Al di là del Domani

di Iris_R_Chaucer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -Prologo- ***
Capitolo 2: *** -Firenze- ***
Capitolo 3: *** -Michelangelo- ***
Capitolo 4: *** -La proposta- ***



Capitolo 1
*** -Prologo- ***


1502 Parigi.

Le prime luci dell’alba iniziavano ad illuminare Parigi, la capitale francese.
Faceva ancora freddo nonostante fosse ormai primavera inoltrata, il clima ostile di quel duro inverno aveva reso l’aria fin troppo gelida anche in quel periodo.
Il Sole stava sorgendo lento colorando con i suoi raggi dorati la città che iniziava a svegliarsi.
I fabbri iniziavano ad aprire le loro botteghe.
I mercanti preparavano i loro banchi per il consueto mercato mattutino.
Le donne uscivano dalle proprie case, pronte per comprare il cibo, per andare a prendere l’acqua o, per le più fortunate, solamente per poter godere di quel tiepido sole che stava ancora sbocciando nel cielo.
Gli artisti si preparavano a passare la loro giornata a lavorare su quelle tele, su quei manoscritti, su quelle sculture a cui avevano regalato la loro vita.
Anche le Dame e i Signori si stavano preparando per il giorno, tutti profumati e imbellettati in quei vestiti troppo voluminosi e ricchi al confronto dei vestiti umili dei domestici che ogni tanto passavano loro accanto.
In tutto questo, solo una persona ancora poteva permettersi di dormire.
Una ragazza, in una piccola e squallida stanza di una locanda, proprio al centro della città, ancora giaceva tra le braccia di Morfeo e si godeva quegli ultimi istanti di sonno, prima che il Sole decidesse di svegliare anche lei.
Qualche raggio di luce filtrò dalle persiane malandate andando ad illuminare la gracile figura distesa nel letto, che emettendo qualche suono contrariato, si voltò dall’altro lato, sperando di riuscire a fuggire da quella sveglia così fastidiosa, ma ... contro il Sole non si può fare molto.
Con un sospiro contrariato abbandonò quelle coltri calde, sedendosi sul bordo del letto e rabbrividendo per il contatto del pavimento gelido contro i suoi piedi.
La ragazza si alzò, afferrando con una mano la pesante coperta e posandosela sulle spalle in cerca di quel po’ di calore che aveva abbandonato nel letto.
Sbadigliando sonoramente si diresse a passo spedito verso lo specchio –sempre che così si possa definire quel piccolo e sporco pezzo di vetro- appeso poco vicino alla finestra.
Con gesti frettolosi si portò una mano tra i lunghi capelli castani –che parevano quasi arancioni da quanto erano chiari- e li sistemò alla meglio, lasciandoli poi ricadere sulla schiena raccolti in una coda molle, fermata con un nastrino verde perfettamente in tinta con i suoi occhi.
L’ennesimo sbadiglio la colse mentre le mani si immergevano nella piccola bacinella nella quale il giorno prima aveva fatto mettere dell’acqua pulita e che ora avrebbe usato nel tentativo di acquistare un minimo di lucidità dopo il sonno.
L’acqua gelida al contatto con il suo viso la svegliò completamente, e se prima aveva freddo ora poteva allegramente considerarsi un ghiacciolo.
Maledette mezze stagioni.
Cercò a tentoni il piccolo pezzetto di panno e se lo tamponò sul volto, raccogliendo ogni singola goccia dalla pelle chiara e liscia, gettando poi la pezza ormai bagnata sul bordo del secchio.
Ritornò pigramente al letto e vi gettò sopra la coperta che aveva usato per scaldarsi, gettando poi uno sguardo all’intera stanza alla ricerca dei vestiti che erano malamente adagiati su una sedia poco distante.
Non ci impiegò molto ad indossarli, non erano di quei vestiti lunghi e complicati che le donne dell’epoca erano solite indossare.
Erano vestiti maschili, un paio di pantaloni scuri, una camicia bianca, un gilet malandato, un paio di stivali e un lungo e pesante mantello capace di proteggerla dal freddo.
L’aspettava un lungo viaggio, non poteva permettersi di viaggiare con abiti scomodi.
Ripose tutti i suoi effetti personali all’interno della fedele sacca di cuoio, se la caricò sulle spalle e lasciò la piccola camera che l’aveva ospitata per la notte inoltrandosi nel lungo corridoio che l’avrebbe condotta all’uscita.
Si fermò giusto qualche secondo a conversare con il locandiere per poi imboccare la porta e ritrovarsi finalmente all’esterno.
Prese una boccata d’aria.
Un piccolo sorriso si dipinse sulle sue labbra.
Gli occhi puntati davanti a se.
Il sole a vegliare su di lei.
Un viaggio per una destinazione che le cambierà la vita.
Il suo nome è Michelle Duval.
E questa è la sua storia.


