Ultimatum alla Terra.

di Ino chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 2: *** Capitolo due. ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro. ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei. ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove. ***
Capitolo 10: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 11: *** Capitolo undici ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredici ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordici ***
Capitolo 15: *** Capitolo quindici. ***
Capitolo 16: *** Capitolo sedici ***
Capitolo 17: *** Capitolo diciassette ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciotto ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciannove ***
Capitolo 20: *** Capitolo venti ***
Capitolo 21: *** Capitolo ventuno. ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventidue. ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventitre. ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventiquattro. ***
Capitolo 25: *** Capitolo venticinque ***
Capitolo 26: *** Capitolo ventisei ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno. ***


La carcassa del Jet degli X-Men  riluceva sinistra negli ultimi raggi solari.
Tony la osservò a distanza, l’odore del carburante che si insinuava prepotente sotto il casco dell’armatura facendogli lacrimare gli occhi.  Volse il capo, attirato da un luccicare a limitare del suo campo visivo e muovendosi a fatica nell’erba alta, si mosse forse  i due muri cadenti, che reggendosi l’un con l’altro facevano da angolo della scalcinata proprietà  che era stata teatro dello schianto.
Si chinò, poggiandosi una mano sul ginocchio e raccolse da terra  la parte bruciata di un cip elettronico. La  osservò reggendola fra le dita guatate, prima di farla cadere nel palmo , contro il dischetto del propulsore. Strinse il pugno e guardò verso la casa diroccata  al centro del rettangolo di  terra battuta e sterpaglie in cui si trovava.
Era una delle tante fattorie abbandonate con la crisi portata dal governo Bush a giudicare lo stato di abbandono. Tony si mosse con cautela,   spostando lo sguardo dalle finestre oscurate ai muri scrostati che lasciavano vedere i mattoncini rossi con cui la casa era stata tirata su.
Tony sorrise, sembrava lo scenario di film dell’orrore.
Fece il giro per arrivare alla porta d’ingresso,  alzandosi sulle punte per guardare oltre i riquadri di vetro sporco che davano all’interno della casa. Non si vedeva un accidenti.
-JARVIS, visione termica.-
Una velo azzurrato calò sulla visuale di Tony.
Afferrò il pomolo della porta, provò a girarlo un paio di volte , prima di strapparlo via con uno strattone dei servomotori dell’armatura. Lo lasciò cadere sul gradino consunto e spinse la porta con la punta delle dita.
Tony avanzò di un passo, alzando gli occhi al soffitto, per poi abbassarli verso il pavimento. Abbracciò l’ambiente con uno sguardo, da destra, verso.
Si bloccò, incapace di muovere il collo.
Sgranò gli occhi, provando a forzare la presa che sembrava averlo bloccato come un gatto.
Una. Due. Tre volte, prima che qualcuno entrasse nella sua visuale.
Grazie alla visione termica poteva vedere che era un uomo, era troppo grosso per essere una donna, e che teneva un braccio sollevato verso di lui.
Nel muoversi di colori, dal giallo al rosso all’interno di quella figura umanoide abbozzata che lo sovrastava, Tony non notò nulla di strano. Era una persona come tutte le altre, tranne per il fatto che lo stava tenendo fermo con una sola mano sollevata verso di lui.
-Discreta la sua armatura signor Stark.-
Tony sollevò un sopracciglio,  prima di sentire la pressione sull’armatura  allentarsi.
Sollevò la visiera e nella penombra illuminata solo dagli ultimi raggi del sole morente, vide in volto l’uomo che l’avevo bloccato.
Sui trentacinque anni, capelli castano  rossicci tenuti spettinati sulla fronte , e occhi azzurri. Indossava una maglietta a maniche corte bianca su un paio di pantaloni neri infilati negli scarponi.
-Sei uno di quelli dell’aereo?- gli chiese Tony portando una mano al collo, che toccò goffamente da sopra la gorgiera.
-Mi chiamo…- Lo sconosciuto parve riflettere mentre osservava Tony con i profondi occhi chiari. Aveva lo scollo della maglietta macchiato di sangue e le tracce di una botta che gli aveva escoriato la pelle a lato della fronte  - …Erik.-

-.-.-.-.-.--.-.-.-

-Grazie per essere venuto a salvarci signor Stark.- mormorò Tempesta.
Tony portò le mani al casco e lo sfilò piegando in avanti la testa.
Si guardò attorno,  gli occhi che piano si abituavano alla penombra di quella che doveva essere stata una bella e accogliente sala da pranzo prima della chiusura della casa. Ora la carta da parati a fiorellini su fondo bianco  pendeva scollata  creando un ricciolo fino a terra, i pavimenti di cotto erano coperti da uno spesso strato di polvere , e i mobili di legno chiaro erano stati saccheggiati del loro contenuto e spaccati per diventrimento.
Ovunque c’erano scritte spray più o meno volgari  e nell’aria risegnata  una forte puzza di marijuana.
-Credo di aver pestato una pipa da crack.-  borbottò Logan  intanto che  lanciava nel focherello che ardeva nel centro della stanza una pallottola di carta da parati che, fra le fiamme, piegò su se stessa, crepitando e scoppiettando per via della colla.
Sollevò il piede destro,  e lo girò  afferrandolo con la mano sinistra per guardare la suola dello stivale. Guardò indietro sul pavimento, arricciando il naso.
Charles, sdraiato su un fianco accanto alla porta, sospirò - E’ già tanto che abbiamo trovato questo ricovero Logan.-
-Gli altri saranno qui a breve.- cercò di rassicurarli Tony, intanto che sedeva per terra a fatica, impicciato com’era dall’armatura - Come avete fatto a  scampare allo schianto? Vi  siete lanciati col paracadute?-
Ci fu un giro di sguardi fra i presenti e  Erik alzò gli occhi verso il soffitto.
Tony fece altrettanto perplesso.
Era buio, e il soffitto era alto fatto a travi di legno. Socchiuse gli occhi,  prima di realizzare che non era un ombra quella che stava vedendo.
-Hallo![*]- lo salutò Kurt.
Era appeso a testa in giù come un enorme pipistrello. Si reggeva con le gambe ripiegate e teneva le braccia incrociate al petto. Se Tony non gridò per la sorpresa, su solo perché,  da quando aveva indossato per la prima volta i panni di Iron Man, ne aveva viste di tutti i colori.
E un uomo, dall’aspetto vagamente demoniaco, azzurro puffo… Beh,  non era poi questo granchè.
-Lui?- chiese indicando Kurt con un cenno della testa.
-Sì, è un teleporta.- spiegò Charles -Significa che riesce a teletrasportarsi.  Ha visto l’aereo in caduta e ci ha teletrasportato fuori uno ad uno.-
-Lasciandoci a due metri d’altezza per fare prima.- si lamentò Erik passandosi una mano sulla ferita che doveva aver sanguinato parecchio a giudicarelo scollo della maglietta. C
Charles gli sorrise da sotto  il rettangolo di stoffa viola che lo copriva  da metà petto fino alle caviglie, il capo sollevato da terra da una giubba ripiegata a mo’ di cuscino.
I vestiti di Erik che si era tolto per tenerlo al caldo.
-Stai male?- gli chiese Tony notando solo ora il pallore e il velo di sudore freddo che gli copriva la fronte e gli incollava i capelli alla pelle..
Charles chiuse gli occhi, mantenendo l’espressione sorridente - Ho visto giorni migliori Tony.-

-.-.-.-.-.--.-.-.-

La Fortezza di Thanos era immersa in un silenzio innaturale.
Illuminata  da fasci di luci basse, piazzate dall’esercito per non avere mai l’obbiettivo in ombra, si stagliava contro il cielo buio come un gigante addormentato.
Diane passò la mano sul vetro appannato dal suo respiro e si volse verso la porta aperta a lasciar entrare una spiraglio di luce dal corridoio. Socchiuse gli occhi, e volse il capo, abbagliata dal cambio di illuminazione e Clint si fermò sulla porta, vedendola in piedi, inginocchiata sul divano posto alla strombatura della finestra.
-Sono le quattro del mattino che fai alzata?-… E in camera sua e di Natasha, ma  si limitò a fissarla confuso intanto che si chiudeva la porta alle spalle.
Diane lo guardò  andare verso il divano, incrociare le braccia sullo stomaco e sfilarsi la maglietta dalla testa. soffiò  dalle narici - E tu? Che vieni a letto adesso?-
Clint sfilò da sotto il cuscino la maglia del pigiama -… Ho aspettato di avere notizie di Xavier.- spiegò  alla sorella che si girò sui cuscini del divano, per sedersi con le ginocchia radunate al petto -…Che a parte sembrare tuo coetaneo,  non ha più pelle sulla schiene per le frustate che si è preso.-
-Si riprenderà?-
-Non finirà ancora in sedia a rotelle.-
Sfibbiò la cintura dei jeans,  si abbassò i pantaloni fino a mezza coscia e si sedette sul bordo del materasso dopo essersi scalzato .  Diane arricciò il naso, tornando a guadare il Castello che dominava Manhattan -… Natasha l’hai sentita?- gli chiese.
-Sì, Francis sta bene.-  annuì Clint intanto che infilava i pantaloni del pigiama - Era spaventato a morte, ma sta bene. Le ho detto di non mettersi in macchina con il buio e di rimanere con lui e la babysitter.-
-Povera Chloe se la sarà fatta addosso.-
Clint si buttò all’indietro sul letto - Un po’ come tutti.- 
Rimase per un momento immobile , a braccia larghe a mo’ di stella marina, prima di tirarsi su e scostare le coperte - Vieni.- disse facendo segno a Diane di avvicinarsi con la mano.
-Dove?-
-A dormire…- sbadigliò Clint -Non possiamo fare altro.-
-Davvero?-
Clint la guardò con gli occhi chiari sorridenti - Stasera , o meglio stamattina non possiamo fare nulla. E soprattutto assonnati non si vincono le battaglie.-
Diane mordicchiò il labbro inferiore, prima di convincersi.
Si alzò dal divano per andare al letto. Gattonò fino al cuscino  dopo essere salita sul materasso puntando le ginocchia e lasciandosi cadere sulle mani, e  si infilò sotto le coperte accanto al fratello che  si volse verso di lei.
L’afferrò per la maglietta e la fece rotolare per portarsela contro il petto.
Diane sentì la schiena riscaldarsi immediatamente, volse il capo verso la spalla per guardare  Clint che l’abbracciava e sorrise mettendosi già  con la testa sul suo braccio.
-Buona notte.-
-Non russare.-
-Io non russo  Clint non iniziare.-

-.-.-.-.-.--.-.-.-



Per Bruce Banner, di solito, i numeri che prendevano vita sullo schermo, confondendosi in una nebbiolina fastidiosa, era un segno  di staccare con il lavoro e andare a dormire. Ma quella sera, invece, benché si strofinasse gli occhi ogni due per tre, non riusciva a trovare la decisione per staccarsi di suoi calcoli e trovare la strada  del letto.
Aveva ascoltato sia il racconto del Professor Xavier che di Magneto ed erano stati entrambi una delusione.
Il Professore, aveva riferito di essersi svegliato ragazzo dopo aver sentito un dolore allucinante spaccargli in due la testa  mentre era nel suo ufficio alla Scuola e
Lehnsherr , aveva riferito di quella forza, simile ad un campo magnetico,  che gli aveva fatto tremare il casco sulla testa tanto che aveva dovuto tenerselo sulla testa con le mani.
Niente che spiegasse un simile ringiovanimento.
Guardò verso la finestra.
La Fortezza  che  sembrava allargare su Manhattan  un ombra buia come una mano  pronta a ghermire.
-Charles Xavier, età biologica, ventotto anni.- lesse ad alta voce il risultato dell’analisi  per poi passare a quella di Erik -Erik Lehnsherr, età biologica, trentatre  anni.-
-Sono ringiovaniti  più di trentacinque anni a testa!- esclamò una voce sbalordita  oltre lo schermo del pc.
Bruce alzò gli occhi  e spostò la testa per affacciarsi oltre il computer che gli occupava la visuale della porta.
Darcy,  si  stropicciò il viso sfregandolo con entrambe le mani, prima di entrare nel laboratorio deserto a passetti. Bruce distolse immediatamente lo sguardo, in difficoltà, dedicandosi con morboso interesse al grafico sul suo schermo.
La ragazza indossava solo una semplice  camicia da notte , azzurra.
Troppo poco per i suoi gusti e per i suoi poveri nervi ancora scossi dopo quello che era accaduto in ascensore.
Si fece di lato per farle spazio davanti al computer e si maledisse quando Darcy, invece di prendere una sedia, si accomodò sulle ginocchia per guardare i risultati.
-Stupefacente.-
Bruce gemette alzando gli occhi al soffitto.
Perché a lui?
Con i casini che l’Altro combinava non c’entrava nulla. Lui, era una brava persona.
-Bruce.-
-Uhn?-  Il dottore si stava strizzando la radice del naso fra due dita, gli occhi chiusi e le labbra tirate.
-Sei in imbarazzo?-
Bruce alzò la testa di scatto.
-No.- sbottò dopo un ritardo di qualche secondo che rese la sua risposta  per nulla convincente.
La verità era che  ormai era del tutto disabituato a relazionarsi con una donna per cui provava interesse. Darcy gli si appoggiò al torace con le spalle e  allungò la mano per muovere il mouse sul tappetino - Uhm… Sarà.-

Bruce le appoggiò la fronte su una spalla -Darcy.- sospirò.
-Sì?- gli rispose la ragazza
-Lo stai facendo a posta?-
-Sì.-


Voleva spingerlo a essere sincero con sé stesso, voleva spingerlo ad accettare lei e i loro  sentimenti, quelli che si intravisti in quell’ascensore,  anche a costo di forzare un po’ la mano.

-.-.-.-.-.--.-.-.-

 

Loki osservava l’uomo oltre il rettangolo di vetro che dava sulla stanza che, un anno prima, l’aveva visto urlante sotto i ferri di Sharon,  incerto se entrare o lasciarlo riposare.
Sospirò dondolando sui talloni  prima di decidere di provare a dormire almeno un paio d’ore prima di  ritrovarsi con gli altri attorno al tavolo della colazione. Mosse un solo passo prima di senti, nella testa, una voce familiare sussurrare debolmente.
Non ti va di conoscermi di persona Loki?
Loki volse il capo verso il vetro,  intuendo  un movimento nell’ombra che era il letto occupato da Xavier. Sorrise girandosi , una mano al retro del collo che sfregò indolenzito.
Charles spostò lo sguardo verso la porta che si apriva con un sibilo, sorridendo paterno al dio che si avvicinava al suo letto.
Era voltato su un fianco, per via delle ferite alla schiena  e idratato da due sacche di soluzione trasparente. Loki le osservò per un momento, prima di cercare con gli occhi una sedia e afferrarla per la spalliera.
La volse e si sedette a cavalcioni su di essa -… Come ti senti Professore?-
-Come uno che ha bisogno di un trapianto di pelle.-
-Non puoi farti una trasfusione del sangue di Logan invece di soffrire?-
Da quello che gli era stato raccontato, era grazie a lui se Tony e Bruce erano ancora in vita. Al suo sangue che era capace di guarire.
-No, è meglio non mischiare il sangue di due mutanti.- spiegò debolmente il professore chiudendo gli occhi azzurri con un sospiro indolenzito. Faceva pena in quelle condizioni.
Oltre che sembrare tremendamente giovane, sembrava terribilmente debole e indifeso.
Loki appoggiò il mento sulle braccia con cui aveva avvolto la spalliera della seggiola, osservandolo vagamente preoccupato. Aveva la brutta impressione di essere stato lui a tirarlo in quella situazione.
-Non sei stato tu a mettermi in pericolo.-
Loki sussultò.
-Ci sarei finito comunque a causa delle mie capacità.-
Loki aggrottò la fronte - Non dovresti leggere nella mente delle persone senza permesso.-
Charles sorrise - Non lo faccio di proposito, sono troppo debole per autodisciplinarmi.-
Loki lo osservo in silenzio.
-Devo liberare i miei ragazzi che sono intrappolati in quel castello. Gli alunni della mia scuola, telepati come me.-
-Li libereremo vedrai.-
-Mentire a qualcuno che può leggere i tuoi pensieri come parole su una pagina, che spreco di tempo.-
Loki abbassò gli occhi sulle punte delle scarpe mentre Charles tornava a guardarlo - Con me, puoi anche mostrarti turbato.-
-Quella che si prepara è la più grande battaglia per il genere umano.-
-Lo so.- mormorò Charles -… E ognuno dimostrerà cos’ha nel cuore.-


Fine capitolo uno.

 

Primo capitolo del sequel di Dazed and Confused. Se vi va, fatemi sapere che ve ne pare.

 

Note e disclamers.

[*] Ciao in tedesco!   

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Capitolo 2
*** Capitolo due. ***


 

 

 

L’ultimatum alla Terra da parte di Thanos aveva fatto in poche ore il giro del mondo. Ogni uomo, donna, bambino del pianeta sapeva cosa stava accadendo a Manhattan, e che quella Fortezza apparentemente impenetrabile caduta giù dal cielo, non era il nuovo trailer di un qualche film di Spielberg.
Tavole rotonde si rincorrevano sugli schermi televisivi.
Scienziati contro militari.
Pessimisti contro ottimisti.
Chi predicava l’attacco preventivo, e chi il bisogno di conoscere il proprio nemico prima di caricarlo a testa bassa con il rischio di infilare da soli la testa nel cappio del boia. L’isteria serpeggiava  fra le strade.
La conta dei suicidi, in quella prima settimana fu  impressionante.
La guerra non era ancora iniziata,  e già si contavano i cadaveri.

 

 
La prima settimana.

Manhattan era un immensa città fantasma.
La gente era fuggita nella notte, come aveva potuto, intasando i ponti. Prendendo d’assolto i traghetti. Trascinando nelle valige i ricordi di una vita.
Steve  Rogers sollevò da terra il volantino di una palestra e sospirò appallottolandolo fra le mani intirizzite dal freddo nonostante i guanti.
C’era qualcosa di malvagio in quell’enorme Palazzo immerso nel silenzio.  
L’aria sembrava ispessirsi ad ogni passo verso quel profilo  metallico che sbarrava la strada che Steve stava percorrendo , vibrare satura di elettricità. Si fermò, portando gli occhi al cielo. Il buco che l’aveva lasciata cadere era chiuso, ma spessi nuvoloni gravano su di essa oscurando il sole.
-Sembra  il set di Io sono Leggenda.-
Steve volse il capo verso Sharon.
-Oh lascia stare.- sbuffò la ragazza scrollando il capo riccioluto - Tendo a dimenticare che non sai un accidente di film.-
Steve sospirò riprendendo a camminare, svoltando per imboccare una traversa .  Sharon lo seguì dopo un ultimo sguardo alla Fortezza. Si strofinò le braccia da sopra le maniche della giacca e tornò a puntare gli occhi scuri su Steve che camminava di fronte a lei reggendo lo scudo col braccio sinistro. - Conoscevi mia nonna.-
Steve la guardò da sopra una spalla.
Sharon si chiese se per caso fosse priva di filtri mentali.
Si fissarono, per un momento, nel bel mezzo della strada deserta.
-Come?- le chiese l’uomo.
-Peggy. Peggy Carter.-
Sharon vide il sangue sparire dalla parte del  viso di Steve privo della maschera di Capitan America - Ho letto i suoi diari.-
Se possibile, Steve divenne ancora più bianco.
-Volevo sapere se…-
Si bloccò, attirata da un movimento oltre la testa del Capitano.
Alzò gli occhi, inclinando il capo, puntandoli sul terrazzo di una palazzina, una delle poche adibite ad abitazioni di quel quartiere,  alla loro destra.
Era  una donna, anziana.
Il vento che si incanalava nella stradina le schiacciava addosso la camicia da notte candida .
Sharon aggrottò la fronte mentre Steve si voltava come lei e alzava gli occhi.
La vecchia puntò le mani alla ringhiera del terrazzino e poi sollevò a fatica una gamba corta e tozza. Sharon, nonostante la lontananza, riuscì a distinguere il reticolato di vene bluastre sulla pelle chiara lasciata scoperta dalla camicia da notte con colletto di pizzo.
La osservò confusa, prima di capire che cosa stava accadendo.
-NO SIGNORA.- urlò mentre Steve scattava in avanti.
Troppo tardi.
La donna cadde come un  manichino ai piedi del Capitano che saltò all’indietro quasi lasciando cadere lo scudo.  Si girò verso Sharon  ansimando per lo shock .
La ragazza si era coperta il viso con le mani e respirava a fatica alzando e abbassando le spalle a scatti.

-Sharon.-
-Mio Dio. Mio Dio.-

Steve, deglutì a vuoto avvicinandosi alla vecchietta, aggirò la pozza di sangue che le si allargava sotto la testa e la volse.  Aggrottò la fronte e poi alzò gli occhi verso il terrazzino dalla quale la donna si era lanciata.
-Oh santo Cielo.- sussurrò.
Aveva il davanti della camicia da notte completamente imbrattato di sangue.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

-Una vecchietta si è lanciata nel vuoto nella zona di Inwood .- mormorò Natasha, due dita all’auricolare che teneva all’orecchio destro.  Clint la guardò da sopra una spalla, prima di riportare l’attenzione  al Palazzo che li sovrastava e dalla cui ombra immensa erano coperti.
-Un altro suicidio?- chiese  senza togliere le mani dalle tasche -Maledizione.-
Si guardò attorno. Ricordava di essere già stato in quella zona, una sera, alla ricerca di una pizzeria retta davvero da un vero italiano e non da qualche afgano con  il nome scritto  sbagliato sul grembiule. Ricordava di aver girato in auto come una trottola fino a notte fonda, in compagnia di Tony che continuava a giocare con l’autoradio.
-Guarda che casino.- mormorò Natasha dietro di lui. Le auto ammucchiate e lasciate lì  per evitare di dover attendere lo sciogliersi della fila, i portoni spalancati, tutto parlava dell’isteria che aveva colto la popolazione alla vista della Fortezza.
Clint si soffermò sulle vetrine sfondate dei negozi, le saracinesche divelte e gli allarmi distrutti e lasciati a pezzi davanti agli ingressi.  Sorrise ad una scritta  a spray ancora gocciolante.
-E’ la fine del mondo…- lesse a bassa voce.
-Non hanno tutti i torti.- sospirò Natasha.
Sembrava davvero la fine del mondo, l’inizio di un brutto film  della domenica sera, con l’astronave madre che oscura il sole  di una giornata qualunque  senza il minimo preavviso.
Arrivati infondo alla strada, svoltarono  a destra per tornare verso il jet.

-Ehi.-

Erano in cinque, sicuramente biker,sicuramente una banda.
Tutti vestiti di pelle, con lo stesso giubbotto di pelle .
Clint si rese conto di essere letteralmente invisibile per il gruppetto armato di catene e spranghe di ferro. Due di loro stavano caricando in macchina la refurtiva trovata nella strada che i due agenti  avevano appena passato, ma gli altri tre stavano puntando Natasha quasi con la bava alla bocca.
Si volse verso la compagna che osservava la scena passiva - Non fargli troppo  male.-
La ragazza sollevò gli occhi verdi al cielo con un sospiro -Tenterò.- 

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

-Omicidio suicidio.-
-Il settimo cadavere  della giornata.-
Tony si massaggiò la testa con una mano mentre Steve copriva  con un lenzuolo il vecchio  che, sfondando la porta dell’abitazione corrispondente al punto di volo della nonnina, aveva trovato cadavere nel suo letto con un coltello da cucina ancora piantato nel petto. Vide i macchinari per la respirazione e le aluccie che gli sbucavano dal naso - Probabilmente aveva avuto un ictus, era immobilizzato e lei si prendeva cura di lui.-
-Lei si chiamava Glory.- disse  Thor poggiando  il portafoto che aveva preso dal comodino - Glory e Julian .- spostò la foto.  Ritraeva i due  vecchietti davanti ad una torta il numero 50 a candeline. Dietro di loro un festone con la scritta “Buon Anniversario Julian e Glory
Tony premette le labbra una contro l’altra.
Quell’uscita di pattuglia per l’isola si era tramutata in un  scampagnata in un libro di Stephen King. Scosse il capo e distolse lo sguardo dalla sagoma del vecchio visibile sotto al  lenzuolo macchiato di sangue.
-Facciamoli portare via perdio.- sbottò uscendo dalla stanza in un clangore di ferro, visto che  camminando sbatteva gli stivali dell’armatura contro il pavimento come se l’odiasse a morte. Si fermò  in mezzo al piccolo corridoio con la carta da parati a rampicanti alla vista di Sharon, bianca come un fantasma - Esci da qui. - le ordinò perentorio indicandole il pianerottolo dietro di lei -Subito.-

-Tony.- cercò di protestare.
-Esci.-

 -.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

-Nat, per fortuna ti avevo detto di non fargli troppo male.-
Natasha sbuffò, le mani ai fianchi disegnati, valorizzati ancora di più dalla tuta aderente che indossava -Non è colpa mia se più sono grossi, più cadono facilmente.-
Clint si chinò ad afferrare il bikers più vicino a lui, agguantandolo per il colletto del gilet  e tirandolo su. Aveva sicuramente il naso rotto, assieme ad  un'altra decina di lividi sparsi e sangue a fiumi da una ferita all’attaccatura di capelli - Mi pare che questo sia caduto sulla faccia più di una volta  sulla faccia.-
Natasha non riuscì a nascondere un sorrisetto - Mi ha toccato il sedere.-
-Quale crimine.- sbuffò Clint mollando malamente la presa al poveretto massacrato, raddrizzandosi e pulendosi le mani sul davanti dei pantaloni.
-Rientiamo?- gli chiese Natasha inclinando il capo.
-Sì, prima che ammazzi qualcun altro.-
-Non li ho ammazzati no…- Non fece a tempo a finire la frase che vide uno dei bikers alzarsi aggrappandosi alla macchina colma di refurtiva e lanciarsi come un animale verso Clint di spalle.  Lo colse in un lampo confuso in cui vide spiccare il coltello a serramanico che teneva in mano.
Clint si volse, piegandosi in avanti per incassare la carica, ma  qualcosa sibilò oltre la sua testa e il bikers cadde all’indietro urlando.
-Che diavolo?- chiese  Clint  allungando il collo.
Si volse in direzione dello scocco della freccia che aveva colpito il suo aggressore, portando lo sguardo verso l’alto.
Vide un ombra  ritirarsi dal cornicione del palazzo che faceva angolo con la strada saccheggiata dalla banda di motociclisti. Qualcuno che imbracciava una balestra?
-Buck.- mormorò.
-Io pensavo che tu fossi l’unico a saperlo fare.- Clint volse il capo verso Natasha che pareva sbalordita almeno quanto lui - Quanto saranno? Quaranta metri in linea d’aria?-

-Anche di più.-

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

 

Tony non era abituato a sentirsi responsabile verso qualcuno.
Era una sensazione nuova.
Prima di Pepper.
Prima di Howard.
Aveva sempre vissuto per sé stesso, per Tony e basta.
Ora che sentiva oltre alla sua famiglia, il peso anche di chi aveva attorno, un pensiero lo martellava. Chi diavolo me lo fa fare?
Combattere per …  Affezionarsi a…
Non era da lui, maledizione.
Si fermò,  prendendosi la testa fra le mani.

“Questo significa diventare grandi Tony.”


Tony inchiodò davanti alla camera occupata dal Professor Xavier, aggrottò la fronte e volse il capo verso la porta automatica. Sbuffò, dalle labbra e si volse verso di essa, infilandosi nella stanza in penombra -Sei stato tu?- chiese alla persona immobile sotto alle coperte.
Gli avevano detto delle capacità di Charles, ma  fra il sentirlo dire e  ascoltare una voce estranea in testa correva un mare.
Il mutante, sotto le coperte, si mosse appena.
-…Non è stata una bella uscita, vero?-
-Abbiamo trovati sette cadaveri, due omicidi suicidi.-
Charles chiuse gli occhi, sospirando - La paura fa brutti scherzi.-
-Se continua così, Thanos non avrà una popolazione da conquistare.-
Si sedette sul bordo del letto, di spalle rispetto al professore,  voltato su un fianco per non poggiare le spalle scorticate dai colpi di frusta sul materasso - Ho un bruttissimo presentimento.-
-E’ un nemico Tony, non farti intimorire perché viene da un altro pianeta. Anche Loki veniva da un altro mondo,  eppure l’hai affrontato.-
Tony lanciò uno sguardo all’indietro verso Charles .
-I dubbi e i timori sulle nostre capacità e su quello che stiamo facendo, è l’ultima cosa che ci serve Tony. Dobbiamo rimanere saldi, in attesa dell’alzarsi della marea.-

 

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

-Non riesci proprio a non fare il saggio della situazione vero?-
Charles sussultò ,  voltando il capo verso l’ombra scura che occupava il secondo letto della stanza.
Tony , entrando spinto dalla sorpresa di averlo sentito nei suoi pensieri, non si era accorto di non essere solo con lui. Che c’era qualcun altro sdraiato mollemente sul secondo letto, le braccia dietro la testa e le gambe incrociate ad altezza delle caviglie.
-Non fare l’acido Erik.- sospirò chiudendo gli occhi.
Il mutante volse il capo che teneva sulle braccia raccolte dietro la testa a mo’ di cuscino, verso l’amico. Nella penombra riusciva solo a distinguere il braccio che teneva sporto il bordo del materasso.
-…E tu non fare il Gandalf il Bianco della situazione.-
Charles soffocò una risata -E tu non fare Saruman.-
Erik  si passò una mano sul viso  soffocando una risata -Siamo tornati giovani.-
-Così sembra.-
-Non intendevo per l’età.-
Charles non cambiò tono di voce  - Io nemmeno.-

 

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-Che è successo?-
Diane  spostò gli occhi dalla porta imboccata da Clint , verso Loki che  la osservava dalla terrazza panoramica del salotto , quella che  di solito  Tony  usava come punto di volo e di atterraggio. Si chiuse nelle spalle, afferrando  il telecomando dal divano e spegnendo il televisore sulla pubblicità di un potente smacchiatore.
-Non lo so, mi ha chiesto dove  tengo le foto, quelle che   gli assistenti sociali gli hanno permesso di portare via da casa. - sollevò le mani oltre la testa e poi le lasciò cadere -…  E quando glie l’ho detto, ha imboccato la porta a razzo.-
Loki sollevò gli angoli delle labbra in un sorriso.
-Sai qualcosa che io non so?-
-Diciamo che ho un buono spirito di osservazione.-

Le si avvicinò mantenendo l’espressione sorridente e le  prese fra due dita un ricciolo color miele. Lo allungo leggermente prima di portarglielo dietro l’orecchio. Possibile che non s fosse accorta di quanto Buck e Clint si somigliassero?
Però era anche vero, che non vai a pensare di trovarti davanti qualcuno che sai che è morto da più di venticinque anni.
Aveva ancora la mano accanto al viso della ragazza e allungò il pollice per sfiorarle una guancia calda -Hai le lentiggini.-
Diane sgranò gli occhi.
-Si , hai le lentiggini sul naso.-
La ragazza socchiuse gli occhi a sentirsi accarezzare il nasino - Già, devi vedermi appena un po’ di sole.-
Loki chinò il capo in avanti sussurrando dolce - Se andrà bene ti vedrò quest’estaEhi.-
Diane aveva girato la testa un secondo prima che riuscisse a baciarla - Beh?-
-Pff…-
Loki rise - Cos’è una ripicca per non averti baciato l’altro giorno?-

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

 

-Che stai facendo?- chiese Diane  intanto che rigirava fra le mani il caschetto giallo di plastica rinforzata che Tony le aveva allungato. Scambiò uno sguardo con Peter e  se lo infilò sul capo, assicurandoselo sulla testa con le cinghie che fece passare sotto al mento -E soprattutto non ti sembra un po’ esagerato?-
Tony, davanti a loro, stabilizzò la  posizione, sculettando quasi mentre Loki e Logan, che avevano rifiutato il caschetto, asserendo che fargli male non era così  semplice, si tiravano indietro di un passo, misurando Logan l’altezza dei soffitti della camera  blindata in cui si trovavano e Loki la distanza a cui Tony aveva messo il manichino da abbattere.
-No, non ho esagerato Diane, tieniti quel casco sulla testa e zitta se vuoi rimanere.-
Le luci , posti in faretti lungo tutto lo stanzone, sfarfallarono come a preannunciare la catastrofe.
-Ho un brutto presentimento.- borbottò Peter storcendo il naso e strizzando un occhio.
Un ronzio allarmate si levò dal bracciale dell’armatura che Tony aveva indossato,  Diane non fece a tempo a chiedersi se fosse normale che un lampo illuminò l’ambiente a giorno e un boato l’assordì costringendola a portare le mani alle orecchie.
-Attenta!- sentì urlare e mezzo secondo dopo fu letteralmente sollevata di peso  da un braccio che le avvolse la vita e buttata per terra.  Ad un soffio dalla barra di ferro in cui erano incastonate i faretti.
Si alzò a sedere, lanciando  uno sguardo a Peter, a terra dietro di lei ,  per poi cercare Logan e Loki , anche loro seduti sul pavimento in cemento.
-Stark.- borbottò  Wolwerine  - Non ti sembra di aver leggermente esagerato?-


 

Fine capitolo.

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


Nelle speranza che vi ricordiate ancora questa storia,  un saluto dalla vostra devotissima Ino chan
Un grazie ENORME a Soficoifiocchi per l’opera di betaggio.

 

 

 

 

Per quanto la Stark Tower somigliasse ad una città messa in verticale, stare rinchiusi fra quattro mura, con la paura dell’apocalisse dietro la porta, avrebbe minato animi ben più pacifici di quello degli eroi che si trovavano a convivere per forza di cose.
Scoppiavano litigi per motivi inesistenti e c’erano musi lunghi da tutte le parti. L’unico che veniva lasciato da parte agli screzi era Bruce, ma perché nessuno, a parte Darcy, era così pazzo da stuzzicarlo con il rischio di dover scappare da Hulk.
- Smettetela di litigare, per Odino! - sbottò Thor, il tavolo della colazione spaccato a metà ai suoi piedi e il resto del commensali con tazze e brioche in mano, salvati all’ultimo secondo.
Tony e Steve, ormai, sembravano una vecchia coppia di sposi, una di quelle che litiga per tutto, come due polli in un’aia, beccandosi fino a che uno dei due - di solito Steve - non lasciava la stanza per non mettere le mani attorno al collo dell’altro.
Tony sbuffò dalle narici come un torello pronto alla carica del toreador.
Steve, con la tazza da caffè in una mano , il sacchetto di biscotti nell’altra e un piede schiacciato dalla parte del tavolino che era caduta verso di lui, borbottò qualcosa a bocca piena aggrottando la fronte verso il padrone di casa.
- HO DETTO BASTA! - ringhiò Thor, il pugno con cui aveva ucciso l’innocente tavolino ancora stretto e gli occhi azzurri che passavano da un contendente all’altro. - Niente battutine. Niente sguardi assassini. Nulla di nulla per tutto il giorno! O vi giuro su Odino che vi farò imparare a volare, a te senza armatura, e a te senza paracadute. -
Ci fu un momento di silenzio, prima che Johnny facesse segno a Diane, seduta accanto a lui, di togliergli di bocca la brioche che spuntava per metà. Poi borbottò, sputacchiando noccioline - Certo che sei nervoso in questi giorni; da quant’è che non scopi? -
Più d’uno, attorno a quel tavolo, ebbe la netta sensazione di stare per morire. Clint, che era seduto alla destra di Thor, così come Peter, che era alla sua sinistra, si spostarono con tutte le seggiole.
Fortunatamente la voce di JARVIS, che annunciava l’arrivo del dottor Richards, spense la divina furia omicida, passando il posto alla curiosità. L’ombra che si disegnò al vano della porta apparteneva ad un uomo di circa quarant’anni, con capelli neri tagliati a spazzola e intelligenti occhi scuri che abbracciarono con una sola occhiata l’ambiente che li circondava.
- Dottore. - esclamò Tony, spalancando le braccia. - Benvenuto alla Stark Tower. -
Reed Richards, meglio conosciuto come Mister Fantastic dei Fantastici Quattro, sorrise alla volta di Tony, prima di poggiare la valigetta a terra e accettare l’abbraccio dell’uomo. - Grazie a lei per l’invito. -


-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-


- Allora? -
Reed si chiuse nelle spalle, mentre il bracciale di tela dello sfigmomanometro si chiudeva attorno al braccio di Charles. Erik, invece, si era rifiutato di farsi esaminare dal dottore, borbottando che sarebbe morto dannato prima di venire usato di nuovo come cavia da laboratorio. E, come Tony aveva notato con stupore, Xavier non aveva cercato di far ragionare Erik come faceva sempre, ma anzi, con le occhiate che ogni tanto gli lanciava, sembrava volerlo rassicurare che Reed non gli stava facendo alcun male.
“Non è Mengele [*], smettila di fare quell’espressione da cane che punta. Sei inquietante.”
Erik sollevò gli occhi al soffitto, senza controbattere a quel messaggio mentale, ma abbozzando un sorriso.
Non lo faceva a posta, semplicemente per lui avere medici attorno era come avere Schmidt [**] ancora accanto al lettino, che gli infilava in bocca quel morso da cavallo per non fargli mordere la lingua durante gli esperimenti.
Non importava chi fossero, o che gli stessero facendo del bene.
Il suo cervello andava per fatti suoi.
- Non capisco il motivo della tua fretta Tony. - il dottor Richards spostò gli occhi dalla colonna graduata a mercurio, dove si leggevano i valori di pressione del mutante, attirando l’attenzione di tutti su di sé - Quest’uomo è sanissimo. Beh, a parte le ferite alla schiena. -
- E secondo te quanti anni ha? - chiese Tony senza spostarsi dal suo appoggio accanto alla porta.
Richards si chiuse nelle spalle, togliendo lo stetoscopio dalle orecchie e poggiandoselo sul collo. Portò le mani al viso di Charles e gli abbassò le palpebre inferiori con i pollici. - Non so… - fece meditabondo – … Sui trenta, credo. -
-Diciamo che è più vicino agli ottanta, che hai trenta. - sussurrò Erik.
Reed si girò a guardare Tony da sopra una spalla.
- Reed, quello è il Professor Xavier. -

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

- Quindi neanche Reed è riuscito a capire cosa è successo. -
Tony scrollò la testa abbacchiato, mentre Bruce si dondolava sulla seggiola guardando il soffitto.
- Dal punto di vista medico, a parte le ferite alla schiena, Charles è un normalissimo ragazzo di ventotto anni. - si chiuse nelle spalle - Non c’è stata nessuna mutazione genetica, secondo lui, almeno ad occhi nudo. Il sangue che gli ha prelevato pareva normale al microscopio.-
- E Lehnsherr? -
- Non si è voluto far toccare da Reed, ha quasi dato di matto quando gli si è avvicinato. Non so cosa gli abbia detto Charles nella testa per rabbonirlo, ma per un minuto c’erano tutti gli oggetti in metallo del laboratorio a volargli attorno. - sbuffò piegandosi in avanti per massaggiarsi la testa che sentiva incredibilmente pesante. - … Mi sono quasi cagato addosso. -
- Praticamente Reed ti ha detto quello che ti ha detto io. -
- Oh Bruce, adesso non fare il geloso. Lo sai che sei l’unico Nerd che mi scatena l’ormone e che mi fa primavera nelle mutande. -
Bruce aggrottò la fronte e gli lanciò uno sguardo di traverso.
- Un giorno, Banner, so che avrai il coraggio di chiedermi se nella mia lunga carriera da uomo dissoluto ho veramente praticato l’altra parrocchia qualche volta… - ammiccò con le sopracciglia facendo sorridere l’amico, che si premette le palpebre con il pollice e l’indice della mano sinistra.
- E quel giorno perderò la mia innocenza. -
Tony si chiuse nelle spalle. - Non è detto. Potrei sorprenderti. -

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

- Clint? -
Clint alzò la testa dall’album che teneva sulle ginocchia, guardando verso Natasha, che lo fissava stupefatta dalla porta. - Cristo, Diane ti ucciderà. - Aveva letteralmente messo sotto sopra la camera della sorella perché non riusciva a trovare l’album delle foto, l’unico oggetto che gli era stato permesso di portarsi all’orfanotrofio, insieme ai soldatini di stagno e il ciuccio con Paperino di Diane.
- Questo è Barney, mio fratello. -
Natasha si sedette sul letto, accanto a lui.
La foto indicata da Clint mostrava un ragazzino sui sedici anni, biondo, con gli occhi chiari. Un tipico Barton, a guardare Clint e la sorella minore. Natasha annuì .
- Mi ricordo che mio padre lo portava a caccia con lui, io ero schifosamente invidioso e ogni volta cercavo di andare con loro, ma papà non ha mai voluto portarmici. Ero troppo piccolo, secondo lui. -
- E allora? - gli chiese Natasha.
Di solito amava sentir parlare Clint della sua famiglia; visto che lei non ne aveva avuta una ordinaria, era bello vivere frammenti di una vita normale attraverso le sue parole. Però aveva l’impressione che ci fosse una ragione ben precisa per quel tuffo nel passato.
- Quello che so fare non è normale. - mormorò.
Natasha socchiuse gli occhi .
- E lo sa fare anche Diane. L’ho portata una volta con me al poligono, per ridere, e… - prese fiato - … Tre centri su tre. -
- E anche nostro figlio. -
- Già… - mormorò Clint, massaggiandosi la fronte con una mano.
- Stai pensando a Buck, vero? A come ha centrato quel tizio. -
- Potrebbe essere mio fratello. -

