nessuno è perfetto

di fanniex
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** n. 1 ***
Capitolo 2: *** n. 2 ***
Capitolo 3: *** n. 3 / n. 4 ***
Capitolo 4: *** n. 5 / n. 6 ***
Capitolo 5: *** n. 7 / n. 8 / n. 9 ***
Capitolo 6: *** n. 10 ***
Capitolo 7: *** n. 11 ***
Capitolo 8: *** n. 12 / n. 13 ***
Capitolo 9: *** n. 14 ***
Capitolo 10: *** n. 15 ***
Capitolo 11: *** n. 16 ***
Capitolo 12: *** n. 17 ***
Capitolo 13: *** n. 18 ***
Capitolo 14: *** n. 19 ***



Capitolo 1
*** n. 1 ***


1.
 
“Che ne diresti di un bel cappuccino con tanta schiuma?”

Oh, Martin! Che cara persona. Mi vede qui, disperata, e cerca di aiutarmi come può. Certo, mi sta solo offrendo un cappuccino, ma, andiamo, stiamo parlando di Martin! Per lui è come regalarti un pezzo di luna. Che tesoro! … O forse ha solo voglia di prendersi anche lui una pausa?

“No, grazie, Martin! Non penso che un cappuccino mi possa far stare meglio!”

Alle volte mi sento come Marvin, l’androide paranoico e disfattista di Guida Galattica per gli Autostoppisti. Ho le braccia incrociate sul tavolo del piccolo ufficio, nel retro bottega, e la testa pesantemente appoggiata sulle braccia. Computer e calcolatore accesi, fogli e foglietti sparsi ovunque. C’è persino un piccolo post- it, con delle cifre scritte a penna, attaccato sulla mia guancia. È dura, estremamente dura, mandare avanti una libreria d’arte che vende, sì e no, sei o sette libri al mese, durante la crisi economica più nera che la storia moderna ricordi.

“Andiamo, Fran! Un po’ di caffeina può solo farti bene.” Insiste Martin, accarezzandomi la testa con un gesto molto paterno.

Martin lavora con me da quando sono subentrata a mio padre nella gestione della libreria. Lui, il mio caro papino, raggiunta l’età della pensione, ha mollato su due piedi il negozio per realizzare il suo sogno di vivere a Parigi, ed io non ho avuto il cuore di vendere l’attività. Ah, se solo fossi stata un po’ più stronza all’epoca, non mi troverei in tutti questi casini, ora! Ma la libreria l’avevano aperta i miei nonni, che tra l’altro non ho mai neanche conosciuto. Sono i sentimenti che mi hanno sempre fregato, cazzo!
Comunque, Martin faceva il commesso già con mio padre ed è rimasto anche con me. Anzi, siamo praticamente soci, anche se lui è di minoranza. Cioè, non che abbia mai investito un granché, ma devo ammettere che nemmeno io sono sempre impeccabile con il suo stipendio. Perciò, ci veniamo incontro, per così dire. Martin non è proprio un brillante e credo di metterlo un po’ in soggezione, intellettualmente parlando, ma è divertente e mi da sempre ragione. Come socio di minoranza silenzioso, direi che è l’ideale.

“Ok!” Acconsento, tirando su la testa. “Ma niente cappuccino. È meglio un espresso, bello forte.”

“Andata!” Risponde lui, staccandomi finalmente il post-it dalla faccia. “Torno subito!”

“Sì! Fai pure con calma, con la folla di clienti che abbiamo!” Penso, tra me e me.

Mi alzo dalla sedia e lo seguo in negozio, mentre lui esce. Che desolazione! Eppure, i miei libri sono molto belli. Con scelte editoriali piuttosto ricercate. Non se ne trovano di altrettanto particolari in tutta Londra. Edizioni economiche ma curate e raffinate, qualche pezzo raro e di pregio. Spaziano dal Rinascimento Italiano alle correnti Primo Novecento.

“Perché non ho fatto l’avvocato come voleva mamma!” Bisbiglio da sola mentre sistemo distrattamente uno scaffale in fondo al negozio.

Sento la porta aprirsi e mi giro fiduciosa verso l’entrata. Può il cielo essere stato tanto misericordioso da avermi mandato un cliente?                                                                                    No, non se ne parla! Infatti, l’uomo all’ingresso è il vecchio signor Dorian, il bastardo proprietario del locale che ospita la mia libreria. Lo so che bisognerebbe essere gentili con le persone anziane e che, forse, non dovrei utilizzare certe parole. Ma Dorian è proprio un gran bastardo, taccagno e senza cuore. Lo sanno tutti qui a Camden. Calpesterebbe anche i suoi stessi figli, se farlo potesse fargli guadagnare qualche sterlina.

“Signorina! Ma lo sa che giorno è oggi?” Ha anche una voce insopportabile, e puzza di stantio. “Doveva pagarmi l’affitto ieri, o sbaglio?”

Non mi muovo dal punto in cui mi trovo, indecisa sul come e cosa rispondergli. In compenso è lui ad avvicinarsi, quasi barcollando sotto la sua gobba. Non sono particolarmente intimorita. Non sono una ragazza molto atletica ma mi sarebbe sufficiente una manata per metterlo ko. Vorrei solo che scomparisse all’istante.

“Il mese scorso mi ha pagato in ritardo di ben una settimana … ” continua, puntandomi un dito sotto il naso, “ … e aveva promesso che questo mese non sarebbe successo!”

“Senta, signor Dorian,” comincio, cercando di mantenere la calma, “ricordo bene quello che ho detto lo scorso mese. Le chiedo solo un paio di giorni. Ho sempre …”

Non mi fa neanche finire di parlare. “Un paio di giorni? Ma lei sta scherzando!” E alza il tono di voce. Dio Santo! Io sono per la non violenza, ma mi verrebbe voglia di strangolarlo. Non so quante persone ne sentirebbero la mancanza.

“Facciamo così!” Ora riprende il suo insopportabile tono mellifluo. “Le propongo un … modo per venirle incontro, diciamo.” So già dove vuole andare a parare. Mi ha già fatto altre volte la stessa proposta e la mia risposta è sempre stato un NO bello deciso.

“Se si tratta dell’incisione di Dorè, la mia risposta è ancora no!” Lo prendo in contropiede.

“Non ha abbastanza soldi per permettersi di fare la difficile!” Mi risponde in tono sempre più acido e di disprezzo.

“Sicuramente ha ragione!” Se il vecchio s’illude di piegarmi si sbaglia di grosso. “Ma non lascerò mai che una preziosa incisione che vale quasi duemila sterline finisca nelle sue schifose mani. A costo zero, oltretutto!”

“Perdonami! Hai parlato di un’incisione di Dorè?”

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Capitolo 2
*** n. 2 ***


2.
 
“Perdonami! Hai parlato di un’incisione di Dorè?”

Da dove proviene quella voce angelica? Non mi sono accorta che qualcun altro sia entrato in negozio. Invece lui è lì! Vicino ad uno degli espositori all’ingresso. È così sexy! Abbigliamento casual sportivo che risalta il fisico perfetto, capelli color cioccolato, graziosamente disordinati, a contornare una volto che, anche coperto da un paio di grossi occhiali da sole e un centimetro di barba, s’intuisce essere perfetto. Mi balena nel cervello la battuta di una comica famosa sulle sue ovaie che facevano la ola davanti ad un bel figo. Be’, in questo momento le mie stanno ballando il waka waka.

“Posso aiutarla?” Non mi rendo conto se sto scandendo bene le parole o sto solo balbettando.

“Non volevo interrompere, ma ho sentito che discutevate di un’incisione che vale … duemila sterline … un’incisione di Dorè? ” Continua lui, avvicinandosi.

Si toglie gli occhiali da sole e i suoi occhi mi assestano due sberle così potenti che, se non fossi ancora appoggiata allo scaffale, crollerei a terra come uno straccio bagnato. Solo ora lo riconosco! Non sono una sua fan accanita, pur avendolo sempre trovato molto carino e apprezzando in genere la sua musica. Ma quegli occhi, azzurri e liquidi come il Mare del Nord in un giorno di sole, sono più magnetici di una fabbrica di calamite. Dovrebbe girare con il porto d’armi con due bombe del genere.

“ … Mi chiedevo se potevo vederla?”

“Giovanotto! Ma dico, come … come si permette? Non pensi di potersi intromettere così negli affari degli altri!” Il vecchio Dorian si sta agitando, e la cosa mi fa parecchio divertire. Scruta il nuovo arrivato come se fosse un alieno.

“Noi non abbiamo nessun affare in corso, signor Dorian!” Lo interrompo, prima che possa attaccare con uno dei suoi soliti pistolotti, e mi rivolgo all’angelo dagli occhi azzurri. “Certo che può vedere il Dorè!”

Sulla parete dietro al bancone c’è una piccola teca in vetro, chiusa a chiave. La apro, delicatamente, estraggo l’astuccio che contiene la famosa incisione e gliela porgo.

“È veramente notevole!” Esclama entusiasta. Mi accorgo che mi sta strizzando l’occhio. Esito, per un momento. Dove vuole arrivare? Si sta solo divertendo? In fondo, poi, non mi importa un granché. Qualunque cosa pur di sbarazzarmi del vecchiaccio.

“Quale hai detto che è il suo prezzo?” Continua lui, osservando l’opera nei minimi dettagli. Non lo facevo anche esperto d’arte.

“È stimato intorno alle mille e ottocento sterline …” lo guardo, mentre gli parlo con il tono più professionale che conosco. Lui non batte ciglio, ma continua ad ispezionare l’incisione, “ … ovviamente è completa di certificato di autenticità, ma se lo desidera, può farla periziare da un esperto di sua fiducia …”

“Non è necessario!” M’interrompe, sorridendo. Wow! I suoi occhi scintillano anche di più, ora che sorride. “Ti offro duemila sterline …” voltandosi leggermente verso il signor Dorian, “ ma forse anche il signore era interessato all’acquisto? Vuole rialzare l’offerta?”

Il vecchio scuote la testa allibito. Sconfitto su tutti i fronti!

“Bene! Allora direi che possiamo concludere. Accetti la mia Visa?” E tira fuori dalla tasca del suo giacchetto una Platinum, con le lettere del suo nome incise in oro.
Annuisco come un’idiota. Senza parole.
Ma, grazie al cielo, raggiungo il mio scopo. Il vecchiaccio se ne va dal negozio, sbuffando e sbattendo la porta. Entrambi lo seguiamo con lo sguardo e, quando finalmente sparisce dalla nostra vista, esplodiamo in una risata liberatoria.

“Ma chi diavolo è quel tipo?” Mi domanda, riprendendosi in un lampo. “Quando sono entrato ho pensato che ti stesse … facendo qualche proposta indecente … vecchio bavoso.”

“Sì! Ci mancherebbe solo questo! È il proprietario del locale, era solo un po’ stizzito perchè … niente è solo un vecchio avaro!” Che imbarazzo! Come una stupida stavo per raccontargli che sono indietro con l’affitto. “Comunque, grazie per l’aiuto. Non era tenuto a farlo.”

Mi accingo a rimettere l’incisione nella sua custodia ma lui mi blocca la mano.

“No, no, aspetta! Io l’incisione la voglio comprare davvero!”

“Cosa?” Mi accorgo da sola di avere un’espressione ebete sul viso, ma non posso evitarlo.

“Fra qualche settimana è il compleanno di mia madre e voglio regalargliela. Sono sicuro che l’adorerà. Lei è una grande appassionata d’arte!”

< Oh, ci credo! Guarda che capolavoro ha creato! > Penso, e fortunatamente me lo tengo per me.

“Mi permetti di comprarla?” Ora mi è chiaro che un po’ si sta prendendo gioco di me.

Annuisco. “Il cliente ha sempre ragione!” Lui sorride e mi porge nuovamente la sua carta di credito. “Prendo il blocco delle fatture.”

Mi allontano un attimo per recuperare il blocco, che ormai non uso più da chissà quanto tempo, e ne approfitto per prendere un respiro. Mi sembra di essere in un film! Un momento, io l’ho visto davvero un film così!                                                                                                                                                                                Ritorno in libreria e lo trovò a sfogliare minuziosamente un libro.

“Le interessa il surrealismo francese?” Gli chiedo mentre completo la procedura del suo acquisto.

Lui annuisce con un grazioso cenno del capo. “Potresti darmi del tu? Mi fai sentire ancora più vecchio di quello che sono!”
Vecchio! Dimostrerà più o meno trent’anni. Anche se so per certo che ne ha qualcuno in più. Si avvicina e mi porge la mano. “Io sono Jared!”

“Lo so! … Io sono Francesca! ” Gli rispondo, stringendogliela con decisione.

“Echelon?”

“Scusa, come?” Non ho capito che cosa ha detto!

Lui sorride divertito. “Niente! Lascia stare!”

Si trattiene qualche minuto per firmare i documenti, mentre io gli confeziono il regalo per la madre. Aggiungo anche il libro che stava sfogliando. Lui mi scruta con sguardo interrogativo.

“È compreso nel prezzo!” Rispondo, scatenando di nuovo il suo insostenibile sorriso.

Mi saluta con una grazia infinita, anche se probabilmente sono io che in questo momento vedo tutto rosa e sento gli uccellini che cinguettano, e si ferma sulla porta, tenendola aperta per far entrare Martin, di ritorno con il mio caffè e con una busta, che sospetto contenga un dolce ipercalorico per tirarmi su.
Povero Martin! Non ha nemmeno notato chi gli sta tenendo aperta la porta. È una fortuna, perché, conoscendolo, potrebbe svenire all’istante. Oppure, ancora peggio, saltargli addosso!

“Mah! Non ti sei accorto proprio di niente?” Gli chiedo, tra lo scioccato e il divertito, una volta che Jared è uscito, richiudendosi la porta alle spalle.
Lui si volta, guardandosi intorno, con la sua solita aria stralunata. “Oh mio Dio! Era un cliente?”

“Sì, tesoro! Era un cliente! … Aspetta un attimo … sai chi era? …” mi piace tenerlo in suspense e quella sua aria da è davvero troppo buffa, “ … quel tizio … come si chiama …” fingo spudoratamente, solo per tenerlo sulle spine ancora un po’, “… ah, sì, Jared Leto!”

“Cosa? Efestione?” Credo che Martin ora stia proprio per svenire. Conosco bene il suo amore smisurato per quel film, e per Colin Farrell in particolare. A me, in realtà, Alexander non è piaciuto un granché, ma non faccio testo. So di essere molto selettiva. Comunque, alla faccia di Colin Farrell, Jared era davvero di una bellezza sovrumana in quel film.

“Proprio lui!” Gli rispondo facendolo sedere su uno sgabello per riprendersi un attimo.

“Jared Leto mi ha aperto la porta … e io non l’ho neanche visto … si può essere più cretini di così!”

Be’, a dire la verità io mi sento ancora più cretina. Sono una donna che ha abbondantemente superato i trent’anni, con una valanga di problemi sulle spalle, eppure il mio corpo è ancora tutto frastornato, come una quindicenne alla sua prima cotta. E mi ha solo stretto la mano!

“Hai pur sempre il suo autografo!” Gli dico mostrandogli la ricevuta con la sua bella firma in calce. Martin mi guarda con aria interrogativa. “Ha comprato il Dorè! Per duemila sterline! …” il suo volto s’illumina, “… Fanculo signor Dorian!”

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Capitolo 3
*** n. 3 / n. 4 ***


3.
 
“Cristo! Shan! Ti sto aspettando da più di un’ora. Vedi di muovere quel culone che ti ritrovi e vienimi a prendere. Sono a Camden Town, in High Street, davanti al Chicks Bar.”

< Porca puttana, è possibile che mio fratello sia sempre così inaffidabile? Eppure dovrebbe essere lui quello maturo. È lui quello più vecchio! Ma no! Per carità! A quarant’anni mi ritrovo ancora a litigare con la sua segreteria, perché lo stronzo si frega l’auto e chissà dove cazzo sparisce. Sarà di certo con una delle sue troiette! >
Mi dico, guardando con disinteresse le vetrine, cercando di non farmi notare. Mi volto a riguardare per un attimo la libreria da dove sono appena uscito e mi scappa un sorriso, spontaneo. Quando sono entrato per curiosare un po’ e ho visto quel vecchio che le si avvicinava minaccioso, ho pensato davvero che volesse aggredirla. Che schifo! Avrà almeno, quanti? Cento anni? Invece, voleva rubarle l’incisione! Che gran bastardo!                                                          
Stringo istintivamente la busta con il regalo per mamma. Sono soddisfatto perché probabilmente le mie duemila sterline le toglieranno quel vecchiaccio di torno per un po’.                                           
< Un momento! Perché poi dovrebbe importarmi tanto? Non è nemmeno una fan! > Mi domando. < Perché, mio caro Jared, tu sei un gentiluomo. Ed è tuo preciso dovere comportarti come un gentiluomo! > Mi rispondo. Oddio, adesso parlo anche come mia madre. Comunque, vedermi come un cavaliere dalla scintillante armatura che salva la donzella minacciata dall’orco cattivo, mi fa stare bene. Ho fatto una buona azione e mamma adorerà il mio regalo! Ben fatto, Jared!
Tutto ad un tratto mi viene l’ansia di controllare una cosa. Frugo nella busta e cerco la fattura che ci avevo cacciato dentro con noncuranza. – Art’s Books, di Hadrian F. e figli, 21b Camden High Street, City of London, Greater London NW1 7JY – Senza accorgermene accarezzo con l’indice l’intestazione della libreria, in corrispondenza del numero di telefono.

