Bitter Moon di kannuki (/viewuser.php?uid=1781)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 1 *** 1 ***
[…]
La suprema abilità del malvagio consiste nello svelare il suo
gioco man mano che lo mette in atto, coniugando la spudoratezza al
misfatto. Niente supera il piacere di colui che scopre le sue carte
senza compromettersi. (Lunes de fiel – P. Bruckner)
Doveva
aver ucciso il suo primo uomo.
Il pensiero oltrepassò
la mente di Klaus e i suoi occhi si posarono sulle spalle rigide di
Elena Gilbert. Volute calde si innalzavano dalla tazza di tè
che aveva davanti. Klaus ne indovinava il contenuto senza vederlo.
Il Mystic Grill
era stato riaperto al pubblico dopo l'esplosione della conduttura
di gas. In altre parole, dopo l'intervento del Cacciatore. Era
scomparso dal giorno alla notte e Klaus fremeva per torturare Damon
Salvatore riguardo alla faccenda. Anche se avevano fatto un patto,
Stefan riusciva a tenere a bada il cane rabbioso brevemente e
con scarsi risultati. Lo Squartatore non aveva più la stoffa
di un tempo. Non avrebbe mai conficcato un pugnale nel petto del
fratello, anche se intralciava i suoi piani. Rebekah gli sfiorò
la mente per un attimo e, in quell'istante, Elena chinò il
capo, avvicinando le labbra alla ceramica bollente. Si scostò,
bruciata e disgustata dalla bevanda. Le spinse di fronte a se con un
gesto accorto e tornò ad incrociare le braccia sul tavolo,
lasciando penzolare una mano nel vuoto. L'altra grattava il tessuto
del maglioncino sul torso, poco al di sotto della banda laterale del
reggiseno.
Non
aveva ancora smesso di provarci.
Un refolo fresco
proveniente dall'entrata del locale, gli accarezzò l'orecchio.
Klaus sbirciò il nuovo arrivato. Bionda, arrabbiata, ferita.
Ciao, amore.
Klaus si voltò
completamente per testare la sua reazione. Caroline si bloccò
mentre scivolava via la giacca dalle spalle, la richiuse e infilò
l'uscita con sguardo gelido.
Il vampiro sogghignò
e riprese la posizione precedente. Tutte quelle storie per un bacio
che non aveva neppure cercato. Probabilmente gli dava la colpa anche
del tradimento di Tyler. Klaus sorrise, scuotendo la testa.
Addossargli le colpe era la moda del momento.
“Ho ucciso un
uomo.”
Ma
buongiorno, cara. Prego, siediti e alza un po' la voce. Fa accorrere
la polizia.
Klaus scoccò
un'occhiata disinteressata a Elena Gilbert. Il suo sguardo diceva 'e
allora?' ma la curiosità fremeva, solleticato come un bambino
in un negozio di giocattoli. “Festeggiamo.”
Elena
crollò a sedere al suo tavolo e il vampiro tirò a se il
blocco notes su cui stava scrivendo e il palmare aperto su una pagina
di Google. Non aveva
un'amica con cui parlare?
Elena si torse le mani,
gli occhi pieni di lacrime. “Sto impazzendo...”
Klaus represse una
battuta infelice e sospirò. Un'altra occhiata disinteressata.
Elena era troppo
sconvolta per notarla e togliere il disturbo. Tirò su col naso
e il mento le tremò. “L'ho seppellito nel bosco...”
“Cara, non è
un luogo adatto per simili confessioni” mormorò
protendendosi verso di lei. Ma non aveva un fidanzato che l'aiutasse
a superare il momento critico? Si era sbarazzato della sorella e gli
toccava una Elena Gilbert con le crisi di coscienza in contropartita!
“Stava
minacciando Jeremy ed io... non potevo lasciare...”
Klaus raddrizzò
le spalle e la fissò con aria cattiva. “Alzati.”
Elena
restò immobile per alcuni secondi, poi obbedì, come un
automa. Klaus la prese per il
braccio e la spinse avanti. Se avesse scoperto che quella ragazzetta
era responsabile della morte
del Cacciatore, le avrebbe dato un buon motivo per piangere, per il
resto dell'eternità!
***
La visione del sangue
era sparita ma Elena continuava a domandarsi se la trasformazione in
vampiro la stesse facendo impazzire.
“Siediti.”
Le gambe le cedettero
ed Elena piombò a sedere su qualcosa di soffice.
“Non ti offro da
bere per ovvi motivi.”
Non riusciva a bere
sangue animale, ne dalle sacche. Elena accennò un triste
movimento col capo.
Una lama calda gli
oltrepassò la spina dorsale facendo esplodere la rabbia.
“L'uomo che hai ucciso era di colore?”
Elena annuì e
mantenne lo sguardo nel vuoto. “Sono sporca di sangue?”
Imprecazioni in lingue
sconosciute scivolarono via dalla lingua. Klaus ignorò la sua
domanda e sbuffò come un bisonte, fuori di se. “E come
hai fatto a coglierlo di sorpresa?!”
Elena alzò e
abbassò le spalle, ignara dalla sua rabbia. Mai una volta
aveva alzato lo sguardo dal tappeto o dal tavolino.
Klaus lo colpì
con un calcio e la fece trasalire. La confusione mentale le passò
di colpo, così come la visione del bagno sporco. Arretrò
sul divano ma Klaus l'afferrò lo stesso, tirandola a se.
Quella stupida
ragazzetta... senza alcun valore... il vampiro ansimò e la
scrollò violentemente. “Stefan non ti riconoscerà
quando avrò finito con te!” sibilò e gli occhi di
Elena si spalancarono e fissarono quelli di Klaus.
La crudeltà non
gli faceva difetto e le furie improvvise erano spesso quietate da
pensieri elaborati e malvagi, notevolmente più fruttuosi.
Uccidere qualcuno che non aveva interesse nella vita, non era
divertente. Vederlo sprofondare nell'abiezione e corromperlo fino al
midollo, era una missione a cui non poteva sottrarsi. Cosa temeva
Elena Gilbert? Cosa le toglieva il sonno? “No, non sei sporca
di sangue” sussurrò analizzando ogni centimetro del suo
volto. L'idea si sviluppava feroce e spietata e così
ripidamente da fargli temere di aver rinunciato del tutto
all'umanità. “E' il suo desiderio che ti porta a
vederlo.”
“Sto perdendo la
ragione?”
La ferrea Elena Gilbert
si stava rivelando debole di mente. Malleabile. Corruttibile.
Un solletico quasi erotico gli tolse il fiato. “Forse sì”
sussurrò lasciandola andare “o forse è solo fame.
Hai fame, mia cara?”
“Ho sempre
fame...”
“Posso
invitarti a cena?”
Elena leccò le
labbra socchiuse, ricordando il party di Halloween a cui aveva preso
parte con Damon. Dissetarsi con così tanti sapori diversi, era
come entrare in gelateria e ordinare un cono mille gusti. “Non
voglio uccidere nessuno... mai più...”
Ma sì, ma
sì... era sempre l'ultima sigaretta, l'ultimo bicchiere,
l'ultimo amore. Klaus sogghignò ancora. “Dobbiamo
cominciare a lavorare sul tuo vocabolario, cara. Le frasi fatte
lasciale ai poveri di spirito.”
Frasi fatte? Elena si
raddrizzò nella posizione precedente. Klaus era seduto di
fronte a lei, ora, e la guardava con lungimiranza. “Ucciderai
ancora, perché è la tua natura. Sei un predatore, devi
cacciare per vivere. Gli uomini delle caverne uccidevano per sfamare
se stessi e le proprie famiglie.”
“Non voglio
uccidere nessuno...”
“Posso
impedirti di farlo ma non posso toglierti la sete” mormorò
avvicinandosi. “Fa parte di te.” Oh, Stefan si sarebbe
arrabbiato così
tanto... lui che non amava vederla in 'quel modo' e che aveva stretto
il patto con il diavolo
pur di trovare la cura. La rabbia tornò a scaldargli la
schiena e Klaus dovette distogliere lo sguardo dalla ragazza.
“Non posso...
lasciarmi andare... Jeremy...”
Quel noioso bambinetto
era il motivo per cui resisteva. Klaus soffiò ironico. C'era
sempre qualcosa o qualcuno per cui resistere. Gli esseri umani si
aggrappavano alle sottigliezze per non sprofondare. L'avrebbe ucciso,
pensò con un sorriso incoraggiante nella sua direzione, e poi
sarebbe rimasto a guardare una disperata Elena Gilbert avvolta dalle
fiamme nel sole mattutino.
***
Damon
non le avrebbe mai fatto la menata sul rimorso, il sangue e il numero
imprecisato di vampiri che sarebbero morti in seguito all'uccisione
di Rebekah. Damon le avrebbe dato il paletto di quercia bianca e le
avrebbe detto 'vai, baby. Divertiti'.
Elena si sarebbe
divertita.
Oh
sì!
Si sarebbe divertita di
fronte il suo sguardo smarrito, avrebbe gioito nell'udire il suo
gemito trasognato, avrebbe danzato attorno al falò del suo
corpo antico e sarebbe stata finalmente felice
calpestando le ceneri più e più volte, fino alla
consumazione dei tempi...
“Cosa ti fa
sorridere, mia cara?”
Stava sorridendo?!
Elena tornò rapidamente in se e gli angoli della bocca si
raddrizzarono in una linea rigida. Da quando era cambiata, la
sua debolezza, la compassione, si era accentuata in maniera
spasmodica, bilanciando l'odio che si gonfiava e premeva per uscire.
Elena era spaventata dalla violenza dei propri sentimenti, da se
stessa, dalle reazioni degli amici. Avrebbe dovuto farci l'abitudine,
le aveva detto Klaus. “Dove siamo?”
“Nel primo luogo
di perdizione, a sentire Siri” mormorò indicando
il cellulare.
Una discoteca. Elena
risucchiò il labbro inferiore. “Non posso farlo di
nuovo...”
“Non ti è
piaciuto?”
La vampira impallidì
e guardò l'entrata. “Non è questo il punto.”
“Non devi
ucciderli per forza.”
No, non per forza.
“C'era un ragazzo, alla festa...”
Klaus era di buonumore.
Il suo piano aveva preso forma e la vendetta covava in un nido caldo
e protetto.
“... droga nel
bicchiere...”
Sarebbe stato gentile
con lei. Avrebbe guadagnato la sua fiducia e le avrebbe dato ciò
che Stefan non riusciva a darle: comprensione.
“... l'ho morso
senza pensarci...”
Il problema di Elena
Gilbert era la sua morale ristretta e un pugno di amici sempre pronti
a puntare il dito.
“... e mi sono
sentita felice.”
Klaus batté le
palpebre e la guardò. Gli occhioni della ragazza erano di
nuovo grandi e gonfi di lacrime ma brillavano di un piacere feroce
che lo fece sorridere. “Una paladina della giustizia”
sussurrò ed Elena sospirò. “Sapevo che non
avresti capito” borbottò aprendo la portiera.
Klaus smontò
dopo di lei. Oh, aveva capito benissimo. Elena Gilbert voleva punire
il mondo dalla feccia, per dimenticare che ella stessa era feccia.
Combatté l'impulso di vomitarle in faccia quell'ovvietà.
Le fece cenno di precederlo, Elena traballò sulle gambe e poi
schizzò avanti come se l'avessero spinta.
Perché
resistere? Perché non cedere e assecondare l'istinto del
vampiro?, si domandò procedendo nella calca del locale. Perché
non farla divertire?
La musica era
assordante. Elena si tappò le orecchie e qualcuno le sfiorò
la vita. Abbassò le braccia istintivamente e guardò il
vampiro, allibita. Klaus mantenne lo sguardo nel suo e la strinse.
“Toglietelo della testa, non sei il mio tipo” mormorò
appiccicando la bocca contro il suo orecchio. “Ora ti spiego
quello che dovrai fare. Individuare la vittima è la
parte più stuzzicante. I vampiri sono buoni osservatori
e non hanno che da scegliere, nel branco umano, la più debole
e bisognosa di attenzioni. E' preferibile cacciare in un luogo
affollato, le prime volte, per capire meglio le proprie
inclinazioni.”
Elena osservò
una dea della pista attorniata da biechi individui.
“Inclinazioni?”
“Se ti senti più
a tuo agio a sbranare un potenziale molestatore armato di Rohypnol,
fa pure. Ne trovi tre al balcone centrale” disse indicandoli
con la testa. Elena seguì la direzione del suo sguardo. Non li
distingueva dagli altri ragazzi. “E tu?” sussurrò
di rimando.
Lui cosa? Lui era lì
per osservare, carpire informazioni e guadagnarsi la sua fiducia. “Ho
già mangiato” rispose, ma Elena non udì, presa a
sfarfallare le ciglia sulla prima vittima della serata. La
principessina di Mystic Falls non era dissimile da qualsiasi altro
vampiro. Credono sempre di essere speciali. Diversi. Giurano e
spergiurano sulla prima e ultima volta. E poi cadono tutti,
pensò infilando le mani in tasca e osservandola con
dissimulato interesse. Stefan si sarebbe arrabbiato cooosì
tanto...
***
Le sua bocca era rossa,
polposa. La lingua guizzava sul labbro superiore mentre risistemava i
capelli con un gesto innocente che lo fece sorridere. Gli occhi
brillavano fra le ciglia scure e persino il modo di camminare era
cambiato. Elena scambiò due passi di danza con un estraneo e
puntò nella sua direzione dopo alcuni secondi. Notando lo
sguardo sarcastico di Klaus, il ragazzo rinunciò a seguirla.
Il vampiro si complimentò per il suo buonsenso, posò il
bicchiere vuoto che all'origine aveva contenuto un cocktail di dubbio
gusto e si appoggiò al bancone. Sentiva l'odore di sangue
crescere mentre si avvicinava. Aveva lo sguardo torbido e stava
scandagliando la stanza alla ricerca della prossima vittima. Lo posò
su di lui e con un battito di ciglia tornò in se. “L'ho
soggiogato, domattina non ricorderà nulla” sussurrò
mordendo l'interno della guancia.
Poteva costringerla
a non nutrirsi. Farla morire lentamente sotto gli occhi dei
fratelli... mmh... sarebbe stata una seccatura avere a che fare con
quei due contemporaneamente. Invece, pensò tirandole indietro
i capelli, guadagnare la sua fiducia era tutta un'altra faccenda.
“Ancora?” bisbigliò, tentatore.
Elena rabbrividì
e incatenò lo sguardo al suo. Annuì, senza controllare
consciamente i muscoli del collo.
“Andiamo a
ballare.”
Non voleva ballare,
voleva mangiare! Se l'avesse lasciata andare – perché
la stringeva di nuovo e con tutta la forza che aveva – avrebbe
bevuto da ogni singola, palpitante vena. Elena ansimò e i
battiti di cento cuori le provocarono la pelle d'oca. Si aggrappò
alle braccia di Klaus e conficcò le unghie nei muscoli. Doveva
calmarsi. Non doveva cedere così facilmente!
“Va da lui”
sussurrò il diavolo nel suo orecchio.
Elena seguì
disperata il ragazzo che si inoltrava nel corridoio del bagno. Lo
bloccò con un sussurro invitante, lo azzannò e gli
infilò le dita fra i capelli quando il corpo si fece più
morbido e arrendevole.
“Basta. Basta,
Elena.”
Elena lo lasciò
andare di colpo e un fiotto di sangue le sporcò il mento.
“Ancora...”
Klaus sorrise come
aveva fatto Damon quando aveva sussurrato quell''ancora' alla
festa di Halloween. “Quanti ne hai presi?”
“Quattro...”
“Ingorda”
sghignazzò sistemando il corpo nella toilette degli uomini.
“Pensaci. Hai ancora fame?”
Elena scosse la testa e
il sangue gocciò sulla scollatura. Klaus lo raccolse con il
polpastrello e lo leccò via. “Usciamo di qui.”
“Aspetta...”
Elena aprì il
rubinetto del lavandino per ripulirsi. Le mani le tremavano così
tanto che Klaus la fissò intensamente. Bere la calmava per
alcuni minuti, poi arrivava la disperazione. La ragazza strappò
due o tre fogli di carta dal dispenser, si asciugò le mani e
fissò l'acqua arrossata che scivolava nello scarico. Quando fu
sparita, l'agitazione si placò.
Aveva cancellato la sua
colpa. Se fossero stati in un cimitero, avrebbe seppellito il corpo.
Un vampiro appena nato non vuole prendere atto degli omicidi. Un
vampiro come lui, pensò spingendola fuori del bagno, gode a
vedere la sofferenza provocata. “Concedimi un ballo. Mi piace
la disco music anni 80.”
“Vorrei...
possiamo andare via?”
“Hai fretta di
tornare dal fidanzatino?”
Elena raggelò.
Non avrebbe mai raccontato a Stefan della serata, così come
non aveva accennato della festa con Damon. Scosse la testa e abbassò
lo sguardo sulla sua maglietta. “Nessuna fretta.”
***
Se non ci pensava e
lasciava entrare la musica in testa, era tutto più facile. Se
chiudeva gli occhi, non subiva la tentazione... ma sbatteva contro le
altre persone. Elena si raddrizzò, chiese scusa con un cenno
della mano e si accorse di essere rimasta sola. L'aveva piantata in
asso?! Si sollevò sulle punte dei piedi e sbirciò fra
la folla, trovandolo avvinghiato ad una ragazza. Elena distolse lo
sguardo, poi tornò a fissarli. Se fosse stata più
vicina, più concentrata e meno triste, avrebbe potuto
origliare la loro conversazione. Quando Klaus le fece cenno di
avvicinarsi, Elena ebbe la sgradevole impressione che volesse
condividere la vittima. Era una cosa da vampiri. Mai,
pensò facendo dietro front. Filò al guardaroba e si
accorse di avere il respiro ansante. L'offerta la tentava e non c'era
nessuno pronto a fermarla. Klaus le aveva apparecchiato la tavola e
servito il dolce. Tornò sulla pista trovandolo solo e
pensieroso. Il vampiro non si stupì di vederla di nuovo. Non
sapeva dire no. “Dovresti provare il sangue di una
fanciulla, ha tutta un'altra consistenza e dolcezza” decretò
sollevando le maniche della maglia e puntando le mani sui fianchi per
spostarle subito sui suoi. “Non disprezzare un dono quando ti
viene offerto.”
Elena avanzò
finendogli addosso. “Credevo volessi condividerla...”
“Non è il
mio tipo.”
“E... qual è...
il tuo tipo?” bisbigliò, costretta ad una piroetta che
affrontò rigidamente. Non era preparata a dover ballare con
Klaus.
“Non siamo qui
per me.”
“Non mi stai
aiutando” gli fece notare, appoggiando la spalla all'incavo del
torace.
“Ti sto sfamando.
Sto facendo quello che Stefan e Damon non hanno fatto nelle ultime
settimane e, guarda caso, non è ancora morto nessuno”
sibilò nel suo orecchio. “Bizzarro, no?”
Elena risucchiò
il labbro inferiore e piegò le gambe, seguendolo nel movimento
ondulatorio del bacino. “Gliel'ho impedito... più
volte...”
“Stefan è
l'ancora che ti tiene legata alla precedente vita” la
interruppe mettendo in atto la prima parte del suo piano. “A
lui non piace che tu sia così.”
Elena impallidì
e si ritrasse “non è vero...”
“Stefan non vuole
vederti lappare il sangue e tu non ti nutri per non distruggere
l'immagine pura che ha di te.”
“Non è
vero...”
“Non
fraintendermi, ti ama. Come può non amarti?” Klaus
sorrise con aria di scherno. “Ti ama così tanto che
preferirebbe vederti morire di fame.”
Elena lo guardò
e schizzò via dalla pista.
Qualche istante di
vantaggio, pensò osservando la chioma nera confondersi fra
tante altre. Il tempo di assimilarlo. Klaus strofinò una mano
sulla faccia e si astrasse dalla folla. Cosa poteva fare, per creare
un danno permanente ad Elena Gilbert? Doveva buttare giù un
po' di appunti, pensò avanzando verso l'uscita. Aveva un modo
così grazioso di dire no mentre il suo sguardo diceva
sì...
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Capitolo 2 *** 2 ***
Wow!
La fict è piaciuta subito, mi rendete felice! ^^ Anche io
penso che Stefan sia la persona più sbagliata per aiutare
Elena. Ha bisogno di un uomo di polso (o una donna, Caroline über
alles!) che non faccia troppo il sentimentale sulle faccende
vampiresche. Tutti i personaggi sono IC. Klaus sarà piuttosto
cattivello, niente a che vedere con la versione 'attenuata' in
Bloodline. Elena è sempre la stessa: indecisa, innamorata di
Stefan e attratta dal lato oscuro di Damon. Buona Lettura!
Stefan la amava. Che
fosse umana o vampira, non si doveva mettere in discussione il
sentimento che li univa. Era lei che... Elena prese la testa fra le
mani e strizzò forte gli occhi. Era lei che aveva qualcosa di
sbagliato. Fidarsi di Klaus dopo tutto il male che le aveva
fatto, nascondersi ai propri amici, evitare... evitare Stefan e il
suo sguardo compassionevole...
No, non doveva fissarsi
su quel pensiero!, decise sentendo le guance scaldarsi e le lacrime
scorrere a fiotti. Doveva tornare a casa, fare una doccia e
sperare... sperare che sarebbe passata… col tempo... sperare
che Stefan avrebbe capito... che doveva resistere per Jeremy... non
poteva lasciarlo solo...
Sei
come me.
Una visione che
rinnegava da giorni e si intrufolava nei momenti meno opportuni,
squarciò la spessa tenda di disperazione che la copriva.
Damon...
Non aveva più
fatto l'amore con Stefan per colpa... “ah!!”
“Sta calma e non
urlare.”
Pensava gli sarebbe
venuta un'erezione, vedendola accosciata contro la portiera della
macchina, singhiozzante e persa. Le chiavi dell'auto tintinnarono
nella tasca di Klaus. La rimise in piedi e la fece entrare a forza
nel SUV. Per prima cosa, doveva distruggere la fiducia nei fratelli
Salvatore. Poi insinuarle il dubbio, corroderla internamente ed
infine, ucciderle sotto il naso quello che aveva di più caro
al mondo. Routine, niente di speciale. Aveva provocato guai peggiori
a ben altra gente. “Ti porto a casa. Sei stravolta e hai
bisogno di dormire.”
“Non voglio
dormire...”
Dormire cancellava la
colpa, assopiva la coscienza e rendeva tutto più facile.
“Dormirai, Elena.”
“Se mi
addormento...”
“... rivedi i
loro volti” sospirò stanco della pantomima. Morderla o
spezzarle il collo? Stava per fare testa o croce, quando Elena gli
singhiozzò un 'no' nell'orecchio. Una sensazione di
benessere si diffuse in tutto il corpo. La disperazione di Elena
Gilbert aveva un effetto erotico su di lui. “Cosa vedi quando
chiudi gli occhi?” sussurrò e si complimentò con
se stesso per la cura che aveva messo nella scelta delle parole.
L'inclinazione dolce e il tono erano perfetti. La carezza sul bordo
delle mandibola aggiungeva un tocco di classe alla piccola seduzione
che aveva intrapreso inconsciamente.
Elena lo fissava con i
suoi grandi occhioni scuri, indecisa se confessare o meno la
terribile colpa. Tratteneva il respiro e lo guardava. “Ho la
tua parola...”
“Hai la mia
parola.”
“Sul tuo
onore...”
“Sul mio onore,
Elena” bisbigliò e la carezza si fermò. Che stava
facendo? Quella piccola arpia l'aveva imbambolato per alcuni secondi.
Klaus spostò la mano e le fece cenno di continuare.
“Se mi
addormento, vedo... Damon”
Cristo, potevano
cadergli di più, le braccia?!
“Se sono con
Stefan, vedo Damon...”
Potevano eccome! Klaus
si pentì di aver sprecato una giornata appresso a quella
scemetta.
“Ho paura di
diventare come lui...”
“Sei già
come lui” annunciò seccato. “Stai scopando il
fratello sbagliato, ragazza mia.”
***
“Ciao, Jer...”
Il ragazzo picchiò
un piede sull'altro e si tirò su dal divano. “Stefan ha
chiamato, preoccupato. Ha detto che non rispondevi al cellulare.”
“Non l'ho
sentito. Hai mangiato?”
“Damon è
passato un'ora fa chiedendo di te. Sì, ho mangiato.”
“Ehi, era il mio
turno di lavare i piatti” dichiarò osservando il lavello
immacolato. “Avrò la stessa fortuna col bagno?”
“Dove sei stata
finora?”
Elena richiuse il frigo
e toccò istintivamente il mento. “In giro.”
“Con chi?”