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

- Fa freddo. -
- Davvero? -
Loki alzò sorpreso un sopracciglio in direzione di Diane, che sollevò il cappuccio della giacca e vi rimboccò dentro i riccioli color miele. La osservò, nella luce calda del pomeriggio, notando solo in quel momento che aveva la punta del naso arrossata.
- Io non patisco il freddo. - si scusò ritirando le ginocchia al petto per alzarsi. - Andiamo.-
Si trovavano sulla terrazza che Tony usava come punto di volo e atterraggio, seduti per terra, con le spalle appoggiate al vetro delle ampie finestre che davano sul salotto deserto, a parte Howard nel suo box.
- Lo so. Lo so. Tu sei un dio e io una povera midgardiana. -
Loki la guardò perplesso.
- Cosa? -
Sygin era morta prima di sapere la verità sulle sue origini, per questa ragione Diane non sapeva per quale motivo lui non patisse il freddo. Sospirò, accucciandosi fra le sue ginocchia sollevate. - Non patisco il freddo perché sono nato nel ghiaccio, Diane. - le rispose schioccandole un colpetto in mezzo alla fronte. - Odino e Frigga non sono i miei veri genitori; mio padre era Laufey , sovrano dei giganti del ghiaccio, che mi ha esposto alla nascita perché ero troppo piccolo e debole secondo gli standard della mia razza. -
Diane sembrava sbalordita, mentre Loki le accarezzava un lato del collo con le dita fredde, infilandole nel cappuccio che le copriva la testolina.
- Per questo motivo non sento freddo. -
- Che stronzo. -
Loki sollevò un sopracciglio.
- Non tu. - si affrettò a spiegare la ragazza - Laufey! Che bastardo. -
Loki si chiuse nelle spalle - Pianeta che vai, usanze che trovi. -
- Non sei arrabbiato? - Diane lo era per entrambi, a quanto pareva. - Ti ha buttato via! Eri suo figlio! -
Loki parve riflette mentre le carezzava il mento - Tu sei arrabbiata con le anatre perché fanno “qua qua”? - le chiese mentre le sfiorava il labbro inferiore con il pollice. - No. - rispose per lei con un sospiro. - Non puoi avercela con qualcuno perché segue la sua natura. -
Cercò di trarla a sé, tenendole fermo il viso per evitare che si voltasse come l’ultima volta, ma a quanto pareva qualcosa remava contro di lui e il suo desiderio di trovare conforto su quelle labbra leggermente screpolate . Vide disegnarsi un ombra a lato della testa di Diane.
Una sagoma umanoide, che riluceva di un bagliore d’acciaio nel sole alle sue spalle.
Non era Tony in armatura.
- LOKI! - strillò Diane.
Il dio ebbe solo il tempo di stringerla a sé per proteggerla dal colpo laser  che sentì ronzare nelle orecchie mentre caricava nella bocca del fucile.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

L’esplosione era stata tremenda.
Le vetrate erano esplose e lei si era ritrovata ad impattare per terra con Loki addosso, fra cocci di vetri rotti che le ferirono le mani e i gomiti. Per un momento, il bruciore fu troppo forte per pensare, per rendersi conto che quello era il danno minore. Mentre le sirene d’allarme le rimbombavano in testa, scivolò da sotto il dio che l’aveva protetta col suo corpo; fece per girarlo, ma la bruciatura alla schiena in corrispondenza del colpo subito le fece distogliere dall’idea di toccarlo.
Incapace di fare qualsiasi cosa, mentre la creatura che li aveva attaccati si avvicinava, si volse a guardarla. Se non vomitò fu solo grazie al fatto che, negli ultimi tempi, aveva sviluppato uno stomaco di ferro. Era una creatura umanoide, alta più o meno un metro e ottanta, con spalle larghe e braccia e gambe muscolose. Sembrava nudo, almeno per i canoni terrestri che non fecero riconoscere a Diane nessun abito, e la sua pelle sembrava ricoperta da spessi strati di squame di ferro.
Imbracciava una specie di fucile e il suo viso…
Diane, come detto, riuscì a non vomitare, ma non poté trattenersi dall’urlare. Sembrava una gigantesca mosca, con gli occhi enormi, composti, il muso lungo come quello di un formichiere e la lingua rosa, che saettava fra sfilacci di bava.
- AAAAAAAAAAAAAAAH! -

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Loki puntò le mani a terra e si volse a guardare l’inviato di Thanos da sopra una spalla. Era impossibile dire chi dei due stesse osservando, se lui o Diane, ma sapeva che il colpo con il quale lo aveva sorpreso non era stato mortale volutamente.
- COSA VUOI? -
- Sei in debito di una vita con me, Loki. -
La voce che proveniva dall’alieno era identica a tutto e per tutto a quella di Thanos nel video di ultimatum. Stava parlando attraverso il suo servitore. - E ogni debito va pagato. - Il fucile venne di nuovo puntato verso Diane, che si vide al capolinea.
L’enorme bocca da fuoco brillò di bianco, mentre Loki cercava di rimettersi in piedi e Diane, troppo spaventata per alzarsi e correre, si afferrava la testa con le mani sporche di sangue. Loki era pronto all’attacco, - anche se senza il suo scettro poteva fare ben poco, a parte congelare con il tocco - quando vide la mosca sussultare, come se qualcosa le impedisse di premere il grilletto.
Vide le mani annaspare, il fucile cadere, così aggrottò la fronte e si volse.
Erik, col fiatone, era appoggiato al battente della porta che dava sul vano ascensore .
- Se vuoi fargli qualche domande, fallo adesso. Ce l’ho e non scappa. –

 

FINE CAPITOLO:


Mengele [*]: Josef Mengele. Era un medico nazista passato alla storia per i crudeli esperimenti medici e di eugenetica che svolse, usando come cavie umane i deportati, anche bambini, del campo di concentramento di Auschwitz.
Schmidt [**] Il dottore che uccise la madre di Magneto per indurlo a scatenare i poteri per rabbia e che durante la segregazione durante ad Auschwitz.

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro. ***


Un grazie a tutti color che avranno la bontà di leggere e commentare questa mia.

Un grazie enorme a Sparrow per aver commentato lo scorso capitolo.

 

Capitolo quattro.

 

 

C’erano molti modi per definire la situazione. Di  stallo, per i più raffinati, di merda, per chi era più alla mano. Loki sentiva la ferita alla schiena bruciare come l’inferno. Per via della sua natura di creatura nata dal ghiaccio, ogni attacco a base di fuoco e che creava ustione,  lui lo sentiva duplicato addosso, agito le spalle infastidito e volse il capo all’indietro verso Erik.  
Le domande di Loki avevano avuto come risposta una risata gutturale, il tentativo di stritolare come una lattina  l’inviato da parte di Erik, con una smorfia perplessa da parte del mutante, che prima si era guardato la mano, poi aveva cercato lo sguardo del dio, che lo aveva fissato sorpreso a sua volta.
Non potevano ucciderlo a quanto pareva, ma farlo andare via sarebbe stata una sciocchezza. Poteva essere una vedetta, e il suo ritorno alla base, poteva segnare un attacco con, informazioni  sulla sua struttura e suoi presenti, alla Torre.
“Erik.”
Erik socchiuse gli occhi. Ormai stava diventando un abitudine sentire voci estranee nella testa. Portò lo sguardo di nuovo verso Loki, trovandolo voltato verso  il nemico che lasciava grosse chiazze di bava sul pavimento . A Tony, sarebbe venuta una crisi isterica, lo sapeva.
“Prova a lanciarlo verso il vuoto, non dovrebbe saper volare.”
Erik sospirò , secco, dalle narici. Per sua esperienza, i piani semplici, erano i migliori e i primi a funzionare. Sempre sé, madre Sfiga, non decideva di baciare in fronte tutti i componenti. Strinse la mano destra a pugno, la sollevò e la mosca si alzò di mezzo metro da terra.
Tirò indietro il braccio e nello stesso momento, un rumori di vetri che si spaccava lo fece voltare. Confusamente,  nello spazio di un battito di ciglia, vide Charles venire trascinato via dal letto da  una forza invisibile, e volare verso la finestra. -CHARLES!- urlò.
 Anche Diane si volse in direzione del botto, ma fu all’urlo di Erik, che realizzò da dove veniva. Scambiò uno sguardo con Loki, che annuì nella sua direzione, e girandosi, poggiò ginocchia e mani a terra, per poi alzarsi in piedi, dopo due passi fatti a gattoni.
 Percorse correndo il corridoio che portava alla sala medica dove il professore era ricoverato, fermandosi con la testa sollevata verso l’alto, a sentire un nuovo scoppio di vetri e , un urlo femminile - Pepper?-
-Che diavolo succede?- esclamò Erik.
-Sta buttando fuori dalla finestra tutti quelli che sono in casa.- spiegò Loki con un sussurro.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Charles agitò i piedi nel vuoto sotto di lui, per poi puntare il sinistro al muro.  Voleva provare a sollevarsi con la forza delle braccia, ma ogni tentativo di far pompare i bicipiti, corrispondeva ad una fitta  atroce alla schiena,  a quelle due frustate ravvicinate che gli univano  le scapole.
Sputò un imprecazione, inconsapevole che Erik, dall’altro lato della casa, stava vedendo come lui il salto che lo attendeva se avesse mollato la presa al davanzale e percepiva, come suo, il tirare penoso dei muscoli delle braccia inabituati ad un simile sforzo.
“Resisti!” sentì gridare, all’improvviso, Erik nella testa.
“E’una parola!”
“Non provare a lasciarmi ANCORA.”

Charles sollevò la testa di scatto, lanciando lo sguardo a quel quadrato sfondato,  che dava sulla casa, tento di appendersi alle tende che si agitavano furiosamente, a quelle che pareva ad un soffio dalla sua testa, ma  non riuscì a tirarsi su quanto avrebbe voluto.
“RIPROVACI!”
In un altro momento, Charles si sarebbe reso conto che l’amico, non era semplicemente angosciato, era letteralmente fuori di sé. E probabilmente, gli avrebbe rinfacciato di averlo  condannato a morire nel falso  Cerebro, e che tutto quest’attaccamento, adesso, non lo capiva.
“Sto scivolando!”

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Pepper  era troppo spaventata per provare ad issarsi verso quel battente d’acciaio ricurvo verso di lei come una mano che cercava di prenderla. Un momento prima, stava rientrando in casa, dopo una giornata di lavoro, e un momento dopo stava sfondando con la schiena il vetro della finestra vicino all’ascensore e tendendosi disperata per trovare un appiglio e non cadere nel vuoto.  Alzò gli occhi azzurri, verso la finestra a mezzo metro da lei, e lanciò un urlo di gratitudine non appena vide Diane spuntare e piegarsi verso di lei per cercare di agguantarla.
-Sta attenta! Non scivolare.-
Anche quella circostanza, il suo lato materno, era duro da spegnere.
La ragazza, sorrise fra i capelli biondo miele che le schiaffeggiavano il viso a causa del forte vento - Sta tranquilla Pepper,adesso cerca di prendermi la mano.-
Da dove si trovava, Diane, non poteva vedere Charles che cercava di aiutarsi da solo, ma sperava ardentemente che non fosse caduto di sotto. Altrimenti, aveva idea che Erik avrebbe distrutto, da solo, l’intera Stark Tower.
Si aggrappò al battente della finestra, quasi divelto dall’infisso e cercò di sporgersi il più possibile dalla finestra, quando un grido , familiare , ruppe l’aria arrivando fino a Pepper.
-Howard?- mormorò -HOWARD!-

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Tony, intrappolato nel suo laboratorio assieme a Bruce, vide dai monitor della sorveglianza, il figlioletto sollevarsi dal boxe e  flottare verso il salone. Scambiò uno sguardo con Bruce,  e quasi impazzì.  Si lanciò verso il tavolo da lavoro, afferrò il bracciale del nuovo mac e  fece segno a Bruce di spostarsi.  Fino a quel momento aveva provato ad aprire la porta con le buone,  ora però gli avevano toccato suo figlio, e la musica sarebbe cambiata.
Infilò il  pezzo d’armatura, sistemando il dischetto del propulsore contro il palmo della mano, Bruce si coprì il viso con il braccio destro, e fece partire il colpo che sfondò la porta e lo fece cadere all’indietro, addosso a Ferro Vecchio, la mano robotica che gli aveva salvato la vita anni prima.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Howard comparve fluttuando  e immediatamente,  alzò le manine verso Loki –che conosceva da più tempo- e Erik, che lo fissarono atterriti. La mosca, doveva essere un alto in grado nell’esercito di Thanos, secondo i ricordi di Paura nella testa del dio i soldati semplici erano pedine facilmente battibili , visto che aveva poteri telecinatici di quel livello.
-ERIK, LASCIALO O BUTTERA’ IL BAMBINO DI SOTTO!-
Howard sembrava capire che qualcosa di orrendo gli stava capitando, tendeva le manine verso Loki, disperato, chiudendogli di prenderlo e farfugliando -Papà.- a ripetizione. Erik lasciò immediatamente andare l’alieno, che sibilò una risata motruosa fra la brava che gli scendeva dal muso , e  con un gesto della testa, fece schizzare lo stesso Howard verso il fondo della terrazza.

 

-NO!-

 

Loki e Erik non ebbero nemmeno il tempo di disperarsi per l’orrore che si era svolto sotto ai loro occhi, che  ci fu  un ennesimo scoppio di vetri seguito da un rombo simile al rumore di un jet in fase di decollo si allargò per la casa. Il bambino era sparito solo da qualche secondo dalla loro vista, che Iron Man apparve tenendolo fra le braccia.
-Grazie Odino.- mormorò Loki chiudendo gli occhi.
Tony allontanò la mano dalla schiena del figlioletto che piangeva terrorizzato, per poi puntarla verso  l’alieno che lo fissava - Jarvis, massima potenza.-
-Sì, signore.-

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-


Charles era convinto di stare per morire quando una mano apparsa dal nulla lo afferrò con forza per un braccio e lo sollevò come se non avesse peso.  Si ritrovò a sbattere contro qualcosa che lo trattenne contro di sé, e quando finalmente aprì gli occhi, si rese conto di essere praticamente avvinghiato ad Erik che gli respirava affannato fra i capelli.
Prese fiato, allentando la presa con il quale gli stava aggrappato addosso, ma non fece a tempo a spostarsi che una voce, dal fondo della stanza, lo fece voltare . Logan, con un piglio sinceramente schifato, che scambiò uno sguardo con Tempesta, sinceramente sorpresa - Cazzo è come beccare mamma e papà che fanno sesso!-

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

C’era una bruciatura sul pavimento , Pepper la fissava costernata, mentre cercava di calmare Howard che, dopo aver vomitato per la terza volta, piangeva debolmente appoggiato alla sua spalla.
Tony avrebbe fatto volentieri a meno di dirle che loro figlio aveva rischiato di volare giù dalla finestra, ma quando dopo dieci minuti di tentativi di calmarlo, Pepper aveva sollevato lo sguardo confuso verso di lui, non era riuscito a mentirle.
-Pepper.- chiamò.
-Lo avrebbero ucciso.-
-Pepper.-
-Un bambino. Un bambino piccolo.-
A quanto pareva il crollo nervoso, che a turno, aveva toccato un po’ tutti  quelli che avevano domicilio alla Stark Tower, era arrivato anche per lei. Le si sedette accanto e le passò un braccio attorno alle spalle, per farle poggiare il capo  contro il suo petto.
Il contatto freddo del metallo sotto la guancia la sciolse. Lacrime silenziose le scivolarono lungo il viso fino a bagnare la testolina scura di Howard  sotto al suo mento.
-Andrà tutto bene vedrai. Andrà tutto bene. E quando tutto sarà finito, ci sposeremo.-

 

Fine capitolo.  

 

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***


Mi sono fatta prendere dal clima di festa, così, dopo essermi accorta che la fic è ambientata in inverno, ma non ho specificato quando, l’ho posta temporalmente parlando, proprio in questo periodo.
Un grazie, ENORME, a Soficoifiocchi, per il betaggio.

 

 



Non era il momento giusto per festeggiare il Santo Natale, ma Tony, svegliandosi quella mattina, aveva sentito il bisogno di un po’ di normalità, anche se l’orizzonte che vedeva oltre la finestra era digitale. In quel bunker di cui molti giornali avevano parlato, ma di cui nessuno, conosceva con esattezza l’esistenza.
C’era voluta la mano del cielo a convincere Erik, a costringerlo a rimanere in quella “maledetta tomba di cemento”, come l’aveva chiamata dopo un breve giro delle stanze, ma alla fine tutti avevano preso possesso dei nuovi alloggi.
Ed erano solo alla seconda settimana.


LA SECONDA SETTIMANA.



Il bunker era una serie di stanze collegate fra loro da un dedalo di corridoi, che portavano tutti al salone principale, rotondo. Lì c’erano un divano, una tv al plasma e un tavolino dove pranzare. Le pareti non erano state rivestite, quindi erano di uno spento grigio, e l’illuminazione a faretti creava parecchie (e inquietanti) zone d’ombra. Tony e il suo albero di Natale stonavano da morire, tanto che anche Diane, da sempre patita del Natale, storse il naso .
- Che Natale di merda. -
- Buongiorno Madama Allegria. - la salutò Tony senza girarsi.
- Lo sai che sei carina? - mormorò Diane avvicinandosi alla scala dove l’uomo era appollaiato, beccandosi uno sguardo perplesso da questo. Aveva, attorno al collo, un voluminoso festone rosa acceso, a mo’ di boa di struzzo. Tony sostenne lo sguardo sorridente della ragazza a lungo, prima di realizzare, abbassare gli occhi e sorridere. Afferrò un lembo del cordone a frange e se lo sistemò attorno al collo come una sciarpa.
- Prendi l’altra scala e vieni su. - le disse - Ho bisogno di aiuto. -

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Tony, si sapeva, era una di quelle persone in grado di contagiarti e trascinarti nella sua follia, ma quel pomeriggio fu incredibile il grado di partecipazione che riuscì ad ottenere. Avevano iniziato a decorare lui e Diane, appollaiati su una scala, appendendo festoni e vischio un po’ a casaccio, visto che nessuno dei due vantava un gran che di senso estetico; poi si era unito Bruce, per decorare l’albero. A lui si erano aggiunte Sharon e Darcy, che sembrano due cuccioli attorno a mamma orsa, che le rimbrottava a bassa voce ogni volta che si mettevano a bisticciare come due bimbe su dove doveva essere posizionata una determinata palla o una stellina.
Poi, non si sa come, si erano ritrovati tutti lì, chi più interessato e chi meno, ad abbellire lo spazio comune. Sotto lo sguardo soddisfatto del padrone di casa, stava riaffiorando lo spirito di cameratismo dei primi tempi, a discapito della paura e del nervoso che l’ennesimo attacco alla Torre aveva suscitato.
- Così va bene Diane? - chiese Erik alzando oltre la testa la stellina che aveva appena piegato.
Peter, dopo dieci minuti di assenza, era tornato con le braccia cariche di barrette di ferro, che senza dire mezza parola, aveva scaricato ai piedi di Erik. Allo sguardo perplesso del mutante, mentre Raven – come sempre accanto a lui - tentava di non ridere, lui aveva risposto con un - Esercitati e fai qualcosa di bello. -
Probabilmente quel ragazzo era stato l’unico, dopo Charles, ad avere il coraggio di chiedere qualcosa a Magneto. Erik lo aveva osservato sbalordito, prima di abbassarsi a prendere il primo scarto di ferro dell’armatura di Tony e iniziare a manipolarlo.
- Carina! - esclamò Diane dalla scala, battendo le mani, per poi allungarle di colpo per afferrarsi ad essa. - Equilibrio di merda.-
-Evita di spiaccicarti.- borbottò Clint, che stava cercando di sbrogliare un gomito di lucine colorate. Francis, suo figlio, stava facendo lo stesso con una palla argentea, che una volta srotolata avrebbe dovuto essere la decorazione finale dell’albero.
- Frankie, spostati dalla traiettoria di caduta di tua zia. -
- Fanculo, Clint. -
Clint alzò gli occhi verso la sorella e le soffiò un bacino, che lei fece finta di ignorare, voltando il capo con uno - Tzè! -
Tony, dall’altra scala, si tese a picchiettare sulla centralina di JARVIS che spuntava da dietro l’albero, come una scatoletta di plastica bianca - Ci sei? - chiese.
- Come sempre, signore. - rispose l’intelligenza robotica.
- Metti un po’ di musica. -

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

All’inizio la musica passò inascoltata, poi Clint iniziò a canticchiare, seguito a ruota da Tony, che gli fece da coretto fischiettando.
Alla seconda canzone, c’era già chi ballava. Sharon, dopo aver alzato a forza Steve da per terra – dove stava contribuendo alla costruzione del presepio assieme a Jane - fu costretto a seguire, rigido ed impacciatissimo, i passi improvvisati della ragazza.
- E MUOVILO QUEL CULO, ROGERS! - sbottò Johnny da vicino Peter, che stava smanettando con il cellulare, probabilmente per immortalare il momento. - Fai scoppiare qualche ovaia! -
- Non so ballare questi balli moderni. - si difese il Capitano, rosso come un pomodoro a causa di Sharon, che gli aveva preso la mano destra e l’aveva costretto ad appoggiargliela alla vita.
- JARVIS, UN WALZER! - urlarono in coro Tony e Johnny.

La musica cambiò di colpo.
Da un ritmo allegro e natalizio, divenne un walzer viennese.
Steve chiuse gli occhi e promise di torcere il collo, con le sue mani, ai due traditori, mentre Sharon si allungava a prendergli la mano libera - Dai Steve. Uno. Due. Tre. Quattro. - cercò di incoraggiarlo - Si ballava anche alla tua epoca, no? -

-Sì, Stevie.- fecero eco Tony e Johnny - Uno. Due. Tre. Quattro.-
Johnny allargò le braccia verso Tony, che saltò i quattro gradini della scala che gli erano rimasti da scendere, per poi buttarsi fra le braccia tese dell’altro uomo.
- OH STEVIE, SEI UN BALLERINO NATO. - cinguettò in falsetto Tony, mentre Johnny, raddrizzava la schiena e cercava di essere il più impettito possibile.
- E non è la mia sola dote, donna! - rispose cercando di fare il vocione.
- OH CAPITAN PORNO! -

Peter era praticamente steso per terra. Con lui Darcy, piegata sulle ginocchia, assieme a Bruce che si stava strofinando gli occhi, lacrimanti per il troppo ridere e Jane, che con una mano sulla bocca cercava di non far capire che, quando rideva di gusto, le uscivano dei grugniti da porcellino. Gli altri stavano ridendo, ma più discretamente, visto che Steve quando era arrabbiato faceva seriamente paura.

Sharon cercava di stare seria, anche se era impossibile! Fra Jane, che grugniva ma cercava di non farsi sentire e Logan, che tossiva e rideva assieme, visto che gli era andato di traverso il fumo del sigaro, sentì Steve borbottare un “idiota”, molto sopra la sua testa, mentre accennava i primi passetti.

A musica quasi finita, purtroppo.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Mentre Steve faceva l’offeso e Tony cercava di corromperlo agitandogli sotto al naso un biscotto allo zenzero, la musica continuava a rallegrare l’ambiente. Mystica si alzò, da vicino a Erik, e un attimo dopo si sentì afferrare alla vita e voltare.
Da che era arrivata alla Tower, come Erik , era stata tenuta da parte. La sua fama l’aveva preceduta enormemente e nessuno si era dimostrato abbastanza coraggioso da avvicinarla per coinvolgerla in qualsiasi attività, da guardare la televisione assieme o uscire a pattugliare le strade.
Si sorprese enormemente, quindi, e strinse le braccia per riflesso attorno alle spalle di chi l’aveva agguantata. Era poco più basso di lei ed emanava un odore che, per anni, si era rifiutata di ricordare.
Guancia a guancia con Charles, che la costringeva a ballare con lui - a fatica, viste le ferite alla schiena - sentì gli occhi pizzicare e abbassò la fronte sulla spalla del fratello che aveva abbandonato tanti anni prima.
- Charles, che fai? - gli chiese all’orecchio.
- Avevo voglia di fare due salti, e qua sono tutte impegnate. - le spiegò il Professore. Il tono era gioviale, amichevole, come se non fosse accaduto nulla fra loro. Dopo una giravolta, Mystica si ritrovò a guardare Erik, che dal divano li osservava.
Se non fosse stata per quella luce bassa, si sarebbe detta sicura che quell’espressione che gli aveva visto in volto, prima che lui si accorgesse di essere guardato, fosse un sorriso addolcito.

- Professore, cazzo, sei un ballerino nato! - esclamò Logan.
- Avrei capito l’apprezzamento anche senza l’imprecazione. Ma ti ringrazio lo stesso Logan.-
Wolverine si concesse un sorriso, prima di vedere Mystica mutare.
La vide prendere l’aspetto di una ragazzina bionda, sui venti anni, con un bel visetto rotondo e lunghi capelli biondi. Vide il Professore sussultare, prima di serrare la presa su di lei e affondare il viso contro la sua spalla.
“Mi sei mancata, Raven.” Le sussurrò in testa, dolcemente “Per tutta la vita.”
“Anche tu.”
Mormorò la mutante, senza rendersene conto.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
- Bacio! Bacio! Bacio! -
Bruce alzò gli occhi verso il soffitto, agghiacciato, mentre Tony faceva altrettanto con una smorfia divertita. Sharon aveva letteralmente tappezzato la sala di vischio e loro erano fermi sotto ad un ramoscello bello rigoglioso adornato da un fiocco, che purtroppo per loro non era passato inosservato.
- Scordatelo. - esclamò Banner indicando Tony con un dito.
- Ciccio, non è che spasimo di baciarti, ma… - alzò gli occhi - … E’ la tradizione. -
- No! Mai! Scordatelo! Njet! -
- Hai detto no due volte. -
- E’ un rafforzativo. -
Peter aveva ripreso il cellulare, così come Sharon e Darcy.
- Se lo fanno… - disse la ragazza all’agente - Giuro che lo metto su Tumblr* e faccio la felicità degli Science Boyfriend**. -
- Tumblr? - fece eco l’altra - Io vendo la foto al miglior offerente e me ne vado in pensione a ventisei anni.-
Bruce lanciò uno sguardo irato verso le due, per poi tornare a Tony, troppo tardi. L’altro uomo gli aveva già afferrato la testa fra le mani e tirato a forza verso di sé.
Fra le risa generali gli schioccò un bacio a stampo sulle labbra, che lo fece gridare mentre si allontanava. Paonazzo per l’imbarazzo, strofinandosi furiosamente la bocca con il dorso della mano, urlò - STARK, SEI MALATO, CAZZO! -
Tony, ridendo tanto da non riuscire a ribattere, si chinò verso i presenti portando una mano al petto.

Loki, che aveva trascorso il pomeriggio in disparte, scambiò uno sguardo col fratello, che come gli altri si stava sganasciando. - Sai…- gli disse attirando la sua attenzione - Adesso capisco perché gli umani ti piacciono tanto. -
Thor sollevò un sopracciglio osservandolo.
- Per quanto la situazione sia buia, se sono assieme possono affrontare qualsiasi cosa. -

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
Intanto, alla Scuola, Hank McCoy sembrava averci preso gusto, a fare l’insegnante.
Stare fra gente che non lo guardava come se temesse, da un momento all’altro, un attacco, ma che anzi lo seguiva con interesse, era gratificante. Tanto che, tutte le sere, quando si trovava solo nella sua camera, si trovava a pensare che non sarebbe stato poi tanto male accettare l’invito che Charles gli aveva fatto anni prima e rimanere lì come professore.
Si volse, sotto le coperte, chiudendo gli occhi.
L’indomani sarebbe stata una giornata campale. Aveva promesso ai ragazzi che avevano più problemi a controllare i propri poteri una seduta alle… Sgranò gli occhi e sollevò la testa di scatto. Le vetrate della sua camera avevano preso a vibrare debolmente, ma non c’era vento fuori.
- Che succede? - ebbe il tempo di chiedersi, prima di venire travolto da una pioggia di vetri .
Alzò le braccia mentre cadeva all’indietro, ruzzolando oltre il materasso, fino a cadere sulle ginocchia al pavimento. Tirò su la testa e scorse, fra i rami degli alberi, una figura fluttuare nell’ombra.
- Oh mio Dio. - mormorò - Jean? -

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Rogue sentiva il sangue correrle lungo il viso, ma non poteva fermarsi. Non poteva svenire. Doveva trovare un telefono funzionante, doveva avvertire la Stark Tower.
Irruppe nell’ufficio di Xavier, chiuse la porta dietro di sé e afferrò il telefono, portandoselo con sé sotto la scrivania.
Avrebbe pagato qualsiasi somma perché il Professore fosse lì. Perché ci fosse Logan.
Con la tastiera che le si sdoppiava davanti agli occhi, compose il numero che Logan le aveva dato la settimana prima, quando aveva saputo cosa era successo al Professore e a Magneto, quindi attese che la chiamata si inoltrasse.
- Rispondi. Rispondi.- mormorò disperata.
- Pronto? -
Era una voce sconosciuta, ma Rogue parlò lo stesso.
- Sono una degli studenti di Xavier. La scuola è stata attaccata! -
- Che cosa? - esclamò Peter, attirando su di sé l’attenzione dei pochi alzati a quell’ora, ovvero Tony, Bruce, Steve e Erik, che si precipitò a togliere a Peter il telefono dalle mani; in quel momento, nella sua camera, Charles si svegliò urlando da un incubo nebuloso dove Jean attaccava selvaggiamente Hank, uccidendolo probabilmente, per poi passare agli studenti.
- I ragazzi. I ragazzi. - gemette scendendo dal letto e lanciandosi verso la seggiola, dove la sera prima aveva lasciato i vestiti.
Rogue non si accorse nemmeno che il interlocutore era cambiato - Vi prego, aiutateci! E’ la professoressa Grey, è impazzita, dice che deve ucciderci in nome del nuovo signore della Terra. -
Erik sbiancò: Jean era una telepate. Probabilmente anche lei era stata rinchiusa nel palazzo di Thanos, come Charles, e ora veniva usata come arma di distruzione di massa.
- Rogue. Sta tranquilla, stiamo arrivando. Tu nasconditi. -
La voce della ragazza morì in un urlo terrorizzato e Erik allontanò il cellulare dall’orecchio - L’ha trovata. -

 

FINE CAPITOLO:

 

U.U se non vi fate sentire altrimenti, è probabile che la concretizzi sul serio la ship Charles/Erik .
E preparatevi ad odiarmi al prossimo capitolo

 

Note:


*Tumblr: è una notissima piattaforma blogging .
**Science Boyfriend : Nome della ship Tony x Bruce.




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Capitolo 6
*** Capitolo sei. ***


Capitolo senza betaggio, perché  non riuscivo ad aspettare.
Un grazie enorme a Soficofiocchi, Sparrow, e luxu2

 

Capitolo sei.

 

 

Silenzio.
Troppo silenzio.
Rogue palpò la costrizione che sentiva premerle la gola, chiedendosi cosa fosse.
Non ricordava nulla, dopo  che le porte dell’ufficio del Professor Xavier si erano spalancate con un tonfo e la scrivania, sotto cui si era riparata, era volava via, spaccandosi contro il soffitto.
Un velo nero, le era sceso sui ricordi, e non riusciva a capire cosa fosse stato di lei dopo, e qual’era, ora, la sua condizione. Si costrinse ad aprire gli occhi.
La luna era alta oltre il profilo degli alberi. Rogue , la osservò a lungo,  pensosa, prima di costringersi a focalizzarsi sui particolari. L’intelaiatura in legno che percorreva la vetrata. Gli infissi . Per poi spaziare.
Si guardò attorno, debolmente, prima di rendersi conto che era al ballatoio del primo piano, con una corda legata al collo. Strinse la presa al cappio, dando uno strattone per liberarsi, ma questo si strinse di colpo,  portandola a sollevarsi sulle punte dei piedi.
-No.No.No. Fai la brava qui, Marie.- le sussurrò una voce all’orecchio, mentre dita fredde le lisciavano la guancia - Fino a quando non arrivano gli altri.-  
-Professoressa Grey.- soffiò con la poca aria che aveva in gola.
-Chi?- le chiese la voce, a cui non riusciva a dare un corpo, per via di quella stretta al collo che le bloccava anche i movimenti della testa - Io mi chiamo Fenice.-
Il nodo al collo si bloccò di colpo e la ragazza cadde a terra in un mucchio, ai piedi della donna, dai lunghi capelli rossi, che la osservò impassibile per un momento, prima di voltarsi e prendere le scale.

-Professoressa.-
-Li terrai tranquilli.-

-.-.-.-.-.-.-.-.-

 

Rogue, però , non era mai stata tipo da accettare senza fiatare la sua fine. Così come aveva gridato per tutto il tempo quando Magneto l’aveva  imprigionata nella torcia della Statua della Libertà, ora cercava in tutti i modi di togliersi dal collo la corda che, ad ogni suo strattone, si stringeva per una manciata di secondi, rintronandola.
Con quell’ultima affermazione, la professoressa Grey (Fenice?) le aveva fatto ben capire cosa aveva intenzione di fare con lei e no, sarebbe morta dannata, prima di vestire di nuovo la parte della damina da salvare. Non dopo essersi ritrovata Logan, come morto, steso di traverso sulle gambe.
Stesa sulla moquette , ruminò rabbia e frustrazione.
Era scappata dal letto di corsa, senza pensare a mettere i guanti. Quindi le sarebbe bastato toccarla, arrivare a stringerle anche un dito , per piegare  la Grey (o  come le piaceva farsi chiamare) e salvare tutti. Li sentiva  chiedere aiuto dalle loro camere, e correndo, verso l’ufficio, aveva visto il Professor McCoy , rantolare orrendamente nel suo sangue.
Se non era morto. Lui era il primo per cui doveva liberarsi  per chiedere aiuto.
Da dove si trovava, fra le sbarre del corrimano, Rogue riusciva a vedere Jean, illuminata da una lama di luce lunare che filtrava dalla vetrata sopra l’ingresso, e la porta. Si spinse, leggermente per guardare, sussultando quando questa si aprì.
Si fece avanti un uomo.
O forse era meglio dire, un ragazzo.
-Jean.-
mormorò Charles.
-Professor Xavier.-

Era lui da dover tenere buono?
Però Jean aveva usato il plurale.
La mente di Rogue lavorava febbrilmente mentre Xavier avanzava lentamente verso Jean. La porta, dietro di lui, era aperta. Ma non si vedeva nessuno: Era venuto da solo? Era stato lui così incosciente, e gli altri così pazzo?
Cercò di alzarsi, ma la corda , la strattonò con forza all’indietro. Jean, per quanto voltata verso il nuovo arrivato, non smetteva di controllarla. La ragazza si ritrovò supina, i piedi scalzi puntati alle sbarre del corrimano, e dopo aver raggranellato tutta  il coraggio che aveva in corpo, urlò. -SCAPPI PROFESSORE!-

 

-.-.-.-.-.-.-.-.-

 

Accadde tutto velocemente.
Charles sollevò lo sguardo verso le scale. Jean si volse come un indemoniata assieme a lui, e la corda che stringeva il collo di Rogue, si mosse come  se fosse viva. La ragazza, si ritrovò a venire alzata di forza, e poi spinta verso il corrimano a cui cercò di appendersi con entrambe le mani.
Ma non era abbastanza forte.
Dopo un paio di strattoni, si ritrovò a cadere nel vuoto, senza riuscire a gridare.
Senza riuscire a pensare ad altro che stava per morire impiccata.
Chiuse gli occhi. Pensò alla mamma e al papà che non vedeva da quasi due anni.
Penso al Professore, che l’aveva accolta come una figlia, e si rallegrò  che la sua vita fosse servita a salvare un uomo del genere.
E alla fine pensò a Logan. A quanto le sarebbe piaciuto potergli accarezzare il viso almeno una volta senza correre il rischio di ucciderlo.
Si sentì cadere. In un lampo confuso, vide la corda quasi attorcigliarsi in aria, prima di tendersi.
Era la fine, le avrebbe spezzato il collo.
Ma non era quello il suo destino.

 

-.-.-.-.-.-.-.-.-


Una sagoma, rossa e oro,  si disegnò oltre la vetrata che dominava l’ingresso.
Rogue non lo vide arrivare, ma sentì in lontananza come  un rombo cupo, seguito  da un boato che non riuscì ad identificare.
La corda era quasi tesa e, in quell’ultimo secondo, allungò le braccia , disperata, verso la fonte di quei rumori. Fu afferrata, un secondo prima della fine, da qualcuno che la strinse a sé con forza, e tirò  fino a far staccare la corda che era stata legata all’applico del lampadario.
Rogue, abbracciò il suo salvatore con tutta la forza che aveva in corpo , senza badare al fatto che, quello che sentiva a contatto con la pelle, era ferro e non carne e vestiti.
Era troppo sconvolta , per farsi due domande e costringersi ad aprire gli occhi.
Fu appoggiata per terra, seduta, e  lisciata da due mani fredde che la staccarono gentilmente.
Sollevò le palpebre, e sussultò a trovarsi ad un soffio dal naso la maschera inespressiva di Iron Man.

-Tu sei Rogue, vero?- le chiese Tony.
La ragazza annuì .
-Il tuo ghiottone idrofobo arriverà a momenti, aspettalo qui fa la brava.-

-.-.-.-.-.-.-.-.-

 

La pioggia di vetri creata dalla rottura della vetrata si era abbattuta su Jean ferendole le braccia con cui si era riparata la testa. La donna, le abbassò lentamente, per poi portare gli occhi neri, sclera compresa, verso Charles, che invece si era tolto dalla traiettoria, addossandosi al muro accanto alla porta.
-Charles Francis Xavier.- sibilò con una voce puramente maschile -Sei nella lista.-
-Lista?- ebbe il tempo di fare eco il mutante, prima di sentirsi sollevare per la cintura da una mano invisibile, e scaraventare per tutta la stanza, addosso alla parete di fondo,  in direzione del ballatoio dove Rogue era stata lasciata da Tony.
-Professore!- chiamò la ragazza, sporgendosi verso di lui.
-Sto bene Rogue. Sto bene.- farfugliò Charles, di pancia sul pavimento, con una mano alla schiena.
Ci mancava solo, che lo rimpiazzavano su una sedia a rotelle dopo il miracolo che gli era stato fatto. Si volse verso Jean, che incombeva su di lui, e trattenne un sorrisetto, quando questa fu coperta dalla sagoma di Tony in piedi sulla ringhiera.

-Ehi, tettine di zucchero, che ne dici di giocare con me?-

 

-.-.-.-.-.-.-.-.-

Mentre Tony cercava di tenere occupata Jean,  Steve e Erick, facevano il giro delle stanze, per liberare i ragazzi intrappolati nelle loro camere. Muovendosi con circospezione, per evitare di attirare l’attenzione della donna, Erick faceva scattare le serrature al passaggio,  senza bisogno di fermarsi. Accanto a lui, Steve, si guardava attorno, pronto a respingere qualsiasi  attacco.  
-Stia tranquillo Capitano, se fossimo in pericolo, Charles mi avvertirebbe.-
Aveva, infatti, il casco sotto al braccio destro. Anche sé, erano riusciti a comunicare mentalmente, anche con quello di mezzo, Erick aveva deciso di non indossarlo, per precauzione.
Steve sospirò dopo un breve cenno del capo.
E se il pericolo fosse venuto dall’esterno, sarebbero stati Buck e Clint ad avvertirli. Eppure non riusciva a stare tranquillo. Toccò, per precauzione, l’auricolare che aveva all’orecchio destro.
-Loki?- chiese -Tutto a posto?-
La risposta fu uno sbuffo seccato.
-Cosa c’è?-
-Non capisco perché devo fare l’uccello appollaiato su un ramo.-
Clint, seduto al ramo sopra al suo, sghignazzò -E’ perché i tuoi poteri funzionano anche a distanza. Quindi non ha senso che rischi.-
Loki osservò imbronciato lo scettro che aveva sulle ginocchia.
Prima di imbarcarsi sul jet, Thor glie l’aveva teso tutto orgoglioso, riferendogli che era stato loro padre a pregarlo di farlo, dicendogli che si fidava di lui, e che era certo ne avrebbe fatto buon uso.
Era a forma di falce, come l’altro, quello con cui aveva attaccato la terra. Ma inciso sul manico aveva incisa una benedizione di Odino, che l’avrebbe fatto infrangere se fosse stato rivolto verso coloro per cui era  stato posto a protezione. Gli umani.
-Ha ragione Clint, non è certo per sfiducia.- fu la risposta, bonaria,di Steve.

