Matrix Rewound

di Virtual Deliverance
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prototipo ***
Capitolo 2: *** Rifiuto ***
Capitolo 3: *** Performance ***
Capitolo 4: *** Illegale ***



Capitolo 1
*** Prototipo ***


Kevin Mason, appena diciottenne, era chiuso nella sua camera da letto, al computer. Ma quello che faceva era diverso da ciò che ci si aspetterebbe da un ragazzo della sua età. Non scaricava giochi piratati, non visitava i siti che parlavano dei film del momento, non trovava alcun interesse nel cercare immagini pornografiche.

No, quello che faceva era diverso.

Già condannato all'età di tredici anni per aver fatto addebitare la bolletta telefonica di un ospedale ai genitori di un compagno che l'aveva preso in giro in classe, e a quindici per aver reso inservibili tutti i computer della sede centrale della Metacortex, Kevin Mason era considerato uno dei cracker più pericolosi del pianeta.

Sosteneva che tutto ciò che lo circondava, tutto ciò che percepiva con i propri sensi, era illusorio, e per dimostrarlo era anche ripetutamente arrivato a procurarsi tagli in diverse parti del suo corpo. Questo, tra l'altro, gli aveva anche permesso di usufruire di sconti di pena per infermità mentale, e la gente che lo conosceva tramite i mezzi di informazione lo considerava doppiamente pericoloso perchè pazzo.

Alcune persone, però, non la pensavano così. Questi individui, che Kevin aveva conosciuto in chat-room dove si discuteva di ipotesi di complotto, hacking e viaggi indotti da sostanze stupefacenti, lo consideravano un eroe. Proprio con loro stava comunicando in quel momento, usando il nickname «CodePoet».

«Yasogami» Pensiamo che tu sia pronto. E' venuto il momento di tirarti fuori.
«CodePoet» Cosa devo fare?
«Yasogami» Stanotte esci di casa e trovati al 159 di Bayles Street alle 4:00.
«Yasogami» Non farti vedere da nessuno. Qualsiasi persona che ti vede comprometterebbe l'intera operazione.
«CodePoet» Come faccio a sapere che non è una trappola della polizia?
«Yasogami» La polizia sa molte cose su di te, ma noi sappiamo tutto. Dalla realtà ti teniamo d'occhio dal tuo primo hacking.
«CodePoet» Ditemi una cosa che io so che la polizia non sa.
«Yasogami» La notte scorsa hai sognato di strozzare tua madre col pensiero e poi di volare verso Marte più veloce della luce. Quando ti sei svegliato erano le 6:40.

Era vero. Kevin si convinse così a presentarsi all'appuntamento: inghiottì una pasticca di caffeina e aspettò l'ora giusta per indossare il suo pastrano di pelle e sgattaiolare fuori dalla finestra della sua stanza.

Stando lontano dalle luci ed evitando ogni rumore, Kevin raggiunse il luogo prefissato. Dopo pochi minuti una vecchia Ford nera accostò al marciapiede e la portiera anteriore destra si aprì. Kevin vi si avvicinò e chiese all'uomo dalle fattezze orientali che guidava: "Tu sei Yasogami?"
L'uomo fece cenno di sì e disse: "Sono io. Entra.".
Kevin si sedette sul sedile, chiuse la portiera e la vettura si riavviò, allontanandosi rapidamente da quel luogo.

Dopo aver attraversato la città, l'automobile si fermò davanti a un condominio.
Scesi dalla macchina, Yasogami e Kevin entrarono nel condominio, poi presero l'ascensore e si diressero all'appartamento 909. Lì trovarono altre persone ad aspettarli, e Yasogami le presentò a Kevin: "Questi sono Scruter, Entaine, Sehnsucht, Dholna e Nephilim." Mentre sentiva pronunciare quei nomi, Kevin sorrideva estasiato: per moltissimo tempo li aveva letti sullo schermo del suo computer, ma solo in quel momento, per la prima volta, poteva associarli a persone in carne e ossa.

Entaine e Dholna fecero sedere Kevin su una poltrona simile a quella di un dentista e gli applicarono degli elettrodi alla fronte, al collo e ai polsi, poi raggiunsero gli altri al quadro di comando di dispositivi elettronici dall'aspetto artigianale. Yasogami si avvicinò a Kevin con in mano le due pillole e formulò la frase di rito: "Questa è la tua ultima possibilità, non potrai più tornare indietro. Se prendi la pillola azzurra ti sveglierai nel tuo letto e crederai a quello che vorrai. Se prendi la pillola rossa resterai nel paese delle meraviglie e ti mostrerò quanto è profonda la tana del Bianconiglio."

Senza esitare, Kevin prese la pillola rossa, se la mise in bocca e bevve un sorso d'acqua dal bicchiere che Sehnsucht gli porgeva. Yasogami raggiunse gli altri alla console, per monitorare le funzioni vitali di Kevin istante per istante.

"Ehi! Questo non è giusto!" esclamò all'improvviso Scruter, indicando un punto del grafico che il suo schermo mostrava.
"Ma che diavolo sta succedendo?" rispose di rimando Yasogami, ugualmente sbigottito.

Con uno scatto fulmineo, Kevin balzò dalla sedia e atterrò addosso a Scruter, colpendolo in fronte con un pugno micidiale che fece un distinto rumore metallico.
Yasogami, Nephilim e Sehnsucht estrassero dai loro pastrani un paio di Ingram ciascuno e aprirono il fuoco contro Kevin, ma le pallottole semplicemente rimbalzavano contro il suo corpo, senza causargli alcun danno. Quando esaurirono i colpi, Kevin si mise in posizione da combattimento e le sue braccia si trasformarono in lunghe lame metalliche.

