A new Twilight

di Crumble
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. I CULLEN ***
Capitolo 3: *** 2. CHIARIMENTI ***
Capitolo 4: *** 3. FAMIGLIA ***
Capitolo 5: *** 4. CACCIA ***
Capitolo 6: *** 5. SHOPPING ***
Capitolo 7: *** 6. RAVIOLI AI FUNGHI ***
Capitolo 8: *** 7. PRIGIONE ***
Capitolo 9: *** 8. MI FAI VEDERE CHE SAI FARE? ***
Capitolo 10: *** 9. I VOLTURI ***
Capitolo 11: *** 10. A SCUOLA! ***
Capitolo 12: *** 11. SOLE ***
Capitolo 13: *** 12. IL PATTO ***
Capitolo 14: *** 13. NEVE ***
Capitolo 15: *** 14. PRIVACY ***
Capitolo 16: *** 15. VISITE ***
Capitolo 17: *** 16. MAI E PER SEMPRE ***
Capitolo 18: *** 17. SCONTRO ***
Capitolo 19: *** 18. LA SCELTA ***
Capitolo 20: *** 19. D COME DANA O D COME ANDREW? ***
Capitolo 21: *** 20. NOVE ***
Capitolo 22: *** 21. EPILOGO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO
Sentii delle voci provenire dal folto della foresta. Mi nascosi dietro un albero secolare, il cui tronco copriva tutto il mio corpo.
"Dovrebbe essere qui intorno" sentii la voce melodiosa di una ragazza.
Troppo melodiosa per essere minimamente umana.
Erano in cinque, ed erano qualcos altro.
Mi accovacciai e appoggiai il mento sulle ginocchia.
Fa che non mi trovino, fa che non mi trovino, fa che non mi trovino… Lo speravo per loro.
Qualunque cosa fossero, non volevo fargli del male.
Io ero un mostro.
Ero pericolosa e un’assassina.
Sentii dei passi leggeri vicino a dove ero.
Mi asciugai le lacrime che mi scorrevano sulle guance e alzai lo sguardo per incontrare due occhi color topazio.

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Capitolo 2
*** 1. I CULLEN ***


CAPITOLO UNO: I CULLEN
Mi alzai subito e d’istinto cercai di fare un passo indietro, andando a sbattere con la schiena sul tronco dell’albero.
"L’ho trovata! È qui" disse la ragazza voltandosi un attimo.
Era piccola, esile e mi somigliava molto più di quello che mi aspettassi.
I suoi capelli corti erano neri come la pece, mentre i suoi occhi erano giallo oro. Bellissimi.
Mi sorrise mentre io mi spostai per tenermi pronta a correre se necessario.
"Ciao" disse gentilmente facendo un passo verso di me.
Sembrava gentile, ma avevo imparato a non fidarmi di nessuno.
Feci ancora un passo indietro, libera di distanziarmi senza più l’albero a bloccarmi.
Non riuscii a rispondere.
Ero rimasta tanto, troppo tempo da sola e ora non riuscivo a trovare la voce. Dietro di lei apparvero tre ragazzi e una ragazza.
Uno era muscoloso, con i capelli neri. Un altro era più basso e con i capelli biondi.
La ragazza era il genere che distrugge l’auto stima delle ragazzine. Bella. Capelli biondi e corpo perfetto. L’ultimo ragazzo era alto quanto gli altri, con i capelli di uno strano colore biondiccio, quasi rosso. I suoi occhi di un caldo color miele.
E bello. Bello da togliere il fiato.
Tutti erano belli a dire la verità. Mi sentii in soggezione davanti a tanta bellezza.
"Emm…come ti chiami?" a parlare fu di nuovo la ragazza con i capelli neri.
Avrei voluto rispondere, era tanto che non mi facevano una domanda normale. Eppure c’era qualcosa che mi bloccava. Ero come paralizzata. Erano in cinque, e io sola; se mi avessero attaccato avrei perso di sicuro, nonostante le mie abilità.
"Secondo voi sa parlare?" chiese il ragazzo più grosso.
"Certo che si Emmett. Ha solo paura" rispose il ragazzo biondo.
Aveva ragione. Avevo paura per loro. Avevo paura di poterli attaccare, da bestia deplorevole quale ero.
"Non vogliamo farti del male" cercò di rassicurarmi la ragazza con i capelli corti.
Cercò di avvicinarsi, ma ancora una volta feci un passo indietro. Mi maledii. Volevo veramente fidarmi di loro, ma non riuscivo a lasciarmi andare. La vista mi si appannò per via delle lacrime che ripresero a scendere copiose.
"Sta…sta…" quello che capii essere Emmett mi fissava incredulo.
Un’ondata di terrore m’invase. Avevano capito cosa ero?
"Si Emmett, l’abbiamo visto. Non guardarla così, la stai terrorizzando" disse ancora il ragazzo biondo.
"E perché sarebbe terrorizzata? Non mordiamo mica" disse la ragazza bionda.
"Di sicuro non ci mordiamo tra simili Rosalie" disse Emmett sogghignando.
"Sentite, dobbiamo stare qui tutta la giornata?" chiese il ragazzo con i capelli ramati.
"Pazienta Edward, non ci siamo neanche presentati" disse la ragazza dai capelli neri.
Edward. Era così che si chiamava. Che bel nome.
"Scusa la nostra maleducazione. Io sono Alice, lui è Jasper, Edward, Rosalie ed Emmett" disse indicando le persone dietro di se.
"Adesso ci dici come ti chiami?" chiese sorridendo.
"…i-io…" non sapevo bene che dire.
"S-sono Isabella" risposi infine con un filo di voce.
Mi sorrisero. Cercai di rilassarmi.
"Bene, perché non vieni con noi? Ti portiamo a casa, così possiamo conoscerci meglio" disse Alice.
Casa. Era passato tanto tempo dall’ultima volta che ne avevo avuta una.
Riluttante annuii.
"Bene, vieni" Alice fece due passi verso di me, all’improvviso, porgendomi la mano e io mi ritirai, inciampando in una radice e cadendo a terra.
"Mmmm" mugolai.
Non volevo essere toccata. Da nessuno.
L’ultima volta che era successo, avevo toccato un uomo bello come loro, ed ero stata invasa da una strana sensazione. Le cose intorno a me si muovevano, levitavano e ci misi poco a scoprire che ero io a farlo. Mi ci vollero due giorni per imparare a controllare quel potere ma alla fine ce la feci e giunsi alla conclusione che doveva essere stato il contatto con quell’uomo a farmi acquisire quella capacità. E poi c’era l’altro… Da allora mi ero seriamente impegnata a non farmi toccare da nessuno.
"Alice, non vuole essere toccata" disse Jasper.
"Ma-ma perché? Non voglio farle del male!" si giustificò lei.
Nei suoi occhi c’era intrisa preoccupazione, la sua espressione era pensierosa, come se fosse una questione di vitale importanza.
"Senti, se non ti tocchiamo, ci segui fino a casa?" chiese Rosalie.
Annuii. In ogni caso non avevo scelta. Loro erano in cinque e se non avessi accettato mi avrebbero preso con la forza.
Mi fecero strada fino ad una jeep enorme, parcheggiata alla fine di un sentiero.
Emmett mi aprì lo sportello dietro e io entrai, riluttante. Edward mise in moto e Jasper si sedette sul sedile del passeggero. Emmett mi era seduto vicino e cercavo di mantenere le distanze.
"Guarda che non ti mangio" sghignazzò.
Arrossii. "N-non è questo…" mormorai. Dovevano credere che avessi dei seri problemi di mente.
"Allora cos’è?" chiese Alice.
Dalla sua espressione capii che ci era rimasta un pò male per il mio precedente rifiuto.
Sospirai. "Niente…non è niente" risposi guardando fuori dal finestrino.
Non mi fidavo ancora abbastanza per dire loro la verità. E non volevo provare ancora quel dolore straziante.
"Da dove vieni?" chiese Alice.
La guardai, sorrideva. Era amichevole, lo erano tutti.
"Sono di Forks" risposi sinceramente.
Non volevo mentire con loro. Erano stati gli unici a trattarmi con gentilezza fino a quel momento.
"Non ti ho mai vista da queste parti" commentò Rosalie.
"Nemmeno io ho visto voi" dissi.
"Siamo qui solo da un paio d’anni" rivelò Emmett.
"Ah, ecco perché" abbassai lo sguardo sulle mie mani.
Due anni. Erano passati due anni da quando mi ero ritrovata un mostro.
"Dove vivi?" chiese Jasper.
Tornai ad osservare il paesaggio fuori dal finestrino.
"Da nessuna parte" risposi.
"Non hai una casa?" chiese Edward.
"No" risposi "Ho viaggiato molto"
"Dove sei stata?" chiese Alice interessata.
"In Italia" risposi con un sussurro.
Non volevo ripensare più a quei mesi interminabili.
Edward spense la macchina.
"Eccoci qua" disse Rosalie aprendo lo sportello per farci scendere.
La loro casa era bellissima. Situata in una radura circondata da alberi, aveva un certo fascino.
"Vieni" disse Alice sorridendomi.
Li seguii. L’interno era ancora più bello. Una parete era interamente ricoperta da una vetrata, mentre su un lato c’era un pianoforte bellissimo.
"La vostra casa è bellissima" dissi.
"Grazie" rispose una voce che fino a quel momento non avevo sentito.
Mi voltai verso il pianoforte per trovare altri due membri della famiglia. Un uomo e una donna. Lui era alto, con i capelli biondi e gli occhi color topazio. Lei era più bassa ma bella allo stesso modo. Sembravano giovani, sebbene più grandi dei membri che avevo già conosciuto. Si avvicinarono, sorridendo.
"Piacere, io sono Carlisle e questa è mia moglie Esme" disse porgendomi la mano.
La guardai per un attimo, incerta sul da farsi. No. Non potevo rischiare così. Portai le mani dietro la schiena e sorrisi, nella speranza di sembrare un minimo cortese.
"Io sono Isabella. Piacere di conoscervi" dissi per farmi perdonare.
Carlisle ritirò la mano ma sorrise.
"Perché non ci sediamo?" propose Esme.
Ci sedemmo sui divani al centro del salotto. Rosalie ed Emmett vicino a me, mentre gli altri sul divano di fronte.
"Allora, Isabella"
"Bella. Preferisco Bella." Interruppi un attimo Carlisle.
"Bella, da dove vieni?" chiese.
"Sono di Forks" ripetei per la seconda volta.
"E dove sei diretta?" chiese.
Rimasi spiazzata.
Diretta? Dove? Non avevo una meta. Non avevo un posto in cui andare, o dove tornare.
"I-io…non…da nessuna parte" risposi.
"Quindi rimarrai a Forks?" chiese conferma.
Annuii. "Rimarrò nella foresta. Come ho fatto fin’ora" chiarii.
"Allora devo chiederti di fare attenzione e di trattenere la tua sete. Non vogliamo che gli umani si insospettiscano." Disse ancora.
Gli umani? Parlava come se loro non lo fossero.
"M-ma voi cosa siete?" chiesi esitante.
Mi guardarono spiazzati. "Siamo come te ovviamente" rispose Emmett.
No, non poteva essere vero. Tra me e loro c’era una differenza abissale. Io ero un mostro e loro persone normali. Li guardai, scettica.
"Vuoi dire che non sai cosa sei?" chiese Jasper.
"Certo che lo so" mormorai "io sono un mostro"
"Tu, noi, siamo vampiri" mi corresse Carlisle.
Sbarrai gli occhi. "Io sarei…"
"Esatto" confermò Alice.
"Ma i vampiri non esistono" protestai.
"Tu esisti e sei un vampiro" mi fece notare Carlisle.
"Ma…" chiesi poi mi fermai.
"Si?" m’incoraggiò Esme con un dolce sorriso.
"Ma se siete come me…perché voi non…non siete dei mostri?" chiesi esitante. Non volevo offenderli.
Risero. "Siamo esattamente come te. Anche noi siamo attratti dal sangue umano, ma abbiamo deciso di ribellarci. Non ci piace togliere la vita alle persone. Per questo ci nutriamo di animali" spiegò Carlisle.
Rimasi in silenzio. Un silenzio reverenziale. Loro erano forti, più forti di me che avevo cercato di resistere senza trovare una soluzione migliore.
"Allora, parlaci un po’ di te. I tuoi genitori dove sono?" chiese Esme.
Decisi di potermi fidare di loro almeno un po’.
"Io sono la figlia dell’ispettore Swan" dissi.
"L’ispettore non parla mai di sua figlia" disse Rosalie.
"Già…pensa che sia morta " mormorai.
"Credo che sarebbe felice di saperti ancora viva" disse Edward.
"Oh, meglio così. Non sarei mai riuscita a trattenermi, lo avrei ucciso. Me ne sono andata via io" dissi.
"Ma adesso sei da sola e vivi nella foresta" mi fece notare Edward.
"Non ho trovato posto migliore per nascondermi" mormorai.
"Da cosa?" chiese Esme.
"Da chi" la corressi "i Volturi, mi stanno cercando."

Okay, questo era il primo capitolo…di sicuro non avrete capito una cippa ma meglio così! Almeno continuerete a leggere la mia folle storia…
Accetto qualsiasi commento, sia bello che brutto non importa! Voglio sapere quello che ne pensate, perciò: RECENSITE!!

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Capitolo 3
*** 2. CHIARIMENTI ***


CAPITOLO DUE: CHIARIMENTI
Mi guardarono, sorpresi e confusi.
"Hai detto i Volturi?" chiese conferma Jasper.
Annuii. Forse avevo detto qualcosa di sbagliato? Dovevo starmene zitta accidenti.
"Intendi dire che ti inseguono?" chiese Rosalie.
"Si" mi morsi il labbro per il nervoso.
"E che cosa gli avresti fatto per farti inseguire?" chiese Edward.
"Sono scappata" mormorai.
Mi guardarono, perplessi.
Sospirai. "Mi tenevano prigioniera lì…dopo quasi un anno sono riuscita a scappare e tornare a Forks" spiegai.
"Perché ti tenevano prigioniera?" chiese Carlisle.
Arrossii violentemente e abbassai lo sguardo, imbarazzatissima.
"Ehi, è arrossita" esclamò Emmett.
Lo guardai, sorpresa per la sua esclamazione. "E allora?" chiesi sulla difensiva.
"I vampiri non arrossiscono" spiegò Alice.
"E nemmeno piangono" aggiunse Jasper.
M’irrigidii. Avevo già sentito quelle frasi.
"Che ti succede?" chiese Esme allungando una mano per sfiorare la mia.
Mi rannicchiai su me stessa.
"Scusa, non volevo farti del male" mormorò avvilita.
"Scusami tu…" mormorai.
"Perché prima ti ritiri e poi ti scusi? Non ha senso" disse Edward.
Lo guardai, la sua espressione tradiva una certa frustrazione. Anche gli altri sembravano sinceramente avviliti, sebbene meno frustrati.
"Io…" non sapevo se potevo fidarmi di loro, però si erano dimostrati gentili e pronti ad ascoltarmi.
"Vi dirò la verità, se promettete una cosa" azzardai.
"Cosa?" chiese Carlisle attento.
"Non consegnatemi di nuovo a loro" implorai.
"Intendi i Volturi?" chiese Rosalie.
"Si. Non voglio tornare da loro. Vi prometto che me ne andrò, ma non lasciatemi a loro" chiesi ancora.
"Hai la nostra parola. Non diremo niente" disse Carlisle a nome di tutti.
Sospirai e cominciai a raccontare.
"Ho sempre vissuto a Forks, con i miei genitori. Loro non si amavano più da una vita ormai, ma rimanevano insieme per me. Poi, mia madre non ce la faceva più a vivere qui e si sono separati. Io sono rimasta a vivere con Charlie."
Mi ascoltavano tutti, attenti.
"È stato due anni fa. Tornai a casa e mia madre se n’era andata. Mi aspettavo che prima o poi accadesse. Un giorno, feci una passeggiata nel bosco e poi, ricordo poco. Il ringhio di un lupo, il ringhio di un’altra creatura e il dolore. Ricordo di essermi svegliata in una cella umida. Non potevo parlare con nessuno, tranne che con Aro, Caius e Marcus. Ci sono rimasta dei mesi, nutrendomi di umani che facevano entrare nella mia cella. Cercavo di trattenermi, ma avevo sete."
"Non ti hanno mai fatta uscire?" chiese Edward.
"All’inizio no, poi li ho costretti" risposi.
"In che senso?" chiese Carlisle confuso.
Arrossii e se ne accorsero.
"Che c’è? Ti hanno fatto qualcosa?" chiese Alice preoccupata.
Mi decisi a svuotare il sacco. "Loro…ecco, ogni settimana…facevano entrare nella cella un…un uomo perché…così…insomma, volevano che rimanessi incinta" conclusi.
Dire che strabuzzarono gli occhi è poco. Calò un silenzio imbarazzante da parte mia.
"Io, ovviamente mi rifiutavo e li tenevo sempre a distanza" mi affrettai a dire. Non era però quello che volevano sentirsi dire. "…mm…come ne sei uscita?" chiese Carlisle.
"Un patto. Ho detto che avrei accettato uno degli uomini che mi mandavano se mi avessero fatto uscire, anche solo una volta."
"E l’hanno fatto" dedusse Rosalie.
"Una volta. Una sola volta e io sono scappata. È per questo che mi nascondo, loro mi rivogliono indietro. Non capisco perché, non potrebbero prendere una qualunque?!" brontolai.
Carlisle sorrise. "No. Evidentemente no. I vampiri non possono avere bambini" spiegò.
"Ma allora, neanche io posso!" sbottai.
"Non saprei…il fatto che ti abbiano tenuta prigioniera, che puoi piangere e arrossire…non è del tutto fuori questione" rispose. Lo guardammo tutti come se avesse bestemmiato. "In ogni caso, non ti riporteremo a loro né gli diremo niente, l’abbiamo promesso" disse Emmett.
Per mia fortuna tutti annuirono.
Mi alzai.
"Aspetta. Ancora non ci hai detto una cosa" mi fermò Alice.
"Che cosa?" chiesi rimettendomi a sedere.
"Perché non vuoi farti toccare? Cioè, adesso che ci conosciamo un po’ meglio, non devi avere paura" spiegò.
Sorrisi. "Ci sei rimasta male, eh?" chiesi.
"Insomma…non capisco perché non vuoi" ammise.
"Perdonami Alice. Ma ho paura. Non posso permettermi ancora di stare male per giorni interi. Se poi arrivassero i Volturi, non potrei difendermi" spiegai.
"Fammi capire, il contatto con le persone ti fa soffrire?" chiese Jasper perplesso.
"Non proprio con tutte…però…io…"
"Quando è stata l’ultima volta che sei stata male?" chiese Esme.
"Un anno fa…ho incontrato un uomo, uno come noi. Si è presentato e ho stretto la sua mano. Poi, è arrivato il dolore."
"Hai notato niente di strano in lui?" chiese Emmett.
"No, era normale" risposi.
"E in te? Hai notato niente di diverso?" chiese Carlisle.
"A dire il vero si. Dopo che l’ho toccato, ho come sentito migliaia di presenze intorno a me, come se mi stessero seguendo"
"Mentre prima non le sentivi" chiese conferma Carlisle.
"No…è successa anche un’altra volta la stessa cosa. Ho toccato la mano a una delle guardie dei Volturi e ho scoperto di saper far levitare gli oggetti. Dopo un po’, ho imparato a controllarlo, ma quella volta non ho sentito dolore."
"È interessante. È come se potessi assorbire le capacità altrui" disse Carlisle.
"Ed è un male?" chiesi esitante.
"Dipende, per te è un bene, puoi difenderti meglio. Ma per gli altri, un male. Diventeresti troppo potente" spiegò.
"È insolito avere questa capacità?" chiesi incerta.
"Bè, di capacità come la tua non ne ho mai sentito parlare in effetti, ma anche altri vampiri hanno delle abilità" indicò Alice "lei può vedere le possibilità del futuro"
Rimasi spiazzata, Alice sapeva vedere il futuro?
"Jasper sente le emozioni delle persone e modificarle" poi indicò Edward "lui sa leggere la mente"
Ero scioccata. Non avevo mai sentito di poteri di questo genere.
"La mia teoria, è che il tuo potere funzioni solo con persone che hanno delle capacità. Per esempio, se tocchi me non succede niente" disse Carlisle porgendomi la mano.
La guardai per un attimo e poi la strinsi con la mia.
Non successe niente.
La sua stretta era ferma e trasmetteva un senso di sicurezza e calore.
"Sei calda…come un umano" commentò.
Arrossii lievemente. Lo sapevo, ma era diverso tempo che non me lo diceva nessuno.
Alice mi porse la mano e io, riluttante l’afferrai.
Sentii un flusso di potere scorrermi dentro e…vidi.
Io, che giocavo sulla neve con Emmett. Ridevamo come una vera famiglia.
Le lasciai la mano e la vidi sorridere. Adesso potevo anche vedere il futuro.
"A quanto pare funziona davvero così. È meglio se stai lontana da Jasper ed Edward, i loro poteri sono un po’ più fastidiosi" disse Carlisle.
Annuii e mi alzai di nuovo.
"Bè, credo sia ora di andare, sono rimasta a parlare quasi tutto il giorno" esclamai.
"Perché non rimani? Abbiamo una camera libera anche per te, e hai proprio bisogno di farti una doccia" disse Esme.
In effetti, i miei vestiti erano rovinati e sporchi, per non parlare dei miei capelli che erano diventati neri dall’ultima volta che li avevo lavati.
Guardai loro. Perfetti nei loro abiti firmati.
Arrossii, imbarazzata da quel confronto.
"Ecco io…" balbettai.
"Ma si dai, vieni!" Alice mi prese per mano e mi portò in camera sua.
La sua camera era bellissima. Con un letto matrimoniale al centro e una parete fatta di vetrate, probabilmente, l’intera casa aveva il retro a quel modo.
Alice entrò in una stanza e ne uscì con un pacco di vestiti; poi mi trascinò in bagno dove preparò la vasca per me.
"Sei molto gentile Alice, ma posso fare da sola"
"Tu intanto spogliati" rispose.
Feci come mi aveva detto ed entrai nella vasca, con l’acqua calda. Mi rilassai finalmente, dopo tanto tempo.
Uscii e mi vestii. Misi un maglioncino blu e un paio di jeans. Erano nuovi e mi stavano benissimo.
Mi asciugai i capelli, finalmente tornati al castano naturale.
"Grazie, siete molto gentili" dissi mentre tornavamo di sotto.
"Figurati, è bello avere qualcuno in casa ogni tanto" rispose allegra.
Trovammo tutti, tranne Esme e Carlisle, intenti a guardare la tv.
Alice andò a sedersi vicino a Jasper e io mi sedetti vicino a lei. Restammo in silenzio a guardare un film.
"Aah! Secondo me Jack ha sbagliato! Doveva dirglielo!" disse Emmett puntando un dito contro il televisore.
"Sono d’accordo" convenne Jasper.
"Io invece dico che ha fatto bene!" protestò Rosalie.
"Anche secondo me. Avrebbe fatto soffrire troppo Mary" buttai là.
"Lo dite perché siete donne!" sbottò Emmett.
"Come se tu lo capissi meglio di noi!" lo prese in giro Rosalie.
Ridemmo. Era tanto che non ridevo.
Alla fine del film, Emmett prese in spalla Rosalie e andarono in camera, augurandoci la buona notte. Era chiarissimo che stavano insieme.
"Andiamo anche noi" disse Alice baciandomi sulla guancia.
"Buonanotte" disse Jasper.
"Notte" risposi.
Dedussi che anche loro dovevano stare insieme.
Rimasi sola con Edward.
"Senti, per caso avete anche una cucina?" chiesi esitante.
"Certo, vieni" si alzò e mi fece strada.
La cucina ovviamente era bella come tutta la casa.
"Posso avere un bicchiere d’acqua per favore?" chiesi.
Sorrise. "Certo" aprì un paio di sportelli e mi porse il bicchiere.
"Grazie" dissi.
Mentre prendevo il bicchiere gli sfiorai la mano.

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Capitolo 4
*** 3. FAMIGLIA ***


CAPITOLO TRE: FAMIGLIA
All’istante la mia testa si riempì di voci. Migliaia di voci che parlavano contemporaneamente, confondendosi in un mormorio assurdo.
Il bicchiere mi cadde di mano e andò a rompersi in mille pezzi.
Mi starà bene questo vestito?
Tutte le sere la stessa storia!
Lo odio!
Lo amo!
Mi portai le mani alle orecchie, nel vano tentativo di zittire quelle voci.
Urlai. Urlai con quanto fiato avevo. La testa mi stava scoppiando.
"Basta! Zitte! Zitte!" urlai piangendo.
Sentii le mani di qualcuno prendermi il viso.
"Bella! Ascoltami, devi ascoltarmi!" era Edward. Stava urlando, ma la sua voce si perdeva in mezzo a tutte le altre.
"Ti prego! Ti prego, falle smettere!" implorai.
"Bella ascolta la mia voce. Solo la mia voce. Concentrati" urlò al mio orecchio.
Cercai di fare come mi aveva detto. M’immaginai una scatola e ci rinchiusi tutte le voci.
Piano, piano, la voce di Edward divenne più chiara, la sentivo sopra le altre.
Continuava a ripetermi di stare calma, di concentrarmi. E intanto mi asciugava le lacrime.
Dopo diversi minuti ripresi il controllo e trovai tutta la famiglia a fissarci. Tutti preoccupati per me.
"Come ti senti?" chiese Edward preoccupato.
"Credo bene…mi fa ancora male la testa" risposi.
"Mi dispiace Bella. Avrei dovuto fare più attenzione" mormorò Edward avvilito.
I suoi stupendi occhi assunsero un’espressione da cucciolo triste.
Qualcosa scattò dentro di me. Non volevo vederlo stare male. Mi provocava un nodo allo stomaco.
Gli presi la mano e la strinsi nella mia.
Alzò la testa, per guardarmi, evidentemente sbalordito.
Sorrisi. "Non preoccuparti, non fa niente. Vedila dal lato positivo, adesso posso toccarti" gli detti una pacca sulla spalla "o picchiarti" aggiunsi.
Ridemmo. Mi ero quasi dimenticata che tutta la famiglia fosse lì.
"Hai bisogno di riposo Bella. Vieni, ti faccio vedere la tua stanza" seguii Esme dopo aver augurato la buona notte a tutti per la seconda volta.
Mi accompagnò per due rampe di scale e indicò l’ultima porta a sinistra.
La camera era bellissima. Spaziosa, con un letto singolo, un armadio che occupava una parete, un’altra occupata dalla solita vetrata e una scrivania con un computer.
"È bellissima" dissi.
"Grazie. Sono contenta che ti piaccia. Devi condividere il bagno con Edward però. Se è un problema, gli dico di usare quello di sotto" mi disse.
"No, no! Non fa niente. Figurati! Non c’è problema" non volevo rivoluzionare le loro abitudini. In fondo, si trattava solo di una notte.
"Bene, ti lascio. Se c’è qualche problema, puoi chiedere a Edward che è nella stanza accanto, oppure mi chiami. E non vergognarti, sei la benvenuta" mi assicurò.
Sorrisi. "Grazie infinite Esme"
Mi abbracciò con calore, come farebbe una mamma con la propria figlia.
"Buona notte cara" disse uscendo.
Sbadigliai sonoramente e mi cambiai con un pigiama bianco appoggiato sopra al letto. Raccolsi i capelli in una treccia e la legai con un nastro blu che trovai dentro al comodino.
Poi, mi distesi sotto le coperte e mi addormentai in un batter d’occhio.
Il mattino seguente mi svegliai e trovai Alice, Rosalie ed Esme a fissarmi.
Mi tirai a sedere sul letto e le osservai. Sembravano perplesse.
"Che ore sono?" chiesi.
"Le quattro più o meno" rispose Alice.
"Le quattro? E voi che ci fate alzate a quest’ora?" chiesi.
Esme fece per dire qualcosa di ovvio, ma la bloccai.
"Aspetta, lasciami indovinare. I vampiri non dormono" tentai.
Annuirono, come se fosse ovvio.
Sospirai. Ero veramente un vampiro se mi comportavo in quel modo così umano?
"Siamo venute a chiederti una cosa, ma quando siamo entrate ti abbiamo visto dormire" disse Alice.
"Abbiamo aspettato che ti svegliassi, ma ci mettevi tanto" convenne Rosalie.
Sbadigliai. "Che mi dovete dire?" chiesi.
"Bè, in effetti ci stavamo chiedendo se… tu sia incinta" disse Esme.
Strabuzzai gli occhi. "Cosa?" chiesi allibita.
"Quando sei fuggita dall’Italia, non è che eri incinta?" chiese Rosalie.
"No!" esclamai arrossendo.
"Sicura?" chiese Esme.
"Certo! Lo saprei se lo fossi!" assicurai.
"Meno male. Perché vedi, con tutti gli uomini che hai detto di aver avuto, ci è venuto il dubbio" disse Rosalie.
"Gli uomini che ho avuto?" mi ero persa.
"Quelli che ti mandavano i Volturi no?" rispose Alice.
Arrossii violentemente e abbassai lo sguardo. "Voi pensate che io…sia andata con tutti loro?" chiesi.
"Perché, non è così?" chiese Rosalie perplessa.
"Certo che no!" arrossii "Io non…non c’è mai stato nessuno!" esclamai in mia difesa.
"Oh! Scusaci cara, pensavamo che…" Esme lasciò la frase in sospeso.
"Scusa se ti abbiamo disturbato. Torna pure a dormire" disse Alice alzandosi.
"Non credo di riuscirci…" bofonchiai.
"Scusaci Bella…ma dovevamo sapere. Dirò a Carlisle di non preoccuparsi" disse Esme.
"Non è per quello…credo di dover andare" risposi alzandomi.
"Perché?" chiese Rosalie.
"Stanno venendo qui…" mormorai cupa.
Esme mi prese per mano all’istante e mi trascinò di sotto, in salotto.
Chiamò tutti gli altri e mi fece sedere sul divano.
"Come stai?" mi chiese Edward.
"Bene" lo rassicurai.
Il pavimento sotto i miei piedi nudi era ghiacciato.
"Bella, ripeti quello che hai detto" disse Esme.
"Stanno venendo qui" ripetei.
"Chi?" chiese Emmett tirando Rosalie a sedere sulle sue gambe.
"I Volturi" risposi.
"Alice?" chiese Carlisle.
"Non li ho visti arrivare" disse.
"Forse perché si sono messi in viaggio solo due ore fa?" azzardai.
"Come fai a saperlo?" chiese Jasper.
"Vi ho già detto che sento la presenza delle persone" gli ricordai.
"Si, ma loro sono in Italia!" protestò Emmett.
"E allora?" chiesi.
"Quando senti i pensieri della gente, da dove li senti?" chiese Edward.
"Dalla città intera. È uno strazio. Non so come fai a resistere" bofonchiai.
"Con il tempo ci si fa l’abitudine, e comunque io non sento così lontano" rispose.
"Quanto tempo abbiamo prima che arrivino?" mi chiese Carlisle.
"Una settimana circa. Ma non è un problema vostro" gli ricordai.
"A questo proposito Bella, vorremmo proporti di rimanere con noi" disse Carlisle.
"…p-per quanto?" chiesi spiazzata.
"Per sempre ovviamente" rispose Esme.
Tutti mi sorridevano, d’accordo con loro.
"I-io non lo so…non voglio crearvi dei problemi" mi guardai le mani.
"Non creerai problemi Bella. Sarai parte della famiglia" disse Alice.
"…mm…siete tutti d’accordo?" chiesi conferma.
"Certo" risposero.
Arrossii leggermente. "Bè…in tal caso…grazie" risposi annuendo.
Sorrisero e mi abbracciarono.
Rabbrividii.
"Che c’è?" chiese Esme.
"Fa freddo" mormorai.
"Ma certo, che sbadata" mi riaccompagnò in camera e mi portò dei vestiti nuovi.
"Avrai bisogno di vestiti. Alice e Rose saranno ben felici di accompagnarti"
"Non ce n’è bisogno, posso-"
"Ah no! Non si discute!" disse ridendo. Mi abbracciò. "Benvenuta in famiglia cara"
"Grazie. Siete fantastici" stavo per aggiungere mamma ma mi morsi la lingua. Non me lo avrebbe permesso di sicuro.
Mi vestii velocemente, indossando i vestiti che avevo tolto solo qualche ora prima.
Tornai di sotto, dove trovai Edward seduto sulla poltrona. Mi avvicinai e mi sedetti vicino a lui.
"Bella" disse attirando la mia attenzione "Sei consapevole del fatto che quando hai deciso di rimanere con noi hai anche accettato di nutrirti come noi?" chiese.
Annuii. "Si, certo. Avevo comunque intenzione di chiedervi di insegnarmi prima di andarmene. Non mi piace uccidere umani" risposi.
Mi guardò e fece un mezzo sorriso che gli illuminò il viso e mi fece scogliere come una caramella. Era bellissimo.
Cercai di rispondere al suo sorriso, ma mi sentivo abbagliata.
"Ti va bene se domani andiamo a caccia? Tu, io e Carlisle" chiese.
"Va bene…a caccia di animali?" chiesi un po’ perplessa.
Annuì soltanto e io spostai la mia attenzione sulla punta delle scarpe, cercando di trovarle molto interessanti.
"Tu…senti anche quello che penso?" chiesi all’improvviso.
Non rispose e quando alzai gli occhi lo trovai a fissarmi con espressione frustrata.
"No…non so perché, ma non ci riesco. Sei la prima e unica eccezione" rispose.
In fin dei conti, era meglio così. Per un attimo avevo avuto paura che avesse sentito quello che avevo pensato di lui. Sorrisi. "Mi piace. Che non ci riesci intendo" spiegai.
Fece di nuovo il mezzo sorriso e di nuovo mi sentii abbagliata. "Perché pensi delle cose brutte?" chiese divertito.
Arrossii leggermente, distogliendo lo sguardo dal suo. "No, ma mi piace la mia privacy" risposi.

