Young parents, quando c'è una peste in casa.

di Simply96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il lato sadico di una moglie, fino a dove può arrivare? ***
Capitolo 2: *** Tale padre, tale figlia! (Speriamo non cresca idiota come Lui.) ***
Capitolo 3: *** Non prenderti gioco di me, in fondo sono sempre la stessa! ***



Capitolo 1
*** Il lato sadico di una moglie, fino a dove può arrivare? ***


 Young Parents, quando c'è una peste in casa.

Il lato sadico di una moglie, fino a dove può arrivare?


Duncan sapeva che non sarebbe mai e poi mai dovuto andare a quella partita.
E a quel pranzo.
E a farsi un giro con qualche amico.
E a quella cena.
E non sarebbe dovuto tornare a casa alle due di notte. Il primo pensiero che gli balenò in testa fu Courtney.
Fu la rabbia di Courtney.
Bè, in fondo non avrebbe dovuto preoccuparsi. Insomma, era uscito la mattina presto, aveva salutato sia lei che la loro bambina e aveva detto che stava fuori per un po’.
Per un po’ non equivale tutto il giorno.
Chiuse piano la porta di casa, iniziando a salire le scale in punta di piedi.
L’ultima cosa che voleva vedere era la figura di sua moglie appena alzata nel bel mezzo della notte.
Magari con la bambina in braccio da cambiare.
Duncan riusciva a sopportare tutto. Sopportava Courtney quando voleva che l’ accompagnasse a fare compere, quando invitava le sue amiche e lui era obbligato a stare con loro e sopportava anche quando doveva rinunciare ad una serata con gli amici per restare a casa a badare la bambina mente Courtney era fuori a qualche cena di lavoro.
Per lei avrebbe fatto questo.
Ma c’era una cosa che Duncan non avrebbe mai e poi mai fatto.
O per lo meno, ogni qual volta che lei gli chiedeva di farlo, lui cercava di deviare il discorso. La maggior parte delle volte funzionava, poiché alla fine Courtney storceva la bocca e toccava, come sempre, a lei.
Ma quella sera, quella sera Duncan l’avrebbe portata appresso per un bel po’ di tempo.
Svoltato l’angolo del corridoio, lo vide. Vide quello che l’aspettava.
Ma perché non era rimasto a casa?
Strascicando i piedi s’avvicinò a quella cosa. Anzi, a quelle tante cose.
Erano tutte ammassate davanti alla porta della loro camera da letto. E ciò significava che, metà stanza, spettava anche a lui. Ma Courtney, con quel gesto, era stata chiara.
Si avvicinò tremante.
Duncan non aveva mai voluto cambiare un pannolino a sua figlia.
Ma ora, era costretto a raccogliere quella massa per accedere alla stanza.
Fece due calcoli, per quanto un ex criminale possa essere bravo in matematica. Sospirò amareggiato.
Tre sacchi d’immondizia non sarebbero bastati per raccogliere quella catastrofe.
Finalmente, capì di cosa aveva veramente paura.
Certamente non era Chef o i comandanti di polizia. Di fronte a quello, persino Courtney perdeva tutta la sua malvagità.
C’era stata l’Era delle sagome di cartone di Celine Dion.
Ora, era l’Era dei  pannolini sporchi.






Oh, ma siete giunti fin quì? Che dolci x3
Cooomunque, la primavera mi fa sempre uno strano effetto, io l'ho sempre detto. Non faccio altro che scrivere, scrivere e scrivere .-. Come se non avessi nulla da fare, poi! Ma scherzo, per me è un piacere farlo :)
Qualche giorno fa mi sono rivista, che depressione ç_ç, le vecchie puntate di quel lontano e ormai dimenticato "A tutto reality: l'Isola!"
E...e... la passione è rinata per la DxC e per le vecchie coppie =w=
Con l'inizio di questa Raccolta ho deciso di cimentarmi in qualcosa di diverso, dato che scrivo sempre e solo cose altamente drastiche. Una bella famigliola, stile DuncanxCourtney C: Ancora non so se l'intera raccolta sarà dedicata a loro due e alla loro pargoletta che-fa-tanta-pupù o magari ci scappa qualche AxH, TxG... anche DxG su, e altre coppie. Credo.
Va biens, penso sia ora di smetterla di blaterale, probabilmente la metà di voi ha smesso di leggere e l'altra metà nemmeno avrà iniziato ;O; Spero che vi sia piaciuta e qualche commentino non fa mai male, no? :)
Hasta Luego chicos 

