Familles maudites

di SmartieMiz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il pittore ***
Capitolo 2: *** Il ritratto ***
Capitolo 3: *** L'incubo ***
Capitolo 4: *** Il bacio ***
Capitolo 5: *** La taverna ***



Capitolo 1
*** Il pittore ***


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della Fox; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 



Il pittore


Parigi, 1881


I tocchi di verde si susseguivano con una rapidità sorprendente. La tranquilla campagna parigina stava prendendo vita sulla tela.
In meno di un’ora, il giovane pittore terminò la sua opera. La scrutò con attenzione: sembrava piuttosto soddisfatto del proprio lavoro.
Ripose con cura le sue cose e, compiaciuto, ritornò nel proprio atelier.

«Quinn, hai sentito?!», cinguettò Mademoiselle Berry.
«Che cosa?», chiese Mademoiselle Fabray incuriosita.
«È arrivato un pittore dall’Inghilterra!», rispose Mademoiselle Berry eccitata, poi con aria sognante commentò: «Ed è così carino».
«Oh, Rachel, non dovresti fare questi pensieri, sei una ragazza fidanzata!», ridacchiò Mademoiselle Fabray.
«’giorno, dolci fanciulle. Chi sarebbe questo nuovo pittore inglese? Sono interessato anch’io», chiese loro una voce sarcastica.
Quella voce, così seducente e suadente, apparteneva all’affascinante Monsieur Smythe. Sebastian Smythe, così si chiamava, era un nobile, per la precisione un conte, ed era l’oggetto dei desideri di tutte le donne di Parigi. Era alto, ben posato, con corti capelli castano chiaro e magnetici occhi verdi.
«Oh, buongiorno Monsieur Smythe», lo salutarono le due ragazze esibendosi in un breve inchino.
«Allora? Chi è questo pittore?», domandò loro Sebastian impaziente.
«Si chiama Blaine Anderson», rispose Mademoiselle Berry pronta: «Proviene da Londra».
«Interessante», commentò Sebastian con un ghigno: «Vorrei conoscerlo».

«Ragazzino», Sebastian fermò un garzone.
«Cosa desiderate, Monsieur?», domandò gentilmente il ragazzo voltandosi.
«Puoi consegnare questa lettera ad un certo Blaine Anderson? Abita in questa zona se non erro», gli chiese il ragazzo con un sorriso irresistibile al quale non si poteva dire di no.
«Certamente», rispose il giovane: «Blaine il pittore, vero?».
«Sì, proprio lui. Fa’ in fretta», ordinò Sebastian leggermente scocciato dalla domanda.
Il garzone lo guardò confuso, dopodiché afferrò la lettera e si aggiustò la coppola.

Blaine stava sistemando tutti i pennelli e il materiale che aveva portato per dipingere. Aveva già in mente il suo prossimo soggetto: i giardini delle Tuileries alle tre del pomeriggio. La luce sarebbe stata ottimale e avrebbe potuto giocare con le ombre degli alberi sul terreno.
Qualcuno bussò alla porta.
«Oh, salve… a cosa devo questa visita?», chiese confuso dalla presenza del garzone alla sua porta che abitava nelle sue vicinanze.
«C’è una lettera per voi», rispose il ragazzo porgendogliela.
Blaine la guardò circospetto e poi la prese.
«Grazie… Ted».
«Thad», lo corresse il garzone.
«Perdonatemi, Thad», fece Blaine.
Blaine salutò il garzone e chiuse la porta. Andò ad accomodarsi sulla poltrona sgualcita che aveva trovato nel piccolo appartamento e diede un’occhiata alla lettera.
Avvertì la carta pregiata al tatto. Doveva trattarsi di qualcuno di importante.
I bordi erano anche decorati con strisce d’argento. Una calligrafia sinuosa ed elegante indicava l’emittente: il “conte Sebastian Smythe”.
Blaine non aveva la più pallida idea di chi si potesse trattare.

Monsieur Blaine Anderson,
il vostro talento nella pittura è giunto sin dentro le mura di casa mia. Avrei davvero molto piacere nel potervi ammirare con i miei occhi all’opera. Proprio in questo periodo avrei bisogno di un ritratto da appendere nello studio, e quale occasione migliore se non chiederlo proprio a voi!

Espressa la mia richiesta, vi invito a raggiungere la mia dimora domattina alle dieci. Sarebbe davvero un grande onore se voi accettaste.
Vi prego di accogliere i miei più cordiali saluti.

Quella sera Sebastian incominciò a credere di aver esagerato con i complimenti nella lettera. In effetti nessuno gli aveva detto di quanto Blaine Anderson fosse talentuoso. Aveva soltanto sentito parlare Mademoiselle Berry della sua bellezza, niente di più.
Sebastian Smythe non può essere escluso dalle novità, si giustificò, cercando di trovare un senso a quello che aveva fatto.