Grazie a tutti quelli che leggono e che lasciano un commentino!! Mi fate mooolto felici! per Elychan: Bella tocca un vampiro e ne copia il potere. Così poi riesce ad usarlo anche senza continuare a toccarlo... lo so, non sono tanto chiara, quindi, se non hai capito dimmelo pure, cercherò di essere ancora più chiara!! (quante ripetizioni in una frase...)

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Capitolo 5
*** 4. CACCIA ***


CAPITOLO QUATTRO: CACCIA
Carlisle ci raggiunse in salotto insieme ad Esme.
"Ci sono delle cose che devi sapere Bella. Riguardo alla nostra famiglia" disse Carlisle.
Lo guardai, attenta a cosa stesse per dirmi.
"Noi, non abbiamo deciso solo di nutrirci di animali anzi che esseri umani, ma abbiamo deciso di avere una vita normale. Di proseguire le nostre vite, mettendo la sete in secondo piano" disse.
Annuii, anche se non del tutto sicura di quello che aveva detto.
"Per esempio: io sono un dottore" disse.
Lo guardai per trenta secondi, in attesa che il mio cervello elaborasse l’informazione. Poi, alzai un sopracciglio scettica. Come poteva essere un dottore? Era un Vampiro!
Ridacchiarono per la mia espressione.
"Lo so, sembra una barzelletta, ma ti assicuro che è così. Lavoro all’ospedale di Forks e ti assicuro che non ho mai mangiato nessuno" disse Carlisle.
"Carlisle è diventato immune al sangue. È rimasto così tanto tempo trattenendosi dal bere dagli esseri umani che adesso non ne sente più il bisogno" disse Edward.
"Ah…" adesso era più chiaro "E anche voi?" chiesi riferendomi al resto della famiglia.
Scosse la testa. "Carlisle è il solo" rispose Edward.
"Anche se Edward ci va vicino" obiettò Esme.
Lo guardai sorridere e Esme sembrava fiera di lui. Sembravano madre e figlio.
"Potrò riuscirci anche io un giorno?" chiesi speranzosa. L’idea di non dover mai più uccidere esseri umani mi piaceva.
"Certo, ma dovrà passare ancora un sacco di tempo" rispose Edward.
"Tu quanti anni hai?" chiesi guardandolo.
Fece di nuovo il mezzo sorriso.
Arrossii e abbassai lo sguardo. "Scusa, non sono affari miei" mormorai.
"Figurati, ho quasi novant’anni" disse "Senza la mia vita da umano" aggiunse.
Lo guardai, allibita. Novant’anni? Poteva essere mio nonno!
"E…voi?" chiesi esitante.
"Carlisle ha festeggiato da poco il suo trecentosessantacinquesimo compleanno" disse Esme "Mentre io ne ho circa settanta" terminò.
"Ah…e…non c’è nessuno che abbia un paio d’anni più o meno?" chiesi.
Scossero la testa.
"Quindi sono la più piccola" decretai.
"Si, ma non devi preoccuparti. Non è certo un problema. Sarai una delle nostre figlie, hai la stessa età di Edward" disse Esme.
"Hai diciassette anni?" chiesi stupita. Ne dimostrava come minimo venti.
Annuì. "Si, avevo diciassette anni quando Carlisle mi ha cambiato" rispose.
"Come ha detto Esme, Edward, Rosalie, Emmett, Jasper e Alice sono nostri figli; nel senso che li abbiamo adottati" disse Carlisle "Da oggi, anche tu sarai una delle nostre figlie. Ti adotteremo e andrai a scuola come gli altri" terminò.
"A-a scuola?" chiesi incredula.
"Si, noi siamo una famiglia e continuiamo le nostre vite, cercando di essere più normali possibili" disse Esme.
Annuii. "Va bene" come avrei mai potuto negare qualcosa alla mia nuova famiglia. Specialmente se erano tutte persone così fantastiche.
"Bene. Sta di fatto che prima di poter andare a scuola dovrai abituarti all’odore del sangue umano senza aggredirne uno appena lo incontri" disse Carlisle.
"Certo, non voglio uccidere tutti gli studenti della scuola!" risposi sorridendo.
"Bene. È ora di andare a caccia" annunciò Carlisle.
M’irrigidii un pochino. La mia prima caccia.
Edward si alzò e lo seguii fuori dalla casa. Salimmo sulla sua Volvo.
Edward al volante, Carlisle sul sedile del passeggero e io dietro.
"Dove andiamo?" chiesi un po’ nervosa mentre la Volvo usciva dal sentiero di casa.
"Nella riserva di Gate Rockes. È qui vicino" rispose Edward.
Rimasi in silenzio per il resto del viaggio che durò relativamente poco: dieci minuti. Grazie anche a Edward che guidava come un pazzo.
Ci fermammo alla fine di un sentiero, ormai dentro alla foresta.
"Eccoci" annunciò Carlisle scendendo.
Aprii lo sportello e scesi. Inutile dire che inciampai come al mio solito e caddi a terra.
Alzai lo sguardo, rossa di vergogna, e li trovai entrambi intenti a fissarmi, mezzi increduli.
Arrossii, imbarazzata e mi rialzai. "Potete anche ridere, non mi offendo, ci sono abituata" dissi.
"Non preoccuparti" mi rassicurò Carlisle.
Edward mi fece cenno di seguirli e ci addentrammo nella foresta.
Dopo diversi minuti che camminavamo in silenzio, ci fermammo.
"Bene. Adesso, voglio che ti concentri. Annusa l’aria" disse Carlisle.
Chiusi gli occhi e annusai. Sentii vari odori. Dal profumo delle foglie e del terreno bagnati, al dolce profumo dei fiori.
Poi, un odore invitante raggiunse le mie narici. Era buono. Certo, non buono quanto quello degli umani, ma decisamente appetitoso.
"Bene, adesso lasciati andare. Vai" mormorò Carlisle.
Senza farmelo ripetere due volte, corsi dal proprietario di quell’odore e mi ritrovai davanti a un cervo.
Rimasi ad osservarlo per un attimo, mentre, incurante della mia presenza, continuava a brucare l’erba.
Poi, quando non potei più resistere, mi fiondai su di lui, stringendolo in una morsa che non lasciava scampo e affondando i denti nel suo collo.
La sostanza che sentii in bocca non era buona, saporita come il sangue umano. Gli mancava qualcosa, eppure era ugualmente gustoso. Caldo, mentre scendeva nella mia gola. Era passata circa una settimana dall’ultima volta che avevo avuto bisogno di nutrirmi.
Non amavo uccidere le persone, per questo, cercavo sempre di cibarmi il meno possibile.
Quando non sentii più sangue da poter bere, mi staccai dalla mia preda e mi alzai.
Carlisle ed Edward erano vicino a me che mi osservavano, sorridendo.
Arrossii lievemente, mai nessuno mi aveva vista mangiare.
Solo quando abbassai lo sguardo, mi accorsi che i miei vestiti erano un po’ sporchi.
"Accidenti" brontolai.
"Non preoccuparti, una volta a casa potrai cambiarti" disse Carlisle.
"N-non ho dei vestiti…" mormorai.
"Alice e Rosalie ne hanno anche troppi, saranno felici di cederne qualcuno a te" disse sorridendo.
Il cercapersone nella tasca di Carlisle suonò.
"Devo andare, mi stanno cercando in ospedale" annunciò "Rimani tu con lei" disse rivolto a Edward che si limitò ad annuire.
Poi, corse via. Agile e veloce.
Edward mi sorrise. "Sei stata brava" disse.
"Grazie" risposi arrossendo.
Da quando avevo incontrato i Cullen, Edward era quello che mi metteva più in soggezione. Era bello, come un Dio; ma anche simpatico e sempre gentile nei miei confronti.
Ogni volta che lo vedevo o ci parlavo, un nodo mi si formava nello stomaco e facevo fatica a pronunciare frasi coerenti.
"Coraggio, devi farlo ancora qualche altra volta per sentirti veramente sazia" disse sedendosi su un tronco caduto.
"Vai pure, io ti aspetto qui. E se hai bisogno di qualcosa, chiamami" disse.
"Okay" poi corsi per la foresta e feci fuori un altro cervo e un orso.
Stavo finendo di bere da un orso che avevo appena catturato quando sentii un singhiozzo provenire dalla foresta.
Istintivamente annusai l’aria e sentii un forte odore di sangue colpirmi. Sangue umano.
M’irrigidii, mentre il mostro dentro di me faceva festa e urlava per essere accontentato.
Ma io non volevo. Chiunque fosse e qualunque cosa gli fosse successa, doveva stare lontano da me.
Avevo appena trovato un modo per non dover essere più un mostro orribile. Avevo trovato una famiglia straordinaria. Non avrei rovinato tutto adesso, non volevo tornare da sola, a nascondermi.
Con tutta la volontà e il controllo che avevo, mi staccai dall’orso e mi diressi verso il tronco dove Edward mi aspettava.
Avevo bisogno che mi rassicurasse, che mi garantisse che non avrei fatto nessuna sciocchezza.
Il mostro intanto urlava dentro la mia testa. Il mio corpo tremava, nel tentativo di resistere all’istinto.
Dopo un paio di minuti che mi parvero un’eternità, vidi Edward ancora seduto sull’albero. Teneva gli occhi chiusi, evidentemente intento a pensare.
Mi avvicinai a lui. Stavo per cedere, lo sentivo.
"E…Edward" chiamai impercettibilmente.
Per fortuna mi sentì. Aprì gli occhi di scatto e mi venne incontro, preoccupato.
"Che succede?" chiese subito.
"I-io…non voglio…ti prego…" non riuscivo a dire niente di sensato perché sentivo la sete aumentare e il mio istinto stava per prendere il sopravvento.
Vidi Edward concentrarsi per un attimo, e poi, non riuscii più a fermarmi.
Con un gemito mi voltai verso la foresta, verso l’odore che mi attirava così tanto e feci per correre da lui, per saziarmi.
Fortunatamente la mano di Edward che mi stringeva il polso mi fece riprendere un po’ di controllo.
Mi teneva ferma, stretta con la sua mano e inchiodata al suo sguardo.
"Sta calma, Bella. Concentrati, mantieni il controllo" disse.
Cercai di annuire ma non ci riuscivo. Era come se il mio corpo fosse diviso dalla mia ragione, come se decidesse da solo cosa fare.
"E-edward…ti prego…io…non ci…riesco" riuscii a dire.
Lo vidi annuire e poi tirarmi verso la macchina.
Strattonai il braccio, cercando di liberarmi dalla sua stretta, ma lui non mi lasciò andare. Anzi, mi circondò le spalle con le braccia, chiudendomi in una morsa e mi alzò di peso, portandomi fino alla Volvo.
Con una mano aprì lo sportello mentre con l’altro braccio mi teneva ferma. Mi sorpresi della forza che aveva.
Mi spinse nel sedile del passeggero e chiuse lo sportello per poi apparire al mio fianco, al posto di guida.
Al chiuso dell’abitacolo, mi sentii subito meglio. Riuscii a riprendere il controllo quasi subito. L’odore di umani non premeva più prepotente al mio naso. Mi sentivo meglio, respirando aria pulita, fui di nuovo in grado di ragionare.
Edward era rimasto al mio fianco, senza dire niente, in attesa che riprendessi il controllo.
Rimanemmo in silenzio ancora per un po’.
Mi sentivo terribilmente in colpa per la mia reazione e mi maledii. Ero rimasta impressionata da come aveva reagito razionalmente lui in confronto a me.
"Come va?" chiese mesto.
"Molto meglio. Grazie" risposi guardandomi le mani.
Mi vergognavo. Cosa avrebbero detto gli altri quando gli avrebbe raccontato l’accaduto? Ma soprattutto, cosa pensava adesso lui di me? Speravo solo che non mi odiasse.
"Mi dispiace" dissi infine. Sentivo il bisogno di scusarmi, e volevo che lui mi perdonasse.
"Non devi scusarti Bella. Sei stata bravissima" disse con mio grande stupore.
Lo guardai, attonita. "Ma…come? Ho rischiato di mandare tutto all’aria e tu…dici che sono stata brava?" chiesi incredula "Dovresti essere arrabbiato con me" gli feci presente.
Rise leggero. "Bella, non sono arrabbiato e tu sei stata davvero bravissima" rispose "Invece che attaccare quella povera donna, hai lottato per chiedermi aiuto" spiegò.
"Ma hai comunque dovuto trattenermi con la forza" gli ricordai.
"Si, ma non importa. Non sei così impossibile da trattenere" ridacchiò.
"Lo so…" mormorai guardando fuori dal finestrino.
Voleva dire che non ero molto forte fisicamente. Aveva ragione.
Senza i miei poteri, io non valevo niente.
"Ti ho forse offeso?" chiese preoccupato.
"No! Figurati! Solo vecchi ricordi…" mi affrettai a sorridere.
"Okay. Per oggi credo che basti. Presto però dovrai andare a caccia di nuovo. Andiamo a casa" disse avviando il motore.
"Gli altri si arrabbieranno?" chiesi.
"Certo che no. Non è successo assolutamente niente. Non sei neanche andata vicina a combinare un guaio" rispose "Sono fiero di te" aggiunse sorridendo.
Avvampai. Era stato bellissimo sentire quella frase da lui, ma mi ero imbarazzata tantissimo.
"mmm…e così era una donna" tentai di cambiare discorso.
Mi guardò, perplesso. "Si. Non hai sentito i suoi pensieri?" chiese.
Scossi la testa. "No…ecco, io…avrei bisogno del tuo aiuto" azzardai. "Ma certo, per fare cosa?" chiese.
"Ecco…tutte le volte che acquisto una nuova capacità, mi devo abituare prima di poterla usare a mio piacimento. Di solito, archivio tutto in un angolino del mio cervello prima di tentare di controllare una nuova abilità" cercai di spiegarmi.
"Quindi tu, adesso hai messo da parte il potere che ti ho trasferito in attesa di poterlo controllare meglio" disse.
"Esatto, praticamente è come se non potessi leggere i pensieri, è per questo che non ho capito che era una donna" conclusi.
Annuì. "E io in cosa devo aiutarti?" chiese.
Arrossii leggermente. "Ecco, mi chiedevo se, essendo il tuo potere, potevi aiutarmi a controllarlo, dirmi come si fa. Ma solo se ne hai voglia. Non devi farlo per forza" chiarii.
Sorrise. "Certo, sarò felice di poterti aiutare" disse.
Ricambiai il sorriso, mentre entravamo nella stradina che conduceva a casa Cullen.
Casa mia.

Grazie ancora a tutte quelle che lasciano commenti, ma anche a quelli che leggono e basta, mi fate molto piacere. Per sarah james: ti do volentieri il mio indirizzo!! Dunque, è: squ1ddy@hotmail.it

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Capitolo 6
*** 5. SHOPPING ***


CAPITOLO CINQUE: SHOPPING
Appena entrai in casa Alice mi venne incontro e mi baciò sulla guancia.
"Finalmente sei tornata!" esclamò.
Aveva una strana luce negli occhi che non mi convinceva per niente.
"Come è andata la caccia?" chiese Esme apparendo dalla cucina.
"Bene. Bella se la cava egregiamente" rispose Edward. Ci scambiammo un gran sorriso.
"Hai bisogno di una doccia" annunciò Alice.
"Già" concordai.
Mi prese per mano e mi portò in bagno, dove mi feci una doccia veloce.
Mi avvolsi nell’asciugamano e mi tamponai i capelli con un altro.
Ad aspettarmi c’era della biancheria in pizzo nero, una camicia rossa, un paio di jeans bianchi e le scarpe nere. M’infilai tutto velocemente e mi dedicai ai miei capelli. Finalmente, dopo mezz’ora avevo fatto.
Tornai di sotto, con l’intento di prendere un bicchiere d’acqua. In salotto non c’era nessuno.
Entrai in cucina dove trovai una Esme intenta a leggere un libro e a preparare un dolce.
"Ciao" dissi.
Alzò un attimo gli occhi per guardarmi e sorridermi. "Ciao" rispose.
"Che fai?" chiesi curiosa.
Intanto aprii la credenza e presi un bicchiere.
"Devo preparare un dolce. Domani è il turno di Carlisle per portare la colazione all’ospedale. Sai, una volta al mese tocca a tutti. Fanno a turno" rispose intenta a leggere il libro.
"Che stai preparando?" chiesi riempiendo il bicchiere d’acqua.
"Sto cercando di fare una nuova torta, ma non mi riesce gran chè bene. Credo che dovrò buttare tutto" disse avvilita guardando il composto giallognolo dentro alla ciotola.
"Ma no! Sono sicura che sarà buonissima" tentai di rassicurarla. Ma lei era davvero scoraggiata.
"Posso vedere la ricetta?" chiesi sporgendomi verso di lei.
"Tieni" disse porgendomi il libro di cucina.
Lo afferrai e lessi la ricetta che le interessava. Scoprii che era un dolce al cioccolato un po’ complicato da preparare ma che avevo già fatto una volta quando ancora ero umana.
"Ti aiuto io" annunciai "Sempre se sei d’accordo"
Fece un sorriso enorme. "Ma certo! Te ne sarei grata" disse.
Fu così che m’infilai una pannuccia e ripresi in mano un mestolino dopo circa due anni di astinenza da cucina.
Aiutai Esme a seguire la ricetta perfettamente e scoprii che mi mancava cucinare per mio padre. Mi mancava la mia vita umana in generale; o almeno finchè non avevo incontrato i Cullen.
Passammo due ore in cucina, immerse nella farina e nel cioccolato.
"Grazie mille Bella. Avrei buttato via tutto se non ci fossi stata tu" disse Esme.
"Figurati. È stato un piacere. Mi piaceva molto cucinare" risposi.
Carlisle e Edward apparvero sulla porta della cucina. Si bloccarono e rimasero a fissarci.
Mi guardai e solo allora mi accorsi nelle condizioni in cui eravamo.
Praticamente coperte di farina da capo a piedi.
Scoppiammo a ridere e anche Carlisle ed Edward sorrisero scuotendo la testa.
"Non dirmi che abbiamo trovato un’altra maniaca della cucina!" esclamò Carlisle.
"Bella mi ha dato una mano a preparare il dolce per domani. Avevo qualche difficoltà" rispose Esme.
Carlisle le accarezzò una guancia, sorridendo.
Edward intanto si era avvicinato, ma me ne accorsi solo quando il suo indice mi sfiorò il naso, portando via i resti della farina.
Lo guardai e sorrisi.
Ricambiò il sorriso illuminandosi.
"Vieni" mi prese per mano e mi accompagnò in salotto.
"Senti, Alice vorrebbe portarti a fare shopping a Port Angeles. Se per te è presto, se non te la senti, possiamo rimandare" disse sempre tenendomi la mano.
Mi piaceva quel contatto. La sua mano trasmetteva sicurezza e calore.
"Va bene. Però…" esitai e arrossii imbarazzata.
Mi guardò, inclinando la testa. Interrogativo.
"Non ho soldi" dissi infine mortificata.
Sorrise, rilassandosi. "Ma questo non è un problema" disse.
"Come no? Non vedo come possa andare a fare compere se non ho soldi" protestai.
"Ma noi abbiamo i soldi" disse.
Capii cosa intendeva. Scossi la testa.
"No. Non vi lascerò pagare per i miei vestiti" protestai.
"Bella, abbiamo un sacco di soldi. Non è un disturbo comprarti dei vestiti e non devi ridarci niente. Fai parte della famiglia adesso, quello che è nostro è anche tuo" disse deciso, con un tono che non ammetteva repliche.
Sospirai. "Va bene. Verrai anche tu?" chiesi arrossendo.
Per qualche assurda ragione, lo volevo sempre vicino a me. Mi sentivo al sicuro solo con lui vicino. E poi, era sempre gentile con me.
Sorrise, il mezzo sorriso che mi faceva sognare ad occhi aperti.
"Si, avevo intenzione di accompagnarti, ma solo se sei d’accordo" disse.
"Certo" risposi entusiasta. Un po’ troppo entusiasta.
Sperai che non l’avesse notato.
"Bene. Perché non mi andava di lasciarti in mano a quelli lì per tutto il giorno, potrei anche salvarti" disse divertito.
"Si ti prego, odio fare shopping" bofonchiai.
In quel momento arrivarono Alice e Rosalie, seguite da un Jasper e un Emmett non troppo entusiasti.
"Coraggio Bella, sei pronta?" chiese Alice saltellando.
Sospirai. "No. Andiamo" risposi.
Edward, Alice, Jasper ed io entrammo nella Volvo di Edward, mentre Rosalie ed Emmett salirono su una BMW. Partimmo subito, Edward era un ottimo pilota e notai che il contachilometri non andava mai sotto i centosessanta.
"Allora Bella, dimmi, quanti ragazzi hai avuto nella tua vita? Intendo umana e non" disse Alice.
Arrossii dalla radice dei capelli fino alla punta dei piedi.
Perché aveva tirato fuori un argomento così imbarazzante?!
Per qualche strana ragione, né Edward né Jasper fecero niente per aiutarmi a uscire da quella situazione.
"P-pensavo di essere stata abbastanza chiara"
balbettai. In fondo, le avevo detto che non c'era mai stato nessuno, che altro voleva sapere!
"Si, mi hai illuminato sulla tua vita sessuale, ma io intendevo un ragazzo con cui stavi, come io sto con Jasper" si corresse.
Dallo specchietto riuscii a vedere chiaramente Edward e Jasper cercare di trattenersi dal ridere.
"Ma che importanza ha?" chiesi.
"Voglio solo conoscerti meglio. Andiamo, dimmi la verità!" disse sorridendo.
Sospirai, decisi di rispondere. In fondo, almeno avrebbe lasciato cadere l’argomento in fretta venendo a conoscenza della mia inesistente vita sentimentale.
"Okay, non ho mai avuto un ragazzo" sputai il rospo.
Rimase interdetta. "E perché mai?" chiese delusa.
Alzai le spalle. "Nessuno si è mai interessato a me. E le poche volte che ho tentato di avvicinare una persona, mi hanno allontanata subito" risposi guardando fuori dal finestrino.
"Perché?" chiese ancora più confusa.
"Non…non sono la tipica ragazza che può piacere ai ragazzi di Phoenix" spiegai imbarazzata.
"Phoenix? Che c’entra Phoenix? Non sei di Forks?" chiese Edward.
Gli fui grata per aver cambiato discorso, ma cantai vittoria troppo presto.
"Stai al tuo posto Edward! C’ero prima io!" disse Alice "Dicevamo? Oh si, quindi non c’è mai stato nessuno" ribadì.
"Esatto" ammisi.
Mi guardò con aria strana.
"Pensi che mio fratello potrebbe essere il primo?" chiese.
Arrossii di nuovo, nella mia vita non credo di aver mai arrossito così tanto.
"Bè…io…non…insomma…" biascicai.
"Alice!" sbottò Edward "Che razza di domande fai!" la riprese.
Alzò gli occhi al cielo. "E va bene! Scusa se volevo sapere qualcosa in più della mia nuova sorellina!" rispose.
"A noi non interessano i discorsi sui suoi fidanzati!" rispose Edward.
Sentii un nodo contorcersi nello stomaco.
Certo, a lui non interessava la mia vita sentimentale.
Che poteva fregarne a lui. Non ero per niente interessante io. Invece lui era semplicemente perfetto.
Vidi Jasper guardarmi curioso. Distolsi lo sguardo e mi concentrai sul paesaggio fuori.
"Allora, che c’entra Phoenix?" chiese Alice.
"Mia madre sta a Phoenix. I miei si sono separati come sapete e per un po’ ho vissuto con lei" risposi.
"Poi hai deciso di venire a Forks?" chiese Edward.
"Già…mia madre si è sposata di nuovo. Phil gioca a baseball e spesso fa viaggi. Finchè c’ero io mia madre non poteva seguirlo, così ho deciso che era l’ora di passare un po’ di tempo con Charlie" dissi.
"Ti manca tua madre?" chiese Alice.
Alzai le spalle. "Mi manca, come mi manca mio padre. Ma non posso tornare da loro. Non posso rischiare di fargli del male. Sono i miei genitori" dichiarai.
Rimasero in silenzio per un po’. Non dicevano niente, sembrava che avessero finito le domande. O forse, avevo detto qualcosa di sbagliato? Mi morsi il labbro.
Dovevo stare attenta a cosa dire se non volevo offenderli o peggio, farmi cacciare dalla famiglia.
Erano davvero le persone più gentili che avessi mai incontrato e non sarei riuscita a tornare nella solitudine dopo aver conosciuto loro.
"Siamo arrivati" annunciò Edward parcheggiando e spegnendo il motore.
Non feci in tempo a scendere che già Alice e Rosalie mi avevano presa per mano e trascinato dentro a un negozio.
Il primo di una lunga serie.
Okay, il primo di una lunghissima serie.
In un paio d’ore mi ero rifatta un intero guardaroba.
Completo della più vasta gamma di magliette, camicie, canottiere e giacche. Poi maglioncini leggeri e pesanti e ancora pantaloni lunghi, larghi, corti e stretti. Tutto nel più vasto assortimento di colori.
Edward, Jasper ed Emmett si limitavano a venirci dietro, portando tutte le buste che aumentavano sempre più.
Protestai solo arrivati all’ultimo negozio.
Davanti a Victoria’s Secrets puntai i piedi e mi rifugiai dietro la schiena di Edward.
"Bella! Non fare la bambina!" protestò Alice.
"No! Io lì dentro non ci entro!" esclamai arrossendo.
Era già imbarazzante entrare lì accompagnata da una ragazza, figuriamoci con tre ragazzi al seguito! Al solo pensiero arrossii e nascosi il viso sulla maglietta di Edward.
"Bella, andiamo! Hai bisogno di biancheria! Devi essere bella!" disse Rosalie.
"Non vedo per chi…" bofonchiai.
"Bella, coraggio, vai. Questo è l’ultimo negozio" disse la voce di Edward.
"No" dissi scuotendo la testa.
"L’ultimo?! Dobbiamo ancora comprare le scarpe!" disse Alice.
"Ma non mi dovevi salvare tu?" chiesi a Edward sottovoce.
"Esatto, è quello che sto facendo. Niente più negozi se fai lo sforzo di entrare lì dentro" disse.
"Promesso?" chiesi guardandolo.
"Promesso" rispose sorridendo.
"Coraggio piccioncini! È l’ora dello shopping!" disse Alice prendendomi per mano.
Così, accettai anche di entrare lì dentro.
Fortunatamente Edward, Emmett e Jasper ci aspettarono fuori dal negozio, mentre convinsi Alice e Rosalie a entrare nel camerino con me, così che non mi avrebbe vista nessuno.
"Visto? Ti sta benissimo questo!" disse Alice quando mi provai un semplicissimo reggiseno giallo. Il terzo di una serie che non finiva mai.
"Si, sono d’accordo" convenne Rosalie.
"Va bene, basta?" tentai.
"Solo un’ultima cosa" disse Alice afferrando un completino.
Me lo mise davanti e diventai di mille colori.
Era un completino nero, fatto di pizzi e merletti sulle mutandine e sulle coppe rigide. Quello che mi infastidiva e imbarazzava, era la sua consistenza.
Praticamente nulla.
Era presso chè trasparente. Scossi la testa.
"No! Questo non lo provo" decretai.
"Oh si che lo provi!" protestò Rosalie.
"Assolutamente no!" ero irremovibile.
"…mmm…" fece Alice studiandomi. La sua espressione non mi piaceva per niente.
"C-che c’è?" chiesi allarmata.
"Magari vado a chiamare i ragazzi, forse loro riescono a convincerti" disse.
Deglutii e le strappai di mano il completino.
"Bene! Lo provo, ma solo perché così possiamo andare a casa!" precisai.
Rosalie e Alice risero e afferrarono un po’ di reggiseni e mutandine in coordinato.
"Coraggio, cambiati, noi intanto andiamo a pagare questi" disse Alice uscendo.
Sospirai e m’infilai quella sottospecie di biancheria.
Mi guardai allo specchio. Le mie guance erano di un delicato color pomodoro, mentre il mio corpo era in mostra. Non solo quel completino copriva poco, ma quello che copriva lo lasciava scoperto per effetto della trasparenza. Bene, mi stava bene. Però mi sentivo in imbarazzo anche solo a guardarmi davanti allo specchio, da sola.
Entrarono Alice e Rosalie.
"Wow Bella, sei un incanto!" disse Rosalie.
Sorrisi debolmente e mi portai le mani sul seno, nel tentativo di coprire qualcosa.
"Non so, non è il mio genere" dissi.
"Bè. Ti sta benissimo. Sono sicura che gli piacerà" disse Rosalie.
"Ma a chi? Parlate come se ci fosse qualcuno a cui farlo vedere!" sbottai.
Mi guardarono con un sorrisetto malizioso sulle labbra.
Deglutii. Non sapevo cosa stessero pensando, ma si comportavano come se ci fosse veramente qualcuno per cui essere bella. Non c’era e non ci sarebbe mai stato probabilmente. Ero troppo noiosa, troppo comune perché qualcuno si interessasse a me. Questo l’avevo ampiamente verificato nella mia vita umana.
"Va bene, per oggi basta" decretò Alice.
"Si, rivestiti, ti aspettiamo fuori" disse Rosalie.
Mi vestii velocemente e uscii dal negozio più in fretta che potei. Edward, Emmett e Jasper mi sorrisero vedendomi.
Arrossii leggermente e mi avvicinai. "Uff" sbuffai "Finalmente mi hanno lasciata andare" dissi.
"Allora si torna a casa?" chiese Emmett.
"Si" rispose la voce di Rosalie dalla porta del negozio.
"Bene" commentò Jasper.
Facemmo tutto il percorso al contrario fino al parcheggio. Loro ovviamente erano tutti belli e rilassati mentre io ero stanca morta. Non mi reggevo quasi in piedi.
"Guido io!" disse Alice.
"Va bene" acconsentì Edward lasciandole le chiavi della sua Volvo.
Mi sistemai sul sedile di dietro, dove mi raggiunse Edward poco dopo. Ero veramente stremata.
Partimmo a tutta velocità. Il modo di guidare di Alice non era tanto diverso da quello del fratello.
Appoggiai la testa sul finestrino e cercai di rimanere sveglia.
Non ci riuscivo quasi. Sbadigliai sonoramente e si voltarono tutti verso di me.
Arrossii e sorrisi debolmente. "Scusate" biascicai.
Sentii le mani di Edward prendermi la testa e appoggiarla sulle sue ginocchia. Chiusi gli occhi e mi tolsi le scarpe, tirando i piedi sul seggiolino e piegando le ginocchia.
"Dormi pure" mormorò al mio orecchio.
Avrei voluto dire che non ero stanca, che non volevo.
Ma quando ci provai mi uscì solo una cosa come: "Onfghonosciafgha"
L’ultima cosa che ricordo prima di essermi addormentata del tutto, fu la risata cristallina di un angelo.

