I NAUFRAGHI - Una nuova avventura

di LairaWolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima del disastro ***
Capitolo 2: *** La tragedia ***
Capitolo 3: *** Arrivo sull' isola ***
Capitolo 4: *** Non è possibile.... ***
Capitolo 5: *** Morirà... o no? ***
Capitolo 6: *** E' vivo!!! ***
Capitolo 7: *** Una considerazione... ***
Capitolo 8: *** La grigliata accende le passioni ***
Capitolo 9: *** Giaguaro Attack! ***
Capitolo 10: *** L' ultimo momento di tranquillità ***
Capitolo 11: *** Un atto orribile ***
Capitolo 12: *** Il processo ***
Capitolo 13: *** Noah&Eva ***
Capitolo 14: *** L'incazzatura è di giorno ***
Capitolo 15: *** Il matrimonio ***
Capitolo 16: *** I grande evento... ***
Capitolo 17: *** I morti ***
Capitolo 18: *** Valgo qualcosa per te? ***
Capitolo 19: *** ???????? ***
Capitolo 20: *** La fine e il continuo ***



Capitolo 1
*** Prima del disastro ***


Meno male che è finita. La avventura su quel maledetto aereo è finita.
Ora sono su uno yacht, con Duncan e gli altri. Siamo passati davanti all’ isola per l’ inaugurazione della nuova stagione. Duncan mi ha detto che dovevamo baciarci per l’ occasione.
Fa sempre l’ esibizionista, lui!
Ora stiamo andando in crociera. Beh, non è male, anche perché è Chris che paga tutto.
Sono appoggiata al parapetto della prua a sentire il mare. Va bene che la crociera mi alletta, ma... tre settimane così, saranno un po’ una palla.
Sento qualcuno dietro di me, e mi circonda con le braccia.
-    Ehilà, raggio di luna! Come stai? –
-    Bene, bene... –
Duncan... è dolcissimo, mi riempie di attenzioni e mi coccola sempre.
-    Che c’è? Sei pensierosa! Hai una faccia... –
-    Mannò, è la mia faccia naturale! –
-    Ed è bellissima... –
E mi bacia. A volte fa troppo lo sdolcinato.
Mi abbandono al suo bacio bavoso, abbracciandolo, percorrendo il suo corpo con le mie mani. Lui fa lo stesso.
Fino a che le sue mani raggiungono il mio seno, allora mi scosto violentemente.
-    Duncan, non lo fare mai più. –
-    Scusami... non sono riuscito a trattenermi... –
Momenti di silenzio seguono le sue parole.
-    Perdona la domanda Gwen, ma... perché ti ha dato fastidio? –
-    Non mi sento ancora pronta per questo passo, per piccolo che sia. Non fraintendermi, è che mi devo ancora... abituare a te. Non intendo che non ti amo ancora, io ti amo alla follia, devo ancora focalizzare bene il nostro fidanzamento, tutto qui. Con Trent non è andata come speravo, sto solo... tastando il terreno, ecco tutto. –
-    Oh, capisco! Tranquilla, e scusami, è colpa mia! Sai com’è, è difficile trattenersi, con una bellezza simile come ragazza... – mi fissa con un sorriso malizioso, io gli faccio la linguaccia.
-    Perdona la domanda, ma... fino a che punto si è spinta la tua relazione con Trent? Intendo... – fa gesti vaghi e sta diventando rosso come un pomodoro. – insomma, hai capito, no? –
-    Sì, sì, ho capito, intendi il sesso. No non siamo arrivati fino a questo punto. Mi ha solo coccolato un po’ come stavi per fare tu, nulla più. –
Anche lui sta tastando il terreno. Ma perché gli uomini pensano solo a quello? Boff, e il sentimento dove lo mette?
-    Ma scusa, perché eri così... imbarazzato  quando parlavi di quell’ argomento?- stavolta sono io che gli faccio un sorriso malizioso. Lui diventa di nuovo rosso.
Wow, Duncan che si imbarazza!
-    È che... insomma, ammetto che parlare di questi argomenti mi imbarazza un po’! Eheheheh... come mai tu no? – sorriso malizioso in azione...
-     Boh, perché insomma, la sessualità fa parte della nostra vita, anche se ammetto che qualche senso di pudore me lo dà, ma con te posso parlarne liberamente, vero? –
-    Ma certamente... vieni qui, dai! –
Mi avvolge con le sue braccia e mi gira verso di sé. Guardo i suoi occhi di ghiaccio, e sorrido. Mi stringe ancora di più a sé e mi bacia dolcemente sulle labbra.
Poi sento una goccia sulla fronte e guardo in alto.
Il cielo si è fatto improvvisamente minaccioso e nero.
A quella goccia ne seguirono altre, e molte altre ancora. Dico a Duncan
-    Dai, entriamo in cabina o ci bagneremo tutti! –
-    Sì, va bene! Oh guarda, la cresta mi si sta ammosciando! –
-    Hihihihi!! Sei buffissimo! –
Non risponde e mi trascina per mano dentro la stiva. Giriamo a destra, poi ancora a destra e subito a sinistra, c’è un grande corridoio e ci avviciniamo alla nostra cabina, la numero 109. Oh tò, ci sono Leshwana e Harold!
-    Ehi ragazza! Come va’? –
-    Non male! Tu dove stai andando? –
-    Fuori, voglio passeggiare un po’ sul ponte con Harold –
-    Ve lo sconsiglio caldamente! Noi siamo appena rientrati perché si è messo a piovere! –
-    Naaahh, che sfiga! Vabbè, andremo in giro per la nave. Ciao ragazza, ciao teppista.
-    Ciao balena, ciao sfigato! –
-    DUNCAN!! Sei maleducato! –
-    Lascia stare Gwen, ci sono abituato ormai! Ciao! –
Si allontanano. Sono un po’ adirata con Duncan.
-    Ma lo sai che sei un maleducato di serie A? –
-    Scusami tanto... mi perdoni? – fa gli occhioni da cucciolo bastonato... oddio, quando fa così sono sempre indecisa tra tirargli una sberla o ridere.
-    Va bene scemo! Allora, entriamo? –
Giro la chiave nella toppa e entriamo. Mi richiudo la porta alle spalle, mi tolgo la felpa (da quando è finito il reality ho lasciato la gonna e i fuseaux con comodi jeans neri, maglietta nera e felpa nera attillata.) e mi siedo sul letto. Abbiamo due letti nella cabina, ma... per dormire ne usiamo uno solo!
-    Uff, che si fa adesso? –
-    Partita a scala quaranta? –
-    Naaahh, non ho voglia. Boh, ho voglia di non fare niente e di fare qualcosa allo stesso tempo. –
-    Sai? Mi trovo in una situazione identica. Uhm... che ore sono? –
-    Le nove e mezza. –
-    Beh, potremmo andare a dormire. Ti va? –
-    Per me va benissimo Duncan. Un momento che mi cambio. –
-    Uuuhhh, che pigiamino ti metti? –
-    Ma piantala pervertito! Quello normale, lungo nero! –
Quando fa il pervertito non lo sopporto! Inizio a spogliarmi davanti a lui, e fa il sorrisetto malefico. Uffa!!! È fastidioso!
-    La pianti di squadrarmi da capo a piedi con quello sguardo? –
-    Non posso resisterti amore mio... –
Ho finito di mettermi il pigiama e mi sistemo sotto le coperte.
-    Allora, vuoi venire? –
-    Un momento... –
-    Si toglie tutti i vestiti e rimane in boxer. Si butta addosso a me, e ci manca poco che mi soffochi.
-    Off, ti levi? –
-    Sì, sì! –
Si sistema vicino a me sotto le coperte e spense la luce. Si avvinghiò a me, e tirò su il piumone.
Mi appoggio sul suo petto, e ascolto il suo respiro e il battito del suo cuore. Mi appoggia la mano sul fianco  e con l’ altra mi accarezza i capelli.
Dopo un po’, mi mordicchia l’ orecchio, mi giro e uniamo le nostre labbra.
Sento qualcosa di duro sotto di me. Diavolo si sta trattenendo...
-    Duncan... ammetto che sono orgogliosa di te. –
-    Perché? –
-    Ti stai trattenendo... –
-    Ammetto di sì... ma come hai fatto a... –
-    Beh, sento qualcosa sotto di me che fa degli strani movimenti! – lo prendo un po’ in giro, ma sembra triste...
-    Scusami... non riesco proprio a evitarlo... scusami... –
-    No tranquillo, è normale! Però... se proprio vuoi... puoi accarezzarmi i seni... –
-    Me lo permetti? Davvero? –
-    Massì, dopotutto siamo fidanzati! –
Mi sfilo la maglia e mi riappoggio al petto di Duncan. Ammetto che... sono un po’ nervosa, ma... per Duncan, questa piccola cosa la farei!
Mi appoggia la mano sulla schiena e rabbrividisco. È fredda!
-    Gwen, non devi farlo se non vuoi! Mica sei obbligata... –
-    Ma no! Ho rabbrividito perché hai la mano gelata, scemo! –
Si rilassa e fa scorrere la mano sulla mia schiena, poi sui miei fianchi, e alla fine li tocca. Chiudo gli occhi e lascio che senta col corpo, non con la vista (anche perché è buio e non vedo una mazza)
Mi fa il solletico a volte, ma è molto piacevole... mi lascio accarezzare e finisco per addormentarmi, cullata dalle sue carezze e dal suo respiro...

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Capitolo 2
*** La tragedia ***


Vengo svegliata di soprassalto e sbattuta fuori dal letto. Il mio pensiero è che Duncan ha avuto un brutto sogno e mi ha scaraventato fuori dal letto, ma improvvisamente vengo ancora sbattuta in giro e colpisco la parete.
-    Duncan, dove sei? – con questo buio non vedo nulla.
-    Sono qui Gwen! Forse fuori c’è una tempesta! –
-    Continua a parlare, che ti raggiungo seguendo la tua voce! –
-    Va bene, sono qui! –
-    Trovato! –
Lo abbraccio forte. Ho freddo, non ho addosso la maglia. Tasto in giro e la trovo. Devo averla buttata per terra. Me la infilo, ma vengo scagliata contro la porta. Ho perso ancora Duncan!
Però trovo l’ interruttore e lo accendo. Duncan è finito sull’ altro letto e si riveste in velocità.
-    Su andiamo fuori a vedere com’ è la situazione! –
-    Va bene... –
Non sono molto convinta... ho un pessimo presentimento, ma proprio PESSIMO!
-    Gwen, stringiti a me, e usciamo. –
-    D’ accordo. –
Lo abbraccio e lui apre la porta. E veniamo scaraventati sulla parete. Duncan mi viene addosso, e mi toglie il fiato. È pesantissimo!
Vedo Bridgette e Geoff che arrancano come noi.
-    Ehi Bridg!! Tutto bene? –
-    Insomma... che sta succedendo? –
-    Vorrei saperlo anche io! –
Ci avviciniamo e ci abbracciamo. È abbastanza terrorizzata. Geoff arriva subito dopo.
-    Ehi! Duncan, tu sai che succede? –
-    No... ma credo che fuori ci sia una tempesta. Prima pioveva. –
-    No! Ho paura Geoff! E se affondassimo? Oddio!!!! –
-    Non affonderemo, stai tranquilla! È solo una piccola tempesta... –
Mi guarda con occhi terrorizzati.
-    Stai tranquilla, andrà tutto bene! –
-    Sì, ma ho paura lo stesso! E poi è successo proprio nel bel mezzo del nostro... –
Si tappa subito la bocca, e diventa rossa come un peperone.
Aaahhh, capito!
-    Bridgette!! Maddai! Cioè, voi stavate facendo... – non riesco a smettere di sghignazzare! È troppo divertente! E adesso che la guardo bene... ha i capelli arruffati e il trucco sbavato.
-    Non c’è nulla da ridere! Siamo stati interrotti proprio sul più bello... uffi!!! –
-    Ahahahahah! Comunque, dobbiamo andare a vedere che sta succedendo! Duncan, andiamo! –
-    Sì! Aggrappati! –
Lo abbraccio e continuiamo. Ogni tanto lo yacht si gira bruscamente e sbattiamo sulle pareti.
Va bene, ho paura adesso. Quel presentimento si fa opprimente...
Appena mettiamo piede nel salone, impallidisco.
Onde altissime si infrangono contro i vetri del salone, e alcuni ragazzi si tengono aggrappati a tutto ciò che trovano. Vedo Leshwana che si sta tenendo con le unghie al pavimento, Owen che rotola di qua e di là e ogni tanto travolge qualcuno, come adesso, Noah. Alejandro è uscito da quella specie di robot, e ora che lo vedo, non è poi ridotto così male, è migliorato, a parte qualche livido sulla faccia e i capelli corti. Sta tenendo Heather stretta, che sembra che si sia incollata a lui. Izzy salta in giro dappertutto, sembra divertirsi. Trent si sta tenendo a un tavolo fisso. Courtney è appoggiata a una parete, con lo sguardo che emana paura pura. Poi improvvisamente...
Un’ onda spezzò il vetro.
L’ acqua invase il salone, e sento come una forza che mi stacca da Duncan e mi trascina fuori, verso l’ inferno. Un’ onda mi sommerge, e mi trascina sul ponte. Oddio, potrei cadere in mare... adesso ho TERRORE.
Mi appoggio al parapetto e mi aggancio con tutte le forze. Poi vedo...
Courtney che viene scaraventata fuori dalla nave.
Dio, NO!
Fiuuu, si è attaccata al parapetto. Cerco di raggiungerla ma mi è difficile...
Ci sono quasi... resisti Courtney...
La afferro per il polso prima che possa cadere. Dio se è pesante!
-    Courtney, non mollare! Tieni duro! –
-    Ma... ma... perché mi salvi? –
-    Insomma non fare la scema! I nostri litigi lasciamoli da parte! Adesso non è il momento di pensare alle nostre inimicizie! Qui si rischia la vita! Non mollare! –
Mi guarda stupefatta, ma... sta allentando la presa, e la sua mano è scivolosa! No... non mollare...
-    Gwen... non ce la faccio più! Lasciami, o cadremo entrambe in mare! –
-    Tu sei pazza! Resisti! Andiamo, non ti stai comportando come la Courtney che conosco! Lei non molla così facilmente! –
-    Non... resisto... –
Mi scivola dalla mano. Vedo che cade, e poi è inghiottita dalle onde...
No... no...
Improvvisamente un’ altra onda mi inonda. Non riesco stare attaccata al parapetto...
Sento che sto cadendo, poi... qualcosa mi afferra per il braccio. No, qualcuno.
Appena inizio a respirare, guardo in alto.
Trent mi sta tenendo per il braccio.
-    Tieni duro, Gwen! Non mollare! –
Mi sembra un dejà vu.  Solo che io sono al posto di Courtney.
Ma non riesce a reggermi a lungo, anche perché un’ altra onda fa cadere Trent e me in mare.
Non sento nulla. C’è molta calma sotto l’ acqua... non riesco a nuotare... scivolo sotto lentamente...
Poi un braccio mi cinge i fianchi e mi tira fuori dall’ acqua. Tossisco più che posso, per liberare i miei polmoni dall’ acqua, poi guardo chi mi ha salvata.
Duncan.
Mi sistema su un relitto, e anche lui ci sale sopra
-    Duncan... *coff coff* grazie per avermi tirato fuori dall’ acqua... –
-    Come va? Stai bene? –
-    Sì... insomma, sono ancora viva. Grazie a te. –
-    Di nulla Gwen... –
Mi abbraccia e mi stringe fortissimo. Non mi vuole perdere, e io non voglio perdere lui.
-    Duncan, hai visto Courtney? –
-    No... perché? –
-    Non sono riuscita a tenerla... mi è scivolata dalla mano... –
-    Che intendi dire? È caduta fuori dallo yacht? –
-    Sì... e non sono riuscita a tenerla. –
Sono divorata dai sensi di colpa... per colpa mia, forse Courtney è affogata...
No, non devo pensarci!
 Oddio! Un’ altissima ombra si sta abbattendo su di noi!
Non riesco neanche a urlare. L’ acqua mi travolge ancora prima che riesca ad avvisare Duncan...
Mi sento come se fossi in una lavatrice, sballottata nell’ acqua nera...
Riesco a riemergere, e cerco subito Duncan. Dov’è? DOV’E’???
-    DUNCAAAAAN!!!!!! –
Nessuna risposta...
Le onde scure si ingrossano sempre di più e vedo ancora lo yacht  che oscilla pericolosamente. Poi vedo qualcuno che cade...
Oddio... ho tantissima paura!
Mi sento afferrare da dietro, mi giro e vedo Trent.
-    Gwen! Stai bene? –
-    Non lo so... ho paura... ONDAAAA!!!! –
Un’ altra onda ci separa, mi sento di nuovo in una lavatrice. Riemergo, ma... vedo un’ esplosione.
Lo yacht!!! È esploso!
No! I ragazzi che erano ancora su...
Affondo ancora nell’ acqua. Sto per riemergere, ma un dolore lancinante al fianco sinistro mi fa affondare di nuovo...
Credo che sia finita...
No! Mi rifiuto di arrendermi!
Cerco di risalire, ma c’è un peso che mi trattiene. E quel dolore al fianco...
Poi vedo l’ acqua che si fa rossa.
Non ci penso e cerco di riemergere, non ho più aria...
Finalmente riesco ad afferrare qualcosa e respiro. Mi appoggio a una tavola e guardo in giro.
Solo acque nere. Dove sono gli altri?
Non riesco a tenere gli occhi aperti... la vista mi si offusca...
Poi perdo i sensi.

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Capitolo 3
*** Arrivo sull' isola ***


TRENT


 Ho un mal di testa atroce. Sento che sono su una superficie soffice...
Sono morto?
No, i morti non provano sensazioni sgradevoli. Sento che sto per vomitare.
Apro debolmente un occhio e vedo una luce chiara. Non è che sono morto davvero?
Ma dove sono...?
È perché io...?
Il naufragio!! L’ esplosione!
Mi alzo di scatto. Attorno a me ci sono palme. Sabbia. Mare. Ancora sabbia, ancora palme, ancora mare.
Dio, dove sono finito??
Si direbbe un’ isola... e non sarebbe abitata...
Un momento...
DOVE SONO GLI ALTRI???
Gwen...
Dove sei?
Sono su un’ isola deserta. Su una fottutissima isola dimenticata da dio!
Mi guardo intorno e vedo Bridgette. È appoggiata su un fianco...
Bridgette... sei viva, vero?
Mi precipito verso di lei, e la giro a pancia in su.
-    Bridgette!! –
Nessuna risposta. Andiamo!
Premo sul suo petto il più forte che posso. La sento tossire, e poi apre gli occhi.
È viva. Santo cielo, che paura!
-    Bridgette! Mi senti? Quante dita sono? –
Le piazzo davanti agli occhi la mia mano con due dita.
-    Mmmhhh... due? –
-    Esatto. Meno male, stai bene. Ce la fai ad alzarti? –
-    Sì... credo di sì... però mi devi aiutare... –
-    Certo, appoggiati a me. –
È leggera come una piuma. Cerca di mettersi in piedi, ma ricade subito a terra.
Lo noto solo ora, un taglio sul ginocchio destro, che sanguina copiosamente. Povera, le deve fare molto male.
Mi strappo un pezzo di pantaloni (che già sono in pessime condizioni) e gli fascio il ginocchio.
-    Ti faccio male? Scusami se sono un po’ brusco, ma di medicina ho solo letto dei libri di mio padre. Sul campo sono scarso! Ti prego di scusarmi. –
-    Sì, fa male, ma la ferita, non la tua fasciatura. Non preoccuparti Trent, ti ringrazio... dov’è Geoff? È qui vero? –
Non riesco a dire nulla. Una sensazione opprimente mi pesa sul petto...
-    No... non è qui... non l’ ho visto... –
-    Trent... – piange. Mi dispiace tantissimo per lei, ma... che faccio? Che posso fare? – lui... lui era ancora... sullo yacht... quando è esploso... mi aveva buttato in mare perché si era accorto che qualcosa non andava... poi si stava per buttare, quando... quando... – ormai non riesce più a trattenere i singhiozzi.
Mi sento impotente... non so che fare...
-    Stai calma. Adesso cercheremo un riparo, ci riposeremo e vedremo che si può fare. Oh guarda, quelle due palme ricurve sembrano perfette per costruirci sopra un riparo! E avremo anche la vista sul mare! – cerco di sdrammatizzare, e tiro fuori uno dei miei sorrisi migliori e la stringo più forte.  Si asciuga le lacrime col palmo della mano.
-    Scusami... sono una piagnona, lo so. Ti ringrazio per il tuo conforto. Hai ragione. Prima costruiamo un riparo. Scusami se non ti posso aiutare, ma fa malissimo il ginocchio... –
-    Stai tranquilla, tu riposati. Io che sono in buone condizioni, tralasciando qualche livido. Ehi! Ci sono delle noci di cocco! Il pranzo è assicurato. Adesso, appoggiati a me! –
Prendo il suo braccio e lo metto sulle mie spalle. Siamo arrivati alle palme, appoggio Bridgette sulla sabbia e comincio a raccogliere foglie di palma, rami, rametti.
Ammucchio tutto vicino a Bridgette.
-    Okay, adesso mi serve qualcosa  per legare... –
-    Se mi porti quelle liane laggiù, ti posso intrecciare delle corde. –
-    Ottima idea Brigd! Arrivano subito! –
Subito... Ahahahahah!! Questi rampicanti sono attaccati bene! E io non ho neanche un coltello. Perché quando serve, Duncan non c’è mai? E col suo coltellino.
Alla fine riesco a strappare qualche liana.
-    Sono sufficienti? –
-    Sì grazie. Dammi 10 minuti e sono pronte! –
Mi fa un sorriso radioso. Ricambio e le scompiglio i capelli, come se fossi suo padre.
Adesso ci vogliono dei rami grossi e resistenti per sostenere le fascine.
-    Senti io vado un attimo nella boscaglia a cercare dei rami grossi. Torno subito .-
-    Va bene... ma non stare via tanto, ok? –
-    Sì tranquilla! Torno subito, promesso! –

BRIDGETTE


Mi sembra tutto così assurdo. Sono finita su un’ isola deserta, in compagnia di Trent, probabilmente siamo gli unici sopravvissuti di un naufragio, e Geoff è morto...
Al solo pensiero mi viene male. Non riesco a trattenere le lacrime.
Geoff... Geoff... perché tu?
Mi manchi tanto... senza di te, come potrò vivere?
No, basta!! Devo intrecciare le liane per fare corde.
Riprendo il lavoro e mi concentro su quello.
Questo maledettissimo taglio che ho sul ginocchio destro fa ancora male. Sento che la gamba mi pulsa... devo essermelo procurato o durante la tempesta o devo aver sbattuto contro gli scogli.
Osservo la fasciatura che mi ha fatto Trent. Ammetto che è stretta, ma lo ha fatto per fermare l’ emorragia, e sta funzionando.
Trent è così un caro ragazzo... mi ha anche consolato per Geoff...
Fa malissimo pensare a lui... corde, fai le corde!
Intrecciare, intrecciare...
-    Te l’ avevo detto che sarei tornato presto! Guarda che bei rami solidi! –
Oh, Trent è tornato. È vero, ha fatto presto.
-    Hai ragione, sono molto solidi. Senti, ho diviso le liane per fare più corde, sono di un metro circa ciascuna, va bene? –
-    Benissimo Bridgette, grazie! –
Gli porgo le corde. Comincia a piantare i rami nel terreno, poggiandoli contro le due palme, e con le corde li fissa.
Prende le fascine e le foglie e li sovrappone.
Mi sono rimaste ancora liane. Ne intreccio una corda più lunga.
-    Trent, usa questa per fissare tutto! –
-    Ti ringrazio di cuore Bridgette! –
Alla fine, il nostro riparo di fortuna è pronto. Sistema delle foglie di banano sul terreno, poi mi prende in braccio e mi adagia sotto il riparo. Lui si siede vicino a me.
-    Hai fame? –
-    Per ora no, grazie... –
-    Senti, il ginocchio come va’? –
-    Fa ancora male, ma l’ emorragia si è fermata. Ti ringrazio Trent... –
-    Di nulla, tranquilla! –
Gli sorrido, ma poi abbasso gli occhi. Non posso fare a meno di pensare a Geoff... e non riesco a fare a meno di piangere.
-    Mi dispiace Bridgette... non so che dire in circostanze come queste, scusami... –
-    Non devi scusarti. È che non riesco a non pensare a Geoff, che si è sacrificato per me... sento che è come se fosse colpa mia. –
-    Non è stata colpa tua, di questo posso essere sicuro. –
Mi abbraccia e mi tiene stretta. Mi sfogo sulla sua spalla, voglio liberarmi da questo peso.
Poi appena smetto di piangere, osservo il mare. Ha un bel colore azzurro, io amo l’ azzurro. Poi c’è tanta sabbia. Sabbia bianca. Quindi vuol dire che siamo vicino ad una barriera corallina, o ci siamo dentro.
Poi vedo Geoff.
GEOFF????
No, sto avendo le allucinazioni!
-    Trent, forse sono impazzita, ma sembra che laggiù ci sia Geoff. –
Guarda nella mia direzione e sbarra gli occhi.
-    No... non sei impazzita. Lo vedo anche io! È Geoff!!! –
Non riesco a trattenermi. Mi alzo immediatamente e corro verso di lui. Sento che Trent mi chiama, ma non gli do retta.
Il taglio sul ginocchio mi sta facendo soffrire le pene dell’ inferno ma non ci bado.
-    GEOOOFFF!!!! Sono io, Bridgette!!! Sono qui!! –
Mi vede e corre verso di me.
-    Bridgette!!! Amore mio!!!! –
Siamo vicini, ma un dolore atroce al taglio sul ginocchio mi costringe a cadere a terra. Fa malissimo...
Diavolo ha ripreso a sanguinare.
-    Bridgette! Che hai? –
-    Niente, un taglio. Tu come stai? –
Non gli lascio neanche il tempo di rispondere e lo abbraccio e piango. È vivo, vivo, VIVO!!
-    Sei vivo... vivo... –
-    Ho avuto paura che non ti fossi salvata... –
-    E che tu fossi morto nell’ esplosione! –
-    Beh, no, ho solo avuto un’ ustione alla spalla sinistra! –
-    Un’ ustione? Fa vedere! –
È vero: sulla spalla sinistra la camicia è carbonizzata e la pelle è sparita e mostra la carne nuda e nera.
-    Oh povero! Mi dispiace... –
-    Stai tranquilla amore mio... e tu hai un brutto taglio sul ginocchio! –
Mi prende in braccio e mi accarezza la testa. Poi mi bacia.
Adesso so certamente che non è un’ illusione.
-    Ehi, evitate di sbaciucchiarvi a lungo termine grazie! –
Quella voce...
Eva?

TRENT



-    Ehi, evitate di sbaciucchiarvi a lungo termine grazie! –
Eva! E poi ci sono Noah, Leshwana, Harold, Alejandro e Heather!!
-    Ragazzi!! Siete vivi! –
-    Ma tu guarda che fiducia! –
-    Scusa Heather, ma insomma... anche a noi ci davate per dispersi o per defunti! -
-    È vero... come stai? –
-    Io bene... Bridgette ha un taglio al ginocchio... tu? –
-    No, io sto bene. Anche Alejandro vero? –
-    Sì, sto bene. Però ho avuto terrore... di perderti. –
-    Piantala di fare lo scemo... – però si stringe a lui. Evidentemente lei prova lo stesso sentimento.
-    Noah! Che è successo al tuo occhio? – ha una benda fatta pare col vestito di Eva.
-    Mi sono ustionato l’ occhio. Forse... perderò la vista da quest’ occhio. Ma almeno sono vivo... grazie a Eva. –
Lei diventa rossa, e cerca di scusarsi... la cosa si fa interessante...
-    Ma piantala! Non fraintendere il fatto che ti ho abbracciato per proteggerti dalle fiamme! E poi non è servito a nulla, guarda come è ridotto il tuo occhio! –
-    Sì, ma senza di te sarei carbonizzato... mi dispiace per la tua schiena... –
-    Ma è una cosa da nulla! –
-    Eh? Eva, ti puoi girare? –
-    Uffa, certo che siete morbosi! –
Si gira e impallidisco. La sua schiena è completamente ustionata, la tuta è carbonizzata...
-    Oh santo cielo... –
-    Ma non è niente! Non mi fa neanche male! –
-    EEEEHHIIIIIIII!!!!!! –
Ci voltiamo tutti. C’è qualcun altro?
Ezekiel!! Corre verso di noi, tenendosi il braccio sinistro con il destro.
-    Ragazzi! Siete vivi!! –
-    Zeke! Anche tu sei vivo! Che ti è successo al braccio? –
-    Credo si sia rotto... l’ esplosione mi ha scaraventato in mare e qualcos’ altro, e quel qualcos’ altro mi ha colpito il braccio in pieno a una velocità elevata. Ho rischiato seriamente di affogare, non riuscivo a nuotare... –
-    L’ importante che tu sia salvo. Venite, io e Bridgette abbiamo costruito un riparo, seguitemi. Geoff, la porti tu? –
-    Sicuro... certo che vi siete adattati! –
Li dirigo verso il riparo, e sento dei versi di complimento. Poi tutti ci sediamo sulle foglie di banano.
Noah fa una domanda sbagliatissima, ma... inevitabile e che è nell’ animo di tutti.
-    Allora... chi sono i ragazzi che mancano? –
Si fa un silenzio tombale, imbarazzatissimo. È Geoff il primo a parlare, e il tono di voce è piatto, non riesce ad esprimersi pienamente...
-    Beh... so per certo che Owen, Izzy, Sierra e Cody erano ancora nel salone dello yacht... anche quando è... esploso... –
Tutti hanno lo sguardo fisso a terra, non osano spiccare parola. Io mi sento ancora quella sensazione opprimente di impotenza...
Ora è Heather a parlare.
-    E io... ho visto che Tyler e Lindsay... erano legati al parapetto, ma qualche cosa di pesante si era impigliato tra le loro corde e li ha trascinati sott’ acqua... sono morti affogati di sicuro... – delle lacrime le escono inevitabilmente  dai suoi occhi...
-    E chi manca ancora? –
Rispondo io.
-    Beh Alejandro, mancano ancora all’ appello Beth, Brady, Dj, Katie e Sadie... Duncan e... Gwen... –
La sensazione opprimente si trasforma in angoscia.
GWEN...
Non puoi essere morta... no, non puoi!

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Capitolo 4
*** Non è possibile.... ***


GWEN


Che... che è successo? Dove sono?
C’è tanta luce... sono morta?
No... non credo. Allungo una mano e per terra sento qualcosa di soffice, che mi sfugge dalle dita...
Tipo... sabbia.
SABBIA??
Apro gli occhi, ma li richiudo subito. C’è tanto bianco... mi fanno male gli occhi.
Ma riesco ad adattarmi e a vedere meglio... sembra un’ isola... ci sono le palme, la sabbia, gli scogli... il mare... mi guardo introno e vedo Duncan...
DUNCAN??
È a faccia in giù, non si muove... cerco di avvicinarmi, ma appena muovo un muscolo sento un dolore atroce al fianco sinistro,e crollo. Riesco a tenermi su con le braccia, ma sputo sangue... e altro sangue cola sulla sabbia, tanto sangue... mi giro e inorridisco.
Non è possibile... no, non può essere...
Nel mio fianco... nel mio fianco... c’è...
Un tubo di ferro. Un pezzo del parapetto, che deve essere stato scagliato via dall’ esplosione e mi è penetrato nel fianco sinistro e mi ha trapassato da parte a parte...
Se cercherò di toglierlo sanguinerò a morte e... i miei organi interni si lacereranno...
Fa male... molto male...
Duncan... aiutami... ti prego...
No! Adesso sono io che devo aiutare lui!
Cerco di arrivare da lui a tentoni, ma perdo tantissimo sangue.
Riesco arrivare al suo corpo, lo rivolto a pancia in su e cerco di chiamarlo.
-    Duncan... Duncan... mi senti? Ti prego... non lasciarmi...
Non risponde. Cerco di scuoterlo, ma non fa nulla. Duncan... ti prego, ti supplico, svegliati!
Appoggio il mio orecchio sul suo petto, ma... non sento nulla. No...
Non c’è battito cardiaco.
Non è vero. Non può essere vero!!!!
-    DUUUNCAAAANN!!!! –
Se lui è morto, voglio morire anche io... che senso avrebbe la mia vita senza di lui?
Tanto morirò per questo palo...
Mi stringo al petto Duncan, non ho intenzione di lasciarlo andare per niente al mondo.
Sono disperata, voglio solo lui...

TRENT

Ci stiamo spostando verso la boscaglia. Abbiamo concordato che stare sulla spiaggia non era una buona idea, dobbiamo trovarci un luogo riparato.
Harold improvvisamente disse:
-    Guardate là! Quello spiazzo è perfetto per fare un’ accampamento! –
Ha ragione! Ha un buon occhio, sembra che se ne intenda
Appoggiamo per terra le parti del riparo che avevo costruito prima, (ce lo siamo portato dietro!) e mi sdraio a terra.
Non credevo che su quest’ isola ci potesse essere questo spiazzo con dell’ erba soffice; è un verde bellissimo.
Mi viene un dubbio... quest’ erba ha bisogno di acqua... che ci sia acqua dolce in quest’ isola?
Mi alzo, e la prima cosa che mi passa per la testa è di cercare cibo. Vedo delle banane, ma sono ancora verdi. Uffa, bisognerà aspettare ancora qualche mese...
-    Ehi, Trent! Andiamo a cercare rami per creare i ripari? –
-    Va bene Alejandro, ti seguo. –
Ci inoltriamo nella boscaglia, e ogni tanto troviamo dei rami perfetti. Intanto mi diverto a esplorare il territorio, per vedere se ci sono cose commestibili.
Vedo delle iguane, qualche biscia, dei topi e... capre!
Capre selvatiche!
-    Trent! Guarda là! Capre! –
-    Sì le ho viste! Avremo la carne e le pellicce! –
-    Tu sai conciare le pelli? –
-    No, ma qualcosa riusciremo a fare! Ottimismo, su Ale!! –
Mi guarda storto. Ops, mi sono dimenticato che gli da fastidio essere chiamato così.
-    Scusa Alejandro, mi sono dimenticato che odi... –
-    Stai tranquillo. Tanto non rivedrò mai più i miei fratelli, e ammetto che chiamarmi col mio nome intero ogni volta è un po’ pesante... ehi mi stai ascoltando? –
-    Sì, sì... è che pensavo che se ci sono le capre, ci sarà sicuramente qualche fonte d’ acqua dolce. La cerchiamo? –
-    Hai ragione! Sei un genio! Ho una sete... forza, cerchiamo! –
È eccitato come un bambino al quale gli hanno promesso il gelato. Saltella di qua e di là, guardandosi intorno. Poi esplode, facendomi una paura boia!
-    Laggiù!! Laghetto, arriviamo!! –
Non mi da neanche il tempo di rispondere. Cacchio, deve avere una ete pazzesca, quasi non lo riconosco più.
Cerco di inseguirlo, e lo trovo che beve avidamente da un laghetto di acqua azzurra.
-    Ehi, vacci piano, non sappiamo neanche se è potabile! –
-    Ma è buonissima, e le pecore o capre la bevono!! Quindi per me, è buona! Dai, andiamo a dirlo agli altri!! –
Salta in piedi e corre al campo, perdendo qua e là rami.
Mi chino a bere anche io. È vero, è buona...
Improvvisamente nell’ acqua vedo riflesso il volto di Gwen.
Sobbalzo e cado all’ indietro. Aaargh!! Sto avendo le allucinazioni!
Riprendo i rami, e ritorno al campo. Mi accorgo che il lago è poco distante dal campo... bene, bene.
Improvvisamente vedo tutti i ragazzi che si precipitano verso di me!!!
Ah, l’ acqua.
Oggesù, ma dovevano proprio investirmi??
-    Amico, tutto bene? Scusaci, ma abbiamo tanta sete! –
-    Tranquillo, Geoff. Mi daresti una mano a costruire i ripari? –
-    Certo, tanto ho già bevuto! –
Torniamo indietro, e inizio a piantare i rami a terra, a legarli insieme a mazzo, e così via...
-    DUUUNCAAANN!!!! –
Oddio!!! Che era quell’ urlo??
Mi è sembrata la voce di Gwen...
-    Geoff, ha sentito?? –
-    Certo! Presto, ci deve essere qualcuno alla spiaggia! E... ehi!! Aspetta!! –
Non posso aspettarlo!! Gwen! GWEN!!
Corro, corro... il cuore mi martella, la testa mi pulsa...
Sulla spiaggia non c’è nessuno. Deve essere da un’ altra parte dell’ isola, sulla spiaggia.
Non posso fermarmi!
Devo trovarla, DEVO TROVARLA!!
Eccola! È lei! La vedo, la vedo! È insieme a qualcun’ altro... deve essere Duncan.
Ma aspetta... Gwen ha qualcosa di strano...
Corro verso di lei,  e...
NON E’ POSSIBILE!!! Non credo hai miei occhi...
Ha un tubo metallico conficcato nel fianco, che la trapassa da parte a parte. Attorno a se, ha tantissimo sangue...
Stringe a se il corpo di Duncan, che sembra inerme.
Piange, singhiozza e urla... mi avvicino a lei, sembra non sentirmi ne vedermi. Ha gli occhi sbarrati e vacui.
Il suo corpo ha delle violente contrazioni, la sabbia e il mare si stanno riempiendo sempre di più del suo sangue.
Mi chino su di lei, e le tocco la spalla; sobbalza urlando.
Mi fissa con occhi terrorizzati, continuando a singhiozzare.
Non posso vederla in questo stato. Ma... che faccio, che faccio??
Geoff mi raggiunge e rimane paralizzato.
-    Dio! Gwen... Duncan che ha? –
Gwen si avvinghia di più a lui.
-    Non... non... c’è... battito... – non smette di piangere, singhiozza e urla. È ancora sotto shock. Il palo poi, le deve provocare dolori atroci.
-    Che faccio, CHE FACCIO????
-    Stai calma, adesso ti porto dagli altri, tutto andrà bene! – sono preoccupatissimo. E se... se...
Se morisse? Così, tra le mie braccia?
-     Amico, tu porti Gwen, a Duncan ci penso io, va bene? –
-    Sì... –
Gwen lascia andare Duncan e si stringe a me. Le metto un braccio sulla schiena, l’ altro sotto le sue gambe.
Appena la sollevo si mette a urlare in modo orribile. Deve farle molto male, ma non posso farci nulla... e la cosa mi è insopportabile!!
Macchia di sangue anche me, ne sta perdendo troppo.
-    Ho... ho... paura... fa... male... –
-    Calma, adesso andiamo al sicuro, dagli altri ragazzi, andrà tutto bene. –
-    Me lo prometti? Giuralo... –
-    Te lo giuro, te lo prometto! –
Come vorrei poterlo giurare veramente. Però lo desidero con tutto il cuore.
-    TRENT!! Laggiù c’è Courtney! È viva!! –
È vero!! È distesa a terra, ma cerca di muoversi.
Geoff corre verso di lei.
-    Geoff... sei tu? Sono viva? –
-    Sì, sì! Tranquilla, ci sono anche gli altri ragazzi, ce la fai a muoverti? –
-    Sì... credo di sì... –
Cerca di prenderla in braccio e si sistema Duncan sulle spalle; a momenti cade.
-    Ehi, sei sicuro di farcela? –
-    Sì, mi sono solo sbilanciato! Forza andiamo! –
Dobbiamo muoversi, Gwen sta perdendo troppo sangue, il palo non le sta bloccando l’ emorragia come dovrebbe.
 Se lo estraiamo... sanguinerà a morte! Che fare, che fare???
Ci muoviamo entrambi lentamente, anche se dovremmo sbrigarci. Lui ha tanto peso addosso, io non posso fare movimenti bruschi.
Ci veniamo venire incontro qualcuno... mi pare Eva e Heather.
-    Ma dove vi eravate cacciati... O MIO DIO!!!! CHE LE E’ SUCCESSO??? –



Ragazzi... Ciao! XD allora, starò per un pò lontana dal PC per colpa della scuola.... ma scriverò il seguito su carta e appena posso lo digitalizzo! Promesso! Non voglio lasciare in sospeso questa parte!!
By Laira

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Capitolo 5
*** Morirà... o no? ***


GWEN


Ho una domanda nella testa... quanto tempo vivrò ancora?
Il dolore è insopportabile. So per certo che ho perso moltissimo sangue.
Trent mi ha recuperata dalla spiaggia...
Ora non ho ben capito dove sono, ma credo nel suo rifugio.
Sono adagiata su dell’ erba, ed è così soffice... è strano, adesso sento che i miei sensi sono più reattivi.
Duncan... che gli sarà successo? Non so dove sia, e se è ancora vivo...
Io di certo non durerò a lungo. Ho due scelte...  o rimanere così  e aspettare la morte per lento dissanguamento o farmi togliere questa sbarra e morire per veloce dissanguamento.
Voglio solo fuggire da questo inferno.
-    Gwen? Mi senti? Come va’? –
Trent. Non ha mai smesso di ronzarmi attorno. Gli leggo la preoccupazione negli occhi.
-    Scusami... non volevo causarvi tutti questi problemi... –
-    Ssshhh... devi rimetterti... e tranquilla, non stai causando nulla! –
Mi scompiglia i capelli e si siede accanto a me.
-    Scusa per averti sporcato tutta la maglia di sangue... –
-    Gwen, smettila di scusarti... –
Mi guarda con quegli occhi... occhi verdi, che sembrano infiniti.
Improvvisamente ho freddo. Mi sento congelare.
-    Gwen, che ti succede? – è così allarmato... mi fa paura!
-    Ho solo un po’ di freddo tranquillo! –
Guarda in basso e stringe i pugni. Ho capito, non sa come comportarsi in una situazione del genere.
-    Duncan... dov’è? È vivo? –
Non risponde. Stringe di più i pugni.
-    È... morto, vero? –
-    No!! Cioè... non lo sappiamo con certezza. Bridgette dice che è in coma, e che ha ricevuto un brutto colpo alla testa, forse ha una paralisi celebrale...  ehi! ... fa male, vero? –
Male... è troppo poco. È un vezzeggiativo.
-    Trent, dimmi la verità... nessuno sa che cosa fare con me e hanno deciso di lasciarmi morire lentamente. –
Abbassa ancora la testa, nascondendosi completamente il volto.
Lo sapevo che sarebbe finita così.
-    Hai ragione solo in parte. È vero che nessuno sa che cosa fare, ma non ti lasceremo morire così! – alza violentemente la testa.
Delle lacrime solcano i suoi occhi.
Una stretta allo stomaco mi impedisce di rispondere.
Cerco la sua mano e gliela stringo. Lui ricambia.
-    Trent lo so che io ti ho abbandonato e... e anche se vorrei che tu non mi abbandonassi adesso, ma da parte mia sarebbe un’ azione egoistica. Quindi ti autorizzo a lasciarmi morire da sola... –
-    Tu non stai morendo idiota! –
-    Idiota in questo caso sei tu! Guarda in faccia alla realtà Trent! Io morirò in un modo o nell’ altro! –
Stringe la mia mano con più energia.
-    Qualsiasi cosa tu abbia fatto a me, io non ti abbandonerò mai, chiaro? Pensa, avrei potuto farlo in qualsiasi momento! Quando stavi per cadere dallo yacht potevo lasciarti cadere in mare tranquillamente. O adesso, avrei potuto lasciarti sulla spiaggia a morire, e invece ti ho raccolta. E so per certo che tu avresti fatto lo stesso per me, anche se non siamo più insieme... ma non importa, comunque noi siamo legati. Anche se non mi ami, io e te siamo molto amici, e questo per me è sufficiente per non abbandonarti! –
Sono spiazzata. Colpita ed affondata.
Adesso mi sento un verme. Un verme che striscia nella sabbia e che viene bloccato a terra da un palo di ferro conficcato nel fianco sinistro.
Gli stringo la mano, e non riesco a trattenere le lacrime.
-    Tanto, comunque andrà, sarò costretta ad abbandonarti di nuovo. Però stavolta contro la mia volontà. E... Trent... non è vero che... che... – uffa, mi vergogno a morte, ma se non glielo dico ora, non potrò dirglielo mai più.
-    Sì, dimmi pure, vai tranquilla su tutto. – seee, lui la fa facile!
-    …. Che... non ti amo. Il fatto, e lo sai anche tu, è che tra noi due non funziona... –
Ha la faccia sconsolata. Diavolo, forse avrei fatto meglio a tenere la bocca chiusa.
-    Credo che tu abbia ragione, solo che non sono riuscito ad accettarlo... certamente con Duncan ti trovi meglio che con me... –
-    Non hai capito nulla, testa di rapa! Io parlavo... parlavo del futuro. Se fossimo stati insieme, se ci fossimo tipo sposati, non saremmo stati felici. Forse... forse non lo sarei stata neanche con Duncan, ma non posso ancora saperlo. Invece tra noi si è messa in chiaro la cosa e... AAARRGGHH!! –
Maledizione, nella foga del discorso mi sono alzata e mi sono dimenticata di questo fottuto palo.
Fa malissimo, è un dolore atroce... fa molto, TROPPO male...
-    Non ti muovere più. Peggiori solo le cose... stai calma e tranquilla... –
Mi carezza i capelli e mi asciuga la fronte.
Per quanto tempo vivrò? Per quanto tempo riuscirò a sopportare questo dolore?
-    Vuoi dell’ acqua? –
Faccio un debole cenno. Sto MORENDO di sete... anzi sto morendo e basta.
Mi versa lentamente in bocca l’acqua contenuta in una noce di cocco.
Ora faccio fatica persino a deglutire. Morirò presto.
Non riesco a tenere gli occhi aperti...
-    Su dormi, così ti riposi un po’... –
Continua ad accarezzarmi i capelli, alla fine chiudo gli occhi.
Ma poi... poi sento delle labbra posarsi sulle mie.
Le SUE labbra.
E dolorosi ricordi mi riaffiorano in testa.

TRENT


Non so che cosa fare per lei.
Esco dalla mia capanna e chiudo la “porta”, fatta da più foglie di palma legate insieme.
Rimango fuori, in piedi, paralizzato come un ebete.
Non so se è stato un gesto avventato baciarla... ma volevo...
Volevo baciarla... per l’ ultima volta.
Stringo i pugni. Non posso credere che morirà!
Ci deve essere qualcosa che ci permetterà di salvarla! Ci DEVE essere!
La donna che amo sta morendo davanti ai miei occhi e io non posso fare nulla.
Gli altri mi guardano allarmati. Neanche loro sanno cosa fare.
Noah mi viene incontro.
-    Allora... come sta? –
-    Secondo te? Sta morendo e se ne è resa conto meglio di tutti!! – non posso fare a meno di piangere.
Mi poggia una mano sulla spalla e mi fissa con l’ occhio buono.
-    Forse ho trovato una soluzione. Ma ci sono scarsissime probabilità di successo. –
Un barlume di speranza!!
-    Qual è?!? Dimmelo! –
-    È meglio che tu prima ti sieda. –
Mentre mi siedo su una roccia noto che abbiamo un focolare acceso.
-    Ehi! Come abbiamo fatto ad avere il fuoco? –
-    L’ accendino di Duncan. Era nella sua tasca e funziona ancora per fortuna. Al limite abbiamo gli occhiali di Harold. Comunque... la soluzione... –
-    Sì dimmelo ti prego! –
Attorno a noi si sono raggruppati anche gli altri ragazzi. Deduco che anche loro vogliano sentire la soluzione di Noah.
-    Allora... in ogni caso quel ferro deve essere estratto. Ma tutti sappiamo che se lo estraiamo Gwen morirebbe a causa dell’ emorragia. Ecco io proponevo di... estrarlo e subito dopo bruciare la ferita con il fuoco usando bastoni dalla punta rovente... –
-    Ma... c’è anche il rischio che anche cauterizzando la ferita con il fuoco,  l’ emorragia non si fermi.  –
-    Lo so... per questo le probabilità di successo sono infime. E poi... non ci sono altre soluzioni, direi di tentare. Ma... ma non c’è modo di anestetizzarla... sarà una sofferenza atroce... –
È vero. Questo non lo sopporterei... sentire le sue urla disperate mi farebbe troppo male. E magari... magari dopo tutta quella sofferenza morirebbe comunque... tutto sarebbe stato inutile!
Che fare, che fare?????
Guardiamo tutti per terra.
-    Allora... che si fa? –
Nessuno risponde. Allora parlo io.
-    Deve decidere Gwen. –
Mi guardano con un misto di compassione e rassegnazione.
-    Deve deciderlo lei. Se è disponibile a soffrire così tanto. È una cosa che non le possiamo imporre. –
Sento mormorii di approvazione. Noah parla.
-    Allora vai tu a chiederglielo? –
-    Non ce ne è bisogno! Ho già sentito tutto!! –
Merda!! Ci ha ascoltato! Ma non stava dormendo?
Quindi vuol dire che... sa che le ho dato un bacio!!! Merdaaaa!!!!!
Scosto le foglie ed entro. Mi guarda, ma noto che i suoi occhi sono leggermente spenti. Non resisterà ancora a lungo...
-    Visto che tanto, morirò di sicuro, vale la pena tentare! –
Cerca di ammiccare un sorriso. Noah la guarda.
-    Gwen, lo sai che soffrirai molto? E che nonostante potresti comunque non farcela? –
-    Sono perfettamente consapevole. Ripeto, vale la pena tentare. Quando si farà? –
Noah mi guarda, poi emette la sentenza.
-    Stasera. Prima che... sia troppo tardi. –
-    Ricevuto. Trent... ti devo parlare. –
-    Va bene, vi lascio soli. Dopo vieni da me Trent. –
-    Okay... –
Noah esce. Rimango di nuovo solo con Gwen. Che vorrà dirmi?
-    Perché prima mi hai dato un bacio? –
Mi sento con le spalle al muro. Se le dico la verità, ammetterò che le do ragione sul fatto che non sopravvivrà...
-    Allora? sto aspettando una risposta... –
-    Ti ho dato quel bacio perché... perché... volevo... baciarti per... l’ ultima volta... –
Mi guarda con aria sorpresa.  Poi abbassa gli occhi.
-    Quindi anche tu pensi che morirò... stupido. Allora perché lo hai negato... –
-    Perché volevo non crederci. Che ci fosse una possibilità... –
-    Sei uno stupido... –
Ci fissiamo... i suoi occhi neri, che hanno la consistenza dell’ universo.
-    Avvicinati... devo dirti una cosa... –
Mi inginocchio davanti a lei.
-    Di più... –
Metto il mio viso a poca distanza dal suo.
-    Anche io... anche io volevo darti un bacio prima di morire... –
Solleva improvvisamente la testa e le nostre labbra si incontrano.
E’ un bacio brevissimo... ma per me significa tutto.
Si accascia a terra, esausta per lo sforzo. Ansima pesantemente...
Mi sistemo sopra di lei, sollevato per non toccare il palo, e la ribacio.
Non fa nulla che me lo possa impedire e risponde dolcemente.
Appena la mia lingua incontra la sua mi sento invadere da un calore che non avevo mai provato...
Sentire il suo respiro, il suo cuore battere, mi fa capire che è ancora viva...
Voglio abbracciarla, non separarmene mai...
È l’ ultima cosa che voglio, che lei se ne vada via... da me, da tutti...
No, non voglio...

