Joy in your soul, Void in your mind

di AsfodeloSpirito17662
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Musa ***
Capitolo 2: *** Dama Nera ***
Capitolo 3: *** Chimera ***
Capitolo 4: *** Battito ***
Capitolo 5: *** Arietta ***
Capitolo 6: *** Decanto alla Madre ***
Capitolo 7: *** Innominabile ***
Capitolo 8: *** Divinamadre ***



Capitolo 1
*** La Musa ***


La Musa

Avvolge il corporeo flusso,
morbido e così bollente,
ma non temo e lascio
che d'alloro e di mirra mi baci.
Le braccia mirate e vibranti
attendono un solido battito,
desiderando il vuoto bruciante dell'aria.
Invisibile pienezza per gli occhi,
plasma fragile al fiorire,
tepore dove tutto svanisce,
energia che trabocca dal corpo.

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Capitolo 2
*** Dama Nera ***


Dama Nera

Fluido che gela le membra,
si tendono dita con tatto inesistente,
gli occhi smarriscono la candela.
Ti stringe tutto intorno e morbida
la viscida carezza ti implode nel cuore.

Silenziosa brancoli sognando il cielo
ma la ragione uccide le tue mire
e lentamente il buio trasmuta in bianco.

Il traslucido si gemella, limpido,
e nel culmine del sangue agitato
quella viscida carezza, ti mormora
promesse d'amore.

 

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Capitolo 3
*** Chimera ***


Chimera

E' immateria naturale 
E' materia innaturale
le sinapsi di fuoco come luce,
non tollerano la quiete dell'idea
e l'idea imprigiona nella tua realizzazione
vite che hai visto e che non hai veduto mai.
 
Droga bruciante d'un arabo incantatore
schiavizza l'essenza di ciò che dovresti,
nella lucida saggezza della grigia materia
voti al fiorire di una amorevole cecità.
 
Ti possiede e ne divori la tua,
aneli fuochi fatui cacciando la consistenza,
una piccola morte lecca il tuo sangue e
nella penombra concedi che uccida ancora un po'.

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Capitolo 4
*** Battito ***


Battito

E' insieme al battito lampante
che scivola quasi sensuale
e sale un lamentato canto
ma come il miele invernale.

Affiora dallo stomaco
l'invincibile gioia
nello spazio blu, poi rosso
e ancora verde; conosco
l'attimo che non si afferra
quando il mio giorno
brucia con l'argento
e mi consiglia l'esistenza.

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Capitolo 5
*** Arietta ***


Arietta

Dorme e giace mentre ruggisce e ti scuote,
sirena professa e liqueface: una malìa squisita,
la misantropia cui non sai badare è la tua caduta.
Ella fagocita e sotterra la volontà, la modella di creta;
l'idra sol fiaba assicura l'esistenza del divino, ch'altro non può dir concreto!
Sei santo laddove non puoi vedere ma ascoltare e Tommaso amorevole sciocco!
La vibrante si professa in castelli c'accoglie fedeli di cui Bach non era maestro.

Si inerpica nella ragnatela, celebra patti con il gene fiorente,
culla il sentimento e ti piega con un battito di utopiche labbra:
e! se soltanto la condizione di pensiero fosse santa in eguale irragione,
ella così faglia si tramuta in roboanbte discrepanza d'un lampo di ciglia.
Le presenze miserabili fautrici di violenta bruttezza e grigio candore,
acquistano e sì restie la disattenzione in grazia di un crudo abbaglio
sebbene la retina domata si lasci domare fin al giungere de la quiete dei sensi.



NOTE DELL'AUTORE:
D'accordo, ho pensato (ho detto, forse!) sarebbe meglio (per chi interessato) dare uno straccio di spiegazione riguardo ciò che la mia mente partorisce. Questo scritto è dedicato alla Musica. La Musica è la mia amante, la mia compagna, non c'è altro essere vivente che mi conosce come mi conosce lei. Se c'è qualcosa, qualcuno, di cui sono mai stata innamorata in vita mia, è proprio lei.

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Capitolo 6
*** Decanto alla Madre ***


Decanto alla Madre

La pungente maestosità ingloba in un abbraccio,
minuti specchi baluginano di verde scuro accecante,
il profumo che vìola i polmoni ad ogni labbro schiuso
di cui mai sei ebbro, di cui mai sei usato;
sotto le tue dita le vene del velluto pulsano luce
condividono il plasma d'energia carpita all'astro
bisbigliano e si strofinano lusingate da un sospiro
palpitano e violentano pendendo dalla vita
in quel dondolìo che ti rende superfluo.

