When I met you all changed.

di Coco_97
(/viewuser.php?uid=185561)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° Capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° Capitolo ***


Era una fredda sera di novembre e me ne stavo accoccolata sul divano a leggere un libro, un libro che avevo preso a caso dalla libreria e che avevo aperto senza nemmeno leggere una parola. Ero sovrappensiero, come sempre del resto.
In più, ero da sola a casa, non che mio fratello Adam e i miei genitori fossero le migliori persone del mondo, anzi tutto il contrario. Odiavo la mia famiglia, la odiavo nel vero senso della parola. I miei genitori erano le persone più incomprensibili del mondo, non potevo avere gli amici che desideravo perchè loro li consideravano "non alla mia altezza" e così mi ritrovavo con solo due amiche, che credo stessero con me solo per compassione. Per non parlare poi di ragazzi... No comment! 
Ad un tratto sentii squillare il telefono. Già, avevo dimenticato che Kim doveva chiamarmi per l'incontro di quella sera. Mi alzai dal divano un pò scocciata e andai a rispondere. -Pronto?-
- Ehi Sally! tutto bene? ti sento un pò stanca! -
- Sono solo un pò annoiata niente di grave. Allora per stasera? Cosa si fa? - le domandai incuriosita.
- Beh, veramente io e Rose non abbiamo ancora deciso, quindi avevo pensato di fare una passeggiata per Berkeley e poi vedere se c'è qualcosa da fare. - Ecco ci rieravamo. Decidevano sempre loro tutto quello che si doveva fare, senza mai consultarmi, cosa che mi mandava, non poco, in bestia.
- Ok. – risposi con indifferenza.
- Allora passiamo da casa tua verso le 20:30 ti va bene? – Si, ok a volte mi chiedeva l’opinione ma quando lo faceva era in senso retorico e io dovevo rispondere “si” ovviamente.
- Certo. – Stavolta le risposi freddamente.
- Ok. Ci vediamo. Ciao. –
Ed ecco che ero di nuovo immersa nella solitudine. Guardai l’orologio, le 18:30. Avevo 2 ore prima dell’incontro, ma considerando che dovevo prepararmi, perché messa così ero proprio indecente, e che avrei dovuto cenare alle 19:30 in punto, realizzai che mi rimaneva solamente un’oretta scarsa. Salii su in camera e aprii l’armadio. Ok, non avevo niente di carino da mettere per una serata da trascorrere con le amiche, il mio armadio era pieno di vestiti orrendi e dozzinali che mi comprava mia madre. Alla fine riuscii a racimolare un maglione fucsia e dei jeans che per quanto erano larghi ce ne entravano due di me. Mi vestii in fretta, mi pettinai i capelli e scesi giù dove dovevo aspettare mia madre che sarebbe arrivata da un momento all’altro. Come non detto, la porta di aprì ed entrarono mia madre di ritorno dal suo lavoro di assistente sociale e mio fratello di ritorno dalla sua lezione di piano. In teoria ci sarei dovuta andare anch’io, ma io odio suonare il piano nonostante abbia dato tantissimi esami e li abbia superati tutti brillantemente, quindi dissi a mia madre che avevo troppi compiti da svolgere e che quel giorno non sarei potuta andare alla lezione. Sinceramente ne avevo abbastanza di essere comandata a bacchetta dai miei e forse era l’ora di ribellarsi un pochino, peccato che con il carattere che mi ritrovavo non sarei mai riuscita a fare qualcosa di simile.
- Ciao mamma. Ciao Adam. – li salutai con un falso sorriso.
- Ciao tesoro. – rispose mia madre. Mio fratello non si degnò neanche di rispondere come sempre, ma io ero la scema che doveva salutarlo ogni volta perché mamma diceva che dovevo essere educata e una brava ragazza nei confronti di tutti e soprattutto verso le persone più grandi. Ok mio fratello poteva anche essere più grande di me di due anni, e quindi maggiorenne, ma questo non significava che fosse veramente grande, perché il suo cervello era ridotto peggio di quello di un neonato, era solo uno stupido a cui importava dimostrare cosa sapeva fare, far vedere alla gente i suoi talenti, in poche parole tutto fumo e niente arrosto. Andai in cucina da mia madre. –Mamma, prima ha chiamato Kim per darmi la conferma di questa sera. Quindi alle 20:30 passeranno a prendermi. -
- Va bene tesoro, Però non tornare più tardi delle 22:00 capito? – disse con voce decisa.
