Our fairytail

di Misses me
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un maledetto incidente ***
Capitolo 2: *** Una sorpresa poco gradita ***
Capitolo 3: *** Un nuovo inquilino ***
Capitolo 4: *** Il più bello dei sogni o il peggiore degli incubi? ***
Capitolo 5: *** L'infinità del cielo ***
Capitolo 6: *** Tentazioni ***
Capitolo 7: *** UN'ANCORA DI SALVEZZA ***
Capitolo 8: *** confessioni ***



Capitolo 1
*** Un maledetto incidente ***


La sveglia suona e a quel rumore così fastidioso come pochi finalmente realizzo che sono le sette di mattina e se non mi deciderò a svegliarmi in fretta arriverò di nuovo in ritardo all’università.
Penso di essere l’unica ragazza di diciotto anni a vivere da sola a Londra, aver convissuto con il mio ex futuro marito e continuare gli studi in una città che decisamente non è la mia. Frastornata da tanti pensieri tutti insieme e, soprattutto alle sette di mattina, a fatica mi alzo dal letto e guardo fuori dalla finestra; il tempo sembra proprio rispecchiare il mio umore: nero... beh vediamo il lato positivo, almeno non piove; che da queste parti equivale a un miracolo. Sospiro, sarà meglio andare a farsi una doccia e poi sgranocchiare qualcosa prima di correre per andare a lezione. Entro nella vasca prendo un bel respiro e mi immergo immaginando chissà cosa, sento l’acqua scompigliarmi i capelli e la schiuma bruciarmi gli occhi, in questo momento non vorrei più muovermi, vorrei che il tempo si fermasse per farmi stare così spensierata a giocare con l’acqua. Mi ricordo che da piccola mettevo il sale nell’acqua della vasca, indossavo un costume, rubavo i pesci tropicali dall’acquario, mettevo una maschera e passavo giornate intere fare snorkeling dentro al bagno, è stato stupendo. Ok, ce la posso fare mi risveglio: mi avvolgo in un asciugamano e esco veloce, mi vesto e trucco alla buon’è meglio e prendo i cereali dalla mensola. Cerco distrattamente l’orologio con lo sguardo e mi accorgo di non essere in ritardo ma molto di più, prendo le chiavi, chiudo l’appartamento e comincio a correre.
Appena scendo in strada comincia il diluvio universale, sbuffo e tiro su l’impermeabile fino a coprirmi un po’ la testa, correre per il centro di Londra con le mie nuove scarpe bianche candide tacco dodici già non mi allettava molto, ma pensare di doverlo fare sotto una pioggia torrenziale mi fa proprio incazzare. Prendo un bel respiro e comincio a correre come una pazza, attraverso le strade quasi senza guardare, se arriverò di nuovo in ritardo non voglio immaginare che testa che mi farà mia madre... accelero, non posso permettermelo, non ora.
All’improvviso un enorme macchina nera, una Porsche credo,  spunta da un angolo e dirigendosi a tutta velocità verso di me mi solleva da terra. Sento caldo dappertutto, mi porto una mano al naso: sanguina, idem la bocca... guardo le mie ex candide scarpe bianche e urlo: se becco quel bastardo vedrai. Infatti quel bastardo scende dalla macchina, si inginocchia accanto a me e mi chiede: ”Tutto bene? Dovresti stare un po’ più attenta quando cammini per le strade, avresti potuto farti male.” Ma non lo vedi che mi sono già fatta male idiota patentato? E poi sei tu in torto quindi non rompere i coglioni e chiudi quella bocca o te la chiudo io a forza di calci in culo.
Intorno a noi una folla crescente di gente che o non si sa fare i cazzi suoi o non sa che cazzo fare oppure entrambi si sono riuniti attorno a noi e ci guarda con occhi indagatori, ma che cazzo vogliono? Perché guardano in modo strano il bastardo biondo? Forse è famoso in tutta Londra per la sua fama di guidatore spericolato... Chissà quante altre persone avrà investito prima di me... potrebbe passare meno tempo a specchiarsi come una checca e più tempo a guardare dove cazzo sta andando, ne trarrebbe benefici pure lui, beh più correttamente la sua patente. All’improvviso distolgo la sguardo dalla nostra folla di fan e guardo in faccia il bastardo così se lo volessi denunciare almeno avrei una descrizione fisica come aiuto per la polizia.
 Panico: sembra la fotocopia del mio ex futuro marito, bastardo pure lui, alto, biondo, palestrato, occhi verdi oppure azzurri? Naso dritto, bocca piena. Il mio ex futuro marito però aveva anche un tatuaggio con il mio nome sul collo. Subito le lacrime sgorgano, non riesco a fermarle, continuano imperterrite a farmi sembrare più debole e fragile di quanto non sia già di mio. Mi chiede: ”Riesci a camminare?” Bene almeno sembra che le abbia scambiate per lacrime di dolore. Provo ad alzarmi, ma come unico risultato ottengo un terribile dolore alla gamba destra e una smorfia: «No.» «Ti porto in ospedale». E tanti saluti università.
Il bastardo biondo mi cinge la vita e mi porta in braccio fino in macchina senza apparente sforzo, mi distende sul sedile posteriore e mi alza delicatamente la gamba, ci mette sotto la sua giacca e un altro cumulo di vestiti vari e ce la riappoggia sopra: «L’ho visto fare nei film, mi sorride, ho sempre sognato di mettere in pratica tutti i pomeriggi passati a guardare ER sul divano».
Fan culo com’è che io non sto ridendo per niente? Poi che me ne frega a me di cosa fai nel tuo tempo? Bastardo biondo logorroico. Ho pure rovinato le mie nuove scarpe e ho rotto un tacco. Non lo capisce che non è proprio giornata? Mentre mi teneva in braccio ho controllato: occhi verdi e niente tatuaggio col mio nome sul collo, per fortuna; anche se mi pare della stessa specie dell’altro demente, evviva. Penso seriamente di avere la nuvoletta di sfiga alle spalle o un radar per i coglioni. «Alex  e tu?» «Dolorante e parecchio incazzata, piacere» «Dico sul serio» «Anch’io». Silenzio di tomba. Non riesco a stare in silenzio, l’aria  si è  fatta pesante, stare così vicino ad un estraneo senza neanche presentarsi sarebbe starebbe stato imperdonabile per la mia famiglia : «Helen»  «Piacere Helen».
Parcheggia davanti al London  General Hospital e senza nessun indugio mi riprende in braccio diretto verso il pronto soccorso. «Ti conviene andartene...eh...Alex o come diavolo ti chiami, ci vorrà un bel po’ prima che sia il mio turno e di certo avrei altro da fare; come ce l’avrei avuto io e poi non ho voglia di averti tra i piedi. Ah a proposito grazie tante eh, ma chi cazzo ti ha dato la patente scusa, l’hai trovata nelle patatine? Avresti potuto uccidermi, e se al mio posto ci fosse stato un bambino piccolo? Non so se l’hai notato ma non siamo ad un rally quindi anche se non superi i centro chilometri orari non muore nessuno, anzi. »
«Primo non l’ho fatto apposta, secondo non ho mai avuto incidenti, terzo i bambini piccoli non vanno in giro a quest’ora da soli quarto non mangio patatine e quinto non me ne posso andare.» «Che c’è vuoi la mia benedizione, killer oppure hai sfasciato la macchina?» «Mi dispiace deluderti principessa dei limoni ma la mia macchina sta benissimo e io me la cavo alla grande anche senza la tua benedizione. Non posso semplicemente perché mio padre mi ucciderebbe, dice che sono un irresponsabile,  quindi quando combino un casino devo risolverlo e prendermi le mie responsabilità e, prima che tu me lo possa suggerire, anche se non glielo dicessi lo verrebbe a sapere e sarebbe peggio, quindi mi dispiace ma finché non sarai guarita da qualsiasi cosa tu abbia dovrai sopportarmi e accettare i miei servigi.» «Che culo. Io non ho bisogno di niente e di nessuno quindi puoi dormire sonni tranquilli soldatino coraggioso. Credi di meritare un Oscar solo per questo? Caro mi dispiace deluderti ma chi sta soffrendo come un cane e sanguinando sono io, mi dispiace  davvero tanto rubarti la scena e non farti fare la figura della vittima. Quella sì che sarebbe un’interpretazione da Oscar, ci scommetto.»