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Capitolo 6
*** E' vivo!!! ***


GWEN


Non so se quello che sto facendo sia sbagliato o no...
Ma cedo alla tentazione. Ma poi sono moribonda e sono in parte giustificata... Eheheh!
Però non voglio lasciare Trent. È diventato il mio sostegno ormai. E mi sono messa il cuore in pace con Duncan... tanto lo so che è morto... tanto lo raggiungerò presto...
Mi abbandono al bacio di Trent. È come se... se non sentissi più il dolore al fianco.
Accarezzo il suo viso... provo una sensazione di calore che so che non proverò mai più...
Mentre ci baciamo mille pensieri mi affollano la testa, su Trent, su Duncan... tantissimi, troppi! Aggiungendo anche il senso di colpa, è un mix micidiale. Mi esplode letteralmente la testa!
-    Mmmhhh... Gwen che c’è? –
-    Non lo so... troppi pensieri... sono confusa... –
-    Stai tranquilla, al limite sai che puoi contare su di me... –
Riprende a baciarmi. Intanto mi carezza il viso e il collo.
Mi lascio trasportare da emozioni e sensazioni bellissime, vorrei che non finissero mai...
-    Ti faccio male? La ferita ti fa male se mi appoggio sull’ altro fianco? –
-    Prova. Adesso non mi fai male. –
Appoggia il suo corpo sul lato destro del mio. Per fortuna la ferita non mi duole.
-    Fa male così? –
-    No... senti forse è una mia sensazione, ma ho freddo... –
-    Vorrei tanto abbracciarti, ma ti farei male... –
Le nostre lingue si intrecciano, provocandomi brividi di piacere (e non di freddo). Ma sarà sbagliato? Probabilmente sì...
Le sue mani si spostano dal mio viso, al mio collo, poi... esitano...
-    Gwen... io vorrei... ehm... posso? –
Che gli dico? Io vorrei, ma quella fastidiosa sensazione di “è sbagliato, non si fa” mi fa esitare...
Uhm...
Al diavolo! Sto morendo, e ho bisogno di conforto! E poi è la mia ultima volontà! Eheheh, scappatoia!
-    Sì... puoi... –
Poggia ancora le sue labbra sulle mie,, e mi abbassa piano piano la maglietta, anche sulle spalle, e fa lo stesso con il reggiseno. Esita ancora un momento, poi con una delicatezza smisurata, comincia a toccarmi i seni...
È una sensazione bellissima, stupenda... però... sento che improvvisamente sono stanchissima... maledizione!! Non riesco più a rispondere al bacio, e gli occhi mi si stanno inevitabilmente chiudendo...
Trent si stacca dal bacio e mi guarda.
-    Non ce la fai più, vero? Sei troppo stanca... –
-    Mi dispiace... –
-    Su, su tranquilla. E scusa me, se ti ho trascinato in questa storia. Vedo chiaramente che sei un po’ sconvolta... –
Ma chi è?? Una specie di veggente?!?
-    Beh... ammetto che in effetti ho dei sensi di colpa... mi sento un po’... troia. –
-    Non lo sei, puoi starne certa. Ti ho baciato io, tu non ne hai colpa. E poi stai soffrendo, è normale che ti... lasci un po’ andare. –
Ma mi legge nella mente?????
-    Ma non preoccuparti, quando ti avremo tolto questa sbarra e ti sarai stabilizzata, tornerai con Duncan. Però è bene che tu gli dica quello che è appena successo; farà  un po’ di caos ma non è scemo, capirà. Ormai noi due ci siamo lasciati, abbiamo preso strade diverse, non potremmo comunque ritornare insieme. Ma siamo amici. Questo ci lega, in un altro senso. –
Ora fa il melodrammatico...
-    Va bene Trent. Ma c’è un piccolo dettaglio che ti sfugge... io morirò. –
-    Non dire! … - si blocca. Fregato.
-    Lo sai bene anche tu che morirò. Trent, fattene una ragione. –
-    NON ME LA FARO’ MAI UNA RAGIONE!! –
Oh – oh!! Povero illuso...
Si rassegna e mi sistema il reggiseno e la maglietta.
-    Dormi ora. Devi essere in forze... per stasera... –


DUNCAN


Uno spazio nero. Ecco dove sono finito.
È da un po’ che ho la sensazione di galleggiare in una vasca piena di gel. Sentivo in lontananza rumori confusi, poi il mio nome.
Che mi sta succedendo??
È come se le mie connessioni nervose fossero tranciate. Non riesco a muovere manco un muscolo.
Le ultime cose che mi ricordo era Gwen che mi sfuggiva dalle mani... l’ acqua nera e gelida... Gwen inerme tra le mie braccia, sanguinante, e con qualcosa nel fianco sinistro... poi l’ acqua che ci sommergeva e qualcosa che mi colpiva in testa.
Dov’è Gwen? Dov’è? E dove sono io?
Dannazione, non riesco proprio a muovermi.
Non è... che forse sono morto???
Se questo è l’ Infermo, mi hanno fregato!
Provo a muovere le dita. Niente da fare. Insisto, ma non ho risultati... aspetta, sì! Forse ce la faccio... sì! Riesco a muovere l’ indice! Recupero anche la sensibilità, e sento qualcosa di soffice e freddo...
Nuvole? Allora sono in Paradiso?
Impossibile!! Non posso IO andare in paradiso!
Cerco di aprire gli occhi, ma le palpebre sembrano incollate. Insisto, come col dito, e alla fine riesco ad aprirli. Non vedo una mazza.
Aggià, devo mettere a fuoco. Appena ci riesco, vedo... vedo... l’ interno di una capanna, fatta con bastoni e fronde. Dei raggi di sole entrano da degli spiragli. Ma... che cavolo ci faccio in una capanna?
Grufolo qualcosa. Non riesco neanche a parlare bene. E adesso, sento anche del mal di testa. Uffa!
-    Duncan?!? –
ODDIO!!! Quella voce...
AAAARRRGGGHHH!!!!! Mi ammazza!! Mi ammazza!!!
-    Sei vivo! Vivo!! –
Ti prego Courtney, non mi uccidere! Per qualunque cosa abbia fatto!
Argh! Soffoco! Mi sta... abbracciando?? Naaahh, è una nuova tecnica stritolatrice!
-    S...... off…….. oco…. –
-    Oh, scusami! – si rialza, lasciandomi libero e respirante – ero così preoccupata! Non ti svegliavi più e credevamo che fossi... fossi... –
I suoi occhi si riempiono di lacrime. Ehi! Ma che sta succedendo?
-    Aiutami ad alzarmi... –
Prende la mia mano e cerca di farmi stare in piedi. Cado subito. Stupide gambe!!
-    Hai sete? –
-    No... grazie. Ma che è successo? –
Mi guarda con gli occhi ancora rossi e umidi.
-    Ecco... mi hanno detto che ti hanno trovato sulla spiaggia con Gwen. Io ero a 30 metri di distanza. Eri inerme e non avevi battito cardiaco... ti hanno portato qui insieme a me e Gwen, poi... ho aspettato che ti risvegliassi. –
-    E quanto mi hai aspettato? –
-    Due giorni. Da quando ti hanno trovato. –
-    Ma aspetta... dove siamo? –
-    Su un’ isola deserta. Quelli che... sono sopravvissuti al naufragio, cioè tutti quelli che sono qui,  hanno costruito questo campo... da adesso in poi vivremo qui... – si blocca un attimo, e si mette a piangere. Ma che ha questa ragazza??
-    Gwen... Gwen... sta morendo... –
-    COSA????? –
Non ci credo. Non ci voglio credere!!
-    Beh, forse c’è una speranza di... salvarla, ma... ci sono scarsissime possibilità che si salvi... e... –
-    Sta morendo... per caso per una ferita al fianco sinistro? Aveva qualcosa incastrato lì... –
-    Sì... esatto... è una sbarra di ferro... –
-    Dov’è adesso? –
-    In un’ altra capanna.  Non puoi andarci, non in queste condizioni... e mi ha detto che sta riposando... –
-    Devo andare! Devo vederla!!! –
-    Ma non ci puoi andare con quelle gambe molli!! –
Mi stringe il braccio. Voglio e devo assolutamente andare!
Ma ha ragione... prima devo riuscire a camminare.
-    Vuoi... vuoi mangiare qualcosa? –
Mangiare è l’ ultima cosa che mi viene in mente. Ma devo mangiare, se voglio andare da Gwen.
Mi passa del cocco. Un po’ misero, come pasto... lo trangugio tutto. In effetti, avevo fame.
Guardo Courtney. Fissa per terra, stando seduta sulle ginocchia.
-    Ehi, tutto bene?? –
Non risponde.  Quella ragazza è impossibile!
-    Ti devo confessare una cosa... una cosa che ho fatto... –
Inizio a preoccuparmi. È arrivata al punto di confessarsi con me.
-    Poco fa... ti ho... dato un bacio... –
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
E la fa lunga solo per un bacio? Che bambina! Hihihihi!
-    E allora? Problems? –
-     Eh? Credevo... che ti arrabbiassi! –
-    Quanto la fai lunga! È solo un bacio, e poi eri spaventata. Eggià, non riesci proprio a resistermi, vero principessa? – occhio provocante in azione!
-    Sei un cretino! –
-    Oh, se la metti così dura per un bacio, ricambio subito! –
Le prendo il polso e la trascino verso di me e la bacio. Si alza e diventa tutta rossa, di un peperone molto interessante. Aaahhh, le donne!
-    Ma che diavolo hai fatto? –
-    Beh, visto che mi hai dato un bacio, mi è sembrato doveroso ricambiare. E prendilo come un “grazie”  per avermi curato principessa! –
Mi fissa con aria interdetta. Le mostro il mio sorriso più accattivante,. Non sa proprio resistermi.! Ohohohoh!
Mi avvicino di più, la circondo con un braccio e la ribacio. Prima cerca di oppormi resistenza, ma poi cede. La mia lingua si insinua nella sua bocca, finchè incontra la sua, e si intrecciano in un umido abbraccio.
Spingo Courtney sotto di me e continuo a baciarla. Le mie mani esplorano il suo corpo in vari punti, e sento che ansima di piacere.
Improvvisamente si blocca, mi fissa con aria dura.
-    Duncan, smettiamola! Ti sei già dimenticato di Gwen? –
Le sue parole mi colpiscono come una cannonata.
Ma che cavolo sto facendo?!?
Gwen, la mia ragazza, sta morendo, e io che faccio? Mi metto a limonare con la mia ex.
Che animale!! Sono un animale, anche nei confronti di Courtney.
Mi alzo, Courtney mi mette la mano sulla spalla.
-    Và da lei. ORA! –
La guardo sbalordito. Ha degli occhi determinati, d’ acciaio.
-    Scusami. Ti ringrazio Court. Sei una vera amica. Un po’ manesca, ma sei una su cui si può contare. –
-    Grazie per il velato complimento Neanderthal! E ringraziala da parte mia, ha cercato di salvarmi la vita. –
-    Ricevuto. –
Esco fuori e vedo il campo. Non c’è male, si sono organizzati bene. Tutti mi fissano con aria stupefatta. Mi sento come Gesù risorto! Eheheheh!
-    SEI VIVO!!! – è Heather. Con gli occhi fuori dalle orbite.
-    Grazie per la fiducia... Gwen dov’è? –
-    Là dentro, con Trent. –
È con... TRENT?!?
Vabbè, io mi sono messo a limonare on Courtney...
Scosto le foglie d’ entrata e mi ritrovo davanti la faccia di Trent.
Mi fissa con la bocca spalancata.
-    DUNCAN! Stai bene! –
-    Si sono vivo, va bene, posso vedere Gwen, per favore? –
-    Sì certo!! –
-    DUNCAN!!!!! –
La sua voce... Trent esce, e entro precipitosamente.
-    GWEN!! –
-    DUNCAN!! –
Si alza e urla. Si porta la mano al fianco sinistro. Oddio! È più grave di quello che pensavo!
Corro verso di lei, e le tengo la mano. La mia mano si riempie subito di sangue...
-    Scusami... non dovevo alzarmi, ma ero così felice di vederti... – i suoi occhi si riempiono di lacrime e singhiozza; mi abbraccia e piange. La stringo più forte. Povera la mia Gwen...
-    Credevo... credevo che fossi morto... –
-    Invece no! Eheheh! –
-    Ma io lo sarò presto... e ora non voglio lasciarti... – piange più forte.
-    E poi... poi mi devi perdonare! Prima io e Trent... ci siamo baciati... ti chiedo scusa, non sapevo quello che stavo facendo... scusami, scusami!! –
Singhiozza più forte. Io non posso fare a meno di sghignazzare! È tale e quale a Courtney!!
Mi guarda con un’ aria offesa.
-    Ma che hai da ridere?? –
-    È che... hihihihi! Insomma, stavo per dirti la stessa cosa! Io invece mi sono baciato con Courtney! Scusa!! –
Mi guarda con una faccia esterrefatta. Poi si mette a ridere anche lei! Ma... si ferma subito, stringendosi la ferita.
-    Argh, non dovevo ridere! Mi fa male... –
-    Scusami... insomma, siamo due degenerati! Ti amo... –
-    Anche io... e scusami tu...
La stringo di più a me. Non troppo, però.
-    Che si può fare per questa sbarra? –
-    Stasera me la toglieranno. –
-    Ma così... sanguinerai a morte! –
-    Mi bruceranno la ferita. –
-    Ma anche così potresti... –
Mi zittisce mettendomi un dito sulla bocca.
-    Lo so... ma vale la pena tentare. –
Annuisco, ma non sono per niente convinto. La potrei perdere per sempre...
Le do un bacio. Mi guarda con gli occhi ancora lucidi per le lacrime e mi bacia anche lei.
-    Ti starò sempre vicino, promesso. Non ti lascerò. –
-    La stringo più forte. Non la voglio perdere. Delle lacrime mi escono dagli occhi, Gwen le raccoglie col dito.
-    Tu che piangi? Andiamo, scemotto! –
Mi abbraccia forte. Non la perderò...
No, non voglio...

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Capitolo 7
*** Una considerazione... ***


GWEN


Quando mi chiameranno? È ormai sera. Perché non vengono a prendermi?
Duncan si è addormentato sul mio seno, respirando in modo regolare. Quando dorme sembra un bambino... ha un viso così pacato e rilassato che quasi non ci credo che sia lui. Stringe ancora la mia mano. Gli poggio il braccio sulla schiena e lo stringo a me.
Sento che le foglie si spostano e chiudo gli occhi. Faccio finta di dormire.
-    Gwen? Sbrigati, è ora! –
È Eva. Uff, speravo fosse Trent.
Scuoto Duncan di dosso per svegliarlo.
-    Duncan? Dai svegliati, dobbiamo andare. –
Apre gli occhi e si stiracchia.
-    Ti porto io. –
-    Fai piano per favore... –
Fa passare una mano sotto la mia schiena, l’ altra sotto le mie gambe e mi solleva. Fa male!!
-    AAAHHHIIIIAAA!!!!! – fa malissimo... e brucia pure!
-    Scusami tanto... –
Mi porta fuori e do un’ occhiata intorno. Ci sono alcuni ragazzi che mi guardano preoccupati e Heather mi rivolge un sorriso.  Cavolo, le devo fare proprio pena!
Ci avviciniamo al gruppo composto da Noah, Trent, Eva e Alejandro. Noah si avvicina a noi e dice a Duncan:
-    Duncan, adagiala qui, contro questa roccia. –
Mi adagia delicatamente sulla roccia gelida. Sento dolore, quando la sbarra colpisce la roccia.
Noah si mette contro il mio fianco sinistro e mi spiega la procedura
-    Allora... Duncan si metterà dietro di te e ti terrà ferma per le spalle, io per questo lato, Eva cercherà di togliere la sbarra nel modo più preciso e veloce possibile, subito dopo che la sbarra sarà fuori dal tuo corpo Trent e Alejandro ti bruceranno la ferita. Chiaro? –
-    Sì... –
Duncan si posiziona dietro di me e mi stringe forte le spalle. Mi sussurra “non ti lascerò”. È preoccupato a morte, si vede. Così come Trent... e tutti gli altri. Però mi chiedo perché Courtney non è qui a godersi lo spettacolo di io che soffro. Boh!
Tutti si sistemano alle loro postazioni, e improvvisamente sono terrorizzata. Ma non terrorizzata e basta,ho in corpo il terrore puro. Adesso non sono convinta della mia decisione ma... non posso più tirarmi indietro.
Noah si posiziona al mio fianco destro e emette la sentenza.
-    Eva, vai! –
Eva stringe la sbarra e tira.
Il dolore è indescrivibile. Bisogna provarlo direttamente per capire di che si tratta. Però è come se dell’ acido mi entrasse nella ferita e si espandesse nel mio corpo, più e più volte. L’ unica cosa che riesco a fare è urlare. Urlare con tutte le mie forze, con tutta l’aria che ho nei polmoni. Il dolore sembra non finire mai...
Invece la sbarra esce fuori e per un attimo smetto di soffrire. Sento il sangue calo che scorre abbondantemente dalla ferita. Ma non riesco neanche a prendere fiato. Un odore rivoltante di carne bruciata mi sale alle narici, contemporaneamente arriva un dolore atroce, peggiore di quello precedente. Posso solo dire che è un dolore immenso, vorrei morire in questo preciso momento. Sicuramente le fiamme dell’ inferno sono più fredde. Urlo, urlo, che altro posso fare? Cerco di divincolarmi, ma Duncan mi tiene stretta e Noah idem. Mi bloccano, ma voglio fuggire, scappare, voglio morire... continuo a cercare di liberarmi, ma non mi mollano! L’ odore disgustoso di carne bruciata  ha riempito completamente l’ aria, voglio scappare, voglio morire...
Poi il buio.

DUNCAN


È svenuta. È piena di sangue, e c’è questo odore rivoltante di carne bruciata. Ma non mi interessa. Voglio sapere subito se l’ emorragia si è fermata...
Mi precipito verso il suo fianco sinistro, agitatissimo, e...
La ferita ha smesso di sanguinare! Ce l’ abbiamo fatta!!
Sono sollevato. MOLTO sollevato. È sollevato anche Trent. Ma se osa avvicinarsi a Gwen, lo sbrano.
Le urla di Gwen erano agghiaccianti; avevo anch’io paura. Mi dispiaceva moltissimo per lei. Ed era frustante, non potevo fare nulla per lei, se non tenerla ferma. Per fortuna  tutto è andato bene.  Noah alza un braccio e urla:
-    Ezekiel, Harold! Avete finito di preparare l’ unguento?? Allora?? portatelo subito qui! –
Lo sfigato e il montanaro arrivano di corsa con una noce di cocco in mano, e dentro c’è una sostanza verdognola.
-    Noah, Harold per me ha messo troppa acqua! –
-    E tu ne volevi mettere troppo poca! E ti dico che la malva andava aggiunta!! –
-    Adesso piantatela di litigare, vi ringrazio infinitamente di averlo preparato, ma... datemelo per favore. –
Non fa in tempo a prenderlo che lo afferro io. Affondo le dita in quella strana sostanza vischiosa le la metto sull’ ustione.. la pelle di Gwen è come carta velina, sembra così sottile e delicata... spero che questo schifo funzioni. Intanto Noah mi guarda divertito.
-    Non credevo che fossi medico! –
-    Taci monocolo! E comunque che c’è da ridere? Una pomata la so applicare anche io sai? Non è una cosa che richiede un dottorato. –
-    Sì, ma lo fai... con una mano esperta! –
Lo ignoro e continuo a spalmare per bene quella roba. Quando ho finito, mi strappo un pezzo della mia maglietta, e la avvolgo attorno al fianco di Gwen.
Appena ho finito, la prendo in braccio e mi avvio verso la nostra capanna. Improvvisamente sento una mano sulla spalla, mi volto e vedo Trent.
-    Ti ringrazio per quello che hai fatto per lei. –
-    Di nulla. – ma che vorrà? Certamente non mi voleva dire solo questo.
-    Gwen te lo ha detto, della cosa che abbiamo fatto? –
-    Sì, me lo ha detto. Ma non mi sono arrabbiato, perché anche io avevo commesso lo stesso peccato con Courtney... ma lasciamo stare. Però sinceramente, sono ancora sospettoso nei tuoi confronti. Io ti avviso soltanto. –
-    Ho capito. Posso capire Duncan. Cerca di trattarla bene. –
-    Grazie per la fiducia. –
Faccio per andarmene, ma stavolta vengo bloccata da Courtney. Uff, che giornata impegnativa.
-    Allora... tutto bene, vero? –
-    Sì, ce la fatta per fortuna... – con Courtney non sono sospettoso, è mia amica, però ho ancora paura che mi possa tirare una randellata appena mi giro.
-    Ho sentito le urla... terribili, davvero terribili. Senti... in qualche modo posso esserti di aiuto? –
-    Sì per piacere, mi potresti aprire la “porta”? – il “per favore” l’ ho messo solo per evitare randellate.
Lei scosta le foglie della capanna. Ma da quando è diventata così servizievole?  Specialmente nei miei confronti e quelli di Gwen.
-    Perdona la domanda, ma... perché sei così gentile con me e lei?  -
-    Beh... – guarda per terra – sono riconoscente verso Gwen perché... nonostante le nostre “divergenze” ha cercato di salvarmi la vita nel naufragio, e mi diceva di non mollare... io un gesto così, non lo dimenticherò mai. Per quanto riguarda te... mi sono rotta di essere arrabbiata con te. È inutile, ormai... –
-    Veramente ho ancora paura che tu mi possa picchiare! Eheheh! –
Le do un pugno sulla spalla, ma leggero!! Con l’ altro braccio cerco di sorreggere Gwen. Poi... mi viene una strana illuminazione... –
-    Courtney, non è che per caso ti piace Trent? –
Diventa tutta rossa. Forse ho fatto centro.
-    M-ma no!!! Che ti è venuto in mente? –
-    Mah, non so... visto che il ragazzo di Gwen è scapolo, tu sei single, un bel duetto, no? L – O - G – I – C – A !!! –
-    Sì, va bene, buonanotte! – ha una strana fretta... hihihih! Centro sicuro!
Entro nella capanna e adagio Gwen a terra, sulle foglie di banano. Le ho appena cambiate, per l’ occasione.
Respira pesantemente, ma in modo regolare; non so perché ma sono ancora preoccupato.
Sono stanco morto... troppo stress. Mi sdraio e stringo Gwen tra le mie braccia. Sta sognando, si muove nel sonno e sento che chiama il mio nome più volte.
-    Sono qui, tranquilla... –
È assurdo!! Sto impazzendo, mi metto anche a rispondere a domande fatte nel sonno... ma perché lo faccio?
Lo faccio perché la amo, e per lei farei anche la più grande boiata della terra.
Solo adesso, mi accorgo che lentamente, sto cambiando.

*          *          *

Gnuf, è mattina presto... mi sveglio lentamente e mi accorgo che Gwen è sveglia. È appoggiata sul mio petto e mi accarezza la mia mano con fare lento e delicato.
-    Buongiorno raggio di luna. Come stai adesso? –
-    Meglio. Cioè ieri sera è stato un vero inferno, ma adesso va decisamente meglio. Riesco ad abbracciarti! Ehi, mi hai fasciato tu? –
-    Sì, sono stato io. Ah, l’ ho fatto anche perché Harold e Ezekiel avevano creato una strana roba verde... funziona? –
-    Beh, credo proprio di sì. Brucia ancora un po’, ma rispetto a prima, sto decisamente meglio. –
-    Lo sai Gwen? Ho avuto paura. Una paura immensa di perderti. Ma adesso tutto andrà bene, e avremo un futuro felice! –
Mi sto rammollendo. Non è da me fare congetture romantiche.
-    Da quando in qua fai congetture romantiche? – che bastarda, fa il sorrisetto malefico.
-    Che ti devo dire... sono cambiato. –
-    Noto, noto... e la cosa mi rende sia felice sia perplessa, perché io ormai ti conosco come un punk vandalo e maschilista e adesso mi ritrovo un ragazzo un ragazzo dolce e premuroso. Devo ancora abituarmi alla novità! – e mi dà un bacio. Che carogna, ma così dolce e sexy...
Rispondo al bacio e le sollevo la maglietta.
-    Che vuoi fare...? – ha un tono sospettoso e divertito.
-    Controllo solo la fasciatura piccola! – il che è vero. Ma ho anche altro in mente... eheheh!
Slego la fascia e osservo. La pomata è stata assorbita dalla pelle ustionata, che è in via di riformazione, ma per la completa guarigione bisognerà aspettare ancora qualche settimana. Tocco la ferita e Gwen sobbalza, trattenendo un sospiro.
-    Scusami, ti fa male? Non dovevo toccare... –
-    Un pochino. In che condizioni è secondo te? –
-    Ancora due settimane  e sei a posto. –
Le rifascio l’ ustione delicatamente, poi riprendo a baciarla. Intanto passo alla seconda parte del mio piano. La faccio sedere sulle mie gambe e la giro verso di me, e le sollevo delicatamente la maglietta. Gwen alza le braccia  e gli sfilo completamente la maglia, poi poggia le sue braccia sulle mie spalle e riprende a baciarmi. Ha il corpo gelido. La prendo sotto le ascelle e la sistemo meglio su di me. Le tocco i suoi seni, sono morbidi e caldi, a differenza del resto del corpo. Sono preso da una voglia irrefrenabile, ma so che devo trattenermi. Il calore del mio corpo passa al suo, e Gwen si stringe di più a me. Passa le mani tra i miei capelli. È bellissimo, un massaggio alla testa niente male. Aumento il ritmo delle mie mani, e sento che ansima di piacere. Dio, ho una voglia pazzesca di vederla completamente nuda, di legarmi a lei... ma Gwen sembra che capisca le mie intenzioni.
-    Ti prego Duncan, non lo fare... so che lo vuoi, ma non mi sento ancora pronta. Ti prego... –
Sono un bastardo. Mi supplica di non farlo. Sono uno stronzo, un ipocrita.
-    Ti prego Gwen perdonami... –
Stronzo, stronzo, STRONZO!!
Improvvisamente Gwen mi abbraccia. Mi sento malissimo. Non è lei che mi deve consolare... che animale che sono.
L’ unica cosa che posso fare è abbracciarla.
Mi sento comunque un verme.

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Capitolo 8
*** La grigliata accende le passioni ***


GWEN


Sono confusa. Insomma, mi ero accorta delle intenzioni di Duncan (dal fatto che stava per abbassarmi i pantaloni) ma non credevo che avrebbe reagito in questo modo. Credevo che l’ avrebbe buttata un po’ sul ridere o avrebbe messo il muso, invece... ci è rimasto male. Ma non perché ho detto di no, perché lui lo stava per fare. Si dà la colpa. Lo so, perché mentre lo abbraccio sussurra tra se e se “sono uno stronzo, uno stronzo... “ all’ infinito. Duncan sta veramente cambiando. Due settimane fa avrebbe fatto quello che ho detto prima, magari insistendo un po’ per farmi cedere... e adesso si dà dello stronzo. Non è che ha la febbre?
No, non diciamo cazzate. Lo stringo di più, e mi inebrio del suo odore. Struscio la testa contro il suo petto nudo e gli sussurro parole dolci.
-    Duncan, tranquillo, è normale, di che ti preoccupi? –
Sembra che non mi ascolti nemmeno. Però mi abbraccia anche lui, e si sdraia a terra. Intanto mi accarezza i capelli e la schiena. Chiudo gli occhi e mi godo tutte le sensazioni. Il suo cuore che batte, il suo respiro, il suo calore, il suo profumo. Sono cose che avrei potuto perdere ieri sera, se fossi morta. Purtroppo ti accorgi del vero valore delle cose solo quando le stai perdendo o stavi per perderle, e adesso tengo in particolar modo a queste piccole cose, che sono ormai l’ unica vera fonte di piacere che mi è rimasta. Siamo su un’ isola deserta e so per certo che ci resteremo fino a che non moriremo. Dalle voci che ho sentito, non siamo messi male. Abbiamo l’ acqua dolce; per il cibo sono disponibili capre, cocco pesce e molluschi della costa e banane (quando matureranno)... poi non hanno ancora esplorato tutta l’ isola, che a quanto pare non è grande, ma neanche uno sputo. Insomma, dimensioni medie. Speriamo di riuscire a vivere qui. Improvvisamente sento la voce di Duncan in lontananza... cavolo, stavo per addormentarmi.
-    Gwen? Gwen?!? –
-    Sì, sono sveglia... scusami, stavo pensando a come vivremo su quest’ isola, le varie possibilità, e stavo per addormentarmi. Devi dirmi qualcosa? –
-    Volevo scusarmi con te... sono stato un maiale. –
-    Ma non è vero Duncan! È una cosa normalissima, te l’ assicuro. E poi guarda che non sono arrabbiata. –
-    Non sei arrabbiata? –
-    Assolutamente no! – ma che gli è preso? Non è cambiato, è diventato un’ altra persona!
-    Il fatto è che quando avevi capito che volevo fare, mi hai SUPPLICATO di non farlo, come se io fossi il tuo padrone. Ecco perché mi sentivo uno schifoso, perché se fino ad adesso ti ho dato quell’ impressione... devo essere per forza un mostro. –
-    Oh, Duncan! Non è vero, non sei un mostro! Non lo sei, non mi hai mai dato quell’ impressione! Forse ho esagerato io con quel tono supplichevole, ma non volevo SUPPLICARTI, te l’ assicuro! –
Ma che ha capito quel cretino! Adesso far star male pure me!
-    Mi assicuri che ciò che hai detto sia il vero? –
-    Potessi morire all’ istante se ho detto il falso! –
Mi rivolge un sorriso e mi prende il mento con le dita e lo solleva verso il suo viso, e poggia le sue labbra sulle mie. Non lo credevo così romanticone!
-    E se andassimo a fare una passeggiata, Duncan? Così esploriamo anche un po’ l’ isola e ho bisogno di aria fresca. Che ne dici? –
-    Ma tu ce la fai a camminare? –
-    Certo che sì. Allora? –
-    Okay, a me sta bene. Su, rivestiamoci! –
Mi rimetto la maglia e mi alzo. Perfetto, la ferita non fa male. Avevo voglia di camminare un po’. Esco fuori e respiro a pieni polmoni aria fresca. È ancora mattino presto, nessuno si è svegliato. Duncan esce subito dopo, mi prende la mano e ci avviamo per la boscaglia. Improvvisamente il mio stomaco brontola. Cavolo, che imbarazzo! Ma Duncan mi guarda divertito, raccoglie da un cespuglio (che non avevo manco visto) delle fragoline selvatiche e me le porge.
-    Non è che sono velenose? –
-    Secondo te io darei alla mia donna roba velenosa? Comunque stai tranquilla, le ho mangiate io tre giorni fa e sono ancora vivo. E voglio rivelarti un segreto... – mette la mano vicino alla bocca e si avvicina al mio orecchio - ... mia madre è biologa, e ha un amore sfrenato per le piante. Mi ha praticamente costretto  a imparare i nomi di tutte le piante (per fortuna mi ha risparmiato i nomi in latino!) e specialmente voleva che imparassi a riconoscere le piante velenose da quelle buone. Non prendermi come un secchione, ci ero costretto! –
-    Tranquillo, è ammirevole e utile. Non lo dirò a nessuno, prometto! –
La cosa è interessante; Duncan è una persona piena di sorprese. Magari scoprirò che sa fare l’ uncinetto! In effetti una volta mi aveva detto che la sua famiglia è composta solo da studiosi e laureati. Non sapevo che la madre era biologa, ma sapevo che il padre era giudice, ecco perché Duncan non lo sopporta, e il padre non sopporta lui.
-    Gwen guarda! Là ci sono delle capre, e guarda quante sono! Gnamm, non vedo l’ ora di assaggiarle! –
-    Prima però le devi acchiappare, testone! –
Mi guarda con occhio malizioso. Sta tramando qualcosa.
-    Ascolta, ti piacerebbe prenderne una adesso? –
-    Certo, ma come pensi di fare? –
-    Se Courtney dice che sono un Neanderthal, ora dimostrerò le mie capacità cacciatorie dei primitivi! Ma prima torniamo indietro, che devo fare un’ arma adatta! –
È eccitatissimo, mi prende la mano e letteralmente mi trascina verso il campo. Una volta però ci fermiamo perché raccoglie da terra un bastone lungo e dei legnetti. Raccolgo anche io la legna, e arriviamo di corsa.
-    Gwen, tu riavvia il fuoco con i legnetti, io ti farò vedere come si costruisce una lancia! –
Obbedisco e comincio a soffiare sulle braci, mentre aggiungo altra legna. Adesso posso dire con certezza che Duncan è pieno di sorprese!
Ora che il fuoco è acceso, guardo Duncan che, con un’ aria concentratissima che non gli avevo mai visto, intaglia col suo coltellino il lungo ramo, facendo sull’ estremità una punta. Ma non affilata, piuttosto tozza. Ma che ci vorrà fare con quella punta del cavolo?
Poi mi viene in mente un’ illuminazione. Se ha detto che usa le tecniche primitive, allora userà la lancia con la punta indurita col fuoco! Se lui è biologo, io sono una storica. Perché io amo letteralmente storia. Ma prima c’è Duncan, ovvio. E mi chiedo che tecnica userà per cacciare, tra le varie disponibili. O se ne inventerà una nuova.
-    Ecco, ho finito. E adesso guarda! –
Poggia la punta della lancia sul fuoco, ma non dentro, sollevata, e gira lentamente il bastone. Lo guardo affascinata; esegue questa operazione con mano esperta, come se lo avesse fatto altre volte. Appena la punta è pronta, Duncan si alza.
-    Forza andiamo! Mi sento già in bocca il sapore di carne di capra arrosto! Mentre andiamo a prendere il nostro pranzo, ti spiego che cosa faremo, ascoltami bene. Ah, ce la fai a correre? –

************

Il piano è semplice ma geniale. Ora sono nascosta tra i cespugli, controvento, in modo che le capre non fiutino il mio odore. Devo aspettare il segnale di Duncan prima di agire. Poi uscirò dal cespuglio e spaventerò le capre, che in preda al terrore, andranno nel luogo dov’è Duncan. Il verso di un cormorano (Duncan è bravo anche a imitare gli animali) mi fa capire che devo andare. Esco velocemente dal cespuglio urlando. Le capre, scappano. Si trovano in una radura ovale, circondata dalla boscaglia, e in uno degli alberi c’è Duncan. Speriamo che almeno una capra vada dove c’è lui. mi sento leggermente ridicola a correre, sbracciarmi e urlare, ma per un pasto succulento lo farei. Vedo un gruppo di tre capre che vanno verso Duncan. Appena sono nel punto X, Duncan con un urlo, piomba giù dall’ albero sopra le capre e con la lancia riesce a trafiggerne una, che belando per l’ ultima volta, si accascia al suolo. Tirando fuori la lancia insanguinata dalla capra, Duncan mi guarda radioso e fa un urlo alla Tarzan. Lo raggiungo di corsa, ansimante e col cuore che scoppia. Mi fa anche male l’ ustione, ma solo un po’... appena lo raggiungo, si sta caricando in spalla la capra e ha un’ espressione felicissima.
-    Ce l’ abbiamo fatta Gwen! Siamo stati grandi! –
Non riesco a partecipare al suo entusiasmo. Sono distrutta e l’ ustione mi fa un male boia, faccio persino fatica a respirare. Mi siedo a terra e cerco di prendere fiato e mi tocco la fascia. Duncan diventa improvvisamente preoccupata, lascia cadere la capra e si inginocchia accanto a me. Slega la fasciatura e vedo che l’ ustione è diventata viola e la pelle attorno, rossa. Brucia da morire.
-    Non dovevo farti correre. sono stato uno stupido. Aspetta, torno subito... – si alza e si guarda intorno. Subito dopo raccoglie da terra una pianta che ha dei fiorellini rossi, la esamina un momento, stacca la base e si mette a masticarla. Torna da me e sputa quello che resta della pianta (che schifo!) e me lo appoggia sull’ ustione, sia sopra che sotto (triplo schifo!). appena mi tocca, il bruciore diventa insopportabile. Devo trattenermi dal ritirarmi. Duncan mi rimette a posto la benda e mi prende in braccio.
-    E la capra? –
-    La recupero dopo, tu sei miliardi di volte più importante. –
La cosa mi lusinga tantissimo e non riesco a fare a meno di arrossire.  Duncan mi guarda deliziato. Mi viene spontaneo fargli una domanda, per prenderlo un po’ in giro!
-    Che pianta era quella? –
-    Il nome non me lo ricordo, però l’ ho riconosciuta subito. Se dentro ai fiori, il pistillo è nero, allora è buona. Questa specie si trova principalmente nelle zone del Pacifico, quindi ho dedotto che noi ci troviamo su un’ isola appunto, in mezzo al Pacifico. –
-    Duncan il Biologo in azione! Ahahah! –
-    Ti lascio cadere se non la smetti! –
-    Tanto so che non lo faresti mai! –
Mi fissa con una faccia da scemo e ride. Poco dopo siamo al campo e si vede Alejandro sveglio. Appena mi vede mi dà subito addosso.
-    Gwen! Tu non devi camminare! –
Forse è meglio che non gli dica che ho pure corso, o mi spenna viva.
-    Ma dove diavolo siete andati si può sapere? –
Duncan lo guarda con aria di sfida, e con un tono strafottente dice
-    Beh, prima di sgridarci, devi vedere quello che vi abbiamo preso. Ora lo vado a recuperare, lascio qui questo carico cattivo! – che bastardo!! Io sarei un “carico cattivo”??
Mi appoggia vicino al focolare e torna di corsa nella boscaglia. Sono ancora offesa per il “carico cattivo”. Alejandro i guarda con aria severa. Oddio, non mi ammazzare!
-    Tu non dovresti neanche muoverti cretina! –
-    Guarda che posso muovermi, specialmente camminare. Basta che non corro, che mi viene un male a... –
-    HAI CORSO?? NON SEI CRETINA, SEI COMPLETAMENTE RINCOGLIONITA!!! –
Mi ha offeso a morte. Cioè, io gli procuro da mangiare e lui mi fa la moina? Brutto pezzo di...
-    Ehi, guarda che lo dico per il tuo bene, sciocca. Non fare quella faccia da cane rognoso. –
-    Allora, oggi è la giornata “insultiamo Gwen”?? –
Duncan torna con la capra sulle spalle, e adesso Alejandro è a bocca aperta. Ah – ah!! Fregato!
-    Gwen è meglio che tu ti riposi ora. Ne hai bisogno, fidati. Va bene raggio di luna? –
-    Seee, agli ordini, però ci vado da sola, non sono da buttare. –
Mi alzo (con un dolore qua e là) e entro nella nostra capanna. “nostra”. Era di Trent, ma ce l’ ha ceduta e se ne costruita un’ altra. Ripeterò sempre che è un caro ragazzo. Un po’ mi è dispiaciuto, ma è stato irremovibile. In compenso se ne costruita una gigantesca.
Mi sdraio sulle foglie e chiudo gli occhi. In effetti sono un po’ stanchina. Al solo pensiero di una bella fetta di carne arrosto, mi fa venire una famona...
*Waaahhnn* che sonno...


DUNCAN


Alejandro è un approfittatore. Prima fa la ramanzina a Gwen, e poi scuoia la nostra capra che abbiamo preso NOI con tanta allegria. Mi fa una rabbia...
-    Ehi Duncan, che ne pensi di fare della pelle? –
-    Che ne dici di un otre per l’ acqua? Ne abbiamo bisogno. –
-    Ottima idea! Sai, non ti credevo così intelligente! –
-    Stai attento a quello che dici. Ho un coltello in mano. –
-    E io una selce affilata. Vogliamo vedere chi vince? –
Lo lascio perdere e continuo a scuoiare la capra. Un otre è proprio quello che ci vuole, lo faremo cucire da Bridgette. E poi c’è la carne. Succulentissima carne ovina. La cucinerò alla piastra, mettendo sopra al fuoco una pietra larga e piatta sorretta da due ciocchi di legno. Peccato di non avere la salsa barbecue. Però scuoiare ‘sta bestia è molto sporchevole,  meno male che mi sono levato la maglia, altrimenti sarebbe tutta inzaccherata di sangue. Poi Gwen mi avrebbe fatto una scenata... aspetta, sto parlando di lei come se fosse mia moglie. Sarebbe stupendo. Io e lei, abbracciati al crepuscolo, con nostra figlia che gioca intorno... mi blocco. L’ immagine di me padre mi atterrisce. Però... ammetto che in fondo al cuore, voglio un figlio da Gwen...
-    Ehi Duncan! Ti sei addormentato? –
Diavolo ero così preso dai miei pensieri che mi sono bloccato. Uffa, adesso mi punzecchierà per tutto il giorno.
-    Non mi ero addormentato. Stavo pensando. –
-    A cosa? No, aspetta, so già la risposta. A Gwen! Vero? – quel sorrisetto da bastardo mi fa sempre incazzare, ora più che mai.
-    Sì e allora? problemi? –
-    Su, in che contesto la stavi pensando? –
-    Non riesci proprio a farti u fatti tuoi? –
-    No, problemi? – usa la mia identica battuta! Brutto...
-    Che fai, sfotti? –
-    Sì, ma non deviare il discorso. In che contesto stavi pensando Gwen? –
-    Non ti impicciare! –
-    Aaahhh capisco... è il contesto sssseeesssuuuaaaaleeeee... ora mi fa imbestialire. Scandisce le esse e calca sulle vocali, con quel sorrisino da imbecille.
-    No... sì... in un certo senso... – ma perche cazzo ho risposto? Mi bastava un NO, e perché ho risposto così? Ma sono scemo?
-    Beh, lo avete fatto? – si vede che è interessato, lo stronzo.
-    No, non ancora. E se la cosa ti interessa, non lo faremo ancora per un bel pezzo. Ma deduco che tu, Heather l’ abbia già sverginata da un bel pezzo... – stavolta sono io che gli faccio il sorriso da bastardo. Vendetta!
-    No caro mio! Ma detto tra noi due... ci è mancato veramente poco. –
-    Assì? Quanto poco? –
-    Tu per esempio, fino a che punto sei arrivato con Gwen? –
-    A che punto, dici? Beh, le tette gliele ho toccate... –
-    E gliel’ hai mai vista o toccata? –
-    No. Perché tu sì? –
-    Certo! E Gwen non ha mai toccato o visto il tuo? –
-    No, manco quello. E ovviamente tu sì... –
-    Esatto. Ecco perché dico che ci è mancato veramente poco. Eravamo nudi uno sopra all’ altra... mi ha fermato lei, altrimenti sarei andato. –
-    Povera Heather. Con un latin lover come te, sarà dura per lei tenerti a bada! –
Sghignazzo spudoratamente, anche se una fitta di sensi di colpa mi arriva dietro al collo. Anche io lo avrei fatto se Gwen non mi avesse fermato supplicandomi.
Mi sento sempre uno schifoso.
-    Ehi Duncan, che hai? –
-    No, nulla. Lascia stare. –
-    Bugiardo. Qualcosa ti sta passando per la testa. Andiamo a me puoi raccontare tutto. –
-    Giura sulla sua testa che non dirai nulla, altrimenti ti spacco la faccia. –
-    Giuro sulla mia testa e, per farti contento, anche sulla mia vita. A posto? Dài, racconta! –
Mi rassegno. Però intanto che racconto però, continuo a scuoiare la capra.
-    Ecco, insomma... stamattina eravamo entrambi a petto nudo e ci baciavamo. Lei era seduta sulle mie gambe, rivolta verso di me. Niente, le toccavo le tette, la baciavo, quando improvvisamente ho sentito una voglia pazzesca. Volevo vederla nuda, impossessarmi di lei e fare... ecco, hai capito. E non so come abbia fatto a capirlo, ma mi ha fermato SUPPLICANDOMI di non farlo, come se fossi una bestia feroce con violenti e irrefrenabili istinti sessuali. E forse lo sono. – mi vergogno a morte. Però Alejandro mi mette la mano sulla spalla.
-    Duncan, ti assicuro che è normale. Insomma, chi resisterebbe davanti a una gnocca nuda? Eheheh... ma almeno, le hai parlato? –
-    Sì, le ho chiesto scusa infinite volte, lei mi ha detto la stessa cosa che mi hai detto tu e di non preoccuparmi, perché non era affatto arrabbiata. Ma lo sai che le donne dicono sempre l’ esatto contrario di quello che pensano... e poi l’ ho costretta adesso a correre per prendere la capra, e per colpa mia, ora l’ ustione le fa male. Sembra che io sia il suo padrone, e lei la mia servetta. Mi sento uno schifoso. –
-    Non è vero che gli dai quell’ impressione! Lei mi parla sempre benissimo di te. Ma scusa, per quanto riguarda il fatto che ti ha fermato, non pensi che l’ abbia fatto per un altro motivo? Un motivo che serviva per evitare un gigantesto problema? –
-    Problema? E sarebbe? –
-    Che rimanga incinta! Dài Duncan, non puoi non essertene accorto! Allora, già siamo su un’ isola deserta, facciamo il massimo per sopravvivere. Non pensi che sarebbe troppo per Gwen, avere pure un bambino a carico? –
-    Cazzo, hai ragione! Che cretino che sono! non mi era neanche passato per la mente. Anzi in un certo senso sì, pensavo che dopotutto mi sarebbe piaciuto avere un figlio da lei, ma non avevo preso in considerazione le conseguenze per Gwen. Adesso sono anche ipocrita ed egoista. –
Ma veramente! Sono un idiota! È la risposta più semplice, eppure non mi era passata neanche per l’ anticamera del cervello!
Sono così preso dai miei pensieri , che mi taglio il dito col coltello. AHIAA!!! Brucia da morire! Se un taglietto fa così male, non oso pensare quello che ha provato Gwen.
-    Suvvia, Duncan. Non è successo niente! Ti lasci sconfiggere da un micro – taglietto? – ride, lo stronzo...
-    Taci. Guarda che fa più male di quello che pensi! –
Continuo a scuoiare la capra ignorandolo. Però il taglio fa veramente male, e lo sento pulsare. Ma alla fine riusciamo a staccare l’ ultimo brandello di carne e liberiamo la carcassa della capra dalla pelle. La prendo io e libero la parte interna dai residui di carne e di grasso. Sono buonissimi, continuo a mangiarli. Per solidarietà ne offro qualcuno ad Alejandro. Che prima storce il naso, ma poi li assaggia, e si scioglie. Mi fa gli occhioni e me ne chiede altri. Di malavoglia, gli passo qualche brandello.
-    Senti, invece di stare qui a scroccarmi grasso, perché non fai qualcosa di utile e vai a preparare il sale per la grigliata? –
-    E come si fa? –
-    Mi stupisce che tu non lo sappia. Allora, ti spiego. Usa delle noci di cocco vuote. Dentro a quelle noci di cocco ci devi mettere dell’ acqua marina, e devi lasciarla a evaporare al sole. Quando l’ acqua sarà evaporata, ci sarà uno strato di sale, che raschierai via e lo metterai in un'altra noce. Capito? –
-    Ah, okay... davvero è così semplice? –
-    Certo scemo. Però ti dovrai portare un SACCO di noci, fidati. –
-    Okay, vado. –
Se ne va. Hihihihi! Non gli ho detto un piccolo particolare... Ops, che sbadato! Ma se ne accorgerà, eheheh...
Tengo qualche pezzettino di grasso per Gwen, che metto nelle tasche. Le farà solo bene, non mangia cibo sostanzioso da tanto tempo. Deve rifarsi i muscoli. È strano, nessuno si è ancora svegliato, eppure il sole è già alto... boh, sono dei dormiglioni.
Ecco, ho finito di raschiare. Adesso non c’è neanche un pezzo organico che possa marcire. Sistemo la pelle sopra una pietra al sole ad essiccare. Bòn, visto che non ho nient’ altro da fare, vado da Gwen. Appena entro, vedo che è sveglia.
-    Hai dormito piccola? –
-    Un pochino, ma non tanto. Non riesco a dormire con la luce. –
Mi siedo vicino a lei e la abbraccio.
-    Ti fa ancora male? –
-    Non più. Ti ringrazio infinitamente, sei un tesoro! –
Non posso fare a meno di arrossire. Maddai... io un tesoro?
Tiro fuori dalla tasca il grasso e glielo offro. Anche lei prima storce il naso, ma insisto tanto e alla fine lo assaggia. E si scioglie. Nessuno resiste al sapore del grasso!
-    Grazie Duncan! È buonissimo, non l’ avevo mai assaggiato prima! –
-    No? Davvero? Beh, meglio tardi che mai!! -
Le accarezzo il viso, ma lei mi ferma, prende la mia mano e osserva il mio indice.
-    E questo taglio? Da dove arriva? –
-    Mentre stavo scuoiando quella capra mi sono distratto un momento e mi sono tagliato. Fa male! – lo dico in falsetto, con una voce da bambino. Adoro fare lo scemo! Gwen sta al gioco.
-    Oohhh, povero il mio Duncan, si è fatto la bua! Adesso passa tutto. – e mi dà un bacio sull’ indice. – va meglio adesso? –
-    Molto meglio! – e scoppiamo a ridere entrambi. È bellissima Gwen, quando ride... *aaahhww*
Poggia la testa sulla mia spalla e mi stringe a sé. La coccolo un pochino.
-    I ragazzi si sono svegliati? –
-    Solo Alejandro, che mi ha dato una mano a scuoiare la capra. Ora è a fare il sale. –
Annuisce e si lascia coccolare. Chiude perfino gli occhi. Mi viene in mente che le devo fare una domanda.
-    Gwen, stamattina, perché mi hai fermato? –
Rimane sorpresa dalla domanda e tentenna un po’.
-    Perché lo vuoi sapere? –
-    Curiosità. Allora? me lo dici? –
-    È che non sono ancora pronta per farlo, capisci? E poi... non voglio certo rimanere... –
-    Incinta? –
-    Esatto... non prenderla male Duncan, ti prego. –
-    Ma che dici! Eheheh! Ero solo curioso di sapere la risposta., ed era quella che pensavo anche io. –
-    Tu sei pazzo, lo sai? –
-    Lo prendo per un complimento piccola! – le scompiglio i capelli – però è vero che sono pazzo... pazzo di te! –
-    Piantala di fare il romantico, non è nel tuo stile! –
-    Lo so... senti, vuoi provare a riposarti ancora fino a stasera? –
-    Non lo so... però resta qui. –
-    Va bene, ma che hai? Sembri strana... ehi, non sarà per la domanda di prima? –
-    Ecco... sì... è che immaginavo me madre. Non mi ci vedo proprio. Non sono atta a fare la cara e dolce mamma. –
-    Ma tu lo vorresti un figlio da me? –
-    Non è un po’ troppo presto per parlare di queste cose Duncan? –
-    Sì lo so, ma vorrei avere una tua risposta. –
-    Tu vorresti? –
-    Mi piacerebbe moltissimo avere un figlio da te! –
Lo so che sono parole molto avventante, ma è quello che provo veramente. L’ abbraccio e lei si stringe a me.
-    Anche io vorrei Duncan... ma non adesso. –
-    Tranquilla, lo so! Mmmhhh... sei così dolce... ti amo... –
-    Ti amo anche io. –
E rimaniamo abbracciato. Respiro a fondo il suo odore. Mi è sempre piaciuto tantissimo l’ odore di Gwen, ha un non so che di rassicurante, di familiare. Le scosto delicatamente i capelli e la bacio sul collo. Lei emana un sospiro e abbandona la testa all’ indietro, a me. Faccio scivolare la punta della mia lingua lungo il suo collo, e sento le sue mani nei miei capelli. Sento le sue unghie che percorrono la mia testa, provocandomi brividi di piacere.
-    Sai, dovresti lasciarti crescere i capelli; voglio vederti con i tuoi capelli naturali. –
-    Anche io sai? Facciamo un patto, che ce li lasceremo crescere senza alterarli, okay? –
-    Non vedo l’ ora di vederti come sei con i tuoi capelli naturali, dovresti essere bellissimo... –
-    Anche tu devi essere bellissima, mia piccola Gwen... –
Sono TROPPO romantico, lo ammetto. Ma tanto, finche lo faccio nell’ intimità tra me e Gwen va bene. Morirei di vergogna se gli latri lo venissero a sapere!