- Ma come? Pensavo che sarei potuta restare fuori di casa almeno fino alle 23:00 visto che ho già compiuto 16 anni da un pezzo e quindi so badare perfettamente a me stessa mamma! – le risposi con voce cupa. Ero veramente avvilita, non ce la facevo più. Le mie amiche potevano restare fuori di casa quanto volevano mentre io ero l’unica cretina ad avere l’orario di ritorno fissato dalla mammina.
- Hai capito bene Sally! L’orario è questo altrimenti se osi di nuovo contraddirmi non uscirai né questa sera né tutto il mese. Intesi? – Ora si stava arrabbiando ed era meglio non contraddirla.
- Va bene, non importa. – lo dissi con voce tremante.
Scappai immediatamente in camera mia, mi buttai sul letto e cominciai a piangere. Certo che la vita era proprio ingiusta, capitavano tutte a me e io non sopportavo più la mia famiglia, volevo solo una famiglia “normale” ecco.
- Sally! Scendi giù per la cena, è arrivato tuo padre.” -
Sbuffai. Avevo zero voglia di mangiare e moltissima voglia di schiaffeggiarli tutti. Così mi alzai dal letto e mi diressi verso la cucina, salutai mio padre con un bacio sulla guancia e mi sedetti. Non toccai nulla, odiavo la verdura, ma mia madre non se ne fregava niente, come diceva lei “O quello oppure vai in camera senza mangiare” e a volte tanta la fame dovevo mangiarla per forza.
Il campanello suonò. Ecco erano arrivate. Finalmente sarei uscita da quell’inferno! Inutile dire che mi sentii leggermente sollevata. Presi il cappotto salutai tutti con un “Ciao” e uscii di casa.
- Ciao ragazze! Finalmente siete arrivate non ce la facevo più a sopportarli. – dissi come se dentro mi avessero torturata e ora fosse tutto finito. Tutte e tre scoppiammo a ridere e ci incamminammo verso delle strade sconosciute. Tutto ad un tratto cominciammo a sentire dei forti rumori provenienti dalla piazza principale della città.
- Cosa sarà mai? – ci chiese Rose incuriosita.
- Ah boh. Perché non andiamo a vedere? – risposi.
- Buona idea. – Rispose Kim convinta.
Così ci avviammo verso la piazza. Arrivate lì cercammo di capire cosa succedeva.
- Ah ma è un concerto! – dissi sorpresa.
- Si un concerto di musica punk a quanto pare. – rispose Kim leggermente disgustata. Mentre Rose annuiva, un po’ disgustata anche lei.
- Perché non ci rimaniamo? Non siamo mai state ad un concerto e poi non abbiamo niente da fare. E se devo essere sincera l’idea di girovagare di sera per la città mi terrorizza un pochino. – dissi.
- Mmh, va bene. In fin dei conti non abbiamo nient’altro da fare e se questa è l’unica soluzione ok. – rispose Kim che cercava di autoconvincersi. - Tu che ne dici Rose? – domandò.
- Per me non fa differenza! – rispose con un sorriso.
- Bene. Allora vado a comprare una birra, ne prendo due anche per voi. – disse Kim e si diresse verso il bar.
- Aspetta! – gridai, ma non mi sentì. Non ebbi il tempo di ribattere. Insomma io non potevo bere, non avevo mai bevuto e se l’avessero scoperto i miei.. Ecco, di nuovo i miei! Accidenti a me, ma perché dovevo sempre pensare a loro e mai alla mia vita che per colpa loro era ridotta ad un emerito schifo?
