but we're making all the same mistakes

di itstheinfinity_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. change. ***
Capitolo 2: *** 2. Friends will be friends ***
Capitolo 3: *** 3.change. ***
Capitolo 4: *** 4. wake up ***
Capitolo 5: *** I’m Leslie, nice to meet you. ***



Capitolo 1
*** 1. change. ***


1. Edimburgh.
Leslie levò il viso e lasciò che la fredda aria di settembre le scompigliasse i lunghi capelli rossi. Gli enormi ed espresivi occhi verdi vagarono per le stradine di campagna, illuminate dalla calda luce del tramonto. Era tutto così perfetto... la fresca e verde erba, le foglie colorate degli alberi, le case di Edimburgo che svettavano in lontananza... Leslie corse fino ad un vecchio salice , il suo rifugio, dove lei e Simon, il suo migliore amico, si confidavano segreti, le insofferenze, i problemi di ogni adolecente. La giovane diede una distratta occhiata all'orologio che portava al polso e solo allora si accorse di essere tremendamente in ritardo. Corse come una paza verso la bici, appoggiata ad una vecchia ringhiera, e percorse i quattro chilometri che la separavano da casa. Quanto era bella Edimburgo, una città magica. E Leslie era senza dubbio una gran sognatrice, un po' all' antica forse. Finalmente raggiunse il suo condominio, e si affrettò ad inserire la chiave nella toppa e ad entrare. "Mamma, pa', sono a casa!" Subito la accolsero le calde braccia di sua madre, mentre in tono serio le diceva: " Noi dobbiamo parlare".

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Capitolo 2
*** 2. Friends will be friends ***


2. Friend will be friend. Leslie guardò la madre, che continuava a osservarla con aria seria, mentre la conduceva in salotto, una stanza piccola ma confortevole. Nel locale si trovavano già il padre George, un uomo dall’aria costantemente stanca, e il fratello maggiore di Leslie, Matt. L’uomo si schiarì la voce e si passò una mano fra i corti capelli brizzolati. “ Come incominciare, Leslie… vedi, tu sai che io amo molto Edimburgo e questa casa, ma vedi, il mio capo ha deciso che… beh, ecco, difficile da spiegare, sai, la mia ditta è stata trasferita nell’East Land londinese e… certo so che non girano belle voci su quel quartiere, ma non è così male come sembra… Ci troveremo in qualche modo una sistemazione e la partenza è fissata per… emh, per… per domani.” Fu come se in un colpo tutte le certezze, tutte le speranze e tutti i sogni di Leslie s'infransero. Prima che potesse rendersene conto, era già uscita da quel locale ormai asfissiante e ora era per strada, e correva, correva, correva, disperata, finche scivolò e cadde a terra, mentre le lacrime si fondevano con l’asfalto e l’asfalto con le lacrime. I lunghi capelli ramati le scivolarono lungo il viso, come una tendina, a isolarla dal mondo, dal dolore, dalla sofferenza. La ragazza ansimò, mentre il viso di Simon le balenò nella mente, e con lui il suo sorriso, il suo dolce abbraccio, la sua voce rassicurante… Non era possibile, non era vero. Come poteva suo padre in meno di cinquanta parole spezzarla? Leslie sapeva benissimo che le ferite sono dure da guarire, mille volte si era fatta male cadendo dalla bicicletta o dalla corda nella palestra della sua scuola, ma le ferite dell’anima sono dure da ricucire. In qualche modo la ragazza riuscì ad alzarsi e si diresse barcollando verso il pub più vicino. Una volta entrata si sedette al bancone e ordinò un bicchiere di wisky. Mentre era intenta a giocherellare con una ciocca di capelli buttò giù l’alcolico fissando il vuoto, una voce la sorprese alla spalle, e subito si voltò, riconoscendo la calda voce di Simon. “Leslie! Cosa diavolo stai combinando qui?” La ragazza si avvicinò all’amico di slancio, e mentre gli buttò le braccia al collo di nuovo le lacrime le scesero lungo le delicate guance rosa. “Mio padre ha deciso che ci trasferiamo a Londra, domani partiamo.” Per un attimo il giovane rimase senza parole, dopodiché strinse più forte a sé l’amica. “Ricordati che qualunque cosa succeda, io non ti lascerò mai Lelly, mai.” Leslie sorrise. Lelly era il modo affettuoso con cui Simon la chiamava. “E stanotte tu dormi da me, intesi? Adesso va’ a darti una ripulita, brutta ubriacona che non sei altro.” Un’ora dopo Leslie era accoccolata sul letto di Simon, mentre lui era straiato su un divanetto. Ciò che si dissero quella notte resterà forse un segreto fra di loro, ma in fondo è bello così, un segreto fra amici.

