Don’t look at the world

di Mao_chan91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Ghost inside ***
Capitolo 3: *** 2.The dark side of the moon ***
Capitolo 4: *** 3.Broken Halleluja ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Don’t look at the world- You may cry now
[altresì nota come Shamandalie]


Note iniziali:
Tendenzialmente basata sul manga, ma tendenzialmente priva di spoilers. In questa fic ipotizzo che Al abbia di nuovo il suo corpo e le vite di tutti siano tornate serene. Più o meno.
Se volete una fic con personaggi lucidi ed affatto confusi, uguali a sé stessi, una storia d’amore stucchevole e serena, amore ricambiato, una coppia strana ingiustificata e non trattata in maniera realistica, questo è ciò che NON troverete qui.
Quindi, se vi va, leggetela.
Apprezzo immensamente i commenti, anche perché la fic non è ancora conclusa; incoraggiamenti ed opinioni fanno sempre piacere. Anche se non si può discernere molto dal prologo, spero deciderete di seguire questa fic mettendo da parte il presupposto della coppia e che potrete apprezzarla.
Non sarà molto lunga, ma composta di altri tre capitoli ed un epilogo; i capitoli saranno in terza persona e decisamente più lunghi del prologo.
La mia Beta-reader ci ha sul serio versato il sangue sopra. Si è tagliato stampando la fic per prendere appunti pezzo per pezzo: grazie (tante), Sìl-Sìl, per le informazioni per l’anima.
Se cedi anche un braccio o il tuo scalpo a Truth-kun potremo completare la trasmutazione di questa fic. Ops, che discordo stupido.
Oh, riguardo alla plausibilità dell’AlxWin (sì, rivelo tutto da ora…), c’erano graziose scene nel volume 11, uscito questo mese. Inoltre di solito Al si preoccupa per Winry quasi quanto Ed.
Ed entrambi litigarono per sposarla, quindi…trovatelo assurdo, ma io non lo trovo assurdo.
Anche se, è risaputo, parteggio per l’EdWin ed ho scritto una EdxRiza: nella vita si sperimenta tutto, eh.
E rendere plausibili coppie così è una bella sfida.
Okay, vi ho annoiati abbastanza. Leggete e, ribadisco, apprezzerò immensamente un commento! è_é;



Prologo

Perché alla fine lo sapevo, che la sua testa non sarebbe mai stata del tutto piena di me.
Lo sapevo, che non ero, tra loro due, che il terzo incomodo, quello ingombrante.
Ed era anche divertente, alle volte, fare battute concitate, deriderli gentilmente per non scaricar loro addosso la mia desolazione in quella situazione.

"Al, la cena è pronta!"

E’ adorabile sentire la sua voce chiamarmi senza impronte dissestate a renderla un eco equivoco, un folto scintillio biondo che si volta senza guardarmi.
Senza far sembrare che stia chiamando lui e non me, lui ed i suoi occhi del colore dei miei, ma che ai miei preferiva.

Io e lui eravamo una combinazione di colori identica, ma se lui era rosso vivo io ero, in contrasto, un ceruleo amabilmente scolorito. Scarni residui di cielo in un tramonto significativo.

Pacato, conciliante e di poco risalto, senza passione né disperazione, solo l’amaro conforto di fratello devoto e vittima contrita.

Perché non chiama me. Non cerca me, nei miei occhi, ma affoga in un mare di ricordi così denso che a volte potrebbe soffocarla.

Di sbieco, mi guarda dalla soglia di casa, un guizzo incolore degli occhi mentre mi scruta avida ed infelice.


Si sente confortata perché non me ne andrò mai via, ma nel contempo sono un qualcosa di soffocante, per lei, io e quello che rappresento. La persona che rappresento.

Non vorrei pensarlo, ma Dio, quanto lo detesto!

Per colpa sua lei mi ama ed odia così tanto…

-

Continua nel [capitolo 1.Ghost inside]

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Capitolo 2
*** 1. Ghost inside ***


Don’t look at the world- You may cry now

1.Ghost inside


You have taken away the trust
you're the ghost haunting through her heart
Past and present are one in her head

(Restless, Within Temptation )

Ed è spaventoso, sai. Che i morti risorgano, in questa casa. Ma non lo dirò. Non lo dirò mai.

-

Ha sempre pensato che Winry fosse di un biondo molto, molto più grazioso e convincente di quello suo e di nii-san.
Un biondo che cattura gli occhi in maniera semplice, e non stanca come il loro, troppo abbagliante.
Soprattutto quello di nii-san, che lo era in maniera incredibile. Ed altrettanto incredibilmente sfregiava gli occhi, a vita.

"Grazie per il tuo aiuto in officina anche oggi, Aru-kun."

Si sente affaticato quando lascia le mani scendere sul divano stancamente, vicine ai fianchi, in un realistico gesto casuale.

"Mi fa piacere farlo, Win. Hai delle spalle così deboli per fare un lavoro così…" ridacchia scrollando il capo con somma ironia.
Lei falsa un espressione di disappunto portandosi le mani sui fianchi in una posa sbarazzina ed assolutamente adorabile.

E guardi me, Winry? Me o lui?

Gli fa sul serio una grande tenerezza, ma si sento un invalido con una sorta di parafrasi facciale, perché sorride sempre senza tenerezza né rancore. Perché non c’è più niente, in lei.

"Non provocarmi, o patirai le pene dell’inferno!" lo minaccia ella tirando brevemente su un sorriso più largo d’ogni possibile risata, e con esso liberando dalla manica l’avambraccio tonico e serrandolo ad evidenziare una muscolatura inesistente.

Questo è diverso da come avrebbe agito con Ed, ed è per lui una benedizione in molti sensi; ad Ed avrebbe lanciato una chiave inglese in testa, non mostrato il braccio.

"Scusa, scusa." Al chiude gli occhi levando le mani in segno di resa, giocoso.

Lei ride un poco e poi abbassa lo sguardo, incerta; avanza lentamente e poi si ferma; avanza lentamente e poi si tortura le mani in grembo.

[Qui crolla il sipario, e le macerie seppelliscono i burattini. Ed il primo a venir sepolto è il fantoccio che più si è impegnato. Quello più stanco.]

Al resta interdetto e sulle sue, poi allunga un braccio, e con esso accompagna la sua mano a sé per un breve tratto, finché lei la rifiuta tremante e stringe gli occhi quasi a sangue, scuotendo il capo con sufficiente impeto da stroncarsi la gola.

C’è qualcosa di incredibilmente violento, nel suo rifiuto per lui e la sua presenza, in alcuni momenti.
Qualcosa d’incontrollato e convulso, irrefrenabile tensione al passato, che li rende felici, e che una volta volti al futuro gela la luce e la calma nella stanza.

Il disgusto per la mia simulazione inerte e poco convincente. Non rendo nulla più semplice se non tento di essere come lui, giusto?

"Ehi, cosa c’è, Win?"

E forse le servirà qualcosa.

Lei osserva il suo viso solcato dalla preoccupazione, e decide che è abbastanza così.

Forse capirà che io posso servirle a qualcosa.

"Al…Al, io…"

E capirà che può chiederlo a me, quel qualcosa.

"Dimmi."

E' dura per tutti, Win, sai. Ma addolcirmi la giornata con questa voce morbida può solo rendermi contento.

"No, non ha senso…"

Farò qualunque cosa ti sia necessaria.

"Win", la invita lui con una sorta di gentilezza corrucciata, "se non mi parli e ti confidi a cosa posso servirti?"

Posso vivere per te, se lo vuoi. Ma almeno parlami, Win.

Lei sgrana gli occhi, attonita.

"Ma non devi mica avere un impiego materiale, con me. Io…ti voglio bene, sei qui per questo."

Hai centrato il punto, Win. Solo che il tuo ti voglio bene è diverso dal mio amore. Tanto, tanto diverso.

"…allora?"

"E’…è stupido…"

"Win."

"…beh, senti, se…se io ho freddo e sono triste posso…posso venire da te?"


Questo lo sconvolge e scioglie in profondo affetto, per il quale allunga ora entrambe le braccia; la avvolge in sé e prende sulle ginocchia, senza sdegno o imbarazzo, che frena sul nascere.
Solo presenza mite e carezzevole, e vorrebbe farla scomparire dentro il suo petto per nasconderle tutto il resto della casa e poi tutto il resto del mondo, che è per lei una crudelissima fonte di inviti ad andare alla luce del sole a vivere, a spaventarsi, a soffrire.

Ha uno spassionato bisogno di fare tutte queste cose per lei, lo sa bene, e solo il timore di soffocarla lo spinge a raddolcire ulteriormente la presa alle sue spalle, ma non per questo rendendola meno solida.

Perché Ed si è portato via tutto.
Al, lei, i frammenti lacerati di quanto ha strappato, senza cura nel lavarseli via. Così qualcosa l'ha seppellito con sé e le sue ossa.

Qualcosa che si agita ed è davanti ai loro occhi ovunque si trovino.

Sapessi la stanchezza, nii-san, sul serio. Mi sento infinitamente più vecchio dei miei vent’anni.

Sente il viso accartocciarsi ogni giorno di più, senza cura, senza sforzi, perché non gl’interessa più niente, se non lei.

Non che m’illuda di poter fare un’esigua differenza, non sul serio. Ho perso da tanto tempo la speranza di ottenere qualcosa da lei. Nemmeno l’ho mai preteso, questo qualcosa.

Lei respira piano e poi geme e si stringe le labbra tra i denti ed è tanto, tanto felice in quel caldo strangolante ed oblioso che le nega la vista completa del corpo che la stringe. Ed è spaventata. Teme. Rischia.

"Scusa, io non…io non lo faccio per qualcosa, è…più forte…di me."

Tantissime cose sono più forti di lei, ora come ora. Troppe.


Sai, ti voglio un bene troppo spassionato per poter pretenderti, sul serio, Win. Altrettanto ne volevo a nii-san, e mai macchierò il suo ricordo facendoti pressioni o facendoti soffrire.

"Ma se tu hai…paura, io posso essere sempre qui. Non serve scusarti. Io voglio essere sempre qui, se posso esserti utile."

"Al…"

"Winry." la chiama poi, una nota scusa e seriosa intinta su viso e labbra "Senti, Wìn. Se lo vuoi, restiamo qui."

Lei balbetta un poco e getta indietro il capo, confusa.

"…q-qui?"

"Qui. Sempre. Così vedrai che resterò. E non dovrai più avere paura, a poco a poco. Mai più."

La osserva mordersi un dito tremante, ed abbracciarlo, forte e affranta.

E non c’è miglior ringraziamento del suo respirare farsi più quieto quando crolla il capo, la fronte sulla sua, con un breve sorriso scuro.

-

Il suo nii-san è morto in una giornata fredda, sotto l’odore di foglie secche dell’ospedale bianco.

Era autunno quando Ed era nato, gemendo a gran voce ed accettando a malincuore il latte materno.
Era autunno quando Ed e Al erano partiti, senza troppe chiacchiere né consolazioni.
Era autunno quando il sorriso di Winry era sorto splendente tra le sue labbra splendenti, al loro fatidico, salvifico sì– ed era sì, è finita; sì, siamo salvi; sì, siamo tutti qui. Sempre, sempre tutti qui. E sì, voglio passare la vita con te.
L’autunno generò la vita, ma l’autunno divenne la stagione dei morti, nella loro testa.
La morte del suo nii-san che ha annientato quanto di positivo ci fosse nel loro piccolo e sudato mondo, fatto di fatica e sorrisi gentili.

Nulla che la malattia di Ed non sia riuscita a sterminare in poco. Lei non aveva pianto, Al lo ricorda bene.
Si era stretta la pancia con occhi freddi e puro odio diluito in uno sguardo dolce mentre guardava prima le proprie mani strette al ventre, poi la bara che cadeva giù e lo allontanava sempre di più da lei.