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Capitolo 2
*** Tale padre, tale figlia! (Speriamo non cresca idiota come Lui.) ***


Eilà :D
Ok, come inizio è ponosissimo :3
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito la scorsa storia, grazie di cuore 
Posto il capitolo un pò di corsa e non mi prolungo troppo :3
Ah, due cosuccie: questa è una DxC, ma non significa che la raccolta sia dedicata a questa storia x) Cioè, la DxC ispira la mia vena artistica (?) però ho già scritto una Family AxH :P
Codesta DxC, è collegata (per capirla non c'è bisogno d'aver letto la storia precedente, fa solo un piiiiccolo riferimento) alla, come ho già detto, storia precedente. I racconti non saranno collegati fra di loro, ma può capitare delle volte che facciano riferimento a storie passate :3
Bè, ho detto tutto :)
Buona Lettura 
P.S. quest'angolo autrice è provvisorio eh, ci devo mettere la solita immagine d'apertura :')

Young Parents, quando c'è una peste in casa.

Tale padre, tale figlia! (Speriamo non cresca idiota come Lui.)


Quella mattina Courtney era veramente incasinata.
Era uscita da casa perfettamente in orario e si era diretta a lavoro come tutte le mattine.
Ma non pensava che Duncan avesse la bella faccia tosta di chiamarla nel bel mezzo di un’importante faccenda per gridarle:
- Courtney scusa, ma ho molto da fare! Mi raccomando, ti ricordo che oggi è Giovedì, e tocca a te andare a prendere la piccoletta! -
Aveva lasciato una Courtney indispettita con il telefono a mezz’aria e con l’espressione più indecifrabile che una donna nel bel mezzo del lavoro potesse fare.
Punto primo: non era Giovedì, lei lo sapeva perfettamente. Per cui, toccava a Duncan andare a prendere la loro figlia all’asilo. Quell’idiota pensava veramente di svignarsela con una scusa da quattro soldi?
Punto secondo: Courtney faceva il doppio turno, quindi non poteva uscire dall’ufficio se non per la pausa pranzo.
E non poteva andarla a prendere e portarla in ufficio. Il regolamento glielo impediva.
Imprecò contro quello sfrontato di suo marito, sgattaiolando dal parcheggio in fretta e furia.
Oh, l’avrebbe sentita quella sera!
Inoltre, Duncan non aveva benché minima idea di cosa significassero le parole “ho molto a fare”.
Per lui, andare a ordinare una pizza, fare una qualsiasi telefonata a sua madre e partecipare a cene di famiglia erano “situazioni estremamente difficili”. Per cui, ogni frase che aveva per inizio “Ho molto da fare”, suonava più come “Non ho voglia di fare niente che non sia rompere o bruciare qualcosa”.
Il Capo l’avrebbe scoperta. Oh, eccome se l’avrebbe scoperta! E poi l’avrebbe licenziata. Salì in macchina, impacciata come non mai.
Già si vedeva in un futuro non molto lontano, da sola a chiedere le elemosina di fronte a qualche scuola, con sua figlia in braccio e con Duncan che lavorava in un circo.
Scacciò dalla mente tali pensieri, accelerando.
Intravide la scuola e sospirò.
Qualche sera prima aveva inondato il corridoio di pannolini. Questa volta avrebbe fatto lo stesso?
Scese dalla macchina, salutando le altre mamme.
Lanciò un’occhiata all’orologio. Ci aveva impiegato solo dieci minuti, quando solitamente ce ne metteva venti.
Fa che la polizia non mi abbia visto!
Che poi, con Duncan come marito, ci stava diventando persino amica con i poliziotti della città.
Con la grazia di un rinoceronte sbucò nel cortile posteriore dell’ asilo, iniziando a chiamare la bambina.
Come ogni singola volta, non si faceva viva.
Courtney accelerò il passo, dirigendosi dove solitamente la loro pargoletta amava divertirsi, ovvero nello scivolo più a Sud.
La intravide e, ringraziando il cielo, si avvicinò con passo svelto.
Quello che poi vide non la stupì affatto.
Ormai era abituata a scene di quel tipo. In fondo, aveva sposato una specie di ragazzo - da - riformatorio.
E non era a caso, che quella volta la bambina avesse fra le mani una bambola non sua. Oh, e non finisce qui.
Oltre ad averla presa in prestito ad un’altra bambina, si stava pavoneggiando di possedere una -non sua - bambola super costosa.
Courtney sorrise, a tale vista. Di colpo si scordò della sua collera verso Duncan, si scordò del fatto che doveva già stare al lavoro e che se non sarebbe tornata entro cinque minuti sarebbe stata buttata fuori.
Ma quella bambina, con la faccia da angelo e il carattere da diavolo, era proprio come Duncan.

