L'Amore Fa Brutti Scherzi

di Eriok
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Premessa ***


♀ L’amore fa brutti scherzi ♀

Premessa

 

Ami baciò con foga quelle labbra carnose, sentì le sue mani e, con gesti ruvidi, cercare di strapparle la camicetta. Sorrise, tra un bacio e l’altro, annaspando in cerca di sapori e aria. Il suo corpo in fermento, l’eccitazione e la passione palpabili nell’aria.

Ami, la perfetta. Ami, la modella. Ami, l’irraggiungibile Ami.

Lei, accalappiatrice di uomini, corteggiata e riverita in tutte le maniere.

Eppure, tra tutti voleva lei.

Minori, la sportiva. Minori, la particolare. Minori, la dolce Minori.

E di dolce aveva il sapore delle labbra. Dolce la sua pelle. Dolce il suo profumo tra i capelli.

E infine era lei che annaspava in cerca di piacere nella sua camicetta, finalmente aperta.

 

 

***

Mi permetto un appunto, è una storia nata così, nella mia testa, e non so ancora che figure precise dare. Ma ciò che la fonda è una particolare storia d’amore tra le due ragazze Minori e Ami, che io ho sempre visto insieme nelle mie fantasie, altro che Riuji u.u

Sperando di avere qualche commento già ora, vi avviso che non so ancora quando aggiornerò questa storia, ma lo farò prima o poi.

Grazie mille per l’attenzione,

Aspetto un vostro parere

Eriok

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


♀ L’amore fa brutti scherzi ♀

Capitolo 1

 

«Riuji! Ho fame!» Brontolò Taiga, seduta al tavolo della sua casa, l’uomo intento a cucinare nella grande cucina attrezzata. Il vapore saliva lento, e il brontolio della pancia della piccola donna si udiva per tutta la stanza.

«Il riso è quasi pronto, Taiga, è inutile che urli.» parlò il ragazzo, con quella voce bassa e scura. Era passato così tanto tempo dagli anni del liceo... i capelli si mossero, lunghi, quasi alle spalle. Avrebbe dovuto tagliarli.

«Sai, stavo pensando a una cosa...» mormorò la donna dai lunghi capelli castano chiaro. I suoi occhi vagavano fuori dalle ampie finestre che davano su un albero in fiore. Per un attimo si dimenticò del cibo. L’uomo frisse un’altra costoletta.

«Cosa?» domandò, poggiando il cibo nel piatto. La donna appoggiò il viso alla mano, e si slacciò la giacchetta. Faceva caldo in casa, a differenza dell’inverno che si stava consumando fuori dalla porta, la neve che attecchiva al terreno. Scendeva lenta. Adorava il clima natalizio. Soprattutto con Riuji. Arrossì.

«Sono tornata da più di una settimana, e non ho ancora visto né Minori, né la chihuaua scema... Ovviamente Kitamura è in America, ma almeno loro le vorrei rivedere...» disse, riprendendo le briglia dei suoi pensieri. Si girò sentendo il rumore del piatto che si poggiava davanti a lei. Gli occhi dell’uomo si specchiarono in quelli di lei. Erano occhi da cerbiatto, che si poteva tramutare in tigre da un momento all’altro.

Si vide porgere un cellulare blu, e il ragazzo sorrise.

«Se vuoi contattarle, fallo col mio, hanno cambiato entrambe numero.» informò, afferrando poi le bacchette e iniziando a mangiare. La piccola ragazza osservava il cellulare pensierosa.

 

«Ah, Ami...!» la donna ansima, stringendo a sé quel corpo caldo, le mani di lei che la carezzano, stuzzicandola nei meandri del suo corpo acceso di passione. Poggiò la bocca al suo seno, succhiando, strappando un tremito nelle sue mani. I suoi ansimi soffocati.

«Minori...» un movimento più intenso del solito fermò la rossa dal continuare il suo operato. Era completamente preda del piacere che la donna dagli occhi azzurri le provocava. Ansimava vistosamente, e i suoi occhi chiesero il colpo di grazia.

Ami sorrise, adorava averla in pugno così, quando il suo lato maschile si nascondeva e veniva fuori la Minori “donna”. I suoi capelli corti, intensi come il fuoco, erano cortissimi, da maschiaccio. E baciò le sue labbra, con trasporto, iniziando quella danza che portava al culmine della perdizione.

