Hey Baby di annina94 (/viewuser.php?uid=68112)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nobody's Perfect ***
Capitolo 2: *** I Am What I Am ***
Capitolo 3: *** L'immagine ***
Capitolo 4: *** Love Show ***
Capitolo 5: *** A Little Problem ***
Capitolo 6: *** Scherzi o no? ***
Capitolo 7: *** You, me and she ***
Capitolo 8: *** I Feel Better ***
Capitolo 9: *** Another One Bites The Dust ***
Capitolo 10: *** Incomprensioni ***
Capitolo 11: *** Il meglio deve ancora venire ***
Capitolo 12: *** Come Stai? ***
Capitolo 13: *** Live to Party ***
Capitolo 14: *** Potatoes and Carrots ***
Capitolo 15: *** Keira ***
Capitolo 16: *** Volleyball and Swimming ***
Capitolo 17: *** Hold My Hand ***
Capitolo 18: *** Liberian Girl ***
Capitolo 19: *** Dirty Diana ***
Capitolo 20: *** Blood On The Dance Floor ***
Capitolo 21: *** Why Couldn't It Be Christmas Every Day? ***
Capitolo 22: *** My Love Josh ***
Capitolo 23: *** Coppia ***
Capitolo 1 *** Nobody's Perfect ***
capitolo 1 anna corretto
Hey Baby
Capitolo 1: Nobody's Perfect. Erano quasi le undici di notte, nella tiepida aria di
settembre, dove gli alberi non avevano ancora
cominciato a perdere le foglie e gli uccelli
volavano in grandi stormi, preparandosi per le lunghe migrazioni.
“ Forse ci rincontreremo, uccelli migratori, poiché anch’io
sto per imbarcarmi su un aereo diretto in
un luogo che in inverno è più mite del mio amato
Alto Adige” pensò Anna, con una punta di malinconia.
Era nata in quella piccola regione autonoma, più
precisamente nel capoluogo, Bolzano.
Come città non era grandissima, ma contava i suoi
96.000 abitanti. Più di Trento, capoluogo di regione.
Praticamente una nullità, messa a confronto con
la mitica e meravigliosa Los Angeles, città di
celebrità, belle ragazze e surfisti
abbronzati.
Almeno la sua città non era teatro di disgrazie e
episodi di scandali, come succedeva dall’altra parte del mondo.
E poi anche l’Alto Adige sfornava campioni
sportivi, basti pensare a Carolina Kostner, campionessa
di pattinaggio artistico, nonché idolo della
sorellina Elena di tredici anni, ad Alex Schwazer, ed ad
una
lunga lista di sciatori e praticatori di sport invernali.
“Anche se non mi piace sciare, sono fiera di
quelle persone che provengono dalla mia regione”.
- Anna! Son già le 23.35! Ti devi
muover se no perdi l’aereo!- strillò la sua amata sorellina,
in
preda ad una crisi isterica, dovuta al fatto che la sua
sorella maggiore stava per lasciarla sola per nove lunghi mesi.
- Sì, Elena, ma vedi, hanno appena aperto lo
sportello dell’imbarco, e tutte le persone si sono
ammassate lì, quindi è u po’ inutile che io mi
alzi per sorbirmi mezz’ora di coda. – rispose Anna
in tono gentile, cosa che fu motivo di sorpresa
sia per i genitori, che per la bambina,
visto che i loro rapporti non erano mai stati dei
migliori,
guardandola con occhi supplichevoli.
- Farò in modo di non perderlo – fu la secca
risposta.
Un anno fa, era arrivata a casa una lettera che informava la
spett. le. Famiglia Dal Fuoco, che la loro
richiesta di trasferire la figlia Anna in America
per un soggiorno studio allo scopo di affinare le
conoscenze della seconda lingua inglese, era
stata accettata. Il nome dei suoi ospiti, lasciò Anna un
po’ interdetta, ma liquidò li problema, dicendosi
che c’erano centinaia di famiglie negli Stati Uniti
ad avere il cognome Jonas.
Aeroporto di Milano
Malpensa
- Documento d’identità e biglietto, prego – la voce nasale
dell’impiegata le diede un leggero
fastidio, ma le porse ciò che aveva chiesto senza
indugi.
Una volta passata la porta, si girò per salutare
l’ultima volta la sua famiglia.
- Mi mancherai tantissimo! – disse Elena,
cercando di reprimere un singhiozzo, con scarsi risultati.
Alzò una mano e sorrise. Era raro
vederle dipinto sul volto quel sorriso, che era più dolce delle
mele candite, perché a prima vista non le si
addiceva. Una persona estremamente orgogliosa non
poteva permettersi di dimostrarsi debole, quindi
se sorrideva così, c’era un motivo importante.
Appena si girò, una lacrima solitaria le rigò la
guancia destra.
- Anche voi mi mancherete, tutti – mormorò a
bassa voce.
Aveva avuto la fortuna di avere il sedile vicino
al finestrino, e non potendo ascoltare la musica, tirò
fuori dal bagaglio a mano il libro che si era
portata dietro.
Il viaggio fu lungo e il libro finì parecchio
prima che l’aereo arrivasse a destinazione.
“Mi sta sorgendo una preoccupazione: benché la
mia conoscenza dell’inglese sia buona, la lingua
che parlano in America è diversa da quella che ho
sempre studiato a scuola. Sarà un casino, i
primi giorni, capire quello che mi verrà detto e
quello che si diranno fra di loro. Naturalmente, non
posso assolutamente chiedere loro il favore di
parlare più lentamente, perché in questo modo, il mio
orgoglio ne risentirebbe e poi riacquistarlo
sarebbe un problema. Dovrò stringere i denti e
mascherare le mie incomprensioni. Non sarà
facilissimo, ma ce la farò.” pensava a questo, nelle
restanti tre ore di volo che la separavano dalla
sua nuova vita a Los Angeles.
Sapeva che il fuso orario l’avrebbe disturbata
per almeno una settimana, ma proprio per questo,
aveva insistito per partire almeno due settimane
prima dell’inizio della scuola; non le piaceva il
fatto che i suoi nuovi compagni di corsi
notassero che non era americana a causa del fattore stanchezza.
Cercò di dormire, ma si appisolò solo per una
mezz’oretta.
La voce del pilota echeggiò negli altoparlanti dell’aereo,
che era di proporzioni esagerate: tre file di
sedili, le due laterali da tre, mentre quella
centrale da quattro, informando i gentili passeggeri che il
viaggio era andato bene e facendo le ultime
raccomandazioni e ringraziandoli per aver scelto la loro compagnia
aerea.
“Probabilmente questa è l’ultima volta che
sentirò parlare in italiano” si disse Anna alzando gli occhi al
cielo.
Una volta scesa, si diresse verso l’uscita, dove
un impiegato della società che si occupava dei
soggiorni studio, la stava aspettando per
condurla alla macchina della famiglia che l’avrebbe ospitata.
- Signorina Dal Fuoco, la stavo aspettando. Prego
mi segua – disse lui, prendendole la valigia già ritirata.
- La signora Jonas è stata molto contenta di
averla in custodia. Ha detto che una ragazza avrebbe
fatto bene a tutta la famiglia – ridacchiò al
pensiero di quando la donna aveva ottenuto la custodia
della ragazza, rivelandogli quel particolare.
Anna notò subito l’accento diverso e la tendenza
a strascicare le parole, tipica degli americani.
- Spero che non si debba ricredere, una volta che
mi avrà conosciuta – disse lei in tono pensieroso.
L’altro sorrise ma non disse niente.
Dopo aver percorso corridoi luccicanti e immense sale
d’attesa, uscirono dall’enorme struttura per
ritrovarsi sulla strada. Si diressero verso un
parcheggio semivuoto, dove sostavano una ventina di macchine
gigantesche.
Erano tutte chiuse tranne una, quella dei signori
Jonas, suppose lei.
Man mano che si avvicinavano alla mastodontica
vettura, Anna scorse due persone all’interno
dell’abitacolo, che non appena li videro
avvicinarsi, smontarono per accoglierli e mettere la valigia
e lo zaino nel bagagliaio.
La donna era veramente una bella signora, il
marito un po’ meno, ma i dimostrarono subito gentili e
benevoli nei confronti della loro ospite.
- Buongiorno signori Jonas. – disse Anna, non
lasciando trapelare dal suo tono, il nervosismo che
s’infrangeva contro le sue labbra, desideroso di
uscire.
- Buongiorno a te! Io mi chiamo Denise, piacere.-
disse la donna porgendole la mano. Il suo tono
era caldo ed esprimeva felicità.
- Anna, il piacere è mio.- classiche formalità,
noiose ma utili. Il suo dubbio si rimpossessò della sua
mente, quando la signora pronunciò il suo nome. “
Se è lei la Denise che penso io, allora ci sarà da
ridere. Vediamo come si chiama il padre, e il
gioco è fatto.” Pensò Anna, che non osava pensare alle
conseguenze di nove mesi passati al loro
fianco.
- Io sono Paul Kevin Sr., benvenuta-
si presentò l’uomo, porgendo anch’egli la mano.
“ Bingo”
- Piacere- rispose con un sorriso
enigmatico, capace di mandare in orbita i neuroni di chiunque
tentasse di decifrare quella strana
espressione.
- Bene, il mio compito è finito. Se vi serve
qualcosa, il mio numero è sulle schede che vi ho dato. –
disse alludendo ai fogli con la firma dei
genitori di Anna e dei Jonas.
- Arrivederci. – detto questo si diresse verso
una delle macchine parcheggiate e, una volta aperta, mise in moto e
partì.
“ Si aprano le danze” pensò Anna.
- Abbiamo lasciato il resto della truppa a casa,
e immagino che tu, come loro, sia affamata, no? –
annunciò Denise, aspettando una risposta dalla
ragazza che aveva di fronte.
- Sì, la colazione che hanno fornito a bordo
era piuttosto misera, ed io non sono il tipo che disdegna
i pasti, anzi, mi chiamano buongustaia.- disse
esibendosi in un mezzo sorriso.
- Bene, mi fa piacere. Magari un giorno valuterai
le mie conoscenze della cucina italiana.- e
sorridendo aggiunse – E magari anche quelle di
Kevin.-
Anna la guardò divertita e con un accenno di
stupore; sapeva che il maggiore era una provetta
donna di casa, ma addirittura che cucinasse agli
alti livelli della cucina della sua adorata Italia, era...
interessante.
- Non vedo l’ora- in quel momento la sua pancia
reclamò una razione di cibo, dato che la colazione
era stata letteralmente insignificante.
Denise scoppiò a ridere, dicendo – Mi sa che il
tuo stomaco è d’accordo con te. –
Anche il signor Jonas si concesse una risata, e
quando si furono calmati, salirono in macchina.
- Parlando di pranzo: siamo abbastanza lontani da
casa, quindi se cucinassi io, mangeremmo tra
un’ora, come minimo.- A quell’affermazione, Anna
spalancò gli occhi, ma si ricompose subito.
- Quindi potrei chiamare i ragazzi e chiedere
loro di imbastire da mangiare, in modo che sia quasi
pronto quando arriveremo.- Parve pensarci
su poi chiese al marito e alla sua ospite.
- Per me non c’è problema, conosco Kevin, e so
che cucina bene.- affermò l’uomo, orgoglioso di
avere un figlio che si dilettava ai fornelli.
Anna fece un rapido calcolo e poi disse – Se sa
cucinare pietanze italiane, deve essere un cuoco
davvero formidabile. Conosco la mia cucina, e so
per esperienza personale, che non è semplice
come sembra. Direi che possiamo gentilmente
chiedere a vostro figlio di preparare qualcosa, grazie.-
Incrociò le braccia al petto e rimase in
silenzio. I suoi occhi verdi esaminavano il paesaggio
circostante; era tutto così diverso da casa. Le
strade a tre o più corsie le ricordavano le autostrade
della Francia, e quelle macchine immense la
facevano sentire minuscola. “Probabilmente nemmeno
queste auto sono abbastanza capienti per poter
contenere l’ego di Annalisa” pensò divertita al
pensiero dell’amica. Subito dopo fece una smorfia
dentro di sé, pensando a tutti i chilometri che le separavano.
Naturalmente le aveva detto che la famiglia che
la ospitava si chiamava Jonas, ma neanche lei
stessa aveva saputo, fino ad allora, che erano
proprio quei Jonas.
Annalisa era un’assidua frequentatrice dei siti e
dei forum riguardanti i JoBros, ed aveva implorato
l’amica di farglieli conoscere, nel caso fossero
stati loro. Anna non avendo trovato una scusa valida
aveva acconsentito. Ma come faceva a farli
incontrare? Domanda idiota, si disse, poiché Nls
(soprannome affibbiatole in seconda media da lei
e Rebeca, l’altra amica) avrebbe persuaso i suoi
genitori, si sarebbe imbarcata sul primo aereo
per Los Angeles e si sarebbe presentata davanti a casa
loro in meno di 36 ore. Ovviamente, Anna avrebbe
dovuto preparare psicologicamente i timpani dei
suoi coinquilini, perché non era sicura che
reggessero a tremilacinquecento decibel di urla, per
quanto potessero esserne abituati.
Decise che se la sarebbe presa con calma, ma doveva dirlo alla
sua amica, che era ospite dei Jonas Brothers.
Non si era accorta che nel frattempo Denise stava informando
il figlio maggiore degli sviluppi del
pranzo. Quando si perdeva a pensare ai fatti
suoi, niente la interessava più di tanto.
Così si mise ad ascoltare la mamma che forniva
suggerimenti per il menù.
- No Kevin, non ti sto dicendo che devi preparare
un perfetto pranzo all’italiana, solo che non devi
preparare schifezze, come cheeseburger con
senape, ketchup e maionese mescolate insieme, senza
contare la salsa tartara…No, neanche l’insalata
con pollo e uova strapazzate con aggiunta di salsa al
curry… ma noi neanche ce l’abbiamo la salsa al
curry… ah, l’ha comprata Joe stamattina
apposta…e si offende se non la usiamo…Ah...Senti, fai
una pasta con un sugo fatto in casa, di quelli che
ci sono sulla mensola dove Frankie non arriva…
sì, quelli nei vasetti vicini alle caramelle… esatto,
poi fai il petto di pollo saltato con la salsa di
tuo fratello, così è contento, prepara un’insalata
normale, se vuoi mettici il mais e i fagioli, e
se c’è tempo prepara un dessert. Fai in modo che gli
altri ti aiutino, almeno preparando la
tavola…uh-hu.. noi arriveremo fra circa un’oretta. Grazie, tesoro. Ti
voglio bene…sì … ciao- con un clic chiuse la
comunicazione e si girò verso il sedile posteriore,
dove stava Anna e le sorrise.
- Perfetto, il pranzo sarà quasi pronto, una
volta che arriveremo,- disse allegra – Ma per passare il
tempo, mi piacerebbe sapere qualcosa in più su di
te, a partire dal tuo nome, Anna. Cosa significa e
da cosa deriva; il cognome, come si traduce in
americano, il tuo segno zodiacale, il tuo carattere, i
tuoi hobby, cosa ti piace fare, cosa no… insomma,
la tua vita. – In realtà, voleva sapere chi si era
presa in casa, se quella ragazza non avrebbe
minato la salute mentale dei suoi bambini ( non si sa
mai Nd Me), ma soprattutto voleva
conoscerla e farla diventare amica dei loro figli, facendoglieli
conoscere come erano fuori dal palcoscenico,
ovvero per quello che offrivano come Nick, Joe e
Kevin, non come i Jonas
Brothers. Sapeva che l’attuale fidanzata di Danger, Camilla Belle, stava
con lui solo per la fama e il fatto di poter
pavoneggiarsi con le amiche di essere la ragazza di Joe
Jonas, e la cosa la infastidiva. Più volte aveva
provato a dissuadere suo figlio dall’idea di quella
relazione, ma non ci era mai riuscita, con suo
grande disappunto e quello dei fratelli. Magari se
quella
ragazza avesse avuto un carattere forte e si fosse affezionata a Joe, sarebbe
riuscita a
dividerli. Sapeva che era un tentativo
assolutamente vano, ma era praticamente l’ultima chance di
suo figlio. Certo, non si era battuta per
ottenere il permesso di far rimanere Anna in casa sua per
nove mesi solo a questo fine, ma era uno dei
motivi cardine. Si era sentita in colpa un migliaio di
volte, perché le sembrava una barbaria far venire
una ragazza dall’Italia solo per questo, ma si era
detta che avrebbe fatto bene a tutti, avere
un’altra femmina in casa.
E poi, lei veniva per imparare la lingua, quindi se parlava
con Joe avrebbe parlato in americano.
Dal canto suo, Anna stava cercando di ricordare
il significato del suo nome, e lambiccandosi il
cervello riuscì, bene o male, a risalire alle
origini. (eh sì, perché io non me ne ricordo MAI, e dico mai, il
significato Nd Me)
- Deriva dall’ebraico, poteva essere usato sia al
femminile che al maschile, di solito per i sacerdoti,
in quest’ultima possibilità. Significa “speranza”
e “prosperità” ed era il nome della madre di Maria,
moglie di Gioacchino. Per quanto riguarda il
cognome, in americano può essere tradotto in “From
Fire”, che è la traduzione letterale; i prefissi
Da, Di, Dal e De significano un’appartenenza nobile,
anche se al giorno d’oggi non è più così. È
strana la coincidenza fra il cognome e il segno zodiacale,
Ariete, essendo esso un segno di fuoco. Grazie o
a causa dell’influenza del pianeta Marte su di esso,
ho un carattere che molte persone definiscono
“terribilmente testardo e irrimediabilmente
orgoglioso”; se poi si aggiunge un pizzico
permalosità ed un ego che sa il fatto suo, si ha in mano la
ricetta del mio modo di essere. Ma io non sono
solo così, poiché sono anche dolce, solo in
circostanze occasionali, leale, rispettosa,
riservata e relativamente calma. Quando mi arrabbio, però
divento quello che la mia amica Annalisa chiama
“una catastrofe di proporzioni apocalittiche che è
meglio evitare”. – detto questo, si trovò gli
occhi di Denise e quelli del signor Jonas, che la fissava
interdetto nello specchietto retrovisore, che la
guardavano sorpresi.
- Ma per quale motivo ti dovresti arrabbiare così
tanto?- chiese quasi preoccupata, mamma Jonas.
Conoscendo Joe e le sue doti stressanti, avrebbe
potuto fargli del male.
- La gente mi prende in giro per
via dell’altezza, credendo che sia l’unica cosa importante, oltre alla
bellezza, e questo non lo digerisco. Per quanto
avere diciassette anni ed essere alta 1.65 centimetri
non sia così poco comune, il fatto che dei
ragazzoni alti, larghi e senza un Angstrom di materia
grigia, mi insultino, mi urta pesantemente i
nervi. E se un’esauriente orazione riguardo la scomodità
di essere troppo alti non funziona, si passa alle
minacce, ed infine alle percosse.- illustrò Anna,
sicura di essersi guadagnata il biglietto di
ritorno seduta stante. Quando Denise rimase in silenzio, si
accigliò. Perché nessuno l’accettava mai per
quello che era , giudicandola sempre troppo violenta e
impulsiva? Perché nemmeno con sua sorella
riusciva ad avere un rapporto normale? Perché solo
Annalisa e Rebeca si trovavano bene con lei?
Doveva cominciare a credere di essere loro amica
solo perché faceva pena? E poi dicono tanto delle
star, che nel loro mondo sono tutti falsi, che se
conoscono qualcuno che non sia famoso o omettono
qualche particolare, o li pregano di trattarli
come persone “normali”. Ma che ne sanno loro di
come sono le persone normali? Anche gli altri
hanno dei problemi, ed il suo era quello di non
riuscire a farsi accettare per ciò che era. Sentì
l’amaro della bile in bocca, mescolarsi alla
saliva e lasciandole un sapore sgradevole sul palato.
“Il sapore del mio modo di essere, il mio
sapore” pensò, facendo un sorriso triste dentro si sé.
- Forse sei qui per cambiare, per comprendere
quel tassello del tuo Io, che ti sfugge, affinché tu
possa far capire agli altri quello che senti
senza pensare di ferire il tuo orgoglio. – Non era stata
Denise a parlare, bensì Paul, che era rimasto in
silenzio a pensare alla forza che quella ragazza
aveva, per sopportare di continuo le offese dei
suoi coetanei.
Anna abbassò lo sguardo per qualche minuto e poi
disse alzando la testa, fieramente saldata sul
collo: - Avete ragione, da oggi in poi esprimerò
i miei stati d’animo, almeno in parte, affinché gli
altri sappiano cosa mi passa per la testa ed
evitando così di dover minacciare le persone. – I suoi
occhi ora erano infiammati e luminosi. Denise vi
lesse tutta la determinazione di quella ragazza,
notando anche una nota di sfida nelle iridi verdi
di Anna.
Paul sorrise, felice di aver aiutato una
persona.
- Già, le vie del Signore sono misteriose, e per
quanto l’uomo cercherà di svelarle, le apprenderà
unicamente quando la sua anima si presenterà
innanzi a Lui, nel regno dei Cieli, libero dai peccatidella carne. –
- Tesoro, non ti sembra di esagerare un pochino?
– chiese perplessa sua moglie, che nemmeno
durante le funzioni in chiesa lo
aveva visto così spiritato.
Anna capì dove voleva arrivare, quindi si preparò
un breve discorso su come soddisfare il pastore e
uscirne vincitrice. Dopotutto il suo orgoglio le
impediva di perdere una qualsiasi sfida o esame.
“Rapido e Indolore”
- Dipende da cosa si intende con “i peccati della
carne”, poiché il concetto d peccato che mi hanno
insegnato a catechismo e a scuola durante l’ora
di religione si riassume nei sette peccati capitali,
ossia lussuria, ira, vendetta, gola, ecc… ed ai
nostri preti è imposto il voto di castità, cosa che voi
protestanti non considerate, quindi potrei
intendere la frase “peccati della carne” con qualcosa che
per voi è assolutamente normale.- argomentò Anna,
sorridendo appena alla reazione del pastore.
Uno a zero per Anna. Palla al centro.
- Dimenticavo il voto dei miei confratelli
italiani. Ma a parte questo, gli altri peccati che hai
elencato sono molto diffusi, ahimè, al giorno
d’oggi. – ribatté lui, svoltando a destra e fermandosi poco dopo ad
un semaforo.
- Non per essere antipatica, ma credo che,
escluso Nicholas, che per motivi di salute è tenuto a
prendere l’insulina, gli altri vostri tre figli,
compreso il piccolo Franklin, si siano mangiati,
almeno una volta, un dolcetto o una caramella in
vostra assenza.- disse lei in tono affabile,
guardando di sottecchi l’autista.
Denise decise che era ora di smetterla di
punzecchiarsi sia perché quella ragazza aveva dimostrato
una grande capacità di intuizione e
rielaborazione dei concetti sia perché sapeva chi erano i suoi figli
in realtà.
-Tornando all’argomento famiglia- proruppe la
donna – a quanto pare sai chi siamo e chi sono i
nostri figli. Posso chiederti fino a che punto li
conosci?- con quella domanda si sarebbe aspettata un
elenco delle nozioni in sua conoscenza, ma la
risposta che ottenne la lasciò di stucco.
- Li conosco abbastanza da sapere il significato
della fedina che portano al dito, e a rispettare la loro
decisione di averlo. – disse, guardando con occhi
assenti fuori dal finestrino.
- Oh – fu l’unica cosa che Denise riuscì a dire.
Naturalmente si era aspettata che parlasse anche
dell’anello della purezza, ma il suo tono e le
parole che aveva usato la colpirono.
Probabilmente era successa la stessa cosa a suo
marito, perché lo sentì tamburellare con le dita sul
volante, segno che stava pensando.
Dopo due svolte, si ritrovarono sul vialetto ce
conduceva al garage.
Quando scese dalla macchina, si trovò davanti ad
una specie di villetta a due piani in stile
vittoriano, con il giardino curato e le aiuole
potate di recente. Gli alberi che ornavano il viale erano
da frutta, ma essendo i primi di settembre, non
c’era traccia di succulenti frutti.
La porta di casa era bianca con la maniglia
dorata, che creava un piacevole contrasto con le pietre
che formavano la facciata principale
dell’abitazione. Le finestre che davano su quel versante
avevano gli intarsi in legno bianco, in modo da
omogeneizzarsi con il resto. Era veramente una
splendida casa.
Accortasi che le borse erano state scaricate,
corse a prenderle per portarle nell’abitazione.
Denise doveva ancora scendere dalla macchina, così
le si avvicinò per aspettarla, ma prima che
arrivasse alla portiera, la signora scese e
chiuse la vettura, facendole segno di andare a suonare il
campanello.
La sentì parlare con il marito e capì che il
signor Jonas sarebbe rimasto in garage per qualche minuto ancora.
In quel breve lasso di tempo, sentì provenire da
dietro la casa delle grida e delle risate.
“Qualcuno si sta divertendo, lì dentro” pensò,
ancora leggermente incredula sulle persone che stava per conoscere.
“I Jonas Brothers, wow”
Issò la valigia sul pianerottolo e suonò il
campanello.
DLIN DLON (un’aquila con il mal di gola è più
carino da sentire Nd Me)
Improvvisamente le grida s’interruppero e, poco
dopo, qualcuno aprì la porta.
Quel qualcuno era Kevin Jonas.
"Oh, cazzo” quella era l’unica cosa che il suo
brillante cervello riusciva a produrre in quel momento.
“Avanti! di’ qualcosa, qualunque cosa!
Presentati, digli ciao, che ne so! Ci dovrai convivere per un
intero anno scolastico, quindi parla, prima che lo faccia
lui!! Ne va del tuo orgoglio!”
Ma la gola rimaneva secca, senze parole da
dire
Dopo un’interminabile istante, Anna riuscì a salutare
cortesemente la persona che le stava davanti.
Lui la squadrò da cima a fondo, inclinando
impercettibilmente la testa di lato, e poi le sorrise,
facendole il baciamano e presentandosi a sua
volta.
- Piacere mio, Ann. Prego, lascia che ti
aiuti con la valigia.- Disse, prendendole il bagaglio.
Lei rimase shoccata dal baciamano del ragazzo, ma
si riprese in fretta, facendo un passo avanti e
stringendo convulsamente le dita sulle cinghie
dello zaino.
- Ehm, non ti preoccupare per la valigia, posso
portarla anche io. – disse lei raggiungendolo.
- Mi dispiace, ma la cavalleria è il mio stile di
vita e ,in quanto tale, non posso permettere che una
signorina faccia i lavori pesanti.
– rispose lui, guardandola negli occhi e riprendendo la valigia.
- Beh, se la metti così, non sarò certo io a
cambiarti. – ridacchiò Anna, lasciandogli il bagaglio.
Kevin alzò nuovamente lo sguardo per incontrare
il suo, piacevolmente sorpreso dal fatto che quella
ragazza non disdegnava il suo aiuto.
Dirigendosi verso il salotto, il maggiore le fece
fare un primo giro d’ispezione del piano terra,
notando che le interessavano soprattutto il
mobilio e l’arredamento.
- È un buon gusto, mi piace. – ammise, guadandosi
intorno stupefatta.
Kevin sorrise e depositò il carico nel
salotto.
- Credo che sia ora di farti conoscere i miei
fratelli. – disse ad un tratto, passandosi una mano tra i ricci scuri.
Anna si voltò di scatto, immaginando la propria
reazione davanti a ben tre Jonas, di cui due famosi e ambiti dalle
ragazze.
“Forza e coraggio” si disse.
- Sì, certo. – rispose lei nervosamente.
Intuendo il suo disagio, Kevin le sorrise
rassicurante, in modo da aiutarla per il primo impatto con
quella banda di strani, che erano i suoi
fratelli.
Le fece strada fino alla porta finestra del
soggiorno, oltre la quale non si vedeva granché a causa
della luce accecante. In compenso le urla si
fecero più intense e Anna riuscì a capire quello che le
persone fuori si stavano dicendo.
- No Joe, passala a me! - strillava una vocina da
bambino.
- Non se ne parla neanche, Bonus. Prima non me la
hai passata? Allora io la do a Nick!-
- Joe, te l’ho mai detto che sei il mio
fratellone preferito? – fece il piccolo Frankie con aria da
ruffiano.
- Ma guarda un po’, non ero forse io il tuo
fratello preferito? – sopraggiunse una voce poco distante.
- Beh, veramente sono io, dato che gli sto insegnando a
suonare la chitarra… - disse Kevin sulla
soglia della porta. Essendo davanti ad Anna, gli
altri fratelli non la videro e il piccolo Bonus lanciò
la sfera di gomma a Joe, che con uno scatto la
spedì in direzione del fratello maggiore.
Peccato che questi si voltò per andarsene,
completamente ignaro di tutto e il pallone volò dritto verso la
faccia dell’ospite.
Nello sforzo, Joe, aveva chiuso gli occhi, mentre
quelli dei fratelli erano puntati con orrore verso la vittima della
pallonata.
Anna realizzò in una frazione di secondo che quel
coso la stava per prendere in pieno viso, così
portò meccanicamente le braccia in difesa e
attese.
Con uno schiocco sinistro, la palla cozzò contro
gli arti, per poi cadere a terra.
L’urto aveva fatto indietreggiare la ragazza di
qualche passo, ma ne era uscita illesa. Aprendo di
colpo gli occhi vide i suoi polsi incrociati
davanti a se e un Kevin preoccupatissimo. Abbassò le
braccia e incrociò lo sguardo di uno dei tre
fratelli in giardino. Le pupille erano dilatate dal terrore e dalla
paura, ma i fondo c’era anche sollievo. Alzò
leggermente gli occhi, quel tanto che bastava per
riconoscere una massa informe di capelli ricci e
scuri.
"Nick”
Salve! Ho deciso di mettermi a scrivere una fiction sui Jonas, senza l'aiuto della mia spettabile collega jonas_princess. Ci sarà uno dei personaggi di "Tutto per una gomma bucata", Han, dato che sono io. E anche la mia amica Annalisa. Sì, perché questa coppia di pazze farà impazzire i nostri tre stinchi si santi! Recensite e al capitolo successivo! annina94
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Capitolo 2 *** I Am What I Am ***
i am what i am correttaStava ancora fissando quegli occhi color nocciola, nei quali leggeva sorpresa, spavento e simpatia,
quando il Jonas di mezzo aprì gli occhi, comprese la gravità del suo gesto e si precipitò a scusarsi
con lei. Certo, vedere Joe Jonas che ti corre incontro con l’intento di soccorrerti, non è una cosa
all’ordine del giorno, specie se Anna non fosse stata una persona con le gambe per terra e la testa
ben piantata sul collo e avesse reagito con uno svenimento, facendolo preoccupare ancora di più.
Il moro interruppe bruscamente la sua corsa a metà del giardino, spalancando gli occhi dal terrore,
nel senso lato del termine. Lei, non capendone il motivo, si voltò per vedere e capire.
Una volta seguita la traiettoria dello sguardo di Joe, comprese come mai il ragazzo si fosse fermato
all’improvviso: Denise lo stava guardando e i suoi occhi erano un concentrato di istinti omicidi e
punizioni severe, oltre che di sollievo. Probabilmente aveva visto tutta la scena, e avendo
conosciuto le potenzialità assassine della sua ospite, aveva preferito essere lei a sgridare suo figlio.
-Io… Ecco… - tentò di difendersi il colpevole, prevedendo una sfuriata della madre sulla sua
irresponsabilità e sbadataggine, ma prima che la signora Jonas potesse in qualche modo
rimproverare il figlio, Anna lo difese – La prego, Denise, è stato un incidente; non credo che Joseph
avesse intenzione di colpirmi, dato che il colpo era diretto a Paul Kevin, il quale si è girato appena
prima che la pallonata venisse scagliata. Dubito che sarebbe stato facile per Joseph mantenere gli
occhi aperti durante il lancio, poiché è naturale chiuderli prima di un’azione del genere. Io stessa
avrei tirato il pallone, inconsapevole del fatto che la persona alla quale miravo, si sarebbe spostata.
Non credo che ci sia il bisogno di riprendere qualcuno per l’accaduto, che, ripeto, è stato un
incidente. – la logica non faceva una piega e, dopo uno smarrimento iniziale collettivo, tutti si
rilassarono.
Camminando con compostezza, il mezzano si avvicinò all’ospite, le fece il baciamano e si presentò.
- Joseph Adam Jonas, piacere. Anche se, a quanto pare, sa già chi siamo, i miei fratelli ed io. Ad
ogni modo, mi può chiamare Joe. – disse, sorridendo birichino.
Lei ricambiò con un sorriso aperto e solare, rispondendo all’affermazione del moro – Sì, di voi so
abbastanza di ciò che c’è da sapere, tranne forse le date di nascita di Paul Kevin e tua. E per
anticipare la tua prossima domanda, quella di Nicholas la so, semplicemente perché è nato il mio
stesso giorno, cinque mesi più tardi. E senza offesa, ma anche se la mia amica Annalisa me le ha
ripetute diverse volte, io proprio non me le ricordo, come non mi ricordo il significato del mio
nome.
– concluse, fissando il moro dritto negli occhi e ammiccando lievemente in direzione di Denise.
Quest’ultima sorrise all’accenno del nome, rinunciando definitivamente all’idea di riprendere
Joseph. Appena finita la presentazione di quest’ ultimo, il minore si fece avanti, leggermente
intimorito da quegli occhi freddi e calcolatori, non riuscendo a celare del tutto il nervosismo che gli
attanagliava il corpo e le viscere.
I suoi movimenti, al contrario di quelli dei fratelli, erano rigidi e secchi, quasi non si muovesse da
diverse ore e gli arti gli si fossero indolenziti, rendendo qualsiasi movenza sgraziata. Malgrado
questo, riuscì a fare anche lui il baciamano e a dire, seppur con diffidenza il proprio nome e i
convenevoli.
- Nicholas Jerry Jonas, onorato di fare la sua conoscenza. – ok, forse questo era troppo anche per i
gentilissimi signori Jonas, i quali scrutavano il figlio sorpresi.
- Anna Dal Fuoco per servirla, Sir Jonas – rispose lei a tono, accennando appena un inchino. Non
voleva offenderlo, solo dimostrargli che era rimasta piacevolmente sorpresa.
Alzando lo sguardo dalla sua mano, Nick incontrò per la seconda volta quegli occhi, che avrebbe
addirittura definito mistici, se non fosse per il fatto che la magia era una cosa impura, come gli
aveva insegnato il padre. Ma, accidenti a lei ( non lo avesse mai fatto! ) quello era l’unico termine
che si addiceva perfettamente sia al suo viso, che ai suoi occhi. Tutto, dal taglio di quest’ultimi, alle
sopracciglia, che non erano perfette, ma nemmeno rifatte, semplicemente normali, alle ciglia,
lunghe, chiare verso la fine e scure all’attaccatura, al naso, alla linea del mento, che da
quell’inclinazione a tre quarti era ben visibile, alle fossette che si formavano ai
lati della bocca quando sorrideva, alle labbra. Quelle volte che si soffermava a fissarle, per poco,
dato che non si poteva far vedere da lei, da sua madre e dagli altri, si incantava, seguendone i
movimenti discontinui e irregolari che assumevano per far uscire le parole, piegate alla volontà
della persona cui appartenevano. E poi erano di un colore strano, bello, rosso, non pastello, ma
neanche troppo slavato. Non erano ne carnose ne sottili, una via di mezzo, unica nel suo genere, ma
tutt’altro che comuni; forse era proprio quello, che le rendeva incredibilmente meravigliose e
fantastiche. Ma Nick non sapeva se avrebbe mai voluto baciarle. Sarebbe stato troppo complicato
capire la logica che la mente della ragazza seguiva. Per lui quelle labbra erano troppo diverse,
strane; non riusciva a capirle e capire quello che loro volevano da lui. Non si muovevano in modo
sensuale, anzi, spesso si contraevano in particolari smorfie che non era in grado di decifrare, mentre
socializzava con Bonus.
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto da Joe, che si lamentava di essere affamato, Kevin, che gli
intimava di tacere mentre conduceva lei in sala da pranzo, fra schiamazzi e battute idiote del
mezzano, il quale si era già dimenticato che fosse un’ospite.
Lui rimase indietro con la scusa di dare una sistemata al giardino, pieno di palle e palline e giochi
vari, disseminati dai suoi fratelli e lui. Fece per uscire, quando inciampò nella palla che aveva quasi
spedito al pronto soccorso la giovane “mistica”, appena arrivata. La prese in mano e se la rigirò,
osservandola con grande interesse. Non sapeva come mai, ma tutto ciò che lei aveva toccato, era
quasi caldo sotto il suo tocco. Si disse che erano tutte stupidaggini, che fra poco sarebbe stato
pronto il pranzo, e che a pancia piena si ragionava meglio. Ma comunque il suo cervello gli
suggeriva di fare una cosa che non si sarebbe mai sognato di fare, ma che infondo non era nulla di
male. Quindi, con la palla in mano, si diresse al piano superiore, diretto in camera sua, con l’intento
di mettere l’oggetto nel suo comodino e riflettere su questa novità con calma, nel
pomeriggio. Scese le scale, guardandosi continuamente alle spalle, come se avesse paura di essere
visto e velocemente uscì in giardino per raccattare i giochi che rimise poi nel loro apposito
contenitore. Erano passati appena cinque minuti, quando sentì un tocco leggero sulla
spalla destra. Non aveva sentito che qualcuno era sopraggiunto alle sue spalle, benché avesse un
udito molto sviluppato, addirittura più dei suoi fratelli, quindi la persona che gli si era avvicinata
doveva essere straordinariamente silenziosa e, se due più due fa quattro, non era qualcuno della sua
famiglia, erano tutti dei gran rumorosi. Anna, pensò, rabbrividendo, quando uno sentì uno sguardo
gelato trafiggergli le scapole.
Lentamente si voltò, ritrovandosi di nuovo quelle iridi verdi puntate contro, quasi volessero
trapassarlo. La gola divenne improvvisamente secca, mentre si sforzava di apparire calmo e
rilassato. Che tentativo futile. Lei lo guardò fisso, poi addolcì lo sguardo e sorrise. Nick si sentì
improvvisamente meglio, come se qualcuno lo avesse liberato da uno sciame di insetti insidiosi e
soffocanti, che gli si infilavano nel naso e nella bocca, impedendogli di respirare correttamente.
Sorrise a sua volta, incapace di fare altrimenti, inclinando la testa di lato, come per porgere una
silenziosa domanda. Era incredibile come avesse cambiato così repentinamente il suo umore.
- È pronto da mangiare, Nicholas, tuo fratello Joe sta sbavando nel piatto come un lama – sorrise
ancora, prima di girarsi e tornare, con passi felpati, verso la porta-finestra dalla quale era arrivata,
scomparendo presto dalla visuale del ricciolino.
- Saranno nove, lunghissimi mesi. – sospirò lui, passandosi una mano tra i ricci, sconsolato,
lasciando cadere a terra il dinosauro di Frankie, prima di dirigesi verso la sala da pranzo.
***
Le portate erano tutte deliziose e Anna assicurò che sarebbe stata onorata di poter giudicare ancora
quelle meravigliose pietanze, che le ricordavano l’Italia. Li informò anche del fatto che si sarebbe
volentieri offerta di preparare la famosa pizza all’italiana, che era una cosa che le veniva
particolarmente bene, secondo il suo modesto parere. A quell’affermazione risero tutti; persino
Nick era riuscito a comportarsi da persona normale, dopo la chiamata del pranzo. Era incredibile
credere che i tre fratelli andassero d’amore e d’accordo, senza litigare mai, come facevano sempre
lei e sua sorella, ma decise, per evitare domande alle quali non avrebbe voluto rispondere, di
sorvolare l’argomento.
Denise e Paul scoprirono presto che quella ragazza era autonoma, spiritosa e intelligente, ma anche
sottile, machiavellica e astuta. Non credevano che avrebbe mai fato del male ai loro ragazzi, anche
perché, secondo la sua logica, non ci avrebbe guadagnato niente, quindi era inutile farli soffrire.
Eppure si erano accorti della reazione di Nicholas, al suo arrivo. Non era stato disinvolto come i
suoi fratelli, aveva percepito lo stato d’animo nervoso della ragazza in quel momento, e lo aveva
involontariamente assimilato. Non sapevano se fosse il caso di dirlo a Nick o meno, ma alla fine
optarono entrambi per vedere come procedeva la cosa e, semmai, farglielo notare.
Quando, alla fine, arrivò il dolce, Anna scoprì che si trattava di un fantastico frullato di frutti di
bosco con yogurt, magistralmente sistemato in un servizio di fine porcellana. Lei era entusiasta, e a
giudicare dall’espressione dei presenti, anche loro erano rallegrati da quel dessert. Si chiese come
mai Kevin avesse preparato una pietanza del genere, sebbene non gli piacesse la frutta. Decise di
chiederglielo, evitando così, inutili seghe mentali.
- Se posso chiedere, Kevin, come mai hai preparato un frullato, che a vedersi deve essere speciale,
se non sei un appassionato di frutta? – domandò, assaggiandone un po’ con la punta della lingua.
Era delizioso.
Il maggiore non parve particolarmente colpito da quella domanda, e allegro rispose: - È basato su
una ricetta italiana e, date le tue origini, ho pensato che ti avrebbe fatto piacere. – concluse.
- Sì, mi pare di riconoscere una punta della cucina delle mie parti, ed è proprio perché non è ciò a
cui tu sei abituato, che vorrei lo assaggiassi. E poi, scusami, lo hai fatto tu, cosa ne so io che non è
avvelenato? – replicò, inclinando poco la testa per cerare maggiore enfasi e sorridendo scaltra.
- Carino da parte tua, Ann , ma ti assicuro che è a posto. Dopotutto lo hai già assaggiato, no? Mi
dispiace, credimi, ma proprio non riesco a metterlo in bocca. – borbottò, facendo il finto offeso, ma
ridacchiando al pensiero di un frullato avvelenato.
- Tsk, balle! Te le camuffo così bene, le fragole o le ciliege, fai tu, che nemmeno capirai che sono loro, magari la
mattina nel caffè, chi lo sa… - disse furba, alzando gli occhi al cielo con l’aria di una santa,
abbandonando il linguaggio forbito, che aveva utilizzato fino a poco tempo prima.
- Oh, ma allora parli anche come una normale diciassettenne! Credevo che mi sarei dovuto sorbire
conversazioni di alto spessore culturale e intrinseco di parole assai di alto lignaggio! – la
punzecchiò allegro il mezzano, mulinando il cucchiaino, quasi fosse un’ arma.
- Bene, ora so che se ti devo far andare via di melone, parlerò come mi hanno insegnato a scuola, al
classico. – rispose lei, alzando appena un sopracciglio e assaporando un'altra cucchiaiata di frullato.
- Per favore no! È già abbastanza complicato parlare alle interviste, dato che ci dobbiamo preparare
le risposte, non ti ci mettere anche tu! – sbraitò lui agitando il povero cucchiaino per aria.
In quel momento, Nick ebbe un’illuminazione.
- Ehm… Ann, ecco, non è che magari ci potresti aiutare con questa cosa della programmazione
delle risposte? Ti abbiamo sentita parlare e credo che se ci aiutassi, ci risparmieresti un sacco di
tempo. Per favore. - domandò il piccolo ricciolino, sfoderando la miglior espressione da cucciolo di
cane bastonato, imitato subito dopo dai fratelli, che trovarono quell’idea degna di un genio.
Lei li guardò uno per uno, dissimulando alla perfezione l’attacco di risa, che si sarebbe scatenato a
breve. Conosceva quel metodo di persuasione, lo aveva usato, quando era piccola, ma ciò non
significava che non era immune ai suoi effetti. Così continuò a fissarli con l’espressione di un gatto
di alabastro, non tradendo la minima emozione. Attese pazientemente che loro cedessero, per dare
una risposta.
Dal canto loro, i tre Jonas non riuscivano a capire come mai la loro tecnica–di–persuasione–da
–cane-bastonato non funzionasse. Nick pensò che, magari, la sua natura mistica la rendeva
immune a certi comportamenti. Si diede dello scemo e cercò di mantenere la posizione dei muscoli
facciali, che si stavano indolenzendo.
Fu Joe a cedere per primo, abbassando la testa e scuotendola rassegnato.
-D’accordo, mi arrendo. – mugugnò offeso, riprendendo a mangiare il frullato.
La resistenza degli altri due venne demolita poco dopo. Solo allora, Anna si ritenne soddisfatta del
proprio operato e aprì la bocca per parlare.
- Ok, vi aiuterò. – disse semplicemente, scatenando un coro di voci sorprese.
- Ma sappiate che se d’ora in poi mi vorrete chiedere qualcosa, non serve che facciate quella faccia
completa di occhioni dolci, perché non hanno alcun effetto su di me, credetemi. Quando lo usava
Annalisa sugli altri era una strage, ma io ne sono completamente immune. Chiaro il concetto? –
Le reazioni furono pressoché simili, tutte sbalordite e shoccate.
- Dato che mi avete chiesto un favore, vorrei chiedervene uno piccolo anche io… - iniziò, con
l’intento di finire, che fu ostacolato da Joe, che nella maniera più carina le disse – Ma già a chiedere
favori, tu? Cioè, fammi capire bene, sei qui da qualche ora e subito chiedi qualcosa? Ma da dove
arrivi, tu, Ann? – fingendo un finto tono da perfettivo, che proprio non gli si addiceva.
- No, Giuseppe, non è una cosa che ti prosciugherà le energie, nemmeno una cosa impegnativa e
impossibile. Vorrei che mi chiamaste Anna, non Ann. – disse, in tono più supplichevole che poté. Il
suo nome le piaceva e non voleva che venisse storpiato in qualcosa che non ci assomigliava
minimamente.
- Ah, ok… ma com’è che mi hai chiamato, prima? – domandò lui perplesso. Non aveva mai sentito
quel nome in vent’anni di vita, ed era curioso come una scimmia. (Che strano...)
- Giuseppe. – ripeté lei tranquillamente, gustandosi in silenzio studiato il suo frappè. Era
consapevole del fatto che sei paia di occhi la stavano guardando con apprensione, in attesa di
dettagli, che puntualmente non arrivavano.
- È la traduzione del suo nome in italiano? – chiese una voce, dopo qualche minuto di silenzio. Era
stato Nick a parlare, notando delle somiglianze tra il nome del fratello e la rispettiva traduzione
nell’altra lingua.
- Esatto, Nicola. – rispose lei, alzando finalmente lo sguardo per incontrare quello del ricciolino. Gli
lanciò un sorriso di sfida da dietro il cucchiaino, alzato a mezz’aria.
- Fico! E qual è la traduzione di Kevin? E quella della mamma? E di Frankie? – domandò
meravigliato Joe, spalancando gli occhi, come un bambino davanti ai regali di Natale.
- A dire il vero, dubito che il nome di tuo padre e di tuo fratello abbia una traduzione, mentre quello
di Denise rimane uguale. Frankie diventa Franco, Adam diventa Adamo, Jerry non si traduce,
mentre Paul diventa Paolo. - illustrò lei, divertita. Non aveva calcolato la possibilità che la
traduzione dei nomi avrebbe appassionato così tutta la famiglia Jonas.
- D’ora in poi mi chiamerete Giuzebbe! – proruppe Joe, alzandosi in piedi, tutto entusiasta del suo
nuovo soprannome.
- Guarda che nella mia lingua si dice Giuseppe, non quella strana roba che hai appena detto tu. –
disse lei in preda ad un attacco di risate, scatenato dalla pessima pronuncia del moro –
Su, avanti, scandisci con me: Giu-sep-pe. – scandì le sillabe, in modo che Joe capisse la pronuncia corretta.
- Giu-sep-pe. – ripeté lui, pronunciandolo abbastanza correttamente.
- Sì, andava meglio, ma perché non ti tieni Joe, che è anche più carino? - domandò Anna, calmando
gli ultimi spasmi involontari, incrociando il suo sguardo.
- Ma Giuseppe mi piace, e poi Joe lo usano tutti ed è da troppo tempo che me lo sento ripetere.
Sono arcistufo. – si lamentò, grattando sul fondo della tazza, nella quale, poco prima c’era il suo frullato.
- Fa’ come vuoi, ma sappi che io non ti chiamerò mai Giuseppe, Malakòs. – lo informò lei, usando
un nome che nessuno aveva mai sentito.
- Mala-che? – chiese Joe, che si era trovato sommerso da parole che non avevano alcun significato
logico.
- Malakòs. – ripeté Anna, calma. Sapendo che la famiglia non avrebbe apprezzato un altro silenzio
carico di tensione, si affrettò a chiarirne l’uso e il significato. – È un termine greco, significa nero.
Mi piaceva, perché ti si adatta, avendo tu occhi scurissimi e capelli color del carbone. Se non ti
piace non lo userò, ma sappi che è solo uno dei tanti soprannomi che ti troverò nel corso di questi
nove mesi. – puntualizzò, sorridendo al pensiero dei vari appellativi, affettuosi o meno, che le
balenavano per la testa. – Non vi preoccupate, che qualcosa lo trovo anche per voi. Datemi qualche
giorno, e avrete degli epiteti da fare invidia a Omero, Virgilio e Dante messi insieme. – disse,
anticipando i sospiri di sollievo degli altri due Brothers, con un ghigno che non preannunciava nulla di buono.
- Dato che la tua mente malvagia si sta applicando nella ricerca dei nostri futuri soprannomi, non è
che tu ne hai uno? Se sì, ce lo diresti, per favore? – chiese Kevin, giusto per sapere qualcosa di più
su quella ragazza che aveva mandato a farsi friggere i poveri neuroni del fratellino riccio.
Certo, anche lui doveva ammettere che Anna gli aveva fatto una strana impressione, quando le
aveva aperto la porta. Quegli occhi verdi, completamente diversi dai suoi, benché dello stesso
colore, avevano un che di strano, quasi magico; mistico. Erano capaci di incantare chiunque,
persino lui, Paul Kevin Jonas II. Non era il suo tipo e non solo per la sostanziale differenza di età,
anche per il fatto che non aveva un ascendente così forte in campo emotivo-sentimentale, su di lui;
credeva che sarebbero potuti diventare molto amici, ma mai una coppia.
- Sì, un soprannome ce l’ho, ed è formato dalle iniziali delle cose che amo fare. Ora che siamo
diventati amici, ve lo posso anche rivelare: Dam. Non vi dirò cosa significa. A
voi l’arduo compito di decifrarlo, baldi giovincelli! – detto questo, si alzò dalla sedia e si offrì di
aiutare Denise a sparecchiare la tavola e mettere tutto in lavastoviglie.
Come aveva previsto, la signora Jonas ne fu lieta e non rifiutò l’offerta.
Avendo capito che non avrebbero cavato un ragno dal buco,
i tre Jonas aiutarono a loro volta la mamma con i resti del pranzo, ammassando i piatti e le tazze del frullato.
Finito di sparecchiare, fece per dirigersi in soggiorno, con l’intento di prendere la valigia e lo zaino
e andare nella sua camera a dormire, ma Joe la interruppe, domandandole cosa aveva intenzione di fare.
- Beh, se non è un problema, pensavo di portare la roba in camera e poi di farmi due orette di sonno.
Dovresti sapere che il fuso orario non perdona, e, benché io sia riuscita a tenere lontana la
stanchezza fino ad adesso, non riesco più a dissimulare il sonno che mi chiude le palpebre,
ponendomi in condizione di addormentarmi in piedi… – disse sbadigliando sonoramente,
vacillando sotto il peso di quattordici ore di fuso.
“Ma parla strano normalmente, allora!” pensò il mezzano sconcertato, sentendola parlare come un
insegnante anche mentre moriva di sonno.
Joe la prese poco prima che cadesse addormentata. La sollevò e chiese silenziosamente a Nick di
portare in camera sua i bagagli. Questi acconsentì, mettendosi lo zaino in spalla e prendendo la
valigia. Quando si voltò, vide la posizione di Anna nelle braccia del fratello: la sorreggeva con un
braccio sotto il collo, mentre l’altro le teneva l’incavo delle ginocchia. Una morsa di gelosia
gli fece contrarre la mascella. Non capiva questa sua reazione; non poteva essersi innamorato di lei
in poche ore, non era umanamente concepibile.
E poi quella ragazza lo confondeva; le espressioni, i sorrisi enigmatici, le labbra, gli occhi; ogni
volta che ci pensava, si rendeva conto che avrebbe potuto stare a guardarli per ore, anche se ciò
comportava un affaticamento mentale, che si ripercuoteva sulla salute del fisico.
In poche parole era masochismo.
Una gomitata nelle costole da parte di Kevin lo riscosse, sorprendendolo imbroccolato davanti alle
scale, con un’espressione ebete e lo sguardo perso nel vuoto. Impulsivamente disse – Kev, noi
dobbiamo parlare. – stranamente, il maggiore acconsentì senza fare domande, prendendogli la
valigia di mano e salendo al piano superiore. Nick scosse la testa e lo seguì.
Non sapeva come, ma suo fratello aveva capito tutto.
Messo piede nella stanza, vide che Anna era già stesa sul letto, con addosso ancora le scarpe e la
felpa, addormentata. Quando dormiva, il suo volto sembrava meno terreno e più innaturale. Le
palpebre chiuse delineavano la linea leggermente a mandorla degli occhi, celando quelle iridi
impossibili e incomprensibili. La linea degli zigomi era leggermente marcata, mentre il mento
sembrava più affilato. Le labbra, ora immobili, non erano più incurvate in strani sorrisi o smorfie,
semplicemente rilassate. I capelli biondo cenere le ricadevano dolcemente ai lati delle testa, sfiorando la guancia.
Essendo girata su un fianco, la linea del profilo del corpo era ondulata
come le dune del deserto, muovendosi ritmicamente ad ogni respiro.
Silenziosamente Nick, disse a Joe di toglierle le scarpe e i calzini, a Kevin di disfare la valigia
(eccetto la biancheria intima, of course) e riporre gli indumenti nell’armadio,
mentre lui provvedeva a sfilarle la felpa.
Entrambi i fratelli annuirono e adempirono alle loro mansioni.
Lui era alle prese con la cerniera della maglia, dato che era stata chiusa.
“Beh Nicholas, devi solo aprire la lampo e sfilarle la felpa, non è così difficile.” Pensò, rendendosi
Conto troppo tardi, che la zip toccava la maglietta che aveva sotto, quindi la pelle. E non una parte
di pelle qualunque…
Ossignoredammilaforza!
Joe era ancora alle prese con i lacci delle scarpe, mentre Kevin era
impegnato a sistemare i suoi abiti negli appositi cassetti e sulle grucce. Sudando come un animale,
Nick, afferrò la cerniera e, lentamente, l’abbassò.
Il Caso volle che la zip s’incastrasse, inceppandosi in un lembo di stoffa all’interno della maglia.
Ora, la cosa non sarebbe stata terrificante se si fosse incastrata verso la fine, ma sciagura volle che
si bloccasse all’altezza del seno, parte del corpo femminile preclusa allo sguardo del ragazzo, causa
un simpatico anellino della purezza. Il povero sedicenne era entrato in una silenziosa crisi di panico,
dalla quale non sapeva come uscire.
O meglio, lo sapeva benissimo, ma le sue santissime manine non potevano toccare quei posti
peccaminosi. Si bloccò riflettendo sulla questione, una mano saldamente ancorata alla lampo, l’altra
sosteneva il peso del busto, chiusa a pugno sul materasso. Doveva spicciarsi, perché la posizione
che aveva assunto non era delle migliori: un ginocchio era poggiato sul bordo del letto, mentre
l’altra gamba fungeva da palo di sostegno. Era storto come uno zoppo, eppure non osava muoversi,
rischiando di svegliarla e farsi beccare in una posa che dire che era compromettente era un
eufemismo. Intanto Kevin e Joe avevano finito, e si congedarono con un rapido cenno della testa,
prima di uscire dalla stanza, lasciandolo solo, alle perse con una cerniera difettosa. Perché aveva la
sensazione che i suoi altrettanto santi fratellini stessero sogghignando? Era mai possibile che si
fossero accorti della sua reazione al modo di fare della ragazza e che fossero così sadici da ridere di
questo? No, non i due purissimi e castissimi Joseph Adam e Paul Kevin Jonas II. Eppure… magari
la vicinanza con la mistica li aveva geneticamente modificati… ad ogni modo, non aveva tempo per pensare a
queste cose, c’era dell’alto da sbrigare al momento, glielo avrebbe chiesto in un secondo momento.
Dopo parecchi minuti passati a chiedersi come poteva risolvere il suo problema, si disse che, anche
se le avesse lasciato indosso la felpa, non sarebbe morto nessuno, dandosi come motivazione il fatto
che così rimaneva al caldo.
C’era solo un piccolo nonché insignificante problema: lei stava sudando come se avesse corso per ore.
“Addio futile motivazione” pensò sconsolato.
Doveva farlo! Dio l’avrebbe perdonato, dopotutto non stava mica infrangendo il suo voto, no?
Prese coraggio e infilò l’indice sotto la felpa, dove la stoffa impediva alla zip di scorrere
liberamente. Con uno sforzo sovrumano, infilò anche il medio e con il pollice fece leva, tirando
contemporaneamente la lampo con l’altra mano.
Nel farlo, le sue dita toccarono appena la maglietta di lei, ma questo bastò a farlo avvampare,
tuttavia non mollò la presa, mentre una gocciolina di sudore gli scorreva sul volto.
Era atterrito e il suo terrore raggiunse l’apice, quando quella gocciolina si staccò dal suo mento e
scivolò sulla guancia di Anna. Fu come se il tempo si fosse fermato: lui, scrupolosamente
immobile, lei, appena infastidita da quella goccia. Durò solo un istante, nel quale Anna mosse
appena la testa, strizzò gli occhi e rannicchiò le braccia al petto. Nick non se ne accorse in tempo e
in men che non si dica, si ritrovò il braccio della ragazza sulla sua mano, ancora saldamente
attaccato alla zip, che la premeva sulle sue curve. Quello fu il colpo di grazia. Il povero sedicenne
sentiva la pelle attraverso la stoffa sottile della maglietta, calda, al contrario della sua, mortalmente
gelida e arrossì oltre l’inverosimile. Ma la cosa che preoccupava maggiormente i suoi neuroni in
preda ad una crisi ormonale, era che in effetti gli piaceva. Trovava quel contatto fantastico, come se
fosse la cosa che avesse ricercato da sempre senza mai trovarla. Non riusciva nemmeno a
vergognarsi di questo pensiero, forse perché sapeva che era la verità.
Ok, stava impazzendo, ma il contatto con la ragazza era così inebriante, che rimase fermo in una
posizione no scomoda, de più, fino a che si fu un attimo ripreso.
“Accidenti Nicholas, datti un contegno! Non puoi pensare queste cose per principio, insomma!
Adesso cerca di venire fuori da questo inconveniente. Ok, ragiona, non ti puoi stendere al suo
fianco, perché potresti incappare nella sua ira e in quella di mamma. Meglio di no. Ma non puoi
nemmeno rimanere qui come un maniaco, altrimenti Anna ti bolla come disgraziato. Cosa mi
invento? Ok, ok non disperare, sfila lentamente la mano e sfilale la felpa. Se minaccia di svegliarsi,
cantale hello beautiful, parlale, accarezzala, ma non farle aprire gli occhi, sennò sei un ragazzo
morto”. Dopo aver stabilito un piano d’azione, era decisamente più razionale. Sfilò la mano con
dolcezza e se la strofinò sui pantaloni per asciugarla dal sudore. Riuscì ad aprire la cerniera e per
poco non urlò di gioia, tanto che dovette mordersi la lingua. Ora arrivava la fase difficile: doveva
toglierle la felpa. Si sgranchì le dita, gesto che aveva ripetuto tantissime volte prima d suonare, ma
quei momenti di nervosismo ie faseano 'na pippa, a quello che stava passando adesso, e le prese
una manica, tirandola il più piano possibile. L’impresa si rivelò meno complicata del previsto, dato
che Anna aveva un sonno molto pesante. Nick appoggiò la maglia sul letto e fece per uscire, quando
si ricordò di avere un conto in sospeso. Fece retro marcia e si avvicinò al volto della ragazza; da lì
poteva vedere la sua pelle liscia e rosea. Sentiva il loro respiro mescolarsi, il suo più veloce a causa
dell'emozione, mentre quello di Anna regolare, come era normale mentre si dormiva. Seguiva il
profilo delle labbra, che ora gli sembravano bellissime e dovette trattenere l’impulso di sfiorarle con
i polpastrelli. Si avvicinò ancora e poté vedere quello per cui era tornato indietro. Alzò una mano e
con estrema dolcezza la posò sulla sua guancia; restrinse ancora la distanza tra i loro volti e fece
scorrere il pollice dal naso fino all’angolo della bocca, asciugando la goccia di sudore che le aveva
lasciato pochi minuti prima.