*****************

È pomeriggio, i dormiglioni si sono svegliati e stanno pregustando la grigliata di stasera e Alejandro è incazzato con me. Beh, avrebbe dovuto saperlo che l’ acqua ci avrebbe impiegato un casino ad evaporare e che il sale sul fondo era miserrimo. Sono certo che non me la farà passare liscia.
Adesso sono con Trent nel bosco, a cercare la famosa pietra piatta che servirà da piastra e i sostegni. Non mi va ancora a genio, ma oggi mi divertirò un po’... eheheheh!
-    Allora Trent... come ti va l’ esistenza? –
-    Non mi lamento, ma perché me lo chiedi? La cosa è sospetta da parte tua. –
-    Grazie per la fiducia nei miei confronti! Comunque niente, te l’ ho chiesto perché volevo sapere come stavi, tutto qui! –
-    La cosa si fa sempre più sospetta... –
-    Andiamo amico! Sei crudele con me! Parlando d’ altro, che programmi hai per il futuro? –
-    Ma sei diventato scemo? Siamo su un’ isola deserta, dimenticata da Dio, e l’ unica cosa alla quale penso è sopravvivere. –
-    Va bene, ma visto che siamo messi bene, non hai altri ideali? –
Mi guarda come se fossi cretino. Aspetta e vedrai, che ti metterò con le spalle al muro. Tu e qualcun altro.
-    Insomma, tipo, accasarti, trovarti una compagna! –
Stavolta mi guarda incazzato. Non l’ ha ancora digerita. Perfetto.
-    Mi vuoi prendere in giro per caso? –
-    Assolutamente no! – bugia gigantesca – è che qui tu sei l’ unico... no, non proprio l’ unico, ma insomma, sei il solo che non ha più un legame! –
-    Ma che cavolo stai dicendo? –
-    Andiamo, stai per il 99,9% del tempo da solo! E l’ 0,1% rimanente lo passi con una persona... quindi sai che ti dico? Sai con chi staresti bene? –
-    Guarda, ti ascolto solo perché non ho niente di meglio da fare. E sentiamo, con chi starei bene? –
-    Con Courtney! –
Ha una bella faccia : occhi fuori dalle orbite, e sta diventando paonazzo.
-    Ma sei impazzito? –
-    No, affatto! Ed il fatto che sei arrossito, dimostra che sei innamorato di Courtney! –
-    Non è vero! – sempre più rosso...
-    Ma insomma... è una tua ex Duncan! –
-    E allora? Gwen non è per caso una TUA ex? –
Abbassa il capo e si vede lontano un miglio che sta cercando di trattenersi dal tirarmi un pugno...
-    Pensaci bene Trent! Due coppie mischiate che finalmente trovano la felicità! Non sarebbe il massimo? Andiamo Trent, non puoi negarlo, so per certo che ti piace! –
-    E va bene!! È dura ammetterlo davanti a te, ma non posso più negare... quali sono i tuoi piani? –
-    Stasera è il momento migliore. La grigliata accende le passioni. Offrile i bocconi migliori, parlaci un po’ e alla fine, potrai portarla nel tuo castello e far valere la tua arma segreta... che secondo me è rimasta segreta troppo a lungo, forse gli dovresti fare la revisione... –
-    Ecco, lo sapevo che andavi a parare lì... comunque l’ ultimo pezzo NON credo che lo farò. Non sono come te. –
-    È un peccato, sarei curioso di sentire il resoconto di Courtney dopo una vostra notte di fuoco! –
Okay, la posso chiudere qui, anche perché Trent sta per scoppiare. Dio, quel ragazzo non ha proprio il senso dell’ umorismo. Ma prima c’è una cosa che devo fare...
-    Senti, non è che mi passeresti quel bastone là? –
-    Eccolo, ma a che cosa ti serve...? -
Rapido come un fulmine, colpisco Trent dietro il collo col bastone, che fa un delizioso rumore simile a una frusta, e per la sorpresa e la violenza del colpo, Trent cade a terra, lanciandomi maledizioni in venticinque lingue diverse.
-    E questo per aver baciato Gwen mentre ero in coma! Credevi che te l’ avrei fatta passare liscia? Povero illuso, tu credi troppo nella misericordia! –
Detto questo me la svigno a tutta velocità lasciandolo lì ad agonizzare. Non c’è che dire, oggi mi sono proprio divertito! Continuo a correre finché non sono stanco e mi fermo per riprendere fiato. Mi accorgo che sono in una parte dell’ isola ancora inesplorata. Meglio, farò un po’ di geografia locale. Continuo a cercare la pietra, che sembra non esistere da nessuna parte. I sostegni di legno li ho trovati, ma della pietra... nada. Poi improvvisamente, una cosa attira la mia attenzione. È un albero secolare, col tronco nascosto da molti massi che sono disposti attorno all’ albero. Mi avvicino e noto che, nascosto dai massi, nella corteccia dell’ albero c’è un buco grande abbastanza da farmi entrare. La curiosità mi preme e lascio vicino ai massi i ciocchi di legna ed entro. Mi ritrovo in una lunga galleria, non tanto larga, fatta tutta di arbusti e piante intrecciate. Sembrano fatte dalle radici degli alberi. Lo percorro, e quando vedo la luce, ovvero l’ uscita, le radici sono sostituite da roccia. Esco dal tunnel e... rimango a bocca aperta. Davanti a me c’è l’ oceano. Eppure sembra di essere all’ entrata di una grotta, sopra di me c’è roccia... è come se fosse un balcone di pietra che dà sul mare. È bellissimo. L’ oceano infinito, la luce del sole che si rispecchia nell’ acqua cristallina e crea fantastici effetti di luce. Non ho parole, davvero. E poi c’è quest’ odore... frizzante e dolce allo stesso tempo. È un posto bellissimo, ed il fatto che lo conosco solo io, mi dà una soddisfazione immensa. No, ci devo portare Gwen. Le piacerà da morire. Chissà com’ è di notte, questo posto... non riesco però ad andarmene, è veramente bello. Mi sporgo fuori e vedo che non siamo molto in alto, da qui ci si può tuffare in mare. Rimango sdraiato, a contemplare la bellezza di questo posto, ma ormai il sole sta tramontando, devo tornare indietro. Che peccato, ma stasera ritornerò, e non da solo. Ma mi blocco un attimo, perché ho trovato la pietra che cercavo. Minchia, adoro questo posto! Ripercorro il tunnel e risbuco fuori dall’ albero, quando improvvisamente vedo due conigli. Conigli? Gnamm...


GWEN


Sono con Leshwana nella foresta a cercare legna per il fuoco e qualcosa di commestibile che faccia da contorno per la grigliata di stasera. Chiacchieriamo del più e del meno, finché la conversazione cade inevitabilmente sui ragazzi.
-    Lo sai, Harold è un po’ depresso ultimamente. –
-    Come mai? –
-    Nostalgia di casa. Non lo biasimo, anche a me manca la mia famiglia, ma io ormai me ne sono fatta una ragione. Lui non è ancora riuscito. A te manca la tua famiglia? –
Ma è scema o... aggià, lei non lo sa. Beh, qui NESSUNO lo sa, nemmeno Duncan o Trent. Ormai glielo posso dire con tranquillità, visto che tanto...
-    Leshwana, quale famiglia? –
-    Ma la tua sciocchina! –
-    Io non ho una famiglia. –
-    Ma sì, tutti ne hanno una! Mamma, papà... insomma, lo sai! –
-    Leshwana... io sono orfana. –
BANG! È come se le avessi sparato. Mi guarda a bocca aperta, occhi spalancati. Le manca solo la bava alla bocca.
-    Non lo sapevi? Non ho mai avuto una madre o un padre. Sono sempre vissuta in orfanotrofio e quando sono andata al liceo, stavo nel dormitorio, perché il mio era un liceo privato... –
Niente. Paralizzata. Una statua di sale. Una roccia.
-    Sai Leshwana, molti ragazzi sono nelle mie identiche condizioni, è normale... e piantala di guardarmi con quella faccia, mi dà fastidio. Io non sono un fenomeno da baraccone. –
-    No, scusami... è-è che... insomma, non mi sarei mai aspettata che tu... –
-    Ti prego, non essere compassionevole, sono io. Punto. Con o senza genitori, che differenza fa? –
-    Scusa, scusa... ma Duncan lo sa? –
-    No, tu sei la prima che ne è venuta a conoscenza. Forse gliene parlerò, ma non vedo la necessità. –
-    Beh, a il diritto di sapere tutto su di te! –
-    Va bene, come vuoi. Cambiando discorso... mi hai detto che Harold è depresso. –
In realtà non me ne frega nulla della depressione dello sfigato, ma farei di tutto per cambiare argomento.
-    Sì infatti, poi non ti dico. Ieri sera era così depresso che volevo distrarlo un po’. L’ ho coccolato e poi... – diventa tutta rossa.
E POI?!?
Oh – oh, adesso sì che il discorso diventa interessante!
-    E poi? Dai, non ti fermare! –
-    E poi... insomma... ergh... urgh... –
-    Leeeeessswwhaaaanaaaaa... che avete combinato tu e Harold ieri sera?!? –
-    ……. Beh ….. se proprio lo vuoi sapere, abbiamo combinato quello. –
-    Quello?!? –
-    Quello. –
-    Sì, ma quello... ?!? –
-    Sì quello. –
-    Ma proprio quello, quello, quello... ?!? –
-    SI’ CAZZO! Abbiamo fatto ciupa dance! –
-    CIUPA DANCE!!! AHAHAHAH!!! – ma dove lo ha tirato fuori questo termine?!?
-    Che c’è? –
-    Ciupa dance!! –
-    E piantala! –
-    Ciupa dance!! –
-    Smettila!! –
-    Ciupa dance!!! Hihihihi!! –
-    Se non la chiudi qui, ti arriva un ceffone! –
-    Okay, okay... lasciami riprendere fiato! È troppo buffo come termine! Vabbè, siediti e racconta! –
Ci sediamo su una roccia vicino a un cespuglio di fragole e mentre Leshwana parla, ce le mangiamo a mò di popcorn.
-    Dunque, ammetto che Harold non dà l’ impressione di essere una forza a letto, e quindi non mi aspettavo nulla di che. Ma cara mia, mi sono dovuta ricredere! –
-    Davvero? Continua... –
-    Ecco, ci stavamo baciando e improvvisamente Harold mi ha tolto la maglietta. All’ inizio ero un po’ basita, ma poi mi sono detta “ e perché no? Dopotutto ho quasi 18 anni!” e ci siamo spogliati a vicenda. Successivamente siamo passati ai preliminari. –
-    E come sono stati? –
-    Stupendi, bellissimi! Sai, Harold è bravo on la mano! Eheheh! – ci tiriamo gomitate e occhiate eloquenti! Mi sto divertendo molto ad ascoltare!
-    E poi? Insomma... quanto ce lo ha lungo? – sghignazzo senza controllo.
-    Medio, medio. Non è ne piccolo ne grande. Comunque, alla fine siamo passati all’ azione vera e propria! –
-    E come è stato?!? –
-    Si gode un casino! Però all’ inizio senti dolore, ma poi passa. Ed è in questo punto che scopro il vero potere di Harold! Non è bravo, è superbo! Lui sa come trattare una donna a letto! Non pensava solo a farmi godere, anche sul fatto sentimentale, mi ripeteva che mi amava eccetera... com’è stato dolce! Ma alla fine era così stanco che si è addormentato di botto! –
-    Ma che insensibile! Ma come può! –
-    No fidati, quando hai fatto l’ amore, non pensare che i maschi che si addormentano subito dopo siano dei mostri. Lasciali dormire, perché se non dormono rompono i coglioni! –
-    Ahahahahah! Sei troppo divertente! Ma dimmi, non hai paura di rimanere incinta? –
-    No, perché lo abbiamo fatto nel mio ultimo giorno del ciclo e abbiamo usato il coito interrotto. Quindi non ci dovrebbero essere problemi. –
-    Ah, okay. Insomma vi siete divertiti! –
-    Tantissimo! E tu e Duncan? Che mi racconti? –
-    Beh, non abbiamo combinato molto. Però abbiamo parlato tanto. –
-    Di cosa? Ehi! Perché quella faccia gioia? Non ti avrà per caso... –
-    No, no!!! Ma che pensi? È che insomma, è un argomento delicato. Stavamo parlando del fatto di avere un bambino. –
-    Sì, è un argomento MOLTO delicato. Ma non è presto per questi discorsi? –
-    È vero, ma siamo capitati proprio lì e ne abbiamo discusso. –
-    E che cosa è venuto fuori? –
-    Che entrambi desideriamo un bambino, ma non ora. –
-    Ah, Duncan che vuole un figlio! Questa è bella! –
-    Ehi, guarda che era serio! E comunque... non è poi così vandalo sai? Con me è molto premuroso e affettuoso. –
-    Ho sentito che la capra l’ avete presa voi. È vero? –
-    Cero! È stato emozionante. Faticoso, ma emozionante! –
-    Beh, voi due siete una coppia vincente. Sai, all’ inizio ero contraria che tu stessi con Duncan, ma adesso vedo che insieme state bene e sono contenta per te. –
-    Parli come se fossi mia madre. Senti, che ne dici di tornare? S’è fatta sera ormai, poi non ritroveremo più la strada. –
-    D’ accordo, muoviamoci. –

******************

Quando arriviamo, vedo Bridgette che sta cercando di cucire la pelle di capra.
-    Ehilà Bridg, che fai? –
-    Quello che vedi. Sto cucendo un otre per l’ acqua. – però che schifo, il filo è fatto con le interiora essiccate della capra! Mi fa senso averle in mano! –
-    Eheheh, dimenticavo che sei vegetariana, ma quindi stasera non mangi? –
-    Non lo so... vedremo. E comunque, lo sai che è stato Duncan ad avere l’ idea dell’ otre? –
-    Davvero? Beh, ti lascio al lavoro allora! –
Mentre vado a poggiare la legna sul mucchio, penso. Certo che non pensavo che Duncan avesse delle idee così brillanti. Sta cambiando veramente. Ho sentito che le situazioni difficili tirino fuori o modifichino il carattere di una persona. Però, qui non è così dura, ridiamo e scherziamo, abbiamo cibo, acqua, ripari. Stiamo così bene che possiamo pure permetterci di avere problemi sentimentali.
Raggiungo Trent, che sta affettando la carne. Ho voglia di parlare con lui, e adesso che non c’è Duncan è il momento migliore. Mi vede e mi saluta con la mano sanguinante. Fa un po’ impressione... mi siedo vicino a lui e parliamo mentre continua ad affettare e tagliare.
-    Ciao Gwen! Lo sai che se Duncan ci vede mi spella vivo? –
-    E lo sai che se prova a farlo, uso le sue interiora per fare ceste di vimini? Non sono sotto il suo controllo, e vorrei parlare col mio migliore amico ogni tanto. Scusa... dopo non potresti lavarti le mani? Mi fai impressione! –
-    Ma tu non eri quella che amava gli horror e gli splatter? –
-    Quelli sono FILM Trent! E poi non... ehi! Che t è successo qui? –
-    Qui dove? –
-    Dietro al collo! C’è una striscia violacea! –
-    Ah quella... è stato Duncan con un bastone. –
-    COSA?!? –
Che avrebbe fatto quel degenerato?
-    E per quale motivo lo avrebbe fatto? –
-    Perché ti ho baciato. Ti ricordi, quando avevi quel palo nel fianco... –
-    Sì, sì ricordo! Uff, che demente! Allora io che devo fare, picchiare Courtney? –
-    Mi avete chiamato? – Courtney si avvicina a noi.
-    No, no, ho detto solo il tuo nome, ma non centri. O forse sì... –
-    Che è successo? – è strano che Courtney sia cosi buonanima con me. Dopo le devo chiedere spiegazioni.  Trent è il primo a parlare.
-    Duncan mi ha tirato una bastonata sul collo perché mentre era in coma ho baciato Gwen. –
-    E io ho detto che era come se io picchiassi te per aver baciato Duncan mentre ero ferita. –
-    Ah, te lo ha detto... – Courtney sembra mortificata.
-    Sì ma tranquilla, non sono arrabbiata con te. È con Duncan che sono arrabbiata adesso! Ma come ha potuto? Che diritti aveva? Dopo gliene dico quattro! – Trent si spaventa.
-    Per carità, me ne tirerebbe un’ altra! Non hai idea di quanto faccia male! –
-     Mi dispiace, ma un ceffone da me se lo merita! – Courtney interviene.
-    Ecco, vedete che io non ero poi così manesca? Con lui ci vuole pugno di ferro in guanto d’ acciaio, perché deve capire che non può fare quello che vuole! –
-    Va bene, ma tu lo stavi per uccidere. Sia fisicamente che psicologicamente. –
-    Psicologicamente? Ovvero? – ossignur, non se ne è resa proprio conto!
-    Ricordi le liste kilometriche che doveva impararsi a memoria? Quelle liste minavano la psiche di chiunque, Courtney! E poi gli saltavi addosso per qualunque cosa! –
-    Ma faceva tutto in modo sbagliato! –
-     Courtney – Trent interviene. È pacato, tranquillo. – è inutile che cerchi di vivere in un mondo perfetto. Perché la perfezione non esiste. E sai una cosa? È proprio la nostra imperfezione che ci rende unici, speciali. Pensa se fossimo tutti perfetti. Una massa di persone perfette che fanno cose perfette in un mondo perfetto. Non sarebbe noioso? L’ imperfezione tinge il mondo di colori perché ognuno è imperfetto a modo suo. La perfezione è monotona. Vedila da questa prospettiva Courtney. –
Courtney è ammutolita. A quanto pare, le parole di Trent l’ hanno colpita in pieno.
Ma... noto qualcosa di strano... si guardano in un modo... strano, come se... tra loro ci fosse un’ intesa...
Aspetta...
Non è che forse...
Beh, può essere, ma è assurdo...
Possibile che Trent e Courtney...
Beeeeeneeee!!!! La cosa si fa moooolto interessante!
-    Courtney? Posso parlarti un momento? – forse ho usato un tono troppo delicato.
-    Sì Gwen, ma che... –
Non la lascio finire. La prendo per la mano e la porto sulla spiaggia. Ci sediamo sulla riva.
-    Scusa se te lo chiedo, ma come mai con me sei diventata così gentile? Insomma, non sei più furiosa come prima. –
-    Vedi, è perché hai cercato di salvarmi la vita. Nonostante la nostra inimicizia, tu volevi salvarmi. E mi ha fatto aprire gli occhi. Ormai tra me è Duncan è storia passata, adesso me ne sono fatta una ragione. E le parole di Trent, mi hanno fatto capire che avevo sbagliato tutto. La colpa non è tua o di Duncan, ma mia. –
-    Non è vero. Dovevamo parlartene e non tradirti così... ti abbiamo fatto soffrire molto... –
-    In effetti, non è stato divertente. –
-    Però, potrei farmi perdonare... ascoltami bene. –
-    Che hai in mente? –
-    Mi perdonerai se... riuscirò a farti mettere insieme a Trent? –
Diventa paonazza. Bersaglio centrato.
-    M-ma che stai dicendo? A m-me non piace Trent... –
-    Seee certo, e io sono un orso rosa. Prima vi guardavate con uno sguardo particolare... sei innamorata di Trent, non puoi negarlo. –
Ormai è di un bel color bordeaux. Si tormenta una ciocca di capelli.
-    Va bene, mi piace. E anche tanto. –
-    Visto? Se ti faccio mettere con lui, mi perdonerai e saremo amiche? –
Cerco di mettere in mostra uno dei miei sorrisi migliori.
-    Ci riuscirai? –
-    Se non ci riesco, mi affogo. Basta che tu segua le mie istruzioni. A posto? –
-    Va bene... che devo fare? –
-    Duncan mi ha insegnato che la grigliata accende le passioni. E i maschi amano i bocconi migliori, quelli grassi e succulenti. Offriglieli. Si scioglierà completamente. Poi lo porterai a fare una passeggiatina sulla spiaggia, e a quel punto... lo bacerai. –
-    Maddai!! Non ce la farò mai!! Mi imbarazzo troppo! –
-    Fidati, la notte coprirà il tuo rossore. Il magnetismo amoroso della luna è molto forte. Secondo me, c’è una percentuale del 98% che vada bene! –
-    Beh, 98% è un valore alto... –
-    Allora? credi di farcela? –
-    Certo che e la faccio! Non sono una mammoletta, io! –
-    Ooohh, ecco lo spirito combattivo che volevo! Stasera allora fatti valere tigre! –
-    Gwen... non so come ringraziarti... –
-    Non puoi. Buona serata! –

******************

La sera siamo tutti riuniti insieme per la prima volta attorno al fuoco . ci sono Geoff e Bridgette che limonano (ma non si stancano mai?), Leshwana e Harold che chiacchierano, Trent e Courtney che si lanciano timide occhiate e ogni tanto accennano una parola, Eva, Noah e Ezekiel che discutono animatamente, Heather e Alejandro che si coccolano. Gli unici che non si parlano siamo io e Duncan. Abbiamo furiosamente litigato. E mi ha detto che mi odia. Gli ho anche tirato uno schiaffo. Ha ancora la guancia rossa. Ero furibonda con lui per via di Trent, lui l’ ha buttata sul ridere e cercava di baciarmi, ma io lo respingevo e l’ ho insultato. Allora si è arrabbiato e mi ha spinto contro un albero. Non so quali fossero le sue intenzioni, ma mi sono spaventata e volevo scappare, ma mi teneva ferma e quando mi ha detto “puttana” non ci ho visto più, sono riuscita a liberare un braccio e gli ho dato uno schiaffo e sono scappata. Mentre scappavo mi ha urlato “TI ODIO GWEN!” e adesso non mi parla più. Mi sento male. Ho una sensazione opprimente al livello dello stomaco. Fantastico, mi sono rovinata la grigliata. Duncan distribuisce i pezzi di carne cotti agli altri, ma non a me. Mi lascia volontariamente morire di fame. Ho una nausea pazzesca e mi sento veramente male. Leshwana mi si avvicina preoccupata.
-    Che succede ragazza, non mangi? –
-    Non sto bene. Mi viene da vomitare. –
-    Oh povera... senti, se stai male, che ne dici di iposarti un po’? –
-    Va bene. –
Mi alzo e mi avvio verso la capanna. Controllo che nessuno mi guardi e me la svigno sulla spiaggia. Ho bisogno di muovermi un po’. L’ aria frizzante  del mare mi entra nelle narici, il vento mi scompiglia i capelli. Continuo a camminare, senza fermarmi. Improvvisamente mi sento malissimo, così male che non riesco a stare in piedi e mi siedo per terra. Sento dentro di me un’ orribile sensazione di angoscia, che si fa sempre più forte. L’ avevo già provata altre volte, ma adesso è insopportabile. È come se la voglia di vivere non esistesse più in me. C’è solo questo dolore interno, dal quale vorrei liberarmi. Così prendo una conchiglia e la spezzo in due. Uso una metà tagliente per tagliarmi le braccia. È un modo per liberarmi del dolore interno, che è peggiore di qualsiasi altro dolore. Lascio che il sangue scorra sulle mie braccia e cada nella sabbia. Mi stringo le ginocchia e piango. Negli anni ho imparato a piangere silenziosamente, lasciando solo cadere lacrime, che ora si mischiano col sangue. Vorrei morire in questo preciso istante. Ormai che senso ha vivere senza l’ amore di Duncan? Non mi posso neanche avvicinare a lui, perché mi odia. Guardo per un momento al fasciatura che mi aveva fatto. La slego e con la conchiglia mi scarnifico l’ ustione, che cola abbondantemente sangue. Alzo gli occhi al cielo stellato e cado a terra. Non riesco a muovere più un muscolo e non ne ho voglia. Ho perso tanto sangue. Bene. Mi sta benissimo. Così Duncan sarà contento. Altre lacrime mi scendono dalle guancie e sento uno strano torpore. Poi chiudo gli occhi e tutto diventa nero.

************

Mi risveglio in una capanna. Molto grande. Deve essere quella di Trent. Ma perché mi trovo qui? Sento una nuova fascia sui miei fianchi. L’ ustione brucia e pulsa. Anche i tagli sulle braccia. Sono ancora in quello strano torpore. Sento delle voci confuse e una mano sul mio braccio che mi accarezza. Adesso le voci si fanno più chiare.
-    Sono un idiota! Per colpa mia adesso Gwen è in queste condizioni... –
-    Beh, dovresti saperlo che ogni tanto Gwen ha queste piccole crisi. –
-    Davvero? Non lo sapevo... –
-    Ma mi vuoi spiegare che cosa hai combinato per ridurla in questo stato? –
-    Te lo dico Courtney, basta che non mi uccidi. Dunque, mi ha assalito per la botta che avevo dato a Trent; era veramente furiosa. L’ ho messa sul ridere e cercavo di sdrammatizzare la cosa, ma si è arrabbiata ancora di più e di conseguenza anche io. Le ho detto che se Trent le piaceva così tanto, perché non tornava con lui, visto che le piacevano i cretini. E lei mi ha detto “ è proprio perché mi piacciono i cretini che sto con te!” e mi sono infuriato. L’ ho spinta contro un albero e l’ ho immobilizzata... –
-    Non avrai voluto mica... –
-    No, no Trent!! Non volevo fare quello. Purtroppo mi sono accorto solo adesso di quello che stavo facendo, anzi di quello che Gwen credeva che io facessi. Comunque, la stavo insultando e quando le ho detto “puttana”, ha liberato un braccio e mi ha tirato uno schiaffo. Poi è fuggita e le ho urlato dietro che la odiavo e di non farsi più rivedere da me. Sono stato un vero stronzo. –
-    E secondo me è dir poco! Sei stato un mostro Duncan! –
-    Non sarebbe la prima volta che mi chiami così Courtney... –
-    Guardate, si sta svegliando! –
-    Gwen?!? GWEN?? –
Non ho voglia di parlare con lui, neanche voglio vederlo. A denti stretti, gli ringhio:
-    Vattene. Non voglio vederti. –
Ritrae la mano dal mio braccio. Non vedo ancora bene, ma credo che Trent si stia avvicinando a me.
-    Gwen, ce la fai a metterti seduta? –
Ci provo e ci riesco. Mi gira forte la testa.
-    Non hai mangiato nulla e hai perso molto sangue. Hai la pressione agli infimi. Mangia questo. –
Mi offre un pezzo di carne arrostita. La prendo e ci affondo i denti. Buonissima. La divoro con avidità. Courtney si siede vicino a m, rivolgendomi un sorriso. Cerco di ricambiare.
-    Scusami tanto Courtney... vi ho fatto preoccupare e ti ho rovinato la possibilità di provarci con Trent... –
-    No, affatto. Non hai rovinato nulla! –
La guardo allibita. Lei sorride radiosa. Ora voglio sapere tutto!
-    Che cosa è successo? Raccontami TUTTO! – intanto vedo di scorcio Trent e Duncan che parlano.
-    Vedi, noi credevamo che tu stessi dormendo nella tua capanna e non ci preoccupavamo.. ho fatto quello che mi hai detto, ma anche Trent mi offriva i bocconi migliori e... è stato un po’ un macello! Eheheh! Vabbè, alla fine della grigliata siamo andati a fare la passeggiatina sulla spiaggia. Camminavamo e chiacchieravamo tranquillamente, anche se ero tesa come una corda di violino. E neanche Trent sembrava tanto tranquillo. E improvvisamente ci siamo guardati negli occhi. Ha degli occhi stupendi... e ci siamo baciati. Così, senza dirci nulla. È stato bellissimo!! –
-    Wooow! Quindi adesso siete insieme? –
-    Esattamente! Poi siamo tornati indietro e abbiamo sentito Duncan urlare che eri scomparsa. Ci siamo preoccupati e ti abbiamo cercato. Ti ha trovato Duncan sulla spiaggia a ovest. Eri sanguinante e si è spaventato come non mai. –
-    Seee certo. –
-    No sul serio. Era preoccupato a morte per te... senti,. Lo so PERFETTAMENTE che Duncan fa delle cazzate colossali, ma le fa senza pensare. Quando è arrabbiato, quello che dice non rispecchia mai ciò che prova. Fai così, tienilo un po’ sulle spine e poi perdonalo. –
-    Ahahah! Ti ringrazio Court! Amiche? – le porgo la mano.
-    Amiche! – me la stringe.
Sono molto felice, perché adesso siamo amiche! Io e Courtney... non lo avrei mai pensato...
-    Gwen, torniamo a casa? – è Duncan.
Pfui, usa un tono così delicato solo per addolcirmi. Non basterà certo questo caro mio! Rispondo freddamente
-    Sì. – mi rivolgo a Courtney – ci vediamo, allora e... – sussurro – stasera, andateci piano! –
-    Spiritosa! E tu non ridurre troppo male il Neanderthal! –
Le sorrido ed esco, senza neanche guardare Duncan. Mi segue in silenzio. Entriamo e, sempre voltandogli le spalle, mi tolgo le scarpe e mi corico a terra e chiudo gli occhi. Sento Duncan che si spoglia (dorme sempre solo con i boxer, anche qui) e si mette vicino a me. Troppo vicino. Così mi ruzzo più in là. Ha capito il messaggio, ma non riesce a non fare niente a lungo.
-    Gwen? –
Non gli rispondo.
-    Mi dispiace tanto... –
-    Davvero? E da quando in qua metti da parte l’ orgoglio? Beh, ovviamente quando devi minacciare la tua ragazza, fai vedere che hai le palle. O quando picchi il suo ex per averle dato un bacio, come se tu non avessi limonato con la tua ex. Ma io non posso fare errori, perché il Signor Duncan deve essere il signore della terra. –
Rimane zitto. Starà sicuramente pensando a qualcosa di intelligente da dire.
-    Sono stato uno stronzo e mi dispiace moltissimo. –
-    Te ne accorgi troppo tardi. –
-    Senti, tu non hai idea di quanto mi dispiace. Non è vero che ti odio Gwen. Stavo per perderti una volta... non voglio perderti di nuovo. Perché ti amo. Sei la cosa più importante della mia vita. Ti amo Gwen... –
Non rispondo, ma gliela lascio buona. Mi circonda con le braccia, non mi ritraggo.
Affonda la testa nei miei capelli e ci si struscia contro. Ha proprio delle abitudini animalesche... mi bacia sul collo con dolcezza e fa scivolare la sua lingua lungo il perimetro del mio collo. Mi piace da morire... va bene, è perdonato. Si ferma e mi giro verso di lui.
-    Ho una sorpresa per te. Dobbiamo andare fuori. –
-    Fuori e perché? –
-    Lo vedrai. Andiamo! –
Non mi lascia neanche il tempo di cambiarmi e mi trascina fuori di corsa. Per fortuna dormono tutti, perché Duncan è in mutande.
-    Ma cavolo, potevi vestirti! Pensa domani mattina che risate si faranno! –
-    Dormono tutti fino a tardi, non mi vedrà nessuno. –
Continuiamo a correre e arriviamo in un luogo che non avevo mai visto. C’è un grosso albero circondato da massi. Duncan mi porta dietro ai massi e all’ albero, verso un grosso buco nascosto da fronde. Deve avercele messe lui, perché le scosta e mi invita ad entrare.
-    Tu seguimi e stammi vicino. -
Entra per primo e lo seguo; entriamo in una galleria costituita da fronde, o radici... lo percorriamo tutto e vedo Duncan che esce fuori dal tunnel. Sto per uscire anche io, quando Duncan mi mette le mani sugli occhi.
-    Ma che cavolo... ?!? –
-    È la sorpresa! Ecco, esci così... brava. Adesso ruota di 360 gradi. Tranquilla, ti tengo io per le spalle. Okay, ora vai sempre dritta... –
Non so se è uno scherzo, ma mosca cieca non mi è mai piaciuta. Mi ferma improvvisamente.
-    Siamo arrivati, amore mio... – e mi toglie le mani dagli occhi.
Sono senza fiato. Il paesaggio davanti a me è stupendo, fantastico... non avrei mai creduto che al mondo esistesse un luogo così bello. L’ oceano infinito, nel quale i raggi lunari si rispecchiano e il movimento delle onde crea bellissimi effetti di luce. Mi guardo intorno e mi accorgo che sopra di me c’è della roccia. È come un balcone di pietra che si affaccia sul mare. L’ aria è frizzante e dolce allo stesso tempo. Guardo Duncan, che mi sorride, con i suoi occhi di ghiaccio che brillano. Mi circonda con le braccia e mi bacia. La mia lingua si intreccia con la sua infinite volte, e le sue mani mi accarezzano piano il viso, le mie fanno lo stesso. So di amarlo, lo amo tantissimo e ora questo sentimento per lui si è fatto più forte. Ci sediamo a terra, baciandoci. Poi ci sdraiamo. E quello che doveva accadere, accadde. Il suo calore su di me, i nostri corpi che combaciano alla perfezione, un dolore che si trasforma in un piacere immenso, e la promessa di un legame d’ amore indissolubile.


NOTA DELL' AUTRICE
Hello ragazzi! Scusate se non  ho aggiornato prima, ma per scrivere tutta questa roba ce ne voluto di tempo! Infatti da adesso in poi farò dei capitoli stra - lunghi, perchè non siamo neanche a metà storia!! Ditemi che ne pensate, e che posso fare per migliorare se c'è qualcosa che non va. Ah, sono graditissimi i suggerimenti per il seguito! ^_^ Ci si vede!

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Capitolo 9
*** Giaguaro Attack! ***


DUNCAN


Il vento che soffia leggermente sul mio viso mi sveglia. È stata una notte indimenticabile, stupenda, di fuoco e ghiaccio. Guardo Gwen, ancora profondamente addormentata e osservo il suo corpo bellissimo, il corpo di una dea, con la pelle bianca come il latte e delicata come la neve; è veramente stupenda e adesso per lei provo un amore fortissimo. Il sole è spuntato all’ orizzonte, ed è strano che Gwen dormi ancora, di solito si sveglia con la luce del sole. Quando dorme è veramente carina, è rannicchiata su sé stessa e sembra un angelo. Mi soffermo un attimo a guardare l’ orizzonte; questo posto è stupendo anche quando c’è l’ alba. E lo conosciamo solo io e Gwen, sarà il nostro nido d’ amore. La riguardo e la abbraccio ancora stretta, è come se voglio solo Gwen, lei e nient’ altro, le accarezzo i seni morbidi e caldi e con le gambe la stringo di più a me, la mia pelle contro la sua. Sento che mugugna qualcosa e apre lentamente gli occhi.
-    Duncan... Buongiorno... –
-    Buongiorno amore mio... – quando sono solo con lei posso permettermi certe smancerie.
-    Come stai? – sorride... *Aaaahhhwww* è bellissima...
-    Benissimo! Mi sento felicissimo, sai? –
-    Anche io... non mi sono mai sentita così bene... –
Non resisto e la bacio piano sulle labbra, e ricambia. Sembra che ormai la mia vita ruoti tutto attorno a lei, del resto non me ne importa un cavolo secco, voglio solo lei...
-    Duncan, ti va di farlo ancora, adesso? Poco poco... –
Uuuhhh, la amo sempre di più...
-    Certamente amore mio... – mi sistemo meglio e entro dentro di lei.
Dopo mezz’ ora circa abbiamo finito, e siamo abbracciati, stanchi e sudati, ma felici. I nostri respiri sono sincronizzati, anche i battiti dei nostri cuori, i nostri sospiri... siamo diventati una creatura sola. E poi sento per lei un forte istinto protettivo, voglio esserle utile e proteggerla, perché mi pare così piccola e vulnerabile...
-    Senti, e se tornassimo indietro? E intanto facciamo una passeggiatina? –
-    Va bene Gwen, rivestiamoci... –
-    Al massimo mi rivesto io, tu sei venuto in mutande! – e mi scompiglia i capelli.
La guardo mentre si riveste; è veramente bella, e con i capelli lunghi neri lucenti, che rispecchiano la luce del sole e sembra che abbia i riflessi blu elettrico...
Mi rimetto i boxer, la prendo per mano e usciamo. Ci ritroviamo sotto l’ albero e Gwen mi trascina verso la spiaggia. È cos’ radiosa... mi prende per le mani e mi fa roteare in cerchio, più e più volte, finché non cadiamo a terra entrambi sulla sabbia e ridiamo. Mi sento veramente felice e le tiro addosso la sabbia e scappo; Gwen mi insegue tirandomi addosso le alghe secche, io rispondo con foglie di banano accartocciate. Però decido di inseguirla e la afferro per i fianchi e la faccio roteare sopra di me, mentre ride e urla. La faccio scendere e la abbraccio. Sentiamo improvvisamente dei richiami. Oh no!! Non loro...
Trent e Courtney si avvicinano a noi mano nella mano e ci guardano ridacchiando. Finiscono male...
-    Gwen, trattienimi. –
-    E perché mai? –
-    Perché credo che potrei compiere una strage se non la smettono! –
Trent si avvicina a me e mi guarda con un ghigno. Gli spacco la faccia... Gwen trattienimi ti prego...
-    Duncan! Calmo... calmo... – mi tiene il braccio.
-    Che cos’ hai o grande Duncan che gioca? –
-    Rischi grosso sai? –
-    Sì certo, ma prima devi spiegarmi che ci fate qui... non avete mica passato la notte fuori? E che avete combinato? – quel ghigno sparirà presto dalla sua faccia...
-    E se ne parlassimo in privato Duncan?-
-    Va bene, così posso ammazzarti in tutta tranquillità... Gwen, puoi mollarmi. –
-    Sicuro? Okay... – mi lascia il braccio e seguo Trent. Lei va con Courtney e parlare più lontano.
Ci sediamo a terra e ci guardiamo in cagnesco. O almeno, così lo guardo io, lui ha ancora quel ghigno irritante stampato in faccia.
-    Duncan caro, che avete combinato tu e Gwen fuori tutta la notte? –
-    E perché ti interessa così tanto saperlo? –
-    Oh nulla, eravate così felici prima, non sei il tipo che gioca e saltella con la propria ragazza, neanche se sono da soli... quindi deve essere per forza capitato qualcosa di fenomenale, e l’ unica cosa fenomenale che possa succedere è... quello che sappiamo io e te. –
-    Ti crea qualche problema per caso? –
-    Dunque non lo neghi... –
-    No,  non lo nego. E se la cosa ti interessa, è stato veramente bello. Ma che ne puoi sapere tu... –
Stavolta faccio io il ghigno e lui mi guarda in cagnesco.
-    Ne so, ne so... e mi ero insospettito perché tu sei il classico tipo che tromba le ragazze e le lascia la notte stessa. –
-    Ripetilo se hai il coraggio, faccia d’ angelo... – mi sto incazzando di brutto.
-    Chissà quante ragazze hai sverginato prima di Gwen... –
Non ce la faccio più, gli afferro il collo e lo sollevo. Devo trattenermi dallo stringere.
-    Senti coglione, io non sono quel tipo di persona, e tanto per la cronaca, sarebbe stata la mia prima volta. Ma si sa che chi prima canta ha fatto l’ uovo... –
Cerca di parlare ma non ci riesce, forse gli manca l’aria... così lo mollo e cade a terra. E riesce a parlare.
-    Ho capito il messaggio velato. Chiedo scusa. –
-    Non basta caro mio. Perché non hai offeso solo me, ma anche Gwen, e lo sai che se la offendi io ti uccido? –
-    Non volevo mica offendere Gwen! –
-    Sì, certo... le hai praticamente dato della puttanella. Se ci riprovi, ti rompo la mascella e con i tuoi occhi ci gioco a biglie. –
Mi guarda abbastanza sorpreso e abbassa la testa. Improvvisamente mi sento in colpa. Non so perché, ma credo che sono stato troppo rude con lui. forse mi serve di più come amico che come nemico. Gli porgo la mano e stavolta strabuzza gli occhi.
-    Scusami Trent ho un po’ esagerato... lo sai che sono un po’ violento quando sono incazzato... senti e se la chiudessimo qui? Amici? –
-    Se è uno scherzo... –
-    Non è uno scherzo Trent. Lo giuro sulla mia testa. Allora? – continuo a tendergli la mano. Lui ci pensa su...
-    D’ accordo. – e me la stringe. E lo tiro su. Stavolta lo guardo deciso e lui fa lo stesso. Perfetto, un nemico in meno.
-    Duncan? Ci sei? –
-    Sì, sì... forza ritorniamo che ho fame. –
La circondo con un braccio e ci riavviamo per la nostra stradam, senza degnare di uno sguardo i due imbecilli.
-    Allora? non lo avrai mica ucciso? –
-    No, ma ci è mancato poco che lo strozzassi. Lasciamo stare, non ho voglia di parlarne, comunque le nostre ostilità sono finite. –
-    Davvero? La cosa mi fa molto piacere! Ti amo! –
-    Anche io Gwen... sei la cosa più preziosa che ho... –
-    Anche tu lo sei... sei la mia unica famiglia, e anche la prima. –
Cosa?!? Che vuol dire che sono la sua prima famiglia?
-    Gwen? Ma perché dici così? –
-    Ah già... non lo sai... non te l’ ho detto. Non ho i genitori, sono orfana. Tu sei la sola famiglia che ho. –
-    Non hai i genitori?? Gwen, ma perché non me lo hai detto prima? –
-    Ma perché non ne vedevo il motivo... –
-    Ho capito ma... –
Non riesco a finire la frase, perché sento un trambusto provenire dal campo.
-    Non è chiuso qui il discorso, me ne riparlerai, okay? –
Annuisce rassegnata. E guarda il campo, e si allarma.
-    Duncan ho una pessima sensazione... –
-    Anche io... –
Da qui in poi le cose si fanno confuse. Ci sono Alejandro, Eva e Ezekiel che litigano e tutti e tre hanno dei graffi addosso, Noah che cerca di richiamare tutti, ma sono dispersi e quando urla si calmano tutti e ci sediamo... e le cose si fanno chiare. Noah tiene una specie di assemblea.
-    Ragazzi abbiamo un problema serio. Alejandro, Eva e Ezekiel sono stati attaccati da una belva... –
-    Un giaguaro per la precisione! –
-    Grazie Ezekiel, comunque siamo in pericolo. Sa dove ci troviamo e sa che ci sono delle facili prede ovvero le ragazze... –
-    Sei un maschilista Noah! –
-    Courtney non sono maschilista è un dato di fatto! Comunque bisogna stabilire delle regole per la nostra sicurezza. Non bisogna andare in giro da soli, ma almeno in tre e armati. E adesso tutti i ragazzi qui, che dobbiamo decidere i turni di guardia notturni e diurni. Anche se quelli diurni non serviranno perché i giaguari cacciano di notte, ma la prudenza non è mai troppa. Le ragazze stiano laggiù e che non si muovano. Sono stato chiaro? Sarò senza un occhio, ma non sono cieco e so che non siete d’ accordo però lo faccio per la vostra incolumità! Sono stato CHIARO?? –
Nessuno osa protestare. È come un capo...

*******
 
Sono passate due settimane da quando il giaguaro è comparso sull’ isola e si è fatto vedere cinque volte. È un po’ piccolo, ma molto aggressivo e feroce, ha persino attaccato Alejandro che era armato (di  nuovo). Per fortuna non gli ha causato ferite gravi. Stasera è il mio turno di guardia con Trent. Io controllo il lato nord e est, lui il lato sud e ovest. Gwen è con me; dice che non vuole starmi lontano, perché ha paura. Anche io ho paura di perderla, e preferisco che stia con me, così la posso tenere sott’ occhio. Gioca con un bastone che fa girare nel fuoco e innalza scintille che volteggiano nell’ aria e si spengono. Ha appena finito di raccontarmi la sua infanzia e devo trattenermi dal piangere, perché non posso credere che la mia Gwen abbia passato tutto questo. È così forte, perché non fa un vacillamento, parla con estrema naturalezza. Però comincia a sbadigliare e vedo chiaramente che fa fatica a tenere gli occhi aperti; vorrei mandarla a dormire nella capanna, ma non voglio perderla di vista... uff!
-    Gwen, vuoi andare a dormire? –
-    Ho un po’ di sonno, ma non voglio allontanarmi... ce la farò a rimanere sveglia... –
-    Vieni qui, dai! Se vuoi puoi dormire appoggiata a me. –
Si avvicina e si siede sulla roccia dove mi sono seduto e la circondo con il braccio libero (l’ altro è occupato dalla lancia). Appoggia la testa sul mio petto e si addormenta di botto. È veramente carina quando dorme... così dolce e così tenera che sembra un angioletto...
Un rumore sospetto e anche molto sospetto. Lascio scivolare delicatamente Gwen sulla roccia e mi alzo in piedi guardandomi intorno. Non vedo nulla ma i rumori sono veramente sospetti, così faccio il “segnale di allarme lieve” a Trent; fa il segnale di risposta e mi raggiunge e purtroppo vedo che anche lui si è portato dietro qualcuno e disgraziatamente quel qualcuno è Courtney... ed è pure armata!!
-    Duncan, che succede? –
-    Non senti questi rumori? Sembra qualcuno o qualcosa che cammina sulle foglie secche. –
-    Sì hai ragione! ECCOLO LAGGIU’!! –
Seguo il suo sguardo e vedo il giaguaro che scappa. Lo inseguiamo, gira per tutto il campo ed è molto veloce. Facciamo fatica a stargli dietro, ma non molliamo. Trent prova a lanciare la lancia contro il giaguaro, ma sbaglia mira. La riprende e continuiamo a correre, quando improvvisamente, dopo che gira una angolo, scompare. Così, puff, sparito.
-    Dov’è andato quel maledetto? –
-    Infatti è sparito così improvvisamente... –
Un urlo. Il SUO urlo. No!! Quel bastardo ci ha depistato facendoci perdere le sue tracce e ha puntato a Gwen che era indifesa e dormiente! MERDA! Non perdo un istante e ritorno al luogo dove l’ ho lasciata, ma di lei non c’è traccia... solo una striscia di sangue sulla roccia e per terra. Seguo la traccia e le sue urla, col cuore che va a mille. Sono terrorizzato, la sto per perdere, ed è tutta colpa mia... corro più velocemente che posso, chiamando Gwen, che urla disperata. Salto piante e rocce, corro, corro... e li vedo. Gwen che si dimena e cerca di aggrapparsi a qualcosa, mentre il giaguaro la trascina per la gamba. Non ci penso due volte e mi butto su di lui, schiacciandolo a terra e tenendolo giù. Ce la faccio, libera Gwen dalla sua presa, ma ora se la prende con me e mi graffia il torace e le gambe. Grido a Gwen di scappare, ma non può, perché è ferita alla gamba ed è tramortita... mi accorgo appena in tempo che il giaguaro mi sta azzannando la giugulare, ma riesco a bloccarlo con la lancia nella bocca. Si dibatte e mi graffia di più e sento la lancia che sta cedendo, si sta spezzando, maledizione! Mille pensieri mi affollano la mente, ma il pensiero prevalente è “MORIRO’”. La lancia si spezza. Chiudo gli occhi e attendo il colpo. Ma non arriva. Riapro gli occhi e vedo che il giaguaro è a terra e ruggisce di dolore ed è ferito alla testa. Mi giro, e vedo Gwen con delle pietre in mano che piange.
-    Scappa Duncan... scappa... –
Mi precipito da lei e la prendo per le spalle.
-    Tranquilla, adesso ce ne andiamo... –
Urla. Mi giro e vedo solo rosso. Quel maledetto mi ha azzannato alla gola... mentre ero girato... sento le sue zanne che penetrano nella mia carne, il suo fiato, e un *crack* orribile squarcia l’ aria. Sento la mia clavicola che si spezza. E penso solo
“ Sto morendo”
E muoio.


GWEN


DUNCAN!!! Lo ha preso... quel mostro gli ha azzannato la gola... sono paralizzata, non so che cosa fare. Lancio addosso al giaguaro altre pietre, ma non si sposta, affonda ancora di più i suoi denti nella gola di Duncan... che faccio, che faccio?? Duncan è a terra, ricoperto di sangue, con gli occhi vitrei. Non puoi morire così stupido! NON PUOI!! Svegliati!
Sono disperata, confusa... voglio solo salvare Duncan. Ignoro la ferita, mi alzo che con un urlo mi fiondo sul giaguaro, che non se l’ aspettava, e lo atterro facilmente. Uso le sue stesse tecniche di attacco e lo mordo sul collo, affondando i miei denti nella sua carne. Ruggisce e mi lacera l’ altra gamba con gli artigli, ma non lo mollo. Mi graffia sul petto, sulle gambe, ma non lo mollo. Cerco di strozzarlo ma appena ci provo mi azzanna il braccio. Fa malissimo e sento l’ osso che si frantuma... ne approfitta per sgusciare via da me e azzannarmi la gamba di nuovo; mi trascina di nuovo nella boscaglia e penso che ormai sono morta... mi squarcerà e mi ucciderà... chiudo gli occhi e accetto il mio destino. Ma delle urla mi fanno aprire violentemente gli occhi e vedo i ragazzi che stanno correndo verso di noi con le lance e le torce. Vedo di sfuggita Eva che si avventa sul giaguaro e con un pugno gli spacca la mascella, mentre Trent gli trafigge il cranio con la lancia. Una sensazione di pace mi invade, so che è finita, ma so che morirò. Avevo già provato questa sensazione non molto tempo fa... e di nuovo lotto per non perdere i sensi, e dalla spinta di chiudere gli occhi. Trent si precipita su di me, anche lui mi dice di non arrendermi, che non devo mollare, non devo chiudere gli occhi. Io ci provo, ma... inizio a perdere la sensibilità e le cose attorno a me iniziano a farsi sfocate, sempre di più... e purtroppo è inevitabile che chiudo gli occhi.


Erano soli, in quel luogo da sogno. Era un luogo dedicato solo a loro, e solo loro conoscevano la sua esistenza. E ora che erano soli, volevano sfogare i loro istinti d’ amore che a lungo avevano celato. Il ragazzo con dolcezza le aveva tolto la maglietta e i pantaloni, la ragazza tolse i boxer del ragazzo e si baciarono. Non parlavano, non ce n’ era bisogno; si trasmettevano dei messaggi in codice che venivano trasmessi tramite il corpo e le sensazioni. Lui la fece sdraiare a terra e con calma le baciò il collo e successivamente, si soffermò sul suo seno destro, lasciando scivolare la lingua su quella pelle morbida e delicata. Lei reclinò la testa all’ indietro sospirando e mormorando parole d’ amore, mentre il ragazzo con le mani, violava l’ intimità di lei, ma non era contraria, tutt’ altro. Lasciò che finisse e entrambi assaporarono con le labbra il sesso dell’ altro, trandone reciprocamente piacere. Si guardarono a lungo e lei strinse con le gambe, le gambe di lui, come se non volesse che se ne andasse, come se non volesse perderlo e si gustò le parole dolci e affettuose che le sussurrava all’ orecchio, prima di perdere il fiato sotto le sue violenti spinte. All’ inizio sentiva solo dolore, ma non era grave, perché era un dolore dolce, un dolore che serviva per creare un legame indissolubile con il ragazzo. Infatti il dolore passò anche in fretta e subentrò un piacere immenso, mai provato prima, che la stava trapassando da parte a parte come una scossa elettrica, prima debole, poi sempre più forte, sempre di più... e un’ onda di piacere la invase. Il ragazzo la teneva stretta a sé mentre spingeva, anche lui non voleva perderla. Stava provando anche lui lo stesso piacere immenso che stava provando lei; era come se i loro pensieri, sentimenti, sensazioni ed emozioni si fossero fusi, mischiati tra di loro. In quel momento stavano legando le loro anime per l’ eternità e lo sapevano, si amavano follemente. Quando entrambi ebbero raggiunto il culmine del piacere, crollarono esausti; la luna illuminava i loro corpi sudati, che si stringevano ancora di più e si coccolavano con gesti dolci e affettuosi prima di addormentarsi abbracciati. Avevano creato un legame forte, che sarebbe rimasto e li avrebbe sempre uniti in qualunque momento, anche la morte non poteva separarli. Neanche la morte.