Allora, cominciamo con il dire che questa è la prima fanfiction originale che io abbia mai scritto/inventato/ solo pensato di creare, e nonostante l'avessi ormai in mente da anni l'ispirazione per iniziarla mi è venuta solamente poco tempo fa -e spero non mi abbandoni troppo presto- X°°°
Mi scuso per il capitolo terribilmente breve ma mi serviva un po' come introduzione, prometto che i prossimi saranno più lunghi v.v...
Spero davvero che questa storia possa piacere ç7ç
Un ringraziamento a tutti quelli che leggeranno <3
Ame-chan~

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Capitolo 2
*** -Firenze- ***


Erano ormai passati 13 giorni da quando Michelle aveva incominciato il suo viaggio.
Era partita da Parigi e con vari mezzi di fortuna quali carri mercantili e cavalli presi “in prestito” lungo la strada, era finalmente giunta a Firenze, città madre dei più grandi artisti dell’epoca.
Non era stato un viaggio troppo complicato, si potrebbe definire quasi monotono e ripetitivo, non proprio come la giovane francese l’aveva immaginato, ecco.
Nessuna cosa era andata storta, e di questo Michelle non sapeva se esserne felice o, in fondo, un po’ delusa.

La sera del quattordicesimo giorno, finalmente, attraversò le porte della città culla del Rinascimento.
Poteva chiaramente sentire il cuore batterle all’impazzata nel petto per l’emozione. Aveva sognato quel momento da anni ormai, talmente tanti che nemmeno si ricordava più in che preciso istante aveva iniziato, ma ora quel sogno che credeva impossibile si stava avverando… Stava camminando per le strade di Firenze.
Le pietre di quei palazzi avevano visto i più grandi artisti di cui la storia italiana poteva vantarsi, persino il più piccolo sassolino di quella strada sterrata racchiudeva in se un briciolo di arte.
Michelle rimase qualche altro secondo ad osservare quella città ancora sveglia nonostante l’ora tarda prima di riprendere il cammino ed inoltrarsi in un vicolo che le era stato indicato poco prima, lì sicuramente avrebbe trovato un posto in cui passare la notte.
Doveva riposare, il giorno dopo un compito importante l’aspettava.
Un compito che le avrebbe sicuramente cambiato la vita, ovviamente se fosse riuscita a portarlo a termine.
Non ci impiegò molto a trovare la locanda, anche perché di certo non passava inosservata.
La giovane francese squadrò per qualche attimo quel palazzetto che pareva una reggia in confronto a tutti i posti in cui aveva passato la notte durante il suo viaggio.
Un enorme sorriso si dipinse sulle sue labbra «Amo questa città» sussurrò tra se e se prima di varcare la soglia di quel luogo che pareva incantato.