Conclusa l’operazione, sorrise e si allontanò, chiudendosi la porta alle spalle senza fare rumore. |
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Capitolo 3 *** L'immagine ***
l'immagine okEccoci di nuovo qui! Questo capitolo mi piace in una maniera assurda, perché Anna rischia di far fuori il povero Joe...
Ma
passiamo ai ringraziamenti! (io sono un po' stordita, quindi, ho
cancellato il secondo capitolo per fare alcune modifiche, ma così
facendo si sono cancellate tutte le recensioni...scusate...)
Ah,
un'altra cosa che mi sono dimenticata di dire, è che i Jonas Brothers
non mi appartengono e questa fiction non è scritta con fini di lucro.
Hannah_:
grazie per aver recensito, e soprattutto perchè ti interessa il mio
carattere... questa volta Joe la scampa, ma la prossima...
jonas_princess:
you are a little bit rimba, dato che mi hai recensito il primo cap e
non il secondo, ma ti perdono. Aggiorna la tua fic, che mi sto
appassionando!
grazie anche a chi mi ha recensito il capitolo che ho eliminato.
Capitolo 3: l'immagine
Chiuse la porta e si fermò davanti ad essa, la fronte poggiata sul legno bianco. Doveva parlare con i
suoi fratelli, erano gli unici che lo potevano capire ed aiutare. Si girò verso camera sua e mosse un
passo, ma quando alzò gli occhi, se li trovò davanti, che lo squadravano come se fosse gli fossero
spuntate un paio di corna.
- Ragazzi, sono io, vostro fratello Nicholas … - tentò, temendo di non essere stato riconosciuto.
- Sì Nick, lo vediamo che sei tu, ma la cosa che ci sembra strana è l'enorme quantitativo di tempo
che tu hai passato in quella stanza per togliere una semplice felpa ad una persona. Passi il fatto che
è addormentata, terribilmente intrigante, nuova e che è una ragazza, ma un quarto d’ora
sembra tanto anche a me… e poi sono io quello lento…- borbottò Joe, che proprio non si capacitava
di come avesse fatto il fratello ad impiegarci così tanto. Era lui il lento di famiglia e non gli sarebbe
piaciuto rinunciare a quel titolo.
- Joe, ho dovuto armeggiare un po’, perché le si era incastrata la cerniera, che tra parentesi si è
inceppata in un posto molto comprometten… - si interruppe di colpo, rendendosi conto troppo tardi
di quello che aveva appena rivelato e mordendosi la lingua. Perché non stava un po' zitto, ogni tanto?
“ Tanto glielo avrei detto lo stesso, quindi…” cercò di consolarsi, con risultati che non diedero
l’effetto desiderato.
Abbassò la testa per nascondere il rossore che si era impossessato delle sue gote, al pensiero di ciò
che stava facendo solo pochi minuti prima. Senza che lui potesse fare qualcosa, un sorriso da
deficiente gli partì da un orecchio, fino ad arrivare all’altro.
Ovviamente questo non sfuggì ai due fratelli, che già si domandavano cosa avesse combinato Nick
durante la loro assenza; il sorriso ebete fu la goccia che fece traboccare il vaso di curiosità infinita
di Joe, che spalancò la bocca e strabuzzò gli occhi.
- Dove si è incastrata la cerniera e perché sorridi come un idiota? – domandò, arrivando subito al
nocciolo della questione. Era curioso di sapere cosa aveva combinato il suo fratellino in quel
lunghissimo quarto d’ora, che lui aveva passato a mangiarsi le unghie e stava per attaccare le falangi.
- Ehm… andiamo in camera vostra, così vi racconto quello che mi è accaduto. – disse Nick,
visibilmente imbarazzato. Doveva chiarire questa faccenda, prima di impazzire, non dopo, possibilmente.
Di solito, con i suoi fratelli, non aveva segreti, e questo era sicuramente l’unico che loro avrebbero
veramente dovuto conoscere.
Joe e Kevin si guardarono confusi, ma rimasero in silenzio, per evitare che Nick facesse retro
marcia e li piantasse in asso.
Così acconsentirono, non trovando nulla da obbiettare.
Una volta in camera, Kevin chiuse a chiave la porta, per evitare di essere disturbati.
- Alle tre, mamma accompagna Frankie al parco, e credo che ci rimarranno per un bel po’ di tempo,
poi mamma porterà Bonus da un suo amico, mentre papà ha detto che vuole discutere con i
ragazzi della band, di una faccenda tecnica, alla quale non serve la nostra presenza. Quindi non
verremo disturbati. - illustrò il maggiore, che aveva prontamente spedito il fratello libero ad
esaminare i piani del resto della famiglia per il pomeriggio, evitando così di essere sorpresi in una
conversazione che non sapeva nemmeno in cosa sarebbe potuta degenerare.
- Bene, credo che tu ci debba delle spiegazioni, Nicholas il Don Giovanni – disse Joe, per una volta quasi serio.
- Joe, tu neanche sai chi sia un Don Giovanni. – lo schernì il minore. Era un classico che si
comportasse da stronzetto, quando era nervoso, e, a giudicare dalla faccia, lo doveva essere parecchio.
Joe fece finta di non aver sentito e si lisciò la frangia, accuratamente piastrata, con una mano.
Sia lui che Kevin fissarono il fratello con occhi penetranti.
Nick si mosse sul letto, a disagio, cercando una posizione più confortevole. Una volta sistemato, si
schiarì la voce e iniziò a raccontare.
Di tanto in tanto, arrossiva o sudava, ma grazie non si sa a quale santo, era dotato di una particolare
capacità di tenere i nervi saldi e sangue freddo.
Ancora non sapeva che queste doti, praticamente inesistenti nel fratello di mezzo, sarebbero state
indispensabili e all'orine del giorno, nei mesi a venire.
In dieci minuti aveva raccontato tutta la faccenda, compreso l’episodio del pallone che aveva nel
comodino, senza omissione di particolari, per quanto imbarazzanti potessero essere.
Si era torturato le mani per tutto il racconto e ora non era più così certo di riuscire ad afferrare qualcosa.
I due maggiori si lanciarono un’occhiata fugace, nella quale si trasmisero ciò che pensavano.
Annuirono contemporaneamente e si girarono in direzione di Nick, il quale aspettava il verdetto del
consiglio fratellifero.
- Nick, Kevin e io abbiamo discusso molto riguardo la tua situazione, e siamo giunti ad una
conclusione unanime. – iniziò il mezzano, imitando abbastanza bene il tono di Anna.
- Chiedo il permesso di parlare, prima che esprimiate il vostro giudizio, vostro onore – lo interruppe
il minore, stando al gioco – in primo luogo, come abbiate fatto a discutere molto riguardo la mia
situazione in due secondi, non me lo spiego; secondo, le chiedo di non imitare il suo tono, poiché
uno è già abbastanza complicato, per i miei poveri neuroni, da capire. Detto questo le lascio
continuare il suo discorso. – concluse Nick.
Joe prese un respiro profondo e fece per parlare, ma Kev lo interruppe, prima che si perdesse in
inutili, nonché personali, commenti.
- Nicky, sei cotto. Non ancora innamorato, ma cotto e rosolato sì. E non dire che non è vero, perché
l’abbiamo vista la tua reazione, prima, quando ti sei presentato. – asserì Kevin, fissandolo con gli
occhi verdi inquisitori.
Joe fece la faccia offesa, ma annuì vigorosamente all'affermazione del maggiore.
“ Accidenti! Non posso essermi preso una cotta per lei, è impossibile! Certo, credo nei colpi di
fulmine, ma dovrei essermene accorto anche io, se mi fossi preso una cotta, no? ” pensò, la mente
in subbuglio, inclinando la testa di lato.
- Ma sì, muovi anche la testa come lei! - sclerò il mezzano, prima di continuare
- Sai, da una parte ti capisco; anche a me ha fatto una strana impressione, quando l’ho vista, ma poi
mi sono detto che era troppo piccola per me e che non era il mio tipo. Ora la considero un’ amica. –
disse, sorprendendo i fratelli con queste parole cariche di contenuti di elevato spessore culturale.
Kevin tamburellò con le dita sulla chitarra che teneva in mano, lo sguardo perso nel nulla, pensando
a come mettere insieme il concetto che voleva esprimere.
- Prima di poter trarre conclusioni affrettate, abbiamo bisogno di sentire da te le sensazioni ed
emozioni che hai provato, quando le hai parlato e l’hai guardata negli occhi. – argomentò il
maggiore, convinto che se avessero analizzato minuziosamente la situazione, ne sarebbero venuti fuori.
- Ma perché, invece di scervellarci, non glielo chiediamo? – proruppe Joe, alzandosi di colpo dal
Letto, convinto di aver avuto un’idea geniale.
- Capisco che il tuo soprannome sia Danger, ma addirittura svegliarla per chiederle come mai mi
stia facendo impazzire, mi sembra un tantino da idioti. Considera poi, che ha detto che non vuole
assolutamente essere svegliata quando dorme, sennò le si iniettano gli occhi di sangue e diventa
quello che la sua amica definisce una iena incazzata ed è capace di vendicarsi in modo lento e
crudele, anche diverso tempo dopo il torto subìto, quando meno te lo aspetti. E Bonus è ancora
troppo piccolo per entrare nella band… - lo ammonì Nicholas, alzando l’indice per rincarare,
accennando con la testa alla camera che condivideva con il piccolo di famiglia.
- Ok, ok, ritiro l’idea di svegliarla.- si arrese il mezzano, che, pensandoci, preferiva evitare una
morte atroce, fra strazianti torture e inimmaginabili dolori.
- Ma almeno, datemi la soddisfazione di sentirvi dire che quella ragazza vi ha colpito, perché, anche
se la reazione di Nicky è stata abbastanza eloquente, vorrei, per una volta, non essere considerato il
buffone, che ha le intuizioni strane e inammissibili, quello che non è mai preso sul serio, ma
considerato da tutti “quello scemo”. – sussurrò Joe , improvvisamente vittima di un calo di
autostima e tristezza, cosa assolutamente anormale, per un tipo come lui.
- Hey Macho, stai bene? Mi è sembrato di sentirti dire che sei quello che ha le intuizioni
Inammissibili, che è lo scemo e cose così. Ma tu che ne ha fatto di nostro fratello Joe, quello sempre
allegro, che ascolta i problemi di Kevin e miei e poi ci aiuta a risolverli? Joseph, la tua presenza in
questa famiglia è indispensabile come quella di Kevin o mia o quella di chiunque altro faccia parte
della famiglia; tu sei un essere umano e se ci sono dei momenti nei quali ti senti perso e
incompreso, noi siamo qui per aiutarti, fidati, lo so per esperienza personale. Considera poi, che è
normale avere questi momenti e di conseguenza è normale superarli. – Nick, bene o male, poteva
capire la situazione di Joe, dato che si trovava a dover affrontare, come il fratello, una persona che
non rientrava nei loro canoni di vita e che lo stava letteralmente facendo andare fuori di testa.
Il mezzano alzò lo sguardo, incrociando quello dei due Bros, sorridendo loro riconoscente.
- Saremo sempre qui, nei momenti difficili e in quelli belli. Ci saremo sempre, e nessuno, che sia
ragazza o amico che sia, ci potrà mai dividere. Promesso? – chiese Kevin, scrutando i fratelli,
aspettando un cenno d’assenso.
- Sempre - disse Nick, appoggiando la mano su quella di Kev.
- Sempre – gli fece eco il mezzano, ripetendo il gesto del ricciolino.
Ma loro non sapevano, che dietro alla porta chiusa, c’era una persona che li stava ascoltando ed era commossa dall’amore
fraterno, che scorreva tra quei tre.
Era passata circa mezz’ora dalla promessa che si erano fatti e Joe stava elencando la serie di
stranezze, che aveva notato nella ragazza.
- Ora, non so voi, anzi, Nick lo so, ma quegli occhi sono… complicati, direi, vero Nicky? – fece lui,
sapendo di trovare l’appoggio del fratellino.
- Sì, non so come dire, ma sono… freddi, distanti… - non trovando altri sinonimi, improvvisò un
gesto con la mano.
L’unico che pareva indifferente alla ragnatela di complicità che Anna aveva tessuto attorno a
se, era il maggiore. Pareva assolutamente a suo agio con lei, sia mentre le parlava, sia mente la
guardava negli occhi. E questa cosa non se la spiegavano nemmeno i suoi genitori, quindi era
pressoché inutile cercare di venirne a capo.
Contro ogni aspettativa, Kevin, fissò i fratelli e disse
- Sì, Anna mi ha colpito, ma sono riuscito a capire il suo modo di essere e quindi la mia persona
riesce ad armonizzarsi con la sua, permettendomi di entrare in sintonia con lei e facendomi stare a
mio agio. – la cosa che spiazzò completamente gli altri due Jonas, non fu la frase in se, quanto la
combinazione delle parole che la componevano, così altisonanti e accademiche.
Joe sbarrò gli occhi, e per poco non cadde dal letto, mentre Nick si esibì in un’espressione a metà
tra lo spaventato e il disgustato.
- Certo, dire che i vostri cervelli sono ugualmente fusi era troppo semplice, vero? – domandò il
diciannovenne ancora scosso, in tono vagamente canzonatorio.
- Da quanto sono riuscito a capire, il mio cervello si sta ancora adoperando per elaborare la fine
della tua frase, anche tu sei, in qualche modo, rimasto colpito da quella cosa non meglio precisata,
che Anna pare avere in grande quantità, non è così? – chiese Nick, che involontariamente aveva
cominciato a parlare in modo strano e troppo complicato, a detta di Joe.
- Non è possibileeeeeeeeeeee!! Ho due fratelli contaminati dalla Annite acutaaaaaaaaaaaaaaaaa!!
Salvateemiiiiiiiiiii!! – sbraitò atterrito dall’idea di avere non uno, ma bensì due fratelli strani. Al
pensiero di Nick e Kevin letterati e composti, cacciò un lamento straziante e si mise a correre in
cerchio per tutta la stanza urlando: ditemichenonèveroechenonèpossibile!!
- Esatto, direi che potrebbe essere inteso come fascino, ma non ne sono sicuro. Poi, oggettivamente
parlando, non è una brutta ragazza… anzi, il viso e la corporatura, e per quanto bassa possa
essere, è pur sempre fatta bene. – osservò il maggiore, ignorando bellamente il mezzano,
continuando a discutere con Nick.
Va bene chiamarlo scemo, va bene non ridere alle sue geniali battute, ma non calcolarlo no. Era una
cosa che lo mandava in bestia.
Così, lanciò un latrato, degno di un licantropo, per attirare di nuovo l’attenzione su di se.
- PAUL KEVIN JONAS II E NICHOLAS JERRY JONAS! PRETENDO DI ESSERE ASCOLTATO!! -
- Joe calmati! Per l’amor di Dio, sta’ zitto! Non mi sentirai parlare come un signorotto dell’alta
borghesia, e per la cronaca, ti stiamo ignorando, perché te lo meriti, non perché vogliamo
assomigliare a lei, accidenti! – tentò di zittirlo Kevin, ma le sue parole ebbero l’effetto contrario di
quello sperato, ottenendo solo di spaventarlo ancora di più.
- Joseph Adam Jonas, se non ti tappi immediatamente quella fogna che ti ritrovi per bocca, sarà la
persona che dorme, o meglio, che dormiva, nella porta affianco, a chiudertela, ma dubito che sarà
piacevole, specie, perché dopo il mio trattamento completo non sarai mai più in grado di aprirla, e
non per il fatto che sarai morto, ma a causa della recisione delle corde vocali e della cucitura delle
labbra! E non me ne importa una beata mazza, se le tue fans si strapperanno i capelli, perché non ti
sentiranno più fare quella cosa che ti ostini a chiamare cantare!! Sono abbastanza terra-terra, ora? –
tuonò una voce estranea, ancora impastata dal sonno, ma comunque sufficientemente incazzata.
Il tempo si congelò e, come in un film, i tre Brothers, si voltarono lentamente verso la porta
chiusa, dietro la quale la loro adorata coinquilina stava probabilmente pensando ad un modo
doloroso di fargliela pagare, per averla destata così dolcemente dal suo sonno ristoratore.
- Ehm, Anna, sei tu? – chiede Joe, nella vana speranza che non fosse lei.
- No tesoro, sono io tua madre, Denise. – disse la voce dall’altra parte, imitando abbastanza da
essere credibile, la voce della signora Jonas.
- Sai mamma, non credo che dietro quella porta ci sia tu, piuttosto penso che ci sia un’adorabile
personcina che mi vuole scannare vivo. – rispose il mezzano, non propriamente convinto che sua
madre fosse lì fuori.
- Certo che sei perspicace, Baka; non ti facevo così idiota. – ruggì Anna.
C’erano tre cose che la mandavano in bestia: essere svegliata di colpo, disturbata mentre mangiava
ed essere presa in giro. E quel Baka aveva appena commesso il più grande errore della sua misera esistenza.
- Eh? – fece Joe, prima che i fratelli gli tappassero quella fossa che si ritrovava per bocca.
- È italiano, razza di Mendokusee, analfabeta e illetterato che non sei altro!! – esplose la voce furibonda.
- Apritemi questa stramaledettissima porta, o quanto è vero che esisto, la butto giù a suon di
legnate, poi uso le vostre ossa lunghe per ripararla e i vostri crani li appendo fuori da camera mia
come monito, il tutto perfettamente spolpato dalle fauci di Elvis! – ululò Anna dall’altra parte
della porta, in tono così crudele che per un momento, i Jonas, cedettero di avere a che fare con il
Diavolo in persona.
- Kev, che ore sono? – sussurrò Nick, per non farsi sentire dalla furia che minacciava di sfondare la
porta della camera dei fratelli, sperando che gli altri non fosse già usciti.
- Le tre e dieci, e tutti gli altri se ne sono andati, quindi non possono correre in vostro aiuto, o
meglio, ora non possono raccattare i vostri pezzi in giro per casa!! – urlò lei, in preda ad una furia omicida.
- Se ti facciamo entrare, prometti di non farci del male? – cercò di contrattare il minore,
avvicinandosi silenziosamente alla porta.
- Posso promettervi di non farvi troppo male, ma lasciarvi impuniti no. - disse lei, facendo sbollire in parte la rabbia.
Sentì la chiave girare nella toppa e aprirsi quel tanto che bastava per intravvedere la testa ricciuta di
Nick che faceva capolino.
- Nick, che fai!? Te la stacca, la testa, se la sporgi un altro po’! – lo ammonì Joe squittendo per la
paura, avvicinandosi prudentemente al fratello.
- Essere, lui non c'entra. La causa della mia ira sei solo ed unicamente tu! - ribatté la voce minacciosa.
- Ma mi stavano ignorando… - protestò debolmente il mezzano, cercando di far valere la sua causa.
- Tsk, le tue manie di protagonismo sono pari a quelle di Nls, tanto che non mi stupirei se voi due
andaste d’accordo. – disse lei.
Sorpassando Joe, Anna mosse qualche passo all'interno stanza, che era praticamente divisa in due:
da una parte era tutto pulito e in ordine, dell'altra non ne si vedeva la fine, tante erano le
cianfrusaglie sparpagliate dappertutto. Lei si guardò un attimo intorno, squadrò la camera e assunse
un'espressione da “non c'è più nulla da fare”, scuotendo la testa con fare sconsolato. Dopo pochi
istanti si riprese e sogghignando malignamente disse
- Ho come la sensazione che nella parte incasinata della camera, ci viva il Baka. E a giudicare dalla
faccia, il martire che convive con lui deve essere Kevin, dico bene? -
Eccome! Vide la faccia immusonita di Joe e l'alzata di spalle del maggiore, e il suo ego ebbe modo di compiacersi.
- Come lo hai capito? - chiese Nick, strozzandosi con la sua saliva, mentre tentava di schiarirsi la voce.
- Beh, avere un' amica che sa anche quante carie avete in bocca a testa e in due, è una comodità,
specie se ti può fornire dati interessanti da poter usare come ricatto... Comunque, Annalisa mi ha
detto che tu – disse, indicando Nick - dormi con Frankie, quindi gli altri due dividono la stanza.
L'impressione che mi ha fatto Kevin, è di una persona molto curata e puntigliosa, ergo, la parte
ordinata non può essere che la sua; e, andando per estrazione, il Baka è l'abitante di casinolandia. –
concluse lei con ovvietà, sfoderando uno dei suoi fedeli sorrisini di superiorità e mettendo le mani sui fianchi.
Di colpo, la stanchezza tornò a farsi sentire e per poco non cadde, di nuovo addormentata. Vacillò
sotto il peso di diverse ore di fuso, ma riuscì, con uno sforzo immane, a mantenere una posizione
eretta. I fratelli parvero accorgersi del suo disagio e si avvicinarono apprensivi. Lei chiuse gli occhi
un attimo, giusto per riprendersi, ma non si dimostrò una decisione molto saggia, dato che, così
facendo , i muscoli si rilassarono e lei che non fu più in grado di
controllarli.
- Anna, stai bene? - domandò il maggiore, prendendole una mano. La ragazza si lasciò cadere, tanto
che Kevin la dovette afferrare e sostenere quasi di peso.
- Beh, sono stata meglio, ma non preoccupatevi, è solo la stanchezza, domani starò bene. –
minimizzò lei, muovendo appena la mano.
- Sei sicura? A me non sembra tanto che tu stia bene... - cercò di convincerla Joe, dimenticandosi
delle minacce di morte. Ignorando le sue proteste, le si avvicinò e la sorresse, passandole un braccio sotto le ascelle.
Le gambe non la ressero oltre e cedettero. Fortuna che c’erano Kevin e Joe a sostenerla.
- Ragazzi – appena fu di nuovo in possesso delle facoltà mentali, aprendo poco gli occhi e
fissando il pavimento, disse – posso farmi una doccetta? Di solito aiuta, quando uno muore di sonno.
E poi ho proprio bisogno di un po' di acqua. Posso, per favore? - chiese quasi implorante. Ne aveva
un disperato bisogno, tanto che li aveva quasi pregati, e pregare era una cosa che non faceva mai.
Probabilmente Joe si accorse del suo tono implorante, perché evitò di fare commenti sarcastici e
idioti, come di suo solito. Kevin lo guardò soddisfatto.
- Ma certo che puoi; vieni che ti accompagno in camera tua a prendere le tue cose e ti mostro il
bagno. - le rispose Nick, che aveva parlato quasi senza accorgersene. Sì alzò dal letto troppo
velocemente e, rischiando di inciampare, arrancò fino ad Anna, e fece allontanare i fratelli,
sorreggendola da solo; così aggrappati l’uno all’altra, si diressero insieme verso la camera di lei.
- Grazie, Nick. - disse semplicemente, ma per lui quelle parole furono sufficienti per arrossire.
Fortunatamente, Anna era impegnata ad aggrapparsi con i residui della forza che le rimanevano, al
braccio della giovane rockstar, per evitare di cadere a peso morto sul parquet del corridoio.
Trascinandola come meglio poteva, arrivarono nella camera degli ospiti e Nick si rese conto di
quanto spoglia e priva di personalità fosse la stanza.
- Provvederemo a trovare un arredamento degno di tale nome, quando avremo un attimo di tempo. –
borbottò lui, sulla difensiva.
- Nick, non ti sto accusando, hai fatto tutto da solo. Rilassati, non morirò se non ci sarà un
arredamento con i fiocchi e controfiocchi. - gli fece notare in tono dolce, dovuto probabilmente al
sonno che minacciava di stenderla da un momento all'altro. Dando fondo alle ultime energie, si
guardò intorno alla ricerca della sua valigia, che non trovò. Strizzò gli occhi per vedere meglio, ma ancora niente.
Sembrava essersi volatilizzata. Svanita nel nulla.
- È vero che senza occhiali vedo meno, ma un affare grande e grosso come una valigia,
dovrei ancora essere in grado di distinguerla dal resto della camera… - borbottò Anna, quasi parlando fra se e se.
- Aehm… credo che sia sotto il letto, ma se cerchi le tue cose, sono nell’armadio, tranne la biancheria intima… - le disse Nick,
arrossendo appena e facendo i cerchietti per terra con il piede. Quando lei
lo fissò per chiedere informazioni riguardanti i suoi effetti, il ricciolino abbassò lo sguardo, fissando il parquet.
- Nick… - lo chiamò debolmente Anna, cercando di catturare i suoi occhi.
Lui
non resistette, e incrociò quei due pozzi di smeraldo. Questa volta,
però, non si soffermò tanto su di essi, bensì osservò i
capelli,così diversi, rispetto a quelli delle altre ragazze che aveva avuto. Sia
Miley che Selena li avevano lunghi e appena mossi, mentre i suoi arrivavano alla base del collo ed erano quasi ricci, non
come i suoi o quelli di Kevin, ma più delle altre due; probabilmente non li
pettinava, essendo loro un ordinato cespuglio. Erano di un colore stano, del quasi ceneino, con riflessi appena dorati e
vagamente castani.
“ Sono belli, però” pensò Nick, dandosi dell'idiota per ciò che gli era appena balenato per la testa.
Un colpo di tosse lo fece rinvenire. Si grattò la testa, confuso e fissò le assi di legno del pavimento.
- Cipollino, non che io voglia metterti fretta, ma sai, io rischio di addormentarmi in piedi, aspettando una risposta.
Quindi, prima tu mi dici perché le mie cose sono nell’armadio, perché le mie scarpe
sono sopra il letto e perché la mia felpa, che prima avevo addosso, ora è piegata e adagiata su quel mobile,
prima mi infilo sotto la doccia, grazie. – lo canzonò lei, usando il miglior tono sarcastico che le
riusciva, incrociando le braccia al petto.
Il povero ricciolino stava quasi stramazzando al suolo, quando si rese conto,
che non era necessario raccontarle l’aneddoto della felpa e si sentì meglio.
- Beh dopo pranzo tu sei letteralmente caduta in braccio a Joe, così ti ha portata qua e ti ha tolto le scarpe. – cominciò Nick,
ma non riuscì a finire, perché la ragazza lo interruppe dicendo – Avrei dovuto
immaginarlo, che le scarpe erano opera sua. - Lui sorrise e continuò – Sì, mentre Kev e io ci siamo
occupati di sistemare le tue cose nell’armadio. – era una bugia, ma aveva un orgoglio maschile da difendere.
Anna si diresse verso i cassetti e ne tirò fuori la biancheria intima e una tuta da casa.
Si girò verso il letto e depositò lì il tutto. Passandosi una mano tra i capelli, chiese un po’ titubante
- Ehm, Nick, non è che mi potesti prestare un asciugamano, per favore?
Io non li ho portati, perché Denise mi ha detto che ce li avevate voi… -
L’immagine di Anna con addosso solo l’asciugamano, mentre usciva dalla doccia, passò prepotentemente
davanti agli occhi del santo, il quale sbiancò sul colpo. Non si sa grazie a quale miracolo, si
riprese e disse – Certo, sono in bagno, e c’è anche una confezione di shampoo, se ti dovesse servire. -
- Ok, grazie. – detto questo si girò, percorse il corridoio e si infilò nel bagno, chiudendo la porta a chiave.
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Capitolo 4 *** Love Show ***
capitolo 4 Eccomi
di nuovo qua, solo che sono a little bit in ritardo... perdonatemi,
ma i profe sono bastardi, quindi ho tempo solo la sera...
Vabbè,
vi lascio a questo capitolo, dedicato alla mia best friend Annalisa,
per tutto.
Ringraziamenti:
jonas_princess:
cara, in questo cap si parla di te... ovviamente, quello che io
scrivo è vero, ma nessuno, e ripeto nessuno, dovrà mai venirne a
conoscenza, tutto chiaro?
mitber:
se credi che per Joe sia finita qui, ti sbagli di grosso. ho in serbo
per lui cose che voi umani... grazie della recensione e a presto!
Capitolo
4: Love Show
Era
inutile; qualsiasi cosa riguardasse Anna, mandava momentaneamente in
tilt i neuroni di Nick. Tanto che si era imbambolato per la terza
volta davanti ad un punto dal quale lei era appena uscita dalla sua
visuale. Quando se ne accorse, arrossì, scosse la testa e fece per
tornare indietro, ma incappò nei suoi fratelli, che si volevano
assicurare che non combinasse nulla di impuro.
Entrambi
conoscevano i rischi di una madre furiosa. Meglio non pensarci.
-
Nick, cosa hai fatto, in tutto questo tempo? - domandò Joe il più
anonimamente possibile, tradendosi da solo, a causa dell'espressione
da scimmia curiosa che gli si era involontariamente stampata in
faccia.
- Eh
no, caro mio! 'Sto giro mi sono organizzato e ho cronometrato quanto
ci ho messo. - esultò Nick, esibendosi in un sorriso di vittoria a
ottantatré denti.
- Due
minuti e diciassette secondi, alla faccia tua! - rincarò, mostrando
orgoglioso il suo orologio, che, effettivamente, segnava il tempo da
lui indicato.
- Ok,
ti credo, ma come ben sai, la prudenza non è mai troppa, specie se
c'è di mezzo una persona che ti sta facendo impazzire, di nostra
conoscenza... - replicò Kevin, riconoscendo il potenziale
peccaminoso della ragazza.
Nick
sbuffò e alzò gli occhi al cielo, muovendosi innervosito dal
comportamento dei fratelli.
Ma
veramente credevano che avrebbe infranto la sua promessa a soli quasi
quattro anni da essa?
E poi,
cosa gli faceva credere che Anna fosse una ragazza facile? A lui
aveva dato l'impressione del tipo che calcola tutte le conseguenze di
qualsiasi proprio gesto e anche quelli altrui... possibile che solo
lui si era accorto del vero modo di fare di Anna?
Che
due fratelli poco fiduciosi.
E poi
era lui il più piccolo.
A
proposito, ora che ci pensava, tra due settimane avrebbe compiuto
diciassette anni.
Forse
non era più così piccolo.
Non
aveva in mente nulla di megacosmico, solo una serata tra amici. Si
chiese come avrebbe organizzato tutto; meglio una cena a casa oppure
prenotare in un ristorante? Chi invitare? I ragazzi della band erano
d'obbligo, la sua famiglia naturalmente, forse Miley, ma Selena no,
era stufo della sua costante presenza... ad un tratto gli prese un
colpo.
E
Anna?
Non
sapeva se invitarla, anzi, sapeva che avrebbe dovuto chiederle di
venire, ma non aveva idea di come farlo.
Accidenti
a lui e alla sua timidezza.
Si
accorse di essere rimasto a pensare ai fatti suoi, solo perché vide
Kevin e Joe che lo fissavano con la manica della maglia in bocca per
non scoppiare a ridere; avevano le lacrime agli occhi e stavano
facendo appello a tutto il loro autocontrollo, Joe ne aveva molto
meno del fratello, per evitare di buttarsi per terra e farsi
sorprendere da una crisi di ilarità come due rimasti.
-
Almeno aspettate di essere in camera, per morirmi per mancanza di
ossigeno nei polmoni. - disse Nick in tono piatto.
Aveva
cose molto più importanti a cui pensare, lui.
E una
di queste era la faccenda del suo compleanno.
Si
girò, voltando le spalle a Kevin e Joe, per andare in camera sua e
riflettere in santa pace, ma il suo adorabile fratello maggiore, una
volta ripresosi dagli attacchi di risa, gli mise una mano sulla
spalla e gli chiese
- Che
intendi fare per i tuoi sweet seventeen, San Nicholas? -
-
Giusto perché tu sappia, sweet si dice solo per i sedici. Per
rispondere alla domanda vera e propria, era a questo che stavo
pensando, prima… - e gli lanciò un’occhiata torva, alludendo al
fatto che lo avesse chiamato santo.
-
Eddai fratellino, dimmi tutto! Sai che sono curioso... a proposito,
chi in inviterai? Io ci sarò, vero? E Kev? Anche lui e Frankie? Sai
che dovresti invitare anche mamma e papà? Non provare a
dimenticarmi, sai? Ma sì, ci avrai già pensato, dicono che tu sia
un ragazzo sveglio, quindi ci credo. Ricordati che ci devo essere
anch'io. Ma dove lo fai? Qui a casa o in un ristorante? Inviterai
Ann... – non fece in tempo a finire, che capì in che inghippo si
era andato ad infognare Nick. – Ah – disse soltanto.
-
Ecco, appunto. Non so come fare. So che la devo invitare, e se devo
essere sincero, non è un problema, la sua presenza. Ciò che mi
preoccupa, è che non so come invitarla! Cioè, non posso mica
bussare alla sua porta e dirle: “Ciao, il sedici compio diciassette
anni. Vuoi venire alla mia festa?” cioè è troppo scontato; ma
anche mandarle una lettera sarebbe sconveniente, insomma, viviamo
sotto lo stesso tetto! Devo invitarla a cena fuori o una semplice
passeggiata nel parco? Ma no, così sembra che mi voglia dichiarare,
e non è vero, dopotutto le devo solo chiedere se vuole venire alla
mia festa di compleanno! E poi ci sarebbero paparazzi ovunque, pronti
a mettere le nostre foto sui giornali scandalistici, e non credo che
Anna ne sarebbe contenta. Anzi, mi cercherebbe, mi torturerebbe e poi
mi farebbe fuori, me lo sento! Ah, perché deve essere tutto così
complicato? – concluse, parlando ormai da solo.
Sia
Kevin che Joe, avevano perso il filo dei suoi pensieri già da in po'
e stavano aspettando che finisse, per chiedergli di rispiegare di
nuovo tutto daccapo.
-
Bene, ora che abbiamo capito meno di niente di quello che hai detto,
dovresti ripetercelo dall'inizio. - lo informò il mezzano, parlando
con la stessa disinvoltura di quando gli avrebbe chiesto l'ora. Kevin
scrollò le spalle, come a dar ragione a Joe.
- Ho
capito solo: ecco, appunto, diciassette anni e paparazzi. Per una
volta, devo dare ragione a tuo fratello. - disse semplicemente il
maggiore.
-
Perché, non sei mio fratello anche tu? - domandò stupito Joe. Forse
lo avevano adottato... Ma no, come avrebbero potuto non dirlo a lui,
il Danger della famiglia? Si disse che lo stavano semplicemente
prendendo in giro. A quel pensiero si offese, ma non lo diede a
vedere.
- I
miei neuroni si rifiutano di risponderti, Danger. - lo riprese Kevin,
che voleva bene a suo fratello proprio perché era così: stordito e
fantastico.
-
Ragazzi, il mio problema... - disse Nick, che era quello che
necessitava di aiuto più di tutti, in quel momento.
- Ah,
già, è vero. Dicci tutto, san Nicholas. - rispose il mezzano,
spostando lo sguardo sul fratellino e chiamandolo santo apposta per
provocarlo.
- È
già capitato in passato, che io ti abbia ripreso per il fatto che tu
mi abbia chiamato santo, nevvero? In quel mentre ho supposto,
evidentemente errando, che tu avessi compreso il mio disappunto
riguardo questa tematica. - se Joe lo provocava, perché non
rispondere a modo? Sapeva quanto il fratello odiasse che lui e Kevin
parlassero con un linguaggio forbito, quindi tanto valeva applicarsi,
no?
Intanto
il maggiore se la stava ridendo alla grande, osservando i “botta e
risposta” dei suoi due fratelli. Si accorse di come la presenza di
Anna li avesse fatti trovare d'accordo su così tanti punti. Forse
non tutti i mali venivano per nuocere.
- Ok,
guys, andiamo in camera, a discutere dei
problemi di Nick, che rimanere in corridoio mi sa tanto da
disadattati. - proruppe Kevin, raccattando gli altri due e
trascinandoli di peso in camera sua. - Ma, no... Kev... perché? -
cercò di lamentarsi Joe, beccandosi un'occhiata eloquente da parte
del fratello. Ora era certo che Kevin volesse aiutare Nick, ma non
sapeva perché dovessero andare in camera.
Improvvisamente,
si ricordò del fatto che Anna era a pochi metri da loro, e che
quindi, avrebbe potuto ascoltare i loro discorsi riguardo a lei; e
non aveva colpe, dato che era in bagno a farsi la doccia.
Nick
aveva pensato esattamente le stesse cose, e, una volta arrossito come
si conveniva, si girò verso la porta e avanzò a passo di marcia
verso di essa. Ma fu fermato da Kevin e Joe che attaccarono a fargli
il solletico.
***
Aveva
appena aperto il rubinetto dell'acqua calda, quando si ricordò di
pettinarsi i capelli. Era una cosa che doveva fare, sennò le si
ingarbugliavano e non era più possibile districarli. Tolse il piede
dalla vasca e aprì l'armadietto sopra lo specchio. Dentro vi trovò
la spazzola, una confezione di shampoo, come le aveva detto Nicholas,
e vari oggetti per l'igiene orale. Tanto per curiosità, sbirciò
anche in quello adiacente, trovandovi una schiera di prodotti per il
corpo e per i capelli.
“Questo
deve essere l’armadio personale di Joe” pensò sorridendo
alla vista di tutte quelle bottigliette e flaconcini.
Preso
ciò che le serviva, iniziò a spazzolarsi i corti capelli cinerei.
Quel taglio ce l'aveva da due mesetti, e, benché stesse veramente
bene, stava aspettando che le ricrescessero.
Da
piccola aveva sempre avuto i capelli lunghi, come sua sorella, ma
aveva deciso di tagliarli per fare una prova. Certo, così corti
erano molto mossi e si asciugavano subito, però la bellezza di
averli lunghi era impagabile.
Si
osservò allo specchio.
I
capelli le incorniciavano il viso ovale, arrivando quasi alle
clavicole, davanti. Gli occhi verdi e appena marroni, avevano una
forma leggermente a mandorla, ma non accentuata come quella tipica
delle popolazioni orientali. Gli zigomi erano appena visibili, perché
il viso non era slavato o smunto. A differenza dei suoi genitori, le
labbra non erano sottili, ma poco più carnose e disegnate. Non lo
avrebbe mai ammesso, ma quelle di sua sorella Elena le piacevano
moltissimo, quasi più delle sue.
Inclinò la testa di lato e tornò verso la vasca da bagno. Avrebbe
piantato le tende sotto il getto d’acqua e ci sarebbe rimasta per
parecchio tempo, decise.
Si
infilò nell’enorme vasca e lasciò che l’acqua le scorresse sul
viso, sui capelli e sul corpo.
Ah,
che meraviglia…
Si
godette ogni momento di quell’idilliaco paradiso, poiché sapeva
che prima o poi ne sarebbe dovuta uscire.
Insaponò
i capelli e il corpo, fino a che non divenne una bolla umana, per poi
risciacquarsi. Si sentiva così bene, che le venne voglia di cantare.
Se
voglio sognare
Mi
gioco tutta la mia libertà
Respiro
parole
Che
dentro suonano di musica
Correrò
nei prati e mi vedrai
Urlerò
che sono insieme a lei
Non
voleva cantare qualcosa di triste, bensì qualcosa di allegro e
gioioso.
Sono
qui, amami
Io
sarò baci facili
Io
lo so che sei tu quella che fa per me
Siamo
qui, a viverci
Siamo
noi cuori impavidi
È
per te che farò
Il
mio love show
Le
piaceva la canzone, perché non parlava di gente che si molla o di
gente che si strugge di dolore, come quelle che scrivevano i suoi
coinquilini, ma di una bella storia a lieto fine.
Ora
aveva tutto il tempo per riflettere con calma sulla sua nuova
situazione.
“È
tutto così strano… probabilmente il mio cervello non ha ancora
capito che dovrò convivere ventiquattro ore al giorno per nove mesi
con la band più in voga del momento: i Jonas Brothers. Non so se
esserne felice o meno. Insomma, pensiamoci: è possibile che andremo
fuori a fare la spesa o a prendere un gelato o a portare a spasso
Elvis,… e conoscendoli, dubito seriamente che non ci saranno in
giro paparazzi, pronti a smaltare in prima pagina una foto della
nuova amica di Nick Jonas. Che poi si sa, fra un’uscita e l’altra,
se poi, malauguratamente siamo da soli, mi vedo già i titoli sulle
più famose riviste scandalistiche: “Nick Jonas e la sua nuova
fiamma” o “chi sarà la fortunata nuova ragazza del piccolo della
famiglia Jonas?”. E cazzate del genere.
Che
palle.
Io
sono una persona semplice, nel senso che non si fa troppo notare, non
quella che esce con Nick Jonas dei Jonas Brothers solo per la fama.
Mica sono la Gomez, io!
Che
poi, Nicholas, sembra reagire in modo strano al mio modo di fare,
figuriamoci se gli passa per l’anticamera del cervelletto, di
chiedermi di andare a fare un giro.
Certo,
non si può negare che in fondo, ma molto in fondo, sia un bel
ragazzo, ma di tizi come lui se ne trovano dappertutto, magari non
famosi, ricchi, con la faccia da santo, fighi… no, figo no. Ok,
forse un pochino figo lo è, ma non troppo. Ovviamente non glielo
dirò mai, né in condizioni normali, né sotto tortura,
significherebbe lasciarmi troppo andare, e questo non va bene; per
niente.
Parlando
degli altri fratelli, posso dire che l’impressione che mi ha fatto
Kevin, è stata veramente ottima: pulito, raffinato e galante. Ma
dove lo trovi uno così, al giorno d’oggi? Senza contare che è un
bel ragazzo, chiudendo tutti e due gli occhi su quei due cespugli che
si ostina a tenere ai lati del viso.
Tsk,
quelle basette sono terrificanti! Lo fanno sembrare vecchio,
accidenti.
In
compenso ha dei begli occhi, verdi come i miei. Ho trovato in lui una
persona che ha voglia di amare, ma amare veramente, non le solite
cacatine che si scrivono gli innamoratucoli, come “non potrei mai
vivre senza di te” e poi i giorno dopo si piantano, perché si
stavano facendo le corna a vicenda. E non un paio di corna qualunque,
il modello de-luxe, quello grande con le espansioni in omaggio.
Comunque,
tornando a Kevin, se una ragazza ci si mette assieme e poi lo pianta
per un altro, vado lì io e le faccio conoscere che differenza c’è
tra una supposta di marmo e un pennello da trenta centimetri,
infilato su per dove non batte il sole, detto in termini signorili.
Kevin si merita il meglio, e io sono in grado di selezionare ragazza
per ragazza, scartando quelle troppo finte e oche. Se poi lui è
veramente innamorato, allora le faccio un lavaggio del cervello, ma
confido che il ragazzo abbia buon gusto, almeno in fatto di ragazze,
perché nel vestirsi è terribile come gli altri due. Anzi no, Joe è
quasi peggio. Non si sa vestire, non sa accogliere gli ospiti, non è
capace di non sbraitare alle tre del pomeriggio, non è capace di
mollare e scegliere una ragazza, insomma, direi che è quello messo
peggio dei tre.
E
dire che è quello più ambìto dalle ragazze… magari se lo
conoscessero un po’ meglio cambierebbero idea, tutte. Ma che dico?
Ce ne sarebbe una, di ragazza, che lo seguirebbe anche se si volesse
buttare da un ponte. Anzi, gli preparerebbe pure lo scalino per
agevolargli la caduta, completo di tappeto rosso, of course. Quella
ragazza è Annalisa. L’amica migliore del mondo, quella che
vorresti avere, perché è unica nel suo genere, spiritosa,
intelligente (ahimè tanto quanto me), ultra-vanitosa, altezzosa, ma
anche pazza, fuori come un poggiolo, sclerata e disarmante. E sono
proprio questi i motivi per i quali le voglio un bene che lei nemmeno
s’immagina, dato che sono una persona estremamente riservata e non
esterno i miei sentimenti come se piovesse. Mica sono come lei, che
si fa i fatti degli altri ogni tre per due! Senza contare, che, in
una classe di diciassette alunni, lei è l’unica che difende i
Jonas (eccetto me, che mio malgrado li ascolto), Miley Cyrus e Ashley
Tisdale. Non le importa che altre quindici persone li continuino ad
offendere, è sempre lì a discutere con Zappa, Ed, Seba, Gero e Rosa
Bianca Azzurra Arancione, confutando e bollando come idioti queste
persone, perché si ostinano a voler dire che si ascolta musicaccia.
Che poi, sono sempre loro, che cominciano a sfottere la musica che
ascoltiamo noi; non ci viene mai in mente di spuntare dal nulla e
dire che i Led Zeppelin, o Eminem, o tutti i gruppi heavy metal fanno
ribrezzo, che poi è vero. No, sempre a mettere la pulce
nell’orecchio, loro. Ma io mi chiedo: perché non riescono a capire
che alle persone possono piacere anche canzoni e stili più leggeri?
Perché la musica deve essere bella solo se è vecchia? Insomma,
siamo quasi nel 2010 e loro ancora ascoltano gruppi degli anni ’70
e ’80? Non che mi dispiaccia, se a loro piace, sono liberissimi di
ascoltarsele tutte le volte che vogliono, ma basta che la smettano di
rinfacciarci che la nostra musica fa schifo, perché per fare sold
out ai concerti dal 2006, vuol dire che a qualcuno i Jonas Brothers
piacciono. Ecchecavolo!
Bah
i misteri delle menti maschili.
Orsù
parliamo altro.
Stavo
esaminando Joseph Adam Jonas. Che sia strano, concedetemelo. Voglio
dire, per accogliere la tua nuova coinquilina con una pallonata, devi
esserti alzato dal lato sbagliato del letto, stamattina… comunque,
così come gli altri due Esseri, mi tocca ad ammettere che non è un
brutto ragazzo… certo, nei limiti di una limitata bellezza
maschile, ovvio.
Sicuramente
ha fascino, anche se non me lo spiego; sarà per il fatto che anche i
suoi fratelli sono fisicamente dotati. (non fraintendetemi, io non
penso certe cose). Ma non è per la faccia, questo posso assicurarlo.
Quei due cespugli che si ritrova a posto delle sopracciglia
potrebbero contenere chissà quali residui tossici e animali.
Dovrebbero ribattezzarlo “biotopo fossile”.
Okay,
queste considerazioni potrebbero essere usate contro di me, quindi è
meglio che pensi a qualcos’altro.”
Got the news today
Doctor said I have to stay
A little bit longer
And I’ll be fine
When
I
thought it'd all been done When
I thought it'd all been said A little bit longer And I'll be
fine
Sapeva
che Nick era diabetico e non voleva farglielo pesare in nessun modo.
But you don't know what you got 'Till it's gone And you
don't know what it's like To feel so low Everytime you smile or
laugh you glow You don't even know No no You don't even
know
Perché,
come giustamente diceva nella canzone, non sai cosa hai, finché non
lo perdi. E lui aveva peso una parte della sua autonomia, dovendo
continuamente attaccarsi alla macchinetta che gli controllava la
glicemia.
All this time goes by Still no reason why A little bit
longer And I'll be fine Waitin' on a cure But none of them
are sure A little bit longer And I'll be fine
Lei,
comunque, sapeva che un giorno, qualcuno avrebbe trovato una cura, e
quella persona poteva essere Annalisa, dato che voleva diventare una
ricercatrice di medicina.
So I wait 'till kingdom come All the highs and lows are gone A
little bit longer And I'll be fine I'll be Fine
Non
capiva bene, perché in diverse canzoni dell’album da solista,
avesse scritto così tanti brani, riguardanti il paradiso e Dio. Vada
che vive in una famiglia di cristiani, ma scrivere in “Time
for me to fly”:
“It’s time
for me to open up
my heart and
knock on heaven’s
door”, era leggermente fuori luogo. Avevi
tredici anni, ragazzo mio, non puoi dire che sei pronto per
andartene, perché il significato intrinseco del testo è questo, no?
Una
volta chiusa l’acqua, uscì a malincuore dalla vasca, prese
asciugamano e se lo avvolse intorno al corpo, frizionando per
asciugarsi. Si pettinò i capelli e aprì la finestra per far
fuoriuscire il vapore.
Subito,
l’aria fredda le colpì la pelle calda e bagnata, facendole fare un
salto.
“Accidenti
al freddo”
***
Era
ormai un po’ che si facevano il solletico a vicenda, quando Nick si
sentì l’acqua chiudersi, in bagno. Anna aveva evidentemente finito
di farsi la doccia. Immediatamente dopo di lui, anche Kevin e Joe,
sentirono la stessa cosa. Si paralizzarono, timorosi di fare un
qualsiasi movimento, che avrebbe prodotto un suono.
Lentamente
si separarono e i due maggiori si diedero alla specialità del
fuggi-fuggi, smaterializzandosi dalla visuale del minore, che, quando
se ne accorse, sfrecciò nella loro direzione, infilandosi per un
pelo nella porta.
-
Fiiiiiiiiiuuuuu, mi volevate lasciare al mio destino, per caso? –
domandò sarcasticamente, squadrando i due fratelli.
- No,
solo che sei lento. E poi, non ti potevamo mica lasciare in balia di
Anna appena uscita dalla doccia, no? – rispose il mezzano,
assumendo la classica espressione angelica alla Jonas.
Kevin
lo fulminò, ma non disse niente. Sapeva che Nick teneva fede alla
sua promessa, ma con una ragazza in asciugamano per casa, non sapeva
cosa sarebbe potuto accadere. E non voleva rischiare di incappare
nell’ira dei suoi genitori.
- È
la seconda volta nel giro di due ore, che mi ripetete la stessa cosa.
La volete piantare? Ho quasi diciassette anni, so badare a me stesso
e alle mie promesse. – sbuffò spazientito, sedendosi di colpo sul
letto di Kevin.
-
Sarà. A proposito, io non l’ho mica sentita uscire dal bagno, voi?
– chiese Joe, cambiando argomento.
Guardò
le espressioni dei fratelli e intuì che nemmeno loro l’avessero
sentita.
- C’è
da dire che è straordinariamente silenziosa, quindi non mi
sorprenderei se fosse già in camera sua… - disse Nick, fissando i
fratello.
- Boh…
-
- Ad
ogni modo, io vado nella mia camera, mi è venuta l’ispirazione per
un testo. – concluse il minore, alzandosi e dirigendosi verso la
porta.
- Ok –
rispose Kevin, annuendo.
- Ok,
e vedi di non farti cadere l’aureola, san Nicholas! – lo
sbeffeggiò il mezzano.
-
Senti chi parla. –
Detto
questo, uscì dalla porta.
- Mi
sa che ti devi andare a scusare con lui, Joe. – disse il maggiore,
guardando la porta dalla quale era appena uscito Nick.
- Mi
sa anche a me, Kev. – rispose lui, uscendo a sua volta.
***
I
capelli bagnati le si erano incollati al viso, quindi cercò di
sistemarli alla bene meglio ai lati, optando poi per lasciarli
sciolti.
Accidenti
se faceva freddo, fuori dal bagno!
Sii
strinse nelle spalle e procedette speditamente. Da grande genio quale
era, aveva lasciato il cambio in camera, quindi ora doveva andare a
prenderlo. Indossava solo l’asciugamano, che per sua fortuna, le
arrivava alle ginocchia.
Per
quanto osservare le assi di legno potesse essere interessante, alzò
lo sguardo per vedere dove stesse andando, ma non fece in tempo,
perché sbatté violentemente contro qualcuno.
Per la
legge del rimbalzo (di mia invenzione), tornò indietro, ma andò a
cozzare contro un’altra persona, che era comparsa dal nulla dietro
di lui, finendoci addosso di schiena.
“Ma
perché nessuno guarda mai dove mette i piedi?” si domandarono
contemporaneamente le tre persone.
Quando
Anna aprì gli occhi, si rese conto di essere appoggiata di peso su
Nick e di essersi scontrata con Joe, il tutto con addosso solo un
asciugamano.
Che
bel modo di iniziare una convivenza…
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Capitolo 5 *** A Little Problem ***
capitolo 5Io:Ehm... Nick: dai, esci di lì, che tanto gli insulti te li prendi lo stesso. Joe: Nick ha ragione, è colpa tua se non hai aggiornato, quindi un po ' di insulti ti fanno solo bene. Io: … Kevin:
mi sa che devo dare ragione a Joe... sei tu che non hai i capitoli
pronti e ogni volta ti riduci all'ultimo minuto per
scrivere. Io: non è mica colpa mia se non
sono organizzata come l'Annalisa, che sta scrivendo il decimo capitolo
e deve ancora pubblicare il settimo. Nick: appunto, prendi esempio da lei. Io:
ma ho dovuto aggiornare Casuality, che alla faccia vostra sono 25,
ripeto 25, pagine Word, poi mi sono vista con la mia socia per scrivere
“tutto per una gomma bucata”, che tra parentesi è ancora in alto mare,
e sono alle prese con i compiti di tutto. Joe:
Sìsì, di' quello che vuoi, tanto non sei giustificata. Anche perché
questa fiction la leggono poche persone e ancora meno la recensiscono,
quindi potresti anche dire che la sospendi per mancate recensioni. In
effetti si parla troppo di te e troppo poco di me. È sicuramente per
questo che non la legge nessuno, sisi. Io: come osi? Fedifrago che non sei altro! Ha, vedi cosa ti combino nel prossimo capitolo, Jonas! Nick: già nel prossimo, perché questo è talmente corto che potrebbe addirittura essere... hey, perché mi guadi così? Io: perché tu hai appena firmato la tua condanna a morte, Nicholas Jerry Jonas. Nick: O.O
Capitolo 5: A little problem
Nessuno aveva il coraggio di muoversi, tanto era in bilico la situazione.
Joe
era paralizzato con la mano sullo stipite della porta, Anna aveva una
gamba semi piegata indietro che la teneva abbastanza in piedi, mentre
le
braccia erano raggomitolate al petto e sul viso le si era
dipinta un'espressione assai stupita e imbarazzata. Il secondo martire
della situazione,
reggeva con le braccia il busto della
ragazza, che si era improvvisamente trovato addosso, trattenendo
inconsciamente il respiro.
Gli unici suoni che si sentivano nel corridoio erano i respiri pesanti di Anna e di Joe.
Nick
sentiva il respiro irregolare della ragazza contro il suo torace e,
prima che il suo cervello avesse il tempo di riprendersi, il suo
istinto di maschio
ebbe la meglio sulla ragione: inspirò tutta
l'aria che poté per poter sentire meglio il suo profumo. Non è che Anna
ne avesse uno, ma odorava di
shampoo alla pesca. Nick lo notò e gli piacque ancora di più.
A
poco a poco, il cervello si riprese, spodestò gli istinti riassumendo
il controllo sugli arti e le varie parti del corpo, ordinando loro di
muoversi e
rimettere in posizione eretta la ragazza appoggiata
su di sé. Subito, Nick si riebbe e accompagnò Anna con movimenti lenti
e misurati, affinché si
sistemasse e potesse andare in camera sua a cambiarsi.
Lei
parve sollevata e dopo una fugace occhiata di ringraziamento al riccio,
partì quasi correndo alla volta della sua camera. Riusciva solo a
pensare
“Oddio oddio oddio oddio oddio oddio”. Appena arrivò
davanti alla sua porta, la aprì e se la chiuse dolcemente alle spalle,
poiché sbatterla
violentemente sarebbe significato che era
nervosa e confusa. In realtà era solo imbarazzata all'ennesima potenza
e shockata. Aveva capito cosa era
successo, e proprio per questo non si sarebbe allontanata dalla sua camera per i prossimi quindici minuti.
La
reazione dei due fratelli non fu molto diversa: entrambi erano rimasti
colpiti dallo spirito di iniziativa di Nick, che di solito rimuginava a
lungo su
quello che doveva fare, riuscendo così a far allontanare diverse ragazze.
Sia
Kevin che Joe lo avevano sempre amorevolmente preso in giro,
rinfacciandogli che con le ragazze era lento, che in questo modo le
annoiava e
loro se ne andavano, lasciandolo con un palmo di naso.
Ora invece, si era spicciato, ma a mandarla via, quindi si ricominciava da capo.
-
Beh Nick, per una volta che ti sei dato una mossa, la ragazza pare non
aver gradito. Sei proprio un caso disperato, fratellino. - lo
sbeffeggiò Joe,
animato da un intramontabile entusiasmo, tipico suo.
-
Io non stavo tentando di corteggiarla, Joe, solo di non farmi prendere
da attacchi ormonali. - rispose ambiguamente il minore, non guardando
negli
occhi il fratello, abbassando la testa.
Sia Joe che Nick fissarono la porta nella quale era entrata Anna, riflettendo sugli avvenimenti appena accaduti.
-
La fedina comincia a pesarti. - disse ad un tratto il maggiore,
maledicendosi subito dopo e guardando di sottecchi il fratello,
aspettandosi una
sfuriata.
- Già, non posso negarlo. Ma
resisterò a costo di sembrare uno zotico misogino. - ribadì convinto il
minore, assumendo la sua tipica espressione
neutra e spiazzando Joe, che non nascondeva la sua sorpresa. Lo guardò, fiero di lui e delle sue parole.
-
Non lo metto in dubbio, ma se riesce a farti impazzire senza
accorgersene, cosa pensi di fare quando si applicherà? Perché sai
benissimo che lo
farà. - gli domandò Joe, mettendogli la pulce
nell'orecchio. - Ah, e scusami per la battuta dell'aureola di prima. Ci
si vede! -
Detto questo girò sui tacchi e se ne andò, lasciando Nick alle prese con i suoi dilemmi.
-
Le chiederò in ginocchio di non farlo. - sospirò, rivolto al corridoio
ormai deserto, prima di rientrare in camera sua per scrivere quella
famosa
canzone.
Però non sapeva che una certa ragazza a
tre metri di distanza aveva sentito il loro dialogo e stava seriamente
pensando di non sfruttare
quell'interessante dettaglio a
proprio vantaggio, potendo ricattare il giovane Jonas fino alla fine
dei tempi, come le suggeriva il suo istinto di persona
sadica che si rispetti.
“Devo assolutamente chiamare Annalisa e farmi dare un consiglio” pensò, infilandosi i pantaloni e rimanendo in bilico su una gamba, saltellando per
non
cadere. Quando finì di prepararsi – un paio di jeans e una maglietta
bianca a maniche corte – frizionò i capelli con l'asciugamano e lasciò
che
ricadessero ai lati della testa, benché fossero bagnati.
Controllò la propria immagine nello specchio prima di uscire, onde
evitare di finire in posizioni
scomode con poco addosso, in caso di rientro anticipato del resto della famiglia.
Chiamare
l'Italia con il cellulare era fuori questione, dato che i costi
sarebbero stati esorbitanti, quindi decise di fare una capatina nella
camera di
Kevin, che le era parso quello più sano di mente, e
chiedere di poter usare il telefono. Decise che sarebbe stato
conveniente bussare prima di entrare
e così fece.
- Avanti. - fu la risposta che ottenne.
Aprendo
appena la porta e infilandoci dentro la testa, annunciò la sua
presenza, muovendo poi qualche passo verso il letto, sul quale stava
sdraiato
Kevin. Appena la riconobbe, si tirò a sedere, guardandola con curiosità e aspettandosi una domanda.
-
Ehm, volevo chiedere se potevo usare il telefono per chiamare la mia
famiglia. - disse lei, fissando il maggiore negli occhi e sperando in
una risposta
positiva.
- Già a far richieste. Ma non ti vergogni? - la punzecchiò Joe, ridacchiando e riemergendo da casinolandia.
-
Certo che puoi. - concesse lui, sorridendo amichevolmente, fulminando
il fratello – vieni che ti mostro dov'è. - disse poi, alzandosi dal
letto e
dirigendosi verso la porta.
- Grazie. - fece
lei, voltandosi e seguendolo giù dalle scale, non prima di aver
sbattuto la porta in faccia al mezzano. Le parve di sentire Joe aprire
la
porta, ma non ci badò più di tanto.
Quando furono al
piano terra, Kevin si diresse in cucina, dove c'era il cordless. Glielo
porse e le raccomandò di mettere il prefisso dell'Italia davanti
al numero. Anna annuì e prese l'apparecchio, cominciando a digitare le cifre del telefono di casa sua.
Uno squillo, due squilli, tre squilli...
Forse
era un po' troppo presto per chiamare casa, dopotutto lì erano solo le
sei del mattino. Proprio mentre stava per agganciare, la voce di sua
madre le rispose.