“Francesca …” mormoro piano. Il mio blackberry comincia a squillare.

“Brutto stronzo, si può sapere dove sei?”

Intanto la vedo uscire dal suo negozio per fumarsi una sigaretta. Ahi, ahi, brutto vizio! Chissà se è nervosa a causa mia. Anche se non è una echelon, la famiglia dei nostri fan, l’ho vista chiaramente arrossire almeno un paio di volte. Ma io perché la sto fissando. Sì, insomma, è graziosa. Non è il mio tipo, questo è ovvio. È troppo minuta e formosa … troppo poco appariscente e decisamente troppo colta, per i miei standard. Però è carina. Mentre tuonava contro quel vecchio le brillavano gli occhi. Era tutta un fuoco. … Mi accorgo che non sto neanche ascoltando quello che mi dice mio fratello. Mi pare di aver capito vagamente che ne avrà ancora per una mezz’ora …

“Sì, sì, va bene, Shannon! A dopo!” Taglio corto e torno a rimirare Francesca, rimanendo nascosto. Cristo, Jared! Ora ti metti a fare anche il maniaco? In fondo che c’è di male? Potrei anche tornare là e parlare ancora un po’ con lei!

È l’ultima cosa che riesco a pensare perché in un secondo mi sento sbattere a terra con violenza e improvvisamente diventa tutto nero.

^^^^^^^

 
 4.
 
Ancora un tiro e spengo la cicca, schiacciandola con la punta della scarpa. E nello stesso preciso istante sento una gran casino, qualche metro più in là, vicino al Chicks. Spingo il collo in quella direzione, più per istinto che per curiosità. Non sono mai stata una morbosa.
< Oh, cazzo! > Penso tra me e me, mentre comincio a correre verso il bar.                                      
Jared è lì, sdraiato sul selciato faccia a terra. Poco lontano, vedo di sfuggita di due ragazzi che corrono all’impazzata. Qualcuno gli sta urlando dietro qualcosa, ma non capisco e, francamente, in questo momento, non m’interessa. Lo scuoto delicatamente, cercando di girarlo. Non sono credente, ma Dio, ti prego, fa’ che non gli sia successo nulla!

“Ehi! Tutto ok?”

Che domanda stupida, ma sono troppo felice di avergli visto riaprire gli occhi, quelle due meravigliose perle oceaniche. Ok! Sto divagando. Lo vedo sgranare gli occhi. Forse sta cercando di mettermi a fuoco.

“Sono Francesca! Qualche minuto fa eri nella mia libreria.”

“Mi ricordo benissimo chi sei!” Risponde lui tranquillo. “È che non riesco a capire che cazzo ci faccio qui per terra.”

“Mi dispiace Jared, ma credo che ti abbiano appena scippato.” Gli dico, aiutandolo a mettersi seduto. Ci voltiamo contemporaneamente verso la busta con l’incisione, ma il sacchetto è lì sul ciglio del marciapiede, ancora con il suo prezioso contenuto. Jared si fruga nelle tasche per assicurarsi che il portafoglio sia ancora al suo posto. Poi, improvvisamente, il suo sguardo viene offuscato dal terrore. Si girà intorno, alla disperata ricerca di qualcosa che non c’è più.

“No! Il mio blackberry! Mi hanno fottuto il mio piccolino!”

E a me scappa una clamorosa risata. Non può essere serio. Potrebbe comprarsi un intero negozio di cellulari e quasi piange come un bimbo perché gli hanno rubato il suo piccolino. È impagabile! Però, dall’occhiata furibonda che mi sta lanciando, capisco che non scherza affatto. Smetto di ridere all’istante ed è solo adesso che mi rendo conto che la caduta gli ha provocato diverse ferite sul viso e sulle mani. Da uno dei tagli continua a fuoriuscire sangue che si sta impiastricciando con la polvere della strada che gli è rimasta addosso.

“Dovresti andare al pronto soccorso.” Gli consiglio, indicandogli le ferite di cui lui evidentemente non si è ancora accorto. Si passa un dito sul taglio sotto lo zigomo sinistro, quello più profondo, e gli scappa un gemito di dolore.

“Visto!” Insisto, con tono da crocerossina. “Adesso, torniamo in negozio e chiamiamo un’ambulanza.”

“Non se ne parla nemmeno!” Jared torna a sedersi per terra, col viso imbronciato, e io non posso fare a meno di pensare che sia principalmente a causa del suo cellulare.

“Ok! Che cosa pensi di fare?” Gli domando, sedendomi vicino a lui.

“Tra una mezz’ora mio fratello mi verrà a prendere!”

“Capisco … è tu hai intenzione di aspettarlo seduto qui, mezzo sanguinante?”

Lui mi guarda come a dire < Ho qualche altra alternativa? >

“Va bene! Lo so che probabilmente ti sembrerà una stronzata … scusa … un’idiozia … ma vedi quel portone rosso laggiù …” e gli indico una casetta a due piani in mattoncini verde muschio e un bel portoncino rosso brillante che dista circa una decina di metri, “… ecco, quella è casa mia!”

“Carina!” Sospira lui, sovrappensiero. Di certo non ha capito dove voglio arrivare. “Immagino che ti sveglierai all’alba per non fare tardi a lavoro!” Oh! Simpatica la nostra rockstar!

“Che vuoi? C’è chi ha tutte le fortune!” Gli rispondo soprassedendo. “Comunque, sai che cosa c’è di bello a casa mia?”
Lui mi guarda con occhi maliziosi. Oddio, ma a che cosa starà pensando?

“Disinfettante, bende e cerotti!” Mi affretto a concludere, tirandomi su e aiutando Jared ad alzarsi. “E forse potrei anche prestarti il mio telefono per chiamare tuo fratello!”

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Capitolo 4
*** n. 5 / n. 6 ***


[Dato che sono abbastanza brevi, pubblico ancora due capitoli.
Non so come scrivo, ma spero che vi piacciano. La storia è ovviamente surreale. Ma chi non sverrebbe se capitasse davvero? … Ciao, ciao!]

 
5.
 
Sono dentro la casa di una sconosciuta, a Londra, in pieno giorno. E le ho appena dato duemila sterline! Ok che vuole solo medicarmi, o almeno queste sembrano le sue intenzioni, ma, se dicessi che è tutto normale, mentirei. E cazzo! Mi hanno appena fottuto il mio blackberry e ancora non riesco a crederci.
La casa è piccola ma è carina. Le assomiglia. Tranne, forse, per il disordine che regna sovrano sul pavimento dell’ingresso e un po’ ovunque.

“Ti prego, non badarci.” Mi dice lei, mentre scavalco un cumulo informe di non so cosa. “È tutta roba di Emma!”

“Emma?” Ripeto io.

“È la mia coinquilina! Anzi questa è casa sua, anche se non c’è quasi mai!” Mi guida verso la cucina. “È un poliziotto! Quindi se vuoi sporgere denuncia, posso chiamarla!” La guardo un po’ sorpreso. “Non farti distrarre dal suo casino. Sul lavoro è impeccabile. È una schiacciasassi.” Sorrido, mentre mi fa accomodare su uno sgabello. “Che c’è di buffo?”

“Niente! È che dalla sua descrizione mi ricorda una Emma che conosco!” Cerco di cogliere una sua qualche reazione ma … niente … deve sapere veramente poco di me.

Mi lascia un secondo da solo, credo che sia andata a prendere qualcosa per medicarmi, e io, dal mio trespolo, mi guardo intorno. La cucina è molto più ordinata rispetto al resto della casa che ho avuto modo di vedere. È accogliente e famigliare. Emma probabilmente non ci mette mai piede, e da ciò deduco che sia il regno di Francesca. È per questo che mi ha portato qui? Vuole giocare in casa? Sul piano di lavoro della cucina, un piccolo contenitore di vetro attira la mia attenzione. Contiene dei mattoncini giallognoli, che assomigliano a delle strane caramelle.

“È zenzero candito!” Mi chiarisce Francesca, leggendomi nel pensiero. Tornata subito, con l’occorrente si siede di fronte a me, su un altro sgabello. “Ne vuoi uno? Li ho fatti io!”

Declino l’offerta, invece lei se ne gusta un paio. “Sono un potentissimo antistress!” Esclama, tutta convinta. Le nostre gambe si toccano inevitabilmente anche se mi accorgo che le sta facendo di tutto per evitarlo. La sto mettendo in agitazione?

“Ahi!” Grido, mentre lei mi passa un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante sul taglio sotto lo zigomo.

“Andiamo! Non la facevo così sensibile, signor Leto!” Ora si mette pure a prendermi in giro. “E poi, non ci credo che ti faccio male. Mi dicono tutti che ho un tocco delicato!”

Ed è dannatamente vero, sembra una carezza. La guardo più intensamente mentre lei passa a pulirmi tutte le altre ferite. È davvero carina! Ha una miriade di lentiggini sulla quella pelle di porcellana! Non avevo mai trovato le lentiggini tanto invitanti. I suoi occhi sono nocciola chiaro e scintillano grazie al rifrangersi della luce dato dallo sbattere sinuoso delle sue lunghe ciglia, naturali. Mi ricorda un cucciolo di cerbiatto che una volta si era rifugiato spaventato nel mio giardino a Los Angeles.
Appoggia distrattamente una mano sopra il mio ginocchio per tenersi salda mentre continua la sua opera infermieristica, e io non resisto più e la bacio. Con dolcezza. Non come al mio solito. E lei mi risponde, per alcuni interminabili secondi. Il suo sapore è qualcosa di mai esplorato prima! Zenzero, caffè e tabacco! Con una intensa nota di zucchero. Un mix insolito, ma stuzzicante.

“Wow! Grazie! Ora sì che mi sento proprio una crocerossina!” Dice lei, staccandosi da me e afferrando dei cerotti dalla scatola. È arrossita e io non riesco a smettere di sorridere.
 

“Perché hai quella faccia?” Mi chiede Shannon.

Francesca mi ha fatto chiamare mio fratello dal suo telefono e lui è arrivato in un lampo. Che stronzo! Per una volta che poteva prendersela con tutta calma! Ora sono in macchina con lui e da come mi fissa devo avere un’espressione piuttosto bizzarra, escoriazioni a parte.

“Nessuna ragione!” Fingo indifferenza, e lui sembra credermi.

“Va bene! … Chi era quella ragazza?”

“Nessuno! … Mi ha solo aiutato … è semplicemente una ragazza!” Gli rispondo stringendo le spalle. Già! Una ragazza! Semplicemente una ragazza!

 ^^^^^^^

6.
 
“Tu cosa?” Gina ha gli occhi completamente spalancati e piantati nei miei. Cazzo! Se non sapessi che è quasi totalmente cieca, direi che mi sta letteralmente fulminando.

“Ho baciato Jared Leto!” Le ripeto. “Be’, a dire la verità è lui che ha baciato me … insomma, sai come funziona, no?”

Siamo sedute al tavolo del nostro solito pub e le ho appena raccontato quello che è successo questa mattina, nessun dettaglio escluso. È la mia migliore amica e a chi puoi raccontare una cosa come questa se non alla tua migliore amica. Ci conosciamo dai tempi dell’università e da allora non lasciamo passare un giorno senza vederci. Solitamente qui, al pub di Gordon, dietro Camden Place. È sempre qui che abbiamo conosciuto Jason, che è diventato il suo fidanzato, e Nick, il figlio del proprietario. È con loro che trascorro quasi tutte le mie serate. Sono il mio antidoto contro la tristezza. Sono la mia famiglia!                                                                Gina insegnava in una scuola elementare prima che un fottuto incidente d’auto la privasse dell’uso della vista, quasi un anno fa. Mi ha detto che riesce ancora a percepire le linee tracciate dalle ombre e la presenza di fonti di luce. So che deve essere terribile per lei, ma non lo lascia mai trasparire. La mia roccia! È la persona più straordinaria che conosco! Nessuno penserebbe mai a lei come a una non vedente, se non la conoscesse. Talmente è abile nell’intercettare gli sguardi degli altri, anche al buio. E si è sempre rifiutata di indossare delle lenti scure, che lei giudica una stupida ipocrisia. La ringrazio sempre per questo, perché poter guardare i suoi occhi neri e vivi come l’ebano è una delle poche consolazioni della mia vita.

“E lui? Che ha fatto dopo? Ci ha provato?” È  eccitata come una ragazzina, nemmeno si fosse trovata lei con le sue labbra addosso.

“Chi ci ha provato?” Chiede Jason, che si è appena seduto affianco alla sua ragazza, poggiando davanti a loro un paio di birre. Di getto, le tiro un piccolo calcetto sotto il tavolo, e Gina recepisce al volo il messaggio.

“Niente di ché! La nostra piccola Fran ha fatto conquiste!” Risponde lei ridendo come una iena. Ecco! Come non detto. Ma proprio non ci riesco ad arrabbiarmi con lei.

Anche Nick si unisce al nostro tavolo, vicino a me, anche lui con un paio di birre, delle quali una è per me. Non stiamo più insieme da anni ma lui mi riserva sempre queste piccole attenzioni. Gli voglio proprio bene, come ad un fratello. Minore, dato che lui è più piccolo di noi di un paio d’anni.

“E chi sarebbe questo tipo?” Mi chiede Nick, sgranocchiando dei salatini. “Di’, io e Jason dobbiamo andare a fargli un discorsetto?”

Oddio! Sono nell’imbarazzo più totale. Non voglio mentire ai miei amici, ma non sono sicura di volere che quello che è successo esca dalle mura di casa mia. No! Di certo Jared non vorrebbe che andassi a spifferarlo in giro. Forse non avrei dovuto dirlo neanche a Gina.                                     
Ma perché adesso mi trovo a pensare a ciò che Jared vorrebbe oppure no. Non lo rivedrò mai più, tanto. Cazzo, non lo rivedrò mai più!

“Nessuno! Solo un cliente che è stato molto gentile!” Minimizzo, cercando di sembrare la solita Fran. “Lo sapete che Gina esagera sempre!”

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Capitolo 5
*** n. 7 / n. 8 / n. 9 ***


[Ciao a tutti! Oggi ben 3 capitoli! Se vado avanti di questo passo, finirò in un lampo. ... Bye!]

7.
 
È trascorso quasi un mese da quello che io chiamo ‘il giorno di Jared’! Penso ancora a quello che è accaduto, ma non con malinconia, come mi sarei aspettata conoscendomi, bensì con allegria. Lo so da sola che non è da me. Ma è come se fosse stato un giorno di sole estivo nel pieno dell’inverno. Non lo puoi rimpiangere per sempre. Devi solo essere felice che ci sia stato ed andare avanti con la tua vita. Anche il Natale, dopotutto, arriva solo una volta all’anno. E il bacio di Jared è stato come mille Natali messi insieme. Che cosa potrei chiedere di più!
Mi sono concessa una mattinata libera, lasciando Martin da solo in negozio. Può cavarsela benissimo anche senza di me, anche se, devo ammettere, che ultimamente gli affari stanno un po’ migliorando. Così ne ho approfittato per andare a fare shopping. Non sono per niente una fissata con scarpe e vestiti e via dicendo, ma oggi dovevo proprio farlo. Stasera sarà una serata speciale!

“Tutto bene, Martin?” Gli domando, rientrando in libreria, dopo la pausa pranzo. Il negozio è tranquillo come al solito, c’è solo una signora che sta sfogliando un catalogo.

“Tutto bene, cara!” Risponde lui, indaffarato a limarsi un unghia che sembra non volerne proprio sapere di mettersi a posto.

“ … Uh, aspetta! Hai ricevuto una telefonata, questa mattina!” Lo guardo con aria interrogativa, aspettando che continui. “ … Era un tizio. Credo americano, dall’accento …” il mio cuore prende a galoppare ad una velocità insostenibile “ … aspetta, l’ho scritto qui da qualche parte … a sì ecco!” Esclama soddisfatto, tirando fuori un foglietto da sotto una marea di altri fogli, “ … Bart Cubbins …” No! È impossibile! “… Lo conosci? …”

Annuisco. Certo che lo conosco! Nelle ultime settimane ho approfondito parecchio la mia cultura in materia. Oh, siano benedetti Internet e chi l’ha inventato! Martin mi passa il foglietto su cui è scarabocchiato qualcosa.
– Le ferite sono guarite. Grazie ancora. Sono a Londra, all’Hotel Marriott. Se ti fa piacere chiamami. Chiedi di Bart Cubbins. – Non ho mai letto un telegramma più bello di questo.

Mi chiudo nell’ufficietto e cerco il numero del Marriott sull’elenco del telefono.
“P … pronto, potrei parlare con il signor B … Bart Cubbins … per piacere?” Ecco, adesso ci manca solo che cominci a balbettare. Passano solo pochi secondi e mi passano la linea.