Alla notte strangolava le urla più dolorose contraendo muta la mascella, senza fare rumore, senza svegliarlo.

Era venuto a stare da lei senza speranze, senza una vita.
Lei aveva vacillato, perso l’amore di una gioventù e l’uomo dei suoi ultimi anni.

Era venuto ad aiutarla senza un’occhiata, solo una porta sempre aperta da cui sgattaiolava fuori per non vederla uccidersi.
Lei aveva evitato di singhiozzare, perché il dolore per il suo piccolo corpo era stato troppo atroce per permettere di esternarlo ancora, di emettere suoni così patetici...

Era venuto lì per salvarla.
Lei aveva affogato il suo ventre in un cordoglio troppo salato, e perso il suo residuo di Ed in forma di bambino in un aborto spontaneo.

Aveva perso il suo nuovo, piccolo e denso di speranza, Ed.

Non sono mai utile. Perdo sempre, contro la vita. Ti sei uccisa. Lo hai ucciso. Ti sei uccisa nuove volte, sorridendo senza emozione e sorridendo per me, con me.
A nulla è valso osservare i tuoi sonni inquieti, perché anche io ti ho ucciso, e continuo a farlo.
E non sono riuscito a fare nulla, per te.


-

E’ una settimana che sono lì in casa e lui non ha rimorsi.

Senza troppe domande un gentile vicino di casa ha acconsentito a fare loro la spesa per diversi giorni, e nemmeno c’erano domande da porre agli occhi acquosi e sporgenti sull’un tempo grazioso e ora emaciato visetto di Winry.

Nessun dubbio che fosse molto, molto malata e bisognosa delle cure continue di Alphonse e che quindi nessuno dei due potesse uscire di casa, e giorno dopo giorno, nello sbiancarsi della loro pelle, scorgeva quietamente anche un aumento della loro desolata serenità.

Una serenità tombale.

Deve provare compassione per noi, per me…
Una così giovane vedova ed orfana che ha passato tante disgrazie, e questo poveraccio del cognato che la guarda con manifestissimo affetto e le sta accanto ad assisterla sempre, sempre, senza che nessuno glielo chieda.
Dovere morale, lo chiameranno. Amore servile. A senso unico.
Ma per me è tutte queste e nessuna di esse.
La mia grande cecità.


"Sono contenta." sussurra ancora e ancora lei, cercando di convincere tutti e nessuno, sé stessa inclusa.

E’ diventata una sorta di cantilena. Una preghiera.

Perché se dice di essere felice, lo sarà davvero.
E lui capirà che apprezza il suo sforzo. E capirà che tutto questo li farà impazzire entrambi.

L’ha già realizzato dal momento in cui ha accettato di perdere il sole e il mondo, concentrando tutta la sua esistenza in quel corpicino ingrato e non più piacente, memore di un passato travagliato e che di esso porta ancora salate cicatrici.

I sorrisi sono l’ultima difesa dalla barriera che la sorregge entro il crollo; perché se esplicare il risentimento la renderebbe più debole, farlo pronunziare ad altri per lei concretizzerebbe la cosa.

E per il momento, ancora per un po’, tra quelle stanche mura ed Ed, vogliono solo sognare, sognare un po’ prima di svegliarsi e urlare al risveglio. E’ quanto osino chiedere alla vita.

-

Continua nel [capitolo 2.The dark side of the moon]



Note: Stranamente, mi sono decisa per pubblicare questo capitolo presto. Spero sia lo stesso per il prossimo, ma da lì in poi non so cosa dire, perché non so decidermi di una versione adeguata del terzo capitolo e dell’epilogo dopo mille e mille modifiche.
E vi prego di fare attenzione al punto che Win è totalmente a pezzi, a volte è più visibile ed a volte meno.
Questa Win è un personaggio che diventerà, uhm, estremo. Ma non anticipo nulla, ovviamente.
Grazie al beta-readeraggio di Onda, risulta già un filino meno a pezzi del previsto, ma è perfettamente nella mia testa che la sua reazione al dolore priva di lacrime pubbliche sia logorante per la sua persona e la renda più facile al crollo ed inerme.

Sorridere senza sentimento è sempre doloroso quanto inutile.
Spero non sia risultata una divagazione, se lo è stata vi prego di perdonarmi, ma trovavo importante precisarlo ^^;.

Già che ci sono, replico anche alle recensioni, in ordine di arrivo:

mao92: E’ una AlxWin per modo di dire, direi; non potrà che essere più chiaro con l’avanzare dei capitoli. Spero che anche il primo capitolo risponda adeguatamente alle tue aspettative.

jacky_dragon: Mi rende molto felice il fatto che ti abbia coinvolta a tal punto. Personalmente questa fic mi ha portato, più delle altre, via un pezzo di cuore in ogni frase.
E’ stata una pena scriverla, ma sono felicissima che riesca a toccare il cuore anche ad altri.

Siyah: Ehm. Non so quanto potrà averti soddisfatta in quanto ad alleggerimento questo capitolo, rispetto al prologo ^^;, avevo precisato che a prologo ed epilogo sarebbe toccata una scrittura in prima persona; la mia terza persona è sempre più pesante, ma sinceramente meno pesante di altre mie fic.
Spero non risulti faticosa da seguire. Concordo in pieno sul discorso riguardo al rapporto odio-amore tra fratelli; nemmeno io sono figlia unica, e la parte dell’odio la capisco bene.
Anche se non nel determinato ambito trattato in questa fic, visto che non ho sorelle ma fratelli.
Puoi giurare sul fatto che la frustrazione di Al non mancherà mai, perché qui è una parte importantissima del personaggio. Per il confronto con Ed, ehm, penso sia visibile già da questo capitolo, ma a parte a livello mentale, un confronto in persona è logico che non potrà esserci ^^;.
Sono lietissima anche qui che ti sia piaciuto il prologo e spero potrà piacerti anche questo capitolo.

Onda: Oh, non ho voglia di sprecarmi a rispondere anche a te, noiosona.
Sappi solo che non merito alcuna delle tue buone parole e che ora c’è un patto di sangue tra te e Truth-kun. E’ ciò che conta, uh. Magari sarò più fantasiosa al prossimo capitolo.

A quello, dunque, mia fida beta-reader.

ValHerm: Mi fa piacere sentirmi dire queste cose da un’altra fan dell’EdWin; dando io per scontata la canonicità dell’EdWin, trovavo assurdo non evidenziare la rilevanza di Ed nonostante tutto.
Ovviamente, spero di non deludere neanche te.

Oh, andrò in crisi da prestazione. Ma mi fanno tanto piacere questi commenti, dunque NON smettetela XD;.
Al secondo capitolo!


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Capitolo 3
*** 2.The dark side of the moon ***


Don’t look at the world- You may cry now

2.The dark side of the moon

There is no dark side of the moon, really.

As a matter of fact, it's all dark.
The only thing that makes it look light is the sun.

(Eclipse, Gerry Driscoll - Pink Floyd)




Pregustare l’ambito risultato renderà sì più calcolati e lucidi i singoli passi, ma anche più dolorosi, perché consci tanto di quello a cui condurranno quanto di quello che potrebbero perdere per una mossa troppo azzardata.
Parlare al presente di quello che non si possiede può rovinare tutto.

[Ed ho fatto un errore.]

-

E’ mattino ed una smorfia stanca si contorce sul volto di lui, mentre sale le scale a portarle la colazione su un vassoio.

La luce è pallida e le imbratta ancora di più la pelle di un bianco così falsato ed intenso da parer pronto a scrostarsi, come un secondo strato di pelle. E’ la sua nuova barriera difensiva.

Al sente, con un brivido angoscioso tra lo sterno e la gola, che non manca molto perché un semplice mettere il naso fuori di casa la bruci e logori come solo le assenze hanno saputo fare, indebolendola con gli anni.

Dorme senza espressioni più nitide d’una curva leggera di labbra, lei, con la camicia da notte larga e a pieghe sulla vita sottile.

La stessa che ha portato in gravidanza, nota lui.
Un richiamo ad un ricordo felice, morbido e mai visto. Un secondo involucro, e lei non ha più pelle né cuore, solo altri strati di carne inerte.

Buffo. Aveva tanto odiato quell’indumento– ma certo non la condizione in cui l’aveva indossata.

L’aveva sempre trovato troppo scomodo e troppo corto sulle gambe. Se dovessi andare ad aprire la porta così vestita, diceva lamentosa, come farei?

Ma lui è entrato, e sente che non si scomporrà nemmeno troppo.

Ciononostante, si allontanerà per concederle un placido sonno ancora lungo, senza imporle la sua esistenza come ricordo di quella loro penosa, nuova, vita.

Dopotutto, ha ancora il sacrosanto diritto di tenere gli occhi chiusi finché lo vuole, e così sarà, senza dubbio.

Quasi a sfregio di quel pensiero innocuo, Winry apre un occhio mentre lui posa il vassoio sul tavolino da lavoro, e lo scruta di schiena, stanco e curvo e vecchio, d’una senilità cui l’ha lei stesso condotto, senza rimorsi.

Resta in silenzio e non lo chiama a voltarsi, lo segue solo con lo sguardo.
Vi è un angoscioso aggrapparsi a quell’immagine scivolosa, nel suo sguardo abbagliato dalla luce, e si sente compassionevole verso questa sé stessa così miserabile ed incapace di allontanarsi da un affetto né di avvicinarlo più di un minimo.

Così pigra–e non vuole più soffrire, e non vuole più guidare nessuno con la sua luce spenta, e non vuole più alzarsi e scottarsi al sole.

Non vuole più tollerare il minimo dolore.

Al la sente, senza parole, fissandola di sbieco. E’ come se lo chiamasse, cercandolo quando sono a pochi e sottili passi l’uno dall’altra.

E vuole illudersi che non la veda…

Lo cerca inconsapevolmente con occhi avidi e lucidi, allunga le braccia piano piano come una bambina che vuole essere presa in braccio, poi ci ripensa e si adagia più mollemente che mai sul letto, perché lui la guarda, ora, e se anche non le vedesse il viso, vedrebbe la sua nuca reclinata sul petto, che non si concede il riparo del cuscino per non dormire più.


Nemmeno in questo senso lui se la sente di arrogarsi il diritto di ferirla sostando lì a lungo, se Winry vuole ignorarlo un poco, ma alla fine si costringe e sussurra piano, senza parole non bloccate da un nugolo di aria pesante in gola.

"Vuoi che vada via?"

"…no."

"Vuoi che resti qui?"

"Sempre."

Nemmeno alzano la testa per incontrarsi di propria volontà.

Lui si limita a sedersi al ciglio del letto senza guardarla oltre, intrecciando saldo e incerto le dita alle sue, per molte ore.

-

Non hanno mai smesso di lavorare, in questi giorni.

E’ sempre stata e sempre sarà un’ottima, sacra distrazione da tutto il resto della loro vita.

Non hanno smesso di ricevere i clienti in casa quando Ed è morto, né quando lei ha perso l’agognata maternità, dunque non c’è motivo di farlo ora, nella loro testa. Alcun motivo.

Congedano l’ultimo cliente del giorno senza un sorriso, ma un semplice sbuffo affannoso, perché era un ragazzino non molto alto che ha fissato a lungo, quasi sconvolto, i loro visi devastati, poi scrollato le spalle compatendoli in silenzio.

Aveva un silenzio simile a quello di Ed, e questo li ha fatti leggermente sobbalzare, perché lo hanno pensato entrambi.

Così disilluso ed egoista, senza riserbo né energie da convogliare nel compatire anche gli altri.