“Pronto?”
< Ciao mamma! >
“Oh, Anna! Come va? Sei atterrata? Il viaggio è andato bene? Hai già conosciuto la famiglia Jonas? Come sono? Lì che ore sono?”
<
Hey, hey, calma, due domande sono già troppe! Allora, io sto bene,
l'aereo non è caduto, io sono sana e salva e sono qui a casa. Sì, ho
già
conosciuto tutta la famiglia, sono proprio quei Jonas, Joe
mi ha tirato una pallonata in faccia che mi ha quasi spedita
all'ospedale, – disse,
accorgendosi che nel frattempo il
mezzano era spuntato in cucina - Kevin cucina benissimo, Nick è un po'
strano ma ci farò l'abitudine. I genitori e il
piccolo Frankie sono simpatici e molto ben disposti nei miei confronti e qui sono le quattro del pomeriggio. >
“Oh
cara, non avevamo proprio idea che potessero essere proprio i Jonas
Brothers, ma se ti trovi bene, siamo felici. Allora, hai detto che sono
simpatici e che uno ti ha quasi spedita all'ospedale?”
<
Sì, è stato Joe, quello che piace a te, quello con i capelli lisci,
anche se ora li tiene naturali. Ma non mi sono fatta niente di grave.
Comunque,
abbiamo mangiato e poi gli sono letteralmente caduta
in braccio dal sonno, così mi ha portata in camera mia e ho dormito un
po'. Ma Joe non è
capace di parlare sottovoce e mi ha svegliata. Mi sono fatta una doccia poco fa e sono praticamente appena uscita. >
Parlarono
ancora per un quarto d'ora, fino a che Anna decise che doveva chiedere
una cosa ai ragazzi. Si salutarono e riagganciarono.
Si avvicinò a Kevin, seduto sul divano, e gli chiese se aveva un minuto, perché doveva parlargli.
- Sicuro che mi puoi parlare, di che cosa si tratta? - domandò, accomodandosi meglio.
-
Vado a chiamare anche Nick, è una cosa che vi riguarda tutti e tre. -
rispose lei indicandoli, avviandosi su per le scale e bussando
alla porta di
Nicholas.
- Sì? - sentì dire dal minore.
-
Nick, hai un minuto? Dovrei parlarvi; riguarda una persona. - disse
Anna, aspettando davanti alla porta. Sentì quasi subito i passi del
ragazzo
nell'altra camera avvicinarsi, e si trovò davanti Nick che la guardava un po' sorpreso.
- Vieni. - disse soltanto, scendendo le scale, diretta in salotto.
Il minore era rimasto ancora imbambolato a fissare i tratti della ragazza, ma uno sguardo di ghiaccio lo destò. Non
avendo altra scelta, il ragazzo la seguì, ritrovandosi gli altri due
fratelli seduti sul divano, che li stavano aspettando per capire il
motivo per il quale la ragazza li aveva chiamati; così si sedette insieme agli altri due e aspettò che Anna iniziasse a parlare. -
Devo chiedervi una cosa molto importante – iniziò - io ho un'amica alla
quale ho raccontato che sarei venuta qui per un intero anno scolastico;
ovviamente le ho detto che la famiglia che mi avrebbe ospitata
si chiamava Jonas, ma nemmeno io sapevo che foste realmente voi. Quindi
la mia domanda è questa: posso dirle che sono la vostra
coinquilina, benché lei sia una vostra fan scatenata e potreste
trovarvela sulla soglia di casa anche domani alle cinque di
mattina? Sappiate solo che se dovessi mentirle, voi dovrete fornirmi
una scusa valida per mascherare la vostra vera identità. - chiese Anna, contraendo la mascella e aspettando una risposta, possibilmente positiva. I tre fratelli si guardarono, comunicando telepaticamente. - No. - risposero all'unisono, convinti, fissandola negli occhi. |
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Capitolo 6 *** Scherzi o no? ***
capitolo 6
Eccomi!!!!
credo
di essere anche in orario, cioè, è un po' tardi, dato che sono le
21.30, ma fa 'stesso. Questo passaggio mi è venuto in mente così,
senza un motivo preciso, ma mi piaceva l'idea...
beh
passiamo ai ringraziamenti!
_Crazy_Dona_:
già, secondo me Nick è montato al contrario, ma a noi va bene così.
Mi sa che anche se fosse misogino e zotico, non saresti l'unica a
prenderselo, sai? Spero che il mal di denti ti passi presto!
jonas_princess:
cara, tu posticipi la mia entrata? Io posticipo la tua. No dai che
scherzo, solo che come ti ho già detto, questo piccolo contrattempo
non causerà grandi cambiamenti. A domani! p.s. Mi sono dimenticata
il libro di greco a casa...
Capitolo
6: Scherzi o no?
Il
tempo si fermò.
Anna
non ci poteva credere, le stavano negando la possibilità di dire la
verità alla persona che aveva tutto il diritto di sapere. Non poteva
dire come stavano le cose ad Annalisa, la sua migliore amica, colei
che la ascoltava ed era la sua confidente, la persona che, dopo la
sua famiglia, era la più importante.
“Predicano
bene e razzolano male” pensò, sentendo una rabbia montarle dentro.
Però non avevano tutti i torti; non sarebbe stata una cosa molto
saggia rivelare a una fan un dettaglio così importante, quale
l'ubicazione dei Jonas.
“Allora
cosa vanno tanto blaterando di dire sempre la verità?” si chiese,
con una punta di scherno e un'abbondante quantità di sarcasmo.
Era tra
due fuochi: da una parte, c'era Annalisa, dall'altra c'erano i Jonas.
Contrasse
la mascella e strinse con forza il cordless tra le mani fino a
sbiancarsi le nocche. Poi si rilassò, sospirando pesantemente. Non
aveva senso combattere, quindi si sarebbe arresa alle disposizioni
dei ragazzi, anche se ogni cellula e fibra del suo essere urlavano
inviperite.
-
Perfetto, non le dirò niente, ma dovete fornirmi una scusa valida. -
disse abbassando lo sguardo, non riuscendo a guardarli negli occhi,
cercando di assumere un tono di voce disinteressato. Si sedette sul
divano e attese che le illustrassero il loro piano.
Intanto
i ragazzi si erano radunati in cucina per discutere della questione,
pensando a qualcosa di credibile da propinare all'amica di Anna.
- Bene
ragazzi, teniamo a mente che così facendo violiamo la regola d'oro.
- iniziò il minore, facendo una premessa assai poco ottimistica.
- Già,
ma è necessaria affinché la nostra identità non venga scoperta e
che questa Annalisa non ci venga a bussare alla porta di casa. -
rispose il mezzano, non proprio convinto di quello che stavano per
fare. Non gli piaceva l'idea che Anna fosse triste a causa loro,
voleva che potesse chiamare la sua amica e che fosse felice in modo
da poterla ancora sentire ridere.
Si
diede dell'idiota, dicendosi che la conosceva da poche ore e che era
Nick quello che le sbavava dietro, ma nonostante tutto, non riusciva
a levarsi dalla testa quel sorriso e quegli occhi.
Che
stesse facendo impazzire anche lui?
No, no
doveva distrarsi, così disse la prima cosa che gli venne in mente.
-
Allora, possiamo dirle che siamo una famiglia composta da sei
membri... e che Nick è una ragazza! Sì sì, così non possiamo
essere noi! Ah, che idea geniale che ho avuto! -
-
Ahahah, no, non si può fare. -
- Eddai
Nick, l'idea di Joe non è poi così male... se ti fingi una ragazza,
Annalisa non crederà mai che siamo i Jonas Brothers! -
-
Perché, invece, non fingiamo che Joseph non esista, in modo che
manchi un fratello. Va bene lo stesso. - ribatté il minore piccato.
L'idea
di passare per una ragazza non lo allettava più di tanto. Anzi, non
lo allettava affatto.
- Uffa,
allora fatti venire in mente qualcosa. - lo riprese il mezzano, non
calcolando neanche l'ipotesi di essere cancellato. Lui era Joe Jonas
dei Jonas Brothers, era troppo importante per essere tagliato fuori.
Distolse un attimo lo sguardo dai fratelli, e si perse a fissare
qualcosa.
- Io ho
già detto quello che ci converrebbe fare, Joseph. - disse Nick
calmo, picchiando distrattamente i polpastrelli sul piano di lavoro
della cucina, osservando leggermente divertito il fratello, che
guardava qualcosa che lui non vedeva con un'espressione persa.
Sembrava che non lo avesse sentito. Nick cominciò a preoccuparsi;
non era da Joe ignorare una frecciata del genere. Agitò una mano
davanti ai suoi occhi nel tentativo di svegliarlo, ma non ottenne
grandi risultati.
- Joe,
ehi Joe! Ci sei? - lo chiamò Kevin, scuotendolo leggermente per le
spalle. Fu tutto inutile: Joe si era incantato a fissare qualcosa o
qualcuno.
- A
mali estremi, estremi rimedi – sussurrò Nick rivolto a Kevin,
aprendo un cassetto e tirandone fuori un paio di forbici. - Joseph,
ho in mano un paio di forbici e mi sto avvicinando ai tuoi capelli.
Indovina cosa sto per fare. - lo minacciò, sforbiciano in giro, in
modo che il fratello sentisse il rumore delle lame che stridevano.
L'altro
non diede segni di aver sentito.
Sia
Nick che Kevin si guardarono perplessi: non era mai capitato che Joe
non si svegliasse appena venivano messi in pericolo i suoi adorati
capelli.
- Kev,
secondo te a cosa starà pensando, per non essersi accorto che avevo
intenzione di tagliargli i capelli? -
- Non
ne ho idea, ma non mi piace. - poi alzando il tono di voce e
prendendo l'arnese dalle mani del fratello, si avvicinò la caso
patologico e aggiunse – Sarò più esplicito di Nick: ti taglio via
una ciocca. -
Niente,
Joe si era perso.
-
Frankie giocava con Elvis a lanciare la tua piastra... i tuoi
prodotti per i capelli sono finiti e non sono più in vendita sul
mercato... Camilla ti ha mollato e ora sta con Pattinson... - era
inutile, qualsiasi cosa dicesse, il mezzano fissava un punto non
meglio precisato oltre la porta della cucina.
-
Kev... - mormorò Nick, facendogli segno di avvicinarsi – posso
inscenare uno svenimento per un calo di zuccheri... so che non dovrei
farlo, ma è l'ultima chance che ci rimane. - propose il minore,
abbassando lo sguardo. Avrebbero fato prendere un colpo al povero
Joe, ma non sapevano cosa gli fosse preso e quanto sarebbe durato.
Kevin
ci pensò su e poi acconsentì.
- Ok,
ma magari non svenire, fingi solo un capogiro. Non voglio che si
prenda un colpo. -
Nick
sorrise triste e si concentrò sul diabete che lo costringeva a
vivere dipendendo da una macchinetta.
Ormai
era passato un quarto d'ora da quando i ragazzi si erano ritirati in
cucina per trovare una balla da propinare alla sua povera amica. A
quel pensiero la sua schiena ebbe un sussulto per la troppa rabbia
repressa. Contrasse per l'ennesima volta la mascella e irrigidì
tutti i muscoli della schiena, per poi rilassarli. Era ormai la
quinta volta che lo faceva, ma sapeva che non avrebbe migliorato la
sua situazione.
Non
riuscendo più a rimanere seduta, decise di andare a vestirsi, in
quanto voleva andare a farsi un giro per studiarsi la parte della
bugiarda. Andò in camera sua e si cambiò velocemente: ora indossava
un paio di jeans una maglietta e la sua adorata felpa da uomo. Una
volta giù si sedette, ma decise di andare a vedere se quei tre
avevano prodotto qualcosa di utile. Così si alzò dal divano e si
diresse verso la cucina.
Sentì
un tonfo e delle grida.
Si
precipitò nella stanza, ma si inchiodò di colpo, portandosi le mani
alla bocca, soffocando un grido.
Kevin
urlava il suo nome, scuotendolo per farlo rinvenire.
Joseph
aveva gli occhi e la bocca spalancati e non riusciva a muoversi.
Nicholas
era steso per terra.
Aveva
il volto terreo e respirava a fatica, mentre gli occhi erano chiusi.
Era immobile, se non fosse stato per il lieve movimento del petto che
gli permetteva di respirare.
Anna si
concesse due secondi di smarrimento, poi si avvicinò al minore,
girandolo di pancia e sollevandogli la camicia fino a metà schiena,
pregando che il suono intermittente che sentiva non fosse prodotto
dall'apparecchio per la glicemia, indicando quindi pericolo.
Sfortunatamente
per loro, il rumore proveniva proprio dalla macchina appoggiata sulla
schiena di Nick.
Anna
provò a svegliarlo nel modo più classico che conosceva, un
bicchiere di acqua gelida rovesciato in testa, ma nemmeno questo
riuscì a svegliare il piccolo Jonas.
-
Dobbiamo potarlo all'ospedale, SUBITO! - disse Anna in tono
autoritario, prendendo in mano la situazione. - Prendetelo e
portatelo in macchina, io vi seguo e chiudo la porta di casa. -
Kevin
annuì ancora scosso, prendendo Nick fra le braccia e avviandosi
verso il garage.
Joe era
rimasto immobile a fissare il punto nel quale, fino a pochi secondi
prima, c'era il corpo del fratello con gli occhi spalancati, incapace
di muoversi.
- Joe,
abbiamo bisogno del tuo aiuto, non me ne faccio niente di un
catalitico; a Kevin serve il tuo supporto per portare tuo fratello
all'ospedale. Spicciati a raggiungerlo! - gli ordinò la ragazza,
mantenendo un tono glaciale, fissandolo negli occhi.
Joe
parve risvegliarsi dal suo stato di coma solo in quel momento.
- Io...
quando Nick è svenuto per la prima volta... - mormorò lui, fissando
un punto imprecisato sopra le testa di Anna.
-
Dannazione Joe! Devi essere forte, ok? Non ti puoi far prendere dal
panico in questa maniera, accidenti! Non so cosa sia successo a Nick,
ma se ti spicci lo portiamo in ospedale e lì lo cureranno. Andiamo.
- sbraitò la ragazza. Non poteva permettersi di essere gentile e
carina con Joe ora, anche perché avevano una persona da salvare.
Dato
che si muoveva con una certa lentezza, fu costretta a strattonarlo
fino alla porta, dove prese le chiavi e chiuse tutto. Sempre
trascinandosi dietro un Joe più di la che di qua, arrivò alla
macchina già avviata e calda; spalancò la portiera dietro e ci
infilò il mezzano, in modo che rimanesse vicino al fratello svenuto,
mentre lei si fiondò sul sedile anteriore.
Kevin
partì a tutto gas, rischiando di smaltarsi più di una volta contro
qualcosa, grande o piccola che fosse.
Non
pensava a niente, solo a guidare il più velocemente possibile per
salvare Nick. Era già capitato che svenisse, ma si era sempre
ripreso nel giro di qualche minuto. Era veramente spaventato e
immaginava come si sentisse Joe, dato che era quello che si
preoccupava maggiormente della salute del fratello.
Arrivarono
all'ospedale nel tempo record di dieci minuti, nei quali Kevin
avrebbe accumulato almeno cinque multe diverse, se non fosse stato
per Anna, che aveva prontamente messo fuori dal finestrino una mano,
nella quale stringeva un fazzoletto bianco, in segno d'emergenza.
Smontarono
dalla macchina e corsero al pronto soccorso, sorpassando di gran
carriera un mucchio di gente, beccandosi una serie di occhiatacce non
proprio amichevoli da parte dei presenti, prontamente sedate da
quelle di risposta lanciate dalla ragazza, che gelava qualsiasi
tentativo di protesta con i suoi occhi di ghiaccio.
- È
svenuto circa un quarto d'ora fa; è diabetico. Abbiamo fatto il più
velocemente possibile, ora non possiamo fare più niente. - disse il
maggiore all'infermiera che li aveva accolti, non nascondendo tutta
l'ansia che provava.
-
Capisco. Come si chiama il ragazzo? - domandò lei in tono gentile,
annotando la risposta su alcuni fogli. - Perfetto, potete accomodarvi
su quelle sedie, ma vi avverto: l'intervento potrebbe parecchio;
potrete andare a casa intanto. Vi chiameremo noi. - rispose lei,
indicando con la punta della penna che teneva in mano le sedie di
metallo.
-
Grazie, ma rimarremo qui fino a che Nicholas non sarà fuori
pericolo. - disse Kevin convinto, tenendo lo sguardo basso e
dirigendosi verso le seggiole, che avevano tutta l'aria di essere
molto scomode.
Intanto
Anna si era avvicinata a Joe mantenendo però un'espressione
imperscrutabile. Si sedettero tutti e tre e attesero.
Ognuno
era perso nei propri pensieri, facendo ben poco caso a cosa facessero
gli altri due; Kevin troppo ansioso per stare fermo e seduto, Joe
apatico a Anna pensierosa.
- Io
chiamo la mamma. - annunciò il maggiore, alzando poco gli occhi,
abbastanza da incontrare quelli del fratello.
- Sì,
sarà terribile, ma lo devi fare. - rispose lui, fissandolo.
- Già.
-
Kevin
compose il numero del cellulare della mamma e attese che rispondesse.
Uno...
due... tre... squilli
<
Pronto, Kevin? >
“Mamma...”
<
Kevin, che succede? >
“Mamma...
Nick...”
<
Kevin, cosa è successo a Nick? > chiese Denise, cominciando a
preoccuparsi.
“ Nick...
ha avuto un calo di zuccheri e... è stato ricoverato a causa dello
svenimento che ha avuto...”
< …
>
“Mamma?”
<
Nicholas... svenuto... COSA?! Dove è ricoverato?” >
“10920
Wilshire Boulevard.” fu la laconica risposta del maggiore.
<
Arriviamo immediatamente. >
-
Adesso aspettiamo. - disse Kevin
-
Adesso aspettiamo. - gli fece eco Anna.
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Capitolo 7 *** You, me and she ***
capitolo 7
Ta-da!
Ragazze, non preoccupatevi, ho deciso di non mollare la fic, anche se
praticamente non c'è più nessuno che recensisce. Per vostra
sfortuna, ho in serbo per voi altre mille assi nella manica, quindi
preparatevi e tremate!!!
Jonas_princess:
cara, ok, io vado avanti stringendo i pugni, ma tu vedi di non
ammazzarmi domani, ok? Niente anticipazioni!
Angus
girl: cara, sono felice che segui la mia storia, ma vedi cosa gli
faccio fare allo zio Joe, al tuo Kevin e alla mia vittima Nick!
muahahahah
Capitolo
7: You, me and she.
I
minuti scorrevano lenti, scanditi dal costante ticchettio prodotto
dall'orologio sopra le loro teste. Il via vai di infermiere, dottori
e pazienti più o meno gravi, dava l'idea di tranquillità, benché
fossero in un ospedale. C'era solo un piccolo particolare che
guastava l'atmosfera: Paul Kevin Jonas II che camminava nervosamente
avanti e indietro per il corridoio. Decise infine che sarebbe andato
all'entrata ad aspettare i genitori, chiedendo alla ragazza di tenere
d'occhio il mezzano. Lei acconsentì, facendo un cenno con la testa.
Kevin annuì e si avviò. Joe non si era più mosso, troppo scosso
per fare qualsiasi cosa richiedesse uno sforzo fisico, continuando a
fissare il nulla davanti a sé. Anna pensava a Nicholas e a Joseph, a
come si dovesse sentire, ma non ci riusciva. A lei non era mai
capitato che sua sorella Elena svenisse, quindi non aveva idea di
come si potesse sentire Joe. Abbassò lo sguardo, cercando di
formulare un discorso che spiegasse al mezzano quanto lei fosse
dispiaciuta e spaventata.
- Joe,
io ti devo delle scuse, quindi apri bene le orecchie perché non ho
alcuna intenzione di ripeterle. - iniziò, voltandosi verso di lui e
aspettando che la guardasse negli occhi prima di continuare.
- Scusa
se non ho avuto tatto prima, ma non c'era assolutamente tempo da
perdere in carinerie varie. So che per te è difficile, ma sappi
che, benché ti conosca da qualche ora, hai tutta la mia solidarietà.
Voglio che tu sappia che io odio si autocommisera; è vero, Nicholas
potrebbe dover subire un intervento, potrebbe essere grave e potrebbe
rimanere in coma. Ma sappi che non è giusto che ti consoli
dicendoti ce andrà tutto bene, perché quello si fa con i bambini
piccoli e tu non lo sei più. Se ti dico quello che sto per dire lo
dico perché ne sono convinta: Nick guarirà presto. - concluse,
cercando di assumere un'espressione dolce e rassicurante, ma anche
determinata. Da dove aveva tirato fuori il fatto che Nick sarebbe
guarito non lo sapeva, l'unica cosa di cui era inspiegabilmente
sicura, era che sarebbe stato così e basta.
Joe
rimase in silenzio per qualche secondo, prima di contrarre le labbra
e lanciarsi letteralmente sulla ragazza, abbracciandola quasi con
disperazione. Anna rimase di sasso, ma si disse che in quel momento
Joe aveva bisogno di un supporto morale, quindi ricambiò l'abbraccio
e rimase in silenzio, accarezzando di tanto in tanto la sua schiena,
cercando di infondergli forza.
“Ma
guarda te che situazione: sono abbracciata a Joseph Jonas perché
Nicholas Jonas è svenuto e lo stanno visitando, mentre Kevin Jonas
sta aspettando il resto della famiglia Jonas. Che cosa assurda. L'unica mia
consapevolezza è che Joe ha bisogno di me adesso e io non mi posso
assolutamente tirare indietro, e per una volta non è una questione
d'orgoglio. Wow, sto facendo progressi.” questi
erano i pensieri della ragazza. Allontanò di poco la testa da quella
del giovane scosso dai singhiozzi per osservarlo: i capelli neri
erano scompigliati e spatuzzi, il respiro era irregolare a causa
degli scossoni del busto e le sue braccia si stringevano
convulsamente sui suoi fianchi. Poi lo strinse a sé, cingendogli la
vita con un braccio e appoggiando il mento sulla sua testa, pregando
che Denise non arrivasse proprio in quel momento.
Fortunatamente per lei, nessuno comparve per altri
cinque minuti, fino a che Joe si staccò da lei, asciugandosi gli
occhi con la manica della felpa e sorridendo sghembo.
- Scusami tu, anzi, grazie. E scusami ancora per la
figuraccia che ti ho appena fatto fare. - disse solo, riferendosi
anche al fatto di averle praticamente inzuppato la maglietta di
lacrime.
Per tutta risposta lei scrollò le spalle e ridacchiò.
- Non ti preoccupare, dopotutto era il minimo che
potessi fare, dato che tuo fratello è ricoverato in quella stanza.
Per il fatto che ti sia lanciato addosso a me e ti sia attaccato come
una cozza allo scoglio, direi che eccezionalmente ti posso perdonare,
ma vedi che non diventi un'abitudine. - lo rimproverò fintamente
lei, accennando poi con la testa ad una delle porte chiuse davanti a
loro. Non aveva senso non parlare di Nick, era giusto che Joe fosse
forte e per farlo occorreva spronarlo.
- Sì, grazie... è che io entro come in coma, quando
Nick si sente male. Avevo proprio bisogno di qualcuno che mi desse
una scossa! E comunque ora sto bene. - la buttò sul ridere lui,
nascondendo abbastanza l'angoscia che gli occupava i pensieri.
- Sese, vai a raccontarlo a qualcun altro, che stai
bene, perché puoi ingannare chiunque sulla faccia della terra anche
il Diavolo, tranne me. Lo so che non stai bene, ma per favore, non
cercare di nasconderlo, non con me. - lo riprese Anna in tono sicuro,
alzandosi in piedi e appoggiando le mani chiuse a pugno sui fianchi.
Joe si rese conto che la ragazza che aveva di fronte non
era normale, che riusciva a leggergli nel pensiero e che era inutile
cercare di negare l'evidenza.
- Hai ragione, non sto bene, ma mi devi spiegare come
cavolo fai a capire sempre tutto. Ah, e come fai a far impazzire
quella povera anima pia di Nick, anche. - disse lui, alzandosi in
piedi e sovrastandola con la sua altezza, guardandola maliziosamente.
Anna
rimase leggermente spiazzata da quella domanda; sapeva di avere uno
strano ascendente su Nicholas, ma addirittura farlo impazzire...
inclinò la testa e corrugò la fronte aprendo la bocca per chiedere
spiegazioni, ma Joe fu più veloce e disse -
Vedi, il mio caro
fratellino è rimasto decisamente impressionato da te in quanto...
boh, non so cosa. Saranno i tuoi occhi, il tuo modo di parlare, le
tue espressioni – cominciò, elencando le emozioni che provava lui,
che poi erano le stesse di Nick, - o qualcos'altro, ma fatto sta che
lui ti trova... interessante. - disse, assumendo un tono più
misterioso e sorridendo provocatoriamente.
-
Certo, perché io sono un campione da analizzare, no? - ribatté lei
acida, per niente contenta che qualcuno la trovasse interessante.
Incrociò
le braccia al petto e assottigliò gli occhi, indurendo l'espressione
del volto. Inutile dire che Joe aveva messo nei casini più neri il
fratello, dato che non sembrava intenzionato ad andare avanti a
parlare.
- Sputa il rospo, Jonas. - lo minacciò, fulminandolo.
- Io ti ho dato l'input, ora spetta a Nicky raccontarti
il resto. - disse lui, sedendosi e rimanendo in silenzio.
Anna rimase interdetta per qualche istante, prima di
rilassare i muscoli e sorridere benevolmente. Si sedette anche lei e
si girò verso Joe, ripassandosi mentalmente il discorsetto che si
era appena preparata.
- Joseph Adam Jonas, è giusto che io ti informi
riguardo alcune normative di sicurezza, giusto per evitare di doverti
tenere un letto caldo affianco a tuo fratello. Detto questo, ci sono
tre semplici regole fondamentali che devi conoscere: I) io sono un
tipo estremamente vendicativo; II) c'è una legge che regola
l'universo che dice: “tutto quello che fai ti torna indietro tre
volte”; III) io sono immune a questa regola, ma tu no. Ora, se
permetti, vado a ripescare tuo fratello, che pare essersi perso. Oh,
nel caso non te lo ricordassi, tuo fratello Nicholas è ricoverato e
le sue funzioni vitali non sono molto diverse da quelle di un
vegetale. Credo che sarai tu a dovermi chiarire questa situazione,
caro il mio zuccone. Ciao.- quando finì di parlare sorrise e
se ne andò, lasciando Joe con un palmo di naso.
- Com'è che mi ha chiamato? - chiese Joe, rivolto ormai
a se stesso.
“Nick, ma come diavolo fa a piacerti una così?”
si domandò il mezzano,
scuotendo la testa con fare sconsolato.
Se c'era una cosa che
Joe Jonas non sapeva fare era mentire, tanto meno a se stesso. Ma si
da il caso che in questa particolare circostanza, il nostro, anzi
vostro, amato Jonas
stesse facendo di tutto per nascondere la verità alla propria
coscienza. Proprio qualche ora prima, aveva affermato, davanti ai
suoi fratelli, che quella strana ragazza non aveva alcun ascendente
su di lui e ne era convinto; ora si rendeva conti di aver detto una
boiata atomica. Perché la ragazza che stava facendo impazzire Nick
era la stessa che affascinava anche lui, senza che potesse fare
niente per impedirlo.
“Joe, tu lo sai che non ti puoi in nessun modo far
condizionare da Anna, vero? No, perché ogni volta che la guardi
negli occhi ti si storcono gli intestini e cominci a respirare come
un dannato, e la cosa non è assolutamente normale. Cavolo, e poi la
devi ignorare, insomma, già tuo fratello le muore dietro, non hai
nessun diritto di chiavargli la ragazza.”
Joe rimase paralizzato dai suoi stessi pensieri. Davvero si era detto
che non poteva rubare la fidanzata di Nick? Ma se Nick 'manco ce
l'aveva, una fidanzata!
“Joseph Adam Jonas, non starai mica dicendo che ti
piace quel dizionario umano? A te piace divertirti e fare scemenze,
non parlare come un letterato, quella è cosa da Nick!”
La verità era che Joe era irrimediabilmente e
maledettamente attratto da quella ragazza di tre anni più piccola.
“Oddio oddio oddio oddio” si
continuava a ripetere nella testa, dopo che si fu alzato ed ebbe
preso a camminare avanti e indietro come faceva Kevin fino a poco
tempo prima.
“Joe, Joe, Joe, dimenticatela, vedila come
un'amica, continua a fare lo scemo, ma ti prego non fare niente di
idiota.” era completamente
perso a pensare ai suoi problemi, fino a che un pensiero lo riscosse,
riportandolo violentemente alla realtà: Camilla.
Ora che si ricordava, lui era fidanzato con Camilla
Belle, l'attrice che aveva recitato con loro nel video di “Love
Bug”, la ragazza che non era mai piaciuta a sua madre e ai suoi
fratelli e che lui amava... o no? Ormai non ne era più tanto sicuro,
data la presenza di una certa persona appena conosciuta.
Ok, era ufficiale: stava impazzendo e, cosa più
inquietante, gli piaceva Anna.
“Noooooooooooooooooooooooo”
- Joe, accidenti, ti
dovresti preoccupare di Nick, non dei tuoi problemi personali, non
ora che tuo fratello è steso su un letto a pochi metri da te e tu
'manco sai come stia! Un momento, ma Anna prima mi ha abbracciato...
e non ha neanche parlato come fa di solito... ragazzi, però ha degli
occhi bellissimi... No! Joe, stop the bus! Cavolo non può essere!!
perché mi deve piacere una ragazza che è addirittura più piccola
di me di tre anni? Che domanda idiota, tanto lo so che la differenza
di età non conta minimamente, anche Camilla è più grande di me. Oh
povero me. - stava pensando ad alta voce, quando una decisamente più
schernitrice e pungente fece la sua comparsa
- Cosa vai blaterando,
Joseph? -
Non c'è bisogno di
precisare la persona cui queste appartengono queste parole.
“Dio, ti prego, farò qualsiasi cosa, ma fa' che
non abbia sentito quello che ho appena detto.” pregò
Joe, sperando che Lui non avesse nulla di meglio da fare in quel
momento.
Si girò e la vide: la
maglietta bianca era abbastanza stretta, ma non volgare, i pantaloni
erano di taglio comodo e le scarpe erano allacciate alla bene meglio.
Dietro di lei, i suoi genitori e il piccolo Frankie.
- Aehm... io...
veramente... - “Cosa mi invento adesso?”- stavo
pensando a Nick, sai, non me lo perdonerei mai se fosse qualcosa di
grave. - cercò di sembrare il più convincente possibile e a quanto
pare, Dio lo stava ascoltando, prima, poiché la ragazza non aggiunse
altro. Si limitò a sedersi accanto a lui, abbandonandosi su quella
scomodissima sedia di metallo e arrovesciando la testa all'indietro.
Joe si rilassò
impercettibilmente, dato che la ragazza avrebbe capito, e fece solo
in tempo a pensare che era bellissima, prima che sua madre gli si
fiondasse addosso, abbracciandolo come aveva fatto lui con Anna,
bisognosa di aiuto e di amore.
- Oh Joe, spero che
Nicholas stia bene e che non sia nulla di grave! - mugugnò la donna,
scossa dai singhiozzi, avvinghiandosi alla felpa del figlio.
Kevin le si avvicinò
piano, posandole una mano sulla spalla in segno di conforto,
sorridendole rassicurante.
Denise si staccò da
Joe, si asciugò le lacrime e represse un singhiozzo, avvicinandosi
al marito.
- Vedrai che starà
bene; è già capitato che stesse male, ma non è niente di grave,
non ti preoccupare. - disse Paul alla moglie, carezzandole piano la
schiena con una mano e sussurrandole parole di conforto ad un
orecchio.
In quel momento, Joe si
rese conto di quanto la strigliata della ragazza gli avesse fatto
bene, ricordandogli che non sempre le cose andavano per il verso
giusto. Così cercò lo sguardo della ragazza e silenziosamente le
chiese di ripetere il suo discorso all'intera famiglia.
Dapprima Anna si
dimostrò assai sorpresa, ma sbatté le palpebre e sorrise,
sostenendo senza alcuna fatica lo sguardo del mezzano, che vinto
dalle iridi verdi della ragazza, si sottomise docile.
“Preparatevi a sentirmi parlare, Jonas.”
Grazie anche a tutti quelli che leggono soltanto, ma
potreste lasciarmi una piccola recensione?? thanks!
|
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Capitolo 8 *** I Feel Better ***
capitolo 8 ok
Non vado neanche a
inventar scuse, perché la verità è che non avevo voglia di
scrivere. Ma ora sono qui e vi dico che questo capitolo è un po'
noioso, ma il prossimo sarà mooolto più esilarante, parola mia.
Sciure e sciuri, passiamo ai ringraziamenti!
Jonas_princess:
non ti preoccupare per Joe, quello è fuori pericolo, se fossi in te
mi preoccuperei più per Nick, che non la passerà liscia. Ah, se non
aggiorni, sappi che non considererò più le tue recensioni.
Maggie_Lullaby:
Cara, non ti preoccupare per Joe, anche se non ti dico chi alla fine
si prende Anna, anche perché potrebbe rimanere da sola... niente
anticipazioni e grazie per aver letto “tutto per una gomma bucata”
e “Fra Greco e Jonas”!!!!
LadyBird27:
ta-daaa, dopo un lunghissimo ritardo eccomi ancora! Grazie per
leggere la fic! Vedi cosa dice Joe...
Grazie anche a
quelli che leggono e basta!
Capitolo
8: I Feel Better.
- Voglio che tu
sappia che io odio chi si autocommisera; è vero, Nicholas potrebbe
dover subire un intervento, potrebbe essere grave e potrebbe rimanere
in coma. Ma sappi che non è giusto che ti consoli dicendoti che
andrà tutto bene, perché quello si fa con i bambini piccoli e tu
non lo sei più. Se ti dico quello che sto per dire, lo dico perché
ne sono convinta: Nick guarirà presto. - queste erano le esatte
parole che Anna aveva pronunciato poco prima a Joe e che ora stava
riproponendo alla famiglia intera, ovviamente in chiave meno
drastica.
I coniugi erano
rimasti letteralmente spiazzati dalle argomentazioni della ragazza,
ma avevano capito che aveva ragione e che piangersi addosso non
avrebbe risolto le cose.
Persino Frankie era
rimasto in silenzio ad ascoltare le parole di Anna, asciugandosi le
lacrime con il dorso della mano e smettendo di tirare su con il naso.
- Hai ragione, non
so come tu riesca a mantenere i nervi saldi, ma hai ragione. Grazie.
- disse Denise, guardando Anna con gratitudine e appoggiandole una
mano sulla spalla.
Intuiva che la
ragazza non fosse molto per i sentimentalismi, quindi non
l'abbracciò.
O meglio, non ce ne
fu bisogno, perché fu Anna a prendere l'iniziativa, alzandosi e
accogliendo Denise in un caldo abbraccio rassicurante.
La povera signora
Jonas non fu più in grado di trattenere le lacrime che aveva cercato
di nascondere fino a quel momento e si abbandonò completamente alla
ragazza, la quale rimase in silenzio e chiuse gli occhi, mandando a
quel paese la maglietta, ormai bagnata dalle lacrime.
“Saranno nove
lunghissimi mesi” pensarono tutti i presenti.
***
Ormai erano passati
quasi quarantacinque minuti dallo sfogo di Denise, che ora si era
ripresa e chiacchierava con Anna.
- Io vado a
prendermi un caffè, chi ne vuole uno? - domandò la signora,
interrompendo la conversazione, alzandosi e girandosi verso gli
altri.
Tutti presero un
caffè tranne Anna.
Non ne aveva voglia
e poi se proprio doveva berne uno, che fosse almeno di buona qualità,
non quelle schifezze che si prendono ai distributori automatici.
Una volta che Denise
si fu allontanata con Joe che si offrì di aiutarla, Paul Kevin si
sedette affianco alla ragazza, respirando profondamente e chiudendo
gli occhi.
- Grazie. Le tue
parole hanno avuto un effetto balsamico sull'inquietudine di mia
moglie, e anche sulla mia.- si fermò un attimo. - A quanto ho
capito, prima di parlare con noi hai aiutato Joseph, parlandogli
magari in maniera più dura, vero? - chiese, sorridendo bonariamente
e girando la testa verso di lei.
Anna era leggermente
sorpresa, ma non lo diede a vedere, poiché era comprensibile che il
signor Jonas avesse notato un cambio positivo nel comportamento di
Joe, quindi si limitò a ridacchiare piano e abbassare la testa,
scuotendola un paio di volte.
- Penso che se non
gli avessi parlato, ora sarebbe nella stessa situazione mentale di
Nicholas, ovvero poco presente. Joseph è un ragazzo molto sensibile,
e questo è un bene, solo che va spronato a non lasciarsi abbandonare
alla tristezza e alla paura nei momenti difficili. - rispose Anna.
- Joe è considerato
da tutti un buffone, sempre pronto a far ridere gli altri quando sono
tristi e a cercare di tirare su il morale, ma nessuno se non noi, ed
ora anche tu, sappiamo che anche lui ha i suoi momenti di paura e
smarrimento; per fare un esempio, le fan non sanno che Joe in realtà
è un ragazzo assolutamente timido e impacciato, specie quando lo si
pone davanti a cose che non è abituato a vedere. - a queste parole,
non si voltò verso Anna, anche se la ragazza sapeva che si riferiva
a lei.
- Ho come la
sensazione che Joe ed io diventeremo grandi amici; non che io stia
mettendo in dubbio la possibilità di un'amicizia con gli altri due
fratelli, ma mi sa che Joe è quello che necessita più di tutti del
mio aiuto, specie in fatto di ragazze e moda, anche se magari
quest'ultimo punto ingloba anche Kevin e Nick. - disse la ragazza,
alzando un sopracciglio e fissando la porta davanti a sé.
- Sei italiana, e
dall'Italia arrivano i migliori stilisti del mondo; credo che una
piccola revisione al loro look non guasterà. Magari chiedi cosa ne
pensano, prima di cominciare a fare cambiamenti. - suggerì Paul
Kevin, guardandola di sottecchi.
- Credo che non
opporranno resistenza. - concluse Anna, omettendo il fatto delle
punizioni corporali.
- Ecco qua. -
annunciò Joe, porgendo a suo padre il caffè che aveva chiesto.
- Grazie, Joe. -
rispose, prendendo il bicchierino e mescolandone il liquido con uno
stecchino di plastica.
- Chi opporrebbe
resistenza a chi? - chiese Joe, bevendo un sorso e alzando poi lo
sguardo fino ad incrociare quello della ragazza, nel quale
puntualmente si perse.
Lei non diede segni
di cedimento, continuando a fissarlo e rimanendo in silenzio.
Joe non riuscì più
a sopportare quel contatto visivo, così travolgente, così
dannatamente vero e forte.
Lui, che era sempre
stato abituato a vedere persone montate e false, al quale bastava
solo un'occhiata delle sue per far cadere ai suoi piedi migliaia di
ragazzine urlanti, che poteva avere tutte le ragazze desiderasse, si
sentiva sopraffatto dagli atteggiamenti di superiorità e di
sfacciataggine (sia pure sempre impeccabili) di quella ragazza che lo
stava facendo andare via di melone;
ma lui sapeva
perché.
Anna aveva un
carattere forte e orgoglioso, dannatamente forte e orgoglioso e
sapeva il fatto suo. Ma a quanto pareva erano proprio quelle sue
caratteristiche che lo attiravano.
Era nel bel mezzo
dei suoi filmini mentali, quando vide il medico che stava sistemando
la flebo a Nicholas uscire dalla camera di fronte a loro.
Fece un salto e si
dimenticò della domanda appena posta alla ragazza, alzandosi e
andando incontro al dottore.
- Dottore, allora,
come sta? È grave? Quando lo potrete dimettere? - chiese,
dimenticandosi della stanchezza, riscoprendo la paura che gli aveva
attanagliato le membra.
Il dottore lo
squadrò, poi ripeté lo stesso trattamento con il resto della
famiglia, addolcendo lo sguardo.
- Ora sta bene, la
glicemia si è stabilizzata. Lo svenimento è stato causato da un
improvviso calo di zuccheri, avvenuto a causa di un grande shock. È
addormentato, e non credo che si sveglierà prima di domattina.
Possiamo dimetterlo già domani alle 10.30 dopo alcuni controlli di
routine. – li tranquillizzò lui, leggendo la cartella medica del
paziente.
- Ah, ma ora
possiamo vederlo, anche se non è sveglio? – domandò Joe,
calmandosi appena, implorandolo con lo sguardo.
- Solo se entrate
uno alla volta e non rimanete dentro più di qualche minuto. –
rispose il medico, sorridendo appena.
- Grazie, dottore,
grazie infinite. – mormorò Joe, prima di superarlo e aprire la
porta oltre la quale riposava Nicholas.
Bussare non sarebbe
servito a niente, dato che nessuno avrebbe risposto.
Joe si avvicinò in
silenzio al letto sul quale riposava il fratello, muovendo dei passi
appena udibili, ma che a lui parevano rumorosissimi.
Nicholas era
sdraiato con una flebo attaccata al braccio sinistro, ma sembrava
sereno e tranquillo.
Quella
considerazione infuse a Joe la forza necessaria per andare avanti,
fino a giungere al capezzale del fratello.
Era solo un po'
pallido, niente di grave, ma vederlo steso in un letto faceva male a
Joe, che era il fratello che aveva preso peggio di tutti la notizia
del diabete.
Spesso Nick lo
riprendeva perché si preoccupava troppo, sminuendo in certi casi il
dolore e la nausea che ogni tanto lo facevano vacillare.
Joe prese una sedia
e la portò di fianco al letto, accomodandocisi poi sopra e prendendo
la mano destra di Nick fra le sue.
- Beh Nicky, secondo
il dottore non hai niente di grave e entro domani ti dimetteranno.
Non sei contento?
Potrai tornare a casa e ti faremo una festicciola.
Te lo dico perché
tanto non mi puoi sentire, sennò credo che Anna mi scotennerebbe
vivo, anche se non le ho ancora detto niente... Sai, quella ragazza
ha la capacità di prevedere eventi futuri e di leggere nella mente
degli altri, ma forse te ne sei già accorto. - a questo punto fece
una pausa e sorrise – Comunque non ti preoccupare, Kevin e io ti
aiuteremo a conquistarla, ci volessero i millenni e i secoli di
millenni per riuscirci. Cosa non si farebbe per un fratello? - si
interruppe nuovamente, pensando a quanto quelle parole lo avessero
fatto sentire male - Quando sei svenuto, io sono come entrato in
trance, non capivo più nulla, vedevo solo te steso per terra e
sentivo una paura immensa prendermi gli arti e annebbiarmi il
cervello. Poi è arrivata lei e mi ha scosso, arrivando anche a
urlarmi contro pur di farmi muovere. Non so come ci sia riuscita, ma
mi sono ripreso e ti ho portato in macchina dove Kev ci stava
aspettando. Una volta al pronto soccorso ti hanno preso e portato
d'urgenza non so dove e poi qui in stanza. Mentre il dottore ti
sistemava la flebo, io ero qua fuori perso a pensare a te, di nuovo.
Allora è arrivata lei e mi ha dato una strigliata degna di tal nome,
dicendomi che non sempre tutto va come ce lo aspettiamo e che tu
avresti anche potuto riportare gravi danni. In quel momento mi
sarebbe venuta voglia di dirle di pensare in positivo, ma mi sono
trattenuto, pensando che aveva proprio ragione. Ma almeno tu stai
bene, è questo che conta, ora. -
Joe guardò
l'orologio, accorgendosi che era passata una buona decina di minuti e
decise di far entrare il resto della famiglia.
Si alzò dalla sedia
e aprì la porta, mormorando un “Ciao Nicky” e uscendo.
Dopo di lui entrò
Kevin, che rimase dentro qualche minuto, e infine i genitori con
Frankie.
Anna aspettò
pazientemente che tutta la famiglia salutasse Nicholas, rimanendo in
silenzio per un tempo complessivo di circa quindici minuti.
Una volta che tutti
ebbero fatto un salto nella camera dell'addormentato, Anna fece per
alzarsi, ma la mano di Joe l'afferrò per il braccio, costringendola
a voltarsi verso di lui.
Lei non si prese
nemmeno la briga di chiedergli cosa volesse, si limitò a guardarlo
con aria vagamente interrogativa.
- Non vuoi andare
anche tu a salutarlo? - le chiese il mezzano, lasciando la presa sul
suo polso.
- Chi sono io per
poterlo fare? - rispose lei di rimando, non particolarmente sorpresa
da quella domanda.
Joe sapeva che gli
avrebbe risposto così, quindi si limitò a scrollare le spalle e a
dire
- Se non fosse stato
per te, io sarei ancora a casa a fissare il pavimento, mentre lui –
indicando con un cenno del capo la porta chiusa – ora non starebbe
dormendo beatamente su quel letto. E credo che gli farebbe piacere
sapere che sei andata da lui. Fa' quel che vuoi. - concluse,
alzandosi e mettendosi vicino a sua madre.
Anna non poté fare
a meno di pensare che i tre fratelli si assomigliassero e che, in
fondo, era effettivamente merito suo se Nicholas stava bene.
Decise quindi di
avvicinarsi alla porta ed entrarvi, lanciando un'ultima, sporadica
occhiata a Joe.
Si sedette sulla
sedia di fianco al letto e rimase in silenzio a fissare il volto del
suo nuovo coinquilino.
Ora che aveva tutto
il tempo di osservarlo, notò con una punta di rammarico, che
Nicholas era oggettivamente un gran bel ragazzo.
I capelli erano
arruffati e i ricci tutti spatuzzi, ma conferivano al suo viso
efebico un'aria da malandrino, che gli donava.
La linea degli occhi
tendeva verso il basso, così come quella dei fratelli.
La bocca era
rilassata e per questo non assumeva la classica forma a cuore.
Anna si riscosse da
quei pensieri e cominciò a parlare.
- Joe è preoccupato
per te. Spicciati a svegliarti, perché sennò da di matto e io non
voglio essere presente quando questo accadrà. - fece una piccola
pausa, poi riprese – Non è giusto che tu ritenga che Joe sia
quello che si preoccupa di più e che sia quello che sta peggio
quando svieni. La tua famiglia è composta da altri quattro membri,
ognuno dei quali ti vuole bene e si preoccupa per te. Quindi il mio
consiglio è di considerare tutti allo stesso livello. - detto questo
rimase in silenzio per qualche minuto, osservando ancora quel ragazzo
steso in un letto d'ospedale.
Si alzò dalla sedia
e fece per andarsene, ma prima sussurrò
- Ben svegliato. -
udibile solo da lei, prima di chiudersi la porta alle spalle.
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Capitolo 9 *** Another One Bites The Dust ***
capitolo 9 finito
Occhei, lo so che
sono in ritardo, ma la scuola secca più del dovuto.
Avevo promesso che
questo capitolo sarebbe stato esilarante, ma per questioni di
metrica, la cosa che squaquasserà tutto arriverà nel prossimo
capitolo...
Ma passiamo ai
ringraziamenti!
jonas_princess:
ha, vedi cosa ti combino nel prossimo capitolo, vedrai vedrai... bah,
poi avdo a far tedesco -.-
Maggie_Lullaby:
in questo capitolo Joe praticamente non c'è, ma si parla un po' di
Nicky. Non ti preoccupare che il mio neurone viene a fare compagnia
al tuo che magari si sente solo! Grazie!
LadyBird27:
bah, io non sono per le cose smielate e Nicholas lo imparerà a
proprie spese... muahahahah, io sono perfida e lo faccio dannare!
Grazie delle recensioni!!
Another One Bites
The Dust
Casa Jonas, ore
10.05 a.m.
Adorava dormire.
Quelle ore passate
su un letto erano considerate sacre da lei.
Considerava il sonno
come la cosa migliore della quale l'uomo potesse usufruire e non
sopportava che qualcuno interrompesse i suoi momenti di relax, salvo
per occasioni estreme.
Odiava sentire tutte
le mattine la sua sveglia squillare, strappandola così bruscamente
dal torpore delle coperte calde e profumate di letto.
Odiava quando era
sua sorella a svegliarla, con quel suo modo di fare da elefantessa
che si ritrovava.
Ma ora, ora non ci
doveva teoricamente essere nessuno che la tirasse giù dalle brande;
c'era solo la sveglia che le avrebbe ricordato che non si può
dormire per sempre, che la scuola comincia alle otto meno cinque di
mattina e non perdona.
Era prona nel suo
letto in uno stato di dormi-veglia, attendendo l'inesorabile trillo
della sveglia del cellulare.
Attese qualche
minuto.
Cinque minuti.
Dieci minuti.
Si chiese come mai
la sveglia non fosse già suonata e perché sua madre non l'avesse
ancora chiamata.
Al che aprì gli
occhi e cercò di venire a capo del mistero.
Quello che vide la
sorprese: non riconosceva la fantasia del cuscino.
Si alzò di scatto
sulle braccia, facendo urlare di dolore la schiena, che si era
improvvisamente ritrovata inarcata senza un motivo apparente.
Nulla in quella
camera le era familiare, la finestra, le tende bianche la
scrivania...
Voltò la testa un
paio di volte, prima che un crampo al collo la immobilizzasse
violentemente.
“Maledizione.”
Poi
ricordò.
Il
viaggio, l'aereo, la famiglia Jonas, Kevin, Nicholas, Joseph...
Nicholas.
Fece
un salto sul letto e si girò di colpo, ingrippandosi nelle coperte.
-
Occristo. - disse, parlando da sola.
Doveva
vedere come stava Nick, non le importava come fosse vestita.
Senza
perdere un momento, si liberò del lenzuolo e si fiondò verso la
porta, evitando saggiamente di schiavellarsi contro lo stipite della
stessa.
Quasi
rotolò giù dalle scale, ma riuscì ad arrivare salva in cucina
inchiodando di brutto poco prima del piano di lavoro.
Si
guardò intorno, scannerizzando con gli occhi ormai privi di ogni
segno delle 10 ore di sonno, l'ambiente circostante.
Non
le ci volle molto per capire che era in casa da sola.
-
Ma che bello. - sbuffò, socchiudendo gli occhi e cercando di
riprendersi dalla corsa.
Un
dubbio le si insinuò nella testa, quindi si voltò alla ricerca di
un orologio per controllare l'ora e quando lo trovò si diede della
scema perché senza occhiali non vedeva una ceppa.
-
Stupida miopia, tsk. - borbottò fra sé, avvicinandosi al segnatempo
per controllare che non fosse troppo tardi.
10.15
“Ah, ora ho
capito come mai non c'è anima viva nel raggio di chilometri.”
pensò, accorgendosi poi di un
post-it giallo attaccato al frigo.
Corrugò
le sopracciglia e si avvicinò, staccandolo e leggendo quelle poche
righe scritte.
“Cara
Anna, scusa se non ti abbiamo avvertita, ma non ti volevamo
svegliare.
Noi
siamo andati a prendere Nick, torneremo per le 11.00.
p.s.
La colazione è sul tavolo, spero sia di tuo gradimento!
Ciao
Denise&Co.”
Anna alzò un sopracciglio, accartocciando il foglietto e buttandolo
nella pattumiera.
- Beh, ho come la sensazione che ora andrò in bagno, mi laverò, mi
cambierò, poi scenderò a mangiare qualcosa e infine metterò un po'
di musica.
Che pianificazione interessante, mi sorprendo della mia originalità.
- rimase in silenzio per qualche istante, poi concluse - Sto parlando
da sola; la presenza di Joseph mi deve fare più male del previsto. -
Detto questo salì le scale e si diresse in bagno.
Mezz'ora più tardi era in salotto alle prese con l'impianto stereo.
Aveva notato i tantissimi dischi della famiglia, ma dopo aver
compreso che il genere era tutto Jazz e Blues, decise di collegare il
suo iPod alle casse.
-
Alla faccia dell'home theatre del papi. - disse, ammirando quelle tre
enormi casse più le
due dei bassi.
Controllò l'orologio da polso: 10.40
Perfetto, aveva altri venti minuti per riflettere sulla sua
situazione, ma decise di sfruttare quel lasso di tempo evitando di
giocare all'autolesionista.
Ormai era sveglia, ma un piccolo aiutino, si disse, l'avrebbe scossa
per bene.
Quindi
partirono le note di “Give You Hell”
degli All American Rejects.
(Consiglio
di andarla a sentire http://www.youtube.com/watch?v=D6qzwEpOhFI)
Quanto le piaceva quella canzone, neanche lei sapeva dirlo.
Stava camminando in giro per il salotto a ritmo di musica,
canticchiando a bassa voce le parole che sapeva.
Quello
fu l'inizio di una lunga carrellata di canzoni quali Girlfriend,
The Best Damn Thing e
Hot di Avril Lavigne,
What I Go To School For
e Year 3000 dei
Busted.
“Ok,
ora che mi sono data la carica, posso anche stendermi sul divano ed
aspettare che arrivino.” pensò,
scegliendo una canzone lenta e rilassante da ascoltare, sdraiandosi
poi sul divano.
Sono
gocce di memoria
Queste
lacrime nuove
Siamo
anime in una storia
Incancellabile
Le
infinite volte che
Mi
verrai a cercare
Nelle
mie stanze vuote
Inestimabile
e inafferrabile
La tua
assenza che mi appartiene
Siamo
indivisibili
Siamo
uguali e fragili
Siamo
già così lontani
Era stesa supina con un braccio sugli occhi, il respiro regolare.
Con il
gelo nella mente
Sto
correndo verso te
Siamo
nella stessa sorte
Che
tagliente ci cambierà
Aspettiamo
solo un segno
Un
destino un'eternità
E
dimmi come posso fare
Per
raggiungerti adesso
Non si accorse che qualcuno aveva fatto scattare la serratura della
porta, ma non era tutta colpa sua: infatti, era abbastanza lontana
dalla porta d'ingresso, o perlomeno abbastanza da non udire alcun
rumore proveniente da essa, nonostante il suo udito sviluppato.
Il volume della musica non era alto, ma nemmeno troppo basso, quindi
rimase a pensare ai fatti suoi e ad ascoltare quella canzone.
Siamo
gocce di un passato
Che
non può più tornare
Questo
tempo ci ha tradito
È
inafferrabile
Racconterò
di te
Inventerò
per te quello che non abbiamo
Le
promesse sono infrante
Come
pioggia su di noi
Le
parole sono stanche
Ma so
che tu mi ascolterai
Quello era il suo pezzo preferito e le sue labbra si mossero da sole,
quasi animate di vita propria.
***
Erano venuti tutti a prenderlo, i suoi fratelli, i suoi genitori, ma
non Anna.
Un po' ci era rimasto male, ma non poteva pretendere che la ragazza
gli saltasse al collo, sommergendolo di domande sulla sua salute.
Si disse anche che stava probabilmente ancora dormendo date le ore di
fuso orario e si diede dello scemo per aver pensato che la presenza
di Anna gli avrebbe fatto bene.
“Sto
decisamente impazzendo, la conosco da meno di ventiquattro ore e già
sto impazzendo. Povero me.”
Sua madre aveva appena aperto la porta di casa e lui aveva
l'intenzione di andare a vedere se la sua ospite stesse ancora
dormendo.
Ma non fece in tempo, perché sentì una voce assai melodiosa
proveniente dal salotto.
“Questa
voce non può essere che sua, così dolce e allo stesso tempo
profonda. Vado a vedere!”
C'era anche l'accompagnamento musicale, ma lui era convinto che si
trattasse di Anna.
Improvvisò una corsetta fino al soggiorno, ma quello che si ritrovò
davanti non era esattamente quello che si era aspettato: la mistica
era stesa sul divano con un braccio sugli occhi, mentre la bocca si
muoveva quasi ipnoticamente, anche se era palese che la voce non
apparteneva alla ragazza.
Nicholas si rese conto in quel momento che aveva pensato un
assurdità, credendo che Anna potesse cantare così, dato che non ne
aveva fatto parola, il giorno prima a tavola.
Si concesse qualche secondo per guardarla, approfittando del fatto
che lei non si fosse ancora resa conto della sua presenza.
Il respiro era regolare e sembrava tranquilla.
In quel momento gli sembrò un atto meschino interromperla, quindi
retrocedé lentamente nel modo più silenzioso possibile.
Ma nel farlo urtò Joe che era venuto a chiamarlo, lasciandosi
sfuggire un'esclamazione di sorpresa, che destò l'attenzione di
Anna.
Infatti la vide scattare come una molla a sedere, spalancando appena
gli occhi verdi e guardando nella sua direzione.
Nicholas era davanti a lei e sembrava stare bene, forse un po'
pallido, ma sano.
Lo vide che era praticamente in braccio a Joe e intuì cosa fosse
successo.
Si alzò velocemente e gli andò incontro per accertarsi di persona
delle sue condizioni.
- Mi sembri più in forma che non ieri sera. - proruppe, fissandolo
negli occhi; non voleva cominciare un discorso con la solita frase
“Come stai?” anche perché era ovvio che stesse bene, o perlomeno
meglio.
- Già, la glicemia si è stabilizzata. E tutto grazie a te. - disse
Nicholas in tono dolce, pentendosene subito dopo.
Anna lo guardò di sbieco, ma non ribatté. Dopotutto era
praticamente tutto merito suo se ora non era steso in un letto
d'ospedale.
- Ho fatto quello che dovevo fare. -
Nicholas la guardò, leggendo in quegli occhi verdi la verità.
- Joe mi ha raccontato tutto, dall'inizio fino alla cazziata –
sorrise – e credo che abbia fatto molto bene a tutti. - continuò,
cercando ogni appiglio che gli avrebbe permesso di continuare a
parlare con lei.
“Ma
se ci dovrai convivere per nove mesi, vuoi che non ti rivolga mai la
parola?”
Nessuno fece più in tempo a dire niente, perché Denise chiese ad
Anna di raggiungerla in cucina.
Lei non se lo fece ripetere due volte e piantò i due ragazzi in asso
nel bel mezzo del salotto, mentre le note di un'altra canzone si
propagavano per la stanza...
Steve
walks warily down the street with the brim pulled way down low Ain't
no sound but the sound of his feet, machine gun's ready to go Are
you ready? Hey, are you ready for this? Are you hanging on the
edge of your seat? Out of the doorway the bullets rip to the
sound of the beat, Yeah Another one bites the dust Another
one bites the dust And another one gone And another one gone
Another one bites the dust Hey, I'm gonna get you too
Another one bites the dust …
(Another
one bites the dust - Queen)
|
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Capitolo 10 *** Incomprensioni ***
capitolo 10Allora, come regalo di Natale pubblico il decimo capitolo che ho praticamente appena finito di scrivere. Grazie a:
Maggie_Lullaby:
Secondo me tutte le canzoni di Giorgia sono belle, ma questa mi
capitava a fagiolo per il contesto e l'ho usata. Non so se quello che
c'è in questo capitolo possaessere considerato esilarante, però a me
piace. Grazie e Buon Natale!
jonas_princess:
Annalisaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!! esigo un commento da parte tua, perché qua
finalmente compari!! spero di riuscire a vederti prima di Natale per
darti il regalo!!
LadyBird27: Nah Denise non dice niente di importante, ma qualcun altro sì... ma devi leggere per sapere!
Vorrei fare una piccola domanda: _Crazy_Dona_, mitber, Hannah_, ladyme e ada12 che fine hanno fatto? fa sempre piacere ricevere commenti... Grazie anhe a quelli che leggono! Auguri a tutti!
Incomprensioni
- Eccomi, Denise. -
disse Anna entrando in cucina.
- Anna, vieni cara,
ti voglio parlare di una cosa molto importante. - disse di rimando la
donna.
Anna rimase un po'
sorpresa da quell'affermazione, ma si contenne e si avvicinò a
Denise.
La guardò negli
occhi, non immaginando cosa la donna le volesse dire.
La signora Jonas
spostò una sedia dal tavolo e le fece segno di accomodarsi,
sedendosi.
- Durante il viaggio
di ritorno dall'ospedale, i ragazzi mi hanno raccontato per filo e
per segno cosa è successo prima che Nicholas perdesse i sensi. -
fece una pausa, riprendendo fiato – Stavano pensando a cosa dire
alla tua amica in Italia, nascondendole la loro identità. - quelle
parole caddero come dei macigni.
