Don't stop to smile.

di ashtonssmile
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter I ***
Capitolo 2: *** Chapter II ***
Capitolo 3: *** Chapter III ***
Capitolo 4: *** Chapter IV ***
Capitolo 5: *** Chapter V ***
Capitolo 6: *** INTRODUCING CHAPTER VI ***
Capitolo 7: *** Chapter VI ***
Capitolo 8: *** Chapter VII ***
Capitolo 9: *** Chapter VII ***
Capitolo 10: *** Chapter VIII ***
Capitolo 11: *** Chapter IX ***
Capitolo 12: *** Chapter X ***
Capitolo 13: *** Chapter XI ***
Capitolo 14: *** Chapter XII ***



Capitolo 1
*** Chapter I ***


 Favoloso -pensai.
«Dai, Kelsey, non fare quella faccia!» mi disse mia madre. «'Non fare quella faccia'?! Qui sta per venire a vivere il tuo fidanzato e non sopporto suo figlio» dissi incrociando le braccia, furiosa. Sembrava che a mia madre non importasse ciò che pensavo io, si era separata da mio padre, volevo stare con mio fratello e lei mi ha portata con sè, ora si stava per risposare con un uomo che aveva un figlio di nome Conor, che non sopportavo. «Kelsey, stanno per arrivare, fatti trovare presentabile». Sbuffai ed andai in camera, accesi lo stereo e cominciai ad ascoltare un po' di musica. «Kelsey, abbassa quello stereo!». Feci finta di nulla e non mi alzai dal letto. All'improvviso la porta di aprì e trovai mia madre e Conor. «Questa è la tua stanza, Conor». Mi alzai di scatto ed andai di fronte a mia madre. «Prima mi dici che sarebbero venuti a vivere qui e ora mi dici anche che dovrò condividere la mia camera?! Grande!» urlai buttando le braccia al cielo. «Conor, quello là è il tuo letto, accomodati». Mia madre mi squadrò ed uscì. Mi gettai di nuovo sul letto, con lo stereo ancora acceso. Conor si era sdraiato sul letto, senza dire nulla ed aveva messo le cuffie. Quel ragazzo non lo sopportavo e mi dava sui nervi. Se ne stava lì, sdraiato e zitto. Mi alzai senza dire nulla, spensi lo stereo e non mi voltai, ma sentivo che Conor mi stava guardando. Uscii dalla camera ed andai in cucina a prendere della Cola, mia madre stava preparando la cena. «Abbassa i toni, Kelsey, e cerca di essere amichevole con Conor» . «Dai, Caren, non prendertela con lei, magari è una situazione difficile» disse Jeremy, il padre di Conor. «Fatevi gli affari vostri» esordii e mi avviai per la camera. Mi bloccai davanti alla porta, sentendo Conor che probabilmente cantava. Aveva davvero una voce stupenda. Scossi la testa ed entrai velocemente, senza dire nulla con il viso basso. Conor smise subito. «Ehi, potevo non avere i vestiti» disse lui, cercando di creare un qualcosa. «Lì c'è una cabina e lì il bagno. E' anche camera mia, di certo non entrerò bussando» dissi con il viso dentro la borsa. «Dovremmo cercare di andare d'accordo» . «Oh, certo. Non ci sopportiamo, sarà una cosa complicata» . «Dovremmo almeno provarci, per mio padre e tua madre» . «Sì, d'accordo» mentii. «Sii sincera, Kelsey». Si avvicinò a me e mi porse la mano. Io restai lì a fissarla, lo scansai ed andai in bagno. Mi ricordai di essermi dimenticata la maglia ed uscii in reggiseno. Conor mi guardò perplesso, poi si soffermò a guardarmi la schiena. «Che hai fatto lì?» mi disse indicandomi la cicatrice che avevo. «Non sono affari tuoi». Presi la maglia e la indossai. «Kelsey, dai, cerchiamo di andare d'accordo» . Sospirai. «Non andavamo d'accordo quando eravamo in classe insieme, figurati se ora ci riusciremo» . «Comincia con il dirmi che hai fatto per procurarti una cicatrice del genere» . «Non voglio parlarne» dissi ricordando ciò che era accaduto. «Dai, Kelsey». Lo guardai e mi sedetti. Presi fiato. «C'era un ragazzo che lavorava nel bar dove andavo spesso, si chiama Josh, lo trovavo carino. E' successo che poi ci siamo messi insieme. Non avevo ancora avuto rapporti..di quel genere e non volevo ancora averne» Sospirai. «Una sera Josh era ubriaco fradicio, ero assieme a lui, fortunatamente sobria e lo stavo per portare a casa, ma mi condusse dietro un vicolo dove c'erano tutti i suoi amici che ci stavano aspettando, o meglio, aspettavano me. Mi hanno costretta, mi hanno picchiata..» Finii con le lacrime agli occhi. Tirai su con il naso e ritirai le lacrime. «Mi dispiace» disse Conor. Mi alzai ed uscii di casa. Conor rimase seduto a fissare il vuoto.

Conor.
Stavo cercando di fare amicizia con Kelsey, dato che ci saremmo ritrovati a vivere assieme per un bel po'. Ma forse avevo sbagliato a chiederle che era successo per essersi procurata una cicatrice del genere, è ovvio che ci stava male e che cercava a tutti i costi di dimenticarsi di tutto quello. Per colpa mia, ci aveva ripensato ed era uscita senza dire nulla. Avevo sbagliato, avrei dovuto stare zitto. Mi alzai ed uscii anche io, camminavo lento con le mie cuffiette. Il leggero vento che c'era profumava d'estate e scostava di qualche millimetro le foglie, mi soffermai a cogliere ogni singolo dettaglio del paesaggio. Non c'erano molte persone ed era molto tranquillo. Mi andai a sedere su una panchina e raccolsi un piccolo sasso, cominciai a scrutarlo. Pensai. Forse era il caso di lasciare Martha, non ci stavo più bene come un tempo. Certo, era carina e adorabile, ma non riuscivo più a starci così bene. Ma avrei aspettato un po' prima di lasciarla. Mi voltai leggermente verso la strada e notai Kelsey che abbracciava un ragazzo, gli era praticamente saltata addosso. Chissà chi era. Sapevo poco di lei, quindi non potevo nemmeno immaginarmelo. La guardai andarsene a braccetto con questo ragazzo, chiaramente più grande di lei, poi tornai a fissare il sassolino che avevo in mano.


 

Buongiorno! Questa è la mia nuova FanFiction su Conor Maynard.
Ovviamente "An hour, a day or little more" sta per finire. Ho detto 'sta' quindi
non è ancora del tutto completa. Comunque spero che questa vi piaccia come 
è piaciuta la mia prima storia. Come primo capitolo non è riuscito bene, almeno
così penso io. Grazie a tutti.
Un bacio!

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Capitolo 2
*** Chapter II ***


Kelsey.
Finalmente avevo rincontrato mio fratello, William. Era come un migliore amico per me, anche perché non ne avevo, nè migliore amico nè migliore amica. Ero troppo scontrosa, lo sapevo benissimo. Lo ero perché dopo Josh e dopo un'altra situazione che coinvolse la mia "migliore amica", non mi fidavo più di nessuno, non avevo intenzione di legare con le persone, ecco perché mi comportavo così anche con Conor. Passeggiavamo a braccetto e gli raccontavo tutto quello che mi stava accadendo. «Quindi, mamma vive con questo.. Jeremy ed ha un figlio, Conor, che.. non sopporti?» . «Sì, non lo sopporto» . «Perché? Che ti ha fatto?». Abbassai lo sguardo, imbarazzata. «Nulla» dissi infine. «E allora perché non lo sopporti?» mi chiese William, ridendo. «Boh, non lo so. Forse perché è gentile con me» . «Stai dicendo una cosa senza senso, Kelsey» . «Lo so» . «Prova a legarci, come ti ha detto lui, vivrete insieme per un bel po'». Mi fece una leggera smorfia e scoppiò a ridere, poi mi abbracciò. «Mi chiamerai e mi dirai che succede con questo Conor». Ci salutammo e se ne andò. Io infilai le cuffie nelle orecchie, suonavano i Paramore. Cominciai a passeggiare con tranquillità per il viale sul molo. La leggera brezza profumava di mare e il venticello fresco mi muoveva i capelli leggermente, per essere una giornata di pieno Luglio era fresco. Mi sedetti sul margine del viale, con i piedi penzoloni sul mare e fissavo l'orizzonte. Respirai una buona boccata d'aria marina e cominciai a pensare, quando i miei pensieri furono smorzati da una voce abbastanza famigliare, sotto la voce della Williams. Mi voltai appena e notai Conor, mano nella mano con una ragazza che mi sembrava di conoscere. «Ciao Kelsey» mi disse lui. «Ciao» dissi, levando quasi infastidita la cuffia e voltandomi di nuovo verso l'orizzonte. «Che fai?» . «Penso..» . «Prima ti ho vista assieme ad un ragazzo. Chi era?» disse sorridendo. «Non è affar tuo» dissi, scontrosa, pronta a mettere di nuovo la cuffietta. Lo sentii sospirare. «Lei è Martha, la mia ragazza» . «Piacere» dissi, senza voltarmi o porgerle la mano. Riflettei un secondo. Martha. Mi voltai un secondo per scrutarla in viso, poi abbassai lo sguardo sulle mie ginocchia e capii. Il giorno precedente l'avevo vista con un mio compagno di scuola, Spencer, ma non sembravano semplici amici, me l'aveva presentata. La guardai un'ennesima volta e non sembrava una di quelle ragazze fedeli, sincere, che ti amano tanto da non tradirti, sul volto aveva stampato un sorrisino stranamente bastardo. Io, certamente tanto più bastarda, sorrisi. «Ma noi ci conosciamo già!» dissi. «Ieri eri con Spencer. Siete così dolci. Però è strano. Come mai ti ha presentata come sua ragazza, se sei la ragazza di Conor?» dissi, fingendomi perplessa. «Che stai dicendo?» mi chiese Conor, che cominciava ad innervosirsi. Martha fece scomparire il suo sorrisino dal volto e cominciò a squadrarmi e guardarmi in modo piuttosto cattivo. «Sì, ieri ho incontrato un mio compagno di scuola, Spencer, e mi ha presentato Martha, dicendo la stessa cosa che tu hai detto pochi istanti fa». Conor cominciò ad infuriarsi e si voltò verso Martha «Tu frequenti un altro?!». Lo guardai per un secondo, sembrava fingesse di stare male, di essere arrabbiato. Sembrava piuttosto sollevato, come se volesse una scusa per lasciarla. «Non..non è come credi!» . «Dicono tutti così». Conor si voltò e Martha, senza insistere troppo, mi lanciò un'occhiataccia e se ne andò. Lui si sedette accanto a me. Oh, perfetto, proprio ora che volevo stare sola -pensai. «Ti ringrazio» disse. Lo guardai perplessa. «Era un po' che volevo lasciarla, non ci stavo più bene» . «Ma non stai male sapendo che ti stava illudendo e prendendo per il culo?» . «Forse sono un po' deluso, ma non così tanto da starci male». Tirò fuori dalla tasca un sassolino grigio e cominciò a guardarlo. «Perché hai in tasca un sasso?» gli chiesi. «Non sono affari tuoi» disse guardandomi. L'aveva detto come se fosse una presa in giro, poi rise. «Va al diavolo, Maynard». Mi soffermai di nuovo a guardare l'orizzonte. Conor rimase in silenzio e cominciò ad osservare anche lui. Silenzio. Anche le cuffie avevano smesso di riprodurre la musica. Cominciai a pensare. Pensai a mio padre, era anni che non lo vedevo, mi mancava molto. All'improvviso, senza che me ne accorgessi, mi scese una piccola lacrima. Da quanto tempo non sentivo una lacrima scendermi lungo il viso. Non sapevo nemmeno perché scese. Forse era perché mi stavo tenendo troppe cose dentro, forse stavo per esplodere, e l'ultima persona che volessi lì con me quando tutto ciò sarebbe successo era proprio Conor. Si voltò verso di me e si accorse della goccia di acqua che mi stava scivolando sulla guancia, per poi bagnare i pantaloni. «Che succede, Kelsey?». Passai una mano sulla guancia e tirai su con il naso. Cercai di avere il tono più tranquillo possibile. «Nulla» cercai di dire tranquillamente, senza risultati. La mia voce tremava e Conor se n'era accorto. «Non è così» . «Anche se non fosse così, non sono cose che ti interessano, Conor» . «Mi spieghi perché ti fingi così scontrosa e cerchi di avere il cuore di pietra? So che non è così, Kelsey». Mi voltai a guardarlo. Era l'unico che si interessasse così a me, dopo mio fratello chiaramente. Perché voleva così tanto legare con una così come me? Perché si interessava alle cose che mi succedevano? «Rispondimi» mi disse, notando che esitai a rispondere. «Non riesco più a legare con nessuno, Conor, perché non mi fido più di nessuno. Non riesco a fidarmi. Certo, il mio cuore mi spinge a fidarmi, ma il mio cervello mi suggerisce di non farlo ed ho intenzione di dargli ascolto, perché quando non lo facevo sbagliavo e stavo male. Non ho più intenzione di sentirmi così» dissi a viso basso, mentre altre lacrime mi rigavano il viso. Conor rimase lì a guardarmi. «Perché non vuoi più fidarti, Kelsey? Che è successo?» mi chiese. «Prima rispondi a questa domanda» gli dissi, guardandolo seria. «Perchè ti interessi così tanto a ciò che mi è accaduto e ciò che mi accade, Conor?» . «Uno. Voglio legare con te. Due. E' il mio carattere, mi preoccupo di tutto e di tutti. Se passasse uno sconosciuto che piange, andrei a chiedergli che succede, anche se la sua risposta sarò un sonoro "va al diavolo"» disse, sorridendo. «Ora, rispondi alle mie». Tornò serio. Riabbassai il viso e cominciai. «Per prima cosa, la vicenda con Josh, per seconda cosa, avevo una migliore amica al quale, giustamente, rivelavo tutto quanto. Dopo qualche mese scoprii che andava a raccontare tutto in giro e mi prendevano in giro. Avevo raccontato che..». Mi bloccai e un'altra lacrima mi scese nel ricordarmi di ciò che era accaduto. Sentii Conor che mi prese una mano, ma ritirò subito la presa e continuò a fissarmi, in attesa che continuassi. «dopo il divorzio dei miei genitori stavo malissimo, mia mamma mi aveva costretto ad andare con lei, quindi lasciammo Lifford, in Irlanda, e ci trasferimmo qui, a Brighton. Prima che tu lo chieda. No, non sono irlandese, sono nata nello Cheshire, ma ho vissuto in Irlanda». Accennai ad un sorriso e continua, seria. «Come ho detto, stavo malissimo, in più, a nessuno importava di me, sembrava che non esistessi per nessuno. Quando provavo a legare con qualcuno, mi squadravano e si voltavano cominciando a giudicarmi, altro motivo del mio 'non legarmi a nessuno'. Cominciai a..farmi del male, se capisci che intendo». Lo guardai e lui accennò con il capo. Girai il polso e gli feci vedere quelle piccole linee lungo l'avambraccio. «L'avevo confidato solo a Heather, mi fidavo di lei. In pochi giorni l'hanno saputo tutti, mi sentivo diversa per colpa sua, era imbarazzante per me. Dopo che scoprii quello che faceva alle mie spalle, decisi di non fidarmi più di nessuno». Quando finii le lacrime continuavano a uscirmi dagli occhi, in modo irrefrenabile. Conor mi alzò il viso e le asciugò con le dita. «Di me ti puoi fidare, te lo assicuro. Non ho intenzione di dire nulla a nessuno, non farò niente per farti stare male». Sorrise ed io abbassai di nuovo il viso, a guardare le nostre gambe che pendevano sopra il mare. «Vieni, ti porto in un posto». Si alzò e mi aiutò ad alzarmi, poi mi condusse in un posto, dove c'erano solo scogli e il mare si scagliava contro essi delicatamente. Mi sedetti e cominciai a fissare il tramonto.


