Piccoli chirurghi crescono

di lulubellula
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Meredith ***
Capitolo 2: *** Derek - prima parte ***
Capitolo 3: *** Derek - Seconda Parte ***
Capitolo 4: *** Derek - Terza ed ultima parte ***
Capitolo 5: *** Cristina ***



Capitolo 1
*** Meredith ***


Piccoli chirurghi crescono

Meredith



Una luce flebile illumina la stanza di una dolce e adorabile bambina di cinque anni, riempiendo la sua cameretta dalle tinte pastello della tipica atmosfera delle feste della mattina di Natale.
La bambina è figlia unica ed è la ragione di vivere dei suoi genitori, Ellis e Thatcher Grey, coppia amorevole e affiatata, che risiede nella frenetica e operosa Seattle, nello Stato di Washington.
La loro casa è ampia e accogliente, il piano di sotto è arredato in modo semplice ma elegante, un soggiorno luminoso e di buon gusto, un divano beige e una chaise longue, due poltrone e un tavolino di cristallo, un camino acceso che rallegra l’ ambiente.
Poco più in là, c’ è un maestoso e luccicante abete finlandese agghindato con decorazioni variopinte e sfere di vetro temperato e decorato a mano.
Ai piedi dell’ abete vi sono pacchetti e regali di ogni sorta e scatole che contengono meraviglie e doni tanto aspettati; su ciascuno di essi è scritto in bella grafia un nome femminile, il nome della protagonista di questo bellissimo sogno: Meredith.

“Meredith, Meredith, svegliati che è tardi!”.

La bambina in questione ha cinque anni, come nel  sogno, ma ha una vita molto diversa da quella della sua dimensione onirica: la sua casa è in preda al caos, in ogni dove ci sono scatoloni e valigie piene di ricordi e indumenti, di fotografie e di brandelli di vita, della sua vita.

“Meredith, mi hai sentito? Sono già le nove e tu sei ancora a dormire, in pigiama. Ti decidi a scendere al piano di sotto una buona volta oppure no?”.

Ellis Grey, la madre di Meredith, ha la solita aria autoritaria e controllata, una maschera di ghiaccio, il solito cipiglio da comandante, da persona ferma e irremovibile, persino con la piccola, anzi, soprattutto con lei.

Meredith scende controvoglia le scale della casa in cui è nata, pensando a tutti i ricordi che la racchiudono, felici e tristi, i suoi primi passi, i suoi sorrisi, le sue cadute, le serate passate sul divano con papà aspettando che la mamma tornasse dal lavoro, i suoi giochi allegri e spensierati, l’ amico della mamma, i litigi tra lei e il papà, lui che se ne va sbattendo la porta e poi torna indietro piangendo e chiedendo un’ altra possibilità.

“Alla buon’ ora Meredith. Fatti un po’ guardare, ti sei lavata i denti e le mani, ti sei pettinata?”.

Meredith osserva la madre e abbassa lo sguardo, poi scuote la testa in segno di dissenso.

“Corri a sistemarti e vestiti come si conviene per la mattina di Natale, dobbiamo uscire, sto facendo tardi all’ appuntamento per colpa tua!”.

Ellis si porta le mani alle tempie e scuote il capo, mostrando la totale disapprovazione verso quella figlia così impacciata e ordinaria, così simile a quel fallito del suo ex marito.

“Mamma, mi hai comprato qualcosa di bello? Quest’ anno sono stata buona, mi sono comportata bene e non ho litigato con nessuno a scuola, nemmeno quando Catherine mi ha tirato i capelli e mi ha detto che tu e papà non stavate più insieme.”

Meredith osserva la madre speranzosa e alza timidamente lo sguardo verso di lei, in attesa di una risposta.

“Sciocchezze, tu sei grande ora, non devi per forza ricevere i regali come quelle sciocchine delle tue coetanee. Tu diventerai qualcuno, un giorno e allora mi ringrazierai per non averti cresciuto come una rammollita! Ora vai al piano di sopra e cambiati immediatamente”.

Meredith si volta e sale le scale in direzione della sua cameretta, sconsolata e senza doni, senza il suo papà, senza la sua famiglia, senza più certezze a cui aggrapparsi.

Indossa svogliatamente un vestito pesante e con troppi fronzoli per i suoi gusti, un paio di scarpe di vernice nera e uno scialle di cachemire che le aveva comprato suo padre qualche mese prima.

Scende le scale arrabbiata e va da sua madre, che la sta aspettando impaziente sul pianerottolo di casa.

“Sbrigati, ho dovuto spostare il mio appuntamento per colpa tua, ora cerca di non farmi perdere altro tempo, la situazione è già abbastanza complicata così com’ è, senza che ci metta lo zampino anche tu!".

Meredith sale in macchina senza aprir bocca, è triste e ha le lacrime agli occhi, è la mattina di Natale e nessuno le ha comprato un regalo o le ha detto qualche parola gentile, nessuno le ha preparato i biscotti con le gocce di cioccolato o le ha raccontato  una fiaba, nessuno, nemmeno sua madre.

Ellis guida senza fermarsi, accelera e non toglie gli occhi dalla strada, i bordi delle vie sono ghiacciati e pieni di nevischio, la donna è concentrata sulla sua destinazione, sulla persona che deve incontrare, tuttavia, non può fare a meno di sentire i singhiozzi che provengono dalla sua bambina.

Allora accosta l’ auto e spegne il motore.

“Si può sapere che cos’ hai? Perché piangi come una bambina piccola e viziata, comportati come si conviene ad una fanciulla della tua età!” Ellis fissa la figlia negli occhi e la guarda con la solita espressione seria e ferma.

“Ma io ho solo cinque anni, non sono una donna adulta, ho il diritto di piangere se mi ignori anche la mattina di Natale, se mi sgridi, se ti dimentichi di comprarmi i regali! Io ho solo cinque anni!” urla Meredith piangendo.

Ellis è sconvolta a causa dello sfogo della figlia, si sente ferita e aggredita ma non lascia trasparire nulla di tutto ciò.

“Sì, hai solo cinque anni, ma non li avrai per sempre. Le persone ti tradiranno e ti feriranno, ti ridurranno a pezzetti se non imparerai a difenderti sin da ora. Perciò ciò che io faccio è per il tuo bene, perché tu diventi una donna straordinaria, non una fallita qualunque, non una ‘signora nessuno’!”.

A queste parole Meredith la osserva dritta negli occhi e tace, il suo sguardo è più eloquente di mille parole.