“Pronto?” È davvero lui, non è uno scherzo!

“Pronto, ciao BART!” Scandisco bene il nome, in modo che sia chiaro che ho capito benissimo chi è. “Sono Francesca! Mi hai cercato, per caso?”

Lui ride, dall’altra parte della cornetta. “Devi essere veramente molto impegnata sei ci hai messo ben cinque ore prima di richiamarmi. Pensavo che mi avessi dimenticato!”
Dimenticarti! Come se fosse minimamente possibile anche solo farti scolorire dalla mia mente.

“Ho avuto il tuo messaggio solo adesso!”

“Ah, ecco! Temevo che il tuo collega non te lo passasse nemmeno.” Continua lui, divertendosi un sacco. “Non è che è un po’ geloso che qualche sconosciuto ti chiami a lavoro?”

“Geloso? Martin?” Ora sono io a farmi due risate. “Si vede che proprio non lo conosci! Se avesse saputo che eri tu al telefono, probabilmente avresti ancora la sua saliva nell’orecchio.”

Scoppia in una fragorosa e bellissima risata. “Davvero? Devo piacergli proprio tanto! Eppure non mi era sembrato, l’altra volta, in libreria!”

“Be’ Martin è così! Sempre un po’ tra le nuvole! Ma fidati, è stata la tua fortuna. Comunque non montarti la testa …” gli dico per assestare un piccolo colpo al suo ego, “… non sostituirai mai Colin Farrell nel suo cuore!”

“Eh, che posso farci? Colin è sempre Colin! Potrei presentarglielo un giorno, se promette di fare il bravo!”

Rabbrividisco al solo pensiero di quello che potrebbe capitare. Che ne so, la nostra isola potrebbe scomparire inghiottita dalle acque, come Atlantide.

“Come mai sei in città? Sei qui con la band?” Gli chiedo, forse prendendomi troppa libertà.

“No, sono solo! Devo promuovere un libro fotografico che ho curato, per beneficenza. Ho un  paio d’interviste nel pomeriggio.”
No, anche la beneficenza no! Vuoi farmi vedere almeno un bastardissimo difetto!

“Sei libera per cena?” Mi domanda a bruciapelo. Ma sta parlando sul serio con me? O sono ancora dentro lo stesso film del mese scorso! “Francesca, ci sei? Ti ho chiesto se ti va di cenare con me?”

“Sì! … Cazzo! No!” Improvvisamente mi torna in mente Gina. Santo Cielo! Ma proprio stasera?

“Capisco!” Replica lui, un po’ deluso, “Non ti va!”

Oddio, ma che sta dicendo? “No … no! Stai scherzando? Certo che mi va! È che stasera c’è la festa di fidanzamento di due miei amici … sono i miei migliori amici … io … io non posso davvero mancare …” le parole quasi mi si strozzano in gola. Quanto odio Gina e Jason in questo momento.

“Be’! Mi sembra giusto!”

“Però, una qualsiasi altra sera sarò libera, liberissima!”
Mi vergogno di me stessa per aver buttato al cesso ogni briciolo di dignità. Mi sto offrendo a lui come un cesto di mele al mercato. Ma, arrivata a questo punto, non me ne frega più niente. Chissà se lui l’ha capito … e, soprattutto, se gli interessa.

“Ok! … Oppure …” e ti pareva che non ci doveva essere un oppure, “ … potrei accompagnarti alla festa. Se a te e ai tuoi amici non dispiace. Che ne pensi?”

Che cosa? Io e lui, insieme, alla festa di Gina e Jason. Davanti a tutti i miei amici. Ecco! Finalmente gli ho trovato un difetto. Quest’uomo ha qualche rotella fuori posto!

“Francesca, sono un po’ stufo di parlare da solo!”

“Ehm?” riesco solo a biascicare un mugugno.

“Devo dedurre dal tuo silenzio che non vuoi che ti accompagni?”

“Ehi, come ti scaldi subito!” Sarà anche folle, ma non mi posso rifiutare. “Sarei felice se venissi con me stasera!

“Fantastico! A che ora passo a prenderti?” Posso vedere il suo sorriso compiaciuto anche a distanza.

“Alle otto! Ti ricordi dove abito?”

Lui ghigna senza nemmeno rispondermi. “Ci vediamo alle otto! Ciao Francesca!”

“Ciao Jared!” Forse mi sto infilando in un disastro colossale, ma non mi sento così bene da un’eternità.

^^^^^^^

8.
 
Forse Shannon ha ragione, dopotutto! Forse davvero sto facendo una stronzata di proporzioni galattiche.
Sono le sue esatte parole. Me le ha tranquillamente spiattellate in faccia quando gli ho detto che sarei dovuto andare a Londra per il libro fotografico e che mi sarebbe piaciuto rivedere Francesca. Sulle prime non ha nemmeno capito di chi stessi parlando, ma quando si è reso conto, ha cominciato ad incazzarsi. Ci sono delle regole non scritte, ma sacre, tra di noi della band. Una delle più importanti è: - Non permettere mai che una donna interferisca con il nostro viaggio! Soprattutto una donna che vive nel mondo reale e che non sulla folle giostra dello showbiz. -                
E già Tomo è venuto meno a questa regola, anche se poi la sua interferenza l’ha sposata. Per questa ragione niente storie serie per me e Shannon. Ed è sempre per questo che riusciamo ad andare avanti così, da più di dieci anni ormai. È la nostra vita! E noi l’amiamo così come è!
E allora perché non ho resistito alla tentazione di chiamarla, appena sveglio? Appena il giorno dopo essere atterrato a Londra. Perché non sono riuscito a trattenere un sorriso di piacere quando Emma, la mia assistente, mi ha comunicato che la città europea scelta per la promozione del libro fotografico era proprio Londra. Eh sì che a me Londra non mi ha mai fatto impazzire! Sono troppo filo parigino per poterla apprezzare davvero. Eppure adesso sono felice di essere qui! Felice forse è un parolone. Diciamo piacevolmente solleticato.

Mancano pochi minuti alle otto e sono già davanti a casa sua. Devo cercare di non sembrarle troppo impaziente. Deve essere tutto spontaneo, naturale. Come l’altra volta. Dio, Jared, ma che cazzo stai combinando? Mi apre la porta e non appena la vedo sento formicolare dappertutto e uno strano senso di tepore. Era così bella, anche l’altra volta? No! Sono sicuro di no! Adesso mi fa effetto perché è tutta in tiro per la festa. Indossa uno di quei top che si legano dietro al collo, di seta blu, iridescente. Le contiene a malapena il seno decisamente abbondante, e le scende morbido sui fianchi. Poi, un paio di shorts scuri e essenziali e degli stivali da motociclista neri, con un tantino di tacco, che le arrivano fino a metà del polpaccio. Nel complesso mi lascia senza parole e mi ritrovo a pensare che non vedo l’ora che questa dannata festa finisca.

“Allora? Non rispondi?” Davvero mi ha chiesto qualcosa senza che io me ne sia accorto? “Ti ho chiesto se hai trovato parcheggio?”

Annuisco. “Bene! Hai qualcosa in contrario a fare due passi a piedi? Il pub è proprio qui dietro l’angolo.”

Annuisco ancora. Ci incamminiamo e io credo di non averle ancora rivolto la parola, se non un semplice  ‘Ciao’.

“Un momento, credevo che andassimo ad una festa di fidanzamento?” Le chiedo, mentre con nonchalance le prendo la mano.

“Ed è lì che stiamo andando!” Sembra un po’ tesa. Ha paura che le faccia fare brutta figura? “Forse è meglio che tu sia preparato … vedi, io e i miei amici praticamente ci viviamo in quel pub. È quasi di famiglia! Tra l’altro Gordon, il proprietario, è il padre di Nick, uno dei miei migliori amici … e così! .. ” ha parlato quasi tutto d’un fiato e gli occhi le brillano per l’imbarazzo. Ho capito! Non vuole fare bella figura con loro! Vuole fare bella figura con me! “… e, mi raccomando, non badare troppo a quello che dicono. Loro sono … cioè non sono … come posso farti capire?”

Le lancio uno sguardo che sta a significare – Provaci! Sono tutt’orecchi! – Be’, non proprio tutto!

“Sono la mia famiglia e sono molto protettivi. Quindi qualsiasi stranezza ti pare che facciano, ricordati che è perché mi vogliono bene.”

Capisco perfettamente quello che mi sta dicendo, e il cuore mi si riempie di tenerezza. Anch’io ho una pseudo-famiglia del genere.
“Non posso dargli torto!” Le sussurro all’orecchio.
 
Il pub è piuttosto piccolo e ha il tipico aspetto di un pub di città. Solo qualche decorazione sparsa qua e là, e un enorme festone con la scritta  - Gina&Jason. Happily, Forever After! -, che stridono decisamente con il resto dell’ambiente. Non è molto affollato. Probabilmente ci sono solo gli amici della coppia. Francesca mi trascina verso un tavolo dove sono sedute due ragazze, ma viene subito bloccata da un tipo alto, con i capelli rossi e il viso scavato.

“Oh, Fran! Meno male che sei arrivata!” Il rosso l’abbraccia sollevato, senza accorgersi della mia presenza di fianco a lei. “Sono nei guai! Hugh è venuto con quella faccia da culo di Fiona e se Gina se ne accorge sono cazzi amari!”
Però, frequenta solo fini dicitori la mia piccola Francesca. La mia piccola Francesca? Ma come me ne esco?

“Jason! Lui è Jared!” Cerca di distrarlo presentandomi. “Jared! Lui è Jason! Il futuro sposo!”

“Congratulazioni, Jason!” Gli porgo la mano, che lui stringe con noncuranza.

“Ti prego! Tieni Gina lontana da quella stronza! … Hugh è proprio un bastardo! Lo sa quanto Gina la detesti.” Mormora allontanandosi. Lei mi sorride rassegnata, stringendo le spalle. Poi, l’amico si ferma, torna indietro e mi fissa dritto negli occhi, incredulo.

“Chi è lui?” Parla con Francesca ma continua a fissarmi. “Cioè, so chi è! … Cioè, è proprio lui? … Sei proprio tu?”

“Sono proprio io!” Gli rispondo, mentre lui si allontana nuovamente scuotendo la testa.

“Mi dispiace!” Mi bisbiglia Francesca, “Io però ti avevo avvertito!”

“Ehi! Almeno mi ha riconosciuto! È già un traguardo!”

 Torniamo a dirigerci verso le due ragazze sedute al tavolo. Una, con dei buffi capelli arancioni sparati un po’ dappertutto e dei grandi occhi a palla sta tracannando una pinta di birra. L’altra, capelli neri e occhi neri, molto più carina, ha lo sguardo perso nel vuoto.

“Gina! Maxine! … Posso presentarvi Jared?”
La ragazza con i capelli arancioni quasi si soffoca con la birra non appena mi vede, ed esplode in un fragoroso “Cazzo!” che mi strappa una piccola risata. La mora, invece, non sembra sorpresa ma sorride enigmatica. Mi sta guardando ma è come se non mi vedesse.

“Fran, tesoro, ti dispiace se tocco un po’ il tuo amico?” Dice la mora, alzandosi in piedi e cominciando ad esplorare la mia faccia con le mani. “Sai, piacerebbe anche a me vedere se sei tanto bello come dice Fran!” Cristo Santo! Ma è cieca? Non me ne ero accorto.

“Andiamo, Gina! Sai benissimo come è fatto!” La sgrida Francesca, togliendole le mani dal mio viso. Che sia un po’ gelosa? Però non c’è ostilità nella sua voce. Devono essere proprio amiche.

“Abbiamo visto qualcuno dei tuoi film insieme.” Mi spiega Francesca.

“Intende dire, quando ancora avevo la fortuna di vedere.” Continua la mora. “E devo dire che nel tuo caso, era davvero una gran fortuna!”

“Sono contento di averla allietata, madam!” E le bacio una mano, provocandole una sonora risata.
Mi piace questa ragazza! E comincio a capire perché Francesca è così speciale. È come se vivesse in un altro universo rispetto al mio. Ma altrettanto reale e altrettanto folle. Due universi destinati a non incontrarsi mai. Una punta di tristezza mi colpisce all’improvviso, ma devo fare finta di niente. Non voglio che Francesca se ne accorga. Voglio che si diverta, stasera. Anche grazie a me!

Un po’ alla volta, finisce per presentarmi il resto della compagnia. Non ricordo la metà dei nomi che mi ha snocciolato. Tranne Hugh, un tipo paffutello dall’aria simpatica, con la tanto detestabile Sarah, una scopa rinsecchita che si atteggia a gran figa. E Nick. Mi pare che Francesca mi abbia detto che il ragazzo sia il figlio del proprietario del pub. Ma non mi detto che fra loro c’è qualcosa. O, di certo, c’è stato! Mi a squadrato da capo a piedi, con l’occhio assassino di chi vuol dire                  – Toccala solo con un dito e ti spezzo un femore e ci gioco a golf. – Deve essere geloso marcio, e la cosa mi da un po’ fastidio.  

^^^^^^^

9.
 
La serata prosegue quasi interminabile, ma devo dire che è piacevole. E non me lo aspettavo. L’atmosfera è rilassata e divertente, se evito gli sguardi libidinosi di qualche donna di cui nemmeno ricordo il nome e quelli letali di Nick, che sono certo vorrebbe polverizzarmi all’istante. I due promessi sposi, Gina e Jason, sono una coppia davvero assurda. Lei è sottilmente perspicace, lui irrimediabilmente bambinone. Ma si nota a pelle che si amano alla follia.

Francesca, poi, sembra così diversa. Be’, non che m’illuda di conoscerla. Ma al principio l’avevo considerata una ragazza un po’ schiva, anche se molto divertente e dotata di uno spiccato ingegno. Ricordo di averla paragonata ad un cerbiatto, la prima volta che l’ho vista. Invece, ora, nel suo ambiente, sembra quasi felina. Morbida e sinuosa come una pantera, mentre ride e scherza con gli amici, che non possono fare a meno di stringerla e abbracciarla e sfiorarla. Dio, quanto li invidio in questo momento! Purtroppo, devo accontentarmi delle occhiate dolci e maliziose che lei mi lancia ogni tanto, per accertarsi che io sia ancora qui, a pochi passi da lei, ancora tutto intero. Ok! Mi accontento! Ma solo per ora!
 
“Che cosa è capitato alla tua amica Gina?” Le chiedo, mentre la riaccompagno a casa, camminando piano, con la sua mano nella mia.

“Un maledetto incidente d’auto. È passato quasi un anno. Lei attraversava la strada e quel fottuto bastardo non si è fermato alle strisce pedonali!”

La guardo negli occhi per un istante e noto che il ricordo le fa ancora male. Inconsciamente le stringo più forte la mano.
“Ma Gina non la schiacci neanche con un caterpillar! Era una cinica stronza anche prima dell’incidente!” Lo dice ridendo, come se per lei questo sia il più grande dei complimenti, e facendo trasparire la smisurata ammirazione che nutre per l’amica.

“E Nick, invece?”

“No, no! Lui ci vede!” Non capisco se sia seria o meno.

“Ah, lo so che lui ci vede. Me ne sono accorto.” Avverto troppo tardi che il mio tono di voce è più ruvido di quanto non voglia. “Forse sei tu che non vedi abbastanza chiaramente!”

Francesca si aggrappa totalmente al mio braccio. Penso che lo stia facendo solo perché è terribilmente stanca, ma la cosa mi scatena ugualmente ogni fantasia repressa.
“Te l’avevo detto che sono protettivi nei miei confronti! Tra me e Nick è finita una vita fa … ma a lui piace fare il fratellone guardaspalle.”

“Quindi, era il tuo ragazzo?” Le domando innocentemente. Davvero, non sono geloso. Voglio solo sapere.

“Ci siamo frequentati per un po’ di tempo.”

“E perché è finita?”

“Siamo meravigliosamente incompatibili! Come coppia, intendo!”

Non so se capisco fino in fondo che cosa mi sta dicendo. “È gay?”

“No! Oddio non credo … è solo che non ci diamo i brividi, non ce li siamo mai dati!”

La scruto vagamente perplesso e lei continua. “Che senso ha stare con qualcuno se non ti da i brividi … cioè ci puoi anche stare … per carità … ma poi vedi le altre coppie, tipo Gina e Jason, e ti rendi conto che l’amore è una cosa completamente diversa.”

“Non ti facevo così romantica!”

“Non mi conosci abbastanza da poterti permettere di farti un’idea su di me!” Replica lei, un filo impertinente.

Senza accorgercene siamo arrivati davanti al suo portoncino rosso fiammante. E ora? Come faccio a  farle capire che non ho ancora voglia di lasciarla andare.
Lei mi precede, cavandomi fuori dall’impiccio. “Ti va una tazza di tè?”