Un altro capitolo finito… grazie siete jentilissimi a leggere la mia storia! Mi fate davvero tanto, tanto, tanto piacere!! Grazie a tutti quanti! Presto vi posto anche il prossimo!!!

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Capitolo 7
*** 6. RAVIOLI AI FUNGHI ***


CAPITOLO SEI: RAVIOLI AI FUNGHI
Mi risvegliai nel mio letto, immersa nel calduccio delle coperte. Aprii appena gli occhi per trovare la stanza buia e li richiusi, continuando a dormire.
Durante la notte mi sembrò di sentire la porta aprirsi e poi richiudersi piano. Probabilmente qualcuno era entrato e se ne era andato senza far rumore, per non svegliarmi.
Decisi di aprire gli occhi solo il mattino seguente. La camera era ancora buia perché le tende tirate non lasciavano passare neanche un filo di luce.
Sbadigliai e mi alzai. Aprii le tende, per trovare il solito cielo coperto di nuvole. Tipico di Forks.
Aprii l’armadio dove trovai tutti i vestiti che avevamo comprato il giorno prima. Scelsi un paio di jeans a caso e una maglietta a strisce nere e viola, con le maniche lunghe.
Andai in bagno e mi lavai il viso, i denti e mi pettinai i capelli, cercando di districare i nodi.
Una volta fatto, scesi di sotto. La casa era vuota, silenziosa. Sembrava non ci fosse nessuno. Mi guardai un po’ in giro, non vidi nessuno.
"Buongiorno Bella" arrivò la voce di Esme dalla cucina.
Mi diressi da lei. "Buongiorno" risposi sedendomi.
"Dormito bene?" s’interessò.
"Benissimo" risposi sorridendo.
Esme stava ripulendo il lavello e i fornelli.
"Dove sono tutti?" chiesi infine.
"Carlisle è al lavoro, i ragazzi sono andati a scuola" rispose.
La guardai, incredula. "Sono andati a scuola senza di me?!" chiesi allibita.
Esme mi guardò e ridacchiò. "Non sei ancora pronta per andare a scuola. Magari fra qualche settimana" disse.
"Ma…ma perché?" chiesi.
"Sarebbe troppo per te. Non riusciresti a trattenerti" spiegò.
"Ah" mormorai "E tu perché sei a casa?" chiesi.
"Oggi è il mio giorno libero" disse "…mmm…" la vidi un po’ insicura.
"Si?" la incoraggiai.
"Hai sete? Vuoi andare a caccia?" chiese titubante.
Scossi la testa. "No grazie, sono andata ieri e mi basta" risposi.
In realtà, avevo proprio voglia di cioccolato. Non lo dicevo mai a nessuno perché non era normale. Però quella voglia c’era sempre. Non avevo mai più avuto la possibilità di mangiarne da quando ero diventata un vampiro, ma ne avevo sempre una voglia matta.
Non so per quale ragione e comunque, evitavo di parlarne. Mi credevano una diversa già per altre cose, figuriamoci che avrebbero pensato se mi fossi messa a mangiare cioccolato!
"Bella, va tutto bene?" chiese Esme. Probabilmente mi aveva vista troppo pensierosa.
Sorrisi. "Si, tutto bene" la rassicurai.
"Vuoi qualcosa allora? Intendo…da mangiare…" disse visibilmente in imbarazzo.
Deglutii. Morivo dalla voglia di mangiare delle crèpes al cioccolato, ma non sapevo se potevo dirglielo oppure no.
Alla fine, decisi di tentare. Tanto più strana di così! "Ecco…io…veramente…mi chiedevo se…"
"Si?" m’incoraggiò sorridendo.
"Potresti farmi delle crèpes al cioccolato?" dissi tutta d’un fiato.
Mi guardò, in modo strano.
"…posso farmele anche da sola…" azzardai cercando di alleggerire l’atmosfera che si stava creando.
Ma Esme non disse niente. Aveva un’espressione vuota e temetti di aver esagerato. Quella forse era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Avevo rovinato tutto. Accidenti a me! Perché diavolo non sapevo stare zitta!
Evidentemente non l’aveva presa per niente bene. Non c’era niente di male a volere delle crèpes, non quando non sei un vampiro almeno.
Mi salirono le lacrime agli occhi. Perché non diceva qualcosa? Perché non faceva niente?
"…mm…" mugugnai "Non fa niente, non importa" dissi voltandomi per uscire.
Sentii la sua mano sulla spalla. Mi voltai e la vidi sorridere, un sorriso a trentadue denti.
Perché adesso sorrideva?
"Sono più che felice di farti delle crèpes! Solo, non credo di avere delle uova e della farina in casa. Possiamo andare a comprarle se sei d’accordo" propose.
"Non deve essere un disturbo, posso anche farne a meno" dissi.
"Figuriamoci. Mi renderebbe felicissima poterti preparare la colazione! Mi manca poter cucinare per qualcuno" disse.
"Bè, allora andiamo" dissi.
Uscimmo subito e ci dirigemmo al supermercato nel centro della città. Appena scesa di macchina mi invase subito un odore forte, di umani.
M’irrigidii e Esme mi prese per mano.
"Ma…ma…" balbettai.
"Lo so Bella. Ma tu sei forte. Sono sicura che puoi resistere" disse.
Annuii. "Ma ieri, quando siamo andati a fare shopping non è stato così!" protestai.
"Lo so Bella. Ma ieri Alice, Emmett, Rosalie, Jasper ed Edward ti stavano intorno, il loro odore ti colpiva e superava quello degli umani" disse Esme.
Ripensandoci, era vero. Il giorno prima mi erano stati tutti attorno e non avevo sentito il bisogno di uccidere nessuno. Erano stati molto carini a proteggermi. Solo ora me ne ero resa conto.
"Vieni Bella, rilassati. Pensa alla tua colazione. Non è necessario uccidere qualcuno per sopravvivere" disse Esme.
La seguii all’interno del negozio dove, velocemente, prendemmo delle uova, della farina e della nutella.
Ci dirigemmo verso la cassa e ci mettemmo in fila.
"Esme, sta migliorando. Non sento più così tanta sete" dissi.
In effetti, l’odore degli umani, mi colpiva ancora e mi chiamava, però ci stavo facendo come l’abitudine. Non mi era neanche più necessario trattenere il respiro.
"Bene. Visto? Sei forte, puoi trattenerti" disse sorridendo.
Finalmente fu il nostro turno.
"Buongiorno signora Cullen" disse il cassiere sorridendo.
Esme ricambiò il sorriso. "Buongiorno Stuart" rispose.
"Sono 5 dollari e 27 centesimi" disse il commesso leggendo sul computer della cassa.
"Ecco" Esme passò una banconota da dieci dollari al giovane cassiere e aspettò per il resto.
Incontrai gli occhi del cassiere e gli caddero gli spiccioli di mano. Sembrava stupito.
Si chinò per raccogliere i centesimi caduti e poi tornò a fissarmi.
Feci un debole sorriso visto che non mi toglieva gli occhi di dosso. Lui, per tutta risposta, s’illuminò.
"Non sapevo avesse adottato un’altra figlia signora Cullen" disse Stuart.
Esme ridacchiò. "In realtà, è la figlia di mia sorella" disse casualmente.
"Ha veramente una splendida nipote allora" commentò Stuart.
Arrossii e abbassai lo sguardo. Non ero abituata a complimenti del genere, anzi, a complimenti di nessun genere.
"Bè, dobbiamo andare" disse Esme.
A Stuart caddero di nuovo le monetine di mano per la delusione. Pregai che facesse presto a raccoglierle.
"Tieni pure il resto Stuart" disse Esme prendendo la poca spesa.
"Oh, grazie signora Cullen" disse entusiasta.
"Di niente, figurati" rispose dirigendosi verso la porta.
"Ciao" mi disse.
"Ciao" mormorai di risposta affrettandomi a uscire.
Non mi aveva più tolto gli occhi di dosso una volta che mi aveva vista.
Uscite, mi voltai un attimo verso di lui e lo trovai intento a fissarmi il fondoschiena. Arrossii e lui mi fece l’occhiolino incrociando il mio sguardo.
Salimmo in macchina e tirai un sospiro di sollievo.
"Sei andata benissimo" disse Esme mettendo in moto.
"Grazie. Senti ma…ti guardano sempre così quando vai a fare la spesa?" chiesi.
Ridacchiò. "Più o meno. Ma a quanto pare hai fatto colpo sul povero Stuart!" disse continuando a ridacchiare.
Arrossii. "Tu credi?" cercai di fare finta di niente.
"Hai visto come ti guardava?!" sghignazzò.
"Non è il mio tipo" borbottai.
"Sta di fatto che gli sei piaciuta molto" puntualizzò.
"Bè, tanto non lo rivedrò di sicuro. Meglio non dargli false speranze" dissi.
"Certo, sono d’accordo. Non si devono prendere in giro le persone" concordò.
"E comunque guardava anche te!" buttai là.
"Si bè, credo che abbia una cotta per me, o almeno che gli piacerebbe avere una storia con me. Non dirlo a Carlisle però" disse.
"Perché è geloso?" chiesi incuriosita. Carlisle non sembrava un tipo geloso.
Esme rise. "Non hai idea. È geloso, possessivo e protettivo all’ennesima potenza" disse.
Strabuzzai gli occhi. "Dici sul serio?" chiesi.
"Si, ma solo quando siamo da soli o se qualcuno mi fa il filo. Altrimenti quando c’è qualche pericolo. Ma è normale, tutti nella famiglia lo sono. Anche Edward lo è. Solo che non lo dimostra perché non ha nessuno accanto" disse. Mi parve di vedere tristezza nei suoi occhi.
"Esme? Perché Edward non…perché è solo?" chiesi.
"Non ha trovato la sua metà. Non ha ancora trovato la compagna giusta, spero che un giorno anche lui possa essere felice come gli altri nella famiglia" disse.
Sembrava veramente la mamma di tutti quei ragazza che accudiva come figli suoi, seppur senza parentela.
"Carlisle fece entrare Rosalie nella famiglia perché sperava che diventasse per Edward quello che io sono per Carlisle" disse.
Mi feci attenta. Rosalie ed Edward. Certo che insieme sarebbero stati una coppia bellissima.
"Non ha funzionato?" chiesi conferma.
"No. Entrambi si vedevano come fratello e sorella. Non c’era amore tra loro" disse.
Annuii. Quindi si erano rifiutati. Non si amavano.
"Eccoci arrivati" esclamò spegnendo il motore.
Scendemmo e andammo in cucina.
"Mettiti pure comoda. Tra qualche minuto sarà pronto" disse Esme prendendo una padella.
Feci come mi aveva detto e la guardai mentre preparava la mia colazione. Mi sembrava di essere tornata piccola, proprio come quando guardavo mia madre preparare la cena o il pranzo.
Mentre Esme preparava le crèpes, chiesi qualche altra notizia sui membri della famiglia. Allora Esme mi raccontò quello che c’era da sapere su ognuno di loro.
Mi raccontò di quando Rosalie trovò Emmett e lo portò da Carlisle, per salvarlo. Da quel giorno non si sono più separati. Alice e Jasper furono gli ultimi a unirsi alla famiglia. Loro erano già insieme quando bussarono alla porta di casa Cullen.
Mi accorsi come ognuno di loro era importante per Esme, ma ogni volta che parlava di Edward, c’era un filo di tristezza profonda nei suoi occhi. Era sicuramente il figlio più caro per Esme e Carlisle e si preoccupavano per lui più che per gli altri.
"Ecco fatto. Tieni" disse porgendomi un piatto con tre crèpes dentro.
"Grazie" ne afferrai subito una e me la gustai.
"Mm! Grazie Esme, sono buonissime" dissi pulendomi ai lati della bocca. Erano strapiene di cioccolato che straripava da tutti i lati.
"Grazie cara" rispose sorridendo.
Feci colazione in silenzio, poi lavai il piatto e il bicchiere dove c’era il succo di frutta.
"A che ore tornano da scuola?" chiesi.
"Un paio d’ore dopo pranzo" rispose Esme.
Annuii e mi spostai in salotto. Accesi la tv e sintonizzai su un film qualsiasi, tanto per passare il tempo.
Mi distesi comoda sul divano e dopo un po’ mi addormentai.

"Ssssh! Ragazzi fate piano! Così la svegliate!" sentii la voce inconfondibile di Esme.
"Ma se voglio vedere la tv!" obiettò Emmett.
"La guardi più tardi!" disse Alice.
"Ma se il programma che voglio vedere c’è solo ora!?" protestò ancora.
Decisi infine di alzarmi. "Tranquillo Emmett, puoi vedere il tuo programma" biascicai sbadigliando.
Mi tirai a sedere e mi stropicciai gli occhi. Intorno a me stavano Alice, Emmett, Esme ed Edward. Mi fissarono.
"Ben svegliata" disse Edward con un mezzo sorriso.
Cercai di ricambiare nel miglior modo possibile. Ma ogni volta che mi sorrideva a quel modo facevo fatica a connettere e considerando che mi ero appena svegliata…
"‘ao" biascicai sbadigliando.
Sentii Emmett ridacchiare. Poi, si lanciò sul divano e sul telecomando. Accese la tv e sintonizzò su un canale di National Geographic.
"L’accoppiamento tra gli insetti?" chiesi alzando un sopracciglio.
"Certo! C’è sempre da imparare qualcosa. Non dirmi che tu sai già come si accoppiano gli insetti!" rispose.
Lo guardai per trenta secondi. Ovviamente se avessi annuito mi avrebbe chiesto una lezione sull’argomento, quindi scossi la testa innocentemente.
"Come immaginavo" borbottò fissandosi sullo schermo.
"Che ore sono?" chiesi.
"Le otto e mezza" disse Alice.
"Hai fame Bella?" chiese Esme premurosa.
Tutti la guardarono scettici.
"Bè, insomma…penso di poter resistere fino a domani" risposi imbarazzata.
Scosse la testa. "Non se ne parla! Tu cenerai!" disse.
"Va bene…" acconsentii.
"Solo che non ho pensato di fare la spesa dopo stamattina…perdonami, ma non ho niente!" disse mortificata.
Scossi la testa. "Figurati! Non importa! Posso mangiare" mi zittì.
"No! Tu stasera mangerai!" decretò "Andiamo a fare la spesa!" disse afferrando le chiavi della macchina.
"Ma dove? A quest’ora sarà già tutto chiuso" protestai.
"Ma no, il supermercato dove siamo state stamattina è ancora aperto, fa orario continuato fino a mezzanotte" rispose.
Impallidii. Il supermercato di stamattina…
"Ma…andiamo…sole?" balbettai.
Rise. "Certo, non ti fidi?" chiese divertita.
Arrossii. "Certo che mi fido è solo che…insomma non mi va tanto di rivedere…" non finii il discorso.
Sentivo gli sguardi di tutti puntati addosso, in attesa che terminassi la frase.
Arrossii ancora di più e poi sentii la risata cristallina di Esme.
"Oh! Ho capito! È per quello! Ma non devi preoccuparti, faremo in fretta" m’assicurò Esme.
"Non mi piace che mi fissi" sbottai.
"Di che state parlando?" si intromise Alice.
"Stamattina Bella ha fatto colpo!" disse Esme.
Con mio grande imbarazzo, Alice fece una faccia pensierosa e divertita.
"E su chi?" chiese Emmett.
"Su Stuart, il commesso del supermarket" rispose Esme perentoria.
"Ho capito chi è! Non è niente di speciale" disse Alice.
"Puoi ben dirlo. Non faceva che fissarmi il fondoschiena" brontolai.
Scoppiarono a ridere, divertiti.
Guardai Edward, anche lui sorrideva, ma sembrava un po’ teso.
"Comunque Bella, se ti fa stare meglio, Edward potrebbe venire con noi" azzardò Esme.
"Emmm…" lo guardai. Sorrideva cortese, ma non capivo se voleva veramente accompagnarci o se lo faceva per gentilezza.
"Non sei costretto. Possiamo andare anche da sole" dissi.
Scosse la testa. "Mi fa piacere accompagnarvi. E poi, sono proprio curioso di vedere a chi hai rubato il cuore!" disse sghignazzando.
Arrossii e gli diedi una pacca sulla spalla.
"Bene, andiamo" disse Esme già pronta per uscire.
Salimmo in auto e seguimmo lo stesso tragitto della mattina. Dopo pochi minuti eravamo già arrivati.
Entrammo nel supermarket ed Esme prese un cestino dove porre tutte le cose da mangiare.
La seguimmo in mezzo agli scaffali. Rimasi vicino a Edward tutto il tempo.
"E così mangi cibo umano" disse lui.
Alzai lo sguardo e lo trovai intento a fissarmi.
"Si, ma solo in certi periodi" ammisi arrossendo lievemente "E posso anche farne a meno" puntualizzai.
"In quali periodi?" chiese.
Appunto.
Arrossii violentemente e abbassai lo sguardo sulle punte delle scarpe.
Edward aspettava una risposta.
"…mm…" presi tempo.
Cercavo un modo per dirlo. Non c’era la possibilità di fare tanti rigiri di parole però.
"Quando è più facile che riesca a rimanere in cinta" mormorai infine.
"Oh" lasciò cadere il discorso per un po’.
"Questo ti piace?" chiese Esme facendomi vedere un calamaro gigante.
Scossi la testa. "No grazie, niente pesce per me" dissi.
Esme rimise apposto il calamaro e tornò a gironzolare tra gli scaffali.
Dopo un quarto d’ora avevamo finito.
Mi ricordai all’improvviso che avevo bisogno di un’ultima cosa.
Mi vergognavo a dirlo però. Erano cose da ragazze, non mi andava di spiattellarlo in faccia a Edward, ma visto che non c’era alternativa...
"Esme" chiamai debolmente.
"Si?" chiese sorridendo.
"Io…ecco io…veramente, avrei bisogno di un’altra cosa" biascicai rossa come un peperone.
"Certo dimmi" sorrise incoraggiante.
Lanciai un’occhiata a Edward che stava aspettando la mia richiesta come Esme.
Presi un bel respiro. "Assorbenti" dissi tutto d’un fiato.
Edward spostò immediatamente lo sguardo da un’altra parte, mentre Esme rimase un po’ interdetta.
"Ma certo. Sono per di qua" disse.
Ci fece strada. La seguii e Edward seguiva me.
Okay, la parte imbarazzante uno era passata, ora c’era la parte due. Forse ancora più imbarazzante.
Mi trovai di fronte al reparto giusto e velocemente cercai il formato più grande. Per fortuna ce l’avevano.
Poi, ne presi sei pacchetti e li misi nel cestino della spesa.
Esme mi guardò sorpresa, mentre Edward aveva un’espressione allibita.
Arrossii violentemente. "Si, lo so. Spero solo che mi bastino" borbottai.
"Sei pacchetti? Ti bastano per tre mesi vorrai dire!" disse Esme.
Scossi la testa. "Vi prego, possiamo andare a casa senza fare tanti commenti?" chiesi.
Ci dirigemmo verso la cassa. Per mia grande sfortuna, c’era ancora Stuart.
"Buonasera signora Cullen" esordì facendo un sorriso a trentadue denti "Buonasera nipote della signora Cullen" disse rivolto a me e mettendo un po’ troppa enfasi nella parola nipote.
"Ciao" mormorai.
Attendemmo che dicesse il prezzo. Fece tutto senza togliermi gli occhi di dosso. Arrossii e cercai di guardarmi le punte dei piedi il più possibile.
"Sono 237 dollari e 54 centesimi" disse.
"Ecco qua" disse Esme porgendogli una banconota.
Stuart mi sorrise e mi fece l’occhiolino. Pregai d’uscire presto da quell’inferno.
"Ecco il resto" disse.
"Bene. Buona serata Stuart" salutò Esme gentilmente.
"Anche a lei" rispose lui.
Poi, quando finalmente arrivammo alla porta e pensavo di averla fatta franca, sentii ancora la sua voce petulante.
"Ehi! Aspetta!" mi chiamò.
Stavo per voltarmi, quando sentii le braccia di Edward intorno ai fianchi, tirarmi in un abbraccio caloroso.
Rimasi spiazzata, ma poi con la coda dell’occhio vidi Stuard fermarsi con una faccia delusa.
Sorrisi e abbracciai Edward a mia volta.
Era bello sentire le sue braccia intorno a me.
Sembravano perfette attorno ai miei fianchi. E poterlo abbracciare era meraviglioso.
Sentii le guance arrossarsi mentre continuava a tenermi stretta.
"Mi devi un favore" sussurrò al mio orecchio.
Sentire il suo alito sfiorarmi all’orecchio mi fece rabbrividire.
"Che cosa voleva?" chiesi.
"Un appuntamento" rispose divertito.
Lo strinsi forte. Altro che un favore! Poteva chiedermi qualsiasi cosa dopo avermi salvato da una situazione del genere!
"Grazie" dissi sincera.
Si staccò e sorrise. "Prego" rispose.
Ci dirigemmo verso la macchina, dove Esme aveva assistito a tutta la scena con gli occhi che le brillavano.
"Possiamo andare" disse Edward aprendo lo sportello per me.
Salii e poco dopo fummo a casa un’altra volta.
Edward prese le buste con la spesa, mentre Esme s’illuminò vedendo l’auto di Carlisle parcheggiata dietro quella di Emmett.
"Bella, ti dispiace preparare la cena da sola?" chiese.
"No figurati, vai pure da Carlisle" risposi sorridendo.
Mi abbracciò e poi corse in casa.
Con l’aiuto di Edward sistemammo tutta la spesa nella credenza. Poi, misi una padella sul fuoco e scelsi una busta surgelata di ravioli ai funghi.
Lessi il tempo di cottura mentre chiudevo il frigorifero. Quando alzai gli occhi trovai Edward ancora intento a fissarmi.
"Ti do fastidio se resto?" chiese sedendosi al bancone.
"No figurati" risposi aprendo la busta e versando il contenuto nella padella.
"Bella" chiamò.
"Si?" risposi guardandolo.
"Ti da fastidio che abbiamo il bagno in comune?" chiese inaspettatamente.
"A me no" risposi cautamente "Ma magari da fastidio a te avere degli oggetti femminili nel tuo bagno" azzardai "Se per te è un problema, posso utilizzare il bagno di sotto" continuai.
Scosse la testa. "No, non mi da fastidio. Se non da fastidio a te avere un ragazzo nel tuo bagno" disse.
Scossi la testa. "Quello comunque è il tuo bagno" puntualizzai "L’hai usato fino al mio arrivo"
Sorrise. "Okay, diciamo che è il nostro bagno allora"
"Vada per il nostro" annuii sorridendo.
In pochi minuti i ravioli furono pronti e mi sedetti, con il piatto fumante, davanti a Edward.
Ne infilzai uno con la forchetta e lo masticai lentamente.
Edward mi guardava, attento a ogni mia mossa.
"Sono buoni?" chiese.
Annuii. "Si, non male" ammisi.
Sorrise e mi guardò mangiare. Quando ebbi finito lavai il piatto e le posate.
"Senti, voi avete delle medicine in casa?" chiesi.
Ci pensò un attimo. "Non so, forse Carlisle ne ha qualcuna" disse.
Annuii. "Okay" dissi.
"Ti fanno effetto anche le medicine?" chiese divertito.
Sorrisi. "Solo quelle più forti e prese in grandi quantità" ammisi

Ce l'ho fatta!! Volevo mettere ieri il capitolo ma non ce l'ho fatta, però oggi eccolo quiii!!!
Grazie a tutti, ma proprio tutti, tutti tutti, quindi sia quelli che leggono che quelli che recensiscono! Mi fate tanto contenta!!!
Amy89: Grazie per leggere sempre la mia storia…sigh… mi fai commuovere…
sarah james: immagino sia stata una bella lettura prima di andare a dormire…. XD

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Capitolo 8
*** 7. PRIGIONE ***


