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Perché un terzo capitolo della
saga? Già perché…Bè, principalmente per due ragioni. La prima è che con il
secondo capitolo (Il tempo che cambia), purtroppo, non ho fatto un lavoro eccelso.
Sì, lo so, a molti è piaciuto e in se non era male, ma mi era davvero sfuggito
di mano in più occasioni (motivo per cui andava spesso a rilento). La seconda
ragione è che, un tempo, Senza Tregua era una serie seguita da parecchie
persone, che col tempo sono andate scemando, anche per la qualità della
fanfiction stessa. Quello che mi ripropongo con questo terzo capitolo è di
“risvegliare” il tono della serie e di darne una conclusione che ho lasciato
volutamente in sospeso alla fine di Il tempo che cambia. Che altro dire? Spero
che il mio lavoro non vada a perdersi e non sia invano. Con queste premesse vi
auguro buona lettura!
Prologo
La stanza era
illuminata da una luce spettrale. Non era la luce della luna. Quella sera le
nubi invernali non permettevano alla luce di filtrare attraverso di esse. E la
finestra piangeva lacrime di pioggia. Un lampo crepò le nuvole, timidamente.
Poi un tuono in lontananza reclamò la sua paternità.
La luce brillò
più intensa, per un attimo. Risplendendo in tutta la stanza. Era una figura ad
essere illuminata. Una figura dall’aspetto umano, ma in qualche modo corrotta.
Aveva, in sé, un’aura di malvagità che anche il più imbranato fra i maghi
avrebbe potuto percepire.
“Insegnami ciò
che sai”
La figura si voltò verso uno degli angoli più bui della
stanza. La voce lo aveva svegliato da un torpore che durava da ormai troppi
anni. Non sapeva chi fosse, ma non gli importò.
“Perché?” chiese
rivolto all’angolo scuro. Le nubi si illuminarono di nuovo, dorate da un altro
lampo fugace. I vetri tremarono per il tuono che ne seguì, molto forte e molto
vicino.
“Per vendetta”
Capitolo 1
La Bella e la Bestia
“No one knows what its like
To be the bad man, to be the sad man
Behind blue eyes…”
Behind
Blue Eyes, Limp Bizkit
1.
Il professor Edward Dune chiuse l’ultima finestra aperta
sul monitor del personal computer. Febbrilmente tamburellò le dita sulla
scrivania. Neanche si era seduto, la fioca luce della lampada da scrivania
illuminava a malapena la tastiera davanti a lui. Dalla finestra filtrava il
basso pallore di un lampione danneggiato. Lampeggiava insicuro in mezzo al
vicolo.
“Andiamo…sbrigati…”
sussurrò più a stesso che al macchinario elettronico. Il ronzio si attutì d’un
tratto e il lettore cd espulse il supporto.
Il professor
Edward Dune recuperò il cd-rom e se lo infilò nella tasca interna del gilet di
twill. Estrasse un vecchio accendino a benzina e lo passo un paio di volte
sulla superficie del computer. Quello prese a fumare e in un attimo fu avvolto
dalle fiamme. Gettò il resto della latta di benzina sulla scrivania.
Istantaneamente prese fuoco.
Recuperò la
giacca sulla sedia e uscì velocemente dall’appartamento. La serratura forzata
tremò quando chiuse la porta. Un’ultima occhiata e una sistemata al pomello che
pendeva storto. Poco male.
Percorse le
scale, più illuminate, con la febbrile sensazione di sentire un eco minaccioso
in corrispondenza di ogni suo passo. Si voltò un paio di volte a controllare,
ma non vide nulla. O nessuno.
Si immerse nella
notte londinese calpestando la pioggia che aveva inzuppato tutta la città per
l’intero pomeriggio. Nonostante fosse ormai estate, un fresco venticello
sbarazzino si faceva sentire. Si alzò il collo della giacca per proteggersi da
quella brezza. Sfilò i guanti e se li infilò in tasca.
Attraversò la
strada e un taxi si fermò per lasciarlo passare. Lui ringraziò con un gesto
della mano. Superò una pozzanghera e prese a camminare lungo il vialetto. Gli
alberi rigogliosi cantavano e ronzavano dei rumori dell’estate. Il professor
Edward Dune ripensò a tutto quello che aveva fatto quel pomeriggio. A quello
che aveva visto e sentito. Si tastò il volto. Lo zigomo destro gli faceva ancor
un gran male.
Sbuffò,
infreddolito dentro, e cominciò ad attraversare il parco, sua ultima meta. A
quell’ora tarda non ci sarebbe dovuta essere troppa gente. O almeno era quello
che sperava il professor Edward Dune.
Tastò ancora la
tasca dove aveva infilato il cd-rom. Da quel disco dipendeva tutta la sua vita.
Tutto quello che per lui contava nella vita.
Raggiunse la
panchina alla seconda curva del sentiero ad est, come preventivato. I sentieri
erano sgomberi in entrambe le direzioni. Da unlato era coperto da un cespuglio, mentre dall’altro il campo visivo era
libero fino all’uscita del parco.
Si guardò
intorno sperando di vedere spuntare qualcuno. Cominciò a marciare insofferente
avanti e indietro, di fronte alla panchina. Un dubbio gli attraversò la mente,
trasportato dall’ennesima folata di vento fresco. E se avesse mentito? Se la
avesse uccisa e basta?
Che dannato
stupido! Lui stava facendo il suo gioco, stava facendo il lavoro sporco senza
avere reali sicurezze. Non avrebbe dovuto portare le informazioni con se. Si
accese una sigaretta facendo scintillare il vecchio zippo.
Tirò una boccata
e si guardò ancora intorno. Niente. Nessuno da nessuna parte. Tranne quel
rumore da dietro il cespuglio.
Si sfilò la
sigaretta di bocca e mise una mano all’altezza del petto, proprio sopra la
tasca del gilet. Il cespuglio tremò ancora. E un cane dal pelo nero vi spuntò,
come sputato fuori dalla notte.
Il professor
Edward Dune emise un lamento spaventato e sobbalzò all’indietro. La sigaretta
gli cadde a terra.
“Buck? Ehi bello
dove sei?” un uomo sulla cinquantina spuntò dal sentiero coperto dal cespuglio.
Appena il cane sentì il richiamo si voltò verso il padrone e trotterellò in
mezzo alle sue gambe. L’uomo lo accarezzò e gli allacciò la catena al collo.
“Non devi andare
in giro da solo di sera, rischi di perderti” lo sgridò puntandogli il dito sul
naso. Il cane si lamentò, senza ascoltarlo troppo e cacciò uno sbadiglio.
“Zuccone…” lo
apostrofò ancora l’uomo prima di rimettersi in piedi ed avvicinarsi al
professor Edward Dune.
“Salve, Buck l’ha
spaventata?” chiese. Il professor Edward Dune si strinse la mano al petto di
nuovo e fece un mezzo passo all’indietro. Che fosse uno di loro?
“No…cioè, avevo
visto muovere…” fece un cenno al cespuglio “Credevo fosse qualcuno”
“Ah, sa a Buck
piace dare la caccia ai topi. Se ne annidano molti nei parchi in città”
ridacchiò l’uomo mentre Buck se ne stava seduto accanto a lui, ancora legato al
guinzaglio. Forse fu solo un impressione, ma al professor Edward Dune parve che
quel cane lo guardasse di nascosto, senza farsi notare. Sudò,
impercettibilmente.
“Si sente bene?”
chiese l’uomo avvicinandosi di un altro paio di passi. Passi che al professor
Edward Dune parvero troppi. Ma non si mosse. Era pronto a reagire, ma avrebbe
aspettato ancora.
“Sì, certo…perché
me lo chiede?” rispose nervosamente il professor Edward Dune.
“Non ha una
bella cera…” lo osservò l’uomo, appoggiandogli una mano sulla spalla “Sicuro di
stare bene?”
“Come? Sì,
certo….stavo” ma fu interrotto da un trillo proveniente dai suoi pantaloni. Il
telefonino del professor Edward Dune prese a zigare sempre più forte.
“La lascio alla
sua chiamata” lo salutò l’uomo. Fece un cenno al cane che prese a trotterellare
al suo fianco e superò il professore, continuando per il sentiero.
Il professor Edward
Dune li seguì con lo sguardo finché non sparirono oltre la curva. Il telefono
continuava a squillare facendo eco in tutto il parco.
Come se si fosse
risvegliato di colpo, estrasse il cellulare e lesse il nome sul display.
Sara. Sara lo
chiamava. Era viva! Premette un tasto e si portò il telefonino all’orecchio.
“Sara, amore
mio!” disse tutto d’un fiato facendo scomparire quella sensazione di pesantezza
che aveva al petto. Ma la risposta si fece attendere qualche secondo di troppo.
“Professor Dune
ha le informazioni?” parlò una voce femminile.
Era quella voce!
Quella voce femminile, ma autoritaria. Dolce ed incredibilmente spietata. Il
professor Edward Dune l’avrebbe riconosciuta fra mille. La voce che aveva
sentito quella mattina, prima che Sara sparisse.
“Dov’è?”
“Ha le
informazioni?”
“Dove cazzo è?”
urlò Edward Dune al telefono. La voce al di là dell’apparecchio si fece muta
per qualche secondo.
“Ha le
informazioni? La avverto, se non mi risponde metto giù”
Edward Dune
sospirò sconfitto “Le ho con me” si tastò la tasca interna come per assicurarsi
che il cd-rom fosse ancora lì. Sentì il profilo circolare con la punta delle
dita.
“Bene” disse la
voce, e dopo di ciò interruppe la comunicazione.
“Pronto? Pronto?
Maledizione!” pigiò un altro tasto e sbatté il telefono nella tasca della
giacca. Il professor Edward Dune si girò di scatto deciso più che mai ad
andarsene da lì. Non aveva sicurezze, si era fidato e lo avevano solo preso in
giro. E soprattutto non sapeva come stesse Sara.
“Si calmi,
professore” parlò di nuovo quella voce di donna tremendamente sensuale e
letale. Il professor Edward Dune si voltò verso la panchina. Vide di nuovo
quella donna seduta a gambe incrociate e coi gomiti appoggiati allo schienale.
Lo osservava, divertita, o almeno così pareva. Sorrideva, sotto il rossetto
scarlatto, in pieno contrasto con la sua carnagione chiara. Qualche ruga le
contornava gli occhi, ma non dimostrava di certo l’età che aveva.
Una gran bella
donna, avvolta da un aderente e sensuale abito nero che faceva risaltare ogni
sua curva. Soltanto le spalle erano scoperte. Una piccola mantellina le cadeva
sulla schiena e i lembi erano annodati ai polsi tramite dei delicati lacci,
sempre in velluto nero. I capelli le danzavano perfettamente lisci e neri fra
le scapole.
“Voglio vederla”
disse il professore, senza muoversi. La donna smise di sorridere e parlò.
“Ed io voglio le
informazioni. Me le dia, e io le dirò dov’è la sua ragazza, professore” sibilò
sottile. Si alzò in piedi ed ancheggiò verso la sua vittima. Si sfiorava i
fianchi con le unghie laccate di rosso.
“Perché vi
interessa il lavoro di mio zio?” chiese il professor Edward Dune, facendo un
passo indietro. La donna alzò gli occhi al cielo e sospirò.
“E a lei perché
interessa? Mi dia quel codice e facciamola finita”
“Io non ho mai
detto che mi zio lavorasse ad un codice”
La donna
trattenne il respiro per un attimo. Poi sorrise di nuovo e fece ciondolare la
testa, ad occhi appena socchiusi.
“Ma bravo, complimenti.
Ho bisogno del codice che suo zio ha decodificato”
“Perché?”
insistette il professore. Lei strinse le dita della mano destra, visibilmente
seccata.
“Non è affar
suo, professore” sillabo al limite della sopportazione “Me lo dia e basta” alzò
troppo la voce e il professor Edward Dune tornò a ragionare con lucidità,
almeno per un attimo.
“Chi mi dice che
Sara stia bene? Non darò un bel niente senza vedere prima Sara” la letale donna
fece scivolare una mano dietro i fianchi e la estrasse istantaneamente.
Stringeva stretta fra le dita una lucida stecca di legno scuro.
“Ora conterò
fino a tre, dopodiché che Sara sia viva o morta non le importerà più” alzò il
legno in direzione del professor Dune.
“Uno…”
Il professor
Edward Dune si guardò intorno, ma purtroppo non sembrava ci fosse nessuno nelle
vicinanze. Neanche quel signore di poco prima.
“Due…”
Se l’avesse
ascoltata sarebbe rimasto in vita, ma di Sara non avrebbe avuto notizie certe.
Era su un baratro e non vedeva nessuna uscita. Chiuse gli occhi pregando quel
Dio che non aveva mai ascoltato.
“E tr…”
“Buonasera
Bellatrix” il conto alla rovescia della letale donna si interruppe ad un attimo
dalla fine. Il professor Edward Dune riaprì gli occhi e vide davanti a se
quell’uomo che poco prima lo aveva salutato. Quell’uomo che portava a spasso il
cane. Gli dava le spalle e se ne stava a braccia intrecciate, dietro la
schiena.
Bellatrix
Lestrange abbassò la bacchetta e sorrise rassegnata.
“Remus, credevo
fossi in giro ad ululare alla luna” lo prese in giro lei. Remus non si
scompose, si limito a sorridere, sotto quel suo pizzetto curato.
“Ebbene no,
stanotte è appena crescente, purtroppo. Purtroppo per te, naturalmente”
Il professor
Edward Dune non capiva nulla del dialogo fra i due. Lentamente prese a muoversi
all’indietro, facendo strisciare i piedi sulla sabbia del sentiero.
“Non si muova
professore. Qui intorno è pieno di gentaglia…” lo ammonì Lupin. Il professor
Edward Dune alzò gli occhi per guardare meglio attorno a se. Fra le pieghe
delle ombre di alberi e lampioni, notò un paio di sagome a cui prima non aveva
badato. Erano di forma umana, non c’era dubbio, ed erano straordinariamente
mimetizzate con l’ambiente. Se non glielo avesse fatto notare quello strano
individuo, probabilmente non lo avrebbe viste.
“A proposito di
gentaglia, se tu sei qui ci deve essere anche il mio pulcioso cugino”
“Ciao Bella,
sempre lieto…” Sirius Black spuntò dalle spalle di Bellatrix. Annodata al
braccio destro aveva una catena molto simile a quella usata per i guinzagli dei
cani. Bellatrix si voltò per guardarlo in faccia.
“Sarò lieta di
sbattervi ad Azkaban per il resto dei vostri giorni. Siete fra i più ricercati
in Inghilterra, lo sapete?”
Sirius le
sorrise “Illusa”
“Sbruffone” lo
rimbeccò lei.
“Sei sempre la
mia dolce cugina” decretò Sirius. Dopodiché fece oscillare la catena, la fece
vorticare velocemente attorno al braccio e ne lanciò un’estremità verso il
cespuglio. La catena si artigliò stretta attorno a qualcosa. Si sentì un
lamento, poi Sirius la recuperò con uno strattone. Trascinato dalla catena
spuntò un individuo intabarrato che ruzzolò poco decorosamente a terra, ai
piedi dello stesso Sirius.
“Dilettanti”
dichiarò Sirius, aprendo le ostilità. Un paio di tizi nascosti fra le ombre
scattarono insieme addosso a Sirius. Agitarono entrambi le bacchette
pronunciando una veloce formula magica.
“Stupeficium!”
l’aria si increspò, ma i due incantesimi centrarono in pieno il suolo. Con
sorpresa videro Sirius in volo sopra di loro. Concluse il balzo sulla testa di
uno dei due, gli strappò la bacchetta di mano e la puntò contro l’altro.
“Tremula!”
un fiocco di luce rossa colpì la spalla dell’altro mago avvolto dal mantello.
Ed improvvisamente si accorse di non poter più coordinare i movimenti. Le
braccia gli tremavano, come anche le gambe e il collo, facendo ballonzolare la
testa in ogni direzione. Tentò invano di reggersi in piedi, ma crollò,
vibrante, al suolo.
Bellatrix,
intanto, non era stata di certo ferma a guardare. Con passo deciso camminò
verso Lupin, che non accennava a muoversi dalla sua posizione. Anzi rideva.
Bellatrix alzò
la bacchetta verso la sua testa e la perforò con un incantesimo di fuoco. Le
fiamme crepitarono come pazze e fecero tremare l’immagine di Lupin.
“Un illusione…” alzò
la voce e si guardò intorno “Remus Lupin sei patetico” sogghignò e puntò la
bacchetta verso il professor Edward. Quello si strinse le mani sulla tasca del
gilet. E Bellatrix non poté fare a meno di notarlo. Sorrise soddisfatta.
Agitò la verga
magica e il professore si ritrovò sospeso a mezz’aria, incapace di muoversi.
Bellatrix gli strappò la tasca del gilet. Avvertì la forma del disco fra le sue
dita.
“No!” gridò
inutilmente il professore, ma Bellatrix lo ignorò e strinse nella mano il
sottile dischetto di legno. Di legno?
“Sarà patetico”
parlò Lupin, in piedi sulla panchina lì accanto “Ma è dannatamente funzionale”
si rigirava fra le dita un sottile disco lucido e brillante come l’argento.
“Tu, mago da
quattro soldi…” Bellatrix si voltò versò Lupin e sbatté a terra il ridicolo
disco di legno. Il professor Edward cadde al suolo, libero dall’incantesimo.
La sensuale e
letale maga camminò rapida, ma una scarica di fulmini interruppe il suo fiero
percorso, lasciando una chiazza nera e bruciata davanti ai suoi piedi.
Sirius affiancò
l’amico. Aveva ancora le mani coperte da piccoli fulmini lungo tutto il dorso.
“Non fare la
cattiva, fai giocare tutti con il gingillo del professore” la canzonò Sirius,
come se fossero ancora bambini. Bellatrix fece oscillare la bacchetta.
“Voi non avete
idea…” disse, chiuse gli occhi e formulò un incantesimo che anche Lupin fece
fatica ad identificare. Gli occhi le si fecero neri e opalescenti per un
attimo. Dopodiché le ombre intorno presero a tremare.
“E’ un
evocazione” disse piano Lupin estraendo, finalmente, la bacchetta.
“Bene, mentre tu
fai ricerche io la pesto, ok?” con un balzo Sirius saltò vicino a Bellatrix, ma
lei terminò l’incantesimo un attimo prima e scivolò lontano con un fluido
movimento di gambe.
“Ormai è tardi,
cugino…” sorrise lasciva. Sirius la guardò in cagnesco e stiracchiò i muscoli
del collo.
Remus Lupin non
era un uomo d’azione. Con l’età, poi, la sua già scarsa attitudine al
combattimento era andata, via via, scemando. Eppure, quel basso ruggito che
sentì alle sue spalle lo fece pentire di non essersi tenuto nemmeno un po’ in
allenamento.
Lupin si voltò e
vide un enorme bocca di ombra e notte spalancarsi e cercare di inghiottirlo.
Con un poco elegante saltello scese dalla panchina ed evitò il morso del
mostro.
“Sirius!” urlò
“Un serpente d’ombra!”
Sirius si voltò
e vide l’enorme biscione scivolare sopra la panchina e avvicinarsi a loro due.
La massa del serpente era costituita per intero da ombre e buio, sembrava quasi
non avere un vero corpo, soltanto una bozza di ciò che sarebbe potuto essere
nella realtà. Un incubo dalla forma vaga.
“Ok come si
affronta questa bestiaccia?” chiese Sirius scartando i movimenti del grosso
rettile, preceduto dall’amico.
“Come si
affronta? Che vuoi che ne sappia di come si affronta!”
“Sei stato
professore di difesa contro le arti oscure ad Hogwarts e non sai come si
affronta questo coso?!”
“Ehi, io
insegnavo a dei ragazzi, mica a dei soldati!”
Un guizzo del
serpente li sorprese e li costrinse a gettarsi alle estremità opposte. Remus
rotolò vicino al professore babbano, che ancora non si era mosso da dove era
caduto. Fortunatamente per Lupin, il grosso rettile preferì continuare a dare
la caccia a Sirius.
Lupin aiutò il
professor Dune ad alzarsi e quello, a metà fra lo sconvolto e l’incredulo, gli
strappò di mano il disco d’argento.
“Questo è mio!”
“No, quello è
mio” replicò sicura Bellatrix agitando la bacchetta verso la mano del
professore. Quella si contorse e con un urlo il professor Dune lasciò la presa
sull’oggetto che schizzò nella sua direzione.
“Incendio!”
il disco brillante scintillò per un momento, poi le fiamme crepitanti lo
circondarono rendendolo incandescente. Nella mani di Bellatrix giunse solo un
mucchio di cenere fumosa.
La maga si voltò
verso Lupin che ancora aveva la bacchetta tesa a mezz’aria.
“Hai commesso la
tua ultima impudenza, Remus Lupin” stridette Bellatrix inviperita “Non hai la
minima idea di quello che hai appena distrutto” gli puntò contro la bacchetta
con una voglia di morte dipinta sul volto. Una voglia che subito mutò in un
sorriso sadico.
“Ma credo che vi
lascerò alle cure del mio rettile, addio Remus” gli fece l’occhiolino e con un
guizzo della bacchetta si smaterializzò.
“Remus, che cazzo!” Lupin si voltò di scatto,
e con lui il professore. Il serpente d’ombra sferrò un attacco, ma Sirius lo
evitò con un balzò. Atterrò oltre i due, plastico e senza sbavature.
“Corra
professore!” lo spintonò Lupin. Ma il terrore di quella creatura, incredibile e
inconcepibile per la mente del professor Dune, gli annebbiò i sensi. E i
riflessi. Troppo tardi si mosse scattando di lato. La bocca del mostro lo
inghiottì a partire dal braccio destro.
Il professore
Dune tentò di gridare, invano. Sentì una pungente sensazione di freddo penetrargli
la carne dell’arto, fino alla spalla. Doveva liberarsi. Cercò di fare perno sul
muso del mostro, ma scoprì solo in quel momento di non poterlo nemmeno toccare.
Gli passò attraverso, come se fosse fatto di nulla.
In quel momento
il professore vide la fine. Il mostro aprì di nuovo la bocca e affondò di nuovo
i denti, questa volta inghiottendo tutto il busto dell’uomo, che ormai agitava
le gambe a mezz’aria, impotente.
“Sirius! Hai una
bacchetta?” strillò Lupin sollevandosi dalla polvere in cui si era gettato.
Sirius fece un fluido movimento di mano e impugnò la bacchetta che aveva
sottratto poco prima al tirapiedi di Bellatrix.
“Appena lancerò
l’incantesimo, scatena il miglior Patronus che tu conosca!” Sirius annuì con un
movimento rapido e si concentrò ad occhi chiusi. Si isolò, da solo con la sua
mente e i suoi pensieri. Il pensiero migliore, il pensiero che lo rendeva la
persona più felice. Mary Jane. Mary Jane e i suoi baci, le sue carezze. L’amore
che gli dava e quello che riceveva. Gli scappò un sorriso, poi sentì la formula
di Remus.
“Penta Lumus!”
pronunciò le parole con estrema lentezza. Sirius aprì gli occhi e puntò la
bacchetta al centro delle cinque luci che presero a vorticare come pazze
attorno al mostro.
“Expecto
Patronum!” la scia d’argento schizzò come un fulmine. Correva veloce, con
le sue zampe pelose. Il grosso cane argentato si schiantò a bocca spalancata
contro il serpente d’ombra e assieme a lui le cinque luci esplosero in una
danza, fino ad avvolgerlo completamente. Con un muto grido il mostro si
dissolse e con lui anche l’abbacinante bagliore che lo aveva distrutto.
Il corpo del
professore crollò al suolo, fra la polvere del sentiero. La pelle era
raggrinzita dove era stato morso, ed anche vagamente bluastra. Gli occhi erano
ribaltati all’indietro e non dava molti segni di vita.
Sirius raggiunse
l’amico, e lo aiutò a sorreggersi. Doveva essersi stirato una caviglia con
l’ultimo salto che aveva fatto.
“Come…?” chiese
Sirius senza finire la frase.
“Mi è venuto in
mente come rimandarlo a casa…” si giustificò placidamente Lupin. Con un ultimo
sforzo si rimise in piedi e si pulì dalla faccia un segno di terra con il dorso
della mano.
“Adesso ti è
venuto in mente?!” gridò “Pensavi di farmi fare ancora un po’ di jogging? …ma
pensa te…”
“Sempre dietro a
lamentarti” lo ammonì scherzosamente Lupin, per poi farsi più serio
“Piuttosto…” fece un cenno al cadavere del professore.
“Credo che
avremo qualche problema per la nostra indagine”
2.
L’accendino
scintillò una volta, senza risultati. Con la seconda scintilla, finalmente, la
fiamma si accese e la sigaretta brillò. Il fumo avvolse la sottile stecca di
tabacco e carta, sbuffata fuori dalla bocca del giovane ragazzo.
I capelli
lunghi, ma corti ai lati del capo, cadevano scompigliati sul guanciale. Teneva
un braccio dietro la testa e si gustava la monotonia di quel soffitto,
alternato ogni tanto ad un’aspirata di insalubre tabacco.
