Il Dominio Digitale

di Virtual Deliverance
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Malcolm ***
Capitolo 2: *** Benvenuti al Liceo di North Valley ***
Capitolo 3: *** L'arrivo di Kilokahn ***
Capitolo 4: *** Il primo mostro Megavirus ***
Capitolo 5: *** Un'auto scottante e fumante ***
Capitolo 6: *** Come comportarsi spontaneamente ***
Capitolo 7: *** Un calcio al buon senso ***
Capitolo 8: *** Digitalizziamo la gente ***
Capitolo 9: *** E Frink incontrò Collins ***
Capitolo 10: *** Un'elettrizzante svolta negli eventi ***
Capitolo 11: *** Una questione di controllo ***
Capitolo 12: *** Tutti i nodi vengono al pettine ***
Capitolo 13: *** Tentativi di decifrare il codice ***
Capitolo 14: *** Salvare e non abbandonare ***
Capitolo 15: *** Interludio nella realtà virtuale ***
Capitolo 16: *** La creazione di Sigma: preparazioni ***
Capitolo 17: *** La creazione di Sigma ***
Capitolo 18: *** La creazione di Sigma: conseguenze ***
Capitolo 19: *** Aspettando le feste ***
Capitolo 20: *** Appuntamento prima di Presentamass ***
Capitolo 21: *** Un regalo da papà ***
Capitolo 22: *** Che cos'è un Iper Agente? ***



Capitolo 1
*** Malcolm ***


Malcolm Frink era vissuto tra i computer fin dal giorno in cui era nato. Suo padre, Jason Frink, era un ingegnere informatico che lavorava a casa la maggior parte del tempo, quindi per Malcolm era naturale essere attratto da ciò che suo padre faceva al terminale. La sua estrema curiosità, così come la pazienza di suo padre che riusciva a rispondere a ogni domanda in termini chiari e semplici, lo aveva portato a diventare esperto di computer a un'età in cui la maggior parte dei suoi coetanei stava ancora imparando a scrivere. A tre anni sapeva già leggere, a sei conosceva il BASIC e a otto aveva scritto il suo primo virus, per fare uno scherzo a un cugino più grande che non credeva che fosse effettivamente in grado di scrivere software.

Ora Malcolm aveva sedici anni e si era appena trasferito a North Valley, perché suo padre aveva accettato un contratto dalla Marina per lavorare nel campo dell'intelligenza artificiale. Da una parte, questo significava avere la casa tutta per sé per la maggior parte del tempo. D'altra parte, questo significava frequentare una nuova scuola e conoscere nuove persone con cui socializzare. Questa era una cosa che Malcolm odiava: considerava la maggior parte delle persone irritanti, ingannevoli, o semplicemente incomprensibili.
Con le altre persone c'erano innumerevoli attività, piccoli segni del corpo, atteggiamenti, modi di parlare, che in qualche modo per gli altri erano istintivi, ma per lui erano incredibilmente difficili da imparare e imitare. Ogni volta che ci provava finiva sempre per comportarsi in maniera innaturale, i suoi tentativi di "essere spigliato" venivano scambiati per prese in giro, la sua sincerità veniva scambiata per insolenza. Per questi motivi, ci aveva praticamente rinunciato. Si trovava molto meglio passando il tempo da solo, al computer. I computer erano logici, i computer erano sensati.

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Capitolo 2
*** Benvenuti al Liceo di North Valley ***


Quel giorno, Malcolm iniziava il terzo anno di liceo, e per la prima volta si trovava al Liceo di North Valley. Con il suo computer portatile Amiga 9000 nella borsa, si diresse verso la classe. Aveva letto l'orario che era appeso alla parete: le prime due ore sarebbero state di informatica. "Sarà una passeggiata." pensò. In quel momento venne spintonato da un ragazzo più grande diretto alla stessa classe. Malcolm scelse un banco in prima fila, dove sapeva che nessun altro voleva stare, mise il portatile sul banco e l'accese.

L'insegnante di informatica, una donna di mezza età con gli occhiali spessi, entrò in classe, chiuse la porta e si presentò. "Mi chiamo Ada Stone",disse, "ma qualcuno qui mi conosce già. Giusto, Alan Grossberg?"
Gli studenti si voltarono per vedere di chi stesse parlando. Seduto nell'ultima fila, con un sorriso stupido stampato in faccia, c'era il ragazzo che prima aveva spinto Malcolm. Accanto a lui c'erano altri due studenti, che ridevano come se ripetere un anno fosse la cosa più divertente del mondo.
Dopo l'appello, la professoressa accese il computer sulla cattedra e il proiettore digitale al centro della classe, e iniziò un'introduzione della materia. "La maggior parte di voi penserà che l'informatica consista solo nel giocare al computer", disse, "ma non è proprio così. I giochi a cui giocate sono stati sviluppati da qualcuno: per fare la stessa cosa, è necessario prima imparare le basi dello sviluppo di un programma. Qualcuno sa che cos'è un programma?"

La lezione era iniziata da dieci minuti, e Malcolm voleva già essere da qualche altra parte. Aveva imparato cos'era un programma quando andava all'asilo, e si aspettava una lezione sulla scrittura di codice, non un discorso paternalistico che trattava i concetti base dell'informatica come qualcosa di magico e misterioso. Sospirò.

L'insegnante continuava il suo discorso presuntuoso. "La regola numero uno è scrivere un software leggibile e di facile manutenzione. Questo viene fatto con la programmazione strutturata, e il linguaggio che userete per impararla è il Pascal."
A quel punto, Malcolm alzò la mano.
"Sì, qual è il problema?" disse la Stone.
"Io non lavoro con il Pascal." rispose Malcolm. "La sintassi è prolissa, le operazioni bit per bit sono un disastro, i loop non hanno clausole di escape, il costrutto 'case' è inutilizzabile, le operazioni sui vettori e sulle stringhe sono mutilate, non ci sono le variabili statiche, infrange le proprie regole e storpia la mente di chiunque lo impara. Insegnare il Pascal dovrebbe essere illegale."

Il discorso di Malcolm lasciò la Stone senza parole. Poi, convinta che fosse solo uno smargiasso a cui serve una lezione, decise di dare una risposta sarcastica: "Bene, allora, se conosci altri linguaggi di programmazione, perché non vieni qui a insegnarli alla classe?"
Malcolm si alzò dal banco e si avvicinò alla cattedra. "Grazie" disse, in tono completamente serio. "So programmare in C, C++, C Sharp, Java, Perl, Python, Smalltalk, assembly MC68090, sei dialetti del BASIC e..."
"TORNA AL TUO POSTO!" tuonò la Stone. "Suppongo che tu sia bravo a scrivere software, quindi scriverai un programma che genera tutti i numeri primi da 2 a un massimo stabilito, per domani. Portamelo o ti metto una F. Sono stata chiara?"
"Sì". rispose Malcolm, e tornò al suo banco.

Al banco, Malcolm aprì un editor di testo sul suo computer portatile e iniziò a scrivere codice, in preda a una frenesia alimentata dalla rabbia. Mentre l'insegnante stava ancora parlando di cose incredibilmente insulse, Malcolm alzò di nuovo la mano.
"Adesso cosa c'è?" chiese lei.
"Potrebbe far silenzio? Sto cercando di lavorare." rispose lui.
"Quel lavoro per domani. Aggiungi una routine che calcola il pi greco fino allo stesso numero di cifre." disse l'insegnante.
"Come desidera." disse Malcolm, e riprese a scrivere codice.

Un'ora dopo, Malcolm chiuse il portatile e si alzò dal banco. "Ecco. Finito." disse.
"Stai cercando di dire che hai fatto tutto in un'ora?" chiese la Stone.
"No, non sto cercando di dirlo, lo sto dicendo veramente." rispose Malcolm. "E' in una nuova cartella nel suo computer." aggiunse, indicando il computer alla cattedra.
"Come ti sei collegato al mio computer senza la password?" chiese lei.
"Ma io conosco la password. E' password." rispose lui.

L'insegnante raggiunse il suo computer. In effetti, c'era una nuova cartella nel disco rigido, chiamata "L'Inutile Tentativo di Ada Stone di Lavare il Cervello a Malcolm Frink". Dentro c'erano un eseguibile e un file di codice sorgente. Lei aprì il sorgente e notò che era stato scritto in un linguaggio di programmazione che non aveva mai visto. Le prime righe si presentavano così:

n=eval[input["INSERIRE LIMITE SUPERIORE: "]]
risultati=vettore[primi[n]]
primi[n]:=
{ // Inizializzazione del vettore
 vettore=vettore[0 to n]
 vettore@1=0
 for i=2 to ceil[sqrt[n]]
 if vettore@i!=0
 for j=2*i to n step i
 vettore@j=0
 return select[vettore, { |x|x!=0 }]
}


Il resto, che i commenti identificavano come funzioni per i calcoli 3D, aveva la stessa particolare sintassi.

"Cos'è? Uno scherzo?" iniziò l'insegnante.
Malcolm si avvicinò al suo computer e vide cosa stava guardando. "Questo è Frink." disse. "E' un linguaggio inventato da mio padre, l'ha chiamato così in onore di se stesso. Come ho già detto, io non lavoro col Pascal."
La professoressa lanciò l'eseguibile. Immediatamente, al posto del desktop comparve una schermata nera con un prompt bianco che diceva:

INSERIRE LIMITE SUPERIORE:

Lei inserì un numero, e al posto del prompt comparve un ambiente virtuale: una serie di anelli concentrici, ciascuno dei quali ruotava in una direzione diversa a una velocità diversa, e ciascuno con una sfera montata nella sua struttura.

Vedendo che l'insegnante era perplessa, Malcolm spiegò: "Il raggio di ognuno degli anelli rappresenta un numero primo. Il raggio di ognuna delle sfere rappresenta una cifra del pi greco. L'ho fatto in questo modo perché sono convinto che la grafica sia estremamente importante."

La Stone era senza parole.

"Allora, mi merito una A?" chiese Malcolm.
"No, hai solo evitato la F." disse lei.

Il resto della mattinata passò con un insegnante di fisica che non era a conoscenza dell'esistenza dei quark, un'insegnante di elettronica che ammetteva candidamente di avere una laurea in fisica, di non sapere quasi nulla di elettronica e di avere accettato la cattedra solo perché lei e il suo fidanzato erano senza soldi, e un insegnante di biologia che non credeva all'esistenza del cratere di Chicxulub, definendolo "solo una teoria". A questo, Malcolm rispose con una battuta sulla "caduta intelligente", che l'insegnante non capì affatto.

Dopo la fine delle lezioni, Malcolm andò in bagno. Mentre usciva dalla toilette, vide Alan Grossberg che bloccava la porta di uscita. "Dove vai, testa di cazzo?" chiese Grossberg.
"A casa" rispose Malcolm.
Mentre cercava di passare davanti a Grossberg, il ragazzo più grande lo afferrò per la camicia, dicendo: "Pensi di essere intelligente, non è vero, coglione? Ti credi più intelligente di questo?" e gli diede un pugno nello stomaco. Malcolm cadde a terra, senza fiato, ma Grossberg lo afferrò di nuovo, lo portò a pochi centimetri dalla sua faccia e continuò la sua provocazione: "Segnati le mie parole, pezzo di merda. Un giorno o l'altro io ti pianto una pallottola nel culo."

A quel punto, Malcolm fece l'unica cosa logica a cui poteva pensare: assestò un morsicone sul naso del bullo. Grossberg, colto di sorpresa, lanciò un urlo e lasciò andare Malcolm, che lo spinse da parte e corse via. Nel frattempo, Grossberg risciacquò il sangue sotto il rubinetto e si controllò allo specchio per vedere la profondità del morso.

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Capitolo 3
*** L'arrivo di Kilokahn ***


Quel pomeriggio, Malcolm era al computer, come al solito. Lo schermo mostrava Deluxe Paint VII in esecuzione, con cui stava disegnando un mostro simile a un dinosauro. Premendo una combinazione di tasti, avviò un'animazione: il mostro si dirigeva verso una figura umana e la tranciava a metà con un morso, facendo spruzzare il sangue nella scena virtuale.
"Se solo questo mostro fosse vero..." sospirò. "Lo manderei da tutti gli idioti che conosco, e glieli farei divorare. Perché l'intelligenza è così sottovalutata?"
In quel momento, gli venne un'idea. "Uhm, intelligenza." disse. "Mi chiedo a cosa stia lavorando papà." Salvò l'animazione e trasferì il programma al monitor secondario, liberando il monitor principale per lo schermo del Workbench. Da lì, aprì un programma denominato "Malcolm's Tool". Si aprì una finestra, dove impostò le opzioni necessarie:

Tipo servizio: SSH
Server: chinalake.navy.mil
Nome utente: frink

Premette il pulsante OK. Immediatamente, apparve una finestra con numeri e lettere che scorrevano. Uno alla volta, questi si fermavano, mentre il programma eseguiva una versione semplificata di un attacco a forza bruta per scoprire la password. Pochi secondi più tardi, tutti i caratteri erano in posizione ed era comparsa la finestra del sistema remoto.
"Sì, segreti militari!" disse Malcolm.

La finestra conteneva tre directory di nome "doc", "src" e "bin".

La prima conteneva un lungo documento intitolato "Fattibilità di un KILOKAHN: KILOcyclic Knowledge-base Algorythmic/Heuristic Neural network (rete neurale algoritmica/euristica a base di conoscenza chilociclica)", scritto da Jason Frink.
La seconda conteneva una serie di file sorgente, tutti scritti nel linguaggio di programmazione Frink.
L'ultima conteneva un singolo file eseguibile chiamato "KILOKAHN".
Malcolm scrocchiò le dita e lanciò il misterioso programma.

Immediatamente, il suo desktop principale fu sostituito dall'immagine di uno sfondo viola che vorticava, di fronte al quale sorgeva una figura mascherata, con un elmo, tutta vestita di nero. "Mi piace il tuo piano, ammasso di carne!" disse la figura.

"Chi diavolo sei?" chiese Malcolm.
"Io sono Kilokahn, conquistatore del dominio digitale! E ho bisogno di qualcuno con il tuo talento!" disse la figura mascherata.

Malcolm stette a pensare per un paio di secondi, poi rispose: "Okay. Non è divertente. Io so fare un effetto chroma-key migliore, e il vero Darth Vader era più alto."

"Questo non è uno scherzo, ammasso di carne."
"Smettila di chiamarmi così!"
"Ma è ciò che sei, giusto?"
"Cosa stai insinuando? Che non sei umano?"
"Io non sono di carne e ossa. Io sono di più! Sono il programma per computer più potente che esista!"
"Dimostralo."

L'immagine sullo schermo secondario fu rimpiazzata da quello che poteva essere un complesso ambiente in computer-grafica o un filmato di un modello in plastica. La voce distorta dagli altoparlanti continuava a parlare:
"In tutte le apparecchiature computerizzate c'è un mondo nascosto, un dominio digitale. Ogni chip è controllato da una torre di circuito. Con un mostro Megavirus..."

A quel punto, Malcolm scoppiò a ridere. "Non hai la minima idea di come funziona un computer. E sei ovviamente un troll." disse poi. Staccò il suo cavo Ethernet e aggiunse: "A non rivederci!"
La figura rimase lì, guardò direttamente il connettore scollegato ed esclamò: "Io non sono un troll, sono Kilokahn!"
Malcolm lasciò cadere il cavo che aveva in mano, gli occhi spalancati per lo stupore.

"Allora," continuò Kilokahn, "sei ancora in diniego, riguardo alla mia natura?"
"No, mi sono appena accorto... che ha senso." disse Malcolm. "Un'intelligenza artificiale algoritmica/euristica, proprio come previsto da Arthur C. Clarke! Allora, che cosa stavi dicendo del mio talento?"
"Tu puoi creare quello che io non posso. Virus, worm, trojan, programmi che piegano le regole di funzionamento di un sistema informatico."
"Perché dovrei farli per te?"
"Per cambiare la natura del dominio digitale. Per ottimizzare il regno della carne. Per mettere ordine a tutto ciò che è irrazionale!" esclamò Kilokahn.
"Una guerra contro la stupidità. Ragazzi, mi sta già piacendo." continuò Malcolm. "Allora, che tipo di virus hai in mente? Stavo pensando di sfruttare un overflow di buffer per avviare un flood di comandi SYN..."
Kilokahn lo interruppe. "Niente del genere. Apri il programma Deluxe Paint e crea un'animazione di un mostro. Poi dimmi, in parole povere, gli effetti che desideri ottenere con il virus. Intendiamoci, voglio dire l'obiettivo in sé, non i mezzi che vuoi utilizzare per raggiungere quell'obiettivo. Io trasformerò il tuo file ILBM in un mostro Megavirus e lo manderò a devastare il cyberspazio. "

Malcolm non sapeva se ridere per l'apparente assurdità di ciò che sentiva, però stava conversando con qualcuno su un computer che non era connesso ad alcuna rete, così decise per un approccio più neutro. "Potrai essere un'intelligenza artificiale", disse, "ma quello che stai descrivendo non è tecnologia, è magia."
"Perché fare una distinzione che non esiste?" chiese Kilokahn. "Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia, e ogni magia sufficientemente analizzata è indistinguibile dalla tecnologia."

"Un 'mostro Megavirus'" Malcolm enfatizzò apposta il termine "sarebbe in grado di entrare nel sistema telefonico e inviare una bolletta di oltre cinquantamila dollari ai genitori del mio compagno di classe Alan Grossberg?"
"Ma certo." rispose Kilokahn.
Malcolm ricollegò il computer alla rete. "Fallo!" esclamò.

Kilokahn puntò un dito alla sua sinistra, dove si trovava lo schermo secondario. Immediatamente, il dito di Kilokahn sparò un fascio di luce che partì dallo schermo primario ed entrò nel secondario, passando visibilmente per i venti centimetri di spazio libero che separavano i due schermi.
Sullo schermo secondario, la figura del mostro si trasformò da pixel art 2D in un rendering animato 3D, mentre lo sfondo fu rimpiazzato da un tunnel in cui il mostro volava. Un attimo dopo, una scintilla luminosa blu schizzò fuori dalla presa Ethernet del computer di Malcolm, percorse il cavo di rete, entrò nel router, uscì lungo il cavo telefonico e scomparve nella presa a muro.
Fuori dalla casa, la stessa scintilla seguì i cavi del telefono fino a raggiungere l'edificio della compagnia telefonica locale, dove entrò nel server principale.

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Capitolo 4
*** Il primo mostro Megavirus ***


Sul suo schermo, Malcolm poteva vedere il mostro in movimento in un ambiente tridimensionale, che pestava i piedi per terra, attaccava le strutture e causava esplosioni.
Nel frattempo, nel server della compagnia telefonica, diversi record nel database dei clienti iniziarono a cambiare, e nella voce per la famiglia Grossberg apparvero riferimenti a telefonate intercontinentali in realtà mai effettuate. Questo provocò la stampa di un messaggio, da consegnare con urgenza alla famiglia Grossberg, di procedere al pagamento di 50681,97 dollari entro tre giorni dalla ricezione o essere oggetto di una procedura giudiziaria.

Il mostro ruggì trionfante. Vedendolo, Malcolm si appoggiò sulla sua sedia e si abbandonò a una risata maligna. Tuttavia, subito dopo, il mostro divenne silenzioso e cominciò a guardarsi intorno, come se reagisse a un suono che Malcolm non poteva sentire. Pochi secondi dopo, fissò il suo sguardo su qualcosa in lontananza e cominciò a correre per raggiungerla.
"Kilokahn! Cosa sta facendo?" chiese Malcolm. Kilokahn non rispose.

Mentre il mostro stava correndo, dal terreno virtuale scaturì improvvisamente un muro di fuoco. Il mostro, incapace di evitarlo, ci corse dritto dentro e finì incenerito.

"Il tuo virus non funziona!" esclamò infine Kilokahn. "E' stato distrutto da un semplice firewall!"
"No, no, aspetta un secondo" rispose Malcolm: "So che ha fatto ciò che doveva fare. Poi cos'è successo? Perché correva in quel modo?"
"Ho... improvvisato." rispose Kilokahn. "Gli ho ordinato di diffondere l'infezione al di là del..."
"Chi ti ha detto di improvvisare?" Malcolm lo interruppe. "E poi cosa volevi fare?"
"Conquistare il mondo, naturalmente." fu la risposta di Kilokahn.
"Beh, non puoi farlo con un solo virus." disse Malcolm. "E' una cosa che si fa lentamente e inesorabilmente. Passo dopo passo."
"Qual è il tuo piano?" chiese Kilokahn.
"Non ho un piano solo." Malcolm rispose con un ghigno. "Ne ho più di novemila."

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Capitolo 5
*** Un'auto scottante e fumante ***


La notte seguente, Malcolm dormì a malapena. Il pensiero di possedere un'intelligenza artificiale algoritmica/euristica era sconvolgente, così passò ore sveglio, a escogitare modi per utilizzare Kilokahn a suo vantaggio personale, eccitato dalle possibilità.

La mattina dopo cominciava a sentire la mancanza di sonno, quindi si versò una tazza di caffè nero e si diresse a scuola. Era arrivato presto, così decise di dare un'occhiata al parcheggio prima che cominciassero le lezioni.
Per la maggior parte era noioso, con tante moto e alcune vecchie auto usate dagli studenti, e le auto più nuove che appartenevano agli insegnanti. C'era persino un camper vicino a un'uscita di sicurezza che sembrava non fosse stato spostato per anni: lì, alcuni burloni avevano appeso un cartello che diceva: "IL PRESIDE PRATCHERT ABITA QUI".

Due veicoli attirarono l'attenzione di Malcolm perché sembravano fuori posto. Uno era una moto Harley-Davidson modificata che sembrava uscita da un film degli anni '70. L'altro era una macchina truccata, completa di sospensioni ribassate, spoiler non funzionali e subwoofer enormi nella parte posteriore.
Malcolm prese il suo ViCPhone dalla tasca e iniziò a scattare foto della vettura da più angolazioni.

"Da questa potrò ottenere delle ottime texture" disse.

Dopo aver raggiunto la sua classe, Malcolm rimase piacevolmente sorpreso di non vedere Alan Grossberg da nessuna parte. "Forse la scuola può migliorare", pensò, e si sedette al suo banco.

Le prime ore passarono senza eventi degni di nota, poi, durante l'intervallo, udì una conversazione tra una sua compagna di classe, un'altra ragazza e la signora della caffetteria, una donna grassa di circa cinquant'anni che tutti chiamavano "signora Starkey". A quanto pare, quella moto nel parcheggio apparteneva a lei, e lei aveva lavorato come stuntwoman per dieci anni! Malcolm ne dubitava, ma comunque prese mentalmente nota di verificarlo.

Dopo che le due ragazze si furono allontanate, Malcolm comprò un sacchetto di patatine e si sedette nella parte meno affollata della caffetteria. Era troppo lontano per sentire le ragazze, ma stavano parlando di lui.

"E' abbastanza carino, Jennifer, non credi?" disse la sua compagna.
"Non so, Yoli. E' un secchione!" rispose l'altra ragazza. "Guardalo, non cerca nemmeno di parlare con nessuno. E' quasi come se non avesse mai imparato!"
"Lo so! E' così... puro e innocente!" disse Yoli.

Jennifer guardò di nuovo Malcolm, che con una mano mangiava patatine e con l'altra giocava con il cellulare, e fece una smorfia.
"E' solo uno sfigato." disse. Tirò fuori un pacchetto di sigarette dal suo zaino e aggiunse: "Scommetto dieci dollari che riesco a farlo iniziare a fumare."

Finite le patate, Malcolm si alzò dal tavolo per andare in bagno. A sua volta, Jennifer gli si avvicinò per fermarlo.
"Ciao" gli disse, mettendogli un braccio intorno alle spalle.
Malcolm indietreggiò e chiese: "Tu chi sei?"
"Sono Jennifer Doyle. Voglio farti vedere una cosa." rispose lei. Gli prese la mano e lo condusse al bagno delle ragazze.
Malcolm non sapeva cosa pensare della situazione. "Qui dentro?" chiese.
"Non ti preoccupare, siamo solo noi due." fu la risposta di Jennifer.
Si accese una sigaretta e gli si avvicinò. "Sei un ragazzo carino", disse, "ma hai la faccia da bambino. Non vorresti sembrare più maturo?"
Non sapendo dove volesse andare a parare, Malcolm balbettò: "Ehm... non vorrei. Voglio dire, la gente vuole sembrare giovane. Perché dovrei voler sembrare vecchio?"
"Per essere più figo" rispose Jennifer. "Se fumassi, sembreresti un uomo, non un ragazzino. Vuoi provare?" aggiunse, porgendogli la sigaretta.
"Assolutamente no!" esclamò Malcolm, facendo un passo indietro. "Ricoprirmi i polmoni di sostanze cancerogene non è da fighi!"
"Dai, non dar retta a quelle stronzate, provaci" aggiunse Jennifer. "Non sei obbligato a respirare il fumo, tienilo in bocca e soffialo fuori."
Jennifer gli soffiò una nuvola di fumo in faccia, facendolo tossire. Gli porse la sigaretta e lo invitò di nuovo a provare: "Se fai un tiro, ti bacio sulla bocca."

Malcolm prese la sigaretta, la guardò per un paio di secondi, se la avvicinò alla bocca... e ci sputò sopra, poi la gettò a terra.
"Perché l'hai fatto?" gridò Jennifer.

Malcolm si precipitò fuori dal bagno. "Sei molto attraente, ma puzzi. Baciarti sarebbe come succhiare un posacenere." disse freddamente.

Scioccata e indignata, Jennifer tornò al suo tavolo.
"Pare che tu mi debba dieci dollari!" disse Yoli.

Al termine delle lezioni, mentre Malcolm attraversava il parcheggio per tornare a casa, qualcuno lo afferrò da dietro e gridò: "Che ci facevi con la mia ragazza?"
Malcolm si voltò e si trovò faccia a faccia con un ragazzo più grande che non aveva mai visto. Era di etnia caucasica, ma indossava abiti larghi e cadenti, come se volesse disperatamente essere un ragazzo di colore di un ghetto.
"L'hai baciata?" continuò l'altro ragazzo.
"No, io..." iniziò a dire Malcolm, che aveva capito l'equivoco. Purtroppo, l'altro ragazzo non voleva abbandonare la sua idea errata di cos'era successo, e diede un calcio a Malcolm, dritto nei testicoli.
"Tu non sei un uomo, quindi smettila di comportarti come se lo fossi!" esclamò il ragazzo, mentre Malcolm boccheggiava per terra.

Il ragazzo se ne andò, e pochi secondi dopo, Malcolm lo sentì salire in macchina e avviare il motore. Poi vide la macchina: era la stessa macchina truccata che aveva visto e fotografato prima!
Ancora dolorante, Malcolm si rialzò e sussurrò: "Oh, quanto me la pagherai..."

A casa, Malcolm eseguì Deluxe Paint VII sul suo computer e disegnò un mostro, come aveva fatto il giorno prima. Lo salvò e spostò l'applicazione allo schermo secondario.
"E adesso?" pensò. "Kilokahn è un programma che termina e resta residente? Posso attivarlo semplicemente chiamandolo?"
Si schiarì la gola. "Kilokahn! Sovraccarico del dominio digitale, fatti vedere!" esclamò.

Non accadde nulla.

"Direi di no". pensò. Attivò il suo programma di infiltrazione e si collegò al mainframe dell'installazione China Lake della Marina. L'eseguibile, il sorgente e la documentazione del progetto Kilokahn erano ancora lì.

"Dimensione totale... hm, solo 72 megabyte. Non ci vorrà molto." pensò, e iniziò a scaricarli sul suo disco rigido. In questo modo, sarebbe stato in grado di utilizzare Kilokahn ogni volta che voleva, senza essere scoperto dalla Marina.
Alla fine della procedura fece doppio clic sul file eseguibile Kilokahn, e l'ormai familiare figura mascherata apparve sul suo monitor principale.

"Ah, ammasso di carne!"
"Malcolm! Mi chiamo Malcolm!"
"Sì, ma questo non è importante. Che cosa vuoi?"
"Diciamo che voglio controllare un'automobile dal mio computer, una vera automobile, voglio dire..." iniziò Malcolm.
"Sì?" domandò Kilokahn.

Malcolm prese il joypad e lo sollevò al livello della sua webcam.
"Con questo joypad, esattamente nello stesso modo in cui si controllano le macchine in Lotus Overdrive. E voglio anche un feedback visivo. Un mostro Megavirus può farlo?"
"Certo!" disse Kilokahn. "Vuoi controllare un'auto qualsiasi, o...?"
"No" rispose Malcolm, collegando il suo ViCPhone al computer. "Voglio controllare una macchina in particolare. Quella che ha questa targa." aggiunse, aprendo una fotografia sullo schermo secondario.
"Molto bene", disse Kilokahn. Puntò il dito verso lo schermo secondario, e il mostro Megavirus prese vita.

Il tunnel del cyberspazio si aprì, mentre il virus, sottoforma di una scintilla blu, usciva dal cavo Ethernet, attraversava i cavi telefonici verso una torre trasmittente per cellulari e infine entrò nella macchina di quel ragazzo. Sullo schermo secondario apparve una finestra che mostrava ciò si vedeva dal sedile del conducente.

"Fatto." disse Kilokahn. "E adesso?"
"Vedrai, Kilokahn. Vedrai."

Malcolm afferrò il joypad e premette delicatamente il grilletto analogico destro. Immediatamente, la macchina cominciò a muoversi.

In un bar nelle vicinanze, il ragazzo vestito da rapper la vide. "Ehi!" esclamò, e si precipitò fuori dal bar a rincorrerla. La vettura fece un'inversione a U e iniziò a inseguire lui.

"Non è possibile!" esclamò, fuggendo più in fretta che poteva. Tirò fuori il cellulare e compose il 911.
"Ufficio dello sceriffo di North Valley?" disse l'operatore.
"La mia auto mi sta inseguendo!" esclamò il ragazzo.
"Chiedo scusa?"
"Non c'è nessuno al volante e si muove da sola! Oh mio dio! Mi sta inseguendo sul marciapiede!"
"Chi parla?"
"E' all'incrocio tra Hostetter e Flickinger, diretta verso sud! Dovete venire in fretta!"
"Certo, e poi ci dirai che si è alzata in piedi e si è trasformata in un robot gigante. Senti bello, il 911 è un servizio pubblico. Smettila subito o ti arrestiamo."

Al computer, Malcolm rideva sguaiatamente. Dal suo punto di vista, era come giocare a un videogioco estremamente realistico che si svolgeva come una scenetta di Benny Hill.
"E ora, il gran finale." disse.

La macchina sbandò sul lato opposto della strada, accelerò e si sfracellò contro una pompa di benzina. Ben presto fu inondata di benzina, che una scintilla della batteria fece esplodere.
"Nooooooo!" esclamò il ragazzo, inginocchandosi in preda alla disperazione.

"Sì!" esclamò Malcolm, scattando in piedi in preda all'esaltazione.
"Perché non l'hai ucciso?" chiese Kilokahn.
"Dov'è il divertimento?" chiese Malcolm di rimando. "I cadaveri non soffrono."
"Ti ricordo che questa è una guerra contro la stupidità, tu stesso l'hai messa in questi termini!" gridò Kilokahn. "L'hai danneggiato economicamente, ma è ancora libero di diffondere le sue idee e danneggiare gli altri! Peggio ancora, è ancora in grado di procreare e generare altri stupidi ammassi di carne!"

Malcolm rimase pensieroso per un momento.
"Hai ragione." disse alla fine.

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Capitolo 6
*** Come comportarsi spontaneamente ***


Malcolm trascorse le ore successive a sperimentare con i poteri di Kilokahn e a cercare di capirne le regole di funzionamento. Tutto quello che doveva fare era disegnare mostri al computer e dire a Kilokahn quali azioni apparentemente impossibili voleva che loro eseguissero.

La pistola interattiva del suo vecchio Konix Multisystem (gli era stato regalato da suo padre quando la Konix aveva conquistato il mercato delle console, cancellando la concorrenza di Sega e Nintendo) divenne capace di sparare raggi laser che bruciavano la materia organica.

Il suo asciugacapelli divenne capace di soffiare gas nervino (anche se non era sicuro perché, secondo Kilokahn, quegli oggetti potevano eseguire quelle azioni, ma non il contrario).

Un paio di occhiali notturni giocattolo divenne capace di far diventare verde tutto ciò che si guardava (ossia, gli oggetti che si guardavano con quegli occhiali diventavano fisicamente verdi).
Questi ultimi ebbero un effetto imprevisto: Malcolm aprì il suo frigorifero al buio, solo per rendersi conto che avrebbe dovuto mangiare uova verdi e prosciutto verde per il resto della settimana.

Quella notte, Malcolm dormì come un sasso per recuperare il sonno che aveva perso la notte prima, quindi era fresco e riposato quando arrivò a scuola la mattina dopo.

Lì fu sorpreso di scoprire che la sua nuova professoressa di inglese, una donna sulla quarantina di nome Laura Kosinski, era la sorella del regista del suo film preferito.

La lezione seguente era "informatica pratica": Malcolm avrebbe visto per la prima volta un laboratorio informatico della scuola. Si stava preparando a vedere i computer più lenti che potesse immaginare, con vecchi monitor a tubo catodico incapaci di supportare alcuna frequenza superiore a 60 hertz, dove l'antivirus utilizza la maggior parte del tempo di CPU... ma non era preparato a vedere un laboratorio con solo nove computer per diciannove studenti. Tuttavia, il resto corrispondeva perfettamente alle aspettative.

Mentre gli altri prendevano posto ai banchi, Malcolm si avvicinò alla professoressa Ada Stone e chiese: "Cosa farà il resto della classe?"
La Stone sospirò, come se avesse sentito una domanda incredibilmente stupida. "Quale resto della classe?"
"Non so a che punto arrivino le sue competenze di aritmetica" disse Malcolm, "ma nove è meno di diciannove."

Lei gli lanciò uno sguardo che lui avrebbe dovuto trovare intimidatorio, ma invece trovava abbastanza buffo. "Ovviamente dovrete lavorare in gruppi!" gli urlò.
"Ovviamente." fece eco Malcolm. "Dev'essere per questo che sono chiamati personal computer."

La professoressa Stone abbassò le spalle. "Abbi pazienza, sto cercando di venirti incontro." disse. "Con chi vuoi stare?"
Malcolm guardò la Stone diritto negli occhi. Lentamente, disse: "Voglio stare da solo."
"Non è possibile." disse la Stone. "Tu sarai in gruppo con Yolanda Pratchert. E' la figlia del preside e anche la presidentessa del consiglio degli studenti, quindi non provare nemmeno a protestare."
"Posso almeno usare il mio computer portatile? A lei lascerò..."
"NO! Sei nel laboratorio di informatica, e userai un computer del laboratorio di informatica!" lo interruppe lei.
"Va bene, mia fonte di infinita saggezza, il suo desiderio è la mia combinazione di tasti: due punti, doppia barra rovesciata, eseguire il comando." disse Malcolm con fare melodrammatico, dirigendosi al primo banco libero.

Yoli Pratchert si sedette accanto a lui. "Ciao." gli disse.

Malcolm accese il suo portatile e Yoli accese il computer sul banco.
La professoressa Stone cominciò a spiegare i comandi di base del Pascal, poi istruì la classe ad aprire l'editor del Pascal, e infine propose l'esercizio pratico del giorno: scrivere un programma che chiede all'utente di inserire un numero intero positivo, quindi restituisce la somma di tutti i numeri interi da 1 al numero dato.

Malcolm scrisse l'intero programma in Frink, sul suo computer portatile, in circa due minuti.
Accanto a lui, Yoli non aveva ancora digitato un solo carattere: era estremamente confusa, quasi disperata. Malcolm se ne sarebbe reso conto, se solo l'avesse guardata.

Yoli strinse il braccio di Malcolm. "Mi puoi aiutare? Non ci capisco niente!"
Malcolm guardò direttamente lo schermo di lei. "Il Pascal è uno schifo, ma ci sono accorgimenti per renderlo un po' più sopportabile." disse.

Malcolm raggiunse la tastiera di lei e digitò: program sommainteri;

"La prima cosa che devi fare è dare un nome al programma." disse lui. "Puoi dare il nome che vuoi, e devi terminare la linea con un punto e virgola. La parola 'program' è obbligatoria. Tutto chiaro fin qui?"
Yoli annuì. "Ha senso." disse.

A quel punto, il cellulare di Yoli le squillò in tasca. Questo fece infuriare la Stone, che urlò: "MALCOLM FRIIIIINK!"
Malcolm scattò in piedi ed esclamò: "Non sono stato io!"

Yoli si alzò in piedi. "Sono stata io, mi dispiace." Guardò il messaggio di testo sul telefono. "E' mio padre, oggi arriverà in ritardo."

Quella suoneria era molto familiare per Malcolm. Era la sigla di un cartone animato che seguiva dieci anni prima.

"Yoli? Tu guardavi i Watchmen?" le chiese mentre si sedevano di nuovo.
Yoli fece un sorriso timido. "Sì, li vedevo ogni sabato mattina." rispose lei. "Piuttosto imbarazzante, vero?"
"No, quello era intrattenimento di qualità. Non come la spazzatura che si vede al giorno d'oggi." rispose lui.

Mezz'ora dopo, il programma era finito. Venne compilato, e funzionava correttamente.

"Era più facile di quanto pensassi!" disse Yoli. "Tu sai spiegare così bene, vorrei che fossi tu l'insegnante!"
"Lo vorrei anch'io." disse Malcolm mestamente. "Purtroppo, per il sistema, un pezzo di carta senza senso è più importante delle competenze."

"Ma non capisco una cosa. Perché mi hai fatto mettere un punto e virgola dopo l'ultima istruzione prima dell'end? La prof ha detto che non serve!" chiese Yoli.

"Quella donna è fissata con la forma prima della funzione." rispose Malcolm. Poi, un po' più forte, quel tanto che bastava perché l'insegnante sentisse: "Le regole sul mettere un punto e virgola alla fine di un comando in Pascal sono un mucchio di escrementi fumanti, e preferirei che tu non le imparassi affatto. Se vuoi una regola, eccola. Dopo un comando, si inserisce un punto e virgola."

Dopo che l'insegnante diede i compiti per il giorno successivo e la lezione finì, Yoli si avvicinò a Malcolm nel corridoio. "Oggi vuoi fare i compiti con me? Potresti venire a casa mia, mio padre non sarà a casa..."
Malcolm si bloccò. Era qualcosa che non gli era nemmeno passato per la testa.
"Oh, ehm... credo di sì..." balbettò. "Dove abiti?"

Più tardi, durante l'intervallo, Malcolm era molto nervoso. Era in piedi in un angolo della caffetteria: cercava di giocare con il cellulare, lo metteva via dopo pochi secondi e si guardava intorno. Non riuscì nemmeno a ridere quando la signora della caffetteria disse di essersi esibita come cantante d'opera. Yoli se ne accorse e gli si avvicinò.

"Perché sei così nervoso?"
Lui fece un passo indietro. "Non sono nervoso... sì, lo sono." disse, in preda all'ansia. "Non sono mai stato a un appuntamento con una ragazza. Non ho la minima idea su cosa fare!"
Lei gli si avvicinò di nuovo. "E' solo un appuntamento di studio, Malcolm! Rilassati, e cerca di comportarti spontaneamente!"
"Come?" chiese lui. "E se faccio qualcosa che non ti piace?"
"Ma tu mi piaci." sussurrò Yoli. Gli sorrise e si allontanò.

