Have you seen my childhood?

di Mana Sputachu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Have you seen my childhood? ***
Capitolo 2: *** 2. I'm searching for that world that I come from. ***
Capitolo 3: *** 3. In the lost and found of my heart. ***
Capitolo 4: *** 4. People say I'm not okay 'cause I love such elementary things. ***
Capitolo 5: *** 5. I'm searching for that wonder in my youth. ***
Capitolo 6: *** 6. It's been my fate to compensate, for the childhood I've never known ***



Capitolo 1
*** 1. Have you seen my childhood? ***


Have you seen my childhood? 
 
 
Have you seen my childhood?
I'm searching for that world that I come from
'Cause I've been looking around
In the lost and found of my heart...
Childhood – Michael Jackson

 
 

 
1. Have you seen my childhood?
 
“Allora, che te ne pare?”
“Ooooh!”
“Bello, eh?”
Al’inizio di quel viaggio d’allenamento, per il piccolo Ranma tutto era una grande scoperta. Dagli animali nei boschi, ai cibi nuovi provati nelle varie città in cui sostavano di volta in volta, fino a un arcobaleno che da casa non riusciva mai a vedere bene, come quello che papà gli stava mostrando in quel momento.
Era tutto nuovo, tutto incredibile.
Persino quel viaggio con papà era per Ranma un divertimento; ogni allenamento era per lui un gioco, ogni tecnica nuova che imparava un passo in avanti verso la prossima, come una caccia al tesoro.
Attraverso i suoi occhi innocenti tutto era bello, divertente, papà era grande e forte e la nostalgia di casa era ancora lontana.
 
 
“E allora?”
“È… è bellissimo!”
“Vero?”
“Davvero! E mi stupisce che uno zoticone come te possa emozionarsi per certe cose!”
Ranma lancia un’occhiataccia ad Akane.
Aveva pensato che portarla sul tetto di casa e farle vedere l’arcobaleno, dopo l’acquazzone di quella mattina, l’avrebbe tirata su di morale – e magari gli avrebbe perdonato quel “maschiaccio” che gli era sfuggito a colazione. E invece lo stava persino prendendo in giro!
“Non sei per niente carina…” borbotta, fissando l’orizzonte.
Akane non risponde, ma si limita a ridacchiare.
Pensa che in fondo Ranma sia ancora un po’ infantile, e non in senso negativo – non del tutto, per lo meno. E che non le dispiace guardarlo di sottecchi mentre, scordandosi della battutaccia di prima, fissa quell’arcobaleno con occhi ancora da bambino, pieni di stupore e meraviglia per qualcosa di così bello.
Gli stessi con cui certe volte guarda Akane, quando lei non se ne accorge.
Ma a lei ovviamente non lo dirà mai.
 
 
 

 
 
 
 
 
Visto il mio recente Ranma-spree, torno con piacere a scriverci su – qualcosa di diverso da Secret Heart :D
Complici i bellissimi prompt del 500themes_ita, mi sono imbarcata in questa raccolta in cui proverò ad analizzare l’infanzia (anzi, la non-infanzia) di Ranma e gli effetti che ha avuto sul suo carattere…
Insomma, tanti paroloni per dire che parlerò di Ranma, ecco.
Questa prima flash è basata sul prompt 59. Attraverso gli occhi di un bambino.
Il titolo della raccolta, così come i titoli dei capitoletti, sono presi da Childhood di Michael Jackson. Mi pareva molto appropriata.:>
E come al solito grazie al socio Kaos che mi ha betata.
Vogliate farmi sapere cosa ne pensate :>
 
Mana

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Capitolo 2
*** 2. I'm searching for that world that I come from. ***


2. I'm searching for that world that I come from.
 
Ai bambini viene sempre insegnato a dire la verità.
Non esiste genitore che non abbia mai detto questo ai propri figli.
Quello che non dicono è che a volte non verrai ascoltato, anche se dirai la verità.
“Ma papà, io voglio tornare a casa!”
“Non dire stupidaggini, Ranma! Siamo in viaggio per allenarci, e non torneremo a casa finché tu non sarai diventato un vero uomo!”
“Ma mi manca la mamma!”
“Taci! Un vero uomo non dice certe cose, è da rammolliti!”
Nessuno te lo dice, ma quando sei bambino spesso gli adulti non ti ascoltano. Anche quando cerchi di dire la verità.
 