 

«Cosa c’è?» domandò l’uomo, vedendola combattuta. Taiga alzò lo sguardo, guardandolo in modo strano.

«E se stesse lavorando?» domandò, riferendosi sicuramente a Minori, la sua migliore amica da sempre.

L’uomo ingurgitò l’ennesimo boccone e sorrise.

«Non lavora più. L’università gli prende troppo tempo, e la squadra di baseball anche. Te l’ho detto che è riuscita ad entrare?» la castana scosse la testa, ma l’espressione indecisa rimase «Alla locanda l’ho sostituita io, pagano bene per essere solo un part-time...» ammise il giovane, ingurgitando un altro boccone di manzo.

Taiga aprì il cellulare.

Rubrica > Minori > Chiama?

 

«Ami non fermarti!» la donna dagli occhi azzurri continuò il movimento della mano, stuzzicando il clitoride con il pollice e insieme penetrandola, sempre più velocemente. I suoi ansimi aumentavano di volume più si avvicinava all’orgasmo. E la rossa era quasi al culmine del piacere. Ami sogghignò, lo sapeva, con quelle mani poteva fare di tutto alla dolce Minori.

La rossa, dispersa nel piacere, aveva gli occhi chiusi, stringendosi alla testata del letto disfatto per l’amplesso, nude entrambe tra il groviglio di coperte.

«Ah, Ami...!»

 

«Dai, chiamala! Sarà felice di sentirti...» aggiunse l’uomo, guardandola ancora indugiare sull’avvio di chiamata. Taiga lo guardò male.

«Non mettermi fretta, tu!» soffiò la piccola tigre e schiacciò il numero verde, poggiando il cellulare all’orecchio.

 

«AH!» urlò, pervasa dall’orgasmo. Ami le baciò le labbra, invischiando la sua lingua in un bacio passionale.

 

Utente al momento non disponibile. Richiamare più tardi.

«È occupato.» ammise, dispiaciuta, chiudendo con uno scatto il cellulare. L’uomo rispose con una alza di spalle, e la giovane donna incominciò a mangiare. Lasciando la stanza nel silenzio del pranzo.

 

«Ti amo...» sussurrò Minori tra un bacio e l’altro, ancora stordita dall’orgasmo. Si strinse nelle sue braccia calde e cadde subito addormentata. Ami la guardò, accoccolata al suo fianco, con quel sorriso dolce al bordo delle labbra rosse di baci. Sogghignò, in modo malinconico. A quella affermazione, Ami non aveva mai risposto.

Si leccò le dita. L’umore della donna era ancora caldo sulla sua mano.

«Ti sei addormentata dopo un solo orgasmo? Non sei mica tanto resistente, donna tutto muscoli e niente cervello...» parlò, più a se stessa che alla compagna che russava rumorosamente affianco a lei. Si alzò, vestendosi e uscendo dalla porta. Inforcò gli occhiali scuri e si avviò per la via.

 

Da lontano, dietro un vicolo, si consumò il lieve rumore di un click.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


♀ L’amore fa brutti scherzi ♀

Capitolo 2

 

«Ami, sei in ritardo.» mormorò il suo datore di lavoro, un uomo barbuto sugli anta, occhiali scuri sugli occhi.

«Chiedo scusa.» mormorò con voce atona, e scivolò veloce in camerino, spogliandosi. La truccatrice e l’acconciatrice volarono su di lei, appena indossato l’intimo giusto, e fecero il doppio del loro lavoro in metà del tempo, senza consumare parole. Ami si fece coccolare, con volto austero, conscia che quelle donne, frenetiche nel loro lavorio, invidiavano lei e la sua bellezza. Sorrise appena, dentro di sé, uscendo dal camerino pronta per il set.

«Bene, ricordati, non sorridere, e sii sensuale.» gli intimò l’uomo e lei, per risposta, si leccò le labbra.

Click.

 

Minori, guidando come una pazza, di fretta per raggiungere la biblioteca ancora aperta, sbirciò il cartellone - enorme - pubblicitario di una nota marca di vestiti succinti.

Ami, in una gigantografia, la guardava con occhi languidi, le labbra e la lingua - la sua saliva sul suo seno - giocavano allegramente con un ghiacciolo di dubbia forma.

