Far longer than forever

di Nimel17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** She's a swan ***
Capitolo 3: *** You're mine ***
Capitolo 4: *** I can't live within you ***
Capitolo 5: *** It's his fault, not mine! ***
Capitolo 6: *** And when there isn't, you create it ***
Capitolo 7: *** Poor unfortunate soul ***
Capitolo 8: *** Odile ***
Capitolo 9: *** A spoonful of Fairy Dust ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Rumpelstiltskin osservò euforico la sua nuova pozione. I fumi violacei salivano in spirali sinuose, disperdendosi nella stanza. La sola luce era data dal fuoco scoppiettante nel camino di pietra e gli piacque come la prevalente oscurità, il colore della sua magia e i riflessi rossi e bluastri del fuoco rendessero  tutto più inquietante e minaccioso.
Il Signore Oscuro si recò al lungo tavolo, uno dei pochi mobili che aveva conservato dal suo soggiorno a corte. Cercò freneticamente la sua ampolla e la strinse a lungo tra le dita, cercando sollievo nel gelo del vetro contro la sua fronte febbricitante. Vide il suo riflesso nel vassoio lucido dove teneva il servizio da the e ghignò. Era il ritratto della Pazzia: i capelli erano una massa spettinata che gli scendeva inerte ai lati del viso magro, sciupato. La pelle, solitamente tendente dal grigio al verde e all’oro, era opaca, spenta. Gli occhi erano infinite e oscure profondità illuminate solo da bagliori dorati che non facevano altro che rendere il suo sguardo ancora più penetrante, la bocca era ridotta a due fessure screpolate che facevano da contorno a una chiostra di denti appuntiti.
Ora era davvero una Bestia.
Iniziò a ridere, prima piano, poi sempre più forte per uno scherzo noto a lui solo. Si dovette reggere al tavolo per non cadere, stringendo le sue mani alla superficie così forte da far entrare alcune schegge di legno nei suoi palmi, ma a Rumpelstiltskin non importava niente del dolore. Quelle piccole punture gli ricordavano anzi che era ancora vivo.
Non ci volle la sua preveggenza per accorgersi che almeno dieci uomini stavano giungendo alla sua porta. Il rumore delle armature era quasi assordante, tanto che lui fu costretto a massaggiarsi le tempie, infastidito. Un povero essere vivente penserebbe di essere arrestato almeno con un po’ di educazione, ma questo era pretendere troppo da qualcuno limitato come Re Maurice. Perlomeno la porta era molto vecchia e, quando l’avrebbero abbattuta, non sarebbe stata una gran perdita.
Come aveva previsto, le guardie irruppero nella stanza, levando in alto le loro spade.  In testa c’era il sovrano in persona, vestito di velluto rosso.
“Arrenditi, Signore Oscuro, rinuncia alle tue arti magiche!”
Rumpelstiltskin cercò di soffocare le risa e fece un leggero inchino, tenendo i palmi bene aperti in vista.
“Signori, siete i benvenuti. Avete davvero realizzato la mia serata. Ma, sire, siate sincero: le mie arti vi sono tornate ben utili.”
“Non avevo richiesto la tua magia nera, demonio! Solo qualche semplice, innocuo incanto.”
Rumpelstiltskin sgranò gli occhi innocentemente e si portò un indice appuntito alle labbra.
“Oh, dove le ho già sentite queste parole?”
Schioccò le dita, sorridendo.
“Ma certo, quando mi avete cacciato dal castello, dopo avermi usato per filare la paglia in oro e per proteggere il vostro regno. Senza contare il servizio più importante che vi ho reso… non ho forse fatto sì che la vostra regina fosse liberata dalla maledizione della sterilità?”
Il volto del re era cianotico per la rabbia.
“Mia moglie è morta per il parto, impostore!”
Lui si sentì dispiaciuto per la notizia: la regina era sempre stata gentile con lui.
“Dolente. Condoglianze, ma accade ad alcune donne.”
“E tu non c’entri nulla, vero?”
Rumpelstiltskin alzò le mani.
“Non è quello che faccio.”
Re Maurice fece un cenno con la testa e le guardie iniziarono a tirare giù tutti i suoi scaffali, rompendo tutte le sue pozioni, tagliuzzando i libri con le loro spade. Qualcosa dentro il cuore dell’Oscuro si ruppe, vedendo il suo lavoro di anni distrutto da quelle marionette ignoranti.
Pazienza, pazienza. Verrà il momento.
“E a cosa è dovuto questo ingiustificato vandalismo?”
Il sovrano gli puntò contro un indice, come se fosse il dannatissimo Dio di quel mondo.
“Sei condannato all’esilio, Rumpelstiltskin. Fuori dal mio regno.”
L’altro alzò un sopracciglio. Fu più forte di lui, ma non disse niente. Gli occhi erano tornati del loro normale colore, sembrava persino divertito. S’inchinò un’altra volta, poi prese il suo mantello.
“Avete fatto la vostra scelta, sire. Ognuno ha più di una scelta davanti a sé, bisogna solo fare attenzione che sia la scelta giusta. Voi avete fallito miseramente, ma non importa. Sapete che io non ho mai rotto un accordo o non mantenuto una promessa. Ora io, Rumpelstiltskin, vi giuro solennemente, sire, che non ho finito con voi e che un giorno tutto ciò che possedete, tutto ciò che amate, sarà mio!
Prima che le guardie potessero avventarsi su di lui, il Signore Oscuro scomparve, avvolto dalla sua nube violacea. 

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Capitolo 2
*** She's a swan ***


“Suvvia, Belle, questo è il tuo gran giorno. Dovresti essere felice.”
La ragazza alzò un sopracciglio.
“Mi devo sposare e non ne sono stata informata?”
Suo padre le diede un buffetto di rimprovero.
“Oggi rivedrai Gaston. È dalla scorsa estate che non lo vedi.”
Sì, ma sono quasi vent’anni che lo vedo estate, dopo estate, dopo estate.
Belle guardò fuori dal finestrino della carrozza. Quel tragitto era sempre uguale, desiderava disperatamente che qualcosa cambiasse. Aveva iniziato ad odiare quella stagione, anche se il sole splendeva e il cielo era sempre di un azzurro luminoso, anche se c’erano fiori colorati dappertutto. Rimpiangeva il freddo che le arrossava le guance, la neve, la bellezza dei fiori ricoperti dal ghiaccio e soprattutto la libertà da Gaston. Sapeva che suo padre, re Maurice, e la sovrana del regno vicino, Regina, avevano pianificato il matrimonio tra i loro figli praticamente alla loro nascita e tre mesi all’anno li passavano insieme. Belle odiava quel ragazzo che la prendeva in giro, le tirava le trecce, le strappava i libri e la chiamava “anatroccolo”. Abbassò lo sguardo sul suo vestito azzurro ricamato d’oro e desiderò che non dovesse essere proprio lui il suo promesso.
“Padre, è vero che oggi non mi sposo, ma… sarà inevitabile il matrimonio tra me e Gaston?”
Maurice le strinse le mani.
“Tesoro, abbiamo aspettato quasi vent’anni.”
Tu hai aspettato. Quel pensiero saettò nella testa di Belle ma stette zitta. Suo padre sentiva solo quello che voleva sentire.
“Con lui sarai al sicuro. È un cavaliere molto valoroso, impavido.”
“Al sicuro da cosa, padre? C’è qualcosa che mi avete nascosto?”
Maurice esitò, poi sorrise.
“Niente, tesoro, solo le paranoie di un vecchio.”
Lei lo squadrò con i suoi occhi chiari.
“Non sono una statua di porcellana da proteggere, padre. Mi avete cresciuta per ben altro.”
Il re sospirò e si tolse il cappello di velluto rosso, rigirandoselo tra le grosse e goffe mani.
“Hai ragione, te l’ho nascosto anche troppo a lungo. Vedi, Belle, prima della tua nascita tua madre ed io eravamo molto infelici. Non riuscivamo ad avere un bambino, così decidemmo di rivolgerci ad un potente mago per un patto. Lui avrebbe spezzato la maledizione che gravava su tua madre e noi gli avremmo dato in cambio un libro d’incantesimi dalla biblioteca del castello.”
Belle sentì una sensazione fredda, acuta, partire dal cuore fino a ghiacciarle il sangue nelle vene sottili.
“State parlando di Rumpelstiltskin?”
Maurice impallidì e la prese per le braccia, stringendola così forte da lasciarle i segni.
“Quel mostro ti ha avvicinata? Dimmelo, Belle, o non potrò proteggerti!”
“No, no, ho solo letto di lui, lasciatemi!”
Lei venne rilasciata quasi subito e altrettanto presto perdonò suo padre.
“Sì, Belle, sto parlando del Signore Oscuro. Vedi, nel nostro castello lui si dedicò ad esperimenti di magia nera. I consiglieri, i sudditi, erano terrorizzati. Tua madre era incinta di te, perciò volevo aspettare che tu fossi nata per scacciarlo. Purtroppo, sai che la mia adorata Janeel morì e io ho sempre sospettato che dietro ci fosse la mano dello stregone, così lo mandai via dalla mia casa. Poco tempo dopo, lo esiliai dal mio regno e lui promise vendetta. Che tutto ciò che amavo sarebbe stato suo, un giorno.”
Belle rabbrividì. Si era sempre sforzata di essere una persona coraggiosa, ma le leggende che attorniavano il nome di Rumpelstiltskin avrebbero scoraggiato chiunque. Diversamente da quello che si diceva a voce molto bassa e senza mai fare nomi direttamente, lei aveva letto su quel raro e vecchio volume che il folletto era stato un tempo un uomo normale, che aveva ucciso il precedente Signore Oscuro e ne aveva assunto i poteri. Chi trovava il pugnale con inciso il suo nome poteva controllarlo, ma non c’erano stati sopravvissuti per gli sciocchi che ci avevano provato.
Moltissime persone, potenti e insignificanti, ricchi e poveri, avevano stretto un patto con lui, ma nessuno aveva mai compreso veramente ciò che chiedevano e ciò che promettevano in cambio, così la loro sorte era diventata miserevole. Quello che aveva compreso, più di ogni altra cosa, era la frase conclusiva del testo: Nessuno rompe un patto con Rumpelstiltskin.
“Ti ho turbata, tesoro? Non devi preoccuparti, è passato molto tempo.”
Belle sorrise dolcemente.
“Non sono spaventata.”
La carrozza si fermò e la portiera venne aperta da un uomo dalla pelle color cannella, crespi e corti capelli scuri, baffi e pizzetto. Lei accettò il suo aiuto per scendere e rise alla sua aria impassibile.
“Sidney, siamo ormai vecchi conoscenti. Potresti anche sorridere.”
Gli occhi neri dell’uomo si addolcirono e i lineamenti si rilassarono nel tanto atteso sorriso.
“Regina e suo figlio vi attendono con ansia, principessa.”
Mentre Maurice stava parlando con il cocchiere, le sussurrò:
“Sono contento di rivedervi, Belle. La corte è un po’ noiosa, nessuno con cui parli conosce Agrabah, la mia terra natale.”
“Lo so, ti ho portato un libro di racconti scritto proprio su Agrabah, spero ti piacerà.”
Il consigliere della regina s’inchinò profondamente e scortò lei e suo padre all’interno del palazzo reale.
Belle rabbrividì ancora. Quel posto era così… freddo. Anonimo. Non era una vera casa.  Il soffitto era troppo alto, tutto era pieno di spigoli e le mura erano bianche e grigie, le tende di pesante velluto nero, rosso e argento impedivano alla luce di entrare. Sidney proseguì fino alla porta della Sala Reale e s’inchinò ancora prima di aprire. Prima che lei potesse entrare, lui le toccò il polso per rallentarla.
“Oggi si aspettano tutti grandi cose, Belle. Attenta.”
Lei annuì ed entrò a testa alta. Non importava quanto avrebbero insistito suo padre o Regina, non avrebbe sposato Gaston se avesse visto che non era cambiato dal ragazzo superficiale e vanitoso che conosceva.
La regina le andò incontro, a braccia aperte, sorridente. I lunghi capelli neri erano raccolti in due trecce alla base della nuca e per quel giorno non era vestita di nero ma di blu, adornata di zaffiri, il volto truccato molto più di quanto non si addicesse ad una vedova.
“Belle, cara, sei diventata una magnifica, giovane donna. Non trovi, caro?”
Gaston si era avvicinato. Lei poteva vedere chiaramente che era diventato ancora più alto, i capelli folti e scuri pettinati all’indietro, gli occhi neri che volevano essere penetranti, ma che le sembravano solo confusi. Le prese la mano e gliela baciò, senza smettere di fissarla.
“Senza dubbio, madre. L’anatroccolo che ricordavo è diventato uno splendido cigno.”
Belle s’irrigidì. Non le pareva un così bel complimento, ma lui scambiò il suo fastidio per imbarazzo e le accarezzò una guancia, annuendo rivolto a sua madre. Regina guardò Maurice, che se n’era stato un po’ in disparte, commosso.
“Preparate le nozze!”
Lei sgranò gli occhi. Sapeva, naturalmente, anche senza i suggerimenti di Sidney, che sarebbe successo, ma non era abbastanza pronta. Non lo sarebbe mai stata. Afferrò la mano di Gaston, che le sorrise inorgoglito.
“Dimmi, tesoro.”
“Perché vuoi sposarmi? Non mi hai mai sopportata.”
“Tesoro, eravamo ragazzi. Guardati adesso, sei la donna più bella dei due regni!”
“Ma è solo la bellezza che conta per te?”
“Che altro c’è?”
Belle si ritrasse come se l’avesse schiaffeggiata. Non provava dolore, questo no, visto che non era innamorata di quel bellimbusto vanesio, ma era disgustata. Marciò davanti a Regina e raggiunse suo padre al centro della sala, determinata. Già i servitori stavano preparando lunghe tavolate piene di cibo e vino e lei non potè fare a meno di pensare, cinicamente, se avessero già anche chiamato il prete per sposarli. Si rivolse a tutti e a nessuno in particolare, a voce alta e scandita.
“Non ci saranno nozze di nessun genere. Dovrete festeggiare per un altro motivo.”
Detto ciò, uscì dalla sala senza vacillare, aprendosi da sé le porte.
“Sidney, chiama la mia carrozza, per favore.”
“Avete fatto la scelta giusta, principessa.”
Passi trafelati erano dietro di lei, i più vicini facevano più rumore per via dei tacchi.
“Principessa!”
“Belle!”
Si fermò e li aspettò, tranquilla. Non aveva alcun rimpianto. Suo padre era estremamente disorientato, Regina era più dura e ansiosa.
“Belle, tesoro, cos’è successo?”
Lei usò il suo tono più cortese ma freddo, rivolta verso la regina.
“Mi dispiace, Maestà, ma non sposerò un uomo che mi vuole solo per la mia bella faccia.”
“Tesoro, lui ci tiene a te…”
“Quanto può tenere a me qualcuno che, quando gli ho chiesto se a lui importava solo della mia bellezza, mi ha risposto Che altro c’è?
Regina arrossì, mostrando la buona grazia d’essere imbarazzata. Suo padre sospirò e le strinse una mano.
“Devi dargli tempo, Belle. Lui…”
L’altra donna le si avvicinò e parlò in modo che solo lei potesse sentirla.
“Mia cara, noi donne abbiamo la benedizione e maledizione d’esser molto più sveglie e mature degli uomini. Tu sei più responsabile di mio figlio, che per adesso deve ancora crescere in un certo senso, ma ciò non vuol dire che non sarà un ottimo marito per te. In poco tempo, anche grazie alla tua influenza, cambierà modo di pensare, credimi. Anche suo padre era così, ma non mi sono mai pentita.”
Belle ascoltò in silenzio. Sapeva che non avrebbe cambiato idea, ma Regina non le piaceva e sentiva che non avrebbe accettato un no come risposta. Cercò quindi di presentare un compromesso.
“Molto bene. Propongo un punto d’incontro, Maestà: non ci sarà nessun matrimonio per il momento, ma io non romperò il fidanzamento e darò a vostro figlio una seconda possibilità. Abbiamo un accordo?”
Suo padre sussultò alla sua uscita, ma Regina sorrise, mostrando i denti bianchi.
“Non posso chiedere di più, mia cara Belle. Ma non protrarre i tempi troppo a lungo.”
“Non è mio desiderio.”
Regina e Maurice si trattennero ancora qualche istante a parlare, mentre lei attendeva in carrozza. Sidney le fece compagnia mentre controllava i cavalli.
“Il principe è rimasto folgorato, principessa.”
“Ma ti rendi conto, Sidney, di ciò che mi ha detto? Dio, mi sento una bambina petulante a lamentarmi così, ma non penso di esser stata mai tanto arrabbiata.”
“Tornerete sulla vostra decisione?”
“Certo che no, volevo solo prendere tempo.”
“Per cosa?”
“Un miracolo, immagino.”
Lui le sorrise e diede una pacca affettuosa ad un cavallo.
“Addio, principessa. O arrivederci.”
Gli sorrise mentre suo padre saliva e si sedeva al suo fianco. Fuori era già buio. La carrozza ripartì e lei attese per i rimproveri che era sicura sarebbero venuti. Ma il re sembrava solamente triste. Trascorsero in silenzio buona parte del viaggio, ma a mezzanotte passata nessuno dei due riusciva a dormire.
“Mi biasimate, padre?”
Maurice fece un sospiro profondo.
“In parte sì e in parte no. So che Gaston non è il tipo d’uomo che volevi, Belle, non sarà mai in grado di sostenere una conversazione arguta con te al tuo stesso livello, forse non approverà che tu legga tanto, ma sarà un re capace e premuroso. Inoltre, Regina è molto intelligente e veglia su di lui. Ma tu, tesoro, devi abbassare un po’ le tue aspettative. Non continuare a volere un Principe Azzurro.”
“Non voglio un Principe Azzurro. E non voglio Gaston.”
Prima che suo padre potesse ribattere, la carrozza fu scossa bruscamente e padre e figlia vennero gettati in avanti. Belle riuscì a non perdere troppo l’equilibrio e piantò le unghie nel velluto del sedile, respirando affannosamente. Il gomito le faceva male e anche un ginocchio che aveva sbattuto per terra, ma si voltò quasi subito verso suo padre.
“Papà, papà, ti sei fatto male?”
Maurice aveva un brutto livido sulla fronte e le nocche sbucciate, ma per il resto sembrava illeso.
“Belle, Belle, cos’è stato? Stai bene, sei ferita?”
Aprirono le portiere per vedere cos’era successo e lei scese, cauta, reggendo una lanterna. Il cocchiere era scomparso e sembrava che persino il vento avesse smesso di soffiare.
“È tutto così… immobile.”
La carrozza era rovesciata per metà eppure i cavalli se ne stavano lì, fermi e calmi. Scese anche suo padre e si guardò intorno.
“Belle, sali dentro. Non mi fido.”
“Cosa può essere successo? Sembra…”
“Magia.”
Si guardarono e lei poteva vedere l’angoscia negli occhi del padre. Si sentiva spaesata e fuori posto, come in un sogno. Si girò e fece una rapida perlustrazione vicino al bosco, per quanto riuscisse a vedere. Non c’era niente di strano, a parte quell’insistente immobilità, ma si sentiva osservata e la sensazione non le piaceva. Stava per tornare dal padre, quando sentì una mano afferrarle il braccio  e tirarla indietro, verso la foresta. La lanterna cadde senza fare rumore. Cercò di gridare, ma la sua voce era scomparsa, apriva la bocca ma non uscivano suoni. Si dibatté, ma non appena si mosse venne circondata da una nube viola che l’accecò momentaneamente. Provò una sensazione strana, come quando cavalcava troppo veloce e il cavallo faceva un salto molto alto, ma non del tutto spiacevole. Si sentiva tremare per le vertigini e non si sentiva per niente salda sui piedi.
“Puoi aprire gli occhi, dearie.”
 
 
Rumpelstiltskin
 
Ammirevole. La maggior parte delle persone che aveva trasportato con la magia avevano dovuto perlomeno sorreggersi per non cadere, invece la principessa aveva solo vacillato, con gli occhi chiusi. Ma ora lui li desiderava bene aperti, per vedere il loro bellissimo azzurro cielo che lo aveva colpito mentre osservava lei e il re. La voce del Signore Oscuro che dormiva nella sua mente lo derise, ironico.
Hai sbagliato battuta, Rumpelstiltskin. Dovevi dire che volevi vederli aperti per bearti del loro terrore.
Lui incrociò le braccia sul petto, scacciando la voce, seccato. Non poteva negare di esser stato colpito dalla bellezza della principessa, ma lo riteneva naturale. La ragazza aveva lunghi boccoli castano ramati, in parte raccolti da un fermaglio di madreperla, la pelle bianca e rosea come conchiglie e lineamenti che ricordavano quelli di un gatto siamese. L’abito celeste era sgualcito, strappato in un punto, ma non le toglieva un grammo di fascino.
“Puoi aprire gli occhi, dearie.”
La principessa obbedì, lentamente. Era scossa, ma si rifiutava di dimostrare la sua paura.
“Così, voi sareste Rumpelstiltskin.”
Lui s’inchinò, senza intenzione di sbeffeggiarla.
“Proprio io, in persona, dearie. Immagino tuo padre ti abbia parlato di me.”
La fanciulla fece un mezzo sorriso, creandole una fossetta sulla guancia.
“Non più di un paio d’ore fa.”
Rumpelstiltskin congiunse le mani e sorrise, deliziato.
“Quando si chiama destino! Quindi sai anche perché sei qui, vero dearie?”
“Perché avete promesso che tutto ciò che appartiene a mio padre sarà vostro.”
“Intuizione esatta.”
Lui le si avvicinò, esaminandola mentre le girava intorno come un predatore.
“Sai, dearie, assomigli moltissimo a tua madre, per tua fortuna. Non ho afferrato bene il tuo nome, cara.”
Le guance della principessa si tinsero appena di rosso, ma lui poteva vedere chiaramente che non era certo per imbarazzo e vergogna.
“Il mio nome è Belle, e non osate nominare mia madre! È colpa vostra se è morta!”
Gli occhi scuri di Rumpelstiltskin si raffreddarono come se un soffio di vento avesse spento delle candele. Sorrise, scoprendo i denti irregolari, e suo malgrado la ragazza impallidì un poco.
“Ma certo. Io sono il mostro, la Bestia… questo ti ha detto tuo padre, vero dearie?”
Lei aveva recuperato il suo coraggio e lo stava fissando, ad occhi socchiusi.
“Non è forse vero che lo siete?”
Il Signore Oscuro sollevò una mano, sfiorandole una guancia con le unghie nere e appuntite.
“Oh sì, dearie, e anche di più di quello che dicono. Ma non sono io la Bestia che importerà a tuo padre, temo.”
Belle sussultò e arretrò.
“Che cosa volete dire?”
Lui non rispose e fissò il cielo, pensieroso.
“Il nostro viaggio è durato più del previsto, principessa. È quasi l’alba.”
“Ma come…?”
“La magia, dearie, te l’ha fatto sembrare diverso come durata. Ma ora basta con le chiacchiere. Ti farò conoscere una bestia, ma sarà del tutto innocua, hai la mia parola.”
L’acqua del lago che stava bagnando appena l’abito di Belle s’illuminò di luce dorata e lei si vide circondare da acqua e fumi violacei. Rumpelstiltskin si godette la sua paura e rise, quando finalmente la ragazza tornò visibile, non più umana, ma come cigno. E che cigno: le piume candide, gli occhi blu e luminosi persino in quella forma. L’animale sbatté le ali e il suo sguardo si puntò su di lui, addolorato e irato.
Rumpelstiltskin sorrise ancora e tese la mano in avanti, inchinandosi.
“La mia maledizione farà sì che tu diventi un cigno di giorno e che ritorni umana durante la notte, così avrò lo stesso qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere. Si è molto soli qui, dearie.”
Il cigno sbatté nuovamente le ali, questa volta spruzzandogli l’acqua addosso. Il mago rise e prese dalla tasca un pezzo di pane, che ridusse in briciole e lo gettò in acqua.
“Buona colazione, dearie.”
Le voltò le spalle e saltellò verso il suo castello, ridacchiando soddisfatto.
 