«Helena Stinson?» «Eccomi». Prima che potessi trucidarlo con lo sguardo il rallysta bastardo mi solleva tra le braccia e si dirige verso l’ambulatorio, puntando esattamente verso il lettino al centro della grande stanza bianca. Il dottore mi guarda, anzi, ci guarda ammirato e mi fa un occhiolino. Ma è possibile che solo a me capiti sta gente? Quella che ti fa chiedere ma con chi vado in giro? E ti fa convincere di essere un alieno in missione sulla terra prima della vera e propria colonizzazione marziana. Insisto: credo di avere un radar incorporato.  
«Bene, si accomodi sul lettino e mi mostri esattamente dove le fa male.» «Qui, sotto il ginocchio, fa davvero male.» «E contando il fatto che non riesce neanche a camminare, come ho avuto modo di constatare, la mia diagnosi è rottura parziale del femore; non si preoccupi, niente di grave, poteva capitarle molto peggio... Poi ha avuto anche la fortuna che questo giovane prestante l’abbia portata fin qui in braccio, è stato un bel gesto.»  «Beh è il minimo» sorride di nuovo facendo spallucce e guardandomi negli occhi. Dopo l’ingessatura il medico mi dice che dovrò tenerla quattro settimane e stare attenta a non bagnarlo. Bene, così mi toccherà restare ben quattro settimane con stampelle, gesso & Co. solo per colpa di un emerito idiota e per lo più dovrò arrangiarmi a fare tutto da sola a casa compresa fare il bagno che prospetto molto, molto faticoso. Mi riscuoto dai miei pensieri e noto che il medico mi sta allungando una garza inumidita per pulirmi la faccia coperta di sangue secco. Ringrazio il dottore e cammino con le stampelle tenendo la garza ben stretta in una mano. Arrivata allo specchio mollo una stampella e l’appoggio al muro con l’altra mano mi tengo stretta al mio unico sostegno ancora disponibile; prendo la garza e guardandomi attentamente allo specchio comincio a pulire le chiazze rosse scuro sparse per tutta la faccia... quando penso di essere abbastanza presentabile striscio fino al cestino per buttare la garza e riacchiappo la stampella e esco dal bagno senza dare troppa importanza al mio aspetto da sopravissuta alla terza guerra mondiale.
Il rallysta bastardo è seduto su una sedia in sala d’aspetto e parla sommessamente al telefono con qualcuno, qualcuno che credo sia suo padre. Appena chiude il cellulare mi avvicino più velocemente e minacciosamente che posso  e lo ringrazio con tutta l’acidità che ho in corpo per avermi rovinato le prossime quattro settimane e senza neanche guardarlo in faccia esco dall’ospedale alla  disperata ricerca di un taxi. Dopo un quarto d’ora di sbracciamenti riesco ad attirare l’attenzione di un taxi poco lontano, salgo con non poca difficoltà e quasi urlo l’indirizzo al taxista, che, poveretto non centrava niente. Ancora stordita dalla botta e, soprattutto, dagli anti-dolorifici  pago e salgo fino all’appartamento. Mi sdraio sul mio bellissimo e caldissimo letto matrimoniale e mi lascio andare alla stanchezza della giornata appena iniziata. Sento suonare il cellulare al piano di sotto e, sempre muovendomi come un elefante invalido scendo le scale. Purtroppo, riesco a rispondere al telefono: «Tesoro oddio, ti sei fatta male?? Non sai quanto io e papà siamo in pensiero per te, tesoro come farai adesso tutta ingessata in quell’appartamento enorme?? E con tutte quelle scale poi...» oddio ti pareva che lo venisse a sapere da qualche vecchia del club, magari sono già l’argomento del giorno al club... «Ciao mamma, sto bene non ti preoccupare devo solo tenere il gesso per qualche settimana e se avrò bisogno di aiuto verrà una mia amica dell’università ad aiutarmi con le scale e tutte quelle cose lì...tranquilla Sarah si prenderà ottima cura di me.»  «Tesoro per te ci vuole un ragazzo anzi, meglio un marito ancora meglio se ricco e non Sarah, ormai hai già diciotto anni e l’orologio biologico non si ferma, continua a fare tic tac... Ancora non capisco perché tu e Eric vi siate lasciati: tutti al club dicevano che eravate divini insieme, davvero divini, un’accoppiata che avrebbe fatto faville sai cosa intendo...»  «Mamma sto benissimo da sola e poi se non ti ricordi male tu mi stavi costringendo a sposare quel verme e io stavo zitta, poi lui mi ha tradito con una delle tue amiche puttane tardone e lì non ci ho visto più»  «Tutti possono sbagliare tesoro, anche Eric e poi quella mia amica tardona mi ha detto che ci sa fare quindi ti sei persa una luna di miele da urlo, letteralmente. Tesoro ripensaci... Poi pensa come saresti tranquilla con un anello al dito un paio di figli e una bella villa al mare, non sarebbe un sogno?» «Il tuo forse... e sinceramente non mi interessa. Ciao mamma»
Quella donna è davvero un incubo fin da quando avevo circa quattordici anni mi ripete le stesse cose senza senso... mi sa che tornerò a dormire.

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Capitolo 2
*** Una sorpresa poco gradita ***


Mi sveglio anche oggi dolorante: mi vesto e trucco e infine decido di fare colazione con una barretta di cioccolata mentre guardo la tv distesa sul divano. Quella pazza di mia madre mi ha mandato un messaggio alle cinque di mattina dicendo che non serve che vada all’università fino a quando non sarò guarita, che ci ha pensato lei. Finalmente qualcosa di utile l’ha fatto anche lei dopo diciotto anni di completa inutilità. Suona il campanello, con il solito, nuovo passo vado verso la porta e apro fregandomene anche se può essere chiunque, persino mia madre. Invece sorpresa delle sorprese ecco che entra il coglione biondo anche detto Alex con un mazzo di rose bianche in mano.«Che cazzo ci fai qui, fuori da casa mia!» «Calma, ho chiesto l’indirizzo all’ospedale, sono qui per aiutarti prima che mio padre mi diseredi» sorride. «Povero dovremo farti santo, se vuoi possiamo fare cambio di genitori. Non mi interessano i tuoi affari con tuo padre per quello che mi riguarda non voglio più sentire nominare né te né lui, fuori.» «Dovresti provare a fare un po’ di yoga o training autogeno, aiutano a controllare le emozioni principessa dei limoni.» «Razza di idiota pompato come faccio a fare yoga se TU mi hai rotto una gamba? E poi riesco benissimo a controllare le mie emozioni, te l’ho detto non ho bisogno di niente e di nessuno. Sparisci.» «Beh, scusa e per farmi perdonare ti ho portato il segno tangibile del mio pentimento...» «Il tuo cuore ancora pulsante in un vaso di vetro? Ci starebbe alla grande sul tavolo del salotto, farebbe davvero un grande effetto...» «No fattucchiera medioevale inacidita questo mazzo di rose.» «Ah peccato, preferivo il cuore pulsante...» «Già, già immagino. Posso entrare adesso? È un secolo che mi blocchi la porta... mi sento un bambino cattivo messo un punizione.» «No, grazie delle rose ma puoi tenertele. Le avrai raccattate chissà dove... scommetto che non sai neanche che significano...» «Sinceramente non sapevo che le rose avessero significati...» «E invece è così. Le rose bianche che mi hai appena regalato significano sono degno di te: decisamente quello che non volevi dire... fatti consigliare dal fioraio invece di fare queste figure e ora tu e quelle rose dovete proprio andarvene.» Si sporge oltre a me e mi chiede: «Ma sei sola?» «Ma certo che no, Heidi è di sopra che si sta facendo una doccia, Babbo Natale sta giocando col computer e la Befana è appena uscita a comprare un paio di scarpe nuove, ha detto di esser stufa di andare in giro con le scarpe tutte rotte..» «Tutta sola in appartamento così grande? E per di più con tutte quelle scale? Non mi piace per niente la cosa...» «E tu non piaci a me, la cosa è più che reciproca, addio.» Finalmente quel seccatore se ne è andato, così posso ritornare al mio adorabile divano e l’unico amore della mia vita: Spongebob. Ceno davanti al computer mentre chatto con Sarah riguardo all’incidente; la cena è composta da un piatto fumante di lasagne coperte di besciamella e una mela rossa il tutto annaffiato con un bella bottiglia di coca cola. Sarah dice che sono proprio una culona a poter stare a casa per ben quattro settimane e che anche lei, per la prima volta da quando la conosce, si stupisce del comportamento generoso di mia madre. Beh dai non esageriamo dai, diciamo non esclusivamente egoista e stronzo come al suo solito. Sono quasi le undici e mezza, perciò decido di salutare Sarah, che ha promesso di venire a trovarmi appena possibile, e vado a farmi una bella doccia e mettermi e il pigiama. Entro in bagno, tolgo i vestiti e li lascio cadere alla buona sul pavimento; arrivata dentro la doccia appoggio le stampelle al muro e, tenendo la gamba infilata in un sacchetto della spesa ben fuori dal getto d’acqua apro il rubinetto e mi perdo nei miei pensieri come al solito...Adesso sono a letto, sotto un piumino, ma invece di addormentarsi la mia mente sembra svegliarsi e i pensieri stupidi che il mio cervello stava macchinando sotto la doccia ora si sono amplificati, sono ossessioni. E se ora fossi sposata? Magari anche con un piccolo Eric in arrivo, come sarebbe la mia vita? Sarei felice? È quella la vita che voglio? È Eric l’uomo giusto per me? Cosa si proverebbe ad avere un anello al dito che ti ricordi continuamente che tu sei importante, sei la metà di un intero, sei necessaria più dell’aria per una persona, che vivi per permettere all’altro di vivere? Chissà se esistono questi concetti...fino ad ora o me ne ha parlato mia madre dicendo che sarebbe stato così anche per me un giorno oppure li avevo visti nei film, quelli sdolcinati da fare venire il diabete, quella in cui la parola amore capita circa dieci volte in una frase composta da undici parole... Oggi è un altro giorno, il sole non splende e io sono pronta a deprimermi per un’ altra lunghissima giornata, evvai. Passando più velocemente del solito davanti al bagno, vado in cucina a prepararmi un bel cappuccino e andare a caccia di qualcosa da sgranocchiare. Alla fine mi arrendo, bevo il cappuccino aggrappata a una mensola della cucina, riprendo le stampelle e senza neanche cambiarmi mi distendo sul divano tenendo la gamba ben alta, come mi aveva detto il dottore. Oggi mi fa più male di sempre, la sento pulsare anche da sotto il gesso è un dolore davvero atroce, persino peggio di quando me la sono rotta. Non avendo niente da fare ripenso a quanto sono sola, inutile, indispensabile neanche a me stessa...piano piano le lacrime cominciano a rigarmi le guance, poi quelle lacrime si trasformano in singhiozzi sempre più forti e incontrollabili, ormai non ho più freni. Mi alzo, prendo il vaso appoggiato al tavolo e lo scaravento con tutta la forza che ho in corpo contro il muro pensando di scaricare un po’ di quella sofferenza che mi sta uccidendo. All’improvviso mi rendo conto che mi sto comportando come mia madre quando ero piccola: ogni volta che si arrabbiava con papà prendeva tutto quello che le capitava sottomano e lo distruggeva buttandolo a terra con tale forza da farla assomigliare a un uomo. Alcune volte se la prendeva persino con me, mi prendeva per i capelli e mi portava in camera mia urlando: «Devi studiare dialettica se no come potrai mai trovare un buon marito?» . Mi diceva che se non facevo come mi ordinava mi avrebbe rinchiuso in un collegio e avrebbe buttato la chiave, che per essere una brava ragazzina dovevo fare di tutto per trovarmi un marito ricco, bello e di buona famiglia e l’unico modo per farlo era darle ascolto. Quando avevo circa dieci anni mi portò in una casa di riposo di un quartiere malfamato facendomi vedere come sarei morta sola con il mio gatto nero storpio se non avessi voluto muovermi a dare frutti all’educazione che avevo ricevuto. Mio padre era un ospite, un burattino nelle mani di mia madre. Un giorno le sentì dire a alcune sue amiche che appena conosciuto mio padre l’aveva subito incastrato con il mio arrivo, le sue amiche risero complimentandosi per l’ottimo acquisto che aveva saputo fare. Non riuscivo a capire: mio padre non era mica una borsa o un paio di scarpe! Com’era possibile allora acquistarlo? Solo tempo dopo capì davvero quanto schifo facesse davvero quella persona che chiamo mamma. In quel esatto momento ho capito come non avrei voluto essere da grande, una pazza isterica come mia madre. Comunque hanno suonato alla porta: Sarah si è finalmente degnata di venirmi a trovare. PLEASE COMMENTATE PER FARMI SAPERE CHE NE PENSATE DELLA STORIA.. XXX Misses me