“Sola, dovevo
pensare.”
“Ti ho visto
scendere dalla macchina di Klaus.”
Elena inspirò e
si voltò, tremando. “Ero con Klaus.”
Jeremy allargò
le mani e la sorella notò solo in quel momento le cuffiette.
Negava di nuovo il contatto con la realtà. “Siamo andati
a ballare.”
Il ragazzo la seguì
con lo sguardo mentre gli sfrecciava davanti, rilasciando odore di
fumo di sigarette e... sangue? Jeremy scavalcò il
divano inciampando nelle pantofole. “Spiegami i dettagli della
tua nuova amicizia.”
“Ho un problema e
solo lui può aiutarmi a risolverlo” dichiarò
slacciando la camicetta. “Scusa, vorrei fare una doccia...”
“Klaus procura
problemi, non li risolve. Ti stai affidando alla persona sbagliata!”
esclamò entrando nella sua stanza.
“Lui non punta il
dito e non giudica. Non mi ama, gli è più facile essere
oggettivo.”
“Allora va da
Caroline...”
No,
non dire...
“... o da Damon!”
Maledizione! “Jer,
lasciami in pace! So quel che faccio, non sono una bambina!”
esclamò costringendolo a fare due passi indietro. Oh dio, si
era trasformata? “Scusa...”
“Non sei l'unica
ad avere problemi” bisbigliò spaventato dalla sua
irruenza “ma non me ne vado in giro a spifferarli ai quattro
venti... e non andrei mai da Klaus per ottenere un aiuto...”
mormorò tornando nel corridoio. “Non farti usare da
lui.”
Klaus non aveva più
alcun interesse in lei, pensò insaponandosi sotto la doccia.
Avrebbe potuto usare la sua confessione per ferire Stefan? Le aveva
dato la sua parola d'onore. Elena batté le palpebre e fissò
le maioliche. Quest'ultima affermazione era un po' forte, dato
l'individuo in questione. Stava tramando qualcosa, era stato troppo
comprensivo. Suonava tanto di trappola, pensò chiudendo
l'acqua calda. Una trappola per chi?
Hip
To Be Square - Huey Lewis and The News
Una volta non riusciva
a farlo. Correre e canticchiare era precluso alla sua vita mortale.
Elena allungò il passo e sistemò la cuffietta
nell'orecchio destro. Si sentiva quasi bene. Viva. Sogghignò e
si fermò al semaforo rosso, diretta verso il parco.
“Non così
in fretta, ragazzina.”
Il gelo le attraversò
la colonna vertebrale ed la voce di Damon la costrinse ad abbassare
il volume. Quale uccellino aveva cantato? “Non posso fermarmi!”
“Passi la serata
in brutta compagnia e rifiuti di... oh, che palle!” Damon
sbuffò e le corse dietro. I suoi CK non meritavano quel
trattamento. “Fare affari con Klaus non porta mai a niente di
buono!”
“Non siamo in
affari, siamo solo andati in discoteca!” urlò alzando
gli occhi al cielo. “Avevo fame!”
“Se hai fame
vieni da me, non esci col principe dei demoni!”
“Tu e Stefan
siete implicati a livello emotivo. Lui a malapena mi sopporta”
dichiarò rallentando il passo. Trattenne l'impulso di
controllare le pulsazioni e quasi scoppiò a ridere. “Mi
sto giustificando con te!”
“Esci con chi ti
pare, ma resta lontano da quell'individuo” sibilò il
vampiro. “Vuoi perdere Stefan una seconda volta?”
Elena inciampò
sul nulla. “A lui non piace vedermi così.”
“Chi se ne frega
di quello che vuole mio fratello!” esclamò trafelato
dando voce alle sue paure. “Devi pensare a te stessa e non fare
cazzate.”
“Allora è
vero” mormorò posando le mani sulle ginocchia e
respirando affannosamente. “Non mi accetta per quello che sono
diventata...”
Gli aveva legato la
lingua. Damon la guardò, privo di risposta. “Se ti può
consolare, a me vai bene in entrambi i modi.”
Elena sgranò gli
occhi e lo fissò. Si era svegliata prostrata dal rimorso e
combattuta. Le parole di Klaus e di Jeremy si accavallavano senza
tregua, ma le impedivano di pensare a... “Damon...”
“Il resto della
banda lo pensa allo stesso modo... non che me ne freghi molto di una
maniaca del controllo e di una strega bipolare” borbottò
facendo un passo indietro. “Per l'amor di dio, sta lontana da
Klaus. Quello è nato bacato!”
“Ha in mente
qualcosa. L'impressione è che voglia tirarmi dalla sua parte,
farmi fidare di lui e giocarmi un brutto scherzo.”
Damon batté le
mani tre volte. “Il cervello ti funziona ancora, bene.”
Elena gli mostrò
la lingua e infilò le cuffiette che penzolavano attorno al
collo. “Non dirlo a Stefan e fa tacere Jeremy.”
“E' stato
preventivamente minacciato.”
“Non minacciare
mio fratello” sibilò allontanandosi di corsa, diretta
verso il bosco.
***
Oh, ma che suono
grazioso! Gli ubriaconi che bazzicavano il bosco cominciavano presto,
quel giorno. Klaus rallentò il passo e individuò la
fonte del rumore. L'aveva udito sebbene avesse la musica sparata
nelle orecchie.
Non riusciva a
trattenerlo. Elena vomitò il sangue dell'animale che aveva
appena bevuto e strofinò il dorso delle mani sulla bocca.
Sedette su un tronco tagliato e tirò indietro i capelli
sfuggiti alla fascia. La risistemò e quando percepì la
presenza alle sue spalle, si voltò di scatto. Arrossì e
nascose l'animale dietro di se. “Oh... ciao.... che fai, mi
segui?”
Che razza di domanda!
Era evidente che si trovasse lì per caso. La maglietta
fradicia di sudore e la tenuta da jogging non bastava a scagionarlo?
“Ci provi di nuovo, eh?”
“Non so di cosa
parli” sussurrò e Klaus scosse la testa. “Fa come
ti pare” mormorò e corse via.
Elena gli fissò
la schiena. La nausea la spezzava. “Nik...”
Oh dio! Sopportava
a malapena la sorella quando lo chiamava 'Nik'. Che diavolo era tutta
quella confidenza? Si fermò e tornò indietro. “Ci
penseranno i predatori della notte a mangiarlo...”
“Non mi sento
molto bene...”
Non aveva mai succhiato
il sangue di un animale. Era quasi curioso di provare. Elena lo
guardava dal basso, le mani lorde. Klaus afferrò il polso e ne
respirò l'odore. Titubante, ficcò il suo dito indice in
bocca. Fece una smorfia e sputò da un lato. “Ti
proibisco di bere questa schifezza!” esclamò facendo le
boccacce. “Cristo, solo quell'idiota poteva pensare di nutrirsi
di sangue animale!”
Elena aveva ritirato il
braccio, allibita dal gesto, ed ora era scossa dai brividi che si
accentuarono quando il vampiro le girò un braccio dietro la
schiena e la rimise in piedi. “Che non diventi un'abitudine.
Tuo fratello va a dire in giro della nostra serata senza incidenti”
buttò lì, svagato. “Non lo farei giungere alle
orecchie di Stefan.”
Elena dovette
ricordarsi di fingere di stare male e per un istante fece perno su
una gamba. C'era decisamente del marcio nella sua gentilezza. Che
gliene importava del suo rapporto con Stefan? “Era molto
arrabbiato quando ha saputo che ho bevuto il sangue di Damon”
azzardò trascinando di nuovo i piedi. “E' una specie di
tradimento?”
“Non ce l'hai una
domanda meno stupida?”
“No. Significa
che ogni volta che mi nutrirò, sarà come tradire?”
Gettarla nel burrone
più vicino avrebbe risolto la faccenda. “No.”
“Perchè
l'ha preso a pugni?”
“Stefan è
Stefan. Non tocchi la sua donna e non nutri la sua donna, senza
rimediare un pugno.”
“E' assurdo!”
“Parlane con
lui.”
Lo stava evitando per
non vedere quella luce nei suoi occhi. Elena si rabbuiò
e non fu una finzione. “Non mi piace il modo...”
“... in cui ti
guarda. Se sapesse che sogni di portarti a letto suo fratello...”
Elena impallidì
e lo spinse via. “Non dirlo mai!”
“Non c'è
nessuno. Ci siamo solo noi...”
“Non devi dirlo!”
esclamò con voce roca e un fiotto di lacrime le inondò
le guance. “Non è vero...”
Stava soccombendo ai
sensi di colpa, pensò eccitato dalla sua disperazione. “Non
mentire a te stessa. O a me. Muori dalla voglia, tesoro.”
“Va al
diavolo...” bisbigliò tirando su col naso e facendo un
passo indietro. Aveva di nuovo la nausea... ouch! Elena inciampò
e strofinò il bacino che aveva battuto nella caduta. Klaus la
fissò senza muovere un dito per aiutarla. “Ti bagni solo
a sentire il suo nome.”
Elena impallidì
e la bocca le si seccò completamente. Lo stomaco chiuso e
l'aria bloccata nei polmoni le impedivano di smentire l'affermazione.
Il vampiro sorrise
comprensivo. “Non c'è nulla di male. Sei una donna.”
“E... allora...”
“Sei infedele di
natura” dichiarò porgendole la mano.
Elena l'accettò
dopo un lungo istante di studio. “Non ho mai tradito Stefan.”
“Ma vorresti
farlo. Anche in quest'istante. Anche con me.”
La ragazza gemette
sdegnata e Klaus scoppiò a ridere. “Stavo scherzando.
Non sei il mio tipo.”
“Il tuo tipo è
Caroline” dichiarò con voce sferzante. “Peccato
che lei non puoi averla.”
“E' una proposta,
Elena?”
Co... ma no, non
intendeva... voleva essere sarcastica, ferirlo...
“Ti stai
proponendo a me per svagarti del tuo desiderio?”
Che pezzo... Elena lo
fissò rabbiosa e la mascella si indurì. “Non
metterti strane idee in testa!”
“Non è
un'idea. È quasi una certezza.”
“Crepa nella tua
certezza!” esclamò furibonda dandogli le spalle e
correndo via.
***
Se chiudeva gli occhi
non poteva vederla, quella luce.
“Elena...”
“Sta zitto”
sbottò spingendolo sul letto. Strappò la maglietta del
suo ragazzo e lo baciò, sempre tenendo gli occhi chiusi.
Stefan allargò le mani e la lasciò prendere posizione
ma dopo un attimo la afferrò, gettandola sotto di se. Aveva i
capelli ancora umidi di doccia e la pelle rovente per la lunga corsa.
Tutta quella foga gli mandava il sangue al cervello. Si era tenuto
lontano da lei, dopo il rifiuto di qualche settimana prima e
finalmente era stato ripagato dell'attesa. “Ti amo...”
“Anche io. Anche
io ti amo...” bisbigliò abbandonandosi sotto di lui.
Lui.
Chi era l'uomo con cui
stava facendo l'amore? Elena aprì gli occhi con cautela. I
capelli castani di Stefan la rassicurarono, mentre le baciava lo
stomaco e scendeva verso l'ombelico. La ragazza rise del solletico e
il vampiro sollevò lo sguardo.
Elena impallidì
fra un battito di ciglia e l'altro. Damon?!
'Ti
bagni solo a sentire il suo nome'
Quella vocetta
irritante nel cervello aveva la timbrica di Klaus. Le insinuava il
dubbio anche a distanza! Irritata e tremante, mugolò per farsi
lasciare. Stefan la liberò e quando lo spinse sulla schiena,
si arrese. “Stai bene?”
Elena annuì e
respirò affannosamente. O rinunciava in un senso o nell'altro.
Ma gli piaceva guardarlo. Lo accarezzò vogliosa e socchiuse le
palpebre per meglio assaporare la sensazione.
“Sei certa di
volerlo fare?”
“Ne ho
bisogno...”
'E
di cos'altro hai bisogno, mia cara?'
Elena impallidì
e riaprì gli occhi. Klaus. Klaus nudo sotto di lei. “Oddio...”
bisbigliò spiando i muscoli del torace flettersi quando si
sollevò sui gomiti.
“Elena?”
Stefan la guardò preoccupato, si mise a sedere e la ragazza
arretrò, sull'orlo delle lacrime. “Non toccarmi.”
“Ok...”
'Da
qualche parte dovremo pur cominciare, tesoro'
“No”
bisbigliò scuotendo la testa. “Stefan...”
“Sono qui”
'Non
farlo'
“Che cosa vedi?”
'Non
farlo, non capirà. Non può capire'
Elena ingoiò la
saliva scivolando via dal letto. Raccolse i vestiti e corse nel
bagno, lasciando scorrere l'acqua fredda che gettò sul viso.
Stefan bussò alla porta ed Elena non rispose. Il desiderio
insoddisfatto premeva nel basso ventre e le tagliava le gambe.
“Possiamo
affrontarlo insieme” propose la voce gentile del ragazzo che le
strappò una miriade di singhiozzi colpevoli. Elena posò
la mano sulla maniglia e la lasciò scattare. Il sguardo
preoccupato di Stefan le riempì la vista acuendo il senso di
colpa.
“Qualunque cosa
sia...”
“E' meglio non
vederci... per un po'...” bisbigliò ammutolendolo. “Non
voglio... non sono pronta...”
“Aspettare non mi
crea alcun problema” la rassicurò con voce dolce che le
strappò un altro singhiozzo.
'Non
capirà. Non può capire'
Elena scosse la testa e
lo spinse da un lato. “Io ti amo, ma non posso farlo...”
“Fare cosa?”
“Non posso stare
con te, ora.”
Stefan la guardò
allontanarsi, soffocando l'impulso di seguirla. Si rivestì e
quando udì la porta sbattere, scostò la tendina della
finestra. La vide incrociare Damon, seguì la piroetta
scanzonata del fratello che aveva provato a trattenerla e marciò
verso il soggiorno. Il vampiro stazionava sull'ingresso con aria
dubbiosa. “Avete litigato?”
“Non vuole più
vedermi.”
Damon strinse i pugni e
indurì la mascella. Ma tu guarda che caso! Klaus entrava nella
vita di Elena e suo fratello ne veniva buttato fuori a calci in culo.
“Ne sai
qualcosa?”
Chissà se Klaus
ne sapeva qualcosa. “Lasciala sbollire e tornerà
più innamorata di prima. Forse non è pronta.”
“E tu come fai a
saperlo?”
“Ci sei, McFly?
Le scuse delle donne sono le stesse da generazioni: ho mal di
testa, ho il ciclo, non sono pronta... e le prime due, lei non
può più usarle!” sussurrò spingendo da un
lato. “Ma devo dirtele io, 'ste cose?”
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Capitolo 3 *** 3 ***
Ciao
a tutte! Speravo di aggiornare prima della prossima puntata di TVD,
ma è impossibile (per tempi tecnici) Che faccio, spoilero? Ma
sì che poi sembra che ho 'copiato' :D Klaus scoprirà
che il tatuaggio è apparso addosso a Jeremy, April suonerà
ad una certa porta ed Elena... ehm ehm... *
kannuki fischietta * Vai con le recenZioni: Ila_D:
appena posso, faccio un salto =) Kithiara: il tuo avatar è
sempre in forma!!! ;) Taisha: 'aiutare' è una parola
grossa, diciamo che se la potrà spingere in un burrone lo
farà. =)
“Che cosa stai
facendo?!”
Caroline comparve dal
nulla sottraendogli il blocco notes. La penna nera strisciò
lungo tutta la pagina e Klaus alzò appena un sopracciglio.
La vampira lo fissò
delusa. “La lista della spesa?”
“I piani per
conquistare il mondo sono nella cassaforte” annunciò
allungando la mano. Caroline gli gettò il blocco con un gesto
dispregiativo.
Si recava al Mystic
Grill per la buona musica. Una volta, prima di tutte quelle
interruzioni, riusciva anche a pensare. “Grazie.”
“Un uccellino mi
ha detto che stai infastidendo la mia amica.”
“Siediti o
vattene. Mi innervosiscono le persone che non sanno prendere una
decisione” dichiarò spuntando alcune voci dalla lista.
“Adoro
innervosire la gente.”
Klaus la guardò
dal basso e sospirò. “Che vuoi, Caroline? Pensavo mi
odiassi per aver distrutto il tuo bell'idillio.”
“Non meriti il
mio odio e Tyler si è comportato come un idiota” affermò
piombando a sedere. “Perché gironzoli attorno ad Elena?”
Klaus batté le
palpebre, annoiato.
“E' stata vista
scendere dalla tua macchina.”
“E' per questo
che detesto le piccole città” il vampiro sorrise e
smosse il ghiaccio che galleggiava nel whisky. “Posso offrirti
da bere?”
“No, grazie. Non
mi trattengo.” Caroline sorrise di rimando, accavallando una
gamba. “Fa del male ad Elena e ti prendo a calci in culo per
tutta Mystic Falls.”
“Interessante...
piuttosto impegnativo” mormorò spostando casualmente gli
oggetti sul tavolino. “Potrei essere innocente, per una volta.
Potrei... come si dice? Essere stato abbordato.”
Caroline sghignazzò,
ritenendo la cosa impossibile.
“Diffida delle
persone che ti amano perché sono i tuoi peggior nemici.
Chiacchierare con uno sconosciuto allieta lo spirito. Forse Elena ha
pensato di chiedere aiuto all'unica persona che non la sta
giudicando.”
Chiedere aiuto?
Caroline lo fissò ancora e quando si rialzò, il vampiro
tornò a riaprire il blocco notes. “Ti ha tradita o no?”
“Non ti
riguarda.”
“Con una sventola
del genere, non ci penserei due volte.”
Klaus incassò
l'offesa verbale di Caroline e infilò la penna fra i capelli,
grattando la cute. Dove era rimasto? Buste di plastica nera. Non
se ne ha mai abbastanza, pensò annotandole e girando tre fogli
insieme. Il primo punto della lista era stato affrontato. Il secondo
era spuntato e pronto ad essere depennato. Mh... Elena non avrebbe
mai rinunciato al suo amore, ora che l'aveva riconquistato.
Allontanarla da Stefan era un compito arduo, forse impossibile. Ma di
cosa aveva paura, Elena Gilbert? Di perdere il controllo. La sua
mente vacillava ad ogni omicidio. Poteva spingerla alla pazzia un po'
alla volta. La faccenda si complicava sommando i tre fattori di
disturbo Caroline/Stefan/Damon. Doveva metterli contro di lei.
Avrebbe raddoppiato le attenzioni e in capo ad una settimana, sarebbe
parso evidente che Elena era 'sotto la sua protezione'. Caroline
avrebbe fatto il diavolo a quattro, ne sarebbe scaturita una lite.
Elena si sarebbe rifugiata, nel migliore dei mondi possibili, fra le
braccia di Damon Salvatore. La frattura sarebbe stata irrimediabile,
il senso di colpa le avrebbe tolto il sonno e la ragione. Nella
proiezione più ottimistica, Elena sarebbe arrivata ad
elemosinare i suoi consigli. L'importante era tenerla vicina,
apparire innocente ai suoi occhi. Disponibile. E solo
alla fine, quando ormai non sarebbe stato più divertente, le
avrebbe inferto l'ultimo colpo, quello mortale. Klaus mollò la
penna sul tavolino, stirò le braccia all'indietro e sorrise
piacevolmente. “La vendetta è minuziosa, va nei
particolari, infetta le piaghe” recitò a bassa voce.
“Avresti fatto meglio a lasciarlo in vita, tesoro...”
***
“Sei tornata
prima!”
Jeremy si affrettò
a richiudere il blocco con gli schizzi e infilò la maglietta.
Era complicato disegnare il tatuaggio apparso sulla schiena ma non
c'era altro modo di farlo. Uno specchio angolato e tanta pazienza
erano le sue uniche armi.
“Non mi
trattengo!” urlò Elena dalla stanza attigua aprendo
l'armadio.
Jeremy si umettò
le labbra e si affacciò timidamente. “Esci con Stefan?”
La stampella le cadde
di mano e la sorella lo fissò disorientata. Sedette sul letto
con il vestito avvolto su un braccio e scosse la testa. “Ci
siamo presi una pausa.”
Una pausa? Ma come,
erano appena tornati insieme! “Definitiva?”
Elena bisbigliò
fra i denti e guardò la finestra semichiusa. Fece cenno al
ragazzo di restare in silenzio, sollevò piano piano il
saliscendi e sporse la testa. “Resta in casa e non farlo
entrare per nessun motivo al mondo” gli ordinò parlando
a fior di labbra.
“E' Klaus?”
sussurrò con una brutta smorfia.
Elena annuì e,
passando di fronte allo specchio, si aggiustò i capelli, le
spalline della maglietta e quando si accorse di come la guardava
Jeremy, si vergognò e lasciò perdere. La rottura con
Stefan le aveva tolto il terreno da sotto i piedi, ma – era
quella, la parte brutta – le dava modo di pensare alla sua
nuova vita senza interruzioni esterne. “Ehi...” sussurrò
al finestrino abbassato. “Che ci fai qui?”
“Credo ci sia
stato un grosso malinteso fra noi, Elena” annunciò
aprendo la portiera e affrontandola a viso aperto. “Un enorme
malinteso.”
La ragazza sgranò
gli occhi e fece un passo indietro. “Riguardo...?”
“Sei venuta da me
con un problema. Ho risposto alle tue domande e ho contribuito al tuo
sostentamento senza chiedere nulla in cambio” iniziò
scrutando bene le sue reazioni. “Ti è chiaro?”
Il senso di perdita
dilagò e le fece risucchiare il labbro inferiore.
“Non amo dovermi
giustificare con le tue amiche. Tieni a bada Caroline o dovrò
pensarci io, e il modo scelto non ti piacerà.”
Lui, almeno, non
cambiava mai.
“Spiegale il
problema tecnico.”
Caroline non avrebbe
capito. L'avrebbe solo sgridata. Elena annuì e il magone le
appesantì i lineamenti.
Non era responsabile
del suo malessere e quelle lacrime non erano per lui. “Ho detto
cose peggiori in ben altri toni. Perché stai piangendo?”
Elena scosse la testa e
si allontanò dall'auto. La curiosità gli mordeva i
polpacci. “Che pasticcio hai combinato, Elena? Hai gridato il
suo nome nell'estasi della passione?”
Era pazzo ad alzare la
voce in quel modo?! La ragazza impallidì e gli gettò
un'occhiata disperata, fermandosi sotto la finestra della propria
stanza.
Klaus sollevò le
sopracciglia e sorrise sbarazzino.
“Non sono stata a
letto con Damon!”
“Nessuno ti
metterà alla gogna se lo farai, Elena” bisbigliò
arrivandole sotto il naso e facendola arretrare verso il muro. “Ma
nessuno ti darà una medaglia se non lo farai. Non è
giusto privarti di qualcosa che potrebbe portarti molto piacere.
Intendo l'atto in se, non quel damerino dalla fama immeritata”
sghignazzò muovendo una mano nel vuoto. “Ora smettila di
preoccuparti della morale pubblica e concentrati solo suoi tuoi
desideri. Cosa vuole Elena Gilbert?”
Esisteva domanda
peggiore in quel momento? Il suo malessere si sciolse in una nuova
cascata di lacrime. “L'ho lasciato...”
La novità
risuonò come una campana nuziale. Non credeva di riuscire a
separarla da Stefan, ma la cieca fortuna aveva posato la mano su di
lui. Ora doveva lavorare in senso contrario, dispensare consigli come
un buon amico. “Torna indietro.”
“Non posso...”
“Puoi fare tutto
quello che vuoi, Elena. E' questo, il motivo della tua tristezza? Uno
stupido litigio con fidanzato?” domandò pescando un
fazzoletto dalla tasca. “Togliamoci dalla strada.”
L'allarme scattò
nella testa di Elena. Ora le avrebbe chiesto di invitarlo ad entrare
e... oh. La spingeva verso la macchina dai vetri oscurati. Appena
dentro, Elena trattenne il respiro. Che cosa stava facendo? Doveva
andarsene di lì...
“Piangi quanto ti
pare, io vado a fare un giro” l'avvisò chiudendo la
portiera. La voce le arrivò soffocata.
Elena lo fissò
mentre si allontanava per le stradine del suo quartiere. Stritolò
il fazzoletto fra le dita, accoccolandosi sul sedile. Altre lacrime
le bagnarono le guance e, nel silenzio dell'abitacolo, poteva udire
la propria anima quietarsi nella confusione.
