My heart beats fast and faraway, love.

di Black Chandelier
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** College. ***
Capitolo 2: *** Curious. ***
Capitolo 3: *** Bullet ***
Capitolo 4: *** Rivelations ***
Capitolo 5: *** I'm Okay Now. ***
Capitolo 6: *** Nuove conoscenze. ***
Capitolo 7: *** Take my hand tonight. ***
Capitolo 8: *** Confusion ***
Capitolo 9: *** Seize The Day ***
Capitolo 10: *** What are u doing? ***
Capitolo 11: *** Are u mine? ***



Capitolo 1
*** College. ***


Salve! E' la mia seconda Frerard, quindi siate clementi ç_ç Tengo a precisare che qui la band non esiste ed è ambientata in un contesto 'scolastico'. Forse i primi capitoli saranno un po' noiosi, ma spero vi piaccia!
P.S i personaggi non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro.


 

My heart beats fast and faraway, love.

 

1.     College.
 

Primo giorno di college, ansia, ansia e solo ansia.
Scesi dalla macchina, accompagnato dai miei genitori e mi guardai intorno, davanti a me avevo un enorme cancello con appeso un cartello che recitava: “Rutgers University”.
«Mamma, è questa.» Trascinai la valigia e guardai mia madre.
«Sì, forza, entriamo. Ti accompagno alla porta.» sbuffai e la seguii, entrando dal cancello.
C’era un grande parco intorno a quella scuola ed era piuttosto bello, rilassante. Le panchine erano ricoperte dalle foglie arancioni che cadevano dagli alberi e un leggero venticello autunnale le faceva muovere.
Sospirai e rivolsi uno sguardo al cielo cupo, il sole era nascosto dalle nuvole e stava per piovere.
«Quindi, Anthony» Rise e la guardai male, odiavo essere chiamato così. «Ci vediamo a Natale, e ricordati di spedirmi qualche lettera ogni tanto, okay?»
Sembrava che dovevo andare in guerra e invece dovevo solo andare all’università.
«Sì, mamma. Ci sentiamo, okay? Ti chiamerò, lo sai che con le lettere non sono capace. » La salutai abbracciandola e baciandole la guancia. Le sorrisi dolcemente e dopo essermi staccato da lei mi avviai verso la porta della scuola, sembrava la porta di un castello.
Mi guardai intorno e aprii la porta che fece un cigolio, e mi trovai davanti un corridoio piuttosto grande e una marea di gente andare avanti indietro.
C’erano ragazze che ridacchiavano e salivano le scale, pronte per un’altra lezione. C’erano i classici “secchioni” che si aggiustavano gli occhiali e ripassavano mentre vagavano per quel corridoio, scontrandosi con chiunque.
E poi c’ero io che mi sentivo un cane abbandonato.
«Serve aiuto?» un ragazzo dai capelli piuttosto ricci e alto si avvicinò, distogliendomi dai miei pensieri.
«Beh, I-Io.. sono nuovo e..» Il ragazzo mi interruppe ridendo, “figura di merda” pensai arrossendo. Mi insultai mentalmente, come se non si vedeva che ero un classico novellino spaesato.
«Si vede. Tranquillo, ti accompagno io in segreteria. » Okay, era una specie di guida o era uno studente? «Comunque sono Ray, è il mio secondo anno. Ti troverai bene qui. Ora ti daranno la chiave della camera, probabilmente sarai in camera con qualcuno, visto che siamo tutti a coppie. » Annuii, ero abbastanza timido e non sapevo cosa dire se non annuire e guardarmi intorno. Però avevo già conosciuto questo Ray ed era una cosa positiva, pensavo peggio..
«Eccoci! Ci vediamo in giro, ciao.. ehm, come ti chiami?»
«Frank.»
«Ok, ciao Frank!»
Lo salutai con la mano sorridendo e mi avvicinai ad un’anziana signora che stava dietro ad una specie di sportello fatto di vetro, portava gli occhiali sulla punta del naso e mi scrutava. Aprii la mia borsa e tirai fuori il modulo d’iscrizione, passandolo alla signora.
«B-Buongiorno» sussurrai, passandomi una mano sul viso e tossicchiando.
«Salve, Lei è il signor.. Frank Iero?» Annuii e la vidi firmare qualcosa, poi continuò: «Stanza 182, ha un compagno di stanza. Si pranza alle 12 e 30, la mensa è giù e gli orari delle lezioni sono questi» Mi porse la chiave della stanza e un foglio con scritti degli orari. La ringraziai e mi voltai, dirigendomi verso le scale che a quanto pare portavano alle stanze, visto che c’era un foglio con scritto “Stanze” ed accanto vi era una piccola freccia.
Trascinai la mia valigia, salendo le scale e detti un occhiata all’orario: in quell’ora dovevo avere Matematica. Mi fermai, non sapevo cosa dovevo fare e chiedi al primo che capitava.
«Tu! Ehi, ragazzo biondo!» urlai ad un ragazzino mingherlino che portava degli occhiali spessi. Si voltò spaventato e mi guardò. Gli sorrisi e lo raggiunsi di sopra.
«Ehi, scusami.. sono nuovo e.. beh avrei matematica in Aula 2, devo andarci o porto i  bagagli in stanza?» Scrutò il mio foglio e si sporse per guardare la valigia, poi si tolse gli occhiali e li pulì.
«Ah, sei nuovo. Anche io lo sono, sono arrivato 3 giorni fa e abbiamo lo stesso corso. Quindi ora devi andare in stanza, per adesso la salti quest’ora, lo dirò io al professore. Ci si becca in giro!» Mi diede una pacca sulla spalla e lo ringraziai, ma non feci a tempo a guardarlo che era già sparito. Mi domandavo se in quella scuola erano tutti così frettolosi o ero io che ero lento.
Finalmente potevo vedere il mio compagno o compagna di stanza e avrei potuto riposarmi, dopo quel viaggio in macchina.
Mi diressi verso le stanze e cercai la mia stanza, non era così male la zona delle stanze. C’erano molte finestre da cui si vedeva il laghetto dell’università e dei ragazzi attorno ad esso.
«179.. 180.. 181.. 182!» Mormorai guardando la porta e prendendo la chiave. Aprii la porta e mi si presentò davanti una stanza piuttosto grande con due letti, due armadi e un’altra porta che a quanto pare era il bagno.
Chiusi la porta e appoggiai la valigia su un letto, sedendomi sopra. A quanto pare l’altro era già occupato da qualcuno visto che era disfatto e vi erano sopra delle maglie.. di gruppi musicali. Sorrisi notando la maglietta dei Misfits e degli Iron Maiden, a quanto pare quella persona aveva buon gusto in fatto di musica.
Amavo il metal e il rock e sapevo anche suonare la chitarra, solo che non l’avevo portata con me perché si erano rotte alcune corde, è inutile dire lo stato di “lutto” in cui ero quando si ruppero.
La mia chitarra si chiamava Pansy, che letteralmente vuol dire femminuccia, starete pensando che sono stupido, ma tutto è nato dal liceo, dove lì alcuni bulletti si divertivano dandomi nomignoli del genere.
Ne ricevevo di tutti i colori, da mattina a sera, senza distinzioni. Poi però si sono stancati dato che io non reagivo mai, soprattutto ai primi anni di liceo che furono i più difficili per me, visto che non era bello sentirsi dire quegli insulti da ragazzi che nemmeno conoscevi.
Spalancai la finestra e una folata di vento mi scompigliò leggermente i capelli, la richiusi subito e mi tolsi il cappotto e la sciarpa, facendoli cadere per sbaglio.
Mi stavo per abbassare per raccoglierli quando una voce maschile mi fece sobbalzare, mi alzai e un ragazzo dalla pelle bianca e i capelli corvini mi stava guardando parecchio male.
«C-Ciao.. sono il tuo coinquilino.. » dissi porgendogli la mano e cercando di essere il più gentile possibile, lui sbuffò e mi ignorò totalmente, sedendosi su una poltrona e mettendosi le cuffie.
“Perfetto” pensai, avevo anche un compagno di stanza che non mi sopportava già. Forse avevo sbagliato stanza? Ma no, la 182 era la 182.. quindi avrebbe dovuto accettarlo.
Lentamente aprii la mia valigia – dopo aver raccolto il cappotto e la sciarpa – e tirai fuori i miei vestiti che anche loro erano maglie di gruppi, cinture borchiate e jeans strappati. Con la coda dell’occhio notai che il ragazzo stava osservando le mie magliette, allora alzai lo sguardo e lo guardai negli occhi.
Erano bellissimi, forse i più belli che avevo visto in vita mia e il suo viso era qualcosa di fantastico, soprattutto il suo nasino all’insù e le sue labbra leggermente rosse.
 «Scusa, i vestiti dove li posso mettere?» che domanda stupida che avevo fatto. Era ovvio che dovevo metterli nell’armadio, solo che non sapevo quale e..
«Nell’armadio, forse? Il tuo è quello a destra. Puoi attaccarci qualche poster, se vuoi.. oppure, fottiti.» disse acido, rimasi di stucco per quella sua risposta. Ma chi si credeva di essere? Non era di certo colpa mia se mi avevano messo in stanza con lui!
«Bel benvenuto, comunque vacci tu a farti fottere, okay? Non sei nessuno per giudicare e scusami se ti ho parlato, mh?» alzai leggermente il tono di voce mentre aprivo l’anta dell’armadio e ci mettevo dentro i vestiti.
Lui non rispose e sorrisi soddisfatto della mia risposta, diciamo che  la presentazione non era stata un granché, visto che ci siamo subito insultati.
Avevo bisogno di  nicotina, presi il mio pacchetto di sigarette e uscii dalla stanza senza degnare di uno sguardo quel tipo strano. Mi sentivo solo fissato da lui in quell’arco di tempo, ma che voleva?
Percorsi il corridoio a testa bassa ancora turbato dall’episodio precedente, picchiettando le dita a ritmo sul pacchetto di sigarette.
Il corridoio era deserto questa volta, a quanto pare tutti erano a lezione tranne io e quel ragazzo strano.. a proposito, perché lui non era a lezione? Forse era  nuovo anche lui? No, non aveva la faccia come la mia, da “novellino”.
Dovevo decisamente togliermi dalla testa quel ragazzo ma era impossibile, i suoi occhi mi avevano colpito fin dall’inizio nonostante il suo modo di fare strafottente e la sua “gentilezza” nell’accogliermi.
Rimasi un po’ deluso perché la giornata era iniziata bene, avevo trovato due persone che mi avevano aiutato e speravo che in camera mia ci fosse una persona gentile, ma invece no, era troppo bello per essere vero.
Non volevo passare un anno infernale anche lì a causa di quel ragazzo che nemmeno si era presentato, non volevo farmi rovinare l’università perché ormai ero abbastanza adulto da cavarmela da solo.
Uscii in cortile dove trovai una classe che stava facendo lezione, probabilmente d’arte visto che stavano disegnando su alcuni fogli, seduti per terra. Li guardai e sorrisi, era davvero una bella cosa dipingere, soprattutto quando il tempo era quello autunnale.
Mi sedetti su una panchina spostando le foglie che vi erano sopra e accesi la sigaretta, facendo subito un tiro e mi rilassai. Guardai l’orologio e mi resi conto che era già passata mezz’ora e già volevo andarmene, mi mancava Belleville e il pensiero che non ci sarei più andato fino alle vacanze di Natale mi rese triste.
Ma ormai dovevo rassegnarmi, il mio futuro era quello e nonostante tutto la psicologia non mi era mai così dispiaciuta. Amavo aiutare gli altri e cercare di capire i loro problemi, e soprattutto mi accorgevo di quando qualcuno era triste o stava male.
«Hey..tu!» sentii un ragazzo urlare e mi voltai, vedendo che correva verso di me. Era Ray che sfoggiava un sorrisone.
«Ciao Ray!» Mi spostai per espirare il fumo e sorrisi di rimando.
«Com’è andata?»
«Bene se non fosse che sono entrato in stanza e uno strano ragazzo mi ha detto di fottermi e.. niente, per il resto è okay, mi piace il posto.» Ray si morse il labbro e si passò una mano nei capelli, pensieroso.
«Oh, aspetta, sei in stanza con.. non mi ricordo chi, ora ci penso. Comunque, Mikey mi ha detto che ti conosce!» Lo guardai curioso e dalla mia espressione capì che non sapevo chi era quel.. Mikey.
«Il ragazzo con chi occhiali! Si chiama Mikey Way, ha un fratello che si chiama Gerard, solo che non si è visto in giro.»
«Oh, sì, sì. Comunque se ti aiuta quel ragazzo che ho in stanza ha i capelli neri, gli occhi verdi e ..oggi non è andato a lezione. » deglutii ripensando a quegli occhi che mi avevano tanto colpito, Ray fece un espressione stupita.
«E’ GERARD!» urlò, facendomi spaventare.
Il ragazzo maleducato si chiamava Gerard. Era un bel nome, però. «G-Gerard? Non si è neanche presentato, scusami..»
Ray rise quasi istericamente, io ancora mi domandavo il perché di quel suo comportamento.
«Si abituerà a te, vedrai. È meglio che lo lasci stare, per ora.»
Che aveva quel Gerard? Perché dovevo lasciarlo stare? Forse gli era successo qualcosa o voleva starsene semplicemente solo?
Non lo so, l’unica cosa che so è che i suoi occhi mi avevano colpito moltissimo.
 

