You have that
smile that
only heaven can make
“Julietta,
vieni in cucina!” La
voce di sua
madre la riscosse dallo studio. Sbuffò
sonoramente e si alzò dalla
scrivania per dirigersi verso la piccola cucina.
“Cosa
c’è?” fissò sua madre per
qualche istante che giaceva nello stesso posto dove
l’aveva lasciata qualche ora prima.
“Ho
finito il vino. Me ne vai a prenderne un altro, per favore?”
chiese come se
fosse la richiesta più normale da fare alla propria figlia.
“Va
bene…” acconsentì Julie. Quella sera
non aveva proprio voglia di litigare con i
suoi, così si diresse al supermercato più vicino
casa. Non poteva credere che
erano stata sopra i libri così tante ore, infatti si accorse
che fuori era già
notte. Ci teneva tanto a finire almeno il liceo, almeno quella era una
speranza
in più per il suo futuro.
Arrivata
davanti al supermercato vide che era chiuso. – e adesso come
faccio? – si
chiese tra se e se. – se ritorno a casa
senza quella maledetta bottiglia di vino si vedranno della belle sta
sera. –
rassegnata si incammino sulla strada senza una meta precisa. Dopo una
decina di
minuti per sua fortuna vide davanti a se un pub. Anche se le faceva un
po’paura
entrarci non aveva scelta, doveva se voleva continuare a studiare in
santa pace
quella sera. Con passo spedito si diresse verso il barista.
“Cosa
posso offrirti dolcezza?” disse il ragazzo del bar con un
sorrisino non proprio
amichevole sulla faccia.
“Una
bottiglia di vino, grazie.” Si
sforzò di sorridere.
“Che
tipo di vino?” chiese lui un po’confuso. Non
gli era mai capitato che arrivasse qualcuno e non sapesse cosa ordinare
di
preciso.
“Non
importa. Qualsiasi, basta che sia vino.” Con
un secondo dolorosissimo sorriso. Non riusciva a sorridere molto
spesso solo per il gusto di farlo. Negli ultimi tempi sorrideva solo
per far
contenti gli altri. Il barista si diresse ancora più confuso
verso la camera
dove teneva gli alcolici.
Pov.
Christopher
Alzai gli occhi al
soffitto per l’ennesima volta quella sera, stanco di sentire
i stupidi commenti
degli miei amici sulle ragazze che entravano nel pub. Certo erano
carine, ma
non proprio il mio tipo. Con Alex e David era sempre così,
ma amavo quei due
maniaci. C’erano stati sempre per me, dal calcio alle risse
in strada. Ne
avevamo passate tante insieme.
“Cazzo,
Alex,
guarda quella! Mi sa che si è persa.” David
scoppia a ridere in una sonora
risata.
“Ma
che hai da
ridere, è carina, anzi non è niente
male!” disse Alex scrutando attentamente la
ragazza in discussione.
“23…23…Chris!...Insomma
mi stai ascoltando?!” mi chiede per l’ennesima
volta David.
“Cosa?”
“Ti
ho chiesto come
ti sembra la tipa? Ma dove hai la testa? In questi ultimi giorni sei
molto
pensieroso…” mi fece notare il mio amico. Infatti,
non potevo dargli torto, ero
molto turbato ma non sapevo neanche io il motivo.
Finalmente
poso lo
sguardo sulla ragazza “niente male”. Il mio cuore
si ferma. Sono colpito dal
suo aspetto così…così, indifeso direi.
Sembra persa, non sembra il genere di
ragazza che frequenta questo genere di posti. Capelli lunghi, fino ad
arrivarle
ai gomiti, di un castano così scuro e bello, sembrava quasi
cioccolata
fondente. Abbastanza bassa, all’incirca 1 metro e sessanta,
forse
sessantacinque, non di più. Carnagione non molto chiara ma
neanche troppo scura,
anzi direi perfetta. Fiso così candido con delle labbra che
sembrassero ti
invitassero a baciarle e morderle. La cosa più bella in
assoluta che aveva
però, erano gli occhi, verdi, un verde profondo nel quale ci
si poteva perdere
senza la minima difficoltà.
Senza
pensarci su mi alzo e mi dirigo verso il bar, il posto dove se ne stava
ad
aspettare il barista, visibilmente imbarazzata.
“Hei,
Chris, dove
vai?” chiese scombussolato Alex.
“Lascialo
in pace
coglione, non vedi che ci vuole provare con quella tipa?!” lo
fa zittire David.
Per la prima volta in vita mia sono grado a David per avere la bocca
così
grande.
“Ciao,
non mi
sembri da queste parti come mai qui tutta sola?” chiedo dopo
aver preso un
lungo respiro.
Si
era
improvvisamente irrigidita dopo aver sentito la mia voce.
“Ehm,
infatti sono
capitata qui per puro caso…anzi è una storia
luna.” mi rispose timidamente dopo
qualche istante. Ha una voce bellissima, paradisiaca direi. Ma
è mai possibile
che mi faccia un effetto simile una comunissima ragazza.
“Posso
offrirti
qualcosa da bere?” domando il più gentilmente
possibilmente per non spaventarla
ulteriormente.
“Scusa,
ma vado
un’po’ di fretta. Sarà per la prossima
volta…” cercò di farmi un sorriso,
probabilmente per compiacermi in qualche modo, ma a me bastava solo
vederla per
poter sentire dentro una strana sensazione di felicità.