 
Che Ranma Saotome sia incapace di gestire – e soprattutto ammettere i suoi sentimenti, è cosa nota.
In realtà non è del tutto vero.
Non ha infatti alcun problema a manifestare la sua rabbia e il suo risentimento verso Genma, ricordandogli quanto lo detesti per averlo portato a Jusenkyo e incolpandolo per la sua maledizione.
E da quando sua madre è ricomparsa, non ha fatto molti sforzi per nascondere la sua felicità nel riaverla vicina.
Quelli che proprio non riesce ad ammettere, invece, sono sentimenti ben più complessi.
“Non sei per niente carina, nemmeno quando sorridi!”
“Io almeno sono una donna per intero!”
E non si accorge di come la verità che cerca di nascondere a se stesso sia malcelata dietro quegli insulti goffi, ripetuti giorno per giorno ormai per abitudine.
Perché ai bambini viene sempre detto di dire la verità.
Ma i maschietti alle volte fanno fatica ad ammettere la cotta per la bambina di turno, preferendo invece prenderla in giro.
E Ranma, in fondo, è ancora un bambino.
 
 
 
 
 
Secondo capitolo di questa raccolta, basato sul prompt 69. La verità di un bambino del 500themes_ita.
Vogliate lasciarmi un parere :>
 
Mana

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Capitolo 3
*** 3. In the lost and found of my heart. ***


3. In the lost and found of my heart.
 
“Papà, quando torniamo a casa?”
Quella domanda era stata una costante nei primi anni di vita di Ranma. Aveva capito presto che quel viaggio, iniziato come un gioco, era destinato a durare molto più di quanto credesse.
“Presto, Ranma. Presto.”
“Ma presto quando?”
“Te l’ho già detto, presto.”
“Ma io voglio tornare dalla mamma!”
“Non è ancora il momento, Ranma. Torneremo da lei quando sarai finalmente un vero uomo!”
Ranma non capiva cosa il padre intendesse dire, né perché fosse così importante che fino ad allora non avrebbe potuto rivedere la mamma. Sapeva solo che iniziava a non piacergli più quel viaggio.
Odiava dover vagare di città in città, senza un posto fisso dove stare, senza poter avere degli amici.
Trovava tutto questo crudele. Lui voleva solo tornare a casa, ma papà non capiva.
 
 
“Mi dispiace, signor Tendo…”
“Oh tranquillo figliolo, non l’hai fatto apposta… di nuovo…”
“Ugh…”
“Suvvia, siete giovani e nel pieno dell’adolescenza, avete tanta energia da scaricare! Può capitare che ogni tanto qualche parete del dojo crolli sotto il peso del vostro vigore…”
La frecciatina al vetriolo del signor Tendo non è ovviamente sfuggita a Ranma, intento a crogiolarsi nel senso di colpa.
Il povero Tendo ovviamente ha tutte le ragioni del mondo ad essere adirato con lui; tra i suoi litigi con Akane e le visite occasionali di amici e sfidanti, quel povero dojo si regge in piedi per puro caso – oltre che per le ormai allenate doti di carpentiere di Ranma.
Doti che, anche questa volta, mette in pratica senza fiatare – esclusi i soliti botta e risposta con Akane, che stavolta cerca di contenere per evitare danni ancora peggiori alla palestra già malmessa.
In fondo gli dispiace sul serio causare tutti quei danni ai Tendo, e non solo per una mera questione pratica.
Per uno come lui, abituato a viaggiare senza mettere mai radici, avere un posto da poter chiamare casa è qualcosa che lo fa sentire… bene. Amato, benvoluto. Fin da subito i Tendo hanno cercato di metterlo a proprio agio, e con loro Ranma ha finalmente trovato una casa, il calore di una famiglia, persino una fidanzata – benché maschiaccio, poco gentile e non voluta. Almeno all’inizio.
Mentre fissa delle assi di legno al muro, Ranma pensa che in quel dojo ci ha davvero lasciato il cuore, e che gli dispiacerebbe dover andare via.
“Che cos’hai da sorridere? Ti diverte fare il muratore?”
Ranma lancia un’occhiata alla fidanzata, intenta a stuccare una parete, e ghigna.
“Oh in effetti potrei, ma non sarei mai alla tua altezza” commenta “le tue doti di mastro falegname superano di gran lunga le mie, maschiaccio…”
Dalla palestra giunge un urlo, un rumore di ossa rotte e di assi di legno spaccate su qualcuno.
Soun Tendo rabbrividisce e torna a leggere il giornale, chiedendosi cosa sarebbe capace di combinare quel ragazzo se detestasse vivere lì con loro. Perché se quella è la dimostrazione di quanto gli piaccia vivere in casa Tendo, davvero preferisce non saperlo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Terzo, sofferto capitolo, basato sul prompt 119. Cuore di bambino del 500themes_ita. Mi ha creato non poche difficoltà, e ammetto di avere ancora qualche dubbio… non so, poca introspezione temo.
Però ammetto che la virata fluff finale mi piaceva, e così l’ho lasciata. I’m weak.
Spero la gradirete comunque :>
 