CAPITOLO SETTE:PRIGIONE
"Le prendi veramente?" chiese Edward pensieroso.
Annuii. "Solo poche volte però" risposi. Meglio imbottirmi di medicine che sopportare il dolore alla pancia.
Rimasi sempre sul vago. Non mi sentivo a mio agio a parlare del mio periodo con un ragazzo.
"Bè, che si fa?" chiese.
"Non so…ti va di vedere un film?" chiesi.
Sorrise. "Certamente. Vieni"
Ci spostammo in salotto, dove mi sedetti su un divano e attesi che Edward scegliesse un film.
"Ti piace ‘I Fantastici 4’?" chiese.
"Non l’ho mai visto" ammisi.
"Bene, vada per questo" disse infilando il DVD nel lettore e sedendosi vicino a me.
Nelle due ore successive guardammo il film, indisturbati. Scoprii che mi piaceva, come mi piaceva guardarlo con Edward vicino.
"Allora ti è piaciuto?" chiese una volta arrivati ai titoli di coda.
"Si, molto" ammisi.
"Sei stanca? Vuoi dormire?" chiese.
Scossi la testa. "No, ho dormito per gran parte del pomeriggio, adesso sono sveglissima"
"Bene" rispose.
"Ehmm…però se sei stanco…puoi andare pure in camera tua, puoi lasciarmi tranquillamente qui" dissi.
Non volevo imporgli la mia presenza. Non doveva cambiare il modo di vivere solo perché doveva farmi compagnia. Aveva la sua vita e doveva fare ciò che più gli andava, senza dover badare a me.
Scosse la testa. "Figurati, sono in formissima!" scherzò "Piuttosto, stavo pensando, ti andrebbe di fare un po’ di pratica con il tuo nuovo potere?" chiese.
"Certo!" accettai.
"Bene. Dunque…" si sedette di nuovo vicino a me e pensò per un po’.
"Allora, vediamo di fare così. Prova a ascoltare le voci, i pensieri" disse.
Annuii. Chiusi gli occhi e mi lasciai invadere da quel potere che avevo rilegato in un angolino della mia testa. Venni invasa da centinaia di pensieri.
All’inizio cercai di ascoltarli tutti, ma era presso chè impossibile. Le voci si mischiavano, i pensieri diventavano illogici e la testa stava per scoppiarmi.
Poi, sentii due mani fredde sulle guance e una voce dolce all’orecchio.
"Ascolta la mia voce, Bella. So che ci riesci. Ascoltami, solo me. Concentrati" ripeteva.
E mi concentrai. Non avevo molte difficoltà, tra mille voci la sua era l’unica che il mio cuore desiderasse sentire.
Piano, piano, le voci si affievolirono e solo una era più chiara delle altre, quella di Edward.
"Bravissima, non è così impossibile visto?" disse.
Aprii gli occhi e lo trovai vicino, intento a fissarmi e a sorridere. Sentii un brivido lungo la schiena. Perché mi faceva sempre lo stesso effetto? Perché solo con lui mi sentivo al sicuro, protetta?
Sei stata bravissima. Ora riesci a controllarlo. Quello era un pensiero di Edward.
"Grazie" risposi.
Sorrise. Prego. Sarà divertente d’ora in poi. Osservò.
Poi, mi arrivò un’immagine di una Rosalie con indosso solo la biancheria e che stava sfiorando Emmett proprio in quel punto!
"Ewww!!!" esclamai.
Edward mi guardò perplesso.
"Toglimi una curiosità, tu vedi sempre scene private tra le coppie di questa casa?" chiesi.
Capii che intendevo e scoppiò a ridere.
"Ho capito che intendi! Bè, devi solo imparare a escluderle" sghignazzò.
"Spero di riuscire a farlo presto, perché non voglio vedere mai più una scena del genere!" brontolai.
Rise più forte. "Rosalie ed Emmett, eh?"
Annuii, schifata dal ricordo della scena di poco prima.
"Facci l’abitudine, lo fanno dappertutto" m’informò.
Feci una smorfia. "Proprio ovunque? Voglio dire, non c’è un’isola sicura dove non lo faranno mai?" chiesi.
Annuì. "Si, la mia camera e il mio pianoforte. Sono avvisati, se lo sfiorano li uccido" disse minaccioso.
"Bene, almeno c’è un posto dove posso stare tranquilla" commentai.
Sorrise e mi scompigliò i capelli.
Oh. Mio. Dio.
"Aspetta, vuoi dire che l’hanno fatto anche in…in camera mia?" chiesi allarmata.
"Credo di no" non posso dirle di si, ci rimarrebbe male.
Strabuzzai gli occhi. "Oh mio Dio!" esclamai.
Presi una decisione subito.
"Io mi trasferisco" dissi.
"E dove vai?" chiese allarmato.
"In camera tua ovvio" risposi.
Mi guardò a bocca aperta. "In camera mia? E perché?"
"Perché è uno dei pochi territori ancora non contaminati" spiegai.
"Ma…" protestò.
"…mm…si, hai ragione scusa. Dopotutto è camera tua, non posso fare come se fossi a casa mia" come diavolo mi era venuta in mente una cosa del genere?!
Mi prese il viso tra le mani e mi fissò negli occhi.
"Primo: questa è casa tua. Secondo: puoi venire in camera mia.
Non mi dai nessun fastidio. Solo…" esitò.
"Si?" lo incitai.
"Ecco, io non ho un letto. Ho solo un divano. Non mi è mai servito a niente un letto. Non potrai dormire in"
"No" lo fermai "Va bene lo stesso. Un divano andrà benissimo. Anche per terra va bene. Solo non lasciarmi rinchiusa nella camera dove sono ora per favore!" dissi.
Sorrise e con i pollici mi accarezzò le guance.
"Ti ha così spaventata la visione di Rosalie ed Emmett?" chiese divertito.
Arrossii e tentai di spostare la testa, ma non me lo permise.
"Insomma" dissi "Non ci tengo a vedere Emmett nudo" biascicai.
Sorrise ancora e mi fissò negli occhi ancora una volta.
Mi potrei perdere nei suoi occhi, in quel color topazio così caldo e dolce…
"Ehm ehm" fece una voce.
Immediatamente ci staccammo. Alice, Emmett, Jasper e Rosalie erano in fondo alle scale e ci guardavano, divertiti.
"Non vorremmo aver interrotto niente!" disse Emmett.
Arrossii e abbassai la testa.
È arrossita! Pensò Emmett.
Guardali, imbarazzati! Che carini! Pensò Alice.
"Guardate che vi sente" fece Edward.
"Come?" chiese Rosalie.
"L’ho aiutata a controllare il suo potere, adesso anche lei sente quello che pensate" spiegò.
Mi guardarono.
Fantastico, non ne bastava uno! Sbottò Emmett.
Che bello! Adesso possiamo parlare anche così! Esclamò Alice.
"Comunque sia, mi terrò lontano dai vostri affari" precisai.
Edward scoppiò a ridere e io arrossii, evidentemente aveva capito a che mi riferivo.
"Dai" mormorai imbarazzata e dandogli una pacca sulla spalla.
Che cariniii!!! Fece Alice.
Edward sembra felice. Pensò Jasper.
Si sedettero vicino a noi, ma quando Jasper si sedette vicino a me, mi sfiorò la mano per sbaglio.
All’improvviso sentii un’energia fluire dentro al mio corpo, e poi, dolore.
Sentivo centinaia di emozioni, forti, simili e contrastanti. Non riuscivo più a capire quali fossero le mie.
"AAAAAHHAAAAAAAHHAAAAA" urlai.
Calde lacrime mi bucarono gli occhi e mi annebbiarono la vista. Prima che me ne accorgessi, avevo già preso a piangere come una fontana.
"Bella! Concentrati! Coraggio Bella, puoi farcela!" urlò la voce di qualcuno.
Presa dal panico, m’immaginai una scatola e ci rinchiusi dentro quell’energia nuova. Per fortuna funzionò. Sentii il dolore affievolirsi, riuscivo di nuovo a capire i miei veri sentimenti.
Ripresi il controllo a fatica e feci dei lunghi respiri per rilassarmi.
Solo dopo mi accorsi di essere stretta in un abbraccio. Non solo, ma ero avvinghiata alla persona che mi stringeva.
Un odore dolce mi stuzzicò le narici e seppi subito che era Edward.
Mi strinsi di più contro di lui, appoggiando la testa sul suo petto. Mi sentivo al sicuro e calma grazie alla sua presenza.
Mi accarezzò la testa. "Va tutto bene…è passato…rilassati" mi ripeteva per calmarmi.
E io mi calmai. Mi staccai dal suo abbraccio e mi asciugai le guance umide per le lacrime. Poi, trovai tutta la famiglia intenta a guardarmi, erano tutti preoccupati.
"Bella, mi dispiace" fu Jasper il primo a parlare.
Scossi la testa. "Non è colpa tua. Dopo tutto sono io quella che ha questo problema, tu non hai fatto niente di male" lo rassicurai.
"Stai bene?" chiese Carlisle.
Annuii. "Si, adesso sto bene" risposi "Sono solo stanca" aggiunsi.
"Hai bisogno di riposare" disse Esme accarezzandomi una guancia.
"Ti accompagno in camera" si propose.
"L’accompagno io" così ti aiuto a trasferirti da me. Disse Edward sorridendomi.
Sorrisi di rimando. "Grazie" accettai.
Salimmo le scale lentamente, a passo umano. Mi sentivo veramente sfinita. Mi era costata un sacco di fatica racchiudere l’energia in un angolo della mia mente. Aveva ragione Carlisle quando diceva che il potere di Jasper era fastidioso.
Edward mi aiutò a prendere tutte le mie cose e a trasportarle nella sua stanza.
"Sicuro che non ti do fastidio?" chiesi per l’ennesima volta.
Ti ho già detto di no. Se ti accontenti del divano…
"Va benissimo il divano" lo assicurai.
Poi, mi alzai e mi diressi in bagno. Feci una doccia calda. L’acqua bollente mi aiutò a rilassare i muscoli ancora tesi per l’accaduto. Mi lavai i capelli con il mio shampoo preferito e poi li tamponai con un asciugamano.
M’infilai il pigiama che consisteva in una maglietta e un paio di pantaloni della tuta e infine raccolsi i capelli ancora bagnati in una coda.
Quando tornai in camera, della musica classica suonava in sottofondo, mentre Edward era seduto sul divano.
Mi sedetti vicino a lui che aprì gli occhi e mi squadrò. Arrossii e distolsi lo sguardo.
"Vado a fare una doccia anche io. Mettiti comoda" disse alzandosi. Mi distesi sul divano come mi aveva detto e mi sentii invadere dal sonno. La poltrona era invitante, soffice e comoda. Presto, le mie palpebre si chiusero.

Mi risvegliai il mattino seguente. Una soffice coperta mi teneva caldo, tanto che attesi un po’ prima di decidere di alzarmi definitivamente.
La stanza era vuota, nessuna traccia di Edward. Presto mi ricordai che dovevano essere andati a scuola.
Feci una smorfia. Non mi piaceva stare a casa senza di loro, mi annoiavo. E poi, volevo fare quello che facevano loro, non volevo essere diversa.
Scesi di sotto, dove Esme mi aveva preparato una buona colazione. Sul tavolo un biglietto.

Buongiorno Bella, come sicuramente ti ricorderai, i ragazzi sono andati a scuola e non torneranno prima del pomeriggio. Carlisle è andato in ospedale, oggi ha il turno fino a stasera quindi non torna. Io sono dovuta andare al lavoro, come sai, ieri era il mio giorno libero, ma oggi si ricomincia! Tu fai colazione e intrattieniti come più desideri. Solo, ti sarei grata se non uscissi, sempre per quel piccolo problemino… Per il resto, passa una buona giornata. Esme. PS: non sarò di ritorno fino a stasera, quindi dovrai prepararti il pranzo da sola. Ma stasera ti prometto di prepararti la cena! Ancora buona giornata.

Sbuffai spazientita. Per carità, Esme era gentile come sempre, ma non mi andava di stare sola così a lungo.
Era incredibile quanto fossi cambiata. Prima ero un tipo solitario e non mi fidavo di nessuno. Adesso, sembrava che senza di loro non sappessi che fare.
Feci colazione svogliatamente. Poi, guardai un po’ di tv e dopo mi lessi un libro intero.
Sistemai i miei vestiti in un angolo dell’armadio che condividevo con Edward e poi pulii la cucina, il salotto e il bagno.
Feci mille cose senza fermarmi un attimo, solo per scoprire che era ora di pranzo. Speravo di aver occupato anche parte del pomeriggio invece ero stata troppo veloce a fare tutto e ora non avevo niente da fare.
Mi preparai il pranzo con calma, scegliendo una ricetta lunga da preparare che mi tenesse occupata per un po’.
Riuscii meglio nel mio intento questa volta.
Per fortuna, alle quattro finalmente sentii una macchina parcheggiare vicino all’ingresso.
Entrarono Emmett, Rosalie, Alice, Jasper ed Edward. Rivolsi loro un sorriso smagliante.
"Ehi sorellina! Ti sei annoiata senza di noi vero!" disse Emmett scompigliandomi i capelli con una mano.
"Abbastanza" ammisi.
"Non preoccuparti, domani c’è il sole" disse Alice.
"E allora?" chiesi.
Mi guardarono come se fosse ovvio.
"Credi che potremmo farci vedere in giro tranquillamente con la pelle che ci ritroviamo?" chiese Emmett.
"Oh, quello" bofonchiai.
"Già. Quindi domani a casa. Non sarai sola!" disse Alice.
Sorrisi all’idea di passare una giornata in loro compagnia.
"Sentite ma, quando potrò venire a scuola con voi?" chiesi.
"Ancora è presto Bella. Dipende quanto riesci a trattenerti. Sarebbe veramente rischioso andare a scuola adesso" disse Alice.
Annuii. Dovevo arrivare a un certo livello di autocontrollo prima di poter avere una vita uguale alla loro in tutto e per tutto.

Quella sera Esme mi preparò la cena come mi aveva promesso.
"Esme?" chiesi mentre inghiottivo un boccone.
"Dimmi cara" rispose cordiale come sempre.
"Credo che da domani non avrò più bisogno di mangiare cibo umano" dissi.
Mi guardò sorpresa. "Oh. Bè, speravo di poterti far assaggiare qualcosa di veramente buono. Ho trovato una ricetta fantastica" disse un po’ avvilita.
"Grazie comunque. Magari possiamo fare per il prossimo mese" proposi.
S’illuminò. "Ma certo cara" rispose.
Due giorni dopo, puntuale come non mai, arrivò il mio periodo. Me ne accorsi mentre gironzolavo per casa. Mi precipitai in bagno e poi cercai un Aulin tra i medicinali che trovai dentro a uno sportello.
Purtroppo non c’era.
Non mi restava che aspettare il ritorno di Carlisle o mandare qualcun altro a comprarne una scatola.
Mi distesi sul divano e mi coprii con il plaid. Non erano affatto piacevoli quei giorni. Soprattutto per il dolore.
Accesi la tv e cercai di distrarmi. Per fortuna, mi addormentai.
Sentii una mano gelida accarezzarmi la guancia. Aprii gli occhi e trovai Alice e gli altri a fissarmi, sembravano preoccupati.
Notai che Alice mi stava passando un fazzoletto sulla fronte e capii il perché quando mi alzai a sedere.
Ero completamente sudata. Sudata fradicia. I capelli, la maglietta, la fronte. Tutto imperlato di sudore.
Non me ne sorpresi più di tanto. Mi succedeva spesso durante quel tempo del mese.
"Bella, stai bene?" chiese Rosalie.
Sembra più pallida del solito… pensò Jasper.
È completamente sudata… pensò Emmett.
Stai bene? Chiese Edward.
Sorrisi. "Sto bene. Però avrei bisogno di un favore" dissi.
"Certo, spara" rispose Emmett.
"Potreste comprarmi una scatola di Aulin per favore?" chiesi.
Aulin?
A che le servono?
"Mi fa male la pancia…" mormorai abbassando lo sguardo e arrossendo.
Vado subito. Pensò Edward.
"Grazie" gli sorrisi.
Uscì subito e io mi rifugiai in bagno dove mi cambiai e lavai i capelli.
Quando entrai in camera, trovai Edward ad aspettarmi con un bicchiere, una bottiglia d’acqua e le medicine.
"Tieni" disse porgendomi tutto.
"Grazie infinite" risposi sedendomi sul divano.
"Prego" rispose sedendosi vicino a me.
Versai il contenuto di tre bustine nel bicchiere e lo sciolsi con l’acqua, dopo bevvi tutto d’un fiato. Non era per niente buono. Detestavo quel sapore eppure ero disposta a berne un litro intero pur di sentirmi meglio.
"Starai bene dopo?" chiese preoccupato.
Annuii. "Si. Ci metterà un po’ a fare effetto, ma starò bene" risposi. "Ti va di uscire?" chiese.
"Dove andiamo?" chiesi interessata.
"Bè, Alice vorrebbe andare a Seattle e mi chiedevo se ti andava di venire"
"Certo! Però, non è che finirò con l’aggredire qualcuno vero?" chiesi. Ero eccitata all’idea di uscire un po’. Negli ultimi giorni mi ero sentita presso chè in prigione!
"Ti terremo d’occhio e comunque è anche una buona pratica per rafforzare il tuo controllo sull’istinto" disse.
"Allora va bene" acconsentii.

Grazie a tutti!!! Mi fate sempre più felice!! Scusate il ritardo! Il problema è che sono moooolto impegnata...
greta91: lo so, per il momento la loro relazione è un pò campata in aria... vedrai che in futuro le cose cambieranno...
Missy16: Bella prende le medicine per il mal di pancia, proprio come un essere umano...
AshleyRiddle: ma figurati!! I tuoi commenti mi fanno solo piacere!! Grazie per leggere la mia storia!!
sarah james: pensavi mi fossi dimenticata di te, eh? Come potrei dimenticare la mia fan numero uno??!! Grazissimo tesoro, i tuoi complimenti mi fanno piacerissimo!!! Lo so, sono passati un pò di giorni, ma adesso cerco di fare più in fretta!!! un bacio!!

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Capitolo 9
*** 8. MI FAI VEDERE CHE SAI FARE? ***


CAPITOLO OTTO: MI FAI VEDERE CHE SAI FARE?
Uscimmo insieme poco dopo. Eravamo soltanto io Edward e Alice stavolta.
Presto arrivammo a Seattle, dove Alice si dette ancora una volta allo shopping sfrenato e incastrò anche me, nonostante le mie preghiere quasi suppliche di risparmiarmi.
Fortunatamente passammo anche da una libreria niente male, dove riuscii a trovare un po’ di libri interessanti per passare un po’ di tempo quando a casa ero sola.
Per quanto riguarda la sete, riuscivo a resistere bene. Dopo un primo momento dove mi ero sentita avvolgere da centinaia di profumi invitanti, mi ero come abituata al continuo richiamo della sete, fino a farci poco caso.
Mi sentivo fiera di me e anche Edward e Alice sembravano soddisfatti del mio autocontrollo.
"Quindi, presto potrò venire a scuola anch’io con voi?" chiesi per la strada di ritorno.
Edward guidava, mentre Alice, seduta sul sedile del passeggero mi ascoltava.
"Non so Bella. Dobbiamo discuterne con Carlisle. Forse è ancora presto" però è stata brava. Disse Alice.
Sospirai, rassegnata. Sembrava proprio che dovessero passare ancora tanti giorni prima che fossi in grado di sostenere una massa di studenti.
"Cos’è tutta questa fretta di tornare a scuola?" chiese Edward.
Dallo specchietto lo vidi sorridere.
Alzai le spalle. "Non è che ho fretta di tornare a scuola, ma non ho niente da fare a casa da sola. Almeno potrei parlare con voi e divertirmi ad ascoltare i pensieri dei ragazzi" risposi.
"Non sono così divertenti, credimi. Per lo più sono piatti" osservò Edward.
"Comunque sempre meglio che stare a casa senza fare niente" protestai. Ha ragione Edward. pensò Alice.
"Grazie" le dissi sorridendo.
Edward alzò gli occhi al cielo. "Avete già imparato a spettegolare così, eh?" chiese divertito.
"Bè, sai com’è…imparo in fretta" dissi.
Alice ridacchiò. Già, ha imparato bene da qualcuno che conosco.
Ridacchiai anch’io sentendo i suoi pensieri.
Arrivammo a casa e Carlisle ci venne incontro.
"Com’è andata ragazzi?" chiese con un sorriso.
"Bene" risposi per tutti.
"Non sminuirti così Bella! Ti assicuro Carlisle che è andata benissimo! È stata bravissima!" mi corresse Alice.
Arrossii lievemente per i complimenti, mentre Carlisle mi sorrideva fiero.
Se la cava bene… pensò. "Bella?"
"Si?" alzai lo sguardo e incontrai i suoi occhi topazio.
"Vorrei sapere a che punto sono i Volturi. Quando arriveranno" disse Carlisle.
Annuii e mi concentrai.
Sentii la presenza di Aro, Caius e Marcus nettamente più vicino rispetto alla volta prima. Erano già arrivati in America, dovevano solo arrivare a Forks.
"…mm…un giorno, massimo due" risposi.
"Capisco" annuì Carlisle.
"Mi dispiace" mormorai.
Mi sentivo in colpa perché dovevano affrontare i Volturi solo per me. Se non avessi accettato di unirmi alla famiglia, loro sarebbero tranquilli e non in pericolo.
"Non preoccuparti, Bella. Andrà tutto bene" disse Carlisle "Io ed Aro siamo amici da molto tempo. Spero di convincerlo ad accontentarmi" mi rassicurò.
Annuii e Carlisle salì le scale, probabilmente diretto nel suo studio.
"Bella" mormorò una voce al mio orecchio.
La riconobbi subito come quella di Edward. Non mi ero accorta che si fosse avvicinato.
Mi voltai e gli dedicai la mia attenzione.
"Ti va di…mostrarmi quello che sai fare? Quali sono i tuoi poteri intendo" chiese cauto.
Ci pensai un attimo. Non mi dispiaceva rivelarmi per quella che ero veramente, mi fidavo di lui e sapevo che lo chiedeva perché era curioso.
Però una parte di me aveva paura della sua reazione. Cosa avrebbe pensato dopo avermi visto veramente? Dopo avergli mostrato quello che sapevo fare, mi avrebbe ripudiata? Avrebbe detto a tutti ciò che ero? Mi avrebbe giudicata e poi evitata come si evita la peste?
Al solo pensiero esitai. Non volevo rovinare tutto.
Non devi farlo per forza… pensò.
Scossi la testa. "Non ti allontanerai da me dopo, vero?" chiesi disperata.
Perché dovrei?
"Non voglio che tu abbia paura di me" ammisi.
Non avrò mai paura di te. Pensò facendo un sorriso sghembo.
Sospirai. Come non accontentarlo?
"Va bene. Ma andiamo fuori" dissi.
Agli ordini. Esclamò precedendomi verso la porta.
Mi guidò fino nel retro della casa e ci fermammo nel mezzo del giardino.
"Coraggio, fammi vedere" disse sorridendo per incoraggiarmi.
Il fatto era che avevo bisogno di qualcosa e di qualcuno per far vedere che sapevo fare. Mi rifiutavo di farlo su di lui.
Puntai un dito verso un punto impreciso della foresta e usai il mio potere di levitazione per portare una volpe davanti a me.
"Questo è una delle mie capacità" ammisi "Non era mia all’inizio. L’ho ‘presa’ da un vampiro in Italia"
Mi piace. È comodo far levitare tutte le cose che vuoi. Puoi prendere un CD o accendere lo stereo senza nemmeno doverti alzare… osservò Edward.
Poi, mi fermai un attimo.
Che succede? Chiese Edward preoccupato.
"Niente. Solo che alcuni miei poteri li conosci già. So leggere i pensieri, grazie a te. Vedo il futuro grazie ad Alice e sento le emozioni altrui grazie a Jasper. Poi, come già sai, sento la presenza di persone o animali. Un altro potere ‘preso’ in Italia…" lasciai il discorso a metà.
E poi? Chiese Edward evidentemente curioso.
"E poi…conosci Jane?" chiesi mesta.
"Intendi Jane dei Volturi?" chiese conferma.
"Si"
"Si" rispose annuendo lentamente.
"Quindi sai anche che potere ha" non era una domanda.
S’incupì e sentii la paura invadermi. Lo avrei deluso.
Deglutii. "Ecco…quando sono scappata, ho incontrato Jane per caso…e l’ho sfiorata…ma tanto è bastato per assimilare anche la sua abilità" ammisi.
Edward non disse una parola.
Abbassai lo sguardo. Era arrabbiato o peggio, deluso. Che cosa avrebbe pensato quando gli avrei mostrato il mio vero potere?
"Ma tu non la usi" disse inaspettatamente.
Lo guardai, sorpresa della sua affermazione.
"Esatto. Non mi piace per niente questo potere; preferisco non usarlo mai" ammisi "Come fai a saperlo?" chiesi curiosa.
"Quando ti abbiamo trovato nel bosco, eri terrorizzata. Eppure non hai accennato a difenderti, nonostante le tue abilità" rispose.
"Già…bè nessuno di questi è un mio vero potere. Nessuno di questi ce l’ho fin dall’inizio" dissi.
"E ce n’è uno invece proprio tuo?" chiese.
Annuii lentamente. Eravamo arrivati al momento della verità.
"Non mi piace per niente. Lo odio. Non lo uso mai e non lo userò mai" dissi. "Ti dispiace farmelo vedere?" chiese con voce morbida.
Deglutii. Guardai la volpe negli occhi e mi lasciai andare.
E poi, arrivò l’orrore.
Per tutto il corpo del povero animale si formarono dei tagli. Dapprima superficiali, poi sempre più profondi, fino ad arrivare all’osso.
Una pozza di sangue si stava formando sotto quella povera creatura.
Quel povero animale aveva la sofferenza negli occhi e sentivo tutto il suo dolore. Il suo desiderio di morire.
Ma non era solo questo. Dovevo far capire a Edward cosa potevo fare veramente.
Mi concentrai più a fondo e si sentì chiaramente echeggiare lo scricchiolio delle ossa che si rompevano una per una. Poi, mi accorsi delle grida d’angoscia che lanciava l’animale ormai in agonia.
Era questo quello che sapevo fare meglio.
Uccidere.
Ma non uccidere semplicemente, no. Io lo facevo attraverso orrende torture.
Mi fermai, incapace di andare oltre.
Una lacrima solitaria mi rigò la guancia mentre afferrando tutto il coraggio che avevo mi voltavo ad osservare Edward.
La sua espressione era indecifrabile, fredda, calcolatrice.
Niente a che vedere con l’espressione di rassicurazione che aveva avuto poco prima.
Abbassai lo sguardo, consapevole che quello che leggevo nei suoi era il riflesso di quello che ero veramente.
Mi abbassai e presi in braccio la piccola volpe. Era sofferente e stava per morire.
"Mi dispiace" singhiozzai "Sono un mostro"
Ed era vero. Avevo solo dato voce alla verità.
Feci quello che più mi sembrava giusto. Quel povero animale aveva sofferto le pene dell’inferno solo per una stupida dimostrazione. Non era giusto che dovesse morire.
Gli posai una mano sul petto, dove il cuore batteva sempre più lentamente. Mi concentrai e utilizzando una parte consistente di energia, guarii tutte le ossa rotte.
Non era niente in confronto a tutto il male che gli avevo fatto, ma volevo rimediare al mio sbaglio.
Sentii chiaramente il sollievo per le ossa di nuovo guarite, ma la volpe desiderava ancora morire.
"Riesci anche a guarire?" chiese Edward palesemente sorpreso.
"Non sempre. Devo usare un sacco di energia, rischio di rimetterci la vita. Ma non m’importa, non posso lasciarla morire. È colpa mia se è così, era innocente" dissi.
Edward, con mia grande sorpresa mi abbracciò.
"Sta tranquilla Bella. Non sono arrabbiato con te. È la tua natura e sono fiero di te; per come riesci a tenerla a bada" sussurrò.
Mi accompagnò in casa, dove medicammo le ferite della volpe e le fasciammo con delle bende.
"Dovresti darle un nome" disse Edward.
"A che servirebbe? Tanto appena sarà guarita fuggirà" dissi.
"Ma per il tempo che rimarrà con noi, perché glie ne dai uno?" insistè.
Sospirai. "Non vedo perché dovrei farlo…lei mi odia e ha buone ragioni per farlo. L’ho quasi uccisa" borbottai.
Ma poi l’hai anche guarita…
"Non del tutto! Ed è ancora in pericolo di morte! Sono un mostro" replicai. Edward mi sfiorò la guancia con la mano e mi sorrise. Un sorriso caldo e sincero.
Non sei affatto un mostro. Lo dimostra il fatto che vuoi guarirla, che non vuoi usare un potere del genere su nessuno. Non sei un mostro Bella, sei migliore di molti altri…
"Accidenti ragazzi, vi dispiacerebbe smetterla di parlare così? Sai Bella, è un po’ difficile non prenderti per matta sentendoti rispondere a domande inesistenti!!" disse Emmett entrando in cucina.
Osservò la volpe sul tavolo, poi me, poi Edward e infine fece un sorriso smagliante.
"Pancia mia fatti capanna!!" sghignazzò fissando la volpe.
"NO!" urlai quasi prendendo l’animale in braccio e proteggendolo da lui.
"Ma Bella! Non vorrai tenerti tutto per te! E al tuo fratellino non ci pensi!" protestò Emmett.
"Questa non si mangia Emmett" decretò Edward.
Gli sorrisi, grata per il suo appoggio.


Ebbene anche questo è finito… Visto che stavolta ho postato presto!!!
Grazie a tutti quanti, siete jantilissimi a leggere la mia storia… vorrei ringraziare tutti uno per uno ma purtroppo non ho tempo…
In compenso, presto avrete anche il prossimo capitolo!!!

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Capitolo 10
*** 9. I VOLTURI ***


CAPITOLO NOVE: I VOLTURI
Nei due giorni successivi curai costantemente la piccola volpe che avevo utilizzato come cavia. Come avevo previsto, appena fu in grado di camminare se ne andò verso la foresta. Finalmente libera di tornare al suo mondo.
Notai anche, che Jasper teneva sempre una certa distanza da me. Non mi passava mai troppo vicino e mi parlava ancora meno.
"Alice? Ma Jasper cos'ha?" mi decisi a chiederle infine "Perché non mi parla?"
Alice sospirò e fece un sorriso tirato. "Perdonalo Bella. Non è che ce l'abbia con te, semplicemente, non è così immune all'odore di sangue come noi altri e… gli da fastidio… sentire l'odore che hai in questo periodo…" rispose.
Annuii. "Capisco…mi dispiace, ma non posso farci niente… io sono così" risposi.
Alice sorrise. "Non preoccuparti. Va bene così, quando sarà passato riprenderete a parlarvi" assicurò.
Per fortuna mancava poco…
Mancava poco anche all'arrivo dei Volturi e questo mi preoccupava.