Anna strinse la
mascella e respirò profondamente, cercando di allontanare la rabbia
che le annebbiava il cervello.
- Sì, ho chiesto
loro se potevo dirle che sarei convissuta con i Jonas Brothers, ma
hanno preferito mantenere l'anonimato. - rispose lapidaria la
ragazza.
Ancora avrebbe
voluto prenderli prenderli a sberle, ma dopotutto non li poteva
biasimare.
Abbassò lo sguardo,
per rialzarlo prima che Denise potesse dire qualsiasi cosa.
- Io rispetto la
loro decisione e per questo non ho ribattuto. Posso sempre dire ad
Annalisa che i Jonas di cui sono ospite non siete voi, ma una normale
famiglia americana, dicendo magari che ci sono tre fratelli invece
che quattro e che vivono in una modesta casetta di Los Angeles. -
disse, cercando di dare alle parole un tono che non fosse sibilato,
marcando bene la parola normale.
Denise rimase in
silenzio, comprendendo appieno lo stato d'animo della sua ospite,
notando la volontà di apparire calma, celando la rabbia repressa.
- Grazie. - disse
solamente, prima di appoggiarle una mano sulla spalla, infondendole
quanta più forza e gratitudine potesse.
Anna la guardò con
tristezza e rassegnazione, consapevole del fatto che quel sentimento
rabbioso col tempo si sarebbe affievolito, ma mai estinto del tutto.
- Oh, quasi
dimenticavo, domani andremo in città per ritirare le divise
scolastiche. - cinguettò la signora Jonas, chiudendo silenziosamente
l'argomento Annalisa.
Anna si paralizzò.
“Un momento,
fatemi capire bene, dovrò mettermi una divisa scolastica? E a quanto
pare non sarò l'unica? Chi è che viene a scuola con me?”
Non
fece in tempo a chiederselo, che la domanda le si presentò alla
mente.
Nicholas.
“Che qualcuno
mi assista.”
Nick guardava quella
scena nascosto dallo stipite della porta della cucina, le mani
appoggiate sulla schiena di Joe.
Kevin era dall'altro
lato, ma l'espressione che si era dipinta sui volti dei tre ragazzi
era la stessa: grave e depressa.
Nemmeno la notizia
della divisa scolastica riuscì a tirare su il loro morale.
Anna era in casa
loro da meno di ventiquattro ore e già erano riusciti ad intristirla
per il resto della sua permanenza al loro fianco.
Nicholas si
allontanò verso il salotto, seguito dagli altri due fratelli, e si
sedé sul divano, appoggiandosi stancamente una mano sulla faccia.
- Ragazzi, mi faccio
schifo da solo. - disse Joe, dopo qualche minuto di silenzio.
Anna era salita in
camera sua per sistemare le ultime cose senza degnarli di uno sguardo
e quindi non li avrebbe potuti sentire.
- Se è per la
storia dell'amica di Anna, io mi faccio schifo e pena. - rispose
Kevin, fissando assente il soffitto.
Nicholas rimase in
silenzio, pensando che nel dizionario della lingua inglese non
esistesse un aggettivo in grado di descrivere la sua condizione.
- Però non abbiamo
scelta, Anna ci ha detto che questa sua amica è una nostra fan, non
possiamo permetterci di rivelarle che siamo noi. - mugugnò il
mezzano, affondando la faccia in un cuscino.
- Sì, ma ciò non
toglie che probabilmente quando le abbiamo detto di no, ha pensato
“ma senti 'sti tre, predicano bene e razzolano male” e io non me
la sento proprio di darle torto, brothers. Andiamo in giro
raccomandando di dire sempre la verità e poi siamo i primi a mentire
e a far mentire - aggiunse Kevin, sentendosi meschino.
Passarono in
silenzio altri dieci minuti, ascoltando le canzoni che l'iPod di Anna
continuava a riprodurre: Apologize, One Rpublic; Black
horse and cherry tree, KT Tunstall; Dangerous, Michael
Jackson; Not Like That, Ashley Tisdale.
Aveva passato un
quarto d'ora a decidere cosa dire ad Annalisa e ora finalmente aveva
deciso: classica famiglia americana, due figli maschi più grandi e
una figlia della sua età e il cane. Le sembrava che andasse bene.
“Certo, la
verità andrebbe meglio, ma in mancanza... ci si deve adattare.”
pensò, mentre scendeva le
scale.
Vide
i ragazzi stravaccati sul divano, mentre le note di Not Like That si
propagavano per l'ambiente circostante.
“Che ironia”
Ignorandoli
elegantemente si diresse verso la cucina alla ricerca del cord-less,
chiedendo a Denise se avesse bisogno di una mano nella preparazione
del pranzo.
La
donna le fece cenno di no, indicandole poi il telefono.
Chinando
appena la testa a mo' di ringraziamento, Anna compose il numero
dell'amica, incurante del fatto che in Italia fossero praticamente le
2.30 di mattina.
“Beh, è stata
lei a chiedermi, o meglio ad ordinarmi,
di chiamarla appena fossi atterrata in America, quindi non si può
assolutamente lamentare dell'orario.”
Si
avvicinò al salotto, incominciando ben presto a girare a caso,
aspettando che Annalisa le rispondesse.
<
Pronto? > gracchiò una voce dall'altra parte del telefono.
“Cioè,
io ti chiamo dall'America per raccontarti la mia prima giornata e tu
mi gracchi nelle 'recchie? No cara, così non va.” rispose Anna
divertita.
<
Cosa?! Anna, sei tu?? > urlò Annalisa, ancora piuttosto
assonnata.
“Conosci
qualcun altro, al di fuori di me, che è arrivato in America e ti
chiama alle due e mezza di notte per raccontarti tutto?”
<
Ahhhhhhhhhhhhhhhh > ora era completamente sveglia.
“Grazie,
ma ora devo cambiare lato, perché il mio timpano destro è venuto
misteriosamente a mancare.”
<
Oddio oddio oddio, Anna, sono così felice che tu mi abbia chiamata!!
Ma io mi aspettavo di sentirti ieri quando sei arrivata, perché ti
sei fatta viva solo oggi?! >
“È
una lunga storia, mettiti comoda che te la racconto.” rispose lei,
chinando la testa e sorridendo tristemente.
Le
aveva detto che uno dei suoi ospiti si era sentito male e erano corsi
all'ospedale e che quindi non aveva avuto il tempo di chiamarla.
Dopo
aver liquidato la faccenda con un “fai le condoglianze da parte
mia”, l'amica parlò.
<
Anna, non giriamoci intorno ancora. > disse Annalisa, assumendo
repentinamente un tono di voce serio.
“Merde.”
pensò Anna, mordendosi un
labbro fino a farlo quasi sanguinare.
“No.”
Sapeva
che prima o poi glielo avrebbe chiesto, ma sperava di riuscire a
ritardare quel momento ancora un po'.
Guardò
i tre ragazzi che la stavano fissando dall'inizio della telefonata,
con uno sguardo duro ma impassibile.
Non
le importava niente se non capivano una beata mazza di quello che si
erano dette, non si meritavano la sua comprensione.
Mentire
per lei non era mai stato un grande problema, anche perché non ne
aveva quasi mai avuto bisogno, però quando serviva, non si faceva
troppi riguardi.
Ma
mentire alla propria migliore amica era tutt'altra cosa.
Ripensò
a tutti i momenti nei quali avevano riso come due sceme, quando
Annalisa le raccontava i sogni che faceva, ovviamente sui Jonas.
<
Allora? >
Si
riscosse dai suoi pensieri, serrando la mascella.
“Eh,
allora.” non ce la poteva fare.
<
Anna... >
“Sì,
ci sono”
<
Allora rispondimi. >
“Annalisa, ti
prego perdonami.”
“No,
non sono quei
Jonas.” ecco, l'aveva detto.
Chiuse
gli occhi ed arrovesciò la testa all'indietro, serrando le labbra.
Credeva
che sarebbe finito tutto una volta raccontata la balla, ma si sentiva
malissimo, anche peggio di prima.
Frenò
le lacrime che sentiva premerle nel condotto lacrimale e le ricacciò
indietro.
<
Ah. > disse Annalisa, sensibilmente con meno entusiasmo.
“Già”
rispose, sentendosi morire.
<
Beh, ci sono tante famiglie con quel cognome... era una vana
speranza, hehe. > cercò di sdrammatizzare Annalisa.
“Già”
anche Anna aveva perso tutta la sua allegria e si sentiva lontano un
chilometro.
<
Anna, ma stai bene? > chiese l'amica, preoccupata per il tono
tetro e lapidario dell'altra.
“Sì,
non ti preoccupare, solo che mi fa piacere sentirti e mi sono un
attimo commossa, nulla di grave.”
Sentì
Annalisa ridere e si sforzò di sorridere, benché non la potesse
vedere.
<
Tu che ti commuovi, ma dove? >
“Hey,
non sfottere, che anche se non sembra, sono una persona sensibile,
io.”
<
Se, certo e io mi sposo con Joe. > riprese lei, nominando un terzo
della causa del dolore della sua amica, ignara di tutto.
“Ma
come, non vi sposate più?” la schernì Anna, tenendo lo sguardo
fisso sul pavimento.
<
Ovvio che sì, ma era sarcastica, la cosa. >
La
diciassettenne rise, una risata aperta, venuta dal cuore.
-
Chi ha fatto il nome di Joe? - chiesero in contemporanea tre voci
maschili.
Anna
rimase di sasso.
Si
girò verso quei tre sciamannati con la classica espressione alla “Ma
sei scemo o mangi sassi?” spalmata in faccia.
“Ma che diavolo
sta succedendo?! Prima mi fanno un, sempre detto molto elegantemente,
culo così perché non le devo dire niente ed ora parlano? Valli a
capire gli zucconi.”
Li
guardò stranita, sollevando poi le spalle e rivolgendo loro una muta
domanda con lo sguardo.
<
Anna, chi era? > chiese Annalisa assai titubante.
Nel
frattempo la diciassettenne stava gesticolando come se si fosse
beccata l'urticaria in direzione dei tre Jonas, facendo segni
alquanto chiari: che erano fusi, malati di mente e nella cacca fino
al collo.
Riprendendo
la calma, avvicinò il telefono ai ragazzi, in modo che ci parlassero
loro con Annalisa, sorridendo sarcasticamente.
-
Ehm... volevamo farti una sorpresa, quindi abbiamo fatto finta di non
essere quello che in realtà siamo... - balbettò Nicholas,
inventandosi una scusa che potesse reggere il gioco.
“Che tentativo
futile, Jonas.” pensò Anna,
ridacchiando per la pessima figura del sedicenne.
<
Anna, mi spieghi perché mi sta rispondendo un ragazzo e perché mi
sembra di aver già sentito la sua voce? > domandò Annalisa,
esterrefatta.
La
cinerea coprì la cornetta con una mano, squadrando i tre fratelli
davanti a sé per qualche istante.
-
Ora sono tutti amorevolissimi fattacci vostri. - disse, prima di
mollare il cord-less a Joe e sedersi sul divano, attenta comunque
alla conversazione.
-
Credo sia perché lui è Nick e io Joe. Ah, poi qui vicino a me c'è
Kevin e la tua amica Anna mi ha appena lasciato il telefono in mano.
Oh, ma che maleducato, mi devo presentare: piacere, io sono Joseph
Adam Jonas, e loro sono i miei fratelli Paul Kevin e Nicholas Jerry.
Tu sei Annalisa, giusto? - disse, attaccando bottone come solo lui
sapeva fare.
<
… >
-
Ehm, Annalisa, ci sei ancora? - domandò il ventenne, aspettandosi un
urlo da disintegrare i finestrini.
Prevedendo
di sentire la voce della sua amica in diretta, Anna si alzò e
strappò senza troppi complimenti il telefono dalle mani di Joe.
-
Dai qua, Jonas. - ordinò, allontanandosi di qualche passo.
“Nls,
non fare niente di cui potresti pentirti in un immediato futuro.”
l'ammonì lei, assumendo il suo caratteristico tono di comando.
Sia
Nicholas che Joe non poterono far altro che sentirsi colpiti
dall'autorità della voce ora seria e autorevole della ragazza.
Tutti
e tre erano consci di aver fatto la più grande cazzata degli ultimi
dieci minuti, ma sapevano che non sarebbero riusciti a sopportare la
durezza d'animo di Anna e avevano agito d'impulso, dicendo la prima
cosa fosse venuta in mente loro.
<
Anna, non mi dire che il Joseph Adam Jonas che mi ha appena parlato è
il Joe che penso io. > mormorò Annalisa, sull'orlo di un attacco
isterico.
“La
verità è scioccante, lo so. Immaginati cosa è stato per me essere
accolta dal suddetto zuccone con una pallonata in faccia.” rispose
lei, sorridendo mentre ripensava al giorno prima.
<
Oddio, tu sei ospite dei Jo-Jo-Jonas Brothers... > mormorò
Annalisa con la voce rotta dall'emozione.
“Fa'
passare due minuti che tisi calmi il battito cardiaco e ti racconto
la versione originale dei fatti, dall'arrivo qui ad adesso.” disse
la diciassettenne, rimanendo in silenzio, aspettandola.
<
Ok, ci sono. >
“Tutto
è cominciato quando ho saputo i nomi dei genitori...”
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Capitolo 11 *** Il meglio deve ancora venire ***
capitolo 11
Girlsssss! Eccheme cà per la vostra gioia! Eh
sì, le vacanze di Natale mi hanno fatto bene e vi annuncio che questo
capitolo è abbastanza lungo, perché mi ero stufata di scrivere sempre
dello stesso giorno, quindi mi sono data una mossa e siamo andati
avanti. Un grazie immenso alle 7 gioie che mi tengono tra i preferiti: ada12 ffdipendente jonas_princess luluackles Maggie_Lullaby Veronica91 xXx_Sara_xXx alle 8 che mi tengono tra le seguite: 102luna BENNYY celestegirl fata93 ffdipendente m5_forever Maggie_Lulaby Neremir E naturalmente ringrazio coloro che mi recensiscono: jonas_princess: Eccoti accontentata, ma in questo capitolo il tuo amato Joe si "disinnamora" di me e... no, non ti dico altro. Aggiorna anche tu!!!! _Crazy_Dona_: non ti preoccupare, anche mia madre mi urla dietro, quindi so cosa devi subire. Ti ringrazio lo stesso per la recensione!!
Maggie_Lullaby: la reazione della pazza Annalisa non è descritta, ma qui Nicholas ne combina una delle sue. Grazie cara!!
mitber: vedi che quando la noia sopraggiunge, leggre la mia fic fa bene? XD grazie!!
PS: quando vedete il simbolo (*) non spaventatevi - o forse sì - è solo una sorta di avvertimento per quello che succede dopo, in particolare per jonas_princess. Hope you like ti!
Capitolo 11: Il meglio deve
ancora venire.
Ormai è mezz'ora
buona che Anna parla con la sua amica.
Inutile dire che io
e i miei fratelli stiamo capendo solo i nostri nomi, che ogni tanto
vengono pronunciati, ma, ovviamente, non conosciamo il contesto e
quindi siamo sempre al punto di partenza, cioè zero, forse poco di
più perché starà parlando di questi due giorni appena passati.
Forse si sta
chiedendo come mai sono trenta minuti che siamo qui come tre marmi
che la guardiamo e la ascoltiamo se per noi sta parlando una lingua
che si avvicina molto al cirillico.
O forse ci sta
ignorando bellamente, il che mi pare la cosa più probabile, data la
sua enfasi nel parlare al telefono.
Cioè, una tipa
raffinata come lei non ride come una pazza, anche se ammetto che la
voce della sua amica possa in qualche modo risvegliarle la parte
umana, per quanto piccola e priva di voce in capitolo possa essere.
Già, perché non ho
mai visto e conosciuto un essere umano in grado di tenere così sotto
controllo le proprie emozioni e tutto ciò che lo circonda con un
semplice sguardo congelatore.
Insomma, non so cosa
abbia fatto quando ha visto Kevin la prima volta, ma non si è
scomposta più di tanto neanche quando Joe le ha praticamente
spaccato la faccia con un pallone, cavolo, non sarà mica normale,
oh?
Eravamo più
preoccupati noi che lei per la sua salute.
E poi è
incredibilmente silenziosa! Cavolo, non per vantarmi (non sia mai che
Nicholas Jonas ha peccato di superbia!), ma ho un orecchio abbastanza
sviluppato grazie alla musica, eppure quando mi si avvicina non la
sento.
Per non parlare poi
delle espressioni che fa e di come inclina la testa!
Dio, ogni santa
volta che lo fa mi dimentico di respirare.
Quando arriccia il
labbro superiore, quando mordicchia distrattamente quello
inferiore...waaaaa, sto dando di matto.
Che poi, commentando
obbiettivamente la sua bocca, non è carnosa e seducente, di quelle
che dici “ha delle labbra che ti viene voglia di baciarle solo a
vederle di sfuggita”, no, diciamo che di sensuale inteso come
lo intenderebbe chiunque non hanno proprio nulla, zero.
Che sia quella sua
normale straordinarietà a renderla così pericolosamente attraente
ai miei occhi?
Eppure so che potrei
perdermi per ore a fissare solo quello, come sto facendo ora, per
esempio.
Cacchio no!
Nicholas,
concentrati su qualcos'altro, cribbio!
Fosse facile.
E gli occhi?
Ecco, appunto.
Dove li mettiamo
quegli occhi, così verdi da sembrare due smeraldi e allo stesso
tempo di un marrone chiaro, ma lo stesso così profondi da farti
cadere in un abisso infinito?
Sono assolutamente
sconvolgenti.
Quando mi fissa
dritto, mi sento come trafitto da due pugnali, ma poi addolcisce lo
sguardo, mi sorride e io mi sciolgo.
Sono quasi patetico.
Senza il quasi.
Oddio, ora è girata
di fianco e ci rivolge il lato sinistro.
Nicholas non lo
fare, Nicholas non lo fare, Nicholas non lo fare!
E invece lo sto
facendo, sto seguendo il suo profilo irregolare, la fronte, il naso,
la bocca...
Dannazione occhi,
chiudetevi!
Ma quando mai.
Scendo per il collo,
che si contrae in spasmi molto poco regolari e subito dopo la testa
si abbassa e il mento quasi tocca lo sterno.
Il mio cervello
manda l'allarme, poiché dopo il collo c'è il petto e ho già avuto
modo, me misero, me tapino, di saggiare il terreno...
Credo di essere
arrossito oltre l'inverosimile, perché sento le guance in fiamme,
così come tutto il resto della mia faccia.
E non solo di
quella, bensì di tutto il mio corpo.
Ora Kevin e Joe mi
scambieranno per un peperone, ma tanto non riesco a staccarle gli
occhi di dosso, quindi a che serve preoccuparsi?
Diamine no, no, no,
sto scendendo a guardare, no!
Mi sto agitando sul
divano e sento una gocciolina di sudore scendermi lungo la tempia
sinistra, ma gli occhi non ne vogliono sapere di interrompere la loro
lenta avanzata verso la fine.
Sono paralizzato;
sento solo le unghie conficcate nel divano e il mio respiro
affannoso.
Aiutoooooooooooooo!
***
-
Kevin... Kevin... Joseph... Nicholas... Kevin... Nicholas...
Joseph... -
Tanto
capisco solo solo questo, e Kevin e Nick pure.
Ho notato
che, ora che parla al telefono con la sua amica, Annalisa mi pare si
chiami, è più rilassata, spensierata, quasi... umana.
Sinceramente
non mi sarei mai aspettato di scoprire che questa strana ragazza ha
anche un lato che si avvicina, ma molto, molto alla lontana, a
qualcosa che si può definire quasi dolce.
Ammetto che quando le ho tirato la palla in faccia mi si è
letteralmente ghiacciato il sangue nelle vene dal terrore, ma è
riuscita a calmare gli istinti omicidi di mamma semplicemente
parlandole in quella maniera strana che lei abitualmente usa.
So di essermi preso una cotta per lei, ormai me ne sono reso conto,
ma almeno riesco a tenerla nascosta a Nick.
Povero fratellino, chissà cosa farebbe se scoprisse che la ragazza
che lo sta facendo impazzire, è la stessa che sta sconvolgendo anche
me, il suo fratello maggiore.
Cavolo, in questi casi bisogna aspettare pazientemente che la cotta
passi, augurandosi che sia solo una cosa passeggera e di breve
durata, perché sennò chi lo sente più Nicholas?
E Camilla?
Ormai so che di lei non mi importa più niente, ma non la posso di
certo scaricare dicendole che corro dietro ad una ragazza
diciassettenne e che ha mandato a quel paese le facoltà mentali di
Nick.
Hm, cosa mi invento per lasciarla?
Ma che dico, non mi inventerò proprio niente, le dirò la verità e
basta.
Chiaro e conciso: Camilla, io non ti amo più e sinceramente non
credo di averti mai amata. Quindi ti lascio, addio.
Sì, così può andare bene.
È un po' brutale, ma non penso che si farà tanti problemi,
dopotutto non se ne è fatta neanche quando mi ha messo le corna con
Pattinson, quindi...
Dopotutto non si può neanche lamentare, perché ho mollato Taylor al
telefono in ventisette secondi netti e se si azzarda a fare storie la
chiamo e la mollo così anche se me la trovo davanti.
Ecco, ora che non ho più nulla cui pensare, era inevitabile che i
miei occhi si posassero su di lei, che gira per il salotto
mordicchiandosi una ciocca di capelli e sorridendo ogni tanto.
Ha un bel sorriso, quando le viene dal cuore.
Si vede che è concentrata su quello che le sta dicendo Annalisa, a
giudicare dalla sua espressione fra il divertito e il perso.
Ha chinato la testa e ha ridacchiato, poi ha alzato un sopracciglio e
ha detto sì e no tre parole, che io ovviamente non ho capito.
Però l'italiano è una bella lingua, fluida e musicale.
Se la mettessi a confronto con l'americano, credo che la definirei
più elegante, anche perché deriva dal greco o dal latino, non mi
ricordo.
Una lingua antica, comunque.
Dopo glielo chiedo.
Anche
se la risposta sarà tipo “Jonas, ma sei proprio
ignorante. Deriva dal...”
E io starò in silenzio perché lei avrà ragione.
Come
sempre.
Non so cosa mi stia succedendo, solo che io non mi sono mai fatto
mettere i piedi in testa da qualcuno e ora che è sbucata questa qui,
rimango sempre spiazzato dalle sue risposte.
Per esempio, quando le ho accidentalmente tirato la palla in faccia,
non si è messa né ad urlare come una pazza che ero Joe Jonas né
che le avevo fatto male.
Anzi, mi ha addirittura salvato dalla mamma.
Hey, un momento: ma questo l'ho già pensato o mi sbaglio?
Sì, solo che sto cercando in tutti i modi di evitare di fissarla,
perché poi mi scambia per un maniaco.
Ok, la cosa sta lentamente degenerando.
Chiudo gli occhi e affondo la testa nel cuscino.
Che situazione assurda.
***
Nick sta diventando cianotico, mentre Joe ha deciso di imitare uno
struzzo sotterrando la testa sotto un cuscino.
Che Nicky fosse cotto di Anna si sapeva, ma non immaginavo che anche
Joe potesse essere attratto da una così contorta.
In questi casi mi ricordo come mai lo chiamiamo Danger.
Solo che dovrebbe dimenticarsela e alla svelta, anche, perché la
posta in gioco è l'integrità della band e io non voglio correre un
rischio così grande solo perché i miei fratelli sono attratti dalla
stessa ragazza, che a dirla tutta mi sembra che non li consideri dei
potenziali ragazzi, anzi, non li considera proprio, certe volte.
Già la casa discografica ci ha mandati a casa per un anno, motivando
la scelta dicendoci esplicitamente che il nostro ultimo CD faceva
schifo ed ha venduto la metà rispetto ai nostri standard.
Non
posso darle torto, neanche a me piace troppo Lines Vines
and Trying Times, ma non eravamo
nel periodo migliore della nostra carriera e non siamo stati
all'altezza degli altri album.
Spero che Joe capisca che Anna non è assolutamente la ragazza adatta
a lui, e che si dimentichi in fretta di questa sua cotta, e che
ritorni lo stesso fratello pazzo ed egocentrico di sempre.
Ma se Anna ha coinvolto emotivamente i miei fratelli, fortunatamente
su di me non ha questo effetto.
Io trovo che in lei scopriremo un'inesauribile fonte di ispirazione
per i testi delle nostre prossime canzoni e se a lei non piaceranno
le cambieremo, perché ho la sensazione che sarà più sincera lei
che non tutte le fan che ascolteranno i nostri brani.
Quella ragazza è di una sincerità disarmante; ieri quando eravamo
in ospedale, ha parlato a tutti noi e ha detto delle cose
assolutamente vere: non è giusto dire che andrà tutto bene, perché
può anche non essere così.
Certo che è proprio strana.
Con noi è sempre stata rigida e composta, mentre ora che parla al
telefono con Annalisa si è lasciata andare a risate e commenti, per
quanto a noi incomprensibili, non proprio eleganti.
Chissà come mai ho la sensazione che ora sarà più rilassata anche
quando parlerà con noi, visto che le abbiamo permesso di dire la
verità alla sua migliore amica.
Ok, è stato più che altro un istinto a farci parlare, però non
saremmo mai riusciti a sopportare le sue occhiate piene rimprovero,
noi Jonas odiamo avere sensi di colpa.
Oh, la mamma ci chiama a tavola.
Il pranzo passò velocemente fra battute idiote da parte di Joe, e
risate generali.
Annalisa aveva consigliato ad Anna di abbandonare quel suo cipiglio
da comandante e comportarsi naturalmente, e con naturalmente si
intendeva entro i suoi standard.
La diciassettenne aveva confutato questa sua affermazione fino allo
sfinimento, ma poi aveva dovuto acconsentire, sempre suo malgrado, in
quanto aveva riconosciuto che se avesse continuato così si sarebbe
fatta odiare da tutti in pochi giorni, guadagnandosi il biglietto di
ritorno in tempo record.
Quindi ora si limitava a guardare il mezzano con uno sguardo
sconsolato, ridacchiando sommessamente.
Una volta concluso il pasto e aiutata Denise a sparecchiare, Kevin
propose di far fare ad Anna un giro turistico di Los Angeles.
Lei accettò di buon grado, chiedendo solo se si dovesse vestire in
una certa maniera per eludere l'ossessività dei paparazzi.
Gli occhi di Joe e Nick si illuminarono di una luce malsana e Anna
aggrottò le sopracciglia.
- Sputate il rospo, Jonas. - asserì lei, squadrandoli.
Joe le si avvicinò con aria di chi la sa lunga e le mise un braccio
intorno alle spalle, prendendo un grosso respiro.
- Beh, cara Anna, vedi... i paparazzi... - cominciò, arrovesciando
la testa all'indietro e parlando a caso.
Anna lo guardò male e, dato che il Jonas di mezzo non arrivava al
sodo, spostò lo sguardo su Kevin, attendendo paziente.
- Quello che Joe sta invano cercando di dirti, è che se vuoi stare
in America ti devi vestire come un'americana e dato che la valigia te
l'abbiamo disfatta noi, sappiamo che i capi che ti sei portata
dall'Italia non sono adatti per passare nove mesi qui. - spiegò il
maggiore, con l'aria birichina che aveva anche Joe.
Anna li guardò con espressione neutra uno ad uno e poi disse.
- Non so se voi siete a conoscenza di un piccolo particolare:
dall'Italia arrivano i migliori stilisti del pianeta, anche più che
non dalla Francia, e bene o male tutti gli Italiani hanno gusto nel
vestire. Certo ci sono delle eccezioni, e Annalisa lo sa bene, ma
complessivamente siamo a posto. Non capisco perché dovrei cambiare i
miei vestiti. - borbottò lei, per niente contenta di un cambio di
look.
- Ma poi a scuola ti guarderebbero tutti storto... - replicò
Nicholas, reggendo il moccolo ai fratelli.
- A scuola avremo le divise, Nicholas. - lo fulminò, scostandosi da
Joe.
Il ricciolino arrossì, ma non demorse, sostenendo la tesi dei
fratelli.
- Beh, ma quando andremo in giro, si gireranno tutti a fissarti
perché sei vestita diversamente da loro. - continuò, sostenendo il
suo sguardo.
- Anche se fosse, io non mi sono portata i soldi per rifarmi un
guardaroba, che poi non ho intenzione di cambiare. - ribadì piccata,
incrociando le braccia al petto.
I tre Jonas la guardarono come se fosse stata un'aliena.
Proprio non capiva dove i tre fratelli volessero arrivare con quel
discorso.
- Oh, i soldi non sono un problema. - la buttò lì Kevin, alzando le
spalle in maniera studiata.
Anna sbarrò gli occhi.
Le stavano proponendo di cambiare l'intero guardaroba a loro spese?
Ma erano fuori come dei poggioli?
Decise però di valutare l'offerta, quindi inclinò la testa e
rifletté con calma.
- Quindi voi vi state offrendo per rifarmi l'armadio a vostre spese.
- disse, assottigliando un poco lo sguardo.
Annuirono in contemporanea.
- Hm... sì, credo che si possa fare. - acconsentì, provocando una
reazione stupita da parte dei suoi ospiti.
- A patto che anche voi prendiate qualcosa sotto la mia supervisione.
- aggiunse, ponendo dei termini.
Kevin, Nick e Joe rimasero abbastanza colpiti dalla sua richiesta, ma
annuirono scrollando le spalle.
- Perfetto, allora fra dieci minuti ci troviamo qui in atrio. - disse
Joe, cominciando a salire le scale.
- Ok. - gli fecero eco gli altri, seguendolo.
In macchina.
- Che musica mettiamo? - domandò Joe, accendendo l'impianto stereo
dell'auto e ravanando nel portaoggetti.
- È stato carino da parte tua chiederci che musica mettere, anche se
scommetto cento contro uno che vuoi mettere su un vostro CD. -
rispose serafica Anna, leggendogli nel pensiero, incrociando le
braccia e assumendo un'espressione divertita.
Joe rimase a bocca aperta, ma fu costretto a darle ragione e per
evitare di perdere anche quel briciolo di orgoglio che gli era
rimasto, scrollò le spalle e chiese semplicemente quale CD
preferisse.
Anna ci pensò su e poi rispose guardandolo al di sopra delle lenti
degli occhiali da vista che indossava.
- Jonas Brothers. -
Joe annuì e inserì il disco nel lettore.
Passarono
il resto del viaggio a cantare le canzoni, mentre Anna li ascoltava
solamente, muovendo ogni tanto le labbra a ritmo, così come aveva
fatto con “Gocce di Memoria”
quando erano entrati in casa i ragazzi.
Nick, che era seduto accanto a lei sul sedile posteriore, si stava
chiedendo come mai la ragazza non cantasse, ma decise di non
chiederglielo per evitare di metterla magari a disagio.
- Oh, Anna, ti volevo chiedere una cosa – disse Joe, smettendo di
cantare e girandosi verso di lei – Ma l'Italiano deriva dal Greco o
dal Latino? -
La battuta di scherno per l'ignoranza del Jonas di mezzo affiorò
alle sue labbra alla velocità della luce, ma Anna riuscì a
trattenersi per evitare di rendersi odiosa.
Fece un respiro profondo, chiuse gli occhi e poi rispose con voce
calma e melodiosa.
- Il Greco è la lingua più antica, dalla quale poi deriva il
Latino. L'Italiano è, a sua volta, una modernizzazione del Latino. -
notando l'espressione confusa di Joseph, si affrettò a spiegare il
concetto in parole povere. - in poche parole, la mia lingua deriva
sia dall'una che dall'altra, essendo il Latino una derivazione del
Greco antico. Capito? - chiese, sperando di essere stata abbastanza
chiara.
Joe rimase scioccato dal suo tono per niente acido e di disprezzo
come si era aspettato.
Sorrise
e annuì, ringraziandola e tornando a cantare “Goodnighrt
and Goodbye” con rinnovato
entusiasmo.
Anna sorrise e ringraziò mentalmente Annalisa per il suo prezioso
consiglio.
Dopo altri venti minuti arrivarono nel cuore della mitica Los
Angeles.
Anna era esterrefatta. Era tutto così grande e luccicante. Il posto
perfetto per la sua amica, che amava fare shopping quanto la sua
stessa vita. Spesso vedeva che i manichini le facevano segno di
entrare nel negozio e i saldi che l'attiravano come calamite. Sì,
era un po' pazza, l'Annalisa
Ridacchiò a quel pensiero e si affrettò a legare i capelli in una
coda; anche l'abbigliamento, jeans maglietta a maniche corte, felpa
nera legata in vita e cappellino con visiera, era stato scelto per
evitare che i paparazzi la scambiassero per la nuova fiamma di uno
dei tre ragazzi.
Girarono per Rodeo Drive per ore alla ricerca di qualcosa che fosse
abbastanza americano, ma che piacesse alla ragazza, che si scoprì
poi avere dei gusti semplici e comodi.
In fatto di accessori ci fu più da combattere, in quanto Anna non
usava borse, cappelli, occhiali e sciarpe.
Più volte Kevin provò a convincerla a prendere una sciarpa che le
nascondesse parte del viso o anche solo per bellezza, ma Anna era
ostinata e acquistò solo un foulard azzurro con delle righine
argentate.
Per
le scarpe, poi, scoppiò una terza guerra mondiale, poiché la
diciassettenne si rifiutava categoricamente di mettere ai piedi
qualsiasi “zavorra strambamente colorata con tinte
assurde e con un tacco da far invidia all'Everest che le avrebbe
consumato i piedi fino all'osso e oltre”,
come le definì lei.
- Che poi, voi che siete uomini, cosa credete di saperne di scarpe da
donna? Io non mi metterò mai una roba del genere ai piedi, avete
capito? MAI! M-A-I! - sbraitò inferocita, gesticolando
ossessivamente con le mani in direzione delle scarpe in questione.
E questa volta nessun Jonas fu in grado di contrariarla.
- Però potevi anche prendere quegli occhiali da sole bianchi... Ti
stavano bene. - disse Nick, riferendosi a degli occhiali visti
nell'ultimo negozio.
- Ma anche no. - rispose lei sicura.
Il sedicenne non volle insistere e attese che Kevin aprisse la
macchina in modo che potessero scaricare gli acquisti della ragazza
per poi riprendere il giro alla volta dei negozi di moda maschile.
- Bene ragazzi, ora voi andate in giro, spulciate per bene scaffali e
grucce, poi tornate, vi cambiate e poi vedo cosa posso migliorare,
ok? - senza aspettare una risposta, Anna prese e si avvicinò ai
camerini, in attesa che i Jonas tornassero con gli indumenti da loro
scelti.
Dopo circa un quarto d'ora, i tre fratelli fecero la loro comparsa
con le braccia cariche di pantaloni, maglie e giacche di tutti i
generi.
Anna rimase in silenzio con l'espressione neutra di sempre e fece un
cenno a Joe che si andasse a cambiare per primo.
(*)Poco tempo dopo, il mezzano uscì trionfante dal camerino;
indossava dei pantaloni verde pistacchio fluorescente, una camicia
marrone leggermente sbottonata sul davanti, una sciarpa di lana e un
cappellino da spazzacamino in testa.
Anna lo squadrò per bene, soffermandosi su alcuni particolari, poi
annuì, facendo segno a Kevin di andare a cambiarsi.
Joe sembrò soddisfatto del suo operato e si sedé sul divanetto
vicino alla ragazza.
Il
maggiore aveva optato per un abbinamento classico di lui: pantaloni
beige, camicia azzurra a ghirigori old style, cravatta
viola melanzana stinta e pullover blu cobalto scuro.
Come nel caso di Joe, la diciassettenne non fece una piega,
limitandosi ad analizzare le abbinate di Kevin, per poi indicare
anche a lui il divanetto sul quale stavano seduti lei e l'altro
fratello.
Fu infine il turno di Nick, che sembrava assolutamente sicuro delle
sue scelte.
Uscì poco dopo dal camerino e tutte le persone che passavano da
quelle parti si fermarono a guardarlo.
Anche Anna rimase stupita; non aveva nulla in contrario nel dire che
Nicholas Jonas fosse un bel ragazzo, anche se non le sarebbe mai
venuto in mente di dirlo al diretto interessato.
Se
per lei Nick era un bel ragazzo, per altre centinaia di ragazzine,
era un dio fatto uomo; notavano le sfumature dei suoi profondi occhi
color nocciola, impazzivano per il suo naso, che rientra nella top
ten dei “nasini più belli delle star”
di cui è al secondi posto, dopo quello di Robert Pattinson, morivano
dalla voglia di affondare le mani nei suoi riccioli e sbavavano per
la sua fantomatica bocca a cuoricino.
Ma ora, Nicholas Jonas stava esibendo tutta la sua bellezza divina,
sfoggiando dei pantaloni di velluto a coste bordeaux scuro e una
camicia rossa a quadri verdini.
Esattamente come aveva fatto con gli altri due fratelli, Anna osservò
attentamente gli indumenti che Nick aveva scelto, ma questa volta si
alzò, fece segno alla piccola folla di gente che si era radunata di
tornare alle proprie occupazioni e si voltò verso il Jonas minore.
Arricciò le labbra, si tolse gli occhiali, li pulì con un lembo
della maglietta, se li rimise e poi parlò.
- Nicholas, mi sono dimenticata di chiederti una cosa – pausa
d'effetto – ti piace fare i pic-nic? -
Lui rimase un po' interdetto dalla domanda, ma balbettò una risposta
affermativa.
Anna abbassò lo sguardo, lo rialzò e continuò con il suo strano
discorso.
- Ah, bene... che ne dici se chiediamo a Denise di organizzarne uno
prima che faccia troppo freddo? Magari anche prima del primo giorno
di scuola, eh? - disse, sembrando molto contenta dell'idea.
- Sì, mi sembra un'ottima idea. - rispose lui, decisamente allegro.
- Bene, bene. Allora prenderemo un cestino di vimini, lo apriremo, ci
metteremo dentro i panini e altre vivande, da bere, i bicchieri e poi
lo chiuderemo. - disse, aspettando che Nicholas si accorgesse di un
piccolo particolare mancante.
Non ci volle molto che la faccia del Jonas si incupisse leggermente.
Aggrottò le sopracciglia e si rivolse alla diciassettenne.
- Un momento, ma manca la tovaglia; non si può fare un pic-nic senza
la tovaglia. - era confuso: una ragazza calcolatrice come Anna non si
sarebbe mai potuta dimenticare di un particolare importante come la
tovaglia.
Lei sorrise malignamente senza farsi vedere e poi assunse la migliore
espressione sorpresa e ingenua che le riuscisse.
- Ma Nicholas, di quello ti occupi tu. - disse con ovvietà.
Lui la guardò stranito, non capendo dove volesse arrivare.
- La tovaglia ce l'hai addosso. -
Lui strabuzzò gli occhi e dopo qualche secondo disse.
- Questo è un messaggio subliminale per farmi capire che non ti
piacciono le camicie a quadri. - non era una domanda, era
un'affermazione.
Anna sorrise e commentò gli altri due fratelli.
Erano in una drogheria a ritirare le divise scolastiche per Nicholas
e Anna.
Quando la ragazza vide la sua, soffocò appena un urlo di disgusto.
Se c'era una cosa che odiava erano le gonne; le reputava inutili e
scomode.
E ovviamente la divisa consisteva in una gonna a righe orizzontali
beige e arancione scuro, una camicia bianca, calze bianche fino al
ginocchio e un foulard della stessa fantasia della gonna.
Purtroppo per lei non si poteva opporre, quindi si limitò a ritirare
il pacco, sconsolata.
Fra risate, scemenze e qualche occasionale coppino volante, i giorni
passarono velocemente e spensieratamente.
Il loro passatempo preferito era commentare le foto che li ritraevano
insieme nelle situazioni quotidiane fuori di casa sui giornali
scandalistici e di gossip.
Anche il rapporto con Annalisa era alle stelle: ormai non si
emozionava più di tanto quando parlava coi ragazzi, anzi, erano
diventati amici, specie con Joe, che era caratterialmente il suo
sosia al maschile.
Grazie a lei, il mezzano si era presto reso conto che la sua cotta
per Anna era scomparsa senza lasciare traccia alcuna.
Aveva anche mollato Camilla Belle, dicendole semplicemente la verità,
evitando così di sentirsi in colpa.
Per Nicholas, invece, le cose si erano semplicemente semplificate,
nel senso che Anna gli piaceva sempre molto, ma ora riusciva a
comportarsi normalmente in sua presenza, ignorando le fitte allo
stomaco che ogni tanto lo sorprendevano.
***
La sveglia fu come una doccia fredda per Anna, che non era più
abituata a svegliarsi all'alba delle sette meno un quarto.
Muovendo i primi passi fuori dal letto, arrancò fino alla scrivania
sulla quale il cellulare squillava come impazzito.
Con un gesto secco lo spense, mugugnando qualcosa di incomprensibile,
afferrando la biancheria intima e la divisa scolastica per dirigersi
poi verso il bagno.
Per il corridoio s'imbatté in un sonnolento Nicholas, che si
trascinava nell'altro bagno.
Lo salutò con un cenno abbozzato della testa e lui ricambiò con lo
stesso entusiasmo.
Dieci minuti dopo erano già più trattabili, anche se sembravano due
zombie, al contrario di Frankie, che era tutto bello vispo e
pimpante, ansioso come non mai di andare a scuola.
Come entrarono in cucina, Denise andò loro incontro, dando un bacio
materno in fronte ad entrambi.
- Ben svegliati! - disse quasi con le lacrime agli occhi.
Erano anni ormai, che Nicholas non andava a scuola come tutti i
ragazzi della sua età e il fatto che la casa discografica aveva
imposto ai Jonas Brothers un anno di normalità le riempiva il cuore
di gioia.
- Solo perché sono in piedi non significa che io sia sveglia. -
biascicò Anna in italiano, non curandosi del fatto che nessuno
avesse capito.
Si avvicinò al tavolo e si sedé davanti alla sua tazza di latte,
fissandola senza interesse.
Nicholas fece lo stesso, si versò il latte e i cereali e iniziò a
mangiare, seguito poco dopo dalla ragazza.
- Ok, noi andiamo. Ciaooo! - urlarono i due ragazzi sulla soglia di
casa, prima di chiudersela alle spalle e dirigersi verso la macchina
di Nick, la Mustang nera.
- Sarò l'unica persona sulla faccia della terra che te lo dirà, ma
la tua macchina non riesco a farmela piacere. È proprio brutta. -
constatò Anna, guardando quell'auto con tanta pietà.
Nicholas si immobilizzò di colpo e per poco non cacciò un urlo.
- Che cosa!? Non ti piace la mia bellissima Mustang? Ma stai bene? -
disse con voce stridula per il fastidio.
- Esatto. - asserì senza entusiasmo – muoviamoci o faremo tardi. -
- Non ti preoccupare, amorino del papà, io ti voglio tanto bene lo
stesso. - sussurrò Nick alla sua adorata macchina, accarezzandole
amorevolmente il cofano.
Driiiiiiiinnn
“Evviva,
la campanella è suonata e cominciano le lezioni, sììì” pensò
Anna, senza l'ombra di entusiasmo.
Le prime ore le avrebbe passate in una classe diversa da Nicholas e
le materie erano geografia e biologia.
Prima che il professore o la professoressa entrasse, scandagliò la
classe alla ricerca di un banco in una posizione favorevole,
abbastanza avanti, ma completamente a lato della cattedra.
I banchi erano da due, ma non se ne preoccupò più di tanto e, una
volta trovato il suo posto ideale, avanzò cercando di mantenere un
atteggiamento normale, cosa che le riuscì particolarmente bene, data
la sua innaturale capacità di mantenere tutto sotto controllo.
Prese posto e cominciò ad osservare l'aula di geografia: le pareti
erano quasi interamente ricoperte di cartine geografiche degli USA e
degli altri continenti.
Non fece in tempo a concentrarsi su altro, perché le si avvicinò
una ragazza alta, bionda e magrissima con qualche chilo di trucco
sugli occhi e tanto di quel phard spalmato in faccia da sembrare una
Barbie troppo abbronzata.
- Ciao – disse quella, ruminando una gomma e sorridendo
sfacciatamente – Tu devi essere quella nuova, piacere, io sono
Natasha, capo delle cheer-leader e ragazza più popolare della
scuola. - squittì, facendo un giro su se stessa per far sì che la
sua bellezza finta penetrasse a fondo negli occhi di Anna.
La diciassettenne provò un moto di disgusto istantaneo nei suoi
confronti, ma non lo diede a vedere.
- Io sono Anna, non sono una cheer-leader e non ci tengo a diventarlo
e non ambisco al trono di reginetta della scuola, piacere. - rispose,
sorridendo lo stretto indispensabile, illustrando la sua posizione.
Natasha la guardò dall'alto in basso, dimenticandosi quello che le
aveva appena detto e continuò imperterrita con le sue
farneticazioni.
Anna sapeva perfettamente dove voleva andare a parare, ma aspettò di
sentirla parlare ancora un po', prima di farle intendere le sue
intenzioni.
Dopo trenta secondi si stufò e decise di intervenire.
- Per quanto possa sembrare assurdo, sì, conosco Nicholas Jonas e
no, non sono un mezzo per arrivare ad ottenere un appuntamento con
lui. - chiaro e conciso.
Quando Anna era convinta, diventava spietatamente sincera e Nicholas
le aveva chiesto esplicitamente di non farsi strumentalizzare per
arrivare a lui.
La cheer-leader rimase spiazzata per qualche secondo, prima di
assumere un'espressione truce e malevola.
- Di te non m'importa assolutamente niente, solo che sarebbe stato
più comodo arrivare a Nick per questa via, ma dato che non vuoi
collaborare con me, vedrò di rimediare, lealmente o no. - sibilò,
assottigliando gli occhi azzurri, alzandosi di scatto in posizione
eretta, afferrando la sua borsa e allontanandosi seguita da altre due
ragazze frivole come lei.
- Addio Darlin'. - trillò, allontanandosi da Anna.
- Che sagoma. - borbottò lei, una volta che la bionda fu fuori dal
suo campo visivo.
- Già, ma ce la dobbiamo sorbire per altri due anni e non c'è verso
che se ne vada. - disse una voce squillante alla sua sinistra.
Anna si voltò e vide una ragazza bruna e riccia abbastanza
spettinata, con il naso coperto dalle lentiggini. Gli occhi erano
verde chiaro, più chiaro del suo, e assolutamente vispi. Sfoderava
un sorriso che lasciava intravvedere i suoi denti bianchi. La sua
divisa aveva almeno due anni, ma era in ottime condizioni.
- Comunque io sono Alexia Lucas, nemica giurata della bionda
cotonata, piacere. - ridacchiò, porgendole la mano.
La diciassettenne capì immediatamente che con quella ragazza aveva
un'intesa spettacolare e sorrise a sua volta.
- Anna Dal Fuoco, piacere mio. -
- Ma puoi chiamarmi Alex. - aggiunse, sedendosi al posto vicino ad
Anna.
- Tu sei nuova ma non americana; da dove vieni? - chiese incuriosita
dal nome e cognome della sua nuova vicina di banco.
- No, non sono americana, sono italiana. Starò qui per un anno
scolastico, in una famiglia che si prenderà cura di me. - rivelò,
rilassandosi e lasciandosi andare ad un sorriso amichevole.
- Ah, ho capito. La famiglia che ti ospita sono i Jonas, vero? -
chiese, sorridendo birichina e accavallando le gambe.
- Bingo. - confermò Anna, notando che il professore di geografia
stava entrando nell'aula.
Il professor Thompson si dimostrò subito benevolo nei suoi
confronti, dato che la ragazza aveva dimostrato intelligenza e voglia
di apprendere.
Al cambio dell'ora Anna e Alex si diressero verso gli armadietti; i
loro erano poco distanti, mentre quello di Nicholas era di fronte a
quello di Anna.
Quando cambiò tutti i libri e ripose quelli di geografia in esso, si
avvicinò al ragazzo, che non l'aveva notata, e si appoggiò con la
spalla destra alla fila di armadietti.
- Il professore di geografia non fa preferenze, basta dimostrargli
che si ha voglia di studiare e ti dà fiducia. Ah, se
malauguratamente finisci in classe con una Barbie troppo abbronzata,
bionda cotonata di nome Natasha, salutala da parte mia e non uscire
con lei. - disse, marcando bene sulle ultime parole. - Ci vediamo
alla terza ora, ciao. - detto questo si dileguò insieme ad Alex, che
rideva sotto i baffi.
Nicholas rimase interdetto, ma si ricordò che tutto quello per Anna
era normale e fece finta di essere tranquillo.
Alla terza ora Nicholas si sedé vicino ad Anna, ma non
chiacchierarono più di tanto, in quanto lei doveva assestarsi al
programma e lui si doveva ancora ambientare al clima della nuova
scuola.
Durante la pausa, Anna presentò Nicholas ad Alex e lei lo reputò
subito come un buon amico.
Quando anche la quarta ora finì, i tre ragazzi si salutarono sul
portone della scuola, dove le due ragazze scorsero Natasha e il suo
gruppetto fumare di rabbia perché la nuova e la sfigata stavano
conversando amabilmente con Nick Jonas dei Jonas Brothers.
Entrambe sorrisero e si scambiarono un'occhiata d'intesa che Nicholas
notò ma non comprese.
- Evito di fare domande. - si rassegnò, alzando le mani sopra la
testa in segno di sconfitta.
- Bravo. - risposero all'unisono le due.
Si guardarono e poi scoppiarono a ridere.
Sì, erano proprio sulla stessa lunghezza d'onda.
Nicholas si sorprese ad essere contento per Anna; era giusto che si
facesse delle amicizie che non fossero lui e i suoi fratelli.
Inforcò gli occhiali da sole e si diresse verso la sua macchina,
salutando con un cenno della mano Alex e aprendo la portiera ad Anna.
Lei sorrise e si accomodò sul sedile.
Tutto era cominciato al meglio, ma fra tre giorni ci sarebbe il
compleanno di Nick, allora sì, che sarebbe stato spettacolare.
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Capitolo 12 *** Come Stai? ***
capitolo 12
Ladies and
gentleman, sono orgogliosa di presentarvi il dodicesimo capitolo!
Lo so che è una
cosa impossibile, ma sì, sono riuscita a scrivere questo capitolo e
a pubblicarlo.
Ringrazio:
mitber: sì,
quel capitolo era molto lungo e ho come l'impressione che il prossimo
capitolo sarà ancora più lungo dello scorso... grazie della
recensione!!
jonas_princess:
hai ragione, mi devo accontentare di ascoltarmi “Jonas Brothers”,
perché Joseph sarebbe capacissimo di fare a pezzi un CD solo con i
suoi pezzi cantati.. che ci vuoi fare, gli vuoi bene proprio per
questo. Poveri noi.. eccome se ce ne sono di eccezioni, ma una le
batte tutte, vero? Ci vediamo domani!
Maggie_Lullaby:
mi dispiace molto, ma io le camicie a quadri di Nick non le sopporto,
provo uno schifo viscerale. Sul fatto di Annalisa e Joe ci hai preso,
ma non credere che lascerò Kevin da solo...
grazie mille!
LadyBird27:
ehm... io avrei cercato gli abbinamenti più assurdi... Ma se a te
piacciono mi sa che devo cominciare a preoccuparmi. Oh, ma tanto te
l'ho detto che non finisce bene per tutti...
Grazie!
PS, nello scorso
capitolo mi sono dimenticata di una cosa: questa è la divisa:
http://www.locandadellefate.com/i_nostri_disegni.html
la terza immagine. Basta cliccarci sopra.
Buona lettura!
Come stai?
Venerdì, secondo
giorno di scuola.
Mal di testa
allucinante e tempie andate a raccogliere ciorciole.
“Che bello.”
pensò Anna assai ironicamente.
Si
trascinò molto faticosamente giù dal letto per poi andare a
spegnere la sveglia.
-
Gne. - mugugnò, spalmandosi una mano sulla faccia sonnolenta,
cercando invano di nascondere uno sbadiglio.
Uscì
dalla sua camera e, come il giorno prima, incrociò Nicholas, solo
che prese male le misure e andò a sbattere contro lo stipite della
porta del bagno.
-
Ahia. - biascicò ad occhi chiusi, tenendosi la parte lesa con un
mano.
La
testa riccia di Nick fece capolino dall'altro bagno, mentre la sua
voce assonnata e preoccupata raggiungeva ovattata le orecchie di
Anna.
-
Tutto bene? -
Lei
non si girò nemmeno, tastando alla cieca all'interno della stanza
alla ricerca dell'interruttore.
-
Splendidamente. - gli rispose, chiudendosi la porta alle spalle.
Il
ragazzo rimase ancora qualche secondo a fissare preoccupato la porta,
poi scrollò le spalle e si chiuse nel suo bagno.
Anche
a colazione Anna sembrava assente e fisicamente provata.
Denise
le posava spesso una mano sulla spalla, come e chiederle come stesse,
ma lei rispondeva sempre con un gesto disinteressato della mano,
minimizzando tutto con un'alzata di spalle.
Durante
il tragitto in macchina nessuno dei due ragazzi parlò molto,
Nicholas era impegnato a guidare, mentre Anna aveva gli occhi chiusi
e la testa abbandonata sul poggiatesta.
Non
lo sapeva per certo, però immaginava che il ragazzo avesse
continuato a lanciarle occhiate preoccupate.
Scendendo
dall'auto per aprirle la portiera, Nicholas si decise a chiederle se
stesse bene.
-
Anna, tutto ok? È da quando sei andata a sbattere la testa contro lo
stipite della porta del bagno, questa mattina, che non hai proprio un
bell'aspetto... - disse, lasciando in sospeso la frase, piazzandosi
davanti a lei, in modo che non potesse scivolare via ed evitare
quindi di rispondergli.
- Sto bene, non è
che perché la mattina sono completamente rincoglionita dal
sonno, devo per forza avere qualcosa che non va, Jonas. - ribatté
seccata, pronunciando in un italiano assolutamente acido quel
“rincoglionita” - e poi, potrò essere ancora un po' scioccata
dal primo giorno in una scuola nuova, in un altro continente? -
chiese retoricamente, scostandolo in malo modo, afferrando la sua
borsa e marciando verso l'entrata della scuola.
Nicholas rimase
molto perplesso da quella risposta.
Si vedeva che era
stanca e aveva mal di testa, date le palpebre pesanti e il fatto che
strizzasse continuamente gli occhi, corrugando la fronte.
No, decisamente non
stava bene.
Ma dubitava molto
seriamente che sarebbe andata in infermeria o addirittura a casa,
quindi doveva aspettare che i sintomi diventassero più forti, in
modo che venisse lei a chiedergli aiuto.
Come entrò in
classe, Alex la salutò sorridente, mulinando la mano e facendole
segno di raggiungerla al loro banco.
Non appena la
diciassettenne si fu seduta – o meglio abbandonata di peso –
sulla sedia, la mora notò che qualcosa non andava e il suo sorriso
si spense immediatamente.
- Che c'è. -
domandò soltanto, assumendo un cipiglio serio che proprio non le si
addiceva.
Anna aprì gli occhi
spazientita e fissò la sua neo-amica.
- Cosa diavolo avete
tutti quanti? - sbottò stizzita – Prima Nicholas e ora tu. Posso
avere un po' di mal di testa dovuto al fatto che sono in un ambiente
completamente diverso da quello a cui sono sempre stata abituata, con
persone nuove, cose nuove, in pace? Cacchio, ho diciassette
anni e sono in America da due settimane; concedetemi un giorno di
invalidità mentale, Cristo! -
gracchiò molto poco elegantemente, portandosi una ciocca di capelli
dietro l'orecchio con fare seccato, lasciandosi scappare qualche
parola in italiano.
Alex
ci pensò su e poi annuì, scusandosi.
-
Hai ragione, scusa. È solo che il tuo aspetto non è dei migliori. -
Anna
sapeva di essere intrattabile, certe volte, ma era stufa di sentire
su di sé occhiate cariche di preoccupazione e premura.
-
Non ti preoccupare, è solo che me la sono sempre cavata da sola e mi
infastidisce quando qualcuno mi sta con il fiato sul collo; non sto
dicendo che sia colpa tua, certo, solo che in quei dannatissimi
quindici minuti passati in macchina con Nicholas, mi sono sentita il
peso del suo sguardo addosso e non ne potevo più. La tua
affermazione è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. -
spiegò la bionda, guardando Alex negli occhi.
Entrambe
distolsero lo sguardo e si focalizzarono su una persona che stava
sculettando nella loro direzione.
Natasha.
Lo
stesso pensiero passò per la testa delle due ragazze in
contemporanea.
Si
guardarono e sorrisero sadicamente, pronte a tirare fuori tutta la
loro maligna sadicità, che concentrata sarebbe stata imbattibile.
Intanto
la finta bionda si era piazzata perfettamente centrale rispetto alla
loro posizione e si era anche mesa in posa, sempre seguita dalle sue
due amichette.
-
Salve loosers –
squittì, arricciandosi una ciocca di capelli assurdamente cotonati
attorno ad un dito.
La
prima mossa spettava ad Anna, la quale mantenne un'espressione
abbastanza naturale da risultare credibile.
-
Oh, Alex, mi sono dimenticata di chiederti se domani sera sei
occupata.. - iniziò, fregandosene alla grande di Natasha, che stava
cominciando ad innervosirsi per essere stata ignorata così
sfacciatamente.
Alex,
dal canto suo, sapeva che doveva improvvisare, ma decise di dire la
verità.
-
No, sono libera, perché? - chiese, mentre un sorrisino le spuntava
sulle labbra.
Anna
fece l'incurante, osservandosi le unghie con studiato interesse.
Doveva dire una cosa alla mora, perché non farlo in grande stile?
-
Beh, per quanto Nick ti conosca da ieri, ti reputa una ragazza
simpatica, vispa e, purtroppo per lui, dannatamente simile a me.
Quindi mentre tornavamo a casa dopo la scuola, mi ha chiesto di
anticiparti una notizia. - disse, girandosi verso di lei ed
accavallando le gambe.
Natasha
fumava di rabbia. Non solo la stavano ignorando, cosa inammissibile
per una cheer-leader come lei, ma stavano anche parlando di Nick in
sua presenza.
Pestò
i piedi per terra, ma la situazione rimaneva sempre la stessa.
-
Sei invitata alla sua festa di compleanno, che si terrà domani sera
nella villa Richmond sulla collina di Hollywood. - concluse,
appoggiando la schiena al muro e sorridendo soddisfatta.
Questa
Alex non se l'aspettava.
Strabuzzò
gli occhi e spalancò la bocca in una muta espressione di sconcerto.
Insomma,
conosceva Nick Jonas da un giorno ed già era stata invitata alla sua
festa di compleanno.
Era
una cosa assurda.
Si
ricompose in fretta e poi disse.
-
Ti confesso che questa cosa era l'ultima che mi sarei aspettata di
sentire, ma se sono stata invitata, credo che accetterò. - rispose,
scrollando le spalle e sorridendo sinceramente.
Natasha
cacciò un urlo e si mise a sbraitare.
-
Non è vero, non è possibile! Che tu – sbraitò, indicando Anna –
ci saresti andata mi sembrava ovvio, anche se non concepisco un'idea
del genere, ma che lei –
e masticò quella parola con rabbia – sia stata invitata al
compleanno di Nick Jonas è assolutamente inammissibile! I Nerd non
possono prendere parte ai festeggiamenti delle star! Ci dovrei essere
io al suo posto! - ruggì, tirando dei pugni sul banco delle ragazze,
mentre i capelli ingellati seguivano i movimenti della testa senza
scomporsi più di tanto.
Fortunatamente
in quel momento entrò la professoressa di fisica, che intimò il
silenzio alla classe.
Per
tutta la durata della lezione, Alex era concentrata per cercare un
regalo da fare a Nicholas, mentre Anna ascoltava interessata la
funzione dei protoni, neutroni ed elettroni.
Qualche
minuto prima del suono della campanella, Anna rivelò il suo regalo
di compleanno e Alex rimase esterrefatta, compiacendo così l'ego
dell'amica.
Driiiiiiiiiin
“Grazie
Signore.” pensò Anna,
afferrando i suoi libri e scivolando fuori dalla classe, seguita da
un'euforica Alex.
In
corridoio incontrarono Nick, che si premurò di informarsi se la
moretta fosse già stata avvertita dell'invito e sorrise quando lei
gli rispose di avere l'umore alle stelle.
