Hey Baby

di annina94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nobody's Perfect ***
Capitolo 2: *** I Am What I Am ***
Capitolo 3: *** L'immagine ***
Capitolo 4: *** Love Show ***
Capitolo 5: *** A Little Problem ***
Capitolo 6: *** Scherzi o no? ***
Capitolo 7: *** You, me and she ***
Capitolo 8: *** I Feel Better ***
Capitolo 9: *** Another One Bites The Dust ***
Capitolo 10: *** Incomprensioni ***
Capitolo 11: *** Il meglio deve ancora venire ***
Capitolo 12: *** Come Stai? ***
Capitolo 13: *** Live to Party ***
Capitolo 14: *** Potatoes and Carrots ***
Capitolo 15: *** Keira ***
Capitolo 16: *** Volleyball and Swimming ***
Capitolo 17: *** Hold My Hand ***
Capitolo 18: *** Liberian Girl ***
Capitolo 19: *** Dirty Diana ***
Capitolo 20: *** Blood On The Dance Floor ***
Capitolo 21: *** Why Couldn't It Be Christmas Every Day? ***
Capitolo 22: *** My Love Josh ***
Capitolo 23: *** Coppia ***



Capitolo 1
*** Nobody's Perfect ***


capitolo 1 anna corretto
Hey Baby








Capitolo 1: Nobody's Perfect.

Erano quasi le undici di notte, nella tiepida aria di settembre, dove gli alberi non avevano ancora

 cominciato a perdere le foglie e gli uccelli volavano in grandi stormi, preparandosi per le lunghe migrazioni.

“ Forse ci rincontreremo, uccelli migratori, poiché anch’io sto per imbarcarmi su un aereo diretto in

 un luogo che in inverno è più mite del mio amato Alto Adige” pensò Anna, con una punta di malinconia.

 Era nata in quella piccola regione autonoma, più precisamente nel capoluogo, Bolzano.

 Come città non era grandissima, ma contava i suoi 96.000 abitanti. Più di Trento, capoluogo di regione.

 Praticamente una nullità, messa a confronto con la mitica e meravigliosa Los Angeles, città di

 celebrità, belle ragazze e surfisti abbronzati.

 Almeno la sua città non era teatro di disgrazie e episodi di scandali, come succedeva dall’altra parte del mondo.

 E poi anche l’Alto Adige sfornava campioni sportivi, basti pensare a Carolina Kostner, campionessa

 di pattinaggio artistico, nonché idolo della sorellina Elena di tredici anni, ad Alex Schwazer, ed ad
 
una lunga lista di sciatori e praticatori di sport invernali.

 “Anche se non mi piace sciare, sono fiera di quelle persone che provengono dalla mia regione”.

 - Anna! Son già  le 23.35! Ti devi muover se no perdi l’aereo!- strillò la sua amata sorellina, in

preda ad una crisi isterica, dovuta al fatto che la sua sorella maggiore stava per lasciarla sola per nove lunghi mesi.

 - Sì, Elena, ma vedi, hanno appena aperto lo sportello dell’imbarco, e tutte le persone si sono

ammassate lì, quindi è u po’ inutile che io mi alzi per sorbirmi mezz’ora di coda. – rispose Anna

in tono gentile, cosa che fu motivo di sorpresa sia per i genitori, che per la bambina, 

visto che i loro rapporti non erano mai stati dei migliori,

guardandola con occhi supplichevoli.

- Farò in modo di non perderlo – fu la secca risposta.

 

Un anno fa, era arrivata a casa una lettera che informava la spett. le. Famiglia Dal Fuoco, che la loro

 richiesta di trasferire la figlia Anna in America per un soggiorno studio allo scopo di affinare le

 conoscenze della seconda lingua inglese, era stata accettata. Il nome dei suoi ospiti, lasciò Anna un

 po’ interdetta, ma liquidò li problema, dicendosi che c’erano centinaia di famiglie negli Stati Uniti

 ad avere il cognome Jonas.

 

 
Aeroporto di Milano Malpensa
 

 

- Documento d’identità e biglietto, prego – la voce nasale dell’impiegata le diede un leggero

 fastidio, ma le porse ciò che aveva chiesto senza indugi.

 Una volta passata la porta, si girò per salutare l’ultima volta la sua famiglia.

 - Mi mancherai tantissimo! – disse Elena, cercando di reprimere un singhiozzo, con scarsi risultati.

 Alzò una mano e sorrise. Era raro vederle dipinto sul volto quel sorriso, che era più dolce delle

 mele candite, perché a prima vista non le si addiceva. Una persona estremamente orgogliosa non

 poteva permettersi di dimostrarsi debole, quindi se sorrideva così, c’era un motivo importante.

 Appena si girò, una lacrima solitaria le rigò la guancia destra.

 - Anche voi mi mancherete, tutti – mormorò a bassa voce.

 

 Aveva avuto la fortuna di avere il sedile vicino al finestrino, e non potendo ascoltare la musica, tirò

 fuori dal bagaglio a mano il libro che si era portata dietro.

 Il viaggio fu lungo e il libro finì parecchio prima che l’aereo arrivasse a destinazione.

 

 “Mi sta sorgendo una preoccupazione: benché la mia conoscenza dell’inglese sia buona, la lingua

 che parlano in America è diversa da quella che ho sempre studiato a scuola. Sarà un casino, i

 primi giorni, capire quello che mi verrà detto e quello che si diranno fra di loro. Naturalmente, non

 posso assolutamente chiedere loro il favore di parlare più lentamente, perché in questo modo, il mio

 orgoglio ne risentirebbe e poi riacquistarlo sarebbe un problema. Dovrò stringere i denti e

 mascherare le mie incomprensioni. Non sarà facilissimo, ma ce la farò.” pensava a questo, nelle

 restanti tre ore di volo che la separavano dalla sua nuova vita a Los Angeles.

 Sapeva che il fuso orario l’avrebbe disturbata per almeno una settimana, ma proprio per questo,

 aveva insistito per partire almeno due settimane prima dell’inizio della scuola; non le piaceva il

 fatto che i suoi nuovi compagni di corsi notassero che non era americana a causa del fattore stanchezza.

 Cercò di dormire, ma si appisolò solo per una mezz’oretta.

 

La voce del pilota echeggiò negli altoparlanti dell’aereo, che era di proporzioni esagerate: tre file di

 sedili, le due laterali da tre, mentre quella centrale da quattro, informando i gentili passeggeri che il

 viaggio era andato bene e facendo le ultime raccomandazioni e ringraziandoli per aver scelto la loro compagnia aerea.

 “Probabilmente questa è l’ultima volta che sentirò parlare in italiano” si disse Anna alzando gli occhi al cielo.

 

 Una volta scesa, si diresse verso l’uscita, dove un impiegato della società che si occupava dei

 soggiorni studio, la stava aspettando per condurla alla macchina della famiglia che l’avrebbe ospitata.

 - Signorina Dal Fuoco, la stavo aspettando. Prego mi segua – disse lui, prendendole la valigia già ritirata.

 - La signora Jonas è stata molto contenta di averla in custodia. Ha detto che una ragazza avrebbe

 fatto bene a tutta la famiglia – ridacchiò al pensiero di quando la donna aveva ottenuto la custodia

 della ragazza, rivelandogli quel particolare.

 Anna notò subito l’accento diverso e la tendenza a strascicare le parole, tipica degli americani.

 - Spero che non si debba ricredere, una volta che mi avrà conosciuta – disse lei in tono pensieroso.

 L’altro sorrise ma non disse niente.

Dopo aver percorso corridoi luccicanti e immense sale d’attesa, uscirono dall’enorme struttura per

 ritrovarsi sulla strada. Si diressero verso un parcheggio semivuoto, dove sostavano una ventina di macchine gigantesche.

 Erano tutte chiuse tranne una, quella dei signori Jonas, suppose lei.

 Man mano che si avvicinavano alla mastodontica vettura, Anna scorse due persone all’interno

 dell’abitacolo, che non appena li videro avvicinarsi, smontarono per accoglierli e mettere la valigia

 e lo zaino nel bagagliaio.

 La donna era veramente una bella signora, il marito un po’ meno, ma i dimostrarono subito gentili e

 benevoli nei confronti della loro ospite.

 - Buongiorno signori Jonas. – disse Anna, non lasciando trapelare dal suo tono, il nervosismo che

 s’infrangeva contro le sue labbra, desideroso di uscire.

 - Buongiorno a te! Io mi chiamo Denise, piacere.- disse la donna porgendole la mano. Il suo tono

 era caldo ed esprimeva felicità.

 - Anna, il piacere è mio.- classiche formalità, noiose ma utili. Il suo dubbio si rimpossessò della sua

 mente, quando la signora pronunciò il suo nome. “ Se è lei la Denise che penso io, allora ci sarà da

 ridere. Vediamo come si chiama il padre, e il gioco è fatto.” Pensò Anna, che non osava pensare alle

 conseguenze di nove mesi passati al loro fianco.

 - Io sono Paul Kevin Sr., benvenuta-  si presentò l’uomo, porgendo anch’egli la mano.

 “ Bingo”

 - Piacere-  rispose con un sorriso enigmatico, capace di mandare in orbita  i neuroni di chiunque

 tentasse di decifrare quella strana espressione.

 - Bene, il mio compito è finito. Se vi serve qualcosa, il mio numero è sulle schede che vi ho dato. –

 disse alludendo ai fogli con la firma dei genitori di Anna e dei Jonas.

 - Arrivederci. – detto questo si diresse verso una delle macchine parcheggiate e, una volta aperta, mise in moto e partì.

 “ Si aprano le danze” pensò Anna.

 - Abbiamo lasciato il resto della truppa a casa, e immagino che tu, come loro, sia affamata, no? –

 annunciò Denise, aspettando una risposta dalla ragazza che aveva di fronte.

 - Sì, la colazione che hanno fornito a bordo era  piuttosto misera, ed io non sono il tipo che disdegna

 i pasti, anzi, mi chiamano buongustaia.- disse esibendosi in un mezzo sorriso.

 - Bene, mi fa piacere. Magari un giorno valuterai le mie conoscenze della cucina italiana.- e

 sorridendo aggiunse – E magari anche quelle di Kevin.-

 Anna la guardò divertita e con un accenno di stupore; sapeva che il maggiore era una provetta

 donna di casa, ma addirittura che cucinasse agli alti livelli della cucina della sua adorata Italia, era... interessante.

 - Non vedo l’ora- in quel momento la sua pancia reclamò una razione di cibo, dato che la colazione

 era stata letteralmente insignificante.

 Denise scoppiò a ridere, dicendo – Mi sa che il tuo stomaco è d’accordo con te. –

 Anche il signor Jonas si concesse una risata, e quando si furono calmati, salirono in macchina.

 - Parlando di pranzo: siamo abbastanza lontani da casa, quindi se cucinassi io, mangeremmo tra

 un’ora, come minimo.- A quell’affermazione, Anna spalancò gli occhi, ma si ricompose subito.

 - Quindi potrei chiamare i ragazzi e chiedere loro di imbastire da mangiare, in modo che sia quasi

 pronto quando arriveremo.- Parve pensarci su  poi chiese al marito e alla sua ospite.

 - Per me non c’è problema, conosco Kevin, e so che cucina bene.- affermò l’uomo, orgoglioso di

 avere un figlio che si dilettava ai fornelli.

 Anna fece un rapido calcolo e poi disse – Se sa cucinare pietanze italiane, deve essere un cuoco

 davvero formidabile. Conosco la mia cucina, e so per esperienza personale, che non è semplice

 come sembra. Direi che possiamo gentilmente chiedere a vostro figlio di preparare qualcosa, grazie.-

 Incrociò le braccia al petto e rimase in silenzio. I suoi occhi verdi esaminavano il paesaggio

 circostante; era tutto così diverso da casa. Le strade a tre o più corsie le ricordavano le autostrade

 della Francia, e quelle macchine immense la facevano sentire minuscola. “Probabilmente nemmeno

 queste auto sono abbastanza capienti per poter contenere l’ego di Annalisa” pensò divertita al

 pensiero dell’amica. Subito dopo fece una smorfia dentro di sé, pensando a tutti i chilometri che le separavano.

 Naturalmente le aveva detto che la famiglia che la ospitava si chiamava Jonas, ma neanche lei

 stessa aveva saputo, fino ad allora, che erano proprio quei Jonas.

 Annalisa era un’assidua frequentatrice dei siti e dei forum riguardanti i JoBros, ed aveva implorato

 l’amica di farglieli conoscere, nel caso fossero stati loro. Anna non avendo trovato una scusa valida

 aveva acconsentito. Ma come faceva a farli incontrare? Domanda idiota, si disse, poiché Nls

 (soprannome affibbiatole in seconda media da lei e Rebeca, l’altra amica) avrebbe persuaso i suoi

 genitori, si sarebbe imbarcata sul primo aereo per Los Angeles e si sarebbe presentata davanti a casa

 loro in meno di 36 ore. Ovviamente, Anna avrebbe dovuto preparare psicologicamente i timpani dei

 suoi coinquilini, perché non era sicura che reggessero a tremilacinquecento decibel di urla, per

 quanto potessero esserne abituati.  Decise che se la sarebbe presa con calma, ma doveva dirlo alla

 sua amica, che era ospite dei Jonas Brothers.

Non si era accorta che nel frattempo Denise stava informando il figlio maggiore degli sviluppi del

 pranzo. Quando si perdeva a pensare ai fatti suoi, niente la interessava più di tanto.

 Così si mise ad ascoltare la mamma che forniva suggerimenti per il menù.

 - No Kevin, non ti sto dicendo che devi preparare un perfetto pranzo all’italiana, solo che non devi

 preparare schifezze, come cheeseburger con senape, ketchup e maionese mescolate insieme, senza

 contare la salsa tartara…No, neanche l’insalata con pollo e uova strapazzate con aggiunta di salsa al

 curry… ma noi neanche ce l’abbiamo la salsa al curry… ah, l’ha comprata Joe stamattina

 apposta…e si offende se non la usiamo…Ah...Senti, fai una pasta con un sugo fatto in casa, di quelli che

 ci sono sulla mensola dove Frankie non arriva… sì, quelli nei vasetti vicini alle caramelle… esatto,

 poi fai il petto di pollo saltato con la salsa di tuo fratello, così è contento, prepara un’insalata

 normale, se vuoi mettici il mais e i fagioli, e se c’è tempo prepara un dessert. Fai in modo che gli

 altri ti aiutino, almeno preparando la tavola…uh-hu..  noi arriveremo fra circa un’oretta. Grazie, tesoro. Ti

 voglio bene…sì … ciao- con un clic chiuse la comunicazione e si girò verso il sedile posteriore,

 dove stava Anna e le sorrise.

 - Perfetto, il pranzo sarà quasi pronto, una volta che arriveremo,- disse allegra – Ma per passare il

 tempo, mi piacerebbe sapere qualcosa in più su di te, a partire dal tuo nome, Anna. Cosa significa e 

 da cosa deriva; il cognome, come si traduce in americano, il tuo segno zodiacale, il tuo carattere, i

 tuoi hobby, cosa ti piace fare, cosa no… insomma, la tua vita. – In realtà, voleva sapere chi si era

 presa in casa, se quella ragazza non avrebbe minato la salute mentale dei suoi bambini ( non si sa

 mai Nd Me), ma soprattutto voleva conoscerla e farla diventare amica dei loro figli, facendoglieli

 conoscere come erano fuori dal palcoscenico, ovvero per quello che offrivano come Nick, Joe e

 Kevin, non come i Jonas Brothers. Sapeva che l’attuale fidanzata di Danger, Camilla Belle, stava

 con lui solo per la fama e il fatto di poter pavoneggiarsi con le amiche di essere la ragazza di Joe

 Jonas, e la cosa la infastidiva. Più volte aveva provato a dissuadere suo figlio dall’idea di quella

 relazione, ma non ci era mai riuscita, con suo grande disappunto e quello dei fratelli. Magari se

quella ragazza avesse avuto un carattere forte e si fosse affezionata a Joe, sarebbe riuscita a

 dividerli. Sapeva che era un tentativo assolutamente vano, ma era praticamente l’ultima chance di

 suo figlio. Certo, non si era battuta per ottenere il permesso di far rimanere Anna in casa sua per

 nove mesi solo a questo fine, ma era uno dei motivi cardine. Si era sentita in colpa un migliaio di

 volte, perché le sembrava una barbaria far venire una ragazza dall’Italia solo per questo, ma si era

detta che avrebbe fatto bene a tutti, avere un’altra femmina in casa.  

E poi, lei veniva per imparare la lingua, quindi se parlava con Joe avrebbe parlato in americano.

 Dal canto suo, Anna stava cercando di ricordare il significato del suo nome, e lambiccandosi il

 cervello riuscì, bene o male, a risalire alle origini. (eh sì, perché io non me ne ricordo MAI, e dico mai, il significato Nd Me)

 - Deriva dall’ebraico, poteva essere usato sia al femminile che al maschile, di solito per i sacerdoti,

 in quest’ultima possibilità. Significa “speranza” e “prosperità” ed era il nome della madre di Maria,

 moglie di Gioacchino. Per quanto riguarda il cognome, in americano può essere tradotto in “From

 Fire”, che è la traduzione letterale; i prefissi Da, Di, Dal e De significano un’appartenenza nobile,

 anche se al giorno d’oggi non è più così. È strana la coincidenza fra il cognome e il segno zodiacale,

 Ariete, essendo esso un segno di fuoco. Grazie o a causa dell’influenza del pianeta Marte su di esso,

 ho un carattere che molte persone definiscono “terribilmente testardo e irrimediabilmente

 orgoglioso”; se poi si aggiunge un pizzico permalosità ed un ego che sa il fatto suo, si ha in mano la

 ricetta del mio modo di essere. Ma io non sono solo così, poiché sono anche dolce, solo in

 circostanze occasionali, leale, rispettosa, riservata e relativamente calma. Quando mi arrabbio, però

 divento quello che la mia amica Annalisa chiama “una catastrofe di proporzioni apocalittiche che è

 meglio evitare”. – detto questo, si trovò gli occhi di Denise e quelli del signor Jonas, che la fissava

 interdetto nello specchietto retrovisore, che la guardavano sorpresi.

 - Ma per quale motivo ti dovresti arrabbiare così tanto?- chiese quasi preoccupata, mamma Jonas.

 Conoscendo Joe e le sue doti stressanti, avrebbe potuto fargli del male.

 - La gente  mi prende in giro per via dell’altezza, credendo che sia l’unica cosa importante, oltre alla

 bellezza, e questo non lo digerisco. Per quanto avere diciassette anni ed essere alta 1.65 centimetri

 non sia così poco comune, il fatto che dei ragazzoni alti, larghi e senza un Angstrom di materia

 grigia, mi insultino, mi urta pesantemente i nervi. E se un’esauriente orazione riguardo la scomodità

 di essere troppo alti non funziona, si passa alle minacce, ed infine alle percosse.- illustrò Anna,

 sicura di essersi guadagnata il biglietto di ritorno seduta stante. Quando Denise rimase in silenzio, si

 accigliò. Perché nessuno l’accettava mai per quello che era , giudicandola sempre troppo violenta e

 impulsiva? Perché nemmeno con sua sorella riusciva ad avere un rapporto normale? Perché solo

 Annalisa e Rebeca si trovavano bene con lei? Doveva cominciare a credere di essere loro amica

 solo perché faceva pena? E poi dicono tanto delle star, che nel loro mondo sono tutti falsi, che se

 conoscono qualcuno che non sia famoso o omettono qualche particolare, o li pregano di trattarli

 come persone “normali”. Ma che ne sanno loro di come sono le persone normali? Anche gli altri

 hanno dei problemi, ed il suo era quello di non riuscire a farsi accettare per ciò che era. Sentì

 l’amaro della bile in bocca, mescolarsi alla saliva e lasciandole un sapore sgradevole sul palato.

 “Il sapore del mio modo di essere, il mio sapore” pensò, facendo un sorriso triste dentro si sé.

 - Forse sei qui per cambiare, per comprendere quel tassello del tuo Io, che ti sfugge, affinché tu

 possa far capire agli altri quello che senti senza pensare di ferire il tuo orgoglio. – Non era stata

 Denise a parlare, bensì Paul, che era rimasto in silenzio a pensare alla forza che quella ragazza

 aveva, per sopportare di continuo le offese dei suoi coetanei.

 Anna abbassò lo sguardo per qualche minuto e poi disse alzando la testa, fieramente saldata sul

 collo: - Avete ragione, da oggi in poi esprimerò i miei stati d’animo, almeno in parte, affinché gli

 altri sappiano cosa mi passa per la testa ed evitando così di dover minacciare le persone. – I suoi

 occhi ora erano infiammati e luminosi. Denise vi lesse tutta la determinazione di quella ragazza,

 notando anche una nota di sfida nelle iridi verdi di Anna.

 Paul sorrise, felice di aver aiutato una persona.

 - Già, le vie del Signore sono misteriose, e per quanto l’uomo cercherà di svelarle, le apprenderà

 unicamente quando la sua anima si presenterà innanzi a Lui, nel regno dei Cieli, libero dai peccatidella carne. –

 - Tesoro, non ti sembra di esagerare un pochino? – chiese perplessa sua moglie, che nemmeno

 durante le  funzioni in chiesa lo aveva visto così spiritato.

 Anna capì dove voleva arrivare, quindi si preparò un breve discorso su come soddisfare il pastore e

uscirne vincitrice. Dopotutto il suo orgoglio le impediva di perdere una qualsiasi sfida o esame.

 “Rapido e Indolore”

 - Dipende da cosa si intende con “i peccati della carne”, poiché il concetto d peccato che mi hanno

 insegnato a catechismo e a scuola durante l’ora di religione si riassume nei sette peccati capitali,

 ossia lussuria, ira, vendetta, gola, ecc… ed ai nostri preti è imposto il voto di castità, cosa che voi

 protestanti non considerate, quindi potrei intendere la frase “peccati della carne” con qualcosa che

 per voi è assolutamente normale.- argomentò Anna, sorridendo appena alla reazione del pastore.

 Uno a zero per Anna. Palla al centro.

 - Dimenticavo il voto dei miei confratelli italiani. Ma a parte questo, gli altri peccati che hai

 elencato sono molto diffusi, ahimè, al giorno d’oggi. – ribatté lui, svoltando a destra e fermandosi poco dopo ad un semaforo.

 - Non per essere antipatica, ma credo che, escluso Nicholas, che per motivi di salute è tenuto a

 prendere l’insulina, gli altri vostri tre figli, compreso il piccolo Franklin, si siano mangiati,

 almeno una volta, un dolcetto o una caramella in vostra assenza.- disse lei in tono affabile,

guardando di sottecchi l’autista.

 Denise decise che era ora di smetterla di punzecchiarsi sia perché quella ragazza aveva dimostrato

 una grande capacità di intuizione e rielaborazione dei concetti sia perché sapeva chi erano i suoi figli in realtà.

 -Tornando all’argomento famiglia- proruppe la donna – a quanto pare sai chi siamo e chi sono i

 nostri figli. Posso chiederti fino a che punto li conosci?- con quella domanda si sarebbe aspettata un

 elenco delle nozioni in sua conoscenza, ma la risposta che ottenne la lasciò di stucco.

 - Li conosco abbastanza da sapere il significato della fedina che portano al dito, e a rispettare la loro

 decisione di averlo. – disse, guardando con occhi assenti fuori dal finestrino.

 - Oh – fu l’unica cosa che Denise riuscì a dire. Naturalmente si era aspettata che parlasse anche

 dell’anello della purezza, ma il suo tono e le parole che aveva usato la colpirono.

 Probabilmente era successa la stessa cosa a suo marito, perché lo sentì tamburellare con le dita sul

 volante, segno che stava pensando.

 Dopo due svolte, si ritrovarono sul vialetto ce conduceva al garage.

 Quando scese dalla macchina, si trovò davanti ad una specie di villetta a due piani in stile

 vittoriano, con il giardino curato e le aiuole potate di recente. Gli alberi che ornavano il viale erano

 da frutta, ma essendo i primi di settembre, non c’era traccia di succulenti frutti.

 La porta di casa era bianca con la maniglia dorata, che creava un piacevole contrasto con le pietre

 che formavano la facciata principale dell’abitazione. Le finestre che davano su quel versante

 avevano gli intarsi in legno bianco, in modo da omogeneizzarsi con il  resto. Era veramente una splendida casa.

 Accortasi che le borse erano state scaricate, corse a prenderle per portarle nell’abitazione.

Denise doveva ancora scendere dalla macchina, così le si avvicinò per aspettarla, ma prima che

 arrivasse alla portiera, la signora scese e chiuse la vettura, facendole segno di andare a suonare il campanello.

 La sentì parlare con il marito e capì che il signor Jonas sarebbe rimasto in garage per qualche minuto ancora.

 In quel breve lasso di tempo, sentì provenire da dietro la casa delle grida e delle risate.

 “Qualcuno si sta divertendo, lì dentro” pensò, ancora leggermente incredula sulle persone che stava per conoscere.

 “I Jonas Brothers, wow”

 Issò la valigia sul pianerottolo e suonò il campanello.

 DLIN DLON (un’aquila con il mal di gola è più carino da sentire Nd Me)

 Improvvisamente le grida s’interruppero e, poco dopo, qualcuno aprì la porta.

 Quel qualcuno era Kevin Jonas.

 "Oh, cazzo” quella era l’unica cosa che il suo brillante cervello riusciva a produrre in quel momento.

 “Avanti! di’ qualcosa, qualunque cosa! Presentati, digli ciao, che ne so! Ci dovrai convivere per un

intero anno scolastico, quindi parla, prima che lo faccia lui!! Ne va del tuo orgoglio!”

Ma la gola rimaneva secca, senze parole da dire

Dopo un’interminabile istante, Anna riuscì a salutare cortesemente la persona che le stava davanti.

 Lui la squadrò da cima a fondo, inclinando impercettibilmente la testa di lato, e poi le sorrise,

 facendole il baciamano e presentandosi a sua volta.

 - Piacere mio, Ann. Prego, lascia che ti aiuti con la valigia.- Disse, prendendole il bagaglio.

 Lei rimase shoccata dal baciamano del ragazzo, ma si riprese in fretta, facendo un passo avanti e

 stringendo convulsamente le dita sulle cinghie dello zaino.

 - Ehm, non ti preoccupare per la valigia, posso portarla anche io. – disse lei raggiungendolo.

 - Mi dispiace, ma la cavalleria è il mio stile di vita e ,in quanto tale, non posso permettere che una

 signorina faccia  i lavori pesanti. – rispose lui, guardandola negli occhi e riprendendo la valigia.

 - Beh, se la metti così, non sarò certo io a cambiarti. – ridacchiò Anna, lasciandogli il bagaglio.

 Kevin alzò nuovamente lo sguardo per incontrare il suo, piacevolmente sorpreso dal fatto che quella

 ragazza non disdegnava il suo aiuto.

 Dirigendosi verso il salotto, il maggiore le fece fare un primo giro d’ispezione del piano terra,

notando che le interessavano soprattutto il mobilio e l’arredamento.

 - È un buon gusto, mi piace. – ammise, guadandosi intorno stupefatta.

 Kevin sorrise e depositò il carico nel salotto.

 - Credo che sia ora di farti conoscere i miei fratelli. – disse ad un tratto, passandosi una mano tra i ricci scuri.

 Anna si voltò di scatto, immaginando la propria reazione davanti a ben tre Jonas, di cui due famosi e ambiti dalle ragazze.

 “Forza e coraggio” si disse.

 - Sì, certo. – rispose lei nervosamente.

 Intuendo il suo disagio, Kevin le sorrise rassicurante, in modo da aiutarla per il primo impatto con

 quella banda di strani, che erano i suoi fratelli.

 Le fece strada fino alla porta finestra del soggiorno, oltre la quale non si vedeva granché a causa

 della luce accecante. In compenso le urla si fecero più intense e Anna riuscì a capire quello che le

 persone fuori si stavano dicendo.

 - No Joe, passala a me! - strillava una vocina da bambino.

 - Non se ne parla neanche, Bonus. Prima non me la hai passata? Allora io la do a Nick!-

 - Joe, te l’ho mai detto che sei il mio fratellone preferito? – fece il piccolo Frankie con aria da ruffiano.

 - Ma guarda un po’, non ero forse io il tuo fratello preferito? – sopraggiunse una voce poco distante.

- Beh, veramente sono io, dato che gli sto insegnando a suonare la chitarra… - disse Kevin sulla

 soglia della porta. Essendo davanti ad Anna, gli altri fratelli non la videro e il piccolo Bonus lanciò

 la sfera di gomma a Joe, che con uno scatto la spedì in direzione del fratello maggiore.

 Peccato che questi si voltò per andarsene, completamente ignaro di tutto e il pallone volò dritto verso la faccia dell’ospite.

 Nello sforzo, Joe, aveva chiuso gli occhi, mentre quelli dei fratelli erano puntati con orrore verso la vittima della pallonata.

 Anna realizzò in una frazione di secondo che quel coso la stava per prendere in pieno viso, così

 portò meccanicamente le braccia in difesa e attese.

 Con uno schiocco sinistro, la palla cozzò contro gli arti, per poi cadere a terra.

 L’urto aveva fatto indietreggiare la ragazza di qualche passo, ma ne era uscita illesa. Aprendo di

 colpo gli occhi vide i suoi polsi incrociati davanti a se e un Kevin preoccupatissimo. Abbassò le

 braccia e incrociò lo sguardo di uno dei tre fratelli in giardino. Le pupille erano dilatate dal terrore e dalla

 paura, ma i fondo c’era anche sollievo. Alzò leggermente gli occhi, quel tanto che bastava per

 riconoscere una massa informe di capelli ricci e scuri.

 

 

 
"Nick

 

Salve! Ho deciso di mettermi a scrivere una fiction sui Jonas, senza l'aiuto della mia spettabile collega jonas_princess.

Ci sarà uno dei personaggi di "Tutto per una gomma bucata", Han, dato che sono io. E anche la mia amica Annalisa.

Sì, perché questa coppia di pazze farà impazzire i nostri tre stinchi si santi!

Recensite e al capitolo successivo! 

annina94

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Capitolo 2
*** I Am What I Am ***


i am what i am correttaStava ancora fissando quegli occhi color nocciola, nei quali leggeva sorpresa, spavento e simpatia,

quando il Jonas di mezzo aprì gli occhi, comprese la gravità del suo gesto e si precipitò a scusarsi

con lei. Certo, vedere Joe Jonas che ti corre incontro con l’intento di soccorrerti, non è una cosa

all’ordine del giorno, specie se Anna non fosse stata una persona con le gambe per terra e la testa

ben piantata sul collo e avesse reagito con uno svenimento, facendolo preoccupare ancora di più.

Il moro interruppe bruscamente la sua corsa a metà del giardino, spalancando gli occhi dal terrore,

nel senso lato del termine. Lei, non capendone il motivo, si voltò per vedere e capire.

Una volta seguita la traiettoria dello sguardo di Joe, comprese come mai il ragazzo si fosse fermato

all’improvviso: Denise lo stava guardando e i suoi occhi erano un concentrato di istinti omicidi e

punizioni severe, oltre che di sollievo. Probabilmente aveva visto tutta la scena, e avendo

conosciuto le potenzialità assassine della sua ospite, aveva preferito essere lei a sgridare suo figlio.

-Io… Ecco… - tentò di difendersi il colpevole, prevedendo una sfuriata della madre sulla sua

irresponsabilità e sbadataggine, ma prima che la signora Jonas potesse in qualche modo

rimproverare il figlio, Anna lo difese – La prego, Denise, è stato un incidente; non credo che Joseph

avesse intenzione di colpirmi, dato che il colpo era diretto a Paul Kevin, il quale si è girato appena

prima che la pallonata venisse scagliata. Dubito che sarebbe stato facile per Joseph mantenere gli

occhi aperti durante il lancio, poiché è naturale chiuderli prima di un’azione del genere. Io stessa

avrei tirato il pallone, inconsapevole del fatto che la persona alla quale miravo, si sarebbe spostata.

Non credo che ci sia il bisogno di riprendere qualcuno per l’accaduto, che, ripeto, è stato un

incidente. – la logica non faceva una piega e, dopo uno smarrimento iniziale collettivo, tutti si

rilassarono.

Camminando con compostezza, il mezzano si avvicinò all’ospite, le fece il baciamano e si presentò.

- Joseph Adam Jonas, piacere. Anche se, a quanto pare, sa già chi siamo, i miei fratelli ed io. Ad

ogni modo, mi può chiamare Joe.  – disse, sorridendo birichino.

Lei ricambiò con un sorriso aperto e solare, rispondendo all’affermazione del moro – Sì, di voi so

abbastanza di ciò che c’è da sapere, tranne forse le date di nascita di Paul Kevin e tua. E per

anticipare la tua prossima domanda, quella di Nicholas la so, semplicemente perché è nato il mio

stesso giorno, cinque mesi più tardi. E senza offesa, ma anche se la mia amica Annalisa me le ha

ripetute diverse volte, io proprio non me le ricordo, come non mi ricordo il significato del mio

nome.

– concluse, fissando il moro dritto negli occhi e ammiccando lievemente in direzione di Denise.

Quest’ultima sorrise all’accenno del nome, rinunciando definitivamente all’idea di riprendere

Joseph. Appena finita la presentazione di quest’ ultimo, il minore si fece avanti, leggermente

intimorito da quegli occhi freddi e calcolatori, non riuscendo a celare del tutto il nervosismo che gli

attanagliava il corpo e le viscere.

I suoi movimenti, al contrario di quelli dei fratelli, erano rigidi e secchi, quasi non si muovesse da

diverse ore e gli arti gli si fossero indolenziti, rendendo qualsiasi movenza sgraziata. Malgrado

questo, riuscì a fare anche lui il baciamano e a dire, seppur con diffidenza il proprio nome e i

convenevoli.

- Nicholas Jerry Jonas, onorato di fare la sua conoscenza. – ok, forse questo era troppo anche per i

gentilissimi signori Jonas, i quali scrutavano il figlio sorpresi.

- Anna Dal Fuoco per servirla, Sir Jonas – rispose lei a tono, accennando appena un inchino. Non

voleva offenderlo, solo dimostrargli che era rimasta piacevolmente sorpresa.

Alzando lo sguardo dalla sua mano, Nick incontrò per la seconda volta quegli occhi, che avrebbe

addirittura definito mistici, se non fosse per il fatto che la magia era una cosa impura, come gli

aveva insegnato il padre. Ma, accidenti a lei ( non lo avesse mai fatto! ) quello era l’unico termine

che si addiceva perfettamente sia al suo viso, che ai suoi occhi. Tutto, dal taglio di quest’ultimi, alle

sopracciglia, che non erano perfette, ma nemmeno rifatte, semplicemente normali, alle ciglia,

lunghe, chiare verso la fine e scure all’attaccatura, al naso, alla linea del mento, che da

quell’inclinazione a tre quarti era ben visibile, alle fossette che si formavano ai

lati della bocca quando sorrideva, alle labbra. Quelle volte che si soffermava a fissarle, per poco,

dato che non si poteva far vedere da lei, da sua madre e dagli altri, si incantava, seguendone i

movimenti discontinui e irregolari che assumevano per far uscire le parole, piegate alla volontà

della persona cui appartenevano. E poi erano di un colore strano, bello, rosso, non pastello, ma

neanche troppo slavato. Non erano ne carnose ne sottili, una via di mezzo, unica nel suo genere, ma

tutt’altro che comuni; forse era proprio quello, che le rendeva incredibilmente meravigliose e

fantastiche. Ma Nick non sapeva se avrebbe mai voluto baciarle. Sarebbe stato troppo complicato

capire la logica che la mente della ragazza seguiva. Per lui quelle labbra erano troppo diverse,

strane; non riusciva a capirle e capire quello che loro volevano da lui. Non si muovevano in modo

sensuale, anzi, spesso si contraevano in particolari smorfie che non era in grado di decifrare, mentre

socializzava con Bonus.

Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto da Joe, che si lamentava di essere affamato, Kevin, che gli

intimava di tacere mentre conduceva 
lei in sala da pranzo, fra schiamazzi e battute idiote del

mezzano, il quale si era già dimenticato che fosse un’ospite.

Lui rimase indietro con la scusa di dare una sistemata al giardino, pieno di palle e palline e giochi

vari, disseminati dai suoi fratelli e lui. Fece per uscire, quando inciampò nella palla che aveva quasi

spedito al pronto soccorso la giovane “mistica”, appena arrivata. La prese in mano e se la rigirò,

osservandola con grande interesse. Non sapeva come mai, ma tutto ciò che lei aveva toccato, era

quasi caldo sotto il suo tocco. Si disse che erano tutte stupidaggini, che fra poco sarebbe stato

pronto il pranzo, e che a pancia piena si ragionava meglio. Ma comunque il suo cervello gli

suggeriva di fare una cosa che non si sarebbe mai sognato di fare, ma che infondo non era nulla di

male. Quindi, con la palla in mano, si diresse al piano superiore, diretto in camera sua, con l’intento

di mettere l’oggetto nel suo comodino e riflettere su questa novità con calma, nel

pomeriggio. Scese le scale, guardandosi continuamente alle spalle, come se avesse paura di essere

visto e velocemente uscì in giardino per raccattare i giochi che rimise poi nel loro apposito

contenitore. Erano passati appena cinque minuti, quando sentì un tocco leggero sulla

spalla destra. Non aveva sentito che qualcuno era sopraggiunto alle sue spalle, benché avesse un

udito molto sviluppato, addirittura più dei suoi fratelli, quindi la persona che gli si era avvicinata

doveva essere straordinariamente silenziosa e, se due più due fa quattro, non era qualcuno della sua

famiglia, erano tutti dei gran rumorosi. Anna, pensò, rabbrividendo, quando uno sentì uno sguardo

gelato trafiggergli le scapole.

Lentamente si voltò, ritrovandosi di nuovo quelle iridi verdi puntate contro, quasi volessero

trapassarlo. La gola divenne improvvisamente secca, mentre si sforzava di apparire calmo e

rilassato. Che tentativo futile. Lei lo guardò fisso, poi addolcì lo sguardo e sorrise. Nick si sentì

improvvisamente meglio, come se qualcuno lo avesse liberato da uno sciame di insetti insidiosi e

soffocanti, che gli si infilavano nel naso e nella bocca, impedendogli di respirare correttamente.

Sorrise a sua volta, incapace di fare altrimenti, inclinando la testa di lato, come per porgere una

silenziosa domanda. Era incredibile come avesse cambiato così repentinamente il suo umore.

- È pronto da mangiare, Nicholas, tuo fratello Joe sta sbavando nel piatto come un lama – sorrise

ancora, prima di girarsi e tornare, con passi felpati, verso la porta-finestra dalla quale era arrivata,

scomparendo presto dalla visuale del ricciolino.

- Saranno nove, lunghissimi mesi. – sospirò lui, passandosi una mano tra i ricci, sconsolato,

lasciando cadere a terra il dinosauro di Frankie, prima di dirigesi verso la sala da pranzo.


***


Le portate erano tutte deliziose e Anna assicurò che sarebbe stata onorata di poter giudicare ancora

quelle meravigliose pietanze, che le ricordavano l’Italia. Li informò anche del fatto che si sarebbe

volentieri offerta di preparare la famosa pizza all’italiana, che era una cosa che le veniva

particolarmente bene, secondo il suo modesto parere. A quell’affermazione risero tutti; persino

Nick era riuscito a comportarsi da persona normale, dopo la chiamata del pranzo. Era incredibile

credere che i tre fratelli andassero d’amore e d’accordo, senza litigare mai, come facevano sempre

lei e sua sorella, ma decise, per evitare domande alle quali non avrebbe voluto rispondere, di  

sorvolare l’argomento.


Denise e Paul scoprirono presto che quella ragazza era autonoma, spiritosa e intelligente, ma anche

sottile, machiavellica e astuta. Non credevano che avrebbe mai fato del male ai loro ragazzi, anche

perché, secondo la sua logica, non ci avrebbe guadagnato niente, quindi era inutile farli soffrire.

Eppure si erano accorti della reazione di Nicholas, al suo arrivo. Non era stato disinvolto come i

suoi fratelli, aveva percepito lo stato d’animo nervoso della ragazza in quel momento, e  lo aveva

involontariamente assimilato. Non sapevano se fosse il caso di dirlo a Nick o meno, ma alla fine

optarono entrambi per vedere come procedeva la cosa e, semmai, farglielo notare.

Quando, alla fine, arrivò il dolce, Anna scoprì che si trattava di un fantastico frullato di frutti di

bosco con yogurt, magistralmente sistemato in un servizio di fine porcellana. Lei era entusiasta, e a

giudicare dall’espressione dei presenti, anche loro erano rallegrati da quel dessert. Si chiese come

mai Kevin avesse preparato una pietanza del genere, sebbene non gli piacesse la frutta. Decise di

chiederglielo, evitando così, inutili seghe mentali.

- Se posso chiedere, Kevin, come mai hai preparato un frullato, che a vedersi deve essere speciale,

se non sei un appassionato di frutta? –  domandò, assaggiandone un po’ con la punta della lingua.

Era delizioso.

Il maggiore non parve particolarmente colpito da quella domanda, e allegro rispose: - È basato su

una ricetta italiana e, date le tue origini, ho pensato che ti avrebbe fatto piacere. – concluse.

- Sì, mi pare di riconoscere una punta della cucina delle mie parti, ed è proprio perché non è ciò a

cui tu sei abituato, che vorrei lo assaggiassi. E poi, scusami, lo hai fatto tu, cosa ne so io che non è

avvelenato? – replicò, inclinando poco la testa per cerare maggiore enfasi e sorridendo scaltra.

-  Carino da parte tua, Ann , ma ti assicuro che è a posto. Dopotutto lo hai già assaggiato, no?  Mi

dispiace, credimi, ma proprio non riesco a metterlo in bocca. – borbottò, facendo il finto offeso, ma

ridacchiando al pensiero di un frullato avvelenato.

- Tsk, balle! Te le camuffo così bene, le fragole o le ciliege, fai tu, che nemmeno capirai che sono loro, magari la

mattina nel caffè, chi lo sa… - disse furba, alzando gli occhi al cielo con l’aria di una santa,

abbandonando il linguaggio forbito, che aveva utilizzato fino a poco tempo prima.

- Oh, ma allora parli anche come una normale diciassettenne! Credevo che mi sarei dovuto sorbire

conversazioni di alto spessore culturale e intrinseco di parole assai di alto lignaggio! – la

punzecchiò allegro il mezzano, mulinando il cucchiaino, quasi fosse un’ arma.

- Bene, ora so che se ti devo far andare via di melone, parlerò come mi hanno insegnato a scuola, al

classico. – rispose lei, alzando appena un sopracciglio e assaporando un'altra cucchiaiata di frullato.

- Per favore no! È già abbastanza complicato parlare alle interviste, dato che ci dobbiamo preparare

le risposte, non ti ci mettere anche tu! – sbraitò lui agitando il povero cucchiaino per aria.

In quel momento, Nick ebbe un’illuminazione.

- Ehm… Ann, ecco, non è che magari ci potresti aiutare con questa cosa della programmazione

delle risposte? Ti abbiamo sentita parlare e credo che se ci aiutassi, ci risparmieresti un sacco di

tempo. Per favore. -  domandò il piccolo ricciolino, sfoderando la miglior espressione da cucciolo di

cane bastonato, imitato subito dopo dai fratelli, che trovarono quell’idea degna di un genio.

Lei li guardò uno per uno, dissimulando alla perfezione l’attacco di risa, che si sarebbe scatenato a

breve. Conosceva quel metodo di persuasione, lo aveva usato, quando era piccola, ma ciò non

significava che non era immune ai suoi effetti. Così continuò a fissarli con l’espressione di un gatto

di alabastro, non tradendo la minima emozione. Attese pazientemente che loro cedessero, per dare

una risposta.

Dal canto loro, i tre Jonas  non riuscivano a capire come mai la loro tecnica–di–persuasione–da

–cane-bastonato non funzionasse. Nick pensò che, magari, la sua natura mistica la rendeva

immune a certi comportamenti. Si diede dello scemo e cercò di mantenere la posizione dei muscoli

facciali, che si stavano indolenzendo.

Fu Joe a cedere per primo, abbassando la testa e scuotendola rassegnato.

-D’accordo, mi arrendo. – mugugnò offeso, riprendendo a mangiare il frullato.

La resistenza degli altri due venne demolita poco dopo. Solo allora, Anna si ritenne soddisfatta del

proprio operato e aprì la bocca per parlare.

- Ok, vi aiuterò. – disse semplicemente, scatenando un coro di voci sorprese.

- Ma sappiate che se d’ora in poi mi vorrete chiedere qualcosa, non serve che facciate quella faccia

completa di occhioni dolci, perché non hanno alcun effetto su di me, credetemi. Quando lo usava

Annalisa sugli altri era una strage, ma io ne sono completamente immune. Chiaro il concetto? –

Le reazioni furono pressoché simili, tutte sbalordite e shoccate.


-  Dato che mi avete chiesto un favore, vorrei chiedervene uno piccolo anche io… - iniziò, con

l’intento di finire, che fu ostacolato da Joe, che nella maniera più carina le disse – Ma già a chiedere

favori, tu? Cioè, fammi capire bene, sei qui da qualche ora e subito chiedi qualcosa? Ma da dove

arrivi, tu, Ann? – fingendo un finto tono da perfettivo, che proprio non gli si addiceva.

- No, Giuseppe, non è una cosa che ti prosciugherà le energie, nemmeno una cosa impegnativa e

impossibile. Vorrei che mi chiamaste Anna, non Ann. – disse, in tono più supplichevole che poté. Il

suo nome le piaceva e non voleva che venisse storpiato in qualcosa che non ci assomigliava

minimamente.

- Ah, ok… ma com’è che mi hai chiamato, prima? – domandò lui perplesso. Non aveva mai sentito

quel nome in vent’anni di vita, ed era curioso come una scimmia. (Che strano...)

- Giuseppe. – ripeté lei tranquillamente, gustandosi in silenzio studiato il suo frappè. Era

consapevole del fatto che sei paia di occhi  la stavano guardando con apprensione, in attesa di

dettagli, che puntualmente non arrivavano.

- È la traduzione del suo nome in italiano? – chiese una voce, dopo qualche minuto di silenzio. Era

stato Nick a parlare, notando delle somiglianze tra il nome del fratello e la rispettiva traduzione

nell’altra lingua.

- Esatto, Nicola. – rispose lei, alzando finalmente lo sguardo per incontrare quello del ricciolino. Gli

lanciò un sorriso di sfida da dietro il cucchiaino, alzato a mezz’aria.

- Fico! E qual è la traduzione di Kevin? E quella della mamma? E di Frankie? – domandò

meravigliato Joe, spalancando gli occhi, come un bambino davanti ai regali di Natale.  

- A dire il vero, dubito che il nome di tuo padre e di tuo fratello abbia una traduzione, mentre quello

di Denise rimane uguale. Frankie diventa Franco, Adam diventa Adamo, Jerry non si traduce,

mentre Paul diventa Paolo. -  illustrò lei, divertita. Non aveva calcolato la possibilità che la

traduzione dei nomi avrebbe appassionato così tutta la famiglia Jonas.

- D’ora in poi mi chiamerete Giuzebbe! – proruppe Joe, alzandosi in piedi, tutto entusiasta del suo

nuovo soprannome.

- Guarda che nella mia lingua si dice Giuseppe, non quella strana roba che hai appena detto tu. –

disse lei in preda ad un attacco di risate, scatenato dalla pessima pronuncia del moro –

Su, avanti, scandisci con me: Giu-sep-pe. – scandì le sillabe, in modo che Joe capisse la pronuncia corretta.

- Giu-sep-pe. – ripeté lui, pronunciandolo abbastanza correttamente.

- Sì, andava meglio, ma perché non ti tieni Joe, che è anche più carino? -  domandò Anna, calmando

gli ultimi spasmi involontari, incrociando il suo sguardo.

- Ma Giuseppe mi piace, e poi Joe lo usano tutti ed è da troppo tempo che me lo sento ripetere.

Sono arcistufo. – si lamentò, grattando sul fondo della tazza, nella quale, poco prima c’era il suo frullato.

- Fa’ come vuoi, ma sappi che io non ti chiamerò mai Giuseppe, Malakòs. – lo informò lei, usando

un nome che nessuno aveva mai sentito.

- Mala-che? – chiese Joe, che si era trovato sommerso da parole che non avevano alcun significato

logico.

- Malakòs. – ripeté Anna, calma. Sapendo che la famiglia non avrebbe apprezzato un altro silenzio

carico di tensione, si affrettò a chiarirne l’uso e il significato. – È un termine greco, significa nero.

Mi piaceva, perché ti si adatta, avendo tu occhi scurissimi e capelli color del carbone. Se non ti

piace non lo userò, ma sappi che è solo uno dei tanti soprannomi che ti troverò nel corso di questi

nove mesi. – puntualizzò, sorridendo al pensiero dei vari appellativi, affettuosi o meno, che le

balenavano per la testa. – Non vi preoccupate, che qualcosa lo trovo anche per voi. Datemi qualche

giorno, e avrete degli epiteti da fare invidia a Omero, Virgilio e Dante messi insieme. – disse,

anticipando i sospiri di sollievo degli altri due Brothers, con un ghigno che non preannunciava nulla di buono.

- Dato che la tua mente malvagia si sta applicando nella ricerca dei nostri futuri soprannomi, non è

che tu ne hai uno? Se sì, ce lo diresti, per favore? – chiese Kevin, giusto per sapere qualcosa di più

su quella ragazza che aveva mandato a farsi friggere i poveri neuroni del fratellino riccio.

Certo, anche lui doveva ammettere che Anna gli aveva fatto una strana impressione, quando le

aveva aperto la porta. Quegli occhi verdi, completamente diversi dai suoi, benché dello stesso

colore, avevano un che di strano, quasi magico; mistico. Erano capaci di incantare chiunque,

persino lui, Paul Kevin Jonas II. Non era il suo tipo e non solo per la sostanziale differenza di età,

anche per il fatto che non aveva un ascendente così forte in campo emotivo-sentimentale, su di lui;

credeva che sarebbero potuti diventare molto amici, ma mai una coppia.

- Sì, un soprannome ce l’ho, ed è formato dalle iniziali delle cose che amo fare. Ora che siamo

diventati amici, ve lo posso anche rivelare: Dam. Non vi dirò cosa significa. A

voi l’arduo compito di decifrarlo, baldi giovincelli! – detto questo, si alzò dalla sedia e si offrì di

aiutare Denise a sparecchiare la tavola e mettere tutto in lavastoviglie.

Come aveva previsto, la signora Jonas ne fu lieta e non rifiutò l’offerta.

Avendo capito che non avrebbero cavato un ragno dal buco,

i tre Jonas aiutarono a loro volta la mamma con i resti del pranzo, ammassando i piatti e le tazze del frullato.

 Finito di sparecchiare, fece per dirigersi in soggiorno, con l’intento di prendere la valigia e lo zaino

e andare nella sua camera a dormire, ma Joe la interruppe, domandandole cosa aveva intenzione di fare.

- Beh, se non è un problema, pensavo di portare la roba in camera e poi di farmi due orette di sonno.

Dovresti sapere che il fuso orario non perdona, e, benché io sia riuscita a tenere lontana la

stanchezza fino ad adesso, non riesco più a dissimulare il sonno che mi chiude le palpebre,

ponendomi in condizione di addormentarmi in piedi… – disse sbadigliando sonoramente,

vacillando sotto il peso di quattordici ore di fuso.

Ma parla strano normalmente, allora!” pensò il mezzano sconcertato, sentendola parlare come un

insegnante anche mentre moriva di sonno.

Joe la prese poco prima che cadesse addormentata. La sollevò e chiese silenziosamente a Nick di

portare in camera sua i bagagli. Questi acconsentì, mettendosi lo zaino in spalla e prendendo la

valigia. Quando si voltò, vide la posizione di Anna nelle braccia del fratello: la sorreggeva con un

braccio sotto il collo, mentre l’altro le teneva l’incavo delle ginocchia. Una morsa di gelosia

gli fece contrarre la mascella. Non capiva questa sua reazione; non poteva essersi innamorato di lei

in poche ore, non era umanamente concepibile.

E poi quella ragazza lo confondeva; le espressioni, i sorrisi enigmatici, le labbra, gli occhi; ogni

volta che ci pensava, si rendeva conto che avrebbe potuto stare a guardarli per ore, anche se ciò

comportava un affaticamento mentale, che si ripercuoteva sulla salute del fisico.

In poche parole era masochismo.

Una gomitata nelle costole da parte di Kevin lo riscosse, sorprendendolo imbroccolato davanti alle

scale, con un’espressione ebete e lo sguardo perso nel vuoto. Impulsivamente disse – Kev, noi

dobbiamo parlare. – stranamente, il maggiore acconsentì senza fare domande, prendendogli la

valigia di mano e salendo al piano superiore. Nick scosse la testa e lo seguì.

Non sapeva come, ma suo fratello aveva capito tutto.

Messo piede nella stanza, vide che Anna era già stesa sul letto, con addosso ancora le scarpe e la

felpa, addormentata. Quando dormiva, il suo volto sembrava meno terreno e più innaturale. Le

palpebre chiuse delineavano la linea leggermente a mandorla degli occhi, celando quelle iridi

impossibili e incomprensibili. La linea degli zigomi era leggermente marcata, mentre il mento

sembrava più affilato. Le labbra, ora immobili, non erano più incurvate in strani sorrisi o smorfie,

semplicemente rilassate. I capelli biondo cenere le ricadevano dolcemente ai lati delle testa, sfiorando la guancia.

 Essendo girata su un fianco, la linea del profilo del corpo era ondulata

come le dune del deserto, muovendosi ritmicamente ad ogni respiro.

Silenziosamente Nick, disse a Joe di toglierle le scarpe e i calzini, a Kevin di disfare la valigia

 (eccetto la biancheria intima, of course) e riporre gli indumenti nell’armadio,

mentre lui provvedeva a sfilarle la felpa.

Entrambi i fratelli annuirono e adempirono alle loro mansioni.

Lui era alle prese con la cerniera della maglia, dato che era stata chiusa.

Beh Nicholas, devi solo aprire la lampo e sfilarle la felpa, non è così difficile.” Pensò, rendendosi

Conto troppo tardi, che la zip toccava la maglietta che aveva sotto, quindi la pelle. E non una parte

di pelle qualunque…

Ossignoredammilaforza!

Joe era ancora alle prese con i lacci delle scarpe, mentre Kevin era

impegnato a sistemare i suoi abiti negli appositi cassetti e sulle grucce. Sudando come un animale,

Nick, afferrò la cerniera e, lentamente, l’abbassò.

Il Caso volle che la zip s’incastrasse, inceppandosi in un lembo di stoffa all’interno della maglia.

Ora, la cosa non sarebbe stata terrificante se si fosse incastrata verso la fine, ma sciagura volle che

si bloccasse all’altezza del seno, parte del corpo femminile preclusa allo sguardo del ragazzo, causa

un simpatico anellino della purezza. Il povero sedicenne era entrato in una silenziosa crisi di panico,

dalla quale non sapeva come uscire.

O meglio, lo sapeva benissimo, ma le sue santissime manine non potevano toccare quei posti

peccaminosi. Si bloccò riflettendo sulla questione, una mano saldamente ancorata alla lampo, l’altra

sosteneva il peso del busto, chiusa a pugno sul materasso. Doveva spicciarsi, perché la posizione

che aveva assunto non era delle migliori: un ginocchio era poggiato sul bordo del letto, mentre

l’altra gamba fungeva da palo di sostegno. Era storto come uno zoppo, eppure non osava muoversi,

rischiando di svegliarla e farsi beccare in una posa che dire che era compromettente era un

eufemismo. Intanto Kevin e Joe avevano finito, e si congedarono con un rapido cenno della testa,

prima di uscire dalla stanza, lasciandolo solo, alle perse con una cerniera difettosa. Perché aveva la

sensazione che i suoi altrettanto santi fratellini stessero sogghignando? Era mai possibile che si

fossero accorti della sua reazione al modo di fare della ragazza e che fossero così sadici da ridere di

questo? No, non i due purissimi e castissimi Joseph Adam e Paul Kevin Jonas II. Eppure… magari

la vicinanza con la mistica li aveva geneticamente modificati… ad ogni modo, non aveva tempo per pensare a

queste cose, c’era dell’alto da sbrigare al momento, glielo avrebbe chiesto in un secondo momento.

Dopo parecchi minuti passati a chiedersi come poteva risolvere il suo problema, si disse che, anche

se le avesse lasciato indosso la felpa, non sarebbe morto nessuno, dandosi come motivazione il fatto

che così rimaneva al caldo.

C’era solo un piccolo nonché insignificante problema: lei stava sudando come se avesse corso per ore.

Addio futile motivazione” pensò sconsolato.

Doveva farlo! Dio l’avrebbe perdonato, dopotutto non stava mica infrangendo il suo voto, no?

Prese coraggio e infilò l’indice sotto la felpa, dove la stoffa impediva alla zip di scorrere

liberamente. Con uno sforzo sovrumano, infilò anche il medio e con il pollice fece leva, tirando

contemporaneamente la lampo con l’altra mano.

Nel farlo, le sue dita toccarono appena la maglietta di lei, ma questo bastò a farlo avvampare,

tuttavia non mollò la presa, mentre una gocciolina di sudore gli scorreva sul volto.

Era atterrito e il suo terrore raggiunse l’apice, quando quella gocciolina si staccò dal suo mento e

scivolò sulla guancia di Anna. Fu come se il tempo si fosse fermato: lui, scrupolosamente

immobile, lei, appena infastidita da quella goccia. Durò solo un istante, nel quale Anna mosse

appena la testa, strizzò gli occhi e rannicchiò le braccia al petto. Nick non se ne accorse in tempo e

in men che non si dica, si ritrovò il braccio della ragazza sulla sua mano, ancora saldamente

attaccato alla zip, che la premeva sulle sue curve. Quello fu il colpo di grazia. Il povero sedicenne

sentiva la pelle attraverso la stoffa sottile della maglietta, calda, al contrario della sua, mortalmente

gelida e arrossì oltre l’inverosimile. Ma la cosa che preoccupava maggiormente i suoi neuroni in

preda ad una crisi ormonale, era che in effetti gli piaceva. Trovava quel contatto fantastico, come se

fosse la cosa che avesse ricercato da sempre senza mai trovarla. Non riusciva nemmeno a

vergognarsi di questo pensiero, forse perché sapeva che era la verità.