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Capitolo 3
*** Un nuovo inquilino ***


«Come sta la mia inferma preferita? O dio sei ancora in pigiama, con quei capelli poi...fai paura.» «Ciao, sto bene; tu?» «All’università è un inferno: quella di diritto penale continua a tartassarci con esami ogni due giorni, maledetta bastarda. Poi mi manchi un casino, non vedo l’ora che torni in classe, vicino a me.» «Anche se non credevo mai di dirlo mi manca andare all’università, almeno avevo una vita. Adesso sono rinchiusa qui come una carcerata, bella merda.» «Puoi uscire di casa, non sei una carcerata vera e propria» «E se cadessi come un idiota in qualche stradina buia senza nessuno che mi aiutasse?» «Allora tesoro forse ti servirebbe un marito, meglio se ricco e di buona famiglia come te, un buon partito, cara.» «Già, divertente... non sai quanto sia pesante mia madre... soprattutto quando fa così.» poi non ce la faccio più a trattenermi e comincio a ridere seguita a ruota da Sarah. È una sagoma quella ragazza... «Ti lascio i compiti sul tavolo ok? Adesso devo proprio andare, ma torno presto ok? E prendi un po’ d’aria tu altrimenti morirai. Ti serve che ti faccia qualcosa prima di andarmene?» «Magari, se mi fai il letto giuro che ti sposo. Così anche mia madre sarà contenta.» «Ok poi vado. Salutami tanto tua madre...» «Certo, consideralo fatto». E anche Sarah mi lascia sola, abbandonata al mio destino da reclusa. Suona di nuovo il campanello. Imbraccio di nuovo le mie compagne di disavventura e mi trascino fino alla porta. Apro con nonchalance convinta che fosse Sarah che ha dimenticato qualcosa come succede sempre, quando mi trovo davanti il tipo dell’incidente circondato da valigie multicolori e con sul viso un espressione mista di preoccupazione e divertimento: dovevo essere più ridicola di quanto immaginassi. Subito mi appoggio alla porta e con la mano libera mi sistemo un po’ i capelli: «Sparisci o giuro che ti denuncio per stalking.» «Dai, almeno non ti ho portato delle rose stavolta.» Quasi non contiene più le risate, sghignazza tranquillo davanti alla me come niente fosse. «Cosa vuoi stavolta? Ti ho già detto che non ti voglio più vedere.» Continua a fissarmi come se potesse vedere oltre i vestiti, la pelle e guardarmi dritto al cuore... continuo a districare i nodi dei capelli, mi spaventa il modo in cui mi guarda, fa venire i brividi.. «L’ospedale mi ha fatto avere un foglio dove c’è scritto che tu, finché sarai infortunata a causa mia, sei sotto la mia tutela e custodia. Sei vuoi dargli un’occhiata...» mi allunga un foglio perfettamente piegato; glielo strappo dalle mani e leggo più attentamente possibile sentendo i suoi occhi verdi scannerizzarmi il volto. «In questo caso se non mi fai adempiere al mio dovere sarai sanzionata come da legge.» ora le sue labbra sono piegate nella risata più fragorosa che abbia mai sentito. «Entra, non voglio certo essere portata in tribunale.» In fondo però non ero tanto dispiaciuta, anche se non volevo ammetterlo a me stessa per prima. Lo accompagno nella stanza degli ospiti dove lui comincia a appoggiare le valigie sul letto e mettere dentro gli armadi i vestiti ripiegati. Mi ritrovo a fissarlo come un ebete da dietro la porta mentre lui continua metodicamente. «Vuoi che prepari la cena?» urla credendo fossi chissà dove nell’appartamento ma, il timbro troppo forte della sua voce mi spaventa e mi fa cadere con un tonfo per terra. «Merda, merda, cazzo.» «Scusa credevo te ne fossi andata... beh a quanto pare dovrò restare per più di quattro settimane» Mi prende tra le braccia ancora ridacchiando mentre io metto il muso: ma come si permette quello di ridicolizzarmi in casa mia? Se non fosse per quel foglio sarebbe già fuori dalla mia vita con una bella scarpa stampata sul culo...e che culo ragazzi. Lucida, lucida. Rimetto il broncio finché non mi siede su una sedia della cucina con la gamba alta appoggiata su un’ altra sedia con sopra un cuscino. Continuo imperterrita a dimostrare il mio umore nei suoi confronti. «Dato che non hai risposto alla mia domanda sto cucinando la cena, poi preparerò la tavola e mangeremo alla grande. Ok?» «Ringrazia che hai quel foglio, ma ti avviso non perderlo mai di vista...» «Lo metterò in un posto sicuro dove non andrai mai a guardare grazie comunque per l’avvertimento.» «Quando posso essere utile...» Sorrido e mi complimento con me stessa per le mie minacce davvero brillanti. In meno tempo di quanto ci avessi mai messo io la cena è pronta e anche la tavola: certo non è un ristorante da cinque stelle ma è tutto davvero molto buono. Sembra incredibile quanto si sia stanchi anche facendo niente quando si è infortunati, ogni gesto ti costa il triplo della fatica che ci avresti speso normalmente. Da brava lavanderina barra donna di casa Alex sparecchia veloce mettendo tutti i piatta nella lavastoviglie. «Ti va di guardare la tv o vuoi che ti porti a letto?» dice preoccupato guardandomi sbadigliare stesa sul divano. «No, guardiamo la tv, non sono per niente stanca» poi ripensandoci anche la prima opzione è da riconsiderare... Cazzo, dentro a questa casa sto impazzendo, devo trovare il modo di evadere o qui potrebbero succedere cose che non dovrebbero succedere. Cerco di distrarlo dal mio silenzio sospetto e, soprattutto, dalle mie occhiate più che sospette... «Che lavoro fai Alex? Mi sembra strano che tu possa permetterti di prenderti un permesso di quattro settimane...» «Faccio il modello, e a meno che i fotografi non vogliono farsi un book a vicenda credo proprio che dovranno rispettare i miei tempi... e tu che fai?» «Studio giurisprudenza all’università.» rispondo fiera. Sbuffa rumorosamente: «E perché proprio giurisprudenza?” «Perché l’hanno deciso i miei» dico vergognandomi così tanto da sperare che il pavimento si apra e mi inghiotta spedendomi all’inferno. «Ah» meno male sembra capire che non è il caso di continuare la conversazione. Finalmente ci decidiamo a guardare la tv, o almeno a fingere di farlo, Alex mi guarda con la coda dell’occhio con quei bellissimi occhi verdi da sogno e subito scoppio a ridere; lui sembra essersi accorto che l’ho beccato in pieno e ritorna con lo sguardo alla tv arrossendo violentemente. Capisco che da parte mia non sia stata un gesto molto educato, ma non potevo farne a meno... mi guardava con un’espressione assurda e poi guardava me... non una modella, ma una semplice studente di giurisprudenza. Certo che ce n’è di gente matta in giro, ora ne ho le prove. Ad un certo punto il telefono squilla e mi sento assalire da un’ondata di nausea: mia madre. Chiedo a Alex se mi può passare il telefono e quando me lo porge se nostre dita si sforano e sento un brivido percorrermi la schiena e scuotermi lo stomaco e il suo contenuto. DATO CHE QUESTA è UNA DELLE MIE PRIME FANFICTION ABBIATE PAZIENZA E PLEASE SCRIVETE UNA RECENSIONE, ANCHE NEGATIVA VA BENE, MA SCRIVETENE... BUONA LETTURA! Misses me <3