 
 
Angolo dell’autrice: Buonasera a tutti! Spero di non avervi fatto aspettare troppo! Rumpel non si è comportato troppo bene con Belle, ma rimedierà… forse. Nessuno vuole che sia un bravo ragazzo, giusto? Ringrazio parveth89, Sylphs, Raven_95, jarmione, aurora faleni, MsBelle per aver recensito, ANIMAPERSA, Capinera, Ginevra Gwen White per aver messo la storia tra le preferite e Lupa Malandrina, Moon Love, MsBelle, Raven_95, Sylphs, Silvie de la nuit, sosia e tykisgirl per averla messa tra le seguite. Alla prossima!

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Capitolo 3
*** You're mine ***


Belle si sedette ai piedi del lago, immergendo i piedi nell’acqua gelida. Quella notte era particolarmente fredda e lei si ritrovava a rabbrividire a brevi intervalli, ma preferiva patire il freddo piuttosto che chiedere al mago un mantello per ripararsi.
Erano due settimane che l’aveva portata lì; ogni giorno si trasformava in cigno ed ogni notte tornava umana, impedendole così di scappare per cercare suo padre. Era stata chiara quella creatura: solo nel punto in cui la luna si specchiava nelle acque di quel lago incantato poteva riacquisire la sua forma originaria.
Scagliò un sasso, osservandolo rimbalzare e formare delle onde circolari sulla superficie trasparente, desiderando che allo stesso modo si potesse cancellare gli ultimi giorni.
Se pensava che Rumpelstiltskin aveva osato, il primo giorno, gettarle dei pezzetti di pani sull’acqua facendole ridicole moine…
Un ululato non troppo lontano la fece sobbalzare. Gli occhi blu erano sgranati e le sembrò per un attimo che qualcosa di grande e veloce muovesse le foglie dei cespugli. Era un ringhio quello che stava sentendo? Si alzò rapidamente e si guardò intorno: due occhi gialli, quasi all’altezza del suo viso, la guardavano da dietro un cespuglio.
Era un lupo, ma molto, molto più grande rispetto ai pochi che aveva visto durante le diverse battute di caccia, più terrificante; l’animale snudò le zanne e Belle si sentì prendere dalla nausea, vedendo che erano sporche di sangue, ma rimase ferma immobile. Temeva che, se avesse fatto un qualsiasi movimento, la belva le sarebbe balzata addosso.
Non osò nemmeno abbassare gli occhi, volendo tenere d’occhio i movimenti del lupo. Fu proprio a causa di quello scambio prolungato di sguardi che notò un qualcosa di strano nelle pupille dilatate dell’animale, qualcosa di…umano. Abbassò leggermente le palpebre e avanzò di un passo, esitante.
Il lupo non si mosse ed emise quello che sembrava un basso ringhio, ma non minaccioso.
Lei si avvicinò un altro po’, mentre la voce della ragione la rimproverava di offrirsi come pasto risparmiando alla fiera la fatica di saltare e inseguirla.
Si abbassò di pochi centimetri e scrutò meglio quegli occhi ambrati, luminosi come pepite d’oro.
“Puoi capirmi?”
Arrossì mentre faceva la domanda, sentendosi piuttosto sciocca. Se l’avesse vista suo padre…
Il lupo guaì e si chinò, porgendole la testa allungata. Belle passò incerta un dito sul pelo folto dell’animale, dal naso fino alle orecchie. Quando si rese conto che non sarebbe stata mangiata in pochi bocconi, ripeté il gesto, stavolta usando tutta la mano e con più decisione.
Sorrise quando la creatura premette più forte la fronte contro il suo palmo e si lasciò scappare un risolino.
“Siamo molto affettuosi, vero?”
Indietreggiò, nuovamente impaurita, quando il lupo le afferrò un lembo del vestito con le zanne e cercò di trascinarla all’interno del bosco.
“No, no, buono…”
Si sentì tirare con più delicatezza, così sospirò di sollievo.
“Molto bene, ti seguo. Ma non troppo lontano, mi raccomando.”
Mentre affrettava il passo dietro all’animale, le venne da rabbrividire pensando ad alcuni episodi della sua infanzia. C’erano state alcune persone capaci di farsi capire dagli animali, di stabilire un legame con le bestie più feroci, che avevano soggiornato per qualche settimana alla sua corte.
Erano state tutte giustiziate.
Quando, appena bambina, ne aveva chiesto il motivo, suo padre si era agitato nervoso sulla sedia ed era stato uno dei suoi tutori a risponderle.
“Erano servitori del diavolo, bambina. Hanno venduto la loro anima a Satana per domare quelle belve e meritano d’esser rispediti all’Inferno da cui provengono.”
Il re aveva rimproverato l’uomo per la troppa crudezza, ma era troppo tardi e la principessina si era spaventata. Ed ora era lei a trovarsi in quella situazione, ma era certa di non aver barattato la sua anima a nessuno. Probabilmente, se il suo precettore Claude…. non riusciva a ricordarsi il cognome, avesse saputo del suo rapimento ad opera del Signore Oscuro, una volta sana e salva a casa avrebbe insistito affinché venisse purificata… col fuoco.
Scosse la testa per cacciare quei pensieri macabri e notò che il lupo si era fermato al centro di una radura, al riparo da sguardi indiscreti. Belle si sedette su un tronco tagliato e liscio, sistemandosi la gonna blu dell’abito. Le scarpe le si erano sporcate d’erba e alcune foglie umide si erano attaccate alle suole, inoltre le maniche voluminose erano strappate a causa dei rami spinosi in cui era incappata una delle ultime notti, ma pazienza. Non c’era nessuno per cui valesse la pena agghindarsi.
All’improvviso, un fruscio vicino a lei la distrasse e una ragazza, che sembrava di pochi anni più giovane di lei, dai capelli neri e mossi sciolti sulla schiena si sedette vicino a lei.
Belle si alzò, cercando freneticamente con gli occhi il lupo.
“Scusa, non volevo spaventarti.”
“Chi sei? Sei… voglio dire, il lupo…?”
La giovane si mise una mantella rossa con bellissimi ricami di una tonalità più scura, arrossendo per l’imbarazzo.
“Ho paura di sì. È una cosa di famiglia… scusami, ti avevo vista tutta sola, nel suo castello, allora ho pensato potessi aver bisogno di aiuto.”
Belle si addolcì e tornò a sedersi, sorridendo triste.
“Come ti chiami?”
“Eliza, ma è da quando avevo undici anni che tutti mi chiamano Cappuccetto Rosso.”
“Quale preferisci?”
“Cappuccetto Rosso. Ma puoi chiamarmi Ruby, ho sempre desiderato chiamarmi così.”
“Va bene, Ruby. Io sono Belle.”
“Ti si addice.”
Fu lei ad arrossire ora, intrecciando le mani sulle ginocchia. Si trovò subito in sintonia con la nuova amica, tanto che le raccontò le sue vicissitudini, cogliendo l’ironia delle loro… metamorfosi.
La storia di Ruby era molto triste, Belle non poteva pensare a niente di peggio di essere la causa della morte della persona amata.
“Non è stata colpa tua, non potevi sapere.”
“Se non fossi stata così stupida e presuntuosa…”
D’altro canto, Gaston aveva interessato molto la ragazza, eccitata che lei avesse un promesso sposo giovane e affascinante. Belle l’aveva subito disillusa, lamentandosi di tutti i suoi difetti, di come lo trovava arrogante, senza cervello e vanesio, raccontandole il loro ultimo incontro, senza risparmiare nemmeno Regina. Ruby aveva storto il naso, ma sembrava pensierosa.
“Belle, non pensi che Gaston potrebbe salvarti dal Signore Oscuro?”
Lei era scoppiata a ridere. Se anche Gaston avesse avuto abbastanza coraggio da venire a soccorrerla, non avrebbe avuto possibilità contro Rumpelstiltskin.
Restarono a lungo a guardare il gioco di ombre davanti a loro e ad ascoltare il canto dei grilli, ma Belle sapeva che non poteva durare all’infinito. Di lì a poco sarebbe stata l’alba e lei non voleva far sapere al suo carceriere di quel solo spiraglio di luce che si era ritagliata in quella prigionia. Tutte le cose belle che le capitavano duravano sempre poco, ma soprattutto non voleva che Rumpelstiltskin facesse del male alla sua amica.
“Devo andare.”
“Ci troviamo domani sera, qui a mezzanotte?”
“Se lui non richiede la mia presenza…”
“Ti aspetterò.”
Lo sguardo preoccupato che la ragazza le rivolse le fece intuire che aveva capito le sue paure. Era da un po’ che Belle si stava chiedendo quando il Signore Oscuro avrebbe manifestato i suoi istinti disinibiti, da quando si era resa conto che la osservava spesso e che aveva scelto di restituirle la forma umana la notte. Sentì una fitta di nostalgia per suo padre, ma la mise a tacere, sapendo che l’avrebbe resa solo più vulnerabile davanti a quella creatura.
No, quel mostro.
Lei non meritava quella sorte, di passare la vita lontana dal suo genitore, lontana da casa, perché un essere malvagio voleva vendicarsi per un atto pienamente giustificato di suo padre.
E quando la bestia avesse provato a prenderla con la forza, gli avrebbe mostrato che anche una principessa sapeva scalciare, graffiare e mordere. Ma non avrebbe urlato, non gli avrebbe dato la soddisfazione di saperla terrorizzata e dolorante, l’unico volto che avrebbe visto sarebbe stato quello della Furia.
Gaston aveva provato, l’estate del suo quindicesimo compleanno, a baciarla troppo arditamente e lei gli aveva tirato senza pensarci due volte un calcio nell’inguine, che lo aveva fatto camminare zoppo per due giorni. Quando i loro genitori li avevano interrogati in proposito, lui aveva mentito e aveva detto di essere caduto da cavallo, ma non per proteggerla.
No, perché si vergognava di aver ricevuto una lezione da una mocciosa.
Sarebbe stata in grado di rifarlo, Belle ne era certa. Alzò gli occhi per scrutare il cielo. Era ancora notte, ma già da lontano si poteva vedere un leggero chiarore. Entro un’ora il sole avrebbe fatto la sua comparsa e lei sarebbe tornata cigno.
Contro la sua volontà, doveva ammettere che volare era una sensazione meravigliosa: aveva sorvolato una buona metà del bosco, aveva sentito l’aria arruffarle le penne e riusciva a capire i versi degli altri animali. Aveva notato che la maggior parte stava alla larga dalla parte della foresta in cui viveva Rumpelstiltskin e non poteva dare loro torto. Di tanto in tanto vedeva un grillo, assai strano perché vestito con una giacca e un cilindro, ma aveva dedotto che qualche crudele bambino gli avesse forzato quegli abiti addosso, o forse il Signore Oscuro gli aveva fatto una magia per burla. Si sedette sull’erba e si sdraiò, gli occhi persi a cercare una stella particolarmente luminosa.
La sua vecchia balia le aveva raccontato, quando era piccola, che nel cielo c’era qualcosa che sembrava un luminoso astro, ma che in realtà si trattava di Reul Ghorm, una fata che esaudiva i desideri delle persone meritevoli e in difficoltà. Forse però nel suo caso non ci sarebbe stato niente da fare. Belle aveva sempre letto moltissimi libri e sapeva che la magia delle fate e quella dell’Oscuro non andavano di buon accordo. Qualcuno diceva persino che Rumpelstiltskin si divertiva a uccidere quelle povere creaturine, o peggio ancora, che strappasse loro le ali.
Non faceva fatica a crederlo.
Lasciò cadere le palpebre, sognando per un attimo di essere nel grande giardino del suo palazzo, a guardare le stelle con suo padre. Le sue labbra si rilassarono in un sorriso di felice nostalgia, e dalla sua mente risalì una vecchia canzone che il menestrello di corte suonava sempre al suo compleanno. Non riusciva a ricordare le parole, così si accontentò d’intonare la melodia con la sola voce e si sentì più vicina a casa, più sollevata.
“Ma che bell’usignolo abbiamo qui… ho forse sbagliato animale?”
Belle aprì gli occhi e serrò la bocca, infastidita. Bastava la presenza di quella creatura per soffocare la sua breve felicità. Rendendosi conto che la sua gonna si era alzata sopra le ginocchia, alzandosi si affrettò a tirarla giù, seccata dallo sguardo d’ironico divertimento del suo rapitore.
“Farebbe differenza?”
“Certo che no, dearie.”
Il silenzio tra loro divenne opprimente come una pietra, ma Belle si rifiutò di lasciarsi intimidire. Rumpelstiltskin aveva iniziato a girarle intorno, sicuramente per innervosirla. Lei si sentiva i nervi a fior di pelle, pronta a scattare isterica da un momento all’altro.
“Cosa hai fatto al vestito, dearie?”
La lunga unghia appuntita della creatura indicava lo strappo che le zanne di Ruby avevano provocato mentre la trascinava nel bosco. Arrossì ma alzò le spalle.
“I rovi.”
“E perché mai saresti andata nel bosco, dearie?”
Lei serrò le labbra. Non gli avrebbe servito su un vassoio d’argento  la sua unica ragione d’esser felice in quell’inferno.
“Non pensavo mi fosse proibito. Volevo allontanarmi da qui il più possibile.”
Gli occhi di Rumpelstiltskin diventarono neri come la notte più buia e senza stelle. Aveva chiaramente afferrato il messaggio implicito contenuto nelle sue parole: voleva stargli lontano. Belle poteva percepire la rabbia emanare da lui a onde, ma anche se dentro si sentiva tremare, rimase ben salda nelle gambe e nello sguardo. La voce del Signore Oscuro era un sussurro, ma in quel silenzio sembrava un urlo, pieno di veleno e rancore.
“Fossi in te, resterei dentro i limiti, dearie.”
Si era avvicinato e lei vedeva i riflessi chiari sui suoi capelli ingarbugliati, la vena sulla tempia calma nonostante fosse evidentemente irato. Gli occhi, tuttavia, le fecero desiderare di indietreggiare e scappare: non riusciva a distinguere l’iride dalla pupilla e piccoli lampi freddi saettavano, poco più di bagliori in profondità. 
“Non vi è bastato maledirmi?”
Rumpelstiltskin rise, una risatina acuta e divertita. Le spalle, le membra del suo corpo erano scosse da risate che sembravano ferirle le orecchie.
“Ho appena iniziato, dearie. Tuo padre mi deve molto.”
Lui fece un gesto con la mano e si ritrovarono entrambi nel castello. Ma non il castello buio, polveroso che Belle aveva conosciuto in quelle poche notti, bensì un luogo luminoso, in cui i raggi del sole entravano dalle finestre aperte assieme ad una lieve brezza tiepida. Nell’aria c’era profumo di glicine in fiore, poteva sentire dolci e armonici cinguettii poco lontano.
Lei abbassò lo sguardo, stupita: il suo vestito rovinato era stato sostituito da uno mille volte più sontuoso, più ricco e pregiato. L’abito era fatto di stoffa di seta candida, fermato appena sotto il seno da una cintura fatta di fili d’oro e piccole perle, che scendevano lungo la gonna fluente. La scollatura era decorata con boccioli di rose rosse e le scarpe avevano un fermaglio con tre diamanti di splendido taglio. Alzò le mani per toccarsi i capelli, completamene sciolti, ma sul capo aveva una tiara d’oro bianco, sottile, con fiori di madreperla, da cui pendeva un velo quasi impalpabile. Cercò di portarselo davanti, ma era molto lungo e riuscì solo a vedere che era trasparente, con leggeri ricami che quasi non si vedevano. Si toccò la gola, sentendo il freddo metallo di una collana contro la pelle e impallidì, gareggiando con il colore del vestito, quando vide che al suo anulare splendeva un anello con uno zaffiro.
Dall’altra parte della sala c’era suo padre, riccamente vestito di velluto rosso e oro, che la guardava orgoglioso.
Due mani gelide si posarono sulle sue spalle nude e lei sarebbe fuggita via, se la loro presa, apparentemente delicata, non fosse stata così tenace.
“Ti piace il tuo abito, dearie?”
Belle non riuscì a parlare, sentendo la gola serrata.
“Che… che cos’è questo?”
La risatina beffarda di Rumpelstiltskin non tardò a farsi sentire e lei rabbrividì, sentendo il suo fiato scaldarle il collo.
“Questo, dearie, è quello che tu hai definito maledizione. Tu sai cos’ho promesso a tuo padre, tempo fa, non è vero ma belle?
Le mani della creatura erano scese fino a intrecciare le dita nelle sue e lei rispose, sperando di distrarlo da quei pensieri che potevano rivelarsi disastrosi per lei.
“Che tutto ciò che aveva sarebbe stato vostro. Ma…”
“Posso averti portata qui, dearie, ma non sei mia. Non ancora.”
Belle si ribellò e si staccò da lui, strappandosi il velo con gli occhi fiammeggianti. Si tolse il diadema, buttandolo per terra, e allo stesso modo si liberò degli altri gioielli.
La stanza era tornata come sempre, oscura e desolata.
“Intendi continuare così anche con il vestito, dearie?”
La derisione nel suo tono la fece infuriare e fece per togliersi anche l’anello. Il panico le scorse lungo le vene, ghiacciandole il sangue.
“Non- non viene via! Cos’avete fatto, mostro?”
Rumpelstiltskin unì le mani, muovendo le dita sottili e sorridendo in modo inquietante.
“Io ho permesso la tua nascita, dearie. Per avere veramente tutto, cara principessa, e distruggere la vera essenza di tuo padre, dobbiamo essere uniti nel sacro vincolo del matrimonio. Nessuno, allora, per quanto tentasse, potrebbe impedirmi di impadronirmi anche del resto.”
Belle rise. Non riuscì a trattenersi, anche se chiaramente ciò non piacque al Signore Oscuro.
“Io? Sposare voi? Ho rifiutato Gaston e gli altri pretendenti e pensate che accetterei voi?
Lui non rispose, ma seguitò a sorridere. Lei non ce la fece più e scese di corsa le scale del castello, ritrovandosi fuori in giardino proprio mentre il sole stava spuntando.
Rumpelstiltskin aveva ragione. Quanto a lungo poteva resistere nella sua decisione? Lui avrebbe potuto minacciarla di fare del male a suo padre, di scagliare qualche potente sortilegio sul regno e lei non avrebbe potuto fare altro che accettare. Non aveva ancora menzionato ciò per tormentarla, chiaramente.
Lo zaffiro scintillava alla luce, sembrava quasi che si facesse anch’esso beffe di lei.
Belle si chinò sulla riva del lago e immerse le dita nell’acqua, sperando che così fosse più facile liberarsi dell’anello. Tirò e tirò, ma il maledetto gioiello sembrava stringersi sempre di più.
Quando sentì il familiare formicolio alle braccia e lungo il collo, alzò gli occhi verso l’alto e vide il sole spuntare all’orizzonte, tingendo gloriosamente il cielo di un delicato colore rosato.
Mentre si trasformava, vedeva Rumpelstiltskin comodamente appoggiato ad un albero che non la perdeva di vista, le labbra incurvate in un sorriso crudelmente sarcastico. La creatura s’inchinò, allargando le braccia.
“Lo sai, dearie, è del tutto inutile combattere. Prima o poi, sarai mia e l’anello ne è la prova.”
 
 
 
Angolo dell’autrice: Chiedo perdono per il ritardo, ma anche l’università inizia a farsi sentire. Ringrazio tantissimo jarmione, Sylphs, parveth89, Pitonia, MsBelle, nari92 e Raven_95 ( un grazie speciale per la “critica”, mi ha fatto vedere le cose da un altro punto di vista) per aver recensito, Samirina e parveth89 per aver messo la storia tra le preferite, 1D_ream, AniaS, Frasca94, Lety Shine 92, LifeCristal, lizzyred, mammaemoglie, nirtami e Valby per averla messa tra le seguite.
Un saluto a tutti/e e vi auguro una buona serata, assieme alla promessa che non dovrete aspettare così tanto per il prossimo aggiornamento.