Ok, stava impazzendo, ma il contatto con la ragazza era così inebriante, che rimase fermo in una

posizione no scomoda, de più, fino a che si fu un attimo ripreso.

Accidenti Nicholas, datti un contegno! Non puoi pensare queste cose per principio, insomma!

Adesso cerca di venire fuori da questo inconveniente. Ok, ragiona, non ti puoi stendere al suo

fianco, perché potresti incappare nella sua ira e in quella di mamma. Meglio di no. Ma non puoi

nemmeno rimanere qui come un maniaco, altrimenti Anna ti bolla come disgraziato. Cosa mi

invento? Ok, ok non disperare, sfila lentamente la mano e sfilale la felpa. Se minaccia di svegliarsi,

cantale hello beautiful, parlale, accarezzala, ma non farle aprire gli occhi, sennò sei un ragazzo

morto”. Dopo aver stabilito un piano d’azione, era decisamente più razionale. Sfilò la mano con

dolcezza e se la strofinò sui pantaloni per asciugarla dal sudore. Riuscì ad aprire la cerniera e per

poco non urlò di gioia, tanto che dovette mordersi la lingua. Ora arrivava la fase difficile: doveva

toglierle la felpa. Si sgranchì le dita, gesto che aveva ripetuto tantissime volte prima d suonare, ma

quei momenti di nervosismo ie faseano 'na pippa, a quello che stava passando adesso, e le prese

una manica, tirandola il più piano possibile. L’impresa si rivelò meno complicata del previsto, dato

che Anna aveva un sonno molto pesante. Nick appoggiò la maglia sul letto e fece per uscire, quando

si ricordò di avere un conto in sospeso. Fece retro marcia e si avvicinò al volto della ragazza; da lì

poteva vedere la sua pelle liscia e rosea. Sentiva il loro respiro mescolarsi, il suo più veloce a causa

dell'emozione, mentre quello di Anna regolare, come era normale mentre si dormiva. Seguiva il

profilo delle labbra, che ora gli sembravano bellissime e dovette trattenere l’impulso di sfiorarle con

i polpastrelli. Si avvicinò ancora e poté vedere quello per cui era tornato indietro. Alzò una mano e

con estrema dolcezza la posò sulla sua guancia; restrinse ancora la distanza tra i loro volti e fece

scorrere il pollice dal naso fino all’angolo della bocca, asciugando la goccia di sudore che le aveva

lasciato pochi minuti prima.

Conclusa l’operazione, sorrise e si allontanò, chiudendosi la porta alle spalle senza fare rumore.

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Capitolo 3
*** L'immagine ***


l'immagine okEccoci di nuovo qui! Questo capitolo mi piace in una maniera assurda, perché Anna rischia di far fuori il povero Joe...

Ma passiamo ai ringraziamenti! (io sono un po' stordita, quindi, ho cancellato il secondo capitolo per fare alcune modifiche, ma così facendo si sono cancellate tutte le recensioni...scusate...)

Ah, un'altra cosa che mi sono dimenticata di dire, è che i Jonas Brothers non mi appartengono e questa fiction non è scritta con fini di lucro.

Hannah_: grazie per aver recensito, e soprattutto perchè ti interessa il mio carattere... questa volta Joe la scampa, ma la prossima...

jonas_princess: you are a little bit rimba, dato che mi hai recensito il primo cap e non il secondo, ma ti perdono. Aggiorna la tua fic, che mi sto appassionando!

grazie anche a chi mi ha recensito il capitolo che ho eliminato.






Capitolo 3: l'immagine




Chiuse la porta e si fermò davanti ad essa, la fronte poggiata sul legno bianco. Doveva parlare con i

suoi fratelli, erano gli unici che lo potevano capire ed aiutare. Si girò verso camera sua e mosse un

passo, ma quando alzò gli occhi, se li trovò davanti, che lo squadravano come se fosse gli fossero

spuntate un paio di corna.

- Ragazzi, sono io, vostro fratello Nicholas … - tentò, temendo di non essere stato riconosciuto.

- Sì Nick, lo vediamo che sei tu, ma la cosa che ci sembra strana è l'enorme quantitativo di tempo

che tu hai passato in quella stanza per togliere una semplice felpa ad una persona. Passi il fatto che

è addormentata, terribilmente intrigante, nuova e che è una ragazza, ma un quarto d’ora

sembra tanto anche a me… e poi sono io quello lento…- borbottò Joe, che proprio non si capacitava

di come avesse fatto il fratello ad impiegarci così tanto. Era lui il lento di famiglia e non gli sarebbe

piaciuto rinunciare a quel titolo.

- Joe, ho dovuto armeggiare un po’, perché le si era incastrata la cerniera, che tra parentesi si è

inceppata in un posto molto comprometten… - si interruppe di colpo, rendendosi conto troppo tardi

di quello che aveva appena rivelato e mordendosi la lingua. Perché  non stava un po' zitto, ogni tanto?

Tanto glielo avrei detto lo stesso,  quindi…” cercò di consolarsi, con risultati che non diedero

l’effetto desiderato.

Abbassò la testa per nascondere il rossore che si era impossessato delle sue gote, al pensiero di ciò

che stava facendo solo pochi minuti prima. Senza che lui potesse fare qualcosa, un sorriso da

deficiente gli partì da un orecchio, fino ad arrivare all’altro.

Ovviamente questo non sfuggì ai due fratelli, che già si domandavano cosa avesse combinato Nick

durante la loro assenza; il sorriso ebete fu la goccia che fece traboccare il vaso di curiosità infinita

di Joe, che spalancò la bocca e strabuzzò gli occhi.

- Dove si è incastrata la cerniera e perché sorridi come un idiota? – domandò, arrivando subito al

nocciolo della questione. Era curioso di sapere cosa aveva combinato il suo fratellino in quel

lunghissimo quarto d’ora, che lui aveva passato a mangiarsi le unghie e stava per attaccare le falangi.

- Ehm… andiamo in camera vostra, così vi racconto quello che mi è accaduto. – disse Nick,

visibilmente imbarazzato. Doveva chiarire questa faccenda, prima di impazzire, non dopo, possibilmente.

Di solito, con i suoi fratelli, non aveva segreti, e questo era sicuramente l’unico che loro avrebbero

veramente dovuto conoscere.

Joe e Kevin si guardarono confusi, ma rimasero in silenzio, per evitare che Nick facesse retro

marcia e li piantasse in asso.

Così acconsentirono, non trovando nulla da obbiettare.


Una volta in camera, Kevin chiuse a chiave la porta, per evitare di essere disturbati.

- Alle tre, mamma accompagna Frankie al parco, e credo che ci rimarranno per un bel po’ di tempo,

poi mamma porterà Bonus da un suo amico, mentre papà ha detto che vuole discutere con i

ragazzi della band, di una faccenda tecnica, alla quale non serve la nostra presenza. Quindi non

verremo disturbati. - illustrò il maggiore, che aveva prontamente spedito il fratello libero ad

esaminare i piani del resto della famiglia per il pomeriggio, evitando così di essere sorpresi in una

conversazione che non sapeva nemmeno in cosa sarebbe potuta degenerare.

- Bene, credo che tu ci debba delle spiegazioni, Nicholas il Don Giovanni – disse Joe, per una volta quasi serio.

- Joe, tu neanche sai chi sia un Don Giovanni. – lo schernì il minore. Era un classico che si

comportasse da stronzetto, quando era nervoso, e, a giudicare dalla faccia, lo doveva essere parecchio.

Joe fece finta di non aver sentito e si lisciò la frangia, accuratamente piastrata, con una mano.

Sia lui che Kevin fissarono il fratello con occhi penetranti.

Nick si mosse sul letto, a disagio, cercando una posizione più confortevole. Una volta sistemato, si

schiarì la voce e iniziò a raccontare.

Di tanto in tanto, arrossiva o sudava, ma grazie non si sa a quale santo, era dotato di una particolare

capacità di tenere i nervi saldi e sangue freddo.

Ancora non sapeva che queste doti, praticamente inesistenti nel fratello di mezzo, sarebbero state

indispensabili e all'orine del giorno, nei mesi a venire.

In dieci minuti aveva raccontato tutta la faccenda, compreso l’episodio del pallone che aveva nel

comodino, senza omissione di particolari, per quanto imbarazzanti potessero essere.

Si era torturato le mani per tutto il racconto e ora non era più così certo di riuscire ad afferrare qualcosa.

I due maggiori si lanciarono un’occhiata fugace, nella quale si trasmisero ciò che pensavano.

Annuirono contemporaneamente e si girarono in direzione di Nick, il quale aspettava il verdetto del

consiglio fratellifero.

- Nick, Kevin e io abbiamo discusso molto riguardo la tua situazione, e siamo giunti ad una

conclusione unanime. – iniziò il mezzano, imitando abbastanza bene il tono di Anna.

- Chiedo il permesso di parlare, prima che esprimiate il vostro giudizio, vostro onore – lo interruppe

il minore, stando al gioco – in  primo luogo, come abbiate fatto a discutere molto riguardo la mia

situazione in due secondi, non me lo spiego; secondo, le chiedo di non imitare il suo tono, poiché

uno è già abbastanza complicato, per i miei poveri neuroni, da capire. Detto questo le lascio

continuare il suo discorso. – concluse Nick.

Joe prese un respiro profondo e fece per parlare, ma Kev lo interruppe, prima che si perdesse in

inutili, nonché personali, commenti.

- Nicky, sei cotto. Non ancora innamorato, ma cotto e rosolato sì. E non dire che non è vero, perché

l’abbiamo vista la tua reazione, prima, quando ti sei presentato. – asserì Kevin, fissandolo con gli

occhi verdi inquisitori.

Joe fece la faccia offesa, ma annuì vigorosamente all'affermazione del maggiore.

Accidenti! Non posso essermi preso una cotta per lei, è impossibile! Certo, credo nei colpi di

fulmine, ma dovrei essermene accorto anche io, se mi fossi preso una cotta, no? ” pensò, la mente

in subbuglio, inclinando la testa di lato.

- Ma sì, muovi anche la testa come lei! - sclerò il mezzano, prima di continuare

- Sai, da una parte ti capisco; anche a me ha fatto una strana impressione, quando l’ho vista, ma poi

mi sono detto che era troppo piccola per me e che non era il mio tipo. Ora la considero un’ amica. –

disse, sorprendendo i fratelli con queste parole cariche di contenuti di elevato spessore culturale.

Kevin tamburellò con le dita sulla chitarra che teneva in mano, lo sguardo perso nel nulla, pensando

a come mettere insieme il concetto che voleva esprimere.

- Prima di poter trarre conclusioni affrettate, abbiamo bisogno di sentire da te le sensazioni ed

emozioni che hai provato, quando le hai parlato e l’hai guardata negli occhi. – argomentò il

maggiore, convinto che se avessero analizzato minuziosamente la situazione, ne sarebbero venuti fuori.

- Ma perché, invece di scervellarci, non glielo chiediamo? – proruppe Joe, alzandosi di colpo dal

Letto, convinto di aver avuto un’idea geniale.

- Capisco che il tuo soprannome sia Danger, ma addirittura svegliarla per chiederle come mai mi

stia facendo impazzire, mi sembra un tantino da idioti. Considera poi, che ha detto che non vuole

assolutamente essere svegliata quando dorme, sennò le si iniettano gli occhi di sangue e diventa

quello che la sua amica definisce una iena incazzata ed è capace di vendicarsi in modo lento e

crudele, anche diverso tempo dopo il torto subìto, quando meno te lo aspetti. E Bonus è ancora

troppo piccolo per entrare nella band… - lo ammonì Nicholas, alzando l’indice per rincarare,

accennando con la testa alla camera che condivideva con il piccolo di famiglia.

- Ok, ok, ritiro l’idea di svegliarla.- si arrese il mezzano, che, pensandoci, preferiva evitare una

morte atroce, fra strazianti torture e inimmaginabili dolori.

- Ma almeno, datemi la soddisfazione di sentirvi dire che quella ragazza vi ha colpito, perché, anche

se la reazione di Nicky è stata abbastanza eloquente, vorrei, per una volta, non essere considerato il

buffone, che ha le intuizioni strane e inammissibili, quello che non è mai preso sul serio, ma

considerato da tutti “quello scemo”. – sussurrò Joe , improvvisamente vittima di un calo di

autostima e tristezza, cosa assolutamente anormale, per un tipo come lui.

- Hey Macho, stai bene? Mi è sembrato di sentirti dire che sei quello che ha le intuizioni

Inammissibili, che è lo scemo e cose così. Ma tu che ne ha fatto di nostro fratello Joe, quello sempre

allegro, che ascolta i problemi di Kevin e miei e poi ci aiuta a risolverli? Joseph, la tua presenza in

questa famiglia è indispensabile come quella di Kevin o mia o quella di chiunque altro faccia parte

della famiglia; tu sei un essere umano e se ci sono dei momenti nei quali ti senti perso e

incompreso, noi siamo qui per aiutarti, fidati, lo so per esperienza personale. Considera poi, che è

normale avere questi momenti e di conseguenza è normale superarli. – Nick, bene o male, poteva

capire la situazione di Joe, dato che si trovava a dover affrontare, come il fratello, una persona che

non rientrava nei loro canoni di vita e che lo stava letteralmente facendo andare fuori di testa.

Il mezzano alzò lo sguardo, incrociando quello dei due Bros, sorridendo loro riconoscente.

- Saremo sempre qui, nei momenti difficili e in quelli belli. Ci saremo sempre, e nessuno, che sia

ragazza o amico che sia, ci potrà mai dividere. Promesso? – chiese Kevin, scrutando i fratelli,

aspettando un cenno d’assenso.

- Sempre -  disse Nick, appoggiando la mano su quella di Kev.

- Sempre – gli fece eco il mezzano, ripetendo il gesto del ricciolino.


Ma loro non sapevano, che dietro alla porta chiusa, c’era una persona che li stava ascoltando ed era commossa dall’amore

fraterno, che scorreva tra quei tre.


Era passata circa mezz’ora dalla promessa che si erano fatti e Joe stava elencando la serie di

stranezze, che aveva notato nella ragazza.

- Ora, non so voi, anzi, Nick lo so, ma quegli occhi sono… complicati, direi, vero Nicky? – fece lui,

sapendo di trovare l’appoggio del fratellino.

- Sì, non so come dire, ma sono… freddi, distanti… - non trovando altri sinonimi, improvvisò un

gesto con la mano.

L’unico che pareva indifferente alla ragnatela di complicità che Anna aveva tessuto attorno a

se, era il maggiore. Pareva assolutamente a suo agio con lei, sia mentre le parlava, sia mente la

guardava negli occhi. E questa cosa non se la spiegavano nemmeno i suoi genitori, quindi era

pressoché inutile cercare di venirne a capo.

Contro ogni aspettativa, Kevin, fissò i fratelli e disse

- Sì, Anna mi ha colpito, ma sono riuscito a capire il suo modo di essere e quindi la mia persona

riesce ad armonizzarsi con la sua, permettendomi di entrare in sintonia con lei e facendomi stare a

mio agio. – la cosa che spiazzò completamente gli altri due Jonas, non fu la frase in se, quanto la

combinazione delle parole che la componevano, così altisonanti e accademiche.

Joe sbarrò gli occhi, e per poco non cadde dal letto, mentre Nick si esibì in un’espressione a metà

tra lo spaventato e il disgustato.

- Certo, dire che i vostri cervelli sono ugualmente fusi era troppo semplice, vero? – domandò il

diciannovenne ancora scosso, in tono vagamente canzonatorio.

- Da quanto sono riuscito a capire, il mio cervello si sta ancora adoperando per elaborare la fine

della tua frase, anche tu sei, in qualche modo, rimasto colpito da quella cosa non meglio precisata,

che Anna pare avere in grande quantità, non è così? – chiese Nick, che involontariamente aveva

cominciato a parlare in modo strano e troppo complicato, a detta di Joe.

- Non è possibileeeeeeeeeeee!! Ho due fratelli contaminati dalla Annite acutaaaaaaaaaaaaaaaaa!!

Salvateemiiiiiiiiiii!! – sbraitò atterrito dall’idea di avere non uno, ma bensì due fratelli strani. Al

pensiero di Nick e Kevin letterati e composti, cacciò un lamento straziante e si mise a correre in

cerchio per tutta la stanza urlando: ditemichenonèveroechenonèpossibile!!

- Esatto, direi che potrebbe essere inteso come fascino, ma non ne sono sicuro. Poi, oggettivamente

parlando, non è una brutta ragazza… anzi, il viso e la corporatura, e per quanto bassa possa

essere, è pur sempre fatta bene. – osservò  il maggiore, ignorando bellamente il mezzano,

continuando a discutere con Nick.

Va bene chiamarlo scemo, va bene non ridere alle sue geniali battute, ma non calcolarlo no. Era una

cosa che lo mandava in bestia.

Così, lanciò un latrato, degno di un licantropo, per attirare di nuovo l’attenzione su di se.

- PAUL KEVIN JONAS II E NICHOLAS JERRY JONAS! PRETENDO DI ESSERE ASCOLTATO!! -

- Joe calmati! Per l’amor di Dio, sta’ zitto! Non mi sentirai parlare come un signorotto dell’alta

borghesia, e per la cronaca, ti stiamo ignorando, perché te lo meriti, non perché vogliamo

assomigliare a lei, accidenti! – tentò di zittirlo Kevin, ma le sue parole ebbero l’effetto contrario di

quello sperato, ottenendo solo di spaventarlo ancora di più.

- Joseph Adam Jonas, se non ti tappi immediatamente quella fogna che ti ritrovi per bocca, sarà la

persona che dorme, o meglio, che dormiva, nella porta affianco, a chiudertela, ma dubito che sarà

piacevole, specie, perché dopo il mio trattamento completo non sarai mai più in grado di aprirla, e

non per il fatto che sarai morto, ma a causa della recisione delle corde vocali e della cucitura delle

labbra! E non me ne importa una beata mazza, se le tue fans si strapperanno i capelli, perché non ti

sentiranno più fare quella cosa che ti ostini a chiamare cantare!! Sono abbastanza terra-terra, ora? –

tuonò una voce estranea, ancora impastata dal sonno, ma comunque sufficientemente incazzata.

Il tempo si congelò e, come in un film, i tre Brothers, si voltarono lentamente verso la porta

chiusa, dietro la quale la loro adorata coinquilina stava probabilmente pensando ad un modo

doloroso di fargliela pagare, per averla destata così dolcemente dal suo sonno ristoratore.

- Ehm, Anna, sei tu? – chiede Joe, nella vana speranza che non fosse lei.

- No tesoro, sono io tua madre, Denise. – disse la voce dall’altra parte, imitando abbastanza da

essere credibile, la voce della signora Jonas.

- Sai mamma, non credo che dietro quella porta ci sia tu, piuttosto penso che ci sia un’adorabile

personcina che mi vuole scannare vivo. – rispose il mezzano, non propriamente convinto che sua

madre fosse lì fuori.

- Certo che sei perspicace, Baka; non ti facevo così idiota. – ruggì Anna.

C’erano tre cose che la mandavano in bestia: essere svegliata di colpo, disturbata mentre mangiava

ed essere presa in giro. E quel Baka aveva appena commesso il più grande errore della sua misera esistenza.

- Eh? – fece Joe, prima che i fratelli gli tappassero quella fossa che si ritrovava per bocca.

- È italiano, razza di Mendokusee, analfabeta e illetterato che non sei altro!! – esplose la voce furibonda.

- Apritemi questa stramaledettissima porta, o quanto è vero che esisto, la butto giù a suon di

legnate, poi uso le vostre ossa lunghe per ripararla e i vostri crani li appendo fuori da camera mia

come monito, il tutto perfettamente spolpato dalle fauci di Elvis! – ululò Anna dall’altra parte

della porta, in tono così crudele che per un momento, i Jonas, cedettero di avere a che fare con il

Diavolo in persona.

- Kev, che ore sono? – sussurrò Nick, per non farsi sentire dalla furia che minacciava di sfondare la

porta della camera dei fratelli, sperando che gli altri non fosse già usciti.

- Le tre e dieci, e tutti gli altri se ne sono andati, quindi non possono correre in vostro aiuto, o

meglio, ora non possono raccattare i vostri pezzi in giro per casa!! – urlò lei, in preda ad una furia omicida.

- Se ti facciamo entrare, prometti di non farci del male? – cercò di contrattare il minore,

avvicinandosi silenziosamente alla porta.

- Posso promettervi di non farvi troppo male, ma lasciarvi impuniti no. - disse lei, facendo sbollire in parte la rabbia.

Sentì la chiave girare nella toppa e aprirsi quel tanto che bastava per intravvedere la testa ricciuta di

Nick che faceva capolino.

- Nick, che fai!? Te la stacca, la testa, se la sporgi un altro po’! – lo ammonì Joe squittendo per la

paura, avvicinandosi prudentemente al fratello.

- Essere, lui non c'entra. La causa della mia ira sei solo ed unicamente tu! - ribatté la voce minacciosa.

- Ma mi stavano ignorando… -  protestò debolmente il mezzano, cercando di far valere la sua causa.

- Tsk, le tue manie di protagonismo sono pari a quelle di Nls, tanto che non mi stupirei se voi due

andaste d’accordo. – disse lei.

Sorpassando Joe, Anna mosse qualche passo all'interno stanza, che era praticamente divisa in due:

da una parte era tutto pulito e in ordine, dell'altra non ne si vedeva la fine, tante erano le

cianfrusaglie sparpagliate dappertutto. Lei si guardò un attimo intorno, squadrò la camera e assunse

un'espressione da “non c'è più nulla da fare”, scuotendo la testa con fare sconsolato. Dopo pochi

istanti si riprese e sogghignando malignamente disse

- Ho come la sensazione che nella parte incasinata della camera, ci viva il Baka. E a giudicare dalla

faccia, il martire che convive con lui deve essere Kevin, dico bene? -

Eccome! Vide la faccia immusonita di Joe e l'alzata di spalle del maggiore, e il suo ego ebbe modo di compiacersi.

- Come lo hai capito? - chiese Nick, strozzandosi con la sua saliva, mentre tentava di schiarirsi la voce.

- Beh, avere un' amica che sa anche quante carie avete in bocca a testa e in due, è una comodità,

specie se ti può fornire dati interessanti da poter usare come ricatto... Comunque, Annalisa mi ha

detto che tu – disse, indicando Nick - dormi con Frankie, quindi gli altri due dividono la stanza.

L'impressione che mi ha fatto Kevin, è di una persona molto curata e puntigliosa, ergo, la parte

ordinata non può essere che la sua; e, andando per estrazione, il Baka è l'abitante di casinolandia. –

concluse lei con ovvietà, sfoderando uno dei suoi fedeli sorrisini di superiorità e mettendo le mani sui fianchi.

Di colpo, la stanchezza tornò a farsi sentire e per poco non cadde, di nuovo addormentata. Vacillò

sotto il peso di diverse ore di fuso, ma riuscì, con uno sforzo immane, a mantenere una posizione

eretta. I fratelli parvero accorgersi del suo disagio e si avvicinarono apprensivi. Lei chiuse gli occhi

un attimo, giusto per riprendersi, ma non si dimostrò una decisione molto saggia, dato che, così

facendo , i muscoli si rilassarono e lei che non fu più in grado di


controllarli.  
                                                                                             

- Anna, stai bene? - domandò il maggiore, prendendole una mano. La ragazza si lasciò cadere, tanto

che Kevin la dovette afferrare e sostenere quasi di peso.

- Beh, sono stata meglio, ma non preoccupatevi, è solo la stanchezza, domani starò bene. –

minimizzò lei, muovendo appena la mano.

- Sei sicura? A me non sembra tanto che tu stia bene... - cercò di convincerla Joe, dimenticandosi

delle minacce di morte. Ignorando le sue proteste, le si avvicinò e la sorresse, passandole un braccio sotto le ascelle.

Le gambe non la ressero oltre e cedettero. Fortuna che c’erano Kevin e Joe a sostenerla.

- Ragazzi – appena fu di nuovo in possesso delle facoltà mentali, aprendo poco gli occhi e

fissando il pavimento, disse – posso farmi una doccetta? Di solito aiuta, quando uno muore di sonno.

E poi ho proprio bisogno di un po' di acqua. Posso, per favore? - chiese quasi implorante. Ne aveva

un disperato bisogno, tanto che li aveva quasi pregati, e pregare era una cosa che non faceva mai.    

Probabilmente Joe si accorse del suo tono implorante, perché evitò di fare commenti sarcastici e

idioti, come di suo solito. Kevin lo guardò soddisfatto.

- Ma certo che puoi; vieni che ti accompagno in camera tua a prendere le tue cose e ti mostro il

bagno. - le rispose Nick, che aveva parlato quasi senza accorgersene. Sì alzò dal letto troppo

velocemente e, rischiando di inciampare, arrancò fino ad Anna, e fece allontanare i fratelli,

sorreggendola da solo; così aggrappati l’uno all’altra, si diressero insieme verso la camera di lei.

- Grazie, Nick. - disse semplicemente, ma per lui quelle parole furono sufficienti per arrossire.

Fortunatamente, Anna era impegnata ad aggrapparsi con i residui della forza che le rimanevano, al

braccio della giovane rockstar, per evitare di cadere a peso morto sul parquet del corridoio.

Trascinandola come meglio poteva, arrivarono nella camera degli ospiti e Nick si rese conto di

quanto spoglia e priva di personalità fosse la stanza.

- Provvederemo a trovare un arredamento degno di tale nome, quando avremo un attimo di tempo. –

borbottò lui, sulla difensiva.

- Nick, non ti sto accusando, hai fatto tutto da solo. Rilassati, non morirò se non ci sarà un

arredamento con i fiocchi e controfiocchi. - gli fece notare in tono dolce, dovuto probabilmente al

sonno che minacciava di stenderla da un momento all'altro. Dando fondo alle ultime energie, si

guardò intorno alla ricerca della sua valigia, che non trovò. Strizzò gli occhi per vedere meglio, ma ancora niente.

Sembrava essersi volatilizzata. Svanita nel nulla.

- È vero che senza occhiali vedo meno, ma un affare grande e grosso come una valigia,

dovrei ancora essere in grado di distinguerla dal resto della camera… - borbottò Anna, quasi parlando fra se e se.

- Aehm… credo che sia sotto il letto, ma se cerchi le tue cose, sono nell’armadio, tranne la biancheria intima… - le disse Nick,

arrossendo appena e facendo i cerchietti per terra con il piede. Quando lei

 lo fissò per chiedere informazioni riguardanti i suoi effetti, il ricciolino abbassò lo sguardo, fissando il parquet.

- Nick… - lo chiamò debolmente Anna, cercando di catturare i suoi occhi.

Lui non resistette, e incrociò quei due pozzi di smeraldo. Questa volta, però, non si soffermò tanto su di essi, bensì osservò i

capelli,così diversi, rispetto a quelli delle altre ragazze che aveva avuto. Sia

Miley che Selena li avevano lunghi e appena mossi, mentre i suoi arrivavano alla base del collo ed erano quasi ricci, non

come i suoi o quelli di Kevin, ma più delle altre due; probabilmente non li

pettinava, essendo loro un ordinato cespuglio. Erano di un colore stano, del quasi ceneino, con riflessi appena dorati e

vagamente castani.

“ Sono belli, però” pensò Nick, dandosi dell'idiota per ciò che gli era appena balenato per la testa.

Un colpo di tosse lo fece rinvenire. Si grattò la testa, confuso e fissò le assi di legno del pavimento.

- Cipollino, non che io voglia metterti fretta, ma sai, io rischio di addormentarmi in piedi, aspettando una risposta.

Quindi, prima tu mi dici perché le mie cose sono nell’armadio, perché le  mie scarpe

sono sopra il letto e perché la mia felpa, che prima avevo addosso, ora è piegata e adagiata su quel mobile,

prima mi infilo sotto la doccia, grazie. – lo canzonò lei, usando il miglior tono sarcastico che le

riusciva, incrociando le braccia al petto.

Il povero ricciolino stava quasi stramazzando al suolo, quando si rese conto,

che non era necessario raccontarle l’aneddoto della felpa e si sentì meglio.

- Beh dopo pranzo tu sei letteralmente caduta in braccio a Joe, così ti ha portata qua e ti ha tolto le scarpe. – cominciò Nick,

ma non riuscì a finire, perché la ragazza lo interruppe dicendo – Avrei dovuto

 immaginarlo, che le scarpe erano opera sua. -  Lui sorrise e continuò – Sì, mentre Kev e io ci siamo

occupati di sistemare le tue cose nell’armadio. – era una bugia, ma aveva un orgoglio maschile da difendere.

Anna si diresse verso i cassetti e ne tirò fuori la biancheria intima e una tuta da casa.

Si girò verso il letto e depositò lì il tutto. Passandosi una mano tra i capelli, chiese un po’ titubante

- Ehm, Nick, non è che mi potesti prestare un asciugamano, per favore?

Io non li ho portati, perché Denise mi ha detto che ce li avevate voi… -

L’immagine di Anna con addosso solo l’asciugamano, mentre usciva dalla doccia, passò prepotentemente

davanti agli occhi del santo, il quale sbiancò sul colpo. Non si sa grazie a quale miracolo, si

riprese e disse – Certo, sono in bagno, e c’è anche una confezione di shampoo, se ti dovesse servire. -  

- Ok, grazie. – detto questo si girò, percorse il corridoio e si infilò nel bagno, chiudendo la porta a chiave.

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Capitolo 4
*** Love Show ***


capitolo 4

Eccomi di nuovo qua, solo che sono a little bit in ritardo... perdonatemi, ma i profe sono bastardi, quindi ho tempo solo la sera...

Vabbè, vi lascio a questo capitolo, dedicato alla mia best friend Annalisa, per tutto.

Ringraziamenti:

jonas_princess: cara, in questo cap si parla di te... ovviamente, quello che io scrivo è vero, ma nessuno, e ripeto nessuno, dovrà mai venirne a conoscenza, tutto chiaro?

mitber: se credi che per Joe sia finita qui, ti sbagli di grosso. ho in serbo per lui cose che voi umani... grazie della recensione e a presto!





Capitolo 4: Love Show



Era inutile; qualsiasi cosa riguardasse Anna, mandava momentaneamente in tilt i neuroni di Nick. Tanto che si era imbambolato per la terza volta davanti ad un punto dal quale lei era appena uscita dalla sua visuale. Quando se ne accorse, arrossì, scosse la testa e fece per tornare indietro, ma incappò nei suoi fratelli, che si volevano assicurare che non combinasse nulla di impuro.

Entrambi conoscevano i rischi di una madre furiosa. Meglio non pensarci.

- Nick, cosa hai fatto, in tutto questo tempo? - domandò Joe il più anonimamente possibile, tradendosi da solo, a causa dell'espressione da scimmia curiosa che gli si era involontariamente stampata in faccia.

- Eh no, caro mio! 'Sto giro mi sono organizzato e ho cronometrato quanto ci ho messo. - esultò Nick, esibendosi in un sorriso di vittoria a ottantatré denti.

- Due minuti e diciassette secondi, alla faccia tua! - rincarò, mostrando orgoglioso il suo orologio, che, effettivamente, segnava il tempo da lui indicato.

- Ok, ti credo, ma come ben sai, la prudenza non è mai troppa, specie se c'è di mezzo una persona che ti sta facendo impazzire, di nostra conoscenza... - replicò Kevin, riconoscendo il potenziale peccaminoso della ragazza.

Nick sbuffò e alzò gli occhi al cielo, muovendosi innervosito dal comportamento dei fratelli.

Ma veramente credevano che avrebbe infranto la sua promessa a soli quasi quattro anni da essa?

E poi, cosa gli faceva credere che Anna fosse una ragazza facile? A lui aveva dato l'impressione del tipo che calcola tutte le conseguenze di qualsiasi proprio gesto e anche quelli altrui... possibile che solo lui si era accorto del vero modo di fare di Anna?

Che due fratelli poco fiduciosi.

E poi era lui il più piccolo.

A proposito, ora che ci pensava, tra due settimane avrebbe compiuto diciassette anni.

Forse non era più così piccolo.

Non aveva in mente nulla di megacosmico, solo una serata tra amici. Si chiese come avrebbe organizzato tutto; meglio una cena a casa oppure prenotare in un ristorante? Chi invitare? I ragazzi della band erano d'obbligo, la sua famiglia naturalmente, forse Miley, ma Selena no, era stufo della sua costante presenza... ad un tratto gli prese un colpo.

E Anna?

Non sapeva se invitarla, anzi, sapeva che avrebbe dovuto chiederle di venire, ma non aveva idea di come farlo.

Accidenti a lui e alla sua timidezza.


Si accorse di essere rimasto a pensare ai fatti suoi, solo perché vide Kevin e Joe che lo fissavano con la manica della maglia in bocca per non scoppiare a ridere; avevano le lacrime agli occhi e stavano facendo appello a tutto il loro autocontrollo, Joe ne aveva molto meno del fratello, per evitare di buttarsi per terra e farsi sorprendere da una crisi di ilarità come due rimasti.

- Almeno aspettate di essere in camera, per morirmi per mancanza di ossigeno nei polmoni. - disse Nick in tono piatto.

Aveva cose molto più importanti a cui pensare, lui.

E una di queste era la faccenda del suo compleanno.

Si girò, voltando le spalle a Kevin e Joe, per andare in camera sua e riflettere in santa pace, ma il suo adorabile fratello maggiore, una volta ripresosi dagli attacchi di risa, gli mise una mano sulla spalla e gli chiese

- Che intendi fare per i tuoi sweet seventeen, San Nicholas? -

- Giusto perché tu sappia, sweet si dice solo per i sedici. Per rispondere alla domanda vera e propria, era a questo che stavo pensando, prima… - e gli lanciò un’occhiata torva, alludendo al fatto che lo avesse chiamato santo.

- Eddai fratellino, dimmi tutto! Sai che sono curioso... a proposito, chi in inviterai? Io ci sarò, vero? E Kev? Anche lui e Frankie? Sai che dovresti invitare anche mamma e papà? Non provare a dimenticarmi, sai? Ma sì, ci avrai già pensato, dicono che tu sia un ragazzo sveglio, quindi ci credo. Ricordati che ci devo essere anch'io. Ma dove lo fai? Qui a casa o in un ristorante? Inviterai Ann... – non fece in tempo a finire, che capì in che inghippo si era andato ad infognare Nick. – Ah – disse soltanto.

- Ecco, appunto. Non so come fare. So che la devo invitare, e se devo essere sincero, non è un problema, la sua presenza. Ciò che mi preoccupa, è che non so come invitarla! Cioè, non posso mica bussare alla sua porta e dirle: “Ciao, il sedici compio diciassette anni. Vuoi venire alla mia festa?” cioè è troppo scontato; ma anche mandarle una lettera sarebbe sconveniente, insomma, viviamo sotto lo stesso tetto! Devo invitarla a cena fuori o una semplice passeggiata nel parco? Ma no, così sembra che mi voglia dichiarare, e non è vero, dopotutto le devo solo chiedere se vuole venire alla mia festa di compleanno! E poi ci sarebbero paparazzi ovunque, pronti a mettere le nostre foto sui giornali scandalistici, e non credo che Anna ne sarebbe contenta. Anzi, mi cercherebbe, mi torturerebbe e poi mi farebbe fuori, me lo sento! Ah, perché deve essere tutto così complicato? – concluse, parlando ormai da solo.

Sia Kevin che Joe, avevano perso il filo dei suoi pensieri già da in po' e stavano aspettando che finisse, per chiedergli di rispiegare di nuovo tutto daccapo.

- Bene, ora che abbiamo capito meno di niente di quello che hai detto, dovresti ripetercelo dall'inizio. - lo informò il mezzano, parlando con la stessa disinvoltura di quando gli avrebbe chiesto l'ora. Kevin scrollò le spalle, come a dar ragione a Joe.

- Ho capito solo: ecco, appunto, diciassette anni e paparazzi. Per una volta, devo dare ragione a tuo fratello. - disse semplicemente il maggiore.

- Perché, non sei mio fratello anche tu? - domandò stupito Joe. Forse lo avevano adottato... Ma no, come avrebbero potuto non dirlo a lui, il Danger della famiglia? Si disse che lo stavano semplicemente prendendo in giro. A quel pensiero si offese, ma non lo diede a vedere.

- I miei neuroni si rifiutano di risponderti, Danger. - lo riprese Kevin, che voleva bene a suo fratello proprio perché era così: stordito e fantastico.

- Ragazzi, il mio problema... - disse Nick, che era quello che necessitava di aiuto più di tutti, in quel momento.

- Ah, già, è vero. Dicci tutto, san Nicholas. - rispose il mezzano, spostando lo sguardo sul fratellino e chiamandolo santo apposta per provocarlo.

- È già capitato in passato, che io ti abbia ripreso per il fatto che tu mi abbia chiamato santo, nevvero? In quel mentre ho supposto, evidentemente errando, che tu avessi compreso il mio disappunto riguardo questa tematica. - se Joe lo provocava, perché non rispondere a modo? Sapeva quanto il fratello odiasse che lui e Kevin parlassero con un linguaggio forbito, quindi tanto valeva applicarsi, no?

Intanto il maggiore se la stava ridendo alla grande, osservando i “botta e risposta” dei suoi due fratelli. Si accorse di come la presenza di Anna li avesse fatti trovare d'accordo su così tanti punti. Forse non tutti i mali venivano per nuocere.

- Ok, guys, andiamo in camera, a discutere dei problemi di Nick, che rimanere in corridoio mi sa tanto da disadattati. - proruppe Kevin, raccattando gli altri due e trascinandoli di peso in camera sua. - Ma, no... Kev... perché? - cercò di lamentarsi Joe, beccandosi un'occhiata eloquente da parte del fratello. Ora era certo che Kevin volesse aiutare Nick, ma non sapeva perché dovessero andare in camera.

Improvvisamente, si ricordò del fatto che Anna era a pochi metri da loro, e che quindi, avrebbe potuto ascoltare i loro discorsi riguardo a lei; e non aveva colpe, dato che era in bagno a farsi la doccia.

Nick aveva pensato esattamente le stesse cose, e, una volta arrossito come si conveniva, si girò verso la porta e avanzò a passo di marcia verso di essa. Ma fu fermato da Kevin e Joe che attaccarono a fargli il solletico.


***


Aveva appena aperto il rubinetto dell'acqua calda, quando si ricordò di pettinarsi i capelli. Era una cosa che doveva fare, sennò le si ingarbugliavano e non era più possibile districarli. Tolse il piede dalla vasca e aprì l'armadietto sopra lo specchio. Dentro vi trovò la spazzola, una confezione di shampoo, come le aveva detto Nicholas, e vari oggetti per l'igiene orale. Tanto per curiosità, sbirciò anche in quello adiacente, trovandovi una schiera di prodotti per il corpo e per i capelli.

Questo deve essere l’armadio personale di Joe” pensò sorridendo alla vista di tutte quelle bottigliette e flaconcini.

Preso ciò che le serviva, iniziò a spazzolarsi i corti capelli cinerei. Quel taglio ce l'aveva da due mesetti, e, benché stesse veramente bene, stava aspettando che le ricrescessero.

Da piccola aveva sempre avuto i capelli lunghi, come sua sorella, ma aveva deciso di tagliarli per fare una prova. Certo, così corti erano molto mossi e si asciugavano subito, però la bellezza di averli lunghi era impagabile.

Si osservò allo specchio.

I capelli le incorniciavano il viso ovale, arrivando quasi alle clavicole, davanti. Gli occhi verdi e appena marroni, avevano una forma leggermente a mandorla, ma non accentuata come quella tipica delle popolazioni orientali. Gli zigomi erano appena visibili, perché il viso non era slavato o smunto. A differenza dei suoi genitori, le labbra non erano sottili, ma poco più carnose e disegnate. Non lo avrebbe mai ammesso, ma quelle di sua sorella Elena le piacevano moltissimo, quasi più delle sue.

Inclinò la testa di lato e tornò verso la vasca da bagno. Avrebbe piantato le tende sotto il getto d’acqua e ci sarebbe rimasta per parecchio tempo, decise.

Si infilò nell’enorme vasca e lasciò che l’acqua le scorresse sul viso, sui capelli e sul corpo.

Ah, che meraviglia…

Si godette ogni momento di quell’idilliaco paradiso, poiché sapeva che prima o poi ne sarebbe dovuta uscire.

Insaponò i capelli e il corpo, fino a che non divenne una bolla umana, per poi risciacquarsi. Si sentiva così bene, che le venne voglia di cantare.


Se voglio sognare

Mi gioco tutta la mia libertà

Respiro parole

Che dentro suonano di musica

Correrò nei prati e mi vedrai

Urlerò che sono insieme a lei


Non voleva cantare qualcosa di triste, bensì qualcosa di allegro e gioioso.


Sono qui, amami

Io sarò baci facili

Io lo so che sei tu quella che fa per me

Siamo qui, a viverci

Siamo noi cuori impavidi

È per te che farò

Il mio love show


Le piaceva la canzone, perché non parlava di gente che si molla o di gente che si strugge di dolore, come quelle che scrivevano i suoi coinquilini, ma di una bella storia a lieto fine.

Ora aveva tutto il tempo per riflettere con calma sulla sua nuova situazione.

È tutto così strano… probabilmente il mio cervello non ha ancora capito che dovrò convivere ventiquattro ore al giorno per nove mesi con la band più in voga del momento: i Jonas Brothers. Non so se esserne felice o meno. Insomma, pensiamoci: è possibile che andremo fuori a fare la spesa o a prendere un gelato o a portare a spasso Elvis,… e conoscendoli, dubito seriamente che non ci saranno in giro paparazzi, pronti a smaltare in prima pagina una foto della nuova amica di Nick Jonas. Che poi si sa, fra un’uscita e l’altra, se poi, malauguratamente siamo da soli, mi vedo già i titoli sulle più famose riviste scandalistiche: “Nick Jonas e la sua nuova fiamma” o “chi sarà la fortunata nuova ragazza del piccolo della famiglia Jonas?”. E cazzate del genere.

Che palle.

Io sono una persona semplice, nel senso che non si fa troppo notare, non quella che esce con Nick Jonas dei Jonas Brothers solo per la fama. Mica sono la Gomez, io!

Che poi, Nicholas, sembra reagire in modo strano al mio modo di fare, figuriamoci se gli passa per l’anticamera del cervelletto, di chiedermi di andare a fare un giro.

Certo, non si può negare che in fondo, ma molto in fondo, sia un bel ragazzo, ma di tizi come lui se ne trovano dappertutto, magari non famosi, ricchi, con la faccia da santo, fighi… no, figo no. Ok, forse un pochino figo lo è, ma non troppo. Ovviamente non glielo dirò mai, né in condizioni normali, né sotto tortura, significherebbe lasciarmi troppo andare, e questo non va bene; per niente.

Parlando degli altri fratelli, posso dire che l’impressione che mi ha fatto Kevin, è stata veramente ottima: pulito, raffinato e galante. Ma dove lo trovi uno così, al giorno d’oggi? Senza contare che è un bel ragazzo, chiudendo tutti e due gli occhi su quei due cespugli che si ostina a tenere ai lati del viso.

Tsk, quelle basette sono terrificanti! Lo fanno sembrare vecchio, accidenti.

In compenso ha dei begli occhi, verdi come i miei. Ho trovato in lui una persona che ha voglia di amare, ma amare veramente, non le solite cacatine che si scrivono gli innamoratucoli, come “non potrei mai vivre senza di te” e poi i giorno dopo si piantano, perché si stavano facendo le corna a vicenda. E non un paio di corna qualunque, il modello de-luxe, quello grande con le espansioni in omaggio.

Comunque, tornando a Kevin, se una ragazza ci si mette assieme e poi lo pianta per un altro, vado lì io e le faccio conoscere che differenza c’è tra una supposta di marmo e un pennello da trenta centimetri, infilato su per dove non batte il sole, detto in termini signorili. Kevin si merita il meglio, e io sono in grado di selezionare ragazza per ragazza, scartando quelle troppo finte e oche. Se poi lui è veramente innamorato, allora le faccio un lavaggio del cervello, ma confido che il ragazzo abbia buon gusto, almeno in fatto di ragazze, perché nel vestirsi è terribile come gli altri due. Anzi no, Joe è quasi peggio. Non si sa vestire, non sa accogliere gli ospiti, non è capace di non sbraitare alle tre del pomeriggio, non è capace di mollare e scegliere una ragazza, insomma, direi che è quello messo peggio dei tre.

E dire che è quello più ambìto dalle ragazze… magari se lo conoscessero un po’ meglio cambierebbero idea, tutte. Ma che dico? Ce ne sarebbe una, di ragazza, che lo seguirebbe anche se si volesse buttare da un ponte. Anzi, gli preparerebbe pure lo scalino per agevolargli la caduta, completo di tappeto rosso, of course. Quella ragazza è Annalisa. L’amica migliore del mondo, quella che vorresti avere, perché è unica nel suo genere, spiritosa, intelligente (ahimè tanto quanto me), ultra-vanitosa, altezzosa, ma anche pazza, fuori come un poggiolo, sclerata e disarmante. E sono proprio questi i motivi per i quali le voglio un bene che lei nemmeno s’immagina, dato che sono una persona estremamente riservata e non esterno i miei sentimenti come se piovesse. Mica sono come lei, che si fa i fatti degli altri ogni tre per due! Senza contare, che, in una classe di diciassette alunni, lei è l’unica che difende i Jonas (eccetto me, che mio malgrado li ascolto), Miley Cyrus e Ashley Tisdale. Non le importa che altre quindici persone li continuino ad offendere, è sempre lì a discutere con Zappa, Ed, Seba, Gero e Rosa Bianca Azzurra Arancione, confutando e bollando come idioti queste persone, perché si ostinano a voler dire che si ascolta musicaccia. Che poi, sono sempre loro, che cominciano a sfottere la musica che ascoltiamo noi; non ci viene mai in mente di spuntare dal nulla e dire che i Led Zeppelin, o Eminem, o tutti i gruppi heavy metal fanno ribrezzo, che poi è vero. No, sempre a mettere la pulce nell’orecchio, loro. Ma io mi chiedo: perché non riescono a capire che alle persone possono piacere anche canzoni e stili più leggeri? Perché la musica deve essere bella solo se è vecchia? Insomma, siamo quasi nel 2010 e loro ancora ascoltano gruppi degli anni ’70 e ’80? Non che mi dispiaccia, se a loro piace, sono liberissimi di ascoltarsele tutte le volte che vogliono, ma basta che la smettano di rinfacciarci che la nostra musica fa schifo, perché per fare sold out ai concerti dal 2006, vuol dire che a qualcuno i Jonas Brothers piacciono. Ecchecavolo!

Bah i misteri delle menti maschili.

Orsù parliamo altro.

Stavo esaminando Joseph Adam Jonas. Che sia strano, concedetemelo. Voglio dire, per accogliere la tua nuova coinquilina con una pallonata, devi esserti alzato dal lato sbagliato del letto, stamattina… comunque, così come gli altri due Esseri, mi tocca ad ammettere che non è un brutto ragazzo… certo, nei limiti di una limitata bellezza maschile, ovvio.

Sicuramente ha fascino, anche se non me lo spiego; sarà per il fatto che anche i suoi fratelli sono fisicamente dotati. (non fraintendetemi, io non penso certe cose). Ma non è per la faccia, questo posso assicurarlo. Quei due cespugli che si ritrova a posto delle sopracciglia potrebbero contenere chissà quali residui tossici e animali. Dovrebbero ribattezzarlo “biotopo fossile”.

Okay, queste considerazioni potrebbero essere usate contro di me, quindi è meglio che pensi a qualcos’altro.”


Got the news today

Doctor said I have to stay

A little bit longer

And I’ll be fine

When I thought it'd all been done
When I thought it'd all been said
A little bit longer
And I'll be fine


Sapeva che Nick era diabetico e non voleva farglielo pesare in nessun modo.


But you don't know what you got
'Till it's gone
And you don't know what it's like
To feel so low
Everytime you smile or laugh you glow
You don't even know
No no
You don't even know

Perché, come giustamente diceva nella canzone, non sai cosa hai, finché non lo perdi. E lui aveva peso una parte della sua autonomia, dovendo continuamente attaccarsi alla macchinetta che gli controllava la glicemia.


All this time goes by
Still no reason why
A little bit longer
And I'll be fine
Waitin' on a cure
But none of them are sure
A little bit longer
And I'll be fine


Lei, comunque, sapeva che un giorno, qualcuno avrebbe trovato una cura, e quella persona poteva essere Annalisa, dato che voleva diventare una ricercatrice di medicina.


So I wait 'till kingdom come
All the highs and lows are gone
A little bit longer
And I'll be fine
I'll be
Fine

Non capiva bene, perché in diverse canzoni dell’album da solista, avesse scritto così tanti brani, riguardanti il paradiso e Dio. Vada che vive in una famiglia di cristiani, ma scrivere in “Time for me to fly”: “It’s time for me to open up my heart and knock on heaven’s door”, era leggermente fuori luogo. Avevi tredici anni, ragazzo mio, non puoi dire che sei pronto per andartene, perché il significato intrinseco del testo è questo, no?

Una volta chiusa l’acqua, uscì a malincuore dalla vasca, prese asciugamano e se lo avvolse intorno al corpo, frizionando per asciugarsi. Si pettinò i capelli e aprì la finestra per far fuoriuscire il vapore.

Subito, l’aria fredda le colpì la pelle calda e bagnata, facendole fare un salto.

Accidenti al freddo


***


Era ormai un po’ che si facevano il solletico a vicenda, quando Nick si sentì l’acqua chiudersi, in bagno. Anna aveva evidentemente finito di farsi la doccia. Immediatamente dopo di lui, anche Kevin e Joe, sentirono la stessa cosa. Si paralizzarono, timorosi di fare un qualsiasi movimento, che avrebbe prodotto un suono.

Lentamente si separarono e i due maggiori si diedero alla specialità del fuggi-fuggi, smaterializzandosi dalla visuale del minore, che, quando se ne accorse, sfrecciò nella loro direzione, infilandosi per un pelo nella porta.

- Fiiiiiiiiiuuuuu, mi volevate lasciare al mio destino, per caso? – domandò sarcasticamente, squadrando i due fratelli.

- No, solo che sei lento. E poi, non ti potevamo mica lasciare in balia di Anna appena uscita dalla doccia, no? – rispose il mezzano, assumendo la classica espressione angelica alla Jonas.

Kevin lo fulminò, ma non disse niente. Sapeva che Nick teneva fede alla sua promessa, ma con una ragazza in asciugamano per casa, non sapeva cosa sarebbe potuto accadere. E non voleva rischiare di incappare nell’ira dei suoi genitori.

- È la seconda volta nel giro di due ore, che mi ripetete la stessa cosa. La volete piantare? Ho quasi diciassette anni, so badare a me stesso e alle mie promesse. – sbuffò spazientito, sedendosi di colpo sul letto di Kevin.

- Sarà. A proposito, io non l’ho mica sentita uscire dal bagno, voi? – chiese Joe, cambiando argomento.

Guardò le espressioni dei fratelli e intuì che nemmeno loro l’avessero sentita.

- C’è da dire che è straordinariamente silenziosa, quindi non mi sorprenderei se fosse già in camera sua… - disse Nick, fissando i fratello.

- Boh… -

- Ad ogni modo, io vado nella mia camera, mi è venuta l’ispirazione per un testo. – concluse il minore, alzandosi e dirigendosi verso la porta.

- Ok – rispose Kevin, annuendo.

- Ok, e vedi di non farti cadere l’aureola, san Nicholas! – lo sbeffeggiò il mezzano.

- Senti chi parla. –

Detto questo, uscì dalla porta.

- Mi sa che ti devi andare a scusare con lui, Joe. – disse il maggiore, guardando la porta dalla quale era appena uscito Nick.

- Mi sa anche a me, Kev. – rispose lui, uscendo a sua volta.


***


I capelli bagnati le si erano incollati al viso, quindi cercò di sistemarli alla bene meglio ai lati, optando poi per lasciarli sciolti.

Accidenti se faceva freddo, fuori dal bagno!

Sii strinse nelle spalle e procedette speditamente. Da grande genio quale era, aveva lasciato il cambio in camera, quindi ora doveva andare a prenderlo. Indossava solo l’asciugamano, che per sua fortuna, le arrivava alle ginocchia.

Per quanto osservare le assi di legno potesse essere interessante, alzò lo sguardo per vedere dove stesse andando, ma non fece in tempo, perché sbatté violentemente contro qualcuno.

Per la legge del rimbalzo (di mia invenzione), tornò indietro, ma andò a cozzare contro un’altra persona, che era comparsa dal nulla dietro di lui, finendoci addosso di schiena.

Ma perché nessuno guarda mai dove mette i piedi?” si domandarono contemporaneamente le tre persone.

Quando Anna aprì gli occhi, si rese conto di essere appoggiata di peso su Nick e di essersi scontrata con Joe, il tutto con addosso solo un asciugamano.


Che bel modo di iniziare una convivenza…

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Capitolo 5
*** A Little Problem ***


capitolo 5Io:Ehm...
Nick: dai, esci di lì, che tanto gli insulti te li prendi lo stesso.
Joe: Nick ha ragione, è colpa tua se non hai aggiornato, quindi un po ' di insulti ti fanno solo bene.
Io: …
Kevin: mi sa che devo dare ragione a Joe... sei tu che non hai i capitoli pronti e ogni volta ti riduci   all'ultimo minuto per scrivere.
Io: non è mica colpa mia se non sono organizzata come l'Annalisa, che sta scrivendo il decimo capitolo e deve ancora pubblicare il settimo.
Nick: appunto, prendi esempio da lei.
Io: ma ho dovuto aggiornare Casuality, che alla faccia vostra sono 25, ripeto 25, pagine Word, poi mi sono vista con la mia socia per scrivere “tutto per una gomma bucata”, che tra parentesi è ancora in alto mare, e sono alle prese con i compiti di tutto.
Joe: Sìsì, di' quello che vuoi, tanto non sei giustificata. Anche perché questa fiction la leggono poche persone e ancora meno la recensiscono, quindi potresti anche dire che la sospendi per mancate recensioni. In effetti si parla troppo di te e troppo poco di me. È sicuramente per questo che non la legge nessuno, sisi.
Io: come osi? Fedifrago che non sei altro! Ha, vedi cosa ti combino nel prossimo capitolo, Jonas!
Nick: già nel prossimo, perché questo è talmente corto che potrebbe addirittura essere... hey, perché mi guadi così?
Io: perché tu hai appena firmato la tua condanna a morte, Nicholas Jerry Jonas.
Nick: O.O




Capitolo 5: A little problem




Nessuno aveva il  coraggio di muoversi, tanto era in bilico la situazione.

Joe era paralizzato con la mano sullo stipite della porta, Anna aveva una gamba semi piegata indietro che la teneva abbastanza in piedi, mentre le

braccia erano raggomitolate al petto e sul viso le si era dipinta un'espressione assai stupita e imbarazzata. Il secondo martire della situazione,

reggeva con le braccia il busto della ragazza, che si era improvvisamente trovato addosso, trattenendo inconsciamente il respiro.

Gli unici suoni che si sentivano nel corridoio erano i respiri pesanti di Anna e di Joe.

Nick sentiva il respiro irregolare della ragazza contro il suo torace e, prima che il suo cervello avesse il tempo di riprendersi, il suo istinto di maschio

ebbe la meglio sulla ragione: inspirò tutta l'aria che poté per poter sentire meglio il suo profumo. Non è che Anna ne avesse uno, ma odorava di

shampoo alla pesca. Nick lo notò e gli piacque ancora di più.

A poco a poco, il cervello si riprese, spodestò gli istinti riassumendo il controllo sugli arti e le varie parti del corpo, ordinando loro di muoversi e

rimettere in posizione eretta la ragazza appoggiata su di sé. Subito, Nick si riebbe e accompagnò Anna con movimenti lenti e misurati, affinché si

sistemasse e potesse andare in camera sua a cambiarsi.

Lei parve sollevata e dopo una fugace occhiata di ringraziamento al riccio, partì quasi correndo alla volta della sua camera. Riusciva solo a pensare

“Oddio oddio oddio oddio oddio oddio”. Appena arrivò davanti alla sua porta, la aprì e se la chiuse dolcemente alle spalle, poiché sbatterla

violentemente sarebbe significato che era nervosa e confusa. In realtà era solo imbarazzata all'ennesima potenza e shockata. Aveva capito cosa era

successo, e proprio per questo non si sarebbe allontanata dalla sua camera per i prossimi quindici minuti.

La reazione dei due fratelli non fu molto diversa: entrambi erano rimasti colpiti dallo spirito di iniziativa di Nick, che di solito rimuginava a lungo su

quello che doveva fare, riuscendo così a far allontanare diverse ragazze.

Sia Kevin che Joe lo avevano sempre amorevolmente preso in giro, rinfacciandogli che con le ragazze era lento, che in questo modo le annoiava e

loro se ne andavano, lasciandolo con un palmo di naso.

Ora invece, si era spicciato, ma a mandarla via, quindi si ricominciava da capo.

- Beh Nick, per una volta che ti sei dato una mossa, la ragazza pare non aver gradito. Sei proprio un caso disperato, fratellino. - lo sbeffeggiò Joe,

animato da un intramontabile entusiasmo, tipico suo.

- Io non stavo tentando di corteggiarla, Joe, solo di non farmi prendere da attacchi ormonali. - rispose ambiguamente il minore, non guardando negli

occhi il fratello, abbassando la testa.

Sia Joe che Nick fissarono la porta nella quale era entrata Anna, riflettendo sugli avvenimenti appena accaduti.

- La fedina comincia a pesarti. - disse ad un tratto il maggiore, maledicendosi subito dopo e guardando di sottecchi il fratello, aspettandosi una

sfuriata.

- Già, non posso negarlo. Ma resisterò a costo di sembrare uno zotico misogino. - ribadì convinto il minore, assumendo la sua tipica espressione

neutra e spiazzando Joe, che non nascondeva la sua sorpresa. Lo guardò, fiero di lui e delle sue parole.

- Non lo metto in dubbio, ma se riesce a farti impazzire senza accorgersene, cosa pensi di fare  quando si applicherà? Perché sai benissimo che lo

farà. - gli domandò Joe, mettendogli la pulce nell'orecchio. - Ah, e scusami per la battuta dell'aureola di prima. Ci si vede!  -

Detto questo girò sui tacchi e se ne andò, lasciando Nick alle prese con i suoi dilemmi.

- Le chiederò in ginocchio di non farlo. - sospirò, rivolto al corridoio ormai deserto, prima di rientrare in camera sua per scrivere quella famosa

canzone.