Lo scroscio di
una doccia gli faceva di sottofondo e il sole del mattino gli baciava la pelle
del petto e delle braccia, scolpiti da ore in palestra, probabilmente. Soltanto
un lenzuolo, fin troppo pesante per quella stagione, lo copriva dal resto del
mondo. Quello, e una moltitudine di indumenti, sparsi alla rinfusa sul
giaciglio, sul pavimento e uno anche sul paralume della abat-jour. Sorrise nel
vedere quel calzino penzolare.
Lo scroscio si
interruppe, sostituito da un motivetto canticchiato a labbra serrate. Chiunque
stesse cantando quella canzoncina era sicuramente di buon umore. Ed era
sicuramente una ragazza. La stessa ragazza che entrò nella camera dove il
ragazzo tirava l’ultimo fiato alla sigaretta.
La ragazza smise
di canticchiare quando lo vide e con un balzo saltò sul letto, atterrando con
le ginocchia. L’accappatoio celeste le avvolgeva il corpo snello mostrandone
soltanto una bassa scollatura e le deliziose caviglie.
“Buongiorno
dormiglione” lo salutò lei facendo scivolare le labbra su quelle di lui
“Dormito bene?”
“Dormito poco”
sorrise lui “Ma in quanto a bene…bè, sì, quello sì”
Lei si abbassò di
nuovo a baciarlo e gli carezzo il petto con la mano. Lui le strinse la mano
dolcemente e la allontanò da se.
“Perché…?”
chiese lei attonita. Il ragazzo le sorrise sulle labbra.
“Non sono di
pietra…rischi di eccitarmi ancora, sai?”
Lei sorrise
perfida. Abbassò la mano fino a sfiorare il lenzuolo mentre con le labbra
accarezzava il collo e le spalle del ragazzo.
“Davvero?”
rispose ironica, appiccicata al suo collo. Lui tremò un momento, ad occhi
chiusi. Poi allungò una mano e lentamente le sciolse il nodo che teneva chiuso
l’accappatoio. Subito lei strinse i lembi di spugna e cercò di allontanarsi.
“No…dai,
lasciami fare…” il ragazzo alzò lo sguardo e si appoggiò coi gomiti al cuscino
sformato.
“Che ti
succede?” le chiese, senza lasciare la mano che stringeva. Le baciò una spalla
che si era inavvertitamente scoperta e ad occhi chiusi prese a salire verso il
collo sottile. Adorava la sua pelle chiara, sapeva come di buono.
“Io…senti, sono
ancora molto imbarazzata, e allora…”
“Imbarazzata?”
lui si sollevò di scatto dalle sue coccole e la guardò negli occhi “Tua madre
se ne è andata per un paio di giorni, c’è un ragazzo nudo nel tuo letto, tu sei
praticamente svestita…adesso ti imbarazzi?” Lei gli sorrise e scostò lo
sguardo, ma la mano di lui la ricondusse a guardarlo negli occhi.
“Dimmi cos’hai”
la spronò. La ragazza sospirò e si accasciò, stesa sul petto del suo ragazzo.
Incrociò le dita con le sue in un gioco tanto infantile quanto dolce. Lui
attese, consapevole che presto avrebbe parlato. Era fatta così, le ci voleva un
po’ di tempo per poterci pensare su, ma avrebbe detto cosa la turbava.
“Senti, come…”
tossicchiò e prese un respiro, breve ma intenso “Come mi hai…cioè,…come è
andata?”
“Come è andata?”
“Sì, come è
andata?” Il ragazzo sbatté gli occhi perplesso.
“Intendi il
sesso?”
“Per Merlino…sì!
Cos’altro? L’esame di trasfigurazione?” replicò seccata. Lui trattenne a stento
un risolino. Non bisognava mai ridere in certe occasioni. Questa era una di
quelle.
“Direi bene,
cioè…a te è piaciuto?” chiese di rimando lui, mantenendosi astutamente sul
vago.
“Certo!” rispose
subito la ragazza, con fin troppa irruenza. Se ne accorse e subito si corresse
“Voglio dire, sì, perché non avrebbe dovuto? Se escludiamo soltanto la parte
iniziale…”
“Parte
iniziale?” tremò la voce di lui “In…in che senso?”
“Intendo la
prima volta” rettificò subito lei, sentendo il tremolio nella sua voce “Essendo
la prima volta…bè, un po’ di fastidio ha dato”
“Molto?”
“Giusto un po’?
A te ha dato fastidio?”
“No…oddio, no.
Anzi è stato…fantastico” tentò di dire lui.
“Davvero? Allora
sono stata…diciamo “brava”?”
“Brava?” ripeté
incredulo lui “Tesoro mio, a letto sei una bomba!”
La ragazza si
voltò di scatto e lui dovette interrompere, con molto disappunto, la sensuale
catena di morsetti che le stava dando alla base del collo.
“Davvero?”
chiese lei con un sorriso mezzo stampato in faccia.
“Cosa?”
“La cosa della
bomba…davvero non sono una schiappa?”
“Bè, non che la
mia esperienza sia enorme…però, ragazzi, non me la scorderò tanto facilmente!” la
baciò mentre ancora lei sorrideva alle sue parole. Lei gli passò una mano fra i
capelli, scompigliandoli oltre il possibile. Sciolse il bacio e lo buttò di
peso sul materasso. In un attimo gli fu sopra.
“Mi piace quando
sei così dolce” gli disse, poi si chinò a baciarlo ancora “E mi piace quando
sei una bestia!” gli sorrise leccandogli sensualmente il labbro inferiore.
Glielo morse, leggermente, scaricando un brivido lungo alla schiena al
deliziato torturato.
“Bestia?” chiese
con una punta di orgoglio virile nella voce.
“Se io sono una
bomba…” si giustificò la ragazza. Poi si buttò in un bacio a capofitto su di
lui, che rispose con altrettanto vigore, quasi non avessero mai più potuto
sfiorarsi dopo quell’ultimo gesto.
Le allentò
lentamente l’accappatoio e la avvolse con il lenzuolo abbondante, annodato per
tutto il letto. Lui ridacchio scostando le labbra dalle sue.
“Che c’è?”
chiese lei, col sorriso sulla bocca.
“Niente” la
baciò di nuovo “Proprio niente” e la baciò ancora.
3.
“Vin, si
gentile, apri tu la porta” Ginny reggeva due imponenti buste cariche di verdure
uova e altre leccornie.
“Ok, ok” un
ragazzino, forse un po’ troppo basso per la sua età, la anticipò e infilò le
chiavi nella toppa. Portava i capelli corti, rossi come il fuoco. Il largo giubbotto
gli ballava sul fisico magrolino.
“Prego madame”
fece un mezzo inchino e aprì la porta. Ginny rise.
“Grazie messere”
entrò in casa e appoggiò le buste sul ripiano all’ingresso. Vincent prese
subito una delle due buste e la portò in cucina.
“Eve è in casa?”
“Credo di sì”
rispose lui dalla cucina “Ieri sera ha detto che non usciva”
“Eve?” chiamò a
gran voce Ginny, passando vicino alle scale. Ma non ottenne risposta. Vincent
intanto portò l’altra busta in cucina.
“Mamma, forse è
uscita stamattina”
“Va a vedere se
è ancora a letto. Dille di svegliarsi che pranziamo” Vincent annuì col capo e
fece i gradini due a due. Si tolse la giacca e la gettò sul letto di camera
sua, passandoci davanti.
“Sveglia!” gridò
aprendo di scatto la porta della sua camera.
“Ma non si
bussa!” strillò Eve coprendosi alla ben e meglio con l’accappatoio celeste.
“Scusa,
scusa…dormivi ancora?” indagò Vin dando un’occhiata in giro per la camera.
C’era una gran confusione e Eve sembrava stranamente imbarazzata. Stranamente
perché Vincent non aveva mai visto sua sorella imbarazzarsi per così poco.
Stava nascondendo qualcosa. Qualcosa oltre se stessa. Guardò meglio per la
stanza intanto che Eve alzava le coperte. E lo vide.
“C’è Tom?”
“Eh? Perchè? Come fai a
dirlo?” scattò con troppa irruenza Eve. Poi vide dove era puntato lo sguardo di
suo fratello. Il cappello da baseball. Quello era di Tom. Gettò via la maschera
e ne indossò subito un'altra.
“Sì, certo è…è
giù che ripara la mia bici”
“La tua bici non
è rotta”
“Sì la ruota è
bucata” urlò Eve, a voce stranamente alta. Vin alzò un sopracciglio. Non gliela
contava giusta.
“D’accordo,
vestiti che è pronto fra poco” la lasciò sola e scattò giù per le scale.
Eve aspettò un attimo
per essere sicura che si fosse allontanato. Con passi felpati recuperò la
camicia a scacchi blu e i jeans e si avvicinò alla finestra.
Tre metri più in
basso Tom era accucciato in un angolo, coperto dalla siepe troppo alta. In
mutande e con soltanto le scarpe addosso.
“Ehi, tieni” gli
gettò la sua roba e Tom la prese al volo.
“Fai finta di
riparare la bici”
“La bici? Perché
la bici?” chiese Tom infilandosi i jeans che non ricordava così stretti.
“Tu fallo è
basta, è una copertura”
“Ma su tu lo
dicessi e basta?”
“Sì certo.
Mamma, io e Tom stiamo insieme. Ah, stanotte abbiamo fatto sesso. Geniale…”
commentò sarcastica. Tom si infilò la camicia e scattò verso il garage di casa
Malfoy.
“Buca una
gomma!” gli urlò ancora Eve, a bassa voce. Tom annuì con la testa e come un
gatto raggiunse la siepe. La saltò facendosi perno su di essa, graffiandosi le
mani. Rotolò davanti alla porta di ingresso e si rimise in piedi proprio
davanti al garage. Sollevò la porta di alluminio e nello stesso istante la
porta di ingresso si aprì.
“Tom!”
“Ginny!” rispose
lui girandosi di scatto e dissimulando il fiatone.
“Non ti ho visto
prima, sei qui da molto?” Ginny infilò il sacco della spazzatura nella
pattumiera davanti casa. Tom sospirò vago.
“No, non molto,
Eve aveva la bici rotta, così…”
“Sei sempre
gentile con Eve. Ti ha offerto almeno qualcosa?”
Ginny non poteva
rendersi conto di quanto la domanda, carica di doppi sensi, avesse messo in una
paresi da imbarazzo il povero Tom.
“Ehm…sì, sì sì,
sono apposto, grazie! Ora…la bici…sai…”si infilò nel garage salutando Ginny con
un gesto della mano forse un po’ troppo meccanico. Sperò di cuore che non
avesse scoperto o sospettato di nulla.
Prese la bici
della ragazza e si piegò per dissimulare la ruota bucata.
“Non sforzarti”
la voce di Vin alle sue spalle lo fece rialzare di scatto sull’attenti. Si
voltò, di nuovo.
“Ehilà, come va?
Tutto bene?”
“Alla grande,
tu?”
Tom bofonchiò
qualcosa cercando disperatamente di staccare la gomma dalla camera d’aria.
“Bei pantaloni”
“Grazie…” rispose
Tom senza staccare gli occhi da quella dannata ruota anteriore.
“Hai sentito
Chris ultimamente?”
“No è…è in giro
con suo padre…non ho ben capito…”
“Ah, già…già
già…Senti…”
“Cosa?” Tom
ormai non sapeva più cosa inventarsi per toglierselo di torno. Quegli occhi
azzurri lo scrutavano come se volesse leggergli nella mente.
“Non dovresti
fare così con Eve”
“Cioè?”
“Voglio dire”
precisò Vin “Fare tutto quello che dice…che ci ricavi?”
Eh, che ci
ricavo…credo sia abbastanza quel che ricavo!
“Ma tanto a me fa
piacere, siamo amici e…e niente, basta così”
“Mi fa piacere,
anche se si vede che tu sbavi per lei”
“Io non sbavo!”
replicò secco Tom dimenticandosi d’un tratto della bici e della ruota.
“Eddai, un po’
sì!”
“Senti, che ci
posso fare? Tua sorella mi piace, ok?”
“La ami?”
“Cos…?” la
domanda lo colse di sorpresa. Si grattò la testa con indifferenza.
“Fatti i fatti
tuoi, nano!” replicò subito dandogli le spalle.
“Lo considero un
sì…” sorrise Vin alle sue spalle. Tom sbatté il pugno sul bancone da lavoro lì accanto.
“Consideralo
come ti pare, ma ti sarei grato se ti facessi i fatti tuoi, ok?” sillabò le
parole, al limite della sopportazione. Doveva essere un atteggiamento
minaccioso, ma a Vincent Malfoy non impressionò molto quella pagliacciata.
Aveva visto e subito ben di peggio. Sorrise vago e, finalmente, si rimise in
piedi.
“Ok, ok come ti
pare. Solo…”
“Solo cosa?”
quasi urlò Tom.
“Solo, se fossi
in te, io mi cambierei i pantaloni”
“I pantaloni?”
Tom abbandonò quell’aria arrabbiata per lasciare spazio ad una molto perplessa.
Si guardò le gambe e i fianchi dei jeans, fin dove poteva. In effetti quei
pantaloni gli sembravano strani.
“Sono
quelli di mia sorella. Hai “DEVIL” in rilievo sulle chiappe” Vin ridacchiò e
tornò in casa dalla porta di servizio.
Il commentino è
gradito sia dagli amici vecchi che da quelli nuovi ^__-
perché
fa danzare ogni singola parola che scrive sul pentagramma delle emozioni
Capitolo
2
Sotto
“Tutti
vogliono viaggiare in prima
L'hostess che c'ha tutto quel che vuoi
Tutti quanti con il drink in mano
E sotto come va?
Fuori come va?”
Tutti
Vogliono Viaggiare In Prima, Luciano Ligabue
1.
Silente guardò meglio. Ruotò un paio di volte attorno al
tavolo rotondo e si fermò a riflettere. Si accarezzò la barba bianca e folta,
con fare pensieroso. Il sole filtrato dalle pesanti tende di velluto scuro
faceva brillare la montatura dei sottili occhiali a mezzaluna che, come sempre,
agghindavano il suo lungo naso.
“Mh….” rifletté
il vecchio preside, senza togliere gli occhi dal centro del tavolo.
“Minerva, tu che
ne pensi?”
La McGrannit si avvicinò
con passo lento al tavolo rotondo e gettò un’ occhiata al centro del ripiano.
Scosse la testa negativamente e fece una smorfia poco convinta. Il suo vestito,
forse un po’ troppo coprente per quel periodo dell’anno così caldo, faceva
filtrare soltanto le mani e il viso, segnato da alcune rughe in più rispetto al
solito.
“Ho sempre
sostenuto che fossero tutte fanfaluche, Albus. Chiedere un parere a me è come
schiantare un medico del San Mungo alle spalle!” decretò a metà fra il seccato
e il divertito l’anziana professoressa di trasfigurazione.
“Forse…forse
posso dare una mano?” intervenne una voce proveniente dall’ingresso della
saletta. Silente alzò lo sguardo e gli sorrise.
“Certo Ron, vieni pure, e dimmi: cosa vedi dentro questa
tazza da the?”
Ron Weasley
attraversò la saletta che ben ricordava. Per un paio di anni aveva studiato
divinazione nella cima di quella torre. Studiata…diciamo che aveva ampliato la
sua dote di scrittore e fantasista. Purtroppo divinazione era una materia che
non aveva mai compreso fino in fondo.
“Spero che il
mio occhio interiore sia ancora allenato…” scherzò Ron avvicinandosi al tavolo
rotondo. Ignorò la sfera di cristallo e il suo prezioso trespolo in argento. Un
serpente avvolto a spirale sosteneva la boccia cristallina. I tarocchi sparsi
mostravano un paio di carte. La bilancia e la morte.
Ron sposto il
ciuffo caduto davanti agli occhi e guardò attentamente il fondo della tazza di
the. Le erbe erano sparse lungo la porcellana finissima e prendevano forme
irregolari e senza senso. Almeno per lui.
“Non ci vedo un
granché…forse…una specie di chiave inglese?” tentò Ron. La McGrannit ridacchiò.
“La Cooman ci ha
visto la sua morte” disse semplicemente Silente prima di avvicinarsi di nuovo
alla tazza. Girò la testa di lato “Io al massimo ci ho visto un’anatra”
La McGrannit
ridacchiò ancora.
“Quindi se ne è
andata per questo?” chiese Ron lasciando perdere definitivamente la tazza di
the “Ha previsto la sua morte?”
“Qualcosa del
genere…” sibilò divertita la McGrannit. Silente la affiancò.
“Minerva, per
cortesia, non è educato” parlò il preside senza togliersi quello sorriso
divertito dalla faccia.
“In tutti i
modi, sì. Stamane è entrata come una furia nel mio ufficio e fra un “Che gli
Dei mi proteggano…” e un “Morirò, morirò…” ha preso la sua roba e se ne è
andata di corsa”
La McGrannit si
mosse verso la porta.
“Tipico di
Sibilla. Preside, attenderò di sotto” Silente la congedò con un cenno del capo.
I tacchi della McGrannit battevano ancora sui gradini in discesa quando Ron
scostò un poco la tenda alla finestra. D’un tratto tutto si fece molto
silenzioso e immobile.
“Devo farla
seguire?” chiese Ron senza togliere gli occhi da un paio di ragazzi che ancora
si allenavano a quidditch, nonostante la scuola fosse ormai finita qualche giorno.
“Credo non sia
necessario. Sibilla non sapeva molto di noi. Oh, certo, non sosterrà mai
Lestrange, è una donna tanto intelligente quanto stramba” il preside si
concesse un sorriso che si perse alle spalle di Ron. Il rosso si voltò di
scatto.
“Rimane comunque
un problema…”
“Già, ci serve
un altro professore prima della fine di agosto. Lestrange non si farà scappare
l’occasione di piazzare qualcuno all’interno di Hogwarts”
“Idee?”
“Non molte”
rispose il preside “Trovare un divinatore non è semplice. Uno che abbia voglia
di insegnare a dei ragazzi, quasi impossibile” si grattò la barba folta con
l’indice teso.
“Potremmo
chiedere a qualche contatto fuori da Hogwarts” propose Ron uscendo dalla
saletta della torre. Silente lo seguì a ruota, subito dietro.
“Ho già spedito
qualche gufo alle persone giuste. Se c’è speranza di trovare qualcuno me lo
diranno”
Raggiunsero la
base della torre e imboccarono il corridoio diretto al salone di ingresso.
Silente fece scivolare una mano all’interno della sua veste e allungo il
giornale piegato in quattro a Ron.
“Hai letto La
Gazzetta stamattina?”
“No, sono uscito
di fretta” Ron afferrò il quotidiano e lo aprì in prima pagina “Qualcosa di
nuovo?”
Silente non ebbe
bisogno di rispondergli. Una colonna nella prima pagina saltellava,
letteralmente, agli occhi.
AMBASCIATORE
DI PACE PER LA QUESTIONE INGLESE
Soltanto ieri,
in tarda serata, il consiglio straordinario indetto dai maggiori ministeri
della magia d’Europa si è pronunciato sulla spinosa situazione inglese. E’
ormai risaputo come Albus Silente (??) dopo la regolare elezione del ministro
Rodolphus Lestrange (63) si sia nettamente pronunciato contro la sua politica e
il suo passato. Ma è ormai chiaro che le accuse pronunciate contro Lestrange
all’inizio degli anni ottanta, non sono state altro che giochi politici attuati
da subdoli consiglieri per liberarsi di un uomo dal così alto acume e spirito
di sacrificio.
“Però, in quanto
a servilismo non scherzano, eh?” sibilò Ron provocando una risatina a Silente.
Nonostante ciò,
rimane il fatto che un buon numero di “ribelli” (non è questo ciò che sono?) si
sono accodati alle parole di Silente, movendosi con lui, non solo
metaforicamente, ma anche fisicamente. Hogsmeade, da piccolo paese provinciale,
è ormai diventato una cittadina. Un covo dove chiunque fugga dalla legge giusta
e sincera del ministero trova riparo e appoggio. La situazione è chiaramente
insostenibile da parte del ministro Lestrange. “Mi rammarico delle scelte di
Albus Silente” ha detto “ma nonostante questo non posso obbligarlo a seguire la
retta via. In tutti questi anni di governo ho cercato di dialogare invece di
risolvere il problema in altre maniere meno ortodosse. L’ambasciatore potrebbe
essere una soluzione di dialogo, almeno all’inizio, ma credo che non basterà”.
Queste le parole del ministro Lestrange nei confronti di Albus Silente e delle
sue dubbie amicizie con esponenti pericolosi e ricercati del mondo magico (non
serve ricordare i suoi trascorsi con Remus Lupin, pericoloso assassino
licantropo senza licenza e il decennale evaso, Sirius Black. Per
approfondimenti pagine II, III, e IV) oltre all’implicazione nelle varie
faccende che hanno macchiato il miserevole governo dell’ex ministro Perceval
Weasley (39).
L’ambasciatore
verrà scelto dai ministri europei e inviato come diplomatico nella cittadina di
Hogsmeade quanto prima. L’imbarazzo di questa situazione si riflette in tutta
la politica, interna ed estera. La figura del brillante ministro Lestrange è
spesso offuscata dal “morbo Silente”. Oltretutto il magnanimo ministro ha
deciso di agire con tolleranza non sfruttando la sua posizione per obbligare
“Silentopoli” a seguire il governo centrale inglese.
“Tante belle
chiacchiere, al solito. Ma cos’è questa storia dell’ambasciatore?” Ron piegò il
giornale e lo riconsegnò al preside. Silente lo infilò fra le pieghe della
veste.
“Purtroppo non
ne sappiamo molto, ma se Rodolphus è d’accordo, credo che ci sia qualcosa
sotto. Forse è collegato con quello che hanno scoperto i ragazzi”
“Felpato e
Lunastorta?” domandò Ron incuriosito. Avevano deciso di usare i nomi fittizi
dei loro amici così da evitare grane impreviste.
“Sì, hanno visto
la first lady” sogghignò Silente “E pare abbiano qualcosa per noi”
“Quando?”
“Stanotte. Al solito posto” spiegò telegrafico Silente.
Ron si batté la testa con il palmo aperto.
“Ah, stasera
dovevo uscire con i ragazzi…credo farò un po’ di ritardo, tu capisci, vero
Albus?”
“Nessun
problema. Inizieremo e li aggiornerò sulla Cooman”
“D’accordo” lo
ringraziò Ron e scese l’ultima rampa di scale prima del salone. Silente fece un
paio di gradini prima di parlare di nuovo.
“A proposito, il
prossimo anno avremo un’altra Weasley ad Hogwarts”
“Già” Ron si
fece raggiante “Laurie è emozionantissima. Credo che suo fratello impazzirà a
tenerle testa questa estate” ridacchiò divertito.
“Si è ripresa
bene, per fortuna”
“Fortunatamente
sì. Chris è stato fondamentale, credo. E’ difficile parlare ad una bambina
quando ormai non sei più un bambino”
Finalmente
raggiunsero l’ingresso principale. Il salone si aprì davanti ai loro occhi. Un
esercito di elfi domestici stava ripulendo armato di stracci e spugne le
vecchie mura dell’edificio. Si inchinarono al passaggio di Silente, ma lui li
congedò con un gesto gentile dalla mano
“A stasera” lo
salutò il rosso. Il vecchio mago fece altrettanto prima di aprire il portone
con un cenno del capo
Ron se ne uscì
salutando di nuovo Silente, dandogli le spalle. E si immerse nel sole.
2.
“Mamma! Dove
sono i pantaloni beige?” Hermione sbuffò sentendosi chiamare ancora da un urlo
in cima alle scale. Uscì dalla cucina e si affacciò sulla prima rampa.
“Prova in bagno!
E non urlare per le scale!” gridò a sua volta Hermione per poi tornare in
cucina, alle prese con un dolce dalla farcitura complicatissima. Impugnò sicura
in sacco ricolmo di panna montata e iniziò con il primo sbuffo bianco.
Perfetto! Soddisfatta sorrise e continuò la coroncina uno sbuffo dopo l’altro.
Uno, due. E poi tre, quatt…
“In bagno non ci
sono!” ecco, il quarto sbuffo andò a farsi benedire spargendosi per tutta la
torta. Hermione ringhiò seccata e sbatté con rabbia il sacco sul tavolo. Con
passi pesanti tornò dalle scale.
“Ti ho detto di
non urlare, Chris! Ma parlo arabo!?”
“Ma non li
trovo!” si lamentò ancora la voce di Chris dal piano di sopra. Hermione
credette di impazzire. Ma davvero quello strano Weasley che dicevano fosse
anche suo figlio avrebbe compiuto diciassette anni a dicembre? Si consolò
pensando che ne aveva ancora sedici, per un po’ avrebbe sopportato. Salì le
scale e raggiunse il piano di sopra. Dalla porta del bagno in fondo al
corridoio provenivano strani rumori, come se stesse crollando tutto a causa di
un fortissimo terremoto.