-
Oh, Alex, credo che oggi dovremo andare a fare shopping per domani
sera. - disse la bionda, facendo intendere a Nicholas che non sarebbe
potuto venire.
-
Già. A proposito Nick, dovrò vestirmi elegantemente? - chiese,
rivolgendosi al ragazzo.
-
Sì. - rispose lui, prendendo i libri dal suo armadietto.
-
Ok. - disse solo, lanciando ad Anna uno sguardo carico di significati
nascosti.
La
diciassettenne rispose con un sorriso e tutti e tre si avviarono
verso l'aula di arte.
Dopo
pranzo Anna annunciò che quel pomeriggio sarebbe stata impegnata con
la sua amica, stando bene attenta a non farsi vedere dal Jonas minore
mentre si stravaccava sul suo letto, tenendosi le tempie che
pulsavano in maniera dolorosa.
“Maledizione”
imprecò nella sua testa,
sotterrando la faccia sotto il cuscino.
Un
quarto d'ora dopo suonò il campanello e Joe andò ad aprire.
Immaginava
che fosse Alex, l'amica di Anna e di suo fratello, ma quello che si
trovò davanti lo sconcertò.
Camilla
Belle era soglia di casa sua.
Joe
aggrottò le sopracciglia, ma non disse niente.
Già
era strano che lei si fosse ripresentata, se poi si contava il fatto
che aveva già trovato un nuovo fidanzato, il mezzano non poteva fare
a meno di chiedersi cosa diavolo quella ragazza volesse ancora dalla
sua vita.
Lei
si tolse gli occhiali da sole e lo guardò languidamente, facendo gli
occhi dolci.
-
Joe.. - sussurrò, avvicinandosi di un passo al ragazzo.
Lui
rimase impietrito, non sapeva cosa aspettarsi dal quell'oca.
Non
fece in tempo a chiederglielo, che lei dimezzò la distanza tra i
loro volti.
Sarebbe
anche riuscita a baciarlo, se una voce oltremodo acida e
terribilmente arrabbiata non l'avesse bloccata.
-
Muoviti di un altro millimetro e non uscirai intera da quella porta.
- la minacciò la voce, che Joe, ripresosi immediatamente e messo un
metro di distanza tra loro due, riconobbe come quella di Anna.
La
Belle cercò con lo sguardo chi avesse parlato e vide una ragazza sui
diciassette anni che la guardava come se la volesse incenerire con lo
sguardo.
Era
sulle scale e aveva le braccia conserte.
Riprendendosi
dalla minaccia, assunse un tono una posizione altamente sfacciate,
che fecero innervosire la cinerea.
-
E chi saresti tu per dirmi di stare ferma? La nuova ragazza di Joe? -
chiese, schernendola e guardandola come per dire “sei
troppo piccola e immatura per poter stare con lui”.
La
diciassettenne sorrise malignamente e rispose alla provocazione.
-
Sono comunque più matura di te. -
Camilla
rimase spiazzata dalla risposta, dato che la ragazza pareva averle
letto nel pensiero.
Spostò
lo sguardo sul Jonas e disse con voce dura
-
Non mi avrai mollata per lei, spero. -
Joe
decise di imitare Anna e alzò un sopracciglio, lanciandole prima uno
sguardo eloquente.
-
Anche se fosse? - insinuò lui, sorridendo divertito e appoggiando
una spalla contro lo stipite.
Anna
ebbe un sussulto, ma pregò per Joe che avesse abbastanza buon senso
da smentire immediatamente quello che aveva appena detto.
Lentamente
si avvicinò ai due e squadrò la ragazza con occhio critico,
scuotendo poi la testa in segno di disapprovazione.
Camilla
boccheggiò e tentò di cercare una frase che chiudesse la bocca di
quella pestifera diciassettenne, ma non fece in tempo ad aprire la
bocca, che Joe parlò
-
No, non ti ho mollata per lei, ma per me. Non sopportavo più di
vederti uscire con Pattinson mentre stavamo insieme e poi da quando è
arrivata lei, che ora è diventata la mia sorellina adottiva – e
Anna alzò gli occhi al cielo, perché aveva detto un'infinità di
volte a Joe di non chiamarla così - , ho capito che mi merito di
meglio. Quindi non c'è motivo che tu stia qui, addio. - detto questo
le sbatté la porta in faccia.
-
Stai imparando, Jonas. - disse Anna, dando il cinque a Joe, che rise
di gusto.
Era
tornata dal giro di shopping con Alex e si sentiva letteralmente a
pezzi.
La
cena era stata tranquilla, anche se il mal di testa era rimasto
sempre presente.
Si
abbandonò sul suo letto completamente vestita, esalando un sospiro
di sollievo quando le sue membra stanche ebbero finalmente la
possibilità di riposarsi.
Dopo
mezz'ora buona, decise di mettersi il pigiama e ficcarsi sotto le
coperte.
Domani
sarebbe stata una giornata faticosa: tutta la mattina adibita agli
ultimi preparativi per la grande festa e la sera... beh, la sera
sarebbe stato qualcosa di munifico.
“Se a domani
sera ci arrivo, ovvio.” pensò
prima di scacciare quel pensiero dalla mente.
***
Nicholas
si era svegliato alle 10.30
Scese
le scale e arrivò in cucina, dove c'era sua madre che lo salutò con
un dolce bacio in fronte, augurandogli buon compleanno.
Nicholas
sorrise e ringraziò Denise.
Poco
dopo scese Kevin, che lo stritolò in un abbraccio fraterno, seguito
a ruota dal padre e da Frankie, che gli saltò in braccio e a momenti
lo fece cadere.
-
Hai diciassette e non sei abbastanza forte da reggermi? Sei proprio
vecchio! - lo accusò il Bonus, fingendosi offeso.
Nick
spalancò gli occhi e per poco non si strozzò con l'acqua che stava
bevendo.
-
E chi te lo avrebbe detto che sono vecchio? - domandò, mentre Kevin
gli assestava delle pacche sulla schiena per farlo smettere di
tossire.
-
Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri al vecchio Nicky,
tanti auguri a te! - sbraitò un sorridente Joe, sbucando come un
fungo dalla porta della cucina.
Nicholas
sorrise e capì chi fosse stato a mettere in testa a Frankie
l'assurda idea che lui fosse vecchio.
-
Grazie Joseph. - disse, aspettando pazientemente che il fratello
capisse.
-
Ma Nicky, lo sai che non mi piace quando mi chiamano con il nome
completo, mi fa sentire vecchi... - disse, accorgendosi troppo tardi
di essersi tirato la zappa sui piedi.
-
Ooops. - mugugnò, arrossendo dalla vergogna e abbassando la testa.
Tutti
scoppiarono a ridere, finché Nick si accorse che mancava Anna.
-
Hey, ma dove è Anna? - chiese, guardandosi intorno, cercando la
ragazza con lo sguardo.
Denise
si affrettò a rispondere
-
Credo che sia ancora in camera sua, anzi, va' a vedere a che punto è.
- e indicò con un cenno del capo le scale che portavano al piano di
sopra.
Lui
non se lo fece ripetere due volte e salì.
Bussò
alla sua porta e per tutta risposta ottenne un mugolio sommesso.
Allora
si decise ad entrare, trovandola ancora sotto le coperte e con una
faccia da far arrossire uno zombie.
Si
avvicinò preoccupato al suo letto e si sedé sul bordo dello stesso,
guardandola confuso.
-
Non stai bene. - affermò dopo qualche secondo di silenzio.
-
No. - confermò lei con una voce roca.
-
Che sintomi hai? -
-
Mal di testa, stomaco stravolto e cervello in pappa, dottore. -
rispose sarcasticamente.
-
Mi devo preoccupare? - chiese, posandole una mano sulla fronte nel
caso avesse anche febbre.
-
No, di solito questo malessere dura due giorni e poi sono più sana
di prima. - biascicò lei, scrutandolo di sottecchi alla ricerca di
un qualsiasi segno da parte del ricciolino.
-
Quindi ti perdi il week-end. - disse in tono piatto, togliendo la
mano dalla sua testa.
Anna
rimase sorpresa dal suo tono indifferente, ma non era mica colpa sua
se stava male, no?
-
Nick.. - cominciò, chiamandolo con il soprannome, cosa che accadeva
di rado, prendendogli la mano fra le sue e guardandolo dritto negli
occhi.
Lui
si sentì catturato dalle sue profonde iridi verdi e sentì una
scossa percorrergli la spina dorsale quando gli prese la mano.
Anna
prese un respiro profondo e poi parlò.
-
Nick, mi dispiace non poter venire stasera, ma come puoi vedere, se
esco di qui, poi devo rimanerci per almeno una settimana e quindi
lascia il tempo che trova. - sussurrò lei, addolcendo lo sguardo e
sorridendo tristemente.
-
So che non è assolutamente colpa tua, ma mi dispiace molto il fatto
che tu non ci sia, stasera. - aggiunse, abbassando la testa.
-
Anche a me. - mormorò – non sai quanto – aggiunse in italiano.
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Capitolo 13 *** Live to Party ***
capitolo 13
Girls, credo che
ormai abbiate capito una cosa fondamentale: io non ho giorni o
scadenze da rispettare, quindi gli aggiornamenti vanno un po' a caso.
Sappiate che io cerco di scrivere quanto più posso, quando posso,
perché fra una situazione famigliare “scomoda” e una scuola
massacrante, il mio senso dell'organizzazione va a ciorciole.
Vi voglio
ringraziare perché continuate a leggere la mia fic, sebbene gli
aggiornamenti siano rari ed occasionali.
Questo capitolo è
dedicato a tutte coloro che amano le sorprese e vedere Nicholas
spiazzato!
Grazie a:
jonas_princess:
hey, mica è colpa mia se il
tuo computer è stupido e catorcio. Ok, detto questo: io dal letto mi
ci trascinerei anche fuori, ma.. muahahah, immaginavo che la scena
con la Brutt avrebbe dato i suoi frutti e sapevo che ti sarebbe
piaciuta, ma aspetta di vedere cosa combino a Nicolino.. Baci a
domani! Che tristezza il greco..
LadyBird27: Mah,
nella situazione di Anna io non uscirei di casa molto volentieri,
neanche per andare al compleanno di Nick Jonas. E comunque, ci sarà
Alex.. grazie!!
Mitber: non
sei l'unica a cui dispiace! Nicholas è letteralmente a terra..
grazie e aggiorna presto!
Maggie_Lullaby:
Beh, nel capitolo Anna ha.. no,
non te lo dico. Mi
sa tanto che Nick si deve rassegnare.. ah, non ti preoccupare del
ritardo, anche il mio computer ogni tanto fa lo scemo. Oggi è pari,
Nicholas! Saluta Maggie con la manina! Grazie mille della recensione!
Capitolo 13: Live
to Party.
Nicholas uscì dalla
camera di Anna con una tristezza addosso che sicuramente non si
adattava all'allegro umore collettivo del resto della famiglia.
Era talmente
frustrato che avrebbe sbattuto violentemente la porta, se all'interno
di essa non ci fosse stata la ragazza ammalata, che necessitava di
pace e riposo.
Prima di scendere le
scale si diede una regolata, giusto per non attaccare la sua
tristezza agli altri.
Ormai era pomeriggio
inoltrato e Denise era in fibrillazione: correva da una parte
all'altra della casa indaffaratissima negli ultimi particolari.
Da brava mamma quale
era, aveva regolarmente fatto una capatina nella stanza dell'ospite
per accertarsi delle sue condizioni, trattenendosi qualche minuto in
sua compagnia per tenerle su il morale.
Erano da poco
passate le cinque, quando Nicholas le chiese per la trecentesima
volta come stesse Anna.
Denise era appena
uscita dalla sua camera con un'espressione cadaverica e guardò il
figlio minore con occhi tristi, sospirando rumorosamente.
Nicholas si
preoccupò e andò incontro alla madre per sentire cosa fosse
successo.
Lei abbassò lo
sguardo e unì le mani sul grembo, andando a sedersi sul divano.
Il ricciolino la
imitò e attese nervosamente di sapere cosa preoccupasse tanto sua
madre.
- Ha la febbre alta.
- sussurrò lapidaria la donna, posando una mano sulla spalla del
figlio in segno di conforto.
Quell'affermazione
fece crollare la precaria idea che Anna potesse in qualche modo
partecipare al suo compleanno.
Nicholas sorrise
amaramente, assimilando piano la notizia, poi disse
- Non che mi
aspettassi che potesse venire, ma sono comunque preoccupato. -
alzandosi lentamente, appoggiando le mani sulle ginocchia per fare
leva – Credo che andrò a farle una visita prima di andare a
prepararmi. -
Denise alzò lo
sguardo su di lui e ribatté
- Meglio di no, è
stanca e probabilmente starà dormendo, senza contare il rischio di
ammalarti a tua volta, a rimanerle troppo vicino. -
Nicholas si fermò e
rifletté un attimo, prima di dare ragione alla madre.
- Ok, allora vado a
vestirmi. - disse, prima di imboccare la rampa di scale.
Una volta in cima si
disse che una capatina in camera di Anna non avrebbe fatto male a
nessuno, tanto meno alla diretta interessata.
Aprì la porta
lentamente, evitando di fare rumore nel caso dormisse come aveva
detto la madre e si avvicinò in punta di piedi al letto, dove la
ragazza riposava ad occhi chiusi.
Arrivato al suo
capezzale, la guardò attentamente come la prima volta che si erano
visti, soffermandosi sul viso che emergeva dalle coperte.
Rimase in quella
posizione per qualche minuto, poi le appoggiò una mano sulla fronte
per controllare la temperatura e notò che era calda, molto calda.
Si chiese se non
dovesse rimandare i festeggiamenti a quando lei non si fosse sentita
meglio in modo da poter prenderne parte.
Si immaginò la
scena e arrivò alla conclusione che Anna lo avrebbe probabilmente
strozzato se avesse posticipato la data del compleanno, cosa
impossibile, tra l'altro e poi non avrebbe preso parte ai
festeggiamenti per protesta.
Le rimboccò le
coperte in modo che non sentisse più il freddo che regolarmente la
scuoteva da cima a fondo.
Sorrise appena e
uscì dalla stanza, chiudendosi dolcemente la porta alle spalle.
Fece per andare in
camera sua, ma un Frankie Men in Black e un Joe Sherlock Holmes
glielo impedirono: lo placcarono, gli tapparono la bocca con due mani
unticce e sudate e lo trascinarono nella camera del mezzano.
Quando fu libero,
non ebbe comunque il tempo di chiedere cosa diavolo avessero in mente
di fare, che lo fecero sedere di peso su una sedia, puntandogli negli
occhi una torcia a mo' di interrogatorio.
- Perché eri in
camera di Anna e quando ci sei entrato? - domandò Joe con fare
circospetto, avvicinando una lente di ingrandimento al volto del neo
diciassettenne.
Nick cercò di
rispondere, ma Frankie si sfilò gli occhiali da sole neri e gli
puntò contro un dito, ponendo a sua volta una domanda
- Perché non ti
stai preparando per la festa? Il festeggiato non può arrivare in
ritardo e tu lo sei sulla tabella di marcia. - lo riprese il minore,
indicando con fare rimproveratorio l'orologio da polso che i nonni
gli avevano regalato il Natale scorso e del quale lui andava
esageratamente orgoglioso.
- Lo starei facendo
ora, se voi non mi aveste sequestrato e portato qui contro la mia
volontà quasi di peso. - sbottò lui, alzandosi dalla sedia e
avviandosi alla porta con l'intenzione di uscirne.
Poco prima di
scomparire dalla vista dei fratelli, vide Joe portarsi due dita agli
occhi e puntarli poi verso di lui, mentre diceva “io ti tengo
d'occhio”.
Alzando gli occhi al
cielo, richiuse la porta non molto delicatamente, mordendosi poi la
lingua per aver fatto rumore quando Anna era a pochi metri da lui che
dormiva con la febbre alta.
Alex aspettava
impaziente l'arrivo di Joe e Kevin Jonas, misurando a grandi passi
l'intera stanza.
Gli occhi correvano
irrequieti dalla porta d'ingresso alla finestra che dava sul vialetto
della casa.
Ad ogni singolo
rumore, per quanto sottile, si rizzava sulle lunghe gambe, rischiando
di cadere per terra a causa delle scarpe altissime che Anna l'aveva
costretta a indossare.
“Tanto lei non
viene, oggi, perché mi devo mettere 'sti trampoli se 'manco mi
vede?” pensò la
diciassettenne, dandosi mentalmente della scema. Sapeva che in un
modo o nell'altro Anna sarebbe venuta a sapere che lei non si era
massacrata i piedi con quei cosi, quindi tanto valeva metterseli.
E
poi andava alla festa di Nick Jonas!
Decise
che avrebbe fatto questo sforzo, per una volta.
Quando
il campanello trillò, fece un salto e tese tutti i muscoli,
imprecando poi per il dolore ai piedi.
-
Maledizione. - ringhiò a denti stretti, correndo quanto le fosse
possibile verso la porta.
Agguantò
il regalo, graziosamente impacchettato, che aveva comprato il giorno
prima con Anna, un libro che Nicholas aveva cercato per tanto tempo e
che non aveva mai trovato.
Prima
di aprire prese un grande respiro e si preparò psicologicamente alla
serata.
Non
riuscì a trattenere un'espressione di sorpresa alla vista degli
altri due Jonas, ma cercò di farlo notare il meno possibile.
Pochi
minuti dopo erano in macchina che ridevano ad una battuta di Joe.
(http://www.polyvore.com/alex/set?id=15268478)
***
-
Weeeee, macho! Come te la passi ora che hai diciassette anni?! -
Nicholas
si girò verso la voce con un sorriso, riconoscendo il suo amico
Dylan Sprouse, che gli andava incontro con le braccia aperte.
-
Come vuoi che me la passi? - rispose lui retoricamente, aspettando
che lo raggiungesse.
Dylan
rimase un po' interdetto dall'enigmatica risposta dell'amico e si
fermò a squadrarlo come se fosse un alieno.
Nicholas
ricacciò indietro le lacrime, ma non riuscì nell'impresa, poiché
scoppiò a ridere, seguito a ruota dal biondino, che aveva capito si
trattasse di uno scherzo.
-
Non farmi mai più una cosa del genere, hai capito Jonas? - rise
Dylan, paccandogli la schiena e riprendendosi un attimo.
Avevano
stabilito che darsi delle pacche sulla schiena era il loro modo di
dirsi che si volevano bene.
-
Dyl, se manifesti ancora un po' il tuo affetto, mi sa tanto che Nick
finisce male. - lo riprese una voce divertita alle loro spalle.
Nicholas
si girò e salutò con un cenno della mano il fratello gemello di
Dylan, Cole.
-
Cole! Ciao, aspetta che quando mi libero da questa sanguisuga di tuo
fratello vengo a salutarti come si deve. - disse, mettendo una mano
sulla faccia di uno dei gemelli e allontanandolo da sé.
-
Puah, fedifrago, preferisci lui a me. - mugugnò Dylan, fingendosi
offeso e incrociando le braccia – Allora io vado a discorrere con
qualcuno del mio livello. - annunciò allontanandosi – Auguri Mr.
President!! Joeeeeeeeeee! - urlò in direzione del mezzano, correndo
verso di lui.
Nick
e Cole si scambiarono uno sguardo sconsolato e si misero a
chiacchierare.
La
serata passava piacevolmente e presto fu il momento di aprire i
regali.
Ad
ogni pacco che scartava, Nicholas si stupiva sempre di più.
Aprì
i regali dei gemelli, di Demi Lovato, Selena Gomez, Miley Cyrus e
infine della sua famiglia e di Alex, che si era già creata uno
stuolo di ammiratori, che non considerava minimamente.
Nicholas
era veramente felice, anche se, se ci fosse stata Anna, sarebbe stato
tutto perfetto.
Non
fece in tempo a rattristarsi, che Joe saltò sul palco, allestito per
l'occasione, e preso un microfono cominciò a parlare.
-
Nick, Kevin, io e tutti i ragazzi della band abbiamo pensato a questo
piccolo regalo, spero che ti farà piacere! - disse Joe, dando il via
alla musica e al divertimento.
Cantarono
un repertorio di canzoni non loro, che spaziavano per tutti i brani
che più piacevano al festeggiato.
Nicholas
era in fibrillazione e si scatenò a ritmo di musica, ballando con i
gemelli, Miley e anche Alex, che aveva mandato al diavolo il suo
freddo contegno, allungando di parecchio la sua già di per sé lunga
lista di spasimanti.
Dopo
un'ora buona, la band si fermò e riprese, dopo qualche secondo, a
suonare “Live to Party”.
Dato
che Nicholas non cantava, la sua parte la faceva Joe.
I was sittin' at
home watchin TV all alone I’m so tired of reruns, I’ve
memorized this show So I pick up the phone, call everyone I know
Said there’s gonna be a party, hit the music here we go Yeah
Nicholas
non aveva mai visto Joe così euforico e pieno di energia, ma se ne
compiacque.
You gotta live to
party, bust your move Everybody’s in the groove Tell the DJ
to play my song Are you ready to rock and roll
L'unica
cosa che si chiedeva era come avrebbe fatto a fare due voci insieme,
la sua e quella del fratello.
We were out on
the floor, yeah we danced the night away Then she looked at her
watch and said that it was late Then she pulled me aside and said
she couldn’t stay (I really got to go) But I begged her for
one more song, let the music play Yeah
La
risposta alla sua domanda non tardò ad arrivare.
You gotta live to
party, bust your move Everybody’s in the groove Tell the DJ
to play my song Are you ready to rock and roll
Una
voce che non aveva mai sentito si propagò nell'ambiente, ma non
c'era nessuno che cantava.
Inizialmente
si chiese se non se lo fosse immaginato, ma vide che lentamente si
stava alzando una pedana dal centro del palco, sulla quale
probabilmente c'era la persona che stava cantando.
I drove her home
and then she whispered in my ear The party doesn’t have to end
we can dance here
Quella
voce non era particolarmente bella, ma era molto simile alla sua, un
po' gracchiante e quasi sforzata.
La
voce smise di cantare e arrivò il bridge che cantava solo Joe.
You gotta live to
party, bust your move Everybody’s in the groove Tell the DJ
to play our song Are you ready to rock and roll
Al
momento del ritornello la voce misteriosa riprese e le telecamere si
puntarono sulla figura che emergeva dal palco.
You gotta live to
party, bust your move Everybody’s in the groove Tell the DJ
to play our song Are you ready to rock and roll
Nicholas
ebbe un sussulto e si strozzò con la propria saliva.
Cominciò
a tossire violentemente, mentre il suo busto era squassato dai
singulti.
Alzò
nuovamente lo sguardo sulla persona che stava a pochi metri da lui e
strizzò gli occhi più volte, come per accertarsi che non fosse
tutto un sogno.
Ormai
la canzone era finita e lui ancora stentava a credere che davanti a
lui, in jeans used, canottiera viola e camicia larga del medesimo
colore, con i capelli lisci, stesse Anna, fieramente eretta sulle
gambe non particolarmente lunghe.
(http://www.locandadellefate.com/i_nostri_disegni.html
la seconda immagine. Cliccare per ingrandire)
“Anna... ?!”
pensò sconcertato, andandole
dubbiosamente incontro.
Lei
lo guardò assai eloquentemente, sorrise sinceramente e disse
-
Auguri, Nick. -
Il
ricciolino non disse niente, troppo impegnato a capire cosa stesse
succedendo, per pensare di riuscire a mettere insieme più di due
parole e farne uscire una frase di senso compiuto.
Dopo
qualche secondo di smarrimento, si riebbe, ma un dubbio assillante
gli si insinuò nella mente. Cercò di trovare una spiegazione
razionale, ma in quel momento i suoi due neuroni erano altrove, in un
posto non meglio precisato, ma comunque molto distante dalla comune
idea di vicino.
-
Ma tu non eri a casa ammalata? - chiese incerto, non sapeva se fosse
stato meglio saperlo oppure no.
Anna
si osservò con interesse la punta delle scarpe e poi articolò una
frase della quale Nick comprese forse la metà.
-
Te lo dico in italiano e poi nella tua lingua, così capisci due
cose: una, il senso della mia affermazione, due, quello che penso in
questo momento. - fece un attimo di silenzio durante il quale squadrò
il suo coetaneo con nuovo interesse – Che domanda idiota.
What for an idiot question.
Risponditi da solo. -
Nicholas
rimase esterrefatto.
Quel
giorno era stato decisamente carico emozioni, anche troppe per i suoi
gusti.
Cercò
di richiamare a raccolta quello che restava dei neuroni e li mise in
moto, ma prima che riuscissero a connettersi fra di loro, Anna si
avvicinò pericolosamente al suo viso, tanto che ne poteva scorgere
le più piccole imperfezioni, e soffiò
-
Non andrò all'Inferno per questa piccola bugia, non dopo essermi
vista Joe e Kevin spuntare come due funghi malefici da sotto il
divano per chiedermi se per caso volessi dire loro qualcosa riguardo
al canto che già non conoscessero, non dopo aver escogitato questa
trovata della malattia circa dieci giorni fa con i tuoi qui presenti
fratelli e una mente bacata che abita le steppe del cranio
semi-desertico della mia amica Annalisa, che ha spiattellato il fatto
che io canti a Joe solo perché le ha fatto gli
occhi-da-gatto-con-gli-stivali di Shrek, non dopo essere rimasta a
letto inerte anche se stavo benissimo, non dopo che tu sei entrato a
tradimento nella mia stanza due ore e mezza prima dell'inizio della
festa per accertarti delle mie condizioni e io intanto schiattavo di
caldo sotto quella marea di coperte, non dopo che mi hai posato una
mano sulla fronte e ti sei accorto che era calda anche se
probabilmente era più fresca della tua (e qui io mi chiedo come mai
tu abbia sentito caldo), e non dopo essermi organizzata per fare
un'entrata con stile. - illustrò, parlando a bassa voce, in modo
che sentisse solo il diretto interessato.
Quando
ebbe finito, Nicholas non poté fare altro che esprimere tutto il
proprio sconcerto e sorpresa, che il suo arrivo improvviso avevano
causato.
Anna
si allontanò verso il palco e, una volta nel mezzo dello stesso,
fece un segno alla band, che attaccò a suonare alcune vecchie
canzoni dei Jonas dell'album “It's about Time”.
Una
volta conclusa “I Am What I Am”,
che era l'ultima canzone della scaletta, Joe e Kevin scesero dal
palco ad abbracciare il fratello, ma notarono che la ragazza era
rimasta inchiodata al suo posto.
Prima
che chiedessero spiegazioni, le note di una canzone assai familiare
colpirono i tre fratelli di petto.
Anna
iniziò a cantare e a muoversi sul palco con una scioltezza
impressionante, mentre le parole di “Mandy”
uscivano veloci e precise dalle sue labbra rosee.
I
Jonas non avevano idea di quello che la diciassettenne aveva in
mente, quindi si limitarono a fissarla sorpresi.
Mandy used to be
that girl The one that never said a word But she only sang S
Club 7 in all those boy bands
Now it's been a few years It
looks like things have changed Now she's mine and I want to say
Ed
ecco che la piattaforma, dalla quale era entrata Anna, si stava
rialzando, rivelando un'altra figura, fasciata in un abito blu.
Mandy.
(http://www.polyvore.com/mandy/set?id=15403212)
Inutile
dire che tutti e tre sembravano delle statue scolpite nell'alabastro.
Lei,
la loro amica d'infanzia, nonché ragazza di Joe per qualche tempo,
ora cantava la canzone a lei dedicata sul palco allestito per la
festa dei diciassette anni del suo migliore amico, con una ragazza
italiana che non aveva tutte le rotelle ingranate alla stessa
maniera.
“Wow”
fu l'unica cosa che venne in mente ai tre Jonas in quel momento.
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Capitolo 14 *** Potatoes and Carrots ***
capitolo 14Io: *sbircia al di là dell'angolo dierto il quale si ripara*
Un fascio di luce la centra in pieno.
Io: ora sono nei guai..
?: ma va'? Davvero? Non lo avrei mai detto.
Io: Joseph, spegni questa luce, che mi sta accecando.
Joe: ma anche no.
Io: Eddai, che divento orba.
??: tu sei già orba.
Io: ma che simpatico, Nicholas.
Nick: grazie cara, ma questo non è il momento di fare battute.
Joe: Ma Nick, tu sei sempre così serio, ogni tanto ti farebbe bene ridere, sai?
Nick: taci Joe, ora ho da fare.
Io: che devi fare?
Nick: *si gira e la incenerisce con lo sguardo*
Io – mucchietto di cenere con due occhi - : mggghhff..
Annalisa: Anna? Anna? Anna? Hey, Joe, hai per caso visto Anna?
Joe: *indica il mucchietto di cenere con due occhi*
Annalisa: Oh.. *stappa la bottiglia di acqua che ha in mano e la versa sull'autrice, che riprende consistenza*
Io: grazie, Nls.
Nick: 'sta volta te la cavi, ma guai se aggiorni così in ritardo ancora una volta. *se ne va*
Joe: ha ragione lui.
Annalisa: ha ragione lui.
Io: ha ragione lui.
Tutto ciò per farvi capire che mi dispiace immensamente per il ritardo.
Ringrazio:
mitber: aspetta qualche capitolo e rivaluterai la tua idea di bello, oh se lo farai!
Maggie_Lullaby: grazie mille!
Mi fa piacere che ti piacciano anche i vestiti, sembra, ma mettersi lì
e scegliere quello giusto è più noioso di quanto non si creda. Ah, fra
due minuti è ufficialmente il 14 febbraio e io ti faccio i miei
auguri!!!
jonas_princess: sai com'è, i
commenti sulla tua zucca vuota sono benevoli, che non sia mai che io ti
abbia offesa! Ora Mandy scompare, ma la riesumo fra un bel po'.. ci
vediamo la settimana prossima!
LadyBird27: oh, credo che ora
lascerò un po' in pace Nicholas e mi concentrerò su.. devi leggere!
Grazie della recensione e degli apprezzamenti sui vestiti!
Capitolo 14: Potatoes and Carrots
Vedendo che il festeggiato più i fratelli non proferivano parola, Anna decise di spiegare la presenza della loro vecchia amica.
Mandy, intanto, era scesa dal palco ed era andata a salutare i ragazzi, che non vedeva da moltissimo tempo.
La diciassettenne sorrise e si avvicinò ai quattro, ma non ebbe il
tempo di dire nulla, che l'altra ragazza l'abbracciò fino quasi a
stritolarla, ripetendole continuamente che era felicissima di poter
rivedere i Jonas.
Anna restituì l'abbraccio, anche se con un entusiasmo meno spacca ossa,
e posò distrattamente lo sguardo su Nicholas, che in quel momento
sembrava felice e sereno.
- Vi giuro che quando ho accettato la chiamata da un numero sconosciuto
mi sono chiesta in che cosa mi sarei andata ad imbarcare, quando ho
sentito che la persona che mi aveva telefonato parlava come un
professore universitario, poi, credevo che avessero sbagliato numero.
Ma si è presentata e mi ha chiesto se volevo partecipare al tuo
compleanno – disse Mandy, gesticolando con le mani davanti al viso in
direzione di Nicholas – e lì mi si sono ingranditi gli occhi per la
sorpresa. - concluse, abbassando la testa e scuotendola qualche volta.
- Bene, mi pare che sia tutto, quindi se non vi dispiace – e anche se
fosse non me ne importerebbe una beata ciorciola – io ho fame, in
quanto sono dovuta rimanere delle ore sotto le coperte a mangiare solo brodini annacquati
perché tu non ti insospettissi, quindi signori, io vado ad alleggerire
qualche vassoio! - annunciò Anna, che sentiva lo stomaco reclamare cibo.
- Mi sento in diritto di dire che in quanto a profondità di stomaco ti
fa concorrenza, Joe. - mormorò Kevin, che sorrideva al pensiero di Anna
e del fratello che lottavano per l'ultimo biscotto, la mattina.
Il mezzano non lo sentì neanche, troppo concentrato a mangiarsi con gli
occhi una grande fetta di torta al cioccolato a pochi centimetri dalla
sua portata.
- Ecco, appunto. -
Anna era seduta su un muretto, che si gustava ogni singolo boccone del rinfresco.
Afferrò il bicchiere con la limonata e ne trasse una lunga sorsata
ristoratrice, chiudendo gli occhi ed esalando un sospiro soddisfatto.
Quando li riaprì, si trovò la visuale, per quanto già scarsuccia di
suo, completamente invasa dalla figura di una ragazza fasciata in una
gonna color panna e un top bianco.
(http://shoes.stylosophy.it/wp-galleryo/miley-cyrus-sceglie-sergio-rossi/miley-cyrus-con-sergio-rossi.jpg)
Miley Cyrus.
Personalmente non aveva nulla contro quella ragazza, solo che le faceva uno strano effetto trovarsela davanti dal vivo.
Ad Annalisa piaceva molto, mentre quasi tutte le altre sue coetanee la
detestavano, benché non la conoscessero, probabilmente a causa della
sua storia con Nicholas.
Miley le sorrise e le tese la mano in segno di saluto.
- Piacere, io sono Miley. -
- Anna, piacere mio. - rispose cauta la bionda, porgendole la sua e stringendola.
La mora non perse tempo e cominciò a farle i complimenti per la sua
performance di poco prima, ripetendoli e rinnovandoli di continuo.
- Davvero, il tuo modo di cantare mi ha colpita. Non tanto per il
timbro della voce, quanto più per l'estensione vocale e la
straordinaria passione che ci hai messo. Bene o male ho sempre sentito
le persone cantare con sentimento, ma tu lo hai fatto con un'energia
indescrivibile. Solo una volta, a parte i Jonas, ho sentito qualcuno
cantare così: Bianca Ryan. -
Anna era sorpresa, solo che si premurò di nasconderlo, da tutti quei
complimenti. Sapeva che la sua voce non era nulla di eccezionale, però
essere paragonata a Bianca Ryan da Miley Cyrus non era niente male per
il suo ego.
Sorrise e decise di dare un minimo di confidenza alla mora che le stava
di fronte, giustificandosi dicendo che poteva sprecare qualche minuto
della sua preziosa vita.
- Anche io ascolto Bianca e anche a me piace. La canzone migliore
dell'album è “Superstar”, specie per l'urlo che tira nel bridge. E che
aveva solo tredici anni. - fece una pausa per riprendere fiato - Sai,
sei la prima persona che riesce ad esprimere a parole quello che ha
provato dopo avermi sentita cantare. Sì, perché Joseph e Kevin ci hanno
provato, ma con scarsi risultati. - sorrise, mentre le immagini di Joe
e Kevin che tentavano di esprimersi affioravano alla sua memoria.
Miley rise di gusto e continuarono la loro chiacchierata.
Nicholas aveva da poco metabolizzato la presenza di Anna, quindi
qualsiasi azione avesse richiesto un certo sforzo mentale era troppo
complicata da fare in quel momento.
Ma si dové svegliare in fretta, perché Selena Gomez stava avanzando
verso di lui con una fastidiosa espressione di superiorità stampata sul
volto.
Nick si diede una sistemata alla cravatta e prima che potesse dire qualcosa, la mora soffiò
- Tanto sei bello anche con la cravatta storta, ma se permetti.. -,
avvicinandosi al suo collo e aggiustandogli l'accessorio.
Lui si irrigidì di colpo e la scansò da sé con un secco movimento della mano, riducendo gli occhi a due fessure.
Selena lo fissò languidamente, sbattendo un paio di volte le ciglia esageratamente truccate.
- Ma come, non mi permetti neanche più di aggiustarti la cravatta? Una
volta me lo lasciavi fare.. - miagolò con il tono da vittima che meglio
le riusciva.
Nicholas la guardò freddamente e altrettanto le parlò.
- Oggi non è una volta e se ben ti ricordi è passato più di un anno e
mezzo da allora. - le ricordò lui, muovendo le labbra lo stretto
necessario affinché le parole non suonassero strascicate e
aggiustandosi la cravatta da solo.
Lei fece un cenno della mano abbastanza scocciato e trattenne a stento uno sbuffo.
Nick fece per andarsene, ma la pungente e stridula voce della Gomez lo
raggiunse, perforandogli i timpani con la cattiveria infusa nelle
parole.
- Il tuo buon gusto in fatto di ragazze – chiara allusione a se stessa
- è completamente scomparso da circa un anno e mezzo – chiara allusione
ad Anna - .
Il festeggiato si voltò verso di lei con un'espressione furibonda
stampata sul viso e aprì la bocca con l'intenzione di farle rimangiare
quella cattiveria, ma un'altra voce, ancora più acida e falsa, si fece
sentire, accompagnata da una forte accentuazione di alcune parole.
- Ma Sel cara, ti pare questo il modo di parlare con Nicky? Dai che
oggi è il suo compleanno. - Nicholas rabbrividì e, dopo aver
puntualmente strabuzzato gli occhi, si girò lentamente verso le due
figure alle sue spalle.
Quello doveva essere uno dei giorni peggiori della sua intera esistenza.
Cosa aveva fatto di male, perché Dio gli mandasse non una, bensì sue scocciature?
“Cosa c'è di peggio di Selena – ex – e Demi Lovato – oca giuliva dalle immense e sporgenti gengive – insieme?” pensò il povero malcapitato, alzando gli occhi al cielo.
- Ciao Demi. - biascicò, cercando di dare alle sue parole un tono che
somigliasse vagamente al neutrale, riuscendo anche abbastanza bene
nell'impresa. Non per niente era andato a Broadway.
- Nicky caro, ancora auguri! - trillò lei, battendo qualche volta le mani.
Nicholas era palesemente stufo e ne aveva due scatole così di stare in
loro compagnia, ma era un cavaliere e si sarebbe addirittura congedato
con classe, se quelle due non avessero cominciato a parlare
ininterrottamente di qualcosa di non meglio precisato.
- Ragazze.. - mormorò, tentando di ritagliarsi due secondi per parlare,
ma le loro vocine stridule perseveravano nella loro seccante quanto
logorroica attività.
Stava già pensando di mettere loro una mano sulla bocca, quando una
voce abbastanza nota si fece sentire, zittendole all'istante.
- Cosa del concetto di “sparite che non vi voglio tra i piedi” non vi è chiaro che ve lo spiego? Oh, preferite forse un disegnino, che è più semplice da decriptare? -
Nicholas si girò verso quella direzione, incrociando gli occhi verdissimi di Alex, truccati per l'occasione.
Le due amiche rimasero paralizzate dall'asprezza di quelle parole,
tanto che la diciassettenne le liquidò con poche aspre battute.
Quando furono sufficientemente lontane, Nick si lasciò andare alla risata che cercava di trattenere da dieci secondi.
- Oddio Alex, grazie! Non so fino a che punto sarebbero andate avanti
se non fossi intervenuta tu! Ti devo un favore. - disse, asciugandosi
una lacrima dovuta alle risa con la manica della giacca.
La mora lo guardò sorridendo e gli assestò due pacche sulla schiena per farlo calmare.
Notando che la cravatta aveva vissuto giorni migliori, decise di darle una regolata una volta per tutte.
Nick non fece in tempo a chiedersi cosa stesse succedendo, che Alex aveva finito.
- Beh, visto che Anna è impegnata a chiacchierare con Miley Cyrus, sono
accorsa in tuo aiuto. Mi sa che dovresti prendere lezioni dalla tua
simpatica coinquilina. - aggiunse soprappensiero, alzando gli occhi al
cielo e picchiettandosi l'angolo della bocca con l'indice.
Nicholas la guardò stranito.
Lezioni di cosa? Da Anna?
- Scusami, ma perché dovrei prendere lezioni di cosa da lei? - domandò,
indicando con il pollice la cinerea, che parlava con Miley fra un
boccone e un sorso.
Alex lo guardò cadendo dalle nuvole, rendendosi conto di aver pensato ad alta voce.
Lui rimase in silenzio, aspettando che continuasse.
- Ah, ho capito. Sì, dicevo che dovresti essere istruito, o per lo meno
iniziato, alla nobile arte del sadismo e all'estraniamento dai sensi di
colpa, e quale insegnante migliore della nostra cara Anna? - asserì,
muovendo teatralmente una mano.
Nicholas era troppo sconvolto per dire qualcosa, quindi si limitò a
guardarla come se gli avesse appena detto che Joe era diventato calvo.
- Ma no, non funzionerebbe. Tu sei un Jonas, un essere umano in grado
di provare dei sensi di colpa perché consuma l'aria sana che potrebbero
respirare quei poveri bambini giapponesi, costretti a vivere con una
mascherina anti-gas. Tsk, tu e i tuoi fratelli siete troppo santi per
perdere l'uso dei sensi di colpa. Oh, beh, ci penseremo Anna ed io a
tirarvi fuori da vari ed eventuali guai nei quali puntualmente vi
ficcherete. - concluse, scrollando le spalle in segno di rassegnazione.
Il neo diciassettenne era ancora sconvolto da quella palese presa di
posizione nei suoi confronti, quindi squadrò Alex per qualche secondo,
prima di mettersi a ridere e invitarla a ballare.
***
Era passato ormai un mese dal compleanno di Nicholas e i ritmi della nuova vita avevano preso il posto di quelli vecchi.
Era pomeriggio inoltrato, quando Denise si rese conto di essersi dimenticata alcune cose fondamentali per la cena.
Essendo appena tornata a casa e non avendo nessuna voglia di rivestirsi
e uscire di nuovo, chiese alla famiglia al completo chi avesse voglia
di andare al supermercato con la lista della spesa, prima che il
negozio chiudesse.
Vedendo la scarsa voglia dei due Jonas minori, Anna si offrì volontaria.
Subito Kevin decise che l'avrebbe accompagnata, tirando fuori la scusa
che il market fosse abbastanza lontano e che sarebbe convenuto andare
in macchina.
Lei accettò di buon grado e nel giro di pochi minuti erano in macchina,
diretti verso il primo supermercato che avessero trovato aperto.
- Dici che ora che Joseph non c'è, possiamo ascoltare un po' di musica
che possibilmente non sia la vostra? - chiese Anna, mantenendo lo
sguardo fisso sulla strada davanti a sé.
Si rese conto che quelle parole avrebbero potuto offendere Kevin, quindi si affrettò a spiegare.
- Non fraintendermi, la vostra musica mi piace, ma, cerca di capirmi, è
più di un mese che non ascolto altro, ogni volta che tuo fratello mette
piede in un area compresa tra zero e dieci metri che ingloba lo stereo
e sarei anche un po' stufa.. - si giustificò, alzando un sopracciglio e
le spalle.
Kevin sorrise.
Non aspettava altro che Anna gli dicesse quelle cose. Voleva che con
lui si trovasse bene e poteva immaginare che sorbirsi ore intere la
loro musica – che, tra l'altro, erano solo i pezzi cantati da Joe, da
lui personalmente selezionati e ripetuti all'infinito – non fosse
proprio entusiasmante.
Quindi accese la radio e selezionò una stazione a caso.
La canzone era già a metà, ma entrambi la conoscevano e decisero di farla proseguire.
Non era un cantato, bensì la colonna sonora del film “Lezioni di
piano”, scritta da Michael Nyman; un pezzo relativamente difficile, ma
bellissimo.
(http://www.youtube.com/watch?v=0dPS-EHl-FE)
Per tutta la durata del pezzo rimasero in silenzio a godersi quelle
note, accostate così sublimemente da sembrare opera di Dio stesso.
Arrivarono al supermercato dopo circa una ventina di minuti, durante i
quali ascoltarono musica a caso, purché non fossero i Jonas.
- Kevin, mi serve che vai a prendere le patate. - disse Anna, leggendo
la lista della spesa che aveva in mano, mordicchiando la matita con la
quale aveva cancellato gli articoli già presi.
- Ok, quante? - chiese, prendendo un sacchetto di plastica e un guanto per la frutta e la verdura.
- Mmm, qui c'è scritto due chili. - rispose lei, leggendo la minuta
grafia di Denise. - Ah, e anche le carote, e le fra.. Niente,
scherzavo. - s'interruppe, accartocciando il pezzo di carta e
infilandoselo in tasca.
- Che? -
- Niente, non ti preoccupare, vado io; tu occupati delle patate e delle
carote, che io vado a prendere quello che rimane da comprare. - disse
Anna, allontanandosi con il carrello nella direzione opposta al reparto
verdura.
Kevin scrollò le spalle e andò alla ricerca dei famosi tuberi e compagnia bella.
Anna stava cercando di nascondere le fragole che aveva appena messo nel
carrello sotto il pane da toast, ottenendo solo che i frutti fossero
visibilissimi.
“No, così non va.” per lo meno era un commento obbiettivo. Idiota, ma obbiettivo.
“Ma come siamo intelligenti, oggi.”
Decisamente la presenza di Joseph le faceva male.
< I signori clienti sono pregati di dirigersi alle casse, i signori
clienti sono pregati di dirigersi verso le casse, prego. >
Anna alzò lo sguardo e si affrettò verso le casse, pregando che Kevin
non ci impiegasse un secolo ad arrivare; aveva lui la carta di credito.
Stava attraversando il reparto surgelati, osservando stupefatta i
milioni di cose non meglio definite da mangiare che gli americani
usavano mettere nel congelatore, fino a quando il suo carrello non
cozzò contro quello di qualche altra persona, facendo finire la
diciassettenne nel suo per metà a testa in giù.
- Ahia. -
Il colpo allo stomaco fu inaspettato, ma non eccessivamente forte, solo
che rimase ferma in quella scomoda posizione per qualche secondo.
Kevin, che intanto era tornato vittorioso dalla sua missione, aveva
assistito alla scena e stava correndo in direzione dei due carrelli.
Vide che Anna era in condizioni critiche – gambe praticamente all'aria
e faccia premuta contro le sbarre del carrello – e l'altra persona si
stava lentamente rialzando, tenendosi la testa con una mano.
Senza indugiare un secondo di più, scaricò le patate nel carrello e si
precipitò a soccorrere la seconda vittima dell'“incidente”, aiutandola
ad alzarsi e sorridendole gentilmente.
Anna rimase sbalordita.
“Cioè, fammi capire bene: io sono qua
a testa in giù che sto per vomitare quello che non ho mangiato e lui si
preoccupa di andare a chiedere come sta a quella lì che è addirittura
in grado di stare in piedi da sola? MA STIAMO SCHERZANDO?”
Dimenò le gambe, giusto quel tanto da capire che non era una saggia idea.
Sbuffò indispettita dal comportamento del ragazzo e cominciò a chiamarlo.
- Kevin.. Kevin.. Kevin?.. Kevin!? - e lui non rispondeva.
Anna emise un mormorio sommesso che si avvicinava ad un ruggito a
labbra chiuse, quando si sentì bellamente ignorata. Non che le desse
fastidio il gesto in sé, solo che la posizione che era costretta a
mantenere non era delle migliori.
- KEVIN, che non ti chiamo con il tuo nome completo per evitare un
fiume umano in grado di estirpare la mia parte razionale, mi useresti
la grazia di venire a darmi una mano, cortesemente!? Ma non ti
preoccupare, fa' con comodo, tanto io ho tempo. - sbraitò la bionda,
dal basso della sua posizione, talmente acida, da fare invidia alle
granite al limone che stavano a poche decine di centimetri dalla sua
faccia.
Kevin parve svegliarsi dallo stato di trance nel quale era caduto e si affrettò ad aiutare Anna a disincagliarsi dal carrello. |
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Capitolo 15 *** Keira ***
capitolo 15
Addirittura in
anticipo!!!
Della serie: cos'è
'sta roba strana?
Beh ero a Carezza e
mi sono detta: perché non cominciare a scrivere il quindicesimo
capitolo?
E così ho fatto.
Ovviamente c'è il
rovescio della medaglia, cioè il capitolo è corto, anche se
essenzialmente utile.
Dedicato a Kevin!
Ringrazio:
Jonas_princess:
E poi ti chiedi come mai stimo Alex? Ovviamente perché zittisce
quelle due.. cose.. ecco, come promesso ci ho impiegato poco (ma
quando te l'ho promesso?) cara, tu magari ti annoi perché ancora non
ci sei, ma farò in modo di accelerare i tempi.. un bacio!
Maggie_Lullaby:
io ti perdono,ma non so di cosa.. comunque, Miley ce l'ho messa
dentro, perché.. boh, così.. o forse no? Fatto sta che ce l'avete
tutte con lei, ma che vi ha fatto? Mi lascia indifferente, ma certa
gente proprio la odia.. bah.. ah, prima che mi dimentichi, ti ho
aggiunta su msn, io sono annamanzo.94blablabla nel caso ti chiedessi
da dove spunta questa qui. Spero che ti piaccia questo capitolo! Baci
Capitolo 15:
Keira.
Kevin cinse il busto
di Anna con le braccia e lentamente la tirò fuori dal carrello nel
quale era rimasta incastrata.
Non osò alzare lo
sguardo sul suo volto, poiché immaginava di trovarvi stampato un
ghigno che non preannunciava nulla di buono.
Effettivamente aveva
istintivamente prestato soccorso ad una ragazza che non conosceva e
che, in fin dei conti, stava bene e non ad Anna, che conviveva con
lui ed era in una posizione decisamente più critica.
Quindi si limitò ad
aiutarla a mantenere l’equilibrio, una volta in piedi.
Anna sentiva le
braccia del ragazzo sorreggerla, perché altrimenti sarebbe finita
con il sedere per terra, ne era certa.
Prima di prenderlo
ad insulti, decise di vedere perché non fosse accorso subito in suo
aiuto, quindi alzò gli occhi sulla ragazza davanti a sé e la
squadrò per bene.
Avrà avuto una
ventina d’anni al massimo, forse diciannove; non particolarmente
alta, capelli neri, crespi non troppo curati e legati in una
disordinata coda di cavallo, carnagione rosea, grandi occhi azzurri,
rossore sulle gote, probabilmente dovuto all’incidente. In quanto
all’abbigliamento, si capiva benissimo che era uscita di casa solo
per venire a fare la spesa, quindi tuta da ginnastica.
Vedendo che stava
per aprire la bocca, probabilmente per scusarsi dell’accaduto, data
la tonalità accesa delle sue guance, Anna alzò una mano e sorrise.
- S-scusate n-non
volevo.. solo che andavo di fretta e non vi ho visti… - mormorò,
torturandosi le mani e abbassando lo sguardo.
Prima che la
diciassettenne, vittima in primis, la discolpasse, Kevin fece un
passo verso di lei e le sorrise gentilmente, inclinando la testa di
lato e allungando una mano verso la sua spalla, sfiorandola appena.
La ragazza sussultò,
ma fu un movimento quasi impercettibile.
- Non ti
preoccupare, la spesa è salva. – la rassicurò, cercando di
strapparle un sorriso.
Oltre all’effetto
desiderato, le parole ne ottennero anche uno collaterale: la ragazza
arrossì ancora di più e si strinse nelle spalle.
Anna evitò di
saltare addosso al ventiduenne e farlo morire di una lenta e atroce
morte per dissanguamento, solo perché aveva capito che Kevin era su
un altro pianeta.
- E intanto a me
poteva partire un embolo a causa di tutto il sangue che mi stava
affluendo alla testa. Ma almeno la spesa è salva. – bonfichiò
sarcasticamente la cinerea in italiano, incrociando le braccia al
petto e guardando da un’altra parte.
Tanto Kevin non la
sentiva.
Ma la ragazza sì e
ora la guardava confusa, dato che non aveva capito.
- Come prego? –
chiese, spostando gli occhi dal pavimento e puntandoli su Anna.
La diciassettenne la
guardò un attimo, prima di fare un cenno con la mano, facendo cadere
l’argomento.
- Niente, niente. –
mugugnò, tornando all’inglese.
- Ah - rispose
quella, che cercava in tutti i modi di trovare qualcosa da fissare,
che non fossero i magnetici occhi verdi del ragazzo davanti a lei.
Anna dové
accorgersi del suo disagio, perché agguantò il braccio di Kevin e
lo strattonò, passandogli davanti e sorridendo appena alla ragazza,
porgendole la mano.
- Beh, visto che ci
siamo, piacere, io sono Anna, sono italiana e quello che ho detto
prima era nella mia lingua madre, quindi è normale che tu non lo
abbia capito, mentre lui – indicando Kevin, che si svegliò dal
trance dopo aver sentito il suo nome – è Kevin. – concluse,
assestando una gomitata nelle costole del ragazzo, affinché le
tendesse la mano.
Lui trasalì, ma
fece come gli era stato gentilmente intimato.
- Io sono Keira,
piacere mio. – disse, arrossendo vistosamente quando strinse la
mano del ventiduenne.
Questa serie di
arrossamenti da parte della ragazza, e sorrisi ebeti da parte di
Kevin non sfuggirono all’occhio attento di Anna, che dopo aver
guardato una paio di volte i due, si arrese all’evidenza: erano
attratti l’uno dall’altra.
“Beh,”
pensò “ almeno ho trovato che regalo fare a Kev per il suo
compleanno”
Intanto, i due
ragazzi si stavano guardando negli occhi, come se in essi ci fosse
qualcosa di fondamentale come l’aria.
< Si avvisano i
gentili clienti che il supermercato chiuderà fra cinque minuti,
prego dirigersi alle casse. >
“Io rischio di
passarci la mia vita in questo supermercato, quindi è il caso di
svegliare Kevin.”
- Ok, è stato
bello, ma a meno che non vogliate passare la notte qui, suggerisco di
muoverci, che ne dite? – disse Anna, velando le ultime parole di
sarcasmo, cominciando a spingere il carrello verso le casse.
Peccato che nessuno
dei due parve averla ascoltata.
La diciassettenne
sbuffò e picchiettò le unghie sul manico del carrello.
- K alla seconda,
non che io voglia interrompere la vostra… qualsiasi cosa stiate
facendo, ma sapete com’è, con Joseph a casa che starà sbavando
nel piatto perché ha fame, Frankie che sarà steso sul tavolo
annoiatissimo, Nicholas che guarderà l’orologio ogni tre per due,
Denise che ci da per dispersi e Kevin Sr. preoccupato, avrei anche
voglia di tornare a casa. Senza contare che IO ho fame e la nostra,
mia, cena è qui nel carrello. – la sua azione di sveglia stava
lentamente funzionando, anche se mancava ancora un po’ – Kevin –
colpo di genio! – che ne dici se accompagniamo Keira a casa? Con le
borse è pesante e noi siamo in macchina.. -
A sentire “Keira,
casa, in macchina”, Kevin si svegliò di botto e si illuminò.
La ragazza,
imbarazzatissima, cominciò a balbettare qualche scusa.
- V-veramente non è
necessario, i-io abito qui vicino.. davvero.. non mi serve un
passaggio.. -
Anna la fulminò con
lo sguardo, oh se sarebbe venuta con loro.
Dopo quell’occhiata
ammonitrice, Keira non fece più storie e seguì i due fino alla
cassa.
Una volta pagato –
Kevin aveva avuto la splendida idea di offrire la spesa a Keira, ma
Anna aveva anticipato la sua mossa e gli aveva pestato il piede con
tutta la forza che le riusciva – si diressero tutti e tre verso il
grande Suv del ragazzo.
Ci volle più di
qualche secondo per aprire il bagagliaio, perché Kevin aveva le mani
sudate e non riusciva a tenere in mano le chiavi della macchina.
Anna alzò gli occhi
al cielo e pregò che tutto questo finisse presto.
Dopo qualche
tentativo, finalmente, il ragazzo aprì vittorioso il portellone, in
modo da potervi scaricare dentro le borse.
La ragazza preferì
sedersi dietro, a patto che Kevin non si perdesse a guardare Keira,
rischiando di schiantarsi.
Il viaggio trascorse
in silenzio, dato che i due davanti erano troppo imbarazzati e Anna
stava bene così.
Dopo una decina di
minuti arrivarono sotto casa della ragazza, che come aveva detto non
abitava molto distante dal supermercato, e lì si salutarono con un
imbarazzato cenno della mano.
- Beh, eccoci qua..
- disse Kevin, abbassando lo sguardo e facendo i cerchietti per terra
con il piede.
- Sì.. grazie del
passaggio.. - sussurrò Keira, spostando nervosamente il peso da una
gamba all'altra.
“Wow, e pensare
che il dizionario umano è composto da più di ventimila vocaboli.”
pensò sarcasticamente Anna,
incrociando le braccia e fissando sconsolata i due davanti a sé.
“E penare che
Kevin ha ventidue anni e lei più o meno una ventina. Tutt'a un
tratto non mi sento così piccola.”
-
Beh, mi ha fatto piacere conoscerti Keira, ma ora dobbiamo proprio
andare, sono le sette passate e Denise poi si preoccupa. Arrivederci.
- disse, stufa di stare ferma a guardare mentre lo stomaco
gorgogliava.
Agguantò
Kevin per un braccio e lo trascinò con quanta più stizza le
riuscisse verso la porta della macchina.
-
Ciao.. - disse lui.
-
Ciao.. - gli fece eco lei.
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Capitolo 16 *** Volleyball and Swimming ***
capitolo 16
Ci sono ancora!
Ebbene sì, se
credevate che fossi scomparsa dalla circolazione vi sbagliavate di
grosso!
Il problema è che
sto scrivendo una shot su Nicholas e una fic sui Sonohra e fra
questo, compiti e interrogazioni non ho auto tempo di aggiornare.
MA, c'è anche una
ma, ora che sono a casa ammalata credo che mi riposerò un po' e poi
riprenderò a scrivere.
Diciamo che questo
capitolo era praticamente pronto ieri, solo che non avevo tempo e
quindi lo pubblico oggi.
Suppongo che mi
metterò a scrivere domani, se starò meglio.
Intanto un
grandissimo grazie a voi che mi recensite, che tenete la storia fra i
preferiti e le seguite!
Jonas_princess:
Io Kevin lo stimo troppo. Sai credo che ormai i tuoi non si
dovrebbero stupire più di tanto delle tue assurde reazioni.. Grazie
cara! Anche se mi fa male tutto e ho qualche linea di febbre ho
deciso di aggiornare, contenta? Cosa ha detto la Ricci alla 4°ora?
Maggie_lullaby:
in questo capitolo Kevin ci
cadrà un po' dalle nuvole, ma quando si è innamorati si fa di
tutto, no? Anche se qui lo scemo di turno è Nick.. grazie mille!
LadyBird27: beh,
ti perdono anche se mi costa un po'.. naaah che scherzo, non ti
preoccupare, specie perché io aggiorno quando mi pare.. Kevin.. boh,
vedrai che anche a lui ne succederanno delle belle, oh sì! Grazie
mille!
P.S. Mi sono
dimenticata di dirvi che la Anna della storia è pericolosamente
simile a me sia fisicamente che caratterialmente, quindi se mi
incrociate per strada, beh.. scappate finché siete in tempo!
Capitolo 16:
Volleyball and Swimming
Prima che Kevin si
accorgesse di essere davanti a casa passarono almeno tre minuti.
Anna decise che
aveva aspettato anche troppo e se non si fosse data una mossa,
probabilmente si sarebbero preoccupati tutti, dato che la macchina
era ferma in garage ormai da un bel po'.
Quindi aprì la
portiera abbastanza bruscamente e prese i sacchetti della spesa,
arrivando davanti alla porta di casa e trovandosi davanti Joseph che
la guardava stranito.
Prima che potesse
dire qualsiasi cosa, lo fissò duramente, alzando i sacchetti da
terra e borbottando un - Non fare domande. - abbastanza seccato.
Joe inclinò la
testa e rimase con la bocca aperta per lo stupore.
Se non avesse saputo
che era scientificamente impossibile, avrebbe giurato di aver visto
del fumo salire dalla chioma cinerea della ragazza.
Stava aspettando
Kevin, ma pareva che suo fratello non volesse più uscire dalla
macchina.
Sbuffò e andò a
vedere cosa diavolo stesse combinando di così interessante da
mettere le radici nella vettura.
Anna, intanto, era
arrivata in cucina tra imprecazioni varie nella propria lingua madre
e stava mettendo via la spesa con gesti secchi e sgraziati,
assolutamente inusuali per lei, aiutata da Denise, che non sapeva se
chiederle il motivo di quell'espressione omicida che aveva stampata
sul volto.
Decise poi che se
Anna ne avesse voluto parlare, avrebbe fatto da sola la prima mossa.
La diciassettenne
dal canto suo, sapeva che Denise si stava trattenendo dal chiederle
cosa avesse, ma decise che la sua arrabbiatura non aveva senso e
quindi cercò di darsi una calmata.