Kim ritornò con tre birre e me ne passò una mentre mi diceva:
- Spero che questa sera ti decida a berne almeno un pochino. Non vorrai mica restare astemia per tutta la vita! -
- Beh per tutta la vita no, però magari non è giusto che io lo faccia.. – risposi. In effetti non sapevo nemmeno io cosa stavo dicendo. La mia vita girava intorno alle bugie, la mia vita era tutta una bugia. Quella che i miei genitori vedevano e volevano non era la vera Sally, io ero un’altra, ma non riuscivo mai ad essere me stessa.
- E perché? – domandò Kim scocciata. Non le risposi anche se io avevo notato che mi stava guardando, ma non avevo una risposta alla sua domanda o meglio, ce l’avevo ma mi vergognavo a dire che era per paura di deludere i miei genitori, mi avrebbero presa in giro per tutta la vita.
Spostai lo sguardo verso il palco, c’era un gruppo che suonava, ero intenta a guardarli e ad ascoltarli quando Rose mi urtò leggermente il braccio. Mi girai verso di lei, - Cosa c’è? -
- Sai chi sono questi ragazzi? – mi domandò tutta eccitata.
- Ehm… no. – risposi vagamente.
- Beh loro sono i Green Day, non che mi piaccia la loro musica ma il cantante è un figo della Madonna! – esclamò con entusiasmo.
- Ah ecco. – risposi io girandomi a riguardarli meglio.
- Dai ammettilo, ti piace qualcuno di loro! Dai dimmi chi! – esclamò Kim. Sembrava una bambina che saltellava dalla felicità per aver ricevuto il giocattolo che desiderava da un sacco di tempo.
- Cosa? No, assolutamente no. Ma insomma Kimberly stai scherzando? Cioè quei ragazzi non fanno per me, non fanno parte del mio mondo! – esclamai. Ero un po’ arrabbiata ma non lo so perché. O forse era l’imbarazzo che mi aveva provocato quella domanda. Non avevo mai dato un’opinione su un ragazzo, non ero mai stata innamorata prima d’ora e mi diede fastidio essere considerata una ragazza che getta l’occhio sul primo che passa.
- Non mi chiamare Kimberly, lo sai che mi da fastidio e che preferisco essere chiamata Kim! E poi smettila di avere questi pensieri tu sei una ragazza normale, come tutte le altre, tu vuoi convincerti di essere qualcuno che non sei! – mi urlò contro. Si aveva maledettamente ragione. E si stava anche incazzando.
- Sally, purtroppo stavolta Kim ha ragione. Riflettici. – Mi disse Rose con voce calma. Rose era più comprensiva ma non tanto da restare quando Kim girò i tacchi e se ne andò e lei la seguì.
Ed ecco che rimasi da sola. Ah la solitudine, io e la solitudine ormai eravamo una cosa sola, appunto. Mi guardai le mani e notai che avevo ancora la birra che non avevo ancora bevuto. Mi guardai intorno e mi resi conto che ero in mezzo a perfetti sconosciuti e che stavo rischiando grosso. Maledetti problemi! Ne avevo a centinaia ma cosa c’è di meglio che bere e dimenticarseli? Con uno scatto deciso portai la bottiglia verso la mia bocca e cominciai a bere, la finii tutta e dopo cinque minuti cominciò a girarmi la testa, non capivo più niente, vedevo tutto sfocato e mi sentii svenire o meglio ero svenuta. 






Ed ecco il primo capitolo! :D Dopo tantissimi mesi mi sono decisa a scrivere, diciamo che mi sono convinta ieri dopo aver visto un telefilm con mia sorella e ho visto uno che si somigliava a Tre, e poi boh da qui è nata l’idea di questa storia. xD Questa è la mia prima fan fiction quindi perdonatemi se non è qualcosa di emozionante , io sto facendo del mio meglio e poi è solo l’inizio. Questo capitolo è un po’ noioso, diciamo che racconta la vita che svolge più o meno tutti i giorni la protagonista, ma dal prossimo capitolo ci saranno delle cose belle *-* Ho già un paio di idee u.u Non so quando metterò il prossimo capitolo ma sicuramente prima di venerdì prossimo. ^^ Spero che qualcuno mi lasci qualche recensione. (: Alla prossima ^^

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2° Capitolo ***


Aprii gli occhi. Non sapevo dove mi trovavo, ma mi resi conto che ero distesa su un prato. Un prato? E come ci ero finita lì? E avevo anche un bel gran mal di testa.
