Cammino su un filo, sotto c'è un buco

di Laffa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***





Cammino su un filo, sotto c'è un buco



Colera ha la nausea: ha ingurgitato parecchie pizzette, di quelle che prepara l' educatrice, Lisa, nel forno con l' olio, il sale, il pomodoro e via dicendo. La stanza è fredda, fuori una pioggerella stanca ma costante infastidisce i passanti bagnando ogni cosa. E' seduto davanti alla finestra e guarda fuori riflettendo. La nera tristezza, il vuoto ed il freddo di quella sera di inizio giugno acuiscono il suo stato di malessere fisico... Oppure, chissà magari la nausea è provocata proprio dal suo disagio psicologico... Boh; fatto sta che si alza e con il mangianastri in mano si dirige verso il bagno. Una volta in questa stanza chiude a chiave la porta, schiaccia il tasto PLAY: i Black Sabbath rimbombano per tutto l'edificio, tanto da far tremare il profumo nella boccetta, tanto che nel ritmo rallentato della canzone la voce perversa di Ozzy si mescola alle urla isteriche di Jessica, l'altra educatrice; "COLERA!" urla "PerDio! Abbassa quella musica! Non sei in discoteca!" ma Colera indifferente si siede sul bidet vicino al vater, abbassa la testa fin dentro il buco, s'infila due dita in gola, giu,giu, fino a trovare 'il bottoncino', lo schiaccia e poi, il più silenziosamente possibile vomita... 

Ernesta siede esausta su una sedia, nella vecchia cucina e sferruzza a maglia l'ennesima sciarpa azzurra. Ha partorito solo una volta, ma è stata mamma sei! Ha allevato sua figlia, i figli di sua figlia ed un trovatello... com' è buona! Ora siede sola e logorata dal tempo e dai dispiaceri nella vecchia amata casa in cima ad un palazzone di periferia. Da quando Solletico è morto è invecchiata molto: le borse sotto i suoi occhi si sono accentuate e la gamba ha ricominciato a darle problemi. Solletico era il figlio minore di sua figlia. Figlio bastardo perchè di padre ignoto. Faceva il carabiniere. Nonostante le condizioni in cui era cresciuto era un ragazzo di sani principi, buono come il pane e bello come il sole. Aveva un sogno: rendere il mondo migliore, per questo aveva deciso di fare il carabiniere. Era morto tra le lamiere di un' automobile, coinvolto in un' incidente d' auto mentre era in servizio. Era l' unico che ancora si prendeva cura di lei: Miciolita, Jerra e Brutta, le sorelle, se ne erano andate alla prima occasione; figlie di lora madre che aveva fatto la stessa cosa a suo tempo, dopo l' ultimo figlio. Puff, scomparsa, eclissata!
Sono le dieci e venti, i cantanti in tele hanno la gola irritata a forza di esibirsi. Le canzoni che propongono sono quelle della sua giovinezza e parlano di grandi amori, di passioni, tradimenti ed illusioni; le ricordano di quando sognava mettendole malinconia, quindi spegne e va a dormire.

"Colera! Che hai fatto!?" Jessica lo guarda per un' attimo profondamente scandalizzata, si aspetta una risposta che però già conosce. E' stufa di cercare di correggere quel ragazzo sbagliato e guasto nell' animo "Sei pazzo!" urla, poi si volta e se ne va, così Colera resta solo nel corridoio con in mano il suo mangiacassette ed in bocca il sapore di pizzette e succhi gastrici. Si rintana in camera sotto le coperte. Poco dopo una bambina di sette anni che sta al centro con lui si infila nel suo letto per consolarlo "Colera... hai fatto arrabbiare Jessica! Cattivo!" lo rimprovera "Perchè piangi?" infatti grossi goccioloni solcano le guance del diciannovenne; "Ti ho portato Amelia, così ti fa compagnia!"; Amelia è un Sanbernardo di peluches a dimensioni reali che la bambina abbraccia quando ha paura. Colera non dice niente ma è un vittimista e come tale adora essere consolato.
Circa un'ora dopo, quando tutti: lui, Amelia e la bimba giaciono addormentati sullo stesso letto Jessica entra nella stanza e sveglia il giovane: vuole parlargli.
"Vieni in cucina" dice con tono tra il preoccupato e l'apprensivo; il giovane si alza svogliatamente con gli occhi ancora appiccicati dal sonno.
Il grande orologio rosso sopra la tavola da pranzo segna la mezzanotte."Colera, Colera... cosa devo fare io con te?" Colera alza le spalle, "Questo è un mondo difficile, anche io lo so, ma ti ho gia detto tante volte che i problemi non si risolvono in questo modo... hai parlato con Don Luca; lui ti ha detto come essere felice..." "Tsk" risponde il giovane con un'altra alzata di spalle. "Io certo non posso niente contro il tuo malessere, solo lui può aiutarti" così dicendo punta l' indice verso il soffitto e sorride debolmente "Però sei tu che lo devi volere"; Colera la fissa e con un ghigno divertito risponde "Guarda questa! Vuole raccomandarmi a Dio! ...E' la tua ultima carta?!" La bocca dell'educatrice, prima atteggiata ad un pallido sorriso ha ora mutato posa componendosi in una piega di dura incomprensione. Jessica ora è disperata, neanche s' immagina che basterebbe un'abbraccio o un gesto di umana comprensione. Quando il ragazzo dopo qualche istante si alza per andarsene cerca di trattenerlo  strattonandolo per un braccio: ultimo e non molto convinto riflesso del corpo che risulta leggermente più determinato del suo intimo che invece si è già arreso. "Non ti ho mai mancato di rispetto Jessica, ma se adesso non mi lasci giuro che lo faccio!" a queste parole la donna si arrende e sul suo volto si possono indovinare pensieri che parlano di inferno, deviazione e pazzia. Non comprende quel ragazzo, in fondo non si è mai sforzata di farlo... potrebbe rivelarsi troppo complicato... e magari farle aprire gli occhi su verità troppo scomode, meglio non rischiare! Quindi decide di liquidare la questione con animo sereno "Io quel che potevo fare l' ho fatto, sei tu che non vuoi essere aiutato! Dio accoglie a braccia aperte le pecorelle smarrite che vogliono ritornare all'ovile e le perdona, ma se una pecorella più stupida delle altre corre verso l'inferno rifuggendo volutamente la rette via... Ecco, allora si merita di trovare il lupo che le faccia passare le peggiori pene!"