Però non sapeva che una certa ragazza a tre metri di distanza aveva sentito il loro dialogo e stava seriamente pensando di non sfruttare

quell'interessante dettaglio a proprio vantaggio, potendo ricattare il giovane Jonas fino alla fine dei tempi, come le suggeriva il suo istinto di persona

sadica che si rispetti.

Devo assolutamente chiamare Annalisa e farmi dare un consiglio” pensò, infilandosi i pantaloni e rimanendo in bilico su una gamba, saltellando per

non cadere. Quando finì di prepararsi – un paio di jeans e una maglietta bianca a maniche corte – frizionò i capelli con l'asciugamano e lasciò che

ricadessero ai lati della testa, benché fossero bagnati. Controllò la propria immagine nello specchio prima di uscire, onde evitare di finire in posizioni

scomode con poco addosso, in caso di rientro anticipato del resto della famiglia.

Chiamare l'Italia con il cellulare era fuori questione, dato che i costi sarebbero stati esorbitanti, quindi decise di fare una capatina nella camera di

Kevin, che le era parso quello più sano di mente, e chiedere di poter usare il telefono. Decise che sarebbe stato conveniente bussare prima di entrare

e così fece.

- Avanti. - fu la risposta che ottenne.

Aprendo appena la porta e infilandoci dentro la testa, annunciò la sua presenza, muovendo poi qualche passo verso il letto, sul quale stava sdraiato

Kevin. Appena la riconobbe, si tirò a sedere, guardandola con curiosità e aspettandosi una domanda.

- Ehm, volevo chiedere se potevo usare il telefono per chiamare la mia famiglia. - disse lei, fissando il maggiore negli occhi e sperando in una risposta

positiva.

- Già a far richieste. Ma non ti vergogni? - la punzecchiò Joe, ridacchiando e riemergendo da casinolandia.

- Certo che puoi. - concesse lui, sorridendo amichevolmente, fulminando il fratello – vieni che ti mostro dov'è. - disse poi, alzandosi dal letto e

dirigendosi verso la porta.

- Grazie. - fece lei, voltandosi e seguendolo giù dalle scale, non prima di aver sbattuto la porta in faccia al mezzano. Le parve di sentire Joe aprire la

porta, ma non ci badò più di tanto.

Quando furono al piano terra, Kevin si diresse in cucina, dove c'era il cordless. Glielo porse e le raccomandò di mettere il prefisso dell'Italia davanti

al numero. Anna annuì e prese l'apparecchio, cominciando a digitare le cifre del telefono di casa sua.

Uno squillo, due squilli, tre squilli...

Forse era un po' troppo presto per chiamare casa, dopotutto lì erano solo le sei del mattino. Proprio mentre stava per agganciare, la voce di sua

madre le rispose.

“Pronto?”

< Ciao mamma! >

“Oh, Anna! Come va? Sei atterrata? Il viaggio è andato bene? Hai già conosciuto la famiglia Jonas? Come sono? Lì che ore sono?”

< Hey, hey, calma, due domande sono già troppe! Allora, io sto bene, l'aereo non è caduto, io sono sana e salva e sono qui a casa. Sì, ho già

conosciuto tutta la famiglia, sono proprio quei Jonas, Joe mi ha tirato una pallonata in faccia che mi ha quasi spedita all'ospedale, – disse,

accorgendosi che nel frattempo il mezzano era spuntato in cucina - Kevin cucina benissimo, Nick è un po' strano ma ci farò l'abitudine. I genitori e il

piccolo Frankie sono simpatici e molto ben disposti nei miei confronti e qui sono le quattro del pomeriggio. >

“Oh cara, non avevamo proprio idea che potessero essere proprio i Jonas Brothers, ma se ti trovi bene, siamo felici. Allora, hai detto che sono

simpatici e che uno ti ha quasi spedita all'ospedale?”

< Sì, è stato Joe, quello che piace a te, quello con i capelli lisci, anche se ora li tiene naturali. Ma non mi sono fatta niente di grave. Comunque,

abbiamo mangiato e poi gli sono letteralmente caduta in braccio dal sonno, così mi ha portata in camera mia e ho dormito un po'. Ma Joe non è

capace di parlare sottovoce e mi ha svegliata. Mi sono fatta una doccia poco fa e sono praticamente appena uscita. >

Parlarono ancora per un quarto d'ora, fino a che Anna decise che doveva chiedere una cosa ai ragazzi. Si salutarono e riagganciarono.

Si avvicinò a Kevin, seduto sul divano, e gli chiese se aveva un minuto, perché doveva parlargli.

- Sicuro che mi puoi parlare, di che cosa si tratta? - domandò, accomodandosi meglio.

- Vado a chiamare anche Nick, è una cosa che vi riguarda tutti e tre. - rispose lei indicandoli,  avviandosi su per le scale e bussando alla porta di

Nicholas.

- Sì? - sentì dire dal minore.

- Nick, hai un minuto? Dovrei parlarvi; riguarda una persona. - disse Anna, aspettando davanti alla porta. Sentì quasi subito i passi del ragazzo

nell'altra camera avvicinarsi, e si trovò davanti Nick che la guardava un po' sorpreso.

- Vieni. - disse soltanto, scendendo le scale, diretta in salotto.

Il minore era rimasto ancora imbambolato a fissare i tratti della ragazza, ma uno sguardo di ghiaccio lo destò.

Non avendo altra scelta, il ragazzo la seguì, ritrovandosi gli altri due fratelli seduti sul divano, che li stavano aspettando per capire il motivo per il

quale la ragazza li aveva chiamati; così si sedette insieme agli altri due e aspettò che Anna iniziasse a parlare.

- Devo chiedervi una cosa molto importante – iniziò - io ho un'amica alla quale ho raccontato che sarei venuta qui per un intero anno scolastico;

ovviamente le ho detto che la famiglia che mi avrebbe ospitata si chiamava Jonas, ma nemmeno io sapevo che foste realmente voi. Quindi la mia

domanda è questa: posso dirle che sono la vostra coinquilina, benché lei sia una vostra fan scatenata e potreste trovarvela sulla soglia di casa anche

domani alle cinque di mattina? Sappiate solo che se dovessi mentirle, voi dovrete fornirmi una scusa valida per mascherare la vostra vera identità. -

chiese Anna, contraendo la mascella e aspettando una risposta, possibilmente positiva.

I tre fratelli si guardarono, comunicando telepaticamente.

- No. - risposero all'unisono, convinti, fissandola negli occhi.

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Capitolo 6
*** Scherzi o no? ***


capitolo 6

Eccomi!!!!

credo di essere anche in orario, cioè, è un po' tardi, dato che sono le 21.30, ma fa 'stesso. Questo passaggio mi è venuto in mente così, senza un motivo preciso, ma mi piaceva l'idea...

beh passiamo ai ringraziamenti!


_Crazy_Dona_: già, secondo me Nick è montato al contrario, ma a noi va bene così. Mi sa che anche se fosse misogino e zotico, non saresti l'unica a prenderselo, sai? Spero che il mal di denti ti passi presto!


jonas_princess: cara, tu posticipi la mia entrata? Io posticipo la tua. No dai che scherzo, solo che come ti ho già detto, questo piccolo contrattempo non causerà grandi cambiamenti. A domani! p.s. Mi sono dimenticata il libro di greco a casa...




Capitolo 6: Scherzi o no?



Il tempo si fermò.

Anna non ci poteva credere, le stavano negando la possibilità di dire la verità alla persona che aveva tutto il diritto di sapere. Non poteva dire come stavano le cose ad Annalisa, la sua migliore amica, colei che la ascoltava ed era la sua confidente, la persona che, dopo la sua famiglia, era la più importante.

Predicano bene e razzolano male” pensò, sentendo una rabbia montarle dentro. Però non avevano tutti i torti; non sarebbe stata una cosa molto saggia rivelare a una fan un dettaglio così importante, quale l'ubicazione dei Jonas.

Allora cosa vanno tanto blaterando di dire sempre la verità?” si chiese, con una punta di scherno e un'abbondante quantità di sarcasmo.

Era tra due fuochi: da una parte, c'era Annalisa, dall'altra c'erano i Jonas.

Contrasse la mascella e strinse con forza il cordless tra le mani fino a sbiancarsi le nocche. Poi si rilassò, sospirando pesantemente. Non aveva senso combattere, quindi si sarebbe arresa alle disposizioni dei ragazzi, anche se ogni cellula e fibra del suo essere urlavano inviperite.

- Perfetto, non le dirò niente, ma dovete fornirmi una scusa valida. - disse abbassando lo sguardo, non riuscendo a guardarli negli occhi, cercando di assumere un tono di voce disinteressato. Si sedette sul divano e attese che le illustrassero il loro piano.

Intanto i ragazzi si erano radunati in cucina per discutere della questione, pensando a qualcosa di credibile da propinare all'amica di Anna.

- Bene ragazzi, teniamo a mente che così facendo violiamo la regola d'oro. - iniziò il minore, facendo una premessa assai poco ottimistica.

- Già, ma è necessaria affinché la nostra identità non venga scoperta e che questa Annalisa non ci venga a bussare alla porta di casa. - rispose il mezzano, non proprio convinto di quello che stavano per fare. Non gli piaceva l'idea che Anna fosse triste a causa loro, voleva che potesse chiamare la sua amica e che fosse felice in modo da poterla ancora sentire ridere.

Si diede dell'idiota, dicendosi che la conosceva da poche ore e che era Nick quello che le sbavava dietro, ma nonostante tutto, non riusciva a levarsi dalla testa quel sorriso e quegli occhi.

Che stesse facendo impazzire anche lui?

No, no doveva distrarsi, così disse la prima cosa che gli venne in mente.

- Allora, possiamo dirle che siamo una famiglia composta da sei membri... e che Nick è una ragazza! Sì sì, così non possiamo essere noi! Ah, che idea geniale che ho avuto! -

- Ahahah, no, non si può fare. -

- Eddai Nick, l'idea di Joe non è poi così male... se ti fingi una ragazza, Annalisa non crederà mai che siamo i Jonas Brothers! -

- Perché, invece, non fingiamo che Joseph non esista, in modo che manchi un fratello. Va bene lo stesso. - ribatté il minore piccato.

L'idea di passare per una ragazza non lo allettava più di tanto. Anzi, non lo allettava affatto.

- Uffa, allora fatti venire in mente qualcosa. - lo riprese il mezzano, non calcolando neanche l'ipotesi di essere cancellato. Lui era Joe Jonas dei Jonas Brothers, era troppo importante per essere tagliato fuori. Distolse un attimo lo sguardo dai fratelli, e si perse a fissare qualcosa.

- Io ho già detto quello che ci converrebbe fare, Joseph. - disse Nick calmo, picchiando distrattamente i polpastrelli sul piano di lavoro della cucina, osservando leggermente divertito il fratello, che guardava qualcosa che lui non vedeva con un'espressione persa. Sembrava che non lo avesse sentito. Nick cominciò a preoccuparsi; non era da Joe ignorare una frecciata del genere. Agitò una mano davanti ai suoi occhi nel tentativo di svegliarlo, ma non ottenne grandi risultati.

- Joe, ehi Joe! Ci sei? - lo chiamò Kevin, scuotendolo leggermente per le spalle. Fu tutto inutile: Joe si era incantato a fissare qualcosa o qualcuno.

- A mali estremi, estremi rimedi – sussurrò Nick rivolto a Kevin, aprendo un cassetto e tirandone fuori un paio di forbici. - Joseph, ho in mano un paio di forbici e mi sto avvicinando ai tuoi capelli. Indovina cosa sto per fare. - lo minacciò, sforbiciano in giro, in modo che il fratello sentisse il rumore delle lame che stridevano.

L'altro non diede segni di aver sentito.

Sia Nick che Kevin si guardarono perplessi: non era mai capitato che Joe non si svegliasse appena venivano messi in pericolo i suoi adorati capelli.

- Kev, secondo te a cosa starà pensando, per non essersi accorto che avevo intenzione di tagliargli i capelli? -

- Non ne ho idea, ma non mi piace. - poi alzando il tono di voce e prendendo l'arnese dalle mani del fratello, si avvicinò la caso patologico e aggiunse – Sarò più esplicito di Nick: ti taglio via una ciocca. -

Niente, Joe si era perso.

- Frankie giocava con Elvis a lanciare la tua piastra... i tuoi prodotti per i capelli sono finiti e non sono più in vendita sul mercato... Camilla ti ha mollato e ora sta con Pattinson... - era inutile, qualsiasi cosa dicesse, il mezzano fissava un punto non meglio precisato oltre la porta della cucina.

- Kev... - mormorò Nick, facendogli segno di avvicinarsi – posso inscenare uno svenimento per un calo di zuccheri... so che non dovrei farlo, ma è l'ultima chance che ci rimane. - propose il minore, abbassando lo sguardo. Avrebbero fato prendere un colpo al povero Joe, ma non sapevano cosa gli fosse preso e quanto sarebbe durato.

Kevin ci pensò su e poi acconsentì.

- Ok, ma magari non svenire, fingi solo un capogiro. Non voglio che si prenda un colpo. -

Nick sorrise triste e si concentrò sul diabete che lo costringeva a vivere dipendendo da una macchinetta.



Ormai era passato un quarto d'ora da quando i ragazzi si erano ritirati in cucina per trovare una balla da propinare alla sua povera amica. A quel pensiero la sua schiena ebbe un sussulto per la troppa rabbia repressa. Contrasse per l'ennesima volta la mascella e irrigidì tutti i muscoli della schiena, per poi rilassarli. Era ormai la quinta volta che lo faceva, ma sapeva che non avrebbe migliorato la sua situazione.

Non riuscendo più a rimanere seduta, decise di andare a vestirsi, in quanto voleva andare a farsi un giro per studiarsi la parte della bugiarda. Andò in camera sua e si cambiò velocemente: ora indossava un paio di jeans una maglietta e la sua adorata felpa da uomo. Una volta giù si sedette, ma decise di andare a vedere se quei tre avevano prodotto qualcosa di utile. Così si alzò dal divano e si diresse verso la cucina.

Sentì un tonfo e delle grida.

Si precipitò nella stanza, ma si inchiodò di colpo, portandosi le mani alla bocca, soffocando un grido.


Kevin urlava il suo nome, scuotendolo per farlo rinvenire.

Joseph aveva gli occhi e la bocca spalancati e non riusciva a muoversi.

Nicholas era steso per terra.


Aveva il volto terreo e respirava a fatica, mentre gli occhi erano chiusi. Era immobile, se non fosse stato per il lieve movimento del petto che gli permetteva di respirare.

Anna si concesse due secondi di smarrimento, poi si avvicinò al minore, girandolo di pancia e sollevandogli la camicia fino a metà schiena, pregando che il suono intermittente che sentiva non fosse prodotto dall'apparecchio per la glicemia, indicando quindi pericolo.

Sfortunatamente per loro, il rumore proveniva proprio dalla macchina appoggiata sulla schiena di Nick.

Anna provò a svegliarlo nel modo più classico che conosceva, un bicchiere di acqua gelida rovesciato in testa, ma nemmeno questo riuscì a svegliare il piccolo Jonas.

- Dobbiamo potarlo all'ospedale, SUBITO! - disse Anna in tono autoritario, prendendo in mano la situazione. - Prendetelo e portatelo in macchina, io vi seguo e chiudo la porta di casa. -

Kevin annuì ancora scosso, prendendo Nick fra le braccia e avviandosi verso il garage.

Joe era rimasto immobile a fissare il punto nel quale, fino a pochi secondi prima, c'era il corpo del fratello con gli occhi spalancati, incapace di muoversi.

- Joe, abbiamo bisogno del tuo aiuto, non me ne faccio niente di un catalitico; a Kevin serve il tuo supporto per portare tuo fratello all'ospedale. Spicciati a raggiungerlo! - gli ordinò la ragazza, mantenendo un tono glaciale, fissandolo negli occhi.

Joe parve risvegliarsi dal suo stato di coma solo in quel momento.

- Io... quando Nick è svenuto per la prima volta... - mormorò lui, fissando un punto imprecisato sopra le testa di Anna.

- Dannazione Joe! Devi essere forte, ok? Non ti puoi far prendere dal panico in questa maniera, accidenti! Non so cosa sia successo a Nick, ma se ti spicci lo portiamo in ospedale e lì lo cureranno. Andiamo. - sbraitò la ragazza. Non poteva permettersi di essere gentile e carina con Joe ora, anche perché avevano una persona da salvare.

Dato che si muoveva con una certa lentezza, fu costretta a strattonarlo fino alla porta, dove prese le chiavi e chiuse tutto. Sempre trascinandosi dietro un Joe più di la che di qua, arrivò alla macchina già avviata e calda; spalancò la portiera dietro e ci infilò il mezzano, in modo che rimanesse vicino al fratello svenuto, mentre lei si fiondò sul sedile anteriore.

Kevin partì a tutto gas, rischiando di smaltarsi più di una volta contro qualcosa, grande o piccola che fosse.

Non pensava a niente, solo a guidare il più velocemente possibile per salvare Nick. Era già capitato che svenisse, ma si era sempre ripreso nel giro di qualche minuto. Era veramente spaventato e immaginava come si sentisse Joe, dato che era quello che si preoccupava maggiormente della salute del fratello.


Arrivarono all'ospedale nel tempo record di dieci minuti, nei quali Kevin avrebbe accumulato almeno cinque multe diverse, se non fosse stato per Anna, che aveva prontamente messo fuori dal finestrino una mano, nella quale stringeva un fazzoletto bianco, in segno d'emergenza.

Smontarono dalla macchina e corsero al pronto soccorso, sorpassando di gran carriera un mucchio di gente, beccandosi una serie di occhiatacce non proprio amichevoli da parte dei presenti, prontamente sedate da quelle di risposta lanciate dalla ragazza, che gelava qualsiasi tentativo di protesta con i suoi occhi di ghiaccio.

- È svenuto circa un quarto d'ora fa; è diabetico. Abbiamo fatto il più velocemente possibile, ora non possiamo fare più niente. - disse il maggiore all'infermiera che li aveva accolti, non nascondendo tutta l'ansia che provava.

- Capisco. Come si chiama il ragazzo? - domandò lei in tono gentile, annotando la risposta su alcuni fogli. - Perfetto, potete accomodarvi su quelle sedie, ma vi avverto: l'intervento potrebbe parecchio; potrete andare a casa intanto. Vi chiameremo noi. - rispose lei, indicando con la punta della penna che teneva in mano le sedie di metallo.

- Grazie, ma rimarremo qui fino a che Nicholas non sarà fuori pericolo. - disse Kevin convinto, tenendo lo sguardo basso e dirigendosi verso le seggiole, che avevano tutta l'aria di essere molto scomode.

Intanto Anna si era avvicinata a Joe mantenendo però un'espressione imperscrutabile. Si sedettero tutti e tre e attesero.

Ognuno era perso nei propri pensieri, facendo ben poco caso a cosa facessero gli altri due; Kevin troppo ansioso per stare fermo e seduto, Joe apatico a Anna pensierosa.

- Io chiamo la mamma. - annunciò il maggiore, alzando poco gli occhi, abbastanza da incontrare quelli del fratello.

- Sì, sarà terribile, ma lo devi fare. - rispose lui, fissandolo.

- Già. -

Kevin compose il numero del cellulare della mamma e attese che rispondesse.

Uno... due... tre... squilli

< Pronto, Kevin? >

Mamma...”

< Kevin, che succede? >

Mamma... Nick...”

< Kevin, cosa è successo a Nick? > chiese Denise, cominciando a preoccuparsi.

Nick... ha avuto un calo di zuccheri e... è stato ricoverato a causa dello svenimento che ha avuto...”

< … >

Mamma?”

< Nicholas... svenuto... COSA?! Dove è ricoverato?” >

10920 Wilshire Boulevard.” fu la laconica risposta del maggiore.

< Arriviamo immediatamente. >

- Adesso aspettiamo. - disse Kevin

- Adesso aspettiamo. - gli fece eco Anna.

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Capitolo 7
*** You, me and she ***


capitolo 7

Ta-da! Ragazze, non preoccupatevi, ho deciso di non mollare la fic, anche se praticamente non c'è più nessuno che recensisce. Per vostra sfortuna, ho in serbo per voi altre mille assi nella manica, quindi preparatevi e tremate!!!



Jonas_princess: cara, ok, io vado avanti stringendo i pugni, ma tu vedi di non ammazzarmi domani, ok? Niente anticipazioni!

Angus girl: cara, sono felice che segui la mia storia, ma vedi cosa gli faccio fare allo zio Joe, al tuo Kevin e alla mia vittima Nick! muahahahah





Capitolo 7: You, me and she.




I minuti scorrevano lenti, scanditi dal costante ticchettio prodotto dall'orologio sopra le loro teste. Il via vai di infermiere, dottori e pazienti più o meno gravi, dava l'idea di tranquillità, benché fossero in un ospedale. C'era solo un piccolo particolare che guastava l'atmosfera: Paul Kevin Jonas II che camminava nervosamente avanti e indietro per il corridoio. Decise infine che sarebbe andato all'entrata ad aspettare i genitori, chiedendo alla ragazza di tenere d'occhio il mezzano. Lei acconsentì, facendo un cenno con la testa. Kevin annuì e si avviò. Joe non si era più mosso, troppo scosso per fare qualsiasi cosa richiedesse uno sforzo fisico, continuando a fissare il nulla davanti a sé. Anna pensava a Nicholas e a Joseph, a come si dovesse sentire, ma non ci riusciva. A lei non era mai capitato che sua sorella Elena svenisse, quindi non aveva idea di come si potesse sentire Joe. Abbassò lo sguardo, cercando di formulare un discorso che spiegasse al mezzano quanto lei fosse dispiaciuta e spaventata.

- Joe, io ti devo delle scuse, quindi apri bene le orecchie perché non ho alcuna intenzione di ripeterle. - iniziò, voltandosi verso di lui e aspettando che la guardasse negli occhi prima di continuare.

- Scusa se non ho avuto tatto prima, ma non c'era assolutamente tempo da perdere in carinerie varie. So che per te è difficile, ma sappi che, benché ti conosca da qualche ora, hai tutta la mia solidarietà. Voglio che tu sappia che io odio si autocommisera; è vero, Nicholas potrebbe dover subire un intervento, potrebbe essere grave e potrebbe rimanere in coma. Ma sappi che non è giusto che ti consoli dicendoti ce andrà tutto bene, perché quello si fa con i bambini piccoli e tu non lo sei più. Se ti dico quello che sto per dire lo dico perché ne sono convinta: Nick guarirà presto. - concluse, cercando di assumere un'espressione dolce e rassicurante, ma anche determinata. Da dove aveva tirato fuori il fatto che Nick sarebbe guarito non lo sapeva, l'unica cosa di cui era inspiegabilmente sicura, era che sarebbe stato così e basta.

Joe rimase in silenzio per qualche secondo, prima di contrarre le labbra e lanciarsi letteralmente sulla ragazza, abbracciandola quasi con disperazione. Anna rimase di sasso, ma si disse che in quel momento Joe aveva bisogno di un supporto morale, quindi ricambiò l'abbraccio e rimase in silenzio, accarezzando di tanto in tanto la sua schiena, cercando di infondergli forza.

Ma guarda te che situazione: sono abbracciata a Joseph Jonas perché Nicholas Jonas è svenuto e lo stanno visitando, mentre Kevin Jonas sta aspettando il resto della famiglia Jonas. Che cosa assurda. L'unica mia consapevolezza è che Joe ha bisogno di me adesso e io non mi posso assolutamente tirare indietro, e per una volta non è una questione d'orgoglio. Wow, sto facendo progressi.” questi erano i pensieri della ragazza. Allontanò di poco la testa da quella del giovane scosso dai singhiozzi per osservarlo: i capelli neri erano scompigliati e spatuzzi, il respiro era irregolare a causa degli scossoni del busto e le sue braccia si stringevano convulsamente sui suoi fianchi. Poi lo strinse a sé, cingendogli la vita con un braccio e appoggiando il mento sulla sua testa, pregando che Denise non arrivasse proprio in quel momento.

Fortunatamente per lei, nessuno comparve per altri cinque minuti, fino a che Joe si staccò da lei, asciugandosi gli occhi con la manica della felpa e sorridendo sghembo.

- Scusami tu, anzi, grazie. E scusami ancora per la figuraccia che ti ho appena fatto fare. - disse solo, riferendosi anche al fatto di averle praticamente inzuppato la maglietta di lacrime.

Per tutta risposta lei scrollò le spalle e ridacchiò.

- Non ti preoccupare, dopotutto era il minimo che potessi fare, dato che tuo fratello è ricoverato in quella stanza. Per il fatto che ti sia lanciato addosso a me e ti sia attaccato come una cozza allo scoglio, direi che eccezionalmente ti posso perdonare, ma vedi che non diventi un'abitudine. - lo rimproverò fintamente lei, accennando poi con la testa ad una delle porte chiuse davanti a loro. Non aveva senso non parlare di Nick, era giusto che Joe fosse forte e per farlo occorreva spronarlo.

- Sì, grazie... è che io entro come in coma, quando Nick si sente male. Avevo proprio bisogno di qualcuno che mi desse una scossa! E comunque ora sto bene. - la buttò sul ridere lui, nascondendo abbastanza l'angoscia che gli occupava i pensieri.

- Sese, vai a raccontarlo a qualcun altro, che stai bene, perché puoi ingannare chiunque sulla faccia della terra anche il Diavolo, tranne me. Lo so che non stai bene, ma per favore, non cercare di nasconderlo, non con me. - lo riprese Anna in tono sicuro, alzandosi in piedi e appoggiando le mani chiuse a pugno sui fianchi.

Joe si rese conto che la ragazza che aveva di fronte non era normale, che riusciva a leggergli nel pensiero e che era inutile cercare di negare l'evidenza.

- Hai ragione, non sto bene, ma mi devi spiegare come cavolo fai a capire sempre tutto. Ah, e come fai a far impazzire quella povera anima pia di Nick, anche. - disse lui, alzandosi in piedi e sovrastandola con la sua altezza, guardandola maliziosamente.

Anna rimase leggermente spiazzata da quella domanda; sapeva di avere uno strano ascendente su Nicholas, ma addirittura farlo impazzire... inclinò la testa e corrugò la fronte aprendo la bocca per chiedere spiegazioni, ma Joe fu più veloce e disse - Vedi, il mio caro fratellino è rimasto decisamente impressionato da te in quanto... boh, non so cosa. Saranno i tuoi occhi, il tuo modo di parlare, le tue espressioni – cominciò, elencando le emozioni che provava lui, che poi erano le stesse di Nick, - o qualcos'altro, ma fatto sta che lui ti trova... interessante. - disse, assumendo un tono più misterioso e sorridendo provocatoriamente.

- Certo, perché io sono un campione da analizzare, no? - ribatté lei acida, per niente contenta che qualcuno la trovasse interessante. Incrociò le braccia al petto e assottigliò gli occhi, indurendo l'espressione del volto. Inutile dire che Joe aveva messo nei casini più neri il fratello, dato che non sembrava intenzionato ad andare avanti a parlare.

- Sputa il rospo, Jonas. - lo minacciò, fulminandolo.

- Io ti ho dato l'input, ora spetta a Nicky raccontarti il resto. - disse lui, sedendosi e rimanendo in silenzio.

Anna rimase interdetta per qualche istante, prima di rilassare i muscoli e sorridere benevolmente. Si sedette anche lei e si girò verso Joe, ripassandosi mentalmente il discorsetto che si era appena preparata.

- Joseph Adam Jonas, è giusto che io ti informi riguardo alcune normative di sicurezza, giusto per evitare di doverti tenere un letto caldo affianco a tuo fratello. Detto questo, ci sono tre semplici regole fondamentali che devi conoscere: I) io sono un tipo estremamente vendicativo; II) c'è una legge che regola l'universo che dice: “tutto quello che fai ti torna indietro tre volte”; III) io sono immune a questa regola, ma tu no. Ora, se permetti, vado a ripescare tuo fratello, che pare essersi perso. Oh, nel caso non te lo ricordassi, tuo fratello Nicholas è ricoverato e le sue funzioni vitali non sono molto diverse da quelle di un vegetale. Credo che sarai tu a dovermi chiarire questa situazione, caro il mio zuccone. Ciao.- quando finì di parlare sorrise e se ne andò, lasciando Joe con un palmo di naso.

- Com'è che mi ha chiamato? - chiese Joe, rivolto ormai a se stesso.

Nick, ma come diavolo fa a piacerti una così?” si domandò il mezzano, scuotendo la testa con fare sconsolato.

Se c'era una cosa che Joe Jonas non sapeva fare era mentire, tanto meno a se stesso. Ma si da il caso che in questa particolare circostanza, il nostro, anzi vostro, amato Jonas stesse facendo di tutto per nascondere la verità alla propria coscienza. Proprio qualche ora prima, aveva affermato, davanti ai suoi fratelli, che quella strana ragazza non aveva alcun ascendente su di lui e ne era convinto; ora si rendeva conti di aver detto una boiata atomica. Perché la ragazza che stava facendo impazzire Nick era la stessa che affascinava anche lui, senza che potesse fare niente per impedirlo.

Joe, tu lo sai che non ti puoi in nessun modo far condizionare da Anna, vero? No, perché ogni volta che la guardi negli occhi ti si storcono gli intestini e cominci a respirare come un dannato, e la cosa non è assolutamente normale. Cavolo, e poi la devi ignorare, insomma, già tuo fratello le muore dietro, non hai nessun diritto di chiavargli la ragazza.” Joe rimase paralizzato dai suoi stessi pensieri. Davvero si era detto che non poteva rubare la fidanzata di Nick? Ma se Nick 'manco ce l'aveva, una fidanzata!

Joseph Adam Jonas, non starai mica dicendo che ti piace quel dizionario umano? A te piace divertirti e fare scemenze, non parlare come un letterato, quella è cosa da Nick!”

La verità era che Joe era irrimediabilmente e maledettamente attratto da quella ragazza di tre anni più piccola.

Oddio oddio oddio oddio” si continuava a ripetere nella testa, dopo che si fu alzato ed ebbe preso a camminare avanti e indietro come faceva Kevin fino a poco tempo prima.

Joe, Joe, Joe, dimenticatela, vedila come un'amica, continua a fare lo scemo, ma ti prego non fare niente di idiota.” era completamente perso a pensare ai suoi problemi, fino a che un pensiero lo riscosse, riportandolo violentemente alla realtà: Camilla.

Ora che si ricordava, lui era fidanzato con Camilla Belle, l'attrice che aveva recitato con loro nel video di “Love Bug”, la ragazza che non era mai piaciuta a sua madre e ai suoi fratelli e che lui amava... o no? Ormai non ne era più tanto sicuro, data la presenza di una certa persona appena conosciuta.

Ok, era ufficiale: stava impazzendo e, cosa più inquietante, gli piaceva Anna.

Noooooooooooooooooooooooo”

- Joe, accidenti, ti dovresti preoccupare di Nick, non dei tuoi problemi personali, non ora che tuo fratello è steso su un letto a pochi metri da te e tu 'manco sai come stia! Un momento, ma Anna prima mi ha abbracciato... e non ha neanche parlato come fa di solito... ragazzi, però ha degli occhi bellissimi... No! Joe, stop the bus! Cavolo non può essere!! perché mi deve piacere una ragazza che è addirittura più piccola di me di tre anni? Che domanda idiota, tanto lo so che la differenza di età non conta minimamente, anche Camilla è più grande di me. Oh povero me. - stava pensando ad alta voce, quando una decisamente più schernitrice e pungente fece la sua comparsa

- Cosa vai blaterando, Joseph? -

Non c'è bisogno di precisare la persona cui queste appartengono queste parole.

Dio, ti prego, farò qualsiasi cosa, ma fa' che non abbia sentito quello che ho appena detto.” pregò Joe, sperando che Lui non avesse nulla di meglio da fare in quel momento.

Si girò e la vide: la maglietta bianca era abbastanza stretta, ma non volgare, i pantaloni erano di taglio comodo e le scarpe erano allacciate alla bene meglio. Dietro di lei, i suoi genitori e il piccolo Frankie.

- Aehm... io... veramente... - “Cosa mi invento adesso?”- stavo pensando a Nick, sai, non me lo perdonerei mai se fosse qualcosa di grave. - cercò di sembrare il più convincente possibile e a quanto pare, Dio lo stava ascoltando, prima, poiché la ragazza non aggiunse altro. Si limitò a sedersi accanto a lui, abbandonandosi su quella scomodissima sedia di metallo e arrovesciando la testa all'indietro.

Joe si rilassò impercettibilmente, dato che la ragazza avrebbe capito, e fece solo in tempo a pensare che era bellissima, prima che sua madre gli si fiondasse addosso, abbracciandolo come aveva fatto lui con Anna, bisognosa di aiuto e di amore.

- Oh Joe, spero che Nicholas stia bene e che non sia nulla di grave! - mugugnò la donna, scossa dai singhiozzi, avvinghiandosi alla felpa del figlio.

Kevin le si avvicinò piano, posandole una mano sulla spalla in segno di conforto, sorridendole rassicurante.

Denise si staccò da Joe, si asciugò le lacrime e represse un singhiozzo, avvicinandosi al marito.

- Vedrai che starà bene; è già capitato che stesse male, ma non è niente di grave, non ti preoccupare. - disse Paul alla moglie, carezzandole piano la schiena con una mano e sussurrandole parole di conforto ad un orecchio.

In quel momento, Joe si rese conto di quanto la strigliata della ragazza gli avesse fatto bene, ricordandogli che non sempre le cose andavano per il verso giusto. Così cercò lo sguardo della ragazza e silenziosamente le chiese di ripetere il suo discorso all'intera famiglia.

Dapprima Anna si dimostrò assai sorpresa, ma sbatté le palpebre e sorrise, sostenendo senza alcuna fatica lo sguardo del mezzano, che vinto dalle iridi verdi della ragazza, si sottomise docile.

Preparatevi a sentirmi parlare, Jonas.”






Grazie anche a tutti quelli che leggono soltanto, ma potreste lasciarmi una piccola recensione?? thanks!

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Capitolo 8
*** I Feel Better ***


capitolo 8 ok

Non vado neanche a inventar scuse, perché la verità è che non avevo voglia di scrivere. Ma ora sono qui e vi dico che questo capitolo è un po' noioso, ma il prossimo sarà mooolto più esilarante, parola mia. Sciure e sciuri, passiamo ai ringraziamenti!


Jonas_princess: non ti preoccupare per Joe, quello è fuori pericolo, se fossi in te mi preoccuperei più per Nick, che non la passerà liscia. Ah, se non aggiorni, sappi che non considererò più le tue recensioni.

Maggie_Lullaby: Cara, non ti preoccupare per Joe, anche se non ti dico chi alla fine si prende Anna, anche perché potrebbe rimanere da sola... niente anticipazioni e grazie per aver letto “tutto per una gomma bucata” e “Fra Greco e Jonas”!!!!

LadyBird27: ta-daaa, dopo un lunghissimo ritardo eccomi ancora! Grazie per leggere la fic! Vedi cosa dice Joe...


Grazie anche a quelli che leggono e basta!




Capitolo 8: I Feel Better.


- Voglio che tu sappia che io odio chi si autocommisera; è vero, Nicholas potrebbe dover subire un intervento, potrebbe essere grave e potrebbe rimanere in coma. Ma sappi che non è giusto che ti consoli dicendoti che andrà tutto bene, perché quello si fa con i bambini piccoli e tu non lo sei più. Se ti dico quello che sto per dire, lo dico perché ne sono convinta: Nick guarirà presto. - queste erano le esatte parole che Anna aveva pronunciato poco prima a Joe e che ora stava riproponendo alla famiglia intera, ovviamente in chiave meno drastica.

I coniugi erano rimasti letteralmente spiazzati dalle argomentazioni della ragazza, ma avevano capito che aveva ragione e che piangersi addosso non avrebbe risolto le cose.

Persino Frankie era rimasto in silenzio ad ascoltare le parole di Anna, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano e smettendo di tirare su con il naso.

- Hai ragione, non so come tu riesca a mantenere i nervi saldi, ma hai ragione. Grazie. - disse Denise, guardando Anna con gratitudine e appoggiandole una mano sulla spalla.

Intuiva che la ragazza non fosse molto per i sentimentalismi, quindi non l'abbracciò.

O meglio, non ce ne fu bisogno, perché fu Anna a prendere l'iniziativa, alzandosi e accogliendo Denise in un caldo abbraccio rassicurante.

La povera signora Jonas non fu più in grado di trattenere le lacrime che aveva cercato di nascondere fino a quel momento e si abbandonò completamente alla ragazza, la quale rimase in silenzio e chiuse gli occhi, mandando a quel paese la maglietta, ormai bagnata dalle lacrime.

Saranno nove lunghissimi mesi” pensarono tutti i presenti.



***



Ormai erano passati quasi quarantacinque minuti dallo sfogo di Denise, che ora si era ripresa e chiacchierava con Anna.

- Io vado a prendermi un caffè, chi ne vuole uno? - domandò la signora, interrompendo la conversazione, alzandosi e girandosi verso gli altri.

Tutti presero un caffè tranne Anna.

Non ne aveva voglia e poi se proprio doveva berne uno, che fosse almeno di buona qualità, non quelle schifezze che si prendono ai distributori automatici.

Una volta che Denise si fu allontanata con Joe che si offrì di aiutarla, Paul Kevin si sedette affianco alla ragazza, respirando profondamente e chiudendo gli occhi.

- Grazie. Le tue parole hanno avuto un effetto balsamico sull'inquietudine di mia moglie, e anche sulla mia.- si fermò un attimo. - A quanto ho capito, prima di parlare con noi hai aiutato Joseph, parlandogli magari in maniera più dura, vero? - chiese, sorridendo bonariamente e girando la testa verso di lei.

Anna era leggermente sorpresa, ma non lo diede a vedere, poiché era comprensibile che il signor Jonas avesse notato un cambio positivo nel comportamento di Joe, quindi si limitò a ridacchiare piano e abbassare la testa, scuotendola un paio di volte.

- Penso che se non gli avessi parlato, ora sarebbe nella stessa situazione mentale di Nicholas, ovvero poco presente. Joseph è un ragazzo molto sensibile, e questo è un bene, solo che va spronato a non lasciarsi abbandonare alla tristezza e alla paura nei momenti difficili. - rispose Anna.

- Joe è considerato da tutti un buffone, sempre pronto a far ridere gli altri quando sono tristi e a cercare di tirare su il morale, ma nessuno se non noi, ed ora anche tu, sappiamo che anche lui ha i suoi momenti di paura e smarrimento; per fare un esempio, le fan non sanno che Joe in realtà è un ragazzo assolutamente timido e impacciato, specie quando lo si pone davanti a cose che non è abituato a vedere. - a queste parole, non si voltò verso Anna, anche se la ragazza sapeva che si riferiva a lei.

- Ho come la sensazione che Joe ed io diventeremo grandi amici; non che io stia mettendo in dubbio la possibilità di un'amicizia con gli altri due fratelli, ma mi sa che Joe è quello che necessita più di tutti del mio aiuto, specie in fatto di ragazze e moda, anche se magari quest'ultimo punto ingloba anche Kevin e Nick. - disse la ragazza, alzando un sopracciglio e fissando la porta davanti a sé.

- Sei italiana, e dall'Italia arrivano i migliori stilisti del mondo; credo che una piccola revisione al loro look non guasterà. Magari chiedi cosa ne pensano, prima di cominciare a fare cambiamenti. - suggerì Paul Kevin, guardandola di sottecchi.

- Credo che non opporranno resistenza. - concluse Anna, omettendo il fatto delle punizioni corporali.

- Ecco qua. - annunciò Joe, porgendo a suo padre il caffè che aveva chiesto.

- Grazie, Joe. - rispose, prendendo il bicchierino e mescolandone il liquido con uno stecchino di plastica.

- Chi opporrebbe resistenza a chi? - chiese Joe, bevendo un sorso e alzando poi lo sguardo fino ad incrociare quello della ragazza, nel quale puntualmente si perse.

Lei non diede segni di cedimento, continuando a fissarlo e rimanendo in silenzio.

Joe non riuscì più a sopportare quel contatto visivo, così travolgente, così dannatamente vero e forte.

Lui, che era sempre stato abituato a vedere persone montate e false, al quale bastava solo un'occhiata delle sue per far cadere ai suoi piedi migliaia di ragazzine urlanti, che poteva avere tutte le ragazze desiderasse, si sentiva sopraffatto dagli atteggiamenti di superiorità e di sfacciataggine (sia pure sempre impeccabili) di quella ragazza che lo stava facendo andare via di melone;

ma lui sapeva perché.

Anna aveva un carattere forte e orgoglioso, dannatamente forte e orgoglioso e sapeva il fatto suo. Ma a quanto pareva erano proprio quelle sue caratteristiche che lo attiravano.

Era nel bel mezzo dei suoi filmini mentali, quando vide il medico che stava sistemando la flebo a Nicholas uscire dalla camera di fronte a loro.

Fece un salto e si dimenticò della domanda appena posta alla ragazza, alzandosi e andando incontro al dottore.

- Dottore, allora, come sta? È grave? Quando lo potrete dimettere? - chiese, dimenticandosi della stanchezza, riscoprendo la paura che gli aveva attanagliato le membra.

Il dottore lo squadrò, poi ripeté lo stesso trattamento con il resto della famiglia, addolcendo lo sguardo.

- Ora sta bene, la glicemia si è stabilizzata. Lo svenimento è stato causato da un improvviso calo di zuccheri, avvenuto a causa di un grande shock. È addormentato, e non credo che si sveglierà prima di domattina. Possiamo dimetterlo già domani alle 10.30 dopo alcuni controlli di routine. – li tranquillizzò lui, leggendo la cartella medica del paziente.

- Ah, ma ora possiamo vederlo, anche se non è sveglio? – domandò Joe, calmandosi appena, implorandolo con lo sguardo.

- Solo se entrate uno alla volta e non rimanete dentro più di qualche minuto. – rispose il medico, sorridendo appena.

- Grazie, dottore, grazie infinite. – mormorò Joe, prima di superarlo e aprire la porta oltre la quale riposava Nicholas.


Bussare non sarebbe servito a niente, dato che nessuno avrebbe risposto.


Joe si avvicinò in silenzio al letto sul quale riposava il fratello, muovendo dei passi appena udibili, ma che a lui parevano rumorosissimi.

Nicholas era sdraiato con una flebo attaccata al braccio sinistro, ma sembrava sereno e tranquillo.

Quella considerazione infuse a Joe la forza necessaria per andare avanti, fino a giungere al capezzale del fratello.

Era solo un po' pallido, niente di grave, ma vederlo steso in un letto faceva male a Joe, che era il fratello che aveva preso peggio di tutti la notizia del diabete.

Spesso Nick lo riprendeva perché si preoccupava troppo, sminuendo in certi casi il dolore e la nausea che ogni tanto lo facevano vacillare.

Joe prese una sedia e la portò di fianco al letto, accomodandocisi poi sopra e prendendo la mano destra di Nick fra le sue.

- Beh Nicky, secondo il dottore non hai niente di grave e entro domani ti dimetteranno.

Non sei contento? Potrai tornare a casa e ti faremo una festicciola.

Te lo dico perché tanto non mi puoi sentire, sennò credo che Anna mi scotennerebbe vivo, anche se non le ho ancora detto niente... Sai, quella ragazza ha la capacità di prevedere eventi futuri e di leggere nella mente degli altri, ma forse te ne sei già accorto. - a questo punto fece una pausa e sorrise – Comunque non ti preoccupare, Kevin e io ti aiuteremo a conquistarla, ci volessero i millenni e i secoli di millenni per riuscirci. Cosa non si farebbe per un fratello? - si interruppe nuovamente, pensando a quanto quelle parole lo avessero fatto sentire male - Quando sei svenuto, io sono come entrato in trance, non capivo più nulla, vedevo solo te steso per terra e sentivo una paura immensa prendermi gli arti e annebbiarmi il cervello. Poi è arrivata lei e mi ha scosso, arrivando anche a urlarmi contro pur di farmi muovere. Non so come ci sia riuscita, ma mi sono ripreso e ti ho portato in macchina dove Kev ci stava aspettando. Una volta al pronto soccorso ti hanno preso e portato d'urgenza non so dove e poi qui in stanza. Mentre il dottore ti sistemava la flebo, io ero qua fuori perso a pensare a te, di nuovo. Allora è arrivata lei e mi ha dato una strigliata degna di tal nome, dicendomi che non sempre tutto va come ce lo aspettiamo e che tu avresti anche potuto riportare gravi danni. In quel momento mi sarebbe venuta voglia di dirle di pensare in positivo, ma mi sono trattenuto, pensando che aveva proprio ragione. Ma almeno tu stai bene, è questo che conta, ora. -

Joe guardò l'orologio, accorgendosi che era passata una buona decina di minuti e decise di far entrare il resto della famiglia.

Si alzò dalla sedia e aprì la porta, mormorando un “Ciao Nicky” e uscendo.


Dopo di lui entrò Kevin, che rimase dentro qualche minuto, e infine i genitori con Frankie.

Anna aspettò pazientemente che tutta la famiglia salutasse Nicholas, rimanendo in silenzio per un tempo complessivo di circa quindici minuti.

Una volta che tutti ebbero fatto un salto nella camera dell'addormentato, Anna fece per alzarsi, ma la mano di Joe l'afferrò per il braccio, costringendola a voltarsi verso di lui.

Lei non si prese nemmeno la briga di chiedergli cosa volesse, si limitò a guardarlo con aria vagamente interrogativa.

- Non vuoi andare anche tu a salutarlo? - le chiese il mezzano, lasciando la presa sul suo polso.

- Chi sono io per poterlo fare? - rispose lei di rimando, non particolarmente sorpresa da quella domanda.

Joe sapeva che gli avrebbe risposto così, quindi si limitò a scrollare le spalle e a dire

- Se non fosse stato per te, io sarei ancora a casa a fissare il pavimento, mentre lui – indicando con un cenno del capo la porta chiusa – ora non starebbe dormendo beatamente su quel letto. E credo che gli farebbe piacere sapere che sei andata da lui. Fa' quel che vuoi. - concluse, alzandosi e mettendosi vicino a sua madre.

Anna non poté fare a meno di pensare che i tre fratelli si assomigliassero e che, in fondo, era effettivamente merito suo se Nicholas stava bene.

Decise quindi di avvicinarsi alla porta ed entrarvi, lanciando un'ultima, sporadica occhiata a Joe.

Si sedette sulla sedia di fianco al letto e rimase in silenzio a fissare il volto del suo nuovo coinquilino.

Ora che aveva tutto il tempo di osservarlo, notò con una punta di rammarico, che Nicholas era oggettivamente un gran bel ragazzo.

I capelli erano arruffati e i ricci tutti spatuzzi, ma conferivano al suo viso efebico un'aria da malandrino, che gli donava.

La linea degli occhi tendeva verso il basso, così come quella dei fratelli.

La bocca era rilassata e per questo non assumeva la classica forma a cuore.

Anna si riscosse da quei pensieri e cominciò a parlare.

- Joe è preoccupato per te. Spicciati a svegliarti, perché sennò da di matto e io non voglio essere presente quando questo accadrà. - fece una piccola pausa, poi riprese – Non è giusto che tu ritenga che Joe sia quello che si preoccupa di più e che sia quello che sta peggio quando svieni. La tua famiglia è composta da altri quattro membri, ognuno dei quali ti vuole bene e si preoccupa per te. Quindi il mio consiglio è di considerare tutti allo stesso livello. - detto questo rimase in silenzio per qualche minuto, osservando ancora quel ragazzo steso in un letto d'ospedale.

Si alzò dalla sedia e fece per andarsene, ma prima sussurrò

- Ben svegliato. - udibile solo da lei, prima di chiudersi la porta alle spalle.



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Capitolo 9
*** Another One Bites The Dust ***


capitolo 9 finito

Occhei, lo so che sono in ritardo, ma la scuola secca più del dovuto.

Avevo promesso che questo capitolo sarebbe stato esilarante, ma per questioni di metrica, la cosa che squaquasserà tutto arriverà nel prossimo capitolo...

Ma passiamo ai ringraziamenti!


jonas_princess: ha, vedi cosa ti combino nel prossimo capitolo, vedrai vedrai... bah, poi avdo a far tedesco -.-

Maggie_Lullaby: in questo capitolo Joe praticamente non c'è, ma si parla un po' di Nicky. Non ti preoccupare che il mio neurone viene a fare compagnia al tuo che magari si sente solo! Grazie!

LadyBird27: bah, io non sono per le cose smielate e Nicholas lo imparerà a proprie spese... muahahahah, io sono perfida e lo faccio dannare! Grazie delle recensioni!!





Another One Bites The Dust






Casa Jonas, ore 10.05 a.m.



Adorava dormire.

Quelle ore passate su un letto erano considerate sacre da lei.

Considerava il sonno come la cosa migliore della quale l'uomo potesse usufruire e non sopportava che qualcuno interrompesse i suoi momenti di relax, salvo per occasioni estreme.

Odiava sentire tutte le mattine la sua sveglia squillare, strappandola così bruscamente dal torpore delle coperte calde e profumate di letto.

Odiava quando era sua sorella a svegliarla, con quel suo modo di fare da elefantessa che si ritrovava.

Ma ora, ora non ci doveva teoricamente essere nessuno che la tirasse giù dalle brande; c'era solo la sveglia che le avrebbe ricordato che non si può dormire per sempre, che la scuola comincia alle otto meno cinque di mattina e non perdona.


Era prona nel suo letto in uno stato di dormi-veglia, attendendo l'inesorabile trillo della sveglia del cellulare.

Attese qualche minuto.

Cinque minuti.

Dieci minuti.

Si chiese come mai la sveglia non fosse già suonata e perché sua madre non l'avesse ancora chiamata.

Al che aprì gli occhi e cercò di venire a capo del mistero.

Quello che vide la sorprese: non riconosceva la fantasia del cuscino.

Si alzò di scatto sulle braccia, facendo urlare di dolore la schiena, che si era improvvisamente ritrovata inarcata senza un motivo apparente.

Nulla in quella camera le era familiare, la finestra, le tende bianche la scrivania...

Voltò la testa un paio di volte, prima che un crampo al collo la immobilizzasse violentemente.

Maledizione.”

Poi ricordò.

Il viaggio, l'aereo, la famiglia Jonas, Kevin, Nicholas, Joseph... Nicholas.

Fece un salto sul letto e si girò di colpo, ingrippandosi nelle coperte.

- Occristo. - disse, parlando da sola.

Doveva vedere come stava Nick, non le importava come fosse vestita.

Senza perdere un momento, si liberò del lenzuolo e si fiondò verso la porta, evitando saggiamente di schiavellarsi contro lo stipite della stessa.

Quasi rotolò giù dalle scale, ma riuscì ad arrivare salva in cucina inchiodando di brutto poco prima del piano di lavoro.

Si guardò intorno, scannerizzando con gli occhi ormai privi di ogni segno delle 10 ore di sonno, l'ambiente circostante.

Non le ci volle molto per capire che era in casa da sola.

- Ma che bello. - sbuffò, socchiudendo gli occhi e cercando di riprendersi dalla corsa.

Un dubbio le si insinuò nella testa, quindi si voltò alla ricerca di un orologio per controllare l'ora e quando lo trovò si diede della scema perché senza occhiali non vedeva una ceppa.

- Stupida miopia, tsk. - borbottò fra sé, avvicinandosi al segnatempo per controllare che non fosse troppo tardi.

10.15

Ah, ora ho capito come mai non c'è anima viva nel raggio di chilometri.” pensò, accorgendosi poi di un post-it giallo attaccato al frigo.

Corrugò le sopracciglia e si avvicinò, staccandolo e leggendo quelle poche righe scritte.


Cara Anna, scusa se non ti abbiamo avvertita, ma non ti volevamo svegliare.

Noi siamo andati a prendere Nick, torneremo per le 11.00.

p.s. La colazione è sul tavolo, spero sia di tuo gradimento!

Ciao

Denise&Co.”


Anna alzò un sopracciglio, accartocciando il foglietto e buttandolo nella pattumiera.

- Beh, ho come la sensazione che ora andrò in bagno, mi laverò, mi cambierò, poi scenderò a mangiare qualcosa e infine metterò un po' di musica.

Che pianificazione interessante, mi sorprendo della mia originalità. - rimase in silenzio per qualche istante, poi concluse - Sto parlando da sola; la presenza di Joseph mi deve fare più male del previsto. -

Detto questo salì le scale e si diresse in bagno.


Mezz'ora più tardi era in salotto alle prese con l'impianto stereo.

Aveva notato i tantissimi dischi della famiglia, ma dopo aver compreso che il genere era tutto Jazz e Blues, decise di collegare il suo iPod alle casse.

- Alla faccia dell'home theatre del papi. - disse, ammirando quelle tre enormi casse più le due dei bassi.

Controllò l'orologio da polso: 10.40

Perfetto, aveva altri venti minuti per riflettere sulla sua situazione, ma decise di sfruttare quel lasso di tempo evitando di giocare all'autolesionista.

Ormai era sveglia, ma un piccolo aiutino, si disse, l'avrebbe scossa per bene.

Quindi partirono le note di “Give You Hell” degli All American Rejects.


(Consiglio di andarla a sentire http://www.youtube.com/watch?v=D6qzwEpOhFI)


Quanto le piaceva quella canzone, neanche lei sapeva dirlo.

Stava camminando in giro per il salotto a ritmo di musica, canticchiando a bassa voce le parole che sapeva.


Quello fu l'inizio di una lunga carrellata di canzoni quali Girlfriend, The Best Damn Thing e Hot di Avril Lavigne, What I Go To School For e Year 3000 dei Busted.

Ok, ora che mi sono data la carica, posso anche stendermi sul divano ed aspettare che arrivino.” pensò, scegliendo una canzone lenta e rilassante da ascoltare, sdraiandosi poi sul divano.


Sono gocce di memoria

Queste lacrime nuove

Siamo anime in una storia

Incancellabile

Le infinite volte che

Mi verrai a cercare

Nelle mie stanze vuote


Inestimabile e inafferrabile

La tua assenza che mi appartiene

Siamo indivisibili

Siamo uguali e fragili

Siamo già così lontani


Era stesa supina con un braccio sugli occhi, il respiro regolare.


Con il gelo nella mente

Sto correndo verso te

Siamo nella stessa sorte

Che tagliente ci cambierà

Aspettiamo solo un segno

Un destino un'eternità

E dimmi come posso fare

Per raggiungerti adesso


Non si accorse che qualcuno aveva fatto scattare la serratura della porta, ma non era tutta colpa sua: infatti, era abbastanza lontana dalla porta d'ingresso, o perlomeno abbastanza da non udire alcun rumore proveniente da essa, nonostante il suo udito sviluppato.

Il volume della musica non era alto, ma nemmeno troppo basso, quindi rimase a pensare ai fatti suoi e ad ascoltare quella canzone.


Siamo gocce di un passato

Che non può più tornare

Questo tempo ci ha tradito

È inafferrabile

Racconterò di te

Inventerò per te quello che non abbiamo

Le promesse sono infrante

Come pioggia su di noi

Le parole sono stanche

Ma so che tu mi ascolterai


Quello era il suo pezzo preferito e le sue labbra si mossero da sole, quasi animate di vita propria.



***



Erano venuti tutti a prenderlo, i suoi fratelli, i suoi genitori, ma non Anna.

Un po' ci era rimasto male, ma non poteva pretendere che la ragazza gli saltasse al collo, sommergendolo di domande sulla sua salute.

Si disse anche che stava probabilmente ancora dormendo date le ore di fuso orario e si diede dello scemo per aver pensato che la presenza di Anna gli avrebbe fatto bene.

Sto decisamente impazzendo, la conosco da meno di ventiquattro ore e già sto impazzendo. Povero me.”


Sua madre aveva appena aperto la porta di casa e lui aveva l'intenzione di andare a vedere se la sua ospite stesse ancora dormendo.

Ma non fece in tempo, perché sentì una voce assai melodiosa proveniente dal salotto.

Questa voce non può essere che sua, così dolce e allo stesso tempo profonda. Vado a vedere!”

C'era anche l'accompagnamento musicale, ma lui era convinto che si trattasse di Anna.

Improvvisò una corsetta fino al soggiorno, ma quello che si ritrovò davanti non era esattamente quello che si era aspettato: la mistica era stesa sul divano con un braccio sugli occhi, mentre la bocca si muoveva quasi ipnoticamente, anche se era palese che la voce non apparteneva alla ragazza.

Nicholas si rese conto in quel momento che aveva pensato un assurdità, credendo che Anna potesse cantare così, dato che non ne aveva fatto parola, il giorno prima a tavola.

Si concesse qualche secondo per guardarla, approfittando del fatto che lei non si fosse ancora resa conto della sua presenza.

Il respiro era regolare e sembrava tranquilla.

In quel momento gli sembrò un atto meschino interromperla, quindi retrocedé lentamente nel modo più silenzioso possibile.

Ma nel farlo urtò Joe che era venuto a chiamarlo, lasciandosi sfuggire un'esclamazione di sorpresa, che destò l'attenzione di Anna.

Infatti la vide scattare come una molla a sedere, spalancando appena gli occhi verdi e guardando nella sua direzione.


Nicholas era davanti a lei e sembrava stare bene, forse un po' pallido, ma sano.

Lo vide che era praticamente in braccio a Joe e intuì cosa fosse successo.

Si alzò velocemente e gli andò incontro per accertarsi di persona delle sue condizioni.


- Mi sembri più in forma che non ieri sera. - proruppe, fissandolo negli occhi; non voleva cominciare un discorso con la solita frase “Come stai?” anche perché era ovvio che stesse bene, o perlomeno meglio.

- Già, la glicemia si è stabilizzata. E tutto grazie a te. - disse Nicholas in tono dolce, pentendosene subito dopo.

Anna lo guardò di sbieco, ma non ribatté. Dopotutto era praticamente tutto merito suo se ora non era steso in un letto d'ospedale.

- Ho fatto quello che dovevo fare. -

Nicholas la guardò, leggendo in quegli occhi verdi la verità.

- Joe mi ha raccontato tutto, dall'inizio fino alla cazziata – sorrise – e credo che abbia fatto molto bene a tutti. - continuò, cercando ogni appiglio che gli avrebbe permesso di continuare a parlare con lei.

Ma se ci dovrai convivere per nove mesi, vuoi che non ti rivolga mai la parola?”

Nessuno fece più in tempo a dire niente, perché Denise chiese ad Anna di raggiungerla in cucina.

Lei non se lo fece ripetere due volte e piantò i due ragazzi in asso nel bel mezzo del salotto, mentre le note di un'altra canzone si propagavano per la stanza...