“E comunque non mi sono dimenticata di comprarti il regalo, volevo aspettare il momento giusto per consegnartelo, ma siccome hai rovinato tutto, tieni, eccoti qua il tuo dono di Natale”.

Ellis le porge un pacchetto regalo e Meredith lo scarta velocemente, strappando la carta con avidità.

“Il tuo comportamento è a dir poco disdicevole, ma siccome è Natale, chiuderò un occhio” dice Ellis, riprendendo a guidare.

Meredith osserva il regalo ricevuto con una nota di dispiacere e di disprezzo, come al solito, sua madre era riuscita a rovinare tutto, imponendole il suo punto di vista onnipresente, persino con un  regalo innocente.

“La Jane anatomica? Mi hai regalato la bambola con gli organi che si possono estrarre? Non credi che avrei preferito qualcos’ altro, che ne so, ad esempio, la casa delle bambole che ti avevo più volte descritto?" chiede Meredith indispettita.

“Andiamo, Meredith, sai benissimo che io non approvo quelle frivolezze, la casa delle bambole è per le future casalinghe annoiate e infelici. La Jane anatomica è per i futuri chirurghi in medicina generale, la Jane anatomica è il futuro” continua Ellis.

“Ti è mai passato per la testa che forse io non voglia diventare uguale a te e che magari voglia fare la ballerina o il cow boy?” risponde Meredith a sua madre.

“Sciocchezze, sarai un ottimo chirurgo, degna di tua madre, una donna straordinaria. Quando entreremo insieme in sala operatoria, tutti diranno: ‘Guardale, sono le Grey, pioniere del metodo Grey, coloro che hanno trovato una cura efficace per debellare il diabete’. Ecco quello che diranno” continua Ellis con aria sognante.

“Ecco, io sono arrivata, aspettami qui e non muoverti, gioca con Jane piuttosto, ti aprirà un nuovo mondo”.

Ellis esce e va dal suo amico Richard, Meredith osserva la scena dal finestrino appannato dell’ auto.
Vede che i due si abbracciano e si baciano e lei sente una fitta al cuore.

Allora cerca di concentrarsi sul suo regalo e comincia ad estrarre gli organi, toglie lo sterno e vede il cuore e i polmoni, poi più in basso il fegato, lo stomaco, la milza e il pancreas, l’ intestino. Quello che inizialmente le aveva provocato fastidio e noia, cominciava ad interessarla, vedere tutti gli organi del corpo umano la tranquillizzava e la rilassava, le piaceva, le dava un vago senso di completezza, di euforia persino.

Vedere il nuovo regalo la distoglieva dal litigio della mamma con il suo ‘amico’ Richard, che poi tanto amico non doveva essere visto che stava urlando e facendo piangere la sua mamma.

Riusciva a cogliere solo qualche brandello della conversazione, qualcosa del tipo: “Mi avevi promesso che l’ avresti lasciata, me lo avevi promesso, ho lasciato tutto per te, la mia casa, mio marito, il mio lavoro, mi avevi promesso che saresti venuto con noi a Boston!”.

Ellis era disperata e urlava in mezzo al parco, era infuriata e piangeva, implorava quell’ uomo, che per risposta sapeva solo tacere e alzare le spalle.

“Se te ne vai ora non mi vedrai mai più! Se te ne vai ora tra noi è finita!”.

Per tutta risposta solo un ‘Mi dispiace’ e una pacca sulla spalla prima di andarsene.

Sua madre si volta e si asciuga le lacrime, prima di ritornare alla macchina.

“Andiamo Meredith, è ora di fare un lungo viaggio, ci vorranno parecchie ore, perciò sappi che non accetto lamentele”.

Sua madre era diversa dal solito, da come l’ aveva sempre vista, era fragile e persa, ma pur sempre Ellis Grey.

“Dove andiamo, mamma?” chiese Meredith sottovoce.

“Ho trovato lavoro a Boston, vivremo là”.

“Come facciamo per i mobili e le nostre cose?”.

“Penserà a tutto la ditta di traslochi”.

Per qualche ora il viaggio trascorse senza che nessuna delle due parlasse, c’ era un silenzio freddo e insopportabile che le avvolgeva come una folta coltre di nebbia.

Meredith decise di spezzarlo dicendo a sua madre: “Sai, forse, non è una cattiva idea la tua, forse anche io diventerò un bravo dottore come te, da grande. Il tuo regalo mi è piaciuto moltissimo, mi ha fatto capire che voglio comprendere come funzionano tutti quegli organi tra di loro e come si fa ad aggiustarli quando si rompono”.

Ellis si volta a guardare sua figlia, le assomigliava molto, aveva i suoi stessi occhi azzurri e i capelli castano chiaro, la sua stessa determinazione e passione per la conoscenza.

“Sei una donna molto saggia Meredith, diventerai un grande chirurgo e una donna straordinaria, ne sono sicura”.

Meredith stava per ribadire a sua madre la sua età e per dirle che, dopotutto aveva solo cinque anni, ma non disse nulla, ben sapendo che quelle parole erano un dono speciale e che sua madre non gliele avrebbe mai più dette.

Meredith si volta indietro per vedere se si vedono ancora le luci della città che si erano lasciate alle spalle, le luci di Seattle e si domanda se un giorno, vicino o lontano che sia, riuscirà a rivederle.


Note dell' autrice:
 eccomi qui con una raccolta relativa agli amati personaggi di Grey' s, qualcosa di completamente diverso dal solito
Spero che vi piaccia!
Fatemi sapere cosa ne pensate
Ciao
lulubellula

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Capitolo 2
*** Derek - prima parte ***


Piccoli chirurghi crescono
Derek



Una tiepida e fioca luce primaverile si insinua amabilmente tra le fessure delle finestre di una grande e luminosa casa in stile vittoriano.

E’ da poco trascorsa l’ ora di pranzo e Carolyne Shepherd sta riordinando la cucina durante il suo giorno libero.

Lava i piatti, li insapona, toglie le briciole dal tavolo e mette in ordine posate e ciotole.

Ripone gli avanzi del pasto e li mette in frigorifero, pensando alla ricetta che dovrà inventarsi per la cena, in modo da non sprecare nulla e di riutilizzare il cibo avanzato.

“Risparmio”, quella era divenuta la nuova parola d’ ordine in casa Shepherd.