Conor.
Non capivo nemmeno io perché l'avevo portata in quel posto, però mi andava di farlo, pensavo che facendo così sarebbe stata meglio. «Come conosci questo posto?» mi chiese, incantata da ciò che c'era intorno. «Mi aveva portato mia madre quando ero bambino. Giocavo e guardavamo il tramonto insieme, poi tornavamo a casa. A volte ci torno anche adesso, quando ho voglia di stare solo e pensare» gli dissi, sedendomi su uno scoglio piatto. «Ora dov'è tua madre?» mi chiese curiosa. «Mia madre non c'è più. E' morta otto anni fa». Rimase in silenzio, a guardarmi dall'alto, dato che ancora non si era seduta. «Tranquilla, Kelsey» le feci un sorriso e si decise a sedersi. Il vento cominciò a soffiare leggermente più forte e muoveva i capelli di Kelsey, facendomeli sbattere in faccia. Lei se ne accorse e li raccolse in un coda, poi continuò a guardare il tramonto che stava per arrivare. La guardavo e mi stupii di quanto la stavo conoscendo. Lei voleva fare la scontrosa, voleva avere un cuore di pietra, ma purtroppo, capii che non era così. Tutt'altro, lei sembrava dolce, tranquilla e adorabile. Sembrava una bambina da quanto presa a guardare l'orizzonte, come se non avesse mai visto una cosa del genere. Forse io ci avevo fatto l'abitudine e non me ne rendevo conto, ma quel tramonto era sempre stupendo. Il cielo cominciò a farsi di un arancione e rosa, mentre il sole stava per scomparire. «Ti ho sentito cantare» disse lei, rompendo il silenzio. «Sul serio?» . «Sì, sei bravo» . «Non credo». Kelsey si voltò, guardandomi negli occhi. «Non dire cretinate, Conor. Canti davvero bene» . «Grazie, Kelsey» gli sorrisi. Cominciai a farle il solletico e lei si dimenava ridendo come una matta. «Smettila!» mi implorava. Tolsi le mani e cominciai a ridere. «Conor, hai una risata strana» disse sorridendo. «Davvero?» . «Sì, ma mette di buon umore» rise. Prese il cellulare e guardò l'orario. Sgranò gli occhi e mi fissò. «Sarà meglio tornare a casa, altrimenti mia madre e tuo padre ci prendono a botte». Si alzò velocemente e cominciò a saltare piano tra uno scoglio e l'altro. «Conor, muoviti!» mi urlò. Mi alzai e la seguii. Stavamo legando ed era una buona cosa. Ma se io avessi voluto che ci fosse più che un semplice legame indotto dai nostri genitori? Forse era un problema.



Salve, gente! Volevo ringraziare chi ha letto le mie storie e volevo
dire che ho cambiato idea e che la prima storia è morta lì, semplicemente
perché non trovo più idee e non ho ispirazione perché ho
esaurito tutto quello che avevo in testa. Ringrazio tutti e spero
che continuiate a leggere questa storia perché ci tengo davvero
tanto. Mi auguro che questo capitolo piaccia. Un bacio.

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Capitolo 3
*** Chapter III ***


Kelsey.
Continuavamo a correre. Eravamo in ritardissimo, avevo perso la cognizione del tempo. Mi bloccai per riprendere fiato e Conor mi sfrecciò davanti, si voltò e mi prese la mano ricominciando a correre. «Non ti devi fermare, altrimenti non ci arriviamo più a casa»disse con il fiatone. «Non sono una campionessa olimpica di corsa, Conor». Lo sentii ridere. Quando ci trovammo di fronte a casa, ci fiondammo all'interno. Urlai un semplice saluto e andai in camera mia, gettandomi a peso morto sul letto, sfinita. «Conor, io ti dovrei ammazzare» dissi con il fiatone che non smetteva. «E perché?»chiese lui sedendosi sul mio letto. «Non ho mai corso così tanto e così velocemente come ho fatto oggi»dissi sfinita. «Ma smettila! Era una corsetta». «Per te lo sarà stata, per me è stato un inferno. Ho bisogno di ossigeno». Conor rise e mi diede una patta su una coscia e io ricambia dandogli uno schiaffo su una spalla, continuò a ridere. Poi, l'annuncio di mia madre che la cena era pronta. Andammo molto lentamente in sala da pranzo e ci sedemmo, aspettando ansiosi il cibo che stava per essere servito. Anche il mio stomaco si fece sentire, brontolò e Conor cominciò di nuovo a ridere, mentre io lo squadrai. «State cominciando a legare»disse Jeremy. «Come sono contenta»disse mia madre, guardandoci. «Stasera è una bella serata, uscite un po'»ci invitò Jeremy. «Ad una condizione" dissi. Tutti mi guardarono preoccupati. «Non ho intenzione di correre ancora». Tutti e tre scoppiarono in una grossa risata, poi mi diressi verso la camera per cambiarmi. Quando fui pronta, Conor ed io uscimmo. «Hai voglia di un capuccino?»mi chiese. «Sì, laggiù c'èuno Starbucks. Io ti aspetterò qui». Conor andò a comprare i bicchieri mentre io lo aspettavo fuori. All'improvviso sentii una voce che mi chiamava, una voce di cui ormai avevo il terrore. Mi voltai lentamente e Josh, dietro di me, stravolto come "quella sera". «Ciao, Kelsey»disse. «Josh, che vuoi?»gli chiesi incrociando le braccia. «Penso che tu lo sappia». Mi prese i polsi e li strinse. Cominciai ad urlare e sperare che Conor uscisse in fretta. Li strinse più forte e cominciai ad urlare dal dolore. Poi mi lasciò un polso e in una frazione di secondo mi ritrovai la maglia strappata e, in un'altrettanta frazione di secondo, mi ritrovai a terra, con un dolore lancinante ai polsi. Vidi Conor gettarsi contro di lui e tirargli un pugno. Josh barcollò un po', poi riprese stabilità e ne tirò uno a lui, facendolo cadere. Mentre Josh si avvicinava a me, Conor si era rialzato e gli tirò un pugno, caricato con tutta la sua forza, sul naso, che fece un rumore di ossa frantumate e il sangue gli cominciò a colare. «Deficiente" disse Josh, che cominciò ad imprecare. «Volevo divertirmi un po'». «Con lei no di certo!»urlò Conor e Josh si dileguò. Mi aiutò ad alzarmi, mentre continuavo a piangere. I polsi erano violastri da quando mi aveva stretta. Conor mi abbracciò e mi diede la felpa che teneva in vita. Non smettevo di piangere. «Stai tranquilla, Kelsey»mi disse. Le lacrime smisero di scendere e la vista cominciò a schiarirsi. Guardai il viso di Conor, Josh gli aveva tirato proprio un bel pugno, di certo gli sarebbe venuto un livido. «Tu sei tutto scemo" gli dissi. Mi guardò con aria perplessa. «Ti sei preso un pugno per una cretina come me, Conor!»gli urlai. «Ti avrebbe fatto di nuovo del male, Kelsey" disse con voce quasi straziante. «Ma non devi farti del male al posto mio». Lui mi abbracciò e mi strinse a sè. «Non gli avrei permesso di farti del male, per niente al mondo, anche se tu mi avessi detto che non c'era bisogno di farlo». Lo strinsi anche io e rimasi stupita. Era da tanto che qualcuno non si preoccupava di me e Conor, in pochi giorni, mi aveva fatto stare bene. Non riuscivo a credere che quel ragazzo che non sopportavo stava per diventare così tanto importante per me. Sembrava una contraddizione, non volevo nemmeno avere un minimo di rapporto assieme a lui e invece ora avevo bisogno di lui più di qualsiasi altra cosa, perché è l'unico di cui riuscivo a fidarmi. «Grazie, Conor». Ci staccammo da quell'abbraccio e ci dirigemmo di nuovo verso casa. Entrai ed andai dritta verso la camera, sfinita. Indossai il pigiama e mi misi sotto le coperte con qualche piccola lacrima che continuava a scendere. Conor entrò ed indicò le coperte. «Posso?» mi chiese gentilmente. Gli feci un semplice cenno e lui, dopo essersi messo il pigiama, si infiltrò nel mio letto e mi guardò. «Perché piangi ancora?» mi chiese, mentre delicatamente mi asciugava le lacrime. «Perché i polsi mi fanno davvero male e ho ancora l'immagine di Josh davanti, che mi spinge e comincia a picchiarti» . «Non preoccuparti, Kelsey». Mi strinse. Stava diventando il mio migliore amico, gli volevo bene, davvero tanto.

