Tutto il dolore che è in me (Senza Tregua 3.0)

di Strekon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Bella e la Bestia ***
Capitolo 2: *** Sotto ***
Capitolo 3: *** Strade ***
Capitolo 4: *** La luna ribelle ***
Capitolo 5: *** Binari paralleli ***
Capitolo 6: *** Chi dice donna ***



Capitolo 1
*** La Bella e la Bestia ***


Perché un terzo capitolo della saga

Perché un terzo capitolo della saga? Già perché…Bè, principalmente per due ragioni. La prima è che con il secondo capitolo (Il tempo che cambia), purtroppo, non ho fatto un lavoro eccelso. Sì, lo so, a molti è piaciuto e in se non era male, ma mi era davvero sfuggito di mano in più occasioni (motivo per cui andava spesso a rilento). La seconda ragione è che, un tempo, Senza Tregua era una serie seguita da parecchie persone, che col tempo sono andate scemando, anche per la qualità della fanfiction stessa. Quello che mi ripropongo con questo terzo capitolo è di “risvegliare” il tono della serie e di darne una conclusione che ho lasciato volutamente in sospeso alla fine di Il tempo che cambia. Che altro dire? Spero che il mio lavoro non vada a perdersi e non sia invano. Con queste premesse vi auguro buona lettura!

 

Prologo

 

La stanza era illuminata da una luce spettrale. Non era la luce della luna. Quella sera le nubi invernali non permettevano alla luce di filtrare attraverso di esse. E la finestra piangeva lacrime di pioggia. Un lampo crepò le nuvole, timidamente. Poi un tuono in lontananza reclamò la sua paternità.

La luce brillò più intensa, per un attimo. Risplendendo in tutta la stanza. Era una figura ad essere illuminata. Una figura dall’aspetto umano, ma in qualche modo corrotta. Aveva, in sé, un’aura di malvagità che anche il più imbranato fra i maghi avrebbe potuto percepire.

“Insegnami ciò che sai”

La figura si voltò verso uno degli angoli più bui della stanza. La voce lo aveva svegliato da un torpore che durava da ormai troppi anni. Non sapeva chi fosse, ma non gli importò.

“Perché?” chiese rivolto all’angolo scuro. Le nubi si illuminarono di nuovo, dorate da un altro lampo fugace. I vetri tremarono per il tuono che ne seguì, molto forte e molto vicino.

“Per vendetta”

 

Capitolo 1

La Bella e la Bestia

 

 

“No one knows what its like
To be the bad man, to be the sad man
Behind blue eyes…”

 

                                   Behind Blue Eyes, Limp Bizkit

 

 

1.

 

Il professor Edward Dune chiuse l’ultima finestra aperta sul monitor del personal computer. Febbrilmente tamburellò le dita sulla scrivania. Neanche si era seduto, la fioca luce della lampada da scrivania illuminava a malapena la tastiera davanti a lui. Dalla finestra filtrava il basso pallore di un lampione danneggiato. Lampeggiava insicuro in mezzo al vicolo.

“Andiamo…sbrigati…” sussurrò più a stesso che al macchinario elettronico. Il ronzio si attutì d’un tratto e il lettore cd espulse il supporto.

Il professor Edward Dune recuperò il cd-rom e se lo infilò nella tasca interna del gilet di twill. Estrasse un vecchio accendino a benzina e lo passo un paio di volte sulla superficie del computer. Quello prese a fumare e in un attimo fu avvolto dalle fiamme. Gettò il resto della latta di benzina sulla scrivania. Istantaneamente prese fuoco.

Recuperò la giacca sulla sedia e uscì velocemente dall’appartamento. La serratura forzata tremò quando chiuse la porta. Un’ultima occhiata e una sistemata al pomello che pendeva storto. Poco male.

Percorse le scale, più illuminate, con la febbrile sensazione di sentire un eco minaccioso in corrispondenza di ogni suo passo. Si voltò un paio di volte a controllare, ma non vide nulla. O nessuno.

Si immerse nella notte londinese calpestando la pioggia che aveva inzuppato tutta la città per l’intero pomeriggio. Nonostante fosse ormai estate, un fresco venticello sbarazzino si faceva sentire. Si alzò il collo della giacca per proteggersi da quella brezza. Sfilò i guanti e se li infilò in tasca.

Attraversò la strada e un taxi si fermò per lasciarlo passare. Lui ringraziò con un gesto della mano. Superò una pozzanghera e prese a camminare lungo il vialetto. Gli alberi rigogliosi cantavano e ronzavano dei rumori dell’estate. Il professor Edward Dune ripensò a tutto quello che aveva fatto quel pomeriggio. A quello che aveva visto e sentito. Si tastò il volto. Lo zigomo destro gli faceva ancor un gran male.

Sbuffò, infreddolito dentro, e cominciò ad attraversare il parco, sua ultima meta. A quell’ora tarda non ci sarebbe dovuta essere troppa gente. O almeno era quello che sperava il professor Edward Dune.

Tastò ancora la tasca dove aveva infilato il cd-rom. Da quel disco dipendeva tutta la sua vita. Tutto quello che per lui contava nella vita.

Raggiunse la panchina alla seconda curva del sentiero ad est, come preventivato. I sentieri erano sgomberi in entrambe le direzioni. Da un  lato era coperto da un cespuglio, mentre dall’altro il campo visivo era libero fino all’uscita del parco.

Si guardò intorno sperando di vedere spuntare qualcuno. Cominciò a marciare insofferente avanti e indietro, di fronte alla panchina. Un dubbio gli attraversò la mente, trasportato dall’ennesima folata di vento fresco. E se avesse mentito? Se la avesse uccisa e basta?

Che dannato stupido! Lui stava facendo il suo gioco, stava facendo il lavoro sporco senza avere reali sicurezze. Non avrebbe dovuto portare le informazioni con se. Si accese una sigaretta facendo scintillare il vecchio zippo.

Tirò una boccata e si guardò ancora intorno. Niente. Nessuno da nessuna parte. Tranne quel rumore da dietro il cespuglio.

Si sfilò la sigaretta di bocca e mise una mano all’altezza del petto, proprio sopra la tasca del gilet. Il cespuglio tremò ancora. E un cane dal pelo nero vi spuntò, come sputato fuori dalla notte.

Il professor Edward Dune emise un lamento spaventato e sobbalzò all’indietro. La sigaretta gli cadde a terra.

“Buck? Ehi bello dove sei?” un uomo sulla cinquantina spuntò dal sentiero coperto dal cespuglio. Appena il cane sentì il richiamo si voltò verso il padrone e trotterellò in mezzo alle sue gambe. L’uomo lo accarezzò e gli allacciò la catena al collo.

“Non devi andare in giro da solo di sera, rischi di perderti” lo sgridò puntandogli il dito sul naso. Il cane si lamentò, senza ascoltarlo troppo e cacciò uno sbadiglio.

“Zuccone…” lo apostrofò ancora l’uomo prima di rimettersi in piedi ed avvicinarsi al professor Edward Dune.

“Salve, Buck l’ha spaventata?” chiese. Il professor Edward Dune si strinse la mano al petto di nuovo e fece un mezzo passo all’indietro. Che fosse uno di loro?

“No…cioè, avevo visto muovere…” fece un cenno al cespuglio “Credevo fosse qualcuno”

“Ah, sa a Buck piace dare la caccia ai topi. Se ne annidano molti nei parchi in città” ridacchiò l’uomo mentre Buck se ne stava seduto accanto a lui, ancora legato al guinzaglio. Forse fu solo un impressione, ma al professor Edward Dune parve che quel cane lo guardasse di nascosto, senza farsi notare. Sudò, impercettibilmente.

“Si sente bene?” chiese l’uomo avvicinandosi di un altro paio di passi. Passi che al professor Edward Dune parvero troppi. Ma non si mosse. Era pronto a reagire, ma avrebbe aspettato ancora.

“Sì, certo…perché me lo chiede?” rispose nervosamente il professor Edward Dune.

“Non ha una bella cera…” lo osservò l’uomo, appoggiandogli una mano sulla spalla “Sicuro di stare bene?”

“Come? Sì, certo….stavo” ma fu interrotto da un trillo proveniente dai suoi pantaloni. Il telefonino del professor Edward Dune prese a zigare sempre più forte.

“La lascio alla sua chiamata” lo salutò l’uomo. Fece un cenno al cane che prese a trotterellare al suo fianco e superò il professore, continuando per il sentiero.

Il professor Edward Dune li seguì con lo sguardo finché non sparirono oltre la curva. Il telefono continuava a squillare facendo eco in tutto il parco.

Come se si fosse risvegliato di colpo, estrasse il cellulare e lesse il nome sul display.

Sara. Sara lo chiamava. Era viva! Premette un tasto e si portò il telefonino all’orecchio.

“Sara, amore mio!” disse tutto d’un fiato facendo scomparire quella sensazione di pesantezza che aveva al petto. Ma la risposta si fece attendere qualche secondo di troppo.

“Professor Dune ha le informazioni?” parlò una voce femminile.

Era quella voce! Quella voce femminile, ma autoritaria. Dolce ed incredibilmente spietata. Il professor Edward Dune l’avrebbe riconosciuta fra mille. La voce che aveva sentito quella mattina, prima che Sara sparisse.

“Dov’è?”

“Ha le informazioni?”

“Dove cazzo è?” urlò Edward Dune al telefono. La voce al di là dell’apparecchio si fece muta per qualche secondo.

“Ha le informazioni? La avverto, se non mi risponde metto giù”

Edward Dune sospirò sconfitto “Le ho con me” si tastò la tasca interna come per assicurarsi che il cd-rom fosse ancora lì. Sentì il profilo circolare con la punta delle dita.

“Bene” disse la voce, e dopo di ciò interruppe la comunicazione.

“Pronto? Pronto? Maledizione!” pigiò un altro tasto e sbatté il telefono nella tasca della giacca. Il professor Edward Dune si girò di scatto deciso più che mai ad andarsene da lì. Non aveva sicurezze, si era fidato e lo avevano solo preso in giro. E soprattutto non sapeva come stesse Sara.

“Si calmi, professore” parlò di nuovo quella voce di donna tremendamente sensuale e letale. Il professor Edward Dune si voltò verso la panchina. Vide di nuovo quella donna seduta a gambe incrociate e coi gomiti appoggiati allo schienale. Lo osservava, divertita, o almeno così pareva. Sorrideva, sotto il rossetto scarlatto, in pieno contrasto con la sua carnagione chiara. Qualche ruga le contornava gli occhi, ma non dimostrava di certo l’età che aveva.

Una gran bella donna, avvolta da un aderente e sensuale abito nero che faceva risaltare ogni sua curva. Soltanto le spalle erano scoperte. Una piccola mantellina le cadeva sulla schiena e i lembi erano annodati ai polsi tramite dei delicati lacci, sempre in velluto nero. I capelli le danzavano perfettamente lisci e neri fra le scapole.

“Voglio vederla” disse il professore, senza muoversi. La donna smise di sorridere e parlò.

“Ed io voglio le informazioni. Me le dia, e io le dirò dov’è la sua ragazza, professore” sibilò sottile. Si alzò in piedi ed ancheggiò verso la sua vittima. Si sfiorava i fianchi con le unghie laccate di rosso.

“Perché vi interessa il lavoro di mio zio?” chiese il professor Edward Dune, facendo un passo indietro. La donna alzò gli occhi al cielo e sospirò.

“E a lei perché interessa? Mi dia quel codice e facciamola finita”

“Io non ho mai detto che mi zio lavorasse ad un codice”

La donna trattenne il respiro per un attimo. Poi sorrise di nuovo e fece ciondolare la testa, ad occhi appena socchiusi.

“Ma bravo, complimenti. Ho bisogno del codice che suo zio ha decodificato”

“Perché?” insistette il professore. Lei strinse le dita della mano destra, visibilmente seccata.

“Non è affar suo, professore” sillabo al limite della sopportazione “Me lo dia e basta” alzò troppo la voce e il professor Edward Dune tornò a ragionare con lucidità, almeno per un attimo.

“Chi mi dice che Sara stia bene? Non darò un bel niente senza vedere prima Sara” la letale donna fece scivolare una mano dietro i fianchi e la estrasse istantaneamente. Stringeva stretta fra le dita una lucida stecca di legno scuro.

“Ora conterò fino a tre, dopodiché che Sara sia viva o morta non le importerà più” alzò il legno in direzione del professor Dune.

“Uno…”

Il professor Edward Dune si guardò intorno, ma purtroppo non sembrava ci fosse nessuno nelle vicinanze. Neanche quel signore di poco prima.

“Due…”

Se l’avesse ascoltata sarebbe rimasto in vita, ma di Sara non avrebbe avuto notizie certe. Era su un baratro e non vedeva nessuna uscita. Chiuse gli occhi pregando quel Dio che non aveva mai ascoltato.

“E tr…”

“Buonasera Bellatrix” il conto alla rovescia della letale donna si interruppe ad un attimo dalla fine. Il professor Edward Dune riaprì gli occhi e vide davanti a se quell’uomo che poco prima lo aveva salutato. Quell’uomo che portava a spasso il cane. Gli dava le spalle e se ne stava a braccia intrecciate, dietro la schiena.

Bellatrix Lestrange abbassò la bacchetta e sorrise rassegnata.

“Remus, credevo fossi in giro ad ululare alla luna” lo prese in giro lei. Remus non si scompose, si limito a sorridere, sotto quel suo pizzetto curato.

“Ebbene no, stanotte è appena crescente, purtroppo. Purtroppo per te, naturalmente”

Il professor Edward Dune non capiva nulla del dialogo fra i due. Lentamente prese a muoversi all’indietro, facendo strisciare i piedi sulla sabbia del sentiero.

“Non si muova professore. Qui intorno è pieno di gentaglia…” lo ammonì Lupin. Il professor Edward Dune alzò gli occhi per guardare meglio attorno a se. Fra le pieghe delle ombre di alberi e lampioni, notò un paio di sagome a cui prima non aveva badato. Erano di forma umana, non c’era dubbio, ed erano straordinariamente mimetizzate con l’ambiente. Se non glielo avesse fatto notare quello strano individuo, probabilmente non lo avrebbe viste.

“A proposito di gentaglia, se tu sei qui ci deve essere anche il mio pulcioso cugino”

“Ciao Bella, sempre lieto…” Sirius Black spuntò dalle spalle di Bellatrix. Annodata al braccio destro aveva una catena molto simile a quella usata per i guinzagli dei cani. Bellatrix si voltò per guardarlo in faccia.

“Sarò lieta di sbattervi ad Azkaban per il resto dei vostri giorni. Siete fra i più ricercati in Inghilterra, lo sapete?”

Sirius le sorrise “Illusa”

“Sbruffone” lo rimbeccò lei.

“Sei sempre la mia dolce cugina” decretò Sirius. Dopodiché fece oscillare la catena, la fece vorticare velocemente attorno al braccio e ne lanciò un’estremità verso il cespuglio. La catena si artigliò stretta attorno a qualcosa. Si sentì un lamento, poi Sirius la recuperò con uno strattone. Trascinato dalla catena spuntò un individuo intabarrato che ruzzolò poco decorosamente a terra, ai piedi dello stesso Sirius.

“Dilettanti” dichiarò Sirius, aprendo le ostilità. Un paio di tizi nascosti fra le ombre scattarono insieme addosso a Sirius. Agitarono entrambi le bacchette pronunciando una veloce formula magica.

Stupeficium!” l’aria si increspò, ma i due incantesimi centrarono in pieno il suolo. Con sorpresa videro Sirius in volo sopra di loro. Concluse il balzo sulla testa di uno dei due, gli strappò la bacchetta di mano e la puntò contro l’altro.

Tremula!” un fiocco di luce rossa colpì la spalla dell’altro mago avvolto dal mantello. Ed improvvisamente si accorse di non poter più coordinare i movimenti. Le braccia gli tremavano, come anche le gambe e il collo, facendo ballonzolare la testa in ogni direzione. Tentò invano di reggersi in piedi, ma crollò, vibrante, al suolo.

Bellatrix, intanto, non era stata di certo ferma a guardare. Con passo deciso camminò verso Lupin, che non accennava a muoversi dalla sua posizione. Anzi rideva.

Bellatrix alzò la bacchetta verso la sua testa e la perforò con un incantesimo di fuoco. Le fiamme crepitarono come pazze e fecero tremare l’immagine di Lupin.

“Un illusione…” alzò la voce e si guardò intorno “Remus Lupin sei patetico” sogghignò e puntò la bacchetta verso il professor Edward. Quello si strinse le mani sulla tasca del gilet. E Bellatrix non poté fare a meno di notarlo. Sorrise soddisfatta.

Agitò la verga magica e il professore si ritrovò sospeso a mezz’aria, incapace di muoversi. Bellatrix gli strappò la tasca del gilet. Avvertì la forma del disco fra le sue dita.

“No!” gridò inutilmente il professore, ma Bellatrix lo ignorò e strinse nella mano il sottile dischetto di legno. Di legno?

“Sarà patetico” parlò Lupin, in piedi sulla panchina lì accanto “Ma è dannatamente funzionale” si rigirava fra le dita un sottile disco lucido e brillante come l’argento.

“Tu, mago da quattro soldi…” Bellatrix si voltò versò Lupin e sbatté a terra il ridicolo disco di legno. Il professor Edward cadde al suolo, libero dall’incantesimo.

La sensuale e letale maga camminò rapida, ma una scarica di fulmini interruppe il suo fiero percorso, lasciando una chiazza nera e bruciata davanti ai suoi piedi.

Sirius affiancò l’amico. Aveva ancora le mani coperte da piccoli fulmini lungo tutto il dorso.

“Non fare la cattiva, fai giocare tutti con il gingillo del professore” la canzonò Sirius, come se fossero ancora bambini. Bellatrix fece oscillare la bacchetta.

“Voi non avete idea…” disse, chiuse gli occhi e formulò un incantesimo che anche Lupin fece fatica ad identificare. Gli occhi le si fecero neri e opalescenti per un attimo. Dopodiché le ombre intorno presero a tremare.

“E’ un evocazione” disse piano Lupin estraendo, finalmente, la bacchetta.

“Bene, mentre tu fai ricerche io la pesto, ok?” con un balzo Sirius saltò vicino a Bellatrix, ma lei terminò l’incantesimo un attimo prima e scivolò lontano con un fluido movimento di gambe.

“Ormai è tardi, cugino…” sorrise lasciva. Sirius la guardò in cagnesco e stiracchiò i muscoli del collo.

Remus Lupin non era un uomo d’azione. Con l’età, poi, la sua già scarsa attitudine al combattimento era andata, via via, scemando. Eppure, quel basso ruggito che sentì alle sue spalle lo fece pentire di non essersi tenuto nemmeno un po’ in allenamento.

Lupin si voltò e vide un enorme bocca di ombra e notte spalancarsi e cercare di inghiottirlo. Con un poco elegante saltello scese dalla panchina ed evitò il morso del mostro.

“Sirius!” urlò “Un serpente d’ombra!”

Sirius si voltò e vide l’enorme biscione scivolare sopra la panchina e avvicinarsi a loro due. La massa del serpente era costituita per intero da ombre e buio, sembrava quasi non avere un vero corpo, soltanto una bozza di ciò che sarebbe potuto essere nella realtà. Un incubo dalla forma vaga.

“Ok come si affronta questa bestiaccia?” chiese Sirius scartando i movimenti del grosso rettile, preceduto dall’amico.

“Come si affronta? Che vuoi che ne sappia di come si affronta!”

“Sei stato professore di difesa contro le arti oscure ad Hogwarts e non sai come si affronta questo coso?!”

“Ehi, io insegnavo a dei ragazzi, mica a dei soldati!”

Un guizzo del serpente li sorprese e li costrinse a gettarsi alle estremità opposte. Remus rotolò vicino al professore babbano, che ancora non si era mosso da dove era caduto. Fortunatamente per Lupin, il grosso rettile preferì continuare a dare la caccia a Sirius.

Lupin aiutò il professor Dune ad alzarsi e quello, a metà fra lo sconvolto e l’incredulo, gli strappò di mano il disco d’argento.

“Questo è mio!”

“No, quello è mio” replicò sicura Bellatrix agitando la bacchetta verso la mano del professore. Quella si contorse e con un urlo il professor Dune lasciò la presa sull’oggetto che schizzò nella sua direzione.

Incendio!” il disco brillante scintillò per un momento, poi le fiamme crepitanti lo circondarono rendendolo incandescente. Nella mani di Bellatrix giunse solo un mucchio di cenere fumosa.

La maga si voltò verso Lupin che ancora aveva la bacchetta tesa a mezz’aria.

“Hai commesso la tua ultima impudenza, Remus Lupin” stridette Bellatrix inviperita “Non hai la minima idea di quello che hai appena distrutto” gli puntò contro la bacchetta con una voglia di morte dipinta sul volto. Una voglia che subito mutò in un sorriso sadico.

“Ma credo che vi lascerò alle cure del mio rettile, addio Remus” gli fece l’occhiolino e con un guizzo della bacchetta si smaterializzò.

 “Remus, che cazzo!” Lupin si voltò di scatto, e con lui il professore. Il serpente d’ombra sferrò un attacco, ma Sirius lo evitò con un balzò. Atterrò oltre i due, plastico e senza sbavature.

“Corra professore!” lo spintonò Lupin. Ma il terrore di quella creatura, incredibile e inconcepibile per la mente del professor Dune, gli annebbiò i sensi. E i riflessi. Troppo tardi si mosse scattando di lato. La bocca del mostro lo inghiottì a partire dal braccio destro.

Il professore Dune tentò di gridare, invano. Sentì una pungente sensazione di freddo penetrargli la carne dell’arto, fino alla spalla. Doveva liberarsi. Cercò di fare perno sul muso del mostro, ma scoprì solo in quel momento di non poterlo nemmeno toccare. Gli passò attraverso, come se fosse fatto di nulla.

In quel momento il professore vide la fine. Il mostro aprì di nuovo la bocca e affondò di nuovo i denti, questa volta inghiottendo tutto il busto dell’uomo, che ormai agitava le gambe a mezz’aria, impotente.

“Sirius! Hai una bacchetta?” strillò Lupin sollevandosi dalla polvere in cui si era gettato. Sirius fece un fluido movimento di mano e impugnò la bacchetta che aveva sottratto poco prima al tirapiedi di Bellatrix.

“Appena lancerò l’incantesimo, scatena il miglior Patronus che tu conosca!” Sirius annuì con un movimento rapido e si concentrò ad occhi chiusi. Si isolò, da solo con la sua mente e i suoi pensieri. Il pensiero migliore, il pensiero che lo rendeva la persona più felice. Mary Jane. Mary Jane e i suoi baci, le sue carezze. L’amore che gli dava e quello che riceveva. Gli scappò un sorriso, poi sentì la formula di Remus.

Penta Lumus!” pronunciò le parole con estrema lentezza. Sirius aprì gli occhi e puntò la bacchetta al centro delle cinque luci che presero a vorticare come pazze attorno al mostro.

Expecto Patronum!” la scia d’argento schizzò come un fulmine. Correva veloce, con le sue zampe pelose. Il grosso cane argentato si schiantò a bocca spalancata contro il serpente d’ombra e assieme a lui le cinque luci esplosero in una danza, fino ad avvolgerlo completamente. Con un muto grido il mostro si dissolse e con lui anche l’abbacinante bagliore che lo aveva distrutto.

Il corpo del professore crollò al suolo, fra la polvere del sentiero. La pelle era raggrinzita dove era stato morso, ed anche vagamente bluastra. Gli occhi erano ribaltati all’indietro e non dava molti segni di vita.

Sirius raggiunse l’amico, e lo aiutò a sorreggersi. Doveva essersi stirato una caviglia con l’ultimo salto che aveva fatto.

“Come…?” chiese Sirius senza finire la frase.

“Mi è venuto in mente come rimandarlo a casa…” si giustificò placidamente Lupin. Con un ultimo sforzo si rimise in piedi e si pulì dalla faccia un segno di terra con il dorso della mano.

“Adesso ti è venuto in mente?!” gridò “Pensavi di farmi fare ancora un po’ di jogging? …ma pensa te…”

“Sempre dietro a lamentarti” lo ammonì scherzosamente Lupin, per poi farsi più serio “Piuttosto…” fece un cenno al cadavere del professore.

“Credo che avremo qualche problema per la nostra indagine”

 

 

2.

 

L’accendino scintillò una volta, senza risultati. Con la seconda scintilla, finalmente, la fiamma si accese e la sigaretta brillò. Il fumo avvolse la sottile stecca di tabacco e carta, sbuffata fuori dalla bocca del giovane ragazzo.

