Another world beyond the wall

di TheKyra808
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Layla ***
Capitolo 2: *** Un nuovo mondo ***
Capitolo 3: *** Un po' di luce sulla faccenda ***
Capitolo 4: *** Noel ***
Capitolo 5: *** E' tempo di evadere ***
Capitolo 6: *** Thyson e Katrina ***



Capitolo 1
*** Layla ***


Erano ormai mesi che la polizia indagava su un grandissimo giro di droga nella zona di Kingsdey. Non sapevano quante persone ci fossero dietro ne dove fosse il loro rifugio per gli sporchi affari che conducevano. Seguivano solo una pista fatta di testimonianze poco attendibili, supposizioni e deduzioni logiche, e come si può immaginare, questo li riportava sempre al punto di partenza dopo aver seguito per giorni l’uomo sbagliato.
Da poco era arrivata in commissariato una nuova recluta che prometteva molto bene, testarda, determinata e affamata di giustizia, pur essendo la nuova del gruppo non si era fatta mettere i piedi in testa ed era già riuscita a guadagnarsi il rispetto di tutti chiudendo un caso di rapina a mano armata. Le era stata affiancata una donna più grande di lei e con diversi anni in più di esperienza nel settore, in modo da poterla aiutare in caso di bisogno, cosa che a nessuna delle due dispiaceva. Erano molto diverse, ma diventarono subito amiche: Layla, la nuova, era una ragazza sui venticinque anni che desiderava entrare in polizia fin da bambina, era intelligente e molto sveglia, non si fermava mai alle apparenze e detestava che gli si nascondesse qualcosa. Era portata per il comando, ma non si ribellava ai suoi superiori, al contrario ascoltava i loro consigli e faceva del suo meglio per aumentare di grado. Aveva dei lunghi capelli color bronzo, erano mossi e le arrivavano appena sotto le scapole, durante le giornate di lavoro li teneva raccolti in uno chignon che metteva in risalto il suo viso piccolo e magro, con la carnagione chiara e gli occhi marrone scuro. 
Quando le fu presentato il suo nuovo obbiettivo, non rimase tanto sorpresa dal solito caso di spaccio, quanto dal fatto di non avere quasi nessuna informazione di cui servirsi, così si rimboccò le maniche e ricominciò da capo le indagini con la sua collega Stefania.
Non ci misero molto a trovare degli indizi, girando per il quartiere dal quale erano partite alcune segnalazioni di disturbo alla quiete pubblica, trovarono un insolito palazzo apparentemente mai visto prima, in effetti era fatto in modo da non essere visto, era basso, posizionato dietro un grattacielo che lo teneva in ombra durante tutto il giorno. Le due entrarono e con loro sorpresa si ritrovarono in un luogo particolarissimo e diverso da ogni altro che avessero mai visto: c’erano moltissimi ragazzi e ragazze, per lo più sui diciotto anni che facevano tre file ordinate per poi arrivare ad altrettante casse simili a quelle di una banca, appena i “clienti” le videro si diedero alla fuga, e loro, essendo sole e senza rinforzi, non tentarono certo di fermarli. L’edificio ora era deserto, e loro ne approfittarono per dare un’occhiata in fretta ed andarsene, prima che qualcuno fosse tornato indietro, magari armato. Dietro le casse c’erano delle sedie su cui fino ad un attimo prima erano seduti i venditori, a terra c’erano bustine di polvere bianca cadute nella confusione creata dal loro arrivo. Dopo pochi minuti arrivò tutta la squadra chiamata da Stefania subito dopo l’irruzione nell’edificio, la droga veniva presa e distribuita appunto dalle persone sedute dietro le casse, che a loro volta la prendevano da alcuni tubi, tre per la precisione, che provenivano dal muro, così la pattuglia andò a controllare all’esterno dell’edificio, ma non trovando il prolungamento di suddetti tubi, demolirono il muro e scoprirono che la conduttura proveniva dal suolo.

ANGOLO DELL'AUTRICE
Vorrei ringraziare chi sta leggendo la mia storia, e vi chiedo per favore di lasciare una recenzione, anche se breve, per aiutarmi a migliorare e farmi sapere se la storia vi piace :)

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Capitolo 2
*** Un nuovo mondo ***