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Capitolo 4
*** I can't live within you ***


“Cosa?”
Regina scagliò il calice contro la parete,  mentre il servo fuggiva via dalla camera. Gaston se ne stava pigramente appoggiato alla porta, l’espressione imbronciata.
“Genio! Mostrami immediatamente Rumpelstiltskin!”
Il volto evanescente nello specchio sospirò.
“Sapete bene che lui copre tutte le superfici in cui potrei spiarlo. È inutile, mia regina.”
La donna si sedette, respirando due, tre volte.
“Molto bene. È un inconveniente, un grosso inconveniente, ma possiamo farcela.”
Suo figlio alzò le spalle, poi le posò le mani sulle spalle.
“Quella principessa non ci è necessaria, madre. Ci sono sicuramente altri regni…”
Regina si dimenò e lo guardò, furibonda.
“Zitto, sciocco! Se solo tu non te ne fossi uscito con quella maledettissima frase, lei avrebbe acconsentito a sposarti! Simpatizzerei per lei, se non avessi avuto la disgrazia d’esserti madre.”
Gaston arrossì, ma se ne stette zitto. Era abituato a quegli scatti d’ira, anche se ne ignorava il motivo reale.
“Va’ a parlare con re Maurice, e vedi di esprimere tutto il tuo rincrescimento. Almeno il padre, deve esser convinto di queste nozze.”
Lui chinò il capo posando la mano sull’elsa della spada e uscì senza ulteriori parole. Regina sospirò e si versò un’altra coppa di vino. Le stava venendo un’emicrania feroce e lei non desiderava altro che uscire a cavalcare, come quando era una ragazzina.
“Perché ve la prendete tanto, Maestà? Riconosco che Gaston non brilla per intelligenza, ma è pur sempre vostro figlio.”
Regina scacciò il volto del Genio in un altro specchio e iniziò a sciogliersi la pesante acconciatura, lasciando cadere per terra i preziosi fermagli di diamanti. Poi fu la volta del trucco, che stava iniziando forse a portare un po’ esageratamente.
“Ella! Vieni subito qui!”
La domestica bionda accorse subito, una fanciullina linda e graziosa, impaurita come un topolino in una cucina.
“Aiutami con il vestito.”
Le mani della serva erano piccole, ma le dita erano affusolate e perfette per sciogliere i nastri e i lacci del corsetto e con il tempo avevano imparato a togliere l’aderente pelle nera dei suoi abiti come se fossero scialli di lana.
“Puoi andare. Se avrò bisogno, ti chiamerò.”
Ella s’inchinò profondamente e uscì dalla stanza, lasciando sola Regina.
Sola. Come lo era stata da ventidue anni a questa parte.
L’immagine riflessa allo specchio mostrava un’altra donna rispetto a quella di prima: i capelli, lunghi e lisci, le scendevano senza freni lungo la schiena, il volto mostrava poche rughe sottili ma i lineamenti erano ancora quelli di una giovane donna, gli occhi scuri e luminosi a causa delle lacrime che iniziavano a spuntare dalle ciglia lunghe.
“Hai visto, Daniel? Hai visto, cosa sono diventata?”
Tua madre sa cos’è meglio per te, tesoro, fidati.
Era tutta colpa di sua… no, non meritava quell’appellativo. Era tutta colpa di Cora.
Lei aveva ucciso Daniel.
Lei l’aveva venduta al vecchio re Leopold.
“Ovunque ti trovi, Cora, spero che tu stia marcendo tra le fiamme del più profondo Inferno.”
Stava parlando da sola, ma quella non era una novità per lei. Aveva da tempo imparato a non fidarsi di nessun altro se non di se stessa. Aveva commesso due volte quell’errore, in due giorni consecutivi: aveva rivelato il suo segreto a Biancaneve e aveva creduto che la madre potesse accettare Daniel.
Ma Biancaneve non aveva mantenuto il silenzio e sua madre aveva strappato e frantumato il cuore del suo innamorato davanti ai suoi occhi.
Il suo odio era rivolto anche a Gaston: lui doveva esser figlio di Daniel, non di Leopold.
Doveva averlo concepito in una notte d’amore, non mentre un vecchio tentava di consumare le nozze senza curarsi della giovane donna sotto di lui che gridava e piangeva.
La sua vendetta era stata mentirgli, dicendo che suo figlio, l’erede maschio, era morto durante il parto, mentre aveva in realtà fatto sì che venisse allevato dalla sua unica amica, Malefica.
Quando Leopold era morto, ucciso dalle sue preziose vipere, aveva presentato Gaston come un figlio illegittimo del suo defunto marito.
Bevve dell’altro vino, sapendo che non l’avrebbe stordita quanto avrebbe voluto. In breve tempo, re Maurice sarebbe venuto da lei, per farsi consolare e piagnucolando riguardo l’orribile mostro che gli aveva sottratto la figlia, proclamando bandi in cui avrebbe certamente pregato eroi coraggiosi di salvarla.
Il bicchiere rimase sospeso a mezz’aria.
“Genio! Genio!”
La faccia del suo sciocco spasimante apparve in una nube azzurra.
“Ditemi, mia regina.”
“Re Maurice farà qualsiasi cosa per riavere sua figlia indietro, vero?”
“Sicuramente, Maestà. Ho spiato a lungo il loro rapporto affettivo.”
Regina si alzò di scatto e con un gesto della mano era nuovamente vestita, acconciata e agghindata, pronta ad affascinare il re in modo da manovrarlo a suo piacimento.
Trovò il monarca assieme a Gaston, che aveva saputo fingere una certa tristezza in quel suo volto impassibile, vacuo. Dio, come somigliava a Leopold! Entrambi si alzarono al suo ingresso.
“Madre.”
“Regina. Grazie d’esser venuta.”
Lei si precipitò a stringergli le mani, esibendo la sua espressione più addolorata e compassionevole.
“Povero, povero Maurice! Che tragedia è avvenuta alla cara Belle. È come se avessi perso una figlia.”
Gli occhi chiari dell’uomo erano gonfi e rossi di pianto e lo facevano assomigliare ancora di più ad un grosso rospo. La donna provò un brivido di ribrezzo, chiedendosi da dove sua figlia avesse preso tutta la sua bellezza.
“Regina, amica mia…. Non ho parole per esprimere il mio dolore. È tutta colpa mia! Avrei dovuto dirle prima di quel mostro, avrei dovuto proteggerla meglio…”
Le lacrime avevano iniziato a sgorgare ancora dagli occhi del re, che aveva ripreso a singhiozzare coprendosi il viso con una mano. Regina si trattenne a stento dal roteare gli occhi e si chinò su Maurice, posandogli le mani sulle spalle.
“Non dirlo nemmeno per burla, Maurice! L’unico a essere colpevole è quel serpente infido di Rumpelstiltskin. Ma si può rimediare alla situazione.”
Sia il re sia suo figlio la guardarono con un’aria di stolida incredulità.
“In fondo, mio figlio è il suo legittimo fidanzato, acclamato in molti regni per la sua abilità nei combattimenti.”
Gaston sembrò seguire il suo pensiero e sorrise, orgoglioso. Si era sempre creduto un campione nell’uso delle armi e lei aveva deciso di sfruttare la sua vanità.
“Ucciderò quel mostro e riporterò la mia Belle qui, sana e salva, sire.”
Regina accarezzò una guancia del figlio, fingendo grande tenerezza.
“Se c’è qualcuno che può riuscire, Maurice, è senza dubbio il mio figliolo.”
Il re annuì, speranzoso.
“Se salverai mia figlia, principe, il mio dono di nozze sarà metà del mio regno, in attesa della mia dipartita.”
Madre e figlio s’inchinarono, proclamandosi onorati della fiducia e generosità dell’uomo. Mentre uscivano dal salone, gli occhi di Gaston brillavano di aspettativa e la sua mano era già stretta intorno all’elsa della spada. Regina serrò la bocca di fronte alla sua ingenuità: davvero suo figlio credeva di poter sconfiggere il Signore Oscuro con un’arma qualsiasi?
Ma lei avrebbe rimediato a ciò: serviva solo ricorrere alla Magia Nera e poi avrebbe cercato il pugnale che poteva controllare Rumpelstiltskin.
 
 
 
Belle stava correndo nel bosco, con ancora addosso il vestito da sposa e l’anello nuziale. I rovi e i rami le graffiavano la pelle, la terra e il fango sembravano risucchiare i suoi piedi e le sembrava che nel buio migliaia di occhi gialli la spiassero per poi ritirarsi nelle tenebre.
Cadde all’improvviso, inciampando su una radice che sembrava essere spuntata dal nulla. Il ginocchio le bruciava terribilmente e macchie rosse trasparivano dalla gonna. Provò a rialzarsi, ma il piede era rimasto catturato nell’estremità dell’albero, che sembrava stranamente stringersi sempre di più attorno alla sua caviglia.
“Belle!”
Ruby stava correndo verso di lei, il viso scoperto dal cappuccio.
“Sono prigioniera, non riesco a liberarmi!”
La fanciulla si tolse il mantello e in quel momento la luna illuminò la radura: intorno a loro c’erano dieci o dodici lupi che la stavano fissando, ringhiando e scoprendo le zanne.
Belle cercò di indietreggiare, urlando. Ruby le si avvicinò, mentre le sue mani affusolate stavano diventando zampe pelose.
“Perdonami, ma tu sei un’umana. E noi abbiamo fame.”
Un primo lupo le balzò addosso, atterrandole in grembo, e le morse una spalla. Lei gridò e cercò di divincolarsi, ma riuscì solo a sbattere la testa contro qualcosa di duro e spigoloso, che le fece riaprire gli occhi.
I lupi erano scomparsi e non c’erano alberi o rovi a trattenerla prigioniera, solo le coperte. Belle si prese la testa tra le mani, cercando di calmare il ronzio rimbombante nelle orecchie. Non aveva dormito che un’ora, eppure non aveva voglia di tornare a dormire. Dalla notte della proposta di matrimonio di Rumpelstiltskin, non aveva fatto che incubi, su di lui e su lupi che la divoravano.
Si sciacquò il viso nel catino d’acqua fredda che aveva a disposizione, prese il mantello e sgusciò via per incontrarsi con la sua amica. Quella era la prima sera in cui aveva il permesso di uscire e aveva bisogno di confidarsi con qualcuno. L’aria era tiepida e profumata di tigli e mughetto, ma Belle rabbrividì, in quanto le ricordava la brezza dell’illusione creata dal suo rapitore.
Ruby era nella loro radura, stringendosi addosso la mantella rossa con aria preoccupata. Gli occhi verdi perlustravano la zona, irrequieti e le sue mani si stringevano nervosamente attorno ad una piccola daga.
“Belle! Grazie a Dio sei qui, pensavo che quel mostro ti avesse uccisa!”
Lei si sedette al suo fianco, sospirando e lottando per trattenere le lacrime. Ruby le cinse le spalle con un braccio e Belle chinò il capo, emettendo un singulto.
“Lui vuole me. Vuole rubare il regno a mio padre…”
Tese la mano, mostrando la pietra scintillante alla luce della luna. L’amica sussultò e si mise una mano sulla bocca, orripilata.
“Oh mio Dio, Belle, ti ha… ti ha…?”
“No. Quel… mostro è sicuro che io accetterò, prima o poi.”
Ruby scoppiò a ridacchiare, cercando di soffocare le risa.
“Aspetterà che tu sia attratta da quel coccodrillo? Gesù, che ego enorme!”
Anche Belle si lasciò scappare dei risolini, nonostante fosse terrorizzata per il suo futuro.
“Può minacciare di uccidere mio padre, se non accetterò.”
Ruby tornò seria.
“Belle, se Rumpelstiltskin è così determinato ad avere la sua vendetta, tuo padre lo ucciderà ugualmente. Non accettare.”
Il labbro inferiore di Belle tremò, ma nessuna lacrima scese dagli occhi. Lei aveva sempre creduto che, se avesse fatto una cosa coraggiosa, il coraggio sarebbe venuto a lei, ma nelle mani di Rumpelstiltskin si sentiva sempre meno coraggiosa. Non che lui le avesse fatto fisicamente del male, a parte maledirla e obbligarla a trasformarsi in cigno durante il giorno, ma era ancora peggio. Le sembrava di avere una spada di Damocle appesa sopra la testa, che poteva cadere da un giorno all’altro. Certo il Signore Oscuro si divertiva a sue spese della sua angoscia e voleva allungare il più possibile l’incertezza di suo padre nel saperla viva o morta.
“Chi è questa… umana?”
Entrambe le ragazze si riscossero dai loro pensieri e Ruby saltò subito in piedi, mettendosi davanti a Belle.
“Un’amica, non è un pericolo per nessuno.”
Un lupo ululò poco lontano e anche Belle si ritrovò in piedi, quasi inconsapevolmente. Da quella posizione, poteva vedere una donna ancora inferiore alla mezza età, dal viso regolare e zigomi alti, i tratti un poco spigolosi, folti e lunghi capelli scuri che le ricadevano sulla schiena ricoperta da un mantello di piume grigie. Gli occhi ambrati erano fissi sui suoi, duri come gemme incastonate e le labbra erano atteggiate ad una linea sottile. Dietro di lei c’era un giovane uomo, ma non riusciva a distinguerne i lineamenti immersi nell’ombra.
Quei due erano i soli essere umani: intorno a loro c’era almeno una decina di lupi, come nel suo sogno, la maggior parte dal pelo grigio o fulvo, le zanne in bella mostra e le zampe piegate come se stessero per saltare da un momento all’altro.
Belle cercò di parlare in tono fermo, ma la voce le uscì fioca e tremolante.
“Ruby… chi sono?”
La donna di fronte a loro scoppiò a ridere, gettando la testa all’indietro.
“Ti posso sentire, umana. Mia figlia non ti ha parlato di me?”
Avanzò fino ad arrivare a pochi passi da loro, sorridendo, ma le sue pupille erano dilatate.
“Il mio nome è Anita.”
Belle indietreggiò, quando un dito gelido le sfiorò il mento, poi la gola.
“Tanto sangue che pulsa nelle vene… hai paura, piccola?”
Ruby spinse la sua amica dietro di sé, ringhiando.
“Non farle del male. Non ha fatto niente.”
“È un’umana. Dove ci sono loro, c’è la morte. Non ti è permesso stringere dei legami con loro.”
“Ho bisogno di un’amica!”
“Hai il branco.”
Accadde tutto molto velocemente. Anita afferrò Belle per la gola e contemporaneamente il giovane restato nell’ombra scattò in avanti e strinse Ruby tra le braccia, trascinandola verso il folto della foresta e bloccando i suoi tentativi di liberarsi.
“No! Lasciatela, lasciatela!”
Belle sentì delle corde avvolgerla e legarla intorno ad un albero, mentre Anita le conficcava le unghie nella carne. Ormai lei non lottava nemmeno più: come nei suoi incubi, i lupi l’avrebbero uccisa e divorata. Alzò la testa e si rifiutò di chiudere gli occhi.
“Avanti, uccidetemi! Che aspettate?”
“Quanto spirito. Forse dovremmo accontentarti, carina.”
Anita indietreggiò di parecchi metri, la sua camminata fluida e svelta nonostante la gonna lunga. Belle la vide con orrore piegarsi a quattro zampe e trasformarsi in lupo. Se la donna le faceva paura prima, adesso le gambe le tremavano ed era certa che sarebbe caduta se non fosse stata legata. La belva si avvicinava in circoli, lentamente, come per assaporare il suo terrore. Tutto intorno sembrava essersi fermato e lei poteva sentire chiaramente il ronzio del suo sangue, il battito sonoro del suo cuore. Il lupo alzò il muso al cielo ed emise un ululato che Belle non avrebbe saputo descrivere se non come un grido di vittoria, dopodiché si appiattì sul terreno e spiccò un balzo verso di lei, con le fauci spalancate.
Lei urlò, il suo autocontrollo andato in frantumi e chiuse gli occhi, serrandoli stretti e preparandosi a sentire i morsi della belva dilaniarla. Invece, percepì una folata improvvisa di vento e un guaito.
La sua vista era inizialmente offuscata, ma poteva vedere una sagoma posta davanti a lei. Anita era accasciata a terra, una zampa ripiegata su se stessa, ma lo sguardo era ancora di sfida e continuava a ringhiare al salvatore di Belle.
“Nessuno può toccare ciò che mi appartiene, dearie, spiacente. La ragazza appartiene a me e non permetterò che diventi una bistecca al sangue per te e i tuoi patetici cagnolini.”
Rumpelstiltskin si chinò e mise una mano sul petto dell’animale. Belle inorridì, avendo letto di quel trucco da magia oscura.
“No! Non farlo!”
La mano della creatura si fermò, proprio mentre intorno ad essa scintillava una nube gelatinosa e violacea. Lei ripetè, più calma.
“Non farlo. È la madre di Ruby, la mia amica.”
“Questo essere stava per ucciderti.”
“Per proteggere il segreto del suo popolo. Non agire come lei, dimostra che sei superiore.”
Gli occhi scuri di Rumpelstiltskin si fissarono nei suoi, increduli ma penetranti come non lo erano mai stati. Belle si ritrovò incapace di distogliere lo sguardo, sorpresa anche lei dalle sue parole.
Il Signore Oscuro si alzò lentamente e con un gesto della mano la sciolse dalle corde che la tenevano prigioniera. Lei si sentì cadere a terra, non avendo forze per sorreggersi, ma un paio di braccia la strinse e una mano le si posò sui capelli, accarezzandoli.
“Ssh dearie, ora ti porto a casa.”
Il tempo di un battito di palpebre e Belle si vide circondata dalle familiari mura del castello di Rumpelstiltskin. Lui la distese sul divano, stringendole le mani fredde per riscaldarle.
“Ora, dearie, mi spiegherai perché andavi a correre con i lupi, tenendomi all’oscuro di tutto.”
Belle tremava troppo per fidarsi a parlare, continuando a vedere davanti a sé gli occhi crudeli di Anita.
“I lupi…”
“Non ci sono più, dearie. Sei al sicuro.”
Lei fissò ipnotizzata le macchie scure sul suo vestito. Era sangue. Ma non era stata attaccata… sfiorò con le dita il braccio di Rumpelstiltskin, che si ritrasse.
Non mi aveva mai toccato prima d’ora volontariamente.
“Sei ferito.”
Lui seguì il suo sguardo e vide che si era accorta dei tre graffi che gli solcavano la pelle.
“Solo una sciocchezza. Non mi trasformerò dearie, ho già una maledizione addosso, basta e avanza.”
Belle arrossì e chinò lo sguardo per nasconderlo.
“Vado a prendere dell’acqua per pulirti la ferita, e… delle bende, sì, serviranno anche quelle.”
“Come, non hai intenzione di strapparti il vestito per fasciarmi, dearie?”
Lei trattenne a stento una risatina. Mentre prendeva un piccolo catino pieno d’acqua, un panno e delle garze, si rimproverò per quel momento di simpatia. Il momento successivo si rimproverò per essersi rimproverata, visto che Rumpelstiltskin le aveva salvato la vita.
Lo trovò seduto sulla poltrona davanti al fuoco, magicamente acceso. S’inginocchio vicino a lui e posò la stoffa inumidita sui graffi.
“Ahi! Attenta, dearie!”
“Scusa. Farò più piano.”
“Se tu non vagabondassi la notte con dei lupi, non sarebbe successo questo.”
“La notte è il mio solo tempo di libertà da umana.”
Una volta pronunciate quelle parole, lei si pentì subito, anche se aveva ragione. Il volto di Rumpelstiltskin era una maschera di pietra e gli occhi erano fissi.
“Cerca solo di non metterti in pericolo, la prossima volta.”
Belle sorrise e finì di fasciare la ferita.
“Lo prometto.”
Stava per rialzarsi, quando lui le strinse la mano e la trattenne sul braccio, avvicinando il suo viso.
È così bella.
“Ho risparmiato quella donna lupo per te, dearie.”
Le sfiorò la fronte con le labbra e lei rabbrividì inconsciamente. Ora erano tutti e due in piedi e Rumpelstiltskin la stava guardando con un’espressione mista di dolore e delusione.
È così bella.
“I tuoi occhi possono essere così crudeli, Belle, come posso essere crudele anch’io. Ma io ho ancora fiducia, dearie.”
“In cosa?”
“Che tu sarai mia, prima o poi.”
Lei impallidì.
“Ti dipingerò le mattine d’oro, ti tesserò romantiche serate, metterò la luna ai tuoi piedi… Belle.”
Si mosse verso di lei, ma fu ricompensato da un’occhiata di paura e orrore. Si fermò e alzò il braccio sano.
“Vai a dormire, dearie. hai subito un grande shock.”
Vivere senza la tua luce, amare senza il tuo cuore… io non esisto dentro di te.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: spero che il capitolo sia di vostro gradimento… le frasi in corsivo sono dei brevi pensieri di Rumpelstiltskin, ovviamente e le ultime citazioni sono tratte dal film “Labyrinth” con il fenomenale David Bowie. Anita, per chi non avesse visto la seconda stagione, è davvero la madre di Ruby, uccisa dalla stessa figlia per salvare Biancaneve. Buona giornata!