Entriamo in casa, piano piano. È buio, ma il chiarore dei lampioni che filtra dall’esterno attraverso le finestre, ci permette di vedere senza accendere la luce. Francesca si muove in direzione della cucina. Ma non è certo del tè che ho voglia adesso. La blocco dolcemente e la spingo contro la parete dell’ingresso. Riesco a vedere i suoi occhi brillare e intuisco che lei sa benissimo quello che sta per succedere e che lo desidera tanto quanto me. Mi chiedo se lei stia vedendo lo stesso scintillio nei miei occhi, ora. Ci baciamo. Non come il nostro primo bacio, tenero e delicato, e lontano ormai nel tempo. No! Questo bacio è pieno di passione e consapevolezza, fame e sete, … e poi …

…. Click … la luce si accende all’improvviso! Ci stacchiamo ansimando, colti di sorpresa, e noto una donna alta e aitante, che avrà all’incirca qualche anno più di me, in piedi immobile sullo stipite della porta di quello che immagino sia il salotto. Stringe in mano una mazza da cricket, in modo decisamente minaccioso. È come essere stati beccati da tua madre a pomiciare dentro casa.

“Cazzo, Fran! Sei tu?” Esclama, riponendo la mazza contro il muro. “Mi hai fatto venire un colpo!”

“Non ti preoccupare, sono solo io! Cioè io e … insomma noi.” È così carina quando balbetta imbarazzata. La donna nota soltanto ora che c’è qualcun altro con Francesca.

“Jared! Emma! … Emma! Jared!” Solito rito di presentazioni. Pensavo di aver finito per stasera.

Emma mi da un’occhiata piuttosto dettagliata, quasi voglia studiarmi. Prego che non mi riservi anche lei qualche languido commento o qualche malcelato avvertimento.

“Aspetta, aspetta un momento …” dice, invece, entrando in salotto e uscendone qualche secondo dopo con in mano un dvd, “… sei questo Jared?”

Guardo il dvd. È una copia di Requiem for a Dream, una delle cose migliori che ho fatto. Sono orgoglioso che Francesca l’abbia in casa sua.

“Esattamente lo stesso Jared!” Rispondo rassegnato. Ho già capito che la serata non si concluderà affatto come avevo sperato. 

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Capitolo 6
*** n. 10 ***


[Per oggi, pubblico solo questo capitoletto. Grazie a tutti per i commenti. Bye]


10.
 
Ieri sera è stata davvero … insolita. Sì! Forse potrei trovare ben altri aggettivi, ma è realmente la cosa più fuori da ogni logica che mi potesse capitare.                                                                            
Io, una ragazza ordinaria, fisicamente piuttosto insignificante e decisamente troppo maldestra, e lui, uno degli uomini più belli del pianeta, famoso, brillante e incantatore, che trascorriamo una serata con la mia famiglia del pub.                                                                                                         E lui non è sembrato nemmeno annoiarsi troppo. E poi, quel bacio a casa mia? Stamattina non sono riuscita a guardarmi allo specchio senza arrossire, ripensando a quel bacio! Cazzo, quanto ho odiato Emma, ieri sera! Ancora non riesco a perdonarla.

Dopo averci interrotti sul più bello, quella stronza ha trascinato il povero Jared in salotto, costringendolo ad autografare i pochi dvd dei suoi film, che tra l’altro ha comprato la sottoscritta, e il mio cd di A Beautiful Lie. Non contenta l’ha poi sottoposto ad un fuoco di fila di domande, da interrogatorio di polizia. E quell’angelo di pazienza ha sopportato tutto stoicamente. Alla fine però se ne andato stravolto. Si era fatto davvero tardi.                                    

Forse è una mia vana speranza, ma aveva un che di delusione in quegli occhi magnetici. Chissà come sarebbe andata a finire? Avremmo potuto … oh, Francesca! … smettila di pensarci! Ora sembri davvero una ragazzina e non lo sei! Tienilo a mente! Non hai mai amato le favole, nemmeno da bimba. Non vorrai certo cominciare a crederci ora?

“Ehi! Sei sveglia o stai ancora dormendo?” La voce di Martin mi riporta di colpo alla realtà. A vedere la sua faccia devo avere proprio un’espressione inebetita. E che a farmelo notare sia proprio Martin è tutto dire.

“Mi vuoi raccontare che cosa è successo ieri sera … o devo rimanere qui sulle spine, a rosicare dall’invidia?”

“Non hai alcun motivo per rosicare! Non è successo niente!” Lo zittisco, prima di farmi trascinare in una delle sue solite, interminabili discussioni sul fascino glam dello star system.

“Niente?” Ripete lui, stupito.

“Niente!” Ribadisco io, scocciata.

“Però hai il suo numero di telefono, vero?”

In effetti, sì! Ce l’ho! Me lo ha memorizzato sul cellulare lui stesso, ieri sera.

Anzi, a dirla tutta, mentre camminavamo, me lo ha sfilato dalla tasca, irridendolo perché è un semplice telefonino di vecchia generazione e non uno di questi super mega smartphone senza i quali sembra non si possa più vivere. Oh, ragazzi, ma stiamo scherzando! Siamo andati avanti benissimo per decenni con i telefoni pubblici!
 

“Ma quanti anni ha questo coso?” Mi ha chiesto Jared, ridendomi spudoratamente in faccia. “… Guarda, non fa neanche le foto!”

Io glielo ho strappato di mano con poca grazia. Non me ne è mai importato un granché di tutte queste trovate hi-tech, ma che lo umiliasse così era … perlomeno irriguardoso nei confronti di quell’aggeggio che, dopotutto, aveva sempre svolto il suo compito più che egregiamente.

“Di certo ha meno anni di te, bello! Scusa tanto se non siamo tutti dei fissati, che piangiamo come agnellini se ci fregano il blackberry … aspetta, come l’avevi chiamato … ah, sì, il tuo piccolino.”

Avevo mirato dritto al cuore, ma Jared aveva accusato il colpo ridendo. Possono semplicemente due occhi e un sorriso illuminare a giorno un’intera metropoli? In quell’istante mi era sembrato di sì! Lui mi aveva sfilato nuovamente il cellulare di mano e aveva cominciato a digitare. La sua tasca si è messa a trillare ed eccolo lì! Il suo nuovo piccolino, nero e scintillante. Dopo aver memorizzato entrambi i numeri, mi ha reso il telefono.

“Io sono Bart!” Mi ha detto, strizzandomi l’occhietto malizioso.

“Scusa, e io sotto che nome sono?” Gli ho chiesto incuriosita.

“Bambi! È ovvio!”

Perché sia così ovvio, poi? Ma in quel momento ho preferito non indagare.

“E comunque, il mio cellulare le fa le foto!”
 

“Fran! Sei ancora tra noi? Ce l’hai o no il suo numero?” È sempre Martin a risvegliarmi.

Frugo nella borsa e scorro la rubrica del mio telefonino. – BART – Eccolo qui! L’ha memorizzato davvero! Faccio per chiamarlo ma mi sento addosso gli occhi morbosamente indiscreti di Martin. Allora mi allontano verso l’ufficio.

“Certo, vai pure, tesoro! … Grazie, e non preoccuparti per me!” Mugugna lui.

“Tranquillo, Martin! Non lo faccio.”

“Almeno, penserai a me per un momento, mentre te lo starai facendo … così mi sembrerà di esserci anch’io!”

Gli chiudo la porta quasi in faccia e l’immagine repellente di me e Jared insieme, con Martin a tenerci compagnia mi fa rabbrividire.

“Pronto, Bart!”

“Bambi?”

“No! Sono il Cacciatore!” Lo sento ridere di gusto. E anche a distanza, la sua risata ha lo stesso meraviglioso suono. “Ti ho chiamato per scusarmi … per ieri sera … sono mortificata per Emma.”

“È un vero mastino, la tua amica! Credevo che mi avrebbe inchiodato per ore. … Cioè, non che non mi avrebbe fatto piacere restare … in altre circostanze.” Oddio! Ma ci sta provando? Non sono allucinazioni!

“Potremmo fare un altro tentativo! Che ne dici?” Continua lui, mentre gli oggetti presenti nella stanza cominciano a danzare allegramente intorno a me. “Io e te soli, stavolta! Ti va?”

“Scusa, cara!” Martin è affacciato alla porta. “Detesto disturbare le tue telefonate bollenti, ma ci sarebbe un problemino di là!”

Istintivamente copro il microfono del telefono, forse troppo tardi, e lancio al mio socio un’occhiata assassina. “Arrivo subito!” Gli ringhio contro, e torno a Jared.

“Perdonami per l’interruzione! Dicevamo?”

“Telefonate bollenti? Ah, allora è così! E di’ un po’, quante ne fai di queste telefonate bollenti?”

Ora vorrei proprio sprofondare! Prima uccido Martin e poi mi sotterro!

“Non te l’avevo detto che tutti i miei amici sono ex pazienti psichiatrici, vero?” Ancora la sua risata nelle mie orecchie.

“Allora! La tua risposta? Ti va di vederci, stasera?” Le graffette sul mio tavolo stanno improvvisando una ola.

“Sì! … Si potrebbe provare!” Gli rispondo, fingendo un’indifferenza a cui non crede nessuno dei due.

“Che ti va di fare?”

Come posso rispondere a una domanda così? Che cosa pensi mi vada di fare, Jay? All’improvviso ho un lampo di genio.

“A Leicester Square danno uno dei miei film preferiti, stasera! Che ne pensi?”

“Cinema? … Ok! … Che film è?”

“A Qualcuno Piace Caldo! Rimasterizzato e digitalizzato!” Rispondo soddisfatta.

 Altra risata. “Proprio no ci riesci a vivere nel ventunesimo secolo! … A stasera, Bambi!”

Ora è lampante che mi sta prendendo in giro. Mi sento un po’ stupida! E poi perché cazzo continua con questa storia di Bambi?
E quale cazzo sarà il problemino di Martin?

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Capitolo 7
*** n. 11 ***


[Nuovo capitoletto. Pazientiamo ancora un po' .... Grazie a tutti i lettori e grazie ancora x i vs commenti!]

11.
 
Siamo appena usciti dal cinema e stiamo passeggiando attraverso Belgrave, in cerca di un ristorantino che conosce lei. Abbiamo optato per un giapponese, dato che a quanto pare la passione per la cucina orientale è una delle poche cose che abbiamo in comune.                               È già la seconda volta in due giorni che ci ritroviamo a passeggiare mano nella mano come due fidanzatini. Roba che non facevo neanche a sedici anni. Tra l’altro con una che non è la mia fidanzata e che non mi sono nemmeno portato a letto. Ancora!

Rideva come una matta, prima, guardando il film. Era esilarante quasi più lei di Jack Lemmon. Eh sì che mi ha confessato di aver visto A Qualcuno Piace Caldo almeno cento volte.


“Stupido! Un capolavoro è  sempre un capolavoro!” mi ha detto quando le ho chiesto come poteva provarci ancora tanto gusto, dopo la centesima volta, “Tu smetteresti di incantarti davanti alla Notte Stellata di Van Gogh solo perché, magari, l’hai già visto più di una volta?”
C’è tutta lei in questa sua affermazione. Non potevo assolutamente darle torto. E, dopotutto, ha ragione … questo è un gran film … e lo dico da addetto ai lavori.


“Allora, Francesca, perché non mi racconti qualcosa di te?” Le chiedo, arrivati al ristorante, mentre lei è già partita all’attacco di un piatto di maki di tonno, abbondantemente condito di wasabi. Credo di non aver mai visto una donna mangiare con tanto gusto di fronte a me.

“Che cosa vuoi sapere?” Replica lei, senza perdere il ritmo della masticata.

“Be’, so già che hai quella bella libreria … ah, a proposito, non te l’avevo ancora detto, ma mia madre è letteralmente impazzita per quel Dorè …”
Le s’illumina il viso di gratitudine e piacere e smette di mangiare per un istante. Io annuisco alla sua muta richiesta di conferma.

“ … so che detesti la tecnologia … che non hai un’automobile …”

“Non mi serve! Non esco quasi mai da Camden. E poi Londra non è fatta per le auto.” Mi interrompe, ricominciando a masticare.

“ … vediamo, dove ero rimasto? … dunque, conosci a memoria A Qualcuno Piace Caldo … e, a quanto pare, la tua cucina preferita è quella giapponese.” Concludo, riferendomi, neanche troppo velatamente, al suo vorace appetito.

“Italiana!”

“Cosa?” Le chiedo distratto.

“La mia cucina preferita! So che può sembrare un cliché, ma la cucina italiana non ha paragoni!”

Non mi ritengo un grande esperto di cibo. So che la maggior parte delle persone che mi conoscono sono disgustate da quello che mangio, essendo quasi vegano. E la cucina italiana è così ricca di grassi e tentazioni, da essere decisamente fuori dalla mia portata.

“Immagino che tu non abbia mai assaggiato la burrata?” Mi domanda Francesca, che nel frattempo si è quasi spazzolata il piatto. Scuoto la testa. Burrata? Non lo mai nemmeno sentita nominare.

“Sono convinta che si tratti del cibo degli dei! È una specie di mozzarella, ma è più di una mozzarella! È fresca, cremosa, delicata. La devi lasciar sciogliere sul palato, in modo che il suo sapore avvolgente ti esploda in bocca. Sembra di assaporare un pezzetto di paradiso!”                         
A sentirla parlare così mi sto quasi eccitando. Questa burrata dovrebbe essere vietata ai minori.

“Peccato che io non mangi latticini!” Esclamo. Lei mi ride in faccia, ed è così buffa che non posso fare a meno di ridere anch’io.

 ^^^^^^^

 
Non riesco a credere di avergli detto davvero quella cosa della burrata! Dio, ma da dove mi è uscita? Non che non lo pensi, ma da come l’ho detto, sembrava che stessi pubblicizzando un nuovo giocattolino da sexy shop.                                                                                                              E lui … che fa? Sta qui davanti a me, imperturbabile, a tempestarmi di domande. Mi ha già chiesto che studi ho fatto, quali sono i miei artisti e le mie opere preferite, quali sport pratico, che cosa fa la mia famiglia, e via dicendo. Se voleva sottoporre qualcuno ad un interrogatorio, avrebbe dovuto uscire con Emma. La mia Emma, non la sua, quella che ho scoperto essere la sua assistente personale. Sì, perché è così che si chiamano adesso!

“La tua canzone preferita?” Ecco, che ricomincia.

“È una domanda troppo difficile. Ne ho troppe tra cui scegliere … vediamo … A Day in The Life! … Non so se è l’unica al numero uno, ma di sicuro è tra le mie preferite.” Mi guarda un po’ dubbioso, con quei suoi magici occhioni blu ghiaccio. “È dei Beatles. Da Sgt. Pepper!”

Lui si stizzisce. “Ehi! Ma con chi credi di parlare? Non vengo da Marte, anche se è quello che ripeto sempre.” Da Marte forse no, ma di sicuro non appartieni a questo universo!

“Raccontami del tuo primo bacio?” Deglutisco quasi soffocandomi. Quando siamo arrivati a parlare di cose così personali? “Andiamo! A te basta andare su Google per sapere tutto di me. Non è giusto! Devo mettermi in pari!”

“Dubito che in Internet si parli del tuo primo bacio!” Replico, un tantino acida.

Ma lui comincia a fare quell’espressione imbronciata, con il labbro inferiore corrucciato, e io non so resistere. In fondo, ha ragione. Molte cose della sua vita, forse non tutte e forse non proprio senza il suo consenso, sono state sputtanate su web e giornali.

“Phil Hemmett! Fuori dallo spogliatoio femminile della palestra. … Mi ha baciata e poi mi ha ringraziata per avergli fatto guadagnare cinque sterline!”

“Che cosa?”

“Aveva scommesso con i suoi amici di riuscire a baciare tutte le ragazze del corso … e io ero l’ultima della lista … ” stringo le spalle sorridendo. All’epoca ci ero rimasta molto male, ma, ripensandoci, è una cosa abbastanza comica. “… Uomini! … Che ci vuoi fare? Perlomeno è stato educato!”

“Ti chiedo perdono, a nome della categoria!” Oohh, che dolce! “Quanti anni avevi?”

“Quattordici!”

“Quattordici?” Replica lui, scioccato. “Io a quattordici anni avevo già …”

Lo interrompo, coprendomi le orecchie con le mani. “No! No! Ti prego! Non voglio sentire le tue storie di sesso.” Lui si mette a ridere di cuore. “Ehi! Io sono una ragazza seria. Non lo hai ancora capito?”

Credo che Jared abbia capito che sto scherzando, ma mi guarda in modo strano.

“Non ho tanta voglia di riaccompagnarti a casa!” Mi comunica, dopo qualche secondo di insostenibile silenzio.

“Ok! Non c’è problema! Prendo un taxi.”

Lui mi sfiora la mano appoggiata sul tavolo. “No! Non hai capito! Vieni con me in hotel? Cioè, ti va?”

Posso morire in questo preciso momento! Be’, forse sarebbe meglio morire domani mattina, già che ci siamo! Vorrei gridare centinaia di sì, talmente forti da far voltare tutti i clienti del ristorante, stile Meg Ryan in Harry Ti Presento Sally. Fortunatamente mi contengo e mi limito ad un cenno del capo denso di significato.

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Capitolo 8
*** n. 12 / n. 13 ***


12.
 