A me mancano entrambe le braccia, era parso suggerir loro con gli occhi, seccato, e voi che scusa avete, per essere così tristi?

Già. Che scusa abbiamo per essere tristi?

Lui la guarda vacuo riporre gli ultimi attrezzi in un cassetto, poco scossa e molto ansiosa.

Quel suo cambio di respiro così pesante a quella visione a lui non piace, non piace per niente.

Ed è ovvio, così sorprendentemente ovvio…

Perché ogni giorno perdiamo qualcosa…

Alphonse riflette per pochi e grevi istanti lo sguardo incerto di lei nei suoi occhi.

La osserva tentare di tirar su un labbro, ma pare lo trovi pesante e affilato come una mannaia, e non ci riesce.

Le si avvicina, alto su di lei, e timidamente le posa un dito sul labbro inferiore, tentando, per qualche disperato momento, di risollevarglielo a forza, ma è davvero pesante, e lei si scosta in breve, interrogandolo mite e terrorizzata.

"Cosa cercavi? Cosa stavi cercando?"

"Qualcosa che non c’è più." ribatte lui mesto nell’allontanarsi pian piano, più tardi vergognoso nell’aver toccato, pur se senza strani intenti, qualcosa che non è suo e che è stato più e più volte di suo fratello.

…e non manchiamo di averne colpa.


-

Il caldo è borioso nel prendersi gioco di loro, afoso e sconcertante.

Sono stanchi e lei al risveglio si sta dirigendo in cucina, lenta e con le spalle mestamente curve, senza attenzione.

Preparerà la colazione e siederà un poco da qualche parte, fissando la finestra, la pioggia bruciante che potrebbe liquefarla e quindi eviterà. Non desidererà la pioggia. Non desidererà il mondo, non ora, non per molto.

In un momento che è precipitato in un limbo vorticante, e non è né in terra né in cielo. Né esiste.

Queste sono le sue intenzioni, mentre cammina e le prude un poco un fianco coperto dalla lunga maglia del pigiama; si volta, rotea gli occhi ed è in trappola.

Questo è troppo, troppo crudele…

La porta della stanza da letto conduce aria filtrata da una finestra un poco schiusa.

Aria che rinnova.

Non era un errore da Al, sempre così attento ed apprensivo.

Non può essere stato Al.

Deve essere opera di qualcun altro. Sì, qualcun altro.

Posso aò essere stato Al.

Deve essere opera di qualcun altro. Sì, qualcun altro.
verlo fatto io e poi dimenticato? Sì. Di certo è così.

Le caviglie le si piegano debolmente, ma stringendosi stentatamente al muro non cade e avanza, avanza e le pareti sono bianche nell’intimità quieta.

Il letto grande, le foto incorniciate sulle pareti e posate sul cassettone, rilucenti la soffocano.

No, non le piace, non le piace per niente.

E’ una morsa carbonizzante alle dita, che preme allo sterno mentre forza un sorriso debole e ignavo.

Il tutto ha qualcosa di sacro ed inviolabile e corrotto nel contempo, in un miscuglio che le risulta devastante.

Convulsamente inizia a graffiarsi il collo e sorride ancora, di un sorriso troppo esteso per essere reale che è solo una smorfia ben costruita.

E ci sono dei passi, passi così familiari che irrompono nella sua mente, e chiude gli occhi per immaginare un istante, nella stanza che è stata sua e di Ed, sua e dei suoi genitori, il marito gentile che le si accosta di lato perché non gli piace prenderla alle spalle, e le strappa un gradevole bacio con un paio di dita posate sul suo ventre gonfio e che poi vi scorrono sopra, e le sorride senza muovere le labbra, perché lui è fatto così, tante volte, troppe volte.

Ma chi è giunto è solo Al che le strappa il polso dal collo irritato e rossastro per chinarglielo su un fianco, non più la gentile e mansueta presenza che era, ma di essa semplice relitto d’un dorato opaco.

No, non è Ed, ma questa non è una buona ragione per voltare interamente il capo e sopportare il suo sguardo penoso e disdicevole sulla mano con cui non si feriva ma si sfiorava da sola il ventre vuoto; si sottrae alla presa decisa ad affrontarlo, senza vergogne.

"Perché la finestra era aperta? La porta era aperta?" si scompone, e lui scuote piano la testa senza nuova magnanimità, ma troppa fiacchezza.

"Perché la stanza stava invecchiando. L’ho dimenticata ieri sera, mi dispiace."

"…non mi piace, questa stanza."

"No, infatti. Non ti piace." sorride brevemente, scuotendo la testa e sfiorandole la testa con le dita in un banale tentativo di rassicurarla.
Mille e mille volte Ed aveva accarezzato così la testa di entrambi, ma la sua presa era sempre stata più salda e decisa ed –almeno in questo– inconfondibile.

E non lo vedi, che fare questo mi costa tantissimo, ma per te sono pronto a farlo?

No, evidentemente lei non lo vede, questo.
Vede solo una stolta prevaricazione ostentata e si innervosisce massimamente, poco contegno rimastole a fronteggiare il sarcasmo senza energie di lui.

"La adori, ma non ti fa bene entrare qui. Mi dispiace, sul serio. Non dovevi entrarci."

"…"

"Win, sul serio, scusami."

L’aria si congela, mentre lei incrina il momento in cui è –ed è stata– debole e poco incline all’opposizione a causa delle sue morbide abrasioni mentali, socchiudendo gli occhi seccata.

"…non mi piace che tu faccia così, Al. So badare a me stessa."

"No, Win. Non direi proprio."

"…se anche fosse, non lo decidi tu!"

E pare riacquisire l’antico ardore d’indole, gonfiando il petto tronfia e rabbiosa.


"…sì, hai ragione."

Ma la di lei fiamma si spegne pian piano, velata in uno sguardo incerto e perso nei ricordi.

"…comunque, per un istante…sai, ho pensato che fossi Ed."

"Ah."

"Mi…mi capita. Solo che, non so, lo sapevo che non eri lui, lo sentivo…"

"E’ normale. Lui non c’è." ribatte con delicatezza lui, ma una tempia inizia a pulsargli in maniera piuttosto fastidiosa "E poi noi avevamo mille differenze, lo sai…"


"Avete mille differenze. E sì, hai ragione. Lui, quello scorbutico. Di poche parole, rabbioso…tu sei sempre stato quello…buono e amabile."

"Dici?" inarca un sopracciglio lui, senza interesse, fissando distrattamente la finestra ancora aperta.
Potrebbe essere ora di chiuderla, quella finestra. E quella porta.

Sarà seriamente una scelta da meditare a fondo.

"Oh, sì." si intenerisce lei sollevando le guance in una smorfia graziosa "Sorridevi tanto e in maniera gentile…"

"…e credibile?" suggerisce lui con un sorrisetto mai parsole così falso e collerico.

"…come?"

"Pensa ai tuoi, di sorrisi, Win. Pensaci." le propone morbidamente, una curva fredda disegnata dalla contrazione delle palpebre "E pensa anche che forse, tra me e Ed, non ero io quello migliore. Pensa che non lo sono mai stato. Pensaci, sul serio. Ho sempre perso, nelle cose importanti, contro di lui."

"No, sei…più bravo, più forte, più…"

Dovresti smetterla di parlare al presente, Win. E di essere convinta di farlo con cognizione di causa, anche.
Non ha senso.


"Quelle non sono cose importanti. Chi hai scelto, alla fine?"

"Al, questo non…" lei esita, brevemente. Ma troppo a lungo comunque.

"Oh, sì che ha senso. Ma non voglio turbarti con questo. E non hai mai pensato che, forse, fosse lui a migliorare me e non viceversa? Il supporto più forte? Così abbagliante da far apparire anche me migliore di quanto non fossi? Perché Ed aveva i suoi magnifici ideali e bontà che io assecondavo, in quel fottutissimo corpo di latta, e lui era così buono e poco grazioso che io non avrei potuto evitare di essere altrettanto perfetto, no?" prorompe acido lui, e non c’è più nulla di male che non le abbia detto. Gli resta solo da mostrarlo ed odia, odia profondamente Ed anche oggi.

Non aveva mai desiderato né osato sperare che lo scordasse, dopotutto.
Perché lui stesso era stato forte nel reggere quello, ma lei non aveva visto che il proprio, di dolore, la propria parte crudele e da assecondare, mentre lui, sempre buono e gentile e piacevole, non aveva mai avuto forza di riportarla alla realtà; solo di assecondare lei e il suo egoismo.

E voglio che tu ami e conosca il peggio di me, ma questo non è possibile, vero? Non posso fare sempre scelte giuste.

"No, non…"

E’ arida e sprezzante, spietata, la risatina bruciante di lui che gli risale alla gola e suona profondamente disumana tra le sue labbra cortesi.

Si piega un poco sullo stomaco e ride, ride a lungo sino ad avere le lacrime agli occhi; poi li asciuga senza un sorriso, e quando può guardarla dall’alto la scruta, sperduta e scoraggiata con le dita tra i denti.

Odia Ed e sé stesso mentre le accarezza la mano in un tocco leggero che le da i brividi e cui lacrimando ella si sottrae; i suoi occhi sono azzurri, limpidi e liquidi, ma, soprattutto, non più fiduciosi.

Ma vedi, io posso fare questo. Posso fare questo e odiare me stesso come odierei Ed, perché io sono Ed, giusto?

"Oh, sì. Scusami se rido, ora, Win, ma io sono tanto, tanto peggiore di lui. Più cattivo. Egoista.
C’è tanto male in me, che in lui non c’era. Ho dei desideri personali. Ho dei desideri che non fanno il bene del prossimo. Voglio, ho voluto, te, che gli appartieni ancora e senza esitazione e per sempre sarai sua.
La mia unica carità è stata quella di nascondertelo con calma, ma è stato per non farti allontanare, non altro.
Anche se non credo abbia rilevanza, nel tuo mondo.
E scusami se me ne vado, Win. Ma contro di lui, contro di voi, perderò sempre. E niente avrà più senso. Non ce la faccio più, è troppo anche per me, che sono buono, tento di essere buono e di buono non ho niente.
E ti prego, non sforzarti più di essermi affezionata e tutto. Non credo proprio di poter sopportarlo ancora. Perché non sai niente e non vedi niente con chiarezza."

Questo non puoi curarlo, Win. Non in me.
Sai, dopotutto, ti voglio bene lo stesso. Apri pure gli occhi la prossima volta.

Ciao, Win.

-

Note:Il nostro piccolo e mansueto Al sta per impazzire. Abbastanza normale, dopotutto.
E la storia sta per raggiungere la sua fine. Un altro capitolo, l’epilogo e sarà conclusa.
Un piccolo appunto che è doveroso fare, però, è che questi primi capitoli erano già lucidi e pronti da postare non appena avessi avuto del tempo.
Il prossimo è pronto, ma necessita di una revisione accuratissima, qualche censura (sono un tipo pudico, io. Insomma, quel capitolo giustificherà il rating della storia.) e poi sarà pronto.

Solo che, ehm, non so quando.
Al momento, la mia ispirazione è rivolta soprattutto ad una nuova fic dal pairing inusualissimo giustificata solo dagli eventi dell’altra mia fic cui è collegata (nonostante con i dovuti preamboli possa leggersi comunque separatamente), Rewrite. Non la leggerà nessuno, suppongo, ma pazienza, la mia ispirazione ed il mio cuore sono lì ^^;.
Quindi se questa pubblicità occulta vi avrà incuriositi, mi auguro vorrete leggerla.
Aggiungerò nel mio account, assieme ai progressi nelle altre mie fic e nella succitata (Erase), anche i progressi ufficiali nell’avanzamento del terzo capitolo di Don’t look.
Se vorrete, potrete tener d’occhio lì la situazione.
Ringrazio sommamente quelle creature di buon cuore che mi commentano e chi ha messo me/le mie fic tra i suoi preferiti. Anche se molti di quelli fanno questo, per strane ragioni, non commentano, li ringrazio comunque.