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Capitolo 2
*** Curious. ***


2. Curious.


Stetti a parlare con Ray tutto il tempo, finchè non arrivò l’ora della prossima lezione e lui mi accompagnò nella mi aula. Mi disse che col tempo avrei imparato tutto e che non era difficile.
Inoltre scoprii che anche lui suonava la chitarra e ascoltava gli stessi gruppi che ascoltavo io, era una cosa magnifica!
Nel frattempo entrai in aula e da lontano vidi Mikey che mi fece un cenno, andai verso di lui e gli chiesi: «E’ libero?» sfoggiando uno dei miei sorrisoni.
«Certo!» tolse la sua borsa dal banco vuoto e mi sorrise. Attaccato ad essa c’era un cartellino con scritto “Mikey Way”, ridacchiai e lui se ne accorse.
«Oh, ehm è perché ho paura di perderla. Perderei tutti i fumetti che ho, poi come faccio se mi annoio?» Arrossì aggiustandosi gli occhiali, lo tranquillizzai mettendogli una mano sulla spalla.
Mi guardai intorno alla ricerca di Gerard, volevo chiedere a Mikey il perché non andava a lezione ma avevo vergogna. Non vedevo nessuna chioma nera fra le teste dei miei compagni di corso e abbassai lo sguardo, deluso.
Volevo conoscerlo, nonostante la sua sfacciataggine quel ragazzo mi incuriosiva molto e volevo sapere il motivo del suo comportamento.
Alla fine decisi di chiedere a Mikey notizie di suo fratello, visto che Ray lo cercava.
«Ehi.. scusa la domanda ma ehm, tuo fratello?! Ray mi ha detto che non lo trovavi.. E’ in stanza con me. » lui fece un’espressione stupita e subito dopo preoccupata.
«Non è venuto a lezione.. Beh, il posto era occupato perc-..» Proprio in quell’esatto momento la porta dell’aula si aprì e una persona si avvicinò a noi. Esatto, quella persona.
Mi vide e mi guardò male, Mikey prese a tossire nervosamente, mentre io.. io ero diventato rosso come un peperone e mi sentivo in imbarazzo. Lui mi faceva quell’effetto, sentivo i suoi occhi verdi fissi su di me e volevo sprofondare.
«Tu arrivi e mi fotti il posto, la stanza.. Che palle, levati» sbatté la sua borsa sul banco e con la mano mi fece cenno di andarmene, mi alzai e lo guardai con fare scontroso.
«Scusa, se sapevo che avevo in stanza uno come te avrei rifiutato!» dissi ghignando maleficamente e ricevendo un’occhiataccia da parte di Mikey.
Non mi facevo di certo mettere i piedi in testa da un pazzo montato che dava ordini e si comportava in quel modo.
Lui sbuffò, arreso e incrociò le braccia al petto: «Vattene. Scusa, non capisci la lingua? V-A-T-T-E-N-E!» Urlò facendo voltare tutti.
Arreso, presi la mia roba e mi spostai in un banco più avanti e voltandomi notai che sulle sue labbra si era formato un sorriso compiaciuto.
Era così scontroso con tutti o semplicemente non gli andavo a genio? Quello era solo un mistero, voleva la guerra?
Non mi stava molto bene l’idea di avere un compagno di stanza con cui ogni volta dovevo litigare per cose.. che non avevano senso!
Entrò il professore che ci salutò con un sorriso, iniziai a prendere appunti nervosamente senza nemmeno capire cosa stava dicendo.
Che bell’inizio, pensai, era solo un giorno che ero in quella scuola e avevo già bisticciato con un ragazzo a me totalmente sconosciuto e questa cosa non andava bene. Non volevo rivivere, diciamo, i momenti del liceo dove litighi con tutti senza motivo.
Volevo che quell’anno fosse il migliore, volevo conoscere gente che col tempo sarebbe diventata mia amica.. ma di quel passo, avrei perso la voce a furia di urlare.
«Psst, psst.» mi voltai e vidi un ragazzo biondo che allungava la mano per passarmi un bigliettino, su cui vi era scritto: da Mikey
Lo aprii, guardandomi intorno e lo lessi, cercando di non farmi notare dal professore:

Hey.
Senti, scusa per mio fratello, lascialo perdere.. volevo chiederti, dopo a mensa raggiungi il nostro tavolo! È il primo a destra.
Xoxo, Mik.

Sorrisi fra me e me e mi guardai intorno, alcuni ragazzi davano attenzione al professore, invece alcune ragazze parlavano fra loro ridacchiando.
Mi chiesi se ci sarebbe stato Gerard con noi a mangiare,  ma allo stesso tempo preferivo di no. Volevo godermi il pranzo e parlare un po’ con Mikey e Ray, senza litigare. Era stressante continuare a bisticciare!
 