- Accidenti! – dissi, mentre cercavo di alzarmi in piedi.
- Finalmente ti sei svegliata! – disse una voce sconosciuta. Ora si che mi stavo spaventando. Ero da sola, in un posto sconosciuto, chissà quanto lontano da casa e in più c’era qualcuno che non riuscivo a vedere. Cercai di guardarmi intorno, ma era buio, non si vedeva niente. Mi girai di scatto per andarmene e sbattei contro qualcuno, cadendo sul prato.
- Ma insomma, guarda dove cammini! – gli dissi bruscamente.
- Un semplice grazie basterebbe. – rispose lo sconosciuto, porgendomi la mano per rialzarmi. Alzai lo sguardo verso di lui e lo vidi sorridere. Aveva un volto familiare, dovevo averlo già visto da qualche parte. Misi la mia mano nella sua e mi feci forza per rialzarmi.
- Beh… Grazie. – gli dissi un po’ troppo imbarazzata.
- Figurati. – mi sorrise di nuovo. Rimasi a fissarlo per un attimo. Accipicchia, aveva un bel sorriso. Non riuscivo più a dire una parola e se c’era una cosa che odiavo, era l’essere imbarazzata quando qualcuno mi parlava, soprattutto se erano ragazzi poi.
- Comunque io sono Frank Wright, ma ormai tutti mi chiamano Tre Cool. Piacere. – la sua voce mi riscosse dai pensieri. Ma era ancora lì? Quanta pazienza! Qualsiasi ragazzo ritrovatosi in mia compagnia se ne sarebbe già andato nel giro di due secondi.  Cercai di combattere l’imbarazzo e la mia goffaggine e gli risposi: - Io mi chiamo Sally, Sally Clancy. Piacere. – gli strinsi la mano e abbozzai un sorriso. Cavolo! Ero riuscita a parlare con un ragazzo, non ci potevo credere. Ad un tratto, tanto la felicità, cominciai a ridere di gusto.
- Ma cosa? Perchè stai ridendo? – mi domandò, guardandomi come se fossi un alieno venuto da un pianeta sconosciuto.
- Oh, io.. niente. Scusami. – mi bloccai. Dio che figura. Non sarei riuscita a guardarlo in faccia per chissà quanto tempo. Mi girai per andarmene, con lo sguardo rivolto verso il basso e mi sentii afferrare un braccio.
- Aspetta. Dove stai andando? – oh ma che domande. Dove dovrebbe andare una ragazza, sola, all’una e mezza di notte? Oddio, l’una e mezza? Ero in ritardo di tre ore e mezza, mia madre mi avrebbe fatta a pezzettini. Strabuzzai gli occhi e ricontrollai l’orologio, speravo con tutto il mio cuore di aver letto male, ma purtroppo la mia vista non mi aveva ingannata.
- Oddio devo andare. Devo tornare a casa! È tardissimo, i miei mi uccideranno! – gli dissi ansiosa e timorosa. Pensavo che da un momento all’altro mi venisse un attacco di panico. I miei genitori mi avrebbero messa in punizione a vita.
- Ehi calma! Certo che sei proprio strana tu. – ghignò. Ma quanto amavo le persone che mi ripetevano costantemente che ero strana. Le amavo con tutto il mio cuore, giuro.
- Oh grazie per avermi detto anche tu che sono strana. Come se non me lo dicesse nessuno in tutti i santi giorni della mia fottuta vita. – gli risposi. Il mio umore era un misto tra arrabbiata e triste, più triste direi.
- Scusami, non volevo offenderti. – mi rispose con indifferenza. Ok, forse avevo esagerato, dovevo smetterla di comportarmi così con tutti, questo mio comportamento faceva solo allontanare la gente. Possibile che non riuscivo ad essere simpatica e dolce con nessuno?