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Capitolo 4
*** Il più bello dei sogni o il peggiore degli incubi? ***


«Pronto» «Ciao tesoro che cosa fai?» «Guardo la tv» «Sei sola?» «No» «Oh, giusto Sarah vero? Me l’avevi detto... che testa» eh già penso e poi rispondo: «Già». Alex intanto sta avvicinando l’orecchio al telefono per origliare la conversazione, senza neanche pensarci prendo il cuscino che tengo stretto sulla pancia e gli tiro una cuscinata così forte da farlo cadere sulla schiena. «Cazzo, che male Helen...» «SSSHHHHH» ... ”Tesoro ma quella è la voce di un ragazzo... un futuro marito magari...” Alex si riavvicina al telefono. «Non è nessuno, è solo il ragazzo di Sarah...» «Sai che non tollero ragazzi in casa soprattutto se non possono diventare qualcuno nella tua vita. Comunque fingerò di crederti... Non ci sei andata a letto vero tesoro?». Urlo: «No mamma. Mi ricordo di quel cazzo di contratto, non ti preoccupare non mi devi rinfrescare la memoria su che cattivo genitore tu sia sempre stata, me lo ricordo benissimo.» Riattacco. «Alex, puoi togliere i fili del telefono?» mentre prima si stava letteralmente sbellicando dalle risate, ora riprende un contegno che non gli avevo mai visto prima e segue alla lettera i miei ordini. Non mi sento abbastanza forte e sicura da mettermi a piangere davanti a lui, ma le lacrime che sgorgano a mo di fontana non sono esattamente d’accordo con me. «Dai, non piangere adesso non ti potrà più richiamare e fare soffrire ancora. Hai il cellulare spento?» annuisco tremando impercettibilmente. «Lo vedi allora? Perché piangere, non si merita le tue lacrime... e poi come si permette di chiederti se siamo stati a letto insieme? Mi viene voglia di farle un video in HD con tanto di angolazione degna di Spielberg quando succederà, io l’avrei mandata a fan culo!» Lo dice con una tale sicurezza nella voce che non mi sento di dissentire o smentire quella che sembra una predizione più che una frase vera e propria. Voglio solo morire, morire e sentirmi viva. «Scusa, puoi andare a prendermi il pacchetto extra di fazzoletti sotto il lavandino? «Certo e tu tirati su intanto, non voglio più vederti ridotta così per colpa di tua madre intesi?» «Mm» «Vado e torno». Aggrappo le stampelle e sempre singhiozzando vado dritta in cucina; obbiettivo cassetto delle posate. Obbiettivo raggiunto: prendo il coltello da cucina più grosso e affilato che trovo e con forza, ma soprattutto determinazione giro il braccio e, all’altezza del polso, taglio più in profondità che posso. Sento il sangue che comincia a scorrere per tutto il braccio, caldo, mi fa sentire più viva di quanto non lo fossi prima, sul divano. Ora sento che i problemi, come il sangue e le forze stanno sparendo dal mio corpo. «Non li trovo; sicura di averli messi proprio li?». Con un filo di voce rispondo: «Cerca meglio...» poi tutto diventa tutto nero e non mi sento più. Riapro gli occhi... Dov’è Alex? Mi giro di colpo e nell’oscurità lo vedo con la faccia appoggiata ai piedi del mio letto seduto su una sedia. Mi gira la testa, la prendo tra le mani e mi riappoggio piano al cuscino: non ne sono molto sicura, ma credo di essere in ospedale, mi ci deve aver portato Alex dopo che ho perso i sensi. Lo guardo ancora dormire: sembra che dorma tranquillo, ma si gira a scatti come per scacciare un incubo o un attimo di paura... sembra un angelo. Vorrei tanto alzarmi, andare da lui e stringerlo forte al petto, dirgli che non deve avere più paura, che ci sono io a proteggerlo. Non è giusto che anche lui viva il mio inferno, un conto è che lo viva io, ormai ci sono abituata, e un altro è che costringa a viverlo anche lui. Quando si sveglia dovremo parlare, e sul serio stavolta. Controllo l’ora sull’orologio appeso al muro di fronte: sono le quattro e mezza di mattina. Alex ha passato davvero tutta la notte qui con me, un’estranea scortese e maleducata conosciuta in un incidente? Ho bisogno di fare una passeggiata per schiarirmi le idee, cerco le stampelle accanto al letto ma non ci sono. Dove cazzo le avrà messe sto stronzo? Non può togliermi l’unico mio mezzo di locomozione... e che cazzo. Ormai ho diciotto anni posso benissimo badare a me stessa. Subito la mia mente mi smentisce facendomi rivivere la scena del coltello. Ok, forse non sempre ma la maggior parte delle volte riesco a badare a me stessa alla grande. Sollevo il braccio e lo giro: mi hanno messo i punti e sono collegata a una flebo che stilla un liquido biancastro e denso. Uffa, mi resterà la cicatrice che palle. Alex si rigira e lentamente si alza dalla sedia e si stiracchia poi, si gira verso di me. Fingo di dormire. «Che stupida che sei ho rischiato un infarto...» mi bacia la fronte «povera la mia piccola chissà quanto hai sofferto prima ad arrivare a questo punto...» Sospira. Mi ha detto povera la mia piccola, la mia piccola rendiamoci conto.... Quanto è dolce... Apro piano gli occhi e sbadiglio rumorosamente per fargli capire che sono sveglia. «Ciao» dico con voce appositamente tremante e impastata tipica da post dormita. «Ciao, hai visto sei ancora viva e non di certo per merito tuo.» Sospira prendendosi il naso tra le dita, guardando per terra e facendo su e giù per la stanza: «Non hai la minima idea di cosa ci hai fatto passare, di cosa mi hai fatto passare.» «Vi ho fatto passare?» «Ti hanno dovuto fare un sacco di trasfusioni durante la notte, avevi perso molto sangue, i medici erano preoccupati: secondo loro eri troppo debole. Hai rischiato di morire o, alla meglio, di entrare in coma non lo capisci?» «Scusa: Comunque tu non avresti dovuto salvarmi.» rispondo torturandomi le mani e guardando il lenzuolo. All’improvviso Alex mi prende il mento tra due dita costringendomi a incontrare il suo sguardo severo: «Ho dovuto guidare come un pazzo per arrivare all’ospedale il prima possibile e nel frattempo ho di nuovo dato fondo alle mie conoscenze mediche. Lo capisci che ho dovuto toccare i trecento chilometri orari? Sai che strage avrei potuto fare?» «Te l’ho detto mi dispiace ma tu non avresti dovuto salvarmi: sarebbe stato meglio per tutti, credimi.» «Queste cazzate non dirle neanche per scherzo ok? Nel corso della nottata mi sono anche divertito... quando ero certo che stessi bene, ovvio...» «Chi hai cuccato? Una bella infermiera tipo ER?» spero nel mio tono non si noti un tocco di gelosia.. «No, anzi, di meglio. Ti ricordi il dottore del pronto soccorso?» «Sì, certo» lo guardo con un espressione ben oltre il confuso. «Ok, è il medico che ti ha prescritto una notte in osservazione. Io ero seduto e lui mi si avvicina chiedendomi con un sacco di impaccio di approcciarmi a un sadomaso meno aggressivo. È stato uno spasso, ho riso per mezz’ ora credevo di averti svegliata...» «Ho dormito benissimo fidati, ah grazie, grazie di tutto.» «Tranquilla, ora che ci daremo a un sadomaso più casto e meno aggressivo vedrai che saremo molto meno in ospedale.» «Ma gliel’ hai detta la versione originale?» «No, gli ho detto che è un peccato perché avevo appena comprato i collari borchiati, le catene e la sega circolare... che peccato» «E lui che ha detto?» «Mi ha guardato negli occhi, io ho fatto i miei famosi occhi da pervertito e lui se l’è data a gambe praticamente correndo per il corridoio, ha anche sbattuto contro un carrello delle pulizie. L’ha ribaltato: è stata la nottata, beh la fine nottata, più divertente della mia vita. Con te mi stanno capitando le avventure più incredibili della storia. Non ci hai pensato alle persone a cui vuoi bene e che ti vogliono bene quando hai cercato di ucciderti?» mi scocca un sorriso a trentadue denti: «E non hai pensato a me? Cosa farei io senza di te? Senza la mia brontolona preferita?» Penso: e non hai pensato come farò io quando te ne andrai per sempre dalla mia vita? Faccio di no con la testa. «Adesso torna a dormire, devi essere esausta...» «Frena, frena, frena. Perché di grazia mi ha confiscato il mio unico mezzo di locomozione?» «Ti tengo d’occhio mascherina. Non permetterò mai più a nessuno di farti male tanto meno a te; sia chiaro.» «Ok, grazie credo» «Prego, credo.» Mi sorride accarezzandomi delicatamente una guancia: «Mi sono innamorato di te, Helena Stinson». Ora la sua voce mi accompagna anche nei sogni. Mi sveglio accompagnata dalla voce di Alex che parla sottovoce fuori dalla porta con il medico del pronto soccorso che gli dice che posso tornare a casa e che, quando ho uno dei miei soliti attacchi di depressione auto lesionista, devo prendere una medicina che gli porge distintamente. Alla fine sembra che Alex glielo abbia detto. Al solito pensiero della conversazione di stamattina non riesco a frenare il flusso di risate nell’immaginare la faccia di quel dottore mentre parlava con Alex di pratiche sessuali sconvenienti e di quanto Alex debba avere riso, doveva essere bellissimo. Subito il mi rabbuio: che stupida ad aver dormito quasi tutta la notte mentre avrei potuto stare a guardare Alex ridere e dormire...