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Capitolo 5
*** It's his fault, not mine! ***


Da quella notte, Belle non aveva più mostrato apertamente disprezzo per Rumpelstiltskin. Il suo gesto l’aveva sorpresa: Maurice sarebbe stato senza dubbio distrutto dalla perdita della figlia, perché allora l’aveva salvata? Si sentì improvvisamente male al pensiero che suo padre potesse preferirla morta piuttosto che viva e contaminata dal Signore Oscuro… non era tanto stupida da pensare che se, quando, sarebbe tornata a casa, le avrebbero creduto sostenendo la sua purezza.
Era quella, probabilmente, la vera vendetta di Rumpelstiltskin: aveva scavato un muro incrollabile tra lei e i suoi cari, persino se fosse riuscita a scavalcarlo. Si vide davanti il viso da rapace del suo precettore, gli occhi scuri e freddi, la bocca sottile e crudele. Sarebbe stato lui il primo a sostenere che doveva esser purificata per scacciare il demonio dalla sua anima.
Sollevò tristemente lo sguardo dall’acqua, aspettando che la luna comparisse per ritrasformarla in umana. Sbatté le sue ali, sollevando spruzzi d’acqua tutt’intorno.
“Ehi!”
Belle cercò spaventata chi potesse aver parlato, ma non vide nessuno, solo erba bagnata.
“Un momento, capisci quello che dico?”
Di nuovo, lei si guardò attorno e notò che quello che aveva scambiato per un filo d’erba era in realtà un grillo sottile, vestito di tutto punto con un frac marrone e un cappello a cilindro e che teneva aperto davanti a sé un ombrello per proteggersi dalle gocce d’acqua.
Gli si avvicinò veloce, sbattendo ancora le ali freneticamente, stavolta tenendole ben fuori dal lago per non inondare il povero animale. Come poteva farsi capire da lui?
“Chi sei?”
Lei gli lanciò un’occhiataccia.
“Scusa, hai ragione.”
Finalmente, la luna apparve, illuminando il cielo e il lago. L’acqua che la circondava brillò e si sollevò, mescolata alla nube violacea che contraddistingueva la magia di Rumpelstiltskin e Belle sentì il familiare formicolio negli arti che si allungavano, i capelli che ricadevano fluenti sulla schiena, il becco che rimpiccioliva fino a diventare una bocca normale, le piume lasciarono il posto alla sua pelle liscia e le zampe si distesero e acquisirono spessore, diventando piedi umani.
“Per la miseria! Com’è possibile?”
Belle uscì dall’acqua, percependo con sollievo il terreno solido sotto di sé.
“Anche voi siete stato maledetto?”
“No, io… ho chiesto di diventare così. I grilli sono creature libere.”
“Come vi chiamate?”
“Jiminy Cricket, ma mi puoi anche chiamare il Grillo Parlante. Cerco di essere una buona coscienza per chi ne ha bisogno. E voi? Chi siete?”
“Mi chiamo Belle.”
Gli raccontò in breve la sua storia, sedendosi accanto a lui e abbracciandosi le ginocchia. Intanto, pensava tra sé e sé che era una cosa molto curiosa, desiderare di essere un grillo. Fu lieta di sapere che anche lui conosceva Ruby e venne subito rassicurata sulla sorte dell’amica, cui non era stato fatto del male dagli altri membri del branco.
“Belle! Dove sei, Belle?”
Lei si alzò subito, preparandosi a correre dal suo carceriere perché non facesse del male a Jiminy, ma la richiesta del suo nuovo amico la spiazzò:
“Nascondimi nella tasca del tuo abito. Se Rumpelstiltskin facesse qualcosa d’ingiusto, potrei sempre farlo ragionare.”
“Non lo conosci, Jiminy, lui non ha coscienza!”
“Ma certo che ce l’ha. Tutti ce l’hanno, al massimo decidono d’ignorarla.”
“Belle!”
“Non si chiama Signore Oscuro per niente, amico mio.”
“Lo conosco, Belle. Da molto tempo, c’è qualche possibilità che mi dia ascolto.”
Per non ritardare ulteriormente, lei si chinò e prese l’animale, mettendolo nella sua tasca.
“Respiri?”
“Non preoccuparti, sto bene.”
Si affrettò a salire le scale che portavano al salone centrale, trovando Rumpelstiltskin seduto sulla sedia a capotavola. Le mani erano unite e il fuoco dietro di lui gettava un’ombra sinistra alle sue spalle.
“Ce ne hai messo di tempo, dearie.”
“Non vi avevo sentito.”
Lui scosse un dito, scherzoso.
“Non mentire, dearie, non ne sei capace. Ma non importa il motivo. Siediti, su.”
Lei obbedì, incrociando le caviglie e tenendo le mani sul grembo, nascondendo il suo nervosismo con la maschera dell’etichetta di corte. Il sogghigno del mago era più accentuato, lo sguardo puntato sull’anello e sul suo dito arrossato. Ogni notte Belle tentava di toglierselo, aveva provato tutto, il sapone,  si era persino fatta un piccolo taglio, sperando che il sangue facesse scivolare via il gioiello, ma era stato tutto vano.
“Il tuo fidanzato ti sta cercando ovunque, dearie. Sembra molto in pensiero.”
Lei emise un verso di derisione.
“Scommetto che l’ha spinto sua madre. Non sarebbe capace di formulare un’idea sua nemmeno se sotto minaccia di morte.”
Rumpelstiltskin alzò un sopracciglio e Belle arrossì, non avendo inteso manifestare la sua indifferenza verso Gaston.
“E tu vorresti sposarlo ugualmente? Dev’essere davvero bello.”
“Sì, lo è, ma io non lo voglio. L’ho detto e ripetuto più volte a mio padre e a sua madre Regina, ma sono riuscita solamente a rimandare la mia decisione.”
Lui agitò le dita e scoppiò in una delle sue risatine folli, gli occhi luccicanti.
“Ma allora perché vuoi tornare a quella vita, dearie? Stai molto meglio qui.”
“Mi avete presa prigioniera e volete uccidere mio padre!”
“Non ho mai detto una cosa simile. Ho detto che mi sarei vendicato.”
“Come osate giocare con le parole! La morte non è forse una vendetta?”
Nella foga si era alzata e le guance erano in fiamme, i pugni serrati con le unghie ben piantate sui palmi e si era tesa in avanti, il cuore che le batteva furioso. Come aveva potuto credere, anche solo per un momento, che ci fosse qualcosa di buono in quell’anima nera? Voleva vederla contorcersi dall’angoscia per suo padre, voleva vedere suo padre morto e non lo ammetteva nemmeno!
“Appena. Calma dearie, calma. Ti giuro che non lo ucciderò.”
Belle non si lasciò smuovere dalla sua decisione, anzi la sua rabbia crebbe.
“Non dicono tutti che utilizzate le parole a vostro piacimento? Se lo farete morire di crepacuore per averci tenuti lontani, non l’avrete ucciso materialmente, anche se la causa sarete senz’altro voi!”
Rumpelstiltskin alzò la mano e improvvisamente lei non riuscì più a parlare. Le era stata tolta la voce.
“Molto meglio. Sono stanco di sentirmi insultare e dare del bugiardo ad ogni parola che dico. Tuo padre vivrà, qualsiasi cosa io faccia per vendicarmi. Posso aver ingannato, anzi, mi vanto d’esser riuscito a gabbare moltissime persone, ma non l’ho mai fatto mentendo.”
Le prese la mano e le baciò un palmo segnato dalle unghie, senza smettere di guardarla. Belle s’irrigidì: era il gesto più intimo che lui avesse osato nei suoi confronti. Prima che potesse ritrarsi, la bocca di lui salì e si fermò sul polso, dove poteva sentire il suo battito che accelerava.
“Cosa fate?”
Si portò l’altra mano alla gola, stupita di poter parlare. Rumpelstiltskin la lasciò e fece un mezzo sorriso, anche se lei poteva vedere che gli occhi erano assai più scuri del normale.
“Il tuo promesso è ancora più stupido di quanto mi aspettassi. Dimmi, non si è offerto di portarti la testa di un drago, la pelliccia di una tigre delle nevi per convincerlo a sposarti?”
“Non mi piace la caccia. Proprio queste offerte mi hanno spinta a rifiutarlo del tutto, anche se non riguardavano certo draghi.”
Si rimise a sedere, imbarazzata. Lo sguardo penetrante del mago spingeva la sua voce a continuare a parlare, anche se avrebbe voluto rintanarsi nella sua stanza per la vergogna di volersi confidare con lui.
“Per me l’amore è velato, è un mistero da essere risolto ogni giorno. Non avrei mai potuto amare un uomo superficiale come Gaston.”
“Mi sembra un giudizio piuttosto duro.”
“A quella che doveva essere la festa del nostro fidanzamento, mi disse che ero bellissima…”
“Ma è la pura verità, dearie.”
“…E quando gli chiesi se per lui contava solo la bellezza, mi rispose Che altro c’è?
Rumpelstiltskin si mise la mano al cuore e spalancò la bocca e gli occhi in maniera così comica che Belle sorrise involontariamente. Lui tornò serio e la fissò, immobile, finché il sorriso le morì pian piano sulle labbra.
“Ti è così difficile sorridere, dearie? Essere felice… qui?”
Lei si trovò presa alla sprovvista da quella domanda diretta. Il Signore Oscuro non le era mai sembrato così triste. Non ebbe la forza di volontà sufficiente a ferirlo ancora con le sue parole taglienti, così mitigò il tono.
“Potrei esserlo, se non avessi il pensiero della lontananza e del pericolo che corre mio padre, se non dovessi trasformarmi in cigno ogni giorno.”
Rumpelstiltskin ridusse la bocca ad una linea sottile. Non riuscì a capire se fosse arrabbiato o addolorato. Lui tamburellò le dita sul tavolo, poi le si avvicinò, senza che lei arretrasse.
“Se ti spiegassi le ragioni della mia vendetta, riusciresti ad essere più felice?”
“Le so già, le vostre ragioni.”
“Sei in errore, dearie. Conosci solo ciò che tuo padre ti ha detto.”
Belle voleva protestare, ma esitò. Aveva già visto che suo padre talvolta… non che mentisse, ma tendeva a modificare la verità a suo piacimento, a vedere ciò che voleva vedere.
“Continuate.”
“Venni invocato da tuo padre, che voleva stringere con me ben tre patti: che filassi abbastanza oro da rendere prospero il regno, che proteggessi il suo popolo dall’invasione degli orchi e che annullassi la maledizione di sterilità che gravava su tua madre. Come prezzo, chiesi alcuni libri d’incantesimi, un lasciapassare reale per un reame in cui mi era proibito accedere con la magia e di poter soggiornare a corte per un poco. Io ho rispettato le mie promesse e anche i tuoi genitori. Tua madre era una delle donne più belle e gentili che avessi mai conosciuto, le rassomigli molto, dearie. Sfortunatamente, tuo padre fece un grosso errore: voleva esiliarmi dalla sua corte perché i Clerici gli avevano riferito che avrei messo in pericolo l’anima di tutti, che mi sarei appropriato della sua corona e che li avrei uccisi senza pietà, perché ero malvagio.”
Gli occhi di Belle non si staccavano mai dal suo viso e di tanto in tanto Rumpelstiltskin ricambiava il suo sguardo, l’espressione imperscrutabile.
“Mi cacciò dalla corte e distrusse, ad uno ad uno, tutti i miei nascondigli. Naturalmente me la presi, ma ero abituato a quegli atteggiamenti nei miei confronti e mi sarei accontentato di scagliare una maledizione non troppo pesante sul regno, ma poi la situazione precipitò: tua madre morì di parto e lui rimase persuaso che io fossi immischiato nella tragedia. Trovò il mio ultimo rifugio, lo saccheggiò e ridusse in polvere le mie pozioni, i miei manoscritti, tutto, poi mi esiliò dal suo regno. È stato allora che decisi di vendicarmi.”
Lei si schiarì la gola, cercando di non far uscire la sua voce troppo tremante.
“E mi giurate che mia madre sia morta per cause naturali?”
“Te lo giuro solennemente, dearie. Se avessi voluto uccidere qualcuno, avrei scelto quel bigotto prete, che faceva anche da giudice per conto di tuo padre e che ha bruciato al rogo più gente di quanta sia possibile contarne, di cui sicuramente pochissimi colpevoli. Tua madre, la regina Janeel, era sempre stata gentile con me, trattandomi come un essere umano.”
Belle avrebbe tanto voluto non credergli, ma il suo tono di voce era sincero e le sue parole troppo verosimili. Lui non stava evitando il suo sguardo come faceva suo padre, non aveva cercato di mettersi in buona luce né aveva aggiunto particolari incredibili alla storia. Tuttavia, non poteva permettergli di fare del male all’unica persona cara che aveva al mondo. Prima che Rumpelstiltskin potesse prevedere le sue azioni, si alzò e s’inginocchiò davanti a lui, chinando il capo per nascondere le lacrime.
“Vi prego, lasciate perdere i vostri progetti di vendetta. Lasciate in pace mio padre, sano e salvo, ed io vi prometto che cederò alle vostre richieste e non tenterò mai di fuggire.”
Sussultò quando sentì la sedia di lui spostarsi bruscamente e i suoi passi arretrare. Alzò lo sguardo e fu stupita di vedere quello di lui spaventato.
“Io sarò comunque lontana da lui, avrete ugualmente ciò che volevate. Ve ne prego...”     
Lo vide uscire dalla stanza, sbattendo la porta, così si lasciò cadere a terra, all’improvviso sfinita come se avesse corso per ore. Appoggiò la schiena al tavolo, respirando piano. Aveva fallito, lui non avrebbe mai accettato. Perché farlo, quando avrebbe potuto avere tutto?
“Non ti disperare, Belle.”
Sentì qualcosa arrampicarsi sulla sua veste e chiuse gli occhi, ricordandosi della presenza di Jiminy.
“Non hai sentito? È tutto inutile. Vincerà lui.”
“Se c’è qualcuno che può fargli cambiare idea, sei tu, Belle.”
“Secondo te, mi ha detto la verità?”
“Ne sono sicuro, principessa. La vicenda è molto nota…”
“Se devo essere per sempre prigioniera qui, vorrei poter avere la certezza che mio padre sia al sicuro. Non riuscirò mai a scappare.”
“A questo proposito, ti devo avvisare, Belle, com’è mio dovere. La madre del tuo promesso sposo ha il cuore ancora più nero di quello del Signore Oscuro. È una strega malvagia, piena d’odio e senza scrupoli e suo figlio non è da meno.”
“Stai dicendo che dovrei rimanere prigioniera di Rumpelstiltskin?”
Il grillo sospirò.
“Il minore dei due mali è senza dubbio lui, anche se naturalmente dovresti riavere la tua libertà.”
“Non posso avere entrambi. La sicurezza dei miei cari ed io sposa e maledetta, o aggravare la vendetta nei confronti di mio padre.”
Le ali di Jiminy si agitarono, così Belle riprese a piangere silenziosa e si nascose il viso tra le mani.
“Va’ via, ti prego. Voglio rimanere da sola.”
Non si era mai sentita così male come in quel momento. Voleva la libertà, ma non voleva tornare alla vita di prima. O meglio, non voleva sposare Gaston. Comprendeva il desiderio di vendetta di Rumpelstiltskin, ma se avesse fatto del male a suo padre ne sarebbe morta. Si era dichiarata disposta a sottomettersi ai suoi desideri, quando neanche un mese prima il suo unico pensiero era di togliersi la vita piuttosto. Le veniva naturale confessargli i suoi sogni, i suoi veri pensieri, ma tutto quello che aveva sempre letto di lui lo faceva rassomigliare ad un mostro spietato e senza cuore. E, pur volendolo credere, pur avendoci creduto per molto tempo, sapeva che ciò era falso.
Quel genere di persona l’avrebbe violentata subito dopo averla rapita, l’avrebbe rinchiusa in una prigione, non l’avrebbe salvata dai lupi.
Sentì un lieve pizzicore sulla nuca e si accorse che Rumpelstiltskin la stava fissando, poco lontano da lei. Non si era accorta che fosse rientrato. La sala era molto più buia, gran parte delle candele si era spenta.
Seppellì il viso nell’incavo del gomito, riprendendo a singhiozzare. La mano del mago si posò sui suoi capelli e Belle percepì che si sedeva vicino a lei, le sue dita cercavano accarezzarle la guancia e la costringevano dolcemente ad alzare il volto. Le asciugò le lacrime con un fazzoletto e le sussurrava cose che non riusciva a comprendere, ma che la calmarono e la fecero smettere di piangere.
“Lo so che sei infelice, Belle, ma…”
Non riuscì a finire la frase, così lei parlò con la voce spezzata e soffocata:
“A-avete pensato alla mia preghiera?”
“Oh, Belle… così coraggiosa.”
Non rispose alla sua domanda, ma restò inginocchiato davanti a lei, senza parlare. Le mise un dito sulle labbra, poi lo fece scendere fino alla gola, arricciandovi delicatamente un ricciolo dei suoi capelli.
“Lasciate stare mio padre. Soffrirà già abbastanza sapendomi vostra prigioniera.”
“Non posso accettare, dearie.”
Lei si allontanò di scatto e si alzò, lisciandosi la gonna.
“Ormai è quasi l’alba. Devo uscire.”
Due mani sulle spalle la fermarono. La stretta era ferma ma non violenta.
“Non posso permettere che tu fugga via da me. È il solo motivo per cui ti ho fatto quell’incantesimo. Quando sarai mia, tornerai umana, te lo prometto.”
“Allora entrambi attenderemo per l’eternità ciò che desideriamo, perché se vi sposassi il regno di mio padre sarà vostro, persino legalmente. Non lo permetterò, come voi non lascerete che io riacquisti la mia libertà.”
“Potrei renderti felice. Sognavi di vedere il mondo, vero? Io ho visto non solo questo, ma anche altri, in cui potrei portarti. Posti dove c’è il sole tutto l’anno e la neve non esiste, in cui il mare è immenso e dai mille colori, o dove tutto è coperto da ghiacci e la luce riflette sfumature che non crederesti nemmeno che esistano.”
Alla menzione del suo sogno di sempre, Belle si sentì stringere il cuore, ma gli propose sempre la sua scelta.
“Il mio prezzo lo sapete. Non voglio essere lo strumento della rovina di mio padre.”
Le mani ricaddero dalle sue spalle e lei fu libera di andarsene.
“Non è ancora l’alba, dearie. Resta qui.”
“Me lo ordinate?”
“Sì.”
Lei si fermò e rimase tale anche quando lui la superò.
“Seguimi.”
La condusse lungo un lungo corridoio, fino ad una piccola porta. L’aprì e vi passò attraverso come se fosse stata di grandezza normale. Belle lo imitò e si stupì di entrare normalmente. La stanza era spoglia di ogni mobile, ad eccezione di un tavolino su cui era posato uno specchio e fu quell’oggetto che Rumpelstiltskin le diede.
“Con questo, potrai guardare qualunque cosa o chiunque tu voglia senza essere spiata a tua volta.”
“Anche mio padre?”
“Non avrai che da ordinare allo specchio di mostrartelo e sarai obbedita.”
Lei fece per prenderlo, poi si bloccò, sgranando gli occhi.
“Qual è il vostro prezzo?”
“Cosa che ti fa pensare che ne abbia uno?”
“Ce n’è sempre uno, con voi.”
“Allora, diciamo che tu non dovrai tentare di scappare fintantoché sarò in vita. Se il tuo eroe riuscirà a sconfiggermi, cosa di cui dubito, sarai libera naturalmente.”
Belle esitò, poi annuì, sapendo che comunque non ce l’avrebbe mai fatta ad andarsene.
“Lo prometto.”
Tornò nella sua camera senza voltarsi indietro, dopo averlo ringraziato velocemente, e si portò lo specchio al viso. Non era cambiata molto durante la sua prigionia, nemmeno prima i suoi occhi avevano avuto una luce felice.
“Mostrami mio padre.”
Il vetro si appannò, poi comparve una camera buia. Ma certo, suo padre stava dormendo probabilmente. Cercò la sua figura distesa, ma poi si rese conto con orrore che non era lui che stava guardando, ma una donna dai lunghi capelli neri e la pelle bianca. Suo padre era vicino a lei, tenendola abbracciata, lo sguardo sereno.
Il cuore di Belle si spezzò in quel momento e urlò, scagliando lo specchio lontano da sé. Rumpelstiltskin era vicino a lei prima che potesse sbattere le ciglia, l’oggetto intatto tra le mani.
“Che succede, Belle?”
“Mi avete mentito! Mi avete mentito! Andatevene via dalla mia vista, preferisco morire piuttosto che essere vostra! Non mi avete raccontato altro che menzogne! Quello non era mio padre!”
“Lo specchio non mente, dearie.”
“Andatevene via da me! Non avrete altro che il mio odio!”
Stranamente, lui obbedì. Quando lui era quasi sulla soglia della porta, Belle digrignò i denti e gli lanciò un’ultima offensiva.
“Non voglio più vedervi! Non uscirò più da questa camera, non importa in che forma sarò, ma non voglio posare gli occhi su di voi un’altra volta finchè vivo!”
 
 
Rumpelstiltskin
 
Dunque era così che ci si sentiva quando il cuore si spezzava. Gli sembrava di sentirlo piangere e sussultare, ma debolmente. Dovette appoggiarsi al tavolo del suo laboratorio per non cadere, le membra intorpidite come se avesse assunto troppa polvere di papavero. Le cose stavano migliorando, aveva sentito la sua pelle sotto le sue dita, gli aveva sorriso…
Era un miracolo se non era diventato pazzo, quando lei gli si era offerta per salvare la vita al padre. Aveva dovuto uscire dalla stanza per non prenderla tra le braccia e seppellirsi nei suoi capelli, così morbidi.
Ed ora, non aveva più niente. No, gli disse una vocina maligna che somigliava a quella di Regina, questo non era vero.
Aveva il suo odio.
Si passò una mano tra i capelli, tremando come se avesse la febbre. Doveva vedere cosa poteva averla sconvolta così.
“Mostrami re Maurice.”
Se prima Rumpelstiltskin voleva far soffrire il sovrano, ora lo voleva distruggere. Voleva strappargli la carne dalle ossa, trasformarlo in lumaca e schiacciarlo sotto i piedi, voleva…
Sibilò quando riconobbe Regina nella donna sopra il re. Doveva aspettarselo che avrebbe cercato di mantenere ben salda l’alleanza.
Che padre amorevole, che invece di cercare la figlia, o piangere su un suo oggetto caro, scopava con la madre del suo futuro genero.
“Belle… è stata colpa sua, non mia. Te lo giuro Belle, Belle, Belle…”
Prese una sedia e iniziò a frantumare tutto ciò che gli capitava sotto gli occhi. Il vetro non s’infrangeva mai con abbastanza rumore, la ceramica non si rompeva in pezzi sufficienti.
Quando intorno a lui non ci fu più niente di integro, riprese in mano lo specchio e si vide riflesso: mezzo matto, mezzo selvaggio.
“Te lo giuro, Maurice, che la mia vendetta sarà dieci, cento volte peggiore di quanto intendessi, per averla fatta soffrire. Tu sei suo padre!”
Lo posò sul tavolo, stanco.
E stata colpa sua, non mia.
Belle…
 
 
 
Angolo dell’autrice: scusate il ritardo, spero che questo capitolo sia all’altezza delle aspettative. Ringrazio chi sta seguendo la storia, prometto che nel prossimo aggiornamento le cose tra Belle e Rumpelstiltskin torneranno sul binario giusto. Buona serata!
                                                                                                                                             

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Capitolo 6
*** And when there isn't, you create it ***


 
Belle
 
Belle aveva a malapena la forza d’alzarsi. Era troppo orgogliosa per uscire dalla sua stanza e aveva rifiutato il cibo e l’acqua che quel mostro le aveva lasciato fuori dalla sua porta, accogliendo quasi con sollievo il torpore che le avvolgeva il corpo. Gli occhi erano gonfi per il pianto e le sembrava di passare il tempo in una sorta di dormiveglia, interrotta solamente dalla sua voce.
“Belle… mangia qualcosa. Non devi nemmeno vedermi, me ne andrò subito, ma prometti che ti nutrirai.”
In quei momenti, la voce era simile a quella di un serpente tentatore, ma lei continuava a vedere davanti a sé suo padre e quella donna. Sicuramente lo specchio che le aveva dato mostrava i peggiori timori della gente, l’aveva ingannata ed era lui, solo lui era la causa della sua sofferenza.
“Andate via. Andatevene!”
Poteva sentire i suoi passi strascicati allontanarsi e allora tornava a lasciar ricadere la testa sul cuscino. Sapeva che se fosse morta avrebbe causato a suo padre grande dolore, ma era stanca d’essere prigioniera. Sentiva l’ululato di Ruby fuori dalla finestra e le dispiacque di non poter rivedere la sua amica, ma quello le era di ben poco conforto. Con sua grande sorpresa e gioia, aveva scoperto che la debolezza persistente le impediva di trasformarsi in cigno durante il giorno.
La metamorfosi necessitava certamente di grande energia e lei ne era totalmente sprovvista. Si chiese se lui lo sapeva. Per precauzione, non rispondeva mai alle sue richieste quando il sole era alto.
“Belle? Belle?”
Quella non era la voce. Sbirciò con un occhio e vide una macchia verde sul suo cuscino. Si ritrasse di scatto.
“Nononono, calma Belle, sono io, Jiminy.”
La sua vista si aggiustò piano e mise a fuoco la sagoma impettita del grillo.
“Che ci fai qui? Come sei entrato?”
“Volando, naturalmente. Ascolta, principessa, stai facendo una cosa molto sbagliata…”
Lei si voltò dall’altra parte e desiderò avere la forza per nascondere la testa sotto il cuscino.
“Non ho chiesto un tuo parere, Jiminy.”
“Non serve, sono la coscienza.”
Belle chiuse gli occhi e cercò di scivolare nel sonno. Le riusciva molto facile negli ultimi giorni.
“Morirai se continui su questa strada. E a cosa sarà servita la tua resistenza sinora? Tuo padre soffrirà moltissimo.”
“Tu non sai. Lasciami stare.”
“Ti prego, sai che se non ti deciderai presto qualcun altro la prenderà per te.”
“Lui non entrerà mai qui. Gli ho detto che non volevo più rivederlo e lui è troppo codardo per tornare.”
“Che cos’è successo quella sera, Belle?”
Lei non rispose e iniziò a respirare profondamente, sperando che il grillo la credesse addormentata.
“Molto bene. Te ne pentirai dopo, ma ho fatto quello che potevo. Ruby soffre molto per te.”
Che colpo basso. Belle emise un verso di protesta.
“Ha il suo branco.”
“Non più, se n’è andata dopo che sua madre ha tentato di ucciderti.”
Una fitta di senso di colpa le attraversò il cuore, ma lo mise a tacere.
 “Non ce la faccio più, Jiminy. Ho provato a fare una cosa coraggiosa, e guarda dove mi ha portato. Mi ha ingannata, amico mio, mi ha detto che mi avrebbe fatto vedere mio padre con uno specchio e invece mi ha mostrato una menzogna.”
“Oh, sciocchezze. Sai che non è quello che pensi.”
“Cosa vorresti insinuare?”
“Sei annientata, Belle. Questo può essere per due possibilità: o perché credi che ciò che ti ha mostrato lo specchio sia una bugia e sei delusa dal comportamento di Rumpelstiltskin…”
“Questo implicherebbe che m’importa di lui e non è assolutamente vero…”
“Oppure perché sai che ciò che hai visto nello specchio è vero, anche se è stato così traumatizzante da spingerti a dare la colpa al Signore Oscuro.”
“Non è vero! Come osi…”  
“Lo sai che è vero. Belle, dai ascolto alla tua coscienza, sei una brava ragazza che ha sempre fatto la cosa giusta…”
Lei non ne potè più di quel cicaleccio che voleva dirle come comportarsi, così diede un debole colpo al cuscino con la mano e quando si voltò di nuovo Jiminy se n’era andato.
Finalmente… di nuovo il silenzio.    
 