- No no, scusami tu, è solo che sono un po’ in ansia perché dovevo tornare tre ore e mezza fa a casa, invece sono ancora qui. Tu non sai come sono i miei genitori. Sono un incubo. – gli dissi con un tono di voce triste. Stavo per scoppiare a piangere ma mi trattenni, non era il caso di fare la piagnucolona davanti ad un ragazzo appena conosciuto. Non lo facevo con le mie amiche, immaginiamo con lui.
- Tranquilla. Andrà tutto bene. Ti accompagno io a casa. – mi disse con voce rassicurante. Ma questo ragazzo dovevano farlo veramente santo! Aveva un sacco di pazienza.
- Grazie, non sai che grande favore mi fai! – esclamai, sorridendo. Sorrise di nuovo, era la terza volta che lo faceva. Sì, le avevo contate.
Cominciammo a camminare, nessuno dei due diceva una parola ma avevo notato che ogni tanto mi lanciava qualche sguardo di sottecchi. Quel silenzio era maledettamente imbarazzante, peggio di quando l’avevo guardato in faccia per la prima volta, peggio persino di quando gli ho parlato la prima volta. Per distogliermi da quel pensiero che mi faceva venire il mal di testa, anzi me lo peggiorava perché ce l’avevo già, pensai alla sera precedente. Le mie “amiche”, diciamo così, mi avevano lasciata da sola dopo un’innocua discussione e poi ho bevuto la birra. Ho bevuto. Cazzo, avevo bevuto. E mi ero ubriacata sicuramente. Dopo di che non ricordavo più niente, solo il mio risveglio sul prato. Ma allora… mi ci aveva portata quel ragazzo lì, mi aveva trovata e aiutata lui. Mi sentivo infiammare, come se delle fiamme mi stessero bruciando viva. Diventai rossa come un pomodoro molto probabilmente e se mi avrebbe guardata di nuovo se ne sarebbe accorto. Ma io dovevo sapere cos’era successo, dovevo chiederglielo, dovevo farmi coraggio, potevo farcela. Mi schiarii la voce.
- Dunque… - si girò a guardarmi. Non riuscivo a parlare a causa del sentirmi osservata. Forza e coraggio! – Com’è che mi hai trovata, nel senso com’è che sono finita qui? Quando mi hai trovata e come ero ridotta? – dissi tutto ad un fiato.
- Ehm.. a quale dovrei rispondere prima? – Mi guardò spaesato.
- Ma che simpaticone! – esclamai mentre ridevo istericamente.
- Modestamente! – disse con fare altezzoso. Ma guarda un po’ che ragazzo pieno di sé!
- Allora, per favore potresti rispondere alle mie domande? Dico sul serio. Ho bisogno di sapere. – cercai di rimanere calma, ma sapevo che di lì a poco mi sarei agitata se avrebbe continuato a comportarsi in quel modo.
- Va bene, volevo solo scherzare un po’. Io amo scherzare. – mi disse. Accidenti a me, continuavo a comportarmi male con lui. In fin dei conti voleva solo aiutarmi.
- Beato te che hai tutta questa voglia di scherzare. Io non ho mai conosciuto nessuno con tanto senso dell’umorismo e io (grazie a qualcuno aggiungerei) sono la serietà fatta persona. – affermai.
- Ma no. Secondo me anche tu hai un lato divertente da qualche parte. Devi soltanto metterlo in atto, tutto qui. – mi sorrise per la quarta volta. Aveva ragione, dovevo tirare fuori quel lato che era nascosto in me da 16 anni, poveretto doveva essere davvero disperato a stare rinchiuso lì da 16 anni. Sì, lo so, questa era squallida ma dovevo pur cominciare con qualcosina no?
- Sì. Molto probabilmente è così. – dissi abbassando lo sguardo a terra. Non avevo intenzione di richiedergli cosa mi era successo la sera scorsa, non volevo seccarlo e sapevo che me ne avrebbe parlato lui prima o poi anche se non capivo cosa aspettasse per farlo. Silenzio tombale, di nuovo. Sbuffai. Ero stanca di quella situazione, non vedevo l’ora di arrivare a casa e andare a dormire, anche se mi aspettava una gran bella sgridata di quelle che non ti dimentichi mai.