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Capitolo 5
*** L'infinità del cielo ***


Capitolo 5 ff Alex
«Oh buongiorno, vedo con piacere che siamo di buonumore stamattina»

«Eh, già meno male»

«Dai, vestiti che andiamo a fare colazione al bar, ci hanno sfrattato dalla stanza - accompagna ogni frase con uno dei suoi sorrisi incantatori: ti stringono il cuore.- Vuoi che ti una mano a metterti i vestiti?»

No, voglio che mi dia una mano a toglierli!... «No grazie, ce la posso fare»

«Ok allora prendo le tue cose e ti aspetto in corridoio»

Si carica in spalla tutte le mie borse lasciandomi solo i vestiti e il beuty case, si avvicina alla porta e chiama un'infermiera perchè mi dia una mano a vestirmi e, appena incontra il mio sguardo assassino fa spallucce e con aria innocente dice: «Mai più sola ricordi?-mi sorride raggiante facendomi un occhiolino- Ti aspetto fuori»

Sento le gambe molli... Un'ondata di consapevolezza mi travolge facendomi perdere l'equilibrio: sono innamorata di Alex

Merda, non sarebbe dovuto succedere. ma se mi sento così bene quando sono con lui, quando siamo vicini, perchè mi sembra tutto così sbagliato? Sicuramente è colpa mia, lui è così perfetto come mai potrebbere colpa sua?
Senza che me ne fossi neanche accorta l'infermiera aveva già finito di vestirmi e lavarmi alla meglio mentre io pensavo, a quanto pare piuttosto intensamente per giunta.
«Grazie» L'infermiera mi guarda sbuffando e esce dalla stanza sbattendo i pesantemente i piedi sul pavimento.
Fino di non essere delusa dalla sua reazione e vado in bagno a lavarmi i denti e la faccia appoggiata al porta asciugamani per avere un pò di stabilità extra.
Quando esco dalla stanza con tutte le mie cose vedo Alex seduto con la testa appoggiata sulle mani, improvvisamente la voglia irrefrenabile di toccarlo per fargli sentire che ci sono, sono qui per lui; invece lui si accorge della mia presenza e rovina tutti i miei piani alzando la testa: «Finalmente, credevo non uscissi più perchè eri scappata dalla finestra del bagno»

«Devo ammettere che ci ho provato ma, visto che con le stampelle e il polso che mi fa malissimo non sarei andata molto lontano mi sono arresa»

Sorride maliziosamente indicandosi: «Ti sei arresa a me?»

«Forse..»

«Bene allora, andiamo a fare colazione, starai morendo di fame..»

«Infatti..»

«Vado a prendere la macchina, aspettami qui, guai a te se ti muovi» mi ammonisce con un sorriso sulle labbra e indicandomi.
E chi si muove? Non mi sento più le gambe!

Un rombo mi riscuote: Alex mi prende in braccio diretto verso i sedili posteriori.

«Posso sedermi davanti?» dico facendo gli occhi da cerbiatta.

«Sei sicura di non voler distendere la gamba?»

«Tranquillo, la mia gamba sta benissimo»

«Permesso accordato» dice dirigendosi verso il sedile anteriore, mi siede e mi allaccia la cintura, forse dimenticando che anche se ho una gamba ingessata ho ancora l'uso delle mani.
Le stampelle finiscono sui sedili insieme alle mie cose per l'ospedale, con la scusa che in questo modo avrei avuto più spazio davanti e sarei stata più comoda.
... ci dirigiamo ad una velocità illegale verso il bar...

«L'hai già superato»

«Dammi un pò di fiducia, donna» sorride.

«Ok, scusa scusa» Fosse per me ti darei tutta me stessa...
Si rimette a guidare concentrato mentre io lo scannerizzo: povero, ha le occhiaie e i tratti tirati, chissà che razza di notte devo avergli fatto passare, a parte questi piccoli dettagli è ancora da perdere la testa. Guardando meglio ha anche gli stessi vestiti di ieri e per di più macchiati di sangue, durante la notte non è neanche tornato acasa a cambiarsi, che dolce.

Ad un certo punto svolta e parcheggia davanti a una caffetteria di legno, mi prende tra le braccia come se non pesassi niente, recupera le stmpelle e entra con me tra le braccia.
L'odore di caffè appena macinato ci travolge e sembra dargli una marcia in più, ci siediamo al tavolino più vicino aspettando che arrivi una cameriera a prendere gli ordini. Il locale è piccolo e interamente costruito in legno, intimo: mi piace. Finalmente arriva una cameriera tutta elettrizzata: «Cosa posso portarvi?» chiede sbattendo gli occhi come le attrici nei film.

«Per me un caffè nero extra bollente e una brioche..per te Helen?» La cameriera è costretta, a malincuore, a girarsi verso di me e guardarmi...

«Per me un macchiato e...»

«Frena, ti hanno tipo drogato stanotte quindi niente caffeina o teina per 48 ore» La cameriera si gira verso Alex e gli scocca un sorriso a 32 denti, poi, seccata all'infinito si rigira verso di me e dice: «Allora?»

«Una spremuta all'arancia e una brioche, grazie»

«Grazie a voi» ripete guardando,anzi, sbavando addosso a Alex.

«Allora...» inizia

«Allora...» ripeto

«Cosa ne pensi?»

«È parecchio carino, mi piace.»

«Intimo vero?»

«Sì, non credevo conoscessi posti così...»

«Mi sento insultato-fa tremare il labbro prima di scoppiare a ridere- è il mio pensatoio, quando ho voglia di stare un pò per i fatti miei vengo qua»
Chissà perchè la parola pensatoio mi fa pensare a Winnie de Pooh...

«Ecco il vostro ordine e lo scontrino, se avete bisogno di qualcosa chiamatemi»
Prendo in mano l'ordine indicando a Alex il numero di telefono scritto accuratamente accanto al nome Elisabeth.