Un medico stava tornando a casa dopo una lunga giornata di lavoro. Incominciò a piovere e si maledisse per aver lasciato il cappotto a casa. Durante la mattinata e il pomeriggio il tempo era stato sereno; non credeva potesse peggiorare.
La natura è sempre imprevedibile, pensò il ragazzo con un sospiro.
Le strade erano buie e deserte e si respirava una strana atmosfera di inquietudine. Proprio a qualche passo dalla sua casa, trovò a terra un giovane ragazzo. Era pallidissimo e la sua pelle gelida.
Il medico fece il suo dovere: caricò il ragazzo sulle sue spalle e lo portò a casa propria.

La mattina seguente, il conte Smythe era piuttosto agitato.
«Dovete fare colpo su qualcuno?», ammiccò il suo servitore con un leggero sorriso.
«Hummel, non ho bisogno di far colpo su qualcuno, sono già perfetto di mio», asserì il conte infastidito sistemandosi i capelli.
«Sì, certo», ridacchiò il servitore.
«Monsieur Smythe, il vostro ospite è arrivato!», annunciò la voce di un altro servitore.
Sebastian sistemò meglio la giacca e si fece trovare in salotto.
Di fronte a lui comparve il ragazzo che doveva essere il pittore Blaine Anderson. Sebastian pensò immediatamente che Mademoiselle Berry avesse completamente ragione: Blaine era un ragazzo bello e aggraziato, aveva i capelli scuri ricci e gli occhi di un intenso castano dorato. Forse era un po’ basso, ma al conte non importava.
«Salve, siete voi il conte Sebastian Smythe?», domandò il pittore timidamente.
«Oh, sì, sono proprio io», rispose il conte con voce ammaliante e sfoggiando un sorriso irresistibile, poi gli porse la mano: «Voi siete il nuovo sublime pittore inglese? In città si parla molto di voi».
«Sublime… che esagerazione!», ridacchiò Blaine imbarazzato accettando la stretta: «In realtà sono alle prime armi».
«Dimostratemi la vostra bravura», insistette il conte: «Avrei bisogno di un ritratto. Seguitemi nello studio».

 

Angolo Autrici

Salve a tutti! Eccomi con una nuova fan fiction ambientata nella Parigi della Belle Époque! La sto scrivendo insieme a mia sorella! :)
Ringraziamo tutti coloro che leggeranno! Al prossimo capitolo :D

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Capitolo 2
*** Il ritratto ***


Il ritratto
 


Sebastian stava posando da parecchio tempo e iniziava a perdere la pazienza. Non vedeva l’ora di dare un’occhiata al quadro: sicuramente sarebbe stato magnifico, dopotutto il soggetto era lui.
Sebastian incominciò ad agitarsi e a dondolarsi sui talloni. Il servitore Hummel che era entrato in stanza suggerì al conte: «Cercate di non muovervi, Monsieur Smythe. Monsieur Anderson sembra avere un po’ di difficoltà».
«Taci, Hummel!», mugugnò il conte.
Blaine udì qualcosa e alzò lo sguardo da sopra la tela. Incrociò lo sguardo del servitore Hummel. Era angelico. La pelle era più bianca della tela e gli occhi di un’intensa tonalità di azzurro.
Il pennello gli scivolò di mano e andò a cadere in un angolo della tela lasciando una sottile traccia verde.
«Qualche problema, Monsieur Anderson?», chiese Sebastian irritato.
«No, tutto bene», rispose a disagio Blaine raccogliendo il pennello.
«A che punto siete?», chiese Smythe facendo un passo in avanti.
«Oh, non muovetevi di lì! Ancora non è finito!», rispose Blaine armeggiando col pennello.
«D’accordo», fece Smythe con un sorriso seducente.
Passò ancora un po’ di tempo e finalmente l’opera sembrava essere completa.
Il servitore Hummel era stato quasi tutto il tempo nella stanza a pulire gli scaffali delle librerie, e non faceva altro che osservare Blaine Anderson mentre dipingeva. Era uno spettacolo. Aveva una mano delicata che in alcuni punti ondeggiava dolcemente, in altri si lasciava governare da pennellate forti e decise.
«Finito!», annunciò Blaine con un sorriso mentre firmava l’opera.
A Sebastian si accese lo sguardo. Quando però giunse davanti alla tela, si spense immediatamente e Sebastian, con un sorriso evidentemente forzato, disse: «Monsieur Anderson… è… è magnifico. Davvero… però, credo abbiate sbagliato qualche tonalità, i miei occhi sono verdi e non azzurri», disse indicandoli. Ma quello era solo il dettaglio più evidente. La persona raffigurata nel quadro non era molto somigliante a Sebastian Smythe, anzi per nulla se non per gli abiti.
«S-sono desolato, rimedierò con un altro quadro», disse Blaine visibilmente dispiaciuto.
«Oh, caro! Non vi preoccupate! Sono sicuro che siete ancora stanco del vostro viaggio, ci vedremo quando vi sentirete meglio!», disse Sebastian Smythe accompagnandolo verso la porta, dopo che un servitore accorse.
«Arrivederci, allora, Monsieur Smythe», disse Blaine con un sorriso timido.
«Arrivederci, Monsieur Anderson», fece Sebastian con un sorriso falso.
Appena si chiuse la porta, Sebastian irruppe nel salotto spalancando la porta, tanto che il servitore Hummel per poco non perse l’equilibrio da sopra la scaletta.
«C-cosa vi turba, Monsieur Smythe?», chiese il servitore preoccupato intento a scendere dalla scala.
Sebastian afferrò la tela e la guardò sprezzante.
«Guardalo! Non mi assomiglia per nulla!», sbraitò rosso in viso.
Assomiglia a TE!, pensò il conte furente.
Hummel osservò il quadro e per poco non gli venne un infarto.
«M-m-mi as-s…», farfugliò il ragazzo.
«CHE COSA, HUMMEL?! CHE COSA?!», lo interruppe Smythe bruscamente stracciando la tela in due parti, preso dalla rabbia.
«Sbarazzatene subito», asserì gelido per poi andarsene.
Una volta uscito, al giovane servitore scese una lacrima lungo le guance. Si inginocchiò e raccolse la tela strappata. Quello era lui. Non si trattava di un’impressione. Il pittore Blaine Anderson aveva scelto lui, e non il conte Smythe. Era successo davvero.
 