Ci vollero più di due settimane per risalire all’origine dei tubi, tutti e tre seguivano la stessa direzione, la squadra dovette scavare lungo tutto il percorso e avere a che fare con cittadini che giustamente fecero non poca resistenza all’arrivo della polizia e degli operai intenzionati scavare nei giardini sotto cui passavano le condutture. Dopo la lunga operazione, si ritrovarono davanti un muro alto più di quanto fosse il palazzo stesso che proteggeva, percorsero tutto il perimetro per trovare un’entrata, ma l’unica era un cancello di ferro che non lasciava intravedere l’interno, sopra vi era affissa una targa con incisa la scritta “Ospedale psichiatrico con fini sperimentali”, i vecchi membri  della pattuglia conoscevano quel posto, era un ospedale per persone malate psicologicamente, un manicomio in cui medici e scienziati si sbizzarrivano nei più strani esperimenti sui pazienti, era caduto in disuso da ormai moltissimi anni, un’ esplosione improvvisa, ed erano morti tutti, lasciando sigillato l’unico ingresso, ma mai nessuno si era interessato di demolire la struttura, in quanto si trovava in mezzo ad un bosco desolato e nessuno ne avrebbe mai ricavato niente. Il ragionamento dei poliziotti non fu diverso, cedettero che era impossibile che le tubature provenissero da lì, così, non volendo sprecare tempo ed energie ad abbattere un vecchio edificio abbandonato, decisero di ricominciare a seguire i tubi dall’inizio, convinti di averne seguiti altri sbagliati.
In tutto questo, Layla, cercò fin dall’ inizio di far capire loro che era impossibile che avessero commesso errori, voleva a tutti i costi entrare in quel singolare luogo abbandonato, ma, nonostante la sua fedele compagnia credesse in lei e la sostenesse, erano comunque loro due contro altri sei agenti che si opponevano. Quella notte la ragazza non chiuse occhio, non si spiegava cosa potesse essere successo dietro quelle mura e sentiva di dover far luce sulla faccenda, così, in piena notte, chiamò e svegliò Stefania, a cui propose di andare la sera seguente ad esplorare da sole il vecchio ospedale. Ora, la donna non era certo sciocca o sprovveduta da andare ad intrufolarsi chissà come in una proprietà privata e disabitata, ma sapeva che se avesse rifiutato, la sua giovane amica sarebbe andata da sola, così accettò, a malincuore e insieme si prepararono alla delicata operazione.
L’indomani, appena finito il servizio, alle otto di sera, si incamminarono insieme verso le mura e le scalarono usando scarpe e attrezzi d’ alpinismo, arrivate dall’altro lato, si accorsero della vastità del luogo e rimasero ad ammirarlo: il bosco proseguiva anche lì e ricopriva tutto il territorio, tranne quello occupato dall’edificio diroccato che si trovava al centro. Camminarono per dieci minuti, quando sentirono dei rumori, un calpestare di foglie, dei rami spezzati, un respiro affannoso si fermarono all’istante e rimasero immobili, ormai era sicuro che non fossero sole in quel luogo, anzi, c’erano moltissime persone, o animali, non lo sapevano con certezza, poiché gli alberi e il buio non glielo permettevano. Continuarono il cammino quando i rumori si allontanarono fino a cessare, e dopo poco arrivarono alla parete est del palazzo, un muro grigio scuro alto più o meno quattro metri, senza finestre, per trovare un ingresso dovettero costeggiare l’edificio fino alla parete opposta, dove trovarono