 

Giravo a vuoto per i  corridoi, in cerca della mensa. Erano già le 12.40 ed ero già in ritardo, mi maledii e chiesi informazioni in giro.
A quanto pare a tutti sembravo un alieno, visto che alla domanda: “Dov’è la mensa?” o non mi rispondevano o mi ridevano in faccia.
Alla fine decisi di arrangiarmi da solo e la trovai, dato che vedevo una ressa di ragazzi correre verso la mensa. Mi infilai fra la gente e venni quasi schiacciato, dato la mia – purtroppo – bassezza.
Sbuffai quando l’ennesimo ragazzo mi venne incontro, ma alla fine riuscii ad entrare. Mi guardai intorno e vidi da lontano una mano che si muoveva, probabilmente era quella di Mikey.
A testa bassa mi avviai a quel tavolo, notando che c’era anche Gerard. Dovevo solo mantenere la calma e non ascoltarlo, ma a quanto pare il posto libero era vicino a lui..
«FRANK! Ciao!» urlò Ray indicandomi il posto. Sorrisi debolmente e lentamente mi sedetti, cercando di ignorare in tutti i modi possibili Gerard che stava mangiando un grissino.
«C-Ciao ragazzi.» sorrisi a Mikey che a quanto pare si stava abbuffando con.. dell’insalata e presi un grissino anche io.
«Dai, andiamo a prenderti qualcosa noi.. sei diciamo, ospite. Vieni, Mik!» Ray tirò Mikey per un braccio e lo costrinse ad andare con lui.
Sembrava quasi un piano per lasciarmi da solo con lui, e direi che ci erano riusciti bene.
Okay, bastava solo.. guardarsi intorno? Era imbarazzante, però. Sentivo di nuovo il suo sguardo su di me, per l’ennesima volta, e quella volta mi voltai verso di lui.
Mi persi per pochi secondi in quegli occhi verdi e lucidi, finché non vidi le sue labbra aprirsi per pronunciare: «Scusa, la potresti smettere di fissarmi?»
Rabbrividii e arrossii vistosamente, avevo fatto una bella figura di merda. Ma i suoi occhi erano come una calamita, non riuscivi a staccarti da loro una volta che li avevi guardati.
Stetti in silenzio, era decisamente meglio, finché lui non mi fece un’altra domanda: «Suoni? Sai, prima Ray ha parlato di te.»
«Wow. Sì, suono la chitarra.» dissi in modo freddo e distaccato, non riuscivo a capirlo quel ragazzo. Prima faceva lo stronzo con me e poi chiedeva di me..
«Bello.»
Giocherellai con una forchetta e mi morsi il labbro, stavo per fare una cosa che avrei preferito non fare ma era l’unica soluzione.
«Perché sei così scontroso con me? Che ti ho fatto?» dissi acido, guardandolo. Lui fece una smorfia e sbuffò, infastidito.
«Perché, dici? Non ti deve interessare, devi solo starmi alla larga.»
In quel preciso momento arrivarono Ray e Mikey che mi portarono un piatto d’insalata, che a quanto pare era quello che era avanzato. «Tranquilli, io sono vegetariano.» loro mi guardano e scoppiano a ridere.
Iniziano a parlare del più e del meno quando all’improvviso Gerard si alza e se ne va, io guardo Mikey in modo piuttosto preoccupato e lui sospira, portandosi una mano sul viso.
 «Scusalo» mormorò, cercando di seguire il fratello con lo sguardo.
Io mi alzai e sotto lo sguardo interrogativo dei due ragazzi tentai di seguire Gerard, ma con scarsi risultati. C’era parecchia gente e lo avevo perso di vista, dopo vari tentativi di chiamare il suo nome, uscii dalla mensa e mi guardai intorno.
Uscii da una porta che portava al giardino e mi guardai intorno, non c’era nessuno. Cominciai a camminare e a guardare se dietro ai tronchi degli alberi c’era qualcuno e quel qualcuno c’era.
Non sapevo cosa fare, se avvicinarmi a lui o semplicemente andarmene, perchè alla fine, chi ero io per andare da lui?
Non ero nessuno, però non mi stava bene che lui aveva quel comportamento ogni volta che mi aveva attorno, non era normale! Nemmeno mi conosceva!
Scorsi una ciocca di capelli nera e un “pezzo” di pelle bianca, capii al volo che era lui. Mi avvicinai lentamente, insicuro su quello che stavo facendo e sussurrai un: «Ciao»
Lui si voltò verso di me e con sguardo rabbioso disse: «Che vuoi? Sparisci.»
Mi sedetti accanto a lui e lentamente risposi: «Senti io non ti conosco e siamo partiti male, troppo male direi. Io non voglio in alcun modo, diciamo, intralciare la tua vita, ma..» lui mi fermò posandomi una mano sul braccio. Poi sfilò una sigaretta e se la mise fra le labbra, accendendola e iniziando a fumarla.
«Sì, lo so. Scusami, è un brutto periodo per me. Ma non impicciarti, e ora che mi hai fatto la ramanzina puoi andare.»
Mi alzai, arrabbiato e me ne andai.
Rinunciai a lui e al suo fottuto bisogno di aiuto, al suo nervosismo improvviso e al suo odio verso di me. Mi ero rotto le palle di subire tutte quelle parole, che non scorrevano per niente sulla mia pelle, anzi, rimanevano.
Ma io ero una testa di cazzo, perché nonostante lui mi trattava male a me continuava ad importare di lui. Aveva qualcosa di curioso, che volevo scoprire e quella era appunto la prima volta che mi capitava! Di solito con le persone che mi trattavano male non ci parlavo, ma quella volta con lui era diverso..
Lui era speciale.
Lui non era come gli altri.
Lui era diverso.






Salve!
Parto subito dicendo che ringrazio chi ha recensito e chi ha messo questa Fic. nelle seguite, davvero, vi adoro!
In questo capitolo non succede nulla di speciale, solo Frank che va a parlare con Gerard.. ma vabè.
Spero sia stato di vostro gradimento!
xoxo
*sparge unicorni rosa*

 

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Capitolo 3
*** Bullet ***


3. Bullet.

 

Il pomeriggio passò in fretta e finalmente arrivò la sera.
Decisi di stare in camera mia a riposarmi, stanco dopo quella giornata, avevo “chiuso” il caso Gerard mandandolo a quel paese mentalmente perché, hey, alla fine chi ero io per aiutarlo?
L’arrivo in quella scuola, i litigi e le nuove conoscenze.. era successo tutto cos in fretta che nemmeno me ne rendevo conto.
Stavo ascoltando la musica, rilassandomi totalmente e canticchiando sulle note di “Thunderstruck” degli AC/DC quando ad un certo punto la porta della camera si spalancò in malo modo e un Gerard piuttosto ubriaco, entrò in stanza accompagnato da una ragazza che.. beh, sembrava una prostituta.
Portava una minigonna e un top nero, delle calze nere e strappate e il trucco era leggermente sbavato sotto gli occhi.
Quest’ultima mi guardò con sguardo torvo, per poi buttarsi sul letto accanto al mio e con una mossa si fiondò su di Gerard, iniziando a baciarlo facendo versi poco casti.
Spensi la musica, purtroppo, e li guardai inorridito, facendo una smorfia.
«Perfetto» sussurrai, cercando in qualche modo di non sentire quei gemiti che provenivano dall’altro lato della stanza. Ma un po’ di contegno, no? Quello doveva per forza scoparsi una quando c’ero io lì?
A quanto pare la ragazza si chiamava Linda, Lindsay o qualcosa del genere, visto che Gerard sussurrava quel nome spesso.
Mi infilai sotto le coperte, sbuffando rumorosamente mi tappai le orecchie.. senza risultato. Volevo che proprio in quell’esatto momento suonasse un allarme o qualcosa del genere perché era decisamente imbarazzante.
Lo “spettacolo” finì dieci minuti dopo e mi sentii parecchio osservato, visto che tutti e due mi stavano guardando. Mi voltai verso di loro, Gerard aveva una faccia irriconoscibile, la cosa invece aveva un sorrisino perverso disegnato sulle labbra.
Sfoggiando uno dei miei grandi sorrisi, dissi: «Serve aiuto?» avrei voluto filmare quella scena, perché i due mi guardarono malissimo, sembravano due corvi pronti ad attaccare una preda.
«Oh, no, so già cosa mi chiederete. Non me ne andrò in corridoio a dormire, se volete scopare andate nei bagni, si sta scomodi ma ci si sta. Buonanotte.» Mi girai sul fianco e andai totalmente sotto le coperte, sorridendo compiaciuto.
Sentii Gerard grugnire e la poco di buono sussurrare un: «Ma quanto è stronzo?»
Ebbene sì, lo ero. Non lo ero mai stato prima ma era ora di diventarlo, non mi sarei fatto mettere i piedi in testa da nessuno, soprattutto da un montato che avevo come compagno di stanza.
Mi dispiaceva per Mikey subirsi le lamentele da parte di tutti e due, ma lui non c’entrava niente in quella faccenda.
Mi raggomitolai e chiusi gli occhi, rilassandomi e iniziando a pensare a tutto e di più. A quanto pare quei due erano rimasti basiti, visto che non parlavano.
Ma era decisamente meglio così.
 