Il resto della settimana passò velocemente e mi accorsi di diventare sempre più nervosa a ogni minuto che passava. Carlisle mi fece una richiesta strana. Visto che potevo leggere le menti, mi chiese di formare una connessione fra le menti dei vari membri della famiglia, così che anche loro potessero leggere i pensieri dei Volturi. Dopo diversi tentativi ce la feci per fortuna. Però ero nervosa, agitata.
"Bella, rilassati, andrà tutto bene" mi ripetè Alice per l’ennesima volta.
Annuii mio malgrado. Non poteva andare tutto bene. Che cosa avrei fatto se mi avessero costretto a tornare in Italia?
Di una cosa ero sicura: lì non ci sarei tornata. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di non tornare in quella prigione.
Seduta sul divano, mi rigiravo il telecomando della tv in mano mentre Alice ed Edward si davano il cambio per tranquillizzarmi.
"Bella, stai tranquilla, non ti lasceremo andare via" disse Edward accarezzandomi la mano.
Sorrisi forzatamente. "Ma se loro vogliono portarmi via per forza…" protestai.
"Non lascerò che ti portino via. Fai parte della famiglia ormai" decretò.
Sorrisi, sinceramente questa volta. Era sempre stato gentile con me e questa volta non era da meno. Da quando avevo avuto la fortuna di incontrare i Cullen, mi ero affezionata a Edward più di tutti e Alice era diventata la mia migliore amica.
"Non voglio che andiate contro Aro…non è consigliabile" protestai. Scosse la testa. "Farò quello che sarà necessario affinchè tu rimanga qui" rispose, poi fece un sorriso ironico "Con chi mi divertirei a parlare sennò?"
Lo abbracciai forte. "Grazie Edward" mormorai più calma.
"Prego" rispose accarezzandomi la testa.
In quel momento li sentii.
"Sono alla porta" e il campanello suonò.
Esme si alzò. "Vado io" disse.
Quando aprì la porta, mi trovai davanti Aro, Caius, Marcus, Felix, Demetri e Jane.
"Carlisle, amico mio!" esclamò Aro andando subito a stringergli la mano.
"È un piacere rivederti Aro" rispose Carlisle evitando accuratamente di stringergli la mano "Caius, Marcus" disse poi rivolto agli altri due.
"Prego, sedetevi" disse Esme cortesemente.
Loro non se lo fecero ripetere due volte. Si sedettero sul divano di fronte a me, mentre Felix, Demetri e Jane rimasero in piedi dietro di loro.
Immediatamente Aro posò la sua attenzione su di me e non mi tolse più gli occhi di dosso.
Guarda chi abbiamo qui…la fuggitiva… "Isabella, è un piacere vedere che stai bene" disse cercando palesemente di essere cortese.
Non risposi neanche, mi limitai a spostare lo sguardo su Felix che stava facendo pensieri poco carini.
Guardala, è sempre bella…quanto vorrei essere io il fortunato…
"Bene Carlisle, ti ringrazio per averla tenuta qui fino al nostro arrivo" disse Caius.
M’irrigidii un po’. Non poteva essere.
"Non l’abbiamo trattenuta, è rimasta di sua spontanea volontà" rispose Carlisle. Tranquilla, non faremmo mai una cosa del genere.
Aro annuì, senza mai spostare lo sguardo da me.
"Abbiamo un accordo noi" mi disse.
"Lo so" risposi fredda.
"Allora credo sia ora di rispettarlo" concluse.
"Non credo" risposi.
"Invece penso proprio di si" ribattè Marcus.
Carlisle intervenì. "Scusatemi, ma che cosa ha di così speciale Bella? Perché la volete con voi ad ogni costo?"
Aro rispose per tutti. "Forse non hai notato quello che sa fare mio caro amico. Lei è evoluzione. Lei può fare tutto. Ogni mille anni ne compare uno, ogni mille anni la storia va avanti, ogni mille anni è evoluzione. La nostra specie, come qualunque altra ha subito dei mutamenti nel corso della storia. Si pensi ai primi vampiri che a mala pena riuscivano a sollevare un auto…" spiegò "Come ho detto, ogni mille anni la nostra specie subisce un'evoluzione. Lei, è la nostra evoluzione, lo stadio superiore della nostra razza… in grado di…procreare …"
Incredibilmente Felix si fece avanti e sentii Edward stringermi la mano.
"Maestro, posso offrirmi per essere il padre del bambino?" chiese.
Mi guardò poi. Sarai mia. Vedrai che potrò farti! Mi divertirò un sacco con te… pensò.
Sentii un coro di ‘Ewww’ provenire da tutti i Cullen.
Purtroppo per me, Felix accompagnò un’immagine al suo commento.
Io, nuda e che piangevo mentre lui violava il mio corpo.
Edward ringhiò.
Scusate! Pensai cercando di mandare l’immagine via.
Non preoccuparti Bella. Mi rassicurò Carlisle.
Non è colpa tua se è un tale pervertito! Disse Rosalie.
Grazie… risposi.
"Immagino che si possa fare" rispose Aro a Felix.
"Forse dovremmo scegliere un vampiro più dotato" protestò Caius.
"Forse, ma come primo bambino potrebbe andare bene anche con Felix" rispose Aro.
Sbiancai. Fin’ora non avevo capito il vero senso di quello che mi volevano fare.
Sono condannata a fare figli…per l’eternità!! Realizzai.
Stai tranquilla, non lasceremo che accada… pensò Edward.
Si Bella, non lasceremo che ti portino via… fece eco Alice.
Aro mi guardò, con sguardo curioso. Non volevo che venisse a conoscenza della nostra connessione, perciò fui sincera.
"Esattamente, quanti figli dovrei fare?" chiesi.
"Finchè non decideremo che ce ne sarà uno perfetto" disse Aro.
"Ma quando abbiamo fatto il patto non c’era scritto!" protestai.
"Hai acconsentito ad accettare un uomo" ribattè Marcus.
"Si, un uomo, non centomila!!" urlai quasi.
"Calmati per favore" disse Aro ritirandosi un po’.
Ma com’è possibile? Aro ha paura? Chiese Jasper.
Fa bene ad averne… rispose Edward.
Perché? Fu la domanda generale.
"Che un uomo sia allora. Ma farai più figli, con lo stesso" disse Caius.
"Ma" provai a protestare.
"Non hai specificato il numero" Marcus fece eco ai miei pensieri.
Li guardai male.
"Devi tornare con noi" disse Aro.
"Per farmi di nuovo rinchiudere in quella cella? Mai!" brontolai.
"Non sarai imprigionata se accetterai la tua sorte" disse Caius.
Scossi la testa. "Non c’è modo in cui mi convincerete a farmi mettere le mani addosso da…lui" dissi puntando un dito contro Felix e facendo una faccia schifata.
"Credo allora che non ci sia altra soluzione che costringerti" decretò Aro.
Risi. "Voglio proprio vedere come farai" lo provocai.
Bella, stai attenta a quello che dici… mi ammonì Carlisle.
So quello che faccio… risposi sicura.
"Jane non è qui solo per fare una passeggiata" disse Aro minaccioso.
Sorrisi. "Pensi davvero che possa farmi qualcosa?" chiesi scettica.
Fece un ghigno di trionfo. "A te no, ma a loro si" e puntò lo sguardo verso i Cullen.
Strinsi gli occhi a una fessura. "Non oseresti" ringhiai minacciosa.
"Pensi di no? Se accetterai di tornare con noi non succederà nulla di spiacevole" disse Caius.
"Loro non c’entrano, la faccenda riguarda solo me" tentai di evitare il peggio, ma sembrava inevitabile.
"Ma loro c’entrano se possono convincerti a tornare con noi" ribattè Marcus.
"Non tornerò. Adesso potete anche andarvene" decretai.
Prima che potessi finire la frase, Jane, con un cenno di Aro, intervenne.
Tutta la famiglia era distesa a terra, sotto l’orribile dolore causato da Jane.
Nella mia testa sentivo le loro urla di agonia.
Edward, vicino a me, non emetteva un suono, ma i suoi occhi parlavano da soli.
Carlisle ed Esme si tenevano per mano, così come Alice e Jasper e Emmett e Rosalie.
Ringhiai e mi alzai di colpo.
Era ora di finirla. Non sopportavo di vedere la mia famiglia in quello stato, soffrire per me.
Puntai gli occhi verso Jane e lasciai che il potere m’invadesse. Lo riversai tutto su di lei, senza preservarne una minima goccia.
Per tutta risposta, Jane si accasciò a terra e urlò.
Urla molto più che agonizzanti, chiedeva di morire in continuazione e la sua voce divenne presto roca per il gridare.
Bella calmati! Gridavano nella mia testa.
Vidi Felix intervenire, gettandosi su di me, ma prima che potesse raggiungermi colpii anche lui alla stessa maniera, e anche lui si rotolò per terra per il dolore.
Sentii due braccia stringermi in un abbraccio caloroso e non mi divincolai, riconoscendo Edward.
Mi cullò dolcemente, cantando al mio orecchio una melodia a me sconosciuta ma che riuscì quasi a calmarmi.
Inconsciamente, liberai Jane e Felix e mi accorsi dei lacrimoni che rigavano le mie guance.
Nascosi la faccia sul maglione di Edward e piansi, in silenzio, aggrappandomi a lui.
"Non credo sia una buona idea portarla via Aro" disse Carlisle.
"Avevamo un patto Carlisle. Lei ha acconsentito e adesso vogliamo che paghi" disse Aro.
"In fin dei conti, ha tutta l’eternità" disse Carlisle.
"Che intendi?" chiese Caius.
"Potrebbe anche essere lei, di sua spontanea volontà, a trovare una persona che le piaccia e con cui poter avere un figlio" spiegò.
"Quindi, proponi di aspettare finchè non trova qualcuno?" chiese Marcus.
Carlisle annuì. "Dopo tutto, potrebbe anche scegliere qualcuno migliore di quello che scegliereste voi"
Aro annuì. "Forse hai ragione. In fondo, come hai detto, non è che deve morire domani. Abbiamo tutto il tempo che ci serve" convenne.
"Quindi rimarrà con noi" concluse Esme.
Aveva uno sguardo così determinato che nessuno le avrebbe mai potuto dire di no.
"Che sia, rimarrà qui. Per il momento" acconsentì Aro.
Mi strinsi ancora di più a Edward, sentendo un improvviso benessere. Sarei rimasta con loro.
"Va tutto bene piccolina…calmati" sussurrò Edward al mio orecchio. In effetti, stavo ancora piangendo.
Non riuscivo a smettere. Ripensavo a quello che avevo fatto e mi sentivo una persona orribile.
Eppure, lui mi teneva abbracciata e cercava di consolarmi, mentre Carlisle cercava di convincere i Volturi a lasciarmi lì.
Non meritavo tutto questo.
Nascosi la faccia sulla sua maglietta e continuai a piangere.
"Sssh…sssh…va tutto bene Bella" ripeteva.
Chiusi gli occhi e feci dei grandi respironi per cercare di rilassarmi.
Ripresi il controllo e riaprii gli occhi, senza mai staccarmi da Edward.
I Volturi se ne erano già andati e io ero ancora lì.
"Grazie" mormorai avvilita.
"Per cosa?" chiese Emmett.
"Per avermi tenuto qui, anche dopo quello che ho fatto" risposi.
"Bella, hai difeso la tua famiglia" disse Alice sorridendo.
Cercai di sorridere, ma non ci riuscii tanto bene.
"Edward? Accompagna Bella a letto. Ha bisogno di riposo" disse Carlisle.
Edward annuì e, sempre tenendomi abbracciata, mi accompagnò fino in camera.
Mi distesi sul divano e afferrai la maglietta di Edward appena prima che si allontanasse da me.
"Resta" mormorai "Ti prego"
Sorrise e si distese vicino a me. "Come vuoi" sussurrò al mio orecchio.
Mi circondò la vita con un braccio e mi sentii al sicuro, protetta tra le sue braccia.

Grazie a tutti!!! Siete gentilissimi!! Mi farete montare la testaaaa!!!!^^ Non so quando metterò il prossimo...

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Capitolo 11
*** 10. A SCUOLA! ***


CAPITOLO DIECI: A SCUOLA!
Due settimane dopo finalmente, Carlisle mi ritenne abbastanza controllata per cominciare la scuola.
Non che mi eccitasse ricominciare a studiare, ma mi faceva sentire uguale agli altri, molto più umana anche.
Edward aveva provveduto a far coincidere i nostri orari, così che potessi essere sempre sotto controllo.
Ovviamente, non mi dispiaceva affatto stare a stretto contatto con lui. Effettivamente, mi ero…si, insomma…mi ero innamorata di lui.
Non so come era potuto accadere, ma mi ritrovai ad essere totalmente indipendente da lui. Quando non c’era mi sentivo sola e abbandonata, mentre quando c’era mi perdevo nei suoi occhi color miele.
"Bella sei pronta?" chiese Alice entrando in camera di Edward.
Si, perché nonostante fossero trascorse ormai due settimane, restava pur sempre camera sua.
"Come sto?" chiesi voltandomi verso Alice.
Mi squadrò. Sei molto carina…
"Grazie" risposi, anche se dubitavo che con un paio di jeans neri e un golfino bianco potessi essere molto carina.
Scendemmo di sotto, dove gli altri ci stavano aspettando.
"Possiamo andare?" chiese Emmett.
"Si" rispose Alice per tutti.
Edward mi sorrise prima di uscire e dirigersi verso la Volvo. Rosalie, Emmett, Alice e Jasper presero la BMW rossa di Rose, così io salii da sola con Edward. Non che mi dispiacesse. Cercavo di passare più tempo possibile in sua compagnia.
Non gli avrei mai detto che lo amavo però, non volevo che si allontanasse da me. Lui non provava niente in quel senso per me e non volevo che si allontanasse anche come amico. Cioè, non è che me lo aveva detto esplicitamente, ma con me si comportava sempre come se fossi una sorellina più piccola e poi, seriamente, dopo quello che gli avevo mostrato, come poteva amare un mostro come me?
"Sei tesa? A cosa pensi?" chiese interrompendo il silenzio.
"A niente in particolare…e non sono tesissima…solo un po’ nervosa…" risposi guardandolo.
Sorrise, il mezzo sorriso. "Andrà tutto benone. Tanto per la cronaca, mi sono preoccupato di far coincidere le mie lezioni con le tue" disse.
"Quindi siamo sempre in classe insieme?" chiesi contenta.
"Si" rispose sorridendo.
Avrei dato qualsiasi cosa per sapere cosa pensava lui di me. Si, perché Edward riusciva a chiudere la sua mente; mi parlava con il pensiero solo quando era strettamente necessario.
"Siamo arrivati" annunciò.
Sospirai. Scendemmo ed Edward mi accompagnò fino alla segreteria. Era piccola e calda. Dentro, una donna leggeva un giornale, seduta dietro una scrivania.
"Buongiorno signora Cope" disse Edward con voce melodiosa.
"Oh" parve sbalordita "Buongiorno" che meraviglia! Ma io preferisco il padre…anche se ora come ora, va bene anche il figlio! Oh! Riprenditi!
Soffocai a stento una risata. Pensano tutti questo di te? Chiesi a Edward.
Fece una smorfia di disgusto. Purtroppo si…
"Lei è Isabella Swan, la nuova studentessa" annunciò alla segretaria.
Mi squadrò. "Oh, certo. Ecco cara, prendilo, fallo firmare ai tuoi professori e alla fine della giornata riportamelo" disse.
Presi il foglio. "Grazie" risposi educatamente.
Mentre uscivamo, sentii un frammento del suo pensiero.
Certo che è carina…farà impazzire ogni ragazzo…
Arrossii e chiusi il contatto con quella mente fastidiosa. Accanto a me, sentii Edward ringhiare impercettibilmente, tanto impercettibilmente che pensai di averlo immaginato.
"Allora, per prima cosa abbiamo Inglese" disse Edward.
"Si…dov’è l’edificio tre?" chiesi guardandomi intorno.
"Ecco, proprio là" disse Edward indicando un edificio con un grosso tre stampato sopra.
"Bene, andiamo" sospirai.
Appena entrati in classe feci firmare il foglio al professore e mi sedetti quasi in fondo all’aula, vicino a Edward.
Nonostante fossi in fondo, gli studenti riuscirono a squadrarmi lo stesso.
Deve essere quella nuova…
Accidenti è sexy!
Le chiederò di uscire…
Arrossii sentendo quei pensieri su di me.
Accanto a me, Edward ringhiò piano, ma forte abbastanza perché riuscissi a sentirlo stavolta.
Per tutta la lezione cercai di evitare quei pensieri da semplici teenagers.
Quando la campanella suonò, tirai un sospiro di sollievo.
"Scusa? Tu sei nuova?" chiese un ragazzo con i capelli neri.
"Si" risposi.
"Io sono Eric" disse sorridendo.
"Bella" risposi cercando di essere gentile.
Che sorriso favoloso…
Arrossii come se me l’avesse detto in faccia.
Edward, che era rimasto ad aspettarmi, s’intromise nella discussione.
"Bella? Andiamo, o faremo tardi" disse.
"Certo. Ci vediamo Eric" dissi seguendo Edward fuori dall’edificio.
"Grazie" mormorai.
"Prego" rispose.
La nostra seconda ora era Trigonometria. Una materia che non mi era mai piaciuta.
Come prima, mi sedetti al banco insieme a Edward, quasi nel fondo della classe.
Ancora una volta, pensieri sul mio conto mi arrivarono dagli studenti.
Wow! Tyler aveva ragione! Guarda che occhi! E il suo fondoschiena!!
Abbassai lo sguardo, imbarazzata.
Che bella…le chiederò di uscire…guarda che labbra! Vorrei tanto baciarle!
Al che, seguii un’immagine di me, tutta intenta a baciare un ragazzo con i capelli biondi.
Arrossii, sapendo che anche Edward aveva visto quella scena.
Vorrei tanto sapere perché Mike la guarda così! Non è neanche tanto carina…io sono sicuramente molto meglio!
Alzai gli occhi alla ricerca della ragazza che aveva formulato l’ultimo pensiero. La individuai, mi guardava con un po’ d’astio. Era bassa e con un cesto di capelli ricci in testa. Nel complesso, era carina.
Non prendertela, è tutta invidia la sua… disse Edward.
Lo guardai, arrossendo. Come aveva fatto a capire quello che stavo pensando?
Non ha tutti i torti…fin’ora è l’unica ad aver detto una cosa giusta… gli risposi.
Parve confuso. Perché dici così?
Perché ha ragione. Io non sono proprio niente di speciale…non sono certo bella.
Scosse la testa. Non ti vedi bene.
Alzai gli occhi al cielo. Andiamo, vorresti farmi credere che sono bella? Dissi sarcastica.
Mi pare che i pensieri di questi ragazzini li hai sentiti anche tu… rispose.
Arrossii. Non vogliono dire niente! Io non sono bella!
Edward mi guardò, scettico.
Andiamo, se fossi bella, Rosalie cosa sarebbe? Non c’è confronto tra me e lei…
Edward si voltò verso la cattedra. Eppure lo sentii mormorare un "Già…non c’è confronto…"
Sospirai sconsolata. Era palese che non ci fosse confronto. Rosalie era la perfezione, io ero il miglior attira guai in circolazione. Perfino Edward era stato costretto ad ammettere che non potevo reggere il confronto…
Però, faceva male sentirlo dire da lui…
Al termine della lezione di Trigonometria, un altro ragazzo si avvicinò. Era biondo e aveva una faccia quasi da bambino.
"Ciao. Tu sei Isabella Swan?" chiese sorridendo.
"Si" risposi.
"Piacere, io sono Mike" si presentò.
Edward ringhiò piano. Lo guardai, con un sorrisetto di scuse. Io riuscivo a bloccare i pensieri di quei ragazzi pervertiti, mentre lui non poteva farci niente.
Io, infatti, avevo preferito non ascoltarli, piuttosto che sorbirmi delle visioni assurde con me nuda o mentre bacio qualcuno, o peggio mentre spoglio qualcuno. Si, perché, c’era stato qualche pervertito che mi aveva anche immaginata fare sesso…
"Che classe è la prossima?" chiese cortesemente.
"Ho Spagnolo" risposi "Edward mi accompagnerà, altrimenti potrei perdermi" aggiunsi prima che potesse chiedermi di andare con lui.
Edward sorrise a Mike e uscimmo dall’aula.
"Non dirmi che sei fuggita dopo la splendida visione" sghignazzò Edward.
"Quale visione? Non ho visto niente" risposi.
Fece un ghigno. "Meglio così allora perché aveva sorpassato ogni limite" commentò.
Sbuffai. "Un altro che vorrebbe portarmi a letto" brontolai.
Edward rise di gusto, vedendo la mia espressione scocciata.
Mi piaceva farlo ridere, era fantastico.
La lezione di Spagnolo fu noiosa come le altre. Appena suonò la campanella, Edward ed io ci fiondammo fuori dalla classe e ci dirigemmo alla caffetteria, dove trovammo gli altri.
Edward prese un vassoio di roba per entrambi e ci sedemmo al tavolo con Alice, Jasper ed Emmett.
"Allora, come è andata fin’ora?" chiese Alice.
"Abbastanza bene, se non fosse che questi ragazzi fanno dei pensieri un po’ troppo…spinti per i miei gusti" risposi brontolando.
Edward ed Emmett risero.
"In effetti ho sentito un aumento generale del testosterone dal tuo arrivo" commentò Jasper facendo ridere gli altri ancora di più.
"Ma Rose dov’è?" chiesi per cambiare discorso.
"Un attimo in bagno" rispose Emmett.
"Stamattina Emmett ha rotto la bianchina e le ha sporcato la maglietta" ghignò Alice.
"Pronto per la punizione Emmett?" lo schernì Edward.
"Già, una settimana ‘niente giochini’ non te la leva nessuno!" disse Rosalie sedendosi vicino a lui.
Emmett s’intristì all’improvviso, sembrava dovesse piangere da un momento all’altro.
"Ma, ma, ma…Rose! Non dire così…una settimana? Lo sai, tesoro, che non l’ho fatto apposta!" cercò di migliorare la situazione.
Rose scosse la testa. "Non me ne importa Em, non se ne parla per una settimana!" decretò in fine.
Emmett cercò in tutti i modi di cambiare il verdetto, ma Rose fu irremovibile.
"Va bene! vorrà dire che per una settimana ‘giocherò’ con Bella" disse incrociando le braccia.
Arrossii. "Come?" feci, spiazzata.
Edward mi circondò le spalle con un braccio. "Non se ne parla Emmett" ringhiò.
"Grazie" dissi sorridendogli.
Alice alzò gli occhi al cielo. "Quanti piccioncini che ci sono oggi…" borbottò.
Le feci la linguaccia e scoppiammo a ridere. Era bello poter credere, anche solo per una volta, che Edward l’avesse detto perché gli importava veramente di me.
Poi, troppo presto, la campanella suonò e io ed Edward ci dirigemmo insieme alla lezione di Biologia.
Guarda quanto è sexy…accidenti, vorrei davvero sapere che cosa si prova a fare sesso con lei…deve essere fantastico, un sogno…
Quasi cadi dalla sedia sentendo un ragazzo pensare quello di me. Edward ringhiò più forte del solito, tanto che dovetti assicurarmi che nessuno l’avesse sentito.
Edward, che ti prende? Chiesi.
Non lo hai sentito? Rispose.
Si, ma non devi ringhiare, stà tranquillo, non succederà mai quello che ha pensato… tentai di rassicurarlo.
Ma l’hai sentito! Come si permette!? Brontolò.
Non potei non sorridere. Quanto era dolce…
Gli sfiorai il dorso della mano con la punta delle dita. Lascialo pensare quello che vuole…non significa niente per me…
Scusami, sono un bambino… non so che mi prende, ma non mi piace che pensino certe cose su di te. Sono così disgustosi a volte!
Sorrisi. Anche le ragazze pensano delle cose su di te, non molto…caste…Anche a me da un po’ fastidio… rivelai arrossendo.
Edward non rispose, ma si limitò a tenere lo sguardo fisso sulla cattedra. Temetti di averlo offeso. Mi diedi della stupida. Sarei dovuta rimanere in silenzio, e invece no! Dovevo sempre rovinare tutto! Solo perché lui mi aveva detto che gli davano fastidio, non significava che tenesse a me più che a una sorella! Invece il mio riferimento era chiaro più che mai!
Stupida, stupida, stupida!
Ops.
Non alzai gli occhi, ma percepii lo spostamento di Edward. Adesso mi guardava, probabilmente sorpreso. Arrossii ma non alzai lo sguardo per incontrare i suoi occhi, mi avrebbe abbagliata di nuovo.
Per il resto della lezione quasi non gli rivolsi la parola; non ero sicura che le cose fossero come prima. Non sapevo se si era offeso o se mi paragonava a quelle stupide ragazzine che in tutta la scuola facevano pensieri su di lui. In ogni caso, aspettavo sempre che fosse lui a rivolgermi la parola. Quasi come se dovesse darmi il permesso.
Al momento di tornare a casa, tirai un sospiro di sollievo. Per fortuna il primo giorno era passato. In auto eravamo soltanto io ed Edward.
Rimasi in silenzio, avrei parlato soltanto se necessario. Visto che Edward non disse niente, rimasi con lo sguardo fisso fuori dal finestrino.
Una volta a casa, salii in camera di Edward per posare lo zaino. Non sentii Edward seguirmi, ma sentii la porta della camera chiudersi piano.
Edward posò lo zaino vicino al mio e mi fece cenno di sedermi sul divano.

Grazie a tutti!!! Presto presto metto anche il prossimo!!! Grazissimo! *me tanto tanto felice*

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Capitolo 12
*** 11. SOLE ***


CAPITOLO UNDICI: SOLE
"Adesso parliamo" disse.
Annuii solamente. Non avrei cominciato certo io il discorso.
Edward dovette capirlo perché cominciò lui a parlare.
"Bella…cosa c’è che non va? Ti ho forse offesa in qualche modo? Perché non mi piace il tuo silenzio nei miei confronti, vorrei che tu parlassi con me" disse.
Scossi la testa energicamente. "Ma no, io non ce l’ho con te! Non hai fatto assolutamente niente di male; anzi, pensavo fossi tu arrabbiato con me" ammisi arrossendo.
"Io? E perché avrei dovuto esserlo? Non hai fatto niente di male!" disse sorpreso dalla mia risposta.
"Bè…è che durante biologia ti sei allontanato da me, rinchiudendoti nei tuoi pensieri e pensavo di aver detto qualcosa di sbagliato" spiegai.
"Mi dispiace averti dato questa impressione, non era mia intenzione. Credimi, non ce l’avevo con te" disse.
Sorrisi timidamente, sentendomi un po’ una stupida per quello che avevo pensato.
Edward posò la mano sulla mia guancia e mi guardò, sorridendo lievemente.
Era bello come un dio, con quello sguardo color miele e quei capelli sempre ribelli…quanto avrei voluto passarci una mano.
Edward portò anche l’altra mano sulla mia guancia e si avvicinò piano al mio volto.
Se il mio cuore avesse potuto battere, si sarebbe fermato e poi sarebbe esploso dall’emozione.
Vedevo le sue labbra sempre più vicino, mentre i suoi occhi erano intrecciati ai miei da un filo indissolubile e invisibile.
"Ragazzi!" la porta si spalancò facendo entrare un entusiasta Emmett.
Si fermò, vedendoci così vicini e ci guardammo per trenta secondi.
Il mio volto era di un delicato color porpora, mentre Edward teneva ancora il mio viso tra le mani.
Ci scostammo di colpo, guardando verso due direzioni differenti.
Sul volto di Emmett c’era stampato un sorrisino di scherno.
"Bèèèè…ero venuto a chiedervi se vi andava di unirvi a noi per la caccia… ma visto che avete di meglio da fare…" sghignazzò.
"In ogni caso abbiamo già mangiato Emmett" ringhiò Edward.
Aprii la mente per leggere quella di Emmett.
…e poi, avranno la casa libera, finalmente anche Edward potrà
Prima che finisse la frase gli tirai un cuscino in faccia.
Emmett mi guardò, spiazzato.
"Ha fatto bene Emmett, e adesso fuori di qui!!" gli intimò Edward.
"Va bene, va bene, non vi scaldate…" disse uscendo.
Mi alzai di colpo, ancora imbarazzata. "Vado a fare una doccia se non ti dispiace" dissi ad Edward.
Lui annuì. "Vai pure, io me la faccio di sotto…" disse.
Presi dei vestiti puliti, ma ero indecisa. Ero stanca morta, perciò se non fossimo usciti mi sarei infilata direttamente il pigiama.
"Senti…ma stasera rimaniamo a casa vero?" chiesi speranzosa.
"Bè, si…ma se vuoi uscire" rispose.
Scossi la testa. "No, no! Volevo saperlo perché così mi metto subito il pigiama" dissi.
Fece un mezzo sorriso da panico. "Sei stanca èh?" chiese.
Arrossii leggermente. "In effetti è stata una giornata un po’ pesante" ammisi.
Sorrise. "Va’ pure a farti una doccia e rilassati, quando hai finito vieni di sotto" disse.
Annuii e mi rinchiusi in bagno.
Grazie alla doccia i miei muscoli si rilassarono un po’. Mi sentii meglio. Mi asciugai con cura e mi tamponai i capelli con un asciugamano. Mi vestii velocemente e m’infilai il pigiama. Con le pantofole ai piedi riuscii a rilassarmi del tutto.
Dopo essermi raccolta i capelli in una coda, scesi di sotto, dove Edward stava seduto sul divano, intento a cambiare canale ogni due millesimi di secondo.
Sentendomi arrivare sorrise. "Fatto?" chiese.
"Si" risposi sedendomi vicino a lui.
"Più rilassata?" chiese ancora.
"Decisamente" risposi piegando le ginocchia e tirando i piedi sopra la poltrona.
"Allora, vediamo…scegli, cinese o pizza?" chiese.
Pensai un attimo. "Cinese, non l’ho mai mangiato" ammisi.
Edward annuì. "Vada per il cinese" disse. Poi assunse un’aria divertita. "Davvero mai mangiato? Te lo consiglio, ha un sapore ottimo" disse.
Scoppiammo a ridere dopo che lo avevo guardato incredula.
Fece per alzarsi e prendere il telefono. Lo trattenni per un braccio.
"Aspetta, resta comodo" gli dissi. Feci levitare il telefono fino in mano sua.
Sorrise. "È una pacchia vivere con te" osservò.
Dopo aver ordinato la cena per me, Edward propose di vedere un film e io acconsentii.
Questa volta, aveva optato per un film di paura. Prima che potesse premere play, suonarono alla porta.
"Resta lì, vado io" dissi alzandomi.
Grosso errore, grossissimo errore.
Aprii la porta e mi trovai davanti un ragazzo con in mano una busta con impresso il marchio del ristorante in cui avevamo ordinato la cena.
"B-buonasera" balbettò il ragazzo.
"Ciao" risposi cortesemente.
Attesi che mi porgesse la busta con l’ordinazione, ma quello stette sulla porta a fissarmi con espressione sognante.
Con mio grande imbarazzo mi squadrò dalla testa ai piedi e si fermò sul mio seno.
"Cavoli…è anche senza reggiseno" disse senza voce. Ovviamente, essendo un vampiro, lo sentii e diventai di mille colori. Mi riparai dietro la porta per evitare altre frasi imbarazzanti.
Poi, il braccio di Edward mi circondò la vita, mentre lui apparve in tutta la sua bellezza al mio fianco.
Mi baciò sulla tempia. "Allora? Questa cena?" chiese.
Il ragazzo delle consegne parve riscuotersi.
"Oh, si, ecco. Sono dieci dollari e ventisette centesimi" disse porgendomi la busta.
L’afferrai mentre Edward pagava il conto.
Non mi ero azzardata ad entrare nella testa del ragazzo perché tremavo al solo pensiero di quello che avrei potuto trovarci dentro.
Quando finalmente la porta si chiuse, guardai Edward con imbarazzo.
Sbuffò. "Coraggio, vieni a sederti. Non cambierai le tue abitudini per colpa di quell’idiota?! Sei a casa tua, puoi stare come vuoi e non vergognarti di me" disse togliendomi la busta dalle mani.
Arrossii. "Non mi andava che lo scoprissi così…" non mi andava che lo scoprisse per niente.
"Non c’è niente da scoprire Bella" rispose indifferente.
"Come?" chiesi spiazzata.
"Dormi in camera mia da più di un mese, secondo te non l’ho notato?" chiese ironico.
"Bè…ecco" cincischiai.
Mi afferrò per la mano e mi tirò a sedere vicino a se.
"Sta’ tranquilla, non ci vedo niente di male e non vai in giro nuda, quindi rilassati e mangia" disse con un sorriso d’incoraggiamento.
Sospirai. Per lo meno non ci vedeva niente di male. Afferrai un cartoncino con gli spaghetti dentro e cominciai a mangiare con le bacchette.
Edward spense anche la luce e il film cominciò.
Con gli occhi puntati al televisore, Edward mi passava ogni tanto un cartoncino con la roba da mangiare. Tutto sommato, mi piaceva la cucina cinese, anche se un po’ troppo fritta.
A metà film tenevo gli occhi aperti perché fissati con delle mollette, ero stanchissima e stavo per varcare la soglia del mondo dei sogni.
Edward si avvicinò a me e mi indicò la sua spalla.
"Appoggiati pure se vuoi, sei stanca" disse.
Sorrisi e appoggiai la guancia sulla sua spalla mentre Edward afferrava il plaid e mi copriva. Lo misi in modo che coprisse entrambi.
"Io non ho freddo" osservò divertito.
"Fa niente" risposi chiudendo definitivamente gli occhi.
Sentii vagamente delle voci, e poi mi ritrovai distesa sul divano in camera di Edward.
Anche questa volta lo pregai di restare.
"Per favore, resta con me" biascicai.
Edward si distese al mio fianco e mi avvolse in un abbraccio. "Certo, piccola, resto" mormorò baciandomi sulla fronte.
Sentii qualcosa di morbido accarezzarmi il collo e aprii gli occhi. Trovai quelli bellissimi di Edward intenti a fissarmi.
"Buongiorno, piccola" esordì con un sorriso radioso "Dormito comodamente?" chiese.
"Si, benissimo" risposi sinceramente.
Edward ridacchiò. "Mi fa piacere sapere che sono anche comodo" sghignazzò.
Solo dopo mi accorsi di essere distesa sopra di lui. Non me ne ero neanche accorta da quanto si stava comodi.
Feci per alzarmi ma fui fermata dalla sua stretta ferrea.
"No, non alzarti, non mi dai fastidio" disse.
Con il naso mi annusò i capelli e intanto mi accarezzava la schiena con la punta delle dita.
Mi stava facendo impazzire. Tremavo quasi.
"Guarda fuori" alitò al mio orecchio.
Mi voltai leggermente verso la finestra per realizzare che fuori c’era il sole.
Niente scuola, niente scocciatori e niente passeggiate. Da una parte mi dispiaceva, ma non si poteva avere tutto, era già abbastanza avere Edward con me.
"Sole" mormorai stropicciandomi gli occhi "Che si fa oggi?" chiesi.
"Quello che vuoi" rispose prontamente lui.
"Quello che voglio…mm…quindi, se decidessi di rimanere qui distesa con te tutto il giorno ti starebbe bene" azzardai.
Alzò le spalle. "Non vedo perché no" rispose.
Sorrisi. "Ok, per il momento vado a fare colazione, poi vediamo" risposi alzandomi nonostante le sue proteste.
Ovviamente, eravamo tutti a casa; non mancava nessuno all’appello.
"Buongiorno, Bella" disse Alice baciandomi sulla guancia.
"Buongiorno" risposi.
"Esme ti ha già preparato la colazione" disse Emmett intento a fissare la tv.
In cucina, una soddisfatta Esme mi aspettava con un piatto colmo di bacon, toast, marmellata, burro, torta al cioccolato, pancetta e salsiccia.
"Accidenti, vedo che ti sei data da fare!" esclamai.
Sorrise. "Mi piace moltissimo cucinare, cara. Poi, ci sei tu a darmi soddisfazione e non potrei chiedere di meglio" disse.
Mangiai tutto, un po’ perché avevo fame e un po’ per farle piacere.
Carlisle entrò in cucina e mi diede il buongiorno.
"Bella, vorrei che tu mi mostrassi quello che sei in grado di fare. Edward mi ha detto che a lui l’hai già mostrato e vorrei lo facessi anche con me…" chiese gentilmente.
M’irrigidii un po’. Non mi piaceva l’idea di dover dar sfoggio della mia cattiveria di nuovo, ma a una richiesta di Carlisle non potevo dire di no.
Mi sorrideva in modo rassicurante e m’incoraggiò a fidarmi di lui.
Il fatto era che mi fidavo di lui, ma non di me stessa.
Così, uscimmo sul retro della casa e feci le stesse cose che avevo fatto quando mi ero rivelata a Edward. Carlisle non fu molto stupito, probabilmente Edward gli aveva già raccontato tutto, ma piuttosto pensieroso.
"Mi dispiace, ma ti giuro che non userò mai queste capacità" lo rassicurai mentre tornavamo in casa.
Sorrise. "Non scusarti per quello che sei. Non c’è motivo. Io, trovo molto utili le tue capacità, perché non le hai usate fin da subito contro i Volturi?" chiese curioso.
"Non mi piace quello che sono. Non mi piacciono queste capacità. Non le uso perché non voglio essere più mostro di quanto non lo sia già" risposi.
Carlisle mi abbracciò. "Sono fiero di te. Sei bravissima" disse.
Ricambiai l’abbraccio. "Grazie…papà" dissi.
Carlisle mi tenne stretta ancora un po’, contento che l’avessi definito il mio papà.
La porta di casa si aprì e Edward ed Esme si fermarono a guardarci.
"Tranquillo, te la restituisco adesso" disse Carlisle lasciandomi.
Edward mi prese per mano e mi baciò sulla fronte. "Tutto okay?" chiese.
Annuii. "Si, tutto bene" risposi.
Esme prese per mano Carlisle e lo tirò dentro casa. "Non fate tardi" detto questo, chiuse la porta lasciandoci fuori.
Guardai Edward in cerca di spiegazioni.
"Che voleva dire? Cioè, c’è il sole, dove dovremmo andare?" chiesi confusa.
Edward sorrise. "Ti porterò in un posto, un posto che conosco solo io. Di solito ci vado quando c’è il sole" disse.
Annuii. "Va bene. Allora fammi vedere la strada"
Edward cominciò a correre velocissimo verso la foresta; io lo seguii, attenta ad evitare alberi e quant’altro.
Purtroppo, la mia goffaggine e il mio equilibrio non mi danno mai un attimo di pace; infatti, inciampai in una radice e caddi a terra, con la faccia immersa in terra e foglie.
Atterrai con un piccolo "humph".
Quando alzai il viso, trovai Edward a pochi centimetri da me che mi osservava, preoccupato.
"Tutto bene, Bella?" chiese.
Solo dopo che annuii Edward scoppiò a ridere. Lo guardai, allibita.
"Cosa c’è da ridere!" sbottai.
"Sei troppo forte! L’unico vampiro che riesce a cadere!" rispose tenendosi la pancia.
Misi il broncio. "Non c’è niente da ridere!" brontolai.
Edward tornò serio. "No, non c’è" disse. Poi scoppiò a ridere di nuovo.
Adoravo la sua risata, ma non era il momento!
Arrossii e abbassai lo sguardo, imbarazzata. "Non è colpa mia se sono imbranata" brontolai.
Edward mi accarezzò la guancia. "No, non lo è. Però sei buffa" sghignazzò "Coraggio, andiamo, manca poco" disse.
Riprendemmo a correre e ci fermammo qualche minuto dopo.
Ci ritrovammo in una radura circolare, coperta di fiori viola e bianchi. Era bellissima e un posto perfetto dove passare il tempo nelle giornate di sole.
Rimasi a bocca aperta tanto era bella. Edward, accanto a me, si mise a sedere con un gesto fluido e aggraziato. Lo imitai, sedendomi vicino a lui. Entrambi brillavamo come diamanti sotto il debole sole di Forks. Edward era come sempre, bellissimo. La radura, con Edward in mezzo era meravigliosa, il più bel posto sulla terra.
"Ti piace?" chiese.
"Si, è un posto bellissimo" risposi incantata.
Edward si distese completamente, appoggiando la testa sull’erba e chiudendo gli occhi.
Mi distesi anche io, appoggiandomi su un gomito per vederlo meglio. Il suo profilo era perfetto. Tutto di lui era perfetto. I capelli ramati, la pelle bianca, i muscoli che si intravedevano dalla maglietta aderente e poi, gli occhi. Adesso chiusi, quasi a fingere di dormire; ma dentro di loro c’era un intero mondo da scoprire. Erano gli occhi più belli che avessi mai visto. Di un dolce color caramello; sapevano rassicurarmi ogni volta. E ogni volta, quando mi guardava, il mio cuore ricominciava a battere.
"A cosa pensi?" chiese aprendo gli occhi.
"A niente in particolare…stavo solo osservando questo posto perfetto" risposi.
"Mi piace molto anche a me, mi da un senso di pace" rispose.
Richiuse gli occhi, con un leggero sorriso sulle labbra.
Lentamente, sollevai una mano e con un dito, che quasi tremava, tracciai il suo profilo.
Dalla fronte al naso, alle labbra, al mento. La sua pelle scorreva sotto il mio dito liscia e fredda. Arrivata al mento gli sfiorai la guancia e poi il contorno dell’occhio, le palpebre, le sopracciglia. Tutto era perfetto di lui, non c’era neanche una piccola imperfezione.
Aprì gli occhi e fermai il dito sulla punta del suo naso. "Ti da fastidio?" chiesi.
Sorrise. "No, anzi; non hai idea di come mi fai sentire" rispose.
"Credo di capire" risposi percorrendo le sue labbra. Era lo stesso modo in cui mi sentivo anche io.
Edward afferrò la mia mano e intrecciò le sue dita con le mie. Poi, mi trafisse con uno dei suoi sguardi dorati.
"Bella…io…non so cosa fare" ammise.
"Perché? Qual è il problema?" chiesi giocherellando con le sue dita.
Sospirò. "Non so come fare a…resistere. Io…io vorrei di più da te…" spiegò.
Non riuscii a non sorridere. Esitava e mi guardava con una dolcezza infinita.
Lo baciai sulla guancia. "So come ti senti, Edward" sussurrai "Anche io…vorrei che noi…ma…dopo quello che hai visto, come puoi" non riuscii a terminare la frase.
"Che intendi?" chiese confuso.
"Sono un mostro, una macchina da guerra…e tu sei perfetto. Come puoi voler stare con me?" spiegai.
Mi fissò negli occhi. "Tu non sei un mostro Bella" mormorò.
Abbassai lo sguardo, non convinta. Mi alzò il mento accarezzandomi la guancia.
"Dico sul serio. Il solo fatto che non usi le tue capacità per ottenere il potere, ti rende migliori di tanti altri" assicurò.
"Ma che cosa potresti volere da me?" chiesi con un filo di voce.
Ancora una volta i nostri sguardi si intrecciarono e non ci fu più modo di scioglierli.
Dal suo sguardo riuscivo a percepire la tempesta di emozioni che infuriava dentro di lui.
"Bella io…"
Edward non finì mai quella frase perché un lupo gigantesco apparve dal nulla.