Replico, al solito, ai commenti qui di seguito (e, come al solito, non rispondo al commentone di Onda. Ma risponderò al prossimo, visto che non l’ha ancora letto del tutto ed è nella stessa condizione dei cari lettori) :

Siyah: Direi che ti resta solo da verificare quanto Win potrà diventare estrema. Nel prossimo capitolo, soprattutto *spoiler*. Grazie per la comprensione di quelle creaturine in polvere che sono diventati i due X3;.


ValHerm: Sempre lieta di essere tormentata a suon di recensioni, almeno quanto sono lieta di verificare che quanto scrivo comunichi emozioni. E che lo comunichi anche ad una buona “EdWinner”.

Kaho_chan: E’ prerogativa di questa fic, ormai, trasmettere maggior empatia e pietà verso Al piuttosto che Winry. Buffo ma vero. Dopotutto, lei ha una sorta di incoscienza e qualcuno che bada a lei.
A lui spetta un ruolo impotente anche se, come avrai visto in questo capitolo, alla fin fine non può essere sempre buono anche lui. Oh, un’altra persona da non deludere. Grazie per la fiducia e per apprezzare questa fic assurda.

Setsuka: Ma guarda un po’ chi si rivede ^^. Potresti precisarmi quelle che sono le “imprecisioni a inizio capitolo”? Giusto per correggere, sai, visto che non ho ben capito cosa intendi ^^;.
Anche perché qui tra i commentatori ci sono delle prodi EdWinner, non conviene entrare in merito della questione Winry in questo ambito. Anche se mi commuove sul serio sentirti apprezzare la Winry di questa fan-fiction. Detto da una persona che comunemente la odia, ha molto valore. Grazie per aver messo la fic tra le preferite, anche. E mi fa tanto piacere che tu possa apprezzare il linguaggio, l’atmosfera, la trama ed i personaggi (un po’ tutto, quindi).
Per non arrossire e concludere lucidamente le note, ti ringrazio ancora e chiudo qui.


-Aggiungo inoltre che, essendo molto significative le citazioni in inglese a inizio capitolo, se a qualcuno tornasse utile la traduzione, basterà farmelo sapere nei commenti, ed accluderò volentieri al prossimo capitolo la traduzione di tutto ciò che ho citato fino ad ora.

Detto questo, mi congedo. A presto, spero (o per meglio dire, se l’ispirazione lo permette).




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Capitolo 4
*** 3.Broken Halleluja ***


Don’t look at the world- You may cry now

3.Broken Halleluja

I've seen this room and I’ve walked this floor
I used to live alone before I knew you
I've seen your flag on the marble arch
but love is not a victory march
it's a cold and it's a broken hallelujah

(Halleluja, Jeff Buckley)


-

Ha camminato percorrendo uno spazio che gli è parso largo miglia e miglia, scattando al piano di sopra a gettare scompostamente i suoi vestiti nella valigia aperta; poi si è fermato, seduto sul letto e ha sospirato.

C’è qualcosa di consumante nelle sue tonsille, qualcosa che trema nelle sue spalle e schiena robusta, ma la ragione in lui seda ogni rivolta; congiunge le mani, posandovi il viso stanco ed aspramente contratto.

Si alza e lo specchio riflette la sua immagine, le sue spalle basse e la camicia sbottonata, il viso rosso e scivoloso, le sopracciglia fissate alle palpebre, le labbra aride.

Lo specchio è rotto ed è perfetto così. Non vuole vedere altro.

E non ci sarebbe futuro lo stesso. Io non l’avrò, un futuro. Sono sciocco. Sciocco ed egoista.

Trema un poco e si accorge di stare seriamente pensando troppo; verranno giorni migliori per pensare a questo.

Ora ci vuole solo una dissestata, tremula, sconvolta, ardua decisione, nulla di più, nulla di meno.

Ed il corpo è certo e disinvolto, nel richiudere di scatto la valigia, ma qualcosa si contrae nel suo stomaco al pensiero di una ragazza ossuta rannicchiata in un angolo, polvere ad intaccare, in patina densa e sconvolgente, la serenità di uno sguardo diritto e coinciso. Confusa.

E’ piegata e morirà sola.

Ed è davvero questo,quello che voglio? O voglio restare qui per fuggire dai sensi di colpa?
O per qualche altra stupida ragione?

Nemmeno il corpo è più un valido sostegno, e la mano che tende alla porta ricade in breve al suo fianco, senza volontà di fare altro.

Questo è perché la amo.

Chiude gli occhi, inspira profondamente e nulla è cambiato.

Sarà un ragazzino senza spina dorsale mai pronto a slacciare quella sorta di cordone ombelicale che lo ha reso –lo rende– succube di quella tela molle e densa di aria viziata. Su di essa, lei tratteggia e scandisce i minuti della sua vita con maestria ed un vincolo impenetrabile al Cielo.

Anche lei è lì, perché vivere lì è vivere con lui, no? Meglio di quest’imitazione. Meglio delle nostre bugie.

Questo è quanto li separi, in pochi passi e tanti mesi. In una vita dall’irrisoria durata, in un regno senza né un re né una regina, ma stanchi sudditi che alla rinfusa si accalcano per esistere senza una guida o un pensiero logico.

E’ fermo e la sua rabbia è quanto di più sincero abbia serbato in seno per anni e anni: va al di là delle pulsioni fisiche quando l’acqua della doccia scrosciando la bagnava e lui era fuori dal bagno per coprirla all’uscita, quando i suoi occhi non lo vedevano e le serviva una guida, alla morte di Ed –e lei non piangeva ma nemmeno viveva–, sinuosa al tastarla sopra all’accappatoio, soffice e miracolosamente viva; al di là delle parole povere di passione che aveva dovuto pronunciare, senza espressioni ma ansia al funerale fraterno–vita precocemente strappata, fratello adorato, marito amorevole e scusatela, non ce la fa a parlare o non potrebbe più mantenere la calma e lo abbiamo amato–; al di là dell’ho seguito te e seguirò ora lei per sempre e grazie per avermela affidata.

La sua rabbia non è calcolata ma è spontanea, sincera, sciolta da ogni vincolo morale e immorale che la leghi a lui–e non conosce alcuna morale, dopotutto–, ed è stato buono ed una persona nuova e perfetta e piena di pregi ed insopportabile.

E l’unica cosa che avrebbe potuto ottenere, sarebbe stato di allontanarla prima e mettersi al riparo da tutta quella pressione.

Mai deluderla, mai parlarle, mai evitare lo sguardo avido e setacciatore di segni di riconoscimento sul corpo meno esile e minuto –ma scavando sino all’osso, almeno il sangue sarebbe stato lo stesso.

[E dunque avresti potuto amarmi, almeno per questo. Ma non sono nemmeno una buona imitazione.]

E allora non farti più vedere,smettila di gettare all’aria ogni cosa che costruisco. Lasciami una vita.

[Ma nemmeno la cerco, una vita differente. Non c’è futuro e lo so, io lo so benissimo.]

Futuro erano bambini che non avrebbero mai visto la luce, bambini che non avrebbero mai giocato alla luce, bambini sperduti e bambini che semplicemente non vogliono tornare a casa, anche se la strada la conoscono benissimo.

Bambini come lei, come loro due. Come quelli che lui non avrebbe mai potuto avere.

Non ha voglia di pensarci nuovi istanti rispetto a quanti ne abbia sprecati a ripetersi che era giusto così e che era Ed l’unico uomo per lei e che le sue gentilezze erano cortesie e non significavano niente. Così come nullo è il pensiero di soffrire come uomo manchevole solo perché non avrebbe mai potuto avere figli dalla donna che amava, la donna che non avrebbe mai potuto essere sua come non si era mai nemmeno vagamente arrischiato a fantasticare.
Era soprattutto perché il problema ce l’avevano lui e il suo corpo.

Forse a pensare a lei tanto ed in questo modo, finirò per avere davvero un problema col mio corpo. Meglio riabbottonare questa camicia e i pantaloni nemmeno lo avevo notato, che la lampo era rimasta tirata giù da quando sono stato in bagno. Dio, questo è equivoco.

La risata genuina che genera a sfregio tale e tormentoso pensiero è breve e soffusa e non manca di spegnersi quando si appresta a rimetter mano alla valigia, indugiando; e non ci sono nuove ragioni di alzare la testa, mentre incomincia a gocciolare sulle finestre e pensa che forse lei verrà a chiedergli riparo e conforto dai tuoni e lui potrà chiederle scusa, abbassando la testa e tutto resterà uguale.

E’ sempre strato uno stramaledetto, dannoso –per sé stesso, per tutti–, ottimista.

-

E lei, assurdo ma vero, alla fine è arrivata sul serio.

E' arrivata con passo lento e quasi atto a scavar fosse anziché impronte, stringendo timorosa la maniglia della porta e senza osare guardarlo in viso o semplicemente respirare forte.

"Ti prego."

Ed il suo esordio è stato quello che lui si aspettava, dopotutto. Anche se non piangerà per i tuoni come una certa bambina soleva fare quando lui e il fratello restavano a dormire da lei e fuori l’acqua scrosciava violenta.

Suonano come spari, aveva usato dire loro; nessuno dei due fratelli aveva avuto cuore di rifiutarle un riparo da qualcosa di così terribile nelle sue orecchie, durante i temporali.

Ed e Al si adeguavano sul divano, in caso la zietta non avesse tempo di preparar loro un letto, come spesso capitava in quei giorni, in cui c'era da rimetter subito dentro il bucato e far entrare il cane in casa e cose del genere.

Così le facevano spazio tra di loro, e Ed le tastava la testolina chiara in cerca della parte più sensibile da confortare e scoprendo che avrebbe fatto prima a stringerla tutta, per farla smettere di tremare; e le ripeteva che non doveva essere stupida e temere qualcosa che non poteva ferirla, mentre Al, con un sorrisetto breve e morbido, capiva, prima di lui e del suo orgoglio, che in effetti era calore quello che le serviva. Così le abbracciava teneramente le spalle, incurante dello sbuffare geloso del fratello, che finiva per dare loro la schiena e, nel farlo, adagiarla a quella di lei. Senza cedere al sentimentalismo venale, la scaldava comunque e lei lo aveva sempre trovato più che abbastanza.
E più significativo delle celeri ed affannose intuizioni di Al.

"Ti prego.
"

Perché mi supplichi? Ho valore, ora? No, ora no. Soprattutto non ora. Non sono stato giusto con te e non lo merito.

"No." la fredda seccamente, scattando in piedi con disinvoltura a chiudere al valigia su cui ha indugiato così a lungo.

Ed è una tortura, averla lì davanti, con quelle dita intrecciate e scorticate dalle unghie incontrollate, averla lì con quegli occhi sgranati e fissi su di lui, percettibili con la chiarezza di un tocco anche senza guardarli.

Lo scrutano, cingono e soffocano.

E vorrebbe dimenticare tutto. Perdonarsi qualcosa e perdonare anche lei.


E' stanco di starsene chiuso lì con lei come suo unico universo ed aria. Specie considerando quanto problematica ed angosciosa sia questa convivenza. Specie considerando che lei è problematica.
Specie considerando che se quando alza gli occhi la vede così leggera e serena, deve ammetterlo, si fa spazio in lui un sublime desiderio di toccarla che è tanto tangibile nelle sue membra quanto disgustoso nella sua testa.

Perché sarebbe farle violenza.