Il sole sorge tutte le mattine, imperterrito e menefreghista nei confronti delle persone e dei loro problemi. Sono circa le sette, ora in cui Ernesta abitualmente si alza per fare i mestieri. Il latte sta scaldandosi nel pentolino sopra il fornello, Ernesta guarda con sfida e paura insieme i mobili rossi bordati di giallo: i cassattoni inferiori ricolmi di pentole e pentolini, il ripiano con le fotografie e le ante superiori dietro alle quali fanno la muffa miriadi di soprammobili dimenticati. Questa mattina ha deciso di pulire tali ante liberandole anche dell' inutile contenuto; l'impresa provoca in lei timore poichè per riuscire ad arrivare dappertutto bisogna arrampicarsi su una sedia e mettersi in punta di piedi... dieci anni fa sarebbe stato un gioco da ragazzi... ma ora... eppure Ernesta è determinata, quindi dopo una veloce colazione "A noi pecioc!"   (a noi cianfrusaglie!)    afferma, e poi "Iè andai via toch e i ma lasath che tot a me!"  (sono andati via tutti e mi hanno lasciato qui tutto a me!)  continua in bergamasco riferita al suo sangue traditore. Posiziona la sedia sotto il mobile e con l'agilità di un rinoceronte ci balza sopra, poi comincia a togliere le cianfrusaglie ad una ad una ed a riporle sul ripiano del mobile; il tutto ovviamente con molta lentezza per paura di cadere. Sgombrato lo spazio frega energicamente spruzzando ampi getti di vetril soprattutto negli angoli per eliminare bene la polvere; il tutto con enfasi tale da far traballare il suo grosso culone rotondo. "Cancher de laur!"    (Cancro di un coso!)    urla quando lo spruzzino quasi finito fa i capricci "Lasem netà che che poi ta edet ndoe ta sbate!";   (lasciami pulire che poi vedi dove ti sbato!)   in tutta questa foga sulle prime non fa caso all' angolo di una foto che spunta da sotto un soprammobile a forma di papera gialla; presa com'è dalla pulizia si accorge di questo particolare solo quando, arrivata all'apice dell'odio per lo spruzzino mal funzionante e comincia a guardare in basso con l'intento di scendere dalla sedia per procurarsene uno nuovo. Ciò che sporge è pochissimo ma lei, che quella foto la conosce a memoria capisce immediatamente di che si tratta "Madoo!"   (abbreviazione dialettale di madonna)   sospira e una volta toccato il suolo con i piedi, commossa la toglie dall' involontario nascondiglio e la guarda. La sorpresa è talmente forte che per riprendersi deve sedersi. Poi resta dieci minuti immobile, immersa nel tunnel dei ricordi. Sulla lucida superfice della foto un quindicenne bruno e basso sorride mettendo in risalto i denti rovinati, é in piedi e sorregge un ciao blu alquanto scassato. Si tratta del trovatello: Colera! Quella è l'unica sua foto che Ernesta possiede di lui, è stata scattata da Miciolita, la maggiore delle sorelle poco prima che Colera se ne andasse... 

I primi di Giugno, quando l'estate tra una pioggia e l'altra comincia a farsi sentire. Il giorno è passato, ora è notte e le stelle non si vedono coperte come sono da un denso strato di nubi. Fuori imperversa il temporale, dentro edifici invece la gente si dà alle più svariate attività: Ernesta dorme contenta della sua cucina pulita, Brutta fa l'amore con il suo moroso, Sara, sua madre si guarda allo specchio scontenta della sua immagine rovinata dagli anni e dalle gravidanze, è consapevole di non piacere più molto ai clienti del nait dove lavora; Jessica è nel letto del centro per orfani dove lavora come educatrice, non è tranquilla difatti continua a rigirarsi tra le lenzuola cercando quiete immersa nell'oscurità.
Colera è in discoteca e balla come un matto in questa notte d'eccessi. In mezo alla pista altri mille come lui si muovono in questo cesso di sballo, perversione ed insicurazza. "Che ne sarà di me!?" è la sua domanda fissa.
"Che hai fatto coglione?! Stai danneggiato il tuo corpo in maniera inconvertibile! Ti sei spinto al limite per star bene.."
"AAAAAAA" 
"AAAAAA"
"non sai dire altro!"
Le luci strobo che sflesciano, la musica ad un volume spacca timpani! Chissà che direbbe Jessica! Sarà l'alcool, sarà lo stato d' animo sempre più in basso ma non ci vede speranza in questa vita, non respira, è una strada sempre più in salita! Emozioni senza sbocco, inutili! Stati d'animo inutili, che se messi a disposizione di qualcosa lo avrebbero fatto fruttare... Sprecati in mezzo ad una pista, offerti gratuitamente anche allo sguardo tirchio del peggior offerente! Colera si sente vivo e balla il suo sballo e sballa il suo ballo. Vuole emozioni e rapporti veri. E' l'oggetto di un destino poco chiaro, votato al nulla dei suoi pensieri ed alla tristezza delle sue azioni. Potesse esprimersi lancerebbe urli selvaggi, invece balla col suo fisico scuro e minuto, i denti marci e lo sguardo perso. Ragazzo allo sbando cerca giovane invitante pulzella per serata allo sbando, in bagno, anche in terra ma fatelo scopare!