Mana
 

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Capitolo 4
*** 4. People say I'm not okay 'cause I love such elementary things. ***


4. People say I'm not okay 'cause I love such elementary things
 
Quando si viaggia per un periodo indefinito non puoi portarti dietro troppi oggetti, se non lo stretto necessario. Di conseguenza, non puoi neanche acquistare nulla che non sia realmente utile.
Il piccolo Ranma, durante il suo viaggio con papà, l’aveva capito con difficoltà.
Non è che non gli fosse chiaro il concetto: semplicemente, come ogni bambino, gli sarebbe piaciuto avere qualcosa che fosse solo suo – e non necessariamente utile allo scopo del viaggio.
I suoi pochi giocattoli erano rimasti a casa con la mamma, e lui… beh, sentiva la mancanza di un oggetto tutto suo, fosse anche un peluche con cui dormire la notte. Ovviamente chiedere a papà di comprare qualcosa solo per lui era fuori discussione, era un’esigenza infantile che non poteva più capire.
L’unica cosa che poteva fare era continuare il suo viaggio con papà, cercando di abituarsi all’assenza di qualcosa che gli tenesse compagnia nei momenti di solitudine.
 
 
Gli anni sono passati, Ranma è cresciuto, e ha imparato a fare a meno del superfluo.
Non ha molti oggetti personali, né gli interessa particolarmente averne. Ma quelli che ha li tiene con molta cura – e soprattutto lontano da occhi indiscreti.
Come quella foto di Akane strappata per errore a Ryoga durante la battaglia sul monte Hooh, per esempio.
Non l’ha detto a nessuno, ma quella foto non gliel’ha mai restituita. Il perché… beh, perché in quel frangente era qualcosa che gli dava forza per continuare a combattere, e lo faceva sentire più vicino ad Akane.
E poi, quella foto è diversa da tutte le altre che ha visto di Akane. Avrebbe potuto averne a centinaia da Nabiki – a un prezzo conveniente, parola di Nabiki Tendo, ma… quella è speciale. Perché non ha mai visto quell’espressione così serena sul viso di Akane, e pensa che se non fosse così impegnato a farla imbestialire ventiquattro ore al giorno forse riuscirebbe a scorgerla più spesso.
Si è ripromesso di riuscire ad avere un’altra foto di Akane come quella, magari una in cui sorride; probabilmente gli toccherà chiederla a Nabiki, e dovrà pagarla per tenere la bocca chiusa con Akane.
Non sa se questa la restituirà a Ryoga – da un lato sarebbe giusto così, ma lo infastidisce un po’ che P-chan abbia una foto della sua fidanzata, ma nel frattempo la custodirà gelosamente.
Tanto per ricordare a se stesso che anche un maschiaccio può essere carino.
 
