momo no hana

di PorcoJared
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Speranza ***
Capitolo 3: *** Amiche? ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Eccomi sono li che passeggio sulla spiaggia a piedi nudi.
Accanto a me non c'é nessuno, c'é solo il rumore del mare.
Il suono mi rimbomba nelle orecchie e mi riporta al momento in cui ti ho conosciuto.
Il rumore del mare s'interrompe.
Un rumore ancora più grande lo sovrasta. Mi sono accucciata e ora sono lì che piango come una bambina.
perché sto seguendo il cuore e non la testa, pur sapendo che questa scelta mi farà soffrire?"



Mi sveglio sudata. Un sogno, uno stupido sogno.
Guardo la sveglia, sono in ritardo. Mi vesto velocemente: jeans, maglietta dei Green Day, la giacca di pelle che mi ha regalato la mamma e sono pronta. Scendo le scale velocemente, arrivo in cucina bevo un sorso di succo d'arancia ed esco.
É il primo giorno di primavera, la mia stagione preferita; tra un po' si vedranno fiori di pesco dappertutto.
Mio padre quando ero piccola mi diceva sempre che non dovevo staccarli. Che facendo così nessuna pesca nasceva. Però non riuscivo a trattenermi e alla fine ne staccavo uno di nascosto.
Inizio a piangere. Mi manca troppo. Sono passati solo due mesi da quando se n'é andato ma sembra passata un'eternità.
Da quel giorno mia madre non s'é più ripresa, ogni volta che la guardo mi viene da scoppiare in lacrime. Guardandola dritta negli occhi vedo solo dolore, nient'altro.
Un cane abbaia e mi toglie dai miei pensieri. Sto' camminando lungo il marciapiede che mi porterà alla nuova scuola.
Io e mia madre ci siamo trasferite nella città dove si sono conosciuti lei e papà, la stessa in cui vive la nonna.
Mio padre e mia madre erano vicini di casa, si conoscevano da sempre. Prima erano solo conoscenti poi un giorno sotto Natale le mie due nonne costrinsero i due ad andare al ballo invernale insieme. Avevano 17 anni e fino a due mesi fa erano ancora insieme. Se non fosse per quel stupido ubriaco che investì mio padre.
Basta, devo smettere di pensarci. Tra pochi metri varcherò l'entrata del liceo, devo smetterla di piangere, devo smetterla di fare la bambina.
Comincio ad accelerare il passo, dovrei essere già a scuola a far finta che tutto vada bene.

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Capitolo 2
*** Speranza ***


Speranza.



Il cortile della scuola è quasi vuoto, ci sono solo dei ragazzi che fumano seduti sopra un muretto.
Mentre gli passo davanti abbasso lo sguardo.
Perchè mi vergogno così tanto di me stessa da farlo ogni volta?
Mi piacerebbe pasare davanti alle persone, senza che senta i loro sguardi criticarmi.
Allontano quel pensiero e cerco di concentrarmi sulla musica che esce dalle cuffiette.
Mi precipito in segreteria.
La prima ora ,ormai è saltata quindi mi metto a vagare in giro per la scuola. Anche se ho così sonno che faccio fatica a tenere gli occhi aperti.
La scuola tutto sommato non è male, insomma può essere definita normale.
Le pareti del corridoio che sto' attraversando sono tappezzate di foto, divise per anni. Senza farlo apposta cerco l'anno 1971. L'anno in cui, i miei, si sono fidanzati. Non so perchè lo faccio, perchè dovrei infliggermi questa tortuta da sola?
Cerco la foto di mio padre, col terrore di mettermi a piangere all'improvviso.
Finalmente, eccola lì, la foto del ballo. Mia madre col vestito che da piccola volevo sempre provare, che lei stessa teneva come se fosse una reliquia. Papà con lo smoking di suo padre, che era troppo largo. I miei; quando erano ancora felici.
La campanella mi fa sussultare. Dalle classi esce una massa di ragazzi, ritiro le lacrime e mi affretto ad andare a matematica.

Le lezioni passano lente, non parlo con nessuno. Sto' in disparte, nel mio mondo.
A pranzo cerco un tavolo vuoto, mi siedo e comincio a mangiare. Se, questo si può chiamare mangiare.
Tiro fuori l'Ipod e la voce del cantante prevale sui miei pensieri. Per 3 minuti la mia mente si libera da tutti i pensieri.
Poi una ragazza si avvicina e si siede di fronte a me.
Rimaniamo in silenzio, io con la mia musica, lei col suo libro.
-Sei nuova vero?- mi chiede la ragazza.
-Si, mi sono appena trasferita-
Passa un minuto che sembra un'eternità, nessuna delle due dice niente.
-Cosa stai ascoltando?-
-Musica...-
-Si grazie. Questo l'avevo intuito!-
Scoppia in una risata isterica ma coinvolgente, nella quale finisco anche io.