I fatti si svolsero in questo modo più o meno confusi in questa piovosa sera di inizio Giugno. Giorno funesto, che a saperlo si sarebbe restati in casa a paranoiarsi... Lui l'addocchia, balla come una cagna ma lo affascina a pelle; quindi s'avvicina e comincia la sua tattica marpionatoria... Poi si sa, le luci e l'atmosfera fanno il resto.
Presa in pensieri paranoici pure lei ci sta di fisso... Si dice che Dio li fa e poi li accoppia! Così un paranoico conosce la sua complessata. Ballando ballando si finisce con l'attirarsi, come due pianeti le cui orbite sono destinate a scontrarsi... 
Lei lo attira, o forse è lui che attira lei? L'orologio segna le due di notte ed i due corpi sono ormai allacciati come le stringhe delle scarpe sui divanetti della discoteca. Gli occhi si spiano "Chi sei?" sembrano chiedersi reciprocamente. La prima volta che si vedono e si vogliono scoprire. Le lingue s'intrecciano in giravolte casuali... Nessuno pensa al futuro, che è canchero e penserà da solo a rovinarsi. Intanto ci si gode il momento del primo incontro.



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Hola, so che in questa parte del sito pochi leggono e pochissimi recensiscono... Vabbè. So anche di non essere sto gran che come scrittrice ed inventrice, lo faccio perchè mi piace, quindi anche se non mi caga nessuno io continuo lo stesso, ciò non vuol dire che le recensioni (anche se negative) mi facciano schifo... Anzi!  Quindi prego chiunque abbia da dire qualcosa, di dirla.
Magari (anzi sicuramente) alcuni nomi potranno sembrare strani, è che questa storia mi è venuta in mente pensando ad alcuni miei gatti, quindi ho dato ai personaggi i loro nomi.
Ernetsa parla in bergamasco non perché credo che sia il dialetto migliore del mondo, solo che è il mio ed è l'unico che conosco bene; inoltre è una di quelle tipiche vecchiette che in tutta la loro vita non sono mai uscite dal loro paese. E' logico che parli così!


Spero ciò che scrivo sia di vostro gradimento.

Ri-hola.

Laffa.

     

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***









Prima di cominciare... MI SCUSO! Con gli eventuali lettori (sempre ci siano...) per il ritardo con cui aggiorno, provo anche a motivare tale ritardo che non è da attribuirsi ad impedimenti materiali, bensì alla mia SCONFINATA incostanza che mi spinge a lasciare a metà gran parte di ciò che comincio. Inoltre e questo accade soprattutto quando scrivo, arrivata ad un certo punto dei miei "progetti" ci ripenso, li rielaboro mentalmente, arrivando persino a sconvolgerli ed a distruggerli; mi viene quindi difficilissimo continuare e finire questa storia. La trovo noiosa e banale, totalmente priva di senso, i toni costantemente depressivi la rendono pesante da seguire e poco avvincente... Con questo commento l' ho praticamente messa in croce... Come farò a continuare e portare a termine una cosa in cui non credo?! Uao! Intrigante dilemma il mio! COMUNQUE, un' amica mi ha insegnato il rispetto per i lettori (AO! Ma chi ti dice che ne hai!) ; è quindi UNICAMENTE per loro che porterò a termine questo benedetto racconto.
Se qualcuno ricorda il mio commento nel precedente capitolo noterà che sono contraddittoria... Non so che farci...

A voi dunque ciò che ho scritto, spero ci sia qualcuno al di là dei fili che apprezza...  





Sta seduta sulla sua sedia e guarda fuori, in strada dove la pioggia ha creato dei piccoli torrenti. E' Domenica mattina, sono le sette, la pioggia continua a cadere testarda e costante vivifica la vegetazione e deprime gli animi delle persone sole; TIC TAC fa quando sbatte contro i vetri e le grondaie; l'atmosfera è cupa, il paesotto ancora dorme; ad un tratto il grigiore generale è rotto da due chiazze di colore: una gialla ed una rosa acceso, sono due ombrelli che hanno svoltato la curva ed ora avanzano giù in strada, fra poco saranno sotto la sua finestra. Chi può essere in giro a quest'ora? Con quest'acqua poi!? Essendo la sua postazione molto in alto non può vedere che la plastica tensionata degli ombrelli e le gambe di quelle persone, che (piccolo particolare) non si vedono perchè son coperte da lunghe gonne scure; le donne si avvicinano al cancellino e leggono i citofoni, poi convinte ne premono con forza uno.
GNEEE-GNEEE sente Ernesta che quasi prende un'infarto per la sorpresa... il suo citofono sta suonando! Che strano suono ha! Le pare sconosciuto talmente tanto è il tempo che non lo sente... chissà che vorranno da lei! Rimane inebetita qualche secondo, poi si riscuote ma non si muove, intorno a lei il silenzio... probabilmente era solo un' allucinazione... ma GNEEE-GNEEE GNEEE-GNEEE ritorna ad udire, come una vecchia voce metallica e catarrosa.
<>    (un attimo che arrivo!)    
GNEEEEEEEEEE
<>     (Ho capito!)      urla prima di alzare la cornetta
<> si sforza di parlare educatamente ed in italiano.
<>      (Noi due signiora, Agata e Lisetta! Non si ricorda che sta mattina c'è la messa di suo nipote Solletico?!)         la faccia placida dell' anziana signiora si contrae in una smorfia di disprezzo, mentre il suo cuore piange invece dei suoi occhi      
<>    (Andate via voi due che ai miei morti basto io a pensarci!)        la sua voce è dura e risoluta; solitamente Ernesta è una persona garbata e di buone maniere; la si può paragonare ad un vecchio pianoforte che suona correttamente su tutti i tasti producendo un suono piuttosto gradevole ma quando, per sbaglio si sfiora un certo tasto, il più estremo ed inboscato, quello la cui esistenza si può anche dimenticare, ma che è indispensabile in rare, infami canzoni, bè, se questo tasto viene pigiato ecco che produce un rumore stridulo ed assordante in grado di rovinare la melodia intera. La Agata e la Lisetta, involontariamente, quella mattina lo hanno schiacciato con forza ed ora ne stanno saggiando incredule l'orribile suono.
Dopo qualche minuto Ernesta si rende conto di essere stata maleducata senza un'apparente motivo e visto che le due sono tenaci e continuano a schiacciare imperterrite quel maledetto campanello, presa dai sensi di colpa decide di farle salire.
La casa è ordinata e pulita, non un chicco di polvere, nè sulle rose finte nel vaso di vetro, nè sulle cornici delle stampe appese alle pareti; le due donne lo notano e ne rimangono favorevolmente colpite... la Agata prova persino invidia per il candore delle tendine e la trasparenza perfetta dei vetri. Sarà un bel dire oggi pomeriggio quando tutte le pensionate della zona si ritroveranno all'oratorio per parlare, o forse sarebbe meglio spettegolare, sui fatti della giornata.
Dopo essersi comodamente sistemate in cucina le due donne cominciano ad esplicare il motivo della loro visita, è Lisetta che parla per prima: <>   (anche Don Luca dice sempre, ma Ernesta dov'é!?)         
<>       (però se non le piace l'idea non fa niente, noi lo facevamo per le!i)        
In realtà Ernesta sa che più che per fare piacere a lei quelle due sono venute per soddisfare la loro curiosità e per fare bella figura con il prete. Si sa che esse sono assidue ed instancabili frequentatrici dell' oratorio, che ormai è diventato un posto dove si apprendono e si danno informazioni (a volte anche non vere) sulle vite altrui; sono anche i prolungamenti delle mani del Don, difatti là dove lui non arriva con la sua bontà e carità ecco che provvedono loro... Chissà magari sperano in questo modo di riservarsi un posto in paradiso.