Conor.
Sapevo di fare una cosa sbagliata, ma non potevo farne a meno. Mi piaceva davvero, davvero tanto. Ogni volta che la guardavo in quei occhi così strazianti, che soffrivano in continuazione, mi faceva male, era come se fosse parte di me. Guardarla dormire era bellissimo, era così dolce. Le accarezzavo i capelli, mentre continuavo a pensare a quel Josh e al motivo del suo continuo attacco con Kelsey, il suo continuo volerle far del male. Era bellissima, mi stavo davvero innamorando di lei e non mi era mai successo. L'amavo, ne ero certo.

Ringrazio ancora una volta tutti. So che questo non è uscito molto bene, però era
come se fosse un capitolo di passaggio e ne avevo bisogno, mi auguro che continuiate
a leggerla perché come ho già detto ci tengo. Un bacio.

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Capitolo 4
*** Chapter IV ***


Qualche mese dopo.
 
Conor.
Quel mattino Kelsey era uscita di tutta furia e quando io le chiesi dove sarebbe andata mi rispose come quando ero appena arrivato a casa sua, ovvero "Non sono affari tuoi". Non capivo perché Kelsey aveva ricominciato a trattarmi così, quando le chiedevo qualcosa lei mi rispondeva male, ma io ero certo di non averle fatto nulla, ne ero sicurissimo. Non penso che qualcuno le sia andato a dire che provavo qualcosa per lei, anche perché non lo sapeva assolutamente nessuno. Era un mio segreto, che solo la mia coscienza poteva sapere. Sapere che mi trattava di nuovo male mi faceva..soffrire. Proprio così. Non parlavamo più come prima, anche se cercavo in tutti i modi di riappacificarmi con lei, anche se non avevamo avuto alcun litigio e alcuna discussione. Allora, uscii anche io. Non mi sentivo bene e la cosa per me era strana. Non avevo mai provato una cosa del genere, so che è una cosa stupida, ma è così. Quando non mi calcolava, mi rispondeva male o non mi degnava di uno sguardo, quando guardavo i suoi occhi e leggevo dentro che soffriva, mentre non potevo fare nulla perché mi avrebbe mandato al diavolo, mi faceva male, era come se un buco si creasse nello stomaco e cominciasse a divorarmi pian piano e sentivo che le lacrime cominciavano a salirmi. Mentre camminavo sulla passeggiata del molo, sentivo che anche in quel momento le lacrime cominciavano a salirmi agli occhi, fino a quando non sentii come una scia scendere lungo il mio viso e finire sul mento.
Sto piangendo? -mi chiesi tra me e me.
Certo, Conor, stai piangendo. Ma perché? Non hai mai pianto per una ragazza in vita tua e hai voglia di piangere ora, per la ragazza sbagliata, non che tua sorellastra? Sei proprio intelligente.
Mio Dio, non sapevo che mi stava accadendo. Non credevo di potermi innamorare di Kelsey, non lo pensavo. Volevo solo legarmi a lei in qualche modo, ma ora non potevo starne senza, come se fossi un tossico-dipendente e lei fosse la droga, non potevo staccarmene, non potevo farne a meno, sapevo benissimo che era un problema. Mi sedetti sul ciglio della passeggiata, con le gambe penzoloni e guardai in fondo al cielo e notai delle piccole nuvole, poi di nuovo la vista cominciò ad annebbiarsi e una lacrima riprese il suo corso lungo la mia guancia. «Conor» sentii. Speravo con tutto il cuore che fosse Kelsey, invece, dopo essermi asciugato la guancia e dopo essermi voltato, riconobbi Martha. «Ciao» le dissi, voltandomi di nuovo verso il mare. «Perché hai detto a Spencer che stavo anche con te?!». Non le risposi, non avevo voglia di parlare con una come lei. «Conor» disse con voce più dolce. «Ci potremmo riprovare». Mi voltai, con un leggero sorriso sulle labbra. «Non voglio più avere nulla a che fare con una sgualdrina come te». Martha spalancò la bocca, si voltò e corse via. Non la sopportavo, non sapevo nemmeno che ci ero stato a fare con lei.
Boh. Conor, come hai fatto? -mi dissi.
Mi voltai per un secondo e vidi Kelsey camminare con le cuffie nelle orecchie, con il viso basso. Mi alzai immediatamente e mi parai davanti a lei, avevo bisogno di spiegazioni e a casa non me le avrebbe date, dovevo sperare che mi avrebbe parlato lì. «Ora mi spieghi che succede, Kelsey. Perché mi tratti di nuovo così?» sentii nella mia voce una traccia di tristezza e speravo che lei non se ne accorgesse. «Non sono affari tuoi» mi disse, cercando di andare avanti. «Ti prego, Kelsey». Lei mi guardò seria, tolse le cuffie e incrociò le braccia. «Ora mi spieghi tu per quale motivo sei andato a dire le cose che ti riferivo in confidenza. Vedi sta accadendo di nuovo, Conor. Io mi fido e succede il finimondo». Sgranai gli occhi. Io non avevo detto proprio niente, anche perché non avevo persone a cui poterlo dire, cercavo di stare lontano da persone di quello stampo. «Cosa avrei detto?» gli chiesi, perplesso. «Tutto, Conor! Che ero autolesionista, che sono stata picchiata, tutto quello che ti ho rivelato in confidenza, Maynard!» . «Ora mi chiami anche per cognome?» . «Sì!» . «Ascoltami, Kelsey. Io non ho detto niente di niente, giuro» . «Sì, certo. Perché ora ti dovrei credere?» . «Perché ti sto dicendo la verità!» . «Non riesco a crederti, Conor. E' successo come Heather» . «Ora mi dici chi ti avrebbe detto che sono stato io» . «Martha, Spencer, Beth..». La interruppi. «Tu crederesti a Martha?! Che prima è venuta qui a chiedermi di riprovarci?! A Spencer, che farebbe di tutto pur di portarsi qualcuno a letto, in questo caso direbbe tutto ciò che gli chiederebbe Martha?! E Beth, che farebbe di tutto pur di farsi notare da Spencer?! E non vuoi fidarti di me, Kelsey?!» . «Perché mi dovresi fidare di te, Conor?!» . «Perché ti ho promesso che non avrei fatto nulla per farti stare male». Kelsey alzò gli occhi al cielo. Stavo per esplodere, non ce la facevo più, cercavo di tenermi tutto dentro ma, non ci riuscivo. «Perché, cazzo, sono innamorato di te, Kelsey!» urlai, prendendole le spalle. Lei sgranò gli occhi, si sciolse dalla presa e scappò via. Ero nella tentazione di seguirla, prenderle una mano e abbracciarla, ma so che era sbagliato fare una cosa del genere. Ora sapeva tutto. Non avrei dovuto farlo, ma forse la troppa ansia, il troppo nervoso, mi hanno fatto dire qualcosa di cui nemmeno volevo accennare o proprio pensare. Mi sedetti di nuovo sul ciglio della passeggiata, con le ginocchia conserte e le mani nei capelli.
Che cazzo hai fatto, Conor? -cominciai a rimproverarmi.
Lo sapevi benissimo che era uno sbaglio, anche solamente essertene innamorato. Non potevi startene zitto? No, ora lo sa anche lei e non va bene.
Vidi come un'ombra sedersi quasi accanto a me. Non avevo intenzione di voltarmi e vedere chi fosse e non volevo farmi vedere da nessuno in quello stato, dove le lacrime avevano ripreso a scendere, imperterrite. Anche se cercavo di frenarle in qualche modo, loro continuavano. Lasciai cadere le gambe sul mare. Con la coda dell'occhio, guardai la persona accanto a me. Kelsey era tornata, con lo sguardo fisso sulla superficie del mare, le gambe incrociate, non spiccicava parola, se ne stava lì zitta. Ripresi a guardare il mare, quando sentii una stretta allo stomaco, era una strana sensazione. Cominciai a sentire uno strano solletico all'interno della pancia.
No, anche quelle no -mi dissi.
Le farfalle nello stomaco, no.
Invece erano proprio loro, che cominciavano a svolazzarmi per tutta la pancia. Sentii che Kelsey mi prese la mano, probabilmente notò ciò che mi stava uscendo dagli occhi. In quel momento anche il cuore cominciò a battermi sempre più forte e sentii caldo al viso. «Scusa» riuscii a dire, infine. «Di cosa? Di essermi esploso in faccia?» . «Sì, non avrei dovuto». Fece spallucce. «Forse sì, forse no, non lo so nemmeno io, Conor». Sul suo viso vidi la strana ombra di un sorriso e non riuscivo a spiegarmelo. Mentre io stavo a rimuginarmi tutto dentro, lei sorrideva? Qualcosa non andava. «Perché sorridi?» gli chiesi con la curiosità che mi stava divorando. «Non lo so nemmeno io». Non ci guardavamo negli occhi nemmeno a morire, c'era troppo imbarazzo nel farlo e avrebbe capito che non era una semplice cottarella. Notai che si alzò e fece alzare anche me. «Ora ho io un posto da farti vedere» sorrise. Ci incamminammo verso il bosco e dopo una decina di minuti arrivammo in un piccolo spazio, dove c'era una piccola casetta bianca, il quale la vernice si stava staccando. Era circondata da qualche fiore qua e là, tutti di diverso colore e la facciata era quasi ricoperta da una pianta rampicante verdissima. «Questo è il mio posto dove pensare» disse. «In realtà, lo usavo per vedere mio padre fino a pochi anni fa, poi lui è stato trasferito in Italia per lavoro e non ho più avuto la possibilità di vederlo. Ogni tanto, quando mio fratello mi viene a trovare, veniamo qui e parliamo di qualsiasi cosa». Aprì la porta e mi fece entrare. Era tutto legno, tavoli, armadi, mensole, tutto quanto. Era davvero fantastica. «Ti piace?» mi disse. «Direi proprio di sì, se mi trasferisco qui, è un problema?». Kelsey rise. Ricordo che mio padre una volta di disse che per farla innamorare va fatta ridere. Il punto è che se lei ride m'innamoro io. 
Okay, Conor, sei decisamente fuori di testa.
Si sedette sul piccolo divano a gambe incrociate e si legò i capelli. La guardavo, sempre più impressionato da quanto fosse bella. «Quindi non sei stato tu» . «Esatto, Kelsey. O dovrei chiamarti..Keki?» scoppia a ridere e lei mi lanciò un cuscino. «Odio quel soprannome!» . «Lo so, è per questo che te l'ho detto». Continuammo a ridere, mentre io mi innamoravo sempre di più ad ogni sua singola movenza.

Kelsey.
Conor era innamorato di me. Era un problema. Ma..se ne ero innamorata anche io? Era un grosso problema. Mia madre non mi avrebbe permesso di stare con lui, Jeremy non l'avrebbe permesso a Conor. L'unica cosa era dimenticarsi di tutto ciò e cercare di non pensarci più, anche se la cosa risultava parecchio difficile dato che viviamo sotto lo stesso tetto e io non posso fare a meno di lui. Ogni volta che lo guardavo anche per una frazione di secondo negli occhi, mi perdevo e non riuscivo a dire nulla, a fare nulla, era come se mi bloccassi davanti a quella meraviglia. Poi, tutto con lui mi risultava spontaneo, ogni volta mi sentivo felice quando stavo con lui. «Conor, mi fai un favore?» gli chiesi. «Dipende» rise. «Mi canti una canzone?». Conor mi guardò perplessa. «Kelsey, mi vergogno» . «Per favore». Sbuffò e poi cominciò a cantare. Lo ascoltavo, impressionata dalla sua voce e dal modo in cui cantava senza una base sotto, al contrario io sembravo una gallina strozzata sotto un montacarichi. Si fermò e rise. «Perché ridi?» gli chiesi. «Sembri un pesce». Gli arrivò un altro cuscino in faccia. «Ora ridammelo» gli dissi indicando il cuscino. «Te lo scordi!» mi disse, ridendo. Poi, per qualche strana ragione, cominciò a correre ed io gli andai dietro. Ricordai della panna spray nel frigorifero e la andai a prendere. «Conor, dove sei?» dissi, minacciosa. Quando lo vidi, ripresi a correre. Inciampò ed io gli andai addosso e cominciai a spalmargli la panna sul viso. Mi tolse la bomboletta di mano, si alzò e cominciò a spruzzarmela addosso. Cominciai a correre, poi mi bloccai di colpo. «Basta, mi arrendo!» urlai. Conor si fermò e mi abbracciò da dietro, stringendomi la vita. «Ora mi spieghi come ci andiamo a casa?» . «A piedi, Kelsey» . «Perspicace. Intendevo come facciamo ad entrare in casa ricoperti di panna spray» . «Non ci facciamo vedere, semplice». Scoppiammo a ridere. Devo ammettere che con lui non riuscivo a non stare bene, era bellissimo stare con lui, scherzare come se fossimo due bambini. Era tutto quello che non sentivo più da parecchio e Conor, da quando è arrivato, mi ha solo saputo far sorridere.