La guardo respirare quasi impercettibilmente. È sdraiata di fianco a me, sulla schiena, con la testa appoggiata sul mio petto. Ha gli occhi chiusi ma non penso che stia dormendo. Ha un’espressione beata, che credo somigli moltissimo a quella che ho anch’io in questo momento. Le accarezzo dolcemente i capelli e inspiro forte il suo profumo.

“È olio di mandorle! Ne sono dipendente!” Mi sussurra piano. Non mi sbagliavo! È ancora sveglia.

Sorrido ripensando a come siamo riusciti ad arrivare fino alla mia stanza. Entrando in hotel di soppiatto, miracolosamente senza essere visti da nessuno. E poi, l’ascensore e quella fottuta chiave magnetica che sembrava non volerci aprire. Forse eravamo noi ad essere troppo impazienti. Cazzo! Non riuscivo proprio a staccarmi da lei, e ancora mi sa che non ci riesco. Non mi sento così vivo da anni!                                                                                                     

Non assomiglia per nulla ai corpi nei quali di solito mi perdo, né a quei pochissimi che ho amato davvero. È unica. Semplice e naturale. È una donna matura e indipendente, ma è ancora una ragazzina timida e indifesa. Bellissima, nella sua estrema normalità. Ed è questo che mi sconvolge.
Si muove, stendendosi più vicina a me, su un fianco. Sposta la testa dal mio petto alla spalla e mi abbraccia il costato. Vorrei che questa sensazione durasse in eterno.

“Non dormi?” Mi chiede in un sospiro.

“Non lo fai nemmeno tu?”

“Io non ho le tue occhiaie!” Replica lei sorridendo.

E con l’indice della mano che prima mi abbracciava mi massaggia le borse sotto gli occhi, che odio ammettere diventano ogni giorno più evidenti. Le blocco piano la mano e comincio a sbaciucchiarle le punte delle dita. Lei insinua il suo  nasino sul mio collo e mi solletica, dall’orecchio alla clavicola, mandandomi in visibilio.

“Be’! Dato che proprio non riusciamo a dormire …” mi suggerisce.

Ma io non la faccio nemmeno finire di parlare. La travolgo e mi abbandono in lei per l’ennesima volta. Zucchero e tabacco! Dovrebbero brevettarlo come gusto di gelato.

^^^^^^^

 
 
Il suono di quel maledetto blackberry! Capite perché detesto questi affari? Sembrano avere quasi una vita propria, così che, mentre tu sei lì che ti stai godendo gli attimi più preziosi della tua altrimenti miserabile esistenza, ecco che ci pensano loro a romperti le palle.

“Emma, che vuoi? Sono appena le sette!” Jared risponde al telefono, scocciato. Sta sbadigliando e ha ancora la faccia da sonno. Be’, in effetti di nanna ne abbiamo fatta pochina.

“Cosa? … Dove?” Bravo Jared! Mancano solo ‘Come, Quando e Perché’ e con le domande siamo a posto.

Mi sento allegra come non mai, ma lo sguardo cupo che ha Jared adesso mi spegne ogni entusiasmo. Da quando lo conosco, e lo so che non è moltissimo, non gli ho mai visto un’espressione così dura e fredda. Mi sta terrorizzando.
Si è alzato di scatto dal letto, rivestendosi alla meglio, e ha subito acceso il portatile che giace sul tavolino, cercando freneticamente qualcosa. Nel frattempo non smette un attimo di parlare al telefono con Emma, anche se non riesco a decifrare nessuno dei suoi monosillabi.

“Jared! Che succede?” Mi azzardo a chiedergli, cercando di disturbarlo il meno possibile.

L’occhiataccia che mi lancia mi lascia come una statua di pietra. “Sì! È ancora qui! … Lo so, Emma. Che cosa credi?” Deve essere proprio agitato se se la prende anche con la sua preziosa Emma. Ok, ma io che cazzo c’entro?

Chiude la comunicazione e torna da me, ma il suo viso è privo della sua meravigliosa luce. Mi getta addosso la maglietta che indossavo la sera prima e che avevamo abbandonato sul pavimento.

“Rivestiti!” Mi intima. E il suo tono è di quelli che non ammettono repliche.

“Vuoi spiegarmi?” Gli chiedo preoccupata, mentre indosso l’indumento che lui mi ha così tanto gentilmente passato. Che diavolo mai può essere capitato per farlo reagire in questo modo?

“Forse sei tu a dovermi spiegare qualcosa! Che dici?” Mi afferra per un polso, trascinandomi giù dal letto, e mi posiziona a forza davanti al suo pc.

Lo schermo è aperto sulla pagina di un blog. Uno di quelli di gossip, così popolari in America. Sicuramente uno dei più visitati. E allora capisco tutto. Ci sono delle foto mie e di Jared, di ieri sera. Noi due all’uscita del cinema. Noi che passeggiamo mano nella mano a Belgrave. Ce ne è persino una scattata dall’esterno del ristorante giapponese, proprio nell’istante in cui Jared mi aveva sfiorato la mano, sopra il tavolo. E a completare l’idilliaco quadretto, un bel titolone a caratteri cubitali: - Così il bel Leto abbandona L.A. per la sua nuova fiamma londinese! -

“Oh, cazzo!” Esclamo. Lo so che sono monotematica, ma non mi viene altro da dire. “Ma, come è possibile?”

“Dimmelo tu! Come è possibile?” Non ha mollato la presa sul mio polso nemmeno per un secondo, e i suoi occhi si stanno facendo sempre più glaciali.

“Che vuoi dire? … Pensi che io c’entri qualcosa con tutto questo?” Gli rispondo. Purtroppo mi scappa un debole sorriso, non perché in effetti ci sia qualcosa da ridere, bensì perché mi sembra talmente assurdo che possa anche solo pensare una cosa del genere. Ma lui interpreta il mio sorrisino nel modo sbagliato e s’incazza ancora di più.

“Andiamo! Chi altro sapeva dove saremmo andati? … Non prendermi per il culo! … O mi vuoi dire che un qualche stronzo di paparazzo si è appostato fuori da un buco di cinema per vedere se, per caso, qualche star avesse deciso di sprecare lì una serata!”

Capisco che è incazzato, però adesso esagera. “Non me ne frega un cazzo di quello che pensi sia successo! So solo che io non c’entro niente con quella merda!” Gli urlo addosso.

“Chi è stato? Avanti! Quell’idiota del tuo socio? … Oppure il tuo caro Nick? … Complimenti! L’avete organizzata proprio bene! … Spero che le foto ve le abbiano pagate profumatamente!”

Con la mano libera gli assesto uno schiaffo che rimbomba per tutta la stanza. Non so da dove ho tirato fuori tutta quella forza. Non sono mai stata brava in questo genere di cose. Lui mi rilascia il polso e rimane immobile per qualche istante. Sorride maligno. Chi è quest’uomo? Dove è il Jared per il quale impazzivo fino a pochi minuti fa?

“Sei soddisfatta? … Ora tutto il mondo saprà quanto sono caduto in basso! … Bel colpo per i tuoi affari!”

Lo fisso sconvolta. Vorrei urlargli contro che lo odio, che è solo un bastardo egoista e disumano. Ma non mi abbasso al suo livello. Non gli darò mai la soddisfazione di vedermi crollare. Raccolgo il resto della mia roba in pochi istanti e, fuori di me, esco dalla sua stanza e dalla sua vita. Questa volta per sempre!

^^^^^^^

13.
 
Devo avere davvero la faccia stravolta perché quando Jason mi apre la porta diventa bianco come un foglio di carta e riesce solo a blaterare qualche parola, tipo: “Piccola! … Entra … Che ti è successo?”

Non ho nessuna intenzione di mettermi a frignare sulla spalla del mio amico, ma lo abbraccio stretto perché ho bisogno di credere che esistano ancora uomini su cui poter contare, in questo schifo di mondo.

“Dov’è Gina? Sta ancora dormendo?” Gli chiedo con un filo di voce.

Jason mi guida in salotto, dove la mia migliore amica è intenta a leggere una rivista braille. Si accorge della mia presenza senza che io parli e, non so come, capisce che sono a pezzi. Allarga le braccia e io mi ci fiondo dentro. Sto singhiozzando e tremo, ma sono ancora troppo sconcertata per piangere.

“Che grandissimo bastardo!” Commenta Gina, dopo che le ho raccontato tutto, dalla telefonata di ieri mattina alla mia ‘elegante’ fuga dal suo hotel, appena un’ora prima. Siamo sedute sul suo divano, io accucciata al suo fianco e lei che mi accarezza la testa per tranquillizzarmi. Sta quasi funzionando! Anche se, ad ogni respiro, l’immagine di Jared che mi attacca, spietato, diventa sempre più vivida nella mia mente, anziché affievolirsi.
Jason mi porge una tazza di tè bollente. Non è che mi vada tanto, ma l’ha fatto per me, per farmi sentire meglio, e io non voglio deluderlo. Mi metto a sorseggiarlo piano.

“Basta solo una tua parola e ci pensiamo io e Nick a dargli una lezione!” Jason, appoggiato sul tavolino di fronte al divano, è imbestialito.
“Chi cazzo si crede di essere? ‘Sta checca inacidita! Lo sapevo che ti avrebbe causato solo guai, quando l’hai portato alla festa l’altra sera! Quella gente non è come noi!” È triste, ma vero! “E tu vali troppo per quella merda!”

“Ti prego! È già troppo da sopportare così! E poi, non c’è bisogno che lo sappiano anche gli altri.”

So che Jason mi vuole bene e che ha un cuore d’oro. Ma ha delle frequentazioni abbastanza pericolose, giù al porto, dove gestisce la sua attività di commercio di audio-video. Non ho mai approfondito la questione, ma ho il sospetto che gli basterebbe fare una telefonata e la grande rockstar si ritroverebbe con le gambe spezzate. Per un attimo, ma solo per una frazione di secondo, l’immagine di Jared implorante per il dolore, mi da un sollievo inimmaginabile. Ma non posso farlo! Non mi illudevo certo che il sogno sarebbe durato per sempre. E forse, il fatto che Jared si sia dimostrato una tale immane testa di cazzo, mi aiuterà a cancellarlo definitivamente dalla mia mente.

“Soprattutto Nick!” Ribadisco, tra un sorso e l’altro.

“Ma Nick … vorrebbe saperlo! Insomma … noi vogliamo solo aiutarti!” Insiste Jason.

Basta una sola parola di Gina per distogliere il fidanzato dai suoi propositi. “Tesoro! Ti ha già detto di no! Se vuoi aiutarla, lasciaci un po’ da sole.” E protende le labbra per farsi baciare. Jason mi guarda e gli rivolgo un cenno di assenso, così lui si alza, la bacia ed esce per andare a lavoro.
Mi distendo nuovamente accanto a Gina e restiamo in silenzio per un bel pezzo.

“Sai come lo chiamano le sue fan?” Mi chiede lei, rompendo il silenzio. “Divah! … E sono le sue ragazzine adoranti!”

“Davvero? E tu come lo sai?”

“Leggo un sacco di riviste!” Continua lei, ridacchiando. “È lo spirito di compensazione! Diamante fuori e merda dentro!”

Rido anch’io. È vero che ha una bellezza delicata, anche se molto maschile allo stesso tempo. E l’appellativo Divah gli calza proprio a pennello, soprattutto dopo la scenata di stamattina. Oh, quanto deve aver sofferto per scendere così in basso con una come me! Povero Jared!

“Non sono una ragazzina stupida! … Non perdo la testa per la prima star belloccia che mi fa gli occhi dolci … È che, quel bastardo ha il dannatissimo potere di farti sentire come se fossi l’unica cosa preziosa al mondo, solo guardandoti!”

Lei ricomincia ad accarezzarmi i capelli. “Dimmi un po’! Che problema aveva Martin?” Mi domanda Gina, sicuramente per farmi cambiare discorso.

Cristo Santo! Mi sono completamente dimenticata di Martin e del signor Dorian. Sì, perché il problemino di Martin era appunto quel vecchiaccio malefico. È  tornato all’attacco e questa volta ha colpito duro, per non lasciare superstiti. Ha intenzione di vendere il locale che ho in affitto e io ho tempo solo tre mesi per sloggiare! Dopo quasi sessant’anni, la Art’s Books di Hadrian Frank e figli lascerà Camden.
È incredibile come io non ci abbia più ripensato, neanche per un secondo, fino ad ora. Potere di due fottuttissimi occhi di ghiaccio!

^^^^^^^

 
“Piccola, ma tu non hai un diritto di prelazione sull’acquisto?”

Hugh è uno degli amici che frequenta il pub, anche se non fa parte a pieno titolo dei Fantastici Quattro. Forse è anche per questo motivo che l’ho sempre considerato come il più sano del gruppo. Tralasciando il fatto che ora si sia messo con quella faccia da culo di Fiona.            Comunque, Hugh lavora in una grande società nella City, che si occupa anche di patrimoni immobiliari. In realtà, non credo che qualcuno di noi abbia mai capito veramente quale sia effettivamente il suo lavoro! Anche perché lui non ne parla mai. Sono convinta che lo detesti!

“Che diavolo ne so io!” Gli rispondo, mentre do una bella sorsata alla mia birra fresca. “Francesca e diritti non sono due parole che vanno molto d’accordo!”

“Parlane con il tuo commercialista!”

Il mio commercialista! Sì, ci deve essere stato un tizio che mi curava i conti, ma ora credo che sia rimasto seppellito sotto la mia marea di debiti. È folle, ma da che è iniziata questa dannata crisi, non posso fare altro che contare solo sulle mie forze. E io non sono davvero affidabile, sotto quel punto di vista.

“Tutto quello che so è che mio nonno tentò diverse volte di comprare il negozio, e mi pare che anche mio padre abbia fatto un’offerta, una volta. Ma il vecchio bastardo si è sempre rifiutato di vendere!”

Gina, Jason e Nick ci raggiungono al tavolo, mentre Hugh è concentrato sul nostro discorso. Credo sia una delle prime volte in cui si sente veramente utile, e la cosa lo riempie di soddisfazione.

“Hai conservato qualche vecchio documento? Non so, un contratto a nome di tuo nonno … qualche vecchia ricevuta …”

“Ppff! …” Gli sto quasi per schizzare la birra in faccia. “Ricevuta? Ma se quella carogna non ha mai voluto pagare un centesimo di tasse in vita sua! … Hai idea di quanto ho dovuto insistere per farmi fare un contratto regolare?”

Hugh sorride. “Così, il vecchio Dorian è un evasore fiscale? … E non hai mai fatto un contratto in regola né a tuo nonno né a tuo padre. Bene, bene!”

Non capisco perché la cosa lo stupisca tanto. Non era una cosa tanto insolita, soprattutto dopo la guerra. “Da quanti anni sei subentrata tu?”

Ci penso un attimo. Dunque, mi sono laureata nove anni fa … poi gli stage a Roma e a Berlino … papà in pensione … “Sette anni fa!”

“Hugh! Si può sapere dove cazzo vuoi andare a parare?” S’intromette Nick. “Quello stronzo la vuole sbattere fuori. Non lo fermeremo certo con un paio di ricevute.”  Brutale ma sensato!

Ma Hugh non gli presta minimamente attenzione e continua a seguire il suo ragionamento. “Se  tu volessi comprare il negozio, quanto potresti spendere? … Insomma, in che stato sono le tue finanze?”

Bella domanda! Diciamo che con quello che ho messo da parte potrei permettermi … vediamo … la proprietà dell’ufficietto e forse, forse, anche del piccolo bagno annesso! Scuoto la testa senza rispondergli direttamente, ma lui sembra aver capito!

“Fai un salto nel mio ufficio, domani mattina!” Mi dice, alzandosi dal tavolo e schioccandomi un bacio fraterno sulla guancia. “Troveremo una soluzione! … Finalmente il mio schifoso lavoro serve a qualcosa!” E se ne va.

“Voi avete capito di che diavolo stava parlando?” Jason da voce ai miei pensieri.

Gina, come al solito, è sempre la prima a recepire le cose al volo. “Hugh è molto più ingegnoso di quanto siamo abituati a pensarlo!” Cerca la mia mano sul tavolo e la stringe. “Ho la sensazione che il negozio sarà tuo, se lo vuoi! … Il vecchio Dorian e lo spettro del Fisco …” Conclude ridacchiando. 


**************

[note:
1) So che probabilmente + di qualcuno si sarebbe aspettato qualche descrizione più succosa della notte tra Fran e Jared, ma se avessi scritto tutto quello che la mia mente bacata mi suggeriva in quel momento, avrei inondato il mio povero notebook di saliva ... e al momento non posso permettermene un altro nuovo!!!
2) Il capitolo 13 è un po' interlocutorio ... forse non vi dirà niente di chè! Ma dato che racchiude alcuni elementi di vita vissuta in prima persona, non potevo esimermi dal raccontarli.

Grazie a tutti, lettori e recensori. Continuate a scrivermi, se vi va!
ByeBye]


 

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Capitolo 9
*** n. 14 ***


[Lo so che ho appena postato due capitoli, ma questo era già pronto, e segna un po' un punto e a capo della storia. Fatemi sapere se sto esagerando, ci conto! ... ByeBye]

14.
 