 
 
 
 
 
 
…in realtà la foto la rubava Safulan, e dubito l’abbia restituita a Ranma. Ma è un dettaglino, suvvia.
Quarto capitolo di questa raccolta, con il prompt 207. Nelle mani di un bambino del 500themes_ita.
Vogliate farmi sapere che ne pensate :>
 
Mana

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Capitolo 5
*** 5. I'm searching for that wonder in my youth. ***


5. I'm searching for that wonder in my youth.
 
Ranma ha pochi ricordi di sua madre.
Suo padre Genma, che voleva fare di lui un uomo – benché la sua idea di vero uomo fosse del tutto personale ed opinabile, nonché incomprensibile a un bambino di sei anni, lo aveva portato via da casa troppo presto per un viaggio di allenamento intorno al mondo.
Questo aveva fatto sì che Ranma serbasse pochi ricordi della madre; alle volte il piccolo quasi faticava a ricordarne il viso, o il profumo che usava, il tepore di un suo abbraccio.
L’unica cosa che ricordava bene, però, era la ninna nanna che sua madre gli cantava la sera quando non riusciva ad addormentarsi.
Non sapeva bene le parole, ma ricordava la melodia; e così certe notti, accoccolato nel suo sacco a pelo, canticchiava sottovoce quel motivetto, cercando di allontanare la nostalgia di casa e il desiderio di riabbracciare la mamma – perché non è roba da veri uomini, direbbe Genma.
 
 
Ancora oggi Ranma ha nostalgia di sua madre.
Vorrebbe rivederla, riabbracciarla, ma non può. Perché secondo suo padre non è ancora un vero uomo – ma soprattutto ha una paura viscerale della possibile reazione di Nodoka riguardo la loro maledizione.
Perché un uomo che diventa donna con dell’acqua fredda è tutto tranne che virile – e merita di fare harakiri.
E per questo Ranma odia profondamente suo padre.
E così certe notti, quando non riesce a prendere sonno, si ritrova accoccolato tra le coperte del suo futon a canticchiare quella vecchia ninna nanna. Sperando di prendere sonno, sognando di quand’era bambino e la mamma la cantava per lui. Sognando di allontanare la nostalgia, almeno per un po’.
 
 
 
 
 
 
 
 
Non so quanto IC possa essere Ranma in questa flash, abituati come siamo a vederlo dormire in maniera scomposta… ma mi piace immaginarlo così, nei suoi momenti di solitudine più profonda. Il fatto che non li mostri non vuol dire non ne abbia :)
Scritta come sempre per il 500themes_ita con il pompt 311. Canterò per il bambino .
Spero vi piaccia :)
 
Mana

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Capitolo 6
*** 6. It's been my fate to compensate, for the childhood I've never known ***


6. It's been my fate to compensate, for the childhood I've never known
 
Una cosa che Nodoka aveva sempre raccomandato a Ranma, quando sarebbe arrivato il momento di partire con suo padre, era di trovare la sua strada.
Il piccolo sulle prime non aveva ben capito cosa mamma intendesse; era piuttosto sicuro che la strada l’avrebbe trovata papà con la cartina geografica.
Nodoka aveva riso, cercando di spiegarglielo nel modo più semplice possibile.
“Ciò che intendo dire è che devi cercare il tuo percorso… quello che ti piace davvero fare, che ti fa stare bene. Quello che vorrai fare nella vita.”
Ranma, in braccio a Nokoda, aveva cercato di riflettere su quelle parole tanto strane, dondolando i piedini e corrucciando la fronte.
“E se non la trovassi?” aveva chiesto preoccupato. Non voleva dare un dispiacere alla mamma. Nodoka gli aveva sorriso, pettinando i capelli del bambino con le dita.
“Non devi preoccuparti di questo, Ranma. E’ solo questione di tempo, ma tutti prima o poi trovano la loro strada nella vita… crescendo lo capirai.”
Ranma aveva annuito, sentendosi sollevato almeno in parte. Di tempo ne aveva ancora tanto.
 