La mattina giunse in fretta, e con essa anche la vita della città si risvegliò.
Il clima, in confronto a quello parigino, era decisamente più caldo e il sole sembrava concedere tutte le sue attenzioni a quella città magica, rendendola, se possibile, ancora più bella di quanto già era.
Quella mattina Michelle decise di dormire un po’ più del solito, per un po’ di tempo si sarebbe sicuramente persa l’alba, aveva decisamente bisogno di recuperare pian piano quel sonno che il cammino verso l’Italia le aveva rubato.
Saranno state sì e no le nove quando finalmente quegli occhi verdi si aprirono sul Mondo, vispi e attenti come raramente una persona appena sveglia possiede.
Non ci impiegò molto a prepararsi.
Per quella giornata speciale decise di indossare i suoi vestiti buoni. Se li era portati apposta per quel momento, stando ben attenta a non sporcarli o rovinarli ne quando procedeva a cavallo ne quando veniva relegata insieme alle merci su quei carri stretti e malconci.
Erano più o meno uguali a quelli che aveva indossato per partire, l’unica differenza era che i colori erano molto più vivi e luminosi, sembrava appena uscita da un quadro del miglior pittore sulla piazza.
Decise di lasciare sciolti i lunghi capelli castani i quali ricadevano composti sulla schiena, coprendogliela per metà, si guardò un’ultima volta in quello specchio -che questa volta poteva definire tale- e uscì dalla camera, dirigendosi al piano inferire per chiedere alcune informazioni.
Si diresse a passo spedito verso il bancone dietro il quale il proprietario della locanda, un omone con i capelli scuri e gli occhi piccoli e incavati, stava armeggiando con delle bottiglie di vino e dei bicchieri mezzi rotti.
Con uno dei suoi migliori sorrisi la ragazza posò una moneta sul legno scuro richiamando così la totale attenzione dell’uomo.
«Avrei bisogno di un’informazione» disse lei, cercando di nascondere alla meglio il suo accento francese.
Il locandiere spostò lo sguardo dalla moneta alla ragazza un paio di volte prima di posare la mano grassa e callosa sul soldo «cosa ti serve?».
«Potrei sapere dove lavora il maestro Michelangelo Buonarroti?» chiese Michelle, cercando di non soffermarsi per troppo tempo a fissare quegli occhi indagatori.
L'uomo rimase qualche secondo in silenzio, alzando gli occhi al cielo, cercando probabilmente di riordinare i propri ricordi e farsi venire in mente dove lo scultore avesse al momento il proprio studio.
Con fare sbrigativo afferrò un pezzetto di carta e con una matita ci scarabocchiò sopra una piccola mappa con varie indicazioni, poi la porse alla ragazza «Non è molto distante, segui questa e ci arriverai. Non puoi sbagliarti» detto questo ritornò al suo lavoro.
Michelle afferrò il foglietto, salutò velocemente e uscì dalla locanda mettendosi subito a cercare il grande scultore.

Seguì alla lettera le indicazioni che il locandiere le aveva gentilmente donato e in meno di dieci minuti si ritrovò davanti ad un grande palazzo leggermente malandato, ma quasi il doppio, per quanto riguarda a dimensioni, di quelli che gli stavano accanto.
La ragazza rimase qualche istante a fissare la porta di legno indecisa se bussare oppure aspettare che qualcuno si facesse vivo da quell'entrata.
Ma l'impazienza di vedere il volto dell'uomo che più ammirava era troppa, quindi alzò una mano e diede qualche colpo al legno, mettendosi poi ad aspettare che qualcuno all'interno della palazzetta le desse il permesso di entrare.
Aspettò qualche minuto ma non si udì nessuna voce provenire dell'interno.
Che non ci fosse nessuno?
Strano però poiché le candele dei candelabri che si potevano intravedere dalle finestre erano tutte accese.
Riprovò quindi a bussare, questa volta mettendoci più energia e poi tornò ad attendere.
Di nuovo nessuna risposta.
Che davvero non ci fosse nessuno?
Si guardò sospettosamente intorno prima di avvicinarsi ad una delle grandi finestre del piano terra ed iniziare a sbirciare all'interno. Un grosso telone color panna attraversava la stanza in orizzontale, intralciando la vista di qualsiasi curioso avesse avuto voglia di godersi la vista dell'opera a cui Michelangelo stava lavorando.
Un piccolo sospiro uscì dalle labbra della giovane mentre con passo svelto si posizionò nuovamente davanti all'uscio.
Esitò un attimo prima di portare la propria mano sulla maniglia, abbassandola.
Con grande stupore si accorse che la porta era aperta.
Lentamente la schiuse, sporgendosi prima con la testa per vedere l'interno della stanza «C'è nessuno?» domandò, intrufolandosi dentro il palazzo, chiudendosi la porta alle spalle.
«Messer Michelangelo? È qui?» mosse qualche passo posando lo sguardo per qualche istante sull'enorme blocco di marmo, già per metà lavorato, posto lì accanto.
Era davvero meraviglioso.
Dovette impegnarsi con tutta se stessa nel trattenersi ad andare ad accarezzare quel marmo scolpito che pareva talmente liscio da sembrare vero.
Lanciando un'ultima occhiata alla scultura decise di salire al piano di sopra, in cerca dell'artista.
«Messere?» continuò a chiamarlo, aprendo la porta della prima stanza che incontrò giunta al piano nobile.
Il cuore le saltò in gola quando vide un uomo seduto ad una scrivania, semi-sdraiato su di essa e completamente ricoperto di fogli disegnati.
“Dio, è morto”.
Fu questo il primo pensiero che attraversò la mente di Michelle vedendolo, ma si rese conto ben presto che respirava, e questo fu un terribile sollievo.
Lentamente si diresse verso di lui, spostando qualche foglio da sopra di lui curiosa di vedere il suo idolo in volto... ma forse era meglio se li lasciava lì dov'erano.
Michelangelo Buonarroti, uno degli artisti più bravi mai esistiti, sembrava un mendicante.