una pota di vetro spesso, sporca di fango, che permetteva loro di intravedere l’interno: c’era un via vai di persone di ogni tipo ed età, entravano ed uscivano da varie stanza che davano sul salone d’ingresso nessuno spiccicava parola, sembravano degli automi con degli obbiettivi da compiere e null’altro da fare. Sentendo qualcuno arrivare, si nascosero tra i cespugli e videro tre ragazzi, provenienti da direzioni diverse del campo, riunirsi in fila con un movimento meccanico ed entrare nell’edificio, dove, ancora, nessuno faceva cenni di saluto o altri convenevoli. Le due, anche se preoccupate dalla situazione, decisero di entrare, anche perché ormai era buio pesto e il movimento nel bosco aumentava, così si aggregarono al seguente gruppo di persone che arrivò e fecero finta di essere del posto.
La sala era spaziosa ed illuminata da luci al neon, come tutto il resto del palazzo, aveva due porte su ogni parete, tranne che su quella d’ingresso, e le persone si spostavano da una stanza all’altra trasportando scatole, documenti e fiale. Dopo qualche viaggetto qua e là riuscirono ad avere in mente più o meno la piantina del palazzo: quattro delle sei porte davano su laboratori dove venivano condotti esperimenti chimici e schedati composti vari, una era completamente  adibita a magazzino per la droga, che era ammassata in blocchi e l’ultima stanza in cui entrarono era più che altro un corridoio vuoto, che però si riempì dopo appena due minuti, al suono di una campanella. Tutti i presenti nel manicomio si diressero verso la porta in fondo e le poliziotte seguirono la folla, arrivarono in uno stanzone più grande degli altri, dove tutti si sedevano a terra, a formare un cerchio, le due presero posto come meglio potevano e quando tutti furono sistemati, entrò da un’altra porta, un ragazzo alto e muscoloso, era vestito in modo trasandato e aveva diverse cicatrici sul viso, i suoi occhi erano verde smeraldo, ed i capelli quasi completamente rasati. Si guardava intorno con attenzione e interesse, fissando ogni singolo membro per qualche secondo, ma quando arrivò il turno di Layla, ci impiegò più tempo, probabilmente notava che c’era qualcosa di insolito, ma non ne era sicuro, così la scrutava circospetto, lei, al contrario, si rilassò più che poté per non destare maggiori sospetti e si perse nell’osservarlo a sua volta, sembrava l’unico capace realmente di intendere e volere lì in mezzo. Dopo esseri convinto di non correre rischi passò alla persona a fianco, Stefania, che per sua sfortuna non ebbe il sangue freddo della giovane collega, sul suo viso scorrevano diverse gocce di sudore, e i suoi occhi balzavano da una parte all’altra della stanza carichi di tensione, ci volle un attimo, lui le saltò addosso e con lo stupore di tutte e due le intruse, la morse la giugulare e fece schizzare sangue ovunque, era una scena orribile, ma l’amica non poté fare a meno di assistere al tutto, atterrita, non appena l’assassino si ritrasse, si intravidero i canini più sviluppati del normale. Immediatamente tre ragazze si alzarono e portarono fuori il cadavere, Layla era nel panico, ma ora più che mai doveva resistere, aveva compreso che c’era molto di più del semplice contrabbando di droga in quel particolare caso che le era stato assegnato, qualcosa di sovrannaturale, e lei doveva mostrarsi sicura di sé ed a suo agio, se non voleva raggiungere la sfortunata.