La rossa ignorò apertamente il cartellone. Ricordava ancora di quando Ami, presa dallo sconforto di non avere più lavori, si era buttato sul diventare una pornostar.

Ricordò ancora le lacrime di lei alla fine del set. E di come l’aveva stretta a sé. E di come l’aveva consolata. E baciata.

 

«Ti avevo detto che era meglio evitare, Ami!» le diceva la rossa, sia di capelli che di pelle, arrabbiata con la donna dagli occhi blu che ora piangeva.

«NO! Ho bisogno di soldi! E questo è l’unico lavoro che per ora mi hanno offerto. Farò il mio dovere di attrice e finirò questo video. Ma sarà il mio primo ed ultimo.» ribadì la donna, asciugandosi le lacrime e sfiorandole un bacio.

«Grazie. Sei gentile con me, Minori.».

Quello fu il primo di una lunga serie...

 

“Non sono gentile.” Pensò, scivolando veloce con la sua moto da strada tra le macchine bloccate “Sono solo innamorata di una donna troppo fredda da scaldare.” E tra il vento e i fiocchi di neve.

“È come la neve...” e sorrise, ricordando gli occhi penetranti della donna “...io voglio diventare la sua primavera, una rinascita, proprio come il sole rosso scioglie la più fredda delle nevi.”.

Il cellulare squillò, Minori schiacciò un bottone alla cinta.

«Pronto, qui parla Minori!» urlò al microfono interno al casco.

«Minorin! Sono Taiga!» la rossa quasi inchiodò in mezzo alla strada.

«TAIGA! QUANTO TEMPO!» trillò «Dove sei?! Non dirmi che sei...».

«Sì, sono tornata...» mormorò la piccola donna dai lunghi capelli castano chiaro, un leggero sorriso malinconico si colorò sul suo volto, come un dipinto appena tratto. Riuji, in tralice, sorrise della bellezza di lei. Udì l’esclamazione di gioia dell’amica anche dall’altra parte della stanza. Taiga allontanò la cornetta, per non perdere l’orecchio.

«Ci possiamo vedere? Mi manca, il nostro vecchio gruppo...» disse, poi ribadì, per non perdere la faccia «Ovviamente, la chihuahua schema non è invitata.».

Minori sorrise, ripartendo dal semaforo, diventato verde.

«Non preoccuparti Taiga, invito io Ami... sai, abbiamo legato molto, dopo che abbiamo finito il liceo...» mormorò, abbassando il tono di voce. Si tinse di dolce malinconia.

«Uffa, puoi anche fare a meno.» borbottò la donna in risposta, mentre Riuji la guardava storto «E va bene, accetterò la sua presenza, ma se protesta se le cerca. Ho affilato le unghie solo per lei.» Minori rispose con una risata spropositata.

«Va bene, ti mando una mail quando avrò la conferma.» e salutò l’amica di vecchia data.

Minori sorrise, ritrovare una vecchia amica, ora che aveva tanta confusione nella sua vita, le avrebbe fatto bene. Rimembrare i vecchi ricordi le faceva bene.

“Almeno allora ero felice, con un semplice amore non corrisposto...”.

Riuji, nella sua mente, era ancora un prezioso amico da cui andare a ridere ogni tanto, quando andava in crisi e desiderava la morte. Sui polsi ancora le vecchie cicatrici.

“Ora invece, è tutto più complicato...”.

Minori ricordò il sapore salato dell’intimità di Ami. Era così bello vederla affannarsi e trillare per il solo movimento della lingua...

“...Mai, mai innamorarsi della tua scopamica.”.

 

«Ecco, sono stata gentile con la chihuahua scema, sei contento?» ruggì sottovoce la donna, avvicinandosi gattonando all’uomo disteso sul tatami. I loro occhi si incontrarono, e il castano si mischio al nero.

«Sarebbe meglio, sai... ha passato un brutto periodo, per colpa del lavoro...» ricordò di come Minori era venuto da lui, in lacrime, chiedendo di aiutare Ami ad uscire dal giro.