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Capitolo 3
*** 3.change. ***


3. Change. La mattina seguente Leslie salutò per l’ultima volta Simon, dopodiché si incamminò verso casa sua. Fortunatamente i suoi avevano immaginato dove fosse stata, quindi non si erano preoccupati più di tanto. La ragazza mise le sue cose nella sua vecchia valigia a pois rosa, dopodiché guardò per l’ultima volta la cara, vecchia stanza che da diciassette anni condivideva con il fratello. Con un sospiro scese le scale e raggiunse i familiari, che l’aspettavano sul consumato pick up rosso. Partirono, e Leslie fece giusto in tempo a salutare la casa che già erano lontano, fra autostrade infinite, pascoli e vecchie fattorie abbandonate, moderne cittadine e immensi boschi. La ragazza non emise un suono durante tutto il viaggio, e sette ore dopo si trovava già nel suo nuovo appartamento, al di sopra di un vecchio bar puzzolente nella periferia londinese. La ragazza si guardò attorno, a disagio. Erano le otto di sera e quelle viuzze piene di vecchi negozi musicali, locali e pub malmessi non le piacevano per niente. Sospirando disfò le valige nella sua nuova stanza. L’unica nota positiva era che almeno non avrebbe dovuto condividerla col fratello. In effetti sarebbe stato impossibile dividerla con lui, dal momento che c’era giusto lo spazio sufficiente per un letto, un armadio, un piccolo balconcino e una scrivania in legno. Leslie si sdraiò sul letto, e constatò con piacere che era piuttosto morbido e soffice. Infine la famiglia si riunì per la cena, che si svolse in cucina, un locale piccolo (che novità!) ma confortevole. “Allora ragazzi che ne dite?” -chiese la madre, Rose, entusiasta. “Vi piace?” Matt borbottò qualcosa che suonava come: “non c’è male”, e Leslie si ritrovò ad annuire automaticamente, giusto per far contenti i suoi. “Beh, sono propria contenta, anche perché domani andrete a scuola.” A quella frase mancò poco che i due fratelli sputassero la minestra. “Cosa? A scuola? Ma mamma, io…” –cercò Leslie di dire. “Non si discute ragazzi, mi dispiace.” Dichiarò con voce ferma Rose. “Io comunque ho vent’anni, posso benissimo non andarci”, dichiarò aggressivo Matt. “Preferisci lavorare?” “Se è necessario, si.” Rose guardò allibita il figlio, ma restò ancora più sorpresa dalle parole del marito. “Lascialo fare, Rose. Può lavorare con me in officina, che problema c’è? Anzi, un aiuto mi tornerebbe utile…” Matt sogghignò, aveva raggiunto il suo obiettivo. Finita la cena, Leslie si rinchiuse in camera e si raggomitolò sotto le coperte, fissando il vuoto per diversi minuti, dopodiché si addormentò.

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Capitolo 4
*** 4. wake up ***


