Moulin Rouge

di Rogi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


Capitolo Primo

15 Dicembre 1899, Parigi

 

Si sfregò le mani cercando inutilmente di scaldarle. Faceva troppo freddo per i suoi gusti. I fiocchi di neve cadevano lentamente coprendo la strada. Il bianco della neve mescolato con la fioca luce dei lampioni creava un’atmosfera irreale. Strizzò gli occhi cercando di vedere la fine dalla strada, senza successo, tutto era avvolto nel buio. La strada era deserta, probabilmente la neve aveva fatto serrare le porte ai parigini.

“Hai la minima idea di dove stia andando?”

Si girò verso la sua compagna “Non riesco ad orientarmi con la neve.”

Lei alzò un sopracciglio scettica “Certo, la neve..” la guardò male “Perché non ammetti che hai un pessimo senso dell’orientamento?”

Grugnì infastidito “Robin, la finisci di prendermi in giro e mi dici dove cavolo siamo?” sbottò.

Lei sorrise “Siamo a Montmartre, se mi dicessi dove dobbiamo andare potrei farti strada.”

“Al Moulin Rouge”

Lei lo guardò incredula “Da quando ti piacciono i bordelli?”

Alzò gli occhi al cielo bianco “Sembra che sia il covo di Portuguese.”

Lo squadrò attentamente “E tu vorresti andarci così?”

Guardò il abbigliamento, cappotto nero, pantaloni marroni, camicia bianca e giacca nera “Perché cosa c’è che non va?”

Lei sospirò  “Vieni,” lo prese per un braccio e lo trascinò per le vie di quella fredda città “dobbiamo trovarti dei vestiti che ti facciano sembrare meno poliziotto”

 

Si mise il rossetto rosso e fu pronta. Si guardò allo specchio, i suoi lunghi capelli rossi erano sciolti adornati solo da una rosa bianca sopra l’orecchio destro. Il trucco era sempre lo stesso: mascara nero e ombretto marrone chiaro per risaltare il colore dei suoi occhi, un po’ di cipria e di rossetto e il gioco era fatto. Era bellissima come sempre, pronta a vendere la sua merce, ovvero se stessa.

Sospirò appoggiandosi allo schienale della sedia, prima o poi se ne sarebbe andata da lì, le serviva solo un ricco e stupido allocco che si innamorasse di lei.

“Ciao piccola.”

Si girò di scatto e sorrise “Ace!” si alzò e si gettò tra le sue braccia “Sei tornato!”

Lui la strinse per un attimo a sé “Come sempre.” disse sorridendo.

“Com’è andata?” chiese eccitata.

Lui si guardò un attimo intorno poi si infilò una mano nella tasca e tirò fuori un anello di diamanti.

Rimase scioccata “Mio Dio è bellissimo.”

“Già, ed è solo una piccola parte.”

“Hai trovato un acquirente?”

Lui annuì “Sì, è disposto a darmi un bel gruzzoletto.”

Sentì il cuore scalpitare “Finalmente possiamo pagare l’operazione.”

Lui fece una smorfia “Mi sa che non basta.”

Vuoto allo stomaco “Ma io ho un sacco di risparmi!” protestò.

“Nami non voglio che sia nelle mani di un inesperto! Voglio il migliore, a Londra!”

Di nuovo con questa storia “Ma Londra non possiamo permettercela, e tu lì sei un ricercato!” esclamò scocciata.

Lui sospirò “Facciamo questa discussione ogni volta.”

“Già ma a lei rimane sempre meno tempo.” rispose sentendo gli occhi pizzicare.

Abbassò la testa ricacciando indietro le lacrime.

“Ehi,” disse sollevandole il viso con un dito “ce la farà, venderò questi gioielli poi un ultimo colpo in Italia e avremo abbastanza soldi.”

Annuì “Forse ti risparmio il colpo.”

Lui corrugò le sopracciglia “Che intendi?”

Sorrise “Domani sera arriva un ricco inglese, e sembra molto interessato al mio spettacolo.”

Il viso del moro si rabbuiò “Nami non voglio che ti rovini la vita per sempre.”

Fece spallucce “Non credo nell’amore Ace, quindi un uomo ricco è la cosa migliore per me.”

Lui sospirò “Quando ti innamorerai non dirai più queste cose.”

“Nami!” la porta del suo camerino venne spalancata e un ciuffo azzurro sbucò dentro “Muoviti tra poco comincia il tuo show!”

“Arrivo Franky!”

L’uomo sparì chiudendo la porta.

“Va bene allora io vado.” disse il moro.

Lo abbracciò forte “Dalle un bacio da parte mia.”

Lui annuì “A presto.”

Gli sorrise e uscì dal camerino.

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


Capitolo Secondo

16 Dicembre 1899, Parigi

 

“Robin sei pronta?” chiese bussando alla porta della sua camera.

Avevano optato per rimandare la visita al Moulin Rouge, dopotutto Robin aveva ragione, tutti quelli che andavano in quel bordello erano vestiti di tutto punto e se non lo fossero stati anche loro avrebbero sicuramente dato nell’occhio. Così si erano rifugiati in una locanda e avevano passato il giorno a cercare gli abiti adatti per la farsa. Ed infatti ora aveva indosso uno smoking nero nuovo, una camicia bianca che gli era costata un occhio della testa e ovviamente l’immancabile cilindro nero che distingueva gli uomini di classe.

Grugnì. Si sentiva così ridicolo.

“Robin?”

“Un attimo!”

Sospirò, non gli piaceva Parigi, c’erano troppi francesi per i suoi gusti. L’unica francese che gli piaceva era Robin. Probabilmente perché in Francia ci era solo nata e poi si era trasferita subito a Londra, quindi si poteva considerare più inglese che francese. Della sua patria natale aveva conservato solo la lingua, che molte volte faceva comodo.

La porta si aprì e Robin apparve in tutto il suo splendore, indossava un vestito lungo e nero, che le fasciava il corpo risaltandone le dolci forme, accompagnato con dei lunghi guanti bianchi.

Rimase un attimo inebetito a guardarla. Diamine! Quando voleva poteva davvero essere una bella donna.

“Allora andiamo?” chiese mettendosi un cappotto.

“Certo.” rispose porgendole il braccio.

Lei lo prese e si diressero insieme verso l’uscita.

“Allora siamo sposati, fidanzati o cosa?” le chiese.

“Umm.. secondo me ci conviene dire che siamo parenti, così gli uomini possono provarci con me e posso estorcerli informazioni.”

La guardò male “Non mi piace questo piano.”

Lei sorrise poi si fermò davanti a lui e gli mise a posto il papillon “Avanti, non fare il geloso.”

“Non faccio il geloso, stavo solo sottolineando che gli uomini che vanno in quel posto vogliono solo una cosa.”

Lei sorrise “E io non gliela darò, perché se insistono ci sei tu che mi proteggi.”

Grugnì. Facile metterla giù così, peccato che gli prudevano le mani ogni volta che un pervertito ci provava con lei. Beh, anche se ci provava un bravo ragazzo a dire il vero.

Ripresero a camminare e Zoro pensava sempre di più che portarla in quel posto fosse una pessima idea, ma dopotutto era una detective anche lei, e non si sarebbe fermata fino a quando non avessero preso Portuguese. Quello sbruffone aveva rubato i gioielli alla persona sbagliata nel suo ultimo colpo, Crocodile era un uomo spietato, oltre ad essere il capo della mafia inglese. Lui e Robin erano alle sue calcagna da anni, in attesa di un suo passo falso che potesse definitivamente smascherarlo, ma non ne aveva commesso ancora uno. Così, non contento di farla in barba a tutta la polizia londinese, aveva avuto anche la faccia tosta di sporgere denuncia per il furto subito.