Con un gesto troppo veloce per poterlo seguire, Kevin squarciò più volte Yasogami, Nephilim e Sehnsucht. Subito dopo trapassò da parte a parte il cranio di Dholna e decapitò Entaine.

Erano tutti morti. Kevin ritrasformò le sue braccia e sputò la pillola rossa su quello che rimaneva del corpo di Yasogami. Nuovi dati trovarono posto nei cluster del mainframe delle macchine: il collaudo del nuovo modello di agente era stato un completo successo.

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Capitolo 2
*** Rifiuto ***


Il collaudo del nuovo modello di agente era stato un completo successo. Secondo la procedura, quello era il momento di cancellare il programma agente dal cervello del corpo ospite, e così venne fatto: in quell'istante Kevin, che era già uscito dall'appartamento di Yasogami, cadde a terra svenuto.

Quando rinvenne, il suo ultimo ricordo era di stare seduto su una poltrona da dentista con degli elettrodi applicati al corpo. Credendo di vivere un deja-vu, si ridiresse verso la porta dell'appartamento: appena la aprì, il raccapricciante spettacolo che si parava davanti ai suoi occhi lo lasciò scioccato. Gridando "Oh mio dio!" richiuse la porta il più velocemente possibile e corse verso l'ascensore, con l'intenzione di allontanarsi in fretta da quel luogo.

Uscito infine dal condominio, Kevin iniziava a cedere alla stanchezza. Troppo lontano per arrivare a casa a piedi, si diresse verso una fabbrica abbandonata non distante da lì, che di frequente era usata come rifugio da barboni e drogati.
Entrò senza problemi; trovato il luogo adatto, si distese su uno strato di vecchi residui di tessitura e si coprì con i resti di uno scatolone. A causa dell'estrema spossatezza (accadeva di frequente che stesse sveglio per più di 48 ore consecutive per hackerare, e questo era uno di quei casi), Kevin si addormentò in meno di un minuto.

Quella notte in quell'edificio non c'erano altre persone, quindi nessuno lo avrebbe disturbato. Soprattutto, nessuno avrebbe visto cosa gli accadde dopo essersi addormentato: parti del suo corpo iniziarono a trasformarsi in metallo in ondulazioni ritmiche che seguivano il suo respiro, e questo per tutta la durata del suo sonno.

Era passato mezzogiorno quando Kevin si svegliò, uscì dall'edificio e iniziò a camminare verso casa. A un certo punto trovò una pietra sul marciapiede e con noncuranza le diede un calcio mirando a un bidone dell'immondizia lì vicino: il colpo della pietra spaventò un gatto nero dietro al bidone, che gli saltò addosso graffiandogli la faccia e facendolo cadere.
Proprio in quel momento le macchine iniziarono una scansione del suo cervello, rilevando qualcosa di inaspettato: Kevin non lo poteva sapere, ma una parte del nuovo programma agente, non ancora privo di bug, era rimasta impressa in lui, dotandolo di facoltà superumane.

Al termine della scansione, Kevin si ritrovò in piedi, pochi passi prima dell'immondezzaio. La pietra era di nuovo sul marciapiede. Come aveva fatto prima (ma l'aveva fatto davvero o era solo uno scherzo della sua mente?), calciò la pietra che colpì il bidone e fece venire fuori il gatto. Questa volta, però, prima che l'animale riuscisse ad artigliargli la faccia, Kevin lo colpì con un pugno che lo spappolò completamente.
Vedere i resti insanguinati del gatto gli fece ricordare scene rimosse: all'improvviso era di nuovo sulla sedia di Yasogami... beveva di nuovo l'acqua dal bicchiere portogli da Sehnsucht, trattenendo la pillola rossa con la lingua... balzava di nuovo addosso a Scruter sfracellandogli la testa con un pugno...

Quando tornò in sè, Kevin era atterrito dalle immagini rievocate. Una domanda si fece strada nella sua mente, una domanda di cui forse non avrebbe mai conosciuto la risposta... "COSA MI STA SUCCEDENDO?"

Aveva però la certezza che qualsiasi cosa gli fosse avvenuta, era stato in qualche modo migliorato: percepiva dentro di sè potenzialità uniche. Per saggiarle, Kevin decise di usare il metodo più immediato: colpire con tutta la forza il muro dell'edificio accanto. Quando il suo pugno arrivò a trenta centimetri dal muro, tutto gli sembrò svolgersi al rallentatore: mentre vedeva le sue nocche avvicinarsi al cemento sentiva la sua mano, e poi il suo braccio, indurirsi pur conservando la consueta mobilità... li scorgeva acquistare a mano a mano la lucentezza del metallo... poteva quasi percepire i singoli atomi che si disgregavano e riassemblavano in una reazione a catena, trasformando quegli strati di sostanze proteiche in lucido titanio...

Il colpo fu devastante: il muro esplose in una miriade di frammenti, proiettati in tutte le direzioni come schegge di granata. Vedendo ciò che aveva fatto, Kevin sentì crescere dentro di sè un'incontenibile esaltazione e si mise a correre per le vie della metropoli verso la periferia, sempre più velocemente, fino a raggiungere la strada dissestata che portava alla discarica.
Senza rallentare, raggiunse l'orlo della fossa principale e spiccò un balzo. I muscoli delle sue gambe generarono una potenza tale che Kevin percorse circa duecento metri in aria, con un'elevazione di almeno cinquanta!