Strinse più forte i
bastoncini di merluzzo congelati che aveva in mano, aspettando che il
freddo le intorpidisse le articolazioni e magari le abbassasse la
temperatura, elevata a causa dell'avventura al supermercato.
Effettivamente non
doveva essere arrabbiata – non aveva senso, specie perché la colpa
non era né di Kevin né di Keira - solo che aveva fame, i compiti di
biologia erano stati particolarmente complicati e la versione di
latino non pareva volersi risolvere.
Già, perché ogni
due giorni le arrivava la mail di Annalisa con scritti i compiti e le
eventuali spiegazioni di argomenti nuovi delle due materie che in
America non studiava, Greco e Latino.
Fosse stato per lei
non si sarebbe mai presa la briga di farsi una o più versioni al
giorno, ma quello era il penultimo anno di scuola superiore e, dato
che non lo passava in Italia e non voleva recuperare l'intero
programma durante l'estate, si faceva mandare tutto dall'amica, in
modo da essere bene o male prona per affrontare l'ultimo anno e poi
la maturità.
Fra un pacchetto di
surgelati e un altro, Denise notò per l'ennesima volta l'anello
argentato brillare al dito medio destro della ragazza e si chiese
quale significato esso potesse avere.
Decise di
chiederglielo, cercando di non risultare troppo invasiva nei suoi
confronti.
- Anna, ho notato
che porti un anello.. - disse, accennando con la testa alla mano
destra dell'ospite e lasciando in sospeso la frase. Subito si chiese
se avesse fatto la cosa giusta a parlarne.
Dopotutto poteva
averglielo regalato chiunque, magari il suo ragazzo, che ora era in
Italia lontano dalla ragazza che amava, oppure un suo parente.
Anna si fermò un
attimo a guardare l'anello col Triskell prima di riprendere a
mettere gli alimentari nel freezer, dando la schiena alla donna, che
la guardava mortificata.
Denise credé di
aver fatto un passo falso e stava già per scusarsi, quando la
ragazza parlò.
- Era di mio padre.
Quando è andato in Bretagna, circa sette anni fa, lo ha comprato per
sé e per me ne ha preso uno più piccolo, che ho di là. - si alzò
in piedi e si appoggiò al piano di lavoro con la schiena. - Solo che
poi se ne è preso uno con le scritte in gaelico e mi ha regalato
questo, semplicemente perché quello piccolo ora mi va solo sul
mignolo sinistro. - spiegò, intuendo quello che la donna stesse
pensando. - E a parte questo non ha altri significati profondi o
reconditi. - concluse, sorridendo alla faccia di Denise, che aveva
abbassato la testa per nascondere il rossore.
Effettivamente non
poteva pensare che ogni anello che vedeva in giro fosse uno come
quello dei suoi figli.
- Immagino i tuoi
pensieri, ma no, non è un anello della purezza e neanche credo di
volerne e doverne portare uno. - continuò, prendendo il latte e
mettendolo in frigo.
Denise rifletté
qualche secondo sulle parole di Anna.
Era incredibile come
fosse riuscita a spiegare il suo punto di vista e la sua presa di
posizione solo con una frase.
Dicendo che non ne
voleva portare uno, si capiva che non era credente.
Dicendo che non
doveva portarne uno, si capiva che era una ragazza
responsabile e che non avrebbe mai fatto qualcosa che con il purity
ring non avrebbe
mai fatto.
Ancora
una volta, la donna rimase colpita dalla sua risposta enigmatica e
machiavellica, ma concisa e mirata allo stesso tempo.
-
Oh – disse – quel simbolo significa qualcosa? - se non aveva un
significato religioso e proveniva dalla Bretagna, forse no e ne aveva
uno legato alla mitologia celtica.
Anna
rifletté qualche secondo e poi rispose – Sì, credo che
rappresenti la terra l'acqua e il fuoco, mentre quest'altro simbolo
era lo stemma di un barone, o qualcosa del genere, che regnava da
quelle parti. - immaginava che Denise si fosse sorpresa del suo
lessico poco forbito, ma non ci diede peso.
Dopotutto
non era perfetta neanche lei, era meglio di tanti altri – viva la
modestia! -, ma alla perfezione non ci arrivava.
Scosse
la testa e riprese a mettere a posto la spesa.
( Ecco il Triskell:
http://pagesperso-orange.fr/ticauray/1fr_paysceltes/Images/triskell.jpg
e il simbolo del barone: http://www.rbvex.it/intergif/vexbrzh.gif)
Nicholas
aveva appena assistito al dialogo fra sua madre e la ragazza che lo
mandava fuori di testa e si era reso conto ancora, di come Anna fosse
spietatamente sincera, riuscendo comunque a mascherare la verità
dietro veli invisibili, rendendola più morbida alle orecchie di
chiunque.
Perché
il succo della sua frase riguardo al purity ring
era “Io non voglio essere presa per una bigotta”.
Era
chiaro che ai suoi genitori piacesse, e anche a Frankie e Elvis, ma
non perché era la classica figlia modello, certo, aiutava in casa,
però non era una lecchina, ma semplicemente perché sapeva il fatto
suo e non aveva paura di dire quello che pensava.
In
verità lei parlava solo quando lo riteneva opportuno, spesso teneva
per sé alcune considerazioni o era delicata nel rivelarle, o ancora
ometteva delle parti, volgendo la situazione a suo favore.
Per
questo motivo era bravissima a mantenere i segreti degli altri – a
differenza di Annalisa, che sbandierava tutto ai quattro venti, ma
erano amiche proprio perché erano così diverse -, rimanendo
nell'ombra durante le discussioni che non richiedevano la sua diretta
presenza, o intervenendo sporadicamente.
Anche
la silenziosità dei movimenti era dalla sua parte: poteva andare
dove voleva senza farsi troppo sentire, o, male che andava, veniva
scambiata per un qualche rumore esterno.
Effettivamente
era una creatura dotata di caratteristiche fisiche adatte al suo
carattere.
Alta
1.60 cm, gambe corte, ma proporzionate, muscolatura potente e
compatta, silhouette morbida, formosa, ma al punto giusto.
Per
quanto riguardava il viso, capelli biondo cenere, in ricordo di
quando erano biondo oro, perennemente indomabili, occhi verdi e
marrone verso la pupilla, naso leggermente pronunciato, fronte non
particolarmente larga.
A
livello mentale la sua caratteristica più sconcertante era la
razionalità.
Infatti,
prima di fare qualsiasi cosa rifletteva velocemente sulle cause e
conseguenze delle sue azioni, valutando poi altre ipotesi per
ottenere quello che voleva.
Capitava
poi che prendesse delle cantonate straordinarie, ma non voleva che si
sapessero in giro, era troppo orgogliosa per permettere che qualcuno
venisse a sapere che aveva sbagliato.
***
Durante
la cena Kevin era assente.
Più
volte gli altri membri della famiglia gli avevano rivolto occhiate
preoccupate, ma lui pareva non accorgersene.
Prima
che qualche adulto potesse fare domande, il piccolo Frankie chiese al
fratello maggiore – Kev, ma hai incontrato una ragazza, che mi
sembri Nick la mattina quando deve andare a scuola? -
con
la sua voce innocente, da bambino di nove anni.
Denise
e Paul Kevin Sr scoppiarono a ridere, così come Joe e Anna, Nick non
prese molto bene la faccenda del paragone, ma poi si unì al resto
della famiglia, mentre Kevin si svegliò dalla catalessi solo perché
aveva sentito qualcuno ridere.
-
Eh? Che? Mh? - gorgogliò, cadendo completamente dalle nuvole.
Tutti
scoppiarono a ridere.
Joe si teneva la
pancia con le mani, Nick si asciugava le lacrime con la manica della
maglia e Anna aveva immerso la faccia nel tovagliolo, la schiena
scossa dai tremiti.
- Ahahah,
fratellone, sei proprio cotto! - singhiozzò Joe, cercando
inutilmente di riprendere fiato.
- Mi spieghi come
fai ad esserti innamorato, se siete stati fuori casa per un'ora e
mezza? - chiese Nick, calmandosi un po'.
Anna guardava la
scena divertita, ma quando vide che il maggiore era in seria
difficoltà, decise di intervenire.
- Allora, per farla
breve, avevo spedito Kevin a prendere le patate e le carote, quando
ho sentito che il market stava per chiudere, quindi mi sono data una
mossa verso le casse. Mi ero persa a guardare estasiata - e anche un
po' disgustata a dire la verità - tutta la roba che voi Americani
riuscite a stipare nel freezer e non mi sono accorta che un carrello
stava venendo nella mia direzione. - disse, accompagnando il racconto
con alcuni gesti delle mani.
- Ahhh, ho capito
dove vai a parare! - esclamò Joe, come colto da un'illuminazione.
Tutti si girarono
verso di lui, aspettando che continuasse.
- Sì, tu ti sei
scontrata, Kevin è arrivato in quel momento ed è andato a
soccorrere la povera e bellissima ragazza che è caduta per colpa
tua, c'è stato il colpo di fulmine e ora mio fratello è un ameba.
Ci ho azzeccato, vero? - domandò, sorridendo contento, guardando
prima nella sua direzione e poi in quella di Kevin.
Anna lo guardò con
il sopracciglio alzato, ma annuì.
Joe esultò, poiché
non avrebbe mai detto che sarebbe riuscito a capire la mente contorta
della ragazza.
Cominciò ad
intonare “We Are The Campions” dei Queen, usando come microfono
la forchetta e facendo delle facce assurde.
- Il fatto che io
abbia annuito non significa per forza che tu abbia detto tutto
correttamente, Joseph. - lo smontò la cinerea, guardandosi
interessata le unghie delle mani, dissimulando la risata che le
saliva alla bocca.
Il mezzano si bloccò
di colpo.
Guardò prima la
ragazza e poi Kevin, in cerca di una conferma di quello che aveva
detto, ma in quel momento Kevin aveva le stesse funzioni vitali di un
surgelato: immobile e più di là che di qua.
Si girò verso Anna,
guardandola implorante, ma sapeva bene che quella lì era
irremovibile.
- Non è lei che si
è trovata catapultata nel carrello in una posizione che definire
scomoda è un complimento e non è lei che è stata abbandonata al
proprio destino, perché qualcuno di cui non foglio fare il nome,
Kevin, è andato di corsa a soccorrere una perfetta sconosciuta dagli
occhi azzurri, lasciando me a testa in giù nel carrello. - breve
pausa e sorriso – non lo auguro a nessuno. - concluse.
La famiglia Jonas al
completo fissò il primogenito per un secondo e poi scoppiò a
ridere.
Evviva i colpi di
fulmine.
***
- La pallavolo.
Analizziamo questo concetto. - esordì Anna, giovedì mattina,
camminando per i corridoi semi-vuoti della scuola.
- Perché dovresti
analizzare uno sport? - chiese Alex, aggrottando le sopracciglia e
alzando le spalle.
Anna continuò a
camminare, persa nei suoi pensieri.
- Infatti ho detto
concetto, non sport e i concetti si analizzano. - precisò,
spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Alex la guardò di
sbiego, inclinando la testa.
- Eh? -
La bionda la ignorò,
ma cominciò a spiegare.
- Vedi, per me la
pallavolo è una cosa talmente inutile, da essere considerata un
concetto astratto, non uno sport. - illustrò, aprendo la porta dello
spogliatoio femminile.
Essendo le ultime,
l'odore che le accolse fu quello di un deodorante fruttato, talmente
vomitevole da far storcere loro il naso per il ribrezzo.
- Bleah – mugugnò
Alex, tappandosi il naso – È mai possibile che dobbiate assuefarvi
di 'sta robaccia ogni santa volta che mettete piede nello
spogliatoio? Il deodorante si mette dopo aver fatto lezione,
non prima. - spiegò alle cheer-leaders con una nota
sarcastica nella voce, agitando la mano libera davanti al viso per
allontanare il fetore.
Natasha la guardò
sprezzante, riservando lo stesso saluto anche ad Anna e si apprestò
a parlare.
- Se voi vi faceste
la doccia, ogni tanto, sapreste che lavarsi fa bene e che il
deodorante si usa per eliminare gli odori – sibilò, appoggiando i
pugni chiusi sui fianchi esili.
Certo, per essere il
capo delle cheer-leader era una bella ragazza, solo che era
terribilmente oca e finta.
- Anche se io non
puzzo. - infierì, guardando le due amiche con aria di superiorità.
- Come se quel coso
tossico e nocivo profumasse.. - sussurrò Anna in Italiano,
ridacchiando piano.
Alex non capì, ma
intuì il senso della battuta.
- Perché voi di
odoracci ve ne intendete, eccome se ve ne intendete.- squittì, prima
di girarsi e tornare sculettando al suo posto.
Subito le sue
amichette le si avvicinarono e si complimentarono, ocheggiando
allegramente.
Anna e Alex si
guardarono e capirono che avevano pensato la stessa malefica cosa.
Contemporaneamente
si voltarono verso il folto gruppo di oche e le fissarono
malignamente, sorridendo.
- Beh, ti dicevo, io
la pallavolo non lo considero uno sport, semplicemente per il fatto
che per me potrebbe tranquillamente non esistere, tanta è la sua
inutilità. - disse come se nulla fosse, allacciandosi le scarpe.
Tutta la scuola
sapeva che lo sport preferito di Natasha, dopo l'agitare due pom-pom
e urlare frasi sconnesse, era la pallavolo.
Infatti non passò
molto tempo che la bionda drizzò le orecchie, pronta a captare altri
dettagli della loro conversazione.
Ormai erano pronte,
quindi uscirono dallo spogliatoio, lasciando apposta il discorso a
metà.
Proprio mentre
varcavano la porta, Anna disse “Preferisco il nuoto, è
infinitamente meglio” e il professor Liam si girò nella loro
direzione.
- Anna, hai detto
che ti piace il nuoto? - le chiese, avvicinandosi alle ragazze,
guardando in particolare verso l'italiana.
La cinerea lo fissò
sospettosa e rispose affermativamente.
Sul volto dell'uomo
comparve un sorriso, mentre allargava le braccia e prendeva fiato per
parlare.
“Oh no.”
pensò Anna, reclinando il capo.
- Mi fa molto
piacere sentirti dire questo. - continuò l'uomo – Sai, la scuola
offre la possibilità agli studenti di andare in piscina una volta
alla settimana, gratuitamente. - disse, guardandola eloquentemente.
Anna sapeva che in
un modo o nell'altro sarebbe finita in quella piscina, quindi tanto
valeva andarci di spontanea volontà.
Spostò lo sguardo a
terra, fingendo di valutare la proposta e poi acconsentì, sfoderando
un mezzo sorriso.
Il signor Liam
sorrise e saltellò fino alla porta del suo ufficio, adiacente alla
palestra.
- Mi sa che quasi
quasi vengo anche io. - disse Alex, legandosi i lunghi capelli color
castano chiaro in una pratica coda di cavallo.
Anna la guardò e
sorrise.
- Ok, ma cominciamo
a correre, che quando Liam torna ci vuole vedere sudati. -
Detto questo
cominciarono a correre.
- Ho detto al
professor Liam che vado in piscina una volta alla settimana. -
annunciò Anna, sistemandosi i capelli, guardandosi nello specchietto
dell'antina parasole della Mustang di Nick.
Stavano tornando a
casa ed erano abbastanza a pezzi per via della lezione di ginnastica.
- Ho sentito. Verrà
anche Alex, vero? - rispose lui, svoltando in una strada più
piccola, che li avrebbe condotti a casa, al Toluka Lake.
La ragazza non parve
particolarmente colpita dalle sue parole, dato che ginnastica la
facevano insieme Nicholas avrebbe benissimo potuto ascoltare la sua
breve conversazione con il professore.
Rimasero qualche
minuto in silenzio, durante i quali Nick cercò di mettere assieme la
frase che avrebbe probabilmente mandato la calma di Anna a quel
paese.
Una volta ripetutala
qualche volta mentalmente, prese un respiro profondo – brutto segno
a detta di Anna – e disse
- Vengo anche io. -
Trattenne il fiato,
prevedendo un urlo disumano.
Anna soppresse il
grido che le sarebbe venuto spontaneo e cercò di darsi una calmata.
Possibile che Nick
Jonas fosse così sprezzante del pericolo?
Cioè, se Natasha
fosse malauguratamente venuta a sapere che lui andava in piscina,
avrebbe fatto addirittura l'immane sforzo di mettersi una cuffia e
raggiungerlo a nuoto. E con lei il resto della percentuale femminile
della scuola. Chi fra le ragazze non avrebbe voluto vedere Nick Jonas
in costume?
Semplice, Anna e
Alex.
La prima perché lo
aveva già visto in boxer durante un caldo pomeriggio, nel quale
quella cima di Joseph aveva creduto che annaffiare il fratello fosse
una buona idea e quindi il riccio aveva dovuto spogliarsi, ignaro che
Anna stesse per entrare in giardino e che quindi lo potesse vedere in
mutande, cosa che poi era realmente successa, la seconda, perché non
provava nessun tipo di attrazione fisica o sentimentale per il
ragazzo.
Però non era
neanche giusto che Nicholas non potesse comportarsi da ragazzo
normale perché sennò sarebbe stato travolto da orde barbariche di
ragazze.
Quindi gli rispose
- Ammetto che mi sia
venuta voglia di urlarti contro che sei un idiota, poi però mi è
venuto in mente che se vuoi essere un ragazzo normale devi cominciare
dalle piccole cose. Non sarò io a dirti che hai commesso un
mastodontico errore, ma sappi che mi dovrai un immenso favore quando
ti verrò a ripescare dalle grinfie di qualche boceitta invasata. -,
chiudendo l'antina parasole.
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Capitolo 17 *** Hold My Hand ***
capitolo 17
Pareva che non ce l'avrei mai fatta, e invece?
Eccomi ancora qui!
Scusate la mia assenza prolungata, ma la scuola e la poca ispirazione
mi hanno fatto questo.
Ma non perdiamoci in chiacchiere inutili.
Vi dico solo che il capitolo è bello lungo.
Ringrazio di cuore:
jonas_princess:
Hai visto chi è tornato? E
preparati, perché qui ci sei un po' anche tu.. ma non ti anticipo
nulla.. Kiss a martedì!
Nes95: In
quanto all'aggiornare presto... beh, non giustifico il carattere
della protagonista, perché come vedrai in questo capitolo, un po'
cambia, ma mi fa piacere che ti piaccia il mio stile. A me sembra
noiosetto.. beh, grazie mille per la recensione!
Maggie_Lullaby:
Pfff, la pallavolo è un concetto, punto e basta XD. Mi dispiace per
te, ma per vedere Nick a petto nudo dovrai aspettare di scriverlo tu,
perché non so se avrò intenzione di descriverlo.. e sì, mi sa
anche a me che prima o poi Natasha la annegano. No, un momento, mi
serve per il sequel, quindi dopo quello è tutta vostra. Grazie per
la tua costanza nelle recensioni!
LadyBird27:
Non ti preoccupare del ritardo, che tanto io ti batto. Ehehehe, fra
un po' Kevin fa gli anni e allora vedrai... ma come mai non ti trovo
mai in Msn? Sono proprio scema.. grazie mille!
JB4ever:
Ciao anche a te! Ti consiglio di non innamorarti troppo della fic,
perché alla fine potresti rimanerci male.. ma non ti devo rivelare
altri dettagli. Diciamo che il personaggio di Anna non mi è troppo
difficile da delineare, in quanto mi assomiglia abbastanza.. povero
chiunque mi dovesse incontrare! Grazie per la recensione.
Girls, ho una
piccola richiesta/domanda da farvi.
Come si capisce
da questo capitolo, io sono fan del grande Re del Pop.
Quindi il mio
quesito è questo: chi di voi lo è?
Tutte le persone
che si rivedono in questa categoria sono invitate, se ne hanno
voglia, a contattarmi via msn per chiacchierare un po'.
È ben
schifosamente formale..
La verità è che
non c'è mai nessuno con cui parlare di Michael e io mi sento sola..
bah, comunque il
mio indirizzo è annamanzo.94@live.it
Capitolo 17: Hold
My Hand
Cause I've been there before And you've been there before But
together we can be alright. Cause when it gets dark and when it
gets cold We can just hold eachother till we see the sunlight
Akon ft. Michael Jackson – Hold My Hand
Anna era in camera
sua completamente svaccata sul suo letto.
Erano tornati a casa
e finito di pranzare da dieci minuti e lei aveva preso la sua roba e
si era chiusa in camera.
Nick in piscina.
Che idea assurda che
gli era venuta.
La settimana prima
era entrata in casa e si era trovata davanti Denise che sorrideva
come se fosse stata innamorata per la prima volta.
Subito aveva capito
che c'era qualcosa di strano, ma non aveva capito cosa.
Dopo aver squadrato
interamente ogni singolo membro della famiglia e non aver ottenuto
risultati concreti, aveva deciso che avrebbe indagato in un secondo
momento.
Una volta al piano
di sopra, aveva notato che la porta della sua camera era socchiusa.
Inclinando la testa
si era avvicinata sospettosamente ed era entrata.
Quello che vide la
lasciò di sasso.
Un impianto stereo
della migliore qualità e un telefono con una linea personale erano
esposti in bella mostra sulla sua scrivania.
Inizialmente li
guardò scettica, poi sentì dei passi dietro di sé e intuì
trattarsi di Kevin e Joe, che la stavano probabilmente osservando.
Sorrise appena e
senza voltarsi disse
- E questi? -
Kevin anticipò il
fratello ed entrò nella camera della ragazza.
- Beh, abbiamo
pensato che la camera era un po' spoglia e in attesa di andare in
giro a vedere vari arredamenti..-
Anna si girò di
colpo e lo interruppe
- Stop. Cosa intendi
con “andare in giro a vedere vari arredamenti”? -
Cioè, la camera
andava benissimo, aveva un letto – cosa fondamentale – un
armadio, uno specchio, la scrivania, due tappeti e le tende. Non
mancava nulla.
- Come che cosa
intendo? Domenica andiamo nei centri commerciali per arredamenti e
rendiamo questa camera abitabile, mi sembra ovvio. - rispose il
maggiore, scrollando le spalle sorpreso.
Non capiva perché
Anna si fosse voltata così di colpo e avesse assunto
quell'espressione sbalordita.
La diciassettenne lo
guardò come se fosse un alieno e aprì appena la bocca
- Ma questa camera è
già abitabile.. ti pare che manchi qualcosa? Specie ora che ci sono
dentro un impianto stereo che non voglio neanche sapere quello che lo
avete pagato e un telefono che a quanto mi pare di capire ha una
linea personale. - disse, alzando le spalle.
In quel momento
intervenne Joe, che era stato in silenzio per tutto il tempo
- Capirai, lo stereo
e il telefono sono due regali e no – annunciò, vedendo che la
cinerea stava per ribattere – non si accettano scuse, ma la stanza
in sé è triste. E noi Jonas non possiamo permettere che una nostra
ospite viva per altri otto mesi qui dentro. Quindi tu domenica, ci
seguirai e andremo tutti quanti a cercare l'arredamento perfetto per
te. Sono stato chiaro? - asserì, puntando il suo sguardo fermo in
quello incredulo della ragazza.
Anna ci rifletté un
attimo, abbassando lo sguardo, poi lo rialzò, fissando prima Joe poi
Kevin e sorridendo disse
- Sta bene, ma ora
non lamentatevi se sentirete Michael tutto il giorno. Uomo avvertito
mezzo salvato, si dice dalle mie parti. - si voltò verso le casse
con aria semi-sadica – Ora veniamo a noi. Oh – voltandosi verso
di loro – Grazie mille! -
- Figurati! -
annunciò una terza voce, che era sbucata da dietro Joe e Kevin.
- E poi – continuò
Nick, comparendo alle spalle dei fratelli – se il Michael che hai
nominato è Michael Jackson, allora ci va bene. - concluse
sorridendo.
Anna lo fissò e un
sorrisino maligno le comparve sulla bocca.
- Io non so quanto
lo conosciate voi, ma io sono una sua grande fan e soprattutto sono
orgogliosa di esserlo. - fece una pausa e poi riprese – Diciamo che
se dovessi fare una scala, da uno a cento, di quanto sono fan, voi
sareste tipo al.. - alzò gli occhi al cielo e contò sulle dita –
boh.. circa sessantacinque, settanta. - il sorriso spuntò sulle
labbra dei tre ragazzi; sapevano benissimo che Anna non si faceva
tanto condizionare dal fatto che ce li avesse davanti o comunque li
conoscesse, diceva quello che pensava senza peli sulla lingua.
- Mentre Michael si
aggira attorno al cento, centodieci. - concluse, sorridendo con aria
di sfida.
Nessuno dei tre
ragazzi parve troppo sorpreso da quell'affermazione.
Kevin sapeva come ci
si sentiva a vivere continuamente sotto i riflettori e per questo
voleva vedere se la passione di Anna si limitava alle canzoni del Re,
o anche a lui come persona, per quanto potesse sapere della sua vita
privata.
- Mi pare di capire
che tu conosca praticamente tutta la sua discografia a memoria.. -
iniziò, lasciando apposta la frase in sospeso per vedere cosa
avrebbe risposto.
La cinerea spostò
lo sguardo su di lui e pensò ad una risposta esauriente da dare.
- Non proprio.
Conosco tutte le canzoni che l'hanno reso celebre, naturalmente, e
quasi tutte quelle degli album “Thriller”, “Dangerous” e
“Bad”, poi c'è “HIStory” e “Blood On The Dancefloor”. Mi
manca quasi tutto “Off The Wall”, del quale conosco due canzoni,
“Don't Stop Til' You Get Enough” - Kevin cominciò a canticchiare
a labbra chiuse il motivo della canzone – e “Rock With You”. -
Si fermò un attimo, abbassando lo sguardo, pensando a Michael.
Subito la sua
espressione si rattristò.
E qui cascarono
tutti dalle nuvole.
Non si aspettavano
che una persona dal carattere duro, acido e spinoso come Anna avrebbe
subito un cambiamento così repentino a solo sentir parlare di certi
argomenti.
Prontamente Kevin si
fece avanti e, concessosi un attimo di esitazione, abbracciò la
ragazza.
Anna sapeva che
quando si toccava l'argomento “Michael” era inutile cercare di
bloccare le lacrime.
Non che piangesse
ogni volta che lo nominasse, però ogni tanto le capitava, specie
quando ascoltava “Man In The Mirror”, lì era la fine.
Non trattenne le
lacrime, anche perché non ne scesero molte, e appoggiò la testa sul
petto di Kevin, chiudendo gli occhi per qualche minuto.
- Io non posso
sapere tutto di lui, ma sono convinta che tutto quello di cui i
tabloid lo hanno accusato sia oltremodo falso e infondato. Certo, io
sono di parte, ma dopotutto si sa che intorno a personaggi famosi
girano le storie più assurde, e credo che voi ne sappiate qualcosa,
però lui era il Re, la persona più famosa del nostro sistema
solare, praticamente, e chi se non lui sarebbe stata la vittima
migliore di tante cattiverie? Poi ce ne ha messo del suo, ma era una
percentuale talmente infima, che non merita neanche la mia
considerazione. - aveva parlato con il viso appoggiato sul petto di
Kevin e si sentiva bene. - Lo hanno accusato di essere gay e
pedofilo, gli hanno dato dello stravagante e dell'eccentrico, hanno
criticato pesantemente il colore della sua pelle e il suo naso, il
tutto senza pensare a quello che queste affermazioni avrebbero potuto
avere sulla sua considerazione di sé. Io non potrei controbattere
queste accuse perché non ho le prove per farlo, ma qualsiasi persona
dotata di buon senso avrebbe capito che in fondo non era cattivo. E
non lo dico solo perché ci credo; provate a pensarci, un uomo che ha
donato non so quante centinaia di migliaia di dollari agli ospedali e
agli orfanotrofi, ne ha spese altrettante per costruire un luna park
nel suo giardino nel quale ogni giorno invitava decine e decine di
bambini malati e non, è impossibile che sia gay e pedofilo.
Semplicemente lui amava i bambini per la loro innocenza, per il loro
sorriso e la loro ingenua bellezza. Ma probabilmente questo i media
lo avevano anche capito, solo che vuoi mettere a paragone una notizia
scandalistica di tale portata con una che avrebbe fatto solo del
bene, ma non avrebbe venduto tanto quanto l'altra? È ovvio che hanno
puntato su quella della pedofilia. - si concesse qualche secondo di
silenzio. - E tanto per chiudere in bellezza: Non so se voi
conosciate di nome un certo Joseph Jackson. - Alzò lo sguardo per
incrociare quello dei ragazzi,che aveva momentaneamente assunto la
forma di punto di domanda gigantesco – Beh, Joe Jackson era ed è
tutt'ora il padre di Michael. Ma non è stato per lui un padre buono
come il vostro, no. Lui era un approfittatore, ha sfruttato l'immenso
talento dei figli, e in particolare quello di Michael, per
arricchirsi. E secondo una legge della natura: da un padre bastardo,
il figlio che nasce può essere o altrettanto se non più stronzo, o
l'esatto opposto. E non mi sembra che Michael Jackson fosse un
elemento stronzo, scusatemi la terminologia poco raffinata. -
Dopo quelle
considerazioni si sentiva decisamente più libera.
E i Jonas
decisamente sconcertati.
Per quanto Anna
potesse essere una ragazza difficile, acida, sadica, intrattabile e
con un caratteraccio, andava apprezzata per la sua capacità di
analisi e rielaborazione dei fatti.
Aveva ammesso di
essere una fan di Michael Jackson e di esserne orgogliosa, ma aveva
parlato assolutamente in modo oggettivo quando aveva spiegato le
varie accuse sulla condizione del suo mito.
Kevin non seppe cosa
dire, quindi rimase in silenzio e la strinse di più fra le sue
braccia.
In quel momento Nick
pensò di dover essere geloso del fratello, ma solo a vedere la
ragazza che gli piaceva ridotta in quello stato così inusuale per
lei, lo faceva stare abbastanza male.
Improvvisamente gli
venne voglia di andare da tutti i giornalisti del mondo e cantarne
loro quattro, non solo per quello che avevano fatto a Michael
Jackson, ma anche per quello che continuavano a fare a lui e ai suoi
fratelli.
Ma la voce di Anna,
che intanto si era staccata da Kevin e aveva assunto il solito
contegno, lo destò dai suoi pensieri.
- Ma sfortunatamente
per noi nessuno potrà più godere della sua unica presenza.
Comunque, io voglio ricordarlo per chi era e ciò che ha fatto per il
mondo, non per quello che certi giornalini di infima categoria
spacciano per verità. -
Nicholas vide negli
occhi della ragazza la classica pacatezza e si rasserenerò.
- Beh, direi che ora
posso anche mettere su un po' di musica mentre chiamo l'Annalisa. -
continuò, facendo intendere che se ne sarebbero dovuti andare.
Alzando le mani in
segno di resa, i tre fratelli uscirono uno alla volta dalla sua
camera.
Solo Nick si fermò
qualche secondo in più, quel tanto che bastava per dirle poche
parole
- Anna, se vuoi
parlare di qualsiasi cosa, sarò felice di ascoltarti. -
La diciassettenne lo
guardò per qualche secondo, poi rispose
- Non sono il genere
di persona che intrattiene grandi discorsi sulla propria vita
privata, credo che questo si sia capito. Ma mi sembra corretto nei
tuoi confronti e costruttivo per me accettare la tua proposta. -
disse, prendendo in contropiede il ragazzo, che spalancò gli occhi e
s'incurvò nelle spalle.
La cinerea, notando
la sua reazione, fece la finta offesa
- Che ti aspettavi,
che ti sbattessi la porta in faccia, liquidandoti così, su due
piedi, senza valutare il tuo invito? -
Nick era sotto
shock.
Decise di
risponderle sinceramente, mostrando tutto il suo stupore
- Veramente sì..
Insomma, mai e poi mai mi sarei aspettato che tu acconsentissi
a parlare con me della tua vita. Mi hai preso assolutamente
alla sprovvista. -
Come finì di dire
quelle parole, si accorse della scemata che aveva appena detto.
Così aveva fatto
capire ad Anna che le aveva fatto quella proposta partendo dal
presupposto che lei non avrebbe acconsentito.
Si diede
dell'imbecille e cercò di rimediare al danno appena commesso.
- Veramente io.. no,
cioè.. - balbettò, senza sapere esattamente cosa dire.
Notò che la ragazza
aveva abbassato lo sguardo e, mortificato, lasciò cadere le braccia
lungo i fianchi, smettendo di dire cose senza senso.
Dopo qualche minuto
erano ancora nella stessa posizione, così il ragazzo si congedò e
uscì dalla sua camera senza dire una parola.
Per due giorni si
erano a malapena rivolti la parola, finché all'alba del terzo, Joe
decise di chiuderli tutti e due nella camera del fratello per farli
riappacificare.
In due ore si erano
chiariti e Anna aveva minacciato Joe di dare fuoco alla sua piastra
se non li avesse fatti immediatamente uscire di lì.
Ora aveva il suo
telefono in mano e stava chiamando Annalisa.
“Nls!”
< Anna! Come
vanno le cose lì? È da un po' che non ci sentiamo. >
“Non fare la
vittima, ti ho chiamata l'altro ieri quando ho fatto pace con Nick.”
< ...>
“Annalisa, ci
sei?”
< Sì, sì, è
solo che è strano sentire la tua migliore amica che ti dice di aver
appena fatto pace con Nick Jonas >
“E perché, di
grazia?”
< Perché ciò
significa che ci devi anche aver litigato. >
“Ma va?”
< Non sfottere!
Ho solo detto che non è una cosa che si sente tutti i giorni..>
“Capirai, sono qui
da un mese, ormai! Credevo che ci avessi fatto l'abitudine”
< Io sì, ho solo
detto che è strano. >
“Oh beh, aspetta
di sentire quello che ho da dirti..”
< Che cosa mi
devi dire? >
“Beh, tu sai che a
me piace il nuoto, no?”
< Sì.. >
“Eh, oggi Alex ed
io eravamo in palestra che sfottevamo un po' la pallavolo in beata
presenza di Natasha”
< E quindi? >
“Fammi finire..
allora, quando eravamo appena uscite dallo spogliatoio per entrare in
palestra ho detto – Preferisco il nuoto, è decisamente meglio –
e il mio profe di ginnastica è spuntato dal nulla con un'espressione
che non prometteva nulla di buono.”
< Immagino che ti
abbia chiesto di andare in piscina, oh? >
“Effettivamente mi
ha detto che la scuola offriva una volta a settimana la possibilità
di usufruire del servizio piscina; e lì o capito di non avere
scampo. Ci sarei dovuta andare.”
< Ehehe, i profe
di ginnastica, cattivi, ma mai quanto quelli di tedesco! >
“Ma non credere
che sia finita qui. No, perché Alex si è offerta di accompagnarmi e
insieme ci siamo rallegrate del fatto che almeno non avremo Natasha
in mezzo alle scatole.”
< Ma? >
“Ma quando stavamo
tornando a casa, il signorino Jonas si improvvisa Indiana Jones e mi
dice che a nuoto ci viene anche lui.”
< … >
< Non rido
credendo che sia una battuta perché tu non sei il tipo da dire
cazzate così grosse, quindi credo che sia vero che Nick vuole venire
in piscina. >
“Esattamente”
< Ma come farete?
>
“Questa è una
bellissima domanda. Credo che lo costringerò a pregare Dio, affinché
nessuna si metta a sbraitare che c'è Nick Jonas in costume da
bagno.”
< Ma lo hai
almeno insultato come sai fare tu quando te l'ha detto? >
“Veramente no. Ma
solo perché questo è il loro anno sabbatico e stanno provando a
comportarsi e vivere come delle persone normali. In compenso glielo
ho detto, che mi sarebbe venuto da urlargli contro che è un idiota,
e gli ho anche fatto presente che ci dovrà un immenso favore quando
lo trascineremo fuori dalla piscina di straforo.”
< Non finiranno
mai di stupirmi.. >
“Neanche a me”
< Stai ascoltando
Michael? >
“..Annie are you
Ok? so Annie are you Ok? Are you Ok, Annie?..”
< Annie are you
Ok? Will you tell us that you're Ok?.. >
Parlarono solo per
un'altra mezz'oretta, poiché in Italia erano circa le 23.30
Chiusa la
comunicazione, Anna rimase ancora un po' stesa sul letto a
riflettere.
Ascoltò la canzone
che l'iPod stava mandando, Dangerous, e si rese conto che
effettivamente i Jonas di lei sapevano solo le cose essenziali, dati
anagrafici e poco altro.
Si tirò su a sedere
a gambe incrociate fissando il soffitto, pensierosa.
Rimase in quella
posizione per qualche secondo e poi si alzò con un movimento rapido
e fluido.
Nick era in camera
sua alle prese con i compiti di inglese.
“Scrivere una
novella che parli d'amore”
Quando
la professoressa Miller l'aveva assegnata, gli era quasi venuto da
ridere: lui non faceva altro che scrivere cose romantiche per i suoi
testi, non sarebbe stato difficile scriverne lungo.
Come
si dice “Le ultime parole famose”.
Aveva
mangiato in fretta apposta per poter fare in fretta quel tema e poi
dedicarsi alla sua chitarra, ma aveva in breve scoperto che quelle
parole non si decidevano ad uscire dalla sua penna.
Era
in crisi da almeno tre quarti d'ora, perché non sapeva cosa
scrivere.
Tutto
gli sembrava banale, scontato e già usato.
Proprio
quando stava per mandare a quel paese tutto quanto, un tocco leggero
sulla porta glielo impedì.
Voltandosi
di scatto, si alzò precipitosamente dalla sedia e si avvicinò al
rumore, invitando chiunque ci fosse dall'altra parte ad entrare.
La
testa cinerea di Anna fece capolino, seguita a ruota dal resto del
viso.
Il
ragazzo si sorprese, ma non lo diede a vedere, invitandola ad entrare
ed accomodarsi da qualche parte.
Lei
non perse tempo e si accomodò sul letto facendo un cenno con il capo
al posto accanto al suo, per chiedergli di sedersi a sua volta.
Come
un automa, Nick mosse i passi che lo separavano dal materasso e
lentamente ci salì sopra.
Anna
guardava davanti a sé, con l'espressione seria di sempre.
-
Credo che sia arrivato il momento di raccontarti un po' di cose. -
annunciò, muovendo solo la bocca.
Nick
si voltò, fissandola con gli occhi grandi di stupore.
-
Diciamo che da quando mi hai offerto la tua disponibilità, mi sono
spesso ritrovata a pensare al fatto che né tu né la tua famiglia
sappiate molto di me. -
Il
riccio annuì, ma non disse nulla, aspettando che continuasse.
Anna
prese un respiro e cominciò a raccontare.
-
Bene, sulla mia identità immagino che non ci siano perplessità;
Anna Dal Fuoco, 18 anni da compiere il 16 aprile, provenienza:
Italia, scuola: liceo Classico Tradizionale. -
Detto
questo rovesciò la testa all'indietro scoprendo la pelle chiara del
collo.
-
Non mi piace ballare – Nick la guardò stranito: cioè, le piaceva
Michael Jackson e non ballare? - Io amo ballare. Potrei fare solo
quello dalla mattina alla sera. -
Ok,
ora aveva un senso.
-
La musica.. non so come dirlo, ma credo che tu mi possa capire. Come
tu ti senti mentre scrivi e componi la tua musica, così sono io
mentre ballo. - commentò, gesticolando appena con le mani.
-
Infatti mi pareva strano che non ti piacesse, in quanto grande fan di
Michael Jackson. - ridacchiò Nick, piegandosi in avanti.
Kevin
stava andando in camera sua, quando passò davanti a quella del
fratello minore e sentì la voce di Anna dall'interno.
Notando
che la porta era socchiusa, diede un'innocente sbirciatina per
controllare la situazione.
Entrambi
erano seduti sul letto, ma non facevano nulla di male,
chiacchieravano e basta.
Quasi
gli scappò un'esclamazione di sorpresa quando vide che si tenevano
la mano, ma capì che la ragazza gli stava mostrando qualcosa, e non
se ne preoccupò.
Sorrise
alla vista di quella scena così spensierata e piacevole, contento
che Anna avesse finalmente deciso di aprirsi con qualcuno.
Decise
di non invadere ulteriormente la loro privacy, quindi si allontanò
silenziosamente.
-
Mi dispiace, ma te lo devo proprio dire: tu sei un gran pezzo di
deficiente. -
A
distanza di una settimana, i due diciassettenni erano nella macchina
di Nick, diretti verso la piscina.
Anna
non ce l'aveva fatta a trattenersi e ora si sentiva decisamente più
libera.
Nick,
che ormai era abituato e sapeva a cosa lei si stesse riferendo, le
lanciò solo un'occhiata furtiva, limitandosi ad alzare un
sopracciglio.
-
Ma lascia che ti spieghi una cosa: nella mia lingua, ha assunto
un'accezione negativa, che in latino non c'è. Infatti, deficiere
significa mancare, essere privo di qualcosa, nel tuo caso di quella
parte di cervello che regola il calcolo delle probabilità di essere
assaliti da non so quante ragazze in preda ad una crisi ormonale in
piena regola. - spiegò la cinerea, ravvivandosi i capelli con la
mano sinistra.
-
Sempre molto diretta ed esaustiva, eh? - la rimbeccò il ricciolo,
sorridendo.
-
Non ti dimenticare con chi stai parlando, Jonas. - rispose a tono,
lisciandosi le pieghe della maglietta viola.
(Anna:
http://www.polyvore.com/andando_in_piscina/set?id=16822741)
Da
quando si erano fatti quella chiacchierata, il loro rapporto era
decisamente migliorato; si prendevano in giro come due grandi amici,
ma alla fine la spuntava sempre Anna.
-
Non sia mai, Vostra Eccellenza. - ribatté con evidente tono
sarcastico, il ragazzo.
-
Ricordati che la regina del sarcasmo sono ancora io. - lo ammonì
lei, alzando il mento con fare regale.
Nicholas
ridacchiò e imboccò la strada che portava a casa di Alex, poiché
le avrebbero dato un passaggio.
La
mora si stava sistemando i Ray-Ban viola sul naso quando li vide
arrivare.
(Alex:
http://www.polyvore.com/alex_in_piscina/set?id=16947390)
Si
alzò dalle scale della sua veranda e andò in contro alla macchina.
Fece
un cenno con la mano ai due che la guardavano e aprì la portiera.
-
Hi guys! -
-
Ciao Alex. - la salutò cordialmente Nicholas, sorridendo.
-
Ciao melanzana. - la schernì Anna.
La
mora rimase perplessa a causa di quel soprannome improvviso, ma non
si perse d'animo e rispose a tono
-
Ciao zucchina. -
Tornarono
a casa che stavano ridendo come due rimaste.
Per
quella prima volta erano riusciti ad evitare l'orda, solo perché
Nicholas si era messo in testa una cuffia orrenda che almeno gli
copriva completamente i capelli.
Infatti
lui non rideva, faceva il finto offeso.
***
Ridendo e scherzando si arrivò ai primi di novembre.
Erano tutti in fermento per la festa di compleanno di Kevin, che di
lì a quattro giorni avrebbe compiuto 22 anni.
Anna era decisamente in crisi circa il regalo.
“Che
cosa gli posso regalare? Insomma, cosa regalerei ad un mio amico
ventiduenne, appassionato di chitarra? Cioè, mi sembra ben un po'
scontato qualcosa che riguardi la musica, oh?”
Mentre rimuginava su queste cose, la canzone che stava ascoltando in
quel momento cambiò, passando a “Liberian Girl”, ovviamente di
Michael.
La cinerea si fermò di colpo e, fulminata da un'idea, sorrise
sadicamente, mentre si fregava le mani.
Ora sapeva cosa regalare a Kevin..
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Capitolo 18 *** Liberian Girl ***
capitolo 18
Ce l'ho fatta!!
Mi ero prefissata di
aggiornare entro oggi e siccome alle due parto per l'Elba, dovevo
finire assolutamente entro oggi.
Perché oggi?
Beh è
l'anniversario della morte di Michael Jackson.
Lo so che
probabilmente vi annoio, ma per me è molto importante ricordare
questo giorno.
Ecco perché ho
deciso di dedicare questo capitolo al Re.
Semplicemente
grazie, grazie Michael. Per tutto.
Passiamo ai
ringraziamenti di voi ragazze:
LadyBird27:
“Aggiorna presto” ehm... sì, beh.. insomma.. Oh cara, ora vedrai
cosa quella mente malefica di Anna ha in mente per Kevin...
Muahahahah Grazie mille per il tuo sostegno!
jonas_princess:
Visto? È il 25 e io ho aggiornato. Mi rifiuto di parlare oltre,
perché ti ho già raccontato tutto, quindi leggi e commenta!
Maggie_Lullaby:
eh, Nick a petto nudo mi sa che prima o poi lo descrivo, non ti
preoccupare, ho deciso di farvi sbavacchiare un po'.. grazie mille
cara!
Capitolo 18:
Liberian Girl.
- Alex, maledizione,
muoviti, che sennò arriviamo in ritardo! - sbraitò una frizzante
Anna, mentre si sistemava le scarpe appoggiata ad un muro per evitare
di cadere per terra.
- Non è mica colpa
mia se queste dannatissime forcine non stanno su, cavolo! - le
rispose a tono la mora dal bagno.
Se avesse avuto
tempo Anna si sarebbe fermata e avrebbe alzato gli occhi al cielo, ma
in quel momento il tempo era l'unica cosa che non avevano.
- E allora usa la
lacca come se piovesse, perché se non te le metti tu quelle dannate
forcine, giuro che, a costo di venire scalza perché anche io sono
alle prese con questi stramaledettissimi cosi, – rantolò, mettendo
una mano all'ultimo secondo sulla porta per fermare la caduta – te
le pianto nel cranio. E non sarà piacevole. - aggiunse, saltellando
su un piede solo.
- Ahhhhh!! -
L'urlo di Alex lo
avevano sentito anche in Polonia.
- Che cosa diavolo
c'è ancora?! - ruggì la bionda, raggiungendo l'amica in bagno,
brandendo una mazza da baseball che aveva trovato in camera.
Vide Alex girarsi
con due occhi quasi spiritati e credette di doverla portare da un
esorcista.
- Nicholas e Joseph
saranno qui fra dieci minuti. - sentenziò, lapidaria.
Anna assimilò la
notizia e lentamente si voltò verso l'orologio che stava sul mobile.
- E allora cosa
diavolo stiamo qua ferme a far niente! - urlò la cinerea,
svegliandosi da quel momentaneo stato di trance.
Come se fossero
state morse da un serpente, le due ragazze saltarono sull'attenti,
triplicando la velocità dei movimenti.
- Alex, hai bisogno
che ti trucchi? - chiese la bionda mentre si metteva gli orecchini,
per risparmiare tempo.
La mora diede una
fulminea occhiata all'orologio e poi rispose affermativamente,
facendo segno ad Anna di seguirla in bagno.
In due minuti Alex
era pronta.
Anna la guardò
ridacchiando soddisfatta e passò alla propria immagine.
- Di' la verità –
cominciò la mora, appoggiandosi con una spalla allo stipite della
porta del bagno – per il compleanno di Kevin hai messo un vestito e
quindi sei vestita straordinariamente elegante,
solo per fare una specie di torto a Nicholas? - buttò lì con fare
disinteressato, guardandosi le unghie.
Anna
non smise di fare quello che stava facendo, continuando come se
quello che Alex aveva appena detto non la riguardasse minimamente.
-
Mmm per quello che avevo in mente per Nicholas dovevo per forza
essere vestita a quella maniera, quindi non vedo come il fatto che io
indossi uno scomodissimo vestito per il compleanno di Kevin possa in
qualche modo essere interpretato come un piccolo torto nei confronti
del III° Jonas. - asserì tranquilla.
Alex
sospettava che sotto sotto Nicholas avesse un posto speciale nella
vita della diciassettenne, ma non era ancora riuscita ad averne la
conferma: Anna era impenetrabile per certe cose.
Quindi
decise di abbandonare il discorso.
“Saggia
decisione”
commentò la cinerea mentalmente, accennando un sorriso, guardando di
sottecchi l'amica dallo specchio.
Il campanello suonò in perfetto orario e le due amiche si
avvicinarono alla porta, aprendola e trovandosi davanti i due Jonas
di mezzo.
(http://www.mtv.com/content/ontv/vma/2008/photo/flipbooks/08-red-carpet/jonas-brothers-16000731_wire.jpg
ignorate Kevin, lui viene dopo..)
La reazione dei due ragazzi fu.. beh, rimasero di sasso, nel vero
senso della parola.
Alex sfoggiava un vestito lungo fino a metà coscia, azzurro, che
avvolgeva perfettamente il suo fisico asciutto, le scarpe erano assai
azzardate, ma ai suoi piedi sembravano perfette (due trampoli
argentati). Per finire un bracciale intonato e una collana dai tratti
sfuggenti. E le forcine.
(http://www.polyvore.com/alex/set?id=19016519)
Ma quello che colpì maggiormente i due fratelli era Anna.
Non
tanto perché il vestito fosse relativamente carino, quanto per il
fatto che fosse
un vestito.
Rosso chiaro, senza spalline e lungo poco sopra le ginocchia. Che le
scarpe non fossero da ginnastica o infradito fu il secondo colpo allo
stomaco. Avevano addirittura un po' di tacco.
(http://www.polyvore.com/anna/set?id=19018368)
In
pratica sia Nick che Joe rimasero imbroccolati
a fissare le due ragazze davanti a loro per qualche minuto.
- Se non ci levate gli occhi di dosso, vi prometto che torno su e mi
metto un paio di jeans e una maglietta e vengo così. - la voce acida
della loro coinquilina li risvegliò come una secchiata di acqua
gelida.
“Era
troppo bello per essere vero. Ma dopotutto non si può pretendere
qualsiasi cosa dalla vita, no? È già tanto che indossi un vestito,
ovviamente il caratteraccio lo doveva mantenere. Eh vabbeh” pensò
Joe, alzando le spalle e sorridendo rassegnato.
La reazione di Nicholas alle acide parole di Anna fu abbastanza
diversa: era decisamente esaltato.
La vedeva più bella di quanto già non la considerasse e non si
preoccupò delle farfalle che ormai erano amiche del suo stomaco.
Però gli venne in mente un particolare: ormai era risaputo che Anna
non si vestiva elegante perché reputava vestiti, gonne e compagnia
bella inutili e scomodi, e, benché non ne avesse mai capito il
motivo – e qui gli venne in mente un episodio accaduto due
settimane prima – rispettava la sua idea.
Anna e i tre fratelli erano andati a fare un giro per uno dei più
grandi centri commerciali di L.A.
Inizialmente la ragazza era scettica, perché dove c'erano i Jonas
c'erano anche paparazzi e quindi guai e stress.
“Che seccatura” aveva pensato la ragazza, socchiudendo le
palpebre dietro gli occhiali da vista.
Ma naturalmente le cose non potevano andare diversamente, era pur
sempre in compagnia dei Jonas Brothers.
Dopo una lunghissima discussione – alla quale aveva preso parte
anche Annalisa – avevano deciso di rilasciare in un'intervista
ufficiale tutte le informazioni che la diciassettenne era disposta a
condivider con il resto del mondo.
Quindi ora tutte le fan dei JB sapevano che a casa Jonas girava
una ragazza poco più grande di Nicholas, che diceva di non essere
interessata minimamente a nessuno dei tre coinquilini.
Inutile dire che ogni santa volta che uscivano in città per
qualunque cosa, Anna era la vittima di occhiatacce piene di odio,
invidia e gelosia da parte delle fan.
Usciti dalla macchina, stavano andando a fare l'ennesima seduta di
shopping per la ragazza, dato che si stancava in fretta di
gironzolare a vuoto.
Dopo un'ora e mezza, quando Anna aveva già esaurito parte del suo
repertorio di battute acide e commenti sarcastici – sempre con meno
cattiveria da quando chiacchierava con Nicholas – e stava cercando
di insegnare a Joe qualche parola di italiano.
- Sco..apu – balbettò il ventenne concentratissimo su quello
che voleva dire.
- Beh quattro lettere su sei anche se in ordine sparso non è
male.. - rispose lei, trattenendo una risata.
- Però si dice “scarpe” s-c-a-r-p-e. - sillabò, per far sì
che capisse la pronuncia.
Dopo svariati tentativi, finalmente Anna si ritenne soddisfatta
dei risultati ottenuti da Joe e gli concesse un sorriso.
- Sai, ho notato che da quando hai parlato con Nick, sorridi più
spesso! - le fece notare il mezzano, sorridendo a sua volta.
- Che cosa vuoi insinuare con questo? - estinse il suo entusiasmo,
girando appena la testa di lato e guardandolo preoccupata.
Joe aveva immaginato che le sue parole avrebbero potuto essere
fraintese, quindi si affrettò a spiegare.
- Niente, dico solo che da quando ti sei aperta – e credo che tu
abbia scelto Nick perché è un tuo coetaneo – ti senti più
libera. - continuò, scrollando le spalle.
Anna lo guardò fisso negli occhi e poi addolcì lo sguardo.
- sì, me ne sono accorta anch'io. -
Stavano passando per Rodeo Drive, quando l'attenzione della
ragazza fu catturato da una vetrina di un negozio Cavalli.
La cosa che fece rizzare le antenne ai tre fratelli fu il fatto
che esposti in bella mostra c'erano solo vestiti lunghi, corti ma
tutti eleganti.
Conoscendo la naturale avversione della ragazza verso tutto ciò
che recava l'etichetta “costoso” e “elegante” - che per
estensione significava scomodo – si guardarono straniti.
Senza dire una parola le si avvicinarono e contemplarono la
bellezza di quegli abiti.
- Perché non te ne prendi uno? Secondo me staresti bene con uno
di questi! - le domandò il maggiore dopo qualche minuto di silenzio.
Anna non rispose subito.
- Perché io generalmente non sto bene con i vestiti. E se non mi
vedo io bella, non mi sento a mio agio e quindi rischio di essere
nervosa tutto il tempo che ce l'ho addosso. - rispose, voltandosi a
metà della frase verso Kevin.
- E chi te lo dice che con tutti i vestiti devi stare male per
forza? Io credo che quando troverai quello che ti piace ti starà
bene. - s'intromise Joe, dando man forte al fratello.
Nick preferì rimanere in silenzio, in quanto non sapeva
esattamente cosa la sua bocca avrebbe detto.
Anna spostò lo sguardo da Kevin a Joe e poi parlò
- Non ho il fisico per portare i vestiti. Non sono alta né ho
delle gambe lunghe e affusolate e la mia figura non è slanciata. -
ammise, con una punta appena percettibile amarezza.
- Pff, capirai, c'è un mucchio di gente che va in giro con
vestiti che starebbero bene solo a certi modelli dal fisico perfetto,
e tante volte neanche a loro. Di che ti preoccupi? - intervenne Nick,
che fino a quel momento era stato zitto.
- Di quello che io stessa penso di me. - conclusa, avviandosi
verso la macchina con gli occhi bassi.
- Beh, se posso permettermi un commento, direi che state benissimo. -
mormorò Joe, riprendendosi dallo shock.
- E io concordo in pieno. -
aggiunse Nick, appoggiandosi allo stipite della porta.
- Ok, quando avete finito di fare
commenti possiamo andare. - li riprese Alex, spegnendo la luce e
aspettando che tutti furono usciti di casa per poi chiudere la porta.
- Oh, comunque grazie dei
complimenti. - risposero in coro le due amiche, sorpassando i ragazzi
e avvicinandosi alla macchina.
La festa procedeva bene, Kevin si
stava divertendo e anche tutti gli altri invitati.
Arrivò poi il momento dei regali,
che su insistenza della diciassettenne prendeva luogo all'inizio dei
festeggiamenti.
- Non so se voglio sapere perché –
fu l'ironico commento di Kevin, che non sapeva cosa aspettarsi da
quella ragazza.
- Beata ignoranza. - gli rispose
lei.
- Bene Kevin, visto che i nostri regali li hai già scartati, credo
che sia il momento che le nostre due pulzelle di presentino il loro.
Sia chiaro che né io né qualcun altro degli invitati sa cosa sia.
Quindi su esplicita richiesta di Anna, le lascio il microfono. -
presentò Joe, scendendo dal palco che, come per il compleanno di
Nick era stato allestito.
Con un cenno del capo, Anna prese il microfono che il mezzano le
porgeva e si piazzò al centro del palco, lanciò uno sguardo
d'intesa ad Alex, che con un unico gesto fece partire la band che
suonava dal vivo.
- Questa è la canzone che mi ha ispirato.. - disse con tono
misterioso, sorridendo complice.
Subito le note orientaleggianti, calde e passionali di una canzone
più che nota in casa Jonas si fecero spazio tra il silenzio venutosi
subito a creare tra la folla.
Liberian girl... You came and you changed my world A love
so brand new Liberian girl... You came and you changed my
world A feeling so true
A quelle parole Kevin rimase un po' perplesso. Cosa significava che
“Liberian Girl” l'aveva ispirata?
(Se volete sentire la canzone
http://www.youtube.com/watch?v=7sF7HLqS7SY)
Da quando aveva cantato, il sedici settembre, Anna si era data da
fare per imparare a modulare la voce e ora riusciva a renderla più
profonda, dolce o melodiosa a seconda della canzone che doveva
cantare.
Kevin notò come effettivamente fosse migliorata e si godette la
canzone senza riflettere troppo.
Finito il brano le andò incontro per congratularsi, ma si distrasse
un attimo e non la vide più.
“Ma dove si è andata a cacciare?” si
chiese, guardandosi intorno per scovarla.
Nulla, pareva essersi volatilizzata.
E Alex con lei.
Non ottenendo risultati si avvicinò
a Nick, che a quanto pareva le aveva perse di vista anche lui.
- Sono scomparse. - mormorò il
minore, alzando le mani.
- Già, ma perché? - domandò.
- Non cercate di capire la mente
delle donne, tutti quelli che ci hanno provato sono finiti negli
ospedali psichiatrici. - spuntò Joe, raggiungendo i due fratelli –
E comunque, credo che siano andate a prendere il regalo. - aggiunse.
Kevin si girò per andare a
cercarle, ma si bloccò a 45 gradi di rotazione.
Fu la classica scena da film: le
luci si offuscarono, la musica si affievolì; perfino le due figure
di Alex e Anna, che sorridevano soddisfatte alla vista
dell'espressione di Kevin, stavano lentamente scomparendo, per
lasciare a colori solo due occhi azzurri come il cielo e dei capelli
corvini.
Keira.
Il neo-ventiduenne si ritrovò a boccheggiare.
Si era completamente dimenticato di lei e ora che se ne ricordava, si
sentiva sia terribilmente in imbarazzo sia in colpa per non essere
più andato a trovarla.
Ma questi pensieri vennero completamente annullati quando realizzò
come la ragazza fosse vestita, truccata e pettinata.
L'abito era blu scuro senza particolari ricami, con le spalline
sottili e lungo fino alle ginocchia.
Ai piedi aveva delle semplici ballerine nere, che si intonavano
perfettamente con i suoi capelli, accuratamente tagliati e
ordinatamente tenuti fermi da un fermaglio argentato e brillante. Del
medesimo colore erano anche i guanti, eleganti e lunghi quasi fino al
gomito. Benché li indossasse, aveva sul dito medio sinistro un
anello di oro bianco con incastonata una bellissima pietra blu.
Simili erano la collana e gli orecchini.
(http://www.polyvore.com/keira/set?id=19016248)
Se Kevin non fosse entrato in trance, avrebbe notato il colorito
troppo rosato che le gote della ragazza avevano assunto.
Erano tutti e due imbarazzatissimi.
- Io vi lascerei anche da soli, ma ho come la sensazione che se lo
facessi rimarreste a fissarvi, arrossendo come due che si sono presi
un'insolazione e soprattutto senza spiaccicare una parola. Quindi ora
vi date la manina e vi salutate, ok? - sbucò Alex, facendo le veci
di Anna, che sorrideva.
- Ehh...aa..mmm... - mugugnò Kevin, infossando lo sterno nelle
spalle.
Keira emise dei versi molto simili a quelli del ragazzo.
- Mi sa che quella di Kevin era una domanda; più precisamente: Come
avete fatto a farla venire qui? - il ventiduenne diede segno di sì.