"Non andare via."

Perché non avrebbe significato.

"Non andrai via, vero?"

Perché lui la ama, ma lei non ama e basta.

E quando lei gli si scaraventa addosso umida di tante cose –pianto sanguigno sulle labbra bagnate, per lo più–, gli si preme contro stringendoglisi ai gomiti e volgendo la nuca al suo viso, tutta un tremolio, lui lo capisce, lo capisce benissimo che sono anni che sbaglia tutto e che, giunti a questo punto, riportarla completamente in sé sarà più arduo che mai.

"Winry, non…" balbetta, chinando lo sguardo al suo, incerto, ed è una visione terribile: una maschera di carne e dolore senza dignità.

"…fare così, non toccarmi così, lascia…"

"Sarò perfetta, te lo prometto. Non desidererai più nulla perché da me avrai ogni cosa."

Non ce l’ha sul serio, la forza di scansarla di peso: non nella sua testa. Prova puro fracasso tra le spalle che si irrigidiscono, mentre lei, serrandosi più forte alle sue braccia, si alza sulle punte dei piedi ed ingoia le lacrime che le si frenano tra i denti, mischiandole a sudore e saliva, riversando tutto il sudiciume che ha in sé tra quelle di lui e che lui accetterà senza sgarbo né odio, disperata, violenta e totalmente succube di sentimenti senza vita.

I suoi occhi logori sono ciechi quando rivolti a lui, come se la retina si fosse consumata in una vecchiaia che, di fatto, le è totalmente estranea.
Ma il corpo non da altri segni di rigetto, limitandosi a seguire quella sua perseveranza malata nello stringerlo lì, anche a costo di trattenerlo per i piedi, di farsi calpestare, fracassare la testa.

Intreccia le dita alle sue e lo spinge, senza incontrare salde opposizioni, sul ciglio del letto vicino a loro, ove lui ne allontana con forza il viso per mordersi liberamente le labbra, frustrato e senza un minimo residuo di quella dannata potenza e meccanicità di mosse e corpo che sono state sue da armatura.

Lei lo spinge ancora e gli si inarca addosso, sospirando forte ed altrettanto forte facendo scattare il petto ampio; pare indietreggiare con una scossa del fianco, socchiudendo gli occhi, ma si limita a prendere tra i denti l'orlo vicino al pube della sua camicia per tirarla su e muovere la lingua sul suo ventre.

Tiene il capo lì per un poco –e strangola i sospiri, il giovane Al, tutto rosso e scivoloso e turbato-, poi si costringe a guardarlo con un breve sorriso a decorarle il visino scolorito.
Non accetterà un ‘no’, Winry. Non accetterà di essere di nuovo sola.

Perché le attese sono logoranti. La solitudine annienta.

La morte spezza la quotidianità, ma, facendo parte del corso della vita, i tralci strappati si riavvolgono pian piano tutti all'originale sanità mentale dell'individuo e tutto torna come prima, anche senza desiderarlo. Succede e basta, perché la morte è un dato di fatto.


La vita no. Quello che gli occhi non vedono, che non possono vedere solo perché troppo distante, no.

Ci si uccide da soli.

Ed è una prospettiva che fa terribilmente paura.

"Oh, Ed. Ed, Ed, caro, adorabilissimo nii-san…" borbotta Al alzando gli occhi al soffitto senza minimamente tentare di dissimulare il malcontento delle iridi feline; lei lo osserva curiosa, seguendo goffamente il corso dei suoi occhi "Forse avrei dovuto tentare di trasmutarti, di riportarti in vita. Forse non avrei fallito. Forse mi sarei almeno privato di questo strazio di vita con questa tua donna disperata. Niente più desideri o dannazioni." lui dice brevemente; la sua voce trema mentre, respirando in maniera accanita, le strappa con disinvoltura la presa sulla sua camicia.

Lei stringe forte le labbra. Morde le labbra. Le sfrega l’una con l’altra, impaziente.

"…mi odi?"

"Non lo so nemmeno io. Forse…forse sì. Sì, potrebbe essere. Ne avrei il diritto, no? Sei egoista."

"…sì. Ma non importa."

"…sai, forse avrei dovuto tentare di riportarlo in vita sul serio. Per te. Per questo finale degno di un sadico e totalmente penoso cui siamo arrivati. Ma io l'avevo accettato, dopo tutte queste cose, di essere inutile in questo senso. Anche se forse saresti stata più felice senza nemmeno un Ed con te. E stai facendo questo per toglierti un peso dalla coscienza, Win. Vuoi continuare ad essere egoista?"

"Va bene così."

"Degenererà ogni cosa. Tutto quello che abbiamo costruito in questi anni."

"Sono molte le cose che non abbiamo più. Non essere paranoico. Lui è morto. Ma ci sei tu. E' l'importante." mormora lei socchiudendo gli occhi mentre allunga una mano ad accarezzargli il viso.

"Bella scoperta."

Convincine te stessa prima di cercare di convincere me.

"…ti amo da tanti anni, lo sai. Ti ho aspettato tanto. Quindi, resta con me."

Per non restare sola, Win. Perché la solitudine sa di nuovo abbandono. E perdere me è perdere Ed due volte. Tre volte contando il bambino.
E non le sai mantenere, le promesse. Non se io e Ed rientriamo nella stessa frase.

[Ma non rientrate nella stessa frase, no? Lei non sta facendo nomi.]

Sa benissimo che cose non devono, non possono assolutamente andare così, e questo gli è chiarissimo, perché è tutto stupido e senza ragione.
Ed è solo un istinto animale e deve ricordarselo bene, nonostante una forte urgenza inizi a pulsare dentro di lui, che chiude gli occhi e si frena desolato per allontanarla con una rinnovata forza in corpo: si sente scoppiare.
Perché lui vuole esserci sempre, vuole lei, ma vuole sul serio una sua identità come Alphonse Elric, non come Edward Elric.


La vuole.

E’ vero che è quello, ciò che vuole, ma non lo ha mai preteso. Né mai lo pretenderà.

Abbassa il capo in avanti, chiudendo gli occhi e respirando a fondo, in un sospiro che però trova quiete tra i suoi seni che non vuole vedere ma che il suo viso tasta con un battito degli occhi.
Ed è una morbidezza inquietante ed un conforto durevole, un respiro che entra direttamente nel cuore di lei.

Si sforza di allontanare il capo, riprendendo fiato, l'un tempo fiero e saldissimo auto-controllo vacillante.

E' così stanco, così stanco...

"Win…Win, tu non mi ami. Ripetilo con me, perché è così. Non-mi-ami."

Guardami, Win. Ehi, guardami, per una volta!

Inutile. Ancora quegli occhi che gli fanno un po' paura, sopra quel decorativo sorrisino spento ma incrollabile.

"Che cosa stupida, certo che ti amo."

Non mi ascolti, eh? Ma io sto parlando con te.

"Cosa?" mormora lui atono, scuotendo piano la testa per quanto distante possa tenerla da lei "Il fatto che vuoi svendermi il tuo corpo per legarmi a te e a questo posto? Trattenermi qua a morsi? Tu non mi ami. Nemmeno mi guarderesti -non lo stai facendo, Cristo-, se potessi, e se lo fai non vedi me. Ed è terribilmente crudele, da parte tua, Win. Vattene, ora."

Allontanati, dài. Non è un tentativo così scarso. Mi stai ascoltando, vero?
Perché non dai segno di starmi ascoltando? Perché non mi parli, non pronunci frasi lunghe ed articolate?
Sto parlando con te, Win. Parlami.

Rispondi!

Winry abbassa la testa su di lui, serenamente ignorandolo, raggiungendo le sue labbra una nuova volta.
Lui allunga le braccia tremanti ad allontanarla, stringendo forte gli occhi, e digrigna i denti.

"…Win, smettila! Se lo fai ancora giuro che ti faccio male e non voglio, ma mi stai facendo a pezzi, non hai un minimo di…"

Lei alza la testa e sbatte le palpebre con lentezza inquisitrice, trapassandolo con gli occhi chiari.


"Cioè, non intendevo…Win, è che io…"

"Guarda che tu vuoi questo, io lo so. Quanto sei stupido. E' un'altra di quelle cose che dovresti dirmi a parole più che farmela capire, ma non importa. Sei sempre lo stesso." sorride ancora di più, Winry, pizzicandogli una guancia.

Ed alla fine lui lo realizza pacatamente, il punto della questione.

"Io…"

Lei non sta parlando con lui.
Non fa il suo nome.
Pian piano inizia a parlargli come parlerebbe ad Ed.
A comportarsi come si comporterebbe con Ed.

E' pronta ad amarlo per un po', come avrebbe amato Ed per una vita.

"Winry, tu...mi stai ascoltando?"

"Certamente, Ed. Certamente."

Alphonse sospira piano e chiude gli occhi.
Sì, lo sta ascoltando. Sul serio.

O quantomeno lui il suo buon tentativo l'ha fatto. E non è più forte di così.
Ma quel nome…

"…‘Ed’?"

"Sì, Ed. Con chi dovrei stare parlando, in questa casa, se Al è morto, amore mio?"

Alphonse trema. Si piega.
E poi si spezza, nel giro di qualche secondo. Però è già pronto a rialzare la testa, con uno scricchiolio doloroso ma necessario.

Ma non cambia, il volto di Al. Questa non è che l'ultima stilettata a straziare quella poltiglia informe da rimuovere che è il suo cuore.
O forse il suo cervello, non sa dirlo con certezza.

Non cambia più niente. E' come una frustata d'acqua: dapprima ti sorprende, poi ti scivola addosso e basta.
La assorbi, anche se sei più freddo di prima.

E meno pronto al compromesso.


E' ora di porre fine a tale strazio, e sa bene come farlo, dopotutto. Al diavolo la morale e il cervello!

Al diavolo la bontà, perché tutte queste lacrime indecenti e senza senso che cercano di scivolargli giù dagli occhi acuiranno soltanto la sua inadeguatezza e la sua frustrazione.

Non voglio più essere una brava persona, dopo tutte queste prese in giro. Voglio essere felice.

[O che almeno il mio corpo lo sia.]

E mi stai ascoltando, vero, Win? Mi ascolti quando dico queste cose? Perché io queste cose le ho dette, sai. A te.

"…va bene. Se seguirai la mia condizione, ti prometto che resterò."

E mentre il respiro di entrambi si fa più affannoso, lui realizza infine che ai suoi occhi e a quel qualcosa cui non vuole dare un nome che ha cominciato ad agitarsi dentro di lui, non potrà davvero più opporsi.

Forse…forse ho sempre desiderato di portargliela via, dentro di me. Di essere migliore di lui in qualcosa.

E’ l’ultima possibilità di tirarsi indietro, non importa a chi tocchi.

Volevo avere qualcosa anch’io…volevo sentire qualcuno pronunciare il mio nome prima del suo.

E Winry inclina la testa di lato, serenissima nell'annuire.

Lui scuote la testa, avvicinandosi una mano di lei, rigida ed inquieta, per accarezzargliela con un breve sorriso amaro.

Volevo essere importante.

"Ti chiedo di chiamare il mio nome molte volte, se ci riesci, nel fare questo. Chiamami e pensa a me come Alphonse Elric. Renderà le cose molto più semplici. Chiamami per nome. Chiamami Al. Perché io non sono Ed, cerca di capirlo."

Lo sforzo è sommo ma lei non vi si può sottrarre, dopo tutto questo.

Dopotutto sussultavo, se li scorgevo avvinti o con le labbra congiunte. Sussulterò anche oggi.