I capelli lunghi, ma corti ai lati del capo, cadevano scompigliati sul guanciale. Teneva un braccio dietro la testa e si gustava la monotonia di quel soffitto, alternato ogni tanto ad un’aspirata di insalubre tabacco.

Lo scroscio di una doccia gli faceva di sottofondo e il sole del mattino gli baciava la pelle del petto e delle braccia, scolpiti da ore in palestra, probabilmente. Soltanto un lenzuolo, fin troppo pesante per quella stagione, lo copriva dal resto del mondo. Quello, e una moltitudine di indumenti, sparsi alla rinfusa sul giaciglio, sul pavimento e uno anche sul paralume della abat-jour. Sorrise nel vedere quel calzino penzolare.

Lo scroscio si interruppe, sostituito da un motivetto canticchiato a labbra serrate. Chiunque stesse cantando quella canzoncina era sicuramente di buon umore. Ed era sicuramente una ragazza. La stessa ragazza che entrò nella camera dove il ragazzo tirava l’ultimo fiato alla sigaretta.

La ragazza smise di canticchiare quando lo vide e con un balzo saltò sul letto, atterrando con le ginocchia. L’accappatoio celeste le avvolgeva il corpo snello mostrandone soltanto una bassa scollatura e le deliziose caviglie.

“Buongiorno dormiglione” lo salutò lei facendo scivolare le labbra su quelle di lui “Dormito bene?”

“Dormito poco” sorrise lui “Ma in quanto a bene…bè, sì, quello sì”

Lei si abbassò di nuovo a baciarlo e gli carezzo il petto con la mano. Lui le strinse la mano dolcemente e la allontanò da se.

“Perché…?” chiese lei attonita. Il ragazzo le sorrise sulle labbra.

“Non sono di pietra…rischi di eccitarmi ancora, sai?”

Lei sorrise perfida. Abbassò la mano fino a sfiorare il lenzuolo mentre con le labbra accarezzava il collo e le spalle del ragazzo.

“Davvero?” rispose ironica, appiccicata al suo collo. Lui tremò un momento, ad occhi chiusi. Poi allungò una mano e lentamente le sciolse il nodo che teneva chiuso l’accappatoio. Subito lei strinse i lembi di spugna e cercò di allontanarsi.

“No…dai, lasciami fare…” il ragazzo alzò lo sguardo e si appoggiò coi gomiti al cuscino sformato.

“Che ti succede?” le chiese, senza lasciare la mano che stringeva. Le baciò una spalla che si era inavvertitamente scoperta e ad occhi chiusi prese a salire verso il collo sottile. Adorava la sua pelle chiara, sapeva come di buono.

“Io…senti, sono ancora molto imbarazzata, e allora…”

“Imbarazzata?” lui si sollevò di scatto dalle sue coccole e la guardò negli occhi “Tua madre se ne è andata per un paio di giorni, c’è un ragazzo nudo nel tuo letto, tu sei praticamente svestita…adesso ti imbarazzi?” Lei gli sorrise e scostò lo sguardo, ma la mano di lui la ricondusse a guardarlo negli occhi.

“Dimmi cos’hai” la spronò. La ragazza sospirò e si accasciò, stesa sul petto del suo ragazzo. Incrociò le dita con le sue in un gioco tanto infantile quanto dolce. Lui attese, consapevole che presto avrebbe parlato. Era fatta così, le ci voleva un po’ di tempo per poterci pensare su, ma avrebbe detto cosa la turbava.

“Senti, come…” tossicchiò e prese un respiro, breve ma intenso “Come mi hai…cioè,…come è andata?”

“Come è andata?”

“Sì, come è andata?” Il ragazzo sbatté gli occhi perplesso.

“Intendi il sesso?”

“Per Merlino…sì! Cos’altro? L’esame di trasfigurazione?” replicò seccata. Lui trattenne a stento un risolino. Non bisognava mai ridere in certe occasioni. Questa era una di quelle.

“Direi bene, cioè…a te è piaciuto?” chiese di rimando lui, mantenendosi astutamente sul vago.

“Certo!” rispose subito la ragazza, con fin troppa irruenza. Se ne accorse e subito si corresse “Voglio dire, sì, perché non avrebbe dovuto? Se escludiamo soltanto la parte iniziale…”

“Parte iniziale?” tremò la voce di lui “In…in che senso?”

“Intendo la prima volta” rettificò subito lei, sentendo il tremolio nella sua voce “Essendo la prima volta…bè, un po’ di fastidio ha dato”

“Molto?”

“Giusto un po’? A te ha dato fastidio?”

“No…oddio, no. Anzi è stato…fantastico” tentò di dire lui.

“Davvero? Allora sono stata…diciamo “brava”?”

“Brava?” ripeté incredulo lui “Tesoro mio, a letto sei una bomba!”

La ragazza si voltò di scatto e lui dovette interrompere, con molto disappunto, la sensuale catena di morsetti che le stava dando alla base del collo.

“Davvero?” chiese lei con un sorriso mezzo stampato in faccia.

“Cosa?”

“La cosa della bomba…davvero non sono una schiappa?”

“Bè, non che la mia esperienza sia enorme…però, ragazzi, non me la scorderò tanto facilmente!” la baciò mentre ancora lei sorrideva alle sue parole. Lei gli passò una mano fra i capelli, scompigliandoli oltre il possibile. Sciolse il bacio e lo buttò di peso sul materasso. In un attimo gli fu sopra.

“Mi piace quando sei così dolce” gli disse, poi si chinò a baciarlo ancora “E mi piace quando sei una bestia!” gli sorrise leccandogli sensualmente il labbro inferiore. Glielo morse, leggermente, scaricando un brivido lungo alla schiena al deliziato torturato.

“Bestia?” chiese con una punta di orgoglio virile nella voce.

“Se io sono una bomba…” si giustificò la ragazza. Poi si buttò in un bacio a capofitto su di lui, che rispose con altrettanto vigore, quasi non avessero mai più potuto sfiorarsi dopo quell’ultimo gesto.

Le allentò lentamente l’accappatoio e la avvolse con il lenzuolo abbondante, annodato per tutto il letto. Lui ridacchio scostando le labbra dalle sue.

“Che c’è?” chiese lei, col sorriso sulla bocca.

“Niente” la baciò di nuovo “Proprio niente” e la baciò ancora.

 

 

3.

 

“Vin, si gentile, apri tu la porta” Ginny reggeva due imponenti buste cariche di verdure uova e altre leccornie.

“Ok, ok” un ragazzino, forse un po’ troppo basso per la sua età, la anticipò e infilò le chiavi nella toppa. Portava i capelli corti, rossi come il fuoco. Il largo giubbotto gli ballava sul fisico magrolino.

“Prego madame” fece un mezzo inchino e aprì la porta. Ginny rise.

“Grazie messere” entrò in casa e appoggiò le buste sul ripiano all’ingresso. Vincent prese subito una delle due buste e la portò in cucina.

“Eve è in casa?”

“Credo di sì” rispose lui dalla cucina “Ieri sera ha detto che non usciva”

“Eve?” chiamò a gran voce Ginny, passando vicino alle scale. Ma non ottenne risposta. Vincent intanto portò l’altra busta in cucina.

“Mamma, forse è uscita stamattina”

“Va a vedere se è ancora a letto. Dille di svegliarsi che pranziamo” Vincent annuì col capo e fece i gradini due a due. Si tolse la giacca e la gettò sul letto di camera sua, passandoci davanti.

“Sveglia!” gridò aprendo di scatto la porta della sua camera.

“Ma non si bussa!” strillò Eve coprendosi alla ben e meglio con l’accappatoio celeste.

“Scusa, scusa…dormivi ancora?” indagò Vin dando un’occhiata in giro per la camera. C’era una gran confusione e Eve sembrava stranamente imbarazzata. Stranamente perché Vincent non aveva mai visto sua sorella imbarazzarsi per così poco. Stava nascondendo qualcosa. Qualcosa oltre se stessa. Guardò meglio per la stanza intanto che Eve alzava le coperte. E lo vide.

“C’è Tom?”

“Eh? Perchè? Come fai a dirlo?” scattò con troppa irruenza Eve. Poi vide dove era puntato lo sguardo di suo fratello. Il cappello da baseball. Quello era di Tom. Gettò via la maschera e ne indossò subito un'altra.

“Sì, certo è…è giù che ripara la mia bici”

“La tua bici non è rotta”

“Sì la ruota è bucata” urlò Eve, a voce stranamente alta. Vin alzò un sopracciglio. Non gliela contava giusta.

“D’accordo, vestiti che è pronto fra poco” la lasciò sola e scattò giù per le scale.

Eve aspettò un attimo per essere sicura che si fosse allontanato. Con passi felpati recuperò la camicia a scacchi blu e i jeans e si avvicinò alla finestra.

Tre metri più in basso Tom era accucciato in un angolo, coperto dalla siepe troppo alta. In mutande e con soltanto le scarpe addosso.

“Ehi, tieni” gli gettò la sua roba e Tom la prese al volo.

“Fai finta di riparare la bici”

“La bici? Perché la bici?” chiese Tom infilandosi i jeans che non ricordava così stretti.

“Tu fallo è basta, è una copertura”

“Ma su tu lo dicessi e basta?”

“Sì certo. Mamma, io e Tom stiamo insieme. Ah, stanotte abbiamo fatto sesso. Geniale…” commentò sarcastica. Tom si infilò la camicia e scattò verso il garage di casa Malfoy.

“Buca una gomma!” gli urlò ancora Eve, a bassa voce. Tom annuì con la testa e come un gatto raggiunse la siepe. La saltò facendosi perno su di essa, graffiandosi le mani. Rotolò davanti alla porta di ingresso e si rimise in piedi proprio davanti al garage. Sollevò la porta di alluminio e nello stesso istante la porta di ingresso si aprì.

“Tom!”

“Ginny!” rispose lui girandosi di scatto e dissimulando il fiatone.

“Non ti ho visto prima, sei qui da molto?” Ginny infilò il sacco della spazzatura nella pattumiera davanti casa. Tom sospirò vago.

“No, non molto, Eve aveva la bici rotta, così…”

“Sei sempre gentile con Eve. Ti ha offerto almeno qualcosa?”

Ginny non poteva rendersi conto di quanto la domanda, carica di doppi sensi, avesse messo in una paresi da imbarazzo il povero Tom.

“Ehm…sì, sì sì, sono apposto, grazie! Ora…la bici…sai…”si infilò nel garage salutando Ginny con un gesto della mano forse un po’ troppo meccanico. Sperò di cuore che non avesse scoperto o sospettato di nulla.

Prese la bici della ragazza e si piegò per dissimulare la ruota bucata.

“Non sforzarti” la voce di Vin alle sue spalle lo fece rialzare di scatto sull’attenti. Si voltò, di nuovo.

“Ehilà, come va? Tutto bene?”

“Alla grande, tu?”

Tom bofonchiò qualcosa cercando disperatamente di staccare la gomma dalla camera d’aria.

“Bei pantaloni”

“Grazie…” rispose Tom senza staccare gli occhi da quella dannata ruota anteriore.

“Hai sentito Chris ultimamente?”

“No è…è in giro con suo padre…non ho ben capito…”

“Ah, già…già già…Senti…”

“Cosa?” Tom ormai non sapeva più cosa inventarsi per toglierselo di torno. Quegli occhi azzurri lo scrutavano come se volesse leggergli nella mente.

“Non dovresti fare così con Eve”

“Cioè?”

“Voglio dire” precisò Vin “Fare tutto quello che dice…che ci ricavi?”

Eh, che ci ricavo…credo sia abbastanza quel che ricavo!

“Ma tanto a me fa piacere, siamo amici e…e niente, basta così”

“Mi fa piacere, anche se si vede che tu sbavi per lei”

“Io non sbavo!” replicò secco Tom dimenticandosi d’un tratto della bici e della ruota.

“Eddai, un po’ sì!”

“Senti, che ci posso fare? Tua sorella mi piace, ok?”

“La ami?”

“Cos…?” la domanda lo colse di sorpresa. Si grattò la testa con indifferenza.

“Fatti i fatti tuoi, nano!” replicò subito dandogli le spalle.

“Lo considero un sì…” sorrise Vin alle sue spalle. Tom sbatté il pugno sul bancone da lavoro lì accanto.

“Consideralo come ti pare, ma ti sarei grato se ti facessi i fatti tuoi, ok?” sillabò le parole, al limite della sopportazione. Doveva essere un atteggiamento minaccioso, ma a Vincent Malfoy non impressionò molto quella pagliacciata. Aveva visto e subito ben di peggio. Sorrise vago e, finalmente, si rimise in piedi.

“Ok, ok come ti pare. Solo…”

“Solo cosa?” quasi urlò Tom.

“Solo, se fossi in te, io mi cambierei i pantaloni”

“I pantaloni?” Tom abbandonò quell’aria arrabbiata per lasciare spazio ad una molto perplessa. Si guardò le gambe e i fianchi dei jeans, fin dove poteva. In effetti quei pantaloni gli sembravano strani.

“Sono quelli di mia sorella. Hai “DEVIL” in rilievo sulle chiappe” Vin ridacchiò e tornò in casa dalla porta di servizio.

Il commentino è gradito sia dagli amici vecchi che da quelli nuovi ^__-

 

 

See you again!!!

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Capitolo 2
*** Sotto ***


1

A Sunny,

perché fa danzare ogni singola parola che scrive sul pentagramma delle emozioni

 

 

 

Capitolo 2

Sotto

 

 

Tutti vogliono viaggiare in prima
L'hostess che c'ha tutto quel che vuoi
Tutti quanti con il drink in mano
E sotto come va?

Fuori come va?

 

                                   Tutti Vogliono Viaggiare In Prima, Luciano Ligabue

 

 

1.

 

Silente guardò meglio. Ruotò un paio di volte attorno al tavolo rotondo e si fermò a riflettere. Si accarezzò la barba bianca e folta, con fare pensieroso. Il sole filtrato dalle pesanti tende di velluto scuro faceva brillare la montatura dei sottili occhiali a mezzaluna che, come sempre, agghindavano il suo lungo naso.

“Mh….” rifletté il vecchio preside, senza togliere gli occhi dal centro del tavolo.

“Minerva, tu che ne pensi?”

La McGrannit si avvicinò con passo lento al tavolo rotondo e gettò un’ occhiata al centro del ripiano. Scosse la testa negativamente e fece una smorfia poco convinta. Il suo vestito, forse un po’ troppo coprente per quel periodo dell’anno così caldo, faceva filtrare soltanto le mani e il viso, segnato da alcune rughe in più rispetto al solito.

“Ho sempre sostenuto che fossero tutte fanfaluche, Albus. Chiedere un parere a me è come schiantare un medico del San Mungo alle spalle!” decretò a metà fra il seccato e il divertito l’anziana professoressa di trasfigurazione.

“Forse…forse posso dare una mano?” intervenne una voce proveniente dall’ingresso della saletta. Silente alzò lo sguardo e gli sorrise.

“Certo Ron, vieni pure, e dimmi: cosa vedi dentro questa tazza da the?”

Ron Weasley attraversò la saletta che ben ricordava. Per un paio di anni aveva studiato divinazione nella cima di quella torre. Studiata…diciamo che aveva ampliato la sua dote di scrittore e fantasista. Purtroppo divinazione era una materia che non aveva mai compreso fino in fondo.

“Spero che il mio occhio interiore sia ancora allenato…” scherzò Ron avvicinandosi al tavolo rotondo. Ignorò la sfera di cristallo e il suo prezioso trespolo in argento. Un serpente avvolto a spirale sosteneva la boccia cristallina. I tarocchi sparsi mostravano un paio di carte. La bilancia e la morte.

Ron sposto il ciuffo caduto davanti agli occhi e guardò attentamente il fondo della tazza di the. Le erbe erano sparse lungo la porcellana finissima e prendevano forme irregolari e senza senso. Almeno per lui.

“Non ci vedo un granché…forse…una specie di chiave inglese?” tentò Ron. La McGrannit ridacchiò.

“La Cooman ci ha visto la sua morte” disse semplicemente Silente prima di avvicinarsi di nuovo alla tazza. Girò la testa di lato “Io al massimo ci ho visto un’anatra”

La McGrannit ridacchiò ancora.

“Quindi se ne è andata per questo?” chiese Ron lasciando perdere definitivamente la tazza di the “Ha previsto la sua morte?”

“Qualcosa del genere…” sibilò divertita la McGrannit. Silente la affiancò.

“Minerva, per cortesia, non è educato” parlò il preside senza togliersi quello sorriso divertito dalla faccia.

“In tutti i modi, sì. Stamane è entrata come una furia nel mio ufficio e fra un “Che gli Dei mi proteggano…” e un “Morirò, morirò…” ha preso la sua roba e se ne è andata di corsa”

La McGrannit si mosse verso la porta.

“Tipico di Sibilla. Preside, attenderò di sotto” Silente la congedò con un cenno del capo. I tacchi della McGrannit battevano ancora sui gradini in discesa quando Ron scostò un poco la tenda alla finestra. D’un tratto tutto si fece molto silenzioso e immobile.

“Devo farla seguire?” chiese Ron senza togliere gli occhi da un paio di ragazzi che ancora si allenavano a quidditch, nonostante la scuola fosse ormai finita qualche giorno.

“Credo non sia necessario. Sibilla non sapeva molto di noi. Oh, certo, non sosterrà mai Lestrange, è una donna tanto intelligente quanto stramba” il preside si concesse un sorriso che si perse alle spalle di Ron. Il rosso si voltò di scatto.

“Rimane comunque un problema…”

“Già, ci serve un altro professore prima della fine di agosto. Lestrange non si farà scappare l’occasione di piazzare qualcuno all’interno di Hogwarts”

“Idee?”

“Non molte” rispose il preside “Trovare un divinatore non è semplice. Uno che abbia voglia di insegnare a dei ragazzi, quasi impossibile” si grattò la barba folta con l’indice teso.

“Potremmo chiedere a qualche contatto fuori da Hogwarts” propose Ron uscendo dalla saletta della torre. Silente lo seguì a ruota, subito dietro.

“Ho già spedito qualche gufo alle persone giuste. Se c’è speranza di trovare qualcuno me lo diranno”

Raggiunsero la base della torre e imboccarono il corridoio diretto al salone di ingresso. Silente fece scivolare una mano all’interno della sua veste e allungo il giornale piegato in quattro a Ron.

“Hai letto La Gazzetta stamattina?”

“No, sono uscito di fretta” Ron afferrò il quotidiano e lo aprì in prima pagina “Qualcosa di nuovo?”

Silente non ebbe bisogno di rispondergli. Una colonna nella prima pagina saltellava, letteralmente, agli occhi.

 

AMBASCIATORE DI PACE PER LA QUESTIONE INGLESE

 

Soltanto ieri, in tarda serata, il consiglio straordinario indetto dai maggiori ministeri della magia d’Europa si è pronunciato sulla spinosa situazione inglese. E’ ormai risaputo come Albus Silente (??) dopo la regolare elezione del ministro Rodolphus Lestrange (63) si sia nettamente pronunciato contro la sua politica e il suo passato. Ma è ormai chiaro che le accuse pronunciate contro Lestrange all’inizio degli anni ottanta, non sono state altro che giochi politici attuati da subdoli consiglieri per liberarsi di un uomo dal così alto acume e spirito di sacrificio.

 

“Però, in quanto a servilismo non scherzano, eh?” sibilò Ron provocando una risatina a Silente.

 

Nonostante ciò, rimane il fatto che un buon numero di “ribelli” (non è questo ciò che sono?) si sono accodati alle parole di Silente, movendosi con lui, non solo metaforicamente, ma anche fisicamente. Hogsmeade, da piccolo paese provinciale, è ormai diventato una cittadina. Un covo dove chiunque fugga dalla legge giusta e sincera del ministero trova riparo e appoggio. La situazione è chiaramente insostenibile da parte del ministro Lestrange. “Mi rammarico delle scelte di Albus Silente” ha detto “ma nonostante questo non posso obbligarlo a seguire la retta via. In tutti questi anni di governo ho cercato di dialogare invece di risolvere il problema in altre maniere meno ortodosse. L’ambasciatore potrebbe essere una soluzione di dialogo, almeno all’inizio, ma credo che non basterà”. Queste le parole del ministro Lestrange nei confronti di Albus Silente e delle sue dubbie amicizie con esponenti pericolosi e ricercati del mondo magico (non serve ricordare i suoi trascorsi con Remus Lupin, pericoloso assassino licantropo senza licenza e il decennale evaso, Sirius Black. Per approfondimenti pagine II, III, e IV) oltre all’implicazione nelle varie faccende che hanno macchiato il miserevole governo dell’ex ministro Perceval Weasley (39).

L’ambasciatore verrà scelto dai ministri europei e inviato come diplomatico nella cittadina di Hogsmeade quanto prima. L’imbarazzo di questa situazione si riflette in tutta la politica, interna ed estera. La figura del brillante ministro Lestrange è spesso offuscata dal “morbo Silente”. Oltretutto il magnanimo ministro ha deciso di agire con tolleranza non sfruttando la sua posizione per obbligare “Silentopoli” a seguire il governo centrale inglese.

 

“Tante belle chiacchiere, al solito. Ma cos’è questa storia dell’ambasciatore?” Ron piegò il giornale e lo riconsegnò al preside. Silente lo infilò fra le pieghe della veste.

“Purtroppo non ne sappiamo molto, ma se Rodolphus è d’accordo, credo che ci sia qualcosa sotto. Forse è collegato con quello che hanno scoperto i ragazzi”

“Felpato e Lunastorta?” domandò Ron incuriosito. Avevano deciso di usare i nomi fittizi dei loro amici così da evitare grane impreviste.

“Sì, hanno visto la first lady” sogghignò Silente “E pare abbiano qualcosa per noi”

“Quando?”

“Stanotte. Al solito posto” spiegò telegrafico Silente. Ron si batté la testa con il palmo aperto.

“Ah, stasera dovevo uscire con i ragazzi…credo farò un po’ di ritardo, tu capisci, vero Albus?”

“Nessun problema. Inizieremo e li aggiornerò sulla Cooman”

“D’accordo” lo ringraziò Ron e scese l’ultima rampa di scale prima del salone. Silente fece un paio di gradini prima di parlare di nuovo.

“A proposito, il prossimo anno avremo un’altra Weasley ad Hogwarts”

“Già” Ron si fece raggiante “Laurie è emozionantissima. Credo che suo fratello impazzirà a tenerle testa questa estate” ridacchiò divertito.

“Si è ripresa bene, per fortuna”

“Fortunatamente sì. Chris è stato fondamentale, credo. E’ difficile parlare ad una bambina quando ormai non sei più un bambino”

Finalmente raggiunsero l’ingresso principale. Il salone si aprì davanti ai loro occhi. Un esercito di elfi domestici stava ripulendo armato di stracci e spugne le vecchie mura dell’edificio. Si inchinarono al passaggio di Silente, ma lui li congedò con un gesto gentile dalla mano

“A stasera” lo salutò il rosso. Il vecchio mago fece altrettanto prima di aprire il portone con un cenno del capo

Ron se ne uscì salutando di nuovo Silente, dandogli le spalle. E si immerse nel sole.

 

 

2.

 

“Mamma! Dove sono i pantaloni beige?” Hermione sbuffò sentendosi chiamare ancora da un urlo in cima alle scale. Uscì dalla cucina e si affacciò sulla prima rampa.

“Prova in bagno! E non urlare per le scale!” gridò a sua volta Hermione per poi tornare in cucina, alle prese con un dolce dalla farcitura complicatissima. Impugnò sicura in sacco ricolmo di panna montata e iniziò con il primo sbuffo bianco. Perfetto! Soddisfatta sorrise e continuò la coroncina uno sbuffo dopo l’altro. Uno, due. E poi tre, quatt…

“In bagno non ci sono!” ecco, il quarto sbuffo andò a farsi benedire spargendosi per tutta la torta. Hermione ringhiò seccata e sbatté con rabbia il sacco sul tavolo. Con passi pesanti tornò dalle scale.

“Ti ho detto di non urlare, Chris! Ma parlo arabo!?”

“Ma non li trovo!” si lamentò ancora la voce di Chris dal piano di sopra. Hermione credette di impazzire. Ma davvero quello strano Weasley che dicevano fosse anche suo figlio avrebbe compiuto diciassette anni a dicembre? Si consolò pensando che ne aveva ancora sedici, per un po’ avrebbe sopportato. Salì le scale e raggiunse il piano di sopra. Dalla porta del bagno in fondo al corridoio provenivano strani rumori, come se stesse crollando tutto a causa di un fortissimo terremoto.