- Bene, - annunciò la cinerea, sfregandosi le mani – Sarà il caso
che ve lo raccontiamo da capo, eh Alex? -
- Concordo perfettamente. - rispose quella.
E così le ragazze raccontarono della loro avventura.
A partire dall'ispirazione di “Liberian Girl”, al
coinvolgimento di Alex, alla sorpresa della ventenne per essersi
trovata quella ragazza italiana con cui si era scontrata quasi un
mese prima sulla soglia di casa, al suo invito e tutto l'imbarazzo
che esso aveva portato, alle due giornate di shopping intensivo,
durante i quali non solo Keira aveva fatto spese, ma anche le due
diciassettenni erano state “costrette” da Denise a comprare
qualcosa.
In quei due giorni avevano imparato a conoscersi ed erano diventate
molto amiche.
E poi avevano scoperto di avere una passione in comune..
..un certo ballerino, nonché cantante e un mucchio di altre cose..
pare fosse il migliore nel suo campo, chiamato anche Re.. non c'è
bisogno che specifichi di chi sto parlando, vero?
- Cosa?! No, spero di aver capito male. - sbraitò Anna, saltando giù
dal suo letto e avvicinandosi pericolosamente alla faccia di
Nicholas.
- No, hai capito benissimo, solo che ti scoccia doverti mettere un
altro vestito, diverso da quello del compleanno di Kev. - rispose lui
dissimulando il nervosismo.
- Appunto! Ma ti pare che debba tornare in giro per negozi per
l'ennesima festa? - rincarò lei, sbarrando gli occhi e gesticolando
istericamente.
- Eddai, che ti costa?! - cercò di convincerla il diciassettenne
allungando la mano verso il suo braccio.
- Ma guarda te 'sti Americani.. devono fare un ballo della scuola
per qualunque cosa! Ok che è quello di Natale, ma io cosa ci vado a
fare? - biascicò in italiano, misurando la stanza a grandi
passi.
- Cos'è, mi hai insultato? - chiese il moro, incrociando le braccia
al petto.
- No, ma tanto non ci vengo. -
- Daaaai -
- Ho detto di no! -
- Per favoreee -
- Cosa della parola NO non ti è chiaro? -
- Perchéééé? -
- Perché io sono italiana e da noi queste cose non si fanno. -
- Ma qui siamo in America, non in Italia. Daiiiii -
- Ma che ci vengo a fare? -
- Ti divertirai, vedrai. -
- Oh, certo. Con Natasha che ti ronza intorno facendo la gatta morta.
Sicuro, sarà bellissimo. -
- La terrò lontana.. un momento, sei gelosa, per caso? -
- Io? Gelosa? Guarda che queste due parole non sono fatte per stare
vicine nella stessa frase. E poi chi mi garantisce che venga Alex? -
- E se ti invitassi io al ballo? -
Con quella frase, Nicholas aveva fatto tacere la ragazza, che si era
girata a guardarlo come se avesse appena bestemmiato.
Durante il loro “botta e risposta” Nick non aveva fatto altro che
cercare di creare la situazione adatta per chiederle di andare al
ballo con lui.
Immaginava che se avesse tentennato anche solo un secondo l'atmosfera
si sarebbe spezzata e Anna lo avrebbe cacciato a calci nel
posteriore.
Una proposta amichevole era da escludere in quanto quella ragazza era
imprevedibile e poi sapeva che si sarebbe imbarazzato da morire.
Infatti per lui era difficile mantenere quell'atteggiamento
spiritoso, ma per Anna questo ed altro.
- Non voglio addentrarmi troppo nei meandri della tua mente per
capire quale strano pensiero ti abbia indotto a dire una tale
assurdità, ma il fatto che tu ci abbia provato ti fa onore. - disse
con il classico tono pacato – Direi che potrei quasi accettare, - e
qui Nick sospirò sollevato – ma bada che ci vengo anche perché
Natasha si è permessa di di insultare Michael. Non credere che io ti
voglia sfruttare, potrebbe anche farmi piacere la tua compagnia, ma
avere un coinquilino famoso serve anche a questo, no? - concluse,
prima di sfoggiare un sorrisino malefico e uscire dalla camera.
“Mi chiedo in che cosa sia andato ad imbarcarmi” pensò
Nick, sorridendo, andando in camera sua, chiudendosi la porta alle
spalle.
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Capitolo 19 *** Dirty Diana ***
capitolo 19
Quanto sono in ritardo?
Beh dai, neanche tanto, considerando che ho aggiornato il 25 giugno.
Mi sono fatta una splendida settimana all'isola d'Elba, poi andrò in
Corsica, ma prima di allora posterò il ventesimo capitolo.
Devo dirvi una cosa, però: questo capitolo non ci doveva essere,
perché mi è venuto in mente ieri.
È una sorta di transizione e mi interesserebbe sapere cosa ne
pensate del flash back.
È stato strano scriverlo, ma allo stesso tempo maledettamente
appagante.
Oh, ridendo e scherzando, siamo arrivati a 15 pagine (di cazzate, ma
pur sempre 15 pagine)
Beh, passiamo ai ringraziamenti:
jonas_princess: Beh, capirai che ringraziamento, ci sei solo
tu.. beh, dai che magari prima della fine delle vacanze compari XD ho
messo una canzone di Michael che ti piace, anche se immagino che non
la ascolti molto spesso.. spero che ci si riesca a vedere oggi
pomeriggio, perché ho voglia di farmi due chiacchiere. Un bacio e
aggiorna anche tu!
Capitolo
19: Dirty Diana.
- Ma certo che
Nick lo chiederà a te Natasha! Dopotutto sei la ragazza più carina
e popolare della scuola! - cinguettò Sharon, una delle due amichette
oche di Natasha, facendo un gesto ridicolo con la mano in direzione
dell’amica.
- Avete ragione,
se non me, chi Nick potrebbe invitare al ballo di Natale? –
confermò la reginetta, sorridendo soddisfatta e scostandosi una
ciocca di capelli dietro l’orecchio.
E si misero tutte
a ridere come dei topi.
No, aspetta. Non
offendiamo i topi, che sono citati in una canzone di Michael.
Mmm, come delle
iene; sì le iene mi piace.
Anna stava imitando
le cheer-leader nel loro momento di massima dimostrazione di ocheria,
come la definiva lei.
- Oddio, ricordami
di non mangiare prima di una delle tue scenette.. Ahahaha… perché
io qua rischio di rimanerci secca! – disse Alex, cercando di
riemergere dalla sedia nella quale era sprofondata per il troppo
ridere.
- Guarda che io non
aggiungo nulla agli originali. Riproduco solo fedelmente. –
commentò l’altra, ritornando al suo contegno, aggiustandosi il
colletto della camicia con fare professionale.
- Beh, un giorno
facciamo starin’&laughin’. – propose la mora,
asciugandosi una lacrima dall’occhio destro, lasciandosi sfuggire
un sorrisino malefico.
- Sai che potremo
fondare un club? Occhiate raggelanti e sorrisi perfidi. By
Alex&Anna. Che ne dici? – rispose Anna, accavallando le gambe
sotto al banco – Ma che cos'è questo starin'&laughin'?
- domandò poi, aggrottando le sopracciglia, guardando Alex.
L'altra la guardò
compiaciuta, mettendo le gambe sulla sedia di fronte a sé.
- Il nome la dice
lunga, eh? Comunque la disciplina dello starin'&laughin' consiste
nell'appostarsi vicino al tavolo delle duck-leader, ovviamente
senza farsi vedere o fingendo di passare di la per caso, e assistere
alla loro giornata tipo. Io sono tre anni che lo faccio, ma essendo
da sola non mi sono mai divertita appieno. - spiegò la mora – Ma
con te.. immagina se fossimo insieme quante risate ci faremmo! -
disse alzando un po' la voce e un braccio in segno di vittoria.
Anna la guardava con
un misto di perplessità e ammirazione negli occhi.
Infondo, ci avrebbe
solo guadagnato: risate assicurate, la presenza di Alex e il suo
simpatico sarcasmo e poter ricattare Natasha in caso di necessità.
Rifletté qualche
secondo e poi sorrise malignamente.
- Benvenuta, socia
fondatrice del club Occhiate raggelanti e sorrisi perfidi. -
ridacchiò Alex, battendole il
cinque.
Nello stesso
momento..
- E tu Nick? Chi hai
invitato? – chiese Natan, uno degli amici nuovi di Nicholas.
Arrossendo fino alla
punta dei ricci, Nick cercò di nascondere il rossore chinando il
capo.
- Ehm… -
Ormai mancava poco e
lui non aveva ancora rivelato ai suoi amici chi aveva invitato al
ballo.
Anzi, non aveva
proprio detto che lo aveva chiesto a qualcuno. Era sempre rimasto sul
vago andante.
- Hai intenzione di
invitare Natasha? Sai che lei ne è convinta al 200%, vero? –
continuò Jack, sporgendosi dal suo banco, sul quale stava seduto in
attesa dell’arrivo della professoressa.
- Jack ha ragione,
mi sa che se non la inviti, te ne pentirai per il resto dei tuoi
giorni. – confermò Ryan, indicando con il pollice Jack.
Nicholas sapeva
perfettamente che se non avesse invitato la bella cheer-leader, gli
avrebbe dato parecchio filo da torcere, ma non aveva intenzione di
essere strumentalizzato solo per il suo nome da una finta bionda.
Perché lo sapeva:
Natasha si voleva mettere con lui, ma non perché lo conoscesse, solo
per il fatto che lui fosse Nick Jonas dei Jonas Brothers, un motivo
in più di cui vantarsi.
E poi l’aveva già
chiesto ad Anna.
Alzò lo sguardo
verso il soffitto, appoggiando il mento sul palmo chiuso.
- Oh, se non ci
andassi con chi ci vado, credo che sarebbe impossibile dire quanto
peggio per me sarebbe… - pensò, ma non si accorse di averlo detto
a voce abbastanza alta, almeno tanto che i suoi amici lo sentissero.
Jack sobbalzò sul
banco, Natan cascò dalla sedia e Ryan si strozzò con la Red Bull
che stava bevendo.
Solo dalla reazione
dei tre, Nicholas capì di aver pensato ad alta voce.
“Maledizione!”
pensò allarmato. Aveva
intenzione di dire ai suoi amici che aveva invitato Anna, ma in una
maniera e in un luogo estremamente diversi.
La situazione era
immobile.
I ragazzi avevano
pensato all’evenienza che Nicholas avesse potuto invitare Anna al
ballo – era l’unica persona a parte Alex, che il moro avrebbe
invitato e di cui si sarebbe pentito se non avesse rispettato il suo
impegno – ma quella ragazza riusciva ad apparire simpatica e solare
in certi momenti, ma anche austera e inquietante in altri.
L’avevano vista
appena arrabbiata solo una volta e avevano giurato a loro
stessi che non sarebbero mai stati la causa di una sua arrabbiatura.
Natasha la stava
punzecchiando come al solito, cercando di ottenere una sua
particolare reazione per poi andarsi a rifugiare tra le braccia di
Nick, con la scusa che quella ragazza fosse violenta e impulsiva.
Ormai aveva quasi
esaurito tutti gli argomenti: il fisico, la provenienza, il
caratteraccio, ma tutto si fermava alle battute acide dell’italiana,
che manteneva sempre la sua compostezza, spuntandola sempre.
Ma la bionda
aveva serbato la sua carta vincente fino ad allora, apposta per
quell’occasione: il successo con i ragazzi.
Lì non c’era
battuta acida che reggesse.
Natasha aveva
sempre goduto di un successo e di un apprezzamento fra il popolo
maschile, che poche prima di lei avevano ottenuto.
E Anna non era
certo la persona che avrebbe potuto rubarle la corona.
Così, non
sapendo come ribattere, la cinerea le aveva intimato di sparire, pur
sapendo che questo avrebbe solo compiaciuto l’ego della bionda,
cosa che appunto accadde.
Continuando a
pavoneggiarsi delle proprie conquiste inorgoglita del silenzio
dell’altra, aveva fatto crescere nella cinerea una rabbia ceca,
repressa a stento dalla forza di volontà.
Ma sia Nicholas
che Alex sapevano che la pentola stava per scoppiare, solo che non
potevano intervenire, non volendo essere a loro volta travolti
dall’ira di Anna.
E poi venne la
battuta che fece traboccare il vaso.
- Capisco se
portasse l’anello della purezza, ma a diciassette anni compiuti
essere ancora vergine…Chi vuoi che se la accolli una così? –
In quel momento
tutto si fermò e i colori si sbiadirono.
Oltre alle parole
intrise di cattiveria e il tono di scherno, la voce era modulata con
acidità, per umiliarla ancora di più, in quanto l’acidità era
una prerogativa dell’italiana.
Dopo un minuto,
lentamente Anna si alzò, tenendo il capo basso e poggiò i palmi
delle mani ai lati del banco.
Quando fu
completamente alzata, rimase qualche secondo immobile, aumentando la
tensione già alle stelle.
Con la stessa
lentezza con la quale si era rizzata in piedi, sollevò anche la
testa, aprendo solo allora gli occhi verdi.
Ma quel verde non
aveva nulla a che fare con quello che era solitamente.
Ora Natasha non
sorrideva più.
Certo, era lo
stesso colore di sempre, ma era facilmente percepibile la rabbia e
l’umiliazione della ragazza.
Tutti si
sentivano come se fossero stati nella sua testa, come se fossero
stati loro stessi a subire le cattiverie della cheer-leader.
Era come se Anna
avesse lasciato che ciò che provava uscisse dal suo corpo e si
espandesse nella classe, saturando le menti e i corpi dei presenti.
Perfino la
professoressa Stuart era rimasta in religioso silenzio, congelata al
suo posto.
Nemmeno Nicholas
e Alex riuscivano più a muoversi; la pressione psicologica che Anna
stava non tanto involontariamente esercitando sulle menti dei
compagni era tale che si rifletteva sul fisico, irrigidendo e
rendendo statici gli arti.
A poco a poco
quei due sentimenti rispecchiati negli occhi si unirono, fino a
crearne uno decisamente più pericoloso: la vendetta.
Sembrava un film:
se ci fosse stato uno spettatore, si sarebbe aspettato che Anna
saltasse addosso a Natasha e la riempisse di ceffoni, fino a spedirla
all’ospedale.
Ma non accadde
nulla di tutto ciò.
Anzi, successe
l’ultima cosa che ci si aspettava: Anna cominciò a recitare un
testo.
Non mi farai
restare
Quindi
levati dai piedi
Conosco
tutti i tuoi trucchi
Allora
perché non mi lasci in pace?
Sono
stato qui tempo fa
Ma
ero troppo ceco per vedere
Che
tu seducevi tutti gli uomini
Ma
questa volta non mi sedurrai
Lei
dice “Va bene
Fa’
quello che preferisci
Io ho
la cosa che cerchi
Io
sono quello che ti serve”
Lei
mi ha guardato profondamente negli occhi
Mi ha
toccato così per cominciare
Lei
dice “Non si torna indietro”
Mi ha
intrappolato nel suo cuore
Le
piacciono i ragazzi della band
Sa
quando tornano in città
Ogni
fan dei musicisti
Quando
cala il sipario
Lei
aspetta alla porta del backstage
Quelli
che hanno prestigio
Chi
promette ricchezza e fama
Una
vita senza problemi
Lei
dice “Va bene
Fa’
quello che vuoi
Sarò
il tuo oggetto d’amore per questa notte
Sarò
il mostro che potrai deridere
Non
mi importa quello che dici
Io
voglio andare troppo lontano
Sarò
il tuo “tutto”
Se mi
farai diventare un star
Lei
dice “Devo andare a casa
Perché
sono stanca lo vedi
Ma
odio dormire da sola
Perché
non vieni con me?”
Io
rispondo “La mia ragazza è a casa
Probabilmente
stanotte è preoccupata
Non
l’ho chiamata per dirle che sto bene”
Lei
cammina verso di me
Dice
“Sono tua stanotte”
Allora
io corro verso il telefono
Dicendo
“Amore sto bene
Però
lascia la porta aperta
Perché
ho dimenticato le chiavi”
Lei
dice “ Lui non tornerà, perché sta qui con me.”
Quando Anna finì
di parlare, Natasha aveva abbassato lo sguardo da un po’, incapace
di sopportare quello serio della diciassettenne.
- Vedi se per
terra insieme alla tua cattiveria ritrovi anche la tua verginità,
arrampicatrice sociale. – disse lapidaria la cinerea, prima di
sedersi sulla sua sedia, sciogliendo la tela ti pressione che aveva
creato.
Ripresosi un attimo
dallo sconcerto, Natan ebbe il coraggio di parlare.
- Tu… hai…
invitato… Anna?! -
- Ehm… sì..
– mormorò Nick, alzando le spalle.
- Quella Anna?
Quella che vive con te e che sarebbe capace di incenerire un
ghiacciolo con uno dei suoi sguardi alla Jack lo Squartatore? Proprio
lei? - domandò Jack, sbarrando gli occhi.
- Quante altre Anna
conosci che io potrei invitare? - gli fece notare retoricamente Nick,
guardandolo storto.
- Ma quella ragazza
è pericolosa! - sbraitò l'altro, dimenando le mani.
- Ma tu non ci vivi
assieme da quasi quattro mesi, io sì. - ribatté il moro, sulla
difensiva.
- Direi che posso
considerarmi fortunato per questo. - infierì il castano, cercando di
smuovere l'amico dalla sua posizione.
Preso da un attacco
di rabbia Nicholas si alzò di scatto dalla sedia e si piazzò
davanti a Jack, guardandolo duramente.
- Senti, ci sono
voluti due mesi e due giorni di mutismo per la mia stupidità, ma
alla fine ha deciso di aprirsi, almeno in parte, con me. È una
ragazza assolutamente riservata, ma da come mi ha parlato ho capito
che non è poi tanto diversa da me o da te o da chiunque altro.
Considera poi che nulla di tutto ciò che la circonda è normale per
lei, dato che viene dall'Italia e da una città piuttosto piccola.
Qui simo a Los Angeles, negli Stati Uniti, in America, che è un
altro continente, ti rendi conto? È vero che ci sono tanti ragazzi
che vanno all'estero a studiare, ma non siamo tutti uguali e Anna,
come avrai capito, nasconde alla perfezione quello che prova. Ed è
proprio per questa sua introversione che quando le ho offerto la mia
disponibilità se avesse voluto parlare, ho avuto una reazione
rovinosa, perché lei aveva accettato. - disse tutto d'un fiato,
stanco che nessuno a parte lui e i suoi familiari potessero capire la
ragazza.
Espirando
rumorosamente, si lasciò cadere sulla sedia.
Guardando il
pavimento imbarazzato, Jack si scusò.
- Hai ragione Nick.
Non dovevo permettermi di giudicare Anna solo per quello che fa
vedere di sé. - si fermò e poi riprese – anzi, non la dovevo
proprio giudicare. È che come hai detto tu, non è facile indovinare
quello che le passa per la testa e quindi siamo spaesati. - concluse,
prendendosi la testa fra le mani.
Immaginando di aver
un po' esagerato, Nicholas rimediò.
- Non lo faccio per
me, è solo che anche io devo continuamente convivere con lei senza
sapere se quello che fa o che dice è fine a se stesso oppure fa
parte di un meccanismo più complesso. Però ti dico, un giorno è
venuta in camera mia, al mio consenso si è seduta sul letto e ha
cominciato a parlarmi della sua vita in Italia. Da allora si è
sempre sforzata di essere più aperta a parlare di sé, anche con gli
altri. -
- Questo l'ho
notato. - commentò Jack. Poi, ritornando alla sua solita vivacità
aggiunse – Ma allora tutti gli Italiani sono chiusi e scorbutici? -
Questo scatenò una
risata collettiva.
Ryan si grattò il
mento con aria pensierosa e poi disse
- Beh, tornando
all'argomento ballo: onore al merito per il fatto che tu abbia
invitato lei, questo non te lo toglie nessuno; e questo in un certo
senso ti garantisce una certa immunità da Natasha, ma dall’altra
ti sei ficcato nei casini. Perché tu lo sai che razza di rapporto
c’è tra quelle due. -
- Certo che lo so e
può sembrare che l’abbia invitata per fare un torto a Natasha, ma
non è così, ora lo sapete. Se ho invitato lei è perché volevo
invitare lei, punto. – subito dopo aver parlato si rese conto che
le sue parole potevano essere intese per un altro verso, quindi cercò
la frase più veloce e adatta alla situazione per chiarire le idee.
Certo, aveva chiesto
ad Anna di andare al ballo con lui perché gli piaceva, ma preferiva
che nessuno venisse a conoscenza di quel piccolo particolare.
Fortunatamente per lui, Ryan volle essere clemente e lo salvò da
quella situazione imbarazzante.
- Beh, ma almeno lei
ha accettato? -
Subito anche Jack e
Natan si voltarono verso il riccio con aria da “Ha-ragione-lui”.
Ora Nick si sentiva
decisamente in imbarazzo. Non ne capiva il motivo, ma sentiva il
sangue affluirgli alle gote, imporporando il viso.
- Diciamo che ho un
po’ dovuto prenderla per sfinimento, ma alla fine ha ceduto. –
annunciò con troppo entusiasmo.
- Eeeh, il nostro
Nicky è riuscito a scalfire il cuore di piobanto della nostra
Anna! – saltò Jack, ridendo come un matto.
- Piobanto? E
che cosa dovrebbe essere, di grazia? – chiese una voce estranea al
quartetto.
I ragazzi si
voltarono di scatto e videro Anna appoggiata allo stipite della
porta, con le braccia conserte, che li guardava rilassata.
Sperando con tutto
il cuore che non avesse sentito nulla della loro conversazione, Jack
si affrettò a spiegare.
- Ehm.. è una lega
formata dal piombo e dall’amianto. -
- Ah. – disse lei,
alzando un sopracciglio – Quindi secondo voi il mio cuore sarebbe
una lega praticamente invulnerabile, che però è stata scalfita da
Nicholas. - constatò, avvicinandosi lentamente ai quattro,
mantenendo la posizione delle braccia.
Immaginando di dover
dare spiegazioni che li avrebbero messi nei casini, Natan, Ryan e
Jack, con grande spirito di solidarietà, decisero di abbandonare
Nick al proprio destino, defilandosi con le classiche scuse di dover
andare in bagno.
Quindi si alzarono e
se ne andarono con andatura nervosa, sotto lo sguardo allibito del
Jonas.
Anna si era
immaginata una reazione simile, quindi non diede segni di essere
sorpresa.
- Sembra che io
abbia la peste. - disse, voltandosi verso Nicholas, quando i suoi
amici furono lontani – ogni volta che compaio, i tuoi amici se ne
vanno con le scuse più banali che esistono. - argomentò, sedendosi
sul banco dove fino a poco tempo prima stava Jack.
Il povero ricciolino
stava cercando qualcosa di sensato da dire per coprire la fuga
precipitosa di quei tre traditori, ma era troppo nel panico per
pensare razionalmente.
Notando l'agitazione
del ragazzo, Anna decise di lasciar perdere la loro conversazione,
concentrandosi sui particolari del ballo.
- Non voglio sapere
di cosa stavate parlando, anche se a quanto pare l'argomento
principale dei vostri discorsi ero io, preferisco anelare
nell'ignoranza. - disse, chiudendo gli occhi.
Nick sentiva di
dover tirare un sospiro di sollievo, ma fece di tutto per
trattenerlo, per evitare che Anna ricostruisse la loro conversazione.
- Nicholas, guarda
che non intendo approfondire le ricerche riguardo i vostri discorsi
da uomini, quindi tira questo benedetto sospiro, che stai diventando
viola.- gli permise infine lei, ridacchiando divertita.
Di colpo il ricciolo
esalò tutta l'aria repressa, respirando affannosamente.
- Mi hai tolto un
peso dall'anima. - confessò, una volta ripresosi.
- Beata
ignoranza. - mormorò Anna in italiano.
Nicholas non lo
sapeva, ma lei aveva ascoltato tutta la loro conversazione, solo che
voleva evitare di metterlo troppo a disagio.
***
Non credevo che
qualcuno avrebbe mai preso le mie difese davanti a i propri amici.
Eppure Nicholas
l'ha fatto, rischiando di passare per un pazzo.
Io lo avrei
fatto, ma sarebbe stata una cosa diversa, in quanto lui è un ragazzo
buono per natura, che si merita di essere difeso.
Ma io?
Io sono una
ragazza chiusa, che si mostra sempre sicura di sé, senza debolezze o
pecche, anche se non è così. Ho bisogno di fidarmi ciecamente di
una persona, prima di rivelare l'altra parte del mio carattere.
Certo, sono una persona forte, ma non sempre riesco ad esserlo. E in
quei momenti ho bisogno di una spalla su cui piangere. Questo non
l'ho ancora raccontato a Nicholas.. ma credo che dopo oggi lo farò.
Se lo merita.
E io?
Mi merito la sua
comprensione?
Dam.
***
Ormai mancavano due
giorni al fatidico ballo e la scuola era in fibrillazione.
Le ragazze giravano
a gruppetti di quattro o più elementi, avide di sapere se quello
aveva già chiesto a quella di andarci con lui o se l’avesse
lasciata a bocca asciutta perché ci andava con quell’altra
all'ultimo momento; gli altri argomenti delle conversazioni femminili
erano i vestiti. Chi ce l’aveva lungo, chi corto, chi firmato, chi
sobrio, chi appariscente…
- Mio Dio! A me lo
ha chiesto Chris, del mio corso di biologia! Credo che mi trovi
carina.. sarà merito dei miei bellissimi capelli biondi –
- A me lo ha chiesto
Bryan, del corso di inglese –
I ragazzi non erano
poi così distanti.
- Ah, io ho invitato
quella bionda figa del mio corso di biologia –
- Io Lily del corso
di inglese –
E cose del genere.
Ah, mi sono
dimenticata di dirvi che il testo che Anna recita è la traduzione di
Dirty Diana, di Michael – Ma dai? Non lo avrei mai detto Nd
Michael..
Secondo me prima
o poi ti tireranno dietro il pc.
Perché
dovrebbero farlo?
Perché stai
stressando loro l'anima con me e le mie canzoni.
-.-'
Te non sei mica normale, sai?
Come mai?
Hai
anche il coraggio di chiedermelo?
Evidentemente sì.
Cioè,
tu dovresti essere solo contento di comparire così spesso in una mia
fic, e ancora stai dalla parte delle lettrici?
Io son una
persona buona e altruista, non come te, sadica e approfittartice. E
poi il cliente ha sempre ragione.
Se,
e te che vendi, panetti?
Come fai a
vantarti del tuo cervello, quando non lo usi.. era un esempio.
…
Mi sembri un po'
confusa..
Naaah,
non ti preoccupare, è normale.
E
tu che diavolo ci fai qui, Joseph?
Dici
che è normale? A me non sembra.. oddio, ogni tanto la sento parlare
da sola, ma per lei è normale, oh?
Ehi,
io non parlo da sola!
Guarda,
lei non lo vuole ammettere, ma io ho le prove!
Ma
quali prove e prove! Io non parlo da sola e basta!
Prove?
Davvero? E quali sono?
Ma
tu gli credi anche?! Ti rendi conto che stai parlando con Joe Jonas?
È un babbuino graziato che parla solo perché ha la bocca!
Beh,
non so se lo sai, ma qualche mese fa lei ha scritto una shot..
Ti
riferisci a quella
shot?
Mmm,
ne ha scritte tre o quattro, ma non le ho lette.
Perché
non hai mai voglia.
In
pratica, leggeva in greco, ad alta voce.
Quello
ogni tanto lo fa.. e ogni volta mi chiedo con chi stia parlando. Poi
capisco che
legge
in greco.
Certo,
perché è normale parlare una lingua morta da millenni
correntemente. Ovvio. E poi sono io quella che non usa il cervello.
Eh,
ma nella shot lei leggeva e poi parlava da sola. O meglio si
lamentava perché non sapeva come tradurre.
Ero
in crisi. Tu parli da solo continuamente, scusami eh. E poi io non
stavo parlando da sola.
Avevo
dei sospetti che non appartenesse alla razza umana.
Taci,
Jackson! Proprio tu fai discriminazioni?! E il “Don't you
black/wrong or white/right me” che fine ha fatto?!
Ma
non credere che sia finita qui!
C'è
dell'altro?!
Eccome!
Ma
la volete piantare di parlare come se io non ci fossi?!
Mi
ha anche detto che non stava parlando da sola.
Ha
avuto il coraggio di smentire?
Alla
faccia! Mi ha detto, testuali parole “Taci Jonas. Io non parlo da
sola, dialogo indirettamente con la mia versione, non parlo da sola.”
Hai
toccato veramente il fondo. Mi hai deluso.
Tsé,
capirai. Che è, ora non mi parli più perché secondo te ho detto
una bugia?
…
Oh,
andiamo Mike!
…
Ahahahah
Jooonas?
Non è che tu sei venuto solo per seminare zizzania, vero?
Io?
Ma non lo farei mai!
Vedi
cosa ti faccio fare nel prossimo capitolo, oh sì..
Non
lo farai...
Oh
sì.
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Capitolo 20 *** Blood On The Dance Floor ***
capitolo 20
Credo di essere anche in anticipo.
O beh, non c'è male.
Allora, questo capitolo mi è costato lacrime sudore e sangue, ma è
il mio preferito.
Mi è piaciuto scrivere “Dirty Diana”, ma questo è ad un livello
decisamente superiore.
Ahh, sono esaltata!!
Ok, cercherò di contenere l'entusiasmo:
jonas_princess:
oh cara, vedi la piega di
questo capitolo... mi dispiace che non ci sia ancora tu, ma sarebbe
diventato troppo lungo. Tu non ti sei mai voluta sentire questa
canzone, ma credimi se ti dico che se ti guardi prima il video e poi
leggi il cap svieni. Anzi, ti consiglio di fare così, rende meglio
il contrasto Nicholas/tuttociòcheluirinnega. Fa 'stesso anche se non
hai aggiornato, almeno potrai leggere questo quando tornerai. Un
bacio e goditi le vacanze!
Cussolettapink:
Grazie mille! Fa sempre piacere
avere lettrici che commentano. Effettivamente hai ragione riguardo i
discorsi di Anna, ma è un tipo talmente orgoglioso, che dice solo
quello di cui si sente sicura. Non si sognerebbe mai e poi mai di
mettersi a parlare di cose che richiederebbero termini che lei non
conosce. Grazie ancora!
Capitolo 20:
Blood On The Dance Floor
Era un tranquillo
pomeriggio di metà dicembre e Anna stava cambiando canzone dal suo
iPod, dato che aveva voglia di ballare un po'.
Così da “Hard For
Me To Say I'm Sorry”, dei Chicago, partì “Ghosts”, ovviamente
di Michael.
Muovendo la testa a
ritmo, uscì dalla sua camera per andare in bagno a prendere un
elastico per legare i capelli.
Quando rientrò, si
trovò davanti Denise e Paul Sr.
Sollevando un
sopracciglio, piegò la testa di lato, chiedendo silenziosamente il
motivo della loro inaspettata “visita”.
- Anna, volevamo
proporti una cosa. - iniziò la donna, voltandosi verso di lei.
- Ditemi pure. -
- Ecco, noi avevamo
intenzione di passare il Natale in New Jersey, come tutti gli anni,
dai nostri familiari.. - continuò Paul, che venne però interrotto
dalla moglie.
- E ti volevamo
invitare a passare queste vacanze con noi! - concluse la donna,
sorridendo amichevolmente.
La ragazza rimase un
attimo spiazzata da quella proposta.
Insomma, passi il
fatto che era la loro coinquilina – e aveva il sospetto che per i
signori Jonas fosse quasi una di famiglia – ma addirittura essere
invitata a trascorrere il Natale in compagnia della famiglia Jonas
allargata le sembrava un'azione un po' affrettata.
Ad interrompere i
suoi ragionamenti fu Paul Sr. che le fece gentilmente presente che se
non avesse voluto accettare l'offerta, l'avrebbero accompagnata a
casa, in Italia e poi sarebbero venuti a riprenderla.
Però l'idea di
passare una Natale con i ragazzi non era poi così folle..
E poi non voleva che
si disturbassero nell'accompagnarla e riportarla in America.
Quindi decise di
accettare, ringraziandoli per la loro gentilezza.
Sorridendo
misteriosamente, entrambi ringraziarono lei, anche se la diretta
interessata non ne comprese il motivo.
***
- Ricordatemi ancora
una volta perché ho deciso di assumervi come stiliste personali. -
sbuffò una seccata Anna, alzando gli occhi al cielo.
- Che memoria da
elefante che ti ritrovi! - la riprese Keira ridacchiando, piegandole
la testa in avanti, per poter chiudere con un fiocco dietro la nuca
il vestito.
- È che non ho
ancora capito come diavolo abbiate fatto a convincermi e la cosa è
preoccupante. - rispose la cinerea, puntando gli occhi sulla sua
scollatura.
- Capirai, ogni
volta che c'è una festa sei tu a vestire me, lasciami provare il
gusto di essere dall'altra parte, per una volta. - la rimbeccò Alex,
appoggiandosi allo stipite della porta della camera della cinerea con
la spalla.
- Ti ricordo che ti
ho vestita io due volte, non duecento. E poi, non so se
tu e la tua collaboratrice – borbottò, rialzando il capo e facendo
un cenno verso Keira – lo abbiate notato, ma questo vestito è
troppo scollato. - si lamentò, guardandosi allo specchio.
Alex alzò le mani e
cercò di mantenere la calma, mentre le si avvicinava e si fermava a
pochi passi dalla sua immagine riflessa.
Alzando un
sopracciglio, squadrò la sua “creazione” e poi spostò lo
sguardo sulla figura dell'amica.
- Non dire cazzate,
che ti sta benissimo. - la rimbeccò, guardandola con aria da
“non-arrampicarti-sugli-specchi”.
Sorridendo
sarcastica, la bionda guardò di sottecchi prima l'una e poi l'altra
e fece un commento molto eloquente.
- Ti ricordo che io
non ho la seconda ben disegnata di seno, ho la terza venuta male. E
poi ti rinfresco la memoria, elefantessa: io al ballo ci vado con
Nicholas, un santo vivente, e se mi vede in questo stato mi sviene
sulle scarpe – che mannaggia a te mi tocca indossare 'sti cosi –
e poi chi lo riporta a casa, dato che io non ho la patente? -
commentò, sorridendo senza allegria, tornando a concentrarsi sulla
propria immagine.
Keira sapeva che
quella era una fase della crescita, ci era passata anche lei qualche
anno addietro, quindi le si avvicinò e le cinse le spalle con un
braccio.
- Credo sia inutile
dirti che non devi pensare queste cose, quindi credo che per riuscire
a farti andare a quel benedetto ballo con il sorriso, debba ragionare
come te. - disse, guardandola nello specchio.
La reazione della
cinerea era ormai scontata: l'alzata del sopracciglio sinistro e
l'aria neutra.
- Figurati
l'immagine delle tue compagne dei corsi in questo momento: cosa
staranno facendo, come si sentiranno? - continuò la mora.
Anna sollevò lo
sguardo e rifletté sulle parole di Keira.
Decise poi di
seguire il suo consiglio e si immaginò le possibili sclerate delle
sue compagne di corso.
Non passarono
neanche due minuti, che la ragazza cominciò a ridere sommessamente.
Presa dalla
curiosità, Alex accennò un sorriso e le chiese quale fosse il
motivo di tanta ilarità.
Riprendendosi un
attimo, Anna prese un respiro profondo e poi disse
- Beh, mi sono
immaginata Natasha alle prese con un vestito rosa shocking, che si è
strappato sulla schiena.. immaginati la scena.. ihihihih. -
Visionatasi
l'immagine dell'amica, anche Alex scoppiò a ridere.
TOC TOC
sentendo bussare
alla porta, Keira si avvicinò di scatto. Non voleva assolutamente
che Nicholas vedesse la sua accompagnatrice senza che lei avesse
fatto prima un'entrata con stile.
- Che c'è? -
domandò cauta, non aprendo la porta.
- Tutto bene lì
dentro? Alex, è arrivato Nate – le informò la voce di Kevin,
lasciando intendere anche che era un po' preoccupato.
Ignorando la
capriola che il suo cuore aveva fatto nel sentire la sua voce, si
affrettò a rispondere
- Noi qui abbiamo
finito, dite ai due di aspettare un attimo, che li raggiungono
subito. - disse, cercando di far apparire la voce normale.
- Ok. -
Quando capì che se
ne era andato, si accasciò alla porta, esalando l'aria che aveva
trattenuto.
- Io avrò anche
problemi con il mio fisico, ma tu.. non puoi andare in
iperventilazione anche se ci parli attraverso una porta, cara la mia
ragazza. - le fece notare Anna, ridacchiando.
- Io non vado in
iperventilazione. - rispose con troppa foga la mora, sentendosi punta
sul vivo, arrossendo.
Sia Alex che Anna la
guardarono come l'aria di chi la sa lunga, incrociando le braccia.
Sentendosi in
difficoltà sotto il peso dei loro sguardi, Keira sbottò
- Ok, forse un
pochino, ve lo concedo. Ma voi non dovevate andare ad un ballo? -
disse, deviando il discorso dall'argomento “Kevin”.
- Noi ce ne andiamo,
ma non credere che sia finita qua. - le rispose Alex, voltandosi
verso l'amica e facendo un cenno con la testa alla porta,
chiudendosela alle spalle, dopo averle fatto l'occhiolino.
- Dai andiamo,
Nicholas e Nate staranno aspettando. -
Annuendo, la cinerea
si avvicinò alla porta e, lanciando uno sguardo malizioso a Keira,
sparì lungo il corridoio, affiancata da Alex.
Nick e Nate erano
nell'atrio di casa Jonas ad aspettare le loro due donzelle.
- Uff, ma quanto ci
impiegano? - sbuffò il secondo, visibilmente nervoso.
Non aveva mai
considerato Alex, ma da quando frequentava Nicholas aveva scoperto
che quella ragazza era un'autentica forza della natura.
Non che fosse
attratto d lei, ma stava bene in sua compagnia e per questo aveva
deciso di invitarla al ballo.
- Beh, Kevin ha
detto che stavano arrivando.. - non riuscì a concludere la frase,
che vide le due ragazze in cima alla rampa delle scale.
Era ufficiale: ogni
volta che vedeva Anna con addosso un vestito, i suoi neuroni
andavano in vacanza, mentre i suoi ormoni festeggiavano
alla grande.
Non
poté fare a meno di notare anche Alex, ma come per il compleanno di
suo fratello, si ritrovò a fissare la cinerea a bocca aperta.
Al
contrario dell'amica, Anna era fasciata da un abito azzurro chiaro
estremamente semplice, ma anche scollato – per lui, s'intende –
che però le calzava bene.
Anche
se, per le poche volte che l'aveva vista con un vestito, secondo lui
stava sempre bene.
Con
il tacco delle sue argentatissime scarpe, arrivava all'altezza di
Alex e la superava.
Aveva
anche una sorta di cardigan bianco di ricami, molto leggero, che
avrebbe tolto una volta arrivata a scuola.
Ma
il tocco di classe glielo donavano i guanti bianchi, lunghi fino al
gomito, il cerchietto azzurro fra i capelli appena tagliati e gli
orecchini brillanti.
(http://www.polyvore.com/anna_natale/set?id=20548548)
Anna
percepì il suo sguardo su di sé e dissimulò stringendo i denti
anche il rossore che immaginava si sarebbe impossessato delle sue
gote.
Nate
ebbe più o meno la stessa reazione di Nicholas, solo che lo diede
meno a vedere.
E
poi lui era concentrato sulla sua invitata, che per l'occasione
sfoggiava un abito rosso dal corpetto leggermente rifinito e una
graziosa gonna di tulle a strati.
Per
le scarpe aveva deciso di rimanere sul sobrio, quindi un paio di
ballerine semplici nere.
Il
bracciale che portava al braccio destro era grigio a forma di rose,
per rimanere in tono con il vestito.
La
collana e gli orecchini erano decisamente eleganti, ma si
armonizzavano perfettamente con l'eleganza differente del vestito e
delle scarpe.
(http://www.polyvore.com/alex_natale/set?id=20555878)
Decidendo
che si erano fatte rimirare anche troppo, le due ragazze scesero
dalle scale, e si avvicinarono ai rispettivi accompagnatori.
Scambiandosi
sguardi imbarazzati, tutti e quattro uscirono da casa Jonas dopo aver
salutato il resto della famiglia.
Da
bravi galantuomini, Nick e Nate aprirono le portiere delle due
ragazze e le richiusero.
Avevano
deciso di venire con due macchine separate, nel caso una delle due
coppie fosse voluta ritornare a casa prima dell'altra.
Il
tragitto per Anna e Nicholas fu molto diverso da quello di Alex e
Nate; infatti, a differenza di questi ultimi, che se la ridevano per
qualsiasi cazzata venisse loro in mente, i primi due rimasero in
silenzio.
Non
era tutta colpa dell'imbarazzo, ormai chiacchieravano scioltamente di
quasi tutto, piuttosto della tensione.
Lei,
perché non era assolutamente abituata a festeggiare la vigilia di
Natale in quel modo, lui, perché non ne aveva mai avuta l'occasione.
O
meglio, ce l'aveva avuta, ma era circondato da star del suo calibro,
non da comuni liceali.
Una
volta giunti a scuola, si diressero verso la palestra, organizzata a
regola d'arte dalle cheer-leader per l'evento.
Alex
e Nate erano già dentro e la cinerea si apprestava a seguirli, ma la
mano di Nicholas si strinse gentilmente attorno al suo polso,
chiedendole silenziosamente di aspettare qualche secondo.
Corrugando
la fronte, la diciassettenne espresse la sua curiosità.
Sorridendo
per mascherare l'imbarazzo, Nick frugò all'interno della tasca
interna della sua giacca, alla ricerca di qualcosa.
Ad
Anna vennero in mente diversi spezzoni di film, nei quali lui tira
fuori una scatoletta vellutata e, inginocchiandosi al cospetto di
lei, le apre il cofanetto, rivelando un bellissimo anello, per
chiederle di sposarlo.
Scacciò
quei pensieri dalla mente, ma non fece in tempo a concentrarsi su
quello che stava facendo il ragazzo, che sentì i suoi passi dietro
si sé.
Non
si era accorta che nel frattempo Nick si era spostato alle sue
spalle, assorta com'era nei suoi pensieri.
Ebbe
l'istintiva reazione di voltare la testa, ma la mano del
diciassettenne si posò delicatamente dietro il suo orecchio,
invitandola a non voltarsi.
Non
avendo idea di quello che il riccio avesse intenzione di fare, si
limitò a rimanere ferma, assecondandolo quando le chiese di chiudere
gli occhi.
Dopo
due secondi, sentì un peso appena accennato e freddo all'altezza
della congiunzione delle clavicole.
Percepiva
chiaramente che il Jonas stava armeggiando sulla sua nuca e quando la
sua mano entrò in contatto con la pelle del suo collo, tese
involontariamente tutti i muscoli della schiena.
Il
suo cuore prese a battere ad un ritmo sostenuto senza che lei potesse
fare nulla per impedirlo.
-
Ora puoi aprire gli occhi. - la vellutata voce di Nicholas raggiunse
le sue orecchie, ma prima che le sue parole arrivassero al cervello e
venissero messe in pratica, passarono tre secondi.
Quando
capì che il riccio le aveva legato una collana, abbassò la testa in
modo da poter vedere.
Era
un cordoncino di caucciù nero semplice e semplice era il Triskell
che fungeva da pendente.
Non
era niente di particolarmente prezioso, ma Nick si era torturato per
tre giorni alla ricerca di una
collana
che potesse piacere ad Anna.
(http://empimg.com/pics/300_168026a.jpg)
La
ragazza rimase molto sorpresa da quel gesto.
Prese
in mano il piccolo pendente per poterlo vedere meglio e subito se ne
innamorò.
In
un certo senso rispecchiava il suo carattere, essenziale ma completo
allo stesso tempo.
Sorrise
al pensiero di Nicholas e alla bellezza e significato di quella
piccola attenzione.
Alzò
lo sguardo verso di lui e lo guardò intensamente negli occhi,
sapendo che non sarebbero servite troppe parole.
Quindi
gli sorrise sincera e, colta da un improvviso slancio di affetto
molto poco da lei, gli si avvicinò e lo abbracciò; quello era un
abbraccio che esprimeva l'amicizia che Anna provava verso di lui, che
a parole non sarebbe mai riuscita a esprimere.
Quando
si staccò, nessuno dei due parlò e si diressero velocemente verso
l'entrata della struttura.
Entrambi
sapevano perfettamente che si sarebbero beccati occhiatacce e
commenti velenosi quella sera, ma né l'uno né l'altra avevano
intenzione di farsi rovinare la festa.
Appena
prima di entrare, si guardarono, si sorrisero complici e Nicholas
offrì il suo braccio alla sua dama.
La
loro entrata fu spettacolare: erano radiosi e sembrava che emanassero
luce.
Ovviamente
tutti gli sguardi erano puntati su Nick Jonas, la star e Anna Dal
Fuoco, la ragazza che aveva fatto tacere Natasha.
Perfettamente
consapevoli di essere al centro dell'attenzione, avanzarono fieri
fino alla folla e aspettarono che Jack, il DJ della serata, facesse
ripartire la musica, che si era interrotta al loro arrivo.
Jack
non era sorpreso, in quanto Alex lo aveva avvisato e fece subito
partire una canzone.
Sorridendo
come un conte del '700, Nicholas invitò Anna a ballare.
Rispondendo
al sorriso, lei acconsentì, sentendo chiaramente lo sguardo di fuoco
di Natasha che cercava di trapassarle le scapole.
***
I quattro ragazzi se
ne erano andati da cinque minuti e Keira stava raccattando le proprie
cose per tornare a casa.
Si era tanto
divertita a sentire tutte le imprecazioni della cinerea contro Alex
nella sua lingua madre per via del vestito e delle scarpe, ma non
era sicura che tutti gli insulti fossero diretti solo alla mora.
Scuotendo la testa
con il sorriso ancora sulle labbra, non si accorse che Kevin le era
sopraggiunto alle spalle e la stava osservando con uno sguardo
intenerito.
La trovava adorabile
in quel momento rilassata com'era, che non poté fare a meno di
fermarsi senza farsi vedere, per poterla osservare di nascosto.
Alzando la testa
velocemente, scorse la figura del ventiduenne davanti a sé e arrossì
irrimediabilmente.
Kevin lo notò e
pensò che era dolcissima, ma non aveva fatto i conti con la sua
indole timida e subito arrossì anche lui.
Sapendo che se non
avesse parlato subito sarebbero rimasti in silenzio finché non fosse
venuto qualcuno a svegliarli, si schiarì la gola e le offrì un
passaggio per tornare a casa, dato che l'aveva accompagnata Alex fino
a casa loro.
Keira ci pensò un
attimo su e poi accettò con un sorriso.
Viveva vicino al
supermercato dove l'aveva conosciuto, non vicino a casa
sua.
Dieci minuti dopo
erano tutti e due nel suv del cantante, diretti verso l'appartamento
della ragazza.
Una volta che furono
arrivati, la tensione mista all'imbarazzo regnavano nell'abitacolo.
- Ehm.. beh sì,
grazie del passaggio Kevin... - mormorò lei, abbassando lo sguardo e
piantandosi le unghie nei palmi delle mani.
- Non c'è di che,
Keira.. - rispose il ventiduenne, imbarazzato almeno quanto lei.
In quei momenti
desiderava intensamente essere come suo fratello Joe, che sapeva
sempre come uscire da quel tipo di situazioni con la sua immancabile
battuta pronta.
“Oh insomma
basta! Sono stufa di arrossire continuamente come una ragazzina alle
prime armi! Ho vent'anni dopotutto, non quattordici! Solo perché
Kevin mi piace, non significa che le nostre conversazioni debbano
essere composte da monosillabi!” Keira
era decisamente stufa di avere in continuazione quelle reazioni
infantili davanti a lui, quindi decise di mettere da parte la
timidezza e, sfoderando un grande sorriso, invitò il ragazzo a
salire su da lei per un po', per ringraziarlo del passaggio.
Notando
il repentino cambio di atteggiamento nella ragazza, il Jonas si
sorprese, ma il suo invito non gli dispiaceva per niente, quindi
acconsentì.
Una
volta su, Kevin notò come quel piccolo appartamento risultasse
accogliente e carino.
Da
brava padrona di casa Keira lo fece accomodare nel soggiorno,
chiedendogli se volesse qualcosa da bere.
Avendo
risposto che avrebbe gradito dell'acqua, si avviò verso la cucina
per prenderne due bicchieri.
Tornata
di là, ne diede uno al ragazzo e così cominciarono a parlare.
Senza
che se ne accorgessero, erano passate due ore.
-
Davvero?! - domandò Keira incredula.
Kevin
le stava raccontando alcuni divertenti aneddoti su di lui e i suoi
fratelli, contento che la facessero ridere a crepapelle, specialmente
quelli su Joe.
-
Ti giuro! Poi quando la mamma è venuta a saperlo.. ti lascio
indovinare! - rispose lui, ridendo con lei.
-
Ah però! Guarda che ore si sono fatte! Le 22.30. Credi che si stiano
divertendo alla festa? - chiese la ragazza, sorridendo ancora.
-
Secondo me Anna è ancora tutta bella che composta.- ipotizzò il
maggiore, alzando gli occhi al cielo.
***
In quello stesso
istante..
Sentiva
il respiro affannoso di Anna, così simile al suo e vedeva il sorriso
di sfida e vittoria illuminarle ancora gli occhi.
Sentiva
il suo busto, attaccato al proprio, affannarsi alla ricerca d'aria e
le sue gambe tremare impercettibilmente per l'adrenalina che
sfrecciava prepotentemente nelle loro vene.
Lui
non era mai stato il tipo da lasciarsi coinvolgere in cose
appassionate – ma soprattutto passionali e sensuali – come quella
che aveva appena fatto, ma doveva ammettere che il sorriso di
vittoria ce l'aveva anche lui in bella mostra, stampato in faccia.
-
Credo che questa sia stata la cosa più folle ed esaltante degli
ultimi dieci anni. - le confessò in un orecchio, avvicinandosi quel
poco che gli occorreva. Non che dovesse fare questa gran fatica,
erano praticamente bocca contro orecchio, ma il contatto con il suo
corpo era una cosa alla quale non era in grado di resistere, benché
avesse al dito quella promessa opprimente.
-
Felice di avervi contribuito. - rispose lei, soffiando nel suo
orecchio la risposta.
Era già da un
po' che ballavano e Anna aveva la sensazione che prima o poi Alex e
Jack le avrebbero giocato un tiro mancino.
Tanto per
confermare i suoi timori, vide l'amica avvicinarsi al DJ e parlottare
sommessamente con lui.
E la cosa non le
piacque per niente.
“Mi sa che è
meglio aspettare che le acque si calmino, prima di ripresentarsi.”
pensò, congedandosi da Nicholas, dicendo di dover andare in bagno e
a riposare i piedi stanchi.
Lui la lasciò
fare senza porre domande, immaginando che volesse un po' di privacy.
“Saggio
ragazzo.”
Aspettò qualche
minuto, prima di azzardarsi a mettere la testa fuori dal bagno.
Vedendo che non
c'erano problemi, ritornò sorridente in palestra, convinta che la
burrasca fosse passata.
Quello che non
sapeva era che Jack stava aspettando proprio lei, per mettere su un
bel lento.
Infatti come la
vide entrare, aspettò che Nicholas le si avvicinasse per far partire
“It Is You (I Have Loved)” la colonna sonora di Shrek.
Quando il
ricciolino si rese conto che il ballo al quale l'aveva appena
invitata era un lento, arrossì fino alla punta delle unghie dei
piedi.
E per una volta,
Anna arrossì con lui, non così vistosamente, ma lei se ne accorse,
sperando che lui fosse troppo impegnato a maledire il suo amico per
notarlo.
Non era per il
fatto di ballare attaccata Nick, era per il fatto di ballare
attaccata ad un ragazzo.
Vedeva il Jonas
come amico, non come qualcosa di più, quindi non era la sua presenza
a metterle addosso tutto quell'imbarazzo.
Si guardarono
negli occhi per un lungo istante, prima di pensare che se non si
fossero messi a ballare avrebbero avuto ancora più occhi addosso e
naturalmente anche più gossip.
Di tacito
accordo, si avvicinarono, fino ad essere l'uno davanti all'altra.
Cancellando
l'indecisione e la lentezza dai suoi occhi e dai suoi movimenti, la
ragazza mise il braccio destro sulla spalla di Nick e la mano libera
in quella che il ragazzo le offriva.
Provò una
sensazione strana quando lui le circondò la vita col braccio
sinistro, facendo aderire i loro corpi.
Ora arrivava la
parte difficile per Anna: doveva appoggiare la testa sul petto di
Nick e lasciarsi cullare e guidare da lui.
Impresa titanica
per lei, in quanto era sempre stata abituata ad essere il comandante,
non la comandata. Ma per quella volta doveva rispettare le regole del
mondo, non le sue.
Così smise di
lottare contro il suo orgoglio e si abbandonò completamente fra le
braccia del diciassettenne, il quale sperava che i battiti cardiaci
diminuissero in fretta la loro frequenza, perché Anna dalla sua
posizione poteva benissimo sentirne l'intensità e non ci avrebbe
messo molto a collegare i pezzi e capire cosa gli stava succedendo.
Per sua fortuna
la ragazza parve non accorgersene e ballarono lentamente a ritmo di
quelle dolci note.
Non seppero come,
ma erano finiti nel bel mezzo della palestra dopo essere andati
almeno tre volte contro Natasha e Mark.
Entrambi
interpretarono la necessità che la coppia cheer-leader/fustacchione
di football esprimeva nel voler stare a tutti i costi al
centro della pista come astinenza da perpetua presenza nel mezzo
della scena, quindi non diedero neanche tanto peso agli scontri,
sempre più frequenti, che avevano con gli altri due.
Ma lo spirito
combattivo di Anna ebbe la meglio sul buon senso e proprio mentre la
canzone finiva, la coppia si spostò con una maniera strategica nel
centro esatto del campo da basket delineato sul pavimento.
Quando la musica
finì, sia Anna che Nicholas si guardarono, soddisfatti del proprio
operato.
Alex e Nate
avevano assistito allo “scontro” fra le due coppie e ora
sorridevano malignamente.
Non credevano che
si sarebbero tirati la zappa sui piedi da soli così ingenuamente.
Improvvisamente
una luce bianca proveniente dal soffitto li investì in pieno,
costringendoli a socchiudere le palpebre per proteggere le pupille,
abituate al buio dell'atmosfera precedente.
- Ma che
diavolo.. - cominciò Anna, abbassando il capo.
- Bene bene! Ecco
la coppia di quest'anno che vince il premio! - annunciò la
squillante voce di Jack.
- Di che razza di
premio va blaterando, quello svalvolato di un tuo amico? - sibilò
Anna, in modo che la sentisse solo Nick.
- Non ne ho la
più pallida idea, credimi. - le rispose lui, preso alla sprovvista.
- Immagino che
nessuno dei due sappia in che cosa consiste la nostra sorpresa,
quindi ve lo dico subito. - annunciò nel microfono, sorridendo
diabolicamente.
- Quel sorriso
non mi piace neanche un po'. - disse la diciassettenne, sciogliendo
l'abbraccio di Nick e voltandosi verso Jack.
- Vedete, la
coppia che alla fine del lento rimane nel fascio di luce, deve
ballare una canzone che sceglie il DJ, in questo caso io, e ballarla
davanti a tutta la scuola. - illustrò lui, come se fosse la cosa più
divertente e naturale del mondo.
L'espressione dei
due diciassettenni era più o meno così → O.O
Ripresasi un attimo dallo shock Anna fece un rapido calcolo: ora
capiva perché Natasha voleva assolutamente essere al centro della
pista da ballo.
“Averlo
saputo l'avrei volentieri lasciata, ma ora non mi posso assolutamente
tirare indietro; considerando il fatto che non me lo lascerebbero
comunque fare, non voglio per nulla al mondo che quell'arrampicatrice
sociale creda che io non sia in grado di ballare. Quindi Nicholas o
no, io ballo.”
Notò che tutti i ragazzi si erano andati a sedere sulle tribune,
lasciando lei e Nick da soli sulla pista da ballo.
Lo guardò negli occhi e per una volta vide una bruciante
determinazione negli occhi di quel santo.
Sorridendo malignamente, fece un segno a Jack, che divertito dalla
sua reazione, mise su la famigerata canzone.
Come partirono le prime note, Nicholas ebbe un tuffo al cuore.
Conosceva quella melodia, l'aveva sentita centinaia di volte.
Guardò la ragazza davanti a sé e si lasciò andare a quel ritmo
travolgente.
Il brano era ritmato come una salsa, solo più passionale e
proibito, quasi dannato.
Blood On The Dance Floor.
(Vi
scongiuro, andatela a sentire.. senza non vi immedesimate in quello
che c'è scritto dopo → http://www.youtube.com/watch?v=V-D7WoX60KM)
Per
una volta, quello che dovevano
fare coincideva perfettamente con quello che volevano
fare.
Senza perdere troppo tempo, si avvicinarono e assunsero la
posizione della salsa.
Come il primo intro finì, presero a ballare, la voce non era
ancora partita.
Mani nelle mani, l'unico punto di incontro costante.
I corpi si avvicinano e si allontanano a ritmo, risvegliando gli
istinti, in un gioco sfuggente.
Gli occhi esprimono e malizia, per invogliare il partner a essere
ancora più grintoso.
La bocca tesa perennemente in un sorriso di sfida, ma lascia
sfuggire alcune parole del testo della canzone.
Le spalle si muovono poco per permettere al bacino di utilizzare
tutte le movenze necessarie ad essere sensuale.
Le gambe alternano velocità e grinta a lentezza e malizia, in uno
dei giochi più belli.
Entrambi ci stavano mettendo l'anima, in quei passi.
Nessun rimorso, nessun ostacolo, nessun freno inibitore, nessuna
paura di quello che sarebbe successo dopo, niente di niente.
Ballavano come se fosse l'ultima cosa che potessero fare prima di
morire o come se nessuno dei due sapesse fare altro.
Non c'era Nicholas il ragazzo riflessivo e timido, non c'era Anna
la ragazza fredda e acida;
ora c'erano due ragazzi travolti dalla potenza delle note e delle
loro emozioni, lanciati irreversibilmente in una danza molto sensuale
e passionale.
Sorridevano alle parole
Susie got your number
And Susie ain't your friend
Look who took you under
With seven inches in
(Trad:
Susie ha il tuo numero
E Susie non è tua amica
Guarda che ti ha ucciso
Con sette pollici dentro)
Spesso erano spalla contro spalla, ma ancora più spesso erano
bacino contro bacino.
Non c'era nessuno a parte loro in quella palestra, solo Nicholas,
Anna e la Musica.
Le
loro movenze erano provocanti nei confronti dell'altro, ma mai
volgari.
Non si erano accorti che il pubblico, che era rimasto attonito per
i primi trenta secondi, ma ora partecipava calorosamente alla loro
esibizione, aveva percepito la mancanza di volgarità nelle loro
mosse e questo risultò ancora più esaltante ai loro occhi.
Poco alla volta la melodia andò scemando, fino a finire del
tutto.
La palestra era calata in un silenzio carico di staticità, benché
fino a pochissimo tempo prima, fosse immersa nell'energia pulsante di
tutta la scuola.
I due ballerini tornarono nel mondo reale, affannati e sudati, ma
assolutamente soddisfatti.
- Credo che questa sia stata la cosa più folle ed esaltante degli
ultimi dieci anni. -
- Felice di avervi contribuito. -
|
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Capitolo 21 *** Why Couldn't It Be Christmas Every Day? ***
capitolo 21
Riemergo dal regno dei morti e
sono da voi.
Allora, io non so se il capitolo
precedente vi sia piaciuto, ma spero che questo si a di vostro
gradimento.
Jonas_princess:
Te lo avevo promesso, no? Ecco
che arriva una furia mora! Io ho aggiornato e tu devi fare o stesso,
cara la mi Nls. Baci!
Why
Couldn't It Be Christmas Every Day?