«Lo so...ma non ci riesco, è più forte di me. Se fossi stata presente, in quel periodo, avrei soltanto preso a pesci in faccia quella lì...» disse, diventando leggermente rossa «Cioè, dico, come puoi fare una cosa del genere...per finta.» mormorò, nel rossore. L’uomo sorrise, baciandola a tradimento.

«Ehi, che fai?!» ringhiò la tigre, presa alla sorpresa.

«Sotto quella scorza di rabbia, sadismo e indifferenza, ma proprio in fondo in fondo c’è veramente una donna buona e che si preoccupa davvero per le persone che ama.» rispose l’uomo, portandosi a sedere. Taiga, nel suo rossore, sbuffò, non sapendo cosa ribattere, quando lui la guardava con quegli occhi. Erano pieni di tutto. Lì, dove la gente vedeva un teppista, lei vedeva solo amore. E lì, in quell’angolo del suo sorriso, si congiungeva con gli occhi piccoli e neri, pozzi profondi di vero amore e dolce dipinto.

Lo baciò di foga, vergognandosi e stupendosi nel mentre per il suo ardire. Il rossore del suo volto si mischiò a quello di lui, continuando il bacio e rendendolo più appassionato.

Per Taiga, nel piccolo appartamento di Riuji, faceva sempre troppo caldo.

 

 

 

WOW! Sono stata letteralmente sorpresa dalle recensioni e dai pollici alzati per questa storia! O_O

Grazie! E io che pensavo che questa storia non avrebbe alzato nessun polverone, visto l’enormità di storie su Taiga e Riuji....^_^”

Chiedo scusa per la lunga attesa, ma altre storie (e anime/manga nuovi da guardare/leggere ** + vita privata) rallentano molto i miei aggiornamenti, ma non disperate! Non abbandono mai una storia!

Le parcheggio soltanto u.u anche se a volte in sosta vietata ^^”

Ancora un enorme GRAZIE a tutti/e!

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


♀ L’amore fa brutti scherzi ♀

Capitolo 3

 

 

Ami uscì dall’appartamento, inforcando un paio di occhiali da sole appena comprati, costosi come la gonna firmata e i nuovi stivali che andavano di moda in quel periodo. La neve che era caduta non aveva attecchito, ma non voleva rischiare uno scivolone, rovinando il suo splendido corpo.

Iniziò a camminare spedita per la piccola strada della zona residenziale in cui viveva ora. Aveva una piccola casa, comprata nei suoi tempi d’oro, quando non aveva mai abbastanza tempo per tutte le richieste di lavoro.

Era piccola ma intima, e abbastanza grande per il suo enorme e fornito guardaroba.

Un uomo sulla quarantina la guardò per due volte, soffermandosi sulle curve. Quel brillio negli occhi, Ami, l’aveva intravisto molte volte...

Ignorò apertamente l’uomo, e il suo interesse, continuando a camminare come se nulla fosse successo. Il cellulare squillò. Il nome di Minori brillava sul quadrante, ma non rispose.

Aveva un appuntamento dalla sua estetista, doveva sistemarsi. Avrebbe avuto un servizio fotografico la prossima settimana, e le sue ciglia avevano bisogno di una ritoccatina.

Arrivò un messaggio poco dopo.

 

Taiga è tornata, ti va di trovarci? Ti devo parlare.

 

La donna, continuando a camminare guardando il quadrante iniziò a scrivere un messaggio. Ignara del fatto che stava attraversando senza guardare.

...

«Attenta!».

 

Minori parcheggiò il suo motorino, e togliendosi il casco si ravvivò i capelli corti. Controllò di nuovo il cellulare, staccandolo dagli auricolari del motorino.

 

***Nessun nuovo messaggio***

 

«Uff... Che le costa rispondere a quella lì?!» sbraitò, schiaffando il congegno in tasca, camminando con passo veloce verso la biblioteca.

Quando vide l’insegna “Chiuso” iniziò a bestemmiare a squarciagola.

 

«Attenta!» una mano le stringeva il braccio, che l’aveva fermata dall’attraversare. La macchina sfrecciò davanti a lei. La donna si girò, guardando la persona che l’aveva salvata.

Un uomo, sulla ventina, occhialuto e capelli dai verdi riflessi la guardava sorridente.

«Yu-Yusaku!».

L’uomo sorrise, nel rivedere un’amica di vecchia data.