“Perché Chris
strilla così tanto?” una voce sottile e dolce sorprese Hermione alle spalle. Si
voltò e vide quella piccola bambina che tanto adorava e tanto avrebbe voluto
ammazzare di coccole. Si stropicciava l’occhio destro, infilata in una vecchia
maglietta dei Lupi di Scozia, una squadra di quidditch che Chris amava
letteralmente. Con la scusa che ormai era troppo piccola per lui mascherava la
sua cocente delusione per l’abbandono del suo giocatore preferito, Stan
Huddson. Erano stati giorni penosi per Chris, esageratamente penosi, secondo
Hermione. Sembrava gli fosse morto il gatto sotto gli occhi. Ma lui non volle
saperne. Stette in lutto per quasi una settimana, tant’è che alla fine
cominciarono a prenderlo in giro sia Ron che Laurie. Ed un po’ anche Hermione.
Le venne da ridere a quel ricordo.
“Laurie, tesoro,
stavi ancora dormendo?” Hermionela
prese per un braccio e le diede un abbracciata affettuosa.
“E dormirei
ancora, ma quel coso urla come un oca!” si lamentò sbadigliando
definitivamente.
“Zitto pulcino!”
sbottò Chris spuntando dal bagno in camicia a maniche corte e uno sfavillante
baio di boxer bianchi. Laurie socchiuse gli occhi e si limito a sorridere
strusciandoci stanca contro il fianco di Hermione.
“Non sei molto
credibile “uomo-in-mutande”. Vero Hermione?” la donna sorrise nel vedere
l’imbarazzo di Chris. Si mise le mani sui fianchi, proprio come faceva lei
quando era nervosa, e vide spuntare le efelidi fra una guancia e l’altra. Forte
scarica emotiva in avvicinamento, pensò.
“Ehi, Laurie ha
ragione! Pensi di uscire così oggi?” rincarò la dose Hermione scompigliando i
capelli castani e già spettinati della bambina.
“Ah-ah-ah. Siete
esilaranti, davvero. Se avessi tempo mi butterei a terra dal ridere. Mamma, mi
vuoi dire dove cavolo sono i pantaloni beige!”
“Quali
pantaloni?”
“Beige! Hai
presente? Ricamo sulla coscia, un po’ stretti…dai, li avevo ieri sera!” si
lamentò Chris spalancando le braccia, esausto.
“Ah, li ho messi
a lavare” spiegò brevemente Hermione.
“Tu cosa? Ma
erano puliti! Ma che cazzo…”
“Ehi, linguaccia
ragazzo. Non mi sembra il caso…” lo castigò Hermione con l’indice teso e il
volto serio. Chris alzò le mani in segno di resa, come per scusarsi.
“Non è il caso
di scaldarsi. Li hai lasciati in bagno, e sai come funzionano le cose in casa.
La roba in bagno io la metto a lavare. Semplice, chiaro, è così da una vita”
“Si vabbè, tanto
hai sempre ragione tu” sbuffò Chris infilandosi nella sua camera e sbattendo la
porta alle sue spalle.
Hermione sorrise
sconsolata e scosse la testa. Prese in braccio Laurie e se la portò fino in
bagno.
“Hermione,
perché fa così?” chiese la piccola appoggiandosi completamente al petto di
Hermione. La fece scendere davanti al lavandino e le aprì il rubinetto. L’acqua
iniziò a scorrere.
“Perché è il periodo in cui si trattano male
i genitori e si pensa di avere sempre ragione. Passerà”
“Io non lo
voglio questo periodo. E’ brutto quando si litiga” si lamentò Laurie
sfregandosi la faccia con l’acqua appena tiepida. Un vero toccasana.
“Oh, ma lui non
litiga. E’ il suo modo di comunicare. Un po’ arrogante, un po’ con battute
sarcastiche. Ci siamo passati tutti e ne siamo usciti tutti. Ce la farà anche
Chris” le baciò la cima della testa e le allungò l’asciugamano.
“Sistema tutto
quando hai finito” Hermione scese di nuovo di sotto lasciando Laurie sola alle
prese con spazzolino e dentifricio. Cominciò a canticchiare a labbra serrate
una canzoncina che le avevano insegnato a scuola verso la fine dell’anno. Era
una canzone con un testo davvero stupido. Una bambina si era persa nel bosco,
ma poi gli animali le mostravano la strada per tornare a casa. Prima il
coniglio, poi il cerbiatto, il gufo, la volpe e così via. Le parole non erano
un granché, ma la musica le piaceva davvero molto, così si limitava a
canticchiare.
Si spazzolò
energicamente i denti e poi cominciò a sputare la schiuma.
“Dai pulcino, mi
serve il bagno” Chris entrò di prepotenza e cercò il gel sullo scaffale più
basso.
“Eddai,
aspetta!” Laurie guardò Chris attraverso lo specchio davanti a se. Si era
cambiato completamente. La camicia era sparita per lasciare spazio ad una
maglia smanicata che sembrava strappata sui fianchi.
“Hai la maglia
rotta…lì” indicò Laurie mentre Chris non perdeva nessun movimento di ogni
singolo ciuffo dei suoi capelli.
“E’ rotta
apposta pulcino” spiegò Chris senza staccare lo sguardo dalle specchio “Va di
moda”
“Hai messo i
pantaloni militari alla fine?”
“Mamma fa il
bello e il cattivo tempo in questa casa…dovrò adattarmi, per ora” a Laurie salì
un groppo in gola.
“Perché per ora?
Vuoi andare via?” cercò di far sparire quel tono piagnucoloso nella voce. Non
seppe bene il risultato, ma lei si impegnò.
“Eh? Ma no, non
subito. Certo, prima o poi potrei andarmene…chi lo sa?” Chris dovette per forza
staccare gli occhi dallo specchio. Laurie lo abbracciò di scatto cingendolo per
tutto il busto. Questo lo colse di sorpresa.
“Ehi, ehi
pulcino, che c’è?”
“Non andare via
solo perché litighi con Hermione” tirò su col naso, ma di certo non piangeva
“Lei ti vuole bene anche se ti lava i pantaloni”
Il ragionamento
non faceva una piega. Chris ridacchiò e sciolse l’abbraccio di sua sorella.
“Ehi pulcino, dai,
non ti preoccupare. E’ normale litigare ogni tanto. E poi non ho mica detto che
me ne vado domani!” le sorrise guardandola negli occhi. Anche lei sorrise,
scostando lo sguardo. Le diede un bacio in fronte e uscì dal bagno.
“Dai sorella,
preparati che tra un po’ dovete uscire” le disse Chris scendendo per le scale.
“Ehi fratello”
Chris si fermò a metà del primo gradino e si girò all’indietro “Stai proprio
bene così” Laurie gli sorrise e chiuse la porta del bagno.
Chris fischiettò
un motivetto allegro e scese gli ultimi gradini con un salto.
“Oh, il mio
figlio tutto d’un pezzo e sceso fra noi” lo canzonò Hermione sistemandogli il
collo stretto della maglia bianca. Chris cercò di scostare le mani insidiose
della madre con scarsi risultati. Ci doveva essere una qualche tecnica che le
mamme imparavano per poter anticipare le mosse dei propri figli. Chris non
poteva avere speranze.
“Dai mà… lascia
stare” Hermione smise di torturarlo e gli sorrise.
“Lo so che fai
tanto il duro ma sotto sotto sei sempre Chris…sei stato dolce con tua sorella”
Chris si voltò di scatto e raggiunse in pochi passi la porta di ingresso.
“Sì…bè, vabbè.
Ok, ciao, ci vediamo più tardi eh?” appoggiò la mano sulla maniglia. La girò e
la serratura scattò. Poteva andarsene. Doveva andarsene, eppure lo sapeva che
non ce l’avrebbe fatta. Sbuffò sconfitto. Tornò sui suoi passi e verso Hermione
che ancora non si era mossa e che ancora sorrideva.
“Si, ok, faccio
un po’ il bullo, ma sono più intelligente di così…contenta?” sbuffò Chris
guardando in giro tranne che negli occhi di quella donna che si presentava come
sua madre.
“Entusiasta”
rise Hermione. Gli schioccò un bacio sulla guancia che Chris non cercò di
evitare più di tanto e tornò in cucina senza dimenticare l’ultima
raccomandazione.
“E fai il
bravo!”
Chris se ne uscì
di casa in un attimo. Passò veloce lungo il vialetto e chiuse il cancello alle
sue spalle. Si accarezzò la guancia col bacio. Sorrise al sole perché la
giornata prometteva bene.
“You’ve torn your dress, your face is a mess
You can’t get enough, but enough ain’t the test
You’ve got your transmission and your live wire
You got your cue line and a handful of ludes
You wanna be there when they count up the dudes
And I love your dress
You’re a juvenile success
Because your face is a mess
So how could they know?
I said, how could they know?”
Rebel Rebel, David Bowie
3.
Rebecca Steel
scese al piano di sotto della sua villetta. L’atmosfera era calda. C’era aria
di benessere in quel morbidoso salotto. Rebecca amava definirlo così, morbidoso.
Forse a causa dei numerosi cuscini sparsi per tutta la sala. A Percy piaceva
definirli “troppi”.
Rebecca sorrise
e con passo danzerino si diresse in cucina. E neanche a dirlo Percy era lì.
Addormentato su un libro aperto sul tavolo, pieno di scartoffie. Alzò gli occhi
al cielo sconsolata. E gli passò le labbra vicino all’orecchio.
“Buongiorno
amore” gli sfiorò la guancia con un bacio dolce quanto il miele e subito si
rialzò, pronta a preparare una doppia razione di caffè forte.
Percy mugolò
qualcosa che somigliava terribilmente ad un lamento adolescenziale
prescolastico. Rebecca scaldò l’acqua con un colpo di bacchetta e inserì la
cialda nella caraffa.
“E’ una
bellissima giornata e tu ti sei ancora addormentato sul tavolo della cucina”
intonò Rebecca, come se fosse una poesia che ormai sapeva a memoria.
Percy spalancò
gli occhi e poi alzò la testa di scatto. Gli occhi gli si chiusero
immediatamente a causa della luce. E la testa cominciò a girargli come poche
altre volte in vita sua.
“Porca miseria…”
mugolò prima di schiantare di nuovo la sua povera fronte contro le pagine del
libro aperto. Rebecca gli allungò una tazza di caffè bollente e spietatamente
nero. La poggiò vicino alla cartellina azzurra e si sedette accanto a lui.
“Scusa…”
biascicò Percy con le labbra schiacciate fra le righe del vecchio tomo. Rebecca
gli carezzò i capelli.
“Fa niente, solo
non ammazzarti di lavoro” Percy alzò la testa, ancora ad occhi chiusi,
inseguendo con le orecchie la voce di lei. E lei gli schioccò un bacio sulle labbra.
“Che ore sono?”
chiese Percy ipnotizzato dall’odore del caffè. Cercò con la mano la tazza.
Rebecca gliela afferrò e gli mise la ceramica calda fra le mani.
“Le dieci
passate. Lysa è all’asilo e passa tua madre a prenderla”
“Santa donna…”
sillabò Percy bagnandosi le labbra nella bevanda nera e calda. Fu come
risorgere per il cervello annebbiato di Percy.
“Oddio, ma
questo non è caffè, è un sogno” aprì finalmente gli occhi e lanciò un sorriso
alla sua dolce compagna. Appoggiò la fronte alla sua e scivolò a baciarle il
collo scoperto dalla vestaglia.
“Dimmi che sono
un pessimo fidanzato”
“Non lo dirò”
lei sollevò il mento di lui e si appoggiò alla sua spalla, accoccolata alla sua
pelle calda e così…così Weasley. Un odore particolare, fresco, ma comunque
intenso. Era incredibile quel profumo selvaggio e garbato che Percy aveva sulla
sua pelle e che, probabilmente, nemmeno avvertiva.
“Ma se tu lo
dicessi io smetterei di comportarmi così…lo so che lo farei” rincarò Percy
coccolandosi col suo tepore.
“Ma non potresti
resistere un giorno senza comportarti così” ridacchiò “Sarebbe una partita
persa”
“Ti amo” le
sussurrò Percy.
“No, io amo te”
sospirò Rebecca “E adesso muoviti, Ron ha bisogno di parlarti”
Percy si alzò
appena Rebecca interruppe quel dolce contatto fra di loro. Un po’ contrariato,
un po’ deluso. Finalmente sveglio, comunque. Si stiracchiò e si accorse di
essere ancora in mutande.
“Uh, sarebbe
meglio darsi una sistemata…Amore, quando arriva Ron?” urlò Percy lungo il
corridoio che portava al salotto e poi alle scale per il piano di sopra.
Rebecca non fece attendere la risposta.
“Ha detto prima
di mezzogiorno, verso le undici circa” Percy si grattò la testa e cacciò uno
sbadiglio da guinnes dei primati. Cercò invano l’orologio al suo polso sinistro.
“Becky sai che
or…”
“Dieci e mezza”
lo interruppe subito. Percy sorrise fra se. Ma come avrebbe fatto senza quella
donna? Poco convinto si infilò in bagno alla ricerca di un paio di pantaloni.
Si sciacquò la faccia e improvvisamente tutto divenne più chiaro.
Perceval
Weasley, detto Percy. Quasi quarant’anni, ma comunque ancora trentanove.
Convivente, fidanzato, ma non sposato. Ci avevano pensato, ma poi nulla.
Stavano così bene così, perché cambiare? Un figlia bellissima e dolcissima dai
capelli ramati, ricci come la madre. Una donna, fidanzata, compagna di cui non
si sarebbe mai pentito e mai avrebbe osato lamentarsi.
Una famiglia
numerosa e perfetta. Un ruolo sociale di primo piano per le lotte contro il
ministro Lestrange. Un’immagine amichevole e sincera, sostenuta da tutta
Hogsmeade, e forse anche da qualcun altro in Inghilterra, che stava zitto, più
per paura di ripercussioni che altro.
Questo era
Perceval Weasley, detto Percy. Sorrise.
Ma si poteva
volere di più?
Il campanello
suonò insistentemente e Percy riconobbe la scampanellata tipica di suo
fratello. Ron era qui.
“Vado io” corse
lungo il corridoio verso l’ingresso e spalancò la porta. Ron lo attendeva.
4.
Un altro tuffo.
Vin schizzò centrando in pieno il punto più profondo della piscina.
“Ora lo affogo”
Tom prese un respiro profondo e si lasciò avvolgere dall’acqua. La pelle si
circondò di quella fresca esperienza. Ad occhi aperti cercava quel piccolo
Malfoy dai capelli rossi. Pensare che era stato proprio lui ad insegnargli a
nuotare anni prima, ed anche a tenere gli occhi aperti sott’acqua. Evitò le
gambe di Chris e schizzò verso Vincent.
Chris, dal canto suo, nuotò verso Eve che ancora era
indecisa sul bordo della vasca.
“Dai, si sta
benissimo” galleggiò Chris agitando le braccia. Notò con piacere che Eve aveva
indossato il bikini rosa. Le stava davvero d’incanto quello rosa.
“Fa troppo
freddo…” si lamentò lei. Chris sbuffò e tentò di schizzarla. Eve saltò via e
gli urlò contro qualcosa di molto poco educato.
“Dai, buttati.
Ti giuro che l’acqua non è fredda” Eve valutò la cosa. Al diavolo. Prese una
bella rincorsa e si gettò aggraziata nell’acqua.
Fu terribile il
gelo sulla pelle. Sbucò infrangendo il pelo dell’acqua e cacciò un urlo.
“E’ gelata!”
“Ma non fredda…”
Chris fece una linguaccia e nuotò lontano da lei. Ed Eve subito lo inseguì. Non
era una gran nuotatrice, ma se la cavava. Purtroppo Chris era troppo veloce per
lei, oltre ad essere davvero abile immerso in acqua. Si costrinse ad
impegnarsi, irrigidì le gambe e prese a batterle più forte che poté assieme
alle ampie bracciate.
Poi qualcosa la
punse. Lo sentì appena, all’altezza della coscia, un pizzico veloce e
improvviso. Si fermò di scatto, preoccupata, poi sentì delle mani risalire
lungo il busto e sfiorargli l’ombelico.
Chris si voltò e
smise di nuotare.
“Bè, già ti
arrendi?” la prese in giro facendo il morto a pelo d’acqua. Eve non rispose,
con le mani cercò di staccare quelle dita tanto piacevoli dal suo corpo. Le
mani viaggiarono fino alla parte più bassa del costume.
“Ah! Non…” gridò
Eve senza rendersene conto. Chris si rimise eretto, la guardò strano. Eve non
si fece prendere dal panico. Agitò le gambe e sentì di colpire qualcosa.
“Non…non mi
scappi!” gridò di nuovo e prese a nuotare come un fulmine verso il cugino. L’inseguimento
riprese.
L’acqua rimase
liscia come olio. Poi una bolla fece capolino, seguita da un'altra. Il pelo
d’acqua si increspò e Tom spuntò prendendo una enorme boccata d’aria. Questo
giochetto gli era costato più di quanto credesse. Respirò a fondo cercando di
far smettere di girare tutto ciò che vedeva.
“Rischi di
ammazzarti” lo prese in giro Vincent scivolandogli di fianco in un elegante
dorso. Tom avrebbe voluto tanto rispondergli, ma ora come ora l’aria che aveva
era la cosa più preziosa a cui attaccarsi.
“…’zie…’ione…”
biascicò fra un respiro e l’altro. Vin lo ignorò e ridacchiò nel sentirlo così
disfatto. Nuotò verso il bordo vasca e si issò all’asciutto.
“Eh, l’amore a
volte uccide” rise ancora e si allontanò a piedi nudi sul prato, verso i teli
stesi poco distante.
Tom fece qualche
bracciata fino ad appoggiarsi al bordo. A braccia spalancate recuperò il fiato
con la testa appoggiata all’indietro. Gli venne da ridere a pensare ad Eve che
cercava in ogni modo di scacciarlo e di sembrare naturale di fronte a Chris.
Non che glielo volessero tenere nascosto, ma Eve aveva preferito così per ora e
a Tom andava anche bene. Aveva atteso tutto quello troppo per farsi fermare da
una richiesta così semplice.
“Prendi fiato?”
Tom aprì gli occhi e l’immagine di Chris capovolta gli apparve davanti. Era già
fuori dall’acqua e si agitava i capelli medio lunghi sopra la faccia
dell’amico, bagnandolo.
“Smettila
piaga...” scherzò Tom “Allora, con Grace?”
“Verrà fra
qualche settimana, il tempo di convincere suo padre…” sorrise triste Chris.
Grace gli mancava, ma sapeva che per dei ragazzi ancora minorenni non sarebbe
stato semplice frequentarsi a così grande distanza. Lui in Inghilterra, lei in
Francia. Il più delle volte i suoi pensieri affondavano nel tetro mare del
pessimismo.
“Su con la vita,
sono sicuro che…ah!” Tom si blocco di scatto. C’era qualcosa che lo pizzicava,
e subito capì cos’era. Chi era, per meglio dire. Deglutì e con indifferenza
balbettò solo un paio di volte prima di continuare la sua frase.
“…che…che verrà
presto e…EH!”
“Che hai da
strillare!?”
“Niente!
E’…niente!” Tom sentì le mani risalirgli lungo il primo tratto della schiena e
affondare oltre l’elastico del costume blu.
“Ti aspetto
sotto l’albero, chiama Eve che non la vedo” Chris prese e si incamminò seguendo
il tragitto fatto poco prima da Vincent. Tom trattenne il respiro ancora per
una manciata di secondi. Quell’apnea era anche più dura della precedente. Poi
Eve infranse il pelo dell’acqua, lentamente, proprio di fronte a Tom, ancora a
braccia spalancate e rosso come un peperone.
Eve sorrise
perfida e alzò i sopraccigli un paio di volte, rapidamente.
“Occhio per
occhio…” disse semplicemente prima di appoggiarsi al bordo e sollevarsi
all’asciutto. Tutto questo davanti ad un Tom perfettamente muto e pietrificato,
a metà fra il terrore e il piacere profondo.
Si impose una
manciata di secondi per calmare i suoi bollenti spiriti e poi seguì l’esempio
degli altri e uscì dalla vasca. Vide appena l’elegante avanzare di Eve verso il
provvisorio “campo-base” di teli e cesti da pic-nic. Sospiro fra se e se.
“Io
quella ragazza la amo…” disse al vento prima di raggiungere gli altri.
Secondo
capitolo. Allora, come vi trovate? Alzo un po’ il termostato? Volete
qualcos’altro da bere? Il divano è troppo rigido? ^__-
Scherzi a parte,
ringrazio chi ha commentato il primo capitolo ( e mi piacerebbe vedere meno
timidi lettori…^_^):
Iceygaze:
Oh, questa poi! Che piacere risentirti, my friend! Fra i primi a recensire il
vecchio Senza Tregua e il primo in assoluto a recensire ST 3.0! *inchin*
tanto rispetto a te my old friend! Comunque, fra i 16 e i 17. Hanno appena
finito il sesto anno e devono fare l’ultimo. Ehi, non sono mica io a decidere
come vanno certe cose (bè, tecnicamente sì, dato che sei l’autore, ma va
benissimo così, amico! NdTomSorridente)! Lo sai l’azione è il mio forte, non
posso non mettercene un po’ ogni volta! Ah, chi è il cattivo? Quello in alto
nel prologo potrebbe esserlo, no? Ti lascerò ponderare un po’, tanto siamo
appena all’inizio. Voglio solo avvisarti di una cosa. Questa volta ci ho
pensato bene, cercherò di ingannare te e tutti gli altri fino all’ultimo! (Oh,
io ci provo, speriamo di riuscirci ^__-) Harry? Sembra strano ma spunta presto…
Alla prossima!
Lallotta12:
Grazie, e grazie per l’incitamento! Se ai qualche richiesta o critica esprimila
pure, non avere paura! ^__- Alla prossima!
Serena: E
io adoro chi lascia un commento come il tuo che mi incita a fare sempre meglio!
^__- Non mollare, se hai voglia di scrivere fallo e basta. Se ci metterei un
po’ di tempo pensa sempre che “Roma non è sorta in un giorno”, no? Aspetto il
tuo commento, ciao e grazie! ^ ^
_Pe_: E hai fatto benissimo a farmelo notare,
anche perché ho corretto subito, appena ho letto la tua recensione! Sai, si
rilegge, fai betaleggere, ma qualcosa rimane sempre (spesso è poi colpa di
word, ma vabbè…). Per l’età dei ragazzi, si capisce da questo capitolo.
Comunque sono passati circa 5 anni. Più di 5 ma meno di 6. Insomma, sono
completamente adolescenti, ormai ^__- Per Ginny che torna…bè, ha fatto
semplicemente la spesa prima di tornare a casa dopo due giorni che non c’era.
E’ anche normale, no? Il frigo sarà vuoto! Comune è come dici tu: con il
contagocce si scoprirà tutto, come al solito (soltanto una cosa ho lasciato per
metà in sospeso in ITCC…e l’hanno notata e risolta in pochi! ^ ^) Grazie per la
tua preziosa recensione e per i tuoi preziosi consigli, alla prossima! ^ ^
Marcycas - the
Lady of Darkness: Ehilà
quanti graditi ritorni! Mi fa piacere rivederti fra le file dei lettori e mi fa
piacere vedere i tuoi occhi sbarluccicare! ^ ^ Sì, ti ringrazio per ITCC, ma
rimarrà il mio cruccio per tutta la vita, credo! Eh, in effetti ho dato solo
qualche indizio sparso…hai ragione c’è bisogno di due cose: 1- un’idea generale
di cosa deve accadere 2- Harry Potter. Il malefico Harry…hai ragione,
provvederò al più presto. Basterà contare fino a 3. Uno, due e…^__- Alla
prossima e grazie!
Fatamorgana: Bè, grazie per gli imbarazzanti complimenti
^//^ *blush* Me tende spesso a non lasciarsi trasportare e mantenere i piedi
ben piantati nel terreno. E ti ringrazio per aver deciso di recensire la mia
storia *ichin*, a tal modo mi considero onorato, allora! Spero di non deluderti
con questo seguito e spero continuerai a lasciarmi un parere: Grazie e alla
prossima! ^ ^
Ly: Eh sulle quaresime hai ragione cara Ly. Con
TIDCIM la storia è già molto abbozzata, ormai totalmente scolpita. La
aggiusterò qua e là mano a mano che proseguo la scrittura, ma la maggior parte
dei punti sono già fissi come le stelle in cielo *Strek guarda fuori dalla
finestra con aria sognante il cielo coperto di stelle. Una stella scompare
improvvisamente* ….Ops, ehm, vabbè, sono sicuro che non ci metterò molto. Ah,
catastrofico finale…suvvia, Piton è vivo, Lestrange ha trovato lavoro e Remus e
Sirius possono tornare a frequentarsi da vecchi amici. Non è andata male, no? :
P Ciao alla prossima!