ANGOLO DELL'AUTRICE
Ciao a tutti, ora gli eventi prendono una piega interessante, vi chiedo di darmi fiducia e continuare a seguire la storia, cercherò di non deludervi ;)
P.S.: Recensite in molti, sia per aiutarmi a migliorare che per dirmi se la storia vi piace o no =)

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Capitolo 3
*** Un po' di luce sulla faccenda ***


Nessuno in sala si turbò minimamente per l’accaduto, e nessuno disse nulla, ma il ragazzo, che sembrava proprio essere il capo, cominciò ad indicare bruscamente e sfacciatamente le stanze ed i compiti assegnati ad ognuno: un quarto delle persone fu mandata a trasportare i pesanti pacchi di droga dalla stanza del deposito ai laboratori, dove altri due quarti dei partecipanti, li aprivano e dividevano la polvere in piccole bustine sigillate, che poi erano passate ai rimanenti lavoratori, che le distribuivano nei vari tubi che partivano dalla stanza dell’assemblea. Layla fu assegnata a quest’ultima categoria ed ebbe così la possibilità di osservare bene come funzionavano le cose: le condutture erano le stesse che arrivavano all’edificio dove aveva fatto irruzione con Stefania, ma erano molte di più, saranno state una ventina e andavano in varie direzioni. Guardò poi come lavoravano gli altri, inserivano le bustine nell’apertura rivolta verso l’alto delle tubature trasparenti, e poi automaticamente, queste erano “sparate” lungo il percorso attraverso una specie di pompa, così la ragazza imitò gli altri per non destare sospetti, ancora molto scossa per l’accaduto e con le mani tremanti.
Andarono avanti così fino alle undici, poi arrivò il “capo” e con una specie di ringhio fece segno a tutti di uscire, e la poveretta li seguì. Andarono verso la porta da cui era uscito il ragazzo prima dell’assemblea, e da lì si immisero in un lunghissimo corridoio, pieno di porte a vetri che permettevano di vedere delle stanze più simili a delle celle, tutte uguali, con un letto, un bagno e nient’altro. Dopo che tutti si furono sistemati, Layla prese la stanza 307, rimasta vuota e si sdraiò sul letto a riflettere su tutto quello che le aveva riservato quella serata così stressante, aveva perso una delle amiche più fedeli che aveva, vedendola morire dissanguata davanti a lei, aveva visto la crudeltà di un ragazzo che non aveva nulla in comune con un essere umano normale, e si era resa conto che era prigioniera in un manicomio in mezzo a persone che non aprivano bocca e si muovevano meccanicamente, senza nessuno con cui parlare, senza un telefono per chiedere aiuto e senza la possibilità di scappare.
Rifletté così per un’altra oretta, quando la fame cominciò a farsi sentire, lei non conosceva le abitudini del posto, forse avevano già mangiato prima che arrivasse, forse non mangiavano affatto, ma il suo stomaco si contorceva e non trovò alternativa migliore a quella di alzarsi e cercare del cibo. Trovò un altro magazzino in tutto e per tutto simile alle altre stanze, senza arredamento, pieno di scatoloni riposti ordinatamente a terra, ne aprì alcuni e con gioia scoprì di aver trovato dei rifornimenti di cibo, c’era per lo più roba in scatola, legumi, verdure, pomodori, così si mise a mangiare in un angoletto, facendo meno rumore possibile, e poi nascose le confezioni in latta in una botola dove venivano tenuti degli stracci ammassati gli uni sugli altri, apparentemente inutili. Appena rifocillata si diresse verso l’ingresso, ma, come aveva previsto, lo trovò sorvegliato da due guardie, così dovette dirigersi verso la sua stanza, in preda al panico per via della mancanza di una possibilità di fuga. Stava per aprire la porta del lungo corridoio con le camere, quando notò la porta socchiusa di uno dei laboratori, così, incuriosita decise di entrare e guardarsi un po’ intorno, trovò diversi fogli e documenti sui ripiani pieni di fiale ed ampolle. A quanto pareva non veniva usato nulla da diversi anni, c’era uno strato di polvere notevole su tutti gli oggetti, così ancora più incuriosita, si mise a rovistare tra le varie carte, e trovò dei vecchi appunti risalenti all’anno precedente che riportavano gli appunti di alcuni esperimenti che venivano fatti sui pazienti dell’ospedale, venivano iniettati loro vari composti formati con una percentuale di sangue animale ed altre sostanze. I fogli erano correlati con immagini e risultati dei vari esperimenti, la maggior parte dei soggetti moriva, ma poi cambiò qualcosa nella composizione della sostanza che veniva somministrata e il progetto cominciò a progredire, ogni essere umano prendeva i comportamenti dell’animale che gli aveva “donato” il sangue. Layla continuò a leggere interessata e vide che le annotazioni si interrompevano con il caso del ragazzo assassino, a lui era stato iniettato sangue di lupo, e come previsto, aveva assunto il comportamento di un capobranco che primeggiava sugli altri, le cose cominciarono a mettersi male quando i suoi canini si svilupparono più del dovuto, infatti l’uomo doveva assomigliare all’animale sono caratterialmente, ma non fisicamente, ma qualcosa di sbagliato nelle dosi lo aveva trasformato in un killer spietato, che aveva ucciso gli scienziati e la maggior parte dei malati e aveva sottomesso gli altri assorbendo completamente la loro personalità e il loro carattere, sottomettendoli e schiavizzandoli. Layla ora aveva molte cose più chiare, ma da dove veniva la droga? E come avevano costruito quei condotti? Non ci volle molto che la risposta arrivò: trovò altri documenti, erano stati i padroni del manicomio a costruire il tutto e già gli scienziati “raccoglievano fondi” spacciando, evidentemente il Lupo aveva imparato i vari meccanismi e continuava a diffondere ai vari punti di raduno le bustine riempite con la droga ancora contenuta nel magazzino, lui portava solo avanti una specie di compito, senza sapere nemmeno cosa stava facendo, chissà cosa avrebbe fatto quando i rifornimenti sarebbero finiti, quando le provviste si sarebbero esaurite… di certo lei non voleva scoprirlo, tornò in camera e si concesse un po’ di meritato riposo.