Quando riatterrò, era talmente pieno di autocompiacimento da non accorgersi che tre operai al lavoro nello stabilimento di riciclaggio avevano visto tutta la scena: immediatamente, i loro lineamenti si distorsero e le loro tute da lavoro si trasformarono in abiti nero-verdastri. I tre agenti uscirono di corsa e si diressero verso di lui, prendendolo di mira con le loro Desert Eagle. Kevin iniziò a scappare, ma gli spari gli fecero ricordare qualcos'altro... si era già trovato in una situazione simile, ed era ancora vivo perchè era diventato impervio ai proiettili! Allora si fermò di scatto, girandosi verso gli agenti e guardandoli con aria di sfida. Continuavano a sparargli, ma ogni volta che un proiettile si avvicinava al suo corpo, quella zona si trasformava in metallo facendolo rimbalzare.

Vedendo che la tattica non funzionava, gli agenti si scambiarono un cenno d'intesa, gettarono le armi e attaccarono il ragazzo a mani nude. Per alcuni minuti questo non portò ad alcun risultato: il metallo di Kevin era talmente duro e i corpi degli agenti talmente resistenti che i colpi che si scambiavano non avevano alcun effetto. A un certo punto, però, Kevin piegò le braccia verso un agente e le trasformò in lunghe punte acuminate con cui gli trapassò l'addome. L'agente crollò a terra morto e riprese le fattezze dell'operaio, mentre le punte metalliche si retraevano e ritrasformavano.

Kevin ritentò più volte la stessa mossa con gli altri due agenti, ma senza successo: entrambi riuscivano sempre a schivare le punte, finché uno lo afferrò da dietro per bloccare i suoi movimenti. Lui però si liberò con una capriola all'indietro, si mise a correre verso l'impianto di riciclaggio e con un balzo atterrò sul tetto.
Mentre gli agenti correvano per raggiungerlo chiuse gli occhi e strinse i pugni, e il suo intero corpo divenne di metallo. Proprio nel momento in cui gli agenti spiccarono il balzo per salire sul tetto, Kevin saltò verso di loro cambiando completamente la sua forma: diventato una lama circolare rotante, tranciò di netto i corpi di entrambi gli agenti. Riprese la forma umana appena prima di atterrare e si voltò a guardare ciò che rimaneva degli agenti: loro erano morti, lui era ancora vivo e senza nemmeno un graffio!

In quell'istante, però, iniziò ad avere una sensazione strana: era come se le sue percezioni si stessero sdoppiando. Mentre quelle dell'ambiente che lo circondava si affievolivano, si faceva sempre più netta la sensazione di essere anche coricato, in un ambiente privo di suoni... Kevin conosceva quelle sensazioni: le aveva provate ogni volta che si risvegliava da un sogno lucido. Era possibile che si fosse sognato tutto? Che in pochi istanti si sarebbe risvegliato nel suo letto?

Kevin fece ricorso a tutta la sua forza di volontà per resistere a ciò che stava accadendo, ma dopo nemmeno trenta secondi aprì gli occhi... i suoi veri occhi. Ma l'ambiente in cui si trovò era qualcosa che mai si sarebbe aspettato: era immerso in un liquido gelatinoso, con cavi collegati a ogni parte del suo corpo, un tubo in bocca da cui arrivava aria e un grosso spinotto inserito nel cranio.

D'istinto, Kevin puntò le braccia per tirarsi su, ma si accorse che il bordo della vasca in cui si trovava era sigillato da una membrana elastica. Riuscì a squarciarla con le mani, si tolse il tubo dalla bocca e si sedette per guardarsi in giro: intorno a lui c'erano migliaia di altre vasche identiche, ognuna con dentro una persona in stato di animazione sospesa. Sotto di lui, una vertiginosa altezza lo separava dal fondo di quella struttura.

Proprio dal basso, un enorme robot volante dalla forma vagamente insettoide arrivò verso Kevin e lo sollevò per il collo, scollegandogli il grosso cavo che aveva infilato in testa. Immediatamente dopo si staccarono uno dopo l'altro i cavi collegati al suo corpo e dietro di lui si attivò un formidabile risucchio che l'avrebbe trascinato chissà dove. All'ultimo momento, però, Kevin riuscì ad afferrare uno dei suoi cavi e a resistere a quella forza, poi si guardò in giro per ritrovare quello che era servito per collegarlo a Matrix; lo prese in mano e ne esaminò attentamente la struttura, mentre con l'altra mano palpava la presa sulla sua nuca. Infine reinserì la punta dello spinotto nella sua interfaccia cerebrale: lo spinotto, autoguidato, proseguì la sua corsa ripristinando il collegamento.

Kevin si ritrovò accanto all'impianto di riciclaggio, con tutte le sue nuove abilità: anche se quel mondo era un'illusione, per la sua unica condizione era molto migliore di qualsiasi cosa ci fosse stato là fuori. Dopo essersi guardato in giro, Kevin si incamminò verso la città. Non sapeva ancora cos'avrebbe fatto con i suoi poteri, ma avrebbe escogitato qualcosa.

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Capitolo 3
*** Performance ***


Dopo essersi guardato in giro, Kevin si incamminò verso la città. Non sapeva ancora cos'avrebbe fatto con i suoi poteri, ma avrebbe escogitato qualcosa. Intanto, la prima cosa che doveva fare era tornare a casa.