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Capitolo 3
*** Non prenderti gioco di me, in fondo sono sempre la stessa! ***


 

 

 

 

 


Oh, ma siete giunti fin quì? Che dolci x3
Diciamo che la mia è stata una lunga e piaciuta assenza.
Non so quanti di voi si ricorderanno di me, delle mie storie, di questa raccolta.
Spero che, nonostante questo periodo di crisi, perchè quando non ho nulla da scrivere entro seriamente in crisi, abbia portato nuovi bei racconti.
 Sono sempre loro, non c'è nulla da fare, a sciogliermi el corazòn. ♥
Una Heather ormai donna, un Alejandro ormai cresciuto
Ma siamo così sicuri che non sono più gli stessi truffatori di un tempo?
Se avete trovato qualche errore, qualche cosa che non vi convince, qualunque cosa vi sia piaciuta o meno, sarei molto felice se me lo facciate notare! :)
Buona Lettura, Hasta Luego



p.s. Non so cosa gli sia preso a EFP, ma il pezzo sopra me lo lascia in grassetto ._.

Young parents, quando c'è una peste in casa.

Non prenderti gioco di me, in fondo sono sempre la stessa!


Rincasando, Heather aveva trovato tutto silenzioso.
Troppo silenzioso.
Era come se le sue due figlie, cinque e sette anni, se ne fossero state buone e zitte tutto il tempo. Ed era come se Alejandro, finalmente, avesse deciso di prendere seriamente la parola genitore.
Ed’era anche ora.
Con due buste della spesa fra le mani, spalancò la porta di casa che dava direttamente alla cucina e fece il suo ingresso.
Tutto intatto.
Non che Alejandro fosse un tipo confusionale, ci mancherebbe. Solo che delle volte, quando Heather tornava da lavoro, trovava la casa sottosopra.
Naturalmente, costringeva suo marito a riparare il danno.
Alejandro non si era mai lamentato e svolgeva le sue mansioni con semplicità, rendendo Heather abbastanza soddisfatta.
Quello che la donna però non sapeva, era che Alejandro chiamava una domestica che ripuliva tutto, rendendo la casa la tipica abitazione di personaggi televisivi.
Contenta di ritrovare la casa in ordine, Heather si concedette un minuto di riposo, sedendosi sulla prima sedia che trovò.
Doveva ancora preparare il pranzo e poi finire quel progetto al computer.
Lei, donna impegnata, era diventata l’opposto di Alejandro, uomo scansafatiche, che passava tutta la mattina in palestra, allenando quelle giovani donne che volevano dimagrire, dimagrire  e ancora dimagrire.
Nonostante quei piccoli pizzichi di gelosia che ogni tanto la prendevano, Heather e suo marito erano abbastanza aperti l’uno con l’altra, non c’erano segreti fra di loro e la complicità di un tempo era la stessa.
O meglio, la donna credeva non ci fossero segreti.
Prese distrattamente da sopra il tavolo una rivista, dalla quale scappò un bigliettino, con su scritto:
Lunedì-Mercoledì-Venerdì; dalle 16.30 alle 20.30, Yolanda.
Oh. Ma quegli non sono proprio i giorni in cui lavoro il pomeriggio? E quello non’è il mio orario di lavoro? E Yolanda non era la domestica/babysitter dei vicini?
Tutto le divenne più chiaro. Sentì quella cosa allo stomaco … quella cosa che non provava più da molti anni.
Rabbia.
Poi, questa strana cosa, venne sostituita da tutt’altra sensazione, decisamente più piacevole.
Vendetta.
Non solo Alejandro non puliva la casa ma, per di più, lasciava le loro due bambine in mano ad una donna che Heather conosceva solo di vista.
Non disse nulla al marito della sua scoperta, così quando lui, tornato da lavoro, andò a sonnecchiare sulla poltrona dopo aver pranzato, Heather chiamò le due figlie.
- Vi va di fare un gioco? -  aveva detto loro, sorridendo.
La più piccola aveva subito balzato, mentre la seconda continuava a fissare la madre, incuriosita.
- Ricordate quella volta, quando papà si è tanto arrabbiato? Era il mio compleanno e, che dire, il vostro è stato un regalo alquanto affascinante. -
Stavolta, le due bambine compresero. Gli occhi di entrambe s’illuminarono a tale ricordo.
Nascosero una risata portandosi le mani alla bocca.
- Ora papà dorme. Voglio la stessa identica cosa, d’accordo? -
 