“Perché Chris strilla così tanto?” una voce sottile e dolce sorprese Hermione alle spalle. Si voltò e vide quella piccola bambina che tanto adorava e tanto avrebbe voluto ammazzare di coccole. Si stropicciava l’occhio destro, infilata in una vecchia maglietta dei Lupi di Scozia, una squadra di quidditch che Chris amava letteralmente. Con la scusa che ormai era troppo piccola per lui mascherava la sua cocente delusione per l’abbandono del suo giocatore preferito, Stan Huddson. Erano stati giorni penosi per Chris, esageratamente penosi, secondo Hermione. Sembrava gli fosse morto il gatto sotto gli occhi. Ma lui non volle saperne. Stette in lutto per quasi una settimana, tant’è che alla fine cominciarono a prenderlo in giro sia Ron che Laurie. Ed un po’ anche Hermione. Le venne da ridere a quel ricordo.

“Laurie, tesoro, stavi ancora dormendo?” Hermione  la prese per un braccio e le diede un abbracciata affettuosa.

“E dormirei ancora, ma quel coso urla come un oca!” si lamentò sbadigliando definitivamente.

“Zitto pulcino!” sbottò Chris spuntando dal bagno in camicia a maniche corte e uno sfavillante baio di boxer bianchi. Laurie socchiuse gli occhi e si limito a sorridere strusciandoci stanca contro il fianco di Hermione.

“Non sei molto credibile “uomo-in-mutande”. Vero Hermione?” la donna sorrise nel vedere l’imbarazzo di Chris. Si mise le mani sui fianchi, proprio come faceva lei quando era nervosa, e vide spuntare le efelidi fra una guancia e l’altra. Forte scarica emotiva in avvicinamento, pensò.

“Ehi, Laurie ha ragione! Pensi di uscire così oggi?” rincarò la dose Hermione scompigliando i capelli castani e già spettinati della bambina.

“Ah-ah-ah. Siete esilaranti, davvero. Se avessi tempo mi butterei a terra dal ridere. Mamma, mi vuoi dire dove cavolo sono i pantaloni beige!”

“Quali pantaloni?”

“Beige! Hai presente? Ricamo sulla coscia, un po’ stretti…dai, li avevo ieri sera!” si lamentò Chris spalancando le braccia, esausto.

“Ah, li ho messi a lavare” spiegò brevemente Hermione.

“Tu cosa? Ma erano puliti! Ma che cazzo…”

“Ehi, linguaccia ragazzo. Non mi sembra il caso…” lo castigò Hermione con l’indice teso e il volto serio. Chris alzò le mani in segno di resa, come per scusarsi.

“Non è il caso di scaldarsi. Li hai lasciati in bagno, e sai come funzionano le cose in casa. La roba in bagno io la metto a lavare. Semplice, chiaro, è così da una vita”

“Si vabbè, tanto hai sempre ragione tu” sbuffò Chris infilandosi nella sua camera e sbattendo la porta alle sue spalle.

Hermione sorrise sconsolata e scosse la testa. Prese in braccio Laurie e se la portò fino in bagno.

“Hermione, perché fa così?” chiese la piccola appoggiandosi completamente al petto di Hermione. La fece scendere davanti al lavandino e le aprì il rubinetto. L’acqua iniziò a scorrere.

 “Perché è il periodo in cui si trattano male i genitori e si pensa di avere sempre ragione. Passerà”

“Io non lo voglio questo periodo. E’ brutto quando si litiga” si lamentò Laurie sfregandosi la faccia con l’acqua appena tiepida. Un vero toccasana.

“Oh, ma lui non litiga. E’ il suo modo di comunicare. Un po’ arrogante, un po’ con battute sarcastiche. Ci siamo passati tutti e ne siamo usciti tutti. Ce la farà anche Chris” le baciò la cima della testa e le allungò l’asciugamano.

“Sistema tutto quando hai finito” Hermione scese di nuovo di sotto lasciando Laurie sola alle prese con spazzolino e dentifricio. Cominciò a canticchiare a labbra serrate una canzoncina che le avevano insegnato a scuola verso la fine dell’anno. Era una canzone con un testo davvero stupido. Una bambina si era persa nel bosco, ma poi gli animali le mostravano la strada per tornare a casa. Prima il coniglio, poi il cerbiatto, il gufo, la volpe e così via. Le parole non erano un granché, ma la musica le piaceva davvero molto, così si limitava a canticchiare.

Si spazzolò energicamente i denti e poi cominciò a sputare la schiuma.

“Dai pulcino, mi serve il bagno” Chris entrò di prepotenza e cercò il gel sullo scaffale più basso.

“Eddai, aspetta!” Laurie guardò Chris attraverso lo specchio davanti a se. Si era cambiato completamente. La camicia era sparita per lasciare spazio ad una maglia smanicata che sembrava strappata sui fianchi.

“Hai la maglia rotta…lì” indicò Laurie mentre Chris non perdeva nessun movimento di ogni singolo ciuffo dei suoi capelli.

“E’ rotta apposta pulcino” spiegò Chris senza staccare lo sguardo dalle specchio “Va di moda”

“Hai messo i pantaloni militari alla fine?”

“Mamma fa il bello e il cattivo tempo in questa casa…dovrò adattarmi, per ora” a Laurie salì un groppo in gola.

“Perché per ora? Vuoi andare via?” cercò di far sparire quel tono piagnucoloso nella voce. Non seppe bene il risultato, ma lei si impegnò.

“Eh? Ma no, non subito. Certo, prima o poi potrei andarmene…chi lo sa?” Chris dovette per forza staccare gli occhi dallo specchio. Laurie lo abbracciò di scatto cingendolo per tutto il busto. Questo lo colse di sorpresa.

“Ehi, ehi pulcino, che c’è?”

“Non andare via solo perché litighi con Hermione” tirò su col naso, ma di certo non piangeva “Lei ti vuole bene anche se ti lava i pantaloni”

Il ragionamento non faceva una piega. Chris ridacchiò e sciolse l’abbraccio di sua sorella.

“Ehi pulcino, dai, non ti preoccupare. E’ normale litigare ogni tanto. E poi non ho mica detto che me ne vado domani!” le sorrise guardandola negli occhi. Anche lei sorrise, scostando lo sguardo. Le diede un bacio in fronte e uscì dal bagno.

“Dai sorella, preparati che tra un po’ dovete uscire” le disse Chris scendendo per le scale.

“Ehi fratello” Chris si fermò a metà del primo gradino e si girò all’indietro “Stai proprio bene così” Laurie gli sorrise e chiuse la porta del bagno.

Chris fischiettò un motivetto allegro e scese gli ultimi gradini con un salto.

“Oh, il mio figlio tutto d’un pezzo e sceso fra noi” lo canzonò Hermione sistemandogli il collo stretto della maglia bianca. Chris cercò di scostare le mani insidiose della madre con scarsi risultati. Ci doveva essere una qualche tecnica che le mamme imparavano per poter anticipare le mosse dei propri figli. Chris non poteva avere speranze.

“Dai mà… lascia stare” Hermione smise di torturarlo e gli sorrise.

“Lo so che fai tanto il duro ma sotto sotto sei sempre Chris…sei stato dolce con tua sorella” Chris si voltò di scatto e raggiunse in pochi passi la porta di ingresso.

“Sì…bè, vabbè. Ok, ciao, ci vediamo più tardi eh?” appoggiò la mano sulla maniglia. La girò e la serratura scattò. Poteva andarsene. Doveva andarsene, eppure lo sapeva che non ce l’avrebbe fatta. Sbuffò sconfitto. Tornò sui suoi passi e verso Hermione che ancora non si era mossa e che ancora sorrideva.

“Si, ok, faccio un po’ il bullo, ma sono più intelligente di così…contenta?” sbuffò Chris guardando in giro tranne che negli occhi di quella donna che si presentava come sua madre.

“Entusiasta” rise Hermione. Gli schioccò un bacio sulla guancia che Chris non cercò di evitare più di tanto e tornò in cucina senza dimenticare l’ultima raccomandazione.

“E fai il bravo!”

Chris se ne uscì di casa in un attimo. Passò veloce lungo il vialetto e chiuse il cancello alle sue spalle. Si accarezzò la guancia col bacio. Sorrise al sole perché la giornata prometteva bene.

 

 

 

“You’ve torn your dress, your face is a mess
You can’t get enough, but enough ain’t the test
You’ve got your transmission and your live wire
You got your cue line and a handful of ludes
You wanna be there when they count up the dudes
And I love your dress
You’re a juvenile success
Because your face is a mess
So how could they know?
I said, how could they know?”

 

Rebel Rebel, David Bowie

 

3.

 

Rebecca Steel scese al piano di sotto della sua villetta. L’atmosfera era calda. C’era aria di benessere in quel morbidoso salotto. Rebecca amava definirlo così, morbidoso. Forse a causa dei numerosi cuscini sparsi per tutta la sala. A Percy piaceva definirli “troppi”.

Rebecca sorrise e con passo danzerino si diresse in cucina. E neanche a dirlo Percy era lì. Addormentato su un libro aperto sul tavolo, pieno di scartoffie. Alzò gli occhi al cielo sconsolata. E gli passò le labbra vicino all’orecchio.

“Buongiorno amore” gli sfiorò la guancia con un bacio dolce quanto il miele e subito si rialzò, pronta a preparare una doppia razione di caffè forte.

Percy mugolò qualcosa che somigliava terribilmente ad un lamento adolescenziale prescolastico. Rebecca scaldò l’acqua con un colpo di bacchetta e inserì la cialda nella caraffa.

“E’ una bellissima giornata e tu ti sei ancora addormentato sul tavolo della cucina” intonò Rebecca, come se fosse una poesia che ormai sapeva a memoria.

Percy spalancò gli occhi e poi alzò la testa di scatto. Gli occhi gli si chiusero immediatamente a causa della luce. E la testa cominciò a girargli come poche altre volte in vita sua.

“Porca miseria…” mugolò prima di schiantare di nuovo la sua povera fronte contro le pagine del libro aperto. Rebecca gli allungò una tazza di caffè bollente e spietatamente nero. La poggiò vicino alla cartellina azzurra e si sedette accanto a lui.

“Scusa…” biascicò Percy con le labbra schiacciate fra le righe del vecchio tomo. Rebecca gli carezzò i capelli.

“Fa niente, solo non ammazzarti di lavoro” Percy alzò la testa, ancora ad occhi chiusi, inseguendo con le orecchie la voce di lei. E lei gli schioccò un bacio sulle labbra.

“Che ore sono?” chiese Percy ipnotizzato dall’odore del caffè. Cercò con la mano la tazza. Rebecca gliela afferrò e gli mise la ceramica calda fra le mani.

“Le dieci passate. Lysa è all’asilo e passa tua madre a prenderla”

“Santa donna…” sillabò Percy bagnandosi le labbra nella bevanda nera e calda. Fu come risorgere per il cervello annebbiato di Percy.

“Oddio, ma questo non è caffè, è un sogno” aprì finalmente gli occhi e lanciò un sorriso alla sua dolce compagna. Appoggiò la fronte alla sua e scivolò a baciarle il collo scoperto dalla vestaglia.

“Dimmi che sono un pessimo fidanzato”

“Non lo dirò” lei sollevò il mento di lui e si appoggiò alla sua spalla, accoccolata alla sua pelle calda e così…così Weasley. Un odore particolare, fresco, ma comunque intenso. Era incredibile quel profumo selvaggio e garbato che Percy aveva sulla sua pelle e che, probabilmente, nemmeno avvertiva.

“Ma se tu lo dicessi io smetterei di comportarmi così…lo so che lo farei” rincarò Percy coccolandosi col suo tepore.

“Ma non potresti resistere un giorno senza comportarti così” ridacchiò “Sarebbe una partita persa”

“Ti amo” le sussurrò Percy.

“No, io amo te” sospirò Rebecca “E adesso muoviti, Ron ha bisogno di parlarti”

Percy si alzò appena Rebecca interruppe quel dolce contatto fra di loro. Un po’ contrariato, un po’ deluso. Finalmente sveglio, comunque. Si stiracchiò e si accorse di essere ancora in mutande.

“Uh, sarebbe meglio darsi una sistemata…Amore, quando arriva Ron?” urlò Percy lungo il corridoio che portava al salotto e poi alle scale per il piano di sopra. Rebecca non fece attendere la risposta.

“Ha detto prima di mezzogiorno, verso le undici circa” Percy si grattò la testa e cacciò uno sbadiglio da guinnes dei primati. Cercò invano l’orologio al suo polso sinistro.

“Becky sai che or…”

“Dieci e mezza” lo interruppe subito. Percy sorrise fra se. Ma come avrebbe fatto senza quella donna? Poco convinto si infilò in bagno alla ricerca di un paio di pantaloni. Si sciacquò la faccia e improvvisamente tutto divenne più chiaro.

Perceval Weasley, detto Percy. Quasi quarant’anni, ma comunque ancora trentanove. Convivente, fidanzato, ma non sposato. Ci avevano pensato, ma poi nulla. Stavano così bene così, perché cambiare? Un figlia bellissima e dolcissima dai capelli ramati, ricci come la madre. Una donna, fidanzata, compagna di cui non si sarebbe mai pentito e mai avrebbe osato lamentarsi.

Una famiglia numerosa e perfetta. Un ruolo sociale di primo piano per le lotte contro il ministro Lestrange. Un’immagine amichevole e sincera, sostenuta da tutta Hogsmeade, e forse anche da qualcun altro in Inghilterra, che stava zitto, più per paura di ripercussioni che altro.

Questo era Perceval Weasley, detto Percy. Sorrise.

Ma si poteva volere di più?

Il campanello suonò insistentemente e Percy riconobbe la scampanellata tipica di suo fratello. Ron era qui.

“Vado io” corse lungo il corridoio verso l’ingresso e spalancò la porta. Ron lo attendeva.

 

 

4.

 

Un altro tuffo. Vin schizzò centrando in pieno il punto più profondo della piscina.

“Ora lo affogo” Tom prese un respiro profondo e si lasciò avvolgere dall’acqua. La pelle si circondò di quella fresca esperienza. Ad occhi aperti cercava quel piccolo Malfoy dai capelli rossi. Pensare che era stato proprio lui ad insegnargli a nuotare anni prima, ed anche a tenere gli occhi aperti sott’acqua. Evitò le gambe di Chris e schizzò verso Vincent.

Chris, dal canto suo, nuotò verso Eve che ancora era indecisa sul bordo della vasca.

“Dai, si sta benissimo” galleggiò Chris agitando le braccia. Notò con piacere che Eve aveva indossato il bikini rosa. Le stava davvero d’incanto quello rosa.

“Fa troppo freddo…” si lamentò lei. Chris sbuffò e tentò di schizzarla. Eve saltò via e gli urlò contro qualcosa di molto poco educato.

“Dai, buttati. Ti giuro che l’acqua non è fredda” Eve valutò la cosa. Al diavolo. Prese una bella rincorsa e si gettò aggraziata nell’acqua.

Fu terribile il gelo sulla pelle. Sbucò infrangendo il pelo dell’acqua e cacciò un urlo.

“E’ gelata!”

“Ma non fredda…” Chris fece una linguaccia e nuotò lontano da lei. Ed Eve subito lo inseguì. Non era una gran nuotatrice, ma se la cavava. Purtroppo Chris era troppo veloce per lei, oltre ad essere davvero abile immerso in acqua. Si costrinse ad impegnarsi, irrigidì le gambe e prese a batterle più forte che poté assieme alle ampie bracciate.

Poi qualcosa la punse. Lo sentì appena, all’altezza della coscia, un pizzico veloce e improvviso. Si fermò di scatto, preoccupata, poi sentì delle mani risalire lungo il busto e sfiorargli l’ombelico.

Chris si voltò e smise di nuotare.

“Bè, già ti arrendi?” la prese in giro facendo il morto a pelo d’acqua. Eve non rispose, con le mani cercò di staccare quelle dita tanto piacevoli dal suo corpo. Le mani viaggiarono fino alla parte più bassa del costume.

“Ah! Non…” gridò Eve senza rendersene conto. Chris si rimise eretto, la guardò strano. Eve non si fece prendere dal panico. Agitò le gambe e sentì di colpire qualcosa.

“Non…non mi scappi!” gridò di nuovo e prese a nuotare come un fulmine verso il cugino. L’inseguimento riprese.

L’acqua rimase liscia come olio. Poi una bolla fece capolino, seguita da un'altra. Il pelo d’acqua si increspò e Tom spuntò prendendo una enorme boccata d’aria. Questo giochetto gli era costato più di quanto credesse. Respirò a fondo cercando di far smettere di girare tutto ciò che vedeva.

“Rischi di ammazzarti” lo prese in giro Vincent scivolandogli di fianco in un elegante dorso. Tom avrebbe voluto tanto rispondergli, ma ora come ora l’aria che aveva era la cosa più preziosa a cui attaccarsi.

“…’zie…’ione…” biascicò fra un respiro e l’altro. Vin lo ignorò e ridacchiò nel sentirlo così disfatto. Nuotò verso il bordo vasca e si issò all’asciutto.

“Eh, l’amore a volte uccide” rise ancora e si allontanò a piedi nudi sul prato, verso i teli stesi poco distante.

Tom fece qualche bracciata fino ad appoggiarsi al bordo. A braccia spalancate recuperò il fiato con la testa appoggiata all’indietro. Gli venne da ridere a pensare ad Eve che cercava in ogni modo di scacciarlo e di sembrare naturale di fronte a Chris. Non che glielo volessero tenere nascosto, ma Eve aveva preferito così per ora e a Tom andava anche bene. Aveva atteso tutto quello troppo per farsi fermare da una richiesta così semplice.

“Prendi fiato?” Tom aprì gli occhi e l’immagine di Chris capovolta gli apparve davanti. Era già fuori dall’acqua e si agitava i capelli medio lunghi sopra la faccia dell’amico, bagnandolo.

“Smettila piaga...” scherzò Tom “Allora, con Grace?”

“Verrà fra qualche settimana, il tempo di convincere suo padre…” sorrise triste Chris. Grace gli mancava, ma sapeva che per dei ragazzi ancora minorenni non sarebbe stato semplice frequentarsi a così grande distanza. Lui in Inghilterra, lei in Francia. Il più delle volte i suoi pensieri affondavano nel tetro mare del pessimismo.

“Su con la vita, sono sicuro che…ah!” Tom si blocco di scatto. C’era qualcosa che lo pizzicava, e subito capì cos’era. Chi era, per meglio dire. Deglutì e con indifferenza balbettò solo un paio di volte prima di continuare la sua frase.

“…che…che verrà presto e…EH!”

“Che hai da strillare!?”

“Niente! E’…niente!” Tom sentì le mani risalirgli lungo il primo tratto della schiena e affondare oltre l’elastico del costume blu.

“Ti aspetto sotto l’albero, chiama Eve che non la vedo” Chris prese e si incamminò seguendo il tragitto fatto poco prima da Vincent. Tom trattenne il respiro ancora per una manciata di secondi. Quell’apnea era anche più dura della precedente. Poi Eve infranse il pelo dell’acqua, lentamente, proprio di fronte a Tom, ancora a braccia spalancate e rosso come un peperone.

Eve sorrise perfida e alzò i sopraccigli un paio di volte, rapidamente.

“Occhio per occhio…” disse semplicemente prima di appoggiarsi al bordo e sollevarsi all’asciutto. Tutto questo davanti ad un Tom perfettamente muto e pietrificato, a metà fra il terrore e il piacere profondo.

Si impose una manciata di secondi per calmare i suoi bollenti spiriti e poi seguì l’esempio degli altri e uscì dalla vasca. Vide appena l’elegante avanzare di Eve verso il provvisorio “campo-base” di teli e cesti da pic-nic. Sospiro fra se e se.

“Io quella ragazza la amo…” disse al vento prima di raggiungere gli altri.

Secondo capitolo. Allora, come vi trovate? Alzo un po’ il termostato? Volete qualcos’altro da bere? Il divano è troppo rigido? ^__-

Scherzi a parte, ringrazio chi ha commentato il primo capitolo ( e mi piacerebbe vedere meno timidi lettori…^_^):

Iceygaze: Oh, questa poi! Che piacere risentirti, my friend! Fra i primi a recensire il vecchio Senza Tregua e il primo in assoluto a recensire ST 3.0! *inchin* tanto rispetto a te my old friend! Comunque, fra i 16 e i 17. Hanno appena finito il sesto anno e devono fare l’ultimo. Ehi, non sono mica io a decidere come vanno certe cose (bè, tecnicamente sì, dato che sei l’autore, ma va benissimo così, amico! NdTomSorridente)! Lo sai l’azione è il mio forte, non posso non mettercene un po’ ogni volta! Ah, chi è il cattivo? Quello in alto nel prologo potrebbe esserlo, no? Ti lascerò ponderare un po’, tanto siamo appena all’inizio. Voglio solo avvisarti di una cosa. Questa volta ci ho pensato bene, cercherò di ingannare te e tutti gli altri fino all’ultimo! (Oh, io ci provo, speriamo di riuscirci ^__-) Harry? Sembra strano ma spunta presto… Alla prossima!

Lallotta12: Grazie, e grazie per l’incitamento! Se ai qualche richiesta o critica esprimila pure, non avere paura! ^__- Alla prossima!

Serena: E io adoro chi lascia un commento come il tuo che mi incita a fare sempre meglio! ^__- Non mollare, se hai voglia di scrivere fallo e basta. Se ci metterei un po’ di tempo pensa sempre che “Roma non è sorta in un giorno”, no? Aspetto il tuo commento, ciao e grazie! ^ ^

_Pe_: E hai fatto benissimo a farmelo notare, anche perché ho corretto subito, appena ho letto la tua recensione! Sai, si rilegge, fai betaleggere, ma qualcosa rimane sempre (spesso è poi colpa di word, ma vabbè…). Per l’età dei ragazzi, si capisce da questo capitolo. Comunque sono passati circa 5 anni. Più di 5 ma meno di 6. Insomma, sono completamente adolescenti, ormai ^__- Per Ginny che torna…bè, ha fatto semplicemente la spesa prima di tornare a casa dopo due giorni che non c’era. E’ anche normale, no? Il frigo sarà vuoto! Comune è come dici tu: con il contagocce si scoprirà tutto, come al solito (soltanto una cosa ho lasciato per metà in sospeso in ITCC…e l’hanno notata e risolta in pochi! ^ ^) Grazie per la tua preziosa recensione e per i tuoi preziosi consigli, alla prossima! ^ ^

Marcycas - the Lady of Darkness: Ehilà quanti graditi ritorni! Mi fa piacere rivederti fra le file dei lettori e mi fa piacere vedere i tuoi occhi sbarluccicare! ^ ^ Sì, ti ringrazio per ITCC, ma rimarrà il mio cruccio per tutta la vita, credo! Eh, in effetti ho dato solo qualche indizio sparso…hai ragione c’è bisogno di due cose: 1- un’idea generale di cosa deve accadere 2- Harry Potter. Il malefico Harry…hai ragione, provvederò al più presto. Basterà contare fino a 3. Uno, due e…^__- Alla prossima e grazie!

Fatamorgana: Bè, grazie per gli imbarazzanti complimenti ^//^ *blush* Me tende spesso a non lasciarsi trasportare e mantenere i piedi ben piantati nel terreno. E ti ringrazio per aver deciso di recensire la mia storia *ichin*, a tal modo mi considero onorato, allora! Spero di non deluderti con questo seguito e spero continuerai a lasciarmi un parere: Grazie e alla prossima! ^ ^

Ly: Eh sulle quaresime hai ragione cara Ly. Con TIDCIM la storia è già molto abbozzata, ormai totalmente scolpita. La aggiusterò qua e là mano a mano che proseguo la scrittura, ma la maggior parte dei punti sono già fissi come le stelle in cielo *Strek guarda fuori dalla finestra con aria sognante il cielo coperto di stelle. Una stella scompare improvvisamente* ….Ops, ehm, vabbè, sono sicuro che non ci metterò molto. Ah, catastrofico finale…suvvia, Piton è vivo, Lestrange ha trovato lavoro e Remus e Sirius possono tornare a frequentarsi da vecchi amici. Non è andata male, no? : P Ciao alla prossima!