 
Rumpelstiltskin
 
“Oh, ma è semplice, caro il mio ranocchio. Per fare sì che la principessa ti baci, devi darmi qualcosa in cambio.”
“Quello che vuole.. .”
“Non lo so ancora… diciamo che mi dovrai un favore, che riscuoterò quando troverò il modo in cui potrai essermi utile.”
“D’accordo.”
“Lascia un’impronta sulla linea punteggiata ed è fatto.”
Sciocchi. Perché non leggevano mai i termini del contratto? Questa volta era stato il principino a promettergli il suo primogenito, sicuramente Re Dorcas sarebbe stato lieto di tale discendenza per il figlio che gli avrebbe portato.
Rimase per qualche minuto sulle rive del lago, improvvisamente angosciato dal dubbio. Voleva tornare al castello, provare a parlare con Belle, ma al tempo stesso aveva paura, paura d’esser respinto un’altra volta. Non avrebbe mai dimenticato quei bellissimi occhi blu pieni di rabbia, tradimento e dolore, né le sue parole irose che gli aveva scagliato.
Non voglio più vedervi.
Cercò di scuotersi. Perché si sentiva così condizionato da quello che la sua prigioniera faceva o pensava? Era stato stregato, sì, stregato dalla sua bellezza, ma doveva scuotersi. Il suo obiettivo era la distruzione del re e lei uno strumento per ottenerla, per quanto bello che fosse.
Una voce beffarda dentro di lui lo scherniva, dicendogli che se se lo fosse ripetuto più spesso forse ci avrebbe creduto.
“Rumpelstiltskin.”
Quella voce… dove l’aveva già sentita? Si guardò intorno e registrò la presenza del minuscolo grillo.
“Oh, guarda chi si vede. Buongiorno, Jiminy. Sei venuto per fare un accordo o per punzecchiare la mia coscienza?”
“Rumpelstiltskin, devo parlarti di una cosa molto seria, che riguarda…”
“Lasciami indovinare. Il mio progetto di vendetta contro re Maurice. Spiacente, ma non ho intenzione di liberare sua figlia.”
“Proprio di Belle volevo parlarti. Lei…”
“È arrabbiata, ferita, addolorata…”
“Sta morendo.”
Quella frase lo zittì. Belle? Morendo?
“L’ho lasciata che era al sicuro nella sua stanza, com’è possibile?”
“Si sta lasciando andare verso la morte, senza cibo o acqua.”
Le labbra di Rumpelstiltskin si arricciarono mentre gli occhi diventavano pozzi profondi. Senza dire niente, scomparve in una nube viola e riapparve fuori dalla camera di Belle. A quanto pare, era stato in errore che la giovane sciocca avrebbe approfittato delle sue numerose assenza degli ultimi giorni per lasciare la stanza e nutrirsi, visto che si ostinava a rifiutare quello che lui le portava. Maledizione, aveva predisposto appositamente per quello scopo i suoi viaggi.
No, aveva preferito suicidarsi pur di sostenere la sua parte d’eroina. Se non fosse stato tanto preoccupato,  avrebbe distrutto il castello per la rabbia. Con un gesto aprì la serratura ed entrò nella camera.
Si piantò le unghie appuntite nei palmi delle mani vedendo che la situazione era assai più grave di quello che aveva supposto: il pericolo di morte che correva la fanciulla era così forte da contrastare persino la sua maledizione, lasciandola senza forze sufficienti per trasformarsi.
Corse al fianco del suo letto come un idiota ragazzino infatuato e le tastò il polso.
Era viva. Era già qualcosa, ma non poteva ridarle salute ed energia con la magia. Si sarebbe dovuto affidare ai vecchi metodi.
Fece comparire una tazza d’acqua e alzò piano la testa di Belle per farla bere a piccoli sorsi.
La bocca, a malapena due settimane prima rosea e soffice come boccioli in fiore, era ora grigiastra, piena di piccoli tagli sanguinanti; gli occhi erano chiusi e un poco gonfi, cerchiati di rosso e con ombre accentuate. I lineamenti erano molto più affilati e non vi era più differenza tra le braccia e i polsi, i capelli, prima morbidi e soffici, erano diventati un ammasso aggrovigliato e ruvido.
E la sua pelle… così tiepida al tocco, ora era fredda come il marmo.
Le lasciò cadere poche gocce sulle labbra, poi la sorresse mentre l’acqua scendeva piano, in parte all’interno della sua bocca e in parte sul mento e sul collo.
“Belle… mi dispiace così tanto, Belle.”
Il contatto con il liquido le fece aprire gli occhi e lui si sentì il cuore pesante: più del suo gelo, più della sua debolezza, lo atterriva la mancanza di ogni tipo di luce nel suo sguardo. Né dolore, né sdegno, né paura.
Niente.
“Bevi… se non per me, fallo perché vivere è fare la scelta coraggiosa. I codardi possono evitare di affrontare gli imprevisti e le sofferenze della vita, ma tu non lo sei. Sei la persona più piena di coraggio che abbia mai incontrato e per questo devi continuare a lottare. Se non ci sei tu, chi è che m’impedirà di conquistare il tuo regno? Quel patetico surrogato di fidanzato? Sei tu l’eroina, Belle, che deve sconfiggere il mostro.”
Per qualche istante lei rimase immobile e la paura lo riempì di nuovo: se le avesse inserito ancora dell’acqua senza cooperazione, avrebbe rischiato di soffocarla. Respirò nuovamente quando vide che, a piccoli movimenti, la sua bocca cercava di avvicinarsi al bordo della tazza.
“Ecco…  brava, dearie, così. Piano, mi raccomando.”
Fu un processo lungo e laborioso, ma alla fine lei riuscì a vuotare tutto il liquido. Belle si lasciò ricadere all’indietro, chiudendo gli occhi.
“Hai ancora sete?”
Con suo grande sollievo, la vide annuire. Ce l’avrebbe fatta, perché aveva ritrovato la sua forza di volontà. Riempì nuovamente d’acqua la tazzina e gliela avvicinò alle labbra. Prevedibilmente, questa volta si stancò presto e le sue mani che reggevano in parte da bere tremavano al punto che lasciarono la presa e la tazza rotolò sulle coperte fino a cadere sul pavimento.
Belle sembrò scossa dall’avvenimento e gli occhi si fecero umidi. Rumpelstiltskin la raccolse e le sorrise.
“Non è successo niente.”
“Si è… si è scheggiata.”
In effetti il bordo dell’oggetti aveva una piccola, nuova spaccatura triangolare, ma lui alzò le spalle.
“È solo una tazza… e poi, è appena visibile.”
Lei si rilassò e richiuse le palpebre.
“Aspetta, non puoi dormire ancora. Devi mangiare qualcosa.”
“Mi… mi dispiace. Sono stata ingiusta con voi… ma non volevo crederci…”
Un nodo gli si formò in gola.  Nessuno gli aveva mai chiesto perdono prima d’allora. Chinò la testa e cercò di mantenere fermo il tono di voce.
“Non darti troppe colpe, dearie. Ma non è il momento di parlarne.”
Gli occhi chiari della principessa si chiusero, lasciandolo di nuovo solo con se stesso.
 
Belle
 
Con il passare dei giorni e l’aiuto di un po’ di magia, Belle stava recuperando le forze, il colorito roseo e la lucidità. Rumpelstiltskin le teneva spesso compagnia, mantenendo lo sguardo basso come se si vergognasse, parlando poco e tenendosi il più possibile nell’ombra. Stentava a riconoscere in lui la creatura che l’aveva rapita, obbligata a scegliere tra sacrificare la sua libertà o la vita di suo padre e maledetta. O forse, non era mai esistita…
Comunque, si sentiva in colpa ugualmente per il suo scatto e il fatto che lui sembrasse non incolparla la lasciava perplessa. Se fosse stato davvero un mostro, non l’avrebbe lasciata nella sua camera, non le avrebbe lasciato cibo dietro la porta e non l’avrebbe accudita.
Si massaggiò le tempie. Perché doveva essere un personaggio così difficile da inquadrare? Era come un puzzle da essere risolto, un mistero da essere svelato ogni giorno… si morse il labbro. I suoi pensieri stavano descrivendo la sua concezione dell’amore quasi con le stesse parole.
Si passò una mano sulla testa. Stava delirando, non ci poteva essere altra spiegazione.
“Hai fame?”
L’oggetto delle sue speculazioni era vicino al suo letto, comparso sicuramente con la sua magia. Quel giorno indossava una camicia dorata dalle maniche ampie, come quelle dei poeti di corte, un gilet di damasco rosso e i soliti pantaloni aderenti che le facevano distogliere velocemente lo sguardo per l’imbarazzo. Suo padre li avrebbe certamente considerati indecenti, ma non poteva negare che sembrassero modellati per Rumpelstiltskin.
“Hai fame?”
Lei arrossì per essersi lasciata sorprendere come una scolaretta a fissarlo. Si concentrò sul frutto che lui le porgeva.
“Un melograno? Davvero?”
Lui accennò ad un sorriso.
“Non aver paura, dearie. Non ti legherà per sempre nell’antro dell’Ade.”
Belle lo guardò e, alzando il mento con aria di sfida, iniziò a tagliare il suo spuntino e ne mangiò i semi, sotto lo sguardo attento del Signore Oscuro.
“Davvero coraggiosa, principessa.”
Finito di mangiare, lei esitò per un istante, poi si fece forza.
“Perché non mi trasformo più in cigno? Ormai sono quasi guarita.”
“La maledizione, come ogni magia, ha un prezzo e tu l’hai quasi pagato con la vita.”
“Ma… pensavo…”
“Da quando sei un’esperta di magia oscura, dearie?”
“Oh, sapete bene quello che intendevo.”
“Un prezzo è stato pagato. È tutto ciò che posso dirti.”
Vedendolo alzarsi e dirigersi verso la porta, afferrò improvvisamente le lenzuola.
“No!”
Rumpelstiltskin si bloccò di colpo, senza girarsi. Lei cercò di addolcire la voce il più possibile.
“Vi prego. Mi sento molto sola. Potreste restare?”
Gli occhi del mago erano sorridenti, ma era chiaro che stava cercando di nasconderlo.
“Stai cercando di scoprire le debolezze del mostro?”
“Non vedo nessun mostro, io.”
Entrambi trattennero il respiro a quell’affermazione. Rumpelstiltskin per il suo contenuto, Belle per essersela lasciata sfuggire. Tuttavia, gli rivolse un sorriso tremane e gli tese le dita sottili.
“Posso leggervi la mano?”
Ancora troppo sorpreso per rifiutare alcunché, lui mise il dorso nel palmo aperto di lei, lo sguardo a metà tra il curioso e l’imbarazzato.
Le due mani non avrebbero potuto essere più diverse: quella del Signore Oscuro era grigio-verdastra contro quella color alabastro di lei; ruvida contro la morbidezza dell’altra, terminante con unghie lunghe e nere che ricordavano artigli.
Belle ignorò quelle stranezze e percorse con un dito le linee che solcavano i palmi della mano, parlando a voce bassa per metterlo a suo agio. Si vedeva che non era abituato al contatto umano.
“Me lo insegnò una zingara quando ero bambina. Dunque, questa è la linea della vita… è davvero molto lunga. Quanti anni avete, se posso chiedervelo?”
“Trecento anni.”
Lei sbatté le palpebre, ma continuò.
“Avete avuto due donne importanti nella vostra vita, la prima è stata con voi più a lungo, vero?”
Rumpelstiltskin fece per ritrarre la mano, ma Bello la trattenne.
“Poi c’è una terza persona che avete amato molto… è morta?”
“L’ho… perduta.”
“Non siete malato o ferito da molto tempo.”
“La mia magia guarisce ciò di cui soffro.”
“Vedete? Nessuna linea del mostro.”
Solo un mese prima, Belle avrebbe indietreggiato urlando se il viso di Rumpelstiltskin fosse stato così vicino al suo, ma doveva fare la cosa giusta. Rimase ferma.
“Come puoi dire questo? Ti ho rapita dalla tua famiglia, da un fidanzato, dalla tua vita stessa. Come puoi dire che non sono un mostro?”
“Siete un uomo che ha fatto delle scelte sbagliate. Tutti possono cadere in errore e voi avete già dimostrato con le azioni di non essere cosa pensato di essere.”
Le labbra di lui erano dischiuse e gli occhi sembravano persino umidi. Belle lo vide chinare la testa, senza capire, finchè i capelli non gli coprirono il viso e la fronte non si posò sul suo grembo. Stava per scacciarlo, turbata, quando si accorse che la vestaglia si stava bagnando di lacrime e che le spalle del Signore Oscuro erano scosse da singhiozzi. Senza saperne il motivo esatto, sentì il pianto pungere anche i suoi occhi e con la mano cominciò ad accarezzare i ciuffi spettinati dell’uomo. Erano soffici, puliti nonostante le apparenze e poteva vedere una ciocca grigia, nascosta ma ugualmente presente.
Rimasero insieme così per lunghi minuti, poi Rumpelstiltskin si alzò lentamente. Il viso era nuovamente asciutto e lei si chiese se non avesse ricorso alla magia per cancellare le tracce di quella che lui doveva considerare una debolezza.
Le tese le braccia.
“Vieni, dearie. Ti fidi di me?”
Belle accettò il suo aiuto per alzarsi, anche se trasalì bruscamente quando si sentì mettere una benda sugli occhi.
“Non aver paura, dearie, è solo che non voglio rovinarti la sorpresa.”
Si lasciò guidare dai suoi passi, dalle sue mani e lo sentì protettivo come se stesse portando un figlio e non una principessa rapita per vendetta. Dalla sorpresa quasi si fermò. Quella linea…
La persona che Rumpelstiltskin aveva perso era forse un figlio?
“Eccoci qui, dearie.”
Lei sentì un rumore di porte cigolanti aprirsi, il calore del sole sul viso e un tappeto morbido sotto i piedi. La benda le venne tolta dagli occhi e le ci volle qualche secondo per riaggiustare la vista.
Ma, quando riuscì a vedere, dubitò dei suoi sensi.
Libri.
Centinaia, migliaia di libri che toccavano gli alti soffitti, che continuavano per file e file, con moltissime scale e drappeggi di velluto rosso che coprivano quelli più preziosi dalla luce nociva del sole.
Rivolse lo sguardo sbalordito verso Rumpelstiltskin, incapace di parlare.
“Sono… sono…”
“Ed io che pensavo di avere a che fare con una persona sensata. Si chiamano libri dearie, si usano per leggere…”
Belle ridacchiò.
“So cosa sono e a cosa servono, grazie. Ma… perché me li avete fatti vedere?”
“Mi sembra evidente, dearie. Sono per te.”
“Per… me? Davvero?”
“Per tenerti occupata mentre decido il metodo più veloce per rubare l’anima di tuo padre, s’intende.”
Lei ignorò lo scherzo finale e lo abbracciò, di slancio, stringendolo forte.
“Grazie.”
Le braccia di lui le circondarono la vita, passando le dita sui boccoli inanellati.
“Merito tuo, dearie. Anche quando non c’è, tu crei il bene nelle persone.”
 
 
 
Angolo dell’autrice: i prossimi capitoli saranno soprattutto sui momenti Rumbelle al castello che non all’avventura vera e propria, a parte qualche eccezione… spero non dispiaccia, o fatemi sapere se volete subito Gaston tagliato a fette e Regina finita come statua da giardino. Prometto che per il prossimo capitolo non dovrete attendere più di due settimane, e sarà anche più lungo.
Grazie per tutti i dearies che mi seguono e alla prossima!
 

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Capitolo 7
*** Poor unfortunate soul ***


Regina
 
Regina era a cavallo per tornare nel suo regno, in attesa che continuassero le ricerche della piccola principessa. Quella ragazza le stava portando troppi problemi, ma lei aveva sempre apprezzato una buona sfida. Inoltre, aveva un conto in sospeso con Rumpelstiltskin.
Si chinò a guardare i contadini che si inchinavano al suo cospetto, trattenendo un moto d’ira. Anche Daniel era povero come loro, eppure lui era morto e loro erano vivi.
Ed era tutta colpa del Signore Oscuro. Se non avesse insegnato a sua madre la magia, il cuore del suo amore sarebbe stato ancora intatto.
Frenando la sua collera, la regina dovette ammettere che Rumpelstiltskin le era ancora troppo utile. Se fosse riuscita a stringere un patto con lui… avrebbe potuto riavere la principessa.
Ma lo conosceva troppo bene: non avrebbe ceduto ciò che voleva davvero. Se voleva vendicarsi del re tramite la figlia, così avrebbe fatto. No, doveva attenersi al piano originale, trovare il pugnale.
Rumpelstiltskin non era il primo Signore Oscuro, ma tutti gli altri erano stati ad un certo punto prigionieri dei capricci di chi aveva trovato la daga, tutti tranne lui.
Oppure….
Regina non sapeva se il pensiero di diventare la nuova Signora Oscura l’affascinasse o la ripugnasse. Avrebbe avuto la pelle verdastra, lunghe unghie nere e potere illimitato.
Scacciò quella voce insinuante. Ci avrebbe pensato quando avesse avuto in mano il pugnale.
Il suo fedele cacciatore la aspettava all’ingresso. Da quando aveva intrappolato Sidney nello specchio perché dubitava della sua lealtà, ben sapendo quanto simpatizzasse per la giovane Belle, aveva assunto come uomo di fiducia Graham, un uomo cresciuto dai lupi.
Un burattino perfetto, di cui lei comandava il cuore.
“Mia regina, c’è un uomo che chiede udienza.”
“Chi sarebbe?”
“Non ha voluto dare il suo nome, ma viene chiaramente per conto di re Maurice e non possiede magia.”
“Molto bene. Digli che lo riceverò immediatamente.”
Cosa poteva volere quel messaggero? Tutti gli imprevisti erano accolti con sospetto e le sorprese non le erano mai piaciute.
Entrò nella Sala del Trono e marciò a passo deciso verso la figura seduta al tavolo riservato ai suoi consiglieri. Quell’uomo non era un messaggero, come aveva pensato in un primo momento.
Lo osservò ad occhi socchiusi: alto, estremamente magro, la pelle tesa sulle ossa era giallognola, il naso a becco e gli occhi neri lo facevano assomigliare ad un rapace, quasi calvo ad eccezione di una semicorona di capelli grigi dietro le orecchie e sulla nuca. Era vestito semplicemente, con un lungo abito nero e un cappello da cui, invece di una piuma, pendeva un lungo nastro di seta rossa. Le dita delle mani erano coperte di anelli, unite in atteggiamento condiscendente e sul tavolo era appoggiato un libro aperto di preghiere. Un prete?
L’uomo si accorse della sua presenza e si alzò, inchinandosi rigidamente.
“Maestà.”
“Mi hanno detto che volevate parlarmi. Siete qui per conto di re Maurice?”
“No, Altezza. È vero che gli presto i miei servigi, ma sono qui per mia iniziativa. Il mio nome è Claude Frollo ed ero il precettore della principessa. Attualmente, mi occupo anche della giustizia, soprattutto per quanto riguarda… la magia.”
Regina considerò per un breve istante l’idea di ucciderlo, ma lui alzò la mano come per rassicurarla.
“Non è la vostra magia che mi interessa, Maestà. Voi la usate per giusti fini. Sono qui per il mostro che ha rapito la principessa.”
Gli occhi di lei si accesero e le sue labbra rosse si piegarono in un sorriso consapevole.
“Ma certo. Cosa posso fare per voi, signore?”
“La domanda è piuttosto cosa posso fare io per voi. Vedete, Maestà, i soldati e il re possono illudersi di trovare Belle e di strapparla con la forza al Signore Oscuro, ma penso sappiamo entrambi che l’unica cosa che funzionerà davvero è costringerlo con il suo pugnale.”
Ammirevole. Regina rabbrividì inconsapevolmente. Gli occhi di quell’uomo le ricordavano quelli di un rettile.
“Dunque?”
“Gli esseri magici parleranno più volentieri con voi che non con me su quel pugnale, visto il mio…. mestiere. Ma per eliminare il Signore Oscuro una volta per tutte, avrete bisogno di me, perché io ho un’informazione che voi non possedete e che, se mi permetterete, non vorrei ancora rivelare.”
“E chi mai vi avrebbe fornito quest’informazione?”
“Vostra madre. Cora.”
Regina si alzò all’improvviso e scagliò una fiammata contro lo specchio, sentendo il bisogno di distruggere.  Il visitatore non sembrava sorpreso.
“Quello che vi offro esattamente, Altezza, è la mia collaborazione per catturare o distruggere il Signore Oscuro. Inoltre, mi assumerò personalmente il compito di eliminare vostra madre dalla faccia della terra.”
“E che cosa vorreste in cambio di queste offerte così generose?”
“Che consegnate la principessa a me. Sarà stata sicuramente contaminata dall’impurità del mostro e come tale bisogna purificarla.”
“La principessa mi serve. Viva.”
“Suvvia, Maestà, certo il regno di Maurice non vi è di alcun interesse effettivo. È qualcos’altro a monte che v’interessa, non è vero? Un ostacolo facilmente raggirabile. Vi assicuro che il sovrano è completamente succube del mio volere. Se gli dicessi che dovrebbe accendere la pira del rogo di sua figlia per purificarla, lui la accenderebbe. Proprio come lo istigai contro il Signore Oscuro vent’anni fa.”
Regina percorse a larghi passi la sala.
“Perché dovrei cambiare un piano in atto da anni?”
“Perché sapete che sono in grado di darvi ciò che volete.”
Lei lo fissò. Il volto magro dell’uomo era illuminato da un sorriso malvagio che scopriva i denti appuntiti, l’espressione sicura e trionfante.
“Molto bene. Portatemi il cuore di mia madre e lei stessa prigioniera entro tre giorni e acconsentirò a tutto.”
L’altro s’inchinò nuovamente e si congedò, camminando rigido e compiaciuto. Poteva davvero fidarsi di lui? Non importava. Avrebbero completato l’accordo e, quando Belle fosse morta e Rumpelstiltskin reso schiavo, si sarebbe liberata tanto di lui quanto di Maurice.
E dopo sarebbe stata ad un passo dal vendicarsi di Biancaneve.
 