Alexis: Un graditissimo ritorno! Hello my old
friend, grazie per essere ripassato a lasciare due righe al vecchio Strek! ^__-
Come al solito, troppo buono, ma vediamo di darti qualche risposta. Sì, ho una
scaletta in mente, ma nulla i vieta di aggiungere cose se ho qualche epifania
improvvisa. Quanti chaps?? Oddio, non lo so con precisione, ma tenderei
comunque a dirti più di venti, tranquillamente, ma non so essere più preciso
per ora! ^ ^ Belle storie HP? Guarda, ultimamente non leggo molto in HP per lo
stesso problema che hai tu: ci passere i pomeriggi e troverei una minima parte
che mi fanno venire voglia di leggerle. Quello che leggo e che considero valido
l’ho registrato nel mio account. Se vedo qualcosa, però, ti avviso. Hai stili
e/o generi preferiti? Grazie mille e alla prossima! ^ ^
Luca er meyo: Farò più in fretta che posso! ^ ^ E
complimenti per lo sforzo di aver letto le altre due fanfic! Sei proprio er
meyo davvero, allora! ^ ^ Grazie per la recensione, è manna per i fanwriter!
Alla prossima!
Dorothea: Ecco una altra grande fanwriter che
ringrazio per aver lasciato il commentino! Troppo buona, mia cara, e contento
di averti fatto urlare alle..due di notte? Mi immagino la reazione di Angela…
^__^ Ah, ti piace Vin! Credo ci sia un piccolo fan club ormai (ovvio, sono er
mejo….eheheh NdVinChesièmontatounpo’latesta). Anni passati? Circa cinque anni e
mezzo. Ora è estate ed hanno appena finito il sesto anno (i più grandi. Vin ha
finito il terzo). Alla prossima carissima!^ ^
Mary: E grazie per aver aspettato fino all’ultimo,
allora! ^ ^ Aggiornerò più presto che posso e tu non dimenticare di darmi i
tuoi pareri, fanno bene ad un fanwriter! A presto Mary! ^ ^
Vale: L’amica Vale! ^ ^ Ma come stai in quel di
Milàn? Grazie, e anzi, scusami ancora per il ritardo recensionistico. Fra il pc
con le bizze e la velocità di aggiornamento dell’EFP (di cui abbiamo lungamente
parlato…) spesso scappano sotto il naso le fanfic che vorremmo leggere! Eh,
speriamo che l’esperienza paghi! Questa volta ho pianificato il più
possibile…speriamo bene! A presto, my friend, un abbraccio forte! ^__-
Sunny: Oh oh oh, come direbbe Babbo Natale! Ed
eccola qua la Sunny! Eh, ho fatto una cura di dialoghi a furia di leggere
quelle perle della tue fanfic! E poi uno che scrive sceneggiature prima o poi
deve imparare, c’è poco da fare! Eh, sapevo che tifavi per quei due pupattoli
di Eve e Tom. Come vedi certe cose capitano prima che si possano raccontare (a
tal proposito, guarda in fondo), ma capitano comunque. Eh, ti ringrazio, ma il
signor Marrone (intende Brown, ma è un cretino…NdMisteriosospiritoautocritico)
mi guarda da distanza di molti passi e ridacchia, mi sa! ^__^ L’amore tuo
Chris? Hai letto il chap, no? E’ un inizio, poi si saprà di più (otre che le
one shot in arrivo, appena trovo un attimo libero!). Ti manca Draco, eh? Lo
capisco, manca anche a me quando scrivo dei Malfoy…accidenti che cavolo ho
fatto! ^__- Saluti e baci Sunny cara e alla prossima!
Ale: Uè! Che bello risentirti! Tutto bene? Ti
ringrazio per il commento, molto gradito e molto sentito, grazie mille! Ah,
vedo che hai letto gli albori di Eve e Tom…ebbene sì, anzi a tal proposito
metto poi il link qui sotto. Presto ci sarà la seconda parte, mi mancano poche
pagine. Sai, sei l’ennesima persona che mi dice che il mio stile ha qualcosa di
diverso…cavoli, deve essere vero allora, non vi sarete mica messi tutti
d’accordo, vero? ^_____^ Un’altra cosa: un’altra fan di Vincent! Ed ha fatto
solo una comparsata! Figurati quando spunterà la sua One shot, sarà un delirio!
Bè, ti ringrazio ancora tanto e alla prossima! Ciao ciao
E con questa ho concluso. Wow, è appagante rispondere a
delle recensione così belle! Speriamo di fare un super bis con questo secondo
capitolo, eh? ^__-
Piccola informazione promozionale: ho pubblicato
anche la prima parte di una one shot, ma come spesso accade è stata trascinata
via dagli aggiornamenti rapidi della pagina. Metto il link qui, per chi volesse
gradire.Almeno
credo parteI (Senza Tregua 2.8),
Ah, colgo
l’occasione per ringraziare i Betalettori dei primi capitoli che hanno dovuto
prendersi il duro compito di leggere i miei pasticci!
Ly
Vale
Sorti
(che saluto dall’alto dei suoi impegni universitari. Appena puoi passa a fare
un saluto!)
“Load up on
guns and bring your friends
It's fun to lose and to pretend
She's over bored and self assured
Oh no, I know a dirty word
Hello, how low?
Hello, how low?
Hello, how low?”
Smells Like Teen Spirit, Nirvana
1.
Con passo sicuro
attraversò la piazza ultramoderna di fronte al grattacielo. Il cielo terso
rifletteva le sue stelle sulla facciata dell’edificio, come un immenso
specchio.
La borsa di cuoio che aveva al fianco ciondolava
apparentemente vuota. La donna si sistemò la coda di cavallo dietro la schiena
e aggiustò con indice e pollice la sottile montatura nera degli occhiali.
Raggiunse la
porta automatica e attese che si aprisse. Scivolò all’interno mentre i tacchi
cadenzavano al sua marcia tanto sicura quanto orgogliosa.
“Buonasera, ho
un appuntamento con il signor Woo” si presentò la donna di fronte alla
reception. La signorina al di là del bancone annuì appena e fece un cenno con
la mano.
“Lei è…?”
“Mi perdoni”
disse la donna con un sorriso “Brown. Lavanda Brown”
2.
“Fooleen, porta
questo di sotto. Dex, con me, attento a non pestare nulla, qui è bruciato
tutto” l’agente di polizia entrò, torcia in mano, nell’appartamento dato alle
fiamme.
Fooleen eseguì l’ordine. Scese di sotto dove un piccola
folla si era radunata, attirata dalla confusione. Subito si era sparsa la voce
dell’incendio nella casa del professor Dune. Il professore era conosciuto nel
quartiere. Un archeologo vecchio stampo, di quelli avventurosi, ma ormai troppo
vecchi per lavorare ancora. Era morto poche settimane prima. Un sfortunato
incidente aveva fatto precipitare l’autobus in cui viaggiava nelle acque del
Tamigi. Con lui se ne erano andate altre tre persone, più l’autista.
Ed ora questo
incendio nel suo appartamento, ormai vuoto. Nessuna vittima, ma la cosa era
strana. In un certo senso puzzava di bruciato.
Fooleen uscì e
si fece largo fra la folla, anche grazie all’aiuto di altri agenti. Un
cagnolone nero gli abbaiò contro e corse a fargli le feste.
“E tu che vuoi…?
Merda, dai lasciami stare” cercò di scacciarlo, ma quel cane era testardo.
Poggiò la scatola di cartone piena di reperti sul furgone e cercò di
acchiapparlo. Il quadrupede saltò di lato e gli abbaiò contro. In un attimo si
infilò nel furgone.
“No! Cazzo, ehi!
Esci di lì”
“Buck!” un uomo
arrivò di corsa “Mi scusi, è il mio cane…”
L’agente Fooleen
gli lanciò un occhiataccia.
“Dovrebbe stare
al guinzaglio”
“Mi è sfuggito,
è più di un isolato che lo inseguo, posso?” l’uomo infilò la testa nel furgone
“Buck? Vieni qui stupido sacco di pulci…avanti…bravo bello, dai…”
“Ehi, ci sono
dei reperti importanti lì…signore, le devo chiedere di allontanarsi. Si
allontani!” l’agente Fooleen si pentì di aver accettato il turno serale per quei
pochi spiccioli in più nella busta paga.
“Ecco, ecco, ho
fatto” l’uomo portò fuori il cane di peso, legato alla catena stretta in mano
“Scusi il disguido agente” e si allontanò come se niente fosse. L’agente
Fooleen lo guardò allontanarsi e svoltare l’angolo e pensò che Londra era
sempre più piena di gente strana.
Remus Lupin si
infilò in un vicolo e attese che Sirius riprendesse la sua forma umana. Aprì il
lungo cappotto e fece scivolare fra le dita un quaderno di pelle dall’aria
vecchia.
“Bah, odio quando
mi tiri per il guinzaglio” ringhiò Sirius lanciando un’occhiata agli appunti di
quello che sembrava il diario di una vita “Allora, qualcosa di utile?”
“Non saprei. Lo
zio del professore che Bellatrix ha ucciso sembra abbia annotato minuziosamente
molte cose…” fece vagare lo sguardo fra le pagine, le sfogliò in fretta “Il
problema è che non abbiamo idea di cosa sia importante e cosa non lo sia”
“Ci vorranno
mesi per leggere tutto…lavoro lungo” si lamentò Sirius stiracchiandosi i
muscoli del braccio destro. Lupin sorrise e estrasse la bacchetta.
“Bè, dopotutto
siamo maghi, no?” la agitò e con un guizzo recitò un incantesimo.
“Tandem”
le pagine si illuminarono di una luce dorata e presero a sfogliarsi da sole,
febbrilmente. Girarono e girarono fino a fermarsi a poco più della metà del
diario. La luce si spense.
Lupin lesse
l’inizio della pagina. Sirius allungò la testa per sbirciare qualcosa.
“Qui parla di un
codice, come ha detto Bellatrix…” mugugnò qualcosa per poi passare gli occhi
alla pagina successiva “Pare sia una specie di tesoro nascosto di un suo
amico…”
“Jean Boulerai”
disse Sirius. Remus alzò gli occhi.
“Chi?”
“Jean Boulerai,
è scritto sulla foto lì accanto” Lupin era così preso dalla lettura che non
aveva notato l’indizio più evidente. Una fotografia in tonalità seppia,
decisamente vecchia, era stata incollata sulla pagina accanto. Sullo sfondo si
intravedeva un colle coperto di soffice erba. Su un lato del colle si scorgeva
un castello medioevale. In primo piano, invece, stavano due sorridenti signori
dall’aria soddisfatta. Sopra la testa di quello sulla destra, biondo, vi era un
nome: Jean Boulerai. Sull’altro vi era scritto semplicemente “Io”.
“Bene” sorrise
Sirius battendo sulla spalla dell’amico “Abbiamo una traccia”
3.
“Signorina Brown,
prego si sieda” sorrise l’uomo dall’aspetto chiaramente orientale. Si sedette
sulla sua bella poltrona di pelle nera, dietro la scrivania di cristallo. La
donna avanzò mentre la porta alle sue spalle si chiuse da sola. L’ufficio del
signor Woo era di un lugubre lusso. Abbondavano i colori scuri, cupi. Il nero
la faceva di padrone assieme al vetro trasparente e al cristallo. Tutto ciò che
non aveva un colore, mostrava o rifletteva quello del resto dell’arredamento.
“E’ un piacere
averla qui, nonostante l’orario ormai tardo. Sigaretta?” il signor Woo allungò
il suo prezioso portasigarette sulla scrivania in direzione della donna, che
ormai si era già seduta.
“No, non fumo”
rispose lei “Mentre mi piacerebbe parlare di affari”
“Ah, lei va
subito al sodo” sorrise l’uomo “Questo mi piace in una donna. Soprattutto se
bella come lei” si accese una sigaretta e sbuffò una nuvola di fumo verso
l’alto. La donna piegò le labbra, ma non diede segno di aver apprezzato il
commento. Aprì il borsello di cuoio appeso al suo fianco e ne estrasse un
sottile plico di fogli piegato in tre.
“Questo è quello
che deve leggere e firmare” spiegò brevemente lei. Il signor Woo sorrise e
appoggiò la sigaretta ad un posacenere che si confondeva con il tavolo di
cristallo.
“E’ strano firmare
un contratto per qualcosa che nessuno saprà essere avvenuto” aprì il foglio e
lo scorse velocemente. Odiava tutto quel linguaggio burocratico e da avvocati.
Non capiva mai un acca di quello che ci fosse scritto.
“Bè, al diavolo,
no?” prese una penna e svitò il tappo con un cicalio leggero. Agitò la
stilografica sul foglio come un direttore d’orchestra agita la sua bacchetta.
Firmò e rigirò il contratto verso la donna.
“Bene, ora se
vuole seguirmi le darò la sua merce”
Il signor Woo si
alzò in piedi e premette un pulsante sotto il bordo della scrivania. La parete
di destra si aprì in un varco, delle luci si accesero mostrando un lungo
corridoio.
“Prego” invitò
il signor Woo mentre si incamminava per il corridoio. La donna lo seguì,
infilando il contratto nuovamente nel borsello.
Dopo pochi metri
raggiunsero un'altra parete di vetro. L’uomo mosse la mano lungo una tastiera
di lato e la porta scivolò lungo la parete, permettendogli di proseguire.
Entrarono nel
buio. La donna sentì la porta di vetro chiudersi dietro di se e l’oscurità,
silenziosa, avvolgerla. Per un attimo ebbe paura. Poi le luci si accesero. Un
ampia sala si mostrò ai suoi occhi. Il signor Woo era già avanti a lei e
lavorava sulla manopola di una cassaforte.
La donna si
guardò intorno. Non c’erano finestre in quel luogo. Le pareti erano arricchite
da arazzi protetti da immense lastre di vetro. In giro per la stanza vi erano
dei piedistalli cilindrici con oggetti di varia natura. Tutti i piedistalli
erano coperti da una teca trasparente alta fino al soffitto. Somigliavano a
delle colonne futuristiche.
La donna camminò
con fare sicuro lanciando occhiate alle varie teche. E poi lo vide. Con
indifferenza si avvicinò alla teca più a sinistra. Un piccolo libro era
appoggiato su un leggio di legno scuro. La copertina era rovinata negli angoli
e aveva delle strane rune segnate, o forse bruciate, lungo il dorso.
“Non si avvicini
troppo” parlò il signor Woo alle sue spalle “Quelle teche sono infrangibili e
protette da un allarme sensibilissimo. E’ praticamente impossibile violarle”
rise avvicinandosi con una busta fra le mani.
La donna
sorrise, prima di estrarre una bacchetta di legno dal borsello e puntare la
teca con il libro. Voltò il capo e vide la faccia sorpresa del signor Woo. La
busta gli scivolò dalle mani.
“Impossibile,
dice?”
“Come, as you are. As you were
As I want you to be. As a friend
As a friend. As an old enemy. Take your time
Hurry up. The choice is yours. Don't be late
Take a rest. As a friend. As a old memory,
Memory, memory, memory”
Come As You Are, Nirvana
4.
“Hai sentito di Gloria? Suo padre non vuole iscriverla
all’ultimo anno” Eve mordicchiava la punta della sua piuma, fortunatamente era
una piuma caramellata comprata a Mielandia. Tom spuntò dalle pagine di un libro.
Steso sul letto della ragazza le guardò la schiena e ebbe uno strano impulso.
No, che diamine. Si doveva controllare.
“Ma và? E
perché?” chiese senza togliere gli occhi dai capelli di lei, sparsi sulla pelle
appena abbronzata dal sole.
“Dice che non hanno
più i soldi per l’iscrizione e i libri…sai” disse Eve scrivendo qualche parola
sulla pergamena. Tom si mise a gambe incrociate. Le scarpe le aveva tolte
assieme alle calze. A parte che faceva fin troppo caldo, Eve non sopportava che
le calze toccassero le coperte. Piccola fissazione made in Malfoy.
“Ma tu non ci
credi” parlo chiaramente Tom. Eve si voltò di scatto.
“E già che non
ci credo! Dai, non nuoteranno nell’oro, ma i soldi non gli mancano” Tom assentì
col capo, così Eve poté continuare “Io credo che lo abbiano ricattato. Ti
ricordi di suo zio Philus? Lavorava al ministero anni fa, ce ne parlava sempre
perché aveva un incarico da capo…non mi ricordo di cosa”
“Non mi
meraviglierebbe. Lestrange lo farebbe”
“Vero, ma perché
Gloria? Voglio dire, ci sono un sacco di studenti…ha qualcosa di speciale?” Eve
si alzò in piedi e porto con se la pergamena “Non mi convince per niente”
“Quindi che
pensavi di fare, bionda?”
“Scrivo a
Gloria. Manderò Nebbia e proteggerò la lettera con un incantesimo. Le chiederò
di spiegarmi se c’è altro sotto” Tom si grattò la testa.
“Ma abita a meno
di un chilometro da qui, scusa”
“Non più” Eve
negò col capo e si sedette sul letto, dando le spalle a Tom. Scrisse un’altra
riga senza staccare gli occhi dal foglio “Si sono mossi, credo a Edinburgo.
Sono andati a trovare dei parenti per le vacanze”
“Pericoloso…”
sussurrò Tom scivolando sul letto e avvolgendo con le gambe i fianchi di Eve.
Lei si appoggiò a lui e continuò a scrivere.
“Io direi
sospetto, ma quello è il meno. Spero mi risponda presto” Tom annuì, mugugnando
qualcosa di incomprensibile e, leggermente, appoggiò le labbra fra i suoi
capelli. Scese fino all’orecchio e sospirò piano.
“Tom…smettila…”
Eve rise e piegò la testa di lato, ma Tom Bishop non le diede retta. Insinuò le
labbra dall’orecchio fino alla base del collo e continuò fin fra le scapole,
scoperte dalla canotta larga che portava lei.
“Tom…Dai, c’è
mamma in casa…Tom!”
“Che c’è?” si
interruppe lui abbracciandola da dietro. Non le lasciava un attimo neanche per
scrivere una lettera, tant’è che Eve mise da parte carta e penna e si cullò fra
le sue braccia.
“Non puoi avere
sempre voglia…è inumano” Eve poggiò la testa sul suo petto e fu soddisfatta di
sentire i battiti del suo cuore tanto rapidi.
“Colpa tua…”
sussurrò Tom ad un attimo dal suo orecchio. Succhio teneramente il lobo fino a
farle spuntare un lieve lamento sulle labbra. Era il momento. Tom si staccò di
scatto dalla ragazza lasciandola scivolare sulle coperte e facendosi da parte,
accanto a lei, sdraiato.
“Ma se vuoi, mi
fermo subito” sorrise perfido sul suo viso rivoltato sottosopra. Eve gli
strinse gli occhi e lo afferrò per il bavero della camicia.
“Tu sei un…un
maledetto” gli succhiò il labbro inferiore fino a fargli chiudere gli occhi dal
piacere. Tom le fu sopra in un attimo. Le sfilò la canottiera facendo scivolare
i capelli biondi sulle spalle. Biondi e crespi in un modo che adorava.
“Sei…sei
stupenda” le baciò l’ombelico, succhiando leggermente “E sei mia, completamente
mia…”
“Scemo” rise
lei. Si piegò in avanti e lo baciò castamente sulle labbra. Dolcemente, da far
chiudere gli occhi. Sfilò la maglietta dalle mani di lui e se la rimise. In un
lampo fu di nuovo in piedi lasciando Tom stravaccato sul letto.
“Ti ho detto che
c’è mamma in casa” disse a bassa voce “Non puoi pensare sempre al sesso!” Tom
alzò la faccia da contro la coperta.
“Come no? Sono
un ragazzo adolescente, sono autorizzato…no, che dico, obbligato a
pensare solo al sesso!”
Eve rise di
gusto e canticchiando un motivetto a labbra serrate. Aprì l’armadio in cerca di
un paio di jeans e una maglietta per la sera.
“Metti quella
verde” mugolò Tom ancora steso sul letto “E’ carina” Eve cercò la maglietta in
questione. Una semplice t-shirt con dei leggeri spacchi ai lati. La appoggiò
sulla sedia e poi corse verso il suo letto. Spinse Tom con forza fino a farlo
ribaltare fuori dal materasso.
“Ehi!” si
lamentò lui mantenendo a stento l’equilibrio. Ma Eve non gli diede tregua. Lo
spinse ancora fino a farlo uscire dalla stanza. Gli fece un veloce occhiolino e
gli poggiò le labbra sulle sue, in un attimo in cui Tom non poté assaporarle
neanche un po’.
“Devo cambiarmi”
spiegò la piccola tentatrice bionda e si chiuse la porta alle spalle.
5.
“Scusate il
ritardo” Ron entrò nell’ufficio di Silente e salutò con un cenno il preside.
Silente gli sorrise appoggiato alla scrivania.
“Ehi
fratellino!” la voce scrollò Ron per un momento. Si guardò intorno e per un
attimo ci vide doppio.
“Bè, non si
saluta più?” George gli si avvicinò fino a stringerlo fra le braccia. Fred non
fu da meno e si strusciò su di lui come un gatto.
“Ci sei mancato taaaaanto” imitò il miagolio tipico dei
gatti in amore. Ron si staccò dall’abbraccio di George e fece un passo
indietro. Era da almeno due anni che non vedeva i gemelli. La situazione del
paese non lo permetteva, soprattutto con il ruolo che aveva Ron agli occhi di
tutti: il braccio sinistro di Silente. Il destro era Percy.
Ed ora erano lì,
come se fosse la cosa più normale del mondo. Fece un gran sorriso e saltò
addosso ad un terrorizzato Fred.
“Brutti idioti!
Scomparite per degli anni e arrivate senza dire nulla?” ridacchiò contento
mentre torturava la testa di Fred con il pugno chiuso.
“Ahia! Fai
male…George fai qualcosa!” ma George non fece proprio nulla se non ridere.
Silente batté le mani e i tre fratelli Weasley si fermarono e fecero silenzio.
“Mi spiace
interrompervi, ma abbiamo questioni più urgenti di cui parlare. Mary Jane è qui
per questo” il preside si fece da parte mentre una sorridente Mary Jane
spuntava da dietro una libreria, avvolta in un mantello blu notte.
“Mary Jane…” Ron
spalancò gli occhi “Questa è una serata strana, mi aspettavo di trovare Felpato
e Lunastorta, e invece…” diede un occhiata ai suoi fratelli che ora sedevano
entrambi sulla poltrona verde scuro. Uno sul sedile, l’altro sul bracciolo.
“Già, ma
purtroppo hanno avuto un impegno. Sono passati da noi e ci siamo offerti per
accompagnare MJ qui” spiegò brevemente George unendo le dita delle mani e
facendosi ironicamente serio “Era una missione difficile, ma siamo i migliori
sul campo” Fred gli diede un leggero scappellotto e gli fece cenno di fare
silenzio, ignorando le proteste del fratello.
“Ron” MJ fece un
breve inchino poi gli sorrise “E’ bello rivederti. Da quando tieni la
barbetta?” Ron si grattò il volto con la mano destra.
“Oh, è un caso”
si sedette sulla poltrona accanto ai gemelli mentre Silente faceva altrettanto
sullo scranno dietro la sua scrivania. MJ si avvicinò al fuoco e si scaldò le
mani.
“Non ho molto
tempo, quindi non ne sprecherò altro. L’Esercito della Notte controlla la mia
casa costantemente. Fred e George mi hanno fatto uscire con uno stratagemma”
sorriselanciando un’occhiata ai
gemelli. George le fece l’occhiolino e Fred si gonfiò il petto orgoglioso.
“Esercito della
Notte?” chiese Ron, lanciando uno sguardo perplesso a Silente. Il preside
scosse la testa sconsolato, ma non aggiunse altro.
“Sono auror,
Ron” spiegò Fred senza alcuna voglia di scherzare “O meglio, è così che si
definiscono, ma sono soltanto degli avanzi di galera selezionati dallo stesso
Lestrange”
“Amici. Amici di
amici. Amici di amici di amici. Sai come vanno queste cose, no?” disse George
agitando una mano “E in un batter d’occhio i vecchi auror sono relegati a fare
da segretari a funzionari del ministero o, peggio ancora, ad insegnare a questi
rammolliti figli di papà”
“Perché non ne
sappiamo niente?” chiese Ron preoccupato “Da quanto tempo va avanti questa
storia?”
“E’ stato un
lavoro di anni, Ron” spiegò MJ “Ma il nome, Esercito della Notte, ha iniziato a
circolare soltanto da pochi mesi. Gennaio, credo. Me lo ha detto Felpato in una
delle sue rare visite” per un attimo MJ sembrò rattristarsi, ma non diede il
tempo a nessuno di osservarla meglio in volto. Si girò verso le fiamme e chiuse
le braccia dietro la schiena.
“Ma ora
perdonami, non è di questo che devo parlarti. Felpato e Lunastorta non sono
potuti venire perché stanno seguendo una traccia” prese fiato e si voltò verso
tutti i presenti.
“Hanno
combattuto contro Bellatrix e hanno distrutto qualcosa di importante per lei.
Ha parlato di un codice decifrato. Il professore morto nello scontro era un
babbano e dai discorsi sembrava avesse rubato quelle informazioni a suo zio. I
ragazzi hanno seguito questa pista” MJ si sedette sulla poltrona di velluto beige
e continuò il racconto.
“Là hanno
trovato un nome, Jean Boulerai”
“Un babbano?”
chiese Ron. MJ annuì col capo.