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Capitolo 4
*** Noel ***


La mattina dopo uscì dalla sua stanza al suono di una campanella e si unì al flusso di gente che si dirigeva verso la sala dell' assemblea, lì erano già ammassati in un angolo chili e chili di provviste, infatti per colazione si mangiava tutti insieme chi carne chi verdura, chi pesce e chi frutta, Layla prese un po' di salmone  e fu apposto così, non era esattamente il suo genere di colazione preferita, ma non ebbe molta scelta. Subito dopo il Lupo divise di nuovo i ruoli, quello della ragazza era sempre lo stesso e la mattinata passò velocemente. Il pranzo ci fu all' una meno un quarto, nello stesso modo della colazione, poi di nuovo all' opera, nessuno si lamentava, tutti eseguivano i loro compiti alla perfezione come se non sapessero fare altro, ma la poliziotta non era abituata a quella vita e doveva assolutamente trovare il modo di andarsene, o sarebbe diventata come gli altri. Trascorse tutta la giornata a lavorare senza sosta, avrebbe voluto trovare altre informazioni, ma non aveva alcuna intenzione di farsi scoprire.
La notte arrivò, e lei, stremata, cadde in un sonno profondo tormentato da incubi, che si interruppe alle due e cinquantasei: era buio pesto e ormai aveva perso il sonno, così si alzo e cercò la porta a tastoni, quando la trovò e la aprì, sentì mancarsi il fiato, davanti a lei c' era il Lupo, illuminato dalla fioca luce del corridoio. Lui la spinse violentemente nella stanza facendola cadere a terra, poi richiuse la porta con un gesto repentino facendo tremare le pareti e la ragazza poté sentire distintamente il suono di una chiave che girava nella toppa imprigionandola mentre il suo carceriere si allontanava a passi pesanti. 
Rimase chiusa dentro per tre giorni, senza cibo ne acqua, la fame la stava distruggendo e passava il tempo sdraiata a letto senza nulla da fare, senza nessuno con cui parlare...
Quella notte, però, qualcosa successe: sentì qualcuno avvicinarsi e un rumore metallico che le strideva nelle orecchie e fu invasa dal terrore, forse era arrivata la sua fine, si rannicchiò in un angolo del letto, appoggiata al muro, aspettando il momento della verità. Quando la porta si aprì rimase sconvolta: davanti a lei apparve un ragazzo con il dito indice appoggiato sulle labbra, a farle segno di fare silenzio.
Era poco più alto di lei, e doveva avere due o tre anni in più, aveva i capelli corti, biondo platino, che formavano una piccola cresta al centro della testa. I suoi occhi erano di un blu intenso, scuro e acceso, e l' espressione del suo volto dai lineamenti duri aveva un qualcosa di triste e malinconico, forse per via della forma della bocca, o forse per quegli occhi perennemente socchiusi in segno di rassegnazione, come se le palpebre pesassero troppo, gli conferivano uno sguardo più spento del normale. Indossava una giacca di pelle ormai logora e un paio di jeans strappati in più punti.
Prese Layla ancora terrorizzata per un braccio e la trascinò fuori, richiuse a chiave la porta e si diresse nel laboratorio che dava sulla parete destra rispetto alla porta d' ingresso dell' edificio, una volta lì spostò un tappetino posizionato sotto una scrivania in legno e aprì la botola che vi era nascosta sotto, fece entrare la ragazza e poi andò lui, da dentro socchiuse l' apertura e tirò un filo sottilissimo collegato ad un estremo del tappetino, in modo da nascondere di nuovo l' entrata della botola una volta chiusa.  
Insieme scesero delle scale che li condussero davanti un portone blindato che il misterioso ragazzo aprì con un mazzo di vecchie chiavi arrugginite. Si ritrovarono in una larga stanza seminterrata piena di provviste e con una finestrella (l' unica in tutto il palazzo) nella parte alta della parete di fronte a loro, che dava sul suolo del campo, all' altezza dell' erba.
Layla non sapeva perché lo avesse seguito, ma di certo non voleva rimanere chiusa nella sua camera per sempre. La prima cosa che notò dopo la finestra fu un cumulo di provviste in un angolo così non ci pensò due volte e cominciò a mangiare noncurante dello sconosciuto che si trovava lì con lei, quando fu sazia, si sedette a terra e si accorse che il Biondo non le aveva tolto gli occhi di dosso un attimo.
-Ciao-
La ragazza impallidì, era la prima volta che sentiva parlare qualcuno lì dentro, credeva che nessuno ne fosse capace, ma si fece coraggio e, anche se un po' titubante, rispose:
-Ciao...-
-Come sei finita qui? Non si vedono facce nuove da parecchio tempo-