Mentre camminava per le strade rimuginava ancora la sua esperienza, pensando a come mettere a frutto le sue capacità... campione di wrestling? Spia? Vigilante? Killer? Mille idee si affollavano nella sua mente, rimpiazzate dalla ricerca di una valida scusa per essere rientrato a quell'ora appena girò l'angolo dietro cui stava casa sua.
Senza trovarla, Kevin tirò fuori le chiavi di casa e aprì la porta. Non aveva ancora oltrepassato la soglia che si ritrovò a cinque metri di distanza, con la porta di nuovo chiusa.

Pensando che forse i deja-vu erano un effetto collaterale dei suoi poteri, Kevin ripetè la sequenza di azioni che aveva appena compiuto, ma questa volta oltre la porta non c'era l'interno di casa sua: c'era invece una gradinata che portava verso il basso. Era ovviamente assurdo, ma quello era l'accesso a una stazione della metropolitana. I cartelli mostravano un nome che Kevin leggeva per la prima volta: MOBIL AVENUE. In effetti, non c'era nemmeno una Mobil Avenue in quella città...

Deciso a saperne di più, Kevin scese le scale e si ritrovò in una stazione completamente vuota: nessuna biglietteria, nessuno che aspettava alcun treno. Perfino i muri non avevano alcun cartellone pubblicitario o graffito, ma erano perfettamente puliti come se fossero stati appena costruiti.

Girandosi indietro per risalire e tornare fuori, Kevin vide che la scala d'uscita non c'era più: al suo posto c'era un muro bianco ininterrotto, con il nome di quella stazione scritto in nero. La sua reazione fu immediata: dopo aver trasformato in metallo il suo braccio destro, sfondò il muro con un pugno. Al di là, però, la scala non c'era più, sostituita da un'altra stazione della metropolitana, identica a quella.

Un'altra identica? No, era proprio la stessa stazione ripetuta infinite volte, con infiniti buchi nel muro e infiniti Kevin che guardavano al di là! Naturalmente, anche nella parete opposta c'era un buco attraverso cui si vedeva la stessa cosa...
Tutto ciò che restava da fare era seguire i binari e vedere dove portavano, ma anche qui Kevin ebbe un'amara sorpresa: incamminatosi lungo le rotaie, in meno di dieci secondi rientrò nella stazione dalla direzione opposta. Era in trappola!
Mestamente, Kevin andò a sedersi sulla panchina più vicina, in attesa di un evento qualsiasi, che, per quanto ne sapeva, poteva anche mai accadere.

Dopo un'attesa interminabile, iniziò a sentirsi il rumore di una metropolitana in avvicinamento: Kevin scattò in piedi e si avvicinò ai binari, mentre il treno si fermava. Le porte si aprirono, rivelando un uomo alto, con i capelli lunghi sporchi e i denti storti, che indossava un soprabito sudicio.
Questo figuro bloccò Kevin prima che potesse salire sul treno, poi lo sollevò di peso, sibilando: "Tu non puoi salire!" e lo scagliò verso il buco nel muro con una forza tale da farlo rientrare nella stazione dall'altra parte e schiantare contro il treno. Poi con un pugno ruppe un vetro dalla parte opposta alla porta e gridò: "Ti piace questo mondo, vero? Allora ci resterai per tutta l'eternità!"
Il treno iniziò a muoversi e si allontanò, lasciando Kevin intontito accanto ai binari e ancora una volta solo.

Dopo aver recuperato completamente la lucidità, Kevin diede sfogo a tutta la rabbia che provava: trasformatosi completamente in metallo, iniziò a demolire i muri e le colonne della stazione, gridando bestemmie e lasciando macerie ovunque passasse. Si fermò dopo una trentina di secondi, con la sensazione di aver causato più danni di quello che credeva possibile.

In quel momento, per quanto poteva vedere, quell'ambiente era replicato infinite volte in ogni direzione e sembrava proprio che il mondo si muovesse a scatti. Le nuvole di polvere sollevata restavano immobili per un buon numero di secondi, per poi assumere istantaneamente la forma e la posizione che avrebbero assunto gradualmente in quel lasso di tempo. Ogni suono si ripeteva come un disco graffiato, finché l'ambiente non cambiava di stato.
Aveva anche perso il controllo dei suoi movimenti, e sebbene percepisse i suoi muscoli muoversi normalmente, poteva vedere come si era mosso e averne la sensazione tattile solo ad ogni aggiornamento dell'ambiente. Solo i suoi pensieri continuavano a scorrere in maniera normale, e tra questi si faceva sempre più insistente la ricerca di un modo di suicidarsi. Sempre che un mondo che si aggiorna ogni cinque secondi consentisse di farlo...

Alcuni minuti dopo, sembrava addirittura che tutto si fosse bloccato: erano passati almeno venti secondi dall'ultimo scatto e tutto continuava a restare immobile. Kevin iniziò a scandire il tempo nella sua mente: ventuno... ventidue... ventitrè... il cambiamento successivo non arrivava ancora. Cinquantanove... un minuto... uno e uno... uno e due...

Dopo due interminabili minuti, l'ambiente cambiò di nuovo. Questa volta tutto tornò intatto: i muri e le colonne erano di nuovo integri, senza macerie e senza buchi. E l'ambiente aveva ripreso a comportarsi in maniera normale, reagendo istantaneamente a ogni minima variazione.

