleva che tu non fossi con lui” rivelò.
Beatrix si
alzò sulla schiena “in che senso, non mi voleva
tra i piedi?” domandò
“perché? Io non posso, e non voglio, stare
lontano da lui, Liza. Perché, non ha voluto che rimassi al
suo fianco?” la diga emozionale si ruppe.
La Contessa
si alzò, e la abbracciò, carezzando i suoi
capelli dolcemente “credimi, tutto quello che ha fatto, lo ha
fatto solo per il tuo bene. William è convinto che ci sia
una spia nel Forte” confessò “per quanto
mi possa ricordare, rammento che lui credeva che la spia
fosse…”
“Banastre”
concluse, svicia, la ragazza.
“Già,
non voleva semplicemente che tu fossi al centro della loro
faida” proseguì il racconto, la Contessa
“voleva sistemare quelle cose delicate e aveva paura che
Tarleton reagisse male, ferendo te” ammise.
Beatrix aveva
il capo contro il petto della donna, l’abbracciava forte.
Aveva ascoltato la sua rivelazione ed era rimasta colpita, William non
l’aveva avvisata sulle sue intenzioni ma, prima di tutto il
resto, aveva pensato a lei.
Beatrix
sorrise al suo pensiero “mi ama” disse.
“Certo
che ti ama, tesoro” controbatté la donna.
“Quando
ci viene a prendere?” domandò, curiosa, Bea.
Intanto, si
era staccata dalla Contessa ed erano così tornate sdraiate
sul giaciglio.
“Se
i piani non sono cambiati, domani mattina verrà a prenderci,
tesoro” la rassicurò.
Bea si
coprì con la coperta, che l’uomo le aveva concesso
“sapeva che avremmo passato la notte da sole?”
Liza
annuì “sì, qui vicino conoscevo un bel
posto per riposare, ma…” indicò la
stanza nella quale si trovavano “ma i piani sono cambiati, a
quanto pare”.
Tonf!
Una scarpa,
per poco, non colpì Beatrix.
“State
zitte!” grugnì il cavernicolo, con la voce
impastata.
La ragazza
sbuffò “lo odio, non vedo l’ora che sia
domani!” disse all’altra, a voce bassa.
“Anch’io”
rispose la donna, chiudendo gli occhi “buonanotte,
Beatrice”.
“Buonanotte,
Liza” disse la donna.
Beatrix
guardò la luna e pensò al suo William, poche ore
li dividevano e poi sarebbero stati di nuovo insieme.
N/A
A distanza di, quasi anno, torno a pubblicare un nuovo
capitolo, lo so, mi starete odiando in questo momento, finalmente sono
riuscita a prendermi un po' di tempo per dare giustizia a questa
storia. Spero che, la lunga attesa non vi abbia fatto amare meno
Beatrix e William :P
Mi rendo conto che dopo tutto questo tempo, non potevo tornare con un
capitolo che svelasse 'tutti' i misteri che avvolgono Ice Storm, questo
cap l'ho immaginato come transitorio, vi annuncio che un personaggio
-molto chiacchierato- tornerà e metterà in crisi
l'amore di Will e Bea! ^^
P.s. quest'ultimo mese ho revisionato ciascun capitolo, mi sono accorta
di alcune cosette che mi sono piaciute poco e ho cercato di sistemarla,
un po' per volta ripubblicherò i capitoli 'sistemati'.
Vi mando un bacio grosso,
Giulia :)
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