Alexis: Un graditissimo ritorno! Hello my old friend, grazie per essere ripassato a lasciare due righe al vecchio Strek! ^__- Come al solito, troppo buono, ma vediamo di darti qualche risposta. Sì, ho una scaletta in mente, ma nulla i vieta di aggiungere cose se ho qualche epifania improvvisa. Quanti chaps?? Oddio, non lo so con precisione, ma tenderei comunque a dirti più di venti, tranquillamente, ma non so essere più preciso per ora! ^ ^ Belle storie HP? Guarda, ultimamente non leggo molto in HP per lo stesso problema che hai tu: ci passere i pomeriggi e troverei una minima parte che mi fanno venire voglia di leggerle. Quello che leggo e che considero valido l’ho registrato nel mio account. Se vedo qualcosa, però, ti avviso. Hai stili e/o generi preferiti? Grazie mille e alla prossima! ^ ^

Luca er meyo: Farò più in fretta che posso! ^ ^ E complimenti per lo sforzo di aver letto le altre due fanfic! Sei proprio er meyo davvero, allora! ^ ^ Grazie per la recensione, è manna per i fanwriter! Alla prossima!

Dorothea: Ecco una altra grande fanwriter che ringrazio per aver lasciato il commentino! Troppo buona, mia cara, e contento di averti fatto urlare alle..due di notte? Mi immagino la reazione di Angela… ^__^ Ah, ti piace Vin! Credo ci sia un piccolo fan club ormai (ovvio, sono er mejo….eheheh NdVinChesièmontatounpo’latesta). Anni passati? Circa cinque anni e mezzo. Ora è estate ed hanno appena finito il sesto anno (i più grandi. Vin ha finito il terzo). Alla prossima carissima!  ^ ^

Mary: E grazie per aver aspettato fino all’ultimo, allora! ^ ^ Aggiornerò più presto che posso e tu non dimenticare di darmi i tuoi pareri, fanno bene ad un fanwriter! A presto Mary! ^ ^

Vale: L’amica Vale! ^ ^ Ma come stai in quel di Milàn? Grazie, e anzi, scusami ancora per il ritardo recensionistico. Fra il pc con le bizze e la velocità di aggiornamento dell’EFP (di cui abbiamo lungamente parlato…) spesso scappano sotto il naso le fanfic che vorremmo leggere! Eh, speriamo che l’esperienza paghi! Questa volta ho pianificato il più possibile…speriamo bene! A presto, my friend, un abbraccio forte! ^__-

Sunny: Oh oh oh, come direbbe Babbo Natale! Ed eccola qua la Sunny! Eh, ho fatto una cura di dialoghi a furia di leggere quelle perle della tue fanfic! E poi uno che scrive sceneggiature prima o poi deve imparare, c’è poco da fare! Eh, sapevo che tifavi per quei due pupattoli di Eve e Tom. Come vedi certe cose capitano prima che si possano raccontare (a tal proposito, guarda in fondo), ma capitano comunque. Eh, ti ringrazio, ma il signor Marrone (intende Brown, ma è un cretino…NdMisteriosospiritoautocritico) mi guarda da distanza di molti passi e ridacchia, mi sa! ^__^ L’amore tuo Chris? Hai letto il chap, no? E’ un inizio, poi si saprà di più (otre che le one shot in arrivo, appena trovo un attimo libero!). Ti manca Draco, eh? Lo capisco, manca anche a me quando scrivo dei Malfoy…accidenti che cavolo ho fatto! ^__- Saluti e baci Sunny cara e alla prossima!

Ale: Uè! Che bello risentirti! Tutto bene? Ti ringrazio per il commento, molto gradito e molto sentito, grazie mille! Ah, vedo che hai letto gli albori di Eve e Tom…ebbene sì, anzi a tal proposito metto poi il link qui sotto. Presto ci sarà la seconda parte, mi mancano poche pagine. Sai, sei l’ennesima persona che mi dice che il mio stile ha qualcosa di diverso…cavoli, deve essere vero allora, non vi sarete mica messi tutti d’accordo, vero? ^_____^ Un’altra cosa: un’altra fan di Vincent! Ed ha fatto solo una comparsata! Figurati quando spunterà la sua One shot, sarà un delirio! Bè, ti ringrazio ancora tanto e alla prossima! Ciao ciao

 

E con questa ho concluso. Wow, è appagante rispondere a delle recensione così belle! Speriamo di fare un super bis con questo secondo capitolo, eh? ^__-

Piccola informazione promozionale: ho pubblicato anche la prima parte di una one shot, ma come spesso accade è stata trascinata via dagli aggiornamenti rapidi della pagina. Metto il link qui, per chi volesse gradire.                                 Almeno credo parteI (Senza Tregua 2.8),

 

Ah, colgo l’occasione per ringraziare i Betalettori dei primi capitoli che hanno dovuto prendersi il duro compito di leggere i miei pasticci!

Ly

Vale

Sorti (che saluto dall’alto dei suoi impegni universitari. Appena puoi passa a fare un saluto!)

 

 

 

See you again!!!

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Capitolo 3
*** Strade ***


Capitolo 3

A Vale

per la pioggia e per la squisita torta di mele :P

 

 

 

Capitolo 3

Strade

 

 

Load up on guns and bring your friends
It's fun to lose and to pretend
She's over bored and self assured
Oh no, I know a dirty word
Hello, how low?

Hello, how low?

Hello, how low?

 

                                   Smells Like Teen Spirit, Nirvana

 

 

1.

 

Con passo sicuro attraversò la piazza ultramoderna di fronte al grattacielo. Il cielo terso rifletteva le sue stelle sulla facciata dell’edificio, come un immenso specchio.

La borsa di cuoio che aveva al fianco ciondolava apparentemente vuota. La donna si sistemò la coda di cavallo dietro la schiena e aggiustò con indice e pollice la sottile montatura nera degli occhiali.

Raggiunse la porta automatica e attese che si aprisse. Scivolò all’interno mentre i tacchi cadenzavano al sua marcia tanto sicura quanto orgogliosa.

“Buonasera, ho un appuntamento con il signor Woo” si presentò la donna di fronte alla reception. La signorina al di là del bancone annuì appena e fece un cenno con la mano.

“Lei è…?”

“Mi perdoni” disse la donna con un sorriso “Brown. Lavanda Brown”

 

 

2.

 

“Fooleen, porta questo di sotto. Dex, con me, attento a non pestare nulla, qui è bruciato tutto” l’agente di polizia entrò, torcia in mano, nell’appartamento dato alle fiamme.

Fooleen eseguì l’ordine. Scese di sotto dove un piccola folla si era radunata, attirata dalla confusione. Subito si era sparsa la voce dell’incendio nella casa del professor Dune. Il professore era conosciuto nel quartiere. Un archeologo vecchio stampo, di quelli avventurosi, ma ormai troppo vecchi per lavorare ancora. Era morto poche settimane prima. Un sfortunato incidente aveva fatto precipitare l’autobus in cui viaggiava nelle acque del Tamigi. Con lui se ne erano andate altre tre persone, più l’autista.

Ed ora questo incendio nel suo appartamento, ormai vuoto. Nessuna vittima, ma la cosa era strana. In un certo senso puzzava di bruciato.

Fooleen uscì e si fece largo fra la folla, anche grazie all’aiuto di altri agenti. Un cagnolone nero gli abbaiò contro e corse a fargli le feste.

“E tu che vuoi…? Merda, dai lasciami stare” cercò di scacciarlo, ma quel cane era testardo. Poggiò la scatola di cartone piena di reperti sul furgone e cercò di acchiapparlo. Il quadrupede saltò di lato e gli abbaiò contro. In un attimo si infilò nel furgone.

“No! Cazzo, ehi! Esci di lì”

“Buck!” un uomo arrivò di corsa “Mi scusi, è il mio cane…”

L’agente Fooleen gli lanciò un occhiataccia.

“Dovrebbe stare al guinzaglio”

“Mi è sfuggito, è più di un isolato che lo inseguo, posso?” l’uomo infilò la testa nel furgone “Buck? Vieni qui stupido sacco di pulci…avanti…bravo bello, dai…”

“Ehi, ci sono dei reperti importanti lì…signore, le devo chiedere di allontanarsi. Si allontani!” l’agente Fooleen si pentì di aver accettato il turno serale per quei pochi spiccioli in più nella busta paga.

“Ecco, ecco, ho fatto” l’uomo portò fuori il cane di peso, legato alla catena stretta in mano “Scusi il disguido agente” e si allontanò come se niente fosse. L’agente Fooleen lo guardò allontanarsi e svoltare l’angolo e pensò che Londra era sempre più piena di gente strana.

Remus Lupin si infilò in un vicolo e attese che Sirius riprendesse la sua forma umana. Aprì il lungo cappotto e fece scivolare fra le dita un quaderno di pelle dall’aria vecchia.

“Bah, odio quando mi tiri per il guinzaglio” ringhiò Sirius lanciando un’occhiata agli appunti di quello che sembrava il diario di una vita “Allora, qualcosa di utile?”

“Non saprei. Lo zio del professore che Bellatrix ha ucciso sembra abbia annotato minuziosamente molte cose…” fece vagare lo sguardo fra le pagine, le sfogliò in fretta “Il problema è che non abbiamo idea di cosa sia importante e cosa non lo sia”

“Ci vorranno mesi per leggere tutto…lavoro lungo” si lamentò Sirius stiracchiandosi i muscoli del braccio destro. Lupin sorrise e estrasse la bacchetta.

“Bè, dopotutto siamo maghi, no?” la agitò e con un guizzo recitò un incantesimo.

Tandem” le pagine si illuminarono di una luce dorata e presero a sfogliarsi da sole, febbrilmente. Girarono e girarono fino a fermarsi a poco più della metà del diario. La luce si spense.

Lupin lesse l’inizio della pagina. Sirius allungò la testa per sbirciare qualcosa.

“Qui parla di un codice, come ha detto Bellatrix…” mugugnò qualcosa per poi passare gli occhi alla pagina successiva “Pare sia una specie di tesoro nascosto di un suo amico…”

“Jean Boulerai” disse Sirius. Remus alzò gli occhi.

“Chi?”

“Jean Boulerai, è scritto sulla foto lì accanto” Lupin era così preso dalla lettura che non aveva notato l’indizio più evidente. Una fotografia in tonalità seppia, decisamente vecchia, era stata incollata sulla pagina accanto. Sullo sfondo si intravedeva un colle coperto di soffice erba. Su un lato del colle si scorgeva un castello medioevale. In primo piano, invece, stavano due sorridenti signori dall’aria soddisfatta. Sopra la testa di quello sulla destra, biondo, vi era un nome: Jean Boulerai. Sull’altro vi era scritto semplicemente “Io”.

“Bene” sorrise Sirius battendo sulla spalla dell’amico “Abbiamo una traccia”

 

 

3.

 

“Signorina Brown, prego si sieda” sorrise l’uomo dall’aspetto chiaramente orientale. Si sedette sulla sua bella poltrona di pelle nera, dietro la scrivania di cristallo. La donna avanzò mentre la porta alle sue spalle si chiuse da sola. L’ufficio del signor Woo era di un lugubre lusso. Abbondavano i colori scuri, cupi. Il nero la faceva di padrone assieme al vetro trasparente e al cristallo. Tutto ciò che non aveva un colore, mostrava o rifletteva quello del resto dell’arredamento.

“E’ un piacere averla qui, nonostante l’orario ormai tardo. Sigaretta?” il signor Woo allungò il suo prezioso portasigarette sulla scrivania in direzione della donna, che ormai si era già seduta.

“No, non fumo” rispose lei “Mentre mi piacerebbe parlare di affari”

“Ah, lei va subito al sodo” sorrise l’uomo “Questo mi piace in una donna. Soprattutto se bella come lei” si accese una sigaretta e sbuffò una nuvola di fumo verso l’alto. La donna piegò le labbra, ma non diede segno di aver apprezzato il commento. Aprì il borsello di cuoio appeso al suo fianco e ne estrasse un sottile plico di fogli piegato in tre.

“Questo è quello che deve leggere e firmare” spiegò brevemente lei. Il signor Woo sorrise e appoggiò la sigaretta ad un posacenere che si confondeva con il tavolo di cristallo.

“E’ strano firmare un contratto per qualcosa che nessuno saprà essere avvenuto” aprì il foglio e lo scorse velocemente. Odiava tutto quel linguaggio burocratico e da avvocati. Non capiva mai un acca di quello che ci fosse scritto.

“Bè, al diavolo, no?” prese una penna e svitò il tappo con un cicalio leggero. Agitò la stilografica sul foglio come un direttore d’orchestra agita la sua bacchetta. Firmò e rigirò il contratto verso la donna.

“Bene, ora se vuole seguirmi le darò la sua merce”

Il signor Woo si alzò in piedi e premette un pulsante sotto il bordo della scrivania. La parete di destra si aprì in un varco, delle luci si accesero mostrando un lungo corridoio.

“Prego” invitò il signor Woo mentre si incamminava per il corridoio. La donna lo seguì, infilando il contratto nuovamente nel borsello.

Dopo pochi metri raggiunsero un'altra parete di vetro. L’uomo mosse la mano lungo una tastiera di lato e la porta scivolò lungo la parete, permettendogli di proseguire.

Entrarono nel buio. La donna sentì la porta di vetro chiudersi dietro di se e l’oscurità, silenziosa, avvolgerla. Per un attimo ebbe paura. Poi le luci si accesero. Un ampia sala si mostrò ai suoi occhi. Il signor Woo era già avanti a lei e lavorava sulla manopola di una cassaforte.

La donna si guardò intorno. Non c’erano finestre in quel luogo. Le pareti erano arricchite da arazzi protetti da immense lastre di vetro. In giro per la stanza vi erano dei piedistalli cilindrici con oggetti di varia natura. Tutti i piedistalli erano coperti da una teca trasparente alta fino al soffitto. Somigliavano a delle colonne futuristiche.

La donna camminò con fare sicuro lanciando occhiate alle varie teche. E poi lo vide. Con indifferenza si avvicinò alla teca più a sinistra. Un piccolo libro era appoggiato su un leggio di legno scuro. La copertina era rovinata negli angoli e aveva delle strane rune segnate, o forse bruciate, lungo il dorso.

“Non si avvicini troppo” parlò il signor Woo alle sue spalle “Quelle teche sono infrangibili e protette da un allarme sensibilissimo. E’ praticamente impossibile violarle” rise avvicinandosi con una busta fra le mani.

La donna sorrise, prima di estrarre una bacchetta di legno dal borsello e puntare la teca con il libro. Voltò il capo e vide la faccia sorpresa del signor Woo. La busta gli scivolò dalle mani.

“Impossibile, dice?”

 

 

Come, as you are. As you were
As I want you to be. As a friend
As a friend. As an old enemy. Take your time
Hurry up. The choice is yours. Don't be late
Take a rest. As a friend. As a old memory,

Memory, memory, memory”

 

                                                           Come As You Are, Nirvana

 

4.

 

“Hai sentito di Gloria? Suo padre non vuole iscriverla all’ultimo anno” Eve mordicchiava la punta della sua piuma, fortunatamente era una piuma caramellata comprata a Mielandia. Tom spuntò dalle pagine di un libro. Steso sul letto della ragazza le guardò la schiena e ebbe uno strano impulso. No, che diamine. Si doveva controllare.

“Ma và? E perché?” chiese senza togliere gli occhi dai capelli di lei, sparsi sulla pelle appena abbronzata dal sole.

“Dice che non hanno più i soldi per l’iscrizione e i libri…sai” disse Eve scrivendo qualche parola sulla pergamena. Tom si mise a gambe incrociate. Le scarpe le aveva tolte assieme alle calze. A parte che faceva fin troppo caldo, Eve non sopportava che le calze toccassero le coperte. Piccola fissazione made in Malfoy.

“Ma tu non ci credi” parlo chiaramente Tom. Eve si voltò di scatto.

“E già che non ci credo! Dai, non nuoteranno nell’oro, ma i soldi non gli mancano” Tom assentì col capo, così Eve poté continuare “Io credo che lo abbiano ricattato. Ti ricordi di suo zio Philus? Lavorava al ministero anni fa, ce ne parlava sempre perché aveva un incarico da capo…non mi ricordo di cosa”

“Non mi meraviglierebbe. Lestrange lo farebbe”

“Vero, ma perché Gloria? Voglio dire, ci sono un sacco di studenti…ha qualcosa di speciale?” Eve si alzò in piedi e porto con se la pergamena “Non mi convince per niente”

“Quindi che pensavi di fare, bionda?”

“Scrivo a Gloria. Manderò Nebbia e proteggerò la lettera con un incantesimo. Le chiederò di spiegarmi se c’è altro sotto” Tom si grattò la testa.

“Ma abita a meno di un chilometro da qui, scusa”

“Non più” Eve negò col capo e si sedette sul letto, dando le spalle a Tom. Scrisse un’altra riga senza staccare gli occhi dal foglio “Si sono mossi, credo a Edinburgo. Sono andati a trovare dei parenti per le vacanze”

“Pericoloso…” sussurrò Tom scivolando sul letto e avvolgendo con le gambe i fianchi di Eve. Lei si appoggiò a lui e continuò a scrivere.

“Io direi sospetto, ma quello è il meno. Spero mi risponda presto” Tom annuì, mugugnando qualcosa di incomprensibile e, leggermente, appoggiò le labbra fra i suoi capelli. Scese fino all’orecchio e sospirò piano.

“Tom…smettila…” Eve rise e piegò la testa di lato, ma Tom Bishop non le diede retta. Insinuò le labbra dall’orecchio fino alla base del collo e continuò fin fra le scapole, scoperte dalla canotta larga che portava lei.

“Tom…Dai, c’è mamma in casa…Tom!”

“Che c’è?” si interruppe lui abbracciandola da dietro. Non le lasciava un attimo neanche per scrivere una lettera, tant’è che Eve mise da parte carta e penna e si cullò fra le sue braccia.

“Non puoi avere sempre voglia…è inumano” Eve poggiò la testa sul suo petto e fu soddisfatta di sentire i battiti del suo cuore tanto rapidi.

“Colpa tua…” sussurrò Tom ad un attimo dal suo orecchio. Succhio teneramente il lobo fino a farle spuntare un lieve lamento sulle labbra. Era il momento. Tom si staccò di scatto dalla ragazza lasciandola scivolare sulle coperte e facendosi da parte, accanto a lei, sdraiato.

“Ma se vuoi, mi fermo subito” sorrise perfido sul suo viso rivoltato sottosopra. Eve gli strinse gli occhi e lo afferrò per il bavero della camicia.

“Tu sei un…un maledetto” gli succhiò il labbro inferiore fino a fargli chiudere gli occhi dal piacere. Tom le fu sopra in un attimo. Le sfilò la canottiera facendo scivolare i capelli biondi sulle spalle. Biondi e crespi in un modo che adorava.

“Sei…sei stupenda” le baciò l’ombelico, succhiando leggermente “E sei mia, completamente mia…”

“Scemo” rise lei. Si piegò in avanti e lo baciò castamente sulle labbra. Dolcemente, da far chiudere gli occhi. Sfilò la maglietta dalle mani di lui e se la rimise. In un lampo fu di nuovo in piedi lasciando Tom stravaccato sul letto.

“Ti ho detto che c’è mamma in casa” disse a bassa voce “Non puoi pensare sempre al sesso!” Tom alzò la faccia da contro la coperta.

“Come no? Sono un ragazzo adolescente, sono autorizzato…no, che dico, obbligato a pensare solo al sesso!”

Eve rise di gusto e canticchiando un motivetto a labbra serrate. Aprì l’armadio in cerca di un paio di jeans e una maglietta per la sera.

“Metti quella verde” mugolò Tom ancora steso sul letto “E’ carina” Eve cercò la maglietta in questione. Una semplice t-shirt con dei leggeri spacchi ai lati. La appoggiò sulla sedia e poi corse verso il suo letto. Spinse Tom con forza fino a farlo ribaltare fuori dal materasso.

“Ehi!” si lamentò lui mantenendo a stento l’equilibrio. Ma Eve non gli diede tregua. Lo spinse ancora fino a farlo uscire dalla stanza. Gli fece un veloce occhiolino e gli poggiò le labbra sulle sue, in un attimo in cui Tom non poté assaporarle neanche un po’.

“Devo cambiarmi” spiegò la piccola tentatrice bionda e si chiuse la porta alle spalle.

 

 

5.

 

“Scusate il ritardo” Ron entrò nell’ufficio di Silente e salutò con un cenno il preside. Silente gli sorrise appoggiato alla scrivania.

“Ehi fratellino!” la voce scrollò Ron per un momento. Si guardò intorno e per un attimo ci vide doppio.

“Bè, non si saluta più?” George gli si avvicinò fino a stringerlo fra le braccia. Fred non fu da meno e si strusciò su di lui come un gatto.

“Ci sei mancato taaaaanto” imitò il miagolio tipico dei gatti in amore. Ron si staccò dall’abbraccio di George e fece un passo indietro. Era da almeno due anni che non vedeva i gemelli. La situazione del paese non lo permetteva, soprattutto con il ruolo che aveva Ron agli occhi di tutti: il braccio sinistro di Silente. Il destro era Percy.

Ed ora erano lì, come se fosse la cosa più normale del mondo. Fece un gran sorriso e saltò addosso ad un terrorizzato Fred.

“Brutti idioti! Scomparite per degli anni e arrivate senza dire nulla?” ridacchiò contento mentre torturava la testa di Fred con il pugno chiuso.

“Ahia! Fai male…George fai qualcosa!” ma George non fece proprio nulla se non ridere. Silente batté le mani e i tre fratelli Weasley si fermarono e fecero silenzio.

“Mi spiace interrompervi, ma abbiamo questioni più urgenti di cui parlare. Mary Jane è qui per questo” il preside si fece da parte mentre una sorridente Mary Jane spuntava da dietro una libreria, avvolta in un mantello blu notte.

“Mary Jane…” Ron spalancò gli occhi “Questa è una serata strana, mi aspettavo di trovare Felpato e Lunastorta, e invece…” diede un occhiata ai suoi fratelli che ora sedevano entrambi sulla poltrona verde scuro. Uno sul sedile, l’altro sul bracciolo.

“Già, ma purtroppo hanno avuto un impegno. Sono passati da noi e ci siamo offerti per accompagnare MJ qui” spiegò brevemente George unendo le dita delle mani e facendosi ironicamente serio “Era una missione difficile, ma siamo i migliori sul campo” Fred gli diede un leggero scappellotto e gli fece cenno di fare silenzio, ignorando le proteste del fratello.

“Ron” MJ fece un breve inchino poi gli sorrise “E’ bello rivederti. Da quando tieni la barbetta?” Ron si grattò il volto con la mano destra.

“Oh, è un caso” si sedette sulla poltrona accanto ai gemelli mentre Silente faceva altrettanto sullo scranno dietro la sua scrivania. MJ si avvicinò al fuoco e si scaldò le mani.

“Non ho molto tempo, quindi non ne sprecherò altro. L’Esercito della Notte controlla la mia casa costantemente. Fred e George mi hanno fatto uscire con uno stratagemma” sorrise  lanciando un’occhiata ai gemelli. George le fece l’occhiolino e Fred si gonfiò il petto orgoglioso.

“Esercito della Notte?” chiese Ron, lanciando uno sguardo perplesso a Silente. Il preside scosse la testa sconsolato, ma non aggiunse altro.

“Sono auror, Ron” spiegò Fred senza alcuna voglia di scherzare “O meglio, è così che si definiscono, ma sono soltanto degli avanzi di galera selezionati dallo stesso Lestrange”

“Amici. Amici di amici. Amici di amici di amici. Sai come vanno queste cose, no?” disse George agitando una mano “E in un batter d’occhio i vecchi auror sono relegati a fare da segretari a funzionari del ministero o, peggio ancora, ad insegnare a questi rammolliti figli di papà”

“Perché non ne sappiamo niente?” chiese Ron preoccupato “Da quanto tempo va avanti questa storia?”

“E’ stato un lavoro di anni, Ron” spiegò MJ “Ma il nome, Esercito della Notte, ha iniziato a circolare soltanto da pochi mesi. Gennaio, credo. Me lo ha detto Felpato in una delle sue rare visite” per un attimo MJ sembrò rattristarsi, ma non diede il tempo a nessuno di osservarla meglio in volto. Si girò verso le fiamme e chiuse le braccia dietro la schiena.

“Ma ora perdonami, non è di questo che devo parlarti. Felpato e Lunastorta non sono potuti venire perché stanno seguendo una traccia” prese fiato e si voltò verso tutti i presenti.

“Hanno combattuto contro Bellatrix e hanno distrutto qualcosa di importante per lei. Ha parlato di un codice decifrato. Il professore morto nello scontro era un babbano e dai discorsi sembrava avesse rubato quelle informazioni a suo zio. I ragazzi hanno seguito questa pista” MJ si sedette sulla poltrona di velluto beige e continuò il racconto.

“Là hanno trovato un nome, Jean Boulerai”

“Un babbano?” chiese Ron. MJ annuì col capo.