okay...finito anche questo... scusate se non vi ringrazio una per una ma devo fare la tesina, questa era una momentanea distrazione..... comunque, un grazie enorme a tutti quanti!

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Capitolo 13
*** 12. IL PATTO ***


CAPITOLO DODICI: IL PATTO
Più e più volte mi sono chiesta cosa Edward avrebbe detto se avesse potuto finire la frase; se quel licantropo non si fosse messo in mezzo…
Subito dopo aver sentito un rumore, Edward ed io ci mettemmo in allerta e quando capimmo che si trattava di un lupo Edward si mise davanti a me.
"Vattene via, Bella" mi intimò.
Scossi la testa. "No! Stai scherzando spero!" risposi allibita.
Ringhiò piano. "Bella, è pericoloso…va' a casa"
"No" m'impuntai "Se qui c'è qualcuno che deve andare a casa quello sei tu" dissi.
Mi guardò, sorpreso dalla mia reazione. "Ma che dici?" chiese confuso.
"Sono io quella che può affrontarlo senza difficoltà. Sei tu che devi andare via" spiegai.
Edward scosse la testa. "Non se ne parla" decretò.
"Bene, fa' come vuoi, ma io non me ne vado da qui!" sbottai.
A quel punto Edward si mise davanti a me, come per proteggermi e ringhiò al licantropo, ma prima giurai di averlo sentito borbottare un: 'donne, valle a capire…'
Non ne avevo mai visto uno prima, era grosso e per niente amichevole.
Poi, d'un tratto, al posto del licantropo apparve una persona. Una che non vedevo esattamente da due anni. Una persona molto importante nella mia vita.
"B-Bella?" chiese incredulo.
"Jake" dissi senza fiato.
Jacob Black, il mio amico d'infanzia era un licantropo.
Ero senza parole. Mai avrei pensato che potesse succedere una cosa del genere.
"Bella ma cosa…" anche lui, come me, non sapeva cosa dire.
"Bella? Lo conosci?" la voce di Edward era più calma, ma sempre in allerta.
Annuii. "Si, lui è… Jacob, il mio amico…" risposi.
Ero come in catalessi.
"Bella che cosa ti hanno fatto?" chiese Jacob.
"Io…"
"Sei una di loro" disse digrignando i denti.
"Calmati Jacob Black" intervenne Edward "Anche se è come dici tu, non puoi farci niente. Quindi è inutile che tenti di imitare un ringhio…" mancava solo che facesse una linguaccia e sarebbe stato un perfetto bambino.
"Come ti permetti! Lurido succhiasangue" ribattè Jacob.
"Smettetela! Tutti e due!" intervenni "Non è il momento di comportarsi da bambini" dissi esasperata.
"In ogni caso, tu sei nel nostro territorio…" disse Edward.
Jacob fece una smorfia. "Sono venuto apposta. Ci è giunta voce che c'era un altro succhiasangue da queste parti, uno che non fa parte di voi… ma solo ora capisco che sei tu…" disse puntando un dito contro di me.
"Jake, io non capisco. Qual è il problema?" chiesi confusa.
Cosa poteva importare a un licantropo se c'era un vampiro in più!
"Lei non sa del patto" disse Edward.
Aspetta, quale patto? Chiesi confusa.
Ne parliamo a casa… fu la sua unica risposta.
"Però voi si, e lo sapete che riguarda solo voi Cullen…" disse.
Edward s'incupì. "Vorresti farmi credere che saresti disposto a fare del male a lei? Alla tua amica?" chiese minaccioso.
Jacob cincischiò. "Io…ecco…lei…"
"Jake!" sbottai con orrore "Ma… noi siamo amici! L'hai forse dimenticato? Io non ti farei mai del male!" gli gridai con le lacrime agli occhi.
Avevamo passato insieme tanto tempo, giocavamo quando eravamo piccoli. Eravamo amici e un amico non si uccide!!
"Bella…io… lo so. Eravamo amici, ma adesso…" Jake era triste, ma non mi commuoveva più.
"Vattene Jacob Black. Ne discuteremo. Ma non vorrai cominciare una guerra attaccandoci qui, ora?" disse Edward. Sembrava sicuro di quello che diceva.
"No, non mi sembra il caso" disse Jake.
Per fortuna su una cosa erano d'accordo!
"Però presto vi faremo visita. Le cose vanno chiarite" disse, poi si rivolse a me "Bella… mi dispiace… addio" e non c'era più.
"Addio" mormorai al vento.
Edward mi prese la mano. "Bella, dobbiamo andare a casa e avvertire gli altri" disse.
Annuii soltanto. Non mi andava di parlare. Ero rimasta troppo male.
Prima la sorpresa di trovare Jake un licantropo, poi questo patto di cui non conoscevo l'esistenza e infine, quello che mi faceva più male: Jake era disposto a uccidermi.
Io non lo farei mai. Anche se non avessi altra scelta, io non sacrificherei mai la vita di un amico per salvare la mia o per il bene di qualcun altro.
Avrei cercato un'alternativa, c'è sempre un'alternativa.
Corremmo a casa. Edward si fermò davanti alla porta di casa.
"Bella, stai bene?" chiese premuroso.
Annuii, ancora un po’ confusa. "C-credo di si" risposi.
"Senti, perché non vai in camera e mi aspetti lì? Io vado a parlare con Carlisle e poi ti raggiungo" disse.
"Ma il patto…io"
"Ti spiegherò tutto, te lo prometto" disse accarezzandomi una guancia "Ma tu riposati adesso"
Probabilmente era evidente che per me era stato uno shock aver scoperto che Jake era un licantropo.
Annuii inerme.
Entrammo in casa e mi diressi direttamente in camera.
Mi distesi sul divano, appoggiando la guancia sulla pelle morbida.
Come era possibile? Cosa era cambiato in quei due anni? Cosa sarebbe successo ora?
Jake era diverso. Non solo per il fatto di essere un licantropo. Si comportava in maniera differente. Era più scontroso e non mi considerava più sua amica.
Eppure non avevo fatto niente di male.
"Bella" la voce melodiosa di Edward mi riportò alla realtà.
Mi sedetti così che potesse sedersi anche lui.
"Vuoi ancora delle spiegazioni" non sembrava una domanda.
"Si, ti prego. Dimmi ogni cosa" risposi.
Annuì. "Vedi noi siamo venuti qui molti anni fa. Molto prima che u nascessi. In questa penisola ci abitavano già dei licantropi però era il posto perfetto per noi vampiri. Così facemmo un patto. Noi saremmo stati alla larga dalla riserva di La Push e loro sarebbero stati lontani da Forks" spiegò.
"Tipo una divisione dei territori" commentai.
"Esattamente" rispose.
"Quello che non capisco, è come mai c'era bisogno di un patto. Voglio dire, non potevate vivere tutti felici e contenti nello stesso posto?" chiesi confusa.
Sospirò. "No Bella. Vedi, i licantropi, sono nostri nemici naturali. Non c'è un perché, quando li incontriamo finisce sempre a pesci in faccia!" la buttò sul ridere.
Risi con lui. "Però adesso… cosa dirà Jacob?" chiesi.
"Ne discuteremo presto. Stanno venendo qui" disse Edward scuro in volto.
"Chi?"
Prima che potesse rispondere, il campanello suonò.
Edward mi prese per mano. "Vieni Bella"
Scendemmo di sotto, dove c'era tutta la famiglia al completo e anche Sam, Paul, Embry e Jacob.
Mi guardarono per trenta secondi. Nel loro sguardo vedevo astio. "Prego accomodatevi" disse Esme gentilmente.
Sorrisi. Anche davanti a degli ospiti poco graditi riusciva a tirare fuori un bel sorriso e una cortesia unici.
"Grazie" disse Sam sedendosi sul divano.
"Posso offrirvi qualcosa?" chiese Esme.
"Questa non è una visita di cortesia" sbottò Paul.
"Paul" lo riprese Sam. "Grazie, non vogliamo niente"
"Allora, veniamo al dunque, suppongo siate qui per discutere di Bella" iniziò Carlisle.
"Si. Abbiamo saputo solo ora che è una…di voi…" disse Sam "E questo, come sapete, va contro il nostro patto"
"Aspetta un momento! Che cavolo dici!" intervenne Emmett.
"E' vero. Nel patto si specifica che non dovete mordere nessuno" disse Jacob.
"E che c'entra!" sbottò Emmett.
"Noi non abbiamo morso Bella" disse Alice.
"Certo, e io sono il Presidente Kennedy" disse Paul.
"Allora dovresti essere morto perché noi non l'abbiamo morsa" disse Alice.
"Ma a chi volete darla a bere?" sbottò ancora Paul.
"Di solito siamo noi che beviamo" sghignazzò Emmett.
"Sei simpatico come un budino sfatto" disse Paul.
"E tu come un incidente" lo riprese Emmett.
"Finitela!" sbottò Rose "Non siete per niente divertenti. Due bambini" brontolò.
"Sono d'accordo" le fece eco Alice.
"Bè, sta di fatto che vi siete cacciati in un bel casino!" disse Embry ridacchiando.
Emmett fece un sorriso di scherno. "Smettila, sembri un'oca" lo prese in giro.
"E tu sembri un bradipo con queste battutine" rispose Paul.
"Meglio un bradipo che ritrovarsi la voce di un gatto stretto a l'uscio" rispose Jasper.
"Ah ah, che ridere" disse Embry.
"Noi abbiamo il senso dell'umorismo almeno! Voi pulciosi non sapete neanche cosa sia" disse Emmett.
"Si, si ha senso dell'umorismo da morti?" disse Paul.
"Di sicuro più che da cani" intervenne Edward.
Mi voltai a guardarlo. Allibita.
Ma che dici? Chiesi.
Che c'è? Chiese sorpreso.
Smettila, non abbassarti al loro livello! Sbottai.
Edward rise. "Va bene, mamma" mormorò.
"…dimmi Paul, da quanto ti sono passate le pulci?" chiese Emmett con disinvoltura.
Paul iniziò a tremare. "Come ti permetti?! Schifoso succhiasangue"
"Meglio dieci vite da vampiro che mezza da barboncino" buttò là Jasper.
Lo fulminarono mentre Emmett scoppiava a ridere.
"Ragazzi, andiamo" disse Sam all'improvviso.
Rimasi spiazzata. Non erano venuti per discutere di me? Allora perché se ne andavano?!
Senza protestare Jacob e gli altri si alzarono e, lanciando occhiatacce a Emmett e Jasper, uscirono con Sam.
Guardai Edward, confusa.
Sorrise. "Mentre eri impegnata ad ascoltare i battibecchi tra i ragazzi, Carlisle, Esme e Sam hanno discusso il da farsi" spiegò.
"E?" chiesi trattenendo il respiro.
"E non c'è problema. Da oggi sei una Cullen a tutti gli effetti" intervenne Carlisle "Ti hanno aggiunta al patto. Non corri nessun rischio"
Un sorriso gigantesco affiorò sulle mie labbra.

Grazie a tutti!! Purtroppo questi dannati esami non mi lasciano un attimo di tregua!!
LoRtFrOg : scusa, non avevo letto la tua domanda… comunque, gli altri non possono leggere i pensieri di Bella, è lei che entra nella testa degli altri e si fa sentire, è lei che controlla la cosa… se non sono chiara dimmelo che magari te lo spiego meglio…
Un grazie a:
FrancyChan
Missy16
Siana
glo91
Sakyo91
MiaBlack
_Dana_
AshleyRiddle
aras
Liayu
sarah james
Amy89

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Capitolo 14
*** 13. NEVE ***


CAPITOLO TREDICI: NEVE
Quella mattina mi svegliai presto. Ancora prima di aprire gli occhi sentii un suono, una dolce melodia che riempiva l'aria.
Solo dopo che mi stiracchiai e stropicciai gli occhi riuscii a capire da dove provenisse.
Veniva dal piano di sotto, dal salotto.
All'istante realizzai che quella musica veniva dal pianoforte di Edward.
Arrivata in cima alle scale ne ebbi la conferma.
Edward era seduto al suo piano e faceva scorrere le dita sui tasti d'avorio. Rimasi incantata dalla velocità con cui si muovevano le sue mani e soprattutto dalla dolce melodia che producevano.
Scesi le scale lentamente e cercando di fare meno rumore possibile, non volevo che smettesse di suonare sentendo la mia presenza.
Mi avvicinai a lui, che non smise di suonare. Forse non mi aveva sentita.
Capii che i miei sospetti erano sbagliati quando Edward si spostò per farmi posto accanto a sé, sul seggiolino. Mi sedetti vicino a lui, in silenzio.
"Ti piace?" chiese.
Annuii. "L'hai scritta tu?" chiesi senza voce.
"È la preferita di Esme" rispose.
"È davvero bella" commentai.
Era la prima volta che lo sentivo suonare e ne rimasi incantata.
Poi, la musica rallentò, si trasformò in qualcosa di più morbido, e con grande sorpresa, tra le note, colsi la melodia che tante volte mi aveva mormorato per farmi calmare, o addormentare.
"Questa l'hai ispirata tu" disse a bassa voce.
La musica si riempì di una dolcezza insostenibile.
Ero senza parole.
Possibile che si fosse ispirato a me? Per comporre un'opera d'arte come quella?
Mi sembrava impossibile.
"Grazie, è bellissima" mi sentii in dovere di dire.
Sorrise. "Certo che lo è, l'hai ispirata tu, rispecchia te"
Arrossii e abbassai lo sguardo, mentre la canzone verso gli ultimi accordi. Ero commossa.
Edward mi sfiorò la guancia e io mi voltai a guardarlo.
E il suo viso era lì accanto, a pochi centimetri dal mio. La sua bellezza non smetteva di sconvolgermi: era troppo, un eccesso a cui non riuscivo ad abituarmi.
Prese il mio viso tra le mani.
Ero senza fiato.
I miei occhi si fissarono sui suoi color topazio. Profondi, dolci, lucenti… Sembravano riuscire a scrutarmi dentro, sempre più intensamente.
Poi, posò le sue labbra sulle mie.
All'istante mi sentii viva. Come quando il sangue scorreva veloce nelle mie vene e il mio cuore mancava un battito. Come quando ero umana.
Intrecciai le dita nei suoi capelli, stringendolo a me.
Dischiusi le labbra per respirarne il sapore inebriante. Non ero sicura che lo volesse quanto me; comunque, mi aggrappai alle sue spalle…male che andasse, mi avrebbe allontanata da se.
E lui non si ritrasse, non mi mandò via, non mi respinse. Non arrivò mai quella mano che mi avrebbe scacciata. Al contrario, ne arrivò una per stringermi a lui. Ne arrivò un’altra che s’insinuò tra i miei capelli, a trattenere la mia testa contro la sua.
Le sue labbra divennero molto più decise, una mano s'infilò tra i miei capelli, a trattenere la mia testa contro la sua.
Restammo lì, a baciarci, per un tempo che parve infinito. Poi…
"Prendetevi una stanza e che cazzo!"
E l'incantesimo era finito. Ci scostammo subito.
Emmett, Rosalie e Alice ci guardavano con dei sorrisi che andavano da orecchia a orecchia.
"Sempre nel mezzo tu, eh?" disse Edward a Emmett.
"Era ora che ti decidessi fratellone" rispose Emmett.
"Oh, guardate, nevica" esclamò Alice.
Ci voltammo tutti verso la finestra. Per terra c'era già uno strato bianco e intanto cadevano dei fiocchi giganteschi.
"Finalmente la neve!" esclamò Emmett.
"Propongo di andare fuori!" disse Alice dirigendosi verso la porta.
"Ti va di uscire?" chiese la voce di Edward al mio orecchio; il suo respiro mi accarezzava il lobo e mi faceva il solletico.
"Certo" risposi.
Mi baciò sulla guancia e mi prese per mano.
Sicuramente, c'è da dire che io e la neve non siamo grandi amiche. Anzi, per niente.
Ora, considerando anche le mie capacità di equilibrio, cosa poteva succedere?
Dopo due passi fuori dalla porta, mi ritrovai per terra a massaggiarmi il fondoschiena. Tutti risero di gusto, ovviamente, Emmett più degli altri.
Per una volta, decisi di vendicarmi. Mentre Edward mi porgeva la mano e mi aiutava a rialzarmi, tirai una palla di neve in faccia a Emmett che rimase di sasso.
Risero tutti ancora più forte di fronte alla sua faccia sorpresa.
"Così impari a ridere di me!" e feci una linguaccia prima di ridere con gli altri.
All'improvviso mi ritrovai sulla spalla di Emmett che prese a girare su se stesso come una trottola.
"Come hai osato!" brontolò fermandosi "Chiedi scusa!" intimò.
Ma io, anzichè assecondarlo puntai il dito contro Edward. "Tu!" esclamai.
"Io?" chiese confuso.
"Sì, tu! Dovresti difendermi! Non ridere!" brontolai provocando ancora più risate.
Poi, mi ritrovai distesa a terra, bloccata sotto Emmett.
"Chiedi scusa, miledy, e avrai salva la vita" fece finta di puntare una spada alla mia gola.
"Giammai" dissi stando al gioco.
"Lascia libera la mia fanciulla!" esclamò Edward facendo finta di brandire una spada.
A quel punto, cominciò un duello tra i due, un duello con spade immaginarie.
Erano buffissimi, sembravano dei mimi!
Si muovevano velocemente e con movimenti fluidi e leggiadri.
Alla fine, Edward fu sopra a Emmett.
"Va bene! Mi arrendo! La fanciulla è vostra!" esclamò Emmett.
"Sarà meglio per voi!" rispose Edward.
Poi, mi venne incontro. Mi baciò il dorso della mano e fece un inchino. "Avete visto miledy? Siete salva!"
"Oh mio eroe!" esclamai abbracciandolo.
Edward mi baciò lievemente sulla guancia e mi strinse in un abbraccio caloroso.
Affondò il viso sul mio collo e lo sentii prendere un bel respirone.
"Il tuo odore è buonissimo" sussurrò.
Arrossii. "Ah si?"
"Si…sa di fiori, o di fresia…è dissetante" commentò.
Non sapevo che dire, era la prima volta che me lo dicevano. Perciò rimasi in silenzio.
"Lo sai che parli nel sonno?" disse Edward di punto in bianco.
Arrossii. "C-come?" chiesi agitata.
Era una caratteristica che avevo da umana, quella di parlare nel sonno. Mia madre mi ascoltava qualche volta, per sapere se avevo qualche fidanzatino… non pensavo di dovermene preoccupare anche lì.
"E che cosa hai sentito?" chiesi mesta.
"Hai detto molte volte che non volevi tornare dai Voluri…hai detto che ti trovi bene con noi. E…hai pronunciato il mio nome" rispose.
"Molte volte?" chiesi nell'imbarazzo più totale.
"Dipende dai punti di vista…" rispose.
Abbassai lo sguardo, imbarazzata.
"Non preoccuparti Bella, non sai che piacere mi ha fatto sentire il mio nome pronunciato nei tuoi sogni…" mormorò.
Mi strinse a sé ancora di più se possibile e poi mi baciò.
Un altro bacio di quelli che tolgono il respiro, di quelli che ti riportano in vita…
Eravamo soli, in mezzo alla neve. Gli altri ci avevano lasciati lì.
Edward poi mi prese per mano e cominciò a correre verso il bosco. Dovetti seguirlo, correre al suo fianco.
Si fermò all'improvviso e quasi caddi in avanti. Le sue braccia mi sorressero prontamente.
"Potevi dirmelo" bofonchiai.
Lo sentii ridacchiare. "Scusa" mormorò sfiorandomi la fronte con le sue labbra.

Grazie a tutti quelli che hanno recensito! E anche a quelli che si limitano a leggere! Se la scena del bacio è venuta male, è perché sono un'incapace a descrivere certe cose… Vorrei ringraziarvi una a una, ma non ho mai tempo… Il prossimo capitolo lo posterò tra un bel po’…purtroppo ho gli esami che incombono…

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Capitolo 15
*** 14. PRIVACY ***


CAPITOLO QUATTORDICI: PRIVACY
"Potevi dirmelo" bofonchiai.
Lo sentii ridacchiare. "Scusa" mormorò sfiorandomi la fronte con le sue labbra.
Mi tenne stretta a se per un po’, accarezzandomi la schiena.
Intorno a noi, la foresta era silenziosa e non permetteva a nessuno di vederci.
"Perché siamo qui?" chiesi infine.
Sospirò. "Perché voglio mettere le cose in chiaro" disse.
La mia testa si riempì di dubbi.
Forse si era pentito di quello che era successo tra noi? Forse voleva dirmi che comunque era meglio se restavamo amici? E io che avrei detto?
"C-cioè?" chiesi senza voce.
Prese un respirone e guardò verso il folto della foresta. "E' quello che ho cercato di dirti anche nella radura…Bella io…senza di te mi sento vuoto, inutile. E' come se mi mancasse sempre qualcosa, e nonostante i miei sforzi, la situazione non cambia…solo tu riesci a riempire il vuoto. Non credo di poter continuare a resistere, senza di te al mio fianco…" concluse.
Cercai di rimanere il più composta possibile, ma dentro di me saltavo di gioia.
Nonostante i miei sforzi, un sorriso sfuggì alle mie labbra. Ero felice, perché nasconderlo?
"Lo stesso vale per me Edward. Io so di non essere perfetta, ma con te mi sento bene…sei l'unico che riesce a farmi sentire normale e non un mostro" dissi abbassando lo sguardo.
Mi accarezzò la guancia e poi mi prese le mani. Le strinse con le sue e mi baciò i capelli.
Affondai la faccia nella sua spalla.
"Ti amo" sussurrai.
"Tu sei la mia vita adesso"
Mi cullò per un po’; stretta nel suo abbraccio mi sentivo protetta.
"Posso farti una domanda?" chiesi dopo un po’.
"Tutte quelle che vuoi" rispose.
"Vorresti che fossi diversa? Fisicamente intendo…"
"No, assolutamente. Sei perfetta così come sei" rispose.
"Sicuro? Non vorresti invece che fossi più…alta, più bionda, più…Rosalie?" chiesi.
"Assolutamente no. Vai benissimo così. Perché?"
Arrossii. "No, è che una volta ahi detto che tra me e Rosalie non c'è confronto, così…io pensavo che" Il suo dito sopra le mie labbra m'interruppe.
"L'ho detto, è vero. Ma non hai capito che intendevo. Rosalie è bellissima, certo, ma lei non riuscirebbe mai a scatenare in me quello che provochi tu. Io ti voglio così, sei perfetta e non so come…" si fermò, era in difficoltà a trovare le parole giuste.
"Si?" lo incoraggiai.
"Ho sempre vissuto convinto di poter bastare a me stesso. Non ho mai creduto che ci potessi essere tu là fuori, che un giorno ti avrei incontrata…adesso però, non ti lascerò scappare" concluse.
Mi alzai in punta di piedi e lo baciai.
Mi prese il viso tra le mani e ricambiò il mio bacio.
Indietreggiai, spinta da lui, fino a che la mia schiena non fu appoggiata al tronco di un albero.
Le sue mani si posarono sui miei fianchi e attirò il mio bacino contro il suo. Sospirai e intrecciai una mano nei suoi capelli. Erano morbidi e profumati.
Quando ci staccammo pronunciò il mio nome.
Edward? E' meglio se tornate a casa. La voce di Alice piombò nelle nostre teste all'improvviso.
Sembrava destino che non potessimo avere un po’ di privacy noi due.
"E' meglio andare" disse Edward visibilmente scocciato.
Sorrisi e gli accarezzai la guancia. "Tranquillo, abbiamo l'eternità per noi"
Sorrise e corremmo di nuovo verso casa.