-.-.-.-.-.-.-.-.-

Intanto, la situazione all’ingresso, si stava facendo caotica.
Tony, per quanto corazzato, non sembrava in grado di tenere Jean lontana da Xavier, e Charles,  non riusciva a trovare un contatto mentale con la mente della sua ex allieva. Era completamente in balia di Fenice. Era completamente in balia di Thanos.
Tony ruzzolò in un canglore metallico  ai piedi della scala, e Charles alzò gli occhi verso il viso di Jean.
-Jean, tu sei più forte. Hanno torturato anche me, ma io non ho ceduto.-
Non l’aveva fatto, perché era riuscito a mettersi in contatto con Erick.  Parlargli, sentire la sua voce, l’aveva fatto rimanere sano di testa.
-Lo so che puoi liberarti. Coraggio.-
Era come parlare ad un muro di mattoni, la stessa reattività.
Tony si alzò in ginocchio, giusto in tempo per vedere Charles prendersi la testa fra le mani e sputare un grumo di sangue -NO! PROF.! - urlò alzandosi in piedi.
Dio, quel briciolo di educazione e galanteria che aveva si stava torcendo per quello che stava per fare, ma non poteva permettere che Xavier morisse.
Caricò il reattore  della mano destra, quando vide il corpo  del mutante sussultare, come se fosse stato colpito da un pugno allo stomaco.

Lo vide portare gli occhi all’indietro e accasciarsi in un mucchio ai piedi di Jean.
Il grido di Rogue, fu seguito da  quello di rabbia, di Erick.
In un sussurro, aveva sentito Charles, salutarlo.
“E’ stato bello ritrovarti. Mi sei mancato per tutta la vita.”

-.-.-.-.-.-.-.-.-

Logan, che pattugliava assieme a Tempesta e Thor il perimetro della proprietà, si volse verso la Scuola.  La donna, che lo seguiva, fece altrettanto, alternando lo sguardo da lui, al profilo del maniero che si stagliava contro il cielo stellato.
-Logan?- chiese mentre anche Thor si fermava.
-Ho sentito gridare.- spiegò pensoso il mutante - Voi no?-
Tempesta scosse la testa, Thor sollevò le spalle, prima di venire attirato da un fruscio alla sua destra. Sollevò il mjolnir sorridendo al muso non umano che comparve dalla macchia d’albero che stavano costeggiando.
-Steve aveva ragione. Il telepata che controlla Jean .-

 

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Capitolo 7
*** Capitolo sette ***


Presto in onda una nuova storia.
Avengers/X-Men. Su una storia basata su V per Vendetta.

 

Capitolo sette.

 

Un silenzio agghiacciato era caduto nel laboratorio dove Bruce, grazie alla  telecamera  impiantata nel casco di Tony,  aveva seguito la scena e aveva visto cadere Charles senza un grido. Dietro di lui, Darcy si era coperta la bocca con le mani e Sharon aveva sentito una lacrima cadere.
Non poteva essere vero. Non poteva essere successo.
Era una catastrofe.
-Perché non si alza? Perché non si muove?- pigolò debolmente Diane, spostando gli occhi dalle due donne accanto a lei, al capo ricciuto di Bruce , che le era seduto di fronte  -Non l’ha toccato.-
Non riusciva a capire. La sua mente, si rifiutava di elaborare quello che aveva visto.
Charles che cadeva a terra, senza un lamento, quel ghigno di vittoria sul profilo della dottoressa Grey e le grida di Rogue che giungevano fra fruscii del segnale.
-E’ morto.- bisbigliò Bruce.
Darcy chiuse gli occhi, Sharon volse il capo.
-E’ morto .- ripetè il Dottore, come per cercare di convincersi.
E Diane ebbe l’impressione che il mondo fosse diventato un po’ più buio e pericoloso.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Rogue gridava così forte che, per un momento, ebbe paura che le sarebbe scoppiata la testa.
Aggrappata al corrimano, con il viso fra le sbarre, osservò Xavier cadere a terra come un sacco e un sorriso, da bastarda, spuntare sulle labbra sottili di Jean. -STRONZA!- urlò senza rendersene conto, accecata dalle lacrime -STRONZA!- ripetè benchè quegli occhi neri ora fossero fissi su di lei - TI ODIO! TI ODIO!SEI UN MOSTRO!-
Era completamente impazzita, in preda alla frenesia.
Il professore era morto, e di loro, cosa ne sarebbe stato?
Tony, alle spalle di Jean, fissava inebetito quel corpo immobile ai piedi della donna. Era accaduto tutto così in fretta che non era riuscito a fare nulla.
 Era una disgrazia, e lui  aveva solo potuto guardare.
Tirò un sospiro, che si tradusse in un singhiozzo perplesso quando sentì la sua armatura vibrare. Aggrottò la fronte,  e cercò di  alzare il capo.
Bloccato. Non riusciva a muoverlo.
Sgranò gli occhi , e prima che Jean potesse fare qualcosa verso Rogue che piangeva di rabbia e sputava maledizioni verso di lei, il motivo del perché Tony fosse seppellito nella sua tuta si presentò annunciato da un suono di passi pesanti.
Rogue alzò il capo, sorpresa a sentirsi toccare  dolcemente i capelli.
Magneto, passando, le aveva  carezzato il capo.
Lo fissò sbalordita, mentre scendeva le scale .
-Erik?- chiamò Tony - Amico mi liberi?-
-No.- rispose il mutande piantando gli occhi grigi  su Jean -Dopo.-
Non uno sguardo a quel corpo immobile, steso di schiena sul pavimento.
Jean si mosse verso di lui, prima di bloccarsi. La catenina che aveva attorno al collo si era  annodata in un cappio e stretta  bloccandole il respiro. Raspò con le dita, per cercare di liberarsi mentre Tony capiva perché era stato bloccato.
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Vedere qualcuno che muore, è brutto.
Vederlo morire soffocato, è tremendo.
Jean , sollevata da terra di un mezzo metro buono, scalciava l’aria e raspava con le dita nella speranza di togliersi dal collo la catenina che era diventata un cappio.  I tre, potevano vedere in viso anche Erik, la sua espressione piatta mentre stringeva lentamente il pugno sollevato verso Jean.
Sembrava totalmente estraneo a sé stesso e a quello che stava facendo.
Erik Lensherr non aveva mai brillato per pietà, e Jean aveva appena ucciso chi, nel bene o nel male, era sempre stato capace di tirare fuori quel poco di umanità che Shaw non aveva ucciso nei suoi esperimenti. 
Sorrise, agli ultimi spasmi di vita di Jean.
Un sorriso pallido e malato, che non raggiunse gli occhi, mentre il suo pugno si chiudeva del tutto e tirando indietro la mano, faceva torcere tremendamente la collana che aveva manipolato per stringerle la gola. Si udì, anche attraverso i microfoni, uno schiocco simile ad un ramo che si spezza, mentre la testa della donna si piegava di botto verso destra. 
-Oh mio Dio!- sibilò Diane nascondendosi il viso fra le mani.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-


Tony aveva chiuso gli occhi.
Non appena aveva visto Erik incordare i muscoli della spalla per tirare indietro il braccio, aveva capito cosa stava per accadere, e visto che era bloccato come una calamita sul frigorifero. Aveva solo potuto abbassare le palpebre e rabbrividire a quel rumore orrendo.
A differenza sua, Rogue, aveva guardato.
Invasa da un feroce senso di vittoria, aveva osservato la vita lasciare il corpo di Jean, mentre Erik stringeva lentamente la mano e il cappio che aveva improvvisato per lei. Senza saperlo, Magneto, aveva  dato a quella donna  la morte che avrebbe voluto per lei.
Lo guardò abbassare lentamente il braccio e sospirare, prima di alzare gli occhi verso di lei.
Si fissarono per un momento, senza dirsi nulla e dicendosi tutto, prima che la porta d’ingresso si aprisse e Logan  entrasse in una lama di luce lunare, seguito da Tempesta.
-Che è …- cominciò prima di fissarsi sul corpo a terra di Xavier -…No.-
Avanzò per metà ingresso, prima di girarsi verso Jean, a terra ai piedi di Erik.
 Per un momento, parve non sapere da chi dei due andare, ma poi si volse verso il Professore, e andò da lui, sollevandogli la testa e le spalle dal pavimento e chinandosi per appoggiargli un orecchio sul petto.
-No.- urlò alzando la testa di scatto, scambiando uno sguardo con Tempesta, che non aveva avuto coraggio di toccarlo -No.- guardò verso Erik che sostenne il suo sguardo.
Jean aveva ucciso il Professore.
Magneto aveva perso la testa e l’aveva uccisa.
Ecco cos’era successo.
Abbassò gli occhi su quel capo appoggiato sulla sua spalla e mandò un urlo di rabbia .

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

-Non ho capito se sei sadico, hai un pessimo senso dello umor o sei solo un gran bastardo.-
Loki alzò gli occhi verso Clint, un espressione di pura innocenza stampata in viso.
-Sì, sei un bastardo.-
 - No è che devo prenderci mano.- agitò lo scettro, a mo’ di sciamano , beccandosi uno sguardo di palese disapprovazione da parte dell’arciere - Sì, okay, un po’ mi sto divertendo.-
Clint si massaggiò la fronte. Che diavolo ci trovava Diane in quel tipo, mica ne aveva idea.
-Non è colpa mia se ho uno strano senso dell’umorismo, sono il dio delle malefatte.- cercò di difendersi Loki, mormorando a bassa voce, prima di abbassare  gli occhi verso l’ombra che, sollevando le gambe nell’erba alta, stava raggiungendo l’albero su cui si erano appollaiati.

-Fatta buona caccia fratello?-
Thor appoggiò la mancina al tronco dell’albero, mentre la mano destra stava trattenendo per un braccio il corpo, apparentemente defunto, di uno dei servi di Thanos.
-Morto?- gli chiese Loki.
-Più morto di così …- si chiuse nelle spalle - Non ci sarebbe servito di più da vivo?-
Clint sollevò le spalle - Ha detto Bruce che voleva fare un autopsia…- fece una smorfia schifata con le labbra -… Avrà meno lavoro da fare.- Indicò verso la casa dopo aver menato un colpetto sulla spalla di Loki con la punta del piede -… E tu fai riprendere  Xavier prima che Erik spacchi tutto. Non lo vedo bene.-
Loki si volse di nuovo verso la finestra,con un sopracciglio sollevato -Oh.-

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-



Erik era semplicemente inginocchiato accanto a Charles, tenuto in posizione semiseduta da Logan, e come inebetito, lo osservava. Non era passato molto tempo da quando gli aveva voltato le spalle nel falso Cerebro, dopo una breve occhiata alla sua schiena, ma ora. Ora era diverso.
Forse perché aveva rivisto  in lui il ragazzino che si era buttato da una nave per salvarlo.
Forse perché, si era accorto che, dietro quel continuo chiamarlo “My friend” c’era ancora un sentimento sincero. Che non erano solo vuote parole.
Non lo sapeva. Non ne era certo.
Stava di fatto che,  uccidere Jean non gli era bastato a calmarsi.  A far defluire la rabbia e lasciare spazio alla sana disperazione: Voleva fare del male. Voleva uccidere, far soffrire. Prendersi la vita di qualcuno dopo averci giocato.
La porta d’ingresso si aprì ancora, mostrando la figura slanciata di Loki, seguita da Clint e da Thor che si fermò all’ingresso per evitare di sporcare il pavimento col suo carico.
Tony si volse verso il dio, infagottato in abiti umani a differenza del fratello, e gli si avvicinò afferrandolo per il bavero della giacca - Cazzo ti ridi Loki?-
Loki stese ancora di più le labbra sottili accentuando l’espressione divertita - Non è colpa mia se siete degli idioti e…- Charles scattò a sedere fra le braccia di Logan, strappando un grido stupefatto a  Tempesta e  facendo arretrare Erik -… Vi siete dimenticati che c’era il dio degli inganni a guardarvi le spalle.-

Nel laboratorio si levarono un coretto di urla di gratitudine, mentre Bruce sollevava gli occhi al soffitto  in un silenzioso ringraziamento.

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- Che diavolo è successo?- biascicò Charles, ancora  circondato dalle braccia di Logan che lo fissava con gli occhi sgranati - … Io?- guardò verso Erik, accucciato accanto a lui, Tempesta alla sua destra e alla fine, oltre i suoi piedi, Rogue con le mani sulla bocca.
-Jean?- chiese  cercando di vedere oltre le spalle della ragazza, che si fece timidamente di lato per mostrargli il corpo senza vita della mutante.
Il professore sospirò, osservandola, abbandonandosi con un sospiro sconfitto contro il braccio di Logan che sostenne il suo peso -Mia povera bambina.- sussurrò, prima di venire spinto, da questo,  addosso a Erik - Ehi!-
-QUALCUNO MI SPIEGA IL RITORNO IN VITA DI SAN LAZZARO?- urlò Wolwerine indicando Xavier con l’indice.
-Che ritorno in vita e ritorno in vita.- fece  Loki con una smorfia - Sono il dio degli inganni e delle malefatte non è stato difficile creare un illusione potente da farci cadere dentro anche lei, oltre che voi tutti.- accennando a Jean con un cenno del capo - Voleva ucciderlo, e le ho fatto credere di averlo fatto... -
-Poi Romeo si è incazzato perché gli hanno ammazzato Giulietta.- borbottò Tony voltando il casco verso Erik, con Charles sdraiato sulle gambe e appoggiato al suo torace con la testa e le spalle.
Davvero?” si sentì chiedere questo, in testa, benchè avesse ancora il casco infilato.
- Ma cosa, davvero?- borbottò alzandosi con una smorfia e facendo cadere Charles all’indietro facendolo ridere piano mentre portava una mano alla schiena ferita.

Logan stava osservando il corpo senza vita di Jean, quando si sentì sfiorare timidamente la mano da Rogue. Spostò lo sguardo verso di lei,  aggrottando la fronte - Che c’è?- le chiese.
-Mi avrebbe uccisa. Mi aveva stretto una corda attorno al collo e …- Logan la zittì premendole due dita sulle labbra,  com’era solita fare lei, quando voleva baciarlo.
-L’importante è che tu stai bene ragazzina.- mormorò scrollando la testa con un sorriso.

 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo otto ***


Capitolo regalo di natale.
Un festival di coppiette.
Dedicato in principal modo a Soficoifiocchi.(SLAAASH bambina mia U_U o almeno, l’inizio di quello che ci sarà. Un regalo di Natale tutto per te.)

 

CAPITOLO OTTO:

 

Stark Tower “Laboratori.”

 

Aprire in due un alieno era stato chiedere un po’ troppo al suo stomaco.
Bruce , alla prima incisione, dopo  quella iniziale ad “Y”  aveva dovuto abbandonare il tavolo per  andare a far visita al water.  Troppo disgustoso anche per un uomo come lui,  aveva sentito la colazione tornare su di colpo, riempirgli la bocca, e aprendo la porta con una spallata, era schizzato in corridoio e da lì nel bagno degli uomini.
Respirò profondamente, dopo l’ennesimo conato, gli occhiali buttati sul pavimento per non perderli nella tazza e le mani aggrappate al bordo di ceramica. Chiuse gli occhi, ma immediatamente rivide quell’orrenda poltiglia scura , e tornò a rigettare bile giallastra fra colpi di tosse disperati.
La porta dietro di lui si aprì, e Darcy sbucò prima con la testa, poi entrò in silenzio.
Bruce, si accorse di lei, quando sentì una mano fresca sostenergli la testa sulla fronte e un’altra accarezzargli il centro della schiena -Va un po’meglio?-
Bruce alzò lo sguardo verso di lei.
Era bianco come un foglio di carta, con gli occhi rossi lacrimanti, eppure Darcy lo trovò adorabile. Prese un giro di carta dal rotolo della cartai genica  e gli pulì la bocca -  Hai chiesto un po’ troppo al tuo stomaco, dottore.-
-Non pensavo.- mormorò Bruce sulla difensiva -…Che fosse…- se lo rivide davanti agli occhi e volse la testa di scatto per buttare quel poco che gli era rimasto in pancia. Darcy volse lo sguardo nella direzione opposta rispetto alla tazza, beccando lo sguardo preoccupato di Tony dalla porta.
Dove c’era Cip, prima o poi, spuntava anche Ciop.
-Sta bene?- le chiese   questo con le sole labbra, spiccando bene le parole per farsi capire anche senza il sonoro.
Darcy fece di no con la testa.
-Capito.-
Si tirò indietro, dalla porta, intanto che Bruce prendeva aria fra colpi di tosse e strofinate agli occhi che bruciavano - Vuoi un po’ d’acqua e lauro?- gli chiese Darcy, tirandogli indietro i riccioli sale e pepe dalla fronte imperlato di sudore freddo. 
-Lauro?- chiese Bruce.
-Si, fa bene allo stomaco scombussolato. Dai alzati.-
Bruce si fece alzare, ma scosse la testa imbronciato - Dovrei finire l’autopsia.- Al solo pensiero sentiva ancora voglia di rigettare. Storse le labbra , disgustato,  suscitando un sorriso in Darcy . La ragazza, senza distogliere lo sguardo da quello del professore, gli premette l’indice della mancina contro la bocca ancora contratta.
-Zitto, e fatti coccolare . Poi puoi tornare  a dissezionare terribili uomini mosca.-
L’uomo la osservò pensoso.
Che senso aveva continuare a fare il sostenuto se, ogni volta che stava con lei, faceva quasi le fusa come un gatto? Si sentiva bene. Si sentiva vivo. E soprattutto…Accettato.
Guardò verso il lavandino. Si allontanò traballando sulle ginocchia molli,  e prese dallo sportello il colluttorio. Lo aprì e iniziò a sciacquarsi la bocca mentre la ragazza tirava la catena.
-Ti aspetto in cucina.-
Bruce sputò  nel lavandino, si volse asciugandosi  la bocca con il dorso della mano l’afferrò per un braccio, e la spinse di nuovo nel cubicolo, chiudendosi la porta alle spalle alla cieca -Prima un assaggio di coccole, poi andiamo in cucina.- le disse sulle labbra, prima di baciarla.
Decisamente, avevano la strana abitudine di scambiarsi effusioni in posti  strani e poco spaziosi .

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 Stark Tower: Bunker[Alloggi]

-Cosa stai facendo?-
Diane alzò gli occhi dal pacchetto che stava, secondo Loki, tentando di uccidere e portò lo sguardo verso il dio che la osservava perplesso dalla porta. Si premette l’indice della mancina contro le labbra e gli fece segno di avvicinarsi al letto, dove era seduta, e di chiudersi la porta alle spalle.
Il dio,  sollevando le sopracciglia perplesso, si guardò attorno prima di entrare nella camera della ragazza chiudendosi la porta alle spalle come gli era stato chiesto.  Clint,  sorridendo, gli aveva fatto ben intendere che se lo trovava nella camera di Diane, come era successo quando la ragazza si era buscata l’influenza, niente avrebbe potuto impedirgli di usare i suoi attributi maschili come bersaglio.
Non che avesse paura di midagardiano, ma  la mira di Barton non era cosa da sottovalutare nemmeno per uno come lui.
Si sedette, quindi, stranamente rigido, su un angolo del letto, a distanza da Diane che litigava con il nastro che non soleva saperne di starsene dove voleva lei. -Metti il dito qui.- disse al dio  indicandogli il nodino su cui, in teoria, avrebbe dovuto costruire il fiocco.
-Perché un dono? Chi compie gli anni?-
-Non è un regalo di compleanno…- gli rispose Diane - E’ per Natale.-
Alzò lo sguardo sul volto perplesso di Loki - Ah già.- che ne poteva sapere lui del Natale.
-Beh, è una festa religiosa. Per chi ci crede è la data di nascita del Figlio di Dio. Per  gli altri…- fra cui c’era anche lei -…E’ solo un modo  come un altro per stare insieme e scambiarsi regali.-
-E questo dono per chi è?-
-Tony.- gli rispose a testa bassa - Questo invece è per Clint.- indicò al dio la custodia di un cd - Mentre quello  è per…- tacque sgranando gli occhi blu verso il pacchetto che aveva indicato a Loki con un cenno del piede viste le mani occupate -… Niente.-
-Per chi è?- insistè il dio senza troppa enfasi.
-Per te.- borbottò la ragazza  poggiando il pacchetto, finalmente pronto, sul letto.
-Oh.- sussurrò il dio. Se Diane l’avesse guardato in viso l’avrebbe visto vagamente compiaciuto, ma visto che , per imbarazzo, guardava ovunque tranne nella sua direzione, sentì solo il suo tono di voce. Piatto, e senza troppo entusiasmo.
-Oh?- gli fece eco infatti  - E basta?-
-Cosa dovrei dire?- le chiese Loki piegando il capo.
-Non sei contento?-
-Sì, lo sono molto.-
-Ed è così che lo dimostri?-
Loki corrugò la fronte - Non sono Thor, non ribalto tavoli per dimostrare quanto sono felice.-
Diane non potè fare a meno di ridere .
Loki la osservò per un momento, prima di poggiarle due dita sotto al mento, per sollevarle ancora di più il viso. Finalmente riuscì a darle , e a prendersi, il bacio che da circa una settimana gli era stato negato per cause di forza maggiore. Dall’attacco alla  torre, a Barton che sembrava avere le antennine e spuntava sempre sul più bello.
Si allontanò piano dalle labbra arrossate della ragazza, sorridendole  ironico - Spero che tu non abbia speso soldi per il mio regalo, perché era questo quello che volevo.-



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Presbyterian Hospital “Terapia intensiva”

-Dici che lo cureranno?-
Charles sussultò alla voce di Erik e volse il capo verso di lui.
Erano tre giorni che non gli parlava, da quando si era risvegliato dopo l’illusione di Loki fra le braccia di Logan. Fissò, il profilo del mutante, crucciato, prima di sospirare passando il peso del corpo dal piede destro a quello sinistro - Perché non dovrebbero?- gli chiese.
-Perché  è l’incrocio fra un uomo e un gorilla ... -tacque un attimo, prima di aggiungere a bassa voce -…Blu.-
Charles soffiò, seccato, dalle narici -  Non tutti hanno paura di toccare un mutante per paura di rimanere infettato. - rispose - Se negli ultimi dieci anni non fossi impegnato a  progettare attentati te ne saresti reso conto che la mente degli uomini si sta aprendo.-
Erik si volse verso di lui, sorpreso.
Era la prima volta che sentiva  una simile vena di sarcasmo nella voce di Charles.
Il telepata portò due dita alla tempia destra, chiudendo gli occhi e , oltre il vetro che li separava dalla stanza occupata da Hank, McCoy si  mosse sotto le coperte aprendo gli occhi.
I due, si fissarono per un momento, prima che il dottore richiudesse gli occhi, e Charles infilasse la mano in tasca. Si volse, facendo perno sui tacchi delle scarpe e prese ad allontanarsi dalla stanza.
-Ehi!- lo richiamò Erik.
Charles camminava spedito, nonostante le ferite alla schiena non fossero ancora del tutto rimarginate e non fosse raro vederlo prendere fiato con una mano ai reni e Erik dovette accelerare il passo per stargli dietro.  Allungò un braccio, lo afferrò al gomito e lo fece voltare - Che ti prende?-

“TU!”

La  voce di Charles riverberò come un tuono nella testa di Erik.
sgranò gli occhi, sorpreso,  serrando per riflesso la presa attorno al braccio del professore.

“Mi prende che ci sto ricadendo. Mi prendo che sto pensando che posso veramente aiutarti.”

Erik era sbalordito.

“E so che anche stavolta rimarrò solo come un coglione. “

-Rimani solo come un coglione?- gli fece eco Erik -TU, SOLO?-
Probabilmente visti da fuori sembravano due pazzi, visto che parlava solo Erik, e Charles stava zitto e lo fissava e basta - CHI DIAVOLO E’ QUELLO CIRCONDATO E VENERATO COME UN DIO DAI SUOI PICCOLI X-MEN?-


“IO. LO STESSO CHE E’ HAI MOLLATO SU UNA SEDIA A ROTELLE SENZA GUARDARTI INDIETRO.”

Erik mollò la presa al braccio di Charles come scottato. Negli anni, nei loro incontri, Charles non glie l’aveva mai rinfacciato. Non aveva mai preso l’argomento.
Perché proprio ora?

" Quello a cui hai girato le spalle nel falso Cerebro.”

-Charles.-
Che stava cercando di dirgli, che si era sentito solo in quegli anni senza di lui?
E lui che doveva dirgli? Che aveva passato i primi tempi  a piantonare l’ospedale per sapere come stava e che poi, quando l’aveva visto uscire su quella sedia a rotelle, aveva capito che, in qualsiasi modo, non sarebbe mai potuto tornare a farsi guardare come un tempo ed era andato via?


“E adesso giuro su Dio che non lo capisco l’attaccamento che mi dimostri. Non lo capisco. E quando cerco di capirlo, ti imbronci e non parli. E giuro che diventerò matto se continua così. Se non mi fai capire che diavolo pensi.”

-Non lo leggi?-

“Fosse facile. Per quanto riguarda i sentimenti, te e un cubo di Rubik da completare  mi fate lo stesse effetto.”


Erik si concesse una mezza smorfia sorridente, mentre Charles si massaggiava la fronte esasperato. Si guardò attorno, prima a destra,poi a sinistra, si avvicinò a prendere il braccio che Charles aveva sollevato, e facendo leva su quello, lo fece camminare all’indietro. Lo fermò con uno strattone, e si chinò in avanti per poggiargli un bacio sulla fronte.
Charles  deglutì a vuoto. Per un momento, aveva avuto l’impressione che Erik…
E lui non si era spostato, non aveva girato la testa.
Se fosse stato, glie l’avrebbe lasciato fare.
Si sarebbe fatto baciare come una ragazzina!
Per la sorpresa ovviamente, per la sorpresa.
Cercò di leggergli nella mente, ma non trovò nulla. Zero. Aveva agito per istinto, probabilmente. Aveva fatto la prima cosa che gli era passata  per la testa e quel pensiero era scappato.
E ora?
Sforzandosi captò un vago mormorio
“Alza gli occhi Charles.”

Un rametto di vischio pendeva sulle loro teste.

 

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Stark Tower: Bunker[ Salone comune]

 

-.. E diventa un Voto non mai Vano poiché il suo Valore e la sua Veridicità Vendicheranno un giorno coloro che sono Vigili e Virtuosi. In Verità questa Vichyssoise Verbale Vira Verso il Verboso, quindi permettimi di aggiungere che è un grande onore per me conoscerti e che puoi chiamarmi V.[*]-
Sharon sbracciò in contemporanea con V, per poi voltarsi , con un sussulto, alla volta del colpo di tosse che coprì la risposta di Evey . Steve , sorrise da dietro il pugno che si era portato alle labbra, abbozzando un sorriso divertito - Che stai facendo?- le chiese entrando nel salotto addobbato a festa e avvicinandosi al divano.
-Il mio film preferito!- esclamò Sharon indicando la tv.
Steve osservò pensoso lo schermo.
-Un film?- fece eco  dopo un momento - Non sapete cosa siano i veri film in quest’epoca.-
-Rogers non c’è solo Via col Vento.-
Steve si irrigidì impercettibilmente. Era stato beccato da Sharon, una sera, a guardare una replica di Via col Vento, e da quel giorno la ragazza non faceva che prenderlo in giro.
-Non avevo una relazione con Peggy.Non proprio almeno.- disse di botto, dopo aver osservato per un lungo momento il profilo assorto della ragazza rivolto alla tv.Un uscita totalmente scollegata  dal resto del discorso, tanto che Sharon lo guardò ad occhi sgranati.
-Cosa?-
-Non ...Non abbiamo fatto in tempo. Sono stato …Ibernato prima.-
Sharon abbassò gli occhi  fissando le punte delle scarpe da tennis.
-E non sapevo che fossi sua nipote, quindi…-  s’interruppe, in difficoltà, visto che Sharon era tornata a guardarlo. - … Quindi, non pensare che…- MALEDIZIONE!
Quando c’era da dare ordini , cavolo se aveva la lingua sciolta, ma quando c’era da parlare di lui. Niente.
-Quindi non stai cercando una sostituta?- gli venne in aiuto Sharon.
Steve scosse il capo.
Sharon si fece di lato sul divano e battè una mano sul cuscino a mo’d’invito. Il Capitano non se lo fece ripetere due volte , sorprendendosi quando sentì la mano della ragazza scivolare nella sua intrecciando le dita con lui.

 

 

FINE CAPITOLO.

Un meraviglioso Natale a voi che seguite questa storia.   

 

[*]Ovviamente non mi appartiene. E’ una citazione del film V per vendetta.

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Capitolo 9
*** Capitolo nove. ***


TANTI AUGURI DI BUON ANNO MIE CARE, CHE QUESTO 2013 VI PORTI TUTTO QUELLO CHE IL VOSTRO CUORE DESIDERA .

 

 

Grandi Magazzini Macy’s

 

Guardarsi allo specchio e provare l’impulso di volersi fare a fette con un macete è una sensazione che tutte le donne, prima o poi, sperimentano nella loro vita.  E’ quel vago senso di schifo che ti prende alla gola quando ti guardi le cosce un po’ troppo tornite per i tuoi gusti, o quel filo di pancetta in più, che proprio vorresti  strapparti via per non dovertela più  guardare. E Darcy Lewiss non faceva distinzione, anche se era parere di tutte che non avesse nulla che non andava e che le sue, erano solo paranoie da donna che non sa che vestito compare.
Il Natale, grazie al Cielo, era passato liscio e senza intoppi.
Nessun attacco fuori e dentro la Torre, anche se erano stati cinque minuti brutti per tutti quando , aprendo il  regalo che gli aveva fatto Tony, Steve si era trovato a guardare la copertina di un libro sul Kamasutra con tanto di dedica :  Fatti una cultura, VERGINELLO!
c’era voluta la mano del Cielo per fargli capire che era uno scherzo e che il suo regalo era una moleskine nuova, più grande dell’agendina che di solito si portava dietro, e  su cui, quindi, poteva disegnare più facilmente.
Anche sé, la reazione più divertente era stata quella di Bruce.
Scartando il regalo di Sharon si era ritrovato a stringere fra le mani una cornice in plastica  rossa, di quelle pacchiane che si vendono a S. Valentino,  che racchiudeva la ormai famosa foto del bacio a schiocco fra lui e Tony. Famosa perché, misteriosamente apparsa su internet, e poi ritirata mezz’ora dopo, sempre altrettanto misteriosamente.
Era diventato paurosamente verde, e mentre tutti si ritiravano dietro il divano, e Sharon veniva spinta verso Bruce, perché avesse vendetta solo su di lei, lo si era sentito sbottare in una risata incontrollata.
A quanto pareva, stava imparando a prendersela a ridere e a non scoppiare subito come una bomba. Anche sé, non poteva fare a meno di prendere quelle terrorizzanti sfumature smeraldine, prima che la rabbia facesse il posto ad una risata liberatoria.
-Diane!-
Diane volse il capo verso Darcy, davanti allo specchio,  intenta a saltellare per controllarsi chissà cosa in direzione del sedere. Indossava un miniabito nero, che le metteva in risalto le forme generose. Diane, avrebbe fatto carte false, maledizione, per avere un seno florido come il suo -Te l’ho già detto, ti sta bene.-
-Sicura?-
-Sì.-
-Sicura? Sicura? Sicura?-
-Adesso ti mando a quel paese.-
Darcy gonfiò le guancie offesa verso Diane, appoggiata ad uno scaffale pieno di magliette, anche sé, doveva ammettere che era tutto il pomeriggio che quella povera creatura ascoltava i suoi patemi su quanto fossero sproporzionate le sue tette rispetto al corpo, e di quanto fossero corte le sue gambe.
Sharon, dopo i primi dieci minuti, era sparita dalla circolazione.
Ufficialmente, per controllare la situazione, ufficiosamente perché era stufa di sentirla.
All’ombra della Fortezza di Thanos, la vita scorreva in una falsa normalità fuori Manhattan. I negozi erano aperti, c’era gente per strada, ma la paura serpeggiava quasi palpabile e tutti sapevano che,  sull’isola, ora inaccessibile alla popolazioni per via dei blocchi ai ponti  e dei traghetti si erano consumate delle vere tragedie.
Come quella madre che aveva affogato i suoi piccoli per  evitare che l’invasore alieno li facesse schiavi, o , no, meglio non dirlo.
Era un pomeriggio di svago quello, era meglio non pensarci.
-Jane?- chiese di colpo, voltandosi alla ricerca del capo barra migliore amica, cercando di cacciare indietro quei brutti pensieri - Dov’è andata?-
Diane si chiuse nelle spalle, era sparita anche lei.
-Starà comprando qualche completino very hot per Thor?-
Diane si chiuse nelle spalle con un sorriso -Maybe.- sghignazzò - E tu, là sotto, non ci vuoi mettere nulla da far scartare a Bruce?-
Darcy si guardò il seno, e poi  arricciò il nasino - Mah, è già tanto se si renderà conto che non ho su la solita tuta.-
Le due ragazze sospirarono in coro , la sbadataggine di Bruce stava diventando leggendaria.

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Dall’altra parte dei grandi magazzini, Sharon stava osservando pensosa le tele poste in bell’ordine oltre la vetrina decorata  davanti a cui era ferma da un cinque minuti buoni. Si era pentita da morire di non aver  regalato nulla a nessuno per Natale,  già la sera del ventiquattro, quando si era ritrovata a contare i pacchetti per lei sotto l’albero alla Torre, e si era accorta che ce n’erano un po’ troppi rispetto ai due che si era aspettata.
Non solo Natasha e Clint le avevano fatto il regalo, ma anche  Darcy, che le aveva preso un fermaglio per capelli, Diane , una bella felpa col cappuccio, e  non poteva crederci, Steve, che le aveva messo sulle ginocchia un pacchettino avvolto in carta color oro.
Quando l’aveva aperto aveva desiderato di morire.
Dentro  c’era quella bambola di stoffa che lei gli aveva mostrato  quel pomeriggio che avevano passato insieme, facendo il tour dei negozi segnati sulla guida “Negozi storici  di New York”. Quella,  che aveva desiderato nel lontano Natale del millenovecentonovanta, ma che non era mai arrivata perché sua  non aveva soldi quell’anno.
Non poteva credere che era tornato da solo da quel giocattolaio sull’orlo del fallimento, perché ormai le bambole di stoffa non le vogliono più le bambine, e glie l’aveva comprata.
Mordicchiò il labbro inferiore, frustrata.

-Per me, a Steve piacerebbero.-

Sharon sussultò, voltandosi verso Jane che era comparsa alle sue spalle.

-Dici?- le chiese - Non è, scontato.-

Jane piegò la testolina verso una spalla - No, perché? A lui piace disegnare, magari una superficie da disegno più spaziosa di un agendina o di una moleskine potrebbe divertirlo.-

Il ragionamento di Sharon non faceva una grinza, anzi, sembrava passato con il ferro da stiro, ma Sharon non era convinta. Non sapeva nemmeno lei che cosa regalare a Steve, ma sapeva solo che…

-…Vuoi farlo contento  come lui ha fatto contenta te..-
Sharon chiuse gli occhi dandosi dell’idiota, era esattamente quello che voleva.
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Diane emise uno schiocco di disapprovazione con le belle labbra carnose e Darcy, richiuse la tendina della cabina di prova con uno sbuffo irritato.
Anche il vestito numero sette era stato cestinato, e ora toccato al numero otto. Diane lasciò cadere la testolina all’indietro, contro lo schienale della poltroncina su cui era crollata, chiudendo gli occhi.
Non riusciva a capire perché Darcy, a tutti i costi volesse un vestito nuovo, visto che tanto, il Capodanno lo avrebbero passato alla Torre, come il Natale.
-Darcy, io ho fame che ne dici di…-
Si bloccò, sorpresa, alla vista del lucore azzurrino che filtrava attraverso i suoi abiti. Da quando  Loki era ritornato non aveva più pensato a quel ciondolo che, nell’ultimo anno, le aveva fatto compagnia, e ora…
Ora brillava di nuovo.
-Che succede?-  mormorò infilando una mano nello scollo della maglietta e tirandolo fuori, sul palmo della mano destra . Brillava, ad intermittenza, come se volesse avvisarla di qualcosa. Diane lo sfiorò con l’indice dell’altra mano .
Il bagliore si allargò per un momento, tanto che Diane dovette premersi entrambe le mani contro il petto per nasconderlo, e poi si affievolì, tornando a essere un tenue lucore, facilmente nascondibile nelle luci forti del negozio.
-Diane?- chiese Darcy.
-Brilla.- mormorò la ragazza senza alzare gli occhi.

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Il negozio davanti al quale erano ferme Sharon e Jane si trovava a dritta dell’ingresso principale del Grande Magazzino, proprio di fronte le porte automatiche.
Sharon, dopo un primo momento di confusione, si era fatta convincere da Jane ad acquistare, per Steve  il kit del pittore. Ovvero un cavalletto, due tavolozze, per iniziare e una scatola con tempere, carboncini, e da quella distanza, non riusciva a leggere che altro.
-Okay, aspettami qua, poi torniamo dalle altre.- disse a Jane che stava frugando nella borsetta.
Si mosse lungo la vetrina lucida, molto lucida, tanto che fu grazie al riflesso che vide con la coda dell’occhio se si accorse di quello che stava per accadere.
Si volse di scatto mentre Jane lasciava cadere la borsa per portare entrambe le mani alla bocca.
Sotto lo sguardo delle due donne, e degli altri presenti, uno dei servi mosca di Thanos abbattè  con una specie di ascia/martello, abbatte le porte automatiche  e fra le urla generali, si addentrò nell’ampio atrio,  sbavando dal lungo muso a proboscide.
-La-te-le-pa-te.- lo sentirono scandire con una voce metallica mentre si avvicinava .

 

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Le grida di terrore erano scoppiate come un tuono all’interno del Grande Magazzino e Diane, per mano con Darcy, faticò a restare in piedi fra la folla che si accalcava per scappare nella direzione opposta di avanzata dell’alieno.
Si schiacciò contro una parete, per far passare la fiumana di gente, e poi, stringendo il braccio dell’amica,se la tirò dietro, verso  una delle uscite  segnate sulla cartina laminata contro cui si era ritrovata a sbattere la faccia.
-Jane e Sharon?-
-Sanno badare a loro stesse.-
Sharon di sicuro, su Jane , Diane non c’avrebbe propriamente messo la mano sul fuoco, ma in quel momento, col panico che saliva, non vedeva altra soluzione che scappare anche lei e sperare nell’intelligenza della dottoressa. Non aveva idea di quello che stava succedendo, uscendo dal negozio, si erano ritrovate in uno scenario da film apocalittico, e non voleva assolutamente scoprirlo.
Si fermò ad aiutare ad alzarsi ad una ragazza  finita bocconi per terra, e riprese la sua corsa tirandosi dietro Darcy .
Guardando la direzione da cui stava scappando la folla di gente che quasi non le aveva travolte, Diane aveva dedotto che, qualsiasi cosa stava capitando, o li stava inseguendo, saliva dall’ingresso principale, ma invece di seguire la mandria, verso la prima uscita d’emergenza disponibile, aveva deciso di tentare la fortuna, e di proseguire sulla seconda segnata sulla cartina, sperando di non trovare calca anche lì.
Un esplosione fece quasi tremare le mura.
Darcy si fermò  strattonando via la mano da quella di Diane per tapparsi le orecchie e la ragazza si volse a guardarla ansimando per lo shock.
Con tutti i pericoli che si era ritrovata correre in quell’ultimo anno e mezzo, benchè terrorizzata, aveva sviluppato una certa dose di autocontrollo. Tremava come una foglia, ma nella voce e nell’espressione, sembrava più che decisa.
-DOBBIAMO ANDARE!-

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Urla.
Polvere.
Sangue.
Dolore.
Jane aprì gli occhi e la macchia bianca sopra di sé, oscillò paurosamente.
Era stesa, questo lo sapeva, su qualcosa di duro e aveva la faccia sporca.
Sangue, era sangue. Era denso, lo sentiva. Le colava dall’attaccatura dei capelli fino alla terra, lungo la punta dell’orecchio, fra i capelli, fino a sotto la testa.
Che era successo?
Quell’orrendo essere avanzava verso di loro, teneva la sua arma in mano.  Poi?
Jane cercò di ricordare,ma una fitta nel centro della fronte le bloccò i ricordi a metà:
quella cosa aveva alzato la mano destra, le piastre che coprivano il suo braccio si erano sollevato e poi…-SHARON!-
Sollevò la testa di scatto, nonostante la fitta di dolore e si guardò attorno .
C’erano almeno una ventina di persone per terra, ma l’unica che la dottoressa vide realmente, era la ragazza slanciata, con  quei bei riccioli scuri,  stesa nel suo sangue ad un paio di metri da lei.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

-Che significa? Perché non si apre?-
Darcy sembrava sul punto di avere una crisi isterica mentre Diane strattonava il maniglione della porta antipanico.  Erano state fortunate, non avevano trovato nessuno davanti all’uscita di sicurezza, ma stranamente, questa non si apriva. Sembrava bloccata, cosa oscenamente fuori legge.
Una serie di boati rimbombarono nel corridoio, seguiti da urla terrorizzate. Darcy andò a sporgere la testa oltre l’angolo del muro dietro alla quale si trovava la porta  d’emergenza, e quando si ritirò , era pallida come un fantasma e aveva entrambe le mani premute alla bocca per non gridare anche lei.
-Cosa?- le chiese Diane -Che è successo?-
Darcy non riusciva a parlare,  era un fagotto tremolante che si abbracciò stretto il torace mentre Diane la superava per andare a sporgersi e guardare da sé stessa. Le persone  davanti alla prima porta antipanico erano state decimate, solo una ventina, di quella fiumana che erano, stavano scappando nella loro direzione.