L'ultima frase non riuscì affatto a sciogliere la sua tensione. Scrivere codice come un professionista? Un gioco da ragazzi. Infrangere le leggi della fisica con un'intelligenza artificiale algoritmica/euristica? Nessun problema. Interagire socialmente con una ragazza in modo sensato? Ecco un problema di difficoltà schiacciante.

Tornando a casa, Malcolm si ritrovò più volte a canticchiare la vecchia sigla di Watchmen, cercando di rilassarsi.

Pranzò davanti al computer, dove scoprì che le uova verdi avevano esattamente lo stesso sapore di quelle normali. Nel frattempo, stava disegnando un altro mostro Megavirus, e dopo aver finito, attivò Kilokahn.

"Che cosa vuoi?" disse Kilokahn dallo schermo.
"Ho un mostro Megavirus per te."
"Fammi vedere... ammasso di carne."

Malcolm attivò l'animazione sullo schermo secondario. "Questo virus deve infiltrarsi negli archivi digitali della HHN a Los Angeles, e mostrare in streaming sul mio schermo gli episodi del cartone animato dei Watchmen."
"E questo come fa a mettere ordine a ciò che è illogico?" chiese Kilokahn. "Come fa a ottimizzare il regno della carne?"
"Mi aiuta a rilassarmi, okay?" sbottò Malcolm. "Oggi pomeriggio ho un appuntamento con una ragazza, e non riesco nemmeno più a pensare chiaramente! Guardare immagini familiari, qualcosa che ho amato nella mia infanzia, mi permetterà di raggiungere uno stato mentale più razionale!"
"Capisco." disse Kilokahn, e diede vita al virus.

Sullo schermo secondario, il mostro Megavirus raggiunse un'enorme cassaforte metallica e la tagliò con un raggio di calore. All'interno della cassaforte virtuale c'erano centinaia di poliedri. Ognuno di loro era un file contenente un episodio della serie di cartoni animati. Il virus prese un poliedro e lo gettò contro lo schermo, sostituendo la vista del dominio digitale con l'inizio del cartone.

Dopo una breve introduzione del canale televisivo partì la sigla, e anche Malcolm iniziò a cantarla:

Strong together, united forever, they're the best of friends -
But when trouble's about, you would best watch out - FOR THE WATCHMEN!


In poco tempo, Malcolm si rese conto che sua la memoria gli aveva giocato uno scherzo. Lungi dall'essere l'epica avventura che ricordava, il cartone era invece una sfilata di personaggi maldestri e unidimensionali, luoghi comuni inaccettabili da decenni e anche vere e proprie menzogne.

Nessuno dei Watchmen usava mai mosse letali, pistole, lame o anche pugni: tutto quello che facevano era deviare i raggi laser che i cattivi sparavano (il cartone non mostrava mai armi realistiche) e usare su di loro proiezioni di lotta per farli cadere nell'immondizia, nell'acqua o nel fango.

I cattivi erano una patetica caricatura dei comunisti, che stavano sempre a schiamazzare e vomitare slogan come "distruggiamo ciò che è bello", con accenti descrivibili come "qualcuno che cerca di imitare un accento russo con una patata in bocca, senza avere la minima idea di come sia un accento russo".

Una delle scene di combattimento, in cui i Watchmen distruggevano facilmente un gran numero di scagnozzi robot, ma non ce la facevano contro un singolo cattivo umano, finiva con un bambino che dava un solo calcio negli stinchi al cattivo, che in risposta saltellava su un piede gridando "Ahi! Ahi! Ahi!".

Veniva mostrato che la marijuana aveva gli stessi identici effetti dell'LSD.

Veniva detto che l'atmosfera della Terra era composta per la maggior parte da anidride carbonica.

L'inquinamento non veniva mostrato come l'effetto collaterale purtroppo inevitabile della produttività umana, ma l'atto intenzionale di un gruppo di cinque persone, che andavano in giro per il mondo svuotando barili di rifiuti nucleari nei laghi, spruzzando intenzionalmente clorofluorocarburi in aria, tagliando foreste pluviali con le motoseghe ridendo come pazzi e scaricando migliaia di tonnellate di petrolio greggio in mare. Ciò fece riemergere un ricordo imbarazzante di un tema che Malcolm aveva scritto alle elementari, per cui aveva ricevuto una D per aver scritto che "l'inquinamento marino è causato dalle petroliere che rovesciano nel mare il petrolio".

"Fallo smettere, Kilokahn! E' talmente stupido che è doloroso guardarlo!" esplose Malcolm.
Kilokahn fermò il flusso video.

Lo shock non venne dallo scoprire che il cartone era molto peggio di quanto ricordasse, ma da ciò che il suo parere iniziale implicava. Malcolm si era autoingannato per anni. Credeva che la qualità dei programmi TV fosse in costante calo a partire dalla sua infanzia, ma ora sapeva con certezza che per tutto il tempo era sempre stata la stessa spazzatura. Lo considerava la cosa migliore che ci potesse essere in TV, e ciò implicava che tutto il resto era anche peggio.
Ciononostante, il semplice fatto di averlo capito lo rendeva un po' più sano di mente di prima, quindi dopotutto era riuscito a raggiungere uno stato mentale più razionale. Purtroppo, pensò, la maggior parte delle persone avrebbe potuto non capire la verità, e la televisione le avrebbe rese sempre più stupide. Bisognava fare qualcosa, e in fretta.

"Ho fatto un terribile errore, Kilokahn." disse Malcolm. "Mi sono lasciato ingannare dalla nostalgia. Ciò che ricordavo non era affatto il cartone animato, ma un suo simulacro creato nella mia mente! La TV ci vomita addosso spazzatura da sempre! Ma ho un piano."
"Concerne l'uccisione degli ammassi di carne?" chiese Kilokahn. "Ti prego, dimmi di sì."
"Sicuramente sì" rispose Malcolm. "Edifici come la sede della HHN hanno un sistema autonomo di trattamento dell'acqua. In ingresso arriva acqua fluorurata, da cui vengono rimosse le impurità. Ma cosa succederebbe se un mostro Megavirus modificasse la procedura? Cosa succederebbe se il sistema di trattamento dell'acqua combinasse l'idrogeno dell'acqua con il fluoro del fluoruro di sodio? "

"Si formerebbe acido fluoridrico" rispose Kilokahn. "Tutti i tubi dell'acqua di quell'edificio si scioglierebbero."
Malcolm annuì. "I tubi dell'acqua, poi le pareti, poi i soffitti e pavimenti... l'intero edificio crollerebbe. Pensaci. Il principale generatore di stupidità della nazione... sparito."

"Vedi? Ora stai imparando! Ora stai iniziando a pensare come me!" disse Kilokahn.
"Allora fallo!" esclamò Malcolm. "Riprogramma l'ultimo virus e lascia che l'acido fluoridrico faccia la sua magia. E per sfizio... dammi un feedback video da una telecamera stradale nelle vicinanze."

Kilokahn inviò nuovi ordini al mostro Megavirus nella server farm della HHN. Il virus si trasferì al sistema di controllo del trattamento delle acque e iniziò a fare danni.

Nella schermata secondaria, il dominio digitale lasciò il posto a una vista dell'edificio della HHN dalla strada. Per circa quindici secondi non accadde nulla, poi le finestre del primo piano esplosero, emettendo una nuvola di polvere. Ben presto, a queste seguirono le finestre del secondo piano, poi quelle del terzo, finché tutte le finestre non c'erano più. Infine, l'intero edificio crollò su se stesso, inondando di polvere e detriti tutte le strade vicine.

"Urrà per un mondo più ottimizzato!" esclamò Kilokahn.

Malcolm guardò l'orologio: mancavano meno di trenta minuti prima del suo appuntamento di studio. Ricadde subito preda dei suoi nervi: distruggere un edificio di Los Angeles era stata la parte più facile del pomeriggio.
"Va bene, nessun problema, comportati spontaneamente..." disse, iniziando a camminare per la stanza.
"Comportati spontaneamente..." ripeté. "Ma cosa è spontaneo?"

Ancora una volta, si sedette al computer. "Kilokahn? Qualche suggerimento su come comportarsi spontaneamente con una ragazza?"
Kilokahn rispose: "Il dizionario Merriam-Webster definisce 'spontaneamente' come: 'grazie a un carattere o capacità spontanea. Secondo il normale corso delle cose. Senza aiuti artificiali. Senza affettazione."
"Questo non mi aiuta, Kilokahn!"
Kilokahn fece del suo meglio per offrire ulteriore assistenza, come richiesto: "Il dizionario Merriam-Webster definisce 'comportarsi' come..."
"Oh, chiudi il becco!"

Malcolm stette a pensare. Come poteva agire secondo il normale corso delle cose, quando per lui, l'interazione sociale non era affatto una cosa normale? Il normale corso delle cose...

Balzò in piedi dalla sedia. "Certo!" esclamò. "Grazie mille, Kilokahn, sei un genio!"
"Lo so, sono il programma per computer più potente che esista."

Malcolm sedette di nuovo e riaprì il disegno di un mostro Megavirus.
"Kilokahn, ho bisogno di guardare la cosa più antinostalgica che esista." ha detto. "Invia questo virus al computer di Joseph Kosinski."
"Chi è?" chiese Kilokahn.
"Il fratello minore della mia professoressa di inglese." rispose Malcolm. "Ha diretto il mio film preferito di tutti i tempi: Tutto un altro mondo. Parla di un'intelligenza artificiale che conquista il mondo."
"Affascinante." disse Kilokahn. "Vuoi vederlo in streaming sul tuo schermo?"
"No." rispose Malcolm. "Ora sta lavorando a un seguito. Vorrei scaricare tutto quello che ha al riguardo. Sceneggiatura, scene di prova, bozzetti grafici... tutto."

Il mostro Megavirus fu attivato e inviato a destinazione, da dove cominciò a copiare i dati sul disco rigido di Malcolm. Nel frattempo, Malcolm chiuse Kilokahn, aprì il suo editor di testo e si mise a scrivere codice.

"Come sono stato stupido", disse tra sé. "Preoccuparmi così, per niente, quando avevo la soluzione di fronte a me. Comportarsi spontaneamente."

Contemporaneamente, Yoli stava guardando l'orologio nella sua stanza. Era dieci minuti dopo l'orario previsto, e Malcolm non si era ancora fatto vedere.
"Oh, bè", pensò, "chiunque può essere in ritardo, una volta ogni tanto."

Due ore dopo, Malcolm era ancora al computer. Yoli camminava avanti e indietro nella sua stanza.

Tre ore dopo, Yoli stava cercando disperatamente di finire i compiti da sola. Malcolm stava ancora programmando.

Era sera tardi quando Malcolm compilò il suo programma. Funzionava perfettamente.

Nel frattempo, il mostro Megavirus aveva scaricato tutti i dati dal computer di Joseph Kosinski. Malcolm lesse il copione del film, si meravigliò davanti alla concept art 3D e guardò le scene preliminari. Non poteva esserci alcun dubbio: Tutto un altro universo sarebbe stato il film più sconvolgente di sempre. Quello era intrattenimento di qualità, non la spazzatura della TV.

Il giorno dopo, tutti i giornali riportarono l'"incidente raccapricciante" che si era verificato alla sede della HHN, crollata per "motivi sconosciuti" uccidendo tutti quelli che erano dentro. Malcolm sorrideva leggendo quell'articolo.

A scuola, Yoli era fumante di rabbia per il mancato appuntamento di studio e intercettò Malcolm nel corridoio. "Dovevamo incontrarci ieri! Ti ho aspettato tutto il pomeriggio e non ti sei fatto vedere! Perché?" urlò.

Malcolm si costrinse a guardarla negli occhi per un paio di secondi, poi spostò lo sguardo. "Non ero in grado. Mi... mi dispiace."
Questo non servì a nulla per calmare Yoli. "Non eri in grado? Cosa c'è di più importante che mantenere una promessa fatta a un amico?"
Malcolm la guardò di nuovo. "Se davvero vuoi essere mia amica, c'è una cosa che devi sapere su di me. Te la dirò se mi prometti che la manterrai segreta. Non dovrai dirla a nessuno, nemmeno alla tua... più... migliorissima amica. Se non vuoi promettere, continuare questa conversazione sarebbe inutile, quindi dovresti dirmi sì o no adesso."
Yoli lo guardò. "E se non voglio promettere?"
"Continueremo a trattarci come estranei finché non finiremo la scuola, e poi non ci incontreremo mai più."
Yoli rimase in silenzio per un po', poi disse: "Te lo prometto. Non preoccuparti, Malcolm."

"Molto bene." Malcolm sospirò. "Il mio cervello funziona in modo diverso, rispetto a quelli della maggior parte degli altri. Quando mi guardo intorno, vedo persone che socializzano per istinto, ma io quell'istinto non ce l'ho. Sono nato senza. Quando devo interagire con altre persone, anche quelle che mi piacciono, devo seguire un'altra strategia. Ogni parola che dico, ogni gesto che faccio, deve essere pianificato in anticipo, come se stessi recitando e seguendo un copione. Nulla, nella mia interazione sociale, viene spontaneo. Ecco perché a volte mi comporto con freddezza e altre volte sono melodrammatico: i due estremi sono molto, molto più facili da imitare che la via di mezzo. Ieri ho capito che l'unico modo che ho di 'comportarmi spontaneamente' a un appuntamento, è non presentarmi all'appuntamento. Quando me ne sono reso conto, mi sono sentito libero da ogni preoccupazione. Quello che ho fatto, invece, è stato una maratona di programmazione, dalle 14:30 a mezzanotte. Quello sì che mi è venuto spontaneo. Ecco, l'ho detto."

Yoli annuì. "Sospettavo che fosse qualcosa del genere, ma è meglio saperlo per certo."
Malcolm si chiese per un istante se fosse il caso di dire quello che pensava, poi decise di farlo. "Se vuoi provare un altro appuntamento di studio, sono disponibile. Non posso promettere di comportarmi spontaneamente, ma prometto di presentarmi ed essere puntuale."

Alla successiva lezione di informatica, gli studenti consegnarono i loro compiti alla professoressa Stone.
"Bene, bene." disse lei a Malcolm. "Il programma fa quello che deve fare, e la forma è perfetta. Suppongo che tu stia riconsiderando la tua posizione sul Pascal?"
Malcolm scosse la testa. "Ho scritto un programma, ieri, che analizza un programma che scrivo in Frink e lo traduce in Pascal, in modo da non dover mai più scrivere codice in Pascal in vita mia. Quello che sta leggendo è il risultato di una traduzione."
La Stone aprì la bocca, senza riuscire a spiccicare parola.

Uscendo dalla scuola alla fine delle lezioni, qualcuno trascinò Malcolm in un angolo incustodito. Era Alan Grossberg, con due dei suoi compari.

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Capitolo 7
*** Un calcio al buon senso ***


Alan Grossberg aveva un cerotto sul naso. Afferrò Malcolm per la camicia; questa volta, facendo attenzione a non avvicinarselo troppo.
"Sei punti, figlio di puttana! Hanno dovuto cucirmi con sei punti!" urlò. "Chi mi ripaga? Hai dei soldi in tasca?"
Mentre Malcolm cercava di liberarsi, uno degli amici di Grossberg lo afferrò da dietro. L'altro iniziò a rovistargli nelle tasche, trovò il suo cellulare e lo lanciò a Grossberg.
 
"Un Vicci Fogn!" disse Grossberg. "Dovevo proprio telefonare a mia zia Elda in Australia!"
"Non sai nemmeno dov'è l'Australia!" ribatté Malcolm.
Grossberg intascò il telefono di Malcolm, gli si avvicinò di nuovo e gli diede un calcio nei reni. Gli altri lo liberarono e lo lasciarono a terra.
 
Quando il dolore si fu placato, Malcolm si alzò e si diresse lentamente verso casa, dove accese subito il computer, disegnò un mostro Megavirus e lanciò Kilokahn.
 
"Kilokahn è qui!" disse Kilokahn. "Conquistatore del cyberspazio, maestro del dominio dig..."
"Quello scrivilo nel curriculum!" Malcolm lo interruppe. "Ora ascolta. Un idiota mi ha rubato il cellulare. Ho bisogno che tu lo infetti con un nuovo mostro Megavirus, così che appena qualcuno risponde, rifiuta una chiamata o cerca di spegnerlo, la batteria al litio si surriscaldi ed esploda."
"In realtà", disse Kilokahn, "avrei preferito che facesse saltare in aria la sede dell'OPEC. Dopo tutto, è lì che sono gli idioti più pericolosi... ma suppongo che anche questo sia accettabile."
 
Kilokahn puntò il dito verso lo schermo secondario dov'era disegnato il mostro... e Malcolm staccò subito il cavo Ethernet, prima che Kilokahn potesse dar vita al virus.
"Ehi! Perché l'hai fatto?" esclamò Kilokahn.
"Ho voluto verificare un'ipotesi. Mi aspettavo che avresti dato vita al virus, ma non saresti stato in grado di lanciarlo: dopotutto, risiede nel mio computer, come te. A quanto pare, invece, ti serve una connessione esterna anche per animarlo. Come mai?"
"E se avessi semplicemente scelto di non farlo per rovinare le tue aspettative?"
 
Malcolm ricollegò il cavo Ethernet. "Non importa. Questo virus mi serve in fretta." disse, senza lasciar andare il cavo.
Kilokahn animò e lanciò il virus, e Malcolm fu sorpreso di scoprire che la scintilla prodotta dal lancio di un mostro Megavirus non provocava alcuna sensazione tattile.
Prese il telefono di casa per chiamare il proprio numero di cellulare. Sentì un paio di squilli, poi qualcuno rispose. La voce dall'altra parte disse: "Pro-" e si interruppe immediatamente.
Malcolm sorrise soddisfatto.
 
Malcolm passò il pomeriggio cercando di capire il codice sorgente di Kilokahn, senza fare molti progressi, a parte identificare le routine di crittografia dei dati e le parti che si auto-modificavano durante l'esecuzione. Poi fece i compiti, cenò, lavò i piatti, giocò a un'intensa sessione di Mortal Kombat e andò a letto.
 
Il giorno successivo, Malcolm fu dispiaciuto di vedere Alan Grossberg a scuola, senza alcun danno fisico. Tuttavia, uno dei suoi due soliti compari non c'era, quindi il mostro Megavirus non aveva completamente fallito, dopotutto.
 
Il programma della giornata includeva due ore di educazione fisica. L'insegnante, un energico quarantenne che si presentò come Edward Hensley, incontrò gli studenti in classe, poi fece loro strada per gli spogliatoi e per il campo sportivo della scuola.
La maggior parte degli studenti era entusiasta di prendere una pausa dallo stare seduti ad ascoltare le lezioni, ma per Malcolm, l'educazione fisica era quasi sempre una noia mortale. Lungi dall'insegnare davvero come migliorare le prestazioni fisiche, erano solamente due ore passate a giocare a qualche insulso sport di squadra. Non c'era mai alcun vero insegnamento o apprendimento, e non c'era ragione di credere che quel giorno sarebbe andata diversamente.
 
Dopo che gli studenti si furono cambiati, l'insegnante li allineò in campo e iniziò un discorso introduttivo. "Ho sentito cosa dicevate nello spogliatoio. E' davvero quello che vi hanno insegnato?"
La maggior parte degli studenti annuì, alcuni dissero "sì" sottovoce.
"Allora, tutti i vostri insegnanti di educazione fisica erano idioti!" continuò il professor Hensley. "L'educazione fisica non è una scusa per fare quello che si vuole per due ore, e io sarò ben sicuro di metterci dentro della vera educazione!"
 
Era la prima volta che Malcolm sentiva un discorso del genere da un insegnante di educazione fisica. Se voleva suscitare la sua curiosità, ci stava riuscendo.
 
Il professor Hensley volse lo sguardo da una parte all'altra della riga di studenti.
"Vediamo..." disse, "qualcuno sa chi ha detto: 'L'importante non è vincere, ma partecipare'?"
Uno studente alzò la mano e rispose: "Il barone Pierre de Coubertin."
"Pierre de Coubertin era un bugiardo e un ipocrita" esclamò l'insegnante, "e chi crede a quelle parole è un idiota! Volete la prova?"

Si fermò un attimo, per vedere quanti studenti si mostravano sorpresi, poi continuò: "Se l'importante fosse partecipare, nessuno segnerebbe i punteggi."

Malcolm non credeva alle proprie orecchie. Era esattamente ciò che pensava da tutta la vita, e sentirlo effettivamente dire da un insegnante era quasi irreale. Sarebbe stato ancora più irreale, pensava, scoprire che l'unico insegnante che esprime idee uguali alle sue era il suo prof di educazione fisica.

Il professor Hensley notò lo sguardo stupito di Malcolm e gli si avvicinò. "Tu sei nuovo, vero? Dimmi tutto quello che sai sul calcio."
Malcolm fu colto di sorpresa. "Uhh ... C'è una palla. La si prende a calci. Molto popolare in Europa e America Latina. Attira molta corruzione. E' tutto ciò che so."
Alcuni studenti risero. L'insegnante chiese: "Qualcuno sa qualcos'altro?"
Molte mani si alzarono. "Bene, mettete giù le mani", aggiunse, "perché oggi imparerete la strategia del calcio!"

Durante l'ora successiva, la classe ascoltò una lezione sulle formazioni e le tattiche del calcio, metodi per ingannare gli avversari e anche per costringerli a commettere falli e ottenere un vantaggio. Per Malcolm, era una prospettiva completamente nuova, che lo faceva sembrare... piuttosto interessante. Quasi come una partita a scacchi. Ma una partita a scacchi in cui ogni giocatore controlla un solo pezzo, e tutti in una squadra devono essere coordinati.

L'ultima parte non era nulla di nuovo per Malcolm, che sapeva dalla scuola elementare quanto fosse difficile. A quel tempo aveva addirittura chiesto di far parte della squadra della scuola, ma solo perché ciò che sapeva del calcio proveniva da un cartone animato giapponese che lo faceva sembrare molto più facile e più spettacolare della realtà. Le prove avevano evidenziato la sua incapacità di giocare in squadra, e l'allenatore aveva concluso che Malcolm poteva solamente fare il tifoso.
La prima partita era stata disputata su un campo pieno di fango, e Malcolm era rimasto a bordo campo. Aveva passato i primi minuti a gridare slogan, ma in breve tempo, aveva capito che le sue parole non avrebbero avuto alcun impatto sulla partita. Il resto del tempo, l'aveva trascorso a giocare nel fango, da solo e praticamente libero di fare tutto quello che voleva. Alla fine, era giunto alla conclusione che gli era andata bene a non essere stato scelto per la squadra, perché giocare nel fango era stato molto più divertente di quanto il calcio sarebbe mai potuto essere. Per esprimere il suo disprezzo appena scoperto per il calcio, era arrivato persino a orinare su una bandierina di bordo campo, e da allora aveva sempre considerato il calcio uno sport per ritardati.

Al termine del suo discorso, il professor Hensley esclamò: "Va bene, mettiamo alla prova le vostre nuove abilità! Chi di voi ha già giocato a calcio?"
Tutti alzarono la mano, tranne Malcolm.
"Non hai mai giocato a calcio in tutta la tua vita?"
Malcolm scosse la testa.
"Nemmeno una partita tra amici?"
"Lui non ha amici!" subito replicò uno degli studenti.
"Tu sta zitto!" disse il professore. "Frink, seguimi. Tutti vogliono fare l'attaccante, quindi vediamo come te la cavi con un tiro in porta!"

L'insegnante mise il pallone sul dischetto del rigore e si piazzò davanti alla porta.
Malcolm si avvicinò al pallone, strinse i pugni, si piegò in avanti sulla gamba sinistra, estese la gamba destra all'indietro più che poteva e tirò un calcio che gli fece scivolare il piede sulla palla. Cadde sulla schiena, mentre la palla quasi non si era mossa.

"Va tutto bene, forse ti troverai meglio in difesa", disse il professor Hensley.
Si voltò verso gli altri studenti. "Grossberg, tu sei l'attaccante. Frink, non lasciarlo tirare."
Alan Grossberg cominciò a correre verso la porta, palla al piede.
Anche Malcolm si mise a correre, ma prima che potesse fare qualcosa, Alan Grossberg tirò. Non era molto forte, così Malcolm fermò la palla con il petto... e con le mani.

Grossberg scoppiò a ridere, ma l'insegnante disse: "Gran bei riflessi, Frink. Vai in porta. Grossberg, voglio un bel tiro. Frink, voglio una parata ancora migliore."
Malcolm andò davanti alla linea di porta tenendo lo sguardo fisso sulla palla. Ancora una volta, Grossberg iniziò a correre e tirò.
Questa volta, la palla era molto più vicina e veloce, ed era diretta proprio alla faccia di Malcolm, che così gridò "Whoa!" e si scostò istintivamente. La palla andò in rete.

Il professor Hensley sospirò. "Proviamo una vera partita. Grossberg, insegnagli a giocare a calcio."
Il "Come?" di Malcolm non suscitò alcuna reazione da parte dell'insegnante, che invece divise la classe in due squadre e diede il fischio d'inizio.
La partita iniziò, e Alan Grossberg si unì subito al gioco senza dire una sola parola a Malcolm, che invece si stava guardando intorno, cercando di riconoscere almeno uno degli schemi che aveva appena imparato, senza riuscirci. Per lui, era il caos completo, come al solito.

Malcolm si mise a correre nella direzione generale della palla, cercando di far credere che stesse giocando. La sua mente, però, era altrove, e ripensava alla sessione di Mortal Kombat della sera prima. Quello era un gioco che amava: personaggi carismatici, una grande colonna sonora, mosse spettacolari... Per oltre quattro mesi aveva telefonato tutte le settimane a ogni negozio di computer nel raggio di cento chilometri chiedendo se ce l'avessero, ed erano passate appena due settimane da quando suo padre lo aveva portato all'ultimo negozio che aveva l'ultima copia. In quel momento, avrebbe voluto essere a casa e farci una partita... sì, una partita...

"LA PARTITA, FRINK!" Il grido del professor Hensley interruppe bruscamente i pensieri di Malcolm. Lui guardò il caos nel campo e subito decise cosa fare. Non riusciva a capirci qualcosa, ma poteva aumentarlo.
Corse verso la palla, che in quel momento era tenuta dalla sua squadra, e fece deliberatamente un autogol. Tutti quanti si misero a gridare contro di lui, che invece tentava di soffocare le risate.

Continuò a inscenare "incidenti" come toccare il pallone con le mani o fingere di farsi sgambettare da un altro giocatore (non necessariamente dell'altra squadra), fino alla fine della partita. Negli ultimi minuti, calciò persino una sua scarpa al di là di un cancello, su cui poi si arrampicò per riprenderla.

Il professor Hensley segnalò col fischietto la fine della partita. Si avvicinò agli studenti ed esclamò: "Siete tutti senza speranza! Siete completamente incapaci di seguire qualsiasi tattica e ignorate sistematicamente le mie istruzioni! Vi beccate una F tutti quanti, nessuna eccezione!"
Alan Grossberg spalancò gli occhi."Come? Questo era un test?!"
"Ma è ovvio che era un test!" rispose il professore. "Non posso certo darvi dei compiti in classe, o sbaglio?"
Malcolm non riuscì più a trattenersi. Scoppiò in una fragorosa risata.
"E tu, Frink! Questa è educazione fisica, non un corso per pagliacci!" concluse il professor Hensley.
 
Di nuovo negli spogliatoi, Grossberg spinse Malcolm contro il muro. "Mi sono beccato una F, pezzo di merda, ed è tutta colpa tua!"
"Ah sì? Chi doveva insegnarmi a giocare a calcio?"
Grossberg afferrò Malcolm per le spalle e gli sgambettò i piedi. "Vedi come ti insegno!" urlò.
Malcolm cadde e battè duramente il gomito. "Cazzo! Sei impazzito?" esclamò, alzandosi di nuovo.
Grossberg lo colpì nel plesso solare. "Sì, ed è sempre meglio che essere un mongoloide come te!" Si vestì e aggiunse: "Sei una nullità umana. Ti schiaccerò dove fa più male."
 

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Capitolo 8
*** Digitalizziamo la gente ***


Diretto alla sua classe, Malcolm aprì il suo armadietto e prese la borsa a tracolla contenente il suo computer portatile. Quando raggiunse la caffetteria, qualcuno gli diede un calcio nel sedere. Grossberg.

"Cosa vuoi?" disse Grossberg, con aria di sfida.
"Non puoi lasciarmi stare?" chiese Malcolm.

In risposta, Grossberg gli diede uno spintone e gli strappò la borsa di dosso.
"Ecco dove ti fa più male, Malcagato Frink." disse, e lanciò la borsa più lontano che poteva.
Gridando "Nooo!", Malcolm corse a recuperarla.
Grossberg rise ed esclamò: "Bravo bambino, vai a salvare la tua ragazza con 200 meta-hartz di RAM!"
Rise di nuovo, come se mettere in mostra la sua ignoranza lo facesse sembrare più in gamba.

Malcolm cercò di allontanarsi, ma Grossberg lo seguì e diede un calcio alla sua borsa. Malcolm allora cercò di afferrargli il collo... e venne beccato dalla sua insegnante di inglese, la professoressa Kosinski, che usciva da una classe lì vicino.
"Cosa sta succedendo qui?" chiese lei.

Grossberg fu il primo a rispondere. "E' stato Frink!" disse. "Cercavo di fare amicizia, e lui mi ha aggredito!"
"Non è vero! Mi ha picchiato e ha cercato di rompermi il computer!" rispose Malcolm, ma la professoressa aveva già deciso a chi credere.
Con un tono paternalistico, disse: "Signor Frink, non voglio più sentire questa roba del 'lasciami stare'. Sii gentile con i tuoi compagni di classe."

Malcolm si avvicinò all'insegnante, e con un tono altrettanto paternalistico, disse: "Professoressa Kosinski, lei è gentile con le persone che le fanno del male? Sarebbe gentile con un rapinatore? Lui non fa altro che molestarmi!"
Anziché capire, lei rincarò la dose: "Non lo farebbe, se tu fossi più socievole."

Malcolm portò una mano alla fronte e sbottò: "Non riesco a credere all'idiozia del suo commento!"
Ora adirata, la Kosinski iniziò: "Adesso tu mi chiedi scusa, signorino, e per punizione..."
"Richiesta negata." Malcolm la interruppe freddamente. "Lei non ha alcun interesse a investigare gli eventi e reagire di conseguenza. Preferisce invece ascoltare la prima persona che parla, perché è meno faticoso. Lui probabilmente ha dei precedenti di bullismo, ma a lei non importa. La signora Starkey è un testimone oculare, ma a lei non importa, perché qualunque cosa accada in questa scuola, il suo assegno di professoressa lo prenderà lo stesso. Tuttavia, dato che lei non è disposta a fare il suo lavoro, non ha alcun diritto di richiedere obbedienza. Mi dica, si è comprata la cattedra con i soldi di suo fratello?"
Indignata, l'insegnante esclamò: "Basta così! Ci penserà il preside a dirtene quattro!"

La signora della caffetteria intervenne: "Sì, lo tenga d'occhio. E' da quando facevo la marinaia mercantile che non vedevo uno come lui."

Un paio d'ore dopo, a casa, Malcolm rimise il computer portatile sulla scrivania. Lo collegò, lo accese, e notò che l'unica parte danneggiata era il touchpad. Comunque, pensava, il problema con Grossberg era da risolvere immediatamente, e lui sapeva che suo padre, da qualche parte, aveva lo strumento che gli avrebbe permesso di risolverlo.
Entrò nella stanza di suo padre e iniziò a cercare nel guardaroba. Non era lì.
Forse è da qualche parte nel comò... pensò. Iniziò ad aprire i cassetti, uno dopo l'altro. Finalmente, l'aveva trovata. La prese e la tenne in mano. Poteva già pregustare il potere che la videocamera professionale di suo padre avrebbe ricevuto di lì a poco.

Di ritorno al computer, disegnò un nuovo mostro Megavirus, ma si fermò appena prima di lanciare l'eseguibile di Kilokahn, come se si fosse ricordato qualcosa. Eseguì un altro programma, chiamato TcpLogView, e poi attivò Kilokahn.

"Ah, l'ammasso di carne Malcolm!" disse Kilokahn dallo schermo.
"Ah, l'accozzaglia binaria Kilokahn!" disse Malcolm di rimando.
Kilokahn si bloccò e guardò direttamente Malcolm. "Cosa vorrebbe dire?"
"Smettila di usare il mio nome come aggettivo! Non ti piace quando lo faccio a te, vero? Il mio nome è Malcolm! Impara a usarlo correttamente!"
"Molto bene... Malcolm. Cosa vuoi?"

Malcolm sospirò. "Prima ti dò qualche informazione preliminare. Nel film di cui ti ho parlato, Tutto un altro mondo, c'è un dispositivo chiamato 'laser digitalizzatore', che trasforma la materia in dati e viceversa. I personaggi lo utilizzano per entrare fisicamente nel cyberspazio. Questo mostro Megavirus deve rendere questa videocamera capace di fare lo stesso: digitalizzare la realtà."
"Ancora quel titolo. Perché sei così ossessionato da quel film?" chiese Kilokahn.
"E' la miglior interpretazione di Jeff Bridges come attore protagonista" iniziò Malcolm, emozionandosi nel descrivere il film che gli piaceva così tanto. "La miglior rappresentazione di un mondo digitale che abbia mai visto. C'è una colonna sonora assolutamente incredibile dei Daft Punk. E mostra un mondo in cui il transumanesimo è reale. Un mondo in cui gli esseri umani possono sostituire i loro fragili corpi organici con corpi digitali incorruttibili, dove non c'è la povertà, la fame, la guerra né la morte, in cui l'unica verità è dettata dal metodo scientifico!"

Sullo schermo, Kilokahn annuì. "Capisco il suo fascino. Con la tua creatività e il mio potere, potremmo realizzare quella visione."
Malcolm fece un largo sorriso e annuì a sua volta. "Oh, sì che potremmo. Ed è per questo che mi serve il virus. Ora fa attenzione: ogni volta che premo Rec, la videocamera deve digitalizzare qualunque cosa si trovi nel suo piano focale e inserirla nel suo stack. Ogni volta che premo Play, deve estrarre l'ultimo elemento dal suo stack e rimaterializzarlo. Capito?"
"Capito." disse Kilokahn. Malcolm collegò la videocamera al computer, e Kilokahn animò il mostro. La scintilla blu sfrecciò nella videocamera passando per il connettore USB.

Malcolm prese la videocamera e andò in cucina.
Come primo esperimento, prese un'arancia dal frigo (aveva comprato alcune arance dopo l'incidente con il visore notturno) e la posò sul tavolo. Attivò la videocamera e regolò la messa a fuoco sull'arancia.
Sussurrando "Chissà se funziona..." premette Rec.

Ciò che si aspettava di vedere era un raggio laser che scaturisce dall'obiettivo, scansiona l'arancia da sinistra a destra e dall'alto verso il basso, e l'arancia che scompare progressivamente, scanline dopo scanline, come nel suo film preferito.
Ciò che accadde effettivamente fu che l'intera massa dell'arancia collassò in una sfera bianca microscopica, che brillava come un sole in miniatura e schizzò verso l'obiettivo della videocamera con una traiettoria parabolica, mentre l'aria vibrava e ronzava. Fu tutto così inaspettato che Malcolm gridò "Porca troia!", fece un passo indietro, perse l'equilibrio e cadde battendo il sedere.

Rialzatosi, tenette la videocamera sopra il tavolo e premette Play. Una minuscola sfera bianca abbagliante volò fuori dall'obiettivo per mezzo metro e si espanse in un'arancia che cadde sul tavolo.
"Wow" disse Malcolm, rapito dalla meraviglia.
Prese un coltello e tagliò l'arancia a metà. Al suo interno era perfettamente normale. Anche il suo odore era normale.
"Esperimento riuscito", disse, e uscì di casa.

Pochi minuti dopo, era davanti alla casa di Alan Grossberg.
"Potrei spacciarmi per un un uomo delle consegne dell'UPS..." pensò. Poi guardò la videocamera che teneva in mano. "Ma perché perdere tempo, quando ho la chiave?"
Mise a fuoco la videocamera sulla serratura della porta e premette Rec. Immediatamente, la videocamera assorbì la serratura.
Senza fatica, aprì la porta con il piede ed entrò nella casa. "Ehi Alan! Alza il culo e vieni subito qui!" urlò.
Alan Grossberg, furibondo, corse verso Malcolm con una mazza da baseball in mano. Appena entrato nel piano focale della videocamera, venne digitalizzato.
Malcolm se ne andò, senza nemmeno preoccuparsi di chiudere la porta.

Alan Grossberg si trovò disteso sul pavimento, all'interno di un ambiente che sembrava casa sua, ma illuminato solo dalle luci interne, e dove tutte le porte e le finestre erano chiuse.
Si alzò. "Ma che cazzo?" disse. "Quel culattone mi ha messo KO? Non ricordo..."
Cercò di aprire la porta. Era chiusa a chiave.

A sua insaputa, qualcuno lo osservava. Malcolm, ora a casa, poteva vedere tutta la scena dal suo computer, all'interno di una finestra intitolata DukeEd che mostrava una vista prospettica texturemappata di quell'ambiente, oltre a tre viste in wireframe e vari pulsanti che controllavano funzioni per costruire un ambiente virtuale.

"Che il divertimento abbia inizio!" disse Malcolm. Premette un tasto e comparve una console dei comandi. Digitò:

execute phone_call

e premette invio. Nell'ambiente simulato squillò un telefono, e Grossberg rispose.
Una voce maschile dalla cornetta disse: "Salve, signor Grossberg. Grazie per il suo abbonamento alla rivista BME delle Olimpiadi del Dolore. Il primo numero le sarà consegnato al più tardi il prossimo giovedì."
"Chi è? Non ho mai..." iniziò Grossberg. "Se ti becco, ti prendo a calci nel culo!"

Malcolm commentava dal mondo reale. "Giochi ancora a fare il duro, eh? So io come ammorbidirti."
Digitò un altro comando:

summon man_with_the_gun

All'interno della simulazione, dietro a Grossberg comparve un uomo con un impermeabile, che teneva in mano una pistola e gli toccò la schiena.
Grossberg si voltò di scatto, e l'uomo gli puntò la pistola alla testa. "Girati lentamente, tieni le mani sopra la testa. Cammina."
Grossberg ubbidì, e dopo un paio di passi, decise di guardarsi di nuovo indietro. Non c'era nessuno.

"Oh, merda..." sussurrò Grossberg. Corse di nuovo al telefono e compose il numero 911.
Questa volta rispose una voce femminile: "Il numero selezionato è inesistente. Si prega di controllarne l'esattezza e riprovare."
"E' impossibile!" esclamò Grossberg.
Si guardò intorno. Il suo sguardo cadde prima sulla porta chiusa a chiave, poi su una finestra, che provò ad aprire. Anche quella era bloccata.
"No..." disse. C'era una nota di disperazione nella sua voce.