"…che gioco sciocco, Ed. Non so cosa tu possa trovarci di piacevole. Hai un complesso d'inferiorità nei suoi confronti? Guarda che quello che amo sei tu. Il migliore sei tu. Il sopravvissuto –Alphonse sospira, dandole ragione- sei tu.
Ma se ti fa piacere, giocheremo lo stesso, per oggi."

Al non può più spezzarsi, per quanto faccia male. Lui le sue buone parole le ha dette.
La sua, di coscienza, può essere a posto. Forse.

E se avesse bevuto? Se avesse preso qualche strana medicina? E' strana, accidenti. E' strana. E non voglio questo. Voglio lei, non questa imitazione.
Voglio lei. Lei.

Vacilla ma è domato in breve. Il suo corpo freme, e lui ha titubato anche troppo.

Winry lascia che lui le accompagni le dita alla cintura dei suoi pantaloni per slacciarli; esegue dunque l’operazione con la mitezza rassegnata di chi ha a che fare con un bambino piccolo.

"So già come muovermi, scemo. Non è mica la nostra prima volta."


Si muoverà in lui per tanto, tanto tempo, una volta gettata via la camicia da notte. Bianca.

Alphonse si morde, nonostante tutto, un dito; quella camicia è suo nipote. E’ la perdita di Ed.
Ma è lui ad essere morto. E' lui e vorrebbe tanto, tanto urlarlo, ma non ci capisce più niente. Più niente.

E chi lo ha detto, che non può illudersi ancora un po'? Nessuno. Assolutamente nessuna legge scritta glielo vieta.

Forse una qualche legge morale, ma anche lei vuole essere sua, per questa volta.
O di Ed. Ma lei lo ha proposto e lei gli è praticamente saltata addosso -pensando che fosse lui, Ed stesso, a suggerirglielo con lo sguardo.
Non può esserci nulla di male, nell’amore consapevole.

O nel sesso consenziente, a seconda dei punti di vista.

"Al."

Alphonse ansima piano e poi tace. Winry l’ha gettata via, quella camicia da notte.
Vi ha rinunciato.
Ama crederlo, nonostante tutto.

"Al."

Guardami, nii-san. Volevo davvero che ti dimenticasse, ma ora non sono felice.
Guardami e non perdonarmi mai.


E Winry bacia il suo petto più roseo di quello di Ed, più ampio di quello di Ed, più piatto di quello poderoso di Ed.
Percorre con le labbra il suo braccio destro, alla ricerca di una cicatrice ed un arto di metallo che Al non possiede.

Apre la bocca e trema. Gli lacrima scompostamente sul collo, crollando indietro –sulle ginocchia di lui- e gemendo forte.

E la giovane donna muta da carnefice a vittima senza ricordi. Non ha più colpe, è libera da esse e piena d’un odio che reprime più e più volte.

"Alphonse."

Lo chiama con la morte nel cuore e masticando quel nome tra i denti come per ridurlo in pezzi da far scomparire in fretta.

"Tu non sei Ed. Mi hai ingannata. Mi hai ingannata! Lo hai ucciso!"


Lui annuisce, senza particolari reazioni.

"Ridammelo, allora! Ridammi indietro Ed! L'uomo che amo, mio marito..."

Ma Alphonse non si allontana da lei. Le sfiora i capelli e le asciuga le guance arrossate, sorridendo mesto.

"Domani, Win. Se puoi, sopporta ancora un po'. Domani sarai di nuovo sua. Ma per oggi, mi hai fatto una promessa."

Lei piange ancora, confusa, senza realizzare bene di chi sia la colpa per tutto questo.
Quando si riscuote, è vibrante di rabbia in una maniera affatto calcolata.
I suoi occhi sono offuscati, e non vede che capelli d'oro sul cuscino, due liquide pozze dello stesso colore dove dovrebbe esserci il viso di Al.
E percepisce con chiarezza una smorfia desolata e contrita a salirle sulle labbra.

"Oh, bene. Benissimo. E' questo quello che vuoi, allora...è perché ti ho fatto sopportare tanto, eh?"

Le lacrime le velano gli occhi. Le lacrime le nascondono quello che solo le sue mani che non hanno percepito arti metallici nel suo corpo possono confermarle.
Lacrime crudeli, di un salato che fa male ad entrambi.

Lui scuote le spalle e sospira forte, senza risponderle.

"E' perché è colpa mia, vero, Al?"

E forse, come le suggerisce una vocina seccante nella sua testa, in fondo, un briciolo di colpa potrebbe avercelo davvero.
Non ci è arrivata per magia, nuda, sopra di Al.

"Tu ti sei approfittato della mia debolezza...ma è colpa mia, vero, Al? Vero? Rispondi. RISPONDIMI!"

"Sei libera di credere quello che preferisci, se ti fa sentire meglio. Quindi se ci tieni vatt..."

"Oh, NO. Non è una risposta negativa, sai. Io sono qui, ormai. E ti devo qualcosa, giusto?"

Lui ricambia con uno sguardo piatto e senza risposte ed il labbro inferiore di Winry inizia a tremare scompostamente, nel portarsi una ciocca di capelli dietro al viso con uno scatto furente "Uno scambio equivalente, certo. La tua libertà di avere da me quello di cui ti ho prosciugato in questi anni. Bene, benissimo. E poi potrai ritenerti soddisfatto, VERO, AL?"

"Io non ti sto chiedendo niente che tu non voglia darmi. Non ti sto imponendo nulla, hai fatto tutto da sola."

Cristo, è così stanco, così dannatamente stanco...
Si asciuga una tempia calando piano le palpebre e si prepara ad allontanarla con uno scatto secco.

E' quanto la parte più ragionevole del suo corpo gli proponga di fare, a discapito del resto.
Non lo sa nemmeno, come possa sopportarlo o farlo.

Semplicemente, può esserne in grado.


Sarà la stanchezza, a guidarlo. Sarà che si sente ancora, ancora più vecchio ma affatto saggio...

"Sai una cosa, Al?" gli domanda lei retorica, con una strana luce negli occhi, luminosa "Lo farò. Ti renderò tutto, fino all'ultima goccia di sudore delle giornate estive spese chiuso in casa con me. Tutto. Tutto."


E tacciono entrambi. Al non sa bene cosa pensarne, perché lo turba, più che il viso distrutto di lei, con la mascella serrata e gli occhi feroci, il fatto che abbia ragione.
Il fatto che non gli stia mentendo né stia parlando con altri che lui.

Inoltre, ha davvero poco senso farsi ulteriori scrupoli.
Se ne è fatti in maniera vomitevole nell'arco di poco tempo, ma non ha avuto un atteggiamento vergognoso, fino ad ora.
Perché non agisce, Al, così come quando era bambino.
Non si espone in prima linea, lui. E' un vecchio che è tornato bambino, dimenticando ogni antica lezione appresa.

E' un complice, una silente presenza che annuisce anche se senza ascoltare.
Al suo primo tentativo rischioso, seguire la scelta di un altro lo ha letteralmente portato all'inferno.

Ora che all'inferno c'è il colpevole di questo, suo fratello, si chiede solo cos'altro possa esserci da perdere.

Né la sua vita -lei non lo ucciderebbe mai, nel corpo- né lei -lei non andrebbe mai via, non dopo tutto questo.
Quindi va bene. Va bene anche se sarà la sua dignità ad andare a suicidarsi, il suo orgoglio (Quelli erano di Ed, Al. Non hai né l'uno né l'altro. Solo l'ombra di essi.) o la sua felicità (Quale felicità? Cristo, QUALE?).

Dal canto suo, lei non ragiona più in maniera lucida.
E' istintiva come non lo è mai stata prima, e non sopisce più la rabbia.

Perché la condanna peggiore, per Al, non sarà un suo rifiuto, ma la sua presenza senza il diritto di amarla.

Si tormenterà da solo, l'indomani: Winry, per qualche strana ragione, questo lo sa con chiarezza.

Non è più il momento delle favole buone, della bambina gentile che aspetta senza parlare, che non importa quante volte tu possa colpirla al cuore, non si spezzerà mai.
Non è mai stata tutto questo. Non è mai stata incrollabile. Non è mai stata una santa.

Loro, dopotutto, non hanno che continuato a sostenere un'inutile e ben poco durevole pagliacciata, in cui la loro spettrale cordialità era divina.

"Spero che questo ti renderà felice, Al." sussurra lei, tagliente.
Uno sguardo vacuo in risposta è la più grande conferma che no, non lo renderà felice, ma lui potrà cercare di illudersi comunque.
Una volta di più, una in meno. Basta non guardare. Né pensare.


Ora non c’è soluzione che sia poco degradante ed avvilente, soprattutto per lei, che vorrebbe urlare ma si contiene.

La scelta più saggia sarà riconoscerlo pienamente come Al, digrignare i denti ed odiarlo.
Perché non può perdonarsi, ma nemmeno desidera biasimarsi: odiare lui è il migliore dei compromessi.

Sobbalza con forza ricrollandogli pesantemente addosso, tentando di rendergli almeno un poco meno gradevole il tempo.

Un'ora di gelido sesso liberatorio senza un piacere pienamente condiviso è quanto sfregerà in eterno il loro futuro, ora suggellato da gemiti ed una voce sottile e astiosa.


Ore dopo, la vita riprende comunque, più grama, più incerta, più rapida, ma meramente soddisfatta e mai solinga.

Vi sono segni di morsi sul collo di lui, sfoghi frustrati, strazi che sono punizioni per avere, infine, sul serio tradito la vita e Winry con essa. Il ricordo.

Morsi che recano il nome gonfio di lacrime che appartiene ad Alphonse Elric.

Perché Edward Elric è semplicemente morto da più tempo di quanto si potesse credere, mai rinato, solo seviziato come nome ed immagine.
Non rivivrà più a lungo che in qualche logora foto nemmeno in questa casa infestata dagli spiriti.

Fine

[Prossimamente, l'epilogo]

-

Note finali:

E'.Finita. *Sbatte la testa sulla tastiera, sospirone*.
Sì, non credo che una scena del genere la si possa tirare realmente così tanto per le lunghe, ma i protagonisti sono ragazzi complessati, eh.
E sono esigenze di copione, non prendetevela con me, non avrebbe reso altrettanto condensata in otto righe.
E tutto questo, solo per la cronaca, accade in non tantissimo tempo, credo, considerando solo i dialoghi. I moti mentali possono durare anche solo pochi secondi, in realtà.

Questo capitolo è stato quel che si suol definire un parto. Un cesareo operato del mio nii-san betatore Onda (sì, lei è un nii-san al maschile è_é), a dirla tutta.

Dopo lunghe sofferenze nel scrivere qualcosa che trovavo totalmente arduo, anche perché ero in dubbio su alcune cose e per motivi un po’ scemi tra me e la mia beta si era arrivati al punto del “Ah, vuoi che abbia la sorpresina nel leggerla direttamente online? Allora anche se me lo chiederai non te la beterò.” “Ma scherzavo…” “No, ormai l’hai detto *risatina malefica e un po’ astiosa*.” “Sigh.”

Un punto increscioso, sì, ma mi sono ridotta allo stato di Ed e le ho detto quel che voleva sentirsi dire ma che ritenevo semplicemente sottinteso. Benedetta donna *sospirone*. Oh, beh, almeno lei non ha chiavi inglesi con cui pestarmi, è confortante.

Così, alla fine ha accettato di betarla. E sono andata un po’ in crisi perché, nella prima versione del capitolo, Winry agiva come agisce anche qui, ma in maniera più scostante, tra la razionalità e la follia.
Quando me l’ha fatto notare anche lei, mi sono messa a struggermi perché non sapevo come riparare. Almeno quanto mi sono tormentata per Halo, ma credo di più.