- Ieri sera ti sei ubriacata. – Mi disse di punto in bianco. Ma che grande scoperta! Lo guardai con uno sguardo che lasciava intendere “ma no, non mi dire”, ovviamente detto ironicamente, non nel vero senso della parola.
- Pensavo non lo sapessi. – rispose.
- È l’ultima cosa che ricordo veramente. -  dissi mentre con le scarpe tiravo lontano i sassolini della strada.
- Dopo ti abbiamo trovata. E ti ho portata qui, in modo che nessuno ti vedesse e che dormissi tranquilla. – Sorrisi. Nessuno era mai stato così gentile con me e questo pensiero mi fece sentire molto meglio, sapere che c’era qualcuno su cui contare veramente. Ma dovevo restare con i piedi per terra, stavo correndo troppo, molto probabilmente non avrei più rivisto quel ragazzo in vita mia. Lo guardai di nascosto. Certo che se non avrei passato più del tempo con lui sarei ritornata ad essere la stessa di sempre, la solita “me” che io non volevo essere e ciò non mi andava giù. Sentivo che di lui potevo fidarmi e mi piaceva la sua compagnia, non era uno dei soliti ragazzi bulli che mi prendevano in giro per tutto il tempo e non era come le mie amiche che starnazzavano ogni secondo come due ochette. Lui era diverso. Sorrisi di nuovo.
- Allora? Non hai niente da dire? – si fermò e mi guardo in attesa di una mia risposta.
- Grazie. – gli risposi sorridendogli e prendendogli la mano, cosa di cui mi pentii 1 nanosecondo dopo. Mi riafferrò la mano, e Dio mio che vergogna! Stavo praticamente scoppiando per l’imbarazzo e il cuore mi batteva all’impazzata. Perché ero così timida? Uffa. Continuammo a camminare e finalmente arrivammo a destinazione, ovvero casa mia. Ora il cuore non mi batteva più per la vergogna ma bensì per l’ansia e la paura.
- Beh, allora ci salutiamo qui. – Gli dissi con un tono di voce leggermente dispiaciuto.
- Si. Buonanotte. – mi rispose abbozzando un sorriso.
- Buonanotte. – gli dissi. Ero molto delusa, pensavo che a lui fosse piaciuto stare in mia compagnia ma mi sbagliavo. L’avevo detto io che dovevo rimanere coi piedi per terra! Aprii il cancello per entrare nel giardino di casa mia e ad un tratto mi bloccò per un braccio.
- Aspetta. Mi è piaciuto stare con te questa sera, anzi, questa notte. –  mi disse mentre mi guardava fissa negli occhi.
- Anche a me. – gli risposi sorridendo.  Mollò la presa sul braccio e lo vidi andarsene. Non so perché ma avevo un tonfo al cuore, non lo avrei mai più rivisto. Non avrei mai più passato del tempo con lui. Era tutto finito ed era stato bello finchè era durato. Una lacrima mi scivolò su una guancia. L’unica persona che forse mi avrebbe capita non l’avrei rivista mai più. Respirai un po’ d’aria fresca. Mi aspettava l’inferno e avevo molta paura. Tirai fuori le chiavi dalla tasca e aprii la porta. La richiusi e cercai di farmi coraggio per entrare in salotto. Non dovevo aver paura, non dovevo aver paura, pensavo ripetutamente. Così con uno scatto improvviso cominciai a camminare e mi diressi verso il salotto. Appena entrai vidi mio fratello seduto sul divano a leggere. Ma come? E i miei genitori dov’erano? Guardai l’orologio. Già, erano le 2:00 di notte. Molto probabilmente erano stanchi di aspettarmi ed erano andati a dormire lasciando mio fratello.
- Ehm.. Ciao Adam! – dissi con un tono di voce bassissimo.
- Finalmente! Ma si può sapere dove sei stata? – mi disse a bassa voce mentre si alzava dal divano e veniva verso di me. Perché aveva utilizzato un tono di voce basso? Era come se non volesse farsi sentire da mamma e papà… Ma come? Lui mi odiava.