-C’hanno chiusi dentro per una caccia all’umano. Dobbiamo trovare un riparo!-
Darcy non accennava a muoversi, Diane, dopo averla scrollata, tirò un sospiro e caricò un ceffone con la mano sinistra che le fece voltare la testa di scatto.
-Ehi.- esclamò la ragazza mettendo una mano alla gota colpita.

-Andiamo.-

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-


Stark Tower

 

-Strano.- Clint allontanò il cellulare dall’orecchio e ne osservò perplesso lo schermo.
Si trovava al bunker, seduto al tavolo in compagnia di Thor, che stava consumando il quinto spuntino della giornata, e Peter, che stava giocando alla psp , muovendosi e agitandosi sulla seggiola come se stesse guidando davvero una moto da competizione.
-Cosa?- gli chiese quest’ultimo, mentre il dio lo osservava a guancie gonfie di cibo.
-Diane non risponde.- borbottò Occhio di Falco.
-Si staranno divertendo.- rispose sempre Peter mentre Thor annuiva -…Quando avranno fatto ti chiameranno per farsi venire a prendere, non fare la mamma chioccia apprensiva.-
Clint sbuffò osservando il ragazzino, così come lo chiamavano tutti,  che lo aveva appena rimbrottato, infilò il cellulare in tasca e si alzò.
Non riuscì a fare che tre passi, che una serie confusa di immagini gli sfilarono nella testa.
Vide un corridoio bianco, nebbia da calcinacci caduti, e dei piedi calzanti converse nere a lacci bianchi pestare il pavimento di corsa.

-CHE DIAVOLO?- esclamò afferrandosi la testa e accucciandosi sui calcagni.


Diane, non aveva la minima idea di stare comunicando, per immagini , il suo terrore al fratello maggiore. Come non aveva idea che era lei la telepate che il servo di Thanos stava cercando.

 

FINE CAPITOLO.

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Capitolo 10
*** Capitolo dieci ***


 

 

Diane  si fermò , strattonando il braccio di Darcy, erano ai piedi delle  scale mobili bloccate.
Davanti a loro si aprivano due strade. Una che le avrebbe portate a fare il giro del primo piano e a spuntare all’ingresso, l’altra al piano superiore del grande magazzino.  Lanciò uno sguardo all’indietro, verso Darcy, e no, lei non poteva esserle di alcun aiuto. Tremava in maniera incontrollata appesa al suo braccio.
Doveva essere lei a prendere in mano la faccenda.
Strattonò ancora l’amica, e riprese a correre lungo il corridoio. C’era un negozio che vendeva articoli da viaggio, valige, tende e via dicendo, potevano nascondersi lì. Si fermarono dietro un angolo del muro e il ciondolo di Diane, prese di nuovo a brillare.
Loki, quando lei aveva fatto l’atto di ridarglielo, le aveva spinto indietro la mano dicendole che sarebbe stato molto più tranquillo a saperglielo al collo, e ora stava iniziando a capire perché. Brillava ogni volta che lei era in pericolo.
-Ce ne sono due?- mormorò - O ha fatto il giro?-
Lo chiese a sé stessa, più che a Darcy dietro di lei.
L’alieno/mosca era fermo davanti al negozio di pelletterie, a una decina di metri da lei e stava guardando fisso verso l’uscita. O almeno, così  lei credeva.
Prese fiato, e  iniziò ad arretrare, quando una voce familiare le arrivò chiara all’orecchio.
Jane Foster che chiedeva aiuto.
Diane tornò ad affacciarsi  per guardare. Era seduta accanto a qualcuno che era letteralmente sdraiato nel suo sangue, gli teneva la testa e le spalle sollevate mentre debolmente cercava aiuto fra i pochi superstiti al massacro.
- Jane…- sussurrò Darcy dietro Diane.
La ragazza  però era troppo impegnata a capire chi fosse la persona per cui stava cercando aiuto. L’orribile e l’orrendo contenuti in quell’immagine erano troppi perché lei riuscisse ad elaborarli. Poi, gli occhi le cascarono sulle scarpe da tennis della ferita, delle converse color verde mela, e  non potè più fare finta di nulla.
Era Sharon.
Diane strangolò un gemito mordendosi a sangue il labbro inferiore, con una spallata impedì a Darcy di affacciarsi per guardare anche lei e prese a camminare all’indietro per mettere  spazio fra lei e il servo di Thanos.

-La-te-le-pa-te.- sussurrò una vocina sottile a metallica.

Diane non fece a tempo a rendersi conto che quella vocetta si stava riferendo a lei, che vide il pezzo di muro dove si era appoggiata per spiare, letteralmente saltare per aria. Cascò a sedere, tirandosi dietro Darcy, mentre l’alieno/mosca spuntava .

-Sei una mutante Diane?- le chiese Darcy.
-NO! SONO I FOTTUTI POTERI DI SYGIN!- le fece eco Diane mentre correvano a rompi collo lungo il  corridoio, seguite da presso dallo scagnozzo di Thanos .
Fottuti poteri che usava senza rendersene conto, ma che evidentemente, non era passati inosservati.

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Jane era convinta di stare per svenire ancora.
Sentiva il rumore del suo stesso sangue ronzarle fastidioso nelle orecchie e l’odore di quello che lei e Sharon avevano perso stringerle tremendamente la gola. Tossì forte,  lasciando la presa sul corpo dell’amica orrendamente immobile. Chiuse gli occhi e quando li riaprì, un ombra scura era entrata nel suo campo visivo. Qualcuno si era accucciato di fronte a lei, e aveva appoggiato due dita sul collo sporco di sangue di Sharon.
-E’ ancora viva, bisogna portarla via da qui.- sentì dire a bassa voce, e nella nebbiolina che le imbottiva la testa, la dottoressa scorse un viso piacevole, occhi neri, su un viso imberbe contornato da una specie di cappuccio rosso. La maschera di Spiderman arrotolata per mostrare il viso che c’era sotto.
-Sei tu?-
-Jane sono Peter.-
  le ultime parole che Jane udì prima di collassare furono di spiegazione - Clint ha avuto una specie di visione. Una serie di immagini che gli mostravano , in soggettiva, Diane scappare. Pochi minuti dopo, Fury ci ha chiamato per avvisarci dell’attacco al grande magazzino.-


-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

 

Diane si gettò per terra, per evitare la bordata laser diretta alla sua testa, sfilando la mano da quella di Darcy, che si volse verso di lei, ansimando sia per la corsa che per la paura.
Diane, le fece segno di proseguire, e quella dopo un attimo  perso a guardare la decisione che regnava sul viso dell’amica, riprese a correre  nella direzione opposta da cui arrivava l’alieno che le inseguiva.
Diane, si volse a sedere, puntando gli occhi su quelli enormi, e sfaccettati della creatura.
-TE-LE-PA-TE--sentì di nuovo scandire.
La ragazza, a terra, spinse sulle braccia  per rimettersi in piedi, ma qualcosa le bloccò il movimento a metà.
Era come avere una mano che le scavava nel cervello. Si premette le palme delle mani sulle tempie e alzò gli occhi blu verso la mosca gigante.
-…Che mi stai facendo?-
Inutile fare discussioni con chi ti vuole uccidere, figuriamoci se poi, non viene nemmeno dal tuo stesso pianeta e probabilmente manco ti capisce.
Diane cercò di scacciare via quella sensazione e la reazione del suo avversario fu portentosa.
Emise una sorta di basso grugnito di dolore,  mentre arretrava.
-Lo posso scacciare.- pensò confusamente Diane - Lo posso scacciare.-

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Fuori dal grande magazzino, in strada, Charles era arrivato alla stessa conclusione di Diane.
Dopo aver attirato fuori il secondo alieno, Diane aveva ragione a pensare che fossero due, si era reso conto che il suo attacco mentale per letteralmente spappolargli il cervello era possibile  da deviare.
-Lo posso bloccare.- aveva detto ad Erik accanto a lui - Ecco perché Jean voleva uccidermi, ecco cos’è la lista.-
-…La lista  non è altro che  i nomi dei telepati scampati alla cattura di Thanos, e che possono fermare i suoi scagnozzi.- ragionò Erik, deviando la sbracciata dell’alieno contro Charles, tirandolo indietro verso di sé .
-Esattamente.- Xavier si piegò su sé stesso, portando anche la mano destra alla testa, per afferrarsi la nuca con una smorfia indolenzita. Era semplice, per lui, togliersi quella mano  mentale che gli frugava nella testa, ma gli assalti ogni volta erano violenti, e  non poteva respingerli in eterno.
Sentì un rivolo di sangue bagnargli la narice destra, mentre  Erik, stringendo il pugno, faceva  stridere orrendamente le piastre metalliche che ricoprivano il corpo dell’alieno.
-Stai bene?-
Stava bene? Sì. Anche sé in un altro momento, avrebbe avuto parecchio da ridere su quel braccio che gli circondava la vita e lo teneva su, premendolo contro il fianco di Erik. Ma da quando avevano detto no agli spazi personali?
Perché sì, anche se gli rodeva ammetterlo, pensava ancora a quel bacio sotto al vischio e al modo, strano, in cui Erik l’aveva guardato quando si era allontanato.


-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-


Diane spuntò dall’ingresso principale del grande magazzino seguita a ruota dall’alieno/moca  che era riuscita a scacciare, ma che a differenza di Charles, non a far soffrire seriamente. Era ancora troppo inesperta per farlo.
 Scese a rompicollo giù per la rampa di accesso per i disabili e cadde bocconi per terra, sbucciandosi le ginocchia e le palme delle mani, si volse a guardare il suo aggressore,  e vide due serie di frecce,  tre più lunghe e due più corte, piombargli addosso.
Dovevano essere Clint e Buck.
Fece per alzarsi, quando qualcosa, come una mano, la strattonò per i pantaloni e la fece scivolare ad un centimetro dal manto stradale. Non fece a tempo a chiedersi, che diavolo stava capitando ancora che si ritrovò a sbattere contro l’ampio torace di Erik, che la tenne a sé con un braccio, mentre con l’altra mano stritolava l’alieno, facendolo soffocare nella sua stessa ferrosa pelle.
Diane si costrinse a non guardare la scena, nascondendo il visetto contro la giacca del mutante, poi quando gli stridii terminarono, piano si allontanò, guardando dal basso il suo salvatore , che era ancora più bello da vicino, e poi Charles, che stava riprendendo fiato accanto a lui.
-Darcy?- chiese.
-Non è uscita.-

 

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-


-Sembrano manichini per le proporzioni.-
Loki sollevò gli occhi dalla creatura stesa ai suoi piedi, per portarli verso Darcy, che finalmente aveva smesso di tremare e si era alzata da terra.
Dopo essersi fatta violenza da sola, e lasciato Diane indietro, Darcy voltando l’angolo  era finita dritta fra le braccia di Thor e nel bel mezzo di una battaglia.
I Vendicatori, sì ormai lei ci contava anche Loki, stavano respingendo gli assalti di un gruppo di essere  umanoidi, alti più o meno due metri, con la pelle scura e oleosa, completamente nudi e con il viso privo di lineamenti.
Niente naso, niente bocca, niente occhi, niente orecchie. Nulla di nulla.
Erano il gradino più basso dell’esercito di Thanos, così aveva detto Loki
-Effettivamente.- borbottò Tony, rivoltando con un calcio quello che rimaneva del suo avversario.
-Darcy…- Steve puntò a terra lo scudo - Dov’è Sharon?-
-E Jane?- si intromise Thor.
-E Diane?- volle sapere Loki.

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Jane sembrava sul punto di svenire di nuovo mentre Peter  premeva forte il cappuccio della maschera sulla ferita di Sharon. La ragazza apriva gli occhi, ogni tanto lo guardava, ma non emetteva nessun suono, nemmeno per lamentarsi. Peter, le portò indietro i capelli dal viso e cercò di sorriderle incoraggiante - Vedrai che andrà tutto bene.-
-La zona fuori è purificata, ho trovato quattro cose che non…- la voce di Natasha si interruppe in un singhiozzo alla vista di Sharon. In un secondo perse tutta la sua abituale freddezza, percorse correndo i metri che la separavano dalla collega (e amica) e si buttò sulle ginocchia accanto a Peter.
-Sharon.- le prese la mano - Sharon.-
Nessuna risposta, a parte quel respiro flebile, quasi impercettibile.
-Sta perdendo molto sangue, ho chiamato i soccorsi, bisogna farli passare. -
Natasha annuì alzandosi - Parlerò io con i poliziotti.- fece per allontanarsi quando un clangore metallico alle sue spalle, la fece voltare rapida  come un serpente.  Peter, portò il viso verso la spalla destra, ma non c’era nulla di cui preoccuparsi.
Era solo Steve.

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Era probabile, anzi sicuro, che in un prossimo futuro Tony avrebbe rammentato a Steve quel momento come l’unico in cui l’aveva visto realmente sincero  e non un soldatino impostato con un cactus nel sedere.
Steve aveva percorso volando la distanza che li separava da Sharon a terra, si era chinato e lei aveva stretto quella manina sporca di sangue che la ragazza aveva debolmente sollevato verso di lui dopo parecchi secondi passati a  guardarlo, senza vederlo,  almeno così pareva da fuori.
-Sharon.-
Nessuna risposta, la ragazza dopo quel brandello di lucidità aveva chiuso di nuovo gli occhi e allentato la presa alla mano di Steve.  Cap prese fiato , incredulo, voltandosi di scatto verso quella mano che gli stringeva forte la spalla.
Forte, abbastanza da spezzare una clavicola in un uomo più debole di lui - Stark .-
-Sta tranquillo. E’ forte, ce la farà.-

 

FINE CAPITOLO.

Avevo deciso di  aspettare anno nuovo per questo nuovo capitolo, ma poi, ho deciso di fare la brava bambina. Ancora auguri di un buon 2013.

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Capitolo 11
*** Capitolo undici ***


Vi ricordo che la fiction è un anno nel futuro rispetto a noi, quindi non c’è stato nessun errore da parte  mia.

 

 

Presbyterian Hospital
31 dicembre 2013

 

 

 

C’era un buon odore nell’aria.
Tony si fermo, all’ingresso della Cappella a lato dell’ospedale, guardandosi attorno sorpreso. Se non andava errato quella era la prima volta, dal funerale dei suoi genitori che metteva piede in una chiesa e si era dimenticato di quanto profumassero di buono.
Inspirò profondamente, prima di chiudersi le porte alle spalle, abbassando la testa verso il  Crocifisso che riluceva d’oro nella penombra dell’Altare.
Steve era seduto al primo banco, spostato verso destra, ai piedi della statua della Vergine Maria. Tony si avvicinò, osservandola nella luce delle candele accese  per voto che le circondavano l’orlo del vestito.
Aveva il viso ovale, i capelli scuri sotto il velo azzurro e sorrideva dolcemente. Gli ricordò sua madre e benché fosse tutto tranne che un uomo di fede, sorrise di riflesso a quel piccolo simbolo d’amore.
Si portò  alla destra di Steve, tossì per attirare la sua attenzione, e si sedette, spingendolo di lato sul banco con una spallata poco gentile.
Il ragazzo, perché infondo quello era quella montagna di muscoli fissata col dovere e l’onore, lo fissò perplesso, guardando poi verso il fondo della Cappella, evidentemente fra tutti non si aspettava che proprio lui lo andasse a cercare per consolarlo.
-Ehi, se ti faccio schifo vado via.- borbottò Tony offeso.
-No, resta…- Steve sospirò chiudendo gli occhi - Si sa qualcosa?-
Tony scosse il capo -No, ma Charles sente i pensieri dei dottori, e sono tranquilli.- quindi non stavano cercando di strappare la piccola Sharon dalle braccia della Nera Signora. Appoggiò le spalle allo schienale della panchetta osservando la statua della Vergine e poco più in là, sullo sfondo, il Crocifisso.
-Sei cattolico?- chiese .
-Mia madre lo era.- mormorò Steve -Mi portava a messa con lei ogni domenica .-
-Cercavi conforto quindi…-
Steve  annuì.
-Invece di startene qua solo, parlare con  noi ti faceva schifo?-
Il capo biondo di Steve si insaccò ancora di più nelle spalle.
-Steve lo so che credi che mostrare debolezze non sia un comportamento da leader, ma amico la tua donna …- si portò l’indice della mancina alle labbra per bloccare le proteste di Steve -… Non lo è adesso, ma fidati lo diventerà adesso…- Se non fossero stati in chiesa Tony lo avrebbe brutalmente preso in giro il per essere arrossito come una ragazzina -…E’ normale che tu  ti senta sperso e bisogno di una spalla a cui appoggiarti.-
-E saresti tu quella spalla a cui appoggiarmi?-
Tony alzò un braccio, lo passo attorno alle spalle di Steve, e lo fece piegare verso di lui tirandoselo addosso, con l’altra  mano gli spettinò i capelli facendolo ridacchiare sottovoce  -Se ti va, perché no?-

 

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-Allora?-
Charles abbassò le dita che aveva portato alla tempia e aprì gli occhi.
Per ascoltare in tranquillità i pensieri  dei dottori impegnati a salvare la vita di Sharon si era andato a mettere accanto ad  un distributore di dolciumi, la schiena contro il  muro. Riparato dalla vista di chi passava in corridoio, aveva potuto concentrarsi , anche se aveva un mal di testa martellante a causa dello scontro mentale avuto con il servo/mosca di Thanos.
Sollevò le spalle alla volta di Erik - Sembra che vada bene.-  mormorò, prima di registrare la mancanza di spazio vitale fra di loro. Erik era appoggiato al distributore, con la spalla e il braccio destro a scoprire il vano di esposizione della merce, ma con il resto del corpo era chino  verso  di lui a bloccargli il passaggio
-E tu stai bene?-Charles ci mise qualche secondo a rispondere. -Diane non fa che perdere sangue dal naso.- continuò Erik guardandolo vagamente preoccupato
-I suoi poteri sono forti, e non è abituata ad usarli.-
Erik volse la testa a guardare verso Diane, seduta  accanto a Jane, con la testa reclinata all’indietro e il naso sepolto in fazzolettino bianco  appallottolato - Potresti insegnarle tu. Da quello che ha detto Loki la sua telepatia per immagini funziona  molto alla tua telepatia. Anche tu, a volte, comunichi per immagini.-
Charles annuì . Era vero, ad Erik era riuscito più di una volta a far vedere quello che vedeva lui, come quando era prigioniero di Thanos e la sua mente l’aveva cercato prima per affidargli i suoi X-Men, poi per conforto nei momenti della tortura. Volendo avrebbe potuto aiutare Diane a capire come fare a  controllare la sua capacità, ma stranamente   scosse il capo per rifiutare l’eventualità.
-Perché no?- fece Erik sorpreso.
-Non credo di essere in grado.-
-Beh, saranno anche poteri divini, ma Diane è umana… La potremmo considerare mutante volendo.-
-No, non hai capito, non credo di essere in grado di aiutare telepati come me…- sospirò Charles -…Jean.-
Erik si  passò una mano fra i capelli - C’era qualcosa di sbagliato in Jean e tu lo sai.-  sussurrò -I suoi poteri avevano risvegliato la sua parte cattiva, anche se eri riuscito a domarla, lo sappiamo entrambi che Fenice presto avrebbe ripreso il sopravvento. Era d’indole cattiva.-
Charles , però, non pareva crederci - E Jason Stryker?-
Erik premette le labbra una contro l’altra - Jason è stata una vittima dei genitori. Non si è mai sentito accettato  per quello che era e ha fatto quello che ha fatto… Se non sbaglio, quando era alla Scuola era tranquillo. Era compreso, amato e non ha  mai aggredito nessuno dei professori o qualcuno dei compagni o sbaglio? - afferrò Charles  al mento e gli sollevò la testa per farsi guardare in faccia, visto che si era fissato sui bottoni della sua giacca.
-Non sbagli.-
-Per non perdersi Jason aveva bisogno d’amore da chi voleva accanto.-
Era una semplice considerazione, eppure Charles prese a lavorarci sopra mentre osservava il viso di Erik nella penombra del corridoio.  Lo fissò per un lungo momento, prima che una voce, distorta dal tempo, tornasse su dal ripostiglio in cui l’aveva infilata a forza.


“Ti voglio al mio fianco…”

Charles sgranò gli occhi mentre Erik gli lasciava il mento.
Possibile che le cose fossero andate all’incontrario di come aveva sempre pensato. Che fosse stato lui a lasciare Erik e non l’inverso?
-Io ti ho lasciato solo…-
Erik tornò a guardarlo con un  gesto rapido della testa.
-E’ per questo  che hai fatto quello che hai fatto?-
Per un momento Charles pensò che non sarebbe arrivata nessuna risposta alla sua domanda, ma invece, dopo un momento di silenzio,  Erik si chinò per parlargli in un orecchio  -… Tutto quello che volevo…- sospirò come se gli costasse fatica ammetterlo -… Eri tu.-

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La dottoressa Betty Ross era oscenamente bella.
Darcy sentì la gola serrarsi per l’ansia mentre la osservava riparata dietro l’angolo del corridoio. Alta, con un fisico da restarci secchi e due occhi blu che sembrano pezzi di cielo, pareva più una modella che una scienziata.
Da dove si trovava, Darcy non poteva sentire quello che i due si stavano dicendo, anche se Bruce pareva sorpreso quanto lei di trovarla  lì, tanto che si era guardato velocemente attorno  nel timore di trovarsi con attorno al collo uno dei cappi del generale Ross.
Betty parlava a bassa voce, leggermente chinata in avanti verso Bruce e Darcy non riusciva a captare nessun suono. Osservava quelle belle labbra carnose muoversi dolcemente, troppo vicine alla persona che considerava e voleva fosse solo sua e si sentiva morire di gelosia.
Bruce le posò una carezza sul viso e Darcy chiuse gli occhi per non guardare.
Lo sapeva, quei due si amavano. Lo sapeva.
Fece per andarsene per non dover assistere alla riappacificazione, due passi e si ritrovò a sbattere contro qualcuno grosso come un armadio e a volare all’indietro. La  culata a terra fu atomica, tanto che sentì gli occhi inumidirsi mentre li puntava verso Thor con le braccia cariche di stuzzichini da bar.
-…- si fissarono per un momento, prima che Thor distogliesse lo sguardo per guardare verso Bruce e lei pregasse di morire lì, inghiottita dal pavimento.
-E’ lei?- Oddio, quella maledetta modella barra  scienziata aveva anche una voce incantevole… Darcy desiderò ardentemente di tirarla sotto con la macchina, tutta quella perfezione era un affronto a donne normali come lei.
 Bruce soffiò una risata - Sì è lei.-
-E’ carina.-

C’era qualcosa che non andava…

Thor si chinò ad afferrarla  per il cappuccio della giacca, a mo di gatto , e la rimise in piedi. La ragazza lo ringraziò con un mormorio , prima di scartarlo sulla destra e cercare di allontanarsi il più velocemente possibile dallo scenario della sua ultima figura di merda. 
Arrivò fino all’atrio principale, illuminato da luci basse, e quasi deserto vista l’ora e prese fiato passandosi entrambe le mani sul viso .
-Certo che ne hai di fiato.-
Darcy si volse di scatto, incrociando Bruce che la fissava perplesso, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni - Questa fuga , perché?-
La ragazza farfugliò la sua risposta a mezza bocca.
-…Pensavi che fosse qui per me?- le chiese Bruce.
Darcy abbassò gli occhi .
-La Bestia ha già la sua Bella, non ne ha bisogno di altre.- sorrise all’espressione confusa sul volto della ragazza -… Per quanto Betty mi abbia amato non ha mai accettato veramente quello che sono diventato e che non posso cambiare…- si avvicinò  di qualche passo - … E come si dice nella Bella e la Bestia, per essere felice devi avere accanto qualcuno che ti voglia per quello che sei, e non per quello che eri, o che quello che fossi.-

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
-Sto per morire.-
-No, che non morirai!-
-GUARDA!-
Loki abbassò gli occhi sul fazzoletto macchiato di sangue che  Diane teneva fra le mani e sospirò - Non è mai morto nessuno per un po’ di sangue dal naso.-
Diane gemette strofinandosi le narici con il fazzoletto appallottolato, Loki la guardò da sopra una spalla. Aveva usato i poteri di Sygin per difendersi, senza sapere come, per istinto di sopravvivenza. Questo significava che c’era, in  Diane, molto più dell’aspetto e di frammenti di ricordi della sua defunta sposa.
E questo era un bene o un male?
Perché, ora come ora, non aveva idea se l’affezione che sentiva verso di lei era dovuta al fatto che gli ricordava Sygin più di qualsiasi cosa al mondo, o semplicemente perché era lei. L’unica che, in qualche modo, non lo faceva sentire in colpa per quello che era, per cosa aveva fatto e per cosa, a volte, la sua parte più nera, quella che aveva ereditato dal suo vero padre, gli sussurrava  di fare.
-Charles!?-  chiamò Diane .
Charles era ancora appoggiato alla macchinetta dei dolciumi, solo.
C’era stato una specie di battibecco fra lui ed Erik, mentale visto che si erano fissati e basta, conclusosi con Erik che se ne andava borbottando in tedesco e  il professore che lo fissava praticamente la coda fra le gambe.
-Hanno finito.- rispose Xavier guardando verso le porte.
Diane si alzò nello stesso momento in cui le porte si aprivano e un grasso dottore usciva togliendosi la mascherina. Era giovane, sui trentacinque anni più o meno, con lineamenti piacevoli e gli occhi verdi.
-L’intervento è andato bene.-

 

 

 

 

Steve osservava i fuochi d’artificio oltre il vetro della finestra della camera di Sharon, quando sentì la mano della ragazza stringere debolmente la sua.
Era il 2014 da solo un minuto.
Si chinò su di lei, per cercare di entrare nella sua visuale e la ragazza volse il capo, sul cuscino , per guardarlo . Steve sorrise in punta di labbra, mentre il visetto pallido di Sharon si rischiarava un po’e con le sole labbra, senza voce, pronunciava il suo nome.
-Buon anno Sharon.-
La ragazza prese fiato per bisbigliare un -Buon anno Steve.-

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Capitolo 12
*** Capitolo dodici ***


Questo capitolo lo dedico con tanto affetto a soficoifiocchi e a sparrow per il loro sostegno a questa storia.
Spero che  sia  di vostro gradimento.

 

 

La terza settimana.

 

La terza settimana era appena inizia e il piano di Thanos era chiaro ormai.
Si muoveva con l’ intento di togliere di mezzo i telepati sfuggiti alla prima epurazione, perché in grado di contrastare e, se abbastanza potenti battere, il suo esercito di uomini/mosca , ma  purtroppo non sempre gli Avengers e gli altri eroi riuscivano ad arrivare in tempo per salvarli.
Lunedì, Tony si era ritrovato a guardare il cadavere di una ragazzetta di quindici anni assieme a Gatta Nera[*]. Nessuno dei due era riuscito a raggiungere quel povero scricciolo coi capelli rossi che invocava aiuto prima che fosse troppo tardi e non gli era stato altro da fare che  raccoglierla da terra e consegnarla ai genitori. 
Quello stesso giorno, poco più tardi,  Thor era tornato dalla sua missione scrollando la testa. Aveva perso l’obbiettivo individuato da Charles tramite Cerebro. Una ragazzo di diciotto anni,  assassinato negli spogliatoio del campo da football senza riuscire nemmeno a difendersi.
Si era ritrovato là, accanto al suo corpo, assieme alla Cosa che scrollava il testone sconsolato.
Il clima nel bunker sotto alla Stark Tower era teso e apatico, per questa ragione, un po’ tutti si voltarono sorpresi a sentir Charles scoppiare a ridere di colpo.
Certo, era molto più tranquillo da quando aveva saputo che i suoi studenti avevano trovato alloggio in una delle case di Stark ed erano sotto la protezione 24 ore su 24 dello SHIELD ma da qui a sentirlo ridere a quel modo era strano.
Diane era  accanto a lui, sul divano, seduta sulle gambe ripiegate e con le mani appoggiate sulle ginocchia, stava ridacchiando anche lei, in attesa che riuscisse a respirare di nuovo - L’hai visto? Ci sono riuscita?- gli chiese sotto lo sguardo perplesso dei presenti.
-L’ho visto. L’ho visto. Diane smettila.-
Diane scosse il capo - No, mi piace come ridi.-
Effettivamente aveva una bella risata, pensò  Jane che li osservava dal tavolino della colazione. Bassa, come se non fosse stato troppo abituato a ridere di cuore a quel modo, e  gradevole.
-E adesso?- gli chiese Diane.
Charles fece di no con la testa, prima di sussultare -Diane, ma che razza di fantasia malata hai?-
Diane ebbe il buon gusto di sembrare offesa, prima di tornare a sghignazzare.
Avevano iniziato solo da qualche giorno le loro lezioni di telepatia, e Diane era già in grado di comunicare con lui coscientemente, così aveva fatto in passato con Clint, sotto stress. Per immagini, a volte per suoni, ma ancora senza riuscire a trasmettere un vero e proprio pensiero. Il bello di queste lezioni  era che, il più delle volte, Charles  rispondeva a tono alle immagini comiche che gli inviava facendola letteralmente scompisciare.
Come quella volta che le aveva fatto vedere  Thor in tutù da ballerina classica.
Aveva sputato la merendina che stava mangiucchiando e aveva riso tutto il pomeriggio. Si calmava, poi ci ripensava, e riprendeva a ridere.

-Sono…Una bella coppia.-

Jane si volse verso Erik . Stava guardando i due sul divano con le sopracciglia lievemente aggrottate. Charles che rideva a quel modo, gli aveva fatto alzare gli occhi di scatto e, stranamente, l’aveva intristire, invece di fargli spuntare un sorriso come era successo a Jane.
La dottoressa si chiuse nelle spalle alla sua considerazione, per poi tornare a guardare verso il divano. Diane stava  punzecchiando Charles su una guancia per non farlo concentrare,  gli aveva già preso  la mano che si era portato a lato del viso. -Beh sì.-  disse dopo un momento  - Vanno d’accordo,-

Molto d’accordo. Troppo d’accordo. Anche Loki era dello stesso avviso di Erik.
Era rimasto ad osservarli da sotto l’arco che dava sul corridoio che portava alla sua stanza, il libro che gli aveva presto Steve congelato fra le sue mani.
Si volse, prima che Diane si accorgesse della sua presenza e si ritrovasse a guardare la sua schiena mentre si allontanava. Piegò il capo verso la spalla destra, confusa, per poi tornare a Charles  la cui mano era ancora nella sua.
-Era arrabbiato?-
Charles sollevò le spalle, non riusciva a distinguere bene i pensieri di Loki, così come quelli di Thor. Il più delle volte li sentiva  arrivare disturbato, come se venissero da una radio mal sintonizzata

-Non so.-

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

 

-Prima stavi ridendo...-
Charles abbassò la testa verso Erik che lo guardava da piedi dalla scala che aveva preso per arrivare all’ultimo ripiano della libreria.  Lo guardò, per un momento, prima di tornare al libro che teneva fra le mani e che stava consultando -Non ho mai avuti troppi motivi per farlo nelle mia vita, ma sono in grado di ridere...-
Erik  alzò gli occhi con uno sbuffo -…Dovremmo parlare.-
-Non è quello che stiamo facendo?-
-Non lo stiamo facendo, non so quello che dovremmo...-
-E su cosa dovremmo?-
Erik inspirò profondamente, spazientito. Charles aveva sempre avuto il maledetto vizio di rigirarsi il prossimo con la sua bella parlantina sciolta che, a volte, lo aiutava di più della sua telepatia -Non fare lo gnorri.-
 Charles  sorrise senza alzare gli occhi - E’ quello che mi riesce…-  si sentì afferrare per una caviglia e tirare giù con forza dalla scaletta. La frase si tramutò in un imprecazione mentre batteva la schiena contro ogni gradino fino ad atterrare di sedere sul pavimento . Per un momento, il dolore delle ferite  in  lenta guarigione fu tanto che non riuscì più nemmeno a respirare.
-ERIK, SEI IMPA…-
Erik però non sembrava aver finito. Lo sollevò,  Charles non seppe dire, se per magnetismo o usando la sua forza  e lo sbattè contro la libreria dietro di lui . Un paio di libri volarono a terra mentre Charles cercava di capire se le ferite alla schiena si erano riaperte o era solo il male della botta improvvisa a fargli dolere la schiena a quel modo.
-Prima che ti faccia passare il resto della vita nella convinzione di essere un pomodoro da sugo in fuga dalla pentola…- sibilò gonfio di rabbia - …MI DICI CHE DIAVOLO TI E’ PRESO?-
Non era assolutamente da lui urlare, o per lo meno, non lo era per la persona posata e accomodante che era diventato inchiodato su quella sedia a rotelle. Aveva dovuto limare i lati più irruenti del suo carattere perché sapeva di dipendere dal prossimo per vivere e che non era piacevole, a volte, avere a che fare con lui.
Ora però, era tutta un’altra storia.

-In ospedale non mi ha risposto!-
-Che avrei dovuto dirti!?-
-NON LO SO? PRESA VISIONE!?-

Charles lo guardò come se fosse davvero ad un passo a giocare con il suo cervello, e Erik,  che lo teneva inchiodato contro la  libreria per le spalle, per un momento fu tentato di  lasciar perdere. Senza il suo casco, ad attutire un po’ i suoi poteri (senza schermarlo più come un tempo, cosa che non capiva) era una preda facilissima.

-PRESA VISIONE!- sbottò Charles infilando le braccia fra quelle di Erik, e facendo forza per liberarsi.
Erik digrignò i denti affondando le dita nel maglione di Charles, con l’ intento di far forza nella sua presa su di lui, e sia di fargli male. In ospedale si era fatto scappare tanto su quello che era stata la sua vita dopo che le loro strade si erano divise su quella spiaggia.
Gli aveva confessato che si era sentito solo anche se era sempre circondato dai membri della Confraternita, che gli era mancato in un modo che nemmeno lui sapeva descrivere e che, i primi mesi dopo la loro separazione  aveva passato nottate sul marciapiede opposto rispetto all’entrata dell’ospedale, a guardare la sua finestra indeciso se entrare o meno e che aveva rinunciato a recuperare un qualsiasi rapporto con lui quando l’aveva visto uscire su quella sedia in compagnia di quella cagna di Moira.
Cagna sì, perché ne era stato dannatamente geloso.

-Se i tuoi cari X-Men sapessero quanto sai essere senza cuore non bacerebbero più il terreno dove cammini.- sputò fuori -… Non hai nient’altro da …- non riuscì a finire la frase che un pugno di Charles gli fece voltare la testa di scatto.

Arretrò sputando sangue e portandosi una mano alla parte colpita, Charles si fissò sorpreso il pugno che aveva caricato incredulo di averlo fatto davvero. Si fissarono ansimando, a pochi passi di distanza uno dall’altro,  senza dire una parola.
Erik si passò  il dorso della mano sulla bocca, poi prese fiato e fece per andarsene.
A quanto pareva, quella specie di seconda occasione che aveva avuto, non comprendeva  anche Charles.

-Mi sei mancato anche tu...-
Erik si fermò.
-...Per tutta la vita...-
Erik  si volse a guardarlo da sopra una spalla,  Charles non era tipo da tirar pugni e si era sicuramente fatto più male di lui. Si stava infatti massaggiando la mano con cui l’aveva colpito con una faccia tremendamente indolenzita, teneva gli occhi bassi e le labbra imbronciate.
Sì, decisamente era stata colpa di quell’espressione inconsapevolmente tenera se poi aveva fatto quello che aveva fatto. Se si era girato, era tornato verso di lui,  l’aveva afferrato di nuovo, stavolta per la testa e l’aveva baciato.
Se aveva sfogato tutti quegli anni di solitudine e di domande a cui non era mai riuscito a dare mordendo, suggendo, esplorando quella bocca che sapeva di buono , come infondo aveva sempre voluto fare.
Si era perso e si era ritrovato in quel momento,  dopo anni senza sapere cosa fosse essere in pace con sé stessi, anche se quella poteva essere decisamente chiamata la cazzata della vita, si era sentito bene con sé stesso.
Erik stava riprendendo fiato, mentre faceva il rapido resoconto di quello che era successo.
Si erano baciati, o meglio, lui aveva baciato Charles, e non era stato respinto.
Alzò gli occhi per guardarlo.   
Charles era immobile di fronte a lui, scioccato.
Respirava a fatica  e alzando un po’ lo sguardo (visto che l’aveva guardato a livello  torace per evitare di cadere di nuovo in tentazione) lo vide  che teneva la testa all’indietro e gli occhi  chiusi. Lo conosceva abbastanza da sapere che si stava chiedendo che diavolo gli era preso e perché non gli aveva mollato un altro cartone in faccia per allontanarlo.


-Mi dispiace.- mormorò.
Charles non rispose, lo scartò sulla destra e imboccò la porta.
Sarà anche stata colpa di Charles, ma ora era lui quello nella merda.

 

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-Che stai facendo Stark?-
-Sto lavorando Banner.-
Bruce aggrottò la fronte e Tony gli scoccò un sorriso luminoso.
-Ti conosco abbastanza bene da sapere che di solito,  fra le carte  di lavoro tieni nascosto un Play Boy…- socchiuse gli occhi per mettere a fuoco il foglio  su cui Tony era chino da tutta la mattina  - …E so per certo che TU, odi scrivere a penna.-
 Per Tony, ormai, non era più una sorpresa  quanto Bruce lo conoscesse bene. A volte, aveva l’impressione che fosse in grado di leggerlo dentro con più facilità di quanto non facesse Pepper.
-Dobbiamo radunare le truppe Cip.- gli rispose
-E come vorresti fare Ciop?-
-Scrivendo un manifesto Stanlio.- Tony agitò il foglio.
-Un manifesto  Ollio?- Bruce non pareva convinto.
Tony annuì mentre Bruce si avvicinava e gli prendeva il foglio dalle mani- Sarà una vera chiamata alle armi  Joe [**] e sarà pubblicato su tutti i giornali del paese domani.-
- Tu sei pazzo Marilyn [***]…- mormorò Bruce -… Ma potrebbe funzionare.-

 

 

 

 

NOTE:

 

[*] E’ l’equivalente in chiave Marvel di Catwoman
[**]Tony si riferisce a Joe di Maggio .
[***]Bruce invece a Marilyn Monroe.

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Capitolo 13
*** Capitolo tredici ***


Dopo diversi problemi di salute, eccomi di ritorno. Nella speranza che ricordiate ancora questa storia un saluto dalla vostra devotissima Ino chan.