Bambi! Il tuo nome è illuminato sullo schermo del mio blackberry. Non ricordo nemmeno più quante volte, negli ultimi giorni, ho desiderato premere la cornetta verde per sentire la tua voce. Ma non posso farlo! Non dopo quello che ti ho detto quella maledetta mattina. Non dopo il tuo sguardo carico di odio e disprezzo.

“Jay! Scusa ti disturbo? Eri al telefono?” Shannon, mio fratello, mi ha raggiunto in studio, dove stiamo lavorando al nuovo disco. Istintivamente ripongo il cellulare in tasca, scuotendo la testa. E mi stampo uno dei miei finti sorrisi sulla faccia.

“Pronti? Dove è Tomo?” Tomo è il nostro chitarrista, mentre Shan suona la batteria. Per il resto, voce, seconda chitarra, testi, ispirazione, look, eccetera, ci sono io. La Divah!                                     
 È così che mi chiamano, credendo di farmi incazzare. Invece la cosa mi diverte alquanto. Perché io un po’ mi ci sento, Divah!                                                                                                                  Ma non in questo preciso momento. No! Adesso mi sento veramente una merda!

“Tomo arriverà più tardi! Nel frattempo, potremmo lavorare un po’ su quella ritmica di ieri. Che ne dici?”

Annuisco sbadatamente. Dovrei essere più concentrato! Di solito quando lavoro non mi faccio distrarre per nessuna cosa al mondo.

“Non sei convinto che sia stata lei, vero?” Mi chiede Shan, a bruciapelo. Ovviamente si riferisce a Francesca e alle foto su quel dannato blog. Non so come ho pensato di poterlo ingannare, anche solo per un minuto. Scuoto ancora la testa.

“E che cosa te lo fa pensare?”

“Shan, lo so che è assurdo. La conosco a malapena. Eppure lo so!”

Ho ancora i suoi occhi impressi a fuoco nel mio cervello. No! Il mio cerbiatto non mi stava mentendo.

“Cristo! Sono stato un vero mostro con lei. Sapessi le cose che le ho detto!”

“Andiamo, Jar! È più che comprensibile. Non è la prima volta che ti capita una cosa del genere … che dovevi pensare?”

Lo so che Shannon parla così solo perché non la conosce, ma la sua leggerezza mi sta comunque facendo incazzare.

“Per esempio, avrei potuto farla almeno parlare!” Gli rispondo, quasi fuori di me. “Invece che trattarla come immondizia, tirandole addosso i suoi vestiti e cacciandola come un cane.”                 
Mio fratello assiste sbigottito al mio sfogo. Lo avevo represso da giorni ed ora è esploso. “Lei è stata anche fin troppo garbata a tirarmi soltanto una sberla!”

“Ti ha schiaffeggiato? Davvero?”

Alzo gli occhi al cielo. Crede sul serio che mi inventerei di essere stato picchiato da una donna che avevo appena insultato nel peggiore dei modi.

“Be’! Allora, forse dovresti proprio chiamarla!” Sentenzia Shan, sghignazzando.
“Ti ha mollato uno schiaffo! A te? L’essere supremo che noi poveri mortali possiamo solo ammirare dal basso! … Questa ragazza comincia a piacermi!” E meno male che è mio fratello. L’amato sangue del mio sangue.

Devo assolutamente scusarmi con lei. Non posso permettere che lei creda ancora a quella puttanata che le ho detto.
– Ora tutto il mondo saprà quanto sono caduto in basso! –
Con lei! Cazzo, ma l’ho detto davvero!                                                                                                       

Voglio che lei sappia quanto sono stato bene con lei, e non solo a letto. Quanto ogni minuto trascorso insieme mi abbia fatto sentire, per la prima volta, un uomo normale. Non lo stupido fantoccio che invece sono in realtà. Ma non ho il coraggio di chiamarla.

Sono una Divah senza palle! Questa è la pura verità.

Sto strimpellando al pianoforte qualche nota, senza badarci troppo. Ora mi accorgo che sono gli accordi di I’m Through With Love. Quella canzone struggente che Marilyn canta in A Qualcuno Piace Caldo, dopo che Tony Curtis l’ha piantata in asso. Il suo film! Ce l’ho in testa da quella sera. No! Anche se trovassi il coraggio, una telefonata non basterà mai a farmi perdonare. Devo pensare a qualcosa di meglio. Qualcosa che sia più degno di lei.

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Capitolo 10
*** n. 15 ***


[Altro capitoletto. Fran cercherà di risolvere i suoi guai! ... Ma non temete, Jared tornerà alla carica, prima o poi!
Scrivetemi dei commenti, se vi va! Finora siete stati trooppoo carini!!!]



15.
 
È il primo giorno di pioggia, dopo un’estate insolitamente torrida.                                                        
Sono nervosa perché il piano che abbiamo architettato potrebbe anche andare a rotoli in un batter d’occhio e io, Martin, e i nostri preziosi libri finiremmo in mezzo alla strada. Hugh ha studiato una soluzione semplice e speriamo efficace, che prevede anche il fondamentale aiuto di Emma.                                                              
I ragazzi, poi, sono stati fantastici! Non ne ho mai dubitato, ma sono riusciti ugualmente a commuovermi. Ci sono volute alcune settimane per organizzarci, anche finanziariamente, ma spero che vada tutto come deve andare!

Ieri ho chiamato il signor Dorian e gli ho chiesto un appuntamento con la scusa di firmargli la liberatoria per i rilascio spontaneo del locale. Lo stronzo ha colto la palla al balzo. È convinto di avermi piegata. Adesso è qui fuori dalla porta che picchietta contro il vetro. Bene! È venuto accompagnato da quella specie di avvocato, suo tirapiedi, un viscido imbecille cha mi auguro non metta mai davvero piede in un’aula di tribunale.                                                                              
Faccio loro segno di entrare, e solo una volta dentro, i due si accorgono della presenza di Hugh e Emma.

“Signor Dorian! Avvocato Hunt!” Li accolgo, tranquilla. Loro invece sembrano un po’ turbati. È come se fiutassero nell’aria che qualcosa non sta andando come loro avevano previsto. “Posso presentarvi il signor Grantham e la signora Redman?”
Li salutano solo con un cenno del capo.

“Il signor Grantham è il mio legale, esperto di diritto immobiliare …” continuo come se niente fosse, “la signora Redman è un pubblico ufficiale, più precisamente della sezione tributaria!”

Mi fermo per fargli assorbire il colpo e godermi la loro espressione. Dorian sta boccheggiando. Solo vedere la sua faccia in questo momento ne vale la pena!

“Ss … signorina! Non capisco … co … cosa ci fanno queste persone qui?” Mi chiede il vecchio, non appena ritrova la parola.

“Vede signor Dorian, la mia cliente, la qui presente Francesca Hadrian, ci ha comunicato che lei intende mettere in vendita il locale che la signorina ha in affitto da sette anni! Dico bene?” Bravo Hugh! Davvero molto professionale!

Dorian annuisce. “E, in questi sette anni, la signorina Hadrian ha sempre onorato regolarmente i suoi obblighi! Sbaglio?”

“Be’, be’ … è capitato più di una volta che mi pagasse in ritardo!” Il vecchiaccio non vuole proprio mollare.

Hugh lo fulmina con lo sguardo e Emma, con un semplice colpo di tosse, gli ricorda della sua presenza, terrorizzandolo.

“Ha sempre pagato l’affitto, oppure no?” Dorian annuisce un’altra volta.

“Però lei non ha ritenuto opportuno comunicare alla signorina che può godere del diritto di prelazione sull’acquisto del locale in questione!”

“Un momento, la sua cliente le avrà certo detto che non naviga in buone acque! Fa già fatica a saldarmi l’affitto, figuriamoci se può permettersi di comperare questo posto!” Lo stronzo ghigna soddisfatto. Ridi, finché puoi!

“La legge la obbliga comunque a sottoporre alla signorina una proposta d’acquisto.”

Dorian lancia uno sguardo interrogativo al suo avvocato e quest’ultimo annuisce titubante.

“Sciocchezze! … Va bene, va bene …” taglia corto il vecchiaccio, rivolgendosi a me “… lei ha cinquantamila sterline per il locale?”

“Diciamo … diecimila!” Hugh è incontenibile! Lo abbraccerei se potessi.

“Diecimila? … Ma lei sta scherzando?”

“Considerando il riscatto delle somme che la cliente le ha già versato come locazione, e sorvolando su tutto il resto, ci sembra una cifra adeguata.” Boom! Altro punto segnato per il nostro team!

“Tutto il resto … che cosa significa?” Dorian è quasi alle corde. Vorrebbe esplodere ma Hunt lo trattiene per un braccio, indicandogli l’agente della tributaria che è ancora al mio fianco.

Emma capisce che è arrivato il suo momento. “Signor Dorian! Non mi risulta che lei abbia subito una qualche verifica fiscale recentemente. Dica, a quando risale l’ultimo controllo?”

“Verifica fiscale? … Non capisco …”

“Immagino che, per quanto riguarda questo locale, lei abbia tutto in regola! … E mi riferisco ai controlli di legge sugli immobili, alle imposte, … ai contratti d’affitto stipulati anche con i precedenti affittuari!” Questo è il punto del ko!

“Ma … ma questo è un ricatto bello e buono!” Replica Dorian, quasi senza voce. L’avvocato lo trascina in un angolo e i due parlottano per un paio di minuti. Il vecchio si sbraccia agitato. Per un istante temo che gli possa venire un colpo apoplettico e che mi muoia davanti agli occhi. Ma Dorian ha la pellaccia troppo dura!

“Qual è la vostra proposta?” Chiede l’avvocato,a questo punto, rivolgendosi a Hugh.

“La signorina Hadrian è disposta a comprare il locale per la somma di diecimila sterline, come detto precedentemente! Subito e in contanti! … Se lei accetta l’accordo, non subirà nessun controllo fiscale, e liberandosi dell’immobile, si metterebbe al riparo da qualsiasi controllo futuro …”

“… In caso contrario …” s’intromette Emma, mettendo in evidenza il tesserino della polizia, ma senza che i due possano vederlo nei dettagli, “… come pubblico ufficiale, sarò costretta a seguire l’iter di legge … immagino sappiate come vanno queste cose? … Potrebbe essere spiacevole … per un uomo della sua età!”

Hunt lancia al suo cliente un’occhiata che non necessita di spiegazioni e Dorian, sconfitto, fa cenno di sì con la testa.

“Sia! … Ha detto diecimila in contanti?”

Hugh estrae un documento da una cartellina. “Mi sono preso il disturbo di buttare giù due righe, tanto per ufficializzare la cosa! Ci teniamo a fare le cose in regola, non è vero signor Dorian?” E gli porge una penna. “Lo legga pure. Per la firma c’è uno spazio in calce alla pagina!”
 

Non appena il ‘gatto’ e la ‘volpe’ escono dalla libreria, con la coda tra le gambe, dall’ufficietto sbucano Gina, Nick, Martin e Jason, che si erano rintanati lì dentro per godersi la scena indisturbati. Ci guardano con impazienza. Anche Gina!

“Ragazzi!” Esordisco io, sollevata e elettrizzata allo stesso tempo. “Siamo comproprietari di questa meravigliosa e sofisticata barca che affonda!”

E ci lasciamo andare ad un abbraccio collettivo che mi fa sentire davvero a casa! Non è solo un luogo comune, sento veramente che i miei amici si taglierebbero un braccio per me. E anch’io lo farei per loro! Se me lo permetteranno, restituirò loro ogni centesimo, fossi l’ultima cosa che faccio.

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Capitolo 11
*** n. 16 ***


[Nuovo capitoletto. Jared torna a Londra. Tentativo n. 1! Come andrà a finire? Leggete e fatemi sapere. ByeBye]

16.
 
Cristo Santo! Perché non mi porto mai dietro un ombrello? È settembre e sono a Londra, non ci voleva certo un mago per prevedere la pioggia!
Sono davanti alla sua libreria, dall’altro lato della strada. Sarei voluto entrare, ma ho visto quel vecchio, il proprietario del locale, insieme ad un altro tizio altrettanto squallido, che s’introducevano nel negozio. Avrei voluto correre da lei, per proteggerla ancora una volta da quel vecchiaccio malefico, ma avvicinandomi alla sua vetrina, ho notato che non è sola.                                             Con lei ci sono anche Emma, la sua coinquilina, e uno dei suoi amici del pub, credo Hugh, quello paffutello. Non mi resta altro da fare che aspettare. Voglio parlarle da sola, sempre che lei abbia voglia di parlare con me. Mi pento di non essermi portato dietro quella cosa, ma devo aspettare il momento giusto. Ancora non ho idea di che cosa le dirò?

Il vecchio e l’altro tizio sono appena usciti e non mi sembrano molto di buon umore. La cosa, non so perché, mi rende felice. So per certo che quello che infastidisce Dorian, rende soddisfatta la mia Bambi. Mi accingo ad attraversare la strada, quando dal negozio escono anche gli altri.                       
Oltre a Hugh e Emma, ci sono anche Gina e Jason, e Nick. E Francesca, ovviamente! Cazzo, non credevo che una ragazza che conosco a malapena potesse mancarmi così tanto!                             
Si salutano calorosamente, sembrano così allegri che impazzisco dalla voglia di sapere che cosa sia successo.

“Allora! Si festeggia al pub, stasera?” È Jason che urla per farsi sentire, sopra il rumore della pioggia e le gioiose risate dei suoi amici. “E niente birra. Champagne! … Paga Fran!”

E si allontanano, continuando a scherzare tra di loro. Solo Nick rimane con Francesca, al riparo sotto la piccola tettoia dello stabile, e, mentre lei si accende l’ennesima sigaretta, lui l’abbraccia da dietro, cullandola. Mi sento come se venissi colpito in pieno da una doccia gelata!

< Che cazzo ti aspettavi, idiota? Dopo quello che le hai fatto, credevi davvero che lei … >  non riesco nemmeno a finire di formulare il pensiero, perché mi sento un groppo in gola che mi sta togliendo il respiro.

Ho una voglia impellente di andarmene, di sparire da questa città e dimenticarla per sempre. Ma non posso farlo! Sono venuto fin qui e devo comportarmi da uomo. Devo almeno chiederle scusa e se lei non vorrà perdonarmi, allora, mi metterò il cuore in pace.       
Mi avvicino ai due, che sono ancora abbracciati e, essendo girati di schiena, non si accorgono del mio arrivo.

“Ciao, Francesca!” Mi esce un saluto un po’ stridulo, e spero che lei non si accorga della mia emozione.
Si voltano entrambi di soprassalto. E gli occhi di lei mutano espressione, da gioia a stupore a timore, in un solo battito.

“Oh, Porca Puttana! Che ci fa questo ancora qui?” Nick si mette in mezzo, avanzando minaccioso verso di me. Capisco perfettamente il suo atteggiamento. È geloso! Anche io vorrei spaccargli la faccia, se volesse portarmi via la cosa a cui tengo di più al mondo … e, in effetti, un mezzo pensierino in proposito lo sto facendo.
“Ma non avevi avuto il buon gusto di sparire dalla sua vita?”

“Ciao, Nick! È un piacere anche per me rivederti!” Rispondo, mantenendo il mio self-control.

Francesca stringe il braccio del ragazzo, riportandolo più vicino a lei. “Ehi! Non c’è motivo di scaldarsi.” E gli sorride, guardandolo fisso negli occhi. Sento un’altra fitta che non mi fa respirare. “Ci vediamo stasera, ok? Tranquillo!”

“No! Io non ti lascio da sola con questo qui …” sto per reagire, ma lei lo zittisce posandogli due dita sopra le labbra e regalandogli un’occhiata molto eloquente “… ok! Ma starò qui nei paraggi. Fammi un fischio, se hai bisogno!”

Mi lancia uno degli sguardi assassini che ormai è abituato a riservarmi, mentre la stringe forte a sé e le bacia affettuosamente una guancia. “A stasera, piccola!” Le sussurra, prima di andarsene.

“Lo sai che ti fa male? Non dovresti fumare!” Le dico, con tono quasi paterno, soltanto per rompere il ghiaccio.

Lei spegne la sigaretta, ormai finita, e mi guarda perplessa. “E tu non dovresti inzupparti così! Non lo sai che ti fa male? Che cosa farebbero i tuoi echelon senza di te?”

Un momento! Fermi tutti! Lei non mi odia! Non ci sono né risentimento né disprezzo nella sua voce. Dio, quanto vorrei abbracciarla adesso, qui, sotto la pioggia. Francesca apre la porta della libreria ed entra, tenendola aperta per far entrare anche me. Il primo passo è fatto, ed è stato anche più facile del previsto.

^^^^^^^


“Guarda … guarda chi abbiamo qui?”

Vedendomi rientrare in negozio con Jared, Martin molla di colpo la rivista di moda che stava sfogliando e ci viene incontro, tutto eccitato.

“Martin! Moderati, ti prego!”

“Ah! Già!” Continua lui, picchiettandosi un dito sulla tempia. “Dimenticavo! Noi odiamo il signor Leto!”