***
Aspettare
era proprio noioso. Ecco perché Damon si lamentava sempre e
Stefan ci pensava bene, prima di accompagnarle nei loro giri di
shopping. Elena dondolò la testa all'indietro e piroettò
fino alla poltroncina esterna ai camerini. Ma di quanti altri vestiti
aveva bisogno?! “Stanno per chiudere!” esclamò
distrutta da tutto quello shopping immotivato e compulsivo. Come
se una donna avesse bisogno di una scusa per comprare... “wow!”
Caroline passò
le mani sui fianchi e lo stomaco, tirandolo indentro. “Mh...
non so. Lo vedo bene su di te... mh...” Conosceva di gusti
della sua migliore amica da anni. L'aveva scelto di proposito, per
invogliarla ad uscire da quei vestiti informi che si ostinava a
mettere da alcune settimane. “Provalo.”
“Il negozio sta
per chiudere.”
“Due minuti!”
“Un'altra
volta, dai...” sussurrò tormentando la stringa delle
Converse.
Non avrebbe mai avuto il coraggio di indossare qualcosa di così
corto e aderente. Caroline aveva una sensualità diversa dalla
sua. Era più marcata e al tempo stesso, ironica. Il top,
insomma.
Caroline accennò
una smorfia di disappunto e tornò nel camerino a cambiarsi.
Elena portò dietro l'orecchio una ciocca di capelli e li legò
con un triste elastico nero che aveva visto tempi migliori. Si
specchiò, sperando nella clemenza divina: non aveva un filo di
trucco e la faccia gonfia testimoniava un pianto prolungato. E una
notte insonne. Appena Caroline tirò la tendina, Elena smise di
arrovellarsi sul comportamento 'disinteressato' di Klaus. Cosa poteva
volere da lei? Il suo sangue non aveva più valore... e Stefan
non era più il suo ragazzo...
Per
qualche strano scherzo del destino, non riusciva a porle la domanda
regina. E anche vedendola immersa in un pensiero doloroso che le
riempiva la fronte di rughe, Caroline non tentò di buttare lì
un 'come
va?'
“La seratina romantica con Stefan?”
Elena uscì dal
negozio. Il crepuscolo squarciava l'orizzonte.
“Che diavolo ti
sta succedendo?”
Non poteva farle 'la
spaventosa domanda' in quel modo aggressivo.
“Si
tratta del maniaco?
Ti ha infastidito?”
Maniaco?
“Mi riferisco a
Klaus. Ti sta gironzolando intorno?”
I
loro incontri erano casuali e non aveva più avuto un contatto
diretto col vampiro dopo lo sfogo di qualche sera prima. “Non
aizzarlo contro di me. Non posso sopportare le sue
minacce dopo le tue
minacce. Fa sconti solo ad una di noi, e quella non sono io.”
“Volevo solo
rendere esplicito il pericolo che corre a fare lo stronzo con la mia
migliore amica!”
“Non mi stia
aiutando, Caroline!”
C'erano tanti
rimproveri dietro quella frase urlata. “Ci sono passata, so
cosa si prova. Ti senti confusa, non sai con chi parlare, cosa
dire...”
“Non sono forte
come te. Non sono... non riesco...” Elena batté le
palpebre e ricacciò indietro le lacrime, prendendo la via
opposta. “Ti chiamo io...”
Caroline sospirò
e spostò le mani sui fianchi. D'accordo, aveva preso una
cantonata riguardo a Klaus e avrebbe dovuto chiederle scusa, però
c'era sempre quella vocina che le diceva di stare all'erta, riguardo
il vampiro. Klaus non faceva mai niente per niente ed Elena era così
fragile che rischiava di finire invischiata nella trappola del ragno
senza accorgersene. Caroline dondolò sulle gambe con le buste
dello shopping aggrovigliate fra le dita. L'aveva lasciata a piedi,
sarebbe stata una lunga passeggiata fino a casa... “oddio...”
“Sempre felice di
vedermi. Hai svaligiato il negozio, cara?”
Guardalo, il ritratto
dell'innocenza!, pensò, analizzando il giornale sottobraccio e
un sacchetto aperto nell'altra mano. Odore di dolci! “Uh,
dammene una!”
“A-ah!”
Klaus ritirò il sacchetto e indicò le sue buste. “Hai
preso un vestito per venire a cena con me?”
Caroline ghignò
ancora e gli rubò una ciambellina al volo. “Ci provi
sempre.”
“Ho tutto il
tempo che voglio per farti cambiare idea” dichiarò
appallottolando il sacchetto ormai vuoto.
La ragazza sospirò
e alzò gli occhi al cielo, piroettando su se stessa con un
seducente movimento del bacino. “Perché non ti trovi
qualcosa da fare?”
Civetta, ghignò
osservandola allontanarsi. Era una battaglia persa con lei, ma era
ancora divertente. C'erano cose per cui neanche lui se la prendeva. E
altre, invece, che non smettevano di pungolarlo. Klaus si fermò
al confine del parco e inquadrò una figuretta solitaria.
L'interesse che provava per una, doveva essere bilanciato dal
disprezzo per l'altra. Come Katherine, anche Elena era 'segnata'.
Scopriva di provare un piacere perverso nel saperle disperate, senza
scampo. Completamente alla sua mercé.
***
Al tramonto, le
altalene disegnavano un quadro solitario nel parco vuoto. Elena
dondolò finché i piedi non toccarono più terra e
quando il vento le accarezzò il viso, chiuse gli occhi e tirò
indietro la testa, aggrappandosi alle catene d'acciaio. Da piccola
dondolava per ore, finché la nausea non le faceva girare la
testa. Elena frenò bruscamente alzando la polvere che si
depositò sulle Converse chiare.
Klaus si accomodò
sull'altalena vuota e la studiò. Aveva ancora la guardia
troppo alta. “Nostro padre aveva fabbricato un'altalena per
Rebekah e ogni volta che le corde si spezzavano, correva da Elijah
per farla riparare. Mi tormentava perché la spingessi, quella
rompicoglioni.”
“Si fidava di
te.”
“Forse”
borbottò abbandonando la piccola seduta. “Il tuo
problema?”
Elena tornò a
dondolare, tirando su le gambe. Fissò l'incavo del terreno e
l'erba che cresceva ai lati e alzò le spalle.
Le donne parlano anche
quando non hanno niente da dire. Perché quella stava sempre
zitta? “Chiudi gli occhi e sogni ancora di giacere con lui?”
Elena lo guardò
attonita e subito arrossì. “Sei bravo a mettere a
disagio la gente...”
“Sono un
provocatore nato.”
“Perché
finiamo sempre a parlare di queste cose?”
Elena frenò con
la punta dei piedi quando il vampiro si pose di fronte a lei e
afferrò le catene d'acciaio poco sopra le sue mani. Klaus si
chinò alla sua altezza ed Elena smise di respirare.
“Quali cose,
Elena? Il sesso? L'amore?”
“Mh...”
“Forse perché
ne sentiamo la mancanza” sussurrò sollevandole il mento.
“Se è quello giusto, non rimandare oltre. Ad una ragazza
come te, basta un bacio per capirlo.”
Era un complimento o un
insulto?
“Ma ho la
sensazione che sia molto difficile portarti via un bacio...”
continuò sfiorandole col pollice il labbro inferiore.
Ogni uomo desidera
oscuramente che un altro uomo lo liberi dalla preoccupazione di
desiderare e gli indichi, una volta per tutte, l’oggetto
desiderabile. Avrebbe fatto in modo che Elena Gilbert cadesse nella
trappola di un piacere impossibile, che desiderasse,
consumando se stessa e il proprio desiderio in un rogo di incertezze.
Un sorriso spettrale gli aleggiò sul viso ma Elena non lo
vide.
“Smettila di
giocare con me...” bisbigliò tirando indietro la testa.
“Non ti fatto niente...”
“Ti sto solo
dando un consiglio, cara.”
“Non chiamarmi
'cara'. Non chiamarmi 'amore', 'tesoro'... io...” Elena si
impappinò e gemette frustrata. “Mi sento... persa...”
E lui aveva
un'erezione.
“Non so più
distinguere il bene dal male...”
Ferrea.
“Non so più
di chi fidarmi...”
Allora se la cercava.
“Non sopporto più
il senso di colpa...”
“Il rimorso è
un'amicizia scomoda e indissolubile. Puoi rinunciare alla tua umanità
e smettere di sentire.”
“Non voglio
smettere di sentire! Vorrebbe dire...”
“... essere un
vampiro a tutti gli effetti” concluse a bassa voce. “Scommetto
che Damon ti accetta così come sei.”
E lui come faceva a
saperlo? Elena rabbrividì. “Cerchi sempre di
manipolarmi.”
Il piano aveva subito
un brutto arresto, un arresto non previsto. Il copione doveva essere
riscritto e quella lunga pausa suggerì ad Elena la sua
estraneità ai fatti, scatenando una nuova crisi di coscienza.
“Scusami... ti sto coinvolgendo nei miei problemi...”
E lo stava aiutando
a temporeggiare. Poteva essere più fortunato?
“Giura che non
userai questa confessione contro di me...”
Era come chiedere al
diavolo di smetterla di tentarti. “Hai la mia parola.”
“La tua
applicazione riesca a trovare un altro luogo di perdizione
nelle nostre immediate vicinanze?”
“Hai fame?”
“Sto morendo
di fame...”
Klaus si rialzò
e le porse elegantemente la mano. Elena non l'accettò e infilò
nella tasca della felpa le sue. “Devo passare a casa, prima...”
“Abbiamo tutto il
tempo, Elena” mormorò con una lunga occhiata ai vestiti
informi. “Fa con calma.”
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Capitolo 4 *** 4 ***
Era uno scherzo stupido
che non riusciva a capire? Perché sua sorella usciva con
Caroline e tornava a casa accompagnata dal principe del male?!
“Non farlo
entrare” sussurrò Elena doppiandolo.
Klaus grattò la
mandibola e occhieggiò il ragazzino fermo sulla porta di casa.
“Obbedisci sempre agli ordini di tua sorella?”
“Quasi sempre”
mormorò facendo un passo indietro.
Un giorno, Jeremy
Gilbert avrebbe ingrassato i vermi della terra. Doveva solo
pazientare. Klaus gli scoccò un'altra occhiata e guardò
il dondolo sotto il portico. Vi sedette, preparandosi ad una lunga
attesa.
Jeremy chiuse la porta
e saltò al piano superiore. Aveva mezz'ora di ritardo e Matt
lo aveva già chiamato due volte, ma non poteva andarsene,
lasciando sua sorella con quell'essere.
“Cosa ci fa di
nuovo qui?!”
Sguardo colpevole.
Elena lo sbatté fuori dalla stanza e Jeremy barcollò
nel corridoio “ora mi costringi a chiamare Damon”
dichiarò con voce ferma. “Ho già il telefono in
mano!”
Nessuna risposta.
Jeremy sbuffò all'ennesimo sms di Matt ed Elena ne approfittò
per schizzare via.
“Andiamo?!”
Ci aveva messo poco,
oppure era entrato in trance e non si era accorto del tempo che
passava. Bel vestitino. Corto. “Esci così?”
chiese e la stessa domanda risuonò alle spalle di Elena con
maggiore enfasi. La ragazza li guardò a turno, scioccata. Non
se l'aspettava nel fratello e meno che mai... “Oh, ma dai...”
mormorò indossando la giacchetta di pelle. “In discoteca
si muore di caldo.”
Non poteva che essere
d'accordo. Le gambe di Elena brillavano nel buio. Bello stacco.
Klaus si schiarì la voce e scrollò il capo.
“Non costringermi
a fare quella telefonata! Elena!”
Jeremy si arrestò
sulla porta ed Elena camminò a testa alta lungo il vialetto
senza mai voltarsi. Il ragazzo fissò il vampiro con odio e
timore. “Non farle del male. Per favore.”
“Ti stai
confondendo con i Salvatore” mormorò scendendo un
gradino lentamente. “Io non l'avrei mai costretta a bere sangue
animale.”
“Non... non va
bene?”
Aveva comprensione per
le creature stupide. Klaus lo guardò, pensando che la sua
breve vita si sarebbe spenta da lì a poco e sorrise, paziente.
“No. Non va bene, ragazzo.”
500
miles (I gonna be) - The Proclaimers
“Non indossare i
tuoi vestiti migliori, le prime volte.”
Elena guardò
immusonita le gocce di sangue che macchiavano l'orlo del vestito e
ringraziò il colore scuro del tessuto e le luci incerte del
locale che ne mascheravano la presenza. “Dovrei imparare ad
ascoltare Damon...”
Si era completamente
scordato di lui, tutto preso ad ammirarla divorare malcapitati. E a
guardarle le gambe. “Vogliamo spostarci in un luogo più
tranquillo?”
Elena alzò gli
occhi dalla macchietta. La musica la svagava e la tranquillizzava fra
un morso e l'altro. L'importante era non uccidere nessuno. “Mi
piace troppo, questa canzone. Andiamo a ballare!”
Elena saltellò
verso la parte centrale del locale e si esibì in una serie di
piroette che Klaus osservò grattando un orecchio. Ma sì,
non c'era nulla di male a concederle quello svago. Cantava, ballava,
rideva e nessuno avrebbe mai accusato un angelo simile degli orrendi
misfatti di alcuni minuti prima. Le persone nel locale erano
aumentate e continuavo a spingerli uno addosso all'altra. Elena
spostò i capelli dal collo. Aveva dieci centimetri quadri di
stoffa addosso e stava sudando in modo impossibile! E quello
chi era? Lo sconosciuto la stringeva alla vita e tutto quel contatto
fisico la disturbava. Lo allontanò, puntando le mani contro le
sue braccia e un nuovo spintone la catapultò contro un
gruppetto di ragazze. Quando Elena riacquistò l'equilibrio e
si guardò attorno, di Klaus non c'era traccia. Beh, era giusto
che facessero un po' per uno, pensò sentendosi 'di troppo' in
un luogo super affollato. Lo individuò dopo molti minuti,
appollaiato sul collo di una biondina che le ricordava molto
Caroline. Elena sospirò, sollevata. Per un attimo, aveva avuto
l'impressione che la stesse circuendo. Voleva qualcosa da lei,
non... lei. Klaus la vide da lontano e le strizzò l'occhio.
Cos'erano diventati, complici di bevute? Ma che sfacciato, la mordeva
di fronte a tut...
Elena restò
imbambolata a guardarlo. Studiò come si muovevano le labbra
sul collo, spiò la punta della lingua che lappò via le
ultime gocce di sangue, e una scarica di eccitazione la riattivò
interamente, le tolse il respiro e le fece tremare le gambe.
“Ti ho preparato
una sorpresa.”
Era il sussurro nel suo
orecchio o la sorpresa, a farla rabbrividire? Ma quando
l'aveva raggiunta e dov'era finita, la bionda? Elena lo sbirciò,
ansiosa.
“Cacciare è
divertente, ma godersi la preda è la parte migliore. Non devi
preoccuparti di sbarazzarti del corpo e puoi goderti il momento senza
fretta.”
Senza fretta.
Elena tremò e fissò il vuoto. “Non voglio
uccidere nessuno.”
“Non accadrà”
bisbigliò prendendola per il polso. “Questa ressa mi sta
stancando.”
“Dove andiamo?”
“A casa mia.”
Eh?! Elena
sgranò gli occhi e si arrestò.
“E' più
semplice organizzare un banchetto in un'abitazione privata. Stefan,
pardon... Damon non te l'ha detto?”
Quel lapsus era voluto?
Le aveva stracciato il cuore solo a sentire i due nomi insieme.
“Sì...”
“E ti ha
suggerito di non farne parola con Stefan...” insistette
sbirciandola con la coda dell'occhio.
Elena annuì di
nuovo, infilò la giacchetta e uscì nel parcheggio. La
sensazione di proibito le piombò addosso, fermandone i
passi. Klaus la tirò a se. Era il ritratto della serietà
e sembrava anche un po' arrabbiato. “Come può pensare di
aiutarti, se ti nasconde anche le nozioni più basilari?”
mormorò con voce dura. “Ti sei affidata ad uno sciocco.
Ti mostrerò la vera essenza del vampiro e prenderai la tua
decisione.”
“C-che
decisione?”
Era priva di guardia e
scoperta fino all'ultimo nervo. L'eccitazione gli montò
addosso e gli tolse il respiro. “Entra in macchina.”
***
“Basta, Elena”
sussurrò senza muovere un dito per fermarla. “Lasciagli
qualche goccia di sangue in corpo.”
Il cuore si stava
fermando. Rallentava. Era sempre più... ecco. Aveva ucciso il
suo quarto uomo. Imbrattata di sangue, Elena Gilbert era un bello
spettacolo. Soprattutto mentre si leccava le dita e raccoglieva il
sangue colato sul mento. “Hai bisogno di darti una ripulita,
tesoro” mormorò notando il vestito lordo. Un altro
tappeto difficile da smacchiare.
Elena lo sfilò
dalla testa restando solo in mutandine e reggiseno. Il brandy gli
andò di traverso. Klaus dondolò il bicchiere e si
sedette sul divano, alle sue spalle.
La ragazza si voltò
e la cortina di capelli scivolò via dalla schiena, mostrando
il seno sorretto da un balconcino di raso nero che lo distrasse dalla
lezione che aveva preparato. “Potrebbe capitare un periodo di
magra, non devi sprecare tutto quel sangue...” rantolò
scendendo con lo sguardo fino all'ombelico. “Hai capito?”
“Ancora...”
Klaus si appiattì
fra i cuscini mentre Elena gattonava verso di lui e lo 'puntava'. La
fissò, dimenticando di battere le palpebre e di deglutire
l'ultimo sorso di brandy. “Hai perso il controllo e hai ucciso
tre uomini. Hai ancora fame?” mormorò aspettando la
reazione. Doveva solo aspettare che lo assimilasse... ecco. Il suo
sguardo era cambiato. La torbidezza dell'eccitazione lasciò il
posto all'orrore e al disgusto.
“Ho...”
“... ucciso tre
uomini” concluse con un sorriso sornione, posando il bicchiere
e scivolando fino a lei. Sedette sul tappeto e la circondò con
le gambe. “Ti ho avvertito, ho sentito il battito del cuore che
rallentava, ho provato a fermarti ma tu mi hai detto di andare al
diavolo” mentì voltandole la testa verso i tre corpi
dissanguati. “Guarda come hai ridotto il tuo bel vestito. Cosa
dirà Jeremy, quando ti vedrà tornare a casa?”
Tremava sempre di più, doveva rincarare la dose. “Cosa
dirà Stefan quando saprà...”
“Non deve
saperlo...” bisbigliò fra i denti, piangendo lacrime
come una fontana getta acqua. “Io non volevo...”
“L'hai sentito?”
L'ultimo sorso, il più
inebriante.
“Ti è
piaciuto, vero?” bisbigliò stringendo le braccia attorno
alle sue spalle.
Le sembrava di aver
raggiunto il paradiso, tanta era la felicità provata in quel
momento.
Klaus infilò le
mani fra i suoi capelli e l'accarezzò. “Ho sempre
pensato che fosse il motivo per cui uccidiamo” bisbigliò
leccando uno sbuffo di sangue sul collo. E poi un altro, sotto
l'orecchio destro e quel punto del mento che aveva dimenticato... e
la goccia sulla fossetta che si intravedeva quando sorrideva...
Elena gemette e
l'eccitazione che non era riuscita a sfogare, la spezzò in
due. Incassò la testa nelle spalle ma Klaus le afferrò
i capelli sotto la nuca e la voltò verso di se. Elena lo
teneva lontano facendo perno con il braccio. Brava, ragazza,
pensò mentre la pressione contro il torace diminuiva.
Ansimava, le labbra aperte e disponibili. Vogliose. Un
giglio non ha odore, così Elena Gilbert non aveva mai avuto
alcuna attrattiva per lui. Ora emanava un profumo intenso,
inebriante, stordente. La pelle era morbida, liscia e l'incavo della
schiena si modellava sotto le sue mani. Tenere le distanze dalle
vittime. Mai immischiarsi, pensò tirandole i capelli e
facendola gemere. Non avrebbe sporcato il suo corpo con gli
umori di Elena Gilbert. Nel suo piano, non c'era mai stato un punto
che comprendesse la seduzione fisica, ma doveva decidere in fretta se
proseguire nel diversivo e rielaborare la sua vendetta o... non
esisteva 'o'. La sua mente non avrebbe retto gli omicidi e l'amplesso
con un uomo che detestava.
“Mi fai male...”
La mente di Klaus
brillò come una bomba e restò immobile per una manciata
scarsa di secondi. Il suo movimento fu talmente veloce che Elena capì
a malapena quel che stava succedendo. La bocca era morbida,
caldissima e la lingua si muoveva come un serpente impazzito attorno
alla sua. Lo abbracciò e si lasciò abbracciare. Le
gambe si incastrarono nella posizione più comoda e i due corpi
si avvicinarono.
Non aveva mai sentito
un abbandono simile, era pari solo all'arrendevolezza di una vittima
in punto di morte. Era l'ebbrezza del sangue che la illanguidiva in
quel modo?
Elena sollevò le
braccia e le avvolse attorno al collo, scivolando le gambe ai lati
del suo corpo. Stefan conosceva i suoi punti deboli, sapeva innescare
l'autodistruzione... ma lui... non era Stefan...
Klaus fissò il
punto di giunzione dei loro corpi e il piacere lo attraversò
come una scarica elettrica. Le labbra di Elena lavoravano
minuziosamente sul collo, presto l'avrebbe morso e allora... allora
avrebbe dovuto... punirla... “sta lontana da me...”
rantolò chiudendo gli occhi. Un calore intenso lo avvolse e lo
trascinò fino in fondo. Lei aveva aperto la strada e lui
l'aveva attraversata... maledetta donna! L'avrebbe fatta
soffrire, avrebbe pianto tutte le sue lacrime... Klaus gemette e il
corpo si raffreddò per un attimo, prima di esplodere in una
bomba di calore liquido che gli spezzò il respiro. Elena lo
morse ferocemente, il dolore lo stordì e la fiammata di
ritorno di piacere gli increspò la pelle.
***
“Rispiegamelo da
capo.” Damon strofinò un dito sotto il labbro e lo passò
sul naso. “Tua sorella ti prepara la colazione e tu piombi
qui...”
“Non focalizzarti
sulla colazione! Ha un comportamento diverso dal solito!”
Il vampiro sbuffò
annoiato e lo ignorò. “Che ha di tanto diverso?”
“Sorride.”
“Sorride.”
“Stamattina ha
acceso la radio... non lo fa più dalla morte dei nostri
genitori! Mi ha preparato la colazione ed è andata a correre.”
“Non fartene una
malattia, sta superando la transizione.”
Jeremy cambiò
gamba d'appoggio e passò la cartellina con i disegni sotto
l'altro braccio, passandogli il sacco che aveva in mano. “L'aveva
nascosto nei bidoni della spazzatura, ma l'ho trovato lo stesso.”
“Ti metti a
frugare nell'immondizia, ora?”
“Avresti fatto lo
stesso.”
Damon tirò fuori
il vestito. C'era più sangue che tessuto e non si distingueva
il colore originario. Un paio di scarpe, un tacco spezzato di netto.
Il vampiro abbassò lo braccia e lo fissò. “E'
normale sporcarsi un po', il tacco può essersi rotto in un
tombino.”
“E' uscita di
nuovo con Klaus.”
Ah. L'aveva portata a
divertirsi, pensò gettando il sacchetto in un angolo. Damon
non si sentì in dovere di inventare scuse, ne di metterlo alla
gogna. “Bene.”
Jeremy strabuzzò
gli occhi e quando provò a parlare, balbettò.
“B-bene?!”
“Un vampiro
appena nato ha bisogno di nutrirsi di sangue umano. Deve bere
direttamente dalla vittima. C'è poco da fare, funziona così.”
“Le avete fatto
bere sangue di animale. Per quello stava male...”
“Stefan è
un idiota” dichiarò incrociando le braccia e
passeggiando in direzione del camino spento. Il principe delle
tenebre che si occupava disinteressatamente di qualcuno doveva ancora
vederlo. “Klaus è più bravo di me nel costringere
la gente a fare quello che non vuole.”
“Ma non suona
strano anche a te?”
“Suona di
marcio.” Una smorfia deturpò le labbra perfette di
Damon. “Elena non ci vuole intorno, ultimamente. Ha –
notizia del giorno! - mollato Stefan.”
“Lo so. Me l'ha
detto... prima... che quel tipo suonasse alla nostra porta.”
Mh. Marcio e con i
vermi.
“Elena ha ammesso
di sentirsi sola... persa...”
Damon strinse gli occhi
e trattenne il fiato, indeciso se prendere Elena per la collottola o
incendiare direttamente casa Mikealsohn.
“Ha fatto troppi
riferimenti alla tua disponibilità nell'accettarla così
com'è e sull'avversione di Stefan per la nuova natura.”