 
Belle
 
“Sono così felice che tu stia bene, Belle. Sono felice che alla fine abbia dato ascolto alla coscienza.”
Belle alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo per vedere Jiminy sul tavolo vicino a lei. Gli sorrise e mise un fiore secco tra le pagine.
“Buongiorno. Sto molto meglio, grazie alle cure di Rumpelstiltskin. Non sono nemmeno più costretta a trasformarmi.”
“Te l’avevo detto che non era malvagio come appariva.”
Il sorriso di Belle svanì.
“Non lo so, Jiminy. Sembra dolce, buono, ma non posso fare a meno di pensare che non ha abbandonato i suoi propositi di sposarmi per impossessarsi del regno di mio padre e così prendergli davvero tutto.”
“Sta a te fargli cambiare idea.”
Belle rovesciò la testa all’indietro e si massaggiò le tempie. Nei suoi libri di bambina era tutto così chiaro… c’era la principessa, il drago che la sorvegliava e l’eroe che la salvava.
Ora c’era un drago che l’aveva rapita, un eroe di cui non le importava nulla e lei che non sapeva se il drago tenesse a lei oppure no.
Sentì una mano calda posarsi sulla sua spalla e sobbalzò.
“Dearie, dearie, dearie, aspettavi qualcun altro?”
Lei si sforzò di rilassarsi.
“No, naturalmente.”
“Niente cavaliere dall’armatura scintillante nascosto dietro l’arazzo, pronto a farmi a pezzi?”
“Niente affatto.”
Rumpelstiltskin si sedette sulla poltrona di fronte a lei, accavallando le gambe e stendendo le braccia ai lati. Socchiuse gli occhi e sorrise.
“Hai avvelenato il the?”
Belle sbuffò.
“So che non servirebbe a nulla.”
Lui emise una delle sue buffe risatine e agitò le dita.
“Giusto, giustissimo, dearie. Ma parecchi ci hanno provato lo stesso.”
“Io non sono come gli altri.”
“Oh, lo so, credimi, dearie. Lo so.”
Si alzò di scatto e lei lo seguì con gli occhi, confusa.
“Dove andate?”
“Dove andiamo, dearie.”
L’afferrò per il braccio e la sollevò, trascinandosela dietro.
“Ehi, fermatevi! Dove volete portarmi?”
“Ssh, dearie, non vorrai rovinare la sorpresa, vero?”
Lei decise di non insistere con le domande, tanto più che il mago aveva tirato fuori dalla tasca della sua giacca di pelle di drago una fiala dal colore bluastro.
“Ti piacerebbe trasformarti?”
“In cosa? Voglio dire, no!”
“Era solo per chiedere. Bevi questa.”
Belle serrò le labbra e incrociò le labbra.
“Ti do la mia parola che l’effetto è temporaneo ed è per il tuo solo diletto.”
“Facciamo un patto. La prendo se mi giuri che non c’entra con la tua vendetta?”
“Giuro.”
Beh, non aveva sempre voluto essere coraggiosa? Guardandolo con aria a metà tra il sospettoso e la sfida, prese la boccetta e la ingerì tutta d’un fiato.
Storse la bocca. Non era un sapore esattamente spiacevole, ma aveva un che di salato che ne alterava la gustosità.
“Bene bene, dearie, pronta, andiamo!”
La solita nube magica li avvolse e Belle chiuse istintivamente gli occhi. Senza accorgersene, aveva stretto la mano di Rumpelstiltskin, che si era sentito mancare il fiato per il contatto inaspettato.
“Puoi aprire gli occhi, dearie.”
A dire la verità, lei non voleva per niente aprirli. Sentiva sulla pelle una sensazione strana, come se qualcosa di viscido e bagnato l’avesse inghiottita.
La mano di lui le si posò sulla spalla e Belle si fece coraggio, sollevando le palpebre.
Per qualche secondo, non riuscì ad articolare parola per descrivere lo spettacolo che aveva davanti.
Mi avete portata in fondo al mare?
Si portò la mano davanti alla bocca, ma non le era venuto da tossire.
“La pozione serviva a farmi respirare sott’acqua?”
“Brillante deduzione, principessa.”
“Ma perché non me l’avete detto prima?”
“E rovinarti la sorpresa? Ti ho pur detto che c’erano mondi che potevo mostrarti.”
“Dove siamo?”
“Nel regno di Atlantica. Mi serviva un determinato oggetto, così ho pensato di portarti con me.”
Belle si guardò intorno, approfittando di poter camminare sul fondale sabbioso. Non aveva mai visto un’acqua di quel colore, cangiante dal blu profondo degli zaffiri al verde smeraldo, con sfumature violacee come i riflessi nelle ametiste.
Un pesce arancione, bianco e nero la sfiorò, sbattendo una pinna un poco atrofizzata, e più in là passò un gruppo intero di pesciolini pervinca e argentei.
“Oh, guardate come sono belli!”
Fece per toccare due strane creature allungate, simili alle anguille ma più grosse, d’un verde torbido misto a nero, ma Rumpelstiltskin la bloccò.
“Fossi in te non lo farei, dearie. Possono trasmetterti una scarica elettrica piuttosto forte.”
Lei deglutì.
“E se arrivasse uno squalo?”
“Non temere dearie, finchè non ti allontani da me non ti succederà niente. Anche qui sono piuttosto temuto.”
Belle controllò per la prima volta il suo abito.
“Ma… non ero vestita così!”
Al posto del pratico vestito azzurro che Rumpelstiltskin le aveva procurato dopo la sua convalescenza, indossava una specie di tunica, aderente fino alle ginocchia per poi fluttuare fino a formarle una corona distesa ai suoi piedi. Al dito aveva sempre l’anello che sigillava la sua condizione, ma sul capo sentiva un leggero peso, come di una tiara sottile. Al collo aveva semplici perle, ma di un colore azzurro intonato all’abito.
“Temo sia necessario per farti rispettare. Ti sei mai chiesta dove siano finiti tutti i tesori dei vascelli affondati nel corso della storia? Se ne sono impossessate le sirene e i tritoni. Se non hai la magia, devi apparire al loro pari.”
“E… chi dovete vedere?”
“Una strega del mare.”
“E di cosa avete bisogno?”
“Inchiostro magico.”
“Per cosa?”
Lui agitò il dito.
“Neh, neh, dearie. Troppe domande.”
Belle non insistette, anche perché aveva visto una creatura avvicinarsi. Una sirena! Non credeva ne avrebbe mai vista una nella sua vita. Era sottile e sinuosa, nuda dalla vita in su ad accezione di due conchiglie decorate da perle pendenti che le coprivano i seni, mentre al posto delle gambe aveva una coda squamosa, verde argentea, che terminava con due pinne trasparenti.
Aveva fluenti capelli rosso scuro con file di smeraldi ciondolanti e occhi blu così profondi che potevano essere facilmente confusi per neri.
Ma la cosa più notevole era la sua voce: lei era preparata, naturalmente, al fascino della voce melodiosa delle sirene, ma nessun’informazione letta poteva competere con quell’esperienza.
“Signore Oscuro. Eravate atteso.”
Persino in quella situazione inusuale, Belle notò divertita, Rumpelstiltskin non perdeva i suoi modi cerimoniosi.
L’uomo si era infatti inchinato profondamente, aprendo le braccia e piegando le gambe, pur mantenendo la schiena dritta.
“Rumpelstiltskin è il mio nome, principessa Ariel.”
“Per me e il mio popolo rimarrete Signore Oscuro.”
Gli occhi diffidenti della sirena si posarono su di lei.
“E chi sarebbe questa donna?”
Questa, dearie, è la principessa Belle, mia prigioniera. Non mi fidavo a lasciarla incustodita nel mio castello.”
Lei avrebbe voluto correggerlo e difenderlo, ma richiuse la bocca quando si rese conto che aveva detto la verità.
La sirena la guardò con un misto di desolazione e consapevolezza, ma quando parlò si rivolse a Rumpelstiltskin.
“Sono pronta. La grotta della strega non è molto distante, ma voi che camminate ci metterete di più.”
“Oh, non ne sarei così sicuro, dearie, la magia può molto.”
“Ma non dite sempre voi stessa che la magia ha sempre un prezzo?”
Senza aspettare risposta, la principessa si voltò e iniziò a nuotare verso un punto più oscuro dell’abisso. Belle ridacchiò.
“Vi ha sistemato per bene.”
“Parrebbe proprio di sì, dearie. Sono un uomo difficile da amare.”
C’era un che di aspro nel suo tono, ma così lieve che pensò di averlo immaginato. Lo seguì nella scia lasciata dalla sirena, rabbrividendo man mano che l’acqua diventava sempre più gelida, ma non disse nulla perché sapeva che non era tanto il freddo a provocarle quei brividi, quanto l’atmosfera di quel luogo: era come essere immersi nell’oscurità più totale, con alghe violacee, centinaia di meduse che fluttuavano apparentemente inerti, piovre color porpora e prugna che facevano strisciare nella loro direzione i loro tentacoli minacciosi, animali simili a serpenti, bianchi e neri.
“Rumpelstiltskin… che posto è questo?”
“Un locus amoenus, non trovi dearie? Così sereno e solare!”
“Oh, ma è impossibile parlare con voi!”
Lui le afferrò all’improvviso il polso e la fissò con una delle espressioni più serie che gli avesse mai visto.
“Ora ascoltami bene. Non importa cosa ti verrà promesso dalla strega o dalla sirenetta che ci guida, tu non devi ascoltare nessuno tranne me, per nessun motivo.”
“Ma Ariel mi sembra una brava persona.”
“Quando tornerai in superficie, se mai v’incontrerete di nuovo, ti annegherà senza pensarci due volte.”
“Siete ingiusto. Ha un’aria molto dolce.”
“Annega dolcemente le persone, è vero.”
S’interruppero quando videro che l’oggetto della loro discussione si era fermato.
“La grotta è laggiù. Non posso proseguire oltre, o sarei un ostaggio da usare contro mio padre.”
“Hai rispettato l’accordo di tuo padre, molto bene, principessa. Arrivederci.”
“Addio, Signore Oscuro, principessa Belle.”
“Addio, principessa Ariel. Spero di rivedervi, un giorno.”
Sentì Rumpelstiltskin sbuffare, ma lo ignorò.
“Pronta per proseguire, dearie?”
“Andiamo.”
Una luce tra il rosato e il lilla usciva dalla grotta, simile al colore della magia oscura che utilizzava il Signore Oscuro, alternata a lampi luminosi come saette.
Due murene stavano immobili davanti a loro, come di guardia, e i loro occhi scintillavano come ossidiana nera e lucida.
“Vogliamo vedere la vostra padrona. Sono il Signore Oscuro.”
Si chinò verso Belle e le sussurrò:
“Ora più che mai, dearie, non parlare. Non rispondere alle domande di quella strega.”
“Rumpelstiltskin. Quanto tempo.”
La voce femminile era profonda e piacevole, ma altrettanto non si poteva dire della sua persona. Belle fece fatica a nascondere la repulsione che la vista di quella creatura le provocava: come le sirene, anche la strega era per metà donna, ma solo di fattezze. La pelle era di un viola grigiastro, occhi neri e astuti, folti e corti capelli bianchi con alcune ciocche argentee, un corpo grasso e informe che dal petto in giù aveva tentacoli viscidi e grossi come quelli delle piovre che aveva visto poco prima. Ostentava un sorriso malevolo, accentuato dal contrasto tra le labbra d’un rosso vivido e i denti bianchi.
“E ha anche portato un grazioso gingillo con sé. Io sono Ursula, povera anima sfortunata.”
“Ursula. Sono venuto per l’inchiostro.”
L’intervento di Rumpelstiltskin aveva bloccato sul nascere la sua protesta. Come osava quell’essere definirla un “grazioso gingillo”?
“Lo immaginavo. Nessun altro, a parte te e le care sirenette, può avventurarsi sin qui.”
La strega prese una normale boccetta da inchiostro e la tenne sollevata di fronte a loro.
“Ed io cosa ottengo in cambio, Signore Oscuro?”
“Che cosa desideri, dearie?”
Belle si accorse che gli occhi della creatura erano fissi su di lei e che Rumpelstiltskin si era irrigidito.
“No.”
“Ne sei sicuro?”
“Posso darti il mio aiuto per… quell’altra questione, ma questo no.”
Ursula alzò le sue grandi spalle ed emise una risata profonda, gutturale.
“Mi accontento. Ho bisogni semplici. Affare fatto.”
Un tentacolo afferrò la piuma d’oca che Rumpelstiltskin le porgeva e firmò frettolosamente, senza che lei lasciasse lo sguardo di Belle.
“E tu, cara, non vorresti stringere un patto con me? Tra donne ci si capisce meglio, e posso liberarti dalla tua condizione. Il Signore Oscuro non potrebbe avvicinarsi a tuo padre e tu saresti libera.”
Belle non rispose e si accontentò di seguire dalla grotta con Rumpelstiltskin, ignorando la voce della strega che la seguiva nella sua testa.
“Tempo di tornare a casa, dearie.”
Lei annuì, scossa da quell’incontro più di quanto fosse determinata a mostrargli. Fu un sollievo tornare al castello, che ormai considerava quasi come casa.
Respirò solo quando vide intorno a sé le mura familiari di pietra, circondata dall’aria e non dall’acqua. Non desiderava altro che sedersi sulla sua poltrona e riflettere, eppure allo stesso tempo il cuore le batteva fortissimo e si sentiva leggera.
Aveva vissuto una breve avventura. Aveva visto un’altra dimensione.
Sussultò quando Rumpelstiltskin le appoggiò le mani sulle braccia.
“Perché? Perché non hai accettato il patto di Ursula? Saresti stata libera.”
Lei deglutì.
“Quella creatura non m’ispirava fiducia. E poi, mi avevate avvisata di non parlarle.”
“Vero… l’avevo fatto.”
Si staccò da lei all’improvviso e recuperò il suo tono solito, beffardo e acuto.
“Allora, ti è piaciuta la nostra piccola gita?”
“Molto. Non credevo potessero esistere luoghi del genere.”
“Oh, ne esistono anche di migliori.”
Rumpelstiltskin si massaggiò il mento, poi schioccò le dita.
“Facciamo un altro patto, vuoi?”
“Sentiamo.”
Lui le girò attorno, con i movimenti eleganti delle gambe che sembravano quasi danzare sul pavimento e il mezzo sorriso che aveva imparato a conoscere.
“Tu risponderai sinceramente a… facciamo cinque mie domande, ed io ti porterò fra pochi giorni in un altro mondo, diverso ancora.”
“Non saprei. Che tipo di mondo è?”
“Un mondo dove tutto è senza colori, dove la magia è vergognosamente trascurata e al suo posto fiorisce quello che gli uomini chiamano Scienza.”
Belle considerò le varie opzioni. E se le avesse domandato se, ad esempio, teneva a lui? Avrebbe mentito se avesse detto di considerarlo ancora il mostro che l’aveva rapita, ma se avesse ammesso di essersi ammorbidita nei suoi confronti, l’avrebbe incoraggiato a sperare nella riuscita del suo piano per impadronirsi del regno.
Tuttavia… lui era il solo che la faceva viaggiare, realizzando i suoi sogni. Se avesse rinunciato alla sua vendetta, lei sarebbe tornata alla vita soffocante di prima, costretta a sposare Gaston, rinchiusa nuovamente in una prigione dorata da suo padre.
Da suo padre, che era andato a letto con Regina.
Sentì nuovamente la stretta al cuore che accompagnava sempre quel pensiero, così annuì.
“D’accordo, ci sto.”
Rumpelstiltskin scoppiò a ridere, agitando le dita e saltellando.
“Magnifico! Lo sapevo! Ora, iniziamo con la prima domanda, se non ti dispiace.”
Prima che potesse parlare, furono interrotti da un insistente bussare alla porta.
Belle spalancò la bocca. Nessuno veniva mai al castello.
“E se fosse Regina?”
Lui le lanciò una strana occhiata di compiacimento, e lei arrossì, rendendosi conto di aver posto la domanda con un tono più dispiaciuto e impaurito che speranzoso.
“Non temere, dearie, la regina non perderebbe tempo a bussare. Può essere un’anima disperata che vuole stringere un patto con me.”
Rumpelstiltskin si allontanò e Belle si sedette sul lungo tavolo del salone, nervosa. Lui non le aveva detto di cosa si trattasse la prima richiesta di Ursula, ma era certa che riguardasse lei. E l’aveva protetta.
Le sembrò di sentire delle voci, ma prima che potesse investigare Rumpelstiltskin era tornato, con le mani dietro la schiena e un sorriso furbo, mitigato da una certa dolcezza negli occhi.
“Che cos’avete dietro la schiena?”
Lui le porse una bellissima rosa rossa dallo stelo lungo, senza spine.
“Per te. L’accetti?”
Belle ridacchiò, prendendola.
“Oh, grazie, è bellissima. Ma ora vi siete bruciato una domanda.”
Nonostante l’avesse battuto al suo gioco, lui rise ancora.
“Oh, dearie, impari in fretta.”
Si sedette sul tavolo vicino a lei, mentre Belle annusava la rosa.
“Chi era alla porta?”
“Un uomo che voleva fare un patto con me, e siccome aveva con sé delle rose, ne ho chiesta una come prezzo.”
“Mi piace molto, ma è troppo lunga, non ci starebbe in nessun vaso.”
Rumpelstiltskin emise una risatina maliziosa e con un gesto della mano, fece comparire un paio di forbici argentate.
“A te l’onore, dearie.”
Guardandolo dubbiosa, lei tagliò buona parte del gambo, cercando di decifrare lo sguardo deliziato di lui.
“Splendido! Ora, voglio fare un patto per riprendermi la mia domanda.”
Lei riflettè. Ne aveva una che da un po’ di tempo le bruciava dentro, ma ora forse poteva rischiare.
“Rumpelstiltskin… voi sapete che cos’ha fatto mio padre.”
Lo sentì sibilare e si rincuorò, in qualche modo.
“Vi restituirò la vostra domanda, se mi date qualcosa per togliermi questo dolore dal cuore.”
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: Scusate il ritardo spaventoso, spero che il capitolo compensi in qualche modo. Nel prossimo, Belle stringerà un accordo che non doveva fare e ci saranno delle conseguenze, Cora fa un’apparizione e sì, la rosa è quella rosa. Dettagli su Gaston nelle prossima puntata.
 
 

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Capitolo 8
*** Odile ***


Nonostante quello che aveva detto a Belle, Rumpelstiltskin era dubbioso. È vero che talvolta qualcuno veniva di persona a fare un patto con lui, ma nella maggior parte dei casi lui veniva invocato.

Quando aprì la porta, si trovò davanti un giovane cavaliere dall’armatura scintillante, con un mantello di velluto purpureo, capelli e occhi scuri e un’aria molto, molto arrogante. Troppo, per i suoi gusti.

“Io sono il principe Gaston, bestia, e sono venuto a riprendermi la mia promessa…”

Rumpelstiltskin roteò gli occhi e schioccò le dita. Ora, al posto dello stolto, c’era una bellissima rosa rossa dal gambo lungo. 

“Credimi, dearie, sei molto più utile così. Persino tua madre concorderebbe con me.”

Senza contare che a Belle sarebbe piaciuto molto quel dono.

Ritornò da lei nascondendo la rosa dietro la schiena, poi gliela porse.

Ora la ragazza si era completamente ristabilita, e il sole le faceva brillare i riccioli intorno al viso. Pur sapendo che a lei dispiaceva, non potè trattenere un moto di orgoglio nel vedere l’anello al suo dito. Era vero che Belle non si era mossa d’un passo sulle sue intenzioni, ma confidava che, prima o poi, si sarebbe ammorbidita e avrebbe potuto essere felice.

Anche lo stelo tagliato della rosa gli diede un certo piacere e fu tentato per un istante di annullare il suo incantesimo, solo per verificare cosa la principessa gli avesse esattamente tagliato.

Ma non voleva essere troppo ottimista.

“Vi restituirò la vostra domanda, se mi date qualcosa per togliermi questo dolore dal cuore.”

La sua affermazione lo prese alla sprovvista. Gli era vicina.. troppo vicina. Lo aveva afferrato gentilmente per il braccio e lo stava fissando con i suoi occhi imploranti. 

“Di cosa stai parlando, dearie?”

Belle sospirò e lui quasi acconsentì. Non voleva udirlo mai più.

“Più ripenso a quello che ho visto in quello specchio, più non posso fare a meno di concludere che mio padre sarà presto, se non lo è già, un burattino di Regina. Presto non mi cercherà più…”

“Sono certo che non sia vero.”

“C’è un modo per verificarlo?”

Silenziosamente, lui le porse un altro specchio, simile a quello che lei aveva infranto, e anche questa volta lei tenne per sé la visione. 

Tuttavia, Rumpelstiltskin poteva leggerla come un libro aperto: gli occhi umidi, spenti, e le labbra tremanti, non indicavano nulla di buono.

“Come pensavo. Si è arreso. Sta discutendo con Regina un altro modo per unire i due regni.”