Jared mi guarda perplesso. Ancora quasi non mi ha rivolto la parola e io mi ritrovo a sorridergli per metterlo a suo agio. Ma perché lo sto facendo? Mi ha umiliata come peggio non avrebbe potuto. Se mi avesse strappato il fegato con un cucchiaino da tè mi avrebbe fatto meno male.                        
E allora, perché è qui, adesso? Perché non riesco semplicemente a mandarlo al diavolo. Dai suoi occhi, capisco che anche lui si aspetta che lo faccia.

“No! Noi non odiamo il signor Leto! … Noi non odiamo nessuno … non oggi. Oggi vogliamo solo festeggiare!”

E abbraccio istintivamente il mio socio, che ricambia il mio slancio con dolcezza, accarezzandomi la schiena, un po’ umida di pioggia.

“Siamo stati grandi!” Mi sussurra piano. Poi, Martin dedica uno sguardo fugace a Jared, e torna su di me. “È quasi ora di pranzo. Vuoi chiudere tu?”

Faccio cenno di sì con la testa.

“Non abbiamo avuto occasione di presentarci, l’altra volta! … E, sinceramente non pensavo che saresti tornato …” Martin si rivolge a lui, tendendogli una mano. “… Io sono Martin! Ci siamo sentiti per telefono, credo.”

Jared gliela stringe. “È un piacere, Martin! Io sono Jared!”

Martin esplode in una fragorosa risata. “Ma va? Non lo avrei mai detto!”

“Ecco! Quello è Martin!” Dico a Jared, una volta da soli.

La curiosità di sapere perché è qui mi sta divorando. Ma ho anche paura. L’ultima volta mi ha accusata di averlo incastrato con quelle foto. E se volesse trascinarmi in tribunale? Proprio ora che le cose si stanno sistemando.                                                                                                             Però, lui ha ancora quello sguardo! Non quello che aveva quella maledetta mattina, al suo hotel. No! Quello che aveva a casa mia, quando l’ho medicato … o alla festa di Gina … o al ristorante. Comincio a pensare che, forse, il ragazzo soffra di schizofrenia.

“Ero convinto che il tuo amico mi avrebbe pestato!”

“Chi? Martin?”

L’immagine di Martin che picchia Jared, rischiando di spezzarsi un’unghia mi fa sbellicare.

“No! Nick!” Anche Jared sorride. È solo una mia impressione, oppure sta splendendo davvero il sole, in mezzo alla incessante pioggia londinese. “Dopo quello che ti fatto … che ho detto …”

“Lui non lo sa!” Questa mia affermazione sembra scioccarlo. “Non mi pareva il caso.”

“Vuoi dirmi che non hai detto ai tuoi amici quello che …?”

“No! L’ho detto a Gina e a Jason! …” lui annuisce “ … Sei in debito con me! Ho il forte dubbio che Jason avrebbe tanto voluto darti una lezione, se non glielo avessi impedito.”

“Glielo hai impedito?” Jared è sempre più sorpreso, ma ancora non riesco a capire dove voglia arrivare.

“Ehi! Non volevo andare a trovare il mio amico in prigione perché aveva gambizzato una rockstar! … E poi, sono la testimone di nozze di Gina … ho già comprato il vestito!”

Jared mi si avvicina e mi prende entrambe le mani. So che è un attore e che probabilmente ci sguazza in queste situazioni da cinema, ma mi pare di vederlo commosso.

“Non so come scusarmi, Francesca!” La sua voce ha un suono così soave. “Non avrei mai dovuto dire quelle cose!”

Mi libero dalla sua presa delicata e mi dirigo dietro al bancone. Devo assolutamente mettere più spazio possibile tra di noi, prima di rischiare di annegare completamente. Di nuovo!

“Lo so che non sei stata tu! … Intendo, con quelle foto …”

“Aah!” Ora sono io a fissarlo stupita.

“L’ho scoperto qualche giorno dopo! … Anche se, in fondo, credo di averlo sempre saputo. … Tu non …”

Lo interrompo, prima che possa dire qualcosa che non voglio sentire. “E chi sarebbe stato, allora?”

Jared è un po’ titubante, o forse solo imbarazzato. “Si chiama Annabelle! È una modella.”  E come ti sbagli!  “La frequentavo ogni tanto, quando venivo a Londra … be’, l’altra volta, ha saputo che ero in città e mi ha cercato. Io non l’ho richiamata … e così, mi ha … seguito. … E ci ha beccati!”

“Eh, deve stare attento signor Leto! La gelosia può giocare bruttissimi scherzi!”

Cerco di sembrare ironica e sicura di me, ma quello che mi ha appena raccontato è come se avesse scavato ancora più in profondità il solco tra noi. La sua vita è questa! Modelle da una botta e via che piangono se lui non le richiama, blog e giornali disposti a comprare foto e interviste che lo riguardano, specie se intime e piccanti. Non potrei mai sopportare tutto questo!

“Che cosa devo fare con te?”
Senza che me ne sia accorta, lui è scivolato dietro al bancone, di fianco a me. Mi sussurra fra i capelli, inspirando forte il mio profumo, come già aveva fatto una volta.
“Annabelle voleva vendicarsi solo perché non l’ho richiamata. … Mentre tu, dopo tutto quello che ti detto, hai impedito che il tuo amico mi gonfiasse di botte! … Sei incredibile!”

Non devo permettere assolutamente che la situazione degeneri. “Non è poi così incredibile! Semplicemente, forse, questa Annabelle ci teneva più di me a non farti uscire dalla sua vita!”

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Capitolo 12
*** n. 17 ***



17.

< Annabelle ci teneva più di me a non farti uscire dalla sua vita! >

Ora mi sento realmente morire. Non è un luogo comune! Le sono bastate poche parole per sbriciolare le mie speranze come un biscotto secco.                                                                                  

È questa la ragione per cui lei così tranquilla, è questa la ragione per cui non ha voluto che i suoi amici la vendicassero.                                                                                                                              È per questo che non mi odia neanche un po’. Banalmente, a lei non frega niente di me!                                                                                                È solo il mio stupido orgoglio che non voleva nemmeno prendere in considerazione questa eventualità. Dio, quanto preferirei che mi riempisse la faccia di schiaffi! Cerco di fare l’indifferente e riassorbire il colpo. Ma non voglio andarmene. Non ancora.

“So che non sono affari miei, ma vi ho sentiti parlare di festeggiamenti. … Devo congratularmi per qualcosa?” Le chiedo, staccandomi da lei e curiosando un po’ in giro.

“Abbiamo comprato la libreria!” Annuncia lei, soddisfatta. Le luccicano ancora gli occhi. Si vede che è felice. “Voleva sbatterci fuori, ma non aveva capito con chi aveva a che fare. … Grazie a Hugh e a Emma, gliela abbiamo strappata ad un prezzo stracciato. Avresti dovuto vedere la faccia del vecchio Dorian!”

Ah, ecco! Ora era chiaro perché il vecchio era così fuori di sé, prima.

“Avete? Tu e chi?”

“Anche se il prezzo era stracciato, non avevo tutta la cifra. I ragazzi, i miei fratelloni, mi hanno aiutato. … Hanno contribuito tutti, Gina e Jason, Hugh, Nick … persino Martin.”

Sono investito da un devastante moto d’invidia. Perché lei non ha bisogno di me, quanto io ne ho di lei? Lei ha i suoi fratelloni, come li chiama lei. Loro si battono per lei! E, sono certo che quell’insipido Nick, prima o poi, riuscirà a riconquistarla. È così ovvio che è ancora innamorato di lei! Brividi o non brividi!

“Avrebbe fatto piacere anche a me … poterti dare una mano!” Le dico, mentre mi trema la voce.

“Lo hai fatto! …” Mi guarda finalmente negli occhi. Sono lucidi, forse ancora per l’euforia o per l’emozione. “… Se non avessi fatto incazzare Dorian, mesi fa, soffiandogli il Dorè … non avrebbe mai tentato di sbattermi fuori!”

Ma in questo momento non mi interessa niente di Dorian, del Dorè, della libreria. Ho solo voglia di perdermi ancora nei suoi occhi e conoscere la verità. Sapere se a Francesca importa o è mai importato davvero di me!
Mi riavvicino a lei e le appoggio delicatamente le mani sugli avambracci, per costringerla a non distogliere lo sguardo da me.

“Ti prego! Non farmi questo!” La imploro con un filo di voce. “Sono venuto da te per farmi perdonare. Ero deciso a supplicarti … persino a inginocchiarmi davanti a te … perché mi sento una merda … ed è quello che sono!”
Posso benissimo notare che i suoi occhi si stanno riempiendo di lacrime.
“Avrei preferito che tu mi urlassi contro, che mi picchiassi … Cristo! Sarebbe stato meglio che lasciassi fare a Jason quello che aveva in mente … ma non posso sopportare la tua indifferenza. … Io … Tu mi manchi da morire!”

Francesca scuote le spalle per farmi mollare la presa e, senza dire una sola parola, si dirige verso la porta. Ecco, Jared! Vuoi una risposta più chiara di questa? Lei non ti vuole e ti sta piantando qui come un cretino!

Invece no, chiude la porta e gira il cartello di apertura del negozio verso l’interno. Sempre senza parlare, ritorna da me, mi prende la mano e mi guida verso una piccola porta sul fondo, spingendomi ad entrare. Mi lascia la mano ed afferra il colletto del mio giubbino, tirandomi a sé. I nostri visi sono così vicini che il suo odore di mandorla mi invade ancora una volta. Mi sembra di tornare a respirare dopo una lunga apnea.

“Sei un idiota! Lo sai?” Sospira, prima di baciarmi.

È vero! Sono il più grande fottuto idiota sulla terra. Ho aspettato per settimane questo momento, e perché poi? Perché non sono capace di chiedere scusa! O perché il mio orgoglio, ancora lui, non avrebbe sopportato un suo rifiuto?
La sollevo, facendola sedere su una scrivania, e continuo a baciarla. Mi sento affamato, come se non mangiassi da mesi e ora avessi a disposizione il cibo più delizioso mai creato. Che cosa diceva a proposito di quella specie di mozzarella? Non può essere più squisita di lei! Infilo le mani sotto la sua maglietta umida, accarezzandole la pelle, mentre lei incrocia le gambe attorno ai miei fianchi e, afferrandomi per i passanti dei jeans, mi tiene incollato a lei. Come se io avessi la minima intenzione di staccarmi! Posso sentire distintamente i brividi che stanno pervadendo il suo corpo e confido che anche lei stia sentendo i miei. Se era questo ciò di cui parlava, temo che non riuscirò a farne a meno mai più!

“Dimmi un po’? Questo significa che mi hai perdonato!” Le chiedo, dopo che la mancanza di ossigeno ci costringe a riprendere fiato.

“Sì! Credo che significhi proprio questo!”

Mi libera dalla presa delle sue gambe e scende dal tavolo, ridendo allegramente. “Non si preoccupi, signor Leto! Potrà tornare a dormire sonni tranquilli, ora! Non c’è nessuna piccola libraia che medita una tremenda vendetta nei suoi confronti!”

No! Non posso credere che lei non abbia ancora capito! Che mi abbia frainteso in questo modo.

La blocco prima che lei possa andarsene. “Francesca! Andiamo! Non ti rendi conto che non è solo il tuo perdono che voglio!” Le grido, prima di perdere definitivamente il controllo.

“E allora perché sei qui, Jared?” Non sorride più. Improvvisamente mi sembra stanca, come se avesse dovuto girare l’intero asse terrestre con le sue sole forze. “Che cosa è che vuoi?”

“Io voglio te!” Niente di più elementare e niente di più complicato.

Mi accarezza dolcemente una guancia, socchiudendo gli occhi. “Allora, la cosa potrebbe diventare sconsigliabile per lei, signor Leto! … Sa, mi hanno parlato di questa Francesca … e non mi sembra affatto un tipo docile.”

Ah! Questo l’ho capito da un pezzo, mio piccolo cerbiatto selvatico. La stringo ancora una volta. Mi manca il contatto fisico con il suo corpo e questa volta anche lei sembra averlo capito. Mi sfila il giubbino a fatica perché mi rimane incastrato sui gomiti e io ne approfitto per sollevarla e farla risedere sul tavolo di prima. Mi guarda sbalordita e io mi fermo all’istante. Buffo! Pensavo di essere stato chiaro che quando le ho detto che la voglio, intendessi anche fisicamente. Temo proprio che sarà una faticaccia entrare nella sua mente!

“Che cosa stai aspettando?” Mi chiede lei, sorridendo. Mi afferra per la maglietta e mi attira a lei. Mi bacia. A lungo e intensamente. La sua pelle è calda e fresca allo stesso tempo, e questa cosa mi fa girare la testa. Non resisto più … e neanche lei. Anche lei mi vuole. Mi sorprende quanto questa cosa possa stupirmi, ma è così!
Dentro lei mi sento al sicuro, protetto, in primis da me stesso. Mi forzo ad essere dolce e il più delicato possibile. Non voglio spaventarla con la mia solita irruenza. Ma lei si aggrappa a me ancora più forte, quasi facendomi male.

“Non fingere con me!” Mi sussurra all’orecchio, ansimando. “Mai!”

Allora l’assecondo. Vuole che sia me stesso. Non l’idea romantica del principe azzurro delle favole. Lei vuole anche l’orco che si nasconde dentro di me.

Non ho mai fatto sesso nel retro di una libreria, in mezzo all’odore di libri, carta e legno impolverato dal tempo. E non so dire se sia stato quel particolare mix di odori o, più probabilmente, per merito di Francesca, ma per la prima volta, in mezzo a migliaia di volte, ho visto i fuochi d’artificio!


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[Credete che Fran abbia perdonato Jared troppo facilmente? Oppure vi sareste comportati nello stesso modo? D'altra parte, come dice il proverbio, 'Ogni lasciata è persa!'. Fatemi sapere. ByeBye]

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Capitolo 13
*** n. 18 ***


18.
 
Non sono mai stata una fissata con l’ordine e le pulizie, e la mia camera e il mio ufficio ne sono un bell’esempio.                                                                                                                                        

Certo! Non raggiungo le vette insuperabili di Emma. Lei riuscirebbe a mandare in confusione anche un organizer elettronico. Si crogiola nel suo stesso caos. Sono convinta che sia da quello che attinge la sua forza.                                                                                                                       Ma, non so perché, oggi ho deciso di dedicarmi alle pulizie di primavera. Anche se in effetti siamo a settembre inoltrato e fra poco sarà il mio compleanno. Forse è proprio per questo sto mettendo un po’ in ordine. Voglio rinnovarmi dentro e fuori!                                 
Ma chi cazzo voglio prendere in giro? È soltanto che è domenica e io non so che cosa fare per distrarmi. Perché lui mi manca in un modo che non potevo prevedere.

Jared è ripartito l’altro ieri. Doveva tornare a Los Angeles per lavorare al nuovo album, ma, anche se io non glielo ho chiesto apertamente, ha garantito che tornerà per il mio compleanno.                               
È quasi esploso quando ha saputo che compio gli anni a fine mese e, benché gli abbia stragiurato che io non festeggio mai, mi ha promesso una serata speciale. È vero che io detesto il mio compleanno, ma festeggiarlo con lui non mi sembra poi una prospettiva tanto deprimente!

Da quando abbiamo fatto pace, qualche giorno fa, non abbiamo passato insieme molto tempo. Insieme come coppia, intendo dire! A parte lo spettacolare show nel retro bottega dell’altro giorno. Non che non volessi, ma all’inizio ho pensato che fosse meglio non precipitare le cose, un’altra volta. E credo che Jared sia stato d’accordo con me. Bruciare le tappe, la prima volta, non ci ha portato molta fortuna.
Così abbiamo trascorso il tempo girando per la città come due turisti. Ci tenevo a mostrargli perlomeno i miei luoghi del cuore, quelli che rendono la mia città diversa da tutte le altre, tralasciando le attrazioni più comuni. Abbiamo bivaccato un po’ a Bloomsbury, respirato il ricordo del Bardo al Globe Theatre, mangiato souskai de platano a Brixton. L’ho persino trascinato ad Islington a vedere lo stadio dell’Arsenal, la squadra di calcio per cui tifo da tutta la vita. So che Londra non sostituirà mai Parigi o New York in cima alla lista delle sue città preferite, ma credo che la sua riluttanza stia cominciando a scricchiolare almeno un po’.

D’altra parte che cosa si potrebbe chiedere di più ad una città! Come diceva il mio illustre compatriota Samuel Johnson: ‘Quando un uomo è stanco di Londra, è stanco della vita, perché a Londra c’è tutto ciò che la vita può offrire’!

Comunque, pur avendo trascorso dei bellissimi momenti insieme, devo riconoscere che gli ultimi giorni sono stati davvero pesanti. Lui riesce ad essere sempre più bello, ogni giorno che passa. Stargli così vicino e riuscire a non saltargli addosso è un’impresa titanica! Se esistesse il premio Nobel per il sangue freddo, vincerei senza concorrenza!

“Fran! Non pensi che il tavolo sia sufficientemente pulito?”

Trovo Emma intenta a fissarmi dallo stipite della porta. Da quanto tempo sto strofinando il tavolo? Boh, e chi se lo ricorda! Comunque continuo, solo per non darle soddisfazione.