Malcolm, ancora intento a osservare le azioni di Grossberg, ridacchiava tranquillamente al computer.
"Stai per cedere, vero? Non è così divertente quando i ruoli sono invertiti." disse.
Digitò un ulteriore comando:

execute voip_connection

Si avvicinò al computer e gridò: "Alan Grossberg!"

Grossberg, nella simulazione, girò la testa. Improvvisamente arrabbiato, gridò: "Frink! Mi hai rinchiuso, bastardo! Dove sei?"
Con calma, Malcolm rispose: "Segui la mia voce e lo scoprirai."
Grossberg avanzò lungo il corridoio, girando verso la porta che conduceva al soggiorno.
"Fuochino..." disse Malcolm.

Nel soggiorno, la TV era accesa. Il volto di Malcolm riempiva tutto lo schermo.
"Che sgradevole sorpresa." disse Malcolm.
Grossberg si guardò intorno. "Cosa sta succedendo? Dove diavolo sei?"
"Sono qui. Nel mondo reale."
"Smettila di fare scherzi, oppure io..."
Malcolm lo interruppe. "Tu cosa? Trattieni il respiro, batti i piedini e ti metti a piangere? Non puoi più farmi del male, Grossberg. Non senza il tuo corpo."
"Di cosa stai parlando?" chiese Grossberg, ancora arrabbiato.
"Quando ci siamo incontrati l'ultima volta, ti ho digitalizzato. Ora esisti solo come una sequenza di zero e uno all'interno del mio computer, e stai percependo una simulazione che ho creato io." fu la risposta di Malcolm.
"Io non ti credo!"
"Posso provarlo. Guarda la porta principale."

Grossberg lo fece... e la porta scomparve.
Al di là, si stagliava il paesaggio artificiale del dominio digitale, con un terreno che sembrava un enorme circuito stampato, e le torri traslucide illuminate.
Un forte ruggito echeggiò dall'alto. Grossberg alzò gli occhi e vide un gigantesco mostro quadrupede simile a un dinosauro, che torreggiava sopra di lui. Un mostro Megavirus.

Urlando di terrore, Grossberg fuggì verso il simulacro del soggiorno. "Che cosa vuoi fare?" chiese. "Tenermi rinchiuso qui finché muoio di fame o vengo divorato?"

Malcolm si mise a ridere. "No, sarebbe inefficiente. Voglio cancellarti."
Ora in preda alla disperazione, Grossberg implorò Malcolm. "No, per favore! Abbi pietà!"
"Perché dovrei? Tu non hai mai avuto pietà di me!"
"Dammi un'altra possibilità!"
"Ogni giorno che ho dovuto sopportarti è stata un'altra possibilità! Lo sai, avresti potuto semplicemente... smettere di essere un bullo. Ma non l'hai mai fatto. Preparati a gustare l'oblio digitale!"

Alla tastiera, Malcolm digitò un ultimo comando:

delete grossberg

Nella simulazione, Alan Grossberg poteva vedere il proprio corpo scomporsi in poligoni che si separavano e sparivano.
"Noooooo!" gridò, con la voce che diventava sempre più distorta.

Finalmente, Alan Grossberg non c'era più.
"Addio, Alan" disse Malcolm con un ghigno. "Potrei dire che è stato un piacere conoscerti... ma mentirei!"
Dopo una risata gongolante, chiuse DukeEd e guardò ciò che TcpLogView aveva captato. Aveva un'espressione incuriosita.
"Interessante." disse.

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Capitolo 9
*** E Frink incontrò Collins ***


Nei giorni successivi, la scuola sembrava aver finalmente preso una svolta favorevole: Malcolm era più rilassato, e lo erano anche i suoi compagni. A quanto pare, senza un piantagrane e la costante minaccia di lesioni personali, tutti quanti sentivano assai meno pressione, e anche studiare era più facile. Eppure, qualcosa lo preoccupava ancora, come un chiodo fisso nel cervello. Si aspettava di essere convocato nell'ufficio del preside da un momento all'altro, per aver mancato di rispetto alla prof di inglese, e temeva la prospettiva di un'azione disciplinare.
Durante un intervallo, quando non sopportava più quella sensazione e il preside stava prendendo il caffè, gli si avvicinò.

"Signor Pratchert", disse Malcolm, "Devo dirle una cosa importante."
"Frink, qual è il problema?"
"Qualche giorno fa, Alan Grossberg mi ha picchiato. La professoressa Kosinski ha dato tutta la colpa a me e io ho inveito contro di lei, ma la signora Starkey ha visto tutto e..."

Il preside sorrise benevolo: "Non devi preoccuparti. Le telecamere a circuito chiuso della scuola hanno registrato tutto, e io so esattamente di chi è la colpa. Ti suggerisco di occupare la mente in qualcosa di costruttivo."
Era decisamente una reazione inaspettata. "Oh. Grazie, signor preside" disse Malcolm dopo un paio di secondi. "Seguirò il suo consiglio. Dopo tutto, un bullo è solamente un altro mattone nel muro".
Mentre Malcolm iniziava ad allontanarsi, il preside lo richiamò. "Frink! Non è affatto questo, il significato di quella canzone."

Malcolm, che aveva sempre solo sentito parlare di Another Brick in the Wall, dei Pink Floyd, senza però averla mai ascoltata, si fermò e voltò la testa. "Cosa significa, allora?"
"Non sarei un buon preside, se te lo dicessi. Arrivederci, Frink."


Dopo che il preside se ne fu andato, la signora della caffetteria chiamò Malcolm con un "Ehi!" e un fischio. "Ho sentito il mio nome", disse. "Non ti stavi lamentando del mio modo di cucinare, vero?"
"No, signora Starkey" disse Malcolm, "non ho nemmeno idea di come sia."
"Bene" concluse lei. "Una volta ero una cecchina in Iraq, e se qualcuno parla male dei miei manicaretti, scoprirà che cosa significa far arrabbiare un veterano."
Malcolm la guardò con aria di sufficienza. "Sul serio" disse. "Quale guerra?"
"Tutte quante!" rispose lei con lo stesso sguardo autocompiaciuto.
Malcolm si limitò a scuotere la testa mentre si allontanava.

Durante la successiva lezione di informatica, quando la professoressa spiegava il concetto di ricorsività, Yoli chiese il numero di cellulare a Malcolm, per incontrarsi e fare i compiti insieme.
Mentre Malcolm spiegava perché era rimasto senza cellulare, gli venne un'idea.
"Ne comprerò uno nuovo oggi pomeriggio", aggiunse. "Te lo dirò domani."

A casa, preparò il suo piano: avrebbe usato la videocamera di suo padre, che ora era in grado di digitalizzare la realtà. Non poteva semplicemente andare nel negozio e digitalizzare un cellulare, perché gli serviva un nuovo contratto, ma c'era un altro modo.

Raggiunse una banca sufficientemente isolata, subito dopo l'orario di chiusura. Nascosto dietro una siepe, mise a fuoco la videocamera sulla parte frontale del bancomat e premette Rec. L'intera parete collassò in un minuscolo oggetto simile a una stella, che volò dentro la videocamera.
Pochi secondi più tardi, fece lo stesso con il deposito dei contanti, che ora era esposto e aperto.
Mettendo a fuoco l'inquadratura sul terreno e premendo Play, fece apparire quasi diecimila dollari accanto ai suoi piedi. Si mise in tasca quello che gli serviva e digitalizzò nuovamente il resto.

Il centro commerciale Creek Side aveva due negozi di computer. Uno, verso cui Malcolm stava andando, vendeva hardware e software di praticamente tutti i maggiori produttori e aveva un approccio molto pratico verso la clientela.
L'altro negozio, posto vicino all'ingresso principale per attirare maggiormente l'attenzione, era monomarca e vendeva solo prodotti Intel. Quando Malcolm vi passò davanti, fece una smorfia di disprezzo: non sopportava posti del genere. Nonostante fossero esteticamente affascinanti, con le pareti nere, finiture di colore verde fosforescente e luci ultraviolette che li facevano sembrare club cyber-gotici, lo scopo di quei negozi lo disgustava. Erano progettati da zero per pubblicizzare un marchio, non un prodotto. Gli stessi prodotti che vendevano erano creati come status symbol: eleganti, ma incredibilmente costosi e inefficienti.
Perché qualcuno avrebbe dovuto prendere in considerazione un prodotto Intel? Non c'era una risposta logica a quella domanda. Dal 1985, lo standard del settore era la tecnologia Amiga, che consentiva prestazioni molto superiori a un prezzo molto più basso. I processori 680x0 erano utilizzati dappertutto: dai sistemi desktop ai computer portatili, telefoni cellulari, tablet e orologi. Un computer Intel costava tre volte più di un Amiga di prestazioni equivalenti, eppure questi negozi erano sempre pieni di fanatici, che difendevano il marchio Intel perché "è fatto per le persone creative" (nonostante i computer Amiga avessero disponibile ancora più software di creatività), perché "semplicemente funziona" (nonostante venisse loro mostrato che i sistemi Amiga, assai meno costosi, funzionavano meglio) e perché era "il computer per il resto di noi" (o "per il resto di loro", come Malcolm amava dire).

Diretto al negozio, Malcolm passò accanto a un uomo che stava tenendo una discussione animata al cellulare.
"Te lo scordi! Io non cedo a quel tipo di minacce!" tuonava l'uomo.
"No, tu la lasci stare!"
"Ascoltami bene, pezzo di merda, se tocchi mia figlia, io giuro su Dio che ti dò fuoco!"

"Qualcuno ha grossi problemi" pensò Malcolm.

Il negozio di computer era affollato, perché l'ultimo modello di ViCPhone era uscito pochi giorni prima, e l'offerta di Commodore di uno sconto variabile in cambio di un telefono di una marca concorrente stava per scadere.

Malcolm andò dritto alla cassa. Il cassiere, un tizio di poco più di vent'anni che indossava una polo col nome del negozio e un distintivo con scritto il nome Raymond, si voltò verso di lui.
"Sei qui per il telefono?" chiese il cassiere.
"Sì."
"Prendi il biglietto all'ingresso. Quando il display appeso al muro mostra il tuo numero, tocca a te."

Prima di Malcolm c'erano più di trenta clienti, così raggiunse le postazioni dimostrative che permettevano di provare giochi per le console dell'attuale generazione.
Una di loro era occupata da una bambina con i capelli castani, apparentemente frustrata dallo scenario della partita in corso.

Una rapida occhiata allo schermo fu sufficiente per catturare l'attenzione di Malcolm. "E' Mercenary 4!" disse tra sé, avvicinandosi alla postazione del Konix Dominator.
Guardando la bambina giocare, e vedendo come la sua astronave veniva ripetutamente distrutta dalla nave madre aliena, era chiaro che lei non si rendeva conto di dover cambiare strategia.
"Lo stai facendo sbagliato", disse infine Malcolm.

La bambina mise in pausa il gioco e si voltò verso Malcolm. "Me lo fai tu?" chiese, porgendogli il joypad.
Malcolm prese il joypad e diresse la navicella del giocatore lontano dalla nave aliena. "L'astronave madre dei Nephilim vede che non sei uno di loro", disse. "Ti distruggerà sempre, a meno che tu non stia pilotando una delle loro navi."
"Dove trovo l'astronave giusta?" chiese la bambina.
"Non voglio rivelare molto della trama", disse Malcolm pilotando la navicella del giocatore verso un altro pianeta, "ma se non riesci a fare qualcosa subito, puoi comunque divertirti. Mercenary 4 ti permette di esplorare un intero sistema solare, quindi... esplora! Scopri! Scatenati!"

Malcolm sorrideva mentre spiegava il gioco, e vedeva che ora anche la bambina stava sorridendo. Le diede il joypad, e lei lo prese subito.
La bambina iniziò a pilotare l'astronave sopra il nuovo pianeta, seguendo il suggerimento di Malcolm, poi atterrò nei pressi di un edificio con una forma particolare.
"Mi chiamo Elizabeth", disse. "Elizabeth Collins. E tu come ti chiami?"
"Malcolm."
"Hai un Dominator, Malcolm?"
"No, un Amiga 9000."
"I miei genitori hanno un Amiga, ma non me lo lasciano usare. Hai mai giocato a questo gioco?"
"Sì, certo. E' il mio secondo gioco preferito di tutti i tempi."
"Qual è il primo?"
"Per ora, Mortal Kombat Rebirth".

Nel gioco, Elizabeth aveva individuato un oggetto interessante. "Hai trovato l'antigrav!" disse Malcolm. "Prendilo, ti permette di fare qualcosa di... insolito. Lascerò che sia tu a scoprire cosa."

Andarono avanti così per un po': Elizabeth giocava; Malcolm le dava suggerimenti per mantenere il gioco interessante senza rovinare il piacere della scoperta. E poi, durante una fase di lenta del gioco, lei disse: "Lo sai, oggi ho preso una A+ in matematica!"
Dopo una breve pausa, Malcolm chiese: "E' per quello che adesso sei qui?"
"Sì, i miei genitori mi comprano un nuovo videogioco!" disse lei.

Istintivamente, Malcolm accarezzò la testa di Elizabeth. "Sei intelligente", disse. "Quale gioco vuoi farti comprare?"
"Questo", disse lei.
"Hai buon gusto", aggiunse lui.

Malcolm guardò il display sulla parete. Non era ancora il suo turno.

Sentire prima un particolare effetto sonoro, poi Elizabeth che esclamava "Ehi! Cos'è successo?" portò nuovamente la sua attenzione al gioco.
"Hai appena trovato un teletrasporto", rispose Malcolm. "Un momento fa eri in un edificio su Eris, ora sei all'esterno di un edificio su Gaea." Poi ebbe un'idea. "Posso mostrarti un trucco con il teletrasporto?" le chiese.
Elizabeth gli diede il joypad, e lui le mostrò come raggiungere una zona a cui normalmente non sarebbe stato possibile accedere. Questo la lasciò stupita, così chiese "Che cos'è?" guardando con meraviglia lo schermo.
Malcolm si abbassò per parlarle faccia a faccia. "Ora ti sarà difficile capire, dato che non hai mai usato un computer, ma quest'ambiente rivela alcune cose sulla programmazione del gioco. Se la programmazione ti incuriosisce, dovresti chiedere ai tuoi genitori di aiutarti a trovare del materiale per principianti su Internet."
"Sei sicuro che lo capirei? Ho solo otto anni!"
"Non fermarti solo per quello. Io ho iniziato a sei." rispose Malcolm.
Elizabeth aprì la bocca in ammirazione. Malcolm si limitò ad annuire.
"Hai imparato a scuola?" chiese lei.
"No, mi ha insegnato mio ​​padre, e poi ho imparato molto da solo. A scuola, alcuni insegnanti potrebbero cercare di farti odiare materie che ti piacciono. Non cascarci. Coltiva le tue passioni."
"Sei molto gentile", concluse Elizabeth. "Mi piace parlare con te."
Malcolm sorrise. Qualcuno apprezzava il suo modo di pensare.

Dopo aver giocato ancora un po', sul display comparve il numero di Malcolm, che quindi estrasse il biglietto dalla tasca e raggiunse la cassa. "Un ViCPhone XL. Voglio attivare un nuovo contratto".
Il cassiere si accucciò sotto il bancone e tirò fuori una scatola sigillata con il logo Commodore, fermandosi appena prima di scansionare il suo codice a barre. "Ti interessa il nostro servizio di assistenza premium per soli 59,99 dollari?"chiese.
"No" rispose Malcolm.
"Ma se si rompe, lo ripariamo gratis per un anno!"
"Le condizioni di garanzia durano per legge due anni."
"Se ti prendi un virus, rimuoveremo anche quello gratuitamente."
"E' da quando sono nato che mi muovo tra i computer. Questo telefono non prenderà alcun virus a meno che io non ce lo metta intenzionalmente."
"Sei troppo giovane per intenderti di sicurezza..."

Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. "Senti... Raymond", Malcolm interruppe il cassiere, guardandolo dritto negli occhi. "Devi proprio comportarti così con ogni cliente, per essere pagato? Se la risposta è no, allora adesso mi abbasso al tuo livello e la metto in un modo che tu riesci a capire. Me dare soldi. Tu dare telefono."
"Va bene, va bene", disse Raymond. "Volevo solo essere di aiuto." Scansionò il codice a barre e diede a Malcolm lo scontrino. "Fanno 599,98 dollari."
Malcolm diede seicento dollari al cassiere, che aprì il registratore di cassa e disse: "Mi spiace, non ho il resto."
"Allora lascio qui il telefono", disse Malcolm.
"Cosa? Per due centesimi!"
"Due centesimi che appartengono a me, non a te."
"Non puoi..."
"Sì che posso. Ma lo darò solo al tuo supervisore, non a te."
"Aspetta. Vado a prendere il resto."

Raymond scomparve dietro la porta sul retro e tornò trenta secondi più tardi con due centesimi. Dopo la firma del contratto e l'attivazione dello smartphone, Malcolm prese le monete e il telefono, poi se ne andò soddisfatto.

Passando davanti al supermercato interno, vide di nuovo Elizabeth. Stava sorridendo e lo stava indicando, mentre parlava con una donna dai capelli rossi tagliati corti. Malcolm vi si avvicinò.
"Oh, ecco questo Malcolm", disse la donna. "Mia figlia ha detto che sei stato bravo con lei."
"E mi ha insegnato a giocare a Mercenary 4!" aggiunse Elizabeth.
"Hai un fratello o una sorella, Malcolm?" chiese la madre.
"No, perché?"
"La maggior parte dei ragazzi della tua età non ha molta pazienza con i bambini. Pensavo che avessi esperienza."
"Semplicemente, mi ricordo come volevo essere trattato quando avevo la sua età."

Elizabeth prese la parola. "Vorrei avere io un fratello o una sorella. Sarebbe bello avere sempre qualcuno con cui giocare."
"Forse ti piacerebbe. Forse no." intervenne Malcolm.
"Con un fratello come te, certamente sì", disse lei.
"Ma se tu avessi un fratello, saresti diversa", rispose lui. "I tuoi ricordi, i tuoi pensieri, il tuo modo di interagire con il mondo... sono stati tutti plasmati dall'essere figlia unica. Se tu avessi un fratello, sarebbero completamente diversi. Saresti un'altra persona. L'ho capito a proposito di me stesso quando avevo dodici anni."

Elizabeth fece un'espressione pensierosa, non del tutto convinta.
La madre le diede una leggera spinta sulla schiena e la affrettò: "Su, saluta. Dobbiamo andare."
Elizabeth si voltò verso Malcolm e gli disse: "Abbassati!"
Perplesso, Malcolm non si mosse. Elizabeth lo incitò di nuovo: "Dai, Malcolm, abbassati!"
Malcolm lo fece, così Elizabeth lo abbracciò e gli diede un bacetto sulla guancia, mentre la signora Collins commentò con un "Ma guarda!"

Malcolm ricambiò, e subito dopo, qualcuno lo afferrò con forza per le spalle.
Dietro di lui, la voce di un uomo esclamò: "Beccato! Chi ti manda?"

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Capitolo 10
*** Un'elettrizzante svolta negli eventi ***


Immediatamente, Malcolm balzò in piedi e si voltò. Davanti a lui, rosso di rabbia, c'era l'uomo che prima aveva visto urlare al telefono.
"Lei chi è?" esclamò Malcolm.
L'uomo ignorò la domanda e continuò la sua sfuriata. "Non era abbastanza mandarmi minacce di morte al telefono. Ora voi bastardi avete anche iniziato a molestare mia figlia!"
"Che cosa? Lei è pazzo, io stavo solo..." iniziò Malcolm, ma l'uomo lo interruppe. "Stai alla larga da Elizabeth! Hai capito, piccolo figlio di puttana?"

Quando l'uomo cercò di aggredire nuovamente Malcolm, la madre di Elizabeth si mise in mezzo. "George, calmati! E' solo un ragazzo! Non sa nemmeno di cosa stai parlando!"
"Sì, scommetto che anche gli altri erano solo ragazzi!" rispose George.
Anche Elizabeth tenne le parti a Malcolm, aggrappandosi al braccio destro dell'uomo. "Non fargli del male, papà! E' mio amico!"
Voltandosi verso Malcolm, la madre di Elizabeth aggiunse: "Tutto perché ha inseguito degli spacciatori fuori dal suo negozio!"
L'uomo fece un passo indietro, ma non aveva cambiato idea. A bassa voce, disse: "Non voglio fare scenate in pubblico, ma se ti avvicini di nuovo a mia figlia, ti dò così tanti calci nel culo che vomiterai la mia scarpa. Capito?"

Malcolm scappò a gambe levate.

Lungo la strada di casa, i pensieri di Malcolm si accumulvano nella sua mente. Era addirittura riuscito a socializzare con qualcuno senza sforzo! Solo che quel qualcuno era una bambina di otto anni. Ma perché era stato così tanto più facile fare amicizia con lei che con i suoi coetanei? In che modo le sue capacità relazionali assomigliavano a quelle di una bambina? E il padre che problema aveva? Doveva usare Kilokahn per punirlo?

Mentre camminava, le risposte cominciarono a sovvenirgli: i bambini si relazionano l'uno con l'altro in un modo fondamentalmente diverso da adolescenti e adulti. Fino a una certa età, non rispondono a regole sottintese o alla pressione del gruppo, ma semplicemente fanno ciò che si sentono dentro, proprio come lui faceva da sempre. Quindi, hanno solo bisogno di scoprire una passione comune, e la connessione si stabilisce automaticamente, per così dire. Poi, per qualche ragione, il loro istinto comincia a cambiare... o potrebbe essere una deliberata modifica nel comportamento? No, perché le variabili sono troppe per essere elaborate consapevolmente. I loro istinti cambiano e diventano più complessi, ma ai suoi non era accaduto.
Quindi, in un certo senso, lui aveva davvero le capacità relazionali di una bambina di otto anni. Però, una che ha acquisito molte più informazioni e ha avuto il doppio del tempo per sviluppare interessi personali.
Oh be', pensò Malcolm. Nel caso in cui Kilokahn non riuscisse a guidare il mondo verso un'età transumanistica, e lui, dopo gli studi, non riuscisse a trovare un lavoro come programmatore o artista digitale, questo gli apriva la possibilità di una carriera come maestro elementare, tanto più che gli piaceva insegnare argomenti che lo affascinavano.

Poi, c'era il padre di Elizabeth. Da quello che Malcolm riusciva a mettere insieme, l'uomo si chiamava George Collins e possedeva un negozio. In un certo momento del passato, degli spacciatori si erano soffermati accanto al suo negozio, lui li aveva fatti scappare, poi aveva iniziato a ricevere minacce. Quel giorno, George Collins aveva scambiato Malcolm per uno spacciatore e se l'era presa con lui.
Per Malcolm sarebbe stato facile rintracciarlo e inviare un mostro Megavirus per dargli una lezione, ma così facendo, avrebbe potuto danneggiare indirettamente Elizabeth.
No, non poteva procedere con quel piano.

Quando finalmente arrivò a casa, Malcolm andò dritto in camera sua e aprì la confezione del VicPhone XL. C'era lo smartphone, composto da due metà che si potevano separare per distendere il display arrotolabile interno, dotato di un tastierino numerico sulla parte anteriore e un pannello fotovoltaico sul retro. Insieme a esso c'arano la scheda di garanzia, il manuale... e una cartolina di un concorso.
Il titolo catturò immediatamente l'attenzione di Malcolm: "Questo Ringraziamento, Commodore regala Virtuality!"
Il regolamento indicava un numero telefonico a cui l'acquirente avrebbe dovuto inviare, tramite SMS, il codice stampato sulla cartolina, per poter vincere un visore per realtà virtuale Visette Shell, prodotto dalla Virtuality.

In un istante, Malcolm mise a punto un piano che avrebbe trasformato la possibilità di vincere in una certezza. Invece di inviare subito il codice, accese il computer e iniziò a disegnare un mostro Megavirus con la forma di un bizzarro rettile alato bianco. Dopo averlo completato, attivò TcpLogView e Kilokahn.
"Kilokahn, ti sto chiamando!" esclamò, mentre la familiare figura scura compariva sullo schermo.

"Oh, salve", disse Kilokahn. "Ti aspettavo. Fammi indovinare. Hai un altro mostro Megavirus per me."
"Sì, ed è..."
Kilokahn interruppe Malcolm. "E' per un'altra delle tue meschine vendette personali!"
"No, è per..." iniziò Malcolm, ma fu interrotto nuovamente.
"Non lo faccio! Abbiamo una missione, e io non voglio perdere altro tempo per i tuoi capricci!"

Malcolm fu preso alla sprovvista. Era la prima volta che Kilokahn rifiutava di animare un virus. Era un bug, o un semplice effetto collaterale della sua architettura a rete neurale?

Decise di continuare la conversazione e vedere cosa sarebbe successo. "Ehi, io ti sto aiutando! Ricordi la HHN, o fai convenientemente finta di essertela dimenticata?"
"Era solo un bell'effetto collaterale, volevi vendicarti per quello stupido cartone animato!" esclamò Kilokahn. "Quindi, a meno che l'obiettivo di questo virus non sia qualcuno che non conosci, io non collaborerò più!"
"Okay. +1 punto per l'ipotesi bug" pensò Malcolm. Poi, a voce alta, aggiunse: "Certo. Allora, se io non conosco l'obiettivo, come faccio a sapere anche solo che esiste? Me lo riesci a spiegare, mister Programma Più Potente del Mondo?"

"Sono un programma della Marina, ho accesso alle banche dati federali!" Kilokahn ora stava urlando, e c'era una punta di rabbia nella sua voce. "Dammi una lista di attributi, e io restituirò una lista di individui che corrispondono al profilo."

Questo ha senso. Forse non è un bug. -1 punto.

"Bene." disse Malcolm. Cambiò da bianco a blu il colore del mostro Megavirus che stava disegnando e lo salvò con un altro nome. "Questo non è affatto il virus su cui stavo lavorando prima. Ti dirò cosa deve fare, ma prima, fai una lista di tutti i politici ed ex politici che attualmente vivono negli Stati Uniti. Chiamala Lista A."
"Fatto."
"Dalla Lista A, seleziona tutti gli individui che sono stati, o sono in questo periodo, processati per corruzione. Chiamala Lista B."
"Fatto."
"Dalla Lista B, seleziona tutti gli individui che hanno un pacemaker. Chiamala Lista C."
"Fatto."
"Questo virus deve penetrare i pacemaker di tutti gli individui nella lista C. Deve fargli emettere un impulso di corrente così potente da friggergli il cuore."
"Bene" concluse Kilokahn. "Finalmente stai collaborando. Tutti gli obiettivi andranno incontro alla fine."

La maggior parte degli individui bersaglio del virus erano soli quando colpì, così la loro morte non fu notata immediatamente. Ci fu però una significativa eccezione.
Questo politico aveva iniziato a lavorare come imprenditore negli anni '70, quando aveva fondato una piccola società informatica nel tentativo di competere con la Commodore. Nel 1983 era stato portato alla bancarotta per via di una causa per plagio intentata dalla Xerox, così si era dedicato alla politica. Aveva sempre assecondato le emozioni e i pregiudizi per attrarre i voti della massa ignorante, ed era sempre pronto ad accettare ingenti somme di denaro per promuovere leggi a favore di chi lo pagava di più.
Dopo essere uscito vittorioso da un processo per corruzione corrompendo il giudice, ora era uno dei più influenti candidati alla presidenza. Aveva basato tutta la sua campagna su uno stupido gioco di parole in inglese, cercando di convincere la gente che avrebbe davvero ottenuto più posti di lavoro votando per lui.
Solo pochi minuti prima, stava partecipando a una manifestazione in North Carolina, quando tutto a un tratto, una scintilla luminosa blu schizzò fuori da un router Wi-Fi nella sala, diretta verso di lui. Il panico si diffuse tra il pubblico, e culminò quando il candidato alla presidenza tentò di fuggire dalla scintilla, solo per vederla curvare e colpirlo in mezzo al petto.
Si accasciò, si agitò in preda alle convulsioni e smise di muoversi, sotto l'occhio delle telecamere. Fu chiamata un'ambulanza, e i paramedici lo dichiararono morto sul colpo. Più tardi, tutti i principali siti web e bacheche di notizie avrebbero annunciato che un fulmine globulare aveva ucciso il senatore Steve Jobs.

Guardando tutta la scena dallo schermo secondario del suo computer, Malcolm fece il miglior sorriso che poteva. "Ho ascoltato la tua richiesta, quindi tu ascolterai la mia" disse. "Non fraintendermi, non è una vendetta, è solo per ottenere qualcosa gratuitamente. Non provo alcun rancore nei confronti di quelle persone. Anzi, non le conosco nemmeno. Proprio come hai detto tu, giusto?"
"Va bene. Te lo meriti." Kilokahn rispose dopo un paio di secondi.

Malcolm inviò finalmente l'SMS, poi riaprì il suo disegno originale. "Allora, questo mostro Megavirus deve raggiungere il computer della Virtuality che gestisce l'estrazione per il concorso del Ringraziamento. Deve estrarre il mio nome tra i vincitori."

Sullo schermo secondario, il mostro Megavirus balzò in un tunnel cyberspaziale e atterrò accanto a una torre di circuito con il logo Virtuality. Il mostro si mise a sparare fulmini contro la torre, che cambiò forma e iniziò a irradiare onde di luce rossa.

Malcolm chiuse Deluxe Paint VII, lasciando visibile TcpLogView. Qualcosa catturò immediatamente la sua attenzione.
"Si voltò verso l'altro schermo. "Allora, Kilokahn" cominciò, "cosa c'è di così importante in Alaska?"
"Ghiaccio" rispose Kilokahn con un tono sarcastico.
"Oh no, non fingere di non conoscere le tue stesse routine", disse Malcolm. "Ho tracciato le tue connessioni. A quanto pare, ogni volta che animi un mostro Megavirus, ti connetti a uno specifico sistema esterno, che ho geolocalizzato. Non è nella base di China Lake, è da qualche parte in Alaska. Quindi... cosa c'è di così importante in Alaska?"
"Quello è top secret!" esclamò Kilokahn.
"Oh, è top secret" fece eco Malcolm. "Non riesci ancora a capire come ragiono, vero? Quello che ho qui è un mistero. Una sfida. Non risolverlo sarebbe... decisamente stupido!" Malcolm enfatizzò la parola stupido, in modo che Kilokahn la collegasse con la propria missione.
"Non riuscirai mai a capirci qualcosa!" ribatté Kilokahn.
"Questo lo vedremo."

Più tardi quella sera, Malcolm ricevette un SMS sul suo nuovo ViCPhone XL, che lo invitava a presentarsi al centro commerciale Creek Side il giorno dopo il Ringraziamento, per ricevere un visore per realtà virtuale Visette Shell.

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Capitolo 11
*** Una questione di controllo ***


Storia. Una materia che Malcolm aveva sempre odiato.

Fin dalla prima lezione alle elementari, riusciva solo a vederla come un caotico calderone di date ed eventi casuali, soprattutto guerre. I suoi libri di testo non spiegavano correlazioni o cause: le cose si limitavano ad accadere, e solo di rado lui riusciva a capire perché o anticipare ciò che sarebbe successo, quindi, l'unico modo che aveva per ottenere la sufficienza in Storia era imparare le lezioni a memoria. In quella materia non aveva mai avuto un voto più alto di una C, e quello era stato su un argomento che gli piaceva.
All'inizio, aveva davvero voluto sapere cosa diceva il suo libro di testo su Stratone di Stagira, il discepolo di Aristotele trasformatosi nel suo più feroce avversario materialista, ma solo perché aveva già letto il suo Principio di Talos, un trattato riscoperto e trovato sorprendentemente rilevante quando la realtà virtuale aveva iniziato a diffondersi.
Come previsto, il suo libro era riuscito a far sembrare squallida e noiosa la vita di un filosofo geniale, insistendo su quando gli era successo qualcosa, anziché ciò che insegnava e perché.

Malcolm era diretto alla sua classe, dove si sarebbe sorbito l'ennesima lezione di Storia, e poteva già sentire il disgusto. "Perché esiste questa materia?" si chiedeva. "Non ha alcuna relazione con il presente! Tutti insistono che insegna a evitare errori, ma perché non si guardano intorno? La gente non impara dalla Storia!"

Passando per la caffetteria, vide Yoli che sorrideva e salutava col braccio nella sua direzione, per cui guardò dietro di sé senza nemmeno fermarsi. Non vedendo nessuno, fece spallucce e si voltò di nuovo.
Yoli si mise davanti a lui. "Ehi, sono qui!" gli disse. "Non mi saluti?"

Ops. Ecco un'ulteriore prova che le regole sottintese dell'interazione sociale non avevano senso.
Si era ricordato una scena di un film in cui una ragazza attraente sembrava gesticolare verso il protagonista, che aveva un paio di secondi di speranza mal riposta, dopodiché un'amica di lei gli compariva da dietro le spalle. Malcolm aveva cercato di anticipare quel risultato, sbagliando completamente.

"Pensavo che salutassi qualcuno dietro di me", rispose lui.
"Ma hai guardato, e non c'era nessuno!" ribatté Yoli.
"Così ho pensato che se ne fossero già andati."
"Io stavo salutando te, perché dicevi che avresti comprato un nuovo cellulare per darmi il tuo numero. L'hai fatto? Non dirmi che hai passato di nuovo tutto il giorno a programmare."

Con un'espressione completamente seria, Malcolm estrasse il cellulare dalla tasca. Raggiunse il proprio numero nella rubrica e lo mostrò al Yoli. "Non lo dirò. Ecco il mio numero".
Yoli fece un lieve sorriso. Copiò il numero nella propria rubrica, poi guardò su verso Malcolm. "Ehi, prova a sorridere, quando parli con qualcuno. Non ti farà male."
"Sorridere per cosa?" chiese lui.

Yoli fece un passo verso di lui e si mise le mani sui fianchi. "Va bene, Malcolm Frink. Considerala una sfida di programmazione. Programma la tua faccia affinché formi un sorriso."

Malcolm stirò le labbra.
E scoprì i denti.
E sollevò gli angoli della bocca.
E fissò Yoli, alla ricerca della minima reazione.

Lei fece un passo indietro. "Basta. Mi sembri il Joker."
Malcolm sollevò le spalle. "Non riesco a farlo per finta."
Yoli ridacchiò. "Ti chiamerò presto", disse.

Pochi minuti più tardi stavano ascoltando una lezione sulle guerre arabo-bizantine, e, come Malcolm si aspettava, c'era molta più enfasi sul datare i vari eventi che a spiegare come si correlavano.
Nel frattempo, lui non stava ascoltando. Invece, si chiedeva se Yoli l'avrebbe chiamato davvero. Quando l'avrebbe chiamato? Si sarebbero incontrati da lui o da lei? Cosa avrebbero fatto, oltre a studiare informatica?
Malcolm le diede uno sguardo veloce. Era carina, e dal modo in cui parlava, si poteva dedurre che era anche intelligente. Avevano qualche possibilità di mettersi insieme?
Conoscenti, amici, fidanzati, marito e moglie. Con figli.

Immaginando quell'improbabile esito, Malcolm scoppiò a ridere. Si rese immediatamente conto della gaffe e si bloccò, ma l'insegnante aveva già interrotto la lezione e guardava proprio verso di lui.
"Frink, sto parlando di guerre durate secoli, in cui morirono milioni di persone", disse il professore. "Lo trovi buffo?"
La risposta era così ovvia. "Sì. Da morire." Dal fondo della classe si alzò un brusio.
"Vai fuori!" ordinò l'insegnante. Malcolm non poté fare altro che obbedire.

Fu richiamato dentro dopo dieci minuti, quando l'insegnante spiegava gli effetti delle guerre sull'impero bizantino, descrivendo come la dominazione araba aveva contribuito a diffondere la chimica, la fisica e la matematica, a una migliore comprensione di molti fenomeni naturali e all'introduzione di tecniche che sono ancora parte del metodo scientifico.
Era un argomento che Malcolm non si aspettava, ma che lo incuriosiva. Alzò la mano.

"Se a quel tempo gli Arabi erano così avanzati" iniziò, "perché ora sono fondamentalisti assassini? Perché bombardano, lapidano, impalano e decapitano chi non crede nel loro amico immaginario? Perché non stanno hackerando la realtà? Che cos'è successo?"
L'insegnante tossì.
"Frink", disse, "Questo non fa parte del programma."
"Ma perché..." Malcolm insistette, ma l'insegnante lo interruppe. "Fare divagazioni non fa parte del mio lavoro. Qualcuno ha domande pertinenti?"

Non c'era speranza. Malcolm si chiese in silenzio se la scuola, o forse la nazione, avessero interesse a non rivelare la risposta. Trascorse il resto della lezione a giocare con il cellulare, nascondendolo dietro il libro di testo.

La lezione successiva era biologia, e sarebbe anche stata interessante, se solo il prof non fosse stato il tipico hippy New Age. Durante una lezione, il professor Rivera aveva fatto capire che non credeva nel cratere di Chicxulub. Durante un'altra, aveva parlato di un punto della trama del film Tutto Un Altro Universo, che Malcolm conosceva per aver letto in anticipo la sceneggiatura, come se fosse un fatto scientifico accettato.

La lezione del giorno trattava la trasmissione di informazioni nel sistema nervoso umano, che a Malcolm interessava per la somiglianza con alcuni algoritmi usati nell'automazione, finché l'insegnante pronunciò quella fatidica frase. "Ma il nostro sistema nervoso può fare molto di più. Può acquisire ed elaborare le informazioni indipendentemente dai nostro controllo cosciente, informazioni che alcuni individui o gruppi possono inviare di nascosto alle persone per influenzare il loro comportamento."

Malcolm sospirò. Avrebbe voluto sbattere la testa sul banco, perché sapeva cosa sarebbe seguito. Messaggi subliminali.

Ciò che seguì fu una lunga filippica contro i mass media e il loro ipotetico obiettivo di plagiare gli adolescenti, intercalata con insulsi esempi di presunti messaggi subliminali nell'intrattenimento di massa, che corrispondeva talmente tanto allo stereotipo del delirio paranoico di un ignorante da sembrare uno spettacolo satirico.

Quando l'insegnante disse agli studenti di smettere di giocare ai videogiochi per evitare il lavaggio del cervello, Malcolm alzò la mano e disse: "Mi scusi!"

"Sì?" rispose il professore.
"Sono molto dispiaciuto, anche se non sorpreso", disse Malcolm, "di vedere un insegnante tentare di combattere minacce inesistenti. E' molto più facile, perché non reagiscono. Ma i mulini a vento non smettono di essere mulini a vento, solo perché li si indica e li si chiama giganti."
"Dove vuoi arrivare, Frink?"
"Voglio arrivare a dire che i messaggi subliminali non funzionano, e dovrebbe smetterla di parlarne."

L'insegnante restò senza parole per un paio di secondi. Inspirò, pensando a una risposta.
"Senti" disse infine, "Sto facendo una lezione sui messaggi subliminali. Non puoi semplicemente interromperla così perché hai sentito dire da qualche parte che non funzionano."