“Così pare. Ora sono sulle sue tracce. E probabilmente Bellatrix e poco dietro di loro” Silente si schiarì la voce ed attirò l’attenzione su di se.

“Se posso permettermi, credo sia meglio lasciare ai nostri uomini sul posto la ricerca di altri indizi. Ron e i suoi sono compromessi soltanto per il semplice fatto di trovarsi ad Hogsmeade”

“Oh, ma andiamo, per una volta da anni abbiamo una pista su qualcosa che interessa a Lestrange e non concentriamo tutti i nostri sforzi?” domandò stizzito Ron alzandosi in piedi.

“Bella idea fratellino” intervenne ironico Fred “Hai ragione, vai a Londra e unisciti a Felpato. Probabilmente Walker ti sta aspettando per farti la festa”

“Ti raccoglieremo in un cucchiaino” rincarò la dose George “O al massimo ti verremo a trovare ad Azkaban con una torta farcita di lima”

“Walker è un idiota. Non saprebbe riconoscere un indizio neanche se glielo spedissero via gufo fra le braccia” ringhiò Ron. MJ si alzò e si aggiustò il mantello.

“Walker sarà un idiota, ma è il generale degli auror. Non prenderlo sottogamba, Ron. Fin dal suo arrivo qui ti sei fatto odiare da lui…e lo so che non l’hai fatto apposta” MJ alzò la voce per evitare di farsi interrompere dal rosso “Ma lui non può saperlo. Quello che sa è che lo hai preso in giro davanti al ministro Lestrange. Lo hai fatto sfigurare, e sai quanto possa essere odioso per un generale fallire una missione davanti al proprio comandante”

Ron rimase zitto per un po’, mentre Fred e George si alzarono in piedi e si vestirono coi loro mantelli color lavanda. Fred tamburellò una mano sulla spalla del fratello minore.

“Non darti pena. Felpato e Lunastorta sono bravissimi. Presto o tardi potrai aiutarli” George affiancò MJ e gli diede il braccio per appoggiarsi. Fece un occhiolino a Ron.

“Stai tranquillo. Per ora pensa a Herm e a tutta la banda. Anzi, salutaceli tutti! Mamma, Ginny, Herm, Vin,…” Fred raggiunse MJ dal lato opposto e la prese sottobraccio.

“Da un bacio a Ginny e Hermione da parte mia” disse piano MJ. Poi sorrise e si strinse alle braccia dei due Weasley. Fred guardò l’ora nel pendolo attaccato al muro.

“Credo sia meglio andare ora, preside. E’ quasi mezzanotte” e detto questo estrasse una bottiglia di scotch quasi vuota. Fred guardò l’etichetta stralunato.

“Ehi, è un’ottima annata!”

Silente allungò la bacchetta verso di loro e tramutò la bottiglia in una passaporta. In un lampo i tre sparirono risucchiati dal nulla.

Ron si sentì d’un tratto inutile. Possibile che non volessero il suo aiuto? Walker era un problema minore paragonato a Lestrange. Un fedele cagnone da guardia pronto a spezzare le ossa invece che parlare. Quello lo faceva dopo, di solito. Il suo primo rapporto con in generale degli auror, in effetti, aveva avuto un che di burrascoso. Si era fatto subito etichettare come nemico numero uno sulla lista nera dell’americano venuto da lontano.

“Scommetto che ti senti inutile” Silente interruppe i suoi pensieri anticipando la sua forte sensazione di frustrazione. Ron non poté fare a meno di sfigurare in un sorriso amaro. Allargò le braccia.

“Già. Inutile a dir poco” sprofondò su una poltrona davanti al camino “Odio le attese. Non mi sono mai piaciute. E di solito non portano nulla di buono”

“Allora ti farò un favore” Silente si alzò per avvicinarsi a Ron e alla poltrona “Devo assentarmi per qualche giorno. Forse una settimana. Avrei bisogno che tenessi gli occhi aperti per me” questo catturò completamente l’attenzione di Ron. Era raro vedere Albus Silente sparire per un po’, soprattutto in quegli anni. Ovunque andasse si portava dietro una etichetta a dir poco indecorosa, fomentata dai giornali e da Lestrange.

“Certo, lo farò…ma, c’è qualche pericolo?” strano a dirsi ma l’idea di un rischio stava mettendo il pepe nella vita in sospeso di Ron. Silente alzò le spalle.

“Minerva avrà il suo ruolo di vicepreside, come al solito. Ma ho sentito delle voci a Hogsmeade. Voci da locanda” il preside si fece pensieroso e si passò una mano sulla barba “Qualcuno si muoverà verso Hogwarts, e non vorrei lo facesse proprio durante la mia assenza”

“Qualcuno chi? E come…?”

“La Testa di Porco è un locale dove la gente parla. E la gente della Testa di Porco ha spesso un sacco di cose da raccontare. Soprattutto dopo un buon whisky” Silente sorrise. Ron non disse nulla, annuì solo.

“Farò il possibile. Dirò di avvisarmi di ogni cosa sospetta”

“Bene, ma non spargere la voce. Non vorrei scatenare paura per le strade” Silente batté la mano sulla spalla di Ron prima di tornare sui suoi passi, dietro la scrivania.

“Buonanotte Ron, e grazie” il rosso si alzò e salutò con un cenno del capo.

“Buonanotte”

 

 

6.

 

La notte tersa era rotta soltanto dalle luci impertinenti della città e dai suoi lamentosi suoni. Poco adatti a chi non è abituato alle grandi metropoli. Il tetto del grattacielo numero tredici era tranquillo, silenzioso come parecchi altri tetti, fatta esclusione per un fastidioso tamburellare. Un rumore sordo proveniente dal basso. Insieme a quello un gran numero di voci esagitate che urlavano ordini.

In sé, il tetto del grattacielo numero tredici non aveva nulla di speciale. Fino a quel momento.

La porta che spuntava dal cubicolo di cemento quasi si sfondò. Una giovane donna scivolò oltre i comignoli dei condotti d’aria e corse in direzione opposta, verso il limite del tetto. Subito dietro di lei una decina di uomini la seguirono correndo e urlando come pazzi, per incitamento. Nelle loro giacche costosissime, impiccati dalle cravatte, nere come il resto degli abiti. Camicia esclusa, ovviamente.

La donna raggiunse il basso muretto che la separava dal precipizio di cui vedeva soltanto le luci della auto in transito lungo la strada. Si appiattì contro l’ennesimo scatolotto metallico di cui ignorava la funzione e attese paziente. Il respiro era irregolare e il fiato era rotto. Si tolse le scarpe col tacco basso con cui aveva lottato fino ad ora. Strappò la gonna alta fino al ginocchio così da potersi muovere meglio. Poi si sciolse il nodo della coda. Una cascata di sottili capelli setosi le inondò il volto e le carezzò la base del collo. Controllò che la borse a tracolla fosse ancora chiusa. Tutto in ordine. La borsa era salva.

“Signorina Brown” una voce dal chiaro accento orientale la richiamò al presente “La prego di uscire da lì dietro e arrendersi. Non vogliamo farle del male”

Bugia. Troppo facile da capire. La voce di quell’uomo tremava dall’eccitazione di aver beccato il ladro dopo un gustoso inseguimento, per cui sarebbe stato premiato sicuramente.

La donna si alzò, senza scarpe, camminò fino alla balaustra e vi si sedette sopra. Ne contava otto. Più quello che aveva parlato e un altro fermo vicino alla porta che aveva sfondato. Erano tutti seri con le dita incastrate in quella strana ferraglia babbana. Sentiva il vuoto dell’abisso di cemento e cristallo alle sue spalle. La donna sorrise.

“Non credo che mi lascerete andare” disse sfilandosi gli occhiali con un lieve cenno della testa “E non credo che non mi farete del male”

L’uomo che sembrava il capo sorrise sotto dei sottili baffetti, si spostò i capelli brizzolati all’indietro e fece un paso verso la donna.

“Lei è molto abile, ma ha commesso un errore”

“E quale?” replicò subito lei piegando le astine degli occhiali e infilandoseli nell’ampia scollatura del tailleur.

“E’ scappata sul tetto. Non ci sono vie di fuga sul tetto” fece scattare la mano, veloce come un serpente che avvelena la preda, e strinse in una morsa d’acciaio quella sottile di lei “E neanche scomodi testimoni”

La donna, seppur sorpresa, non si fece prendere dal panico. Cercò di liberarsi senza risultato e gettò lo sguardo verso la porta del tetto. Non vedeva più l’uomo di guardia. Fra sé sorrise.

“Non dovrebbe toccarmi” sibilò e con uno scatto liberò la mano, o forse fu lui a lasciarla libera “Il mio fidanzato è molto geloso”

L’uomo viscido sorrise e in un attimo tornò serio. Alzò il braccio e la colpì violentemente con uno schiaffo. Il colpo fece vacillare la donna che subito si tenne la guancia offesa. Sentì l’aria fredda del vuoto spingergli sugli occhi.

“Uccidetela” ordinò. La donna si irrigidì. E l’uomo non poté compiacersi oltre della sua vittoria.

Una voce senza padrone ululò nell’aria. Viscida, fredda e spietata.

“Vi aveva avvertito. Sono molto, molto, geloso…” l’uomo per la prima volta da molto tempo sentì la paura attraversarlo. Alzò lo sguardo e infilò la mano sotto la giacca alla ricerca di un’arma per difendersi da quella che, non sapeva come, riteneva una minaccia incombente.

Un ombra nell’angolo del tetto prese vita. Con uno scatto felino raggiunse la donna e con un veloce balzò calciò in sforbiciata la faccia dell’uomo viscido. Quello si tastò il naso, sprizzante sangue, e cadde all’indietro per il colpo.

“Scusa il ritardo” sibilò quell’essere in nero. Fece svolazzare il mantello e avvolse la donna sotto il suo braccio sinistro. Gli sgherri sul tetto non ebbero il tempo di fare nulla.

Con un balzò rapido la creatura nera si lanciò nel vuoto assieme alla donna e precipitò verso il basso.

“Sei il solito esibizionista” gridò lei fra l’ululare dell’aria. Lui sorrise e pronunciò una veloce parola appena udibile.

 

L’uomo si rialzò di scatto. Il polsino della camicia con cui si era asciugato il naso era sporco di sangue. Si sporse oltre la balaustra a vedere quel proiettile nero precipitare verso terra.

“Folli…” disse a mezza voce “Presto, scendete e…” e in quel momento notò il pavimento illuminarsi di una sottile e brillante linea arancione. Sempre più chiara e sempre più luminosa. L’uomo non poteva saperlo, ma istantaneamente pensò che non avrebbe visto l’alba del giorno dopo.

Il tetto scoppiò in una deflagrante esplosione che avvolse nel fuoco anche il piano sottostante. I vetri esplosero in una miriade di frammenti e fecero brillare il cielo in tutte le direzioni. Le fiamme seguitarono a scendere e si infilarono oltre le finestre. Il calore investì i due, che ancora precipitavano verso terra. Le schegge di vetro li raggiunsero, ma il mantello dell’uomo in nero li protesse entrambi.

Con un guizzo tanto rapido quanto opportuno estrasse la bacchetta magica.

Wingardium Leviosa” smisero istantaneamente di precipitare e iniziarono a rallentare fino a fermarsi. Con un ultimo balzo atterrarono al suolo, nel marciapiede spoglio di persone che a malapena li avrebbero notati. Si infilarono in un vicolo, veloci, uno dietro all’altro.

Lei lo fermò prendendolo per una spalla e gli indicò un tombino al centro della straducola. Lui lo puntò con la bacchetta e quello si aprì rumorosamente. Vi si infilò prima lui, poi diede una mano a lei a scendere senza farsi male. E se la ritrovò davanti. Splendida, con quell’aria un po’ seria e un po’ cattiva. Quegli occhi neri da diavolo che avrebbe fatto presto suoi. Le affondò le labbra con un bacio eccitante e passionale. Come un serpente che avvelena la sua preda.

Lei rimase sorpresa solo per un attimo, poi gli strinse le braccia attorno alle spalle e si fece sollevare di peso e sbattere contro il sudicio muro della fogna. Emise un lamento incomprensibile.

Le strappò il tailleur con forza e si slacciò il mantello. Perfido sorrise alla base del suo collo prima di morderla e farla gridare di piacere.

“Ah…Harry…”

“Zitta, dottoressa…”

Scusate il lieve ritardo! Queste settimane prenatalizie sono davvero massacranti per il tempo che occupano, comunque eccomi qua con un nuovo chap! ^__^ Per chi smaniava per Harry…buon natale! Regalo in anticipo! Bene, ma veniamo alla risposta ai succosi commenti!

Marcycas: Niente strage allora, dato che Harry compare, giusto per far vedere che c’è ancora, e non è cambiato più d tanto. Oh, ma non inferire sul povero Tom, anzi, lui ci prova poverino! Ahah, in effetti è imbarazzante. A proposito, guarda in fondo, c’è il link per la seconda parte di Almeno Credo (ST 2.8)! Sono sicuro che Ron non si sia offeso, ha un sacco di gente in giro che fa il tifo per lui. Avrà anche lui i suoi momenti…te lo assicuro. Il buon Lestrange…eheh, Jude Law è decisamente giovane per Rodolphus, ma dopotutto i truccatori fanno miracoli di questi tempi, no? ^__- Ti sconvolge il passaggio da DE a ministro? Oh, bè, la realtà spesso non è così diversa dalla fantasia…pensa a quanti gerarchi fascisti sono rimasti a ruoli di comando anche dopo la caduta di regime, figurati se in mezzo sono anche passati vent’anni! Eh, la gente a volte… Ma concludiamo con un mega-grazie per la recensione e un saluto alla prossima!! ^___^

Serena82: Grazie Serena, è davvero una bella cosa quella che mi hai detto! I personaggi sbocciati rendono bene l’idea del lavoro che ho voluto fare su di loro e se lo hai notato, significa che non ho buttato via il mio tempo! Spero di continuare a farli fiorire, allora! ^ ^ Ti ringrazio di cuore e spero di risentirti presto! Alla prossima, ciao! ^__^

Sunny: Ah, piccola Super-sayan, il signor Marrone ti ringrazia! ^O^ Per la firma al Vin fun club metti un segno qui..ecco, perfetto, sei dei nostri ora! ^ ^ Purtroppo il sangue Malfoy non mente mai e ti assicuro che Tom avrà parecchie gatte da pelare con quella “tigrotta” (uhuh, sto pensando a Tom che le dice tigrotta e lei che lo ribalta con una mossa di judo!! ^O^). Ma a parte questo..i Weasley! Bene, noto con piacere che ti sei posta il problema dell’età di Laurie. Ok, tutto sarà chiaro in una one shot che uscirà a momenti, direi prima del prossimo chap, ma cmq ti dico solo che il motivo fa molto…moto famiglia Weasley! Spero di non tirare una delusione…ma credo di no, dai! ^ ^ Tienimi pure d’occhio, tanto lo sai che prima o poi schizza del sangue nelle mie storie…o se schizzerà…ciao ciao bella! Alla prossima! ^ ^

Alwen: Che gradito ritorno! ^ ^ ma ciao! Eh, i fratelli minori, io purtroppo sono figlio unico (purtroppo, perché purtroppo!?!? NdAlwencondueocchigrandicosì--->O__O), ma credo che sia più o meno così avere qualcun’altro in giro per casa che tenta di fregarti il titolo di “figlio-della-casa” ^__- Scherzo, dai. Ah, anche tu hai notato Laurie…bè, a presto anche a te la risposta. Tempo di una piccolissima oneshot! ^___- Ciao, e alla prossima!

Ale: Ecco un’altra tesserata per Vin…devo far stampare altri moduli… ^___- Ah, le tempeste ormonali! E’ bello parlarne quando orami ne sei quasi (e dico quasi…^__-) fuori. La povera Cooman se l’è data a gambe levate, ma chissà che non abbia ragione…! ^ ^ Tutti i bimbi sono cresciuti e ognuno fa un po’ il grande a modo suo…eh, Chris è uscito così! ^ ^ Bè, grazie per i succosi e abbondanti complimenti e spero di risentirti presto! Ciao ciao! ^__^

Mary: Imprevedibile è il mio secondo nome…*Strek in posa da James Bond* scherzi a parte, grazie di cuore, anche se devo ammettere che spesso starmi dietro è un po’ complicato. Dovrei spiegare certe cose più chiaramente. Spesso e volentieri, però, me ne accorgo quando ormai è tardi! Prima o poi imparerò, per ora…grazie e alla prossima! ^ ^

Necro: non dico ore, ma ti assicuro che una recensione aiuta sempre il morale dell’autore! E’ come mettere il turbo ad una 500 vecchio modello! Grazie e alla prossima! ^ ^

Dorothea: Per la teoria di Laurie…fuochino, sei andata molto vicino al bersaglio, ma ti assicuro che la prossima one shot ti renderà tutto più chiaro! Oh, io amo i paradossi temporali (“Marty, tu non ragioni quadridimensionalmente!” Doc, Back to the Future part II, se non erro! ^__^), ci vado a nozze con viaggi nel tempo e pippe simili! Ehi ho notato che recenisci sempre ad orari da panetteria, hai per caso un panificio? ^__- Ah, l’angolo dell’euforia paradossa non ci doveva essere! L’ho lasciato per errore, è una cosa che stavamo scrivendo io e un mio amico (di mail, che saluto, fra l’altro) e poi abbiamo deciso di mettere a parte, più avanti! Cmq grazie, lo dirò anche a lui che ti è piaciuto!. Bè, alla prossima! (a quando “il mistero della panna monatata?” Dai, faci un regalo di natale… ^ ^)

Sorti: Eh, orami siamo vecchi, cambiano anche i voti….vabbuò, và. Dal prossimo chap leggerai qualcosa di nuovo, così saprai dirmi qualcosa di più! Ciao bello! ^__-

Vale: Eh, la lettura in anteprima aiuta! ^ ^ Ma dal prossima sarà tutta una novità…non importa quando arrivi, l’importante è che arrivi! Dai, ci vediamo alla prossima, anche se questo chap era tutto dedicato a te! ^ ^ Persone importanti che mi hanno aiutato meritano almeno una dedica (non è molto, ma prendilo come un regalino, ok?) ciao ciao, alla prossima!

Ellie: I vecchi momenti di gloria…eheh, ma grazie, e grazie per esserti presa l’impegno di leggerti i due mattoni precedenti!! Anzi, ti ringrazio anche per le recensioni che hai lasciato altrove (e che sennò non so come ringraziarti, allora lo faccio qui! ^ ^) I personaggi sono tutti un po’ cresciuti e maturati e come al solito abbondano i misteri, hai ragione…sono fatto così! ^ ^ ahah, grazie ancora e alla prossima! ^ ^

 

E con questo è tutto! Ah, ringrazio anche quella manciata di lettori timidoni che so esserci, ma che preferiscono mantenere l’anonimato…*Strek scruta l’orizzonte alla ricerca di figure nascoste nell’ombra*

A tal proposito, questa è la mia mail, per chi volesse contattarmi in altra maniera Strekon@virgilio.it

Per commenti, insulti, favori sessuali, soldi, e altre cose così ^ ^

Ultima cosa poi smetto di rompervi, lo giuro! Ho pubblicato la seconda parte della lunga oneshot su Tom e Eve, e sta qui Almeno Credo parte II (ST2.8). Per chi ama questo piccioncini e vuole sapere come sono arrivati fino a lì… ^ ^

 

E con questo è tutto, alla prossima!

 

 

 

See you again!!!!

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Capitolo 4
*** La luna ribelle ***


Capitolo 4

A Ly

per il generoso bivacco a Lucca e perché Lily e James, ora, hanno una storia

 

 

Capitolo 4

La Luna ribelle

 

 

“E la luna bussò alle porte del buio
"Fammi entrare", lui rispose di no!
E la luna bussò dove c'era il silenzio
ma una voce sguaiata disse
"Non è più tempo"
quindi spalancò le finestre del vento
e se ne andò a cercare un po' più in là
qualche cosa da fare
dopo avere pianto un po'
per un altro no, per un altro no
che le disse il mare, che le disse il mare”

 

                                   …E la luna bussò, Loredana Bertè

 

 

 

1.

 

La redazione di un giornale è, di per se, sempre caotica. Non importa quanto si è organizzati, quanto si è pronti ad ogni evenienza. Presto o tardi piomberà nel caos. Le persone correranno dove non si dovrebbe. I block-notes rimarranno sospesi su qualche scrivania in disordine. Le penne rimarranno a seccarsi, fuori dal loro porta piume metallico.

La redazione de Il Cavillo non smentiva la regola, anzi, se possibile pareva esaltarne al massimo la veridicità. In sé non sarebbe stato anomalo vedere quella giornalista scivolare a metà di uno stipite della porta e schiantarsi contro la maniglia della stessa. Non a Il Cavillo.

“Tutto bene?” un ragazzo portalettere aiutò la ragazza ad alzarsi. Quella si aggrappò e non si fermò nemmeno a ringraziare. Corse via, lungo il corridoio, proprio come un attimo prima, incurante di poter scivolare ancora.

Si aggrappò allo spigolo di una scrivania per voltare velocemente un angolo troppo brusco, e buttò a terra una pila di fogli. Il proprietario gli bestemmiò dietro qualcosa, ma lei non stette a sentire. Aveva un compito ben più importante.

Finalmente raggiunse la porta dell’ufficio che tanto aveva rincorso in quegli ultimi cinque minuti. Non vedeva attraverso il vetro, la tenda veneziana era abbassata e del nome dipinto sopra restavano solo poche sbiadite lettere.

Aprì la porta di scatto e non si trattenne.

“Direttrice! Direttrice una cat…”

“Non me ne frega una cavolo se è indisposta! Prendi quell’intervista!” la voce di una donna spaccò in due il grido della ragazza piombata dentro l’ufficio. La donna urlava contro l’immagine di un uomo di mezza età fra le fiamme del camino più a destra. Un’altra decina di camini, di diverse dimensioni, erano piazzati in giro per il troppo affollato ufficio.

Troppo affollato perché stracarico di carte, cartoncini, penne, piume, gufi, e qualsiasi altro immaginabile articolo di cancelleria. Una sigaretta si era consumata dentro il posacenere, naturalmente stracolmo di cicche accartocciate.

“Ma Lovegood non posso certo entrare dalla finestra e forzarla a rispondere!” si lamentò l’uomo nel camino. La donna sorrise perfida.

“Hai dieci minuti, oppure puoi stare a casa da lunedì, facciamo così? Buon lavoro” e con quello chiuse la conversazione e spense la fiamma del camino.

La ragazza, ancora stordita e con il fiatone, aprì di nuovo la bocca per parlare.

“Direttrice, c’è un…”

“Non ora! “ la interruppe di nuovo la Lovegood. Con un passo raggiunse la sigaretta e un piccolo camino incastrato in un angolo della parete, accanto alla finestra che probabilmente non veniva aperta da mesi.

“Freeman!” gridò verso la cappa che subito si accese di una luce verdastra che, in un attimo, si trasformò in blu, poi in rossa. La faccia di un ragazzo giovane comparve fra le spire infuocate del camino. Sembrò essere un poco spaesato. Si guardò intorno poi vide la donna e subito si fece vispo e attento.

“Sì, direttrice. Mi dica” sembrò la risposta pronta di un soldato più che quella di un cronista. Luna Lovegood tirò l’ultima boccata alla sigaretta e la spense fra i cadaveri delle altre. Sbuffò la nuvola di fumo per aria.

“Come andiamo? Hai preso notizie sull’omicidio?” il ragazzo scosse la testa vago.

“Poche cose, sembra non ci fosse molta gente, neanche babbani. L’uomo è stato risucchiato fino a gelarsi”

“Hai raccolto informazioni? Qualsiasi cosa?

“Certo, le ho già spedite via gufo alla redazione”

“Ottimo, Freeman. Sei così bravo che credo ti affiderò un altro incarico” Luna sapeva che Luke Freeman non si riposava da almeno due giorni, ma questa era soltanto una specie di prova. Un test per vedere quanto poteva far affidamento su quel nuovo giornalista. Carne da cannone, la chiamava Luna.

“Ti spedirò un gufo con qualche indicazione al riguardo, buon lavoro” sorrise Luna. Freeman diede l’impressione di voler dire qualcosa, ma subito gli passò, come uno starnuto scomparso un attimo prima di esplodere. Scomparve come il resto delle fiamme del camino e, finalmente, Luna Lovegood fece caso alla ragazza entrata di corsa.

“Allora, che c’è?”

“Ah, il…il generale Walker!” Luna sbarrò gli occhi.

“Dove?”