“Gli ci vuole
solo più tempo” borbotto scocciato. “Quei due
torneranno a tubare fra qualche giorno e Klaus sarà solo un
brutto ricordo.”
Jeremy si morse la
lingua fino all'ultimo. “Voi...”
“Quella nave è
salpata molto tempo fa.”
“Klaus la sta
convincendo del contrario. Credo. Non so, è una sensazione.”
“Mi piacciono, le
sensazioni. Occhi aperti e controllala, nei limiti del possibile. Io
farò altrettanto.”
Jeremy annuì e
sospirò forte “ho anche sentito dire che Caroline lo ha
minacciato...”
“Barbie
arrabbiata è un ottimo cane da guardia” sibilò
pescando il cellulare dai cuscini del divano. “I suoi
interrogatori sono magnifici.”
“Hai mai visto
Klaus impegnato in qualcosa che esulasse la vendetta?”
“Non frequento la
famiglia Mikealsohn quanto vorrei... è Rebekah quella fissata
con i rapporti sociali.”
“Non la vediamo
da un po' o è solo una mia impressione?”
Da un bel po'. Forse
aveva preso il volo come Elijah. “Continua con le impressioni
mentre sguinzaglio Barbie.”
***
“Ciao schiavo, il
tuo padrone è in casa?”
L'ibrido si scostò
dalla porta e Caroline sorrise acidamente. “Conosco uno che è
riuscito a liberarsi dell'asservimento. Ci vuole solo un po' di buona
volontà” dichiarò querula. “Iscriviti ai
corsi del Martedì della parrocchia!”
La piccola squadra di
quattro persone riprese il lavoro di smaltimento rifiuti e
Klaus si versò da bere, rifilando uno sguardo annoiato alla
nuova arrivata.
“Che stai
facendo?” domandò la ragazza arrestandosi sulla soglia
del soggiorno.
“Pulizie di
primavera.”
“Siamo in
Novembre.”
Klaus la guardò
apertamente e posò il bicchiere ancora pieno su tavolinetto.
“Chi ti manda?”
“Nessuno. Mi è
arrivata una vocetta all'orecchio e volevo vedere con i miei
occhi...”
“... il casino
combinato dalla tua amica Elena” concluse con un grugnito che a
Caroline non piacque per niente. “Ha chiesto il mio aiuto.”
“Opinabile”
dichiarò incrociando le braccia. “Elena non è in
forma, al momento, ma non suonerebbe mai a questa porta.”
Nessun commento sagace. Caroline cominciò a dubitare delle sue
illazioni. “Ha perso il controllo?”
“Capita spesso.”
“Perché
era qui?”
Per un attimo, le era
tremata la voce. Aveva paura di conoscere i dettagli del loro
rapporto, pensò mascherando un sorriso. “Le ho
solo concesso un po' di spazio. Sei d'accordo con me nel
preferire un luogo chiuso in certe situazioni...”
Era una frecciatina
all'avvenimento del bosco? Caroline ispirò e osservò il
via vai degli ibridi. “E' stato carino carino da parte tua.”
Carino! Klaus
quasi si strozzò. Non l'avrebbe detto, se avesse saputo come
avevano passato la serata.
“Tu non sei mai
carino, sei marcio fino al midollo.”
Elena era ingorda e
irrefrenabile come tutti i vampiri appena nati. Tornata in se, si era
resa conto della situazione ed era scappata via, balbettando scuse
ridicole. Nessuna riguardanti il morso.
“Ehi, sto
parlando con te!”
Aveva causato la sua
stessa sconfitta con un atteggiamento sconsiderato dettato dalla
porzione primitiva del cervello? Un uomo delle caverne avrebbe saputo
fare meglio di lui. “Stefan potrebbe aiutarla a passare questo
brutto momento” rispose con una noia bel lungi dal provare.
“Sono tornati insieme?”
Caroline si scurì.
Perché sapeva tutti i dettagli della sua vita privata? Elena
non l'aveva detto neppure a lei, l'aveva dovuto apprendere da Damon.
Quel sorrisetto compiacente non le piaceva proprio.
“No? Forse il
fratello è la scelta migliore...”
“Cosa centra
Damon?”
Le tremava di nuovo la
voce. “Elena...” cominciò scegliendo accuratamente
le parole “... è confusa.”
“Rispondi alla
mia domanda!”
Klaus cercò di
non sorridere ma gli angoli della bocca si piegarono lo stesso.
“Croce sul cuore, le ho dato la mia parola.” Negare una
verità a Caroline Forbes era come gettare benzina sul fuoco.
Klaus la vide avvampare e quando udì il suo respiro
frettoloso, si affaccendò con le buste di plastica nere che
giacevano ai suoi piedi. Quando l'attenzione si concentra su di te,
devi allontanare i sospetti facendoli ricadere su qualcun altro.
Damon Salvatore era perfetto per la parte. “La prossima volta
che entrerai da quella porta millantando sciocchezze, ti assicurerò
un posto in una di queste custodie” la minacciò senza
neppure voltarsi. “Sono stato chiaro?”
Caroline si morse le
labbra e una smorfia d'odio le attraversò il viso. Girò
sui tacchi e sbatté la porta fragorosamente.
La sua visita aveva
peggiorato il malumore preesistente. In una sola serata si era
lasciato sedurre e mordere da Elena Gilbert. Bizzarro. C'è
sempre un lato caotico che nessuno riesce a prevedere, nel piano
migliore. Forse è quello che lo regolamenta dall'interno. Il
caos.
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Capitolo 5 *** 5 ***
“Ora
la mia vita è dolce come cannella, come un fottuto sogno che
sto vivendo...”
Jeremy sbuffò,
abbassando il naso sui compiti in arretrato. Damon guardò le
scale che conducevano al piano superiore e ghignò.
“Il
mio corpo è dolce come zucchero a velo...”
Nessuno avrebbe mai
sostenuto il contrario, baby.
“Ti
ho trovato finalmente...” *
“Vorrei perdere
l'udito in questo istante” sospirò il vampiro cercando
di non ascoltare il canto melodioso della ragazza. “Cosa vuoi
che faccia? Che rubi la sua collezione di cd per impedirle di stonare
canzoni zuccherose? E' ipernutrita e di buonumore. Lasciala perdere.”
“Ipernutrita
significa?”
Damon sollevò le
spalle e un saltellare leggero attrasse la sua attenzione. Elena
muoveva solo le labbra mentre scendeva le scale e allacciava il
cardigan rosso sullo stomaco. “Ehi!” esclamò
arrestandosi di colpo. “Che ci fai qui?”
“Hai fatto
fuggire tutti i cani del vicinato col tuo gracchiare da cornacchia
secca” la prese in giro analizzandola da capo a piedi. Era in
splendida forma.
Elena gli rifilò
una linguaccia, afferrò il fratello per le spalle e lo portò
in cucina. “Non farlo più entrare. Non voglio vampiri
dentro casa, basto io!” sibilò sentendo il senso di
colpa tornare ad opprimerla.
“Tu ordina ed io
eseguo. Devo tenere fuori anche Caroline? Sta venendo qui.”
Caroline era la
punizione di Damon per la cattiva frequentazione, pensò
occhieggiandolo mentre sbirciava i compiti del ragazzo e origliava la
loro conversazione. “Ci penso io.” Elena tornò in
salotto e spinse Damon fuori di casa. Il vampiro girò su se
stesso ed Elena gli finì fra le braccia. La bomba atomica
aveva avuto lo stesso effetto?
“Che stai
combinando, principessa?”
“N-niente...”
“Vai a divertirti
con Klaus e dimentichi di invitarmi? Cattiva, Elena.”
La ragazza lo fissò
trattenendo il respiro. Era colpa sua? Lasciare Stefan le aveva fatto
abbassare la guardia? Era più recettiva del solito per colpa
di tutto quel sangue? Era lui ad essere più...
“Vuoi parlarne
con qualcuno che non ti giudica... mfg!”
Damon restò
immobile quando Elena lo baciò. Era troppo stupito per
ricambiarla. Si piegò in avanti e la staccò
delicatamente da se. “Ti ha detto lui di farlo?” sussurrò
fissando la bocca socchiusa. “Klaus ti ha ordinato di
baciarmi?”
Eh? Elena batté
le palpebre e lo guardò, annebbiata. No. L'avrebbe ricordato.
“Ehm...”
Lo stomaco fece una
piroetta e il sangue affluì al viso. “Care...”
Caroline dondolò
sulle gambe e dichiarò che l'avrebbe aspettata al Mystic
Grill, quella sera. Il suo sguardo chiedeva spiegazioni ma
sembrava, allo stesso tempo, sollevata. Elena aveva lasciato Stefan
per la sua cotta irrisolta per Damon. Chiaro. Però non
l'aveva detto a lei, ma a Klaus, la traditrice!
“Corri ad una
vendita di beneficenza?”
Stefan?! Caroline si
arrestò, arrossendo. “Ehm... no.”
“Va tutto bene?”
La ragazza guardò
dietro di se e annuì, svagata. “Stai andando a trovare
Elena?”
Il vampiro si scurì
un poco. Annuì, sottotono.
“Non è in
casa” inventò prendendolo sottobraccio. “Ehi, mi
accompagni a vedere una cosa che vorrei comprare?”
***
“Allora? Ti ha
soggiogato?
“No...”
“Se stai cercando
di dirmi qualcosa, ti consiglio di farlo subito” le ordinò
perdendo un po' di verve. “Non mi sto divertendo.”
Elena risucchiò
le labbra e aggrottò le sopracciglia. “Sono... un po'...
confusa” sussurrò. “Scusa...”
“Scusa?! Molli
Stefan di punto in bianco, te ne vai in giro a gozzovigliare insieme
al principe dei mostri e baci me – me! - senza alcun
preavviso! Non te la cavi con un 'sono confusa', dolcezza!”
L'aveva detto tutto
d'un fiato e senza tentennamenti ma dentro di se, stava tremando. Non
ci sperava, neanche un po'. Ma forse... forse Elena...
“E' confusa.
Toglile le mani di dosso, Salvatore.”
La finestra della
camera di Elena era perfetta per spiare. Jeremy aveva intravisto il
vampiro da lontano. Neanche per un istante aveva tradito un'emozione
o un sorriso. Elena non era stata soggiogata, aveva baciato Damon di
sua spontanea volontà. Klaus era davvero innocente.
Il vampiro alzò
la testa in quell'istante e Jeremy si ritirò di scatto. Elena
li sbirciò a turno, bisbigliando una scusa e tornando dentro
casa. Klaus la seguì con lo sguardo ma Damon lo tenne fisso su
di lui. “Il tuo tempismo è micidiale!”
“Non le avresti
cavato una parola. Elena non parla, neppure costretta” mormorò
allontanandosi nel vialetto.
“Tu cosa ne
sai?!” esclamò andandogli dietro. “Perché
gironzoli da queste parti, se casa tua è dall'altra parte di
Mystic Falls?”
Piaceva proprio, quel
verbo. Gironzolare. Non era mica un cane randagio. “Il
drugstore è super fornito.”
Suonava di bugia. Damon
gli tagliò la strada. “Cosa le hai fatto?”
“Oh, certo...”
soffiò ironico. “Sei il fratello insicuro...”
Un altro sorriso. Damon
si rabbuiò.
“Vivere
nell'ombra di Stefan deve essere seccante. Reagisci sempre così
quando una donna ti rivela i propri sentimenti? La ignori e
l'allontani, invece di prendere quello che ti offre?”
La ramanzina da parte
di Klaus?! Damon strinse i pugni.
“Se Elena fosse
venuta da me...”
“Non per
rimarcare l'ovvio, ma nessuno verrà mai da te.”
Klaus sorrise di più.
“Che fortuna insperata.”
***
[..]
Ogni individuo incontra un giorno il suo padrone, quello che gli farà
pagare il male commesso: perché il male vuole male al
malvagio. […]**
Klaus chiuse il libro e
guardò in alto. La Luna era strabiliante, merito di una di
quelle giunzioni astrali che la porta così vicina alla Terra
da farla apparire enorme. Si domandava che effetto avrebbe avuto
sulla sua natura di licantropo e, allo stesso tempo, doveva ricordare
di non sporgersi troppo dalla cornice della finestra per non cadere
giù. La casa era vuota, silenziosa. Uno dei motivi per cui si
recava al Mystic Grill. Almeno, quando c'era Rebekah si udiva
musica e un continuo sbattere di porte. Klaus gettò il libro
sul letto e seguì la parabola fino all'inevitabile arrivo.
Via, non era in animo di pensare al passato, ne vestire i panni di
un'anima tormentata. Ad majora, era il suo motto. Avrebbe
trovato un po' di movimento, al locale... e forse qualche idea per
ritornare al piano originale. Il dolore di Elena Gilbert per le
uccisioni sarebbe stato breve, nulla a che vedere con i secoli bui di
tormenti che aveva preparato per lei. Eppure, la sensazione di aver
bruciato un legame che si stava formando, lo rodeva. Non vi sarebbe
stato alcun piano sostitutivo. Conoscendola, Elena l'avrebbe evitato
per la vergogna e il pensiero l'avrebbe corrosa e tenuta lontana dai
Salvatore. Sarebbe rimasta sola, sola con i sensi di colpa. Uccidere
il fratellino le avrebbe dato la scusa che cercava per farla finita.
Ma non c'è piacere nell'uccidere una donna che è già
morta, pensò camminando fino alla macchina. Ed ora? Con
chi poteva prendersela per sfogare la nuova frustrazione?
***
“Posso lasciarti
sola cinque minuti, il tempo di andare al bagno?”
Elena annuì e
posò il gomiti sul bancone. “Sbrigati o Matt darà
via il nostro tavolo” mormorò chiedendosi perché
fosse lì, tutta in tiro, e non sotto le coperte a morire di
vergogna. Lo stomaco si stringeva solo a pensarci. Non si era mai
comportata così, lasciare Stefan era stato come aprire il vaso
di Pandora. Eppure, si sentiva così libera... Elena si
irrigidì e sgranò gli occhi voltandosi verso il barman.
Fa che non mi veda, fa che non mi veda! Dov'era finito tutto
l'amore struggente che aveva provato per Stefan? La confusione
aumentava. Stefan portò via la sua consumazione ed Elena
sospirò, chiudendo gli occhi. Quel dolore in fondo al cuore
non riusciva proprio...
“... e uno anche
a lei” borbottò Klaus al cameriere indicando la ragazza.
Il barman inarcò
un sopracciglio ed Elena si umettò le labbra, ordinando una
delle tante cose che vedeva bere a Damon. Non era sicura che le
piacesse, ma continuavano ad arrivare uno dopo l'altro e aveva
bisogno di una scappatoia: da ubriaca, poteva dire tutto quello che
voleva senza preoccuparsi delle conseguenze.
“Parlare a cuore
aperto non è il tuo forte.”
“Ci stavi
spiando?”
Klaus sogghignò,
amaro. “No, Elena. Non m'interessano le vostre relazioni
adolescenziali.” dichiarò giocherellando con il
bicchierino che il cameriere gli aveva messo davanti. “Le
lascio al resto del mondo e ad individui come Damon Salvatore.”
“Ti diverti ad
essere sempre così...”
“... stronzo?
Puoi dirlo, non mi offendo. Credo solo che se un uomo e una donna
vogliono stare insieme, devono mettere da parte i discorsi e
concentrarsi su se stessi.” Klaus la guardò aspettandosi
un commento ed Elena dondolò la testa. “Non è
così semplice...”
“Voi ragazze
volete vivere la storia di Romeo e Giulietta ma dimenticate che è
finita...”
“... con un
doppio funerale” concluse avvicinando il bicchiere. Elena lo
annusò cauta e provò ad assaggiare il liquore. “Beah!”
“Non fa per te.
Dalle un cocktail con l'ombrellino. Dolce” ordinò al
cameriere.
Ordinava per lei?
Prepotente! Elena posò la schiena contro il bancone
mentre il barman preparava la nuova consumazione.
“Devo presumere
che l'ossessione sia giunta all'inevitabile capolinea? Lo lascerai
entrare nelle tue stanze, stanotte?”
La ragazza lo guardò,
interdetta.
“Smettila di
pensare. Non chiederti se puoi farlo” mormorò
guardandola negli occhi. “Fallo e basta.”
Perché la stava
spingendo a quel modo?
“Tu lo vuoi.”
“Non...”
“Prendilo.”
Nel frattempo avrebbe
preso il cocktail, pensò spostando la decorazione che
accompagnava sempre quel tipo di bicchiere. Mh! Che buono!
“Il nostro tavolo
è pronto?!”
La vocetta squillante
di Caroline si infilò direttamente nell'orecchio di Elena che
tossì, colta in flagrante. Klaus le spiò mentre
Caroline la trascinava via. Il gioco non era più divertente.
Sbatté il bicchiere vuoto sul bancone e ne ordinò un
altro. Elena Gilbert l'aveva stancato prima del previsto... ma il
fratello era in turno, quella sera. Il ragazzo incrociò il suo
sguardo e rabbrividì. Si affrettò a prendere le
ordinazioni e svanì in cucina.
“Te l'hanno mai
detto che chi beve solo, ha molti segreti da mantenere?”
Mettevano a dura prova
la sua pazienza, i Salvatore. Damon l'affiancò sorridendo a
denti stretti. “C'è stato un gran andirivieni a casa
tua, stamattina.”
“Gli incidenti
capitano...”
“Quando ci sei tu
nei paraggi, capitano spesso.”
“Il prossimo giro
te lo offro io” borbottò gettando i soldi sul bancone e
facendo un cenno al barman. Klaus girò sullo sgabello e non
fece neppure in tempo a mettere piede in terra che Stefan gli bloccò
la via di fuga. Finalmente le cose si muovevano nella giusta
direzione.
***
“Ti guardo le
spalle perché sei mia amica, ma devi dirmi cosa sta succedendo
fra te e Klaus... e fra te e Damon... e con Stefan” elencò
con un sorrisetto “non ci capitava dalle medie!”
“A me non è
mai capitato.”
“Adesso è
capitato. Forza, sputa il rospo.”
Elena si agitò
sulla sedia. Non lo sapeva neppure lei! Era attratta da Damon –
non era una novità - e non riusciva dire no a
Klaus. Come se le fosse mai servito a qualcosa. Le diceva cosa fare,
come farlo, quanto bere e da chi. Prendeva per buono tutti i suoi
consigli e non dubitava mai della sua onestà. Doveva averle
fatto il lavaggio del cervello mentre era distratta. “Prima il
bagno” inventò, sempre più nervosa. Aveva baciato
due ragazzi diversi in meno di ventiquattrore... ed era stato così
divertente! Filarsela dall'uscita posteriore l'aveva imparato da
Damon. Elena uscì sul vicoletto vuoto e sospirò,
tirando indietro i capelli. Divertente e un po' stressante.
Inspiegabilmente, le venne da ridere. L'assurdità della
situazione in cui si era ficcata le strappò una sonora risata.
Oh dio, stava impazzendo!, pensò asciugandosi le lacrime. Il
cambiamento aveva tirato fuori qualcosa di diverso da lei...
“Sei riuscita a
seminarla?”
Il vampiro uscì
dall'ombra ed Elena smise lentamente di singhiozzare. “Sei qui
per caso...”
“No, ti stavo
seguendo.”
Klaus le strizzò
l'occhio ed Elena sorrise di rimando. Appena la porta si aprì,
schizzarono entrambi verso il fondo cieco del vicoletto. Le scappò
di nuovo da ridere. Erano complici, ora?
“Non posso
crederci! Voi due avevate il compito di bloccarlo mentre la facevo
cantare!”
Caroline, isterica.
“Ci dividiamo e
la troviamo. Che ci vuole...”
Damon, annoiato.
“Vediamoci qui
fra dieci minuti.”
Stefan, sempre
organizzato.
“Non posso
crederci!”
“Sh!”
soffiò spingendo un dito contro le labbra. Klaus sbirciò
l'inizio del vicoletto e quando annunciò che erano soli, Elena
lo stava guardando, le labbra socchiuse e il respiro mozzo. “Dovremmo
cessare questa strana frequentazione, Elena.”
“No...”
“I tuoi amici non
la stanno prendendo bene.”
“Non importa...”
Klaus le sfiorò
il mento e un gemito si propagò dalla gola. Lo baciò e,
in quel momento, i rumori della città che udiva amplificati da
quando era cambiata, cessarono di colpo, sostituiti da un
lungo silenzio ovattato. Il bacio si spostò sul collo e il
piacere che provò quando la morse, le fece venire la pelle
d'oca. Era la prima volta che qualcuno la mordeva, da vampira.
L'effetto era diverso. Erotico. Era come fare sesso con i vestiti
addosso. Avrebbe potuto chiederle qualsiasi cosa, in quel momento, e
lei non avrebbe saputo dire...
“Non va bene...”
Non andava bene,
infatti. Perché non aveva indossato un vestitino facilmente
sfilabile, quella sera? Elena lo fissò inebetita, mentre
prendeva le distanze da lei.
“Perdonami”
mormorò a bassa voce. “Non posso.”
***
Non
posso.
Elena strofinò
la fronte con entrambi le mani e finì di bere il suo cocktail
con la cannuccia.
“Ti ho cercato
dappertutto, dov'eri finita?!”
“La fila del
bagno era talmente lunga che ho preferito fare un salto a casa”
inventò. “Ho preparato il discorso. Vuoi sapere cosa sta
succedendo, Care?”
Caroline sedette al
tavolino e annuì.
“Da quando sono
cambiata, i sentimenti per Damon si sono amplificati. E' diventata
una specie di ossessione e sapevo che parlarne con te era la cosa più
sbagliata da fare...”
“E' per questo
che sei andata da Klaus?”
“No”
sussurrò con le ciglia bagnate. “Da quando ho ucciso il
Cacciatore sono tormentata da incubi... da visioni, anche di
giorno... stavo male... e lui era lì. Avevo bisogno di parlare
con qualcuno...”
“Parlare con lui
ti ha fatto sentire meglio?”
“Non
interrompermi, per favore. Per una volta in vita tua, Care, non
interrompermi. Ascolta fino alla fine prima di giudicare il mio
comportamento.”
“Ok. Ok, ti
ascolto” sussurrò aggrappandosi al tavolino, impaurita.
***
Non le aveva
risparmiato proprio niente. Caroline si addossò allo schienale
della sedia, fermò il cameriere per la terza volta e ordinò
un altro giro. “Ti stai fidando di una persona pericolosa.”
Elena grugnì un
mezzo avvertimento ma Caroline non l'ascoltò. “Lo sai
meglio di me, Klaus distrugge tutto ciò che tocca.”
“Scusa tanto se
ho distratto la sua attenzione da te per dieci minuti!”
“Non mi piace,
quel tipo.”
“Lo fai sempre!
Se un ragazzo mostra un po' di attenzioni, lo porti via!”
“Stiamo davvero
litigando per Klaus?!” esclamò attirando l'attenzione
dei tavoli vicini. “E' pura follia!”
“E' per questo
che non ti ho detto niente. Per evitare questo!” Elena
tirò indietro la sedia e Caroline la fissò immusonita,
restando composta e seduta. “Ti sta mettendo contro di noi.”
“Klaus è
stato l'unico a chiedermi 'come stai'. L'unico!”
La bionda vampira
trattenne il respiro e prese atto della sua manchevolezza, ma quando
tornò a guardarla, il tavolo era vuoto. Caroline posò i
gomiti sulla superficie invasa dai bicchieri e sospirò,
prendendo la testa fra le mani. Digitò un sms con la scritta
'urgente' a Damon, ma al momento di comporre il messaggio non seppe
trovare le parole. Era un guaio di proporzioni bibliche, pensò
mentre il cameriere faceva spazio per il drink. “Spero che sia
davvero forte, stavolta...”
*Lana
del Rey – Radio ** Luna di Fiele - P. Bruckner
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Capitolo 6 *** 6 ***
CinderNella:
devo citarti! il tuo 'Elagna' mi fa morire dalla risate! Innamorare è
una parola grossa, credo più ad un'attrazione fisica di quelle
che 'se non ci stanno è meglio, ma se ci stanno... eh, perchè
no?' Taisha: non faccio caso alla data di pubblicazione dei
capitoli. Quando ritengo che sia perfetto, lo pubblico. Elena ha un
bel tarlo nel cervello, ma credo siano le difese basse
poverina... Valstvd: ma ciao, che bello ritrovarti! Pecky:
niente Elijah, non credo comparirà... forse nei titoli di
coda... o forse toccherà a Rebekah... Ila_D: ho visto che
anche tu ti sei lanciata in una K/E... appena trovo il tempo ci
faccio un salto. Vorrei poter dire che questo è il
penultimo capitolo, ma credo che anche il prossimo non basterà
a completare la storia... nel frattempo, buona lettura!