-In effetti vengo dall' esterno delle mura, tu sei l' unico a saper parlare?-
-Si, gli altri sanno solo eseguire gli ordini, come in un branco dove solo un individuo domina, nessuno usa la parte "umana" del proprio cervello.-
-È una cosa terribile, mi dispiace, non sarei dovuta venire qui da sola, non sarei dovuta venire affatto! Questa è una situazione più grande di me, non so cosa devo fare, voglio andarmene! Dimmi come sono andate le cose, ti prego, dimmi tutto o rischio d' impazzire!-
Stava urlando e qualche lacrima che non riuscì a trattenere le rigò il viso, il ragazzo non era molto convinto, non sapeva se avesse davvero dovuto dirle tutto, ma ormai l' aveva portata al riparo, non poteva rifiutarle delle spiegazioni che le spettavano di diritto.
-So che hai letto dei fascicoli, sai già molto, ma quello che non sai è come e perché siamo arrivati a sottometterci tutti agli ordini di un pazzo che ci costringe a spacciare…
Cominciò tutto quando presero me e mio fratello, noi non eravamo malati, ma ci trovammo per errore nel campo del manicomio e fummo catturati senza scrupoli. Vedemmo quello che facevano agli altri e dopo aver vissuto nel terrore per giorni legati a delle sedie mangiando solo pane secco, fummo portati da un uomo che disse di volerci iniettare del sangue di lupo, erano loro i pazzi, conducevano degli esperimenti illegali su persone con problemi psicologici, approfittando della loro infermità mentale, ma per noi fu peggio, noi eravamo coscienti di quello che facevano fare loro e di quello che avrebbero fatto a noi. L’ultima volta che vidi mio fratello, quello vero intendo, era legato da testa a piedi e quel maledettissimo dottore continuava a lamentarsi dei suoi tentativi di liberarsi, lo ricordo come fosse ieri…
Ma non tutto andò come previsto, le dosi erano sbagliate, a me ne iniettarono meno della metà del necessario, per questo sono rimasto “umano” e perfettamente cosciente, mentre a Lucas, mio fratello, ne diedero la sua parte più la mia, per questo è diventato com’è ora: un lupo quasi a tutti gli effetti. Diventò immediatamente molto più aggressivo e irruento del normale e fu sedato per evitare danni, a distanza di ore si svegliò e iniziò a ringhiare, così tutti videro le zanne, capirono l’errore troppo tardi, lui si liberò e li uccise, non lo riconoscevo, sembrava non sapesse fare altro. Una volta eliminata quella che per lui, e per noi, era la minaccia, la sua priorità diventò imporsi sugli altri, così si elesse “capobranco” divorando un paio di innocenti e urlando come un pazzo, in seguitò continuò, in mancanza di obbiettivi da raggiungere e di esperienza in quella nuova situazione, cercò di adattasi al meglio e fece continuare a tutti noi il lavoro che già svolgevano gli scienziati per arrotondare lo stipendio, per questo spacciamo, né lui né gli altri si rendono conto di cosa stanno facendo, seguono solo i loro istinti. Lucas è convinto che sia morto anche io, ma ero solo svenuto, fece ammassare tutti i corpi dei defunti in un angolo per sbarazzarsene il giorno seguente, ma quella notte io trovai questo nascondiglio e ci rimasi, lui non sospetta nemmeno che io sia qui. Da qui sotto sento tutti gli spostamenti del piano di sopra e ci sono molti monitor che trasmettono le riprese delle telecamere di tutto l’istituto, ti ho vista da lì, capisco come ti senti e voglio aiutarti, e poi anche io voglio rifarmi una vita fuori di qui!-
Layla lo aveva ascoltato interessata e comprendeva perfettamente la sua sofferenza, anche lei era stata strappata alla sua famiglia da bambina, ma la colpa è stata di un’ubriacone che lì investì con la macchina, lei fu l’unica a salvarsi e si arruolò in polizia per cercare di evitare ad altri la sua disgrazia.
-Ok, sono certa che ce la faremo…-
-Noel-
-Sono certa che ce la faremo Noel!-
Ora la ragazza aveva tutto più chiaro e il suo odio contro quel nuovo mondo a lei sconosciuto, si era trasformato in comprensione, malinconia e incredulità, nessuno lì dentro aveva colpa per le proprie azioni, erano stati usati per soddisfare i capricci di alcuni scienziati che avevano pagato i loro errori con la vita, e lei non nascondeva a sé stessa che fosse felice che avessero scontato la loro pena, ma avrebbe preferito non fosse mai successo nulla di tutto ciò.
Dormirono tutti e due beatamente, sdraiati a terra su alcuni stracci, una vicino la finestra, l’altro davanti la porta e nella stanza ormai buia e silenziosa regnava un senso di pace e tranquillità, nonostante le menti dei due fossero affollate di preoccupazioni e piani d’evasione.