- Io… io… - non sapevo cosa rispondere. Era una storia troppo lunga e complicata e poi non volevo di certo dire a mio fratello che mi ero ubriacata!
- Tu cosa? Mi hai fatto stare in pensiero! – disse con fare preoccupato. Lui si era preoccupato per me? Non l’aveva mai fatto. Sembrava la notte dei miracoli questa. Insomma, io mi ero ubriacata, avevo incontrato un ragazzo che mi aveva parlato e che era stato così gentile e paziente da riaccompagnarmi a casa e poi mio fratello che si preoccupava per me. L’unica cosa che mancava per chiudere in bellezza era la comprensione dei miei genitori. E la libertà di fare e essere ciò che voglio, soprattutto quella.
- Scusami. Io non volevo, non era mia intenzione. Puoi anche dirlo a mamma e papà se vuoi. – ero dispiaciuta, sul serio. Non volevo che succedesse tutto quel caos per colpa mia e non volevo far preoccupare nessuno.
- Non glielo dirò. Sono rimasto apposta io ad aspettarti e li ho mandati a letto quando ho visto che erano già le 21:45. – mi disse. Sembrava essere comprensivo. Lo guardai stranita e mi accasciai sul divano, stanca.
- Grazie. Grazie per averlo fatto. Molto probabilmente se non mi avessi coperta a quest’ora sarei già sepolta al cimitero. – gli dissi sollevata.
- L’ho fatto perché ti capisco. Anche se non te lo faccio notare e non te lo dico, io ti capisco. Ti capisco e come. – aveva lo sguardo triste. Forse era nella mia stessa situazione, anzi no era nella mia stessa situazione ma io avevo sempre creduto che la vivesse in modo diverso dal mio, fino a quel giorno.
- Ma io… non credevo che tu… Insomma, tu… - farfugliavo. Adam che provava le mie stesse emozioni. Roba da non crederci!
- Fidati di me. Dico sul serio. Non te ne ho mai parlato perché non volevo che tu fossi come me, un leccaculo che fa di tutto per tenere contenti i genitori. Io l’ho sempre saputo che tu sei diversa e sei ancora in tempo per cambiare Sally. Fallo finchè sei in tempo. – mi fece un sorriso di incoraggiamento e mi diede una pacca sulla spalla per poi andarsene a dormire.
Certo però che era proprio strana la vita. Stavi anni e anni a credere una cosa e in un istante tutto quello che avevi pensato per così tanto tempo crollava come un castello di sabbia quando viene sommerso da un’onda. Feci un sospiro di sollievo e salii in camera mia. Avevo sbagliato a giudicare così male Adam, mi sentivo profondamente in colpa. Ma come aveva detto lui pochi minuti prima, avevo tempo per cambiare, e come se ce l’avevo! Io volevo cambiare, io volevo trovare la vera “me” che era nascosta dentro la mia anima e che non era mai riuscita ad uscire da quel nascondiglio. Era ora di farlo, “me stessa” doveva uscire da quel fottuto posto . Mi misi a letto e chiusi gli occhi per addormentarmi. Ce l’avrei fatta, dovevo farcela.










Ed ecco anche il secondo capitolo^^ Come vi avevo promesso, prima di venerdì :D
Allora.. come vedete Adam non è così cattivo! Quando ho creato il suo personaggio era così, ma poi ho deciso di cambiarlo, nel senso che nel corso della storia a Sally servirà qualcuno che la aiuti e non da fuori ma da dentro casa e chi potrebbe aiutarla se non suo fratello che vive la sua stessa tragica vita?
Sally ha conosciuto Tre e chissà se lo rivedrà di nuovo. (: Per ora questo è tutto. Non so quando riaggiornerò, se fosse per me lo farei tutti i giorni, ma c’è la scuola e questa settimana ho un sacco di verifiche perciò questo l’ho messo oggi, altrimenti prima di venerdì non avrei potuto. Ringrazio chi mi ha recensito e chi mi recensirà. Ciao :3



 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1387630