Non riusciva a dormire.
Elena si rigirò inquieta nel letto e sbuffò. Aprì
gli occhi e la scritta 'assassina' si stagliò
sanguinante sulla parete della stanza. Rantolò e tirò
la coperta sulla testa. Aveva di nuovo le allucinazioni! “Non è
reale, non è reale...” bisbigliò scostando piano
piano il lenzuolo.
'Sei contenta ora?'
No...
'La mia ragazza aveva
appena avuto un bambino e tu mi hai ucciso'
Mi
dispiace...
'Ed io? Ero l'unico
sostegno della mia famiglia! Per colpa tua, i miei genitori dovranno
mettere in vendita la casa!'
Mi
dispiace così tanto...
Elena spiò i
fantasmi insanguinati degli uomini che aveva ucciso e nascose il viso
fra le mani. Mi dispiace così tanto...
***
[…]
L’affetto che riceviamo da una persona ci rende perplessi per
due motivi: prima ci stupiamo che non tutti ci amino con altrettanto
ardore; poi cominciamo a sospettare nella donna che ci adora qualche
debolezza. Se mi ama, è perché si sente persa: chi mai
potrebbe apprezzare un individuo sprovveduto quanto me, se non
qualcuno ancora più smarrito che trova il suo tornaconto
nell’abbarbicarsi a quel relitto che sono?[…]
Toc
toc toc
Klaus guardò la
porta e si alzò a fatica dalla poltrona in cui era
sprofondato. La bottiglia vuota gli era rimasta attaccata alla mano.
La posò sul pavimento, scrocchiando il collo, e infilò
il segnalibro fra le pagine sbagliate. Non era felice, raramente lo
era stato. Per la maggior parte del tempo si limitava a soddisfare i
suoi capricci. Il male che faceva, tornava indietro triplicato, ma
non poteva smettere e non poteva guardare indietro. Poteva solo
andare avanti. Voltarsi, significava perdere tutto. “Elena...”
“Le allucinazioni
sono tornate... non posso restare in casa...” ansimò
cercando di mantenere il controllo. “Non posso restare,
l'ultima volta ho pugnalato mio fratello... tu hai... sempre un piano
di riserva... o una Vergine di Norimberga a portata di mano...”
Eh, non aveva neanche
le segrete, in quella casa. “Vieni con me.”
Elena lo seguì,
tenendo le braccia strette attorno allo stomaco. Barcollò
attraverso una porta di acciaio che si spalancò su una camera
enorme. L'unica cosa che vide fu il letto bianco, immenso e
drammaticamente seducente.
“Niente finestre
e niente armi appuntite. Non hai modo di toglierti la vita.”
“N-non farei mai
nulla del genere...”
“Lo farai. Hai
ucciso il Cacciatore e ti sei attirata la sua maledizione”
mormorò dandole le spalle. “Cerca di dormire.”
“Tu come fai a
saperlo...”
“Ne ho ucciso
uno, molti anni fa. Era l'amante di Rebekah. Dovevano sposarsi...”
Elena raggelò e
lo fissò, incredula.
“Non l'avrebbe
sposata davvero. Voleva solo entrare a far parte della nostra
famiglia per conoscerne le abitudini. Per sterminarci” continuò
perdendosi nel ricordo. “La natura ibrida mi ha salvato, ma
nessuno di loro è sopravvissuto.”
“Le visioni...
quanto...”
“Cinquantadue
anni, quattro mesi e nove giorni... è stato l'unico periodo
della mia vita in cui ho percepito lo scorrere del tempo. Le
allucinazioni spariranno da sole quando il nuovo Cacciatore ucciderà
il suo primo vampiro” annunciò lugubre. “Dormi.
Non possono tormentarti, se non sei cosciente.”
***
[…]
Tale è il potere della malvagità: plasma e deforma gli
individui. Ma che talento ci vuole! Nessuno sospetterebbe quanto sia
difficile essere odioso; il male è un’ascesi come la
santità, occorre per prima cosa vincere i pregiudizi di una
società sempre incline alla pietà, schiacciare
instancabilmente il pallido popolo dei buoni sentimenti, infine avere
un acuto senso teatrale, una conoscenza psicologica dell’anima
che non è dato a tutti possedere.[…]
Klaus abbassò il
libro sullo stomaco e lo lasciò scivolare lungo il fianco.
L'aveva già trovato, il modo di ammazzarsi? Quando era toccato
a lui, aveva provato a strapparsi il cuore con le dita, ma l'istinto
di sopravvivenza gliel'aveva impedito. Il guaio di quella stanza, era
che non poteva sentirla urlare. O implorare. O piangere. Peccato.
Gli avrebbe conciliato il sonno sapere che Elena Gilbert stava
languendo nella disperazione, pensò socchiudendo la porta
metallica. Il letto era intonso e una poltrona era stata ribaltata.
Fortunatamente, i dipinti erano intatti. Cosa stava calpestando?
Klaus gettò la camicetta su una sedia e un minuscolo rumore
attrasse la sua attenzione. Si era nascosta sotto il letto? Pensava
di sfuggire alle allucinazioni, in quel modo? Klaus sollevò la
coperta e si chinò. Pivello!, pensò quando una
sedia si abbatté sulla sua schiena e gli tolse il respiro.
Elena si lanciò verso la
porta ma fu più veloce di lei, a sbarrarla. L'urto improvviso
le strappò l'aria dai polmoni. Elena si afflosciò a
terra, stordita.
Le lacrime si erano
seccate ed insieme alle tracce di sangue, avevano creato un curioso
frattale che le attraversava la guancia destra. Sangue sulla fronte e
sulle mani. Doveva aver sbattuto la testa. Per far uscire le
visioni. “Le visioni fanno leva sulle tue paure e sui sensi
di colpa, è un buon momento per smettere di crogiolarti nel
passato, cara.” La toccò ed Elena si divincolò,
come un'animale ferito che non vuole cedere e lotta fino alla morte.
Doveva legarla, pensò bloccandole saldamente le braccia.
Sangue raggrumato sotto le unghie. Doveva averle spezzate graffiando
il muro. E se stessa. E tutta quella polvere? Che diavolo
facevano quelli delle pulizie quando si assentava? Klaus eliminò
un batuffolo di sporco dai capelli della ragazza che si rivoltò
come una furia e tentò di morderlo. Voleva farlo dalla prima
volta che l'aveva vista, pensò girando attorno al polso la
lunga chioma corvina della ragazza e trascinandola di peso fino al
letto. Non c'era gloria, in quella vittoria.
Lo shock del dolore le
snebbiò la mente, ed Elena si ritrovò trascinata per i
capelli da un infastidito carceriere. “Mi fai male! Smettila!”
La tensione cessò
quasi all'istante e quando la lanciò sul letto, Elena rotolò
sullo stomaco, si rialzò sulle braccia e fu sospinta
violentemente verso la testiera invasa dai cuscini. Ma che...?!
“Ehi...” Ma la stava... la stava legando?! Elena scrollò
il braccio, tirò e cercò di strappare il legaccio che
le immobilizzava il polso sinistro, quando il vampiro passò
velocemente all'altra estremità e completò il lavoro.
Elena lo guardò ad occhi sbarrati e Klaus sbuffò
restando a cavalcioni del suo stomaco. “Si imparano molte cose,
in cinquantadue anni di tormenti” dichiarò
scavalcandola. “Ora non potrai più farti del male.”
Non poteva legarla e
lasciarla sola, in balia delle allucinazioni! Elena tirò,
scrollò, tirò di nuovo e solo quando un dolore
lancinante passò dal polso al braccio, si fermò.
Ansimava, in preda al panico e accecata dalle lacrime.
“Devo legarti
anche le gambe?” domandò e nel dubbio si chinò a
controllare che…. mh... no. Beh, poteva sempre rimediare una
corda, pensò grattando il mento. “Cerca di dormire!”
“Torna indietro e
slegami!” urlò sollevando la testa. “No, non
chiudere...”
Klaus sbarrò la
porta con un grugnito di soddisfazione che lo solleticò fin
nello stomaco. Sarebbe passato più tardi a controllarla.
Sghignazzando, tornò in salotto dove il fuoco si stava
spegnendo. Lo attizzò con un gesto svogliato e riprese la
lettura del libro. E rise di nuovo.
***
La stanza doveva essere
insonorizzata perché aveva urlato fino a sgolarsi,
insultandolo in tutti i modi possibili e di Klaus non si era vista
neppure l'ombra. Quello che la irritava, era la visione di una
tracotante, annoiata e sghignazzante Katherine che cianciava,
cianciava e non la smetteva di illustrare scenari apocalittici
riguardanti il suo futuro come vampira. Elena aveva provato a
ripetere dentro di se che era solo un parto della sua mente, che ella
stessa stava ammettendo le paure usando Kat come manifestazione
eterica, ma dopo poco aveva ripreso a scalciare e urlare come una
bambina pestifera, finché, stanca, si era assopita fra i
cuscini. L'aveva svegliata l'inclinarsi improvviso del letto.
Offuscata dalle lacrime, guardò verso la luce ma girò
la testa quando un ombra si chinò su di lei.
“Non riesci a
dormire?”
Giuda! La lasciava
marcire in preda alle allucinazioni...
“Non combatterle
e non opporti. Quando parlano, tu non ascoltare.”
E cosa pensi
succederà ora?
Katherine posò
la testa sul braccio piegato e le accarezzò la curva del
ginocchio fermandosi all'interno della coscia.
Stai giocando col
fuoco, dolcezza.
“Non toccarmi...”
Elena mosse le braccia anchilosate, provò a sollevare le
spalle dai cuscini e spinse in fuori il collo. “Smettila!”
Oh oh, l'innocente
Elena Gilbert era passata dai sensi di colpa ai desideri repressi!
Un'ombra sinistra passò sul viso di Klaus. Assistere alla sua
discesa era uno spettacolo a cui non poteva sottrarsi. “Chi
ti sta toccando, Elena?”
Diglielo.
“Basta, va via!”
singhiozzò cercando di colpire la visione eterica di
Katherine. “Kat, finiscila!”
Klaus strangolò
un singhiozzo incredulo ma non si impedì di ridere. “Davvero?
E' tutto quello che riesci a fare?! Katherine?”
La risata la riportò
alla realtà deprimente che stava vivendo. Elena arrossì
e girò la testa. “Smettila!”
“Una mente
affaticata partorisce ogni genere di stronzate” dichiarò
con gli occhi lucidi di lacrime. “Spiacente di deluderti, cara,
ma Kath non ha quel genere di inclinazioni... anche se ricordo una
certa sua amica...”
Elena lo fulminò
con un'occhiata secca. “Risparmiami i dettagli!”
“Oh, come vuoi”
ridacchiò dondolando una gamba. “E' transitorio,
goditelo finché dura.”
“No, grazie!”
“Preferisci il
dolore al piacere?”
Perché non se ne
andava e la lasciava in pace a litigare con le sue visioni?! Elena
sollevò gli occhi al cielo e mise il broncio. Klaus ghignò
e la voltò verso di se. “Ma quante cose si scoprono,
stasera...”
La stava etichettando
come masochista? Se fosse stata libera di muoversi, lo avrebbe preso
a schiaffi!
“Sto scherzando,
dolcezza.”
“Non chiamarmi
dolcezza, non sono una delle tue amanti!” eruttò
arrossendo. “Quando ti ho chiesto aiuto...”
“Ti sto
aiutando.”
“Mi stai facendo
impazzire!”
L'idea era proprio
quella. Klaus sorrise di nuovo in un modo che non le piacque. “Ci
godi a vedermi così...”
“Non ti lascerò
morire. Devo renderti la vita un inferno” sussurrò
accarezzandole una guancia.
“Perché...”
Elena seguì ad occhi chiusi lo scorrere del dito. Tirò
indietro la testa ed espose il collo. Quando se ne accorse, raggelò.
“Voglio... andare via...”
“E trovarti
cenere domattina? Scordatelo, tesoro. Resterai qui finché il
nuovo Cacciatore non farà la sua apparizione...”
Restare lì...
per quanto tempo...
“... dovesse
impiegare anni...”
No... no no no!
“... tuo fratello
se ne farà una ragione.” Klaus si sollevò da lei
e scrutò il buio. Quando aveva deciso di tenerla per se? Che
follia era mai? Tutta quella vicinanza cominciò ad
infastidirlo e un velo di disagio gli rizzò i peli del corpo.
Abbandonò il letto, accigliato.
“Lasciami
andare...”
“No.”
“Nik, lasciami
andare!”
Elena gettò
indietro la testa, quando la afferrò per il collo. La
schiacciava col peso del corpo e stringeva la gola, impedendole di
respirare. Aprì la bocca per catturare più ossigeno
possibile mentre il vampiro la minacciava. La stava terrorizzando,
eppure non era la prima volta che subiva le sue prepotenze. Non era
diverso da...
La paura svanì
di colpo e la sua mente si concentrò sul bacio che le stava
imponendo. Una scossa riattivò il corpo indolenzito ed Elena
lo ricambiò, allacciando la lingua alla sua. Klaus la lasciò
di colpo e tirò indietro la testa, ansimando. No no no, era
tutto sbagliato!
“No, continua...”
Continuare?! Un
brivido di terrore gli attraversò la schiena, lo rese docile e
impaurito.
“Niklaus...”
Sta zitta, pensò
prendendo dei grossi respiri. Fissò le fibbie che la
immobilizzarono e le strappò una dopo l'altra. I polsi
ricaddero senza peso lungo i fianchi ma Elena ci mise un po' a
sollevarsi dai cuscini.
“Va via.”
“Nik...”
“VA VIA!”
urlò ma la ragazza restò immobile a guardarlo. Klaus la
afferrò per le spalle, rimettendola in piedi e spingendola
verso la porta metallica. Elena lo lasciò fare per qualche
passo, poi girò su stessa. Non sapeva cosa stava facendo, ma
doveva capire. Prima di impazzire del tutto. “Non puoi scappare
tutte le volte.”
Klaus arretrò,
fino a cadere seduto il letto. Puntò le mani per sorreggersi
ma Elena restò a distanza.
“E'... per
Caroline...”
Caroline?
Elena si morse il
labbro inferiore, afferrò la camicetta dalla sedia e la
infilò, coprendo il top macchiato di sangue. Caroline poteva
negare quanto voleva, ma le attenzioni di Klaus la solleticavano e
forse, in un futuro lontano, avrebbe anche accettato di uscire con
lui. Non poteva farle un torto. Anche se avevano litigato. Anche se
era sempre lui a cominciare.
***
Ti
sembra carino andartene senza neppure ringraziare?
Va
via, Katherine!
Elena si fermò
in mezzo alla strada e un clacson la fece sussultare. Si affrettò
a tornare sul marciapiede e si accorse solo in quel momento di avere
la camicetta allacciata male. La sbottonò, cercando di
concentrarsi sulle giuste asole.
Stavi andando bene,
hai ceduto all'ultimo.
Ho fatto la scelta
giusta, non tormentarmi!
La scelta giusta era
sbatterlo fino a fargli perdere la ragione.
Io non sono così!
Sei proprio così,
ma non vuoi ammetterlo.
Elena attese il verde e
allungò il passo ma la sua allucinazione teneva la stessa
velocità.
***
Che accidenti centrava
Caroline?! Caroline era bellissima, il suo tipo e non voleva avere
niente a che fare con lui! Anche quando era arrabbiata e gli sputava
in faccia il suo disprezzo, non gli provocava quelle ondate di
terrore, esclusivo appannaggio di Elena Gilbert.
Klaus controllò
l'orologio e tamburellò i polpastrelli sul torace. Aveva
vissuto ogni singolo minuto di ogni singola ora, da quando se
n'era andata. Perché non lasciava che la maledizione facesse
il suo corso? La voleva morta... No, pensò trafficando con la
fibbia della cintura. Voleva annientarla, era diverso. Voleva essere
l'artefice della sua rovina.
Niklaus...
Klaus impallidì
e spostò lo sguardo sulla prima superficie riflettente. Gli si
stava ritorcendo contro?! Colpì il muro con un pugno e
l'intonaco si staccò. Migliaia di dollari di lavori e questo
era il meglio che l'impresa era riuscita a fare? Avrebbe dovuto
strangolare quell'architetto!
Casa
Gilbert
“Dov'è,
tua sorella?”
“In camera
sua...”
Klaus fece tre passi
indietro e guardò la finestra. “No, non c'è.”
Erano le sette e mezza
del mattino, perché quel tipo assurdo veniva a bussare alla
sua porta? “Va tutto bene?”
“Il gallo non ha
ancora cantato ed io non ho ancora fatto colazione, eppure sono qui a
cercare tua sorella” ironizzò. “Secondo te va
tutto bene?”
“Il gallo canta
alle cinque e mezzo” gli fece notare, assonnato. “Dietro
di te...”
Le allucinazioni
alteravano la realtà ma su un punto convergevano tutte: Klaus
voleva punirla per qualcosa che aveva fatto, e avrebbe usato tutti i
mezzi a sua disposizione per giungere allo scopo. Elena si riscosse
dal lungo cammino tormentato e quando si accorse di essere arrivata a
casa, e della presenza del vampiro, si fermò a debita
distanza. “Che... ci fai... Jeremy, resta in casa... chiama
Damon e digli... che sto dando di matto... e che ho bisogno di
aiuto...”
Klaus la guardò
senza muovere un muscolo. Non sorrise, non la canzonò. La
fissò e basta. “I tuoi amici avevano ragione a temere la
mia presenza. Stavo giocando con te. Mi annoiavo e tu mi hai fornito
un diversivo.”
Elena lo fissò
con le labbra strette, rigida come un pezzo di legno.
“Due solitudini
che si avvicinano posso creare un malinteso o il lungo silenzio di
due amanti inebriati di se stessi” bisbigliò perdendosi
nel pensiero. “Ci si incontra, ci si ferisce, ci si lascia. Tu
mi odi...”
“Non quanto
vorresti...”
“Lo farai quando
avrò illustrato in dettaglio quello che avevo in mente per
te.”
I suoi occhi
diventarono ancora più grandi e brillanti, ma il piacere che
provava nel vederla disperata, l'aveva creduto maggiore. Buffo. Le
cose non vanno mai come sperato. C'è sempre un dettaglio che
rovina il divertimento. Il viso di Elena si fece di pietra. Per un
istante, Klaus credette che avesse spento i sentimenti, ma nessuno le
aveva ancora insegnato come fare. Certo non Stefan, e Damon non ne
ricavava nulla. “La tua disperazione mi provoca un'eccitazione
quasi fisica” l'avvertì tenendo bassa la voce. “Potrei
decidere di tormentarti per il resto della vita solo per avere
un'erezione di tanto in tanto.”
“Potrei decidere
di rivolgerti attenzioni che non ho mai dato a nessuno, solo per
vedere quel sorriso svanire dalla tua faccia” mormorò di
rimando e l'ilarità del vampiro declinò. Cosa vedeva
Elena Gilbert che lui non riusciva a vedere? Klaus incontrò il
suo sguardo liquido e ingoiò. “Voglio vederti impazzire
lentamente. Voglio annientarti” sussurrò
facendole venire la pelle d'oca. “Dovessi impiegare cento anni,
striscerai e supplicherai, Elena Gilbert.”
Elena batté le
palpebre e una sensazione di gelo si espanse dallo stomaco. “Che
cosa ho fatto...”
“Mi hai portato
via qualcosa a cui tenevo.”
“Tu hai decimato
la mia famiglia!” esclamò toccando l'unico tasto che non
doveva toccare. “Perché mi odi così tanto?! Da
quando sei arrivato... hai preso tutto quello che avevo... e non ti
sei fermato... neppure di fronte alla mia morte...”
“La tua morte mi
ha irritato oltremodo. Ti porgo le mie più sincere scuse per
il comportamento impulsivo di Rebekah. Ora, riesci a parlare senza
frignare?!”
Jeremy spostò lo
sguardo sulla sorella e accennò un passo avanti mentre
digitava un sms a tutta velocità.
“Te la faccio io,
una domanda. Perché ti sei seduta al mio tavolo? Hai usato
Damon come scusa per allontanare Stefan. Vuoi sentirti libera ma lui
ti impedisce di abbandonarti alla tua vera natura. Con che facilità
prendi contatto con tipacci come Damon Salvatore e me! I nostri
peccati sono ben più gravi dei tuoi e questo ti fa sentire
pulita.”
“E tu hai fatto
in modo che non fosse più così...”
“Eppure, i tuoi
amici ti avevano avvertito!” la interruppe, stanco della
manfrina. “Tu vuoi cadere ma hai paura delle
conseguenze!”
“Non è
vero...”
“Ti ho vista
togliere la vita a tre uomini, non irritarmi con le tue bugie.”
“Perché
non mi hai fermato?!”
“Chi sono io per
fermarti?” sussurrò avvicinandosi “chi sono io per
dirti cosa devi o non devi fare, quando la frenesia del sangue ti
possiede come un amante bramoso?”
Elena arrossì e
camminò all'indietro, urtando la cassetta delle lettere.
“Chi sono io per
dirti con chi giacere, mia cara? Puoi fare tutto quello che vuoi, con
chi vuoi. Quante volte vuoi.”
“Tu... tu provi
qualcosa per me...”
“La tua fantasia
sta sconfinando.”
“Non mentire...”
“Ostinata
nell'inseguire ombre.” Klaus diede segni d'impazienza e si
guardò attorno. “Sei davvero noiosa come credevo!”
“Non ti
distrarre, stai uscendo dal personaggio...”
“ERA TUTTA UNA
FARSA, ELENA!”
Sta
mentendo.
Elena guardò
alla sua destra e vide Katherine scrollare i capelli. “Sì...”
bisbigliò ma Klaus non capì se parlava con lui o con
una visione. “Lo so...”
“Hai detto la
tua, adesso smettila, per favore.”
Il fratellino! Klaus
lo guardò, sorridendo dentro di se. La giornata andava
migliorando!
|
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Capitolo 7 *** 7 ***
Klaus afferrò
Jeremy per la gola e lo sollevò in aria. “Tua sorella mi
ha portato via qualcosa a cui tenevo. Ora sono costretto ad
ucciderti. Scusa!” Tirò indietro il braccio ed
Elena gli si aggrappò addosso, sbilanciandolo. “Lascialo!
Non ti ha fatto niente!”
“Morirà
per un tuo errore, Elena. Dovrai incolpare solo te stessa e la tua
ingordigia!”
La verità la
abbagliò: Klaus non aveva dimostrato alcun interesse per lei
finché non aveva avuto notizie della prima vittima. “Il
Cacciatore...” sussurrò attonita “... che te ne
importa se l'ho ammazzato...”
“E' tutto un
discorso di disegni e mappe che non sto a spiegarti, dolcezza!”
“Vuoi i disegni?”
Klaus fissò il
ragazzino e lo lasciò cadere a terra. “Non me ne faccio
nulla dei tuoi scarabocchi. La mappa non è completa. Non serve
a nulla, ora che il Cacciatore è morto.”
“Ne ho fatti
altri...”
“Jer, va via!”
Altri?!
“Jer...”
“Zitta, sto
avendo una conversazione adulta con tuo fratello!” urlò
ed Elena si coprì le orecchie con le mani. “Vai a
prenderli!”
Jeremy tornò di
corsa con la cartellina. I tre fogli originali erano diventati sette.
“Addosso a chi
hai visto, questi tatuaggi? C'è un altro Cacciatore in città?”
Il ragazzo annuì
e fissò la sorella. Klaus seguì la direzione del suo
sguardo e l'afferrò. Elena si divincolò e provò
a morderlo, ma le dita conficcate nella schiena, la fecero
retrocedere da ogni intento.
“Sta buona o ti
spezzo il collo” sibilò nel suo orecchio. “Credimi,
voglio farlo da quando ti sei seduta piagnucolando al mio tavolo.
Ora! Se ti è cara la vita di tua sorella...”
“Il tatuaggio è
apparso addosso a me, quando il Cacciatore è morto”
farfugliò Jeremy in fretta. “Puoi lasciarla ora... per
favore?”
“Come no!”
Uno schiocco del collo ed Elena si afflosciò a terra. “Ora
dammi i disegni.”
Jeremy gli passò
la cartellina e nel momento stesso in cui Klaus la prese, si ritrovò
mezzo strangolato dal suo braccio.
“Chi l'avrebbe
mai detto...” sghignazzò allegro. “Prendi il mio
telefono. Dì a Stefan di correre qui. Chiedigli del tatuaggio”
mormorò enigmatico. “Ripensandoci, lo chiamo dalla
macchina, non disturbarti. Ho il vivavoce.”
***
Ahia... ahia...