Ed eccomi qua con il secondo primo vero e proprio (?) capitolo di questa storia, che, ammetto, non pensavo sarebbe arrivato così in fretta X°
Ringrazio tutti quelli che hanno letto e un ringraziamento speciale va alla mia neo-Beta AlisLavoisier che da oggi dovrà sopportarmi <3~ X°
Saluti
Ame ~

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Capitolo 3
*** -Michelangelo- ***


Indietreggiò lentamente, stringendo tra le mani uno di quei fogli che aveva spostato dalla figura dell'uomo.
Quella visione l'aveva sconcertata. Non se lo sarebbe mai e poi mai immaginato così... Così... Trascurato, ecco.
Scosse la testa cercando di mandare via quei pensieri. Andiamo, dopotutto era sempre il genio Michelangelo, non è importate come appare. Mai giudicare dall'aspetto, no?
L'indecisione se svegliarlo oppure andarsene e tornare più tardi era terribile, ma dopo una lunga pausa di riflessione Michelle decise di dar retta al suo istinto e di provare a svegliare il maestro.
Con qualche passo gli fu nuovamente accanto. Esitò qualche secondo prima di allungare la mano tremante, andandola a poggiare sulla spalla dell'artista, scuotendolo appena.
Lo sentì lamentarsi nel sonno, e subito si pentì della sua scelta, ma ormai era tardi per tornare indietro. «Messere Michelangelo?» sussurrò, chinandosi maggiormente verso di lui.
Fu un attimo.
Michelangelo aprì gli occhi di scatto, tirandosi indietro da quel contatto e saltando dalla sedia per la sorpresa -o forse per lo spavento- con un pennino impugnato tra le mani a mo' di arma, il tutto accompagnato da un piccolo grido che contagiò anche Michelle. Indietreggiò di qualche passe, portando la mano che poco prima era poggiata sulla spalla dell'uomo, davanti a se in un chiaro gesto di protezione.
Di certo il suo primo incontro con il suo idolo non l'aveva immaginato così.
«Chi sei? Cosa vuoi? Come hai fatto ad entrare?» Michelangelo continuava a puntare verso la ragazza quell' “arma” di fortuna, cercando di capire se era appena stato vittima di qualche furto.
«Messere, non si deve allarmare! M-mi chiamo Michelle Duval. Per favore metta giù quel pennino» inutilmente cercò di avvicinarsi poiché l'altro non gliene diede l'opportunità afferrando, con la mano libera, uno scalpello «Ancora non mi hai detto cosa ci fai qui e come sei entrata».
Michelle sapeva molte cose su Michelangelo. Sapeva tutte le opere che il grande artista aveva realizzato, sapeva a memoria i loro nomi e sarebbe stata capace di elencare tutte le loro caratteristiche dandogli una sola occhiata. Conosceva il suo modo do lavorare e molte cose riguardanti la sua persona, tutto frutto di voci che gli artisti francesi facevano correre tra di loro.
L'unica cosa di cui non era al corrente, ahimè, era il piccolo problema del carattere dell'uomo.
Burbero, asociale, maleducato e indisponente.
Se questi erano i peggior difetti che la ragazza riscontrava in una persona, beh, Michelangelo li aveva tutti.
La giovane francese tentò nuovamente di spiegare le sue intenzioni, rassegnatasi ormai che quella situazione, se non avesse fatto un po' di chiarezza, non sarebbe cambiata, anzi, probabilmente ci avrebbe rimesso anche la pelle «Vengo da Parigi, Maestro. Ho sentito molto parlare di lei tra i pittori francesi, ho sentito elogi alle sue opere dai fortunati che erano riusciti a raggiungere l'Italia.