Nel
frattempo
arriva anche il barista con la bottiglia di vino. “Lascia
stare pago io.” Mi
sforzai di assumere un tono calmo, ma era impossibile se lei mi
guardava con
quegli occhi.
“No,
non c’è
bisogno, non ti preoccupare.”
Si voltò
nuovamente verso di me incuriosita –forse- dal mio
comportamento, ma è colpa
sua, lei mi fa essere così “strano”.
Insomma non è da me essere così dolce con
una ragazza. “Insisto.”
Pregando con
tutto il cuore che mi lasci compiere quel misero gesto, guardandola
attentamente negli occhi, finche lei non distolse lo sguardo e
acconsenti con
un cenno della testa.
“è
stato un
piacere.” E se ne andò di fretta ancora in preda
all’imbarazzo. Rimasi lì come
imbambolato a fissarla mentre se ne andava via. Solo in seguito mi resi
conto
che non sapevo neanche il suo nome. Con passo spedito mi dirigo verso
l’uscita
con la speranza di raggiungerla. La speranza svanisce quando mi accorgo
che in
strada non ci sia traccia di lei. Sono pronto a ritornare indietro,
quando
sento delle grida disperate di aiuto. Corro dall’altra parte
della strada e
furibondo vedo che a gridare e la ragazza di prima che adesso piangere
disperatamente cercando di allontanare via un barbone ubriaco che vuole
abusare
della ragazza indifesa. Lo allontano da lei e gli do un bugno in
faccia, ma per
un momento di disattenzione ne ricevo anche io uno in piena faccia, ma
poi
istintivamente lo sguardo mi ricade sulla ragazza seduta per terra con
le
lacrime agli occhi. Mi sveglio alla realtà e do un altro
bugno nello stomaco
questa volta e così l’uomo cade per terra
addolorato.
Mi
dirigo verso di
lei. Vedo che cerca di scappare, ma non riesce ad alzarsi, forse
è ancora
scossa da quello che è successo prima.
“Hei
calma, non è
successo niente, sono io, non ti farò del
male…” le accarezzo la guancia
cercando di calmarla. Le prendo la mano e la faccio alzare dal freddo
asfalto.
Mi
squadra dalla
testa ai piedi e mi abbraccia improvvisamente sprofondando in un pianto
isterico dal quale non poteva più smettere.
L’abbraccio
provando a farla calmare, ma come riuscire a calmare lei se io a mia
volta
dentro di me urlavo dalla rabbia solo pensando che quel animale aveva
solo
osato sfiorarla. Piano, piano smise di piangere e alzò la
testa verso di me.
“Grazie,
grazie,
grazie! Non potrei mai ringraziarti abbastanza.” Mi sfuggi un
piccolo
sorriso. In quel
momento avrei voluto
prendere a pugni chiunque avesse osato solo guardata. Così
bella, così
indifesa. Sembrava emanasse dolcezza da tutti i pori.
“Dai,
non piangere,
è passato tutto. Ti accompagno a casa.” Cercai de
rassicurarla, ma lei mi fissò
con uno sguardo profondo e porto una sua mano vicino
all’occhio dove avevo la
ferita fatta poco prima da quel uomo.
“Ti
fa male?” ed
estrae un fazzoletto dalla tasca della felpa che indossava e lo porta
alla mia
tempia.
“No,
non ti
preoccupare, non e niente. Ah sì, il mio nome è
Christopher Hopper.”
“Lieta
di fare la
tua conoscenza Christopher.” Mi mostra un sorriso bellissimo,
diverso da quelli
di prima, questa volta sembra venire dal cuore. Mi accorgo che siamo
ancora
abbracciati. È una sensazione così bella, che
resterei così per tutto il resto
della mia vita. “Dai andiamo, ti accompagno a
casa.” Le dico prendendole la
mano. Lei mi porta con se e sul tragitto verso casa cominciamo a
parlare, a
conoscerci quel poco che servisse. Infatti scoprì che aveva
solo 17 anni. Ma
chi se ne frega dell’età che ha, sembra una donna
adulta, da tutti i punti di
vista. Era bellissimo poter sentire la sua voce scherzare e parlare
liberamente
con me, come se ci conoscessimo già da anni.
Arrivata
davanti a
casa sua, ci lasciamo la mano, per me fu un atroce sofferenza non
sentire più
il calore che emanava la sua mano.
“Grazie
di tutto
Christopher. È stato molto gentile da parte tua
accompagnarmi.” E l’osservo
dirigersi vero la porta d’ingresso.
“Aspetta,
non so
ancora il tuo nome…” la ferma improvvisamente.
Come ho fatto a scordarmi di
chiederle come si chiamava?
“Il
mio nome è
Julietta, Julietta Crow.” E detto questo mi mostrò
ancora uno di quei
bellissimi sorrisi ed entrò in casa.
***
Spazio
dell’autrice
Ciao
a tutte, spero
tutti, sperando che ci sia anche qualche maschietto tra i lettori. :D
Ho
passato due ore
se non di più a scrivere questo primo capitolo, che mi
sembra un po’ banale, cioè
l’avevo immaginato diverso, comunque spero vi piaccia
comunque. Come avete
potuto notare non ci sono molti dialoghi tra i due protagonisti,
perché ho
voluto cercare di farmi capire cosa prova Chris per Julie. Per adesso
non ho
nient’altro da dire. Spero di pubblicare il prossimo capitolo
al più presto
possibile.
A
presto!
La vostra _FreeDreams.
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