Elena si morse le labbra e il collo mandò un dolore
lancinante che la fece gemere.
“Piano...”
Stefan? Elena scattò
a sedere e la fitta corse lungo la spalla “dov'è
Jeremy?!”
“L'ha preso
Klaus.”
Damon? Elena
batté le palpebre e li guardò. C'era anche Caroline che
ruggiva frustrata.
“Jeremy è
prezioso. Klaus non gli torcerà un capello.”
Era molto sicuro di se.
Elena guardò Stefan e fermò la carezza sui capelli,
infastidita. Il ragazzo la fissò, sorpreso.
“Spiegacelo da
capo, siamo duri di comprendonio. Perché non dobbiamo
preoccuparci dell'ostaggio?”
“Perché
Klaus voleva i disegni di Jeremy?” sussurrò Elena
muovendo piano il collo. “Ha parlato di un tatuaggio, ma lui
non ha tatuaggi...”
“Forse sono in
una parte intima” azzardò Damon rimediando una serie di
occhiatacce. “Non vi è mai capitato di ubriacarvi e
svegliarvi con Titti il canarino su una chiappa?!”
“Tu sì?”
“No, scemetta”
soffiò in faccia a Caroline che lo omaggiò di un largo
sorriso malizioso.
“Il tatuaggio è
invisibile e appare solo addosso ai cacciatori di vampiri. Jeremy
riesce a vederlo e Klaus ne ha bisogno per completare la mappa.”
“Che mappa? Sta
cercando la pentola d'oro alla fine dell'arcobaleno?”
Stefan scosse la testa
ed Elena ebbe il dubbio che non volesse condividere con loro la
notizia. “Se ha i disegni, che se ne fa di lui?”
“I disegni si
sviluppano uccidendo vampiri.”
Caroline alzò
gli occhi al cielo. “Gli procurerà le vittime e poi lo
costringerà ad ucciderle...”
“... e una volta
completa la mappa, si sbarazzerà di lui.”
“No, non lo
farà.” Elena guardò Damon e l'orrore le inceppò
la lingua. “Klaus non ammazza la gente per il puro piacere di
farlo. Lo fa quando intralcia i suoi piani... per il resto del tempo
si diverte a torturarle...” sussurrò voltandosi verso
Stefan. “Tu sai cosa sta cercando?”
“Sì e non
farò nulla per fermarlo” annunciò facendo cadere
la mandibola di Caroline.
Elena lo fissò a
sua volta e si alzò lentamente. La testa aveva smesso di
girarle. “Bene. Me lo farò dire da lui.”
“Ha perso la
testa...” borbottò Damon con fare casuale. “Esci
da quella porta e appenderò i cartelli con le tue malefatte in
tutta Mystic Falls!”
“Fa come ti
pare!”
“Elena?! Ele....
odio quando lo fa!” esclamò udendo la porta sbattere.
Guardò Caroline e subito dopo Stefan.
“Mi state
nascondendo qualcosa.”
“Anche tu”
dichiarò la vampira bionda con fare conciliante. “Siamo
tutt'orecchi.”
***
Le braccia anchilosate
formicolavano impazzite. Jeremy mosse i polsi, agitato. L'aveva
incatenato a quella che sembrava una macchina di tortura medievale.
Klaus gli passò davanti con un bicchiere colmo di liquido
rosso e si fermò, vedendolo sveglio. Prese una sedia e la
trascinò fino alla struttura di legno e acciaio. “E'
tarata per frenare i vampiri. Puoi smetterla di provarci. Nessuno ti
farà del male. Il tuo potere ti rende prezioso e quel
tatuaggio... eh...” sussurrò alzando il bicchiere.
“Rallegrati, sei sotto la mia protezione.”
“Elena è
viva?”
Non si domandava della
sorte aveva in serbo per lui. “Suonerà alla porta fra
qualche minuto” annunciò sicuro di se. “Tua
sorella ha la strana sensazione che ci sia qualcosa fra noi.”
“Potevi ucciderla
e non l'hai fatto...” azzardò facendo tintinnare le
catene.
“Posso
rimediare.”
Jeremy sgranò
gli occhi e il campanello tintinnò allegro. Il vampiro allargò
le mani, sorridendo. “Le donne funzionano tutte allo stesso
modo.” Il malumore lo aggredì mentre copriva quella
breve distanza che lo separava da Elena Gilbert. Doveva toglierle
tutte le idee romantiche e/o lussuriose dalla testa... e quella chi
era? “Non compro nulla.”
“No, ehm... sto
cercando Rebekah.”
Rebekah aveva un'amica?
“E' partita.”
April si morse un
labbro rosso ciliegia e lo guardò incuriosita. “Ok...”
“Tu sei?”
“April Young, la
figlia del pastore...”
La sua mente calcolò
velocemente alcuni fattori: Jeremy Gilbert aveva bisogno di uccidere
vampiri per svolgere il suo lavoro e lì c'era una bella
ragazzina rimasta sola al mondo. Nessuno avrebbe fatto domande, se
fosse sparita dal giorno alla notte.
“Ehm...?”
“Il fratello.”
“Rebekah non ha
mai detto di avere un fratello.”
“Non andiamo
d'accordo.”
“Capisco. È
inutile chiederti di lasciarle un messaggio?”
“Inutile”
sussurrò stringendo gli occhi “quanti anni hai?”
“Sedici.”
“Ti è
piaciuto Twilight?”
***
“Lasciami
andare!” gridò chiedendosi a cosa fosse legata.
“Lasciami andare, pazzo maniaco!”
Klaus portò
comicamente una mano al torace e abbassò l'album dei disegni
di Jeremy. “Moi?”
“Sta calma,
April. Non provocarlo...”
“Segui il suo
consiglio!” urlò il vampiro dalla stanza attigua.
April scalciò
ancora e quando i legami che la stringevano ebbero la meglio, si
arrese e riprese a piagnucolare.
“Ci tireranno
fuori da questo casino” borbottò Jeremy sentendo lo
stomaco gorgogliare. “Lascia parlare me.”
“Ma che vuole da
noi...” singhiozzò impaurita “voglio tornare a
casa...”
“Ci torneremo
entrambi, ma devi mantenere la calma.”
“Tu non hai
paura?!” La ragazzina sollevò due occhi azzurri e
affogati di lacrime e Jeremy pensò che ormai era abituato a
quei rapimenti lampo. “Assecondami. Ehm... abbiamo fame,
quaggiù!”
Che strazio!, pensò
saltando via dal divano e aprendo il frigorifero che si rivelò
vuoto. “Tua sorella è in ritardo. Non ti fa sentire
abbandonato?” disse tornando verso i due prigionieri.
“La pizza con
molto formaggio, grazie” rispose Jeremy ignorando la domanda.
“April?”
“No, grazie...”
bisbigliò senza osare alzare gli occhi sul vampiro.
“Due con molto
formaggio” ordinò il ragazzo al posto suo.
“Spera di aver
indovinato. Le donne si arrabbiano se toppi i loro gusti”
borbottò componendo il numero del Pizza Express. “Salve,
vorrei ordinare due pizze. Una margherita con molto formaggio ed
una...” Klaus spostò lo sguardo sulla morettina e April
si sentì in dovere di rispondere. “Vegetariana...”
“...e una
vegetariana con molte verdure. Grazzzie!” esclamò
sbarazzandosi del cordless. “Tua sorella è davvero
in ritardo.”
Jeremy non mosse un
muscolo e solo April si azzardò ad alzare lo sguardo. Klaus la
inquadrò con una buffa smorfia. “Occupiamoci di te.”
***
“Qua, le prendo
io.”
Elena ficcò una
manciata di banconote nella tasca del pony express e prese le
sue pizze, sorreggendole con la sinistra. Bussò, anche se
voleva buttare giù la porta a calci.
“Non sei il
ragazzo delle pizze.”
“Sono più
carina” borbottò raccogliendo coraggio. Odorava di
sangue. Elena strinse gli occhi, gli cacciò in mano le scatole
e lo spinse da un lato. “Jer! Jeremy! Je...” Elena si
arrestò bruscamente quando vide la piccola April legata ad una
sedia, svenuta, e con un morso fresco sul collo. “L'hai
trasformata?!”
“Mi ha interrotto
il tuo scampanellare” ammise scaraventando le confezioni sul
tavolo della cucina. “Questo per ricordarti che razza di mostro
sono. Mi hai costretto tu, Elena. Tu e la tua romantica idea di
trasformarmi in un clone di Stefan.”
Elena spostò lo
sguardo dalla pallida ragazzina al vampiro. “Questo per
ricordarti che razza di mostro sei” mormorò
pacata. “Jeremy ha paura e obbedirà ad ogni tuo ordine.
Non ti serve tenerlo qui, era solo una scusa per costringermi a
tornare.”
“Non ho bisogno
di scuse...”
“Inconsciamente”
lo interruppe inclinando la testa. “Hai teso una trappola a te
stesso.”
Elena sorrise e Klaus
sogghignò, prima divertito poi irritato. “E'
indispensabile che il tuo odio per me cresca ancora. Credimi, ne va
del bene collettivo. Deve esserci una bilancia, la malvagità
deve avere la sua controparte, per esistere. Noi possiamo convivere,
ma non possiamo essere legati, cara.”
“Ma questo non ti
impedisce di provare dei sentimenti per me.”
Il vampiro la fissò,
spostando avanti il mento. Lo stava mettendo in difficoltà.
“Hai la mia parola che non farò del male a tuo
fratello...”
“Vale qualcosa,
la tua parola?”
La provocazione era
obbligatoria, a quel punto. Non poteva essere altrimenti. “Ora
devo spiegarti a cosa serve la mappa...”
“Dopo. Prima
libera Jeremy.”
Klaus la fissò e
un grugnito di disappunto gli alterò i lineamenti. Marciò
fino alla struttura di legno e acciaio e strappò via le
catene. “Porta via la ragazzina” sibilò dandogli
le spalle. “Come vedi, acconsento ad ogni tuo desiderio, mia
amata.”
Jeremy fissò la
sorella, mentre l'aiutava a issare April. “Tu non vieni?”
“Devo parlare con
lui...”
“E' Klaus, è
un bugiardo patologico! Hai visto cosa ha fatto ad April, è il
male incarnato!”
“Grazie del
complimento!” esclamò il vampiro da lontano, chino sui
disegni dl ragazzo. “Elena.”
Elena spinse il
fratello fin fuori della porta. Le mani le tremavano. “Come
vedi, acconsento ad ogni tuo ordine. Caro.”
“Il sarcasmo non
ti si addice, Elena...” sospirò scoprendo i disegni
personali del ragazzo. “Tuo fratello ha talento.”
Elena sbirciò i
fogli e trattenne il fiato quando alzò lo sguardo su di lei.
“Sei tu?”
Un abbozzo, poche linee
identificative. Ma sì, era lei. “A cosa ti serve la
mappa?”
“A trovare la
cura.”
“La cura per
cosa?!”
“Per l'orrore che
siamo” sussurrò guardandola negli occhi. “La cura
per il vampirismo, Elena.”
***
Mezz'ora dopo, Elena
aveva sfrondato le chiacchiere del vampiro giungendo all'essenziale.
Esisteva una cura per il vampirismo e suo fratello portava addosso la
mappa che li avrebbe condotti al luogo segreto che la nascondeva. Per
sviluppare il disegno, avrebbe dovuto uccidere vampiri. Klaus lo
avrebbe rifornito di vampiri, a costo di trasformare mezza città.
Tutto il resto, le implicazioni di Stefan, la sua vendetta sfumata,
passavano in secondo piano. Meno persone sapevano, meglio era. Se la
cura si fosse rivelata fallimentare, in pochi avrebbero sofferto.
“Posso contare
sulla tua discrezione?”
Elena annuì e
guardò il disegno del tatuaggio. C'era sempre un piano da
seguire o qualcuno da sfruttare. Il quadro completo era ben
deprimente.
“Lasciati
scappare una parola...”
“Non minacciarmi,
ho detto che lo farò!” rispose inchiodando lo sguardo
nel suo. Mise in ordine i disegni del fratello, separando quelli
privati dalla collezione 'a tiratura limitata' di Klaus.
“No, quello no.”
L'abbozzo del suo viso.
Elena lasciò cadere le braccia e inghiottì le lacrime,
strappandolo in due pezzi e lanciandoli contro il vampiro. “Ti
odio, sei contento?!”
Klaus fissò i
fogli mentre volteggiavano fino a raggiungere il pavimento. Afferrò
la bottiglia vuota del liquore che si era scolato la sera prima e
sospirò. “Scendo in cantina per fare rifornimento. Al
mio ritorno, non voglio trovarti qui.”
Elena gli scoccò
un'occhiata gelida, afferrò la cartellina con i disegni dei
tatuaggi e la gettò nel fuoco.
Klaus scagliò la
bottiglia a terra, pestò il cristallo infranto e il rumore
interruppe il silenzio pesante. “Non hai alcun rispetto per il
lavoro di un artista!”
Elena raddrizzò
le spalle e camminò fino alla porta. Un altro sguardo gelido.
Il disprezzo non arrivò fino alle labbra, sigillate dal
dolore.
Klaus provò a
calmarsi ma la rabbia e la frustrazione avevano stretto un legame
indissolubile e non lo lasciavano respirare. Digitò il numero
di Stefan che rispose al secondo squillo. “L'accordo precedente
resta valido. C'è un nuovo Cacciatore in città”
dichiarò raccogliendo i pezzi di vetro uno ad uno.
>Chi è?<
“Il fratello.”
Una scheggia penetrò
nel pollice e Klaus lo portò alla bocca, succhiando via il
sangue. Fissò la porta, il disegno strappato e accostò
le due metà con il piede.
Casa
Gilbert
“Che cosa vuoi,
Damon?”
Bell'accoglienza! Il
vampiro assunse un'aria innocente mentre Elena si sbarazzava della
giacca e legava i capelli su se stessi, salendo i gradini del piano
superiore.
“Eravamo
preoccupati per te.”
Caroline. Bene. Giusto
con lei doveva parlare. Elena ci ripensò, tornando in salotto.
“Sto bene.”
“Stefan ha
soggiogato April e l'ha riportata a casa...”
“Perfetto”
sussurrò aprendo casualmente tutte le ante della cucina. “Sono
stanca, ho avuto una giornataccia. Potete andarvene, per favore?”
Suonava tanto di
ordine, quel per favore. “Sappiamo della cura.”
“Ho dimenticato
di riempire il frigo!”
“Credo che a
Jeremy sia passato l'appetito” azzardò la vampira
bionda. “Elly...”
“Perchè
nessuno ascolta mai, quando parlo?!” eruttò strappando
un post-it dal blocchetto e scribacchiando la lista della spesa.
“Voglio restare sola!”
Damon dondolò
via dalla cornice della cucina e sparì nel giardino. Caroline
la vide tormentare i capelli e il collo e restò buona e
silenziosa in un angolo. “E' stato tanto brutto?”
“Orribile...”
“Cosa hai dovuto
promettere per la libertà di Jeremy?”
“Devo restare il
più lontano possibile” bisbigliò tamponando le
ciglia con le dita. “Come se ne avessi voglia...”
Caroline sgranò
gli occhi e arrossì. “Ehm...”
“Concedigli un
appuntamento prima che esploda e sprofondi Mystic Falls nelle
tenebre. Magari si da una calmata” biascicò mordendo le
labbra. “Chiudi la porta quando te ne vai.”
Caroline annuì,
attonita e seguì l'amica fino al salotto. Elena sparì
al piano superiore mentre Jeremy rincasava con l'aria stravolta e
infelice. “E' tornata?”
La vampira indicò
il piano superiore e la musica esplose in quel momento.
“Mi sa che è
andata male” borbottò il ragazzo conoscendo le abitudini
della sorella. “A te ha detto qualcosa?”
Caroline scosse i
biondi capelli e trattenne il respiro finché non fu fuori
dall'abitazione.
“Ha cantato?”
Damon uscì dall'ombra di un albero e Caroline lo fissò,
indecisa. “E' tutto ok” mentì. “Klaus non è
più un problema.”
|
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Capitolo 8 *** 8 ***
Ciao
a tutte! Vorrei poter dire che questo è l'ultimo capitolo, ma
NON lo è! Passiamo ai commenti, mi siete sembrate confuse su
alcuni passaggi. Elena si arrabbia perché Klaus non vuole
ammettere il suo interesse. Brucia i disegni solo per farlo
arrabbiare. E' sempre un gioco di potere fra loro. Inoltre, crede che
la sua 'ritrosia' sia dovuta all'interesse che ha sempre manifestato
per Caroline, per quello dice all'amica di uscirci... cosa che
Caroline non farà mai e poi mai. Cindernella, ho un'altra
storia nella sezione TVD e lì c'è tutto il Klaroline
che vuoi =) Oh oh! Abbiamo il guest star: Elijah! *.* Buona
lettura!
Mystic
Grill
Ti stai perdendo il
meglio, compare. “Un bourbon.”
“Due.”
“Tre.”
Klaus lo guardò,
interrogativo.
“Per l'amichetto
immaginario” sussurrò Damon con un sorrisetto.
“Lascia tutta la
bottiglia” ordinò al ragazzo che incassò la
banconota senza fiatare. “Possiamo smetterla di fingere di
essere amici.”
“Non siamo amici,
sei quello che mi paga da bere perché lo stia ad ascoltare”
commentò versandosi un altro bicchierino. “Devo
aspettarmi qualche grande rivelazione?”
“Non ho mai visto
Star Wars.”
“Questi dovevi
portartelo nella tomba” sussurrò voltandosi piano sulla
sedia ed inquadrando una silhouette familiare. Damon spostò la
sedia di mezzo metro e una ciocca di capelli biondi attrasse
l'attenzione di Klaus. Il dolore esplose in un istante ed il vampiro
sentì chiaramente il paletto attraversarlo da parte a parte.
“Che... cosa ho fatto...”
“Lo sai
benissimo” sussurrò Caroline nel suo orecchio,
strappandolo subito indietro e facendolo sparire sotto l'impermeabile
ampio.
Klaus si accasciò
sul bancone e un bicchierino colmo di liquore, strusciò sul
bancone fino alla sua mano. Il vampiro pensò che se avesse
bevuto in quel momento, il bourbon sarebbe colato attraverso i
vestiti. Sghignazzò e gli spalle gli tremarono.
Gli ricordava qualcuno,
pensò Damon osservandolo di sottecchi. Era ridotto allo stesso
modo, dopo l'abbandono di Katherine. “Le ragazze di questa
città sono deliziose ma instabili.”
“L'ho notato...”
Damon scivolò
via dallo sgabello e infilò la giacca, bevendo dal bicchiere
di Alaric. “Sai come si dice. Lasciala andare...”
“...e vattene il
più lontano possibile” rispose di malumore. “La
bottiglia resta.”
Le vittorie possono
condurre a vicoli ciechi mentre le sconfitte aprono mille nuovi
orizzonti, pensò posando il mento contro il palmo della mano.
Sguazza nel piacere effimero di una vittoria, Elena Gilbert. Non
riderai, domattina. Klaus fissò l'orologio e alzò
gli occhi su quello del locale. Le quarantotto ore erano passate.
Mancava poco all'alba.
Casa
Gilbert
BUM
BUM BUM!
Ma che... chi
diavolo... Jeremy si affacciò alla finestra e la visione non
gli piacque per niente. “Che cosa vuoi, ora?”
“Se vuoi salvare
tua sorella, devi fare il primo gesto da cacciatore di vampiri!”
Se avesse continuato ad
urlare in quel modo, i vicini avrebbero chiamato la polizia e sarebbe
stato un massacro. Sbirciò nella camera di Elena e la trovò
vuota. Scese le scale in tutta fretta, spalancò la porta e
uscì sul vialetto. “Che cosa devo fare?”
“Devi uccidere un
vampiro.”
“Niente di più
facile, ne ho giusto uno davanti che non distingue il giorno dalla
notte.”
Klaus sogghignò
e lo afferrò per la collottola. “Tutti spiritosi in
famiglia! Elena ha causato un bel danno ai tuoi disegni. Spero tu
abbia fatto delle fotocopie.”
“Li ho
scannerizzati... perché?”
Wickery
Bridge
Sarai
più utile a Jeremy come fantasma che come vampiro.
Hai
ragione, mamma...
Elena gettò
l'anello dal ponte e seguì la lunga parabola fino all'acqua
torbida e scura. Scavalcò la balaustra e dondolò le
gambe nel vuoto. Un altro paio di stivaletti si affiancarono ai suoi.
Katherine sorrise, sfacciata.
Elena sospirò e
poso le mani in grembo. Le allucinazioni sarebbero sparite appena
Jeremy avesse ucciso un vampiro, ma non poteva permettere che anche
suo fratello si macchiasse di un crimine simile. Aveva parlato con
Stefan. Stefan aveva capito. Damon avrebbe solo cercato di farle
cambiare idea.
“Come si dice, la
terza volta è quella buona.”
“Mancavi solo
tu...”
Klaus si accomodò
accanto alla ragazza e guardò in basso. “E' profondo...
e scuro.”
“E freddo”
concluse prendendo le distanze dalla sua visione. “Fra
tutte le allucinazioni, tu sei la peggiore.”
“Cinque minuti
all'alba, hai diritto ad un ultimo desiderio.”
“Sparisci,
Niklaus.”
“Sono in vena di
generosità, approfittane.” Il piccolo Gilbert andava per
le lunghe quando si trattava di far fuori qualcuno. Klaus infilò
la mano in tasca e inviò la chiamata. “Sollecita il
fratellino, non posso trattenerla ancora.”
>Dov'è?<
“Sul ponte.”
Jeremy staccò
l'orecchio dal telefono di Stefan e fissò il vampiro stordito
a terra. Alzò l'accetta e prese un bel respiro.
Tre
giorni dopo
[…]
Un tempo, la causa più meravigliosa di amore era il pericolo
stesso dell’amore. Perciò gli amanti sono così
tristi: sanno che non avranno altro nemico all’infuori di se
stessi, sanno di essere sia la fonte sia l’inaridirsi della
loro unione. Chi accusare, ahimè, se non «noi due»,
e quale amarezza supera quella di uccidere l’essere adorato per
il semplice motivo che si sta insieme?[…]
“Hai imparato a
leggere?”
Non l'avrebbe mai
terminato, quel libro. “Va via” borbottò girando
pagina.
Sterminava una città
e se ne prendeva il merito, faceva una cosa giusta e la nascondeva
per bene sotto terra. Damon sogghignò. “Perché
hai chiamato proprio me?”
Klaus sbocconcellò
il tramezzino e tornò indietro di un passaggio, ignorandolo.
“Potevi prenderti
il merito.”
“Risparmiami”
commentò annoiato.
Damon alzò le
mani e scivolò via dal tavolo, doppiando Jeremy che arrivava
con le ordinazioni.
“Ehm... grazie
per... quello che hai fatto per Elena...”
“Ringraziami al
momento della mancia e preoccupati solo del tuo lavoro. Servi ai
tavoli, uccidi i vampiri inutili e sviluppa i disegni. Sei il nostro
piccolo Buffy di Mystic Falls, datti da fare.”
Era spiazzante,
pensò il ragazzo allontanandosi e sbirciandolo da sopra la
spalla. “Che ci fai qui, il dottore non ti ha ordinato tanto
riposo?”
Elena si era svegliata
con un surplus di energie. Se non le avesse smaltite con la corsa,
avrebbe dato di matto un'altra volta. La confusione era passata di
colpo, insieme alla maledizione. Amava Stefan, l'avrebbe sempre
amato, indipendentemente da quel che era accaduto negli anni e dalla
sua attrazione per Damon. Un altro punto caldo che aveva analizzato
con freddo raziocinio. Damon la portava al limite, ma lo stesso si
sentiva al sicuro. Klaus ce la buttava dentro e si sedeva sulla riva
del fiume. Ricordava proprio tutto, anche... Elena arrossì e
si affaccendò a sistemare i lacci delle scarpe. L'aveva
baciato, inutile negarlo. Non poteva neppure prendersela con lui. “Da
quando Damon è il nostro medico di famiglia? Sto bene, ho
dormito anche troppo. Dove sono finite le bollette? Non dirmi che le
hai già pagate.”
“Attaccate al
frigo, come al solito.”
Elena si chiese se
l'aspetto che aveva dopo un'ora e mezza di corsa, era lo stesso
registrato allo specchio prima di uscire di casa e se il deodorante
reggeva ancora. Tutta quell'insicurezza l'aveva sempre avuta? Le
sembrava di camminare su una graticola incandescente, da quando si
era svegliata.
Klaus la guardò
e girò lentamente una pagina. Era seduta allo stesso tavolino
da cui era cominciato tutto, indaffaratissima ad allacciare le scarpe
da ginnastica e a controllare le canzoni sul lettore mp3. Le
tremavano le mani. Non riusciva a stare ferma e continuava a
tormentare la fascia e la maglia sportiva che indossava.