Steve walks warily down the street with the brim pulled way down low
Ain't no sound but the sound of his feet, machine gun's ready to go
Are you ready? Hey, are you ready for this?
Are you hanging on the edge of your seat?
Out of the doorway the bullets rip to the sound of the beat, Yeah
Another one bites the dust
Another one bites the dust
And another one gone
And another one gone
Another one bites the dust
Hey, I'm gonna get you too
Another one bites the dust …

(Another one bites the dust - Queen)

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Capitolo 10
*** Incomprensioni ***


capitolo 10Allora, come regalo di Natale pubblico il decimo capitolo che ho praticamente appena finito di scrivere.
Grazie a:

Maggie_Lullaby: Secondo me tutte le canzoni di Giorgia sono belle, ma questa mi capitava a fagiolo per il contesto e l'ho usata. Non so se quello che c'è in questo capitolo possaessere considerato esilarante, però a me piace. Grazie e Buon Natale!

jonas_princess: Annalisaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!! esigo un commento da parte tua, perché qua finalmente compari!! spero di riuscire a vederti prima di Natale per darti il regalo!!

LadyBird27: Nah Denise non dice niente di importante, ma qualcun altro sì... ma devi leggere per sapere!

Vorrei fare una piccola domanda: _Crazy_Dona_, mitber, Hannah_, ladyme e ada12 che fine hanno fatto? fa sempre piacere ricevere commenti...
Grazie anhe a quelli che leggono!
Auguri a tutti!







Incomprensioni




- Eccomi, Denise. - disse Anna entrando in cucina.

- Anna, vieni cara, ti voglio parlare di una cosa molto importante. - disse di rimando la donna.

Anna rimase un po' sorpresa da quell'affermazione, ma si contenne e si avvicinò a Denise.

La guardò negli occhi, non immaginando cosa la donna le volesse dire.

La signora Jonas spostò una sedia dal tavolo e le fece segno di accomodarsi, sedendosi.

- Durante il viaggio di ritorno dall'ospedale, i ragazzi mi hanno raccontato per filo e per segno cosa è successo prima che Nicholas perdesse i sensi. - fece una pausa, riprendendo fiato – Stavano pensando a cosa dire alla tua amica in Italia, nascondendole la loro identità. - quelle parole caddero come dei macigni.

Anna strinse la mascella e respirò profondamente, cercando di allontanare la rabbia che le annebbiava il cervello.

- Sì, ho chiesto loro se potevo dirle che sarei convissuta con i Jonas Brothers, ma hanno preferito mantenere l'anonimato. - rispose lapidaria la ragazza.

Ancora avrebbe voluto prenderli prenderli a sberle, ma dopotutto non li poteva biasimare.

Abbassò lo sguardo, per rialzarlo prima che Denise potesse dire qualsiasi cosa.

- Io rispetto la loro decisione e per questo non ho ribattuto. Posso sempre dire ad Annalisa che i Jonas di cui sono ospite non siete voi, ma una normale famiglia americana, dicendo magari che ci sono tre fratelli invece che quattro e che vivono in una modesta casetta di Los Angeles. - disse, cercando di dare alle parole un tono che non fosse sibilato, marcando bene la parola normale.

Denise rimase in silenzio, comprendendo appieno lo stato d'animo della sua ospite, notando la volontà di apparire calma, celando la rabbia repressa.

- Grazie. - disse solamente, prima di appoggiarle una mano sulla spalla, infondendole quanta più forza e gratitudine potesse.

Anna la guardò con tristezza e rassegnazione, consapevole del fatto che quel sentimento rabbioso col tempo si sarebbe affievolito, ma mai estinto del tutto.

- Oh, quasi dimenticavo, domani andremo in città per ritirare le divise scolastiche. - cinguettò la signora Jonas, chiudendo silenziosamente l'argomento Annalisa.

Anna si paralizzò.

Un momento, fatemi capire bene, dovrò mettermi una divisa scolastica? E a quanto pare non sarò l'unica? Chi è che viene a scuola con me?”

Non fece in tempo a chiederselo, che la domanda le si presentò alla mente.

Nicholas.

Che qualcuno mi assista.”


Nick guardava quella scena nascosto dallo stipite della porta della cucina, le mani appoggiate sulla schiena di Joe.

Kevin era dall'altro lato, ma l'espressione che si era dipinta sui volti dei tre ragazzi era la stessa: grave e depressa.

Nemmeno la notizia della divisa scolastica riuscì a tirare su il loro morale.

Anna era in casa loro da meno di ventiquattro ore e già erano riusciti ad intristirla per il resto della sua permanenza al loro fianco.

Nicholas si allontanò verso il salotto, seguito dagli altri due fratelli, e si sedé sul divano, appoggiandosi stancamente una mano sulla faccia.

- Ragazzi, mi faccio schifo da solo. - disse Joe, dopo qualche minuto di silenzio.

Anna era salita in camera sua per sistemare le ultime cose senza degnarli di uno sguardo e quindi non li avrebbe potuti sentire.

- Se è per la storia dell'amica di Anna, io mi faccio schifo e pena. - rispose Kevin, fissando assente il soffitto.

Nicholas rimase in silenzio, pensando che nel dizionario della lingua inglese non esistesse un aggettivo in grado di descrivere la sua condizione.

- Però non abbiamo scelta, Anna ci ha detto che questa sua amica è una nostra fan, non possiamo permetterci di rivelarle che siamo noi. - mugugnò il mezzano, affondando la faccia in un cuscino.

- Sì, ma ciò non toglie che probabilmente quando le abbiamo detto di no, ha pensato “ma senti 'sti tre, predicano bene e razzolano male” e io non me la sento proprio di darle torto, brothers. Andiamo in giro raccomandando di dire sempre la verità e poi siamo i primi a mentire e a far mentire - aggiunse Kevin, sentendosi meschino.

Passarono in silenzio altri dieci minuti, ascoltando le canzoni che l'iPod di Anna continuava a riprodurre: Apologize, One Rpublic; Black horse and cherry tree, KT Tunstall; Dangerous, Michael Jackson; Not Like That, Ashley Tisdale.


Aveva passato un quarto d'ora a decidere cosa dire ad Annalisa e ora finalmente aveva deciso: classica famiglia americana, due figli maschi più grandi e una figlia della sua età e il cane. Le sembrava che andasse bene.

Certo, la verità andrebbe meglio, ma in mancanza... ci si deve adattare.” pensò, mentre scendeva le scale.

Vide i ragazzi stravaccati sul divano, mentre le note di Not Like That si propagavano per l'ambiente circostante.

Che ironia”

Ignorandoli elegantemente si diresse verso la cucina alla ricerca del cord-less, chiedendo a Denise se avesse bisogno di una mano nella preparazione del pranzo.

La donna le fece cenno di no, indicandole poi il telefono.

Chinando appena la testa a mo' di ringraziamento, Anna compose il numero dell'amica, incurante del fatto che in Italia fossero praticamente le 2.30 di mattina.

Beh, è stata lei a chiedermi, o meglio ad ordinarmi, di chiamarla appena fossi atterrata in America, quindi non si può assolutamente lamentare dell'orario.”

Si avvicinò al salotto, incominciando ben presto a girare a caso, aspettando che Annalisa le rispondesse.

< Pronto? > gracchiò una voce dall'altra parte del telefono.

Cioè, io ti chiamo dall'America per raccontarti la mia prima giornata e tu mi gracchi nelle 'recchie? No cara, così non va.” rispose Anna divertita.

< Cosa?! Anna, sei tu?? > urlò Annalisa, ancora piuttosto assonnata.

Conosci qualcun altro, al di fuori di me, che è arrivato in America e ti chiama alle due e mezza di notte per raccontarti tutto?”

< Ahhhhhhhhhhhhhhhh > ora era completamente sveglia.

Grazie, ma ora devo cambiare lato, perché il mio timpano destro è venuto misteriosamente a mancare.”

< Oddio oddio oddio, Anna, sono così felice che tu mi abbia chiamata!! Ma io mi aspettavo di sentirti ieri quando sei arrivata, perché ti sei fatta viva solo oggi?! >

È una lunga storia, mettiti comoda che te la racconto.” rispose lei, chinando la testa e sorridendo tristemente.


Le aveva detto che uno dei suoi ospiti si era sentito male e erano corsi all'ospedale e che quindi non aveva avuto il tempo di chiamarla.

Dopo aver liquidato la faccenda con un “fai le condoglianze da parte mia”, l'amica parlò.

< Anna, non giriamoci intorno ancora. > disse Annalisa, assumendo repentinamente un tono di voce serio.

Merde.” pensò Anna, mordendosi un labbro fino a farlo quasi sanguinare.

No.”

Sapeva che prima o poi glielo avrebbe chiesto, ma sperava di riuscire a ritardare quel momento ancora un po'.

Guardò i tre ragazzi che la stavano fissando dall'inizio della telefonata, con uno sguardo duro ma impassibile.

Non le importava niente se non capivano una beata mazza di quello che si erano dette, non si meritavano la sua comprensione.

Mentire per lei non era mai stato un grande problema, anche perché non ne aveva quasi mai avuto bisogno, però quando serviva, non si faceva troppi riguardi.

Ma mentire alla propria migliore amica era tutt'altra cosa.

Ripensò a tutti i momenti nei quali avevano riso come due sceme, quando Annalisa le raccontava i sogni che faceva, ovviamente sui Jonas.

< Allora? >

Si riscosse dai suoi pensieri, serrando la mascella.

Eh, allora.” non ce la poteva fare.

< Anna... >

Sì, ci sono”

< Allora rispondimi. >

Annalisa, ti prego perdonami.”

No, non sono quei Jonas.” ecco, l'aveva detto.

Chiuse gli occhi ed arrovesciò la testa all'indietro, serrando le labbra.

Credeva che sarebbe finito tutto una volta raccontata la balla, ma si sentiva malissimo, anche peggio di prima.

Frenò le lacrime che sentiva premerle nel condotto lacrimale e le ricacciò indietro.

< Ah. > disse Annalisa, sensibilmente con meno entusiasmo.

Già” rispose, sentendosi morire.

< Beh, ci sono tante famiglie con quel cognome... era una vana speranza, hehe. > cercò di sdrammatizzare Annalisa.

Già” anche Anna aveva perso tutta la sua allegria e si sentiva lontano un chilometro.

< Anna, ma stai bene? > chiese l'amica, preoccupata per il tono tetro e lapidario dell'altra.

Sì, non ti preoccupare, solo che mi fa piacere sentirti e mi sono un attimo commossa, nulla di grave.”

Sentì Annalisa ridere e si sforzò di sorridere, benché non la potesse vedere.

< Tu che ti commuovi, ma dove? >

Hey, non sfottere, che anche se non sembra, sono una persona sensibile, io.”

< Se, certo e io mi sposo con Joe. > riprese lei, nominando un terzo della causa del dolore della sua amica, ignara di tutto.

Ma come, non vi sposate più?” la schernì Anna, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento.

< Ovvio che sì, ma era sarcastica, la cosa. >

La diciassettenne rise, una risata aperta, venuta dal cuore.

- Chi ha fatto il nome di Joe? - chiesero in contemporanea tre voci maschili.


Anna rimase di sasso.

Si girò verso quei tre sciamannati con la classica espressione alla “Ma sei scemo o mangi sassi?” spalmata in faccia.

Ma che diavolo sta succedendo?! Prima mi fanno un, sempre detto molto elegantemente, culo così perché non le devo dire niente ed ora parlano? Valli a capire gli zucconi.”

Li guardò stranita, sollevando poi le spalle e rivolgendo loro una muta domanda con lo sguardo.

< Anna, chi era? > chiese Annalisa assai titubante.

Nel frattempo la diciassettenne stava gesticolando come se si fosse beccata l'urticaria in direzione dei tre Jonas, facendo segni alquanto chiari: che erano fusi, malati di mente e nella cacca fino al collo.

Riprendendo la calma, avvicinò il telefono ai ragazzi, in modo che ci parlassero loro con Annalisa, sorridendo sarcasticamente.

- Ehm... volevamo farti una sorpresa, quindi abbiamo fatto finta di non essere quello che in realtà siamo... - balbettò Nicholas, inventandosi una scusa che potesse reggere il gioco.

Che tentativo futile, Jonas.” pensò Anna, ridacchiando per la pessima figura del sedicenne.

< Anna, mi spieghi perché mi sta rispondendo un ragazzo e perché mi sembra di aver già sentito la sua voce? > domandò Annalisa, esterrefatta.

La cinerea coprì la cornetta con una mano, squadrando i tre fratelli davanti a sé per qualche istante.

- Ora sono tutti amorevolissimi fattacci vostri. - disse, prima di mollare il cord-less a Joe e sedersi sul divano, attenta comunque alla conversazione.

- Credo sia perché lui è Nick e io Joe. Ah, poi qui vicino a me c'è Kevin e la tua amica Anna mi ha appena lasciato il telefono in mano. Oh, ma che maleducato, mi devo presentare: piacere, io sono Joseph Adam Jonas, e loro sono i miei fratelli Paul Kevin e Nicholas Jerry. Tu sei Annalisa, giusto? - disse, attaccando bottone come solo lui sapeva fare.

< … >

- Ehm, Annalisa, ci sei ancora? - domandò il ventenne, aspettandosi un urlo da disintegrare i finestrini.

Prevedendo di sentire la voce della sua amica in diretta, Anna si alzò e strappò senza troppi complimenti il telefono dalle mani di Joe.

- Dai qua, Jonas. - ordinò, allontanandosi di qualche passo.

Nls, non fare niente di cui potresti pentirti in un immediato futuro.” l'ammonì lei, assumendo il suo caratteristico tono di comando.

Sia Nicholas che Joe non poterono far altro che sentirsi colpiti dall'autorità della voce ora seria e autorevole della ragazza.

Tutti e tre erano consci di aver fatto la più grande cazzata degli ultimi dieci minuti, ma sapevano che non sarebbero riusciti a sopportare la durezza d'animo di Anna e avevano agito d'impulso, dicendo la prima cosa fosse venuta in mente loro.

< Anna, non mi dire che il Joseph Adam Jonas che mi ha appena parlato è il Joe che penso io. > mormorò Annalisa, sull'orlo di un attacco isterico.

La verità è scioccante, lo so. Immaginati cosa è stato per me essere accolta dal suddetto zuccone con una pallonata in faccia.” rispose lei, sorridendo mentre ripensava al giorno prima.

< Oddio, tu sei ospite dei Jo-Jo-Jonas Brothers... > mormorò Annalisa con la voce rotta dall'emozione.

“Fa' passare due minuti che tisi calmi il battito cardiaco e ti racconto la versione originale dei fatti, dall'arrivo qui ad adesso.” disse la diciassettenne, rimanendo in silenzio, aspettandola.

< Ok, ci sono. >

“Tutto è cominciato quando ho saputo i nomi dei genitori...”

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Capitolo 11
*** Il meglio deve ancora venire ***


capitolo 11

Girlsssss! Eccheme cà per la vostra gioia!

Eh sì, le vacanze di Natale mi hanno fatto bene e vi annuncio che questo capitolo è abbastanza lungo, perché mi ero stufata di scrivere sempre dello stesso giorno, quindi mi sono data una mossa e siamo andati avanti.

Un grazie immenso alle 7 gioie che mi tengono tra i preferiti:

ada12

ffdipendente

jonas_princess

luluackles

Maggie_Lullaby

Veronica91

xXx_Sara_xXx

alle 8 che mi tengono tra le seguite:

102luna

BENNYY

celestegirl

fata93

ffdipendente

m5_forever

Maggie_Lulaby

Neremir

E naturalmente ringrazio coloro che mi recensiscono:

jonas_princess: Eccoti accontentata, ma in questo capitolo il tuo amato Joe si "disinnamora" di me e... no, non ti dico altro. Aggiorna anche tu!!!!

_Crazy_Dona_: non ti preoccupare, anche mia madre mi urla dietro, quindi so cosa devi subire. Ti ringrazio lo stesso per la recensione!!



Maggie_Lullaby: la reazione della pazza Annalisa non è descritta, ma qui Nicholas ne combina una delle sue. Grazie cara!!


mitber:
vedi che quando la noia sopraggiunge, leggre la mia fic fa bene? XD grazie!!

PS: quando vedete il simbolo (*) non spaventatevi - o forse sì - è solo una sorta di avvertimento per quello che succede dopo, in particolare per jonas_princess.

Hope you like ti!

Capitolo 11: Il meglio deve ancora venire.




Ormai è mezz'ora buona che Anna parla con la sua amica.

Inutile dire che io e i miei fratelli stiamo capendo solo i nostri nomi, che ogni tanto vengono pronunciati, ma, ovviamente, non conosciamo il contesto e quindi siamo sempre al punto di partenza, cioè zero, forse poco di più perché starà parlando di questi due giorni appena passati.

Forse si sta chiedendo come mai sono trenta minuti che siamo qui come tre marmi che la guardiamo e la ascoltiamo se per noi sta parlando una lingua che si avvicina molto al cirillico.

O forse ci sta ignorando bellamente, il che mi pare la cosa più probabile, data la sua enfasi nel parlare al telefono.

Cioè, una tipa raffinata come lei non ride come una pazza, anche se ammetto che la voce della sua amica possa in qualche modo risvegliarle la parte umana, per quanto piccola e priva di voce in capitolo possa essere.

Già, perché non ho mai visto e conosciuto un essere umano in grado di tenere così sotto controllo le proprie emozioni e tutto ciò che lo circonda con un semplice sguardo congelatore.

Insomma, non so cosa abbia fatto quando ha visto Kevin la prima volta, ma non si è scomposta più di tanto neanche quando Joe le ha praticamente spaccato la faccia con un pallone, cavolo, non sarà mica normale, oh?

Eravamo più preoccupati noi che lei per la sua salute.

E poi è incredibilmente silenziosa! Cavolo, non per vantarmi (non sia mai che Nicholas Jonas ha peccato di superbia!), ma ho un orecchio abbastanza sviluppato grazie alla musica, eppure quando mi si avvicina non la sento.

Per non parlare poi delle espressioni che fa e di come inclina la testa!

Dio, ogni santa volta che lo fa mi dimentico di respirare.

Quando arriccia il labbro superiore, quando mordicchia distrattamente quello inferiore...waaaaa, sto dando di matto.

Che poi, commentando obbiettivamente la sua bocca, non è carnosa e seducente, di quelle che dici “ha delle labbra che ti viene voglia di baciarle solo a vederle di sfuggita”, no, diciamo che di sensuale inteso come lo intenderebbe chiunque non hanno proprio nulla, zero.

Che sia quella sua normale straordinarietà a renderla così pericolosamente attraente ai miei occhi?

Eppure so che potrei perdermi per ore a fissare solo quello, come sto facendo ora, per esempio.

Cacchio no!

Nicholas, concentrati su qualcos'altro, cribbio!

Fosse facile.

E gli occhi?

Ecco, appunto.

Dove li mettiamo quegli occhi, così verdi da sembrare due smeraldi e allo stesso tempo di un marrone chiaro, ma lo stesso così profondi da farti cadere in un abisso infinito?

Sono assolutamente sconvolgenti.

Quando mi fissa dritto, mi sento come trafitto da due pugnali, ma poi addolcisce lo sguardo, mi sorride e io mi sciolgo.

Sono quasi patetico.

Senza il quasi.

Oddio, ora è girata di fianco e ci rivolge il lato sinistro.

Nicholas non lo fare, Nicholas non lo fare, Nicholas non lo fare!

E invece lo sto facendo, sto seguendo il suo profilo irregolare, la fronte, il naso, la bocca...

Dannazione occhi, chiudetevi!

Ma quando mai.

Scendo per il collo, che si contrae in spasmi molto poco regolari e subito dopo la testa si abbassa e il mento quasi tocca lo sterno.

Il mio cervello manda l'allarme, poiché dopo il collo c'è il petto e ho già avuto modo, me misero, me tapino, di saggiare il terreno...

Credo di essere arrossito oltre l'inverosimile, perché sento le guance in fiamme, così come tutto il resto della mia faccia.

E non solo di quella, bensì di tutto il mio corpo.

Ora Kevin e Joe mi scambieranno per un peperone, ma tanto non riesco a staccarle gli occhi di dosso, quindi a che serve preoccuparsi?

Diamine no, no, no, sto scendendo a guardare, no!

Mi sto agitando sul divano e sento una gocciolina di sudore scendermi lungo la tempia sinistra, ma gli occhi non ne vogliono sapere di interrompere la loro lenta avanzata verso la fine.

Sono paralizzato; sento solo le unghie conficcate nel divano e il mio respiro affannoso.

Aiutoooooooooooooo!



***



- Kevin... Kevin... Joseph... Nicholas... Kevin... Nicholas... Joseph... -

Tanto capisco solo solo questo, e Kevin e Nick pure.

Ho notato che, ora che parla al telefono con la sua amica, Annalisa mi pare si chiami, è più rilassata, spensierata, quasi... umana.

Sinceramente non mi sarei mai aspettato di scoprire che questa strana ragazza ha anche un lato che si avvicina, ma molto, molto alla lontana, a qualcosa che si può definire quasi dolce.

Ammetto che quando le ho tirato la palla in faccia mi si è letteralmente ghiacciato il sangue nelle vene dal terrore, ma è riuscita a calmare gli istinti omicidi di mamma semplicemente parlandole in quella maniera strana che lei abitualmente usa.

So di essermi preso una cotta per lei, ormai me ne sono reso conto, ma almeno riesco a tenerla nascosta a Nick.

Povero fratellino, chissà cosa farebbe se scoprisse che la ragazza che lo sta facendo impazzire, è la stessa che sta sconvolgendo anche me, il suo fratello maggiore.

Cavolo, in questi casi bisogna aspettare pazientemente che la cotta passi, augurandosi che sia solo una cosa passeggera e di breve durata, perché sennò chi lo sente più Nicholas?

E Camilla?

Ormai so che di lei non mi importa più niente, ma non la posso di certo scaricare dicendole che corro dietro ad una ragazza diciassettenne e che ha mandato a quel paese le facoltà mentali di Nick.

Hm, cosa mi invento per lasciarla?

Ma che dico, non mi inventerò proprio niente, le dirò la verità e basta.

Chiaro e conciso: Camilla, io non ti amo più e sinceramente non credo di averti mai amata. Quindi ti lascio, addio.

Sì, così può andare bene.

È un po' brutale, ma non penso che si farà tanti problemi, dopotutto non se ne è fatta neanche quando mi ha messo le corna con Pattinson, quindi...

Dopotutto non si può neanche lamentare, perché ho mollato Taylor al telefono in ventisette secondi netti e se si azzarda a fare storie la chiamo e la mollo così anche se me la trovo davanti.

Ecco, ora che non ho più nulla cui pensare, era inevitabile che i miei occhi si posassero su di lei, che gira per il salotto mordicchiandosi una ciocca di capelli e sorridendo ogni tanto.

Ha un bel sorriso, quando le viene dal cuore.

Si vede che è concentrata su quello che le sta dicendo Annalisa, a giudicare dalla sua espressione fra il divertito e il perso.

Ha chinato la testa e ha ridacchiato, poi ha alzato un sopracciglio e ha detto sì e no tre parole, che io ovviamente non ho capito.

Però l'italiano è una bella lingua, fluida e musicale.

Se la mettessi a confronto con l'americano, credo che la definirei più elegante, anche perché deriva dal greco o dal latino, non mi ricordo.

Una lingua antica, comunque.

Dopo glielo chiedo.

Anche se la risposta sarà tipo “Jonas, ma sei proprio ignorante. Deriva dal...”

E io starò in silenzio perché lei avrà ragione.

Come sempre.

Non so cosa mi stia succedendo, solo che io non mi sono mai fatto mettere i piedi in testa da qualcuno e ora che è sbucata questa qui, rimango sempre spiazzato dalle sue risposte.

Per esempio, quando le ho accidentalmente tirato la palla in faccia, non si è messa né ad urlare come una pazza che ero Joe Jonas né che le avevo fatto male.

Anzi, mi ha addirittura salvato dalla mamma.

Hey, un momento: ma questo l'ho già pensato o mi sbaglio?

Sì, solo che sto cercando in tutti i modi di evitare di fissarla, perché poi mi scambia per un maniaco.

Ok, la cosa sta lentamente degenerando.

Chiudo gli occhi e affondo la testa nel cuscino.

Che situazione assurda.


***


Nick sta diventando cianotico, mentre Joe ha deciso di imitare uno struzzo sotterrando la testa sotto un cuscino.

Che Nicky fosse cotto di Anna si sapeva, ma non immaginavo che anche Joe potesse essere attratto da una così contorta.

In questi casi mi ricordo come mai lo chiamiamo Danger.

Solo che dovrebbe dimenticarsela e alla svelta, anche, perché la posta in gioco è l'integrità della band e io non voglio correre un rischio così grande solo perché i miei fratelli sono attratti dalla stessa ragazza, che a dirla tutta mi sembra che non li consideri dei potenziali ragazzi, anzi, non li considera proprio, certe volte.

Già la casa discografica ci ha mandati a casa per un anno, motivando la scelta dicendoci esplicitamente che il nostro ultimo CD faceva schifo ed ha venduto la metà rispetto ai nostri standard.

Non posso darle torto, neanche a me piace troppo Lines Vines and Trying Times, ma non eravamo nel periodo migliore della nostra carriera e non siamo stati all'altezza degli altri album.

Spero che Joe capisca che Anna non è assolutamente la ragazza adatta a lui, e che si dimentichi in fretta di questa sua cotta, e che ritorni lo stesso fratello pazzo ed egocentrico di sempre.

Ma se Anna ha coinvolto emotivamente i miei fratelli, fortunatamente su di me non ha questo effetto.

Io trovo che in lei scopriremo un'inesauribile fonte di ispirazione per i testi delle nostre prossime canzoni e se a lei non piaceranno le cambieremo, perché ho la sensazione che sarà più sincera lei che non tutte le fan che ascolteranno i nostri brani.

Quella ragazza è di una sincerità disarmante; ieri quando eravamo in ospedale, ha parlato a tutti noi e ha detto delle cose assolutamente vere: non è giusto dire che andrà tutto bene, perché può anche non essere così.

Certo che è proprio strana.

Con noi è sempre stata rigida e composta, mentre ora che parla al telefono con Annalisa si è lasciata andare a risate e commenti, per quanto a noi incomprensibili, non proprio eleganti.

Chissà come mai ho la sensazione che ora sarà più rilassata anche quando parlerà con noi, visto che le abbiamo permesso di dire la verità alla sua migliore amica.

Ok, è stato più che altro un istinto a farci parlare, però non saremmo mai riusciti a sopportare le sue occhiate piene rimprovero, noi Jonas odiamo avere sensi di colpa.


Oh, la mamma ci chiama a tavola.




Il pranzo passò velocemente fra battute idiote da parte di Joe, e risate generali.

Annalisa aveva consigliato ad Anna di abbandonare quel suo cipiglio da comandante e comportarsi naturalmente, e con naturalmente si intendeva entro i suoi standard.

La diciassettenne aveva confutato questa sua affermazione fino allo sfinimento, ma poi aveva dovuto acconsentire, sempre suo malgrado, in quanto aveva riconosciuto che se avesse continuato così si sarebbe fatta odiare da tutti in pochi giorni, guadagnandosi il biglietto di ritorno in tempo record.

Quindi ora si limitava a guardare il mezzano con uno sguardo sconsolato, ridacchiando sommessamente.


Una volta concluso il pasto e aiutata Denise a sparecchiare, Kevin propose di far fare ad Anna un giro turistico di Los Angeles.

Lei accettò di buon grado, chiedendo solo se si dovesse vestire in una certa maniera per eludere l'ossessività dei paparazzi.

Gli occhi di Joe e Nick si illuminarono di una luce malsana e Anna aggrottò le sopracciglia.

- Sputate il rospo, Jonas. - asserì lei, squadrandoli.

Joe le si avvicinò con aria di chi la sa lunga e le mise un braccio intorno alle spalle, prendendo un grosso respiro.

- Beh, cara Anna, vedi... i paparazzi... - cominciò, arrovesciando la testa all'indietro e parlando a caso.

Anna lo guardò male e, dato che il Jonas di mezzo non arrivava al sodo, spostò lo sguardo su Kevin, attendendo paziente.

- Quello che Joe sta invano cercando di dirti, è che se vuoi stare in America ti devi vestire come un'americana e dato che la valigia te l'abbiamo disfatta noi, sappiamo che i capi che ti sei portata dall'Italia non sono adatti per passare nove mesi qui. - spiegò il maggiore, con l'aria birichina che aveva anche Joe.

Anna li guardò con espressione neutra uno ad uno e poi disse.

- Non so se voi siete a conoscenza di un piccolo particolare: dall'Italia arrivano i migliori stilisti del pianeta, anche più che non dalla Francia, e bene o male tutti gli Italiani hanno gusto nel vestire. Certo ci sono delle eccezioni, e Annalisa lo sa bene, ma complessivamente siamo a posto. Non capisco perché dovrei cambiare i miei vestiti. - borbottò lei, per niente contenta di un cambio di look.

- Ma poi a scuola ti guarderebbero tutti storto... - replicò Nicholas, reggendo il moccolo ai fratelli.

- A scuola avremo le divise, Nicholas. - lo fulminò, scostandosi da Joe.

Il ricciolino arrossì, ma non demorse, sostenendo la tesi dei fratelli.

- Beh, ma quando andremo in giro, si gireranno tutti a fissarti perché sei vestita diversamente da loro. - continuò, sostenendo il suo sguardo.

- Anche se fosse, io non mi sono portata i soldi per rifarmi un guardaroba, che poi non ho intenzione di cambiare. - ribadì piccata, incrociando le braccia al petto.

I tre Jonas la guardarono come se fosse stata un'aliena.

Proprio non capiva dove i tre fratelli volessero arrivare con quel discorso.

- Oh, i soldi non sono un problema. - la buttò lì Kevin, alzando le spalle in maniera studiata.

Anna sbarrò gli occhi.

Le stavano proponendo di cambiare l'intero guardaroba a loro spese?

Ma erano fuori come dei poggioli?

Decise però di valutare l'offerta, quindi inclinò la testa e rifletté con calma.

- Quindi voi vi state offrendo per rifarmi l'armadio a vostre spese. - disse, assottigliando un poco lo sguardo.

Annuirono in contemporanea.

- Hm... sì, credo che si possa fare. - acconsentì, provocando una reazione stupita da parte dei suoi ospiti.

- A patto che anche voi prendiate qualcosa sotto la mia supervisione. - aggiunse, ponendo dei termini.

Kevin, Nick e Joe rimasero abbastanza colpiti dalla sua richiesta, ma annuirono scrollando le spalle.

- Perfetto, allora fra dieci minuti ci troviamo qui in atrio. - disse Joe, cominciando a salire le scale.

- Ok. - gli fecero eco gli altri, seguendolo.


In macchina.

- Che musica mettiamo? - domandò Joe, accendendo l'impianto stereo dell'auto e ravanando nel portaoggetti.

- È stato carino da parte tua chiederci che musica mettere, anche se scommetto cento contro uno che vuoi mettere su un vostro CD. - rispose serafica Anna, leggendogli nel pensiero, incrociando le braccia e assumendo un'espressione divertita.

Joe rimase a bocca aperta, ma fu costretto a darle ragione e per evitare di perdere anche quel briciolo di orgoglio che gli era rimasto, scrollò le spalle e chiese semplicemente quale CD preferisse.

Anna ci pensò su e poi rispose guardandolo al di sopra delle lenti degli occhiali da vista che indossava.

- Jonas Brothers. -

Joe annuì e inserì il disco nel lettore.

Passarono il resto del viaggio a cantare le canzoni, mentre Anna li ascoltava solamente, muovendo ogni tanto le labbra a ritmo, così come aveva fatto con “Gocce di Memoria” quando erano entrati in casa i ragazzi.

Nick, che era seduto accanto a lei sul sedile posteriore, si stava chiedendo come mai la ragazza non cantasse, ma decise di non chiederglielo per evitare di metterla magari a disagio.

- Oh, Anna, ti volevo chiedere una cosa – disse Joe, smettendo di cantare e girandosi verso di lei – Ma l'Italiano deriva dal Greco o dal Latino? -

La battuta di scherno per l'ignoranza del Jonas di mezzo affiorò alle sue labbra alla velocità della luce, ma Anna riuscì a trattenersi per evitare di rendersi odiosa.

Fece un respiro profondo, chiuse gli occhi e poi rispose con voce calma e melodiosa.

- Il Greco è la lingua più antica, dalla quale poi deriva il Latino. L'Italiano è, a sua volta, una modernizzazione del Latino. - notando l'espressione confusa di Joseph, si affrettò a spiegare il concetto in parole povere. - in poche parole, la mia lingua deriva sia dall'una che dall'altra, essendo il Latino una derivazione del Greco antico. Capito? - chiese, sperando di essere stata abbastanza chiara.

Joe rimase scioccato dal suo tono per niente acido e di disprezzo come si era aspettato.

Sorrise e annuì, ringraziandola e tornando a cantare “Goodnighrt and Goodbye” con rinnovato entusiasmo.

Anna sorrise e ringraziò mentalmente Annalisa per il suo prezioso consiglio.

Dopo altri venti minuti arrivarono nel cuore della mitica Los Angeles.

Anna era esterrefatta. Era tutto così grande e luccicante. Il posto perfetto per la sua amica, che amava fare shopping quanto la sua stessa vita. Spesso vedeva che i manichini le facevano segno di entrare nel negozio e i saldi che l'attiravano come calamite. Sì, era un po' pazza, l'Annalisa

Ridacchiò a quel pensiero e si affrettò a legare i capelli in una coda; anche l'abbigliamento, jeans maglietta a maniche corte, felpa nera legata in vita e cappellino con visiera, era stato scelto per evitare che i paparazzi la scambiassero per la nuova fiamma di uno dei tre ragazzi.

Girarono per Rodeo Drive per ore alla ricerca di qualcosa che fosse abbastanza americano, ma che piacesse alla ragazza, che si scoprì poi avere dei gusti semplici e comodi.

In fatto di accessori ci fu più da combattere, in quanto Anna non usava borse, cappelli, occhiali e sciarpe.

Più volte Kevin provò a convincerla a prendere una sciarpa che le nascondesse parte del viso o anche solo per bellezza, ma Anna era ostinata e acquistò solo un foulard azzurro con delle righine argentate.

Per le scarpe, poi, scoppiò una terza guerra mondiale, poiché la diciassettenne si rifiutava categoricamente di mettere ai piedi qualsiasi “zavorra strambamente colorata con tinte assurde e con un tacco da far invidia all'Everest che le avrebbe consumato i piedi fino all'osso e oltre”, come le definì lei.

- Che poi, voi che siete uomini, cosa credete di saperne di scarpe da donna? Io non mi metterò mai una roba del genere ai piedi, avete capito? MAI! M-A-I! - sbraitò inferocita, gesticolando ossessivamente con le mani in direzione delle scarpe in questione.

E questa volta nessun Jonas fu in grado di contrariarla.


- Però potevi anche prendere quegli occhiali da sole bianchi... Ti stavano bene. - disse Nick, riferendosi a degli occhiali visti nell'ultimo negozio.

- Ma anche no. - rispose lei sicura.

Il sedicenne non volle insistere e attese che Kevin aprisse la macchina in modo che potessero scaricare gli acquisti della ragazza per poi riprendere il giro alla volta dei negozi di moda maschile.


- Bene ragazzi, ora voi andate in giro, spulciate per bene scaffali e grucce, poi tornate, vi cambiate e poi vedo cosa posso migliorare, ok? - senza aspettare una risposta, Anna prese e si avvicinò ai camerini, in attesa che i Jonas tornassero con gli indumenti da loro scelti.


Dopo circa un quarto d'ora, i tre fratelli fecero la loro comparsa con le braccia cariche di pantaloni, maglie e giacche di tutti i generi.

Anna rimase in silenzio con l'espressione neutra di sempre e fece un cenno a Joe che si andasse a cambiare per primo.

(*)Poco tempo dopo, il mezzano uscì trionfante dal camerino; indossava dei pantaloni verde pistacchio fluorescente, una camicia marrone leggermente sbottonata sul davanti, una sciarpa di lana e un cappellino da spazzacamino in testa.

Anna lo squadrò per bene, soffermandosi su alcuni particolari, poi annuì, facendo segno a Kevin di andare a cambiarsi.

Joe sembrò soddisfatto del suo operato e si sedé sul divanetto vicino alla ragazza.

Il maggiore aveva optato per un abbinamento classico di lui: pantaloni beige, camicia azzurra a ghirigori old style, cravatta viola melanzana stinta e pullover blu cobalto scuro.

Come nel caso di Joe, la diciassettenne non fece una piega, limitandosi ad analizzare le abbinate di Kevin, per poi indicare anche a lui il divanetto sul quale stavano seduti lei e l'altro fratello.

Fu infine il turno di Nick, che sembrava assolutamente sicuro delle sue scelte.

Uscì poco dopo dal camerino e tutte le persone che passavano da quelle parti si fermarono a guardarlo.

Anche Anna rimase stupita; non aveva nulla in contrario nel dire che Nicholas Jonas fosse un bel ragazzo, anche se non le sarebbe mai venuto in mente di dirlo al diretto interessato.

Se per lei Nick era un bel ragazzo, per altre centinaia di ragazzine, era un dio fatto uomo; notavano le sfumature dei suoi profondi occhi color nocciola, impazzivano per il suo naso, che rientra nella top ten dei “nasini più belli delle star” di cui è al secondi posto, dopo quello di Robert Pattinson, morivano dalla voglia di affondare le mani nei suoi riccioli e sbavavano per la sua fantomatica bocca a cuoricino.

Ma ora, Nicholas Jonas stava esibendo tutta la sua bellezza divina, sfoggiando dei pantaloni di velluto a coste bordeaux scuro e una camicia rossa a quadri verdini.

Esattamente come aveva fatto con gli altri due fratelli, Anna osservò attentamente gli indumenti che Nick aveva scelto, ma questa volta si alzò, fece segno alla piccola folla di gente che si era radunata di tornare alle proprie occupazioni e si voltò verso il Jonas minore.

Arricciò le labbra, si tolse gli occhiali, li pulì con un lembo della maglietta, se li rimise e poi parlò.

- Nicholas, mi sono dimenticata di chiederti una cosa – pausa d'effetto – ti piace fare i pic-nic? -

Lui rimase un po' interdetto dalla domanda, ma balbettò una risposta affermativa.

Anna abbassò lo sguardo, lo rialzò e continuò con il suo strano discorso.

- Ah, bene... che ne dici se chiediamo a Denise di organizzarne uno prima che faccia troppo freddo? Magari anche prima del primo giorno di scuola, eh? - disse, sembrando molto contenta dell'idea.

- Sì, mi sembra un'ottima idea. - rispose lui, decisamente allegro.

- Bene, bene. Allora prenderemo un cestino di vimini, lo apriremo, ci metteremo dentro i panini e altre vivande, da bere, i bicchieri e poi lo chiuderemo. - disse, aspettando che Nicholas si accorgesse di un piccolo particolare mancante.

Non ci volle molto che la faccia del Jonas si incupisse leggermente.

Aggrottò le sopracciglia e si rivolse alla diciassettenne.

- Un momento, ma manca la tovaglia; non si può fare un pic-nic senza la tovaglia. - era confuso: una ragazza calcolatrice come Anna non si sarebbe mai potuta dimenticare di un particolare importante come la tovaglia.

Lei sorrise malignamente senza farsi vedere e poi assunse la migliore espressione sorpresa e ingenua che le riuscisse.

- Ma Nicholas, di quello ti occupi tu. - disse con ovvietà.

Lui la guardò stranito, non capendo dove volesse arrivare.

- La tovaglia ce l'hai addosso. -

Lui strabuzzò gli occhi e dopo qualche secondo disse.

- Questo è un messaggio subliminale per farmi capire che non ti piacciono le camicie a quadri. - non era una domanda, era un'affermazione.

Anna sorrise e commentò gli altri due fratelli.


Erano in una drogheria a ritirare le divise scolastiche per Nicholas e Anna.

Quando la ragazza vide la sua, soffocò appena un urlo di disgusto.

Se c'era una cosa che odiava erano le gonne; le reputava inutili e scomode.

E ovviamente la divisa consisteva in una gonna a righe orizzontali beige e arancione scuro, una camicia bianca, calze bianche fino al ginocchio e un foulard della stessa fantasia della gonna.

Purtroppo per lei non si poteva opporre, quindi si limitò a ritirare il pacco, sconsolata.


Fra risate, scemenze e qualche occasionale coppino volante, i giorni passarono velocemente e spensieratamente.

Il loro passatempo preferito era commentare le foto che li ritraevano insieme nelle situazioni quotidiane fuori di casa sui giornali scandalistici e di gossip.

Anche il rapporto con Annalisa era alle stelle: ormai non si emozionava più di tanto quando parlava coi ragazzi, anzi, erano diventati amici, specie con Joe, che era caratterialmente il suo sosia al maschile.

Grazie a lei, il mezzano si era presto reso conto che la sua cotta per Anna era scomparsa senza lasciare traccia alcuna.

Aveva anche mollato Camilla Belle, dicendole semplicemente la verità, evitando così di sentirsi in colpa.

Per Nicholas, invece, le cose si erano semplicemente semplificate, nel senso che Anna gli piaceva sempre molto, ma ora riusciva a comportarsi normalmente in sua presenza, ignorando le fitte allo stomaco che ogni tanto lo sorprendevano.



***



La sveglia fu come una doccia fredda per Anna, che non era più abituata a svegliarsi all'alba delle sette meno un quarto.

Muovendo i primi passi fuori dal letto, arrancò fino alla scrivania sulla quale il cellulare squillava come impazzito.

Con un gesto secco lo spense, mugugnando qualcosa di incomprensibile, afferrando la biancheria intima e la divisa scolastica per dirigersi poi verso il bagno.

Per il corridoio s'imbatté in un sonnolento Nicholas, che si trascinava nell'altro bagno.

Lo salutò con un cenno abbozzato della testa e lui ricambiò con lo stesso entusiasmo.

Dieci minuti dopo erano già più trattabili, anche se sembravano due zombie, al contrario di Frankie, che era tutto bello vispo e pimpante, ansioso come non mai di andare a scuola.

Come entrarono in cucina, Denise andò loro incontro, dando un bacio materno in fronte ad entrambi.

- Ben svegliati! - disse quasi con le lacrime agli occhi.

Erano anni ormai, che Nicholas non andava a scuola come tutti i ragazzi della sua età e il fatto che la casa discografica aveva imposto ai Jonas Brothers un anno di normalità le riempiva il cuore di gioia.

- Solo perché sono in piedi non significa che io sia sveglia. - biascicò Anna in italiano, non curandosi del fatto che nessuno avesse capito.

Si avvicinò al tavolo e si sedé davanti alla sua tazza di latte, fissandola senza interesse.

Nicholas fece lo stesso, si versò il latte e i cereali e iniziò a mangiare, seguito poco dopo dalla ragazza.


- Ok, noi andiamo. Ciaooo! - urlarono i due ragazzi sulla soglia di casa, prima di chiudersela alle spalle e dirigersi verso la macchina di Nick, la Mustang nera.

- Sarò l'unica persona sulla faccia della terra che te lo dirà, ma la tua macchina non riesco a farmela piacere. È proprio brutta. - constatò Anna, guardando quell'auto con tanta pietà.

Nicholas si immobilizzò di colpo e per poco non cacciò un urlo.

- Che cosa!? Non ti piace la mia bellissima Mustang? Ma stai bene? - disse con voce stridula per il fastidio.

- Esatto. - asserì senza entusiasmo – muoviamoci o faremo tardi. -

- Non ti preoccupare, amorino del papà, io ti voglio tanto bene lo stesso. - sussurrò Nick alla sua adorata macchina, accarezzandole amorevolmente il cofano.


Driiiiiiiinnn

Evviva, la campanella è suonata e cominciano le lezioni, sììì” pensò Anna, senza l'ombra di entusiasmo.

Le prime ore le avrebbe passate in una classe diversa da Nicholas e le materie erano geografia e biologia.

Prima che il professore o la professoressa entrasse, scandagliò la classe alla ricerca di un banco in una posizione favorevole, abbastanza avanti, ma completamente a lato della cattedra.

I banchi erano da due, ma non se ne preoccupò più di tanto e, una volta trovato il suo posto ideale, avanzò cercando di mantenere un atteggiamento normale, cosa che le riuscì particolarmente bene, data la sua innaturale capacità di mantenere tutto sotto controllo.

Prese posto e cominciò ad osservare l'aula di geografia: le pareti erano quasi interamente ricoperte di cartine geografiche degli USA e degli altri continenti.

Non fece in tempo a concentrarsi su altro, perché le si avvicinò una ragazza alta, bionda e magrissima con qualche chilo di trucco sugli occhi e tanto di quel phard spalmato in faccia da sembrare una Barbie troppo abbronzata.

- Ciao – disse quella, ruminando una gomma e sorridendo sfacciatamente – Tu devi essere quella nuova, piacere, io sono Natasha, capo delle cheer-leader e ragazza più popolare della scuola. - squittì, facendo un giro su se stessa per far sì che la sua bellezza finta penetrasse a fondo negli occhi di Anna.

La diciassettenne provò un moto di disgusto istantaneo nei suoi confronti, ma non lo diede a vedere.

- Io sono Anna, non sono una cheer-leader e non ci tengo a diventarlo e non ambisco al trono di reginetta della scuola, piacere. - rispose, sorridendo lo stretto indispensabile, illustrando la sua posizione.

Natasha la guardò dall'alto in basso, dimenticandosi quello che le aveva appena detto e continuò imperterrita con le sue farneticazioni.

Anna sapeva perfettamente dove voleva andare a parare, ma aspettò di sentirla parlare ancora un po', prima di farle intendere le sue intenzioni.

Dopo trenta secondi si stufò e decise di intervenire.

- Per quanto possa sembrare assurdo, sì, conosco Nicholas Jonas e no, non sono un mezzo per arrivare ad ottenere un appuntamento con lui. - chiaro e conciso.

Quando Anna era convinta, diventava spietatamente sincera e Nicholas le aveva chiesto esplicitamente di non farsi strumentalizzare per arrivare a lui.

La cheer-leader rimase spiazzata per qualche secondo, prima di assumere un'espressione truce e malevola.

- Di te non m'importa assolutamente niente, solo che sarebbe stato più comodo arrivare a Nick per questa via, ma dato che non vuoi collaborare con me, vedrò di rimediare, lealmente o no. - sibilò, assottigliando gli occhi azzurri, alzandosi di scatto in posizione eretta, afferrando la sua borsa e allontanandosi seguita da altre due ragazze frivole come lei.

- Addio Darlin'. - trillò, allontanandosi da Anna.

- Che sagoma. - borbottò lei, una volta che la bionda fu fuori dal suo campo visivo.

- Già, ma ce la dobbiamo sorbire per altri due anni e non c'è verso che se ne vada. - disse una voce squillante alla sua sinistra.

Anna si voltò e vide una ragazza bruna e riccia abbastanza spettinata, con il naso coperto dalle lentiggini. Gli occhi erano verde chiaro, più chiaro del suo, e assolutamente vispi. Sfoderava un sorriso che lasciava intravvedere i suoi denti bianchi. La sua divisa aveva almeno due anni, ma era in ottime condizioni.

- Comunque io sono Alexia Lucas, nemica giurata della bionda cotonata, piacere. - ridacchiò, porgendole la mano.

La diciassettenne capì immediatamente che con quella ragazza aveva un'intesa spettacolare e sorrise a sua volta.

- Anna Dal Fuoco, piacere mio. -

- Ma puoi chiamarmi Alex. - aggiunse, sedendosi al posto vicino ad Anna.

- Tu sei nuova ma non americana; da dove vieni? - chiese incuriosita dal nome e cognome della sua nuova vicina di banco.

- No, non sono americana, sono italiana. Starò qui per un anno scolastico, in una famiglia che si prenderà cura di me. - rivelò, rilassandosi e lasciandosi andare ad un sorriso amichevole.

- Ah, ho capito. La famiglia che ti ospita sono i Jonas, vero? - chiese, sorridendo birichina e accavallando le gambe.

- Bingo. - confermò Anna, notando che il professore di geografia stava entrando nell'aula.


Il professor Thompson si dimostrò subito benevolo nei suoi confronti, dato che la ragazza aveva dimostrato intelligenza e voglia di apprendere.

Al cambio dell'ora Anna e Alex si diressero verso gli armadietti; i loro erano poco distanti, mentre quello di Nicholas era di fronte a quello di Anna.

Quando cambiò tutti i libri e ripose quelli di geografia in esso, si avvicinò al ragazzo, che non l'aveva notata, e si appoggiò con la spalla destra alla fila di armadietti.

- Il professore di geografia non fa preferenze, basta dimostrargli che si ha voglia di studiare e ti dà fiducia. Ah, se malauguratamente finisci in classe con una Barbie troppo abbronzata, bionda cotonata di nome Natasha, salutala da parte mia e non uscire con lei. - disse, marcando bene sulle ultime parole. - Ci vediamo alla terza ora, ciao. - detto questo si dileguò insieme ad Alex, che rideva sotto i baffi.

Nicholas rimase interdetto, ma si ricordò che tutto quello per Anna era normale e fece finta di essere tranquillo.


Alla terza ora Nicholas si sedé vicino ad Anna, ma non chiacchierarono più di tanto, in quanto lei doveva assestarsi al programma e lui si doveva ancora ambientare al clima della nuova scuola.

Durante la pausa, Anna presentò Nicholas ad Alex e lei lo reputò subito come un buon amico.

Quando anche la quarta ora finì, i tre ragazzi si salutarono sul portone della scuola, dove le due ragazze scorsero Natasha e il suo gruppetto fumare di rabbia perché la nuova e la sfigata stavano conversando amabilmente con Nick Jonas dei Jonas Brothers.

Entrambe sorrisero e si scambiarono un'occhiata d'intesa che Nicholas notò ma non comprese.

- Evito di fare domande. - si rassegnò, alzando le mani sopra la testa in segno di sconfitta.

- Bravo. - risposero all'unisono le due.

Si guardarono e poi scoppiarono a ridere.

Sì, erano proprio sulla stessa lunghezza d'onda.

Nicholas si sorprese ad essere contento per Anna; era giusto che si facesse delle amicizie che non fossero lui e i suoi fratelli.

Inforcò gli occhiali da sole e si diresse verso la sua macchina, salutando con un cenno della mano Alex e aprendo la portiera ad Anna.

Lei sorrise e si accomodò sul sedile.

Tutto era cominciato al meglio, ma fra tre giorni ci sarebbe il compleanno di Nick, allora sì, che sarebbe stato spettacolare.


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Capitolo 12
*** Come Stai? ***


capitolo 12

Ladies and gentleman, sono orgogliosa di presentarvi il dodicesimo capitolo!

Lo so che è una cosa impossibile, ma sì, sono riuscita a scrivere questo capitolo e a pubblicarlo.

Ringrazio:

mitber: sì, quel capitolo era molto lungo e ho come l'impressione che il prossimo capitolo sarà ancora più lungo dello scorso... grazie della recensione!!

jonas_princess: hai ragione, mi devo accontentare di ascoltarmi “Jonas Brothers”, perché Joseph sarebbe capacissimo di fare a pezzi un CD solo con i suoi pezzi cantati.. che ci vuoi fare, gli vuoi bene proprio per questo. Poveri noi.. eccome se ce ne sono di eccezioni, ma una le batte tutte, vero? Ci vediamo domani!

Maggie_Lullaby: mi dispiace molto, ma io le camicie a quadri di Nick non le sopporto, provo uno schifo viscerale. Sul fatto di Annalisa e Joe ci hai preso, ma non credere che lascerò Kevin da solo...

grazie mille!

LadyBird27: ehm... io avrei cercato gli abbinamenti più assurdi... Ma se a te piacciono mi sa che devo cominciare a preoccuparmi. Oh, ma tanto te l'ho detto che non finisce bene per tutti...

Grazie!


PS, nello scorso capitolo mi sono dimenticata di una cosa: questa è la divisa: http://www.locandadellefate.com/i_nostri_disegni.html la terza immagine. Basta cliccarci sopra.


Buona lettura!



Come stai?



Venerdì, secondo giorno di scuola.

Mal di testa allucinante e tempie andate a raccogliere ciorciole.

Che bello.” pensò Anna assai ironicamente.

Si trascinò molto faticosamente giù dal letto per poi andare a spegnere la sveglia.

- Gne. - mugugnò, spalmandosi una mano sulla faccia sonnolenta, cercando invano di nascondere uno sbadiglio.

Uscì dalla sua camera e, come il giorno prima, incrociò Nicholas, solo che prese male le misure e andò a sbattere contro lo stipite della porta del bagno.

- Ahia. - biascicò ad occhi chiusi, tenendosi la parte lesa con un mano.

La testa riccia di Nick fece capolino dall'altro bagno, mentre la sua voce assonnata e preoccupata raggiungeva ovattata le orecchie di Anna.

- Tutto bene? -

Lei non si girò nemmeno, tastando alla cieca all'interno della stanza alla ricerca dell'interruttore.

- Splendidamente. - gli rispose, chiudendosi la porta alle spalle.

Il ragazzo rimase ancora qualche secondo a fissare preoccupato la porta, poi scrollò le spalle e si chiuse nel suo bagno.

Anche a colazione Anna sembrava assente e fisicamente provata.

Denise le posava spesso una mano sulla spalla, come e chiederle come stesse, ma lei rispondeva sempre con un gesto disinteressato della mano, minimizzando tutto con un'alzata di spalle.

Durante il tragitto in macchina nessuno dei due ragazzi parlò molto, Nicholas era impegnato a guidare, mentre Anna aveva gli occhi chiusi e la testa abbandonata sul poggiatesta.

Non lo sapeva per certo, però immaginava che il ragazzo avesse continuato a lanciarle occhiate preoccupate.

Scendendo dall'auto per aprirle la portiera, Nicholas si decise a chiederle se stesse bene.

- Anna, tutto ok? È da quando sei andata a sbattere la testa contro lo stipite della porta del bagno, questa mattina, che non hai proprio un bell'aspetto... - disse, lasciando in sospeso la frase, piazzandosi davanti a lei, in modo che non potesse scivolare via ed evitare quindi di rispondergli.

- Sto bene, non è che perché la mattina sono completamente rincoglionita dal sonno, devo per forza avere qualcosa che non va, Jonas. - ribatté seccata, pronunciando in un italiano assolutamente acido quel “rincoglionita” - e poi, potrò essere ancora un po' scioccata dal primo giorno in una scuola nuova, in un altro continente? - chiese retoricamente, scostandolo in malo modo, afferrando la sua borsa e marciando verso l'entrata della scuola.

Nicholas rimase molto perplesso da quella risposta.

Si vedeva che era stanca e aveva mal di testa, date le palpebre pesanti e il fatto che strizzasse continuamente gli occhi, corrugando la fronte.

No, decisamente non stava bene.

Ma dubitava molto seriamente che sarebbe andata in infermeria o addirittura a casa, quindi doveva aspettare che i sintomi diventassero più forti, in modo che venisse lei a chiedergli aiuto.


Come entrò in classe, Alex la salutò sorridente, mulinando la mano e facendole segno di raggiungerla al loro banco.

Non appena la diciassettenne si fu seduta – o meglio abbandonata di peso – sulla sedia, la mora notò che qualcosa non andava e il suo sorriso si spense immediatamente.

- Che c'è. - domandò soltanto, assumendo un cipiglio serio che proprio non le si addiceva.

Anna aprì gli occhi spazientita e fissò la sua neo-amica.

- Cosa diavolo avete tutti quanti? - sbottò stizzita – Prima Nicholas e ora tu. Posso avere un po' di mal di testa dovuto al fatto che sono in un ambiente completamente diverso da quello a cui sono sempre stata abituata, con persone nuove, cose nuove, in pace? Cacchio, ho diciassette anni e sono in America da due settimane; concedetemi un giorno di invalidità mentale, Cristo! - gracchiò molto poco elegantemente, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio con fare seccato, lasciandosi scappare qualche parola in italiano.

Alex ci pensò su e poi annuì, scusandosi.

- Hai ragione, scusa. È solo che il tuo aspetto non è dei migliori. -

Anna sapeva di essere intrattabile, certe volte, ma era stufa di sentire su di sé occhiate cariche di preoccupazione e premura.

- Non ti preoccupare, è solo che me la sono sempre cavata da sola e mi infastidisce quando qualcuno mi sta con il fiato sul collo; non sto dicendo che sia colpa tua, certo, solo che in quei dannatissimi quindici minuti passati in macchina con Nicholas, mi sono sentita il peso del suo sguardo addosso e non ne potevo più. La tua affermazione è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. - spiegò la bionda, guardando Alex negli occhi.

Entrambe distolsero lo sguardo e si focalizzarono su una persona che stava sculettando nella loro direzione.

Natasha.

Lo stesso pensiero passò per la testa delle due ragazze in contemporanea.

Si guardarono e sorrisero sadicamente, pronte a tirare fuori tutta la loro maligna sadicità, che concentrata sarebbe stata imbattibile.

Intanto la finta bionda si era piazzata perfettamente centrale rispetto alla loro posizione e si era anche mesa in posa, sempre seguita dalle sue due amichette.

- Salve loosers – squittì, arricciandosi una ciocca di capelli assurdamente cotonati attorno ad un dito.

La prima mossa spettava ad Anna, la quale mantenne un'espressione abbastanza naturale da risultare credibile.

- Oh, Alex, mi sono dimenticata di chiederti se domani sera sei occupata.. - iniziò, fregandosene alla grande di Natasha, che stava cominciando ad innervosirsi per essere stata ignorata così sfacciatamente.

Alex, dal canto suo, sapeva che doveva improvvisare, ma decise di dire la verità.

- No, sono libera, perché? - chiese, mentre un sorrisino le spuntava sulle labbra.

Anna fece l'incurante, osservandosi le unghie con studiato interesse. Doveva dire una cosa alla mora, perché non farlo in grande stile?

- Beh, per quanto Nick ti conosca da ieri, ti reputa una ragazza simpatica, vispa e, purtroppo per lui, dannatamente simile a me. Quindi mentre tornavamo a casa dopo la scuola, mi ha chiesto di anticiparti una notizia. - disse, girandosi verso di lei ed accavallando le gambe.

Natasha fumava di rabbia. Non solo la stavano ignorando, cosa inammissibile per una cheer-leader come lei, ma stavano anche parlando di Nick in sua presenza.

Pestò i piedi per terra, ma la situazione rimaneva sempre la stessa.