Entrammo nel salotto, dove erano tutti riuniti intorno ad Alice.
"Dimmi cosa hai visto Alice" chiese Carlisle.
"Erano tre. Verranno qui presto. Loro…non sono come noi" rispose.
"Quando arriveranno?" chiese Carlisle.
Scosse la testa. "I-io non lo so con precisione"
Poi, all'improvviso, la stanza prese a girare. Le voci diventarono fioche, tanto che non riuscii più a capire cosa stessero dicendo.
Gli occhi mi si annebbiarono e poi: il buio.

Mi trovavo nella foresta, anzi, era un grande spiazzo circondato dalla foresta.
Vidi Edward, Carlisle ed Emmett vicini che discutevano. Gli altri erano rimasti un po’ in disparte e si guardavano intorno, all'erta.
All'improvviso, dal margine della foresta, apparvero tre sagome. Erano tre vampiri, impossibile confonderli; due uomini e una donna.
Tutti bellissimi certo, però con un chè di più felino rispetto ai Cullen. E soprattutto, avevano gli occhi color vinaccia. Mi spaventarono, perché mi ricordavano i Volturi.
Uno dei due uomini si fece avanti.
All'improvviso le figure sbiadirono e sentii solo una voce più chiara delle altre.
"Sarai mia, che tu lo voglia o no"
Di nuovo il buio.


Mi risvegliai diverse ore dopo, distesa sul divano nella camera di Edward.
Sbattei le palpebre più volte e tentai di alzarmi. Appena fui seduta, un mal di testa improvviso mi colpì.
"Ah" esclamai massaggiandomi la nuca.
Bussarono.
"Posso entrare?" chiese quella che riconobbi come la voce di Carlisle.
"Si, certo" risposi.
Carlisle entrò e si richiuse la porta alle spalle prima di sedersi sul divano vicino a me.
"Come stai?" chiese.
"Mi fa male la testa" risposi.
Annuì. "Che cosa ti è successo?"
Mi concentrai, ma non mi ci volle molto per ricordare.
"All'improvviso è diventato tutto buio. Poi, mi sono ritrovata come in un sogno"
Carlisle annuì. "Capisco. Hai avuto una visione" decretò.
Il potere di Alice. In effetti, era una spiegazione plausibile.
"E che cosa hai visto?" chiese Carlisle.
"Bè, eravamo in una radura, stavamo parlando e poi, tre vampiri sono comparsi dal nulla. Erano due uomini e una donna" risposi.
"Una radura? Che genere di radura?"
"Non so…non ne ho mai viste di così prima. Era grande, molto grande" risposi.
Carlisle annuì. "Forse ho capito"
All'improvviso, un piccolo particolare mi colpì, uno che fino a quel momento mi era sfuggito.
"Io non c'ero" dissi.
"Come?" chiese Carlisle.
"Io non ero lì con voi" spiegai.
Carlisle si fece pensieroso. "Grazie dell'informazione Bella, torna pure a riposarti" disse uscendo.
Mi distesi di nuovo sul divano e chiusi gli occhi.

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Capitolo 16
*** 15. VISITE ***


CAPITOLO QUINDICI: VISITE
Non sentii la porta aprirsi e richiudersi; sentii soltanto la presenza di qualcuno vicino a me.
Una mano mi accarezzò dolcemente la fronte e i capelli. Aprii piano gli occhi per trovarne un paio color topazio intenti a fissarmi.
"Ciao" dissi sorridendo.
"Come stai?" chiese.
"Bene adesso…ho solo un po’ di mal di testa" risposi.
Edward mi baciò lievemente. "Mi hai fatto prendere un bello spavento…" confessò.
"Mi dispiace…non so controllare ancora bene questa cosa del futuro"
Sorrise. "Tranquilla, con un po’ di pratica ci riuscirai benissimo"
Gli feci posto sul divano e lui si distese vicino a me.
Mi accoccolai appoggiata al suo petto e lui mi strinse in un abbraccio caloroso.
"La prossima volta ti starò vicino, andrà meglio" mi sussurrò piano all'orecchia.
Rimanemmo lì abbracciati per un po’, poi decisi di fare una doccia. Avevo un impellente bisogno di rilassarmi.
Mi alzai. "Vado a fare una doccia" annunciai.
Edward annuì. "Va bene, io ti aspetto qui " rispose.
Mi diressi subito in bagno, e aprii l'acqua calda. M'infilai sotto la doccia e mi lavai i capelli con calma e cura. Sentii i muscoli rilassarsi un po’ sotto il getto dell'acqua calda e anche il mio mal di testa andava decisamente meglio.
Solo quando uscii dalla doccia mi accorsi di non aver preso i vestiti. Dalla fretta di entrare sotto l'acqua per rilassarmi, mi ero dimenticata di prendere il cambio.
Sospirai e mi avvolsi nell'asciugamano. Ancora gocciolante, uscii dal bagno e tornai in camera, con il chiaro intento di prendere dei vestiti puliti.
Ancora prima di entrare, sentii una dolce musica provenire dallo stereo nella stanza. La riconobbi come la canzone di Debussy: Claire de Lune.
Era una delle mie canzoni preferite.
Entrai cercando di non fare rumore. Edward era seduto sul divano, con la testa appoggiata all'indietro e gli occhi chiusi. Era bello, bellissimo e soprattutto, era lì che aspettava me. Gli occhi di Edward si aprirono all'improvviso e rivolse il suo sguardo su di me.
Arrossii e abbassai lo sguardo.
"Dimenticato qualcosa?" chiese divertito.
"Già…i vestiti" cincischiai imbarazzata.
Edward sorrise e si alzò. Mi venne vicino e con l'indice mi alzò il viso fino ad incontrare i suoi occhi color caramello.
Arrossii ancora di più, ma non distolsi lo sguardo.
La sua mano si spostò dal mento alla mia guancia, che accarezzò con il pollice; poi mi sfiorò il collo con un gesto leggero, lineare e dolce. Sembrava il tocco delle ali di una farfalla.
Io ormai tremavo. Mi reggevo in piedi a mala pena.
Edward piegò la testa e si abbassò per baciarmi il collo e poi la spalla, mentre le sue braccia si stringevano intorno alla mia vita e mi tirava verso di se.
Mi aggrappai alle sue spalle, incurante dell'asciugamano che cadeva a terra. Non m'importava, tutto quello che volevo era Edward.
Edward. Edward. Edward.
La mia mente ripeteva solo il suo nome, sembrava incapace di comporre un altro pensiero che non fosse quello.
Edward mi prese in braccio e mi distese sul divano di pelle. Solo allora si fermò per contemplare il mio corpo nudo sotto il suo.
Arrossii di botto, per quella consapevolezza improvvisa e tentai di coprirmi.
Edward mi afferrò i polsi e portò le mie braccia sopra la mia testa.
Si chinò fino a raggiungere il mio orecchio. "Non devi vergognarti. Non esiste creatura più bella di te…" sussurrò piano.
Solo allora mi lasciai andare veramente. Solo attraverso il contatto della sua pelle fresca contro la mia mi sentii viva. Ero felice come mai prima e Edward era felice come me.
Lo capivo da come sorrideva, da come mi baciava, sfiorava.
I vestiti sparsi sul pavimento, Debussy come sottofondo, la debole luce della luna che entrava flebile dalle imposte…fu la cornice per quella notte, per noi, per i nostri sospiri, per le nostre emozioni.

Mi svegliai diverse ore dopo. Edward era rimasto lì con me, ancora disteso sul divano e con la testa appoggiata al mio petto.
"Ciao Belladdormentata" mi baciò dolcemente "Dormito bene?" chiese poi.
Annuii, ancora mezza intontita. "Si, bene" biascicai.
Edward afferrò il plaid appoggiato sullo schienale della poltrona e coprì entrambi.
Mi accoccolai contro il suo petto e cercai di fare qualche pensiero coerente.
"Quanto ho dormito?" chiesi.
"Sette ore…e tra un pò dobbiamo andare a scuola" rispose.
Sbadigliai. "Va bene" risposi.
Rimanemmo lì per un po’, a coccolarci.
"Ho fame" dissi all'improvviso.
Edward mi baciò sulla fronte. "Fame di 'colazione per umani' o fame alla 'colazione per vampiri'?" chiese.
"Mm…la prima. Vado di sotto a prepararmi qualcosa" dissi alzandomi e vestendomi.
Edward fece lo stesso. "Ok, vengo di sotto anche io" disse.
Mi prese per mano e mi baciò teneramente prima di scendere le scale.
La casa era immersa in uno strano silenzio.
"Dove sono tutti?" chiesi spaesata.
"Nelle loro stanze" rispose Edward.
Annuii e mi diressi in cucina. Con mia sorpresa, Edward si mise davanti ai fornelli.
"Cosa fai?" chiesi confusa.
"Cucino è ovvio" rispose.
"E per chi?" chiesi ancora.
"Ma per la mia fidanzata è naturale!" rispose sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi sghembi.
Arrossii. "N-non ce né…bisogno, posso…sono in grado di farlo da sola" perché ogni volta che vedevo uno di quei sorrisi non riuscivo a formulare una frase decente?
Edward rise e mi scompigliò i capelli. "Lascia stare, è meglio se ti do una mano perché non credo che tu ce la faccia" sghignazzò.
Gli detti una pacca sulla spalla ma lo lasciai fare.
Ogni tanto mi scappava una risatina. Vedere Edward infilarsi il grembiule e sbattere le uova non è una cosa che verdi tutti i giorni.
"Cosa ridi?" chiese infine lui.
Scoppiai a ridere definitivamente. "Vederti cucinare! Sei davvero buffo!" risposi.
"Mia madre mia ha insegnato a cucinare quando ero piccolo!" disse stizzito "Cosa credi, sono perfettamente in grado di fare dei pankakes" disse.
Sorrisi e gli diedi un pizzicotto sulla guancia. "Eri proprio un bambino tutto fare" osservai.
Lui annuì, fiero di se. "Certo!" confermò.
Quando tutto fu pronto, mi sedetti al bancone e cominciai a mangiare, mentre Edward mi guardava masticare.
"Allora, come sono?" chiese infine.
"Accettabili" risposi.
Fece una smorfia.
Risi e gli accarezzai una guancia. "Sono ottimi Edward, come vuoi che siano! Li hai fatti tu!" dissi.
Lui sorrise e, con un movimento veloce, sparì dalla cucina.

Nelle due settimane successive, non successe niente di nuovo o imprevisto. Andavamo a scuola, tornavamo a casa e vivevamo proprio come una vera famiglia.
Con Edward poi, andava tutto bene. Tutto a gonfie vele. Non ero mai stata più felice.
Una mattina, mi svegliai come sempre, per prepararmi per andare a scuola. Fu anche la mattina in cui notai qualcosa di strano. Nonostante, infatti, mi fossi alzata da un'ora buona, continuavo a sbadigliare e mi si chiudevano gli occhi per la stanchezza.
Cercando di non farci molto caso, mi preparai per andare a scuola. Quando fummo nel parcheggio, ormai quel senso di spossatezza mi aveva abbandonata, così me ne dimenticai per il resto della giornata.
Per tutta la settimana successiva, però, mi sentii stanca, assonnata. Non era normale. Inoltre, mangiavo il doppio di prima e, principalmente, cibo umano.
Emmett mi prendeva in giro e , anche se ridevo, in realtà mi chiedevo cosa mi stesse succedendo.

Un giorno, dopo la scuola, Alice propose di fare una partita di baseball. Sapevo che ai ragazzi piaceva molto, così non mi opposi.
In realtà colsi l'occasione per fare ben altro. Infatti, durante la settimana, mi era preso il forte dubbio che le precauzioni prese da me ed Edward, non avessero fatto il loro dovere. Senza contare che avevo un ritardo spaventoso.
"Tentar non nuoce" mi dissi.
Almeno sarei stata sicura di aver preso una cantonata e ci avrei riso su un giorno.
Non avevo detto niente a nessuno riguardo i miei dubbi. Ero troppo insicura e preoccupata per renderne partecipe qualcuno.
"Edward? Emm…ecco io…prima della partita, dovrei passare in farmacia" dissi titubante.
Il mio ultimo desiderio era quello che si insospettisse.
"Va bene, ci passiamo prima di andare alla partita" rispose.
"Ma no, ci passo da sola. Sai, devo anche andare al supermercato" obiettai.
"Come vuoi" disse con un sospiro.
Lo baciai sulla guancia. "Si tratta solo di pochi minuti. Vi raggiungo alla radura dove faremo la partita" lo rassicurai.
"Va bene" rispose.
Mi baciò e poi uscì con gli altri.
Afferrai la borsa e le chiavi della mia auto e mi diressi in farmacia.
Comprai un test di gravidanza e tornai a casa. Mi chiusi in bagno e rimasi a contemplare la scatola per diversi minuti.
Non sapevo che avrei fatto se fosse stato positivo, ma l'unica cosa che importava, era il sapere la verità. Cosa fare, era una faccenda di cui mi sarei occupata in seguito.
Lessi le istruzioni per filo e per segno. Pochi minuti, in pochi minuti la mia vita e quella di Edward potevano cambiare per sempre.
Eseguii tutte le istruzioni e attesi che la linietta cambiasse colore.
In quel momento, mi tornò in mente la mia visione. E impietrii. Ecco perché non ero con loro quando i tre Vampiri avevano fatto la loro comparsa. Ecco che radura era.
Mentre io cercavo di capire se ero incinta, la mia famiglia incontrava i tre vampiri della visione mia e di Alice.
Deglutii e, con mani tremanti, guardai il risultato del test.
Blu negativo, rosa positivo. Blu negativo, rosa positivo. Blu negativo, rosa positivo…mi ripetevo.
Rosa.

Grazie a tutti per i commenti! Davvero grazie!! Spero vi sia piaciuto questo capitolo! Ci ho messo un po’ a scriverlo perché volevo che fosse perfetto!!! Fatemi sapere se vi è piaciuto!!

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Capitolo 17
*** 16. MAI E PER SEMPRE ***


CAPITOLO SEDICI: MAI E PERSEMPRE
Gettai tutto nel cestino e corsi fuori dal bagno. Ormai sapevo che aspettavo un bambino, adesso quello che contava era arrivare dagli altri prima dei tre vampiri.
Quando arrivai in cima alle scale però, mi fermai. Seduti sul divano del salotto c'erano i tre vampiri della mia visione e anche il resto della famiglia.
"Bella" Edward mi aspettava in fondo alle scale, con un sorriso tirato.
Ebbi un tuffo al cuore. Lui non sapeva che ero incinta, prima o poi avrei dovuto dirglielo.
Come avrei fatto?
Scesi le scale tentando di mantenere l'espressione più naturale possibile.
"Bella, questi sono Laurent, Victoria e James" disse Carlisle.
I tre vampiri mi squadrarono da capo a piedi.
"Molto piacere" disse Laurent, aveva un accento un po’ francese.
"Cosa stavamo dicendo?" intervenne Carlisle.
"Che noi siamo qui per Bella" disse Laurent.
"Per me? Cosa volete?" chiesi sorpresa.
Non li conoscevo nemmeno, cosa potevano volere da me?
"Vorremmo proporti un affare" rispose Victoria.
"Che genere di affare?" intervenne Emmett.
"Noi sappiamo che lei è potente. Molto potente. Forse più potente dei Volturi stessi" spiegò James che in tutto questo, non aveva mai smesso di guardarmi.
"Noi vorremmo entrare a far parte del suo clan. Vorremmo far parte dello stesso gruppo" disse Laurent.
"No" intervenne Edward secco.
"Lascia decidere lei" ribattè James.
"Non esiste. Non ci sarà nessun gruppo" ripetè Edward.
"Abbiamo anche saputo" intervenne Victoria "che è in grado di generare figli"
Istintivamente mi portai una mano sulla pancia, dove il bambino mio e di Edward stava crescendo.
"Vorremmo proporci come padri per uno dei bambini che avrà" disse Laurent.
"In entrambi i casi la risposta è no" ringhiò Edward.
James si alzò di scatto. "Mi hai rotto ragazzino. Penso che sappia benissimo parlare da sola, senza bisogno di te"
"Non c'è neanche bisogno che si sprechi a rispondere. So già quale sarà la sua risposta" ribattè Edward secco.
James prese a ringhiare pericolosamente ed Edward rispose al ringhio con uno altrettanto spaventoso.
"Non credo sia il caso di reagire a questo modo" disse Carlisle ad entrambi.
Ma evidentemente James non voleva sentire ragioni. Si scagliò contro Edward che, prima di pensare a difendersi, mi dette una spinta per mandarmi più lontano.
Si scontrarono con un suono simile a un fulmine. Il rumore assordante rimbombò per la casa, mentre i vetri presero a tremare.
Prima ancora che potesse crearsi un vero e proprio scontro, Emmett e Jasper si scagliarono su James per fermarlo, mentre Carlisle teneva una mano sulla spalla di Edward.
"Devo chiedervi di uscire da casa nostra" disse Carlisle con un tono che non ammetteva repliche.
Era incredibile come sapesse rimanere calmo ma deciso in ogni occasione.
James si scrollò di dosso le mani di Emmett e Jasper.
"Va bene, ma vorremmo chiedere a Bella di pensare alla nostra proposta" disse Laurent.
"Torneremo domani per una risposta" disse Victoria.
James si avvicinò a me e mi prese una ciocca di capelli fra le dita. La annusò e la rimise apposto. Edward, era teso e ringhiava piano.
Si chinò fino al mio orecchio. "Sarai mia, che tu lo voglia o no" mormorò.
Deglutii a fatica e mi strinsi le braccia intorno alla pancia.
Edward dovette notare il mio sguardo impaurito perché mi fu subito accanto e mi strinse in un abbraccio.
Mi sollevò e in un attimo mi portò in camera. Mi distese sul divano e poi si distese vicino a me.
Solo allora mi accorsi che stavo piangendo.
"Maledetti ormoni impazziti" brontola.
"Come hai detto scusa?" chiese Edward sorpreso.
Non sapevo che dire, sicchè cincischiai.
"Bella, cosa c'è che non va?" chiese accarezzandomi una guancia.
Mi morsi il labbro. Era davvero arrivato il momento di dirglielo? Dovevo farlo ora? E se poi mi avesse lasciata? In ogni caso, dentro di me stava crescendo nostro figlio e non potevo tenerlo all'oscuro di una cosa simile.
Meglio prima che poi…mi dissi.
"I-io…emm…E-Edward…io…" mi feci prendere dal panico.
Edward mi prese il viso tra le mani e mi baciò sulla fronte. Il suo odore dolce mi calmò all'istante.
"Calmati amore. Tranquilla, lo sai che con me puoi parlare di tutto. Dimmi che succede" mi rassicurò.
Feci un gran sospiro. "Edward…io…s-so-sono i-incinta" dissi senza fiato.
Edward mi guardò per trenta secondi senza dire niente. Il suo volto era una maschera inespressiva.
"Emm…lo so, è inaspettato…io…non so che dire…mi dispiace"
Vederlo così assorto nei suoi pensieri, senza tralasciare la minima emozione mi faceva paura.
Feci dei gran respironi per scacciare il panico pronto ad invadermi.
Si tirò a sedere sulla poltrona. "Non devi scusarti, eravamo in due quando l'abbiamo fatto" mormorò.
"Si ma…io…" non sapevo che dire.
Mi tirai a sedere e sospirai, asciugandomi le ultime lacrime. "Non deve essere così per forza, lo sai" mormorai.
"Che vuoi dire?" chiese.
"Che ci sono altre soluzioni…se tu non lo vuoi…" risposi.
"Andiamo in ospedale da Carlisle a fare un controllo" disse ignorando quello che avevo detto.
Sospirai. Vederlo così serio e ai limiti della scontrosità non mi piaceva per niente. Non era questo l'Edward che avevo conosciuto e che amavo.
Mi sottoposi al controllo. Carlisle ripetè un test di gravidanza, e ancora una volta, risultò positivo.
"Bè, non ci sono dubbi. Sei proprio in cinta, e di un mese" annunciò sorridendo.
"Mmm…" mormorai.
Edward non disse nulla. La sua espressione non era cambiata di una virgola. Dura, fredda, calcolatrice.
Sospirai e abbassai lo sguardo. Gli stavo rovinando la vita. Era questa la verità. Lo stavo costringendo ad accettare un figlio che probabilmente non aveva mai desiderato.
Il senso di colpa m'invase. Era tutto sbagliato. Lui non voleva quel bambino ed io, con la mia presenza, lo stavo costringendo a tenerlo, ad accettarlo.
Dovevo fare qualcosa.
"Carlisle, ti dispiacerebbe tenere la notizia per noi?" chiesi.
"No, certo che no. Potete stare tranquilli, rimarrà tra noi finchè lo vorrete" rispose.

Durante il viaggio di ritorno, in macchina regnò un silenzio di tomba. Erano ore in realtà, che Edward non mi diceva niente.
Non sapere quello che lo tormentava mi faceva rodere nelle mie supposizioni e mi faceva enormemente male, essere esclusa così dai suoi pensieri.
Appena arrivati a casa mi diressi in camera, presi il borsone da viaggio e cominciai a metterci dentro le mie cose.
Avevo deciso di non imporre la presenza del bambino. Questo implicava anche il mio trasferimento; si perché eravamo una cosa sola. Non accettare il bambino significava non accettare me.
Edward entrò nella stanza poco dopo.
"Che stai facendo?" chiese sorpreso.
"Me ne vado" annunciai con voce decisa.
"Perché?" chiese ancora.
Sospirai. "Perché tu non vuoi il bambino e non sarò certo io a farti cambiare idea" risposi. Ripiegai un paio di pantaloni e li infilai nel borsone.
"Cosa ti fa credere che non lo voglia?" chiese tranquillo.
"Non sono stupida, e non sempre servono le parole per far capire cosa si pensa" risposi. "E tu che hai capito?"
"Che non vuoi essere padre. Che questo bambino non t'interessa. La tua espressione fredda e i tuoi silenzi la dicono lunga" risposi.
"E che faresti adesso?" chiese alzando un sopracciglio.
"Bè, tu non vuoi il bambino quindi, non te lo impongo di certo. Andrò da qualche altra parte" risposi.
All'improvviso, le sue braccia intorno alla mia vita mi tirarono contro il suo petto. Appoggiò il mento sulla mia spalla.
"Non so proprio da dove hai tirato fuori una sciocchezza del genere" mormorò "Voglio dire, è il mio bambino, il nostro!"
"Ma tutti quei silenzi…non dicevi niente…" protestai disorientata.
"Perché dovevo accettare la cosa. Voglio dire…caspita, sarò padre! Non capita tutti i giorni!" rispose.
"No, direi di no…" dissi ancora confusa.
Edward scostò la mia roba dal divano e ci si sedette; poi mi prese per i fianchi e mi fece sedere sulle sue ginocchia.
"Non è facile per me Bella. Dovevo attutire il colpo; insomma, ho centosei anni e in centosei anni non ho mai pensato di poter essere padre. Fin da quando ho saputo che i vampiri non possono avere figli, ho fatto di tutto per mettere da parte la voglia di averne uno" spiegò.
Io ascoltavo, attenta ad ogni parola.
"All'inizio è stato facile, ero giovane, non desideravo davvero avere una famiglia. Poi, con il tempo, ho desiderato poter essere come un qualsiasi essere umano. Mi sono costruito una corazza e chiuso nel mio guscio, mi ripetevo che non avevo bisogno di nessuno, che potevo bastare a me stesso. In realtà, stavo solo scappando"
Gli accarezzai una guancia. Ero felice, finalmente si stava aprendo con me.
"Poi sei arrivata tu, hai sconvolto il mio mondo, tutte le mie certezze. Sei diventata la mia compagna, e ora, mi stai regalando quello che ho agoniato per decenni" concluse.
"Ma se è quello che vuoi, allora come mai sei stato così freddo con me?" chiesi.
"Te l'ho detto, per attutire il colpo. Sapere che sei incinta, sapere che dentro di te sta crescendo il nostro bambino, ha distrutto una delle certezze più fondate e dolorose della mia esistenza" rispose.
"Vuoi dire che eri come in uno stato di shook?" chiesi.
"Si più o meno. Ma ora che l'ho superato sto bene, sono felice" rispose.
"Quindi non devo più andarmene" conclusi sollevata.
"Tesoro, non dirlo neanche per scherzo! Dove vorresti portare mio figlio?" chiese stizzito.
"Bè…pensavo non lo volessi così…" cincischiai.
"Non pensarlo più! E ora, al lavoro! C'è un sacco da fare!" disse.
"Cosa c'è da fare?" chiesi confusa.
"Innanzitutto, dirlo agli altri, poi, comprare un letto per noi e infine, pensare a quale e come sarà la stanza del piccolo o della piccola" decretò.
Annuii e lo abbracciai. "Abbiamo ancora nove mesi amore" gli ricordai.
"Otto" obiettò "Il mio campione ha già un mese!"
Risi. "Già, è grande lui!"
Scoppiammo a ridere e rimanemmo sul divano tutta la notte, a coccolarci e fare progetti per il futuro.
Ci immaginavamo come sarebbe stata la nostra vita, con un bambino ad unirci per sempre.