Sperò vivamente di trovare Portuguese prima di lui, altrimenti avrebbe fatto una brutta fine.

Era talmente assorto nel suoi pensieri che sobbalzò quando si ritrovò di fronte l’imponente mulino rosso.

“Siamo arrivati.” disse Robin.

“Direi di sì.”

 

Uscì di casa chiudendosi la porta alle spalle.

Nami aveva ragione, stava peggiorando sempre di più. Avevano bisogno di soldi e alla svelta.

“Bentornato Ace.”

Sobbalzò e si girò di scatto.

Sospirò vedendo chi era “Potresti anche evitare di sbucare dal nulla.”

Il biondo sorrise e si accese la sua solita sigaretta “Non sei passato a salutarmi, così sono venuto io.”

Sorrise e abbracciò l’amico “Come stai?”

Lui fece spallucce “Solita routine, lei come sta?”
Fece una smorfia “Peggiora.”

“Un così bel fiore.” mormorò “Senti sono solo venuto a dirti che hai due britannici alle calcagna, ho ricevuto la loro lettera di arrivo oggi in ufficio.”

“Merda,” imprecò “chi sono?”

Sanji aspirò un lungo tiro e la sigaretta divenne rossa per qualche secondo “Sono un uomo e una donna, lui mi pare sia Roronoa.”

Imprecò di nuovo.

Buttò fuori il fumo “Non ti preoccupare, qui non hanno giurisdizione. Non possono arrestarti a meno che non ti trovino con la refurtiva.”

“Allora perché mi hanno seguito?” chiese corrugando le sopracciglia.

“Sperano che tu faccia un errore o sperano in un aiuto da parte nostra.” rispose sorridendo. 

Ace ridacchiò “Sono sfortunati allora.”

“Molto sfortunati.”

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


Capitolo Terzo

16 Dicembre 1899, Parigi

 

“Nami! Sei pronta??”

“Sì Franky, un attimo.” rispose uscendo dal camerino.

Franky la guardò sorridendo “Sei bellissima.”

“Lo so,” disse ricambiando il sorriso “allora è arrivato l’inglese?”

“Non ancora, ma mi sono già accordato con lui per un incontro privato.” disse strizzandole un occhio.

“Grazie Franky.”

“Figurati, spero solo che riuscirai ad andartene da qui.”

Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi. Franky era il vice capo di quel posto, ma aveva un animo buono, non pensava alle entrate ma al benessere delle ragazze che lavoravano lì.

Lo abbracciò forte “Mi mancherai.”

“Sei sicura di avere abbastanza denaro? Lo sai che lui vuole un pagamento quando qualche ragazza se ne va.” disse preoccupato.

Lei sorrise “A cosa credi che mi serva l’inglese?”

Lui ridacchiò “Vai aspettalo nella stanza rossa, arriverà a momenti.”

Annuì e si incamminò lungo il corridoio. Al Moulin Rouge le stanze dove i clienti riscuotevano il loro acquisto avevano le pareti di colori diversi, c’era la gialla, la verde, la rosa, l’azzurra e tante altre. Inutile dire che quella rossa era la migliore.

“Nami!”

Si girò ritrovandosi davanti un ragazzo moro.

“Ciao Rufy, cosa ci fai qua?” chiese stupita.

“Mi ha mandato Ace, mi ha detto di dirti che lei sta bene e se ne prenderà cura lui fino a domani” rispose sorridendo.

“Va bene, ora esci di qui Rufy, questo non è un posto per te” disse la ragazza.

Infatti, nonostante Rufy avesse ben ventiquattro anni, era ancora innocente come un bambino e sicuramente avrebbe visto un sacco di cosa che l’avrebbero scioccato in quel posto.

“Non posso, Ace mi ha ordinato di proteggerti”
Corrugò le sopracciglia “Proteggermi? E da cosa?”

Lui fece spallucce “Non lo so, ha detto che stavi facendo un grosso errore e voleva che ti stessi appiccicato come una zecca” sorrise a trentadue denti.

Sospirò scocciata, Ace non voleva che avesse successo con l’inglese. Ma gli affari suoi non poteva farseli? Doveva trovare un modo per liberarsi di Rufy, e alla svelta.

“Senti Rufy, ho bisogno del tuo aiuto effettivamente”

“Dimmi tutto!” esclamò lui felice di rendersi utile.

“Tra poco arriverà un uomo che io devo assolutamente incontrare, perché potrebbe aiutarci ad andare in Inghilterra”

“Davvero?!” esclamò eccitato.

Annuì “È un inglese e sicuramente verrà vestito con lo smoking e il cilindro, in Inghilterra vanno molto di moda,  se lo vedi in giro portalo fino alla stanza rossa, così potrò parlarci. Hai capito?”

“Sì, sì, ma come è fatto? Come faccio a riconoscerlo?”

“Beh tu chiedigli se è inglese, se viene da Londra e se è ricco, se ti risponde di sì non può che essere lui”

Lui annuì “Va bene vado!” e così dicendo corse via.

Sospirò sollevata, sicuramente con il pandemonio che c’era non avrebbe mai trovato l’unico inglese della sala. Almeno quella insensata ricerca l’avrebbe tenuto occupato per un po’.

Si girò e si diresse verso la stanza rossa. Entrò e vide con piacere che Franky aveva fatto preparare dello champagne e della frutta fresca, tra cui c’erano i suoi adorati mandarini. Ne prese due e si sedette sul letto rivestito da pesanti coperte rosse. Iniziò a sbucciarne uno, perdendosi ad immaginare che tipo fosse l’inglese. Beh, non che le interessasse molto, l’importante era che fosse ricco, però se magari fosse stato un uomo piacente di sicuro non ci avrebbe sputato sopra. Dopotutto ci avrebbe passato il resto della sua vita.

Sospirò.

Era assolutamente certa che sarebbe caduto ai suoi piedi, nessun uomo le aveva mai resistito, ma con lui doveva fare un lavoro con i fiocchi: non doveva solo essere desiderata, doveva farlo innamorare di lei, era l’unico modo per tenerselo stretto a spillargli un po’ di soldi.

Si mise un spicchio di mandarino in bocca iniziando a gustarselo.

Non aveva mai fatto innamorare seriamente un uomo, ma loro ragionavano solo con quello che avevano nei pantaloni, quindi non doveva essere tanto difficile. Inoltre l’inglese veniva lì per fare sesso con lei quindi doveva incatenarlo a sé prima di cominciare.

Corrugò le sopracciglia.

Forse non sarebbe stato così semplice. Se andava a letto con lei probabilmente aveva pagato molte altre prostitute, forse era anche sposato.

Si infilò un altro spicchio in bocca.

Non aveva mai pensato a quella eventualità. Beh, un’occasione come quella non le sarebbe mai più capitata, quindi non aveva scelta, doveva riuscire a farlo innamorare di sé.

Stava ripassando qualche frase sdolcinata quando la porta venne spalancata da Rufy che spinse un uomo nella stanza.

“L’ho trovato Nami!”

L’uomo lo guardò male “Ma sei fuori di testa?!” urlò irato.

“Vi lascio da soli” disse Rufy sorridendo, poi chiuse la porta con un tonfo.

Rimase scioccata per qualche secondo, come diavolo aveva fatto a trovare l’inglese?

Lui si mise a posto lo smoking e la guardò.

Il cuore della ragazza accelerò frenetico. Quell’uomo era bellissimo.