Temevo anche di dover sacrificare qualcosa come otto pagine tra capitolo ed epilogo, e miliardi di frasi che mi soddisfavano.
Ma mi ha dato un buon consiglio, ovvero "Se è al punto di non ritorno, portala lì e lasciacela", ovvero, "falla interamente a pezzi, così sarà chiarissimo che agisce così per lo status mentale e non perché è diventata scema o cosa".

Quindi, ne è venuta fuori una cosa più sensata. Grazie, Sìl, senza di te non avrei partorito questo bel (no, spassionatamente, lo dico solo per non traumatizzarlo, è orribile) bambino di un capitoletto assurdo.

Grazie per le tue pronte virgole e forbicine mentali tagliuzza-periodi. E per l'inflessibilità e l'oculatezza.
E per le tremila revisioni che mi hanno fatta impazzire. E per le trovate e le soluzioni.


Tutta quell'accidenti di una parte in cui Win decide di proseguire comunque, è un suo amorevole suggerimento.
Così come altre parti che mi ha suggerito di approfondire.
E non le ho potuto far betare l'ultima versione, ma se non funziona nemmeno ora o riscrivo ancora qualche pezzo o ci rinuncio, e d'ora in poi solo rating verdi pieni di fiorellini e coniglietti con tanto fluff *borbotta imprecazioni contro i fiorellini troppo colorati*.

Quindi, posso solo sperare che quello che fanno i protagonisti non suoni tutto campato per aria, ma motivato ed umano.
Ce l'ho messa tutta, considerando il poco tempo e l'angosciosità del riscrivere determinati pezzi mille e mille modi per farli plausibili e diversi da un OOC immotivato, sotto la già nominata saggia guida di Onda.


E sono riuscita anche a salvare il più dell'epilogo, quindi è tutto okay.

Il 17 parto per lidi sconosciuti (aka due settimane da Onda), posterò l'epilogo quanto prima (per lo scioglimento finale, un ulteriore sviluppo e qualche risposta ad alcuni dettagli è_é).

Con tante scuse per il ritardo di questo UU;.

Ed ora, le risposte ai vostri adorabili commenti, dei quali amo anche la lunghezza, perché indica che questa fic vi sta lasciando qualcosa, un'impressione, un pensiero, beh, 'qualcosa'. Il che mi rende molto, molto felice.


The_Dark_Side: Guarda, personalmente io mi limito a sfidare voi cari lettori a stabilire chi sia il più sfigato dei sue protagonisti. Scelta ardua, uh? Lieta che la fic ti piaccia, comunque ^^.

Siyah: Apprezzo molto quella tua recensione, infatti. So bene che, per diverse ragioni, Rewrite è una fic difficile da, uhm…accettare.
Ed i lavori per Erase procedono abbastanza, ma non so se potrò darle la precedenza, per ora, visto che a settimane parto e mi mancherà il tempo (E quella fic non è il mio genere, sento di starci combinando un disastro, sì).
Ma se sei interessata e mi contatti via e-mail posso passarti molto volentieri alcuni pezzi, adorerei sentire un parere. E’ decisamente diversa dal mio solito ideale di fic, quindi ^^;…ma ovviamente solo se sei tanto incuriosita. E se riesci a farmi sapere prima che parta, se no andrà bene al mio ritorno, a metà agosto.
Altrimenti basta aspettare, devo ben decidere quanto sarà lunga la fic, ma ora come ora sono sulle 11 pagine nel mio solito stile e font, quindi non so ^^;.
E grazie per essere interessata ad Erase, comunque. Almeno una lettrice l’avrò XD.

Kaho_chan: Ora devo chiederlo. Ti ha sorpreso Al, alla fin fine? Povero, povero ragazzo, lo amo tanto quanto l’ho torturato, dopotutto. Il che è tutto un dire XD;.
E non so che dirti, tecnicamente non sarà un finale tristissimo –puoi vedere fin da qui i presupposti-, ma felice no di certo.
Grazie, grazie mille per i complimenti.

ValHerm: Ah, ma quanti grazie avrò da dire oggi? Grazie anche a te per i complimenti e per lasciarti coinvolgere dalla fic. E per avermi messa tra gli autori preferiti; non c’è modo migliore di lusingare un autore, sul serio.
Non mancherò di leggere e commentare la tua nuova fic, quando l’avrai postata ^^.

Wildheart: Oh, un’altra new entry! Che cosa gioiosa XD. Quanto amo sentire analizzato quel che scrivo, sul serio, mi diverte. E non c’è nulla di errato in quel che dici, quindi meglio ancora.
Lieta di averti coinvolta per bene e, uhm, manca ancora l’epilogo, ma le cose miglioreranno solo limitatamente per Al, rispetto a come è messo da ora.
Mi fa piacere che questa visione di Al sia condivisa anche da te, personalmente trovo abbastanza angoscioso il fatto che abbia dovuto sopportare questo in silenzio.
E non è mica l’unica cosa, a farci un’analisi completa, vien fuori che un Al troppo buono è surreale.
Prima o poi esplodere è normale.
Solo che in questo capitolo *e qui ci metto un blush perché scriverlo mi ha anche turbata*, dopo tanti scrupoli non so più bene se chi ha sbagliato di più è lui o lei.
E lietissima che la mia recensione sia stata d’aiuto ^^, volevo dirtelo lì ma mi sembrava fuori luogo, ma se ti serve rispondere a qualche recensione eventualmente puoi anche inserirle a fine fic, pur senza aggiornarla, non saresti la prima a farlo.
E grazie a te per la bella recensione :)

Onda: La conclusione di quel commento è acida ;_;. Volevo dirtelo, anche se alla fine hai betato tutto comunque XD.

Setsuka: Oh, no che non mi piace il pairing, sono un tipo di larghe vedute, avendo presente Rewrite e, prossimamente, Erase.
Solo che questa storia non è nata per essere felice. Anche tante delle mie EdWin sono angst, sì.
Se devo rammentare che la mia prima EdWin, Spegnersi, si concludeva con un nulla di fatto in cui Winry continuava comunque ad aspettare, che nella mia Halo (anche se a conti fatti non è davvero un’EdWin) bene o male Ed ci lascia le penne, forse devo anche pensare di essere stata anche troppo buona, qui XD.
Ti ho comunque commentato anche la fic che mi hai suggerito, ma credo tu l’abbia già notato ^^.
Se mi capita di avere in mente una, non so, Royai o AlxWinry, visto che non sono tra le coppie escluse, partecipo volentieri, tutto sta nell’esserci ispirata.
Oddio, ho un’acerrima rivale RoyEd, quindi mi commenti questa fic per il detto “Conosci il tuo nemico”, sì? XD

L’epilogo di Rewrite è seppellito da altri progetti, devo dire che è in una fase di “più poi che prima”, visto che ho deciso di cambiarlo un po’, quindi non è pronto, e di farlo quando ho tempo, ed il 17 parto, quindi non so bene.

Bada bene poi, che per “censurare” io intendo solo alleggerire qualche scena di cui non mi piace l’espressività.
Poi c’è anche il fatto che sono pudica e che perché mi sembri di star scrivendo una frase un po’ volgare od osé ci vuole pochissimo, vero.
Io sono un tipo pudico e scrivo in modo pudico, semplicemente perché sono impacciata nel trattare certi argomenti.
E più che trattare certi argomenti senza cognizione di causa o piazzare descrizioni sciocche, preferisco essere un po’ velata.
Farebbe un po’ ridere qualcosa di spinto scritto da me, perché mi basta scrivere “seno” che mi sconvolgo da sola, ma almeno quello non lo ometto.
Poi può darsi che prima o poi avrò fiducia di scrivere qualcosa di veramente arancione, ma non so dirlo da ora.
Già Erase mi sta obbligando a trattare temi del genere, e questo mi lascia un po’ perplessa, difatti mi ci prenderò un po’ una pausa per riguardarla in maniera oggettiva poi.
Ma non credo leggeresti Erase, quindi è un esempio stupido XD;.
Comunque, spero di non aver deluso totalmente queste tue aspettative.
Anche perché questa sorta di atto erotico tra i due è arrivato, ma fatto più di dettagli velati e qualche affermazione che di altro.
Non pretendo da me stessa più di quanto la mia sensibilità mi concederebbe di leggere a mia volta, quindi mi va bene così, almeno per ora.

Grazie comunque per l'incoraggiamento, lo apprezzo molto ^^.




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Capitolo 5
*** Epilogo ***


Mi dispiace. Mi dispiace tantissimo di aver reso l’attesa così lunga.

Quindi capirò benissimo se chi seguiva la fic non recensirà, avrà perso l’interesse, avrà perso fiducia…vi capisco.

La fic è restata in betaggio a lungo, ma la mia povera beta ha esaurito il tempo materiale per occuparsene e, piuttosto che infierire sul già scarso tempo a sua disposizione, ve la posto finalmente, non betata ma comunque qui.
Perdonatemi ancora per l’attesa.

E, se vorrete comunque leggere, spero non resterete delusi.


-

 

Don’t look at the world- You may cry now

 

Epilogo

 

 

Quando ci svegliammo lei era girata su un fianco e radicalmente fuori dalle mie braccia, per quanto le fosse concesso da un letto singolo.

Non rammentavo nemmeno lontanamente il suo calore o se avesse avuto gambe vellutate o prive di carne piacevole al tocco.

Non le ricordavo, quelle gambe –troppo lontane. Non le ricordavo le sue labbra –perché non avevano più sfiorato le mie da quando aveva realizzato chi ero (Che modo stupido di dirlo, non l’ha realizzato nemmeno dopo!) .
Non ci eravamo guardati in faccia per neanche un secondo, dopotutto.
Perché guardarla mi avrebbe fatto paura.
Perché guardarmi l’avrebbe istigata a mordere più forte, stroncarmi la gola, artigliarsi al mio petto trapassandomi il cuore –che cosa insensata, lei ci era già riuscita, anche senza lasciare segni.

Ma dei lividi, sulla sua schiena, c’erano comunque.
Quelli dei piccoli pugni che erano stati solo ossa percosse sulla sua carne, quando lei ne aveva poca.

C’erano i graffi, sulle costole e sui polsi –proprio lì, aveva indugiato allentando la presa solo quando mi ero deciso, ostinato, a guardarla finalmente, negli occhi.
I miei occhi, non potrebbe mai ucciderli.
Ha detto di essere stata sciocca ma non ha pianto, comunque.

 

L’ha ripetuto più e più volte strofinandosi le mani sugli occhi, indugiando su lacrime che non stava affatto versando, mentre le accarezzavo i capelli, mite e rassegnato.
Potrei dire di essere stato uno di quei rari uomini violentati da una donna.
Ma non sono un bambino, né la sua violenza è stata di tipo carnale.


Proprio per questo, è dura riprendersi.
Proprio per questo, ho desiderato di ucciderla tanto quanto lei ha desiderato di uccidere me.

Ma sfogandomi allora, potevo dirmi quieto, quietissimo.
Era stato abbastanza avere il suo corpo e non il suo cuore.
Era stato abbastanza guardarla muoversi con le anche flessuose sul mio bacino.

Era stato abbastanza guardarle il petto morbido agitarsi al suo respiro aspro.
Più di tutto, pensavo a come sarebbe stato bello vederla nuovamente tutta tonda e gioiosa in dolce attesa, poi esausta e con un suo pezzo di carne urlante attaccato al seno.

E non l’avrei mai vista, in tali vesti. Non di un bambino imparentato con me.
Mai, mai, di mio figlio.

La amavo, però. L’avevo voluta morta, ma l’amavo comunque.
Non ha confini, una cosa del genere.

Avevo fatto del mio meglio –sul serio, sul serio!

Avevo desiderato renderla sensibilmente felice.
Ma avevo invece finito per invocare ancora il suo odio.