Ehi a tutti (?). Ancora una volta.. GRAZIE. Questa volta ho deciso di
fare un po' più lungo il POV di Conor, perché poverino diceva pochissimo.
Sono contenta di questo capitolo, sinceramente, non penso mi sia
uscito male. Spero piaccia anche a voi. Un bacio.

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Capitolo 5
*** Chapter V ***


Conor.
Camminavamo e non ascoltavamo la gente che ci chiedeva per quale motivo fossimo ricoperti di panna. La guardavo mentre continuava a ridere istericamente e in lei vedevo una strana allegria, sembrava che stesse davvero bene e mi rendeva felice saperlo, però non mi aveva più detto nulla del fatto che io ero innamorato di lei. Molto probabilmente voleva evitare di parlarne e probabilmente non gli interessavo. Devo ammettere che sapere che non gli interessavo nemmeno un minimo di quello che provavo per lei, mi rendeva triste, ma vederla ridere, felice, non mi ci faceva pensare più di tanto, però glielo avrei richiesto. So che i nostri genitori non avrebbero permesso nulla di tutto ciò, ma avrei fatto di tutto pur di star insieme a lei. «Kelsey» cercai di dire. «Dimmi, Conor» . «Vuoi evitare di parlare del fatto che ti ho urlato in faccia che io sono innamorato di te?». Esitò a rispondere, allora mi fermai e la costrinsi a guardarmi negli occhi. «Kelsey, se tu non provi niente per me, cercherò di farmene una ragione, non ti preoccupare, però voglio che tu mi dica la verità». Continuava a non rispondere. Non riuscii a trattenermi e la baciai. Avevo sbagliato, ne ero più che consapevole. Kelsey si staccò quasi immediatamente e corse via. La rincorrevo cercando di fermarla. «Kelsey, fermati!» gli urlai. Riuscii a prenderle una mano. Quando si voltò, non mi guardava negli occhi, anzi, non mi guardava proprio. «Mi..mi dispiace» balbettai. Non rispondeva e non capivo per quale motivo se ne stava così zitta. «Kelsey, dimmi qualcosa». Alzò leggermente il viso. «Non funzionerebbe» mormorò ancora a sguardo basso. «Per via dei nostri genitori o perché non provi nulla per me?» le chiesi cercando di incontrare il suo sguardo. «Per via dei nostri genitori». Riflettei un secondo. Non aveva detto che non gli interessavo, ma che il problema erano i nostri genitori. «Quindi, proveresti comunque qualcosa per me?» . «Lascia stare, Conor». Riprese a camminare e per quel momento decisi di lasciar stare. Quando arrivammo a casa cercammo di non farci vedere da mio padre e Caren, che erano in salotto. Kelsey corse di sopra senza dire assolutamente nulla e si chiuse in bagno. Allora andai nel bagno della camera dei nostri genitori. Cominciai a farmi la doccia. L'acqua scorreva tiepida e ebbi la sensazione che mi costringesse a riflettere. Quel bacio, di qualche minuti prima. Non avevo mai provato i brividi lungo la schiena quando baciavo una ragazza, non sentivo il cuore esplodere, quella volta era stato tutto diverso. Mi leccai le labbra, come se stessi ancora cercando il sapore di quelle di Kelsey. Era durato poco più di una frazione di secondo, ma era come se tutto si fosse bloccato di colpo. Uscii dalla doccia con ancora quei pensieri che riempivano la mia mente di ogni suo gesto, di ogni suo tratto. Quando tornai in camera, non era ancora uscita e mi buttai sul letto, dopo aver messo le cuffie nelle orecchie. Dopo qualche minuto Kelsey uscii, mi rivolse un semplice sguardo che durò pochissimo, poi si sdraiò sul letto a leggere un libro. "La faccia nascosta della luna" si intitolava. La guardavo, interessata nella lettura di quel libro che non sapevo nemmeno di che parlasse, concentrata a leggere ogni singola parola, ogni singola frase, attenta alla punteggiatura che esso presentava. Raccolse i capelli e notai che indossava una tuta grigia sbiadita. Come poteva essere così bella anche con uno straccio così vecchio addosso? Continuava a leggere e in meno di una mezz'ora aveva letto un'ottima quantità di pagine e mi accorsi che era quasi alla fine. Ero curioso dell'argomento che quel libro descriveva. Immaginavo che fosse un qualche strano romanzo smielenso e drammatico, poi mi accorsi della piccola scritta sotto il titolo in copertina. Parlava dei delitti e dei misteri nel mondo della musica e del cinema. Si interessa di strane cose la ragazza. All'improvviso mise il segnalibro, si alzò ed uscì dalla camera. In preda alla curiosità andai a guardare di che cosa si trattasse. Quando aprii, il libro presentava un capitolo. "Sid e Nancy", dove Kelsey aveva leggermente tracciato a matita una scritta: "Amore platonico". Ebbi un piccolo sorriso e continuai a guardare. Scoprii che le piacevano i Sex Pistols e che era al capitolo che parlava di Jim Morrison. Quando sentii che stava rientrando, mi gettai letteralmente sul letto fingendo di dormire. Sotto la musica sentii Kelsey che parlava. «Conor, ti ho visto che guardavi il mio libro». Allora aprii gli occhi e tolsi le cuffie. «Hai intenzione di dirmi se ti interesso?» . «No, perché qualsiasi cosa io dica sarebbe tutto inutile» . «In che senso?» . «Lascia stare, Conor» . «No» le dissi mentre mi alzavo dal letto. Mi sedetti di fronte a lei e la guardai negli occhi. «Prima ho lasciato stare e se lascio stare ora, te lo verrò a richiedere all'infinito, Kelsey. Tu mi piaci e lo sai, te l'ho urlato in faccia» . «Conor, qualsiasi cosa io dica non farebbe la differenza, perché se ti dicessi di sì, c'è il problema dei nostri genitori, se ti dicessi di no, è probabile che torneremo come il primo giorno che sei venuto» . «Anche se trovassi un modo per farci stare insieme senza che i nostri lo sappiano?» . «Sarebbe impossibile» . «Non ci giurerei, Kelsey». La guardai serio. «Ora dimmi. Ti interesso oppure no?» Prese un foglio e scrisse un enorme "Mi interessi", mentre dietro lei arrossiva e abbassa lo sguardo imbarazzata. Tolsi quel foglio e la abbracciai, stretta a me. «Se facessi in modo che i nostri non lo vengano a sapere, tu staresti con me?» . «Probabilmente sì». Mi guardò ed io sorrisi. «Bene, allora stiamo insieme». Mi sorrise e si slegò dalla mia presa. «Ora lasciami finire questo libro in santa pace» disse. Mi alzai e mi sedetti di nuovo sul mio letto. «Bello come amore platonico Sid Vicious. Guardando i tuoi libri si viene a sapere di te» . «E con questo libro avresti scoperto che?» . «Ti piace la musica super-punk dei Sex Pistols». Kelsey rise e cominciò a canticchiare la canzone dei Sex Pistols, God save the Queen. Sapevo davvero poco su di loro, ma se Kelsey me lo avesse chiesto, avrei imparato tutta la loro biografia a memoria. «Mia madre dice che ascolto musica schifosa, ma io non le do ascolto. So che non è il massimo, però i gusti sono i miei e nessuno può essere il Dio di questo mondo per dirmi che musica posso o non posso ascoltare». Nella sua frase notai la traccia di verità che conteneva. Aveva ragione. Mi ero trovato una ragazza filosofa. «Che perle di saggezza, Kelsey». Mi tirò un cuscino poi tornò a leggere il suo libro. Quindi, le piaceva leggere, le piacevano i SP, era una filosofa. Ogni istante scoprivo qualcosa in più su di lei. Di me non c'era molto da sapere, non ero misterioso quanto lei, le mie passioni le esprimevo senza problemi, le passioni di Kelsey dovevano essere cercate, ma mi piaceva così com'era e non volevo che cambiasse per nulla al mondo, perché la sua perfezione era quella, anche se penso che il perfetto, ormai, sia sopravvalutato e noioso.

Kelsey.
D'accordo. Ora stavo con Conor. Non facevo notare la felicità che avevo dentro di me. Ero davvero contenta, anche se avevo paura che potesse prendermi in giro o che potesse portarmi solo a letto, ecco perché promisi a me stessa di non fare uno sbaglio del genere, di dargli l'opportunità di farlo, avrei aspettato. Mi rendeva comunque felice sapere che stavo con Conor, perché mi piaceva, anche se eravamo due persone totalmente diverse. Non sembravamo le classiche coppiette che vanno in giro, tanto dolci da far venir mal di pancia. Eravamo amici, fratelli, tutto quanto, con l'aggiunta del fatto che dovessimo tenere tutto ciò all'insaputa dei nostri genitori, perché ero sicura che ci avrebbero fatto una ramanzita, che si sarebbero arrabbiati da morire e tante altre cose che non ho intenzione di elencare, semplicemente perché sono troppe. Però ero certa che mi piacesse davvero tanto e mentre leggevo il capitolo di Morrison, ogni frazione di secondo lo guardavo con la coda dell'occhio e notai sul suo viso un'ombra che sembrava quella di un sorriso.

 

Ciao gente. Volevo ringraziare tutti e volevo dire che appena potrò
aggiornerò di nuovo, perché ho intenzione di portarla avanti in modo
spettacolare (?). Un bacio!
PS. il mio twittah, a chi può interessare (a nessuno LOL) 

https://twitter.com/ohkelseyorhoran

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Capitolo 6
*** INTRODUCING CHAPTER VI ***


Kelsey.
Quando finii il libro, sospirai e lo chiusi, soddisfatta del risultato. «Ce l'hai fatta» mi disse Conor. «Sì» sorrisi soddisfatta. Sentii mia madre che mi chiamava e andai in cucina. «Io e Jeremy andiamo a fare la spesa, saremmo qui tra un un paio di ore» mi disse. «Certo, mamma. Ti voglio bene» . «Che cosa vuoi?» mi chiese perlplessa. «Nulla» . «Come mai sei così felice?» . «Niente, sono di buon umore, tutto qui» sorrisi e tornai in camera. MI bloccai davanti alla porta e tornai di sotto, questa volta Conor mi seguì. Mi gettai sul divano ed accesi la televisione su MTV, mentre lui si sedeva accanto a me. Mi guardò un secondo e poi mise la testa sulle sue gambe. Sorrisi mentre il mio viso cominciava a colorarsi di rosso. MTV passò "Call me maybe" e scattai in piedi, buttando Conor a terra. Cominciai a cantare e ballare. «Hey, I just met you, and this is crazy, but here's my number, so call me, maybe?». Conor cominciò a ridere e prese il suo cellulare. Non me ne accorsi e cominciò a riprendermi. «You took your time with..» mi voltai e mi accorsi di quello che stava facendo. Mi avvicinai a lui e cominciai a picchiarlo. «La prossima volta ti faccio ancora più male!» . «Scusa! Ahia! Scusa, ti prego!». Continuava a ridere ed io mi sedetti, incrociando le gambe. La canzone cambiò e passò "Torn". «I'm all out of faith, this is how I feel» . Lo guardai mentre cantava quella meravigliosa canzone. Ero impressionata dalla sua voce stupenda. Non mi accorsi che anche lui mi guardava e smise di cantare. «Che c'è?» mi chiese perplesso. «Nulla, è che.. la tua voce è.. non posso descriverla». Mi abbracciò ed io risi, poi tornammo come prima, con la sua testa sulle mie gambe. «Allora non sei una ragazza super-punk. Quando ti ho conosciuta eri vestita di nero, con le ciocche colorate di fucsia e ora? ora sei tutto il contrario» . «Se vuoi torno come prima» . «No, mi piacevi prima, ma mi piaci anche ora» . «Non mi piacciono solo i gruppi punkettari, bello» . «ah sì? e che altri cantanti ti piacciono?» . «Oltre a te, beh.. Metro Station e.. One Direction» . «wow» rise e gli affondai il cuscino in faccia. «Poi? Che altro dovrei sapere?» . «Mi piacciono i film strappa-lacrime e odio quelli horror, mi piace leggere, soprattutto Sparks e mi piace guardare video sulla vita di Vicious» cominciai a ridere, mentre Conor mi guardava ed ascoltava ogni mia singola parola. «Conor, smettila di fissarmi come un pesce» . «E' che.. sei bellissima».