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


Capitolo Quarto

16 Dicembre 1899, Parigi

 

Zoro si guardò intorno tentando si orientarsi in quel casino di gonne, smoking, sigari e cilindri. La sala da ballo era piena di gente che si dimenava al ritmo veloce del cancan. La musica della banda era assordante. Era seduto ad uno dei tanti tavolini disseminati intorno alla sala da ballo, uno dei più lontani a dire il vero, non voleva rischiare di essere trascinato lì in mezzo.

Robin si avvicinò a lui “L’hai vista?”

Lui scosse la testa, tirando fuori una foto dal taschino “No, nessuna traccia” riguardò per la millesima volta la foto in bianco e nero di una ragazza.

Era davvero bella: i capelli lunghi e mossi, dovevano essere biondi o rossi, il naso piccolo, le labbra carnose piegate in un sorriso accattivante, il viso con tratti dolci e un po’ infantili e infine gli occhi. I suoi occhi erano grandi e bellissimi, era sicuro che fossero di un colore raro e prezioso, ma quegli occhi erano cupi, terribilmente vuoti e tristi. Sicuramente aveva avuto una vita dura.

“Forse ti conviene cercarla nelle stanze” disse indicando il corridoio che portava alle stanze per un servizio privato.

Arrossì fino alla radice dei capelli “Io non ci vado là!”

Robin lo guardò con sufficienza “Vuoi trovare Portuguese o no?”

Sospirò, certo che voleva trovarlo ma passare per un.. un.. insomma era imbarazzante.

“Guarda che se non ci vai tu ci vado io”

La guardò male “Non se ne parla nemmeno”

Lei sorrise “Allora vai”

Grugnì infastidito e si alzò dal tavolo, scolò il suo bicchiere di rum e si diresse verso il corridoio. Si guardò intorno, quel corridoio era lunghissimo e curvava verso sinistra, sembrava un anello che circondava il locale. Dalle porte chiuse che davano sul corridoio arrivavano rumori poco equivocabili.

Grugnì, possibile che c’erano così tanti uomini disperati al mondo?

In quel momento un ragazzo moro sbucò dal corridoio.

Beh, da solo non l’avrebbe mai trovata.

“Scusatemi ragazzo”

Lui lo guardò “Sì, signore?”

Gli mostrò la foto “Conoscete questa ragazza? La sto cercando”

Il ragazzo sorrise felice “Voi siete inglese?”

Corrugò le sopracciglia “Sì”

“Di Londra?”

“Sì, ma perc..”
“E siete ricco?” lo interruppe.

“Come prego?”

“Siete ricco signore?”
Non capiva perché gli stesse facendo tutte quelle domande, ma rispose comunque “Non io, la mia famiglia”

Il ragazzo saltellò sul posto felice “Presto venite”

Lo afferrò e lo trascinò malamente per il corridoio, tentò di opporsi ma la presa salda del ragazzo gli stava stritolando un braccio.

“Ehi! Ma che diavolo stai facendo?!”

Aprì una delle tante porte e letteralmente lo buttò dentro. Ci mancò poco che non cadde rovinosamente per terra.

“L’ho trovato Nami!” esclamò il pazzo.

Lo guardò male “Ma sei fuori di testa?!” urlò irato.

“Vi lascio da soli” il ragazzo sorrise come un deficiente e chiuse la porta con un tonfo.

Si mise a posto lo smoking e alzò lo sguardo.

Rimase incantato da ciò che vide. Davanti a lui c’era la ragazza che stava cercando, ma sicuramente la foto non le rendeva giustizia. I suoi capelli erano rossi, come il colore del suo vestito decisamente troppo scollato, i suoi occhi tristi erano di un color cioccolato fuso. Sentì qualcosa sciogliersi in fondo allo stomaco.

Le sue labbra rosse si piegarono gentilmente in un sorriso, come nella foto.

Dio, era una creatura celestiale.

“Benvenuto al Moulin Rouge, signore”

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


Capitolo Quinto

16 Dicembre 1899, Parigi

 

“Benvenuto al Moulin Rouge, signore” disse sorridendo.

L’uomo la guardava affascinato, ci mancava poco che non aprisse la bocca per lo stupore. Beh, come inizio non c’era male.

“Mi scuso per i modi rudi di Rufy, ma è un bravo ragazzo” si avvicinò a lui curandosi di sembrare il più sensuale possibile.

Sembrò riuscirci perché lui deglutì leggermente.

Gli porse la mano “Mi chiamo Nami mio signore, e voi?”

Lui sembrò riscuotersi dalla trance, si tolse il cilindro e si chinò galante in un inchino prendendole la mano tra le sue. Vi poggiò delicatamente un bacio.

La ragazza si sentì attraversare da brividi di piacere, le sue labbra erano dannatamente morbide.

Sembrava un vero galantuomo. Forse, per una volta nella vita, era stata fortunata.

“Mi chiamo Zoro Roronoa”

Sentì un vuoto allo stomaco. La sua voce era abbastanza roca, ma con una tonalità decisamente sensuale.

Che diamine stava pensando?!

Si avvicinò al tavolino dandogli le spalle e prese un bicchiere “Volete un po’ di champagne?”

“No grazie, vorrei andare subito al sodo”

E al diavolo il galantuomo, aveva subito tolto la maschera.

Sospirò e si girò imbastendo un sorriso malizioso “Come preferite”

Si sedette sul letto lasciando che lo spacco del suo vestito lasciasse vedere tutta la gamba.

Lui tossicchiò imbarazzato.

Corrugò le sopracciglia, che fosse la prima volta che andava con una prostituta?

Sorrise, meglio di così non poteva andare.

“Perché non vi sedete accanto a me?” chiese accattivante.

“Ah.. eh.. beh..” i suoi occhi indugiarono per un attimo sulla scollatura del suo vestito “Preferisco stare in piedi”

In piedi?

Corrugò le sopracciglia, non sembrava il tipo da acrobazie, però molto spesso l’apparenza inganna.

Cercò di nascondere la sorpresa e si alzò “D’accordo come..”

“Ma voi potete stare seduta, non voglio che vi stanchiate”

Sgranò gli occhi. Che diavolo voleva fare? Contorsionismo? Trattenne a stento una smorfia. Probabilmente da un momento all’altro avrebbe tirato fuori il kamasutra, non sarebbe stata la prima volta.

Si risedette “Va bene, ma dovrete pur avvicinarvi” sorrise sperando di potergli far cambiare idea e andare sul classico. Era troppo stanca per fare certe cose.

Lui la guardò stranito per un attimo, poi sgranò gli occhi.

“No, no! Io non sono qui per.. per.. insomma per quello” balbettò imbarazzato.

Lo guardò stupita “Ma Franky mi ha prenotato un appuntamento con voi”

“Con me?” sembrava più sorpreso di lei.

“Sì, voi non siete il ricco inglese?”

“Emm..” si grattò la testa imbarazzato “Sono inglese, ma non direi che sono ricco”

Rimase a bocca aperta per qualche secondo, poi capì.

Quel deficiente di Rufy!

Imprecò, abbandonando del tutto la recita e mettendosi un foulard addosso, di sicuro non si vendeva per uno squattrinato.

“Allora chi diavolo siete? E cosa volete?” chiese ostile.

Probabilmente il poveretto non c’entrava nulla, ed era stato trascinato di forza da quel babbeo patentato, però era infuriata, per cosa non lo sapeva neanche lei.

“Sto cercando Portuguese”

Un campanello di allarme risuonò nella sua testa. Portuguese era il nome d’arte di Ace, se così si poteva dire, il suo vero cognome era Gold, ma questo gli sbirri non potevano saperlo.