"Mio dio che svarioni... Mi sento i polmoni putrefatti... Ma che avrà quella gallina sempre da urlare!... E' mai possibile che tu devi essere così cretino!... Ieri è mancato poco e vomitavi in macchina del tuo amico!... La sua tipa già ti odia perchè pensa che lo travi! Che colpa ne hai tu se lui fa ciò che fa?! Poi la tipa che ti sei fatto ieri... Ba... Non è che era sto gran che! Mi è sembrata un po bambina, anche se ha due occhi....! Poi sei sembrato proprio deficente, con le battute che fai! Non si ride neanche per pena! Chissà che penseranno tutti di te! Magari non ti odiano, ma di sicuro neanche ti vogliono bene... Pensano che sei stupido! Non sei all'altezza di nessuno... Deficente!... In più hai rubato...  Deficente e ladro!"
Paranoie, paranoie mentali che lo assalgono al risveglio.
<> sussurra per scacciare i suoi malefici pensieri mordendosi forte una mano.
<> dice al suo cervello che però continua a macinare imperterrito complessi infiniti. Ora, dall'analisi dei fatti passati prende a considerare le prospettive future immaginandosi già la deprimente giornata che lo aspetta chiuso in quel centro. Un senso di forte pesantezza lo assale alle tempie quando lo sfiora l'idea di star sprecando la sua vita dentro a quelle pareti. Dopo poco la pesantezza si sposta al cuore che sembra cominci a struggersi ed a gonfiarsi donandogli una macabra sensazione di pianto e di esplosione insieme.
Resta così immobile nel suo letto per una mezz'ora mentre la sua mente continua a tessere un'intricata rete di nodi dentro la quale lui rimane immancabilmente intrappolato.
Finalmente si decide a reagire, con gesti lenti si alza dal letto e procede verso il bagno barcollando. E' domenica, giorno di riposo, domani la settimana ricomincerà scandita dai tempi del lavoro e dello svago. Gli altri hanno già pranzato, li sente parlare dall'altra parte del muro. Fuori piove, <> mormora guardando al di là del vetro.

Strano come siamo pieni di doveri noi umani in quest'epoca ingannatrice dove ci viene fatto credere che siamo liberi e che stiamo bene ed abbiamo tutto... che cosa potremmo desiderare di più? Abbiamo cibo, TANTO cibo, che una volta non saltare i pasti era un miracolo! Se si sta male ci si può curare, se vogliamo un vestito nuovo basta andare al mercato e TAC, non ci si mette neanche due secondi! Abbiamo libertà di pensiero, parola ed espressione... che ci manca?! Perchè invece di gioire siamo tutti così depressi?! C'è chi pensa che siamo una manica di viziati, persone che siccome hanno troppo non aprezzano più niente; altri nascondono tutto infilandosi una maschera.... <> Poi ci sono i moralisti <> E c'è chi semplicemente non pensa niente, accettando la sua sofferenza a capo chino, ammettendola e basta, non ricercandone la ragione e/o la fonte; di solito questa è la condizione delle persone semplici e/o non abituate alla riflessione, persone ridotte più delle altre all'impotenza; praticamente la stragrande maggioranza.
Ernesta fa parte di esse. La sua situazione però è molto più complicata di altre, difatti gran parte della sua malinconia è data dai problemi che essa ha con i membri della sua "famiglia".

Le due donne se ne sono andate da un bel pezzo, il sole delle tre del pomeriggio nel cielo litiga con le nubi. La sessantenne è sdraiata sul letto nella camera matrimoniale e tenta di prender sonno ma non ci riesce assorta com'è in ricordi e pensieri. Alla messa non c'è andata ma ha deciso che quel pomeriggio, sul tardi, si spingerà fino al cimitero dove comprerà un bel mazzo di fiori da mettere davanti alla tomba del suo adorato nipote. Per far ciò si dovrà imbellettare il viso, mettersi un vestito nuovo, sistemarsi i capelli nel caso avesse incontrato le pettegole, non voleva far mica brutta figura! Poi... Per Dio! Doveva rassettare la cucina! La pulizia in casa prima di tutto!
E' strano come i doveri verso le persone tornino a perseguitarci anche quando le persone non ci sono. E' strano anche che persone che vivono in semi-isolamento, come Ernesta, abbiano bisogno dell'approvazione delle altre persone e quindi della società. La società ci stressa con le sue pretese e ci sfrutta per sopravvivere, entre nelle nostre case e nelle nostre teste, modificandole. Che bisogno ha questa sciura      (signiora)        di periferia di pulire continuamente? Perchè le è stato indotto il bisogno di una casa molto pulita? Forse che lei comprendo CIF e detersivi a iosa favorisce ,nel suo piccolo, il mercato? E tutto il sistema della nostra società basato unicamente sul consumo? Che motivo ha di apparire al meglio davanti a maligne pettegole che non hanno la minima importanza nella sua vita? Che alle pettegole sia stato indotto il bisogno di giudicare la gente dal vestito da subdoli mezzi mass-mediatici? E tutto per spingere tutti a consumare sempre di più e far si, in questo modo che l'intera società consumistica e paranoica dove viviamo resti in piedi? Bo.
Comunque Ernesta di questi problemi non se ne fa e continua sulla sua strada passiva, impotente, sfruttata ed incarcerata più che mai. Come la maggior parte della gente, del resto.