Perché mi ritornano alla mente queste immagini? Penso solo a quella sera, ma è come se qualcuno mi infilasse a forza queste immagini nella mia testa e non so perché, ma piango. Faccio cadere le lacrime in questo mondo senza confini e senza spazi. Sono nel nulla. Non c’è nulla, non vedo nulla, non sento nulla. Solo delle voci confuse in lontananza, voci disturbate e misteriose, come se fossero fantasmi. E adesso sento qualcosa...
All’ inizio è come un fastidio non considerevole, ma poi diventa sempre più insopportabile, finché non diventa un dolore atroce. L’ ho già provato questo dolore, lo SO di averlo già provato e delle sensazioni confuse e frammentate mi arrivano al cervello. E poi... quell’ odore nauseabondo di carne carbonizzata... che è mischiato a questo orrendo dolore, insopportabile. Forse sono all’ Inferno, perché sono morta... no, non può essere l’ inferno, perché io non ci credo, nell’ Inferno. Provo a dimenarmi, ma è come se fossi bloccata, fermata; ma riesco a muovermi volontariamente, è proprio qualcosa che mi blocca, mi trattiene, sono legata. E poi ricordo. Sto vivendo la stessa esperienza di quando mi hanno bruciato la ferita! Ecco perché ricordavo quel dolore e quell’ odore. Ma perché sto provando tutto questo? Che mi sta succedendo? Improvvisamente il dolore cessa e ritorno a uno stato del nulla. Ma non per molto, perché in uno scatto istintivo apro gli occhi e vedo bianco. Tanto bianco. Ancora voci confuse in lontananza e nel bianco vedo delle macchie di colore. Sbatto le palpebre cercando di mettere bene a fuoco e le macchie di colori cominciano a sistemarsi e prendere forma e mi accorgo di essere sotto le fronde di una capanna. Nuova oserei dire. E neanche una capanna, è una tettoia fatta di foglie di palma. Respiro lentamente perché l’ aria mi fa male ai polmoni. Provo a muovere la mano e sento l’ erba tra le dita. Provo a alzarmi, ma non ce la faccio e sento dolore alle gambe. Sento qualcuno che grida il mio nome e avverto dei passi sul terreno. Mi sento leggermente rincoglionita. E vedo il volto di Courtney su di me, e i suoi occhi che si riempiono di lacrime.
-    Meno male... ce l’ hai fatta... ce l’abbiamo fatta... –
-    Perché... dici... così...? – faccio fatica anche a parlare.
-    Eri ferita gravemente e... non sapevamo che cosa fare... ormai è una settimana che sei incosciente, abbiamo provato anche a bruciarti le ferite sulle gambe e vedevamo che ti agitavi e avevamo qualche speranza ma poi... hai riperso i sensi e credevamo che... insomma, non ce l’ avresti fatta... –
-    Quindi... sono viva... ? –
-    Certo Gwen! Per fortuna... ci hai spaventato, sai? –
-    Chiedo... scusa... –
-    Sto scherzando! – mi abbraccia  –  per fortuna stai bene! Te la sei vista brutta vero? Povera... –
-    Duncan... Duncan... dov’è? –
Si blocca. No... ti prego, non può essere morto... non può...
Piango. Piango senza ritegno.
-    GWEN!!! No, non è morto!! Non piangere ti prego!! –
-    N-non è... m-morto?? –
-    No! Però... le sue condizioni sono gravi e... –
-    Portami da lui. portami da... lui... – provo ad alzarmi, ma le gambe mi fanno un male atroce, e Courtney mi tiene a terra.
-    Gwen, non puoi muoverti con queste ferite sulle gambe! –
-    Non mi importa... devo andare da lui... ad ogni costo... ti prego... portami da lui... ti prego... –
Courtney esita. Sta decidendo che cosa fare. E si arrende.
-    Va bene, però andiamo molto lentamente e resta appoggiata a me. Le ferite non devono riaprirsi, quindi devi andare piano, senza correre. adesso metti il tuo braccio sulla mia spalla e ti tiro su. Dobbiamo andare nella tua capanna. –
Mi solleva e sento una fitta alle gambe e al braccio destro, che è steccato; poi sul collo e sul petto sono piena di graffi, e ho voglia di vomitare. Lentamente ci avviciniamo alla nostra capanna e mi accorgo che in giro non c’è nessuno. Strano...
-    Courtney, come mai in giro non c’è anima viva? –
-    Sono andati tutti a caccia, tranne me che mi sono offerta per badare a te e a Duncan. Abbiamo deciso di prendere al massimo una capra al giorno, altrimenti le finiremo e non avremo più niente da mangiare. Ah, pensiamo anche di fare un allevamento... di capre ci stiamo pensando su, però di conigli è prossimo. –
-    Conigli? Ci sono... i conigli? – a fatica continuiamo a camminare.
-    Sì, li ha scoperti... Duncan... –
Restiamo entrambe in silenzio. Non osiamo parlare, perché ci fa troppo male. Arriviamo davanti alla capanna e tentenniamo prima di entrare. Alla fine decidiamo a entrare. E devo trattenermi dallo scoppiare a piangere e gettarmi su Duncan. La sua spalla destra è bendata e anche lui è pieno di tagli e graffi. Respira pesantemente e la fronte è imperlata di sudore, nonostante faccia fresco... Courtney mi appoggia accanto a lui e si siede vicino a me.
-    Esattamente non sappiamo che abbia... è cosciente, ma fa fatica a respirare e si lamenta di forti dolori alla spalla e gli è venuta la febbre alta. Abbiamo provato a usare delle pomate che hanno creato Ezekiel e Harold ma sembra che non abbiano alcuno effetto. E adesso stanno cercando delle erbe o frutti per fargli abbassare la febbre, come la malva... non riesce neanche a mangiare, e fa fatica a bere. Io ho pensato che... siccome ha perso moltissimo sangue e per lo shock subito, il cuore non riesce a pompare bene il sangue nell’ organismo, ecco perché fa così fatica, anche per via della febbre, che gli è venuta perché il suo organismo si è indebolito molto. E poi ha la clavicola fratturata, ecco perché ha i dolori forti, ma entro un mese o due si dovrebbe sistemare da sola. Lo squarcio sulla spalla lo abbiamo bruciato e l’ emorragia si è fermata ma... insomma, non sappiamo che altro fare. Ormai dipende solo da lui, o ce la fa, o non ce la fa... mi dispiace tantissimo Gwen... –
-    Ma lui ce la farà perché... lui è Duncan. È una persona forte, e tu lo sai meglio di me... –
Sono convinta che ce la possa fare, e sono convinta che se gli starò sempre accanto ce la faremo entrambi. Non lo abbandonerò, e lui non abbandonerà me.
Uso un lembo della mia maglietta per asciugargli il sudore sulla fronte; il suo respiro è pesante e lento, ogni tanto ha delle contrazioni e fa delle smorfie di dolore. Gli carezzo il viso con le dita, e si calma. Sa che sono io, lo sa... apre debolmente gli occhi, mi mette a fuoco e i suoi occhi si illuminano.
-    Duncan, sono qui, sono io... –
Prendo la sua mano e la stringo forte e ricambia la stretta. Mi guarda con un sorriso di speranza e felicità. Non posso più trattenere le lacrime, e appoggio la mia testa sulla sua fronte bollente. Sento il suo cuore e piango più forte. Mi sussurra:
-    Non piangere amore... perché piangi? –
-    P-perché sei v-vivo... perché sei in queste orribili condizioni... ed è s-solo colpa mia!! Se n-non mi fossi addormentata, non m-mi avrebbe preso... e ora t-tu saresti in condizioni migliori... d è solo c-colpa mia... –
Sento la sua mano sulla mia guancia e la stringo. È calda.
-    Non è colpa tua Gwen... non è affatto colpa tua, non è colpa di nessuno neanche del giaguaro, perché cacciava per sopravvivere e noi ci siamo difesi... nessuno è colpevole, è la vita... stai calma... non c’è motivo di piangere... –
Adesso sono felice, ma mi sento improvvisamente stanchissima e mi accascio accanto a lui. Courtney mi mette la mano sulla spalla e sussurra:
-    Vi lascio da soli? E vuoi un po’ d’ acqua? È una settimana che non bevi, dovresti essere già morta per disidrata mento! –
-    Sì grazie Courtney. Grazie davvero. –
Mi sorride e esce. Rimango da sola con Duncan , che mi guarda con un debole sorriso; mi avvicino di più a lui, nonostante le ferite sul braccio e sulle gambe mi facciano molto male.
-    Che ti è successo al braccio Gwen? –
-    È stato il giaguaro che mi ha azzannato il braccio. Ma non è grave. Oh Duncan, ho avuto una paura tremenda quando ti ho visto cadere a terra con la spalla squarciata... mi sentivo inutile e impotente... –
-    Scusami, ti ho fatto preoccupare... non dev’ essere stato un bello spettacolo... –
-    Per niente bello... era una visione terrificante, da incubo. Credevo di perderti... –
-    Anche io ho avuto paura di perderti... tantissima paura... –
Ci sono degli attimi di silenzio che vengono interrotti da Courtney che entra con l’ otre dell’ acqua e due noci di cocco, versa l’acqua in entrambe e me ne porge una.
-    Ecco l’ altra falla bere a questo troglodita che con noi non vuole neanche saperne, magari tu ci riesci. Ci vediamo dopo! –
La ringrazio ed esce. In effetti, ho una sete atavica e bevo l’ acqua a velocità record. Prendo quella per Duncan, gli sollevo la testa e avvicino la noce di cocco alle labbra e la inclino lentamente per fare si che la beva piano.
-    Ce la fai Duncan? –
-    Faccio fatica a deglutire... –
-    Prova ti prego. –
Prova. Alla fine riesce a bere tutta l’ acqua ma è esausto. Gli asciugo di nuovo la fronte e passo la mano tra i suoi capelli... sono cresciuti e ora gli arrivano alle spalle, sono neri e lisci. È meglio così che con la cresta.
-    Lo sai? Sei molto più bello con i capelli lunghi... –
-    Anche tu con i capelli così sei bellissima... – solleva il braccio e mi accarezza la guancia.
-    Ti faccio male se mi metto alla tua sinistra? –
-    No amore... stammi vicino... –
-    Non mi schioderò mai, promesso... –
Mi alzo con forti dolori alle gambe e mi sdraio vicino a Duncan, che mi circonda col braccio sinistro e struscio la testa contro il suo fianco. Coordino il mio respiro con il suo e chiudo gli occhi.



NOTA DELL' AUTRICE
lo so che è corto come capitolo, il fatto è che.....
CHE NON SO COME CONTINUARE!!!
Cioè, un idea per il futuro la ho, ma ho bisogno di far passare del tempo... qualche mese ecco. E non so che metterci in mezzo...
Se avete dei suggerimenti, vi supplico di dirmeli!!
Grazie! :3

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Capitolo 10
*** L' ultimo momento di tranquillità ***


COURTNEY



Un po’ li invidio. E un po’ no.
Li invidio perché sono così legati tra di loro e in questa situazione si affidano l’ uno all’ altra, con grandi speranze.
Non li invidio perché sono feriti gravemente e certo, non se la passano benissimo.
Trent con me, ultimamente è molto distaccato e mi chiedo se mi ami ancora... o se mi abbia mai amato. Certo che io ho sfiga con i ragazzi!
Sono indecisa su cosa fare adesso. Il campo è deserto, tutti sono a cacciare e io sono sola come un cane. E mi annoio. Non posso neanche essere utile e Gwen e Duncan, che due scatole; non posso neanche leggere un libro o guardare la TV. Forse potrei andare alla spiaggia e raccogliere qualche mollusco, ma non è una buona idea; metti che tornino e non mi vedano, poi mi danno la colpa che non ho badato a Gwen e Duncan. Mi siedo sotto un albero e mi abbraccio le ginocchia; che noia, che noia...
Oh to’! Stanno tornando con una capra e Trent è in prima fila. Chiudo gli occhi e faccio finta di essere addormentata. So per certo che mi ignorerà, come del resto sta facendo in questi giorni...
Ma sento una mano sul braccio.
-    Courtney?!? Stai bene?? –
Trent... si è ricordato che esisto, alleluia!
-    Sì, sto bene. Avete fatto buona caccia? –
-    Certo, abbiamo preso una capra e due conigli. Gwen come sta? –
-    Sì è ripresa, e ora è con Duncan. Sembra che è bastato solo che quei due si siano visti e stavano mille volte meglio. Assurdo vero? –
Guarda a terra. Chissà che gli passa per la testa...
-    Non è assurdo Courtney. Quando due persone si amano veramente che si vedano per stare bene... l’ assurdo qui è l’ amore. È veramente una cosa assurda. –
Inizio a sospettare qualcosa. E non è niente di bello, quindi gli faccio una domanda diretta:
-    Vuoi dire che non mi ami e che mi vuoi lasciare? –
Mi guarda sorpreso, quasi sconcertato. Anzi, tolgo il “quasi”.
-    Ma che stai dicendo Courtney?!? –
-    Insomma, è da molto tempo che mi sento come un fantasma davanti a te, è come se non esistessi... e adesso che ti decidi a parlarmi esci fuori con questi discorsi... beh, se vuoi mollarmi fallo subito che fa meno male. –
-    Ma che hai capito, sciocca!! Io non ti voglio lasciare! Non lo farei mai, perché ti amo Courtney! Scusami se sono stato freddo in questi giorni, ma ero preoccupato e stressato per Gwen e Duncan, e anche per te quando c’era il giaguaro, perché volevo proteggerti... ma non ti voglio lasciare, te l’ assicuro... –
Oddio no, fa gli occhioni da cerbiatto saggio! Io non resisto mai davanti a quello sguardo...
Mi prende il viso tra le mani e mi bacia. È veramente romantico lui...
-    Courtney, potresti rispondere a una mia domanda, se non sei troppo impegnata? –
Noah. Uff, brutto guastafeste scapolo!
-    Evita di fare il sarcastico e dimmi. –
-    Per caso sai dov’è finita Gwen??? – odio quel tono accusatorio.
-    Certo. È con Duncan. –
-    Come hai potuto farla alzare, decelebrata!!! Non si doveva muovere! E adesso rischia pure di beccarsi la febbre da Duncan! –
-    Senti tu che sei single, non puoi capire, quindi chiudi il becco! –
-    Ma che centra?? Non si doveva muovere, punto! –
Che rompiscatole! Adesso gliela faccio vedere. Gli metto le mani sulle spalle e col tono più delicato e convincente che posso, gli parlo:
-    Ascoltami... non puoi capire, perché sei ancora scapolo. Che ne dici di trovarti una compagna con cui condividere la tua esistenza? –
-    Ma che vuoi tu? Non capisco il nesso logico! –
-    Ah povero Noah! Se avessi qualcuno al quale vuoi bene, capiresti la volontà di Gwen di stare con Duncan, anche col rischio di beccarsi la febbre. –
-    Uff, voi e la vostra moralità! Non mi serve una ragazza, grazie! –
-    Certo, dicono tutti così... e tu adesso ne hai bisogno visto che sei rimasto con un occhio solo, ti ci vuole qualcuno che ti aiuti! –
-    Io sopravvivo benissimo anche con un occhio solo! –
-    Ah, voi uomini... comunque arriverà il momento in cui sentirai bisogno dell’ affetto di una donna che ti voglia bene; accade per tutti e tu non fai eccezione. –
-    Come vuoi tu... per me è una stupidaggine. Vi saluto. –
Se ne va. Eheheh, con il discorso teologico l’ ho distratto e non mi ha fatto la ramanzina di quarto grado!
Mi giro verso Trent, lo prendo per mano e ci avviamo verso il centro del campo. Con una voce mielosa gli chiedo:
-    Trent, non è che mi daresti una mano a cucinare? – si sa che gli uomini aborrano cucinare!
-    Va bene Courtney, da dove vuoi cominciare? – Oddio!! Vuole cucinare! Che amore...
-    Per prima cosa bisogna preparare l’ intruglio per la febbre del Neanderthal. Mi hanno detto che hai costruito una sottospecie di pentola di roccia...? –
-    Sì, guarda è vicino al fuoco. Ti assicuro che ci è voluto un’ infinità di tempo, perché tutte le volte, mentre scavavo e arrivavo al centro, la pietra mi si spaccava a metà! –
-    Sei un grande! Adesso grazie a te, possiamo bollire la carne. –
-    No!! La carne bollita no! Mi fa schifo, anche di più dei broccoli! –
Rido e gli scompiglio i capelli. Dopo un’ ora , la tisana per Duncan è pronta e non ha un buon odore. Gliela dovrò far ingoiare a forza.
Entro nella capanna di Gwen e den Neanderthal, e vedo che sono addormentati una a fianco all’ altro; e sono di nuovo invidiosa. Cerco di svegliarlo chiamandolo, ma non da cenni di vita. Provo a spingere contro una sua gamba. Nisba. Allora gli tiro un colpetto con le ditta sulla fronte, e finalmente si decide a svegliarsi.
-    Mnghreftnts... che vuoi? –
-    Devi bere la tua tisana contro la febbre. –
-    Puah, ma che ci avete bollito, topi morti? –
-    Sì, e parla piano, altrimenti svegli Gwen. E adesso zitto e bevila. –
-    Dammi una mano ad alzarmi. –
Gli prendo la mano e gliela tiro, e si appoggia sui gomiti. Gli verso il contenuto della noce di cocco in gola; a quanto pare, fa veramente schifo, o fa solo scena.
-    Che schifo, sa veramente di topi morti bolliti! –
-    Secondo me, sei cannibale, stai mangiando i tuoi stessi simili. –
-    Non sei divertente Perfettina. –
-    Buonanotte cretino. –
Mi guarda truce, aspetta che io esca. Vuole avere la sua privacy con Gwen, poverino! Ma alla fine mi decido a uscire, perché non ne posso più del suo sguardo su di me; è una cosa che mi ha sempre dato fastidio.

*********

La sera, appena abbiamo finito di mangiare, vado a fare una passeggiata sulla spiaggia e va a finire che mi sdraio sulla sabbia a guardare le stelle. Non ne avevo mai viste così tante in vita mia e gioco a trovare le costellazioni. Improvvisamente sento dei passi e qualcuno si sdraia accanto a me.
-    Courtney, mi insegni a trovare la stella polare? Non ne sono mai stato capace. Anche Gwen ha provato ha insegnarmi dov’era, ma mi sono già dimenticato tutto! –
Mi trattengo dal ridere, gli prendo la mano e lo indirizzo nei punti giusti.
-    Ci sei arrivato? Guarda che è facile Trent! –
-    Ah, okay! Ci sono arrivato! Grazie... –
Rimaniamo in silenzio, ho ancora la sua mano nella mia, che mi stringe.
-    Non è magnifico lo spazio Trent? È così infinito, e forse non siamo gli unici esseri viventi nel cosmo... –
-    Ti credi negli alieni? –
-    Naaahh, quella roba cinematografica no. Ma forse c’è un pianeta uguale al nostro, dall’ altro capo dell’ Universo e noi non lo sappiamo... –
-    Pensi sempre in grande Courtney... –
Mi guarda negli occhi sorridendo. È veramente carino. Anzi, bellissimo. Mi avvicino e le nostre bocche si incontrano e le nostre lingue si intrecciano. È veramente un gran baciatore, molto delicato e romantico. Mentre ci baciamo ci stringiamo sempre di più e le nostre mani sfiorano i rispettivi corpi.
-    Mmmhhh... Courtney, e se andassimo a dormire? –
-    Buona idea... però non di alzarmi! –
-    Ti porto in braccio se vuoi! –
-    Lo faresti davvero? –
-    Certo! – mi solleva senza che io me ne accorga e mi porta verso la nostra capanna.
-    Lo hai fatto davvero! Wow, ti adoro! –
-    Lo sai che quando dico una cosa la faccio. –
Sempre in braccio, entriamo e mi adagia a terra. E mi accorgo di una cosa.
-    Hai cambiato tu le foglie per terra? –
-    Certo. Si stavano rinsecchendo, così ne ho prese altre fresche. –
Continuo a pensare che è un tesoro, un vero uomo di casa. Perfetto...
Comincia a spogliarsi, perché lui dorme sempre in boxer. Lo guardo per tre secondi e mi giro. Non perché mi faccia pudore, ma perché non voglio che lui veda la mia faccia completamente rossa. Allora mi spoglio anche io, togliendomi solo i pantaloni; preferisco dormire in mutande e maglietta, durante la notte fa caldo. Trent si siede vicino a me, ci corichiamo e mi abbraccia. Non l’ aveva mai fatto prima... e adesso capisco perché dorme solo in boxer, perché il corpo di Trent è caldo come una stufa a pallet, ma dopotutto è piacevole. Appoggio la testa sul suo petto e sento il cuore che batte come un tamburo, come se fosse agitato; sollevo la testa e incrocio i suoi occhi verdi che brillano al buio, e mi bacia dolcemente. Mi abbandono a lui, le nostre lingue si incrociano e si cercano, prima con dolcezza, poi con aggressività; ogni tanto mi morde le labbra, e le sue mani mi stringono sempre di più e esplorano ogni centimetro della mia schiena, quando improvvisamente si blocca.
-    Trent...? che succede? –
-    No... niente... –
-    Non sei bravo a mentire sai? Andiamo, con me puoi parlare di tutto senza vergognarti. –
-    Ecco... erano tre cose che volevo chiederti. La prima era se ti piaceva vivere qui e insomma... se vorresti ritornare alla vita di prima. –
Ma che razza di domanda è?? E io che mi aspettavo qualcosa di più... hard.
-    Beh, non abbiamo molta scelta, ti pare? O ci si adatta o si soccombe. Comunque non è male, siamo messi anche bene, ho anche il lusso di parlare con Gwen delle nostre situazioni sentimentali! E sinceramente, la vita di prima non mi manca, prima non ero così elice come adesso. La seconda domanda Trent? –
-    La seconda domanda è... se ti piace stare qui con me... –
Ma io mi chiedo il fine di queste strane domande...
-    Ma è ovvio che mi piace! Perché mi piaci tu Trent... se ci sei tu, qualsiasi cosa diventa bella. –
-    Davvero? Stai parlando sul serio? – ma che ha in testa questo ragazzo?
-    Sono serissima Trent! La terza domanda? –
A questo punto diventa un peperone e il suo cuore sta suonando “Waving Flag”.
Speriamo in una domanda piccante, altrimenti è un po’ una noia.
-    Ecco... insomma... volevo chiederti se... se io... potevo... potevo... –
-    Dai Trent, ce la puoi fare! Sono convinta che ce la puoi fare! –
-    ... se io... potevo... toglierti... la maglietta... –
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E la fa così difficile solo per quello?? Che caso DISPERATO!!!
Purtroppo sono così cretina che mi metto a ridere spudoratamente. Cerco di controllarmi, ma è difficile e vedo Trent che è sconcertato. Smetto subito, perché ho una pessima sensazione. Mi guarda con lo sguardo mortificato...
-    Trent, scusami tanto... ti assicuro che non volevo ridere... –
-    Forse non dovevo farti quella richiesta... –
-    Ma no!! È che per una cosa così piccola ne fai una tragedia greca... insomma quello che mi hai chiesto non è così grande di come la mettevi tu. Però questa cosa ti fa solo onore, tranquillo... -  lo abbraccio più forte.
-    Quindi qual è la tua risposta? –
Courtney trattieniti, trattieniti... non ridere, non ridere...
-    Certo sciocchino! Anzi ti permetto di togliermi anche il reggiseno. –
-    Posso davvero Courtney? –
-    Sì , sì, puoi tranquillo... –
E con una delicatezza smisurata mi solleva la maglietta e me la sfila; e dopo mi slaccia il reggiseno, mi libera dalle spalline e me lo toglie completamente. Ha un attimo di esitazione, ma poi cede alle sue tentazioni.
E ammetto che con la mano è bravo, molto delicato, ma sa sfiorare i punti giusti, quelli eccitanti; mi lascio accarezzare, mi abbandono a lui, finché non si addormenta. Lo circondo con le braccia e mi addormento sul suo petto.

GWEN


Ho mantenuto fede alla mia parola e sono rimasta accanto a lui sempre.
Sono passati due mesi e posso dire che Duncan è migliorato molto. La febbre gli è passata e dopo pranzi e cene forzati a base di carne, i muscoli si sono rinforzati e il sangue si è riformato. La bruciatura sulla spalla si è cauterizzata bene e la clavicola sta lentamente migliorando grazie al latte di capra. Sì, abbiamo un mini allevamento  di capre e Ezekiel è il pastore. Mi dicono che si diverta un mondo e che ci sappia fare. È un bene, perché adesso abbiamo una fonte di cibo assicurata e mi dicono che anche un orto o un frutteto è in via di costruzione. Non ho potuto vedere  queste cose con i miei occhi perché sono sempre con Duncan. È dolcissimo con me ma appena qualcuno entra nella capanna, comincia a fare lo scorbutico; uff, lui e la sua immagine di duro... e appena quel qualcuno esce, ritorna un cagnolino affettuoso e coccolone. L’ altro giorno poi, voleva farlo, ma io gli dicevo “guarda che non sei ancora in grado, aspetta un po’...” niente da fare lui diceva “ce la faccio benissimo Gwen, tranquilla.”
Risultato? Appena ha dato la prima spinta ha urlato di dolore ed è rimasto tramortito come un rospo investito da un TIR. E io ero lì che mi ammazzavo dalle risate, perché era una scena bellissima!
Quando Leshwana è entrata per dargli da mangiare, e ha visto Duncan in quello stato, mi ha chiesto che cosa fosse successo, e io mi sono messa a sghignazzare senza controllo! È uscita perplessa, mentre Duncan mi guardava rabbioso.
-    Che cazzo ridi? –
-    Hihihih! E pensare che mi dicevi “No, ce la farò benissimo...” e TRAN! Sei crollato come un pinolo!! –
Mi ha tenuto il broncio per tutta la giornata, ma alla sera si è addolcito e mi ha chiesto le coccole. Che scemo...
Stamattina è arrivata Eva, dicendo che doveva sistemare la sua spalla che si è spostata leggermente verso destra. Senza dire altro, gli ha messo le mani addosso e con un rapido movimento, susseguito da un *crack*, fa crollare Duncan a terra, ululante di dolore. Per tutta la giornata è rimasta a controllarlo con sguardo truce, e non ha osato muoversi. È anche arrivata Heather e ci siamo messe a chiacchierare mentre Duncan dormiva.
-    Allora Gwen, come va con questo cretino? –
-    Bene, bene... fa molto ridere ogni tanto! Eva, perché quella faccia? –
-    Quale faccia? È la mia faccia! Ah, già che ci sono, Heather ti devo dire una cosa da parte mia e di Noah... quando tu e Alejandro fate sesso, potreste fare più silenzio?? Che non si riesce a dormire, visto che noi abbiamo la capanna accanto alla vostra?? –
Heather è diventata un pomodoro e cerca di difendersi balbettando! Muahahah!!
-    B-beh... vorrei vedere tu se riesci a fare silenzio con Alejandro... cioè... – adesso è il momento adatto per pungolarla...
-    Ma Heather cara, raccontaci che si prova con Alejandro a letto... –
-    Gwen, ti dirò che quello che dicono dei latino americani è vero. Sono veramente una bomba! Eheheh! Ma non è solo violento, ma è anche delicato e sa quali sono i punti giusti per... ecco, avete capito! Eva, piantala di sbuffare! –
-    Io non sto sbuffando, sto solo esprimendo la mia opinione. Comunque, fate meno casino e basta! Io e Noah non riusciamo a dormire! –
-    Ma quindi vuol dire che condividete la stessa capanna! Eva... mi devi dire qualcosa?? –
-    No Gwen, assolutamente niente... Heather ma scusa, visto che ogni sera lo fate... non hai paura di rimanere incinta? –
Heather si blocca. Abbassa gli occhi... oddio, che succede?
-    Non c’è pericolo, perché... sono sterile, non posso avere figli... – si trattiene dal piangere. Sono sconvolta...
-    Ma Alejandro lo sa...? –
-    Sì, e ha cercato di mascherare il dolore. Una sera credeva che stessi dormendo e sentivo la sua mano che mi accarezzava il ventre e singhiozzava... non riesco più a guardarlo in faccia... –
Prima che scoppi a piangere la abbraccio forte forte, e Eva fa lo stesso. Allora si sfoga, mentre cerchiamo di consolarla come possiamo... improvvisamente si scosta dall’ abbraccio e si asciuga le lacrime col dorso della mano.
-    E tu Gwen? Che mi racconti? –
-    Beh, ecco... –
-    Lo avete già fatto? –
Mi sento avvampare e mi guardano entrambe con un ghigno malefico. E mò? Che dico...?
-    Gwen? –
È Duncan, si è svegliato. Mia salvezza...
Velocemente vado da lui, mi guarda con occhi leggermente sofferenti.
-    Ti fa male? –
-    Un po’... mi potresti fare un grande favore? –
-    Certo Duncan, tutto quello che vuoi... –
-    Mi coccoleresti un po’? Ne ho proprio bisogno amore... –
Forse si è dimenticato che ci sono altre persone nella capanna. Anzi, si è proprio dimenticato. Ma non dico nulla e lo assecondo accarezzandogli i capelli e il viso, sorridendo.
-    Grazie mille Gwen... mi sento meglio ora che ci sei tu... –
-    Tranquillo non è nulla. Guarda è meglio che dormi ancora un po’, così sarai fresco e riposato. –
-    Va... bene... *Waaahhhnnn* - e chiude gli occhi.
Continuo a coccolarlo finché non si addormenta. Mi alzo e raggiungo Eva e Heather che sghignazzano sottovoce. Mi irrita da bestia.
-    Hihihih... così duro e aggressivo esteriormente... –
-    Ma è un cucciolone all’ interno, sempre alla ricerca di coccole... un pappamolle... –
-    Ripetilo Eva, se ne hai il coraggio... – sono incazzata nera. Come osano ridere del mio Duncan?
-    Scusa Gwen, hai ragione... però non lo credevo così bonaccione... –
-    È dolcissimo! Chiedeva le coccole! Che tenero... –
-    Perché, Alejandro non te le chiede mai? –
-    Sì, ma lui non si vergogna di farlo in pubblico!
Le lascio parlare a vanvera, mentre controllo Duncan. È veramente tenerissimo con me, in pubblico ogni tanto mi fa qualche smanceria, ma poche. Sospiro e giocherello con la terra, disegnando degli otto sul terreno col dito. Mi viene in mente una domanda.
-    Eva e tu? Non hai trovato un ragazzo per te? –
-    Non ne ho bisogno, grazie. – Heather passa all’ attacco.
-    Ma io ti vedo SEMPRE insieme a Noah... e condividete pure la capanna! –
-    Risparmio di spazio. Io e Noah non abbiamo alcun legame. –
Parla in modo sicuro, anche se la voce le vacilla un po’. Bene, bene...
-    Ma non ti piacerebbe essere fidanzata con Noah? –
Colpita e affondata in pieno. Diventa di un interessante color bordeaux.
-    Eva?!? Sei connessa? Aaahh... allora ti piace... –
-    No!!...... – non è brava a mentire e Heather continua a bersagliarla.
-    Eva, ti piace... e non ti do torto! Statura giusta, bel fisico, un gran cervello, la stoffa del capo e della persona responsabile... unico neo, la benda sul’ occhio, che non si toglie mai... –
-    Non è vero. Davanti a me se la toglie. – vedo che sa tante cose su Noah...
-    Davvero? E dimmi, come è messo? –
-    Gwen, ti dico... non tanto bene. L’ occhio sembra sano e ci vede, ma... sulla pelle ha un’ orribile ustione a forma di fiamma. Si vergogna a farsi vedere in giro con quell’ ustione, ecco perché si tiene sempre la benda sull’ occhio. –
-    Ma se davanti a te la toglie, vuol dire che ti considera una persona speciale... –
-    Amici siamo amici, ma... dubito che si innamori di me... – sospira.
-    Quindi ti piace!!! –
Beccata!
-    E va bene, ma che c’è di male?? –
-    Nulla, nulla... ma è una vittoria per noi, che te lo abbiamo fatto ammettere! –
-    Va bene Heather, chiudiamola qui, okay? Gwen dovresti uscire, sono due mesi che non metti il naso fuori da questa capanna! Devi prendere aria! –
-    Ma... non me la sento di lasciare Duncan da solo... –
-    Se chiediamo a Courtney di badare a lui, esci? –
Ci penso. Lasciare Duncan in compagnia della sua ex non mi piace per niente. Ma in fondo, Courtney è una mia amica, e mi fido di lei.
-    Va bene si può fare. –
-    Vado a chiederle se è disponibile a farlo. –
Heather esce. Rimango con Eva e Duncan, profondamente addormentato. Nonostante quello che dicono dei maschi, Duncan non russa, ma fa dei respiri regolari, tipo “friii... craaa... friii... craaa...” mentre nel sonno si avvinghia a qualunque cosa gli stia intorno, anche me. Uno di questi giorni morirò soffocata.
Lo guardo ancora un momento, prima che Heather rientri con Courtney al seguito.
-    Ciao Gwen, tranquilla baderò io a Duncan! –
-    Ti ringrazio Courtney! –
Ci abbracciamo e esco. A momenti cado. È da tanto che non sto più in piedi, non mi sono abituata... però l’ aria fresca è una goduria per i miei polmoni.


NOTA DELL' AUTRICE
Salve ragazzi! Ammetto che il capitolo è un pò scadente, ma volevo aggiornare al più presto e devo ancora elaborare le idee (i suggerimenti per il continuo sono ancora ben accetti! ^_^), ma vi prometto un colpo, anzi due o tre colpi di scena!! Ringrazio vivamente tutti quelli che mi seguono! =D

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Capitolo 11
*** Un atto orribile ***


AVVERTENZE PER I LETTORI
Questo capitolo continene parti che possono impressionare i lettori più piccoli, quindi chi danno fastiodio scene violente e un pò volgari, è pregato di saltare al capitolo successivo.
Un personaggio potrà sembrare
MOLTO OCC, ma verso la fine del capitolo, si spiegherà il motivo. Grazie per l' attenzione!

 


COURTNEY


È un bene che Gwen esca un po’, visto che sono due mesi che bada continuamente a Duncan. Mi chiedo come abbia potuto sopportarlo per così tanto tempo, visto che è un troglodita maleducato, senza garbo né cultura.
Mi siedo vicino a lui e lo guardo attentamente. Non lo aveva mai visto con una faccia così rilassata e beata, sembra quasi un bambino; mi fa quasi tenerezza. E sottolineo il QUASI.
Noto che si sta svegliando. Sussurra “Gwen...” come minimo cinque volte. Beh, avrà una brutta sorpresa a breve.
-    Ben svegliato Neanderthal! –
A momenti muore d’infarto. Fa un balzo e mi guarda con occhi sbarrati.
-    Che ci fai tu qui??? Dov’è Gwen?!? –
-    L’ anno portata fuori a fare movimento e a respirare, visto che sono due mesi che non si è mossa da qui! E non provare a contestare, perché dell’ aria buona le fa solo del bene. –
Mi guarda ancora in cagnesco ma poi cede e si rilassa.
-    Allora Perfettina, come va la tua esistenza? –
-    Non c’è male, non mi lamento. Tu sei ancora vivo, vedo. –
-    Ma dai?? No, sono diventato uno zombie! –
-    Ecco perché puzzi così tanto e i tuoi movimenti sono goffi e rozzi. –
-    Non cambi mai, vero Principessa? –
-    Sta zitto incivile! –
ha quello sguardo che conosco molto bene; quello che mi faceva per farmi calmare quando era il mio ragazzo.
-    Sì, non sei proprio cambiata. E pensare che Gwen mi parla sempre benissimo di te... –
-    Davvero? Beh, Gwen esagera. –
Ammetto che sono lusingatissima. Adoro Gwen!  
-    Sì glielo dico sempre anch’io! –
-    Sei un bastardo, lo sai? –
-    Lo so... e ne vado fiero! –
Brutto incivile, rozzo, cretino, maleducato, puzzolente, ipocrita...
-    Rilassati Principessa! Valà, hai un’ arteria che scoppia! –
-    E vorrei vedere! Sopportare te è una vera impresa! Mi chiedo come faccia la povera Gwen... –
-    Beh, non si è mai lamentata. E a differenza tua, è dolce, non acida. –
-    E tu sei un marcio. Completamente putrefatto. –
Sorride malizioso e la mia stizza sale.
-    Ma dimmi Principessa. Tu come ti trovi con Trent? –
Questa domanda non me la doveva fare...
-    Benissimo Duncan. È simpatico, educato, pulito... – mi interrompe.
-    Ma c’è qualcosa che non va. Courtney non mi inganni, riesco a capire quando qualcuno mente. Andiamo, a me puoi dirlo! –
Sono sorpresa... quel cretino sa che mi passa per la testa. Tanto vale raccontarglielo.
-    Ecco... ved, credevo che dopo il periodo di freddezza che aveva quando c’era il giaguaro fosse passato, ed era tornato il dolce Trent di sempre. Ma adesso... è ritornato più freddo di prima, ed è stato un passaggio graduale, e non me ne sono accorta fino ad adesso. Appena apro la bocca mi urla di stare zitta, quando gli porto da mangiare non mi rivolge lo sguardo e non mi dice neanche grazie, la sera quando ci corichiamo, si sistema di schiena, lontano da me. E appena provo ad avvicinarmi, si sposta. Forse ho combinato qualcosa, ma non so che cosa... non mi sono arrabbiata con lui, ho sempre fatto le solite cose, cucinare, pulire, aiutare te e Gwen... è colpa mia... anche se non so perché... –
Devo trattenermi dal mettermi a piangere. Duncan si mette a sedere e mi abbraccia. Adesso mi sfogo liberamente sulla sua spalla.
-    Piangi sull’ altra spalla dolcezza, questa mi fa ancora male. –
-    Scusami... –
Mi sposto sull’ altra spalla e singhiozzo più forte; sento le sue mani che avvolgono il mio corpo e mi stringono a lui. ricordo i momenti passati con lui, e piango più forte.
-    Ascoltami Courtney. Certamente non è colpa tua. Vedi, noi maschi ogni tanto, ci comportiamo in modo strano, ma fidati, non vogliamo farvi torto e dopo, molto spesso ci pentiamo di quello che abbiamo fatto, perché inconsciamente vi abbiamo fatto soffrire. Non lo sappiamo neanche noi perché lo facciamo, ma purtroppo è così. Ci parlerò io con Trent, tu devi solo tenere duro. Tranquilla, non singhiozzare più, che mi smoccoli tutto! Và, mi hai anche lasciato la scia di lumaca sulla spalla! Che schifo! – ride di gusto.
Prende il mio viso tra le mani e mi costringe a guardarlo negli occhi. Occhi che a seconda della situazione possono diventare di ghiaccio, cielo, d’acqua e di zaffiro. Adesso sono di cielo, calmi, infiniti, rassicuranti. I nostri visi sono a pochissima distanza tra loro. Lo stringo con le braccia e mi lascio cullare dalle sue forti braccia, chiudendo gli occhi.
Non so quanto tempo passa, forse mezz’ora, forse due minuti, ma sento la voce di Duncan lontana e indistinta:
-    Ehi Principessa? Ti sei addormentata? –
-    No... pensavo. E ti devo ringraziare, ora sto meglio... –
-    Vedi che dopotutto non sono così inutile? –
-    Va bene, ti chiedo scusa. A proposito, come ti senti? –
-    Meglio, meglio. Un po’ umidiccio, ma sto meglio. –
Mi stacco dall’ abbraccio e mi asciugo col palmo della mano le lacrime. Proprio in quel momento entra Gwen, che mi guarda preoccupata.
-    Courtney che è successo?? Perché hai pianto? Duncan, sei stato tu?? –
-    Ma perché deve essere sempre colpa mia?? –
-    No Gwen, non è stato lui!! E’ che ho dei problemi di irrilevante conto, e me la sono presa troppo. Ma tranquilla, ora sto bene! –
Guarda Duncan con sospetto, ma poi sorride e mi mette una mano sulla spalla.
-    L’ ultimo pezzo non credo che sia vero. Quando vuoi, puoi sempre parlare con me. –
-    Ti ringrazio Gwen... ma ho parlato con Duncan, e mi sento meglio... –
-    Duncan? Davvero? Ehi, da quando in qua ti metti a risolvere i problemi di noi ragazze? –
-    È la mia attività segreta, non lo sapevi?  -
Gwen sospira e alza gli occhi al cielo; poi ritorna a guardarmi.
-    Comunque, sappi che per te io ci sono sempre! Vuoi rimanere ancora un po’? –
-    No grazie, dovrei andare, Trent mi sta aspettando... –
Duncan mi rivolge un’ occhiata interrogativa. No ricambio lo sguardo, saluto Gwen ed esco.
Mi trovo Trent davanti. E non ha un’ aria amichevole.
Improvvisamente un’ orribile sensazione di terrore si impadronisce di me.
-    Courtney, dobbiamo parlare. ORA. –
Ha un tono così duro, d’acciaio, che non oso ribattere; lo seguo impaurita.
Non lo riconosco più ormai, non è lui... mi fa terrore.
Mi porta sulla spiaggia, in un punto lontano dal campo. Si gira e mi fissa con occhi truci, da assassino. Ho i brividi...
-    E allora vedo che mi tradisci Courtney... –
-    Cosa?!? –
-    NON FARE LA FINTA TONTA!!! – sta urlando – vi ho visti abbracciati, mentre piangevi!! E poi vi stavate baciando!! –
-    Ma non è vero che ci stavamo baciando!! –
-    Eravate lì lì per farlo! Lo guardavi con occhi sognanti e desiderosi!! –
-    Ma non... Tu mi spiavi!! –
-    Certo! E ho fatto bene! Ormai erano settimane che sospettavo una tua relazione con Duncan! Quando andavi da lui eri così contenta e ci rimanevi per ORE!!! –
-    Ma perché parlavo con Gwen! Ero contenta perché vedevo lei, non Duncan!! –
-    Ma mi hanno detto che Gwen dormiva sempre!! –
-    Non è vero Trent! Lei... –
-    Mi hai mentito per tutto questo tempo!! Sei una TROIA COURTNEY!!! –
Non riesco a dire nulla. Uno schiaffo fortissimo mi colpisce e cado a peso morto sulla sabbia. Il colpo è stato così violento che sono ancora tramortita, non riesco neanche a piangere. È un incubo...
Provo a rialzarmi, ma Trent mi afferra per i capelli e mi solleva.
-    Sono già stato tradito una volta e mi hanno trattato come uno scemo. Ma ora è diverso... Courtney, te la farò pagare cara. Molto cara. –
Mi ributta a terra e mi immobilizza le braccia. I suoi occhi guardano ferocemente i miei, colmi di terrore. Non fa una piega, neanche un accenno di compassione. Mi immobilizza anche le gambe. Furiosamente comincia a togliermi i pantaloni e gli slip.
NO!!! Non può farlo!!
-    La devi pagare cara Courtney... –
Si toglie anche i suoi pantaloni. Chiudo gli occhi e cero di liberarmi, ma è molto forte e mi tiene praticamente inchiodata a terra.
-    Trent... ti prego... non puoi farlo... – singhiozzo disperatamente, ma non si incrina neanche di poco.
-    Invece posso eccome. –

Il dolore è atroce. Sia quello fisico, che quello dell’ anima. Ogni spinta fa più male della precedente. Continuo a dimenarmi e a urlare, ma non accenna a lasciarmi libera.
Gioco l’ ultima carta. Lo azzanno ferocemente sul collo. Urla sorpreso, e cade di lato. Raccolgo in tutta fretta i pantaloni e scappo il più velocemente possibile. Non so se mi stia inseguendo, ma non ho alcuna intenzione di fermarmi. Mi inoltro nella boscaglia, col cuore a mille. Non so dove andare, ma certamente il più lontano possibile da Trent. Sento dei passi dietro di me.
-    Courtney, FERMATI!! –
È lui.
Vengo assalita dal panico e corro più forte. Gli alberi diventano una cosa indistinta, mille pensieri si accavallano nella testa, corro, corro.
Giro un masso e mi ritrovo in una radura. Qui sono una facile preda. Vado a sinistra, dove trovo un cespuglio abbastanza grande per nascondermi.
Ma appena giro dietro al cespuglio, delle braccia mi afferrano e mi trascinano giù. Una mano mi tappa la bocca e l’ altra stringe il mio ventre.
-    Stai zitta. Non muoverti. –
Duncan!! Non sono mai così felice di vederlo!
Cerco di rimanere immobile, anche se tremo come una foglia. Sento dei passi che si avvicinano verso di noi e vengo assalita dal panico. Vedo la mano di Duncan scivolare verso la sua tasca, tirare fuori il suo coltellino e far scattare la lama.
Chiudo gli occhi e mi appiccico di più a Duncan. Dopo un tempo che mi pare infinito, i passi si allontanano definitivamente e mi accascio come uno straccio bagnato tra le braccia di Duncan che mi sorreggono. Piango come non ho mai fatto prima.