Conor.

Con Kelsey non riuscivo a trattenermi da dire quello che pensavo, non riuscivo a starmene zitto. Prima forse era un problema ma ora non era più così strano. Stavamo insieme e non era grave dire ciò che pensavo su di lei, soprattutto se erano belle cose, giusto? Mi piaceva tanto, davvero tanto. «Stasera c'è una festa sulla spiaggia. Ci andiamo?» gli chiesi. «Certo» mi sorrise e corse di sopra a scegliere i vestiti, risi e continuai a guardare la televisione mentre MTV trasmetteva la canzone di Bruno Mars, Just the way you are. Magari era esagerato, però.. la amavo.

 

Ehi! Questo è un capitolo cortissimo perché ho avuto poco tempo
e le idee erano scarsissime, mi farò perdonare nel prossimo, prometto.
Tutto che c'è scritto qua sono i miei reali gusti musicali, con l'eccezione che
i miei cantanti preferiti non sono i Sex Pistols. Comunque.. spero che
piaccia lo stesso. Un bacio e alla prossima.

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Capitolo 7
*** Chapter VI ***


Conor.
Kelsey scese le scale ed era sempre più bella. Acqua e sapone, così da vedere la banalità dei suoi bellissimi occhi marroni, i capelli mori raccolti in una folta coda, indossava un paio di pantaloncini che le arrivavano a metà coscia, una canottiera verde-acqua e le sue All Star bianche. «Penso che per una festa in spiaggia possa andare bene, giusto?» . «C-certo che sì» balbettai. Si sedette sul divano a gambe incrociate a guardarmi e sorrideva. «E poi sarei io il pesce» rise ed io risi assieme a lei. «Qual'è il tuo sogno romantico?» gli chiesi d'un tratto. «Eh?» disse con il viso perplesso. «Il tuo sogno romantico». Abbassò il viso e divenne rossa. «Il bacio sotto la pioggia. Sai come quelli nei film? Quelli che accadono d'un tratto, lei con il giubotto di lui sulle spalle e lui, così senza preavviso, la bacia, lasciandola senza parole» . «Il tuo sogno più grande?» . «Diventare scrittrice» sorrise ed io rimasi incantato da quella piccola curva sul suo viso. Era l'ora di andare, lasciammo un bigliettino sul tavolo e ci dirigemmo verso la spiaggia. Guardai il cielo per un secondo, sperando che ci fosse un manto di stelle pronte da vedere assieme a Kelsey, invece rimasi deluso da vedere avvicinarsi nuvoloni rossi carichi di pioggia. Speravo che non piovesse, comunque. Quando arrivammo c'era una folla immensa, mille persone più o meno. Era difficile trovarsi in mezzo a quella gente e mi accorsi che Kelsey mi prese la mano, stringendola, come se fosse impaurita da tutto quello. «Non amo le feste» urlò sotto la musica assordante. «E allora perché mi hai detto che ci volevi andare?» . «Per stare con te». Le sorrisi. L'avevo baciata solo una volta, so che non avrebbe fatto i salti di gioia e voleva aspettare, per via della sua poca fiducia nelle persone. «Hai sete?» le urlai. «Sì» . «Torno subito. Niente alcool, tranquilla». Mentre andavo a prendere da bere, una ragazza mi piombò addosso e notai che era Martha, mi scappò una risata e lei, ubriaca marcia, cominciò a saltare come una pazza e tornò dal "fortunato" della serata. Mi avvicinai al tavolo e riempii due bicchieri con della Cola. Mi guardai attorno cercando di intravedere Kelsey. Quando un'altra ragazza mi venne davanti. «Ehi, sono Heather»
Heather? La "migliore amica" di Kelsey? -pensai.
«Ciao» dissi freddo. «Come ti chiami?». Non risposi mentre cercavo ancora la più bella ragazza tra la folla. «Dai, su» disse lei insistendo. Notai che si guardò un po' attorno e mi piombò addosso, baciandomi. Cercai di staccarmi, ma quella aveva una presa salda e non riuscii a levarmi da quello schifo di ragazza. Poi, finalmente si staccò lei e sul suo viso comparve un sorriso alquanto bastardo.

Kelsey.
Dopo pochissimi istanti che Conor se ne andò, non riuscii più a stare lì, con quegli animali in preda agli ormoni e strafatti di alcool e chissà-che-cosa. Allora mi diressi verso il tavolo delle bevande e cercai Conor. Quando lo vidi, sentii le lacrime salirmi agli occhi, il cuore che si riduceva in tanti piccoli pezzi. Ecco perché non volevo fidarmi. Era lì, che baciava una sconosciuta, o meglio, per lui lo era. Heather era sempre stata così..selvaggia, se così possiamo dire. Una biondona super-truccata con tanto di tacchi vertiginosi, pantaloncini inguinali e, se fosse venuta senza maglia avrebbe fatto meglio. Ma Conor, io non mi aspettavo che facesse tutto ciò. Pian piano una lacrima cominciò a rigarmi il viso. Lui mi vide e mi corse incontro. «Kelsey, è stata lei. Non ho fatto nulla» . «Stammi lontano, schifoso» . «Kelsey, ti giuro..» . «Lasciami in pace». Cominciai a correre, percorsi tutto il molo, con Conor alle spalle che correva e mi implorava di fermarmi. La pioggia cominciò a scendere forte. Ero stupita da come il tempo assomigliasse al mio umore. Arrabbiata, triste, depressa, furiosa. Tutto quanto insieme. Non notai la pozzangherà data la mia vista annebbiata dalle lacrime. Scivolai e finii a terra, piangendo. Conor mi raggiunse. «Kelsey, io non ho fatto nulla. Te lo giuro» . «Lasciami in pace». Mi alzai di scatto e continuai a correre, questa volta Conor non mi seguì. Mi infiltrai nel bosco e raggiunsi la casetta. Piombai in casa e mi gettai a terra, con le lacrime che non smettevano di scendere e il singhiozzo che non cessava.

Conor.
Che aveva fatto quella puttana di Heather? Sapeva benissimo che c'era Kelsey nei paraggi, lo ha fatto apposta e dovevo convincere Kelsey di tutto ciò. Solo che l'avevo persa di vista. Riflettei su dove potesse essere andata. Di certo non a casa, ma nella casetta nel bosco. Presi il sentiero, cercando di ricordarmi tutto il percorso che avevamo fatto. Quando vidi la casetta bianca, mi fiondai sulla veranda ed entrai di scatto. Kelsey era a terra che piangeva. Mi distruggeva vederla così e le lacrime cominciarono a scendermi, mentre le goccie della pioggia mi cadevano dai capelli e dai vestiti fradici, inzuppando il pavimento. Mi sedetti accanto a lei, che si spostò. «Kelsey, io..». La mia voce tremava. «Stai zitto!» mi urlò. «e va al diavolo!». La guardai con gli occhi carichi di lacrime, infuoriarsi davanti a me. «Non mi dovevo fidare di nuovo» . «Ti amo» . «Eh?» rimase stupita da ciò che avevo detto e rimasi stupito anche io. Le parole mi uscirono come un sospiro, pari al mio respiro, senza che le controllassi. «Ti amo, Kelsey» . «Sul serio?» . «Sì. Heather è piombata lì, flirtava e, di punto in bianco, mi ha baciato. Volevo staccarmi, ma mi stringeva troppo forte e non riuscivo a muovermi e quando si è staccata era troppo tardi». Non so per quale motivo, ma Kelsey mi abbracciò stringendomi a sè, poi mi lasciò dalla sua presa ed andò alla ricerca di non so cosa. Quando tornò notai la Polaroid che aveva in mano. Pensai anche io ad una cosa. Le presi una mano e la portai fuori. «Che stai facendo?». Mi tolsi la felpa e gliela misi sulle spalle. «Il tuo sogno romantico» . «Allora aspetta». Mise l'autoscatto alla macchina e tornò da me. Risi, poi le presi il viso, con i nostri occhi che non smettevano di guardarsi e posai le mie labbra sulle sue, sentendone di nuovo il sapore e la morbidezza che presentavano. Il cuore mi batteva all'impazzata, il rossore nelle mie guance cominciò ad apparire e brividi lungo la schiena a salire. Ci staccammo e lei sorrideva, con lo sguardo basso. Tolse la foto dalla Polaroid e la mise su un comodino. La guardavo e lei sorrideva ancora, sempre con gli occhi piantati al pavimento. Sentii che sussurrò un qualcosa. «Sono pronta» . «Pronta?» . «Sì, voglio fidarmi». Si avvicinò a me e mi baciò, poi mi condusse in camera.

Sentivo il calore del suo corpo contro il mio, il profumo della sua pelle invadermi. Non lo consideravo come tanti ragazzi della mia età facevano. Non avevamo fatto sesso, avevamo fatto l'amore. Sì, perché non era occasionale e sconcio, era pieno d'amore, passione e il fatto è che ci volevamo troppo bene, per chiamarlo così, ci amavamo. Ecco.

Quando mi svegliai la mattina dopo la parte accanto a me era vuota. Mi alzai e mi rivestii, poi vidi Kelsey sulla veranda.

Kelsey.
La pioggia era cessata da un pezzo, il sole era alto nel cielo immenso. La terra emanava un profumo buonissimo e la tranquillità in mezzo a quel bosco non era descrivibile. Conor si sedette accanto a me e mi guardava, mentre il mio sguardo era fermo a guardare le forme degli alberi intorno a noi. La notte stessa ero stata benissimo, era quella che potevo chiamare la prima volta, non quella violenta e sporca di Josh. Mi ero fidata e anche il mio cervello questa volta mi diceva di fidarmi, nonostante quello che era successo la sera prima. Non era colpa sua, giusto? Era colpa di Heather. Tornai al reale, lasciando da parte i miei pensieri. «Che ore sono?» chiesi. «Le undici. Andiamo a casa?» . «Sì. Ah, grazie per stanotte». Abbassai il viso e le guance avvampavano. «Grazie?» rise. Presi la foto e ci incamminammo verso casa. Quando entrammo, andammo in camera e misi la foto nel libro che avevo cominciato a leggere. Dopo qualche istante mi addormentai nel letto.

Mi risvegliai e andai in cucina. Conor era andato con suo padre per la città ed io rimasi con mia madre. Venì in cucina furiosa e un qualcosa in mano. Alzò in braccio e in mano teneva la foto che avevo scattato la sera precedente. Come aveva fatto a prenderla? Lei non guardava mai i miei libri. «Mi spieghi questo?!» chiese alzando la voce, furiosa. Rimasi in silenzio, con gli occhi sgranati. «Frequenti Conor?!». Non risposi ancora. «Perfetto. Tu parti per l'Italia!» . «Che cosa?!». Mi alzai di scatto dalla sedia, con quella frase che mi ronzava in testa. «Tu parti per l'Italia, Kelsey!» . «Tutto questo perché sto con Conor?!» . «Sì, è il tuo fratellastro!» . «E cosa mi importa!». Continuammo a litigare e sbraitare per la cucina. Jeremy e Conor entrarono e si piombarono in cucina. Conor capii subito e, dopo che mia madre disse a Jeremy che succedeva, si infuriò anche lui. Alla fine, dovetti partire per l'Italia. Quella notte piansi. Conor si infiltrò in camera e si mise nel letto con me, abbracciandomi. «Ti amo, Kelsey, ti giuro che farò di tutto pur di star con te». Affondai il viso nel suo petto e gli sussurrai che anche io lo amavo, poi ci addormentammo.