- Sei invitata alla sua festa di compleanno, che si terrà domani sera nella villa Richmond sulla collina di Hollywood. - concluse, appoggiando la schiena al muro e sorridendo soddisfatta.

Questa Alex non se l'aspettava.

Strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca in una muta espressione di sconcerto.

Insomma, conosceva Nick Jonas da un giorno ed già era stata invitata alla sua festa di compleanno.

Era una cosa assurda.

Si ricompose in fretta e poi disse.

- Ti confesso che questa cosa era l'ultima che mi sarei aspettata di sentire, ma se sono stata invitata, credo che accetterò. - rispose, scrollando le spalle e sorridendo sinceramente.

Natasha cacciò un urlo e si mise a sbraitare.

- Non è vero, non è possibile! Che tu – sbraitò, indicando Anna – ci saresti andata mi sembrava ovvio, anche se non concepisco un'idea del genere, ma che lei – e masticò quella parola con rabbia – sia stata invitata al compleanno di Nick Jonas è assolutamente inammissibile! I Nerd non possono prendere parte ai festeggiamenti delle star! Ci dovrei essere io al suo posto! - ruggì, tirando dei pugni sul banco delle ragazze, mentre i capelli ingellati seguivano i movimenti della testa senza scomporsi più di tanto.

Fortunatamente in quel momento entrò la professoressa di fisica, che intimò il silenzio alla classe.

Per tutta la durata della lezione, Alex era concentrata per cercare un regalo da fare a Nicholas, mentre Anna ascoltava interessata la funzione dei protoni, neutroni ed elettroni.

Qualche minuto prima del suono della campanella, Anna rivelò il suo regalo di compleanno e Alex rimase esterrefatta, compiacendo così l'ego dell'amica.


Driiiiiiiiiin


Grazie Signore.” pensò Anna, afferrando i suoi libri e scivolando fuori dalla classe, seguita da un'euforica Alex.

In corridoio incontrarono Nick, che si premurò di informarsi se la moretta fosse già stata avvertita dell'invito e sorrise quando lei gli rispose di avere l'umore alle stelle.

- Oh, Alex, credo che oggi dovremo andare a fare shopping per domani sera. - disse la bionda, facendo intendere a Nicholas che non sarebbe potuto venire.

- Già. A proposito Nick, dovrò vestirmi elegantemente? - chiese, rivolgendosi al ragazzo.

- Sì. - rispose lui, prendendo i libri dal suo armadietto.

- Ok. - disse solo, lanciando ad Anna uno sguardo carico di significati nascosti.

La diciassettenne rispose con un sorriso e tutti e tre si avviarono verso l'aula di arte.


Dopo pranzo Anna annunciò che quel pomeriggio sarebbe stata impegnata con la sua amica, stando bene attenta a non farsi vedere dal Jonas minore mentre si stravaccava sul suo letto, tenendosi le tempie che pulsavano in maniera dolorosa.

Maledizione” imprecò nella sua testa, sotterrando la faccia sotto il cuscino.


Un quarto d'ora dopo suonò il campanello e Joe andò ad aprire.

Immaginava che fosse Alex, l'amica di Anna e di suo fratello, ma quello che si trovò davanti lo sconcertò.

Camilla Belle era soglia di casa sua.

Joe aggrottò le sopracciglia, ma non disse niente.

Già era strano che lei si fosse ripresentata, se poi si contava il fatto che aveva già trovato un nuovo fidanzato, il mezzano non poteva fare a meno di chiedersi cosa diavolo quella ragazza volesse ancora dalla sua vita.

Lei si tolse gli occhiali da sole e lo guardò languidamente, facendo gli occhi dolci.

- Joe.. - sussurrò, avvicinandosi di un passo al ragazzo.

Lui rimase impietrito, non sapeva cosa aspettarsi dal quell'oca.

Non fece in tempo a chiederglielo, che lei dimezzò la distanza tra i loro volti.

Sarebbe anche riuscita a baciarlo, se una voce oltremodo acida e terribilmente arrabbiata non l'avesse bloccata.

- Muoviti di un altro millimetro e non uscirai intera da quella porta. - la minacciò la voce, che Joe, ripresosi immediatamente e messo un metro di distanza tra loro due, riconobbe come quella di Anna.

La Belle cercò con lo sguardo chi avesse parlato e vide una ragazza sui diciassette anni che la guardava come se la volesse incenerire con lo sguardo.

Era sulle scale e aveva le braccia conserte.

Riprendendosi dalla minaccia, assunse un tono una posizione altamente sfacciate, che fecero innervosire la cinerea.

- E chi saresti tu per dirmi di stare ferma? La nuova ragazza di Joe? - chiese, schernendola e guardandola come per dire “sei troppo piccola e immatura per poter stare con lui”.

La diciassettenne sorrise malignamente e rispose alla provocazione.

- Sono comunque più matura di te. -

Camilla rimase spiazzata dalla risposta, dato che la ragazza pareva averle letto nel pensiero.

Spostò lo sguardo sul Jonas e disse con voce dura

- Non mi avrai mollata per lei, spero. -

Joe decise di imitare Anna e alzò un sopracciglio, lanciandole prima uno sguardo eloquente.

- Anche se fosse? - insinuò lui, sorridendo divertito e appoggiando una spalla contro lo stipite.

Anna ebbe un sussulto, ma pregò per Joe che avesse abbastanza buon senso da smentire immediatamente quello che aveva appena detto.

Lentamente si avvicinò ai due e squadrò la ragazza con occhio critico, scuotendo poi la testa in segno di disapprovazione.

Camilla boccheggiò e tentò di cercare una frase che chiudesse la bocca di quella pestifera diciassettenne, ma non fece in tempo ad aprire la bocca, che Joe parlò

- No, non ti ho mollata per lei, ma per me. Non sopportavo più di vederti uscire con Pattinson mentre stavamo insieme e poi da quando è arrivata lei, che ora è diventata la mia sorellina adottiva – e Anna alzò gli occhi al cielo, perché aveva detto un'infinità di volte a Joe di non chiamarla così - , ho capito che mi merito di meglio. Quindi non c'è motivo che tu stia qui, addio. - detto questo le sbatté la porta in faccia.

- Stai imparando, Jonas. - disse Anna, dando il cinque a Joe, che rise di gusto.


Era tornata dal giro di shopping con Alex e si sentiva letteralmente a pezzi.

La cena era stata tranquilla, anche se il mal di testa era rimasto sempre presente.

Si abbandonò sul suo letto completamente vestita, esalando un sospiro di sollievo quando le sue membra stanche ebbero finalmente la possibilità di riposarsi.

Dopo mezz'ora buona, decise di mettersi il pigiama e ficcarsi sotto le coperte.

Domani sarebbe stata una giornata faticosa: tutta la mattina adibita agli ultimi preparativi per la grande festa e la sera... beh, la sera sarebbe stato qualcosa di munifico.

Se a domani sera ci arrivo, ovvio.” pensò prima di scacciare quel pensiero dalla mente.



***



Nicholas si era svegliato alle 10.30

Scese le scale e arrivò in cucina, dove c'era sua madre che lo salutò con un dolce bacio in fronte, augurandogli buon compleanno.

Nicholas sorrise e ringraziò Denise.

Poco dopo scese Kevin, che lo stritolò in un abbraccio fraterno, seguito a ruota dal padre e da Frankie, che gli saltò in braccio e a momenti lo fece cadere.

- Hai diciassette e non sei abbastanza forte da reggermi? Sei proprio vecchio! - lo accusò il Bonus, fingendosi offeso.

Nick spalancò gli occhi e per poco non si strozzò con l'acqua che stava bevendo.

- E chi te lo avrebbe detto che sono vecchio? - domandò, mentre Kevin gli assestava delle pacche sulla schiena per farlo smettere di tossire.

- Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri al vecchio Nicky, tanti auguri a te! - sbraitò un sorridente Joe, sbucando come un fungo dalla porta della cucina.

Nicholas sorrise e capì chi fosse stato a mettere in testa a Frankie l'assurda idea che lui fosse vecchio.

- Grazie Joseph. - disse, aspettando pazientemente che il fratello capisse.

- Ma Nicky, lo sai che non mi piace quando mi chiamano con il nome completo, mi fa sentire vecchi... - disse, accorgendosi troppo tardi di essersi tirato la zappa sui piedi.

- Ooops. - mugugnò, arrossendo dalla vergogna e abbassando la testa.

Tutti scoppiarono a ridere, finché Nick si accorse che mancava Anna.

- Hey, ma dove è Anna? - chiese, guardandosi intorno, cercando la ragazza con lo sguardo.

Denise si affrettò a rispondere

- Credo che sia ancora in camera sua, anzi, va' a vedere a che punto è. - e indicò con un cenno del capo le scale che portavano al piano di sopra.

Lui non se lo fece ripetere due volte e salì.

Bussò alla sua porta e per tutta risposta ottenne un mugolio sommesso.

Allora si decise ad entrare, trovandola ancora sotto le coperte e con una faccia da far arrossire uno zombie.

Si avvicinò preoccupato al suo letto e si sedé sul bordo dello stesso, guardandola confuso.

- Non stai bene. - affermò dopo qualche secondo di silenzio.

- No. - confermò lei con una voce roca.

- Che sintomi hai? -

- Mal di testa, stomaco stravolto e cervello in pappa, dottore. - rispose sarcasticamente.

- Mi devo preoccupare? - chiese, posandole una mano sulla fronte nel caso avesse anche febbre.

- No, di solito questo malessere dura due giorni e poi sono più sana di prima. - biascicò lei, scrutandolo di sottecchi alla ricerca di un qualsiasi segno da parte del ricciolino.

- Quindi ti perdi il week-end. - disse in tono piatto, togliendo la mano dalla sua testa.

Anna rimase sorpresa dal suo tono indifferente, ma non era mica colpa sua se stava male, no?

- Nick.. - cominciò, chiamandolo con il soprannome, cosa che accadeva di rado, prendendogli la mano fra le sue e guardandolo dritto negli occhi.

Lui si sentì catturato dalle sue profonde iridi verdi e sentì una scossa percorrergli la spina dorsale quando gli prese la mano.

Anna prese un respiro profondo e poi parlò.

- Nick, mi dispiace non poter venire stasera, ma come puoi vedere, se esco di qui, poi devo rimanerci per almeno una settimana e quindi lascia il tempo che trova. - sussurrò lei, addolcendo lo sguardo e sorridendo tristemente.

- So che non è assolutamente colpa tua, ma mi dispiace molto il fatto che tu non ci sia, stasera. - aggiunse, abbassando la testa.

- Anche a me. - mormorò – non sai quanto – aggiunse in italiano.

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Capitolo 13
*** Live to Party ***


capitolo 13

Girls, credo che ormai abbiate capito una cosa fondamentale: io non ho giorni o scadenze da rispettare, quindi gli aggiornamenti vanno un po' a caso. Sappiate che io cerco di scrivere quanto più posso, quando posso, perché fra una situazione famigliare “scomoda” e una scuola massacrante, il mio senso dell'organizzazione va a ciorciole.

Vi voglio ringraziare perché continuate a leggere la mia fic, sebbene gli aggiornamenti siano rari ed occasionali.

Questo capitolo è dedicato a tutte coloro che amano le sorprese e vedere Nicholas spiazzato!

Grazie a:

jonas_princess: hey, mica è colpa mia se il tuo computer è stupido e catorcio. Ok, detto questo: io dal letto mi ci trascinerei anche fuori, ma.. muahahah, immaginavo che la scena con la Brutt avrebbe dato i suoi frutti e sapevo che ti sarebbe piaciuta, ma aspetta di vedere cosa combino a Nicolino.. Baci a domani! Che tristezza il greco..

LadyBird27: Mah, nella situazione di Anna io non uscirei di casa molto volentieri, neanche per andare al compleanno di Nick Jonas. E comunque, ci sarà Alex.. grazie!!

Mitber: non sei l'unica a cui dispiace! Nicholas è letteralmente a terra.. grazie e aggiorna presto!

Maggie_Lullaby: Beh, nel capitolo Anna ha.. no, non te lo dico.
Mi sa tanto che Nick si deve rassegnare.. ah, non ti preoccupare del ritardo, anche il mio computer ogni tanto fa lo scemo. Oggi è pari, Nicholas! Saluta Maggie con la manina! Grazie mille della recensione!




Capitolo 13: Live to Party.



Nicholas uscì dalla camera di Anna con una tristezza addosso che sicuramente non si adattava all'allegro umore collettivo del resto della famiglia.

Era talmente frustrato che avrebbe sbattuto violentemente la porta, se all'interno di essa non ci fosse stata la ragazza ammalata, che necessitava di pace e riposo.

Prima di scendere le scale si diede una regolata, giusto per non attaccare la sua tristezza agli altri.


Ormai era pomeriggio inoltrato e Denise era in fibrillazione: correva da una parte all'altra della casa indaffaratissima negli ultimi particolari.

Da brava mamma quale era, aveva regolarmente fatto una capatina nella stanza dell'ospite per accertarsi delle sue condizioni, trattenendosi qualche minuto in sua compagnia per tenerle su il morale.

Erano da poco passate le cinque, quando Nicholas le chiese per la trecentesima volta come stesse Anna.

Denise era appena uscita dalla sua camera con un'espressione cadaverica e guardò il figlio minore con occhi tristi, sospirando rumorosamente.

Nicholas si preoccupò e andò incontro alla madre per sentire cosa fosse successo.

Lei abbassò lo sguardo e unì le mani sul grembo, andando a sedersi sul divano.

Il ricciolino la imitò e attese nervosamente di sapere cosa preoccupasse tanto sua madre.

- Ha la febbre alta. - sussurrò lapidaria la donna, posando una mano sulla spalla del figlio in segno di conforto.

Quell'affermazione fece crollare la precaria idea che Anna potesse in qualche modo partecipare al suo compleanno.

Nicholas sorrise amaramente, assimilando piano la notizia, poi disse

- Non che mi aspettassi che potesse venire, ma sono comunque preoccupato. - alzandosi lentamente, appoggiando le mani sulle ginocchia per fare leva – Credo che andrò a farle una visita prima di andare a prepararmi. -

Denise alzò lo sguardo su di lui e ribatté

- Meglio di no, è stanca e probabilmente starà dormendo, senza contare il rischio di ammalarti a tua volta, a rimanerle troppo vicino. -

Nicholas si fermò e rifletté un attimo, prima di dare ragione alla madre.

- Ok, allora vado a vestirmi. - disse, prima di imboccare la rampa di scale.

Una volta in cima si disse che una capatina in camera di Anna non avrebbe fatto male a nessuno, tanto meno alla diretta interessata.

Aprì la porta lentamente, evitando di fare rumore nel caso dormisse come aveva detto la madre e si avvicinò in punta di piedi al letto, dove la ragazza riposava ad occhi chiusi.

Arrivato al suo capezzale, la guardò attentamente come la prima volta che si erano visti, soffermandosi sul viso che emergeva dalle coperte.

Rimase in quella posizione per qualche minuto, poi le appoggiò una mano sulla fronte per controllare la temperatura e notò che era calda, molto calda.

Si chiese se non dovesse rimandare i festeggiamenti a quando lei non si fosse sentita meglio in modo da poter prenderne parte.

Si immaginò la scena e arrivò alla conclusione che Anna lo avrebbe probabilmente strozzato se avesse posticipato la data del compleanno, cosa impossibile, tra l'altro e poi non avrebbe preso parte ai festeggiamenti per protesta.

Le rimboccò le coperte in modo che non sentisse più il freddo che regolarmente la scuoteva da cima a fondo.

Sorrise appena e uscì dalla stanza, chiudendosi dolcemente la porta alle spalle.

Fece per andare in camera sua, ma un Frankie Men in Black e un Joe Sherlock Holmes glielo impedirono: lo placcarono, gli tapparono la bocca con due mani unticce e sudate e lo trascinarono nella camera del mezzano.

Quando fu libero, non ebbe comunque il tempo di chiedere cosa diavolo avessero in mente di fare, che lo fecero sedere di peso su una sedia, puntandogli negli occhi una torcia a mo' di interrogatorio.

- Perché eri in camera di Anna e quando ci sei entrato? - domandò Joe con fare circospetto, avvicinando una lente di ingrandimento al volto del neo diciassettenne.

Nick cercò di rispondere, ma Frankie si sfilò gli occhiali da sole neri e gli puntò contro un dito, ponendo a sua volta una domanda

- Perché non ti stai preparando per la festa? Il festeggiato non può arrivare in ritardo e tu lo sei sulla tabella di marcia. - lo riprese il minore, indicando con fare rimproveratorio l'orologio da polso che i nonni gli avevano regalato il Natale scorso e del quale lui andava esageratamente orgoglioso.

- Lo starei facendo ora, se voi non mi aveste sequestrato e portato qui contro la mia volontà quasi di peso. - sbottò lui, alzandosi dalla sedia e avviandosi alla porta con l'intenzione di uscirne.

Poco prima di scomparire dalla vista dei fratelli, vide Joe portarsi due dita agli occhi e puntarli poi verso di lui, mentre diceva “io ti tengo d'occhio”.

Alzando gli occhi al cielo, richiuse la porta non molto delicatamente, mordendosi poi la lingua per aver fatto rumore quando Anna era a pochi metri da lui che dormiva con la febbre alta.


Alex aspettava impaziente l'arrivo di Joe e Kevin Jonas, misurando a grandi passi l'intera stanza.

Gli occhi correvano irrequieti dalla porta d'ingresso alla finestra che dava sul vialetto della casa.

Ad ogni singolo rumore, per quanto sottile, si rizzava sulle lunghe gambe, rischiando di cadere per terra a causa delle scarpe altissime che Anna l'aveva costretta a indossare.

Tanto lei non viene, oggi, perché mi devo mettere 'sti trampoli se 'manco mi vede?” pensò la diciassettenne, dandosi mentalmente della scema. Sapeva che in un modo o nell'altro Anna sarebbe venuta a sapere che lei non si era massacrata i piedi con quei cosi, quindi tanto valeva metterseli.

E poi andava alla festa di Nick Jonas!

Decise che avrebbe fatto questo sforzo, per una volta.

Quando il campanello trillò, fece un salto e tese tutti i muscoli, imprecando poi per il dolore ai piedi.

- Maledizione. - ringhiò a denti stretti, correndo quanto le fosse possibile verso la porta.

Agguantò il regalo, graziosamente impacchettato, che aveva comprato il giorno prima con Anna, un libro che Nicholas aveva cercato per tanto tempo e che non aveva mai trovato.

Prima di aprire prese un grande respiro e si preparò psicologicamente alla serata.

Non riuscì a trattenere un'espressione di sorpresa alla vista degli altri due Jonas, ma cercò di farlo notare il meno possibile.

Pochi minuti dopo erano in macchina che ridevano ad una battuta di Joe.

(http://www.polyvore.com/alex/set?id=15268478)


***


- Weeeee, macho! Come te la passi ora che hai diciassette anni?! -

Nicholas si girò verso la voce con un sorriso, riconoscendo il suo amico Dylan Sprouse, che gli andava incontro con le braccia aperte.

- Come vuoi che me la passi? - rispose lui retoricamente, aspettando che lo raggiungesse.

Dylan rimase un po' interdetto dall'enigmatica risposta dell'amico e si fermò a squadrarlo come se fosse un alieno.

Nicholas ricacciò indietro le lacrime, ma non riuscì nell'impresa, poiché scoppiò a ridere, seguito a ruota dal biondino, che aveva capito si trattasse di uno scherzo.

- Non farmi mai più una cosa del genere, hai capito Jonas? - rise Dylan, paccandogli la schiena e riprendendosi un attimo.

Avevano stabilito che darsi delle pacche sulla schiena era il loro modo di dirsi che si volevano bene.

- Dyl, se manifesti ancora un po' il tuo affetto, mi sa tanto che Nick finisce male. - lo riprese una voce divertita alle loro spalle.

Nicholas si girò e salutò con un cenno della mano il fratello gemello di Dylan, Cole.

- Cole! Ciao, aspetta che quando mi libero da questa sanguisuga di tuo fratello vengo a salutarti come si deve. - disse, mettendo una mano sulla faccia di uno dei gemelli e allontanandolo da sé.

- Puah, fedifrago, preferisci lui a me. - mugugnò Dylan, fingendosi offeso e incrociando le braccia – Allora io vado a discorrere con qualcuno del mio livello. - annunciò allontanandosi – Auguri Mr. President!! Joeeeeeeeeee! - urlò in direzione del mezzano, correndo verso di lui.

Nick e Cole si scambiarono uno sguardo sconsolato e si misero a chiacchierare.


La serata passava piacevolmente e presto fu il momento di aprire i regali.

Ad ogni pacco che scartava, Nicholas si stupiva sempre di più.

Aprì i regali dei gemelli, di Demi Lovato, Selena Gomez, Miley Cyrus e infine della sua famiglia e di Alex, che si era già creata uno stuolo di ammiratori, che non considerava minimamente.

Nicholas era veramente felice, anche se, se ci fosse stata Anna, sarebbe stato tutto perfetto.

Non fece in tempo a rattristarsi, che Joe saltò sul palco, allestito per l'occasione, e preso un microfono cominciò a parlare.

- Nick, Kevin, io e tutti i ragazzi della band abbiamo pensato a questo piccolo regalo, spero che ti farà piacere! - disse Joe, dando il via alla musica e al divertimento.

Cantarono un repertorio di canzoni non loro, che spaziavano per tutti i brani che più piacevano al festeggiato.

Nicholas era in fibrillazione e si scatenò a ritmo di musica, ballando con i gemelli, Miley e anche Alex, che aveva mandato al diavolo il suo freddo contegno, allungando di parecchio la sua già di per sé lunga lista di spasimanti.

Dopo un'ora buona, la band si fermò e riprese, dopo qualche secondo, a suonare “Live to Party”.

Dato che Nicholas non cantava, la sua parte la faceva Joe.


I was sittin' at home watchin TV all alone
I’m so tired of reruns, I’ve memorized this show
So I pick up the phone, call everyone I know
Said there’s gonna be a party, hit the music here we go
Yeah


Nicholas non aveva mai visto Joe così euforico e pieno di energia, ma se ne compiacque.


You gotta live to party, bust your move
Everybody’s in the groove
Tell the DJ to play my song
Are you ready to rock and roll


L'unica cosa che si chiedeva era come avrebbe fatto a fare due voci insieme, la sua e quella del fratello.


We were out on the floor, yeah we danced the night away
Then she looked at her watch and said that it was late
Then she pulled me aside and said she couldn’t stay
(I really got to go)
But I begged her for one more song, let the music play
Yeah


La risposta alla sua domanda non tardò ad arrivare.


You gotta live to party, bust your move
Everybody’s in the groove
Tell the DJ to play my song
Are you ready to rock and roll


Una voce che non aveva mai sentito si propagò nell'ambiente, ma non c'era nessuno che cantava.

Inizialmente si chiese se non se lo fosse immaginato, ma vide che lentamente si stava alzando una pedana dal centro del palco, sulla quale probabilmente c'era la persona che stava cantando.


I drove her home and then she whispered in my ear
The party doesn’t have to end we can dance here


Quella voce non era particolarmente bella, ma era molto simile alla sua, un po' gracchiante e quasi sforzata.

La voce smise di cantare e arrivò il bridge che cantava solo Joe.


You gotta live to party, bust your move
Everybody’s in the groove
Tell the DJ to play our song
Are you ready to rock and roll


Al momento del ritornello la voce misteriosa riprese e le telecamere si puntarono sulla figura che emergeva dal palco.


You gotta live to party, bust your move
Everybody’s in the groove
Tell the DJ to play our song
Are you ready to rock and roll


Nicholas ebbe un sussulto e si strozzò con la propria saliva.

Cominciò a tossire violentemente, mentre il suo busto era squassato dai singulti.

Alzò nuovamente lo sguardo sulla persona che stava a pochi metri da lui e strizzò gli occhi più volte, come per accertarsi che non fosse tutto un sogno.

Ormai la canzone era finita e lui ancora stentava a credere che davanti a lui, in jeans used, canottiera viola e camicia larga del medesimo colore, con i capelli lisci, stesse Anna, fieramente eretta sulle gambe non particolarmente lunghe.

(http://www.locandadellefate.com/i_nostri_disegni.html la seconda immagine. Cliccare per ingrandire)

Anna... ?!” pensò sconcertato, andandole dubbiosamente incontro.

Lei lo guardò assai eloquentemente, sorrise sinceramente e disse

- Auguri, Nick. -

Il ricciolino non disse niente, troppo impegnato a capire cosa stesse succedendo, per pensare di riuscire a mettere insieme più di due parole e farne uscire una frase di senso compiuto.

Dopo qualche secondo di smarrimento, si riebbe, ma un dubbio assillante gli si insinuò nella mente. Cercò di trovare una spiegazione razionale, ma in quel momento i suoi due neuroni erano altrove, in un posto non meglio precisato, ma comunque molto distante dalla comune idea di vicino.

- Ma tu non eri a casa ammalata? - chiese incerto, non sapeva se fosse stato meglio saperlo oppure no.

Anna si osservò con interesse la punta delle scarpe e poi articolò una frase della quale Nick comprese forse la metà.

- Te lo dico in italiano e poi nella tua lingua, così capisci due cose: una, il senso della mia affermazione, due, quello che penso in questo momento. - fece un attimo di silenzio durante il quale squadrò il suo coetaneo con nuovo interesse – Che domanda idiota. What for an idiot question. Risponditi da solo. -

Nicholas rimase esterrefatto.

Quel giorno era stato decisamente carico emozioni, anche troppe per i suoi gusti.

Cercò di richiamare a raccolta quello che restava dei neuroni e li mise in moto, ma prima che riuscissero a connettersi fra di loro, Anna si avvicinò pericolosamente al suo viso, tanto che ne poteva scorgere le più piccole imperfezioni, e soffiò

- Non andrò all'Inferno per questa piccola bugia, non dopo essermi vista Joe e Kevin spuntare come due funghi malefici da sotto il divano per chiedermi se per caso volessi dire loro qualcosa riguardo al canto che già non conoscessero, non dopo aver escogitato questa trovata della malattia circa dieci giorni fa con i tuoi qui presenti fratelli e una mente bacata che abita le steppe del cranio semi-desertico della mia amica Annalisa, che ha spiattellato il fatto che io canti a Joe solo perché le ha fatto gli occhi-da-gatto-con-gli-stivali di Shrek, non dopo essere rimasta a letto inerte anche se stavo benissimo, non dopo che tu sei entrato a tradimento nella mia stanza due ore e mezza prima dell'inizio della festa per accertarti delle mie condizioni e io intanto schiattavo di caldo sotto quella marea di coperte, non dopo che mi hai posato una mano sulla fronte e ti sei accorto che era calda anche se probabilmente era più fresca della tua (e qui io mi chiedo come mai tu abbia sentito caldo), e non dopo essermi organizzata per fare un'entrata con stile. - illustrò, parlando a bassa voce, in modo che sentisse solo il diretto interessato.

Quando ebbe finito, Nicholas non poté fare altro che esprimere tutto il proprio sconcerto e sorpresa, che il suo arrivo improvviso avevano causato.

Anna si allontanò verso il palco e, una volta nel mezzo dello stesso, fece un segno alla band, che attaccò a suonare alcune vecchie canzoni dei Jonas dell'album “It's about Time”.

Una volta conclusa “I Am What I Am”, che era l'ultima canzone della scaletta, Joe e Kevin scesero dal palco ad abbracciare il fratello, ma notarono che la ragazza era rimasta inchiodata al suo posto.

Prima che chiedessero spiegazioni, le note di una canzone assai familiare colpirono i tre fratelli di petto.

Anna iniziò a cantare e a muoversi sul palco con una scioltezza impressionante, mentre le parole di “Mandy” uscivano veloci e precise dalle sue labbra rosee.

I Jonas non avevano idea di quello che la diciassettenne aveva in mente, quindi si limitarono a fissarla sorpresi.


Mandy used to be that girl
The one that never said a word
But she only sang
S Club 7 in all those boy bands

Now it's been a few years
It looks like things have changed
Now she's mine and I want to say


Ed ecco che la piattaforma, dalla quale era entrata Anna, si stava rialzando, rivelando un'altra figura, fasciata in un abito blu.

Mandy.

(http://www.polyvore.com/mandy/set?id=15403212)

Inutile dire che tutti e tre sembravano delle statue scolpite nell'alabastro.

Lei, la loro amica d'infanzia, nonché ragazza di Joe per qualche tempo, ora cantava la canzone a lei dedicata sul palco allestito per la festa dei diciassette anni del suo migliore amico, con una ragazza italiana che non aveva tutte le rotelle ingranate alla stessa maniera.

Wow” fu l'unica cosa che venne in mente ai tre Jonas in quel momento.


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Capitolo 14
*** Potatoes and Carrots ***


capitolo 14Io: *sbircia al di là dell'angolo dierto il quale si ripara*
Un fascio di luce la centra in pieno.
Io: ora sono nei guai..
?: ma va'? Davvero? Non lo avrei mai detto.
Io: Joseph, spegni questa luce, che mi sta accecando.
Joe: ma anche no.
Io: Eddai, che divento orba.
??: tu sei già orba.
Io: ma che simpatico, Nicholas.
Nick: grazie cara, ma questo non è il momento di fare battute.
Joe: Ma Nick, tu sei sempre così serio, ogni tanto ti farebbe bene ridere, sai?
Nick: taci Joe, ora ho da fare.
Io: che devi fare?
Nick: *si gira e la incenerisce con lo sguardo*
Io – mucchietto di cenere con due occhi - : mggghhff..
Annalisa: Anna? Anna? Anna? Hey, Joe, hai per caso visto Anna?
Joe: *indica il mucchietto di cenere con due occhi*
Annalisa: Oh.. *stappa la bottiglia di acqua che ha in mano e la versa sull'autrice, che riprende consistenza*
Io: grazie, Nls.
Nick: 'sta volta te la cavi, ma guai se aggiorni così in ritardo ancora una volta. *se ne va*
Joe: ha ragione lui.
Annalisa: ha ragione lui.
Io: ha ragione lui.


Tutto ciò per farvi capire che mi dispiace immensamente per il ritardo.

Ringrazio:

mitber: aspetta qualche capitolo e rivaluterai la tua idea di bello, oh se lo farai!

Maggie_Lullaby: grazie mille! Mi fa piacere che ti piacciano anche i vestiti, sembra, ma mettersi lì e scegliere quello giusto è più noioso di quanto non si creda. Ah, fra due minuti è ufficialmente il 14 febbraio e io ti faccio i miei auguri!!!

jonas_princess: sai com'è, i commenti sulla tua zucca vuota sono benevoli, che non sia mai che io ti abbia offesa! Ora Mandy scompare, ma la riesumo fra un bel po'.. ci vediamo la settimana prossima!

LadyBird27: oh, credo che ora lascerò un po' in pace Nicholas e mi concentrerò su.. devi leggere! Grazie della recensione e degli apprezzamenti sui vestiti!



Capitolo 14: Potatoes and Carrots




Vedendo che il festeggiato più i fratelli non proferivano parola, Anna decise di spiegare la presenza della loro vecchia amica.
Mandy, intanto, era scesa dal palco ed era andata a salutare i ragazzi, che non vedeva da moltissimo tempo.
La diciassettenne sorrise e si avvicinò ai quattro, ma non ebbe il tempo di dire nulla, che l'altra ragazza l'abbracciò fino quasi a stritolarla, ripetendole continuamente che era felicissima di poter rivedere i Jonas.
Anna restituì l'abbraccio, anche se con un entusiasmo meno spacca ossa, e posò distrattamente lo sguardo su Nicholas, che in quel momento sembrava felice e sereno.
- Vi giuro che quando ho accettato la chiamata da un numero sconosciuto mi sono chiesta in che cosa mi sarei andata ad imbarcare, quando ho sentito che la persona che mi aveva telefonato parlava come un professore universitario, poi, credevo che avessero sbagliato numero. Ma si è presentata e mi ha chiesto se volevo partecipare al tuo compleanno – disse Mandy, gesticolando con le mani davanti al viso in direzione di Nicholas – e lì mi si sono ingranditi gli occhi per la sorpresa. - concluse, abbassando la testa e scuotendola qualche volta.
- Bene, mi pare che sia tutto, quindi se non vi dispiace – e anche se fosse non me ne importerebbe una beata ciorciola – io ho fame, in quanto sono dovuta rimanere delle ore sotto le coperte a mangiare solo brodini annacquati perché tu non ti insospettissi, quindi signori, io vado ad alleggerire qualche vassoio! - annunciò Anna, che sentiva lo stomaco reclamare cibo.
- Mi sento in diritto di dire che in quanto a profondità di stomaco ti fa concorrenza, Joe. - mormorò Kevin, che sorrideva al pensiero di Anna e del fratello che lottavano per l'ultimo biscotto, la mattina.
Il mezzano non lo sentì neanche, troppo concentrato a mangiarsi con gli occhi una grande fetta di torta al cioccolato a pochi centimetri dalla sua portata.
- Ecco, appunto. -

Anna era seduta su un muretto, che si gustava ogni singolo boccone del rinfresco.
Afferrò il bicchiere con la limonata e ne trasse una lunga sorsata ristoratrice, chiudendo gli occhi ed esalando un sospiro soddisfatto.
Quando li riaprì, si trovò la visuale, per quanto già scarsuccia di suo, completamente invasa dalla figura di una ragazza fasciata in una gonna color panna e un top bianco.

(http://shoes.stylosophy.it/wp-galleryo/miley-cyrus-sceglie-sergio-rossi/miley-cyrus-con-sergio-rossi.jpg)

Miley Cyrus.
Personalmente non aveva nulla contro quella ragazza, solo che le faceva uno strano effetto trovarsela davanti dal vivo.
Ad Annalisa piaceva molto, mentre quasi tutte le altre sue coetanee la detestavano, benché non la conoscessero, probabilmente a causa della sua storia con Nicholas.
Miley le sorrise e le tese la mano in segno di saluto.
- Piacere, io sono Miley. -
- Anna, piacere mio. - rispose cauta la bionda, porgendole la sua e stringendola.
La mora non perse tempo e cominciò a farle i complimenti per la sua performance di poco prima, ripetendoli e rinnovandoli di continuo.
- Davvero, il tuo modo di cantare mi ha colpita. Non tanto per il timbro della voce, quanto più per l'estensione vocale e la straordinaria passione che ci hai messo. Bene o male ho sempre sentito le persone cantare con sentimento, ma tu lo hai fatto con un'energia indescrivibile. Solo una volta, a parte i Jonas, ho sentito qualcuno cantare così: Bianca Ryan. -
Anna era sorpresa, solo che si premurò di nasconderlo, da tutti quei complimenti. Sapeva che la sua voce non era nulla di eccezionale, però essere paragonata a Bianca Ryan da Miley Cyrus non era niente male per il suo ego.
Sorrise e decise di dare un minimo di confidenza alla mora che le stava di fronte, giustificandosi dicendo che poteva sprecare qualche minuto della sua preziosa vita.
- Anche io ascolto Bianca e anche a me piace. La canzone migliore dell'album è “Superstar”, specie per l'urlo che tira nel bridge. E che aveva solo tredici anni. - fece una pausa per riprendere fiato - Sai, sei la prima persona che riesce ad esprimere a parole quello che ha provato dopo avermi sentita cantare. Sì, perché Joseph e Kevin ci hanno provato, ma con scarsi risultati. - sorrise, mentre le immagini di Joe e Kevin che tentavano di esprimersi affioravano alla sua memoria.
Miley rise di gusto e continuarono la loro chiacchierata.

Nicholas aveva da poco metabolizzato la presenza di Anna, quindi qualsiasi azione avesse richiesto un certo sforzo mentale era troppo complicata da fare in quel momento.
Ma si dové svegliare in fretta, perché Selena Gomez stava avanzando verso di lui con una fastidiosa espressione di superiorità stampata sul volto.
Nick si diede una sistemata alla cravatta e prima che potesse dire qualcosa, la mora soffiò
- Tanto sei bello anche con la cravatta storta, ma se permetti.. -, avvicinandosi  al suo collo e aggiustandogli l'accessorio.
Lui si irrigidì di colpo e la scansò da sé con un secco movimento della mano, riducendo gli occhi a due fessure.
Selena lo fissò languidamente, sbattendo un paio di volte le ciglia esageratamente truccate.
- Ma come, non mi permetti neanche più di aggiustarti la cravatta? Una volta me lo lasciavi fare.. - miagolò con il tono da vittima che meglio le riusciva.
Nicholas la guardò freddamente e altrettanto le parlò.
- Oggi non è una volta e se ben ti ricordi è passato più di un anno e mezzo da allora. - le ricordò lui, muovendo le labbra lo stretto necessario affinché le parole non suonassero strascicate e aggiustandosi la cravatta da solo.
Lei fece un cenno della mano abbastanza scocciato e trattenne a stento uno sbuffo.
Nick fece per andarsene, ma la pungente e stridula voce della Gomez lo raggiunse, perforandogli i timpani con la cattiveria infusa nelle parole.
- Il tuo buon gusto in fatto di ragazze – chiara allusione a se stessa - è completamente scomparso da circa un anno e mezzo – chiara allusione ad Anna - .
Il festeggiato si voltò verso di lei con un'espressione furibonda stampata sul viso e aprì la bocca con l'intenzione di farle rimangiare quella cattiveria, ma un'altra voce, ancora più acida e falsa, si fece sentire, accompagnata da una forte accentuazione di alcune parole.
- Ma Sel cara, ti pare questo il modo di parlare con Nicky? Dai che oggi è il suo compleanno. - Nicholas rabbrividì e, dopo aver puntualmente strabuzzato gli occhi, si girò lentamente verso le due figure alle sue spalle.
Quello doveva essere uno dei giorni peggiori della sua intera esistenza.
Cosa aveva fatto di male, perché Dio gli mandasse non una, bensì sue scocciature?
“Cosa c'è di peggio di Selena – ex – e Demi Lovato – oca giuliva dalle immense e sporgenti  gengive – insieme?” pensò il povero malcapitato, alzando gli occhi al cielo.
- Ciao Demi. - biascicò, cercando di dare alle sue parole un tono che somigliasse vagamente al neutrale, riuscendo anche abbastanza bene nell'impresa. Non per niente era andato a Broadway.
- Nicky caro, ancora auguri! - trillò lei, battendo qualche volta le mani.
Nicholas era palesemente stufo e ne aveva due scatole così di stare in loro compagnia, ma era un cavaliere e si sarebbe addirittura congedato con classe, se quelle due non avessero cominciato a parlare ininterrottamente di qualcosa di non meglio precisato.
- Ragazze.. - mormorò, tentando di ritagliarsi due secondi per parlare, ma le loro vocine stridule perseveravano nella loro seccante quanto logorroica attività.
Stava già pensando di mettere loro una mano sulla bocca, quando una voce abbastanza nota si fece sentire, zittendole all'istante.
- Cosa del concetto di “sparite che non vi voglio tra i piedi” non vi è chiaro che ve lo spiego? Oh, preferite forse un disegnino, che è più semplice da decriptare? -
Nicholas si girò verso quella direzione, incrociando gli occhi verdissimi di Alex, truccati per l'occasione.
Le due amiche rimasero paralizzate dall'asprezza di quelle parole, tanto che la diciassettenne le liquidò con poche aspre battute.
Quando furono sufficientemente lontane, Nick si lasciò andare alla risata che cercava di trattenere da dieci secondi.
- Oddio Alex, grazie! Non so fino a che punto sarebbero andate avanti se non fossi intervenuta tu! Ti devo un favore. - disse, asciugandosi una lacrima dovuta alle risa con la manica della giacca.
La mora lo guardò sorridendo e gli assestò due pacche sulla schiena per farlo calmare.
Notando che la cravatta aveva vissuto giorni migliori, decise di darle una regolata una volta per tutte.
Nick non fece in tempo a chiedersi cosa stesse succedendo, che Alex aveva finito.
- Beh, visto che Anna è impegnata a chiacchierare con Miley Cyrus, sono accorsa in tuo aiuto. Mi sa che dovresti prendere lezioni dalla tua simpatica coinquilina. - aggiunse soprappensiero, alzando gli occhi al cielo e picchiettandosi l'angolo della bocca con l'indice.
Nicholas la guardò stranito.
Lezioni di cosa? Da Anna?
- Scusami, ma perché dovrei prendere lezioni di cosa da lei? - domandò, indicando con il pollice la cinerea, che parlava con Miley fra un boccone e un sorso.
Alex lo guardò cadendo dalle nuvole, rendendosi conto di aver pensato ad alta voce.
Lui rimase in silenzio, aspettando che continuasse.
- Ah, ho capito. Sì, dicevo che dovresti essere istruito, o per lo meno iniziato, alla nobile arte del sadismo e all'estraniamento dai sensi di colpa, e quale insegnante migliore della nostra cara Anna? - asserì, muovendo teatralmente una mano.
Nicholas era troppo sconvolto per dire qualcosa, quindi si limitò a guardarla come se gli avesse appena detto che Joe era diventato calvo.
- Ma no, non funzionerebbe. Tu sei un Jonas, un essere umano in grado di provare dei sensi di colpa perché consuma l'aria sana che potrebbero respirare quei poveri bambini giapponesi, costretti a vivere con una mascherina anti-gas. Tsk, tu e i tuoi fratelli siete troppo santi per perdere l'uso dei sensi di colpa. Oh, beh, ci penseremo Anna ed io a tirarvi fuori da vari ed eventuali guai nei quali puntualmente vi ficcherete. - concluse, scrollando le spalle in segno di rassegnazione.
Il neo diciassettenne era ancora sconvolto da quella palese presa di posizione nei suoi confronti, quindi squadrò Alex per qualche secondo, prima di mettersi a ridere e invitarla a ballare.

***

Era passato ormai un mese dal compleanno di Nicholas e i ritmi della nuova vita avevano preso il  posto di quelli vecchi.
Era pomeriggio inoltrato, quando Denise si rese conto di essersi dimenticata alcune cose fondamentali per la cena.
Essendo appena tornata a casa e non avendo nessuna voglia di rivestirsi e uscire di nuovo, chiese alla famiglia al completo chi avesse voglia di andare al supermercato con la lista della spesa, prima che il negozio chiudesse.
Vedendo la scarsa voglia dei due Jonas minori, Anna si offrì volontaria.
Subito Kevin decise che l'avrebbe accompagnata, tirando fuori la scusa che il market fosse abbastanza lontano e che sarebbe convenuto andare in macchina.
Lei accettò di buon grado e nel giro di pochi minuti erano in macchina, diretti verso il primo supermercato che avessero trovato aperto.
- Dici che ora che Joseph non c'è, possiamo ascoltare un po' di musica che possibilmente non sia la vostra? - chiese Anna, mantenendo lo sguardo fisso sulla strada davanti a sé.
Si rese conto che quelle parole avrebbero potuto offendere Kevin, quindi si affrettò a spiegare.
- Non fraintendermi, la vostra musica mi piace, ma, cerca di capirmi, è più di un mese che non ascolto altro, ogni volta che tuo fratello mette piede in un area compresa tra zero e dieci metri che ingloba lo stereo e sarei anche un po' stufa.. - si giustificò, alzando un sopracciglio e le spalle.
Kevin sorrise.
Non aspettava altro che Anna gli dicesse quelle cose. Voleva che con lui si trovasse bene e poteva immaginare che sorbirsi ore intere la loro musica – che, tra l'altro, erano solo i pezzi cantati da Joe, da lui personalmente selezionati e ripetuti all'infinito – non fosse proprio entusiasmante.
Quindi accese la radio e selezionò una stazione a caso.
La canzone era già a metà, ma entrambi la conoscevano e decisero di farla proseguire.
Non era un cantato, bensì la colonna sonora del film “Lezioni di piano”, scritta da Michael Nyman; un pezzo relativamente difficile, ma bellissimo.

(http://www.youtube.com/watch?v=0dPS-EHl-FE)

Per tutta la durata del pezzo rimasero in silenzio a godersi quelle note, accostate così sublimemente da sembrare opera di Dio stesso.

Arrivarono al supermercato dopo circa una ventina di minuti, durante i quali ascoltarono musica a caso, purché non fossero i Jonas.

- Kevin, mi serve che vai a prendere le patate. - disse Anna, leggendo la lista della spesa che aveva in mano, mordicchiando la matita con la quale aveva cancellato gli articoli già presi.
- Ok, quante? - chiese, prendendo un sacchetto di plastica e un guanto per la frutta e la verdura.
- Mmm, qui c'è scritto due chili. - rispose lei, leggendo la minuta grafia di Denise. - Ah, e anche le carote, e le fra.. Niente, scherzavo. - s'interruppe, accartocciando il pezzo di carta e infilandoselo in tasca.
- Che? -
- Niente, non ti preoccupare, vado io; tu occupati delle patate e delle carote, che io vado a prendere quello che rimane da comprare. - disse Anna, allontanandosi con il carrello nella direzione opposta al reparto verdura.
Kevin scrollò le spalle e andò alla ricerca dei famosi tuberi e compagnia bella.

Anna stava cercando di nascondere le fragole che aveva appena messo nel carrello sotto il pane da toast, ottenendo solo che i frutti fossero visibilissimi.
“No, così non va.” per lo meno era un commento obbiettivo. Idiota, ma obbiettivo.
“Ma come siamo intelligenti, oggi.”
Decisamente la presenza di Joseph le faceva male.
< I signori clienti sono pregati di dirigersi alle casse, i signori clienti sono pregati di dirigersi verso le casse, prego. >
Anna alzò lo sguardo e si affrettò verso le casse, pregando che Kevin non ci impiegasse un secolo ad arrivare; aveva lui la carta di credito.
Stava attraversando il reparto surgelati, osservando stupefatta i milioni di cose non meglio definite da mangiare che gli americani usavano mettere nel congelatore, fino a quando il suo carrello non cozzò contro quello di qualche altra persona, facendo finire la diciassettenne nel suo per metà a testa in giù.
- Ahia. -
Il colpo allo stomaco fu inaspettato, ma non eccessivamente forte, solo che rimase ferma in quella scomoda posizione per qualche secondo.
Kevin, che intanto era tornato vittorioso dalla sua missione, aveva assistito alla scena e stava correndo in direzione dei due carrelli.
Vide che Anna era in condizioni critiche – gambe praticamente all'aria e faccia premuta contro le sbarre del carrello – e l'altra persona si stava lentamente rialzando, tenendosi la testa con una mano.
Senza indugiare un secondo di più, scaricò le patate nel carrello e si precipitò a soccorrere la seconda vittima dell'“incidente”, aiutandola ad alzarsi e sorridendole gentilmente.
Anna rimase sbalordita.
“Cioè, fammi capire bene: io sono qua a testa in giù che sto per vomitare quello che non ho mangiato e lui si preoccupa di andare a chiedere come sta a quella lì che è addirittura in grado di stare in piedi da sola? MA STIAMO SCHERZANDO?”
Dimenò le gambe, giusto quel tanto da capire che non era una saggia idea.
Sbuffò indispettita dal comportamento del ragazzo e cominciò a chiamarlo.
- Kevin.. Kevin.. Kevin?.. Kevin!? - e lui non rispondeva.
Anna emise un mormorio sommesso che si avvicinava ad un ruggito a labbra chiuse, quando si sentì bellamente ignorata. Non che le desse fastidio il gesto in sé, solo che la posizione che era costretta a mantenere non era delle migliori.
- KEVIN, che non ti chiamo con il tuo nome completo per evitare un fiume umano in grado di estirpare la mia parte razionale, mi useresti la grazia di venire a darmi una mano, cortesemente!? Ma non ti preoccupare, fa' con comodo, tanto io ho tempo. - sbraitò la bionda, dal basso della sua posizione, talmente acida, da fare invidia alle granite al limone che stavano a poche decine di centimetri dalla sua faccia.
Kevin parve svegliarsi dallo stato di trance nel quale era caduto e si affrettò ad aiutare Anna a disincagliarsi dal carrello.

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Capitolo 15
*** Keira ***


capitolo 15

Addirittura in anticipo!!!

Della serie: cos'è 'sta roba strana?

Beh ero a Carezza e mi sono detta: perché non cominciare a scrivere il quindicesimo capitolo?

E così ho fatto.

Ovviamente c'è il rovescio della medaglia, cioè il capitolo è corto, anche se essenzialmente utile.

Dedicato a Kevin!

Ringrazio:

Jonas_princess: E poi ti chiedi come mai stimo Alex? Ovviamente perché zittisce quelle due.. cose.. ecco, come promesso ci ho impiegato poco (ma quando te l'ho promesso?) cara, tu magari ti annoi perché ancora non ci sei, ma farò in modo di accelerare i tempi.. un bacio!

Maggie_Lullaby: io ti perdono,ma non so di cosa.. comunque, Miley ce l'ho messa dentro, perché.. boh, così.. o forse no? Fatto sta che ce l'avete tutte con lei, ma che vi ha fatto? Mi lascia indifferente, ma certa gente proprio la odia.. bah.. ah, prima che mi dimentichi, ti ho aggiunta su msn, io sono annamanzo.94blablabla nel caso ti chiedessi da dove spunta questa qui. Spero che ti piaccia questo capitolo! Baci




Capitolo 15: Keira.


Kevin cinse il busto di Anna con le braccia e lentamente la tirò fuori dal carrello nel quale era rimasta incastrata.

Non osò alzare lo sguardo sul suo volto, poiché immaginava di trovarvi stampato un ghigno che non preannunciava nulla di buono.

Effettivamente aveva istintivamente prestato soccorso ad una ragazza che non conosceva e che, in fin dei conti, stava bene e non ad Anna, che conviveva con lui ed era in una posizione decisamente più critica.

Quindi si limitò ad aiutarla a mantenere l’equilibrio, una volta in piedi.


Anna sentiva le braccia del ragazzo sorreggerla, perché altrimenti sarebbe finita con il sedere per terra, ne era certa.

Prima di prenderlo ad insulti, decise di vedere perché non fosse accorso subito in suo aiuto, quindi alzò gli occhi sulla ragazza davanti a sé e la squadrò per bene.

Avrà avuto una ventina d’anni al massimo, forse diciannove; non particolarmente alta, capelli neri, crespi non troppo curati e legati in una disordinata coda di cavallo, carnagione rosea, grandi occhi azzurri, rossore sulle gote, probabilmente dovuto all’incidente. In quanto all’abbigliamento, si capiva benissimo che era uscita di casa solo per venire a fare la spesa, quindi tuta da ginnastica.

Vedendo che stava per aprire la bocca, probabilmente per scusarsi dell’accaduto, data la tonalità accesa delle sue guance, Anna alzò una mano e sorrise.

- S-scusate n-non volevo.. solo che andavo di fretta e non vi ho visti… - mormorò, torturandosi le mani e abbassando lo sguardo.

Prima che la diciassettenne, vittima in primis, la discolpasse, Kevin fece un passo verso di lei e le sorrise gentilmente, inclinando la testa di lato e allungando una mano verso la sua spalla, sfiorandola appena.

La ragazza sussultò, ma fu un movimento quasi impercettibile.

- Non ti preoccupare, la spesa è salva. – la rassicurò, cercando di strapparle un sorriso.

Oltre all’effetto desiderato, le parole ne ottennero anche uno collaterale: la ragazza arrossì ancora di più e si strinse nelle spalle.

Anna evitò di saltare addosso al ventiduenne e farlo morire di una lenta e atroce morte per dissanguamento, solo perché aveva capito che Kevin era su un altro pianeta.

- E intanto a me poteva partire un embolo a causa di tutto il sangue che mi stava affluendo alla testa. Ma almeno la spesa è salva. – bonfichiò sarcasticamente la cinerea in italiano, incrociando le braccia al petto e guardando da un’altra parte.

Tanto Kevin non la sentiva.

Ma la ragazza sì e ora la guardava confusa, dato che non aveva capito.

- Come prego? – chiese, spostando gli occhi dal pavimento e puntandoli su Anna.

La diciassettenne la guardò un attimo, prima di fare un cenno con la mano, facendo cadere l’argomento.

- Niente, niente. – mugugnò, tornando all’inglese.

- Ah - rispose quella, che cercava in tutti i modi di trovare qualcosa da fissare, che non fossero i magnetici occhi verdi del ragazzo davanti a lei.

Anna dové accorgersi del suo disagio, perché agguantò il braccio di Kevin e lo strattonò, passandogli davanti e sorridendo appena alla ragazza, porgendole la mano.

- Beh, visto che ci siamo, piacere, io sono Anna, sono italiana e quello che ho detto prima era nella mia lingua madre, quindi è normale che tu non lo abbia capito, mentre lui – indicando Kevin, che si svegliò dal trance dopo aver sentito il suo nome – è Kevin. – concluse, assestando una gomitata nelle costole del ragazzo, affinché le tendesse la mano.

Lui trasalì, ma fece come gli era stato gentilmente intimato.

- Io sono Keira, piacere mio. – disse, arrossendo vistosamente quando strinse la mano del ventiduenne.

Questa serie di arrossamenti da parte della ragazza, e sorrisi ebeti da parte di Kevin non sfuggirono all’occhio attento di Anna, che dopo aver guardato una paio di volte i due, si arrese all’evidenza: erano attratti l’uno dall’altra.

Beh,” pensò “ almeno ho trovato che regalo fare a Kev per il suo compleanno”

Intanto, i due ragazzi si stavano guardando negli occhi, come se in essi ci fosse qualcosa di fondamentale come l’aria.

< Si avvisano i gentili clienti che il supermercato chiuderà fra cinque minuti, prego dirigersi alle casse. >

Io rischio di passarci la mia vita in questo supermercato, quindi è il caso di svegliare Kevin.”

- Ok, è stato bello, ma a meno che non vogliate passare la notte qui, suggerisco di muoverci, che ne dite? – disse Anna, velando le ultime parole di sarcasmo, cominciando a spingere il carrello verso le casse.

Peccato che nessuno dei due parve averla ascoltata.

La diciassettenne sbuffò e picchiettò le unghie sul manico del carrello.

- K alla seconda, non che io voglia interrompere la vostra… qualsiasi cosa stiate facendo, ma sapete com’è, con Joseph a casa che starà sbavando nel piatto perché ha fame, Frankie che sarà steso sul tavolo annoiatissimo, Nicholas che guarderà l’orologio ogni tre per due, Denise che ci da per dispersi e Kevin Sr. preoccupato, avrei anche voglia di tornare a casa. Senza contare che IO ho fame e la nostra, mia, cena è qui nel carrello. – la sua azione di sveglia stava lentamente funzionando, anche se mancava ancora un po’ – Kevin – colpo di genio! – che ne dici se accompagniamo Keira a casa? Con le borse è pesante e noi siamo in macchina.. -

A sentire “Keira, casa, in macchina”, Kevin si svegliò di botto e si illuminò.

La ragazza, imbarazzatissima, cominciò a balbettare qualche scusa.

- V-veramente non è necessario, i-io abito qui vicino.. davvero.. non mi serve un passaggio.. -

Anna la fulminò con lo sguardo, oh se sarebbe venuta con loro.

Dopo quell’occhiata ammonitrice, Keira non fece più storie e seguì i due fino alla cassa.

Una volta pagato – Kevin aveva avuto la splendida idea di offrire la spesa a Keira, ma Anna aveva anticipato la sua mossa e gli aveva pestato il piede con tutta la forza che le riusciva – si diressero tutti e tre verso il grande Suv del ragazzo.

Ci volle più di qualche secondo per aprire il bagagliaio, perché Kevin aveva le mani sudate e non riusciva a tenere in mano le chiavi della macchina.

Anna alzò gli occhi al cielo e pregò che tutto questo finisse presto.

Dopo qualche tentativo, finalmente, il ragazzo aprì vittorioso il portellone, in modo da potervi scaricare dentro le borse.

La ragazza preferì sedersi dietro, a patto che Kevin non si perdesse a guardare Keira, rischiando di schiantarsi.

Il viaggio trascorse in silenzio, dato che i due davanti erano troppo imbarazzati e Anna stava bene così.

Dopo una decina di minuti arrivarono sotto casa della ragazza, che come aveva detto non abitava molto distante dal supermercato, e lì si salutarono con un imbarazzato cenno della mano.

- Beh, eccoci qua.. - disse Kevin, abbassando lo sguardo e facendo i cerchietti per terra con il piede.

- Sì.. grazie del passaggio.. - sussurrò Keira, spostando nervosamente il peso da una gamba all'altra.

Wow, e pensare che il dizionario umano è composto da più di ventimila vocaboli.” pensò sarcasticamente Anna, incrociando le braccia e fissando sconsolata i due davanti a sé.

E penare che Kevin ha ventidue anni e lei più o meno una ventina. Tutt'a un tratto non mi sento così piccola.”

- Beh, mi ha fatto piacere conoscerti Keira, ma ora dobbiamo proprio andare, sono le sette passate e Denise poi si preoccupa. Arrivederci. - disse, stufa di stare ferma a guardare mentre lo stomaco gorgogliava.

Agguantò Kevin per un braccio e lo trascinò con quanta più stizza le riuscisse verso la porta della macchina.

- Ciao.. - disse lui.

- Ciao.. - gli fece eco lei.




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Capitolo 16
*** Volleyball and Swimming ***


capitolo 16

Ci sono ancora!

Ebbene sì, se credevate che fossi scomparsa dalla circolazione vi sbagliavate di grosso!

Il problema è che sto scrivendo una shot su Nicholas e una fic sui Sonohra e fra questo, compiti e interrogazioni non ho auto tempo di aggiornare.

MA, c'è anche una ma, ora che sono a casa ammalata credo che mi riposerò un po' e poi riprenderò a scrivere.

Diciamo che questo capitolo era praticamente pronto ieri, solo che non avevo tempo e quindi lo pubblico oggi.

Suppongo che mi metterò a scrivere domani, se starò meglio.

Intanto un grandissimo grazie a voi che mi recensite, che tenete la storia fra i preferiti e le seguite!


Jonas_princess: Io Kevin lo stimo troppo. Sai credo che ormai i tuoi non si dovrebbero stupire più di tanto delle tue assurde reazioni.. Grazie cara! Anche se mi fa male tutto e ho qualche linea di febbre ho deciso di aggiornare, contenta? Cosa ha detto la Ricci alla 4°ora?

Maggie_lullaby: in questo capitolo Kevin ci cadrà un po' dalle nuvole, ma quando si è innamorati si fa di tutto, no? Anche se qui lo scemo di turno è Nick.. grazie mille!

LadyBird27: beh, ti perdono anche se mi costa un po'.. naaah che scherzo, non ti preoccupare, specie perché io aggiorno quando mi pare.. Kevin.. boh, vedrai che anche a lui ne succederanno delle belle, oh sì! Grazie mille!