DUNCAN


Non avrei mai creduto che Trent fosse così. Non oso immaginare che cos’altro avrebbe fatto a Courtney se l’ avesse presa. Meno male che ho sentito le sue urla... altrimenti non sarei mai arrivato in tempo. Gwen si starà chiedendo dove sono finito...
Courtney trema. Ha gli occhi sbarrati e singhiozza senza controllo. Non so che cosa fare in questa situazione, mi sento inutile.
Cerco di tranquillizzarla un po’, cullandola, accarezzandole i capelli, sussurrandole parole di conforto. Sembra che si calmi un pochino. Mi accorgo che stringe in mano dei pantaloni, i suoi. Guardo in basso e distolgo velocemente lo sguardo, avvampando come un cretino.
Ma quindi Trent ha...
Mostro. Non credevo che sarebbe arrivato a questo. Credevo che l’ avesse picchiata, e invece... ha fatto una cosa orribile.
Ributto lo sguardo e mi accorgo che sanguina. Trent è stato violento. Molto violento.
Col coltello mi strappo un lembo dei miei pantaloni e glielo porgo.
-    Scusa, dovresti asciugarti il sangue tu. Se lo faccio io, potresti fraintendere... –
Cerca di prenderlo, ma la mano le trema così tanto che non ce la fa.
-    Non fraintendo... mi stai aiutando... grazie Duncan, grazie davvero... mi hai salvato... –
-    Non esagerare Courtney... ora calmati e respira. Tranquilla, è passato tutto. –
Evitando di arrossire come un ritardato, le asciugo il sangue, ma appena la tocco sulla vagina, esclama un gemito di dolore.
-    Fa male? –
Improvvisamente un odore familiare, lieve mi giunge alle narici e sento un fruscio. Ma cerco di ignorarlo.
Courtney annuisce vigorosamente, con le lacrime che scivolano sulle guancie. Cerco di essere il più delicato possibile, ma continua a lamentarsi. Presto ho il pezzo di stoffa completamente zuppo di sangue; l’ emorragia è lenta, ma non accenna a fermarsi. La devo portare urgentemente al campo, o le sue condizioni peggioreranno molto.
Metto un braccio sotto le sue gambe, l’ altro sotto la sua schiena e la sollevo il più delicatamente possibile e mi avvio verso il campo. Singhiozza ancora e si avvinghia a me.
Appena arriviamo, tutti ci guardano con occhi spalancati e si precipitano verso di noi. Noah è il primo ad arrivare, seguito da Eva, entrambi visibilmente preoccupati.
-    Che le è successo??? –
-    Vorrei parlarne in privato se non ti dispiace. Prima però dobbiamo curare Courtney. Eva, tienila. –
-    Sì, dalla a me. –
Le passo Courtney e la porta di corsa in una capanna, seguita da tutte le altre ragazze. Io e Noah entriamo nella sua capanna, respingendo gli altri ragazzi. Ci sediamo.
-    Per prima cosa, voglio sapere chi è stato. –
-    Trent. –
Non ci crede. E vorrei vedere.
-    Stai scherzando vero? Andiamo, Trent... non è possibile. –
-    Lo credevo anch’io... ma ho visto tutto con i miei occhi e Courtney può confermare. È sotto shock. –
-    Ho visto... ora voglio sapere che le ha fatto... ma forse credo di saperlo... non aveva i pantaloni... –
-    Sì, l’ ha violentata. E non è stato tanto delicato, visto che Courtney sanguina. –
-    Ma perché lo ha fatto?!? –
Mi blocco. In effetti, non lo so...
-    Non saprei. Bisognerebbe chiederlo a lei, anche se dubito che abbia voglia di parlare... –
-    Tu come l’ hai trovata? –
-    Ho avuto dei sospetti quando è uscita dalla mia capanna. Ho visto Trent dirle che dovevano parlare. Senza pensarci due volte mi sono alzato ( non rompere sul fatto che dovevo rimanere seduto! ) e ho cercato di seguirli, ma li ho persi di vista. Poi ho sentito Courtney urlare, credevo che fosse nella foresta e sono corso lì. L’ ho vista che correva, inseguita da Trent. Mi sono messo dietro a un cespuglio, ho aspettato che arrivasse e l’ ho afferrata e nascosta da Trent. Poi ho aspettato che se ne andasse e l’ ho portata qui. –
Noah ha un momento di riflessione.
-    E dov’è Trent adesso? –
-    Non lo so. Come ci comporteremo quando tornerà? –
-    Io direi di instaurare un processo, per sentire la sua versione dei fatti e decidere il da farsi. –
Annuisco. Prima però, dobbiamo trovarlo. E ora che ci penso, non ho visto Gwen.
-    Noah, sai dov’è Gwen? –
-    Non era andata con te? L’ ho vista inoltrarsi nella boscaglia! –
-    No... non era con me... –
Il fruscio che ho sentito nella foresta... quell’ odore familiare...
Era forse lei??
Quindi... mi ha visto con Courtney!! E non sa dell’ accaduto!
Potrebbe pensare... che io e Courtney...
Maledizione! Ma perché???
-    Duncan che succede?? –
-    Credo che Gwen abbia visto me e Courtney nella foresta e non sapendo nulla, potrebbe aver pensato che... –
-    Ho capito. Ma che diavolo sta succedendo? Prima Courtney, adesso Gwen... –
-    Vorrei saperlo anch’io... –

GWEN


Li ho visti. Li ho visti.
Abbracciati stretti. E Courtney era nuda per metà.
Che ho fatto di sbagliato? Ho detto qualche parola di troppo? Forse perché l’ ho lasciato stamattina con Courtney...
Fatto sta che Duncan si trova meglio con Courtney. E non mi ha detto nulla... avrei capito, o almeno ci avrei provato... invece...
Cammino come uno zombie sulla spiaggia, senza meta. Non riesco neanche a piangere, e mi fa male tutto.
La luna è già alta e illumina tutta la spiaggia. Non so a cosa pensare, che cosa fare o dire. Ho perso l’ amore della persona alla quale tenevo di più. Che mi resta ormai?
Continuo a camminare, finché non mi lascio cadere a terra a peso morto, sulla sabbia.
Allungo la mano verso una grossa conchiglia e la spezzo in due, mi metto a sedere, alzo il collo e avvicino un pezzo della conchiglia dalla parte del bordo tagliente. Lo appoggio sull’ arteria, sto per affondarlo nella carne, quando qualcosa mi blocca.
Provo di nuovo, ma niente da fare.
Una voce nella mia testa inizia a urlare.
“ se lo farai, sarai un’ assassina... un’ assassina...”
Perché assassina? Sto uccidendo me, non altri...
“Assassina... Assassina...”
Continuo a non capire, e la voce si fa più intensa. Chi potrei uccidere, se non me?
Forse qualcuno che è legato a me...
Duncan? Impossibile, lui ha Courtney ora. Ha rotto il nostro patto d’ amore, che abbiamo stipulato nel nostro luogo segreto.
Un momento...
Il patto...
 Faccio un rapido calcolo. Quando abbiamo fatto sesso?
Oltre due mesi fa.
E da quanto non ho il ciclo?
Da oltre due mesi.
Quindi io... io... sono...
Delle grida interrompono i miei pensieri. Butto via la conchiglia, mi alzo di scatto e guardo intorno a me. In lontananza vedo qualcuno. Cerco di raggiungerlo.
Più mi avvicino, più mi accorgo dei dettagli.
È Trent.
E sta sbattendo la testa contro uno scoglio. È a schiena nuda, e su di essa, ci sono delle strisciate sanguinanti.
Lo raggiungo il più velocemente che posso e cerco di trascinarlo via, ma mi scaglia dall’ altra parte. Non mi arrendo e lo afferro per il braccio.
-    TRENT SMETTILA TI PREGO!!! –
Stavolta s accascia a terra, piangendo, singhiozzando e lamentandosi. La faccia è una maschera di sangue e sullo soglio ce ne dell’ altro...
Cerco di ripulirgli la faccia con la sua maglietta, che era buttata in un angolo, e gliela avvolgo sulla testa, per fermare il sangue. Mi inginocchio davanti a lui e cerco di parlargli.
-    Trent, perché fai così? Perché piangi? –
-    Gwen... sono un mostro... ho... fatto qualcosa di... orribile... –
-    Che è successo?? –
-    Io... io... ho... violentato Courtney! SONO UN MOSTRO!!! –
COSA??!!?? Che avrebbe fatto???
-    Trent, stai calmo, e raccontami come è andata. –
Cerca di controllarsi, si asciuga le lacrime e con voce tremante, parla.
-    Erano settimane che sospettavo che Courtney avesse un interesse per Duncan...  oggi, mentre tu non c’eri, li ho spiati e... li ho visti abbracciati e si stavano per baciare... i loro visi erano a pochi centimetri l’ uno dall’ altro! In quel momento ho avuto un violento attacco di... –
Si ferma. Stringe i pugni e parla con fatica.
-    Gwen, sono anni ormai che soffro di schizofrenia. Non l’ ho mai detto a nessuno, perché è una cosa della quale mi vergogno molto, ma ora è giunto il momento di confessare... forse non mi crederai, ma ti giuro che è tutto vero... –
Mi guarda con occhi disperati. Io sono sconvolta.
-    Vedi, io ho due personalità completamente diverse. Quella che normalmente vedete, da bravo ragazzo, e una feroce, aggressiva. Questa compare molto raramente, di solito quando sono arrabbiato... e mi trasforma in un essere mostruoso. Non ho il controllo di quello che faccio e spesso, quando ritorno in me... non ricordo nulla di quello che ho fatto. Oggi, quando sono ritornato in me, all’ inizio non ricordavo nulla, ma poi... ho ricordato tutto. Ecco, mi sono lasciato prendere da questa personalità aggressiva, e... e senza controllo io... ho immobilizzato Courtney a terra, e... l’ ho stuprata senza ritegno. Si è difesa ed è scappata, io rabbioso l’ ho inseguita... per fortuna l’ ho persa, altrimenti non so che avrei potuto farle... i suoi occhi terrorizzati, le sue orribili urla... devo morire per quello che ho fatto Gwen! Non posso rimediare a questo orribile crimine!! Uccidimi ti prego... UCCIDIMI!! –
Prima che possa fare altro, lo abbraccio il più stretto che posso. Non devo permettergli di fare altro. È vero quello che ha fatto è una cosa bruttissima, ma... in fondo non era colpa sua. Non è colpa sua se è malato.
-    Trent, io ti credo. Ora calmati per favore. Dobbiamo tornare al campo e... –
-    NO!!!! Non posso più vedere gli altri, devo andarmene! Non posso mostrarmi a loro... sono un essere impuro e orribile... –
-    Ma dobbiamo andare! Non puoi scappare Trent! Non puoi... io stavo per scappare, quando ho visto Duncan e Courtney nella foresta... ma ora capisco che ho frainteso tutto. E stavo per ammazzarmi. Ma ho capito che non posso fuggire. Non più. E non voglio diventare un’ assassina, uccidendo mio figlio. E io non ti permetto di scappare. Dobbiamo tornare Trent. –
Quegli occhi disperati mi guardano ancora a lungo.
-    D’ accordo. Ma io sarò a favore della pena di morte. –
-    Non dire scemenze. Forza, torniamo. –
Lo aiuto a rialzarsi, lo sorreggo e ci incamminiamo nel più completo silenzio. La sabbia si macchia del suo sangue che cola dalla sua schiena.
Si vedono le luci in lontananza del campo e Trent ha un sussulto e si ferma.
-    Non fermarti, andiamo. Tranquillo, non permetterò che ti tocchino con un dito. –
Avanziamo barcollando, ha perso troppo sangue. Vedo Heather che ci ha visto e urla
-    Trent e Gwen tornano! Trent e Gwen tornano! –
Tutti sono usciti e stanno formando una barriera davanti al campo. Alejandro è davanti e squadra Trent con occhio truce.
-    Tu qui, vivo non entri. –

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Capitolo 12
*** Il processo ***



GWEN


Alejandro non accenna a spostarsi, come tutti gli altri del resto. Guardano Trent con odio, con disprezzo. Li conosco molto bene quegli sguardi... li ho patito anch’io, quando ero all’ orfanotrofio, ed è una cosa che non sopporto.
-    Alejandro, spostati. Lui entrerà, vivo o morto. –
-    Ha commesso un’ orribile crimine, non è più degno di stare tra noi. –
-    Invece ne ha tutto il diritto! La vostra anima di certo non è più sporca della sua! –
-    Gwen... lascia perdere... ha ragione... –
-    Trent, fai silenzio. Alejandro, te lo dico per l’ ultima volta. LASCIACI PASSARE. –
Esita. Però dovrebbe decidersi in fretta, Trent non ce la fa più a tenersi in piedi.
-    Alejandro, Trent è ferito gravemente. Se non volete curarlo voi, lo farò io, mi prendo io la responsabilità. SPOSTATEVI HO DETTO!! –
Stavolta si scansano, e formano un varco. Alejandro non riesce a guardarmi negli occhi.
Passo tra loro, cercando di sorreggere Trent al meglio; ormai non ce la fa più.  Appena superiamo la barriera di ragazzi, si sentono degli urletti e dei mormorii. Devono aver visto le ferite di Trent, quelle che ha sulla schiena.  Sorreggendolo a fatica (è pesante), lo porto nella mia capanna. Per fortuna Duncan non c’è, altrimenti non l’ avrebbe fatto entrare neanche se fosse completamente squartato, anzi, ci godrebbe.
Trent è veramente stremato, e crolla a terra con un tonfo sordo, respirando pesantemente.
-    Non ti muovere Trent, vado a preparare qualcosa per le tue ferite... –
-    No!! Lascia che io soffra... devo cercare di pagare, per quello che ho fatto. –
-    Ma piantala idiota! Dunque, mi sa che ci vuole... –
-    Non uscire, resta qui. Ti prego... –
Tentenno, perché dovrei curare le sue ferite, ma alla fine decido di rimanere. Anche perché non voglio mica lasciarlo da solo... e mi sono ricordata che qualche erba medicinale è rimasta in una noce di cocco, per Duncan. La prendo e mi siedo vicino a Trent, e incomincio a riempire d’acqua la noce di cocco e mischiare il tutto con un bastoncino.
-    Gwen, secondo te mi esilieranno. –
-    Se ci provano, io vengo con te. –
-    E non pensi a Duncan? Gwen, io sono veramente un mostro, potrei violentare anche te... dovresti starmi lontano. –
-    Trent, ti prego...  io mi fido di te. E poi non è colpa tua, non è colpa tua se sei malato... non eri in grado di intendere e di volere. –
-    Quindi tu mi credi? –
-    Sì ti credo. E sono sicura che è vero, perché mi è ritornato in mente un fatto. Quando eravamo ancora nel Reality ed eravamo insieme, per passare alla seconda stagione, Chris ci aveva obbligato di fare un esame medico, sia fisico che psicologico. –
-    Sì, ricordo... –
-    Io ti avevo proposto di farlo insieme, ma tu eri stato irremovibile, volevi farlo a tutti i costi da solo, anche se avevo messo il broncio. E qualcuno, alla fine degli esami, qualcuno (Heather sicuramente) ha sparso la voce che sulla cartella dei tuoi risultati psicologici era scritto “soggetto tendente a forti attacchi schizofrenici.”. Ma nessuno ci aveva creduto, e neanche due minuti dopo, la voce era caduta e tutti se ne sono dimenticati. Ricordi? In quei momenti eri estremamente nervoso e preoccupato. –
-    È vero, temevo che lo aveste scoperto e avrei perso i miei amici... ma per fortuna, non ci ha creduto nessuno, era troppo surreale, vero? –
-    Già... –
Raccolgo con le dita il miscuglio che ho ottenuto, e lo spalmo sulla sua schiena. Sobbalza.
-    Gwen, ti ho detto di non farlo. –
-    VUOI STARE ZITTO?? La devi piantare Trent. –
Non risponde e si rassegna; emette la sua idea sospirando. Quando ho finito, e lo ho pulito del sangue, parla.
-    Gwen, tu prima mi avevi detto che se ti uccidevi, uccidevi tuo figlio. Questo vuol dire che sei...? –
-    Sì Trent, sono incinta. Aspetto un figlio da Duncan. –
-    È bellissimo Gwen... Duncan lo sa? –
-    Non ancora. L’ ho scoperto prima di trovarti, non ho avuto tempo di dirlo, ti pare? –
-    Sì, hai ragione. Gwen! Mi è venuto un dubbio orribile! E se... avessi messo incinta Courtney?!? No... questo sarebbe il massimo dell’ orrore... non me lo perdonerei mai! MAI!! Come se non le avessi già inferto abbastanza. –
-    Trent, calmati. Si troverà una soluzione a tutto vedrai. Te lo prometto. –
-    Sì, ci sarà... con la mia morte. È l’ unica soluzione. –
-    Ti ho detto di smetterla! –
-    Ma è vero Gwen! Ho commesso un atto indegno, mi sono macchiato di sangue. Non potrò mai rimediare veramente... –
Non so che cosa dire. Consolare non è mai stato il mio forte. L’ unica idea che mi viene in mente è di andare a chiedere a Noah. Ma se lascio Trent da solo, chissà che cosa potrebbe combinare...
-    Trent, io vado da Noah. Tu non fare nulla, soprattutto farti male. Posso fidarmi? –
-    Sì Gwen... –
-    Guardami negli occhi. – lo costringo a farlo. – posso fidarmi? Promettimi che non farai nulla di autodistruttivo. Prometti?? –
-    Te lo prometto Gwen. Anche perché non ne ho la forza, non riesco neanche a sollevare un dito. –
-    Va bene, mi fido. Io vado, ci vediamo dopo. –


Appena sono uscita, mi hanno squadrata da capo a piedi. Forse perché sono coperta dal sangue di Trent. Dovrei andarmi a lavare...
Voglio essere sicura che non se ne approfittino della mia assenza per... far del male a Trent.
-    Non osatevi avvicinare a Trent, o ve la farò pagare! –
Abbassano tutti il capo. Perché sono così... buonanimi con me? E umili?
Leshwana si avvicina a me, vedo anche in lei una sensazione di timore.
-    Tu sai che è successo, vero? –
-    Sì, me lo ha detto Trent. Ecco perché è ridotto così, s è voluto punire, o almeno ci ha provato. Per lui non è abbastanza, dice che vuole morire tra atroci sofferenze per cercare di rimediare... –
-    Cioè vuoi dire... che si è fatto lui quelle frustate...?? –
-    Sì, aggiungendo le ferite alla testa. Sbatteva contro uno scoglio ripetutamente... –
Non parla. Lo sta certamente rivalutando.
-    Gwen, Duncan è andato a cercarti. –
-    E perché mai scusa? –
-    Era preoccupato a morte... sapeva che lo avevi visto nella foresta con Courtney e non tu conoscendo gli avvenimenti, ecco... –
-    E pensava bene. Ho frainteso tutto all’ inizio e l’ ho presa molto male. Stavo per ammazzarmi, ma poi mi sono accorta che aspettavo un bambino, e... sarei stata un’ assassina... –
-    Ma cara!!! Tu aspetti un bambino!! Ma perché non me lo hai detto prima?? –
-    Perché l’ ho scoperto neanche mezz’ora fa!! Cambiando discorso, dov’è Noah? –
-    Nella sua capanna... che ci devi andare a fare? –
-    Chiedergli della sorte di Trent. –
Non parla più, guarda per terra. La saluto e mi dirigo verso la capanna di Noah; arrivo sull’ uscio.
-    Noah? Sono Gwen. Posso entrare? Devo parlarti. –
-    Gwen!! Entra pure carissima! Ero preoccupato sai? –
Entro e mi siedo.
-    Chiedo scusa se vi ho fatto preoccupare... –
-    Duncan era il più preoccupato di tutti, è... –
-    Andato a cercarmi, lo so. Mi hanno aggiornato. E i suoi timori erano fondati, stavo per... hai capito. Ma ho trovato Trent, e l’ ho portato qui... –
-    Lo so. Mi hanno detto che è ferito... si è frustato da solo... –
-    È tutto vero, si è voluto punire. Ma per lui non è abbastanza... dice che vuole essere condannato a morte, ecco perché sono qui, per chiederti che ne sarà di lui, che hai intenzione di fare... –
-    Ecco... pensavo domani mattina di istituire un processo; non so che altro fare, non mi sono mai ritrovato con casi del genere. –
-    Potrei fare la difesa? Noah, la verità è che Trent non è... in grado di intendere e di volere. Non ci crederai, ma appena Trent parlerà, capirai tutto. E io ho delle prove per dimostrare che è vero. –
-    Che intendi Gwen? Non è in grado... di intendere e di volere? –
-    A volte gli capita. Non posso dirti nulla, è Trent che deve parlare. –
-    Capisco... mi sa che ci deve dire molte cose. Gwen, io non lo condannerò, non sono un tipo che condanna. Dobbiamo solo vedere il giudizio degli altri... anche se so che non sarà tanto clemente... –
Non riesco a parlare o dire altro. Forse condanneranno Trent... Beh, io non lo permetterò mai, lotterò con i pugni e coi denti.
Sentiamo la “porta” che si apre e ci giriamo. È Ezekiel. È da tanto che non lo vedo, è più alto.
-    Gwen, Courtney vuole vederti. E Noah, Eva e Duncan stanno tornando. –
Voglio vedere Duncan, ma Courtney è in priorità. Saluto Noah e seguo Ezekiel. Mi accorgo che è anche più muscoloso.
-    Zeke, vedo che sei cresciuto! –
-    Sì infatti, me lo dicono tutti! Ehi, è da tanto che non ci si vede! –
-    Mi hanno detto che sei tu a curare le capre e che sei molto bravo. –
-    Ah, mi lusingano troppo! Beh, mio padre aveva una fattoria, qualcosa avrò dovuto imparare! E badare alle capre è divertente! Oh, siamo arrivati. –
Scosta le foglie d’entrata e mi ritrovo in uno spazio nero. Quando riesco ad abituare gli occhi all’ oscurità e vedo Courtney distesa a terra. Mi inginocchio.
-    Courtney, sono Gwen. –
-    Gwen? Ciao, sono felice di vederti... –
Ha una voce soffocata e gli occhi sono lucidi.
-    Davvero? Anche io. –
-    Ho sentito che Trent è tornato... –
Ingoio amaro.
-    Sì, l’ ho riportato io... –
Ho una sensazione opprimente al livello dello stomaco e non aggiungo altro. Anche Courtney rimane in silenzio per qualche minuto.
-    Leshwana mi ha detto che sei incinta. –
-    Sì è vero. Aspetto un bambino da Duncan. –
-    Ma è stupendo Gwen!! Potrei essere la sua zia? –
-    Ahahahahah, certo Courtney! E magari quando ritornerò tardi dal lavoro, me lo porterai in centro a fare compere! –
-    Sei spiritosa Gwen! Hai già deciso come chiamarlo o chiamarla? –
-    No, perché ho scoperto di essere incinta neanche un’ ora fa e non mi è passato neanche per la testa. E poi è una cosa che devo decidere con Duncan. –
Sorride leggermente. Almeno sono riuscita a farla sorridere.  
Improvvisamente Bridgette entra e si rivolge a me:
-    Gwen, Duncan è ritornato. –
-    Vengo subito... Scusami Courtney, ma Duncan mi crede praticamente morta... –
-    No, no vai pure! Parleremo un’ altra volta! –
Stringe la mia mano con energia e ricambio la stretta, mentre mi fa l’ occhiolino. Mi alzo e seguo Bridgette, ma appena esco fuori, mi viene improvvisamente mal di testa e ho una grandissima voglia di vomitare. Bridgette si allarma.
-    Gwen, stai bene?? Sei pallidissima! –
-    No, è che mi è arrivata una zaffata di aria gelida in faccia e mi ha tramortita! Ah, dov’è Duncan? –
-    Da Noah, con Eva. Ti accompagno? Sembra che tu stia veramente male! –
-    No grazie, ce la faccio da sola. Ciao Bridgette! –
Mi fa un cenno di saluto e ritorna da Courtney. Io invece, mi dirigo verso la capanna di Noah (di nuovo), col cuore in tumulto. Nonostante io abbia capito che si era trattato di un malinteso, che Duncan stava AIUTANDO Courtney. Non so, ho una strana sensazione. Sono nervosa.
Forse perché gli devo dire del bambino e non so come la prenderà...
Improvvisamente ho paura. Paura che mi ripudi. No, Duncan non lo farebbe mai...
E aveva detto che avrebbe voluto un figlio da me...
Quindi Gwen, calmati!
Sono davanti all’ entrata; con voce tremante dico:
-    Noah, sono Gwen... di nuovo. –
-    Entra pure! –
Appena metto un dito nella capanna, una forza misteriosa mi avvinghia. Una forza sudata, calda, che mi stritola sempre di più. Mi manca il fiato, la testa ritorna a girare...
-    Gwen... oddio, avevo così paura... –
Duncan.
Maledizione, vuole forse uccidermi?
-    Ti chiedo scusa, ma potresti mollarmi? Non respiro... –
-    Oh scusami... –
Mi lascia e cado a terra. Mi sento rintontita, completamente fuori. Duncan si siede e mi prende la mano.
-    Gwen, stai bene? –
-    Non proprio... mi gira la testa e mi viene da vomitare. Credo di sapere il perché ma te lo dico dopo. Ehi tranquillo, calmati! –
-    Scusami è che ero veramente preoccupato... insomma... -
-    Ora calmati, non è successo niente. Sì va bene, all’ inizio ho frainteso, ma poi sono riuscita a fermarmi da quello che stavo per fare... –
-    Ti prego, scusami! Avrei dovuto dirti dove stavo andando... –
-    No Duncan, sei stato coraggioso. Sono molto orgogliosa di te, hai difeso Courtney, l’ hai aiutata. –
-    Ti ringrazio Gwen... –
-    Ma ringraziarmi di cosa, scemo? Ah, Noah hai parlato con Trent? –
-    Sì, ci ho parlato. E avevi ragione su quello che diceva... all’ inizio non ci credevo, ma adesso sì. E le sue ferite sono... impressionanti. Non ci volevo credere che se le era fatte lui. – Duncan lo interrompe.
-    Aspettate un momento! Trent... è qui? –
-    Sì, lo ha riportato indietro Gwen. È nella vostra capanna. –
-    COSA?? Quel lurido bastardo è in casa nostra?!? –
-    Duncan, per piacere... –
-    Per piacere un corno! Lo sai quello che ha fatto vero? –
-    Certo! E so che non era colpa sua! –
-    Che stai dicendo?? –
-    Duncan, tu sei troppo impulsivo. Domani capirai. –
Sta per ribattere, ma si rassegna.
-    E noi dove dormiamo, sentiamo? –
-    Fuori! Ti crea qualche problema? –
-    Sì, se è per colpa di quel sudicio essere! –
Noah si mette tra me e Duncan.
-    Guardate che potete benissimo dormire qui! Tanto, c’è spazio per tutti! –
-    Per me va bene. Ti ringrazio Noah. –
-    Figurati Duncan! Eva dovrebbe essere qui a momenti, penso che non le dispiacerà! Oh, eccoti qui Eva! –
Eva entra e ci guarda perplessa.
-    È... successo qualcosa? –
-    Sì, Gwen e Duncan dormono da noi stasera. È un problema? –
-    No, affatto! Siete i benvenuti! Basta che QUALCUNO – si rivolge a me – faccia silenzio stanotte! –
Mi guarda ghignando e mi metto a ridere. Povera Heather!!
-    Gwen, di chi state parlando? –
-    È meglio che tu non lo sappia! Hihihihi... va bene. Noah, dove ci sistemiamo? –
-    Dove volete voi, per noi è uguale, vero Eva? –
-    Certamente, fate come se foste a casa vostra! –
Duncan mi fa alzare e barcollo leggermente; mi stringe i fianchi e avvicina il suo viso al suo.
-    Gwen, tu non stai bene... –
-    Lo so, ma non preoccuparti... quando sarai calmo ti spiegherò bene. È necessario che tu lo sia... e anche seduto. –
-    Inizio a preoccuparmi seriamente! –
Nella mia testa penso “Dovresti!”, ma non lo dico; si preoccuperebbe ancora di più! E Duncan preoccupato, uguale mare di guai!
Mi porta in un lato della capanna e mi fa sedere delicatamente; subito dopo mi sdraio per terra, perché sono veramente stanca e sento Duncan sdraiarsi vicino, mentre mi circonda con un braccio.
-    Allora, mi vuoi dire che hai? Sono calmo e sono seduto. –
-    Va bene... ecco, sto male perché forse non ho mangiato nulla stasera o forse perché... ehm... – mi è cosi DIFFICILE dirlo!
-    Gwen ti prego, non tenermi sulle spine! –
Ora o mai più.
-    Perché sono incinta. –
La mia impressione è che il tempo si sia fermato. Non oso guardare negli occhi Duncan, perché quell’ orribile paura si fa risentire. Ma sento le sue forti braccia che stringono il mio corpo, e con la voce interrotta dai singhiozzi dice:
-    Un bambino!! A-avremo un bambino!! Diventerò padre!! È-è... la cosa più bella che mi potesse mai capitare!! Un bambino! –
-    Vedo che sei contento... –
-    Contento è dir poco Gwen!! Non mi sono sentito così felice da anni!! Anzi mai!! Io sarò papà!! –
-    Controlla il tuo entusiasmo o finirai per stritolare me e il bambino! No sul serio, mi stai soffocando... –
-    Scusami, scusami! – allenata la presa – E’ solo che sono così... FELICE!! –
-    Sono contenta... avevo paura che mi ripudiassi. –
-    Non l’ avrei mai fatto, lo sai. Vieni qui amore mio! Non ci credo, un figlio... –
Ormai si è incantato su questo disco. Eva chiede:
-    Gwen, Duncan che sta succedendo? Mi sembra importante... –
-    Avremo un bambino! Sarò padre! PADRE!! Vi rendete conto?? –
Alzo gli occhi al cielo. Niente da fare, è partito per Stordilandia.
-    COSA?? Congratulazioni!!! –
Noah fa le congratulazioni?? Ma qui siamo impazziti tutti!
Si alza e si inginocchia davanti a me.
-    Di quanto è Gwen? –
-    Dieci settimane circa... –
-    Mmmhhh... okay, abbiamo tutto il tempo per attrezzarci. Noi ti staremo sempre vicino Gwen, qualunque cosa succeda. –
-    Vi ringrazio infinitamente di cuore... davvero, sono commossa... –
Ed è vero, ho gli occhi lucidi, mi sa che fra poco mi metterò a piangere.
-    Non devi tranquilla! Ora riposiamoci okay? Buonanotte! –
-    Buonanotte! - Diciamo io e Duncan all’ unisono.
Mi rilasso e cerco di respirare regolarmente, mentre Duncan giocherella con una ciocca dei miei capelli. Lentamente chiudo gli occhi, ma sento qualcosa di strano come... dei gemiti. E si fanno sempre più forti. Non è che per caso sono...
-    VI AVEVO DETTO DI FARE PIU’ PIANO!!! HO ANCHE DEGLI OSPITI IN CASA, SI GRADISCE DORMIRE QUI!! –
Eva è una grande!!

********************

Vengo svegliata da una mano che scuote la mia spalla.
-    Gwen svegliati, dobbiamo andare. –
Noah... nmfrghragnf... lasciami dormire...
-    Gnuf... andare dove? –
-    Al processo ricordi? –
IL PROCESSO! TRENT!
Scatto in piedi come una molla, mi precipito fuori e vado a sbattere contro Geoff, cado a terra e lo sento ridere.
-    Ehilà Gwen, come mai tanta fretta? – mi aiuta a rialzarmi.
-    Oh niente... mi sono svegliata di soprassalto. –
-    Gwen, ma dove volevi andare? – è Noah.
-    Scusami credevo fossi in ritardo... –
-    Beh, non abbiamo neanche incominciato. Su dobbiamo andare alla spiaggia, molti sono già là e ci aspettano. –
-    Allora vedi che sono in ritardo?? –
-    No, non lo sei, perché senza di me non si comincia. Su andiamo. –
Lo seguo e ci dirigiamo verso la spiaggia, dove da lontano vedo chiaramente un gruppo formicolante di persone.
-    Sai Gwen, in questi ultimi tempi mi sento come... se fossi un leader, un cao, quello che prende le decisioni... ma chi lo ha deciso? –
-    Beh, noi non ti abbiamo fermato, si vede che sei adatto per guidarci, hai la stoffa del capo. E sei anche molto bravo, ti sei preso una grande responsabilità e la gestisci responsabilmente. –
-    Quindi tu credi che io sia un buon leader? –
-    Lo pensiamo tutti Noah! –
-    Ah... ne sono lusingatissimo... –
È strano, sta assumendo una colorazione rossastra...
Non ho tempo di pensare perché siamo già arrivati e tutti ci guardano. Vedo Duncan che mi fa “ciao ciao” con la manina e io rispondo, ma è strano, non vedo Courtney...
-    Noah, dov’è Courtney? –
-    Stamattina non si sentiva bene, non riusciva neanche ad alzarsi, quindi non è venuta. –
E vedo Trent, a distanza di sicurezza dagli altri. Ha gli occhi bassi e la ferita alla testa è ben in vista. Mi siedo vicino a lui e alza timidamente gli occhi.
-    Ciao Gwen... –
-    Ciao Trent... tranquillo, non succederà nulla... –
-    Sì, come no... –
Noah urla di fare silenzio, e silenzio fu.
-    Allora, sapete tutti il motivo per cui siamo qui, quindi non vi farò un prologo. Ora è giunto il momento che Trent parli e ci spieghi il PERCHE’ della sua azione. Trent, a te la parola. –
Trent è diventato bianco. Ha ancora paura di confessare.
-    Io... erano settimane ormai che sospettavo che Courtney avesse... un interesse per Duncan, così quel giorno, approfittando dell’ assenza di Gwen, li ho spiati e... li ho visti abbracciati, i loro visi erano a poca distanza l’ uno dall’ altro e... io... ho frainteso tutto. In quel momento ho avuto un attacco di... di... –
Non ce la fa a dirlo, gocce di sudore gli imperlano la fronte. Gli tiro una gomitata.
-    Andiamo Trent dillo. Ce la puoi fare. Dillo! –
Deglutisce e alza la testa.
-    Il fatto è che io... sono schizofrenico. Da molti anni. –
Trema.
Un brusio si leva dal gruppo e vedo molte facce sconcertate, altre perplesse. Trent continua.
-    È la mia vergogna più grande. Ho sempre cercato di mantenere questo aspetto da bravo ragazzo per celare la parte più bestiale di m. io sono diviso in due metà. Non so chi sono. quando si presente un’ occasione la metà “malvagia” se così si può chiamare, emerge e mi fa compiere atti indegni. Spesso non ricordo quello che faccio quando sono in quella forma, ma stavolta ho ricordato tutto... e mi sono voluto punire. Qualcuno dice che che non è stata colpa mia, che non ero in grado di intendere e di volere. Io invece, la colpa me la merito tutta, è SOLO e UNICAMENTE colpa mia. Quindi se la vostra decisione sarà quella di esiliarmi, annegarmi, impiccarmi, impalarmi, picchiarmi a sangue, tagliarmi la testa o altre parti del corpo... sappiate che io queste scelte le accoglierò con gioia, perché è l’ unico modo che mi resta per cercare di pagare. Anzi, vi istigo, vi IMPLORO di uccidermi, di farmi soffrire. Io non merito la vostra compassione, perché ho distrutto la vita della persona che amavo. Lei si fidava di me e io l’ ho pugnalata alle spalle. E Duncan ha ragione a dire che sono un mostro. E i mostri non meritano di vivere, quindi UCCIDETEMI! Ve lo chiedo in ginocchio... –
Singhiozza, prostrato a terra. Io sono preoccupata a morte, potrebbero ucciderlo ora.
Guardo implorante Noah, che abbassa la testa come a dire:
“Non decido io... non ho potere... “
Guardo velocemente gli altri, stanno discutendo sottovoce. Duncan è pensieroso e non parla. Non riesco a capire quello che dicono anche se mi sforzo al massimo. Sono disperata, so già quale sarà il loro verdetto, non ci vuole un genio a capirlo...
Una figura.
Una figura barcollante sotto il sole che si avvicina.
Alzo la testa e metto a fuoco per vedere meglio.
Courtney!!
Non è possibile che sia lei... non riusciva neanche ad alzarsi...
Heather la vede e tutti si voltano. Nessuno parla più, tutti gli occhi sono puntati su di lei, guardano e basta.
Si avvicina lentamente ignorando tutti, tranne uno.
Il suo sguardo è diretto verso il Trent singhiozzante.
Ed è uno sguardo disperato.
Si avvicina sempre di più, fino a essere ad un metro di distanza da lui.
-    Trent... s-sei ancora arrabbiato c-con me? –
Lui la guarda dal basso verso l’ alto, sorpreso. Si alza di scatto.
Ha gli stessi occhi disperati di Courtney.
-    Ma cosa stai dicendo Courtney... ? –
-    Sei ancora arrabbiato? Scusami... ti prego... –
Silenzio di tomba.
-    Courtney... io non sono mai stato arrabbiato con te... quello che ti ho fatto, io... non l’ avrei mai voluto fare... –
-    Ma non è colpa tua... –
-    Certo che è mia! IO ho commesso il fatto, IO sono sempre stato un mostro, IO... ho distrutto con le mie mani l’ amore della donna che amo... –
-    Per me... non è stata colpa tua... –
-    Courtney, guardami bene. Io... –
Non fa in tempo a dire altro, perché Courtney lo abbraccia. Lo stringe forte a sé, più forte che può.
Trent ha gli occhi sbarrati. Ma alla fine cede all’ abbraccio.
Un pianto disperato arriva da quei due. Piangono entrambi.
Nessuno parla o commenta. Nessuno si muove. Sembra che nessuno osi neanche respirare o battere le ciglia.
-    Trent... torniamo a casa... –
-    Sì, torniamo a casa... –
Si accasciano entrambi a terra. Si guardano a lungo negli occhi.
Trent con un dito le asciuga le lacrime dalle guancie.
E la stringe di più a sé, come se non la volesse perdere.
-    Perdonami... –
-    L’ ho già fatto... non parliamone più. Torniamo esattamente come prima... –
-    Sì, come prima... –
-    Per sempre... –
-    Per sempre. –

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Capitolo 13
*** Noah&Eva ***


NOAH



Devo ringraziare Courtney, mi ha praticamente salvato le chiappe. Se gli altri avrebbero decretato la morte di Trent, io non avrei avuto alcun potere decisionale.
Il tempo ormai, scorre come le acque di un fiume: a volte ,i pare che passi in fretta, altre volte sembra che si fermi formando un lago di tempo noioso.
Sono passati due mesi circa e alcuni ragazzi mantengono ancora le distanze da Trent, ma sono una minoranza. Però sono contento che tutto si sia risolto, mi aspettavo una soluzione peggiore, questo era il meglio che mi potessi aspettare.
Altro fatto positivo: la pancia di Gwen cresce piano piano. Non avevo mai visto Duncan così felice e saltellante, mi fa quasi paura. E non le sta mai lontano, anche quando Gwen vuole parlare con le sue amiche. Si mette in un angolo e osserva. Eva mi dice che è snervante, con i suoi occhi vigili che si muovono a destra e a sinistra; e dice anche che Gwen sta impazzendo, non ne può più. E vorrei vedere, con quella sentinella sempre vigile a mò di avvoltoio.
Li invito entrambi spesso da me e Eva: ho scoperto che sono molto simpatici. Prima non avevo una grande considerazione di loro, ma adesso mi sono dovuto ricredere. Sono praticamente diventati i nostri migliori amici.
E devo ammettere che Duncan, in carattere, sta migliorando moltissimo. È meno scorbutico, più calmo e ragionevole, sembra quasi... un uomo.
Ecco che cosa succede quando si diventa padre.
Oggi li abbiamo invitati ancora, però visto che Eva si è presa in disparte Gwen, devo parlare solo con Duncan.
-    Allora neo-papà, che mi racconti? –
-    Ma niente, le solite cose, non è accaduto niente di particolare. E tu? –
-    Neanche a me. Insomma le solite cose, controllo che tutto vada bene, ecco le cose che faccio di solito. –
-    Ma sei proprio sicuro di non avere novità? –
-    Sicurissimo! Perché mi fai questa domanda? –
-    Ah no nulla... per essere sicuro... –
Inizio ad avere sospetti...
-    Tipo, per esempio come va la tua amicizia con Eva? –
-    Magnificamente grazie. –
-    No, che mi pareva strano che due AMICI condividessero la stessa capanna...
-    Dove vuoi arrivare Duncan? –
-    Forse la vostra amicizia... è diventata qualcosa di più? –
-    Oddio, ecco dove volevi arrivare! No, comunque no. Lei è solo la mia migliore amica, punto e basta. –
-    Sììì, certo, dicono tutti così... andiamo Noah, ti si legge in faccia nel modo più limpido che ti piace Eva! –
-    Ma non è vero! E parla più piano! –
-    Allora lo vedi che ti piace? E dovresti guardarti, hai un colorito rossastro molto eloquente... Noah a me non la fai, so quando a uno piace qualcuno, ed è inutile che lo nascondi! –
Brutto maledetto... non mi farò mettere con le spalle al muro facilmente.
-    Ti dico che ti sbagli Duncan! Per me, Eva è soltanto una grande amica, niente di più! –
-    Tu menti. Cerchi di parlare in modo sicuro ma la voce ti trema leggermente. Te l’ ho detto, a me non la fai. –
-    Non mi piace Eva! Eccola qui la verità. –
-    Sei un vero bugiardo! Noah da te non me l’ aspettavo. Un capo non deve dire mai le bugie. Suvvia, non è una cosa della quale ti devi vergognare, anzi devi esserne orgoglioso. –
Non rispondo, abbasso la testa. Non voglio confessare, sarebbe troppo imbarazzante... allora dico la verità.
-    Non è che mi piace... la trovo... interessante. –
Duncan solleva un sopracciglio.
-    “Interessante”? che intendi per... “interessante”?? –
-    Ecco non saprei... non sono innamorato, però... mi sento bene quando c’è Eva, ho sempre voglia di parlare con lei, voglio che mi stia vicino... insomma, è interessante, non so come descriverla in un altro modo! –
-    Secondo me... dovresti conoscerla di più, fatti raccontare qualcosa di sé, del suo passato, o dei suoi interessi e valuta. –
-    Io non capisco. –
-    Uffa, parlaci e basta. Poi vedrai che il resto verrà da sé. –
-    È un po’ scarso come consiglio... –
-    Sono un po’ scarse come informazioni! –
-    Va bene, messaggio ricevuto. Quindi ci devo solo parlare? –
-    Esatto: scoprirai se sei innamorato di lei o meno. Non conosco altri metodi per saperlo. –
-    La fai facile tu... –
-    Non ho mai detto questo, monocolo! Comunque, non è mai facile, te l’ assicuro! Tu segui solo il tuo istinto. –
-    Okay, grazie per l’ aiuto Duncan! –
-    Figurati, è dovere. Tu stai aiutando Gwen, è il minimo che possa fare. –
-    Aiutando... maddai che parolone! –
-    Ecco... veramente dovresti aiutarci... adesso. Gwen, vieni qui, dobbiamo chiedere quella cosa a Noah! –
-    Aspettate... quale cosa?? –
Non mi rispondono e velocemente si mettono seduti dritti davanti a me. Gwen inizia a diventare rossa e giocherella con una ciocca di capelli.
Inizio a preoccuparmi veramente...
Guardo Eva, in cerca di una risposta, ma alza le spalle e ha l’ aria smarrita quanto me; si siede vicino a me. Duncan parla.
-    Ecco, io e Gwen avevamo in mente un progetto molto importante per noi e... tu sei l’ unico che può aiutarci. –
-    Ragazzi mi sto preoccupando seriamente... vi prego di non lasciarmi sulle spine, e parlate! Vedrò che cosa posso fare per voi! –
-    Potresti sposarci? –
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Eeeeeeeeeeeeeeehhhhhhhhhhhhhhhhhh?????????????????????
Ma si sono bevuti il cervello, oltre a qualche birra di troppo??
-    Noah, non guardarci con quella faccia sconcertata! –
-    M-ma... perché IO?? Che diritto ho di... celebrare un matrimonio?? –
-    Sei il nostro capo, e i capi tribù hanno il potere di unire due persone in matrimonio! È una regola di secoli e secoli! –
-    Ma io non sono il capotribù! –
-    Certo che lo sei! Abbiamo chiesto a tutti i ragazzi come ti vedevano e tutti hanno detto che eri il capo, oltre a altri deliziosi complimenti. Noah... TU SEI IL NOSTRO CAPO! –
È tutto troppo surreale...
Non è possibile... e io credevo di essere solo una “figura di riferimento”! e invece scopro che tutti mi considerano un VERO capo, con tanto di licenza per celebrare matrimoni!
Sento una mano sulla spalla: è Eva.
-    Noah, tranquillo, non è successo nulla! Puoi respirare adesso! –
La guardo smarrito nei suoi occhi rassicuranti, sorride sicura.
-    Scusate è che... insomma, per me è uno shock... devo abituarmi... –
-    Allora Noah? Ci sposerai o non te la senti? –
È Gwen che ha parlato, con molta delusione nella voce. Alzo la testa e osservo il suo sguardo triste, come se conoscesse la risposta: negativa.
-    Sì lo farò. Vi sposerò. Datemi tempo una o due settimane per organizzare il tutto e avrete una cerimonia a regola d’ arte. –
Il volto di Gwen si illumina e non la smette di ringraziarmi e strozzarmi nei suoi abbracci. Appena mi libero dalla sua stretta Duncan mi tira una (troppo forte) pacca sulla spalla, ringraziandomi a più non posso.
-    Basta con i ringraziamenti: ditemi che cosa devo fare e che cosa avevate in mente! Su, non perdiamo tempo! –

****************************

Ho passato l’intero pomeriggio a preparare e discutere il matrimonio con Gwen e Duncan, mentre Eva prendeva appunti su una sottile lastra di roccia scrivendo con un bastoncino dalla punta bruciata (una sua idea. A volte mi sorprende...).
Abbiamo stabilito: il luogo, il giorno, la preparazione pre-cerimonia, la cena, le decorazioni e una marea di altre cose che non ricordo e che non ho alcuna voglia di ricordare.
Anche dopo che Gwen e Duncan se ne sono andati, ho continuato a organizzare il tutto, fino a sera tardi.
-    “... e col potere conferitomi da... “ EVAAA!!! Oddio, qui che faccio?!? Chi mi ha conferito il potere?? E adesso? Tragediaaa!!!! –
-    Noah calmati! È tutto il giorno che lavori, devi prenderti una pausa! Dai, vieni a dormire... –
-    Eva, non posso! Il matrimonio è una priorità, è una cosa molto importante e... che stai... facendo...? –
Senza che me ne accorgessi, mi ha messo le mani sulla schiena e le fa muovere con movimenti regolari, moooolto rilassanti... mi sento più disteso e tranquillo...
Che razza di stregoneria è mai questa??
Uuhh, sììì... quello era un bel punto... più giù, più giù...
-    Meglio adesso? –
-    Mhfrgngnuf... sì... non smettere ti prego! –
Ho la sensazione che stia ridendo sotto i baffi, ma l’ importante è che continui. E lo fa con molta più energia di prima.
Mi sento leggermente rincoglionito, ma sto benissimo... è così rilassante e piacevole...
-    Ecco, sei a posto? Mi facevi paura, sembravi mio padre. –
-    E che lavoro faceva tuo padre? – cerco di riprendermi e tornare al mondo reale.
-    Era il capo di una banca. Le rare volte che tornava a casa, era in uno stato simile al tuo, ma appena la nostra anziana domestica Chantal gli faceva i massaggi che ti ho appena fatto, non berciava più. –
-    Avevate una domestica? Wow, la tua famiglia doveva essere ricca! –
-    Sì, eravamo ricchi. Oltre a mio padre, mia madre era un parlamentare. Guadagnavano tantissimo, ma non mi importava, perché amavano il loro lavoro più della loro figlia. –
-    Ma andiamo, tutti i genitori amano... –
Mi fermo perché Eva mi guarda con due occhi colmi di tristezza.
-    Amavano di più il loro lavoro. Non abbiamo mai cenato insieme. Non siamo mai usciti. Non gli importava del mio andamento scolastico, figurarsi della scuola in generale. Se mi ammalavo, mamma non mi curava. Troppo lavoro. Era Chantal a occuparsi di me, anche se doveva pulire, su ordine di mia madre, ogni millimetro quadro della nostra enorme casa, senza contare il giardino. Non ricordo di aver mai festeggiato un compleanno con loro, solo con Chantal, per qualche breve minuto. Non ho mai ricevuto regali. Non ho mai fasto neanche le feste con gli amici, forse perché non ne avevo. Infatti, allora ero molto diversa da adesso: ero minuta, molto magra, quasi uno spettro; ero indifesa e debole. Bastava un colpetto per mettermi a terra. Ero un essere insignificante. E allora alcuni ragazzi di due anni più grandi iniziarono a prendermi di mira, quando ero alle medie. All’inizio si limitavano solo a rubarmi i soldi per il pranzo, poi cominciarono a picchiarmi; per loro era il massimo del divertimento, ci provavano proprio gusto. Quando tornavo a casa, passavo per la porta del retro e buttavo via i miei vestiti sporchi e stracciati, ma per il corpo dicevo che era stato Lucius, il nostro molosso. Per una settimana Chantal ci credeva, ma poi quando mi ha visto entrare dal cancello in quello stato, capì che non era stato il cane. Quella volta ero più pesta che mai, mi avevano lanciato in aria e guardavano quanto rimbalzavo. Chantal il giorno dopo mi portò dal preside a denunciare quei ragazzi. Il preside ha chiamato i miei genitori, ma se ne sono fregati altamente. Così ha ammonito severamente i ragazzi, ma... le aggressioni si sono duplicate e anche la loro violenza. Mi hanno rotto cinque costole, una gamba e ci è mancato pochissimo per l’ osso del collo. Chantal mi tenne a casa per due mesi, prima delle vacanze estive, in attesa che guarissi, poi mi portò fuori alla palestra locale. Mi disse che visto che gli altri non mi potevano aiutare, allora dovevo farlo da sola, fortificandomi. Avrebbe pagato tutto lei... le volevo molto bene. Allora per non deluderla, mi allenavo tre ore al giorno, che poi divennero quattro, poi cinque... mi allenavo anche a casa, facendo flessioni, addominali, sollevamento pesi. Il mio appetito crebbe a dismisura, mangiavo solo carne e frutta. Diventavo sempre più forte, ma purtroppo anche il mio carattere lo diventava, nel modo peggiore: ero diventata acida, scorbutica... insomma, come sono adesso. Al liceo ritrovai gli stessi ragazzi che, riconoscendomi, si avventarono su di me. Ma non li diedi la possibilità di farlo. La rabbia, il dolore, la sofferenza e la frustrazione che mi avevano causato, si abbatté su di loro come uno tsunami. Non ebbi alcuna pietà. Li pestai, finché non ebbi le mani coperte del loro sangue. Venni sospesa per una settimana, ma non me ne fregava più di tanto. Avevo avuto la mia vendetta. E così... sono diventata quello che vedi ora. –
Sono sbalordito. E non riesco a immaginarmi un’Eva piccola e indifesa. L’ ho sempre vista come una ragazza forte e senza cuore, ma adesso... so che in fondo è una bambina spaventata, che ha bisogno di affetto.
-    Beh, io non ho mai avuto un padre. –
-    Raccontami Noah. –
-    Mio padre aveva messo incinta mia madre quando lei aveva solo sedici anni, poi è sparito. I genitori di mia mamma erano disgustati dalla figlia e la cacciarono fuori di casa senza tanti complimenti, senza neanche un dollaro. Ma non si arrese e lavorando duramente, è riuscita a trovare casa in un sobborgo di Toronto, in una sottospecie di appartamento. Lavorava anche al nono mese di gravidanza e mi partorì in casa da sola, senza assistenza. Non volle abbandonarmi, e mi tenne con sé. Fino ai tre anni mi portò a lavorare insieme a lei, perché non poteva lasciarmi a casa da solo, ma dopo quell’ età, iniziai a badare a me stesso a casa. Mia mamma diceva che le cose che facevo a casa, ovvero cucinare, sistemare, pulire, uno le imparava solo verso i trent’anni. Era sempre così orgogliosa, me lo ripeteva sempre, e le volevo un mondo di bene. Sapevo quello che aveva passato, me lo disse nella realtà nuda e cruda, non voleva nascondermi nulla. Non voleva che restassi nell’ ignoranza e ogni sera, dopo il lavoro, mi insegnava a leggere e a scrivere. Iniziai a lavorare verso i sei anni: feci di tutto, tra cui anche dei lavori assurdi, tipo smistamento patate, pulizia dei bacarozzi... ma il lavoro che mi diede un vero futuro è stato il lavoro in una libreria. Il proprietario, il signor Blinz, era un anziano signore scozzese, molto gentile. Per ogni lavoro extra che facevo, mi dava il doppio del denaro, era sempre gentilissimo e non mi urlava mai. Mi incoraggiava a leggere i libri che possedeva nella sua libreria, permettendomi anche di portarli a casa per finirli. Avevo una grande passione per i libri di matematica, scienze, geografia, storia, sopravvivenza, cucina... tutto che non fosse letteratura! No, leggevo anche quelli, ma preferivo decisamente i libri che ti ho elencato prima. Scoprii di avere una capacità straordinaria: mi ricordavo ogni virgola dei contenuti dei libri che leggevo. E fu un bene... perché un giorno, quando avevo tredici anni, venne a casa nostra una specie di ispettore dell’ istruzione: voleva discutere con mia mamma della mia preparazione dell’esame di terza media; ovviamente pensava che fossimo dei poveri idioti e le disse che se entro una settimana non avrei sostenuto o superato l’esame, mi avrebbero portato via. Mamma era abbastanza preoccupata, ma io sfidai l’ispettore. Gli dissi che ero preparatissimo, e che avrei potuto fare l’ esame in quel preciso istante. Ovviamente non ci credeva, ma io insistetti e allora acconsentì. Feci lo scritto di italiano, matematica, inglese e francese, l’ invalsi di italiano e matematica, e l’orale di tutte le materie. Non ci crederai, ma feci tutto corretto, totalizzando il punteggio massimo. Avresti dovuto vedere la faccia dell’ ispettore: bianchissima, con gli occhi fuori dalle orbite! Disse che avevo una preparazione a livello universitario, e che avrebbe acconsentito a darmi una borsa di studio! A tredici anni! Mamma non era mai stata così felice... ero commosso, perché lei mi abbracciava e piangeva, diceva che era la cosa più bella che le potesse capitare... che era la madre più fortunata del mondo. Io... le voglio un mondo di bene... non si è mai drogata, non ha mai fumato o bevuto una goccia di alcool, lavorava sempre per me... sono molto fiero di essere suo figlio... –
È inevitabile che io pianga. Mi fa male il petto al solo pensiero di mia mamma da sola...
Sento delle braccia che mi avvolgono. Braccia forti, ma delicate.
-    Noah, non piangere. Non posso vederti così... –
-    Sì scusami. Il fatto è che... avevo promesso a mia madre che sarei tornato presto, e quando fossi ritornato, avrei lavorato per prenderci una casa migliore... spero che almeno le abbiano lasciato un’indennità per la mia morte... ho sentito dire che sono un po’ di soldi... –
Eva non risponde, ma stringe di più, fino a che poggio la mia testa contro il suo petto. È morbido e sento i battiti del cuore risuonare come tamburi. Le mani di Eva trafficano dietro la mia testa, sento la benda allentarsi e cadere. Ho la sensazione di essere nudo, esposto...
-    Eva ma che fai?? Lo sai che non sopporto di essere senza benda. –
-    Voglio che tu mi guardi negli occhi con i tuoi occhi. –
Alzo lo sguardo e incontro gli occhi di Eva.
Non li avevo mai guardati attentamente. Sono dorati, luccicanti come oro o pietre preziose, sono caldi. Emanano una profonda calma e sicurezza. Riesco anche a specchiar mici dentro: vedo un ragazzo dall’ aria malinconica e desolata, con un’ orribile ustione all’occhio sinistro.
Ma nei suoi occhi leggo chiaramente che esiste felicità. Felicità di stare con una persona che vuole molto bene. Eva sorride.
Le butto le braccia al collo e scoppio in singhiozzi. Non so perché, ma ho voglia di sfogarmi, devo sfogarmi. Eva mi stringe ancora di più e sento le sue mani che carezzano la mia schiena e i miei capelli; anche se sono più alto di lei, adesso mi sento piccolo tra le sue braccia.
E mi lascio andare. Mi libero.
Eva si lascia cadere indietro, a terra, e io con lei, abbracciandola e appoggiando la testa contro i suoi seni. Improvvisamente tutto diventa buio e sprofondo in una stanchezza enorme; ho voglia di chiudere gli occhi, ma cerco di non farlo. Le mani di Eva continuano ad accarezzarmi, ed è come una dolce ninnananna.
-    Dormi Noah... Dormi... –
Affondo di più la testa nel suo petto e chiudo gli occhi.