Ci dirigemmo verso l'aereoporto. Mia madre non si degnò di salutarmi. Partii con le lacrime agli occhi e le cuffie nelle orecchie con la voce di Conor che cantava e la sua immagine impressa nella testa. Sbarcammo e mio padre mi aspettava, con mio fratello. Ero davvero contenta di vederli finalmente, ma stavo malissimo, davvero male e mio fratello lo vide subito. «Farò di tutto, Kelsey, pur di farvi stare insieme» mi disse. Lo abbracciai. Il suo abbraccio era l'unico che in quel momento poteva tirarvi almeno un minimo su di morale.

Gente! Ecco, ho provato a farlo il più lungo possibile ed ho avuto
un botto d'ispirazione per questa cosa. Spero che vi piaccia.
Un bacio.

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Capitolo 8
*** Chapter VII ***


Kelsey.
La macchina procedeva costantemente sull'autostrada. Ero seduta su sedile anteriore accanto a mio padre e su quello posteriore William. Ero zitta, con lo sguardo fisso sulle ginocchia, sempre a pensare a Conor. Era un pensiero che mi martellava la testa e mi distruggeva il cuore. «Sono contento che tu sia qui, Kelsey». Mio padre interruppe i miei pensieri. «Anche io, papà» mentii. «Non è vero» mi disse con lo sguardo fermo sulla strada. «Tu preferiresti essere a Brighton». Non risposi perché aveva dannatamente ragione. «Tua madre mi ha spiegato vagamente cos'è successo, ti va di spiegarmelo meglio?» mi chiese con il suo tono dolce e roco. «Scusa, papà, ma non ne voglio parlare» . «Lo faresti comunque. Quindi..preferisci ora o dopo?». Sospirai rassegnata. Lo guardai e feci un grosso respiro, poi tornai a guardare la strada. «Mamma ha chiesto a Jeremy di venire a vivere con noi ed ha un figlio, Conor, che prima non sopportavo. Non chiedermi perché. Abbiamo cominciato a legare sempre di più e dopo qualche mese, dopo che c'era stata una discussione, mi ha urlato in faccia di essere innamorato di me e dopo un po' ci siamo messi insieme. La mamma e Jeremy erano all'oscuro di tutto. Avevo una foto, che sono riuscita a prendere dalla spazzatura dopo che la mamma l'ha buttata». Cominciai a frugare nella borsa e tirai fuori il libro, lo aprii e dentro c'era la foto mia e di Conor, stropicciata ma ancora ben visibile e ancora bellissima. «La mamma l'ha vista e si è infuriata. Abbiamo avuto una bella discussione, direi» . «Lei ha fatto tutto questo, ti ha mandata via da casa, perché..stavi con il tuo quasi-fratellastro?» . «Sì» . «L'ho detto che quella donna non riuscivo più a capirla». Il silenzio tornò in macchina e mentre guardavo quella foto sentii una lacrima scendermi lungo la guancia. La asciugai immediatamente. Accesi la radio e la prima canzone che c'era era Torn. Cambiai stazione. Nobody's perfect di Jessie J. Perfetto. Guardai fuori dal finestrino e notai che eravamo quasi arrivati. Non era nè Roma nè Milano come mi aspettavo. Era una città piccola, poi notai il cartello con il nome della città. La Spezia. Dopo una mezz'ora superammo anche la città. «Mi spieghi dove abiti, papà?» . «Monterosso» . «Dove?» . «Una delle Cinque Terre». Tornai a guardare fuori dal finestrino. Ero incantata da quel mare calmo che si frastagliava contro gli scogli, l'acqua trasparente, il profumo di mare che arieggiava, non aveva nulla a che fare con Brighton. Era tutta un'altra cosa. I terrazzamenti, le coste che colavano a picco sul mare, tutte quelle case colorate. Era fantastico. Per un attimo mi dimenticai di Conor, ma poi tornò martellante nella mente. Mi mancava troppo. Sentivo ancora il suo profumo addosso, sentivo i suoi capelli sotto le mie mani, le sue labbra sulle mie. Un'altra lacrima mi scese.
Basta, Kelsey. Non pensarci, ti prego. -pensai.
«Mentre io sistemo due cose per il lavoro, voi potete andare in spiaggia» disse mio padre. «Certo» rispose William. «Va bene, Kelsey?» . «Sì, okay» dissi con viso basso, poi tornai a guardare fuori. Arrivammo a casa e sistemai le mie cose. Camera mia era carina. Era grigia e lilla, aveva la cabina-armadio piccola, un'ampia scrivania. Cominciai a sistemare. Dopo un'ora, mio fratello entrò in camera e si sedette sul letto. «Allora?» . «"Allora" cosa, William?» . «La smetti di essere così depressa?» . «N-non sono depressa» . «Per niente, Kelsey, certo» mi guardò. «Preparati che andiamo in spiaggia». Uscì, lasciandomi sola. Indossai il costume ed uscii dalla stanza. Chiamai William e ci dirigemmo verso la spiaggia. Appena arrivammo, lui fece il bagno, io andai dritta al lettino e tirai fuori il libro dalla borsa. Mi impegnai nella lettura, cercando di non pensare a Conor. Dopo un po' qualcuno mi interruppe. «Ehi» disse questo qualcuno. «Ehi». Non mi degnai di voltarmi a guardarlo. «Sono Marco, piacere» disse allungandomi la mano. «Susan» dissi, scherzando. «Di dove sei?» . «Non mi pare che siano affari tuoi» . «Volevo solo cercare di esserti amico» . «Certo, se essere "amico" significa provarci spudoratamente». Rimase in silenzio. «Ecco. Se vuoi tenermi compagnia d'accordo, ma devi stare muto». Non l'avevo guardato nemmeno una volta. Lo avevo liquidato così perché non avevo voglia di sentire dei ragazzi con gli ormoni super-tirati che ci provano con la straniera di turno. Rimase comunque lì sul lettino accanto. La giornata prometteva bene. Ironia.

Dopo sei mesi.

Conor.
Sono sei mesi che ormai Kelsey è partita e mi manca sempre di più, non riuscivo a stare senza lei. A volte, la notte, cambiavo letto. Andavo nel suo, ancora impregnato dal suo profumo, solo così riuscivo a sentirla accanto a me. Ci sentivamo, facevamo webcam, tutto di nascosto, ma io avrei voluto stringerla a me, sentire la sua pelle morbida, sentire chiaramente il suo profumo. Mi mancava davvero tanto. «Papà, tu ce l'hai con me?» . «No, Conor. E' Caren che ha fatto tutto questo» . «Eri d'accordo che io e Kelsey stessimo insieme?» . «Non proprio, ma non potevo farci nulla. Tu sei innamorato di lei e non puoi decidere di chi innamorarti» . «Papà, sembra stupido, ma io la amo» . «Lo immagino, Conor. Ma non posso farci niente, scusa». Tornai in camera e mi sedetti sul letto. Kelsey si era dimenticata di portarsi un libro con sè, La faccia nascosta della luna. Lo presi e cominciai a leggerlo dato che non c'era nulla da fare. Ero sicuro di poter riabbracciare Kelsey, ne avevo speranza. Il telefono mi squillò e il numero era sconosciuto. «Conor, sono William, il fratello di Kelsey» . «Oddio, che è successo?» . «Nulla, tranquillo. Ho un'idea per farvi ricontrare e ne ho parlato anche con tuo padre. A lui va bene» . «Ti prego, dimmi tutto».

L'aereo atterrò e all'aereoporto, come d'accordo, c'era William che mi aspettava. «Kelsey non sa nulla. Ora è in giro con il suo amico, Marco» . «Solo amico, vero?» . «Certo, altrimenti me lo avrebbe già detto, e poi, è come se fosse morta senza di te, non fa assolutamente nulla. Sembra sia tornata al suo momento punk». Viaggiammo in macchina per più di due ore. Ammirai il paesaggio di quelle splendide terre e annusavo l'aria salmastra. Il cuore cominciò a battermi sempre più forte, sentivo caldo alle guance che intanto prendevano colore. Giungemmo in una piazza. Ed eccola lì, bellissima come sempre, che parlava con questo Marco. William mi fece coraggio. Mi avvicinai a lei, Marco mi guardava perplesso. Le battei dei colpi sulla spalla, lei si voltò, quasi infastidita, quando mi vede notai che sul suo viso comparve un sorriso e gli occhi diventavano lucidi. Mi gettò le braccia al collo e scoppiò a piangere. La abbracciai stretta a me e sicuro di non volerla più lasciare.


Ciao ragazzi! Allora, è un capitolo discretamente lungo. Il problema
lo conoscete tutti: poca ispirazione. In questo periodo non ne ho
molta però questo capitolo mi piace. Ho messo La Spezia come
cittò poiché, abitandoci, è quella che conosco meglio e so come
descriverla, anche se penso che la cosa più bella siano
appunto le Cinque Terre. Comunque, parlando del capitolo.
Spero vi piaccia, perché a me, questa volta, non dispiace.
Un bacio, Nicole.

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Capitolo 9
*** Chapter VII ***


Kelsey.
Non riuscivo a crederci. Stavo stringendo Conor. Finalmente il suo profumo non era più un'illusione come tutte le notti, era reale. I suoi capelli non facevano parte della mia fervida immaginazione, ci stavo davvero affondando le mie mani. Era tutto reale, non poteva essere un sogno, perché era troppo per essere un'illusione, troppo. Sentivo le sue braccia attorno a miei fianchi, che mi stringevano, con l'impressione che non volesse lasciarmi e di certo io non l'avrei fatto. Era tutto quello che desideravo in quel momento, era tutto ciò di cui avevo bisogno.
Non lasciarmi più.
Mi sussurrò più volte che mi amava, che voleva stare con me, che non voleva andarsene. Cominciò a baciarmi la guancia, poi le nostre labbra si unirono e le lacrime di gioia continuavano a percorrermi sul viso. No, non volevo più lasciarlo, per niente al mondo. Lo guardai negli occhi con il sorriso che non voleva andarsene, nemmeno lui. Non mi sentivo più così completa da quando me ne ero andata dall'Inghilterra.
«Kelsey, non mi lasciare più» disse quasi implorando. «Conor, sai quanto vorrei tornare a casa, tornare con te, quanto vorrei sentirti di nuovo infiltrarti nel mio letto per stare con me e le tue braccia che mi stringono. Ma sai benissimo che non posso». Mi prese la mano, intrecciando le sue dita alle mie e mi guardava negli occhi. Quegli occhi erano sempre più belli. Non resistetti e lo abbracciai di nuovo, dovevo riprendere i sei mesi persi. «Dimmi che stasera dormi da me» . «Sì, ma dovrò partire domattina presto». Il mio viso si abbassò. Conor con il semplice gesto della mano, lo rialzò. Quelle ore in cui potevamo stare assieme dovevo fare di tutto. Chissà tra quanto lo avrei rivisto. Cominciammo a passeggiare per tutto il paesino e parlavamo, scherzavamo. Poi andammo a casa mia. «Questa è camera mia» gli dissi. «E quella?» indicò sorridendo la nostra foto. «Beh, l'unica foto che abbiamo insieme ho voluto incorniciarla» . «Vediamo se ti ricordi che giorno è oggi?». Ci pensai su, senza alcuna idea per la testa, poi lo fissai negli occhi e lo abbracciai. «Sei mesi che stiamo insieme». Lo sentii ridere e, Dio quanto mi mancava quella risata. «Per le foto, possiamo rifarci» disse. Frugò nella tasca destra dei suoi blue jeans e ne tirò fuori una scatolina blu. «No, Conor! Io non ti ho fatto nulla!» . «Mi è bastato abbracciarti. Ora chiudi gli occhi». Chiusi gli occhi e sentii che al braccio mi metteva un qualcosa. Li riaprii. Un bracciale. Ma non quei bracciali semplici. No. La scritta era fatta in argento, non quelle su un lastrina, quelle proprio scritte. "Kelsey&Conor" c'era scritto. La vista mi si annebbiava, lo guardai e sorridevo. «So che non è un gran che, ma..» . «Conor Paul Maynard, tu sei completamente fuori di testa» . «E' una ragazza di nome Kelsey che mi ci fa andare». Ridemmo insieme e mi abbracciò. «Ti amo, Kelsey» . «Anche io ti amo, Conor». Si staccò dalla mia presa e, frugando nel comodino, tirò fuori la mia famosa Polaroid. «Io da sola non le faccio» lo ammonii, guardandolo scattarmi foto alla cavolo. Ogni nuova foto, la attaccavo sull'armadio. Ormai era tutto coperto, completamente. «Allora? Chi sarebbe questo Marco?» mi disse. «Un amico» risposi cominciando a giocare con la sua mano. «Solo amico?» . «Sì, Conor. Puoi fidarti» . «Lo so» disse sorridendo. «E' ora di andare a letto, Conor, lo sai?» . «Lo so e mi tocca anche dormire sul divano». Mi misi sotto le coperte. «Sì, esatto e se ti sentirò entrare nel mio letto giuro che ti butto per terra» . «Comincio a mettere due cuscini sul pavimento, almeno non mi farò male» . «Notte!» gli urlai, girandomi dalla parte opposta. Mi diede un bacio sulla guancia ed uscì. Lo amavo davvero e non volevo lasciarlo andare via. Sarei partita io con lui o lo avrei fatto rimanere lì con me.