P.S. Mi sono dimenticata di dirvi che la Anna della storia è pericolosamente simile a me sia fisicamente che caratterialmente, quindi se mi incrociate per strada, beh.. scappate finché siete in tempo!



Capitolo 16: Volleyball and Swimming



Prima che Kevin si accorgesse di essere davanti a casa passarono almeno tre minuti.

Anna decise che aveva aspettato anche troppo e se non si fosse data una mossa, probabilmente si sarebbero preoccupati tutti, dato che la macchina era ferma in garage ormai da un bel po'.

Quindi aprì la portiera abbastanza bruscamente e prese i sacchetti della spesa, arrivando davanti alla porta di casa e trovandosi davanti Joseph che la guardava stranito.

Prima che potesse dire qualsiasi cosa, lo fissò duramente, alzando i sacchetti da terra e borbottando un - Non fare domande. - abbastanza seccato.

Joe inclinò la testa e rimase con la bocca aperta per lo stupore.

Se non avesse saputo che era scientificamente impossibile, avrebbe giurato di aver visto del fumo salire dalla chioma cinerea della ragazza.

Stava aspettando Kevin, ma pareva che suo fratello non volesse più uscire dalla macchina.

Sbuffò e andò a vedere cosa diavolo stesse combinando di così interessante da mettere le radici nella vettura.

Anna, intanto, era arrivata in cucina tra imprecazioni varie nella propria lingua madre e stava mettendo via la spesa con gesti secchi e sgraziati, assolutamente inusuali per lei, aiutata da Denise, che non sapeva se chiederle il motivo di quell'espressione omicida che aveva stampata sul volto.

Decise poi che se Anna ne avesse voluto parlare, avrebbe fatto da sola la prima mossa.

La diciassettenne dal canto suo, sapeva che Denise si stava trattenendo dal chiederle cosa avesse, ma decise che la sua arrabbiatura non aveva senso e quindi cercò di darsi una calmata.

Strinse più forte i bastoncini di merluzzo congelati che aveva in mano, aspettando che il freddo le intorpidisse le articolazioni e magari le abbassasse la temperatura, elevata a causa dell'avventura al supermercato.

Effettivamente non doveva essere arrabbiata – non aveva senso, specie perché la colpa non era né di Kevin né di Keira - solo che aveva fame, i compiti di biologia erano stati particolarmente complicati e la versione di latino non pareva volersi risolvere.

Già, perché ogni due giorni le arrivava la mail di Annalisa con scritti i compiti e le eventuali spiegazioni di argomenti nuovi delle due materie che in America non studiava, Greco e Latino.

Fosse stato per lei non si sarebbe mai presa la briga di farsi una o più versioni al giorno, ma quello era il penultimo anno di scuola superiore e, dato che non lo passava in Italia e non voleva recuperare l'intero programma durante l'estate, si faceva mandare tutto dall'amica, in modo da essere bene o male prona per affrontare l'ultimo anno e poi la maturità.


Fra un pacchetto di surgelati e un altro, Denise notò per l'ennesima volta l'anello argentato brillare al dito medio destro della ragazza e si chiese quale significato esso potesse avere.

Decise di chiederglielo, cercando di non risultare troppo invasiva nei suoi confronti.

- Anna, ho notato che porti un anello.. - disse, accennando con la testa alla mano destra dell'ospite e lasciando in sospeso la frase. Subito si chiese se avesse fatto la cosa giusta a parlarne.

Dopotutto poteva averglielo regalato chiunque, magari il suo ragazzo, che ora era in Italia lontano dalla ragazza che amava, oppure un suo parente.

Anna si fermò un attimo a guardare l'anello col Triskell prima di riprendere a mettere gli alimentari nel freezer, dando la schiena alla donna, che la guardava mortificata.

Denise credé di aver fatto un passo falso e stava già per scusarsi, quando la ragazza parlò.

- Era di mio padre. Quando è andato in Bretagna, circa sette anni fa, lo ha comprato per sé e per me ne ha preso uno più piccolo, che ho di là. - si alzò in piedi e si appoggiò al piano di lavoro con la schiena. - Solo che poi se ne è preso uno con le scritte in gaelico e mi ha regalato questo, semplicemente perché quello piccolo ora mi va solo sul mignolo sinistro. - spiegò, intuendo quello che la donna stesse pensando. - E a parte questo non ha altri significati profondi o reconditi. - concluse, sorridendo alla faccia di Denise, che aveva abbassato la testa per nascondere il rossore.

Effettivamente non poteva pensare che ogni anello che vedeva in giro fosse uno come quello dei suoi figli.

- Immagino i tuoi pensieri, ma no, non è un anello della purezza e neanche credo di volerne e doverne portare uno. - continuò, prendendo il latte e mettendolo in frigo.

Denise rifletté qualche secondo sulle parole di Anna.

Era incredibile come fosse riuscita a spiegare il suo punto di vista e la sua presa di posizione solo con una frase.

Dicendo che non ne voleva portare uno, si capiva che non era credente.

Dicendo che non doveva portarne uno, si capiva che era una ragazza responsabile e che non avrebbe mai fatto qualcosa che con il purity ring non avrebbe mai fatto.

Ancora una volta, la donna rimase colpita dalla sua risposta enigmatica e machiavellica, ma concisa e mirata allo stesso tempo.

- Oh – disse – quel simbolo significa qualcosa? - se non aveva un significato religioso e proveniva dalla Bretagna, forse no e ne aveva uno legato alla mitologia celtica.

Anna rifletté qualche secondo e poi rispose – Sì, credo che rappresenti la terra l'acqua e il fuoco, mentre quest'altro simbolo era lo stemma di un barone, o qualcosa del genere, che regnava da quelle parti. - immaginava che Denise si fosse sorpresa del suo lessico poco forbito, ma non ci diede peso.

Dopotutto non era perfetta neanche lei, era meglio di tanti altri – viva la modestia! -, ma alla perfezione non ci arrivava.

Scosse la testa e riprese a mettere a posto la spesa.


( Ecco il Triskell: http://pagesperso-orange.fr/ticauray/1fr_paysceltes/Images/triskell.jpg e il simbolo del barone: http://www.rbvex.it/intergif/vexbrzh.gif)


Nicholas aveva appena assistito al dialogo fra sua madre e la ragazza che lo mandava fuori di testa e si era reso conto ancora, di come Anna fosse spietatamente sincera, riuscendo comunque a mascherare la verità dietro veli invisibili, rendendola più morbida alle orecchie di chiunque.

Perché il succo della sua frase riguardo al purity ring era “Io non voglio essere presa per una bigotta”.

Era chiaro che ai suoi genitori piacesse, e anche a Frankie e Elvis, ma non perché era la classica figlia modello, certo, aiutava in casa, però non era una lecchina, ma semplicemente perché sapeva il fatto suo e non aveva paura di dire quello che pensava.


In verità lei parlava solo quando lo riteneva opportuno, spesso teneva per sé alcune considerazioni o era delicata nel rivelarle, o ancora ometteva delle parti, volgendo la situazione a suo favore.

Per questo motivo era bravissima a mantenere i segreti degli altri – a differenza di Annalisa, che sbandierava tutto ai quattro venti, ma erano amiche proprio perché erano così diverse -, rimanendo nell'ombra durante le discussioni che non richiedevano la sua diretta presenza, o intervenendo sporadicamente.

Anche la silenziosità dei movimenti era dalla sua parte: poteva andare dove voleva senza farsi troppo sentire, o, male che andava, veniva scambiata per un qualche rumore esterno.

Effettivamente era una creatura dotata di caratteristiche fisiche adatte al suo carattere.

Alta 1.60 cm, gambe corte, ma proporzionate, muscolatura potente e compatta, silhouette morbida, formosa, ma al punto giusto.

Per quanto riguardava il viso, capelli biondo cenere, in ricordo di quando erano biondo oro, perennemente indomabili, occhi verdi e marrone verso la pupilla, naso leggermente pronunciato, fronte non particolarmente larga.

A livello mentale la sua caratteristica più sconcertante era la razionalità.

Infatti, prima di fare qualsiasi cosa rifletteva velocemente sulle cause e conseguenze delle sue azioni, valutando poi altre ipotesi per ottenere quello che voleva.

Capitava poi che prendesse delle cantonate straordinarie, ma non voleva che si sapessero in giro, era troppo orgogliosa per permettere che qualcuno venisse a sapere che aveva sbagliato.


***


Durante la cena Kevin era assente.

Più volte gli altri membri della famiglia gli avevano rivolto occhiate preoccupate, ma lui pareva non accorgersene.

Prima che qualche adulto potesse fare domande, il piccolo Frankie chiese al fratello maggiore – Kev, ma hai incontrato una ragazza, che mi sembri Nick la mattina quando deve andare a scuola? -

con la sua voce innocente, da bambino di nove anni.

Denise e Paul Kevin Sr scoppiarono a ridere, così come Joe e Anna, Nick non prese molto bene la faccenda del paragone, ma poi si unì al resto della famiglia, mentre Kevin si svegliò dalla catalessi solo perché aveva sentito qualcuno ridere.

- Eh? Che? Mh? - gorgogliò, cadendo completamente dalle nuvole.

Tutti scoppiarono a ridere.

Joe si teneva la pancia con le mani, Nick si asciugava le lacrime con la manica della maglia e Anna aveva immerso la faccia nel tovagliolo, la schiena scossa dai tremiti.

- Ahahah, fratellone, sei proprio cotto! - singhiozzò Joe, cercando inutilmente di riprendere fiato.

- Mi spieghi come fai ad esserti innamorato, se siete stati fuori casa per un'ora e mezza? - chiese Nick, calmandosi un po'.

Anna guardava la scena divertita, ma quando vide che il maggiore era in seria difficoltà, decise di intervenire.

- Allora, per farla breve, avevo spedito Kevin a prendere le patate e le carote, quando ho sentito che il market stava per chiudere, quindi mi sono data una mossa verso le casse. Mi ero persa a guardare estasiata - e anche un po' disgustata a dire la verità - tutta la roba che voi Americani riuscite a stipare nel freezer e non mi sono accorta che un carrello stava venendo nella mia direzione. - disse, accompagnando il racconto con alcuni gesti delle mani.

- Ahhh, ho capito dove vai a parare! - esclamò Joe, come colto da un'illuminazione.

Tutti si girarono verso di lui, aspettando che continuasse.

- Sì, tu ti sei scontrata, Kevin è arrivato in quel momento ed è andato a soccorrere la povera e bellissima ragazza che è caduta per colpa tua, c'è stato il colpo di fulmine e ora mio fratello è un ameba. Ci ho azzeccato, vero? - domandò, sorridendo contento, guardando prima nella sua direzione e poi in quella di Kevin.

Anna lo guardò con il sopracciglio alzato, ma annuì.

Joe esultò, poiché non avrebbe mai detto che sarebbe riuscito a capire la mente contorta della ragazza.

Cominciò ad intonare “We Are The Campions” dei Queen, usando come microfono la forchetta e facendo delle facce assurde.

- Il fatto che io abbia annuito non significa per forza che tu abbia detto tutto correttamente, Joseph. - lo smontò la cinerea, guardandosi interessata le unghie delle mani, dissimulando la risata che le saliva alla bocca.

Il mezzano si bloccò di colpo.

Guardò prima la ragazza e poi Kevin, in cerca di una conferma di quello che aveva detto, ma in quel momento Kevin aveva le stesse funzioni vitali di un surgelato: immobile e più di là che di qua.

Si girò verso Anna, guardandola implorante, ma sapeva bene che quella lì era irremovibile.

- Non è lei che si è trovata catapultata nel carrello in una posizione che definire scomoda è un complimento e non è lei che è stata abbandonata al proprio destino, perché qualcuno di cui non foglio fare il nome, Kevin, è andato di corsa a soccorrere una perfetta sconosciuta dagli occhi azzurri, lasciando me a testa in giù nel carrello. - breve pausa e sorriso – non lo auguro a nessuno. - concluse.

La famiglia Jonas al completo fissò il primogenito per un secondo e poi scoppiò a ridere.

Evviva i colpi di fulmine.


***


- La pallavolo. Analizziamo questo concetto. - esordì Anna, giovedì mattina, camminando per i corridoi semi-vuoti della scuola.

- Perché dovresti analizzare uno sport? - chiese Alex, aggrottando le sopracciglia e alzando le spalle.

Anna continuò a camminare, persa nei suoi pensieri.

- Infatti ho detto concetto, non sport e i concetti si analizzano. - precisò, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Alex la guardò di sbiego, inclinando la testa.

- Eh? -

La bionda la ignorò, ma cominciò a spiegare.

- Vedi, per me la pallavolo è una cosa talmente inutile, da essere considerata un concetto astratto, non uno sport. - illustrò, aprendo la porta dello spogliatoio femminile.

Essendo le ultime, l'odore che le accolse fu quello di un deodorante fruttato, talmente vomitevole da far storcere loro il naso per il ribrezzo.

- Bleah – mugugnò Alex, tappandosi il naso – È mai possibile che dobbiate assuefarvi di 'sta robaccia ogni santa volta che mettete piede nello spogliatoio? Il deodorante si mette dopo aver fatto lezione, non prima. - spiegò alle cheer-leaders con una nota sarcastica nella voce, agitando la mano libera davanti al viso per allontanare il fetore.

Natasha la guardò sprezzante, riservando lo stesso saluto anche ad Anna e si apprestò a parlare.

- Se voi vi faceste la doccia, ogni tanto, sapreste che lavarsi fa bene e che il deodorante si usa per eliminare gli odori – sibilò, appoggiando i pugni chiusi sui fianchi esili.

Certo, per essere il capo delle cheer-leader era una bella ragazza, solo che era terribilmente oca e finta.

- Anche se io non puzzo. - infierì, guardando le due amiche con aria di superiorità.

- Come se quel coso tossico e nocivo profumasse.. - sussurrò Anna in Italiano, ridacchiando piano.

Alex non capì, ma intuì il senso della battuta.

- Perché voi di odoracci ve ne intendete, eccome se ve ne intendete.- squittì, prima di girarsi e tornare sculettando al suo posto.

Subito le sue amichette le si avvicinarono e si complimentarono, ocheggiando allegramente.

Anna e Alex si guardarono e capirono che avevano pensato la stessa malefica cosa.

Contemporaneamente si voltarono verso il folto gruppo di oche e le fissarono malignamente, sorridendo.

- Beh, ti dicevo, io la pallavolo non lo considero uno sport, semplicemente per il fatto che per me potrebbe tranquillamente non esistere, tanta è la sua inutilità. - disse come se nulla fosse, allacciandosi le scarpe.

Tutta la scuola sapeva che lo sport preferito di Natasha, dopo l'agitare due pom-pom e urlare frasi sconnesse, era la pallavolo.

Infatti non passò molto tempo che la bionda drizzò le orecchie, pronta a captare altri dettagli della loro conversazione.

Ormai erano pronte, quindi uscirono dallo spogliatoio, lasciando apposta il discorso a metà.

Proprio mentre varcavano la porta, Anna disse “Preferisco il nuoto, è infinitamente meglio” e il professor Liam si girò nella loro direzione.

- Anna, hai detto che ti piace il nuoto? - le chiese, avvicinandosi alle ragazze, guardando in particolare verso l'italiana.

La cinerea lo fissò sospettosa e rispose affermativamente.

Sul volto dell'uomo comparve un sorriso, mentre allargava le braccia e prendeva fiato per parlare.

Oh no.” pensò Anna, reclinando il capo.

- Mi fa molto piacere sentirti dire questo. - continuò l'uomo – Sai, la scuola offre la possibilità agli studenti di andare in piscina una volta alla settimana, gratuitamente. - disse, guardandola eloquentemente.

Anna sapeva che in un modo o nell'altro sarebbe finita in quella piscina, quindi tanto valeva andarci di spontanea volontà.

Spostò lo sguardo a terra, fingendo di valutare la proposta e poi acconsentì, sfoderando un mezzo sorriso.

Il signor Liam sorrise e saltellò fino alla porta del suo ufficio, adiacente alla palestra.

- Mi sa che quasi quasi vengo anche io. - disse Alex, legandosi i lunghi capelli color castano chiaro in una pratica coda di cavallo.

Anna la guardò e sorrise.

- Ok, ma cominciamo a correre, che quando Liam torna ci vuole vedere sudati. -

Detto questo cominciarono a correre.


- Ho detto al professor Liam che vado in piscina una volta alla settimana. - annunciò Anna, sistemandosi i capelli, guardandosi nello specchietto dell'antina parasole della Mustang di Nick.

Stavano tornando a casa ed erano abbastanza a pezzi per via della lezione di ginnastica.

- Ho sentito. Verrà anche Alex, vero? - rispose lui, svoltando in una strada più piccola, che li avrebbe condotti a casa, al Toluka Lake.

La ragazza non parve particolarmente colpita dalle sue parole, dato che ginnastica la facevano insieme Nicholas avrebbe benissimo potuto ascoltare la sua breve conversazione con il professore.

Rimasero qualche minuto in silenzio, durante i quali Nick cercò di mettere assieme la frase che avrebbe probabilmente mandato la calma di Anna a quel paese.

Una volta ripetutala qualche volta mentalmente, prese un respiro profondo – brutto segno a detta di Anna – e disse

- Vengo anche io. -

Trattenne il fiato, prevedendo un urlo disumano.

Anna soppresse il grido che le sarebbe venuto spontaneo e cercò di darsi una calmata.

Possibile che Nick Jonas fosse così sprezzante del pericolo?

Cioè, se Natasha fosse malauguratamente venuta a sapere che lui andava in piscina, avrebbe fatto addirittura l'immane sforzo di mettersi una cuffia e raggiungerlo a nuoto. E con lei il resto della percentuale femminile della scuola. Chi fra le ragazze non avrebbe voluto vedere Nick Jonas in costume?

Semplice, Anna e Alex.

La prima perché lo aveva già visto in boxer durante un caldo pomeriggio, nel quale quella cima di Joseph aveva creduto che annaffiare il fratello fosse una buona idea e quindi il riccio aveva dovuto spogliarsi, ignaro che Anna stesse per entrare in giardino e che quindi lo potesse vedere in mutande, cosa che poi era realmente successa, la seconda, perché non provava nessun tipo di attrazione fisica o sentimentale per il ragazzo.

Però non era neanche giusto che Nicholas non potesse comportarsi da ragazzo normale perché sennò sarebbe stato travolto da orde barbariche di ragazze.

Quindi gli rispose

- Ammetto che mi sia venuta voglia di urlarti contro che sei un idiota, poi però mi è venuto in mente che se vuoi essere un ragazzo normale devi cominciare dalle piccole cose. Non sarò io a dirti che hai commesso un mastodontico errore, ma sappi che mi dovrai un immenso favore quando ti verrò a ripescare dalle grinfie di qualche boceitta invasata. -, chiudendo l'antina parasole.

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Capitolo 17
*** Hold My Hand ***


capitolo 17

Pareva che non ce l'avrei mai fatta, e invece?

Eccomi ancora qui!

Scusate la mia assenza prolungata, ma la scuola e la poca ispirazione mi hanno fatto questo.

Ma non perdiamoci in chiacchiere inutili.

Vi dico solo che il capitolo è bello lungo.

Ringrazio di cuore:


jonas_princess: Hai visto chi è tornato? E preparati, perché qui ci sei un po' anche tu.. ma non ti anticipo nulla.. Kiss a martedì!

Nes95: In quanto all'aggiornare presto... beh, non giustifico il carattere della protagonista, perché come vedrai in questo capitolo, un po' cambia, ma mi fa piacere che ti piaccia il mio stile. A me sembra noiosetto.. beh, grazie mille per la recensione!

Maggie_Lullaby: Pfff, la pallavolo è un concetto, punto e basta XD. Mi dispiace per te, ma per vedere Nick a petto nudo dovrai aspettare di scriverlo tu, perché non so se avrò intenzione di descriverlo.. e sì, mi sa anche a me che prima o poi Natasha la annegano. No, un momento, mi serve per il sequel, quindi dopo quello è tutta vostra. Grazie per la tua costanza nelle recensioni!

LadyBird27: Non ti preoccupare del ritardo, che tanto io ti batto. Ehehehe, fra un po' Kevin fa gli anni e allora vedrai... ma come mai non ti trovo mai in Msn? Sono proprio scema.. grazie mille!

JB4ever: Ciao anche a te! Ti consiglio di non innamorarti troppo della fic, perché alla fine potresti rimanerci male.. ma non ti devo rivelare altri dettagli. Diciamo che il personaggio di Anna non mi è troppo difficile da delineare, in quanto mi assomiglia abbastanza.. povero chiunque mi dovesse incontrare! Grazie per la recensione.



Girls, ho una piccola richiesta/domanda da farvi.

Come si capisce da questo capitolo, io sono fan del grande Re del Pop.

Quindi il mio quesito è questo: chi di voi lo è?

Tutte le persone che si rivedono in questa categoria sono invitate, se ne hanno voglia, a contattarmi via msn per chiacchierare un po'.

È ben schifosamente formale..

La verità è che non c'è mai nessuno con cui parlare di Michael e io mi sento sola..

bah, comunque il mio indirizzo è annamanzo.94@live.it



Capitolo 17: Hold My Hand


Cause I've been there before
And you've been there before
But together we can be alright.
Cause when it gets dark and when it gets cold
We can just hold eachother till we see the sunlight

Akon ft. Michael Jackson – Hold My Hand



Anna era in camera sua completamente svaccata sul suo letto.

Erano tornati a casa e finito di pranzare da dieci minuti e lei aveva preso la sua roba e si era chiusa in camera.

Nick in piscina.

Che idea assurda che gli era venuta.


La settimana prima era entrata in casa e si era trovata davanti Denise che sorrideva come se fosse stata innamorata per la prima volta.

Subito aveva capito che c'era qualcosa di strano, ma non aveva capito cosa.

Dopo aver squadrato interamente ogni singolo membro della famiglia e non aver ottenuto risultati concreti, aveva deciso che avrebbe indagato in un secondo momento.

Una volta al piano di sopra, aveva notato che la porta della sua camera era socchiusa.

Inclinando la testa si era avvicinata sospettosamente ed era entrata.

Quello che vide la lasciò di sasso.

Un impianto stereo della migliore qualità e un telefono con una linea personale erano esposti in bella mostra sulla sua scrivania.

Inizialmente li guardò scettica, poi sentì dei passi dietro di sé e intuì trattarsi di Kevin e Joe, che la stavano probabilmente osservando.

Sorrise appena e senza voltarsi disse

- E questi? -

Kevin anticipò il fratello ed entrò nella camera della ragazza.

- Beh, abbiamo pensato che la camera era un po' spoglia e in attesa di andare in giro a vedere vari arredamenti..-

Anna si girò di colpo e lo interruppe

- Stop. Cosa intendi con “andare in giro a vedere vari arredamenti”? -

Cioè, la camera andava benissimo, aveva un letto – cosa fondamentale – un armadio, uno specchio, la scrivania, due tappeti e le tende. Non mancava nulla.

- Come che cosa intendo? Domenica andiamo nei centri commerciali per arredamenti e rendiamo questa camera abitabile, mi sembra ovvio. - rispose il maggiore, scrollando le spalle sorpreso.

Non capiva perché Anna si fosse voltata così di colpo e avesse assunto quell'espressione sbalordita.

La diciassettenne lo guardò come se fosse un alieno e aprì appena la bocca

- Ma questa camera è già abitabile.. ti pare che manchi qualcosa? Specie ora che ci sono dentro un impianto stereo che non voglio neanche sapere quello che lo avete pagato e un telefono che a quanto mi pare di capire ha una linea personale. - disse, alzando le spalle.

In quel momento intervenne Joe, che era stato in silenzio per tutto il tempo

- Capirai, lo stereo e il telefono sono due regali e no – annunciò, vedendo che la cinerea stava per ribattere – non si accettano scuse, ma la stanza in sé è triste. E noi Jonas non possiamo permettere che una nostra ospite viva per altri otto mesi qui dentro. Quindi tu domenica, ci seguirai e andremo tutti quanti a cercare l'arredamento perfetto per te. Sono stato chiaro? - asserì, puntando il suo sguardo fermo in quello incredulo della ragazza.

Anna ci rifletté un attimo, abbassando lo sguardo, poi lo rialzò, fissando prima Joe poi Kevin e sorridendo disse

- Sta bene, ma ora non lamentatevi se sentirete Michael tutto il giorno. Uomo avvertito mezzo salvato, si dice dalle mie parti. - si voltò verso le casse con aria semi-sadica – Ora veniamo a noi. Oh – voltandosi verso di loro – Grazie mille! -

- Figurati! - annunciò una terza voce, che era sbucata da dietro Joe e Kevin.

- E poi – continuò Nick, comparendo alle spalle dei fratelli – se il Michael che hai nominato è Michael Jackson, allora ci va bene. - concluse sorridendo.

Anna lo fissò e un sorrisino maligno le comparve sulla bocca.

- Io non so quanto lo conosciate voi, ma io sono una sua grande fan e soprattutto sono orgogliosa di esserlo. - fece una pausa e poi riprese – Diciamo che se dovessi fare una scala, da uno a cento, di quanto sono fan, voi sareste tipo al.. - alzò gli occhi al cielo e contò sulle dita – boh.. circa sessantacinque, settanta. - il sorriso spuntò sulle labbra dei tre ragazzi; sapevano benissimo che Anna non si faceva tanto condizionare dal fatto che ce li avesse davanti o comunque li conoscesse, diceva quello che pensava senza peli sulla lingua.

- Mentre Michael si aggira attorno al cento, centodieci. - concluse, sorridendo con aria di sfida.

Nessuno dei tre ragazzi parve troppo sorpreso da quell'affermazione.

Kevin sapeva come ci si sentiva a vivere continuamente sotto i riflettori e per questo voleva vedere se la passione di Anna si limitava alle canzoni del Re, o anche a lui come persona, per quanto potesse sapere della sua vita privata.

- Mi pare di capire che tu conosca praticamente tutta la sua discografia a memoria.. - iniziò, lasciando apposta la frase in sospeso per vedere cosa avrebbe risposto.

La cinerea spostò lo sguardo su di lui e pensò ad una risposta esauriente da dare.

- Non proprio. Conosco tutte le canzoni che l'hanno reso celebre, naturalmente, e quasi tutte quelle degli album “Thriller”, “Dangerous” e “Bad”, poi c'è “HIStory” e “Blood On The Dancefloor”. Mi manca quasi tutto “Off The Wall”, del quale conosco due canzoni, “Don't Stop Til' You Get Enough” - Kevin cominciò a canticchiare a labbra chiuse il motivo della canzone – e “Rock With You”. - Si fermò un attimo, abbassando lo sguardo, pensando a Michael.

Subito la sua espressione si rattristò.

E qui cascarono tutti dalle nuvole.

Non si aspettavano che una persona dal carattere duro, acido e spinoso come Anna avrebbe subito un cambiamento così repentino a solo sentir parlare di certi argomenti.

Prontamente Kevin si fece avanti e, concessosi un attimo di esitazione, abbracciò la ragazza.

Anna sapeva che quando si toccava l'argomento “Michael” era inutile cercare di bloccare le lacrime.

Non che piangesse ogni volta che lo nominasse, però ogni tanto le capitava, specie quando ascoltava “Man In The Mirror”, lì era la fine.

Non trattenne le lacrime, anche perché non ne scesero molte, e appoggiò la testa sul petto di Kevin, chiudendo gli occhi per qualche minuto.

- Io non posso sapere tutto di lui, ma sono convinta che tutto quello di cui i tabloid lo hanno accusato sia oltremodo falso e infondato. Certo, io sono di parte, ma dopotutto si sa che intorno a personaggi famosi girano le storie più assurde, e credo che voi ne sappiate qualcosa, però lui era il Re, la persona più famosa del nostro sistema solare, praticamente, e chi se non lui sarebbe stata la vittima migliore di tante cattiverie? Poi ce ne ha messo del suo, ma era una percentuale talmente infima, che non merita neanche la mia considerazione. - aveva parlato con il viso appoggiato sul petto di Kevin e si sentiva bene. - Lo hanno accusato di essere gay e pedofilo, gli hanno dato dello stravagante e dell'eccentrico, hanno criticato pesantemente il colore della sua pelle e il suo naso, il tutto senza pensare a quello che queste affermazioni avrebbero potuto avere sulla sua considerazione di sé. Io non potrei controbattere queste accuse perché non ho le prove per farlo, ma qualsiasi persona dotata di buon senso avrebbe capito che in fondo non era cattivo. E non lo dico solo perché ci credo; provate a pensarci, un uomo che ha donato non so quante centinaia di migliaia di dollari agli ospedali e agli orfanotrofi, ne ha spese altrettante per costruire un luna park nel suo giardino nel quale ogni giorno invitava decine e decine di bambini malati e non, è impossibile che sia gay e pedofilo. Semplicemente lui amava i bambini per la loro innocenza, per il loro sorriso e la loro ingenua bellezza. Ma probabilmente questo i media lo avevano anche capito, solo che vuoi mettere a paragone una notizia scandalistica di tale portata con una che avrebbe fatto solo del bene, ma non avrebbe venduto tanto quanto l'altra? È ovvio che hanno puntato su quella della pedofilia. - si concesse qualche secondo di silenzio. - E tanto per chiudere in bellezza: Non so se voi conosciate di nome un certo Joseph Jackson. - Alzò lo sguardo per incrociare quello dei ragazzi,che aveva momentaneamente assunto la forma di punto di domanda gigantesco – Beh, Joe Jackson era ed è tutt'ora il padre di Michael. Ma non è stato per lui un padre buono come il vostro, no. Lui era un approfittatore, ha sfruttato l'immenso talento dei figli, e in particolare quello di Michael, per arricchirsi. E secondo una legge della natura: da un padre bastardo, il figlio che nasce può essere o altrettanto se non più stronzo, o l'esatto opposto. E non mi sembra che Michael Jackson fosse un elemento stronzo, scusatemi la terminologia poco raffinata. -


Dopo quelle considerazioni si sentiva decisamente più libera.

E i Jonas decisamente sconcertati.

Per quanto Anna potesse essere una ragazza difficile, acida, sadica, intrattabile e con un caratteraccio, andava apprezzata per la sua capacità di analisi e rielaborazione dei fatti.

Aveva ammesso di essere una fan di Michael Jackson e di esserne orgogliosa, ma aveva parlato assolutamente in modo oggettivo quando aveva spiegato le varie accuse sulla condizione del suo mito.

Kevin non seppe cosa dire, quindi rimase in silenzio e la strinse di più fra le sue braccia.

In quel momento Nick pensò di dover essere geloso del fratello, ma solo a vedere la ragazza che gli piaceva ridotta in quello stato così inusuale per lei, lo faceva stare abbastanza male.

Improvvisamente gli venne voglia di andare da tutti i giornalisti del mondo e cantarne loro quattro, non solo per quello che avevano fatto a Michael Jackson, ma anche per quello che continuavano a fare a lui e ai suoi fratelli.

Ma la voce di Anna, che intanto si era staccata da Kevin e aveva assunto il solito contegno, lo destò dai suoi pensieri.

- Ma sfortunatamente per noi nessuno potrà più godere della sua unica presenza. Comunque, io voglio ricordarlo per chi era e ciò che ha fatto per il mondo, non per quello che certi giornalini di infima categoria spacciano per verità. -

Nicholas vide negli occhi della ragazza la classica pacatezza e si rasserenerò.

- Beh, direi che ora posso anche mettere su un po' di musica mentre chiamo l'Annalisa. - continuò, facendo intendere che se ne sarebbero dovuti andare.

Alzando le mani in segno di resa, i tre fratelli uscirono uno alla volta dalla sua camera.

Solo Nick si fermò qualche secondo in più, quel tanto che bastava per dirle poche parole

- Anna, se vuoi parlare di qualsiasi cosa, sarò felice di ascoltarti. -

La diciassettenne lo guardò per qualche secondo, poi rispose

- Non sono il genere di persona che intrattiene grandi discorsi sulla propria vita privata, credo che questo si sia capito. Ma mi sembra corretto nei tuoi confronti e costruttivo per me accettare la tua proposta. - disse, prendendo in contropiede il ragazzo, che spalancò gli occhi e s'incurvò nelle spalle.

La cinerea, notando la sua reazione, fece la finta offesa

- Che ti aspettavi, che ti sbattessi la porta in faccia, liquidandoti così, su due piedi, senza valutare il tuo invito? -

Nick era sotto shock.

Decise di risponderle sinceramente, mostrando tutto il suo stupore

- Veramente sì.. Insomma, mai e poi mai mi sarei aspettato che tu acconsentissi a parlare con me della tua vita. Mi hai preso assolutamente alla sprovvista. -

Come finì di dire quelle parole, si accorse della scemata che aveva appena detto.

Così aveva fatto capire ad Anna che le aveva fatto quella proposta partendo dal presupposto che lei non avrebbe acconsentito.

Si diede dell'imbecille e cercò di rimediare al danno appena commesso.

- Veramente io.. no, cioè.. - balbettò, senza sapere esattamente cosa dire.

Notò che la ragazza aveva abbassato lo sguardo e, mortificato, lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, smettendo di dire cose senza senso.

Dopo qualche minuto erano ancora nella stessa posizione, così il ragazzo si congedò e uscì dalla sua camera senza dire una parola.


Per due giorni si erano a malapena rivolti la parola, finché all'alba del terzo, Joe decise di chiuderli tutti e due nella camera del fratello per farli riappacificare.

In due ore si erano chiariti e Anna aveva minacciato Joe di dare fuoco alla sua piastra se non li avesse fatti immediatamente uscire di lì.


Ora aveva il suo telefono in mano e stava chiamando Annalisa.

“Nls!”

< Anna! Come vanno le cose lì? È da un po' che non ci sentiamo. >

“Non fare la vittima, ti ho chiamata l'altro ieri quando ho fatto pace con Nick.”

< ...>

“Annalisa, ci sei?”

< Sì, sì, è solo che è strano sentire la tua migliore amica che ti dice di aver appena fatto pace con Nick Jonas >

“E perché, di grazia?”

< Perché ciò significa che ci devi anche aver litigato. >

“Ma va?”

< Non sfottere! Ho solo detto che non è una cosa che si sente tutti i giorni..>

“Capirai, sono qui da un mese, ormai! Credevo che ci avessi fatto l'abitudine”

< Io sì, ho solo detto che è strano. >

“Oh beh, aspetta di sentire quello che ho da dirti..”

< Che cosa mi devi dire? >

“Beh, tu sai che a me piace il nuoto, no?”

< Sì.. >

“Eh, oggi Alex ed io eravamo in palestra che sfottevamo un po' la pallavolo in beata presenza di Natasha”

< E quindi? >

“Fammi finire.. allora, quando eravamo appena uscite dallo spogliatoio per entrare in palestra ho detto – Preferisco il nuoto, è decisamente meglio – e il mio profe di ginnastica è spuntato dal nulla con un'espressione che non prometteva nulla di buono.”

< Immagino che ti abbia chiesto di andare in piscina, oh? >

“Effettivamente mi ha detto che la scuola offriva una volta a settimana la possibilità di usufruire del servizio piscina; e lì o capito di non avere scampo. Ci sarei dovuta andare.”

< Ehehe, i profe di ginnastica, cattivi, ma mai quanto quelli di tedesco! >

“Ma non credere che sia finita qui. No, perché Alex si è offerta di accompagnarmi e insieme ci siamo rallegrate del fatto che almeno non avremo Natasha in mezzo alle scatole.”

< Ma? >

“Ma quando stavamo tornando a casa, il signorino Jonas si improvvisa Indiana Jones e mi dice che a nuoto ci viene anche lui.”

< … >

< Non rido credendo che sia una battuta perché tu non sei il tipo da dire cazzate così grosse, quindi credo che sia vero che Nick vuole venire in piscina. >

“Esattamente”

< Ma come farete? >

“Questa è una bellissima domanda. Credo che lo costringerò a pregare Dio, affinché nessuna si metta a sbraitare che c'è Nick Jonas in costume da bagno.”

< Ma lo hai almeno insultato come sai fare tu quando te l'ha detto? >

“Veramente no. Ma solo perché questo è il loro anno sabbatico e stanno provando a comportarsi e vivere come delle persone normali. In compenso glielo ho detto, che mi sarebbe venuto da urlargli contro che è un idiota, e gli ho anche fatto presente che ci dovrà un immenso favore quando lo trascineremo fuori dalla piscina di straforo.”

< Non finiranno mai di stupirmi.. >

“Neanche a me”

< Stai ascoltando Michael? >

“..Annie are you Ok? so Annie are you Ok? Are you Ok, Annie?..”

< Annie are you Ok? Will you tell us that you're Ok?.. >


Parlarono solo per un'altra mezz'oretta, poiché in Italia erano circa le 23.30

Chiusa la comunicazione, Anna rimase ancora un po' stesa sul letto a riflettere.

Ascoltò la canzone che l'iPod stava mandando, Dangerous, e si rese conto che effettivamente i Jonas di lei sapevano solo le cose essenziali, dati anagrafici e poco altro.

Si tirò su a sedere a gambe incrociate fissando il soffitto, pensierosa.

Rimase in quella posizione per qualche secondo e poi si alzò con un movimento rapido e fluido.


Nick era in camera sua alle prese con i compiti di inglese.

Scrivere una novella che parli d'amore”

Quando la professoressa Miller l'aveva assegnata, gli era quasi venuto da ridere: lui non faceva altro che scrivere cose romantiche per i suoi testi, non sarebbe stato difficile scriverne lungo.

Come si dice “Le ultime parole famose”.

Aveva mangiato in fretta apposta per poter fare in fretta quel tema e poi dedicarsi alla sua chitarra, ma aveva in breve scoperto che quelle parole non si decidevano ad uscire dalla sua penna.

Era in crisi da almeno tre quarti d'ora, perché non sapeva cosa scrivere.

Tutto gli sembrava banale, scontato e già usato.

Proprio quando stava per mandare a quel paese tutto quanto, un tocco leggero sulla porta glielo impedì.

Voltandosi di scatto, si alzò precipitosamente dalla sedia e si avvicinò al rumore, invitando chiunque ci fosse dall'altra parte ad entrare.

La testa cinerea di Anna fece capolino, seguita a ruota dal resto del viso.

Il ragazzo si sorprese, ma non lo diede a vedere, invitandola ad entrare ed accomodarsi da qualche parte.

Lei non perse tempo e si accomodò sul letto facendo un cenno con il capo al posto accanto al suo, per chiedergli di sedersi a sua volta.

Come un automa, Nick mosse i passi che lo separavano dal materasso e lentamente ci salì sopra.

Anna guardava davanti a sé, con l'espressione seria di sempre.

- Credo che sia arrivato il momento di raccontarti un po' di cose. - annunciò, muovendo solo la bocca.

Nick si voltò, fissandola con gli occhi grandi di stupore.

- Diciamo che da quando mi hai offerto la tua disponibilità, mi sono spesso ritrovata a pensare al fatto che né tu né la tua famiglia sappiate molto di me. -

Il riccio annuì, ma non disse nulla, aspettando che continuasse.

Anna prese un respiro e cominciò a raccontare.

- Bene, sulla mia identità immagino che non ci siano perplessità; Anna Dal Fuoco, 18 anni da compiere il 16 aprile, provenienza: Italia, scuola: liceo Classico Tradizionale. -

Detto questo rovesciò la testa all'indietro scoprendo la pelle chiara del collo.

- Non mi piace ballare – Nick la guardò stranito: cioè, le piaceva Michael Jackson e non ballare? - Io amo ballare. Potrei fare solo quello dalla mattina alla sera. -

Ok, ora aveva un senso.

- La musica.. non so come dirlo, ma credo che tu mi possa capire. Come tu ti senti mentre scrivi e componi la tua musica, così sono io mentre ballo. - commentò, gesticolando appena con le mani.

- Infatti mi pareva strano che non ti piacesse, in quanto grande fan di Michael Jackson. - ridacchiò Nick, piegandosi in avanti.


Kevin stava andando in camera sua, quando passò davanti a quella del fratello minore e sentì la voce di Anna dall'interno.

Notando che la porta era socchiusa, diede un'innocente sbirciatina per controllare la situazione.

Entrambi erano seduti sul letto, ma non facevano nulla di male, chiacchieravano e basta.

Quasi gli scappò un'esclamazione di sorpresa quando vide che si tenevano la mano, ma capì che la ragazza gli stava mostrando qualcosa, e non se ne preoccupò.

Sorrise alla vista di quella scena così spensierata e piacevole, contento che Anna avesse finalmente deciso di aprirsi con qualcuno.

Decise di non invadere ulteriormente la loro privacy, quindi si allontanò silenziosamente.


- Mi dispiace, ma te lo devo proprio dire: tu sei un gran pezzo di deficiente. -

A distanza di una settimana, i due diciassettenni erano nella macchina di Nick, diretti verso la piscina.

Anna non ce l'aveva fatta a trattenersi e ora si sentiva decisamente più libera.

Nick, che ormai era abituato e sapeva a cosa lei si stesse riferendo, le lanciò solo un'occhiata furtiva, limitandosi ad alzare un sopracciglio.

- Ma lascia che ti spieghi una cosa: nella mia lingua, ha assunto un'accezione negativa, che in latino non c'è. Infatti, deficiere significa mancare, essere privo di qualcosa, nel tuo caso di quella parte di cervello che regola il calcolo delle probabilità di essere assaliti da non so quante ragazze in preda ad una crisi ormonale in piena regola. - spiegò la cinerea, ravvivandosi i capelli con la mano sinistra.

- Sempre molto diretta ed esaustiva, eh? - la rimbeccò il ricciolo, sorridendo.

- Non ti dimenticare con chi stai parlando, Jonas. - rispose a tono, lisciandosi le pieghe della maglietta viola.

(Anna: http://www.polyvore.com/andando_in_piscina/set?id=16822741)

Da quando si erano fatti quella chiacchierata, il loro rapporto era decisamente migliorato; si prendevano in giro come due grandi amici, ma alla fine la spuntava sempre Anna.

- Non sia mai, Vostra Eccellenza. - ribatté con evidente tono sarcastico, il ragazzo.

- Ricordati che la regina del sarcasmo sono ancora io. - lo ammonì lei, alzando il mento con fare regale.

Nicholas ridacchiò e imboccò la strada che portava a casa di Alex, poiché le avrebbero dato un passaggio.

La mora si stava sistemando i Ray-Ban viola sul naso quando li vide arrivare.

(Alex: http://www.polyvore.com/alex_in_piscina/set?id=16947390)

Si alzò dalle scale della sua veranda e andò in contro alla macchina.

Fece un cenno con la mano ai due che la guardavano e aprì la portiera.

- Hi guys! -

- Ciao Alex. - la salutò cordialmente Nicholas, sorridendo.

- Ciao melanzana. - la schernì Anna.

La mora rimase perplessa a causa di quel soprannome improvviso, ma non si perse d'animo e rispose a tono

- Ciao zucchina. -


Tornarono a casa che stavano ridendo come due rimaste.

Per quella prima volta erano riusciti ad evitare l'orda, solo perché Nicholas si era messo in testa una cuffia orrenda che almeno gli copriva completamente i capelli.

Infatti lui non rideva, faceva il finto offeso.


***


Ridendo e scherzando si arrivò ai primi di novembre.

Erano tutti in fermento per la festa di compleanno di Kevin, che di lì a quattro giorni avrebbe compiuto 22 anni.

Anna era decisamente in crisi circa il regalo.

Che cosa gli posso regalare? Insomma, cosa regalerei ad un mio amico ventiduenne, appassionato di chitarra? Cioè, mi sembra ben un po' scontato qualcosa che riguardi la musica, oh?”

Mentre rimuginava su queste cose, la canzone che stava ascoltando in quel momento cambiò, passando a “Liberian Girl”, ovviamente di Michael.

La cinerea si fermò di colpo e, fulminata da un'idea, sorrise sadicamente, mentre si fregava le mani.

Ora sapeva cosa regalare a Kevin..

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Capitolo 18
*** Liberian Girl ***


capitolo 18

Ce l'ho fatta!!

Mi ero prefissata di aggiornare entro oggi e siccome alle due parto per l'Elba, dovevo finire assolutamente entro oggi.

Perché oggi?

Beh è l'anniversario della morte di Michael Jackson.

Lo so che probabilmente vi annoio, ma per me è molto importante ricordare questo giorno.

Ecco perché ho deciso di dedicare questo capitolo al Re.

Semplicemente grazie, grazie Michael. Per tutto.


Passiamo ai ringraziamenti di voi ragazze:

LadyBird27: “Aggiorna presto” ehm... sì, beh.. insomma.. Oh cara, ora vedrai cosa quella mente malefica di Anna ha in mente per Kevin... Muahahahah Grazie mille per il tuo sostegno!

jonas_princess: Visto? È il 25 e io ho aggiornato. Mi rifiuto di parlare oltre, perché ti ho già raccontato tutto, quindi leggi e commenta!

Maggie_Lullaby: eh, Nick a petto nudo mi sa che prima o poi lo descrivo, non ti preoccupare, ho deciso di farvi sbavacchiare un po'.. grazie mille cara!


Capitolo 18: Liberian Girl.


- Alex, maledizione, muoviti, che sennò arriviamo in ritardo! - sbraitò una frizzante Anna, mentre si sistemava le scarpe appoggiata ad un muro per evitare di cadere per terra.

- Non è mica colpa mia se queste dannatissime forcine non stanno su, cavolo! - le rispose a tono la mora dal bagno.

Se avesse avuto tempo Anna si sarebbe fermata e avrebbe alzato gli occhi al cielo, ma in quel momento il tempo era l'unica cosa che non avevano.

- E allora usa la lacca come se piovesse, perché se non te le metti tu quelle dannate forcine, giuro che, a costo di venire scalza perché anche io sono alle prese con questi stramaledettissimi cosi, – rantolò, mettendo una mano all'ultimo secondo sulla porta per fermare la caduta – te le pianto nel cranio. E non sarà piacevole. - aggiunse, saltellando su un piede solo.

- Ahhhhh!! -

L'urlo di Alex lo avevano sentito anche in Polonia.

- Che cosa diavolo c'è ancora?! - ruggì la bionda, raggiungendo l'amica in bagno, brandendo una mazza da baseball che aveva trovato in camera.

Vide Alex girarsi con due occhi quasi spiritati e credette di doverla portare da un esorcista.

- Nicholas e Joseph saranno qui fra dieci minuti. - sentenziò, lapidaria.

Anna assimilò la notizia e lentamente si voltò verso l'orologio che stava sul mobile.

- E allora cosa diavolo stiamo qua ferme a far niente! - urlò la cinerea, svegliandosi da quel momentaneo stato di trance.

Come se fossero state morse da un serpente, le due ragazze saltarono sull'attenti, triplicando la velocità dei movimenti.


- Alex, hai bisogno che ti trucchi? - chiese la bionda mentre si metteva gli orecchini, per risparmiare tempo.

La mora diede una fulminea occhiata all'orologio e poi rispose affermativamente, facendo segno ad Anna di seguirla in bagno.


In due minuti Alex era pronta.

Anna la guardò ridacchiando soddisfatta e passò alla propria immagine.


- Di' la verità – cominciò la mora, appoggiandosi con una spalla allo stipite della porta del bagno – per il compleanno di Kevin hai messo un vestito e quindi sei vestita straordinariamente elegante, solo per fare una specie di torto a Nicholas? - buttò lì con fare disinteressato, guardandosi le unghie.

Anna non smise di fare quello che stava facendo, continuando come se quello che Alex aveva appena detto non la riguardasse minimamente.

- Mmm per quello che avevo in mente per Nicholas dovevo per forza essere vestita a quella maniera, quindi non vedo come il fatto che io indossi uno scomodissimo vestito per il compleanno di Kevin possa in qualche modo essere interpretato come un piccolo torto nei confronti del III° Jonas. - asserì tranquilla.

Alex sospettava che sotto sotto Nicholas avesse un posto speciale nella vita della diciassettenne, ma non era ancora riuscita ad averne la conferma: Anna era impenetrabile per certe cose.

Quindi decise di abbandonare il discorso.

Saggia decisione” commentò la cinerea mentalmente, accennando un sorriso, guardando di sottecchi l'amica dallo specchio.


Il campanello suonò in perfetto orario e le due amiche si avvicinarono alla porta, aprendola e trovandosi davanti i due Jonas di mezzo.


(http://www.mtv.com/content/ontv/vma/2008/photo/flipbooks/08-red-carpet/jonas-brothers-16000731_wire.jpg ignorate Kevin, lui viene dopo..)


La reazione dei due ragazzi fu.. beh, rimasero di sasso, nel vero senso della parola.

Alex sfoggiava un vestito lungo fino a metà coscia, azzurro, che avvolgeva perfettamente il suo fisico asciutto, le scarpe erano assai azzardate, ma ai suoi piedi sembravano perfette (due trampoli argentati). Per finire un bracciale intonato e una collana dai tratti sfuggenti. E le forcine.


(http://www.polyvore.com/alex/set?id=19016519)


Ma quello che colpì maggiormente i due fratelli era Anna.

Non tanto perché il vestito fosse relativamente carino, quanto per il fatto che fosse un vestito.

Rosso chiaro, senza spalline e lungo poco sopra le ginocchia. Che le scarpe non fossero da ginnastica o infradito fu il secondo colpo allo stomaco. Avevano addirittura un po' di tacco.


(http://www.polyvore.com/anna/set?id=19018368)


In pratica sia Nick che Joe rimasero imbroccolati a fissare le due ragazze davanti a loro per qualche minuto.

- Se non ci levate gli occhi di dosso, vi prometto che torno su e mi metto un paio di jeans e una maglietta e vengo così. - la voce acida della loro coinquilina li risvegliò come una secchiata di acqua gelida.

Era troppo bello per essere vero. Ma dopotutto non si può pretendere qualsiasi cosa dalla vita, no? È già tanto che indossi un vestito, ovviamente il caratteraccio lo doveva mantenere. Eh vabbeh” pensò Joe, alzando le spalle e sorridendo rassegnato.

La reazione di Nicholas alle acide parole di Anna fu abbastanza diversa: era decisamente esaltato.

La vedeva più bella di quanto già non la considerasse e non si preoccupò delle farfalle che ormai erano amiche del suo stomaco.

Però gli venne in mente un particolare: ormai era risaputo che Anna non si vestiva elegante perché reputava vestiti, gonne e compagnia bella inutili e scomodi, e, benché non ne avesse mai capito il motivo – e qui gli venne in mente un episodio accaduto due settimane prima – rispettava la sua idea.

Anna e i tre fratelli erano andati a fare un giro per uno dei più grandi centri commerciali di L.A.

Inizialmente la ragazza era scettica, perché dove c'erano i Jonas c'erano anche paparazzi e quindi guai e stress.

Che seccatura” aveva pensato la ragazza, socchiudendo le palpebre dietro gli occhiali da vista.

Ma naturalmente le cose non potevano andare diversamente, era pur sempre in compagnia dei Jonas Brothers.

Dopo una lunghissima discussione – alla quale aveva preso parte anche Annalisa – avevano deciso di rilasciare in un'intervista ufficiale tutte le informazioni che la diciassettenne era disposta a condivider con il resto del mondo.

Quindi ora tutte le fan dei JB sapevano che a casa Jonas girava una ragazza poco più grande di Nicholas, che diceva di non essere interessata minimamente a nessuno dei tre coinquilini.

Inutile dire che ogni santa volta che uscivano in città per qualunque cosa, Anna era la vittima di occhiatacce piene di odio, invidia e gelosia da parte delle fan.


Usciti dalla macchina, stavano andando a fare l'ennesima seduta di shopping per la ragazza, dato che si stancava in fretta di gironzolare a vuoto.

Dopo un'ora e mezza, quando Anna aveva già esaurito parte del suo repertorio di battute acide e commenti sarcastici – sempre con meno cattiveria da quando chiacchierava con Nicholas – e stava cercando di insegnare a Joe qualche parola di italiano.

- Sco..apu – balbettò il ventenne concentratissimo su quello che voleva dire.

- Beh quattro lettere su sei anche se in ordine sparso non è male.. - rispose lei, trattenendo una risata.

- Però si dice “scarpe” s-c-a-r-p-e. - sillabò, per far sì che capisse la pronuncia.

Dopo svariati tentativi, finalmente Anna si ritenne soddisfatta dei risultati ottenuti da Joe e gli concesse un sorriso.

- Sai, ho notato che da quando hai parlato con Nick, sorridi più spesso! - le fece notare il mezzano, sorridendo a sua volta.

- Che cosa vuoi insinuare con questo? - estinse il suo entusiasmo, girando appena la testa di lato e guardandolo preoccupata.

Joe aveva immaginato che le sue parole avrebbero potuto essere fraintese, quindi si affrettò a spiegare.

- Niente, dico solo che da quando ti sei aperta – e credo che tu abbia scelto Nick perché è un tuo coetaneo – ti senti più libera. - continuò, scrollando le spalle.

Anna lo guardò fisso negli occhi e poi addolcì lo sguardo.

- sì, me ne sono accorta anch'io. -


Stavano passando per Rodeo Drive, quando l'attenzione della ragazza fu catturato da una vetrina di un negozio Cavalli.

La cosa che fece rizzare le antenne ai tre fratelli fu il fatto che esposti in bella mostra c'erano solo vestiti lunghi, corti ma tutti eleganti.

Conoscendo la naturale avversione della ragazza verso tutto ciò che recava l'etichetta “costoso” e “elegante” - che per estensione significava scomodo – si guardarono straniti.

Senza dire una parola le si avvicinarono e contemplarono la bellezza di quegli abiti.

- Perché non te ne prendi uno? Secondo me staresti bene con uno di questi! - le domandò il maggiore dopo qualche minuto di silenzio.

Anna non rispose subito.

- Perché io generalmente non sto bene con i vestiti. E se non mi vedo io bella, non mi sento a mio agio e quindi rischio di essere nervosa tutto il tempo che ce l'ho addosso. - rispose, voltandosi a metà della frase verso Kevin.

- E chi te lo dice che con tutti i vestiti devi stare male per forza? Io credo che quando troverai quello che ti piace ti starà bene. - s'intromise Joe, dando man forte al fratello.

Nick preferì rimanere in silenzio, in quanto non sapeva esattamente cosa la sua bocca avrebbe detto.

Anna spostò lo sguardo da Kevin a Joe e poi parlò

- Non ho il fisico per portare i vestiti. Non sono alta né ho delle gambe lunghe e affusolate e la mia figura non è slanciata. - ammise, con una punta appena percettibile amarezza.

- Pff, capirai, c'è un mucchio di gente che va in giro con vestiti che starebbero bene solo a certi modelli dal fisico perfetto, e tante volte neanche a loro. Di che ti preoccupi? - intervenne Nick, che fino a quel momento era stato zitto.

- Di quello che io stessa penso di me. - conclusa, avviandosi verso la macchina con gli occhi bassi.


- Beh, se posso permettermi un commento, direi che state benissimo. - mormorò Joe, riprendendosi dallo shock.

- E io concordo in pieno. - aggiunse Nick, appoggiandosi allo stipite della porta.

- Ok, quando avete finito di fare commenti possiamo andare. - li riprese Alex, spegnendo la luce e aspettando che tutti furono usciti di casa per poi chiudere la porta.

- Oh, comunque grazie dei complimenti. - risposero in coro le due amiche, sorpassando i ragazzi e avvicinandosi alla macchina.


La festa procedeva bene, Kevin si stava divertendo e anche tutti gli altri invitati.

Arrivò poi il momento dei regali, che su insistenza della diciassettenne prendeva luogo all'inizio dei festeggiamenti.

- Non so se voglio sapere perché – fu l'ironico commento di Kevin, che non sapeva cosa aspettarsi da quella ragazza.

- Beata ignoranza. - gli rispose lei.


- Bene Kevin, visto che i nostri regali li hai già scartati, credo che sia il momento che le nostre due pulzelle di presentino il loro. Sia chiaro che né io né qualcun altro degli invitati sa cosa sia. Quindi su esplicita richiesta di Anna, le lascio il microfono. - presentò Joe, scendendo dal palco che, come per il compleanno di Nick era stato allestito.

Con un cenno del capo, Anna prese il microfono che il mezzano le porgeva e si piazzò al centro del palco, lanciò uno sguardo d'intesa ad Alex, che con un unico gesto fece partire la band che suonava dal vivo.

- Questa è la canzone che mi ha ispirato.. - disse con tono misterioso, sorridendo complice.

Subito le note orientaleggianti, calde e passionali di una canzone più che nota in casa Jonas si fecero spazio tra il silenzio venutosi subito a creare tra la folla.


Liberian girl...
You came and you changed my world
A love so brand new
Liberian girl...
You came and you changed my world
A feeling so true


A quelle parole Kevin rimase un po' perplesso. Cosa significava che “Liberian Girl” l'aveva ispirata?


(Se volete sentire la canzone http://www.youtube.com/watch?v=7sF7HLqS7SY)


Da quando aveva cantato, il sedici settembre, Anna si era data da fare per imparare a modulare la voce e ora riusciva a renderla più profonda, dolce o melodiosa a seconda della canzone che doveva cantare.

Kevin notò come effettivamente fosse migliorata e si godette la canzone senza riflettere troppo.

Finito il brano le andò incontro per congratularsi, ma si distrasse un attimo e non la vide più.

Ma dove si è andata a cacciare?” si chiese, guardandosi intorno per scovarla.

Nulla, pareva essersi volatilizzata.

E Alex con lei.

Non ottenendo risultati si avvicinò a Nick, che a quanto pareva le aveva perse di vista anche lui.

- Sono scomparse. - mormorò il minore, alzando le mani.

- Già, ma perché? - domandò.

- Non cercate di capire la mente delle donne, tutti quelli che ci hanno provato sono finiti negli ospedali psichiatrici. - spuntò Joe, raggiungendo i due fratelli – E comunque, credo che siano andate a prendere il regalo. - aggiunse.

Kevin si girò per andare a cercarle, ma si bloccò a 45 gradi di rotazione.

Fu la classica scena da film: le luci si offuscarono, la musica si affievolì; perfino le due figure di Alex e Anna, che sorridevano soddisfatte alla vista dell'espressione di Kevin, stavano lentamente scomparendo, per lasciare a colori solo due occhi azzurri come il cielo e dei capelli corvini.

Keira.

Il neo-ventiduenne si ritrovò a boccheggiare.

Si era completamente dimenticato di lei e ora che se ne ricordava, si sentiva sia terribilmente in imbarazzo sia in colpa per non essere più andato a trovarla.

Ma questi pensieri vennero completamente annullati quando realizzò come la ragazza fosse vestita, truccata e pettinata.