 

 

 

 

In poche ore la chiamata alle armi di Tony aveva fatto il giro del mondo. Ogni uomo, donna e bambino sapeva che a New York c’era qualcuno pronto a combattere l’invasore alieno, qualcuno pronto a dare la vita perché la fine dell’ultimatum lanciato da Thanos non corrispondesse con la fine del mondo conosciuto e ovunque scene di giubilo vennero riportate dai giornali. Manifesti con il volto di Iron Man e degli altri eroi erano sbandierati per la piazza, gli Avengers erano acclamati come i salvatori del mondo, i campioni che avrebbero protetto la terra.
Quello che nessuno immaginava era che nessuno degli altri eroi che popolava il pianeta aveva risposto alla chiamata. Quel gruppo di temerari, così li aveva chiamati il Papa durante l’Angelus, erano soli.
Tony si era rinchiuso nel suo laboratorio, deluso da morire, si era rifiutato di farsi consolare da chiunque. Aveva creduto davvero che qualcun altro  a parte gli X-Men e qualche membro della Confraternita dei Mutanti si facesse avanti, ma dopo tre giorni, ancora nessuno aveva bussato alla sua porta.
Alzò gli occhi dallo stivale del mack15 che stava perfezionando  verso quel timido bussare alla porta a vetro del laboratorio. Pepper gli sorrise, sollevando la mano con cui reggeva il vassoio con la cena, ma Tony scosse la testa tornando al suo lavoro. Aveva chiuso gli accessi a tutti, anche a Bruce, e lavorava come un dannato sulla sua armatura e su  piastre protettive  per le tute dei compagni .
Pepper tornò  dagli altri, al bunker sotto la Stark Tower. In quella specie di spazio comune che fungeva da sala da pranzo, trovò solo Johnny intento a seguire Cucine da Incubo  - Non ti ha voluto aprire , uhn?-
Pepper allontanò una sedia dal tavolo e si lasciò cadere accanto a lui - No. - mormorò  arricciando il naso in risposta alla sequela di imprecazioni che arrivavano dalla televisione - Non si aspettava un simile…-

-…Silenzio?-

-Esatto.-

Johnny emise una flebile risata senza staccare gli occhi dallo schermo del televisore - Io sono fiducioso invece, si sa che l’essere umano non brilla per coraggio, nemmeno se veste un costume e si  proclama eroe. - arricciò un angolo delle labbra  da dietro le dita intrecciate delle mani su cui aveva appoggiato il mento - Però siamo dei grandi a compattare le file nel momento del bisogno, Tony non deve disperarsi, la cavalleria arriverà quando meno ce l’aspettiamo.-

 

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-Ragioniamo.-
-Okay.-
- Prima c’è stato l’attacco all’Istituto per Mutanti.- 
Peter scrisse sulla lavagna alla sua destra sotto lo sguardo  partecipe di Diane, seduta sul letto con le gambe ripiegate e il mento poggiato fra le ginocchia e Darcy,  abbracciata ad un cuscino a forma di Titti che annuì convinta - Tutti i telepati sono caduti in una specie di stato comatoso, compreso Xavier. Da quello che sappiamo dai racconti di Charles, è stato torturato ogni giorni da questa specie di rapimento, ma non ucciso come sarebbe stato logico fare. Perché?- segnò sulla lavagna  un bel punto interrogativo lanciando uno sguardo a Charles , sdraiato sul letto di Diane alle spalle delle due ragazze sedute al bordo del materasso  - Scappato, Charles è stato attirato con una trappola nella Scuola e lì, doveva essere ucciso dalla dottoressa Grey.  Forse perché non è più sotto il loro controllo?-  Peter puntò il pennarello verso Diane - Poi Diane, tutto il casino al centro commerciale è stato per mettere le mani su di lei, anche il primo attacco alla Torre è stato per prendere lei. Loki era davanti a te da quello che hai detto, non era lui che la Mosca Umana voleva uccidere.-
-Thanos sta cercando di distruggere le potenziali minacce.- esclamò Charles - Io e Diane possiamo riusciamo a violare la  loro mente …-
Diane annuì  -…Però non capisco perché non mi hanno fatto fuori quando mi avevano in loro potere.-
Sfilò un braccio da dietro la testa e si massaggiò la fronte con una mano.
-Sono fatti di ferro.-
Tutti si volsero verso Loki che era appoggiato alla porta chiusa della camera con le spalle - Quindi direi che anche Erik è nella lista dei possibili obbiettivi.- guardò verso Charles che aveva lasciato cadere la mano sugli occhi con un sospiro - Dov’è? Sarebbe meglio che non girasse da solo.-
-Non lo so, non siamo mica gemelli siamesi.-

Diane volse la testolina verso Charles, che spostò la mano che si era portato al viso. Si fissarono per un lungo momento, prima che - OH MIO DIO!- sbottò.
-Che? Cosa? COME DIAVOLO…-
si fissarono ancora mentre Diane portava una mano alla bocca. -OH DIO IO LA SAPEVO.-

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Tony spinse di lato lo stivale del mack15,  accucciandosi su sé stesso e  prendendosi la testa fra le mani.  Lo sapeva, lo sapeva che da soli non potevano fare nulla con la minaccia di Thanos e potenziare la sua armatura non sarebbe servito a niente. Per una volta, la sua amata scienza era impotente e non poteva correre in suo aiuto.
Uscì dal laboratorio spinto dalla voglia di bere.
Era da quando era nato Howard che non toccava più una goccia d’alcol, ma doveva trovare un modo pser spegnere l’impotenza che sentiva bruciargli in testa. Non voleva voler morire nessuno, non voleva che nessuno dei fenomeni  da baraccone  che popolavano  la sua casa facesse una brutta fine, ma era inevitabile…La guerra sarebbe scoppiata e li avrebbe investiti tutti.

Si fermò, sorpreso dalla luce del frigorifero che creava una piccola lama candida ai suoi piedi. Alzò gli occhi incrociando lo sguardo di Natasha che lo osservava affacciata oltre lo sportello -Mangi la notte?- le chiese e lei si chiuse nelle spalle  - Sei nervosa anche tu?-
 Erano le tre del mattino e si ritrovarono a cuocere gli spaghetti mentre la tv mandava a basso volume un vecchio film  in bianco e nero - Quello non è
Humphrey Bogart?- chiese  Tony intanto che Natasha gli allungava il piatto.
-Credo.- la ragazza socchiuse gli occhi verso  il rettangolo luminoso infondo la stanza dove l’attore si muoveva lento, come se avesse tutto il tempo del mondo - Non ho mai guardato troppo la tv.-
Tony la guardò da sotto in su . Ora che ci pensava quella era la prima volta che parlava davvero con Natasha . Negli ultimi due anni, da quando aveva scoperto che era una spia e che si era fatta assumere su ordine di Fury c’erano solo stati battibecchi fra loro, punzecchiature varie, ma non si erano mai parlati:
A Tony forse rodeva di aver fatto il provolone con una pagata a starci, mentre a Natasha, beh, lo sapeva il cielo cosa le passava per la testa.
-Natasha.-
 Vide la testa rossa della donna sollevarsi appena mentre scalava gli spaghetti segno che lo stava ascoltando - Non so se ce la caveremo.-
-Non c’è condizione che un essere umano  impari presto a sostenere come la condizione di guerra.[*]-
Tony alzò le sopracciglia, era una citazione, non era farina del suo sacco, ma il modo  in cui la sentì snocciolare quelle parole, con tutta quella sicurezza come se fossero state sue lo fece sorridere -Possibile che tu non abbia mai paura?- la guardò sedersi accanto a lui e avvicinargli la ciotola  in cui aveva messo gli spaghetti.
-Io ho paura Tony.-  Nella penombra gli occhi verdi di Natasha brillarono, per una frazione di secondo, di una luce di pura comprensione - La paura è utile, è imporatente, non ti fa fare sciocchezze. La paura deve sempre fare parte della vita di un guerriero, ma…- alzò l’indice della mancina verso il viso dell’uomo - …Non come la zavorra che ferma i suoi passi, ma come la voce interiore che lo guida e che lo fa scegliere  con accortezza la sua strada.-
Tony guardò quel dito sollevato , poi il volto tranquillo oltre di esso e alla fine sospirò - Detto da te sembra semplice.-
-Lo è… Devi solo trovare il giusto stato d’animo.-

 

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L’aria gelida che filtrava dalla vetrata sfondata gli faceva lacrimare gli occhi, ma Steve  adorava passare  la notte solo, nell’attico abbandonato in favore della sicurezza del bunker , a riflettera guardando il cielo che , da quell’altezza, sembrava meno sporco rispetto a come appariva guardandolo dalla strada.  Era seduto ai piedi del diavano, rivolto a quel buco nel muro di lamiere ritorte verso di lui e pezzi di vetro ancora pendenti quando qualcosa attirò la sua attenzione. Sembrava una persona, anzi no, erano due persone. Si alzò, di scatto,  ma dopo giusto un passo dovette saltare all’indietro per evitare di ritrovarsi il piede destro infilzato da una specie di spiedo a tre punte.
Un sai, un arma giapponese, lo studiò  per un momento, per poi tornare  alle due persone che credeva di aver visto. La luna sbucò da dietro la nuovola passeggera che l’aveva coperta per un momento e Steve si rese conto che i due erano spariti. Si passò una mano sulla fronte , confuso, tornò al sai piantato nel pavimento e si chinò a prenderlo.
C’era un biglietto  annodato attorno al manico,  Cap lo sciolse e lo aprì.
In uno stampatello ordinato c’era scritto un semplice messaggio:


“Daredevil e Elektra combatterranno con voi.”

 

 

 

 

DISCLAMERS:

[*] E’ davvero una citazione, ma non ricordi di chi ç_ç  comunque non mi appartiene.

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo quattordici ***


Tre nuovi personaggi in arrivo mentre  la storia  piano arriva alle sue battute conclusive.

 

 

 

Star Tower

 

Un giorno, Diane ne era certa, avrebbe conosciuto il nome della cattiva stella sotto la quale aveva visto la luce e l’avrebbe cordialmente mandata a farsi fottere. In piedi, in mezzo al ring sui cui Tony era solito allenarsi, osservava disarmata Thor torreggiare su di lei. Davvero Charles pensava che poteva uscirne viva da uno scontro con il dio del Tuono? Si volse a guardarlo,  trovandolo  appoggiato al ring con le braccia ripiegate a spuntare con la sola testa e le spalle  -Sicuro che non sia una vendetta questa?- gli chiese mentre si tirava sui pantaloni della tuta facendo schioccare il laccio contro la pancetta “Per quello che ho visto?” Aggiunse mentalmente a favore del telepate.
Charles sorrise senza risponderle né a voce né a mente e Diane si convinse che sì, quella era una vendetta per aver visto – giurava e lo spergiurava- del bacio che lui e Erik si erano scambiati. Si fece il segno della Croce con un mesto piagnucolio e arretrò ancora di un passo. Questa era la volta buona che ci lasciava la pelle, non era ancora in grado di controllare i suoi poteri, come diavolo poteva pensare il Professore che fosse in grado di abbattere quella montagna di muscoli.
- Per me  scappa dal ring fra dieci , nove, otto…-  ridacchiò Tony seduto accanto a Loki che si massaggiava la fronte osservando quel povero scricciolo terrorizzato  che sembrava ancora più piccolo a confronto di Thor -…Sette, sei…- Sollevò gli occhi verso il ring al grido terrorizzato e vide Diane scendere con un balzo e andare a ripararsi dietro la sedia su cui era seduto Loki.
-Non fare la codarda.- la rimbrottò il dio.
-Tuo fratello è enorme.- pigolò Diane mentre Thor si appoggiava alle corde con un gomito in sua attesa . Loki inclinò indietro il capo per guardarla, poi lanciò uno sguardo al fratellastro - Più sono grandi  sono più fanno rumore quando cadono.- si alzò tendendo alla cieca la mano sinistra verso Diane che l’afferrò titubante - E’ del fatto che è possibile che non abbia un cervello da manipolare che  deve preoccuparti.-
Thor sbuffò roteando gli occhi, intanto che Loki costringeva Diane a tornare sul ring - Coraggio, l’hai già fatto al centro  commerciale, devi manipolare la sua mente fino a costringerlo a  fare quello che vuoi.-
Diane tentò la mossa del broncio affranto verso Loki che sollevò un sopracciglio. Si era parecchio ammorbidito negli ultimi tempi, ma era sempre la personificazione del male necessario, non era così semplice fargli cambiare idea , soprattutto sé, era convinto di fare del bene.
Si volse verso Thor che si staccò dalle corde e avanzò verso di lei, ovviamente non aveva nessuna intenzione di farle del male, al massimo l’avrebbe presa in braccio prendendola per il cappuccio della felpa come un gattino, ma sapeva che , per una che non arrivava al metro e settanta doveva fare l’effetto di un gigante che ti rincorre.
Cercò di sorriderle, ma  Diane parve ancora più spaventata.
-Su Diane non voglio farti male, dovresti saperlo.- allungò una mano verso di lei e quella , svelta come un topolino, si buttò in avanti per non farsi prendere e a quattro zampe gli sgusciò fra le gambe come un topolino
Thor, era straconvinto che dietro alla mano che si era portato al viso, Loki stesse ridendo di cuore.  Fece per girarsi, quando qualcosa prese a colpirgli il sedere e le cosce con  quella che, secondo Diane doveva essere forza. Si volse e la trovò con un piede alzato e un sorriso di pura innocenza stampato in viso.
-Andiamo Nina!- urlò Clint dalla porta della palestra -Tira fuori la Xena che c’è in te!-
Diane, dal ring  sbracciò verso di lui un equivocabile gesto dell’ombrello.
-Coraggio Diane concentrati, cerca di entrare nella sua mente, cerca di farti obbedire.-
Diane sbuffò , sapeva che ne andava della sua vita, che i servi mosca di Thanos potevano ripresentarsi da un momento all’altro e che il suo aiuto, per quanto piccolo, poteva essere prezioso, ma non era una guerriera e i suoi poteri, beh scattavano senza che lei riuscisse a  capire come. Per istinto di sopravvivenza probabilmente.
Portò entrambe le mani alle tempie, ricopiando Charles che per concentrarsi  portava l’indice e il medio della destra alla tempia, e cercò di  avvicinarsi alla mente di Thor. Strizzò gli occhi, si concentrò fino a farsi venire il mal di testa, ma non accadde nulla tranne quel rivolo di sangue lungo la narice e   il ritrovarsi a  un metro e mezzo da terra fra le braccia di Thor.
-Porca vacca!-

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

-Avanti Thor fallo nero! Distruggi quel tappo !-
Charles si volse con -Ehi!- offeso verso Diane che sbracciava da bordo ring per poi tornare a Thor.  Aveva deciso di dare una dimostrazione pratica a Diane di quello che le richiedeva come compitino della settimana, ma doveva ammettere che la ragazza aveva ragione a sentirsi come un topino in trappola al cospetto dell’enorme dio del Tuono.
Infilò due dita nella camicia e sorrise gioviale a Thor che ricambiò con lo stesso calore.
Era poco più alto di Diane, e ad occhio e croce, poco più pesante, probabilmente avrebbe preso in braccio anche lui, o se lo sarebbe buttato su una spalla come un sacco. Charles lo guardò allungare una mano proprio come aveva fatto con Diane e portò  le dita della mancina alla mano destra

-E’ l’alba e sei un gallo.-
Thor tirò fuori un espressione stralunata e poi un -CHICCHIRICHI!-  si levò possente facendo letteralmente sganasciare i presenti. Loki, accanto a Diane, emise una specie di gorgoglio sofferto mentre poggiava la fronte sulle braccia ripiegate mentre Tony era arricciato sulla seggiola con le braccia ripiegate sulla pancia e  il capo a toccare quasi le ginocchia.

-Ora sei un gatto, miagola!-
Thor, per un momento, parve cercare di resistere, ma non durò più di qualche secondo prima che si lasciasse scappare un  miagolio sottile e strangolato. Si portò una mano alla bocca imbarazzato mentre  i presenti –compreso il suo compassato fratello- ridevano come pazzi.
-Bene direi che Diane ha capito cosa vuoi da lei.- borbottò tornando a Charle con ancora la mano a lato della faccia. Tossì contro il pugno chiuso - Ora, ora andrei se non vi servo più.-

 

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

 

O’Reiley Irish Pub | Bronx

 

- Erik Lehnsherr…-
Erik sollevò gli occhi dalla pinta di birra, che da bravo tedesco aveva dimezzato senza quasi riprendere fiato, e volse lo sguardo verso la donna bionda che lo osservava sorridente.
-Bello proprio come ti ricordavo.-
Ci mise qualche secondo per elaborare quello che stava vedendo,  che quella donna era vera, reale, e non frutto dell’alcol ingurgitato nelle ultime due ore.
-Emma.-
Era di fronte a lui, giovane,  come lo era  quando l’aveva incontrata per la prima volta sullo yacht di Shaw , eppure l’ultima volta che l’aveva vista li dimostrava tutti i suoi quasi ottanta anni. La guardò avvicinasi a lui, senza muoversi, lasciandole appoggiare la guancia contro la sua - Sai, ho sempre avuto un debole per te Erik?- inspirò profondamente il suo odore mentre gli accarezzava maliziosa una coscia -Peccato che tu abbia avuto sempre il Professore in testa e io non amo essere seconda a nessuno.- la mano finì sul cavallo dei pantaloni di Erik che si ritirò con un verso  di gola.
Socchiuse gli occhi mentre tutti gli avventori del pub notavano con sorpresa che gli oggetti in metallo che li circondavano, dalle posate alle fibbie delle loro cinture alle fibbie che avevano in tasca, avevano preso a vibrare come vive -Ti sei avvicinata al castello Emma?- le chiese senza allontanarsi, ma poggiando i piedi a terra dalla staffa dello sgabello.
-Mi dispiace dear, mi dispiace davvero.- sussurrò la donna - Ma devo proprio ucciderti.-

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

L’uomo sollevò gli occhi al cielo e annusò concentrato il refolo di vento che gli aveva solleticato le narici.
Conosceva quell’odore.
Volse il capo verso il fondo della strada, intanto che, in auto, un biondino non faceva che smanettare con l’autoradio cambiando  stazione ogni cinque secondi e borbottando che non c’era più musica decente ai giorni d’oggi - Si può sapere perché non sali Victor?- gli chiese Wade tirando fuori la testa dal finestrino.
Victor Creed socchiuse gli occhi - Una vecchia conoscenza è nei guai, tira fuori il costumino.-
Wade Wilson aggrottò la fronte uscendo dall’auto- rubata-  e guardandosi attorno - Che stai dicendo?- chiese tirando anche lui su con il naso, ma invece dell’odore del sangue che Erik stava perdendo, furono i rumori della battaglia fra lui ed Emma a farlo voltare nella direzione esatta.

-Chi è?-
-Magneto.-

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Star Tower

 

-CHAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARLES.-
Non era strano che Darcy  urlasse per il bunker come una bunshee invece di girare camera per camira alla ricerca della persona cercata, ma c’era una nota di terrore nel suo richiamo che  porto Charles ad affacciarsi dalla porta della sua camera, invece di rimanere seduto alla scrivania e attendere che la ragazza muovesse i piedi e andasse a bussare alla sua porta - Darcy?- chiese  - Che c’è?-
La ragazza lo chiamò ancora e il Professore si rese conto che doveva nella sala comune/sala da prnazo/sala tv, praticamente in quella parte di bunker ad utilizzo comune.  La raggiunse ed infatti era davanti  alla televisione, telecomando nella destra mancina contro la bocca. La guardò perplesso e quella  si spostò di lato per permettergli di guardare lo schermo della tv.
Era una ripresa dall’alto, di una donna che sembrava fatta di vetro per come rifletteva la luce del sole e di un uomo, chinato in avanti a reggersi un fianco.
Charles rimase per un momento immobile, bloccato dal ricordo che quella donna gli avevano scatenato nella mente, prima di realizzare cosa stesse succedendo quando l’uomo sollevò la testa ansimando -Erik.- mormorò.
L’aveva detto Loki che sarebbero andati a cercare anche lui.
-Dove si trovano, l’hanno detto? - era calmo, mortalmente calmo, mentre  piano la sala si riempiva. Tony aveva visto la notizia lavorando, Bruce mentre si rilassava in internet, a Clint aveva telefonato Coulson.
- Nel Bronx.-

 

Fine capitolo.


Allora lo scrivo qui perché  potrebbe essere una domanda generale. Gli X-Men finora comparsi sono : Magneto, Xavier, Wolwerine, Tempesta, Rogue, Mystica, Nightcrawler, e Bestia. In arrivo, vi dedico questo spoilerONE, c’è Gambit.  

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Capitolo 15
*** Capitolo quindici. ***


Wade Wilson aka Deadpool:  Anti-eroe  , assoldato  nel progetto Arma X del dottor William Styker dopo aver scoperto di avere un cancro,  riesce ad assorbire i fattori rigenerativi di Wolwerine. Qui lo vediamo nella mia personale interpretazione quindi non serve sapere molto di lui. Spero che vi piacerà vederlo in azione.

 

Capitolo Quindici.

 

 

Adair Moore, sette anni e una passione per le  Wink avrebbe ricordato quel momento per tutta la vita. L’avrebbe rivisto siamo negli incubi che nei sogni, la strega cattiva e il bel Principe che veniva a salvarla.
Fino ad un secondo prima andava tutto bene. Il suo mondo era quello di sempre,  papà le teneva la mano, tutto era tranquillo, poi quella donna fatta di vetro era  sbucata dal nulla e il papà… Adair non riusciva a staccare gli occhi  da quella macchia di sangue che si allargava sotto quella testa bionda contro il bordo del marciapiede. Quella donna che ora le teneva il braccio contro la gola l’aveva aggredito, gli aveva sbattuto la testa contro il marciapiede e aveva preso lei. In un momento aveva rotto il suo mondo, proprio come aveva fatto Nicholas, qualche giorno prima, rompendo per dispetto la palla di vetro con la neve che le avevano regalato per il compleanno.
Nicholas era accanto alla mamma, aggrappato alla sua gonna, fissava lei, non guardava papà, aveva dieci anni e forse lui aveva già capito cosa la sua mente  le stava suggerendo, che era come nella scena di quel film che aveva beccato facendo zapping.
L’uomo a terra, il sangue sulla strada…
-Emma lasciala!-
 Adair spostò gli occhi dal padre a Erik.  Ansimava per via della ferita al fianco che cercava di tamponare usando il palmo della mano destra , ma sembrava comunque animato da una feroce volontà di vincere. Adair lo fissò a lungo, ai suoi figli prima, ai suoi nipoti poi, l’avrebbe descritto come un uomo bello, bello oltre ogni misura ai suoi occhi di bimba, ma allo stesso tempo, quegli occhi azzurri, anche se arrabbiati, nel momento esatto in cui si erano posati su di lei le avevano comunicato un insondabile  sensazione di tristezza.
Era bello, ma si sentiva  solo il suo Principe giunto a salvarla.
-La prego.-
Adair non aveva mai sentito sua madre sussurrare. Fino a quel momento era sempre stata una donna energica, il vero uomo di casa, il papà era quello che faceva giocare lui e Nicholas, quello che era sempre disposto a buttarsi per giocare con loro mentre lei faceva i conti con la busta paga che lui le aveva allungato.
E ora tremava aggrappata alle spalle del suo figlio maggiore.
-Si sposti!- urlò Erik verso di lei.
-Mia figlia.-
-Glie la riporterò, ora si sposti.-
Adair la guardò allontanarsi, ripararsi dietro un auto assieme a Nicholas che piangeva a calde lacrime e in un secondo tutto divenne buio.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Emma aveva preso a spingere con forza contro la gola di Adair  osservando, con feroce soddisfazione, l’espressione terrorizzata di Erik a vedere quel piccolo corpicino dibattersi in cerca d’aria e poi afflosciarsi contro di lei. Lo aveva sempre saputo che, nonostante tutto, sotto ai panni di Magneto batteva ancora il cuore del piccolo Erik, il ragazzino che sognava la mamma e che avrebbe dato il mondo in  fiamme per potersi ancora rannicchiare nel suo abbraccio.
-Puttana.-
-Adoro quando imprechi.-
-Lasciala e affrontami Emma.-
-Non c’è gusto ucciderti così in fretta Erik.-
Erik sapeva che Emma non stava facendo la spaccona. Quella ferita, era riuscita a conficcargli un coccio di bottiglia nel fianco poco prima che si buttassero l’un l’altra fuori dal locale era piuttosto grave e benché indossasse un giubbotto scuro, era sicuro che gli occhi da gazza di quella sgualdrina riuscissero a vedere bene la macchia di sangue che si allargava ad ogni suo respiro inzaccherandogli  i vestiti.
Guardò il palo della luce alla sua destra, era ritorto su sé stesso, come annodato, l’aveva fatto senza nemmeno accorgersene  tanto era grande la sua furia di non poter fare a pezzi quella schifosa con le sue mani. Digrignò i denti osservando le punte delle scarpette di vernice di Adair strusciare contro il manto stradale.
Ne aveva commessi tanti di peccati nella sua vita, ma non se l’era mai presa con i bambini. Mai.

-Non mi farò uccidere come un martire.-
-Allora la piccola morirà.- Emma premette ancora di più il braccio contro la gola della piccola che gemette debolmente aprendo gli occhi verdi per un momento  -Vuoi davvero averla sulla coscienza Erik. E’ così piccola, indifesa, proprio come lo eri tu.-
In un secondo Erik si rivede bambino, legato a quel lettino di ferro, mordere fino a farsi sanguinare le gengive quel morso di cavallo che Shaw gli aveva infilato in bocca con le sue mani.

-SMETTILA!-
-O magari le potrei spezzare la spina dorsale.-
Nella testa di Erik si affollarono le immagini di quel giorno maledetto alla spiaggia.  Moira che si avvicina sparando, lui che deviava l’ultima pallottola, quella che sicuramente l’avrebbe preso e il grido di Charles mentre cadeva a terra come un sacco.
Scosse il capo  passandosi la mano sulla faccia.
Emma sorrise , sicura di sì, prima di voltarsi messa in allarme da un flusso di pensieri quasi animalesco. Si volse di scatto e un momento dopo era avvinta in una specie di lotta a terra da qualcuno grosso almeno il doppio di lei che le era saltato addosso come un animale. -
- Sabretooth.-
Victor alzò gli occhi verso di lui mentre  qualcosa, come un lampo rosso, che per un attimo Erik scambiò per Peter atterrava accanto a lui, prendeva la bambina fra le braccia e  dopo un secondo balzo andava a depositarla fra le braccia della madre scioccata.
-
Deadpool.-

Indossava un costume rosso, intero, simile a quello di Peter, ma a differenza di Spider man, aveva dei richiami in nero a spezzarne  il colore di base. Volse il capo verso di lui, a sentirsi chiamare, e per un momento Erik ebbe la sensazione che gli stesse sorridendo divertito.

-Direi che alla cagna rognosa serve un collare a strozzo non credi Magneto?-

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

-E’ morto?- chiese Charles a  Wolwerine chino sul corpo dell’uomo con la testa spaccata sul marciapiede.
Logan annuì arricciando il naso - Gli vedo il cervello.- disse alzandosi e guardandosi attorno. Tirò su, chiudendo gli occhi, puntando gli occhi verso la donna con i due bambini fra le braccia e poi verso l’angolo della strada.
-Quest’odore.-
-Andate ad aiutarlo!-
Adair sbracciò dalle braccia della madre, la vocina rauca dal tentativo di strangolamento di Emma. Charles si volse verso di lei incrociando il suo sguardo terrorizzato.
Non ci mise molto a penetrare nella sua mente, a vedere letteralmente quello che era successo dopo che Victor era saltato su Emma atterrandola.
La vide lottare, afferrare le spalle del mutante, cercare di toglierselo di dosso, ma cedere quasi subito, e sorridergli e…Gridare.
Un urlo spaventoso, inumano, che aveva attirato una specie di ronzio. Tra servi mosca di Thanos.
Wolwerine e Tony, appena atterrato accanto a lui, lo videro sbiancare mentre fissava la bambina, come se la piccola sapesse che  stava guardando dentro di lei.

-MALEDIZIONE!-
-Charles?- chiamò Tony.
-Professore?- fece eco  Wolwerine.

Lo videro partire in quarta verso il fondo della strada e svoltare l’angolo poggiando una mano a terra per non cadere a terra prima di sparire oltre il profilo del palazzo. I due rimasti indietro si guardarono perplessi per un momento, prima di lanciarsi al suo inseguimento.
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

“ERIK!”
Erik aprì gli occhi con un gemito.
“Erik dove sei?”
Alzò gli angoli delle labbra in un sorriso.
“RISPONDIMI MALEDIZIONE!”
Era terrorizzato, lo sentiva. Nella confusione del momento, nella fretta di contattarlo e di sapere se era ancora vivo, gli stava trasmettendo le  sue emozioni senza rendersene conto.
Ed era bello sentirlo in ansia per lui, proprio come in passato.
“ERIK PERDIO !”
Erik chiuse gli occhi, indolenzito da quell’urlo che sentì rimbombargli per la scatola cranica prima di bi bisbigliare un -  Non venire qui.-
Vedeva la sagoma di alcune lavatrici da dove era sdraiato e anche grucce con abiti incellofanati. Doveva essere finito in una lavanderia - Non venire qui Charles.-
“Qui dove?  Dove sei?”
  -Non venire è pericoloso.-
In strada, non molto lontano dalla lavanderia in cui Erik era stato scaraventato  attraverso la vetrata  Wolwerine vide  Charles portare le mani alla faccia “ Lo stai facendo ancora, lo stai facendo ancora. SONO PASSATI QUASI CINQUANT’ANNI E LO STAI FACENDO ANCORA!”
Erik sussultò sul pavimento.
“Mi stai allontanando , lo stai facendo di nuovo.”

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

-Che gli prende?- chiese Tony a Wolwerine che alzò gli occhi verso di lui. Premette due dita all’auricolare e alzò le spalle -E’ probabile che l’abbia trovato e che ci stia litigando, a giudicare dall’espressione assassina che ha su.-
Che quei due battibeccassero come una vecchia coppia di sposi ormai non faceva più notizia, anzi, era stano quando non lo facevano…Come negli ultimi giorni, ad esempio, che evitavano apertamente. Quando uno entrava  in una stanza, l’altro  usciva e via dicendo…
Tony, rise di gusto facendo frusciare la trasmissione - Vedete di trovarlo in fretta, Clint dice che non siamo soli.-
-Servi Mosca?-
-Tre e stanno inseguendo qualcuno. -Wolwerine avvertì quello che poi avrebbe definito in brivido di avvertimento rotolargli lungo la schiena. Spinse le dita contro l’auricolare che sentiva tappargli l’orecchio piegando leggermente la testa nella sua direzione -Dice che corre a quattro zampe come un animale…-

 

Fine capitolo.


Nel prossimo capitolo l’incontro fra Victor e Wolwerine e l’arrivo di Gambit.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo sedici ***


Scherzando, più di una volta, Darcy e Diane erano state definite le cheerleader ufficiali degli Avengers. Quelle che, fra un commento e l’altro sui muscoli di Thor, e sul sedere sodo di Tony nonostante gli anni, facevano un casino di inferno, facendo tifo sia quando assistevano agli allenamenti, sia come in quel momento , grazie alla televisione, potevano assistere agli scontri dei Vendicatori, al sicuro nella Stark Tower.
-FORZA TONY, MENA! MENA!- urlò Darcy, sbracciando come se volesse prendere a pugni qualcuno - SEI UN FIGO! FORZA!-
-LOGAN! LOGAN! LOGAN!- fece eco Diane alzando e abbassando le braccia.
Pepper, nonostante la solita ansia che le chiudeva lo stomaco ogni volta che Tony scendeva in battaglia, non potè fare a meno di lanciare loro uno sguardo divertito, e anche Jane, che stava stritolando  lo schienale del divano, sorrise in punta di labbra, prima di tornare a guardare lo scontro alla tv.
L’unico che non sembrava felice era Loki.
Lasciato a guardia della Torre assieme a Peter e a Mystica, non poteva non notare di quanto Dianne, ogni volta che Charles veniva inquadrato, sembrasse in pena.  Voltava la testa, chiudeva gli occhi, sussultava come se provasse lei dolore fisico. - Oddio, mi ammazzano Yoda.- esclamò in risposta all’attacco combinato di tre sentinelle mosca alla volta del  Professore e alla successiva esplosione che aveva portato la comparsa di un nuovo combattente. Il dio  inspirò lentamente, incapace di smettere di pensare che infondo era normale i, che non doveva essere geloso, che quello che c’era stato fra loro era stato dettato dai ricordi di  Sygin in Diane.
Non da altro.

“E’ una midgardiana adesso, e ha scelto un midgardiano.”si disse. Sussultò quando Darcy, voltandosi, guardò sorpresa la macchia di ghiaccio sotto la mano che aveva appoggiato a muro per sostenersi e poi lui. Non sembrò spaventata come poteva esserlo in passato, si fidavano tutti di lui ormai.

-Vedrai che se la caveranno.- lo rassicurò infatti intanto che Diane  si voltava a guardarlo e gli sorrideva dolcemente , ignara dei suoi pensieri. Delle sue intenzioni


Era naturale che nella sua vita, per quanto strano, preferisse un midgadiano a tutti gli effetti a lui, ma lui non riusciva ad accettarlo.
Gli era stata portata via una volta, e non l’avrebbe permesso ancora.
Diane doveva essere sua. Solo sua.

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Charles non era mai stato superstizioso , mai, eppure non poteva fare a meno di pensare che doveva aver fatto  qualcosa di male nella sua vita, che tutta quella sfortuna non era assolutamente normale per una sola persona. Si alzò, poggiando le mani sul manto stradale, guardandosi attorno. Non riusciva a capire che stava succedendo, un momento prima era in piedi, impegnato a cercare di capire dove fosse Erik, e un momento dopo, la sua testa stava rimbalzando contro l’asfalto duro di Bronx.
Si guardò attorno, sentendo l’occhio destro bruciare per via del rivolo di sangue che lo copriva, se lo stropicciò intanto che con l’altro visualizzava Tony, intento a tenere a bada due Alieni/Mosca  e poi Logan, che si sollevava dal cadavere di un terzo alieno a cui era riuscito a staccare la testa infilando gli artigli fra le piastre in ferro che formavano la sua pelle.
-Professore! Sta bene?-
Charles volse la testa inquadrando un uomo  che lo guardava da sopra una spalla.
L’aveva già visto, ne era certo, ma non riusciva ricordare dove. Dimostrava una trentina d’anni, capelli castani raccolti in un codino e occhi verdi  -GAMBIT!- urlò una voce oltre di lui e Charles fu illuminato, era uno dei mutanti finiti nella rete del Progetto X di Stryker, l’unico che era riuscito a scappare .
E non era invecchiato di un giorno. Chissà che diavolo gli avevano fatto in quei laboratori.
Gambit spostò lo sguardo da Charles, che stava cercando di alzarsi, ai tre alieni che  avevano circondato Victor e Wade, alzò l’indice della mancina - Oh no.No.No… - disse  agitando il dito ad ogni negazione  con un sorriso sbarazzino ad abbellirgli i lineamenti -..Mes amis, così non è corretto.-  Le carte da gioco nella sua mano destra iniziarono a brillare. Victor afferrò Deadpool alla nuca e lo costrinse ad abbassarsi di colpo, per evitare di venire decapitato.
Caricando le carte di energia cinetica, Gambit, alias Remy Etienne LeBeau, le aveva rese affilate come lame e veloci come proiettili.  Logan, vide i tre alieni cadere a terra con un unico tonfo, come tronchi abbattuti nel medesimo istante, si volse verso l’uomo  che sorrideva pacifico e aggrottò la fronte fissandolo.
Lo conosceva, l’aveva già visto, ma dove?
-LOGAN A DESTRA.-
L’urlo d’avvertimento di Clint per poco non lo assordì. Logan strizzò un occhio per riflesso, voltandosi verso destra e tirandosi indietro. Quella cosa che roba era? Sembra una specie di polipo mosse sul corpo di un uomo. Anzi, no, sembrava Davy Jones in Pirati dei Caraibi.
Senza però gli occhi umani, visto che erano simili a quelli dei suoi amici mosca.
I tentacoli che prendevano ai lati della bocca dell’alieno si mossero fra gli sfilacci di bava  intanto che Wolwerine snudava gli artigli. Si avventarono uno sull’altro nello stesso momento, finendo addosso ad un auto abbandonata sfondandone il cofano.
 

 
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Erik si sentì sollevare la testa e le spalle dal pavimento e piano sollevò le palpebre.
Guardò prima Charles, che lo teneva seduto, poi Tony, con la visiera del casco sollevata e alla fine, oltre ai suoi piedi,  Victor che lo guardava assorto.
Socchiuse le labbra, ma un rigurgito di sangue lo fece voltare di lato, verso il braccio di Charles che lo sostenne - Portiamolo alla Torre decise  Tony alzandosi.-  si tirò su , appoggiando una mano al ginocchio e si volse verso Victor che ricambiò il suo sguardo.
-Tu saresti?- gli chiese.
Victor sollevò il labbro superiore  scoprendo i canini aguzzi, come quelli di un vampiro, o di un animale - Victor.- rispose, voltandosi solo ora verso Logan, che dalla strada, lo fissava insistentemente. Non avevano avuto tempo di parlarsi, si erano scambiati giusto uno sguardo, e in quell’occhiata, Creed si era reso conto di una cosa, Jimmy non aveva idea di chi fosse.
Almeno, non cono scientemente.
-Salve.-
Logan socchiuse gli occhi intanto che Erik e Charles si scambiavano uno sguardo. Guai in vista, enormi, catastrofici, monumentali guai.
Fortunatamente, Gambit, che era sempre stato  uomo pronto di spirito e solerte come pochi quando si trattava di evitare i guai, passò un braccio attorno alle spalle di Wolwerine, catturando la sua attenzione - Allora, non ti ricordi ancora di me?-
-In realtà…- fece Logan - …Sei la prima faccia che ricordo.-
-Oh, bene… Adesso posso presentarmi. Mi chiamo Remy.- poggiò l’indice e il medio della mancina ad un lato della tempia, a mo’ di saluto abbracciando con lo sguardo  anche gli altri - Signor Stark la ringrazio di avermi invitato a giocare con voi.- fece fermandosi su Tony.
Questo rise, da quello che gli aveva visto fare, doveva essere lui a ringraziarlo - Grazie a te per aver accettato di unirti al divertimento.-


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-YODA!-
-Luke!-
Charles camminò all’indietro sbilanciato dal peso di Diane addosso, e chiuse le braccia attorno al suo corpo ricambiando la sua stretta. Dal lettino, si udì un brontolio sommesso, e entrambi si voltarono verso Erik che li fissava imbronciato.
-Oh andiamo Yoda e Luke, non sai chi sono?- gli chiese Diane.
-No. - fece Erik incrociando le braccia sopra alla ferita, girandosi poi di lato con un sussulto, maledicendosi in tedesco per non essersene ricordato - Ricordati che ho quasi  ottant’anni io.-
-Anche lui.- fece Diane guancia a guancia con Charles, le braccia attorno al suo collo.
-No, io sono più giovane.- la corresse questo intanto che le mollava pacchetta affettuose al centro della schiena - E comunque lui ha passato gli ultimi quarant’anni a progettare di distruggere la razza umana, se n’è perse un po’ di cose.-
Diane tendeva a dimenticarlo,  che quell’uomo sempre serio, quasi imbronciato, era uno dei criminali più ricercati degli Stati Uniti. Lo guardò riprendere fiato e poi riportare lo sguardo verso di loro - Non lo so , volete che vi lascio la brandina?-
Diane si accorse di essere ancora avvinghiata a Charles che la stringeva con un braccio attorno alle spalle e ridacchiò - Dai non fare il geloso. - esclamò tirandosi indietro ,  mentre Erik  girava la testa stizzito.

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-Emma è morta?-
Clint fece spallucce da sopra la tazza di caffè che Natasha gli aveva appena allungato - Non ho idea Phil.- disse alla volta di Coulson seduto accanto a lui - L’ho vista scappare, ma era nella sua forma di diamante e le mie frecce le sono rimbalzate addosso.- passa una sulla fronte chiudendo gli occhi, per poi voltarsi verso la porta da cui sentiva provenire i lamenti di Erik.
Bruce, per quanto delicato, non poteva fare miracoli con bendaggi e medicazioni.
Tornò a Phil che osservava  pensieroso il piano in legno del legno, premette le labbra una contro l’altra per poi avvicinarsi leggermente verso di lui -Tu…- cominciò a bassa voce -…Ti fidi di tutta questa situazione.-
Phil alzò gli occhi scuri verso di lui. Sapevano entrambi a chi si stava riferendo Clint.
Coulson, durante i giorni di pioggia, sentiva la ferita che gli aveva lasciato bruciare come  veleno.  Era Loki il pensiero di entrambi.
-Tieni gli occhi aperti.- mormorò.
Clint prese un sorso di caffè, mentre Natasha allontanava una seggiola e si sedeva alla sinistra di Colulson. Incontrò il suo sguardo per una frazione di secondo, tanto gli bastò per capire che anche lei era d’accordo. Le maglie della rete che avevano piazzato attorno a Loki all’inizio si erano troppo allargate, sia per la fiducia che piano  tutti avevano iniziato a  nutrire in lui sia  per l’arrivo di Thanos, e questa era un male.
A chi era fatto per ingannare non bisogna mai dare una possibilità per farlo.


       FINE CAPITOLO.

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Capitolo 17
*** Capitolo diciassette ***


Stark Tower

 

Gli eventi della sera prima, per Diane erano una massa confusa di immagini.
Aveva bevuto, parecchio, tanto da meritarsi i complimenti di Tony “ bevo come un lavandino” Stark, poi? Si mosse , indolenzita, cercando di capire per quale motivo  le facesse male alla schiena, poi, alla fine, aprì gli occhi. Era sdraiata addosso a qualcuno, qualcuno che le aveva appoggiato un braccio attorno alle spalle e che russava leggermente.
Sperò ardentemente che fosse Clint, ma gli bastò alzare gli occhi verso la zona mento del suo compagno di divano per identificarlo come il padrone di casa. Si tirò a sedere accanto a lui, guardando il cimitero di bottiglie che li circondava e  la tv sul canale per bambini che stavano guardando durante la gara di bevute.
Strofinò gli occhi con una mano, non aveva idea di che ora fosse, ma se Bruce non stava facendo colazione voleva dire che era davvero molto presto.  Si grattò la testa confusa, tornando ad osservare il padrone di casa che dormiva tranquillo.
Era stato un incubo a svegliarla, la percezione chiara che qualcosa di maligno si trovasse ai piedi del suo letto. Si era svegliata di soprassalto,  sbracciando per togliersi di dosso le coperte e l’aveva vista. O per meglio dire intravista. Una sagoma, qualcuno con delle enormi corna sulla testa.
Era durato un attimo, il tempo di sentirsi un grido di terrore  formarsi in gola ed era sparito.
Si era alzata a prendere un bicchiere d’acqua e entrando in salotto si era ritrovata davanti Tony, in boxer e maglietta della salute armato di sacchetto di patatine nella mano destra e di una bottiglia di birra nella sinistra.