«Dove mi trovo?», domandò una voce confusa.
Il medico si voltò e notò che il suo paziente si era finalmente svegliato.
«Buonasera», lo salutò il medico con un leggero sorriso: «Vi ho trovato a terra e vi ho portato a casa. Siete molto raffreddato e dovete stare un po’ di giorni a riposo sotto la mia osservazione. Avete rischiato davvero tanto, ma fortunatamente il pericolo è scampato».
«Mm», mormorò il ragazzo, poi accennò un sorriso imbarazzato e disse: «Vi ringrazio».
«Dovere», rispose gentilmente il medico, poi si avvicinò al ragazzo e gli intimò: «Ora dormite, dovete riposare».
«Non ho sonno».
«Ma dovete riposare».
«In realtà avrei sete… potrei avere un bicchiere d’acqua, per piacere?», chiese timidamente il ragazzo.
«Certamente», rispose il medico riempiendo immediatamente un bicchiere d’acqua e porgendoglielo.
«Grazie», sussurrò debolmente il ragazzo bevendo l’acqua tutta d’un sorso, poi chiese: «Come vi chiamate, dottore?».
«Nicholas Duval», asserì il medico.
«Dottor Duval, vi sono eternamente debitore», parlò il ragazzo, poi la sua voce si incupì: «Io… io non ho soldi, non so come pagarvi…».
«Ma non vi preoccupate, io non voglio mica soldi!», lo rassicurò il medico.
«Non volete soldi?», chiese il ragazzo meravigliato.
«No. Curare e salvare le vite delle persone non è soltanto il mio lavoro, ma la mia passione», rispose semplicemente il ragazzo.
Nicholas era un ragazzo molto gentile e sensibile e non chiedeva mai soldi. Solo i nobili lo pagavano perché potevano, ma il medico non aveva mai cercato denaro dalla povera gente.
«È davvero difficile trovare persone come voi», disse il ragazzo con un languido sorriso: «Sono contento del fatto che esistano ancora».
Nicholas sorrise, poi con fare premuroso gli raccomandò:
«Ora dovete riposare».  
Il ragazzo si limitò a rispondergli con un debole sorriso.



Angolo Autrici

Buona serata a tutti! Il medico Nicholas Duval sarebbe il nostro Warbler Nick! :)
Secondo voi chi è il paziente curato dal nostro amato medico? ;)
Ringraziamo tutti coloro che leggono, al prossimo capitolo! :D

 

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Capitolo 3
*** L'incubo ***


L'incubo


Sebastian Smythe si era rinchiuso nella sua stanza per quasi una settimana. Era di cattivo umore, anzi pessimo.
Era sicuro che Blaine si era distratto casualmente.La volta seguente lo avrebbe invitato di nuovo e si sarebbe assicurato che quel guastafeste di Hummel fosse occupato a fare altro.
Sì, ce l’avrebbe fatta stavolta.
Afferrò la carta da lettere più vicina e iniziò a scrivere una nuova lettera:
 
Monsieur Blaine Anderson,
ho deciso di darvi una seconda possibilità. Potreste raggiungermi nuovamente domani mattina? Sono sicurissimo che eravate ancora molto stanco. Mi permetto di insistere perché sono certo del vostro talento e credo in voi!

Vi prego di accettare il mio nuovo invito. Potreste anche unirvi per il pranzo, sarebbe un enorme piacere se accettaste.  
Vi prego di accogliere i miei più sinceri saluti.
 
Era stato molto convincente. E Blaine stavolta non avrebbe fallito.
 