«Cosa ci fai qui in Giappone, non dovresti essere in America?» domandò chiudendo il cellulare.

Lo sguardo dell’uomo si adombrò.

«Ci sono delle cose che devo fare qui, e purtroppo non sono felici...» ammise, e iniziò a raccontare, mentre camminavano.

 

Ryūji si svegliò con un mugugno, alzandosi lentamente. Vicino a sé, stretta come in un gomitolo di calore, giaceva Taiga, leggermente scoperta. La spallina del pigiama era calata, e l’uomo arrossì, sistemandogliela delicatamente. La donna mugugnò, accoccolandosi ancora di più vicino a lui, alla ricerca di calore.

L’uomo le sfiorò la guancia, sorridendo dolcemente.

“È così bella, quando dorme...”.

 

“Sembra una bambola...”.

 

“Allora mi sono sbagliato...non è una bambola...” poggiò un delicato bacio sulla sua guancia. Fu investito dal suo profumo. Non di quello contenuto nella bottiglietta in bagno, ma del profumo della sua pelle. Era delicato, dolce, come quella bibita che gli prepara per scaldarsi. Talmente dolce che solo lei è capace di bere.

La guardò respirare, nel sonno, e ogni tanto sospirare. Le sistemò la coperta sulle spalle, premuroso.

La donna, al movimento, si girò. La bocca aperta, che mostrava le tracce di bava.

L’uomo ridacchiò.

“...ma è bella anche così...”. La pulì delicatamente con l’indice, accarezzandola di nuovo.

Non poteva resistere alla sua pelle, gli veniva naturale toccarla, continuare a mantenere un contatto fisico con lei, dopo tutto quel tempo passato lontano. Ricordò con tristezza le lunghe telefonate di sera, gli occhi che ogni tanto pizzicavano durante la notte. Alle festività passate senza una parte della famiglia, senza una parte di sé.

Lei era tutto quello che lo completava, che lo rendeva felice.

L’aveva attesa, per tanto tempo. Aveva lavorato, duramente, in più parti della città, trovando finalmente un lavoro ben remunerato e che gli desse delle soddisfazioni. E anche lei aveva lavorato, duramente, nel riconquistare quella parziale serenità in famiglia e un indirizzo liceale che la realizzasse.

 

«Ho trovato una serenità tutta mia in questa casa, anche se quel piccolo sgorbio ogni tanto mi scoccia.».

 

Ricordò con un sorriso quella telefonata, e della strana intesa che aveva con la piccola bambina che era nata dal secondo matrimonio della madre. Quella piccola, a detta della madre, le assomigliava come una goccia d’acqua nel carattere. E non riuscì mai a capire come quella donna, in una casa, riuscisse a tenere a bada una “piccola Taiga” e una “grande Taiga”. Inorridì al solo pensiero.

Perso nei suoi pensieri, e nel fissarla incantato, non si era accorto che la donna si era svegliata e ricambiava il suo sguardo ancora socchiuso.

«Ti sei svegliato...» mormorò, allungando una mano per sfiorargli il viso. Sentì, vicino al mento, la barba pizzicarle la pelle. L’uomo strinse la mano a sé.

«Mi sono solo fermato nel guardarti dormire...» rispose, girandosi per baciarle la mano. La donna arrossì.

«Torna qui, fa freddo...» disse imperiosa, trascinandolo di nuovo sotto le coperte. L’uomo ubbidì dolcemente. L’abbracciò, stringendola piano al proprio petto. E non vide come il volto della giovane divenne ancora più rosso.

Ancora non si era abituata a quella intimità tutta loro. Eppure, quando lo faceva, impazziva dalla gioia, e il cuore correva per tutto il mondo, facendo il giro completo. E lei rimaneva devastata, col petto impazzito e il volto rosso.

La donna, con lentezza, strinse la maglietta di lui, e chiuse gli occhi, sentendo le mani di lui carezzarle dolcemente i capelli e la schiena, percorrendo tutta la sua lunghezza. Il suo odore, pungente e forte, la investì. Era forte, come quell’odore di pino e neve. Ricordò il giorno dell’incidente, per recuperare una spilla. E le sue spalle, grandi e forti, che la sorreggevano.

Sentì i suoi occhi su di lei, e alzò lo sguardo.