Colera si sente leggermente sollevato, il sole sta combattendo con le nuvole in cielo e chissà... Magari vincerà. Per lo meno ha smesso di piovere. E' al bar con gli amici e si parla della nottata appena trescorsa:
<> Dice Dario, un biondino che fa il tipografo.
<> sghignazza Colera.
<> ribatte il biondino pieno di sè.
<> continua Bianca, una morettina daglio occhi verdi e sottili. E' la ragazza di Simone, un tipo taciturno ma generoso.
<> dice Dario;
Bianca scuote la testa contrariata <> commenta infine.
Colera intanto è uscito a fumare; il pacchetto è quasi vuoto. "Devo ricomprarle" pensa e meccanicamente tasta i cinquanta euro che bruciano di vergogna nella sua tasca.
Dentro la diacussione continua, è Dario che parla: <>
<> commenta ironica Bianca;
Dario la guarda e sta per risponderle ma Simone prende la parola <>.
Simone è sveglio ed osserva le persone, cerca di conoscerle e capirle a fondo così nel cervello si è costruito un'armadio contenente gli schedari delle manie, abitudini stranezze e particolarità di tuttti gli individui che conosce. Cerca sempre di aiutare, mettere a proprio agio e tende a giustificare le malefatte altrui; così facendo distoglie l'attenzione dall'unica persona che non riesce a fare sentire a casa ed a capire: sè stesso... Ma ovviamente lui di tutto questo non è cosciente.
<> dice Dario esaltato <>
<<...Ho fame, Simo, amore, non è che mi pagheresti un pacchetto di pop-corn? M'anno derubato e non ho più un cent...>> Dario guarda Simone con aria giocosa, poi tenta di sedersi in braccio a lui fingendo di volerlo baciare; Simone intanto ride ma non ha nessuna intenzione di ricambiare e Bianca urla <>
Dopo poco Dario si rassegna e dice <>
Tutti e tre si mettono a ridere e Simone regala all'amico i soldi necessari per i pop-corn. Mentre si sta allontanando verso il bancone Dario pensa "Magari adesso sgamo i miei soldi in mano a qualcuno".

Colera rientra con l'alito puzzolente ed i polmoni un pò più neri, si siede con un ghigno passando davanti all'amico che sgranocchia pop-corn, poi guarda Bianca negli occhi e pensa "Questa mi odia!"
Simone scorge un lampo di disprezzo e di rammarico passargli negli occhi ed istantaneamente capisce i pensieri dell'amico.

... Colera non ricorda di aver mai avuto un' amico che lo capisce meglio di Simone; quando pensa a lui assaggia sentimenti puri e veri, vede in lui una persona sincera da cui non si vuole staccare. In un certo senso è come se in sua compagnia si trovasse in famiglia, a casa. Può essere davvero sè stesso, senza vergogna. Sa che l' amico lo accetta e gli vuole bene per quello che è, quindi non sente l' esigenza di mentire o fingere, come fa invece con gran parte del resto del mondo
... Eppure non gli racconterà di aver rubato...

Colera è sdraiato sopra il suo letto, ha appena finito di mangiare e si sta riposando. stasera incontrerà la ragazza conosciuta ieri in discoteca, si chiama Ambra, si è fatta sentire lei per messaggi; abita lontano ma lui si farà dare un passaggio da Simone e la raggiungerà verso le nove. Il rientro sarà verso le dodici, in autostop. Piuttosto pericoloso, quindi di nascosto dalle educatrici.
<>
Il suo mezzo di locomozione è la bici, con essa si sposta da un paese all'altro.
<> dice a volte.
Sono le sette e mezzo, per prepararsi non gli ci vuole un gran che.
"Sei proprio un fancazzista, almeno questa sera che hai intenzione di fare ciò che hai intenzione di fare, potresti almeno pettinarti!" Pensa rivolto a sè stesso, ma niente, le sue membra non si muovono, anzi si intorpidiscono sempre più...
Lo sveglia Lisa dicendo che ci sono i suoi amici fuori che lo aspettano.









I commenti anche se non fanno schifo non sono essenziali.
A  presto, incostanza permettendo.

HOLA

Laffa

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Capitolo 3
*** capitolo3 ***





Eccomi qua! Con un pò di ritardo (come sempre è stato e come, temo, sempre sarà) però alla fine cel' ho fatta!
Lascio ai vostri occhietti divoratori (come vorrei lo fossero con questa storia!) il prodotto del mio cervellino in avaria.
BUONA LETTURA!










<< Minchia! Già le nove! >>
Si infila le scarpe e corre fuori velocemente;
<< Ciao! >>
esclama gioiosamente, spettinando la chioma dell' amico che si trova alla guida della vettura, poi, prima di salire fa un breve riepilogo mentale delle cose che gli servono: " Dunque... Sigarette le ho, cellulare pure, soldi e profilattici sono nel marsupio... Tutto ok !"
<< Colera! Ti muovi a salire o no?! >>
E' la voce di Bianca con i suoi riccioli castani e la maglietta bianca attillata; lo sta guardando.
" Perdonami amico mio, ma io la tua tipa prima la ammazzerei e poi me la farei " pensa Colera mentre sussurra semplicemente
<< Arrivo >>.