Era bastato guardarsi per capire che nessuno dei due riusciva a dormire e che volevano compagnia.

Si alzò, in punta di piedi, andò in camera , sfilò la coperta dal letto e tornò per coprici Tony alle belle e meglio. Lo guardò per un momento, certo che, quando dormiva, era davvero adorabile. Piegò leggermente le ginocchia, ci appoggiò sopra le mani e allungando il collo gli appoggiò un bacio fra i capelli. Immediatamente lo sentì mugugnare un -Pepper. - mentre sollevava gli angoli delle labbra in un sorriso contento.

Diane sorrise a sua volta, osservando quella reazione carinissima. Meglio così, almeno non l’avrebbe presa in giro per quel piccolo gesto d’affetto.-

 

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

 

Charles dormiva girato  sul fianco destro, il braccio sinistro a penzoloni oltre il bordo del materasso e aveva il respiro appena pesante, come quello di chi sta guarendo dal raffreddore.  Diane si chiuse la porta alle spalle facendo attenzione  che lo scatto della serratura non facesse troppo rumore e gli si avvicinò piano piano. Lei sapeva che non era per via del raffreddore che Charles, a volte, respirava così affannosamente, sapeva che erano le ferite che aveva alla schiena che gli facevano male.
Allungò la mancina, e gli tamburellò la spalla. 
Charles emise un grugnito, girandosi, dandole la schiena.
Diane, sbuffò esageratamente e si avvicinò al letto. Poggiò prima il ginocchio destro, poi il sinistro sul materasso e  allungò di nuovo la mano per scrollarlo.  Mezzo secondo dopo e una gomitata assassina al naso,  era di schiena , sul pavimento, con la faccia di Charles fra i seni, e quasi tutto  il suo peso addosso.

-CHARLES XAVIER ALZATI SUBITO!- urlò con tutto il fiato che aveva in corpo mollandogli un ceffone alla cieca. Lo sentì rotolare, sbattere e imprecare a bassa voce. Ci furono altri rumori, che Diane non riuscì a identificare, prima che un fascio di luce arancione la illuminasse  lei e il Professore.

Charles si massaggiò la guancia colpita dal manrovescio della ragazza intanto che allontanava la mano dall’interruttore della lampada da comodino, volse gli occhi verso il display della sveglia e, dopo qualche secondo  perso per sincerarsi di aver letto bene l’orario, tornò a Diane - Diane sono le cinque del mattino che diavolo fai?-   

Diane borbottò con le braccia incrociate al seno.
Era ancora  nella posa in cui era stata buttata giù dal letto, con le gambe sollevate e appoggiate sul materasso,  e  la testa e le spalle sul pavimento. Charles le guardò le braccia che si schermivano il petto e alla fine parve realizzare -Oh.- Ecco  dov’era finito con la faccia  -Su, non l’ho fatto a posta.-

Diane gonfiò le guancie.
-Allora, vuoi dirmi perché mi hai svegliato a rischio della tua vita e anche della mia.- le chiese il Professore ritirando una gamba al petto e abbracciandola con entrambe le braccia.
Diane annuì, tirandosi su, e  sistemandosi la maglia da calcio che usava per dormire per evitare che le si vedessero gli slip.
-Sì, ecco, ho avuto un incubo.-

La cosa che Diane veramente adorava di Xavier era l’interesse  che le dimostrava ogni volta che parlavano. Nonostante fosse immersa nel racconto di quella strana percezione che aveva avuto svegliandosi di soprassalto, non potè fare a meno di notare di come sembrasse concentrato, di come ogni tanto corrugasse le sopracciglia e facesse di sì con la testa.
Chissà se era  consapevole di quanto  riuscisse a far sentire importante qualcuno con quel suo modo di fare.

-Vuoi che provi a rivedere io la scena?- le chiese Charles dopo un sonoro sbadiglio.
La ragazza annuì prima di sentirsi afferrare la testa la testa. Le mani del mutante le si appoggiarono delicatamente ai lati del suo capo - Adesso guardami e fidati di me.-

Diane sostenne lo sguardo di Charles per tutto il tempo,  mordendo il labbro inferiore  in attesa di una risposta. - Char…AH!- Una scarica elettrica  di puro dolore la fece chinare in avanti di scatto, Charles portò entrambe le mani alla fronte crollando all’indietro  addosso al comodino.

-Che diavolo è stato?- si chiesero a vicenda con lo stesso tono di dolore nella voce. Charles  abbassò le mani dal viso, ansimando indolenzito,  Diane alzò la testa dal pavimento guardandolo. Era la prima volta, nei loro esperimenti, che provavano un simile dolore. che sembravano respingersi a vicenda.
-Non…Non riproviamoci per adesso okay?- le chiese Charles.
-No.No.-

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Presbyterian Hospital

 

 

Sharon era più o meno al quinto sbuffo quando Steve, finalmente, si decise a fermare  la carrozzina e a fare il giro  per andarle accanto - Cosa c’è?- le chiese  abbassandosi per sedere sui calcagni - Hai sentito i dottori devi stare a riposo ancora per un paio di settimane.-
Sharon lo guardò a guancie gonfie, e Steve provò l’inarrestabile impulso di sorridere come un idiota davanti a quel musetto contrariato. Aveva avuto paura di perderla, il terrore che non uscisse più da  dall’ospedale …E invece grazie a Dio si era sbagliato.
Ce l’aveva fatta.
Sharon si guardò attorno, comicamente arrabbiata  - Posso camminare, sono ferita al fianco, mica ai piedi.- sbuffò tornando a tuffare gli occhi nocciola in quelli blu di Cap. Morse il polsino del maglione  tirandolo con i denti prima di rilasciarlo con uno schiocco dell’elastico attorno al polso - Dai, i dottori mica ci vedono, fammi alzare.-
Steve scosse il capo - Non voglio che ti sforzi.-
-Ma sto beeeeene.- ragliò l’agente  tirando fuori una faccina afflitta, che se non fosse stata tirata fuori proprio in quel omento, quando era chiaro come il sole che voleva solo rabbonirlo  per fare come diceva lei, avrebbe strappato più di un sospiro divertito all’eroe americano.
-Ti propongo un accordo.-  esclamò Steve alzandosi - Tu non cammini, e io ti tolgo da quella sedia a rotelle, va bene?-
-E come ci esco da qui?- gli chiese Sharon aggrottando le sopracciglia .
Steve sollevò un angolo delle labbra, allungò le braccia e la tirò su dalla sedia a rotelle. Il braccio destro attorno alla vita, facendo attenzione a non premere sulla ferita , e la sollevò come se pesasse cinque chilogrammi e non cinquantacinque. La senti emettere una serie di versi inconsulti e per un terribile momento pensò di averle fatto male nonostante la cura che aveva messo nel tirarla su. Abbassò gli occhi, afflitto, pronto a scusarsi , ma quello che vide fu tutto l’opposto  di un espressione sofferente.
Sharon, nonostante il rossore, gli stava sorridendo.

Si bloccò, ad un soffio dalle porta automatiche, non era certo l’atrio di un ospedale il posto migliore dove dichiararsi, ma  sentiva che quello era il classico omento : Ora o mai più.
Fece per aprire la bocca, per svuotarsi completamente, ma la ragazza lo  precedette alzando l’indice della destra  e premendogliela delicatamente contro le labbra.
-Andiamo a fare una passeggiata ti va?-
-Una passeggiata?- le fece eco  Steve sorpreso.
-Sì.- fece eco Sharon annuendo - Oh meglio, tu cammini e io ti sto vicina vicina.- gli passò le braccia attorno al collo e appoggiò la testa sulla sua spalla. Steve  espirò  di colpo stringendola a sé - Andiamo.-


-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

 

Stark Tower

 

Logan non riusciva a capire la ragione del dolore sordo che sentiva martellargli le cervella ogni volta che il suo sguardo si poggiava su quel tizio, Victor. Era come se qualcosa, all’interno della sua testa, spingesse per venire fuori, ma che il solo risultato di quel tentativo fosse solo quel disperato dolore che sentiva scoppiargli di botto.
Come pugni presi di sorpresa.
-Sta ricordando.-
Charles alzò gli occhi verso Erik accanto a lui.
Logan si stava massaggiando la testa in maniera quasi ossessiva  seduto al divano del salotto, dopo aver intimato a Victor che gli occhi di Darcy erano decisamente più su rispetto a dove stava guardando, ovvero nella sua prorompente scollatura.

-Questo non so se sia bene o male.-

Erik poggiò gli occhi chiari su di lui alzando un sopracciglio.

-Sì, lo so. E’ una bestia, lo so.-

Magneto era quasi certo che non gli avesse letto nel pensiero e che gli fosse bastata solo la sua espressione per capire cosa pensava in merito all’argomento Logan/Wolwerine. Alzò una mano, un movimento del tutto involontario di cui si accorse quando era troppo tardi.
Charles si sentì accarezzare pigramente i capelli scarmigliati.
-E-Erik?- chiese  in difficoltà voltandosi.
Erik alzò le sopracciglia senza smettere di accarezzargli il capo e il collo.

 

-RAGAZZI MALEDIZIONE SE VOLETE ACCOPPIARVI ALMENO ANDATE IN UN’ALTRA STANZA.-

I due si volsero di scatto mentre Logan usciva brontolando.

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Capitolo 18
*** Capitolo diciotto ***


 

Impicciata dal borsone, più o meno più grosso di lei, Anna Marie meglio conosciuta come Rogue, era ferma davanti ad uno dei lucidi ascensori che, secondo la guardia all’ingresso, interrogata dopo tre giri a vuoto nella hall del grattacielo, l’avrebbero condotta nell’ufficio della futura signora Stark.
Spostò il peso del corpo dal piede destro al sinistro, con un sospiro, in attesa che le porte si aprissero di fronte a lei,  passando una manina fra i volti boccoli castani per sfilarli dalle pieghe della sciarpa e mandarli alle spalle. Indossava con un cappottino vede,  con bottoni grossi, il suo solito, quello che…
-…Hai l’odoro dei Jimmy addosso.-
…Aveva l’odore di Logan addosso e l’aiutava a supplire la mancanza.
La ragazza sussultò, troncando il pensiero a metà. Non si volse, ma sollevò gli occhi verso il suo riflesso  alle porte chiuse dell’ascensore e salì verso l’alto. L’uomo dietro di lei la  sormontava quasi del tutto e la fissava famelico attraverso la superficie lucida. Rogue  avvertì un brivido di terrore  passarle lungo la schiena, così forte da  farle chiudere le mania pugno di scatto.
Victor  si chinò verso di Rogue e inspirò ancora l’odore della ragazza misto a quello del fratello. Immaginò quante volte  Jimmy l’avesse abbracciata con quello addosso,  prima di toglierglielo ovviamente. Si fermò sulla linea graziosa della guancia, che dalla sua posizione riusciva a intravedere dietro ad un ciuffo di capelli color cioccolata e  la sua mente viaggio verso scenari che lo fecero sospirare.
Rogue lanciò sguardi in giro, in cerca di aiuto, prima di abbassare gli occhi verso il riflesso delle sue mani che tremavano leggermente. Odiava farlo, ma se quel tizio non le si scrollava di dosso nel giro di cinque secondi, era pronta a prosciugarlo.
Passò la lingua ad inumidire le labbra graziose e Victor sorrise osservandola.
Nessuno dei due era pronto al ciclone che si stava per abbattere su di loro. O meglio, su di lui.

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Gelo.
Diane non era mai stata granché sensitiva , ma non ci voleva un genio per capire che i tre uomini in laboratorio con lei si scambiavano sguardi allarmati da sopra la sua testa. Bruce e Tony  da dietro gli schermi del pc verso Steve, accanto alla porta.  Si guardò attorno, girando il capo sopra la spalla anche verso l’eroe americano che ricambiò la sua occhiata con i bei occhi blu leggermente spaventati e alla fine sbottò in un - Che diavolo vi prende?-
Sembrava  che ci fosse una bomba accesa in mezzo alla stanza.
Tony deglutì rumorosamente e Diane  pilotò immediatamente lo sguardo verso di lui. Sembra in difficoltà, lui Tony Stark, quello che mai nella sua vita aveva avuto peli sulla lingua su nessun argomento possibile, ora pareva uno che ha appena mangiato un limone. Bruce tossì  contro il pugno chiuso e Diane  spostò gli occhi verso di lui -Allora?- gli chiese.
-Sei certa di aver visto una forma umanoide con un paio di corna sulla testa?-
Diane si volse grata verso Steve, che a differenza degli altri due,   aveva mantenuto il dono della parola, annuì e lo vide per riflesso alla sua conferma, passarsi la mano sinistra sulle labbra .Incontrò lo sguardo di Tony da sopra la testa di Diane e ad entrambi bastò con l’incrocio di sguardi per capire che pensavano  alla stessa cosa. Loki. 
-ALLORA?- ripeté Diane pronta a buttare giù la pila di foglia alla sua destra per avere almeno l’attenzione dei due cervelloni oltre il bancone di lavoro, le lanciò una rapida occhiata interessata, già immaginando il casino che si sarebbe creato quando un botto atroce  li fece voltare tutti e tre  verso la  porta del laboratorio.
-Che diavolo?- chiese la ragazza mentre Tony faceva il giro del bancone e le indicava lo stesso con un cenno perentorio dell’indice . Il messaggio era chiaro, doveva rimanere lì e nascondersi in caso. Diane obbedì di malavoglia, riparandosi dietro la massiccia struttura in ferro mentre i tre uomini imboccavano la porta uno dietro l’altro.


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-Che diavolo succede qui?-

Un solo paio d’occhio spaventato reagì all’esclamazione sorpresa di Tony. Rogue, seduta per terra, con borsone e tutto, che lentamente spostava lo sguardo da  Logan  a lui. 
Bianca come un fantasma , lo sguardo tipico di chi non ha idea di che sta succedendo, la ragazzina avrebbe volentieri gattonato fino ai tre uomini apparsi alla sua destra, da una porta  a scomparsa con tracciatore per tesserini a lato , ma era completamente bloccata dallo shock.
Logan stava infierendo come un animale su Victor,gli artigli sguainati affondavano nel torace dell’uomo, infondo e si sollevavano creando zampilli di sangue. Era una scena orrenda, degna di un film, ma c’era qualcosa a renderla totalmente malata.
La risata sguaiata di Victor fra i fili di sangue che gli colavano dagli angoli delle labbra.
Jimmy non si ricordava di lui, non del tutto almeno, ma una cosa l’aveva ben presente, il suo odio per lui  che era esploso come una bomba a vederlo vicino alla sua fidanzatina. Si volse verso Rogue schiacciata sotto la bottoniera di richiamo dell’ascensore e le rivolse un sorriso.
Quell’adorabile passerotto spaventato era la chiave per sbloccare la memoria del suo caro fratellino.

-WOLWERINE!-

La voce di Erik rimbombò nella hall  facendo voltare tutti verso di lui, tutti tranne Wolwerine che fissava  le ferite sul corpo di Victor rimarginarsi sotto i suoi occhi. Era una visione familiare, non avrebbe dovuto sconvolgerlo tanto,  ma in testa aveva come una specie di eco.
Suoni e  immagini che si intrecciavano ma che lui non riusciva a capire.
La schiena nuda di una donna, i suo capelli sparsi sul cuscino.
Lo stridore di una frenata.
Alberi a perdita d’occhio, una foresta buia .

-LOGAN!- questo era Charles.
Logan alzò gli occhi verso di lui, la mano sinistra ancora chiusa a pugno per tenere fuori gli artigli, la destra aggrappata al cappotto di Victor . Il Professore, a differenza di Magneto accanto a lui non sembrava in collera. Lo vide alzare e abbassare entrambe le mani, pacifico e come al solito, si sentì portato ad obbedirgli.

Charles tirò un sospiro di sollievo mentre Logan abbassava il braccio, gli si avvicinò ignorando i pensieri che sentiva provenire da Erik. Lo guardò da sopra una spalla, anche se sapeva che era furioso per quello sfoggio di poca civiltà da parte di un mutante che ledeva tutti secondo lui e tornò a Logan che era  scivolato a sedere a lato di Victor.
-Ti sei dato abbastanza da fare, che ne dici di farti una doccia eh?-
Logan annuì  ancora sotto sopra.
-Andiamo forza.-

Rogue guardò l’uomo che amava, perché si lo amava, venire portato via dal Professore e poi guardò Victor che si massaggiava il petto dove Logan aveva infierito fino a qulche secondo fa. Attraverso gli squarci, Rogue poteva vedere la pelle intatta del suo torace.
-L’HAI FATTO A POSTA!- gridò mentre Bruce la tirava in piedi.
Victor emise un sospiro divertito osservandola - Sarà divertente.-


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-Tony? Spazio personale? *-
Tony si tirò indietro  di qualche passo per permettere a Bruce di spostarsi dal lavandino, contro il quale l’aveva bloccato e si appoggiò con le spalle alla porta chiusa del cubicolo  dal quale il dottore era uscito. Incrociò le braccia mentre quello si asciugava le mani con una salvietta di carta - Pensi anche tu quello che sto pensando anch’io?-
Bruce premette le labbra una contro l’altra, pensoso.
Un uomo con delle corna in testa, o Diane aveva avuto un apparizione satanica o c’entrava Loki, ma perché la ragazza era convinta che fosse maligno quello che aveva visto? Il dio degli Inganni di certo non era uno stinco di santo, ma una cosa era certa. A lei non avrebbe mai fatto del male.
-Credo.- disse cercando lo sguardo di Tony nello specchio.
I due si fissarono per un lungo momento, Tony s’afferrò il mento con una mano mentre Bruce si girava verso di lui appoggiandosi al lavandino.   Era un problema enorme quello a cui entrambi stavano pensando. Se Loki era malvagio, se Loki  poteva far del male, erano tutti in pericolo.
-Teniamo per noi quest’informazione.- decise Tony - L’ho detto anche a Steve e a Diane.-
Bruce sollevò un sopracciglio mentre Tony si avvicinava e tirava fuori dalla tasca dei pantaloni il cellulare. Lo porse al dottore che lo prese perplesso, voltando per guardare le immagini che passavano sullo schermo lucido.
 Era una registrazione, Coulson, Barton e Natasha nella cucina del bunker.
-Agenti.- sibilò a sentirli decidere di tenere d’occhio Loki.
-Non è colpa loro.- rise Tony   scrollando la testa  - E’ nella loro natura non fidarsi di nessuno.- inumidì  le labbra con la punta della lingua  fissando gli occhi in quelli altrettanto scuri di Bruce - Ma per nostra fortuna, è anche nella mia.-

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Oh beh Diane si fidava di Tony, infondo era Iron Man.
La ragazza guardò il riflesso della sua schiena allo specchio tenendo la maglia sollevata fino a sotto al seno..  La cicatrice  che aveva in zona renale, verso il fianco destro, non era più grande della mano aperta di un bambino, ma  ricordava perfettamente il giorno in cui l’aveva sentita aprirsi.
Era stata durante l’invasione di Manhattan,  una decina di quegli alieni erano  penetrati nella sua università e le aveva sparato addosso mentre scappava e sarebbe morta se Iron Man non l’avesse presa in braccio un secondo prima che quella creatura le piombasse addosso portandola in salvo in strada attraverso una finestra aperta.
Ricordava di aver alzato gli occhi, troppo stordita per ringraziare mentre veniva appoggiata sul marciapiede,  addosso ad una vetrina sfondata, in modo da non venir calpestata da gente in fuga, ma allo stesso tempo da  poter essere trovata dai soccorsi.
Si erano guardati,  per un momento, e nonostante l’elmetto Diane era stata certa che Tony le avesse sorriso.
Le aveva salvato la vita, per questo si fidava.
Però non riusciva a dimenticare lo strato di panico che aveva ispessito l’aria nel laboratorio quando aveva raccontato a lui, a Bruce e a Steve  del suo sogno, o quello che era. Li aveva visti agghiacciare, persino Cap che sembrava sempre così flemmatico aveva cambiato colore in mezzo secondo e era quasi certa che Bruce avesse rotto una penna.
Abbassò la maglietta e si volse verso la porta che si apriva.
Loki alzò gli occhi verso di lei e lei gli sorrise arricciando gli angoli delle labbra.
-Che hai fatto al labbro?-
-Al labbro?-
Loki strinse il labbro inferiore fra due dita, ma immediatamente ritirò la mano con una smorfia. Osservò perplesso i polpastrelli sporchi di sangue e sotto lo sguardo di Diane, parve chiedersi dove si fosse fatto quella ferita.
Alzò lo sguardo sulla razza e sussultò a ritrovarsela vicina con già una mano sollevata verso il suo viso. Si lasciò sfiorare la ferita e chiuse gli occhi con un sospiro di piacere.
-Ti fa male?- gli chiese Diane.
-No, non mi ero  nemmeno accorto di averla.-
-Magari ti sei morso.- sfiorò tutto il labbro inferiore del dio - Abbassati.-
Loki curvò le spalle obbediente e non riuscì a trattenere un sorriso quando sentì le labbra morbide di Diane premere dolcemente contro la ferita. Non ricordava come se l’era fatta, non ricordava nemmeno perché era andato a cercarla,  ma al momento non importava.

 

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Darcy era certa che un giorno, non molto lontano, avrebbe conosciuto nome e cognome della cattiva stella sotto la quale era nata  e l’avrebbe mandata a quel paese. Si addossò contro la parete, incapace di parlare, la gola attanagliata dalla paura e dalla pena e gli occhi fissi su Bruce che rantolava a terra, il corpo percorso da spasmi che non riusciva a controllare.
Era successo tutto così in fretta che Darcy non riusciva a capire cosa era successo, un momento prima Bruce stava cercando di farla smettere, senza sembrare minimamente convincente, di baciargli la guancia e la mascella mentre lavorava e un momento dopo stava guardando perplesso verso la porta.
Darcy si era voltata, convinta di trovare Tony e  la sua faccia da schiaffi, o al massimo  Jane, ma non aveva visto altro che una specie di ombra  fremere, prima di sparire. Una forma umanoide con grandi corna sulla testa.
E poi Bruce aveva iniziato ad urlare e a dibattersi per cercare di trattenere Hulk.
Sentì un forte schiocco provenire dall’uomo a terra, come un ramo che si spezza e si rese conto che erano le sue ossa, erano le ossa di Bruce a rompersi per prendere la fisionomia di Hulk -BRUCE!- urlò ma quello la respinse alzando la mano .

-SCAPPAAAAAAA!-

 

L’urlo di Hulk, seguito da quello di terrore di Darcy fece sorridere la donna dai capelli biondi che era artefice di tutto quello. Emma sorrise stirando le labbra piene, il piano del Padrone era  scattato, i Vendicatori si sarebbero uccisi da soli a pochi giorni dallo scadere dell’ultimatum.

 

 

FINE CAPITOLO.

 

UN GRAZIE, ENORME A CHI CONTINUA A SEGUIRE QUESTA STORIA.

 

 

Disclamers:

*“Tony? Spazio personale?” Deriva della battuta “Cass? Personal space?” di Supernatural.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo diciannove ***


Divide et impera.

 

 

Gli ordini di Thanos erano semplici,  mettere le mani sulla  telepate che era riuscita a strappare  Loki dalle nebbie di Thanos e fargliela pagare, ma era stata Emma  a pensare di scatenare Hulk per ottenere l’occasione d’oro di avere Diane tutta per sé.
Sola, incapace di distinguere la realtà, sarebbe stata solo sua.

 

 

Qualcosa si ruppe, qualcosa scoppiò e  quando Diane aprì gli occhi sentì il sapore ferrose del sangue sotto la lingua e lungo le labbra. Immediatamente, in preda al terrore si tocco la pancia, poi il petto, alla ricerca delle ferita, emise un lieve sospiro di sollievo che si interruppe con una fitta tremenda alla bocca. Cadendo doveva essersi morsa la lingua.
Mugugnando di dolore  si volse a guardare verso la porta dove Loki l’aveva buttata, senza nemmeno guardare di farle centrare bene la porta.  Ad essersi rotto era il muro,  c’era il segno di un braccio di Hulk nella parete  che aveva creato una specie di elle sbilenca con il battente della porta mentre  ad essere scoppiato era il radiatore del termosifone che zampillava acqua sul pavimento .
Diane scosse la testa, debolmente, sentendo immediatamente  la fitta alla bocca decuplicarsi e corrispondere dietro, alla nuca. Loki doveva aver usato davvero parecchio forza per scansarla da sé, e non glie ne faceva una colpa. Uscendo in corridoio  allarmati dalle gradi di Darcy e poi sempre quelle più bestiali di Bruce, si erano ritrovati Hulk inferocito a meno di mezzo metro. Diane socchiuse gli occhi e un frammento di immagine, l’ultimo prima di volare attraverso la porta l’assalì, Hulk aveva aggredito Loki a testa bassa, ecco perché l’aveva scansata da sé con tutta quella violenza. . Si alzò  pulendosi le labbra dal sangue con il dorso della mano e uscì in corridoio.  
Silenzio, troppo silenzio.
Nessun rumore di combattimento, nessuna grida, nulla di nulla.
Diane sentì l’ansia montare e  tenendosi appoggiata al muro con una mano, mosse i primi passi verso il salotto del bunker.
Era ad un passo dal venire illuminata dalla tenue luce dello schermo del televisore che  troneggiava in mezzo al salotto, passando dall’ombra innaturale del corridoio, visto che le luci erano tutte spente, che la ragazza scorse la mastodontica figura di Hulk di spalle alla porta.
Si premette entrambe le mani in bocca sentendo un guaito terrorizzato nascere contro le dita. Il gigante si volse verso di sé, sfiatando come un toro impastoiato e lei si vide  pronta per essere calata nella bara.
-Hul…- provò mentre Hulk si voltava completamente verso di lei -Hulk, sta calmo.-
In un altro momento, Diane, si sarebbe data mentalmente dell’idiota per essersene uscita con una simile idiozia. Dire di stare calmo a quella specie  di fascio di nervi, a quel filo elettrico che spruzzava scintille di rabbia. La ragazza si addossò contro il muro, in panico.
Non aveva idea di dove fossero gli altri, se stessero bene , se :

-Uccidila Hulk.-
Diane sgranò gli occhi e volse lentamente la testa.
Una donna , bionda, sedeva al divano.
Da dove Diane si trovava non riusciva a vedere altro che  aveva i capelli sollevati in un elaborato chignon e  la schiena lasciata scoperta da un vestito rosso. -Chi sei?- le chiese -COME SEI ENTRATA?-
Emma si alzò  con calma, e si volse verso Diane.
-Tu sei quella che ha aggredito Erik.-

 

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-Perché non si sveglia?-
-Non lo so.-
-Stark.-
Tony alzò lo sguardo da Diane, immobile fra le sue braccia al volto  di Loki.
Bloccata la minaccia Hulk, grazie a Darcy che nonostante lo spavento e le quattro costole rotte era riuscita ad alzarsi e a raggiungerli in salotto dove, in meno di dieci minuti era successo letteralmente di tutto e Remy era ad un passo dal far saltare tutto con la sua fottuta energia cinetica,  avevano trovato Diane collassata nella camera dove Loki l’aveva spinta quando si era visto Hulk addosso , e nonostante tutti gli sforzi, non erano ancora riusciti a farle aprire gli occhi.
Respirava normalmente, era colorita, non sembrava soffrire…Ma non apriva gli occhi.
-Non è ferita e non ha bernoccoli- fece Tony controllando fra i riccioli biondo miele della ragazza, passandoci la mano e muovendole delicatamente il capo, prima verso Loki, poi verso di sé - Forse l’hai spinta troppo forte.-  sentì un verso inconsulto venire dal dio verso di lui, con una specie di guaito e immediatamente alzò gli occhi verso di lui - Amico non ho detto che è colpa tua, succede, in quel momento la priorità era che non finisse in mezzo alla carica di Hulk.

 

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Emma sorrise dolcemente alla volta della ragazza , ma Diane sentì comunque i peli delle braccia drizzarsi. C’era qualcosa di sbagliato in quella donna, di malato. Poi si rese conto che aveva lo stesso  sguardo ottenebrato della dottoressa Grey mentre aggrediva Charles.
Morse il labbro inferiore cercando di strisciare lungo il muro per evitare di trovarsi stretta in un ipotetico angolo fra lei,  Hulk e il muro.
-FERMA DIANE!-
Diane si bloccò con un sussulto  gli occhi  verso Emman che allargò il sorriso - Bene, sei una bambina obbediente.- le si avvicinò e il ticchettio dei tacchi parve rimbombare nel silenzio della stanza. Dov’erano tutti? Possibile che Hulk li avesse uccisi?
-Stai cercando qualcuno tesorino?-
-Dove sono gli altri?- sibilò la ragazza.
Emma parve rifletterci, il bel viso corrucciato da un espressione pensosa - Dove sono secondo te zuccherino?- le chiese tornando a guardarla con interesse . Le prese il viso nella mancina, affondando le unghie nel mento - Sono tutti morti.-
Diane  sentì qualcosa rompersi mentre fissava gli occhi chiari di Emma.

 

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Charles fissava  pensoso il tracciato che mandava il monitor collegato a Diane incapace di dire cosa ci fosse di sbagliato nelle linee che osservava in ogni punto. Sospirò appoggiando la schiena alla spalliera della seggiola , ma tornò immediatamente indietro quando sentì sotto  le scapole che qualcuno ci si era appoggiato.
Si volse alzando gli occhi e Erik li abbassò verso di lui.
-C’è qualcosa di strano.-
-Penso anch’io.-  concordò Erik -La tac è pulita, così come il tracciato. Si è  solo morsa la lingua, probabilmente cadendo dopo che Loki l’ha spinta via.- si allontanò dalla sedia e fece il giro del letto dove la ragazza era stata adagiata , si afferrò il mento e continuò ad osservarla. - Non capisco cosa potrebbe essere successo però.-
Charles si passò una mano fra i capelli, lui aveva un idea, conosceva qualcuno che amava spedire i suoi nemici in coma e giocare letteralmente con la loro mente prima di ucciderli,  ma non riusciva a capire come LEI avrebbe potuto metterla in pratica quel piano.
 Si alzò dalla seggiola e appoggiò le mani ai lati del viso di Diane e dopo uno sguardo ad Erik chiuse gli occhi.

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Diane osservava i corpi che erano andati comparendo ai suoi piedi: Clint con la testa spaccata e l’osso della fronte che sporgeva fra due lembi di carne aperta, poi Tony,  voltato verso di lei, il Reattore Arc gli era stato strappato dal petto e ora c’era un buco sanguinolento al centro del torace, Charls con la testa piegata in maniera strana e uno strano rigonfiamento ad un lato del collo e poi gli altri…Compreso il suo nipotino e il piccolo Howard.
-Bruce!- Diane non riusciva a gridare, non riusciva a piangere - Bruce che hai fatto?-
Emma si volse verso Hulk che  teneva bloccata Diane contro il muro con una sola mano a tenerle fermo il torace contro il muro - Sì, Bruce cosa hai fatto?-
Diane sentì la mano della creatura fremere, poi stringerla forte, nemmeno fosse stata un tubetto di dentifricio e poi rilasciarla mentre Hulk si chinava in avanti ansimando. Fra spasmi e  rumori come schiocchi  simili a rami che venivano spezzati, Bruce comparve  di fronte  alla ragazza che lo guardava allucinata.

Il dottore si guardò attorno, fermandosi sui corpi dei compagni , poi si volse debolmente verso Diane che piangeva in silenzio. Si fissarono per un lungo momento prima che un urlo di dolore squarciasse il silenzio innaturale del bunker.

 

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Bruce non riusciva a credere a cosa aveva fatto, sdraiato accanto a Darcy che dormiva avvolta nelle coperte sentiva  di non meritare più di vivere. Il viso della ragazza era pesto dal lato sinistro, mentre la guardava dormire aiutata dagli antidolorifici che   Jane le aveva somministrato aveva visto i lividi affiorare e la faccia gonfiarsi.
Le passò una mano sulla guancia, delicatamente, quasi temesse di vederla ritirarsi anche nel sonno, ma invece la ragazza gli si fece più vicino, appoggiando la testa sul suo braccio  senza svegliarsi.
Brue rimase con la mano sollevata, sorpreso da quel gesto, per poi appoggiarla fra i capelli della giovane, carezzandoglieli con delicatezza.  Avrebbe potuto ucciderla,  con quella manata di cui si ricordava vagamente, avrebbe potuto romperla a metà.
Prese fiato,  sentendo  un nodo stringergli la gola,  e chiuse gli occhi appoggiando le labbra sulla fronte di Darcy che sospirò contenta nel sonno.
Non meritava tutto quello. Meritava solo di stare solo.
-BRUCE!-
Clint aprì la porta di scatto, facendo sussultare sia lui, che Darcy  che immediatamente si portò la mano alla parte ammaccata della faccia con un gemito indolenzito - Clint, non si bussa?- farfugliò sentendo il male dei lividi esplodere di colpo mentre Bruce si girava per appoggiare i piedi a terra seduto al bordo del materasso.
-E’ per Diane, Charles dice che  Emma Frost la sta tenendo in un incubo.-
Clint si passò la mancina sulla bocca, non sapeva nemmeno lui perché aveva chiamato Bruce, sapeva solo che di botto, fra le mani di Charles, Diane  aveva arricciato il viso in un espressione di dolore e  i suoi valori erano crollato di colpo facendo fischiare le macchine a cui era legata.
-Cosa?-  scattarono i due a letto.
- E’ per questo che non si sveglia, Emma le sta facendo avere un incubo dove Hulk ci ha uccisi tutti e tu ti sei suicidato.-


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-Quella bastarda!- sibilò  Charles  senza aprire gli occhi.
Erik si sporse verso di lui per pulirgli il sangue che gli colava dal naso, stava cercando di tirare via Diane da quella visione di cui non riusciva ancora a capire il senso, ma era difficile. Emma era praticamente al suo stesso livello e fin troppo abituata a creare illusioni.
Gli stava permettendo di guardare Diane che piangeva disperata fra quel cimitero in casa, ma non di aiutarla.
-Che le sta facendo vedere?- chiese Tony mentre Bruce agganciava una flebo al supporto del letto. Charles piegò il capo verso la spalla destra - Bruce si è appena suicidato, si è tagliato la gola da’ orecchio ad orecchio.-  il citato non potè fare a meno di abbassare gli occhi e guardarsi la punta delle scarpe - Diane sta cercando di  tamponare la ferita,  adesso ha capito che anche lui è morto, piange.-
Si udì uno  specie di crepitio,  Loki aveva congelato la porta.
-Maledizione! - sbottò Charles riottenendo l’attenzione di tutti.
-Loki.- Il dio alzò lo sguardo verso di lui - Vuole che ti odi.-

 

 

FINE CAPITOLO.

 

Emma ha intrappolato Diane in un illusione, vuole che odi Loki, come andrà a finire?  U.u

 

 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo venti ***


 

 

-Se le mettessimo il casco di Erik?-
Erik spostò gli occhi da Charles chino su Diane a Tony , annuì, ma  allo stesso tempo premette l’indice della mancina contro le labbra accennando all’espressione concentrata del Professore con un movimento delle sopracciglia. Se Charles ancora non aveva chiesto del casco, probabilmente, aveva altro il mente ed era meglio non disturbarlo nel suo operato.
Si volse verso Jane, accanto a sé, e a bassa voce - Vai a prendermi il casco.- spiegandole in due parole dove lo teneva per poi tornare al letto, attirato da una specie di spasmo di dolore che da Diane sembrò riverberare anche in Charles che si chinò in avanti con un gemito.
-Che succede?- chiese appoggiando le mani al bordo del letto.
-Sto cercando di tracciarla.- Charles alzò il viso ma non aprì gli occhi - Ma è difficile.-
-E’ qui?- chiese Tony mettendo mano alla tasca posteriore del pantalone.
-Sicuramente, non è così potente da farlo a distanza. Deve essere per forza nella Torre.-
-Che altro le sta facendo vedere?-
La voce di Loki era innaturalmente calma, dopo aver spaccato la porta che aveva congelato con il solo tocco della mano non aveva più  aperto bocca.  Charles mosse debolmente il capo verso destra, come se oltre a quello che stava capitando nella testa di Diane stesse cercando di capire anche cosa accadeva nella sua.
-Sta cercando di convincerla che è tutta colpa sua.- spiegò dopo un momento di tentennamento , Erik, che gli era vicino, lo vide deglutire a vuoto prima di parlare - Che  l’averti strappato dalle nebbie  in cui Paura ti aveva relegato è stata la causa di tutto, che …- tacque digrignando i denti -… le sta dicendo che non è servito a nulla liberarsi di Paura, sei il male e continuerai ad esserlo per tutta la tua esistenza.-
Loki si rese conto che tutti si rifiutavano di guardarlo tenendo gli occhi incollati o alla struttura del letto o al pavimento,  solo Tony volse la testa verso di lui - Stronzate.- borbottò - Nessuno è costretto ad essere quello che non vuole, e lo dice uno che aveva tatuato sul culo Mercante di Morte.-

Thor, per la prima volta, sentì di provare del vero affetto per Tony.

-Charles.- Erik si avvicinò al letto e Charles piegò la testa verso di lui senza aprire gli occhi. Sentì il respiro affaticato del professore battergli contro la guancia e si rese conto che stava patendo né più e ne meno di Diane. Probabilmente, in qualche modo, stava proteggendo  la mente della ragazza dai colpi più critici che Emma le stava infliggendo, quelli che , Erik sapeva, avevano ridotto a creature sbavanti i nemici della Confraternita dei Mutanti senza possibilità di recupero  - Non abbiamo molto tempo riesci a capire dove si trova?-
-L’immaginazione di quella donna è tremenda.- bisbigliò Xavier  prendendo fiato ad ogni parola. Aveva impedito che mostrasse a Diane come erano stati uccisi i cadaveri che le avevano mostrato, l’aveva sentita sibilare di rabbia mentre Diane  aveva visto, fra le sue braccia, il cadavere di Bruce perdere consistenza per un momento - Però…- Tony, che dal palmare che aveva in tasca stava controllando tutte le registrazioni della torre sollevò un sopracciglio - …Ora so dov’è.-

-Anchio.- gli fece eco Stark ghignando  -Si trova nel laboratorio sei del terzo piano.-

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Emma Frost battè le palpebre sorpresa e si guardò attorno aggrottando la fronte alla lama di luce lunare che filtrando dalle veneziane illuminava il profilo della scrivania accanto alla quale era seduta. Qualcosa l’aveva estromessa dalla sua illusione lasciandola con un pugno di mosche ad un passo dall’obbiettivo: ridurre la mente della ragazzina ad un colabrodo.
Si alzò  con uno sbuffo scontento e si volse verso la porta, probabilmente Erik le aveva messo in testa il suo casco, visto che …

-... Charles è troppo debole per rintracciarmi?-

Il respiro di Emma si blocca per la sgradita sorpresa e lei si volse lentamente  assottigliando gli occhi. Girò  il capo, portando il viso sopra una spalla  e Charles la salutò sventolando la mano. Ero appoggiato alla porta del laboratorio aperta. Non l’aveva sentito arrivare.

-AH!- esclamò Charles sollevando l’indice della destra - Sicura che ti convenga prendere la tua forma di diamante?- le chiese  non appena  le vide le braccia venire ricoperte da una spessa patina che riluceva nella poca luce  della stanza - Più che altro, sei certa che questa sia la realtà Emma?-

Emma si bloccò, presa in contropiede, mentre il sorriso di Charles rimaneva gioviale sul suo viso. No, non era sicura che quella fosse la realtà, ma nessuno era mai riuscita ad intrappolarla in un illusione, nemmeno il figlio di Stryker.
Creare menzogne era il suo campo.

-Sai…- fece Charlse spostandosi con un colpetto dal battente della porta - Se uno cosa una non la vuole fare perché la considera scorretta...- passando accanto ad una scrivania Charles allungò una mano ad agguantare un paio di forbici da un portapenne -… Questo non vuol dire che non la sappia fare.-
Si portò di fronte alla donna, confusa, incapace di capire se quella che stava vivendo era la realtà oppure no. La vide guardarsi attorno, alla ricerca di qualche pecca nella trama della stanza, un qualcosa che le facesse capire se era finita in un qualche inganno mentale di Xavier oppure no. Ma non riuscì a trovare nulla.
Tornò a guardare il professore nello stesso momento in cui quello calava su di lei il pugno che stringeva le forbici come un arma  bianca.
Non riuscì a gridare mentre sentiva lo sterno aprirsi in due il sangue scivolare caldo lungo il petto fra i seni. Si aggrappò al braccio di Charles che sosteneva il suo sguardo sempre con quel sorriso caldo sulle labbra le ginocchia che piano cedevano, e gridò di paura di e ti terrore quando capì che le aveva spaccato il cuore in due  guardandola in faccia.