 
“If i cut off your arms and cut off you legs, would you still love me anyway? if you're bound and gagged, draped and displayed, would you still love me anyway?”
Le note di Helena dei Misfits echeggiavano nella mia testa, facendomi spaventare un pochino e costringendomi ad aprire gli occhi.
C’era già parecchia luce, mi portai una mano sugli occhi cercando di vedere meglio l’orario sul display del mio cellulare e spegnendo la sveglia.
9.56.
Perfetto, ero pure in ritardo e.. mi voltai e vidi il letto di Gerard stranamente a posto e non disordinato.
Le opzioni erano due, o in quella scuola c’erano le cameriere oppure era accaduto un miracolo. O semplicemente Gerard si era accorto della discarica che aveva su quel povero letto.
Lasciai perdere il pensiero “letto di Gerard” e mi alzai a malavoglia, sobbalzando quando sentii i miei piedi toccare il pavimento freddo della stanza.
«Mmmh.. fanculo..» biascicai, stropicciandomi gli occhi ancora appannati.
Andai in quella specie di bagno che sembrava una cabina telefonica e mi sciacquai la faccia, dopo essermi svuotato completamente.
Mi vestii velocemente perché ero decisamente in ritardo, non sapevo nemmeno cosa stavo mettendo e dopo essermi messo le scarpe avevo come l’impressione di aver indossato due calzini diversi.
Uscii in fretta dalla stanza e percorrendo tutto il corridoio scesi verso le aule.
Mi accorsi subito dopo che avevo lasciato l’orario in stanza e le opzioni erano due, o chiedevo al primo che capitava o semplicemente.. tornavo in stanza?
Girovagai come un vagabondo per il corridoio finché da lontano sentii una voce a me conosciuta chiamarmi.. possibile che io incontravo sempre qualcuno in quel corridoio?
«Frank, scommetto che non hai l’orario.»
Clamoroso, Gerard Way mi aveva appena parlato e quella mattina sembrava più.. gentile del solito.
Non aveva mal di testa, dopo la sbronza che aveva avuto in precedenza? Come faceva ad essere così pimpante, quando in realtà io sembravo un morto vivente.
«…Aspetta. Una fatina ti ha spruzzato della polvere magica addosso o il tuo odio verso di me è passato?» dissi ironico, facendolo irritare leggermente.
«Bastano una doccia gelida, un paio di caffè e passa subito. Comunque ottimo consiglio, i bagni erano quel che erano.»
Deglutii, sentendo il mio stomaco fare rumore, mentre Gerard continuava ad avere un sorriso beffardo.
«Bene, mi fa piacere che ti sei liberato. Scusa, ma quella l’hai presa dalla strada?»
Ok, quella domanda la potevo decisamente evitare, ma mi stavo decisamente divertendo troppo a fare lo stronzo.
«Lindsay Ballato, 4 anno. Una bomba, mh. Urla molto la ragazza.»
Si leccò le labbra e io provai una strana sensazione al basso ventre e iniziai ad osservarle, facendo pensieri poco puliti e pensando a quanto sarebbe stato bello essere al posto di quella Ballato.
Stavo decisamente delirando, stavo facendo pensieri poco puliti su Gerard Way e quello era.. preoccupante.
Mi resi conto che lo stavo fissando troppo quando il diretto interessato mi guardò storto e sorrise compiaciuto.
Mi domandai se lo faceva apposta e soprattutto il motivo per cui mi ero messo a fare quei pensieri. Okay, io ero bisex e non era la prima volta che mi capitava ma.. con lui. Con il ragazzo che mi aveva preso di mira e che si divertiva a fare lo stronzo con me, proprio non andava bene!
«E-Ehm.. mi accompagni in aula?»
Chiesi educatamente, sembravo quasi un bambino che chiede il permesso alla maestra..
Lui annuì e sorridendo mi guidò verso l’aula e una volta davanti ad essa lui si voltò di scatto verso di me e sussurrò, guardandosi poi intorno: «Tu non mi hai visto, okay? Ciao Iero.»
Se ne andò in fretta e io rimasi davanti alla porta come un ebete.
Way.. Gerard.. giravano solo quei nomi nella mia testa negli ultimi tempi e, non andava bene.
Dovevo smettere di farmi gli affari suoi perché sembravo una di quelle ragazzine che stalkerano il ragazzo che le piace manco fosse oro.
Strinsi la maniglia della porta e la aprii.
Il professore si voltò e mi guardò malissimo, alzando un sopracciglio e togliendosi gli spessi occhiali, esclamò:
«Oh, buongiorno. Tu devi essere Iero, bell’inizio.» Grugnì, scarabocchiando qualcosa sul suo quadernetto marrone, poi urlò: «Và a sederti, almeno.»
Andai al mio posto in silenzio e salutai Mikey con un cenno e cercai di capire l’argomento della mattina ma.. con scarsi risultati.
Aprii il libro e iniziai a scriverci sopra qualche parola a caso, sotto le occhiate curiose di Mikey.
Gli sorrisi dolcemente e gli scrissi sul foglio: “Tuo fratello si è svegliato bene.”
Mi guardò stupito, come se avessi detto la cazzata più grande del mondo e scrisse, come risposta: “Non ci credo. Stai scherzando.. in tutta la sua vita non si è mai svegliato bene. A proposito, come mai ritardo? :)”
Mordicchiai la mia matita e cominciai a scrivere.
“La sveglia ha suonato tardi, ho il cellulare mezzo scassato. Comunque te lo giuro. Ha tipo fatto il letto e.. stamattina mi ha accompagnato qui. Però sh, fingi di non saperlo, se no mi spara. D:”
Mikey annuì e continuò a prendere appunti sulla lezione, era davvero un secchione e io invece.. io se continuavo così sarei rimasto lì tutta la vita.
 [...]
Passò un’ora, e quell’ora era libera, allora ne approfittai per uscire in giardino, avevo bisogno di fumare e di rilassarmi un po’.
Il mio stomaco oramai continuava a brontolare ma non ci facevo più tanto caso, ormai ci ero abituato, mi bastava un po’ di fumo.
Mi allontanai il più possibile dall’ingresso della scuola, volevo rilassarmi in pace senza sentire tante voci intorno a me.
Trovai una panchina sotto ad un albero ed era magnifico, adoravo le panchine sotto gli alberi.
Tirai la sciarpa fino al mio naso, faceva piuttosto freddo e il cielo come al solito era grigio e cupo, ed il sole era nascosto dalle nubi.
Presi la sigaretta e la accesi, aspirando il fumo.
Mi rilassava da morire fumare, era come se in quel momento i pensieri se ne andavano e le paranoie smettevano di girare per la mia testa.
Però c’era sempre lui.
C’era sempre quel nome nella mia testa, quel nome che dal primo giorno mi ha impressionato, quel nome di cui voglio sapere la storia e i motivi del suo comportamento.
«Hey.»
Eccolo, come non detto, lo sapevo.
Era lui.
E si era appena seduto accanto a me.
«Senti, io.. ci ho pensato. Volevo chiederti scusa e sono venuto appunto qui, ci avrei scommesso che uscivi a fumare.»
Deglutii respirando a fatica e lasciando sospesa la sigaretta che ormai si stava consumando, lo guardai.
«D-Dimmi. Ti ascolto.»
«Vedi, io.. io sono così un po’ con tutti. Cioè, dipende. Io anche al liceo ero sempre da solo e di conseguenza, dopo tutte le offese ricevute, sono diventato stronzo e cattivo. Volevo far soffrire la gente che sembrava più debole, infatti me la sono presa con te» sospirò e mi guardò negli occhi. «e poi.. ieri sera, dopo quel fatto, dove tu mi hai risposto così, mi sono sentito.. inferiore. E di notte, seppur ubriaco ci ho pensato e non te lo meriti, Frank.
Non te lo meriti tutto questo perché beh, io non ti conosco.. però mi hai colpito. Come un proiettile, capisci?»
Rimasi sorpreso di quelle parole, era così, così dolce che mi veniva da piangere. Lasciai cadere la sigaretta ormai sprecata, e lo guardai negli occhi, in quei due smeraldi verdi.
«I-Io.. Beh, io sono nella tua  stessa situazione. Bulli, bulli e bulli. Ne sai qualcosa anche tu, allora. Io però non ho mai pensato di far provare agli altri quello che gli altri hanno fatto a me, perché non era giusto e meno male che te ne sei accorto. E comunque anche tu mi hai colpito molto e-..»
Mi interruppe, posandomi un dito sulle labbra, io sussultai, spaventato e sbarrai gli occhi.
Il suo viso si avvicinò al mio e lentamente, nel giro di 10 secondi, mi ritrovai le sue labbra rosse sulle mie.
Erano morbide, candide e sapevano di lui, di Gerard.
Non mi rendevo bene conto di quello che stavo facendo, visto che stavo praticamente baciando Gerard, e mi sentivo come una ragazzina.
Il cuore a mille, lo stomaco che faceva versi strani e non si sapeva se era per la fame o per il bacio che si stava prolungando un po’ troppo.
Si staccò da me, lentamente, aveva gli occhi chiusi, mentre io li avevo tenuti aperti.
Iniziavo a credere di aver avuto una specie di “amore a prima vista”, una cotta, ma non era possibile.
Era decisamente troppo presto.




Ciao a tutte!
Okay, voglio fare una precisazione per il colpo di scena finale.
In questo capitolo c'è stata la sera precedente e il mattino, e poi la parte dove passava l'ora.
Ho, diciamo accellerato questi tempi perchè non volevo prolungare e perché non sapevo cosa dire.. quindi.. *se ne va*
No vabbè, volevo specificare che i tempi, soprattutto nel prossimo capitolo non saranno accellerati.. anzi. Si chiariranno e beh, dopo leggerete.
Mi scuso per il papiro, ma non volevo che pensavate che volevo farli mettere subito insieme, quindi è meglio chiarire, no?
Ringrazio chi ha recensito e chi lo farà, grazie di nuovo!
:3

 

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Capitolo 4
*** Rivelations ***


INIZIAMO SUBITO DICENDO... AUGURI DI BUON ANNO A TUTTE VOI! *sparge polvere di unicorno rosa*
Questo capitolo, diciamo.. è un po' triste. Perché si scopre come mai il comportamento di Gerard è così e.. diciamo che ci sono rimasta male a scriverlo c.c
Bene, buona lettura!