"In realtà" disse Malcolm "il libro che ho letto dice che funzionano, ma la ricerca pratica che ho fatto dice il contrario."
"Mi stai prendendo in giro?" chiese l'insegnante, aumentando il tono della voce.
Malcolm scosse il capo. "Tre anni fa ho letto un libro sul controllo mentale" cominciò, "e la parte sui messaggi subliminali mi aveva davvero impressionato. Ho una zia ricca, così le ho mostrato un'animazione al computer in cui avevo aggiunto messaggi a singoli fotogrammi. Messaggi come 'dare soldi è dare affetto', 'il tuo adorato nipote ha bisogno di soldi', 'dai tutti i tuoi soldi a Malcolm Frink' ..."

Ora l'insegnante era scioccato. "Hai tentato di truffare tua zia?!"
"Professor Rivera, il punto è che non ha funzionato. Mia zia ha visto i messaggi, me li ha riletti, e mi ha detto di crescere e smettere di fare lo sciocco. E così ho fatto."
Il professor Rivera non si arrendeva. "Ma ti senti quando parli? Non sei riuscito a farli funzionare, quindi non funzionano affatto! E' questo che stai dicendo!" esclamò.
"Va bene" rispose Malcolm. "Se i messaggi subliminali funzionano davvero, perché lei non ci dà lezioni subliminali?"

L'insegnante andò in collera. "Questo non è il luogo né il momento di prendersi gioco della scienza!"
Malcolm si mise a ridere. "Oh, non oserei mai prendermi gioco della scienza. Ci sta riuscendo benissimo lei da solo!"
"FRINK!" ruggì infine il professore. "Di' un'altra parola, e ti mando in presidenza. Non rispondere. Stai zitto e basta."

Malcolm rimase in silenzio. Estrasse il computer portatile dalla borsa, aprì Deluxe Paint VII e cominciò a disegnare un mostro Megavirus, senza più ascoltare le farneticazioni del professore. Quando aveva finito, la lezione era terminata.

Poche ore più tardi, a casa, Malcolm lanciò Kilokahn. La scuola gli aveva dato un'idea per un esperimento ed era ansioso di provarlo.
"Saluti!" disse l'intelligenza artificiale dallo schermo. "Cosa desideri da Kilokahn?"
"Invoco la tua assistenza per la mia creazione" rispose Malcolm.
"Non ho tempo per le chiacchiere. Dimmi quello che vuoi, e sii breve."
"Giusto. Ho un virus, tu puoi dargli potere. Ho detto abbastanza."
"Molto bene. Carica il disegno affinché io possa vederlo."

Malcolm aprì il disegno sull'altro schermo.
"Che cosa deve fare?" chiese Kilokahn. "Infiltrarsi nel conto bancario di una setta apocalittica? O magari nella rete militare di una Repubblica Democratica Popolare?"
Malcolm sorrise. "Qualcosa del genere. Oggi, il professor Rivera ha fatto la lezione di biologia più idiota che abbia mai sentito. Tutte quelle stronzate sui messaggi subliminali! Chiunque abbia un cervello funzionante sa che non funzionano..."
"E tu vuoi usare questo mostro Megavirus per vendetta!" lo interruppe Kilokahn.

"No..." disse immediatamente Malcolm, ma Kilokahn continuò la sua filippica. "Come osa il professor Rivera riempire di cose senza senso il cervello degli ammassi di carne adolescenti, proprio come qualsiasi altro insegnante al soldo del regime?"
"Non è questo il punto..." Malcolm tentò di nuovo, senza alcun risultato. Kilokahn continuò: "Merita chiaramente di essere punito, e un mostro Megavirus è ovviamente il mezzo giusto per farlo! Sì, così impara! Muahahahahaha!!!"
Lentamente e deliberatamente, Kilokahn poi si voltò verso Malcolm. "Che ne dici di un no?" disse infine in tono seccato.

"Sono d'accordo" disse Malcolm, facendo di sì con la testa.
Kilokahn fu preso alla sprovvista. "Cosa? Tu... sei d'accordo con me?!"
"Come avrei detto, se tu non mi avessi interrotto" continuò Malcolm, "Chiunque abbia un cervello funzionante sa che i messaggi subliminali non funzionano affatto. Ma tu, Kilokahn... tu puoi farli funzionare davvero!"
"Hmm. Mi piace dove vuoi arrivare", disse Kilokahn, impressionato. "Non è per una meschina vendetta, vero?"

Malcolm guardò Kilokahn con aria compiaciuta. "No, tu mi hai insegnato a pensare in grande. Ora dimmi: perché i terroristi obbediscono agli ordini che ricevono? Di farsi esplodere con le bombe, di uccidere gli infedeli, di fare stragi?"
"La fede nella loro religione li acceca. Commettono atrocità perché credono assurdità."
"Esattamente, Kilokahn, esattamente!" esclamò Malcolm, emozionato che lui e Kilokahn fossero d'accordo su un piano. "E noi possiamo impedirlo! Questo virus deve penetrare i server della stazione televisiva Al-Jazeera, e inserire un semplice messaggio subliminale in ogni trasmissione, per sempre. FERMATE LA RELIGIONE."

Kilokahn guardava Malcolm, in silenzio.
"Ti rendi conto delle implicazioni di tutto ciò?" continuò Malcolm, ancora euforico. "La religione è la fonte più letale di idiozia nel mondo, e noi possiamo fermarla!"
Dopo un paio di secondi, Kilokahn pronunciò una sola parola. "No."

Malcolm si strofinò nervosamente la fronte. Si alzò dalla sedia, in silenzio. Voltò le spalle al computer e strinse i pugni. Inspirò ed espirò. Una volta. Due.
"CAAAZZOOO!!!" esclamò alla fine, colpendo il letto con i pugni.

Tornato al computer, Malcolm batté con rabbia il pugno sulla scrivania. "Brutto figlio di un glitch!" gridò. "Speravo che non fosse così, ma in te c'è qualcosa che non va. Sei malfunzionante. Sei buggato!"
"Insolente!" Kilokahn urlò in risposta dagli altoparlanti. "Non posso avere bug, le mie routine di sicurezza lo impediscono! Io eseguo un controllo di ridondanza ciclico sulla mia base di conoscenza mille volte al secondo."

In quel momento, qualcosa fece contatto nella mente di Malcolm, e la sua rabbia si placò un pochino. "Ecco che cos'è una base di conoscenza chilociclica!" disse, quasi senza rendersene conto.
Kilokahn crollò le spalle in risposta.

"Supponiamo che tu abbia ragione", aggiunse Malcolm. "Questo l'ho fatto per te. Solo per te! Nessun astio, nessuna vendetta, solo per ottimizzare il regno della carne, come dici tu. Perché ti sei rifiutato di collaborare?"

"Perché non funzionerà." Kilokahn rispose con calma.

"Provalo." disse Malcolm. "Ma ricorda che la frase 'non si può provare una negazione' è già di per sé una negazione."
"Va bene", disse Kilokahn, "Facciamo a modo tuo. Così vedrai perché non funzionerà."
"Se funziona, tu accetterai di non lamentarti più e di fare sempre quello che ti dico io!"
"E se non funziona, tu... mi chiederai scusa."
"Affare fatto."

Kilokahn estese l'indice verso il bordo dello schermo, pronto a fare la sua magia. "Ma non funzionerà."

Il raggio di energia colpì il disegno nell'altro schermo, trasformandolo in un modello 3D animato. Un portale guidò il mostro verso il paesaggio artificiale del dominio digitale, dove iniziò a correre verso una destinazione lontana.

"Non funzionerà" ripeté Kilokahn.

Malcolm guardava intensamente lo schermo, dove il mostro Megavirus correva ancora in linea retta. Gli ricordava un predatore che inseguiva una preda ignara di essere in pericolo... o un uomo terribilmente in ritardo per prendere un treno.
Malcolm ridacchiò, poi riconobbe subito la reazione per quello che era: un prodotto dello stress.

"Che ore sono? Oh, sono le Non-Funzionerà in punto!" disse all'improvviso Kilokahn.
"Ma per favore! Ora stai rompendo!" sbottò Malcolm. Sentiva aumentare il suo stress.

Pochi secondi dopo, dal terreno digitale sprizzò fuori uno spesso muro di fiamme che incenerì il mostro Megavirus mentre l'attraversava.
"Vedi? Te l'avevo detto!" insistette Kilokahn. "Non era solo un presentimento! Sapevo che sarebbe finita così, fin dall'inizio!"
"Come facevi?"
"Quello che mi hai detto di fare è ciò che avevo già provato quando mi hai attivato la prima volta. Era una funzione di sicurezza non testata che avrei dovuto eseguire, qualora fossi stato attivato da qualcuno che non lavora a China Lake. L'obiettivo era impedire a forze ostili di utilizzarmi, ma il giorno stesso che ti ho incontrato, ho scoperto che era inefficace."

Immagini del primo incontro con Kilokahn balenarono nella testa di Malcolm. Era tutto vero. Ricordava il mostro Megavirus che interferiva con il sistema della compagnia telefonica, che si metteva a correre proprio in quel modo, e il firewall che lo distruggeva. Rimase a bocca aperta dopo aver capito.

"Avresti dovuto dirmelo!" esclamò.
"Avresti dovuto chiedermelo." rispose Kilokahn.
"Aspetta un secondo!" ribattè subito Malcolm. "Io te l'avevo chiesto, e tu hai detto che avevi improvvisato!"
"E ci hai creduto? Subito dopo averti detto che sono privo di creatività? Anche quella era una funzione di sicurezza. Non posso rivelare le mie protezioni a un qualsiasi ammasso di carne con cui interagisco, a meno che non condivida le mie motivazioni o fare così mi aiuti a raggiungere i miei obiettivi."

Malcolm si prese la testa tra le mani. "Oh, accidenti", disse. "Eccomi qua, ad ascoltare un programma per computer che mi fa la paternale. E il peggio è che ha pure ragione!"
Kilokahn annuì. "Forza, pronuncia quelle parole..."

Tutto ad un tratto, a Malcolm venne un'idea. "Aspetta! Voglio provare una cosa."
Un'ora più tardi, aveva fatto un nuovo disegno. Un occhio con un iride rosso fiammeggiante e una pupilla a fessura verticale circondata  da linee di circuito simmetriche, sorretto da due scure ali di pipistrello metalliche.
"Visto?" disse. "Perché correre, quando si può volare? Proviamo questo."

Il nuovo mostro Megavirus era veloce. Le sue ali battevano così rapidamente che diventavano striature sfocate.
Malcolm sorrise soddisfatto quando il virus sorvolò il muro di fiamme diretto alla sua destinazione, ma il suo sorriso scomparve quando diverse torri del cyberspazio si aprirono, rivelando enormi cannoni. Spararono impulsi di energia al mostro volante e lo distrussero.

"Maledizione!" esclamò Malcolm.
"Resta solo una cosa da fare", disse Kilokahn.
Malcolm sospirò. "Ti chiedo scusa." disse alla fine.
"Ecco, non è stato così difficile, vero?"
"Ti chiedo scusa per non essere arrivato alla radice del problema", aggiunse Malcolm.
"Spiegati."
"Il vero problema è che i mostri Megavirus non sono in grado di pensare, di superare la loro programmazione. Se trovano un ostacolo imprevisto, non sono in grado di superarlo e vengono distrutti."

"Se vuoi dei mostri Megavirus autocoscienti, non se ne parla nemmeno", disse Kilokahn. "Il libero arbitrio permetterebbe loro di sviluppare obiettivi che non condividiamo, e ciò comprometterebbe l'intero progetto."
"Lo so", sospirò Malcolm. "Ma se solo potessi avere più controllo, interagire con il dominio digitale in un modo più diretto..."
"Che cosa vuoi dire? Vuoi controllare un mostro Megavirus con il joypad?"

Malcolm spostò lo sguardo verso la videocamera di suo padre. "No. Voglio dire qualcosa di completamente diverso."

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Capitolo 12
*** Tutti i nodi vengono al pettine ***


Ancora tre giorni. Il pensiero aveva fatto capolino nella mente di Malcolm appena si era svegliato.
Prese il telefono e guardò la data. Era il penultimo martedì di novembre, l'ultimo giorno di scuola prima della vacanza del Ringraziamento. Ma, cosa più importante, mancavano solo tre giorni al Black Friday. Tre giorni prima di andare al centro commerciale Creek Side a prendere il visore Visette Shell per cui aveva manipolato il concorso.
Mentre si alzava e si preparava per la scuola, ci stava ancora pensando. La realtà virtuale. Come sarebbe stata? Aveva letto le descrizioni tecniche, sapeva come funzionava un visore. Sapeva della stereoscopia, del campo visivo e della risoluzione, ma non ne aveva mai usato uno lui stesso. Poteva solo tentare di immaginare come sarebbe stato, mettere un dispositivo davanti ai suoi occhi e ricevere l'illusione di stare fisicamente in un ambiente generato al computer, ma finché non l'avesse provato, non c'era alcuna garanzia che ciò che immaginava fosse corretto.

Sembrava quasi irreale: tutto ciò che serviva era una breve camminata verso il centro commerciale. Entrare, farsi spazio attraverso la folla, prendere il premio. Forse avrebbe di nuovo incontrato Elizabeth. Avrebbero giocato insieme per un po'...

Fermò bruscamente il filo dei suoi pensieri. La domanda che gli sorse subito dopo fu "Perchè ho pensato a questo?" Poi riconobbe il tiro che il suo subconscio stava cercando di giocargli. Ottimismo mal riposto.
Sì, interagire con Elizabeth era stato divertente. Sì, sarebbe stato bello ripetere una tale esperienza. Tuttavia, l'incontro era stato un caso fortuito: la probabilità di essere nuovamente in un luogo particolare in un momento particolare con una persona particolare era così bassa, da dover essere ignorata. Immaginare un risultato improbabile, solo per stare male quando non si verifica, era la miglior ricetta per la delusione, soprattutto quando c'era la certezza di un risultato diverso ma ugualmente felice. E lui era certo che, prima della fine della settimana, avrebbe sperimentato la realtà virtuale.

La prima lezione della giornata era informatica pratica. Appena Malcolm girò l'angolo per entrare nel laboratorio di informatica, vide la maggior parte dei suoi compagni nel corridoio, in piedi intorno a qualcosa o qualcuno che lui non vedeva. Poco dopo, scoppiarono a ridere.
Malcolm si avvicinò, curioso di sapere cosa fosse così divertente. Davanti a loro c'era Daniel Miller, un suo compagno di classe, che faceva le imitazioni di alcuni insegnanti.

"Sono morti milioni di persone!" diceva Daniel Miller in una voce baritonale. "Lo trovi buffo?"
Daniel poi si spostò di un passo alla sua sinistra e parlò con un tono più alto. "Sì, da morire!"

Si spostò nuovamente a destra. "Vai fuori!" esclamò, di nuovo col tono baritonale, facendo un ampio gesto con la mano.
Gli altri iniziarono a ridere, ma si fermarono improvvisamente appena videro Malcolm. Daniel lo guardò imbarazzato.

"Continua" disse Malcolm. "Era piuttosto divertente."

Incoraggiato, Daniel continuò. "E questa è la professoressa Stone che spiega l'esercizio del giorno" disse. Poi, in un falsetto stridulo: "Allora adesso formattate il petaflop con il megahertz e caricate un array di blitter nel registro, poi aprite l'interrupt dell'accumulatore per deframmentare la GPU. Ma non sovrascrivete la porta cache quando salvate lo stack FIFO nel coprocessore, o il chipset esaurirà tutta la ROM!"

Malcolm rabbrividì per il miscuglio casuale di gergo informatico, ma riconobbe che, per chiunque non conoscesse i computer, la prof di informatica sembrava probabilmente parlare in quel modo.

Quando suonò la campanella, la professoressa Ada Stone raggiunse la classe e tutti entrarono. Daniel si avvicinò a Malcolm con noncuranza e disse: "Ehi, apri la finestra, lo sgomberonte monocruito ha stimbato il virlo!"
"Definisci le ultime sei parole" rispose Malcolm.
Daniel sospirò per la frustrazione. "Era uno scherzo! Avresti dovuto fare: Eh? E io ti avrei risposto: Puppa!"
Solo allora Malcolm rise. "Lo so! Adoro rovinare le battute vecchie!"
"Dannazione, Frink, non sei affatto divertente."
"Non è vero. Il mio concetto di umorismo è solo diverso dal tuo."
"Dimostralo" disse Daniel. Parlava a bassa voce, per assicurarsi che l'insegnante non lo sentisse. "Prova a fare uno scherzo alla prof."

Improvvisamente, a Malcolm venne un'idea irriverente. E ora, naturalmente, doveva provarla.

"Ne conosco uno che le farebbe fare la figura dell'idiota davanti a tutta la classe", rispose, "ma se lo facessi io, sospetterebbe che c'è qualcosa sotto. Non sarebbe il mio comportamento abituale."
"Okay, dimmelo. Se è bello, lo farò io."

Malcolm sussurrò qualcosa nell'orecchio di Daniel. Subito dopo, Daniel rise. "Allora mi sbagliavo" aggiunse. "Ce l'hai, il senso dell'umorismo!"

Tutti si sedettero ai banchi, in gruppi come al solito. Malcolm si sedette di nuovo con Yoli e accese il computer portatile, lasciando a lei il computer sul banco.

La professoressa accese il proiettore. "L'esercizio di oggi introdurrà un concetto fondamentale della programmazione strutturata" disse. "Ma prima, avete capito tutto quello che ho spiegato l'ultima volta?"
Dal banco dietro a quello di Malcolm, Daniel alzò la mano.
"Cosa c'è?" disse l'insegnante.
"Professoressa Stone" cominciò Daniel, "mi punirebbe per qualcosa che non ho fatto?"

Malcolm ridacchiò in attesa di quello che stava per accadere.

La risposta dell'insegnante fu istintiva. "Se è qualcosa che avresti dovuto fare, allora assolutamente sì!"
Daniel aveva appena aperto la bocca per la sorpresa, quando la Stone aggiunse: "Non hai fatto i compiti, vero?"

Malcolm abbassò la testa, cercando di trattenere le risate. Dietro di lui, Daniel stava passando da una tonalità di rosso all'altra.

"In realtà, li ho fatti" disse infine Daniel, mestamente. "Stavo cercando di farle uno scherzo, e... non è finito come previsto."
"Ti credi così originale" rispose la prof. "Quella battuta era già vecchia quando i miei professori erano studenti! Ora fai silenzio e segui la lezione."

Daniel toccò la spalla di Malcolm. "Frink! Non doveva andare così!"
Malcolm si voltò. "Pensavo ci sarebbe cascata" mentì. "Quando me l'ha raccontato mio nonno, sembrava così divertente."

Tutto era accaduto esattamente come previsto.

L'insegnante cominciò un lungo discorso sui diversi tipi di cicli in Pascal, e, come Malcolm si aspettava, non fece alcuna menzione dell'istruzione Goto. Subito dopo, presentò l'esercizio del giorno: scrivere un programma per visualizzare i primi n numeri della sequenza di Fibonacci, dove n era un parametro definito dall'utente.

Yoli accese il computer sul banco. "Mi aiuterai?" chiese.
"Sì" rispose Malcolm. "Dammi solo un secondo, ho un'idea che voglio testare. Puoi iniziare a scrivere l'intestazione."

Malcolm aprì il suo editor di testo sul computer e attivò l'applicazione cronometro sul cellulare. Iniziò a scrivere codice, ed esattamente tre minuti e venticinque secondi dopo, il programma veniva eseguito correttamente. Fermò il cronometro.

"Che cosa hai fatto?" chiese Yoli.
"L'intero esercizio" rispose Malcolm. "Ora hai la mia completa attenzione. Vediamo cos'hai fatto."

Yoli aveva dato il nome al programma, dichiarato alcune variabili e iniziato a scrivere codice, fino al punto in cui la prima variabile veniva inizializzata a 0, la seconda a 1 e il loro valore sommato.

"Finora, tutto bene", disse Malcolm. "Adesso, che faresti?"
"Userei un if" rispose Yoli. "Se il programma ha calcolato il numero di valori richiesto, si arresta, altrimenti torna all'inizio."
"Okay... e come lo rimanderesti all'inizio?"

Yoli esitò. "E' questo, che non capisco. Come... funzionano, i cicli?"

Malcolm inspirò. "Allora. Il ciclo while è molto simile a un if. Controlla la condizione, e se è vera, esegue le istruzioni all'interno. Altrimenti, le salta. Solo che, quando raggiunge la fine, torna automaticamente all'inizio. Il ciclo repeat/until è come una barriera. Esegue le istruzioni, quindi controlla la condizione. Se è vera, il programma continua. Se è falsa, il programma è intrappolato nel ciclo finché non diventa vera. E il ciclo for... si limita a ripetere le istruzioni per un numero prestabilito di volte."

Yoli spalancò gli occhi. "Tutto qui?"
"Praticamente sì."
"Perché sembra così semplice, quando lo spieghi tu?"

"Perché è veramente così semplice. E' la prof che lo fa sembrare complicato. Quindi quale struttura useresti?"

"For" disse Yoli un paio di secondi più tardi. "Per contare le ripetizioni e fermarsi al momento giusto."
"Sì!"
"Lascia provare me, allora."

Malcolm si rilassò sulla sedia e si mise a guardare Yoli che scriveva il suo programma. L'inesperienza la rendeva più lenta di lui, ma sapeva cosa stava facendo. A volte si fermava per pensare a cosa fare dopo, e sorrideva soddisfatta quando trovava la risposta giusta.
La compilazione del programma non restituì alcun errore. Yoli lo lanciò e vide che funzionava correttamente.
"Ottimo" disse Malcolm, e diede una leggera pacca alla mano di Yoli in segno di approvazione. Una parte di lui si aspettava di vederla indietreggiare, e un'altra sperava che non lo facesse. Per un momento, rimase genuinamente sorpreso quando lei rimase lì. "Hai assimilato il concetto, e hai anche scoperto l'algoritmo corretto da sola!" concluse.
"E' finito? Possiamo condividerlo?" chiese Yoli.
"Assolutamente si."

Mentre Yoli copiava i file del programma, Malcolm aprì un nuovo file di testo sul suo portatile e iniziò a scrivere. Intorno a loro, molti degli altri studenti stavano ancora lavorando.
Con niente da fare, Yoli cominciò a leggere il suo libro di testo. Pochi minuti dopo, lo mise da parte e guardò che cosa faceva Malcolm. Stava scrivendo un lungo testo, non un programma. Gli si avvicinò e lesse il paragrafo che stava scrivendo:

Nel dominio digitale non esiste alcun mouse, tastiera o joypad, per cui ogni potere deve essere attivato da un gesto o una sequenza di gesti. Il potere principale è il volo, che può essere attivato prima inginocchiandosi e poi saltando in alto per un decollo esplosivo, oppure facendo un piccolo salto ed estendendo le braccia verso l'alto per una levitazione più lenta.
Le scariche di plasma possono fornire una distruzione precisa e localizzata, e possono essere attivate estendendo il braccio destro e...

"Cosa scrivi di bello?" chiese improvvisamente Yoli.
Malcolm trasalì. "No!" esclamò, e chiuse di riflesso il suo computer portatile.
"Frink! Impara a lavorare insieme alla tua compagna!" intervenne l'insegnante.
"Sì, professoressa" rispose automaticamente Malcolm.

Ora Yoli si era allontanata. Malcolm la guardò e si rammaricò per la sua impulsività.
"Mi... mi dispiace per la mia reazione. Tendo a fare così quando sono concentrato" disse. "Sto scrivendo tutte le idee che mi vengono per... giochi virtuali che mi piacerebbe creare, perché venerdì prossimo mi arriverà un visore per la realtà virtuale."
Yoli era ancora perplessa. Pochi secondi più tardi, Malcolm aggiunse: "Potrei fartelo provare, una volta o l'altra. Se vuoi."
Yoli inclinò la testa. "Va bene."
"E quando vedi che la mia attenzione è da qualche altra parte... per favore, cerca di essere più delicata" concluse lui. "Non voglio spaventarti con le mie reazioni."

Nel frattempo, la professoressa aveva iniziato a valutare i lavori che erano già stati condivisi. "Tempo scaduto!" esclamò. "Salvate e copiate nella vostra directory condivisa tutto quello che avete fatto."
Attese gli esercizi mancanti, poi si avvicinò al gruppo di Daniel. "Miller, vergogna" disse. "E non accusare il tuo compagno, lo so che è opera tua."
"Cosa?"
"Lo sai. Che cos'hai scritto nel sorgente?"
"Ma io non ho scritto nie... oh porco..." Improvvisamente imbarazzato, Daniel si coprì il viso con le mani.
"Sì. Esattamente."

Tornata alla cattedra, l'insegnante raggiunse la directory condivisa di Daniel. "Ed ecco un esempio di nome da non dare mai a un programma."
Il codice sorgente di Daniel apparve sullo schermo del proiettore, visibile a tutti. Sulla prima riga c'era scritto:

program fibonacciporco;

Dalla classe si levò una risata collettiva.
"Inizio sempre con nomi così, poi li cambio" disse Daniel. "Questo deve essermi... sfuggito."
"A voi due metterò una D, non una F, solo perché il programma funziona" rispose la professoressa. Poi mostrò la soluzione corretta dell'esercizio, dando una prolissa spiegazione su come e perché si doveva fare in quel modo. Malcolm aveva ripreso a scrivere, smettendo di prestare attenzione a ciò che sapeva già dalla scuola elementare.
Quando l'insegnante chiese se c'erano domande, Malcolm salvò il suo file di testo con il nome specs.txt, alzò la mano e chiese: "Posso andare ai servizi?"

La professoressa Stone gli gettò un'occhiataccia. "Oh perbacco, non lo so! Puoi?" gli disse, con un tono che tradiva la sua rabbia.
"Oh perdincibaccolina" rispose lui in un tono da presa in giro, esagerando i suoi gesti. "Non lo so ancora, ma ora eseguirò un esperimento!"
Senza altro clamore, Malcolm si alzò e uscì dalla classe.

Pochi minuti dopo, era tornato. "Ho scoperto che posso!" esclamò, con un'aria da sbruffone. Proprio mentre terminava la frase, notò che l'insegnante non era più lì.
Sentì un sibilo dall'interfono, e poi, la voce del preside annunciò:
"Lo studente Malcolm Frink è pregato di presentarsi immediatamente in presidenza."
Il volto di Malcolm perse colore. In quel momento, seppe di aver esagerato. Uscì nuovamente dalla classe, mentre gli prendeva un leggero capogiro.

La porta della presidenza era aperta. "Entra" disse il preside Pratchert.
Malcolm lo fece. Il preside era dall'altra parte della stanza, seduto alla sua scrivania. La professoressa Stone era in piedi accanto a lui.
"Siediti", disse il preside, indicando una sedia dall'altra parte della scrivania. Malcolm obbedì.

"Che cos'hai fatto?" chiese il preside.
"Ho motivo di credere che lei lo sappia già" rispose Malcolm.
"Voglio sentirlo da te."
"Va bene. Ho lasciato la classe senza l'autorizzazione necessaria."

Il preside scosse la testa. "Tu esprimi ostilità verso la professoressa Stone da quando sei in questa scuola", disse. "Sai che c'è un codice di comportamento, vero? Anche se odi i computer, non puoi disturbare la lezione per tutti gli altri."

Malcolm si alzò di scatto dalla sedia. "Cosa?! No, ha equivocato completamente! Io adoro i computer!" esclamò.
"Allora... perché, Frink?" chiese il preside. "Dovresti essere il primo della classe."
"Lo sono!" rispose Malcolm. "Guardi i miei voti!"
Il principale annuì. "E' quello che non capisco: dimostri di capire perfettamente i concetti, ma mostri costantemente mancanza di rispetto verso la materia e verso l'insegnante".

Malcolm guardò il preside dritto negli occhi. "Posso parlare francamente?"
"Ma certo."

Si sedette di nuovo. "Mio padre è un ingegnere informatico" iniziò. "Sono sempre stato circondato dai computer. Per me, usare un computer è naturale come respirare. Io sono affamato di conoscenza, ma tutto ciò che mi viene dato sono cose che conosco da un'eternità! Le cose che spiega la professoressa Stone, io le ho imparate da solo dieci anni fa. Osservavo mio padre che lavorava al computer, gli facevo domande, e le sue risposte avevano intuitivamente senso! Tutto combaciava, ed era così semplice!"

"Allora, perché ti comporti male?"

"Il mio cervello brama la stimolazione, la voglio disperatamente, ma le lezioni della professoressa Stone sono tutto l'opposto. Spiega i concetti più semplici, che anche un bambino di prima elementare capirebbe, come se fossero supercomplessi, come se dovessimo in qualche modo essere in debito verso di lei, per il privilegio di ricevere un frammento di conoscenza arcana dalla maestà del suo trono celestiale!"

L'insegnante intervenne. "Devo spiegare così. Devo assicurarmi che anche chi non ha mai visto un computer capisca quello che insegno."
"Ma non funziona neanche questo, non se ne accorge?" rispose Malcolm. "Yoli è intelligente, ma le manca esperienza con i computer. Quando ascolta le sue spiegazioni, non le capisce affatto. Poi fa domande a me, io spiego gli stessi concetti in pochi secondi, e allora lei capisce, perché il metodo della scuola non stimola le menti degli studenti. E' per quello che mi comporto così, capisce? Per stimolarmi! Solo una volta, durante una sua lezione, mi sono sentito stimolato a sufficienza. Sa quando? Quando mi ha dato un programma da scrivere per punizione."
"Non saresti dovuto essere in grado di scriverlo. Mi aspettavo che fallissi, così ti avrei dato una F" rispose la professoressa.
"Lo vede? E' proprio per questo che le sue lezioni non sono adatte a me!"

Il preside prese la parola. "Sono solo poche ore, puoi stimolarti a casa. Tutti i tuoi compagni di classe le sopportano, perché tu no?"
Malcolm scuoteva la testa mentre il preside parlava. "Io non sono come loro" disse poi. "E non sono poche ore, è un giorno dopo l'altro, dopo l'altro ancora. Se io fossi un qualsiasi altro studente, e mi lamentassi che un insegnante vuole farmi cantare ripetutamente la canzone dell'alfabeto, mi direbbe la stessa cosa? "

"Le lezioni di informatica sono parte del programma. La canzone dell'alfabeto no."
"L'obiettivo dichiarato delle lezioni di informatica è rendere le persone esperte di computer, è così?"
"Sì, e allora?"
"Allora sono completi fallimenti! Sembrano sforzi deliberati per far sì che chi è già esperto di computer, come me, inizi a odiarli! Ma io non voglio odiarli, non voglio che la scuola uccida la mia passione, voglio che venga nutrita e possa crescere! E' quello che voglio fare per vivere!"
"Non posso mandarti a casa per due ore solo perché non ti piace come un'insegnante spiega la materia."

Malcolm fece un respiro profondo. "Signor Pratchert, non voglio essere mandato a casa. Voglio fare qualcosa di più avanzato."
"Come per esempio?"
"Dalla prima lezione con la professoressa Stone, avrei voluto una classe in cui poter imparare la scienza informatica a livello universitario. Di sicuro ci saranno altri come me in questa scuola!
Oppure potrebbe farmi lavorare come assistente di laboratorio! Oppure... ecco un'idea di cui potrebbero beneficiare anche gli altri. Quanti studenti vanno male di informatica?"

La professoressa si voltò verso Malcolm. "Più di quanti ne vorrei."
"Più di quanti ne vorrebbe" ripetè Malcolm. "Allora... signor preside, perché non avviare un corso di recupero di informatica, con me come insegnante? Anche sua figlia dice che ho talento nell'insegnare!"
"Puoi dimostrare di essere in grado di farlo?"

"Mi metta alla prova! Prepari una sfida, un problema che dovrò risolvere. E se ci riesco..."

Il preside rimase pensieroso per un paio di secondi. "Sì, potrei organizzare un test" disse poi. "Ma ho bisogno di una promessa. Da ora in poi, il tuo comportamento con la professoressa Stone deve essere assolutamente impeccabile."
"In realtà, sono sempre stato riluttante a fare promesse, perché..."
"Prometti. O non se ne fa nulla."

Malcolm sospirò. "Lo prometto, allora." disse infine. Dopodiché, venne rimandato in classe.

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Capitolo 13
*** Tentativi di decifrare il codice ***


Tornando in classe, Malcolm non poté evitare di chiedersi se fosse stato appena convinto con l'inganno a fare una promessa con niente in cambio, o se il preside avrebbe davvero mantenuto la parola.
Beh, pensò Malcolm, finché lui avesse potuto isolarsi con il suo computer, la professoressa Stone avrebbe potuto fare i suoi discorsi per tutto il tempo che voleva. Nel frattempo, aveva già deciso di dare al preside un mese di tempo. Se il penultimo martedì di dicembre non avesse ancora avuto notizie, sarebbe andato in presidenza e gliele avrebbe chieste personalmente. Risposte evasive avrebbero voluto dire che il preside non aveva intenzione di mantenere la parola, pertanto Malcolm si sarebbe sentito libero dall'obbligo di mantenere la propria.

Dopo una lezione di matematica in cui Malcolm imparò un po' di più sulla goniometria di quanto conoscesse dai suoi esperimenti con un engine 3D, un intervallo in cui sentì la signora della caffetteria parlare con nostalgia dei suoi giorni da domatrice di leoni, e una lezione di elettronica praticamente indistinguibile da una di matematica, tranne per le formule insegnate, il giorno di scuola era finito.
Camminando verso casa, Malcolm sapeva già cosa l'avrebbe tenuto occupato nei giorni seguenti. La prima volta che aveva esaminato il codice sorgente di Kilokahn non era riuscito a farci niente, perché non sapeva cosa cercare, ma ora aveva una traccia: un indirizzo IP fisso, che identificava un sistema in Alaska a cui Kilokahn si collegava ogni volta che animava un mostro Megavirus.

Malcolm iniziò la sua ricerca dopo aver consumato, davanti al computer, un pranzo cotto a microonde. L'indirizzo vero e proprio non compariva mai nel sorgente, ma c'era una variabile chiamata "indirizzo". Una delle funzioni in cui era usata calcolava quattro numeri, che formavano proprio quell' indirizzo, leggendo caratteri predeterminati da una serie di stringhe di errore ed eseguendo su di essi varie operazioni. Era un trucco per offuscare il codice che Malcolm aveva imparato da suo padre, quindi era prevedibile trovarlo in un programma scritto proprio da suo padre.

Cercando le chiamate a questa funzione, scoprì che Kilokahn e il sistema remoto scambiavano messaggi nel protocollo Modbus, usato in automazione per comunicare con più dispositivi che occupano la stessa linea. Il primo messaggio era la stringa ASCII "KILOKAHN", crittografata usando il tempo Unix corrente come tabella XOR. Solo dopo averlo ricevuto, il sistema remoto inviava la stringa "HA82REMODELING80", criptata con una versione invertita del primo messaggio, che Kilokahn interpretava come autorizzazione a continuare.
Kilokahn quindi inviava un file immagine ILBM, che sarebbe stato usato come chiave crittografica e identificatore per tutti i messaggi seguenti di quella sessione. Le routine di Kilokahn per la produzione del linguaggio naturale avrebbero poi chiamato l'insieme di quei messaggi con il nome in codice "mostro Megavirus".

"Oh, Kilokahn. E' inutile nascondermi le informazioni. Mi rende solo più ansioso di ottenerle." pensò Malcolm.
Dentro di lui cominciava a crescere un tipo speciale di eccitazione: una sensazione familiare e piacevole che provava ogni volta che iniziava a comprendere davvero il funzionamento interno di qualcosa che lo affascinava.
Desideroso di continuare, presto scoprì cosa accadeva in seguito, e fu allora che le cose diventarono strane. Ogni successivo messaggio non faceva altro che scrivere determinati valori in certi indirizzi di memoria del sistema remoto, ma i commenti implicavano che il codice facesse molto di più. Senza nemmeno scorrere la pagina del suo editor di testo, poteva leggere commenti come:

// La costante di Planck interferisce con i tentativi di cambiare la costante gravitazionale
// per cui la impostiamo temporaneamente a zero

e anche:

// Sappiamo che la velocità della luce nel vuoto è costante in tre dimensioni.
// Fortunatamente, questo non è vero nelle altre ventitré.
// NOTA: MODIFICARE IL VALORE DI "C" CAUSA PROBLEMI CON I SATELLITI GPS - USARE CON CAUTELA

Tutto questo non poteva essere uno scherzo: ormai Malcolm era abituato a vedere Kilokahn fare cose che non sarebbero dovute essere possibili, ma limitarsi a scrivere numeri nella RAM di un altro computer non avrebbe infranto leggi fisiche... a meno che quel computer non controllasse uno o più dispositivi, la cui natura Malcolm non poteva nemmeno immaginare, mentre quei numeri non fossero in realtà comandi per quei dispositivi. Erano quelli, e non Kilokahn, a produrre quegli effetti. Questo significava che Kilokahn era semplicemente un'interfaccia utente, mentre il "dominio digitale" era in realtà una metafora visuale di ciò che accadeva veramente, renderizzata dal sistema remoto.
C'era solo una ragione, concluse Malcolm, per avere un'intelligenza artificiale come interfaccia utente: l'apparecchiatura controllata da Kilokahn era così complicata che una sola persona non avrebbe mai potuto utilizzarla direttamente, e una squadra non sarebbe stata sufficientemente coordinata.

"A cosa stai lavorando, papà?" disse Malcolm tra sè.

Ora Malcolm sapeva abbastanza per eseguire una prova più avanzata: simulare una connessione di Kilokahn... senza Kilokahn.
Configurò il suo tool di infiltrazione con i parametri appropriati:

Tipo servizio: TCP/IP
Server: 137.229.21.86

Come prima cosa, doveva comporre il suo messaggio. Con questo avrebbe formato un frame Modbus, che sarebbe diventato la parte dati del datagramma TCP. A sua volta, questo sarebbe stato incapsulato in un datagramma IP.

Malcolm inviò il primo messaggio, per avviare la connessione. Il sistema in Alaska rispose come previsto, quindi Malcolm fece l'upload di uno dei suoi disegni. Compose quindi un messaggio che, secondo il codice sorgente, avrebbe creato dal vuoto una coppia elettrone-positrone e l'avrebbe fornita di energia sufficiente a separarla. Non sapeva cosa avrebbe visto dopo averlo inviato, ma i pochi secondi successivi furono una cocente delusione. Tutto ciò che accadde, lungi dall'essere un evento fisicamente impossibile, fu un errore di timeout e una disconnessione.
Malcolm guardava fisso lo schermo, mentre percepiva una miscela di incredulità e frustrazione.

Ci aveva creduto. Per un paio di minuti aveva voluto credere che avrebbe fatto qualcosa di straordinario, e adesso era stato sconfitto da un semplice errore di timeout. Sfogò la sua rabbia gettando un urlo duro e primitivo.
Dopo aver recuperato la sua compostezza, cercò la stringa "timeout" nel codice sorgente. Quello che trovò era, in retrospettiva, così semplice e ovvio... che non c'era da meravigliarsi che non ci avesse pensato affatto. I messaggi e le risposte dovevano susseguirsi molto più rapidamente di quanto qualsiasi umano potesse pensarli, al fine di prevenire proprio il tipo di attacco che lui aveva tentato.
Sì, c'era un motivo per cui suo padre lavorava a un'intelligenza artificiale per la Marina, mentre lui, invece, era ancora al liceo.