«Sebastian caro, ho una notizia da darti», fece Madame Smythe con eccitazione.
Sebastian si sforzò di fare un sorriso cordiale e accorse dalla madre in piedi davanti alla soglia della porta.
«Oggi pomeriggio incontrerai finalmente Mademoiselle Lopez! Purtroppo non potrà venire per pranzo», annunciò la donna.
Il sorriso forzato di Sebastian si spense; non gliene importava nulla di incontrare quella ragazza di una delle famiglie più facoltose di tutta Parigi.
«Non sembri entusiasta, caro», fece la madre accorgendosi dello sguardo vuoto del figlio.
Non aveva mai incontrato Santana Lopez prima d’ora. Giravano storie sulla sua bellezza e lui ne sentiva parlare da anni. Dopo i vari incontri sarebbero proceduti al fidanzamento ufficiale e poi all’annuncio delle nozze.
Sebastian si era rassegnato da tempo al suo destino, ma prima di sposarsi desiderava veramente poter intraprendere una storia con Blaine Anderson. E quell’Hummel non era costretto al matrimonio combinato come lui. E poi, in tutto questo, le fanciulle non gli interessavano minimamente.  
«Sebastian, sorridi per la miseria! Mica vorrai mostrarti in questo stato a Mademoiselle Lopez?».
«Sì», rispose perentorio.
La donna alzò gli occhi al cielo sbuffando leggermente.
«Non hai più cinque anni. Sei adulto, ormai. E sarebbe proprio il momento di sposarti», fece la madre con un sguardo gelido uscendo dalla stanza.
 
«Ehi, tu! Garzone, vieni qui», ordinò il conte Smythe.
Il garzone giunse e riconobbe immediatamente l’uomo che più di una settimana prima gli aveva chiesto di consegnare una lettera.
«Dovresti consegnare di nuovo questa lettera a Monsieur Blaine Anderson… Credi di farcela?», chiese mostrando un sorriso irresistibile. Il garzone annuì e sorrise a sua volta. Solo in quel momento Sebastian notò che i suoi occhi nocciola si erano illuminati.
Decise di dargli una moneta, così frugò in una tasca della giacca e gliela porse.
«Grazie mille, Monsieur…», asserì il ragazzo fermandosi. Non conosceva il suo cognome.
«Monsieur Smythe».
 
Era pomeriggio e l’aria era tiepida a Parigi. Nicholas Duval era uscito di casa subito dopo pranzo, poiché aveva delle importanti faccende da sbrigare. Jeffrey, il ragazzo che aveva posto sotto la sua ala protettrice, era ancora a letto. Nicholas gli aveva intimato di restarci tutta la giornata, ed era ancora troppo debole per tornare a casa.
Mentre attendeva il suo ritorno, a Jeffrey balenò un’idea in testa. Si alzò piano dal letto e si guardò intorno. La sua era la stanza degli ospiti, senza ombra di dubbio.
Uscì dalla camera e attraversò il corridoio illuminato dalla luce aranciata del sole delle quattro.
Aprì più porte finché non trovò quella che cercava: la porta della stanza di Nicholas.
Entrò timidamente guardandosi intorno. La finestra con le tende tirate illuminava violentemente la stanza. Su un tavolino c’erano delle lettere e Jeffrey  si avvicinò, deciso ad aprire i cassetti di un mobiletto.
Finalmente trovò quello che cercava: denaro. Ed era proprio tanto denaro.
Adesso che sapeva dove il dottor Duval lo teneva nascosto, gli sarebbe bastato intrufolarsi in quella stanza l’ultimo giorno di cura e poi sarebbe sparito per sempre.
Aveva bisogno di quei soldi, un disperato bisogno.
 