***************************************

Mi sveglio in una specie di torpore, che avvolge tutte le mie membra.
Le braccia di Eva mi circondano ancora. Guardo il suo volto: è così rilassato, tranquillo... forse ora riesco a immaginarmela in una ragazza magra e gracile...
No, è ancora troppo surreale.
Le scosto delicatamente una ciocca di capelli dal viso e le bacio la fronte. Allora apre gli occhi.
-    Che stai facendo Noah? –
-    Assolutamente niente! –
-    Sì certo... pervertito! –
-    Ma perché? Che ho fatto? –
-    Lo sai benissimo! Mi hai baciato! –
-    Ma solo sulla fronte! Era un gesto d’affetto! –
-    Sì, e io ci credo... –
-    È la verità! Te lo giuro! –
Mi scruta con i suoi occhi dorati ancora sospettosa. Cerco di addolcirla con uno dei miei sorrisi migliori e alza un sopracciglio.
-    Senti potresti scendere da me, non riesco a respirare. –
-    Sì scusami! –
Mi lascio cadere di lato e Eva si alza in piedi, porgendomi la mano.
-    Andiamo a fare un giro? –
-    Un giro? E perché? –
-    È mattina presto e nessuno si sveglia a quest’ora, vuoi fare niente tutta la mattinata? –
-    In effetti hai ragione. Dove vuoi andare? –
-    Non lo so, dove capita, capita. –
Prendo la sua mano e di colpo mi ritrovo in piedi. Mentre usciamo molla la mia mano: ammetto che ci rimango male. Avrei voluto che mi tenesse la mano...
L’aria frizzante del mattino invade i miei polmoni come una bomba, e ho dei forti giramenti di testa.
-    Noah che hai? Stai male?? –
Sento che sto per cadere, quando Eva mi afferra il braccio.
-    Stai decisamente male! Non ti reggi in piedi! Torniamo dentro. –
-    No, no! Io sto bene, è stato solo un mancamento: non ho mangiato nulla! Voglio fare la passeggiata, mangerò qualcosa mentre camminiamo! –
La sua mano scende fino a toccare la mia, e senza perdere tempo gliela stringo.
-    Sei sicuro? –
-    Sicurissimo! –
-    Okay, però stai sempre vicino a me, nel caso cadessi di nuovo. –
Non desideravo di meglio!!
Mi sistemo più vicino che posso, ma senza sembrare troppo invadente. Ogni volta che la sfioro con il gomito, con la spalla, con il braccio... una sensazione forte si impadronisce di me, ho i brividi su tutto il corpo e mi sento ogni volta più felice. Voglio solo lei...
Ma che diavolo mi sta succedendo? Mi sento stranissimo!!
-    Noah tieni! –
Sobbalzo, perché ero immerso nei miei pensieri e ritorno nel mondo reale. Eva mi sta porgendo delle fragole.
-    Ehi ti sei rimbambito? Mangia! –
-    Sì, sì, scusami! Ero un po’ perso... –
-    Ho notato. Avevi un’aria così spaesata... –
-    Grazie per le fragole! –
Voglio chiudere il discorso il più in fretta possibile. Prendo le fragole e le mangio voracemente, sbavando come un ritardato. Cerco di ricontrollarmi un attimo, pulendomi la bocca col dorso della mano.
E –giuro!- sento Eva che sghignazza, ma si controlla dopo tre secondi. Mi volto e la vedo leggermente rossa. Non l’ avevo mai vista imbarazzata, èd è...
Bellissima...
-    Beh, andiamo Noah? –
-    Oh... sì certo! –
Mentre camminiamo, cerco la sua mano e appena la sfioro, la prendo dolcemente con le dita, stringendola. È decisamente più calda.
Ogni tanto butto un occhio alla sua faccia ed è sempre più rossa. E più diventa rossa, più provo attrazione verso di lei.
-    E se ci facessimo una nuotata? Fa caldo... –
La guardo sorpreso.
-    Una nuotata? –
-    Sì... ma se non ne hai voglia... –
-    Veramente, credo che sia una buona idea, anzi ottima. –
-    Ah... davvero? –
-    Sì a me l’ idea piace molto. A te no? –
-    Non l’ avrei proposta, ti pare? –
-    Giusto... beh, io mi spoglio. –
La faccia di Eva ormai è un fuoco ardente. Mi giro, per evitare che veda la mia faccia nelle sue stesse condizioni.
Mi sfilo la maglia e i pantaloni, lasciandoli in un mucchietto vicino alla riva e rimango in mutande. Vorrei voltarmi ma credo che farei la figura del pervertito...
-    Allora... andiamo Noah? –
Mi volto e vedo lo spettacolo più meraviglioso della mia vita.
Eva è... come dire... stupenda. I muscoli si slanciano elegantemente sulla pelle, le gambe sembrano quelle di una cerva e... non voglio sembrare un pervertito, ma il suo reggiseno elastico, che poggia sul suo seno, marcandone le forme, provoca (disgraziatamente!) una reazione tra i miei apparecchi di bassa manovalanza . mi giro di scatto...
È troppo imbarazzante...
Spero che Eva non abbia visto nulla...
Mi sento la faccia rovente, mi vergogno a morte. Per me, il... sollevamento dell’attrezzo, diciamo, non è una cosa normale anzi, mi succede molto raramente.
-    Noah, che hai? –
-    Niente, niente! Io... ammiravo il mare! –
Forse se ne è accorta: ha la faccia rossissima e giocherella nervosamente con le mani. Maledizione, maledizione...
-    Allora andiamo Eva? Fa veramente caldo, ho bisogno di una rinfrescata... –
-    Sì, andiamo... chi arriva per ultimo è un pesce putrefatto e marcio! –
Scatta verso il mare cogliendomi di sorpresa. La inseguo il più veloce che posso, non voglio mica essere battuto!
L’ acqua è della temperatura giusta. Afferro Eva per la vita e la faccio cadere in acqua. Lei si rialza e  mi spruzza l’ acqua negli occhi, gliela rimando con tutti gli interessi.
Praticamente passiamo mezz’ ora giocando nell’ acqua come due bambini. E devo dire che erano anni ormai che non mi divertivo così, e per la prima volta vedo Eva SORRIDERE per felicità. Non ghigna, non è imbarazzata: sorride. E sorrido anch’io.
-    Noah, io sono stanca... vado a riposarmi sulla spiaggia, vieni? –
-    Beh, io volevo... giocare in acqua un altro po’... se non ti dispiace... –
-    Ma tranquillo, fai pure! Io ti aspetto sulla spiaggia. –
Si volta e torna alla spiaggia. Non so perché, ma è come... se mi abbandonasse.
Lo so che non è così, ma ho questa sensazione...
Forse è meglio andare alla spiaggia, inizio anche ad avere freddo.
Sento qualcosa che mi sfiora la gamba. Mi volto di scatto ma non vedo niente. Ho una pessima sensazione. Qui dove sono ora, non tocco, quindi non può essere una murena...
Un urto violentissimo mi stordisce facendomi cadere in acqua.
È tutto così confuso...
Un altro urto che mi sbalza fuori dall’acqua .
Le urla di Eva. Rumore di acqua che si sposta.
Una grossa sagoma nera che si muove lenta, svolta e punta verso di me.
Una pinna triangolare sulla schiena. Strisce bianche sul dorso.
Uno squalo tigre.
Basta è finita. Non vale la pena lottare.
Chiudo gli occhi in attesa del colpo.
Non arriva. Braccia forti mi tirano fuori dall’ acqua.
-    Noah riprenditi!! Andiamo!!! –
Riesco a ritornare in me e mi ritrovo nell’ orribile realtà.
Tutto sta accadendo troppo veloce, troppo violento...
Eva viene trascinata giù.
Prendo fiato e vado di sotto: non so che cosa fare, ma devo provare.
Vedo Eva che cerca di liberare la gamba dalla bocca dello squalo, che sta lacerando con i denti la pelle.
Un pugno violento colpisce lo squalo al muro, che molla la presa. Ma ritorna subito all’ attacco, puntando al viso. Una mossa velocissima, e l’ acqua si tinge di rosso.
NO!!! Non è vero!!
Nella più completa disperazione, vado sempre più giù, per tirare Eva fuori dall’ acqua.
Non si muove e cade nella sabbia del fondale. L’ acqua è così densa di sangue, che non vedo in che condizioni è la sua faccia. Ma non devo pensarci...
Lo squalo ritorna, puntando verso Eva. Ma non gli permetterò di toccarla.
Aspetto che si avvicini e gli tiro un calcio sul muso.
Velocemente com’è arrivato, scompare.
Inizio ad aver bisogno di aria. Afferro Eva per il busto e nuoto verso la superficie. Appena sono fuori, mi riempio i polmoni di aria e mi carico in spalla Eva. Non ho ancora visto quello che le è successo...
Con le ultime forze che mi restano, nuoto il più rapidamente possibile verso la riva.
Metto un piede sulla spiaggia e crollo sulle ginocchia, ansimando, faccio cadere Eva sulla sabbia e inorridisco.
La parte sinistra del suo volto...
Completamente lacerata.
La sento tossire e respirare pesantemente. È viva!!
-    Eva mi senti?!? Riesci a aprire gli occhi?!? –
Non risponde, ma muove la mano e il braccio. Come se... cercasse qualcosa.
-    Eva ti prego!! Apri gli occhi!! –
Improvvisamente sento che la sua mano ha afferrato la mia. Allora apre gli occhi. Anzi... l’ occhio. Non so se quell’ altro... ci sia ancora.
Velocemente, prendo i miei pantaloni e strappo un pezzo di stoffa, che le metto sopra la ferita all’ occhio. Eva trema.
-    Fa male? – domanda assurda...
-    … ho... freddo... –
Allungo la mano verso i miei vestiti e i suoi, la ricopro con quelli. Do un’ occhiata alla gamba: non è messa male, è solo superficiale. Guarirà in tre settimane.
Ma il suo viso...
Sì, è superficiale anche quella, ma provoca in me un senso di orrore.
La sua mano stringe ancora di più la mia. E piango.
Mi sento male per lei, perché se è ridotta così... è soltanto colpa mia...
Molla la mia mano e il braccio si solleva verso il mio viso. La mano poggia sulla mia ustione, all’ occhio sinistro.
Lei, si toglie il bendaggio che le ho fatto, prende la mia mano e la poggia lì spora, dolcemente. Il suo sangue mi scivola tra le dita.
-    Io... e te... siamo uguali... –
Ora ho capito.
Io mi sono bruciato l’ occhio sinistro per salvare Eva dall’ esplosione dello yacht.
Lei si è lacerata l’ occhio sinistro per salvarmi dallo squalo.
Ormai io e lei, siamo legati.
E ho finalmente capito, che la amo.
Poggio delicatamente le mie labbra sulle sue. Sento il sapore del suo sangue.
Mi stacco da lei e la guardo. Lei guarda me. Con tutti e due gli occhi.
La prendo in braccio, mentre sono ancora seduto. Lei alza la testa e mi bacia. Carezza la mia pelle bruciata con tocchi delicati, si avvinghia a me.
Io la stringo il più forte che posso, mentre le mie lacrime bagnano il suo volto. Le nostre lingue si incontrano dolcemente, si stringono in un abbraccio, giocano.
Ci stacchiamo dopo un tempo che mi pare troppo breve, e Eva, sollevandosi verso il mio orecchio, sussurra:
-    Ti amo Noah. –
Avvicino la mia bocca al suo orecchio e le sussurro:
-    Ti amo Eva. –
E la bacio, mentre lei bacia me. 

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Capitolo 14
*** L'incazzatura è di giorno ***


ALEJANDRO
 

Sto aspettando che Heather finisca di inveirmi contro. Il reato commesso stavolta, è quello di non aver cambiato il tappeto di foglie di banano.
In questi ultimi tempi, vivere con Heather è diventato un inferno. Non l’ho mai vista una volta sorridere. O almeno neutra. È stata acida con me tutto il tempo.
Forse è arrabbiata per l’idea di Duncan e Gwen di sposarsi: non l’ho proposta prima io. Probabile.
Dopotutto il matrimonio sarebbe tra cinque giorni, e Gwen è al sesto mese di gravidanza. Noah ha voluto prendere molto tempo. A quanto pare aveva dei problemi con le formule e con una frase in particolare, che era... era...
Non mi ricordo.
-    ….. allora, hai capito bene?? –
-    Sì Heather, la prossima volta sarò meno distratto promesso. –
Mi squadra con il suo sguardo d’acciaio e si siede a gambe incrociate, voltandomi le spalle. Se solo sapessi che le passa per la testa a quella ragazza!
Era diventata così dolce e amabile, era un’ altra persona.
Ora è ritornata la belva acida che era una volta.
Mi siedo il più lontano possibile da lei, non voglio mica toccarla e farmi fare un’altra predica su quanto sono disattento e ipocrita!
Sono un ragazzo molto paziente, ma questa situazione mi sta uccidendo. Io voglio un mondo di bene a Heather, e non riesco a vederla così. Non riesco nemmeno a viverci.
Mi sdraio per terra, sulle foglie di banano (appena cambiate, per farmi perdonare) e cerco di osservare e ascoltare Heather discretamente, senza farsi notare.
In volto, ha ancora quell’espressione incazzata e gli occhi sono iniettati di sangue. Emanam cattiveria pura. Un brivido gelido mi percorre tutto il perimetro della schiena. Ora prendo una decisione che mi costerebbe molto probabilmente, la pelle.
-    Heather... potrei... parlarti un attimo, per favore? –
Avevo usato un tono amorevole, delicato e affettuoso, ma Heather non l’ha presa molto bene, e mi ringhia:
-    Che vuoi, Alejandro Burromuerto, o meglio, AsinoMorto? –
Sono abbastanza offeso. Avevo cercato di essere carino, e per di più Heather mi fa la traduzione del mio cognome.
-    Ti prego Heather, voglio parlarti. Sono preoccupato per te. –
-    Ah, ma sentitelo! È preoccupato, il poverino! E perché mai? –
-    Perché sei diventata così scontrosa? Prima eri molto più dolce, e adesso... sei sempre arrabbiata con me, anche per cose che non ho fatto! Io ti voglio molto bene e fino ad adesso ho sopportato tutto, ma... non ne posso più. –
-    Io sono sempre stata così. Sei tu che ti lamenti. –
-    Heather basta!! Tu menti, hai qualcosa in mente... –
-    Bel gioco di parole... –
-    Andiamo! Che hai, che ti passa per la testa? Per che cosa sei arrabbiata? Per che cosa sei afflitta, tormentata? Ti prego di dirmelo! –
-    Sei noioso Alejandro! Perché ti devi sempre impicciare dei fatti degli altri?? –
-    Ma io lo facevo per te! Perché sono preoccupato! –
-    Io non ci credo! Sei sempre stato una vipera in versione maschile, non mi fido! –
-    E io che dovrei dire?? Hai approfittato del mio amore, buttandomi giù da quel vulcano solo per i soldi, dandomi anche un calcio negli zebedei! Qui la vipera sei tu! E non so perché! –
-    Ma stai zitto! –
-    Stai zitta tu! Io mi sono stufato! Mi sono stufato di come mi tratti, di come mi parli! Mi sono stufato di TE! –
-    Anche io mi sono stufata! Per quanto mi riguarda te ne puoi anche andare! –
-    Ed è proprio quello che farò! –
Incazzato nero, mi alzo e esco fuori dalla capanna in modo violento.
La odio.
Ma come può trattarmi così? Io cerco di aiutarla e mi manda letteralmente a quel paese!
Beh, io mando a quel paese lei! Lei e la sua depressione/incazzatura dei miei coglioni!
Mi avvio con passo pesante verso la spiaggia: ho bisogno di... una pausa di riflessione.
Appena arrivato, prendo una pietra e la lancio il più forte che posso nel mare.
Okay, mi sto calmando.
-    Ehi Ale! Che hai? –
È la voce di Geoff. In effetti, è capitato al momento giusto, ho bisogno di parlare con qualcuno.
-    Sono incazzato di brutto. Non si nota? –
-    Appunto per questo ti ho chiesto che hai, perché ti ho visto raramente arrabbiato. Vuoi parlare? –
-    Sì, volentieri. Sediamoci, così mi calmo meglio... –
Mi siedo a gambe incrociate, tipo in una posizione yoga; Geoff fa lo stesso. Cioè si siede, non si mette in una posizione yoga. Respiro profondamente e comincio a parlare.
-    Vivere con Heather è diventato un inferno. –
-    Più o meno me ne sono accorto: era sempre così accigliata... –
-    Appunto. Si arrabbiava con me per ogni minima  cosa che facevo sbagliata, anche se erano cose normalissime! E oggi le ho chiesto molto gentilmente se aveva qualcosa che non andava, e... –
Praticamente gli imito tutto il discorso tra me e Heather, e uso una vocina assorda quando la imito. Geoff ride di gusto, ma poi si controlla e mi parla seriamente.
-    Sai amico, a volte le donne sono così. Hanno dei problemi, ma non ne vogliono parlare e si tengono tutto dentro, per non farti sapere qualcosa che ti può far male. Ma ti fanno male in un altro modo! –
-    Sì... quindi tu credi che Heather abbia un segreto che non mi vuole dire per proteggermi? –
-    Molto probabile. Tu hai in mente un argomento? Del tipo, avete parlato tempo addietro di un discorso che ha “fatto male” a tutti e due? –
-    Fammici pensare... –
Chiudo gli occhi un momento e penso intensamente. Un argomento che ha fatto male a tutti e due...
La mancanza delle famiglie? No, a Heather, quando era ancora nella sua fase buona, mi ha detto che non gliene fregava de meno di come stesse la sua famiglia. E io... non me la sono presa troppo.
Pensa Alejandro, pensa...
E forse mi viene in mente,
-    Amico? Ti è venuto in mente? Hai una faccia, sei pallidissimo. –
-    Sì... forse ci sono arrivato, ma non ho voglia di parlarne... anche perché è una cosa privata di Heather, non posso dirtela senza il suo consenso, anche se sono molto arrabbiato con lei. Non ne ho il diritto. –
-    Ho capito, non ce ne bisogno, mi basta sapere che ci sei arrivato. Allora... secondo te è un motivo sufficiente per far si che lei sia così arrabbiata? –
-    Più che arrabbiata... credo che sia frustrata, gelosa... –
-    Mmmhh... allora la cosa è leggermente grave. Se tu pensi che non sia tu l’oggetto della sua frustrazione, la cosa diventerà molto più difficile. –
-    Ah... quindi, che devo fare? –
-    Per ora nulla. Ti conviene essere più distaccato, alla fine vedrai che sarà Heather a cercare te. Arriverà in un punto in cui avrà bisogno di qualcuno che la consoli, che l’ascolti. E chi può farlo meglio di te? –
-    Beh, hai ragione. Quindi riassumiamo: devo essere distaccato e aspettare. –
-    Bravo hai capito! Ehi, guarda laggiù che nuvole! Mi sa che verrà un bel temporale! –
Indica con l’indice un gruppo di nuvole all’orizzonte: nuvole grosse, compatte e nere. Mi fanno impressione.
-    Se arriva un temporale che facciamo? Le capanne non resisteranno. Ho letto che i temporali qui, sono molto violenti. –
-    Non lo so, ma sarebbe meglio avvisare Noah. –
-    Povero, ha già abbastanza grande per sé... e ora questo. –
-    Beh, è lui il capotribù. Su, andiamo. Quelle nuvole non mi piacciono per niente. –
Ci alziamo e velocemente andiamo. Direzione: capanna di Noah. Quando il vento si fa più violento affrettiamo il passo. Geoff mi urla:
-    Amico, mi sa che arriverà una tempesta proprio brutta! Le capanne non reggeranno! –
-    Noah ci dirà cosa fare! –
Tecnicamente entriamo trasportati dal vento. Ma disgraziatamente, entriamo in un momento un po’... delicato...
Per farla breve: Eva e Noah si stavano sbaciucchiando. E anche forte.
Quando ci hanno visto si sono scostati violentemente, entrambi rossi come due peperoni. Eva ci guardava con uno sguardo che avrebbe ucciso un gatto e ringhiò:
-    Che volete voi due?? –
Cerco di evitare lo sguardo assassino e punto su Noah. Ma anche lui mi guarda incazzato.
Mi pare che oggi l’incazzatura sia di giorno.
-    Scusate l’interruzione, ma Noah, sta arrivando una tempesta e sembra anche bella grossa. Che facciamo? –
-    Fatemi vedere. Torno subito Eva. –
Si alza e ci segue. Una folata di vento ci ricaccia indietro tutti e tre, ma riusciamo ad avanzare verso la spiaggia, dove lo spettacolo delle nuvole è diventato veramente spaventoso.
-    Avete ragione... le capanne non reggeranno se peggiorerà! –
-    Quello che avevamo pensato! Noah che si fa? –
-    Io... non lo so Geoff... o aspetta! Al centro dell’ isola ci sono delle grotte collegate, potrebbero ripararci. Dobbiamo abbandonare il villaggio... –
Lo guardo attonito. Lasciare... il nostro villaggio?
-    Non mi guardare con quella faccia Alejandro. Non c’è altra soluzione. –
-    Lo so, solo che... mi è difficile accettarlo... –
Un gruppo di pecore e capre passa impaurito tra noi, seguite a ruota da Ezekiel.
-    Noah, le pecore sono molto agitate! Sta arrivando una brutta tempesta! –
-    Lo sappiamo! Ezekiel, raccogli le pecore e vai al centro dell’ isola: ci sono delle grotte ramificate. Ci trasferiamo là, dobbiamo abbandonare il villaggio. –
-    Cosa??? Va bene, non abbiamo scelta, ma dobbiamo muoverci. Entro venti, dieci minuti si scatenerà l’inferno! –
Ezekiel rincorre le capre e sparisce alla nostra vista.
-    Non possiamo perdere tempo, abbiamo venti minuti! –
Un forte tuono rimbomba all’orizzonte. Con sarcasmo dico:
-    Anzi facciamo cinque. Muoviamoci! –
Corriamo tutti insieme verso l’accampamento e mi dirigo verso la mia capanna. Heather non c’è.
Vengo assalito dal panico. Dove può essere andata??
Appena esco fuori dalla capanna, tutti sono già sistemati, in gruppo, il tutto capeggiato da Noah. Geoff mi si avvicina, anche lui preoccupato.
-    Hai visto Bridgette? Non c’era nella capanna! Sono preoccupato a morte! –
-    Non dirlo a me! Neanche Heather era dove l’avevo lasciata! Forse se ne andata in giro per cambiare i bollenti spiriti... –
-    Oddio, che facciamo ora? Le cerchiamo? –
-    Non c’è tempo! Dobbiamo andare! –
-    Ma... –
Non riesco a parlare perché inizia a piovere molto forte, fulmini e tuoni squarciano il cielo.
Tutti si mettono a correre verso il centro dell’isola, guidati da Noah, io li seguo nelle retrovie, guardandomi intorno per cercare Heather, ma non la vedo. La pioggia ormai batte incessantemente sulle nostre teste e mi sto inzuppando da capo a piedi.
-    Forza siamo quasi arrivati!! Manca poco! –
Noah. Da bravo leader sprona gli altri, ma io sono ancora preoccupato a morte per Heather... dove sarà mai con tutta questa pioggia?
A quanto pare siamo arrivati: ci sono tre entrate nella roccia e Noah si sta dirigendo in quella al centro. Io rimango un attimo fuori a cercare Heather.
-    Allora Alejandro vuoi deciderti ad entrare o preferisci essere spazzato via? –
-    Arrivo subito Noah... –

 

Noah aveva ragione. Queste grotte sono tutte collegate e si diramano dentro la collina principale dell’isola. Ezekiel si è rintanato con tutte le sue pecore in un antro leggermente distante da dove siamo noi. Si sentono fuori i tuoni e i boati del temporale, accompagnati dalla pioggia che scroscia. Con della legna che era finita qua dentro precedentemente e grazie all’accendino di Duncan, abbiamo acceso un fuoco e ci siamo riscaldati al meglio. Si è creato un piccolo gruppo di donne vicino a Gwen, che sembra leggermente infastidita, mentre Duncan ringhia contro tutte.
Io non oso alzarmi o parlare: sono ancora preoccupatissimo per Heather. E anche Geoff è nelle mie stesse condizioni.
Noah si siede vicino a me e mi guarda con compassione.
-    Vedrai che Heather starà bene... –
-    È inutile che cerchi di consolarmi Noah. È colpa mia se ora Heather è là fuori, in balia della tempesta. –
-    Perché dici così? –
-    Abbiamo litigato. Furiosamente anche. –
-    Ah... mi dispiace... ma non è colpa tua. Per litigare bisogna essere in due. –
-    Sì, ma io sono al caldo, lei è fuori, al freddo, bagnata fradicia... e Bridgette pure. Mi sento uno schifoso. –
-    RAGAZZE!!! MA DOVE SIETE STATE?? –
La voce di Leshwana. Io e Geoff ci rizziamo in piedi.
Sono loro! Bagnate, stanche, infreddolite... ma vive.
Non ci guardano, o almeno, Bridgette guarda Geoff, Heather non mi degna di uno sguardo e cade sulle ginocchia. Chiede aiuto a Eva, non a me; lei e Bridgette vengono messe davanti al fuoco e si stringono a vicenda. Sono sorpreso. Molto sorpreso.
Heather era sempre stata così... fredda con le altre ragazze, e ora la vedo abbracciata con Bridgette.
Anche gli altri sono visibilmente sorpresi, sicuramente hanno fatto lo stesso ragionamento...
Dopo mezz’ora, Geoff fa mille domande a Bridgette, ma lei non risponde, si limita a scuotere la testa.
-    Geffy, ti spiego fra poco, se Heather consente... –
-    Consento, consento... vai tranquilla. –
-    Ah, ho portato queste... –
Bridgette tira fuori da sotto la felpa un casco di banane e il mio appetito si risveglia improvvisamente... ho fame... TANTA fame...
-    Volete gradire? –
Praticamente tutti si fiondano sulla povera Bridgette, ma per fortuna ci sono banane per tutti, e Harold ne porta una a Ezekiel.
Ci sistemiamo attorno al fuoco, e Leshwana ha la grandiosa idea di arrostire la banana sul fuoco.
-    Banana flambé! – ci dice sorridendo.
Provo subito ad arrostirla e ammetto che non è per niente male, specie se la si cuoce con ancora la buccia.
-    Allora... *gnam* ci raccontate dove eravate? Mi avete... *chomp* fatto preoccupare da matti! –
-    Scusami Geffy! Ecco vedi, Heather era venuta da me per chiedermi consiglio... –
-    Perché ho litigato con QUALCUNO. –
-    Ecco, evitiamo di fare nomi. Comunque, siamo andate a fare una passeggiata e già che c’ero, ho preso da mangiare... niente, abbiamo parlato e discusso, quando siamo state sorprese dalla tempesta. Siamo ritornate di corsa al campo, ma era devastato e non c’eravate. Allora abbiamo vagato per tutta l’isola e abbiamo visto una pecora di Ezekiel, l’abbiamo seguita e ci ha condotto qui. –
-    Le avevo richiamate col fischietto! – si sente dall’altra parte della grotta.
-    Sì, grazie... – Heather alza gli occhi e mastica lentamente la sua banana cruda.
-    Comunque sono felice che voi due siate salve! Mi sei mancata, ero così preoccupato Bridg! –
Si fanno le coccole per tutto il tempo. Mi viene da vomitare, e sembra che sia lo stesso per Heather.
-    Ma Heather come mai... non sei arrabbiata? Sembri più tranquilla. – chiede Eva, più perplessa che mai.
-    Forse ho capito che essere sempre acida e aggressiva, non mi aiuta mai Eva. A differenza tua. –
-    Ehi, bada a come parli! –
-    Chiedo scusa... io volevo dirvi che sono cambiata quindi potete avvicinarvi a me senza che vi spaventiate o cercate di piantarmi un paletto nel cuore. –
-    Allora mi vuoi spiegare perché sei arrabbiata con me?? –
Mi fissano tutti, ma lo sguardo che mi incute più soggezione è appunto quello di Heather.
-    E se te ne parlo quando siamo da soli?? Forse ti rendo meritevole di sapere perché, ma in fondo, te lo dissi tempo fa... –
Comincio a pensare: me lo aveva già detto tempo fa... che mi aveva detto??
Ragiona cervello, ragiona!
E la motivazione che avevo detto a Geoff me la sono scordata! Memoria di merda!
-    È inutile che ti scervelli Alejandro. Conoscendo il tuo quoziente intellettivo, non ci arriverai mai. –
-    Heather, dai basta! Non mi avevi detto che lo avresti perdonato? –
-    Bridgette, tu parli troppo... –
Heather fulmina Bridgette con uno sguardo inceneritore... ma ormai ho capito: vuole perdonarmi. Ma per evitare che non lo faccia, fingo di non aver capito.
-    Che cosa hai detto Bridg? Scusa, ma non ho sentito... –
-    No, niente di... importante. – è ancora sotto il mirino di Heather, poverina!
Guardo Heather, ma lei non ricambia, fissa il vuoto e basta. Gwen interrompe il silenzio.
-    Noah, se continua così, come ci procureremo da mangiare nel tempo in cui dobbiamo rimanere qui? –
-    Beh, probabilmente qualcuno di noi andrà con la pioggia a prendere qualcosa che è stato trascinato via dal vento... mi dispiace per il vostro matrimonio... –
-    Maddai, solo per quello? Si può aspettare! –
-    No! Tutti i nostri progetti sono andati all’aria! –
-    Duncan, ti prego... –
Cominciano a discutere animatamente, e osservo Heather: li guarda sognante.
Ma che diavolo...?
È come se... li invidiasse.
Non posso rimanere a guardare, mi fa... senso. Così mi alzo e prendo un bastone infuocato, dirigendomi dentro la grotta. Noah mi ferma.
-    Alejandro, ma dove vai?? –
-    A fare un giro. Voglio camminare. –
-    Aspetta che vengo anche io. –
Duncan mi segue. Camminiamo per le diramazioni della grotta, che sono anche  tante... forse troppe! Va a finire che ci perdiamo irrimediabilmente.
-    Grandioso! Sei un genio, ci siamo persi! –
-    Ehi Duncan, non è colpa mia! –
-    Certo... –
-    E mò che facciamo? –
Silenzio tombale. Ma improvvisamente una voce e una luce. Ezekiel.
-    Ehilà ragazzi, avete visto per caso una capretta? È nera, piccolina... –
-    No, mi dispiace. Ma siamo contenti di vederti, ci eravamo persi! –
-    Persi?? Ahahah! Siete grandi! –
-    Stai zitto capraio! – Duncan lo fissa con sguardo da caimano incazzato.
-    Su, seguitemi, la capra tornerà da sola... su fratellastro, muoviti! –
-    Fratellastro?? Come ti ha chiamato Alejandro? –
-    Siamo fratellastri Duncan... –
-    EH??? Ma da quando? -
-    Sì, ti spieghiamo poi... –
Ezekiel avrebbe dovuto stare zitto. La nostra fratellanza è un argomento del quale non mi piace parlare, e neanche Ezekiel.
Lo seguiamo, e ci porta nel suo antro, pieno di pecore e capre che belano interrottamente. Ci sediamo su delle rocce e Duncan chiede:
-    Da quando in qua voi due siete fratelli? –
-    È una lunga storia, è non mi piace parlarne. – Ezekiel abbassa gli occhi.
-    D’accordo, lo farò io. Vedi, noi abbiamo la stessa madre, ma padri diversi. Nostra madre aveva sposato mio padre in Brasile e da loro nacqui io... –
-    Ma i tuoi due fratelli Josè e Carlos? –
-    Sono figli di un’altra donna messa incinta da mio padre. Non era sposato con lei. –
-    Ma la mamma si era stufata di tuo padre... –
-    Sì, perché aveva incominciato a drogarsi e la picchiava. Così se ne è andata in Canada, nelle praterie. –
-    E ha incontrato mio padre. Ha sposato lui e ha avuto un solo figlio: me. Papà non ha mai torto un capello alla mamma... – mi guarda torvo.
Non sopporto quando tira in ballo questa storia, come se fosse colpa mia.
-    Comunque io e Ezekiel non ci siamo parlati molto. Io odiavo il suo ambiente e lui odiava il mio; non abbiamo molte affinità. –
-    Per niente. –
Duncan guarda prima me, poi Ezekiel, poi di nuovo me.
-    In effetti, non avete nulla di familiare... Alejandro è grosso, bello, abbronzato e muscoloso, tu Ezekiel sei più basso, più tozzo... una roccia. Alejandro è un serpente.-
-    E si sa che le rocce schiacciano i serpenti vero? –
Mi guarda arcigno. Non gli sono mai andato a genio e mi odia. Io lo squadro inviperito, sostenendo lo sguardo fissandolo negli occhi.
Questa battaglia visiva dura per circa cinque minuti, finisce quando Duncan comincia a sbadigliare.
-    Io mi sono rotto di osservarvi, tornerei volentieri dalla mia Gwen. –
-    Ah già... ora sei diventato un dolce ometto di casa... –
-    Ripetilo brasiliano da strapazzo. –
-    Non puoi negarlo. Sei così dolce con Gwen... –
-    Tenero, amoroso... –
-    Vorreste piantarla? Mi preoccupo per lei, basta. –
-    Merito e onore Duncan... –
-    Allora andiamo?? –
Io e Duncan ci alziamo, salutando Ezekiel (o meglio, lui lo saluta, io gli faccio un cenno) e torniamo dagli altri.



È notte fonda e tutti stanno dormendo sulla nuda roccia mentre fuori infuria ancora la tempesta, con tuoni e boati.
O almeno, non tutti dormono, io sono sveglio, non riesco a dormire.
Quando sono tornato ho seguito il consiglio di Geoff e ho deliberatamente  ignorato Heather. Non l’ho neanche guardata anche se avrei tanto voluto farlo. Mi sono messo a parlare con Noah, Geoff, addirittura con Gwen, pur di non pensare a Heather.
Io lo so che lei è sveglia come me ora, non riesce a chiudere occhio. Sento un respiro che non è di qualcuno addormentato, e può essere solo lei.
Quello che mi aspetto è che si avvicini e mi chieda scusa. E aspetto.
Aspetto...
Aspetto...
Aspetto...
Qualcuno che si muove nell’oscurità sui gomiti, strisciando. Una mano sulla mia schiena, seguita dal braccio e dal corpo. E riconosco subito il corpo, quello che volevo. Crede che io sia addormentato, perché mette la testa sotto il mio braccio e si appoggia contro il mio petto. Lentamente la circondo con le braccia. Sussurra:
-    Sei sveglio? –
-    Sì... –
Non risponde, rimane immobile. Ma non per molto.
-    Scusami... –
-    Non è da te scusarti. –
-    Lo so. –
-    Però hai ceduto. –
-    Non ce la facevo senza di te. –
-    Parole toccanti per una vipera. –
-    Lo sono, hai ragione. –
-    Sei anche troppo buona. Non è da te pentirti così facilmente. –
-    Sono stata una stronza. –
-    Lo hai capito troppo tardi Heather. –
-    Mi vuoi lasciare? –
-    Forse... –
Si irrigidisce. Mi sa che ho esagerato, io non voglio mica lasciarla. Con voce flebile sussurra:
-    In verità me lo merito. –
-    Potrei anche cambiare idea. Basta che mi spieghi perché sei così strana. –
-    Te lo dirò, ma ti prego non reagire. –
-    Mi stai tradendo? – in effetti ho questo sospetto!
-    No te l’ ho detto. Il fatto è che sono invidiosa. Molto invidiosa. –
-    Di chi? –
-    Di Gwen. –
-    E perché mai? –
-    Perché lei è incinta. Io non potrò mai avere questa possibilità. –
Mi si stringe lo stomaco in una morsa dolorosa.
-    Mi dispiace Alejandro... –
-    Per cosa? –
-    Ti ho deluso molto. –
-    Non mi hai deluso. –
-    Alejandro... so benissimo che tu avresti voluto un figlio. Non potrai mai avere questa possibilità per colpa mia. –
-    Non è affatto colpa tua del fatto che sei sterile! –
-    Ti ho deluso... –
-    La vuoi piantare?? –
-    Non urlare Alejandro. –
-    Ma Heather, tu non mi hai deluso chiaro? –
-    Ma avresti voluto che fossi diversa. –
-    Per me sei perfetta così. –
-    Non è vero. Tu lo vuoi un figlio da me. –
-    È vero, ma siccome non puoi, non c’è nulla da fare. Ora piantala ti prego! –
-    Potresti fare cambio con qualche altra ragazza... –
-    Heather!!-
-    Oppure potresti uccidermi... –
-    Ora basta!! –
Le tappo la bocca con il braccio e la stringo il più forte possibile a me, tanto che sento le sue ossa scricchiolare. Lei emette un sospiro e mi stringe a sua volta, graffiandomi involontariamente la schiena. Singhiozza silenziosamente sul mio petto mentre le accarezzo dolcemente i capelli.
-    Sshh... non è successo niente, tranquilla. –
-    Scusami... –
-    Piantala di scusarti. –
-    Va bene... mi devi rispondere a una domanda. –
-    Dimmi pure. –
-    Tu volevi farlo tante volte perché non ti eri arreso all’evidenza che non avrei avuto bambini? –
-    No. È perché mi piace molto farlo con te. Sei unica. –
-    Stai scherzando. –
-    Io non scherzo mai mi amor. –
-    Gradirei che la piantassi con queste frasi in spagnolo grazie. O portoghese, quel che è. –
-    Non accetti la sconfitta vero? –
-    Non ho capito, mi dispiace. –
Ridendo sotto i baffi, le strofino il mio naso contro il suo, le passo la mano tra i capelli e sotto la maglietta ancora umida.
-    Togli immediatamente quella mano da lì! –
-    Perché? –
-    È gelata!! –


NOTE DELL' AUTRICE
Ehm...
Ammetto che è un capitolo molto corto (e schifosissimo), solo che non ho molta esperienza con la AxH e non avevo il minimo straccio di idea!
Almeno spero che sia leggibile, perchè era dedicato a
SuperGirlFra (l'ex AleHeather00)! Ringrazio moltissimo Fairy Star per il suo aiuto! <3

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Capitolo 15
*** Il matrimonio ***


GWEN

 


Quando ci siamo svegliati la tempesta era cessata e il sole splendeva. Purtroppo il nostro accampamento è praticamente sparito, disperso per mare o nell’ isola, ma la tempesta ha ammucchiato in giro molti rami, foglie e tronchi: così potremmo ricostruire il campo da zero e abbiamo il materiale
Tutti si mettono al lavoro, così comincio anch’io ma Duncan mi ferma.
-    Gwen tu non devi sforzarti! –
-    Ma voglio dare una mano anche io! –
-    Solo che non sei in condizioni. Siediti e riposati. –
-    No! Non sono una disabile, posso aiutarvi benissimo! –
-    Gwen, - interviene Bridgette – Duncan ha ragione: non devi sforzarti. –
Mi poggia le mani sulle spalle e mi costringe a sedermi.
-    Bridg, io sono stufa di non poter fare nulla solo perché sono incinta! –
-    Ma pensa al bambino. Certamente tutti questi sforzi non gli faranno certamente bene. –
-    Per stavolta ve la lascio buona, ma vorrei fare qualcosa. –
-    Dunque... potresti intrecciare le liane con me! –
-    Non so come si fa. –
-    Ti insegno io. Su, prendi queste quattro liane. –
Si siede vicino a me, insegnandomi pazientemente come intrecciare quelle quattro liane fino a formare una corda robusta. Dopo dieci minuti ho capito il meccanismo e intreccio abbastanza spedita, ma Bridgette è una cosa impressionante: va velocissima e non guarda nemmeno quello che sta facendo.
-    Gwen, come pensi di fare per il vestito? –
-    Eh? Vestito? Quale vestito? –
-    Ma per il tuo matrimonio, no? Che ti metterai? –
-    Devo avere per forza un vestito? –
-    Ma... non penserai mica di andare all’altare vestita così?!? –
-    Sì! Forse perché ho solo questo vestito. –
-    Te lo faccio io! –
-    Stai scherzando? –
-    No, affatto! –
-    E mi spieghi dove la recuperi la materia prima? –
-    Dalla lana delle pecore. –
-    Mi vuoi per caso fare un golf? –
-    Ma no, basta fare dei fili sottilissimi! –
-    E dove tessererai? –
-    Su un telaio! È facile da costruire sai? –
-    No, visto che non ho capacità tessitorie. –
-    Ma allora lo vuoi o no il vestito? –
-    Sì, mi piacerebbe molto ma... –
-    Zitta. Al pomeriggio vieni a casa mia (sempre che ci sia) che prendo le misure, poi verrai con me da Ezekiel per scegliere le pecore dalle quali vuoi a lana. –
-    È necessario che scelga pure le pecore?? –
-    Certo! È il tuo abito, per il tuo matrimonio e deve essere tua in ogni senso. –
Mentre parla, continua a intrecciare e visto che era molto presa dal discorso, non si è mai fermata, ha fatto una corda di lunghezza mostruosa.
-    Bridg, dovresti fermarti! Come corda è più che sufficiente! –
-    Oddio! Beh, potremmo usarla come filo per stendere i panni, in fondo è giunto il momento di evolurci! E scommetto che la pioggia ha creato molte pozze d’acqua nuove e abbia ingrandito quella principale. Dobbiamo sfruttare quelle nuove, altrimenti evaporeranno. –
-    E... quindi? –
-    Laviamo i vestiti! Sia nostri che dei ragazzi. –
-    Non credo che i maschi saranno tanto felici di darci i loro vestiti. –
-    Forse ho un piano... forza, finiamo le corde, poi ruberemo i vestiti ai maschi, mutande comprese! –
-    Specialmente quelle hanno bisogno di una bella lavata! –
-    Anche se mi fa leggermente schifo maneggiare le mutande altrui, e pensa se sono lerce in quel senso! –
-    Urgh... non farmici pensare! –


Io, Bridgette, Heather, Courtney, Leshwana e Eva siamo cariche dei (pochi) vestiti  dei ragazzi. Ci siamo divertite un mondo a fregare gli indumenti! È andata così: io e Bridg abbiamo sparso la voce alle ragazze del nostro piano e per fortuna sono state tutte complici.
Con aria innocente abbiamo suggerito ai ragazzi se volevano prendersi una pausa, che continuavamo il lavoro noi e che magari potevano fare una bella nuotata. I ragazzi hanno abboccato all’amo, si sono precipitati al mare, lasciando i vestiti sulla spiaggia, mutande comprese (quindi vi lascio immaginare lo spettacolo...). allora noi senza farci vedere abbiamo arraffato tutto e siamo partite di corsa verso l’interno dell’isola, dove potrebbero esserci delle pozze d’acqua  nelle scavature dei massi che circondano  la collina Maggiore (così chiamiamo la collina che sta al centro dell’isola, che è anche quella più alta e grossa).
Sghignazziamo senza ritegno ripensando alla nostra malefatta, che dopotutto era a fin di bene.
-    Puah, gli abiti di Ezekiel puzzano di capra! – si lamenta Heather.
-    Chissà perché... – Leshwana rotea gli occhi – Però è stata una buona idea,tutti cominciavano a puzzare. –
-    Chissà perché... –
-    Non sei divertente Heather! –
-    Nemmeno tu Leshwana! –
Courtney mi si avvicina con fare timido.
-    Ciao Gwen... –
-    Courtney! È da tanto che non parliamo. –
-    Non ne ho avuto l’occasione, visto che eri sempre circondata dalle altre ragazze... –
-    Stai tranquilla, tu sei la mia preferita! – gli strizzo l’occhio.
-    Grazie mille Gwen... – sorride, - e con Duncan come va? –
-    Oddio... un inferno. Non posso fare niente se c’è lui nei paraggi! Non vuole che parli con le altre ragazze, che faccia il minimo sforzo, che rimanga da sola, oppure se non mangio abbastanza, dormo poco... –
-    Sì preoccupa per te. –
-    Lo so, ma sta esagerando fino all’inverosimile! –
-    In effetti a vedersi un po’ stressante lo è... –
-    Courtney stai bene? Hai un’aria così mogia... –
-    Ho la nausea. Trent è preoccupatissimo, pensa che abbia l’influenza. –
-    Ma hai la febbre, vomito, forte mal di testa, sonnolenza... –
-    No, solo una forte nausea, e una volta sola ho vomitato. –
-    Da quanto dura questa cosa? –
-    Da oltre due settimane, non può essere influenza. E non ci ho dato molto peso, ma Trent è sempre in ansia per me... –
-    Ora che mi ci fai pensare lo vedo spesso stressato, abbattuto e nervoso. –
-    Ed è ancora in colpa per quello che è successo nonostante l’abbia rassicurato infinite volte. I primi mesi non mi sfiorava nemmeno, ma ora riesce a baciarmi e ad abbracciarmi come si deve. Cerco di farlo sorridere ma è molto difficile se non impossibile e sono veramente preoccupata per lui. –
-    Trent è un ragazzo molto sensibile, non lo supererò facilmente. –
-    Lo so... ecco perché sono preoccupata. E se rimanesse per sempre così?? Non potrei sopportarlo... –
-    Vedrai , Trent non è tipo da lasciarsi andare alla sconfitta. Si riprenderà. –
-    Lo spero. Se me lo confermi tu... – abbozza a un sorriso.
-    Ragazze quella pozza va bene? –
Eva interrompe la nostra discussione indicando col dito un mini lago sopra una roccia concava.
-    Sì può andare. - dice Bridgette al di sopra del masso.
Ma quando è salita??
Tutte salgono, ma io rimango indietro perché non ce la faccio, ma Eva mi prende e mi tira su.
-    Ehi, la signorina Ce la Faccio non ce la fa! –
-    Sei molto divertente Eva! –


Torniamo con tutti i vestiti bagnati tra le braccia  che con questo caldo, è anche molto piacevole. I ragazzi ci aspettano al varco, incazzati e nudi come vermi. Anche noi siamo nude, solo che siamo ridenti e complici!
-    Spiegateci perché ci avete rubato i vestiti... – Duncan mi squadra truce.
-    Puzzavano e li abbiamo lavati! – sorrido.
-    Oh no! Ecco che la mania del lavaggio ha colpito anche voi... è proprio una prerogativa delle donne! –
-    Non essere ridicolo Duncan! Era ora che li lavassimo! –
Apre la bocca come per dire qualcosa ma la richiude sconfitto. Noi guardiamo i maschi e sghignazziamo senza ritegno, mentre stendiamo gli indumenti bagnanti sul mega filo di Bridgette, mentre ci arrivano addosso le occhiate dei ragazzi: non capiamo se sono di odio o di desiderio, ma non vogliamo scoprirlo presto perché sono molto fastidiosi quegli sguardi, perciò ci ritiriamo nella capanna di Leshwana e Harold. Mi sdraio sulla parete della capanna perché sono stanca morta.
-    Gwen tutto bene? – Leshwana mi guarda preoccupata.
-    Sono solo molto stanca. –
-    Vuoi da bere? –
-    Oh sì grazie! –
Bevo lentamente e quando finisco mi accorgo di avere cinque paia di occhi puntati su di me.
-    Non vorrete mica sostituire Duncan spero! –
-    No hai capito male, - dice Courtney  - Bridgette ci ha raccontato del tuo vestito per il matrimonio! Saremmo felicissime di aiutarti! –
-    Oh mio dio! Ma è un complotto! –
-    Io preparo la stoffa, visto che mia nonna era tessitrice mi ha insegnato tutto quello che bisogna sapere! – si vanta Heather.
-    Ma ragazze, vi assicuro che non è necessario... –
-    Cosa?? Il giorno più importante della tua vita non vuoi essere al meglio di te? – domanda Eva.
-    Ma sì, solo che non voglio disturbarvi... –
-    Nessun disturbo carissima!  Vedrai che ti renderemo felice! – Bridgette è in estasi.
-    Non ne dubito, ma... –
-    Dài, dici il tuo ideale! – domanda Heather.
-    Eh? –
-    Il tuo vestito ideale, un tuo progetto. Come lo vorresti? –
-    Mah non so... semplice. –
-    Mmmhh... semplice. Va bene, ho in mente un modello che ti piacerà.  –
-    E di che colore lo vuoi? – si intromette Leshwana.
-    Pure il colore?? Boh bianco... –
-    Ma il bianco non era una prerogativa delle vergini? – puntiglia Eva, con un sorrisetto malefico.
-    Eva! Ma andiamo! –
Bridgette si sta arrabbiando di brutto e guarda Eva con odio. La vedo male...
-    No Bridg, ha ragione. Devo cambiare colore. Il problema è che qui non possiamo fare un salto al supermarket e comprare il colorante. –
-    Altrimenti ti avremmo già preso il vestito... – sospira Courtney.
-    So che esistono delle piante e degli insetti che colorano i tessuti, solo che non saprei riconoscerli. –
Improvvisamente mi viene un lampo di genio. Chi qui sa conoscere bene le piante e le loro proprietà?
Duncan.
Solo che non vuole che questa sua capacità si sappia in giro, quindi glieo dovrò chiedere di nascosto.
-    Forse so chi ci può aiutare. –
-    E chi? – dicono in coro.
-    Mi dispiace ma deve rimanere un segreto. Ma forse un giorno, lo scoprirete. –


Verso sera gli abiti sono asciutti e ci siamo rivestiti tutti: i maschi hanno dovuto ammettere che erano più comodi e li abbiamo sfottuti tutta la sera.
Durante la cena (a base di coniglio, con contorno di tuberi e per dessert frutta) mi sono accorta che Noah e Eva erano più propensi ad atti amorosi in pubblico. Di solito loro sono molto riservati riguardo la loro relazione, non la mostravano mai davanti a noi, anche dopo l’incidente di Eva.
Ma in fondo si intendeva  che erano innamorati. Forse perché sono stati beccati mentre limonavano di brutto da Alejandro e Geoff!
Duncan stasera non la smette di farmi le coccole, e in fondo è snervante ma anche piacevole in un certo senso. Mi passa la carne migliore, quella più succulenta  grassa con le fragoline più succose e dolci.
-    Duncan sono sazia mi basta così. –
-    Sicura Gwen? –
-    Sicurissima tranquillo! –
Si siede vicino a me prendendomi la mano e comincia a grattarmela con le unghie.
-    Duncan sei strano. Qualcosa non va? –
-    Beh... –
-    Dai mi fai preoccupare! –
-    Sono nervoso per il matrimonio. Tu no? –
-    Sì, ma non mi faccio così tanti problemi! –
-    Io sono nervosissimo. Anni fa non avrei mai pensato di sposarmi, o di diventare padre. Io non lo sembro affatto. –
-    E io non avrei mai pensato di trovarmi su un’isola deserta. –
-    In effetti hai ragione. – fa una risatina – nemmeno io lo avrei mai immaginato ma se tu non ci fossi stata, mi sarei ucciso. –
-    Ma non dire cazzate. –
-    Non sto dicendo cazzate. –
-    Cambiamo discorso okay?!? Ah giusto... ti devo chiedere una cosa di botanica. –
-    A bassa voce per favore!! –
-    Sì scusa! – sussurro – qui ci sono piante o animali che possono tingere i tessuti? –
Mugugna qualcosa e si posa l’indice sul naso: questo è il segno che sta pensando.
-    Conosco la cocciniglia, che è un insetto che colora di rosso, poi di piante ci sono i denti di leone... –
-    Quelli li ho visti qui! –
-    Colorano di giallo. Ma a che cosa ti servono? –
-    È una sorpresa... –
-    Perché non me lo vuoi dire amore? –
-    È inutile che mi dici “amore”, tanto non te lo dico! –
-    Ma io non te l’ho detto per quello! L’ho detto perché ti amo. –
-    Pfui... certo e io dovrei crederci? –
Mi bacia dolcemente, come a sottolineare che quello che diceva era vero.
Lascio andare la mia lingua alle sue avance, inclinando la testa. Ma smetto di baciarlo quando sento la voce di Noah allarmata.
-    Ragazzi qualcuno ha visto Ezekiel?? –
Guardo Noah interdetta.
-    È scomparso? -
-    Non è venuto a mangiare. E pensare che oggi c’è anche il suo piatto preferito! –
-    Io vado a cercarlo. – dice Duncan mentre si alza.
-    Vengo anch’io. –
-    No, tu no Gwen. –
-    Ora basta!! – sono infuriata – non è possibile solo perché sono incinta non possa fare niente! Io vengo con te, che ti piaccia o no. –
-    La volete smettere di litigare? Andiamo! –
-    Subito Noah! –
Corro verso di lui prima che Duncan possa ribattere. Lui prende una torcia e mi prende sottobraccio.
-    Noah, dove pensi che possa essere? –
-    Più probabilmente è con le capre, altrimenti non ne ho la più pallida idea. –
Continuiamo a camminare in silenzio, Noah non ha una bella faccia.
Comincio a sospettare che lui sappia qualcosa sul conto di Ezekiel. Qualcosa di brutto.  Mi libero dal braccio di Duncan e vado vicino a Noah
-    Perché sei così preoccupato? –
-    Io? Beh, ovviamente ho a cuore la sua sicurezza. –
-    Sì ma credo che tu nasconda qualcosa che lo riguarda. –
-    Che vorresti dire? –
-    Ti ha detto qualcosa riguardo... a un’azione che voleva fare, o una sua confessione? –
Si blocca. Gira lentamente e mi guarda sconcertato.
-    Come hai fatto a... –
-    Ci sono abituata: nel mio orfanotrofio succedevano spesso cose del genere. Dimmi che ti ha detto. –
-    Non sono belle cose Gwen... –
-    Appunto per questo che ti chiedo di parlarne. –
-    Ma non ne ho il diritto, sono cose personali di Ezekiel. –
-    Lo vuoi aiutare o no? –
-    Non davanti a Duncan. Rimandiamolo indietro. –
Mi volto e vedo Duncan che mi esamina circospetto.
-    Gwen che succede? Lo avete trovato? –
-    No, ma tu devi tornare indietro. –
-    E perché mai?? –
-    Non posso spiegare. –
-    Gwen, perché vuoi restare da sola on NOAH?!? –
-    Non è quello che pensi tu, non ho una relazione con lui. deve solo parlarmi di cose molto particolari riguardanti Ezekiel. –
-    E perché non posso sentire anch’io? –
-    Perché Noah non vuole farlo sapere a molte persone. Ti prego... –
-    Va bene ti lascio andare... ma stai attenta. –
-    Tranquillo Duncan. –
Gli do un bacio veloce e lui mi sfiora il viso. Poco dopo scompare nell’oscurità e torno in fretta da Noah.
-    Strano, non ti ha fatto l’interrogatorio. –
-    Già... è un miracolo. Allora, che ti ha detto Ezekiel. –
-    Siediti. – ci sediamo – vedi, si sente molto solo. Praticamente è frustrato perché tutti qui vivono in coppia tranne lui. vorrebbe una ragazza, ma sa che non la potrà mai avere per il semplice fatto che... –
-    Qui le ragazze sono tutte prese. –
-    Esatto. Non lo avevo mai visto così triste e abbattuto... –
In effetti qui l’unico a rimanere a bocca asciutta è proprio Ezekiel. Anche io al posto suo sarei molto frustrato e triste.
-    E sono preoccupatissimo per lui, perché mi ha detto che non ne poteva più, che la voleva fare finita... io ho cercato di dissuaderlo e sembrava che si era ricreduto, ma ora... temo il peggio. –
-    Non dobbiamo starcene qui impalati allora! potrebbe averlo fatto sul serio! –
-    Stai scherzando vero?? –
-    Affatto! Su muoviamoci! Tu sai dov’è l’allevamento di capre, quindi guidami! Non c’è molto tempo! Potrebbe essere già... –
Non proseguo la frase ma mi alzo e trascino Noah con me. Ci dirigiamo il più velocemente possibile verso l’allevamento. Si vedono i manti lanosi delle pecore e quelli bruni delle capre, le quali dormono. Ma nessuna traccia di Ezekiel.
Però... si sente una musica molto strana. Come tanti tamburi e flauti che suonano tutti insieme.
-    Noah, dimmi che non sono impazzita e che senti anche tu questi rumori. –
-    No, li sento anch’io! –
Ci guardiamo confusi e ci inoltriamo nella valle di lana e pelo, finché la musica aumenta di volume e vediamo Ezekiel che saltella qua e là, battendo sui tamburi e soffiando in un flauto che ha attaccato al collo.
Non ci ha ancora visto, continua a saltare in giro e battere i tamburi (forse sono fatti di pelle di capra).
Noah tossisce violentemente più volte per farsi sentire.
-    Eh-ehm... Zeke sono io. –
Si ferma ancora a mezz’aria e cade pesantemente a terra, lamentandosi. Ma si rimette in piedi e ci guarda ridendo.
-    Ohi, ohi ragazzi che botta! Che ci fate qui? –
-    Siamo venuti a cercarti! – dico – non eri venuto a cena e ci siamo preoccupati... Noah era preoccupatissimo per te. –
Ezekiel lo squadra con aria interrogativa.
-    Glielo hai detto? –
-    Solo a lei, visto che poteva capirti. –
-    Ma lei ha qualcuno per sé! Non può capire. –
-    Non quando ero all’orfanotrofio. Fidati, io ti capisco meglio di chiunque altro ; ho passato più volte quello che hai passato tu, ho cercato di suicidarmi  varie volte ed è meglio che tu non faccia lo stesso errore. –
-    E come mi fermeresti? –
-    Io... –
-    Lascia stare. – mi interrompe – non ne ho bisogno. Questa idea, - indica i tamburi e il flauto attaccato al collo – mi ha ridato nuova vita, nuova energia. Grazie Noah per quando hai detto “cerca un nuovo simbolo di vita”; ora ho capito che volevi dire. –
Noah gli getta le braccia al collo. Ma non sto guardando, sono impegnata a formulare un’idea geniale. Mi volto di scatto.
-    Ezekiel, potresti suonare al mio matrimonio? –
Mi guarda incerto.
-    Sì, fammi la colonna sonora! Ti prego... –
-    Ma devo fare proprio: taaaa tiii taaaraaaa... – (immaginatevi la musica da matrimonio!)
-    No! Hai libertà di scelta! –
-    Allora va bene! –
-    Grazie Zeke, grazie!! –

***********************

Non è ancora l’alba e non ho dormito tutta la notte. Anche Duncan era nervoso, ma verso notte fonda si è addormentato di colpo. Io sono così nervosa... fra poche ore io e Duncan saremo marito e moglie.
Suona molto strano. Insomma, prima dicevo, quando mi rivolgevo a Duncan:
“Lui è il mio ragazzo”.
E tra poco potrò dire:
“Lui è mio MARITO”
È più incisivo, mi piace!
Duncan è accoccolato vicino a me, russando piano e agitandosi leggermente nel sonno: forse sta facendo un brutto sogno, ultimamente gli capita spesso.
Si sveglia subito dopo, sbattendo le palpebre e sorridendomi.
-    Buongiorno cara. –
-    Buongiorno scemo! –
Ridacchia e mi mette un braccio attorno alle spalle.
-    Nervosa? –
-    Molto. Non ho dormito affatto. –
-    Non mi crollare davanti all’altare cucciola! –
-    Sei un pirla. Comunque sembrava che stessi facendo un brutto sogno. –
-    Non era un incubo, ma era un sogno assurdo. Sognavo che ero spora una zattera che galleggiava in un lago di panna e attorno nuotavano dei pesci di biscotto. Io mi sono tuffato e allora un drago marino fatto di caramelle gommose mi ha attaccato e ingoiato. Allora io sono uscito fuori mangiandolo dall’interno e un altro drago, ma volante, fatto di cioccolato fondente, al latte e bianco, con ali di zucchero filato mi ha fatto salire sul dorso e mi ha portato nello spazio... –
Lo guardo con un sopracciglio alzato.