“Così pare. Ora
sono sulle sue tracce. E probabilmente Bellatrix e poco dietro di loro” Silente
si schiarì la voce ed attirò l’attenzione su di se.
“Se posso
permettermi, credo sia meglio lasciare ai nostri uomini sul posto la ricerca di
altri indizi. Ron e i suoi sono compromessi soltanto per il semplice fatto di
trovarsi ad Hogsmeade”
“Oh, ma andiamo,
per una volta da anni abbiamo una pista su qualcosa che interessa a Lestrange e
non concentriamo tutti i nostri sforzi?” domandò stizzito Ron alzandosi in
piedi.
“Bella idea
fratellino” intervenne ironico Fred “Hai ragione, vai a Londra e unisciti a
Felpato. Probabilmente Walker ti sta aspettando per farti la festa”
“Ti
raccoglieremo in un cucchiaino” rincarò la dose George “O al massimo ti verremo
a trovare ad Azkaban con una torta farcita di lima”
“Walker è un
idiota. Non saprebbe riconoscere un indizio neanche se glielo spedissero via
gufo fra le braccia” ringhiò Ron. MJ si alzò e si aggiustò il mantello.
“Walker sarà un
idiota, ma è il generale degli auror. Non prenderlo sottogamba, Ron. Fin dal
suo arrivo qui ti sei fatto odiare da lui…e lo so che non l’hai fatto apposta”
MJ alzò la voce per evitare di farsi interrompere dal rosso “Ma lui non può
saperlo. Quello che sa è che lo hai preso in giro davanti al ministro
Lestrange. Lo hai fatto sfigurare, e sai quanto possa essere odioso per un
generale fallire una missione davanti al proprio comandante”
Ron rimase zitto
per un po’, mentre Fred e George si alzarono in piedi e si vestirono coi loro
mantelli color lavanda. Fred tamburellò una mano sulla spalla del fratello
minore.
“Non darti pena.
Felpato e Lunastorta sono bravissimi. Presto o tardi potrai aiutarli” George
affiancò MJ e gli diede il braccio per appoggiarsi. Fece un occhiolino a Ron.
“Stai
tranquillo. Per ora pensa a Herm e a tutta la banda. Anzi, salutaceli tutti!
Mamma, Ginny, Herm, Vin,…” Fred raggiunse MJ dal lato opposto e la prese sottobraccio.
“Da un bacio a
Ginny e Hermione da parte mia” disse piano MJ. Poi sorrise e si strinse alle
braccia dei due Weasley. Fred guardò l’ora nel pendolo attaccato al muro.
“Credo sia
meglio andare ora, preside. E’ quasi mezzanotte” e detto questo estrasse una
bottiglia di scotch quasi vuota. Fred guardò l’etichetta stralunato.
“Ehi, è
un’ottima annata!”
Silente allungò
la bacchetta verso di loro e tramutò la bottiglia in una passaporta. In un
lampo i tre sparirono risucchiati dal nulla.
Ron si sentì
d’un tratto inutile. Possibile che non volessero il suo aiuto? Walker era un
problema minore paragonato a Lestrange. Un fedele cagnone da guardia pronto a
spezzare le ossa invece che parlare. Quello lo faceva dopo, di solito. Il suo
primo rapporto con in generale degli auror, in effetti, aveva avuto un che di
burrascoso. Si era fatto subito etichettare come nemico numero uno sulla lista
nera dell’americano venuto da lontano.
“Scommetto che
ti senti inutile” Silente interruppe i suoi pensieri anticipando la sua forte
sensazione di frustrazione. Ron non poté fare a meno di sfigurare in un sorriso
amaro. Allargò le braccia.
“Già. Inutile a
dir poco” sprofondò su una poltrona davanti al camino “Odio le attese. Non mi
sono mai piaciute. E di solito non portano nulla di buono”
“Allora ti farò
un favore” Silente si alzò per avvicinarsi a Ron e alla poltrona “Devo
assentarmi per qualche giorno. Forse una settimana. Avrei bisogno che tenessi
gli occhi aperti per me” questo catturò completamente l’attenzione di Ron. Era
raro vedere Albus Silente sparire per un po’, soprattutto in quegli anni.
Ovunque andasse si portava dietro una etichetta a dir poco indecorosa,
fomentata dai giornali e da Lestrange.
“Certo, lo
farò…ma, c’è qualche pericolo?” strano a dirsi ma l’idea di un rischio stava
mettendo il pepe nella vita in sospeso di Ron. Silente alzò le spalle.
“Minerva avrà il
suo ruolo di vicepreside, come al solito. Ma ho sentito delle voci a Hogsmeade.
Voci da locanda” il preside si fece pensieroso e si passò una mano sulla barba
“Qualcuno si muoverà verso Hogwarts, e non vorrei lo facesse proprio durante la
mia assenza”
“Qualcuno chi? E
come…?”
“La Testa di
Porco è un locale dove la gente parla. E la gente della Testa di Porco ha
spesso un sacco di cose da raccontare. Soprattutto dopo un buon whisky” Silente
sorrise. Ron non disse nulla, annuì solo.
“Farò il
possibile. Dirò di avvisarmi di ogni cosa sospetta”
“Bene, ma non
spargere la voce. Non vorrei scatenare paura per le strade” Silente batté la
mano sulla spalla di Ron prima di tornare sui suoi passi, dietro la scrivania.
“Buonanotte Ron,
e grazie” il rosso si alzò e salutò con un cenno del capo.
“Buonanotte”
6.
La notte tersa
era rotta soltanto dalle luci impertinenti della città e dai suoi lamentosi
suoni. Poco adatti a chi non è abituato alle grandi metropoli. Il tetto del
grattacielo numero tredici era tranquillo, silenzioso come parecchi altri
tetti, fatta esclusione per un fastidioso tamburellare. Un rumore sordo
proveniente dal basso. Insieme a quello un gran numero di voci esagitate che
urlavano ordini.
In sé, il tetto
del grattacielo numero tredici non aveva nulla di speciale. Fino a quel
momento.
La porta che
spuntava dal cubicolo di cemento quasi si sfondò. Una giovane donna scivolò
oltre i comignoli dei condotti d’aria e corse in direzione opposta, verso il
limite del tetto. Subito dietro di lei una decina di uomini la seguirono
correndo e urlando come pazzi, per incitamento. Nelle loro giacche
costosissime, impiccati dalle cravatte, nere come il resto degli abiti. Camicia
esclusa, ovviamente.
La donna
raggiunse il basso muretto che la separava dal precipizio di cui vedeva
soltanto le luci della auto in transito lungo la strada. Si appiattì contro
l’ennesimo scatolotto metallico di cui ignorava la funzione e attese paziente.
Il respiro era irregolare e il fiato era rotto. Si tolse le scarpe col tacco
basso con cui aveva lottato fino ad ora. Strappò la gonna alta fino al
ginocchio così da potersi muovere meglio. Poi si sciolse il nodo della coda.
Una cascata di sottili capelli setosi le inondò il volto e le carezzò la base
del collo. Controllò che la borse a tracolla fosse ancora chiusa. Tutto in
ordine. La borsa era salva.
“Signorina
Brown” una voce dal chiaro accento orientale la richiamò al presente “La prego
di uscire da lì dietro e arrendersi. Non vogliamo farle del male”
Bugia. Troppo
facile da capire. La voce di quell’uomo tremava dall’eccitazione di aver
beccato il ladro dopo un gustoso inseguimento, per cui sarebbe stato premiato
sicuramente.
La donna si
alzò, senza scarpe, camminò fino alla balaustra e vi si sedette sopra. Ne
contava otto. Più quello che aveva parlato e un altro fermo vicino alla porta
che aveva sfondato. Erano tutti seri con le dita incastrate in quella strana
ferraglia babbana. Sentiva il vuoto dell’abisso di cemento e cristallo alle sue
spalle. La donna sorrise.
“Non credo che
mi lascerete andare” disse sfilandosi gli occhiali con un lieve cenno della
testa “E non credo che non mi farete del male”
L’uomo che
sembrava il capo sorrise sotto dei sottili baffetti, si spostò i capelli
brizzolati all’indietro e fece un paso verso la donna.
“Lei è molto
abile, ma ha commesso un errore”
“E quale?”
replicò subito lei piegando le astine degli occhiali e infilandoseli nell’ampia
scollatura del tailleur.
“E’ scappata sul
tetto. Non ci sono vie di fuga sul tetto” fece scattare la mano, veloce come un
serpente che avvelena la preda, e strinse in una morsa d’acciaio quella sottile
di lei “E neanche scomodi testimoni”
La donna, seppur
sorpresa, non si fece prendere dal panico. Cercò di liberarsi senza risultato e
gettò lo sguardo verso la porta del tetto. Non vedeva più l’uomo di guardia.
Fra sé sorrise.
“Non dovrebbe
toccarmi” sibilò e con uno scatto liberò la mano, o forse fu lui a lasciarla libera
“Il mio fidanzato è molto geloso”
L’uomo viscido
sorrise e in un attimo tornò serio. Alzò il braccio e la colpì violentemente
con uno schiaffo. Il colpo fece vacillare la donna che subito si tenne la
guancia offesa. Sentì l’aria fredda del vuoto spingergli sugli occhi.
“Uccidetela”
ordinò. La donna si irrigidì. E l’uomo non poté compiacersi oltre della sua
vittoria.
Una voce senza
padrone ululò nell’aria. Viscida, fredda e spietata.
“Vi aveva
avvertito. Sono molto, molto, geloso…” l’uomo per la prima volta da
molto tempo sentì la paura attraversarlo. Alzò lo sguardo e infilò la mano
sotto la giacca alla ricerca di un’arma per difendersi da quella che, non
sapeva come, riteneva una minaccia incombente.
Un ombra
nell’angolo del tetto prese vita. Con uno scatto felino raggiunse la donna e
con un veloce balzò calciò in sforbiciata la faccia dell’uomo viscido. Quello
si tastò il naso, sprizzante sangue, e cadde all’indietro per il colpo.
“Scusa il
ritardo” sibilò quell’essere in nero. Fece svolazzare il mantello e avvolse la
donna sotto il suo braccio sinistro. Gli sgherri sul tetto non ebbero il tempo
di fare nulla.
Con un balzò
rapido la creatura nera si lanciò nel vuoto assieme alla donna e precipitò
verso il basso.
“Sei il solito
esibizionista” gridò lei fra l’ululare dell’aria. Lui sorrise e pronunciò una
veloce parola appena udibile.
L’uomo si rialzò
di scatto. Il polsino della camicia con cui si era asciugato il naso era sporco
di sangue. Si sporse oltre la balaustra a vedere quel proiettile nero
precipitare verso terra.
“Folli…” disse a
mezza voce “Presto, scendete e…” e in quel momento notò il pavimento
illuminarsi di una sottile e brillante linea arancione. Sempre più chiara e
sempre più luminosa. L’uomo non poteva saperlo, ma istantaneamente pensò che
non avrebbe visto l’alba del giorno dopo.
Il tetto scoppiò
in una deflagrante esplosione che avvolse nel fuoco anche il piano sottostante.
I vetri esplosero in una miriade di frammenti e fecero brillare il cielo in
tutte le direzioni. Le fiamme seguitarono a scendere e si infilarono oltre le
finestre. Il calore investì i due, che ancora precipitavano verso terra. Le
schegge di vetro li raggiunsero, ma il mantello dell’uomo in nero li protesse
entrambi.
Con un guizzo
tanto rapido quanto opportuno estrasse la bacchetta magica.
“Wingardium
Leviosa” smisero istantaneamente di precipitare e iniziarono a rallentare
fino a fermarsi. Con un ultimo balzo atterrarono al suolo, nel marciapiede
spoglio di persone che a malapena li avrebbero notati. Si infilarono in un
vicolo, veloci, uno dietro all’altro.
Lei lo fermò
prendendolo per una spalla e gli indicò un tombino al centro della straducola.
Lui lo puntò con la bacchetta e quello si aprì rumorosamente. Vi si infilò
prima lui, poi diede una mano a lei a scendere senza farsi male. E se la
ritrovò davanti. Splendida, con quell’aria un po’ seria e un po’ cattiva.
Quegli occhi neri da diavolo che avrebbe fatto presto suoi. Le affondò le
labbra con un bacio eccitante e passionale. Come un serpente che avvelena la
sua preda.
Lei rimase
sorpresa solo per un attimo, poi gli strinse le braccia attorno alle spalle e
si fece sollevare di peso e sbattere contro il sudicio muro della fogna. Emise
un lamento incomprensibile.
Le strappò il
tailleur con forza e si slacciò il mantello. Perfido sorrise alla base del suo
collo prima di morderla e farla gridare di piacere.
“Ah…Harry…”
“Zitta,
dottoressa…”
Scusate il lieve
ritardo! Queste settimane prenatalizie sono davvero massacranti per il tempo
che occupano, comunque eccomi qua con un nuovo chap! ^__^ Per chi smaniava per
Harry…buon natale! Regalo in anticipo! Bene, ma veniamo alla risposta ai
succosi commenti!
Marcycas:
Niente strage allora, dato che Harry compare, giusto per far vedere che c’è
ancora, e non è cambiato più d tanto. Oh, ma non inferire sul povero Tom, anzi,
lui ci prova poverino! Ahah, in effetti è imbarazzante. A proposito, guarda in
fondo, c’è il link per la seconda parte di Almeno Credo (ST 2.8)! Sono sicuro
che Ron non si sia offeso, ha un sacco di gente in giro che fa il tifo per lui.
Avrà anche lui i suoi momenti…te lo assicuro. Il buon Lestrange…eheh, Jude Law
è decisamente giovane per Rodolphus, ma dopotutto i truccatori fanno miracoli
di questi tempi, no? ^__- Ti sconvolge il passaggio da DE a ministro? Oh, bè,
la realtà spesso non è così diversa dalla fantasia…pensa a quanti gerarchi
fascisti sono rimasti a ruoli di comando anche dopo la caduta di regime,
figurati se in mezzo sono anche passati vent’anni! Eh, la gente a volte… Ma
concludiamo con un mega-grazie per la recensione e un saluto alla prossima!!
^___^
Serena82:
Grazie Serena, è davvero una bella cosa quella che mi hai detto! I personaggi
sbocciati rendono bene l’idea del lavoro che ho voluto fare su di loro e se lo
hai notato, significa che non ho buttato via il mio tempo! Spero di continuare
a farli fiorire, allora! ^ ^ Ti ringrazio di cuore e spero di risentirti
presto! Alla prossima, ciao! ^__^
Sunny:
Ah, piccola Super-sayan, il signor Marrone ti ringrazia! ^O^ Per la firma al
Vin fun club metti un segno qui..ecco, perfetto, sei dei nostri ora! ^ ^
Purtroppo il sangue Malfoy non mente mai e ti assicuro che Tom avrà parecchie
gatte da pelare con quella “tigrotta” (uhuh, sto pensando a Tom che le dice
tigrotta e lei che lo ribalta con una mossa di judo!! ^O^). Ma a parte
questo..i Weasley! Bene, noto con piacere che ti sei posta il problema dell’età
di Laurie. Ok, tutto sarà chiaro in una one shot che uscirà a momenti, direi
prima del prossimo chap, ma cmq ti dico solo che il motivo fa molto…moto
famiglia Weasley! Spero di non tirare una delusione…ma credo di no, dai! ^ ^
Tienimi pure d’occhio, tanto lo sai che prima o poi schizza del sangue nelle
mie storie…o se schizzerà…ciao ciao bella! Alla prossima! ^ ^
Alwen:
Che gradito ritorno! ^ ^ ma ciao! Eh, i fratelli minori, io purtroppo sono
figlio unico (purtroppo, perché purtroppo!?!?
NdAlwencondueocchigrandicosì--->O__O), ma credo che sia più o meno così
avere qualcun’altro in giro per casa che tenta di fregarti il titolo di
“figlio-della-casa” ^__- Scherzo, dai. Ah, anche tu hai notato Laurie…bè, a
presto anche a te la risposta. Tempo di una piccolissima oneshot! ^___- Ciao, e
alla prossima!
Ale: Ecco
un’altra tesserata per Vin…devo far stampare altri moduli… ^___- Ah, le
tempeste ormonali! E’ bello parlarne quando orami ne sei quasi (e dico
quasi…^__-) fuori. La povera Cooman se l’è data a gambe levate, ma chissà che
non abbia ragione…! ^ ^ Tutti i bimbi sono cresciuti e ognuno fa un po’ il
grande a modo suo…eh, Chris è uscito così! ^ ^ Bè, grazie per i succosi e
abbondanti complimenti e spero di risentirti presto! Ciao ciao! ^__^
Mary:
Imprevedibile è il mio secondo nome…*Strek in posa da James Bond* scherzi a
parte, grazie di cuore, anche se devo ammettere che spesso starmi dietro è un
po’ complicato. Dovrei spiegare certe cose più chiaramente. Spesso e
volentieri, però, me ne accorgo quando ormai è tardi! Prima o poi imparerò, per
ora…grazie e alla prossima! ^ ^
Necro:
non dico ore, ma ti assicuro che una recensione aiuta sempre il morale dell’autore!
E’ come mettere il turbo ad una 500 vecchio modello! Grazie e alla prossima! ^
^
Dorothea:
Per la teoria di Laurie…fuochino, sei andata molto vicino al bersaglio, ma ti
assicuro che la prossima one shot ti renderà tutto più chiaro! Oh, io amo i
paradossi temporali (“Marty, tu non ragioni quadridimensionalmente!” Doc, Back
to the Future part II, se non erro! ^__^), ci vado a nozze con viaggi nel tempo
e pippe simili! Ehi ho notato che recenisci sempre ad orari da panetteria, hai
per caso un panificio? ^__- Ah, l’angolo dell’euforia paradossa non ci doveva
essere! L’ho lasciato per errore, è una cosa che stavamo scrivendo io e un mio
amico (di mail, che saluto, fra l’altro) e poi abbiamo deciso di mettere a
parte, più avanti! Cmq grazie, lo dirò anche a lui che ti è piaciuto!. Bè, alla
prossima! (a quando “il mistero della panna monatata?” Dai, faci un regalo di
natale… ^ ^)
Sorti:
Eh, orami siamo vecchi, cambiano anche i voti….vabbuò, và. Dal prossimo chap
leggerai qualcosa di nuovo, così saprai dirmi qualcosa di più! Ciao bello! ^__-
Vale: Eh,
la lettura in anteprima aiuta! ^ ^ Ma dal prossima sarà tutta una novità…non
importa quando arrivi, l’importante è che arrivi! Dai, ci vediamo alla
prossima, anche se questo chap era tutto dedicato a te! ^ ^ Persone importanti
che mi hanno aiutato meritano almeno una dedica (non è molto, ma prendilo come
un regalino, ok?) ciao ciao, alla prossima!
Ellie: I
vecchi momenti di gloria…eheh, ma grazie, e grazie per esserti presa l’impegno
di leggerti i due mattoni precedenti!! Anzi, ti ringrazio anche per le
recensioni che hai lasciato altrove (e che sennò non so come ringraziarti,
allora lo faccio qui! ^ ^) I personaggi sono tutti un po’ cresciuti e maturati
e come al solito abbondano i misteri, hai ragione…sono fatto così! ^ ^ ahah,
grazie ancora e alla prossima! ^ ^
E con questo è
tutto! Ah, ringrazio anche quella manciata di lettori timidoni che so esserci,
ma che preferiscono mantenere l’anonimato…*Strek scruta l’orizzonte alla
ricerca di figure nascoste nell’ombra*
A tal proposito,
questa è la mia mail, per chi volesse contattarmi in altra maniera Strekon@virgilio.it
Per commenti,
insulti, favori sessuali, soldi, e altre cose così ^ ^
Ultima cosa poi
smetto di rompervi, lo giuro! Ho pubblicato la seconda parte della lunga
oneshot su Tom e Eve, e sta qui Almeno Credo parte II
(ST2.8). Per chi ama questo piccioncini e vuole sapere come sono arrivati
fino a lì… ^ ^
per il
generoso bivacco a Lucca e perché Lily e James, ora, hanno una storia
Capitolo
4
La Luna ribelle
“E la luna bussò alle porte del buio
"Fammi entrare", lui rispose di no!
E la luna bussò dove c'era il silenzio
ma una voce sguaiata disse
"Non è più tempo"
quindi spalancò le finestre del vento
e se ne andò a cercare un po' più in là
qualche cosa da fare
dopo avere pianto un po'
per un altro no, per un altro no
che le disse il mare, che le disse il mare”
…E
la luna bussò, Loredana Bertè
1.
La redazione di un giornale è, di per se, sempre caotica.
Non importa quanto si è organizzati, quanto si è pronti ad ogni evenienza.
Presto o tardi piomberà nel caos. Le persone correranno dove non si dovrebbe. I
block-notes rimarranno sospesi su qualche scrivania in disordine. Le penne
rimarranno a seccarsi, fuori dal loro porta piume metallico.
La redazione de Il
Cavillo non smentiva la regola, anzi, se possibile pareva esaltarne al
massimo la veridicità. In sé non sarebbe stato anomalo vedere quella
giornalista scivolare a metà di uno stipite della porta e schiantarsi contro la
maniglia della stessa. Non a Il Cavillo.
“Tutto bene?” un
ragazzo portalettere aiutò la ragazza ad alzarsi. Quella si aggrappò e non si
fermò nemmeno a ringraziare. Corse via, lungo il corridoio, proprio come un
attimo prima, incurante di poter scivolare ancora.
Si aggrappò allo
spigolo di una scrivania per voltare velocemente un angolo troppo brusco, e
buttò a terra una pila di fogli. Il proprietario gli bestemmiò dietro qualcosa,
ma lei non stette a sentire. Aveva un compito ben più importante.
Finalmente
raggiunse la porta dell’ufficio che tanto aveva rincorso in quegli ultimi
cinque minuti. Non vedeva attraverso il vetro, la tenda veneziana era abbassata
e del nome dipinto sopra restavano solo poche sbiadite lettere.
Aprì la porta di
scatto e non si trattenne.
“Direttrice!
Direttrice una cat…”
“Non me ne frega
una cavolo se è indisposta! Prendi quell’intervista!” la voce di una
donna spaccò in due il grido della ragazza piombata dentro l’ufficio. La donna
urlava contro l’immagine di un uomo di mezza età fra le fiamme del camino più a
destra. Un’altra decina di camini, di diverse dimensioni, erano piazzati in
giro per il troppo affollato ufficio.
Troppo affollato
perché stracarico di carte, cartoncini, penne, piume, gufi, e qualsiasi altro
immaginabile articolo di cancelleria. Una sigaretta si era consumata dentro il
posacenere, naturalmente stracolmo di cicche accartocciate.
“Ma Lovegood non
posso certo entrare dalla finestra e forzarla a rispondere!” si lamentò l’uomo
nel camino. La donna sorrise perfida.
“Hai dieci
minuti, oppure puoi stare a casa da lunedì, facciamo così? Buon lavoro” e con
quello chiuse la conversazione e spense la fiamma del camino.
La ragazza,
ancora stordita e con il fiatone, aprì di nuovo la bocca per parlare.
“Direttrice, c’è
un…”
“Non ora! “ la
interruppe di nuovo la Lovegood. Con un passo raggiunse la sigaretta e un
piccolo camino incastrato in un angolo della parete, accanto alla finestra che
probabilmente non veniva aperta da mesi.
“Freeman!” gridò
verso la cappa che subito si accese di una luce verdastra che, in un attimo, si
trasformò in blu, poi in rossa. La faccia di un ragazzo giovane comparve fra le
spire infuocate del camino. Sembrò essere un poco spaesato. Si guardò intorno
poi vide la donna e subito si fece vispo e attento.
“Sì, direttrice.
Mi dica” sembrò la risposta pronta di un soldato più che quella di un cronista.
Luna Lovegood tirò l’ultima boccata alla sigaretta e la spense fra i cadaveri
delle altre. Sbuffò la nuvola di fumo per aria.
“Come andiamo?
Hai preso notizie sull’omicidio?” il ragazzo scosse la testa vago.
“Poche cose,
sembra non ci fosse molta gente, neanche babbani. L’uomo è stato risucchiato
fino a gelarsi”
“Hai raccolto
informazioni? Qualsiasi cosa?
“Certo, le ho
già spedite via gufo alla redazione”
“Ottimo,
Freeman. Sei così bravo che credo ti affiderò un altro incarico” Luna sapeva
che Luke Freeman non si riposava da almeno due giorni, ma questa era soltanto
una specie di prova. Un test per vedere quanto poteva far affidamento su quel
nuovo giornalista. Carne da cannone, la chiamava Luna.
“Ti spedirò un
gufo con qualche indicazione al riguardo, buon lavoro” sorrise Luna. Freeman
diede l’impressione di voler dire qualcosa, ma subito gli passò, come uno
starnuto scomparso un attimo prima di esplodere. Scomparve come il resto delle
fiamme del camino e, finalmente, Luna Lovegood fece caso alla ragazza entrata
di corsa.
“Allora, che
c’è?”
“Ah, il…il
generale Walker!” Luna sbarrò gli occhi.
“Dove?”
“Qui, il
redazione!”
“Quando?”