Col passare dei mesi, però, la sua ricerca era ancora ferma a un punto morto.
Se durante i primi anni in viaggio era stato tutto un gioco, ora le cose erano decisamente diverse: suo padre aveva molte aspettative su di lui, aspettative che Ranma non condivideva. Voleva poter decidere per se stesso, commettere i suoi errori, fare le sue scelte. Ma Genma sembrava aver deciso per lui senza neanche interpellarlo, ed era la cosa che più irritava il ragazzo. Non condivideva le scelte che il padre gli aveva imposto, o quantomeno non ne era ancora sicuro; Genma non gli aveva nemmeno dato il tempo di assimilarle e ragionarci. Quello che davvero detestava era il non poter decidere da solo cosa era meglio per se stesso.
E ora si ritrovava con una vita pianificata nel dettaglio, che lui non aveva chiesto.
 
“Giornata faticosa, eh?”
Ranma si volta verso Akane, che gli porge un asciugamano per tergere il sudore.
La ringrazia con un cenno della testa, e si volta verso il gruppetto di ragazzini che sta lasciando il dojo.
“Abbastanza. Allenare ragazzini richiede un’enorme dose di pazienza... tu invece sembravi quasi a tuo agio con quei demonietti.”
“Oh, ho avuto modo di fare esperienza con due marmocchi piuttosto irritanti che avevano una strana fissazione per i funghi(*)… direi che mi è servito.”
Ranma la guarda di sbieco, gli occhi ridotti a due fessure; non ama particolarmente ricordare lo spiacevole episodio accaduto a lui e Ryoga tempo addietro, legato ai funghi dell’età.
Akane ridacchia, per nulla impressionata da quell’occhiataccia.
“Mi sembra che neanche tu te la stia cavando male, in ogni caso. I bambini sembrano stranamente attratti dal tuo modo di fare…”
“Dev’essere il fascino dell’artista marziale!” ride lui, mimando un kata in direzione della ragazza.
Ma deve ammettere che comincia ad abituarsi all’idea di fare l’insegnante: all’inizio aveva deciso di farlo come lavoretto estivo, per tenersi occupato e racimolare qualche soldo per le proprie vacanze. Ma a poco a poco aveva iniziato ad apprezzare la routine, insegnare le sue tecniche a qualcuno, riuscendo persino a divertirsi.
“In fondo non è male” commenta, incrociando le mani dietro la nuca “potrei anche abituarmi.”
Akane sgrana un po’ gli occhi, arrossendo.
“È quello che i nostri padri ci hanno imposto fin da quando ci hanno fatto incontrare, e dal quale abbiamo sempre cercato di fuggire… te ne rendi conto?”
“Certo che sì. Sarebbe poi così male…?” chiede, voltandosi leggermente verso Akane. Quest’ultima nota il lieve rossore sulle guance del ragazzo, molto simile a quello che colora le sue in quell’istante.
“…no. Non sarebbe poi così male.” Sorride, avvicinandosi a Ranma.
Rimangono in silenzio a fissare gli alberi in giardino, senza la necessità di riempire quei vuoti con delle parole. È quel tipo di silenzio piacevole, in cui non c’è bisogno di aggiungere nulla perché tutto è stato detto, tutto è al suo posto.
Forse Ranma ha finalmente capito cosa sua madre intendeva, quel giorno. Forse ha finalmente trovato la sua strada. Anzi, ne è abbastanza sicuro. Inoltre, pensa, è un percorso che non dovrà fare da solo. E questo ha deciso che ad Akane lo dirà, prima o poi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
(*) Akane fa riferimento ai Toshi no Kazudake.


Sesto ed ultimo capitolo di questa raccolta su Ranma, che spero la concluda degnamente.
Il prompt del 500themes_ita su cui è basato è il numero 465. Il percorso di un bambino.
Ringrazio chiunque l’abbia commentata, mipiacizzata, preferita: il fandom di Ranma mi ha fatta sentire accolta e apprezzata come non mi succedeva da tempo nel mio fandom “storico”, e di questo ve ne sono immensamente grata :)
Spero di continuare a scrivere ancora su Ranma (l’intenzione c’è tutta), e spero continuerete a seguirmi, con commenti o mazzate :’)
A presto!

Mana

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