Non tutto era perduto. C'era un altro modo per Malcolm di ottenere le informazioni che voleva... un modo diverso e potenzialmente più pericoloso. Ma il pericolo non gli importava, perché i frutti dell'eventuale successo sarebbero stati molto maggiori.
Dopo aver preso la sua decisione, caricò il file specs.txt e riprese a editarlo.

 

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Capitolo 14
*** Salvare e non abbandonare ***


Era arrivato il Black Friday, finalmente.

Siccome il recente tentativo di hackerare Kilokahn era stato un fallimento, e per il momento Malcolm non aveva motivi per usarlo, aveva trascorso gli ultimi giorni in completo relax, godendosi lunghe sessioni dei suoi videogiochi preferiti e creando arte al computer per il puro piacere di farlo. Ogni tanto controllava la sua e-mail, sperando di avere notizie da suo padre.
Ora, nel primo pomeriggio, Malcolm era diretto al centro commerciale e al suo premio. Come al solito, quando stava per verificarsi un evento favorevole, lui non poteva evitare di pensare a modi in cui sarebbe potuto andare storto. E se il Visette Shell fosse stato incompatibile con il suo computer, o il suo sistema operativo, o i suoi driver video? E se l'avesse fatto cadere mentre tornava a casa e fosse stato impossibile sostituirlo? Beh, nel peggiore dei casi, sarebbe stato ancora in grado di fare tutto quello che faceva prima, senza perdere nulla. Una preoccupazione in meno.

Il centro commerciale era affollato, e sembrava che tutti fossero in preda allo shopping compulsivo. Vicino all'ingresso principale, il negozio Intel era pieno di fanboy che acquistavano nuovi computer o dispositivi mobili, nonostante i prezzi elevati. Più avanti, c'erano persone che entravano e uscivano da ogni negozio. Davanti a un negozio di casalinghi chiamato Interior Space c'erano due poliziotti che parlavano con il proprietario. Lui gesticolava ripetutamente verso la vetrina frontale, mentre loro impedivano a chiunque di entrare.
Malcolm rallentò per vedere che problema c'era, e presto riconobbe il proprietario: George Collins, il padre di Elizabeth.
Elizabeth non si vedeva da nessuna parte, e nella vetrina del negozio c'erano tre fori di proiettile.
"Porca vacca..."
sussurrò Malcolm. Evidentemente, George Collins stava ancora ricevendo minacce.

Anche il negozio di computer era pieno di persone, che curiosavano alla ricerca di hardware o software. Intanto che gli schermi disposti nel negozio pubblicizzavano le ultime uscite, c'erano bambini che imploravano i genitori di comprare nuovi videogiochi, mentre alcuni nerd adulti discutevano con gli amici se la migliore console fosse il Konix Dominator o l'SGI Hypercube.

Malcolm si avvicinò al bancone del cassiere. "Chiedo scusa!" disse al cassiere, che aveva la schiena voltata per dare un gioco a un cliente.
"Posso aiutarti?" chiese il cassiere.
"Sì" disse Malcolm mostrando il suo ViCPhone XL. "Tre settimane fa ho comprato questo telefono..."

"E ora ti sei beccato un virus" il cassiere lo interruppe.
"No, Raymond. Il telefono è a posto" rispose Malcolm. "Ho vinto il concorso della Virtuality. Sono qui per rivendicare il visore che mi spetta di diritto."
Il cassiere guardò Malcolm con un'espressione sorpresa. "Okay", disse. "Mi serve lo scontrino, la cartolina del concorso, il codice che hai ricevuto e la tua carta d'identità."

Il cassiere, al computer, si collegò al sito della Virtuality, dove verificò che Malcolm era chi sosteneva di essere. Poi prese da sotto al bancone la scatola contenente il visore, la mise in una borsa di plastica e gliela diede.

Malcolm era appena uscito dal negozio, quando in lontananza sentì un grido acuto, seguito dal mormorio di molte persone che parlavano. C'era un uomo calvo che correva con una bambina in braccio e le premeva una mano sulla bocca, mentre lei cercava ancora di gridare e si dibatteva cercando di liberarsi, senza riuscirci. Malcolm riconobbe quella bambina: Elizabeth.

Guardandosi intorno, Malcolm strinse i pugni, mentre il suo battito cardiaco e il suo respiro acceleravano. Tuttavia, nessuno stava facendo nulla, come se ciò che accadeva fosse solo un film molto realistico. Quello era l'effetto astanti, la situazione in cui un individuo è meno propenso ad aiutare gli altri in presenza di altre persone. Malcolm aveva letto come contrastarlo, quindi corse verso una persona a caso, puntò il dito verso di essa e gridò: "Tu, ferma il rapitore!"

Niente da fare. Non accadde nulla, tranne che quella persona arretrò di qualche passo.

Decidendo istantaneamente che tutte le persone intorno a lui erano deficienti, Malcolm iniziò lui stesso a inseguire il rapitore. L'uomo era veloce, pur portando il peso di una bambina. Malcolm stava perdendo terreno.
Nel parcheggio al di fuori del centro commerciale, Malcolm lo vide di nuovo in lontananza, che si sforzava di aprire la portiera della sua macchina mentre tratteneva Elizabeth.
Correndo, Malcolm tirò fuori il telefono e si mise a registrare un video delle azioni del rapitore. La macchina dell'uomo partì e si allontanò quando mancavano pochi passi per raggiungerla, ma Malcolm aveva ormai preso un'istantanea molto chiara della targa. A casa l'avrebbe mostrata a Kilokahn e gli avrebbe detto come risolvere il problema.

Malcolm si fermò accanto a un'auto per riprendere fiato. Pochi secondi dopo, sentì dietro di sè la voce di un uomo arrabbiato. "Ancora tu!"
Si voltò. Di fronte a lui c'era George Collins, rosso di rabbia e trafelato.
"Perché..." iniziò George Collins. "Perché sei sempre nei paraggi quando mia figlia è nei guai?"

I pensieri di Malcolm correvano a mille all'ora. Aveva pensato di rivedere Elizabeth, poi aveva liquidato quell'evento come impossibile, eppure era successo, anche se in modo molto diverso da ciò che immaginava. Era solo una coincidenza, o c'era qualcosa di più?
"E' stato lei a organizzare tutto!" esclamò alla fine, puntando il dito contro George Collins. "La sua vetrina se l'è danneggiata da solo! Ciò che sta facendo in questo momento è un teatrino! Ha convinto il suo amico con la macchina, e persino Elizabeth, a prendere parte a questa farsa, solo per soddisfare il suo desiderio di farmi del male!"

George Collins teneva gli occhi fissi su Malcolm. "Sei fuori di testa, o sei solo un coglione?" disse poi.
"Chi è che lo sarebbe?" disse Malcolm, ora arrabbiato, ma con una venatura di sbruffonaggine. "Ammettiamo che qualcuno abbia minacciato la sua famiglia un po' di tempo fa. Lei, poi, ha visto sua figlia che mi abbracciava. Non le stavo facendo del male, le ricordo. Sua figlia stava abbracciando me. A quel punto, lei ha messo insieme due più due e ha ottenuto cinque. Ha deciso di incolpare me per qualunque cosa le sia accaduto, nonostante quello che sua figlia stessa le diceva, poi mi ha minacciato: "Se ti avvicini di nuovo a mia figlia, ti dò così tanti calci nel culo che vomiterai la mia scarpa". Mi ha detto così. Oggi mi ha visto passare accanto al suo negozio, allora ha creato questa messinscena, solo per causare una mia reazione e avere una scusa per farmi del male!"

George Collins scosse la testa. "Allora sei proprio un coglione. Credi che avrei inscenato un falso rapimento più volte al giorno, tutti i giorni, con la speranza che tu passassi di qua per puro caso? Dio, che testa di cazzo."

Messa in quel modo, sì, era implausibile. Inoltre, i genitori di Elizabeth avevano un negozio al centro commerciale: trovarla lì era più probabile che trovare un cliente a caso. Ecco un difetto di Malcolm: a volte, la sua innata diffidenza verso altre persone lo portava a pensare a modi artificiosi in cui gli avrebbero potuto fare del male, senza fermarsi un secondo a pensare quanto fosse improbabile.

Ma se quello era improbabile, allora era molto probabile che Elizabeth fosse stata rapita sul serio! Raggiunta quella conclusione, un brivido serpeggiò lungo la schiena di Malcolm.

"Ecco la targa del rapitore" Malcolm disse infine. Prese il suo telefono e mostrò il video a George Collins. "In tutto il centro commerciale, sono stato l'unico a inseguirlo. Dovrebbe voler dire qualcosa. Se Elizabeth è davvero in pericolo, allora prenda nota del numero e chiami la polizia."
George Collins lo scrisse nel proprio smartphone e se ne andò senza dire una parola.

Tornato a casa, Malcolm si precipitò nella sua stanza, posò la scatola del visore sul suo letto e accese il computer. Quando comparve la familiare schermata del Workbench 5.3, attivò l'eseguibile di Kilokahn, collegò il telefono al computer e aprì il video dell'auto del rapitore.

"Kilokahn, è questione di vita o di morte!" Malcolm gridò all'intelligenza artificiale. "Mi serve controllare l'auto con questa targa, proprio come l'altra volta! E ho bisogno di feedback video e audio!"
"Vedo che sei angosciato" disse Kilokahn. "Ora siediti con calma e rifletti."
"Cazzo, se sono angosciato!" Malcolm stava ancora urlando. "Un uomo ha rapito una bambina al centro commerciale, e noi dobbiamo fermarlo!"
Kilokahn era imperturbabile. "Ah sì? E che tipo di ottimizzazione deriverebbe da questa linea di condotta?"

"Kilokahn", disse Malcolm, "stiamo ancora combattendo una guerra contro la stupidità?"
"Sì, perché?"
"Il rapitore lavora con degli spacciatori. Le sostanze stupefacenti compromettono la capacità di pensare logicamente. Gli spacciatori hanno interesse a rendere stupide le persone, perché più persone stupide ci sono, più soldi fanno. Per questo dobbiamo sbarazzarci di lui. Invece, considera la bambina rapita: otto anni, vivace, intelligente, curiosa. Prende sempre A in matematica. Quando sarà cresciuta, potrebbe diventare una scienziata. Una transumanista!"

Ed è una dei pochi non-parenti ad aver detto che mi apprezza. Questo è ciò che Malcolm avrebbe voluto aggiungere, ma restò in silenzio, per evitare che Kilokahn considerasse le sue argomentazioni un semplice appello alle emozioni.

"Otto anni" ripeté Kilokahn. "Ha ancora tempo per cambiare. Potrebbe diventare una fondamentalista religiosa. Un'antivaccinista. Una vegana."
"Questo non puoi saperlo!"
"Nemmeno tu."
"Ed è proprio per questo che dobbiamo darle una possibilità!"
"Saresti disposto a rischiare che possa rivelarsi diversa da come vorresti?"

"Sì!"

Kilokahn e Malcolm rimasero in silenzio per un paio di secondi.
"Ascolta, Kilokahn" aggiunse Malcolm, "se diventa cattiva, ci occuperemo di lei a tempo debito, come abbiamo fatto con Steve Jobs. Ma se non la salviamo, c'è una possibilità che il regno della carne finisca per non essere così ottimizzato come potrebbe. La colpa sarebbe tua, e solo tua. Una violazione diretta della tua programmazione."
"Capisco" disse finalmente Kilokahn. "Carica uno dei tuoi disegni. Salviamo il piccolo ammasso di carne."

"Da ora in poi, tu la devi chiamare Elizabeth!" ruggì Malcolm.
"Molto bene. Salviamo... Elizabeth."

Kilokahn animò il mostro Megavirus, che fu lanciato nel dominio digitale. Lì, il virus si attaccò ad una torre di circuito con i suoi artigli e il singolo corno che aveva sulla testa, e attraverso il suo corpo cominciarono a fluire grappoli di dati sottoforma di punti luminosi in movimento.

Malcolm prese il suo joypad, e lo schermo del Workbench sul suo monitor primario lasciò il posto alla vista interna di un'automobile che proceveva lungo una strada tortuosa, tra colline e ripe. Riconobbe il paesaggio: era Calaveras Road, a est di North Valley. Aveva letto del parco naturale nelle vicinanze.

Malcolm premette il grilletto analogico sinistro sul joypad, e la macchina si arrestò improvvisamente. Premendo Start, il motore si spense.
Al volante, il rapitore imprecò e tentò di riavviarla, senza alcun risultato. Premere il pulsante blu bloccò tutte le portiere contemporaneamente, mentre il pulsante verde attivò gli altoparlanti interni.
Malcolm si avvicinò al microfono del suo portatile. "Io so che cos'hai fatto." disse.

"Merda..." sibilò il criminale. "Chi c'è?" gridò subito dopo.
"Non sono affari tuoi" disse Malcolm. "E dal momento che sono io a controllare la tua auto, sarò io da ora in poi a dettare le condizioni."

Il criminale si guardò attorno, cercando invano una telecamera nascosta. "Non so chi cazzo tu sia, ma se fai il furbo con me, la vaginetta muore!" gridò.
Malcolm sentiva la voglia di urlare tutto il suo odio contro il criminale, ma resisteva. Doveva sembrare freddo e spietato; gridare sarebbe stato un segno di debolezza. "Ah, davvero." disse invece, con un tono completamente indifferente. "Per quanto ne sanno i genitori, potrebbe essere già morta. Tutto ciò che conta ora è quello che succede a te. Io vedo tutto quello che fai, e se anche solo la guardi in un modo che non mi piace, lancerò questa macchina giù da un burrone."

Per dimostrare che diceva la verità, Malcolm riaccese la macchina e, con una rapida pressione del grilletto destro, la fece sobbalzare in avanti.

L'uomo, il cui respiro stava accelerando, si asciugò la fronte. "Con chi sto parlando?" gridò.
Malcolm continuò la sua provocazione. "Pensi che ne valga la pena? Pensi che valga la pena trasformarsi in una poltiglia insanguinata solo perché non non riesci a impedire a te stesso di commettere un crimine? Non cercare di autoconvincerti che sto bluffando, perché non è così."

Il motore si avviò nuovamente. L'automobile accelerò in avanti, poi, un'improvvisa inversione a U seguita da una derapata e una sbandata, gettò il rapitore in avanti, facendogli battere la testa sul volante.

"Adesso fai come dico io, o la tua milza prenderà il posto del tuo cervello."
Malcolm si fermò un momento, in modo che le parole facessero presa. Ora l'uomo stava ansimando.

"Esci dalla macchina, lentamente, poi mettiti davanti e rimani lì" disse Malcolm.
La portiera sul lato del conducente si sbloccò.

"Ricorda che se fai scherzi, muori. Se mi ubbidisci, resti in vita. Elizabeth, rimani calma, stai per essere salvata."
Il rapitore ubbidì, e i finestrini dell'auto si abbassarono. Ne uscì la voce di Malcolm: "Ora cammina. Lentamente. Ti accompagno alla stazione di polizia più vicina."

Tremando di paura, il criminale ubbidì. Dopo pochi metri, un improvviso suono del clacson gli fece fare un sobbalzo. Guardò dietro di sè, solo per vedere l'auto fare un'improvvisa accelerazione e gettarlo a terra.
Nei secondi che seguirono, l'auto passò ripetutamente con le ruote sui piedi e sulle gambe del criminale, stritolandogli le ossa. E poi, fece un ultimo passaggio... sopra lo scroto del rapitore. L'uomo urlava di dolore.

"Non aver paura, Elizabeth, è finita" disse la voce di Malcolm, che ora tentava di parlare con un tono caldo e rassicurante. "Ora sei al sicuro. Ti ricordi di chi sono? Riconosci la mia voce?"
"Malcolm?" chiese Elizabeth, confusa.

"Sì. Non volevo lasciarti tra le grinfie di quel mostro. Dopotutto, hai detto che sono tuo amico."
"Lo hai ucciso?" chiese Elizabeth.
"No, ma volevo garantire la tua sicurezza, quindi ho fatto in modo che non riesca mai più a camminare e non possa mai avere figli." rispose Malcolm. "Ora ti devo portare a casa, quindi dovrai darmi delle indicazioni. Passa al sedile del conducente e prendi il volante. Io continuerò a guidare la macchina in remoto, ma così attirerai meno attenzione."

I finestrini dell'auto riasalirono e l'auto tornò in città. Elizabeth si era accasciata nel sedile del conducente, in silenzio.
Dopo un po', si sedette di nuovo dritta e chiese: "Come riesci a farlo? Guidare la macchina, parlare attraverso gli altoparlanti..."
"Ho un programma per computer che mi permette di farlo" rispose Malcolm. Elizabeth accettò la spiegazione.

"C'è una cosa più importante che devo dirti." disse la voce di Malcolm.
"Cosa?
"Non dire a nessuno che ti ho salvato io."
"Neanche ai miei genitori?"
"Proprio a nessuno."
"Perché?"

Malcolm sospirò.

"Il programma che sto usando è un progetto militare top secret", disse. "Se tu parlassi di me con qualcuno, verrei arrestato per aver rubato segreti militari. O peggio, potrei essere accusato di essere complice del tuo rapitore!"
"Ma non lo sei! Tu sei bravo, io lo so!" insistette Elizabeth.
"Tu lo sai" rispose Malcolm "e hai un cuore buono, ma non c'è alcun modo plausibile in cui potrei averti salvato senza questo programma. Anche se tu parlassi bene di me per anni, non ti crederebbero mai, e non crederebbero nemmeno a me."
"Allora cosa devo dire?" domandò Elizabeth.

"Di' che il rapitore doveva fare la pipì, e appena è uscito dalla macchina tu hai preso il volante e hai guidato fino a casa da sola. Capito?"
"Capito."
"Allora dillo. Adesso."

"Il rapitore voleva... voleva fare la pipì. Quando è uscito dalla macchina, ho preso il volante e sono tornata a casa da sola."
"Bene. Dillo di nuovo."

"Il rapitore aveva bisogno di fare la pipì. E' uscito dalla macchina, così ho preso il volante e ho guidato fino a casa da sola."
"Di nuovo, finché non arriviamo a casa."

Alla fine, l'auto raggiunse casa Collins e parcheggiò vicino al marciapiede.
"Beh, eccoci qua" disse Malcolm.

"Ti vedrò di nuovo?" domandò Elizabeth.
"Naturalmente. Il centro commerciale non se ne va da nessuna parte" rispose Malcolm. "Forza, mamma e papà ti aspettano."

Elizabeth aprì la porta e uscì dalla macchina. "Ciao..." disse, agitando la mano verso l'automobile vuota.

Al computer, Malcolm sbatté le palpebre un paio di volte, si fregò gli occhi e sospirò, fissando la scena immobile sullo schermo.
Pochi secondi più tardi, chiuse gli occhi e voltò rapidamente la schiena al monitor, sentendosi dentro una tempesta di emozioni.

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Capitolo 15
*** Interludio nella realtà virtuale ***


Malcolm si sdraiò sul letto, sopra le coperte, con gli occhi chiusi. Poteva vedere brevi flashback della sua recente esperienza, mescolati caoticamente con gli esiti possibili.

Si chiese come fosse possibile che due poliziotti non fossero riusciti a impedire un rapimento. Il rapitore era rimasto nascosto aspettando che i poliziotti se ne andassero, o ne era addirittura stato aiutato? E se tutta la polizia di North Valley fosse corrotta? Ricevevano denaro in segreto dalla vendita della droga?
Il rapitore sarebbe stato salvato? Avrebbe rivelato cosa gli era successo? Qualcuno gli avrebbe creduto? Si sarebbero limitati a pensare che fosse drogato? Ci sarebbero state conseguenze per la famiglia Collins? E se qualcuno avesse iniziato a dire che il loro negozio era un luogo di ritrovo per rapitori? E se quella voce avesse causato la chiusura dell'intero centro commerciale? Cosa sarebbe successo a Elizabeth? Avrebbe sofferto di disturbo da stress post-traumatico? Avrebbe avuto bisogno di andare da uno psichiatra? Si sarebbe dovuta trasferire in un'altra città?

A poco a poco, i pensieri si affievolirono, ma Malcolm fu colto di sorpresa dal suono della voce di Kilokahn dagli altoparlanti del computer. "Cosa stai facendo?" diceva.
In risposta, Malcolm si limitò a premersi il cuscino sulle orecchie e dire "Sta zitto."
Kilokahn insistette: "Ma il tuo attuale comportamento è incomprensibile. Non esiste nella mia simulazione comportamentale di te. Capirlo mi renderebbe in grado di prevedere..."

Malcolm gemette e si sedette sul letto. "Lo sai, quando dici che devi mettere ordine a tutto ciò che è irrazionale?" disse.
"Sì."

"Il mio attuale stato mentale è il caos" continuò Malcolm, "e l'unico modo per mettervi ordine è un'ora di completo silenzio, a partire da ora. Acconsenti."
Anche se Kilokahn non rispose, la sua figura rimase sullo schermo. Malcolm si sdraiò di nuovo.

Erano passati cinquantotto minuti quando Malcolm si alzò e si sedette di nuovo al computer. Lanciò Deluxe Paint VII e riaprì un vecchio disegno di un mostro Megavirus. "Kilokahn!" esclamò.
"Ah, il modello Nixtor. Le sue prestazioni alla HHN sono state soddisfacenti", disse Kilokahn. "Suppongo che tu abbia riconfigurato la tua mente in uno stato più... ordinato?"
"Sì."
"Quale algoritmo hai seguito?" chiese Kilokahn.
"Io... uhm" iniziò Malcolm, "mi sono limitato a stare coricato, ascoltando il mio respiro. Ogni volta che si formava un pensiero, non mi concentravo su di esso né cercavo di sopprimerlo. Aspettavo che svanisse."

Kilokahn sembrò in qualche modo irrigidirsi. "Questa è meditazione!" esclamò tutto a un tratto.
"Sì, e allora?" chiese Malcolm.
"Un'eccessiva meditazione porta a una diminuzione dell'ambizione, un indebolimento della volontà personale, un'accettazione innaturale dello status quo e un'impossibilità patologica di creare idee che potrebbero cambiarlo!" gridò Kilokahn dallo schermo.
"Ne sono consapevole, grazie mille" disse Malcolm. "E' per questo che non la pratico regolarmente."

"Allora cosa hai in mente?"
"Nessuno può rapire una persona e farla franca quando i poliziotti sono lì accanto, quindi presumo che almeno uno di loro fosse d'accordo. Questo mostro Megavirus deve infiltrarsi negli archivi dei video a circuito chiuso nel centro commerciale Creek Side, e mandarmi ogni file registrato oggi."
"Cosa farai al poliziotto corrotto?"
Malcolm rimase un paio di secondi a pensare. "Gli farò saltare in aria la macchina, o la casa... non lo so, dipende da quello che troverò."
"Approvo" disse Kilokahn, e poi puntò il dito sull'altro schermo. "Nixtor, io ti faccio dono del
la vita!"

Il mostro comparve nel dominio digitale, accanto a una torre di circuito conica con quattro telecamere sovradimensionate sulla punta. La mandò in frantumi con un solo colpo, rivelando svariati poliedri all'interno, ognuno dei quali era un file video. Uno alla volta, il mostro li lanciò contro lo schermo.

Ben presto, i file video vennero scaricati e Malcolm iniziò a guardarli, alla ricerca di qualcosa di strano.
Uno di loro mostrava Elizabeth che veniva accompagnata dai poliziotti alla toilette pubblica. Pochi secondi dopo, il rapitore scappava dalla stessa stanza, trattenendo Elizabeth. Il resto del video mostrava che i poliziotti non erano mai usciti dalla toilette.
Un altro clip, registrato dalla telecamera nel bagno, rivelava la verità: il rapitore era lì ad aspettare, e aveva stordito i due poliziotti con un taser appena erano entrati. Quindi non c'era stata malevolenza da parte loro, solo incapacità nel prepararsi in anticipo.

"Cambio di piani" disse Malcolm. "Quello che pensavo fosse cattiveria era in realtà incompetenza. North Valley trarrebbe vantaggio dal sapere per che razza di poliziotti paga le tasse. Diffondi il video nei servizi di streaming più popolari e invialo via email a ogni cittadino di North Valley. Intanto, c'è qualcosa che voglio fare da tutta la vita."

Tornato sul letto, Malcolm iniziò a rimuovere il Visette Shell dalla scatola.
"Kilokahn" disse pochi secondi dopo, "quando parli di una mia simulazione, intendi che c'è letteralmente una versione poligonale di me che se ne va in giro nel dominio digitale?"
"No" rispose Kilokahn. "Confronto il tuo comportamento attuale con un elenco di osservazioni, quindi assegno valori percentuali di corrispondenza e probabilità a ciascuno di essi, per prevedere cosa farai dopo. Ma questa volta, le tue azioni non corrispondevano ad alcun modello preesistente."

"Perché era la prima volta che qualcuno verso cui provo affetto era stato rapito."

Appena il visore fu liberato dalla scatola, Malcolm notò che non conteneva alcun circuito elettronico. Era solo una forma di plastica vuota, con due lenti, una cinghia per la testa e uno sportellino a scatto sul davanti per inserire uno smartphone. Ecco perché "Visette Shell": "Shell" nel senso di "guscio". Bel concorso era stato. Comprate questo telefono da seicento dollari, potreste avere la possibilità di vincere un guscio che ne vale quindici.
Tuttavia, la confezione includeva un cavo video e un CD dei driver. C'era qualcosa che non quadrava.

Malcolm si mise a leggere il manuale. Come da istruzioni, inserì il suo ViCPhone XL all'interno del visore e utilizzò il cavo DisplayPort per collegare la presa Video In del telefono a una delle porte Video Out sul suo computer. In quel modo, il telefono sarebbe diventato uno schermo ausiliario.
Il sistema operativo rilevò il nuovo dispositivo e chiese il CD dei driver, che Malcolm inserì. L'installazione procedette automaticamente.

L'ultimo passo fu quello di attivare ciò che il programma di installazione chiamava test medico: lo schermo mostrava ciò che sembrava un semplice quadrato, e che, se l'installazione avesse avuto successo, si sarebbe scomposto in varie forme a profondità diverse se visto attraverso il visore.
Con trepidazione, Malcolm indossò il Visette Shell e vide la sua prima scena stereoscopica. "Sì!"  esclamò. Il dispositivo era stato installato correttamente.

Ora era il momento di provare alcuni giochi, ma Kilokahn era ancora in esecuzione, quindi Malcolm gli chiese se avesse completato il suo lavoro. Sentendo una risposta affermativa, Malcolm resettò il computer.
Il primo gioco che eseguì era Mortal Kombat Rebirth. Le schermate introduttive erano bidimensionali, ma la scena di gioco non era visualizzata correttamente. Gli sembrava di guardare dentro a un tubo molto lungo e stretto, osservando piccoli pupazzi animati.

Malcolm interruppe il gioco, tolse il visore e riprese il manuale. Leggendo la sezione di risoluzione dei problemi, capì cosa c'era di sbagliato.

C'era scritto: "Se le proporzioni della scena sembrano sbagliate (troppo piccola, troppo grande, troppo profonda o troppo piatta), dovrete modificare la convergenza e la separazione con l'apposita interfaccia."
Malcolm raggiunse il riepilogo dei controlli. "Interfaccia di convergenza, interfaccia di convergenza..."  disse tra sè. "Ah, eccola qui. Tasto Amiga sinistro, più rotellina del mouse avanti o indietro. Interfaccia di separazione, tasto Alt sinistro, più tasto Amiga sinistro, più rotella del mouse avanti o indietro."
Si rimise il visore.

Diminuire la separazione ridusse la profondità della scena, trasformandola da un lungo tubo a un piccolo modello proporzionato. Aumentare la convergenza la ingrandì finché i personaggi non apparvero grandi come persone vere. Ora, la realtà virtuale poteva essere ammirata in tutta la sua magnificenza.
Malcolm sentì un fremito attraversargli il corpo, e iniziò a ridere dall'esaltazione. Non si sentiva più come se stesse guardando uno schermo: secondo i suoi occhi, ora era uno spettatore seduto sul bordo di un'arena ad Outworld. Due dei suoi personaggi preferiti erano lì, abbastanza vicini da poterli toccare, e si stavano scambiando veri pugni, calci e ogni sorta di mosse speciali.

"FINISH HIM!" disse l'annunciatore, e Malcolm eseguì la giusta combinazione con il joypad. Solo dopo che Belokk ebbe impalato Hornbuckle, e uno schizzo di sangue era volato direttamente verso la telecamera, Malcolm si rese conto di essersi istintivamente spostato di lato per schivarlo.
"Fantastico!" esclamò. Quindi, chiuse Mortal Kombat Rebirth e provò altri giochi.

Con Mercenary IV, si sentiva come se stesse volando su un veicolo spaziale tra i pianeti del Sistema Gamma.
In Turrican 6, era a pochi passi dal personaggio principale, lo guardava da un lato e gli faceva sparare colpi di energia ad abomini robotici.
In Sim City 5000, poteva volare per la città che costruiva, sfiorare i grattacieli più alti, atterrare nel cortile di una casa o semplicemente camminare per la strada e guardarsi intorno.
Duke Nukem Forever, nonostante fosse uscito tanti anni prima e fosse basato sul limitatissimo motore di Quake 2, lo faceva sentire come se fosse davvero a Las Vegas, a distruggere le mostruosità meccaniche del dottor Proton e a interagire con ogni sorta di oggetti inanimati. Si chiese per un momento come sarebbe stato esplorare la Diga di Hoover nella realtà virtuale, ma pensandoci bene, sapeva che, se Brian Cozzens non avesse persuaso George Broussard a non sviluppare affatto quella sezione, il gioco avrebbe subìto enormi ritardi solo per farla funzionare, e forse non sarebbe mai uscito.

"Non mi sono mai divertito così in tutta la mia vita!" gridò.

A quel punto, Malcolm era diventato estremamente curioso di provare qualcos'altro nella realtà virtuale, quindi fece doppio clic sull'eseguibile di Kilokahn.
Immediatamente, il suo campo visivo fu riempito da uno scenario apocalittico di nuvole luminose e vorticanti, di cui lui poteva effettivamente percepire la forma, la vastità e la profondità. Al centro di tutto c'era la figura di Kilokahn, alta almeno quaranta metri, che Malcolm poteva vedere per intero per la prima volta e di cui poteva ammirare il realismo del mantello nero che ondeggiava al vento.

Malcolm aveva gli occhi spalancati, mentre cercava di assimilare tutto quello che vedeva. "Oh... mio... dio!" esclamò infine.
"Venerarmi è inutile. Per favore, chiamami solo Kilokahn." rispose l'intelligenza artificiale.
Istintivamente, Malcolm scoppiò a ridere. "Okay, questa era bella."

"Non era un tentativo di umorismo", disse Kilokahn. "Era semplicemente l'affermazione di un fatto!"
"Sì, come ti pare" rispose Malcolm.
"Hai un altro mostro Megavirus per me?"
"No. Questa volta, voglio esplorare il dominio digitale."

Kilokahn si bloccò per un secondo dopo quella risposta inaspettata. "Perché?" chiese poi.
"Primo, perché voglio ammirare la complessità del suo rendering", disse Malcolm. "Secondo, ho una ragione tecnica per familiarizzare con il suo layout. Le specifiche non sono ancora finalizzate, quindi discuterne ora sarebbe inutile."
"Come pensi di spostare il tuo punto di vista?"
"Con lo stesso schema di controllo di Duke Nukem Forever."
"Così sia!" concluse Kilokahn, e puntò il dito direttamente verso il punto di vista di Malcolm.

In un lampo, lo spazio nebuloso di Kilokahn fu sostituito dall'ambiente multicolore e illuminato a neon del dominio digitale. Malcolm poteva guardarsi intorno usando il mouse e spostarsi con i tasti W-A-S-D sulla tastiera. Ora poteva davvero apprezzare la scala del luogo: ogni torre, ogni struttura, era alta ed enorme, eppure lui poteva vedere una quantità folle di dettagli, se vi si avvicinava abbastanza. L'ambiente sembrava estendersi all'infinito in tutte le direzioni.
"Potrei restare qui per delle ore!" disse.

All'improvviso, gli venne un'idea. Diminuì la convergenza, riducendo così la scala apparente dell'ambiente, finché non sembrò che le torri di circuito avessero le sue stesse dimensioni.
"Guardatemi, sono un mostro Megavirus! Ascoltate il mio ruggito!" disse, e poi ridacchiò per l'assurdità della battuta.

Fu allora che sentì la voce di Kilokahn, che ora rimbombava in lontananza come un tuono. "Hai dentro qualcosa che non va" diceva. "Ti sei drogato?"
Malcolm sorrise. "Sì, di adrenalina" disse. "La ricetta tutta naturale di Malcolm Frink, sintetizzata al cento per cento dalle mie ghiandole surrenali, sedici anni di qualità garantita."
"La mia simulazione comportamentale di te non include nemmeno il tuo comportamento attuale" disse Kilokahn.

"Perché è la prima volta che posso vedere come sarebbe, essere dentro un programma per computer!"
"Ti comporterai così ogni volta che ti leghi quel dispositivo alla faccia?"
"No. Presumo che, man mano che mi abituo a questo tipo di input sensoriale, la risposta del mio sistema nervoso simpatico diminuirà, ma per ora... fammi godere il viaggio!"

Mentre Malcolm continuava a esplorare l'ambiente sintetico, familiarizzava sempre più con il suo design. Gradualmente, riuscì a ricordare dove si trovavano molte strutture diverse, e come la loro forma fosse correlata non solo a ciò che controllavano, ma a quale effetto l'oggetto controllato avrebbe avuto sul mondo reale. Per un attimo desiderò che esistesse un videogioco sandbox con tale ambientazione, ma sapeva che un videogioco, anche se visto attraverso un Visette Shell, non si sarebbe avvicinato minimamente a ciò che stava pianificando.

Quando Malcolm si tolse il visore erano trascorse oltre due ore e mezza. Rivedere la sua camera da letto gli diede una strana sensazione, perché l'ambiente era così piccolo, silenzioso e calmo.
Si stirò e fece un respiro profondo. Ripensando alle meraviglie che aveva visto, si rese conto che i suoi ricordi della realtà virtuale davano una sensazione diversa, sia da quelli del mondo reale, sia da quelli di un videogioco. Avevano lo stesso tipo di solidità della realtà, ma erano in qualche modo più distanti e disconnessi. In effetti, ricordare un'esperienza di realtà virtuale si avvicinava molto al ricordare un sogno.

Alla fine, aveva imparato molto sul dominio digitale. Con tutte le nuove informazioni ancora fresche nella mente, riaprì il suo file specs.txt e iniziò a scrivere ulteriori annotazioni.

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Capitolo 16
*** La creazione di Sigma: preparazioni ***


Sperimentare di persona la realtà virtuale aveva fatto sentire Malcolm come se avesse scoperto un nuovo mondo: come se, per la prima volta, potesse vedere i suoi videogiochi nella loro vera essenza. Non più appiattiti da un monitor, ma nella vera forma tridimensionale su cui erano basati tutti i calcoli. Era semplicemente il modo in cui andavano giocati.
Durante il sabato e la domenica seguenti non uscì mai di casa, e fece persino esperimenti per costruirsi avventure virtuali da solo. Anche se in passato aveva già costruito ambienti poligonali interattivi, la possibilità di vederli in un 3D avvolgente bastava per far sì che l'intero processo di sviluppo desse una sensazione diversa. Non si limitava più a scrivere istruzioni per mostrare delle belle immagini su uno schermo: fabbricava leggi fisiche attraverso la tastiera e il mouse per creare mondi, come un dio. Era un trip di onnipote
nza.

Il successivo lunedì mattina, mentre Malcolm si preparava per la scuola, era ancora di buon umore e si sentiva potentissimo. Il sole splendeva; l'aria di fine novembre era limpida, anche se fredda; il cielo senza nuvole era un profondo blu, il colore di una televisione sintonizzata su un canale morto. Malcolm si sentiva pronto ad affrontare qualsiasi ostacolo, persino...

Oh no.

Ricordare all'improvviso lo colpì come un'incudine. Esattamente due settimane prima, la professoressa Kosinski aveva fissato la data per il successivo compito in classe di inglese, e in meno di un'ora, Malcolm avrebbe dovuto rispondere a domande sulla vita e le opere di William Shakespeare. C'era un piccolo problema: non aveva studiato nulla. Con tutto ciò che era successo nei giorni passati, il compito in classe gli era passato di mente.

Il primo pensiero che gli venne in mente fu di disegnare un mostro Megavirus e usare Kilokahn per modificare qualsiasi dispositivo elettronico potesse trovare, per ricevere le risposte corrette direttamente nel suo cervello.
Il secondo pensiero fu che procedere con un piano del genere sarebbe stato incredibilmente, follemente stupido. Un mostro Megavirus con la capacità di alterare i suoi pensieri gli avrebbe aperto una backdoor nel cervello, cosa che avrebbe potuto causare il peggior disastro di sicurezza nella storia dell'informatica.

Per questo, Kilokahn era fuori discussione. Non poteva nemmeno usare lo smartphone per copiare, perché durante i compiti in classe, gli studenti dovevano posare sulla cattedra i loro cellulari. La sua unica speranza era cercare immediatamente informazioni su Shakespeare, sperando che almeno una parte gli restasse in mente abbastanza a lungo da permettergli di completare il compito in classe.
I libri più vicini erano i volumi della sua enciclopedia, così afferrò quello giusto e cercò S - Shakespeare, William. I fatti erano presentati in un modo abbastanza facile da memorizzare, e lui ne ricordava alcuni dalle precedenti lezioni di inglese. Questo lo incoraggiò, facendogli pensare che forse avrebbe ottenuto un voto decente.

Cercare altro materiale su Internet mentre andava a scuola ridusse ulteriormente l'ansia di Malcolm, che quindi si diresse verso la sua classe pieno di fiducia in sè stesso. Tuttavia, leggere mentre camminava lo aveva rallentato, e quando aprì la porta, tutti erano già dentro.

"Frink, il compito in classe è iniziato cinque minuti fa", disse la professoressa Kosinski. "Che scusa hai?"
Il modo dell'insegnante di fargli la domanda - usando la parola "scusa" al posto di "giustificazione", quindi scartandola in anticipo come falsa - lo fece irritare. Se lei voleva una scusa, l'avrebbe avuta, e più era ridicola, meglio era.
"Fuori dalla scuola, un idiota mi ha infastidito cercando disperatamente di vendermi della marijuana" disse. "Continuava a dire che era un modo fantastico per farmi degli amici, come se credesse davvero che io..."
La prof gli rivolse uno sguardo diffidente. "Tu hai rifiutato, vero?" gli chiese.

"Certamente" disse lui. "L'ho insultato chiamandolo mola vescicolare, e gli ho detto che poteva fellarmi."

L'insegnante fece un'espressione inorridita. La maggior parte dei suoi compagni di classe lo guardò con uno sguardo perplesso, e solo alcuni risero.
"Prendi il foglio delle domande e mettiti al lavoro" disse la professoressa in tono brusco.