ANGOLO DELL' AUTRICE
Ciao a tutti, scusate per la lunga assenza, ma non ho molto tempo per scrivere purtroppo, spero che il capitolo vi piaccia, è entrata in scena una figura molto importante che io adoro: Noel. Mi fa sempre piacere che recensiate e se vi va magari fate anche un po' di pubblicità visto che le mie storie non sono molto conosciute >.<
Grazie ancora dell'attenzione e spero di scrivere presto un nuovo capitolo ;)

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Capitolo 5
*** E' tempo di evadere ***


Le mancava tutto… i suoi amici, parenti, colleghi, il profumo dei dolci che sua sorella le preparava la domenica, il vento tra i capelli, i colori dell’autunno ed un mare di altre cose che non facevano altro che distrarla mentre cercava di architettare qualcosa, sommergendola come un fiume in piena.
Se ne stava seduta con la schiena appoggiata al muro ed i capelli arruffati che le ricadevano morbidi sul viso, il suo sguardo era assente, chissà in quale universo, mentre lui passava il suo tempo ad osservarla per cercare di capire qualcosa in più di lei, gli sembrava così enigmatica, era il primo essere capace di intendere e di volere che incontrava dopo tempo…
-A cosa pensi?-
-Non resisterò ancora a lungo… dobbiamo trovare un modo per andarcene, o finirò per impazzire-
-L’unica uscita è sorvegliata giorno e notte, non c’è modo di scappare da lì, in più tutte le stanze sono sempre affollatissime di lavoratori, tranne che di notte, quando si fa buio vengono liberati dei cani nel campo, sono stati addestrati per fare la guardia ed attaccare, ci sono poi due sentinelle ogni volta diverse davanti il portone, mentre Lucas fa la ronda per tutto l’edificio, ingannarlo è praticamente impossibile, non gli sfugge nulla, ha i sensi sviluppati molto di più di chiunque altro, dobbiamo riuscire ad andarcene con la luce del sole. Ed io ho già da stanotte un’idea che mi ronza in testa, anche se ho paura sia troppo rischioso..-
-Non abbiamo molte alternative… cos’hai in mente?-
-Guarda qui-
Si diresse verso i computer e ne indicò uno in cui alcune persone stavano dividendo la polverina nelle varie bustine.
-Vedi questi due ragazzi, li osservo da tempo ormai, non ho ancora capito quali istinti animali abbiano, ma qualsiasi essi siano, sono molto lievi, a volte li ho addirittura visti scambiarsi delle parole, riescono ancora a comprendere e sono sicuro che potremmo metterli dalla nostra parte, in quattro con due infiltrati, sono certo che le possibilità di farcela aumenterebbero notevolmente.-
-Mi sembra una buona idea, li prenderemo appena cala il buio!-
E lui farfugliò di rimando senza farsi capire esattamente:
-Si, li prenderò-
Passarono il giorno a raccontarsi la loro vita di prima, le loro abitudini, i loro gusti, ammazzarono il tempo così fino all’ora del coprifuoco, dalle telecamere si vedevano fiumi di persone ammassansi per entrare nel corridoio e raggiungere la loro stanza, i due obbiettivi dormivano in camere adiacenti, vicinissime alla stanza in fondo dove dormiva il Capo.
Quando Layla vide Noel avviarsi alla porta, gli andò dietro, ma con sua sorpresa fu respinta dentro il rifugio:
-Ma cosa fai?!-
-Tu rimani qui.-
-Mi prendi in giro? Io voglio venire con te, voglio aiutarti!-
-Mi sarai molto più d’aiuto qui, al sicuro, non insistere, è così e basta, so cavarmela.-
Il tono del ragazzo non ammetteva repliche e la poliziotta di certo non voleva andare contro il suo unico alleato, così si limitò a mettere su un’aria di disapprovazione e delusione e si avviò verso i computer.
Vide Noel uscire dalla botola senza il minimo rumore e dirigersi circospetto verso il lunghissimo corridoio, diede uno sguardo agli altri monitor, erano divisi in 16 parti, ognuna che riprendeva una stanza, per un totale di 160 minuscoli stanzini, solo il suo era vuoto e rabbrividì all’idea di rischiare di rientrarvi. Dopo aver osservato più o meno otto computer, trovò le due stanze dei ragazzi e vide il loro salvatore che si avvicinava alle porte, ma in quel momento le tornò alla mente il Lupo, così fu assalita dalla curiosità e guardò nella sua stanza, sul primo monitor, e con sua grande sorpresa la trovò vuota. Rabbrividì e cominciò a guardare freneticamente in tutte le riprese, finchè non lo vide in aula assemblee, con le mani in tasca, che si guardava attorno, stava dando una sbirciatina in ogni laboratorio e presto sarebbe arrivato al corridoio, andò nel panico, non aveva modo di avvertire Noel, lo vide tutto intento a scassinare la porta del ragazzo, evidentemente da fuori non potevano essere aperte, e rischiò di svenire mentre vedeva Lucas aprire la porta, nemmeno lei seppe spiegarsi come, ma nel momento stesso in cui il fratello buono aprì il portone, ci si fiondò dentro come se sapesse già tutto, fece appena in tempo a non farsi scoprire. Svegliò delicatamente il giovane e si accovacciò accanto al letto parlandogli, dopo cinque minuti buoni di conversazione si alzarono tutti e due e si diressero verso la porta, poggiandoci sopra un orecchio per percepire dei segni della presenza del Lupo… niente. In effetti se n’era ormai andato, girovagando per il manicomio e loro si affrettarono ad entrare anche nella stanza della ragazza, convincere lei fu più semplice, forse per la vista di quel suo conoscente, fatto sta che si alzò nel massimo silenzio e li seguì fuori, si diressero con passo felpato nel laboratorio della botola e vi entrarono in tutta fretta, così Layla si apprestò ad accoglierli.