Il giorno seguente Leslie non si sarebbe mai voluta alzare dal confortevole letto. La sveglia sul comodino segnava le sette e cinque, perciò la ragazza si alzò controvoglia, gli occhi verdi assonati contornati da lievi occhiaie. La giovane non toccò cibo, dopodiché si chiuse in bagno, si lavò, e indossò un semplice paio di jeans scuri e una maglietta verde smeraldo, che metteva in risalto i meravigliosi occhi. Indossò una felpa rossa, un paio di vecchie e bianche scarpe da tennis e osservò la propria figura allo specchio. Una sedicenne snella, dal viso costellato di lentiggini, colorito pallido, grandi ed espressivi occhi verdi, un nasino all’insù e una massa di capelli rossicci, che le cingevano il volto e la schiena. Tutti le ripetevano che era una gran bella ragazza, e molti nella sua vecchia città, Edimburgo erano stati, almeno una volta, completamente cotti di lei… Ma ora era diverso, era a Londra, e lì tutte le ragazze erano alte, col fisico da modelle, bionde o more, perfettamente truccate, mentre Leslie disponeva solamente di un lucidalabbra alla fragola, il suo gusto preferito, e un mascara blu. Ah si, e poi aveva anche una matita nera e un fard, regali di compleanno di mamma. Con un sospiro la sedicenne si passò un lieve trucco di fard, giusto per dare luce al volto pallido, il mascara e il suo amato lucidalabbra. Dopodiché in una cartella rosa ammucchiò alla rinfusa i libri di testo che sua mamma aveva comprato all’ultimo minuto. Con un profondo sospiro, seguì la madre fuori dall’appartamento e salì in macchina. “Allora, tesoro?” Leslie annuì, non aveva nemmeno la forza di rispondere. Dopo neanche dieci minuti la mamma parcheggiò davanti ad un edificio piuttosto piccolo ma moderno, con un ampio giardino e una pista di atletica. “Buona giornata, amore.” La madre la salutò mentre Leslie si diresse barcollando verso l’entrata, finché si decise a spalancare il portone e ad entrare.

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Capitolo 5
*** I’m Leslie, nice to meet you. ***