Conor.
Mi infiltrai nel suo letto e lei, come aveva promesso, mi buttò giù, ridendo come una scema. Mi era davvero mancata, non me ne volevo andare e non volevo di nuovo lasciarla. Lei era tutto per me e senza lei era come se fossi morto. Giusto quando la sentivo mi risvegliavo, poi tornavo nella mia..depressione. Quando ci svegliammo era l'ora che io me ne dovevo andare. Mi accompagnò all'aereoporto. Mi strinse così forte da farmi mancare l'aria. Piangeva. Non sopportavo vederla piangere, soprattutto perché quelle era tristi. Non volevo fosse triste. La amavo, cavolo, se era triste lo ero anche io. Era una parte di me. Le diedi un lungo bacio e le dissi che sarei tornato presto e di quanto la amavo. Lei parlava a singhiozzi, dicendomi che voleva venire via con me, ma sapeva di non poterlo fare. L'aereo partì e piano piano Kelsey si fece sempre più piccola, come fosse un sogno che stava svanendo.

 

E' davvero, davvero, davvero corto, lo so purtroppo. Ma questo periodo
è scarso con l'ispirazione, ma giuro, come ho sempre fatto, che con
il prossimo capitolo vi stupirò. Grazie ancora a tutti. Un bacio <3

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Capitolo 10
*** Chapter VIII ***


Kelsey. 
Beh. L'avevo lasciato andare. Che altro potevo fare? Volevo stare con lui, è vero. Se ami qualcuno, lascialo andare. Se davvero tiene a te, tornerà. Credevo davvero a quella frase ed ero certa che saremmo stati di nuovo insieme. Lui qui o io là. Non importava dove, l'importante era che tornassimo a stare insieme, a stare bene. Quella sera mi fermai a guardare le stelle. C'era un'ora di fuso-orario. Presi il telefono e chiamai Conor. «Ciao» dissi quando rispose. «Ehi! Che succede?» . «Avevo bisogno di sentire la tua voce» . «Mi manchi, Kelsey» . «Anche tu, Conor, da morire» . «Kelsey, vorrei sapere che ne pensi se pubblicassi un video su internet. Lo faccio?» . «Sì, Conor! Tu devi provarci» . «Ti amo» . «Anche io». Andammo avanti tutta la sera, mentre ancora guardavo quel grande manto di stelle che caratterizzava il cielo. Ormai il mio credito era finito. Alle quattro attaccammo. Rientrai in casa e mi gettai sul letto, come sfinita. Guardavo il soffitto, gli occhi sbarrati. Dovevo tornare a casa, a tutti i costi. Non m'importava dell'orario. Chiamai mia madre. Una lunga discussione e un tremendo risultato. Non sarei tornata. Non m'interessava. Sarei tornata a casa anche se lei non voleva, anche se mi avrebbe buttata fuori. Dovevo stare con Conor, avevo bisogno di stare con lui. Non potevo starmene con le mani in mano e aspettare degli anni come nei film. Quello non era un film. Era la realtà. Non ci saremmo più rivisti di certo dopo qualche anno. No, non volevo. Dovevo stare con lui. Quando mi addormentai erano le sei e mi risvegliai dopo un'ora. Ero uno schifo, mi sentivo uno schifo. Avevo pianto tutta la notte, che altro potevo fare. Non toccai cibo tutto il giorno. William era seriamente preoccupato. «Kelsey, almeno mangia» . «Non ho fame» gli risposi. Mi prese un braccio e mi abbracciò. Avevo perso due chili. Non andava bene, per niente. Sentivo un buco nello stomaco e non mi sentivo di mangiare. Ero davvero uno spavento. Non perché ero magrissima, pelle ossa, ma avevo le occhiaie quasi violacee, gli occhi sempre gonfi di lacrime, ero dimagrita, non dormivo. Tutto questo perché? Perché non vedevo Conor. Non era normale, sul serio. Non era solo quello il problema. Tanti ragazzi, poco dopo arrivata, mi dicevano che ero grassa, che ero brutta. Stavo male. In tutti i sensi. Ma il "caso Conor" era quello che mi faceva stare peggio. Dio, lo amavo e non potevo vederlo. Potevo anche pensare che mi tradisse, ma mi fidavo di lui. William mi sussurrò un qualcosa che capii subito dopo. Quando andaii in camera mia, mio fratello entrò d'improvviso. Gettò le valigie a terra. «Forza, perdiamo l'aereo!» . «L'aereo?» chiesi perplessa. «Sì, un aereo. Hai presente quelle cose di metallo enormi che volano nel cielo e che ti portano da una parte all'altra?». Gli tirai un cuscino e rise. «Ho convinto la mamma». Gli saltai addosso e lo strinsi. Gli ripetei almeno un miliardo di volte quanto bene gli volevo. Avevo un fratello che era una meraviglia, mi stupiva il fatto che non avesse ancora trovato una ragazza.


Entrai in casa. Dovevo ammettere che mi era mancata. Salii lentamente le scale e la porta di camera era aperta. Conor era alla finestra a canticchiare, poi notai che era al cellulare. «Certo, lo so, Ed. Se ami qualcuno lascialo andare..» . «E se davvero tiene a te, tornerà» continuai. Si voltò lentamente e rimase una frazione di secondo a guardarmi. Gettò sul letto il cellulare e corse da me. Mi alzò da terra e mi baciò. «Che fai qui?» . «Ci abito» . «Tu..» . «Sì, starò qui. E' un problema?» . «Assolutamente no! Ma come hai convinto tua madre?» . «Chiedi a mio fratello. Ha qualcosa di magico, lo dico io». Ridemmo all'unisono e mi strinse a sè. «Non ti lascerò più» mi disse. La sua voce era sincera. Finalmente era con me. «Il video?» gli chiesi. Mi fece guardare il computer. «Wow, se l'hai postato dieci minuti fa e ci sono già 2.000 visualizzazioni, direi che devo stare attenta alla concorrenza». Mi fece sedere sulle sue gambe e intrecciò le sue dite alle mie. «Non hai nulla da preoccuparti. Amo solo te, le altre sono ragazze comuni».

 

Questa volta c'è solo il POV di Kelsey, nel prossimo ci sarà
il POV di Conor. Beh:) Spero che vi piaccia e scusate
l'attesa, comunque tra poco riprenderò anche a scrivere
"An hour, a day or little more" perché non può finire così.
Ora ho tante cose che mi girano per la testa c: Preparatevi.
Un bacio:3


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Capitolo 11
*** Chapter IX ***


Conor.
Ero talmente felice, talmente contento di tutto ciò, non riuscivo a crederci. Ero al settimo cielo. Kelsey stava ancora sulle mie gambe e guardavamo il video che avevo postato e canticchiava a bassissima voce. Non riuscivo a staccare gli occhi da lei, era stupenda. Notai quanto fosse dimagrita, come i suoi zigomi sporgevano dalle guancie, ma era stupenda lo stesso, non m'importava del suo aspetto fisico, lei era stupenda, punto e basta. Non staccava la mano dalla mia. Si voltò con lo sguardo basso. «Promettimi che, qualsiasi cosa succeda, non ti farai prendere e starai ancora con me». Non capivo tutto quello, ma glielo promisi, era il minimo che potevo fare per lei. La amavo, che potevo fare? Le abbracciai i fianchi e la strinsi a me, il suo profumo mi stava facendo impazzire. Avvicinò il suo viso al mio, fino a sfiorarci le labbra. «Tu sarai solo mio e non di quelle oche che si aggirano con i pantaloncini inguinali pronte ad aprire le gambe al primo che capita» . «E questa che sarebbe?» . «Una minaccia». Risi e cominciai a farle il solletico ai fianchi. Si alzò di scatto ridendo e cominciò a correre per tutta casa. Quando la presi, sua madre era appena tornata. «Ciao Kelsey» disse fredda. «Ciao» le disse lei. Si voltò e si incamminò di nuovo verso camera, con il volto furioso nel vedere l'immagine di sua madre. «Non la sopporto, Conor, davvero» . «Kelsey, è pur sempre tua madre, non dovresti odiarla» . «Ha sempre fatto l'opposto di ciò che volevo io» . «Tu hai una madre, Kelsey. So che ha fatto cose che non avrebbe dovuto fare, non avrebbe dovuto separarci, ma tu hai una madre». Lo dissi senza riflettere. Kelsey rimase immobile, con le lacrime agli occhi. Non realizzai di averlo urlato. «Kelsey, mi..» . «Non dire che ti dispiace, sono io quella che deve dirlo». Mi abbracciò e cominciai a piangere. «Ehi, non piangere, Conor». Mi strinse sempre più forte. Alzò il viso e con le dita mi tolse le lacrime. Le diedi un piccolo bacio sulla fronte.

Stavo dormendo, quando sentii qualcuno introfularsi nel mio letto. Mi voltai e Kelsey aveva appena tirato su le coperte. «Va bene se sto qui con te?». Sorrisi e la abbracciai. Cominciò a giocare con i miei capelli e sorrideva. Le morsi un naso. «Cretino» mi disse. «Mai quanto te» . «Non mi offendere!». Mi diede un colpo ad un braccio e dopo poco ci addormentammo, ancora abbracciati. Ogni istante che passava la amavo sempre di più, in ogni cosa che faceva e in ogni cosa che era.

Attaccai il computer e guardai le visualizzazioni. Un milione. Kelsey mi abbracciò il collo. «Mi devo seriamente preoccupare della concorrenza» disse sorridendo.