-    Ma cosa hai mangiato ieri sera? –
-    Le stesse cose che hai mangiato tu! –
-    Hai per caso scoperto delle piante di marijuana e ti sei fatto delle canne di nascosto? –
-    Dai smettila! È solo frutto della mia immaginazione. –
-    Allora è anche peggio di quello che pensavo! –
Gli salto addosso e gli mordicchio il lobo dell’orecchio, mentre lui cerca di togliermi la maglietta; quando me l’ha tolta mi fa sdraiare e accarezza con le mani il mio ventre.
Essere incinta è una stranissima sensazione: senti qualcuno che si muove dentro di me, sai che è vivo, che pensa, prova emozioni, formula pensieri. E so che anche per Duncan è una sensazione strana, tutta nuova ed eccitante.
Appoggia l’orecchio sulla mia pancia e rimane lì ad ascoltare per un paio di minuti.
-    Sento il suo cuore, e anche il tuo. –
-    Ma va’?? –
-    Stanotte come è andata? –
-    Non si è mosso tanto, è stato bravo. Mi sa che non ha preso da te. –
-    Per fortuna! –
-    Che dici? A me piacerebbe se fosse simile a te. –
-    Io spero di no, non voglio che si riduca come me. –
-    Ma smettila! –
Rimaniamo in silenzio, finché non si sente qualcuno che “bussa”.
-    Sono Noah, siete svegli? –
-    Sì lo siamo. Dobbiamo prepararci? –
-    Esatto. Forza Gwen esci che le ragazze ti aspettano con impazienza. –
Rabbrividisco. Le ragazze mi massacreranno con una seduta di trucco e parrucco!
-    Gwen ti sei rimbambita? – è impaziente.
-    No... è che tremo alla sola idea. –
-    Forza amore, non sarà la fine del mondo! – cerca di rassicurarmi Duncan.
-    Lo è eccome! –
-    Beh, fine del mondo o no, alza quel culo e vai dalle ragazze! –
-    We, calmino! Ora mi alzo! –
Lo faccio, ma lentamente e mi dirigo verso la capanna di Courtney, ovvero all’inferno. Busso piano e tutto d’un fiato dico:
-    sonoGwenperfavorenonuccidetemièprimamattinaesonomoltostancavipregovisupplicoandatecipianoconme! –
un visetto timido sbuca dalla capanna, quello di Courtney.
-    Prego Gwen entra! Ci sono solo io, le altre non sono ancora arrivate. Ah, c’è Trent è un problema? –
-    No affatto, anzi ripasso dopo, non voglio disturbare... –
-    Tranquilla, ci fai solo un piacere che tu ci sia. Avanti entra! –
Evitando di barcollare come un ippopotamo, entro nella loro capanna e vengo accolta con una calorosa e abbracciante accoglienza di Trent. Anzi, mi sta stritolando.
-    Gwen che piacere vederti!! –
-    Anche per me Trent... *coff*... –
-    Amore lasciala andare, non vedi che la soffochi? –
-    Oh scusa! –
Allenta la presa e riesco a respirare. Mi siedo per terra e così fanno Trent e Courtney.
-    Allora Trent, come va’? Tutto bene? –
-    Sì, non mi posso lamentare. È Courtney che non sta bene... –
-    Ho ancora la nausea. –
-    Trent, non può essere influenza... – dico, ma Trent mi interrompe.
-    Lo so. E abbiamo scoperto che cos’ha. –
Si fa un silenzio carico di tensione. Comincio a preoccuparmi seriamente.
-    Ragazzi vi prego, non tenetemi sulle spine! –
-    Gwen... – Courtney ha la voce che le trema – sono incinta. –
.
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.
.
.
.
MA E’ FANTASTICO!! Perché non me lo aveva detto prima??
-    Courtney ma è meraviglioso! –
-    Lo so!! Io... io mi sento stranissima, ma felice! –
-    Fidati, io ti capisco meglio di chiunque altro! – le strizzo l’occhio – e Trent? Tu che dici? Non sei contento? –
-    Certo che lo sono! Solo che... non so in quale rapporto sia rimasta incinta, capisci... –
-    Sì capisco. Ma sei venuto quella volta? –
-    No... –
-    Allora non può essere per quello tranquillo. Ma allora lo avete fatto altre volte?? –
Mi sembra alquanto improbabile, visto che Trent non voleva neanche toccarla.
-    Due mesi fa l’ho praticamente costretto a farlo... ma ammetti che ti è piaciuto! –
-    Sì, è stato molto bello... anche se facevo molta fatica... –
-    Courtney! Non me lo avevi detto! –
-    Mica posso raccontarti tutto quello che succede nella mia vita amorosa! –
Ridiamo entrambe mentre Trent la coccola con dolci carezze.
-    Allora... – mi chiede Trent – sei nervosa? –
-    Abbastanza! –
-    E Duncan? –
-    Pure. Ma credo che si faccia le canne di nascosto... –
-    E perché?!? – Courtney è scandalizzata.
-    Perché fa sogno assolutamente assurdi! –


Le ragazze hanno invaso la casa di Courtney, scacciando Trent e assalendo me. Ho chiuso gli occhi per non vedere niente: non perché voglio l’effetto sorpresa, ma il vero motivo è che voglio ridurre la sofferenza al minimo...
Mi sento avvolgere, stringere, impiastricciare, massaggiare (unica parte vagamente piacevole), spennellare, strappare (ahia!) e lustrare.
Quando mi hanno detto che avevano finito, ero uno straccio consumato, non riuscivo a reggermi in piedi. Ho osato aprire gli occhi e ammetto che ero strabiliata.
Mi hanno messo un vestito a spalle scoperte, lungo fino alle ginocchia (anzi, un pelo sotto le ginocchia), di un velato color giallino. È stretto sotto il seno da una fascia di stoffa bianca, che mette in risalto la mia pancia. Mi hanno spinzato le sopracciglia (brutte maledette!) e passato un pezzo di carbone sulle palpebre, ma hanno ottenuto un effetto delicato, insomma non sembro un procione, in aggiunta un pochino di ocra sulle guancie.
Le ragazze non la smettono di farmi i complimenti, di dirmi che sono bellissima. Leshwana era andata in avanscoperta dai maschi, ora è tornata con il resoconto: niente di che, tirano pacche sulle spalle di Duncan, gli fanno le congratulazioni e mangiano i resti della cena di ieri: ma cercano anche di scroccare qualcosa a Eva, che sta preparando il banchetto nuziale, anche se ha praticamente distrutto la mano di Alejandro.
Sinceramente ci aspettavamo qualcosa di più interessante.
Più il momento fatidico si avvicina, più divento nervosa e irrequieta.
Io e Courtney (la mia ancella e testimone di nozze) stiamo aspettando dietro a una roccia il segnale da parte di Noah per poter entrare, ma sembra che quello stramaledetto segnale non voglia arrivare di proposito per farci innervosire sempre di più.
-    Gwen devi calmarti! O rovinerai il trucco. –
-    Lo so, lo so... ma sono così agitata e impaziente! –
-    Lo sono anch’io, ma cerco di mantenere il controllo. –
-    Facile dirlo per te! Quando ti sposerai, sono sicura al cento per cento che ti rimangerai queste parole! –
-    Molto probabile! –
Improvvisamente Noah sbuca fuori e ci fa il segnale. Di colpo non mi sento tanto bene e non sono sicura di voler andare.
-    Gwen che hai? –
-    Courtney... non sono sicura... –
-    Zitta e vai, scema! –
Mi tira uno spintone e mi costringe ad avanzare. Le game mi tremano come due gelatine, ma riesco ad andare avanti ed entriamo nella cerimonia.
È stata preparata in una vallata particolare, dove le rocce erano sistemate come panche in una chiesa e alla fine delle due file di massi, c’è una roccia quadrata, perfetta per lo scopo di altare. Lì mi aspetta Duncan, sorridente, mentre ai lati, tutti gli altri ragazzi sono seduti e festosi. Ezekiel intanto, sta suonando a tutto spiano e non riesco a trattenere un sorriso.
Quando arrivo all’altare, vedo Trent, il testimone di Duncan, dietro di lui che fa l’occhiolino a Courtney. Duncan mi afferra la mano e mi dirige davanti a lui.
-    Sei nervosa tesoro? –
-    Moltissimo. Tu? –
-    Oltre ogni immaginazione. –
E sorride, con quel sorriso con cui mi fece innamorare tempo fa.
Noah si posiziona dietro l’altare e richiama il silenzio. E silenzio fu.
-    Fratelli, - (ma mica vorrà fare tutte le formule da prete??) – siamo qui riuniti oggi per celebrare il matrimonio fra quest’uomo e questa donna. Ora io mi rivolgo a te Duncan. Vuoi tu, prendere Gwen come tua sposa, in salute e in malattia, nella buona e nella cattiva sorte, finché morte non vi separi? –
-    Lo voglio. –
-    E vuoi tu Gwen, prendere Duncan come tuo sposo, in salute e in malattia, nella buona e nella cattiva sorte, finché morte non vi separi? –
-    Lo voglio. –
-    Col potere conferitomi, io vi dichiaro... –
Fa una pausa d’effetto, quel maledetto!
-    Marito e moglie. –
Guardo Duncan, che sorride radioso.
-    E siccome non abbiamo gli anelli, penso che un bacio sia sufficiente. –
Duncan mi prende dolcemente i fianchi, avvicina il mio corpo al suo e poggia le mie labbra sulle sue.
Urla festose si innalzano, ma per me sono lontane mille miglia.
È il bacio più bello di tutta la mia vita, così pieno di significato. Ora io e Duncan siamo sposati.
Quando ci sciogliamo dal bacio, ci miriamo negli occhi e ci abbracciamo.
La festa che è seguita dopo è stata fantastica, Duncan non si è trattenuto a mangiare tutto quello che gli capitava sotto mano, poi abbiamo anche ballato e abbiamo finito solo verso sera tardi. Ero distrutta. Mi sono addormentata con ancora addosso l’abito da cerimonia.
Quella notte Duncan mi ha sussurrato:
-    Ti amo. –
E l’ho stretto a me, il più forte possibile.
Lui ora è mio marito. 



NOTE DELL'AUTRICE
Ehm.. allora...
Non è un grande capitolo, lo ammetto...
spero almeno che non sia orrido!

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Capitolo 16
*** I grande evento... ***


Avviso!

Chiedo umilmente scusa per il GINORMICO ritardo! (quasi dieci mesi)... ma non è stato un perido facile per me, e ho perso completamente la voglia di scrivere, dimenticandomi che ho una fanfiction da finire! Quindi chiedo ancora scusa... a chi si era (stranamente) appassionato alla storia... ma ciancio alle bande e pubblichiamo il capitolo nuovo!
SCUSA ANCORAAAA!!! ^_^""""



DUNCAN

 
 
Non mi sono mai sentito più impaziente di ora. Gwen è al nono mese di gravidanza ed entro questa settimana dovrebbe partorire! Mio figlio nascerà fra pochi giorni! Quasi non riesco a crederci.
E per essere sicuro di essere presente quando Gwen partorirà, la controllo ventiquattr’ore su ventiquattro e non la perdo mai di vista. La coccolo sempre, la rassicuro, cerco di farla ridere, mi assicuro che mangi a sufficienza e che beva abbastanza. Ultimamente siamo tornati di notte, in incognito, al nostro posto segreto, ricordando con gioia il momento del concepimento. Alla luce della luna, lei è bellissima, sembra una dea: è come se più passa il tempo, più io sento di amarla ogni volta di più. Le faccio fare anche passeggiate leggere per farla respirare e tenerla in movimento, le massaggio i piedi, faccio in modo che non svolga sforzi eccessivi e che sia sempre rilassata.
A volte, durante la notte Gwen sobbalza per i calci e movimenti del piccolo e sobbalzo anch’io: ogni volta che succede, l’emozione mi prende alla gola e appoggio le mani sul suo ventre. È una sensazione strana sentire mio figlio che si muove all’interno del corpo di mia moglie.
Una notte mentre dormiva, io non riuscivo in alcun modo a prendere sonno : eppure non ne avevo motivo, era stata una giornata come le altre, ma neanche contare le pecore è servito a qualcosa. Così sono uscito fuori, dirigendomi verso la spiaggia. Guardavo la luna che splendeva sull’oceano e quando ho abbassato lo sguardo verso l’orizzonte, sono stato preso da numerosi pensieri e da un’improvvisa malinconia.
Ho sentito dei passi dietro di me, mi sono voltato e ho visto Gwen venirmi incontro, preoccupata.
-         Duncan perché te ne eri andato? –
-         Non riuscivo a dormire. –
-         Mi ero svegliata e non ti ho visto vicino a me... ho avuto paura. –
-         Scusami tesoro. Vieni qui... –
L’ho circondata con un braccio e ci siamo seduti sulla sabbia, mentre appoggiava la testa sul mio petto, stringendomi i fianchi.
-         Sei pensieroso... –
-         Lo so. –
-         E a che cosa pensi? –
-         Guardavo l’orizzonte... e mi sono chiesto se vedrò mai una nave. –
Non aveva risposto e ho cominciato a pensare di aver detto qualcosa di avventato. Molto avventato.
-         Vorresti tornare a casa? –
-         Non lo so Gwen... qui sto bene però... pensavo ai miei. Che staranno facendo? –
-         Io non devo pormi questo problema... –
L’ho stretta forte, affondando la mia testa nei suoi capelli, aspirando l’odore dolce che ne derivava.
-         Non devi più dire queste cose okay? Sono io la tua famiglia. E il bambino. –
-         Lo so Duncan... scusa. –
-         Niente tranquilla. –
-         Ora riesci a dormire? –
-         Non ancora. Ma tu puoi ritornare alla capanna se vuoi. –
-         Voglio rimanere con te. Sai, mi chiedevo – abbassò la testa – se ti presentasse l’occasione di andartene da qui, tu la prenderesti? Torneresti a casa? –
Mi sono chiesto se era una domanda trabocchetto. Dovevo giocare d’astuzia, ma ahimè, non avevo  (ne ho) grande esperienza in campo.
-         Tu che faresti? –
-         Non si risponde a una domanda con un’altra domanda. –
Che carogna che è stata! Sono certo che lo faceva apposta.
-         Beh, ormai casa mia è diventata quest’isola, ma insomma, non mi dispiacerebbe tornare a dormire in un letto, farmi il bagno in una doccia, mangiarmi un pacchetto di patatine. –
-         Io vorrei rimanere per sempre qui. Ci sto bene ed è un bel luogo per crescere nostro figlio. –
-         Già... il bambino... mi emoziono sempre quando ci penso. –
-         Ance io... –
La cosa si è conclusa con Gwen che si era addormentata sulla mia spalla (bloccandomi la circolazione) e io che la riportavo alla capanna. Ma non dormii lo stesso perché questa idea mi ronzava in continuazione per la testa: se avessi l’opportunità di andarmene, me ne andrei? Mi sono arroventato il cervello a furia di pensarci, non ho dormito tutta la notte e la mattina dopo ero un similzombie.
Ma ora ho perfettamente recuperato quella notte in bianco e sono riuscito a stare dietro a Gwen sempre.
E c’è una novità: anche Courtney è incinta, ed è al quinto mese. Viene spesso a trovarci, o noi andiamo a trovare lei, e mi ritrovo sempre a parlare con Trent perché Courtney e Gwen parlano per tre ore consecutive ed è un trituramento di maroni colossale.
Trent sembra veramente cambiato, ma ho ancora qualche sospetto nei suoi confronti, ma pochi pochi. Sembra emozionato quanto me, ma sua moglie non partorirà da un momento all’altro.
E già, si sono sposati anche loro. E anche Heather e Alejandro, ed è in programma quello dello sfigato e di Leshwana. Io e Gwen abbiamo fatto moda.
Anche oggi Courtney è venuta da noi portandosi dietro Trent, ma stavolta non si ritira con la mia piccola, ma vuole che parliamo tutti insieme.
-         Allora per quando è prevista la nascita? – squilla.
-         Entro questa settimana, dati i calcoli dello sfigato... –
-         Sarà emozionante, vero Neanderthal? –
-         Sì, molto... emozionante. –
-         E come lo o la chiamerete? –
Ci guardiamo disorientati. Non ci avevamo assolutamente pensato!
Courtney ci incalza:
-         Perché quelle facce perplesse?!? –
-         Vedi il fatto è che... – Gwen è imbarazzata – non ci avevamo neanche pensato... non abbiamo mai tirato fuori il discorso... –
-         State scherzando vero? –
-         No... –
Ci fissa con occhi che sembrano sfere da chiromante.
-         Ma allora... decidiamo insieme! Se è maschio? –
Io ci penso su. Non voglio dare a mio figlio un nome banale come John, Tom, Billy, e credo che Gwen sia dello stesso parere. Parla prima lei.
-         Se è maschio, io pensavo ad... Alphonse. –
Mi giro lentamente e la guardo sconcertato. Ma da dove lo ha tirato fuori questo nome assurdo??
-         Vedo che non ti piace, Duncan... –
-         Per niente. –
-         E sentiamo allora, tu che avevi in mente? –
-         O il mio stesso nome... – e qui sento Courtney che in un colpo di tosse dice “esibizionista” – oppure... Edward. –
-         Edward mi sembra carino... –
Strano ho (sembra) soddisfatto Gwen! Ma come al solito, la perfettina deve rovinare tutto.
-         Non vi sembra un po’... pomposo? Io suggerirei Ray! –
-         Ray? Non mi piace. – dico stradeciso.
È veramente (un altro) nome orribile. Ma che ti aspetti da una come Courtney?
Ho notato che Trent non ha ancora detto niente e che si è imboscato in un angolo. Mi dispiace vederlo così e cerco di coinvolgerlo.
-         Trent e tu? Hai qualche suggerimento? –
Fa sbucare la testa dal suo antro oscuro e la scuote da destra a sinistra e ritorna nell’ombra.
-         Andiamo esci da quella grotta di tenebre! –
-         Molto spiritoso Duncan. –
-         Non sto scherzando. Forza, esci fuori! –
Sembra ascoltarmi: scivola lentamente  alla luce del sole e striscia verso Courtney. Non ha una bella cera: occhi rossi, pelle pallida, capelli arruffati a nido di corvo. Assomiglia ad un vampiro.
-         Trent... sei sicuro di stare bene? –
-         Forse... perché? –
-         Sembri un moribondo! –
-         Grazie mille. –
-         Dico sul serio Trent. Che è successo? –
Courtney gli stringe il braccio e lo costringe a guardarla negli occhi. Poi si rivolge a me.
-         Ieri sera ha avuto un’altra crisi. –
-         Mi dispiace... non volevo... –
-         Tranquillo amore, non è colpa tua... –
-         Esattamente che cosa è successo? –
Gwen sembra molto interessata alla faccenda.
-         Ieri sera... senza alcuna ragione... – balbetta Trent – ho cominciato a essere arrabbiato e ho urlato contro Courtney senza motivo, e... poi non ricordo più nulla. –
-         Mi ha urlato insulti terribile, poi è svenuto. Quando si è ripreso era tornato in sé. –
-         Mi dispiace moltissimo... sono un essere abominevole. –
-         Non è vero... non è assolutamente colpa tua. –
-         Sì invece! –
-         Trent, - Gwen gli si rivolge in modo molto pacato – non è affatto colpa tua, mettitelo bene in testa. Se sei malato non è colpa tua, non è colpa tua di niente. E non sei un mostro, sei un essere umano come tutti noi. –
Una cappa di “silenzio riflessivo” si abbatta su d noi. Dura qualche minuto.
-         Cercherò di mettermelo in testa. –
-         Bravo ragazzo. –
-         Che ore sono? –
-         Non lo so. – le rispondo – L’unico orologio che l’ha lo sfigato ma se mi date tre minuti ve lo dico senza aver bisogno di un orologio. –
Esco fuori, prendo un bastone, trovo un luogo soleggiato e pianto il bastone a terra. Mettendomi in un’angolazione precisa, riesco grazie all’ombra del bastoncino a capire che ore sono.
Le due e mezzo circa. Ecco perché ho così fame.
Torno dentro e annuncio l’orario. Gwen si esalta per un attimo.
-         Andiamo a cucinare Courtney? –
-         Volentieri cara! –
Io invece mi rivolgo a Trent.
-         Noi due andiamo a recuperare la frutta. –
 
 
 
Dopo un pranzo sostanzioso siamo andati tutti a fare una passeggiata attorno all’isola e ho notato con stupore che Eva e Noah si chiamavano “amore” a vicenda! Credevo che avessero la febbre o che avessero assunto droghe e invece è tutta farina del loro sacco, erano perfettamente lucidi. Poco ma sicuro, questo è il segno dell’apocalisse.
Tengo Gwen mano nella mano, mentre le solletico le dita e la brezza leggera ci scompiglia i capelli, rendendo Gwen assolutamente bellissima.
Geoff e Bridgette hanno litigato di recente e stanno uno a venti metri dall’altra, non degnandosi di uno sguardo. Ma so per certo che non durerà: quei due sono troppo legati (e sbaciucchi osi) per rimanere distanti a lungo.
Heather e Alejandro... sono normali, non ho notato particolari comportamenti anomali.
Lo sfigato e Leshwana chiacchierano una cifra, ed Ezekiel... beh, quel povero diavolo è rimasto da solo, ma per consolarsi si è portato dietro la capra più bella del suo gregge, che lo segue come un cagnolino.
Dopo un po’ che camminiamo, comincio ad annoiarmi: ormai l’isola l’ho vista, rimirata, osservata, circumnavigata più e più volte, conosco ormai ogni singolo sasso.
-         Duncan stai bene? – Gwen mi guarda curiosa.
-         Sì tranquilla! Perché me lo chiedi? –
-         Hai una faccia... –
-         No ti giuro che sto bene! Tu piuttosto... sei più pallida del solito... e direi anche... –
Non finisco la frase. Gwen crolla a terra, riesco a sorreggerla appena in tempo. Poi non ricordo più niente con certezza. Solo macchie di luce e io che porto Gwen inerme nella nostra capanna. Poi credo di essermi addormentato, perché ero troppo stanco.
Quando mi sono svegliato, Gwen non si era mossa nemmeno una volta. C’era Noah nella capanna, a vegliare su Gwen e me.
-         Oh, almeno tu ti sei svegliato. –
-         Che cosa... è successo? –
-         È svenuta. Tranquillizzati capita durante la gravidanza. Anzi, è strano che non sia svenuta prima. –
-         Beh, ogni tanto aveva dei cedimenti... e voleva tornare a dormire... –
-         Tu invece come stai? –
-         Mi gira la testa. E ho l’ansia. –
-         Devi stare tranquillo. È normale. –
-         Sei veramente sicuro? –
-         Sicurissimo. –
-         Allora mi fido, Doctor! –
-         Cretino. –
-         Pisquano.-
-         Vogliamo continuare? Dài Duncan, un minimo... –
Si ferma perché sente un lamento. Lo sento anche io. Ci giriamo e vediamo Gwen con gli occhi aperti. Mi precipito su di lei, prendendole la mano.
-         Duncan...? Sei tu? –
-         Certo, tranquilla... mi hai fatto prendere un infarto! –
-         Mi dispiace... ho fatto uno strano sogno... –
-         Uno strano sogno? Ovvero? –
-         Beh, - si mette a sedere – ero in un mare di nero, non vedevo niente. Poi improvvisamente cominciarono a comparire delle immagini. Ho visto una collina, illuminata dalla mezzaluna. Dietro alla collina si vedeva il mare. Ho visto un cumulo di terra su quella collina: era piccolo, circondato da pietre bianche. Vicino al tumulo c’era una persona: era in piedi, e, non so perché, ma mi trasmetteva una grande tristezza. Si era chinato e aveva poggiato sul tumulo un rametto di fiori bianchi, per poi cadere sulle ginocchia e singhiozzare. A quel punto, la persona, la collina, il mare, tutto si è sbiadito fino a diventare tutto nero. E mi sono svegliata... -.
L’ho ascoltata filo e per segno, nel tentativo di capire che cosa mi voleva trasmettere ma... a dir la verità non ci ho capito nulla. Ma vedo che si aspetta una risposta da me, quindi devo dire qualcosa.
-         È un po’ strano... è un episodio che hai vissuto tempo fa? –
-         No affatto... –
-         Ora non c’è tempo di pensare ai sogni Gwen. – si intromette Noah – sei sicura di sentirti bene? –
-         Sì Noah! Un po’ di intorpidimento alle gambe, ma sto bene. Anzi, ho fame... –
-         In effetti... – dico – anche io avrei un certo languorino... –
-         Fatemi pensare... no, per stasera non abbiamo nulla. Duncan per piacere, andresti con me a cercare qualcosa da mangiare? Chiamo anche Alejandro e Geoff. –
Sinceramente non mi va di lasciare Gwen da sola, ma per il bene della comunità (datemi una medaglia) decido di accettare.
Ci ritroviamo dieci minuti dopo al confine del villaggio. È quasi sera ma c’è ancorala luce del tramonto e quella delle stelle che stanno lentamente comparendo. Ci avviamo verso il fitto della foresta, guardandoci intorno alla ricerca di qualcosa da mangiare.
L’uragano nonostante abbia sradicato molti alberi ha spianato la strada a piante nuove, che stanno venendo alla luce. Ma c’è sempre qualcosa da mangiare, come i piccoli arbusti con more, bacche, fragole e altre leccornie del genere. Mi viene da ridere al solo pensiero che questi frutti vengono comprati al supermercato per tredici dollari al chilo, mentre qui li abbiamo gratis e decisamente più nutrienti. Riempiamo le nostre bisacce (fatte di pelle di capra) con questi frutti, e anche di qualche lucertola alla quale spezziamo onorevolmente il collo (sono deliziose dopo che le sono state tolte le interiora e la testa, condite con erbe aromatiche e abbrustolite). Ero così preso dalla raccolta che non ho visto una radice leggermente rialzata e finisco con la faccia nella polvere.
-         Oh Duncan! Tutto bene? – chiede Geoff.
-         No, sto qui perché mi piace. Ma secondo te?!? –
-         Beh sì hai ragione! Dài, dammi la mano! – me la prende e mi tira su. – Dovresti stare più attento, non è la prima volta che cadi. –
-         Mi pare ovvio che Duncan sia distratto: fra pochissimo sarà papà! – commenta Alejandro.
-         Addio libertà... – dice Noah.
-         Benvenute notti in bianco! – dice Geoff.
-         Grazie mille, - commento sarcastico, - per la vostra solidarietà. –
-         Lo sai che ti prendiamo in giro, scemo! –
Li lascio farneticare per altri cinque minuti, quando improvvisamente vedo avvicinarsi qualcuno...
Ha i capelli lunghi... una ragazza.
Sta correndo a perdifiato verso di noi...
I capelli sono neri... una parte del viso sembra devastata...
Eva?
-         Ehi ragazzi: sbaglio o quella è Eva? –
Noah si rizza subito.
-         Sì è lei! Ma... che sta succedendo? –
Velocemente, Eva ci raggiunge, ma non ha nemmeno la forza per parlare. Tentiamo di calmarla, ma lei ci caccia indietro, apre la bocca per parlare, ma la richiude subito per mancanza di aria. La costringiamo a sedersi per terra. Dopo un po’, riesce a prendere fiato, ma con ancora qualche problema.
-         … al villaggio... –
-         Sì??? – chiediamo in coro.
-         … Gwen... –
Gwen??
-         … sta... sta... –
-         Sta cosa??? – sono in ansia.
-         …sta... part... –
-         Sta partendo? – chide Noah.
-         ... no... sta... part... –
-         Sta cosa?? – sono esasperato.
-         STA PARTORENDO!!!! –
.
.
.
.
.
.
STA COSAAAAAAA????? STO PER DIVENTARE PADRE??? COSI’ PRESTO???
-         Che aspetti lì imbambolato idiota?? Va! Va da lei! – mi urla Eva.
-         S-sì! Subito! –
E – chissà perché – inciampo di nuovo sulla radice di prima. Ma non mi lascio scoraggiare, mi rialzo e corro il più forte che posso, con le voci degli altri dietro di me. Non mi interessa quello che dicono, ho in mente solo una cosa, che mi lampeggia in testa come un allarme:
GWEN, GWEN, GWEN, GWEN, GWEN, GWEN, GWEN.
Corro a perdifiato, senza voltarmi indietro. I rami mi graffiano il viso con ferocia e mi sembra che la foresta si stia infittendo apposta per non farmi arrivare a Gwen. La strada sembra allungarsi e il tempo accelerare vertiginosamente. Ma alla fine riesco ad uscire dalla foresta e sono sulla spiaggia. Mancano solo qualche centinaia di metri...
Già a circa duecento metri si sentono delle urla, e riconosco benissimo la voce. Mille pensieri mi frullano nella testa... ho sentito dire che un travaglio può durare anche una settimana, tra atroci sofferenze... oppure in meno di mezz’ora. E se Gwen dovesse prendere un’infezione? Potrebbe morire di parto...
No! Basta questi orribili pensieri! Devo essere vicino a Gwen, non pensare alla sua morte! Non voglio rischiare di nuovo di perderla.
Sono nel villaggio. Le urla vengono dalla nostra capanna e c’è un via vai delle ragazze da dentro a fuori. Una mano sulla mia spalla mi fa sobbalzare: è Eva.
-         Dieci minuti dopo che te ne sei andato è entrata in travaglio. È meglio che tu aspetti qui fuori. Non c’è posto nella capanna e disturberesti soltanto. Ti prego non ribattere è meglio così. –
Sto per dire qualcosa (ovviamente non sono d’accordo) ma Eva mi zittisce con lo sguardo e entra nella nostra capanna.
Mi siedo abbattuto su una roccia, tappandomi le orecchie per non sentire le urla di Gwen. Non oso immaginare il dolore che sta provando in questo istante, la sofferenza...
Vengo raggiunto da Alejandro, Noah e Geoff, che cercano di distrarmi, consolarmi, ma no, io penso a Gwen, sono preoccupato a morte per lei, è lei quella che sta soffrendo. Il dolore che provo io è un dolore sordo, non acuto. Mi pesa sullo stomaco, mi dà un’orribile sensazione di impotenza.  Ho paura per Gwen, sono terrorizzato.
 
Sono passate due ore, e non ha smesso per un momento di piangere e urlare.  Le ragazze sono frenetiche e non smettono di portare panni puliti, acqua e a scambiarsi i turni. Ma ad un certo punto le urla si fanno molto più intense e le ragazze sono in improvvisa ansia mischiato a terrore.
Le urla aumentano di volume, ancora e ancora...
Non si sente più niente. Le urla sono cessate.
Ma non sento un pianto di un bambino.
Le ragazze hanno il volto che emana sconcerto.
Una comincia a piangere.        
NO!! GWEN!
Non mi importa se mi sbarreranno la strada, io la devo vedere.
Mi lancio contro la capanna. Mi fanno spazio. Bridgette mi dice con voce fievole     
-         Il bambino... è nato... morto... –
-         Ma Gwen??? –
-         Gwen sta bene... –
La mia mente mise da parte il bambino. Era morto, non potevo fare niente per lui. dovevo concentrarmi su Gwen, solo su lei.
La capanna è piena di sangue e sudore. Gwen non si muove, respira molto piano, con le lacrime che le rigano le guance. Mi avvicino lentamente, carezzandole teneramente il viso, sforzandomi di non mettermi a piangere.
Lei apre gli occhi. Altre lacrime scorrono sulle guance.
-         Mi dispiace... è stata colpa mia... –
-         No, non è stata affatto colpa tua. Sono cose... cose che capitano, tu non hai assolutamente colpa. –
-         Il bambino... l’ho ucciso io... –
-         Non l’hai ucciso tu. È stato un incidente, capitano... –
Suona molto stupido da dire, ma non so cosa pensare, cosa dirle...
Si addormenta. Meglio così, si deve riposare. Mi alzo. In un angolo della capanna vedo un fagotto insanguinato.
Capisco subito che è il bambino. Prendo un altro panno, raccolgo il corpicino senza vita e lo avvolgo nel panno.
Le ragazze mi guardano. Ma non mi fermano, stanno zitte.
Hanno capito. Mi fanno uscire.
Ho un luogo dove dirigermi.
Camminando come uno zombie mi dirigo verso la parte più alta dell’isola. Sono giunto alla cima della Collina Maggiore. La mezzaluna illumina la ima e il mare si staglia tutt’intorno. Prendo un bastone e comincio a scavare una buca. Dopo pochi minuti è della misura ideale. Prendo il fagotto, lo adagio piano sul fondo e ricopro tutto con la terra, formando un piccolo tumulo. Mi allontano di poco, tornando con delle pietre bianche che dispongo attorno alla tomba di mio figlio. Da un arbusto stacco un rametto di fiori bianchi e inginocchiandomi lo appoggio con delicatezza sul tumulo. Mettendomi a piangere. A piangere per mio figlio Edward.    
              
                                                                          

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Capitolo 17
*** I morti ***



GWEN

 



Sono passati tre mesi da quando mio figlio è morto. O forse quattro... non lo so, ho perso la concezione del tempo. Vago senza meta, senza scopo. Mi sento svuotata, come se mi avessero rimosso gli organi interni e l’anima. Duncan è dolcissimo con me, mi coccola e cerca di farmi sentire al riparo dalle insidie del mondo esterno, ma purtroppo non funziona granché. Spesso la notte lo sento uscire dalla capanna e quasi tutte le volte lo seguo. Va sempre alla Collina Maggiore, per stare vicino alla tomba di nostro figlio. Due settimane dopo la morte, nei miei pedinamenti,  mi sono mostrata, abbracciandolo da dietro. All’inizio si era spaventato ma poi si è rilassato, mi ha abbracciato forte e abbiamo pianto insieme. Ma per me è successo secoli fa. Ora non riesco proprio a piangere. Il dolore che provo non è acuto, è sordo. Sordo, sordo, sordo. Vorrei che fosse più forte, vorrei che facesse male fisico, che mi faccia piangere, perché questo fa molto molto più male. Una volta ho sentito Noah parlare con gli altri: diceva che nonostante tutto la stavo prendendo molto bene, che riuscivo a continuare a vivere normalmente.
È incredibile che nessuno si sia accorto che al posto di Gwen è presente questa specie di zombie.
Courtney ha partorito: è una bellissima bambina. L’hanno chiamata Andrea, ma tutti la chiamano Andy. Il momento del parto me lo ricordo come se fosse ieri. Ero così terrorizzata all’idea che Courtney potesse passare quello che ho passato io. Ci ha impiegato ben un giorno per partorire.
I rumori, gli odori, il dolore... so perfettamente quello che ha passato. Ho pregato tutto il tempo che il suo bambino non morisse, che non accadesse niente di sbagliato o di brutto. Alla fine le mie preghiere sono state esaudite. Andy è una bambina sana, molto forte. È un amore, con le orecchie che assomigliano ai manici di una tazzina, i capelli a riccioli... ogni volta che la vedo sento una morsa allo stomaco.
È orribile essere gelosi della figlia della tua migliore amica, solo perché è viva.
Da tre mesi (o quattro, non so...) non riesco a mangiare niente. C’è qualcosa che non va con la mia gola: il cocco me la graffia, la carne si incastra, la frutta si espande fino a bloccare tutto. Va a finire sempre che tossisco o sputo quello che sto cercando di mangiare. Anche se non ho fame per niente, lo faccio solo per Duncan. È sempre preoccupato del fatto che io non mangi, ma anche lui non mangia granché. È dimagrito molto, e anche io... mi sento che mi sto consumando, fino a scomparire del tutto.
Mi sento colpevole della morte di Edward, non mi do mai pace. Per quasi tutto il giorno me ne sto nella mia capanna. Duncan cerca di stare il più possibile con me, anche se a volte deve obbligatoriamente uscire. Quando lo fa, mi sento più sola che mai, anche se non è colpa sua...
Spesso ho pensato all’idea del suicidio, per riunirmi col mio bambino ma farei soffrire molte altre persone, tra cui Duncan, e io non lo voglio.
Mi sono ridotta a uno stato semivegetativo, anche se in presenza d’altri, fingo di vivere la solita vita. Solo Courtney tra i miei amici sa cosa sto passando realmente, e anche Trent.
Courtney sembra aver capito che non è il caso che si faccia vedere da me con la bambina, cosa sbagliata, e quando sa che vengo da lei passa la bambina a Trent. Lui tra l’altro con la piccola è veramente dolcissimo, un papà esemplare. Anche se i suoi attacchi stanno peggiorando. Per fortuna ci sono dei sintomi di preavviso, come tremore, mal di testa e vertigini, così lui ha il tempo di allontanarsi e sfogarsi. Una volta Courtney lo ha seguito e mi ha raccontato che stava tirando spallate e pugni contro un albero, a tal punto che lo ha abbattuto. Ha anche azzannato un ramo, strappandolo dall’albero. Quando è tornato al campo, perfettamente lucido, era pieno di schegge. Courtney ha passato tutta la serata e buona parte della notte a levargli schegge dal corpo.
Per ora Trent con la bambina non ha mai avuto attacchi, e si spera che continui così.
La piccola è molto tranquilla e dolce: piange solo quando è strettamente necessario ed è molto curiosa. È veramente un amore...
 
È ora di cena, siamo tutti fuori e c’è il solito famigliare chiacchiericcio. Stasera c’è carne e frutta, il solito. Ma non riesco a mandar giù assolutamente nulla. Duncan mi guarda sconsolato.
-         Dai amore, devi mangiare qualcosa... stai dimagrendo troppo, sono seriamente preoccupato. –
-         Scusami, è che... non riesco ad inghiottire, lo sai bene. –
-         Lo so, lo so... anche io ho questi problemi, ma non così elevati... proprio non riesce a mandare giù nulla? Nemmeno un piccolo pezzettino? –
-         No, mi dispiace... –
-         Senti...  forse dovremmo parlare di questa cosa, lo sai... dovevamo farlo molto tempo fa e rimandare non ci fa certo bene. Dopo cena ne parliamo okay? –
-         S-sì... –
Non so perché, ma mi sento improvvisamente malissimo. Ho una pietra sullo stomaco gigantesca e tutto il sangue mi sta defluendo dalla faccia. Leshwana mi guarda preoccupata.
-         Cosa c’è gioia? Ti seni male? –
-         No... sì... insomma, ho la nausea, tutto qui. –
-         Sei proprio sicura? –
-         Sì... tranquilla! – cerco di sfoderare uno dei miei sorrisi migliori. Ma data la faccia di Leshwana non sembra così.
-         Okay... –
Si allontana guardandomi strano. Oddio, ti prego, non pensare male, lasciami in pace...
Appena finita la cena, Duncan mi afferra la mano, mi fa alzare e mi porta nella nostra capanna. Mi siedo, e lui vicino a me, circondandomi le spalle con il braccio. C’è un attimo di silenzio imbarazzante. Parla prima lui.
-         Amore, allora... anche io sono distrutto per la morte di Edward... –
Sussulto. I miei occhi si riempiono di lacrime silenziose.
-         ... ma non possiamo tormentarci ancora per niente. Non fraintendere per piacere, dico solo... *sospiro* Gwen, devi capire che non è affatto colpa tua. È da un po’ che non me lo dici, ma io so che ti senti ancora pienamente responsabile. Ebbene non è così. Ti prego, devi capire che questa cosa poteva succedere a chiunque, non è colpa di nessuno. Non pretendo che tu di punto in bianco stia meglio, voglio solo che tu ti metta l’anima in pace. Forse detto da me ti sembreranno parole al vento, penserai che io non ne so niente, che non soffro come stai soffrendo tu. Hai ragione. Non soffro come soffri tu, ma di certo non me ne sono fregato. Ha fatto molto male anche a me e mi fa molto male vederti così. –
Si ferma. Non so cosa dire, sono completamente vuota. Sento solo le lacrime calde sulle mie guance gelide. Duncan le raccoglie con l’indice e mi accarezza la testa.
-         Mi dispiace di farti piangere... non volevo, ma era necessario parlarne. –
-         Lo so... non so cosa dire. Non è facile sopportare tutto questo. –
-         Ti capisco. Senti, forse non è il momento per dirlo, ma sappi che se vorrai... possiamo riprovarci... –
Scuoto la testa con energia.
-         Non voglio rischiare di nuovo. Non voglio uccidere qualcun altro... –
-         Gwen ti prego... –
-         Ho già inferto abbastanza. A Edward... e a te. – sembra sorpreso e sconcertato.
-         Cosa intendi dire? –
-         Ti ho deluso... eri così felice all’idea del bimbo... e io ho mandato tutto in frantumi. –
-         Non è stata colpa tua, e non mi hai deluso. Cerca di capirlo. –
-         È difficile... non posso far a meno di pensare che sia tutta colpa mia... –
-         Beh, non pensarlo. Te lo chiedo per favore... non sopporto di vederti così. –
Non dico nient’altro. Lo abbraccio con tutta la forza che ho e piango. Urlo, mi dispero come non ho mai fatto fino ad adesso. Il dolore sordo si sta facendo sempre più sordo, più pesante. Mi sentiranno, ma non importa. Non penso più a niente, tranne a Duncan. Lui è tutto ciò che mi rimane, e non voglio perderlo. Dal naufragio fino ad adesso è stata una serie di eventi che mi hanno messo a dura prova, ma non solo io, anche Duncan e tutti gli altri. Ma allora perché sono io quella che piange sempre, perché sono la più debole?
A volte quando faccio la zombie, ho dei casi di sdoppiamento, mi vedo da fuori e mi faccio schifo. Mi sento quella che fa sempre la vittima per farsi notare, una EMO. Ma io non lo voglio, voglio scomparire come un’ombra, evaporare. Ma non riesco a smettere di pensare che stia solo facendo scena. E mi faccio sempre più schifo.
Dico tutto questo a Duncan, tra singhiozzi, urla e lacrime. Sento come se una forza interna mi spingesse a parlare, a dire tutto in una volta sola. Lui mi stringe sempre più forte, sento che piange anche lui, anche lui mi dice quello che sta passando, ed è orribile, non pensavo che anche lui soffrisse così tanto. Sento delle voci fuori, bisbigli. Certamente parlano di noi, sì di noi, i due pazzi che hanno perso il figlio e ora stanno sprofondando sempre più nelle viscere della follia.
Poi non so cosa successe, mi sono messa in una posizione strana e improvvisamente, un dolore lancinante al fianco sinistro. Sputo, vomito sangue addosso a Duncan, mi faccio sempre più ribrezzo, ma non ho tempo di pensare, il dolore mi impedisce persino di respirare. Un urlo atroce, il mio, che si propaga come un’onda d’urto. Non vedo più niente, ma sento le voci. Duncan che urla, le voci allarmate degli altri, distinguo quelle di Noah, Bridgette ed Eva. Il dolore è più intenso, urlo ancora e poi immagini nitide mi scorrono davanti agli occhi velocissime. Quando ho sentito l’acqua gelida e Duncan che mi veniva strappato, quando ero sulla spiaggia agonizzante, quando stavo morendo per il palo nel fianco, quando io e Trent ci siamo baciati, quella che credevo la mia ultima notte con Duncan, l’estrazione del palo, l’attacco del giaguaro, il mio tentativo di suicidio, Trent e Courtney, il parto, la tomba di mio figlio... sono immagini veloci che mi intasano la testa... troppo veloci, urlo, urlo ancora... non capisco più nulla...
Buio.
 
