Nessuno

di Artemisia17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Theon ***
Capitolo 2: *** Balon ***



Capitolo 1
*** Theon ***


 
Theon odiava il sale, la puzza e, in generale, lo sporco.
Prima di presentarsi a colazione, usava vestirsi con un farsetto nuovo, lavarsi accuratamente la faccia e pettinarsi i capelli all’indietro.
Si poteva dire tutto di Theon Greyjoy, ma non che puzzasse, questo mai.
Tutte queste cose erano presenti nella fauna tipica delle Isole di Ferro. La sua patria, la sua terra natia, un piccolo scoglio di sale e terra affacciato sul mare. Gli uomini di Ferro vivevano per il mare. Ogni abitante presente su quello sputo degli dei aveva imparato a nuotare prima ancora di camminare e l’ascia lunga diventava il loro principale gioco, alla luce scarna e bluastra del fuoco marino. Le favole, che venivano raccontate ai bambini prima di addormentarsi, non narravano di biondi cavalieri o pallide fanciulle da salvare. I mostri marini erano comunemente presenti e le navi lunghe solcavano il mare da padrone. Non vi era mai un principe, re o fanciulla, al massimo il dio Abissale. I deboli erano sempre forestieri e le donne combattevano con ferocia e audacia pari agli uomini, anzi peggio. Non gli ci volle molto tempo per capirlo. Anche lui era stato uno dei piccoli marmocchi che si affollavano estatici vicino al fuoco per sentire la voce roca e sadica di un vecchio lupo di mare narrare storie ormai dimenticate. Quel piccolo ragazzino snello dai capelli unti era sempre in prima fila, nonostante i dispetti dei fratelli, davanti alla sedia corrosa dalla salsedine di suo padre. Il primo ad accorrere al richiamo magico delle storie, sempre l’ultimo ad andarsene, i pensieri che turbinavano liberi e affamati nella testa, pronto per una nuova avventura. Per tutti questi motivi, sapeva che lui, per gli altri, per la sua famiglia, per la sua patria, era un forestiero.
Ci era voluto del tempo per comprenderlo. Molto di più per pensarlo senza rabbia. Theon era pulito e educato, per i canoni delle Isole di Ferro, fin troppo. Indossava un nuovo vestito ogni settimana, tutti i gioielli che possedeva gli erano stati donati o comprati con i suoi soldi. Poco importava che quel denaro fosse stato guadagnato con il sangue e il sudore della fronte, per quanto un protetto di Grande Inverno potesse faticare, era pur sempre oro. Il suo corpo era snello, la sua barba curata, le unghie prive di terra e sporco, curate. Sapeva combattere. Non era mai stato bravo a cavalcare e combatteva discretamente. C’era solo un’arma in cui Theon non aveva rivale, dove nessuno osava opporsi: l’arco.
Il suo arco preferito era formato da un vecchio ramo, trovato per caso durante un’esplorazione nelle foreste. Lo aveva subito affidato a Jared, che aveva creato un vero capolavoro. Dopo averlo messo fra le braci ardenti e liberato l’anima dalla corteccia secca, la superficie aveva assunto un colore dorato chiaro, le linee leggermente più scure, come viti che si attorcigliavano intorno all’albero.
 C’era un momento particolare, tra il tendere la corda e prendere la mira, che tutto s’immobilizzava. Nel fragore della battaglia, su un cavallo in movimento, tra le urla dei feriti: tutto diventava meravigliosamente nitido e pulito, privo d’imperfezione, finalmente ordinato.
I soldati rallentavano il loro mietere, la paglia del manichino smetteva di frusciare al vento eppure lui continuava a respirare.
Inspira. Espira. Inspira. Espira.
Inspira. Sentiva la corsa che si tendeva in uno spasimo di vita, l’energia che scorreva sotto i polpastrelli. Alzava l’arco, senza un obiettivo in particolare, semplicemente per il piacere di sentire i muscoli tendersi per lo sforzo, così dannatamente abitudinario. Poi, con una quiete veloce e apparente, mirava. Puntava il suo bersaglio, ma non lo decideva mai. Lasciava che fosse il suo cervello a farlo per lui, che valutasse le possibilità, il giocatore più forte e la preda più debole. Ormai era diventato naturale e istintivo per lui, quasi normale routine.