Il viaggio dura mezz' ora nella quale Colera parla poco, rispondendo a monosillabi alle domande degli amici. Pensa alla scopata che di lì a poco si farà. Nella sua menta tutto è già pronto, già fatto. Lui sa che lei non rifiuterà. E' il suo istinto di cacciatore a dirglielo. Un' equazione matematica. Una certezza. Un modo per passare la serata, il sentimento che se diluito potrebbe durare una vita, allo stato puro divampa, incendia e distrugge per una sera, lasciando all' alba solo cenere e fili di fumo che pian piano si dissolvono nell' aria. Sapori forti, come piatti cucinati con molte spezie e peperoncino. Di questi, brevi ed intensi, unicamente lui si nutre. Effimeri, non durevoli, facilmente mutevoli. Instabili. Così sogna e anche l' attesa si fa godimento.
Simone sa, Colera spesso gli ha parlato di tali sensazioni e piaceri; ma non condivide, essendo, per natura, un' animo più costante e razionale.
<< Giocando con il fuoco va a finire che ci si scotta !>> pronuncia Simone ad alta voce per cercare di deviare o di incanalare i pensieri dell' amico in una conversazione
<< Tutte minchiate! >> ribatte Colera e poi << Sono una fottuta merda di cane sul marciapiede, lo so >>
<< Ma chi ti dice che lei ci sta! Magari ti da uno schiaffo e ti da il benservito! Te lo meriteresti! >> dice la voce di Bianca in un misto di irritazione e stizza
<< In questo caso me ne torno al centro presto e faccio la felicità di Lisa e Jessica... Così magari per una volta la finiscono di rompere... >> risponde Colera con voce calma; il tono di Bianca lo irrita ma non vuole litigare con la fidanzata del suo migliore amico...
<< Maiale >> commenta lei
" Ma che ha sempre da rompere i coglioni! Manco facessi un torto a lei illudendo le altre! " pensa lui sempre in silenzio;
Simone non fa caso ai loro battibecchi, ci è abituato; si concentra sulla guida e schiaccia l' accelleratore in prossimità delle curve... gli piace rischiare un pò.

La pioggia che sembrava cessare ricomincia, il cielo, finalmente leggermente rischiarato dopo giorni di grigiore si riabbuia... L' ambiente non gli è familiare, i suoi amici se ne sono appena andati e lei tarda ad arrivare:
" Scusa ma farò un pò tardi " gli ha scritto nell' ultimo sms, circa quindici minuti fà.
Colera, rannicchiato sotto la tettoia all' entrata del bar dove hanno deciso di incontrarsi comincia ad esser nervoso.
" Sbrigati, sbrigati! Non resisterò ancora a lungo! "
Comincia a morsicarsi la pelle del pollice destro, ne strappa un pezzo e succhia il sangue che esce dalla ferita che da solo si è creato.
 
<< Ciao >>
sente ad un tratto; alza gli occhi e si trova davanti una graziosa figura femminile,
<< Ciao >> risponde;
è lei, Ambra. Nome che le si addice, difatti, incastonati nei bulbi spiccano occhi gialli, color della pietra di cui porta il nome. Li guarda, profondamente, ininterrottamente, mentre parlano bevendo qualcosa di fortemente alcolico, mentre la mette a suo agio facendola parlare di sè ed apprezzandola sinceramente per le particolarità che riesce ad estrapolargli. Scorge in lei molta timidezza, la qual cosa segretamente lo eccita e lo compiace.
" Un bel fiorellino, proprio un bel fiorellino " pensa, mentre all' urinatoio si chiude la zip dei pantaloni avendo appeno finito i suoi bisogni.
" Verrà schiacciato dal tuo stivale " fa eco un' altra voce dal profondo della sua anima.
Quando torna al tavolo nota il sorriso caldo con cui lei lo accoglie;
<< Allora, stavamo dicendo... >>
<< Stavamo parlando di mio padre, del fatto che è testardo e spesso ci litigo, ma gli voglio bene... Però basta parlare di mè, dimmi qualcosa di te, della tua familia... >> dice lei arrossendo leggermente e guardandolo solo a tratti negli occhi.
" Come ci sono finito a parlare della famiglia con una che questa sera mi scoperò e poi non rivedrò più?! Di solito si parla di stronzate, del tempo, della discoteca... Al massimo degli animali domestici o dei gusti in fatto di musica... Com' è che stasera si è arrivati fin qui?! Vabbè, siamo in pista, che dobbiamo fare... Balliamo! "
<< Dunque... La mia famiglia... La mia famiglia intesa come legami di sangue... Praticamente non esiste. >>
<< Mi dispiace! >> esclama lei guardandolo, per la prima volta in quella serata, finalmente, intensamente, negli occhi
" AH... Eccolo il suo punto sensibile! L' istinto da crocerossina! "
<< No... non dispiacertene, non è una cosa drammatica, anzi meglio così... Sai poi quando i genitori invecchiano e muoiono poi saltano fuori casini con l' eredità e bisogna chiamare avvocati... Ed è un casino! ... >>
Il ragazzo si gratta il capo, vergognandosi della risposta stupida che ha appena dato e contemplandone gli effetti sul volto di lei che lo guarda con un' espressione tra l' incredulo ed il confuso.
" Accidenti non mi aspettavo domande come questa! "
<< Ma una famiglia l' ho avuta anche io per un pò... Non di sangue... Ma una famiglia VERA! Con la mamma e le sorelle... Anche un fratello! Però niente papà. Ora vivo in un' istituto... Ma di persone che mi vogliono bene ne ho... OOOO! >>
poi abbassa la testa e si gratta la nuca
<< Due o tre >>