Come la ragazza varcò la soglia, centinaia di suoni e odori diversi s mescolarono e rimescolarono. Studenti impazziti che si affannavano verso gli armadietti, coppiette che limonavano nascoste dietro appendiabiti e gli ultimi ritardatari che correvano verso le aule, trascinandosi dietro ogni sorta di oggetti o persone. Urla e strilla, bisbigli e fastidiose scie di profumi, tutto questo creò a Leslie un lieve giramento di capo, che per non cascare giù a terra come un sacco di patate, si appese disperatamente alla prima persone che le capitò a tiro, e in questo modo ottenne solamente di ruzzolare a terra assieme a un perfetto sconosciuto. “Ma che cazz?” fece l’innocente vittima, un ragazzo dalla voce profonda e da scuri capelli ricci. “Dio, mi dispiace un casino, io non volevo, cioè nel senso, sono claustrofobica e spesso ho attacchi di panico e…” Leslie si rialzò velocemente e tese una mano al giovane, che respinse però con fare piuttosto seccato e preferì alzarsi da sé. “Allora? Non chiedi scusa?”- Disse il ragazzo sbuffando. Leslie rimase per qualche secondo ad osservarlo, prima di rispondere. Occhi verdi e furbi, viso snello e delicato, folti capelli ricci, fossette sexy e fisico praticamente perfetto. Il classico tipo di ragazzo che non fa fatica a trovare una disposta a starci. “Credo di averti già detto che mi dispiace”, dichiarò schiarendosi la voce e facendo un passo avanti. Intanto vari ragazzi si disposero in cerchio per assistere alla scena. “Mmmh, si, forse hai ragione, l’hai detto. Devi però sapere che qui le cose funzionano diversamente… Vieni, ti spiego,” disse lui con fare accattivante, tirandosi dietro la ragazza e spingendola contro l’interminabile fila di armadietti arancioni. Leslie si vide le labbra del ragazzo a pochi centimetri dalle sue, il suo fiato sul collo. “Noi perdoniamo chi commette errori… così.” Pochi attimi dopo la ragazza, senza nemmeno aver tempo di formulare un pensiero logico, si trovò la lingua del giovane accanto alla sua, mentre si impossessava con cattiveria della sua bocca. Dovettero passare parecchi istanti prima che Leslie trovasse la forza di ribellarsi e di spingere il bullo lontano. “Allora? Non ti è piaciuto, bellezza?” chiese lui malignamente. In tutta risposta Leslie lo guardò schifata e si allontanò in fretta, verso la prima aula che le capitò a tiro. “A proposito, io sono Harry, e tu?”- le urlò lui dall’atrio. In tutta risposta la giovane alzò il dito medio, suscitando l’ilarità del gruppetto di persone che si era fermato ad osservarli. Leslie abbassò gli occhi a terra, disgustata. Sentiva ancora in bocca il sapore della spietata lingua di quell’animale, meglio noto come Harry. Per sua fortuna non era quel tipo di ragazza facile ed era riuscita in qualche modo a spiazzare il ragazzo, anche se con un po’ di ritardo. Innervosita, entrò nella prima aula che trovò, la segreteria, disse il suo nome e una bidella grassoccia e dai capelli biondo platino con una visibile ricrescita grigia la accompagnò alla sua classe, non senza prima aver salito una rampa di scale e aver percorso interminabili corridoi. La giovane non si sarebbe mai immaginata che l’edificio fosse così grande e ben curato. Senza dubbio la madre era riuscita a mettere dei soldi da parte per iscriverla ad una delle scuole migliori del suo quartiere. Ansimando come un toro, come se quel giro l’avesse sfiancata, la bidella bussò alla porta, e senza attendere una risposta entrò. “Professoressa, questa è l’alunna nuova, quella Lilly… Lara… come hai detto che ti chiami, cara?” “Leslie,” fece la sedicenne, mentre la classe cominciava a sghignazzare. “Oh non preoccuparti, Leslie, vieni qua,” la invitò la prof dolcemente. “E tu puoi andare, “ disse rivolgendo un’occhiata infuocata alla bidella. “Messaggio ricevuto, scappo, anzi corro, agli ordini,” biascicò quest’ultima prima di inciampare nella porta e di uscire, scatenando per la seconda volta l’ilarità generale. “Non ci badare, fa sempre così. Allora, raccontaci un po’ chi sei e da dove vieni.” – la incoraggiò l’insegnante, una bella donna dai capelli neri, piccoli occhi castani e voce dolce. Leslie raccolse tutto il suo coraggio. Odiava quel tipo di cose, odiava esporsi davanti agli altri, soprattutto a perfetti sconosciuti. “Beh, io sono Leslie, Leslie Casey, e vengo da Edimburgo. Ho sedici anni e…” la ragazza concluse il penoso monologo e l’insegante, sorridendo, le indicò il suo posto, accanto ad una ragazza dai lunghi capelli biondi e un viso simpatico, occhi castani sormontati da un paio di occhiali quadrati, come dettava la moda. “Ciao, io sono Emily, fra due settimane è il mio compleanno, mi piace il cioccolato, ho un fratello gemello, che però tanto gemello non lo è visto che siamo completamente diversi, il mio colore preferito è il blu.” La ragazza sparò le ultime parole ad una tale velocità che Leslie faticò a capire. “Eh?” chiese imbarazzata. A quella domanda Emily sorrise, facendo spuntare due adorabili fossette. “Allora, Emily? Non vorrai annoiare la tua nuova amica!” la rimproverò scherzosamente la prof. “ A proposito Leslie, io sono la professoressa di’inglese e mi chiamo Guendaline Potter.” La ragazza sorrise timidamente e la lezione cominciò. Infondo la classe non le pareva poi così male. Ventidue compagni e una vicina di banco simpaticissima. Ma sì, poteva andarle peggioCome la ragazza varcò la