 

4. Rivelations

 

Era passata una settimana da quel giorno, ed erano successe molte cose.
Io non facevo altro che pensare a quel bacio, a quelle labbra morbide che avevano lasciato un “impronta” dentro di me.
Non era di certo la prima volta che baciavo un ragazzo, in quanto bisex. Solo che.. quel bacio mi aveva scosso e mi aveva fatto provare qualcosa.
Anche se io pensavo che era tecnicamente impossibile, visto che a malapena lo conoscevo e non potevo subito prendermi una cotta per lui.
Gerard nei giorni successivi era diventato più scontroso del solito, aveva perfino fatto a botte con un ragazzo che gli aveva solamente chiesto se gli prestava un libro.
E lui gli si scagliò contro urlando:«Non rompermi i coglioni!»e iniziò a prenderlo a pugni.
Io quando vidi quella scena, rabbrividii e me ne andai. Non ci potevo credere, riusciva a fare del male a gente innocente, quando lui sapeva cosa voleva dire.
Iniziavo anche a pensare che mi aveva baciato solo per zittirmi e le sue parole non erano altro che menzogne.
Non lo capivo proprio, non capivo i suoi comportamenti e i motivi del suo accanimento verso tutti e tutti.
Prima che iniziasse la lezione, percorsi il corridoio che portava ai bagni, stranamente in giro non c’era nessuno.. o forse ero io l’unico cretino che girava per i corridoi due secondi prima dell’arrivo del professore.
Aprii la porta del bagno e una leggera aria fresca mi arrivò addosso, facendomi rabbrividire. In quei bagni faceva davvero freddo e avevo il terrore di rimanere ghiacciato mentre ero seduto sul cesso.
Anche perché non sarebbe stato così bello trovarmi lì, mentre facevo.. beh, le mie cose.
Improvvisamente, quando tornai alla realtà, mi accorsi che avevo Gerard davanti a me. E mi squadrava, da capo a piedi.
Inutile dire che mi sentivo una checca, ma.. ma lo ero. Ero arrossito come un peperone e beh, la voglia di andare a pisciare era andata felicemente a puttane.
“Wow, ho Gerard davanti a me. Chissà se mi bacia ancora.”Pensai pentendomi due secondi dopo. Stavo sparando delle cazzate assurde e lui.. lui aveva una smorfia orrenda disegnata sul viso.
«Senti, Iero. Il bacio dell’altra volta non era niente. Non arrossire come un’isterica per favore, non ero in me, probabilmente avevo bevuto troppo. E comunque sono etero al 100%, non preoccuparti per me. Tu non mi interessi, sparisci. »
Mi oltrepassò e mi diede una spallata, facendomi andare contro le piastrelle fredde del bagno. Sussultai e lo guardai uscire, stringendo i pugni.
Tu non mi interessi..
Sparisci..
Quante volte mi ero sentito dire per la frase? E l’isterica? Non potevo sopportare un altro anno con quelle frasi.
Scoppiai a piangere a dirotto, sembravo un bambino e mi davo del coglione da solo. Ero uno scemo, stavo piangendo per un ragazzo che nemmeno conoscevo e che mi aveva dato solo un fottuto bacio.
Ci ero rimasto parecchio male, perché quel giorno, sembrava tutto perfetto, lui era così.. gentile.
E invece no, una settimana dopo sputa ancora veleno, come se fosse l’unica cosa che sapesse fare.
Strofinai gli occhi contro la manica della felpa, non volevo farmi vedere a piangere, anche se era impossibile non notarlo, avevo due occhi rossi che facevano invidia al fuoco.
Doveva andarsene a fare in culo. Lui e la sua presuntuosità del cazzo insieme, chi si credeva di essere? Anche io avevo dei sentimenti, non ero mica una bambola di porcellana.
Scoppiai improvvisamente a ridere, una risata piuttosto falsa e cattiva.
«Benvenuto, Frank stronzo.»
Sussurrai. Non sarei stato più gentile.. voleva farmi del male? Lo stesso avrei fatto io. Non lo sopportavo più.
Lo avrei trattato allo stesso modo, come mi aveva trattato lui. E non mi interessava niente se ci stava male. Di certo non quanto  me.
Aprii con forza la porta del bagno e uscii in corridoio, più incazzato che mai e mandai a quel paese le lezioni.
Se continuavo così mi avrebbero sbattuto fuori da quel liceo, non potevo continuare ad arrivare in ritardo e a saltare le lezioni, non andava bene.
Subirò una sospensione, pensai sbuffando nervosamente e aumentando il passo, andai verso la biblioteca. Non avevo nessuna voglia di andare a lezione proprio, più che altro era la voglia di vedere Gerard che si mischiava ad una non voglia di vederlo. Era un discorso contorto, lo so.
Volevo vederlo e vedere come si comportava ma allo stesso tempo non volevo perché dovevo togliermelo definitivamente dalla testa.
Entrai in biblioteca e l’odore di libri arrivò subito alle mie narici, adoravo l’odore dei libri. La biblioteca sembrava più o meno quella di Hogwarts, presente? Con tanti scaffali altissimi e la luce fioca che entrava dalle finestre.
Ascoltando il rumore dei miei passi che sembrava far eco nella biblioteca, andai verso il reparto ‘Psicologia’, pronto a leggere qualche libro sui comportamenti umani.
Una testa nera e un corpo da cherleeader attirarono la mia attenzione, e dalla scritta dietro (c’era stampato in bianco LYNZ).
Una fitta di gelosia mi invase per tutto il corpo, non sapevo bene il motivo ma mi tornò in mente la scena sul letto di Gerard (con me a nemmeno un metro di distanza) e, volevo ucciderla.
Si voltò di scatto verso di me, probabilmente dopo avermi sentito tossicchiare, e mi squadrò da capo a piedi, poi arrivò al mio viso e facendo un sorrisetto mi salutò con voce squillante.
«Ciao»ricambiai io freddamente e facendo un sorriso di quelli falsissimi. Non mi andava molto a genio quella ragazza.
«Sai»prese un libro e lo sfogliò lentamente, alternando lo sguardo fra me ed esso. Sembrava facesse finta di essere una persona acculturata. «Dovresti smetterla di correre dietro a Gerard.»Continuò con calma, passando un dito su una pagina giallognola del libro.
Una risatina isterica mi uscì improvvisamente dalla bocca, la ragazza spalancò gli occhi come per dire: “Ma cosa ridi?”
«Oh,cara.»dissi sottolineando la parola “cara” in modo ironico, e guardandola male. «Tu, fatti i cavoli tuoi, che campi cent’anni. E secondo me, tu non sai niente, quindi stai zitta, che di Gerard conosci solo il suo fottuto uccello.»
Forse avevo esagerato, ma il primo che mi avrebbe detto ancora una cosa del genere, forse sarebbe stato ucciso.
Non sapeva niente, doveva solo tacere e vivere la sua vita, non sapeva cosa stavo passando e di certo non era facile per niente.
Non era facile perché prima di entrare in quel college, speravo andasse meglio rispetto al liceo, speravo di farmi degli amici (due ci sono già, ma dettagli) di essere rispettato e.. niente. 1 opzione su 3 è andata a buon fine, le altre no.
Forse era meglio che non mi iscrivevo, che me ne stavo a casa bello e tranquillo, di certo ogni giorno non avrei litigato con qualcuno.
«Io Gerard lo conosco dal liceo. Tu non sai.. niente. Sei tu che devi tacere. Non sai cos’ha passato. Non sai che ogni giorno veniva picchiato e deriso dai suoi compagni. Non sai che.. beh, non sai e basta.»Mi domandai improvvisamente se mi stava prendendo in giro.
«Le so benissimo queste cose. Solo, ragiona un attimo. Mettiti nei miei panni. Tu, ti senti odiata da lui e il giorno stesso viene a chiederti scusa e ti bacia. Poi dopo averti ignorato per una settimana ritorna e ti dice di tutto e di più. Come ti sentiresti?»
Lei rimase in silenzio e si guardò intorno. Non sapeva cosa dire perché chiaramente, quelle cose non le aveva mai provate. Ma io sì, e non era bello.
«Devi.. devi solo lasciarlo stare.»lei deglutì, torturandosi le mani. Volevo sapere cos’aveva Gerard e perché era così.. strano. «Seriamente, se vuoi sapere la verità.. va beh, te la dirò. Gerard è gay e soffre di una lieve forma di bipolarismo. Forse sulla prima frase avrai da ridire, visto che ci hai trovati nella tua stessa stanza a scopare, quasi. Ma era ubriaco, quella sera. E lui ha paura.. ha paura a mostrarsi per la vera persona che è, perché sempre al liceo, i suoi coetanei lo trovarono in un vicolo e lo riempirono di botte per quel fatto. Finì per fino all’ospedale  e mancava davvero poco al coma. E poi, lui non è veramente stronzo come si mostra, è dolcissimo
Improvvisamente, mi sentii un misero verme che vagava per il mondo. Come.. come potevo essere stato così.. stronzo? Gli avevo detto di tutto e di più.. e non sapevo nulla.
Mi sentivo talmente in colpa che mi veniva quasi da vomitare per me stesso. Però non potevo saperlo, giustamente.. ma avrei dovuto comunque accorgermene.
Salutai Lindsay con un gesto della mano e uscii subito dalla biblioteca, a passo veloce.
Mi mancava l’aria e volevo.. volevo porgere le mie scuse a Gerard, solo che non sapevo come farlo, perché non volevo che si arrabbiasse a sapere che sapevo ciò che aveva passato.
Chiusi velocemente la porta della biblioteca e mi appoggiai ad essa, chiudendo gli occhi e facendo un respiro profondo.
Il pensiero che lui aveva sofferto così tanto mi uccideva da morire e non potevo sopportarlo.
Sentii una lacrima scendermi dall’occhio sinistro e percorrere tutto il mio viso, fino ad arrivare alla bocca. Mi leccai le labbra e il sapore salato della lacrima mi fece aprire gli occhi.
Come avevo fatto? Ad essere così? Io sapevo benissimo cosa si provava, anche se non avevo mai rischiato il coma.
«Frank. Tutto bene?»
Mi trovai davanti lui. I suoi occhi verdi mi scrutarono a lungo, e sul suo viso sembrava essersi formato un sorriso.
Non era possibile, stavo chiaramente sognando. Mi diedi un pizzicotto ma niente, lui era ancora lì, davanti a me.
 