 

Avevo finto di non vedere quello che il suo corpo esprimeva, quello che le sue labbra fingevano di aver riconosciuto.

Mi ero illuso fino all’ultimo, di avere qualche speranza: non ne avevo mai avuta.
Solo, sapevo essere più crudele con me stesso che con altri, alle volte.
Un po’ sempre, a dirla tutta.

Non sono ancora cambiato. Mi piace sognare, come un bambino. Vivere di false speranze.
Quella è la parte più giovane che abita in me.

Quella, assieme alla mia fertilità inesistente –come un ragazzino, altro che la bassa statura di mio fratello!


"Non ci saranno prossime volte, te lo prometto. Resterò comunque." le dissi, sentendola biascicare qualche parola soffusa nel cuscino, appena svegliatasi.

 

"Me lo farò bastare, sul serio. Sul serio. E…perdonami. Perdonami."

Silenzio denso e stritolante seguì la mia affermazione un poco ironica ma non priva di genuina convinzione.

Lei lo infranse, voltandosi piano.

 

"Non credere che mi serva sentirtelo dire. E’ colpa mia, ora lo so. E posso crederlo davvero." rise debolmente e scioccamente, senza osare guardarmi.
Io, invece, la osservai. Anche se non ne avevo più diritto di lei.

Emaciata, stritolata, con le labbra gonfie e il sangue sulle lenzuola ("Il mio corpo non ci era più abituato, sai. Ed il corpo di Ed era molto diverso dal tuo, come proporzioni.", aveva detto falsando una smorfia comprensiva sul viso risentito, allo sciogliersi dal loro amplesso), ma per qualche strana ragione bellissima comunque.

Con i seni coperti da un pudico braccio come se non vi avessi già posato lo sguardo a sufficienza, i capelli sparsi scomposti ed elettrici sul cuscino, le labbra aride ed appena dischiuse.

I suoi occhi fissavano il soffitto pallido e scrostato a tratti e parevano essersi fatti nerissimi in quel paradiso bruciato di sue ossa e terra, così simile alla pena e alla desolazione che aveva accolto in casa mia il corpo nero del mostro che non era mia madre.


"Non dire sciocchezze, io avrei dovuto evitarlo, io…"

"Ma io volevo questo, dopotutto. Ricordare ancora un po’. Provare un po’ d’amore senza sentirmi in colpa.
A costo di mentirti. A costo di farti soffrire, ho preferito accusarti, ferirti nel corpo e nel cuore piuttosto che accogliere i tuoi sentimenti. E ti ho fatto male comunque, vero, Al? Non nego di averlo voluto, ma non ero io quella nel giusto."

 

"Nemmeno io. Io…lo sapevo che non mi stavi ascoltando. Ma non ti ho più fermata. Perché…" ed arrossii, quietamente "…perché era vero che io lo volevo. Ma tu puoi considerare tutto questo come un errore, va bene così, anche perché non ti ha certo fatto piacere.  Possiamo…" colpo di tosse, viso tra le mani, sorriso falsissimo "…dimenticarlo. Non credo mi resteranno cicatrici, sai."

Le tremò la mano, nel tenderla al mio viso. La lasciò scivolare sulla mia guancia dolcemente.
Avrebbe sorriso in maniera altrettanto morbida, se non fosse stata così distrutta da non rammentare come simulare una qualsiasi espressione.

"Forse non è davvero una questione del tipo ‘Io ho ragione e tu torto’. Puoi arrabbiarti con me, se vuoi, Al. Piangere, se vuoi. Non lo saprà nessuno. Io non ne ho diritto. Hai pagato abbastanza, ora lo capisco."

Pausa, silenzio tombale.

 

"Io non ti odio, Win. Io ti amo e questo non cambia, eh. Non cambia, ma posso sopprimerlo un po’, se vuoi che resti qui."  

 

"…puoi darmi uno schiaffo, piuttosto, se può sollevarti. E’ anormale che tu sia così buono."

E se ne stette così, tanto calma quanto inespressiva, solo una piccola smorfia disturbata a torcerle il labbro inferiore.

 

Dopo una breve pausa a ponderare su quelle parole che la mia mente non aveva osato concepire come vere, dilatai gli occhi, sconcertato.

"Ma io lo faccio per te. Per te.
Non ti ho mai chiesto ti ho mai chiesto qualcosa di così trascendentale come l’amore.
Non ti ho promesso unper sempre’. Non ti ho promesso niente che implicasse unnoi’.

Ti ho solo promesso di restare. Come prima, finché non avrai trovato qualcuno che sappia sostenerti meglio di me. Perché chi poteva è morto, ed io non sono che lo scarto rimasto alle sue spalle.
Calibro ogni parola per non ferirti, quando sono in me.
Doso ogni reazione per non restare solo.
Io sono falso, Win. Falso. Non so vivere. Io non sono una persona che va bene, per te. Non sono abbastanza positivo da bilanciare la tua negatività degli ultimi tempi. Non ora."

 

E risi come aveva fatto lei, di una risatina angusta e tetra, che sfociò in un singhiozzo senza equilibrio, strangolato dalla sua improbabile proposta pronunziata mentre fissava ancora il soffitto, pacatamente svuotatasi.

"…sposiamoci."

"…eh?"

"Sposiamoci, Al. Proviamo ad essere felici, almeno una volta. Proviamo a ricominciare daccapo, come una vera famiglia. Così che tu "

"Win, tu…non sai di che parli."

"Non c’è nulla di strano, in quello che ho detto, no?"

"Win…io non posso darti dei figli."

"…"

 

"…non…non potevi saperlo. Lo sapeva a stento Ed. Questo è stato il mio prezzo per esser stato riportato indietro indenne, come per la maestra. Ho saltato una fase del mio sviluppo; Ed ha potuto supplirvi per me solo limitatamente. Il mio corpo è sterile."

"…non cambio idea."

"…vuoi restare con me per sempre anche in queste condizioni? Non posso darti un “futuro” in forma di un piccolo, nuovo, Ed o dei figli, se è questo che vuoi."

"La tua presenza sarà abbastanza. La tua presenza come Al."

"Ma se tu non mi conosci sul serio, non ha senso, resteresti ferita."

 

"No. Io ho deciso che vai bene comunque, perché basta che tu tenga a me e io a te. Voglio conoscere il vero Al, se non eri tu. Con il tempo potrò amarlo."

Lì ci fu una sosta, e Winry sprofondò ulteriormente nel materasso; dal cuscino la sentii ingoiare un singhiozzo depresso, senza un battito di ciglia a tradirne l’esistenza, ma un rumorino soffuso senza sforzi e colpevole.

"Guardami, come sono sottile e pallida oggi. Ti pare il corpo di una che può partorire? Un rischio evitato, meglio così. Un figlio potrebbe uccidermi. O il mio corpo potrebbe uccidere lui. Di nuovo." allargò dunque un sorrisino eloquente, contratto come in un crampo allo stomaco "Non voglio essere responsabile di altre morti. Non voglio che ci siano altre morti per cui soffrire. Quindi, io sarò legata a te e a te soltanto. Cerca di non morire, per favore. E poi…e poi io non li voglio, dei figli."

"Win…le donne vogliono sempre dei bambini, un marito amorevole ed adorato, una famiglia ampia e felice."

"No. Basteremo io e te. I bambini non mi piacciono, sai."

"Non dire…"

"SUL SERIO. Non ne voglio, sono seccanti e richiedono troppe cure."

"…"

Lei sospirò.

"…e…e ti si attaccano al grembo con quelle dita paffute e carine e ti chiedono se ami più lui o il suo papà e non sai mai cosa rispondere loro, anche perché sono veramente disastrosi e casi persi come il papà, a volte." sussurrò piano, sigillando una lacrima sottile tra le labbra e premendosi forte al cuscino, con un sorriso ingenuo.

Non pensai ci fosse altro da aggiungere; conoscevo bene il tipo di padre cui si riferiva e che rimpiangeva, che non era certo il suo, né io.

 

"…va bene. Proviamoci."

 

Le strinsi un dito, incerto, accarezzandoglielo piano; poi ci addormentammo di nuovo, senza ulteriore tormento.

Da allora abbiamo ricominciato ad uscire di casa senza fretta, poco per volta, ma una malcelata ed insana voglia di non uscirne mai da soli, ma mano nella mano.

Pensavo che sarebbe stata un’ottima moglie, dopotutto.

E lo è ancora oggi, vitrea e scostante ogni tanto, ma nonostante tutto viva e fatta di carne e ossa.

Può suonare strano, ma penso sia questo quello che conta, dopo l’affanno con cui ci siamo disperati a sporgerci verso il futuro per migliorarlo: nulla di più di una vita monotona in cui ci siamo io e lei mano nella mano, anche se la sua è fredda.

Ma staremo insieme comunque, fino alla fine dei nostri giorni, a ricordarci che possiamo ancora esistere, se ci supportiamo l’un l’altro, senza bisogno di nessun altro.

Che possiamo esistere anche senza vivere felicemente. Anche se lei non prova più niente di diverso da timore scalmanato da anni e se col tempo smetterò di farlo anch’io: queste cose non avranno più importanza, pian piano.

 

Siamo qui e siamo vivi. Insieme.


Voglio credere –ho bisogno di credere- in questo, ora e tra molti anni. Lo desidero disperatamente.

 

[Era destino, dopotutto, che noi Elric avessimo un pessimo rapporto con la vita. Mio fratello non era stato che il primo, tra noi due.]

-

 

Fine

 

-

 

Note finali:

 

A che vita amara li ho relegati, eh?

Ma io, dopotutto, un po’ di luce la intravedo.

Col tempo, con gli anni. E’ un inizio.

La felicità non è mai facile.

 

Risposte alle recensioni:

Siyah: Grazie per le tue recensioni alle mie altre shots. Mi migliorano la giornata, sul serio. Comunque, ho provato a mandarti delle e-mail, ma non le hai ricevute, temo? Mi spiace molto, se è così.
La mia e-mail è mao_chan91@hotmail.com. Se mi mandi e-mail basta dirmi chi sei, se mi aggiungi a msn scrivimi tipo “Sono Siyah, aggiungimi”, ok?
Pregherei persone che non conosco altrettanto via commento di non aggiungermi, aggiungo solo gente che conosco ^^;
Dai che ti aspetto per parlare di Erase, se ancora t’interessa! XD

Spero che anche l’epilogo ti sia piaciuto. E’ stato tutto pazzesco da scrivere, ma posso dirmi soddisfatta. Credo.

Kaho_chan: Mi spiace per il magone, Kaho. O forse no XD.

Sarai la prima a leggere il capitolo online, credo, e te ne sarò grata. Sei una puccioLé <3.
Mi riempie il cuore sapere che ti piacciono i personaggi. Sono totalmente miei dopo questa fic.
Nel mio cuore. Ma Al c’era già (L).

 

ValHerm: I tuoi sono quei complimenti da Edwinner che mi fanno sentire a)che non mi smentisco mai e b)che quasi quasi ho scritto qualcosa di plausibile. Quasi quasi, eh.
Grazie di tutto. Non ti sento né vedo su msn da mesi, e me ne dispiaccio molto.
Spero che tu possa tornare presto a farti viva, miss ya.

Damy: Ma cosa posso rispondere a un commento così? *imbarazzo*

 

Sally_: Grazie mille anche a te, davvero ^^

Ora, non so cos’altro scriverò su FMA. Ho in lavorazione qualcosa su Nana, qualcosa su Naruto.
Forse drabble su FMA. Erase. Non so.
Per ora, sono quasi fuori dal fandom causa mancanza di tempo.

Ma prima o poi tornerò.

Tenete un occhio aperto, e grazie per avermi seguita e sostenuta.
A presto.

 

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