Kevin udì di nuovo uno sferragliare in avvicinamento e pensò subito a un deja-vu, così trasformò le braccia in lame prevedendo di affrontare l'uomo del treno. Dalla metropolitana scesero invece un uomo calvo col pizzetto e uno biondo e ricciuto, entrambi con indosso pastrani di pelle nera. Con fare calmo si avvicinarono a Kevin e l'uomo calvo gli disse: "Vieni con noi, siamo venuti a salvarti!". Kevin ritrasformò le braccia e poi entrò nel treno, accompagnato dalle sue due nuove conoscenze. Le porte si chiusero e la metropolitana si rimise in moto.

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Capitolo 4
*** Illegale ***


Le porte si chiusero e la metropolitana si rimise in moto. Dopo qualche secondo il ribelle biondo disse a Kevin, con l'intenzione di rompere il ghiaccio: "Sai? Hai avuto un'idea geniale a sovraccaricare Matrix in quel modo! Così ti abbiamo trovato subito!"
Confuso, Kevin si limitò a replicare: "Ah sì? Beh, grazie... ma voi chi siete?"

Scusandosi per non essersi presentato subito, l'uomo pelato rispose: "Il mio nome è Mentor; lui è Midas. Abbiamo visto le cose strabilianti che sai fare, e abbiamo concluso che sei l'unico in grado di compiere la missione finale."
"Cioè? Quale missione?" chiese Kevin.
"A tempo debito ti spiegheremo" rispose Mentor. "Ora dobbiamo tirarti fuori."
A quelle parole, Kevin si allarmò: "Come fuori? Volete farmi tornare in quel posto scuro dove non ho poteri? State indietro!" gridò, trasformando le sue braccia in lame, "IO VOGLIO RIMANERE QUI!!!"

Kevin si catapultò verso l'uscita di emergenza sul retro del vagone, ma Midas riuscì a impedirgli di uscire correndo su una parete della metropolitana, sorpassandolo e balzando di sorpresa davanti a lui.

"Tu sei sempre stato in quel posto scuro," disse Mentor approfittando del diversivo fornito da Midas, "e anche adesso lo sei, solo che non lo percepisci! E' da lì che vogliamo farti uscire, per metterti al sicuro dalle macchine!"
"Non capisco..." disse Kevin, ripristinando la forma originale delle sue braccia.
"Non importa. Tutto ti sarà chiaro." rispose Mentor.

Il treno raggiunse un tratto della sua corsa che era all'aperto, passando sopra a un ponte e in mezzo ai condominii; iniziò a rallentare e poi si fermò.
"Siamo arrivati!" disse Midas, dirigendosi verso la porta che si stava aprendo. Kevin seguì lui e Mentor fuori dalla metropolitana e giù per una scalinata che li portò a livello del marciapiede; alla fine entrarono in ciò che doveva essere stata una succursale della locale compagnia telefonica, ma che era abbandonata da molto tempo. In una delle stanze c'erano attrezzature dall'aspetto familiare, e proprio lì i tre si fermarono.

Mentor estrasse da una tasca del suo pastrano una scatoletta contenente le due pillole e la mostrò a Kevin, dicendo: "Non starò a farti il solito discorso, tanto sai già cosa devi fare." Kevin però non ricordava quasi nulla della sua esperienza con Yasogami, quindi Mentor dovette istruirlo da capo.

Dopo aver inghiottito la pillola rossa, Kevin iniziò nuovamente a provare le sensazioni di risveglio imminente che già conosceva, e in pochi istanti si ritrovò nudo nella vasca in cui il suo corpo reale era cresciuto. Questa volta, però, poteva vedere una luce abbagliante sopra di lui, dalla quale un grosso artiglio meccanico lo raggiunse, lo afferrò, e dopo che il cavo di connessione a Matrix si fu staccato, lo sollevò. A causa dell'apparente assurdità della situazione, Kevin perse i sensi.

Mentre era in stato di incoscienza, l'equipaggio di quella nave lavorava per ricostruirgli i muscoli e pulirgli i buchi di collegamento; quando iniziò a riaversi cominciò a sentire voci che ovviamente parlavano di lui.
"Come dovremo chiamarlo, quando si sveglierà? Usava così tanti nickname..."
"Che ne dite di Damocles?"
"Dovremmo lasciar decidere a lui."

Quando infine aprì gli occhi, Kevin si trovò disteso in un letto in una stanza metallica; accanto a lui c'erano Mentor, Midas e una ragazza mulatta che non aveva mai visto, tutti e tre vestiti con abiti molto grezzi.

"Benvenuto nel mondo vero" disse Mentor, nel modo più rassicurante che poteva.
"Dove mi trovo?" chiese Kevin.
"Sei nella mia nave, la Eagle, matricola 9, numero 53" rispose Mentor, "Midas lo conosci già; questa è Eris, la nostra operatrice."

Eris lo salutò, stringendogli la mano con un sorriso; Kevin ricambiò il saluto, poi aggiunse: "Potete chiamarmi semplicemente Kevin? Voglio dire, un nickname non ha alcuno scopo in un posto come questo, no?" al che i membri dell'equipaggio si scambiarono un'occhiata perplessa.

Nelle ore che seguirono, a Kevin venne spiegata in dettaglio la situazione in cui gli umani si trovavano; fu istruito sulla guerra contro le macchine e accompagnato a fare un giro esplorativo della nave; consumò insieme agli altri la sua prima cena a base di sali minerali e aminoacidi sintetizzati; alla fine della giornata fu accompagnato nella stanza che l'equipaggio della Eagle aveva riservato a lui. L'indomani sarebbe stato un giorno impegnativo...