Il suo lavoro da infermiera e il negozio del marito consentivano loro di condurre una vita dignitosa, senza troppi agi, di pagare le bollette e di mantenere una famiglia numerosa come la loro, composta da ben sette persone, quasi otto, se si contava anche Mark Sloan, inseparabile compagno di avventure e di giochi di suo figlio Derek.

Alla vista delle stoviglie da lavare, la donna alza gli occhi al cielo e scosta una ciocca di capelli neri dal volto, poi prosegue nelle faccende domestiche.

Qualche stanza più in là, Derek, Mark e la piccola Amy stanno portando a termine con molta serietà e attenzione una delle loro nuove ed emozionanti missioni.

Derek e Mark hanno dodici anni e sono molto legati, sono amici da tempo immemore, quasi fratelli e passano gran parte del loro tempo libero insieme.

Amelia, Amy, la sorella minore di Derek, ha solo quattro anni e nutre una profonda ammirazione nei  confronti del fratello maggiore, lo stima e lo adora, pende letteralmente dalle sue labbra.

Inoltre ha una seria e incurabile cotta infantile verso l’ amico di quest’ ultimo, Mark, il quale sfrutta i suoi sentimenti e la dedizione nei suoi confronti a loro vantaggio.

“Allora oggi tocca a me scegliere a quale nuova missione dare inizio. L’ ultima volta ha scelto Mark e abbiamo giocato allo Sceriffo del Far West, con Amy che interpretava la gentil donzella da salvare ed io che ho dovuto recitare la parte del cattivo della situazione, lasciando a te l’ onore e la gloria di doverla salvare, Sceriffo Sloan”.

Derek si volta verso Mark, il quale sorride in modo beffardo all’ amico e a sua sorella Amelia.

“Perciò, ora che è il mio turno, sceglierò il ruolo che più mi si addice, sceglierò quello che voglio diventi la mia professione, oggi giocheremo ai ghostbusters. Io, da grande voglio fare il ghostbuster,
l’ acchiappa fantasmi” annuncia con aria solenne.

“Un ghostbuster? Che sciocchezza! Persino quella poppante di Amy sa benissimo che non esistono i fantasmi e gli spettri” afferma Mark.

“Ehi, io non sono una poppante!” protesta Amelia.

“Hai solo quattro anni, dormi ancora nel tuo lettino con il tuo orsacchiotto, bevi il latte con i biscotti e credi ancora a Babbo Natale. Sei una poppante!” sentenzia Mark.

“Cosa centra Babbo Natale adesso?” chiede Amy incuriosita.

“Nulla, non centra nulla, Mark stava scherzando” le dice Derek lanciando un’ occhiataccia all’ amico.
Amy annuisce con aria poco convinta.

“Allora, iniziamo a fissare le regole del gioco e i nostri ruoli: io sarò Derek Mc Gyver” inizia Derek.

“Mc Gyver? – chiede Mark ridendo – non ti sembra di esagerare?”.

“Se tu puoi essere lo Sceriffo Mark ‘Spaccaossa Rubacuori’ Sloan, io posso essere Derek Mc Gyver, ghostbuster di professione, al servizio dei più deboli!” afferma Derek con convinzione.

“Ok, ok, dicci di quale morte dobbiamo morire, ma abbi un po’ di pietà” gli dice Mark, fissandolo in attesa del suo responso.

“Ok, allora, Amy sarà Amelia Mc Neall, ricchissima rampolla di una famiglia newyorkese ed ultima sopravvissuta alla maledizione che colpisce tutti i membri della sua casata” inizia Derek.

“Maledizione? Forte! Quindi io sarei una specie di eroina, la protagonista della tua missione. Oddio, è così forte! Dimmi in cosa consiste” dice Amelia, visibilmente incuriosita ed eccitata.

“Un attimo Amy, ci stavo arrivando, non interrompermi! Allora, dov’ ero rimasto. Ah, sì, la maledizione che ha colpito i Mc Neall. Pare che, sul finire del secolo scorso, Elizabeth Stevenson, bis-bisnonna di Amelia, fosse una giovane avvenente e bellissima, con una luce irresistibile ad illuminarle il viso e dei lunghi e lucenti capelli color nocciola.
Elizabeth aveva all’ incirca ventidue o ventitré anni al massimo ed era promessa in sposa al comandante James Mc Neall, quanto di meglio una donna dell’ epoca potesse desiderare. Tutto sembrava destinato a compiersi in un modo prevedibile, quando incontrò lui”.

“Lui chi?” chiesero in coro Mark e Amy, sempre più coinvolti e interessati alla storia inventata da Derek.

“Ascoltatemi con attenzione e lo saprete. Come stavo dicendo, Elizabeth doveva avere ventidue o ventitré anni quando incontrò l’ amore della sua vita, il soldato semplice Mark Sloan”.

“La storia inizia a farsi molto, molto interessante. Continua” lo incalza Mark.

“Mark Sloan era un giovane soldato di bell’ aspetto, un rubacuori insomma. Aveva fatto girare la testa a più di una donna nel corso delle sue varie licenze, alcune di loro portavano anche la fede al dito. Si mormorava che avesse avuto dei figli illegittimi, ma nessuno aveva le prove e lui era terribilmente abile a togliersi di mezzo in situazioni come quella.
Fu lui il primo a notare Elizabeth, durante una festa organizzata dal suo plotone. Gli venne presentata come la fidanzata del suo comandante e inizialmente la notizia scatenò in lui il brivido di fronte al fascino del proibito.
Iniziò allora a corteggiarla prima in un modo discreto, poi via via in modo sempre più opprimente e imbarazzante, suscitando le occhiate sconcertate di molti tra i presenti.
Tuttavia Elizabeth respinse le avances con fermezza e cortesia, mettendo a tacere rapidamente le voci di corridoio che stavano dando il via ad un passaparola concitato di pettegolezzi.
Ovviamente Mark Sloan non si perse d’ animo e continuò a cercare Elizabeth in più occasioni dopo la festa, seguendola nel tragitto fino alla biblioteca o al parco o alla sala da thé, inseguendola come un cucciolo con il suo giocattolo preferito.
Pian piano, qualcosa in lui cambiò, le brevi e fugaci conversazioni divennero il momento più atteso della giornata, aspettava quelle brevi chiacchierate come un bambino attende la mattina di Natale, con ansia e trepidazione.
Quei momenti erano divenuti la sua ragione di vita, quei momenti erano tutto quello che desiderava dalla sua esistenza. Lui si era …”.

“Si era innamorato?” chiede la piccola Amy con l’ aria sognante di una bambina che crede nelle favole, nell’ amore e nel Principe Azzurro.