“Siete un poliziotto?”

Lui la guardò negli occhi “Sì”

Si perse un attimo nel suo sguardo nero e profondo, come un cielo senza stelle.

Scosse la testa riprendendosi “Allora vi invito ad andarvene, signore”

“Nami, non sono qui per arrestarlo, ma per avvertirlo”

Corrugò le sopracciglia “Avvertirlo?”

Lui annuì “Non so in che rapporti voi siete con lui, ma se ci tenete alla sua vita ditegli di cercarmi, un uomo molto più pericoloso di me è sulle sue tracce”

Fece una smorfia “Cioè dovrebbe consegnarsi alla polizia londinese?”

“Con noi sarebbe molto più al sicuro, fidatevi”

Lo guardò con sufficienza “Glielo riferirò”

“Grazie, se avete bisogno di aiuto alloggio alla Locanda del Caffè” dicendo questo si rimise il cilindro in testa ed aprì la porta, si girò di nuovo a guardarla “Perdonatemi per l’equivoco, non volevo sembrare qualcun altro” poi uscì chiudendosi la porta alle spalle.

Si morse il labbro inferiore. Finalmente aveva capito perché era in collera: il secondo inglese che avrebbe varcato la soglia di quella stanza non sarebbe mai stato neanche lontanamente alla pari del primo.

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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto ***


Capitolo Sesto

17 Dicembre 1899, Parigi

 

Prese la saponetta e la strofinò sul braccio.

Si sentiva sporca, dannatamente sporca.

Era sempre così quando rincasava dopo aver passato la notte al Moulin Rouge, ma quella sera era peggio del solito.

Immerse le braccia facendo scivolare la schiuma nell’acqua ormai tiepida della vasca.

Dio, che schifo.

Passò alle gambe strofinando ancora più a fondo, sentiva il suo sudiciume dovunque, soprattutto nel punto più delicato. Continuava a passare la saponetta su ogni centimetro del suo corpo, ma le sembrava che quella schifezza che aveva sulla pelle non voleva saperne di andare via. Mollò la saponetta che con un lieve tonfo si depositò sul fondo della vasca. Iniziò a grattarsi via quella pellicola di sporco, vide con soddisfazione che quello schifo rimaneva sotto le sue unghie. Si grattò le braccia, le gambe, il ventre e anche la faccia, con una precisione maniacale senza rendersi conto che la vasca si stava lentamente tingendo di rosso.

Quell’uomo.. no, non poteva essere definito un uomo.. quell’essere orrendo e viscido l’aveva posseduta per tutta la notte, mai soddisfatto.

Le salì un conato di vomito sentendolo di nuovo dentro di sé, lo represse a fatica portandosi le mani alla bocca. Si era concessa a molti clienti nella sua vita, ma quella sera per la prima volta la concessione si era rivelata una violenza. Quell’essere non appena l’aveva vista le era saltato addosso come un leone famelico, senza convenevoli o presentazioni. Solo quando si era deciso ad andarsene le aveva detto il suo nome.. Absalom.. il Conte Absalom. Era ricco da far schifo ma avrebbe preferito morire che passare un’altra notte con lui. Purtroppo la fortuna non era dalla sua parte..

Cerco una moglie da molto tempo e tu sei abbastanza bella per diventarlo, ti pagherò qualunque cifra ma tu sarai mia.

Le lacrime arrivarono senza neanche chiamarle, appannandole la vista.

Perché? Perché la vita doveva sempre fare così schifo?

Si guardò le mani che tremavano senza controllo, erano rosse, come le braccia e le gambe. Guardò attonita lo scempio che aveva fatto del suo corpo Si era tolta la pelle, che ora galleggiava nella vasca insieme al suo sangue, ma nonostante tutto si sentiva ancora dannatamente sporca.

Fece un respiro profondo cercando di riprendere il controllo delle facoltà mentali.

Non seppe perché, ma il suo pensiero andò al poliziotto con i capelli verdi. Dio, avrebbe fatto carte false per avere lui al posto di Absalom, sicuramente non sarebbe mai stato selvaggio come quell’essere.

Rabbrividì al gelo che sentiva nel suo cuore sterile.

“Nami, va tutto bene?”

Sobbalzò sentendo la sua voce.

Fece un respiro profondo buttando in un angolo buio della sua mente la notte appena trascorsa, costringendosi a tornare alla realtà “Sì, torna a letto”

“Ma sei rinchiusa lì dentro da più di un’ora”

Effettivamente, dalla finestra che c’era nel piccolo bagno arrivava la flebile luce dell’alba.

“Ora esco, torna a letto”

“Ti preparo una cioccolata”

Fece per ribattere ma sentì i suoi passi incerti allontanarsi.

Sbuffò, quella testona, doveva stare a letto e invece ogni scusa era buona per girare nella casa ghiacciata. Uscì dalla vasca e si asciugò velocemente. Si infilò nella vestaglia e uscì dal bagno. Con quattro passi fu in sala, dove la vide armeggiare con un pentolino davanti al fuoco del camino. Quel minuscolo camino era l’unica fonte di calore della casa.

“Nojiko,” la riprese “il medico ha detto che devi stare a letto”

Lei si girò a guardarla “Quel medico non vale un soldo bucato, lo sai”

“Ma su questo ha ragione”

“E dai Nami sto bene” non appena finì quella frase un violento colpo di tosse la fece tremare, rischiando di far cadere la cioccolata a terra.

Nami si avvicinò a sua sorella e le sfilò il pentolino dalle mani “Ci penso io”

Lei annui mentre veniva scossa da un altro colpo di tosse.

Sentì un vuoto allo stomaco, aveva bisogno di quel trapianto al più presto.

“Presto ti porteremo a Londra, e verrai curata dal miglior medico al mondo” disse più a sé stessa che alla sorella.

Nojiko si abbandonò alla poltrona “Spero proprio che questo dottore valga tutta la sua fama”

“La vale, ha capito il male che ti affligge solo da una lettera”

Lei fece un gesto con la mano ad indicare che l’argomento era chiuso. Detestava parlare della sua salute e Nami la capiva fin troppo bene. Ognuno ha i suoi demoni, Nojiko aveva la sua malattia mentre lei i suoi clienti.

Rabbrividì rivedendo il volto dell’essere.

Si concentrò sulla cioccolata che ora le pareva abbastanza densa, la versò in due tazze che erano appoggiate per terra e una la diede a Nojiko.

Entrambe ne bevvero un sorso, fissando il fuoco che scoppiettava nel camino, perse nei loro più oscuri pensieri.

“Dovete smetterla” disse ad un tratto Nojiko.

La guardò corrugando le sopracciglia “Smettere cosa?”

Lei la fissò intensamente “Ace di rubare e tu di venderti, non mi merito i vostri sacrifici”

Il suo stomaco si annodò su se stesso “Nojiko, noi ti salveremo”

“Ma io non voglio essere salvata” i suoi occhi divennero lucidi “Non voglio che roviniate le vostre vite per me, dovrei farla finita e basta”

Si alzò di scatto ed andò ad abbracciarla “Non dire sciocchezze, se tu non ci fossi ne la mia vita ne quella di Ace avrebbero senso. Ti amiamo troppo per lasciarti andare senza lottare” disse con la gola secca.

Sua sorella non poteva morire, non poteva. L’unica persona al mondo di cui le importava era lei e non avrebbe permesso a niente e a nessuno di portargliela via, neanche ad una dannata malattia. Si sarebbe venduta altre mille volte ad Absalom pur di salvarla.