 
Quando riesco a provare qualcosa mi trovo come in un nero freddo e duro. Non posso muovermi, come se fossi bloccata da catene invisibili. Ma all’improvviso le catene si rompono, il duro diventa morbido e il nero diventa più lucente. Comincio a fluttuare verso non si sa dove, ma è bellissimo. Mi sento molto bene, in pace con me stessa. Vago in questo nulla per non so quanto tempo, e all’improvviso compaiono delle nuvole e il nero diventa più... azzurro.
Le nuvole si compattano, l’azzurro diventa più intenso e si vedono delle figure sulle nuvole. Più mi avvicino, più le figure diventano chiare...
Cody?
Giuro, vedo Cody! E c’è Sierra vicino a lui! Ci sono anche Lindsay e Tyler!Beth, Brady, Dj, Katie e Sadie, Owen, Izzy...
Ma...
Ma loro... sono morti.
Izzy mi saluta con la mano, tutti si girano a guardarmi, sorridendo. Noto che sono tutti vestiti come al solito, ma gli abiti sono più chiari, più... bianchicci.
Fluttuo (sì diciamo che fluttuo, perché non cammino, mi sposto solo) verso di loro e quando arrivo sulle nuvole, riesco a scendere, ovvero sembra che abbia di nuovo un peso. Sorridono tutti, in modo comprensivo.
-         Ragazzi! Ma... siete veramente voi? –
-         Certo Gwen, - mi risponde in tono pacato Owen – siamo noi. –
-         Ma voi... siete morti... –
-         Già... lo siamo purtroppo. – rispondono Sadie e Katie.
-         E quindi... – mi viene un groppo alla gola – sono morta anch’io? –
-         Beh, sì e no. – risponde Lindsay.
-         Che volete dire? –
-         Capirai più avanti. – Cody scende dalla sua nuvola e si avvicina a me. – Ora stai tranquilla, siamo qui per farti capire. –
-         Giuro che non capisco... –
-         Pensala così: tutta questa storia è stata una sfida per te. Ora che siamo morti e abbiamo una vasta conoscenza, sappiamo quello che ti è capitato nella tua infanzia. E questa è l’occasione di redimerti, delle sfide che spingeranno fuori il tuo vero carattere e la tua forza. Pensi che una persona normale avrebbe potuto sopportare tutto questo? Ovviamente no. Tu sei speciale Gwen, dico davvero. Il destino è vasto e misterioso e nel tuo caso assolutamente unico. Più andrai avanti nella vita, più capirai il tuo dono... –
Sono più confusa che mai. Non capisco cosa vuole dire e sono molto spaventata.
-         Ti ricorderai certamente della cicatrice sul tuo collo. Quella che nascondi col nastro blu... proprio qui. – dice, toccandomi il collo e sollevando il nastro.
È uno dei miei segreti più inconfessabili, non l’ho detto a nessuno, nemmeno a Duncan. Non mi sono mai tolta il nastro blu, nemmeno quando ho fatto l’amore con lui. Era rimasto sorpreso, ma non aveva detto niente.
-         Allora? Te la ricordi? –
-         Certo che sì... è il marchio del mio disonore. –
-         Racconta. Racconta ora, davanti a noi, che cosa è e che cosa rappresenta. –
Col cuore in gola comincio.
-         All’orfanotrofio c’era questo ragazzo più grande, Jake, che mi lanciava sempre sguardi languidi. Era anche piuttosto carino, ma io avevo dodici anni e lui sedici, quindi non pensavo nemmeno di fidanzarmi con lui. Ero una ragazza considerata strana e pericolosa: dicevano che ero figlia di Satana, che bastava il mio sguardo per uccidere qualcuno. Ero isolata... ma Jake si sedeva vicino a me, mi parlava, scherzava... credevo che sarebbe stato mio amico per sempre, e non pensavo... una notte, una delle tante nelle quali non riuscivo a dormire, ero sulle scalinate dell’ingresso dell’orfanotrofio a guardare fuori. Jake mi raggiunse, mi prese per il braccio e mi porto fuori. Non so perché non mi opposi, ma ero curiosa di vedere dove mi stava portando. Non mi ricordo la strada, ma ci siamo fermati in un vicolo nascosto e buio. Mi a messa contro il muro e mi guardava. Io non capivo, e gli ho chiesto che stava succedendo. Lui mi baciò. Io non sapevo che fare, ma era il mio primo bacio ed ero molto emozionata, così... l’ho baciato anche io. Siamo andati avanti così per non so quanto, quando all’improvviso cominciò a sbottonarmi la camicia (era la divisa dell’orfanotrofio). Ero spaventata, sapevo quello che voleva fare... gli dissi di no, che non volevo, ma lui diceva di sì, che in realtà lo volevo, che sarebbe stato bellissimo... ma io non cedevo, non cedevo e lui... –
Mi fermo. È troppo doloroso e mi sta venendo da piangere. Cody mi batte sulla spalla rassicurante, e si avvicinano anche gli altri per tranquillizzarmi.
-         Continua Gwen, non fermarti. Liberati. – mi sussurra Cody.
Prendo una boccata d’aria profonda e proseguo.
-         Lui... mi violentò. E poi... non ricordo bene, ma... lo azzannai al collo. Il sapore del sangue, la voglia di uccidere si impadronì di me. Lo volevo morto, volevo che pagasse... allora continuai a morderlo e a strappargli brandelli di carne. Lui ovviamente cercò di difendersi e con un vetro rotto che trovò lì vicino, mi tagliò la gola. Ma io non smettevo e quando perse le forze, l’avevo ridotto a un ammasso di carne informe. Sghignazzavo mentre me ne andavo. Poi quando sono ritornata in me, mi sono accorta di quello che avevo fatto, del sangue su di me e... che stavo morendo dissanguata. Non era un taglio profondo, ma perdevo molto sangue. Non volevo che scoprissero quello che avevo fatto così... fuggii... da Ottawa a Toronto... fu un viaggio tremendo, di un mese, ma volevo scappare, lasciarmi tutto alle spalle... la ferita guarì da sola, ma da allora non ho fatto altro che vergognarmi del mio insano gesto e la cicatrice mi rammenda che sono una folle, una pazza... e dopo aver ucciso Jake, ho ucciso mio figlio. Ecco perché... perché... –
Non riesco a proseguire, ma Cody ha quello che vuole e non mi forza.
-         Tranquilla, va bene così. Non hai ucciso né Jake né tuo figlio. Jake è ancora vivo, si è rimesso e ora conduce una vita normale. Tu ti sei solo difesa, anche se hai esagerato, ma hai scontato la tua pena. Quest’avventura era la pena decisa da... – si blocca un momento. – Non fa niente. Ma tu non hai ucciso tuo figlio. È stato un incidente durante il parto, il bambino non era in grado di respirare autonomamente. Ma non ha sofferto, è morto quasi subito. Tu non ne hai colpa Gwen. Spero che ti abbiamo aiutato a capire... –
-         Sì, ho capito... –
-         Qui c’è tuo figlio Gwen. Se gli vuoi parlare... –
Izzy mi porta un bambino allegro e pimpante che tende le braccia verso di me.
Lo riconosco.
Edward.
Assomiglia moltissimo al padre.
Lo abbraccio con tutte le mie forze, coccolandolo e cullandolo, mentre sul mio viso scorrono lacrime abbondanti. Edward giocherella con le ciocche dei miei capelli e volge le manine verso di me. Gli occhi sono azzurri, come quelli di Duncan, e ha la stessa vivacità. Mi viene da piangere ancor di più. È così dolce...
-         Noi dobbiamo andare Gwen. È il momento che tu ritorni nel mondo dei vivi. – dice Cody.
Mi accorgo che tutti stanno andando verso una luce che si è formata dietro di loro. Anche Edward la indica.
-         Seguici Gwen... è la strada giusta, ti accompagneremo... –
Cody sta sparendo, avvolto dalla luce, e mio figlio si stacca dalle mie braccia e va verso la luce. Io corro come una disperata per raggiungerlo, non lo voglio perdere, non ancora...
Lo vedo davanti a me, che tende le sue mani verso le mie. Io corro, corro, cerco di afferargliele, ma è difficile, quando in un ultimo sforzo afferro una sua mano.
Improvvisamente vengo tirata verso la luce, che è troppo forte, mi costringe a chiudere gli occhi. Si fa più intensa fino a che... 


      

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Capitolo 18
*** Valgo qualcosa per te? ***


 

GWEN



È come se improvvisamente sento di avere un peso. Ho delle sensazioni, come dire... terrene.
Apro faticosamente gli occhi: vedo ancora del bianco. Ma... è fatto a maglia? Aspetta! È un lenzuolo di lana di pecora, quelli che fa Bridgette! Mi alzo di scatto, togliendomi il lenzuolo. Sono nella mia capanna, ma sono da sola. Ed ero stata coperta interamente con un lenzuolo...
Cioè vuol dire che...
Mi consideravano morta?
Mi dirigo verso l’uscita della mia capanna, e sbircio fuori. Non si vede nessuno. Dove saranno andati?
Allora esco e mi dirigo verso la spiaggia. Ancora nessuno. Ma saranno morti tutti?
Li cerco dentro le capanne: niente. Alla Collina Maggiore: nisba. Nelle grotte: nada.
Per caso... non è che per caso è arrivata una nave, li hanno portati in salvo e, credendomi morta, mi abbiano lasciata qui?
Duncan non l’avrebbe mai fatto, dai! Viva o morta mi avrebbe portata sempre con sé!
E se invece sto ancora sognando?
Invece no: sento delle voci. In effetti, nella foresta non ho controllato...
Seguo le voci, cammino, cammino, fino a che arrivo alla radura dove di solito Ezekiel fa pascolare le capre. Ci sono tutti. E non hanno delle belle facce... alcuni piangono addirittura! Ma la faccia più devastata è quella di Duncan, con enormi occhiaie, occhi rossi e lacrime che continuano a scorrergli lungo le guance. Quindi credono seriamente che io sia morta!
Beh oddio, in cielo ci sono stata... e il fantasma di Lindsay mi ha detto che ero morta “Sì e no”. Non è che per caso, ho vissuto quelle esperienze di cui tanto ho sentito parlare? Quelle dove muori per un po’ e poi ti risvegli?
Voglio sapere che cosa dicono, non dico subito di essere viva. Però ora ho un dubbio: e se magari fossi un fantasma? Mi do un pizzicotto: fa male. No, non sono un fantasma, anche perché non passo attraverso le cose.
Mi avvicino lentamente senza far rumore, e quando sono a una distanza sufficiente per sentire mi fermo. Non riesco a capire le voci di chi siano, ma il dialogo lo capisco perfettamente.
-         Allora? che si fa? –
-         Dobbiamo seppellirla... –
-         Il problema è dove... –
-         Mi viene male al solo pensiero che mentre era in coma abbia sofferto così tanto, si lamentava molto... i lamenti si sentivano persino da me. –
-         Noah, allora? che decidi? –
-         Geoff non devo decidere io, ma Duncan. Te la senti? –
-         La voglio vicino a suo figlio... –
-         Okay... –
Ci sono attimi di silenzio. Poi qualcuno parla.
-         Forza, andiamo a prenderla. –
Secondo me questo è il momento adatto per uscire. Mentre si alzano, io mi preparo per entrare in scena. Farò certamente prendere un colpo a Duncan!
Appena sono a qualche metro di distanza, esco fuori dal mio nascondiglio.
Mi fissano. Io fisso loro.
-         Perché mi avete lasciata sola? Non vi trovavo più! – dico, cercando di sdrammatizzare.
Non rispondono. La metà ha lasciato andare la mascella e mi guardano come l’istrice guarda i fari del TIR. Indietro vedo Duncan. Mi guarda come se avesse visto un fantasma. Il che, in fondo, è vero. Non si muove, sgrana solo gli occhi.
Mi faccio spazio tra gli altri e gli corro incontro. Sembra essersi ricordato come si fa a muoversi e corre anche lui verso di me.
Quando ci raggiungiamo, mi abbraccia molto forte. Quasi mi stritola, mentre singhiozza.
-         S-sei viva... SEI VIVA! M-mi hai fatto prendere... un bello s-spavento! –
-         Scusami... sai, non volevo morire, in fondo! –
-         C-credevo... credevo di averti persa per sempre... n-non respiravi e non a-avevi più battito c-cardiaco... eri m-m… morta... –
-         Sai una cosa? Avevate ragione. Ero morta infatti. Ma ti racconterò più avanti, ora calmati... –
Ma non si calma. Continua a piangere (e a stritolarmi, ma questi son dettagli), mentre io sussurro parole dolci e gli accarezzo i capelli.
Non so perché,  ma mi viene da ridere. Trovo tutta questa situazione assolutamente assurda!
-         Dai, ora andiamo a casa, ti va’? Ho una famona! –
Cercavo di sdrammatizzare, ma Duncan piange ancora più forte.
-         Eddai su! Cos’ho detto di sbagliato, si può sapere? –
-         Non hai detto niente! Sono... s-sono molto felice... –
-         Beh, contieni la tua felicità! Su forza, che non posso sorreggerti ancora per molto: sei pesante sai? –
-         Sì, scusami! –
Smette di stritolarmi e mi guarda. Occhi colmi di pianto e un sorriso. Mi giro per parlare agli altri ma vengo sbattuta a terra dalle ragazze. Mi stanno stritolando anche loro, mentre piangono, mi stritolano, piangono e stritolano.
Poi tutto il seguito è un po’ confuso. Tutti che mi chiedono se sto bene, tutti che mi offrono da mangiare e da bere, e io che cerco quasi sempre di trattenermi dal ridere. Non lo so perché!
Quando Duncan riesce a strapparmi dalle loro grinfie, mi trascina verso la nostra capanna, mi fa sedere, mi coccola un po’, ma poi vuole sapere.
-         Dimmi, che cosa mi dovevi dire? –
-         Eh? – non avevo subito afferrato il concetto.
-         Mi hai detto che mi spiegavi, che in effetti eri morta... –
È come se mi si accendesse una lampadina. Prendo fiato, e gli descrivo tutto, nei minimi dettagli.
Mentre parlo, lui è seduto di fronte a me, con una ruga sulla fronte che indica concentrazione massima. Quando comincio a raccontare lo stupro di Jake non so esattamente cosa provi, ma certamente non freschezza e benessere. Ma si trattiene da qualsiasi reazione, cosa che gli fa molto onore. Continuo a raccontare e quando arrivo al punto in cui avevo in braccio Edward, mi accorgo solo dalla faccia di Duncan che sto piangendo. Mi raccoglie le lacrime con l’indice e il pollice, si siede vicino a me, circondandomi col braccio e mi sussurra:
-         Amore, se non vuoi parlarne... per me va bene. Non ti forzo, se questa cosa ti fa soffrire. –
-         No, tranquillo... hai tutto il diritto di sapere... – prendo un altro respiro, - La cosa principale era che... Edward ti assomigliava moltissimo. Aveva la tua vivacità e... e i tuoi occhi.. azzurro cielo... -
-         Dici davvero? Aveva... i miei stessi occhi? –
-         Indiscutibilmente, erano i tuoi occhi. Duncan... io mi sento in pace. Ora non ho più rimorsi. –
Gli racconto parola per parola, quello che mi disse Cody il Fantasma (o angelo?).
Alla fine di tutto il racconto, Duncan fa un profondo sospiro. Mi guardò con una luce diversa negli occhi, più... tranquilla.
-         Beh, oggi è stata una giornata tremenda! Ma... ti devo ringraziare in un certo senso Gwen. Grazie a te ora mi sento molto meglio... e vedo anche tu... – sorride.
-         In effetti sì... ma scusami, una domanda mi affligge: per quanto tempo sono stata in coma? –
-         Una settimana! Temevamo principalmente che ti disidratasti, così abbiamo provato a versarti lentamente l’acqua in gola, sperando che tu deglutissi. Lo hai fatto per fortuna! Poi tra l’altro, ti lamentavi e urlavi... –
-         Giuro, io non ho sentito niente... –
-         Meglio così! Avevo così tanta paura... che sembrava che si fosse trasformata in realtà! – comincia a tremare.
-         Stai tranquillo! Ora sono viva... e sinceramente, non sono mai stata meglio! –
-         Dici sul serio? –
-         Certo! E sai... vorrei riprovarci, se a te va bene... –
Vedo il suo viso illuminarsi. Mi prende per mano e ci dirigiamo quasi di corsa al nostro luogo.
Dio, è una vita che non ci andiamo più, nemmeno per caso. Ma dovrebbe essere bello come al solito.
Silenziosamente scivoliamo tra le capanne, nelle foresta. Entriamo nel passaggio segreto e sbuchiamo fuori. La luce della luna mi acceca gli occhi, ma si abituano subito.
Già, è bellissimo come al solito... come Duncan, del resto.
Ed è bellissimo anche quello che viene dopo... quasi identico alla prima volta.


 


EVA

 


Mi sembra di esplodere: è un periodo di stress unico. E Gwen che risorge come Lazzaro, due matrimoni, la preparazione del funerale di Gwen che poi non si è fatto... io sono un fascio di nervi, e Noah... beh, lui... diciamo che è talmente stressato che la sera si arrabbia sempre con me la sera. Ma in modo grave.
Io lo lascio fare sempre... perché so che è stressato. Sopporto in silenzio. Anche se... insomma non è vita facile. Del tipo che non mi parla più (tranne quando si arrabbia con me), non mi guarda più (tranne quando mi sgrida), e non mi... tocca più. Non mi sfiora nemmeno (che cosa pensavate, pervertiti?), non mi coccola né mi bacia. Io sto cercando di sopportare tutto, ma è difficile... e sto cedendo.
È sera. Noah si sta scervellando nell’organizzare le cose da fare e io cerco di dargli discretamente una mano. Dico discretamente perché se si accorge che ficcanaso tra le sue cose, si arrabbia prima dell’orario previsto.
Mi allontano di poco, perché lo vedo che sta per esplodere. Ecco ci siamo... tre, due, uno...
-         NON E’ POSSIBILE! Maledizione, sempre tutto io devo fare! E certo, qui sono io che mi devo occupare di tutto, tutti gli altri fanno le belle statuine! Anche tu, insomma! Scarichi tutto il lavoro a me... –
Sto zitta...
-         ... non mi aiuti mai, stai sempre in panciolle, perché tanto, ci sono IO a sistemare i tuoi problemi vero?!? –
Mi trattengo...
Continua a blaterare e io lo lascio fare. Ma appena arrivo al punto di rottura, faccio la cosa più naturale del mondo: prendo e me ne vado.
Sì: esco dalla capanna senza degnarlo di un’occhiata, mentre lui mi urla dietro. Vedo Heather e Bridgette che mi guardano sorprese, ma non pronunciano verbo. Come me, del resto, mentre Noah ne spara a raffica.
Non mi giro nemmeno a salutare le ragazze, tiro dritto con assoluta calma ma con decisione. Cammino, supero il punto in cui non sento più la voce di Noah, ma continuo a camminare. Sulla spiaggia la luna illumina i granelli di sabbia, facendo riflettere la luce.
Mi fermo e mi siedo sulla spiaggia a pensare. Secondo me, non ha tutto il diritto di trattarmi così... io lo aiuto anche, solo che lui non lo vede e si arrabbia, oppure crede che io non sia in grado di aiutarlo. E fin qui posso sopportare. Ma il fatto che si arrabbi con me TUTTE le sere, TUTTI i giorni è un po’ troppo.
Se fossi stata la vecchia me, l’avrei già ridotto a una zampogna sanguinante. Ed è questo il punto: perché non l’ho mai picchiato o non mi è mai passato per la testa? All’epoca non avevo scrupoli a picchiare i ragazzi (e loro a picchiare me), e invece adesso non ho mai pensato di alzare un solo dito su di lui. Non so perché, ma sono diventata molto buona, forse troppo...
No, magari è che sono molto paziente, e non me la prendo così tanto (anche perché le ho prese per tanto).
Ma adesso non so perché, sono furiosa. Mi sento improvvisamente arrabbiata.
Così mi diressi verso un albero e lo presi a pugni. Talmente frequentemente e talmente violentemente che lo incrinai. Allora mi misi a correre nella foresta, più forte che potevo. Ma non vidi quella maledetta radice...
La beccai in pieno, sentendo un forte dolore alla caviglia e ruzzolando a terra, nella polvere.
Rimasi lì per non so quanto tempo, ma alla fine riuscì a mettermi a sedere e guardare i danni. La caviglia pendeva orribilmente dalla parte sbagliata ed era tutta gonfia. Tra l’altro faceva un male cane. Dovevo tornare in qualche modo al campo, avvisare Noah e...
Perché lo dovrei avvisare? Si arrabbierebbe solo. Dovrei curarmi da sola, così non gli darò problemi e non lo stresserò ulteriormente.
Cerco di steccarmi la caviglia al meglio, prendo un bastone per sollevarmi e mi avvio verso la Collina Sassosa (certo che per dare i nomi ai luoghi abbiamo una grande fantasia). So che c’è un grande albero con grandi e ramificate fronde dai quali crescono dei frutti buonissimi e commestibili, che non so come si chiamino. Per un po’ di tempo posso vivere lì e se, veramente a Noah importa qualcosa di me, mi verrà a cercare, altrimenti se ne infischierà.
A fatica salgo sulla pianta ma quando sono sulle fronde mi trovo benissimo. Mi sistemo bene e mi addormento quasi subito.
 
Sono passati tre giorni, e ancora nessuno in vista. Molto probabilmente avevo ragione... nel senso, quello che temevo e che credevo prossimo alla realtà ha avuto conferma: a Noah non importa niente di me. Era stata una cotta passeggera, lo devo ammettere. Ma non pensavo che anche gli altri... mi considerassero così poco. È un boccone duro da digerire.
Qui in fondo non sto male. Ozio tutto il giorno, mangio i frutti, bevo dal piccolo ruscello che scende dai massi dove l’albero si appoggia anche se mi idrato a sufficienza da i frutti di quest’albero. Per assumere proteine, che mi servono per la guarigione della caviglia, mi sgranocchio qualche lucertolina che passa di tanto in tanto. Crude non sono per niente male.
Ho controllato la mia caviglia: per fortuna non si è rotta, è solo slogata. Una settimana, meglio due di riposo e dovrebbe tornare a posto. Ma tanto a chi importa...
Potrei vivere qui in fondo. Non è male e lascerei Noah in pace...
Noah...
Mi manca molto. Ma se per lui non valgo niente, che senso ha restare la sua fidanzata? Non è un fidanzamento di convenienza, quindi possiamo dirci arrivederci e addio tranquillamente... ma allora perché mi sento così male? Io lo amavo, anzi lo amo. Ed... essere scaricata così, in questo modo, fa molto male. Era meglio se rimanevo insensibile come prima, così ci avrei sputato sopra e via.
Ma le cose sono cambiate purtroppo. Non è più così facile come prima...
 
La sera non si vede ancora nessuno. Sì, mi hanno veramente abbandonato. È triste, e mi sento triste... più che altro provo una profonda malinconia... non pensavo che per Noah io contassi veramente così poco.
Noah...
Mi manchi. Tantissimo.
Magari potrei andare di nascosto al campo e vedere come procede la vita, se lui sta bene... così per accertarmi...
Solo per un minuto e poi me ne vado...
Sì, ci vado. Mi sistemo bene la stecca alla caviglia, legandola per bene. Comincio a scendere lentamente dall’albero. Non riscontro problemi alla caviglia, tranne quando, stupidamente, ho appoggiato a terra sia la caviglia buona che quella guasta e quindi il peso del mio corpo è andato al 50% su di lei. E fa male... sono un’idiota!
Riprendo il bastone che avevo abbandonato ai piedi dell’albero tre giorni fa e riprendo a camminare. Lentamente ma inesorabilmente. La mezzaluna illumina parzialmente la Collina Sassosa, ma sufficientemente perché io possa vedere dove vado. C’è un silenzio surreale, quasi come se io fossi un condannato che va al patibolo. Questo pensiero mi fa raggelare.
Ma andiamo Eva! Sei una dura, una tosta. Ti lasci spaventare dal silenzio?
Beh... sì...
È anche assurdo che mi faccia questi dialoghi mentali tra me e la mia io nascosta. È come se diventassi più sensibile.
Il che sarebbe assurdo. Chiunque conoscendomi...
Oh tò! Una pecora. Tutta sola a brucare l’erba. Deve essere certamente una di Ezekiel, perché anche se mi avvicino non si muove, rimane tranquilla a brucare.
Forse Zeke è vicino... perfetto! Chiederò a lui notizie, così magari evito di farmi scoprire al campo come una cretina!
Mi guardo intorno e dalla foresta vedo che arrivano altre pecore e capre. Sì, decisamente Zeke è vicino.
E infatti lo vedo. O almeno vedo la sua figura scura, ma... mi accorgo che non è da solo.
Chi sarà quello al suo fianco?
Cerco di indovinare chi sia la “Figura Misteriosa”: è alta, spalle larghe e muscolose, con una vita sottile ma forte, capelli lunghi. Uhm...
Non riesco a capire chi sia fino a quando un po’ di luce lunare non colpisce la Figura Misteriosa.
È Alejandro. Okay... ma che ci fa con Ezekiel?
Non voglio che mi vedano come una debole squilibrata in mezzo a una radura. Silenziosamente scendo i fianchi della radura, ovvero l’ingresso alla foresta e mi avvicino verso il loro probabile punto di entrata nella radura (confusi? Bene). Praticamente il ninja dell’isola.
Quando penso di essere sufficientemente vicina, chiedo quasi cordialmente e con naturalezza:
-         Scusate ragazzi, per caso mi sapete dire come stanno gli altri? Così, per sapere... –
Appena mi vedono fanno un balzo indietro, come se fossi uno zombie alla ricerca di cervello. Mi guardano tra lo stupito e il terrorizzato. Non dicono niente per un buon mezzo minuto. Poi si ricordano di avere una lingua e delle corde vocali.
-         Eva! Ommioddio! Sei tu! –
-         Sono giorni che ti cerchiamo, ma dove eri finita?? –
-         E la caviglia? Che ti è successo alla caviglia? –
-         Ma dove eri? Che ti è successo?? –
Mi tartassano di domande, e mi accorgo di una cosa: erano preoccupati per me. Per me... mi stavano cercando!
-         Eva ti prego rispondi!! –
-         Eh? Ah, già... – ero un attimo smarrita. – Beh, ero arrabbiata e mentre correvo ho preso una radice e mi sono slogata la caviglia e sono stata su un albero ad aspettare che guarisse... –
-         Ma perché non sei venuta al campo? Ti avremmo aiutata! – dice Alejandro.
-         Tzè! Noah ha già abbastanza grane per conto suo. E poi a lui non importa nulla di me, si sarebbe solo arrabbiato. –
-         Ma non è vero stupida! – sbotta Ezekiel – Ci ha sguinzagliato per tutta l’isola alla tua ricerca, partecipando lui stesso! Era (ed è) fuori di sé dalla preoccupazione! Insomma, come puoi non rendertene conto? –
-         Come? COME?? – sto urlando. – Forse dal fatto che mi sgridava in modo pesante sempre anche se non facevo assolutamente nulla? Si arrabbiava quando lo aiutavo perché credeva che lo stessi disturbando? Va bene una volta, due volte, tre volte... ma sono DUE SETTIMANE che va avanti così! Io non ne potevo più! Così ho preso e me ne sono andata! Semplicissimo!! –
-         Avrai tutte le ragioni che vorrai Eva, ma... – Alejandro si interrompe. – Non avresti fatto meglio a parlagli? –
-         Lo avrei disturbato. Non potevo parlargli perché lo distraevo da “I miei affari personali, cose molto importanti che tu non puoi capire. Quindi stai zitta!” – questa imitazione di Noah mi è riuscita benissimo.
I due hanno gli occhi bassi. Certamente non sapevano niente.
-         Pensavate che tra noi fosse tutto rose e fiori? Beh, ho sopportato abbastanza. Se ha intenzione di rivedermi, gli prego di parlarmi come si deve, non urlandomi dietro che sono una buona a nulla. Grazie. –
-         Almeno torna al villaggio con noi. Così potrai parlare con Noah. Ti giuro... – dice Ezekiel.
-         ... che è preoccupatissimo per te. –
La mia inclinazione è non crederci. Secondo me sta solo facendo scena. Ma mi decido a tornare al campo con loro, rifiutando sdegnosamente aiuto a camminare. Ce la faccio benissimo da sola.
Ci impieghiamo venti minuti a tornare, quando ce ne vorrebbero solo cinque. Infatti io ho detto di poter camminare, non ho detto di essere veloce!
Ma alla fine arriviamo. Vengo accolta da tutti con molti complimenti e soprattutto DOMANDE. Una cosa che io non sopporto è quando mi si fa l’interrogatorio.
Mi dicono che Noah non c’è, è fuori a cercarmi. Mi accompagnano nella mia capanna e chiedo di essere lasciata sola. Voglio riprendermi almeno tre secondi dallo stress da interrogatorio.
Poi improvvisamente mi sento tristissima. Ed è come se qualcuno mi avesse messo sue pesanti massi sulle spalle.
Tutti erano preoccupati per me. Ma come? Nessuno si preoccupava per me... e così ho imparato a non aspettarmi niente e nulla da nessuno. Ma mi sento assolutamente ridicola ed egoista. C’è gente che sta molto peggio di me, non ho assolutamente il diritto di lamentarmi.
Come Noah. Lui non ha vissuto una vita facile. Era povero, viveva nelle peggiori periferie e lottava ogni giorno per portare a casa da mangiare.
Io invece vivevo in una delle famiglie più ricche del Canada, il cibo non mi mancava mai, potevo avere tutto.
Solo che... quello che volevo realmente non l’ho mai avuto, cioè il calore e l’amore di una famiglia o degli amici. I miei genitori amavano di più il loro lavoro che me, e li ho visti pochissime volte. Stavo sempre a casa da sola... a piangere. Ben sapendo che era una cosa stupida e ridicola. Io avrei volentieri ceduto il mio posto a un bambino che ne avesse bisogno. Volevo aiutare quelli più sfortunati di me. In segreto andavo nei centri di ricovero e negli orfanotrofi a distribuire i miei giocattoli, che non usavo mai e ne avevo veramente troppi. Io avrei tanto voluto rimanere tra loro, perché anche se avevano perso tutto, avevano l’amore di una famiglia.
Come Noah. Lui tornava a casa stanco morto dal lavoro e trovava sua mamma ad aspettarlo, con sempre il sorriso, perché gli voleva bene.
Mi sento una schifosa. Non so perché, ma mi sento colpevole del mio egoismo, del fatto che mi lamenti sempre.
Ora ho trovato una famiglia, degli amici che mi vogliono molto bene... ma perché allora non sono felice? Ho tutto quello che ho sempre sognato, perché sto qui a pensare, piangere e lamentarmi?
Perché... perché ho provato l’assenza di Noah. Ho capito che lo amo, voglio stargli vicino... è lui il centro del mio mondo, è una sensazione che non avevo mai provato prima di adesso...
E come una bambina di tre anni, mi misi a piangere. Singhiozzai forte, anche se ripetevo a me stessa di no, che dovevo essere forte. Ma poi mi dicevo, forte per cosa? Non ti è successo niente stupida, non crolla il mondo, alzati e cammina.
Ma niente. Piango e basta.
Quando improvvisamente sento un fruscio e qualcuno che mi abbraccia. Riconosco l’odore famigliare. È Noah.
-         Dov’eri? Ero terrorizzato! Ma perché... no, lo so... –
Si stacca da me. Io non ho il coraggio di guardarlo negli occhi. Non ho pianto quando lo squalo mi strappò metà faccia, perché devo piangere ora?
-         Mi dispiace Eva. Sono stato un animale, lo so. Non dovevo trattarti così... non so che cosa avevo nella testa... –
Non rispondo. Ma smetto di singhiozzare.
-         E mi merito tutto il tuo odio e il tuo disprezzo. –
Non rispondo ancora. È come se avessi un tappo alla gola, faccio fatica persino a respirare.
-         Già, è così... mi dispiace di essere stato un mostro. –
-         Non sei stato un mostro. Hai solo urlato. – avevo recuperato la capacità di parlare.
-         Che cosa dici? Non dovevo trattarti così. –
-         C’è decisamente di peggio. Non mi lamento certo di quello. Mi basta che tu ci sia e che stia bene. Mi basta e avanza. Non chiedo altro. –
-         Eva... sei sicura di sentirti bene? –
Indietreggio, per quanto possa indietreggiare. Non volevo dire ne di sì ne di no.
-         Eva? Ti prego... dimmi almeno questo. –
Niente da fare, non gli volevo rispondere. Questo era uno dei momenti in cui avrei voluto volentieri morire, scomparire, addormentarmi per non risvegliarmi più. Ma io non ho il coraggio di Gwen di provare ad ammazzarmi. Perché sono una vigliacca.
Noah cercò di avvicinarsi, ma all’ultimo si ritrasse indietro e si mise sdraiato sul nostro letto.
Non so quanto tempo passò prima che trovassi il coraggio di rispondere.
-         No. Non sto bene. Ho una caviglia slogata. –
Si alzò lentamente, guardandomi con gratitudine e tristezza. Aveva le guance rigate di lacrime.
-         Solo questo? –
-         N-no... –
-         Che altro? –
-         Non mi sento bene... psicologicamente. –
-         Ti va dirmi quello che provi? –
Gli raccontai tutto. Tutto quello che pensavo, quello che temevo, quello che avevo fatto. Gli dissi anche che volevo morire ma non avevo il coraggio di uccidermi. Mentre raccontavo non la smisi un solo momento di piangere. Lui mi prese le mani, stringendomele in una stretta calda e rassicurante. Ma non bastò.
Improvvisamente tutta la mia vigliaccheria sparì: volevo farla finita ora.
Afferrai il pennino che usava Noah per scrivere sulle foglie: era di un legno molto duro, e lo aveva affilato in modo che scrivesse a punta fine. Lo presi e cercai di cacciarmelo in gola.
Noah si avventò su di me urlando come un ossesso: cercava di strapparmi dalle mani il pennino, ma io ero più forte di lui e ogni volta che me lo allontanava dalla bocca, tre secondi dopo era di nuovo in posizione pronto ad entrare. Ma ogni volta si avventava su di me e cercava di strapparmelo.
Andammo avanti così per un bel po’, prima che il pennino si spezzasse e che io cadessi a terra.
Battei forte la testa per terra e rimasi intontita per un bel po’. Poi mi resi conto.
Ma che cavolo mi è saltato in testa? La vita è l’unica cosa preziosa che ho! E... stavo per buttarla. La stavo per buttare per colpa di un mio gesto insano. Se non ci fosse stato Noah, ora io... io...
Mi coprii la testa con le spalle e singhiozzai. Ancora. Come una bambina di due anni.
Noah mi abbracciò di nuovo. Sentii il suo petto fermo, i battiti veloci e potenti del suo cuore.
-         Non farlo mai più, stupida. Per quanto ancora mi vuoi far soffrire? –
-         Non voglio... Noah, io... io... –
È molto difficile dirlo. Ma ci provo.
-         Io ti amo... non voglio lasciarti... e non voglio che tu lasci me. –
-         Non lo voglio nemmeno io... Eva... –
-         Noah... –
Mi strinse molto forte, ma non me ne curai. Anzi, volevo che aumentasse la stretta, volevo che mi facesse tutta sua, che nessuno mi poteva toccare. Le sue mani mi accarezzavano la testa, le mie le sue ginocchia.
Mi coricai sul letto con lui, abbracciandoci stretti ancora. Ci baciammo. Ma non baci comuni. Non baci da pomiciata. Baci carichi di sentimento.
Non volevo altro. Mi andava bene anche se io e lui fossimo in mezzo al deserto del Sahara. Ma avevo lui.
Era questa la cosa più importante.



NOTA DELL'AUTRICE
Non so perchè, ma questo capitolo mi sembra abbastanza insulso e inutile. Chiedo scusa per la mia negligenza... Spero di soddisfarvi col prossimo capitolo!

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Capitolo 19
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Il mare è semplicemente stupendo, ed esserci proprio in mezzo, è oltre lo stupendo! Mia madre non vuole che io vada in giro in barca, ma è così bello...
Così ci vado comunque anche se lei non vuole. Vado in mare aperto a pescare. Pescare per modo di dire, non voglio mangiare i pesci. Mi piace solo la sensazione dell’esca che abbocca, infatti i miei ami non terminano con un uncino.
Tipo adesso sto pescando nel mar dei Caraibi. Nella mia piccola barchetta a motore c’è tutto quello che mi serve:le esche, un cestino con il pranzo, una cassetta di pronto soccorso, benzina di riserva, tre litri di acqua più cinque per le emergenze. Per non parlare del telefono cellulare con rintracciatore satellitare, così nel caso di emergenze, possono trovarmi dappertutto: anche perché ho installato un cip sotto la pelle per ritrovarmi ovunque. Ho dovuto installarmeli perché mia madre, dopo... oddio, non voglio pensarci. Mi viene male al solo pensiero. Ma non per questo non ho rinunciato ai viaggi per mare.
Rimango pigramente semidisteso sul fondo della barca, scaldato dal sole. Metto la mano nella tasca dei pantaloni ed estraggo una caramella alla menta, che faccio passare tra la lingua per farla sciogliere. Intanto canticchio sottovoce:
 
We all live in a yellow submarine, yellow submarine...
 
ho sempre amato quella canzone, anche perché non ha granché senso! È divertentissima!
Mi alzo lentamente ritirando la canna da pesca: mi è venuta voglia di andare in giro ad esplorare i dintorni: nel mar dei Caraibi si trovano tantissime isolette nascoste o mai abitate. Sono sei veri paradisi naturali, quelli che preferisco in assoluto! Lontano dall’umanizzazione, io e la natura soltanto...
Che si può desiderare di meglio?
Sistemo per bene la canna da pesca, le cose sparse in giro e avvio il motore. Ma non vado forte, preferisco viaggiare piano, per ammirare meglio il mare...
Molto probabilmente sarò un sentimentale, ma non ci posso fare niente.
Il motore emette un forte ruggito anche se vado piano. Comincio ad avvicinarmi sempre di più a una forma indistinta. Dovrebbe essere un’isola. Non è molto grande, ma si distingue per una montagna, un’ alta collina situata proprio al centro.
Non so perché ma una forza misteriosa mi costringe ad aumentare la velocità. Improvvisamente voglio raggiungere quell’isola a tutti i costi. Quando suono sufficientemente vicino, spengo il motore e tiro fuori i remi. Già, ho anche i remi! Nel caso di motore in avaria, oppure... per avvicinarsi alle isole è secondo me il modo migliore: così non disturbo la fauna dell’isola ed evito di incagliarmi nelle basse o sugli scogli.
Mi sistemo ai posti, infilo i remi e comincio a remare. Il rumore dei remi che fendono l’acqua è così dolce e rilassante che a momenti mi addormento!
Mi giro a controllare. Sono ancora un po’ lontano dalla riva e –giuro!- ho continuamente questa sensazione di sbrigarmi: ora voglio andare sull’isola ardentemente!
Ah, che cosa possono giocare le emozioni! A volte fanno un po’ come vogliono loro!
Dopo circa una ventina di minuti, sono quasi arrivato alla riva. Sento un “tonf” e capisco di essere arrivato. Scendo dalla barca, e la trascino il più possibile verso riva. Recupero dallo scafo una lunga fune che lego sulla prua. Tenendo la fune, mi dirigo sulla spiaggia. La sabbia bianca che mi scivola tra le dita bagnate è una magnifica sensazione!
Trovo uno scoglio e ci lego attorno la fune. Così la barca non potrà andare da nessuna parte!
Ovviamente mi sono portato dietro il telefono satellitare: chissà cosa mi potrebbe succedere...
Ma non dovrei avere niente di cui preoccuparmi: il mare è perfettamente tranquillo, l’isola sembra inabitata e invitante...
Faccio un forte respiro e mi inebrio di questa magnifica aria salutare...
Mi decido a camminare un po’ attorno all’isola, sulla spiaggia. Non noto nulla di strano: solo granchi che vanno avanti e indietro sugli scogli e qualche lucertola che si arrostisce al sole del mattino. Ma poi decido di addentrarmi nella foresta: chissà quali forme di vita animale ci saranno...
Sono sempre stato uno curioso di queste cose. Mi piacciono moltissimo gli animali.
Proseguo nel fitto della foresta. Poi così, quasi di colpo mi ritrovo in una radura. Ma... in questa radura ci sono delle capre! E anche delle pecore!
Ehi! Non sapevo che potessero vivere in questa zona del pianeta! Ah beh, aspetta: il manto è diverso... forse non sono pecore, ma sono camelidi... comunque sia, voglio dare un’occhiata più da vicino!
Detto questo mi avvicino di più, ma stranamente loro non fanno una piega. Mi aspettavo che scappassero, e invece continuano a brucare senza degnarmi di uno sguardo. Forse quest’isola è priva di predatori naturali e quindi si sentono perfettamente al sicuro... un po’ come lo credevano i Dodo. Infatti quando i soldati spagnoli sbarcarono sulla loro isola non ne furono affatto intimoriti, anzi! Giocarono con loro, finché ovviamente non finirono in pentola...
Mi guardo intorno, tra le capre e le pecore, ma mi ignorano completamente. Quando improvvisamente sento un leggero fischio. È piccolo, sottile, ma lo sento benissimo. È come... un ultrasuono.
Forse sto avendo allucinazioni uditive...
-         Su forza, vieni qui testa di rapa! Non muori mica se ti tolgo qualche ciuffo di pelo! –
.
.
.
.
EH????
Questa non poteva certo essere un’allucinazione! Ho sentito benissimo qualcuno parlare! In inglese!
Forse è dall’altra parte della roccia in mezzo alla radura...
Mi ci appiattisco contro e striscio su tutto il perimetro, fino a che non scorgo, anche abbastanza vicino, una figura.
È alta, ma non molto, piuttosto larga, tozza e robusta, vestita con una pelle di capra. I capelli sono una massa informe castana. Sembra tranquillo e pacifico, così tento di avvicinarmi di più.
Quando sono più vicino, noto i profili del suo volto.
Un momento...
Non può essere... lui...
Esco dal mio nascondiglio. Lui si gira. Mi guarda interdetto, immobile, senza dire ne “a” ne “bah”.
Io lo sto squadrando da capo a piedi. Non riesco a parlare, tanto è il mio sgomento. Ma riesco a pronunciare una parola:
-         Ezekiel? –
Gli si spalancano gli occhi. Mi guarda e anche lui parla.
-         DJ? -




Nota dell'autrice
Piccolino il capitolo... ma spero di avermi messo un pò di ansia!Anche piccola piccola.. eheheh!

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Capitolo 20
*** La fine e il continuo ***


DJ

 
 
Non ci posso credere! I ragazzi sono vivi! Ezekiel in una sottospecie di pazzia, mi porta di corsa dagli altri. Vengo accolto quasi come un eroe, tra un tripudio di baci e abbracci. Ci sono molte ragazze che piangono, ridono, piangono. E mi fanno un pranzo in mio onore, con carne di capra, frutta e pesce.
Capisco che è giunto il momento della conversazione. È Noah che parla per primo.
-         Bene DJ, siamo veramente felici di vederti! Dimmi, a parte noi... e te... è sopravvissuto qualcun altro? –
-         No, pensavano che fossi sopravvissuto solo io. C’è stato anche il vostro funerale... –
-         Davvero? – chiede Alejandro.
-         Sì. Magnifico, sfarzoso. C’erano tutti i vostri parenti ed io ero a capo del corteo funebre. Ma sapete una cosa? In realtà ero morto anch’ io... ma mi hanno risvegliato non si sa come. E ho visto gli altri, come Izzy, Owen, Cody, Sierra... e tutti gli altri che non sono qui. Quindi avrei dovuto immaginare che voi non foste morti. Lo so che è un sogno strano... –
-         Io ho fatto lo stesso. –
A parlare è stata Gwen. Tutti rimangono in silenzio, ma Duncan la stringe forte. Gwen si rivolge a me.
-         In effetti, tu non c’eri... ora che mi ci fai pensare. –
-         Eri morta? –
-         In un certo senso... nemmeno due mesi fa sono morta. Per un attacco. È difficile da spiegare, ma dopo aver perso mio figlio... –
-         Hai perso COSA? – è una cosa orribile! Un figlio! Come se non bastasse questa situazione! Povera Gwen!
-         Sì, mio e di Duncan. Era tanto atteso, ma non poteva respirare da solo, ed è morto durante il parto. Ma ora sto bene... invece Courtney ha partorito una bellissima bambina! –
Una bambina? Uuuhhh, la voglio vedere! Mi giro raggiante verso Courtney che mi mostra la piccina.
-         Questa è Andrea, o Andy! È mia e di Trent! –
-         Complimentoni amico! – gli dico tirandogli una pacca sulla spalla.
Vado a vedere da vicino la piccola Andy: è veramente deliziosa! Le tiro un leggero buffetto sulla guancia e ride. Che carina!
-         Bene! – dico – Dovrei essere al corrente di qualche altro cambiamento? –
-         Sì! – grida Bridgette – Io e Geoff siamo sposati, così come tutte le altre coppie qui presenti! Oh, scusami Eva... dimenticavo che tu e Noah... –
-         Oh, non fa niente! Tranquilla! – dice Eva, con assoluta calma.
-         Eva davvero? Tu e Noah! Che bello! –
Solo adesso mi accorgo che entrambi hanno la parte sinistra del loro volto tumefatta. E questo?? Ma qui sono tutti sfregiati o massacrati! Chissà che cos’hanno passato!
-         Ehm... se sono indiscreto fermatemi subito... ma volevo chiedervi, Eva e Noah, come mai... la parte sinistra del vostro volto... –
-         Tranquillo, non sei indiscreto. – mi ferma Noah. – Io mi sono ustionato l’occhio sinistro per proteggere Eva dall’esplosione dello yacht e lei si è lacerata l’occhio sinistro per difendere me da uno squalo tigre. E grazie a questo... – dice, prendendo le mani di Eva – Abbiamo capito di essere innamorati. Ma non pensavamo ancora al matrimonio. Preferiamo aspettare. –
-         Ooohh! Tutto ciò è terribilmente spaventoso e romantico! – dico guardandoli.
-         Tu invece? – chiede Heather. – Che ci racconti? Come vanno le cose laggiù? –
-         Oh beh... da dove comincio... le vostre famiglie erano distrutte, e la tua Courtney – dico rivolgendomi a lei, - la tua ha sguinzagliato avvocati in ogni questura canadese per proseguire le vostre ricerche. Ma alla fine si sono dovuti arrendere. E i tuoi genitori, Duncan, hanno messo una sottospecie di taglia per tutti coloro che avessero delle informazioni certe e provate di dov’eri. Ma anche loro dopo un po’ si sono arresi. Vi davamo per morti... –
-         Non avevate tutti i torti per pensarlo! – ribatte Ezekiel.
-         Io invece mi sono sistemato in solitaria e vado spesso in giro in barca nel mar dei Caraibi. Mi piace molto visitare le isolette... e ho trovato la vostra! Che fortuna! GIUSTO! –
Un’improvvisa illuminazione mi colpisce.
-         Ragazzi, che me ne sto a fare qui? Devo dire a tutti che voi siete vivi! Ho qui un telefono satellitare! Posso farmi rintracciare dalla guardia costiera e dirgli di venirvi a prendere! Tornerete a casa! –
Stranamente non vedo segni di particolare gioia... sono tutti tristi e con gli occhi bassi...
-         Ragazzi... non... non volete tornare a casa? –
-         Certo DJ! – dice Gwen. – Solo che... quest’isola è diventata la nostra casa... è... difficile lasciarla... siete d’accordo? –
Tutti annuiscono. Ribatto prontamente.
-         Ma non pensate alle vostre famiglie? Non pensate alla loro immensa gioia nel rivedervi vivi? Tua madre – mi rivolgo a Noah – è stata ricoverata un sacco di volte per attacchi di cuore! Non sopravviverà a lungo senza la tua presenza! Si ristabilirà di certo se saprà che sei vivo e che stai tornando da lei! –
Noah si alza di scatto, fissandomi. Il suo tono di voce è deciso e autoritario.
-         Io parto. Voi cosa decidete? –
-         Io vengo con te, lo sai. – si alza Eva.
-         Io voglio rivedere mia madre e mio padre. – dice Courtney, alzandosi. – E poi voglio che mia figlia viva in un luogo più decente. –
-         Allora la mia decisione c’è già. – dice Trent.
-         Noi veniamo. – dicono alzandosi Heather e Alejandro.
-         Metteteci sulla lista d’attesa! – si alzano Geoff e Bridgette.
-         Beh, immagino che le mie caprette dovranno sopravvivere senza di me. – sentenzia Ezekiel.
-         Vista la decisone di maggioranza, ci uniamo. – dicono Leshwana e Harold.
Gli unici che non hanno detto niente sono stati Gwen e Duncan. Mi rivolgo a loro.
-         E voi? Cosa decidete? –
-         Io non ho una famiglia da cui tornare. Mi trovo meglio qui. – sussurra Gwen.
-         Quindi volete rimanere? Duncan? –
Lui rimane zitto.
-         Duncan? – ripeto.
-         Amore, cosa c’è? – chiede Gwen. Ma lo capisce da sola. – Ho capito. Su forza, vengo anche io! –
-         Perché? Possiamo rimanere qui, se vuoi... io rimango con te per sempre. – dice Duncan.
-         Sciocchezze. Tu hai una famiglia che ti aspetta a casa. Mica posso trattenerti qui! – gli strizza l’occhio. – E poi, dato che aspetto un altro bambino, tanto vale tornare nella civiltà, che ha le attrezzature mediche adeguate per il parto, non credi? L’ultima volta è stato un inferno! –
-         Se la metti così piccola... – la coccola Duncan.
-         Allora è deciso! Si torna a casa! – dico trionfante, mentre maneggio col telefono.
Chiamo la guardia costiera più vicina e gli dico come stanno le cose. Anche di fare presto. Quando riaggancio, annuncio:
-         Ci vengono a prendere! Non ci volevano credere, quelle facce di bronzo! -
In fondo, volevano tornare a casa. Ci sono alcuni che si abbracciano, altri che esultano... e mi unisco anch’io alla festa!
La guardia costiera arriva mezz’ora dopo, ma non possono avvicinarsi all’isola per colpa delle basse e degli scogli. Così mi tocca fare da traghetto, un po’ alla volta: infatti sulla mia barca ci stanno al massimo cinque persone, compreso me.
Ci organizziamo così: per primi le donne, e per ultimi gli uomini. Dopo venti minuti scarsi ho trasportato quasi tutti: mancano solo Alejandro, Duncan e Noah.
Stiamo stretti nella mia barchetta, mentre remo e dondoliamo per il peso. Quasi ci capovolgiamo per uno starnuto da record di Alejandro. Ma alla fine riesco a portare sulla nave tutti quanti.
Mentre parlo con l’equipaggio (li conosco da un po’) noto che tutti si sono affacciati al parapetto e stanno guardando con aria malinconica l’isola.
Alcune ragazze piangono. I ragazzi sono seri e solenni. Non so perché, ma anche io ora sono malinconico. In fondo li capisco...
Ma la nave parte, e tutto finisce, con l’isola che scompare piano piano.
 
 
 
 
Un anno dopo...
Tutti sono tornati a casa. Courtney e Trent si sono sposati ufficialmente e hanno acquistato una piccola casa in periferia. Vivono felici con la piccola Andy.
Duncan e Gwen hanno avuto un bambino, che hanno chiamato William. Anche loro si sono spostai ufficialmente, ma vivono ancora nella casa dei genitori di lui, mentre si stanno sistemando per ottenere un appartamento.
Leshwana e Harold convivono, ma si sono trasferiti ad Atlanta. Hanno avuto due gemelli, Tabitah e Marilena.
Geoff e Bridgette si sono sposati in Texas durante un uragano. Gli ospiti non hanno mai dimenticato quel matrimonio che ha preso il volo. Letteralmente.
Heather e Alejandro si sono sposati e ora vivono a Toronto: li fa l’avvocato, lui è il capo dell’ufficio dove lavora lei.
Eva e Noah, grazie ai soldi ottenuti da un assegno smollato con nonchalance  dai ricchissimi genitori di Eva sono andati ad abitare in campagna, in una piccola villa, insieme alla madre di Noah. Hanno avuto una bambina, Laira.
Ezekiel è tornato a vivere dai suoi, dove conduce una vita semplice ma felice.
DJ sta studiando per diventare biologo, mentre lavora al centro di ricerca per la salvaguardia marina e palustre.
E tutto questo, mentre undici ragazzi e un neonato dall’aspetto sereno e gli abiti bianchicci guardano dall’alto...
Sorridendo.



NOTE DELL'AUTRICE
Ehm... non ho potuto resistere dal mettermi nella storia! Lo so, scusate, è che... lo vorrei tanto, quei due sono mitici a mio avviso!
Comunque, vi ringrazio tantissimo: chi ha seguito la storia, chi mi ha insultato o chi se ne è infischiato. Grazie lo stesso a tutti per avermi sopportato fino a qui!
Ciao! <3

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