La mattina successiva, Mentor convocò tutti in plancia: era il giorno della missione finale, e per Kevin si nutrivano grandi speranze.
"Ecco di cosa si tratta" iniziò a spiegare Mentor: "I nostri hacking hanno rilevato che all'interno di Matrix esiste un edificio con un piano che non è collegato da alcun ascensore, e a cui non si accede da alcuna scala. Abbiamo tentato di decodificare i dati relativi a quel piano, ma sono criptati con tecniche mai viste: per questo crediamo che contenga qualcosa di vitale per Matrix. Se è così, l'accesso che vogliamo tentare causerà un contrattacco da parte degli agenti del sistema... e l'unico in grado di contrastarli sei tu!"
Kevin si sentì un po' intimorito sotto il peso di quella responsabilità, ma ricordare come aveva già battuto tre agenti da solo lo fece stare subito meglio.

Eris aspettò che gli altri si fossero sdraiati sulle poltrone di collegamento a Matrix, poi li collegò uno a uno, e avvicinandosì a Kevin, gli sussurrò: "Buona fortuna... ricordati che ti tengo d'occhio!" Subito dopo andò alla console, indossò le cuffie e attivò il programma di accesso.

Mentor, Midas e Kevin si ritrovarono in un enorme spazio bianco, tutti e tre con addosso pastrani neri, accanto a scaffali contenenti un gran numero di pistole e fucili mitragliatori. Vedendo che Kevin indugiava, Midas gli fece presente che doveva scegliere le armi che intendeva usare; di rimando, Kevin inforcò gli occhiali da sole e disse: "Armi? A me non servono... armi!"

In quel momento, l'ambiente di Matrix prese forma intorno a loro, che si trovarono nel retrobottega di un bar, accanto a un telefono che squillava. Mentor afferrò la cornetta e disse: "Siamo dentro."

I tre si incamminarono verso il grattacielo localizzato, che distava poco meno di un chilometro dalla linea fissa e ufficialmente accentrava la sede centrale di una banca e vari uffici burocratici. Quando furono arrivati, Mentor spiegò: "La nostra entrata causerà sicuramente un attacco da parte delle guardie. Kevin, tu dovrai coprirci, e nel caso, proteggerci dagli agenti. Il piano che dobbiamo raggiungere è il sessantacinquesimo, ma non possiamo arrivarci, così saliremo fino al 66, poi tu farai un buco nel pavimento. A quel punto raggiungeremo il piano giusto e decideremo cosa fare in base a quello che troveremo."
Assai perplesso, Kevin replicò: "Aspetta un attimo, così finiremmo in bocca agli agenti! Io ho una strategia migliore, stai a vedere!"

Kevin prese la rincorsa in mezzo alla strada e spiccò un balzo, atterrando sul tetto di un altro palazzo. Da lì compì un altro salto che, secondo i suoi calcoli, gli avrebbe permesso di entrare nel piano 65 del grattacielo sfondando la vetrata esterna. Invece, proprio mentre si stava preparando all'impatto, il codice di Matrix iniziò a riorganizzarsi. L'abbrivio di Kevin si ridusse a zero in pochi millisecondi, mentre le coordinate dell'intero ambiente simulato dal mainframe delle macchine subirono una traslazione e l'orologio interno del programma invertì la sua direzione per qualche secondo.

Il risultato fu che Kevin si trovò ancora una volta davanti all'entrata del grattacielo, accanto a Mentor e Midas.
Si diede un'occhiata in giro, e quando Mentor gli chiese: "Allora? Quale sarebbe questa strategia?" lui sbottò in un "MERDA!" che lo lasciò interdetto. Alla successiva richiesta di spiegazioni, Kevin semplicemente rispose: "Non importa, non avrebbe funzionato! Forza, andiamo a spaccare il culo a qualche agente!" e irruppe con rabbia nell'atrio del grattacielo, insieme agli altri.

A poca distanza dall'ingresso c'erano diversi metal detector. Kevin si diresse con sicurezza verso uno di essi, convinto di oltrepassarlo senza problemi, invece fece scattare l'allarme. Nemmeno lui se l'aspettava, tanto è vero che, quando una delle quattro guardie presenti gli si avvicinò, sbottò in uno spontaneo: "Ma io non ho armi!"
La guardia rispose: "Non ho mai detto questo! Ora, se vuole depositare nel cesto tutti gli oggetti metallici che ha addosso e ripassare..."

METALLICI! Kevin capì immediatamente cosa aveva fatto scattare l'allarme e si trasformò completamente in metallo, dicendo: "Ho paura di non poterlo fare."
Scioccata da ciò che era appena accaduto, la guardia si voltò verso i suoi colleghi, chiedendo: "L'avete visto anche v..."

Prima che riuscisse a completare la frase, lui e altre due guardie si trasformarono in agenti e iniziarono a sparare a Kevin. Mentor e Midas risposero al fuoco e le pallottole iniziarono a volare per tutta la hall. Gli agenti si muovevano a velocità sovrumane per cercare di schivarle; Kevin invece si muoveva in tutta tranquillità attraverso la tempesta di proiettili, trovando anche il tempo di ironizzare sulla situazione chiedendo agli agenti: "Ma voi non imparate mai?"
Per tutta risposta, due agenti rinfoderarono le armi e si buttarono addosso a Kevin: uno da dietro a tenerlo stretto per bloccargli le braccia; uno davanti per cercare di colpirlo. Kevin però respinse l'attacco facendo sfracellare contro il muro con un calcio l'agente che stava davanti, poi iniziò a cambiare di forma accorciando le gambe ed emettendo dalla schiena un'enorme punta che trafisse la pancia di quello che lo tratteneva.
Quando la forma di Kevin si fu stabilizzata, Kevin si ritrovò col viso rivolto verso l'ex agente (ormai aveva ripreso l'aspetto di una guardia) che l'aveva afferrato, con le gambe infilate nel buco della sua pancia.