Derek la guarda con aria fraterna e le accarezza delicatamente una guancia.

“Sì, Mark Sloan si era innamorato” risponde Derek.

“Ma che sciocchezze! Io,voglio dire il Mark Sloan della tua storia non può essersi innamorato, è impossibile! Lui è forte, è bello, è un soldato e tutte le donne impazziscono per lui.

Lui non può mettere la testa a posto, innamorarsi e sposarsi come un qualunque mortale. Non può!” protesta Mark.

“Hai ragione, non può, non ha potuto farlo. Lascia che io ti racconti l’ intera storia. Lui ed Elizabeth si scoprirono innamorati e si baciarono teneramente sotto un salice in una tiepida e mite giornata primaverile e dichiararono il loro amore, promettendosi a vicenda che sarebbero fuggiti insieme e che si sarebbero sposati di nascosto, all’ oscuro dalle loro famiglie”.

“Oh, ma come è romantico” afferma Amelia sospirando.

“Loro non sapevano che il comandante Mc Neall sapeva tutto, del loro amore, del loro tradimento e meditava la vendetta.
Intanto, Lizzie e Mark, all’ oscuro di tutto, avevano già comprato i biglietti per S. Francisco e avevano preparato i bagagli, due semplici bagagli a mano, pronti per iniziare una nuova vita insieme.
Passata la mezzanotte del giorno stabilito, come d’ accordo, Elizabeth uscì di casa.
Di fuori pioveva e le strade erano deserte.
La casa di Mark distava poco più di quattro isolati, ma a lei non pesarono affatto, perché camminava verso il suo amore, la sua libertà.
Arrivata nel suo appartamento, trovò la porta aperta, particolare che la insospettì moltissimo, entrò in salotto e vide libri e suppellettili sparsi a terra, il tavolino di cristallo ridotto in mille pezzi.
Spaventata e impaurita, corse nella camera di Mark e lo trovò agonizzante sul letto, aveva una profonda ferita d’ arma da fuoco all’ altezza dello stomaco e perdeva moltissimo sangue.
Respirava affannosamente e con fatica e alla vista di Lizzie, cercò di sorridere, ma non riuscì a fare altro che ottenere una smorfia: ‘Ciao Lizzie, credo che non partiremo oggi. Sono stanco, molto stanco, credo che sia giunta la mia ora, sai?’.
Liz gli prese la mano e gli disse: ‘Shh, non parlare così, sei debole ma ce la farai. Ora chiamerò un medico, ok? Dimmi chi ti ha ridotto così, devi dirmelo, per me, per noi – si porta una mano al ventre – tu non ci puoi abbandonare, noi abbiamo bisogno di te. Ti salverai, mi hai sentito, ti salverai e fuggiremo insieme e saremo felici, io, te e il nostro bambino’.
Mark sorrise dolorosamente: ‘ E’ stato James, ha scoperto tutto. Per me è troppo tardi orami, ho visto molti uomini del mio plotone morire in questo modo, prima senti un dolore acuto e cieco, poi percepisci un ronzio nelle orecchie, poi hai la sensazione di non avere più le dita delle mani e dei piedi, infine la mente ti si annebbia e muori a causa dell’ emorragia. Io, Lizzie, inizio ad avere difficoltà a metterti a fuoco, perciò ascoltami, quando sarò morto, farai in modo che qualcuno trovi il mio corpo e mi dia una degna sepoltura, poi fai in modo di affrettare il più possibile le nozze per far sì che James pensi che il figlio sia suo, infine, promettimi che sarai felice, promettimelo!’.
Lizzie gli disse: ‘Ma Mark?’.
‘Promettimelo!’.
‘Ok, te lo prometto, ti amo!' Una lacrima le riga il volto sofferente.
Lei rimane abbracciata a lui e gli chiude gli occhi, poi lo bacia e gli dice addio, andandosene nella notte.
Compie le ultime volontà del suo amato alla lettera, se ne va e sposa James, fingendo che il bambino che portava in grembo fosse suo.
Sette mesi dopo diede alla luce un figlio maschio, lo battezzò con il nome di Mark Stevenson Mc Neall, gli diede un bacio sulla fronte, indossò il suo vestito più bello, aprì la finestra e corse tra le braccia del suo Mark Sloan.
Chi la trovò, disse che lei aveva il sorriso stampato sulle labbra.
Mark non perdonò mai a James la triste fine di Lizzie, per questo motivo ora continua a tormentare i discendenti dei Mc Neall, che pur avendo il suo stesso sangue nelle vene, erano cresciuti al pari dell’ avido e senza cuore James.
Questo è il motivo per cui Amy Mc Neall mi ha chiamato, per liberarsi del fantasma di Mark Sloan” conclude Derek.

“Wow, che storia triste!” dice Amy.

“Hai davvero una fervida immaginazione, amico. Credo che tu abbia letto troppi libri, ti devono aver dato alla testa!” gli dice Mark.


Note dell' autrice:
Questa shot con Derek Shepherd protagonista, sarà divisa in due parti.
Perché la maledizione e il gioco hanno avuto un peso nella scelta di Derek di diventare un neurochirurgo?
Aspettate e lo saprete!
Eventuali commenti saranno ben accetti
A presto
lulubellula 

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Capitolo 3
*** Derek - Seconda Parte ***


Piccoli chirurghi crescono

Derek- Parte Seconda




“Dici forse che la mia leggenda è troppo strampalata?” gli chiede Derek con aria stupefatta.

“No, non ho detto questo, non intendevo affatto sminuirla o sbeffeggiarti, anzi è molto ben costruita. Perciò ribadisco solo quello che ti ho detto prima, cioè che tu hai letto davvero troppi libri!” gli risponde Mark sulla difensiva.

Amelia li osserva entrambi, sa benissimo che toccherà a lei calmare le acque facendo pendere l’ ago della bilancia in una direzione oppure nell’ altra.

Ma chi dei due scegliere?

Derek, suo fratello maggiore, l’ unico della famiglia che la prenda sul serio e che non la tratti come una mocciosa oppure Mark, con quel fascino da cattivo ragazzo, quegli occhi glaciali ed il cuore d’ oro.

La scelta era come al solito molto ardua.

“Ok, d’ accordo, smettetela! La leggenda di Elizabeth e Mark è bellissima, forse un po’ macchinosa in alcuni punti, ma è questo che le rende più spaventosa” inizia Amy.