«Monsieur Smythe, Mademoiselle Lopez è arrivata», mormorò un servo con una paura folle che il conte scatenasse la sua ira su di lui. Smythe si limitò invece a guardarlo arcigno e a sistemarsi la giacca.
Sebastian prese un respiro profondo ed entrò nella stanza.
Una donna anziana era seduta accanto ad una ragazza. Era di una bellezza disarmante. Labbra carnose, occhi piccoli ma vivaci e profondi, zigomi alti e setosi capelli neri nascosti da un grande cappello verde scuro.
Sebastian si avvicinò a quella che indubbiamente doveva essere la madre e le baciò la mano mormorando il suo nome.
«Mademoiselle Lopez», fece abbassando lo sguardo mentre baciava la mano della fanciulla.
Santana era impassibile. Era noto a tutti anche il fascino di Sebastian Smythe e non si aspettava minimamente una reazione del genere. Di solito tutte le ragazze arrossivano in sua presenza e cominciavano ad agitarsi. Tutte ma non Santana Lopez.
La madre di Sebastian che aveva già accolto le due donne, cercò di rompere il ghiaccio. «Finalmente i nostri due giovani si conoscono», fece orgogliosa prendendo posto accanto a Madame Lopez.
«Mia figlia era molto eccitata della visita di oggi», disse la donna di rimando.
«Non è vero», mormorò gelida la ragazza, innervosita dalla bugia della madre.
«Oh, Santana è così nervosa. Vi prego di perdonarla, Madame Smythe».
«Ma certo, Madame Lopez. State tranquilla. Credo che adesso dovremmo lasciarli un po’ da soli. Sebastian, che ne diresti di portare Mademoiselle Lopez a fare un giro della casa? Mostrale la nostra biblioteca, lo studio…», fece la donna impaziente di liberarsi del figlio e poter conversare amabilmente con la madre di Santana.
Sebastian annuì e porse la mano a Santana per aiutarla ad alzarsi.
«Faccio da sola, grazie», mormorò acida aggiustandosi il vestito verde.
Una volta usciti dalla stanza, Sebastian si voltò per indirizzarla nella biblioteca, ma lei, stizzita, iniziò a dire: «Non ho la minima intenzione di approfondire la nostra conoscenza, che sia chiaro. Queste sono solo stupide ed inutili visite formali».
Sebastian, accigliato, non seppe cosa dire se non: «Questa è la nostra biblioteca».
Santana entrò accigliata aggiustandosi il cappello, e osservò la stanza. 
Il ragazzo la autorizzò a prendere qualche libro, nella speranza che amasse leggere e fosse impegnata a far qualcosa, pur di non sentire quella dannata voce fredda e sicura di sé.
Lo aveva disprezzato. Come aveva osato lei?! Lui non ne era innamorato, ma aveva cercato di essere comunque educato.
Forse queste sono nuove tattiche di conquista.
Santana scelse un libro di astronomia e si sedette su di una poltrona mentre Sebastian cercava una traduzione di qualche opera di Aristotele.
Passarono un quarto d’ora nella stanza, nella più totale indifferenza. Avevano deciso di non fare il giro della casa, ma limitarsi a restare lì, pur di non avere contatti.
«Credo che ora dovremmo proprio andare. Il giro è durato anche troppo», fece lui posando il libro su un tavolino. Tanto Hummel avrebbe posato tutto dopo.
«Infatti», mormorò la ragazza.
 
Sebastian avvertì un fitta lancinante alla spalla. Il sangue scendeva irrimediabilmente copioso.
Il ragazzo lo guardava con odio. Sapeva chi era e si aspettava che lo sarebbe venuto a cercare.
Aveva un conto in sospeso con la sua famiglia.
Sebastian urlò e si alzò di scatto dal letto tastandosi la spalla. Era tutto a posto. Era stato un orrendo incubo. Un incubo che sapeva di realtà.

 



Angolo Autrici

Buona serata a tutti!
Bene, la storia incomincia ad incupirsi D:
In questo capitolo abbiamo avuto modo di conoscere Mademoiselle Lopez ;)
Eh sì, il paziente di Nicholas (Nick) è Jeffrey, ovvero il nostro amato Warbler Jeff Sterling (: (non odiatelo in questo capitolo, vi supplico! ♥)
Beh, che dire... anche se sono stata io a partorire l'idea di un Jeff ladro (?), questo capitolo è stato scritto interamente da mia sorella, quindi per qualsiasi cosa prendetevela con lei! u.u Ahahah, xD, scherzo, questo capitolo mi piace tantissimo, e non lo dico perché sono sua sorella LOL xD
Ringrazio tutti coloro che leggono e pandamito che ha recensito! :D
Al prossimo capitolo! (:

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Capitolo 4
*** Il bacio ***


Il bacio


Anderson era finalmente riuscito a ritrarre un Sebastian somigliante nella sua tela, tutto questo grazie all’oculata assenza di Hummel per conto del ragazzo.
«È perfetto!», commentò il conte entusiasta con un sorriso che avrebbe potuto oscurare il sole.
Blaine arrossì per i complimenti.
«Blaine, vi intratterrete per pranzo, oggi, vero?», chiese con un sorriso irresistibile.
Il ragazzo annuì sgranando gli occhi: il conte Smythe lo aveva chiamato per nome.
«Grazie infinite per l’invito, Monsieur Smy…».
«Chiamatemi Sebastian», lo interruppe il giovane.
«Grazie, Sebastian».
 
Nicholas Duval era uscito anche quella mattina e Jeffrey, indisturbato, poté ficcare il naso nelle altre stanze della casa. La maggior parte del denaro per il momento risiedeva nella stanza del medico, ma Jeffrey era convinto che da qualche parte ci fossero altri soldi.
Sentì improvvisamente un cigolio: Nicholas era rientrato. Jeffrey si nascose in una stanza in attesa che il medico posasse la giacca e la borsa, e poter quindi ritornare nella camera degli ospiti.
A Jeffrey salirono brividi lungo la schiena quando vide che Nicholas era proprio intenzionato ad entrare nella sua stanza.
Cadde nel panico più totale: doveva uscire allo scoperto? Come si sarebbe giustificato?
Jeffrey ringraziò il cielo quando sentì bussare alla porta.
«Arrivo!», urlò il medico tornando indietro.
Il ragazzo ritornò furtivamente nella stanza e attese che si concludesse la conversazione alla porta.
«Charlotte cara!», esclamò il ragazzo.
«Nicholas!», fece di rimando lei.
Charlotte era una ragazza dai lunghi e lisci capelli biondi e gli occhi scuri: era molto graziosa.
«A cosa devo questa visita?», chiese con lo sguardo sognante.
«Semplicemente ti ho portato quella giacca che hai lasciato in negozio da mia madre», disse porgendogliela con un sorriso.
Nicholas sembrava un po’ deluso, ma cercò di mascherare la sua tristezza.
«Grazie, Charlotte», rispose accettando la giacca, poi aggiunse speranzoso: «già che ci sei, vuoi intrattenerti per pranzo?».
«Oh, non posso… Mi dispiace, Nick».
«Oh, non importa. Davvero. Sarà per un’altra volta», disse lui.
Si salutarono e chiuse la porta, poi entrò in stanza di Jeffrey.
«Buongiorno, Jeffrey!», fece Duval aprendo le tende della finestra.
Jeffrey finse di essersi appena svegliato.
«Buongiorno, dottore».
«Potete chiamarmi anche Nicholas».
«E voi Jeff», fece di rimando il ragazzo.
«Va bene. Allora vada per Jeff», asserì con un sorriso caloroso.
 