Espira. Nello stesso momento in cui l’aria scorreva via dai polmoni, la freccia partiva, come un predatore letale e inestinguibile. Non guardava mai se il dardo aveva centrato il bersaglio. Lo sapeva già. Continuava, implacabile, duro, spietato, impietoso con apparente calma, finché il pericolo si estingueva come tronchi di legno che cadono sulla loro stessa fiamma, domandola, loro, l’origine di tutto. Solo, in quel momento, così fugace ed effimero, si permetteva il trionfo. Non c’era gloria né pentimento nell’uccidere: i grandi lord erano già stati uccisi, il grosso dei soldati macellati, i più coraggiosi caduti. I vincitori si affannavano all’apparente ricerca della ricchezza, lasciando ai superstiti la fuga e ai compagni l’onere dell’ultimo affondo in un corpo già morto. La maggior parte dei guerrieri odiava quel momento, infimo anche per loro, e Ned Stark aveva ordinato, che ai nemici in fuga e che avevano abbandonato le armi fosse dato asilo e protezione.
Theon no. Combatteva come un automa per tutta la battaglia solo per quel piccolo secondo.
Ispira. Si fermava, il sangue che colava dalle mani ferite, le dita intorbidite. Tendeva l’arco, lentamente, come il tempo che ci metteva a scegliere il bersaglio. Poi, senza neanche pensarci molto, lasciava. La freccia era così veloce e sicura che riusciva a vederne solo i colori vividi delle penne e poi, il contraccolpo. Di solito cadevano con la faccia nel fango, altri, gli ultimi, consci della morte in arrivo, si voltavano ad affrontarla, il cuore stretto dalla paura più nera e gloriosa del genere umano. Theon preferiva gli ultimi. Lo guardavano stupiti, arrabbiati eppure lo fissavano negli occhi fino alla fine. Come se credessero di fargli un torto. Illusi.
Ciò alla sua famiglia non importava. Per suo padre era morto. Per sua madre non esisteva, impegnata a piangere per i suoi figli maggiori, morti. Per sua sorella era uno straniero, un novellino, un bardo.
Per certi versi avrebbe potuto anche dargli ragione, ma lui era Theon Greyjoy, legittimo erede al trono del mare e ultimo figlio maschio di Balon, suo padre. Ciò non poteva essere dimenticato né cancellato.
Lui era un uomo. Volevano dare la colpa a qualcuno? Che la dessero a Ned Stark, che lo aveva strappato dalla sua famiglia a dieci anni.
Che cosa potevano sapere loro della vergogna, del dolore, dalla lontananza da tutto ciò che conosci? Niente.
Volevano trovare le cause della sua ignoranza nelle navi lunghe?
Suo padre, il grande, il saggio, il vero Balon Greyjoy. L’avido, il vecchio, il presuntuoso Balon Greyjoy. Lui aveva dichiarato guerra, lui aveva perso, ma il figlio aveva pagato.
Theon aveva provato, ci stava provando. Per essere un buon comandante bisognava fare ciò che si chiedeva ai propri uomini, ne più ne meno. Aveva ottenuto qualche risultato. Adesso, complici varie minacce e l’aiuto del luogotenente, gli uomini facevano ciò che gli ordinava.
Ma Theon non era sordo. Sentiva le battute, le risa di scherno che si levavano regolarmente dal ponte.
Non era cieco. Vedeva le espressioni sofferenti e maligne, i ghigni sadici, quella luce derisoria negli occhi dei suoi sottoposti.
Di certo essere schiaffeggiato dal proprio padre in pubblico non lo aveva aiutato, ma sapeva che ogni singola parola uscita dalle sue labbra era vera.
Per suo padre era morto.
Per sua madre non esisteva, impegnata a piangere per i suoi figli maggiori, morti.
Per sua sorella era uno straniero, un novellino, un bardo da prendere a risa e, forse, anche da dietro.
Era la pura e mera verità. E il sorrisetto di Asha confermò le sue più tetre paure: lui era solo una cosa nelle Isole di Ferro. Nessuno.        