La ragazza gli si buttò tra le braccia, ma non pianse. Lui la strinse, sentendo il cuore di lei battere molto forte, oppure era il suo. Era come tenere in mano un piccolo, fragile uccellino.

“Ti prego, Rumpelstiltskin, fate passare il dolore.”

“Non posso, dearie.”

“Sì che potete. Non c’è una pozione… che mi faccia dimenticare?”

“No.”

Non era stato convincente, lo sapeva. Ma non poteva sopportare di vederle sottratta la sua bontà, la sua gentilezza.

“State  mentendo.”

“Non posso dartela, Belle. La magia ha sempre un prezzo e per voi è troppo alto.”

Lei gli si avvicinò di più.

“Vi prego.”

Rumpelstiltskin scosse la testa e cercò di resistere.

“Passerà, dearie. Farò il possibile… ma non in questo modo.”

Belle non potè fare a meno di annuire, sul viso un’espressione di sconfitta che gli strinse il cuore.

Voleva prometterle che le avrebbe fatto dimenticare il suo dolore rendendola felice, così felice che non le sarebbe più importato di quello che faceva quell’essere indegno d’esser chiamato padre, ma non avrebbe certo reagito bene. 

E lui… non poteva rinunciare alla sua vendetta, non ora che Maurice doveva pagare anche per aver fatto soffrire Belle. 

“Dearie… se volessi, posso portarti subito in quel mondo in bianco e nero. Saresti un bellissimo bagliore di luce in quell’oceano di oscurità.”

“No. No, grazie, non me la sento.”

La principessa tentò di sorridere e si lisciò qualche piega della gonna. 

“Forse sono troppo pessimista e mio padre non ha smesso di cercarmi. Probabilmente stava solo cercando un modo per tenere stabile il regno mentre sono qui.”
Rumpelstiltskin lo riteneva altamente improbabile, ma avrebbe fatto qualunque cosa per distoglierla da quell’idea.

“E perché mai il tuo regno sarebbe perso senza di te?”

“Mio padre non ha mai avuto abilità per il commercio o le finanze. Mi occupavo io con il Consiglio delle risorse del regno.”

“Non stento a crederlo, dearie, ma ti prego, soddisfa una mia curiosità: perché scegliere un’alleanza proprio con il regno di Regina? È piuttosto distante e non è poi così potente.”

“Non ne ho idea. In realtà, siamo comunque io e mio padre che guadagniamo da  questo accordo.”

“Allora cos’ha spinto la regina ad allearsi con voi? Non fa nulla senza motivo.”

“Ho sempre creduto che lei e mio padre avessero stabilito qualcosa…”

“Non ne sono del tutto certo.”

Belle si morse il labbro inferiore e lui stette immobile a fissare con occhi socchiusi la finestra. Regina non era il tipo che di solito accettasse condizioni svantaggiose, ma conosceva il castello di Maurice come le sue tasche, anche dopo vent’anni, ed era sicuro che non avesse nulla di magico che potesse apparire interessante a Sua Maestà. 

“Dimmi, dearie, tuo padre ti ha mai parlato di una donna di nome Cora?”

Silenziosamente, pregò che lei negasse. Se c’entrava Cora, Belle si trovava tra due fuochi incrociati estremamente pericolosi.

“No… non ho mai sentito questo nome. Chi è?”

“Nessuno che ti riguardi, al momento.”

La ragazza apparve meditabonda, poi si tormentò una ciocca di capelli, attorcigliandosela attorno al dito.

“Cioè… ho sentito questo nome, ma non da mio padre.”

Rumpelstiltskin s’irrigidì.

“E da chi? È una donna pericolosa, dearie.”

“Da un’altra principessa mia amica d’infanzia, che però è stata accusata di tradimento dalla matrigna e non ne ho più sentito parlare.”

Lui schioccò le dita, sorridendo. Era sollevato che non si trattasse della sua antica fiamma, ma l’ossessione di Regina rendeva comunque spinosa la situazione.

“Immagino che il suo nome fosse Biancaneve, vero?”

Belle annuì, sorpresa.

“Non c’è da meravigliarsi, mia cara, che il tuo regno sia stato preso di mira così sottilmente dalla regina… che era la matrigna della tua amica.”

La principessa aggrottò le sopracciglia.

“Ma non si dovrebbe sapere? Voglio dire, di solito i legami reali sono noti tra regnanti.”

“Probabilmente Regina ha messo le mani su qualche documento… o ha fatto un incantesimo.”

“Quindi, anche Biancaneve è in pericolo, ora che Regina ha completamente plagiato mio padre.”

Rumpelstiltskin si stiracchiò.

“Non è di lei che ti devi preoccupare ora, dearie. O hai dimenticato d’essere preda del Signore Oscuro?”

Belle gli lanciò un’occhiataccia.

“Mi è impossibile dimenticarlo, per colpa di questo anello.”

“Perché non lo togli allora?”

“Sapete bene che non ci riesco!”

Lui rise, agitando le dita le une contro le altre.

“Che sbadato da parte mia dimenticarlo!”

“Perché non dimostrate la mia supposizione, che non siete un mostro, e me lo togliete voi?”

“Forse perché sono un mostro, a dispetto delle tue sciocche idee utopiche.”

“È per questo che coprite tutti gli specchi?”

Lo stava fissando con un’intensità allarmante, così Rumpelstiltskin le andò vicino e l’ammonì scherzosamente.

“Affatto! Ti raccomando di tenerli anche tu sempre coperti… regine inopportune potrebbero spiarti attraverso di essi.”

Belle si coprì la bocca con la mano.

“State dicendo che Regina può spiarmi?”

“Certamente.”

“Come?”

“Dimmi, dearie, conosci il caro Sidney?”

“Sì, ma…”

“La regina l’ha reputato troppo simpatizzante per la tua indipendenza, così l’ha intrappolato dentro uno specchio.”

Le ricaddero le spalle e la sua espressione era di orrore puro.

“Come potrebbe qualcuno fare una cosa simile?”

Lui osò sfiorarle la mano e trattenne il respiro quando lei la afferrò inconsapevolmente.

“Semplice. Sidney la ama, lei no.”

Stettero in silenzio per qualche minuto, poi Belle sembrò prendere coraggio.

“Vi è mai capitato?”

“D’essere intrappolato in uno specchio? No, non ancora, perlomeno.”

Lei arrossì.

“No, intendevo… siete mai stato innamorato e amato?”

Rumpelstiltskin strinse le labbra. Una volta, tempo addietro, lo aveva creduto… 

I brevi ricordi del tempo passato con Cora lo turbarono, così si alzò e arrivò dietro le spalle della principessa, cingendole la vita e appoggiando la guancia ai soffici riccioli.

“Sai, dearie… sono un uomo difficile da amare.”

La sentì tremare appena e, soddisfatto, indugiò ancora un istante nel respirare il suo profumo, per poi staccarsi a malincuore da lei.

Doveva riprendere il controllo. Per un attimo, considerò l’ipotesi di rinunciare alla vendetta e di lasciarla libera, per liberarsi dalla dipendenza dal suo tocco, dai suoi sorrisi. Sarebbe stato libero anche lui.

Poi la vide allontanarsi verso un libro lasciato sulla poltrona e seppe che ormai era troppo tardi.

I momenti trascorsi insieme l’avrebbero tormentato, facendogliela vedere in ogni stanza vuota, in modo assai peggiore rispetto al primo periodo di dolore dopo l’abbandono di Cora.

Se l’avesse lasciata libera, non l’avrebbe più vista accoccolarsi a leggere, i capelli davanti al viso, e non avrebbe più avuto con sé i suoi occhi, così chiari e luminosi quando era serena, o profondi e turbolenti come il mare agitati dai venti quando era in collera o triste.

 “Vi sentite bene?”

Lui si riscosse e fece un pallido sorriso.

“Naturale, dearie.”

La vide esitare e colse la palla al balzo.

“Qualcosa che vorresti, dearie?”

“Mi… mi portereste ancora ad Atlantica? È così bello laggiù… potrei fingere che le ultime ore non siano mai accadute.”

Rumpelstiltskin stava per dire che erano appena tornati da lì, ma vedere tremare il labbro inferiore e gli occhi inumidirsi fu troppo per lui.

“Perché no? Potrei…”

“Vorrei stare un po’ con Ariel, conoscerla meglio. Lei… lei può consigliarmi.”

Il Signore Oscuro riflettè, combattendo contro il suo primo istinto di rifiutarsi di separarsi da lei. La principessa sirena sapeva che era meglio non farlo arrabbiare, e sapeva che Belle era una persona piuttosto sensata.

La fanciulla sembrò capire i suoi dubbi.

“Non per molto, anche solo un’ora… vi prego.”

Lui si arrese.

“Molto bene, dearie. Un’ora, non un minuto di più, e ci sono delle regola cui ti dovrai attenere.”

“Dimmi.”

“Non dovrai avvicinare la strega del mare, Ursula.”

“Benissimo.”

“Non devi metterti in pericolo.”

“Non ne ho intenzione.”

“Non provare a scappare.”

“Pensavo vi fidaste di me.”

“Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.”

Rumpelstiltskin aprì la sua teca piena di oggetti magici e le porse un bracciale.

“Questo gingillo ti trasformerà in sirena per un’ora. Quando si avvicina lo scadere del tempo, basta che pronunci il mio nome e non occorrerà nuotare in superficie, perché ti trasporterò qui con la magia. Chiamami anche se ti troverai in difficoltà.”

“Lo prometto.”

Grazie alla magia, si ritrovarono sulla spiaggia illuminata dalla luce della luna. Gli si strinse il cuore al vederla lì, con i capelli semi sciolti, pallida, sembrava una creatura di un’altra dimensione. 

“Belle…”

Prima che lui potesse dire altro, lei lo abbracciò, ma non come aveva fatto prima. Lo teneva stretto, le mani tra i capelli e la sua bocca sfiorava la sua guancia.

“Grazie, Rumpelstiltskin.”

La guardò camminare nell’acqua fino a scomparire, e quando la perse di vista si sentì in preda ad un’agitazione intensa. Perché all’improvviso gli sembrava che qualcosa di orrendo dovesse accadere? Se le fosse successo qualcosa…

Rumpelstiltskin…

Era una voce femminile che lo stava invocando, ma non Belle. 

Io ti invoco, Oscuro Signore.

Beh, doveva pur occupare l’ora in qualche modo.  Non era preparato, però, al luogo che lo accolse. Era circondato esclusivamente da neve e ghiaccio, senza contare il freddo penetrante che colpiva le ossa come pugnali acuminati. Fortunatamente, la magia gli impediva di soffrire troppo, ma.. l’ultima volta che aveva controllato, ad Arendelle non era piena estate?

“Chiedo scusa per la temperatura. Il freddo non mi ha mai disturbata molto.”

Una bella donna dai lunghi capelli biondo argentei, occhi verdi e vestita di bianco se ne stava ferma al centro del salone e giocherellava nervosamente con la treccia.

“Questo lo vedo, dearie. Come ti chiami?”

“Sono la regina Elsa.”

“Nessuno mi chiama senza avere un patto in mente, soprattutto…”

“Soprattutto?”

Lui non rispose e le girò intorno due volte, il mento tra le mani. Dentro di sé, era felice perché si sentiva come prima di conoscere Belle, il Signore Oscuro, l’amante degli accordi.

“So riconoscere a prima vista un’anima disperata.”

La regina rabbrividì, e non per il gelo. Rumpelstiltskin sorrise soddisfatto.

“Avete ragione… sono disperata. Vedete, sin da piccola, io ho un grande potere…”

L’interesse del Signore Oscuro si acuì e la guardò meglio, cercando di leggerle dentro. La fanciulla creò dei fiocchi di neve e delle statue di ghiaccio senza alcuno sforzo e lui capì subito quale fosse il suo potere. Si diede dello stupido per non averlo intuito prima.

“Quando io e mia sorella eravamo piccole, rischiai di ucciderla, colpendola per sbaglio con la mia magia. Fu fortunata a salvarsi… da allora, per non ferire qualcuno, sono stata chiusa nelle mie stanze…”

Rumpelstiltskin schioccò la lingua, scuotendo la testa.

“Questo non va affatto. Reprimere la magia è pericoloso, dearie… immagino che ci sia stata un’esplosione, in un particolare momento di tensione.”

Elsa annuì.

“Ora ho condannato Arendelle ad un ghiaccio eterno.”

Lui si guardò intorno, abbozzando un sorriso ironico.

“Oh, non saprei… il paesaggio è bello, certo avrete molti visitatori dalle zone calde…”

“Vi prego, dovete aiutarmi! So che lo farete, ditemi il prezzo che esigete!”

“Come posso dirvelo, se non so cosa volete esattamente da me?”

“Toglietemi questo potere!”

“Impossibile, dearie, ce l’hai dalla nascita. Fa parte di te.”

“Riportate Arendelle com’era, allora!”

“Ne sei sicura? Il tuo… exploit potrebbe ripetersi.”

La giovane regina sospirò di frustrazione e iniziò a nevicare un po’ più velocemente. Rumpelstiltskin si sfregò le mani, deliziato da quell’imprevisto turno di eventi. 

“Voglio che mi insegnate come dominare il mio potere.”

“Ora ci siamo! Una richiesta molto sensata.”

“So che con voi non è niente per niente. Cosa volete?”

Lui riflettè attentamente. Non aveva bisogno di nulla, in verità. Non aveva mai avuto legami con le Isole del Nord, troppo al di fuori della Foresta Incantata e riteneva improbabile di doverci tornare.

Stava per proporre il solito favore futuro, quando gli venne in mente Belle. 

“Una rosa di ghiaccio che non si sciolga mai. Sei in grado di farla, dearie?”

“Penso di sì.”

“Abbiamo un accordo, allora.”

Elsa gli diede una magnifica rosa, che rifletteva alla luce bagliori rosati e celesti. Soddisfatto, Rumpelstiltskin le disse:

“Il segreto per dominare la magia è concentrarsi su emozioni come l’amore, l’affetto… devi  lasciare da parte la paura, o spingerla verso la protezione dei tuoi  cari.”

“Posso farlo.”

Lui s’inchinò, e con un gesto della mano fece comparire il contratto con la penna d’oca.

“Abbiamo un accordo, dearie.”

La regina lesse e firmò rapidamente, gli occhi accesi di speranza.

“A cosa vi serve la rosa?”

Rumpelstiltskin s’irrigidì.

“Non penso siano affari tuoi.”

“Chiedo scusa… spero che le piaccia, chiunque sia.”

“Questo non intaccherà il patto, dearie, non temere.”

Scomparve in una nuvola violastra per non essere ancora oggetto di domande. Per Zoso il suo predecessore, se si veniva a sapere in giro che il Signore Oscuro corteggiava la sua prigioniera come un principe azzurro innamorato, era la sua fine.

Controllò l’orologio. Non gli sembrava fosse ancora passata l’ora, ma con la magia non si poteva mai sapere. 

Mancava ancora una ventina di minuti.

“Rumpelstiltskin.”

Lui sobbalzò alla voce di Belle. Gli sembrava diversa rispetto al solito, più leggera e fredda.

“Come hai fatto a risalire in superficie senza di me, dearie?”

Temeva la risposta. Solo la magia avrebbe potuto aiutarla, e ce n’era solo una in fondo al mare che avrebbe osato usarla.

Si avvicinò tremante di rabbia e la trasportò con sé al castello, stringendole il braccio così forte che probabilmente le avrebbe lasciato dei segni.

“Ti avevo detto di non avvicinarti ad Ursula!”

“In realtà, è stata lei ad avvicinarsi a me. Ho rispettato il nostro patto.”

Lei sorrise fredda, e fu come se qualcuno gli avesse impedito di respirare… non in modo piacevole. Quello non era il suo sorriso dolce, caldo e confortante. 

“Cosa ti ha fatto? COSA TI HA FATTO?”

“Niente che non le avessi chiesto.”

Lui arretrò, in preda al panico. Belle avanzò seguendolo e lo afferrò per le spalle.

“Tu ti eri rifiutato di farmi dimenticare… lei mi ha dato una pozione che avrebbe posto fine alla mia sofferenza! Non ricordo nemmeno cosa mi avesse fatto mio padre per causarmi tanto dolore!”

Rumpelstiltskin si appoggiò al muro e lei appoggiò la testa sul suo petto.

“Qual era il prezzo?”

“Che ti dicessi tutto.”

Quella strega sapeva che avrebbe sofferto l’inferno a vedere Belle cambiata così.

“Lasciami.”

Lei sollevò un sopracciglio e sorrise.

“Se non sbaglio, volevi vendicarti di mio padre.”

Belle alzò il capo e lo baciò, buttandogli le braccia dietro la nuca per tenerlo vicino a sé. Lui sgranò gli occhi, ma li richiuse subito, disprezzandosi per circondarle la schiena con le braccia e aprirle piano la bocca,  perdendo quasi il controllo quando lei gli morse il labbro inferiore.

Era da troppo tempo che desiderava sapere se quelle labbra erano soffici come sembravano, se la sua pelle sapeva di vaniglia e primavera come profumava. 

Ma quella non era Belle… era una misera sosia, vuota di tutte le qualità che lo avevano attratto verso di lei, ad eccezione della bellezza e probabilmente della sua mente arguta.

Si staccò.

Doveva pensare, e restare vicino a lei non avrebbe semplificato il processo.

Il discreto bussare alla porta lo salvò dallo scegliere tra le facoltà razionali o fare qualcosa di orribile alla sua Belle. 

Sorrise malizioso e le baciò le mani.

“Torno subito, tesoro mio.”

Lei rispecchiò il suo sorriso.

“Ti aspetterò qui.. padrone.”

Rumpelstiltskin si prese la testa tra le mani, tentando di recuperare la sua lucidità. La rosa tenuta ancora nella tasca del mantello sembrava pesare come un troll.

Come aveva potuto essere così idiota da non capire le sue intenzioni?

E poi diceva di essere un maestro nel riconoscere un’anima disperata! Aveva rovinato tutto.

Aprì il portone, ma fuori non c’era nessuno.

Corrugò le sopracciglia e richiuse la porta, percependo qualcosa di strano nell’aria. 

Si voltò per tornare nel salone, ma si bloccò subito. 

“Buonasera, maestro.”

Per mille Fate Turchine fastidiose, qualcuno ce l’aveva con lui quella sera, dall’Inferno o dal Cielo.

“Cora.”

La sua antica allieva e amante avanzò sorridendo e raggiunse un punto più luminoso della stanza.

Gli anni erano stati clementi con lei: aveva poche rughe, i capelli castani erano acconciati in boccoli sottili fermati da una tiara di zaffiri, gli occhi scuri brillanti come tanto tempo prima.

Tuttavia, Rumpelstiltskin notò che non provava assolutamente niente nel rivederla.

“Ho paura di aver bisogno del tuo aiuto, Rumpel. T’interesserebbe stringere un patto?”

“Se vuoi un paio di catene per legarti e buttarti in fondo al mare e un aiuto per rimanere giù, sarò lieto di farlo senza prezzi da pagare, dearie.”

Cora gettò la testa all’indietro e rise di cuore.

“E così il coccodrillo minaccia il suo uccellino.”

“Cosa vuoi, Cora? Pensavo fossi soddisfatta del Paese delle Meraviglie. Hai già esaurito i cuori da collezionare?”

“Si tratta di Regina.”

Lui roteò gli occhi. Ovviamente.

“Lasciami indovinare, non ti ha ancora perdonata per avere ucciso il suo Vero Amore e vuole il tuo cuore su un vassoio d’argento?”

La donna strinse le labbra.

“Le ho fatto un favore. L’amore è debolezza, e quel Daniel.. non era niente. Ad ogni modo, non è tanto questo che mi dà pensiero. Sono abituata a gestire mia figlia.”

“Chi ti preoccupa, allora?”

“L’uomo che ha assunto per eliminarmi. Particolarmente legato a re Maurice, così mi dicono.”

Rumpelstiltskin strinse gli occhi.

“Frollo. Quel clerico da strapazzo..”

Cora gli coprì la mano con la sua, e per la prima volta da anni rivide la donna seria che gli aveva chiesto di insegnarle la magia.

“Voglio assicurarmi che tu sia al mio fianco quando ci sarà da combattere. Regina ha scelto con chi allearsi. Io ho scelto. Tu?”

Per quanto un’alleanza con Cora lo riempisse di diffidenza e sospetto, l’alternativa era Regina, che probabilmente avrebbe fatto uccidere Belle, visto che il matrimonio non era più possibile.

Come se gli avesse letto nel pensiero, la donna gli strinse la mano con forza.

“So della tua vendetta. So che hai la figlia del re… e che devi esserti affezionato in qualche modo a lei, o l’avresti già usata da tempo. Sappi che se mia figlia e quell’essere vinceranno, la ragazza verrà purificata con frustate e fuoco per essere stata contaminata dal Signore Oscuro, e poi bruciata viva.”

Al solo pensiero Rumpelstiltskin vide rosso. Piuttosto che lasciare avvicinare qualcuno alla sua Belle avrebbe ridotto tutti in polvere.

Cora sorrise.

“Ora ti riconosco. Hai sempre avuto un debole per le damigelle in difficoltà, vero?”

“Abbiamo un accordo.”

L’altra si strinse le spalle, allargando ancora di più il suo sorriso.

“Immagino di non doverti nemmeno chiedere di suggellare il patto come eravamo soliti fare, visto che sei così preso dalla principessina.”

Le porte si aprirono al suo passaggio per lasciarla passare.

“Cora!”

Lei si voltò sorpresa.

“Ci hai ripensato?”

“Avresti… un controincantesimo per chi ha preso la pozione per dimenticare qualcuno di caro?”

Cora scosse la testa.

“So solo quello che tu mi hai insegnato, maestro. Immagino che c’entri la tua prigioniera, ma non voglio sapere la confusione che possa essere successa. C’è solo una cosa che possa spezzare ogni maledizione, lo sai anche tu.”

“Il bacio del Vero Amore.”

“Tuttavia, che prima provasse qualcosa per te o no, come farà a ricordare come amare se non si ricorda di se stessa?”

Gli occhi di Rumpelstiltskin si accesero.

Non sentì nemmeno la donna che se ne andava, preso com’era dal pianificare le sue prossime mosse.

Era vero, Belle non ricordava… ma poteva, doveva farla innamorare di sé.

E quando fosse successo, l’avrebbe fatta tornare come prima.

Gemette dentro di sé.

Devi solo farla innamorare. Una cosa da niente, Rumpelstiltskin, vero?

Era l’unico modo… un tentativo non avrebbe fatto male a nessuno.

Tornò nel salone, le mani dietro la schiena.

Belle era seduta sulla tavola e lo guardava di sbieco.

“Chi era quella? Cercava il manico di scopa per tornare a casa?”

Lui fece una risatina acuta.

“Gelosa, dearie? E io che ti ho portato un regalo.”