«Monsieur Smythe, c’è una visita per voi», lo informò un servitore porgendogli un biglietto da visita.
«Grazie, Trent».
Sebastian lesse il biglietto e gli si illuminò il viso.
«Accetto la visita! Fateli entrare!», disse il conte.
Dopo pochi secondi fecero la loro entrata il duca Puckerman e il barone Evans, i suoi amici inglesi.
«Quanto tempo, amici miei!», fece il ragazzo abbracciandoli.
«Sebastian, è vero, è passato davvero tanto tempo… Ma noi non ci siamo dimenticati di te», fece con un leggero rimprovero Puckerman, e poi aggiunse per smorzare i toni: «perciò stasera, per festeggiare, ci aspetta una bella serata alla taverna!».
«Intrattenetevi per il pranzo, allora! Conoscerete il mio nuovo amico Blaine Anderson».
Evans gli fece l’occhiolino.
«No, Sam. Niente di serio. Tra poco dovrò fidanzarmi ufficialmente con Mademoiselle Lopez».
Puckerman sgranò gli occhi: «Santana Lopez? Proprio lei? È… è bellissima».
«Sì… peccato che sia una donna, Noah. Dimentichi?», asserì Sebastian sarcastico.
«Hai ragione. Vorrà dire che te la ruberò con piacere», disse ammiccando un sorriso.
Sebastian ricambiò il sorriso e sperò che Santana Lopez si innamorasse veramente di lui.
 
«E quindi avete anche dei possedimenti in America?», chiese Madame Smythe alla madre di Santana.
«Sì, negli Stati Uniti. E anche delle tenute in Inghilterra!».
«Hai sentito, Sebastian? In Inghilterra!», fece la madre cercando di attirare l’attenzione del figlio.
«Già, in Inghilterra…».
Incrociò lo sguardo di Blaine che aveva il capo chino: era imbarazzato a mangiare insieme a tutti quei nobili; lui era un semplice pittore in cerca di fortuna, niente di più. Era convinto che quelle nuove correnti artistiche parigine lo avrebbero ispirato.
«E voi, Mademoiselle Lopez, amate l’Inghilterra?», chiese all’improvviso Puckerman rivolgendosi alla fanciulla.
«Sì, la amo», si limitò a rispondere sostenendo lo sguardo del duca.
«Io sono inglese… Ma suppongo che non ve ne siate accorta minimamente. Il mio perfetto accento francese non mi tradisce».
Santana spalancò gli occhi: «Davvero? Siete inglese? Non lo avrei mai detto».
Puckerman rispose con un sorriso malizioso.
«Hummel, puoi procedere col dessert», fece Madame Smythe.
Sebastian storse il viso: adesso Blaine avrebbe avuto occhi solo per quell’insulso sguattero.
Il giovane Hummel sgomberò la tavola e Sebastian notò che il suo sguardo si era soffermato su Blaine. Il pittore gli aveva anche sorriso.
Sebastian si schiarì la voce, sperando che Hummel capisse che doveva sbrigarsi.
Ma Hummel non aveva capito un bel niente.
«Mademoiselle Lopez, siete sempre così algida nei confronti dei poveri ragazzi che vi circondano…», fece Puckerman, poi disse più sottovoce: «o sapete anche essere bollente?».
Santana poggiò i pugni sul tavolo e si alzò.
«Io non pranzo con questo villano!», disse puntando il dito contro il duca.
Sebastian era divertito dalla situazione, poi incontrò lo sguardo gelido della madre che sembrava gli stesse chiedendo di riportare lì Santana.
«Con permesso», fece il conte, deciso a riportare la ragazza.
Sebastian la trovò all’ingresso e la prese per un braccio.
«Non mi toccate!».
«Permettetemi di verificare una cosa».
Sebastian catturò le sue labbra in un bacio che doveva sembrare intenso. Ma Sebastian non provò assolutamente nulla. E lo stesso valse per Santana.
«Che cosa diamine stareste facendo?!», imprecò lei stizzita.
«Mademoiselle Lopez… a voi non piacciono gli uomini», sentenziò infine il conte: «proprio come a me non piacciono le donne».