Ciao! Lo so, lo so, vi ho fatto aspettare. Le idee stanno tornando e comincerò di nuovo
a pubblicare senza sosta come facevo prima. Spero che questo piccolo
POV di Conor vi piaccia. 
A PRESTOO!
Nicole c:

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Capitolo 12
*** Chapter X ***


Kelsey.
Quella mattina uscimmo un po'. Dovevo assaporare l'aria di Brighton. Intrecciò la sua mano alla mia e sul volto mi comparve un sorriso misto ad imbarazzo e felicità. Conor si avvicinò a me e mi diede un bacio su una guancia, per poi sussurrandomi «Sei perfetta, piccola mia». Camminavamo tranquilli, come sempre, fino a quando una ragazzina si fermò. «Tu sei quel ragazzo che ha postato il video su internet» disse, quasi agitata. «Sì, sono io» . «Sei davvero bravo!». Nulla di strano, cioè mi sembra una cosa normale. Dopo una ventina di minuti un enorme gruppo di ragazze si fiondarono addosso a Conor e mi spinsero fuori, sbattendomi a terra. Conor sembrava nemmeno accorgersene. Faceva foto e tutto un po'. Lo guardai e dentro me sentii un vuoto, sentii il cuore che pian piano si spezzava. «Conor!» urlai, ma lui non se ne accorgeva. Mi voltai e misi le mani in tasca. Me ne andai da quella massa di ragazzine. Avevo il viso basso, le lacrime mi rigavano il viso come non mai. Mi aveva appena promesso di non lasciarmi mai per quelle, ma era appena successo. Ero appena tornata, volevo passare del tempo con lui. Nulla era come volevo. Non ci credevo. In un secondo era cambiato tutto, in un singolo secondo. Io lo amavo e in quel momento stavo male. Entrai in casa e salii le scale lentissima, fino a che non entrai in camera, gettandomi a peso morto sul letto. Il cellulare cominciò a squillarmi, ma non avevo intenzione di parlargli. Mi faceva male. Non risposi. Chiamai subito Marco. «Marco..» dissi con voce tremante appena rispose. «Kelsey, che succede?!» chiese allarmato. «Conor..» . «Che ha fatto?» . «Stavamo passeggiando e una ragazzina l'ha riconosciuto. Nulla di strano. Il problema è stato quella mandria che ci è venuta addosso. Sono caduta e nemmeno se n'è accorto. Ora ha realizzato che me ne sono andata!» . «Kelsey, tu sei gelosa delle sue fans» . «NO!» . «Kelsey?» . «D'accordo, un pochino» . «Vedi? Ha sbagliato anche lui, certo. Ora, Kelsey, devo andare. Ti chiamo più tardi. Per qualsiasi cosa, ci sono». Attaccò e affondai il viso nel cuscino, piansi tanto. Poi sentii dei passi sulle scale. «Kelsey!». La voce di Conor sembrava preoccupata. Mi fiondai in bagno e chiusi a chiave la porta. Sentii che si avvicinava. Cominciò a bussare. «Kelsey, che succede?» . «Va' via!». Si sentiva chiaramente la mia voce piena di pianto. «Che ho fatto?» . «Non ti sei nemmeno accorto che sono caduta! Conor, mi avevi promesso che nulla sarebbe cambiato!» . «Esci dal bagno, non possiamo parlare così!» . «Tanto vale non parlare!». Sentii Conor che tirava un pugno al muro. Sapevo di esagerare, ma sapevo benissimo come sarebbe finita. Mia madre ci chiamò per la cena. «Non ho fame!» urlai dietro la porta del bagno. Nei giorni seguenti cercai di evitare in tutti i modi Conor. Jeremy mi portava da mangiare in camera, sapeva ciò che era successo. Quando Conor entrava in camera io entravo in bagno. Andò avanti per qualche settimana. Era complicato evitarlo per dormire, ma in bagno avevo tutto ciò che mi serviva. «Kelsey, non possiamo continuare a stare così!». Non gli risposi. «Kelsey!». Continuai a non rispondergli. Ero esagerata, ma nemmeno si era scusato.

Conor.
Era furiosa e non mi voleva nemmeno vedere. Mi faceva male. Dormiva in bagno! Quella notte rimasi sveglio, quando la porta del bagno si aprì. Si muoveva e cercai di metterla a fuoco nel buio. Cavolo, era dimagrita tantissimo, ma era sempre bellissima. Mi alzai e mi parai davanti a lei, bloccandola al muro. «Kelsey. Allora, se lo vuoi sapere ho cancellato il video, così nessuno potrà più vederlo. Ora nessuno mi riconosce più. L'ho fatto solo per te, perché sei tutta la mia felicità. Mi dispiace di averti trattata così, ma ti prego, ti prego, perdonami. Senza te non ce la posso fare». Kelsey si avvicinò e mi diede un bacio. La abbracciai. All'improvviso sentii come peso morto, si era lasciata andare e aveva lasciato la presa. Era appena svenuta. La misi sul letto, cercandola di farla rinvenire, ma non ci riuscivo. Chiamai i nostri genitori nella stanza accanto. Sua madre accorse allarmata. Non l'aveva mai vista così. Ci stava male, era preoccupata. Mio padre prese le chiavi della macchina e urlò di sbrigarci. La presi in braccio e la caricai in macchina. Mio padre ingranò la marcia e premette così forte sul pedale dell'accelleratore che avemmo un sussulto. Tenevo la testa di Kelsey sulle mie gambe, cercando di svegliarla. Le piangevo addosso. Era colpa mia, lo sapevo benissimo. Arrivati al pronto soccorso la portammo dentro. Dicevano che non era una priorità, che c'era di peggio. La rabbia mi stava avvampando, stringevo i pugni. «Non è una priorità?! E' svenuta! Potrebbe avere qualsiasi cosa!». Urlavo e tutto il pronto soccorso si era voltato a guardarmi. Non avevo vergogna, stavo cercando di far riprendere la ragazza che amavo. Per farmi smettere di urlare, l'hanno subito portata inuna stanza per accertarsi che andasse tutto bene. Aspettavo nella saletta la risposta. Avevo un'ansia tremenda.

Finalmente ce l'ho fatta a pubblicare l'altro capitolo. Scusate l'attesa!
Spero vi piaccia, davvero.
Un bacio c:

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Capitolo 13
*** Chapter XI ***


Conor.
L'ansia mi stava consumando. Tenevo d'occhio l'orologio, cercando di non far scendere le lacrime che combattevano contro di me. Le uniche cose che sentivo erano il ticchettio delle lancette, il pianto a sussulti della padre di Kelsey e i passi di mio padre che camminava ininterrottamente lungo il corridoio. Si fermò davanti a me e mi guardò, con aria comprensiva e piena di affetto. «Conor, andrà tutto bene» . «Me lo auguro, papà». Guardavo in alto, non volevo farle scendere, per niente al mondo. Sembrava che fossero passati anni quando il dottore uscì dalla stanza. Ha detto che non mangiava da giorni, che è questa la causa di tutto ciò. Ancora le lacrime combattevano. Era colpa mia, solo mia. Non mangiava, stava chiusa in bagno perché non voleva vedermi, voleva evitarmi. Nonostante mio padre le portava il cibo in bagno, lei non mangiava. Le lacrime vinsero. Stringevo i pugni sulle gambe, le nocche diventarono bianche e le unghie erano dentro la pelle.  Mi alzai, ancora con i pugni serrati. Chiesi al dottore di farmi entrare, lo supplicavo. Quando aprii la porta mi invase l'odore di disinfettante e il rumore del monitor. Bianco candido. Mi voltai verso il lettino. Sdraiata un corpo allampanato, pallido, troppo troppo magro. «Ehi» sentì una voce leggera, quasi sforzata. Mi avvicinai con passo leggero. «Kelsey.. mi..». Mi bloccò. «Non dire che ti dispiace, perché è solo colpa mia. Mi stavo facendo morire di fame, Conor. E' colpa mia e basta» disse. Mi avvicinai ancora. Il viso, sporgevano gli zigomi. Il suo corpo non si distingueva sotto le coperte bianche. Le presi la mano, cercando di essere il più delicato possibile. Pensavo che potesse rompersi, pensavo fosse così fragile. Le nocche le sporgevano fuori. Abbassai il viso e le lacrime uscivano. «Conor, non piangere, ti prego». Con la sua poca forza mi strinse la mano e si tirò su. Lasciò la presa e mi prese il viso con entrambe le mani. «Sono bruttissima, ma tu, con te sto bene, Conor, ecco perché me la prendo per ogni cosa. Ho paura che tu te ne possa andare via da me e non starò più così bene. Se piangi, Conor, mi distruggi. Farò di tutto pur di tornare come prima, pur di essere la Kelsey di prima, anche con un po' di ciccetta in più». Sorrise. Il suo sorriso è ciò che amavo di più ed era sempre lo stesso. Tirai su con il naso e le mi baciò. Non mi accorsi di quanto le mie spalle fossero tese, me ne resi conto solo dopo averle rilassate, i pugni si allentarono, anche se sul palmo sentivo pulsare il sangue che ormai non fluiva più dalla stretta. Mentre mi baciava, sorrideva. Staccammo le nostre labbra e lei mi guardò. Sbadigliò e la costrinsi a dormire. Quando si addormentò, mi misi accanto a lei e la strinsi. Sotto le mie braccia le sue ossa. Pesava 40 chili.

Pochi mesi dopo.
«Non.toccare.i.miei.libri» . «Ero curioso! Scusa!». Mi stava picchiando, odiava quando toccavo i suoi libri. Nei mesi dopo il suo ricovero aveva ripreso a mangiare. Le sue guance erano piene, le mani morbide, neinte più ossa che sporgevano, era così bella. Ora pesava 60 chili. La presi per un braccio e la tirai a me. Le diedi un bacio e rise. Era tutto perfetto, tutto. Troppo perfetto. 


E' un bel po' che non scrivo, spero che questo vi sia piaciuto.
Non avevo nemmeno un minimo di ispirazione, continuerò
presto, promesso (: Un bacio.

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Capitolo 14
*** Chapter XII ***


Presente: Conor.
Ora, cioè, dopo due anni che io e Kelsey non ci sentiamo più, questo perché i nostri genitori non riuscivano più ad andare d'accordo, lei fu costretta ad andare in Italia, dato che la madre tornò con Truman, il padre di Kelsey. Dopo qualche mese decidemmo che era meglio smetterla lì, entrambi stavamo male e lasciammo andare tutto. Avevo ragione quando dissi che tutto era troppo perfetto. Dopo pochi giorni le dovette partire. Ora ho intrapreso il mio sogno. Continuai a postare video su Youtube, fino a quando un grande cantante mi scoprì. Ora sono in giro per il mondo a promuovere il mio primo e vero disco. Sto aspettando di arrivare nella mia prossima tappa e ripenso a ciò che io e Kelsey ci fummo detti qualche settimana prima. L'avevo incontrata e ci siamo messi a parlare, come due semplici amici che non si vedono da parecchio. Si era messa con un ragazzo, che dopo poco la lasciò, non si mise più con nessuno. Le dissi che io non mi misi con nessun'altra dopo lei. Dopo una breve chiaccherata, di nuovo ognuno per la strada propria. Devo ammetterlo: tutt'ora sono innamorato di lei. Come posso non esserlo? Lei era l'unica che riusciva a capirmi, che sapeva come trattarmi. Era l'unica che amavo così tanto ed ero certo che nessun'altra poteva prendere il suo posto. Fuori dal finestrino tutto viaggia veloce e nella mia mente mi compaiono quelle immagini di qualche anno fa. Il suo essere scontrosa con me, il suo modo di esprimersi, il suo cambio improvviso e le sue fisse di gelosia. Tutto mi mancava di lei. Non posso farci niente. Arrivai dove il concerto doveva avere luogo. Mi sedetti su una poltrona e cominciai a cantare le mie canzoni, ma poi tutto si confuse e cominciai a cantare Torn, quella canzone che lei cantava sempre, con me. Guardai le persone che correvano da un angolo all'altro in preda all'euforia per il mio concerto. Chiusi gli occhi.

* * *

Venti. Diciannove. Diciotto.
Il concerto stava per iniziare, sentivo gli urli dei fans, non stavo bene.
Diciassette. Sedici.

«Conor»
Quindici. Quattordici.
Mi voltai e dietro me, Kelsey, bella come sempre. «Kelsey!». «Conor, ho mentito. Non stavo bene. Per niente. Nulla è andato per il verso giusto. Soprattutto dopo che tra di noi è finito tutto. Conor, non riesco a toglierti dalla testa, non posso. Non mi ha lasciata lui, l'ho lasciato io. Non potevo stare con uno che non amavo, dopotutto tutte le cose che abbiamo passato. Conor, ti amo
». Non ebbi modo di replicare, perché già l'avevo baciata.
Nove. Otto. Sette.
Non riuscivo a staccarmi da quelle labbra, erano troppo.
Sei. Cinque. Quattro.
Non potevo salire e lasciarla lì.
Tre. Due. Uno.
Tutto cominciò ad illuminarsi, le luci mi accecarono. Sul palco giungevano le urla delle fans. «Vi chiederete chi è lei accanto a me. Lei è la ragazza più bella al mondo. Kelsey, la mia ragazza».

Presente: Kelsey.
Non c'è bisogno di dire molto, c'è solo bisogno di dire: beh, cervello, questa volta avevi torto.


 

 

THE END.

E questa FF è finita. Spero che vi sia piaciuta.
Riprenderò quella su i One Direction o ne inizierò
un'altra. Ringrazio tutte quelle che hanno messo
la mia storia tra le preferite, che l'hanno recensita.
Alla prossima storia. 
PeaceAndConor.
-Nich.

 

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