Parole e parole di meraviglia per i favoriti dalla sorte che erano riusciti a vedere i suoi capolavori. Ho sempre sognato di poterla incontrare, fin da quando ho memoria, è sempre stato questo il mio sogno più grande.
Ho attraversato tutta la Francia per essere qui oggi, e mi scuso per aver interrotto il suo sonno, ma ero davvero impaziente di conoscerla!
Certo, non avrei mai immaginato il mio incontro con lei in questo modo, se potesse abbassare quello scalpellino gliene sarei davvero grata, ma sono davvero felice di poter finalmente poter parlare con lei! Inoltre avrei una cosa da domandargli, una cosa che cambierebbe la mia vita radicalmente!» Il sorriso sulle labbra di Michelle era a dir poco radioso, percorreva il viso da guancia a guancia «Oh si, sono entrata dalla porta. Ieri sera deve essersi dimenticato di chiuderla».
Michelangelo la fissò per qualche istante con un espressione stupita, e si direbbe leggermente infastidita, dipinta sul volto «Bene, Michela, o come hai detto di chiamarti, ora che mi hai incontrato puoi benissimo andartene. Io qui ho da lavorare e non è permesso a nessuno vedere il mio studio mentre ho un'opera in cantiere. » abbassò entrambe le “armi” e con fare sbrigativo le gettò sul tavolo, non degnando più di uno sguardo la ragazza che ancora gli stava accanto «Sai dov'è la porta, quindi puoi andare» tornò ad occuparsi delle sue carte attendendo che la giovane lasci quella stanza.
Del canto suo, Michelle non potè credere alle sue orecchie.
Aveva sentito bene?
Era successo davvero oppure era solo intrappolata in un brutto sogno?
Con gli occhi spalancati e la bocca un poco aperta, fissava quell'uomo seduto alla scrivania, incapace di credere alle sue orecchie.
Lei aveva fatto chilometri e chilometri per poterlo incontrare e lui la liquidava così, senza nemmeno ascoltare quello che lei aveva da dirgli?
Ah, se sperava di cavarsela con così poco si sbagliava di grosso.
L'espressione incredula che era disegnata sul viso della ragazza si tramutò in un attimo, diventando furente.
Senza nemmeno più pensare alle sue azioni si avvicinò allo scrittoio, sbattendo senza il minimo riguardo le mani sul legno duro, riappropiandosi dell'attenzione che l'artista gli aveva poco prima negato.
«Mi ascolti bene, non ho fatto un viaggio di giorni solamente per sentirmi dire queste cose, per essere liquidata in meno di cinque minuti.
Sono una persona testarda e insistente, o ascolta quello che io ho da dirle o non me ne vado di qua finchè non avrà intenzione di farlo!» Ecco, questa volta l'espressione allibita regnava sul volto dell'uomo.
Nessuno, ma proprio nessuno in vita sua aveva mai osato parlargli così. Nessuno!
Non trovò nemmeno le parole per ribattere a quella ragazzina che sapeva decisamente come farsi ascoltare.
Michelle considerò quel silenzio come una bellissima vittoria, quindi, con un sorriso e prendendo prima un respiro profondo, espose finalmente le sue intenzioni.
« Messere Michelangelo, io Michelle Duval la prego di diventare il mio maestro. Mi insegni tutto quello che sa riguardo la scultura e la pittura, per favore!».