Potevi
prenderti il merito.
Poteva prendersi il
merito, già, pensò piegando il giornale in quattro e
tirando indietro la sedia. E poi?
Elena lo guardò
in quel preciso istante e scolorì, come un personaggio dei
cartoni animati. Il vampiro la fissò di rimando, uscì
dal Mystic Grill e si fermò di fronte alla propria
auto. Aveva dimenticato il libro nel locale. Klaus esitò. Era
un'edizione economica molto usata che avrebbe potuto trovare in un
qualsiasi mercatino delle pulci. La sua mente creava trappole
ridicole ogni volta che posava gli occhi su Elena Gilbert.
“Tu, codardo!”
Quello era
assurdo! Come si era liberata? Oh, dio...
“Come hai osato
pugnalare tua sorella?!”
“Non dovevi
distruggere le sacche di sangue di Elena!”
Klaus alzò gli
occhi al cielo, e non risparmiò un'occhiataccia al fratello
apparso dietro Rebekah. "Chi ti ha detto di estrarre il pugnale,
Elijah? Era lì per un motivo."
"La tua crudeltà
ha superato i limiti, Niklaus."
Ma si conoscevano da
abbastanza tempo, loro due? "Consentimi una domanda. Come osi
entrare in casa mia e frugare in giro?"
Una chioma bruna invase
il campo visivo e per un istante minuscolo, Klaus smise di parlare.
Si voltò verso Elena e la guardò in cagnesco. “E'
una questione familiare!” ringhiò facendola ritrarre.
“Raccontale come
hai pugnalato tua sorella a sangue freddo! Sapevo che non avevi un
briciolo di cuore ma fare questo a me.. a ME, dopo tutto
quello che abbiamo passato insieme!” urlò Rebekah in
lacrime.
“Non buttarla sul
patetico. Sono discussioni che capitano...”
“Hai pugnalato
tua sorella!”
“... in famiglia”
concluse mordendo l'interno della guancia. “Possiamo
parlarne...”
“Continua a
tenere lontano le persone che ti vogliono bene e resterai solo,
Niklaus” concluse Rebekah voltandosi con una debole piroetta.
“... in privato.
Ehi, è maleducazione dare le spalle a qualcuno mentre stai
litigando!”
Elena lo fissò
incredula e spostò lo sguardo su Elijah che manifestò
il suo fastidio con un guizzo della mascella.
“Hai causato ben
più di un guaio alla nostra famiglia!”
“L'ho causato a
te!”
Elena riconobbe il
vecchio sguardo d'odio e superficialità che riservava loro da
quando era arrivato. Rebekah sembrava appena passata sotto uno
schiacciasassi.
“Ti innamori di
ogni idiota che ti dimostra un briciolo di affetto! Dovresti aver
imparato, dopo l'infinito numero di delusioni subite! Non posso
fidarmi di te!”
“Va al diavolo,
Nik! Tu vuoi la cura per Elena, per tornare a produrre ibridi in
massa!”
Elena batté le
palpebre e lo guardò. Anche se Caroline aveva mentito e Damon
glissato, ricordava chi l'aveva scaraventata in acqua quando il sole
aveva cominciato a bruciarle la pelle. Le aveva anche ripescato
l'anello e infilato al dito sbagliato. Se n'era accorta facendo la
doccia, ma l'aveva lasciato lì. Senza alcun motivo.
“Appena tornerai
umana, ti dissanguerà. Distruggerà la cura e ci
condannerà a sopportarlo per l'eternità!” esclamò
la vampira con un sogghigno lacrimoso. “Tieni più a lei
che a me! Cristo santo, perché non te la sposi anche?!”
“Rebekah, ti
prego...” Elijah sospirò e passò la mano sul
volto. “Niklaus, scusati.”
“Mai!”
Elena si allontanò
dal gruppetto con l'espressione dolorosa e il passo veloce. Il
gesto disinteressato
di Klaus nascondeva un secondo piano, ora che il primo era sfumato.
Quella era la realtà e non sarebbe mai cambiata.
***
“Jer...”
“Che vuoi? Faccio
tardi a lavoro!”
Elena continuò
ad arricciare il ricciolo fra le dita, seduta nel vano della finestra
ricolmo di cuscini e pupazzetti. “Tu dai per scontato il mio
affetto per te?”
“Certo, sei mia
sorella.”
Elena lo guardò
come se l'avesse tradita ma Jeremy non se ne accorse. “Hai
visto di nuovo Gilmore Girls?”
“Era solo una
domanda” mugugnò guardando fuori della finestra.
Casa
Mikealsohn, la sera stessa.
E che diavolo
significava, quel simbolo?
Klaus inclinò la
testa e girò il laptop, invece di ruotare l'immagine
scannerizzata con l'apposito programma. Quando se ne accorse, riportò
il pc sul tavolo. Bah, per quella sera era arrivato al capolinea,
pensò strofinando i capelli bagnati con l'asciugamano che
aveva attorno al collo.
Din
don
Era
appena uscito dalla doccia e i vicini non suonavano mai alla sua
porta. Almeno i jeans ce li aveva addosso? Il campanello trillò
una seconda volta mentre infilava una maglietta pescata al volo
dall'armadio. Girls
Scout? Una nuova religione?
Klaus batté le palpebre e rimase saldamente al suo
posto. Una scudisciata di terrore e
lussuria lo inchiodò sulla porta. Profumo. Il suo profumo
dritto nelle narici. “Quale inaspettata sorpresa! Che
cosa vuoi?!”
Elena gli inviò
uno sguardo di ghiaccio. “Chi deve soffrire, stavolta?”
Klaus strinse gli
occhi, nervoso. "Non capisco."
“Se la cura
funzionerà, avrai bisogno del mio sangue per creare gli
ibridi. La domanda è...”
“Entra.”
“... chi dovrà
soffrire stavolta, a parte me?”
“Chiunque si
frapponga sul cammino, ho detto 'entra'” sbottò
tirandola per il braccio e sbattendo la porta.
Ora aveva lo stomaco
sottosopra. “Mi fai male...”
Klaus allentò la
stretta ma di poco. Tanto per rimarcare chi comandava e chi
obbediva. “L'equilibrio si regge su di noi, Elena. Il
male che provoco alle persone è compensato dal bene che tu
dispensi con le tue azioni. Non può esserci il Bene senza il
Male, siamo legati, mia cara. Ho bisogno di te. Sei l'unica
che mi abbia mai portato al limite. Mi servi viva e in salute. Non
fare sciocchezze nell'immediato futuro.”
“Viva”
ironizzò.
“Non sottolineare
e sta lontana da Rebekah. E' arrabbiata con me e potrebbe
prendersela con te.”
“Chiedile scusa e
falla finita con quest'atteggiamento da duro!” esclamò
divincolando il braccio sinistro. “Tu non sei stato sempre
così.”
“E' qui che ti
sbagli, tesoro. Sono sempre stato così.”
“E' la stessa
ragazzina che spingevi sull'altalena!”
Klaus non batté
ciglio e la lasciò andare, infilando le mani nelle tasche.
Sorrise e ad Elena non piacque per niente.
“Dovresti essere
più comprensivo. Aiutarla se è in difficoltà,
non punirla se non arriva al punto che tu hai stabilito per
lei. Sei suo fratello, dovresti provare un minimo di affetto...”
"La tua ossessione
per Damon Salvatore è finalmente esplosa, Elena? L'hai
ringraziato come si conviene?” domandò all'improvviso,
mettendola a tacere.
Era come sbattere più
e più volte contro un muro di gomma solido. “E' un
meccanismo di conservazione del potere. Se ammetti di provare
qualcosa, perdi la posizione di predominio...”
“Quel che mi
piace di te, Elena: una parte di prodezza e tre di stoltezza”
dichiarò con un altro sorriso malefico. “Jeremy ha avuto
la bella idea di scannerizzare i disegni, prima di consegnarmeli. Il
tuo gesto drammatico non avrà ripercussioni sulla ricerca..
ehi!” Klaus schivò di poco la borsetta di Elena e
l'afferrò a mezz'aria. “Sei impazzita?!”
Elena era furibonda e
si tratteneva dal tempestarlo di pugni. Roteò gli occhi,
farfugliando un'offesa fra i denti. Avrebbe preferito
un'allucinazione, senza dubbio! “Che cazzo di problema hai?!”
esclamò tirando indietro i capelli. “Non puoi
comportarti normalmente?!”
Panico. Terrore. Altro
panico. Elena Gilbert non era un'ossessione. Era una salita piena di
curve quando hai il mal d'auto, l'ultimo bicchiere di una sbronza
colossale. Elena Gilbert faceva male e la cosa era reciproca. In più,
lo scopriva come un nervo e lo rendeva suscettibile agli attacchi
esterni.
“Le persone che
tengono a te si contano sulle dita di una sola mano, ma invece di
ringraziare il cielo che quei due perdano ancora tempo dietro i tuoi
capricci, ti comporti come uno stronzo!” esclamò
perdendo la pazienza e la finezza. “Chiedi scusa a Rebekah! Dì
che le vuoi bene anche se non è vero. Menti! E' quello che ti
riesce meglio, sei bravissimo a mentire!”
Klaus la guardò,
impassibile.
“Hai abusato del
mio momento di debolezza ma non te lo lascerò fare di nuovo.
Sono stata chiara?!”
“Tu ed io abbiamo
una peculiarità in comune: allontaniamo le persone per non
dover essere sempre all'altezza delle loro aspettative. Così,
se qualcosa va storto, nessuno resta deluso” replicò,
calmo come un lago immobile.
“Io non allontano
le persone...”
“No?”
sussurrò alzando le sopracciglia. “Pensaci bene.”
“Stefan non ha
nulla a che fare con il tuo terrore affettivo.”
Aveva perso un
passaggio. Klaus la fissò con le sopracciglia aggrottate. “La
storia che l'amore vince su tutto, è una stronzata inventata
dai poeti e dai sognatori. L'umanità è predisposta
all'odio, fidati, so quel che dico.” Conosceva l'animo umano e
la sofferenza. L'aveva provata e provocata. Conosceva anche il
desiderio degli uomini e la frenesia che scorre nelle vene delle
donne. Nelle vene di Elena Gilbert. Lo sentiva tutto lì,
fra il diaframma e i polmoni. “Non dovevi venire qui.”
“Ti
annienterò”
sussurrò Elena con una strana scintilla negli occhi.
“Dovessi impiegare cento anni, striscerai e supplicherai
affinché sparisca dalla tua vita!”
Quella ragazza era la
punizione per tutto il male che aveva fatto, pensò con un
sospiro arreso. Gli rovinava i piani e mandava a monte le serate
rilassanti. “Ti supplico fin da ora, se basterà a
liberarmi della tua presenza.”
“Non ho bisogno
di un manichino senz'anima, nella mia vita.”
“Avvertirò
Damon di starti alla larga.”
Elena lo fulminò
con un'occhiata. “Sei terrorizzato dall'idea di provare
qualcosa per me!”
“Provo senza
dubbio qualcosa per te, dolcezza!” ringhiò perdendo la
pazienza. “Tutta questa tensione fra noi dobbiamo risolverla.
Scegli: pistole all'alba o lotta all'ultimo sangue. Non credo nelle
armi da fuoco.”
“All'ultimo
sangue” sussurrò venendogli incontro.
“Me ne frego se
sei una donna, non mi tratterrò, tesoro.”
“Trattieni i
nomignoli, piuttosto. Sei ridicolo!” sibilò alzando il
mento. “Katherine ha sbagliato fin dall'inizio. Non doveva
scappare, doveva affrontarti!”
“Elena, ti rendi
conto che hai appena sfidato un vampiro Antico, per di più
ibrido, ad un duello sanguinoso?” domandò
abbassando la voce. “Non ti sembra eccessivo? O letale?”
Lo sapeva eccome. Aveva
cominciato a farsela sotto da subito. “Entrerà nella
leggenda” annunciò strappandogli la borsetta dalle mani.
“Il più cacasotto sceglie il posto!”
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Capitolo 9 *** 9 ***
Casa
Gilbert
“CHE COSA HAI
FATTO?!”
Diodiodio! Perché
li aveva coinvolti?! Elena tirò il cappuccio della felpa sulla
testa e abbassò il mento sulla tazza di tisana alla fragola.
“Calma, sappiamo
tutti che non può ucciderla.”
“MA CERTO, STIAMO
TUTTI CALMI!”
Caroline sospirò
e dondolò sulla sedia. “Damon...”
“SEI
COMPLETAMENTE RINCRETINITA?!”
Elena abbassò
ancora di più la testa e quando la rialzò, aveva le
guance rosse. “Oh, smettila! Non potevo lasciargli l'ultima
parola! Invece di urlare, spiegami come faccio a diventare più
veloce e più forte entro stasera!”
“STASERA?!”
Caroline si tappò
le orecchie e rivolse un'occhiataccia al vampiro. “Abbassa la
voce o Klaus ti sentirà dall'altra parte della città”
sibilò, tornando a guardare Elena. “Stasera?!”
“Destabilizzazione”
annunciò con un mezzo broncetto “a Klaus serve tempo per
organizzare i suoi piani...”
“Non gli serve un
piano, principessa! Gli basta allungare il braccio!” esclamò
battendo le mani sul tavolo.
Il liquido nella tazza
ondeggiò in volute concentriche ed Elena sospirò.
Din
don
“Omertà
assoluta con Jeremy. Non voglio farlo preoccupare” borbottò
dinnanzi alla porta. “Hai dimenticato le chiavi?” Oh.
Merda. Ohhhhh merdaaaaa!
“Ciao, Elena.
Posso entrare?”
“Dipende. Ogni
volta che suoni alla mia porta, succede qualcosa di terribile...”
Elijah sorrise per un
lungo momento. “Non posso dire di non notare una vena di ironia
in tutto questo...”
“La vena che mi
reciderà” sospirò facendo cenno di accomodarsi.
Rebekah era seduta sui gradini esterni con i libri sulle ginocchia.
Elena si chiese perché fossero venuti entrambi. La domanda
doveva leggersi sul suo volto, Elijah rispose con molta sincerità
e cortesia. “Abbiamo saputo della sfida.”
“Tu sei pazza”
bisbigliò la vampira bionda occhieggiandola da sopra la
spalla.
“Niklaus merita
una punizione.”
Rebekah mugugnò
una parolaccia fra i denti e mise il broncio. Elena saettò lo
sguardo fra lei e il fratello. “Questo non è... un
tradimento?”
Rebekah spiegò
un foglio e allungò il braccio senza guardarla. Elena lo girò
verso di se, incuriosita. “La lista dei suoi punti deboli?”
“Studiali.”
Elena accartocciò
il foglio e lo infilò in tasca. “Non voglio barare.”
“Dovrai barare,
stupida ragazzina!”
Elena alzò un
sopracciglio e sbatté la porta in faccia alla vampira.
“Comincio a capire cosa lo irriti a quel modo” sussurrò
ed Elijah rise sommessamente.
***
“Sono condannata”
ammise fissando imbambolata Elijah dopo la lunga chiacchierata
sostenuta.
“Ti stai
preoccupando per niente.”
Non teneva più i
piedi sul tavolo, Caroline. Quando Elijah compariva all'orizzonte, ci
teneva ad interpretare la damina delicata.
“Klaus non ti
ucciderà. Se la cura funziona...”
“Mi farà
tornare umana e mi dissanguerà. Mi sento molto meglio! Grazie,
amica mia!” esclamò facendo sogghignare il vampiro.
“Preferisco cadere in battaglia.”
“Non sarà
necessario arrivare a tanto. Dobbiamo renderti un po' più
forte e un po' più veloce” dichiarò slacciando il
polsino e arrotolando la manica.
Elena lo guardò,
basita. “Devo proprio?”
“E' una tua
scelta.”
“Sono faccende
vostre!” esclamò Caroline scappando dalla cucina.
“Chiamatemi quando avete finito”
Elena guardò
Damon che alzò a sua volta le mani. “E' pazza...”
“... o a digiuno.
Potresti...”
“E' ingorda, sta
attento.”
Damon si allontanò
e quando furono soli, Elena abbassò le spalle e soffiò
fra i denti. “Vuoi che ti morda davvero?”
“Niklaus ha
bisogno di una lezione ma è bizzarro che sia tu ad
imparatigliela...” Elijah la scrutò intensamente e
sorrise. “Katherine non aveva il tuo nerbo. Era furba, ma non
così coraggiosa.”
“Molto più
intelligente di me” dichiarò accostando la sedia a
quella del vampiro.
***
“Che accidenti ci
fai, qui?!”
La ragazza alzò
la testa dai libri e ammutolì per un lungo istante. “Che
cosa fai tu qui. Non dovresti prepararti per la lotta all'ultimo
sangue?”
Klaus sospirò e
alzò gli occhi al cielo. “Torna a casa!”
“Quale casa? La
tua, forse?” singhiozzò ficcando i quaderni nello
zainetto. “Va al diavolo...”
“Bekah...”
“Crepa!”
“Mi dispiace”
annunciò buttando fuori le parole a fatica. “Sono stato
un vero...”
“... stronzo!”
Il vampiro spinse la
lingua nella guancia e annuì. “Sei mia sorella, non c'è
bisogno che ti dica... do per scontato che tu lo sappia, è
quello che fanno i fratelli maggiori!”
“Non riesci
proprio a dirlo. Ci giri sempre intorno” bisbigliò
mettendo la zaino sulla spalla. “E ad Elena l'hai detto?”
Klaus raggelò e
la sua espressione si fece cupa. “Taci finché sei in
tempo.”
“Spero ti prenda
a calci per tutta la foresta!” esclamò allontanandosi a
lunghi passi.
Klaus la fissò
finché non svanì dietro la curva, sospirò e
stropicciò la faccia con le mani. Da capo, pensò
aggirando l'abitazione. Aveva sentito dire dal giovane Gilbert che la
sua ossessione era la cucina. Un vampiro poteva avere un'ossessione
più stupida?!
“Mh...”
Klaus si bloccò
davanti all'uscita posteriore di casa Gilbert. Il sangue aveva preso
a scorrere furiosamente nelle vene e gli toglieva equilibrio.
“Ah...”
Era... arrivato in un
momento inopportuno, pensò guardando in terra. Ma chi...
“Non posso più
farlo... basta...”
“Un'altra
volta, Elena.”
Klaus inspirò
furibondo. Aveva riconosciuto la voce di Elijah. Che stava facendo...
Elena spalancò
la porta e si fermò in mezzo al giardino, ansimando. Troppo
sangue, la stordiva... Klaus?
Il vampiro notò
le labbra sporche di sangue e strinse i pugni. Elena ansimò e
la botta di adrenalina e paura arrivò in testa facendola
barcollare. Era in anticipo e lei era piena fino all'orlo di sangue
antico che le faceva venir voglia di strapparsi la pelle di
dosso. E i vestiti. E i capelli.
“Non è
terreno di scontri, questo!”
Per un momento aveva
creduto... e invece... si trattava... “le hai spifferato tutti
i miei punti deboli?!”
Elena ficcò due
dita in tasca e gli lanciò la pallottola di carta.
Klaus lo spiegò
con un movimento secco. La scrittura era indubbiamente di Rebekah.
“Vi siete schierati.”
“Devi rivedere il
tuo stile di vita, Niklaus.”
Traditore, pensò
fissandolo con un disprezzo tale che Elijah ammutolì. “Ti
consiglio di studiarli attentamente” mormorò passando la
lista ad Elena.
“Io non baro...”
“Io sì.”
“Ero venuto per
fornirti una scappatoia, ma non mi lasci scelta.”
Elena deglutì e
si chiese se non avesse peggiorato la situazione. Ora aveva molta più
paura di prima.
***
“Elena, esci da
lì!”
“No...”
Caroline contò
fino a tre, poi alzò gli occhi al cielo. “Non puoi
nasconderti nella doccia per sempre! Prima o poi finirai l'acqua
calda... e Jeremy deve prepararsi per il suo appuntamento romantico.”
Elena chiuse il
miscelatore e posò la fronte contro le piastrelle. “Ok...”
“Non ho alcun
appuntamento romantico” le fece notare Jeremy a bassa voce. “Mi
vedo con i compagni di football.”
“Sssh! Vuoi che
la stani oppure no?”
Jeremy guardò il
biglietto d'invito che aveva trovato sullo zerbino e fece due più
due. “Di nuovo Klaus?”
“L'ha stuzzicato,
la stupida.”
“Ti ho
sentito...” mugugnò la ragazza uscendo dal bagno con i
capelli avvolti da un asciugamano e un accappatoio colorato addosso.
“Tieni alto il nome dei Gilbert, fratello.”
Jeremy sventolò
l'invito e lo girò a Caroline. “Se non vuoi andarci a
cena, basta dire no.”
Cena? Elena
stirò le labbra, affranta. Magari fosse...
“... un invito a
cena! Dove l'hai trovato?”
“Qui fuori. Ora
potete scrostarvi tutte e due? Ho un appuntamento!”
“Che razza di
modi!” Caroline sbuffò e ringraziò dio per essere
figlia unica. Elena era raggelata e continuava a guardare le lettere
vergate senza capire un accidenti di quel che c'era scritto. Sedette
sul letto e provò a concentrarsi. “Non capisco.”
“Klaus colleziona
ossessioni, sei la sua nuova ossessione. Cosa indosserai?”
“N-non ci
vado...”
Caroline mugolò
e tirò fuori due vestiti dall'armadio. “Hai ragione,
meglio il bosco freddo e oscuro ad una cena di classe.”
Elena lo fissò
ancora, osservò i vestiti planare sul letto e le scarpe che
Caroline aveva sistemato poco distante.
“In bocca al
lupo” soffiò con una piroetta. “Fagli vedere chi
comanda.”
Elena la guardò
attonita, l'asciugamano crollò da un lato e la pelle formicolò
violentemente. In... bocca al lupo?
Casa
Mikealsohn
Oh no. No no no,
pensò trattenendo il respiro quando la porta si aprì.
“Bellissima come
sempre, vuoi darmi il soprabito?”
Elena gli porse la
giacca tenendola con due dita. Aveva scartato tutti i vestiti di
Caroline, tutti troppo corti, aderenti e facilmente lacerabili in un
eventuale scontro fisico. La tavola era preparata con cura, il
caminetto acceso e il vino in fresco. Klaus era tirato da far paura,
elegantissimo. Trasalì, quando udì il tappo saltare e
il ghiaccio tintinnare attorno al vetro della bottiglia.
“E' consuetudine
che gli sfidanti consumino un pasto abbondante, la sera prima dello
scontro.”
“Non ho fame.”
“Hai quasi
dissanguato Elijah, lo immagino.”
“E' stata una sua
idea.”
“Lo so. Prego,
siediti.”
Klaus spostò la
sedia ed Elena lo fissò, nervosa. Qualcuno doveva ragionare
con quel tipo e spiegargli che un invito a cena stonava
assurdamente con il loro scambio di minacce!
“Mi perdonerai,
ma ho ritenuto opportuno non avere estranei intorno, stasera.”
Come se la presenza
degli ibridi l'avesse aiutata a tenere sotto controllo i nervi. O
lui. Elena drizzò la schiena e lo osservò muoversi
avanti e indietro con le pietanze. Stefan e Damon l'avevano avvertita
che Klaus faceva spesso di quelle cose. Ti serviva il miglior cibo
della tua vita, era galante, seducente e ti infilzava senza riguardi.
“Sei sempre stata
così taciturna?”
Ora doveva anche
rispondere alle sue domande? Elena afferrò il bicchiere e
scosse la testa.
“Non andremo da
nessuna parte se non ti sforzi di fare conversazione, mia cara.”
“Non ho alcuna
voglia di fare conversazione con te.”
“Allora mangiamo.
E' un rituale ben accetto dalla società.”
“Come se ti
interessasse far parte della società...” soffiò
abbassando gli occhi nel piatto e spostandolo dopo un attimo sulle
candele.
Klaus sorrise e si
addossò allo schienale della sedia. Elena lo fissò
distrattamente e posò il tovagliolo sulle ginocchia afferrando
la forchetta. Lo stomaco era serrato dolosamente e non sarebbe
riuscita a mandare giù un solo boccone.
***
“Hai finito di
studiare i miei punti deboli?” domandò roteando il pezzo
di carne in bocca.
“Stavo osservando
come la luce delle candele si riflette nei tuoi occhi, le poche volte
in cui ti sforzi di guardarmi. Il resto del tempo, il bagliore dei
tuoi orecchini crea una virgola di luce sulla mandibola, proprio
vicino alla curva del collo...”