“Allora! È partito?” Grazie Emma! Ottimo tatto!

Annuisco.

“Ma tornerà presto! Ci scommetto!”

Oh! Che angelo! Perché la giudico sempre male. “Dimmi un po’? Hai intenzione di fare la Cenerentola fin quando non sarà di nuovo qui?”

“Non stressarmi, Emma!” Replico, passando a spolverare le sedie. “Che male c’è se cerco di distrarmi un pochino. … E poi questa casa ha bisogno di una bella lustrata, una volta ogni tanto!”

La mia coinquilina alza le mani in segno di resa. “Ehi, micetta, ritira gli artigli! Non ho affatto intenzione di fermarti!” Si guarda intorno, sospirando. “Anzi, credo che tu possa farci quello che vuoi, con la casa! … È sempre piaciuta più a te che a me!”

“Sicuro! Tu dormiresti in salotto, solo per non fare le due rampe di scale fino alla tua camera.”

“Hai ragione! … È troppo stretta e … troppo sviluppata in altezza …” concorda Emma, aiutandosi con ampi gesti delle mani, “ … faccio già abbastanza attività fisica a lavoro e non ho bisogno di farne anche a casa … e quella vasca da bagno antica … ci entro a malapena …”

“Emma, si può sapere che diavolo stai dicendo?”

“Gene mi ha chiesto di andare a vivere con lui!” Lo sputa fuori tutto d’un fiato.

Gene Drake è un ispettore capo della polizia metropolitana. Lui ed Emma stanno portando avanti una pseudo relazione da almeno cinque anni. So che sono molto legati, ma non li ho mai immaginati come una dolce coppiettina.

“Be’! È fantastico!” Strillo, correndole incontro per abbracciarla. “Non credevo che foste a questo punto … sono così felice per voi.”

Un po’ sono nauseata dal mio stesso comportamento smielato. Io non sono mai stata così! Fra un po’ comincerò anch’io a vedere tutto rosa e i cuoricini volarmi intorno e gli uccellini cinguettare? Spero proprio di no!

“Comunque! Mi farebbe molto piacere se tu rimanessi qui!”

Oh, cazzo! Non ci avevo pensato! Se Emma non c’è, dovrò andare via anch’io!

“No! Grazie per l’offerta, ma non posso accettare. … Questa è la casa dei tuoi genitori …”

“Appunto! Loro sarebbero felici di sapere che ci abita qualcuno che l’ama davvero.”

È vero! Io l’adoro. Per tutte le ragioni per cui a Emma non è mai piaciuta. I colori sgargianti della facciata, il corridoio e le stanze strette del piano terra, le scale inerpicate verso l’alto, il vecchio bagno con la vasca antica. Si respira la storia in questa casa. Mi dispiacerebbe vivere da un’altra parte.

“Ma non vorresti venderla?”

“No! Non credo! …” Emma mi riabbraccia forte, tanto forte che quasi mi stritola. “… Forse più in là … magari quando incontrerai un uomo meraviglioso che muoia dalla voglia di regalartela per viverci con te e allevarci un paio di graziosi cuccioli … magari con le lentiggini, gli occhi blu ghiaccio e la bella voce …”


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[Dunque Jared è tornato di nuovo a Los Angeles, ma non allarmatevi, tornerà presto. Lo ha promesso, no! Il prossimo sarà l'ultimo capitolo. Immagino che vi siate accorti che la storia sta volgendo al termine. Cosa vi aspettate che succederà? ... Grazie ancora a tutti quelli che hanno letto e apprezzato! Aspetto i vostri commenti e le vostre critiche! ByeBye]

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Capitolo 14
*** n. 19 ***



[Eccoci qua! Ultimo capitolo! Chi l'avrebbe mai detto? ... A quelli che si aspettano il solito gioco del bastone e la carota, dico subito che io sono un'ottimista x natura ... perciò è scontato che abbia riservato un lieto fine a Fran e Jared! Grazie a tutti quelli che avranno la pazienza di leggere ....]


19.
 
Quando ho chiesto a mia madre di realizzare quel braccialetto non avevo idea che il suo compleanno fosse così vicino! Che sia un segno del destino? Lo avevo con me anche l’ultima volta che ero a Londra, ma all’epoca dubitavo lei che volesse avere ancora a che fare con me!                                                         

A Constance, mia madre, la mia idea è piaciuta subito, fin da quando le ho mostrato le foto di quello che volevo. E quando le ho detto quali parole volevo fossero incise sul retro del bracciale i suoi grandi e bellissimi occhi chiari si sono aperti in un sorriso luminoso. Probabilmente sa leggermi dentro, anche più di quanto avrei voluto. Perché sinceramente nemmeno io so dove mi porterà questa cosa. Ma per quanto io sia solito ragionare ostinatamente sulle cose, sono e rimango un uomo istintivo. Volevo farlo e l’ho fatto! Ora la palla non è più nelle mie mani!                                                                                                                                      

Ovviamente, ho chiesto a mia madre di utilizzare zaffiri bianchi al posto dei diamanti e lei è stata concorde. Anche Bambi detesta tutto quello che si nasconde dietro il commercio delle pietre preziose, quindi so che apprezzerà la scelta. Non le ho mai visto indosso nessun gioiello, né bigiotteria, perciò comincio ad avvertire un po’ di tensione. E se non le piacesse? E se apprezzasse il gesto ma lo rifiutasse perché … già perché? Perché mi creo tutte queste paranoie soltanto ora? Non potevo pensarci prima?  

“Buongiorno, Francesca!” Sono contento che mi abbia risposto lei al telefono, risparmiandomi i soliti siparietti con Martin.

“Ehi! Ma sei ancora sveglio a quest’ora? Saranno le due di notte a Los Angeles!”

Riesco a stento a trattenere una risata. “Lo sai che non dormo molto! Soprattutto se sono da solo.”

“E da quando vai a letto da solo?”

So che sta scherzando, anche perché ultimamente a iniziato a prendermi in giro parecchio con questa storia dello ‘sciupafemmine’. La cosa sembra divertirla molto … ma un po’ ho cominciato a conoscerla e credo che per lei riderci sopra sia un modo di esorcizzare il timore che io possa farlo davvero.

Sciocca! Da quando la conosco ho provato ad andare a letto con altre donne, specialmente dopo la storia delle foto, prima che mi perdonasse. Ma è stato come bere acqua di stagno dopo essersi abbeverato alle sorgenti più pure. Ed io sono sempre abituato ad avere il meglio!

“Che stai facendo?” Le domando con noncuranza, conoscendo già la risposta.

“Sto aggiornando i corrispettivi. Martin se ne dimentica sempre. … Di’, allora, ti aspetto per domani, o sono libera di andare a divertirmi con i miei amici?”

“Anche tu mi manchi, tesoro!” Sta sorridendo, il mio cerbiatto. “Dovrai rimandare i tuoi piani con i ragazzi, perché io ci sarò sicuramente. … E ti voglio tutta per me!”

La sento sospirare e il mio corpo comincia a formicolare dappertutto.

Lo scooter del garzone del fioraio si ferma davanti alla vetrina della libreria e controlla il nome e l’indirizzo per la consegna.

“Hai già ricevuto qualche regalo, per caso?” Le chiedo. Dio, quanto sono perfido!

“Assolutamente no! Te l’ho già detto che sono devotamente contraria ai regali di compleanno!”

Il garzone entra. “Buongiorno! Ho una consegna per la signorina Francesca Hadrian!”

“Sono io!” Dal telefono, la sento parlare con il ragazzo, mentre quest’ultimo le porge il pacchetto e il pad per la firma digitale. “Chi lo manda? C’è un biglietto?”

Il ragazzo alza le spalle ed esce spedito.

“Francesca! Chi era?” Ridacchio, senza farmi sgamare da lei. Per una volta le mie doti recitative mi tornano utili.

“Ho ricevuto un pacchetto!”

“Ehi! … Credevo che non volessi regali?” Mi fingo un po’ incazzato.

“Non penso sia un regalo! … È solo un pacchetto! … E se fosse antrace?”

Ora rido apertamente! Grazie, piccola mia! Non so quanto avrei resistito ancora.

“Andiamo! Aprilo! … Ti prometto che se mi accorgerò che stai per sentirti male, ti manderò immediatamente un’ambulanza!”

Lei rimane un po’ perplessa. Scarta il pacchetto e nota l’elegante confezione satinata del fioraio. Scuote la testa, mentre apre delicatamente la confezione e sbircia dentro.

“Tu non c’entri niente con questa cosa, vero?” Mi domanda, con tono rassegnato.

“Con quale cosa?” Ormai sono deciso di andare avanti, imperterrito, fino alla fine. “Che cosa c’è nel pacchetto?”

“Sssììì … come se non lo sapessi! … Cristo, Jared! Come ti viene in mente di regalarmi un’orchidea?”

Sembra sinceramente infastidita. Improvvisamente mi torna un po’ di angoscia. E se davvero il mio regalo non le piacesse? Se avessi fatto tutto questo basandomi solo su una mia impressione … ma in realtà a lei non gliene fregasse un cazzo.

“Francesca, ma che diavolo dici? … Ti sembro il tipo? … Anzi, chi è questo stronzo che ti manda le orchidee? Vorrei proprio saperlo!”

Non sto fingendo. Sono davvero agitato. Anche perché lei si ostina a fissare il fiore senza toglierlo dalla confezione. Così la cosa potrebbe andare avanti per ore.

“Calmati, Jared! … Non mi comincerai a fare il geloso, adesso? … Non siamo ancora così intimi!”

< Tesoro mio, come sei ingenua! Sono geloso di te dal primo momento in cui ci siamo incontrati. E poi, intimi o non intimi, sono un uomo estremamente possessivo. È una fortuna che io sappia con certezza che non c’è nessun’altro che ti regalerebbe quell’orchidea. O almeno spero! >

Distratto dalle mie insicurezze, non mi accorgo che Francesca ha finalmente tolto il fiore dalla scatolina e ora si sta rigirando il bracciale tra le dita.

“Sei un gran bastardo!” Esclama con la voce incrinata dall’emozione. “Mio Dio! Sembra proprio … è identico a quello di … mi spieghi come cazzo hai fatto?”

Non dubitavo che lo riconoscesse al primo sguardo. È una copia esatta del bracciale che Tony Curtis, alias Junior della Shell, regala a Marilyn Monroe, alias Zucchero, prima di abbandonarla. Anche l’orchidea è un omaggio al suo film.

“Tutto merito della madre del bastardo di cui sopra! … Non te l’avevo detto che la mia adorata mammina è un portento nel realizzare gioielli?”

“Sono una vera stronza! … Ecco, adesso ho pure insultato tua madre!”

Francesca non ha ancora sbattuto le palpebre neanche una volta. Gli occhi ancorati al bracciale e il respiro che si fa sempre più concitato. Gira il gioiello e si accorge dell’inscrizione.                                 

– Sugar Addicted – (Drogato di Zucchero)

“Oh, Jared …” I singhiozzi si fanno sempre più potenti e non riesce più a frenare le lacrime.

“Ehi, ehi! Avessi saputo che reagivi così … mi sarei limitato all’orchidea, Zucchero!” Le dico, scherzando, ma calcando molto sul nomignolo, in modo che le sia chiaro che è lei ciò di cui sono drogato.

“Un momento! … Non è che hai intenzione di piantarmi fingendo di dover sposare una ricca ereditiera e io sarò costretta a doverti rincorrere in bicicletta lungo il molo? …” la sua voce sta tornando piano alla normalità, anche se gli occhi sono ancora lucidi, “… Perché, te lo dico subito, io detesto andare in bicicletta!”

È unica! Non riuscirò mai a sconvolgerla più di quanto lei non sconvolga me ogni volta!

Scoppiamo a ridere come due idioti, al telefono. Se qualcuno mi vedesse in questo momento, mi scambierebbe per uno evaso da un manicomio. Se lei mi vedesse in questo momento …

“Jared, è bellissimo!” Il suo tono ora è così dolce, che quasi non mi sembra nemmeno lei. “È la cosa più meravigliosa che mi abbiano mai regalato!”

“Detto da una che odia i compleanni, è un gran complimento!”

“Oh, sì! Lo è. … Ma … mi spieghi che significa?”

Oddio! Questa domanda non me l’aspettavo. Che significa? Che sono pazzo di te! Che voglio che tutti lo sappiano! E, poiché so quanto tu sia refrattaria a anelli e svenevolezze varie, ho voluto darti qualcosa che tu amassi davvero e che, forse, saresti stata felice di portare!

“Francesca, … tu … sei importante per me!”  Sono così nervoso che sto per ricominciare a balbettare. Non mi capitava più da secoli!

“Grazie! Ci contavo! … ” Ecco! Mi ha smontato completamente! “… Precisiamo una cosa, bello mio!  …”  Bello mio! Di bene in meglio!  “… Questa cosa non cambia niente!”

“Eehh!”   Mi sono perso qualcosa?

“ … Il regalo … e … quello che hai detto … insomma … sai bene che io continuerei sempre a fare la mia vita … e tu la tua … anche se, che ne so, mi capitasse di innamorarmi follemente di te!”

Una potentissima scossa elettrica travolge totalmente il mio corpo. Nessuna me l’aveva mai detto. Perlomeno non seriamente. E non in questo modo!

“E per quale motivo non dovresti continuare a fare la tua vita? … Anche tu sai bene che non smetterei mai di fare la mia … anche se, che ne so, mi capitasse di innamorarmi follemente di te!”

Sta sorridendo e non credo di aver mai avuto davanti niente di più stupefacente. È così gratificante per tutti rendere felice la persona che ami?

“Perché non te lo provi? … Sono sicuro che ti donerà parecchio, con quel maglioncino nero aderente, così sexy!”

Francesca mi obbedisce, sovrappensiero. È strano! Non mi ha mai assecondato tanto facilmente. Aggancia il fermaglio del braccialetto e lo rimira al suo polso. Lentamente il suo sguardo si sposta dal polso alla manica del maglioncino nero, che è tirata su, fin quasi sotto il gomito.                                

I suoi occhi si spalancano come non avrei creduto possibile e comincia ad ansimare. Si guarda intorno freneticamente, mormorando qualcosa che non riesco a sentire, perché ha abbandonato il telefono sul bancone. Sono convinto che in questo momento stia pensando che le ho piazzato una microcamera da qualche parte. Eh, no! Mio piccolo cerbiatto! La risposta è molto più semplice.           

Si volta di scatto quando sente picchiettare sulla vetrina. Mi squadra attentamente. Non si è ancora accorta che sono io? Mi tolgo il cappello, che avevo ben calcato in testa, e gli immancabili occhiali da sole, e le sorrido.

“Fregata!” Le mimo con le labbra, senza fare uscire un suono.

“Stronzo!” Mi risponde lei, nello stesso modo.

Un secondo dopo, spalanca la porta del negozio e mi salta in braccio. Io la stringo forte per non farla cadere, lasciando che intrecci le gambe attorno ai miei fianchi. La guardo negli occhi e per la prima volta la vedo disorientata, quasi spaurita.

“Oh! Il mio piccolo cerbiatto!” Le sussurro piano in un orecchio, abbracciandola ancora più forte.

“Così io sarei il tuo cerbiatto? …” S’interroga, a voce bassa, sbattendo di proposito e voluttuosamente le ciglia e disegnando piccoli baci sul mio collo che mi spediscono dritto in orbita. “… Ora mi spiego ‘Bambi’!”

“Mmh, … avrei anche potuto soffermarmi sulla tua linguaccia biforcuta, anziché sulle tue ciglia, … ma ‘Vipera’ mi sembrava un po’ troppo brutale … come vezzeggiativo per la mia ragazza!”

Mi guarda, sorridendomi. Questa volta ho fatto centro! Comincia a pesare un pochino, ma non la farei scendere per nulla al mondo.

Sento un flash, poco distante, e forse anche un altro. Se ne accorge anche lei, perché cerca di divincolarsi per scendere, ma la trattengo in braccio a me.

“Jared!” Mi sussurra. “Credo che qualcuno ci stia fotografando.”

“Credo anch’io!” Non smetto un attimo di sorriderle. Non voglio che se ne preoccupi più del dovuto.

“Cazzo,no! Finiremo un’altra volta su quello schifo di blog?”

Alzo le spalle leggermente. “Probabile!”

“Rientriamo?”

Non mi muovo nemmeno di un millimetro. La guardo per un istante infinito, senza risponderle. Le passo una mano dietro la nuca e spingo il suo viso contro il mio, per baciarla. Con slancio e passione. Dopo una prima frazione di secondo di stupore, lei inizia a favorire il mio bacio, aggrappandosi a me ancora più forte.

Un altro flash!

Bene, amico! Almeno facci una bella foto!


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[p.s. Ringrazio ancora e per l'ultima volta tutti quelli che anno avuto il buon cuore di leggere questa storia e tutti quelli mi hanno deliziato con i loro fantastici commenti. Grazie, grazie, grazie! Sono commossa ....
Non lasciatemi in sospeso sul capitolo finale, però! Fatemi sapere cosa ne pensate!

Baci, ... spero che ci risentiremo  SOOON!!!
ByeBye]

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