-
Perché odi andare in aereo? -
-
Chi ha mai detto che io odio andare in aereo, Joseph? -
-
Non l'hai detto tu, che odi andare in aereo? -
-
Io non ho mai detto che odio andare in aereo. -
-
E allora perché io credevo che tu odiassi andare in aereo? -
-
Perché da piccolo avevi paura di andare in aereo e allora credi che
tutti debbano odiare andare in aereo. -
-
Hey, ma tu come lo sai? -
-
Ho sparato a caso. -
-
… -
-
Anna, posso farti una domanda? -
-
No. -
-
... -
-
Perché odi andare in aereo? -
-
Perché ho la sensazione che tu sia più stupido del solito? Stai
forse cercando di parlare a vanvera per cercare di pensare a
qualcos'altro che non sia rivelarmi qualcosa di importante? - rispose
stizzita la diciassettenne, esasperata dalle chiacchiere di Joe,
alzando gli occhi dal suo libro, battendo una mano sul bracciolo
della poltrona.
Avevano
detto troppe volte “aereo”.
A
quelle parole, il diciannovenne scosse la testa, abbandonando il
discorso inconcludente di poco prima.
Non
del tutto convinta, Anna tornò a concentrarsi sul suo libro, un
romanzo che si era portata da casa e che non aveva avuto occasione di
leggere.
-
Anna, vuoi qualcosa da bere? - chiese Nick, vedendo passare la
hostess sul corridoio dell'areo.
Erano
in viaggio per il New Jersey, per passare il Natale con i famigliari
dei Jonas.
-
Mmm, si va là, acqua, grazie. - rispose lei, senza staccare gli
occhi dalle pagine.
-
Joe, potresti prendere una bottiglia d'acqua? - chiese il minore,
lanciando un'occhiata eloquente al fratello.
Il
moro rispose con un cenno affermativo del capo.
Una
volta che la bottiglia fu arrivata ad Anna, sia Kevin che Frankie
avevano già attinto.
-
Mpf. - fu il commento sommesso della ragazza, quando notò che le
erano rimasti tre o quattro sorsi da fare.
Pulì
il bordo con la manica della maglia e senza degnare Nicholas di uno
sguardo, finì il contenuto della bottiglia, incurante dello strano
colore del liquido e asciugandosi la bocca con il dorso della mano,
prima di concentrarsi nuovamente sul suo libro.
Il
ricciolino sospirò.
Era
da quando erano partiti che Anna era strana, ma infondo la poteva
capire.
Quello
che avevano fatto al ballo della scuola aveva scombussolato
emotivamente anche lui, più di quanto fosse disposto ad ammettere
anche a se stesso.
E
avevano deciso di non dire nulla al resto della famiglia; era una
cosa che dovevano ancora assimilare loro.
Non
avevano pensato alle conseguenze al momento, ma ora che ci erano nel
mezzo, delle conseguenze, nemmeno Anna sapeva esattamente come
comportarsi. Per il momento Nicholas la lasciava in pace, ma sentiva
che se la ragazza non avesse rielaborato i fatti velocemente, sarebbe
impazzito, aveva urgente bisogno di parlare con lei.
Evidentemente,
la cosa del ballo doveva averla scombussolata parecchio, a giudicare
dalle sue reazioni.
Tutta
la famiglia sapeva che Anna era in grado di mascherare molto bene le
sue emozioni, quindi per risultare così acida doveva essere
veramente scossa.
“Beh,
io naturalmente sono esaltato, ma perché ho ballato una canzone
improponibile con una persona altrettanto insolita, di cui tra
l'altro sono abbastanza cotto” rifletté Nicholas, appoggiando
la testa sul pugno chiuso “Però non capisco perché lei sia
ancora stordita... Certo, a meno che... oddio, non riesco a
pensarlo!” sobbalzò sul
sedile, sperando con tutto il suo essere di non sbagliarsi.
“A
meno che anche lei non provi qualcosa per me.”
Erano
ormai passate ore da quando Anna aveva bevuto l'acqua e si era
addormentata pesantemente.
-
Anna.. Anna... - tentò di svegliarla Nicholas, ottenendo in risposta
solo un mugolio di protesta.
Sospirando,
il ricciolino cominciò a scuoterla dolcemente, posandole una mano
sulla spalla.
Stavano
cominciando le manovre di atterraggio e la ragazza ancora dormiva
come un sasso.
Vedendo
che Anna non sembrava molto intenzionata a dargli retta, Nick elaborò
un piano.
-
Se non riesco a svegliarti io così, dovrò chiamare Joe.. E sai come
ti sveglierebbe lui, no? -
Ammise
a se stesso di essere stato cattivo, ma si consolò dicendosi che una
volta a destinazione la ragazza lo avrebbe perdonato.
Neanche
avesse nominato Michael, Anna scattò a sedere, drizzando di colpo il
busto e spalancando gli occhi, tendendo le orecchie per captare
segnali potenzialmente pericolosi provenienti dal mezzano.
Resasi
conto che Joe era ancora al suo posto bello che tranquillo ignaro
della minaccia del fratello, la diciassettenne concentrò la sua ira
micidiale sul ragazzo che le sedeva affianco, sciogliendolo con la
forza del pensiero.
Nicholas
si era aspettato una reazione simile, ma non così tanta rabbia
repressa.
Istintivamente
si allontanò da lei, piantando le unghie nei braccioli e infossando
la testa nelle spalle, pronto ad una scarica di insulti epocale...
… che
non arrivò mai.
Sorpreso,
si azzardò ad aprire un occhio e si sorprese di vedere Anna
appoggiata stancamente al proprio seggiolino, la testa abbandonata
all'indietro.
Anna's
POV
Fuori
dall'aereo è buio, quindi non vedo un pistacchio.
Ci
sono solo tante lucine.
Però
devo ammettere che me ne aspettavo di più, insomma, siamo nel New
Jersey, mica nel Burundi, cavolo!
Va
be', è notte, magari domani vedrò le cose con più chiarezza.
Urgh,
mi sento come se mi fosse passata sopra una mandria imbufalita: una
suoletta, in poche parole.
Chissà
che...
-
Che ore sono. - chiedo a Nicholas, continuando a guardare fuori dalla
feritoia.
Non
era propriamente una domanda, più che altro un ordine un po'
implicito.
Ok,
lo ammetto, ho le balle girate, contenti?
E
non è solo a causa del ballo di Natale, ci sono altri fattori
determinanti: il fatto che mi sia venuto il ciclo è uno di questi;
ma anche il mio risveglio non è stato dei migliori e poi mi sento
veramente una pezza da piedi.
E
quando mi sento così divento schifosamente lunatica.
Credo
che prima Nicholas si sia preso un colpo, quando l'ho incenerito.
-
Le sette e mezza ora locale. - risponde dopo un po'.
Devo
averlo scioccato se ci ha impiegato così tanto a trovare l'orologio.
Affari
suoi.
Le
sette.
…
Un
momento.
Le
SETTE?
Come
diavolo è possibile che siano già le sette?
Insomma
siamo partiti stamattina alle otto da Los Angeles, e qui è sera?
Abbiamo
aspettato in aeroporto una coincidenza, è vero, ma da lì a qui sono
quattro ore di fuso, non un secolo.
Ah,
io mi sono addormentata.
Questo
significa che ho dormito...Quante ore?
Basta,
non ne posso più! Non capisco più un ciufolo!
Fra
un po' qualcuno mi sente, eccome se mi sente!
***
Gne.
Mi
sento ancora più rincoglionita di prima.
Ma
molto di più.
Probabilmente
mi hanno messo della droga nell'acqua, perché non è possibile.
Io
sono un tipo lucido e pragmatico, non mi rimbambisco tanto
facilmente, ma sembra che i santini Jonas siano riusciti a farmi fare
anche questo.
Almeno
siamo quasi arrivati, perché ancora un po' ed esplodevo.
Tutte
queste curve mi danno la nausea.
Ma
dove diavolo abitano questi, in cima ai crozi?
E
che cavolo.
Cioè,
continuano a dirmi – quelle rare volte che non dormo o non tengo il
mio classico broncio omicida – che quando arriveremo capirò tutto,
ma io ne dubito seriamente, date le mie condizioni mentali.
-
Anna ti senti male? Vuoi una caramella per lo stomaco? - Denise, io
ti voglio tanto bene, ma se mi rifili una pastiglia rincoglionente,
preferisco astenermi, che poi mi dovete portare in casa di peso e
muovere con i fili attaccati alle articolazioni.
-
No grazie, Denise, fra un po' passa. - certo, se tengo gli occhi
ancora chiusi sento quel poco che ho mangiato per pranzo che lotta
sanguinosamente con i miei succhi gastrici.
Mi
viene da vomitare. Mi viene da vomitare. Mi viene da vomitare.
Vomito.
-
Ehm, ripensandoci è una buona idea, quella delle caramelline. - mi
arrendo, aggrappandomi con entrambe le mani ai sedili anteriori.
Ho
insistito per stare in mezzo, fra Nicholas e Kevin.
Denise,
perché mi guardi come se avessi appena bestemmiato?
Oh,
giusto, per colpa del mio aspetto.
Devo
essere orribile: faccia da pesce lesso, occhiaie e occhi rossi.
Bleah.
Metto
in bocca la caramella e prego con quelle poche forze che mi sono
rimaste che faccia effetto abbastanza in fretta, in modo da essere
presentabile ai parenti Jonas.
Due
minuti dopo scopro di stare meglio.
È
un fatto positivo, considerando la mia giornata.
Ravano
all'interno della mia borsa alla ricerca dello specchietto, giusto
per controllare di non essere troppo mal messa.
Evito
di fare l'inutile sforzo di pensare a come mai il mio specchietto –
che non uso mai – sia nella mia borsa e mi concentro sulla sagoma
dorata di Michael cucita su di essa.
Studio
attentamente la mia immagine, notando che ho solo le palpebre un po'
pesanti, ma tutto sommato sono a posto.
Wow,
credevo peggio.
Non
sono comunque uno splendore di ragazza, eh.
Sento
che finalmente la macchina si ferma e mi allaccio la giacca.
Kevin
mi ha detto che d'inverno sulla East Coast fa freddo, quindi mi sono
attrezzata per bene: giacca imbottita e felpe pesanti.
Nicholas
apre la sua portiera e subito una folata d'aria gelida si precipita
all'interno dell'abitacolo, prendendomi in pieno.
Ihhh
freddo!
Faccio
per seguirlo, ma Kevin mi blocca sul mio sedile.
Oddio
che cosa vuole ancora questo qui.
-
Mi dispiace, ma ti devi mettere questa. - mi spiega, sollevando una
pezza lunga e sottile nera.
-
Non dirmi che me la devo mettere sugli occhi perché è una sorpresa,
perché sennò ti svengo sul vialetto, Kev. - lo accuso, dato che
coprirmi gli occhi significherebbe farmi piombare nel sonno.
Tecnicamente
ora sono abbastanza sveglia da camminare con una benda sugli occhi,
ma chissà come mai sono sospettosa.
Fingendo
meglio che mi riesce, faccio la faccia che dovevo ave avuto poco
tempo prima, sforzandomi di fare la stessa impressione di una
moribonda.
Mi
guarda ridacchiando.
Ha
capito il mio bluff, che sfiga.
Tutt'
a un tratto la prospettiva di presentarmi ai parenti dei Jonas mi
sembra il peggiore dei miei incubi.
Effettivamente
dopo la caramellina malefica di Denise sto meglio, non ho più la
nausea e mi sembra di essere sulla Terra.
Con
uno scatto alzo la testa e fisso tutti i membri della famiglia uno ad
uno: era tutto calcolato!
La
mia inspiegabile stanchezza e la craramellina drogata!
Sento
che la mandibola lotta contro la mia forza di volontà, ma riesco a
tenerla attaccata al resto della zucca.
Haa,
forza di gravità 0, Anna 1.
Quei
maledetti avevano previsto tutto!
Incazzata
come una iena incazzosa, assottiglio gli occhi e stringo i denti in
classica posizione da combattimento.
Wait
a moment.
Rilasso
improvvisamente i muscoli facciali e abbasso lo sguardo un secondo.
Perché
avrebbero dovuto raccontarmi balle sull'orario ed essere misteriosi
da quando siamo partiti?
No,
forse non lo voglio sapere.
Questa
cosa sa molto da film.
Troppo
da film.
Tsé,
fortuna che volevano un anno da persone normali..
La
mia domanda rimane sempre la stessa: ma dove diavolo siamo?
In
Alaska? Antartide? Tibet?
Ma
qualcosa di normale no, eh?
Perché
è evidente che il New Jersey non lo vedrò in queste vacanze.
Ho
come il sospetto che da sola non lo scoprirò mai, quindi sposto lo
sguardo su Kevin e con un movimento assai seccato mi giro verso di
lui, in modo che mi metta quella benedetta benda sugli occhi.
Non
lo vedo, ma so che intanto gli altri sorridono.
Un
giorno di questi la faccio anche io, una sorpresa, oh sì.
-
Ok, fa' attenzione a uscire. - ma che premuroso Nicholas.
Forse
doveri ricordargli che è diabetico e che io odio le cose dolci.
Anna,
calmati.
Siamo
sotto Natale, anzi, oggi è il 24 sera, quindi concentrati e fa'
uscire quella minima parte di te che gli altri definiscono umana.
Inspiro,
espiro. Inspiro, espiro.
Ok,
ci sono.
Con
gli occhi chiusi tendo le mani avanti, lentamente, cercando di
calcolare le distanze.
Sento
la mano di Nicholas, avvolta nel guanto, che afferra gentilmente la
mia e mi aiuta ad uscire dalla macchina.
Come
fa lui ad essere così gentile con me, quando io lo tratto alla
stregua di un nemico?
Be',
magari nemico no, ma benché mi sia confidata con lui, rimango quasi
sempre sulla difensiva.
E
poi sono acida.
E
orgogliosa.
In
fin dei conti loro sono tutti molto gentili, carini e disponibili con
me.
Forse
dovrei sciogliermi un po'.
Magari
solo per il periodo di Natale.
Sì,
credo che si possa fare.
Sento
che il braccio di Nicholas trema, probabilmente dal freddo.
Nemmeno
io ho caldo, ma per me credo sia già più sopportabile.
Sembra
quasi il clima di..
Scuoto
la testa per liberarmi del pensiero e stringo con vigore la sua mano,
un po' per non cadere rovinosamente per terra, un po' per scaldare
lui.
Come
metto i piedi per terra capisco che il suolo è coperto di neve.
Ci
incamminiamo su quello che suppongo sia un vialetto e saliamo una
piccola scalinata.
Dall'interno
provengono delle voci allegre, ma il tono è troppo basso perché
riesca a capire i discorsi dei nostri presunti ospiti.
Sento
che qualcuno bussa e subito il vociare si zittisce.
Dei
passi si avvicinano alla porta e il rumore della maniglia che si
abbassa è praticamente l'unico suono.
A
giudicare dalle vocine acute strozzate, ci devono essere dei bambini.
E anche molto euforici, direi.
Lentamente
entriamo nell'edificio, che non so come definire, dato che non l'ho
nemmeno visto da fuori.
Percepisco
immediatamente il cambio della temperatura: fuori c'è freddo, dentro
anela un calduccio meraviglioso.
Quasi
da caminetto.
I
nostri passi sono attutiti da quello che suppongo sia linoleum, fino
a che riconosco il famigliare scricchiolio del parquet.
Anche
la mia camera dai Jonas è pavimentata con il parquet.
Un
dubbio a momenti mi inchioda al pavimento.
Non
sarà mica che non ci siamo mai mossi da L.A., vero?
No,
perché non sarebbe divertente.
Ma
proprio per niente.
Ho
fatto la rima.
Giro
la testa verso Nicholas, provando a immaginarmelo in questo momento,
ma nemmeno la mia fervida immaginazione arriva a tanto.
Dopo
qualche passo sul legno la presa del Jonas si fa più salda, come a
trattenermi.
Ho
come la sensazione che siamo finalmente arrivati.
L'impulso
di incrociare le braccia e alzare il sopracciglio sinistro è
puntuale come la morte, ma mi ricordo del compromesso che ho sancito
con me stessa e me ne sto buona ad aspettare che qualcuno mi dica
cosa fare.
Neanche
mi avesse letto nel pensiero, qualcuno – sospetto che sia Kevin -
armeggia sulla mia nuca per slegare la benda nera che mi copre gli
occhi.
Appena
libera, sollevo le palpebre e le sbatto in veloce successione qualche
volta, per inumidire la cornea.
Finalmente
punto lo sguardo davanti a me, decisa a venire fuori da questo
tunnel.
Err..
…
Ah.
Come
mai sono nel salotto della casa a Carezza dei miei nonni materni,
davanti a tutta – e dico tutta – la mia famiglia?
POV
Esterno
Eh
già, era questa la famosa sorpresa dei Jonas.
Passare
le vacanza natalizie in Italia, più precisamente a Carezza, sommersi
da almeno tre metri e mezzo di neve.
L'idea
era nata da Frankie, che voleva a tutti i costi andare sulla neve e
successivamente i tre fratelli maggiori avevano avuto la grande
pensata di fare una sorpresa ad Anna, coinvolgendo anche i genitori,
che erano stati entusiasti dell'idea.
Avevano
organizzato tutto in gran segreto e nella massima discrezione:
sapevano infatti che un solo passo falso avrebbe potuto insospettire
la ragazza, che in un modo o nell'altro sarebbe riuscita a capire i
loro piani e così addio sorpresa.
La
cosa più difficile era stata comunicare con la famiglia della
ragazza, dato che nessuno tranne la zia materna – che
sfortunatamente abitava in un paesino sperduto del veronese –
parlava inglese e viceversa i Jonas non conoscevano che qualche
misera parola di italiano.
Però
la voglia di organizzare questa “vacanza particolare” era
talmente grande, che in qualche modo si erano capiti e messi
d'accordo.
Anna
stava ancora metabolizzando la notizia, quando sua sorella e i suoi
due cugini le saltarono letteralmente addosso, mettendola con le
spalle contro il mobile di legno del soggiorno.
-
Annaaaa!! - urlarono Elena e Daniele, il cugino più grande,
attaccandosi alle sue braccia e stringendola più forte possibile.
-
Anna Anna Anna! - li seguì a ruota Mattia, il secondo cuginetto di
tre anni, avvinghiandosi alla gamba della cugina come una cozza allo
scoglio.
-
Hey Buccetta! - lo salutò, sfoderando un sorriso.
-
Auff! Ehy! - rantolò la diciassettenne, tentando di allontanare quei
tre cicloni per poter respirare.
-
Se non vi staccate non sopravvivo ancora per molto! - ridacchiò,
stendendo le braccia lontano dal busto.
-
Finalmente sei qui! Io e Dani abbiamo passato ore attaccati alla
finestra per vedere quando arrivavi!! - disse Elena entusiasta,
spalancando i suoi grandi occhi color cioccolato.
Daniele
confermò le parole della cugina con un energico cenno della testa,
scostandosi leggermente dal braccio di Anna.
-
Anna Anna! Che bello che ci sei! Hai tagliato i capelli? - il piccolo
Mattia cominciò a sommergerla di domande, allungando le manine
paffute verso il suo viso per farsi prendere in braccio.
Sorridendo,
la ragazza accontentò la richiesta del cuginetto, sollevandolo e
appoggiandoselo ad un fianco.
Solo
allora Mattia parve accorgersi della presenza della famiglia Jonas al
fianco di Anna, quindi si zittì per un attimo e concentrò la sua
attenzione sulle sei persone estranee, esaminandole con i suoi grandi
occhi curiosi.
Per
qualche secondo regnò il silenzio.
-
Ciao! Voi siete quelli dove Anna vive in America, vero? - domandò il
piccolo in italiano, piegando la testa di lato.
Capendo
che si riferiva a loro, ma non avendo capito la frase in sé, i Jonas
rivolsero lo sguardo verso Anna.
-
Sì Mattia, io vivo a casa loro in America e devo dire che mi trovo
veramente benissimo. Anzi, adesso te li presento, va bene? - disse
gentilmente, guardando però la sua famiglia al completo.
Sua
mamma, suo papà, i nonni materni, i due zii e i tre piccoli.
-
Bene, visto che la lingua che parlano loro è diversa da quella che
si impara a scuola, permettetemi di fare da traduttore. - iniziò,
presentando la famiglia Jonas alla sua.
Dovette
ripetere le cose sempre due volte, la prima in italiano, la seconda
in americano, ma la cosa non le dispiacque.
Anna's
POV
Era
ormai passata qualche ora dal nostro arrivo e come tradizione nella
mia famiglia, tutti i bambini dovevano uscire di casa accompagnati
dai grandi per far sì che Gesù Bambino potesse venire in casa e
mettere i doni sotto l'albero senza essere visto.
Quindi
eccoci qua fuori con i tre piccoli, io e i quattro figli Jonas a fare
il giro dell'isolato aspettando impazienti la Magia del Natale.
L'aria
è dannatamente più fredda di quella della California, ma tutto
sommato non mi dispiace più di tanto. La neve mi è sempre piaciuta
e poi non vedo l'ora di stracciare qualcuno nelle gare di slittino,
oh sì.
Mattia
non è per niente stanco, anzi direi che è proprio in fibrillazione!
Guardando
la Buccetta – non mi ricordo da dove l'ho tirato fuori questo
soprannome, ma è simpatico – rotolarsi come un cane nella neve e
istintivamente sorrido.
Mi
accorgo subito che c'è troppo silenzio e guardo i Jonas per capire
il loro improvviso mutismo.
Sono
completamente persi a guardare il cielo, che questa notte è
particolarmente brillante di stelle.
Lo
ammetto, la magia degli astri mi è terribilmente mancata.
A
L.A. Non c'è la possibilità di vederli così bene a causa delle
luci sempre accese della città, ma qui è tutta un'altra storia!
È
tutto così magico..
Nick's
POV
Guardo
estasiato la volta celeste che si estende infinita e misteriosa sulla
mia testa e mi perdo a contemplare la bellezza frizzante delle
stelle.
Se
non fosse che quella ragazza ha un forte ascendente su di me, non mi
sarei nemmeno accorto che Anna mi si è avvicinata.
Non
parla, ma forse è meglio così.
Non
saprei quantificare il tempo che siamo rimasti da soli in silenzio a
contemplare il cielo, ma è stata una sensazione... bella.
-
Tu non sei il tipo da cercare una stella tua e credere che ti
appartenga. - dico improvvisamente, sentendo che quelle parole
corrispondevano alla verità.
Senza
scomporsi più di tanto, Anna mi risponde come se avesse saputo della
mia domanda insolita.
-
Le Stelle ci aiutano, ci calmano e ci consigliano silenziosamente, ma
non ci appartengono. Appartengono a loro stesse e sono fedeli al
Cielo, il loro padre. È scorretto da parte nostra arrogarci il
diritto di poter possedere una Stella. Prendi per esempio la
costellazione del Cigno: all'interno ci sono due stelle che tendono
una al dorato e una all'azzurro. Sono bellissime, ma chi può avere
il cuore di separare due gemelle che solo insieme sono belle come le
vediamo? Oppure una catena chiamata le Sette Sorelle. Sette
bellissime dame brillanti, ma come si fa a dividerle? Sarebbero solo
atti di egoismi pretendere di conservare una Stella nel proprio
cuore, perché ciò significherebbe privare gli altri di una tale
visione. Credo che le Stelle vadano ringraziate perché ci permettono
di vederle. -
Rimango
molto colpito dalle sue parole.
In
genere si tende a credere che una Stella ci rappresenti e per questo
automaticamente la stella è solo nostra.
Lavorerò
su questa prospettiva, mi piace.
Mi
giro verso di lei e la vedo rilassata come mai prima d'ora.
Con
gli occhi chiusi, i corti capelli al vento e un sorriso dolce sulle
labbra mi sembra la persona più in pace con se stessa dell'universo.
Senza
pensare mi avvicino al suo viso; la consapevolezza che baciarla ora
sia la cosa che anche le Stelle stanno aspettando mi scorre nelle
vene e mi fa sentire leggero e nel giusto.
Mi
avvicino, ma lei sembra non avermi sentito.
È
tanto che aspetto questo momento, e spero che lei non mi respingerà.
Mi
si gela la spina dorsale.
Mi
fermo un attimo.
Ho
paura.
Come
si fa ad avere paura di un sentimento come l'amore?
Semplice,
ho paura che lei non mi ricambi.
E
anche se ricambiasse non sarebbe possibile capirlo.
Ora
sono nel panico.
E
se fosse veramente così?
Se
non provasse nulla nei miei confronti?
Mi
sarei scavato una fossa con le mie stesse mani, considerando che devo
convivere per altri..mmm..circa sei mesi con lei.
Oddio,
se io la baciassi e lei mi rifiutasse, non so quanto sopravviverei.
La
guardo di nuovo e l'immagine che ho di lei in questo momento si
sovrappone a quella che aveva oggi in aereo: omicida.
Capisco
che non è giusto quello che credevo ovvio fino a pochi secondi fa e
mi ritraggo cercando di fare meno rumore possibile.
Non
posso costringere qualcuno a volermi bene per forza.
Con
questa nuova consapevolezza nel cuore capisco che lei non è la
ragazza alla quale mi legherò per tutta la vita.
Nel
suo caso non succederà che s'innamorerà di me fra qualche mese o
anno, quindi mi devo fare da parte.
Sì,
troverà il ragazzo adatto a lei e sarà felice.
Com'è
che si dice?
Se
l'ami la lascerai andare.
Che
prospettiva triste..
Ma
io farò così, rimarrò il suo amico Nicholas.
Solo
il suo amico Nicholas.
Sono
triste, ma pensavo peggio.
Auguri
di buon Natale, Nick.
POV
Esterno
Anna
decise che era passato abbastanza e che Gesù Bambino aveva
probabilmente già finito di sistemare i pacchetti.
Quindi
propose di tornare tutti a casa.
Inutile
dire che i demonietti si riempirono di energia e schizzarono veloci.
Saltando
come dei grilli i quattro piccoli si misero a correre per le buie vie
di Carezza.
-
Mattia, corri e stracciali tutti! - lo incitò la ragazza, sollevando
un pugno per incoraggiarlo.
Il
piccolo non si fece pregare e corse più che poté, imbottito
com'era.
Alla
vista del cuginetto che sembrava un barilotto con due gambine e due
braccine, la diciassettenne scoppiò a ridere, contagiando anche i
Jonas più grandi.
-
Voi non mi avete detto che mi sarei dovuta portare dietro i regali
per la mia famiglia, quindi ora io come faccio, di grazia?- domandò,
rivolta a Kevin, che le stava affianco.
-
Credi che non ci avessimo pensato? - le rispose quello, guardandola
di traverso.
Anna
rimase qualche secondo concentrata a pensare e poi si sciolse in un
sorriso.
-
Wow, è almeno il quarto sorriso che ti vedo fare in mezz'ora, un
record per te! - la prese in giro Joe, che fino a quel momento aveva
intrattenuto i bambini grazie alla sua gamma di buffe espressioni
facciali.
In
tutta risposta Anna alzò le spalle e sorrise ancora, guadagnandosi
un mega-abbraccio dal mezzano.
Contagiato
dal buon umore, anche Kevin si unì ai due, trascinandosi dietro
Nicholas, che si godeva quei momenti di spensieratezza prima di
sentirsi moralmente a pezzi.
Senza
nessun preavviso, la diciassettenne scattò in avanti correndo,
mettendo subito una sostanziosa distanza fra sé e i Jonas.
Ripresisi
dallo stupore cominciarono a correre anche loro, cercando di
raggiungere la ragazza.
-
Tutto.. fiato.. sprecato! - ansimò Nicholas, che aveva già avuto
modo di tastare la velocità di Anna in palestra.
-
Non sia mai che Joseph Adam Jonas si arrende! - urlò a squarciagola
Joe, riuscendo con uno sforzo sovrumano a mantenere l'andatura
fulminea dello scatto.
Purtroppo
per lui, la cinerea li aveva lasciati indietro a mangiare la polvere
e li aspettava seduta sulla panca di legno sotto la terrazza con un
sorrisino che di innocente non aveva neanche il nome.
-
È assolutamente inutile che cerchi di arrampicarti sugli specchi
Joseph, ho vinto io e basta.
- lo stava bellamente sfottendo, vantandosi della sua vittoria,
mentre salivano le scale di pietra che conducevano in casa.
Aprì
la porta e aspettò che tutti si fossero tolti gli scarponi, prima di
aprire la seconda che dava direttamente in salotto.
-
Direi che ora possiamo anche scartare i rega.. - non fece in tempo a
finire la frase, che quello che vide la bloccò sul colpo.
Sbatté
le palpebre qualche volta e si avvicinò lentamente al centro della
stanza, dove stava in piedi con la stessa espressione confusa e
strabiliata l'ultima persona che si sarebbe mai aspettata di vedere.
-
Annalisa? - domandò incerta, corrugando leggermente le sopracciglia.
-
Anna? - rispose quella, con la stessa faccia stralunata.
Dopo
essersi prese qualche meritato secondo di riflessione e
rielaborazione, le due spalancarono gli occhi e urlarono a
squarciagola come due invasate frasi senza senso.
-
AAAAHHHH!!! -
Prevedendo
una reazione simile, tutti i presenti, ai quali ora si erano aggiunti
anche i parenti stretti di Annalisa, si misero le mani sulle orecchie
e aspettarono pazientemente che quelle due esaurissero la scorta
d'aria dei polmoni.
-
Oddio! Non ti chiedo che cosa ci fai qui, perché ho il sospetto di
conoscere la risposta, ma.. Che ci fai qui!? - domandò incredula la
cinerea, passandosi le mani fra i capelli.
-
I-io non lo so.. Davvero. Credevo che saremmo andati a Napoli come
tutti gli anni, ma c'era qualcosa di misterioso nel comportamento dei
miei nelle ultime settimane, ora che mi ci fai pensare.. - rispose la
mora, allargando le braccia e facendosi pensierosa verso la fine
della frase.
Una
volta che furono tutte e due in silenzio, un pensiero attraversò
contemporaneamente la mente delle due amiche.
Lanciandosi
uno sguardo d'intesa si girarono all'unisono verso i Jonas,
fissandoli come se si aspettassero una risposta.
Per
qualche secondo nessuno si mosse, poi Kevin sorrise e alzò le
braccia in segno di resa.
-
E va bene, avete vinto voi. - disse, abbassando la testa.
|
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Capitolo 22 *** My Love Josh ***
capitolo 22 ok
My
love Josh
-
Voglio andare sulla neve!
- ripeté per l'ennesima
volta Frankie, mettendo su
un broncio alquanto buffo.
-
Ma Frankie, nel New
Jersey c'è la
neve. - gli fece notare
Denise, sorridendogli.
Il
bambino la guardò
immusonito, scuotendo vigorosamente
la testa.
-
Io voglio andare dove
c'è tanta, tantissima
neve e dai nonni
si può a malapena
fare un pupazzo di
neve! - rispose quello,
sporgendo il labbro
inferiore.
Entrambi
i genitori sospirarono di
rassegnazione: il loro
pargoletto era davvero
ostinato.
-
Effettivamente Frankie ha
ragione, non ricordo di
essere mai riuscito a
fare un pupazzo di
neve degno di tale
nome dai nonni.. - aggiunse
pensieroso Joe, guardando
il soffitto, accarezzandosi
il mento.
-
E allora prendiamo l'aereo
e andiamo in Italia,
dove Anna ha detto
che l'inverno viene
tanto da nevicare che
si possono fare addirittura
gli igloo! - ribatté il
piccolo, illuminato da
quest'idea.
Cinque
paia di occhi si
voltarono verso il piccolo
Bonus, sorpresi.
Dieci
secondi di silenzio
accolsero la proposta di
Frankie, a cui seguì
un urlo di vittoria.
-
Quindi tutta questa gigantesca preparazione, questa scrupolosa
attenzione a non farsi sfuggire nulla e questo impressionante
dispendio di capitali solo perché... volevate fare un pupazzo di
neve? - domandò atona Anna.
Tutto
l'entusiasmo che fino a tre secondi prima volteggiava padrone per il
soggiorno si congelò in un istante.
Frankie
non saltellava più, la mano di Joe si fermò a mezz'aria e il
sorriso di Nick si pietrificò.
Solo
Kevin e i signori Jonas non dimostrarono troppo apertamente il loro
disappunto.
-
Però, non mi avevi
detto che riuscivi ancora
a ingannarli così
facilmente! - proruppe una voce divertita alle
spalle della cinerea.
-
Sai com'è, mai
perdere l'allenamento.
- le rispose Anna sinceramente divertita, ridacchiando in direzione
dei Jonas, che erano rimasti in silenzio ad aspettare la traduzione
delle ultime due battute.
-
Anna, ci useresti la cortesia di illuminarci, di grazia? - chiese una
voce velata da un leggero fastidio.
Contro
ogni aspettativa era stato Kevin a parlare, aggrottando le
sopracciglia e incrociando le braccia al petto.
Girandosi
verso di lui con tutta la non calanche di cui era capace, Anna alzò
gli occhi sul suo viso corrucciato e distese il proprio in un
delicato sorriso.
Aveva
riconosciuto la battuta, allora molto più acida, che lei stessa gli
aveva lanciato due mesi prima al supermercato dove avevano conosciuto
Keira.
-
Niente, era un modo diverso per dire che mi fa molto piacere che
siate qui e che ci sia anche Annalisa. - disse con una leggera alzata
di spalle.
L'espressione
confusa dell'intera famiglia Jonas – e anche di tutti gli altri
presenti che non avevano capito una parola se non le due frasi in
italiano - fece scaturire una sonora risata dal profondo dello
stomaco delle due amiche italiane, che si aggrapparono l'una alle
spalle dell'altra nel tentativo di rimanere in piedi.
-
Ommioddio, che ridere! - riuscì a dire Annalisa, ancora scossa dagli
spasmi della pancia.
Anna
annuì appoggiandosi una mano sul petto, che si abbassava e si alzava
velocemente alla ricerca d'aria, tentando di darsi una calmata.
Dopo
qualche secondo riuscirono a calmarsi e assicurare che in realtà
Anna li stava affettuosamente prendendo in giro.
-
Affettuosamente un corno! - sbraitò Joe, già dimentico
dell'innocente scherzetto della ragazza, saltandole addosso e
attaccando a farle il solletico.
-
No Joseph, NO! - strillò lei, chiudendo protettivamente le braccia
attorno ai fianchi, per evitare che le dita del mezzano le
solleticassero la pelle.
-
Eh no cara mia, ci dovevi pensare prima di farci venire un colpo! Ora
me la pagherai! - le rispose in tono fintamente minaccioso,
guardandola con una strana luce malevola negli occhi.
-Neuuuu!
- fu l'ultima cosa che Anna riuscì a dire prima di essere
completamente disabilitata a causa del troppo ridere.
Annalisa,
che era rimasta a fissare la scena, si ricordò che nessuno dei
presenti italiani aveva capito gli sviluppi, quindi decise di
riassumerli in breve.
-Oh,
non credere di poterla scampare, tu. - la freddò una voce alle sue
spalle.
Voltandosi
celando l'aria colpevole sotto un'espressione innocente, la mora si
preparò ad affrontare Kevin con i suoi occhi da cane bastonato,
sperando che facessero effetto.
-
Non ci contare. - ridacchiò lui, scrocchiandosi le dita – abbiamo
sviluppato una certa immunità grazie alla tua amica. -
Annalisa
si stava già facendo piccola piccola in attesa che Kevin la
solleticasse, pronta a sfoggiare tutto il suo trionfo quando lui
avrebbe scoperto che lei non lo soffriva, quando il piccolo Mattia ne
uscì con una frase velata di rimprovero.
-
Voglio regali! -
Improvvisamente
anche Elena e Daniele si riscossero e diedero manforte al bimbo,
vogliosi anche loro di scartare i propri regali.
-
Mattia ha ragione, andate a fare
queste cose da un'altra
parte! - li rimproverò Elena avvicinandosi di qualche
passo a loro e pronunciando la seconda parte della frase in un
inglese un po' maccheronico, che comunque ebbe un certo effetto.
Troppo
occupata a guardarli male, la sorellina di Anna non si accorse
dell'effetto che le sue parole avevano avuto su Joe e Nicholas,
rimasti letteralmente pietrificati.
Lei
era ancora una ragazzina di quattordici anni, ma Joe non poté
impedirsi di pensare per un attimo che le parole “queste cose”,
potevano avere un significato ben diverso dal semplice solletico.
Nicholas
pensò esattamente la stessa del fratello, solo che rimase parecchio
più sconcertato di lui.
Ad
Anna il secondo possibile fine di quella frase passò per la testa,
ma lo scacciò velocemente; si fidava dei ragazzi, che, oltre ad
essere orrendamente moralisti, portavano l'anello e, soprattutto, non
erano da considerarsi dei potenziali fidanzati.
Per
questo fu la prima a riprendersi e annuire in direzione dei piccoli.
-
Allora cipollini, ditemi dove avete imboscato i miei regali per la
famiglia, e possibilmente anche i vostri. - chiese rivolta ai tre
fratelli, sfregandosi le mani.
Per
evitare di rimanere ancora imbambolato e fare la figura del pollo,
Nicholas si decise ad avvicinarsi ad una delle borse che si erano
portati dietro, contenente tutti i pacchetti.
Notando
però che Daniele, Elena e Mattia si erano già lanciati sotto
l'albero addobbato, Anna decise di fermarli un attimo, giusto il
tempo che le serviva per mettere anche tutti i loro regali ai piedi
dell'abete.
-
Evvai, un lettore mp3 che non sia della Apple! Sììì! - esclamò
Anna, scartando tutta contenta il regalo dei suoi genitori.
Il
suo ultimo lettore era stato un iPod, che aveva maledetto con tutta
se stessa per tutti gli innumerevoli problemi che le aveva causato.
-
Ora sì che questo lo posso battezzare Michael! - continuò,
esibendosi in un sorriso compiaciuto.
Le
facce vacue dei tre figli Jonas le fecero intuire che avrebbe dovuto
fornire spiegazioni.
-
Beh, non potevo mica chiamare Michael qualcosa che maledicevo, no?
Ora che questo funzionerà e non ci dovrò litigare un giorno sì e
l'altro pure potrà portare il nome del Re. -
Le
espressioni dei ragazzi mutarono da confuse a rassegante nel giro di
pochissimo, ma la diciassettenne era troppo contenta per farci caso.
-
Ah, se per qualche accidentale coincidenza voi avete capito, quando
avete preso tutti i pacchetti, in che cosa consiste il mio regalo per
voi, vi prometto che vi spedisco a fare una visita di perlustrazione
dello spazio attorno alla Luna con un calcio ben assestato. -
minacciò Anna, assottigliando gli occhi.
-
Ti giuro che non ne abbiamo idea! - squittì Joe, arretrando di
qualche passo e sventolando le mani davanti a sé con gli occhi
sbarrati.
-
Chissà come mai non ci credo tanto. - sibilò ironicamente Anna,
cominciando a scrocchiarsi le nocche.
A
causa della promessa con se stessa non si sarebbe mai sognata di
picchiarlo veramente, ma non si sarebbe mai persa l’occasione di
minacciarlo.
Sia
Kevin che Nicholas sapevano che Joe non aveva sbirciato sotto la
carta, per quanto ci avesse provato, altrimenti sarebbe
immediatamente corso a dirlo a loro, ma dalla reazione del fratello
non si poteva intuire altro che il contrario.
-
Guarda, ti perdono solo perché so che in realtà non hai capito un
fico secco, ma non fare mai più affidamento sul tuo “talento
recitativo”, perché se non fosse per la mia capacità di analisi
ora saresti sommerso di insulti. - si calmò la cinerea, rilassandosi
e abbandonando l'espressione pericolosa.
Non
potendo fare a meno di stupirsi – ancora - della stranezza di
quella ragazza, i tre Jonas scrollarono le spalle scartando i loro
regali.
Annalisa
si avvicinò ad Anna silenziosamente e cercando di non dare troppo
nell’occhio.
-
Ehi
Anna,
hai
visto
la
reazione
dei
due
minori
alle
parole
di
tua
sorella?
- chiese,
non curandosi di apparire impicciona.
Aveva
notato che sia Joe che Nick avevano fatto un salto, ma aveva scartato
l’ipotesi che Joe fosse ancora attratto dalla sua amica. Così come
le aveva confessato lui stesso di essersi preso una cotta per Anna,
l’aveva anche informata che quella fase era stata superata e
dimenticata.
Credeva
solo che fosse sorpreso delle parole della piccola Elena.
Nick
invece...
Ridacchiò
al pensiero.
A
lei sembrava che Nicholas fosse cotto fin nelle ossa di quella
sadica, scettica e un po’ complessata della sua amica cinerea.
L’interesse
che la sua domanda suscitò in Anna non fu abbastanza da confermare
l’ipotesi che anche lei provasse qualcosa nei confronti del
ricciolino e questo per poco non deluse la mora.
Sapeva
infatti che per nascondere i suoi veri sentimenti la bionda ne
mostrava l’opposto oppure assumeva la classica espressione neutra.
In ogni caso non era possibile capire cosa esattamente provasse e
cercare di farla parlare senza che lo volesse era pressoché
impossibile, resisteva a tutte le comuni tecniche di persuasione.
Naturalmente
a patto che non fosse lei di sua spontanea volontà a parlarne.
Allora
si poteva star certi che dicesse il vero; magari con qualche
omissione, ma intanto era la pura e semplice verità.
-
Oi Nls, vieni che ti do il tuo regalo. - annunciò Anna, tenendo in
mano un piccolo pacchettino rosa.
Curiosa,
la mora le si avvicinò e, dopo aver preso il regalo, iniziò a
scartarlo.
Due
piccoli ciondoli argentati fecero capolino dal pano di velluto che li
avvolgeva; uno era l'ideogramma giapponese che significava “accetta”,
mentre l'alto era “cuore”.
Annalisa
immaginò che quei due simboli avessero un significato, quindi si
voltò verso l'amica aspettando che le fornisse delucidazioni.
-
Eh già, c'è un perché se ho deciso di regalarti proprio questi due
kanji. Ideogrammi. - specificò Anna, notando l'espressione confusa
dell'amica. - Se sovrapposti significano “Amore”. -
Lasciò
che Annalisa osservasse i due pendenti.
-
Uno lo tieni tu, mentre l'altro lo puoi regalare alla persona che
ami. È un po' come il cuore diviso in due metà, solo che è più
elegante e raffinato. E originale. - concluse la cinerea, sorridendo.
Annalisa
ricambiò il sorriso e l' abbracciò.
Quando
mai Anna le avrebbe regalato qualcosa privo di significato?
-
Grazie, Anna. -
Joseph
scoppiò a ridere davanti al regalo che la sua coinquilina gli aveva
fatto.
-
Solo tu mi potevi fare un regalo simile! - esclamò sventolando il
paio di ciabatte grandi, pelose e a forma di porcospino.
-
Beh, ti lamenti sempre che hai i piedi freddi, e così... - rispose
Anna guardandolo con un mezzo sorriso.
Girando
il viso notò che Nicholas stava scartando il suo pacchetto facendo
attenzione a non rovinare troppo la carta che lo avvolgeva e
considerò che la cura che il ragazzo metteva in ogni singolo gesto
era encomiabile.
Era
curiosa di vedere la sua reazione; si era aspettata quella di Joe e
anche quella di Frankie.
Stupore.
E
tenerezza, quando cominciò a sfogliare lentamente le pagine
dell'album fotografico che lei aveva confezionato.
Nick's
POV
Perché?
Perché
adesso che ho capito che lei non sarà mai mia mi trovo questo regalo
così personale tra le mani?
È
come se avesse cercato la cosa perfetta da regalarmi, qualcosa che
avrei apprezzato perché concepita e realizzata da lei, qualcosa che
mi avrebbe colpito nel profondo.
Beh,
ci è riuscita perfettamente.
Ogni
foto che vedo mi ricorda il momento in cui è stata scattata, cosa
stavamo facendo, dicendo e cosa io stavo provando.
-
È un regalo bellissimo – dico con un filo di voce.
Non
che sarebbe venuto fuori tanto altro, eh.
Sapendo
di pentirmene mi giro verso di lei e la vedo sorridere, mentre mi
guarda intensamente negli occhi.
Non
c'è nulla da fare, mi sono innamorato.
POV
Esterno
-
Anna, abbiamo pensato di portarti un tuo vecchio amico... - buttò lì
suo papà, richiamando l'attenzione della figlia maggiore.
Anna
abbandonò in tempo zero quello che stava facendo e si concentrò
sulle parole del genitore.
-
Amico? E chi? Io non vedo nessuno qui, eccetto noi. - ribatté lei
guardandolo con la fronte corrucciata.
-
Il tuo amico Josh. - rivelò dopo qualche secondo di silenzio.
-
…
Cosa?
Josh è qui?! - squittì lei, strabuzzando gli occhi e
scattando in piedi dopo un secondo di sbigottimento.
-
Già. - confermò lui.
-
Amore mio dove seeeeeiiii?! - ululò, lanciandosi alla volta della
porta della camera da letto che le era stata indicata.
Kevin
pensò bene di chiedere delucidazioni ad Annalisa.
-
Beh, suo papà le ha detto che le hanno portato un amico, tale Josh e
lei si è fiondata a vederlo chiamandolo “amore mio”. - spiegò
la mora, ridacchiando; lei lo aveva visto un paio di volte.
Lo
sguardo stralunato dei Jonas le fece intendere che ci sarebbe stato
da ridere.
Molto
da ridere.
-
C'è anche l'ampli! - sentirono dire alla voce che giungeva ovattata
a causa della porta socchiusa.
Joe
si sentì tradito: insomma, viveva con loro da quattro mesi, ormai, e
non aveva mai fatto cenno ad un ragazzo.
Pensandoci
bene, però, non l'avevano mai sentita nominare questo fantomatico
Josh né mai sentita parlare con qualcuno che non fosse Annalisa o i
suoi famigliari e al limite li informava sempre delle sue chiamate
estere.
Era
altamente improbabile che avesse taciuto di una persona così
importante per lei per tutto questo tempo e ora sbandierasse ai
quattro venti la sua “relazione”.
No,
decisamente qualcosa non quadrava.
L'unica
cosa che lo preoccupava era l'atteggiamento rigido che aveva assunto
Nicholas quando lei aveva detto “amore mio”.
Anna
ritornò in salotto raggiante dopo qualche minuto, reggendo in mano
quella che sembrava a tutti gli effetti una custodia per strumenti
musicali di legno rivestita in pelle.
Inutile
dire che l'espressione allucinata dei Jonas la divertì.
Anna's
POV
Heh,
ho il sospetto che Annalisa abbia detto loro che ho chiamato Josh
amore mio.
-
M-ma che cosa significa questo? - balbetta Joseph, indicando la
custodia che reggo in mano con occhi spiritati.
-
Cosa vuoi che significhi? Qua dentro c'è il mio unico e vero amore.
- rispondo pregustandomi il momento di quando mostrerò loro il mio
tesoro.
-
Ma lo hai ammazzato, fatto a pezzi e infilato in quella custodia come
fanno i mafiosi? - chiede perplesso.
Ogni
tanto credo che guardi troppi film.
Feh.
-
Guarda che non è che solo perché sono italiana sono anche una
mafiosa, eh. - detto questo muovo qualche passo all'interno della
stanza, appoggio la custodia per terra e mi inginocchio davanti alle
aperture.
-
È troppo grande per essere la custodia di una chitarra, ma allora
dentro c'è... - non faccio finire di parlare Kevin, che apro il
coperchio e ne tiro fuori il mio bellissimo basso elettrico, un Hoyer
fine anni settanta affettuosamente chiamato Josh.
Eccomi di nuovo! Quanto tempo è passato dall'ultima volta che ho aggiornato? Boh, troppo per essere ricordato.
Mi scuso, non c'è altro da dire.
Volevo ringraziare che ancora ha il coraggio di seguire questa fic:
Cohava: grazie mille
per il commento e grazie per aver messo la storia tra i preferiti! Eh..
Nicolino bello deve ancora imparare a trattare Anna, ma nulla vieta che
prima o poi impari.. Spero che questo capitoletto sia abbastanza
divertante. Grazie ancora!
itsandreea: e aggiornamento fu. Ammiro il tuo entusiasmo e i tuoi
superlativi, segno che il liceo classico ha compromesso anche le mie
facoltà mentali. Grazie dia aver lasciato una recensione!
ElyCecy: diciamo che quasi tutto di questa fic è reso comico/acido,
tranne forse qualche sentimento. Per la dichiarazione di Nick.. heh, ci
sto lavorando. E complimenti per esserti letta 21 capitoli di corsa,
sono lusingata. Grazie e alla prossima!
Ila96: leggere tutti quei capitoli di botto? Wow, non credevo che
fossero molti in grado di farlo.. Chissà se la nostra cara Anna prova
qualcosa per Nicolino.E niente anticipazioni, sennò dove sta la
suspance? Grazie mille per la regensione!
QueenWaldorf: ma che razza di nome ti sei scelta? Vabbè, mi hai già
detto perché, ma ancora non me ne capacito. Sai, tu devi assolutamente
conoscere Josh! Un giorno vieni che te lo presento, Ok? Ci vediamo doma
a scuola e VEDI DI AGGIORNARE!!
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Capitolo 23 *** Coppia ***
23. Coppia
Orco
boia, quanto era che non aggiornavo? Non vado esattamente fiera di
questo mio ritardo e vi chiedo di scusarmi per esso.
Grazie
a quelli che hanno letto i capitolo precedente e grazie a quelli che
leggeranno questo.
Anna
Coppia
“Avrei
dovuto dirlo?” si chiese Anna
dopo essersi infilata la tracolla del basso, contemplando le facce
stralunate dei Jonas.
-
Tu... Tu suoni il basso? - domandò Joe, balbettando.
La
ragazza concentrò lo sguardo sul mezzano e lentamente rispose –
Già. -
-
E perché non ci hai detto niente? -
Inutile
dire che la domanda sorse spontanea, infatti Anna non se ne sorprese
affatto.
-
Immagino perché non c'era la possibilità di portarlo oltreoceano. -
rispose cautamente lei, pesando le parole.
In
realtà la scelta di tacere l'aveva ponderata attentamente, e aveva
poi deciso di concentrarsi sulla lingua, almeno per i primi mesi.
Sapeva
che vivere con dei musicisti avrebbe sicuramente giovato alla sua
abilità di bassista, ma aveva considerato di raccontare tutto verso
gennaio o febbraio.
-
Embé? Noi siamo tutti musicisti, famosi tra l'altro, un basso da
qualche parte l'avremmo pure trovato! Ma è gran dura che a noi possa
venire in mente una cosa del genere, senza che tu ci dica niente! -
s'infervorò Joe, drizzando la schiena.
Decisamente
non capiva la riottosità della ragazza a fornire spiegazioni.
“Tsk,
musicisti” pensò Anna,
facendo ben attenzione a tenersi questa considerazione per sé.
Non
che Joseph avesse tutti i torti, questo Anna lo capiva, ma non
sopportava che qualcuno mettesse in discussione le sue decisioni, che
tra l'altro non riguardavano altro che lei.
“Sai
che non è così, a loro avrebbe fatto piacere sapere che suoni.”
si insinuò nella sua mente la fastidiosa voce della sua coscienza.
Scosse
la testa per cacciarla.
-
E grazie al cavolo, che ne sapevo io che i Jonas affidatari erano
anche i Jonas Brothers? Evidentemente non c'era bisogno che voi
sapeste questo particolare, no? E poi, io non intendo suonare un
basso trovato da qualche parte,
io suono il mio basso.
- rispose lei, ripiegando sulla difensiva per evitare di sommergerlo
di delicate e fini parole.
-
Ti sei accorta di chi eravamo dalla prima volta che ci hai visti!
Cos'è, avevi bisogno di quattro mesi per riconoscerci e deciderti a
parlare? Che poi quel coso mi sembra antiquato, sei sicura che riesca
anche solo ad accendersi?- esclamò Joe con scherno, saltando in
piedi e allargando le braccia, indicando lo strumento.
-
Mah, fa' un po' tu, se tutti quelli che lo hanno visto e provato mi
hanno fatto i complimenti per il suono corposo un motivo ci sarà. E
se lo uso per esercitarmi, si deve accendere per forza, non è che ho
comprato un amplificatore perché facesse da soprammobile, sai? -
ribatté acida la cinerea, sentendosi ferita nell'orgoglio. - Che poi
tu il basso nemmeno lo suoni, come puoi pretendere... - s'interruppe
prima di andare troppo oltre con le parole.
-
Eddai Joe, non è mica la fine del mondo. - intervenne Kevin cercando
di riappacificare gli animi – Ora che lo sappiamo possiamo
improvvisare qualcosa anche a casa, no? Dopotutto le prime rock band
erano composte da batteria, chitarra, voce e basso. Chissà che ci
vengano delle idee per un nuovo album... -
-
Nuove idee un corno! - lo interruppe Anna, alzando una mano e
incenerendo Joe con lo sguardo. - C'è un altro motivo per cui non vi
ho detto niente. - aggiunse tentando di riacquistare la calma – Ho
fatto solo un anno di corso, non sono esattamente esperta. Come puoi
pensare che riuscirei ad improvvisare qualcosa quando nemmeno sono in
grado di leggere le note sul pentagramma? - chiese quasi
retoricamente, alzando il famigerato sopracciglio.
-
Beh, se ce ne avessi parlato prima ti avremmo presentato il bassista
della band e ti avrebbe insegnato qualcosina... - riprese Joe,
suonando fastidiosamente ironico.
-
E quando avrei chiesto il tuo parere, Joseph? - lo fulminò Anna,
stringendo le dita attorno al manico dello strumento.
-
Da quando mi serve il tuo permesso per parlare? - rispose quello con
tono di sfida.
-
Ti avverto: questo basso pesa molto di più di un tamburello e
l'effetto che ha su un cranio è assai diverso... - lo minacciò lei,
accarezzando la forma di legno compatto del corpo del basso.
-
Ok, ok, che ne dite se ci beviamo una bella tisana alla camomilla? -
propose Denise, guardando il resto della famiglia, sperando di
coinvolgerli in una conversazione più rilassata e allegra.
-
Trovo che sia una magnifica idea! - rispose Rosanna, la zia di Anna.
***
- Annalisa, tira su quei piedi,
altrimenti ti giuro che te li strappo via a morsi! - urlò Anna
piegandosi di lato e tirando il freno del bob.
- Ma non so dove altro metterli! -
le sbraitò l'altra, tentando invano di issare gli arti doloranti
sullo slittino.
- Non è un mio problema, ma ti
assicuro che se qualcuno di quei disperati ci supera perché le tue
gambine mi fanno da freno, allora ti conviene usarle per correre
molto veloce e anche molto lontano da qui, perché se ti prendo è
bene che si prenoti una sedia a rotelle. - minacciò la prima,
sterzando e aggrappandosi al bordo per evitare di ribaltarsi.
- E per favore piegati quando ci
sono le curve! - aggiunse, piegandosi a sua volta e sterzando.
Dimenticata la piccola discussione
della sera prima con Joe, Anna aveva proposto alla compagnia di
sfidarsi in una gara di slitte, tenuta sull'apposita pista in cima
alla collina dietro casa.
I Jonas avevano accettato la
proposta con gli animi ardenti di competizione ed erano andati
berciando di rispetto delle regole e sportività degli atteggiamenti.
Le due ragazze li avevano guardati
con aria indifferente, augurando loro buona fortuna.
Con la scusa di non avere abbastanza
slitte, i ragazzi avevano deciso di andare a coppie; in realtà
speravano di aumentare la loro velocità con il peso complessivo.
Immaginavano che Anna e Annalisa non sarebbero mai arrivate a pesare
quanto Joe e Nick. Questa loro supposizione si rivelò corretta, ma
vedersele partite a razzo lo stesso li aveva a dir poco scioccati.
- Accidenti Nick! Piantala di tirare
quel freno, altrimenti non riusciremo mai a raggiungerle! - sbraitò
Joe in preda all'esasperazione. Quelle due pazze li avevano superati
da un po' e non le riuscivano neanche più a sentire.
- Ma vuoi che ci spalmiamo come due
gelatine contro il guardrail? Bisogna essere prudenti quando c'è
ghiaccio sulla pista! - rispose a tono il fratello, sterzando
lentamente.
- Ma quale prudenza e prudenza, hai
visto come sfreccia quella ragazza? Ti pare che si faccia intimorire
da quattro gocce d'acqua raffreddate? - replicò il maggiore,
allungando le mani oltre il bordo del bob e spingendosi con esse.
- Che stai facendo Joe?! -
- Compenso le tue frenate con una
propulsione a braccia! -
- Aspetta! Fermati! AHH! - urlò
Nick perdendo il controllo del volante a facendo un frontale contro
la balaustra di legno.
Joe si rialzò da terra spazzandosi
via la neve dal fondoschiena.
- Ora guido io. -
-
Decisamente non avevate speranza
di vincere. - commentò Annalisa, alzandosi dal bob e sistemandosi
una ciocca di capelli quando li vide arrivare.
-
Beh, almeno abbiamo raggiunto Kevin e Frankie. - si difese Joe
scrollando le spalle.
L'unico
commento della mora fu un “sisi” mugugnato.
Nick
si stupì che Anna non avesse fatto commenti sulla sua schiacciante
vittoria e che non li avesse ancora guardati dall'alto della sua
superiorità con il solito ed irritante sorrisino.
La
vide che se ne stava in silenzio seduta su un cumulo di neve con gli
occhi vitrei, come se stesse pensando a qualcosa di importante.
Prima
che se ne fosse accorto i suoi muscoli si erano mossi e le si era
avvicinato con la bocca già aperta, pronto per parlare.
-
Sto considerando di cambiare le squadre – lo anticipò lei – se
continuiamo a rimanere così accoppiati va a finire che voi perdete
sempre. - “Ed io non voglio vincere così
clamorosamente.” aggiunse
nella sua testa. Aveva promesso che li avrebbe trattati bene, no?
“Si
sta davvero preoccupando della nostra autostima?”
si domandò il ragazzo incredulo, non centrando le vere intenzioni di
lei.
- A-allora cosa proponi di fare? -
chiese Nick, cercando di non arrossire al pensiero di loro due sulla
stessa slitta. Quello sarebbe stato meraviglioso.
Lei lo guardò con le sopracciglia
aggrottate. Non glielo aveva appena detto, cosa voleva fare?
Senza rispondere a Nick scese dal
suo cumulo e chiamò a raccolta tutti quanti.
- Signori, credo che sia opportuno
cambiare le squadre, che ne dite? -
-
Sì per favore, io con Nick non ci sto più! - sbottò Joe, memore
del volo che aveva fatto a causa della prudenza
di suo fratello.
Il
minore non lo fulminò solo perché c'era un barlume di speranza che
lui potesse davvero
stare sulla slitta con la ragazza se Joe si fosse rifiutato di
gareggiare con lui.
- Bene allora. Io vado con Kevin. -
annunciò la cinerea, avviandosi verso il bob.
Le speranze di Nick si frantumarono
immediatamente risuonando nella sua testa come un'immensa vetrata
colpita da un sasso e sarebbe rimasto a fissare il vuoto con
espressione addolorata se Frankie non lo avesse tirato per una manica
e gli avesse sorriso incoraggiante.
- Dai Nick, questa volta vinciamo! -
disse allegro – Però guido io. - aggiunse poi, serio.
Nicholas gli sorrise a fatica –
Come vuoi, Bonus. -
Avevano fatto diverse discese e Nick
si sentì graziato dalla sorte, quando Anna decise di gareggiare con
lui.
Cercò disperatamente di
concentrarsi sulla sfida, distogliendo la mente dai pensieri confusi
che gli occupavano la testa per via della presenza della cinerea
davanti a sé.
Joseph aveva gareggiato due volte
con Annalisa ed entrambe le volte erano arrivati secondi, dopo Anna e
chi stava con lei. Il fatto che la ragazza avesse vinto tutte le
volte aveva rafforzato la già ferrea volontà del mezzano di
arrivare primo almeno una discesa.
- Ormai è tardi Joe, faremo domani.
- lo convinse Annalisa, guardando attentamente la figura del ragazzo.
In quel momento stava cercando di trattenere una risata; vedere Joe
insalamato in una tuta da sci verde pisello, affaticato e nonostante
questo agguerrito era uno spettacolo decisamente comico.
- Comunque siamo una bella squadra,
tu ed io. - disse lei, tirando le somme delle sfide.
Il ragazzo voltò la testa per
guardarla. Aveva un'espressione pacata e contenta.
- Già. Ti va se domani facciamo
coppia ancora? - chiese, sorridendo.
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