“Qui, il redazione!”

“Quando?”

“Da cinque minuti. Lo hanno trattenuto un attimo giù al ricevimento, ma non potranno tenerlo per molto!” Luna si legò i capelli in un attimo. Le bionde ciocche si avvolsero attorno alla sua bacchetta. Inforcò gli occhiali dalla montatura nera e spessa e si infilò una gomma in bocca. Diede un’energica masticata iniziale e poi uscì dal suo ufficio seguita dalla sua assistente.

“Fallo salire, di sopra. Io…”

“Signorina Lovegood” una voce baritonale e fiera interruppe il discorso di Luna. La voce veniva dalla spalle. Luna prese un bel respiro e si dipinse un sorriso in faccia.

“Generale Walker, che piacere. Da quanto tempo è che non ci si vede?”

“Da quando ha calunniato il lavoro degli auror” rispose secco e con un sorriso che la diceva lunga. Il generale Walker indossava la divisa d’ordinanza. Un lungo mantello verde gli avvolgeva le spalle, arpionato con alcuni lacci all’altezza del petto. Gli stivali lucidi risuonavano sul pavimento e sembravano tuonare, appesantiti dai tacchi robusti. Due auror lo accompagnavano. Fieri e dalle spalle larghe come armadi. Non avevano un bell’aspetto. O almeno, a Luna sembrarono due grossi uomini tanto muscolosi quanto stupidi. Carne da cannone, per così dire.

“Tecnicamente, generale, è diffamazione. La calunnia è solo di tipo verbale” rispose rapida Luna torturandosi un ricciolo biondo incastrato sotto gli occhiali. Il generale Walker smise di sorridere e increspò le labbra in maniera severa. La barbetta ispida gli copriva la bocca quel tanto che bastava per renderlo ancora più autoritario.

“Poche chiacchiere. Lei sa perché sono qui, Lovegood”

“Credo di sì” sbuffò Luna girando sui tacchi e allontanandosi come se non le importasse. Fece solo pochi passi.

“Signorina Lovegood!” tuonò Jonathan Walker zittendo, in quelle due parole, tutti i fastidiosi rumori e cicalii della redazione. Calò come un inquietante silenzio. Un silenzio che metteva paura nei giornalisti e redattori presenti nella grande sala principale de Il Cavillo. Tutti gli occhi erano puntati su Walker e su Luna, che ancora gli dava le spalle.

“Pretendo rispetto da parte sua, signorina Lovegood” sentenziò duro il generale facendo solo un passo in avanti.

“Rispetto?” domandò Luna a mezza voce. La gola era secca, forse per la tensione o forse per la paura. In un modo o nell’altro, pensò, il generale aveva ottenuto ciò che voleva.

“Sì, rispetto. La comunità magica dipende anche da ciò che i giornali dicono” spiegò Walker avanzando definitivamente verso la donna bionda “La gente legge e si pone domande, Lovegood. Domande che non dovrebbe porsi se il ministero non vuole”

Afferrò una copia del giornale di quel giorno e la agitò a mezz’aria, così che tutti potessero vederla. Naturalmente tutti sapevano cosa c’era in prima pagina.

“E lei alimenta frequenti polemiche nei confronti del ministero” gridò ancora il generale, così che tutti lo sentissero “Simpatizza per i nemici del Ministro Lestrange che minacciano continuamente il suo governo. Tutto questo è inaccettabile”

Luna ancora non si era voltata. Dava sempre le spalle all’imponente uomo del ministero. Scosse la testa e si limitò a ridacchiare.

“Inaccettabile?” si voltò di scatto e si trovò di colpo faccia a faccia con Walker “Io credo che sia inaccettabile che l’esercito sia passato sotto il controllo diretto del ministro della magia. Trovo inaccettabile che chiunque abbia idee diverse da Lestrange sia considerato ribelle. Trovo inaccettabile che lei venga nel mio giornale a dettare legge!”

“Lei deve rispettare le regole, Lovegood!”

“Io rispetto ciò che è creato con giustizia! Sciogliere il consiglio del ministro della magia è un attentato alla dem…”

“A lei non deve importare nulla delle scelte di governo del ministro!”

“Sono una giornalista, Walker” sibilò Luna ad una spanna dal suo naso “Tutto deve importarmi. Se mi tirassi indietro la gente come lei o Lestrange distruggerebbe questo paese in quattro e quattr’otto!”

Walker digrignò i denti. C’erano poche persone che riuscivano a farlo arrabbiare così. Uno era un ex auror dai capelli rossi con cui aveva avuto un pessimo faccia a faccia fin da subito. L’altra era certamente Luna Lovegood. Alzò un dito minaccioso e lo agitò in faccia a Luna.

“Lei dovrebbe stare attenta a quel che dice o fa, Lovegood” sillabò a bassa voce il generale “Dovrebbe pensare al suo futuro, in tutti i sensi”

“E’ forse una minaccia, generale?”

“No, è un consiglio. Spero di non dover rimettere piede qui dentro se non per accertare il suo lavoro. Lo spero soprattutto per lei. Buona giornata Lovegood” e detto questo il generale girò sui suoi tacchi, seguito dai due auror e abbandonò la redazione.

Il silenzio carico di tensione e paura che si era creato perdurò ancora per una manciata di secondi. Poi fu Luna, ripresasi da quello scontro verbale violento, ad agitare per prima una mano.

“Che avete da guardare? Tornate al lavoro, un giornale non si scrive da solo!” ignorò la preoccupazione della sua assistente e si infilò in bagno. Fu tentata di lavarsi la faccia, ma il senso di rigurgito che aveva all’altezza del petto era più impellente di quanto credesse. Vomitò anche l’anima, se possibile, e solo dopo aver fatto scorrere lo sciacquone si chinò sul lavandino a lavarsi la faccia arrossata.

Ma era davvero questo ciò che voleva? Lottare con tutte le sue forze per…per che cosa poi? Cosa ci guadagnava, in effetti? Nulla, scialba riconoscenza. Non era questo ciò che voleva, ma intanto era un ottimo surrogato.

Ripensò alla sua vita. Alla sua dannata sfortuna quel giorno, ad Hogwarts. Il disastro ad Hogwarts di quasi vent’anni prima. Ne usci bene, o almeno così parve all’inizio. Poi ci furono spiacevoli conseguenze. Qualcosa nel suo corpo non doveva aver preso bene tutta quell’esplosione di energia magica. Si ammalò, e gravemente anche. Suo padre sperperò una fortuna per cercare una cura. Consultò medimaghi di ogni tipo e quando ormai le speranze parevano essere perdute, si trovò una soluzione. Un esperto americano aveva già curato un paio di casi simili con discreto successo.

Fu così che Luna Lovegood e suo padre si trasferirono negli Stati Uniti e lì rimasero anche dopo la miracolosa guarigione. Naturalmente il padre di Luna cercò un lavoro che gli facesse fare ciò che sapeva fare meglio: il giornalista scandalistico. Purtroppo per lui trovò un lavoro ad un quotidiano nella norma che trattava notizie di ogni tipo e non solo le esclusive che piacevano a lui. Luna lo affiancò subito e imparò in fretta il mestiere. C’era una specie di autorità che quella ragazza ancora giovane trasmetteva. Un’autorità che le fece fare in fretta carriera.

In pochi anni Luna divenne una firma importante del giornalismo, anche se nessuno sapeva il suo nome. Firmava tutti i suoi articoli Ellelle, ovvero le sue iniziali.

Soltanto da pochi anni era tornata in Inghilterra. Aveva acquistato la vecchia redazione de Il Cavillo e lo aveva tramutato in un quotidiano dal taglio forte. Talmente forte che non si era tirata indietro nemmeno davanti al regime di Lestrange. Lei era rimasta indipendente e continuava a fare il suo lavoro: raccontare i fatti.

Questo suo bel gesto, però, impensieriva il ministero, soprattutto Lestrange che scriveva sovente alla direttrice de Il Cavillo per consigliarle un “taglio editoriale più adatto alle esigenze del ministero”. Luna, dopo le prime tre lettere, aveva smesso di aprirle. Le bruciava direttamente.

Uscì dal bagno mentre ancora si asciugava la faccia.

“Direttrice, mi scusi…cosa facciamo?” Luna riconobbe la voce apprensiva della sua assistente. Getto la salvietta di carta nel cestino lì accanto.

“Dammi un’ora”

 

 

2.

 

Lights go down, it’s dark
The jungle is your head
Can’t rule your heart
A feeling is so much stronger than
A thought
Your eyes are wide
And though your soul
It can’t be bought
Your mind can wander”

 

                                   Vertigo, U2

 

Il sentiero era tranquillo. Percorreva un quarto della piccola collina per poi sprofondare di lato, verso il villaggio che ancora si vedeva, illuminato dal sole al tramonto.

Un’ombra nera percorse l’ultimo strato di sottobosco e spuntò sul sentiero polveroso, baciato dagli ultimi raggi di sole. Un cane nero, grosso e dall’aspetto selvaggio. Attraversò un po’ del sentiero poi voltò la testa pelosa per guardarsi attorno, come se cercasse qualcuno. Sicuro di essere solo arruffò il pelo fino a farlo sparire. Si allungò sulle zampe posteriori e si alzò retto in piedi. Il muso si accorciò e appiattì fino a diventare una faccia dalla barba incolta, decorata da capelli neri, a tratti brizzolati e con due occhi grigi a farla da padrone.

Sirius Black prese fiato e controllò che la sua forma umana fosse del tutto tale. Si spolverò le maniche della giacca a vento e si incamminò lungo il sentiero. Il villaggio era davvero a due passi e lì aveva appuntamento con Lupin.

Avevano pensato di dividersi per sicurezza. Bellatrix li aveva visti da poco assieme. Se qualcuno li stava cercando probabilmente cercava una coppia, e non dei viaggiatori solitari.

Forse tutta questa sicurezza era eccessiva, ma nello stato attuale delle cose, probabilmente necessaria. Avevano cercato informazioni su quel Jean Boulerai fino a trovare il nome di un piccolo villaggio, Gringstone.

Sirius attraversò le mura antiche che ancora circondavano il borgo. Si guardò in giro sempre sospettoso. Era più forte di lui, non si sentiva tranquillo fino in fondo. Raggiunse la piazzetta come concordato e cercò una qualche traccia di Lupin. Non vide nulla di interessante, così si mise ad attendere su una panchina.

Il villaggio era silenzioso, passarono forse cinque persone nell’ora che Sirius fece trascorrere seduto sulla panchina metallica. Poi il rombo di un motore lo svegliò dal suo stato catatonico.

Un piccolo autobus malandato marciò fino al limite della piazza e si fermò. Aprì le porte e fece scendere il suo unico passeggero. Remus Lupin ringraziò l’autista e gli concesse un sorriso.

“Ehilà!” salutò Lupin con un gesto della mano, avvicinandosi all’amico.

“In autobus?” Lupin guardò alle sue spalle dove il piccolo pullman stava prendendo in retromarcia la strada da cui era venuto.

“Sì, è pratico” Sirius scattò in piedi.

“Io mi sono fatto tre boschi e due fiumi a piedi per arrivare qua senza essere seguito e tu sei venuto in autobus?!”

“Ma che dovevo fare, scusa? Mi sembra che tu l’abbia presa troppo sul serio” Lupin allargò le braccia sconsolato e si avviò verso la strada sulla destra. Sirius lo seguì.

“Ma abbiamo parlato di sicurezza. Del fatto che ci possono seguire. Ci siamo anche divisi per essere certi che…insomma mi stai ascoltando?” Sirius si fermò di scatto, seccato.

“No, in effetti”

“Grazie”

“Figurati” Lupin alzò lo sguardo e lesse il nome della viuzza sull’insegna di ceramica incastonata nel muro del vecchio edificio.

“Ecco, è di qua” Proseguirono lungo la via lastricata di pietre lisce fino a raggiungere un cancello di ferro a metà di una discesa ripida.

“Dovrebbe essere questo” Lupin guardò fra le sbarre del cancello. La piccola villetta era circondata da un giardino ben tenuto e dall’aspetto gradevole. Fra i fiori colorati, Lupin vide un cappello di paglia addobbato da un nastro bianco.

Una anziana signora potava alcuni rami con mano sapiente.

“Scusi...signora?” Lupin richiamò l’attenzione della donna che alzò la testa sentendo chiamare. Sul suo viso rugoso comparve un largo sorriso sdentato.

“Benvenuti! Benvenuti!” lasciò perdere cesoie e fiori. Si pulì le mani su un grembiule di altri tempi e si avvicinò al cancello. Sorrideva e i suoi occhi si infossarano nel volto segnato dall’età.

Aprì il cancello con un chiave che teneva gelosamente in tasca e che lì ripose subito.

“Entrate! Vi aspettavo già da qualche giorno”

“Ci aspettava?” domandò Sirius incuriosito. La vecchina lo guardò negli occhi e di nuovo quel sorriso sdentato, gioioso e contagioso riapparve sul suo volto.

“Sì, sì, certo!” si incamminò verso l’ingresso della villetta. La porta era spalancata e già da lì si poteva sentire un delizioso profumo di zuppa e carne. Lupin annusò piacevolmente l’aria e si fece contagiare dall’atmosfera calda e cordiale.

“Non mi sorprenderei se fosse stato suo marito a dirle di noi…”

“No no…mio marito è morto già da qualche anno, sa?”

“Morto?” Lupin tornò lucido per un attimo.

“Fantastico…” commentò aspramente Sirius sbuffando. Entrarono in casa sempre preceduti dalla anziana signora.

“Sì, il mio caro Jean era molto malato. Ma so che voi siete qua per dare un’occhiata nei suoi appunti! Venite, venite!” la seguirono, e a Lupin venne lo scrupolo di chiederle come facesse a sapere che sarebbero arrivati e che avrebbero dovuto cercare qualche indizio fra gli appunti del marito, ma la domanda gli scivolò via dalla mente quando le ampie doppie porte di legno si aprirono davanti a lui lasciandolo senza fiato. Un’immensa biblioteca fitta di libri e strani aggeggi si presentò ai suoi occhi. Nonostante non ci fosse un solo granello di polvere in giro per la stanza, Lupin ebbe come l’impressione che tutto fosse rimasto in quell’esatto ordine per anni.

“Non ho mai toccato nulla da quando è morto Jean” spiegò subito la signora con una nota di malinconia nella voce. Sospirò, mentre Sirius già avanzava verso quella che sembrava la scrivania dove Boulerai lavorava in vita.

“Tante carte” disse, poi si guardò intorno “Tanti libri...ci vorrà una vita, e questa volta non ci sarà incantesimo che tenga, credo”

“Ah, incantesimi!” squittì la signora entusiasta. Sirius si maledisse nel momento stesso in cui ricevette un’occhiataccia da Lupin “Anche voi studiate queste cose, dunque?”

Dopo un primo momento di stupore, Lupin colse la palla al balzo.

“Sì, certo. Seguivamo con rispetto il lavoro di suo marito. Possiamo…” fece un cenno al resto della stanza e la signora annuì energicamente. Lupin si affiancò a Sirius e si mise a sfogliare qualche pagina dei libri sul tavolo, senza troppo interesse.

“Era uno studioso della magia” disse a labbra strette, per non farsi sentire se non dall’amico.

“L’avevo capito, direi che siamo sulla pista giusta” gli rispose Sirius nella stessa maniera. Afferrò una sfera di cristallo e metallo sul tavolo e la lanciò per aria, riafferrandola.

“Guarda, una ricordella. Erano secoli che non ne vedevo una” Sirius iniziò a giocherellarci, lanciandola e riprendendola in mano. Lupin guardò il resto della scrivania. Nel porta penne riconobbe due bacchette di fattura inconfondibile: provenivano sicuramente dalla bottega di Ollivander. Fra i libri babbani e gli scritti del professore vide anche due tomi neri e spessi. Li sfogliò e riconobbe da alcune righe di che si trattava. Tomi di magia, e anche abbastanza rari.

“Questo tizio era davvero bravo” commentò Lupin, sfogliando ancora il libro “Questo è materiale notevole per essere in mano ad un babbano”

“Dici che aveva capito tutto?” domandò Sirius riafferrando al volo la ricordella e sfilando l’ennesimo quaderno personale dalla pila lì accanto. Sfogliò qualche pagina fino ad arrivare ad una datata maggio 1997. Stampigliato in alto stava un titolo che dava spazio a pochi dubbi: il ministero della magia.

“Io dico che ci ha lavorato una vita ed è riuscito a non farsi scoprire dal ministero. E’ un genio!” commento entusiasta Lupin. Sfogliò ancora il diario e trovò le altre teorie del professore su una qualche organizzazione segreta in grado di usare “particolari tecniche” che, come spiegava all’inizio del diario, avrebbe chiamato magia.

Lupin chiuse il quaderno del professore con un tonfo.

“Senza dubbio un grande studioso. Oltre che intelligente era anche parecchio furbo” gli venne da sorridere a pensare a tutti quegli impettiti maghi al ministero intenti a salvaguardare il mondo magico da quello dei babbani, e viceversa.

“Ma questo non ci porta a niente, per ora”

“Prendiamo i diari degli ultimi anni…facciamo cinque anni. Li esamineremo con calma” si guardò intorno “E con calma torneremo in questo posto, sono sicuro che c’è parecchio da imparare anche per noi”

Sirius annuì e si caricò la metà dei quaderni sotto il braccio. Infilò la ricordella in bocca e prese l’altra metà.

“Foimi a ioeuua…” bofonchiò Sirius con la sfera di vetro in bocca. Lupin gli sfilò l’oggetto dalla bocca e gli prese un po’ dei quaderni che si era caricato.

“Grazie...” disse Sirius incamminandosi vero il corridoio. La signora ricomparve d’improvviso sulla soglia. Ci mancò poco che Sirius non cadesse a terra.

“Allora, avete trovato?”

“Non sappiamo signora, ma se possiamo, prendiamo questi quaderni per un po’ di tempo” spiegò Lupin sostenendo un buon numero di diari sotto braccio. La ricordella si scaldò e si riempì di fumo rosso.

“Ma sì, va bene. Non rovinateli, mi raccomando. Siete studiosi e mio marito avrebbe condiviso con voi le sue cose” sorrise la vecchietta ancora entusiasta. Lupin si chiese il perché di quel fumo. Che stava dimenticando?

“Remus? Andiamo?” si lamentò Sirius, arrancando con i libri sotto braccio. Lupin annuì e si caricò meglio i libri. Che stava dimenticando?

“Sirius, c’è una cosa…” poi gli tornò d’un tratto in mente, e si rivolse alla signora “Scusi, signora, ma come…come faceva a sapere che saremo passati?”

“A tal proposito!” si illuminò la signora, come se anche lei stesse per dimenticare qualcosa. Infilò una mano sotto il grembiule e si mise a cercare in una tasca interna. Sirius tornò sui suoi passi.

“Remus, vogliamo andare?”

“Ecco” disse la signora. Estrasse una curiosa sfera di metallo, lucida a tratti, e sporca in alcune zone. Sembrava composta da varie lamine di metallo saldate fra loro con abbondanti giunte.

“Che cosa sarebbe?” domandò Lupin perplesso e incuriosito. La vecchina parve sorpresa.

“Come cosa sarebbe? Lei ha detto che era per voi, e che voi avreste capito”

“Lei?” Sirius divenne d’un tratto serio e scrutò con attenzione la sfera. Aveva come una strana sensazione di deja-vu. Una sensazione di lui, ancora bambino, intento a far scappare i tritoni nel lago della casa in campagna di suo zio. Lui, suo fratello e i suoi cugini. I tritoni erano terrorizzati dai rumori improvvisi. Come, ad esempio, quelli di piccoli petardi magici. Petardi dalla forma sferica e di metallo, non più grandi di un chicco di riso, ma di una potenza impressionante.

“Sì, la vostra collega. Ha detto che sareste passati voi fra qualche giorno, e vi ha lasciato questo” la vecchina sorrise e lo allungò verso i due.

“Via!” gridò Sirius. Spinse Lupin a terra e calciò con forza la sfera dalle mani della vecchina. Con l’ultimo istante rimastogli spinse a terra anche l’anziana signora.

E poi l’esplosione fu devastante.

Eccoci qua, nuovo capitolo di nuovo anno (ah e buon 2006 a tutti, eh ^___-). Dopo un lungo periodo di feste torna il solito tran tran, ergo, si ricomincia a studiare, lavorare…e scrivere!

L’arrivo di Luna! Ho dovuto integrarla, è un personaggio troppo bello da lasciare da parte (e poi è una giornalista *__*) Una risposta ai commenti lasciati, sperando che ce ne siano un altro bel po’ ^__^

Sunny: Hola hola, spero tu abbia passato buone feste. Chiacchierata in msn piacevole..sappi che è andata discretamente male, cmq….ma veniamo alle cose allegre! Oh, come vedi Sirius e Remus sono tornati anche in questo chap...un po’ di paura? Ah, i gemelli F&G “Fireworks&Games” dovresti vedere il loro negozio…bè prima o poi lo si vedrà! Eh, ma Mj è tutta made in Eli, ho solo preso ciò che lei aveva creato. Merito suo ^ ^. Ok ok, Laurie è sotto protezione…sono sicuro che nessuno per ora tenterà di farle del male…vabbè, mi piace illudere le persone (ihihih!!). Dici che Tom ed Eve devono godersi i momenti…forse hai ragione. In generale, credo che sia meglio, anche se come hai notato c’è questa aura di segretezza che li accompagna…piccole fissazioni made in Malfoy ^_- Grazie Sunny e alla prossima!!

Serena82: Addirittura! Bè, ma Harry fa solo il bravo “fidanzato”. Difende la sua bella dagli uomini malvagi…poi, per come lo fa, per quello è Harry Potter. Il crudele e malvagio Harry Potter. Affascinante, tenebroso, maledetto…bè, alla prossima, eh! ^__- grazie mille!

Ellie: Alè, furia omicida…non son mica un mostro…un po’ sadico e cattivo, ma il giusto ^__- Eh, tutti vogliono ottenere qualcosa e ci sono movimenti nell’ombra non ancora chiari….bè, ti assicuro che siamo appena all’inizio! Grazie e alla prossima! ^__-

Alwen: Fra MJ e Sirius? Bè, sono insieme, no? Certo, non è semplice, ma si “vogliono bene” o forse qualcosa di più…? Eh, e grazie per aver letto anche la’ltra ff su Tom ed Eve…Eh, sono abbastanza dolcini, dai! ^__- Grazie e alla prossima!

LadyofDarkness: Sì, è un nome falso. La cara Cho usa nomi di persone che ha conosciuto (era giusto un tocco da spionaggio, così ^ ^) E mentre Tom ed Eve si divertono (divertono..?) continuano le indagini…Silente ha ogni tanto queste uscite. Il vecchio preside vede sempre una spanna avanti agli altri, spesso e volentieri. Aggiornamento con calma (ho fatto festa anche io… ^ ^) Ci vediamo presto! ^ ^

Vale: capitolo nuovo anche per te! ^ ^ Non è nulla! Ho deciso di dedicare i vari chaps a chi mi ha dato una mano, fatto divertire e passare bei momenti! Così è toccato a anche a te! ^__- eheh, grazie mille e non lavorare troppo, eh! Alla prossima!  ^ ^

Dorothea: Citazione d’obbligo per il mitico John Woo, ebbene sì ^ ^ Harry è in forma, maledetto come al solito, ma in forma. Ora ho aggiunto qualche altra cosa di divertente in questo capitolo…spero apprezzerai lo spargimenti di fuoco e fiamme! Alla prossima!! ^ ^ Tram (o taxi?)

Karien: Uè! (tipica esclamazione napoletana) bentornata cara karien (gioco di parole non voluto) Eh, lo so che comincio a scrivere in modo un pochino più complicato, se hai qualche problema con la traduzione chiedi pure (la mia mail ce l’hai, no?) Grazie mille e baci e abbracci! ^__-

Alexis: In corner arrivi anche tu ^__- Bè, basta una esplosione per fare schizzare qualche arto in giro e renderti felice! E che ci vuole! ^ ^ Bè, saprò soddisfarti allora, non ti preoccupare, sono previsti parecchi scontri per questo terzo capitolo della saga. Sto cercando di specializzarmi un po’, fra le altre cose…vedrai, vedrai! ^ ^ grazie mille e alla prossima!

 

Fatto! Al prossimo capitolo ragazzi (ma soprattutto ragazze…^__-). Ehi ciccate quella frase blu lì sul fondo…la vedete…bravi, un commento non vi costerà nulla! ^ ^ Alla prossima e grazie a tutti!