“Da cinque
minuti. Lo hanno trattenuto un attimo giù al ricevimento, ma non potranno
tenerlo per molto!” Luna si legò i capelli in un attimo. Le bionde ciocche si
avvolsero attorno alla sua bacchetta. Inforcò gli occhiali dalla montatura nera
e spessa e si infilò una gomma in bocca. Diede un’energica masticata iniziale e
poi uscì dal suo ufficio seguita dalla sua assistente.
“Fallo salire,
di sopra. Io…”
“Signorina
Lovegood” una voce baritonale e fiera interruppe il discorso di Luna. La voce
veniva dalla spalle. Luna prese un bel respiro e si dipinse un sorriso in
faccia.
“Generale
Walker, che piacere. Da quanto tempo è che non ci si vede?”
“Da quando ha
calunniato il lavoro degli auror” rispose secco e con un sorriso che la diceva
lunga. Il generale Walker indossava la divisa d’ordinanza. Un lungo mantello
verde gli avvolgeva le spalle, arpionato con alcuni lacci all’altezza del
petto. Gli stivali lucidi risuonavano sul pavimento e sembravano tuonare,
appesantiti dai tacchi robusti. Due auror lo accompagnavano. Fieri e dalle
spalle larghe come armadi. Non avevano un bell’aspetto. O almeno, a Luna
sembrarono due grossi uomini tanto muscolosi quanto stupidi. Carne da cannone,
per così dire.
“Tecnicamente,
generale, è diffamazione. La calunnia è solo di tipo verbale” rispose rapida
Luna torturandosi un ricciolo biondo incastrato sotto gli occhiali. Il generale
Walker smise di sorridere e increspò le labbra in maniera severa. La barbetta
ispida gli copriva la bocca quel tanto che bastava per renderlo ancora più
autoritario.
“Poche
chiacchiere. Lei sa perché sono qui, Lovegood”
“Credo di sì”
sbuffò Luna girando sui tacchi e allontanandosi come se non le importasse. Fece
solo pochi passi.
“Signorina
Lovegood!” tuonò Jonathan Walker zittendo, in quelle due parole, tutti i
fastidiosi rumori e cicalii della redazione. Calò come un inquietante silenzio.
Un silenzio che metteva paura nei giornalisti e redattori presenti nella grande
sala principale de Il Cavillo. Tutti gli occhi erano puntati su Walker e
su Luna, che ancora gli dava le spalle.
“Pretendo
rispetto da parte sua, signorina Lovegood” sentenziò duro il generale facendo
solo un passo in avanti.
“Rispetto?”
domandò Luna a mezza voce. La gola era secca, forse per la tensione o forse per
la paura. In un modo o nell’altro, pensò, il generale aveva ottenuto ciò che
voleva.
“Sì, rispetto.
La comunità magica dipende anche da ciò che i giornali dicono” spiegò Walker
avanzando definitivamente verso la donna bionda “La gente legge e si pone
domande, Lovegood. Domande che non dovrebbe porsi se il ministero non vuole”
Afferrò una
copia del giornale di quel giorno e la agitò a mezz’aria, così che tutti
potessero vederla. Naturalmente tutti sapevano cosa c’era in prima pagina.
“E lei alimenta
frequenti polemiche nei confronti del ministero” gridò ancora il generale, così
che tutti lo sentissero “Simpatizza per i nemici del Ministro Lestrange che
minacciano continuamente il suo governo. Tutto questo è inaccettabile”
Luna ancora non
si era voltata. Dava sempre le spalle all’imponente uomo del ministero. Scosse
la testa e si limitò a ridacchiare.
“Inaccettabile?”
si voltò di scatto e si trovò di colpo faccia a faccia con Walker “Io credo che
sia inaccettabile che l’esercito sia passato sotto il controllo diretto del
ministro della magia. Trovo inaccettabile che chiunque abbia idee diverse da
Lestrange sia considerato ribelle. Trovo inaccettabile che lei venga nel
mio giornale a dettare legge!”
“Lei deve
rispettare le regole, Lovegood!”
“Io rispetto ciò
che è creato con giustizia! Sciogliere il consiglio del ministro della magia è
un attentato alla dem…”
“A lei non deve
importare nulla delle scelte di governo del ministro!”
“Sono una
giornalista, Walker” sibilò Luna ad una spanna dal suo naso “Tutto deve
importarmi. Se mi tirassi indietro la gente come lei o Lestrange distruggerebbe
questo paese in quattro e quattr’otto!”
Walker digrignò
i denti. C’erano poche persone che riuscivano a farlo arrabbiare così. Uno era
un ex auror dai capelli rossi con cui aveva avuto un pessimo faccia a faccia
fin da subito. L’altra era certamente Luna Lovegood. Alzò un dito minaccioso e
lo agitò in faccia a Luna.
“Lei dovrebbe
stare attenta a quel che dice o fa, Lovegood” sillabò a bassa voce il generale
“Dovrebbe pensare al suo futuro, in tutti i sensi”
“E’ forse una
minaccia, generale?”
“No, è un
consiglio. Spero di non dover rimettere piede qui dentro se non per accertare
il suo lavoro. Lo spero soprattutto per lei. Buona giornata Lovegood” e detto
questo il generale girò sui suoi tacchi, seguito dai due auror e abbandonò la
redazione.
Il silenzio
carico di tensione e paura che si era creato perdurò ancora per una manciata di
secondi. Poi fu Luna, ripresasi da quello scontro verbale violento, ad agitare
per prima una mano.
“Che avete da
guardare? Tornate al lavoro, un giornale non si scrive da solo!” ignorò la
preoccupazione della sua assistente e si infilò in bagno. Fu tentata di lavarsi
la faccia, ma il senso di rigurgito che aveva all’altezza del petto era più
impellente di quanto credesse. Vomitò anche l’anima, se possibile, e solo dopo
aver fatto scorrere lo sciacquone si chinò sul lavandino a lavarsi la faccia
arrossata.
Ma era davvero
questo ciò che voleva? Lottare con tutte le sue forze per…per che cosa poi?
Cosa ci guadagnava, in effetti? Nulla, scialba riconoscenza. Non era questo ciò
che voleva, ma intanto era un ottimo surrogato.
Ripensò alla sua
vita. Alla sua dannata sfortuna quel giorno, ad Hogwarts. Il disastro ad Hogwarts
di quasi vent’anni prima. Ne usci bene, o almeno così parve all’inizio. Poi ci
furono spiacevoli conseguenze. Qualcosa nel suo corpo non doveva aver preso
bene tutta quell’esplosione di energia magica. Si ammalò, e gravemente anche.
Suo padre sperperò una fortuna per cercare una cura. Consultò medimaghi di ogni
tipo e quando ormai le speranze parevano essere perdute, si trovò una
soluzione. Un esperto americano aveva già curato un paio di casi simili con
discreto successo.
Fu così che Luna
Lovegood e suo padre si trasferirono negli Stati Uniti e lì rimasero anche dopo
la miracolosa guarigione. Naturalmente il padre di Luna cercò un lavoro che gli
facesse fare ciò che sapeva fare meglio: il giornalista scandalistico.
Purtroppo per lui trovò un lavoro ad un quotidiano nella norma che trattava
notizie di ogni tipo e non solo le esclusive che piacevano a lui. Luna lo
affiancò subito e imparò in fretta il mestiere. C’era una specie di autorità
che quella ragazza ancora giovane trasmetteva. Un’autorità che le fece fare in
fretta carriera.
In pochi anni
Luna divenne una firma importante del giornalismo, anche se nessuno sapeva il
suo nome. Firmava tutti i suoi articoli Ellelle, ovvero le sue iniziali.
Soltanto da
pochi anni era tornata in Inghilterra. Aveva acquistato la vecchia redazione de
Il Cavillo e lo aveva tramutato in un quotidiano dal taglio forte.
Talmente forte che non si era tirata indietro nemmeno davanti al regime di
Lestrange. Lei era rimasta indipendente e continuava a fare il suo lavoro:
raccontare i fatti.
Questo suo bel
gesto, però, impensieriva il ministero, soprattutto Lestrange che scriveva
sovente alla direttrice de Il Cavillo per consigliarle un “taglio
editoriale più adatto alle esigenze del ministero”. Luna, dopo le prime tre
lettere, aveva smesso di aprirle. Le bruciava direttamente.
Uscì dal bagno
mentre ancora si asciugava la faccia.
“Direttrice, mi
scusi…cosa facciamo?” Luna riconobbe la voce apprensiva della sua assistente.
Getto la salvietta di carta nel cestino lì accanto.
“Dammi un’ora”
2.
“Lights go down, it’s
dark
The jungle is your head
Can’t rule your heart
A feeling is so much stronger than
A thought
Your eyes are wide
And though your soul
It can’t be bought
Your mind can wander”
Vertigo, U2
Il sentiero era
tranquillo. Percorreva un quarto della piccola collina per poi sprofondare di
lato, verso il villaggio che ancora si vedeva, illuminato dal sole al tramonto.
Un’ombra nera percorse l’ultimo strato di sottobosco e
spuntò sul sentiero polveroso, baciato dagli ultimi raggi di sole. Un cane
nero, grosso e dall’aspetto selvaggio. Attraversò un po’ del sentiero poi voltò
la testa pelosa per guardarsi attorno, come se cercasse qualcuno. Sicuro di
essere solo arruffò il pelo fino a farlo sparire. Si allungò sulle zampe
posteriori e si alzò retto in piedi. Il muso si accorciò e appiattì fino a
diventare una faccia dalla barba incolta, decorata da capelli neri, a tratti
brizzolati e con due occhi grigi a farla da padrone.
Sirius Black
prese fiato e controllò che la sua forma umana fosse del tutto tale. Si
spolverò le maniche della giacca a vento e si incamminò lungo il sentiero. Il
villaggio era davvero a due passi e lì aveva appuntamento con Lupin.
Avevano pensato
di dividersi per sicurezza. Bellatrix li aveva visti da poco assieme. Se
qualcuno li stava cercando probabilmente cercava una coppia, e non dei
viaggiatori solitari.
Forse tutta
questa sicurezza era eccessiva, ma nello stato attuale delle cose,
probabilmente necessaria. Avevano cercato informazioni su quel Jean Boulerai
fino a trovare il nome di un piccolo villaggio, Gringstone.
Sirius
attraversò le mura antiche che ancora circondavano il borgo. Si guardò in giro
sempre sospettoso. Era più forte di lui, non si sentiva tranquillo fino in
fondo. Raggiunse la piazzetta come concordato e cercò una qualche traccia di
Lupin. Non vide nulla di interessante, così si mise ad attendere su una
panchina.
Il villaggio era
silenzioso, passarono forse cinque persone nell’ora che Sirius fece trascorrere
seduto sulla panchina metallica. Poi il rombo di un motore lo svegliò dal suo
stato catatonico.
Un piccolo
autobus malandato marciò fino al limite della piazza e si fermò. Aprì le porte
e fece scendere il suo unico passeggero. Remus Lupin ringraziò l’autista e gli
concesse un sorriso.
“Ehilà!” salutò
Lupin con un gesto della mano, avvicinandosi all’amico.
“In autobus?”
Lupin guardò alle sue spalle dove il piccolo pullman stava prendendo in
retromarcia la strada da cui era venuto.
“Sì, è pratico”
Sirius scattò in piedi.
“Io mi sono
fatto tre boschi e due fiumi a piedi per arrivare qua senza essere seguito e tu
sei venuto in autobus?!”
“Ma che dovevo
fare, scusa? Mi sembra che tu l’abbia presa troppo sul serio” Lupin allargò le
braccia sconsolato e si avviò verso la strada sulla destra. Sirius lo seguì.
“Ma abbiamo
parlato di sicurezza. Del fatto che ci possono seguire. Ci siamo anche divisi
per essere certi che…insomma mi stai ascoltando?” Sirius si fermò di scatto,
seccato.
“No, in effetti”
“Grazie”
“Figurati” Lupin
alzò lo sguardo e lesse il nome della viuzza sull’insegna di ceramica
incastonata nel muro del vecchio edificio.
“Ecco, è di qua”
Proseguirono lungo la via lastricata di pietre lisce fino a raggiungere un
cancello di ferro a metà di una discesa ripida.
“Dovrebbe essere
questo” Lupin guardò fra le sbarre del cancello. La piccola villetta era
circondata da un giardino ben tenuto e dall’aspetto gradevole. Fra i fiori
colorati, Lupin vide un cappello di paglia addobbato da un nastro bianco.
Una anziana
signora potava alcuni rami con mano sapiente.
“Scusi...signora?”
Lupin richiamò l’attenzione della donna che alzò la testa sentendo chiamare.
Sul suo viso rugoso comparve un largo sorriso sdentato.
“Benvenuti!
Benvenuti!” lasciò perdere cesoie e fiori. Si pulì le mani su un grembiule di
altri tempi e si avvicinò al cancello. Sorrideva e i suoi occhi si infossarano
nel volto segnato dall’età.
Aprì il cancello
con un chiave che teneva gelosamente in tasca e che lì ripose subito.
“Entrate! Vi
aspettavo già da qualche giorno”
“Ci aspettava?”
domandò Sirius incuriosito. La vecchina lo guardò negli occhi e di nuovo quel
sorriso sdentato, gioioso e contagioso riapparve sul suo volto.
“Sì, sì, certo!”
si incamminò verso l’ingresso della villetta. La porta era spalancata e già da
lì si poteva sentire un delizioso profumo di zuppa e carne. Lupin annusò
piacevolmente l’aria e si fece contagiare dall’atmosfera calda e cordiale.
“Non mi
sorprenderei se fosse stato suo marito a dirle di noi…”
“No no…mio
marito è morto già da qualche anno, sa?”
“Morto?” Lupin
tornò lucido per un attimo.
“Fantastico…”
commentò aspramente Sirius sbuffando. Entrarono in casa sempre preceduti dalla
anziana signora.
“Sì, il mio caro
Jean era molto malato. Ma so che voi siete qua per dare un’occhiata nei suoi
appunti! Venite, venite!” la seguirono, e a Lupin venne lo scrupolo di
chiederle come facesse a sapere che sarebbero arrivati e che avrebbero dovuto
cercare qualche indizio fra gli appunti del marito, ma la domanda gli scivolò
via dalla mente quando le ampie doppie porte di legno si aprirono davanti a lui
lasciandolo senza fiato. Un’immensa biblioteca fitta di libri e strani aggeggi
si presentò ai suoi occhi. Nonostante non ci fosse un solo granello di polvere
in giro per la stanza, Lupin ebbe come l’impressione che tutto fosse rimasto in
quell’esatto ordine per anni.
“Non ho mai
toccato nulla da quando è morto Jean” spiegò subito la signora con una nota di
malinconia nella voce. Sospirò, mentre Sirius già avanzava verso quella che
sembrava la scrivania dove Boulerai lavorava in vita.
“Tante carte”
disse, poi si guardò intorno “Tanti libri...ci vorrà una vita, e questa volta
non ci sarà incantesimo che tenga, credo”
“Ah,
incantesimi!” squittì la signora entusiasta. Sirius si maledisse nel momento
stesso in cui ricevette un’occhiataccia da Lupin “Anche voi studiate queste
cose, dunque?”
Dopo un primo
momento di stupore, Lupin colse la palla al balzo.
“Sì, certo.
Seguivamo con rispetto il lavoro di suo marito. Possiamo…” fece un cenno al
resto della stanza e la signora annuì energicamente. Lupin si affiancò a Sirius
e si mise a sfogliare qualche pagina dei libri sul tavolo, senza troppo
interesse.
“Era uno
studioso della magia” disse a labbra strette, per non farsi sentire se non
dall’amico.
“L’avevo capito,
direi che siamo sulla pista giusta” gli rispose Sirius nella stessa maniera.
Afferrò una sfera di cristallo e metallo sul tavolo e la lanciò per aria,
riafferrandola.
“Guarda, una
ricordella. Erano secoli che non ne vedevo una” Sirius iniziò a giocherellarci,
lanciandola e riprendendola in mano. Lupin guardò il resto della scrivania. Nel
porta penne riconobbe due bacchette di fattura inconfondibile: provenivano
sicuramente dalla bottega di Ollivander. Fra i libri babbani e gli scritti del
professore vide anche due tomi neri e spessi. Li sfogliò e riconobbe da alcune
righe di che si trattava. Tomi di magia, e anche abbastanza rari.
“Questo tizio
era davvero bravo” commentò Lupin, sfogliando ancora il libro “Questo è
materiale notevole per essere in mano ad un babbano”
“Dici che aveva
capito tutto?” domandò Sirius riafferrando al volo la ricordella e sfilando
l’ennesimo quaderno personale dalla pila lì accanto. Sfogliò qualche pagina
fino ad arrivare ad una datata maggio 1997. Stampigliato in alto stava un titolo
che dava spazio a pochi dubbi: il ministero della magia.
“Io dico che ci
ha lavorato una vita ed è riuscito a non farsi scoprire dal ministero. E’ un
genio!” commento entusiasta Lupin. Sfogliò ancora il diario e trovò le altre
teorie del professore su una qualche organizzazione segreta in grado di usare
“particolari tecniche” che, come spiegava all’inizio del diario, avrebbe
chiamato magia.
Lupin chiuse il
quaderno del professore con un tonfo.
“Senza dubbio un
grande studioso. Oltre che intelligente era anche parecchio furbo” gli venne da
sorridere a pensare a tutti quegli impettiti maghi al ministero intenti a
salvaguardare il mondo magico da quello dei babbani, e viceversa.
“Ma questo non
ci porta a niente, per ora”
“Prendiamo i
diari degli ultimi anni…facciamo cinque anni. Li esamineremo con calma” si
guardò intorno “E con calma torneremo in questo posto, sono sicuro che c’è
parecchio da imparare anche per noi”
Sirius annuì e
si caricò la metà dei quaderni sotto il braccio. Infilò la ricordella in bocca
e prese l’altra metà.
“Foimi a
ioeuua…” bofonchiò Sirius con la sfera di vetro in bocca. Lupin gli sfilò
l’oggetto dalla bocca e gli prese un po’ dei quaderni che si era caricato.
“Grazie...”
disse Sirius incamminandosi vero il corridoio. La signora ricomparve
d’improvviso sulla soglia. Ci mancò poco che Sirius non cadesse a terra.
“Allora, avete
trovato?”
“Non sappiamo
signora, ma se possiamo, prendiamo questi quaderni per un po’ di tempo” spiegò
Lupin sostenendo un buon numero di diari sotto braccio. La ricordella si scaldò
e si riempì di fumo rosso.
“Ma sì, va bene.
Non rovinateli, mi raccomando. Siete studiosi e mio marito avrebbe condiviso
con voi le sue cose” sorrise la vecchietta ancora entusiasta. Lupin si chiese
il perché di quel fumo. Che stava dimenticando?
“Remus?
Andiamo?” si lamentò Sirius, arrancando con i libri sotto braccio. Lupin annuì
e si caricò meglio i libri. Che stava dimenticando?
“Sirius, c’è una
cosa…” poi gli tornò d’un tratto in mente, e si rivolse alla signora “Scusi,
signora, ma come…come faceva a sapere che saremo passati?”
“A tal
proposito!” si illuminò la signora, come se anche lei stesse per dimenticare
qualcosa. Infilò una mano sotto il grembiule e si mise a cercare in una tasca
interna. Sirius tornò sui suoi passi.
“Remus, vogliamo
andare?”
“Ecco” disse la
signora. Estrasse una curiosa sfera di metallo, lucida a tratti, e sporca in
alcune zone. Sembrava composta da varie lamine di metallo saldate fra loro con
abbondanti giunte.
“Che cosa
sarebbe?” domandò Lupin perplesso e incuriosito. La vecchina parve sorpresa.
“Come cosa
sarebbe? Lei ha detto che era per voi, e che voi avreste capito”
“Lei?” Sirius
divenne d’un tratto serio e scrutò con attenzione la sfera. Aveva come una
strana sensazione di deja-vu. Una sensazione di lui, ancora bambino, intento a
far scappare i tritoni nel lago della casa in campagna di suo zio. Lui, suo
fratello e i suoi cugini. I tritoni erano terrorizzati dai rumori improvvisi.
Come, ad esempio, quelli di piccoli petardi magici. Petardi dalla forma sferica
e di metallo, non più grandi di un chicco di riso, ma di una potenza
impressionante.
“Sì, la vostra
collega. Ha detto che sareste passati voi fra qualche giorno, e vi ha lasciato
questo” la vecchina sorrise e lo allungò verso i due.
“Via!” gridò
Sirius. Spinse Lupin a terra e calciò con forza la sfera dalle mani della
vecchina. Con l’ultimo istante rimastogli spinse a terra anche l’anziana
signora.
E
poi l’esplosione fu devastante.
Eccoci qua, nuovo capitolo di nuovo anno (ah e buon 2006 a
tutti, eh ^___-). Dopo un lungo periodo di feste torna il solito tran tran,
ergo, si ricomincia a studiare, lavorare…e scrivere!
L’arrivo di Luna! Ho dovuto integrarla, è un personaggio
troppo bello da lasciare da parte (e poi è una giornalista *__*) Una risposta
ai commenti lasciati, sperando che ce ne siano un altro bel po’ ^__^
Sunny: Hola hola, spero tu abbia passato buone feste.
Chiacchierata in msn piacevole..sappi che è andata discretamente male, cmq….ma
veniamo alle cose allegre! Oh, come vedi Sirius e Remus sono tornati anche in
questo chap...un po’ di paura? Ah, i gemelli F&G “Fireworks&Games”
dovresti vedere il loro negozio…bè prima o poi lo si vedrà! Eh, ma Mj è tutta
made in Eli, ho solo preso ciò che lei aveva creato. Merito suo ^ ^. Ok ok,
Laurie è sotto protezione…sono sicuro che nessuno per ora tenterà di farle del
male…vabbè, mi piace illudere le persone (ihihih!!). Dici che Tom ed Eve devono
godersi i momenti…forse hai ragione. In generale, credo che sia meglio, anche
se come hai notato c’è questa aura di segretezza che li accompagna…piccole
fissazioni made in Malfoy ^_- Grazie Sunny e alla prossima!!
Serena82: Addirittura! Bè, ma Harry fa solo il bravo
“fidanzato”. Difende la sua bella dagli uomini malvagi…poi, per come lo fa, per
quello è Harry Potter. Il crudele e malvagio Harry Potter. Affascinante,
tenebroso, maledetto…bè, alla prossima, eh! ^__- grazie mille!
Ellie: Alè, furia omicida…non son mica un mostro…un po’
sadico e cattivo, ma il giusto ^__- Eh, tutti vogliono ottenere qualcosa e ci sono
movimenti nell’ombra non ancora chiari….bè, ti assicuro che siamo appena
all’inizio! Grazie e alla prossima! ^__-
Alwen: Fra MJ e Sirius? Bè, sono insieme, no? Certo, non è
semplice, ma si “vogliono bene” o forse qualcosa di più…? Eh, e grazie per aver
letto anche la’ltra ff su Tom ed Eve…Eh, sono abbastanza dolcini, dai! ^__-
Grazie e alla prossima!
LadyofDarkness: Sì, è un nome falso. La cara Cho usa nomi di
persone che ha conosciuto (era giusto un tocco da spionaggio, così ^ ^) E
mentre Tom ed Eve si divertono (divertono..?) continuano le indagini…Silente ha
ogni tanto queste uscite. Il vecchio preside vede sempre una spanna avanti agli
altri, spesso e volentieri. Aggiornamento con calma (ho fatto festa anche io… ^
^) Ci vediamo presto! ^ ^
Vale: capitolo nuovo anche per te! ^ ^ Non è nulla! Ho
deciso di dedicare i vari chaps a chi mi ha dato una mano, fatto divertire e
passare bei momenti! Così è toccato a anche a te! ^__- eheh, grazie mille e non
lavorare troppo, eh! Alla prossima!^ ^
Dorothea: Citazione d’obbligo per il mitico John Woo, ebbene
sì ^ ^ Harry è in forma, maledetto come al solito, ma in forma. Ora ho aggiunto
qualche altra cosa di divertente in questo capitolo…spero apprezzerai lo
spargimenti di fuoco e fiamme! Alla prossima!! ^ ^ Tram (o taxi?)
Karien: Uè! (tipica esclamazione napoletana) bentornata cara
karien (gioco di parole non voluto) Eh, lo so che comincio a scrivere in modo
un pochino più complicato, se hai qualche problema con la traduzione chiedi
pure (la mia mail ce l’hai, no?) Grazie mille e baci e abbracci! ^__-
Alexis: In corner arrivi anche tu ^__- Bè, basta una
esplosione per fare schizzare qualche arto in giro e renderti felice! E che ci
vuole! ^ ^ Bè, saprò soddisfarti allora, non ti preoccupare, sono previsti
parecchi scontri per questo terzo capitolo della saga. Sto cercando di
specializzarmi un po’, fra le altre cose…vedrai, vedrai! ^ ^ grazie mille e
alla prossima!
Fatto! Al prossimo capitolo ragazzi (ma soprattutto
ragazze…^__-). Ehi ciccate quella frase blu lì sul fondo…la vedete…bravi, un
commento non vi costerà nulla! ^ ^ Alla prossima e grazie a tutti!