Derek si volta verso l’ amico con un’ espressione estremamente soddisfatta, l’ espressione che si legge negli occhi dei vincitori, mentre Mark lo osserva ferito e disgustato.

“Ah, e comunque, Mark ha sicuramente il ruolo più affascinante in questa storia. E’ l’ eroe romantico per eccellenza, da soldato rubacuori ma senza cuore, si trasforma per Elizabeth in un vero uomo che crede nell’ amore e lotta con le unghie e con i denti, arrivando a perdere la sua stessa vita per un sentimento così nobile” continua Amy, osservando Mark che è decisamente più sollevato di prima.

“Ed ora, che cosa stiamo aspettando? Perché non iniziamo a giocare?” chiede Amy, fermamente convinta del successo del suo discorso.

“Ok – inizia Derek – allora, io sono Derek Mc Gyver, ghostbuster al servizio dei più deboli e tu sei Amelia Mc Neall, vittima innocente dell’ ira implacabile del fantasma che da generazioni terrorizza la tua stirpe, il terribile Mark Sloan”.

“Il terribile Mark Sloan? Mi piace” afferma Mark.

“Shh, Mark, stai zitto! Sto spiegando il gioco!” gli intima Derek.

“Uffa! Ce lo hai già spiegato un’ infinità di volte! Non ti sembra il caso di smetterla di ciarlare e di iniziare a giocare ai ghostbusters?” gli chiede Mark spazientito e con aria di sfida.

Derek, offeso dalle parole di Mark, si volta verso Amy, in attesa di sentire il suo responso.

“Mi dispiace, Derek, ma questa volta non posso che dare ragione a Mark, anche io voglio giocare adesso, la storia la conosciamo già!”.

Mark annuisce soddisfatto a Amy e si volta per osservare l’ espressione seccata di Derek.

“D’ accordo, mi arrendo. Siete due contro uno, quindi siete la maggioranza, perciò mi adeguerò alla vostra scelta” dice Derek.

“Bene, allora, cosa stiamo aspettando?” chiede Mark in palese visibilio.

Insieme, i tre si preparano a giocare: Mark si mette un lenzuolo bianco sulle spalle e ferma i polsini con del nastro adesivo, Derek indossa un bizzarro cappello e una mantella che lo rendono più simile a Sherlock Holmes che ad un ghostbuster, mentre la piccola Amy prende un grazioso cappellino, un abito a fiori e un paio di scarpe con il tacco, queste ultime trafugate dal guardaroba di sua madre Carolyn e visibilmente troppo grandi.

“Mi aiuti, mi aiuti, signor Ghostbuster”  Amy entra ben presto nella parte assegnatale, ormai è in tutto e per tutto la giovane nobildonna Amelia Mc Neall.

Derek si avvicina ed accorre in suo aiuto: “Eccomi qui, signorina. Io sono Mc Gyver, Derek Mc Gyver, per servirla” fa un inchino e il baciamano, come un vero Lord inglese.

“Sì, ed io sono Bond, James Bond!” Mark ridacchia alle parole dell’ amico e lo prende in giro.
“Zitto, Mark!” Amy e Derek gli lanciano un’ occhiataccia.

“Oh, finalmente siete venuto in mio aiuto. Dovete sapere che Villa Mc Neall, la stupenda dimora di famiglia, è infestata da un fantasma, il fantasma di Mark Everett Sloan. Lui spaventa la nostra stirpe da generazioni ormai, ha condotto all’ insanità mentale più di un Mc Neall, a cominciare dal mio bis-bisnonno James Christopher Mc Neall, che morì in circostanze sospette la notte di Natale di oltre ottant’ anni fa, totalmente folle, diceva di sentire la presenza del fantasma nelle sue stesse ossa. Totalmente folle! Io non ho nessuna intenzione di fare la sua stessa fine. E anche il prozio Jack … Vuole sentire la storia del prozio Jack?” chiede Amy, immersa nella parte, con tanto di fazzolettino ricamato in mano ed aria melodrammatica.

“No, signorina Mc Neall, credo che quanto mi ha già raccontato possa bastare per il momento. Ora non mi resta che mettermi alla caccia di Mark Sloan.

“In quanto al compenso …” inizia Derek.

“Il compenso non è un problema, come ben sa, sono ricca di famiglia” ribatte Amelia, dandosi un tono.

Mark intanto, perfettamente calato nella sua parte, si atteggia da perfetto fantasma persecutore.

“Ti avrò Amelia Mc Neall, sei mia, non puoi sfuggire a Mark Sloan, sei condannata alla mia persecuzione eterna, non avrò pace finché non ti avrò reso la vita impossibile, come ha fatto con me quel traditore del tuo avo James, che mi uccise con l’ inganno, strappandomi alla mia Lizzie!” Mark inizia ad inseguire Amy, che fugge a gran velocità e urla a squarciagola.

“Mi aiuti Signor Mc Gyver, sono in trappola! Mi aiuti, mi aiuti!”.

Derek intanto si lancia all’ inseguimento di Mark Sloan, armato di aspirapolvere acchiappa fantasmi.

“Non mi sfuggirai marrano! Io sono il miglior ghostbuster di tutti i tempi, non puoi farla franca queata volta. Ben presto, ti avrò in pugno!” urla Derek.

Nel frattempo Amy continua a correre sino alla fine del corridoio, inseguita da Mark, che ha Derek alle calcagna.

Ora lei è in trappola, il corridoio conduce ad un vicolo cieco, l’ unica via di salvezza sono le scale che portano al piano di sotto.

Agitata ed euforica, Amelia inizia a scendere le scale, ma il vestito troppo lungo e le scarpe troppo grandi le sono d’ intralcio, la fanno inciampare e rotolare giù per le scale, sotto gli occhi atterriti di Mark e Derek, che fissano impotenti la scena con il terrore nello sguardo.

Amy rotola giù pesantemente per le scale e atterra sul tappeto del salone, immobile, ha perso conoscenza.
Derek e Mark accorrono e cercano di svegliarla invano, ma lei non rinviene.

Amy ha un brutto taglio all’ altezza della tempia destra e respira in modo affannoso e faticosamente.

Mark e Derek corrono a chiamare la signora Shepherd, la quale giunge immediatamente in salotto e, intuita la gravità della situazione, la donna chiama subito i mezzi di soccorso.

Pochi minuti dopo, l’ ambulanza giunge a casa Shepherd e dei paramedici caricano Amelia su una barella e quindi sul mezzo.