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-Però Charles sembra tanto buono , ma non farlo incazzare.-
Erik abbozzò un sorriso alla volta di  Tony intanto che Emma alzava debolmente il capo dal pavimento e si guardava attorno. Era sempre nel laboratorio, i raggi lunari illuminavano  fiocamente il profilo delle scrivanie e dei pc, ma Charles non c’era e lei…
Si portò immediatamente una mano al petto alla ricerca della ferita che aveva sentito aprirsi e sgorgare sangue. Abbassò gli occhi, aprì la camicia mostrando il seno trattenuto dalle coppe del reggiseno di pizzo bianco e alla fine guardò gli uomini che la circondavano.
Erik con il casco calzato sul capo , alla destra di Iron Man,  che aveva accanto Loki con il suo nuovo scettro. Dietro di lei, Thor con le braccia incrociate al petto  massiccio,  Peter accovacciato sullo spigolo di una scrivania e  Capitan America scudo al braccio .
-Era un diversivo per darvi il tempo di armarvi.- mormorò Emma - Mi ha trascinato in quell’illusione facendomi credere di essermi svegliata per darvi il tempo di giungere qui.-
Erik alzò le spalle - Non sei l’unica che sa giocare con la mentre altrui Emma.- a quanto pareva anche Charles era piuttosto portato per quel tipo di tortura visto come la mutante gridava prima di aprire gli occhi e tornare alla realtà.
Emma appoggiò le mani a terra e immediatamente lasciò che la sua mutazione la ricoprisse . Fosse stata in sé avrebbe capito che era una battaglia persa in partenza, era sempre stata una donna di estrema intelligenza, ma era totalmente ottenebrata dalla volontà di Thanos. Si lanciò su Loki urlando e questo si limitò a solleva un sopracciglio verso di lei.
Intanto che gli altri s’irrigidivano, pronti all’attacco, il dio degli inganni  sollevato il braccio destro  afferrò  Emma al collo  e con uno strattone la ribaltò sulla scrivania più vicina. Le si chinò sopra tenendola giù con il suo peso - Sarai anche un gradino sopra rispetto ai tuoi simili, ma rimani sempre una midgardiana.- le disse dolcemente  intanto che stirava le labbra in un sorriso feroce  - E ora dimmi, mia cara,  qual è il piano di Thanos?-   
Emma gli appoggiò le mani sul petto, cercò di spostarlo, ma era come tentare di spostare una montagna a mani nude, non era solo Thor  ad avere una forza inumana dalla sua.
-Non tradirò mai il mio padrone.-
-Il tuo padrone?- le fece eco Loki -Capisco. Ho sempre ammirato la fedeltà nei subordinati.-
Thor volse il capo, conosceva quell’espressione, sapeva che Loki stava per fare qualcosa di terribile, e che era già molto che   avesse  fatto balenare ad Emma la possibilità di salvarsi anche se Charles era riuscito a leggere tutto quello che serviva nella sua mente su  Thanos… Anni prima l’avrebbe uccisa e basta visto che non era utile. - Però Emma cara non posso lasciarti andare, visto che non vuoi parlare, devo punirti.-
-Loki…- chiamò Tony.
-Hai toccato ciò che è mio.-


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-Quanto danno le ha fatto secondo te?-
Charles alzò le spalle mentre osservava il sacco nero dell’obitorio chiudersi attorno al corpo senza vita di Emma. Loki le aveva spezzato il collo con una mano, prima l’aveva costretta a ritirare la mutazione a diamante, lanciandole nella mente delle immagini confuse che Charles non era riuscito a capire, ma che avevano fatto urlare Emma di paura e alla fine le aveva letteralmente spezzata come un fuscello.
Era successo tutto nel giro di pochi secondi, senza che i presenti potessero fare nulla per impedirglielo, Erik aveva solo fatto a tempo ad abbassare gli occhi, Peter nemmeno quello.
Charles tornò a guardare Steve e alzò le spalle -Non lo so, tutto dipende da quanto quelle immagini hanno spaventato Diane.- disse  lanciando uno sguardo a Loki che osservava compiaciuto il corpo di Emma venire portato via - Io spero che, in qualche modo, le capacità mentali che ha ereditato da Sygin l’abbiano aiutata a preservare  la lucidità, l’ho protetta dai colpi peggiori, ma non so quanto quello che ha visto prima l’abbia distrutta.-

Steve sfregò le labbra una contro l’altra  facendosi di lato al passaggio della barella - Io spero che Diane , svegliandosi, sia quella di sempre. Non ho idea di che diavolo potrebbe fare Loki se lo rifiutasse.-

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-Bruce smettila.-
Bruce sbuffò e smise di cercare di ritirare il braccio dalla presa di Tony. Aveva nascosto di essere ferito  per tutto il tempo, ma a pericolo Emma scampato, si era rilassato troppo e si era fatto sfuggire una smorfia di dolore che non era scappata a Stark che, senza far capire niente a nessuno, l’aveva costretto a seguirlo in bagno.
-Come te lo sei fatto sto macello?-
-E’ la finestra che ho rotto, credo.-
Aveva il braccio destro, dal polso al gomito percorso da una decina di ferite, alcune erano graffi, altre, più profonde, avevano ancora schegge di vetro fra i lembi che dovevano fare un male cane. Tony , dopo averle lavato tutti i tagli  con acqua calda, ci aveva passato sopra anche l’acqua ossigenata, schioccando con disapprovazione a veder formarsi la schiumetta che indicava un infezione.
-Nnnh.- pinzetta alla mano, afferrò l’ennesima scheggia e la fece cadere nel lavandino - E perché non ti sei medicato? Sei me…- si bloccò, sospirando, che domande idiote che faceva a volte - Bruce temo che non moriresti nemmeno per setticemia sai?-
-Non…-
-Non mentire Ciccio.-
L’aveva vista la sua espressione quando si era accorto di aver fatto del male a Darcy, fosse stato un pochino più sensibile avrebbe provato dolore a guardare quella faccia sconsolata e colpevole mentre la ragazza crollava priva di sensi fra le braccia di Thor.
-Credo che…- mormorò Bruce -…Passata questa minaccia me ne andrò.-
-Sì? E dove?-
-Ovunque. Basta che sia lontano da qui.-
Tony alzò gli occhi dal braccio di Bruce, chissà se il dottore si era accorto di avergli afferrato il polso mentre parlava. Abbassò lo sguardo verso quella mano che lo stringeva e alla fine sorrise  -Bruce dovresti imparare a mentire, sai?-

Bruce guardò la mano  con cui si era aggrappato a Tony per un momento, poi distolse lo sguardo puntandolo verso il lavandino. Prese fiato mentre sentiva  il magone crescere e serrare la gola, fu una fortuna che Tony lo costringesse a girarlo per fargli appoggiare la fronte sulla sua spalla, altrimenti non avrebbe saputo come giustificarle quelle lacrime agli occhi .
 

FINE CAPITOLO.

 

Al prossimo capitolo il piano di Thanos e il risveglio di Diane.

 

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Capitolo 21
*** Capitolo ventuno. ***


Finalmente il piano di Thanos. Ho cercato di renderlo più lineare possibile,  spero di esserci riuscita. Un grazie a chi legge, a chi commenta, e a chi ha messo la storia in memoria.

 

STARK TOWER|Laboratorio.

 

-Partiamo dall’inizio, l’attacco alla scuola e il coma che ha colpito tutti i telepati. La strategia di Thanos ad ogni conquista di un mondo, quando non manda i Chitauri avanti e di inviare una Esploratore, un alieno chiamato camunamente Battitore che sonda il pianeta alla ricerca di agenti del posto da assoggettare alla causa. Ha vagato per tre giorni sulla terra  prima di arrivare alla mia scuola e trovare terreno fertile.- la voce di Charles risuonava grave nel silenzio del laboratorio, persino i computer,  sempre accesi, sembravano ronzare più discretamente per non disturbare -Il coma indotto, la segregazione delle celle del Palazzo dello spirito, il mio ringiovanimento è tutto dovuto al fatto che, prima che si aprissero le porte, la mia mente  avrebbe dovuto essere segregata nel corpo di uno degli alieni mosca che conosciamo bene. Essi non sono altro che dei fantocci dove è stata installata la mente  degli abitanti più potenti dei pianeti conquistati da Thanos.- alzò le spalle guardando Erik - … Sono scappato e  le porte sono state aperte prima che io potessi fare quella fine, Erik, che si è avvicinato al castello ha assorbito il vantaggio della distorsione temporale che grava sul palazzo, per questo anche lui è ringiovanito.-
Erik si lisciò il mento pensoso, aveva senso, era quello fra tutti che per cercare Charles più si era avvicinato al Palazzo, e probabilmente il magnetismo che gli aveva fatto tremare il casco sulla testa era frutto di questa distorsione temperale, vallo a sapere. Tornò al presente quando sentì la voce di Charles levarsi di nuovo - Scoperto questo capire la ragione degli attacchi alla scuola, a Diane e ad Erik sono facili da intendere, così come la lista di cui parlava Jean. Siamo  stati catalogati dall’alieno mandato in ricognizione come umani pericolosi da assoggettare alla causa di Thanos per evitare di essere forza distruttiva a favore della terra nella battaglia di assoggettamento , la missione degli alieni era di volta in volta di recupero o di assassinio. Ovvero se riuscivano a prenderci facilmente , bene, altrimenti avrebbero dovuto ucciderci.-
Clint annuì appoggiato con il braccio lungo la spalliera della sedia su cui era accomodata Natasha  - Il tentativo di omicidio da parte di Emma ai danni di Erik e Diane è presto spiegabile.- continuò il Professore, riottenendo l’attenzione dell’arciere, per un momento perso ad osservare l’espressione preoccupata della compagna - Diane si è rivelata abbastanza forte da riuscire a tenere testa ad uno dei servi mosca di Thanos durante il casino al centro commerciale, oltre che ad essere  la ragione per cui Loki è risorto dalle nebbie di Paura. -
-E io?- chiese Erik.
-Tu dovevi morire per il semplice fatto che il tuo potere è incompatibile con i Servi Mosca, quindi per Thanos sei pericoloso ed inutilizzabile.- Charles accennò un sorriso verso di lui vedendolo fare una piccola smorfia a sentirsi dare dell’inutilizzabile - I Servi Mosca sono sensibili agli attacchi mentali, questo l’avevamo capito, agli impulsi elettrici…- Charles volse il capo verso Tempesta - Quindi mia cara ci sarai molto utile durante la battaglia finale.- per poi spostare lo sguardo verso Thor - ..Oltre a te ovviamente.-
-Bene…- esclamò Tony rinfrancato - Quindi possiamo dire di avere la battaglia in pugno.- si sfregò le mani soddisfatto ottenendo qualche cenno affermativo da i presenti.

 

 

Non aveva idea di quanto fosse in errore.

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STARK TOWER|Infermeria

 

Erano passate due ore, ma Diane non accennava a svegliarsi.
Loki osservava il tracciato nel monitor alla sua sinistra, sperando di notare qualche piccolo picco di ripresa, ma niente, Diane continuava a dormire. Le passò una mano sul viso, scostandole dalla guancia una manciata di riccioli chiari chiedendosi se Emma, per caso, non le avesse arrecato più danno di quanto Charles credesse.  In quei momenti, mentre cercava di tirare via dall’illusione in cui la Frost l’aveva gettata,  il Professore gli era parso piuttosto provato, non glie ne avrebbe di certo fatto una colpa se gli fosse sfuggito qualcosa, gli sarebbe solo  dispiaciuto aver ucciso Emma troppo in fretta per farla pentire di essere venuta al mondo.
Fermò la mano contro la guancia di Diane, non riusciva a capire se fosse di temperatura normale,  lui era sempre freddo, come un pezzo di ghiaccio, sentiva Diane scottare, ma non aveva idea se per febbre o per il loro dislivello di temperature corporee. Ora che ci faceva caso, non si era mai reso conto di quanto la ragazzina gli risultasse calda e morbida al tatto.
“Potrei spezzarla con una mano come ho fatto con l’altra.” si disse “Non è Sygin.”
Sygin era sempre stata debole di salute, più debole di lui fisicamente, ma non così tanto da dargli la sensazione di poterla rompere solo toccandola. Era una dea , Diane invece era una Midgardiana e per questo estremamente fragile per lui.
Diane mosse la testa e Loki scansò la mano.
-Diane?- la chiamò.
Diane emise un basso gemito  sollevando la mano destra per farla sbattere di dorso contro il cuscino, la vide aprire gli occhi , un momento, prima di richiuderli con una smorfia . Fu per questo che Loki si disse di aver visto male… Che gli occhi di Diane non potevano essere di quel colore, ma che erano del solito blu che aveva imparato a conoscere.
-Diane.- ripetè, stavolta con voce più ferma.
-Loki.- la voce di Diane risuonò era flebile come un sospiro. Il dio si chinò in avanti sulla seggiola poggiando i gomiti sulle ginocchia - Loki.- ripetè la ragazza senza aprire gli occhi ma arricciando gli angoli delle labbra in un piccolo sorriso.
-Dimmi.-

 

-Ho vinto io  piccolo Jotun, lei è mia. -

 

 

Loki non ebbe il tempo materiale di capire che quella non era la voce di Diane, che era maschile, cavernosa, quasi demonica, e che aveva visto giusto prima , non era stato un abbaglio, che sentì la seggiola su cui era seduto vibrare e poi uno strattone ai vestiti.


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Premuto contro la parete a destra del letto, schiacciato da un peso insopportabile ai polmoni, Loki credeva che sarebbe morto asfissiato ancora prima di radunare le energie e rompere il potere esercitato da quella mano sollevata verso di lui.
Diane si era sollevata a sedere di scatto, poi lentamente, mentre Loki voleva all’indietro addosso al muro aveva sollevato la mano destra verso di lui e piano aveva stretto il pugno.
I suoi occhi, Loki non riusciva a smettere di guardarli, aveva gli occhi completamente neri, era come se la pupilla si fosse allargata a ricoprire tutto, perfino la sclera.
-Thanos.- sibilò Loki - Lasciala è solo una…-
-…Midgardiana?- concluse Thanos girandosi e poggiando i piedi a terra - E’ vero, ma ha i poteri della tua defunta sposa, e ti dirò Loki, non sono per nulla male.-
La fronte liscia di Diane si aggrottò leggermente  e Loki fu bombardato di immagini laceranti.  La morte di Sygin,  quel piccolo cadaverino che avrebbe potuto chiamare figlio se non gli fosse stato strappato dalle braccia, la sofferenza sui loro volti, il gelo della morte che li copriva - Anche se, puntavo al maschio, lei è abbastanza forte da farmi usare anche i miei poteri, non solo i suoi.-

-Maledizione.-
Charles , impegnato com’era a leggere nella mente di Emma del piano di Thanos, non si era accorto che la donna stava venendo usata come ponte dall’ Eterno [*] come ponte per entrare a contatto con la mente sua e quella di Diane. Strizzò gli occhi ad un affondo del peso invisibile sul suo povero torace e imprecò a bassa voce a sentire le ossa della gabbia toracica scricchiolare dolorosamente.

-Loki.Loki. Loki.-  Diane si alzò e scosse dolcemente il capo verso di lui, Thanos era divertito e anche sul viso della ragazza c’era una deliziosa nota di divertimento ad imbellirle di lineamenti - Non ti sembra di aver giocato a fare il buono  abbastanza?- gli chiese - Lo sappiamo entrambi cosa sei e cosa sei in grado di fare, sei il male, il male indispensabile per l’ordine delle cose, ma pur sempre il male, e non è naturale che tu faccia comunella con questa banda di supereroi da strapazzo.-

Loki iniziava a vedere una specie di spessa nebbiolina a lato del margine visivo,  l’aria, aveva bisogno d’aria, era un dio ma anche lui doveva respirare. Aprì la bocca, la richiuse, come un pesce caduto fuori dalla boccia.

-Che ne dici?- gli chiese Thanos -Tu mi aiuti a conquistare questo piccolo pianeta azzurro, e io ti lascio a suo comando, potrai avere tutto quello che hai sempre desiderato, compresa…- buttò indietro una ciocca di capelli con un colpetto della mano - La donna dei tuoi sogni…-


Loki sibilò a bassa voce e le sopracciglia di Diane si avvicinarono - Come?-
-Hai paura Thanos, sai che possono batterti e hai paura di loro.- ripetè Loki con un filo di fiato - I Midgardiani sono coraggiosi al limite dell’incoscienza, non si arrendono mai, e tu ne hai timore...-
-Non dire sciocchezze.-

Loki sorrise fra i fili di bava che gli scendeva dalle labbra -Sai di non poter vincere, per questa ragione stai chiedendo il mio aiuto.-
-Io ho un esercito. -
-E loro hanno un Hulk.[**]-

Loki scosse la testa per cercare di continuare a vedere quel visetto delicato sporcato da quegli occhi demoniaci, sentì la rabbia montare all’insulto che Thanos le aveva fatto possedendo il suo corpo, ma si trattenne.  Ogni sua azione, al momento, avrebbe coinvolto anche  lei ed era l’ultima cosa che voleva - Lascia la ragazzina, è una di loro, te la faranno pagare cara il suo rapimento. Ridagliela e forse potrai vivere per quest’ultima settimana prima dello scadere dell’ultimatum.-

Il dio sentì, oltre al peso dell’incantesimo che lo teneva bloccato a muro, anche il peso del corpo di Diane premergli addosso, le labbra della ragazza sfiorarono le sue mentre  quegli occhi inumani lo scandagliavano - Sei davvero certo di quello che dici Loki?-
-Certissimo Thanos, tu perderai. -

 

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Quello che accadde dopo fu caos allo stato puro.
Thanos, sempre nel corpo di Diane, si allontanò dal corpo di Loki e con un ultima sferzata di potere gli spaccò la cassa toracica, il dio sentì lo sterno rompersi come se fosse stato di carta e un dolore acuto spargersi nel petto mentre cadeva seduto.  Allungò una mano mentre Thanos lo superava la caviglia di Diane al polpaccio. Vide il visetto della ragazza girarsi e quegli occhi neri fissarlo irati prima che il buio di un pietoso svenimento lo avvolgesse.
Thanos uscì in corridoio, dove incrociò Bruce di ritorno dalla riunione dove Charles aveva riferito cosa era riuscito a leggere nella mente di Emma. La reazione del dottore a quegli occhi fu rapida e violenta, Hulk si lanciò in avanti per cercare di afferrarlo , ma bastò un dito premuto contro la fronte del bestione per metterlo k.o.
Si tirò indietro, ululando per il dolore, le mani a coprire il viso mentre il resto del gruppo accorreva.
Clint, accorso come gli altri alle grida di Hulk,  si ritrovò a venire fissato  con interesse, assieme a Buck, poco più in là.
L’Eterno, a differenza di Diane,  sembrava sapere esattamente chi fosse Buck, sorrise infatti inclinando il capo con fare vezzoso - Non c’è nulla di più sacro di un legame fra fratelli.- Clint non ebbe tempo di capire che non si riferiva solo a lui e a Diane che si ritrovò a gridare di dolore assieme a Buck.

Buck crollò sulle ginocchia le mani al petto che minacciava di esplodergli, così come Clint addossato al muro, poi inginocchiato mentre i presenti li guardavano impotenti. Diane aveva solo alzato un braccio e loro urlavano a quel modo?
-Questo corpo è interessante…- considerò l’Eterno osservando deliziato la schiera di eroi di fronte a lui. Erano frementi di rabbia, lo sentiva, l’aria quasi crepitava per l’ira che li pervadeva , ma non riuscivano a trovare il coraggio di uccidere quel corpicino indifeso anche se c’era la possibilità che anche lui morisse. Loki aveva torto, non erano coraggiosi, erano degli stupidi. - Sto facendo soffrire due vostri compagni e non avete coraggio di attaccarmi.- da qualche parte, alle spalle di Tony, Johnny sibilò una bestemmia, nemmeno lui aveva il coraggio di scagliarsi su Diane, e ne aveva fatte di brutte cose nella vita per un bene superiore -…E io che volevo disfarmene, ma credo che lo terrò da caro, per la grande battaglia…-

-Diane!-  gli occhi neri di Thanos puntarono Charles - Diane , combatti, torna indietro.-
-Mi dispiace Professore, ma non può sentirla, la sua piccola è morta.-

 

 

FINE CAPITOLO:

Diane è morta o no? Thanos l’ha offerta a Loki, ma a Charles ha detto che è morta, dov’è la verità?

PS:Credo che dopo questo capitolo morirò di una terribile, terribile morte. O_O

Credits:

 

[*] E’ la razza a cui appartiene Thanos.
[**] Inutile che lo dica vero? E’ una  citazione spudorata al film The Avengers xD

 

 

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Capitolo 22
*** Capitolo ventidue. ***


Complotti e intrighi come se piovessero in questi capitoli xD

 

Capitolo ventidue.

 

La vita di uno per il bene di molti, a dirla la scelta è facile, ma a farla…
Tony Stark non si era mai considerato un tipo sentimentale, le poche cose per cui provava affezione si contavano sulle dita di una mano, e  questo suo menefreghismo l’aveva sempre cullato in qualche modo.
Ora però, non riusciva ad esserlo.
Era facile se vogliamo, Diane era piccola,  l’aveva presa un braccio una volta, per ridere durante una sera di bagordi e gli era sembrato di tirare su una bambina, un colpo di laser ben piazzato avrebbe potuto ucciderla sul colpo e forse uccidere anche Thanos con lei, ma non riusciva a tirare su il braccio.
Aveva il guanto destro dell’armatura, l’aveva indossato al volo alle grida di Hulk, l’aveva a tiro, ma non aveva il coraggio di farlo, era un fottuto omicidio e  per quanto molti lo considerassero ancora uno dei più grandi serial killer della storia grazie al lavoro della Stark Industries , non lo era per davvero.

 

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Tecnicamente non gli sarebbe costato un grandissimo sforzo. Tecnicamente gli sarebbe bastato alzare solo una mano… Allora perché non lo faceva?
Erik si morde l’interno di una guancia mentre osservava Thanos, nel corpo di Diane concedere un sorriso a Clint e Buck stesi a terra, stremati dall’attacco che li aveva fatti gridare come agnelli, era quello il momento per agire, ma non riusciva a farlo.
Sacrificare una ragazzina innocente per un bene superiore,  in passato lo aveva già fatto, avrebbe lasciato morire Rougue nella fiaccola della Statua della Libertà convinto com’era di fare il bene, ma ora non ci riusciva. Ad uccidere Diane però non ci riusciva.
Per il semplice fatto che era una persona che conosceva, non era un obbiettivo su una lista, un tassello per raggiungere uno scopo, era una ragazzina che aveva frequentato giornalmente in quell’ultimo periodo.  
Si era rammollito probabilmente.
Sicuramente si sarebbe pentito amaramente per non aver colto al volo l’occasione quando poteva, ma non  riuscì a vedere nella collanina che la ragazza aveva al collo un arma da usare contro di lei. Osservò Charles tremare leggermente ad occhi chiusi e quando sembrò venire meno lo sostenne con un braccio attorno alla vita chinandosi verso di lui.
-Charles?-
-Non riesco a raggiungerla.-
-E’ morta?-
-No, la sento piangere, ma lei non sente me.-

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I dubbi etici che attraversavano la mente di Tony e Erik non sfioravano minimamente quella di Steve Rogers. Capitan America sapeva bene che uccidere un innocente non era mai un opzione, che  l’unica cosa giusta da fare era cercare di far uscire Thanos dal corpo di Diane, sia con le buone che con le… meno buone.
Scambiò uno sguardo con Logan, accanto a lui e  il mutante lo ricambiò rivolgendogli la stessa espressione risoluta che sentiva stampata sul suo viso. Evidentemente stavano pensando alla stessa cosa.
Ferire Diane, anche gravemente non era un problema, sarebbe bastata una trasfusione del sangue di Logan per farla guarire, ma dovevano convincere Thanos che l’avrebbero uccisa.

- Fermo!-

Gli occhi di Thanos si sollevarono di scatto da Clint, a terra collassato a Steve che sollevava perentorio una mano verso di lui. L’aria attorno al corpo di Diane aveva preso a vibrare leggermente, come quando in estate si scorge una figura in lontananza e si ha l’impressione di vederla fluttuare.

-Affrontami!-

Le labbra di Diane si sollevarono ancora in un sorriso gioviale intanto che Steve si faceva largo fra i presenti scavalcando anche il corpo semicosciente di Buck -Sia mai Capitano Rogers che io venga meno alla parola data.- alzò l’indice della mancina verso Cap che quasi ringhiò a quella faccetta da cazzo che Thanos gli stava rivolgendo - Avete ancora una settimana per arrendervi poi sarà guerra …-

 

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Il dolore al petto era martellante,  da perdere il senno.
Loki si volse su un fianco, nel tentativo inconscio di sottrarsi a quella mano che lo scrollava di mal grazia, prima di aprire gli occhi e bofonchiare un imprecazione alla volta di Thor, incapace di  moderare la sua forza nemmeno con una persona priva di sensi.
Il dio del Tuono ebbe la decenza di sembrare in imbarazzo mentre Loki si tirava a sedere tenendo una mano al torace. Fosse stato un fragile essere umano, quell’ultimo colpo, l’avrebbe tagliato in due, bastava guardare lo stato del muro dietro di lui.
C’era una grossa crepa creata da quell’ultimo spostamento d’aria che gli aveva fratturato le ossa , piccole venature nell’intonaco attorno ad una centrale.
-Fratello, Thanos…-
Loki alzò gli occhi verso di lui -Sì, lo so.-
Thor sospirò rumorosamente osservandolo - Non siamo riusciti a fare nulla, è andato via…- premette le labbra una contro l’altra in attesa di una sfuriata, ma non avvertì altro dal fratello che un piccolo gemito sommesso.
-Loki.-
-Non è stata una sconfitta per codardia Thor, non volevate fare del male ad una creatura innocente . Chiunque uccida un innocente, anche per un bene superiore, commette un abominia e non tutti sono in grado di accettare una simile macchia sulla coscienza... -  Per la prima volta, da quel terribile tradimento ad Asgard,  Thor vide un espressione comprensiva  attraversare il volto del fratello. Per la prima volta, sembrava davvero lui e non una creatura a metà con il tormento dei misfatti commessi per aver ceduto al male di Paura.
-Fratello.-
Loki aggrottò la fronte osservandolo fisso per qualche istante prima di sbuffare un seccato -Evitiamo i sentimentalismi, Thor.-


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La sensazione di gelo che gli dava il pavimento contro la guancia e la tempia era quasi dolorosa, quando Clint aprì gli occhi non si rese conto di averlo fatto con un lungo gemito indolenzito che aveva fatto voltare più di una testa verso di sé, prima fra tutte quella di Natasha che l’aveva fatto girare su un fianco per farlo respirare.
Batté le palpebre, registrando facce e sguardi , poco più in là Buck, o forse avrebbe dovuto chiamarlo Barney ormai, stava aprendo gli occhi mezzo steso sulle ginocchia ripiegate di Jane. Clint alzò la testa per guardarlo e Natasha allontanò le mani per lasciarlo fare, perché sapeva che quando aveva su quella faccia, il cuore che Loki gli aveva detto di possedere, era l’ultima voce a cui dava retta. Si mise a gattoni al secondo tentativo e al quarto, riuscì a mettersi in piedi, trattenne il fiato coi denti mentre si avvicinava a Barney che, piegato in avanti con una mano al petto, cercava di stemperare lo stesso dolore che sentiva lui massaggiando lo sterno a mano aperta.
-Tu dovresti essere morto.-
Barney alzò gli occhi verso di lui -Clint.-
-Tu dovresti essere morto.- ripeté scandendo bene le parole.
Barney abbassò la testa incapace di mettere assieme due parole, l’odio che traboccava dagli occhi di Clint lo aveva gelato. Morse il labbro inferiore prima di vedersi sollevato per la maglietta e sbattuto contro la parete oltre Jane ancora inginocchiata dietro di lui.
Trattenne un gemito di dolore a sentire la testa rimbalzare contro quella superficie dura e puntò gli occhi blu in quelli altrettanto chiari del fratello - Vuoi uccidermi Clint? Fallo!-  sibilò fra i denti - Oppure vuoi sapere com’è andata?-
Attorno ai due fratelli si era creato un capannello, sguardi curiosi di chi, per la prima volta, riusciva a notare la somiglianza che a Loki per primo e poi a Thanos invece non era sfuggita. Si somigliavano parecchio quei due, avevano gli stessi colori di capelli e occhi, e perfino lo stesso incarnato chiaro. Come diavolo avevano fatto a non accorgersene prima?
Clint tirò indietro il pugno destro e lo abbatté con violenza contro il viso di Barney, Natasha vide la testa del Trickshot girare di scatto, dolorosamente, muoversi per prendere un respiro affannato e poi tornare a guardare Clint dritto negli occhi - Sono stato costretto a sparire Clint!- gemette afferrandogli i polsi - Nostro padre era il primo Trickshot, morto lui ho dovuto prendere io il suo posto.-
Clint sgranò gli occhi lasciandolo andare di colpo - Menti.-
Barney scrollò il capo - Era uno degli esperimenti di Howard  Stark.- si volse a guardare Tony -… Ti sei mai chiesto come sia possibile avere una vista come la nostra? Non è umana. Non è fisicamente possibile fare quello che facciamo noi. - tornò a guardare il fratello che sembrava più pallido e sofferente di prima  -…E’ stato sottoposto ad uno dei sieri prototipo, doveva uscire un nuovo super soldato come Rogers, ma invece solo la sua vista venne potenziata.- sollevò un angolo delle labbra in una specie di sorriso sofferente, accennando poi ad Hulk ancora indolenzito per il colpo di Thanos, seduto accanto a Darcy, docile come un agnello - …E’ stato fortunato però, poteva finire come Banner.-
-Quindi noi…-
-Io, te…- la voce gli si fece incerta -… e Diane abbiamo ereditato la sua anomalia genetica. Siamo nati per essere quello che siamo, scommetto che Fury più di una volta ti ha chiesto di Diane.- Clint si passò la mancina sulle labbra, dove voleva andare a parare Barney? -Che college voleva frequentare, se era brava negli sport, voleva farne il terzo super cecchino…-
-Vuoi dire che…-
-Nostro padre voleva lasciare l’organizzazione, ma nessuno lascia, non vivo almeno.- Coulson si ritrovò a venire fissato da più di un paio d’occhi, come se potesse saperne qualcosa di quello che era accaduto anni prima che lui mettesse piede allo SHIELD -…Nostro padre voleva lasciare, fu ucciso, e al suo posto hanno avuto entrambi.-

 

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-Un ninnolo davvero grazioso.-
Nell’atmosfera violacea che ristagnava nel Palazzo di Thanos il ciondolo a forma di fiocco neve brillava di una fioca luce azzurra nella mano dell’Eterno[*]
Diane, seduta a terra, in un angolo della stanza diede uno strattone alle catene che le tenevano bloccate le mani verso l’alto. Le labbra di Thanos si sollevarono in un sorriso divertito, Loki aveva ragione, gli umani erano accecati dal loro cieco coraggio - Oh, non temete mia cara, non ho intenzione di distruggerlo...-
Diane masticò un imprecazione, cercando di capire sfregandoci contro le braccia lasciate scoperte dalle maniche scivolate del giaccone cosa fosse la specie di trappola che aveva in testa -…Sarete voi a farlo e a ricondurre il dio degli inganni al suo vero destino.-

 

FINE CAPITOLO:

Nel ciondolo a forma di fiocco di neve riposa un frammento d’anima di Loki, d’anima buona per la precisione e ora è in mano a Thanos. Barton senior era  degli esperimenti di Stark senior e lo SHIELD non ha una così poi specchiata moralità…
Questi sono gli ingredienti che ci portano al gran finale di questa storia, un grazie a chi legge, a chi commenta e a chi ricorda questa storia.

 

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Capitolo 23
*** Capitolo ventitre. ***


Erano passate solo poche ore dal rapimento di Diane e la situazione alla Torre era andata di male, in peggio, allo schifo più totale.
C’erano state tragedie per ogni gusto, come una perfetta soap opera messicana c’era stato l’amore rifiutato, ovvero Bruce che in un totale stato di ottenebramento (o almeno Tony lo sperava da morire che fosse  un momentaneo attacco di follia) dopo aver scaraventato un pc a terra urlava a Darcy che non doveva stargli sempre così appiccicato.
Gli amanti  clandestini, ovvero Charles che per la prima volta dava prova di sapersi arrabbiare anche lui proprio nel momento in cui avrebbe fatto tanto comodo  a tutti la sua calma da bonzo in libera uscita. Tony l’aveva visto dalle telecamere, che non smetteva mai di ringraziare visto le chicche che gli regalavano ogni volta, litigare furiosamente con Erik, e avere anche un medio fenomeno di telecinesi per i nervi, scagliandogli addosso un  volume dell’enciclopedia senza toccarlo [*]. Tony aveva fatto tanto d’occhi a  seguire la registrazione, senza sonoro purtroppo, soprattutto perché gli era bastata guardare la faccia contrita di Erik che si massaggiava il braccio colpito per capire che anche quello era un litigio fra innamorati.
Il meglio però si era toccato grazie a Clint.
Come in un dramma scespiriano il soldato fedele aveva affrontato il suo oscuro signore  per chiedere lumi sul suo passato. Il problema che Clint non l’aveva fatto con grazie e in endecasillabi sciolti, ma urlando come solo un irlandese incazzato sa fare e  puntando su Fury non una, non due, ma tre frecce assieme.
Una cosa che Tony aveva visto fare solo in Robin Hood-Un uomo in calzamaglia [**]
C’era volta la mano del Cielo, ma soprattutto una sberla ben assestata di Natasha per calmarlo e fargli rimandare a poi le spiegazioni su suo padre,  su come fosse diventato il primo Trick shot, e soprattutto su chi avesse ordinato il suo assassinio a dopo.
Fury aveva cercato lo sguardo di Coulson , ma per la prima volta, il suo “occhio buono” non aveva guardato verso di lui , ma gli aveva dato decisamente le spalle.
Per quanto la strada per l’Inferno sia lastricata sempre di buone intenzioni è difficile trovare qualcuno disposto coscientemente a seguirti. Tony lo sapeva bene.
Allungò una mano nel lettino e la passò sul peto di Howard che dormiva a pancia all’aria.
Fermò il palmo sul suo piccolo torace e chiuse gli occhi. Sentiva il suo cuoricino battere, una sensazione deliziosa che aveva imparato a conoscere con Pepper, la prima notte che avevano passato assieme si era addormentato con la testa sul suo petto .
Prima di allora non si era mai preoccupato di sentir vivere qualcuno.

-Tony?-

Pepper era ferma sulla porta.
Tony la guardò da sopra una spalla prima di tornare al piccolo che dormiva saporitamente, ignaro che quella poteva essere l’ultima notte in compagnia di suo padre. Chissà che gli avrebbe raccontato Pepper di lui.

-Ho affittato una cosa ad Adelaide, domani tu , lui, Darcy  e Jane la raggiungerete.-
Pepper sgranò gli occhi - Avrei voluto aggiungere anche Sharon nel pacchetto, ma  è pur sempre un agente anche se in  malattia e non può allontanarsi dal suolo americano senza il permesso di Fury.- sospirò guardando Howard  che volse la testolina sul guanciale - Ho intenzione di mandarla in Cile, tecnicamente è sempre America.-

-Io non voglio andare.-
-E io non voglio discutere.-
Da che si erano incontrati, nessuno dei due non era mai riuscito a vincere uno scontro verbale con l’altro, i loro erano sempre stati dei risicati pareggi, ma stavolta Tony non aveva intenzione di rassegnarsi ad un uno ad uno. Si alzò, voltandosi verso la compagna - Non ho intenzione di ripeterlo.- attraversò la stanza - Se dovesse andare male, se tutti noi dovessi fallire…- si fermò sotto l’arco della porta accanto a Pepper che fissava la culla del figlio -…Se io dovessi morire ... - Tony la sentì irrigidirsi accanto a lui - …A lui e a chi verrà con lui il compito di vendicare la terra.[***]-
Si allontanò a passi lenti lungo il corridoio e Pepper si avvicinò ad Howard. Si allungò  a sistemargli la copertina, ma si bloccò a vedergli qualcosa poggiato sul torace, qualcosa di piccolo, simile al telecomando di un cancello appeso ad un cordino in caucciù.  Pepper lo sollevò perplessa ,  senza sfilarlo dal collo del figlio, non aveva idea di cosa potesse essere  quell’aggeggio  prima di voltarlo e guardare  l’incisione sul coperchio che ne proteggeva i tasti.


“A te il mio privilegio e la mia maledizione. Papà.”


Pepper sentì gli occhi bruciare mentre realizzava che in quella culla dormiva l’unico vero dono di Tony Stark al mondo  che nulla aveva a che fare con le armi e il denaro.
Nel momento stesso in cui lei  era rimasta incinta, Tony  aveva regalato qualcosa di inestimabile per l’umanità. Una speranza. Il prossimo Iron Man.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

 

Darcy chiuse gli occhi voltando la testa sul cuscino.  Finalmente ora sapeva per quale ragione Rocky, dopo il combattimento con Apollo Creed sembrava così suonato da mettersi a gridare senza senso. Non era  per la fatica dell’incontro appena concluso no, era perché sicuramente anche lui aveva il suo stesso concerto di cornamuse in testa. Dio, i  dolori localizzati al viso sono terribili da sopportare.
Si era costretta ad andare a letto,  non per sonno, ma per evitare di cadere di faccia sul pavimento e farsi ancora più male,  aveva dormito una mezz’ora più o meno, per il resto si era girata e rigirata sotto alle coperte alla ricerca di una soluzione.
Non riusciva a capire perché Bruce non potesse accettare che lei andava bene così com’era.  Che potesse volergli bene, desiderare la sua presenza nella sua vita anche con l’ombra dell’Altro a seguire i loro passi. Le aveva fatto paura in laboratorio, quell’eccesso di rabbia le aveva fatto vedere quanto profonda fosse la sua sofferenza e il suo malessere nel non riuscire  a venire a patti con sé stesso.
Aveva visto, con i suoi occhi, quanto a fondo può finire un uomo senza più riuscire a vedere la luce del sole. Si alzò, scostando le coperte. La sveglia sul comodino segnava le due del mattino e lei era quasi certa che , girando per i corridoi del bunker avrebbe trovato qualcuno di sveglio.
Tony sicuramente, visto l’insonnia che lo divorava, magari Peter. Chissà.
Uscì in corridoio,  il cemento freddo sotto i piedi nudi era quasi gratificante. Si sentiva la febbre, gli antidolorifici che Jane le aveva iniettato le avevano fatto salire vertiginosamente la temperatura, avrebbero dovuta assopirla, stordirla per non farle sentire dolore, ma la sua testa si rifiutava di crollare sotto l’effetto dei farmaci.
Arrivo nel salone  che faceva da raccordo al dedalo di stanze occupate dai Vendicatori, ma non trovò nessuno stranamente. Morse il labbro inferiore e fece per voltarsi quando un movimento  colse la sua attenzione.
Da sotto la porta della stanza di Bruce, visibile  perché vicina al salotto, filtrava una luce chiara. La ragazza premette le labbra una contro  l’altra.
Andare o non andare?
Si avvicinò alla porta e bussò una volta.
Nessuna risposta, che si fosse addormentato con la luce accesa? Darcy aggrottò la fronte da sotto i ciuffi scuri che le contornavano il visetto paffutello e martoriato. No, non era da lui. Aprì la porta e quello che vide rischiò di fermarle il cuore in gola.
-BRUCE!-
Bruce aveva fra le mani  una pistola mitragliatrice  Uzi [****] puntata contro il mento. 
I due si fissarono e Darcy sentì chiaramente una goccia di sudore freddo rotolarle lungo la schiena.
Non aveva idea di quanto fosse potente quell’aggeggio, aveva visto una volta Natasha smontarlo e rimontarlo ed era stata lei a dirle che quella specie di cannone in miniatura poteva sparare 600 colpi in 60 secondi. Praticamente poteva ridurre la testa di un uomo in una marmellata, nemmeno Hulk, stavolta avrebbe potuto salvare il dottore se avesse premuto il grilletto.
-Bruce.- ripetè Darcy entrando nella stanza -Mettilo giù.-
Bruce scosse la testa e rinsaldò la presa all’arma, la ragazza pensò che sarebbe svenuta.
-Ti prego. Non lo fare.- bisbigliò. Avrebbe potuto mettersi a gridare, nello stato di agitazione in cui vivevano tutti, le sarebbe bastato  poco per far piombare lì tutto, ma  era quasi certa che Bruce si farebbe fatto saltare la testa per risposta - Fallo per me.-
-Non ce la faccio più Darcy.-
-Non è vero. Ce la fai. Ci stai riuscendo.-
-Guarda che ti ho fatto.-
Darcy si sarebbe presa a sberle, lo stava facendo per lei, per colpa sua, perché le aveva fatto del male. Si odiava da morire.  Si avvicinò ancora e Bruce si spinse verso il fondo del lettino su cui era seduto - Non è stata colpa tua.-
-Avrei potuto ucciderti.-
-Non l’hai fatto.-
-Ma avrei…-
-Solo se premi quel grilletti mi farai male sul serio. Queste sono ferite, fra un paio di settimane non avrò più nulla.-
 Bruce  chiuse gli occhi, la canna dell’Uzi premeva dolorosamente contro il suo mento.
-Sei un uomo dolce, intelligente…- bisbigliò Darcy avvicinandosi piano -… Un amico fedele per tutti quelli che hanno la fortuna di conoscerti.- Bruce scosse la testa -…Hai salvato tante vite,  quello che ti è successo è una disgrazia che non ha intaccato quello che sei.-
-Sono un mostro.-
-Sei un uomo buono a cui è capitato un grande fardello da sopportare.-
-Rompo tutto quello che tocco.-
-Io sono ancora qui.- Bruce sentì le mani di Darcy poggiarsi sulle sue -Ti prego, mettila giù.-

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Loki inspirò profondamente.
Infondo era quello per cui era venuto al mondo, no? Compiere il male per far andare bene le cose, faceva parte della sua natura, era la molla che faceva girare il suo mondo. E allora perché ora non riusciva a seguire la corrente?
Sarebbe stato poco, uscire dalla Torre, andare a bussare alle porte del castello di Thanos, prendere Diane che non c’entrava nulla in tutta quella storia di guerre fra mondi , riportarla alla sua vita di tutti i giorni e prendere il suo posto. Infondo era lui che Thanos voleva, che aveva sempre voluto.
Avrebbe compiuto il male tradendo la fiducia che Thor e gli altri riponevano in lui, ma avrebbe salvato una vita innocente da un destino di marionetta nelle mani dell’Eterno.
Il problema era che non riusciva a mettere la parola fine a quella vita.
Gli piaceva l’idea di essere accettato, di sentirsi parte di qualcosa, di avere qualcuno accanto e non ai piedi.
Se seguiva il piano che sentiva martellare in testa avrebbe salvato Diane, ma l’avrebbe persa lo stesso. Sarebbe caduto di nuovo nelle nebbie in favore di quella parte di male nero che viveva dentro di lui e non sarebbe più riuscito ad uscire stavolta.
Avrebbe detto addio a tutto e non si sentiva pronto.
Non voleva farlo.
Loki si afferrò la testa fra le mani e spinse forte le palme contro le tempie che sentiva dolore forte per via dello sforzo di mettere in fila i pensieri. Era l’inattività, l’attesa a sfinirlo si disse, anche se non era proprio così convinto.