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Capitolo 4
*** -La proposta- ***


« Messere Michelangelo, io Michelle Duval la prego di diventare il mio maestro. Mi insegni tutto quello che sa riguardo la scultura e la pittura, per favore!».
Un plateale silenzio calò nella stanza. Michelle guardava l'artista con aria audace, le mani appoggiate sugli esili fianchi e un enorme sorriso dipinto sulle labbra più che convinta che la risposta che Michelangelo le avrebbe dato sarebbe stata affermativa.
Dal canto suo l'artista non riusciva a capire se la ragazza che gli stava di fronte fosse seria o se tutta quella situazione si trattasse di un allegro scherzo partorito dalla propria mente stanca...
No, era tutto vero.
«Tu mi stai chiedendo di prenderti come... allieva?» domandò giusto per avere la conferma di aver capito bene.
La giovane annuì freneticamente con la testa mentre il sorriso sulle sua labbra si fece, se possibile, ancora più grande.
Michelangelo tornò a sedersi alla sua scrivania spostandosi qualche foglio da davanti e facendosi quel poco di spazio che bastava per appoggiarvi sopra i gomiti «Ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo? Tu, giovane ragazza, vorresti che io ti rendessi partecipe del mio sapere? Sai vero che le donne non possono svolgere questo genere di mansione? Sei consapevole del fatto che si comincia in tenera età a lavorare con le mani? Non mi è possibile accettare la tua proposta, e anche se lo fosse io non lo farei di mia scelta. Ora se non ti dispiace vorrei tornare al mio lavoro, ti pregherei quindi di andartene» l'espressione dipinta sul volto dello scultore mostrava la sua fermezza su quelle parole che aveva appena pronunciato. Non avrebbe cambiato idea per nessun motivo, e Michelle purtroppo se ne rese duramente conto, ma, quasi come Michelangelo, anche lei era testarda e non si sarebbe arresa così facilmente «La prego Maestro, mi dia una possibilità. Sono cresciuta in mezzo all'arte, potevo osservarla ma non ricrearla e non può immaginare quanto per me sia stato terribile. Studio l'arte della pittura e del disegno da quando ero piccola, da sola, non ho mai avuto la fortuna di avere un maestro, una guida. È per questo che oggi sono qui d'innanzi a lei e al suo smisurato genio. Amo l'arte, amo il bello delle cose e amo rappresentarle secondo ciò che il mio occhio percepisce. Le chiedo solo di vedere un mio dipinto e poi potrà decidere. Non mi reputi inadatta solamente per il mio aspetto femminile».
Il cuore di Michelle batteva all'impazzata e il silenzio era tale che sicuramente anche l'uomo seduto a qualche metro da lei lo poteva udire.
Sarebbe riuscita a convincerlo? Avrebbe acconsentito nel vedere un suo dipinto per giudicare così la sua dote?
Il respirò le si mozzò in gola quando vide Michelangelo sospirare e alzarsi nuovamente dalla sedia. Le si fece vicino e la squadrò per qualche istanto cosa che la agitò maggiormente.
«E sia. Ma dovrai realizzare il dipinto in una giornata e dovrai farlo davanti a me. Torna qui domani alla stessa ora. Troverai pronta tela, colori, pennelli e soggetto. Sappi solo che se diventerò il tuo maestro dovrai imparare anche a scolpire, arte che io reputo decisamente più importante della pittura. Ora va, e non voglio ripetertelo nuovamente». Michelle non potè credere alle sue orecchie. Un sorriso tornò a fare breccia sul suo volto mentre il cuore sembrava voler quasi saltare fuori dal petto e finire in mano all'artista « La ringrazio con tutto il cuore, Messere Michelangelo. La ringrazio davvero!» Gli occhi le si riempirono di lacrime di gioia, ma, con fatica, riuscì a trattenerle.
Michelangelo le lancià un'ultima occhiata ma non aggiunse altro, si voltò e si allontanò dalla giovane dirigendosi, questa volta non allo scrittoio ma ad una delle grandi finestre che davano sulla piazza. Le mani strette dietro la schiena e lo sguardo perso a contemplare la vita del giorno.
La ragazza lo fissò per un ultimo istante, poi imboccò le scalette che l'avevano portata al piano di sopra e abbandonò la bottega del Genio ritrovandosi in pochi istanti nella grande piazza soleggiata di Firenze.
Alzò le braccia al cielo e si lasciò sfuggire un grido di gioia, ormai era fatta. Il suo sogno stava per realizzarsi.

Michelangelo rimase a quella finestra per alcuni minuti, fino a quando non vide la giovane dai capelli fiammeggianti giungere in piazza ed esultare.
Non riuscì a trattenere un sorriso, cosa assai strana per la sua persona, che si dipinse sulle sue labbra illuminandogli lo sguardo.
Quella giovane lo incuriosiva. Era la prima volta in tutta la sua vita che incontrava una ragazza così fortemente appassionata all'arte. Non era consueto vedere una femmina darsi alla pittura o alla scultura, nè tra le donne del paese nè tra quelle nobili. Le prime lavoravano troppo per riuscire a vivere, le seconde, invece, lavoravano troppo poco poiché a mantenerle ci pensava il ricco uomo che avevano avuto in marito o la ricca famiglia nella quale avevano avuto la fortuna di nascere.
Portò lo sguardo al cielo terribilmente limpido e constatò che era decisamente giunta l'ora di rimettersi al lavoro.
Abbandonò il suo piccolo studiolo e si diresse al piano di sotto dove l'imponenete statua del David a cui stava lavorando attendeva di essere finita.
Osservò il suo lavoro per qualche secondo, il marmo bianco riluceva e la figura che nasceva da esso pregava l'artista di essere portata a termine.
Nonostante la scultra fosse scolpita solo per metà, Michelangelo già vedeva l'intera opera finita. Davanti a lui non vi era un pezzo di marmo bensì una creatura viva in grado di parlare, di muoversi, di respirare e di vivere nei secoli. Abbozzando un sorriso davanti a tanta maestosità afferrò il martello e lo scalpellino e si mise al lavoro in attesa del giorno seguente, curioso di vedere se la testardaggine di quella ragazza era forse giustificata da un ben nascosto talento o se era una delle tante persone viziate capace solamente di dar aria ai propri pensieri.


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