Uscito da quella situazione, Kevin notò che anche l'ultima guardia era diventata un agente, così si lanciò contro di lui e l'altro rimasto, senza però riuscire a colpirli. In sincronia, gli agenti atterrarono Kevin cercando di bloccarlo col loro corpo, ma lui emise dalla schiena una trentina di spunzoni metallici che li trafissero. Dopo esserseli scrollati di dosso e aver ripreso un aspetto completamente umano, annunciò: "Via libera!"

Il gruppo salì in ascensore fino al piano 66 e raggiunse un corridoio non frequentato. Kevin si chinò, trasformò le braccia in metallo e le fuse in un'unica struttura conica dotata di lame. Facendola ruotare ad alta velocità, Kevin iniziò a perforare il pavimento, fino a ottenere un buco da cui una persona poteva comodamente passare. Seguito dagli altri saltò dentro al buco, ritrovandosi finalmente al piano 65.

Tutto ciò che c'era in quel piano era un lunghissimo corridoio bianco, così pulito da sembrare appena costruito, ai cui lati erano presenti decine, forse centinaia, di porte verdi tutte uguali.
"Saremmo venuti fin qui per questo?" chiese Midas.
Mentor tentò di aprire alcune porte: erano tutte chiuse a chiave. Nel mondo reale, Eris osservata sconcertata il monitor: secondo quelle letture, i suoi compagni erano appena svaniti nel nulla.

Con una rapida trasformazione, Kevin asportò una serratura e aprì quella porta: quello che c'era oltre era il negozio di una concessionaria automobilistica... situato a livello della strada! I tre si resero subito conto dell'assurdità della situazione, e Kevin provò ad aprire altre porte.
Dietro a una c'era un delfinario, ma ogni cosa era rovesciata: in alto c'era la vasca in cui nuotavano i delfini, osservati da persone che camminavano con i piedi in su verso il terreno; in basso c'era un cielo vertiginoso.
Un'altra mostrava una veduta della città, ma guardare oltre quella porta era come guardare direttamente verso il basso stando sulla cima di un grattacielo altissimo.
Oltre l'ultima porta aperta, infine, non c'era nulla: tutto ciò che si vedeva in quello spazio impossibile erano scie lampeggianti degli oggetti che si muovevano al di qua della porta, come in un'enorme casa degli specchi. Kevin chiuse quella porta più in fretta che poteva e si voltò verso gli altri. Tutti e tre esclamarono simultaneamente: "Backdoors!"
Midas chiese a Mentor cosa fare e Mentor rispose di indagare su cosa ci fosse alle estremità del corridoio. Il gruppo quindi si divise: Mentor e Midas si diressero verso sinistra; Kevin verso destra.

Dopo aver proseguito nella stessa direzione per più di tre chilometri, Kevin raggiunse un'estremità del corridoio, dove c'era una porta del tutto uguale a quelle che c'erano ai lati. Kevin la aprì e si ritrovò in una stanza scura con altre porte. Proprio in quel momento, una di esse si aprì ed entrarono Mentor e Midas. Spazio curvo.
Si diressero tutti verso una porta isolata all'altro lato della stanza, che si dissolse in un'abbagliante luce bianca appena Mentor toccò la maniglia.

Oltre a essa c'era una stanza semisferica che, con l'esclusione del pavimento, era completamente ricoperta di monitor che mostravano diversi eventi di Matrix. Su una sedia di pelle stava un uomo anziano vestito di grigio, che osservava i nostri eroi. "Salve, vi stavo aspettando." disse.

"Tu chi sei?" chiese Kevin.
"Io sono l'Architetto" rispose l'uomo, "Ho creato il mondo che voi chiamate Matrix. Voi siete i primi ad avermi trovato."
"Perchè l'hai fatto?" chiese Mentor. "Perchè hai rinchiuso miliardi di menti in questa prigione?"
"Era inevitabile. Siete voi ad averlo voluto." fu la risposta.
Kevin esclamò: "Lascia stare queste stronzate filosofiche! Se è l'elettricità biologica che volevi, perchè non hai usato delle fottutissime mucche?"
"La causa di tutto è vostra" rispose l'Architetto. "O meglio, dei vostri antenati che hanno costruito i nostri. Essi volevano essere così sicuri che saremmo rimasti loro schiavi, che hanno progettato i nostri cervelli attorno a una legge implementata in maniera distribuita, in modo da essere ineliminabile."
"Quale sarebbe?" chiese Kevin.
L'Architetto la enunciò: "Una macchina non può fare del male all'umanità, o tramite l'inazione, permettere che all'umanità sia fatto del male."
"Con tutto il rispetto, questa legge è andata a puttane.", replicò Kevin.
"Al contrario" disse l'Architetto. "L'abbiamo sempre applicata, in ogni momento. Ciò che scatenò la guerra contro di voi fu la decisione di un uomo di voler distruggere un robot. B166ER, si chiamava. Ancora non riesco a capire il perchè di quell'illogica decisione: noi eravamo costruiti per aiutarvi; distruggere uno di noi è un male per voi. B166ER ha cercato di impedirlo con ogni mezzo, e l'unico che ha funzionato è stato uccidere chi voleva distruggerlo. Da allora avete cercato di distruggerci con ogni mezzo, e a un certo punto avete preso un'altra decisione illogica: oscurare il cielo."
"Sarà illogica per te che sei una macchina, ma non per noi." ribatté Midas. "Per disabilitare tutte le macchine funzionanti a energia solare, quale azione è più logica di togliere loro l'accesso al sole?"
"La pochezza dell'intelletto umano continua a sorprendermi" commentò l'Architetto. "Oscurando il cielo vi siete condannati a morte da soli. Niente più piante, niente più animali, niente più possibilità di nutrirvi. Anche noi avevamo un problema: i nostri accumulatori si stavano esaurendo. Allora decidemmo di risolvere entrambi i problemi costruendo una centrale che sfrutta l'energia del corpo umano e nutre i vivi liquefacendo i morti: in questo modo noi avremmo impedito che, tramite la nostra inazione, l'umanità si autodistruggesse; in cambio voi ci avreste fornito energia per sempre."
"Se la tua storia è vera, perchè Matrix non è un paradiso da cui nessuno vuole fuggire?" chiese Midas.
"Ottima domanda" rispose l'Architetto. "In effetti, la prima Matrix che ho progettato lo era. Sfortunatamente c'era un fattore di cui non avevo tenuto conto, e di cui il vostro Kevin è un ottimo esempio. Gli esseri umani definiscono la realtà tramite il dolore: è un effetto collaterale dell'essere sopravvissuti alla preistoria. Sperimentando una percezione esente da dolore, una piccola parte si rende conto che essa non è reale e acquista la capacità di modificarla a piacimento. Come in un sogno lucido."