Carolyn Shepherd, Derek e Mark salgono sull’ auto della donna e si avviano dietro l’ ambulanza, seguendola sulla via verso l’ ospedale.

 
Note dell’ autrice:

  • Ho deciso di aggiungere una terza parte dedicata a Derek in modo da non appesantire troppo la lettura e spezzare la storia nel momento clou.

  • Spero tanto che la seconda parte vi sia piaciuta, fatemi sapere cosa ne pensate, sono curiosa di leggere i vostri commenti

Ciao
lulubellula
 

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Capitolo 4
*** Derek - Terza ed ultima parte ***


Piccoli chirurghi crescono

Derek- Terza ed ultima parte


 

 

Il tragitto tra la casa di Derek e l' ospedale sembra essere interminabile.

Carolyn guida con attenzione e prudenza, tenendo le mani ben salde sul volante e lo sguardo fisso davanti a sé , rivolto verso la strada, mantenendo l' espressione fredda e distaccata che é solita avere ogni qualvolta le cose si mettano male, una sorta di maschera, di meccanismo autodifensivo, di parvenza di calma e self-control.

Derek e Mark sono seduti sui sedili posteriori dell' auto, lo sguardo assente e colpevole, le guance arrossate per il gran correre e lo spavento, il senso di colpa che li schiaccia lentamente e con costanza, come un macigno piantato dritto nel loro cuore.

"Siamo arrivati, scendete", Carolyn apre la portiera e attende che i due ragazzi escano dall' automobile.

Derek scende per primo e segue sua madre, Mark lo raggiunge staccando frammenti di nastro adesivo dalle maniche della felpa.

I tre, insieme, si dirigono verso l' accettazione del Pronto Soccorso e Carolyn si avvicina al bancone per chiedere informazioni riguardo ad Amelia all' infermiera di turno.

"Mi scusi, sto cercando mia figlia, Amelia Shepherd, ha quattro anni e l' hanno appena trasportata qui, in ospedale, in seguito ad una caduta accidentale" inizia la donna.

L' infermiera la ascolta attentamente e poi controlla le cartelle: "Vediamo, Amelia Shepherd ha detto? Allora, qui risulta che sia appena arrivata, saranno sì e no dieci minuti, ora le stanno facendo una TAC, in seguito potrebbero sottoporla ad una RMN all' encefalo. Per avere più informazioni in merito, deve andare nel reparto di neurochirurgia, al quarto piano".

"Grazie mille, ci vado immediatamente. Mi potrebbe dire chi sta seguendo il suo caso?" le chiede Carolyn.

"Certo, il Dottor Sanders, il nostro neurologo e il Dottor Andrews, il primario di neurochirurgia dell' ospedale".

La donna ringrazia nuovamente l' infermiera e fa cenno a Derek e a Mark di seguirla.

I tre si dirigono verso l' ascensore e attendono pazientemente che le porte si aprano, poi salgono e rimangono in silenzio.

Carolyn fissa le pareti, mentre Mark si guarda i piedi, Derek invece inizia a parlare:" Stavamo solo giocando, mamma. Volevamo divertirci un po', poi lei ha iniziato a correre, come noi del resto, ma indossava il vestito a fiori di Kathleen e le tue scarpe con il tacco ed é inciampata ...".

"Ora non é il momento, Derek, faremo i conti più tardi, ora devo pensare alla salute di tua sorella" gli risponde sua madre, uscendo dall' ascensore.

Insieme percorrono un lungo corridoio, osservando qua e là infermiere e degenti che entrano ed escono dalle porte bianche, con un' espressione di mesta rassegnazione dipinta sui volti.

Giunti al termine del loro percorso, Carolyn si avvicina al bancone delle infermiere e una donna sui trent' anni, le indica la stanza numero 214, stanza dove Amy sarebbe stata trasportata di lì a qualche decina di minuti, dopo la TAC e il consulto neurologico.

La donna, seguita dai due ragazzini, si avvia verso la stanza e, giunta a destinazione, apre la porta ed entra.

La camera é semplice e spoglia, la tipica stanza d' ospedale, una singola con un letto, delle lenzuole bianche e candide, fresche di bucato, delle sbarre in acciaio da regolare a seconda delle esigenze dei pazienti, un guardaroba triste e spoglio, una finestra che da sul cortile interno ed un piccolo bagno, semplicemente arredato e antistante alla zona notte.

Carolyn si avvicina alla finestra e fissa distrattamente fuori, osservando medici e passanti che percorrono il cortile con incessante velocità e noncuranza, che si spostano da un polo all' altro dell' ospedale, senza fare caso alle persone vicino a loro e che camminano, cercando di schivare le pozzanghere di un temporale di passaggio.

Derek e Mark sono in piedi, vicino al muro, come due condannati al giudizio, aspettano che, da un momento all' altro, la Signora Shepherd possa rovesciare sulle loro spalle, ma soprattutto sulle loro coscienze, tutta la paura, il risentimento e l' angoscia, che lei cova in questo momento nei loro confronti.

La donna sembra molto più stanca e più sfiduciata del solito, cerca di respirare profondamente e di mantenersi lucida e salda, in modo da riuscire a reggere la situazione ed incassare l' ennesimo colpo ricevuto con la medesima classe che é solita sfoderare in momenti drammatici come questo.

Trascorrono così diversi minuti, dieci, quindici, quasi mezz' ora prima dell' arrivo di Amelia nella stanza 214.

I volti sono tirati e preoccupati, stanchi e colpevoli, in cerca di risposte, in cerca di notizie, sperando che siano buone.

La porta della stanza si spalanca ed entrano due infermiere, che spingono una barella, sulla quale é adagiata la piccola Amy, ancora in stato d' incoscienza.

Dietro di loro compaiono due medici, il Dottor Sanders, il neurologo e il Dottor Andrews, il neurochirurgo.

Carolyn si avvicina a loro, cercando di avere maggiori informazioni riguardo allo stato di salute della sua ultimogenita, una splendida e vivace bambina di soli quattro anni.

Derek e Mark se ne stanno in disparte, non osano avvicinarsi e sentire quello che i due medici hanno da dire sullo stato di salute di Amy.

Tuttavia, in particolare il giovane Derek cerca di origliare il maggior numero di informazioni possibili, ma con scarso successo, tutto ciò che riesce a captare sono frammenti di nozioni mediche: trauma, ematoma, encefalo, sangue da drenare, dura madre, aspiratore, sala operatoria.

Tutti termini a lui sconosciuti e che lo spaventano, perché non capisce la gravità della situazione, non riesce a comprendere se e come la sua sorellina si salverà.