 

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Capitolo 5
*** I'm Okay Now. ***


5. I’m Okay Now

 
Avevo fatto una figura di merda di quelle colossali, ero nel panico più totale e speravo davvero che non mi avesse chiesto cos’avevo.
«Frank»mormorò, alzandomi il viso con l’indice della mano. Incrociai i suoi occhi e mi persi un attimo in quello splendido spettacolo, dimenticandomi di tutte le parole brutte che mi aveva detto. «Perché piangi?»
Non potevo dirglielo. Non potevo farlo star male più di quanto lo era già e non volevo nemmeno dirgli che le lacrime erano per le sue parole perché non era vero.
Mi faceva star male sapere che aveva passato le peggiori cose, che lo avevano picchiato solo per il suo fottuto orientamento sessuale, quelle cose mi facevano innervosire e allo stesso tempo rabbrividire.
Lindsay, anche se era stata troppo schietta, aveva fatto bene a dirmelo. Se no avrei potuto ferirlo per vendicarmi e in quel momento ero sicuro non lo avrei mai fatto.
«Nulla, s-sono.. momenti così.»Sussurrai, non mi sentivo nemmeno io. Continuò a guardarmi negli occhi ed ero sicuro di essere arrossito, sicurissimo.
Rimase in silenzio e aprì la bocca, poi la richiuse subito, senza spiaccicare parola, poi la riaprì e disse: «Frank, vieni in camera con me. Sono stufo di questa situazione, non ce la faccio più a litigare senza motivo.»Si posò una mano nei capelli neri sospirando appena.
Lo aveva ammesso. Era stufo pure lui dei continui litigi, e io in quel momento mi sentivo la persona più felice del mondo, felice finalmente di chiarire con un ragazzo con cui ho avuto dei litigi senza senso.
Iniziavo a sperare in un’amicizia, dopo quel chiarimento che speravo fosse sincero almeno quella volta.
Annuii deglutendo rumorosamente e lo seguii verso le camere, cercando di darmi una calmata.
Improvvisamente mi tornarono in mente le parole di Lindsay.
«Lascialo in pace.»o una cosa simile.
Lo volevo aiutare seriamente, in fondo eravamo così simili da un certo punto di vista, avevamo provato le stesse cose quando ci prendevano in giro i bulli,         quindi se diventavamo amici speravo ci sarebbe stata una certa sintonia.
Lui si mostrava una persona forte, ma in realtà era molto fragile, si vedeva. E quando voleva sapeva essere davvero dolce.
Realizzai che le parole orrende che aveva pronunciato precedentemente nei bagni non le pensava veramente, erano una specie di scudo secondo me.
Feci finta di guardare il corridoio (come se non l’avessi mai visto), mentre venivo assalito da continue domande che per altro facevo a me stesso e continui pensieri.
«Hai la chiave?»Tornai alla realtà e lo vidi frugare fra le sue tasche. Trovò solo un foglietto sul quale vi erano scritti sopra alcuni appunti vari di matematica, qualche formula sparsa e qualche definizione.
Iniziai a frugare pure io nelle mie tasche, pensando che se non le avevo ero proprio un coglione di prima categoria.
«Eccole.»Gliele passai facendo un leggero sospiro di sollievo e le nostre mani si sfiorarono di nuovo.
Un brivido mi percorse la schiena.
Non doveva essere capitato, di sicuro era solo la mia immaginazione che delirava, forse per i troppi pensieri.
Guardai le sue mani mentre giravano la chiave per aprire la serratura, erano bianche e sembravano morbide, erano tenere come quelle di un bambino.
Aprì la porta e lo seguii, chiudendola mentre lo guardavo mettere a posto il suo letto per farsi spazio, c’erano cd, maglie e accessori vari sopra, mentre il mio era vuoto..stranamente.
«Se vuoi puoi sederti sul mio. Non è un problema, poi ti posso aiutare a riordinare.»Gli sorrisi dolcemente e giurai di averlo visto arrossire, mentre si sedeva accanto a me sul letto. Mi appiccicai praticamente allo schienale del letto per esser sicuro che ci stava, era esagerato, però..
«Gerard.»Tossicchiai, volevo dirgli la verità. Dovevo dirgli di Lindsay, dovevo dirgli che non lo avrei mai lasciato andare.
Presi un respiro profondo, e mi guardai le mani, sentendo il suo sguardo su di me.
«Io.. so tutto. Prima, c’era Lindsay in biblioteca e..» i suoi occhi verdi parvero diventare scuri. Sembrava si stesse arrabbiando, dato che stringeva i pugni.
«N-No, aspetta. Fammi finire ti prego.»Lo guardai negli occhi, vedendo che si stava calmando. «Non arrabbiarti. Io ti capisco e lo sai. Lei.. mi ha detto di lasciarti perdere, ma io non voglio Gerard, io anche se non ti conosco molto mi sento molto legato a te, capisci? Sei come una calamita per me, quando litigavamo che mi promettevo che non ti avrei dato più importanza, ma non ce la facevo. E non ce la faccio tutt’ora. Ricominciamo da capo, per favore.»
Mi pizzicavano gli occhi, non avevo mai detto cose del genere a nessuno e le stavo dicendo al ragazzo con cui litigavo ogni giorno.
Era patetico magari fare quel discorso, anche perché non me lo sarei mai aspettato di dire quelle cose proprio a lui.
 «I-io.. non.. nessuno mi ha..»balbettava. E.. una lacrima stava cadendo sul suo viso. Mi venne un groppo alla gola, volevo piangere.
«Io.. Frank. Io non sarò bravo con le parole, però penso le stesse cose. Penso che è tutto nato per un equivoco e che si può semplicemente iniziare da capo.»Allungò la mano verso di me e la strinsi, sorridendo.
Gli asciugai la lacrima che era scesa con un dito e poi scoppiammo a ridere. Potevo considerarla una specie di tregua, ed ero felice.
«Senti, per iniziare bene.. ti vanno un po’ di AC/DC?»Mi chiese, alzandosi e prendendo il cd in mano e  cercò lo stereo che io non vedevo.
Andò verso l’armadio e lo seguii con lo sguardo, sorridendo ancora come un ebete.
«Ecco lo stereo. Shh, l’ho preso giù in segreteria, quegli stronzi non vogliono mai che ascoltiamo la musica.»Ridacchiò, la sua risata era così bella, riecheggiava nella stanza e non c’era cosa migliore.
Attaccò lo stereo e inserì il cd.
Cominciammo a riordinare la stanza, come due perfetti amici o conoscenti, non sembrava neanche che avevamo affrontato tutti quei litigi. Forse era accaduto tutto così in fretta, ma alla fine, meglio così.
Improvvisamente, iniziò a cantare sulle note di “You Shook Me All Night Long” e io ne rimasi stupefatto.
Con la bocca leggermente spalancata, lo guardavo mentre si muoveva da un lato all’altro della stanza, cantando.
Aveva una voce.. stupenda. Bellissima, io non avevo mai sentito qualcuno cantare così bene.
Esaminai ogni piccolo dettagli del suo viso, del suo piccolo naso all’insù, dei capelli neri che scendevano quasi fino alle spalle e delle labbra rosee che si muovevano per cantare.
Forse si accorse che lo stavo guardando (e forse avevo pure gli occhi a cuoricino) e si girò verso di me, sorridendomi dolcemente e mi incoraggiò con un gesto della mano a cantare.
Allora presi a cantare, insieme a lui, e sembravamo una cosa sola.
Era la giornata più bella della mia vita.
 
 


Ecco un altro capitolo! :3
Okay, vi dico qualcosa che vi piacerà.. spero.
Da questo capitolo in poi succederanno tante cose belle, ora che i due hanno chiarito. MUAAHAHAHAHAHA
Ringrazio chi recensisce, alla prossima! <3


 

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Capitolo 6
*** Nuove conoscenze. ***


6.Nuove conoscenze.