Si persero e si ritrovarono, si avvicinarono e si allontanarono, timidi e coraggiosi, bramosi e dolcemente codardi, ancora timorosi e insieme desiderosi di più. Taiga varcò di nuovo quella barriera del non detto, e baciò le sue labbra fruste. Era veramente un deserto. Ma non era senza vita, anzi, sotto la lieve superficie, la sentiva pulsare e fremere. Ed era bollente.

L’uomo approfondì il bacio, passando dalla dolcezza alla passione. Strinse i suoi capelli, e la donna avvolse il suo collo, reggendosi a lui.

“Dio, quanto adoro quando fa così...” e il corpo di Taiga divenne tutto un brivido.

Si staccarono col fiatone, entrambi rossi di baci.

«Buongiorno, tesoro...» disse lui, giocando con una ciocca.

«Adoro il tuo “buongiorno”...» sussurrò la giovane, sorridendo maliziosa. La luce del giorno spezzava la finestra, oltre le tende della stanza colorata d’amore.

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


♀ L’amore fa brutti scherzi ♀

Capitolo 4

 

 

«Mia madre è mancata...» Ami rimase sconvolta dalle parole di Yusaku. La sua voce, scura e grave, faceva sentire la sofferenza che aveva provato.

«Io... non lo sapevo... mi spiace...» La sua mano, lenta, scivolò nella sua, stringendola delicatamente. Era fredda, come la sua anima arida. Desiderò stringerlo di più, ma aveva paura di entrare in un mondo che non ricordava più.

Era cresciuto, Yusaku, non aveva più quel sorriso infantile e irritante sempre sul viso, la barba assente, i capelli perfettamente in linea e talmente lisci da sembrare unti. Ora, di fronte a lei, c’era un uomo fatto e finito. La barba cresceva incurante sul suo volto, gli occhiali nascondevano a fatica le scure occhiaie, dettate dal cambio di orario e dai pianti del dolore. I capelli lunghi, che ormai arrivavano alle spalle, e una frangia fastidiosamente disordinata.

Ma quello che mancava di più in lui e che aveva notato subito Ami era il suo irritante sorriso. Mancava, completamente. Assente. Con quella piega in basso tesa a una smorfia che rovinata la strana bellezza di quel ragazzo.

«Sei qui da solo?» domandò lei, guardandosi intorno. Nessuno nelle vicinanze.

«Sì. Sumire mi raggiungerà solo per la cerimonia, purtroppo non ha potuto ottenere di più... avevamo programmato una vacanza, dopo la sua ultima spedizione...» l’uomo guardava in basso, ma la sua voce si addolcì al pensiero della moglie.

 

Era così dolcemente seria quando studiava, china sui rapporti e sulle carte del suo lavoro, gli occhiali da lettura poggiati sul naso sottile e il collo scoperto da una maglia messa male. Poteva intravederne le forme, generose, ma la cosa che adorava di lei era il collo. Glielo sfiorò con dolcezza, poco sotto l’orecchio. Sentì lei bloccarsi dallo scrivere, presa alla sorpresa.

«Yusaku, mi distrai così...» mormorò, la voce leggermente spezzata. Aveva appoggiato la penna. Gli afferrò le dita con delicatezza, le sue mani erano così piccole, rispetto alle sue. L’anello brillava leggermente all’anulare.

«Scusami, è solo che sei così bella quando sei concentrata...» bisbigliò lui, avvicinandosi a lei. Erano entrambi a letto, le due di notte, svegli per lo stesso identico motivo: il lavoro. Lei, novella astronauta, studiava i nuovi aggiornamenti sulla biologia comparata, mentre lui ripassava gli schemi di baseball e matematica in contemporanea, professore a tempo pieno e allenatore a tempo perso; un danno al ginocchio lo buttò fuori dalla promettente carriera di battitore, e ora si accontentava di allenare una piccola squadra di scalmanati ragazzini pieni di gioie e dolori.

Erano sposati da un anno a quella parte, e lui aspettava diligentemente che lei affrontasse il discorso più scottante nel loro rapporto: un eventuale figlio.

Le baciò il collo, inspirò il suo profumo. Era così buono...

«Amore, scusami, ma non ho voglia.» disse allontanandolo. Riprese in mano la penna. Ahia, brutto segno.