Lassù su questo o quel braccio c'è un canto
un canto che canta l'Inno di Pan cinguettando
un canto che mi canta, che ti canta, che atterrisce,
che anima ha fatta vibrare se non l'anima remota,
quella priva di te e di me, dove l'es e superio
non si sposano per la procreazione dell'immenso io.
Non c'è volontà fronteggiando una crudele perfezione
e la vastità della sua forza senza principio e sovrumana
disintegra la superba condizione umana e debole;
non sei ancora superiore, non sono ancora il pastore,
sei pianta, sono foglia, sei aquila, sono antilope.

Non combatti perché è tua Madre, sei suo Creato
ed io sono uno delle tue sorelle, una dei tuoi fratelli;
quando aggredisce c'è impotenza nella nostra potenza
siamo vedenti in un chiarore che volevamo far buio e
nella rabbia, nella pace, nel dolore, nella prosperità
la Madre che tutto ghermisce e tutto elargisce.
Non c'è barlume di ragionevolezza nell'ardore
non c'è giudizio nella brama di distruzione
non c'è accondiscendenza nella gioia di creazione.
In questo o l'altro mondo, dalle fiamme al perdono:
siamo tutti suoi frutti, durate il sole, durante la luna.





 







NOTE DELL'AUTORE: il mio professore di poesia, durante il periodo delle superiori, mi disse che una poesia non va spiegata al lettore. E' il lettore che deve interpretarla, che deve capirla. Ma se non avessi avuto a portata di mano la versione in prosa di molte composizioni poetiche, starei ancora adesso cercando di tradurne l'origine. Quindi... due parole non mi dispiace spenderle. Credo che il tema principale di questo scritto sia facilmente inuibile: la Natura. Ho cercato di descrivere quanto, quando mi ci trovo immersa, circondata, questa mi spaventi e mi renda pensante tanto quanto un verme. L'idea di Natura mi schiaccia, schiaccia la mia volontà e la mia lucidità. Ed è magnifica, quando la ascolto, mi rendo conto davvero di quanto lo sia. Nel bene e nel male. Spero abbiate gradito, è poesia più lunga che abbia mai composto sino ad ora. Un ringraziamento a chi legge queste parole.

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Capitolo 7
*** Innominabile ***


Innominabile.

A volte, in mente, guardo il male. 
Il male dell'umano, che sobrio si compiace di camminare alla luce dei buoni. 
Il male terreno, sporco e nefando, che di sopra luce si bagna, possedendosi giusto tra i giusti, credendo, e pensando, che la luce sia anche sua, che l'aria sia anche sua, che la primavera dolce sia anche sua. 
Che dire del vero datogli dal sole; le sue dita di raggi lo carezzano in viso come madre affettuosa e l'aria gonfia il suo petto come padre orgoglioso e l'odore de' i fiori lambisce il suo senso come fosse un segreto sospiro. 
Il male agisce nelle azioni medesime del bene, si bea di sopra ricchezze e forse anche più. E come riconoscere tra gli giusti, colui che prende il titolo di violenza, lodi e plausi degli ignoti e il viso solleva verso rigogliosi fasci di luce? 
Posseggono, e vivono, e palpitano tra l'umani come nulla fosse. 
E se non fosse? 
Queste indecorose permissioni forgiano egli stessi dell'apparenza stessa di colui che il male aberra. 
E se tutto gli è concesso; 
se le gioie, e le meraviglie, ugualmente affondando nella melma putrida che dietro bocche di fiele nascondono... dev'essere che, allora, il male, ed il bene, intreccino le loro dita, i loro capelli, le loro pelli - sicché le dita d'uno sono le dita dell'altro, i capelli dell'uno divengono i capelli dell'altro e che la distesa di pelle fusa nasca come interminabile e labirintico deserto arabico. 
Dev'essere ch'io sono tanto buono, tanto quanto quando succede ch'io sia cattivo.

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Capitolo 8
*** Divinamadre ***


Divinamadre


Il candore mi cade dagli occhi.
La finestra ti rimanda stagliata
e i fasci accecanti tutt'intorno come piume.

Nel divino io non credo, ma allora come può accadere
il muoversi tra le vite una vita come la tua
che dicono sia come la mia, ma per me lo è un po' di più.

Un'esistenza speciale che mi chiede dov'è la fede
e le mie mani rispondono "sta qui!", quando toccano il tuo viso,
"e anche qui!", quando le dita ti sfiorano i capelli.

C'è il mare nei tuoi occhi, 
e la malinconia di un tempo volato via.
Perciò tienimi stretta a te vicino,
come una barca ti condurrò all'altra riva.

Lì ci sono le notti di rughe,
le notti dei dubbi e delle altezze,
le notti del buio sul domani.
Perciò tienimi stretta a te vicino,
come un faro illuminerò i tuoi pensieri.

Questi parlano di dolcezze inconfessabili,
del suono del mio pianto ed il colore delle mie lacrime.
Parlano a te di noi, che siamo stessa carne e stesso sangue.
La luce rende morbido e gentile ciò che hai fatto,
e nella luce io bevo mai saziata il silenzio del tuo sorriso.

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