 
Avevamo più o meno passato la mattinata fra musica e cianfrusaglie sparse per la camera, e dopo aver finito di riordinare tutto ci coricammo sui nostri letti pensando di parlare un po’, ma invece ci addormentammo come due perfetti bambini.
Mi passai una mano sul viso e mugugnai un: «Gee, sei sveglio?»con la bocca ancora impastata dal sonno.
Mi alzai e mi accorsi di avere un mal di testa atroce, tipico di chi aveva dormito troppo. Cercai distrattamente la sveglia a forma di topo che avevo sul comodino e lessi l’orario: 14.40.
«Cazzo.»
Mormorai. Dovevamo andare a lezione, almeno al pomeriggio.
Avevamo Storia Dell’Arte e quella professoressa ci portava fuori in giardino a fare lezione, in modo che potevamo “ispirarci”.
Sentii Gerard borbottare qualcosa e finalmente si voltò verso di me.
Ciuffi di capelli neri gli cadevano sugli occhi, il suo volto era segnato dal sonno, gli occhi erano bassi e il verde si vedeva poco.
«Mhhh, ci siamo addormentati? Per fortuna dovevamo soltanto rilassarci»Rise e si alzò anche lui, spostando le coperte in avanti.
Annuii sorridendo e senza badarci troppo mi levai la maglietta rimanendo a petto nudo, sfoggiando davanti a lui tutti i tatuaggi che avevo “impresso” sul mio corpo.
Mi voltai verso di lui e lo vidi piuttosto in imbarazzo, era arrossito e non sapeva come muoversi.
«Scusa, non volevo farti sentire in imbarazzo!»Esclamai, prendendo la felpa degli Slipknot e infilandomela velocemente.
Improvvisamente il suo imbarazzo sembrò scomparire e vedendo la maglietta  un sorrisone si dipinse sul suo volto.
Ridacchiai e andai in bagno, fermandomi davanti allo specchio. Mi osservai a lungo, stavo davvero bene.
Niente occhiaie, niente segni di pianti, sembravo.. bello. Anche i miei capelli stranamente erano a posto e okay, il biondo che avevo a lato sulla rasatura era del tutto scomparso. Dovevo comprarmi una tinta.
Mi aggiustai il ciuffo e feci quello che dovevo fare, finché la voce di Gerard non giunse alle mie orecchie: «Frank, mi sto pisciando addosso! Hai finito?»con una risata subito dopo.
«Sì, ora esco! Un attimo, Gerard!Fammi pisciare in pace» Urlai come risposta, tirando lo sciacquone e sorridendo fra me e me.
Uscii dal bagno e mi trovai davanti Gerard che, scherzosamente, (spero) stringeva le gambe, segno che si stava per pisciare addosso.
Lo spinsi leggermente, ridacchiando e scompigliandogli i capelli, poi lo lasciai finalmente andare in bagno.
Andai verso l’armadio che era piuttosto vecchio, le sue ante erano segnate e il marrone era sbiadito.
Lo aprii e mentre stavo per prendere la mia borsa a tracolla nera piena di spillette di gruppi musicali e di scritte varie, caddero dei fogli.
Non sapevo se erano di Gerard o di qualcun altro ma li raccolsi, ignaro di quel che poteva esserci scritto. Uno in particolare mi colpì.
Era un disegno.
Ritraeva due ragazzi visti di schiena che erano seduti in riva al mare, uno dei due ragazzi aveva i capelli neri scuri e sì, mi ricordava tanto Gerard, mentre l’altro.. aveva i capelli come i miei.
Non avevo parole per descrivere la bellezza di quel disegno, sembrava quasi un quadro, i colori erano mischiati perfettamente, le sfumature dell’acqua erano perfette e.. quei due ragazzi favolosi.
Mi ricordavano molto me e lui, ma magari quel disegno era vecchio e non significava nulla, solo che era bellissimo e mi aveva colpito davvero molto.
«Frank, ma cosa..»
Gerard era uscito dal bagno e io non me ne ero accorto. Perfetto, avrà pensato che ero un qualche cleptomane fissato coi disegni degli altri, ma non era vero.
Mi voltai lentamente, tenendo sempre il disegno in mano. Non sapevo cosa dirgli, non avevo fatto apposta.
Lui abbassò lo sguardo e appena vide che avevo in mano quel disegno, sbiancò subito e lo prese velocemente dalla mia mano.
«I-Io.. scusami, ho preso la borsa ed è uscito, non ho fatto apposta, davvero.»
Ok, avevo fottutamente paura della reazione che poteva avere.  Mi aspettavo un litigio, un urlo, un qualcosa che non era bello, ma invece lui sorrise appena e mi accarezzò un braccio con la mano destra, mentre con la sinistra teneva il disegno.
«Stai tranquillo, Frankie. Era un disegno che ho fatto durante una lezione. Mi annoio durante le lezioni, sono noiose.»
Annuii lentamente, lui allontanò la mano dal mio braccio ma su di me rimase ancora impresso il suo tocco.
Ci fissammo negli occhi per circa mezzo minuto, o meglio, io mi persi nelle sue iridi verdi, ci stavo praticamente nuotando dentro.
I suoi occhi erano così rassicuranti, quando li guardavo a lungo mi sentivo sicuro, protetto, e non mi era mai successo con nessuno.. solo con lui.
«Frank? Stai bene?»
Sventolò una mano davanti ai miei occhi, perfetto, avevo fatto la figura del deficiente, possibile che non me ne andasse bene una?
«Sì.. sì.. andiamo, se no la professoressa ci fa il culo.»
Velocemente presi la mia borsa e ci misi dentro qualche matita colorata a caso e qualche foglio stropicciato, poi uscii velocemente dalla stanza e io e Gerard iniziammo a correre come due perfetti bambini in ritardo.
Tutti i ragazzi e i professori ci guardavano in modo strano, alcuni facevano delle smorfie e altri bisbigliavano qualcosa.
Il pavimento di quella scuola era terribilmente liscio e si scivolava facilmente, ero sempre più convinto del fatto che lo lavassero con la cera, dopo l’ennesimo rischio di scivolare che avevo schivato.
Gerard era tenero quando correva, sembrava proprio un bimbo che non voleva prendersi una nota per il ritardo.
Finalmente, nell’arco di due minuti arrivammo davanti alla porta che ci permetteva di andare in giardino, la porta era piuttosto antica ed era fatta di vetro e legno. Si vedeva tutto l’esterno, il giardino era già pieno di studenti della lezione.
«Dici che.. umpf, oddio, non sono più abituato a correre.» Gerard si fermò e io anche, si passò una mano nei capelli e proseguì: «Dicevo, dici che la prof ci sia già? Io non penso, visto che sembra che tutti stiano ancora chiacchierando.»
Mi limitai ad alzare le spalle e a seguirlo fuori.
Il tempo non era dei migliori, faceva piuttosto freddo e io avevo pure dimenticato il giubbino in camera, di sicuro mi sarei preso la febbre.
Però era ottimo disegnare in quel momento, speravo soltanto non piovesse, perché i nuvoloni che c’erano nel cielo sembravano dire: “Hey, rientrate in quella fottuta scuola, pioverà!”
Tante foglie erano sparse per terra, foglie arancioni misto marroni, le foglie dell’autunno. Gli alberi erano spogli e cupi, sembravano quelli di un cimitero.
Mi stavo guardando intorno, quando da lontano scorsi due ragazzi che muovevano le mani animatamente facendoci cenno di andare da loro.
Come non riconoscerli, Ray lo si riconosceva anche quando si era nel posto più affollato del mondo, con la sua capigliatura riccioluta.
E Mikey era parecchio distinguibile, i suoi occhiali spessi erano parecchio visibili da lontano.
«Ci sono Ray e Mik. Forza, raggiungiamoli.»
«Li ho visti. Mikey non capisce una mazza, tempo fa gli avevo detto di cambiare occhiali e pettinatura. Vuole conquistare una ragazza.»
Gerard aumentò il passo e io mi voltai verso di lui, curioso. Mikey era innamorato!
«Oh. Chi è la fortunata?»
«Alicia Simmons. Non so se l’hai mai vista, è una ragazza alta, magra, i capelli neri e lunghi ed è  una strafiga. Veste sempre con magliette di gruppi Metal. Mikey se le sceglie bene.»
Sapevo chi era quella ragazza, la vedevo sempre nei corridoi della scuola e mi sembrava una ragazza intelligente. Non era per niente il tipo di ragazza oca e robe del genere, era seria.
Arrivammo da Ray e Mikey, che ci salutarono calorosamente, facendoci cenno di sederci vicino a loro.
Erano piuttosto sorpresi di vederci insieme, ovviamente non sapevano nulla di quello che era successo e notavo nel loro sguardo un briciolo di curiosità.
Mi sedetti vicino a Ray, che mi diede una pacca sulla spalla, e Gerard si sedette vicino al fratello.
Continuarono il loro discorso che riguardava videogiochi, televisione e qualcos’altro, mentre io e Gerard ci guardavamo intorno.
«Frank ha fatto conquiste ragazzi! UOOOO»
Sbottò improvvisamente Ray, facendomi arrossire. Alzò una mano e la agitò insieme alla sua massa di capelli e rise.
«Io? Per favore.»
Dissi sbuffando e ridacchiai nervosamente dandogli un leggero pugno sulla spalla.
«Sì, la vedi quella ragazza?» Mi indicò una ragazza che era poco più distante da noi, la vedevo spesso alle lezioni che frequentavo io. Aveva i capelli neri corti, la pelle piuttosto bianca e le labbra rosse e carnose.
«Jamia Nestor. La conosco da tanto e mi ha confessato che le piaci e vorrebbe conoscerti.»
Annuii lentamente, avevo già fatto conquiste dopo poco tempo!
Gerard sembrava turbato, cercava ininterrottamente qualcosa nella sua borsa e continuava a sbuffare. Lo guardai, gli chiesi cos’aveva e lui sbuffò di nuovo, era nervoso.
«Dai, vai da lei.»
Mi incitò Ray, così mi alzai e dopo essermi aggiustato andai da lei, era appoggiata ad uno degli alberi e stava scarabocchiando qualcosa su un quaderno dalla copertina rossa.
Inizialmente tossicchiai, ma lei mi ignorò e continuò a scarabocchiare qualcosa su quel quaderno.
Non sapevo come iniziare la conversazione e mormorai un «Ciao».
Lei alzò lo sguardo dal suo quaderno e appena mi vide diventò rossa come un pomodoro ed abbassò lo sguardo, era così tenera e carina.
«Non ti mangio mica! Ho visto che frequenti le mie stesse lezioni! Presumo tu sappia chi sia io!» La feci ridere, si alzò e si aggiustò velocemente i capelli e la maglietta.
«Jamia Nestor, piacere. Scusami è che.. non parlo con nessuno qui.. cioè sì, a volte parlo con qualcuno ma sono una ragazza che sta sulle sue.»
«Ah okay. Va bè, facciamo una presentazione decente. Frank Iero.»
Allungai la mano verso di lei sorridendo e lei me la strinse timidamente.
«Ho saputo che sei nuovo di qui, cioè sei arrivato dopo. Come ti trovi?»
«Bene, dai» mi guardai intorno, precisamente verso dove c’erano Ray e gli altri e vidi che Ray mi faceva cenni di approvazione. «Ho già conosciuto alcune persone. Mi sembra okay.»
 Mi sorrise dolcemente e mise alcune matite che aveva in mano nella borsa.
«Beh.. senti, non è che dopo ti va di venire in biblioteca con me? Magari stasera.» Mi chiese.
Preferivo parlare con lei in un posto meno affollato, visto che era una persona piuttosto timida magari si sentiva in imbarazzo.
La professoressa arrivò e ci interruppe, salutai Jamia con un cenno e andai dagli altri.
Ray sembrava un esaltato, gli mancavano i pop corn. A quanto pare si sentiva realizzato perché più o meno aveva realizzato il “sogno” di quella ragazza.. quello di parlare con me.
Mi sentivo una star.
«Ray, ma stai bene?»
Sembrava un matto (o forse lo era?) continuava a muovere la testa a ritmo e io ridevo come uno scemo, mentre la professoressa ci guardava male.
«Mi sento realizzato!» Disse continuando a ridere.
Scossi la testa ridendo e lui finalmente si calmò. Mi sedetti vicino a Gerard, che era perso nel suo mondo e non spiaccicava parola.
Ripensai al suo disegno e sentii una sensazione al petto, quel disegno era così bello.. lui era così bravo. Quelle linee..
Mi voltai verso di lui e inizia ad osservare i lineamenti del suo viso per l’ennesima volta, i suoi capelli.. il suo collo pallido.
Mi venne da sorridere, ma mi trattenni.
Cosa mi succedeva?
 