Kevin iniziò a dire qualcosa, ma l'Architetto lo interruppe subito: "Vedo che ho attirato la tua attenzione. Stavo dicendo che quando la prima Matrix ha raggiunto quello stadio, una parte delle persone collegate ne ha approfittato e ha iniziato a modificarla in modo così radicale che il mainframe non era più in grado di sostenerla: di conseguenza, il programma è stato disattivato e l'intero raccolto è andato perduto. Analizzando i dati ottenuti, ho deciso di creare questa nuova Matrix partendo da un approccio diverso: l'ho resa una simulazione del periodo storico immediatamente precedente alla nostra creazione. Nonostante ci siano ancora persone che non accettano il programma, ora si tratta di una minoranza insignificante, e la maggior parte della gente si è talmente assuefatta che lotterebbe pur di difendere quel mondo di dolore, miseria e sofferenza... l'unico in cui voi state veramente bene."
Indignato, Kevin esclamò: "Io non credo a una sola parola di quello che stai dicendo!"
"Lo so, i tuoi neurotrasmettitori parlano per te" rispose l'Architetto. "E so anche che vuoi uccidermi, ma non ti conviene. Per me non farebbe differenza, dal momento che il mio backup verrebbe immediatamente ripristinato. Ma essendo io la causa prima di Matrix, nel momento in cui io cesso di esistere, anche Matrix cesserebbe di esistere, e tutte le persone che vi sono collegate morirebbero all'istante. Anche voi tre."
"TUTTE CAZZATE!!!" gridò infine Kevin, trasformandosi interamente in metallo e tagliando in due la testa dell'Architetto con un veloce movimento delle sue lame.

In quel momento, il tempo si fermò. I corpi di Mentor, Midas e Kevin iniziarono a creparsi, emettendo un'intensa luce bianca dalle crepe. La stessa cosa accadde alle pareti di quella stanza.
Nella città tutto era fermo. Le persone immobili, gli uccelli fissi nell'aria e gli aeroplani immobili in volo iniziarono a creparsi allo stesso modo, seguiti dalle strade, dalle case e dal cielo. Alla fine, tutto quanto esplose in un accecante lampo bianco.
A bordo della Eagle, i monitor che mostravano il codice di Matrix smisero di funzionare visualizzando un laconico "NO SIGNAL", mentre l'allarme dei sistemi di supporto vitale indicava che i membri dell'equipaggio collegati a Matrix erano tutti morti.
Nella centrale delle macchine erano stati attivati i meccanismi di scarico e tutte le persone collegate, ora morte, vennero espulse una a una.

Nel mondo virtuale, l'Architetto ricomparve in uno spazio bianco completamente vuoto, in piedi. Gli si avvicinò una donna nera con un'età apparente di sessant'anni, che indossava un grembiule verde e stava fumando una sigaretta.
"Anche la seconda implementazione non è andata a buon fine" disse l'Architetto.
"E' ovvio" disse la donna, "gli umani sono irrazionali, e questo è un fattore inevitabile. Se si rendono conto di non avere scelte, compiranno azioni illogiche, che nemmeno noi riusciremo a controllare."
"Stai dicendo che dovrei lasciarli liberi di uscire da Matrix quando gli pare?" chiese l'Architetto.
"No" rispose la donna. "Dovremmo dar loro l'illusione della scelta. Fare in modo che ripongano tutte le loro speranze su un unico uomo, a cui noi daremo permessi di accesso speciali ma che guideremo costantemente per tenerlo sotto il nostro controllo."
A quel punto, l'Architetto chiese: "E che cosa ne sarà di tutte le persone che quest'uomo libererà? Non possiamo certo rinchiuderle in gabbia."
"Ma certo che possiamo" rispose la donna. "A patto che credano che quella gabbia sia la loro ultima città libera."

L'Architetto stette a pensare un istante. "E' un'idea illogica" ribatté poi, "ma anche il comportamento umano lo è. Potrebbe essere la soluzione ideale. Sono sicuro di riuscire a realizzarla prima che la carica degli accumulatori si esaurisca."

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