«Ma sì, chissene frega»

«A lei si vede...»

Cominciamo a mangiare sghignazzando come undicenni godendoci il tempo insieme.

«Questa è la migliore brioche che abbia mai mangiato, grazie di aver condiviso questo pensatoio con me»

«Non essere troppo gentile, non ci sono abituato, mi imbarazzi..» sorride illuminandosi.

L'effetto della caffeina è più che visibile, adesso sembra riposato e carico di voglia di scherzare e molto meno provato di stamattina. Alex sfila veloce il portafoglio dalla tasca dei jeans lasciando una banconota da venti sterline sul tavolo, proprio accanto allo scontrino.

«Alex quanto ti devo?»

«Stai scherzando vero?»

Faccio finta di pensarci un pò su: «No, dico sul serio»

«Non intendo farti pagare niente, i tuoi soldi sono la cosa che mi interessa di meno di te»

Faccio finta di non aver capito e mi unisco alla sua risata, poi mi prende una mano e l'avvicina alle labbra: «Io dicevo sul serio», chiudo gli occhi sentendo il suo respiro caldo sulla pelle e sussurro: «Andiamo?»

«Dove vuoi che ti porti?»

«A casa»

«Ok, ma ti saranno sequestrati tutti gli oggetti taglienti»

«NOOO» dico fingendo di mettere il broncio e incrociando le braccia

«Sì, sei stata una bambina molto, molto, molto cattiva..Dovrei punirti»
Ammettendo che il fatto che mi punisca non mi dispiacerebbe così tanto, anzi censuro tutti i miei pensieri: «Imploro pietà» dico unendo le mani. Lui scuote la testa guardando verso il cielo e recuperando me e il mio mezzo di locomozione si dirige di nuovo verso la macchina.

Ora stiamo tornando a casa e, guardando il cielo con la testa appoggiata contro il finestrino, mi sento così leggera da poter toccare il cielo con un dito.

«A cosa pensi?»

«A niente, perchè?»

«Dovresti vederti: stai sorridendo guardando un cielo buio e ricoperto di nuvole, cosa c'è di tanto bello?»

«L'infinità»

«Poetico..»

«Grazie, anch'io a volte ho degli attacchi di romanticismo..»

«Non ci credo, secondo me sei una ragazza dolcissima, solo che facendo la dura credi di difenderti dal mondo..ma non è così.»

Arrossendo cerco di rispondere con più nonchalance possibile: «Se lo dici tu..»
Sorride trionfante, felice di avere di nuovo colto nel segno; sconfitta mi arrendo a continuare la conversazione smentendo tutto e mi metto a fissare Alex  che gongola mentre guida: è da togliere il fiato. Chiudo gli occhi e mi abbandono ai miei sogni...


















 








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Capitolo 6
*** Tentazioni ***


CAP 6 TENTAZIONI «Sveglia bella addormentata!» urla Alex suonando il clacson.

Ancora intontita dagli antidolorifica stacco la testa dal finestrino: «Si può sapere cosa stai facendo?»

«Mi vendico per la nottataccia che mi hai fatto passare»

Scuoto la testa sconsolata guardando il cielo.

«Dai saliamo» dice prendendomi in braccio e salendo a due a due gli scalini. Approfitto della situazione stringendomi forte al suo petto e appoggiando piano la mano sul cuore per sentirne i battiti.

Apre la porta e subito annuncia che mi avrebbe portato a dormire in camera; «Non voglio andare in camera, voglio stare sulla poltrona a guardare la tv» dichiaro con tono che ammette risposte negative.

«Scusa, credevo fossi ancora stanca per tutte le dosi di antidolorifici e droghe simili che ti hanno dato ultimamente...»

«Posso dormire anche sulla poltrona sai? smettila di preoccuparti per me e dormi che hai delle occhiaie che fanno paura.»

«Gentile come sempre-sorride- Posso fidarmi a dormire o devo davvero sequestrarti tutti gli oggetti taglienti della casa? »

«Valuta tu stesso» rispondo sorridendo così tanto da farmi male la mascella.
Mi prende il mento e mi fa sollevare la testa fino ad incontrare i suoi grandi occhi verdi: «Mi fido di te, se hai bisogno di qualcosa svegliami, dormo sul divano così non devi fare le scale da sola.»

«Posso accendere la tv o ti da fastidio?»

«Fai pure, è casa tua mica mia» risponde facendo spallucce
.
Si stende sul divanochiudendo gli occhi: all'inizio tremano debolmente poi, dopo un paio di secondi, si chiudono, i muscoli si rilassano e la bocca si apre leggermente.
Quella bocca è una tentazione immensa, tanta bellezza dovrebbe essere illegale; cerco disperatamente di concentrarmi sui soliti programmi noiosi della tv, alla ricerca di Spongebob.
 Dopo un quarto d'ora abbondante di zapping finalmente lo trovo ma, perchè non riesco a lasciarmi trasportare nel mondo subaqueo di Bikini Bottom?

È colpa della bocca di Alex che mi chiama come fosse una sirena, mi attira a se...
Imbraccio le stampelle e mi siedo per terra davanti al divano dove dorme Alex: non riesco a resistere,è come se una forza attraesse le mie labbra a quelle di Alex...
Scuoto la testa decisa, no, tu non farai proprio niente.
Mi aggrappo di nuovo alle stampelle e mi metto a camminare in circolo attorno alla stanzaguardando il divano come un drogato guarda un pacchetto di eroina, forse anche peggio.
Cerco di distrarmi in tutti i modi, ma pare che non ci sia proprio modo di sviare la mia mente idiota. Un bacetto piccolo piccolo, a stampo, neanche se ne accorgerà: dorme come un sasso.
Sì dai che male fa un bacetto? E se ne accorgesse? Gli potrei dire che era sporco sulle labbra e io l'ho pulito...con le mie: effettivamente non è una grande idea, non sarei credibile...già probabilmente dovrei lasciare perdere.
Però contrariamente alla mia testa le gambe si stanno avvicinando al divano. merda, merda, merda!
Si muove impercettibilmentee si passa la lingua sulle labbra: tentazione ancora peggiore.
Senza quasi che me ne accorga sto avvicinando la bocca alla sua e, con tutta la dolcezza e la delicatezza che ho in corpo, gli bacio le labbra: sono deliziose, lui è delizioso.

«Finalmente, credevo non ce l'avresti mai fatta!»

Beccata in pieno?
Eppure lui continua a dormire con un sorriso stampato in faccia. Ok, forse non se ne è accorto e stava solo sognando, magari una modella brasilaina bellissima...giaà probabilmente.

Vederlo dormire così mi fa vedere oltre al fisico da modello, sembra così indifeso: vorrei stringerlo tra le braccia per farlo sentire protetto, al sicuro; sembra un piccolo angelo caduto sulla terra per fare della mia vita qualcosa di più

Sorrido amareggiata, è impossibile, non potrà mai succedere.

Adesso mi concentro sui programmi in tv che anche se noiosi, mi fanno vedere com'è il mondo e quanto ridicole e patetiche siano le mie speranze, riuscirò mai ad affermarmi nel mondo?

Dopo circa un'ora  sento Alex sbadigliare e stiracchiarsi alle mie spalle: «Interessante la tv?»

«Realista direi..dormito bene?»

«Benissimo- dice facendo l'occhiolino- non so tu ma io sto morendo di fame...»

«Ok, vado a preparare qualcosa...»

«Forse ti sfugge ma hai le mani impegnate a non cadere per terra»

«Vogliamo ricordare di chi è colpa?»

«Tranquilla tra poco ti toglieranno il gesso e tutto tornerà come prima, ti lascerò alla tua vita»

«Io sono in cucina in caso volessi qualcosa»

«Mi mancherai» Merda, l'ho detto avoce alta! Studida, stupida, stupida.

Alex si gira verso di me con aria confusa: «Se vuoi puoi venire a farmi compagnia in cucina»

Lo precedo entrando in cucina e sedondomi su uno sgabello osservandolo mentre lavora: «Cosa cucini?»

«Sorpresa»

«Ah»

Il silenzio si impossessa della stanza, io vorrei chiedergli se ha sentito il bacio ma è come se ogni volta che apro bocca il fiato mi si bloccasse in gola facendomi boccheggiare come un pesce rosso mentre Alex si gira guardandomi con sguardo interrogativo: «Come sta andando la preparazione?»

«Bene grazie, spero solo che ti piaccia»

«Non ci metterai mica velono, vero?»

«Non credo, voglio farci vivere ancora un pò...sai dopo tutta la fatica che ho fatto boicottando ogni tuo tentato suicidio sarebbe davvero da stupidi e, più importante, altererebbe il gusto»

...e il silenziosi intromette di nuovo tra di noi.

«Pronto, vado a apparecchiare» dice dirigendosi con due piatti fumanti verso il salotto/sala da pranzo.
Mi alzo dallo sgabello con un'espressione che tradisce tutta la mia concentrazione: devo trovare il modo di capire se stesse sognando senza espormi troppo, ma come?