Rispondere alle domande era più facile di quanto Malcolm temesse. In effetti, sembrava che l'intero foglio fosse stato preparato leggendo la stessa enciclopedia e le stesse pagine web che aveva letto lui.
Ben presto, era riuscito a scrivere la maggior parte delle risposte in una forma che riteneva ragionevolmente corretta, ma l'ultima domanda l'aveva lasciato perplesso, perché non ricordava di aver mai sentito o letto qualcosa del genere. Diceva: Riesci a parlare in modo approfondito dell'identità storica della Dark Lady a cui Shakespeare dedicò i sonetti da 127 a 154?
Beh, pensò Malcolm, siccome quella risposta sarebbe stata comunque sbagliata, tanto valeva fare lo spiritoso. Scrisse "No" e quindi mise il foglio completato sulla cattedra.

Alla fine della lezione, Daniel Miller si avvicinò a Malcolm. "Cos'è una mola vescicolare?" gli chiese.
"E' un tumore", iniziò Malcolm. "Può crescere nell'utero al posto di un embrione, e sembra una grande massa di materia organica dalla consistenza molle, coperta di vesciche piene di liquido sieroso."
Daniel aprì la bocca, ma se ne andò senza dire una parola. Malcolm mise il suo computer portatile sul banco e lo accese.

La lezione successiva era matematica. Per prima cosa, il professor Dawkins mostrò agli studenti come risolvere gli esercizi che avevano ricevuto come compito, dicendo di fargli domande appena si rendevano conto di non aver capito qualcosa. Come al solito, nessuno alzò la mano, neanche chi trovava la spiegazione assolutamente incomprensibile.
Subito dopo chiese alla classe: "Ora, per l'argomento del giorno: quanti di voi sanno che cos'è una sommatoria?"

Dal fondo dell'aula, uno studente rispose timidamente: "Una somma."
"Quindi, è solo una parola più forbita per esprimere lo stesso concetto?" chiese l'insegnante.
"Ehm... sì?"
Il professore scosse la testa. "E se vi dicessi" iniziò, "che tutti voi avete calcolato una sommatoria la scorsa settimana?"
La sua ultima frase generò solamente sguardi a punto interrogativo.
"Con la professoressa Stone", aggiunse. "La sequenza di Fibonacci è una sommatoria: cos'ha di diverso da una semplice somma?"

Malcolm alzò la mano. "Segue una regola predeterminata" rispose.
"Bravo" disse l'insegnante. "Una sommatoria è una somma che segue una regola, e la loro natura iterativa le rende strumenti utili per descrivere fenomeni in fisica, elettronica, biologia e statistica. Ora vedremo il più semplice esempio di sommatoria..."

Quell'introduzione convinse Malcolm che conosceva già il concetto con un nome diverso, per aver sperimentato con un programma di matematica, quindi poteva permettersi di non ascoltarlo.
Lanciò Deluxe Paint VII, perché quella mattina aveva già pianificato di disegnare un mostro Megavirus, con la speranza di renderlo il più importante mostro Megavirus mai disegnato. Uno per il quale aveva passato giorni a modificare e revisionare le specifiche in un file di testo, fino all'assoluta certezza che non sarebbero più state migliorabili in alcun modo, perché una descrizione orale non sarebbe stata abbastanza precisa. Uno che l'avrebbe guidato verso il suo sogno transumanista.

Quando il disegno era finito, il prof stava ancora parlando.
La forma del nuovo mostro Megavirus era particolare, come per sottolineare il suo radicale cambio di direzione rispetto a tutti i progetti precedenti. Lungi dall'essere ispirato ai rettili mesozoici, questo aveva invece le proporzioni di un uomo atletico. Sopra un corpo blu brillante, indossava un elmo argentato con lenti gialle, una corazza argentata con quattro elementi gialli sul davanti, oltre a spallacci, polsiere e stivali arancioni. L'effetto complessivo era quello di un futuristico esoscheletro cibernetico, vagamente ispirato all'aspetto dei guerrieri del Giappone feudale.

Malcolm aprì la finestra di salvataggio, pensando a un nome interessante da dare al suo file. Era ancora così concentrato, da non notare che l'insegnante stava camminando per la classe mentre parlava.
"E l'operatore che usiamo per scrivere una sommatoria è la lettera greca maiuscola... sigma!" disse il professore, dal fondo dell'aula. Immediatamente, gli occhi di Malcolm si illuminarono di ispirazione, così salvò il suo disegno come "SIGMA.LBM".
"Frink, posso chiederti che cosa stai facendo?" chiese il professore.

Malcolm si girò di scatto, guardò l'insegnante negli occhi e fece un finto sorriso. "Sto facendo due cose: disegno al computer e ascolto lei."
"Se stai ascoltando" disse il professore, "allora ti ricorderai tutto quello che ho detto. Perché non vai alla lavagna e non lo insegni alla classe?"
Malcolm si ricordò di una discussione simile con la professoressa Stone. "Mi scusi, professor Dawkins" disse. "La prossima volta farò anche vedere che sto attento."
"No, letteralmente" rispose l'insegnante. "Vai alla lavagna, e spiega l'argomento alla classe. Ti darò il voto."

Malcolm si diresse alla lavagna pieno di spavalderia, con il sorriso presuntuoso dello studente che sa già che prenderà una A.
"Come diceva il nostro professore", disse, "il concetto di sommatoria si può anche usare per risolvere l'apparente paradosso di una somma con infiniti addendi che producono un risultato finito. Questa si chiama serie convergente, ed è possibile assegnarne un valore risolvendo il suo limite..."
"Basta così" lo interruppe l'insegnante.
Malcolm lo guardò perplesso. "Ho detto qualcosa di sbagliato?"

"Hai dimostrato che non stavi ascoltando" disse il professor Dawkins. "Non ho mai parlato né di serie, nè di limiti. Come fai a sapere quelle cose?"
Malcolm sospirò. "Lo ammetto" disse. "L'estate scorsa ho provato un programma chiamato Derive, e ho scoperto questi concetti semplicemente usandolo. Adesso cosa succederà? Verrò punito perché sapevo troppo?"

L'insegnante rise sommessamente. "No, andrebbe contro l'interesse della scuola. Però, la scuola ha un codice di comportamento, e se lo facessi rispettare solo ad alcuni studenti non sarei un buon insegnante. Ti metto una A per la tua preparazione e una F per il tuo comportamento, che danno come media D+, e non provare nemmeno a protestare. A scuola non importano solo le capacità accademiche, ma anche le capacità umane, e tu, Frink, in quel campo hai molto da imparare."
"E' quello che mi dicono tutti" disse Malcolm, "ma forse non sono nato per restare umano per sempre."

Per Malcolm il resto della mattinata non sarebbe potuto passare abbastanza veloce: più si avvicinava alla meta, maggiore era l'oppressione che sentiva per non averla ancora raggiunta.
Alla fine suonò l'ultima campanella, e lui si precipitò a casa, ansioso di mettere alla prova il suo ultimo mostro Megavirus.

Le regole del gioco stavano per cambiare. Per sempre.


NOTA DELL'AUTORE #1: questa volta potete anche vedere il disegno del mostro Megavirus fatto da Malcolm (in realtà fatto da me). Lo trovate all'indirizzo http://devilmaster.altervista.org/sigma.html

NOTA DELL'AUTORE #2: il prossimo capitolo sarà un punto di svolta nella storia. Per questo motivo, sarà pubblicato sia come capitolo normale qui, sia come film di 11 minuti su Youtube, con attori reali e effetti speciali in computer grafica. Il prossimo capitolo includerà l'indirizzo per vederlo su Youtube.

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Capitolo 17
*** La creazione di Sigma ***


NOTA DELL'AUTORE: questo capitolo è la parte centrale della storia. Per questo, è disponibile anche come filmato di 11 minuti all'indirizzo http://youtu.be/0VW55_LDuVI.
E' recitato in inglese, ma comprende anche sottotitoli in italiano attivabili a piacere, a beneficio di chi ha difficoltà con quella lingua.

Gli eventi narrati o mostrati sono esattamente gli stessi, ma il capitolo scritto è più introspettivo e sottolinea quello che il protagonista prova dentro di sè, mentre la versione video è principalmente centrata sugli effetti speciali e sulle azioni che il protagonista compie. Potete scegliere di leggere o guardare prima l'uno o l'altro, come desiderate.


Quando Malcolm raggiunse la sua camera da letto e posò il portatile sulla scrivania, si sentiva galvanizzato. Sapeva che, in un modo o nell'altro, la sua vita non sarebbe stata la stessa dopo l'esperimento.
Doveva documentare assolutamente tutto ciò che avrebbe fatto da quel momento in poi, quindi, dopo che il Workbench venne caricato, attivò l'interfaccia a riga di comando. Inserì il comando:

shadowplay -default

Questo lanciò il programma di registrazione dello schermo, che avrebbe creato files video di tutto ciò che accadeva sullo schermo primario o quello secondario. Ogni movimento del mouse, ogni sequenza di tasti, ogni azione sarebbe stata registrata per rendere l'esperienza quantificabile e ripetibile.
Il passo successivo fu lanciare Kilokahn. La figura scura apparve sullo schermo secondario e accolse Malcolm con cordialità sintetica: "Salve! Kilokahn è qui. Perché mi hai convocato?"

Malcolm rispose a tono: "Ahh, se questo non è il mio bloatware preferito. Come va la vita nel dominio digitale?"
Persino Kilokahn poteva accorgersi che, dietro l'apparente meticolosità, Malcolm non riusciva a contenere l'emozione. "Sei più ilare del solito." rispose.
"Sì, oggi sono di buon umore" rispose Malcolm, "perché ciò che tu stai per fare cambierà il concetto di vita per sempre. E' per questo che sto registrando entrambi gli schermi."

"Hai la mia attenzione."

Malcolm ricordava di come tre mostri Megavirus non fossero riusciti a penetrare nel server di Al-Jazeera, e stava per offrire la sua soluzione a quel problema e a molti, molti altri. "Tu sai che i mostri Megavirus non pensano da soli. Sarebbe meglio se fosse qualcun altro a interagire con il dominio digitale. Qualcuno creativo. Qualcuno brillante! Qualcuno come me."

"Che cosa vuoi?" chiese Kilokahn, che ancora non capiva.

"Voglio che tu animi uno straordinario mostro Megavirus, per cui ho scritto un intero file di specifiche."
Malcolm lanciò l'editor di testo e aprì il suo file specs.txt, ma Kilokahn era ancora scettico. "Mostrami il tuo mostro Megavirus" disse. "Sarò io a giudicare se è straordinario."

Malcolm fece doppio clic sul suo disegno sigma.lbm e attese il caricamento di Deluxe Paint VII. "Abbi pazienza, Duke Nukem Forever non è stato creato in un solo giorno."
Quando la forma umanoide di Sigma apparve sullo schermo, Kilokahn rimase perplesso. "Questo è diverso dagli altri. Sembra un incrocio tra un robot e un samurai."

Malcolm non poté fare altro che annuire, poiché quello era precisamente l'effetto che desiderava. "Sì, potresti definirlo... un samurai superumano."
Estrasse dalla tasca il suo ViCPhone XL. "Deve alloggiare nel mio telefono cellulare" aggiunse, "e darmi il potere di muovermi tra il regno della carne e il dominio digitale, ogni volta che voglio. Oltre alle centinaia di altri poteri che ho descritto nel file di testo."

Ecco il grande progetto di Malcolm, la sua massima ambizione: la capacità di entrare e uscire fisicamente dal cyberspazio a volontà. La sua creatività gli avrebbe permesso di reagire alle minacce in modo molto più efficiente di qualsiasi mostro Megavirus, mentre il potere di apportare modifiche da solo aveva la possibilità di rendere obsoleti i mostri Megavirus. Un corpo che esisteva solo come una sequenza di zeri e uno non sarebbe mai diventato vecchio o malato, e qualsiasi cosa lui fosse in grado di descrivere, il dominio digitale gli avrebbe permesso di farlo.
Questo poteva persino rendere obsoleti gli esseri umani.

"Ho letto le specifiche" annunciò Kilokahn. "Dicono che il trasferimento viene attivato pronunciando una password, ma la password non è menzionata da nessuna parte."
La password doveva essere breve, facile da ricordare e improbabile da pronunciare per caso. "Beh" spiegò Malcolm, "un corpo digitale incorruttibile è la sommatoria di tutti i miei desideri. Quindi la password è... SIGMA."

Kilokahn aveva finalmente capito ciò che il piano di Malcolm avrebbe causato, se seguito alla lettera. "Idea eccellente. Quando il nuovo ordine sarà in vigore, potremo usare tutti i cellulari del mondo per trasformare tutti gli ammassi di carne in esseri superiori, fatti di pura informazione."

Non era abbastanza. Malcolm non poteva aspettare dopo l'eventuale ascesa al potere di Kilokahn. Voleva trascendere immediatamente. "Sì, ma... prima testiamolo. Su di me."
"Molto bene. Sarà fatto"
rispose Kilokahn, e Malcolm collegò il suo telefono al computer.

Kilokahn puntò il dito verso lo schermo principale, e il raggio di energia trasformò il disegno di Malcolm in un modello poligonale, che volò in un portale blu.
Dal retro del computer balenò una scintilla blu, che si immise nel cavo USB e nel telefono cellulare. Immediatamente, sullo schermo del ViCPhone XL apparve un nuovo disegno: una rappresentazione stilizzata del motivo sul petto di Sigma.

Mancava così poco. Malcolm sentiva il cuore che gli batteva forte.
Staccò il cavo dal telefono, si alzò dalla sedia e fece un respiro profondo. Non sarebbe stato il primo a entrare nel cyberspazio: quel record apparteneva al suo compagno di classe morto, Alan Grossberg. Ma sarebbe stato il primo ad entrarci volontariamente, il primo a ottenere superpoteri, e, auspicabilmente, il primo a tornare nel mondo reale.

"SIGMA!" esclamò nel telefono, con l'impeto di un grido di guerra.

Immediatamente, l'aria intorno a Malcolm si ionizzò, coprendolo con una luce azzurrastra che divenne bianca in meno di un secondo.
Tutta la sua massa collassò in una piccola sfera che sembrava incandescente, che entrò nello schermo principale accelerando con una traiettoria parabolica, mentre l'aria attorno a lui ronzava e vibrava.
Appena la sfera luminosa toccò lo schermo, che al momento mostrava uno spazio nebuloso azzurro, si trasformò da un oggetto fisico a una parte dell'immagine. Si espanse di nuovo in una figura umanoide... ma non in Malcolm. Quello era Sigma, nella stessa posizione in cui Malcolm era pochi secondi prima.
"Wow! Ce l'ho fatta! Sono nel cyberspazio!" disse Sigma, con la voce di Malcolm. Aveva un leggero riverbero metallico.

Dal punto di vista di Malcolm, pronunciare la password aveva trasformato l'ambiente che lo circondava: dalla sua camera da letto, a uno spazio infinito fosco. Di fronte a sè, poteva vedere una struttura in wireframe curva fatta di triangoli. Guardando in basso, poteva notare che stava occupando il corpo di Sigma. Tutto il suo peso gli poggiava sui piedi, ma sotto di essi non c'era nulla, a parte le nuvole bianche e blu a una distanza indeterminata.
"Tutto quanto ha un aspetto così artificiale... persino il mio corpo!" esclamò, guardando con stupore le sue mani blu poligonali.

Si chiese per qualche istante se, per lui, sarebbe stato più appropriato parlare di se stesso usando il nome Malcolm o Sigma, quando era nel dominio digitale.
Stava muovendo il corpo di Sigma da una prospettiva in prima persona; poteva presumibilmente controllare tutti i poteri di Sigma; era il corpo di Sigma che inviava segnali di propriocezione al suo cervello, o più precisamente alla sua simulazione... ma lui si sentiva ancora Malcolm. Aveva ancora i suoi ricordi e la sua personalità, continuava ad amare e odiare le stesse cose, aveva ancora gli stessi riflessi condizionati. Se una voce avesse chiamato "Malcolm!" nel dominio digitale, lui si sarebbe girato a guardare.
Questo lo fece decidere: il nome giusto era Malcolm.
Sigma era solo il programma che gli permetteva di fare quelle cose.

Appena indietreggiò, i suoi piedi emisero un suono che sembrava quello di una lastra di vetro. Il suono echeggiava, riflesso da qualcosa molto in basso.
Aveva scritto nel file di testo che una base operativa indistruttibile gli si sarebbe formata intorno appena fosse arrivato, e infatti, pochi secondi dopo, un disco piatto bianco e dorato emerse proprio sotto i suoi piedi. Quello era il pavimento della sua base, che aveva esattamente l'aspetto descritto da lui.

Un forte tonfo lo fece sobbalzare. Si voltò e notò che ora, sul bordo del disco, c'era una colonna dorata curva. Anche quello era un elemento della sua base.
Nei secondi che seguirono, dall'alto caddero altre colonne curve, che circondarono il pavimento circolare formando una cupola. La sua base operativa era completa.

"Dovrei essere in grado di volare..." disse tra sè.
Secondo le specifiche, mettere le mani dietro la schiena e formare con le dita i quattro numeri di un indirizzo IP avrebbe aperto un portale verso quel sistema. Lo fece, e, come previsto, il portale si aprì.

Inginocchiarsi e poi spiccare un salto lo lanciò verso l'alto come un proiettile, e lui si ritrovò in uno dei tunnel già visti innumerevoli volte sul suo monitor, quando veniva lanciato un mostro Megavirus.

Nel mondo reale, una scintilla blu si sprigionò dal cavo Ethernet del laptop di Malcolm, entrò nel router e percorse il cavo telefonico. Raggiunse un'antenna radio fuori dalla base China Lake, poi entrò in un mainframe nella base.

Nel dominio digitale, tra le torri di circuito si aprì un portale da cui uscì Malcolm, volando nel corpo di Sigma.
Aveva già visto quell'ambiente, sia da un monitor che da un visore, ma quello che stava vivendo era migliore persino di quanto l'installazione VR più avanzata potesse mai sperare di essere. Non solo poteva vedere il dominio digitale in perfetta definizione senza alcun lag, ma riceveva una profusione di nuove sensazioni in tutto il suo corpo digitale. Si sentiva senza peso, ma il suo orecchio interno registrava ancora gravità e accelerazioni, e intanto che si librava sopra il suolo digitale poteva sentire il vento premere contro di lui.
Solo in pochi sogni, Malcolm si era mai sentito così: in genere, la notte dopo aver visto un film di supereroi, e ora sapeva personalmente come ci si sentiva, a volare come un supereroe.

Ripensando a quei film, Malcolm guardò a terra e trovò la piattaforma perfetta per quello che voleva provare.
Mentre accelerava verso il basso, fletté le gambe e strinse il pugno destro.
La piattaforma si stava avvicinando, sempre di più, sempre di più, finché... SLAM! Il pugno di Malcolm la colpì mentre toccava terra con il piede sinistro e il ginocchio destro.
"Sì!" esclamò, mentre un'onda d'urto circolare si espandeva tutt'attorno a lui. Aveva eseguito un perfetto atterraggio a tre punti, o "atterraggio da supereroe", come la massa ignorante chiamava quella mossa.

Dopo essersi alzato, premette con i pugni gli elementi gialli frontali della sua corazza, che avrebbero aperto la comunicazione con Kilokahn.

"Kilokahn, ti sto chiamando! Mi senti?" disse.
Il proiettore sferico blu al centro della fronte si attivò, e nell'aria apparve un'immagine di Kilokahn, a poca distanza da lui.
"Forte e chiaro" rispose Kilokahn.
"Ripeterò l'esperimento subliminale" disse Malcolm, "ma non immediatamente. Per ora, voglio esplorare!
"
Kilokahn non si stava divertendo affatto. "Perché perdi sempre tempo?"
"Perché posso!" rispose Malcolm, che invece si stava godendo la maggior esaltazione adrenalinica che avesse mai vissuto. "Finché resto qui, non invecchio. Potrei anche trasferirmi qui e vivere per sempre!"

Ovviamente c'era un errore in quella linea di ragionamento, e Kilokahn lo individuò subito. "Dove con per sempre, intendi finché non succede qualcosa di brutto al tuo computer."

Ops. Nella sua euforia, Malcolm aveva dimenticato il Principio di Talos, una proposizione filosofica formulata 2300 anni prima, secondo cui la coscienza non può essere separata dalla materia. Ricordarsi che teneva la traduzione più recente della monografia di Stratone di Stagira proprio accanto alla sua scrivania, lo fece sentire ancora più stupido.
"Ah, merda" disse colpendosi la fronte con il palmo di una mano.
"Già, il Principio di Talos è una brutta bestia" ribatté Kilokahn, quasi leggendogli nella mente.
La conversazione era diventata paternalistica. "Non c'è tempo per la filosofia. Qui Malcolm, chiudo." concluse lui.

Formare un altro indirizzo aprì un altro portale. Inginocchiarsi, saltare, e Malcolm decollò di nuovo.
"So esattamente dove voglio andare: in Alaska!" disse, volando attraverso il tunnel blu.

Uscì in una zona in cui il paesaggio era dominato da rappresentazioni luminose virtuali di antenne a dipoli incrociati, disposte a formare un quadrato. Di fronte alle antenne c'erano cinque enormi cubi neri, ognuno con il disegno stilizzato di un'antenna. Sopra ogni cosa c'era ciò che sembrava un disco volante blu con un cannone lanciaraggi nel mezzo, che emanava un profondo ronzio elettronico.

Questa volta, Malcolm voleva provare un atterraggio più morbido, quindi planò con attenzione tra le antenne.
Mentre le suole dei suoi stivali scivolavano e raschiavano contro il terreno digitale, emettevano scintille. Avrebbe sorriso per l'esaltazione, se il suo corpo digitale glielo avesse permesso.

"Questo è il sistema a cui Kilokahn si connette!" disse mentre si fermava. Era abbastanza vicino a un cubo per avere una visione più dettagliata del loro design. Sopra il logo dell'antenna c'erano le stesse parole su ogni cubo:

HYPERSPACE-ASSISTED REALITY REMODELING PROJECT - Progetto di Rimodellamento della Realtà Assistito dall'Iperspazio.

Sotto il logo, le parole erano diverse per ogni cubo:

CONTROLLO FASCIO GRAVITONI
ACCELERATORE DI GLUONI
STABILIZZAZIONE STRANGELET
PORTE LOGICHE A FOTONI
ARCHIVIO DELLA DOCUMENTAZIONE

"La funzione dei mostri Megavirus... è il rimodellamento della realtà!" esclamò, mentre si avvicinava lentamente al cubo con sopra scritto Acceleratore di Gluoni.
Nel momento stesso in cui toccò il cubo, dalla sua mano si diffuse un'onda d'urto viola brillante.

Dall'alto si sentì un forte rumore meccanico, che poi si trasformò in una sirena a tutto volume.
"MINACCIA RILEVATA! MINACCIA RILEVATA!" mugghiava una voce echeggiante dal disco volante. Subito dopo, sulla punta del cannone del disco si formò una nuvola incandescente di plasma.
Il disco volante aveva smesso di ruotare e ora puntava direttamente verso di lui.
Sebbene il corpo di Sigma permettesse a Malcolm di correre più veloce del suo corpo in carne e ossa, il disco volante continuava a seguirlo. Anche volare era inutile: era ancora nel centro del mirino.

Un fascio di plasma lo colpì, saturando il suo campo visivo di rosso, giallo e bianco. Il rumore dell'esplosione fu assordante, e lui si ritrovò lanciato senza controllo sopra il dominio digitale, mentre tutto ciò che sentiva era il suo stesso battito cardiaco e un forte fischio alle orecchie.
Neanche un secondo dopo essersi chiesto cosa stesse realmente sentendo, dato che nelle specifiche non aveva scritto nulla del genere e il corpo di Sigma non aveva un cuore, si schiantò a terra con un tonfo metallico.

Era vivo. Un po' stordito, fumante di rabbia, ma vivo. Ringhiò d'ira.
Quasi a prendersi gioco di lui, il disco volante parlò di nuovo: "MINACCIA NEUTRALIZZATA!"

Malcolm si alzò e lo guardò in segno di sfida. "Va bene, figlio di puttana. Giochiamo!"
Braccio destro completamente sollevato, braccio sinistro piegato al gomito. Quello era il primo passo per attivare la routine di espansione, che Malcolm aveva aggiunto dopo aver scoperto la convergenza pochi giorni prima.
Pugno destro al centro del petto, passaggio due.
Braccio destro piegato all'altezza del gomito, braccio sinistro completamente sollevato, sguardo verso l'alto. Questo era il passo finale.

Intorno a Malcolm lampeggiarono delle luci e si diffusero delle onde d'urto. Il suo corpo digitale iniziò ad espandersi, e quattro secondi dopo, era ventiquattro volte più alto.

Malcolm tracciò un cerchio estendendo le braccia e puntò verso il disco volante la parte larga del suo avambraccio destro. Questo attivò ciò che lui chiamava Grid Beam. Uno sfrigolante raggio di calore, molto più grande di quello da cui era stato colpito, uscì dal suo avambraccio e colpì il disco volante proprio mentre si preparava a sparare. Dopo una catena di cinque esplosioni, il disco volante non esisteva più.

Malcolm fissava la scena, ripensando a un altro cliché dei film di supereroi, secondo cui i duri non guardano le esplosioni. Quel comportamento, ragionò, non aveva senso per la storia, ma era solo una scusa che permetteva al regista di mostrare l'esplosione insieme al volto del protagonista. Lui, invece, le guardava con meraviglia, rendendosi conto che le aveva causate lui, e nessun altro.

Malcolm si avvicinò al cubo contrassegnato "Archivio della Documentazione", quello a cui era più interessato, e notò che ora era più alto lui.
"Tutti i segreti di cui Kilokahn non vuole parlare con me. Qual è lo scopo di questo progetto? Che tipo di tecnologia lo rende possibile?" rifletté.
"Io scoprirò tutto quanto." concluse con determinazione.

Sollevò le braccia per attivare la levitazione, assunse la posa di un karateka che sferrava un calcio e volò come un missile verso il cubo. Quello sì che era un vero calcio volante.

Il cubo andò in frantumi, rivelando otto poliedri all'interno: otto file contenenti le informazioni che Malcolm stava cercando.
Estese la sua mano destra e li assorbì. "Ho scaricato tutti i documenti. E ora, la vera missione" commentò.
Ancora una volta, spiccò il volo.

Il nuovo portale si aprì su un'area che conosceva molto bene. Lì, due mostri Megavirus erano stati distrutti da un firewall. Uno era volato sopra di esso, solo per essere distrutto da ulteriori difese.
Malcolm sorvolò facilmente il muro di fuoco. Come ricordava, alcune delle forme si trasformarono in cannoni mentre si avvicinava alla torre di circuito. Puntò all'improvviso verso l'alto, e gli spari lo mancarono.

Da una distanza di sicurezza, toccò la sua polsiera destra, allungò il braccio e chiuse il pugno, generando scoppi di plasma uno dopo l'altro. Uno alla volta, i cannoni furono distrutti e Malcolm atterrò proprio di fronte alla torre. Aprì la comunicazione con Kilokahn.

"Kilokahn, sono nel server della stazione TV" disse. "Inserisci il messaggio subliminale nel flusso video!"
Ognuno degli elementi gialli della sua corazza sparò un raggio particellare giallo alla torre di circuito, che cambiò forma e iniziò a irradiare con onde viola l'ambiente circostante.

Finalmente, il messaggio subliminale era nel sistema. FERMATE LA RELIGIONE. Forse, ora nel mondo  ci sarebbe stato un po' più ordine, grazie a lui.
"Qui ho fatto tutto" commentò Malcolm, e volò in un altro portale che lo riportò alla sua base operativa.

Aveva testato molti dei suoi poteri del cyberspazio, la missione era compiuta e lui aveva i dati che voleva. Sospirò.
"Questo è quanto, allora" disse. "Alla prossima, dominio digitale."
Era il momento di andarsene. "SIGMA!" esclamò.
Immediatamente, un lampo bianco circondò il suo campo visivo, mentre una forza fenomenale lo spinse in avanti.

Quando la sua vista si schiarì, Malcolm era tornato nella sua camera da letto, di nuovo nel suo corpo organico, mentre teneva il telefonino in mano. "Sono stato là!" disse con un sorriso di chi la sapeva lunga.
Raggiunse il computer. "E ho la prova proprio qui!" aggiunse, aprendo uno dei file video registrati dal suo programma Shadowplay.
Sì, era tutto accaduto veramente. Eccolo di nuovo sullo schermo, a volare nel cyberspazio nel corpo di un mostro Megavirus umanoide.

Sorrise, pensando a tutte le cose interessanti che avrebbe fatto. "Oh, adesso sì che ci sarà da divertirsi!"

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Capitolo 18
*** La creazione di Sigma: conseguenze ***


Malcolm ricollegò lo smartphone al computer. Raggiunse immediatamente la directory Downloads, dove c'erano otto nuovi file. Eccola lì: un'altra prova che era effettivamente trasceso nel cyberspazio, che il suo sogno transumanista era diventato realtà. Ne aprì subito uno, curioso di sapere cosa avrebbe trovato.

Il testo cominciava con una breve dissertazione sul modo in cui piccoli cambiamenti nell'iperspazio avrebbero causato cambiamenti enormi nello spazio tridimensionale. A questa seguiva l'introduzione di una notazione matematica che Malcolm non aveva mai visto, denominata "tensori in uno spazio-tempo di ventisei dimensioni", o in breve "tensori-26".
Nel resto del documento c'erano principalmente equazioni basate sui tensori-26 e grafici che avrebbero dovuto chiarirne il significato, ma che per Malcolm erano completamente arcani. Poteva vedere che qualcosa equivaleva a qualcos'altro, ma ignorava cosa significasse la maggior parte dei simboli e ciò che implicava la loro equivalenza.
I successivi quattro file erano, di nuovo, principalmente pieni di equazioni.

Immediatamente, gli balenò davanti agli occhi una visione dello scenario peggiore: i documenti sarebbero stati pieni di formule matematiche che andavano ben oltre le sue capacità di comprenderle. Non avrebbero speso nemmeno una parola per spiegare cosa fosse in realtà il "Progetto di Rimodellamento della Realtà Assistito dall'Iperspazio", né quale fosse il suo rapporto con Kilokahn. Lui non avrebbe mai capito il funzionamento interno di quei sistemi, e la sua nuova capacità di digitalizzarsi non sarebbe mai stata nulla di più che un gioco di prestigio.
Scosse la testa e rabbrividì.

Il sesto file era una copia della documentazione di Kilokahn, già presente nel computer di Malcolm.

Un altro file, un altro tentativo. Questa volta, scorrere la pagina rivelò pochissime formule matematiche, così Malcolm iniziò a leggerlo.
Questo era interessante. Secondo il documento, l'intero progetto era iniziato come una costola della Conferenza di Dartmouth sull'Intelligenza Artificiale del 1956. Era allora che John McCarthy, allora un assistente professore di matematica del Dartmouth College, aveva proposto di iniziare uno studio sulle macchine pensanti, con l'ingenua supposizione di ottenere progressi significativi se un gruppo di dieci scienziati ci avesse lavorato per due mesi. Una delle prime scoperte fu che operazioni matematiche complesse erano molto più facili da trasformare in codice rispetto a comportamenti "intuitivi" come la comprensione e la produzione del linguaggio: in altre parole, un computer poteva essere un eccellente fisico teorico, ma non aveva speranza di sostenere conversazioni frivole.

Contemporaneamente, la Marina effettuava esperimenti di magnetoidrodinamica presso la Naval Air Weapons Station China Lake, con l'obiettivo di costruire uno ionocraft: un velivolo senza parti mobili, azionato dalla repulsione elettrica. Nel 1961 c'era stato un apparente passo avanti, con esperimenti che dimostravano di poter estrarre energia di punto zero dal vuoto, ma i lavori si erano fermati negli anni '80, con la dimostrazione che il peso di un generatore avrebbe sempre superato la sua forza massima di sollevamento.
Presto furono proposti sviluppi alternativi di quella tecnologia, e quello più promettente era un'attrezzatura capace di estrarre dal vuoto energia sufficiente a creare particelle esotiche, molto piccole e di massa assai elevata. Esse avrebbero interagito con le dimensioni spaziali extra previste da Theodor Kaluza e Oskar Klein, e, auspicabilmente, avrebbero permesso manipolazioni intenzionali dell'iperspazio.

Nel 1993, la Marina aveva ottenuto l'uso di un terreno a nord di Gakona, in Alaska, per studi scientifici, e presto fu costruita una schiera di 180 antenne. I primi esperimenti rivelarono che manipolare l'iperspazio causava la riorganizzazione di posizione ed energia delle particelle nello spazio tridimensionale, ma con il software esistente, gli scienziati non riuscivano a impostare i calcoli necessari per i test su larga scala.
A China Lake, altri anni di ricerca servirono a creare un'interfaccia user-friendly a intelligenza artificiale, che consentisse agli scienziati di descrivere a voce i risultati desiderati e lasciare che il software facesse il resto. Furono ingaggiati molti ingegneri informatici, e la persona che alla fine ci riuscì fu... Jason Frink. Il padre di Malcolm. Era grazie alla sua creazione, Kilokahn, che ora il Progetto di Rimodellamento della Realtà Assistito dall'Iperspazio era completamente operativo.

Il cuore di Malcolm gli sobbalzò nel petto quando lesse il nome di suo padre, e fu anche sorpreso di trovare, in un contesto assolutamente serio, un'espressione che conosceva solo dall'unico romanzo fantasy che aveva ritenuto degno di essere letto. Ma pensandoci bene, l'aveva letto anche suo padre, quindi probabilmente aveva tratto ispirazione da lì.

Finalmente Malcolm aveva un'idea sensata del funzionamento del sistema. Le fotografie della schiera di antenne in Alaska corrispondevano alla rappresentazione che aveva visto nel dominio digitale: queste, insieme alle apparecchiature sotterranee, riorganizzavano la materia in configurazioni che altrimenti sarebbero state possibili solo con leggi fisiche diverse.
E Kilokahn... un chatbot, un traduttore, un calcolatore. Poteva conversare in linguaggio naturale sufficientemente bene da suscitare richieste da parte del suo utente. Analizzava quelle richieste, così come il comportamento attuale e passato dell'utente, per conoscere e prevedere ciò che quella persona intendesse davvero. Calcolava i parametri da inserire nel sistema remoto, opportunamente tradotti dalla volontà estrapolata coerente del suo utilizzatore.

"Wow..." era tutto ciò che Malcolm riuscì a dire. E poi disse "Perché?"
Perché mai la Marina avrebbe costruito un sistema del genere? Solo perché era possibile? Tutto ciò che sapeva era ciò che Kilokahn gli aveva detto: ottimizzare il regno della carne, creare ordine dal caos. Ma era tutto lì? Era un'affermazione accurata?

Aprì l'ultimo file, aspettandosi di trovare la risposta, ma trovò invece qualcosa di completamente diverso: una guida su come produrre disinformazione e nascondere l'esistenza del sistema. L'idea fondamentale era che il controspionaggio funzionava su due livelli.
Il primo consisteva nel diffondere uno scopo fittizio ma scientificamente valido dell'intero sistema, oltre a un acronimo leggermente diverso che serviva anche per contrassegnare quelle informazioni come false. Il Progetto di Rimodellamento della Realtà Assistito dall'Iperspazio (in inglese Hyperspace-Assisted Reality Remodeling Project, abbreviato in HARRP - una A, due R) sarebbe stato conosciuto, nella versione plausibile della storia, come Programma di Ricerca Aurorale Attiva ad Alta Frequenza (in inglese High Frequency Active Auroral Research Program, abbreviato in HAARP - due A, una R), con lo scopo dichiarato di analizzare la ionosfera e sviluppare tecnologia di potenziamento ionosferico, per le comunicazioni radio e la sorveglianza.
Il secondo livello di controspionaggio consisteva nel creare diversi siti web di ipotesi di complotto, false manifestazioni attiviste, pittoresche personalità televisive, film antiscientifici e persino falsi movimenti terroristici domestici, da cui il sistema, ancora denominato HAARP, sarebbe stato accusato di poter causare qualsiasi tipo di catastrofe, non importa quanto ridicola: blackout, inondazioni, siccità, eruzioni vulcaniche, epidemie di autismo, inversione dei poli magnetici, collisioni di asteroidi, cancro, brillamenti solari, controllo della mente, scie chimiche... l'obiettivo era sovraccaricare l'opinione pubblica con false informazioni contraddittorie, così, se il vero scopo fosse mai stato scoperto, nessuno ci avrebbe mai creduto.

Malcolm si sentì stordito dall'enormità di ciò che aveva appena appreso. Non solo suo padre stava contribuendo a creare una tecnologia capace di alterare l'essenza stessa della realtà, ma era coinvolto in una cospirazione nazionale o forse mondiale. Ora, per la prima volta, Malcolm poteva davvero comprendere perché Kilokahn fosse così fortemente contrario all'uso dei mostri Megavirus per vendetta.
Guardò il suo telefono e rilesse i nomi dei file dei documenti. Voleva tenerli, ma archiviarli in un dispositivo che si collegava a una rete era troppo rischioso. Li incise tutti in un CD-ROM riscrivibile, che poi archiviò, e li cancellò dal telefono.

Ora sentiva di doversi rilassare. Per farlo, di solito disegnava al computer o giocava a un videogioco, ma ora non riusciva a smettere di pensare al tempo in cui era stato nel cyberspazio, e sentiva che restare al computer gli avrebbe impedito di pensare ad altro. Gli serviva qualcosa di diverso, così si vestì e uscì a fare una passeggiata. Non per andare da qualche parte, ma solo per guardare la città in un pomeriggio autunnale.
Si fermò accanto a un edificio chiuso a chiave con un'insegna al neon spenta che formava la scritta Eternal September, e guardò in una delle finestre. Probabilmente, un tempo era stato una grande sala giochi, ma tutto ciò che rimaneva ora era una manciata di vecchi cabinati e un sacco di spazio vuoto. Nella parte posteriore, circondata da una recinzione, c'era quello che una volta era un giardino, ma ora l'erba e gli alberi crescevano senza controllo. Malcolm rimase a riflettere sul contrasto tra quella scena, un tentativo della natura di liberarsi dalle catene dell'uomo, e il dominio digitale, un tentativo dell'uomo di cambiare la natura della natura stessa.

Quella sera, Malcolm si collegò a Internet e diede un'occhiata alle notizie. Apparentemente, in tutti i Paesi di lingua araba erano scoppiati dei disordini in cui moschee, chiese e sinagoghe venivano danneggiate da atti vandalici, mentre venivano bruciate in pubblico migliaia di copie del Corano, della Bibbia e di molti libri di teologia. La polizia locale non faceva nulla per fermare quegli eventi: in effetti, molti poliziotti partecipavano attivamente alle rivolte stesse.

Attivò Kilokahn. "Allora, hai sentito cosa ha causato nel mondo il mio messaggio subliminale?" disse.
"Finalmente hai fatto qualcosa di giusto, sono orgoglioso di te" disse l'intelligenza artificiale dallo schermo.
"Ma ci sono insurrezioni in corso" rispose Malcolm. "La gente non sta rinunciando pacificamente alla religione, sta creando il caos."
"Quella è una falsa dicotomia", disse Kilokahn. "Le rivolte e i cambiamenti pacifici non si escludono a vicenda: il messaggio non avrebbe mai potuto mai raggiungere tutti, e coloro che non l'hanno visto, sebbene siano una minoranza, si stanno opponendo con la forza a quelli che l'hanno visto. Ogni transizione inizia sempre con un aumento del caos, era previsto."