Dimenticavo: la frase che Luna dice a Walker è una chiara ed
elogiativa citazione dal film Spiderman, con tanto di cappello a J. K.
Simmons
Il treno sbuffò e rallentò ancora fino a fermarsi contro le barriere
della stazione di Hogsmeade
Capitolo 5
Binari Paralleli
“Io la sera mi addormento e qualche volta sogno perché so sognare
E mi sogno i tamburi della banda che passano
che dovrà passare
Mi sogno la pioggia fredda e dritta sulle mani
I ragazzi della scuola che partono già domani
Mi sogno i sognatori che sognano la primavera,
o qualche altra primavera da aspettare ancora
Fra un bicchiere di neve e un caffè come si
deve
Quest'inverno passerà”
I
Treni a Vapore, Fiorella Mannoia
1.
Il treno sbuffò
e rallentò ancora fino a fermarsi contro le barriere della stazione di
Hogsmeade. Le porte si aprirono quasi in sincrono e i passeggeri presero a
scendere e salire. Non molti passeggeri, a dire il vero, ma abbastanza da aver
permesso la costruzione di un secondo binario.
Hermione rimase accanto
alla colonnina di metallo verde, guardandosi in giro, apprensiva. Alto. Un
pizzetto leggero sul volto. Occhi scuri e infossati. E il suo nome era…
“Tu sei
Hermione?” la domanda la fece sobbalzare e sollevare lo sguardo. Cercava
ancora, nella tasca, il foglietto in cui aveva segnato tutte le informazioni
dategli da Silente e da Ron sulla persona che avrebbe dovuto ricevere. Sfilò il
pezzo di carta dalla tasca dei jeans e lo lesse, squadrando con la coda
dell’occhio quell’uomo che l’aveva chiamata per nome.
“Rupert?” l’uomo sorrise in risposta. Un sorriso
straordinariamente improvviso e naturale.
“Sì, sono io”
allungò la mano e strinse quella di lei “Piacere, Rupert Poe”
“Hermione
Granger, lieta di conoscerti” gli sorrise e lo osservò meglio. Capelli crespi,
non troppo corti e brizzolati. Un pizzetto curato che circondava un sorriso che
sembrava perennemente disegnato sul volto.
“Vieni, ti
accompagno al castello” era davvero un uomo, come dire, interessante.
“Tu vivi qui,
vero? Ad Hogsmeade?” chiese Rupert seguendo la sua accompagnatrice. Hermione
annuì cercando, invano, di prendere almeno una delle grosse valige del nuovo
arrivato. Rupert la scansò con un gesto gentile.
“Ci mancherebbe.
Non preoccuparti, ce la faccio” prese con vigore i manici rivestiti di pelle e
sollevò i bagagli da terra “Allora, dicevo, vivi qui, giusto?”
“Sì, in effetti
non da molto…” mantenne la frase a metà per vedere la reazione di Rupert. Lui
guardò in avanti e dopo un breve momento di silenzio sorrise sotto i baffi.
“I bisticci
politici non mi interessano molto” allargò le spalle e imboccò la strada
principale, verso l’esterno del paese “Sono qui soltanto per fare il mio
lavoro”
Non che si
aspettasse una risposta del genere, ma Hermione fu in ogni caso soddisfatta. E
poi quell’uomo la faceva straordinariamente sentire a suo agio.
“E’ per di qua,
vero?”
“Come? Eh, sì,
certo…sei già stato ad Hogsmeade?” era curiosa di sentire la risposta.
“Prima volta. E’
un bel posto, per quel che vedo” Rupert diede un’occhiata intorno “Oh, prima
che mi dimentichi, c’è un ufficio postale? Dovrei spedire un gufo e credo di
essere già in ritardo”
“In fondo alla
strada. Non è lontano, possiamo passarci adesso se ti va” Rupert annuì di buon
grado e seguì Hermione lungo la stradina laterale alla stazione.
L’ufficio
postale di Hogsmeade era stato rinnovato da pochi anni. Più centrale e molto
meno affollato di gufi. Gli studenti che andavano a scuola al castello avevano,
spesso, un gufo personale, e comunque la gufiera di Hogwarts permetteva a tutti
i ragazzi di inviare corrispondenza senza il bisogno di un ufficio postale.
Rupert lasciò le
valigie sulla soglia ed entrò con un sorriso ad Hermione.
“Ci metterò un
attimo” le disse, estraendo di già una lettera dal colore paglierino. Hermione
si dondolò sui paletti per le scope in balia dei suoi pensieri. Ron le aveva
dato un compito semplice, su consiglio di Silente. Scoprire se questo Rupert
fosse affidabile o meno, almeno superficialmente. Non avrebbe dovuto
analizzarlo e men che meno infilarsi nella sua mente con un Leggimens, ma
comunque il sesto senso di Hermione avrebbe fatto un buon lavoro, almeno questo
pensava Ron. E fra l’altro lui era un uomo, e lei una bella donna, come le
aveva detto Ron prima di baciarla, la sera prima.
Che stupido…
“Ciao Herm, che
fai, parti?”
“Ginny” Hermione
strizzò in un abbraccio l’amica “Che fai in giro a quest’ora?” Ginny alzò il
bicchiere chiuso da un coperchio con beccuccio.
“Caffè caldo di
Renzo. Il suo bar è una manna dal cielo” bevve un sorso della bevanda e le
parve di rinascere.
“Dove vai,
comunque?” Ginny accennò alle valige di fianco all’amica e bevve ancora un po’
del caffè.
“Queste? Oh, no,
non sono mie. E’ arrivato il nuovo professore di divinazione”
“Oh, davvero?”
Ginny parve sorpresa. Hermione annuì con uno strano sorriso che incusse timore
in Ginny. Si leccò le labbra al sapor di caffè e scambiò una strana occhiata
con l’amica.
“Che c’è? Hai
quegli occhi da…come quando sapevi una risposta alla domanda di un professore,
al contrario degli altri”
“Bè…è carino”
Ginny sbarrò gli occhi e trattenne uno sbuffo sofferto.
“Herm ti prego!
Ne abbiamo già parlato”
“Ma prova a
conoscerlo prima! A me ha colpito molto. E poi se ti senti pronta…”
“Io non sono
pronta!” replicò secca Ginny “Sono pronta…in parte, ecco. Oh, ma insomma, tu e
mio fratello siete peggio di un’agenzia matrimoniale!”
“Eddai, tanto
stasera sarà a cena, prima che torni a Londra. Ci saranno tutti, vieni anche
tu, no?”
Ginny rimase
perplessa a bere il suo caffè. Guardò in giro, come se cercasse il suggerimento
per una risposta sensata alla proposta di Hermione. Non che volesse rimanere in
solitudine, però era da un po’ che non usciva con qualcuno. E il terrore di
fare brutta figura la frenava ancora prima di provarci.
“Allora?”
insistette Hermione, un po’ speranzosa, e un po’ obbligandola ad accettare.
Ginny sbuffò ancora un poco. Non era una decisione da prendere alla leggera.
Anche se, dopotutto, era solo una cena informale, piena di gente, non sarebbero
stati loro al centro dell’attenzione.
“Lettera
spedita, possiamo andare” Rupert spuntò dall’uscio dell’ufficio e fece
sobbalzare Ginny sul posto. Hermione si voltò di scatto.
Ma non può essere…
“Rupert, bene,
possiamo andare. Posso prima presentarti…”
“Questa
poi…Ginny Weasley” sorrise l’uomo, fra la barba leggera sul volto.
“Rupert!” Ginny
quasi stritolò il povero bicchiere di carta “Io…è…wow, ciao!” Hermione spostò
lo sguardo da un all’altro.
“Voi vi
conoscete?”
“Sì, è…è strano,
è stato…”
“Il viaggio in
treno” terminò Rupert per lei. Ginny ammiccò convinta.
“Esatto, solo
quello. Nella cabina, il viaggio…” spostò lo sguardo su Hermione in cerca di
soccorso. Hermione pensò un paio di secondi su una cosa intelligente da dire.
“Bè, mi dispiace
interrompere i vostri ricordi, ma dobbiamo andare al castello. Potete
riprendere il discorso stasera”
“Stasera?”
indagò Rupert.
“A cena”
“A cena?” la
domanda di Ginny sorprese anche se stessa.
“Sì, a cena”
sottolineò severa Hermione in risposta a Ginny “Faremo a casa nostra, così non
ci saranno troppi fronzoli e potremmo parlare con calma…bè, andiamo”
“Sicuro” Rupert
riprese le valigie e le sollevò da terra “Allora a stasera”
Ginny sollevò
con uno scatto il braccio, cercando di imitare un cenno naturale, col risultato
di rovesciarsi del caffè addosso. Lo schivò per un pelo con un balzo quantomeno
ridicolo. Almeno ai suoi occhi. Rupert trattenne una risata e cercò di
mantenere il suo solito sorriso.
Hermione fece
passare Rupert davanti a se e lanciò un’occhiata all’amica. Sillabò poche
parole.
“Alle quattro a
casa mia” poi corse dietro al nuovo professore.
Per la prima
volta da tempo a Ginny tremarono le gambe.
2.
“Dovresti stare
calmo” sottolineo pigramente Eve, seduta sulla panchina della stazione, intenta
a torturare pigramente i capelli di Tom. Il ragazzo poggiava la testa sulle
gambe della ragazza e si copriva dal sole con un braccio che avvolgeva la
testa.
Chris camminò
ancora, nervosamente, avanti e indietro.
“Calmo…certo,
facile! Calmo…” scosse la testa come se fosse desolato che sua cugina riuscisse
a dirgli solo questo.
Tom tentò di far
scorrere la mano sulla schiena di Eve, verso il basso, e per tutta risposta
sentì uno strattone secco ai capelli. Trattenne un lamento e intravide lo
sguardo severo della ragazza. Non lì e non ora.
Tom si alzò in
piedi di scatto e bloccò la passeggiata dell’amico.
“Chris, è la tua
ragazza! Di che ti devi preoccupare?”
“E se ci ha
ripensato?”
“Ma…cosa?!” Tom
sembrò più scioccato che altro.
“E viene fino
qua per dirti “Oh, scusa, sto con un altro”? Andiamo, credevo fossi tu quello
intelligente della famiglia” intervenne Eve, alzandosi in piedi.
“Sicuramente è
quello insicuro” rimbeccò Tom
“Non sono
insicuro…giusto ho qualche dubbio…” Chris riprese a camminare, agitato come un
animale in gabbia.
“Ha qualche
dubbio…che scemo” commentò Eve a bassa voce.
“Senti da che
pulpito…” Tom lasciò la frase incompiuta, mantenendosi astutamente sul vago.
“E che vorresti
dire?”
“Io? Nulla.
Perché, tu che hai capito?” continuò Tom, trovandosi d’un tratto al centro di
una discussione.
“Mi stai
accusando di qualcosa che ho fatto?” il tono di Eve divenne d’un tratto acido e
molto vicino al collerico, ma comunque troppo basso perché Chris lo sentisse.
“O che non hai
fatto. Comunque è una tua scelta”
Eve stava per
replicare quando il fischio di un treno in avvicinamento la zittì all’istante.
Diede un sonoro pizzicotto a Tom sul fondo della schiena. La discussione non
era certo finita lì.
Quando il treno
fischiò per l’ultima volta, finalmente si fermò. Grace fu una delle prime a
scendere.
3.
Quando Ron tornò
a casa, per un momento pensò di essere entrato nel posto sbagliato.
“Ehilà, è esploso l’armadio?” domandò il rosso
raccogliendo da terra un abito da sera che ricordava molto bene. Hermione lo
aveva comprato un paio di anni prima per la festa di capodanno al castello. Era
la prima festa tranquilla dopo i terribili eventi di poco tempo addietro. Aveva
un ricordo parecchio sexy di Hermione con quell’abito.
“Ron? Sei tu?”
la voce di Hermione lo richiamò al mondo reale “Vieni di sopra, sono con Ginny”
Ron raccolse il
vestito e fece gli scalini due a due. Appoggiato alla balaustra trovò una gonna
e un maglioncino beige. Qualcosa non quadrava. Era venuto a casa prima del
solito per poter parlare di Hermione e del suo incontro con il nuovo insegnante,
ma qualcosa gli faceva credere che non ci sarebbe riuscito.
Attraversò il
corridoio ed entrò in camera da letto. Sembrava che i cassetti fossero stati
sbalzati a terra e il contenuto con loro. L’armadio era spalancato e i vestiti
sembravano franati per la stanza.
“Abbiamo fatto
incazzare il ragazzo della tintoria?” ironizzò Ron raccogliendo altri vestiti
sparsi a terra e poggiandoli sul letto già molto ingombrato. Hermione spuntò da
un lato del letto con stretta in pugno una camicia con scollatura a V.
“Non scherzare,
è una questione da donne” sibilò Hermione, alzandosi in piedi e scambiando un
bacio col rosso “Tua sorella ha un appuntamento”
“Ha…cosa?!” Ron
sembrò più seccato che sorpreso “Come? Con chi?”
“Verrà qua da
noi, così lo conoscerai anche tu” Hermione bussò sulla porta del bagno “Tesoro,
la camicia” e aprì appena la porta, allungando la camicia.
“Grazie…credo
sia meglio mettere dei pantaloni”
“Aspetta”
Hermione si ributtò nell’armadio in ricerca “Ecco, sembrano jeans, ma è tessuto
elastico” e fece filtrare anche quelli attraverso la stretta fessura della
porta.
“Aspetta,
aspetta un attimo” Ron si sedette su un angolo del letto “Chi diavolo è? Lo
conosci?” Hermione valutò bene che cosa dire.
“Bè, dunque. Sì,
da poco, ma lo conosco” sorrise soddisfatta. Ron la guardò stranito.
“Quindi?”
“Quindi cosa?
“Ma chi diavolo
è!”
“Il professor
Poe” Ginny irruppe nella camera da letto sfoderando un fascino che Ron non le
vedeva addosso da parecchio. Poi si rese conto delle parole della sorella.
Scattò in piedi.
“Rupert Poe? Tu
hai…ma perché?”
“Lo conosceva
già” disse Hermione.
“Già” convenne
Ginny, guardandosi allo specchio.
“Lo
conosceva…come lo conosceva?”
“Senti, è lungo
da spiegare, ma molto divertente!” Hermione cercò di metterla sul ridere. Ron
sobbalzò frustrato.
“Ma tu dovevi
solo capire che tipo era, non farlo uscire con mia sorella!”
“Ehi, lascia
stare Hermione” sbottò Ginny “Io ero d’accordo. E poi è solo una cena informale
in casa, non un appuntamento. Non c’è bisogno di agitarsi!”
Ron si diede un’occhiata intorno e poi lanciò un sguardo
di sbieco ad entrambe.
“Vedo…il
ritratto della calma” si rimise a sedere “Si può almeno sapere che tipo è?”
“E’
interessante. Direi intelligente”
“Sì lo è”
rincarò Ginny, continuando a specchiarsi. Hermione annuì e si accoccolò sulle
gambe di Ron.
“Non sembra
abbia molto fraternizzato con Lestrange. Insomma, sembra pulito”
“Sembra…hai
detto che viene qua?” domandò Ron pensieroso. Hermione annuì.
“Ron, ti prego”
piagnucolò Ginny a mani giunte “Non dire o fare cose che possono mettermi in
imbarazzo”
“Ehi, non lo
farei mai!”
“E se l'amore che avevo non sa più il mio nome
E se l'amore che avevo non sa più il mio nome
Come i treni a vapore, come i treni a vapore
Di stazione in stazione, e di porta in porta
E di pioggia in pioggia, di dolore in dolore
Il dolore passerà”
I
Treni a Vapore, Fiorella Mannoia
4.
“Stanno proprio
bene insieme” Eve succhiò un altro po’ dalla cannuccia, lanciando sguardi a
Chris e Grace seduti lungo l’argine del fiume. Tom infilò una cannuccia nel
bicchiere di Eve e bevve il succo fresco.
“Io l’ho trovata
un po’ strana”
“Perché?”
“Mhh…non, so.
Chiamalo sesto senso” insistette Tom bevendo altro succo. Alzò gli occhi sulla
ragazza di fronte a lui e per un attimo anche lei lo guardò. Era così difficile
staccare gli occhi. Doveva chiederglielo. Ora o mai più.
“Eve senti…”
“Guarda un po’!
Accidenti, finirà per soffocarla!” Eve ridacchiò entusiasta, interrompendo Tom
alle soglie del discorso.
“Certo che per
baciarsi così. Hai visto?”
“Sì, sì. Abbiamo
già fatto la nostra figura da guardoni. Possiamo andare ora?” disse Tom, giusto
adocchiando il bacio fra Chris e Grace, troppo distanti per osservarli bene.
“Ti ho chiesto
se volevi accompagnarmi, ora non fare il sofferente per piacere!” disse Eve.
Tom sbottò.
“Ma se non…” fu
interrotto di nuovo dalla voce di Eve.
“Ho un polipo al
posto di un cugino. Ma pens…no! Guarda lì! Credo abbia una mano in più, non può
essere ovunque!” Tom fu costretto a guardare meglio e dovette ammettere che
Chris si dava davvero da fare con quel bacio. Per un attimo ebbe il terrore che
volesse andare un po’ troppo oltre. Non sembrava un bacio senza un seguito.
E invece, come a
voler contraddire i suoi pensieri, terminarono all’istante. Grace gli carezzò
il volto e poi si allontano, verso l’uscita del parco. Chris, incredibilmente,
non si mosse da lì e, soltanto quando la vide scomparire dietro agli alberi più
bassi, si rimise seduto a due passi dalla riva.
“Bè, che fa?”
Tom alzò le spalle alla domanda di Eve. Rimasero un po’ a guardarlo, ma il
giovane Chris non diede segno di volersi alzare da lì, e ormai la giornata
volgeva alla sera. Eve pagò e trascinò Tom con se.
“Piano, aspetta”
Tom la fermò e si misero un poco nascosti dietro una pianta più larga che alta.
“Ma che fa?” la
domanda di Eve era innocente, eppure Tom aveva come una brutta sensazione. Le
fece un cenno con la mano e si fece avanti. Chris gli dava le spalle e ora
aveva il capo chino.
“Ehi?” gli parlò
ad una spanna dall’orecchio. Chris non si mosse, alzò giusto un po’ la testa.
“Che vuoi?”
rispose senza troppo entusiasmo.
“Ma che è
successo?” Tom si sedette accanto all’amico in una posizione identica.
“E’ successo che
sono appena stato scaricato”
“Eh? Ma…” a Tom
mancarono le parole. Che qualcosa non stesse andando bene quel pomeriggio, lo
aveva intuito, ma non avrebbe mai pensato a nulla di così drastico.
“Tranquillo, te
l’ho detto che mi aspettavo qualcosa, no?” Chris miagolò con la voce un poco
rotta. Tom fece un cenno ad Eve. Piegò la bocca di lato per nulla entusiasta.
La ragazza si avvicinò e si accovacciò alle sue spalle.
“Ehi…vieni qui”
gli strinse le spalle e gli baciò delicatamente la zazzera. Chris si limitò a
piegarsi un poco all’indietro.
“Credo che andrò
a casa. Stasera poi mi aspettano e devo ancora andare a prendere il Pulcino…”
“Ma lei
come…cioè, dove va?” domandò Tom. Chris alzò le spalle.
“Ha il treno fra
poco…torna…sì, insomma” prese un bel respiro in cui Eve lo vide lottare
strenuamente per non piangere “Io vado…Pulcino, la cena. Ci vediamo”
Chris si
allontanò lasciando i due ragazzi soli, seduto sul praticello. Tom si stese
schiena a terra.
“Merda…che
stronza!” Eve si mise a ridere e Tom la seguì a ruota.
“Dai, non
sappiamo neanche perché. E poi, se non se l’è presa Chris, non dovresti prendertela
te” sottolineò Eve, stendendosi anche lei.
“A te sembra che
non se la sia presa? Non l’ho visto benissimo. E’ una di quelle cose da
suicidio in doccia. Semmai con la bava da pesca” Tom fece un verso strozzato ed
Eve rise di nuovo.
“Smettila, dai.
Domani gli parliamo con più calma. Adesso è ancora troppo fresca…”
“Ok, domani”
rimase un attimo in silenzio prima di prendere coraggio “Senti, che fai
stasera?”
“Mamma è fuori”
Tom alzò la testa e la guardò negli occhi con desiderio. Fece uno di quei sorriseti
alla Bishop che facevano sorridere Eve.
“Vin è in casa”
concluse la ragazza, e Tom lanciò un lamento cupo e sprofondò la testa per
terra, suscitando la solita risata ad entrambi.
“Vabbè, pizza?”
“Con Vin in
casa?” Eve parve perplessa. Tom alzò le spalle.
“Possiamo anche
passare una serata tranquilla ogni tanto. Allora, pizza?”
“Prosciutto?”
“Io peperoni”
“Andata” Eve si
rimise in piedi e sorrise al ragazzo.
“Andiamo?”
Tom la seguì a
cuor leggero. Per ora andava bene così. Per ora.
5.
“Voglio dire, è
un ottima scuola, non posso certo lamentarmi” Rupert sorrise cordiale e passò
l’insalata alla sua destra, a Hermione. Lei lo ringraziò mentre Ron finì di
masticare il suo pasticcio di carne prima di riprendere il discorso. Ginny,
però, lo anticipò.
“E hai mai
insegnato?” Ron annuì alla domanda della sorella e ondeggiò la testa. Hermione
lanciò uno sguardo a Chris. Sembrava strano quella sera. Laurie masticò un
boccone troppo grande e finì per tossire per non strozzarsi.
“No, mai a
ragazzi. Ho insegnato qualcosa a gente più adulta. Ma soprattutto ho avuto
ottimi insegnanti” alzò le spalle, soddisfatto dalla risposta. Scodellò un po’
di patate nel piatto.
“Chris, tua
sorella” sibilò Hermione vedendo che Laurie ancora tossiva, ma il ragazzo non
sembrava averla sentita. Punzecchiava il cibo senza badare a quello che gli
accadeva attorno.
“Chris…” sibilò
ancora, mentre Laurie tossiva sempre più forte “Chris!” urlò, infine, Hermione
facendo sobbalzare gli altri. Perlomeno il giovane Weasley sembrò dare segno di
aver sentito.
“Ah…?” borbottò
il ragazzo prima di rendersi conto di Laurie. Gli batté la schiena e le versò
un bicchier d’acqua.
“Bevi piano”
sussurrò Chris. Hermione infilzò un pezzo di carne e cercò di cambiare
argomento.
“Allora, Rupert,
che facevi prima di venire qua?”
“Lavoravo al
ministero” la risposta serena di Rupert gelò Ron sul posto. Rimase con la
forchetta piantata sulla patata.
“Oh…bè, ma
pensa” sdrammatizzò Ginny “E così conosci Silente?”
“Di fama. Non ho
studiato ad Hogwarts”
Ron torse la
forchetta. La patata stava diventato purè. Hermione notò il marito con lo
sguardo piantato sulla tortura della patata, e gli diede un colpo leggero col
piede. Il rosso sembrò sobbalzare.
“Bene, voglio
dire, anche io ho lavorato al ministero” Ron guardò in modo eloquente la
sorella. Stava facendo un grande sforzo per comportarsi decentemente, e Ginny
sembrò notarlo perché gli boccheggiò un grazie a labbra serrate.
“Oh, lo so, vi
conosco per fama. Chi più chi meno” ridacchiò Rupert. Masticò una fetta di
pomodoro e riprese “Weasley è stato un ottimo ministro”
“Nostro fratello
sarà contento di saperlo” sorrise Ginny e bevve un sorso d’acqua per
rinfrescarsi le idee.
“Mamma, io vado
di sopra” Chris si alzò in piedi e spostò il tovagliolo.
“Ma non hai toccato
cibo” Hermione aveva nasato bene, qualcosa non andava.
“Non ho fame”
attraversò la sala e salì le scale. Laurie si alzò di scatto.
“Finito! Vado
con lui”
“Ehi, ehi
signorina!” Ron non riuscì a fermarla e corse via come il vento. Hermione
sospirò rassegnata.
“Adolescenti…”
fece un sorriso di circostanza. Ron sospirò a sua volta.
“Piccole donne”
ridacchiò, facendo ridere anche gli altri. Hermione si alzò per sbarazzare i
piatti dei due ragazzi.
“Aspetta ti do
una mano” Ginny prese le due brocche d’acqua da riempire e seguì Hermione in
cucina. Chiuse la porta con un colpo di tacco.
“Allora? Come
sta andando? Bene, no?” Ginny sembrava molto, troppo, agitata. Hermione
sbarazzò i piatti da lavare con un sorriso pronto ad esplodere.
“A Ron verrà
l’ulcera, ma sì, credo stia andando bene”
“E poi è
simpatico! Dai, credo sia semplicemente sincero e che ci stiamo preoccupando
per nulla” Hermione alzò un poco le spalle e ridacchiò.
“Certo che per
non essere un appuntamento la stai prendendo molto sul serio” non fece in tempo
a finire la frase che Ginny le pizzicò il sedere. Hermione ridacchiò ancora,
lanciando un piccolo urlo appena accennato.