 

Dimenticavo: la frase che Luna dice a Walker è una chiara ed elogiativa citazione dal film Spiderman, con tanto di cappello a J. K. Simmons

 

 

See you again!!!!!

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Capitolo 5
*** Binari paralleli ***


Il treno sbuffò e rallentò ancora fino a fermarsi contro le barriere della stazione di Hogsmeade

Capitolo 5

Binari Paralleli

 

 

Io la sera mi addormento e qualche volta sogno perché so sognare

E mi sogno i tamburi della banda che passano che dovrà passare

Mi sogno la pioggia fredda e dritta sulle mani

I ragazzi della scuola che partono già domani

Mi sogno i sognatori che sognano la primavera, o qualche altra primavera da aspettare ancora

Fra un bicchiere di neve e un caffè come si deve

Quest'inverno passerà

 

                                   I Treni a Vapore, Fiorella Mannoia

 

 

1.

 

Il treno sbuffò e rallentò ancora fino a fermarsi contro le barriere della stazione di Hogsmeade. Le porte si aprirono quasi in sincrono e i passeggeri presero a scendere e salire. Non molti passeggeri, a dire il vero, ma abbastanza da aver permesso la costruzione di un secondo binario.

Hermione rimase accanto alla colonnina di metallo verde, guardandosi in giro, apprensiva. Alto. Un pizzetto leggero sul volto. Occhi scuri e infossati. E il suo nome era…

“Tu sei Hermione?” la domanda la fece sobbalzare e sollevare lo sguardo. Cercava ancora, nella tasca, il foglietto in cui aveva segnato tutte le informazioni dategli da Silente e da Ron sulla persona che avrebbe dovuto ricevere. Sfilò il pezzo di carta dalla tasca dei jeans e lo lesse, squadrando con la coda dell’occhio quell’uomo che l’aveva chiamata per nome.

“Rupert?” l’uomo sorrise in risposta. Un sorriso straordinariamente improvviso e naturale.

“Sì, sono io” allungò la mano e strinse quella di lei “Piacere, Rupert Poe”

“Hermione Granger, lieta di conoscerti” gli sorrise e lo osservò meglio. Capelli crespi, non troppo corti e brizzolati. Un pizzetto curato che circondava un sorriso che sembrava perennemente disegnato sul volto.

“Vieni, ti accompagno al castello” era davvero un uomo, come dire, interessante.

“Tu vivi qui, vero? Ad Hogsmeade?” chiese Rupert seguendo la sua accompagnatrice. Hermione annuì cercando, invano, di prendere almeno una delle grosse valige del nuovo arrivato. Rupert la scansò con un gesto gentile.

“Ci mancherebbe. Non preoccuparti, ce la faccio” prese con vigore i manici rivestiti di pelle e sollevò i bagagli da terra “Allora, dicevo, vivi qui, giusto?”

“Sì, in effetti non da molto…” mantenne la frase a metà per vedere la reazione di Rupert. Lui guardò in avanti e dopo un breve momento di silenzio sorrise sotto i baffi.

“I bisticci politici non mi interessano molto” allargò le spalle e imboccò la strada principale, verso l’esterno del paese “Sono qui soltanto per fare il mio lavoro”

Non che si aspettasse una risposta del genere, ma Hermione fu in ogni caso soddisfatta. E poi quell’uomo la faceva straordinariamente sentire a suo agio.

“E’ per di qua, vero?”

“Come? Eh, sì, certo…sei già stato ad Hogsmeade?” era curiosa di sentire la risposta.

“Prima volta. E’ un bel posto, per quel che vedo” Rupert diede un’occhiata intorno “Oh, prima che mi dimentichi, c’è un ufficio postale? Dovrei spedire un gufo e credo di essere già in ritardo”

“In fondo alla strada. Non è lontano, possiamo passarci adesso se ti va” Rupert annuì di buon grado e seguì Hermione lungo la stradina laterale alla stazione.

L’ufficio postale di Hogsmeade era stato rinnovato da pochi anni. Più centrale e molto meno affollato di gufi. Gli studenti che andavano a scuola al castello avevano, spesso, un gufo personale, e comunque la gufiera di Hogwarts permetteva a tutti i ragazzi di inviare corrispondenza senza il bisogno di un ufficio postale.

Rupert lasciò le valigie sulla soglia ed entrò con un sorriso ad Hermione.

“Ci metterò un attimo” le disse, estraendo di già una lettera dal colore paglierino. Hermione si dondolò sui paletti per le scope in balia dei suoi pensieri. Ron le aveva dato un compito semplice, su consiglio di Silente. Scoprire se questo Rupert fosse affidabile o meno, almeno superficialmente. Non avrebbe dovuto analizzarlo e men che meno infilarsi nella sua mente con un Leggimens, ma comunque il sesto senso di Hermione avrebbe fatto un buon lavoro, almeno questo pensava Ron. E fra l’altro lui era un uomo, e lei una bella donna, come le aveva detto Ron prima di baciarla, la sera prima.

Che stupido…

“Ciao Herm, che fai, parti?”

“Ginny” Hermione strizzò in un abbraccio l’amica “Che fai in giro a quest’ora?” Ginny alzò il bicchiere chiuso da un coperchio con beccuccio.

“Caffè caldo di Renzo. Il suo bar è una manna dal cielo” bevve un sorso della bevanda e le parve di rinascere.

“Dove vai, comunque?” Ginny accennò alle valige di fianco all’amica e bevve ancora un po’ del caffè.

“Queste? Oh, no, non sono mie. E’ arrivato il nuovo professore di divinazione”

“Oh, davvero?” Ginny parve sorpresa. Hermione annuì con uno strano sorriso che incusse timore in Ginny. Si leccò le labbra al sapor di caffè e scambiò una strana occhiata con l’amica.

“Che c’è? Hai quegli occhi da…come quando sapevi una risposta alla domanda di un professore, al contrario degli altri”

“Bè…è carino” Ginny sbarrò gli occhi e trattenne uno sbuffo sofferto.

“Herm ti prego! Ne abbiamo già parlato”

“Ma prova a conoscerlo prima! A me ha colpito molto. E poi se ti senti pronta…”

“Io non sono pronta!” replicò secca Ginny “Sono pronta…in parte, ecco. Oh, ma insomma, tu e mio fratello siete peggio di un’agenzia matrimoniale!”

“Eddai, tanto stasera sarà a cena, prima che torni a Londra. Ci saranno tutti, vieni anche tu, no?”

Ginny rimase perplessa a bere il suo caffè. Guardò in giro, come se cercasse il suggerimento per una risposta sensata alla proposta di Hermione. Non che volesse rimanere in solitudine, però era da un po’ che non usciva con qualcuno. E il terrore di fare brutta figura la frenava ancora prima di provarci.

“Allora?” insistette Hermione, un po’ speranzosa, e un po’ obbligandola ad accettare. Ginny sbuffò ancora un poco. Non era una decisione da prendere alla leggera. Anche se, dopotutto, era solo una cena informale, piena di gente, non sarebbero stati loro al centro dell’attenzione.

“Lettera spedita, possiamo andare” Rupert spuntò dall’uscio dell’ufficio e fece sobbalzare Ginny sul posto. Hermione si voltò di scatto.

Ma non può essere…

“Rupert, bene, possiamo andare. Posso prima presentarti…”

“Questa poi…Ginny Weasley” sorrise l’uomo, fra la barba leggera sul volto.

“Rupert!” Ginny quasi stritolò il povero bicchiere di carta “Io…è…wow, ciao!” Hermione spostò lo sguardo da un all’altro.

“Voi vi conoscete?”

“Sì, è…è strano, è stato…”

“Il viaggio in treno” terminò Rupert per lei. Ginny ammiccò convinta.

“Esatto, solo quello. Nella cabina, il viaggio…” spostò lo sguardo su Hermione in cerca di soccorso. Hermione pensò un paio di secondi su una cosa intelligente da dire.

“Bè, mi dispiace interrompere i vostri ricordi, ma dobbiamo andare al castello. Potete riprendere il discorso stasera”

“Stasera?” indagò Rupert.

“A cena”

“A cena?” la domanda di Ginny sorprese anche se stessa.

“Sì, a cena” sottolineò severa Hermione in risposta a Ginny “Faremo a casa nostra, così non ci saranno troppi fronzoli e potremmo parlare con calma…bè, andiamo”

“Sicuro” Rupert riprese le valigie e le sollevò da terra “Allora a stasera”

Ginny sollevò con uno scatto il braccio, cercando di imitare un cenno naturale, col risultato di rovesciarsi del caffè addosso. Lo schivò per un pelo con un balzo quantomeno ridicolo. Almeno ai suoi occhi. Rupert trattenne una risata e cercò di mantenere il suo solito sorriso.

Hermione fece passare Rupert davanti a se e lanciò un’occhiata all’amica. Sillabò poche parole.

“Alle quattro a casa mia” poi corse dietro al nuovo professore.

Per la prima volta da tempo a Ginny tremarono le gambe.

 

 

2.

 

“Dovresti stare calmo” sottolineo pigramente Eve, seduta sulla panchina della stazione, intenta a torturare pigramente i capelli di Tom. Il ragazzo poggiava la testa sulle gambe della ragazza e si copriva dal sole con un braccio che avvolgeva la testa.

Chris camminò ancora, nervosamente, avanti e indietro.

“Calmo…certo, facile! Calmo…” scosse la testa come se fosse desolato che sua cugina riuscisse a dirgli solo questo.

Tom tentò di far scorrere la mano sulla schiena di Eve, verso il basso, e per tutta risposta sentì uno strattone secco ai capelli. Trattenne un lamento e intravide lo sguardo severo della ragazza. Non lì e non ora.

Tom si alzò in piedi di scatto e bloccò la passeggiata dell’amico.

“Chris, è la tua ragazza! Di che ti devi preoccupare?”

“E se ci ha ripensato?”

“Ma…cosa?!” Tom sembrò più scioccato che altro.

“E viene fino qua per dirti “Oh, scusa, sto con un altro”? Andiamo, credevo fossi tu quello intelligente della famiglia” intervenne Eve, alzandosi in piedi.

“Sicuramente è quello insicuro” rimbeccò Tom

“Non sono insicuro…giusto ho qualche dubbio…” Chris riprese a camminare, agitato come un animale in gabbia.

“Ha qualche dubbio…che scemo” commentò Eve a bassa voce.

“Senti da che pulpito…” Tom lasciò la frase incompiuta, mantenendosi astutamente sul vago.

“E che vorresti dire?”

“Io? Nulla. Perché, tu che hai capito?” continuò Tom, trovandosi d’un tratto al centro di una discussione.

“Mi stai accusando di qualcosa che ho fatto?” il tono di Eve divenne d’un tratto acido e molto vicino al collerico, ma comunque troppo basso perché Chris lo sentisse.

“O che non hai fatto. Comunque è una tua scelta”

Eve stava per replicare quando il fischio di un treno in avvicinamento la zittì all’istante. Diede un sonoro pizzicotto a Tom sul fondo della schiena. La discussione non era certo finita lì.

Quando il treno fischiò per l’ultima volta, finalmente si fermò. Grace fu una delle prime a scendere.

 

 

3.

 

Quando Ron tornò a casa, per un momento pensò di essere entrato nel posto sbagliato.

“Ehilà, è esploso l’armadio?” domandò il rosso raccogliendo da terra un abito da sera che ricordava molto bene. Hermione lo aveva comprato un paio di anni prima per la festa di capodanno al castello. Era la prima festa tranquilla dopo i terribili eventi di poco tempo addietro. Aveva un ricordo parecchio sexy di Hermione con quell’abito.

“Ron? Sei tu?” la voce di Hermione lo richiamò al mondo reale “Vieni di sopra, sono con Ginny”

Ron raccolse il vestito e fece gli scalini due a due. Appoggiato alla balaustra trovò una gonna e un maglioncino beige. Qualcosa non quadrava. Era venuto a casa prima del solito per poter parlare di Hermione e del suo incontro con il nuovo insegnante, ma qualcosa gli faceva credere che non ci sarebbe riuscito.

Attraversò il corridoio ed entrò in camera da letto. Sembrava che i cassetti fossero stati sbalzati a terra e il contenuto con loro. L’armadio era spalancato e i vestiti sembravano franati per la stanza.

“Abbiamo fatto incazzare il ragazzo della tintoria?” ironizzò Ron raccogliendo altri vestiti sparsi a terra e poggiandoli sul letto già molto ingombrato. Hermione spuntò da un lato del letto con stretta in pugno una camicia con scollatura a V.

“Non scherzare, è una questione da donne” sibilò Hermione, alzandosi in piedi e scambiando un bacio col rosso “Tua sorella ha un appuntamento”

“Ha…cosa?!” Ron sembrò più seccato che sorpreso “Come? Con chi?”

“Verrà qua da noi, così lo conoscerai anche tu” Hermione bussò sulla porta del bagno “Tesoro, la camicia” e aprì appena la porta, allungando la camicia.

“Grazie…credo sia meglio mettere dei pantaloni”

“Aspetta” Hermione si ributtò nell’armadio in ricerca “Ecco, sembrano jeans, ma è tessuto elastico” e fece filtrare anche quelli attraverso la stretta fessura della porta.

“Aspetta, aspetta un attimo” Ron si sedette su un angolo del letto “Chi diavolo è? Lo conosci?” Hermione valutò bene che cosa dire.

“Bè, dunque. Sì, da poco, ma lo conosco” sorrise soddisfatta. Ron la guardò stranito.

“Quindi?”

“Quindi cosa?

“Ma chi diavolo è!”

“Il professor Poe” Ginny irruppe nella camera da letto sfoderando un fascino che Ron non le vedeva addosso da parecchio. Poi si rese conto delle parole della sorella. Scattò in piedi.

“Rupert Poe? Tu hai…ma perché?”

“Lo conosceva già” disse Hermione.

“Già” convenne Ginny, guardandosi allo specchio.

“Lo conosceva…come lo conosceva?”

“Senti, è lungo da spiegare, ma molto divertente!” Hermione cercò di metterla sul ridere. Ron sobbalzò frustrato.

“Ma tu dovevi solo capire che tipo era, non farlo uscire con mia sorella!”

“Ehi, lascia stare Hermione” sbottò Ginny “Io ero d’accordo. E poi è solo una cena informale in casa, non un appuntamento. Non c’è bisogno di agitarsi!”

Ron si diede un’occhiata intorno e poi lanciò un sguardo di sbieco ad entrambe.

“Vedo…il ritratto della calma” si rimise a sedere “Si può almeno sapere che tipo è?”

“E’ interessante. Direi intelligente”

“Sì lo è” rincarò Ginny, continuando a specchiarsi. Hermione annuì e si accoccolò sulle gambe di Ron.

“Non sembra abbia molto fraternizzato con Lestrange. Insomma, sembra pulito”

“Sembra…hai detto che viene qua?” domandò Ron pensieroso. Hermione annuì.

“Ron, ti prego” piagnucolò Ginny a mani giunte “Non dire o fare cose che possono mettermi in imbarazzo”

“Ehi, non lo farei mai!”

 

 

E se l'amore che avevo non sa più il mio nome

E se l'amore che avevo non sa più il mio nome
Come i treni a vapore, come i treni a vapore

Di stazione in stazione, e di porta in porta

E di pioggia in pioggia, di dolore in dolore

Il dolore passerà

 

                                   I Treni a Vapore, Fiorella Mannoia

 

4.

 

“Stanno proprio bene insieme” Eve succhiò un altro po’ dalla cannuccia, lanciando sguardi a Chris e Grace seduti lungo l’argine del fiume. Tom infilò una cannuccia nel bicchiere di Eve e bevve il succo fresco.

“Io l’ho trovata un po’ strana”

“Perché?”

“Mhh…non, so. Chiamalo sesto senso” insistette Tom bevendo altro succo. Alzò gli occhi sulla ragazza di fronte a lui e per un attimo anche lei lo guardò. Era così difficile staccare gli occhi. Doveva chiederglielo. Ora o mai più.

“Eve senti…”

“Guarda un po’! Accidenti, finirà per soffocarla!” Eve ridacchiò entusiasta, interrompendo Tom alle soglie del discorso.

“Certo che per baciarsi così. Hai visto?”

“Sì, sì. Abbiamo già fatto la nostra figura da guardoni. Possiamo andare ora?” disse Tom, giusto adocchiando il bacio fra Chris e Grace, troppo distanti per osservarli bene.

“Ti ho chiesto se volevi accompagnarmi, ora non fare il sofferente per piacere!” disse Eve. Tom sbottò.

“Ma se non…” fu interrotto di nuovo dalla voce di Eve.

“Ho un polipo al posto di un cugino. Ma pens…no! Guarda lì! Credo abbia una mano in più, non può essere ovunque!” Tom fu costretto a guardare meglio e dovette ammettere che Chris si dava davvero da fare con quel bacio. Per un attimo ebbe il terrore che volesse andare un po’ troppo oltre. Non sembrava un bacio senza un seguito.

E invece, come a voler contraddire i suoi pensieri, terminarono all’istante. Grace gli carezzò il volto e poi si allontano, verso l’uscita del parco. Chris, incredibilmente, non si mosse da lì e, soltanto quando la vide scomparire dietro agli alberi più bassi, si rimise seduto a due passi dalla riva.

“Bè, che fa?” Tom alzò le spalle alla domanda di Eve. Rimasero un po’ a guardarlo, ma il giovane Chris non diede segno di volersi alzare da lì, e ormai la giornata volgeva alla sera. Eve pagò e trascinò Tom con se.

“Piano, aspetta” Tom la fermò e si misero un poco nascosti dietro una pianta più larga che alta.

“Ma che fa?” la domanda di Eve era innocente, eppure Tom aveva come una brutta sensazione. Le fece un cenno con la mano e si fece avanti. Chris gli dava le spalle e ora aveva il capo chino.

“Ehi?” gli parlò ad una spanna dall’orecchio. Chris non si mosse, alzò giusto un po’ la testa.

“Che vuoi?” rispose senza troppo entusiasmo.

“Ma che è successo?” Tom si sedette accanto all’amico in una posizione identica.

“E’ successo che sono appena stato scaricato”

“Eh? Ma…” a Tom mancarono le parole. Che qualcosa non stesse andando bene quel pomeriggio, lo aveva intuito, ma non avrebbe mai pensato a nulla di così drastico.

“Tranquillo, te l’ho detto che mi aspettavo qualcosa, no?” Chris miagolò con la voce un poco rotta. Tom fece un cenno ad Eve. Piegò la bocca di lato per nulla entusiasta. La ragazza si avvicinò e si accovacciò alle sue spalle.

“Ehi…vieni qui” gli strinse le spalle e gli baciò delicatamente la zazzera. Chris si limitò a piegarsi un poco all’indietro.

“Credo che andrò a casa. Stasera poi mi aspettano e devo ancora andare a prendere il Pulcino…”

“Ma lei come…cioè, dove va?” domandò Tom. Chris alzò le spalle.

“Ha il treno fra poco…torna…sì, insomma” prese un bel respiro in cui Eve lo vide lottare strenuamente per non piangere “Io vado…Pulcino, la cena. Ci vediamo”

Chris si allontanò lasciando i due ragazzi soli, seduto sul praticello. Tom si stese schiena a terra.

“Merda…che stronza!” Eve si mise a ridere e Tom la seguì a ruota.

“Dai, non sappiamo neanche perché. E poi, se non se l’è presa Chris, non dovresti prendertela te” sottolineò Eve, stendendosi anche lei.

“A te sembra che non se la sia presa? Non l’ho visto benissimo. E’ una di quelle cose da suicidio in doccia. Semmai con la bava da pesca” Tom fece un verso strozzato ed Eve rise di nuovo.

“Smettila, dai. Domani gli parliamo con più calma. Adesso è ancora troppo fresca…”

“Ok, domani” rimase un attimo in silenzio prima di prendere coraggio “Senti, che fai stasera?”

“Mamma è fuori” Tom alzò la testa e la guardò negli occhi con desiderio. Fece uno di quei sorriseti alla Bishop che facevano sorridere Eve.

“Vin è in casa” concluse la ragazza, e Tom lanciò un lamento cupo e sprofondò la testa per terra, suscitando la solita risata ad entrambi.

“Vabbè, pizza?”

“Con Vin in casa?” Eve parve perplessa. Tom alzò le spalle.

“Possiamo anche passare una serata tranquilla ogni tanto. Allora, pizza?”

“Prosciutto?”

“Io peperoni”

“Andata” Eve si rimise in piedi e sorrise al ragazzo.

“Andiamo?”

Tom la seguì a cuor leggero. Per ora andava bene così. Per ora.

 

 

5.

 

“Voglio dire, è un ottima scuola, non posso certo lamentarmi” Rupert sorrise cordiale e passò l’insalata alla sua destra, a Hermione. Lei lo ringraziò mentre Ron finì di masticare il suo pasticcio di carne prima di riprendere il discorso. Ginny, però, lo anticipò.

“E hai mai insegnato?” Ron annuì alla domanda della sorella e ondeggiò la testa. Hermione lanciò uno sguardo a Chris. Sembrava strano quella sera. Laurie masticò un boccone troppo grande e finì per tossire per non strozzarsi.

“No, mai a ragazzi. Ho insegnato qualcosa a gente più adulta. Ma soprattutto ho avuto ottimi insegnanti” alzò le spalle, soddisfatto dalla risposta. Scodellò un po’ di patate nel piatto.

“Chris, tua sorella” sibilò Hermione vedendo che Laurie ancora tossiva, ma il ragazzo non sembrava averla sentita. Punzecchiava il cibo senza badare a quello che gli accadeva attorno.

“Chris…” sibilò ancora, mentre Laurie tossiva sempre più forte “Chris!” urlò, infine, Hermione facendo sobbalzare gli altri. Perlomeno il giovane Weasley sembrò dare segno di aver sentito.

“Ah…?” borbottò il ragazzo prima di rendersi conto di Laurie. Gli batté la schiena e le versò un bicchier d’acqua.

“Bevi piano” sussurrò Chris. Hermione infilzò un pezzo di carne e cercò di cambiare argomento.

“Allora, Rupert, che facevi prima di venire qua?”

“Lavoravo al ministero” la risposta serena di Rupert gelò Ron sul posto. Rimase con la forchetta piantata sulla patata.

“Oh…bè, ma pensa” sdrammatizzò Ginny “E così conosci Silente?”

“Di fama. Non ho studiato ad Hogwarts”

Ron torse la forchetta. La patata stava diventato purè. Hermione notò il marito con lo sguardo piantato sulla tortura della patata, e gli diede un colpo leggero col piede. Il rosso sembrò sobbalzare.

“Bene, voglio dire, anche io ho lavorato al ministero” Ron guardò in modo eloquente la sorella. Stava facendo un grande sforzo per comportarsi decentemente, e Ginny sembrò notarlo perché gli boccheggiò un grazie a labbra serrate.

“Oh, lo so, vi conosco per fama. Chi più chi meno” ridacchiò Rupert. Masticò una fetta di pomodoro e riprese “Weasley è stato un ottimo ministro”

“Nostro fratello sarà contento di saperlo” sorrise Ginny e bevve un sorso d’acqua per rinfrescarsi le idee.

“Mamma, io vado di sopra” Chris si alzò in piedi e spostò il tovagliolo.

“Ma non hai toccato cibo” Hermione aveva nasato bene, qualcosa non andava.

“Non ho fame” attraversò la sala e salì le scale. Laurie si alzò di scatto.

“Finito! Vado con lui”

“Ehi, ehi signorina!” Ron non riuscì a fermarla e corse via come il vento. Hermione sospirò rassegnata.

“Adolescenti…” fece un sorriso di circostanza. Ron sospirò a sua volta.

“Piccole donne” ridacchiò, facendo ridere anche gli altri. Hermione si alzò per sbarazzare i piatti dei due ragazzi.

“Aspetta ti do una mano” Ginny prese le due brocche d’acqua da riempire e seguì Hermione in cucina. Chiuse la porta con un colpo di tacco.

“Allora? Come sta andando? Bene, no?” Ginny sembrava molto, troppo, agitata. Hermione sbarazzò i piatti da lavare con un sorriso pronto ad esplodere.

“A Ron verrà l’ulcera, ma sì, credo stia andando bene”

“E poi è simpatico! Dai, credo sia semplicemente sincero e che ci stiamo preoccupando per nulla” Hermione alzò un poco le spalle e ridacchiò.

“Certo che per non essere un appuntamento la stai prendendo molto sul serio” non fece in tempo a finire la frase che Ginny le pizzicò il sedere. Hermione ridacchiò ancora, lanciando un piccolo urlo appena accennato.

“Torno di là, così Ron non ha il tempo di vivisezionarlo” e Ginny attraversò la porta con le brocche piene d’acqua in mano. Hermione sistemò i due piatti rimasti e si asciugò le mani.