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Capitolo 18
*** 17. SCONTRO ***


CAPITOLO DICIASSETTE: SCONTRO
"Oh mio Dio, ma dici sul serio?"
"Si"
Alice mi saltò addosso all'improvviso e mi abbracciò fino quasi a stritolarmi. Dopo di chè prese a saltare come una matta.
Jasper, Emmett e Carlisle mi abbracciarono e si congratularono per il bambino. Erano davvero contenti.
Esme poi, se avesse potuto, si sarebbe messa a piangere per la felicità. Aveva sempre desiderato un bambino, ma, ovviamente, non poteva averne. Sapere ora, che sarebbe diventata nonna, la rendeva veramente felice. Per non parlare che era il bambino di Edward, il suo figlio prediletto, quello per cui aveva sempre desiderato il meglio.
Poi, c'era Rose. Rose si era congratulata con me, mi aveva abbracciata e aveva anche abbracciato Edward.
Però nei suoi occhi c'era impressa una tristezza profonda e infinita. Sapevo bene che aveva sempre desiderato un bambino, una famiglia, e non poterla avere le spezzava il cuore. Eppure con me si era dimostrata gentile, come una vera sorella.
Nonostante il nostro rapporto non fosse come quello con Alice, non aveva dimostrato un filo di gelosia.
"Mi permetterai di tenerlo qualche volta?" chiese esitante.
"Ma certo Rose, te lo lascerò spesso" risposi sorridendo.
Bussarono alla porta. Carlisle andò ad aprire.
Edward, vicino a me, prese a ringhiare. Gli strinsi la mano.
Carlisle aprì la porta e James, Victoria e Laurent fecero il loro ingresso.
Appena mi vide, James fece un sorriso perfido ed Edward mi circondò la vita con le braccia, avvicinandomi di più a se.
"Che cosa volete?" chiese Emmett per nulla cordiale.
"Siamo venuti per sapere la risposta di Bella alla nostra proposta" rispose Laurent.
A quel punto mi guardarono.
Deglutii. "Io, non voglio fare parte del vostro clan. La mia risposta è no" dissi.
Appena finii di parlare Edward mi diede una spinta che mi fece andare direttamente tra le braccia di Jasper che mi sorresse.
"Grazie" mormorai, ma la mia voce fu sopraffatta da un rumore simile ad un tuono.
Edward e James si erano scontrati. O meglio, Edward mi aveva scostato appena James si era fiondato su di me.
Adesso stavano lottando, mentre Carlisle, Esme e Rose erano occupate con Victoria.
Alice e Jasper si scontravano con Laurent.
Emmett mi prese per le spalle. "Tu sta qui capito? Non ti muovere, tra poco è tutto finito" disse deciso.
Poi, si fiondò su James per aiutare Edward.
Io feci come mi aveva detto. Rimasi in un angolino, rannicchiata, e osservai la battaglia.
Alice e Jasper se la cavavano con Laurent. Non sembrava impegnarsi veramente nella battaglia.
Victoria invece era più forte, con uno sguardo determinato. Attaccava, ora Esme, ora Rose, ora Carlisle.
Ogni volta il rumore di quegli scontri riempiva la casa.
Ma quello che mi preoccupava di più, era lo scontro di Edward ed Emmett contro James. Sembrava il più feroce di tutti, combatteva con una foga assurda e ogni tanto lanciava sguardi nella mia direzione. Quegli occhi rossi e selvaggi mi facevano rabbrividire.
A un certo punto, vidi Emmett scaraventato verso le scale e James che stava per mordere il braccio di Edward.
Una paura tremenda mi invase e cominciai a piangere e poi a singhiozzare senza controllo.
Mi portai le mani sopra le orecchie e chiusi gli occhi.
Non volevo vedere niente di tutto quello, non volevo andare con loro, avevo paura per me, per il bambino e soprattutto per Edward che cercava di difendermi.
Continuai a singhiozzare e a gemere, mentre sentivo il suono di urla strazianti attutito dalle mani che continuavo a premere sulle orecchie.
Poi, d'improvviso, due mani fredde mi afferrarono i polsi per scostarmi le mani.
In preda al panico, urlai con tutto il fiato che avevo, mentre le mani abbandonavano le mia orecchie.
"Bella, sono io calmati" urlò Edward.
Appena lo riconobbi mi aggrappai a lui, alle sue spalle e piansi tutte le lacrime che avevo.
Distesa sul divano di camera, non mi decidevo a lasciar andare le spalle di Edward. lo tenevo stretto, come se potesse sparire da un momento all'altro. Lui, mi tenne stretta per due ore, mi accarezzava, coccolava e sussurrava parole per calmarmi.
Solo dopo che riuscii a rilassarmi parlai.
"Edward" la mia voce uscì roca. Deglutii e riprovai. "Che cosa è successo? James stava per…" non finii la frase.
Edward annuì. "Si, stava per avere la meglio" rispose.
"E allora? Cosa è successo?" chiesi confusa.
Sospirò. "All'improvviso James si è fermato. Ha preso a gonfiarsi e a riempirsi di bolle…sembrava come malato" rispose.
"Ma come è possibile?"
"Dipende da te…i tuoi poteri sono sfuggiti al tuo controllo" rispose.
"Ma io stavo piangendo! Non mi sono accorta di niente!" protestai.
Annuì. "Eri impaurita e piangevi, eri nel panico…per non parlare dei tuoi ormoni che sono impazziti…queste cose tutte insieme sono state più che sufficienti a farti perdere il controllo" rispose.
"Ma James che fine ha fatto?" chiesi confusa.
Sospirò. "Ecco, ti ho detto che James ha preso a gonfiarsi, bè, all'improvviso è come esploso"
Spalancai gli occhi. "Mio Dio…"
"Non c'è stato neanche bisogno di bruciare i resti, si sono dissolti" disse.
"Ma…e Victoria e Laurent?" chiesi.
Ringhiò piano. "Loro sono scappati appena hanno visto che fine ha fatto James" rispose.
Sospirai e mi strinsi di nuovo a lui. "Mi dispiace…giuro che non me ne sono accorta" dissi.
Mi baciò la fronte. "Tranquilla, va bene così. Era comunque quella la sa fine" mormorò con sguardo serio.
"Non torneranno gli altri vero?" chiesi.
"Non lo so…non credo. Ma se torneranno, noi saremo pronti ad accoglierli" rispose.
Chiusi di nuovo gli occhi. "Ti amo Edward"
Mi strinse in un abbraccio protettivo. "Vi amo anche io…"

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Capitolo 19
*** 18. LA SCELTA ***


CAPITOLO DICIOTTO: LA SCELTA
Il giorno seguente, fummo impegnati nelle riparazioni di finestre e crepe sui muri causate dallo scontro del giorno precedente.
In realtà, non ci volle molto tempo, finimmo prima del previsto. Alice e Rosalie, di conseguenza, cominciarono a parlare di preparativi per la nascita del bambino, o bambina.
"Ti serviranno dei vestiti nuovi, apposta per l'occasione" disse Rosalie.
"Senza contare tutte le cose che serviranno al piccolo!" le fece eco Alice.
"Abbiamo tempo ragazze! Mancano ancora diversi mesi" ricordai.
"Oh, vedrai come passeranno velocemente!" disse Alice.
"Propongo di fare una lista" buttò la Rose.
"Sono d'accordo!" disse Alice. Come poteva essere il contrario?
Esme si sedette vicino a me, salvandomi da quelle due.
"Tutto apposto cara?" chiese gentilmente.
Annuii. "Si, si certo, grazie" risposi.
"A proposito, volevo chiederti: avete pensato a dove volete la stanza del bambino? Perché se la volete vicina a camera vostra, posso farla al posto della stanza degli ospiti" disse.
"Mmm…non ne ho parlato con Edward, però mi sembra una buona idea. Così almeno, è più vicino a noi" risposi.
"Bene, siamo d'accordo. Più in là, sceglieremo il colore e i mobili va bene? C'è ancora tempo…" disse alzandosi.
"Si, va bene mamma" risposi.
Per fortuna almeno lei aveva un po’ di buon senso!
Rimasi per altri dieci minuti ad ascoltare le mie due sorelle parlare di vestiti premaman.
Ringraziai il cielo perciò, quando la porta si aprì.
Mi alzai e andai ad abbracciare Edward. "Salvami ti prego!"
Rise. "Ti hanno fusa fiso a questo punto?" chiese divertito.
"Non hai idea. In dieci minuti hanno deciso quello che di solito si decide al settimo mese!" sbottai.
Rise di nuovo. "Addirittura?" chiese divertito.
Annuii, con il broncio da bambina stampato in faccia.
Mi baciò teneramente. "Va bene, allora ti d o un'alternativa"
"Dimmi!" ordinai.
"Se ti va, possiamo andare a comprare il letto per noi…" propose.
Sorrise. "Ma certo che mi va! Tutto, pur di fuggire da queste due!" dissi correndo a cambiarmi.
Dopo dieci minuti ero pronta. Uscimmo di casa che Rosalie e Alice ancora discutevano…
In macchina, Edward teneva la mia mano con la sua e ogni tanto si voltava a sorridermi. Arrivammo fino a Port Angeles dove dovevamo comperare il nostro letto.
Scendemmo.
"Oh, Esme vuole sapere dove vogliamo la camera del bambino" dissi "Ha proposto quella vicino alla nostra"
Annuì. "Si, quella va bene. E' meglio averlo vicino"
"Lo penso anch'io" dissi.
Entrammo nel negozio, e subito una commessa ci venne incontro. Manco a dirlo, puntò gli occhi su Edward e non mi calcolò neanche.
"Benvenuti, cosa posso fare per lei?" chiese con un sorrisetto a oca giuliva.
Aspetta, lei? LEI? Ma se eravamo in due!!
"Noi, vorremmo un letto matrimoniale" risposi.
Il sorriso della commessa s'increspò fino a spegnersi del tutto.
"Oh…si, certo…Prego, da questa parte"
Ci fece strada fino al secondo piano.
"Bene, date pure un'occhiata. Potete restare quanto volete, tra poco tornerò per sapere quale letto avete scelto" disse. Rimase però a fissare Edward con sguardo sognante.
Alzai un sopracciglio e la guardai male.
Lei, fece un sorriso imbarazzato e se ne andò.
"Gallina" borbottai tra me.
Edward, vicino a me, scoppiò a ridere. "Sei incredibile Bella! Sembrava che la stessi per attaccare da un momento all'altro!" disse.
"Bè, hai visto come ti guardava?" dissi in mia difesa.
Sorrise. "Si, e non m'importa" rispose.
Riuscì a strapparmi un sorriso.
Edward mi baciò sulla fronte, poi mi prese per mano e cominciammo il nostro giro nel negozio.
Visitammo tutto il piano, valutando qualsiasi tipo di letto. Alla fine, ne scegliemmo uno semplicissimo che poteva star bene con i colori e i mobili già presenti nella nostra camera.
Tornammo quindi a casa soddisfatti.
Davanti all'ingresso però, c'era parcheggiata un'auto che conoscevo bene. "I Volturi" dissi senza fiato.
Mi portai le mani sulla pancia, spaventata; e guardai Edward implorandolo con lo sguardo di andare via, di non entrare.
Edward osò una mano sopra le mie. "Bella, calmati. Andrà tutto bene. non lascerò che ti portino via" disse fissandomi negli occhi.
"Ma…Edward, io ho paura" mormorai.
Edward scese e in un attimo fece scendere anche me. Mi abbracciò stretta, facendomi appoggiare la schiena allo sportello della macchina.
"Fidati di me, piccola. Non ti porteranno via" sussurrò al mio orecchio.
"Lo spero tanto" risposi.
Mi prese per mano ed entrammo in casa.
Aro, Caius e Marcus erano seduti sul divano insieme a Carlisle ed Esme. Gli altri non c'erano.
"Siete tornati" ci accolse Esme.
"Si…" rispose Edward per entrambi.
Ci sedemmo sul divano vicino a Carlisle. Edward non lasciò mai la mia mano. Per fortuna, perché ero terrorizzata.
"Come stai Bella?" chiese Aro.
"Emm…b-bene" risposi.
Aro rise. "Calmati Bella! Non abbiamo intenzione di portarti con noi!" disse.
"Ah no?" chiesi confusa.
"No, ma è venuto il momento che tu scelga un compagno per tuo figlio" disse Caius.
"Emm…io…" cincischiai.
"Ha scelto" intervenne Edward "Ha scelto me"
Aro lo fissò con sorpresa per qualche secondo, poi un grande sorriso si aprì sulle sue labbra. "Ma che scelta inaspettata" disse. Poi, si rivolse a me. "Non immaginavo che potessi scegliere un candidato così… senza dubbio una buona scelta, forse anche migliore di quella che avevamo fatto noi" continuò.
"Quindi, va bene…" azzardai.
"Ma certo! Più che bene!" rispose Aro "Adesso, datevi da fare e vedi di dare alla luce un bel pargolo!"
"Aro! L'importante per noi è sapere cosa ne verrà fuori" disse Marcus.
"Volete studiarlo?" chiese Edward.
"Ovviamente" rispose Caius.
"Ma certo che no!" disse Aro "Non ce lo permettereste mai…però, siamo curiosi di vedere cosa ne verrà fuori"
"Per il momento quindi, Bella può restare qui" disse Caius alzandosi.
"E poi? Dovrà venire in Italia?" chiese Esme.
"Non lo sappiamo…decideremo in seguito" rispose Marcus.
"Che dire? Buona fortuna ragazzi!" disse Aro.
Si rivolse poi a Carlisle. "Ho grande fiducia in te amico mio. E sarò felice di rivederti in futuro" disse sorridendo.
Carlisle sorrise di rimando. "Grazie Aro, sarò felice anche io di rivederti"
Li accompagnò alla porta e li salutò.
"Non gli avete detto che io sono già incinta?" chiesi.
Esme scosse la testa. "No, non possiamo perderti così. È meglio se aspettiamo a dire loro la verità"
Annuii. Edward mi prese la mano.
"Andiamo di sopra?" chiese.
"Certo"
In camera nostra, ci distendemmo sul divano. Edward sopra di me, teneva la testa sulla mia pancia.
"Stai aspettando di sentire qualche rumore?" lo presi in giro.
Sorrise. "Certo! E vedrai tra qualche mese, farò delle intere chiacchierate con la tua pancia!" rispose.
Sorrisi e lo bacia, infilandogli poi le mani sotto la maglietta.
"Bella, amore…" disse staccandosi.
"Cosa c'è? Non è che puoi mettermi incinta adesso!" dissi.
Rise. "No, dire di no…"
Mi baciò di nuovo e coprì entrambi con il plaid blu.

Grazie mille a tutti quelli che leggono!!! Grazie davvero! In particolare a:
micetta 3000
kiakkina: alla tua domanda non rispondo perché lo scoprirai al momento opportuno…
aras
Francy*
MiaBlack
Crystal Flower
TomteNadia

Ancora grazie a tutte e vi anticipo che mancano solo tre capitoli alla fine!!!

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Capitolo 20
*** 19. D COME DANA O D COME ANDREW? ***


CAPITOLO DICIANNOVE: D COME DANA O D COME ANDREW?
"Andiamo, l'hai vista no? Guarda che vestito!" disse Rose puntando un dito contro il televisore.
Eravamo seduti sul divano del salotto e stavamo guardando un vecchio film in bianco e nero.
"Rose, tesoro, non criticare quella ragazza, anche tu ti vestivi così qualche decennio fa" la riprese Emmett.
Rose si voltò lentamente a guardarlo. "Come hai detto scusa?" chiese fulminandolo.
Emmett sorrise come per prenderla in giro e Rose lo colpì con un cuscino.
"Bè, però, in effetti Rose, Emmett ha ragione" disse Alice.
"Andiamo ragazzi, non ci prendiamo in giro, questa ragazza non ha niente di bello! A partire dal nome!" sbottò Rose.
"Il nome non direi; Sophie non è brutto" buttai là.
"Quindi Sophie ti piace, eh?" chiese Edward.
"Bè si, però ci sono altri nomi che mi piacciono" risposi.
"Quindi, se sarà femmina, sarà Sophie?" chiese ancora.
"Bè…non so…" cincischiai.
Non avevo pensato che prima o poi avremmo anche dovuto scegliere il nome!
"Ma che Sophie! Kelly è più bello!" disse Emmett.
"Emmett, stà zitto! Non ne capisci niente di nomi!" lo riprese Rose.
"Secondo me, è più bello Olivia" disse Alice.
"Anche Brenda non è male" disse Jasper.
"Che ne dite di Donna? O Susan, oppure Alyson, Lucy, Jane, Elisabeth" Emmett sfornava nomi a tutto spiano "Però, quello che mi piace di più sapete qual è?" chiese.
"Quale?" chiesi.
"Emmett non hai gusto" disse Edward.
"Bè, mi piace tantissimo il nome Dana" fece un sorriso a trentadue denti mentre Rose lo prendeva a cuscinate di nuovo.
Guardai Edward con aria interrogativa.
"Dana è stata la prima donna di Emmett. Non l'ha mai dimenticata del tutto" rispose.
"Sarà meglio invece che la dimentichi presto se vuole continuare a stare con me!" disse Rose.
"E a te? Che nome piace?" chiesi a Edward.
"Mm…bè, Sarah non è male…" rispose.
"Si, non è male…" concordai "Ma potrebbe essere anche un maschio" dissi.
"Giusto" disse Edward "E come lo chiamiamo?" chiese.
Rimanemmo tutti zitti. Nessuno disse niente, neanche Emmett.
"Perché non diciamo i nomi che ci vengono in mente con ogni lettera dell'alfabeto?" propose Alice.
"Va bene" disse Edward.
"Vediamo, lettera A" iniziò Alice "Adam"
"Alan" disse Rose.
"Antony" intervenne Edward.
"Arthur" disse Jasper.
Guardammo Emmett in attesa che dicesse qualcosa.
"Non mi viene in mente" disse.
"Va bene, lettera B" continuò Alice.
"Ben" disse Rose.
"Benjamin" buttò là Jasper.
"Bred" quella di Edward suonava come una domanda.
Ancora una volta Emmett non disse niente.
Stava riflettendo e si vedeva, però non tirava fuori neanche un nome!
"Elvis!" disse Jasper una volta arrivati alla lettera E.
"Non chiamerò mio figlio Elvis!" decretò Edward.
"Sono d'accordo" intervenni.
"Bè, passiamo oltre. Lettera D" disse Alice appuntandosi su un foglio ogni nome.
"Vediamo…D come… Dylan!" disse Rose.
"No, D come Drew" obiettò Jasper.
"Perché non Derek?" disse Alice.
"David" disse Edward.
"O Darren" dissi io.
"Ci sono!!!! Ce l'ho!" disse Emmett all'improvviso.
"Bene, dicci questo nome allora!" disse Alice.
"ANDREW!" esclamò Emmett.
Scoppiammo a ridere. "Eravamo alla D Emmett!"
"Sei rimasto indietro!"
"Sempre il solito!"
"Bè ragazzi, in ogni caso, la scelta spetta a voi" disse Alice.
"Già…" concordai.
"E per fortuna! Sennò chissà come finiva per chiamarsi questo povero bambino!" disse Edward.

Tre di notte. Buio. Letto. Edward.
Queste erano le cose che mi infastidivano. Nonostante fossero le tre di notte, non riuscivo a dormire e me ne stavo distesa sul letto a sbuffare.
Edward, non rendeva le cose più facili.
Si divertiva a farmi il solletico e a darmi piccoli morsetti sul collo.
"Come credi che riuscirò a dormire se continui a darmi noia così?" chiesi infine.
"Eddai! Tanto lo so che non dormi lo stesso!" rispose.
"Uff" sbuffai mentre cominciava a farmi il solletico di nuovo.
"Va bene la smetto" disse appoggiando la guancia sulla mia pancia; cosa che faceva da quando sapeva che ero incinta.
"Bravo" dissi accarezzandogli i capelli "Allora, questo bambino, come lo chiamiamo?" chiesi.
"Non so…però, devo dire che un nome mi è piaciuto" rispose.
"Quello di Emmett" azzardai.
"Si, come fai a saperlo?" chiese.
"Perché è piaciuto anche a me!" risposi.
"Andrew Cullen" disse.
"Suona bene" commentai.
"Andrew. Andrew. Andy come diminutivo" disse.
"Andy…si, mi piace" concordai "Per una volta Emmett ha detto qualcosa di giusto!" dissi.
"Ogni tanto tocca anche a lui dire qualcosa di sensato!" commentò.
Scoppiammo a ridere e continuammo a parlare fino all'alba. Tanto ormai ero sicura che non avrei più chiuso occhio!

Scusate per il ritardo!!! Lo so, è davvero tanto che non posto! Però la storia è finita! Quindi, posterò gli ultimi capitoli velocissimamente!!!!
Grazie infinite a voi che leggete! Grazie dei commenti!! Dana e Biteme, mi fate arrossire!! Da Cambridge e pensate alla mia storia anzi che divertirvi!!!?? XD

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Capitolo 21
*** 20. NOVE ***


premetto solo che questo capitolo, è dalla parte di Edward...

CAPITOLO VENTI: NOVE
Afferrai le chiavi della macchina e uscii.
Che fossero le tre di notte e che fosse la terza volta, poco importava.
'Ho voglia di fragole e panna!' aveva detto.
Cosa avrei dovuto fare? Dirle di andarci da sola? Non è un gesto da gentiluomo…
Perciò, coraggio Edward, il fatto che voglia le fragole che si trovano in un solo posto, e che il posto sia Seattle, non deve scoraggiarti!
Con la macchina sei veloce, in poco tempo ci arrivi.
Si, però che palle!!!!
Ma partiamo dall'inizio, perché così sembra che io sia cattivo con la mia ragazza che è incinta…

Fin da quando Bella mi aveva detto di essere incinta, ero al settimo cielo. Passato lo shock iniziale infatti, non vedevo l'ora di poter tenere tra le braccia il mio bambino, o bambina.
In ogni caso sarei stato felicissimo.
Durante i primi tre mesi, Bella mangiava una quantità di cibo umano come se fossero in trenta dentro di lei!
Poi, cominciarono le nausee.
Non poteva mangiare niente che subito finiva con la testa dentro al water.
Io, da parte mia, potevo solo assisterla e scostarle i capelli durante quello…emm…spettacolo…
Bella, non disse mai che era colpa mia, ma il dubbio che l'abbia pensato ce l'ho. Va bè, in un certo senso ha ragione…
Ma torniamo alle cose importanti.
Quello che mi piaceva di più in tutto questo, era la sua pancia. Da piatta che era, cominciò a gonfiarsi piano, piano. Tanto da diventare sempre più palese il fatto che fosse incinta.
Mi divertivo ad accarezzarla, mordicchiarla e, soprattutto, ad ascoltare.
Si, perché volevo essere il secondo a sentire il primo movimento del mio bambino. Il secondo, perché la prima persona, era inevitabilmente la mia ragazza.
Il quarto mese, Alice e Rosalie portarono Bella a comprare nuovi vestiti perché tutti quelli che aveva non le andavano più bene.
Praticamente tornò a casa con un nuovo guardaroba fatto di magliette e pantaloni che sarebbero andati larghi persino a me!
Esme nel frattempo, dedicava tutta la sua attenzione alla cameretta del bambino.
Avevamo già comperato la culla e i mobili. Esme si divertiva a disegnare sulle pareti della cameretta personaggi delle fiabe come 'whinni the pooh' o 'l'era glaciale'. Insomma, era fiera di diventare nonna.
Carlisle, sottoponeva Bella a costanti controlli. Andava tutto alla perfezione. Il bambino era sano e cresceva bene.
Al quinto mese successe una cosa bellissima. All'improvviso, in casa, si sentì il rumore di un cuore che batteva. Un rumore lento, stabile e flebile.
Presto, capimmo che proveniva da Bella, dal bambino.
Così, il mio hobby preferito, diventò quello di ascoltare quel cuoricino darsi da fare.
Passavo più tempo attaccato alla pancia di Bella che a fare tutto il resto.
Ma non importava, era il mio piccolo miracolo.
Per il primo movimento, dovemmo aspettare fino all'ottavo mese.
Bella stava distesa sul divano con me a guardare la tv.
"Hai!" esclamò.
"Che succede?" chiesi allarmato.
"C-credo che abbia imparato a scalciare" rispose.
Cosa avrei potuto fare se non mettermi subito ad ascoltare?
"Edward sei impossibile" disse Bella alzando gli occhi al cielo.
"Ma insomma, tu lo senti tutto il giorno, io se non appoggio la guancia sulla pancia non lo sento!" risposi facendo il finto offeso.
"Con quanto stai attaccato alla mia pancia, lo senti anche tu tutto il giorno!" rispose facendomi una linguaccia.
Sorrisi, e mi appoggiai di nuovo a lei.
Era più forte di me. Volevo sentirlo sempre.
L'ottavo mese però, fu anche l'inizio della mia sciagura personale.
"Edward? Per favore, mi porteresti un frullato alla fragola?" chiese Bella cortesemente.
Se avessi saputo in cosa mi andavo a cacciare, non avrei risposto: "Ma certo amore, te lo vado a prendere subito"
Questo perché al frullato si aggiunsero una pizza, un hamburger, uno yogurt, una bistecca (rigorosamente al sangue), un frappè, una torta al cioccolato, e poi un ventilatore nuovo, dei cuscini apposta per lei e anche delle tendine nuove per il bagno. A cosa le servissero, non lo so, però diceva che quelle vecchie, non le piacevano e allora, Edward, vai a comprare le tendine!
Non fraintendetemi, per Bella farei qualsiasi cosa, ma non poteva dirmi che voleva tutte queste cose insieme?
No, una volta che le avevo portato il frullato, mi chiese di andare a prendere la pizza, poi portata quella, voleva l'hamburger e così via.
Avrò fatto il pieno di benzina nella macchina almeno tre volte prima di accontentarla del tutto!
Cosa non si fa per le fidanzate incinta!!

Questo, è durato fino ad ora. 23 dicembre.
Nono mese. Meno tre.
Bella in casa distesa sul divano. Tutti intorno a lei e io…io sto andando a comprare fragole e panna a Seattle.
Mi viene da ridere. Sono il padre del bambino e mi preoccupo di fragole anzi che di Bella.
Volevo fare il più veloce possibile. Più si avvicinava la data del parto, più diventavo protettivo nei suoi confronti.
Ok, forse ero già iperprotettivo…
In quaranta minuti arrivai a Seattle, nel piccolo supermercato che mi aveva indicato Bella in persona.
Entrai e afferrai fragole e panna. Velocemente pagai e uscii dal negozio.
Non è normale che quando temi succeda una cosa che non vuoi, quella inevitabilmente accade?
Soprattutto se è una cosa importante, che speri accada mentre sei presente, e non mentre sei lontano…lontano a comprare fragole e panna magari …
Squilla il cellulare. È Alice.
"EDWARD MUOVITI SI SONO ROTTE LE ACQUE!" urla.
Rimango con il cellulare in mano. La testa vuota.
"Non le puoi aggiustare?" ma che diavolo dico?
"EDWARD CULLEN MUOVI IL CULO E VIENI QUI SUBITO!" sento la voce di Bella gridarmi nell'orecchio.
Non credo di essere mai stato più veloce.
Salii in macchina e in un quarto d'ora ero di nuovo a casa. Povera Volvo, credo si sia fuso il motore…
Entrai in casa di corsa. "Dov'è?" chiesi agitato.
"Di sopra, in camera" rispose Esme.
Corsi di sopra ed entrai in camera. Bella era distesa sul letto, dolorante mentre Carlisle cercava di tranquillizzarla.
"E-Edward" mormorò Bella.
Mi avvicinai subito a lei. Inginocchiato per terra le presi la mano e le accarezzai la fronte. "Sono qui amore, andrà tutto bene" le sussurrai.
"Ci siamo Bella. Al mio tre spingi con tutta la forza che hai. Essendo un vampiro dovresti fare più veloce" disse Carlisle.
Le bacia la fronte. "Coraggio amore, finisce presto"
E infatti presto finì. Bella dette un paio di spinte e dopo un urlo rimase sfinita sul letto.
Mentre dalle mani di Carlisle proveniva un suono meraviglioso.
Il più bello che avessi mai sentito. Un vagito che era come musica alle mie orecchie.
Probabilmente se avessi potuto avrei pianto come una fontana.
"Ve lo riporto subito" disse Carlisle sparendo in bagno.
Accarezzai la fronte di Bella e la baciai. "Ce l'hai fatta amore" le mormorai.
Sorrise. "E' stata una faticaccia lo sai?" scherzò.
"Lo so, ma ne è valsa la pena" risposi.
Carlisle tornò poco dopo con in braccio un fagottino bianco. Si avvicinò e posò tra le mie braccia il più bel bambino del mondo.
Lo strinsi a me, vedendolo fragile e perfetto.
Mi strinse un dito con la sua manina minuscola e non lo lasciò più.
Ne ero rimasto incantato. Era valsa la pena attendere nove mesi per un miracolo così. Che dico! Aspettare quasi novant'anni, per avere tra le braccia il più bel regalo che potessero farmi.
"Guarda, ha i capelli come i tuoi" disse Bella.
"E la tua bocca" risposi.
"Ma i tuoi occhi…" disse.
Degli occhi stupendi. Verdi, che riflettevano un meraviglioso oro alla luce.
"Sei stata bravissima amore" le dissi.
"Guarda che l'abbiamo fatto in due!" scherzò.
Sorrisi e le porsi quel fagottino perché lo allattasse.

Visto che stavolta sono stata più veloce!!!! Grazie per continuare a leggere!!!
Ah, so che non si capisce! Ma è un maschio!!!

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Capitolo 22
*** 21. EPILOGO ***


CAPITOLO VENTUNO: EPILOGO
Porsi Andy a Edward e mi richiusi la camicetta.
I due mesi successivi alla nascita di Andrew erano stati impegnativi.
In casa, erano tutti eccitati e strafelici per la presenza del bambino. Esme era al settimo cielo.
Fin da subito poi, fu chiaro che Emmett avrebbe viziato mio figlio come non mai.
Alice poi, era pronta a fare qualsiasi cosa per il suo nipotino. Gli comprava regali tutti i giorni.
Avrei dovuto insegnare ad Andy a non approfittarsi di due zii così buoni!
Spesso lo lasciavamo in loro compagnia. Soprattutto quando io ed Edward desideravamo un po’ di tranquillità.
Cioè, Andy era un bambino tranquillissimo, ma dovendoci occupare di lui, non restava mai molto tempo per noi.
Edward mise Andy nella culla. "Eccoci qui, dormi piccolo" sussurrò baciandolo sulla testolina ormai coperta da ciuffetti di capelli ramati.
Proprio come Edward.
Lo coprì per bene e poi si voltò verso di me.
"Hai parlato con Alice stamattina?" gli chiesi abbracciandolo.
"Si, stasera vorrebbe fare una partita di baseball. Ci stai?" chiese con un sorrisetto di scherno.
"Ovviamente" risposi.
Edward mi baciò lievemente e poi uscimmo dalla stanza di Andy e scendemmo in salotto.
Carlisle era seduto sulla poltrona con in mano un grosso libro pieno di polvere.
"Trovato niente?" chiesi.
"Non ancora…non ci sono stati casi come questo, proprio come immaginavo" rispose. Sospirai.
Si trattava di Andy. Fina da quando era nato, Carlisle gli aveva fatto delle analisi per confermare che tutto andasse bene e aveva scoperto varie cose.
Andy era in completa salute.
Dentro le sue vene, scorreva sangue umano, proprio come nelle mie. Eppure era freddo come Edward.
Non aveva manifestato alcun tipo di capacità, forse perché ancora troppo piccolo.
Crescendo, probabilmente, sarebbe stato in grado di fare cose particolari.
Edward riusciva a leggergli nella mente solo quando provava dei sentimenti precisi. Come fame, paura, o divertimento. Per il resto, era una pagina bianca, come me.
Ma tutto questo era irrilevante. Non era niente, in confronto a quello che ci sconcertava di più.
Non ci eravamo mai chiesti come potesse essere la crescita di Andy.
Se fosse stato un vampiro, sarebbe dovuto rimanere un vampiro per sempre. Se fosse stato umano, sarebbe cresciuto come qualsiasi altro bambino.
Ma Andy non era né l'uno né l'altro. E allora, come poteva crescere?
Lo scoprimmo presto.
Da una delle analisi di Carlisle, venne fuori che le cellule di Andy erano per metà umane, quindi in grado di modificarsi e crescere. Ma erano anche vampire, quindi destinate a non mutare mai.
Questo, generava una cosa strana.
Andy sarebbe cresciuto, con il tempo, sarebbe diventato adulto.
Già, il tempo…che buffo.
Quando hai una vita davanti, sembra molto. Quando stai per morire sembra non sia bastato per fare tutto quello che volevi.
Quando hai un'eternità davanti, prendi le cose con calma.
Nel caso di Andy, il tempo sembrava prendersi gioco di lui.
Andy sarebbe cresciuto, ma con dei tempi più lenti.
Se a due anni un normale bambino cammina, Andy avrebbe ancora avuto bisogno di essere imboccato.
A venti anni, ne avrebbe dimostrati ancora dieci.
Insomma, il tempo sarebbe passato molto più lentamente per lui. Forse anche fino a fermarsi del tutto.
Carlisle cercava informazioni su vecchi libri ma non si trovava niente. Non c'era mai stato un caso come quello.
Il destino di Andy era un appuntamento al buio insomma.
"Non importa…non credo ci siano notizie di alcun genere, in nessun libro…" disse Edward.
"Staremo a vedere che succederà, e staremo vicini a Andrew ovviamente" disse Carlisle.
Annuimmo.
"Allora, dov'è il mio nipote preferito?" chiese Alice.
"Sta dormendo" risposi.
"Bè, fra dieci minuti andiamo via! Quindi preparatelo!" sghignazzò.
"Vado a vestirlo come si deve" dissi.
Povero piccolo, non aveva mai un attimo di pace. Non che gli servisse molto riposo comunque.

Salii sulla Volvo con Andy in braccio. Mi guardava con i suoi occhioni verdi che facevano rimanere incantato chiunque.
Gli sorrisi e lui ricambiò il mio sorriso.
"Andiamo" disse Edward salendo e avviando il motore.
In un attimo fummo alla solita radura dove giocavamo a baseball.
Scendemmo e sistemarono tutto per bene. le mazze, le palline e i guantoni.
Io mi sedetti per terra con Andy in braccio.
La partita cominciò poco dopo. Ogni tanto davo il cambio ad Esme così giocavo anche io e Andy non rimaneva mai solo.
Poi, come la felicità vola via in un attimo fuggente, anche la nostra tranquillità venne interrotta all'improvviso.
Mi alzai, sempre tenendo Andy in braccio e mi voltai verso la fonte del rumore. Proveniva dal margine della foresta vicina a me.
Un forte odore, gustoso direi, mi arrivò alle narici.
Era un umano dunque. Sapevo come comportarmi. Fare finta di niente.
Quello che non mi aspettavo però era la sagoma che comparì dalla foresta.
"…Charlie…"

e questo era l'epilogo…lo so, epilogo un po’ strano…ma non preoccupatevi! Per chi volesse, ci sarà anche un continuo!!!!!

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