L'abito era blu scuro senza particolari ricami, con le spalline sottili e lungo fino alle ginocchia.

Ai piedi aveva delle semplici ballerine nere, che si intonavano perfettamente con i suoi capelli, accuratamente tagliati e ordinatamente tenuti fermi da un fermaglio argentato e brillante. Del medesimo colore erano anche i guanti, eleganti e lunghi quasi fino al gomito. Benché li indossasse, aveva sul dito medio sinistro un anello di oro bianco con incastonata una bellissima pietra blu. Simili erano la collana e gli orecchini.


(http://www.polyvore.com/keira/set?id=19016248)


Se Kevin non fosse entrato in trance, avrebbe notato il colorito troppo rosato che le gote della ragazza avevano assunto.

Erano tutti e due imbarazzatissimi.

- Io vi lascerei anche da soli, ma ho come la sensazione che se lo facessi rimarreste a fissarvi, arrossendo come due che si sono presi un'insolazione e soprattutto senza spiaccicare una parola. Quindi ora vi date la manina e vi salutate, ok? - sbucò Alex, facendo le veci di Anna, che sorrideva.

- Ehh...aa..mmm... - mugugnò Kevin, infossando lo sterno nelle spalle.

Keira emise dei versi molto simili a quelli del ragazzo.

- Mi sa che quella di Kevin era una domanda; più precisamente: Come avete fatto a farla venire qui? - il ventiduenne diede segno di sì. - Bene, - annunciò la cinerea, sfregandosi le mani – Sarà il caso che ve lo raccontiamo da capo, eh Alex? -

- Concordo perfettamente. - rispose quella.


E così le ragazze raccontarono della loro avventura.

A partire dall'ispirazione di “Liberian Girl”, al coinvolgimento di Alex, alla sorpresa della ventenne per essersi trovata quella ragazza italiana con cui si era scontrata quasi un mese prima sulla soglia di casa, al suo invito e tutto l'imbarazzo che esso aveva portato, alle due giornate di shopping intensivo, durante i quali non solo Keira aveva fatto spese, ma anche le due diciassettenni erano state “costrette” da Denise a comprare qualcosa.

In quei due giorni avevano imparato a conoscersi ed erano diventate molto amiche.

E poi avevano scoperto di avere una passione in comune..

..un certo ballerino, nonché cantante e un mucchio di altre cose.. pare fosse il migliore nel suo campo, chiamato anche Re.. non c'è bisogno che specifichi di chi sto parlando, vero?



- Cosa?! No, spero di aver capito male. - sbraitò Anna, saltando giù dal suo letto e avvicinandosi pericolosamente alla faccia di Nicholas.

- No, hai capito benissimo, solo che ti scoccia doverti mettere un altro vestito, diverso da quello del compleanno di Kev. - rispose lui dissimulando il nervosismo.

- Appunto! Ma ti pare che debba tornare in giro per negozi per l'ennesima festa? - rincarò lei, sbarrando gli occhi e gesticolando istericamente.

- Eddai, che ti costa?! - cercò di convincerla il diciassettenne allungando la mano verso il suo braccio.

- Ma guarda te 'sti Americani.. devono fare un ballo della scuola per qualunque cosa! Ok che è quello di Natale, ma io cosa ci vado a fare? - biascicò in italiano, misurando la stanza a grandi passi.

- Cos'è, mi hai insultato? - chiese il moro, incrociando le braccia al petto.

- No, ma tanto non ci vengo. -

- Daaaai -

- Ho detto di no! -

- Per favoreee -

- Cosa della parola NO non ti è chiaro? -

- Perchéééé? -

- Perché io sono italiana e da noi queste cose non si fanno. -

- Ma qui siamo in America, non in Italia. Daiiiii -

- Ma che ci vengo a fare? -

- Ti divertirai, vedrai. -

- Oh, certo. Con Natasha che ti ronza intorno facendo la gatta morta. Sicuro, sarà bellissimo. -

- La terrò lontana.. un momento, sei gelosa, per caso? -

- Io? Gelosa? Guarda che queste due parole non sono fatte per stare vicine nella stessa frase. E poi chi mi garantisce che venga Alex? -

- E se ti invitassi io al ballo? -

Con quella frase, Nicholas aveva fatto tacere la ragazza, che si era girata a guardarlo come se avesse appena bestemmiato.

Durante il loro “botta e risposta” Nick non aveva fatto altro che cercare di creare la situazione adatta per chiederle di andare al ballo con lui.

Immaginava che se avesse tentennato anche solo un secondo l'atmosfera si sarebbe spezzata e Anna lo avrebbe cacciato a calci nel posteriore.

Una proposta amichevole era da escludere in quanto quella ragazza era imprevedibile e poi sapeva che si sarebbe imbarazzato da morire.

Infatti per lui era difficile mantenere quell'atteggiamento spiritoso, ma per Anna questo ed altro.

- Non voglio addentrarmi troppo nei meandri della tua mente per capire quale strano pensiero ti abbia indotto a dire una tale assurdità, ma il fatto che tu ci abbia provato ti fa onore. - disse con il classico tono pacato – Direi che potrei quasi accettare, - e qui Nick sospirò sollevato – ma bada che ci vengo anche perché Natasha si è permessa di di insultare Michael. Non credere che io ti voglia sfruttare, potrebbe anche farmi piacere la tua compagnia, ma avere un coinquilino famoso serve anche a questo, no? - concluse, prima di sfoggiare un sorrisino malefico e uscire dalla camera.

Mi chiedo in che cosa sia andato ad imbarcarmi” pensò Nick, sorridendo, andando in camera sua, chiudendosi la porta alle spalle.

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Capitolo 19
*** Dirty Diana ***


capitolo 19

Quanto sono in ritardo?

Beh dai, neanche tanto, considerando che ho aggiornato il 25 giugno.

Mi sono fatta una splendida settimana all'isola d'Elba, poi andrò in Corsica, ma prima di allora posterò il ventesimo capitolo.

Devo dirvi una cosa, però: questo capitolo non ci doveva essere, perché mi è venuto in mente ieri.

È una sorta di transizione e mi interesserebbe sapere cosa ne pensate del flash back.

È stato strano scriverlo, ma allo stesso tempo maledettamente appagante.

Oh, ridendo e scherzando, siamo arrivati a 15 pagine (di cazzate, ma pur sempre 15 pagine)

Beh, passiamo ai ringraziamenti:


jonas_princess: Beh, capirai che ringraziamento, ci sei solo tu.. beh, dai che magari prima della fine delle vacanze compari XD ho messo una canzone di Michael che ti piace, anche se immagino che non la ascolti molto spesso.. spero che ci si riesca a vedere oggi pomeriggio, perché ho voglia di farmi due chiacchiere. Un bacio e aggiorna anche tu!



Capitolo 19: Dirty Diana.


- Ma certo che Nick lo chiederà a te Natasha! Dopotutto sei la ragazza più carina e popolare della scuola! - cinguettò Sharon, una delle due amichette oche di Natasha, facendo un gesto ridicolo con la mano in direzione dell’amica.

- Avete ragione, se non me, chi Nick potrebbe invitare al ballo di Natale? – confermò la reginetta, sorridendo soddisfatta e scostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

E si misero tutte a ridere come dei topi.

No, aspetta. Non offendiamo i topi, che sono citati in una canzone di Michael.

Mmm, come delle iene; sì le iene mi piace.

Anna stava imitando le cheer-leader nel loro momento di massima dimostrazione di ocheria, come la definiva lei.

- Oddio, ricordami di non mangiare prima di una delle tue scenette.. Ahahaha… perché io qua rischio di rimanerci secca! – disse Alex, cercando di riemergere dalla sedia nella quale era sprofondata per il troppo ridere.

- Guarda che io non aggiungo nulla agli originali. Riproduco solo fedelmente. – commentò l’altra, ritornando al suo contegno, aggiustandosi il colletto della camicia con fare professionale.

- Beh, un giorno facciamo starin’&laughin’. – propose la mora, asciugandosi una lacrima dall’occhio destro, lasciandosi sfuggire un sorrisino malefico.

- Sai che potremo fondare un club? Occhiate raggelanti e sorrisi perfidi. By Alex&Anna. Che ne dici? – rispose Anna, accavallando le gambe sotto al banco – Ma che cos'è questo starin'&laughin'? - domandò poi, aggrottando le sopracciglia, guardando Alex.

L'altra la guardò compiaciuta, mettendo le gambe sulla sedia di fronte a sé.

- Il nome la dice lunga, eh? Comunque la disciplina dello starin'&laughin' consiste nell'appostarsi vicino al tavolo delle duck-leader, ovviamente senza farsi vedere o fingendo di passare di la per caso, e assistere alla loro giornata tipo. Io sono tre anni che lo faccio, ma essendo da sola non mi sono mai divertita appieno. - spiegò la mora – Ma con te.. immagina se fossimo insieme quante risate ci faremmo! - disse alzando un po' la voce e un braccio in segno di vittoria.

Anna la guardava con un misto di perplessità e ammirazione negli occhi.

Infondo, ci avrebbe solo guadagnato: risate assicurate, la presenza di Alex e il suo simpatico sarcasmo e poter ricattare Natasha in caso di necessità.

Rifletté qualche secondo e poi sorrise malignamente.

- Benvenuta, socia fondatrice del club Occhiate raggelanti e sorrisi perfidi. - ridacchiò Alex, battendole il cinque.



Nello stesso momento..


- E tu Nick? Chi hai invitato? – chiese Natan, uno degli amici nuovi di Nicholas.

Arrossendo fino alla punta dei ricci, Nick cercò di nascondere il rossore chinando il capo.

- Ehm… -

Ormai mancava poco e lui non aveva ancora rivelato ai suoi amici chi aveva invitato al ballo.

Anzi, non aveva proprio detto che lo aveva chiesto a qualcuno. Era sempre rimasto sul vago andante.

- Hai intenzione di invitare Natasha? Sai che lei ne è convinta al 200%, vero? – continuò Jack, sporgendosi dal suo banco, sul quale stava seduto in attesa dell’arrivo della professoressa.

- Jack ha ragione, mi sa che se non la inviti, te ne pentirai per il resto dei tuoi giorni. – confermò Ryan, indicando con il pollice Jack.

Nicholas sapeva perfettamente che se non avesse invitato la bella cheer-leader, gli avrebbe dato parecchio filo da torcere, ma non aveva intenzione di essere strumentalizzato solo per il suo nome da una finta bionda.

Perché lo sapeva: Natasha si voleva mettere con lui, ma non perché lo conoscesse, solo per il fatto che lui fosse Nick Jonas dei Jonas Brothers, un motivo in più di cui vantarsi.

E poi l’aveva già chiesto ad Anna.

Alzò lo sguardo verso il soffitto, appoggiando il mento sul palmo chiuso.

- Oh, se non ci andassi con chi ci vado, credo che sarebbe impossibile dire quanto peggio per me sarebbe… - pensò, ma non si accorse di averlo detto a voce abbastanza alta, almeno tanto che i suoi amici lo sentissero.

Jack sobbalzò sul banco, Natan cascò dalla sedia e Ryan si strozzò con la Red Bull che stava bevendo.

Solo dalla reazione dei tre, Nicholas capì di aver pensato ad alta voce.

Maledizione!” pensò allarmato. Aveva intenzione di dire ai suoi amici che aveva invitato Anna, ma in una maniera e in un luogo estremamente diversi.

La situazione era immobile.

I ragazzi avevano pensato all’evenienza che Nicholas avesse potuto invitare Anna al ballo – era l’unica persona a parte Alex, che il moro avrebbe invitato e di cui si sarebbe pentito se non avesse rispettato il suo impegno – ma quella ragazza riusciva ad apparire simpatica e solare in certi momenti, ma anche austera e inquietante in altri.

L’avevano vista appena arrabbiata solo una volta e avevano giurato a loro stessi che non sarebbero mai stati la causa di una sua arrabbiatura.


Natasha la stava punzecchiando come al solito, cercando di ottenere una sua particolare reazione per poi andarsi a rifugiare tra le braccia di Nick, con la scusa che quella ragazza fosse violenta e impulsiva.

Ormai aveva quasi esaurito tutti gli argomenti: il fisico, la provenienza, il caratteraccio, ma tutto si fermava alle battute acide dell’italiana, che manteneva sempre la sua compostezza, spuntandola sempre.

Ma la bionda aveva serbato la sua carta vincente fino ad allora, apposta per quell’occasione: il successo con i ragazzi.

Lì non c’era battuta acida che reggesse.

Natasha aveva sempre goduto di un successo e di un apprezzamento fra il popolo maschile, che poche prima di lei avevano ottenuto.

E Anna non era certo la persona che avrebbe potuto rubarle la corona.

Così, non sapendo come ribattere, la cinerea le aveva intimato di sparire, pur sapendo che questo avrebbe solo compiaciuto l’ego della bionda, cosa che appunto accadde.

Continuando a pavoneggiarsi delle proprie conquiste inorgoglita del silenzio dell’altra, aveva fatto crescere nella cinerea una rabbia ceca, repressa a stento dalla forza di volontà.

Ma sia Nicholas che Alex sapevano che la pentola stava per scoppiare, solo che non potevano intervenire, non volendo essere a loro volta travolti dall’ira di Anna.

E poi venne la battuta che fece traboccare il vaso.

- Capisco se portasse l’anello della purezza, ma a diciassette anni compiuti essere ancora vergine…Chi vuoi che se la accolli una così? –

In quel momento tutto si fermò e i colori si sbiadirono.

Oltre alle parole intrise di cattiveria e il tono di scherno, la voce era modulata con acidità, per umiliarla ancora di più, in quanto l’acidità era una prerogativa dell’italiana.

Dopo un minuto, lentamente Anna si alzò, tenendo il capo basso e poggiò i palmi delle mani ai lati del banco.

Quando fu completamente alzata, rimase qualche secondo immobile, aumentando la tensione già alle stelle.

Con la stessa lentezza con la quale si era rizzata in piedi, sollevò anche la testa, aprendo solo allora gli occhi verdi.

Ma quel verde non aveva nulla a che fare con quello che era solitamente.

Ora Natasha non sorrideva più.

Certo, era lo stesso colore di sempre, ma era facilmente percepibile la rabbia e l’umiliazione della ragazza.

Tutti si sentivano come se fossero stati nella sua testa, come se fossero stati loro stessi a subire le cattiverie della cheer-leader.

Era come se Anna avesse lasciato che ciò che provava uscisse dal suo corpo e si espandesse nella classe, saturando le menti e i corpi dei presenti.

Perfino la professoressa Stuart era rimasta in religioso silenzio, congelata al suo posto.

Nemmeno Nicholas e Alex riuscivano più a muoversi; la pressione psicologica che Anna stava non tanto involontariamente esercitando sulle menti dei compagni era tale che si rifletteva sul fisico, irrigidendo e rendendo statici gli arti.

A poco a poco quei due sentimenti rispecchiati negli occhi si unirono, fino a crearne uno decisamente più pericoloso: la vendetta.

Sembrava un film: se ci fosse stato uno spettatore, si sarebbe aspettato che Anna saltasse addosso a Natasha e la riempisse di ceffoni, fino a spedirla all’ospedale.

Ma non accadde nulla di tutto ciò.

Anzi, successe l’ultima cosa che ci si aspettava: Anna cominciò a recitare un testo.


Non mi farai restare

Quindi levati dai piedi

Conosco tutti i tuoi trucchi

Allora perché non mi lasci in pace?

Sono stato qui tempo fa

Ma ero troppo ceco per vedere

Che tu seducevi tutti gli uomini

Ma questa volta non mi sedurrai


Lei dice “Va bene

Fa’ quello che preferisci

Io ho la cosa che cerchi

Io sono quello che ti serve”

Lei mi ha guardato profondamente negli occhi

Mi ha toccato così per cominciare

Lei dice “Non si torna indietro”

Mi ha intrappolato nel suo cuore


Le piacciono i ragazzi della band

Sa quando tornano in città

Ogni fan dei musicisti

Quando cala il sipario

Lei aspetta alla porta del backstage

Quelli che hanno prestigio

Chi promette ricchezza e fama

Una vita senza problemi


Lei dice “Va bene

Fa’ quello che vuoi

Sarò il tuo oggetto d’amore per questa notte

Sarò il mostro che potrai deridere

Non mi importa quello che dici

Io voglio andare troppo lontano

Sarò il tuo “tutto”

Se mi farai diventare un star


Lei dice “Devo andare a casa

Perché sono stanca lo vedi

Ma odio dormire da sola

Perché non vieni con me?”

Io rispondo “La mia ragazza è a casa

Probabilmente stanotte è preoccupata

Non l’ho chiamata per dirle che sto bene”


Lei cammina verso di me

Dice “Sono tua stanotte”

Allora io corro verso il telefono

Dicendo “Amore sto bene

Però lascia la porta aperta

Perché ho dimenticato le chiavi”

Lei dice “ Lui non tornerà, perché sta qui con me.”


Quando Anna finì di parlare, Natasha aveva abbassato lo sguardo da un po’, incapace di sopportare quello serio della diciassettenne.

- Vedi se per terra insieme alla tua cattiveria ritrovi anche la tua verginità, arrampicatrice sociale. – disse lapidaria la cinerea, prima di sedersi sulla sua sedia, sciogliendo la tela ti pressione che aveva creato.



Ripresosi un attimo dallo sconcerto, Natan ebbe il coraggio di parlare.

- Tu… hai… invitato… Anna?! -

- Ehm… sì.. – mormorò Nick, alzando le spalle.

- Quella Anna? Quella che vive con te e che sarebbe capace di incenerire un ghiacciolo con uno dei suoi sguardi alla Jack lo Squartatore? Proprio lei? - domandò Jack, sbarrando gli occhi.

- Quante altre Anna conosci che io potrei invitare? - gli fece notare retoricamente Nick, guardandolo storto.

- Ma quella ragazza è pericolosa! - sbraitò l'altro, dimenando le mani.

- Ma tu non ci vivi assieme da quasi quattro mesi, io sì. - ribatté il moro, sulla difensiva.

- Direi che posso considerarmi fortunato per questo. - infierì il castano, cercando di smuovere l'amico dalla sua posizione.

Preso da un attacco di rabbia Nicholas si alzò di scatto dalla sedia e si piazzò davanti a Jack, guardandolo duramente.

- Senti, ci sono voluti due mesi e due giorni di mutismo per la mia stupidità, ma alla fine ha deciso di aprirsi, almeno in parte, con me. È una ragazza assolutamente riservata, ma da come mi ha parlato ho capito che non è poi tanto diversa da me o da te o da chiunque altro. Considera poi che nulla di tutto ciò che la circonda è normale per lei, dato che viene dall'Italia e da una città piuttosto piccola. Qui simo a Los Angeles, negli Stati Uniti, in America, che è un altro continente, ti rendi conto? È vero che ci sono tanti ragazzi che vanno all'estero a studiare, ma non siamo tutti uguali e Anna, come avrai capito, nasconde alla perfezione quello che prova. Ed è proprio per questa sua introversione che quando le ho offerto la mia disponibilità se avesse voluto parlare, ho avuto una reazione rovinosa, perché lei aveva accettato. - disse tutto d'un fiato, stanco che nessuno a parte lui e i suoi familiari potessero capire la ragazza.

Espirando rumorosamente, si lasciò cadere sulla sedia.

Guardando il pavimento imbarazzato, Jack si scusò.

- Hai ragione Nick. Non dovevo permettermi di giudicare Anna solo per quello che fa vedere di sé. - si fermò e poi riprese – anzi, non la dovevo proprio giudicare. È che come hai detto tu, non è facile indovinare quello che le passa per la testa e quindi siamo spaesati. - concluse, prendendosi la testa fra le mani.

Immaginando di aver un po' esagerato, Nicholas rimediò.

- Non lo faccio per me, è solo che anche io devo continuamente convivere con lei senza sapere se quello che fa o che dice è fine a se stesso oppure fa parte di un meccanismo più complesso. Però ti dico, un giorno è venuta in camera mia, al mio consenso si è seduta sul letto e ha cominciato a parlarmi della sua vita in Italia. Da allora si è sempre sforzata di essere più aperta a parlare di sé, anche con gli altri. -

- Questo l'ho notato. - commentò Jack. Poi, ritornando alla sua solita vivacità aggiunse – Ma allora tutti gli Italiani sono chiusi e scorbutici? -

Questo scatenò una risata collettiva.

Ryan si grattò il mento con aria pensierosa e poi disse

- Beh, tornando all'argomento ballo: onore al merito per il fatto che tu abbia invitato lei, questo non te lo toglie nessuno; e questo in un certo senso ti garantisce una certa immunità da Natasha, ma dall’altra ti sei ficcato nei casini. Perché tu lo sai che razza di rapporto c’è tra quelle due. -

- Certo che lo so e può sembrare che l’abbia invitata per fare un torto a Natasha, ma non è così, ora lo sapete. Se ho invitato lei è perché volevo invitare lei, punto. – subito dopo aver parlato si rese conto che le sue parole potevano essere intese per un altro verso, quindi cercò la frase più veloce e adatta alla situazione per chiarire le idee.

Certo, aveva chiesto ad Anna di andare al ballo con lui perché gli piaceva, ma preferiva che nessuno venisse a conoscenza di quel piccolo particolare. Fortunatamente per lui, Ryan volle essere clemente e lo salvò da quella situazione imbarazzante.

- Beh, ma almeno lei ha accettato? -

Subito anche Jack e Natan si voltarono verso il riccio con aria da “Ha-ragione-lui”.

Ora Nick si sentiva decisamente in imbarazzo. Non ne capiva il motivo, ma sentiva il sangue affluirgli alle gote, imporporando il viso.

- Diciamo che ho un po’ dovuto prenderla per sfinimento, ma alla fine ha ceduto. – annunciò con troppo entusiasmo.

- Eeeh, il nostro Nicky è riuscito a scalfire il cuore di piobanto della nostra Anna! – saltò Jack, ridendo come un matto.

- Piobanto? E che cosa dovrebbe essere, di grazia? – chiese una voce estranea al quartetto.

I ragazzi si voltarono di scatto e videro Anna appoggiata allo stipite della porta, con le braccia conserte, che li guardava rilassata.

Sperando con tutto il cuore che non avesse sentito nulla della loro conversazione, Jack si affrettò a spiegare.

- Ehm.. è una lega formata dal piombo e dall’amianto. -

- Ah. – disse lei, alzando un sopracciglio – Quindi secondo voi il mio cuore sarebbe una lega praticamente invulnerabile, che però è stata scalfita da Nicholas. - constatò, avvicinandosi lentamente ai quattro, mantenendo la posizione delle braccia.

Immaginando di dover dare spiegazioni che li avrebbero messi nei casini, Natan, Ryan e Jack, con grande spirito di solidarietà, decisero di abbandonare Nick al proprio destino, defilandosi con le classiche scuse di dover andare in bagno.

Quindi si alzarono e se ne andarono con andatura nervosa, sotto lo sguardo allibito del Jonas.

Anna si era immaginata una reazione simile, quindi non diede segni di essere sorpresa.

- Sembra che io abbia la peste. - disse, voltandosi verso Nicholas, quando i suoi amici furono lontani – ogni volta che compaio, i tuoi amici se ne vanno con le scuse più banali che esistono. - argomentò, sedendosi sul banco dove fino a poco tempo prima stava Jack.

Il povero ricciolino stava cercando qualcosa di sensato da dire per coprire la fuga precipitosa di quei tre traditori, ma era troppo nel panico per pensare razionalmente.

Notando l'agitazione del ragazzo, Anna decise di lasciar perdere la loro conversazione, concentrandosi sui particolari del ballo.

- Non voglio sapere di cosa stavate parlando, anche se a quanto pare l'argomento principale dei vostri discorsi ero io, preferisco anelare nell'ignoranza. - disse, chiudendo gli occhi.

Nick sentiva di dover tirare un sospiro di sollievo, ma fece di tutto per trattenerlo, per evitare che Anna ricostruisse la loro conversazione.

- Nicholas, guarda che non intendo approfondire le ricerche riguardo i vostri discorsi da uomini, quindi tira questo benedetto sospiro, che stai diventando viola.- gli permise infine lei, ridacchiando divertita.

Di colpo il ricciolo esalò tutta l'aria repressa, respirando affannosamente.

- Mi hai tolto un peso dall'anima. - confessò, una volta ripresosi.

- Beata ignoranza. - mormorò Anna in italiano.

Nicholas non lo sapeva, ma lei aveva ascoltato tutta la loro conversazione, solo che voleva evitare di metterlo troppo a disagio.


***

Non credevo che qualcuno avrebbe mai preso le mie difese davanti a i propri amici.

Eppure Nicholas l'ha fatto, rischiando di passare per un pazzo.

Io lo avrei fatto, ma sarebbe stata una cosa diversa, in quanto lui è un ragazzo buono per natura, che si merita di essere difeso.

Ma io?

Io sono una ragazza chiusa, che si mostra sempre sicura di sé, senza debolezze o pecche, anche se non è così. Ho bisogno di fidarmi ciecamente di una persona, prima di rivelare l'altra parte del mio carattere. Certo, sono una persona forte, ma non sempre riesco ad esserlo. E in quei momenti ho bisogno di una spalla su cui piangere. Questo non l'ho ancora raccontato a Nicholas.. ma credo che dopo oggi lo farò. Se lo merita.

E io?

Mi merito la sua comprensione?

Dam.


***



Ormai mancavano due giorni al fatidico ballo e la scuola era in fibrillazione.

Le ragazze giravano a gruppetti di quattro o più elementi, avide di sapere se quello aveva già chiesto a quella di andarci con lui o se l’avesse lasciata a bocca asciutta perché ci andava con quell’altra all'ultimo momento; gli altri argomenti delle conversazioni femminili erano i vestiti. Chi ce l’aveva lungo, chi corto, chi firmato, chi sobrio, chi appariscente…

- Mio Dio! A me lo ha chiesto Chris, del mio corso di biologia! Credo che mi trovi carina.. sarà merito dei miei bellissimi capelli biondi –

- A me lo ha chiesto Bryan, del corso di inglese –


I ragazzi non erano poi così distanti.

- Ah, io ho invitato quella bionda figa del mio corso di biologia –

- Io Lily del corso di inglese –

E cose del genere.





Ah, mi sono dimenticata di dirvi che il testo che Anna recita è la traduzione di Dirty Diana, di Michael – Ma dai? Non lo avrei mai detto Nd Michael..


Secondo me prima o poi ti tireranno dietro il pc.

Perché dovrebbero farlo?

Perché stai stressando loro l'anima con me e le mie canzoni.

-.-' Te non sei mica normale, sai?

Come mai?

Hai anche il coraggio di chiedermelo?

Evidentemente sì.

Cioè, tu dovresti essere solo contento di comparire così spesso in una mia fic, e ancora stai dalla parte delle lettrici?

Io son una persona buona e altruista, non come te, sadica e approfittartice. E poi il cliente ha sempre ragione.

Se, e te che vendi, panetti?

Come fai a vantarti del tuo cervello, quando non lo usi.. era un esempio.

Mi sembri un po' confusa..

Naaah, non ti preoccupare, è normale.

E tu che diavolo ci fai qui, Joseph?

Dici che è normale? A me non sembra.. oddio, ogni tanto la sento parlare da sola, ma per lei è normale, oh?

Ehi, io non parlo da sola!

Guarda, lei non lo vuole ammettere, ma io ho le prove!

Ma quali prove e prove! Io non parlo da sola e basta!

Prove? Davvero? E quali sono?

Ma tu gli credi anche?! Ti rendi conto che stai parlando con Joe Jonas? È un babbuino graziato che parla solo perché ha la bocca!

Beh, non so se lo sai, ma qualche mese fa lei ha scritto una shot..

Ti riferisci a quella shot?

Mmm, ne ha scritte tre o quattro, ma non le ho lette.

Perché non hai mai voglia.

In pratica, leggeva in greco, ad alta voce.

Quello ogni tanto lo fa.. e ogni volta mi chiedo con chi stia parlando. Poi capisco che

legge in greco.

Certo, perché è normale parlare una lingua morta da millenni correntemente. Ovvio. E poi sono io quella che non usa il cervello.

Eh, ma nella shot lei leggeva e poi parlava da sola. O meglio si lamentava perché non sapeva come tradurre.

Ero in crisi. Tu parli da solo continuamente, scusami eh. E poi io non stavo parlando da sola.

Avevo dei sospetti che non appartenesse alla razza umana.

Taci, Jackson! Proprio tu fai discriminazioni?! E il “Don't you black/wrong or white/right me” che fine ha fatto?!

Ma non credere che sia finita qui!

C'è dell'altro?!

Eccome!

Ma la volete piantare di parlare come se io non ci fossi?!

Mi ha anche detto che non stava parlando da sola.

Ha avuto il coraggio di smentire?

Alla faccia! Mi ha detto, testuali parole “Taci Jonas. Io non parlo da sola, dialogo indirettamente con la mia versione, non parlo da sola.”

Hai toccato veramente il fondo. Mi hai deluso.

Tsé, capirai. Che è, ora non mi parli più perché secondo te ho detto una bugia?

Oh, andiamo Mike!

Ahahahah

Jooonas? Non è che tu sei venuto solo per seminare zizzania, vero?

Io? Ma non lo farei mai!

Vedi cosa ti faccio fare nel prossimo capitolo, oh sì..

Non lo farai...

Oh sì.


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Capitolo 20
*** Blood On The Dance Floor ***


capitolo 20

Credo di essere anche in anticipo.

O beh, non c'è male.

Allora, questo capitolo mi è costato lacrime sudore e sangue, ma è il mio preferito.

Mi è piaciuto scrivere “Dirty Diana”, ma questo è ad un livello decisamente superiore.

Ahh, sono esaltata!!

Ok, cercherò di contenere l'entusiasmo:

jonas_princess: oh cara, vedi la piega di questo capitolo... mi dispiace che non ci sia ancora tu, ma sarebbe diventato troppo lungo. Tu non ti sei mai voluta sentire questa canzone, ma credimi se ti dico che se ti guardi prima il video e poi leggi il cap svieni. Anzi, ti consiglio di fare così, rende meglio il contrasto Nicholas/tuttociòcheluirinnega. Fa 'stesso anche se non hai aggiornato, almeno potrai leggere questo quando tornerai. Un bacio e goditi le vacanze!

Cussolettapink: Grazie mille! Fa sempre piacere avere lettrici che commentano. Effettivamente hai ragione riguardo i discorsi di Anna, ma è un tipo talmente orgoglioso, che dice solo quello di cui si sente sicura. Non si sognerebbe mai e poi mai di mettersi a parlare di cose che richiederebbero termini che lei non conosce. Grazie ancora!




Capitolo 20: Blood On The Dance Floor


Era un tranquillo pomeriggio di metà dicembre e Anna stava cambiando canzone dal suo iPod, dato che aveva voglia di ballare un po'.

Così da “Hard For Me To Say I'm Sorry”, dei Chicago, partì “Ghosts”, ovviamente di Michael.

Muovendo la testa a ritmo, uscì dalla sua camera per andare in bagno a prendere un elastico per legare i capelli.

Quando rientrò, si trovò davanti Denise e Paul Sr.

Sollevando un sopracciglio, piegò la testa di lato, chiedendo silenziosamente il motivo della loro inaspettata “visita”.

- Anna, volevamo proporti una cosa. - iniziò la donna, voltandosi verso di lei.

- Ditemi pure. -

- Ecco, noi avevamo intenzione di passare il Natale in New Jersey, come tutti gli anni, dai nostri familiari.. - continuò Paul, che venne però interrotto dalla moglie.

- E ti volevamo invitare a passare queste vacanze con noi! - concluse la donna, sorridendo amichevolmente.

La ragazza rimase un attimo spiazzata da quella proposta.

Insomma, passi il fatto che era la loro coinquilina – e aveva il sospetto che per i signori Jonas fosse quasi una di famiglia – ma addirittura essere invitata a trascorrere il Natale in compagnia della famiglia Jonas allargata le sembrava un'azione un po' affrettata.

Ad interrompere i suoi ragionamenti fu Paul Sr. che le fece gentilmente presente che se non avesse voluto accettare l'offerta, l'avrebbero accompagnata a casa, in Italia e poi sarebbero venuti a riprenderla.

Però l'idea di passare una Natale con i ragazzi non era poi così folle..

E poi non voleva che si disturbassero nell'accompagnarla e riportarla in America.

Quindi decise di accettare, ringraziandoli per la loro gentilezza.

Sorridendo misteriosamente, entrambi ringraziarono lei, anche se la diretta interessata non ne comprese il motivo.


***


- Ricordatemi ancora una volta perché ho deciso di assumervi come stiliste personali. - sbuffò una seccata Anna, alzando gli occhi al cielo.

- Che memoria da elefante che ti ritrovi! - la riprese Keira ridacchiando, piegandole la testa in avanti, per poter chiudere con un fiocco dietro la nuca il vestito.

- È che non ho ancora capito come diavolo abbiate fatto a convincermi e la cosa è preoccupante. - rispose la cinerea, puntando gli occhi sulla sua scollatura.

- Capirai, ogni volta che c'è una festa sei tu a vestire me, lasciami provare il gusto di essere dall'altra parte, per una volta. - la rimbeccò Alex, appoggiandosi allo stipite della porta della camera della cinerea con la spalla.

- Ti ricordo che ti ho vestita io due volte, non duecento. E poi, non so se tu e la tua collaboratrice – borbottò, rialzando il capo e facendo un cenno verso Keira – lo abbiate notato, ma questo vestito è troppo scollato. - si lamentò, guardandosi allo specchio.

Alex alzò le mani e cercò di mantenere la calma, mentre le si avvicinava e si fermava a pochi passi dalla sua immagine riflessa.

Alzando un sopracciglio, squadrò la sua “creazione” e poi spostò lo sguardo sulla figura dell'amica.

- Non dire cazzate, che ti sta benissimo. - la rimbeccò, guardandola con aria da “non-arrampicarti-sugli-specchi”.

Sorridendo sarcastica, la bionda guardò di sottecchi prima l'una e poi l'altra e fece un commento molto eloquente.

- Ti ricordo che io non ho la seconda ben disegnata di seno, ho la terza venuta male. E poi ti rinfresco la memoria, elefantessa: io al ballo ci vado con Nicholas, un santo vivente, e se mi vede in questo stato mi sviene sulle scarpe – che mannaggia a te mi tocca indossare 'sti cosi – e poi chi lo riporta a casa, dato che io non ho la patente? - commentò, sorridendo senza allegria, tornando a concentrarsi sulla propria immagine.

Keira sapeva che quella era una fase della crescita, ci era passata anche lei qualche anno addietro, quindi le si avvicinò e le cinse le spalle con un braccio.

- Credo sia inutile dirti che non devi pensare queste cose, quindi credo che per riuscire a farti andare a quel benedetto ballo con il sorriso, debba ragionare come te. - disse, guardandola nello specchio.

La reazione della cinerea era ormai scontata: l'alzata del sopracciglio sinistro e l'aria neutra.

- Figurati l'immagine delle tue compagne dei corsi in questo momento: cosa staranno facendo, come si sentiranno? - continuò la mora.

Anna sollevò lo sguardo e rifletté sulle parole di Keira.

Decise poi di seguire il suo consiglio e si immaginò le possibili sclerate delle sue compagne di corso.

Non passarono neanche due minuti, che la ragazza cominciò a ridere sommessamente.

Presa dalla curiosità, Alex accennò un sorriso e le chiese quale fosse il motivo di tanta ilarità.

Riprendendosi un attimo, Anna prese un respiro profondo e poi disse

- Beh, mi sono immaginata Natasha alle prese con un vestito rosa shocking, che si è strappato sulla schiena.. immaginati la scena.. ihihihih. -

Visionatasi l'immagine dell'amica, anche Alex scoppiò a ridere.

TOC TOC

sentendo bussare alla porta, Keira si avvicinò di scatto. Non voleva assolutamente che Nicholas vedesse la sua accompagnatrice senza che lei avesse fatto prima un'entrata con stile.

- Che c'è? - domandò cauta, non aprendo la porta.

- Tutto bene lì dentro? Alex, è arrivato Nate – le informò la voce di Kevin, lasciando intendere anche che era un po' preoccupato.

Ignorando la capriola che il suo cuore aveva fatto nel sentire la sua voce, si affrettò a rispondere

- Noi qui abbiamo finito, dite ai due di aspettare un attimo, che li raggiungono subito. - disse, cercando di far apparire la voce normale.

- Ok. -

Quando capì che se ne era andato, si accasciò alla porta, esalando l'aria che aveva trattenuto.

- Io avrò anche problemi con il mio fisico, ma tu.. non puoi andare in iperventilazione anche se ci parli attraverso una porta, cara la mia ragazza. - le fece notare Anna, ridacchiando.

- Io non vado in iperventilazione. - rispose con troppa foga la mora, sentendosi punta sul vivo, arrossendo.

Sia Alex che Anna la guardarono come l'aria di chi la sa lunga, incrociando le braccia.

Sentendosi in difficoltà sotto il peso dei loro sguardi, Keira sbottò

- Ok, forse un pochino, ve lo concedo. Ma voi non dovevate andare ad un ballo? - disse, deviando il discorso dall'argomento “Kevin”.

- Noi ce ne andiamo, ma non credere che sia finita qua. - le rispose Alex, voltandosi verso l'amica e facendo un cenno con la testa alla porta, chiudendosela alle spalle, dopo averle fatto l'occhiolino.

- Dai andiamo, Nicholas e Nate staranno aspettando. -

Annuendo, la cinerea si avvicinò alla porta e, lanciando uno sguardo malizioso a Keira, sparì lungo il corridoio, affiancata da Alex.


Nick e Nate erano nell'atrio di casa Jonas ad aspettare le loro due donzelle.

- Uff, ma quanto ci impiegano? - sbuffò il secondo, visibilmente nervoso.

Non aveva mai considerato Alex, ma da quando frequentava Nicholas aveva scoperto che quella ragazza era un'autentica forza della natura.

Non che fosse attratto d lei, ma stava bene in sua compagnia e per questo aveva deciso di invitarla al ballo.

- Beh, Kevin ha detto che stavano arrivando.. - non riuscì a concludere la frase, che vide le due ragazze in cima alla rampa delle scale.

Era ufficiale: ogni volta che vedeva Anna con addosso un vestito, i suoi neuroni andavano in vacanza, mentre i suoi ormoni festeggiavano alla grande.

Non poté fare a meno di notare anche Alex, ma come per il compleanno di suo fratello, si ritrovò a fissare la cinerea a bocca aperta.

Al contrario dell'amica, Anna era fasciata da un abito azzurro chiaro estremamente semplice, ma anche scollato – per lui, s'intende – che però le calzava bene.

Anche se, per le poche volte che l'aveva vista con un vestito, secondo lui stava sempre bene.

Con il tacco delle sue argentatissime scarpe, arrivava all'altezza di Alex e la superava.

Aveva anche una sorta di cardigan bianco di ricami, molto leggero, che avrebbe tolto una volta arrivata a scuola.

Ma il tocco di classe glielo donavano i guanti bianchi, lunghi fino al gomito, il cerchietto azzurro fra i capelli appena tagliati e gli orecchini brillanti.

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Anna percepì il suo sguardo su di sé e dissimulò stringendo i denti anche il rossore che immaginava si sarebbe impossessato delle sue gote.

Nate ebbe più o meno la stessa reazione di Nicholas, solo che lo diede meno a vedere.

E poi lui era concentrato sulla sua invitata, che per l'occasione sfoggiava un abito rosso dal corpetto leggermente rifinito e una graziosa gonna di tulle a strati.

Per le scarpe aveva deciso di rimanere sul sobrio, quindi un paio di ballerine semplici nere.

Il bracciale che portava al braccio destro era grigio a forma di rose, per rimanere in tono con il vestito.

La collana e gli orecchini erano decisamente eleganti, ma si armonizzavano perfettamente con l'eleganza differente del vestito e delle scarpe.

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Decidendo che si erano fatte rimirare anche troppo, le due ragazze scesero dalle scale, e si avvicinarono ai rispettivi accompagnatori.

Scambiandosi sguardi imbarazzati, tutti e quattro uscirono da casa Jonas dopo aver salutato il resto della famiglia.

Da bravi galantuomini, Nick e Nate aprirono le portiere delle due ragazze e le richiusero.

Avevano deciso di venire con due macchine separate, nel caso una delle due coppie fosse voluta ritornare a casa prima dell'altra.

Il tragitto per Anna e Nicholas fu molto diverso da quello di Alex e Nate; infatti, a differenza di questi ultimi, che se la ridevano per qualsiasi cazzata venisse loro in mente, i primi due rimasero in silenzio.

Non era tutta colpa dell'imbarazzo, ormai chiacchieravano scioltamente di quasi tutto, piuttosto della tensione.

Lei, perché non era assolutamente abituata a festeggiare la vigilia di Natale in quel modo, lui, perché non ne aveva mai avuta l'occasione.

O meglio, ce l'aveva avuta, ma era circondato da star del suo calibro, non da comuni liceali.


Una volta giunti a scuola, si diressero verso la palestra, organizzata a regola d'arte dalle cheer-leader per l'evento.


Alex e Nate erano già dentro e la cinerea si apprestava a seguirli, ma la mano di Nicholas si strinse gentilmente attorno al suo polso, chiedendole silenziosamente di aspettare qualche secondo.

Corrugando la fronte, la diciassettenne espresse la sua curiosità.

Sorridendo per mascherare l'imbarazzo, Nick frugò all'interno della tasca interna della sua giacca, alla ricerca di qualcosa.

Ad Anna vennero in mente diversi spezzoni di film, nei quali lui tira fuori una scatoletta vellutata e, inginocchiandosi al cospetto di lei, le apre il cofanetto, rivelando un bellissimo anello, per chiederle di sposarlo.

Scacciò quei pensieri dalla mente, ma non fece in tempo a concentrarsi su quello che stava facendo il ragazzo, che sentì i suoi passi dietro si sé.

Non si era accorta che nel frattempo Nick si era spostato alle sue spalle, assorta com'era nei suoi pensieri.

Ebbe l'istintiva reazione di voltare la testa, ma la mano del diciassettenne si posò delicatamente dietro il suo orecchio, invitandola a non voltarsi.

Non avendo idea di quello che il riccio avesse intenzione di fare, si limitò a rimanere ferma, assecondandolo quando le chiese di chiudere gli occhi.

Dopo due secondi, sentì un peso appena accennato e freddo all'altezza della congiunzione delle clavicole.

Percepiva chiaramente che il Jonas stava armeggiando sulla sua nuca e quando la sua mano entrò in contatto con la pelle del suo collo, tese involontariamente tutti i muscoli della schiena.

Il suo cuore prese a battere ad un ritmo sostenuto senza che lei potesse fare nulla per impedirlo.

- Ora puoi aprire gli occhi. - la vellutata voce di Nicholas raggiunse le sue orecchie, ma prima che le sue parole arrivassero al cervello e venissero messe in pratica, passarono tre secondi.

Quando capì che il riccio le aveva legato una collana, abbassò la testa in modo da poter vedere.

Era un cordoncino di caucciù nero semplice e semplice era il Triskell che fungeva da pendente.

Non era niente di particolarmente prezioso, ma Nick si era torturato per tre giorni alla ricerca di una

collana che potesse piacere ad Anna.

(http://empimg.com/pics/300_168026a.jpg)

La ragazza rimase molto sorpresa da quel gesto.

Prese in mano il piccolo pendente per poterlo vedere meglio e subito se ne innamorò.

In un certo senso rispecchiava il suo carattere, essenziale ma completo allo stesso tempo.

Sorrise al pensiero di Nicholas e alla bellezza e significato di quella piccola attenzione.

Alzò lo sguardo verso di lui e lo guardò intensamente negli occhi, sapendo che non sarebbero servite troppe parole.

Quindi gli sorrise sincera e, colta da un improvviso slancio di affetto molto poco da lei, gli si avvicinò e lo abbracciò; quello era un abbraccio che esprimeva l'amicizia che Anna provava verso di lui, che a parole non sarebbe mai riuscita a esprimere.

Quando si staccò, nessuno dei due parlò e si diressero velocemente verso l'entrata della struttura.

Entrambi sapevano perfettamente che si sarebbero beccati occhiatacce e commenti velenosi quella sera, ma né l'uno né l'altra avevano intenzione di farsi rovinare la festa.

Appena prima di entrare, si guardarono, si sorrisero complici e Nicholas offrì il suo braccio alla sua dama.

La loro entrata fu spettacolare: erano radiosi e sembrava che emanassero luce.

Ovviamente tutti gli sguardi erano puntati su Nick Jonas, la star e Anna Dal Fuoco, la ragazza che aveva fatto tacere Natasha.

Perfettamente consapevoli di essere al centro dell'attenzione, avanzarono fieri fino alla folla e aspettarono che Jack, il DJ della serata, facesse ripartire la musica, che si era interrotta al loro arrivo.

Jack non era sorpreso, in quanto Alex lo aveva avvisato e fece subito partire una canzone.

Sorridendo come un conte del '700, Nicholas invitò Anna a ballare.

Rispondendo al sorriso, lei acconsentì, sentendo chiaramente lo sguardo di fuoco di Natasha che cercava di trapassarle le scapole.


***


I quattro ragazzi se ne erano andati da cinque minuti e Keira stava raccattando le proprie cose per tornare a casa.

Si era tanto divertita a sentire tutte le imprecazioni della cinerea contro Alex nella sua lingua madre per via del vestito e delle scarpe, ma non era sicura che tutti gli insulti fossero diretti solo alla mora.

Scuotendo la testa con il sorriso ancora sulle labbra, non si accorse che Kevin le era sopraggiunto alle spalle e la stava osservando con uno sguardo intenerito.

La trovava adorabile in quel momento rilassata com'era, che non poté fare a meno di fermarsi senza farsi vedere, per poterla osservare di nascosto.

Alzando la testa velocemente, scorse la figura del ventiduenne davanti a sé e arrossì irrimediabilmente.

Kevin lo notò e pensò che era dolcissima, ma non aveva fatto i conti con la sua indole timida e subito arrossì anche lui.

Sapendo che se non avesse parlato subito sarebbero rimasti in silenzio finché non fosse venuto qualcuno a svegliarli, si schiarì la gola e le offrì un passaggio per tornare a casa, dato che l'aveva accompagnata Alex fino a casa loro.

Keira ci pensò un attimo su e poi accettò con un sorriso.

Viveva vicino al supermercato dove l'aveva conosciuto, non vicino a casa sua.


Dieci minuti dopo erano tutti e due nel suv del cantante, diretti verso l'appartamento della ragazza.

Una volta che furono arrivati, la tensione mista all'imbarazzo regnavano nell'abitacolo.

- Ehm.. beh sì, grazie del passaggio Kevin... - mormorò lei, abbassando lo sguardo e piantandosi le unghie nei palmi delle mani.

- Non c'è di che, Keira.. - rispose il ventiduenne, imbarazzato almeno quanto lei.

In quei momenti desiderava intensamente essere come suo fratello Joe, che sapeva sempre come uscire da quel tipo di situazioni con la sua immancabile battuta pronta.

Oh insomma basta! Sono stufa di arrossire continuamente come una ragazzina alle prime armi! Ho vent'anni dopotutto, non quattordici! Solo perché Kevin mi piace, non significa che le nostre conversazioni debbano essere composte da monosillabi!” Keira era decisamente stufa di avere in continuazione quelle reazioni infantili davanti a lui, quindi decise di mettere da parte la timidezza e, sfoderando un grande sorriso, invitò il ragazzo a salire su da lei per un po', per ringraziarlo del passaggio.

Notando il repentino cambio di atteggiamento nella ragazza, il Jonas si sorprese, ma il suo invito non gli dispiaceva per niente, quindi acconsentì.

Una volta su, Kevin notò come quel piccolo appartamento risultasse accogliente e carino.

Da brava padrona di casa Keira lo fece accomodare nel soggiorno, chiedendogli se volesse qualcosa da bere.

Avendo risposto che avrebbe gradito dell'acqua, si avviò verso la cucina per prenderne due bicchieri.

Tornata di là, ne diede uno al ragazzo e così cominciarono a parlare.

Senza che se ne accorgessero, erano passate due ore.

- Davvero?! - domandò Keira incredula.

Kevin le stava raccontando alcuni divertenti aneddoti su di lui e i suoi fratelli, contento che la facessero ridere a crepapelle, specialmente quelli su Joe.

- Ti giuro! Poi quando la mamma è venuta a saperlo.. ti lascio indovinare! - rispose lui, ridendo con lei.

- Ah però! Guarda che ore si sono fatte! Le 22.30. Credi che si stiano divertendo alla festa? - chiese la ragazza, sorridendo ancora.

- Secondo me Anna è ancora tutta bella che composta.- ipotizzò il maggiore, alzando gli occhi al cielo.


***


In quello stesso istante..


Sentiva il respiro affannoso di Anna, così simile al suo e vedeva il sorriso di sfida e vittoria illuminarle ancora gli occhi.

Sentiva il suo busto, attaccato al proprio, affannarsi alla ricerca d'aria e le sue gambe tremare impercettibilmente per l'adrenalina che sfrecciava prepotentemente nelle loro vene.

Lui non era mai stato il tipo da lasciarsi coinvolgere in cose appassionate – ma soprattutto passionali e sensuali – come quella che aveva appena fatto, ma doveva ammettere che il sorriso di vittoria ce l'aveva anche lui in bella mostra, stampato in faccia.

- Credo che questa sia stata la cosa più folle ed esaltante degli ultimi dieci anni. - le confessò in un orecchio, avvicinandosi quel poco che gli occorreva. Non che dovesse fare questa gran fatica, erano praticamente bocca contro orecchio, ma il contatto con il suo corpo era una cosa alla quale non era in grado di resistere, benché avesse al dito quella promessa opprimente.

- Felice di avervi contribuito. - rispose lei, soffiando nel suo orecchio la risposta.


Era già da un po' che ballavano e Anna aveva la sensazione che prima o poi Alex e Jack le avrebbero giocato un tiro mancino.

Tanto per confermare i suoi timori, vide l'amica avvicinarsi al DJ e parlottare sommessamente con lui.

E la cosa non le piacque per niente.

Mi sa che è meglio aspettare che le acque si calmino, prima di ripresentarsi.” pensò, congedandosi da Nicholas, dicendo di dover andare in bagno e a riposare i piedi stanchi.

Lui la lasciò fare senza porre domande, immaginando che volesse un po' di privacy.

Saggio ragazzo.”

Aspettò qualche minuto, prima di azzardarsi a mettere la testa fuori dal bagno.

Vedendo che non c'erano problemi, ritornò sorridente in palestra, convinta che la burrasca fosse passata.

Quello che non sapeva era che Jack stava aspettando proprio lei, per mettere su un bel lento.

Infatti come la vide entrare, aspettò che Nicholas le si avvicinasse per far partire “It Is You (I Have Loved)” la colonna sonora di Shrek.

Quando il ricciolino si rese conto che il ballo al quale l'aveva appena invitata era un lento, arrossì fino alla punta delle unghie dei piedi.

E per una volta, Anna arrossì con lui, non così vistosamente, ma lei se ne accorse, sperando che lui fosse troppo impegnato a maledire il suo amico per notarlo.

Non era per il fatto di ballare attaccata Nick, era per il fatto di ballare attaccata ad un ragazzo.

Vedeva il Jonas come amico, non come qualcosa di più, quindi non era la sua presenza a metterle addosso tutto quell'imbarazzo.

Si guardarono negli occhi per un lungo istante, prima di pensare che se non si fossero messi a ballare avrebbero avuto ancora più occhi addosso e naturalmente anche più gossip.

Di tacito accordo, si avvicinarono, fino ad essere l'uno davanti all'altra.

Cancellando l'indecisione e la lentezza dai suoi occhi e dai suoi movimenti, la ragazza mise il braccio destro sulla spalla di Nick e la mano libera in quella che il ragazzo le offriva.

Provò una sensazione strana quando lui le circondò la vita col braccio sinistro, facendo aderire i loro corpi.

Ora arrivava la parte difficile per Anna: doveva appoggiare la testa sul petto di Nick e lasciarsi cullare e guidare da lui.

Impresa titanica per lei, in quanto era sempre stata abituata ad essere il comandante, non la comandata. Ma per quella volta doveva rispettare le regole del mondo, non le sue.

Così smise di lottare contro il suo orgoglio e si abbandonò completamente fra le braccia del diciassettenne, il quale sperava che i battiti cardiaci diminuissero in fretta la loro frequenza, perché Anna dalla sua posizione poteva benissimo sentirne l'intensità e non ci avrebbe messo molto a collegare i pezzi e capire cosa gli stava succedendo.

Per sua fortuna la ragazza parve non accorgersene e ballarono lentamente a ritmo di quelle dolci note.


Non seppero come, ma erano finiti nel bel mezzo della palestra dopo essere andati almeno tre volte contro Natasha e Mark.

Entrambi interpretarono la necessità che la coppia cheer-leader/fustacchione di football esprimeva nel voler stare a tutti i costi al centro della pista come astinenza da perpetua presenza nel mezzo della scena, quindi non diedero neanche tanto peso agli scontri, sempre più frequenti, che avevano con gli altri due.

Ma lo spirito combattivo di Anna ebbe la meglio sul buon senso e proprio mentre la canzone finiva, la coppia si spostò con una maniera strategica nel centro esatto del campo da basket delineato sul pavimento.

Quando la musica finì, sia Anna che Nicholas si guardarono, soddisfatti del proprio operato.


Alex e Nate avevano assistito allo “scontro” fra le due coppie e ora sorridevano malignamente.

Non credevano che si sarebbero tirati la zappa sui piedi da soli così ingenuamente.


Improvvisamente una luce bianca proveniente dal soffitto li investì in pieno, costringendoli a socchiudere le palpebre per proteggere le pupille, abituate al buio dell'atmosfera precedente.

- Ma che diavolo.. - cominciò Anna, abbassando il capo.

- Bene bene! Ecco la coppia di quest'anno che vince il premio! - annunciò la squillante voce di Jack.

- Di che razza di premio va blaterando, quello svalvolato di un tuo amico? - sibilò Anna, in modo che la sentisse solo Nick.

- Non ne ho la più pallida idea, credimi. - le rispose lui, preso alla sprovvista.

- Immagino che nessuno dei due sappia in che cosa consiste la nostra sorpresa, quindi ve lo dico subito. - annunciò nel microfono, sorridendo diabolicamente.

- Quel sorriso non mi piace neanche un po'. - disse la diciassettenne, sciogliendo l'abbraccio di Nick e voltandosi verso Jack.

- Vedete, la coppia che alla fine del lento rimane nel fascio di luce, deve ballare una canzone che sceglie il DJ, in questo caso io, e ballarla davanti a tutta la scuola. - illustrò lui, come se fosse la cosa più divertente e naturale del mondo.

L'espressione dei due diciassettenni era più o meno così → O.O

Ripresasi un attimo dallo shock Anna fece un rapido calcolo: ora capiva perché Natasha voleva assolutamente essere al centro della pista da ballo.

Averlo saputo l'avrei volentieri lasciata, ma ora non mi posso assolutamente tirare indietro; considerando il fatto che non me lo lascerebbero comunque fare, non voglio per nulla al mondo che quell'arrampicatrice sociale creda che io non sia in grado di ballare. Quindi Nicholas o no, io ballo.”

Notò che tutti i ragazzi si erano andati a sedere sulle tribune, lasciando lei e Nick da soli sulla pista da ballo.

Lo guardò negli occhi e per una volta vide una bruciante determinazione negli occhi di quel santo.

Sorridendo malignamente, fece un segno a Jack, che divertito dalla sua reazione, mise su la famigerata canzone.

Come partirono le prime note, Nicholas ebbe un tuffo al cuore.

Conosceva quella melodia, l'aveva sentita centinaia di volte.

Guardò la ragazza davanti a sé e si lasciò andare a quel ritmo travolgente.

Il brano era ritmato come una salsa, solo più passionale e proibito, quasi dannato.

Blood On The Dance Floor.

(Vi scongiuro, andatela a sentire.. senza non vi immedesimate in quello che c'è scritto dopo → http://www.youtube.com/watch?v=V-D7WoX60KM)

Per una volta, quello che dovevano fare coincideva perfettamente con quello che volevano fare.

Senza perdere troppo tempo, si avvicinarono e assunsero la posizione della salsa.

Come il primo intro finì, presero a ballare, la voce non era ancora partita.

Mani nelle mani, l'unico punto di incontro costante.

I corpi si avvicinano e si allontanano a ritmo, risvegliando gli istinti, in un gioco sfuggente.

Gli occhi esprimono e malizia, per invogliare il partner a essere ancora più grintoso.

La bocca tesa perennemente in un sorriso di sfida, ma lascia sfuggire alcune parole del testo della canzone.

Le spalle si muovono poco per permettere al bacino di utilizzare tutte le movenze necessarie ad essere sensuale.

Le gambe alternano velocità e grinta a lentezza e malizia, in uno dei giochi più belli.


Entrambi ci stavano mettendo l'anima, in quei passi.

Nessun rimorso, nessun ostacolo, nessun freno inibitore, nessuna paura di quello che sarebbe successo dopo, niente di niente.

Ballavano come se fosse l'ultima cosa che potessero fare prima di morire o come se nessuno dei due sapesse fare altro.

Non c'era Nicholas il ragazzo riflessivo e timido, non c'era Anna la ragazza fredda e acida;

ora c'erano due ragazzi travolti dalla potenza delle note e delle loro emozioni, lanciati irreversibilmente in una danza molto sensuale e passionale.

Sorridevano alle parole

Susie got your number

And Susie ain't your friend

Look who took you under

With seven inches in


(Trad:

Susie ha il tuo numero

E Susie non è tua amica

Guarda che ti ha ucciso

Con sette pollici dentro)

Spesso erano spalla contro spalla, ma ancora più spesso erano bacino contro bacino.

Non c'era nessuno a parte loro in quella palestra, solo Nicholas, Anna e la Musica.

Le loro movenze erano provocanti nei confronti dell'altro, ma mai volgari.

Non si erano accorti che il pubblico, che era rimasto attonito per i primi trenta secondi, ma ora partecipava calorosamente alla loro esibizione, aveva percepito la mancanza di volgarità nelle loro mosse e questo risultò ancora più esaltante ai loro occhi.


Poco alla volta la melodia andò scemando, fino a finire del tutto.

La palestra era calata in un silenzio carico di staticità, benché fino a pochissimo tempo prima, fosse immersa nell'energia pulsante di tutta la scuola.

I due ballerini tornarono nel mondo reale, affannati e sudati, ma assolutamente soddisfatti.