Sì, lo so. Non è proprio il mio personaggio preferito, anzi, per me Robb lo doveva decapitare, cmq, sarà una raccolta con i punti di vista di tutta la famiglia Greyjov ... ho detto tutti per cui aspettatevi anche dei personaggi molto singolari, d'altronde è il mio stile.XD Tremate, sono tornata. Grazie mille a tutti e buona lettura!      

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Capitolo 2
*** Balon ***


Il mare scorreva lento, sotto lo sguardo del suo re, quasi percependo il peso greve del suo sguardo.
Il vento, però, non si dava simili pensieri e sbatteva contro il re delle Isole di Ferro tutta la sua gagliarda libertà, la sua immensa voglia di vivere.  I capelli bagnati attecchivano saldamente alla pelle salata, quasi come una seconda pelle.
Balon aveva sempre amato nuotare.
Era una filosofia di vita, come gli aveva candidamente spiegato un maestro prima di essere affogato dal re stesso.
Per lui era una cosa infinitamente più semplice e complessa: era la vita. Solo i più forti, gli amati dal dio Abissale, erano in grado di sopravvivere nel suo regno ombroso.
L’acqua era salata perché solo i più forti riuscissero ad aprire gli occhi e a scorgere i tesori racchiusi al suo interno. Le correnti erano braccia amorevoli e materne che ti cullavano fino alla fine, non lasciandoti mai, fedeli amanti del destino. La carne dei pesci era soffice e saporita, adatta alle tenere labbra di un bambino eppure solo i più saldi potevano sopravvivere ai mostri marini celati al suo interno.
Il mare era solo uno specchio della vita degli uomini. Esistevano pesci piccoli e pesci molto più pericolosi. Tra le fitte alghe vi potevano essere delle meduse e perle di inestimabile valore, adatte per ornare il collo delle donne amate. Allo stesso modo, le fluttuanti braccia amorevoli si potevano trasformare in mani grondanti di assassinio. Proprio come le donne.
Gli sciocchi abitanti dei Regni credevano che non si dovesse temere il mare. Illusi. Eretici.
Il mare bisognava rispettarlo, come un grande e valoroso nemico che alla fine avrebbe avuto la meglio su di te. Sempre.
Balon sorrise. Non era un vero e proprio sorriso, più una smorfia che tagliava il viso secco da parte a parte come il colpo di un coltello. Balon non era una persona con cui si scherzava con leggerezza.
Nei banchetti, al culmine dei festeggiamenti, in cui le gonne delle donne erano alzate senza tante cerimonie e la birra scorreva veloce come un torrente di montagna, perfino gli uomini più rozzi e incivili si rivolgevano con umiltà a lui.