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Capitolo 6
*** Thyson e Katrina ***


In un attimo si ritrovarono tutti e quattro al centro della stanza, a studiarsi in silenzio scrutandosi vistosamente, si squadravano tra loro dalla testa ai piedi e sarebbero rimasti in quel silenzio imbarazzante ancora per ore se non fosse stato per Noel:
-Layla, loro sono Thyson e Katrina, ci aiuteranno come meglio possono ad andarcene-
-Grazie del vostro aiuto, temevo che non avreste accettato, qui dentro sembrano tutti privi di un minimo di razionalità- si affrettò a dire la ragazza per rompere a sua volta il ghiaccio.
-Già, in effetti è così che stanno le cose, abbiamo dovuto adeguarci alla situazione per non essere uccisi e avere la speranza di tornare di nuovo fuori è ben accetta, qualsiasi siano i rischi, ormai non siamo più disposti a sopravvivere comportandoci come macchine.- Fu il ragazzo a risponderle per tutti e due, un tipo alto e muscoloso, capelli corti e di un colore tra il castano chiaro ed il biondo, molto simile al miele, i suoi occhi erano marrone scuro, con delle striature di tonalità più forte, erano profondi come quelli di pochi e avrebbero messo in soggezione chiunque.
Nel frattempo la ragazza li osservava senza spiccicare parola, si vedeva che era diffidente, doveva averne passate di tutti i colori, aveva dei lunghi capelli neri come la pece, lisci che le arrivavano fino alla vita, incorniciavano un visetto magrolino, guardandola la prima cosa che si notava erano i suoi occhi, due sfere color ghiaccio attente ad ogni minimo particolare, sembrava una cui non piacevano le parole, preferiva assaporare ogni minimo particolare e tenere per sé le sue sensazioni, fidandosi solo del suo istinto.
Alla fine anche lei si decise a socializzare, ma giusto due parole per non sembrare scortese, poi si diressero al cumulo di provviste e passarono gran parte della nottata a mangiare ed a riassumere l’organizzazione interna dei turni di guardia. Il piano era semplice, forse troppo, ma bisognava tentare, i due infiltrati sarebbero tornati nelle loro stanze la notte stessa e avrebbero continuato le loro giornate come niente fosse, quando sarebbe toccato a loro sostare tutta la notte all’ingresso, cosa che sarebbe accaduta esattamente una settimana dopo, Noel e Layla sarebbero usciti dal loro nascondiglio e sarebbero scappati tutti e quattro insieme, ma di certo non potevano lasciarsi alle spalle un posto del genere, avrebbero dovuto risolvere la situazione in modo definitivo, avrebbero fatto saltare l’edificio lasciando dell’esplosivo nella stanza del loro nascondiglio, infatti per tre persone del genere costruire una bomba era il minore dei problemi visto che prima di entrare in quel manicomio erano una poliziotta, due marines e un mezzo terrorista, già, Noel e Katrina lavoravano per le Forze Armate, mentre Thyson era stato arrestato e mandato in manicomio per aver tentato di far saltare una scuola.
Far tornare i nuovi nelle loro stanze fu più facile del previsto, e la settimana seguente passò velocemente tra preparativi vari per l’evasione, era ormai il giorno durante la cui notte sarebbe successo il grande evento, quando Noel si avvicinò a Layla con aria preoccupata e attaccò bottone chiedendole se era agitata.
-No, anzi, non vedo l’ora di andarmene, sono certa che ce la faremo, non hanno grandi sistemi di sicurezza e le telecamere sono tutte qui al sicuro, non ci fermeranno-
-Sono felice di sentirti così determinata… senti, volevo darti una cosa, non è niente di che, è una ehm lettera diciamo, però ti chiedo di leggerla solo quando saremo fuori, è una sciocchezza-
Le porse una busta da lettere vecchia e stropicciata, doveva averla trovata da qualche parte tra i documenti, era chiusa solo per modo di dire, poiché sarebbe bastato sfiorarla per rivelare la lettera al suo interno.
-Ehm, grazie, non so cosa possa essere, ma ti prometto comunque di non aprirla finchè non saremo fuori-
Detto questo sorrise e prese la lettera, che ripiegò e si mise in tasca.
Le ore scorrevano veloci, l’ordigno ormai era pronto e i due non aspettavano altro che la campana che segnalasse l’ora del coprifuoco, erano seduti a terra e si guardavano intorno, quasi volessero fissare nella loro mente ogni singolo dettaglio di quel posto lugubre.
Noel era stranamente teso e sovrappensiero, si mordicchiava il labbro inferiore e guardava il soffitto, di lì a poco tempo sarebbero dovuti uscire di soppiatto e raggiungere Katrina e Thyson all’ingresso, a quel punto le due ragazze sarebbero uscite, mentre gli altri due avrebbero sistemato la bomba per poi raggiungerle, per convincerle ad andare avanti ed aspettarli nel bosco ci volle moltissimo tempo, ma i due preferivano tenersi per loro un lavoro così delicato, e proprio mentre Layla faceva mente locale del piano, sentirono la campanella e si misero a fissare i monitor in attesa che tutti fossero addormentati.

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