- Credo che questa sia stata la cosa più folle ed esaltante degli ultimi dieci anni. -

- Felice di avervi contribuito. -

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Capitolo 21
*** Why Couldn't It Be Christmas Every Day? ***


capitolo 21

Riemergo dal regno dei morti e sono da voi.

Allora, io non so se il capitolo precedente vi sia piaciuto, ma spero che questo si a di vostro gradimento.


Jonas_princess: Te lo avevo promesso, no? Ecco che arriva una furia mora! Io ho aggiornato e tu devi fare o stesso, cara la mi Nls. Baci!




Why Couldn't It Be Christmas Every Day?


- Perché odi andare in aereo? -

- Chi ha mai detto che io odio andare in aereo, Joseph? -

- Non l'hai detto tu, che odi andare in aereo? -

- Io non ho mai detto che odio andare in aereo. -

- E allora perché io credevo che tu odiassi andare in aereo? -

- Perché da piccolo avevi paura di andare in aereo e allora credi che tutti debbano odiare andare in aereo. -

- Hey, ma tu come lo sai? -

- Ho sparato a caso. -

- … -

- Anna, posso farti una domanda? -

- No. -

- ... -

- Perché odi andare in aereo? -

- Perché ho la sensazione che tu sia più stupido del solito? Stai forse cercando di parlare a vanvera per cercare di pensare a qualcos'altro che non sia rivelarmi qualcosa di importante? - rispose stizzita la diciassettenne, esasperata dalle chiacchiere di Joe, alzando gli occhi dal suo libro, battendo una mano sul bracciolo della poltrona.

Avevano detto troppe volte “aereo”.

A quelle parole, il diciannovenne scosse la testa, abbandonando il discorso inconcludente di poco prima.

Non del tutto convinta, Anna tornò a concentrarsi sul suo libro, un romanzo che si era portata da casa e che non aveva avuto occasione di leggere.


- Anna, vuoi qualcosa da bere? - chiese Nick, vedendo passare la hostess sul corridoio dell'areo.

Erano in viaggio per il New Jersey, per passare il Natale con i famigliari dei Jonas.

- Mmm, si va là, acqua, grazie. - rispose lei, senza staccare gli occhi dalle pagine.

- Joe, potresti prendere una bottiglia d'acqua? - chiese il minore, lanciando un'occhiata eloquente al fratello.

Il moro rispose con un cenno affermativo del capo.

Una volta che la bottiglia fu arrivata ad Anna, sia Kevin che Frankie avevano già attinto.

- Mpf. - fu il commento sommesso della ragazza, quando notò che le erano rimasti tre o quattro sorsi da fare.

Pulì il bordo con la manica della maglia e senza degnare Nicholas di uno sguardo, finì il contenuto della bottiglia, incurante dello strano colore del liquido e asciugandosi la bocca con il dorso della mano, prima di concentrarsi nuovamente sul suo libro.

Il ricciolino sospirò.

Era da quando erano partiti che Anna era strana, ma infondo la poteva capire.

Quello che avevano fatto al ballo della scuola aveva scombussolato emotivamente anche lui, più di quanto fosse disposto ad ammettere anche a se stesso.

E avevano deciso di non dire nulla al resto della famiglia; era una cosa che dovevano ancora assimilare loro.

Non avevano pensato alle conseguenze al momento, ma ora che ci erano nel mezzo, delle conseguenze, nemmeno Anna sapeva esattamente come comportarsi. Per il momento Nicholas la lasciava in pace, ma sentiva che se la ragazza non avesse rielaborato i fatti velocemente, sarebbe impazzito, aveva urgente bisogno di parlare con lei.

Evidentemente, la cosa del ballo doveva averla scombussolata parecchio, a giudicare dalle sue reazioni.

Tutta la famiglia sapeva che Anna era in grado di mascherare molto bene le sue emozioni, quindi per risultare così acida doveva essere veramente scossa.

Beh, io naturalmente sono esaltato, ma perché ho ballato una canzone improponibile con una persona altrettanto insolita, di cui tra l'altro sono abbastanza cotto” rifletté Nicholas, appoggiando la testa sul pugno chiuso “Però non capisco perché lei sia ancora stordita... Certo, a meno che... oddio, non riesco a pensarlo!” sobbalzò sul sedile, sperando con tutto il suo essere di non sbagliarsi.

A meno che anche lei non provi qualcosa per me.”


Erano ormai passate ore da quando Anna aveva bevuto l'acqua e si era addormentata pesantemente.

- Anna.. Anna... - tentò di svegliarla Nicholas, ottenendo in risposta solo un mugolio di protesta.

Sospirando, il ricciolino cominciò a scuoterla dolcemente, posandole una mano sulla spalla.

Stavano cominciando le manovre di atterraggio e la ragazza ancora dormiva come un sasso.

Vedendo che Anna non sembrava molto intenzionata a dargli retta, Nick elaborò un piano.

- Se non riesco a svegliarti io così, dovrò chiamare Joe.. E sai come ti sveglierebbe lui, no? -

Ammise a se stesso di essere stato cattivo, ma si consolò dicendosi che una volta a destinazione la ragazza lo avrebbe perdonato.

Neanche avesse nominato Michael, Anna scattò a sedere, drizzando di colpo il busto e spalancando gli occhi, tendendo le orecchie per captare segnali potenzialmente pericolosi provenienti dal mezzano.

Resasi conto che Joe era ancora al suo posto bello che tranquillo ignaro della minaccia del fratello, la diciassettenne concentrò la sua ira micidiale sul ragazzo che le sedeva affianco, sciogliendolo con la forza del pensiero.

Nicholas si era aspettato una reazione simile, ma non così tanta rabbia repressa.

Istintivamente si allontanò da lei, piantando le unghie nei braccioli e infossando la testa nelle spalle, pronto ad una scarica di insulti epocale...

che non arrivò mai.

Sorpreso, si azzardò ad aprire un occhio e si sorprese di vedere Anna appoggiata stancamente al proprio seggiolino, la testa abbandonata all'indietro.


Anna's POV


Fuori dall'aereo è buio, quindi non vedo un pistacchio.

Ci sono solo tante lucine.

Però devo ammettere che me ne aspettavo di più, insomma, siamo nel New Jersey, mica nel Burundi, cavolo!

Va be', è notte, magari domani vedrò le cose con più chiarezza.

Urgh, mi sento come se mi fosse passata sopra una mandria imbufalita: una suoletta, in poche parole.

Chissà che...

- Che ore sono. - chiedo a Nicholas, continuando a guardare fuori dalla feritoia.

Non era propriamente una domanda, più che altro un ordine un po' implicito.

Ok, lo ammetto, ho le balle girate, contenti?

E non è solo a causa del ballo di Natale, ci sono altri fattori determinanti: il fatto che mi sia venuto il ciclo è uno di questi; ma anche il mio risveglio non è stato dei migliori e poi mi sento veramente una pezza da piedi.

E quando mi sento così divento schifosamente lunatica.

Credo che prima Nicholas si sia preso un colpo, quando l'ho incenerito.

- Le sette e mezza ora locale. - risponde dopo un po'.

Devo averlo scioccato se ci ha impiegato così tanto a trovare l'orologio.

Affari suoi.

Le sette.

Un momento.

Le SETTE?

Come diavolo è possibile che siano già le sette?

Insomma siamo partiti stamattina alle otto da Los Angeles, e qui è sera?

Abbiamo aspettato in aeroporto una coincidenza, è vero, ma da lì a qui sono quattro ore di fuso, non un secolo.

Ah, io mi sono addormentata.

Questo significa che ho dormito...Quante ore?

Basta, non ne posso più! Non capisco più un ciufolo!

Fra un po' qualcuno mi sente, eccome se mi sente!

***

Gne.

Mi sento ancora più rincoglionita di prima.

Ma molto di più.

Probabilmente mi hanno messo della droga nell'acqua, perché non è possibile.

Io sono un tipo lucido e pragmatico, non mi rimbambisco tanto facilmente, ma sembra che i santini Jonas siano riusciti a farmi fare anche questo.

Almeno siamo quasi arrivati, perché ancora un po' ed esplodevo.

Tutte queste curve mi danno la nausea.

Ma dove diavolo abitano questi, in cima ai crozi?

E che cavolo.

Cioè, continuano a dirmi – quelle rare volte che non dormo o non tengo il mio classico broncio omicida – che quando arriveremo capirò tutto, ma io ne dubito seriamente, date le mie condizioni mentali.

- Anna ti senti male? Vuoi una caramella per lo stomaco? - Denise, io ti voglio tanto bene, ma se mi rifili una pastiglia rincoglionente, preferisco astenermi, che poi mi dovete portare in casa di peso e muovere con i fili attaccati alle articolazioni.

- No grazie, Denise, fra un po' passa. - certo, se tengo gli occhi ancora chiusi sento quel poco che ho mangiato per pranzo che lotta sanguinosamente con i miei succhi gastrici.

Mi viene da vomitare. Mi viene da vomitare. Mi viene da vomitare. Vomito.

- Ehm, ripensandoci è una buona idea, quella delle caramelline. - mi arrendo, aggrappandomi con entrambe le mani ai sedili anteriori.

Ho insistito per stare in mezzo, fra Nicholas e Kevin.

Denise, perché mi guardi come se avessi appena bestemmiato?

Oh, giusto, per colpa del mio aspetto.

Devo essere orribile: faccia da pesce lesso, occhiaie e occhi rossi.

Bleah.

Metto in bocca la caramella e prego con quelle poche forze che mi sono rimaste che faccia effetto abbastanza in fretta, in modo da essere presentabile ai parenti Jonas.

Due minuti dopo scopro di stare meglio.

È un fatto positivo, considerando la mia giornata.

Ravano all'interno della mia borsa alla ricerca dello specchietto, giusto per controllare di non essere troppo mal messa.

Evito di fare l'inutile sforzo di pensare a come mai il mio specchietto – che non uso mai – sia nella mia borsa e mi concentro sulla sagoma dorata di Michael cucita su di essa.

Studio attentamente la mia immagine, notando che ho solo le palpebre un po' pesanti, ma tutto sommato sono a posto.

Wow, credevo peggio.

Non sono comunque uno splendore di ragazza, eh.

Sento che finalmente la macchina si ferma e mi allaccio la giacca.

Kevin mi ha detto che d'inverno sulla East Coast fa freddo, quindi mi sono attrezzata per bene: giacca imbottita e felpe pesanti.

Nicholas apre la sua portiera e subito una folata d'aria gelida si precipita all'interno dell'abitacolo, prendendomi in pieno.

Ihhh freddo!

Faccio per seguirlo, ma Kevin mi blocca sul mio sedile.

Oddio che cosa vuole ancora questo qui.

- Mi dispiace, ma ti devi mettere questa. - mi spiega, sollevando una pezza lunga e sottile nera.

- Non dirmi che me la devo mettere sugli occhi perché è una sorpresa, perché sennò ti svengo sul vialetto, Kev. - lo accuso, dato che coprirmi gli occhi significherebbe farmi piombare nel sonno.

Tecnicamente ora sono abbastanza sveglia da camminare con una benda sugli occhi, ma chissà come mai sono sospettosa.

Fingendo meglio che mi riesce, faccio la faccia che dovevo ave avuto poco tempo prima, sforzandomi di fare la stessa impressione di una moribonda.

Mi guarda ridacchiando.

Ha capito il mio bluff, che sfiga.

Tutt' a un tratto la prospettiva di presentarmi ai parenti dei Jonas mi sembra il peggiore dei miei incubi.

Effettivamente dopo la caramellina malefica di Denise sto meglio, non ho più la nausea e mi sembra di essere sulla Terra.

Con uno scatto alzo la testa e fisso tutti i membri della famiglia uno ad uno: era tutto calcolato!

La mia inspiegabile stanchezza e la craramellina drogata!

Sento che la mandibola lotta contro la mia forza di volontà, ma riesco a tenerla attaccata al resto della zucca.

Haa, forza di gravità 0, Anna 1.

Quei maledetti avevano previsto tutto!

Incazzata come una iena incazzosa, assottiglio gli occhi e stringo i denti in classica posizione da combattimento.

Wait a moment.

Rilasso improvvisamente i muscoli facciali e abbasso lo sguardo un secondo.

Perché avrebbero dovuto raccontarmi balle sull'orario ed essere misteriosi da quando siamo partiti?

No, forse non lo voglio sapere.

Questa cosa sa molto da film.

Troppo da film.

Tsé, fortuna che volevano un anno da persone normali..

La mia domanda rimane sempre la stessa: ma dove diavolo siamo?

In Alaska? Antartide? Tibet?

Ma qualcosa di normale no, eh?

Perché è evidente che il New Jersey non lo vedrò in queste vacanze.

Ho come il sospetto che da sola non lo scoprirò mai, quindi sposto lo sguardo su Kevin e con un movimento assai seccato mi giro verso di lui, in modo che mi metta quella benedetta benda sugli occhi.

Non lo vedo, ma so che intanto gli altri sorridono.

Un giorno di questi la faccio anche io, una sorpresa, oh sì.


- Ok, fa' attenzione a uscire. - ma che premuroso Nicholas.

Forse doveri ricordargli che è diabetico e che io odio le cose dolci.

Anna, calmati.

Siamo sotto Natale, anzi, oggi è il 24 sera, quindi concentrati e fa' uscire quella minima parte di te che gli altri definiscono umana.

Inspiro, espiro. Inspiro, espiro.

Ok, ci sono.

Con gli occhi chiusi tendo le mani avanti, lentamente, cercando di calcolare le distanze.

Sento la mano di Nicholas, avvolta nel guanto, che afferra gentilmente la mia e mi aiuta ad uscire dalla macchina.

Come fa lui ad essere così gentile con me, quando io lo tratto alla stregua di un nemico?

Be', magari nemico no, ma benché mi sia confidata con lui, rimango quasi sempre sulla difensiva.

E poi sono acida.

E orgogliosa.

In fin dei conti loro sono tutti molto gentili, carini e disponibili con me.

Forse dovrei sciogliermi un po'.

Magari solo per il periodo di Natale.

Sì, credo che si possa fare.

Sento che il braccio di Nicholas trema, probabilmente dal freddo.

Nemmeno io ho caldo, ma per me credo sia già più sopportabile.

Sembra quasi il clima di..

Scuoto la testa per liberarmi del pensiero e stringo con vigore la sua mano, un po' per non cadere rovinosamente per terra, un po' per scaldare lui.

Come metto i piedi per terra capisco che il suolo è coperto di neve.

Ci incamminiamo su quello che suppongo sia un vialetto e saliamo una piccola scalinata.

Dall'interno provengono delle voci allegre, ma il tono è troppo basso perché riesca a capire i discorsi dei nostri presunti ospiti.

Sento che qualcuno bussa e subito il vociare si zittisce.

Dei passi si avvicinano alla porta e il rumore della maniglia che si abbassa è praticamente l'unico suono.

A giudicare dalle vocine acute strozzate, ci devono essere dei bambini. E anche molto euforici, direi.

Lentamente entriamo nell'edificio, che non so come definire, dato che non l'ho nemmeno visto da fuori.

Percepisco immediatamente il cambio della temperatura: fuori c'è freddo, dentro anela un calduccio meraviglioso.

Quasi da caminetto.

I nostri passi sono attutiti da quello che suppongo sia linoleum, fino a che riconosco il famigliare scricchiolio del parquet.

Anche la mia camera dai Jonas è pavimentata con il parquet.

Un dubbio a momenti mi inchioda al pavimento.

Non sarà mica che non ci siamo mai mossi da L.A., vero?

No, perché non sarebbe divertente.

Ma proprio per niente.

Ho fatto la rima.

Giro la testa verso Nicholas, provando a immaginarmelo in questo momento, ma nemmeno la mia fervida immaginazione arriva a tanto.

Dopo qualche passo sul legno la presa del Jonas si fa più salda, come a trattenermi.

Ho come la sensazione che siamo finalmente arrivati.

L'impulso di incrociare le braccia e alzare il sopracciglio sinistro è puntuale come la morte, ma mi ricordo del compromesso che ho sancito con me stessa e me ne sto buona ad aspettare che qualcuno mi dica cosa fare.

Neanche mi avesse letto nel pensiero, qualcuno – sospetto che sia Kevin - armeggia sulla mia nuca per slegare la benda nera che mi copre gli occhi.

Appena libera, sollevo le palpebre e le sbatto in veloce successione qualche volta, per inumidire la cornea.

Finalmente punto lo sguardo davanti a me, decisa a venire fuori da questo tunnel.

Err..

Ah.

Come mai sono nel salotto della casa a Carezza dei miei nonni materni, davanti a tutta – e dico tutta – la mia famiglia?


POV Esterno


Eh già, era questa la famosa sorpresa dei Jonas.

Passare le vacanza natalizie in Italia, più precisamente a Carezza, sommersi da almeno tre metri e mezzo di neve.


L'idea era nata da Frankie, che voleva a tutti i costi andare sulla neve e successivamente i tre fratelli maggiori avevano avuto la grande pensata di fare una sorpresa ad Anna, coinvolgendo anche i genitori, che erano stati entusiasti dell'idea.

Avevano organizzato tutto in gran segreto e nella massima discrezione: sapevano infatti che un solo passo falso avrebbe potuto insospettire la ragazza, che in un modo o nell'altro sarebbe riuscita a capire i loro piani e così addio sorpresa.

La cosa più difficile era stata comunicare con la famiglia della ragazza, dato che nessuno tranne la zia materna – che sfortunatamente abitava in un paesino sperduto del veronese – parlava inglese e viceversa i Jonas non conoscevano che qualche misera parola di italiano.

Però la voglia di organizzare questa “vacanza particolare” era talmente grande, che in qualche modo si erano capiti e messi d'accordo.


Anna stava ancora metabolizzando la notizia, quando sua sorella e i suoi due cugini le saltarono letteralmente addosso, mettendola con le spalle contro il mobile di legno del soggiorno.

- Annaaaa!! - urlarono Elena e Daniele, il cugino più grande, attaccandosi alle sue braccia e stringendola più forte possibile.

- Anna Anna Anna! - li seguì a ruota Mattia, il secondo cuginetto di tre anni, avvinghiandosi alla gamba della cugina come una cozza allo scoglio.

- Hey Buccetta! - lo salutò, sfoderando un sorriso.

- Auff! Ehy! - rantolò la diciassettenne, tentando di allontanare quei tre cicloni per poter respirare.

- Se non vi staccate non sopravvivo ancora per molto! - ridacchiò, stendendo le braccia lontano dal busto.

- Finalmente sei qui! Io e Dani abbiamo passato ore attaccati alla finestra per vedere quando arrivavi!! - disse Elena entusiasta, spalancando i suoi grandi occhi color cioccolato.

Daniele confermò le parole della cugina con un energico cenno della testa, scostandosi leggermente dal braccio di Anna.

- Anna Anna! Che bello che ci sei! Hai tagliato i capelli? - il piccolo Mattia cominciò a sommergerla di domande, allungando le manine paffute verso il suo viso per farsi prendere in braccio.

Sorridendo, la ragazza accontentò la richiesta del cuginetto, sollevandolo e appoggiandoselo ad un fianco.

Solo allora Mattia parve accorgersi della presenza della famiglia Jonas al fianco di Anna, quindi si zittì per un attimo e concentrò la sua attenzione sulle sei persone estranee, esaminandole con i suoi grandi occhi curiosi.

Per qualche secondo regnò il silenzio.

- Ciao! Voi siete quelli dove Anna vive in America, vero? - domandò il piccolo in italiano, piegando la testa di lato.

Capendo che si riferiva a loro, ma non avendo capito la frase in sé, i Jonas rivolsero lo sguardo verso Anna.

- Sì Mattia, io vivo a casa loro in America e devo dire che mi trovo veramente benissimo. Anzi, adesso te li presento, va bene? - disse gentilmente, guardando però la sua famiglia al completo.

Sua mamma, suo papà, i nonni materni, i due zii e i tre piccoli.

- Bene, visto che la lingua che parlano loro è diversa da quella che si impara a scuola, permettetemi di fare da traduttore. - iniziò, presentando la famiglia Jonas alla sua.

Dovette ripetere le cose sempre due volte, la prima in italiano, la seconda in americano, ma la cosa non le dispiacque.


Anna's POV


Era ormai passata qualche ora dal nostro arrivo e come tradizione nella mia famiglia, tutti i bambini dovevano uscire di casa accompagnati dai grandi per far sì che Gesù Bambino potesse venire in casa e mettere i doni sotto l'albero senza essere visto.

Quindi eccoci qua fuori con i tre piccoli, io e i quattro figli Jonas a fare il giro dell'isolato aspettando impazienti la Magia del Natale.

L'aria è dannatamente più fredda di quella della California, ma tutto sommato non mi dispiace più di tanto. La neve mi è sempre piaciuta e poi non vedo l'ora di stracciare qualcuno nelle gare di slittino, oh sì.

Mattia non è per niente stanco, anzi direi che è proprio in fibrillazione!

Guardando la Buccetta – non mi ricordo da dove l'ho tirato fuori questo soprannome, ma è simpatico – rotolarsi come un cane nella neve e istintivamente sorrido.

Mi accorgo subito che c'è troppo silenzio e guardo i Jonas per capire il loro improvviso mutismo.

Sono completamente persi a guardare il cielo, che questa notte è particolarmente brillante di stelle.

Lo ammetto, la magia degli astri mi è terribilmente mancata.

A L.A. Non c'è la possibilità di vederli così bene a causa delle luci sempre accese della città, ma qui è tutta un'altra storia!

È tutto così magico..


Nick's POV


Guardo estasiato la volta celeste che si estende infinita e misteriosa sulla mia testa e mi perdo a contemplare la bellezza frizzante delle stelle.

Se non fosse che quella ragazza ha un forte ascendente su di me, non mi sarei nemmeno accorto che Anna mi si è avvicinata.

Non parla, ma forse è meglio così.


Non saprei quantificare il tempo che siamo rimasti da soli in silenzio a contemplare il cielo, ma è stata una sensazione... bella.

- Tu non sei il tipo da cercare una stella tua e credere che ti appartenga. - dico improvvisamente, sentendo che quelle parole corrispondevano alla verità.

Senza scomporsi più di tanto, Anna mi risponde come se avesse saputo della mia domanda insolita.

- Le Stelle ci aiutano, ci calmano e ci consigliano silenziosamente, ma non ci appartengono. Appartengono a loro stesse e sono fedeli al Cielo, il loro padre. È scorretto da parte nostra arrogarci il diritto di poter possedere una Stella. Prendi per esempio la costellazione del Cigno: all'interno ci sono due stelle che tendono una al dorato e una all'azzurro. Sono bellissime, ma chi può avere il cuore di separare due gemelle che solo insieme sono belle come le vediamo? Oppure una catena chiamata le Sette Sorelle. Sette bellissime dame brillanti, ma come si fa a dividerle? Sarebbero solo atti di egoismi pretendere di conservare una Stella nel proprio cuore, perché ciò significherebbe privare gli altri di una tale visione. Credo che le Stelle vadano ringraziate perché ci permettono di vederle. -

Rimango molto colpito dalle sue parole.

In genere si tende a credere che una Stella ci rappresenti e per questo automaticamente la stella è solo nostra.

Lavorerò su questa prospettiva, mi piace.

Mi giro verso di lei e la vedo rilassata come mai prima d'ora.

Con gli occhi chiusi, i corti capelli al vento e un sorriso dolce sulle labbra mi sembra la persona più in pace con se stessa dell'universo.

Senza pensare mi avvicino al suo viso; la consapevolezza che baciarla ora sia la cosa che anche le Stelle stanno aspettando mi scorre nelle vene e mi fa sentire leggero e nel giusto.

Mi avvicino, ma lei sembra non avermi sentito.

È tanto che aspetto questo momento, e spero che lei non mi respingerà.

Mi si gela la spina dorsale.

Mi fermo un attimo.

Ho paura.

Come si fa ad avere paura di un sentimento come l'amore?

Semplice, ho paura che lei non mi ricambi.

E anche se ricambiasse non sarebbe possibile capirlo.

Ora sono nel panico.

E se fosse veramente così?

Se non provasse nulla nei miei confronti?

Mi sarei scavato una fossa con le mie stesse mani, considerando che devo convivere per altri..mmm..circa sei mesi con lei.

Oddio, se io la baciassi e lei mi rifiutasse, non so quanto sopravviverei.

La guardo di nuovo e l'immagine che ho di lei in questo momento si sovrappone a quella che aveva oggi in aereo: omicida.

Capisco che non è giusto quello che credevo ovvio fino a pochi secondi fa e mi ritraggo cercando di fare meno rumore possibile.

Non posso costringere qualcuno a volermi bene per forza.

Con questa nuova consapevolezza nel cuore capisco che lei non è la ragazza alla quale mi legherò per tutta la vita.

Nel suo caso non succederà che s'innamorerà di me fra qualche mese o anno, quindi mi devo fare da parte.

Sì, troverà il ragazzo adatto a lei e sarà felice.

Com'è che si dice?

Se l'ami la lascerai andare.

Che prospettiva triste..

Ma io farò così, rimarrò il suo amico Nicholas.

Solo il suo amico Nicholas.

Sono triste, ma pensavo peggio.

Auguri di buon Natale, Nick.


POV Esterno


Anna decise che era passato abbastanza e che Gesù Bambino aveva probabilmente già finito di sistemare i pacchetti.

Quindi propose di tornare tutti a casa.

Inutile dire che i demonietti si riempirono di energia e schizzarono veloci.

Saltando come dei grilli i quattro piccoli si misero a correre per le buie vie di Carezza.

- Mattia, corri e stracciali tutti! - lo incitò la ragazza, sollevando un pugno per incoraggiarlo.

Il piccolo non si fece pregare e corse più che poté, imbottito com'era.

Alla vista del cuginetto che sembrava un barilotto con due gambine e due braccine, la diciassettenne scoppiò a ridere, contagiando anche i Jonas più grandi.

- Voi non mi avete detto che mi sarei dovuta portare dietro i regali per la mia famiglia, quindi ora io come faccio, di grazia?- domandò, rivolta a Kevin, che le stava affianco.

- Credi che non ci avessimo pensato? - le rispose quello, guardandola di traverso.

Anna rimase qualche secondo concentrata a pensare e poi si sciolse in un sorriso.

- Wow, è almeno il quarto sorriso che ti vedo fare in mezz'ora, un record per te! - la prese in giro Joe, che fino a quel momento aveva intrattenuto i bambini grazie alla sua gamma di buffe espressioni facciali.

In tutta risposta Anna alzò le spalle e sorrise ancora, guadagnandosi un mega-abbraccio dal mezzano.

Contagiato dal buon umore, anche Kevin si unì ai due, trascinandosi dietro Nicholas, che si godeva quei momenti di spensieratezza prima di sentirsi moralmente a pezzi.

Senza nessun preavviso, la diciassettenne scattò in avanti correndo, mettendo subito una sostanziosa distanza fra sé e i Jonas.

Ripresisi dallo stupore cominciarono a correre anche loro, cercando di raggiungere la ragazza.

- Tutto.. fiato.. sprecato! - ansimò Nicholas, che aveva già avuto modo di tastare la velocità di Anna in palestra.

- Non sia mai che Joseph Adam Jonas si arrende! - urlò a squarciagola Joe, riuscendo con uno sforzo sovrumano a mantenere l'andatura fulminea dello scatto.


Purtroppo per lui, la cinerea li aveva lasciati indietro a mangiare la polvere e li aspettava seduta sulla panca di legno sotto la terrazza con un sorrisino che di innocente non aveva neanche il nome.


- È assolutamente inutile che cerchi di arrampicarti sugli specchi Joseph, ho vinto io e basta. - lo stava bellamente sfottendo, vantandosi della sua vittoria, mentre salivano le scale di pietra che conducevano in casa.

Aprì la porta e aspettò che tutti si fossero tolti gli scarponi, prima di aprire la seconda che dava direttamente in salotto.

- Direi che ora possiamo anche scartare i rega.. - non fece in tempo a finire la frase, che quello che vide la bloccò sul colpo.

Sbatté le palpebre qualche volta e si avvicinò lentamente al centro della stanza, dove stava in piedi con la stessa espressione confusa e strabiliata l'ultima persona che si sarebbe mai aspettata di vedere.


- Annalisa? - domandò incerta, corrugando leggermente le sopracciglia.

- Anna? - rispose quella, con la stessa faccia stralunata.

Dopo essersi prese qualche meritato secondo di riflessione e rielaborazione, le due spalancarono gli occhi e urlarono a squarciagola come due invasate frasi senza senso.

- AAAAHHHH!!! -

Prevedendo una reazione simile, tutti i presenti, ai quali ora si erano aggiunti anche i parenti stretti di Annalisa, si misero le mani sulle orecchie e aspettarono pazientemente che quelle due esaurissero la scorta d'aria dei polmoni.

- Oddio! Non ti chiedo che cosa ci fai qui, perché ho il sospetto di conoscere la risposta, ma.. Che ci fai qui!? - domandò incredula la cinerea, passandosi le mani fra i capelli.

- I-io non lo so.. Davvero. Credevo che saremmo andati a Napoli come tutti gli anni, ma c'era qualcosa di misterioso nel comportamento dei miei nelle ultime settimane, ora che mi ci fai pensare.. - rispose la mora, allargando le braccia e facendosi pensierosa verso la fine della frase.

Una volta che furono tutte e due in silenzio, un pensiero attraversò contemporaneamente la mente delle due amiche.

Lanciandosi uno sguardo d'intesa si girarono all'unisono verso i Jonas, fissandoli come se si aspettassero una risposta.

Per qualche secondo nessuno si mosse, poi Kevin sorrise e alzò le braccia in segno di resa.

- E va bene, avete vinto voi. - disse, abbassando la testa.

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Capitolo 22
*** My Love Josh ***


capitolo 22 ok

My love Josh



- Voglio andare sulla neve! - ripeté per l'ennesima volta Frankie, mettendo su un broncio alquanto buffo.

- Ma Frankie, nel New Jersey c'è la neve. - gli fece notare Denise, sorridendogli.

Il bambino la guardò immusonito, scuotendo vigorosamente la testa.

- Io voglio andare dove c'è tanta, tantissima neve e dai nonni si può a malapena fare un pupazzo di neve! - rispose quello, sporgendo il labbro inferiore.

Entrambi i genitori sospirarono di rassegnazione: il loro pargoletto era davvero ostinato.

- Effettivamente Frankie ha ragione, non ricordo di essere mai riuscito a fare un pupazzo di neve degno di tale nome dai nonni.. - aggiunse pensieroso Joe, guardando il soffitto, accarezzandosi il mento.

- E allora prendiamo l'aereo e andiamo in Italia, dove Anna ha detto che l'inverno viene tanto da nevicare che si possono fare addirittura gli igloo! - ribatté il piccolo, illuminato da quest'idea.

Cinque paia di occhi si voltarono verso il piccolo Bonus, sorpresi.

Dieci secondi di silenzio accolsero la proposta di Frankie, a cui seguì un urlo di vittoria.


- Quindi tutta questa gigantesca preparazione, questa scrupolosa attenzione a non farsi sfuggire nulla e questo impressionante dispendio di capitali solo perché... volevate fare un pupazzo di neve? - domandò atona Anna.

Tutto l'entusiasmo che fino a tre secondi prima volteggiava padrone per il soggiorno si congelò in un istante.

Frankie non saltellava più, la mano di Joe si fermò a mezz'aria e il sorriso di Nick si pietrificò.

Solo Kevin e i signori Jonas non dimostrarono troppo apertamente il loro disappunto.

- Però, non mi avevi detto che riuscivi ancora a ingannarli così facilmente! - proruppe una voce divertita alle spalle della cinerea.

- Sai com'è, mai perdere l'allenamento. - le rispose Anna sinceramente divertita, ridacchiando in direzione dei Jonas, che erano rimasti in silenzio ad aspettare la traduzione delle ultime due battute.

- Anna, ci useresti la cortesia di illuminarci, di grazia? - chiese una voce velata da un leggero fastidio.

Contro ogni aspettativa era stato Kevin a parlare, aggrottando le sopracciglia e incrociando le braccia al petto.

Girandosi verso di lui con tutta la non calanche di cui era capace, Anna alzò gli occhi sul suo viso corrucciato e distese il proprio in un delicato sorriso.

Aveva riconosciuto la battuta, allora molto più acida, che lei stessa gli aveva lanciato due mesi prima al supermercato dove avevano conosciuto Keira.

- Niente, era un modo diverso per dire che mi fa molto piacere che siate qui e che ci sia anche Annalisa. - disse con una leggera alzata di spalle.

L'espressione confusa dell'intera famiglia Jonas – e anche di tutti gli altri presenti che non avevano capito una parola se non le due frasi in italiano - fece scaturire una sonora risata dal profondo dello stomaco delle due amiche italiane, che si aggrapparono l'una alle spalle dell'altra nel tentativo di rimanere in piedi.

- Ommioddio, che ridere! - riuscì a dire Annalisa, ancora scossa dagli spasmi della pancia.

Anna annuì appoggiandosi una mano sul petto, che si abbassava e si alzava velocemente alla ricerca d'aria, tentando di darsi una calmata.

Dopo qualche secondo riuscirono a calmarsi e assicurare che in realtà Anna li stava affettuosamente prendendo in giro.

- Affettuosamente un corno! - sbraitò Joe, già dimentico dell'innocente scherzetto della ragazza, saltandole addosso e attaccando a farle il solletico.

- No Joseph, NO! - strillò lei, chiudendo protettivamente le braccia attorno ai fianchi, per evitare che le dita del mezzano le solleticassero la pelle.

- Eh no cara mia, ci dovevi pensare prima di farci venire un colpo! Ora me la pagherai! - le rispose in tono fintamente minaccioso, guardandola con una strana luce malevola negli occhi.

-Neuuuu! - fu l'ultima cosa che Anna riuscì a dire prima di essere completamente disabilitata a causa del troppo ridere.

Annalisa, che era rimasta a fissare la scena, si ricordò che nessuno dei presenti italiani aveva capito gli sviluppi, quindi decise di riassumerli in breve.

-Oh, non credere di poterla scampare, tu. - la freddò una voce alle sue spalle.

Voltandosi celando l'aria colpevole sotto un'espressione innocente, la mora si preparò ad affrontare Kevin con i suoi occhi da cane bastonato, sperando che facessero effetto.

- Non ci contare. - ridacchiò lui, scrocchiandosi le dita – abbiamo sviluppato una certa immunità grazie alla tua amica. -

Annalisa si stava già facendo piccola piccola in attesa che Kevin la solleticasse, pronta a sfoggiare tutto il suo trionfo quando lui avrebbe scoperto che lei non lo soffriva, quando il piccolo Mattia ne uscì con una frase velata di rimprovero.

- Voglio regali! -

Improvvisamente anche Elena e Daniele si riscossero e diedero manforte al bimbo, vogliosi anche loro di scartare i propri regali.

- Mattia ha ragione, andate a fare queste cose da un'altra parte! - li rimproverò Elena avvicinandosi di qualche passo a loro e pronunciando la seconda parte della frase in un inglese un po' maccheronico, che comunque ebbe un certo effetto.

Troppo occupata a guardarli male, la sorellina di Anna non si accorse dell'effetto che le sue parole avevano avuto su Joe e Nicholas, rimasti letteralmente pietrificati.

Lei era ancora una ragazzina di quattordici anni, ma Joe non poté impedirsi di pensare per un attimo che le parole “queste cose”, potevano avere un significato ben diverso dal semplice solletico.

Nicholas pensò esattamente la stessa del fratello, solo che rimase parecchio più sconcertato di lui.

Ad Anna il secondo possibile fine di quella frase passò per la testa, ma lo scacciò velocemente; si fidava dei ragazzi, che, oltre ad essere orrendamente moralisti, portavano l'anello e, soprattutto, non erano da considerarsi dei potenziali fidanzati.

Per questo fu la prima a riprendersi e annuire in direzione dei piccoli.

- Allora cipollini, ditemi dove avete imboscato i miei regali per la famiglia, e possibilmente anche i vostri. - chiese rivolta ai tre fratelli, sfregandosi le mani.

Per evitare di rimanere ancora imbambolato e fare la figura del pollo, Nicholas si decise ad avvicinarsi ad una delle borse che si erano portati dietro, contenente tutti i pacchetti.

Notando però che Daniele, Elena e Mattia si erano già lanciati sotto l'albero addobbato, Anna decise di fermarli un attimo, giusto il tempo che le serviva per mettere anche tutti i loro regali ai piedi dell'abete.



- Evvai, un lettore mp3 che non sia della Apple! Sììì! - esclamò Anna, scartando tutta contenta il regalo dei suoi genitori.

Il suo ultimo lettore era stato un iPod, che aveva maledetto con tutta se stessa per tutti gli innumerevoli problemi che le aveva causato.

- Ora sì che questo lo posso battezzare Michael! - continuò, esibendosi in un sorriso compiaciuto.

Le facce vacue dei tre figli Jonas le fecero intuire che avrebbe dovuto fornire spiegazioni.

- Beh, non potevo mica chiamare Michael qualcosa che maledicevo, no? Ora che questo funzionerà e non ci dovrò litigare un giorno sì e l'altro pure potrà portare il nome del Re. -

Le espressioni dei ragazzi mutarono da confuse a rassegante nel giro di pochissimo, ma la diciassettenne era troppo contenta per farci caso.

- Ah, se per qualche accidentale coincidenza voi avete capito, quando avete preso tutti i pacchetti, in che cosa consiste il mio regalo per voi, vi prometto che vi spedisco a fare una visita di perlustrazione dello spazio attorno alla Luna con un calcio ben assestato. - minacciò Anna, assottigliando gli occhi.

- Ti giuro che non ne abbiamo idea! - squittì Joe, arretrando di qualche passo e sventolando le mani davanti a sé con gli occhi sbarrati.

- Chissà come mai non ci credo tanto. - sibilò ironicamente Anna, cominciando a scrocchiarsi le nocche.

A causa della promessa con se stessa non si sarebbe mai sognata di picchiarlo veramente, ma non si sarebbe mai persa l’occasione di minacciarlo.

Sia Kevin che Nicholas sapevano che Joe non aveva sbirciato sotto la carta, per quanto ci avesse provato, altrimenti sarebbe immediatamente corso a dirlo a loro, ma dalla reazione del fratello non si poteva intuire altro che il contrario.

- Guarda, ti perdono solo perché so che in realtà non hai capito un fico secco, ma non fare mai più affidamento sul tuo “talento recitativo”, perché se non fosse per la mia capacità di analisi ora saresti sommerso di insulti. - si calmò la cinerea, rilassandosi e abbandonando l'espressione pericolosa.

Non potendo fare a meno di stupirsi – ancora - della stranezza di quella ragazza, i tre Jonas scrollarono le spalle scartando i loro regali.


Annalisa si avvicinò ad Anna silenziosamente e cercando di non dare troppo nell’occhio.

- Ehi Anna, hai visto la reazione dei due minori alle parole di tua sorella? - chiese, non curandosi di apparire impicciona.

Aveva notato che sia Joe che Nick avevano fatto un salto, ma aveva scartato l’ipotesi che Joe fosse ancora attratto dalla sua amica. Così come le aveva confessato lui stesso di essersi preso una cotta per Anna, l’aveva anche informata che quella fase era stata superata e dimenticata.

Credeva solo che fosse sorpreso delle parole della piccola Elena.

Nick invece...

Ridacchiò al pensiero.

A lei sembrava che Nicholas fosse cotto fin nelle ossa di quella sadica, scettica e un po’ complessata della sua amica cinerea.

L’interesse che la sua domanda suscitò in Anna non fu abbastanza da confermare l’ipotesi che anche lei provasse qualcosa nei confronti del ricciolino e questo per poco non deluse la mora.

Sapeva infatti che per nascondere i suoi veri sentimenti la bionda ne mostrava l’opposto oppure assumeva la classica espressione neutra. In ogni caso non era possibile capire cosa esattamente provasse e cercare di farla parlare senza che lo volesse era pressoché impossibile, resisteva a tutte le comuni tecniche di persuasione.

Naturalmente a patto che non fosse lei di sua spontanea volontà a parlarne.

Allora si poteva star certi che dicesse il vero; magari con qualche omissione, ma intanto era la pura e semplice verità.


- Oi Nls, vieni che ti do il tuo regalo. - annunciò Anna, tenendo in mano un piccolo pacchettino rosa.

Curiosa, la mora le si avvicinò e, dopo aver preso il regalo, iniziò a scartarlo.

Due piccoli ciondoli argentati fecero capolino dal pano di velluto che li avvolgeva; uno era l'ideogramma giapponese che significava “accetta”, mentre l'alto era “cuore”.

Annalisa immaginò che quei due simboli avessero un significato, quindi si voltò verso l'amica aspettando che le fornisse delucidazioni.

- Eh già, c'è un perché se ho deciso di regalarti proprio questi due kanji. Ideogrammi. - specificò Anna, notando l'espressione confusa dell'amica. - Se sovrapposti significano “Amore”. -

Lasciò che Annalisa osservasse i due pendenti.

- Uno lo tieni tu, mentre l'altro lo puoi regalare alla persona che ami. È un po' come il cuore diviso in due metà, solo che è più elegante e raffinato. E originale. - concluse la cinerea, sorridendo.

Annalisa ricambiò il sorriso e l' abbracciò.

Quando mai Anna le avrebbe regalato qualcosa privo di significato?

- Grazie, Anna. -


Joseph scoppiò a ridere davanti al regalo che la sua coinquilina gli aveva fatto.

- Solo tu mi potevi fare un regalo simile! - esclamò sventolando il paio di ciabatte grandi, pelose e a forma di porcospino.

- Beh, ti lamenti sempre che hai i piedi freddi, e così... - rispose Anna guardandolo con un mezzo sorriso.

Girando il viso notò che Nicholas stava scartando il suo pacchetto facendo attenzione a non rovinare troppo la carta che lo avvolgeva e considerò che la cura che il ragazzo metteva in ogni singolo gesto era encomiabile.

Era curiosa di vedere la sua reazione; si era aspettata quella di Joe e anche quella di Frankie.


Stupore.

E tenerezza, quando cominciò a sfogliare lentamente le pagine dell'album fotografico che lei aveva confezionato.


Nick's POV


Perché?

Perché adesso che ho capito che lei non sarà mai mia mi trovo questo regalo così personale tra le mani?

È come se avesse cercato la cosa perfetta da regalarmi, qualcosa che avrei apprezzato perché concepita e realizzata da lei, qualcosa che mi avrebbe colpito nel profondo.

Beh, ci è riuscita perfettamente.

Ogni foto che vedo mi ricorda il momento in cui è stata scattata, cosa stavamo facendo, dicendo e cosa io stavo provando.

- È un regalo bellissimo – dico con un filo di voce.

Non che sarebbe venuto fuori tanto altro, eh.

Sapendo di pentirmene mi giro verso di lei e la vedo sorridere, mentre mi guarda intensamente negli occhi.

Non c'è nulla da fare, mi sono innamorato.


POV Esterno


- Anna, abbiamo pensato di portarti un tuo vecchio amico... - buttò lì suo papà, richiamando l'attenzione della figlia maggiore.

Anna abbandonò in tempo zero quello che stava facendo e si concentrò sulle parole del genitore.

- Amico? E chi? Io non vedo nessuno qui, eccetto noi. - ribatté lei guardandolo con la fronte corrucciata.

- Il tuo amico Josh. - rivelò dopo qualche secondo di silenzio.

- …

Cosa? Josh è qui?! - squittì lei, strabuzzando gli occhi e scattando in piedi dopo un secondo di sbigottimento.

- Già. - confermò lui.

- Amore mio dove seeeeeiiii?! - ululò, lanciandosi alla volta della porta della camera da letto che le era stata indicata.

Kevin pensò bene di chiedere delucidazioni ad Annalisa.

- Beh, suo papà le ha detto che le hanno portato un amico, tale Josh e lei si è fiondata a vederlo chiamandolo “amore mio”. - spiegò la mora, ridacchiando; lei lo aveva visto un paio di volte.

Lo sguardo stralunato dei Jonas le fece intendere che ci sarebbe stato da ridere.

Molto da ridere.

- C'è anche l'ampli! - sentirono dire alla voce che giungeva ovattata a causa della porta socchiusa.

Joe si sentì tradito: insomma, viveva con loro da quattro mesi, ormai, e non aveva mai fatto cenno ad un ragazzo.

Pensandoci bene, però, non l'avevano mai sentita nominare questo fantomatico Josh né mai sentita parlare con qualcuno che non fosse Annalisa o i suoi famigliari e al limite li informava sempre delle sue chiamate estere.

Era altamente improbabile che avesse taciuto di una persona così importante per lei per tutto questo tempo e ora sbandierasse ai quattro venti la sua “relazione”.

No, decisamente qualcosa non quadrava.

L'unica cosa che lo preoccupava era l'atteggiamento rigido che aveva assunto Nicholas quando lei aveva detto “amore mio”.

Anna ritornò in salotto raggiante dopo qualche minuto, reggendo in mano quella che sembrava a tutti gli effetti una custodia per strumenti musicali di legno rivestita in pelle.

Inutile dire che l'espressione allucinata dei Jonas la divertì.


Anna's POV


Heh, ho il sospetto che Annalisa abbia detto loro che ho chiamato Josh amore mio.

- M-ma che cosa significa questo? - balbetta Joseph, indicando la custodia che reggo in mano con occhi spiritati.

- Cosa vuoi che significhi? Qua dentro c'è il mio unico e vero amore. - rispondo pregustandomi il momento di quando mostrerò loro il mio tesoro.

- Ma lo hai ammazzato, fatto a pezzi e infilato in quella custodia come fanno i mafiosi? - chiede perplesso.

Ogni tanto credo che guardi troppi film.

Feh.

- Guarda che non è che solo perché sono italiana sono anche una mafiosa, eh. - detto questo muovo qualche passo all'interno della stanza, appoggio la custodia per terra e mi inginocchio davanti alle aperture.

- È troppo grande per essere la custodia di una chitarra, ma allora dentro c'è... - non faccio finire di parlare Kevin, che apro il coperchio e ne tiro fuori il mio bellissimo basso elettrico, un Hoyer fine anni settanta affettuosamente chiamato Josh.




Eccomi di nuovo! Quanto tempo è passato dall'ultima volta che ho aggiornato? Boh, troppo per essere ricordato.
Mi scuso, non c'è altro da dire.

Volevo ringraziare che ancora ha il coraggio di seguire questa fic:

Cohava: grazie mille per il commento e grazie per aver messo la storia tra i preferiti! Eh.. Nicolino bello deve ancora imparare a trattare Anna, ma nulla vieta che prima o poi impari.. Spero che questo capitoletto sia abbastanza divertante. Grazie ancora!

itsandreea: e aggiornamento fu. Ammiro il tuo entusiasmo e i tuoi superlativi, segno che il liceo classico ha compromesso anche le mie facoltà mentali. Grazie dia aver lasciato una recensione!

ElyCecy: diciamo che quasi tutto di questa fic è reso comico/acido, tranne forse qualche sentimento. Per la dichiarazione di Nick.. heh, ci sto lavorando. E complimenti per esserti letta 21 capitoli di corsa, sono lusingata. Grazie e alla prossima!

Ila96: leggere tutti quei capitoli di botto? Wow, non credevo che fossero molti in grado di farlo.. Chissà se la nostra cara Anna prova qualcosa per Nicolino.E niente anticipazioni, sennò dove sta la suspance? Grazie mille per la regensione!

QueenWaldorf: ma che razza di nome ti sei scelta? Vabbè, mi hai già detto perché, ma ancora non me ne capacito. Sai, tu devi assolutamente conoscere Josh! Un giorno vieni che te lo presento, Ok? Ci vediamo doma a scuola e VEDI DI AGGIORNARE!!


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Capitolo 23
*** Coppia ***


23. Coppia

Orco boia, quanto era che non aggiornavo? Non vado esattamente fiera di questo mio ritardo e vi chiedo di scusarmi per esso.

Grazie a quelli che hanno letto i capitolo precedente e grazie a quelli che leggeranno questo.

Anna


Coppia


Avrei dovuto dirlo?” si chiese Anna dopo essersi infilata la tracolla del basso, contemplando le facce stralunate dei Jonas.

- Tu... Tu suoni il basso? - domandò Joe, balbettando.

La ragazza concentrò lo sguardo sul mezzano e lentamente rispose – Già. -

- E perché non ci hai detto niente? -

Inutile dire che la domanda sorse spontanea, infatti Anna non se ne sorprese affatto.

- Immagino perché non c'era la possibilità di portarlo oltreoceano. - rispose cautamente lei, pesando le parole.

In realtà la scelta di tacere l'aveva ponderata attentamente, e aveva poi deciso di concentrarsi sulla lingua, almeno per i primi mesi.

Sapeva che vivere con dei musicisti avrebbe sicuramente giovato alla sua abilità di bassista, ma aveva considerato di raccontare tutto verso gennaio o febbraio.

- Embé? Noi siamo tutti musicisti, famosi tra l'altro, un basso da qualche parte l'avremmo pure trovato! Ma è gran dura che a noi possa venire in mente una cosa del genere, senza che tu ci dica niente! - s'infervorò Joe, drizzando la schiena.

Decisamente non capiva la riottosità della ragazza a fornire spiegazioni.

Tsk, musicisti” pensò Anna, facendo ben attenzione a tenersi questa considerazione per sé.

Non che Joseph avesse tutti i torti, questo Anna lo capiva, ma non sopportava che qualcuno mettesse in discussione le sue decisioni, che tra l'altro non riguardavano altro che lei.

Sai che non è così, a loro avrebbe fatto piacere sapere che suoni.” si insinuò nella sua mente la fastidiosa voce della sua coscienza.

Scosse la testa per cacciarla.

- E grazie al cavolo, che ne sapevo io che i Jonas affidatari erano anche i Jonas Brothers? Evidentemente non c'era bisogno che voi sapeste questo particolare, no? E poi, io non intendo suonare un basso trovato da qualche parte, io suono il mio basso. - rispose lei, ripiegando sulla difensiva per evitare di sommergerlo di delicate e fini parole.

- Ti sei accorta di chi eravamo dalla prima volta che ci hai visti! Cos'è, avevi bisogno di quattro mesi per riconoscerci e deciderti a parlare? Che poi quel coso mi sembra antiquato, sei sicura che riesca anche solo ad accendersi?- esclamò Joe con scherno, saltando in piedi e allargando le braccia, indicando lo strumento.

- Mah, fa' un po' tu, se tutti quelli che lo hanno visto e provato mi hanno fatto i complimenti per il suono corposo un motivo ci sarà. E se lo uso per esercitarmi, si deve accendere per forza, non è che ho comprato un amplificatore perché facesse da soprammobile, sai? - ribatté acida la cinerea, sentendosi ferita nell'orgoglio. - Che poi tu il basso nemmeno lo suoni, come puoi pretendere... - s'interruppe prima di andare troppo oltre con le parole.

- Eddai Joe, non è mica la fine del mondo. - intervenne Kevin cercando di riappacificare gli animi – Ora che lo sappiamo possiamo improvvisare qualcosa anche a casa, no? Dopotutto le prime rock band erano composte da batteria, chitarra, voce e basso. Chissà che ci vengano delle idee per un nuovo album... -

- Nuove idee un corno! - lo interruppe Anna, alzando una mano e incenerendo Joe con lo sguardo. - C'è un altro motivo per cui non vi ho detto niente. - aggiunse tentando di riacquistare la calma – Ho fatto solo un anno di corso, non sono esattamente esperta. Come puoi pensare che riuscirei ad improvvisare qualcosa quando nemmeno sono in grado di leggere le note sul pentagramma? - chiese quasi retoricamente, alzando il famigerato sopracciglio.

- Beh, se ce ne avessi parlato prima ti avremmo presentato il bassista della band e ti avrebbe insegnato qualcosina... - riprese Joe, suonando fastidiosamente ironico.

- E quando avrei chiesto il tuo parere, Joseph? - lo fulminò Anna, stringendo le dita attorno al manico dello strumento.

- Da quando mi serve il tuo permesso per parlare? - rispose quello con tono di sfida.

- Ti avverto: questo basso pesa molto di più di un tamburello e l'effetto che ha su un cranio è assai diverso... - lo minacciò lei, accarezzando la forma di legno compatto del corpo del basso.

- Ok, ok, che ne dite se ci beviamo una bella tisana alla camomilla? - propose Denise, guardando il resto della famiglia, sperando di coinvolgerli in una conversazione più rilassata e allegra.

- Trovo che sia una magnifica idea! - rispose Rosanna, la zia di Anna.



***



- Annalisa, tira su quei piedi, altrimenti ti giuro che te li strappo via a morsi! - urlò Anna piegandosi di lato e tirando il freno del bob.

- Ma non so dove altro metterli! - le sbraitò l'altra, tentando invano di issare gli arti doloranti sullo slittino.

- Non è un mio problema, ma ti assicuro che se qualcuno di quei disperati ci supera perché le tue gambine mi fanno da freno, allora ti conviene usarle per correre molto veloce e anche molto lontano da qui, perché se ti prendo è bene che si prenoti una sedia a rotelle. - minacciò la prima, sterzando e aggrappandosi al bordo per evitare di ribaltarsi.

- E per favore piegati quando ci sono le curve! - aggiunse, piegandosi a sua volta e sterzando.

Dimenticata la piccola discussione della sera prima con Joe, Anna aveva proposto alla compagnia di sfidarsi in una gara di slitte, tenuta sull'apposita pista in cima alla collina dietro casa.

I Jonas avevano accettato la proposta con gli animi ardenti di competizione ed erano andati berciando di rispetto delle regole e sportività degli atteggiamenti.

Le due ragazze li avevano guardati con aria indifferente, augurando loro buona fortuna.

Con la scusa di non avere abbastanza slitte, i ragazzi avevano deciso di andare a coppie; in realtà speravano di aumentare la loro velocità con il peso complessivo. Immaginavano che Anna e Annalisa non sarebbero mai arrivate a pesare quanto Joe e Nick. Questa loro supposizione si rivelò corretta, ma vedersele partite a razzo lo stesso li aveva a dir poco scioccati.


- Accidenti Nick! Piantala di tirare quel freno, altrimenti non riusciremo mai a raggiungerle! - sbraitò Joe in preda all'esasperazione. Quelle due pazze li avevano superati da un po' e non le riuscivano neanche più a sentire.

- Ma vuoi che ci spalmiamo come due gelatine contro il guardrail? Bisogna essere prudenti quando c'è ghiaccio sulla pista! - rispose a tono il fratello, sterzando lentamente.

- Ma quale prudenza e prudenza, hai visto come sfreccia quella ragazza? Ti pare che si faccia intimorire da quattro gocce d'acqua raffreddate? - replicò il maggiore, allungando le mani oltre il bordo del bob e spingendosi con esse.

- Che stai facendo Joe?! -

- Compenso le tue frenate con una propulsione a braccia! -

- Aspetta! Fermati! AHH! - urlò Nick perdendo il controllo del volante a facendo un frontale contro la balaustra di legno.

Joe si rialzò da terra spazzandosi via la neve dal fondoschiena.

- Ora guido io. -


- Decisamente non avevate speranza di vincere. - commentò Annalisa, alzandosi dal bob e sistemandosi una ciocca di capelli quando li vide arrivare.

- Beh, almeno abbiamo raggiunto Kevin e Frankie. - si difese Joe scrollando le spalle.

L'unico commento della mora fu un “sisi” mugugnato.

Nick si stupì che Anna non avesse fatto commenti sulla sua schiacciante vittoria e che non li avesse ancora guardati dall'alto della sua superiorità con il solito ed irritante sorrisino.

La vide che se ne stava in silenzio seduta su un cumulo di neve con gli occhi vitrei, come se stesse pensando a qualcosa di importante.

Prima che se ne fosse accorto i suoi muscoli si erano mossi e le si era avvicinato con la bocca già aperta, pronto per parlare.

- Sto considerando di cambiare le squadre – lo anticipò lei – se continuiamo a rimanere così accoppiati va a finire che voi perdete sempre. - “Ed io non voglio vincere così clamorosamente.” aggiunse nella sua testa. Aveva promesso che li avrebbe trattati bene, no?

Si sta davvero preoccupando della nostra autostima?” si domandò il ragazzo incredulo, non centrando le vere intenzioni di lei.

- A-allora cosa proponi di fare? - chiese Nick, cercando di non arrossire al pensiero di loro due sulla stessa slitta. Quello sarebbe stato meraviglioso.

Lei lo guardò con le sopracciglia aggrottate. Non glielo aveva appena detto, cosa voleva fare?

Senza rispondere a Nick scese dal suo cumulo e chiamò a raccolta tutti quanti.

- Signori, credo che sia opportuno cambiare le squadre, che ne dite? -

- Sì per favore, io con Nick non ci sto più! - sbottò Joe, memore del volo che aveva fatto a causa della prudenza di suo fratello.

Il minore non lo fulminò solo perché c'era un barlume di speranza che lui potesse davvero stare sulla slitta con la ragazza se Joe si fosse rifiutato di gareggiare con lui.

- Bene allora. Io vado con Kevin. - annunciò la cinerea, avviandosi verso il bob.

Le speranze di Nick si frantumarono immediatamente risuonando nella sua testa come un'immensa vetrata colpita da un sasso e sarebbe rimasto a fissare il vuoto con espressione addolorata se Frankie non lo avesse tirato per una manica e gli avesse sorriso incoraggiante.

- Dai Nick, questa volta vinciamo! - disse allegro – Però guido io. - aggiunse poi, serio.

Nicholas gli sorrise a fatica – Come vuoi, Bonus. -



Avevano fatto diverse discese e Nick si sentì graziato dalla sorte, quando Anna decise di gareggiare con lui.

Cercò disperatamente di concentrarsi sulla sfida, distogliendo la mente dai pensieri confusi che gli occupavano la testa per via della presenza della cinerea davanti a sé.


Joseph aveva gareggiato due volte con Annalisa ed entrambe le volte erano arrivati secondi, dopo Anna e chi stava con lei. Il fatto che la ragazza avesse vinto tutte le volte aveva rafforzato la già ferrea volontà del mezzano di arrivare primo almeno una discesa.

- Ormai è tardi Joe, faremo domani. - lo convinse Annalisa, guardando attentamente la figura del ragazzo. In quel momento stava cercando di trattenere una risata; vedere Joe insalamato in una tuta da sci verde pisello, affaticato e nonostante questo agguerrito era uno spettacolo decisamente comico.

- Comunque siamo una bella squadra, tu ed io. - disse lei, tirando le somme delle sfide.

Il ragazzo voltò la testa per guardarla. Aveva un'espressione pacata e contenta.

- Già. Ti va se domani facciamo coppia ancora? - chiese, sorridendo.


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