«Tesoro, so cosa stai pensando e sappi che non sono così subdolo...» ribadì lui, sentendosi rifiutato in modo così scortese.

Lei lo guardò severa, chiuse la penna in mezzo ai fogli e li poggiò sul comodino, spegnendo la lampada, accovacciandosi sotto le coperte.

«E comportarti così mi uccide, per favore, parlami... dovremo affrontare quel discorso prima o poi...».

«No, perché non c’è motivo di affrontarlo. Non voglio.» rispose seccamente. Gli dava le spalle, lui era ancora seduto sui fogli a guardarla.

«Non vuoi un figlio o non vuoi affrontare la responsabilità di averne uno?».

Il silenzio della consorte lo fece infuriare con sé stesso. Si alzò, mettendo le carte malmesse sul mobile e si diresse al bagno.

Mentre si lavava i denti la moglie si alzò e andò in cucina. La sentì rovistare alla ricerca di qualcosa, e il rumore di un fuoco acceso.

 

«Scusami.» sussurrò Yusaku all’orecchio, abbracciandola da dietro. La baciò.

«Lo voglio un bambino, ma non ora. Ho paura di non dargli le attenzioni che meriterebbe. Ti prego, Yusaku, capiscimi.» e lui annuì.

«Lo capisco pienamente.» e lei ne rimase colpita.

«E allora perché mi hai tormentata fino ad ora?» domandò curiosa.

«Perché volevo sentirti dire queste parole.» ammise lui, con quel sorriso infantile che lei tanto amava.

 

«Ti accompagno a casa, Yusaku?» domandò lei, e lui negò con la testa. Lei non resistette più, e con un balzo gli avvolse il collo con le braccia, alzandosi sulle punte. Lui rimase inerme ma poi, sorprendendosi dei sussulti di lei - pianto silente - la strinse soffusamente. Stava piangendo, lei, “la Ami fredda e adulta”.

Stava piangendo per lui, e sorrise mestamente, sentendosi sbattere nell’anima il conforto e la condivisione di una amica che conosceva molto bene la madre. I ricordi di lei, le sue carezze, i suoi baci, le sue premure, erano forti nel suo cuore e nella sua mente.

Ami, dentro di sé provava un dolore forte, ricordando la vecchia signora che le aveva fatto da zia da bambina. Sempre così amabile e bella, nella sua genuinità.

E poi i suoi manicaretti, sempre troppo abbondanti, sempre troppo buoni.

Rimasero abbracciati a lungo, lì, in quell’angolo di strada poco trafficata, dimentichi del resto del mondo.

In quel momento, in quel piccolo abbraccio c’era solo spazio per il lutto e il dolore della perdita.

La neve che aveva ripreso a cadere, lenta, una piccola brezza che scuote la gonna di Ami, e i capelli di lui.

Il rumore di un motorino che si allontana.

Una donna dai capelli rossi che sfreccia piangendo.

 

Riuji sta osservando con sguardo severo gli scaffali del supermercato, appoggiato con mestizia al carrello, indeciso se prendere il curry di marca in sconto o quello di sottomarca. Taiga sopraggiunse da dietro, mettendo nel carrello alcune schifezze cioccolatose, misto a qualche salatino e ramen istantaneo.

Lui afferrò il solito curry, e iniziò a bisticciare in modo soffuso con Taiga per i gusti in cibi non sani. Quando la tigre palmare iniziò a ringhiare, disturbata dal fastidioso rumore del dragone, un incidente accadde nella strada di fronte alla vetrina del negozio, facendo un rumore assordante. Una macchina era ferma in mezzo alla strada.

I due si avvicinarono, insieme a un gruppo di curiosi, mentre qualcuno iniziò a chiamare l’ambulanza. C’era un ferito grave.

Taiga, piccola e sfuggente, si avvicinò di più, e inorridì. Il suo grido di dolore si elevò alto, mentre Riuji sbracciava per raggiungerla.

Le lacrime solcavano veloci sul suo viso mentre i capelli rossi sparsi in modo scomposto si univano al colore macabro del sangue, che scorreva lento sul cemento strisciato dalle gomme, e le sirene si propagavano soffuse nell’aria, così come i candidi fiocchi della neve che cadevano lenti sulla pelle bianca di Minori.

 

 

 

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