 



Angolo Autrici

Buona serata a tutti!
E così in questo capitolo conosciamo il duca Puckerman e il barone Evans, amici del conte Smythe ;)
Sebastian conclude affermando che a Santana non piacciono gli uomini (e a lui le donne) ;)
Jeff si è fatto quasi scoprire dal medico Nick... c'è mancato davvero poco! D:
Ringrazio tutti coloro che leggono e pandamito e Diana924 che hanno recensito! :D
Buona Vigilia a tutti! :D
Al prossimo capitolo! (:

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Capitolo 5
*** La taverna ***


La taverna


«Proprio così», confermò lei senza scomporsi.
«Ecco spiegata tutta la vostra freddezza», asserì il conte.
«A parte questo, non mi siete neanche minimamente simpatico», confessò la ragazza: «e non ho nessunissima intenzione di sposarvi».
«Buffo: nemmeno io!», rispose Sebastian sarcastico: «Beh, potremmo anche sposarci per poi condurre ognuno la propria vi…».
«No!», lo interruppe Santana risoluta: «Io non ho intenzione di sposarmi con nessuno, e se proprio decidessi di sposarmi, la persona che vorrò sposare sarà senz’altro la mia Brittany».
«Brittany?», chiese il ragazzo perplesso.
«Io… io sono innamorata di Brittany, la mia damigella… la amo, la amo più di ogni altra cosa, e le si è spezzato il cuore quando le ho annunciato del mio imminente fidanzamento e delle mie probabili nozze...».
Gli occhi di Santana si erano improvvisamente illuminati e la sua voce non era più fredda e distaccata, ma dolce e sognante; Sebastian realizzò che quella Brittany doveva essere davvero importante per la ragazza.
«E voi? Voi non siete innamorato?», gli domandò la ragazza incuriosita.
«No, io non mi innamoro mai», sentenziò il conte: «Le relazioni serie e durature non sono da me».
Santana annuì leggermente; l’amore portava solo complicazioni, e Sebastian non si sentiva pronto ad intraprendere una relazione seria.
«E quel pittore? Pensate davvero che non me ne sia accorta degli sguardi che gli lanciavate di tanto in tanto?», ammiccò la ragazza con un lieve sorriso.
«È un bel ragazzo», tagliò corto Sebastian, poi cambiò argomento: «Dovremmo ritornare in sala prima che qualcuno venga a cercar…».
«No! Mi rifiuto di pranzare con quell’essere! È un villano, è un volgare!», asserì la ragazza decisa interrompendolo: «Forse voi uomini pensate che noi donne siamo come oggetti, forse voi pensate di avere il totale controllo su di noi! Io non tollero quest…».
«Io vi rispetto, Mademoiselle Lopez», la fermò Sebastian stranamente sincero: «rispetto tutte voi e, se permettete, chiederò al duca Puckerman di porvi le sue dovute scuse».
 
Jeff ammirava il dottor Duval: era un uomo gentilissimo e sempre disponibile.
«Ecco a voi il pranzo, Jeff», asserì il medico con un sorriso porgendogli un piatto di minestra calda: «mangiatela che è tutta salute: vi farà soltanto bene».
Jeff lo ringraziò accennando un lieve sorriso; il ragazzo si odiò per quello che era e per le sue cattive intenzioni lì a casa del medico, ma il denaro, per lui, era certamente più importante della magnanimità e della bontà di Nicholas Duval.
 