Alex, arrivato in salotto, torna indietro con passo frettolo: cosa avrà dimenticato?
Mi prende per le spalle sedendomi di nuovo sullo sgabello. «Ecco come si da un vero bacio», si inginocchia davanti a me e comincia a mbaciarmi con sempre più foga: le sue labbra costringono le mie ad aprirsi e sento il suo fiato e la sua lingua sulla mia; mi trattiene a se per una guancia, come se io anche volendo potessi muovermi...lo abbraccio cingendogli un fianco un un braccio e tringendolo a me.

«Meglio vero?»

Mugolo appena e Alex, girandosi verso di me, comincia a imitare i miei mugolii sorridendo.
Dopo il bacio in cucina, e siamo a due, ci sediamo l'uno di fronte all'altro e mangiamo un buonissimo piatto di carbonara.

«In questi giorni sto solo mangiando e dormendo, sarò ingrassato tipo una ventina di chili...»

Modelli, peggio delle donne... bevo alzando gli occhi al cielo mentre fingo di ascoltare le sue false preoccupazioni sulla forma fisica.

....«Guarda» dice alzandosi la maglietta.

Sputo l'acqua che avevo in bocca tipo fontana lavando letteralmente il tappeto: «ma che hai? Un picco ormonale? Non puoi cominciare a spogliarti senza preavviso, ho rischiato un enfisema!»

«Dimmi che non ti è piaciuto..»

«Non ho detto questo, ho solo detto che ho rischiato un infarto fulminante»

Sorride, si diverte a stuzzicarmi: «Se ti ha fatto venire un infarto questo-dice indicandosi i pettorali perfetti-quando andremo a letto isieme farò il numero del centodiciotto ancora prima di cominciare, così si tengono pronti» dice squdrandomi maliziosamente.

e di nuovo, basta! «ti diverti a sparare cazzate?»

«Tantissimo»

Finito il pranzo la brava donna di casa, leggi Alex, riordina tutto e, con un ipod bianco in mano e giocherellando con le cuffiette, mi dice che sarebbe andato a fare un pò di ginnastica e di chiamarlo se avessi dovuto avere bisogno.

Beh, se si mette a fare ginnastica mi sembra quanto meno doveroso, almeno per me, appostarmi dietro la porta e sbirciare...beh non proprio sbirciare, ma guardare fingendo di farlo casualmente, da accovacciata, con la bava alla bocca.

Ok, sbircerò in piena regola 007.
Salgo le scale più silenziosamente che posso anche se è più che probabile che non mi sentirebbe anche se facessi esplodere una bomba; stando troppo attenta a non fare il minimo rumore ma non tanto a dove metto i piedi inciampo in non so neanche io che cosa sbattendo la faccia contro il pavimento.
Chiudo gli occhi in attesa della ramanzina di Alex che mi dice che devo stare più attenta a come mi muovo o che avrei potuto farmi male di nuovo o roba del genere: giaà, a pensarci bene è un pò ripetitivo il ragazzo...

A proposito, strano il fatto che non sia ancora venuto a racattarmi dal pavimento, forse è più immerso nell'allenamento e nei suoi pensieri di quanto credessi; senza perdere ulteriore tempo punto più saldamente possibile le stampelle a terra e cerco di alzarmi.
Dopo dieci minuti buoni e altrettanti lividi sono in piedi diretta con passo da amazzone dietro la porta della stanza di Alex; arrivata a destinazione sulla sinistra mi si chiude lo stomaco: cerco di riprendere il controllo e, come dice sempre Sarah, salvare il salvabile. Mi appoggio al muro e scivolo fino a sedermi: da qui posso vedere lui ma lui non può vedere me: sta facendo le flessioni ad una velocità che non credevo possibile, mentre i muscoli fasciati dalla maglietta grigia si tendono e si rilasciano, resto a bocca aperta di fronte a quel fisico perfetto.
All'improvviso si sfila la maglia e si mette davanti allo specchio per constatare i risultati della sua fatica, pero un battito mentre il sangue mi scorre così forte da farmi girare la testa... Forse ha ragione a proposito della discussione del centodiciotto...

O no, mi ha infiltrato un altro dei suoi pensieri malati in testa, già più che malata di suo: «Merda!» urlo coprendomi la bocca al ricordo improvviso di avere Alex mezzo nudo a ore due; di nuovo perdo un battito e almeno un anno di vita. guardo ancora nella stanza: ora sta facendo gli accominali. mi sento svenire. Non è possibile che un uomo mi faccia tutto quest'effetto...eppure... velocemente catturo mentalmente più dettagli possibili e scendo, prima di compromettere definitivamnete il cervello.
Se restassi non riuscirei a frenarmi mentre fare una bella doccia fredda mi aiuterebbe a ritornare padrona di me stessa, scelgo a malincuore la doccia.
Arrivata al bagno mi disfo con non poca fatica dei vestiti e entro nella doccia, attenta a non bagnare il gesso.
L'acqua fredda fredda sembra spegnere ogni bollore dentro e fuori al mio corpo e donandomi un autocontrollo che prima avevo decisamente perso.

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Capitolo 7
*** UN'ANCORA DI SALVEZZA ***


UN'ANCORA DI SALVEZZA Per prima cosa vorrei scusarmi per il prolungato periodo di attesa di questo nuovo capitolo...spero sia all'altezza delle aspettative!
Buona lettura!


Quando decido finalmente di uscire dalla doccia sento la voce di Alex: «Sei vestita? Posso entrare?»

....

«Guarda che se non sei vestita entro lo stesso...»

«Dammi un attimo» mi infilo in una vestaglia di seta beige senza neanche asciugarmi, agrappo al volo un asciugamano e le stampelle e esco dal bagno a tempo record.

«Faccio una doccia» mi comunica in tono solenne mentre i miei occhi gli perlustrano il corpo: è coperto solo da un asciugamano bianco stretto in vita, che potrebbe slacciarsi da un momento all'altro...mi trovo a guardare quell'asciugamano come fosse una bomba inesplosa, aspettando solo il botto. Alex ovviamente se ne accorge: «Se vuoi posso toglierlo io...o puoi farlo tu, come preferisci»

«Grazie, ma sto bene così»

«Tu forse sì, ma io no- dice slacciando l'asciugamano e lanciandolo con precisione impressionante sul divano-ora va mooolto meglio!»

Giro velocemente la testa, talmente veloce da rischiare di cadere: «Tu sei pazzo, pazzo con forti manie di esibizionismo»

«Può darsi ma ti piaccio anche così»

Non rispondo all'ultima provocazione, non ho intenione di fare il suo gioco così punto verso il salotto, verso la pila di compiti che mi ha portato Sarh l'ultima volta che è venuta a trovarmi. Nell'ultimo periodo Sarah mi sta letteralmente pregandodi farle conoscere Alex, ma io non ne ho la minima intenzione; non tanto per gelosia quanto per la delicatezza di Sarah degna di uno scaricatore di porto: chissà che figure mi farebbe fare.... No, no e no!

Ok, focalizziamo diritto penale: la permanenza dei detenuti nelle carceri.

Ma cosa me ne frega di sta roba? Al momento non riesco a pensare a niente che non sia collegato ad Alex sotto la doccia: l'acqua che gli scorre sul corpo, la schiuma, la spugna che sfiora ogni centimetro della sua pelle... Se mai dovessi morire in questo momento vorrei reincarnarmi in quella spugna, che bella vita sarebbe.

Il getto dell'acqua si spegne e dopo un paio di minuti Alex esce dal bagno ancora umidoindossando una maglietta nera con uno scollo a V e un paio di jeans aderenti. Si accovaccia accanto al divano: «Cosa fa signorina Stinson?» dice spostandosi i capelli biondi ancora bagnati

«Studio»

«Beh, sembra interessante»

«Perchè non hai mai provato»

«Senti mi dispiace per prima, tanto. Sul serio non so cosa mi sia preso è da quando ti conosco che mi comporto in modo strano. Sarà per tutte le notti in bianco che mi hai fatto passare...»

«Ah e adesso sarebbe colpa mia signor...»

«Pettyfer. E in risposta alla sua domanda milady no, non è colpa sua. Ti va se ricominciamo da capo?»

Annuisco non so per quale motivo e lui continua con voce volutamente profonda: «Piacere sono Pettyfer, Alex Pettyfer»

«Piacere signor Pettyfer io sono Helen Stinson»

«Ora che le presentazioni sono fatte che ne dice signorina Stinson se do un'occhiata ai suoi compiti?»

«Farei di tutto per levarmeli dalle mani...» dico porgendogli i fogli, li esamina attentamente con una strana espressione in viso. «Scusa ma che utilità ha studiare la permanenza della gente in carcere se non è la tua situazione? Non capisco..»