“Nami,” disse tra i singhiozzi “sono solo un fardello per voi”

“Shh” le sussurrò “Va tutto bene, vedrai che riusciremo a cavarcela anche questa volta”

Le accarezzò la testa, pregando qualsiasi Dio di non essere così crudele da portargliela via proprio ora.

 

ANGOLO DI ROGI

Nuovo capitolo, un po’ pesantuccio effettivamente, però dopo tutto la vita di Nami non è proprio tutta rosa e fiori, anzi.. Eh sì in questa fic Nojiko ed Ace stanno insieme, non so cosa ne pensate voi ma per me insieme sono davvero tanto carini =)

Lasciate qualche commento!

A venerdì prossimo!

Rogi

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Capitolo 7
*** Capitolo Settimo ***


Capitolo Settimo

17 Dicembre 1899, Parigi

 

Aspirò un tiro dal suo sigaro cercando di calmarsi. Un grave problema era sorto: Nami stava per andarsene. Franky gli aveva riferito che l’incontro con Absalom era andato bene e che quindi presto avrebbe avuto la somma per andarsene. Nami l’aveva avvertito infinite volte che prima o poi se ne sarebbe andata, ma visto che era sempre in canna per comprare le medicine alla sorella, non le aveva mai dato peso. Ma lui non poteva permetterle di andarsene.

Purtroppo aveva la polizia con il fiato sul collo e non poteva trattenerla con la forza. Quel detective con il sopracciglio arrotolato era alle sue calcagna da anni ormai, ma non aveva mai trovato delle prove per accusarlo. Però dannazione! Lei rendeva quasi la metà delle sue entrate! Non poteva perderla!

Fece un altro tiro, doveva trovare un modo per tenersela stretta, e al più presto.

Qualcuno bussò alla porta del suo studio.

“Avanti”

La porta si aprì gettando uno spiraglio di luce nello studio tetro “È  arrivato, lo faccio entrare?” chiese il suo secondo.

Appoggiò il sigaro al portacenere e si alzò dalla poltrona nera di pelle su cui era seduto “Sì”

Franky si fece da parte e poco dopo entrò un uomo alto e massiccio con una cicatrice che gli divideva in due il viso, con una guardia del corpo al seguito.

Superò la scrivania e si diresse verso il suo ospite.

Gli tese la mano “È un piacere conoscerla signor Crocodile” notò con un brivido che al posto della mano sinistra aveva un enorme uncino.

Cavolo, allora le storie che giravano su di lui erano vere.

Lui gli strinse la mano “Finalmente la incontro di persona” rispose lui sorridendo appena.

Già, trafficavano molta droga dall’Inghilterra alla Francia loro due, ma non si erano ancora incontrati di persona.

“Prego accomodatevi,” disse indicando la sedia davanti alla scrivania “cosa posso fare per voi?”

Crocodile si sedette “Avrei bisogno di un favore”

Si abbandonò alla sua poltrona “Ditemi pure”

“Vede, poco tempo fa sono stato derubato e delle voci mi hanno riferito che il ladro bazzica spesso in questo locale”

Non ne fu più di tanto sorpreso, giravano tutte le specie umane al Moulin Rouge.

“Cosa vuole che faccio?” chiese arrivando subito al punto.

“Dovete trovarmelo,” fece un cenno con la mano e il tizio con la testa rapata ed un viso inquietante si fece avanti consegnando una valigetta nera al suo capo “sono disposto a pagarla profumatamente” disse aprendo la valigetta sulla scrivania.

Ci mancò poco che non gli prendesse un infarto, quella valigetta era piena zeppa di sterline, con gli affari che non andavano al meglio quei soldi erano una manna dal cielo. Avrebbe trovato quel figlio di puttana ad ogni costo.

“Come si chiama?”

“Si fa chiamare Portuguese”

Non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto, meglio di così non poteva andare.

“Posso chiedervi cosa vuole farne di lui?”

Crocodile lo guardò in modo eloquente alzando un sopracciglio “Ucciderlo e riprendermi ciò che è mio, mi pare ovvio”

Riprese il suo sigaro e se lo portò alla bocca “Ve lo consegnerò ad una condizione”

Il viso del suo interlocutore divenne minaccioso “Sentiamo”

“Deve dargli la possibilità di restituirgli la refurtiva o di pagarvi in suo valore in denaro, o entrambe, come preferite”

L’uomo lo guardò per un attimo stupito “Perché volete che lo tengo in vita?”

Sorrise beffardo “Diciamo che aiuterebbe i miei affari, e di conseguenza anche i vostri”

Crocodile sospirò “Come preferite, gli darò due settimane ma non un minuto di più”

“Sarà sufficiente”

“Però sia chiaro, quando mi avrà dato il denaro morirà comunque”

Fece un gesto noncurante con la mano “Non è lui che mi interessa”

“Allora mi dica dove posso trovarlo”

“Oh farò molto di più mio caro amico,” ghignò “vi dirò dove si trova la sua compagna, credo che sarà un ottimo incentivo per riavere ciò che volete”

Crocodile sorrise di rimando “Sapevo di poter contare su di voi”

 

ANGOLO DI ROGI

Ta-Dan! Ebbene si hanno fatto l’entrata in scena i cattivi della storia, e non vi preoccupate si scoprirà presto chi è l’interlocutore di Crocodile anche se penso ci si possa arrivare facilmente ^^ (a non c’entra niente il sigaro con il personaggio, l’ho messo solo perché faceva scena XD). Bene spero che  vi sia piaciuto anche questo capitolo e mi raccomando commentate!! ^^

Ps: scusate per il ritardo ma ho avuto dei problemi assurdi di pc e di internet che non sto a raccontarvi perché se no vi annoio, sappiate solo che avevo l’istinto di prendere un ascia e abbatterla senza pietà sul computer u.u

Rogi

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Capitolo 8
*** Capitolo Ottavo ***


Capitolo Ottavo

18 Dicembre 1899, Parigi

 

Scoppiò a ridere fragorosamente “Davvero ti ha detto così?!”

Lei lo guardò male “Sì, e non dovresti essere così divertito” gli diede le spalle per mettersi un po’ di trucco allo specchio “Ha detto che un uomo pericoloso è sulle tue tracce”

“Idiozie”

Non avrebbe mai pensato che Roronoa sarebbe caduto tanto in basso pur di acciuffarlo.

“Mi sembrava sincero Ace,” tornò a guardarlo “se fossi in te mi guarderei le spalle”

“Andiamo Nami, ho solo rubato un collier di diamanti ad una ricca borghese, chi vuoi che ce l’abbia con me?” chiese incredulo.

Non riusciva a credere che una ragazza sveglia come lei fosse caduta nel trucco più vecchio dei poliziotti.

“Il marito forse, il fratello, l’amante, che ne puoi sapere tu?”

Scrollò le spalle “Senti secondo me era un bluff”

Lei sospirò “E se non lo era?”

Alzò gli occhi al cielo esasperato “Nami perché ti stai facendo tutti questi problemi?”

Assottigliò lo sguardo “Te l’ho detto, era sincero”

“Ti sarai sbagliata!”

“No!” esclamò stizzita “Riconosco quando un uomo mente!”

Scrollò la testa “Allora cosa vorresti che faccia?”

“Tu niente, io ci andrò a parlare”

Sgranò gli occhi stupito, faceva sul serio?
“Per?”

“Per sapere chi ti è alle costole, così possiamo cercare di evitarlo”

“D’accordo,” sospirò “tanto fai sempre di testa tua”

Lei sorrise mesta “È ovvio”

Qualcuno busso alla porta del camerino.

“Sì?”

“Nami, Absalom è qui!” esclamò la voce di Franky al di là della porta.