“Hermione…Chris non mi parla” la donna si girò di scatto sentendo la voce di Laurie. Non l’aveva sentita scendere dalle scale della cucina, e capì anche il perché. Aveva ai piedi solo i calzini.

“Cosa è successo? Lo hai fatto arrabbiare?” si inginocchiò per scostare un ricciolo castano. Laurie si torturò un dito.

“Ma no! Uffa…e poi sta lì a piangere”

“Chris piange?” Hermione sbarrò gli occhi sorpresa. Laurie confermò annuendo con la testa.

“E poi non mi vuole dire niente di Grace”

“Prima o poi verrà a trovarci, appena suo papà ha un po’ di tempo la accompagnerà qui” Hermione rassicurò Laurie, che però fece una faccia contrariata.

“Ma Grace è stata qui oggi! Ho sentito che lo diceva a Tom!” sbottò Laurie lasciando di stucco Hermione. E la veloce capacità logica della donna le fece fare due più due. Se Grace era venuta fin qua, e Chris stava così male…

Sospirò sapendo ormai di essere arrivata un po’ troppo tardi.

“D’accordo, me lo fai un favore, tesoro?” Laurie annuì a labbra serrate, quasi se le volesse mangiare “Vai nel lettone e saltella finché vuoi” il dolce faccino della bambina si illuminò.

“Davvero posso?”

“Certo! Stai attenta a non farti male, però. Vai” Laurie prese e corse come il vento fino al piano di sopra, ridendo come una matta.

Hermione si rimise in piedi e allungò la testa in sala.

“Scusate, tesoro, problema di livello due” strinse le labbra e alzò gli occhi al cielo. Ron smise di bere dal bicchiere.

“Chris?” Hermione annuì. Ron sospirò.

“Vado io, ma prima o poi parlagli” Ron annuì ed Hermione sparì al di là della porta. Ginny scosse la testa e alzò gli occhi al cielo.

“Livello due?” la domanda di Rupert fu di sincera curiosità.

“E’ un codice che usiamo in famiglia” spiegò Ginny sorridendo, o forse ridendo “Il livello uno è la prima cotta” Rupert annuì sorpreso.

“Il livello due è il primo scaricamento” Ron concluse il discorso per la sorella “Più il livello è alto e più la faccenda è grave”

“Interessante” il professor Poe sorrise divertito “ E c’è anche un terzo livello?” chiese, scherzoso.

“Sì” Ron gli rispose con un tono abbastanza duro per il genere di conversazione che si stava tenendo “Il livello tre è il tradimento” gli piantò gli occhi addosso come se volesse dargli fuoco col pensiero. Ginny respirò e cercò di mantenersi calma. Quel silenzio stava durando fin troppo. Un silenzio imbarazzato che Rupert non riusciva a spezzare nonostante la buona volontà. Ginny pregò perché gli venisse qualcuno in soccorso, dato che Hermione ormai se l’era giocata.

E in quella suonò il campanello.

Grazie al cielo…

Ginny riprese a respirare e bevve un sorso d’acqua. Ron si alzò di scatto.

“Scusatemi torno subito” il rosso lasciò la sala e si infilò per il corridoio che conduceva all’ingresso di casa.

Ginny si guardò intorno cercando di trovare qualcosa di intelligente da dire. Rupert sbuffò una risata, come se l’avesse trattenuta per troppo tempo fra le labbra. E anche Ginny si cacciò a ridere.

“Scusa…mio fratello è…è fatto così” disse Ginny fra i singulti dati dal ridere. Rupert cercò di riprendersi e intanto faceva un cenno consolatorio con la mano.

“Non…non importa…è da un sacco di tempo che non passavo una serata così!” riprese a respirare normalmente e bevve un sorso di vino per schiarirsi l’idea e la voce. Ginny si asciugò gli occhi lacrimanti con la punta del tovagliolo.

“Peccato che sia già finita” disse, poi, Rupert poggiando il suo bicchiere. Ginny alzò le spalle.

“Possiamo anche ripeterla, se vuoi…” con questo aveva osato anche troppo. Il professor Poe la fissò con uno strano sorriso. Ginny conosceva la sua mania per il sorriso, ma quello fu leggermente diverso. Era un sorriso…approfondito. Un sorriso che penetrava bene dentro. Era strano.

 

Ron corse ad aprire la porta. E fu sorpreso di trovarsi davanti Neville Paciock affannato e sudato.

“Neville ma cosa…”

“Felpato…e Lunastorta…” Neville cercò di parlare con la voce rotta dallo sforzo “…hanno avuto guai”

Anche se potevo sembrare scomparso…non lo sono! Scusate il grosso ritardo, ma oltre gli esami impellenti (che non sono andati neanche troppo bene), ci si è messo pure il PC e la connessione ad internet (che ho riattivato da pochi giorni). Insomma, quando le sfighe non viaggiano mai sole, vero? Ma bando alle ciance, vedo che avete atteso in molti, e quindi eccovi il nuovo Capitolo, con la promessa che il prossimo sarà molto più rapido (ho avuto modo di pensare un bel po’… almeno quello non richiede un PC funzionante e una connessione! ^__-)

Well, ringrazio i recensori, tutti e tutti, e rispondo ai loro commenti, proprio ora!! ^ ^

Ladyof Darkness: Mi scuso per l’immenso ritardo! Sì, bè, il tuo ragionamento è praticamente esatto, ora devi solo porti qualche altra domanda…su Bellatrix e co. Ah, e ti assicuro che Luna ha il suo perché, c’è anche della Luna originale lì sotto, solo che crescendo i caratteri mutano, pur partendo dalla stessa base. A risentirci a presto, Ciao ciao ^^

Sunny: Mi sarebbe piaciuto beccarci in Chat, ma il malvagio signor Virgilio mi ha rubato tutti i mega di connessione! In compenso il Signor Libero me li ha restituiti, con un po’ di tempo ma sono arrivati. Remus il pacato ringrazia per l’apprezzamento e fa notare come lui abbia un approccio meno violento alla situazione (anche se Sirius quando ce vò ce vò…^__-) E ti faccio notare che ho messo i Weasley sparsi in diversi punti…sono o no un bravo ragazzo? Ci sentiamo, ciao! ^^

Alewen: Anche io, però per la mia fic ho dovuto evolvere (non cambiare, nota bene) il suo carattere in un genere più dark/thriller. Sarebbe stata un po’ troppo fuori posto, altrimenti. Stay with us! Alla prossima! ^^

Karien: E’ una specie di identificazione col personaggio, capisco! ^ ^ Oh, non fumo neppure io, una brutta storia di quasi 18 anni fa…un giorno la racconterò! ^ ^ So che sai che posso fare di peggio…e tanto lo sai (e lo sapete…) che lo farò…Oh, signore, quanto sono cattivo! : P Ci vediamo!! ^ ^

Serena82: La sferetta..? Bè, da quanto dicono qui in giro, molti pensano sia stata la dolce cugina di Sirius…potrebbe essere dopotutto! ^__- Ah, i libri! Anche tu sei stata colpita dalla malattia di “Guglielmo da Baskerville”? ^__- Tranquilla…qualcosa si otterrà, appena hanno finito di raccogliere tutti i pezzetti! ^ ^ Grazie e alla prossima!

Dorothea: Ma salve! Ho visto l’aggiornamento e lo leggo appena ho un secondo libero! Eh, è vero che c’era un senso di “è tutto troppo facile….”? Già, in effetti non lo era! ^ ^ Fortunatamente a Sirius è tornata in mente la manfrina di tritoni e petardi esplosivi. Luna avrà il suo ruolo, anche se sarà una Luna più adatta al tipo di fic che sto scrivendo (nonostante il carattere di Luna nei libri sia fenomenale! ^ ^) Grazie e alla prossima!

Ellie: Poco per volta, tutto sarà chiaro, e poi io lascio sempre indizi per capire prima tutta la situazione. Certo, ammetto che sono molto difficile da capire/trovare, ma ci sono! L’integrazione di Luna nel gruppo di personaggi vedo che ha riscontrato ottimi risultati, molto bene! Son contento! Ah, e i  “vecchi” ringraziano ^__-. Ciao e alla prossima!  ^ ^

Vale: Eccomi, come vedi, giusto il tempo di sistemare quel che ti dicevo! Oh, well, Luna sana donna di principi. In effetti se lo chiede anche lei perché lo fa…perché è giusto, probabilmente! Ti ho lasciato con l’amaro (Cynar? Vabbè, questa me la potevo risparmiare…-__-) in bocca…e ho fatto la stessa cosa in questo chap! ^ ^ Ah ah, dai presto si saprà qualcosa, giurin giurello! Grazie mille e alla prossima!! ^ ^

Marty92: Tranquilla, Draco è morto. Bwahahahah, adoro dirlo! Scateno il panico fra i recensori (strek si ricompone prendendo un’aria professionale). Dunque dicevo, ah, Luna, come ho detto prima, ho dovuto metterla un pochino più Dark per esigenze di stile della fic. Sarebbe stata troppo fuori luogo altrimenti. Ma avrà le sue epifanie, ogni tanto ^ ^ E poi…non sono cattivo…è che mi disegnano così ^__- Ciao e alla prossima!!

Pan_z: Panuzza cara! Che piacere risentirti! Gradito ritorno, tranquilla, prendi fiato e leggi con calma. Ci sentiamo al prossimo capitolo…ciao ciao ! ^ ^

Ale: Ma salve carissima! E’ una Luna più adatta a quel che scrivo, ma ogni tanto avrà le sue uscite, tranquilla…è sempre Luna. E poi sai che butto tutto sul dark/tragico! Well, a proposito di adolescenza, ci sono stati interessanti sviluppi in questo chap…senza contare le zampe di Bellatrix sempre un metro avanti agli altri…tanta carne al fuoco, bisogna non perdere l’ordine delle cose e tenere sempre d’occhio gli indizi che spargo…Grazie mille per la recensione e alla prossima!! ^ ^

Sorti: No, Luna è solo settata per la mia fic. Avrà i suoi momenti, ma questa fic è meno Rowlingiana…sarebbe stata fuori posto come personaggio, e piuttosto che crearne uno nuovo ho sistemato Luna. E’ evoluta e cresciuta, ma è sempre lei. Se vedemu! ^^

Belial: Un nuovo recensore! Strek si inchina e ti ringrazia per cotanto sforzo di lettura e ti da ragione, la situazione è partita più calma del solito, ma vedrai che le cose cambieranno. Voglio dire, a furia di trattenersi poi si esplode… una similitudine azzeccata direi. Quanti capitoli? Oddio, non ti so dire davvero, cmq direi che la tiro per le lunghe come al solito, quindi dovrai sopportarmi per ancora un bel po’… Grazie e alla prossima! ^ ^

 

 

E con questa ho concluso! Vi ringrazio tutti, dal primo all’ultimo, anche chi c’è e non lascia un segno del suo passaggio. E chi mi scrive email…a proposito, ho cambiato gestore, quindi ho cambiato mail. La vecchia mail non esiste più, la mia nuova mail è strekon.giacomo@libero.it  per qualsiasi cosa: regali, insulti, armi di distruzione di massa, buoni pasto, ecc…

 

Alla prossima!

 

 

 

See you again!!!!!

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Capitolo 6
*** Chi dice donna ***


“Sono stati attaccati

Capitolo 6

Chi dice donna

 

 

 

“You're working so hard
and you're never in charge
your death creates success
and you'll build and suppress”

Rule by Secrecy, Muse

1.


 “Sono stati attaccati?” domandò Hermione. Neville annuì.

“Precisamente. Sapevano dove andare, perché li hanno anticipati” si sedette e versò il fondo di scotch giù per la gola.

“Figli di puttana!” sbottò Ron. Marciava come un leone in gabbia.

“Come lo hai saputo?” chiese Hermione sedendosi sul cuscino.

“Luna”

“Luna rischia troppo! La sua posizione al giornale è già un rischio!” il tono di Hermione era preoccupato, più che arrabbiato.

“Io gliel’ho detto di…lasciamo perdere, che è meglio!” cercò altro scotch nel bicchiere, invano. Sospirò rassegnato e fece scorrere via la rabbia.

“Intanto però si sono scoperti. Si sono fatti avanti. Hanno pedinato i ragazzi” concluse Ron, fermandosi un istante.

“E attaccati” precisò Neville.

“Ma non uccisi. Se avessero voluto farli fuori ce l’avrebbero fatta. Avevano la sorpresa dalla loro. Ammettiamolo, questa volta ci hanno giocato”

“Ci hanno giocato? Ron, Felpato e Lunastorta hanno rischiato la vita davvero, questa volta!” tuonò Neville, alzando forse un po’ troppo la voce.

“Neville, calmati, mio fratello intende dire che se non l’hanno fatto…bè, c’è un motivo” spiegò Hermione, cercando di riportare la calma nel salotto di casa Weasley.

“E cioè?”

“Cioè, non hanno trovato nulla di importante” spiegò Ron “E sperano che noi si scovi qualcosa…una pista da seguire”

“Ma perché farli saltare per aria?” le domande di Neville si facevano sempre più insistenti.

“Per darci la scossa” puntualizzò Ron “Per dirci “Ehi siamo qua ad un passo da voi!”

Il volto di Neville si paralizzò per un lungo istante. L’agitazione che lo pervadeva fino ad un attimo prima, sembrava essere scemata assieme allo scotch. Si asciugò il mento sudato e rifletté un momento.

“Intendi dire…”

“Che sono bloccati” concluse per lui Hermione. Aveva ritrovato improvvisamente il sorriso.

“Già” Ron sorrise compiaciuto e strinse il la mano “Pensano di averci spaventato, e intanto continueremo le ricerche. Neville, si è salvato qualcosa dall’esplosione?” Neville alzò le spalle.

“Non saprei. Se c’è qualcosa ce l’hanno i ragazzi”

“Puoi recuperare il materiale?” chiese Hermione. Ron si mise a sedere nella poltrona accanto.

“Credo di sì, ci penso io”

 

 

2.

 

“Il potere è pericoloso…”

“Lo so”

“Perché vuoi il potere?”

“Ho bisogno di un esercito che mi dia forza. Ho bisogno di alleati” la figura si alzò in piedi mentre lo spettro volteggiava sue giù, sospeso ad un elastico.

“Non ti aiuteranno. Non ti aiuterà nessuno. Nessuno può capire la tua grandezza” lo spettro divenne vaporoso per un attimo, poi torno a risplendere.

“Loro non capiscono…vivono immersi nel male, nel pericolo, e non capiscono!” la figura scostò una tenda e osservò Hogsmeade immersa nella luce del tramonto.

“Diranno che sei pazzo. Come ti difenderai? Cosa dirai?” chiese lo spettro.

“Non dirò nulla. Agirò, poi vedranno chi ha ragione”

 


”Change in the air
and they'll hide everywhere
and no one knows who's in control”

                                   Rule by Secrecy, Muse

 

3.

 

Eve si strusciò su Tom ma il ragazzo si limitò a carezzarle una guancia e sfiorarla con un bacio.

“Che hai? Non vuoi…?” disse Eve smettendo di fare le moine. Tom allargò le spalle.

“No…dai, lasciamo perdere stasera”

Tom si alzò in piedi verso la finestra aperta. La luce del sole era ormai soltanto un striscia sottile oltre i monti.

“Tom? Tom-Tom? Che hai?” Eve lo seguì a piedi scalzi e lo abbraccio da dietro. Non aveva ancora mollato. Aveva voglia di coccolarsi. Vincent era uscito con gli amici e l’occasione era buona.

“Senti hai pensato…a noi?” disse Tom tutto d’un fiato. Ormai era in ballo. Eve si sollevò dalla sua schiena.

“Ah…” sbuffò Eve. Ora capiva il comportamento del ragazzo. Non aveva una gran voglia di affrontare l’argomento.

“Io…ma c’è bisogno di discuterne ora? Non ti piace stare con me?” disse Eve. Ribaltamento della frittata. Un colpo segreto tramandato da generazioni.

“Sì c’è bisogno” disse Tom, voltandosi di scatto.

“Ok, va bene!” Eve si mise a sedere sul letto a gambe incrociate. Fece cenno a Tom di sedersi davanti a lei e intanto si annodo i capelli in una coda riccia e ribelle.

“Eve, tu mi piaci e io ho una gran voglia di stare con te, però…non capisco il non dirlo a nessuno!”

“Cos’è? Vuoi sbandierare la tua nuova conquista?” disse Eve, ironica.

“Non dire…no” si trattenne Tom. Aveva paura di scaldare i toni e litigare. Lui voleva solo discutere.

“Io vorrei andare in giro con te liberamente”

“Ma lo facciamo!” disse Eve. Si lanciò in un sorriso di comprensione mal riuscito.

“No, cioè, sì, ma è diverso. Non siamo insieme…siamo Eve e Tom…”

“Quanti problemi! Sei contorto per essere un ragazzo!” disse Eve. Ora stava alzando la voce.

Tom rimase in silenzio.

“Ma sei così pesante con tutte le ragazze con cui sei stato? Ok, dai mettiamoci insieme!” sbuffò Eve, senza troppa enfasi.

“No, senti, non importa…non mi interessa a sto punto…” Tom si alzò in piedi.

“Guarda che sei strano tu hai detto…”

“Ma non rompere! Mi tratti come un idiota a cui dai il contentino!” disse Tom urlando. Addio alla tranquilla discussione.

“Ehi sei tu che ti fai problemi di ogni tipo! Chissà tutte le altre ragazze, le avrei prese per sfinimento!”

“Io…non faccio così con tutte…certo che se ti ci metti…” Tom sillabò le parole per non parlare troppo.

“Cosa? Guarda che io sto bene anche per i fatti miei, sai?” Eve lo disse, ma non era poi del tutto convinta delle sue parole. Era un azzardo per vedere la reazione di Tom.

“Che…ma vaffanculo va!” Tom alzò il braccio in un gesto secco e si infilò il cappello prima di uscire dalla camera di Eve.

“Ehi! Dove vai adesso? Non volevi parlare?” lo punzecchiò ancora lei. Tom, molto decorosamente, stette zitto e si limitò a sbattere con violenza la porta di ingresso. I vetri tremarono fino al piano di sopra. E Eve pensò che forse aveva tirato la corda fin troppo.

 

 

4.

 

Neville aveva portato tutti i documenti recuperati da Sirius e Lupin. Stavano nascosti nel magazzino sotto il negozio di Fred e George. Erano al sicuro per un po’, almeno il tempo necessario per guarire le ferite dell’esplosione.

Ron ringraziò Neville per il rischio corso.

“Figurati. Luna è formidabile quando vuole” sorrise Neville stendendo la sacca di tela sulla scrivania di Silente.

“Luna eh? E bravo Neville” disse Ron ridacchiando e mettendo in imbarazzo il povero Paciock.

“Vediamo cos’hai qua…” Silente sfilò dalla sacca due vecchi diari bruciacchiati e un gran numero di fogli sparsi.

“Remus mi ha detto che quel diario era stato consultato da…lei. Forse se siamo fortunati…” disse Neville cominciando a sfogliare i fogli sparsi. Ron affiancò Silente e cominciò a leggere sul diario.

“E’ molto preciso per essere un babbano” disse Silente, carezzandosi la barba.

Neville raccontò della scoperta di Sirius e Remus e di come nessun mago avesse mai sentito parlare delle ricerche di Jean Boulerai.

“Accidenti, uno babbano che si intende di magia” disse Ron, sorpreso. Silente sfogliò qualche altra pagina e scosse la testa.

“Chiederò a Minerva e a qualche altro collega. Se ci sono ancora informazioni valide sono sicuro che riusciremo a ricavarle. Bellastrix non si sarebbe sprecata a far saltare tutto solo per dare un segnale”

Ron e Neville si scambiarono un’occhiata. Era la loro teoria fino alla sera precedente.

Silente raccolse tutto il materiale recuperato e lo infilò fra le pieghe della tunica.

“Vi farò sapere presto, non temete”

 

 

5.

 

Luna Lovegood percorse la strada di Notturn Alley con estrema calma. Con il ministero corrotto che si trovavano, non era certo una strada piena di bifolchi a metterle paura. Sapeva che nessuno avrebbe cercato di avvicinarsi a lei conciata com’era. 

Non aveva un bel aspetto. Era tre giorni che non dormiva e Neville gli aveva chiesto il favore di fare da corriere per le informazioni recuperate. Lo aveva fatto volentieri. Neville l’aveva aiutata tanto in quegli anni. Forse era l’unica persona che frequentava con una certa costanza.

Infatti, Neville lo aspettava all’angolo con la viuzza vicino al fioraio, come concordato. Le sorrise vedendola arrivare. Si scambiarono un bacio veloce, poi lui la sostenne con il braccio.

“Stai bene?”

“Oggi un po’ meglio, ma ho un aspetto da far schifo”

“Sei bellissima, fidati” disse lui, sorridendole. Era sincero, anche se in torto. Luna aveva un aspetto pessimo, oltre che il bisogno di una doccia.

Camminarono verso l’uscita di Notturn Alley. A pochi passi da li c’era un alberghetto che piaceva ad entrambi. Avrebbero preso qualcosa di caldo da mangiare e si sarebbero fermati per la notte.

“E’ servita la roba recuperata?” chiese Luna.

“Silente ci sta lavorando. Sei stata fondamentale, credimi” disse Neville. Le sfiorò la fronte con un bacio, e lei lo strinse forte attorno alle spalle. Troppo forte.

“Stai fermo. Non girarti e resta fermo” disse lei a voce talmente bassa da avere difficoltà a sentirsi.

Neville eseguì mentre il cuore prendeva a battere.

“Cosa c’è?” disse a sua volta senza alzare il tono. Luna accennò con gli occhi verso la sua destra e Neville sfrutto la vetrina buia di fronte come specchio.

Bellatrix Lestrange. Camuffata, forse, ma fin troppo identificabile per lui.

Luna sentì i muscoli di Neville irrigidirsi e il respiro fermarsi di scatto.

“No, Neville. Ti prego, stai tranquillo…”

Neville non la ascoltò. La strinse a se e la tenne alle sue spalle. Si mosse veloce dietro l’ombra di Bellatrix, come gli aveva insegnato Ron negli anni.

Devi sfruttare l’ambiente. Tutto è sotto il tuo controllo. Se non lo è potrebbe diventare una minaccia.

Oltrepassò le pozzanghere e non perse d’occhio la donna. Sentiva Luna qualche passo dietro di se. Voleva dirle di stare ferma, non seguirlo, ma avrebbe perso tempo prezioso. 

Bellatrix si guardò attorno, ma Neville era coperto da un gruppo di maghi intenti a bere birra davanti ad un pub malandato. Infilò una porta di un negozio di antiquariato.

Neville si sporse oltre la vetrina e agitò la bacchetta davanti ai suoi occhi.

Istantaneamente gli occhi gli si illuminarono e riuscì a vedere anche oltre le penombra del negozio. Bellatrix parlava con il proprietario, probabilmente senza farsi riconoscere.

Scelse due libri, ma Neville non riuscì a leggere i titoli. Erano due volumi in pelle scura. Uno sembrava ricoperto di scaglie.

Bellatrix sfogliò un elenco che il negoziante gli aveva mostrato ed indicò un punto del foglio. Sorrise, e Neville dovette stringere i denti per non entrare e schiantarla contro la pendola nel lato opposto del negozio.

La vide dirigersi all’uscita e scattò all’indietro, nascondendosi dietro un doccione contorto. Quasi pestò i piedi a Luna che si fece di lato.

Bellastrix si allontanò lungo la strada e Neville si avvicinò all’entrata del negozio

“Aspetta” disse Luna. Lo trattenne e gli passò davanti facendogli cenno di aspettare. Il campanello del negozio trillò nuovamente quando Luna entrò.

Neville si mise sull’orlo della vetrine e vide Luna parlare col negoziante. Non sembrava agitata. Con un sorriso gli disse qualcosa e quello si infilò fra le mensole del negozio. Luna controllò che fosse abbastanza occupato e sfilò il foglio che Bellatrix aveva consultato poco prima. Con un gesto veloce sfilò in block notes dalla borsa e ricopiò in fretta qualche parola, facendo saettare gli occhi fra l’uno e l’altro.

Il negoziante tornò nel momento in cui Luna rimise il foglio al suo posto. Fece qualche gesto e disse qualcosa al negoziante. Quello si scurì in volto e sembrò volerla mandare al diavolo. Luna uscì e raggiunse Neville ancora nascosto.

“Sei stata…” disse Neville, senza parole.

“Giornalista, Paciock. E’ il mio lavoro”

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