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Capitolo 3
*** Amiche? ***


Tutto sommato sembra simpatica, è strana e questa cosa mi piace. Posso dire con certezza che è uguale a me. Stessi gusti musicali, stessi gusti in fatto di libri. Insomma siamo d'accordo su tutto.
-Perchè hai lasciato la città per venire in questo buco?- mi chiede ridendo.
Mi chiedo perchè arrivi sempre questo punto, il punto in cui devo parlare di mio padre. Sono 2 mesi che la gente non fa altro che chiedermi come sto'.
Cerco di dare una risposta vaga ma esce una bugia.
-Siamo venuti a vivere vicino alle nonne-
-Quindi i tuoi sono di qui?-
Annuisco, non riesco a formulare una frase. La mia testa è persa nei suoi pensieri, nei ricordi. Perchè siamo venute qui, perchè abbiamo dovuto infliggerci un dolore che non possiamo sopportare?
Guardo fuori dalla ampia vetrata, di cui è costituita una parete della mensa, fuori il cielo è limpido. Molti studenti sono appoggiati a dei grossi alberi impegnati a leggere.
Chiudo gli occhi e provo a isolarmi da tutto, dal rumore delle chiacchere insulse di ragazze e ragazzi, i rumori provenienti dalla cucina. Ci riesco e nella mia mente regna il silenzio. Mi accade molto spesso. Alcune volte voglio semplicemente restare da sola e facendo questa cosa riesco ad avere 2 o 3 minuti di silenzio.
Sento una voce nella mia testa, qualcosa mi sussurra "stai bene?". Apro gli occhi e incontro lo sguardo di Alice che mi fissa preoccupata.
-Stai bene?- mi ripete.
-Si...- rispondo con un filo di voce.
-Ti capita spesso?-
-Molto spesso- dico abbassando lo sguardo sul tavolo, lei alza le spalle e mi sorride poi cambia discorso e io sospiro, sollevata.
-Mi fai vedere il foglio delle tue lezioni? Magari abbiamo dei corsi in comune-
Cerco il foglio nello zaino, glielo passo. Lei lo guarda attentamente po mi dice:
-Abbiamo solo inglese, al giove...-
Non riesce a finire la frase. Un liquido rosa ricopre i suoi capelli e sta' pian piano gocciolando sul viso e sul libro.
Dietro un gruppo di ragazzi ride.
-Mi dispiace, non volevo farlo...- Dice il ragazzo con in mano il bicchiere.
-Fa niente...-
Non capisco perchè non dice niente, così rispondo io per lei.
-Sei solo un cretino. Non si trattano così le persone!-
Forse il mio tono non è stato molto convincente, infatti il ragazzo mi ride in faccia e si gira verso il gruppo di ragazzi. Uno di loro gli passa un'altro frullato che finisce sopra il libro.
Sono furiosa, faccio per rispondere al ragazzo ma lui, dopo avermi fatto il medio, esce dalla mensa.
Poi mi concentro su Alice. E' piegata sul tavolo, piange e sta' cercando di pulire il libro ma senza risultati.
Noto che ha lasciato il libro. Cerco di pulirlo con i fazzoletti, ma lascio perdere perchè mi rendo conto che facendo così, sto solo peggiorando le cose.
E' un libro vecchio, la copertina è blu cobalto scolorito e all'interno, sulla prima pagina c'è una dedica. Sembra fatta con una penna stilografica, le linee sono morbide e sottili. E' difficile capire il significato perchè delle goccie di frullato hanno coperto una parte della dedica.
Riesco a leggere solo un "Per te, mio angelo" e la parte finale:
"Forse non mi aspetterai e io non te ne farò una colpa, ma devi sapere che passerò il resto dei miei giorni a pensarti. Tuo per sempre. Dan."
Non sembra la solita dedica fatta tra adolescenti, quindi mi viene da pensare che il libro non sia suo. A sedicianni non puoi fare questo tipo di promesse e sperare di...mantenerle.
Infilo il libro nelle zaino e prometto a me stessa, di cercare Alice.

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