soglia, centinaia di suoni e odori diversi s mescolarono e rimescolarono. Studenti impazziti che si affannavano verso gli armadietti, coppiette che limonavano nascoste dietro appendiabiti e gli ultimi ritardatari che correvano verso le aule, trascinandosi dietro ogni sorta di oggetti o persone. Urla e strilla, bisbigli e fastidiose scie di profumi, tutto questo creò a Leslie un lieve giramento di capo, che per non cascare giù a terra come un sacco di patate, si appese disperatamente alla prima persone che le capitò a tiro, e in questo modo ottenne solamente di ruzzolare a terra assieme a un perfetto sconosciuto. “Ma che cazz?” fece l’innocente vittima, un ragazzo dalla voce profonda e da scuri capelli ricci. “Dio, mi dispiace un casino, io non volevo, cioè nel senso, sono claustrofobica e spesso ho attacchi di panico e…” Leslie si rialzò velocemente e tese una mano al giovane, che respinse però con fare piuttosto seccato e preferì alzarsi da sé. “Allora? Non chiedi scusa?”- Disse il ragazzo sbuffando. Leslie rimase per qualche secondo ad osservarlo, prima di rispondere. Occhi verdi e furbi, viso snello e delicato, folti capelli ricci, fossette sexy e fisico praticamente perfetto. Il classico tipo di ragazzo che non fa fatica a trovare una disposta a starci. “Credo di averti già detto che mi dispiace”, dichiarò schiarendosi la voce e facendo un passo avanti. Intanto vari ragazzi si disposero in cerchio per assistere alla scena. “Mmmh, si, forse hai ragione, l’hai detto. Devi però sapere che qui le cose funzionano diversamente… Vieni, ti spiego,” disse lui con fare accattivante, tirandosi dietro la ragazza e spingendola contro l’interminabile fila di armadietti arancioni. Leslie si vide le labbra del ragazzo a pochi centimetri dalle sue, il suo fiato sul collo. “Noi perdoniamo chi commette errori… così.” Pochi attimi dopo la ragazza, senza nemmeno aver tempo di formulare un pensiero logico, si trovò la lingua del giovane accanto alla sua, mentre si impossessava con cattiveria della sua bocca. Dovettero passare parecchi istanti prima che Leslie trovasse la forza di ribellarsi e di spingere il bullo lontano. “Allora? Non ti è piaciuto, bellezza?” chiese lui malignamente. In tutta risposta Leslie lo guardò schifata e si allontanò in fretta, verso la prima aula che le capitò a tiro. “A proposito, io sono Harry, e tu?”- le urlò lui dall’atrio. In tutta risposta la giovane alzò il dito medio, suscitando l’ilarità del gruppetto di persone che si era fermato ad osservarli. Leslie abbassò gli occhi a terra, disgustata. Sentiva ancora in bocca il sapore della spietata lingua di quell’animale, meglio noto come Harry. Per sua fortuna non era quel tipo di ragazza facile ed era riuscita in qualche modo a spiazzare il ragazzo, anche se con un po’ di ritardo. Innervosita, entrò nella prima aula che trovò, la segreteria, disse il suo nome e una bidella grassoccia e dai capelli biondo platino con una visibile ricrescita grigia la accompagnò alla sua classe, non senza prima aver salito una rampa di scale e aver percorso interminabili corridoi. La giovane non si sarebbe mai immaginata che l’edificio fosse così grande e ben curato. Senza dubbio la madre era riuscita a mettere dei soldi da parte per iscriverla ad una delle scuole migliori del suo quartiere. Ansimando come un toro, come se quel giro l’avesse sfiancata, la bidella bussò alla porta, e senza attendere una risposta entrò. “Professoressa, questa è l’alunna nuova, quella Lilly… Lara… come hai detto che ti chiami, cara?” “Leslie,” fece la sedicenne, mentre la classe cominciava a sghignazzare. “Oh non preoccuparti, Leslie, vieni qua,” la invitò la prof dolcemente. “E tu puoi andare, “ disse rivolgendo un’occhiata infuocata alla bidella. “Messaggio ricevuto, scappo, anzi corro, agli ordini,” biascicò quest’ultima prima di inciampare nella porta e di uscire, scatenando per la seconda volta l’ilarità generale. “Non ci badare, fa sempre così. Allora, raccontaci un po’ chi sei e da dove vieni.” – la incoraggiò l’insegnante, una bella donna dai capelli neri, piccoli occhi castani e voce dolce. Leslie raccolse tutto il suo coraggio. Odiava quel tipo di cose, odiava esporsi davanti agli altri, soprattutto a perfetti sconosciuti. “Beh, io sono Leslie, Leslie Casey, e vengo da Edimburgo. Ho sedici anni e…” la ragazza concluse il penoso monologo e l’insegante, sorridendo, le indicò il suo posto, accanto ad una ragazza dai lunghi capelli biondi e un viso simpatico, occhi castani sormontati da un paio di occhiali quadrati, come dettava la moda. “Ciao, io sono Emily, fra due settimane è il mio compleanno, mi piace il cioccolato, ho un fratello gemello, che però tanto gemello non lo è visto che siamo completamente diversi, il mio colore preferito è il blu.” La ragazza sparò le ultime parole ad una tale velocità che Leslie faticò a capire. “Eh?” chiese imbarazzata. A quella domanda Emily sorrise, facendo spuntare due adorabili fossette. “Allora, Emily? Non vorrai annoiare la tua nuova amica!” la rimproverò scherzosamente la prof. “ A proposito Leslie, io sono la professoressa di’inglese e mi chiamo Guendaline Potter.” La ragazza sorrise timidamente e la lezione cominciò. Infondo la classe non le pareva poi così male. Ventidue compagni e una vicina di banco simpaticissima. Ma sì, poteva andarle peggio.

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