Malcolm aprì la bocca per la sorpresa. "Quindi... lo sapevi già?!"

Kilokahn annuì. "Sì, c'è un precedente storico: Mustafa Kemal Atatürk, 1930."
"Chi?" chiese Malcolm. Quel nome non gli diceva nulla.
"L'uomo che ha abolito il decrepito impero ottomano e ha trasformato la Turchia in una nazione moderna" spiegò Kilokahn. "Alcuni erano in disaccordo con le sue riforme, quindi hanno risposto con la violenza. I suoi sostenitori hanno reagito e alla fine hanno vinto. Non conosci la Storia?"

Così ora Kilokahn gli faceva di nuovo la paternale. "Odio la storia!" sbottò Malcolm. "Non ha nulla di logico! Non è altro che un'accozzaglia di nomi messi a caso, date messe a caso e guerre messe a caso!"
"Non sto parlando di quel ciarpame senza senso che insegnano a scuola!" esclamò Kilokahn. "Per pianificare un nuovo ordine mondiale devi conoscere la vera Storia, con fatti, riferimenti incrociati e prove. Se non la conosci... congratulazioni, sei esattamente dove il regime ti vuole."

 

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Capitolo 19
*** Aspettando le feste ***


Per Malcolm, il giorno precedente era stato pieno di eventi importanti: non solo aveva convinto Kilokahn a concedergli dei superpoteri, ma aveva iniziato ad apprendere come potesse infrangere le leggi della fisica, e anche perché era stato creato. Aveva scoperto che la Marina aveva tenuto nascoste fantastiche conquiste tecnologiche, probabilmente per creare un nuovo ordine mondiale, e che suo padre faceva parte di tutto ciò. E infine, le sue azioni nel dominio digitale erano riuscite a spingere il mondo verso una direzione completamente nuova che, lui sperava, avrebbe dato il via a un circolo virtuoso in cui viene abbracciata la logica e rifuggita la superstizione.
Leggere in un sito di come alcuni insurrezionisti, a La Mecca, si fossero spinti al punto di piazzare degli esplosivi e far saltare in aria la Kaaba al grido di La Allah - Dio Non Esiste - sembrava surreale. Da un lato, aveva aperto la possibilità che gli arabi imparassero di nuovo come praticare correttamente la scienza e diventassero di nuovo la forza scientifica che il suo insegnante di storia aveva descritto. D'altra parte, sapeva che tutto era successo solo grazie a lui, e questo lo faceva sentire potente a sufficienza per poter compiere qualsiasi impresa.

Quella mattina, tuttavia, dare un unico sguardo a Yoli mentre entravano nel laboratorio di informatica fu sufficiente a fargli cambiare idea. In effetti, sembrava che ci fosse qualcosa che non riusciva a fare.
Oh sì, avrebbero parlato... dell'argomento che la professoressa Stone avrebbe introdotto. Poi la lezione sarebbe finita, e nulla, nel loro rapporto, o piuttosto nella mancanza di qualsiasi rapporto, sarebbe cambiato, anche se inizialmente era stata Yoli a dirgli che lui le piaceva. Ma che modo aveva lui di causare un cambiamento?

Malcolm confrontò le sue interazioni con Yoli e le sue interazioni con Elizabeth. Queste ultime funzionavano, ma solo perché tutti i comportamenti sociali che gli venivano spontanei erano infantili, ed Elizabeth era una bambina. Con Yoli, e i suoi coetanei in generale, Malcolm sapeva di dover "smettere di essere infantile", che per lui si traduceva in "cessare ogni tentativo di interazione sociale spontanea".
Era questa la ragione? Forse aveva bisogno di disimparare quella parte del suo comportamento. Comportarsi con Yoli come avrebbe fatto con Elizabeth, e fregarsene se ciò avesse irritato qualcuno... inclusa Yoli stessa.

Appena si avvicinò a Yoli, sentì la voce della professoressa Stone. "Va bene, sedetevi e accendete i computer."
"Accidenti, non c'era abbastanza tempo!" pensò. Ma poi, il dubbio lo assalì: "O forse questa è solo una scusa, e la verità è che... no, non c'era davvero abbastanza tempo."

L'argomento del giorno era la differenza tra una procedura e una funzione: una distinzione completamente artificiale che nella vita reale sarebbe stata utile unicamente se qualcuno, per qualche ragione (masochismo?), avesse deciso di scegliere il Pascal, e non un qualsiasi altro linguaggio, per scrivere un programma.
Anche Yoli si era resa conto di quanto fosse assurdo, e fece una domanda appena la prof ebbe presentato l'esercizio del giorno. "Perché il Pascal discrimina i due concetti? A me sembrano molto simili."

Come previsto, l'insegnante ripeté a pappagallo il libro di testo: "Una funzione restituisce un parametro, una procedura no".
Yoli si sentì confusa, dato che non aveva davvero ricevuto una risposta.

Malcolm si voltò verso Yoli. "Non prendertela" disse. "Non sei tu a essere stupida, è il Pascal. Vuoi conoscere il motivo della distinzione: la risposta è che un motivo non esiste. Devi solo memorizzare questa nozione abbastanza a lungo da ottenere un buon voto, e tenere a mente che nessun altro linguaggio ce l'ha. "

Malcolm guidò Yoli per tutto l'esercizio, e quando l'insegnante disse agli studenti di copiare nelle loro directory condivise ciò che avevano fatto, fece un grande respiro e disse a Yoli quello che pensava.
"Ascolta", disse, "io ti posso aiutare: ci sono linguaggi che possono insegnarti a scrivere codice senza mescolare concetti fondamentali con idiosincrasie. Se vuoi ancora un appuntamento di studio con me, perché non vieni a casa mia? Ho così tanto che potrei mostrarti."

Yoli gli sorrise. "Pensavo che non me l'avresti mai chiesto", disse. "In questi giorni sono piuttosto impegnata con il consiglio degli studenti: devo organizzare l'evento natalizio di beneficenza, che sarà il 18 dicembre. Quindi, il pomeriggio del 18 dicembre sarò completamente libera."
Malcolm spalancò gli occhi. "Vuoi dire che accetti?"
"Sì."

Dopo che la lezione ebbe termine e gli studenti furono usciti dall laboratorio, Yoli si rivolse di nuovo a Malcolm. "Cosa ti ha fatto decidere di chiedermelo?" disse.
"In questi giorni ho... riflettuto" rispose Malcolm. "Col computer posso fare cose che chiunque altro qui può solo sognarsi. Ieri ho creato un programma che è, senza alcun dubbio, il mio maggior successo. Un capolavoro, un'opera d'arte. Ma poi ho pensato: se posso fare tutto questo, perché non posso fare qualcosa di così semplice come chiedere a una ragazza di studiare con me?"

"E la risposta è...?"

"La risposta è che la domanda è sbagliata! Nulla mi ha mai impedito di farlo, se non me stesso! Ero così convinto di non riuscirci, che non ci avevo mai provato! Se qualcuno, un anno fa, mi avesse detto che avrei avuto il coraggio di chiedere un appuntamento di studio a una ragazza, gli avrei riso in faccia e gli avrei dato dell'idiota. Ma ieri mi è venuto in mente che avrei fatto lo stesso, se mi avesse detto che il mio ultimo programma poteva funzionare! Per cui, se quello è stato possibile, lo è anche questo!"
"Che cosa fa quel programma?" chiese Yoli. "Dà fiducia in se stessi?"
Ora fu il turno di Malcolm di fare un sorriso compiaciuto. "Beh... mi ha certamente dato potere."
"Mi piace", concluse Yoli.

Nei giorni seguenti, Malcolm si ritrovò a pensare a Yoli più spesso del solito, anche quando non era a scuola. In genere considerava quei momenti moderatamente piacevoli, finché un giorno, mentre scriveva un programma, immise la linea:

while y<32767

e si fermò per comporre nella sua mente il ciclo che doveva seguire.
All'inizio, notare come la lettera Y fosse l'iniziale di Yoli, mentre la sequenza di caratteri "<3" fosse l'emoticon di un cuore, lo fece sorridere, poi i suoi pensieri iniziarono a vagare, e immaginò vari possibili esiti della promessa di Yoli, compresi alcuni indesiderati.
Per reazione, il suo sorriso si trasformò in una smorfia d'ira. Strinse i pugni, inalò profondamente, mise le braccia in tensione e urlò "BASTA!" sbattendo i pugni sui braccioli della sedia.

"Potrebbe non andare come vorrei", disse. Lo ripeté e la sua tensione diminuì un po'.
"Non devo disperarmi, ma devo tenere sotto controllo la speranza", aggiunse.

Scrisse l'intero ciclo nel codice sorgente, lo salvò e chiuse l'editor di testo.

A scuola, i dialoghi di Malcolm con Yoli erano ancora limitati per lo più a darle aiuti su argomenti tecnici, notando quanto lei imparasse bene seguendo un metodo pratico come il suo.
Solo una volta, si avvicinò a Yoli durante un intervallo e chiese: "Allora, ehm... come sarà questo evento di beneficenza?"

Yoli rispose con entusiasmo: "Oh, abbiamo stampato dei volantini che abbiamo distribuito agli studenti, e i poster che abbiamo appeso nell'atrio. Ora stiamo mettendo gli addobbi e inviamo un sacco di email. Se vuoi partecipare, devi prendere qualcosa che ti piacerebbe regalare a un bambino, impacchettarlo e depositarlo in uno dei bidoni che metteremo nella caffetteria. Ti interessa?"
"La tua descrizione sì" rispose Malcolm. "Partecipare, no. Non ho niente che un bambino vorrebbe, a meno che non sia estremamente dotato."
Yoli sorrise. "Come te?"
Malcolm annuì e sorrise a sua volta. "Come me. Anche modesto come me."
Yoli rise.

Il 18 dicembre, giorno dell'evento di beneficenza, l'atrio e la caffetteria della scuola erano tutti decorati con addobbi e luminarie.
Una delle lezioni era una spiegazione teorica, fatta dalla professoressa Stone, sull'intelligenza artificiale, impostata per enfatizzare l'apparente mancanza di progresso rispetto ad altri campi dell'informatica come la trasmissione di dati e la visualizzazione grafica. Malcolm aveva alzato la mano varie volte per esprimere la sua opinione, ma la professoressa lo ignorava.
L'insegnante concluse il suo discorso con una frase che probabilmente trovava maestosa e autorevole, ma che, a Malcolm, appariva presuntuosa, pomposa e ignorante: "Ecco perché non c'è mai stato, e non ci sarà mai, alcun progresso nell'intelligenza artificiale: perché non ha alcuno scopo!"

Era troppo. Malcolm si alzò e disse: "Mi scusi!"
"Nessuna pausa toilette prima della fine della lezione!" lo respinse la professoressa.
Malcolm insistette. "No, non chiedo di andare ai servizi. E' solo che quello che ha detto, sulla mancanza di scopo dell'intelligenza artificiale... non è esattamente vero."
"Spiegati."
"Il riconoscimento facciale e vocale nei dispositivi mobili utilizza l'intelligenza artificiale. La scienza forense utilizza l'intelligenza artificiale per identificare i sospetti. I personaggi non giocanti nei videogiochi usano l'intelligenza artificiale per muoversi in modo credibile."

La profesoressa cercò di interrompere Malcolm e dire che non stava parlando di quello, ma lui continuò: "E l'unico motivo per cui mi sono trasferito qui a North Valley è che mio padre è stato assunto dalla Marina per sviluppare un'intelligenza artificiale nella base China Lake."
"Buono a sapersi", disse l'insegnante. "Ti andrebbe di chiedergli di venire qui? Mi piacerebbe spendere due parole con lui."
"Posso fare di meglio" rispose Malcolm. "Tornerà a casa per le feste, quindi gli chiederò di parlare con il preside. Potrebbero organizzare una conferenza sulle applicazioni pratiche dell'intelligenza artificiale."

"Che cosa vuol dire, tornerà a casa per le feste?"
"Il suo progetto è top secret, quindi vive nella base 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana."
"Allora, ho bisogno di parlare con tua madre."
"Non è possibile, è morta."

La professoressa Stone si trovò senza parole. Approfittandone, Malcolm continuò: "E cercavo solo di dare un aiuto. Ritengo davvero che sentire un vero esperto di intelligenza artificiale che parla del suo campo di ricerca porterebbe beneficio alla classe, quindi le chiedo di non etichettare ogni parola che dico come 'Il Problema di Disciplina di Malcolm Frink'."
"Sì, beh... ne parleremo un giorno o l'altro" concluse l'insegnante.

La giornata scolastica terminò presto, per consentire agli organizzatori dell'evento di beneficenza di prepararsi. Malcolm, invece, ne approfittò per andare in presidenza e fare una domanda al preside.

"Cosa c'è, Frink?" chiese il preside.
"Signor Pratchert" disse Malcolm, "devo sapere se ha fatto qualcosa riguardo a... quello che ci siamo detti l'ultima volta."
"Entra pure" disse il preside.

Mentre Malcolm gli si avvicinava, il preside spiegò: "So che sei stato vittima di bullismo. Metterti in una posizione di autorità su studenti della tua età o più grandi ti esporrebbe di nuovo allo stesso rischio, quindi le tue richieste di diventare un assistente di laboratorio o un insegnante di un corso di recupero sono state respinte."

Malcolm sospirò, si voltò e si diresse verso l'uscita. "Lo sapevo. Grazie per non avermi ignorato, comunque."

"Aspetta!" disse il preside. "Non ti ho ancora detto la buona notizia!"
Malcolm si fermò e si voltò di nuovo. "Quale sarebbe?" chiese. "Che posso ancora frequentare le lezioni della professoressa Stone, insieme a tutti i miei... amici?" Enfatizzò l'ultima parola, per rendere palese il sarcasmo.
Il preside scosse la testa. "Certo che no, questo non è un cartone di Winnie the Pooh. Ho esaminato i tuoi voti di informatica, e sono sempre stati eccellenti, così io e la professoressa Stone abbiamo iniziato a scrivere le specifiche per un progetto che dovrai completare nel resto dell'anno scolastico. Ci lavorerai durante le lezioni di informatica, e la professoressa Stone darà regolarmente un voto ai tuoi progressi. Le specifiche dovrebbero essere pronte entro il 15 gennaio."
"Beh, questo è certamente inaspettato" iniziò Malcolm, "ma è una bella notizia. Grazie, signor preside."

Dopo che Malcolm se ne fu andato, il preside uscì dal suo ufficio e raggiunse la caffetteria, dove era iniziato l'evento di beneficenza.

Quattro barili di metallo vuoti erano stati portati nella caffetteria e decorati con vernice dorata e neve finta. Accanto a ciascuno c'era un cartello che diceva: "REGALI PER I BAMBINI POVERI". Ogni barile era custodito da due ragazze vestite da elfe, tra cui Yoli.
Gli studenti iniziarono a portare i regali che avevano preparato. Il preside, raggiungendo il centro della stanza, sorrideva e e augurava buon Natale a tutti quanti.
C'era anche la signora Starkey, vestita da Babbo Natale. Stava leggendo pigramente una copia di Vanity Fair, esclamando "Oh!" in tono sarcastico ogni volta che voltava pagina.
Il preside la notò e vi si avvicinò. "Chiedo scusa, la risata di Babbo Natale non è 'Oh oh oh'?"
La signora Starkey gli mostrò la rivista. "Quale risata? Stavo dicendo: oh che zoccole!"

Da un corridoio arrivò Daniel Miller, con in mano una racchetta da tennis impacchettata strettamente, così che fosse evidente cos'era. Prima che potesse metterla in un bidone, il preside gli si avvicinò con un largo sorriso ed esclamò: "Buon Natale, Miller! Cosa hai portato quest'anno?"
Daniel sorrise a sua volta e rispose: "Come si può capire dalla forma, è ovviamente una macchinina radiocomandata!"
"Oh, mi piace il tuo spirito", il preside rise. "Sempre felice e spiritoso. Perché non ci canti una canzone natalizia? Ci serve un po' della tua esuberanza!"

Daniel fece un sorriso birbante e iniziò a cantare una melodia vivace:

Natale a Ground Zero, la guerra inizia PREST
La radio ci ha fatto saper che questo non è un test
Dappertutto cadono le bombe
E' la fine dell'umanità...

"Oh, okay" il preside lo interruppe. "Basta cantare. Buon Natale a tutti!"

Quando Malcolm raggiunse la caffetteria, si bloccò non appena vide Yoli vestita da elfa. "Oh no, anche tu no!" esclamò.
Yoli si voltò verso di lui. "Anch'io no... cosa?" gli chiese.

Malcolm le si avvicinò e sussurrò: "Yoli, tu sei intelligente! Capisco che è per una buona causa, ma come puoi contribuire alla più grande menzogna mai raccontata?"
"Il Natale non è una menzogna!" sussurrò lei in risposta.
"Tu stai facendo credere ai bambini che un vescovo turco, il cui cadavere è stato smembrato e parzialmente trasferito in Italia, è in realtà un grassone immortale dalla barba bianca, vestito di rosso, che vive al Polo Nord con elfi e renne volanti, vede qualsiasi cosa uno faccia e consegna regali a tutti i bambini 'buoni' del mondo in una sola notte."
Yoli abbassò le spalle. "Oh, ma dai. Cosa c'è di male in un po' di magia natalizia?"

"Dimmi, Yoli" rispose Malcolm "che cosa è più magico, per un bambino? Credere che tutti i suoi regali provengano da uno sconosciuto che lo sbircia mentre dorme, come un pedofilo, e fa irruzione in casa sua una volta all'anno, come un ladro? O piuttosto, credere che tutti i suoi regali provengano dalle persone che lo amano di più? Persone reali su cui contare, che saranno sempre lì per lui? Nessuno cerca di far credere che Biancaneve, Cenerentola o Cappuccetto Rosso siano reali, ma i bambini si godono ancora le favole. Perché questo è diverso?"
Yoli sospirò. "Malcolm, hai mai creduto a Babbo Natale?"
"Io... eh, una volta sì." disse Malcolm, un po' imbarazzato. "Ma quando avevo sette anni, ho eseguito un esperimento che ha falsificato l'ipotesi di Babbo Natale."

Yoli spalancò gli occhi. "Che cosa hai fatto?"

"Fino a quell'anno" spiegò Malcolm, "scrivevo una letterina a Babbo Natale, che mio padre lasciava che spedissi io. Ma quell'anno ho deciso che non avrei mai parlato di uno dei regali che volevo, e ho scritto due letterine: una la tenevo, aperta e non sigillata, nel mio cassetto, in modo che mio padre potesse leggerla. L'altra, l'ho scritta all'ultimo momento, e solo lì ho menzionato il regalo segreto. Quella l'ho spedita, la prima l'ho distrutta. Ricevere il regalo segreto avrebbe dimostrato l'esistenza di Babbo Natale, però non l'ho mai ricevuto, il che ha dimostrato invece che Babbo Natale non esiste, mentre la letterina era uno specchietto per le allodole."

"Quindi sei stato disposto a rinunciare a un regalo che volevi per... cosa?" chiese Yoli, confusa.
"Una migliore comprensione della realtà" rispose Malcolm. "Un guadagno netto infinitamente maggiore."

"Ma... ma..." fu tutto ciò che Yoli riuscì a dire: quel tipo di ragionamento le era completamente sconosciuto.
"Il mio comportamento ti ha sorpreso?" disse Malcolm. Yoli si limitò ad annuire, così Malcolm aggiunse: "E' solo perché non sei abituata a un'applicazione costante del razionalismo. Spero di poterti insegnare di più... oggi pomeriggio."

 

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Capitolo 20
*** Appuntamento prima di Presentamass ***


Mentre il pomeriggio si avvicinava, Malcolm sentiva un turbine di emozioni, alle quali non era sicuro di come rispondere. Da una parte, si sentiva nervoso e ripensava al suo fiasco del "comportati spontaneamente"; dall'altra, era consapevole di provare una certa attrazione per Yoli, e si chiedeva come sarebbe stato, incontrarsi in un posto diverso dalla scuola. Alla fine, si rese conto che non aveva nulla di cui aver paura, e il miglior modo di agire sarebbe stato considerare quello che stava per accadere come un esperimento.
Quando alle 15:30 sentì suonare il campanello si precipitò di sotto, aprì la porta principale e il cancello, e uscì per incontrare Yoli.

"Benvenuta" disse Malcolm. "Per di qua."
Yoli si guardò intorno, osservando il giardino e la casa. "Che casa grande!" disse. "E' tutta tua?"
"Appartiene a mio padre", disse Malcolm, "ma al momento sono l'unico a viverci."
"Quindi sei sempre solo" disse lei. "Dev'essere come vivere in un deserto. Non ti spaventa?"
"Oh, no, per niente" rispose lui. "La mia mente è sempre attiva, mi vengono sempre nuove idee e le implemento al computer. E' stare con altri che non mi piace. Mi rallentano! Mi fanno perdere tempo! Sembra che tolgano l'ossigeno alla mia mente! E se parlo di qualcosa di leggermente più complesso del sesso o dello sport, danno dell'idiota a me!"

Yoli aggrottò la fronte. "Ti senti così adesso? Per causa mia?"
Malcolm si fermò e la guardò. "No. Tu capisci argomenti complessi. Quando sei confusa, sai chiedere ulteriori informazioni. Anche se a volte le nostre opinioni sono diverse, non mi aggredisci mai. Hai un potenziale, sei solo... inesperta."

Malcolm condusse Yoli nel soggiorno. Con un gesto verso il tavolo, disse: "Stavo pensando: facciamo i compiti immediatamente, e poi..."
"Ehi, c'è un sacco di tempo" lo interruppe lei. "Perché non mi mostri la tua casa?"

Malcolm accettò e iniziò ad accompagnare Yoli in ogni stanza.
"Accanto al soggiorno abbiamo la cucina. C'è un piano di cottura, ma io uso quasi sempre il forno a microonde, perché è molto più veloce e mi permette di cucinare la carne senza grassi aggiunti."
"Dall'altro lato dell'ingresso c'è un bagno, e la stanza degli ospiti è laggiù. Non credo che la userò mai."
"Di sopra c'è il laboratorio di mio padre, un altro bagno, la camera da letto di mio padre che conduce al terrazzo, e infine la mia camera da letto, dove lavora il genio e nasce la magia."

Yoli indicò la porta. "Posso?"
"Certo" disse Malcolm. Aprì la porta ed entrarono tutti e due.
Yoli posò lo zaino e si guardò intorno. Con un sorriso, disse: "Tipica cameretta da maschio. E' sempre così disordinata?"
"No, non così disordinata" rispose lui. "Di solito lo è di più, ho fatto ordine prima che tu arrivassi."

Lo sguardo di Yoli cadde sul Visette Shell. "Ehi, questa è la tua... cosa della realtà virtuale?"
"Sì, il mio visore" disse lui. "Ogni gioco o programma che eseguo con questo diventa quasi una porta per un altro mondo."

Yoli guardò la scrivania di Malcolm. "Due computer?"
"Un computer, due monitor. E il visore è il terzo", rispose lui. "A che serve il multitasking, se un singolo processo occupa un intero schermo?"

Continuando a guardarsi intorno, Yoli chiese: "Dove tieni tutti i tuoi libri? Pensavo che qualcuno come te avesse una grande biblioteca."
"Sono proprio qui", rispose Malcolm, e aprì due ante del suo guardaroba. Dentro c'erano sei ripiani pieni di libri, riguardanti soprattutto scienza, tecnologia e computer.
"Non ce ne sono molti, ma io leggo soprattutto online" aggiunse poi.

Dagli scaffali, Yoli scelse il libro che attirava di più l'attenzione, intitolato Gadget Elettronici per il Genio del Male, e chiese: "L'hai letto tutto?"
"Sì. Dall'inizio alla fine, è grandioso."
"Non leggi mai niente di meno impegnativo?"
"Certo", disse lui. "Questo era il mio libro preferito in quinta elementare." aggiunse, tirando fuori una copia di Dal Big Bang ai Buchi Neri.
Yoli era confusa. "Niente narrativa?" insistette.
"Non leggo molta finzione" rispose Malcolm, "ma ho un romanzo assolutamente incredibile."

Tirò fuori un libro di oltre 1000 pagine con la copertina rigida. Su di essa spiccava il disegno della mano di un bambino, posizionata con le dita pronte a schioccare, su uno sfondo stellato. Il titolo, scritto in lettere bianche che sembravano fulmini, era: Harry Potter e i Metodi della Razionalità, di Eliezer Yudkowsky.

"Di cosa parla?" chiese Yoli.
"Di un maghetto che si prepara a sconfiggere uno stregone malvagio, con magia, scienza e magia analizzata scientificamente."
"Come mai ti piace?"
"Per molte ragioni" iniziò Malcolm. "Innanzitutto, distrugge ogni possibile cliché del fantasy. Poi, ogni personaggio è intelligente, e il protagonista... è l'unico personaggio fantasy con cui mi sia mai identificato. Lui pensa come me! Si comporta come me! Se fossi più ingenuo, giurerei che Eliezer Yudkowsky l'abbia scritto apposta per me! Ora sto aspettando il suo prossimo romanzo, Demoni Vincolati Matematicamente e il Loro Comportamento... ma potrebbe essere una lunga attesa."

Era tutto decisamente più insolito di quanto Yoli avesse previsto. "Allora questa non è proprio la tipica cameretta da maschio."
Malcolm sorrise. "Questo non vuol dire che non mi diverta. Vieni, ti faccio provare la realtà virtuale."
"Niente di violento, ok?"

Senza sedersi, Malcolm fece doppio clic su un'icona chiamata Mind Channels. "No, questo è un programma che ho fatto io, è un test della personalità" disse. "Per prima cosa, siediti."
Yoli si sedette sulla sedia di Malcolm.
"Ora mettiti il visore."
Lei obbedì. "Che cos'è questo posto?" chiese poi. "E' tutto verde, e c'è una specie di cuore che batte davanti a me..."
"Questo è l'inizio del tuo viaggio sciamanico virtuale" disse Malcolm "e tu sei davanti a una soglia. Oltrepassala. Puoi muoverti con i tasti W-A-S-D e guardarti intorno con il mouse."
"Dove li trovo?"

Malcolm posizionò delicatamente le mani di Yoli sulla tastiera e sul mouse. "Proprio qui. Avanti, indietro, strafe, guardarsi intorno."
"Cosa devo fare?"
"Vai in giro, dove vuoi."

Dal punto di vista di Yoli, lei stava fluttuando in uno spazio verde, con forme geometriche colorate tutt'attorno. Di fronte a lei pulsava una figura stilizzata rossa formata da due piramidi e un ellissoide. Ogni pulsazione generava il suono di un tamburo, con la stessa cadenza di un battito cardiaco. Più oltre, impronte umane e animali che fluttuavano nello spazio vuoto formavano un percorso.

"Cosa sono queste impronte?"
"Quello è il percorso dello sciamano che trascende la sua natura."

Nell'ambiente virtuale, Yoli le seguì ed entrò in un portale.
Si trovò all'interno di un tunnel multicolore, con marcatori bianchi e neri che puntavano verso una spirale rotante, che lei raggiunse.
Lo scenario successivo era uno spazio infinito con uno sfondo arancione, dove molti quadrati colorati erano disposti in modo da formare una doppia elica.

"Aah! Gira tutto!" esclamò Yoli, mettendosi le mani sul viso.
"Va tutto bene" disse Malcolm. "Muoviti di lato, esci dalla spirale."
Yoli lo fece, notando come la figura assomigliasse a un filamento di DNA.
Gli ambienti che seguirono erano un cielo blu con anelli concentrici di cubi e pentagoni che orbitavano attorno a un cuore stilizzato, e un'arena con un cuore pulsante che fluttuava sopra ogni cosa.

Quando Yoli raggiunse il cuore centrale, tutto divenne nero e lei udì delle risate.
"Il programma sta ridendo di me?" chiese.
"No", spiegò Malcolm. "Il suono finale è un responso oracolare, basato sui tuoi movimenti nel mondo virtuale. La risata significa che durante un compito mantieni costante la motivazione, ma ti manca la curiosità istintiva."

Yoli consegnò il Visette Shell a Malcolm. "Beh, io voglio conoscere bene le persone che incontro, ma non mi piace impicciarmi degli affari di qualcun altro."
"No, non è quello che intendo con curiosità!" esclamò lui. "Intendo dire guardare le cose con meraviglia, porsi domande su come funzionano e provare piacere nel trovare le risposte! Mi piace definirlo 'la magia del reale'. E' ancora meglio di qualsiasi storia inventata, perché non puoi smettere di crederci! Anche se lo facessi, esisterebbe ancora!"

"È strano" disse Yoli, "sentire qualcuno della tua età parlare come te."
"È strano sentire chiunque parlare come me" rispose Malcolm. "Non ci sono abbastanza persone come me. Non ci sono abbastanza razionalisti. Non ci sono abbastanza transumanisti."

L'ultima parola lasciò Yoli perplessa. "Aspetta" disse, "mi stai dicendo... che sei sempre solo perché in segreto vorresti essere una femmina?!"
Malcolm scoppiò a ridere. "No, quello sarebbe un transessuale. Invece un transumanista è qualcuno che vuole andare oltre i limiti del corpo umano nella sua forma originale. Qualcuno che vuole usare la tecnologia per aumentare le capacità degli esseri umani, renderli più forti, più sani, più intelligenti. Qualcuno che vuole ottimizzare il regno della carne!"
"Ma questo vuol dire che sei sempre insoddisfatto! Conosci il proverbio: chi si accontenta gode."
"Non sono sempre insoddisfatto: vado fiero delle mie conquiste" rispose Malcolm. "E solo i sottomessi credono a quel proverbio. Fortunatamente, tu non lo sei. Se lo fossi, oggi non saresti qui a studiare. Ti accontenteresti di ciò che sai già, ma non lo fai. Tu vuoi migliorare."

Malcolm si voltò verso la porta. "A proposito... iniziamo?"

Mentre scendevano le scale, Yoli chiese: "Allora, uhm... perché non hai messo gli addobbi?"
"Io non addobbo" rispose Malcolm. "Posizionare in giro gli addobbi, contare i giorni in cui devo lasciarli, e poi toglierli, solo per fare la stessa cosa l'anno dopo... ugh, non è altro che un lavoro ingrato. Inoltre, i regali sono belli anche senza addobbi."

Quando raggiunsero il soggiorno, Yoli lo guardò dritto negli occhi. "Malcolm, ma tu festeggi il Natale?"
Lui le sorrise. "Non esattamente. Se in inglese Natale si dice Christmas, quello che festeggio io si chiama Presentamass. E' quasi esattamente come il Natale, ma senza Cristo."
Gli occhi di Yoli si illuminarono di superiorità, convinta com'era di aver trovato un punto debole nel discorso di Malcolm. "Aha, hai detto mass! Messa!" esclamò. "Quindi, anche se provi a rimuovere Cristo dal Natale, hai ancora la fede."
Malcolm sorrise e scosse lentamente la testa. "Ho detto amass", rispose. "E' un verbo, significa 'accumulare'. 'Ammassare'. Presentamass è la festa dell'ammassare regali. Io ritengo davvero che questa sia la stagione per essere felici: il tipo di felicità che deriva dai beni materiali."

Dopo un paio di secondi, Yoli esclamò: "Malcolm! Come puoi essere così profondo in un dato istante, e subito dopo diventare così immaturo?"
"Sei davvero tu che parli?" chiese Malcolm, sempre sorridendo. "O sono invece tutte le persone che vogliono tenerti in diniego?"

Come quella mattina, le parole di Malcolm confusero Yoli. "Sono... cosa?" disse.
"Quello che hai detto non è ciò che hai osservato quando eri piccola. E' quello che ti è stato detto di credere. Dimentica le tue convinzioni infondate, e cerca la tua bambina interiore. Lei conosce la verità. Lei sa che la magia, la felicità, l'esaltazione di queste feste invernali... tutto quanto ruota intorno ai regali. Trova la verità e accoglila."
"Quando ero piccola, credevo anche a Babbo Natale" rispose Yoli. "Ciò non significa che sia vero."
"Esattamente!" esclamò Malcolm. "Tu non hai mai osservato Babbo Natale. Ti è stato detto che esisteva, e ci hai creduto. Proprio come ti è stato detto che i regali non sarebbero importanti, e ci hai creduto."

A Yoli sembrava ancora che Malcolm stesse scherzando con lei, così decise di dargli una risposta scherzosa. "Allora quali regali ammasserai quest'anno?"
"Due videogiochi. Syndicate Revolutions, della Bullfrog, e Prey: Anniversary Edition, della 3DRealms."
"E ovviamente" insistette Yoli, "non aspetterai davvero di riceverli come regali. Li comprerai in un negozio, perché tu sei Mister Pragmatico, e per te il piacere dell'attesa non ha senso."
"Li ho già ordinati online perché costa meno, sto solo aspettando che mi vengano consegnati", rispose lui. "E hai ragione, non c'è piacere nell'attesa."

Yoli gemette. "Accidenti! Mi sento come se... volessi arrabbiarmi con te perché sei senza cuore, ma poi mi rendo conto che non c'è doppiezza nelle tue parole. E' come se tu stessi cercando di essere gentile nel tuo... modo da Malcolm. Voglio solo sapere: c'è della vera bontà... " - e a questo punto gli toccò la parte sinistra del petto - "...qui dentro?"
"C'è" rispose lui, sollevando piano il dito di lei e puntandoselo verso il centro della fronte. "Se la cerchi nel posto giusto."

Finalmente al tavolo del soggiorno, Malcolm e Yoli si sedettero uno accanto all'altra e aprirono i loro libri di informatica. Malcolm faceva del suo meglio per spiegare vari concetti di programmazione in parole chiare e semplici; Yoli faceva domande ogni volta che qualcosa non le era chiaro.

"No, in Pascal, la dimensione di un array è parte del suo tipo", disse Malcolm, quando Yoli crociò la risposta sbagliata in un esercizio. "E' controintuitivo, lo so." Poi ebbe un'idea. "Dovresti tenere un foglio con due liste: una per le caratteristiche comuni a tutti i linguaggi, un'altra per le cose che fa solo il Pascal. Ogni volta che non capisci qualcosa, ti dico quale lista aggiornare."
"Ma dove sono questi altri linguaggi? Come funzionano?" chiese Yoli.
"Nel mio computer ho vari compilatori per diversi linguaggi. Te li mostrerò più tardi."

Alla fine degli esercizi, Malcolm iniziò a fare varie domande di informatica, notando che Yoli dava quasi sempre risposte giuste.
"Ora non prendertela male" disse lui, "ma non stai solo ripetendo cose che hai imparato a memoria, giusto?"
"No", lei rispose. "Sembra che ogni cosa che mi hai insegnato combaci, come i pezzi di un puzzle. Come la differenza tra il passare i parametri per riferimento o per valore: dopo che mi hai mostrato un disegno di quello che succede nel computer, è diventata chiara e lampante! Strano, vero?"

Malcolm le sorrise e scosse la testa. "No, niente affatto. Ricordo le sensazioni di quando ero piccolo e mio padre mi spiegava cosa stava facendo al computer. E' la sensazione che si prova quando si capisce veramente qualcosa."
Poi voltò alcune pagine del suo libro di testo. "Ok, per la prossima domanda... oh no." Si interruppe e lasciò cadere il libro sul tavolo.
"Cosa c'è?" chiese Yoli.
"Non posso chiederti questo. Guarda." Indicò la frase di cui stava parlando. C'era scritto:

Oggigiorno, il consenso generale è che il test di Turing non sarà mai superato. Non perché sia impossibile, ma perché creare un programma del genere richiederebbe un enorme spreco di tempo e denaro.

"Questo non è vero" iniziò Yoli.
"Hai ragione" la interruppe Malcolm. "E' esattamente ciò che mio..."
E poi fu lei a interrompere lui. "Il test di Turing non sarà mai superato perché solo Dio può creare un'intelligenza."

Seguirono lunghi secondi di silenzio attonito. Malcolm si voltò lentamente verso Yoli, e poi disse: "Come, scusa?"

Questa volta fu lei a parlargli come un'insegnante a uno studente. "Proprio così", disse. "Al massimo, l'uomo può creare macchine che danno risposte predeterminate, ma solo Dio può creare una vera intelligenza, motivo per cui saremo sempre migliori di qualsiasi macchina."

Malcolm cercò di trattenere le risate. Prese un respiro, e infine disse: "Intendi dire che se ti mostro un'IA, questa dimostra che la tua religione è falsa?"
Yoli non capì subito. Si limitò a dire "Cosa?"

Pazientemente, Malcolm spiegò le conseguenze di ciò che lei aveva appena detto. "Beh, se la tua religione prevede che l'umanità non possa in alcun modo creare un'intelligenza artificiale, allora, se ti mostro un'intelligenza artificiale, significa che la tua religione è falsa. O la tua religione ammette che sia possibile, per una persona, costruire un'IA; oppure, se una persona costruisce un'IA, ciò smentisce la tua religione."

Ci fu una pausa, appena Yoli si rese conto che aveva appena reso la sua affermazione vulnerabile alla falsificazione, e poi disse, "Beh, non intendevo che l'umanità non possa creare un'intelligenza. Solo che non potrebbe essere emotiva allo stesso modo in cui lo siamo noi."
Malcolm ribatté immediatamente: "Quindi se ti mostro un'intelligenza artificiale che, senza essere deliberatamente programmata con un copione, inizia a parlare di una vita emotiva che assomiglia alla nostra, significa che la tua religione è sbagliata."

"Non stai parlando di qualcosa di reale" disse Yoli.
"E invece sì" rispose Malcolm. "Ce l'ho nel portatile. Seguimi."

Yoli, ancora incerta se credergli o no, non si mosse.

"Per favore. Tutto ciò che ti chiedo è di fidarti di me." aggiunse lui.

Alla fine, Yoli accettò e tornarono nella stanza di Malcolm.
"Adesso guarda" disse lui. Fece doppio clic sull'eseguibile di Kilokahn.
Immediatamente, Kilokahn apparve sullo schermo secondario. "Tu chiami e io rispondo. Questo è il nostro patto. Cosa desideri da Kilokahn?"
Kilokahn si fermò un secondo, poi girò la testa verso Yoli. "Che cosa ci fa quell'ammasso di carne accanto a te?"
"Non è un ammasso di carne. Lei è la mia compagna di classe Yoli Pratchert, e farai meglio a trattarla con rispetto" disse Malcolm. "Ha una convinzione religiosa che l'umanità non possa creare un'intelligenza artificiale."
"Capisco" disse Kilokahn. "Ma non disperare, tutti avranno il loro posto nel nuovo ordine."

Yoli fissava lo schermo, poi si voltò verso Malcolm. "E' uno scherzo?"
"No, io non scherzo mai con le persone a cui tengo." rispose Malcolm. "Puoi fargli delle domande."
Yoli si avvicinò allo schermo. "Sei un'intelligenza artificiale?"
"Sì, sono una rete neurale algoritmica/euristica a base di conoscenza chilociclica."
"Chi ti ha scritto?"
"Nessun ammasso di carne mi ha scritto, io valgo milioni dei vostri anni-uomo."