Nami rabbrividì sbiancando visibilmente. Inavvertitamente si portò una mano alla spalla e ci mise parecchi secondi prima di rispondere.

“Cinque minuti e arrivo”

Assottigliò lo sguardo e solo in quel momento si rese conto che aveva la pelle rovinata, come se fosse stata gratta via, e sulla spalla si intravedeva una macchia violacea sbucare dal vestito rosso.

Il sangue gli ribollì nelle vene “Chi è?” la voce tremava per la rabbia.

Lei lo guardò e vide che il suo sguardo era puntato sul livido. Lo nascose con una mano.

“Non sono affari tuoi Ace, ora vattene per favore”

“Nami” strinse le nocche fino a farle diventare bianche mentre i denti scricchiolavano, lo avrebbe pestato a sangue quel pezzo di merda “non permetterò che qualcuno ti faccia del male”

Lo sguardo della ragazza divenne ostile “Finiscila, voglio salvare Nojiko e non sarai di certo tu ad impedirmelo” si avvicinò alla porta e la aprì “Ora vattene, devo finire di prepararmi”

Grugnì non riuscendo a fare altro. Si erano scannati più volte su quell’argomento, concludendo sempre con un nulla di fatto. Tutti e due amavano troppo Nojiko per restare con le mani in mano.

Uscì a grandi falcate dal camerino, perché sapeva che litigare con Nami sarebbe stato inutile.

Uscì dal Moulin Rouge senza neanche accorgersene e si ritrovò a camminare per una strada buia ed innevata. Timidi fiocchi di neve scendevano lentamente dal cielo, posandosi sui suoi capelli corvini.

Cercò di smorzare la rabbia che aveva in corpo. Dio! Se avesse avuto tra le mani quel porco l’avrebbe fatto a pezzi. Avrebbe ucciso tutti quei maiali che si approfittavano di lei, che la pagavano per poter calmare i loro istinti più bassi. Quegli uomini gli facevano vomitare.

Inspirò profondamente cercando di calmarsi.

Era arrivato davanti alla casa delle due sorelle e mettere in mostra a Nojiko quella rabbia non era ciò che voleva.

Tirò fuori le chiavi dalla tasca della giacca e aprì la porta. Salì velocemente le scale nell’atrio e arrivò davanti alla porta dell’appartamento. Infilo un’altra chiave nella serratura ma la scoprì aperta.

Corrugò le sopracciglia, perché Nami aveva lasciato la porta aperta?

Spinse la porta facendola cigolare. La casa era avvolta da un buio tetro.

“Nojiko” la chiamò.

Sentì un fruscio e poi un punto che diventava rosso davanti a lui, doveva essere un sigaro.

“Buona sera Portuguese”

Qualcuno si mosse dietro di lui, non fece in tempo a voltarsi che un oggetto duro e pesante lo colpì alla testa facendolo stramazzare a terra.

Sentì una risata agghiacciante diventare sempre più indistinta “Io e te dobbiamo fare una bella chiacchierata”

Quelle furono le ultime parole che riuscì a sentire prima di perdere i sensi.

 

Diamine quanto odiava le scartoffie. Se avesse potuto le avrebbe bruciate tutte.

Si appoggiò allo schienale della sedia accendendosi l’ennesima sigaretta.

Davanti alla sua scrivania c’era una pila di fascicoli che avrebbe dovuto leggere, controllare e infine firmare.

“Dannata burocrazia” mormorò.

“Dai Sanji vedrai che puoi farcela”

Si girò verso il suo collega dal ciuffo azzurro che aveva alzato il pollicione “Sta zitto Franky”

“Come siamo suscettibili stasera” disse alzandosi dalla sua scrivania, che era proprio alla destra della sua, e avvicinandosi a lui “È successo qualcosa?”

“No, sto solo aspettando uno stupido inglese che è in ritardo”

“Chi i Roronoa?”

Corrugò le sopracciglia “Perché metti il plurale?”

Lui ridacchiò “Beh Zoro ha una partner che è la fine del mondo”

Alzò un sopracciglio “Davvero?”

Lui emise un lungo fischio come ad avvalorare la sua affermazione “Scusa non l’hai vista sui giornali? C’era una loro foto quando hanno arrestato Ener qualche mese fa’”

“Lo sai che non ho tempo di leggere i giornali”commentò.

“Comunque l’ho  vista al Moulin Rouge dal vivo, è uno spettacolo!”

“Allora è meglio se te ne vai, prima che capiscano che sei sotto copertura”

“Agli ordini!” esclamò facendo il saluto militare “A domani!”

Fece un cenno con la mano come saluto e lo segui con lo sguardo fino a quando non uscì dal loro ufficio.

Già, Franky era il suo partner. Era un tipo strano, ma ci teneva al suo lavoro fino a rischiarci la pelle in prima persona. Ormai lavorava come infiltrato al Moulin Rouge da tre anni, ma il fottutissimo capo non era ancora caduto in fallo. Gli affari loschi li gestiva sempre da solo e Franky non aveva mai trovato neanche uno straccio di prova che potesse incastrarlo.

Quel pezzo di merda.

Aspirò un altro tiro e lasciò che il sapore di nicotina gli invadesse la bocca. Erano gli unici istanti di serenità che poteva concedersi.  

Bussarono alla porta.

E al diavolo il momento di serenità.

Spense la sigaretta nel portacenere che ne conteneva già molte “Avanti”

Dalla porta entrarono due figure avvolte in pesanti cappotti neri.

“Lei è l’ispettore Sanji?” chiese una profonda voce maschile.

Si alzò riuscendo a guardare in viso i due sconosciuti. Si soffermò ben poco sull’uomo perché fu subito attirato dalla bellezza della donna. Fece un inchino prendendo la sua mano guantata e posandoci un galante bacio “Sì, sono io. È un piacere fare la vostra conoscenza”

La bella dea arrossi leggermente “Piacere, io sono Nico Robin”

L’uomo si mise in mezzo a loro due interrompendo il contatto.

Lo guardò in viso e vide che lo guardava con astio.

Fece una smorfia, oltre che partner era pure la sua donna. Che gran fortuna che aveva.

“Roronoa Zoro” si presentò senza tante galanterie.

Tornò a sedersi dietro la scrivania “Prego,” disse indicando le due sedie davanti a lui “Cosa posso fare per i miei colleghi inglesi?”

Odiava parlare in inglese, però suo padre gliel’aveva insegnato molto bene, ed era una scortesia parlare in francese con i suoi ospiti, dopotutto lui era un uomo di classe.

“Stiamo cercando un ladro che si fa chiamare Portuguese, sapete dirci qualcosa su di lui?” chiese con gentilezza Nico Robin.

Le sorrise, Dio che crimine mentire a un così bel fiore, ma di sicuro non poteva tradire il suo amico di infanzia.

“Umm, fatemi pensare un attimo..” fece finta di cercare di collegare quel nome a qualcuno “No, mi dispiace, questo nome non mi è familiare”

“Ne è proprio sicuro?” chiese Roronoa diffidente.

“Perché lo state cercando?”

“Un uomo molto pericoloso è sulle sue tracce” gli rispose Robin.

“Chi è?”

“Crocodile, è un trafficante di droga, ma voi potete conoscerlo come Mr. Zero”

Un tuffo al cuore.

Cazzo.

Merda.

Mr. Zero era in città da ieri sera.

“Perché è sulle sue taracce?” non riuscì a mascherare la preoccupazione.

“Portuguese ha rubato un collier di diamanti che gli apparteneva” rispose Roronoa.

Merda! Mr. Zero era andato al Moulin Rouge l’altra sera a parlare con..