«Ha l'utilità di far star zitta mia madre, utilità da non sottovalutare»

«Perchè allora ti ostini a fare come vuole lei anche se ti fa stare male?»

Posso davvero fidarmi di lui?! La risposta è nei suoi bellissimi occhi verdi: certo che sì.

«Mia madre mi sta ricattando, da sempre credo, se non vivo secondo le sue regole mi diserederà, perderò il cognome e mi renderà la vita più un inferno di quanto già non lo sia, la mia è una famiglia piuttosto influente sai...»

«Come si può essere un genitore così?!»

«Chiedilo a lei»

Mi guarda con grande tristezza e mi restituisce i compiti: «Buono studio avvocato»

Sono una stupida, in un attimo ho rovinato quel minimo di rapporto che, faticosamente, eravamo riusciti a instaurare. Fuggo a rifugiarmi in camera mia, il mio piccolo regno di pace, e nella disperazione più assoluta chiamo Sarah:

 «Ciao Sarah» dico con voce rotta

«Che è successo? Scommetto che è stata tua madre,vero?»

«No, sono io che non sono capace di vivere in una società dovrei diventare suora di clausura!» dico tra le lacrime

«Che cosa hai fatto di tanto terribile?»

«Gli ho detto di mia madre, pensavo ci facesse avvicinare di più invece l'ho perso Sarah, ed è tutta colpa mia!»

«Dagli un pò di tempo, è difficile credere che esista ancora gente così nel ventunesimo secolo. Vedrai che si sistemarà tutto, basta che ciparli, non è un crimine sai?»
 
«Hai ragione devo farlo..»

«Potrò mai conoscerlo?»

«Forse, uno di questi giorni.»

«Bene, adesso vado che ho lezione»

«Ciao»

Dopo una chiacchierata con la mia migliore amica mi sento molto meglio, ma ora viene il difficile: parlare ad Alex.

Scendo le scale pronta, o quasi, all'imminente chiacchierata. Sondo il terreno: «Alex?»

Nessuna risposta

«Alex?»

Merda se ne è andato. Sento come se un muro di cemento armato mi cadesse sulla schiena, schiacciata aterra da una forza che non posso contrastare. Senza paura, lascio che le lacrime innondino e inzuppino completamente il tappeto.



Beh, che ne pensate?! Alex tornerà a consolare la povera Helen? Secondo voi lei se lo merita? Fatemi sapere tramite messaggio/ recensione, sarenno molto gradite!!

UN BACIO

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Capitolo 8
*** confessioni ***


Confessioni Cerco di soddisfare le richieste pubblicando a velocità super questo nuovo capitolo...non so come sia veuto o se abbia errori di battitura (non esitate a farmi sapere qualsiasi cosa) enjoy!!!


Non ho idea di quanto tempo sia passato da quando ho iniziato a singhiozzare accasciata a terra, ma credo un bel pò dato che sento una mano su una mano su un fianco: «Si può sapere cosa stai facendo?» Wow, la voce che credevo di non sentire mai più.
Asciugo le lacrime con il dorso delle mani: «Sono caduta»

«Sì, sì certo -dice poco convinto per liquidare la conversazione- hai trovato il biglietto?»

«Quale biglietto?»

Si alza per andare a recuperare un pezzo di carta aperto sul tavolo del salotto e me lo porge: «Questo biglietto. Il biglietto in cui avevoche dovevo fare una commissione super urgente, ma non mi andava di disturbarti in camera tua, controlla pure..»



Helen, se stai leggendo questo foglietto vuol dire chee ti sei accorta della mia presenza, il che devo dire non mi dispiace per niente.
Non preoccuparti, sono dovuto andare a fare una commissione piuttosto urgente. Comunque tornerò prestissimo, promesso... immagino che sarai arrabbiata perchè non te l'ho detto di persona, ma volevo rispettare la tua privacy; così forse capirai che ci tengo davvero a te

Un bacio

Alex



«Chi mi dice che tu non sia stato da qualcuna?»

Scuote la testa deluso tenendosi la base del naso tra il pollice e l'indice: «Parlare con un muro da molte più soddisfazioni e poi se proprio lo vuoi sapere sono stato dal mio avvocato per vedere che si può fare per quella cosa di tua madre»

«Non hai neanche una copia...»

«Nascondi le cose davvero malissimo, poi figurati se un futuro avvocato non tiene una copia di qualsiasi carta in qualche cassetto»

«Non ci credo- urlo in preda ad una crisi si nervi- come ti sei permesso di frugare tra le mie cose»

«Avevo forse un' altra scelta?»

Meglio abbondonare la filippica dato che mi risulta impossibile prendermela con lui mentre mi guarda in quel modo. Sospiro, sconfitta ancora una volta dalla forza attrattrice di quei bellissimi occhi smeraldini: «Cosa hai scoperto?»

«Che minacciando di fare causa, pur di non essere umiliata pubblicamente tua madre mollerà tutto. Deve o perderà la faccia oltre che qualche zero sul conto in banca. Parafrasato ma questo è il succo»

«Non me l'aspettavo...»

«Un pò mi deludi avvocato, non dovresti sperle queste cose?»

«Non sono ancora arrivata a quel capitolo...»

«Bene ora che ho sistemato tutto puoi anche farmi un sorriso...»

Obbedisco.

«E non mi merito una ricompensa?»

Non ci capisco più niente: «Avevi detto di non volere denaro!»

«Infatti solo pagamenti in natura» dice porgendomi una guancia.
Ok, si può fare. Quando le mie labbra sono a un millimetro dalla sua pelle, con mossa da maestro si gira facendo aderire la mia bocca alla sua per poi scoppiare a ridere così forte da piegarsi letteralmente.

«Se volevi un bacio vero potevi anche chiedermelo!»

Tra le risate risponde: «Certo, e tu l'avresti fatto vero? Ma se mi odi o poco meno...» poi si rabbuia seduto in angolo.

Scivolo sul sedere, cercando di cavarmela al meglio sulle montagne rappresentate dagli ormoni galoppanti di Alex, mi avvicino a lui: «Lo sai perchè ti odio? Anche se odio è una parola piuttosto pesante...» dico trovandomi ad accarezzargli piano la schiena e avvicinandolo al mio petto come fosse un bambino sperduto da consolare.

«No, non lo so e non sono sicuro di volerlo sapere»

«Shhh- sussurro cercandodi calmarlo- perchè per quanto voglia non potrai mai essere mio»

Solleva la testacon gli occhi lucidi dalla sorpresa, anch'io non credo a quello che ho appena detto; non avevo avuto il neanche coraggio di ammetterlo a me stessa figuriamoci davanti a lui!
Mi sorride con tutto il suo fascino e sussurra: «Se permetti sono io che voglio essere tuo» con tono che non tradisce le sue intenzioni.

Mi ricompongo: «Non sono alla tua altezza e ne soffriremmo entrambi. Tu meriti qualcuno di molto, molto meglio di me e io non intendo ostacolare la tua ricerca»

Evidentemente ad Alex non sfuggono nè i lucciconi agli occhi nè la voce rotta così mi prende tra le sue braccia e comincia a disegnare dei cerchi immaginari sulla mia schiena: «Io non ho intenzione di continuare a cercare qualcosa che ho già trovato; non devi sempre fare la martire, lascia che per una volta un'altra persona si prenda cura di te, datti almeno un'occasione per essere felice e io giuro sulla mia vita che farò tutto quello che è in mio potere per farlo»

SSiamo in questa posizione, secondo l'orologio da più di mezz'ora, avvolti completamente nel silenzio del salotto, faccio per alzarmi e lasciarlo respirare, ma luimi trattiene a sè: «Aspetta ancora un attimo» dice prima di scoccarmi un dolcissimo bacio in fronte.

«Scusa -dice sciogliendo l'abbraccio- mi piaceva tenerti tra le braccia, mi faceva sentire che mi ami»

Dato che la copertura del ti odio è saltata, ho deciso di seguire il consiglio di Alex e di provare ad essere felice, provarci con lui: «perchè non l'avevi già capito?» dico sfiorando le sue labbra con le mie.

Sussulta: «All'inizio devo ammettere che qualcosa avevo capito, ma tu hai traballare tutte le mie certezze.. sei un'ottima attrice...»

«Povero piccolino -replico con aria innocente- che facciamo stasera?»

«Facciamo quello che vuoi dove vuoi...»

Fingo totale innocenza e continuo: «Allora ti porto al mio bar preferito»

«Conoscerò la tua best?»

«...Forse...» dico con tono più neutro possibile

«Ci sto.»



Allora che ne pensate della dichiarazione di Helen, ve la sareste aspettata? O ve la sareste aspettata diversa? Come vi aspettate l'incontro con Sarah?
Beh purtroppo dovrete aspettare fino al prossimo capitolo che, spero, non tarderà ad arrivare...

XOXO

Misses Me







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