 

 



 

 

FINE CAPITOLO:

Un capitolo dai toni decisamente cupi.
Tony affida la missione di vendicare la terra al figlio in caso di sconfitta degli Avengers, Bruce sopraffatto dai sensi di colpa tenta ancora il suicidio e Loki si ritrova a pensare se magari non sia al caso di tornare a seguire la sua natura di dio delle malefatte e incarnazione del male necessario.

 

NOTE:

[*] In Ultimate X-Men, Charles è anche un modesto telecineta.
[**]E’ un film di Mel Brooks del 1993. Una parodia su tutti i film dedicati a Robin Hood.
[***] E’ un riferimento al discorso che Tony fa a Loki durante il film The Avengers.
[****]http://digilander.libero.it/MutenDb/lupin/armi/uzi_s.jpg

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Capitolo 24
*** Capitolo ventiquattro. ***


 

Era universalmente noto che Tony Stark fosse incapace di bussare ad una porta, nemmeno fosse nato sprovvisto di nocche, per questa ragione, Bruce, avrebbe dovuto sapere che una cosa del genere sarebbe potuta accadere. Dopo aver mollato l’Uzi nelle mani di Darcy e prima di farsi prendere dalla passione per lei, avrebbe dovuto chiudere a chiave quella fottuta.
Scattò a sedere, assieme a Darcy accanto a lui, mentre Tony sollevava gli occhi dal portatile che teneva fra le mani . Si fissarono, uno con l’altro, prima che le labbra di Tony tremassero e Darcy, paonazza, iniziasse a gesticolare con il lenzuolo che aveva avuto la creanza di tirare su con lei per coprirsi i seni abbondanti e lui tornasse sdraiato con la faccia fra le mani.
-Bruce.- la voce di Tony era flebile. Troppo flebile. Stava cercando di non  sbottare a ridergli in faccia. Bruce non aveva bisogno di vederlo  per sapere che stava sudando tutte e sette le camicie del proverbio per mantenere una parvenza di serietà.
-Sì?- gli chiese.
-Amico avresti dovuto mettere una cravatta alla maniglia.-
Bruce sentì Darcy emettere un gemito imbarazzato mentre si accucciava in avanti e si tirava il lenzuolo su la testa - Già avrei dovuto.- sussurrò da sotto le mani che gli coprivano il viso -Potresti…?-
-Oh certo.- Tony camminò all’indietro per quei tre passi che era entrato in stanza, afferrò la maniglia della porta e la richiuse.  Bruce ebbe il tempo di contate mentalmente fino a due prima di sentirlo scoppiare in una tremenda risata a pernacchia, chiamare Johnny a gran voce e raccontargli tutto in barba al fatto che, fermo com’era davanti alla loro porta,  lui e Darcy potevano sentire ogni parola.
-Possiamo rimanere qui fino alla fine dei tempi?-
Bruce sentì il corpo nudo di Darcy appoggiarsi al suo fianco , girò la testa e nella penombra della  luce che filtrava dal corridoio vide i suoi occhi chiari che lo osservavano più divertiti che imbarazzati. La tirò a sé, circondandole le spalle con le braccia, facendo attenzione a non stringere troppo per non farle male - Mi piacerebbe, ma il vostro aereo parte alle dieci.-

 

-.-.-.-.-.-.-.-.-.

 

-Howard calmati.-
Era incredibile come quel bambino, a volte, sembrasse capire le situazioni così bene. Tony l’aveva tirato su dal suo box per baciarlo e abbracciarlo un po’, solo un pochino prima della partenza, per memorizzare bene quel buon odore che emanava, la morbidezza della sua guance contro le sue  e ora che doveva andare, quel fagottino,  non voleva sapere di lasciarlo. Scuoteva la testa, piangeva e si aggrappava alla sua maglietta opponendo una resistenza ostinata alle mani di Pepper che cercavano di tirarlo via.
Tony incontrò lo sguardo della compagna da sopra la testa scura del loro figlioletto. La conosceva da dieci anni,  ma quella era la prima volta che la vedeva con gli occhi lucidi a quel modo.
-Pepper.-
-Non vuole…-
Fosse stata una persona più fatalista, Tony, avrebbe visto in quel momento un cattivo segno. Un presagio di sventura, e invece strinse i denti, afferrò Howard da sotto le braccia e se lo staccò di dosso allontanandosi e tendendolo alla madre con le braccia tese.
Distolse lo sguardo da quegli occhioni azzurri pieni di lacrime, e lo lasciò andare.
Pepper strinse il bambino al seno cercando di calmarlo.
 Non era la prima volta che faceva i capricci per rimanere fra le braccia del padre, più di una volta Tony aveva dovuto presentare a conferenze e  ritirare premi con suo figlio a sedere su un braccio perché, nel momento di andare sul palco, non c’era stato verso che Howard lo lasciasse andare,  ma quel pianto disperato, ora, le stava forando le cervella. Sembrava capire che qualcosa di brutto poteva cadere. Che quella era l’ultima volta che vedeva suo padre.
-Tony…- mormorò .
Teneva gli occhi bassi e i pugni serrati. Era più difficile per lui che per lei quella separazione. Lo sapeva meglio di chiunque altro che quell’uomo egocentrico e  vanitoso detestava e temeva più di ogni altra cosa la solitudine e la lontananza dalla sua famiglia.
-Tony guardaci.-
Tony alzò gli occhi. Howard tendeva una manina verso di lui, lo stava implorando di riprenderlo fra le braccia, di spernacchiargli ancora le guancie  e di farlo volare e Pepper lo fissava e basta, tenendo il piccolo stretto forte. Sentì gli occhi bruciare,  e li distolse ancora, pregando che non gli scendesse nessuna lacrima.
Dall’interfono, distorta, arrivò la voce di Happy[*] - L’auto è pronta Signor Stark.-
-Grazie Happy.-
Si volse e se li ritrovò fra le braccia, Pepper che lo stringeva con un braccio alla vita e Howard che gli sbavava una guancia. Rimase per un momento immobile prima di stringerli a sua volta. Baciò Pepper ancora, come aveva fatto per tutta la notte, e  poi la fronte e il nasino di quel piccoletto che gli assomigliava ogni giorno di più.
-Vi amo, ricordatelo sempre.-

 -.-.-.-.-.-.-.-.-.

L’atmosfera che si respirava all’interno dell’auto guidata da Happy era ar di poco pesante. Le donne pressate una contro l’altra sul sedile  posteriore piangevano in silenzio, mentre quella seduta accanto a lui, guardava fuori dal finestrino completamente estraniata . Tossì e Sharon portò gli occhi scuri verso di lui.
Per essere bella era bella, non c’era dubbio, Capitan America aveva buon gusto.
-Cosa?- gli chiese Sharon con dolcezza.
-Mi chiedevo se, secondo lei, io avrei qualche speranza come agente dello SHIELD.-
Le sopracciglia di Sharon si arcuarono sorprese.
-Sì, ecco…-
- Lei, è troppo vecchio.- La faccia delusa di Happy fu comica,  Jane riuscì a non perdersela  grazie allo specchietto retrovisore - La soglia di reclutamento è al massimo trent’anni... Non si faccia forviare da Coulson, sono anni che serve.-
Happy sporse inconsciamente il labbro inferiore mentre scalava la marcia in vista del semaforo, l’auto diminuì gradatamente di velocità prima di sussultare in maniera anomala. Darcy, seduta fra Pepper con Howard fra le braccia  e Jane alzò lo sguardo.
Sbagliava o qualcosa si era posato sul tettuccio dell’auto?
-Happy …- chiamò debolmente prima del disastro.

 

Alla Stark Tower  Loki vide il bicchiere  da cui si era appena servito creparsi sotto ai suoi occhi… Qualcosa di terribile era appena accaduto.

 

-.-.-.-.-.-.-.-.-.


Il parabrezza era salto in aria, qualcosa era scoppiato, Sharon sentiva colarlo lungo la faccia. 
Aveva avuto l’impulso di coprirsi la testa con le mani per evitare la pioggia di vetri e ora, benchè fosse stata addestrata ad aspettarsi sempre il peggio, non aveva il coraggio di aprire gli occhi. Perché, maledizione, Natasha non era andata con loro? Sempre a fuggire le situazioni fra donne , maledetta!
Il grido di terrore di Jane fu seguito da quello di Pepper e dal piano di Howard, l’Agente si costrinse a sollevare le palpebre.
-CAZZO!- gridò.
Una specie di lancia aveva sfondato il parabrezza e aveva attraversato Happy da parte a parte. Il sangue che  Sharon si sentiva  addosso era quello dell’uomo chino in avanti sull’arma che l’aveva trapassato
Nella strada si sparse il terrore mentre tre finestrini dell’auto  venivano sfondate da braccia  coperte da scaglie di metallo e le donne venivano tirate fuori a forza.
Jane si sbucciò le ginocchia e le palme delle mani, Pepper attutì il colpo a terra a Howard che piangeva isterico fra le sue braccia, Darcy che era al centro del sedile, e non era stata raggiunta  vide  Sharon cercare di resistere alla mano che cercava di cavarla a forza dall’auto prima di venire  spinta anche lei fuori.
-Oddio. Oddio.- pigolò  con le lacrime che le scorrevano copiose lungo le guanciotte. Vide la testa scura di Happy muoversi, l’uomo volse il capo verso di lei, prima che un’altra mano  coperta di scaglie di metallo affondasse nel buco creato dalla lancia, l’afferrasse per l’impugnatura e la sfilasse.
Darcy vide le pupille dell’uomo appannarsi per il gelo della morte, gridò in maniera inconsulta da dietro le mani che aveva portato a coprire la bocca. Voleva la mamma, voleva il papà, voleva Bruce, Thor, Tony, chiunque…

Fu afferrata anche lei, senza che potesse fare nulla per impedirlo, e l’incubo ebbe inizio.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.


Lo scheletro della gigantesca berlina nera  giaceva a ridosso delle porte a vetri del Kennedy[**] come se fosse stata una normale carta straccia appallottolata e lanciata via. Tony sentì lo stomaco cedere alla vista della sagoma scura accasciata sul volante a far suonare in continuo il clacson. Dovette girare la testa per evitare di vomitarsi sulle scarpe.
Bruce si avvicinò al finestrino, tirò indietro dal volante il cadavere di Happy,  e lo osservò per un momento prima di alzare una mano e  chiudergli gli occhi  .
Ne aveva visti parecchi di cadaveri, aveva visto gente morire per malattia, ma era la prima volta che vedeva da vicino una vittima di omicidio. In quegli occhi vuoti c’era ancora una traccia della paura e del terrore che aveva provato nel momento della fine.
Sospirò, voltando la testa, e qualcosa entrò nel suo campo visivo.
Aprì a strattoni la portiera  che dava sul sedile posteriore dell’auto e si allungò per prendere il cellulare di Darcy che giaceva fra i vetri rotti, si ferì, ma non ci fece caso.
Con dita tremanti prese a scorrere fra i menù, lesse i messaggi, le chiamate, alla ricerca di qualche indizio,  guardò le foto e sì sentì morire.
C’erano tutti.
L’espressione ammirata di Thor davanti alla piramide di carte da gioco creata da  Remy,  Howard che succhiava convinto la punta del naso di Tony che rideva come un matto,  Diane e Sharon con il cappello da Babbo Natale, Jane che storceva il naso dopo aver bevuto un sorso di punch  un po’ troppo forte per lei, Charles appena sveglio che guardava imbronciato  in obbiettivo e alla fine lui…C’erano così tante foto di lui.
Bruce , da qualche parte dentro di sé, sentì Hulk gridare per venire liberato - Non ancora.- sibilò poggiandosi il cellulare al petto - Prima  tocca a me.-
Alzò gli occhi, oltre il tettuccio dell’auto incontrò lo sguardo irato di Steve.
Stavano pensando entrambi alla stessa cosa, era chiaro.
Fanculo l’ultimatum, Thanos si era preso  fin troppo di loro.

-Andiamo a riprenderle.- disse Thor da vicino Tony che annuì.

 

-.-.-.-.-.-.-.-.-.

 


-Maledizione.-
Sharon la testa dal pavimento e si guardò attorno. Era stata portata assieme alle altre in una sorta di cella illuminato da un solo  rettangolo di luce solare  che creava una piccola pozza di luce  sul pavimento  buio.
Incontrò lo sguardo di Darcy, mentre Jane fissava qualcosa oltre di loro. Qualcosa o per meglio dire, qualcuno accucciato  ad un angolo della stanza. Pepper si sollevò sempre stringendo fra le braccia Howard che non piangeva più, troppo sfinito per continuare e mandò un esclamazione sorpresa.

L’altro ospite della cella  era Diane.



 

FINE CAPITOLO:

Un grazie, enorme a Sparrow e a  DeaPotteriana per i loro commenti.

 

NOTE:

 

[*]Nei film, come nei fumetti, è la guardia del corpo /amico/ tutto fare di Tony. http://25.media.tumblr.com/tumblr_m9j9tywVsH1rw2uyvo5_1280.jpg
[**]
Il Kennedy è l’aeroporto di New York.
Disclamers:
La morte di Happy è ispirata ad una scena  del libro © Devil’s Kiss.

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Capitolo 25
*** Capitolo venticinque ***


A sparrow, con i miei ringraziamenti per  i suoi commenti alla storia. Spero che la scena  che troverai nel capitolo sia  di tuo gradimento.

 

 

Molly Spencer, una bambina di sei anni di Seattle, aveva atteso tutto la mattina che sua sorella maggiore  Ginny, di sedici anni, uscisse per il solito giro al centro commerciale per intrufolarsi nella sua camera e rubarle da cassetto quel rossetto rosso che la mamma le aveva regalato per il compleanno e che lei avrebbe voluto tanto provare almeno una volta.
Era stata brava a non fare rumore, aveva girato la maniglia piano,  si era avvicinata alla scrivania in punta di piedi e , anche se un po’ a fatica, aveva sollevato la  seggiola per avere lo spazio per tirare verso di sé il cassetto.
Il rossetto si trovava in una  specie di astuccio rosa di Hello Kitty,  Molly aveva visto Ginny  tirarlo fuori da lì, così, con mani tremante e il cuoricino che le batteva all’impazzata, prese a rovistare fra  quaderni,  penne, gomme da cancellare, braccialetti e collanine, fermandosi di tanto in tanto  per tendere l’orecchio attenta.
Trasalì lo stesso però quando lo schermo del computer accanto a lei ronzò all’improvviso. Fece un salto indietro, stringendosi al petto l’astuccio appena trovato e con gli occhi sgranati vide un immagine apparire di botto.
Era un signore con la barba e i capelli un po’ neri e un po’ bianchi, come il suo papà.
Si avvicinò, affascinata, lei lo conosceva, era sulle figurine  che i suoi compagni di classe collezionavano e si scambiavano durante l’intervallo - Iron Man.- mormorò .



“Non sono qui per farvi discorsi incoraggianti.” La voce di Tony risuonò chiara nella camera silenziosa “ Non vi dirò che la vittoria sarà nostra, che riusciremo  per certo a scacciare l’invasore alieno. Non voglio mentirvi.”

Molly osservava affascinata l’uomo al computer ignara di stare assistendo ad un pezzo di storia. Ogni computer del mondo si  era acceso di colpo, le televisioni mandavano a rete unificate il messaggio di Tony al genere umano.

“…Però voglio assicurarvi che non siete da soli in questo momento. So che molti governanti, a dispetto dei desideri della loro popolazione, si stanno mobilitando per   contattare l’invasore e stipulare un trattato di resa.  Questo noi non  possiamo e non vogliamo farlo.”

Molly sentì la mamma esclamare un - Dio sia lodato.-

“Ci sarà una guerra, ci saranno vittime. Chi avete chiamato eroe fino a questo momento combatterà per voi, ma anche dovete combattere per noi. Non arrendetevi, non cedete al nemico. Qualsiasi cosa accada continuate a resistere. Lasciate la città. Se abitate in un centro abitato che pensate possa essere abbastanza popoloso o importante da essere un punto d’attacco , rifugiatevi nelle campagne! Cercate di non essere un bersaglio, non rimanete in casa, nascondetevi negli scantinati, nei rifugi antitornado ,  e preparatevi alla resistenza. Noi vi prometto che ci vinceremo, ma vi prometto che in un modo o nell’altro, voi sopravvivrete per continuare a combattere… La terra è nostra, è tale dovrà restare.”

L’immagine si allargò e alle spalle di Tony, Molly, notò diverse persone in piedi dietro di lui. Erano nell’ombra, ma qualcuno aveva contorni famigliari Thanos!” Tony puntò il dito contro lo schermo “ Ti pentirai amaramente per quello che hai fatto !”

 

Le parole di Tony ebbero l’effetto sperato. Da ogni parte del mondo si registrò un lento esodo dalle città , coadiuvato  e protetto dalle forze armate.  Le campagne, le montagne,  vennero popolate da sparuti accampamenti, troppo piccoli per essere individuati dall’alto e dal suo castello, Thanos, fremette per la sorpresa.
Non aveva mai trovato, nel suo pellegrinare fra mondi, una popolazione tanto testarda da ficcarsi volontariamente in una situazione da guerra di trincea.
Sarebbe stato divertente, dopo aver abbattuto i suoi paladini, stanare ogni uomo, donna e bambino del pianeta e ucciderlo.
 

 

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Il piano era pronto, semplice, e ad alto tasso di mortalità. Tony non era mai stato un tipo troppo ottimista, credeva nei suoi calcoli, e i suoi calcoli erano chiari. Solo un miracolo poteva aiutarli a vincere la battaglia anche se, l’effetto sorpresa, avrebbe giocato non poco a loro vantaggio. Reed ne era certo.
Tony si passò una mano sugli occhi, i numeri  sullo schermo del pc stavano iniziando a confondersi, ma doveva finire lo schema di costruzione delle bombe ad impulsi elettrici prima di sera, poi sarebbe stato ai suoi tecnici assemblarle in serie prima della mattina.
-Così non funziona.- disse una voce alle sue spalle.
-Lo so dottore.- rispose Tony a mezza bocca. Aveva passato la vita a progettare armi e non aveva mai sbagliato un conto. Gli erano tutte uscite al primo colpo, senza il minimo sforzo, e ora non riusciva a mettere assieme qualcosa di utile e potenzialmente salvifico per i suoi compagni.
Reed si alzò dal suo tavolo di lavoro inforcando gli occhiali e si avvicinò alla postazione di Tony chinandosi in avanti per sbirciare lo schema da sopra la sua spalla con più attenzione - Vedi? Questo circuito è aperto.- spostò il dito sullo schermo e il disegno si mosse - Chiudilo.-
Tony sbarrò gli occhi, era un errore da principiante, da ragazzino che non capisce un cazzo di disegno tecnico. Che diavolo gli stava prendendo proprio ora?
Si alzò, allontanando di colpo la sedia dal tavolino e uscì dal laboratorio. Aveva bisogno di bere, doveva schiarirsi le idee, e se da una parte lo sapeva che era ridicolo cercare di snebbiare i pensieri con del whisky, dall’altra parte la pace della bottiglia era l’unica cosa che desiderava.
-Tony.-
Si volse, Steve abbassò per un momento le palpebre a vedere la sua espressione. doveva avere l’aria distrutta, non di certo quella di uno che doveva far parte di una truppa d’assalto.  Cap si avvicinò grattandosi un gomito - Non è stata colpa tua.- gli disse dopo un momento e Tony si girò completamente verso di lui per fronteggiarlo. Era impazzito o Capitan America, l’uomo che si vociferava avesse ingoiato un manico di scopa stava cercando di consolarlo?
Lo fissò attonito, doveva essere davvero un caso pietoso se perfino uno come lui provava pietà .
-Allontanare le donne era una mossa saggia,  io stesso, lo ammetto, ho pensato di farlo. Non potevi sapere che il nemico le avrebbe seguite.- Steve alzò le spalle , impacciato, l’espressione incredula di Tony non gli facilitava il compito di cercare di tirargli su il morale e di farlo sentire meno in colpa per la sparizione delle ragazze come l’aveva sentito farfugliare alla vista dell’auto accartocciata .
-Quindi, cerca di starci con la testa, okay? Ci servi.-
Tony abbozzò un sorriso - Okay.-

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-E’  incredibile.-
-Stark ha compiuto un miracolo.-
Osservando i serpentoni di auto vegliati da sciami di elicotteri da guerra Fury doveva ammettere di essersi sbagliato. Un esodo di massa dalle metropoli gli era parsa una cosa infattibile e invece aveva dovuto ricredersi…
Ogni Capo di Stato favorevole alla ribellione aveva ripetuto il messaggio di Tony, perfino il Papa, dalla sua finestra a piazza San. Pietro, aveva invitato i fedeli a lasciare le città o a rifugiarsi  nelle campagne  .

- Washington, Boston, Dallas, Seattle, San Francisco e Los Angeles  stanno venendo evacuate in questo momento.-   lo informò  Hill dal sua postazione e Phill, accanto a lui, emise un sospiro sollevato - Anche  Parigi, Londra, Karāchi, Madrid , Jakarta,  Rio de Janeiro e Roma.-

Fury controllò l’ora, erano le diciotto precise , mancavano ventiquattro ore precise al piano  all’ora X

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Le grida di dolore di Diane rimbombavano nel silenzio terrorizzato della cella. Darcy sollevò il cappuccio della giacca e se lo tirò fino al naso, premendo le mani sulle orecchie .
Era orribile, semplicemente orribile.
Nessuna delle donne presenti aveva idea di cose le stessero facendo, ma sapevano delle ferite sulla schiena di Charles, e non aveva senso sperare per Diane un trattamento differente. La porta si spalancò di colpo e la ragazza venne buttata sul pavimento.
Non emise un lamento, rimase immobile, gli abiti stracciati sulla schiena e le braccia lungo il corpo.
-DIANE!- gridò Sharon avvicinandosi mentre Pepper voltava la testa di Howard per impedirgli di guardare anche se, piccolo com’era, di certo non avrebbe colto l’orrore  in quello che stava accadendo.
-Non reggerà ancora a lungo.- mormorò Jane - Non è nemmeno lontanamente forte come Charles.-
Nessuna delle donne rispose, ma tutte sapevano che Jane stava dicendo la verità, Diane non aveva più molto tempo.

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 -Se non sbaglio, non ti è mai piaciuta la pioggia Erik.-
Erik  incassò la testa nelle spalle  con  un - Già.- chiudendosi la porta alle spalle con un colpo di tacco  della scarpa. Era impossibile prendere Charles Xavier alle spalle, ci aveva rinunciato anni fa,  per questa ragione  lo raggiunse alla finestra   guardando Manhattan oltre il vetro rigato dall’acqua -Pioveva quando sono stato internato ad Auschwitz assieme con la mia famiglia.-
Charles annuì senza spostare lo sguardo -Lo so.-
Aveva intravisto quel ricordo molti anni prima, quando aveva sentito la sua rabbia da metri di distanza, quando aveva cercato di  sollevare il sottomarino  di Shaw anche a costo di farsi scoppiare una vena per lo sforzo.
-Come?- Erik si appoggiò alla finestra con un gomito - Hai sbirciato anche in quei ricordi?-
-Sei tu che me l’hai fatto vedere.-  spiegò Charles voltando appena la testa verso di lui - Quando cercavi di trattenere il sottomarino di Shaw pensavi alla mano tesa di tua madre verso di te. - Erik sgranò gli occhi. Era vero, ma non aveva mai detto a nessuno, nemmeno a Charles, che in quel momento, in quel preciso momento, aveva attinto al ricordo di quell’istante per tirare fuori la forza di compiere l’impossibile . Provare a sollevare quel bestione dall’acqua,  cosa che in quel momento non gli sarebbe mai nemmeno passata per l’anticamera del cervello - Sentivi le sue urla in testa,  la sensazione della pioggia sulla pelle e del fango sotto ai piedi. - Charles lo vide distogliere lo sguardo da lui e puntarlo di nuovo alla città coperta da un manto di nubi scure, così basse che davano la sensazione di poter essere afferrate solo stendendo il braccio -  Il dolore, la sensazione di impotenza, erano così forte che mi hanno raggiunto e ho visto tutto senza volerlo.-
-Capisco.-
Come al solito, quando gli si faceva notare la sua umanità, Erik si  ritirava a riccio, quasi fosse motivo di vergogna, per lui, avere un cuore e dei sentimenti. Essere uomo e non superuomo.
-Mi dispiace non volevo rivangare quel momento proprio adesso.-
Erik sollevò le spalle senza guardarlo - Non fa nulla.-
Rimasero in silenzio per un lungo momento, entrambi intenti ad osservare la Roccaforte aliena che sorgeva nel bel mezzo di Manhattan  -Un giorno, magari, riusciremo  a fare una conversazione come si deve, fatta di botta e risposta e non di un botta e poi di un silenzio imbarazzato.-
Charles sollevò gli angoli delle labbra in un sorriso senza scostare lo sguardo dal profilo minaccioso del castello di Thanos  -Ognuno ha un suo modo di comunicare.-
-Sarà, ma per me è frustrante.-
-Davvero?- Charles tornò a guardare Erik  che lo fissava crucciato.
-Già, cercare di indovinare quello che pensi non mi diverte.-
- Ora sai come mi sono sentito io in tutti questi anni.-
Il sorriso, divertito, che era apparso sul viso di Erik si cristallizzò - Mi perdonerai mai per quello che c’è stato fra noi?-
Quella era la classica domanda da un milione di dollari, quella che nessuno vorrebbe mai ritrovarsi a dover rispondere.  Charles osservò il volto di Erik nella penombra della stanza e alla fine scosse il capo.
-Lo immaginavo.- Erik si staccò con un colpetto dalla finestra su cui era andato ad appoggiarsi e fece per avvicinarsi alla porta .  Aveva Stark all’armadietto dei liquori rientrando e pregava ardentemente che quell’ubriacone bastardo non  si fosse finito la scorta.
Aveva la mano sul pomello della porta quando Charles parlò ancora.
-In realtà io non ce l’ho mai avuta con te…-
Erik si fermò…Non si aspettava un simile proseguo.
-E’ con me che l’ho sempre avuta, Erik. -
Erik si volse a guardarlo, sbalordito.
-…Ho permesso che ti perdessi senza fare nulla. Ti ho lasciato andare e non c’è stato un giorno in cui non me ne sia pentito...-
Erik si avvicinò strofinandosi il viso con entrambe le mani -Charles,  ma che dici? E’ stata colpa mia. Tu hai provato a farmi ragionare.- fino all’ultimo secondo prima di infilare il casco di Shaw l’aveva sentito gridargli nella testa di non farlo. Di non ucciderlo...  Che quella sarebbe stato l’inizio della fine - Io non ti ho voluto ascoltare.- 
-Avrei dovuto insistere.-
-Insistere di più?  E come? Sparandomi?-
Charles alzò le sopracciglia con un sorriso - Perché no?-
Erik sbottò a ridere.

 

Bastò quella breve risata condivisa a portarli uno fra le braccia dell’altro. In un impeto di passione, allacciati, intenti a togliersi i vestiti a strattoni, si ritrovarono prima addosso alla finestra, poi  contro la parete a lato. Nonostante il momento,  e il suo aver appena buttato a terra il maglione di Erik, Charles cercava ancora di fare la voce della ragione, anche sé non era semplicissimo pressato com’era contro il muro e già mezzo nudo. Erik gli tappò la bocca con un bacio mentre infilava le braccia sotto alle sue per arrivare ad armeggiare con la cintura dei pantaloni . ma lo sentì prima sbracciare e poi afferrargli la testa con entrambe le mani per farlo voltare.
Guardò la porta, perplesso. -Cosa?-
-E’ aperta.-
-Pure adesso fai il Grillo Parlante?-
-Non ho intenzione di fare nulla con il rischio di venire beccato.-
La chiave nella toppa girò sotto lo sguardo di Charles e si sentì uno schiocco metallico -  Contento uomo virtuoso?-

 


 FINE CAPITOLO:

 

C’ho messo un casino di tempo per scrivere questo capitolo, spero davvero che sia stato di vostro gradimento. Un saluto dalla vostra  Ino chan.

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Capitolo 26
*** Capitolo ventisei ***


Sono felice, mie care, che il riavvicinamento fra Charles e Erik dello scorso capitolo vi sia piaciuto. :D  Ho cercato di renderlo poco stucchevole e in linea con i loro caratteri e sono contenta di essermi, almeno un po’, avvicinata all’obbiettivo.

Vi ringrazio per i commenti e spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento.

 

 

 

 

 

 

 

Tony Stark sorrise amaramente.
Ora che ci pensava quella era la prima volta, in vent’anni e più, che guardava sorgere il sole. Passato il periodo degli studi, dove era  il piccolo genio da portare per il culo e dove, l’unico sfogo era il telescopio, non si era più attardato a guardare sorgere e morire il sole e le stelle. A pensare che gli piaceva così tanto.
Socchiuse gli occhi, nella luce sbiadita di quella pallida alba che illuminava di una luce chiara i contorni dei grattacieli e  del Palazzo di Thanos che sembrava torreggiare su di loro, e si chiese se quella fosse l’ultima volta che guardava sorgere il sole e se anche  Pepper stesse guardando quel piccolo miracolo giornaliero.
-Non hai dormito.-
Tony piegò il capo verso la spalla destra, senza voltarsi -No.-
L’ombra che si intrecciava alla sua  sul pavimento chiaro della terrazza era conosciuta. Tony doveva ammettere di averla attesa tutta la notte,  sulle spine, come si attende una sculacciata dopo una marachella . Si volse  e l’occhiata che Bruce gli restituì era dura e critica proprio come si aspettava - Cosa?-
Bruce si avvicinò a larghi passi, alzò la mano destra e Tony si ritrovò a sfiorare con le sole punte dei piedi il pavimento. Era così arrabbiato con Tony che aveva in corpo buona parte della forza di Hulk.
-Stai andando a morire.-
-Non capisco a cosa ti riferisci.-
-Non fare lo gnorri Stark! E’ con me che stai parlando.-
Tony si morse il labbro inferiore - Reed non se n’ è accorto. Non è così sveglio come dicono.- ridacchiò e questo gli  valse una stretta più ferrea della mano che ora lo teneva completamente sollevato da terra. Il passo successivo sarebbe stato buttarlo di sotto?
-  Non conosce la struttura del Reattore Arc come lo conosco io.- Bruce digrignò i denti - E non ti conosce bene come ti conosco io.- vide il viso di Tony colorarsi di un espressione di sincero divertimento  a quell’affermazione -  Hai l’istinto del martire.-
-Istinti suicidi per dirla alla Romanov.-
-Possibile che non riesci a stare serio per più di cinque minuti?- gli chiese.
-Pensa che con te mi sforzo ad essere serio.-

-Che succede qui?-

I due si volsero all’unisono verso Cap  che li guardava perplesso dalla portafinestra.  Bruce alzò le sopracciglia al piglio di Steve, guardò Tony e parve rendersi conto solo in quel momento che lo stava tenendo sollevato con solo una mano.
Sgranò gli occhi e gli fece di nuovo appoggiare i piedi a terra.
-Allora?- incalzò Steve avvicinandosi a Tony e Bruce che si fissarono. Bruce in cagnesco, e Tony con la sua solita faccia da schiaffi.
-Ma niente Cap.-
-Dottore?- Come al solito Steve non pareva capace di fidarsi di Tony.
-Niente Capitano.- Bruce scosse il capo e con la coda dell’occhio vide l’espressione di Tony farsi leggermente più tenera mentre lo osservava - Stavamo solo discutendo, nulla di  preoccupante.-

 

Era certo che si sarebbe pentito di quella scelta, ne era stra-convinto.
Il mondo non poteva sopravvivere alla caduta di un eroe come Iron Man.

 

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-



I momenti di veglia erano sempre meno frequenti per Diane e gli incubi sempre più reali.
Aprì gli occhi su una piccola macchia di luce sul pavimento di pietra nera della cella  e sorrise, intimamente convinta di trovarsi in un altro degli incubi  di cui Thanos infarciva la sua mente.
Il dolore era una sensazione soffusa, indistinta.  Diane aveva l’impressione che ogni parte del suo corpo si tendesse ferita, infiammata, lacerata in maniera indescrivibile. Sentiva chiaramente le ferite sulla schiena irritate dal contatto con i lembi della maglietta squarciata dalle frustate, il cuore faticare ad ogni battito a riempirsi e svuotarsi e il fiato mancarle di tanto in tanto.
 Si sentiva morire, ma non era la paura a dominare i suoi pensieri.
Erano i ricordi. Erano i rimpianti.
Il desiderio di tornare indietro, a prima , non era dettato dal timore della fine che sentiva fin troppo vicina, ma dal desiderio di poter toccare, abbracciare e baciare ancora chi aveva amato. 
Chiuse gli occhi, sfinita. Le bruciavano  , ma si costrinse a riaprirli quando si accorse di sentire un respiro batterle vicino. In faccia praticamente, visto che sentiva muovere un ciuffo di capelli sulla fronte.
Alzò gli occhi e sorrise: era iniziato un nuovo incubo.

-Diane.-

Loki era seduto sui calcagni fra le sue ginocchia leggermente sollevate, Diane si beò di quella vista mentre passava la sua figura da capo a piedi in attesa del colpo mortale che avrebbe consegnato la sua mente a Thanos. Sorrise e  Loki  aggrottò la fronte.

-Diane.- ripetè

Diane piegò il capo verso una spalla. Questa volta Thanos stava facendo le cose in grande.
Stava cercando di farla cedere con la dolcezza, con la convinzione che quello fosse davvero Loki,  sollevò un angolo delle labbra, per dare al suo viso sfigurato dalle botte un accenno di sfida e il dio scrollò il capo - Sono io. -

-Finiscila in fretta Thanos.- sussurrò la ragazza .

Loki premette le labbra una contro l’altra -  Verrò a prenderti, abbi fiducia in me.- le sfiorò la guancia con un dito, delicatamente e Diane, solo in quel momento, parve realizzare che quella non era l’ennesima intromissione di Thanos nella sua testa, ma era davvero Loki che, in qualche modo, era riuscito a mettersi in contatto con lei.
Lo fissò ad occhi sgranati.
-Stavolta riuscirò a salvarti.-
Diane socchiuse le labbra, e nello stesso momento l’immagine del dio vibrò e svanì nel nulla. Si guardò attorno nella cella vuota, fissando quella piccola pozza di luce  che aveva visto aprendo gli occhi la prima volta e che venne riempita da uno stivale formato da placche di metallo. Sollevò lo sguardo e nell’ombra sentì il ronzare di una mosca.


 

Quello era l’incubo che stava attendendo.

 

 

-Non credo di aver mai detto a Steve che mi piace.-
Ignara  di quello che stava accadendo nella mente di Diane    stesa  a qualche passo da lei,  Sharon sospirò lasciandosi sfuggire quella piccola riflessione. Alzò gli occhi da quella macchia di luce  che spezzava il buio della cella e sorrise  debolmente allo sguardo di Darcy fisso su di lei  -E’ strano.-
-Glie lo dirai.- mormorò la ragazza appoggiando una guancia sul capo di Jane contro la sua spalla.
Sharon  alzò le spalle -…Passi tutta la vita a vaccinarti contro tutto , poi arriva qualcuno…-
-…Che manda all’aria i tuoi buoni propositi di essere forte e ti fa tremare le ginocchia con un sorriso o una parola.- [*]
Sharon spostò gli occhi nocciola verso Pepper  che cullava fra le braccia il piccolo Howard isterico per la fame -Già.- mormorò.
Darcy spostò lo sguardo fra le due, poi lo portò a Diane che si mosse lievemente fra i capotti in cui l’avevano avvolta per tenerla al caldo e alla fine a Jane che sembrava pisolare  - Ho passato la notte con Bruce.-

Ci fu un momento di silenzio  poi un –CHE COSA?-  rimbombò per la cella.


 

Per quanto possa trovarsi in una situazione disperata…
Una donna  è uguale a  pettegola nata.

 

 

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

 

L’asta della freccia dondolò dopo aver centrato il bersaglio.
Il decimo centro nel giro di un minuto.

 

-Clint.-
-Phil.-
Coulson sospirò osservando la schiena di Barton incorniciato dalle pareti  del box di tiro - Io non ne sapevo niente.-
Clint lo guardò da sopra una spalla, inespressivo.
-Non sapevo che…-
-…Che i miei genitori sono stati ammazzati come cani?-
Phil scosse il capo.
-Non sei l’occhio buono di Fury?-
-Evidentemente non si fida così tanto di me.-
Phil alzò gli occhi nel momento stesso in cui Barton usciva dal cubicolo buttando l’arco di lato  e non si oppose a quella prima manata che lo sbatté contro il muro. Chiuse gli occhi, indolenzito e quando li riaprì, Clint era ad un soffio dalla sua faccia  a tenerlo premuto contro il muro per il colletto della camicia.
-Che diavolo ci fai qui Phil?-
-Volevo scusarmi.-
-Non mentire.-
-Non sto mentendo.-

 

Ha perso fiducia nello SHIELD. Fury ha ragione, lo stiamo perdendo. Pensò confusamente Coulson sentendo la gola dolere per via della pressione esercitata dalla mano di Barton.
-Clint.-
-Cosa vuoi?- ripetè questo tirando indietro la mano libera e chiudendola a pugno. Sembrava pronto a mollare un pugno alla mascella di Phil, ma qualcosa nella sua espressione suggeriva che non fosse tanto convinto di volerlo fare sul serio.
Loki una volta gli aveva detto che aveva un cuore e quel cuore lo stava fottendo ancora una volta.
-Voglio sapere che hai intenzione di fare.-
Clint alzò un sopracciglio - Finita questa storia intendi?-
Phil annuì .
-Lascerò lo SHIELD, trovatevi un altro ladro, bugiardo e assassino. Io ho chiuso.-

 




FINE CAPITOLO


Bruce è convinto che Tony stia andando a morire, perché? Diane è in preda ad un nuovo incubo dopo un lieve contatto con Loki e  Clint ha deciso di lasciare lo SHIELD.
Al prossimo capito.

 

L’inizio della guerra.

 

La storia troverà la sua conclusione a fine di ULTIMATUM ALLA TERRA , anche se  avrei idee per un sequel capisco anche le aspettative del lettore che  segue una storia per  vederne la sua conclusione e non per vederla continuare all’infinito.
Poi, ovviamente, se  vi va  che la storia continui, fatemelo sapere via recensione u.u

 

DISCLAMERS:

 [*] E’ la parafrasi di una frase trovata in internet. Quindi NON mi appartiene.

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