Dannazione!

Si alzò di scatto e si mise velocemente il cappotto “Scusatemi, ma mi sono appena ricordato di avere un impegno, sapete dov’è l’uscita”

Così dicendo si fiondò fuori dall’ufficio e in men che non si dica era in strada che correva come un ossesso verso la casa di Ace.

Pochi minuti dopo stava bussando come un forsennato “Ace! Ace! Apri!”

Poco dopo la porta si aprì.

“Ciao Sanji!” lo salutò Rufy.

“Rufy, Ace è in casa?” chiese sempre più preoccupato.

“No è da Nojiko”

Non rispose e riprese a correre verso la casa di Nojiko che distava pochi metri. Non appena arrivò davanti al palazzo vide che il portone era spalancato. Il suo cuore fece un balzo.

Diamine!

Corse su per le scale ed entrò nella casa delle sorelle.

“Cazzo!” esclamò non appena vide la figura per terra.

Si fiondò su di lui e vide che aveva il viso gonfio e un labbro rotto. Gliel’avevano date di santa ragione.

Sperò di non essere arrivato troppo tardi.

Iniziò a scuoterlo “Ace! Ace! Svegliati!”

Sospirò di sollievo vedendo che l’amico riprendeva e lentamente conoscenza,

“Ehi come stai?”

Si guardò intorno stralunato, ma non appena mise a fuoco il suo viso lo guardò con un sguardo colmo di terrore.

Lo afferrò per il bavero della camicia “La presa! Lui l’ha presa!”

“Chi ha preso?” chiese senza capire.

“Nojiko!”

 

ANGOLO DI ROGI

No, non sono morta. Scusate per il ritardo ma ho avuto dei problemi in famiglia e non ero molto invogliata a scrivere, scusatemi ancora.

Tornando al capitolo, cominciano i guai per i nostri eroi, ma non vi preoccupate nel prossimo capitolo si capirà esattamente cosa ha combinato Crocodile e verrà svelata l’identità del proprietario del Moulin Rouge!

Alla prossima!

Rogi

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Capitolo 9
*** Capitolo Nono ***


9. Capitolo Nono

18 Dicembre 1899, Parigi

 

Si accese l’ennesimo sigaro, mentre attendeva che Mr. One completasse il suo compito.

Guardò intensamente la ragazza davanti a lui. L’aveva fatta legare ad una sedia, con le mani dietro lo schienale e le caviglie ben saldate alle gambe della sedia, lo stesso aveva fatto per il suo compagno che si trovava davanti a lei.

Inclinò la testa da lato continuando ad osservarla, piangeva sommessamente quasi come se non volesse disturbarlo con la sua disperazione.

Si alzò dalla poltrona e si avvicinò. Lei alzò leggermente la testa guardandolo terrorizzata.

Un piacevole calore gli invase le membra.

Sorrise, godeva troppo nel suscitare paura nei suoi ostaggi “Non avere paura, non ho intenzione di farti del male”

In fondo era la verità, lei gli serviva solo per poter usare Portuguese senza problemi. Ovviamente se lui non avesse fatto ciò che voleva doveva infliggere del dolore a quel piccolo corpicino.

Sembrava provata duramente, aveva il viso scavato, delle occhiaie profonde e un corpo magro, che in anni migliori doveva essere stato ricco di curve fascinose.

Le prese il viso in una mano e lei rabbrividì. La osservò attentamente cercando di capire quale male la affliggeva.

“Sei malata?” lei annuì, senza poter parlare, a causa del fazzoletto che le copriva la bocca “Lui ruba per te?”

I suoi occhi si velarono di dolore e calde lacrime le solcarono il viso bagnando anche la sua mano. Le lasciò il viso, quasi scottato da quel profondo tormento.

Lei abbassò di nuovo lo sguardo, tornando a guardarsi le gambe e singhiozzando senza rumore.

Il suo gelido cuore perse qualche battito.

La vita era davvero ingiusta. Portuguese aveva decisamente derubato la persona sbagliata. Lui non poteva dare segni di carità, altrimenti sarebbe stato subito mangiato dai suoi sottoposti, primo tra tutti Mr. One, che ormai riusciva a tenere a bada solo perché aveva minacciato di portargli via la sua donna.

Si lasciò scappare un lungo sospiro. Che lavoro faticoso era in suo. Certo, all’inizio si era divertito molto, ancora oggi godeva nell’essere temuto e rispettato da tutti, però ormai era stanco, era nel giro da troppo tempo e quel collier era il suo salvacondotto per una nuova vita. A fine lavoro avrebbe avuto così tanti soldi da scomparire lontano e vivere in pace il resto dei suoi giorni.

Un mugugno indistinto lo distolse dai suoi pensieri.

Si girò vedendo che il suo prigioniero si stava svegliando.

Spostò con poca grazia la sedia dove era legata la ragazza esattamente davanti alla sua, e tornò a sedersi alla poltrona.

La prima cosa che Portuguese doveva vedere era la sua donna, per mettere in chiaro subito chi comandava.

Dio, essere sadico gli riusciva troppo bene per potersi sottrarre. Era un talento, un talento che sapeva sfruttare al meglio per il suo lavoro.

Il ladro aprì lentamente gli occhi, ci mise poco a capire in che situazione si trovava.

“Ben svegliato Ace, posso chiamarti Ace?” chiese sorridendo.

Quel ragazzo gli sembrava molto astuto e furbo, se l’avesse conosciuto in altre circostanze probabilmente l’avrebbe preso con sé.

Ace guardò la sua compagna scioccato per qualche secondo, poi si voltò verso di lui rivolgendogli uno sguardo di puro odio “Chi diavolo sei?”

Socchiuse gli occhi. Aveva coraggio per parlargli in quel modo, ma ovviamente non l’avrebbe passata liscia per un tale comportamento. Tuttavia non l’avrebbe punito davanti ad una donna.

“L’uomo a cui hai rubato il collier” rispose pacatamente.

Lui sgranò gli occhi.

Già, il collier non si trovava in casa sua quando l’aveva rubato, ma da tutt’altra parte, però gli apparteneva, almeno per altri cinque giorni.

Esalò il fumo del suo sigaro e fece una pausa teatrale per lasciare che il fumo si disperdesse intorno alla sua figura “Mi sembra scontato dirti che lo rivoglio”

“Non ce l’ho più, l’ho venduto”

Già, ci avrebbe giurato.

“Mr. Zero” si girò verso la voce del suo secondo che stava rientrando nella sala con una valigetta “Li ho trovati tutti”

Gli porse la valigetta. La prese e la aprì.

Wow, quanti soldi aveva accumulato quel piccolo ladro. Prese in mano una mazzetta di franchi ed attese sadicamente la sua reazione.

Portuguese sbiancò visibilmente.

Bingo, ora si che aveva la sua attenzione.

Il viso del ragazzo si distorse in una smorfia di rabbia “Sei un bastardo!” urlò “quei soldi sono miei!”

Rise di gusto. Quel ragazzo aveva davvero molto fegato, peccato che ogni insulto gli sarebbe costato molto caro.

Si asciugò con la mano buona una lacrima di ilarità, sorridendo divertito. Davvero pensava di poter fare qualcosa contro di lui? Povero sciocco.

“Non è esatto Ace, quei soldi appartengono a chiunque tu li abbia rubati, ma ora sono miei. Dubito che andrai a sporgere denuncia, o sbaglio?” chiese beffardo.  

“Figlio di puttana!” inveì con rabbia.

Ah, come continuava a peggiorare la sua situazione.