La pioggia appena ricominciata fa ticchettare i vetri della finestra, l'anziana signora è supina nel suo letto freddo, sotto l'immagine della madonna col bambino che le da, come le preghiere e tutto il resto, molto conforto. Quel pomeriggio si è recata per la prima volta dopo tanto sulla tomba del nipote morto.
Nel colombaio, vicino al nome Solletico Lancini scritto in caratteri dorati una faccia di ragazzo sorride soddisfatta sulla fotografia un poco sbiadita. Quella foto per la lapide l' ha scelta lei: è stata scattata al nipote il giorno in cui è diventato carabiniere. La testa tonda, la fronte alta ed i capelli rossi. Adesso Ernesta ha impresso nella mente quel viso e lo gira e lo rigira nei suoi pensieri, soffermandosi su ogni particolare e tentando in questo modo di non andare nella direzione in cui quei pensieri la stanno portando: la dimensione del ricordo.
Come una bambina che si attarda a raccoglier fiori sulla strada di casa, tentando di arrivare il più tardi possibile perchè sa che ad attenderla troverà i compiti da sbrigare, la sessantenne tenta di deviare il flusso della sua memoria, soffermandosi su ogni insignificante dettaglio che il suo cervello le rivela, sul tragitto che la sta portando alla temuta meta. O come una nave che sta andando incontro ad un mulinello marino, tenta disperatamente di attraccare a tutti gli scogli, che in questo caso sono costituiti da pensieri e fatti quotidiani, che sono il suo rifugio, la sua salvezza dal baratro della solitudine, per continuare a vivere senza lasciarsi inghiottire.
Ma le barche costruite dall' uomo non possono niente contro le forze della natura, quando esse si presentano nella loro devastante potenza; così come, la bambina potrà attardarsi ed estirpare il prato di tutti i suoi fiori, potrà giocare con le farfalle e persino intrattenere lunghe ed articolate conversazioni con i sassi, ma prima o poi arriverà inevitabilmente il momento di tornare a casa; così Ernesta sospira profondamente e sussurra <>   (Era uguale a suo nonno!)        
S.O.S. la nave sta affondando, in culo alla balena piccina, perchè oltre ai compiti ti tocca la ramanzina!
"Madona me quat tep!"      (Madonna mia quanto tempo!)         pensa Ernesta, ormai nessuno la può più salvare. Il ricordo di Giuseppe l'ha assalita come un lupo ad un' agnello.
<< An de la nostra famea toc i fonne i ga nà maledisiù >>         (Nella nostra familia tutte le donne hanno una maledizione)          ,questo le raccontava sua nonna da piccola: << I è sfortunate coi om! >>              (sono sfortunate con gli uomini! )
Che assurdità pensava lei guardando i suoi genitori amarsi ed invecchiare insieme.
<< Prope na stronsada! >>          (Proprio una scemenza!)
Questo diceva alla fine di ogni preghiera rivolta a sua nonna, ormai defunta, quando aveva incontrato Giuseppe.
Un brav' uomo, onesto, lavoratore! Il loro era stato un colpo di fulmine, una scarica da un milione di volt direttamente al cuore ed al cervello... Bei tempi quelli! La domenica sempre al cinema o al bar a bere una limonata ed il sabato in mezzo ai prati a fare l' amore! Il giorno del loro matrimonio era stato il più bello della sua vita, naturalmente dopo di quello della nascita di sua figlia, Sara. Poi erano cominciati i drammi: suo marito si era ammalato ai polmoni a causa delle polveri tossiche con cui era costretto a lavorare ed era morto nel giro di pochi anni; lei si era trovata sola con una figlia piccola ed i genitori anziani da accudire. I soldi scarseggiavano e si doveva far economia, ma ci si voleva bene e così si tirava avanti.
Poi c' era stata la tragedia di suo padre:

<< Nono! Giochiamo a palla?! >>

<< Nono! nonnoooo! >> gridava Sara che aveva cinque anni,
<< La bala! La bala! Mi è caduta di là dalla rete! >>  (lei andava all' asilo dove le avevano insegnato a parlare bene l' italiano)
<< Te la ciape me! >>     (te lo prendo io!)       rispose il nonno settantenne ed ancora arzillo;
così suonò alla vicina che era sul balcone, nel retro della sua grande e buia casa di pietra e stava dando da mangiare a Kim, il suo cane.
Kim era l'incubo del quartiere. Era un grosso pastore bergamasco che, a causa della mancanza di spazio era stato rinchiuso sul balone; da molti anni ormai, quella bestia, fatta per correre libera in sconfinate preterie era segregate in pochi metri, condizione questa che l' aveva resa assai cattiva ed irritabile. Si diceva che se fosse riuscito a scappare avrebbe fatto una strage. Difatti odiava le persone ,eccetto la sua padrona che gli portava da mangiare e lo lavava. Quando vedeva qualcuno o sentiva una voce cominciava ad abbaiare ed a ringhiare forte, tanto che lo potevi sentire anche stando sulla strada.
Ma fino a quel momento non aveva mai fatto male a nessuno, quindi nessuno se ne era lamentato più di tanto.
<< Sciura! Sciura! >>    (Signiora! Signiora!)
<< Arie! >>          (Arrivo!)                 rispose la vicina, percependo l' agitazione nascente nel suo grosso e pericoloso cane.
La vicina era una vecchia signora con le ossa deboli ed instabili. Bastava un soffio di vento per farla cadere. Aveva cominciato già da un pezzo a preoccuparsi della salute del suo scheletro, il suo peggiore incubo era quello di romperselo ed essere costretta a letto. Cominciava per tali ragioni ad avere paura del suo stesso cane: temeva che l'avesse potuta, accidentalmente, far cadere o sbattere e romperle così qualche osso.
Fù principalmente per questo motivo che quel lontano giorno, percependone l'agitazione ,si spaventò e decise di accorrere immediatamente all'urlo dell'incauto vicino.
Forse per la fretta e non cura con cui le chiuse, forse perchè le serrature della portafinestra che dava sul balcone erano vecchie...
L'anziana signora accorse in giardino a passo svelto, il suo volto era teso e si premeva forte l'indice sulla bocca
<< SSSSSSST.......SSSSSST! Sito! >>     (Silenzio)         Sibilava a mezza voce. Non voleva che Kim si innervosisse troppo.
Il nonno la accolse con un sorriso cordiale << Salve sciura, al balù de la me scieta l'è gulat de che, mal ciapa? >>        (salve signiora, il pallone della mia bambina è volato di qui, me lo prende?)                   
<< Va ben... >> La vicina non fece in tempo a finire la sua risposta....