La sera, il conte Smythe, il duca Puckerman e il barone Evans si riunirono alla solita taverna.
«Proprio come ai vecchi tempi!», mormorò Sam nostalgico prendendo posto ad un tavolo insieme ai suoi amici.
«Già», confermò Sebastian.
Un ragazzo basso ma proporzionato con corti capelli scuri e occhi nocciola si avvicinò immediatamente ai tre nobili.
«Signori, desiderate…?», domandò gentilmente il giovane.
Sebastian riconobbe subito in lui il garzone che aveva consegnato le lettere al pittore per conto suo.
«Lavori qui?», gli chiese il conte.
«Buonasera, Monsieur Smythe. Beh, diciamo che do una mano al locandiere», rispose il ragazzo.
«Com’è che ti chiami?», gli domandò Sebastian incuriosito; l’aveva incontrato più di una volta e ancora non sapeva il suo nome.
«Thaddeus Harwood, ma chiamatemi pure Thad, Monsieur…», disse il giovane arrossendo lievemente.
«Bene, Harwood, portaci del buon vino», ordinò infine il conte Smythe.
«Sì, subito, Monsieur», asserì il ragazzo per andare via e ritornare con delle bottiglie di vino.
«Brindiamo all’amicizia!», asserì entusiasta Puckerman riempiendo i calici di vino.
«E brindiamo alle imminenti nozze del nostro amico!», aggiunse Evans.
L’occhiata truce di Smythe lo zittì immediatamente.
«D’accordo, soltanto all’amicizia», si corresse il barone.
I ragazzi alzarono i calici in alto, brindarono e bevvero. Puckerman ed Evans, con lo sguardo, cercavano di adocchiare qualche bella ragazza; Smythe, invece, era rimasto completamente folgorato dal garzone Harwood: solo in quel momento si era accorto che non era per niente male.
Non appena finivano di bere dai loro calici, il duca continuava a riempirli e finirono così per ubriacarsi.
«Quinn!», esclamò Sam non appena vide la fanciulla bionda avvicinarsi a lui.
«Sam caro! Quanto tempo!», cinguettò la ragazza; aveva le guance rosse e molto probabilmente era ubriaca quasi quanto lui.
Sam le sorrise, la prese per mano e la condusse chissà dove.
«E bravo il nostro amico Sam… è così che si conquistano le signore», commentò Puckerman bevendo l’ennesimo calice di vino.
«Sì, davvero bravo», biascicò qualcosa Smythe; tra i tre era quello che reggeva peggio di tutti l’alcool.
Sebastian, più ubriaco che mai, non smetteva di fissare ogni singolo movimento del garzone Harwood: ogni secondo che passava si convinceva sempre di più che era un ragazzo affascinante ed estremamente carino.
«Noah, hai visto quel ragazzo? È così attraente», commentò Sebastian con un sorriso un po’ troppo malizioso: «Me lo porterei a letto… che ne dici?».
«Ma che stai blaterando? Tu hai occhi soltanto per il pittore, ricordi?», ridacchiò Puckerman.
Sebastian annuì non molto convinto: l’importante era che riusciva a concludere qualcosa in quella serata.
Gli sguardi accattivanti e i sorrisi compiaciuti che il conte gli stava lanciando di continuo non passarono inosservati al garzone che, rosso di vergogna, fingeva di non notarli.
«È inutile il fatto che finga di ignorarmi: stasera lo farò mio», mormorò Sebastian convinto.
 
«Monsieur Smythe, dovremmo chiudere il locale».
La voce timida e gentile di Thad Harwood svegliò il conte Smythe che, ubriaco fradicio, si era addormentato con i gomiti sul tavolo.
La taverna era deserta: Sam si era rifugiato chissà dove con Mademoiselle Fabray; Noah, invece, si era intrattenuto con delle fanciulle.
Sebastian si alzò lentamente barcollando. Rischiò di perdere l’equilibrio, ma due braccia pronte lo sorressero e gli impedirono di cadere.
«State attento», mormorò gentile il garzone.
Il conte annuì lentamente, ma la sua testa, annebbiata dai fumi dell’alcool, era altrove. Ad un certo punto spinse bruscamente il ragazzo contro la parete più vicina. Thad, stralunato e terrorizzato allo stesso tempo, non sapeva cosa avesse in mente il conte.
Sebastian catturò immediatamente le sue labbra piene in un bacio fugace. Thad, sorpreso di quel gesto, non sapeva né cosa dire né cosa fare.
Il conte baciò di nuovo il ragazzo unendo le loro labbra in baci sempre più intensi e travolgenti.
Sebastian gli accarezzò i fianchi per poi far scendere la propria mano più giù; a quel tocco Thad arrossì terribilmente.
La mano di Sebastian risalì di nuovo sopra, pronta a sbottonare la camicia vecchia e strappata in alcuni punti del garzone.
«M-monsieur Smythe, è t-tardi, dovremmo chiudere il locale…», farfugliò Thad allontanandosi leggermente dal ragazzo.
«Ma io ti voglio ora… in questo preciso momento…», biascicò il conte completamente fuori di sé.
«Monsieur Smythe, saranno preoccupati i vostri famigliari, sarebbe meglio che tornaste a casa…», provò a convincerlo il ragazzo sentendosi le guance avvampare.
«Accompagnatemi… non posso andare a casa da solo», insistette Smythe.
Thad sbuffò leggermente, dopodiché sostenne il conte cingendolo con il braccio e lo accompagnò a casa seguendo le sue indicazioni.
«Ecco, siamo arrivati… a presto, Monsieur Smythe», si congedò il garzone una volta arrivati sulla soglia della dimora del conte.
Sebastian attirò il ragazzo a sé e lo baciò di nuovo sulle labbra.
«Sali, Harwood… nessuno si accorgerà di niente…», cercò di persuaderlo il conte.
«Oh, mi dispiace, ma ora devo proprio andare… a presto!», asserì il garzone imbarazzato fuggendo via.
 

 


Angolo Autrici

Buona serata a tutti!
E così il conte Smythe, il duca Puckerman e il barone Evans si riuniscono in taverna e lì succede di tutto e di più! >__<
E abbiamo avuto modo di conoscere "meglio" anche il garzone Thaddeus Harwood, o meglio conosciuto come il nostro amorevole Warbler Thad ♥ ;)
Sebastian, ubriaco, ci prova con lui... mmm... :)
Dal prossimo capitolo in poi dovrebbe iniziare quella che è la vera storia :)
Ringrazio Diana924 e pandamito che recensiscono e tutti coloro che leggono!
Al prossimo capitolo! :D

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