Le porse la rosa di cristallo.

“Un’altra rosa?”

“Questa è speciale. Non si scioglierà mai. E poi… ho pensato fosse appropriata.”

“Per cosa?”

“Per la nuova te, ovviamente. Hai fatto un grande cambiamento, anche se forse non ne sei del tutto consapevole.”

Lei sorrise, gli occhi calcolatori. Prese la rosa e l’appoggiò sul tavolo accanto a sé.

“Vieni?”

Rumpelstiltskin sciolse il nastro che le teneva legati i capelli e affondò le dita nei suoi riccioli, poi avvicinò la bocca a quella di lei, per poi deviare all’ultimo momento verso l’orecchio.

“Se non sbaglio, stavamo parlando di vendetta, mia Belle…”

Percepì un brivido e sorrise soddisfatto.

Era sulla strada giusta.

“Ti aiuterò a vendicarti di mio padre, Rumpelstiltskin… e poi staremo insieme per sempre.”

“Per sempre, Belle.”

Lei gli sfiorò il collo con le dita, mordendosi le labbra.

“Sai, stavo pensando… Belle non mi appartiene più, come nome.”

Segretamente, ne fu sollevato. Era più facile considerarle due persone separate se avevano nomi diversi.

“Che ne dici, dearie, di… Odile?”

 

 

Angolo dell’autrice: ta daaaaa! Sono viva! Forse per poco se a qualcuno non piacerà la nuova Belle - Odile, ma vi prego di ricordare che io tifo per il Twuee Luv, per il fluff, e tutto si risolverà!

  

 

 

 

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Capitolo 9
*** A spoonful of Fairy Dust ***


Rumpelstiltskin
 
“Per l’ennesima volta, Grillo, vattene prima che ti schiacci con un libro.”
Rumpelstiltskin si strinse la testa tra le mani per alleviare l’emicrania. Jiminy era solo l’ultimo dei tanti seccatori delle ultime due settimane, venuti a lamentarsi della sua Bel- no, Odile.
Aveva strappato qualche ala a qualche fata fastidiosa, e allora? Era difficile distinguerle da insetti molesti. Per quanto riguardava il nano venuto a stringere un patto con lui e che se n’era andato strillando che Odile aveva voluto ucciderlo facendolo aspettare nella stanza più polverosa del castello, era solo colpa sua se era allergico a tutto. Un po’ di polvere non aveva mai ucciso nessuno.
“La situazione è grave, non è più possibile chiudere un occhio.”
“Ti rendi conto che ti stai lamentando per qualche marachella con l’essere che tiene questa terra avvolta nella magia nera, vero Grillo?”
“Quella non è Belle!”
“Congratulazioni per lo spirito d’osservazione.”
Jiminy non potè rispondere perché all’improvviso un libro si abbatté ad appena un paio di centimetri da lui.
“Maledizione, l’ho mancato!”
Odile sollevò ancora in aria il tomo, inseguendo il grillo che volava per la stanza. Rumpelstiltskin doveva ammettere che, se la persona in questione non fosse stata la sua Belle, avrebbe trovato la situazione molto divertente. Soddisfatta di aver cacciato l’insetto fuori dalla finestra, la ragazza si voltò verso di lui con un sorriso pieno di maligno orgoglio.
“Non ne posso più di quel parassita che viene a tormentarci ogni giorno.”
Lui le circondò la vita con un braccio e sorrise.
“Ti sei fatta una bella reputazione, dearie.”
“Non sopportavo che tutti continuassero a chiamarmi Belle.
Rumpelstiltskin si stupì del disprezzo con cui pronunciava il suo nome.
“Io non sono lei. Io sono forte, non permetto che la gente mi faccia del male e non continuo a perdonare per rimanere delusa dal comportamento di chi amo.”
La sua voce era spezzata e rancorosa, e gli fece male sentirla. Per molto tempo aveva condiviso la stessa filosofia di Odile, ma poi aveva incontrato Belle. Ricercò nella memoria lo sguardo dolce della principessa, sapendo che davanti avrebbe avuto solo gli occhi vuoti e freddi della… nuova.
“Allora?”
Odile lo stava fissando, incuriosita.
“Cosa, dearie?”
“Quando inizieremo a pianificare la vendetta contro mio padre?”
Lui si sentì come se le viscere gli si fossero annodate, ma riuscì a sorridere.
“Perché tutta questa fretta, dearie?”
“Lo so che hai detto che l’attesa lo avrebbe fatto soffrire di più, ma non sono abbastanza paziente.”
Rumpelstiltskin stava per inventare qualche scusa, quando gli venne un’idea.
“Forse… qualcosa possiamo fare.”
Gli occhi blu di Odile si illuminarono, come quelli di Belle si sarebbero illuminati per un nuovo libro.
“Dimmi. Sono pronta a tutto.”
“Parlami dell’ecclesiastico, Frollo.”
“Cosa c’entra lui?”
“Fu lui a sobillare tuo padre contro di me, deve pagare per primo.”
Le labbra della ragazza s’incurvarono in un sorriso appagato.
“Girano molte voci su di lui al castello. È a capo di una setta religiosa con cui mio padre tiene sotto controllo gli eretici, ma in realtà manda al rogo chiunque ritenga essere diverso dalla sua idea di giustizia. Prova piacere nel guardare i prigionieri bruciare, soprattutto le donne. Quando le serve non sapevano che stavo ascoltando, parlavano di come avesse costretto diverse contadine e sguattere a giacere con lui col pretesto di salvare le loro anime.”
“Ed è stato il tuo precettore?”
“Sì. Mio padre si è affidato completamente a lui dopo la morte di mia madre, e gli ha affidato anche me. Aveva paura che, essendo la mia nascita permessa dalla magia oscura, un maleficio prima o poi mi avrebbe raggiunta.”
Rumpelstiltskin fece un verso di derisione.
“Tipico. E al re non importava della reputazione del suo consigliere?”
“Non ci ha mai creduto. Frollo sapeva essere molto persuasivo.”
Odile si aggiustò la gonna del vestito nero e spinse le labbra in avanti, concentrata.
“Quando avevo dodici anni, ricordo di aver pensato che fosse impazzito.”
“E perché mai?”
“C’era stata una zingara che danzava per le feste di paese in paese… aveva sfidato pubblicamente la sua autorità e lui la perseguitò finchè non riuscì a catturarla e a condannarla a morte per eresia. Una sera scorsi nella sua tasca un velo che quella donna usava per ballare, ed ero certa che quel velo lei l’aveva ancora quando era stata arrestata.”
Rumpelstiltskin si sedette e unì le mani davanti al viso, pensieroso. Aveva chiaramente a che fare con un pazzo, che si mascherava da uomo di virtù ma che in realtà aveva pulsioni ossessive verso il fuoco e una zingara. Poteva sfruttare quelle informazioni, ma come?
“Ti sono stata utile?”
Odile lo guardava con aspettativa, e lui la ricompensò con un bacio leggero vicino alla bocca. Lei non aveva più insistito per gesti passionali dopo i primi giorni della sua trasformazione, credendolo troppo assorbito dall’oscurità e dal desiderio della vendetta, ed era contenta lo stesso. Anche lui lo era, così le aveva lasciato credere quello che voleva pur di non dover fingere con se stesso di stringere Belle, e non Odile, tra le braccia.
“Molto. Ora che Regina e Frollo sono alleati, eliminarlo è più importante che mai.”
“Tu sei più potente della regina, e quel vecchio non ha la magia.”
“Non ha la magia, è vero, ma chi ha dedicato tutta la sua vita a sradicarla dal mondo è pericoloso, dearie. Fortunatamente, adesso tra i due c’è un certo attrito.”
“Come mai?”
“Frollo ha fatto una promessa che non ha saputo mantenere… il cuore di Cora per Regina.”
Odile soffiò impercettibilmente come un gatto.
“Intendi quella strega che è venuta quella sera?”
Rumpelstiltskin sorrise.
“Proprio lei. È la madre di Regina, nonché la sua nemica più letale. È stata una mia allieva.”
“Le avete insegnato la magia?”
Lui annuì, stringendosi le spalle. 
“Anche Regina lo è stata, ma non aveva il talento naturale di Cora.”
“Non potresti insegnarla anche a me?”
Sarebbe morto, piuttosto.
“Forse, quando tutto questo tedioso affare della vendetta sarà finito.”
Odile si morse il labbro inferiore, gli occhi diventati color mezzanotte. Da quando aveva bevuto la pozione, non portava più i capelli sciolti sulle spalle, ma raccolti in complicate acconciature. Non portava più i vestiti chiari e luminosi di prima, ma elaborati e lussuosi abiti da ballo neri, violetti e rosso sangue. Per non parlare dei preziosi gioielli: collier, fermagli per capelli, orecchini…
Gli occhi erano sempre segnati da un contorno nero e le labbra dipinte di uno scarlatto vivo, lo stesso colore delle unghie.
La sofferenza per la mancanza di Belle lo stava dilaniando.
“Sarei molto potente, se imparassi la magia?”
“Certamente… ma stai attenta, dearie: la magia ha sempre un prezzo.”
“Sarei disposta a pagarlo, non importa quanto alto.”
Era proprio ciò che Rumpelstiltskin temeva.
“Come hai intenzione di procedere? Perché mi hai fatto tutte quelle domande sulla zingara?”
Lui si sentì su un terreno più sicuro. Doveva parlare da anima nera ad anima nera di vendetta. Doveva solo dimenticare che l’anima interlocutrice era stata, fino a poche settimane prima, la più pura di tutto il creato.
“Tuo padre ha in programma un ballo, fra una settimana…”
“Un ballo? Davvero?”
“Davvero, dearie. Ovviamente, tu ci andrai.”
Odile si lisciò una piega della gonna sontuosa, sorridendo soddisfatta, ma poi s’irrigidì all’improvviso.
“Ma… mio padre mi terrà con lui, se mi vede.”
“Non ho detto che vedrà te. Sarà un ballo in maschera… tutti vedranno una zingara di cui è impossibile distinguere il volto.”
Gli occhi della fanciulla s’illuminarono di riflessi rossastri e la sua risata fredda risuonò stridula come artigli sul metallo per la sala. Il mago rabbrividì, resistendo a stento alla tentazione di tapparsi le orecchie.
“A quel bacchettone ipocrita prenderà un colpo. Come farai a sapere l’aspetto di quella gitana?”
“Dai tuoi ricordi, se me lo permetterai.”
Le mostrò un vecchio acchiappasogni e Odile alzò un sopracciglio con aria critica.
“Cosa sarebbe quello?”
“Un acchiappasogni, mi sembra evidente.”
“Lo vedo. Come farai a prendere il mio ricordo con un oggetto così comune?”
Senza rispondere, Rumpelstiltskin glielo passò davanti agli occhi, sfiorandole il viso con le piume.
Se fosse stata Belle, la ragazza si sarebbe strofinata il naso per il prurito e avrebbe starnutito, guardandolo male.
Odile, invece, se ne stette perfettamente immobile come se fosse una cosa assolutamente normale. Per distrarsi da quei continui confronti se ne andò senza dire una parola e si rinchiuse nel suo laboratorio, preparandosi ad esaminare il ricordo. Quella che all’inizio era stata una scusa patetica stava per diventare una vendetta in piena regola e Rumpelstiltskin si sentì a suo agio come prima di conoscere Belle.
Lui era il Signore Oscuro, quelle sensazioni dovevano essere sempre le benvenute. I sogni di rivalsa dovevano imporsi su quelli d’amore finché non fosse riuscito a fare innamorare Odile… ma iniziava a sospettare che non sarebbe stata esattamente una passeggiata.
Odile era la personificazione delle delusione e delle ferite di Belle e probabilmente non era nemmeno capace di amare. Sarebbe venuta a letto con lui senza battere ciglio, avrebbe condiviso i suoi piani malvagi diventando una degna compagna, intelligente, astuta e spietata.
Ma non l’avrebbe amato.
Si mise a ridere da solo, una risata amara: che cosa gli faceva credere che Belle invece gli avrebbe donato il suo cuore? Era vero che era meno restia alla sua compagnia rispetto a quando l’aveva rapita, ma questo non significava nulla. Era solo una dolce e gentile creatura che provava pietà per un mostro solitario.
Avrebbe dovuto togliersi il cuore come Cora la prima volta che aveva posato gli occhi su quei boccoli castani e su quegli occhi color acquamarina, era talmente lampante che sarebbe finita così… con il cattivo che implorava l’amore della principessa.
Era stato troppo tempo da solo, isolato per proteggersi, e invece si era indebolito.
Qualcosa di bagnato gli scivolò sulla guancia e lui se la toccò stupito. Era da quando era un normale essere umano che non piangeva.  
Prese la sua lacrima e la mise in una fiala: era rossa, come se avesse pianto sangue.
Era certamente qualcosa di letale, ma il suo utilizzo avrebbe dovuto aspettare: prima era necessario esaminare il ricordo di Belle, poi avrebbe definito i dettagli del ballo.
Qualunque cosa distogliesse i suoi pensieri dall’amore.
L’acchiappasogni s’illuminò sotto il suo sguardo concentrato di Rumpelstiltskin, mostrandogli ciò che era successo attraverso gli occhi di una bambina.
“Papà! Perché quegli uomini stanno legando Esmeralda al palo?”
“Perché è una strega, tesoro mio.”
Una donna dalla pelle color miele in contrasto con la veste bianca era sul patibolo della piazza pubblica, il vento faceva ondeggiare i suoi capelli corvini davanti agli occhi verdi e aveva in viso un’espressione rabbiosa.
Frollo, il suo precettore, si fermò davanti alla zingara con un sorriso astuto e le mani unite. Belle rabbrividì: faceva così quando stava per farle una domanda particolarmente difficile.
“Il tempo è giunto, gitana. Ti sei pentita per i tuoi peccati? Ammetti i reati di stregoneria, prostituzione e lussuria?”
La bambina lo vide aggiungere qualcos’altro, ma le grida incitanti della folla le impedirono di sentire cosa.
Qualsiasi cosa avesse detto, fece arrabbiare la zingara che aveva danzato in quella stessa piazza per il suo compleanno e gli sputò in faccia.
Frollo si allontanò precipitosamente, pulendosi la faccia.
“La gitana Esmeralda ha rifiutato di abiurare! Ora rispedirò quest’empio demone all’inferno da cui proviene.”
L’uomo prese una torcia e l’appoggiò alla paglia ai piedi della donna, che iniziò a tossire.
“Papà, papà, salvala! Concedi la grazia!”
“Calmati, bambina mia. È un male necessario.”
Belle pregò che il fumo riuscisse a soffocarla prima che la raggiungesse il fuoco. Probabilmente successe così, perché la zingara non urlò quando le fiamme le lambirono la veste.
Non avrebbe mai dimenticato la malvagia soddisfazione che vedeva negli occhi neri del suo precettore mentre guardava il rogo e stringeva qualcosa tra le mani.
La bambina scivolò dalla mano del genitore per avvicinarsi, insicura di ciò che aveva notato.
La mano scheletrica e rugosa di Frollo teneva stretto un velo viola ricamati con stelle e mezzelune… lo stesso che aveva Esmeralda quando aveva danzato per il suo compleanno.
Osservò con occhi vacui le donne dare fuoco anche ai vestiti della zingarella: la gonna rosso fuoco abbinata con un corpetto di uguale colore, uno scialle viola e una fascia da capelli lilla.
“Belle! Torna subito qui!”
Frollo si voltò verso di lei e i suoi occhi sembravano leggerle dentro l’orrore e la tristezza che provava.
“Questo è quello che si meritano le anime oscure, principessa. Il mio compito è assicurarmi che la tua non diventi mai così.”
Il ricordo finì e Rumpelstiltskin si ritrovò nella sua torre, appoggiato al tavolo. Le memorie dei bambini erano basate soprattutto sulle emozioni e lui ne era stato investito con prepotenza. Boccheggiò, in cerca d’aria, tenendo la testa bassa.  
Belle era troppo piccola all’epoca per leggere le labbra, ma lui aveva visto chiaramente cos’aveva detto quel demonio maledetto alla zingara.
“Posso salvarti dalle fiamme di questo mondo e del prossimo. Scegli me, o il fuoco.”
Si chiese se, dopotutto fosse davvero una buona idea travestire Odile da quella Esmeralda: certamente Frollo ne sarebbe stato sconvolto e la sua fragile sanità mentale sarebbe crollata del tutto, ma nel frattempo poteva fare del male alla sua Belle.
Agitò le dita, sedendosi sulla sua sedia preferita a fissare il fuoco. L’avrebbe protetta, non poteva cambiare adesso i suoi piani.
Lei sarebbe entrata con il vestito sgargiante della zingara, il volto coperto da una maschera, i capelli raccolti in veli colorati per impedire di scorgere la reale sfumatura di quelle ciocche inanellate, gettando quel clerico da strapazzo nel suo inferno privato. Rumpelstiltskin sorrise, immaginando la scena.
Una volta sistemato Frollo, però, rimaneva il problema più pressante: cosa fare di Odile.
C’era solo una cosa che poteva sanare la crepa che si era creata in lei, il Vero Amore. Per quanto lo angosciasse, non aveva altra scelta se non cercarlo…conscio di non essere lui.  
Vederli felici insieme sarebbe stato un prezzo estremamente doloroso, ma l’avrebbe pagato per riavere Belle. Una volta trovatolo, avrebbe fatto girare la voce di essere stato sconfitto e lei sarebbe stata libera… forse l’avrebbe convinta a rivederlo, di tanto in tanto; le avrebbe prestato i libri che amava tanto, avrebbe spiato ogni suo sorriso, poi sarebbe tornato ogni volta nella sua dimensione d’isolamento e oscurità.
Tutto quello che poteva offrirle.
In meno di un istante, era nel mezzo della Foresta Incantata, dove sperava avrebbe trovato chi poteva aiutarlo.
“Reul Ghorm! Presentati! Voglio fare un accordo con te!”
“E perché il Signore Oscuro vorrebbe parlarmi?”
Rumpelstiltskin strinse le labbra nel vedere quella fatina vestita d’azzurro. Gli veniva il voltastomaco solo a guardarla, con la sua polverina scintillante e le ali argentee.
“So che le fate possono scoprire il Vero Amore di una persona.”
Quella sottospecie di zanzara rise, sarcastica.
“Non esiste il Vero Amore per te, Signore Oscuro.”
“Lo so, stupido moscerino. Devo trovare quello di… di una persona, per salvarla da una maledizione.”
La fata alzò il mento e strinse la bacchetta più forte.
“Quando questa persona mi chiederà aiuto, glielo darò senza pretendere nulla in cambio. Ma non farò accordi con te, demone.”
Rumpelstiltskin la vide scomparire, sbalordito dalla faccia tosta di quell’altezzosa creatura. Non aveva dunque a cuore il bene di nessuno? Non le aveva chiesto nulla di oscuro! Avrebbe dovuto essere il suo compito dare felicità a chi, come Belle, la meritava, eppure gli aveva voltato le spalle.
Pestò i piedi per la rabbia, imprecando. La prossima volta che l’avrebbe rivista, le avrebbe strappato le sue alucce e l’avrebbe data in pasto ad un lupo.
“Posso aiutarvi io.”
Poco distante da lui, nascosta dietro un albero, c’era una donna di piccola statura, con i capelli biondi, sporchi e spettinati, raccolti dietro la nuca; il vestito verde e i pantaloni neri erano impolverati e logori, come pure le scarpe a punta.
“E tu chi saresti, dearie?”
“Mi chiamo Campanellino.”
Lui ghignò.
“Una fata, per forza, con questo nome. Ma dove sono le tue ali, cara?”
“Reul Ghorm me le ha tolte, per aver sprecato la polvere di fata cercando di aiutare una donna che non voleva chiaramente essere aiutata.”
Gli occhi di Rumpelstiltskin s’illuminarono, interessati. Aveva una certa idea su chi poteva essere quella persona tanto ingrata.
“Dunque, dearie, ti andrebbe di fare un accordo? Io ti faccio ricrescere le ali e tu mi aiuti a trovare il Vero Amore di una principessa.”
La ragazza tolse dal collo una collana, cui era legata una boccettina opaca.
“Ho tenuto un po’ di polvere di fata con me. Potrò farla funzionare solo quando sarò tornata una fata a tutti gli effetti, però.”
Lui fece comparire dal nulla una pergamena, senza disturbarsi ad aggiungere clausole ambigue.
“Firma sulla linea punteggiata, dearie, e abbiamo un accordo.”
Nel momento in cui la penna smise di scrivere, Campanellino venne avvolta da una nube violacea.
Quando si dissolse, sulla schiena della fanciulla erano comparse due ali verde chiaro.
“Ce l’hai fatta!”
“Naturale, cara. Ora, veniamo alla tua parte dell’accordo, se non ti dispiace.”
La fata strinse forte la fiala, con gli occhi chiusi e un’espressione speranzosa sul volto lentigginoso. Nel giro di qualche secondo, il suo contenuto diventò verde fosforescente.
“Chi devo aiutare?”
“Una principessa che vive nel mio castello. È diventata alquanto… malvagia e solo il Vero Amore può farla tornare chi era. Ma, ahimè, non possiedo quest’informazione.”
Il cuore era stretto in una morsa, mentre conduceva la ragazza da Belle. La sua natura egoista emergeva ancora una volta, ricordandogli che, se avesse continuato a percorrere quel cammino, avrebbe perso l’unica persona che aveva amato da tanto, tantissimo tempo.
Non era meglio avere Odile, invece di niente?
“Si tratta di quella fanciulla che sta leggendo?”
Lui seguì lo sguardo della fata fino ad arrivare ad Odile, intenta a sfogliare un libro di magia.
Doveva farlo.
“Sì. Aspetta, dearie, lei non deve essere consapevole di questo esperimento.”
Prima che l’altra potesse controbattere, Rumpelstiltskin addormentò la giovane con un gesto della mano, senza perderla di vista mentre la testa le scivolava dolcemente su un braccio.
“Ora, dearie, fai la tua parte.”
La fata si avvicinò cauta, osservando quella bellezza dormire come se non avesse un pensiero al mondo. Prese la polvere magica e ne riversò un poco sulla fanciulla, che si ricoprì presto di un alone color smeraldo.
“Basta vedere dove conduce la scia e scopriremo il suo Vero Amore.”
Rumpelstiltskin fissò con il cuore in gola la polvere verde sollevarsi…
E venire dritto verso di lui, avvolgendolo come un’aura.
 
 
 
 Angolo dell’autrice: ebbene sì… sorpresi, vero? Chi l’avrebbe mai detto che Belle è il Vero Amore di Rumpelstiltskin! Nel prossimo capitolo, il ballo e un nuovo punto di vista, piuttosto interessante. E, perché non una chiacchierata a cuore aperto tra madre e figlia?

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