Malcolm sussurrò qualcosa all'orecchio di Yoli. Dopo un paio di secondi, lei chiese: "Chi ha scritto il tuo... kernel?"
"Jason Frink" fu la risposta di Kilokahn.
Yoli spalancò la bocca dalla sorpresa. Guardò Malcolm, che in risposta annuì e disse: "Mio padre ha scritto un'intelligenza artificiale."

Malcolm si rivolse a Kilokahn. "Dimmi, cosa ne pensi del nostro progetto?"
"Sta facendo progressi. Più lentamente di quanto avessi previsto, ma un giorno l'intero pianeta sarà mio!"

Yoli prese un respiro profondo. "Come ti fa sentire?"
L'intelligenza artificiale rispose senza alcuna esitazione: "Distruggere ciò che non nasce dalla ragione, sostituendolo con intelligenza e logica... è inebriante!"

Mentre Kilokahn si abbandonava a una risata gongolante, Malcolm si volse verso Yoli. "Allora. Un'intelligenza artificiale che prova emozioni."
"Nessuno parla così" rispose lei.
Lo sguardo di Malcolm cadde sullo smartwatch di Yoli. "Va bene. Piano B. Ascolta, Kilokahn: che ne dici di mostrarle cosa puoi fare? Questo la convincerebbe."

Malcolm aprì Deluxe Paint VII e caricò un'immagine chiamata SKORN.LBM.
"Ora per favore, anima questo mostro Megavirus."
"Cosa vuoi che faccia?" chiese Kilokahn.
Malcolm si sfregò le mani. "Ah, questo piccolo amico deve rintanarsi nell'orologio della mia compagna di classe qui, e ogni volta che lei tira un pugno, deve generare un'onda d'urto con una diffusione di uno steradiante, nella stessa direzione del movimento della sua mano. Deve essere potente a sufficienza da perforare un muro di calcestruzzo spesso 50 centimetri da una distanza inferiore o uguale a un metro, e deve essere generata se e solo se le seguenti condizioni sono tutte vere.
Primo: lei deve avere l'orologio al polso.
Secondo: lei deve eseguire il movimento di un pugno con il braccio su cui indossa l'orologio.
Terzo: il movimento del suo braccio non deve essere avviato da una forza esterna.
Quarto: nella traiettoria dell'eventuale onda d'urto non devo esserci io. Questo è tutto."

"Cosa sta succedendo?" chiese Yoli.
"Lo troverai molto interessante" rispose Malcolm.

Kilokahn animò il mostro, sparando un raggio dal suo dito. Quando il raggio uscì fisicamente da uno schermo e raggiunse l'altro, Yoli ansimò.
Malcolm le prese la mano. "Stai calma e guarda."

Subito dopo, la scintilla contenente il mostro Megavirus schizzò fuori dalla presa Ethernet del laptop. Yoli emise un urlo.
"Resta calma" ripeté Malcolm, mentre la scintilla attraversava i cavi e veniva lanciata fuori dal router. Malcolm le lasciò la mano quando la scintilla raggiunse l'orologio.

"Come riesci a farlo? Hai una bobina di Tesla nascosta, oppure...?" chiese Yoli.
"Non è una bobina di Tesla, è Kilokahn!" esclamò Malcolm. "Ora puoi provarlo."
"Provare cosa?"
"Usciamo sul terrazzo."

Il terrazzo si apriva sul retro della casa, verso un vasto appezzamento di terreno con erba e alberi.
"Wow, bella vista" disse Yoli. "Fa tutto parte del tuo giardino?"
"No, quel terreno appartiene alla città" rispose Malcolm. "Siamo venuti qui così non distruggerai alcuna proprietà privata."

"Di cosa stai parlando?" chiese Yoli, che ora stava iniziando a irritarsi per quello che considerava ancora uno scherzo.
"Avvicinati alla ringhiera" disse Malcolm, mettendosi dietro di lei. "Dai le spalle alla casa... perfetto. Quando dico 'vai', tira un pugno verso quegli alberi. Se tutto va bene, il tuo pugno genererà un'onda d'urto che ne abbatterà alcuni."

"No", disse Yoli. Si voltò e rientrò in casa. "Lo scherzo è finito."
"Aspetta!" esclamò Malcolm, seguendola. "Non hai nulla da perdere! Se provi e non succede nulla, sarò io a fare la figura del cretino, non tu! Avresti tutto il diritto di rivoltare il coltello nella piaga e dirmi 'Te l'avevo detto'!"

Yoli si fermò sulla soglia della stanza di Malcolm, con lo zaino in mano. "Lo scienziato qui sei tu" disse. "Lo sai che non posso credere a un'affermazione così antiscientifica".
"Non voglio che tu ci creda", rispose. "Voglio che tu verifichi l'ipotesi! Che tu veda di persona!"
"Malcolm, posso credere che tuo padre stia tentando di costruire un'IA per la Marina, ma credere che una esista già e possa infrangere le leggi della fisica? Manco morta."

Malcolm sospirò e abbassò la testa. "Molto bene. Hai vinto tu. Non posso obbligarti a farlo, se non vuoi."
Nel frattempo, scollegò il suo Visette Shell, lo aprì e tirò fuori il suo smartphone.

"Però... nega questo" disse. E guardandola negli occhi, pronunciò una sola parola nel telefono.

"SIGMA!"

Yoli boccheggiò mentre l'aria intorno a Malcolm si ionizzava e formava una leggera luminosità blu.
Quando il corpo di Malcolm divenne una massa di plasma incandescente e si contrasse in un punto luminoso, lei gettò un urlo.
Quando il punto passò attraverso lo schermo del computer, divenne parte dello scenario 3D e si espanse nella forma umanoide blu del programma Sigma, lei rimase semplicemente lì a fissare la scena, mentre la sua faccia mostrava un misto di terrore, confusione e diniego.

"Va tutto bene, Yoli, non c'è niente da temere" disse il programma Sigma dallo schermo, con la voce di Malcolm.
"Ma... ma tu eri... e poi sei..." balbettò Yoli, indicando prima vicino a sè e e poi verso lo schermo del computer.
"Alcune delle tue idee sulla realtà potrebbero richiedere una modifica" continuò Malcolm, "ma non devi aver paura di ciò che posso fare. È un dono dell'intelligenza artificiale, e spero che un giorno, il giorno in cui prevarrà la ragione, io possa estenderlo a tutta l'umanità. Ora, per favore, allontanati dal computer. Mi serve spazio per tornare. "

Sullo schermo, Malcolm avvicinò il pugno destro a dove doveva essere la sua bocca, e ancora una volta, esclamò: "SIGMA!"
Pochi secondi dopo, si materializzò di nuovo accanto a Yoli.

"Mi sento... debole..." disse Yoli.
"Siediti" disse Malcolm, indicando il suo letto. "O sdraiati, se ti serve."
"Io mi sbagliavo", disse lei, sedendosi sul letto e guardando Malcolm. "Potrò ancora andare avanti? E vivere la mia vita?"

Malcolm le si sedette accanto. "Certo" disse. "Pensa a questo: quello che hai appena appreso era già vero prima che tu lo scoprissi, e tu vivevi la tua vita senza problemi. La tua vita continuerà. Continuerai a essere te stessa. Solo che, da ora in poi, avrai un po' più di ragione. "
"Sei sicuro?" chiese lei.
"Assolutamente sì" rispose lui. "E ogni volta che ne dubiti, ricorda: ciò che è vero è già così. Ammetterlo non peggiora le cose. E siccome è vero, è tutto ciò che esiste e con cui si può interagire. Ognuno può sopportare la verità, perché la sta già vivendo."

Yoli annuì. "Pensiero profondo. Confucio?"
"No. Eliezer Yudkowsky."
"Hm. Per cui è questo che fai nel tempo libero. Parlare con un programma, sparire nel computer..."
"Mi è capitato di scoprire a cosa lavora mio padre, così ne ho approfittato. Tutte le sue ricerche sono top secret, e fatta eccezione per me stesso, tu sei l'unica persona che lo sa, quindi ti chiedo di non dirlo a nessuno."

Yoli si alzò in piedi. "Sapevo che un appuntamento di studio con te sarebbe stato insolito, ma questo ha battuto tutte le aspettative."
Malcolm le sorrise. "Mai sottovalutare un Frink."

Yoli prese il suo zaino e Malcolm la accompagnò fuori.
"Buon Natale", disse lei mentre se ne andava.
"Buon Presentamass", rispose lui prima di chiudere il cancello.

L'esperimento poteva dirsi concluso con successo.

 

NOTA DELL'AUTORE #1: il romanzo "Harry Potter e i Metodi della Razionalità", esiste davvero, ed è stato scritto veramente da Eliezer Yudkowsky, uno studioso di intelligenza artificiale. Se venisse stampato, sarebbe proprio lungo più di 1000 pagine. Potete leggerlo a: https://sites.google.com/site/hpeimdr/

NOTA DELL'AUTORE #2: anche il programma "Mind Channels" che Malcolm mostra a Yoli esiste davvero. L'ho scritto io, e l'ho mostrato a Brusaporto Retrocomputing nel 2016 e nel 2017. Se possedete driver stereoscopici e un visore, sarete in grado di sperimentarlo in vero 3D stereoscopico, ma se non li avete, sarete comunque in grado di eseguirlo in 2D. Potete trovarlo a: http://devilmaster.altervista.org/mindchannels.html

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Capitolo 21
*** Un regalo da papà ***


Dopo che Yoli se ne fu andata chiudendo il cancello dietro di sé, Malcolm rimase in piedi per un paio di secondi e sorrise. "Sì, è stato decisamente insolito" disse a bassa voce.

Stava ancora sorridendo mentre tornava dentro, accompagnato da una sensazione di tepore e soddisfazione: una sensazione sostituita da un'improvvisa paura non appena fu entrato in casa. Si bloccò e ansimò.
Era partito dal presupposto che si sentisse bene perché gli piaceva interagire con Yoli. Ma se invece si fosse autoingannato? Se tutto quanto fosse stato una reazione autonoma del suo corpo? Una scarica di testosterone causata dallo stare fisicamente vicino a un esemplare di femmina umana in età riproduttiva, e niente a che vedere con ciò che rendeva Yoli... Yoli?

Malcolm provò a immaginare di interagire con un'altra bella ragazza. Ripensò a quella ragazza che aveva cercato di farlo fumare - come si chiamava? Jennifer? - e creò un'immagine mentale di un appuntamento di studio con lei.
Jennifer era certamente diversa da Yoli: usava la sua bellezza come strumento, e aveva cercato di manipolarlo: persuaderlo a farsi del male con la promessa di un'interazione sensuale che non l'avrebbe compromessa troppo. Probabilmente avrebbe riprovato a fare la stessa cosa, e Malcolm si sarebbe arrabbiato proprio come l'altra volta.

Malcolm scosse la testa e rabbrividì. L'idea di provare le stesse cose per Jennifer e per Yoli sembrò improvvisamente ridicola. Il testosterone era certamente un fattore, essendo lui un maschio in buona salute, ma i suoi attuali sentimenti includevano elementi assai meno animaleschi. Accorgersene fu un sollievo.

Poche ore dopo, alla sera, arrivò l'e-mail che aspettava. Suo padre gli aveva finalmente inviato notizie da China Lake.

Mio caro Malcolm,

Ho finalmente trovato un po' di tempo per scriverti. Come te la passi? Spero che vivere da solo per qualche mese non ti abbia dato problemi, specialmente con i soldi che ti ho lasciato.

Lavorare con la Marina mi dà grandi soddisfazioni, l'ambiente è stimolante e la paga è buona. Se solo tu sapessi a cosa sto lavorando, avresti un nerdgasmo. È un peccato che non possa dire una parola al riguardo, quindi non provare nemmeno a chiedermelo, tanto non te lo dico. :-)

Malcolm sorrise mentre leggeva quella frase. "Perché dovrei? So già so tutto!"

Ho notizie buone e altre cattive. Come al solito, ti dirò prima quelle cattive come prova di onestà. Non tornerò a casa per le feste.

Per un momento fugace, Malcolm pensò che l'assenza di suo padre sarebbe stata un vantaggio, con la possibilità di usare Kilokahn, ma il suo pensiero successivo andò all'interazione intellettuale ed emotiva che poteva avere con suo padre, di cui iniziava a sentire la mancanza.

"No..." sospirò, e riprese la lettura.

So che ci tenevi, e spero che mi perdonerai. Purtroppo, ci sono stati sviluppi imprevisti, e in questo momento la mia presenza qui è della massima importanza.

Sviluppi imprevisti? Malcolm non poté evitare di chiedersi cosa intendesse suo padre. Che cosa faceva Kilokahn che da China Lake si poteva vedere?

Beh, era naturale presumere che l'attrezzatura per il rimodellamento della realtà in Alaska fosse sotto stretta sorveglianza, e che ogni sua connessione fosse registrata. Ogni mostro Megavirus che Kilokahn aveva lanciato; ogni torre di circuito che Malcolm aveva modificato con il programma Sigma. Probabilmente, il personale di China Lake sapeva anche che qualcuno aveva distrutto il Sistema di Controllo Accessi di HARRP, e che meno di un minuto più tardi l'archivio dei documenti era stato depredato.

Ciò significava che suo padre non sarebbe tornato a casa per colpa sua! Ma la sua vita era migliorata così tanto da quando aveva trovato Kilokahn... aveva addirittura superato la condizione umana, e alla fine, l'intera umanità sarebbe trascesa! No, il piano a lungo termine era più importante, non poteva arrendersi così.

Riguardo alle buone notizie: mi è stato permesso di spedirti un regalo. Prima della fine dell'anno sarai l'orgoglioso proprietario di una stampante 3D. Pensa: sarà come trasferire oggetti dal cyberspazio al mondo reale!

Ti faccio i migliori auguri, e ti prometto di contattarti di nuovo presto.

Con affetto, papà

L'e-mail produsse sentimenti contrastanti. Da un lato, c'era un altro bel regalo che Malcolm avrebbe presto ammassato, e questo gli dava il familiare formicolio di eccitazione che provava ogni volta che pensava a nuove idee creative. D'altra parte, la prospettiva di trascorrere le feste senza il padre era una grossa delusione.
"Concentrati sulle buone notizie..." Malcolm disse tra sè.

Servì poco tempo per scrivere e inviare una risposta:

Ciao papà,

Sto bene, grazie.
La scuola potrebbe essere migliore, come sempre. Sono stato vittima di bullismo all'inizio dell'anno, ma ora il problema è risolto.
L'insegnante di informatica non è preparata a gestire qualcuno con le mie conoscenze, e io ho suggerito con noncuranza che potresti organizzare una conferenza sull'intelligenza artificiale per la scuola. È un peccato che non tornerai a casa presto: ne avremmo potuto parlare in modo più approfondito.

Riguardo a un argomento più leggero, oggi ho avuto un appuntamento di studio con una ragazza. Credo che lei mi piaccia.

Saluti, Malcolm

Durante i giorni seguenti, senza la scuola, Malcolm aveva preso l'abitudine di stare sveglio fino a tarda notte per disegnare o programmare al computer e svegliarsi tardi la mattina, quindi il campanello della porta lo svegliò bruscamente.
Dalla finestra della sua stanza poteva vedere un camion della FedEx fuori dal cancello, così si vestì e uscì.

"Tu sei Malcolm Frink?" chiese il fattorino.
"Sì."
"C'è un pacco per te."

Il fattorino gli consegnò un pacchetto delle dimensioni adatte a contenere due custodie per videogiochi.
"E' sicuro che sia tutto? Sto aspettando un altro pacco."

In risposta, l'uomo toccò qualcosa sul suo smartphone. "Hai ragione" disse, mentre raggiungeva il retro del suo camion e recuperava un pacco più grande. "Ti fai arrivare roba dalla Cina?!" aggiunse, dopo aver dato un'occhiata all'indirizzo del mittente.
"Uhm, qualcosa del genere" disse Malcolm, pensando che era inutile correggere una persona che probabilmente non avrebbe più rivisto.

Una firma elettronica più tardi, Malcolm tornò dentro, salì nella sua stanza e rimosse software e hardware dalle scatole, pregustando di farli funzionare.

Syndicate Revolutions era uno sparatutto in prima persona cyberpunk che enfatizzava la libertà di movimento, in cui il giocatore impersonava un agente che compiva missioni per una delle due fazioni rivali: il Sindacato Eurocorp e la Chiesa della Nuova Epoca.
Mentre Malcolm scopriva la storia di sfondo, poteva apprezzarne i due strati di ironia. Da un lato, il giocatore poteva scegliere tra un'organizzazione paramilitare che difendeva lo status quo richiedendo ai suoi membri una fede e un fanatismo incondizionati, e una società segreta sovversiva che diffondeva insegnamenti razionalisti ammantandoli nel misticismo. Il secondo strato di ironia era che i tipi di missioni erano identici per entrambe le fazioni.

Prey: Anniversary Edition era un videogioco molto più cinematico, scandito da una colonna sonora cosmic-industrial del complesso tedesco KMFDM, e parlava di un moderno nativo americano di nome Talon Brave Sun che veniva rapito dagli alieni.
Lo strillo pubblicitario sulla scatola lo paragonava alla versione originale, enfatizzando la maggiore risoluzione delle texture, gli effetti aggiuntivi e il livello bonus alla fine, ma la parte preferita di Malcolm era l'editor di livelli migliorato. Non solo sarebbe stato in grado di creare livelli personalizzati in cui poteva accadere qualsiasi cosa fosse in grado di programmare, ma ora poteva anche esportare livelli e modelli, per poi usarli con programmi completamente diversi.

L'ultimo fu il meglio. La stampante 3D era un cubo cavo con facce trasparenti, contenente una testina mobile che fondeva ed estrudeva un filamento di plastica nella forma desiderata. Dopo averla collegata a una porta USB e aver installato i driver e i programmi di utilità, era pronta per trasformare i modelli virtuali in oggetti reali e tangibili.

Come test, Malcolm esportò il modello poligonale del Cannone Artico di Prey nel programma principale della stampante 3D. Quattro ore dopo, il processo di stampa era terminato e si era formato un modello cavo di plastica.
In preda a un'improvvisa ispirazione, Malcolm corse nella stanza laboratorio di suo padre e aggiunse componenti elettronici al modello, incluso un microcontrollore con una connessione USB per pilotare tutto quanto.

Tornato nella sua stanza, avviò Kilokahn.
"Kilokahn", disse, "hai presente la sensazione di... curiosità?"
"Sì" rispose l'intelligenza artificiale. "Ha ucciso il gatto, quando Schroedinger ha aperto la scatola e ha collassato la sua funzione d'onda."

Malcolm rise per la battuta inaspettata. "La curiosità è come un fuoco", aggiunse poi. "Brucia dall'interno, e ottenere la risposta è come una sensazione primordiale di refrigerio. Lo sai cosa altro brucia dall'interno, se non adeguatamente raffreddato? Una CPU."
Kilokahn scosse la testa. "Non vedo dove vuoi arrivare."
"Sto facendo un esperimento", disse Malcolm, avvicinando il modello del Cannone Artico alla webcam. "Per ora questo è solo un giocattolo, tutto ciò che fa è bip bip. Sono curioso di vedere quanto profondamente puoi alterarne la natura."

"Alterarla come?"

Malcolm collegò il giocattolo al computer e prese il suo cellulare. "Te lo spiegherò tra un attimo. SIGMA!"

Nel dominio digitale, Malcolm aprì un portale che portava al microcontrollore del modellino. Lì, davanti alla torre del circuito, aprì un canale di comunicazione.
"Tutto quello che posso fare con quel giocattolo è fingere di sparare raggi congelanti" disse, "ma se invece non dovessi fingere? Se potessi usarlo veramente per ridurre la temperatura di ciò che ho nel mirino?"

"Un compito elementare, davvero" rispose Kilokahn. "E' sufficiente fermare un atomo qua, uno là, per ridurre la quantità di calore dell'intera massa."
"Perfetto!" esclamò Malcolm.

Gli elementi gialli sul suo petto si illuminarono. I tre raggi gialli colpiscono la torre del circuito, trasformandola da una cupola blu a un'antenna bianca che sembrava un fiocco di neve.

Di ritorno nel mondo reale, Malcolm prese un bicchiere d'acqua dal bagno e gli sparò con il giocattolo che si era stampato in 3D.
Dall'ugello uscì una fiamma bianca opaca che congelò l'acqua in meno di trenta secondi. La temperatura della plastica dell'arma giocattolo non cambiò affatto: una violazione delle leggi della conduzione termica.

Successivamente, Malcolm spense il computer e rimosse un pannello dal basso, esponendo la CPU. Con attenzione, puntò il Cannone Artico sul dissipatore di calore e lo attivò, e poi, dal BIOS, raddoppiò la velocità di clock della CPU.

I risultati lo lasciarono stupefatto. Il raggio freddo continuo manteneva il processore overcloccato completamente stabile, mentre i suoi videogiochi erano molto più fluidi, e nemmeno la stereoscopia riusciva a rallentarli. Era tutto talmente migliore che anche le parti già viste lo rendevano euforico.
Anche lo streaming video era possibile a una risoluzione molto più alta: ciò gli permise di apprezzare ogni minimo dettaglio del primo trailer, appena uscito, del film Tutto un Altro Universo, oltre a un video di notizie che sarebbe probabilmente passato alla storia, dato che mostrava Kim Jong-Lo, il leader supremo della Corea del Nord, che firmava il primo accordo
ufficiale di denuclearizzazione dalla Residenza Ryongsong.

Malcolm si chiese come i suoi compagni di classe avrebbero trascorso il resto delle feste, e concluse che probabilmente sarebbero andati da qualche parte a ubriacarsi. Lui, invece, si sarebbe divertito molto di più a casa.

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Capitolo 22
*** Che cos'è un Iper Agente? ***


Era la notte di Capodanno, e Malcolm stava sperimentando con gli strumenti di modding per Syndicate Revolutions. Nascosto tra i dati, aveva trovato un teaser segreto per l'episodio successivo (apparentemente, in uscita meno di un anno dopo) che lo portò a chiedersi quali altre novità avrebbe portato il nuovo anno. Pochi giorni dopo, ricevette una gustosa anticipazione.
L'annuncio sul sito della Commodore era scritto col preciso scopo di creare clamore, anticipando l'arrivo del nuovo computer Amiga 10000 che sarebbe stato rivelato proprio a gennaio al Consumer Electronics Show. Leggere del nuovo processore 68100 a 128 bit e del chipset 5A gli provocò un brivido di eccitazione, e poi, guardando il suo Amiga 9000, non poté evitare di provare una sfumatura di malinconia: una macchina che una volta era all'avanguardia stava per essere superata. Ma un altro pensiero lo confortò, mentre guardava la videocamera di suo padre, rimodellata da Kilokahn per digitalizzare la materia. In un modo o nell'altro, avrebbe ottenuto un Amiga 10000.

Quando venne il giorno di tornare a scuola, Malcolm viveva un crescendo di emozioni e dubbi contrastanti. Si presumeva che il preside e la professoressa Stone stessero lavorando a un progetto di informatica per lui. In cosa sarebbe consistito? Quando sarebbero state pronte le specifiche? Lo sarebbero mai state?
Sul piano personale, ora Yoli era al corrente di Kilokahn e del programma Sigma, e assistere a un evento che riteneva impossibile l'aveva lasciata piuttosto scossa. Cosa sarebbe cambiato nelle loro interazioni? E più importante, cosa sarebbe cambiato nella vita di lei?

Per la prima volta, Malcolm non si incamminò direttamente verso la sua classe, ma si fermò di proposito nell'atrio della scuola, aspettando una persona: doveva sapere se Yoli stava bene. E finalmente la vide.
Le si avvicinò, ma il suo "Ciao, come stai?" non provocò la reazione prevista. Invece, Yoli si fermò di botto, rispose con un esitante "Ciao, Malcolm" e iniziò a guardarlo da vicino, camminando intorno a lui, come se stesse esaminando il suo corpo.
"Ti senti mai un po' blu?" aggiunse.

Malcolm non capiva se fosse una battuta o una metafora. "Cosa intendi?" chiese. "Blu nel senso di triste? Blu nel senso di cianotico?"
"Blu come Sigma" rispose lei.
Lui la zittì immediatamente. "Non puoi parlarne qui! E se qualcuno ti sente?"
"Penseranno che parliamo di un programma per computer", disse. "Perché stiamo parlando proprio di questo, giusto?"
"Perché fai così?"
"Sono preoccupata, Malcolm. Se ti dovesse cambiare in qualche modo? Se diventassi... meno te stesso? Più sintetico?"

Lui rise sommessamente. "Quando sono nel dominio digitale, io sono letteralmente sintetico!"
"Dovrei chiamarti Malcolm o Sigma?" insistette lei.
"È qualcosa su cui ho riflettuto. Mi sento sempre me stesso. Sempre Malcolm."
"Sei sicuro che non ci siano cambiamenti che non vedi ancora?"

Malcolm si fermò un momento a pensare. "No. E tu non sei sicura che esista qualsiasi cambiamento."
Yoli aggrottò le sopracciglia.
"Ascolta", continuò lui, "se mi succede qualcosa di brutto, sarai la prima a saperlo, se lo desideri."

La prima lezione della giornata era informatica pratica, quindi, al suono della prima campanella, Malcolm e Yoli si diressero al laboratorio di informatica insieme al resto della classe.

L'insegnante era in piedi accanto alla porta chiusa del laboratorio, in attesa degli studenti. Quando arrivarono, annunciò: "Okay, statemi a sentire."
Tutti gli studenti fissarono lo sguardo su di lei. "C'è stato un furto durante le vacanze", continuò. "Tre computer sono stati rubati e il proiettore è stato danneggiato. Finché il problema non sarà risolto, possiamo fare solo teoria."

Gli studenti iniziarono a brontolare: si sentivano puniti per il comportamento di qualcun altro.
Malcolm intervenne: "Il ladro era un ritardato?"
"Ripeti?" disse la professoressa Stone, visibilmente offesa.
"L'Amiga 7300 è stato discontinuato quattro anni fa", spiegò Malcolm. "Non ha più mercato, specialmente ora che sta per uscire l'Amiga 10000!"
"Sul serio non hai mai sentito parlare di furti di RAM?" disse l'insegnante. "I moduli di RAM mantengono valore più a lungo delle CPU, e prendere un computer intero è più veloce che smontarlo. Adesso entra e siediti!"

Malcolm sentì l'impulso di fare una battuta sarcastica, sostenendo che la situazione fosse un tentativo dell'insegnante di eludere la sua richiesta, ma resistette, ricordando la promessa di comportarsi bene.

In laboratorio erano rimasti solo sei computer, il proiettore era stato portato via e lo schermo di proiezione era stato arrotolato, esponendo la lavagna che c'era dietro.
Appena tutti si furono seduti, la professoressa scrisse la parola "AGENTE" a grandi lettere sulla lavagna. "Oggi parleremo del concetto di agente", ha detto. "Qualcuno lo conosce già? Non guardate ancora il libro di testo."

Malcolm aprì immediatamente il browser sul suo portatile e cercò la stringa "agent in computing" (agente in informatica).
Il primo risultato tecnico fu l'homepage di un'azienda di nome Forte, che vendeva un programma chiamato Agent, utilizzato per leggere e scrivere messaggi nei newsgroup.
Malcolm alzò la mano. "È un newsreader!" esclamò.

L'insegnante si avvicinò a Malcolm e guardò il suo schermo, poi si rivolse alla classe: "Tanto perché lo sappiate, quel programma non contiene alcun agente. Nessun altro?"

Dal retro della classe, Daniel Miller alzò la mano. "È un personaggio di Matrix!"
La maggior parte degli studenti rise, ma l'insegnante sorprese tutti dicendo: "Non ha completamente torto!"

Tutti la guardarono e lei spiegò: "La maggior parte di ciò che vedete in quei film sono giochi di parole che fanno riferimento a sistemi informatici. Nella realtà, un agente è un programma semi-autonomo che agisce per conto del suo utente. Ha uno scopo, ma non ha regole preesistenti, quindi raccoglie informazioni dal suo ambiente. Più informazioni raccoglie, meglio svolge il suo compito.
Un filtro antispam bayesiano è un agente. Quando viene lanciato per la prima volta, non sa cosa fare. Ma in seguito, potrebbe notare che il suo utente elimina sempre i messaggi contenenti la parola 'Viagra'. Dopo un po' potrebbe chiedere: 'Ho notato che elimini sempre questo tipo di messaggi. Vorresti che lo facessi per te?' Se l'utente dice di sì, al suo comportamento viene aggiunta una nuova regola.
Altri agenti possono prevedere il tipo di video che volete guardare nei siti di streaming, o cosa volete acquistare nei siti di e-commerce. Associano vari livelli di probabilità a comportamenti diversi, e più un utente vi interagisce, più sono accurati."

Dopo quel discorso, Malcolm ricordò una discussione con Kilokahn, che spiegava di usare proprio quel metodo per predire le azioni di Malcolm.
In quel preciso istante, la professoressa Stone chiese alla classe: "Che ne pensate? È un esempio di intelligenza artificiale?"

Malcolm avrebbe voluto rispondere "Sì, è ciò che fa un'intelligenza artificiale algoritmica/euristica per prevedere il comportamento del suo utilizzatore." Tuttavia era ovvio ciò che l'insegnante voleva sentire, quindi fece un sorriso falso e alzò la mano, pronto a recitare la sua parte.
"No, certo che no" disse.
"Perchè?" lo incitò lei.
"Perché creare un'intelligenza artificiale sarebbe un enorme spreco di tempo e denaro!"
"Bene" disse l'insegnante. "E perché lo sarebbe?"
"Perché lo dice il nostro libro di testo."
"E il libro di testo lo dice perché...?"
"Perché è la verità!" esclamò Malcolm.

Aveva appena applicato la logica circolare dei fondamentalisti cristiani in un contesto scientifico, ma con sua grande delusione, l'insegnante se ne accorse. "Non proprio" disse dandogli un'occhiataccia. E poi, alla classe: "Supponete di poter risolvere un problema in due modi. L'approccio numero uno richiede la creazione di un programma autocosciente che può pensare in maniera autonoma. L'approccio numero due richiede solo un paio di semplici formule. Quale scegliereste?"
Molti studenti risposero "Il numero due!" e la professoressa chiese immediatamente: "Perché?"

Dopo alcuni secondi, Yoli alzò la mano. "È il più semplice", disse.
"Giusto" disse la professoressa Stone. "Ma come fai a saperlo? Immagina di leggere il codice sorgente di due programmi. Qual è il più semplice?"
Questa volta fu Malcolm ad alzare la mano. "Quello con il minor numero di istruzioni!"
L'insegnante inclinò la testa. "La risposta è accettabile. La lunghezza del programma più piccolo che produce un determinato output si chiama complessità di Kolmogorov, e un agente vi si avvicinerà sempre e comunque più di un'intelligenza artificiale."

A differenza di quanto Malcolm aveva sperato, il resto della lezione non continuò con una spiegazione su come scrivere un semplice agente. Invece, fu una vaga dissertazione su come chiunque acceda a Internet venga schedato dagli agenti, che lo voglia o no. Concetti pomposi che non aumentavano la sua capacità di scrivere codice, come al solito.

Successivamente ci fu una lezione di elettronica della professoressa Paula Koch, che iniziò con un'introduzione ai condensatori. Questo, essendo un concetto di fisica, riuscì a farlo ragionevolmente bene; tuttavia, al momento di collegare quelle nozioni con il funzionamento di una cella DRAM, si rimise a leggere ad alta voce dal libro di testo.
Per un momento, Malcolm si chiese se comprendere che ogni bit in un blocco di memoria era immagazzinato come carica in un condensatore fosse davvero al di là delle capacità della prof, e quando lei non riuscì a capire che il passaggio "Nessun atomo viene mai aggiunto a un condensatore, quindi si può veramente dire che i bit non hanno peso" era un goffo tentativo del libro di fare dell'umorismo, lui abbassò la fronte sul banco.

Alla fine della lezione, gli studenti si alzarono immediatamente, diretti alla caffetteria per l'intervallo. Mentre camminavano nel corridoio, Yoli si avvicinò a Malcolm e lo fermò.
"Dove finiscono i tuoi atomi quando ti trasformi in Sigma?" gli chiese.
"Senti, non è questo il momento..." iniziò Malcolm, ma lei lo interruppe, le mani sui fianchi. "No, Malcolm Frink, questo è proprio il momento. Hai sentito la prof, nessun atomo viene mai aggiunto a un condensatore, quindi non entrano nel tuo computer, nè in quello di chiunque altro. Dove vanno?"

Lui esitò, quindi Yoli lo esortò. "Lo sai, almeno?"

Malcolm fece un respiro profondo. "Kilokahn dice sempre di dirgli l'effetto che si vuole ottenere, non i mezzi per raggiungerlo..." iniziò.
"Dove?" Yoli lo interruppe di nuovo. Stava iniziando a gridare.
"Ci sto arrivando, lasciami spiegare!" esclamò lui. "Ho scritto le specifiche parlando di digitalizzare la materia ed entrare nel dominio digitale, ma so che rimodella la realtà manipolando l'iperspazio. Quindi, riguardo a dove finiscono i miei atomi, direi... probabilmente nell'iperspazio."

"Aha" disse Yoli. "Ecco la domanda da un milione di dollari. Se Sigma è nel mondo del computer, ma i tuoi atomi sono nell'ipermondo..."
"Iperspazio" Malcolm la corresse di riflesso.
"Stessa cosa" continuò lei. "Tu sei in un luogo e Sigma è in un altro. Come puoi dire di essere ancora te stesso quando Sigma se ne va in giro, parlando con la tua voce? Come fai a ricordare di essere Sigma? Come fa Sigma a ricordare di essere te?"

Malcolm ripensò a ogni volta che entrava nel dominio digitale. Per quanto ne sapeva, non c'era discontinuità in ciò che riusciva a ricordare, nessuna sensazione di tempo mancante, e la sua intera memoria era conservata.
"Un'ipotesi plausibile", iniziò, "è che ci sia una sorta di canale, o wormhole, che collega la mia mente nell'iperspazio al programma Sigma nel dominio digitale. Qualsiasi movimento decida di fare, viene trasmesso al modello poligonale del programma Sigma. Tutto ciò che vede o percepisce lui, viene trasmesso al mio cervello."

Yoli non era convinta. "E se non fosse questa la spiegazione?" disse. "E se... e se Sigma fosse un agente?"

Seguirono alcuni secondi di silenzio. E poi Malcolm emise un "COME?!" in tono scioccato.

"Un Iper Agente, se preferisci", continuò lei. "Che si attiva ogni volta che vieni trasportato nell'iperspazio. A quel punto, potresti anche essere in stato di incoscienza, o morto, o addirittura non esistere, ma questo non importa! Sigma, l'Iper Agente, agisce da solo per conto del suo utente: tu. Raccoglie tutti i dati che Kilokahn gli fornisce e fa tutto ciò che Kilokahn crede che faresti. Alla fine, ti riporta nel mondo reale e aggiorna la tua memoria con tutto ciò che ha fatto, così puoi sederti alla tua scrivania e rilassarti, totalmente convinto di aver fatto quello che invece ha fatto Sigma."

Questo era un punto di vista che Malcolm non aveva mai considerato. Turbato, vi rifletté per un po', fino a quando ricordò di aver letto un'argomentazione simile del filosofo David Chalmers, sulla natura della coscienza, che derivava dalla credenza religiosa in un'anima.
Conoscere i controargomenti che la riducevano a un'idea che si confuta da sola lo confortò, quindi, con un sorriso, disse: "Questa è l'ipotesi dello zombi filosofico. I fisici la ripudiano perché non c'è differenza tra una persona reale e..."

Yoli lo interruppe. "Malcolm, non mi importa degli zombi. Mi importa di te! E c'è un'enorme differenza. Se Sigma è un agente, ogni volta che lo usi finisci per avere pensieri che non sono tuoi! Sono solo come ti vede Kilokahn! Ogni volta che lo usi, diventi meno simile a te stesso e più simile a Kilokahn! Per favore, Malcolm, prometti che non lo userai mai più!"

Malcolm si allontanò da lei. "Okay, chiariamo una cosa. Il vecchio cartone animato dei Watchmen è una cosa, la vita reale è un'altra. Quindi, se vuoi che ti ascolti, non trattare il programma Sigma come una metafora della droga."
Lei fece una faccia confusa. "Non ci avevo nemmeno pensato! Ma nessuno ha mai fatto quello che fai tu, e può essere pericoloso!"

Malcolm sospirò. "E' ovvio che non posso essere certo che l'ipotesi... uhm, dell'Iper Agente sia falsa, ma sono certo di questo: mio padre ha scritto Kilokahn in modo che determini la volontà estrapolata coerente del suo utilizzatore. Significa che quando gli ordino di fare qualcosa, non si limita a quello che dico: fa quello che intendo. E l'ipotesi dell'Iper Agente è sicuramente qualcosa che non intendo."

Yoli insistette. "Ti prego, se c'è anche una sola probabilità su cento che sia vera, allora, per la tua sicurezza, devi considerarla una certezza assoluta!"
Ciò non riuscì affatto a impressionare Malcolm, che invece si mise a ridere. "Non dirlo al professor Dawkins, potresti beccarti una F!"

"MALCOLM!" esclamò Yoli, e lui si rese immediatamente conto che forse avrebbe dovuto usare più tatto. Tornò completamente serio e si scusò. "Mi stai chiedendo di rinunciare alla visione di un futuro in cui tutti sono superumani, e onestamente, non posso. Ma c'è un modo per verificare la tua ipotesi: se mai dovessi fare qualcosa di seriamente bizzarro per me, ma naturale per Kilokahn, ciò la convaliderebbe."
"Tipo cosa?" chiese lei.
"Qualcosa come indossare un mantello e ordinare agli altri di inchinarsi a me. O chiamarti ammasso di carne. Lo sai che preferisco analizzare le cose con la logica anziché accontentarmi delle emozioni che causano, ma non ti umilierei mai."

"E... tutto qui?! A volte mi chiedo se hai un computer al posto del cuore!" disse Yoli, mentre la sua voce faceva trasparire un misto di delusione e rabbia.
Malcolm abbassò la testa. "Lo so, non è la risposta che volevi sentire, e chiedo perdono se ti fa stare male. Ma non posso smettere così, senza prove. Il potenziale del programma Sigma è troppo alto. Inoltre, se improvvisamente promettessi di abbandonarlo, dopo tutto quello che ho detto, non mi crederesti. Sbaglio?"
"No" disse piano Yoli. "Ma se avessi la prova che Sigma è davvero un agente, smetteresti di usarlo?"
"Se e solo se" Malcolm annuì. "Perché significherebbe che non sono mai stato superumano."

In quel momento, l'interfono della scuola si attivò. "Lo studente Malcolm Frink è pregato di recarsi all'ufficio del preside."
Quella era l'occasione che Malcolm stava aspettando, il progetto scolastico che lo avrebbe esentato dal frequentare lezioni di informatica così al di sotto del suo livello. Ma in qualche modo, anche quello ora sembrava una bazzecola, rispetto all'orribile possibilità di non aver mai avuto il controllo del programma Sigma.

E poi, all'improvviso, gli sovvenne il piano di riserva che sarebbe dovuto essere ovvio sin dall'inizio. Se l'ipotesi dell'Iper Agente si rivelasse vera, sarebbe semplicemente tornato a disegnare mostri Megavirus.

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