Sua madre ascolta il discorso dei medici con attenzione ed annuisce di tanto in tanto, mostrandosi sempre più preoccupata ed afflitta, poi firma dei moduli e lascia che le infermiere preparino Amy per l' operazione.

Intanto i due dottori si allontanano dalla stanza 214 e si preparano a decidere la modalità migliore per intervenire sull' ematoma di Amelia.

Derek li osserva ed esce dalla stanza, cercando di non dare nell' occhio e di non farsi notare dalla madre.

"Dottor Andrews, dottor Andrews. Aspetti un attimo, devo parlarle!".

L' uomo si volta ed osserva quel ragazzino che, sino a poco prima, se ne stava seduto in un angolo, cercando di mescolarsi con la tappezzeria della camera.

"Dimmi pure".

"Mi chiamo Derek – ansima per il gran correre – Derek Shepherd sono il fratello maggiore di Amelia. Io volevo dirle che é tutta colpa mia se lei é qui. Sono stato io ad iniziare quello stupido gioco dei ghostbusters. Volevo solo dimostrare al mio migliore amico Mark che non sono un rammollito, ma che davvero posso diventarlo, da grande. Solo che qualcosa é andato storto, lei ha iniziato a correre ed é inciampata, rotolando giù per le scale e perdendo conoscenza. Ed ora la dovete operare ed io non so nemmeno che cosa le farete. Non capisco nulla e mi sento così dannatamente in colpa per quanto é successo, dovrei esserci io, su quel letto operatorio, non lei, dovrei essere lì, a soffrire, a non poter camminare, né parlare".

Derek inizia a singhiozzare e a perdere la calma.

Il Dottor Andrews lo osserva e gli mette una mano sulla spalla.

"Ascoltami, Derek, voglio che tu capisca che quanto é successo non é assolutamente colpa tua, é stato un incidente, non ne sei responsabile. Ora io opererò tua sorella e cercherò di ridurre l' ematoma cerebrale, drenando il sangue fermo in eccesso con un aspiratore. Sai, il mio lavoro non é poi così diverso da quello di un acchiappafantasmi, io aspirerò il sangue così come tu catturi i fantasmi e gli spettri e spesso inseguo tumori e patologie che sono quasi invisibili e sono difficilissimi da individuare e da trattare. Io e te, mio caro, inseguiamo l' impossibile e siamo i migliori in questo campo. Tua sorella é in ottime mani e poi, me lo sento, oggi é una bella giornata per salvare della vite. Ora scusami, ma devo proprio andare Derek".

"Ok, grazie, Dottor Andrews" gli risponde.

Il ragazzo si allontana e si dirige verso la camera di Amy, dove lo aspettano sua madre e Mark.

"Dove ti eri cacciato, Derek? Ero terribilmente preoccupata per te ..." inizia a dirgli Carolyn.

"Scusami, mamma, avevo bisogno di una boccata d' aria e di fare due passi per schiarirmi un po' le idee" risponde il ragazzo.

"Vieni, siediti qui, vicino a me. L' intervento potrebbe durare un bel po' ed io ho bisogno che voi due mi restiate vicino" dice sua madre.

Le ore scorrono lentamente, la preoccupazione e l' ansia si fanno sempre più pesanti, si palesano sempre di più.

Verso le nove di sera, il Dottor Andrews entra nella stanza, annunciando la buona riuscita dell' intervento, informandoli del fatto che potrebbero volerci delle ore prima che Amelia si risvegli e del fatto che, ancora, non sia certo che lei non abbia riportato delle conseguenze dovute al trauma cranico subito.

A turno, sua madre e Derek vegliano Amy, la quale, nel frattempo, é stata trasportata dalla terapia intensiva alla stanza 214.

Sono le due del mattino e la Signora Shepherd é sdraiata sulla poltrona, vicino al letto di Amy, mentre Derek e Mark sono seduti vicino alla piccola.

"Sono davvero un disastro come fratello, per non parlare di quanto faccia pena come ghostbuster, credo che sia meglio che io scelga un altro mestiere da fare nella vita. Sai, mi é simpatico il Dottor Andrews, il neurochirurgo che ti ha operata, mi piacerebbe diventare come lui, un giorno ed affrontare dei fantasmi veri" le sussurra Derek all' orecchio, piegato in avanti, con la testa sul cuscino.

"Come ghostbuster fai proprio pena, ma come fratello non sei niente male" una vocina rompe il silenzio e lo ridesta, facendolo sorridere, gioire e credere nei miracoli, anche in quelli che sembrano i più impossibili.

 

NdA:

Grazie a tutti coloro che hanno letto e recensito i capitoli precedenti, ora la parte dedicata a Derek si é conclusa, ci vediamo più avanti con Cristina Yang.

Le recensioni sono sempre ben gradite.

Ciao

lulubellula

 

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Capitolo 5
*** Cristina ***


Piccoli chirurghi crescono

Cristina



Domani sarà il mio compleanno, compirò nove anni finalmente, mi sto allontanando per sempre dall' essere bambina.

Immagino di essere una di quelle persone che odiano essere piccole e poi adolescenti, immagino di essere nata adulta, perché é così, io odio essere una bambina, sottostare a mia madre e dovermi vestire con quelle orribili gonne tutte fronzoli, tutto quel rosa, mangiare controvoglia quei pasticcini da tè pieni di zucchero e coloranti e indossare quelle scarpine di vernice con la chiusura laterale che segnano i piedi non appena le calzo.

Io non sono così, sono diversa, sono come il mio papà, lui é tutto il mio mondo, lui é la persona a cui voglio assomigliare, é il mio modello, la persona che mi capisce di più di tutte.

Lui mi regala libri di biologia e di chimica molecolare, mia madre invece dei noiosi ed inutili tomi di galateo e buone maniere, lui mi porta al Museo di Storia Naturale e alle mostre, lei mi costringe a stare ore ed ore in teatro ad assistere ad interminabili balletti di danza classica.

Lui stasera mi porterà a festaggiare il mio compleanno in un posto speciale, non mi ha rivelato nulla, ha detto di volermi fare una sorpresa, anche se spero tanto che mi porti in un luogo con la musica alta e una pista da ballo e che mi regali il microscopio che desidero tanto.

E sono sicura che lo farà, perché lui sa sempre ciò di cui ho bisogno; noi due non dobbiamo parlare molto, le parole non servono tra di noi, ci capiamo grazie ai nostri sguardi, ai nostri gesti, non ci serve nient' altro.