Da quel giorno in poi; per molti anni a venire, la casa di Ernesta fù abitata unicamente da donne. Sara divenne taciturna e schiva, persino arrogante, da quando anche la nonna morì. Poi crebbe senza finire gli studi e si innamorò giovanissima di un' uomo con cui ebbe tre figlie; quest'uomo la lasciò e scappò in brasile con un' aspirante pittrice dopo aver vinto parecchi soldi al superenalotto.
Così il numero delle donne in casa crebbe, da due a cinque. Sara decise che se il suo uomo l'aveva lasciata era perchè le mancava la cultura, quindi riprese la scuola dove conobbe un'altro uomo; di lui Ernesta non seppe mai niente, tranne che si chiamava Solletico. Un'anno dopo Sara lasciò gli studi perchè era incinta. Il bastardo si dileguò senza neanche dare il cognome al pargolo.
<< Lancini! >> <> aveva detto Sara all'anagrafe.
<< E di nome Solletico! ...E' si, quel bastardo di suo padre non gli ha dato il cognome... ma almeno il nome si! >>

Ma ora basta con i ricordi, le soffici braccia di Morfeo cullano le membra stanche dell'anziana signora, che pian piano si addormenta sognando un pargoletto dai capelli rossi che strilla.

Il tempo delle parole è ormai scaduto, con grande sollievo di Colera che si era ingarbugliato in penosi discorsi senza senso per cercare di non farsi compatire dalla giovane ed aveva invece sortito l'effetto opposto.
" Forse è per questo che ora mi trovo qui " pensa " Tanto meglio. "
Si trovano, infatti, sotto piccole volte bianche, seduti sui trasudanti muretti di marmo all'entrata del cimitero di quel paese.
Un posto imboscato.
" Molto imboscato! "
Lì cel' ha portato proprio lei, appena ha capito il suo desiderio di stare in intimità.
" Lei pensa che insieme avremo un futuro... "
Piccole e trepidanti labbra lo riempiono di bacini sul collo e sulla bocca.
Intanto, le mani esperte di lui slacciano bottoni e scavalcano mutande per arrivare finalmente all' agoniata, calda meta.

" Chissà come mai, diverse religioni, da sempre considerano il corpo nudo e l'atto sessuale, non finalizzato alla procreszione, peccaminoso"
Così pensa il ragazzo traditore, il Giuda, l'infame, il bugiardo e spietato Colera.
" A quanti sembrerà inmorale scopare all'entrata del cimitero. Vivere pienamente nell'atto che potrebbe generare nuove vite, proprio di fronte alla soglia di chi la vita l'ha persa. "
" E poi non è il sesso, la riproduzione, la continuazione, il motivo per cui nasciamo e cresciamo? Non è forse per merito suo che la vita continua? Che male c'è dunque nel farlo? Io faccio solo ciò che, come essere dotato di vita, DEVO fare. "
" E poi i morti che cosa ci trovano di male e di strano? Se sono morti vuol dire che un tempo devono necessariamente, essere stati vivi, quindi creati mediante l'atto sessuale; "
" Ma cosa penso... Che cos'è in fondo, un morto? Un corpo esanime, un guscio vuoto, un' ammasso di carne rafferma in procinto di inputridire... Se non già inputridita; senza pensieri, sentimenti o anima. Incapaci, quindi, di intendere, capire e scandalizzarsi! "
" In ogni caso, a parte Simone, nessuno saprà mai ciò che ho fatto... "
 
Quella notte gli regala il fresco e sano sonno dei vent' anni.
Verso l' alba, però, un' incubo viene a perseguitarlo. Un sogno frequente: un' avvolgente e piacevolmente tiepido liquido rosso, non come sangue, piuttosto come ginger, piano piano lo avvolge stringendolo dapprima delicatamente, poi sempre più stretto fino ad opprimerlo, a fargli mancare il respiro.
Nonostante ciò quando si sveglia è rilassato e senza pensieri.
Sul lavoro scatta e produce.
La pressa della macchina funziona ad intervalli ossessivamente uguali... Ambra non è altro che un ricordo lontano, forse un sogno. Forse starà piangendo, rendendosi conto della realtà. Forse non sen' è ancora accorta e sorride teneramente mentre lo ricorda... in ogni caso, lui se ne lava le mani.

<< Continuano le pioggie su tutto il nord-Italia. Quest' anno abbiamo ormai superato il record degli ultimi dieci anni. >>
Il notiziario delle sei del mattino, con i suoi presentatori sbiaditi e svogliati.
<< Diamo ora la linea alla nostra esperta che ci informerà sugli sconvolgimenti del clima... >>
Ernesta sospira intingendo stancamente l'infuso di tè nell'acqua bollente.
Fuori piove.







Per Mezza e mezza:

STO MALE! (Dalla felicità) un commento non era sperato! Anche se è MOLTO gradito, sia per la prolissità che per la precisione.
Stento a credere sia positivo! (MAMMA MIA! E' POSITIVO!!!!!!!!!!!!!!!!!!)

Comunque: ho passato più di mezz'ora guardando lo schermo, pensando INTENSAMENTE ad una risposta intelligente o costruttiva da darti... e non l'ho trovata!!!!! (AIUTO!)
(Hai ragione, ho tentato di descrivere personaggi veri, anche attraverso l'uso del dialetto. )

Non posso fare altro che ringraziarti:
* primo per aver recensito perchè, com'è noto, le recensioni fanno piacere e danno motivazione a chi scrive
* secondo per avermi fatto notare quella cosa che succede con << >> ed il codice htm.

Per quanto riguarda gli errori di battitura ed ortografia STARO' PIU' ATTENTA!



Alla prossima.

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