“Torno di là,
così Ron non ha il tempo di vivisezionarlo” e Ginny attraversò la porta con le
brocche piene d’acqua in mano. Hermione sistemò i due piatti rimasti e si
asciugò le mani.
“Hermione…Chris
non mi parla” la donna si girò di scatto sentendo la voce di Laurie. Non
l’aveva sentita scendere dalle scale della cucina, e capì anche il perché.
Aveva ai piedi solo i calzini.
“Cosa è
successo? Lo hai fatto arrabbiare?” si inginocchiò per scostare un ricciolo
castano. Laurie si torturò un dito.
“Ma no! Uffa…e
poi sta lì a piangere”
“Chris piange?”
Hermione sbarrò gli occhi sorpresa. Laurie confermò annuendo con la testa.
“E poi non mi
vuole dire niente di Grace”
“Prima o poi
verrà a trovarci, appena suo papà ha un po’ di tempo la accompagnerà qui”
Hermione rassicurò Laurie, che però fece una faccia contrariata.
“Ma Grace è
stata qui oggi! Ho sentito che lo diceva a Tom!” sbottò Laurie lasciando di
stucco Hermione. E la veloce capacità logica della donna le fece fare due più
due. Se Grace era venuta fin qua, e Chris stava così male…
Sospirò sapendo
ormai di essere arrivata un po’ troppo tardi.
“D’accordo, me
lo fai un favore, tesoro?” Laurie annuì a labbra serrate, quasi se le volesse
mangiare “Vai nel lettone e saltella finché vuoi” il dolce faccino della
bambina si illuminò.
“Davvero posso?”
“Certo! Stai
attenta a non farti male, però. Vai” Laurie prese e corse come il vento fino al
piano di sopra, ridendo come una matta.
Hermione si
rimise in piedi e allungò la testa in sala.
“Scusate,
tesoro, problema di livello due” strinse le labbra e alzò gli occhi al cielo.
Ron smise di bere dal bicchiere.
“Chris?”
Hermione annuì. Ron sospirò.
“Vado io, ma
prima o poi parlagli” Ron annuì ed Hermione sparì al di là della porta. Ginny
scosse la testa e alzò gli occhi al cielo.
“Livello due?”
la domanda di Rupert fu di sincera curiosità.
“E’ un codice
che usiamo in famiglia” spiegò Ginny sorridendo, o forse ridendo “Il livello
uno è la prima cotta” Rupert annuì sorpreso.
“Il livello due
è il primo scaricamento” Ron concluse il discorso per la sorella “Più il
livello è alto e più la faccenda è grave”
“Interessante”
il professor Poe sorrise divertito “ E c’è anche un terzo livello?” chiese,
scherzoso.
“Sì” Ron gli
rispose con un tono abbastanza duro per il genere di conversazione che si stava
tenendo “Il livello tre è il tradimento” gli piantò gli occhi addosso come se
volesse dargli fuoco col pensiero. Ginny respirò e cercò di mantenersi calma.
Quel silenzio stava durando fin troppo. Un silenzio imbarazzato che Rupert non
riusciva a spezzare nonostante la buona volontà. Ginny pregò perché gli venisse
qualcuno in soccorso, dato che Hermione ormai se l’era giocata.
E in quella
suonò il campanello.
Grazie al cielo…
Ginny riprese a
respirare e bevve un sorso d’acqua. Ron si alzò di scatto.
“Scusatemi torno
subito” il rosso lasciò la sala e si infilò per il corridoio che conduceva
all’ingresso di casa.
Ginny si guardò
intorno cercando di trovare qualcosa di intelligente da dire. Rupert sbuffò una
risata, come se l’avesse trattenuta per troppo tempo fra le labbra. E anche
Ginny si cacciò a ridere.
“Scusa…mio
fratello è…è fatto così” disse Ginny fra i singulti dati dal ridere. Rupert
cercò di riprendersi e intanto faceva un cenno consolatorio con la mano.
“Non…non
importa…è da un sacco di tempo che non passavo una serata così!” riprese a
respirare normalmente e bevve un sorso di vino per schiarirsi l’idea e la voce.
Ginny si asciugò gli occhi lacrimanti con la punta del tovagliolo.
“Peccato che sia
già finita” disse, poi, Rupert poggiando il suo bicchiere. Ginny alzò le
spalle.
“Possiamo anche
ripeterla, se vuoi…” con questo aveva osato anche troppo. Il professor Poe la
fissò con uno strano sorriso. Ginny conosceva la sua mania per il sorriso, ma
quello fu leggermente diverso. Era un sorriso…approfondito. Un sorriso che
penetrava bene dentro. Era strano.
Ron corse ad
aprire la porta. E fu sorpreso di trovarsi davanti Neville Paciock affannato e
sudato.
“Neville ma
cosa…”
“Felpato…e
Lunastorta…” Neville cercò di parlare con la voce rotta dallo sforzo “…hanno
avuto guai”
Anche se potevo sembrare
scomparso…non lo sono! Scusate il grosso ritardo, ma oltre gli esami impellenti
(che non sono andati neanche troppo bene), ci si è messo pure il PC e la
connessione ad internet (che ho riattivato da pochi giorni). Insomma, quando le
sfighe non viaggiano mai sole, vero? Ma bando alle ciance, vedo che avete
atteso in molti, e quindi eccovi il nuovo Capitolo, con la promessa che il
prossimo sarà molto più rapido (ho avuto modo di pensare un bel po’… almeno
quello non richiede un PC funzionante e una connessione! ^__-)
Well, ringrazio i recensori,
tutti e tutti, e rispondo ai loro commenti, proprio ora!! ^ ^
Ladyof Darkness: Mi scuso
per l’immenso ritardo! Sì, bè, il tuo ragionamento è praticamente esatto, ora
devi solo porti qualche altra domanda…su Bellatrix e co. Ah, e ti assicuro che
Luna ha il suo perché, c’è anche della Luna originale lì sotto, solo che
crescendo i caratteri mutano, pur partendo dalla stessa base. A risentirci a
presto, Ciao ciao ^^
Sunny: Mi sarebbe piaciuto
beccarci in Chat, ma il malvagio signor Virgilio mi ha rubato tutti i mega di
connessione! In compenso il Signor Libero me li ha restituiti, con un po’ di
tempo ma sono arrivati. Remus il pacato ringrazia per l’apprezzamento e fa
notare come lui abbia un approccio meno violento alla situazione (anche se
Sirius quando ce vò ce vò…^__-) E ti faccio notare che ho messo i Weasley
sparsi in diversi punti…sono o no un bravo ragazzo? Ci sentiamo, ciao! ^^
Alewen: Anche io, però per
la mia fic ho dovuto evolvere (non cambiare, nota bene) il suo carattere in un
genere più dark/thriller. Sarebbe stata un po’ troppo fuori posto, altrimenti.
Stay with us! Alla prossima! ^^
Karien: E’ una specie di
identificazione col personaggio, capisco! ^ ^ Oh, non fumo neppure io, una
brutta storia di quasi 18 anni fa…un giorno la racconterò! ^ ^ So che sai che posso
fare di peggio…e tanto lo sai (e lo sapete…) che lo farò…Oh, signore, quanto
sono cattivo! : P Ci vediamo!! ^ ^
Serena82: La sferetta..?
Bè, da quanto dicono qui in giro, molti pensano sia stata la dolce cugina di
Sirius…potrebbe essere dopotutto! ^__- Ah, i libri! Anche tu sei stata colpita
dalla malattia di “Guglielmo da Baskerville”? ^__- Tranquilla…qualcosa si
otterrà, appena hanno finito di raccogliere tutti i pezzetti! ^ ^ Grazie e alla
prossima!
Dorothea: Ma salve! Ho
visto l’aggiornamento e lo leggo appena ho un secondo libero! Eh, è vero che
c’era un senso di “è tutto troppo facile….”? Già, in effetti non lo era! ^ ^
Fortunatamente a Sirius è tornata in mente la manfrina di tritoni e petardi
esplosivi. Luna avrà il suo ruolo, anche se sarà una Luna più adatta al tipo di
fic che sto scrivendo (nonostante il carattere di Luna nei libri sia
fenomenale! ^ ^) Grazie e alla prossima!
Ellie: Poco per volta,
tutto sarà chiaro, e poi io lascio sempre indizi per capire prima tutta la
situazione. Certo, ammetto che sono molto difficile da capire/trovare, ma ci
sono! L’integrazione di Luna nel gruppo di personaggi vedo che ha riscontrato
ottimi risultati, molto bene! Son contento! Ah, e i“vecchi” ringraziano ^__-. Ciao e alla prossima!^ ^
Vale: Eccomi, come vedi,
giusto il tempo di sistemare quel che ti dicevo! Oh, well, Luna sana donna di
principi. In effetti se lo chiede anche lei perché lo fa…perché è giusto,
probabilmente! Ti ho lasciato con l’amaro (Cynar? Vabbè, questa me la potevo
risparmiare…-__-) in bocca…e ho fatto la stessa cosa in questo chap! ^ ^ Ah ah,
dai presto si saprà qualcosa, giurin giurello! Grazie mille e alla prossima!! ^
^
Marty92: Tranquilla, Draco
è morto. Bwahahahah, adoro dirlo! Scateno il panico fra i recensori (strek si
ricompone prendendo un’aria professionale). Dunque dicevo, ah, Luna, come ho
detto prima, ho dovuto metterla un pochino più Dark per esigenze di stile della
fic. Sarebbe stata troppo fuori luogo altrimenti. Ma avrà le sue epifanie, ogni
tanto ^ ^ E poi…non sono cattivo…è che mi disegnano così ^__- Ciao e alla
prossima!!
Pan_z: Panuzza cara! Che
piacere risentirti! Gradito ritorno, tranquilla, prendi fiato e leggi con
calma. Ci sentiamo al prossimo capitolo…ciao ciao ! ^ ^
Ale: Ma salve carissima!
E’ una Luna più adatta a quel che scrivo, ma ogni tanto avrà le sue uscite,
tranquilla…è sempre Luna. E poi sai che butto tutto sul dark/tragico! Well, a
proposito di adolescenza, ci sono stati interessanti sviluppi in questo
chap…senza contare le zampe di Bellatrix sempre un metro avanti agli
altri…tanta carne al fuoco, bisogna non perdere l’ordine delle cose e tenere
sempre d’occhio gli indizi che spargo…Grazie mille per la recensione e alla
prossima!! ^ ^
Sorti: No, Luna è solo
settata per la mia fic. Avrà i suoi momenti, ma questa fic è meno
Rowlingiana…sarebbe stata fuori posto come personaggio, e piuttosto che crearne
uno nuovo ho sistemato Luna. E’ evoluta e cresciuta, ma è sempre lei. Se
vedemu! ^^
Belial: Un nuovo
recensore! Strek si inchina e ti ringrazia per cotanto sforzo di lettura e ti
da ragione, la situazione è partita più calma del solito, ma vedrai che le cose
cambieranno. Voglio dire, a furia di trattenersi poi si esplode… una
similitudine azzeccata direi. Quanti capitoli? Oddio, non ti so dire davvero,
cmq direi che la tiro per le lunghe come al solito, quindi dovrai sopportarmi
per ancora un bel po’… Grazie e alla prossima! ^ ^
E con questa ho concluso! Vi
ringrazio tutti, dal primo all’ultimo, anche chi c’è e non lascia un segno del
suo passaggio. E chi mi scrive email…a proposito, ho cambiato gestore, quindi
ho cambiato mail. La vecchia mail non esiste più, la mia nuova mail è strekon.giacomo@libero.itper qualsiasi cosa: regali, insulti, armi di
distruzione di massa, buoni pasto, ecc…
“You're working so hard
and you're never in charge
your death creates success
and you'll build and suppress”
Rule by Secrecy, Muse
1.
“Sono stati attaccati?” domandò
Hermione. Neville annuì.
“Precisamente.
Sapevano dove andare, perché li hanno anticipati” si sedette e versò il fondo
di scotch giù per la gola.
“Figli di
puttana!” sbottò Ron. Marciava come un leone in gabbia.
“Come lo hai
saputo?” chiese Hermione sedendosi sul cuscino.
“Luna”
“Luna rischia
troppo! La sua posizione al giornale è già un rischio!” il tono di Hermione era
preoccupato, più che arrabbiato.
“Io gliel’ho
detto di…lasciamo perdere, che è meglio!” cercò altro scotch nel bicchiere,
invano. Sospirò rassegnato e fece scorrere via la rabbia.
“Intanto però si
sono scoperti. Si sono fatti avanti. Hanno pedinato i ragazzi” concluse Ron,
fermandosi un istante.
“E attaccati”
precisò Neville.
“Ma non uccisi. Se avessero voluto farli fuori ce
l’avrebbero fatta. Avevano la sorpresa dalla loro. Ammettiamolo, questa volta
ci hanno giocato”
“Ci hanno
giocato? Ron, Felpato e Lunastorta hanno rischiato la vita davvero, questa
volta!” tuonò Neville, alzando forse un po’ troppo la voce.
“Neville,
calmati, mio fratello intende dire che se non l’hanno fatto…bè, c’è un motivo”
spiegò Hermione, cercando di riportare la calma nel salotto di casa Weasley.
“E cioè?”
“Cioè, non hanno
trovato nulla di importante” spiegò Ron “E sperano che noi si scovi
qualcosa…una pista da seguire”
“Ma perché farli
saltare per aria?” le domande di Neville si facevano sempre più insistenti.
“Per darci la
scossa” puntualizzò Ron “Per dirci “Ehi siamo qua ad un passo da voi!”
Il volto di
Neville si paralizzò per un lungo istante. L’agitazione che lo pervadeva fino
ad un attimo prima, sembrava essere scemata assieme allo scotch. Si asciugò il
mento sudato e rifletté un momento.
“Intendi dire…”
“Che sono
bloccati” concluse per lui Hermione. Aveva ritrovato improvvisamente il
sorriso.
“Già” Ron
sorrise compiaciuto e strinse il la mano “Pensano di averci spaventato, e
intanto continueremo le ricerche. Neville, si è salvato qualcosa
dall’esplosione?” Neville alzò le spalle.
“Non saprei. Se
c’è qualcosa ce l’hanno i ragazzi”
“Puoi recuperare
il materiale?” chiese Hermione. Ron si mise a sedere nella poltrona accanto.
“Credo di sì, ci
penso io”
2.
“Il potere è
pericoloso…”
“Lo so”
“Perché vuoi il
potere?”
“Ho bisogno di
un esercito che mi dia forza. Ho bisogno di alleati” la figura si alzò in piedi
mentre lo spettro volteggiava sue giù, sospeso ad un elastico.
“Non ti
aiuteranno. Non ti aiuterà nessuno. Nessuno può capire la tua grandezza” lo
spettro divenne vaporoso per un attimo, poi torno a risplendere.
“Loro non
capiscono…vivono immersi nel male, nel pericolo, e non capiscono!” la figura
scostò una tenda e osservò Hogsmeade immersa nella luce del tramonto.
“Diranno che sei
pazzo. Come ti difenderai? Cosa dirai?” chiese lo spettro.
“Non dirò nulla.
Agirò, poi vedranno chi ha ragione”
”Change in the air
and they'll hide everywhere
and no one knows who's in control”
Rule
by Secrecy, Muse
3.
Eve si strusciò
su Tom ma il ragazzo si limitò a carezzarle una guancia e sfiorarla con un
bacio.
“Che hai? Non
vuoi…?” disse Eve smettendo di fare le moine. Tom allargò le spalle.
“No…dai,
lasciamo perdere stasera”
Tom si alzò in
piedi verso la finestra aperta. La luce del sole era ormai soltanto un striscia
sottile oltre i monti.
“Tom? Tom-Tom?
Che hai?” Eve lo seguì a piedi scalzi e lo abbraccio da dietro. Non aveva
ancora mollato. Aveva voglia di coccolarsi. Vincent era uscito con gli amici e
l’occasione era buona.
“Senti hai
pensato…a noi?” disse Tom tutto d’un fiato. Ormai era in ballo. Eve si sollevò
dalla sua schiena.
“Ah…” sbuffò
Eve. Ora capiva il comportamento del ragazzo. Non aveva una gran voglia di
affrontare l’argomento.
“Io…ma c’è
bisogno di discuterne ora? Non ti piace stare con me?” disse Eve. Ribaltamento
della frittata. Un colpo segreto tramandato da generazioni.
“Sì c’è bisogno”
disse Tom, voltandosi di scatto.
“Ok, va bene!”
Eve si mise a sedere sul letto a gambe incrociate. Fece cenno a Tom di sedersi
davanti a lei e intanto si annodo i capelli in una coda riccia e ribelle.
“Eve, tu mi
piaci e io ho una gran voglia di stare con te, però…non capisco il non dirlo a
nessuno!”
“Cos’è? Vuoi
sbandierare la tua nuova conquista?” disse Eve, ironica.
“Non dire…no” si
trattenne Tom. Aveva paura di scaldare i toni e litigare. Lui voleva solo
discutere.
“Io vorrei
andare in giro con te liberamente”
“Ma lo
facciamo!” disse Eve. Si lanciò in un sorriso di comprensione mal riuscito.
“No, cioè, sì,
ma è diverso. Non siamo insieme…siamo Eve e Tom…”
“Quanti
problemi! Sei contorto per essere un ragazzo!” disse Eve. Ora stava alzando la
voce.
Tom rimase in
silenzio.
“Ma sei così
pesante con tutte le ragazze con cui sei stato? Ok, dai mettiamoci insieme!”
sbuffò Eve, senza troppa enfasi.
“No, senti, non
importa…non mi interessa a sto punto…” Tom si alzò in piedi.
“Guarda che sei
strano tu hai detto…”
“Ma non rompere!
Mi tratti come un idiota a cui dai il contentino!” disse Tom urlando. Addio
alla tranquilla discussione.
“Ehi sei tu che
ti fai problemi di ogni tipo! Chissà tutte le altre ragazze, le avrei prese per
sfinimento!”
“Io…non faccio
così con tutte…certo che se ti ci metti…” Tom sillabò le parole per non parlare
troppo.
“Cosa? Guarda
che io sto bene anche per i fatti miei, sai?” Eve lo disse, ma non era poi del
tutto convinta delle sue parole. Era un azzardo per vedere la reazione di Tom.
“Che…ma
vaffanculo va!” Tom alzò il braccio in un gesto secco e si infilò il cappello
prima di uscire dalla camera di Eve.
“Ehi! Dove vai
adesso? Non volevi parlare?” lo punzecchiò ancora lei. Tom, molto
decorosamente, stette zitto e si limitò a sbattere con violenza la porta di
ingresso. I vetri tremarono fino al piano di sopra. E Eve pensò che forse aveva
tirato la corda fin troppo.
4.
Neville aveva
portato tutti i documenti recuperati da Sirius e Lupin. Stavano nascosti nel
magazzino sotto il negozio di Fred e George. Erano al sicuro per un po’, almeno
il tempo necessario per guarire le ferite dell’esplosione.
Ron ringraziò
Neville per il rischio corso.
“Figurati. Luna
è formidabile quando vuole” sorrise Neville stendendo la sacca di tela sulla
scrivania di Silente.
“Luna eh? E
bravo Neville” disse Ron ridacchiando e mettendo in imbarazzo il povero
Paciock.
“Vediamo cos’hai
qua…” Silente sfilò dalla sacca due vecchi diari bruciacchiati e un gran numero
di fogli sparsi.
“Remus mi ha
detto che quel diario era stato consultato da…lei. Forse se siamo
fortunati…” disse Neville cominciando a sfogliare i fogli sparsi. Ron affiancò
Silente e cominciò a leggere sul diario.
“E’ molto
preciso per essere un babbano” disse Silente, carezzandosi la barba.
Neville raccontò
della scoperta di Sirius e Remus e di come nessun mago avesse mai sentito
parlare delle ricerche di Jean Boulerai.
“Accidenti, uno
babbano che si intende di magia” disse Ron, sorpreso. Silente sfogliò qualche
altra pagina e scosse la testa.
“Chiederò a
Minerva e a qualche altro collega. Se ci sono ancora informazioni valide sono
sicuro che riusciremo a ricavarle. Bellastrix non si sarebbe sprecata a far
saltare tutto solo per dare un segnale”
Ron e Neville si
scambiarono un’occhiata. Era la loro teoria fino alla sera precedente.
Silente raccolse
tutto il materiale recuperato e lo infilò fra le pieghe della tunica.
“Vi farò sapere
presto, non temete”
5.
Luna Lovegood
percorse la strada di Notturn Alley con estrema calma. Con il ministero
corrotto che si trovavano, non era certo una strada piena di bifolchi a
metterle paura. Sapeva che nessuno avrebbe cercato di avvicinarsi a lei
conciata com’era.
Non aveva un bel
aspetto. Era tre giorni che non dormiva e Neville gli aveva chiesto il favore
di fare da corriere per le informazioni recuperate. Lo aveva fatto volentieri.
Neville l’aveva aiutata tanto in quegli anni. Forse era l’unica persona che
frequentava con una certa costanza.
Infatti, Neville
lo aspettava all’angolo con la viuzza vicino al fioraio, come concordato. Le
sorrise vedendola arrivare. Si scambiarono un bacio veloce, poi lui la sostenne
con il braccio.
“Stai bene?”
“Oggi un po’
meglio, ma ho un aspetto da far schifo”
“Sei bellissima,
fidati” disse lui, sorridendole. Era sincero, anche se in torto. Luna aveva un
aspetto pessimo, oltre che il bisogno di una doccia.
Camminarono
verso l’uscita di Notturn Alley. A pochi passi da li c’era un alberghetto che
piaceva ad entrambi. Avrebbero preso qualcosa di caldo da mangiare e si
sarebbero fermati per la notte.
“E’ servita la
roba recuperata?” chiese Luna.
“Silente ci sta
lavorando. Sei stata fondamentale, credimi” disse Neville. Le sfiorò la fronte
con un bacio, e lei lo strinse forte attorno alle spalle. Troppo forte.
“Stai fermo. Non
girarti e resta fermo” disse lei a voce talmente bassa da avere difficoltà a
sentirsi.
Neville eseguì
mentre il cuore prendeva a battere.
“Cosa c’è?”
disse a sua volta senza alzare il tono. Luna accennò con gli occhi verso la sua
destra e Neville sfrutto la vetrina buia di fronte come specchio.
Bellatrix
Lestrange. Camuffata, forse, ma fin troppo identificabile per lui.
Luna sentì i
muscoli di Neville irrigidirsi e il respiro fermarsi di scatto.
“No, Neville. Ti
prego, stai tranquillo…”
Neville non la
ascoltò. La strinse a se e la tenne alle sue spalle. Si mosse veloce dietro
l’ombra di Bellatrix, come gli aveva insegnato Ron negli anni.
Devi sfruttare l’ambiente. Tutto è sotto il tuo
controllo. Se non lo è potrebbe diventare una minaccia.
Oltrepassò le
pozzanghere e non perse d’occhio la donna. Sentiva Luna qualche passo dietro di
se. Voleva dirle di stare ferma, non seguirlo, ma avrebbe perso tempo
prezioso.
Bellatrix si
guardò attorno, ma Neville era coperto da un gruppo di maghi intenti a bere
birra davanti ad un pub malandato. Infilò una porta di un negozio di
antiquariato.
Neville si
sporse oltre la vetrina e agitò la bacchetta davanti ai suoi occhi.
Istantaneamente
gli occhi gli si illuminarono e riuscì a vedere anche oltre le penombra del
negozio. Bellatrix parlava con il proprietario, probabilmente senza farsi
riconoscere.
Scelse due
libri, ma Neville non riuscì a leggere i titoli. Erano due volumi in pelle
scura. Uno sembrava ricoperto di scaglie.
Bellatrix sfogliò un elenco che il negoziante gli aveva
mostrato ed indicò un punto del foglio. Sorrise, e Neville dovette stringere i
denti per non entrare e schiantarla contro la pendola nel lato opposto del
negozio.
La vide
dirigersi all’uscita e scattò all’indietro, nascondendosi dietro un doccione
contorto. Quasi pestò i piedi a Luna che si fece di lato.
Bellastrix si
allontanò lungo la strada e Neville si avvicinò all’entrata del negozio
“Aspetta” disse
Luna. Lo trattenne e gli passò davanti facendogli cenno di aspettare. Il
campanello del negozio trillò nuovamente quando Luna entrò.
Neville si mise
sull’orlo della vetrine e vide Luna parlare col negoziante. Non sembrava
agitata. Con un sorriso gli disse qualcosa e quello si infilò fra le mensole
del negozio. Luna controllò che fosse abbastanza occupato e sfilò il foglio che
Bellatrix aveva consultato poco prima. Con un gesto veloce sfilò in block notes
dalla borsa e ricopiò in fretta qualche parola, facendo saettare gli occhi fra
l’uno e l’altro.
Il negoziante
tornò nel momento in cui Luna rimise il foglio al suo posto. Fece qualche gesto
e disse qualcosa al negoziante. Quello si scurì in volto e sembrò volerla
mandare al diavolo. Luna uscì e raggiunse Neville ancora nascosto.