Heather aveva appena finito di scrivere alcuni fascicoli, quando Sarah, la più piccola, era entrata ridacchiando:
- Abbiamo finito! - le aveva sussurrato, per poi correre in giardino.
Heather ghignò, corrucciando il naso e mettendo da parte i documenti.
Subito dopo, entrò in cucina l’altra figlia, con un Alejandro insonnolito e … che dire, molto più colorato.
- Papà, mamma ti voleva parlare! - aveva detto, soffocando una risata e poi  incamminandosi verso la sua stanza.
- Mh, che c’è? -
Alejandro era sempre stato insopportabile, ma mai come da appena sveglio.
Heather aveva sorriso amorevolmente, fin troppo. Ma il marito, ancora un po’ addormentato, non aveva fatto caso a quella strana scintilla che alleggiava sullo sguardo della moglie.
-  Anche oggi, tornata da lavoro, ho ritrovato la casa in perfetto ordine. Che dire, se non … premiarti. -
Alejandro sorrise e, in modo impacciato, iniziò a sbottonarsi la camicia.
Ma per favore.
- No, no. Non in quel senso! Rivestiti, scostumato! Piuttosto, sono giorni che non vai più a bere con i tuoi amici, giusto? -
Di malavoglia, si rimise la camicia. Nonostante avrebbe preferito fare qualcos’altro con sua moglie quella sera, si soffermò alle ultime parole.
Bere-con-i-tuoi-amici.
Ora che ci pensava, l’ultima volta era stata qualche settimana o giù di li. Non era che non avesse voglia di stare con i suoi amici, ne tanto meno che Heather lo rinchiudeva in casa. Il fatto che fosse nuovamente in cinta gli faceva pesare le notti fuori casa. Per cui, almeno per questa gravidanza, si era ripromesso di cenare tutte le sere con la famiglia.
- Si, effettivamente è da un po’ che non esco. - pensò.
Heather aprì la porta di casa.
- Dai, questa sera te lo concedo. Non fare tardi e … fammi sapere poi cosa ti diranno i tuoi amici. Sai, non ti vedono da molto, potranno trovarti diverso.-
Alejandro non se lo fece ripetere due volte. Scoccò un bacio alla moglie e, gridandole “ti amo” dl portone, prese la sua macchina e si diresse sparato al bar che era solito frequentare.
Quello dove si riunivano tutti i suoi amici.
Quello più conosciuto della città.
Quello frequentato da molte belle donne.
- Mamma. - la chiamò Sarah.
- Perché papà va al bar con i nostri fiorellini ed arcobaleni disegnati in faccia?. -


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