Vieni, Cristina, vieni, dobbiamo andare, altrimenti faremo tardi” mio padre si avvicina a me e mi sorride, il suo sorriso é bellissimo, é radioso, un padre giovane ed orgoglioso di sua figlia, della sua unica figlia, della sua bambina.

Mi avvicino a lui, con il vestito che mia madre mi ha costretto ad indossare, un vestito azzurro e svolazzante, il sogno di ogni fanciulla della mia età, una specie di incubo per me, ma ora non mi importa, non mi interessa perché non c' é nulla al mondo che io ami quanto un viaggio in auto con lui, breve o lungo che sia.

Arrivo, papà” salgo in auto con lui, stringendomi il coprispalle blu, aggiustandomelo sul cuore, perché oggi fa freddo, incredibilmente freddo.

La strada é ghiacciata e scivolosa, l' asfalto é viscido e vischioso, ai lati della strada ci sono cumuli di neve sporca di sassolini e olio delle auto, il cielo é plumbeo e sta per ricominciare a nevicare.

Mio padre accende l' auto ed esce dal vialetto, immettendosi nella strada principale, guidando per circa mezzo miglio senza proferire alcuna parola.

Che hai, papà? Perché non dici nulla?” gli chiedo, lievemente incuriosita e anche un po' preoccupata.

Mio padre si gira verso di me e mi sorride, anzi comincia a ridere: “Dovresti guardare la tua faccia in questo momento, Cristina, sei buffa!”.

Io lo osservo un tantino offesa: “Non é vero, non sto facendo alcuna faccia buffa, sei tu che mi stai prendendo in giro” gli rispondo io.

Sì, che la stai facendo! Comunque non ti parlo perché non voglio farmi sfuggire nulla sulla sorpresa che ti ho preparato per il tuo compleanno, Cristina, non perché sono arrabbiato con te” mi rassicura lui.

Io mi giro verso il finestrino, arrotolandomi i miei capelli ricci e corvini, di cui vado molto fiera, attorno all' indice; intanto osservo la neve che continua a scendere sempre più copiosa, il cielo che si fa sempre più scuro e nuvoloso, la temperatura che sembra diminuire sempre di più.

Poi mi volto e gli sorriso: “D' accordo, papà ti credo, però potresti darmi almeno un piccolo indizio. Dai, solo un indizio piccolo piccolo, poi se capirò tutto non sarà colpa tua e quando la mamma mi consegnerà il regalo farò finta di essere sorpresa, lo giuro!” lo imploro io, cercando di assumere l' aria e il tono di voce più convincenti possibile.

Lui si volta verso di me e mi dice: “Ok, ti do un piccolissimo indizio, Cristina. Ti basti sapere che il mio regalo ti cambierà la vita, d' ora in poi ricorderai questo giorno come quello che ha cambiato la tua intera esistenza, d' ora in poi nulla sarà più come prima” mi risponde sorridendomi come al solito per incoraggiarmi e rassicurarmi.

Io lo osservo rapita, credo proprio che nessun' altra bambina al mondo sia fortunata quanto me, nessun' altra di certo ha un padre come il mio.

E queste sono le ultime parole che ricordo di aver pensato prima dell' impatto.

 

Mi sono svegliata qualche tempo dopo, secondi, minuti, non so quanto dopo, mi sono svegliata vedendo il mio abitino azzurro macchiato di sangue, mi sono svegliata sentendo un dolore fitto ed acuto alla fronte, un profondo taglio, che mi attraversava parte del sopracciglio sinistro e mi arrivava alla tempia.

Mi sono girata e l' ho visto, ho visto il mio papà in un lago di sangue, una profonda ferita al petto da cui colava copioso del sangue scuro e caldo.

Mi sono avvicinata a lui e l' ho chiamato, più e più volte, prima era un sussurro o poco più, poi quasi un grido disperato, alla fine solo una sorta di suono che proveniva dalle mie viscere, quasi gutturale e inumano, quel suono primordiale del dolore, che non conosce lingua, né dialetto, né specie.

Papà, papà!” continuavo a ripetere, tenevo le mie mani sporche di sangue sul suo petto, ho sentito il pulsare del suo cuore nelle mie fragili mani infantili, l' ho sentito pulsare sempre più debolmente, finchè non si é fermato del tutto, finché qualcuno, un paramedico forse o un soccorritore tardivo, mi ha strappato dalle sue braccia e mi ha allontanato da lui, per quel momento, per sempre.

Ti basti sapere che il mio regalo ti cambierà la vita, d' ora in poi ricorderai questo giorno come quello che ha cambiato la tua intera esistenza, d' ora in poi nulla sarà più come prima”.

Le sue ultime parole mi rimbombavano nella testa, continuavano a fluttuare come degli spettri nella mia mente, si sono rivelate una triste profezia, il suo regalo, un microscopio ottico; mi ha cambiato la vita, quel giorno, invece, ha cambiato me.

A mezzanotte, il giorno del mio compleanno, mentre un' ambulanza stava portando via il mio papà, ho giurato a me stessa che non mi sarei mai più sentita così, ho giurato a me stessa che non mi sarei più sentita così fragile ed inutile, così piccola e indifesa, ho giurato a me stessa che non avrei mai più tenuto un cuore tra le mie mani, con la sola possibilità di lasciare che le mie dita sentissero una vita scivolarmi via tra le mani.

La prossima volta, avrei tenuto un cuore in mano per curarlo, non per sentirlo spegnersi istante dopo istante, lentamente.

Ho giurato a me stessa che non avrei lasciato più entrare nessuno nella mia vita in quel modo, per non dover mai più soffrire così tanto.

Ho promesso a me stessa che, da quel momento, avrei indossato una maschera di ghiaccio, che non avrei mai più provato sentimenti, che non mi sarei più affezionata a nessuno in quel modo.

Ho giurato a me stessa che avrei cercato di cambiare per non dovermi più sentire vulnerabile e inutile, avrei studiato, mi sarei esercitata, avrei sfidato la morte e le avrei riso in faccia, proprio come lei aveva fatto con me, quel giorno.

Ed ho promesso tutte queste cose, la notte del mio compleanno, per renderti fiero di me, papà, proprio come quella sera.

NdA:
Scusate per il ritardo nell' aggiornare, ma sono stata molto impegnata in questo periodo, spero comunque che il capitolo sia piaciuto lo stesso
Le recensioni, al solito, sono apprezzate
Alla prossima
lulubellula

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