Elena lo guardò
attonita e Klaus batté le palpebre, aggrottando la fronte.
“Perdonami, ho la brutta abitudine di studiare le persone ben
oltre la loro soglia di sopportazione.”
Era rimasta a virgola
di luce. Elena annuì e bevve un sorso di vino. “Ok,
come funziona? Dopo quanti morsi si va giù?”
“Siamo solo al
secondo. Non pensarci” le suggerì sfoderando un altro
piatto. “Patate novelle. Si sposano meravigliosamente.”
“Dove hai
imparato a cucinare?”
“Ti stupiresti
del numero di affari che ho concluso dopo un buon pasto, Elena.”
Ci credeva. Con un tale
peso digestivo sullo stomaco, chi avrebbe potuto dire no? Una
sensazione di pericolo e paura le tolse di nuovo l'appetito. Secondo
le regole del padrone di casa, il dolce non poteva essere servito a
tavola: andava degustato di fronte al camino. Quindi, eccola di
fronte al camino con la pelle in fiamme e il sangue che non la finiva
di batterle nelle orecchie.
“Credo nel cibo
molto più che nel ricatto.”
Elena strofinò
il collo con una mano e osservò il dolce che le aveva servito.
Era invitante, al limite del peccaminoso.
“Assaggia le
scaglie di cioccolato fondente. Possono risultare quasi amare...”
mormorò accostando un ricciolo ricurvo alle sue labbra. Il
cioccolato si sciolse quasi all'istante sulla lingua ed Elena ammise
che era davvero buono.
“Ora accompagnalo
con questo...” mormorò passandole un flûte di vino
dolce e liquoroso. Elena deglutì e la bomba di calore le
esplose nello stomaco.
“... e dimmi
com'è.”
“Superbo.”
“Io avrei
detto...” borbottò succhiandosi il pollice “...
lussurioso.”
Avevano un set di
posate d'argento di una bellezza tale che Caroline avrebbe pianto di
felicità, nel vederla... perché doveva imboccarla? La
seduzione appariva smaccata, dov'era finita la sua cautela? La
credeva così stupida da non aver capito che si trattava di una
commedia per farle abbassare la guardia? E tutto quel vino doveva
servire a farla ubriacare? Ci era caduta una volta, ma aveva la scusa
di essere confusa e persa... “Non sai mai quando è il
momento di fermarti” sbottò, col cuore in tumulto.
“Mi hai accusato
di avere un comportamento riprovevole. Sto cercando di migliorare,
dovresti rendermene merito. Ho confessato i miei sentimenti a Rebekah
e sono stato insultato, vengo da te per cercare di ragionare e ti
trovo avvinghiata a mio fratello a confabulare per distruggermi...”
Avvinghiata? Elena
lo guardò inclinando la testa. Sembrava geloso.
“Non avrei mai
dovuto baciarti. Sapevo che era sbagliato eppure sono stato così
debole da lasciarmi tentare due volte da te. Quando ti ho detto che
l'amore è per i poeti e i sognatori, non ti ho detto che ero
uno di quei sciocchi letterati che componevano versi per le fanciulle
del suo paese. Un giorno, mio padre lo scoprì e distrusse
tutto. Non concepiva che suo figlio dedicasse tanto tempo ad un
sentimento effimero che forse non avrebbe mai provato nella sua
vita.”
Elena lo seguì
con lo sguardo finché non arrivò al caminetto e si
accovacciò a stuzzicare il fuoco. Doveva manifestare empatia?
Dire qualcosa di intelligente o sagace? Fuggire a gambe levate?
Credere alle sue parole?! L'aveva aiutata, l'aveva fatta impazzire,
le aveva salvato la vita. Tanto giusto non era. “Cosa ti
spaventa?”
“Te. Lì da
sola con una ciotola colma di cioccolata.”
“Sei bravo a
glissare gli argomenti imbarazzanti...”
“Elena...”
Perchè non la
smetteva con le confessioni?!
“Non ho alcuna
voglia di rincorrerti per il bosco. Comincia a pensare alla versione
per Caroline e rilassati, per l'amor di dio. Non so come hai fatto ad
ingoiare la cena, nel tuo attuale stato d'animo!”
“Te ne sei
accorto...”
Klaus allargò
impercettibilmente le mani, sprofondando comodamente nel divano.
“Vuoi tornare a casa?”
Sì. No. Mh...
“Tu parli troppo e non mangi la cioccolata.”
“Non mi piace.”
Elena lo guardò
con una buffa smorfia. “Era un immodesto tentativo di
seduzione?”
“Se ha
funzionato, è valsa la fatica” rise guardandola negli
occhi. “Ha funzionato?”
Klaus le sfiorò
la mandibola ed Elena smise di sorridere. Allontanarsi di un paio di
centimetri era il massimo che poteva fare, in quel momento.
“A volte, la
persona che sente di più, è quella che lo dimostra
meno” mormorò baciandole le dita fredde. Spaventata,
pensò accarezzandole lentamente.
Elena si riappropriò
della propria mano e la nascose sotto l'altra che teneva in grembo.
“Sei pieno di sentimenti, tutti ben nascosti...”
“Usciamo. Così
la smetti di agitarti inutilmente.”
“Nessuno si agita
inutilmente in tua presenza...”
“Sono meglio di
quel che credi” dichiarò allargando la giacca ed
aiutandola ad infilarla.
“Dove...
andiamo?”
“Nell'unico posto
dove ti ho visto sorridere.”
|
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Capitolo 10 *** 10 ***
Mystic
Grill, tre ore dopo
“No, non credo
che cucinare rientri fra le ossessioni di un vampiro. Fratello?”
Stefan scosse la testa
e gettò l'oliva nel bicchiere vuoto. “Mai sentito niente
del genere.”
“Non è
ossessionata, voleva solo fare qualcosa di carino per te.”
Jeremy raccolse i
bicchieri sistemandoli nel vassoio vuoto. “Quel che ha
cucinato basterà per tre giorni...”
“Organizza una
festa con gli avanzi” propose Caroline mettendo i piedi sulla
sedia di Damon che le lanciò un'occhiataccia. “Sono
preoccupata per Elena.”
“Non le torcerà
un capello...” soffiò lanciando la carta decisiva sul
tavolo. “Almeno, fino all'alba.”
Caroline nicchiò
mentre girava la cannuccia nel cocktail ricolmo solo di ghiaccio.
Fece spallucce e annunciò che doveva ricaricare.
Saltellò fino al bancone, si infilò fra i due vampiri
Originali con una notevole gomitata a Rebekah che giocava ad Angry
Birds e, a tempi alterni, litigava col wifi
del locale, stirò la schiena come una gatta e allungò
il braccio verso il barista. “Ti ho sentita!”, sibilò
un attimo dopo in direzione della vampira che alzò il mento e
guadagnò un tavolo appena svuotato. “Stronza!”
“Ehm...”
“Non mi interessa
se è tua sorella! E' una stronza e ha ucciso la mia migliore
amica” sussurrò diretta ad Elijah. “Ho diritto di
dire la mia, siamo in un paese libero!”
“Completamente
d'accordo da me” annunciò per farla tacere. “Non
sembra, ma è una fanciulla molto sensibile.”
Sensibile?! Damon
Salvatore avrebbe detto tutt'altro! “Sensibile”
ridacchiò. “Sei proprio forte...”
Elijah si guardò
attorno. I fratelli Salvatore giocavano a carte, una fanciulla dagli
occhi azzurri e lunghi capelli neri conversava amabilmente con il
giovane Gilbert, Rebekah litigava con il cellulare e il loro barista
era impegnato a tenere a bada una ragazza resa intraprendente dai
cocktails. Un'atmosfera rilassata destinata a spezzarsi, pensò
nel momento stesso in cui due figure fecero la loro rumorosa comparsa
nel locale. Tutti i vampiri si voltarono a guardarli e nessun umano
li notò più di tanto. Matt colpì Jeremy su una
spalla e il ragazzo restò di sasso. “Tu ne sapevi
niente?”
“Sapevo
dell'invito a cena, non credevo avesse accettato!”
“Non fatevi
venire un infarto, va bene così” annunciò
Caroline a bassa voce.
Elijah la guardò
e Caroline alzò gli occhi dal tovagliolino che stava
arricciando in buffe forme. “Non sei d'accordo?”
“Una tregua non è
mai un male.”
“Sono in vena di
un brindisi” mormorò la ragazza quando ebbe di nuovo il
bicchiere pieno. “All'amicizia” disse battendolo con
forza contro quello di Elijah. “O qualunque cosa sia.”
“Ancora bourbon,
devo affogare i dispiaceri nell'alcool” Damon sospirò e
si appoggiò al bancone. “Un altro dei misteri di Mystic
Falls. Le donne di questo posto impazziscono, quando cambiano”
annunciò svitando la bottiglia e servendosi da solo. “Ci
spingeranno all'alcolismo, quei due...”
“Se li vedo
tubare, giuro che gli vomito addosso!”
Bizzarro. Klaus poteva
comportarsi nel peggiore dei modi ma riusciva sempre a stupirli
tutti. Erano entrati facendo molto rumore, ridacchianti come
ragazzini che l'hanno fatta grossa, alterati dal sangue che dovevano
aver versato entrambi con particolare diletto. In quel momento, Elena
tirò giù il vestito salito ad un livello di indecenza
che predisponeva all'infarto, Klaus le lanciò un'occhiata
scandalizzata ed la ragazza scoppiò a ridere e lo colpì
sul braccio, alzato a mo di protezione. Era imbarazzata ma gli occhi
le brillavano.
“Elijah, li stai
fissando...”
“E mi sento un
guardone” mormorò girando sullo sgabello. “L'ho
visto solo io?”
“L'abbiamo visto
tutti” bisbigliò Caroline, preoccupata.
“Vorrei crollare
senza vita in quest'istante” concluse Damon con un altro
sospiro. Fortuna che Stefan aveva lasciato il locale appena avevano
fatto la loro comparsa. Non l'avrebbe sopportato. “Chi si
unisce a me per dimenticare?”
“Devo restare
lucida. Se lo vedo allungare le mani, le ritroveranno nel bidone
dell'immondizia” annunciò la ragazza con aria tenebrosa.
“Sta venendo qui. Trattenetelo mentre la faccio cantare.”
“Non impicciarti,
strega.”
“Ricordi la parte
dove siamo amiche e ci diciamo tutto? Se ci va sotto,
comincerà a raccontarmi tutto tutto ed
io voglio dormire, la notte!”
Damon ammiccò
con un sogghigno. “Fatti valere, Barbie.”
“Barbie?”
“Bionda, occhi
verdi, perfetta.”
“Oh..”
sussurrò Elijah osservandola con occhio critico. “Perfetta.”
“Anche
io voglio dormire sereno, la notte” lo avvertì
staccandosi dal bancone. “Adieu.”
Non
poteva dire adieu
anche lui?
***
Aveva
l'ombretto più sulle sopracciglia che sulle palpebre. Dio, che
disastro! Elena si ripulì accuratamente e ripassò il
trucco, chiusa nel bagno del locale. Klaus l'aveva portata in
discoteca, avevano ballato insieme e aggiunto un extra
alla cena. Era stato ben attento a non toccarla... furbo,
pensò avvitando
il gloss. Come concludere quello strano rendez–vous?
Caroline fece capolino
nella saletta comune e quando Elena la vide nello specchio, arrossì.
“Ehi...”
“La cena?”
“Ottima...”
Caroline si appoggiò
al muro e la squadrò per bene. “Ti sta confondendo col
suo atteggiamento da gentleman d'altri tempi e ci stai
cascando con tutte le scarpe.”
“Nessuno cerca di
sedurti imitando alla perfezione Butt-Head di Beavis e
Butt-Head...”
Caroline sgranò
gli occhi e sogghignò. “Stai scherzando?!”
“Noi conosciamo
Klaus 'sterminerò la tua famiglia e brucerò la tua
casa' e poi c'è un altro Klaus che conosce a
memoria tutte le canzoni anni 80, è premuroso e attento... ed
è il male incarnato, hai ragione” sospirò posando
le mani sui fianchi. “Forse era meglio il bosco...”
“Dobbiamo credere
che tutto d'un tratto, abbia deciso di comportarsi da bravo ragazzo?”
Elena allargò le
braccia e si appoggiò al lavabo con espressione sorpresa e
incredula.
“Sei certa che
sia il caso di applicarsi nel bacio della buonanotte?”
La ragazza la guardò
di traverso per alcuni secondi, lavò le mani e appallottolò
la carta usata, gettandola nel cestino. “Credi che non mi
domandi continuamente se è di nuovo una farsa, o se sta
facendo sul serio?”
“Puoi domandatelo
tutta vestita e fuori dal suo letto?” domandò
risistemando i capelli con gesti svogliati.
La ragazza avvampò
per la seconda volta e la fissò, in tralice. Marciò
fuori dal bagno con l'espressione di chi sta andando a morire e la
vampira restò a controllare il proprio aspetto nello specchio.
“Ti ho vista” mormorò d'un tratto.
Rebekah
sbatté la porta della toilette e Caroline la fissò con
quieta alterigia. “Hai registrato
tutto?”
“Quel che fa
Klaus non mi riguarda. E' uno stronzo e non merita di essere felice.
Spero che Elena lo mandi in bianco, stasera.”
Caroline non commentò
ma finse un problema alla spallina del reggiseno.
“Non è
stato sempre così, una volta ci voleva bene...”
Bastava avere pazienza,
pensò sistemando la maglietta.
“... prima che
Mikeal distruggesse la nostra famiglia!” singhiozzò
arrabbiata.
Anche lei chiamava il
padre per nome.
“Perché lo
sto raccontando a te?!”
“Chiacchierare
con uno sconosciuto allieta lo spirito.”
“E' proprio da
lui dire una cosa del genere...” borbottò con una brutta
espressione di infelicità.
“Ce n'era
un'altra, prima di Katherine.”
Caroline drizzò
le orecchie e un brivido le passò lungo la schiena.
“Non ha avuto la
stessa fortuna.”
“L'ha uccisa?”
“Era la sua
fidanzata” mormorò sganciando la bomba. “Dille di
stare attenta.”
***
“Ehi, bimba...
dove corri?”
“Non corro, stavo
andando...”
“Stavi tornando
a casa con me.” Damon l'afferrò per il braccio
trattenendola e facendola ballare sui tacchi. “Pensavo che la
cena fosse il preludio alla lotta, un momento per definire i termini
dello scontro... quando è diventato un appuntamento? Hai
riflettuto sul fatto che, appena scoprirà l'esistenza di
un'altra dopplergänger umana, Klaus si sbarazzerà
di te?”
Elena rabbrividì
nel vestito e sebbene l'atmosfera fosse leggermente soffocante, le
venne la pelle d'oca. “Tu sì che sai come rovinare una
buona serata...” sussurrò liberando il braccio.
“Smettetela di cercare di proteggermi, so badare a me stessa.”
“Disse colei che
si gettò dal ponte al sorgere del sole!”
Ecco lo schiaffo di
realtà di cui aveva bisogno. Elena fece una breve panoramica
del locale, inquadrò i due fratelli Originali che conversavano
animatamente e strinse le labbra preparandosi alla parte più
difficile della serata.
***
“Quando me ne
andrò, Rebekah verrà via con me. Hai la tua occasione
per scusarti.”
“Mi sono scusato
e sono stato insultato!”
“Insisti. Sono
abituato alle tue sfuriate da bambino viziato, ma Rebekah ha bisogno
di sapere che le vuoi bene.”
Era di buonumore,
poteva farlo, pensò intravedendo Elena aprirsi un varco fra le
persone. Il timido sorriso era svanito del tutto.
“Torno a casa,
grazie della cena” annunciò tutto d'un fiato. “Ci
si vede.”
Era incredibile come
pochi, decisivi minuti cambiassero il corso della serata. Klaus
annuì, preso in contropiede, Elena fece un breve cenno di
saluto anche in direzione del fratello e si confuse nella piccola
folla del Mystic Grill.
Feroce nel dare il
benservito. Klaus tornò a voltarsi verso il barman, lanciò
un'occhiataccia ad Elijah e la condì con una smorfia. “Non
sono responsabile del suo cambio d'umore.”
L'intervento di
Caroline era stato drastico, pensò. Non aveva perso di vista
neppure Damon Salvatore: era stato lui a cancellare il sorriso dal
volto della ragazza. “Bel vestito.”
Klaus la fissò,
scontroso. “Grazie.”
“Mi riferisco ad
Elena.”
“Non ho fatto
caso a ciò che indossava.”
Bravissimo ad
analizzare la gestualità altrui e a prevederne le mosse, ma si
perdeva nei particolari. Elijah lo guardò, paziente. “Non
hai fatto caso...”
“La mia mente era
presa da cose ben più importanti!” lo interruppe,
seccato. Era difficile guadagnarsi la fiducia delle persone. Era ben
più semplice ordinare loro cosa fare. “Ti rendi conto di
quanto è complicato avere una relazione, al giorno d'oggi?”
“Ho una
compagna.”
Klaus lo fissò
atterrito. “Tu cosa?!”
“A Chicago.
Umana. Molto carina. New age.”
“Non ho idea di
cosa tu stia parlando. Quando hai trovato il tempo... l'hai
soggiogata?”
Deficiente,
pensò scuotendo la testa. “L'ho conosciuta in un Juice
Bar e abbiamo cominciato a parlare.”
“Non voglio
sapere perché sei entrato in un Juice Bar... e neppure
cosa diavolo sia” sussurrò attonito. “Torniamo al
vestito.”
“Corto, aderente,
scollato. Non indossi un abito del genere se devi incontrare una
persona che non ti piace. Capelli raccolti, gola scoperta, borsa
microscopica, stiletti. Non esci con un vampiro senza indossare
almeno un foulard, la borsa era troppo piccola per contenerlo
e i tacchi le avrebbero impedito di correre” decretò
fissando il fratello che era rimasto basito. “Ha parlato di una
cena, devo presumere che tu l'abbia invitata ad uscire.”
“C'è tutta
una faccenda dietro che non ti sto a spiegare” rantolò
intrigato dall'analisi di Elijah.
“Conoscendoti, le
avrai arrecato un danno serio in precedenza.”
Klaus alzò gli
occhi al cielo e si addossò al bancone. “Sì.”
“Hai il buonsenso
di non mentire. Rebekah mi ha informato di tutto” annunciò
rimediando un'occhiata veloce. “Ho capito cosa hai in mente, ma
questo non spiega perché tu abbia invitato Elena Gilbert ad
uscire.”
Klaus sospirò,
dondolando una gamba per il nervosismo. “Ho bisogno di
lei.”
“Non hai davvero
bisogno di lei. Ti basta scovare una dopplergänger
umana.”
Certo, se ne trovavano
tutti i giorni agli angoli delle strade! Klaus sbuffò e si
arrampicò sullo sgabello accanto al fratello. “E' più
semplice trovare la cura e farla tornare umana.”
“La cena serviva
a tirarla dalla tua parte?”
Se fosse stato un po'
più lesto di cervello – e non romanticamente annebbiato
da quel languore che non riusciva a spiegarsi, lì al centro
dello stomaco – Klaus avrebbe condito la risposta di sferzante
ironia. Si guardò bene dal rispondere e sbuffò una
seconda volta.
“Ora capisco
perché ha accettato di uscire con te.”
E c'era bisogno di
dirlo con tutto quel disgusto?
“Hai minacciato
suo fratello? Le hai prospettato uno scenario disastroso se non
acconsentiva a passare qualche ora con te?”
Klaus lo guardò,
allibito.
“Fin dove sono
arrivate le tue richieste? Non era Caroline, la tua ossessione?”
insistette, implacabile.
“Calma, non l'ho
neppure sfiorata!” esclamò, stordito dalle accuse. “Ha
lanciato quell'assurda sfida in un momento di panico...”
“Oh, il bosco...”
sussurrò Elijah guardando altrove ma sorridendo dentro di se.
“Sappiamo
entrambi che non sarebbe sopravvissuta!”
“Non raccontare
stronzate, le avresti solo messo una gran paura addosso.”
“Se la cura
funziona, sarai il primo a venire a reclamare la tua parte!”
“In conclusione,
Elena Gilbert ha accettato di uscire con te per paura”
mormorò facendolo tacere. “Non si spiega il vestito.”
“Conosci le
donne, ogni occasione è buona per sfoggiare quel che hanno
nell'armadio” sussurrò con poca voce. “Non l'ho
costretta, ho spedito un invito.”
“Hai anche
cucinato?”
“Era troppo tardi
per servirsi del catering. Non era un appuntamento e non c'era
nulla di romantico! Sono stato trascinato in questa storia da lei! Le
avevo detto che era una cattiva idea appoggiarsi a me, le avevo detto
di non fidarsi, l'ho torturata psicologicamente e ho quasi ucciso suo
fratello. Ignorando la sua sfida, in realtà, le ho fatto un
favore!”
“L'hai umiliata e
ti sorprendi se ti da il benservito, appena si ritrova in un ambiente
famigliare circondata dagli amici?”
“Forse l'ho
portata qui apposta!”
“Forse hai
abbassato la guardia.”
Elijah sorrise
sinistramente e Klaus lo insultò dentro di se.
“Hai il timbro di
un locale sulla mano. Dopo la cena l'hai portata in un locale, una
discoteca a quanto posso capire dalla polvere bianca che hai addosso.
Avete bevuto e Elena ha cominciato a divertirsi. Questo spiega
il sorriso che aveva appena siete entrati.”
E bravo Elijah. Notava
proprio tutto. “Sono bastati cinque minuti per farla tornare in
se.”
“Di cosa ha
paura, la gente?”
“Del dolore.”
“Delle
chiacchiere” annunciò strappando un'occhiata sorpresa al
vampiro. “Caroline l'ha raggiunta in bagno, appena vi siete
separati, e Damon l'ha intercettata mentre veniva qui.”
“Li ho visti, non
sono cieco. Non mi aspettavo niente di meno, da loro.”
“Ah... certo”
sussurrò con un sorrisetto. “Non sapevi come liberarti
di lei.”
Klaus lo fissò
senza dire una parola e tornò a guardare davanti a se.
“Esatto.”
La negazione portava da
un sacco di parti e tutte sbagliate. “Avrà bisogno di
una mano a slacciare quel vestito” dichiarò con un altro
sorriso.
Klaus gli bruciò
la nuca con uno sguardo e sbuffò, allontanandosi a grandi
passi. Elijah sogghignò rispondendo ad una chiamata in arrivo.
Carina, ma un po' troppo insistente.
***
Non succedeva mai
nulla, a Mystic Falls. Poteva restare ore di fronte al suo smooth
a girare la cannuccia nella poltiglia al sapore di banana, e nessuno
si sarebbe preso la briga di infastidirla. Elena sciolse la crocchia
morbida e lasciò spiovere i capelli sulle spalle, infilando le
forcine in uno scomparso della borsetta.
“Signorina,
dobbiamo chiudere.”
Elena sorrise alla
cameriera e abbandonò il tavolo, portandosi via lo smooth
intonso. Uscì sulla strada semi deserta e sospirò.
Doveva tornare a casa per forza?
“Arguisco che la
cena non è stata sufficiente.”
Elena trattenne il
respiro, passando le dita sulla condensa del bicchiere. “Un
modo per perdere tempo” annunciò alzando le spalle. “Mi
hai seguito?”
“Ti ho trovato.”
Klaus si fermò a pochi passi da lei e allungò la mano.
“Posso accompagnarti a casa o ovunque tu voglia andare?”
Elena lo guardò,
tenendo ben strette le dita attorno al cartone. “Ti
sbarazzerai di me appena troverai l'ennesima dopplergänger?”
Perché portarsi
avanti con gli scenari se mancavano gli elementi di base? Klaus
riportò il braccio lungo il fianco con una smorfia ironica.
“Bel vestito.”
“Uhm...
grazie...” mormorò titubante.
“Sei scappata.
Chi devo ringraziare per questo? Caroline... o Damon?”
“Non
coinvolgerli, sono andata via di mia spontanea volontà. Mi hai
chiesto di sparire dalla tua vita, lo sto facendo.”
“So che è
chiedere molto, ma non aver paura di me” mormorò
infilando le mani in tasca. “Non stasera.”
“Non ho paura, è
solo...” Elena sospirò, torturando la cannuccia del
frullato. “Jenna... Stefan... Jeremy... e tutti gli altri...”
Ora era ben chiaro
anche a lei, il concetto che cercava di inculcarle da settimane.
“Voltati, per favore.”
Elena lo guardò
e lentamente si voltò. Drizzò la schiena con un gemito
quando la zip scese di qualche centimetro.
“Così è
più semplice” mormorò con un'ultima occhiata
veloce alla sua nuca. “Resta viva, Elena.”
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