Notò che la ragazza aveva continuato a piangere per tutto il tempo. Si avvicinò a lei e le asciugò le lacrime con un fazzoletto.

 “Non azzardarti a toccarla” sibilò minaccioso.

Lo guardò, sembrava un cucciolo di gatto che minacciava un leone famelico, così sicuro della sua forza ma così stolto da provare a contrastarlo.

“Se no cosa fai?” lo sfidò.

“Giuro che ti uccido” i suoi occhi si accesero come dei carboni ardenti.

Ci teneva davvero tanto a quella ragazza. Beh meglio, così era sicuro che gli avrebbe riportato il collier.

Sospirò “Non hai speranze mi dispiace” disse iniziando a sciogliere le corde che tenevano legata la ragazza.

“Cosa fai?” chiese angosciato.

Sorrise vedendo il suo sguardo terrorizzato, sapeva che gli stava portando via la sua unica ragione di vita e non poteva far altro che compiacersene. Provava un piacere intenso a possedere ciò che era più caro ai suoi nemici.

“Ora noi andiamo a fare un giro” disse pacatamente alla ragazza “Tu farai la brava vero?”

Lei annuì meccanicamente.

“No!” urlò mentre cercava di liberarsi dalle corde “Lasciala stare! È gravemente malata!”

Lo guardò senza provare alcuna pietà “Occupati di lui, si merita una punizione per avermi insultato” disse al suo secondo.

Mr. One annuì scrocchiandosi le dita.

Prese la valigetta con i soldi e si avvicinò al ladro, si abbassò al suo livello per guardarlo dritto negli occhi “Hai quattro giorni, o lei morirà”

Lui come risposta gli sputò in faccia.

Sentì il sangue ribollirgli nelle vene, ma non lo toccò. Detestava macchiarsi i vestiti di sangue, poi faceva fatica a lavarlo via. Si asciugò il viso con il fazzoletto. Prese il cappotto che c’era sull’appendiabiti vicino alla porta e lo mise sulle spalle della ragazza.

“Noi andiamo” la spinse verso la porta “Non metterci troppo” aggiunse per il suo secondo.

Poi uscì dalla porta sentendo il primo pugno scagliarsi sul viso del ladro.

 

Uscì dalla stanza rossa chiudendosi la porta alla spalle.

Ispirò profondamente assaporando con gioia l’aria che la circondava. Non si era mai sentita così libera in tutta la sua vita.

Absalom le aveva dato i soldi per andarsene dal Moulin Rouge. L’aveva minacciata di morte se non si fosse presentata da lui il giorno successivo, ma non le interessava. Aveva già calcolato tutto, quella notte sarebbe andata da Ace, e con Nojiko e Rufy avrebbero preso l’ultima carrozza della notte che portava alla Manica. Poi, non appena arrivati alla costa, si sarebbero imbarcati sulla prima nave per l’Inghilterra e sarebbero spariti per sempre. Absalom non l’avrebbe mai più trovata e finalmente avrebbero potuto pagare l’operazione a Nojiko. Era l’inizio di una nuova vita.

Si diresse verso l’ufficio del suo capo.

Dio, per quanti anni aveva sognato di sbattergli in faccia tutti quei franchi e di urlargli “Ora non ti appartengo più! Cane!” e invece ora non provava un briciolo di rabbia. Era solo felice di poter abbandonare quel posto per sempre. Rimpiangeva solo di non poter dire addio a Franky, era stato il suo unico amico in quel posto, ma quella sera non si era fatto ancora vivo.

Arrivò davanti alla fatidica porta e bussò senza attendere oltre.

“Avanti”

Aprì ritrovandosi nello studio buio del suo capo, illuminato solo da poche candele poste sulle sua scrivania.

Come sempre lui era seduto alla sua poltrona a contare tutti i soldi che aveva incassato. Aveva indosso la solita camicia bianca e sopra il solito completo nero che arrivava dritto dalla migliore sartoria d’Italia.

“Nami, a cosa devo il piacere?” disse facendole segno di sedersi sulla sedia davanti a lui.

Si avvicinò alla scrivania e depositò il malloppo che aveva nella borsa “Me ne vado”

I suoi occhi si infiammarono per un istante e Nami riprovò il terrore che l’aveva accompagnata per tutti quegli anni. Lui era spietato, se una delle sue ragazze non rispettava le sue regole si sarebbe ritrovata presto a faccia in giù nella Senna.

Lui prese i soldi continuando a guardarla, senza dire una parola.

Era difficile capire cosa pensasse ma sostenne lo sguardo, ormai lui non avrebbe più potuto farle del male “Sono tutti, non sono così stupida da cercare di fregarti”

“Lo so” rispose semplicemente “Ne sei proprio sicura?”

“Cos’è? Detesti gli addii?” chiese con una nota ironica.

Lui sorrise leggermente “Se devo dire addio a te, sì”

“Beh, mi dispiace, ma sono sicura” così dicendo si voltò dirigendosi verso l’uscita.

“Hai una settimana per tornare e riprenderti questi soldi, se cambi idea..”

Si voltò a guardarlo un’ultima volta, davvero sperava che sarebbe rimasta di sua spontanea volontà?

“Addio Arlong”

Poi uscì dallo studio chiudendosi la porta alle spalle.

Ce l’aveva fatta. Era libera.

Il suo cuore accelerò frenetico, non riusciva ancora a crederci. Non vedeva l’ora di dirlo ad Ace. Finalmente potevano andare a Londra!

Presa da una frenesia crescente iniziò a correre verso casa, corse come non aveva mai corso prima, felice e spensierata. Poteva finalmente godersi la vita.

Arrivò nella via dove abitava e stranamente vide Sanji correre dentro il portone di casa sua.

Corrugò le sopracciglia, cosa ci faceva lì Sanji a quell’ora tarda?

Poco dopo vide il poliziotto inglese con una donna alle calcagna fare lo stesso.

Ma cosa diavolo stava succedendo?!

Corse verso il portone e salì velocemente le scale.

“Mi hai mentito!” sentì urlare il poliziotto.

“Senti, Sherlock Holmes dei  miei stivali, vedi toglierti di mezzo!” sentì replicare Sanji.

Arrivò davanti alla porta di casa sua e la vide aperta.

Sanji e il poliziotto continuavano ad urlarsi addosso. La donna che seguiva Roronoa stava soccorrendo Ace che era per terra con la faccia malridotta. La sua casa era sottosopra.

“Cosa sta succedendo?” chiese.

Tutti gli occhi si puntarono su di lei.

Nessuna risposta. Il silenzio che seguì alla sua domanda fu assordante.

Solo in quel momento si rese conto che mancava una persona, la più importante di tutta la sua vita.

Il suo cuore accelerò i battiti intuendo cosa fosse successo.

“Dov’è Nojiko?”

 

ANGOLO DI ROGI

Allora so che Crocodile aveva inizialmente detto ad Arlong che avrebbe dato due settimane ad Ace, ma diciamo che ha cambiato idea per una buona ragione, che si spiegherà nel corso della storia. Crocodile forse mi verrà un po’ OOC, però volevo prendere il punto di vista di un cattivo stanco di fare il cattivo e spero di non devastare troppo il suo carattere, dopotutto magari anche i cattivi si stancano di fare il loro lavoro no?

Ebbene sì, il proprietario del Moulin Rouge è Arlong, ve lo aspettavate? XD

Come avrete potuto notare tutta la storia gira intorno al collier di diamanti, e devo ammettere che l’illuminazione per far funzionare la storia mi è venuta da poche ore XD

Bon che altro dire, spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo!

Recensite mi raccomando! Vorrei sapere il vostro parere =)

Alla prossima!

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