Lui era il Figlio del dio Abissale, per questo era un grande stratega.
Era il Re del Sale perché nessuno riusciva a eguagliarlo nel nuoto.
Era il Re della Roccia, per la sua eccezionale abilità nel combattimento.
Era tutto ciò perché era un uomo delle Isole di Ferro e per questi meriti Balon Greyjoy era stato eletto Re.
Eppure, un tempo che sembrava oscuro anche a lui, Balon sorrideva, addirittura rideva.
Gli occhi grigi come il mare si assottigliarono.
Sì, forse. Insieme a Victarion mentre approntavano la libertà per la loro gente.
Con Alannys, quando Asha stava imparando a camminare sulla tolda di una nave in burrasca.
Con Theon.
Balon Greyjoy scosse la testa.
Rodrik era diventato un grande guerriero e con il tempo il suo popolo avrebbe conosciuto un epoca d’oro sotto le sue mani esperte. Il mare avrebbe amplificato le sue urla, il silenzio della morte lo avrebbe accompagnato come scudiero, i Regni avrebbe tremato sotto il suo potente passo.
Maron, invece, sarebbe stato l’eterno giovane guerriero, amante delle donne e del sangue del nemico. Un vero lupetto di mare, il primo a gettarsi nella battaglia, ululando il proprio furore, i lunghi capelli neri che sbattevano contro la faccia sudata e un sorriso disegnato seraficamente sulle labbra.
Balon era sempre stato fiero di loro. Eppure nessuno di loro due condivide il suo affetto per il nuoto.
Certo, come tutti gli Uomini di Ferro, onoravano il mare e lo rispettavano. Sguazzavano nell’acqua salata fin da quando avevano due anni, ma solo il suo figlio più piccolo condivideva quel sacro amore.
L’uomo si voltò, la faccia nascosta dai capelli bianchi, quasi per nascondere al suo dio la propria debolezza. Theon era sempre stato il suo figlio meno considerato, il più piccolo, così lontano dal potere e dal pericolo da risultare scontato. Gattonava contento fino alla sua sedia, pronto ogni volta ad ascoltare le sue storie. Il padre esagerava volutamente , nella speranza che il figlio si stancasse, ma essa era vana. Tutte le sere, puntualmente, si presentava, gli occhi chiari colmi di naturale paura e sadica curiosità. Balon strinse i denti.
“Ferro o oro?”
Suo figlio Theon sarebbe diventato un vero Uomo di ferro. Ai suoi ordini il mare avrebbe tremato, il ghiaccio della Barriera sciolto. Scorgeva nei suoi occhi una brama, un desiderio, una sete ardente di gloria e potere in quei occhi giovani da bambino. Ai suoi piedi, i contadini si sarebbero inchinati, la bandiera della piovra che si librava in volo sull’acqua salata.
Se Rodrik sarebbe stato un vero re di sale e Maron un guerriero senza scrupoli, Theon sarebbe diventato il terrore dei mari, come suo zio Euron, colui che avrebbe ampliato il potere del dio Abissale fino al freddo culo degli Stark e il caldo sole dei Martell. Il re sentiva montare in sé l’orgoglio paterno come una potente bufera, finché essa non si sfracellò sulle dure pareti della realtà.
Rodrik era morto, Maron era morto, il suo Theon era morto.
Quel piccolo e grazioso ragazzo non era suo figlio, non era il bambino che lo aveva fissato negli occhi, senza versare una lacrima, fino a che la prua della nave era scomparsa all’orizzonte.
Era morto, finito, scomparso, plasmato.
Balon rimpiangeva ancora la morte di Ned Stark, ora più che mai. Gli aveva ucciso due figli e, quel che era peggio, trasformato un uomo di ferro in un damerino impomatato, buono solo nel condurre le locande.
 Le mani si chiusero a pugno, le nocche che minacciavano di sgretolarsi, ma nemmeno ci fece caso.
Avrebbe voluto ucciderlo con le sue mani. Per tutto quello che aveva fatto, a lui, alla sua famiglia, al suo popolo. A suo figlio.
“ Hanno portato via un bambino, chi hanno riportato?”
Capiva il suo risentimento, la sua rabbia. Ma era indirizzata alla persona sbagliata.
Non si sarebbe mai pentito di aver dichiarato guerra al Trono di Spade, la sua gente non era fatta per seminare o servire. Sulle labbra dell’uomo si disegnò un ghigno di disprezzo. L’unica cosa su cui si arrovellava, dove non riusciva a darsi pace era proprio Theon.
 Avrebbe forse dovuto ucciderlo, annegarlo nell’acqua salata con le proprie mani e consegnarlo tra le braccia amorevoli del dio Abissale? Non ne aveva avuto la forza, era stato debole, lui, il primo tra i forti. Sarebbe stato meglio così, Theon avrebbe vissuto in eterno tra i suoi fratelli, senza conoscere l’umiliazione della sconfitta e il cocente dolore dell’abbandono.
 Ma, in questo modo, avrebbe perso Asha.
Balon sapeva in quali mani le Isole sarebbero sopravvissute. Non erano quelle di Theon. Perfino per un cinico come lui, era difficile ammettere che era stato giusto sacrificare il suo ultimo figlio mashio per un altra, più degna, più forte. La vera erede del Trono del Mare. Sua figlia, Asha.
Era difficile, era dura, per cui, per personale esperienza, capì che si trattava della verità.
Ferro o oro?”
Balon scosse la testa, nauseato. Theon era diventato un uomo dell’oro dei Sette Regni. E questo niente e nessuno poteva cambiarlo.
Lasciò in fretta e furia la spiaggia, il mare che cancellava lento le sue orme, proprio come il ricordo del figlio nel cuore del padre: Theon Greyjoy, figlio di Balon, morto alla tenera età di dieci anni per mano di Eddard Stark, con ancora in mano il suo piccolo arco.


Spero che vi sia piaciuto e per favore, vi scongiuro, vi prego, recensite. Soprattutto per le critiche, le adoro, Lo so, sono una persona essenzialmente masochista, ma, delle trenta persone che hanno letto il primo capitolo, qualcuno avrà provato qualcosa? Che so, un sorriso, uno starnuto, un conato di vomito. etc. etc. Anche se non esaudirete questo mio piccolo desiderio, vi ringrazio per la vostra attenzione e vi auguro buona lettura! 
 
                
 

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