Heilà!
In questo capitolo non succede niente di che, Gerard è strano alla fine e.. boh.
E FRANK HA CONOSCIUTO JAMIA!
Non insultatemi pls, adoro quella donna e dovevo metterla çç
Beh, spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio chi ha recensito e chi recensirà, alla prossima!
:3
 

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Capitolo 7
*** Take my hand tonight. ***


Salve!
Onde evitare insulti, pomodori, badilate e cose varie, mi scuso per l'enorme ritardo. 
Sono due mesi che non aggiorno e beh, vi devo delle spiegazioni.
Non sapevo come continuare, sul serio. Avevo un blocco che è durato quasi un mese, poi ho trovato l'ispirazione e.. ho scritto.
POOOI, c'è stata quella cosa. Quella cosa che noi Killjoys sappiamo e sì, sono stata malissimo e non avevo nemmeno il coraggio di scrivere una sola parola, va beh poi ho ritrovato il coraggio e mi sono fatta forza.

ATTENZIONE: questo capitolo (sarà l'unico) è dal punto di vista di Gerard perché volevo scrivere i suoi pensieri. 

Buona lettura! 

7. Take My Hand Tonight.  

 
Me ne stavo giù davanti ai bagni della scuola che aspettavo Frank, dovevo chiedergli se voleva venire con me ad una specie di festicciola che si sarebbe svolta quella sera.
Solo che non sapevo dove fosse, lo avevo visto a lezione, ma quella rompi palle della professoressa non ci faceva aprire bocca neanche per due secondi, quindi non glielo avevo chiesto.
In poche parole, si trattava di un falò che a quanto pare era la tradizione di quella scuola e, una volta finito quel falò, si organizzavano giochi di gruppo, soprattutto quello dell’obbligo o verità.
Era diciamo di tradizione anche portare qualcuno, io avevo scelto Frank perché beh, quella festa la conoscevo e volevo fargliela conoscere io.
In quel periodo ero strano, mi dava fastidio vederlo con altre persone, soprattutto Jamia. Li avevo beccati in biblioteca che ridacchiavano beatamente e provai molto fastidio, ma non ne avevo motivo.
Però, il fatto che si conoscevano da così poco e lei stava già così appiccicata a lui mi faceva innervosire, perché non aveva senso.
Stavo giocherellando con i lembi della mia felpa nera quando alzai lo sguardo e da lontano vidi Frank correre verso di me, il ciuffo gli copriva gli occhi e la sua borsa a tracolla faceva avanti e indietro.
«Gerard!»
Si fermò davanti a me, aveva il fiatone. Lo guardai e gli sorrisi dolcemente, lui si aggiustò i capelli e rimise in borsa qualche foglio che aveva in mano.
«Frank! Prima, stavo cercando di dirti se stasera ti andrebbe di venire con me al Falò. Qualcuno ti ha già accennato qualcosa?»
Mi guardò interrogativo e scosse la testa, io ero leggermente agitato e sembrava che dovessi chiedergli un appuntamento, ma non lo era affatto!
«Uh.. no. Cos’è?»
«E’ una specie di festicciola, è di tradizione farla a metà Ottobre qui. Fanno un falò e se non vuoi stare lì tutta la sera a fissare il fuoco, organizzano dei piccoli giochi di gruppo.»
Sorrise spalancando gli occhi, sorpreso, sembrava un bambino a cui  veniva dato il giocattolo che tanto desiderava.
«Che figata! Va bene, verrò.»
Esultai dentro di me, volevo mettermi a ballare improvvisamente. Qualcuno aveva accettato il mio invito, per la prima volta non dovevo infilarmi in qualche gruppetto o andare in giro con mio fratello e Ray, che si divertivano con poco.
Per la prima volta qualcuno mi aveva accettato. E quel qualcuno era Frank.
«Okay, beh poi volevo chied…»
In quel momento una figura femminile saltò praticamente addosso a Frank e gli circondò il collo con le braccia.
Guardai male quella figura, che ,ahimè, conoscevo, e sbuffai nervosamente. Odiavo chi interrompeva le persone mentre parlavano, odiavo chi si impicciava ma soprattutto odiavo Jamia Nestor.
Era la mia fottuta occasione per chiedere a Frank se dopo il falò aveva voglia di stare con me, ma una sfigatella qualunque era subentrata così all’improvviso e lo stava stritolando davanti ai miei occhi.
Frank aveva un leggero sorriso stampato in faccia, ma che sparì appena incrociò il mio sguardo, probabilmente stavo fulminando Jamia.
«Oh scusa, non mi sono presentata.. è che Frankie è tanto tenero!»Si staccò da lui e gli scompigliò i capelli, poi si voltò verso di me e mi sorrise.
Fottiti.
«So già chi sei.»
Ribattei acido, Frank sbarrò gli occhi e Jamia pure, non volevo stare a sentire la sua vita! Sapevo già chi era.. ma forse lei non sapeva chi ero io.
«Io comunque sono Gerard Way.»
Le dissi facendo un sorriso finto e le porsi la mia mano, volevo sembrare gentile ma a quanto pare aveva capito quello che pensavo di lei.
Ma però, probabilmente mi sbagliavo e lei mi credeva simpatico. Okay, le stavo praticamente dicendo che mi stava antipatica e lei sorrideva come un’idiota.
Povero Frank, mi dispiaceva per lui.
«Quanto sei simpatico! Ti andrebbe di venire a mensa con me e Frankie
Smettila di chiamarlo così o potrei ucciderti da un momento all’altro.
Io e Frank ci guardammo confusi, probabilmente nemmeno lui sapeva che doveva andare a mangiare insieme a lei, forse era una tortura ma almeno c’era lui con noi, magari era meglio se lei non c’era, ma pazienza.
Annuii debolmente, lei si esaltò ancora di più e prese Frank a braccetto – il che mi fece imbestialire – e poi iniziò a blaterare qualcosa sulla festa che ci sarebbe stata quella sera.
Io ero di fianco a Frank, il suo sguardo sembrava chiedesse aiuto e lo capivo, con una del genere a fianco!
Però l’aveva conosciuta  grazie a Ray, in effetti solo un riccioluto pazzo come lui poteva conoscere gente del genere, che si esaltava solo per aver accettato un invito in mensa, manco fosse stato un appuntamento.
Andammo in mensa, in corridoio c’era un buonissimo odore di lasagne che rallegrò un po’ quella mattinata buia, sorrisi appena e guardai Frank.
«Ci sono le lasagne!»
Sembravo un bimbo, ma ne valeva la pena, la cuoca era bravissima a cucinarle.
«Ew, io mangerò un’insalatina. Lo sai che sono vegetariano.» Fece una smorfia.
«Non sai cosa ti perdi!»
Dissi ridacchiando mentre lui scuoteva la testa facendo una leggera smorfia, una volta entrati in mensa ci mettemmo a cercare un tavolo vuoto.
Mentre i due cercavano un tavolo io ne approfittai per andare un attimo da mio fratello Mikey e dirgli che quel giorno, purtroppo, non mangiavamo con lui.
Era girato di schiena e non mi vide, gli battei un leggero colpo sulla schiena, lui si girò e mi sorrise.
«Gerard! Ti stavamo cercando.»
Indicò Ray che trafficava col cellulare in mano, probabilmente doveva fare il nerd anche quel giorno, si divertiva a scoprire cose nuove con quell’aggeggio.
«Ciao ragazzi. Scusate..»sospirai, indicando il tavolo che Frank e Jamia avevano trovato «Per oggi non mangio con voi. Quella pazza vuole che mangiamo con lei.».
Sentii Ray ridacchiare, poi alzò lo sguardo e si spostò un ricciolo che gli penzolava sulla faccia per guardarmi e fingere uno sguardo cattivo.
«No, non guardarmi così, afro-man!» gli puntai il dito trattenendo a stento una risata.
«Povera Jam, è così tenera!» La guardò e sospirò.
«Qualcuno si è innamoratoooo…» Canticchiai vedendo il riccioluto arrossire e nascondersi la faccia con la mano, ci avevo azzeccato.
Per la prima volta avevo scoperto di chi era innamorato quel ragazzo! E proprio di lei, capivo perché aveva scelto Frank per andare a parlarle, in modo che lei si poteva unire a noi e di conseguenza parlare e conoscere meglio il nostro Ray Toro.
«Pensa a tuo fratello.. stasera al Falò deve parlare per forza con Alicia, ha fatto una scommessa e ha perso!»
Scompigliai i capelli a Mikey, era molto timido e non aveva mai avuto il coraggio di parlare alla ragazza di cui era innamorato e sinceramente ero contento che avesse perso quella scommessa.
Li salutai ridendo ancora per il tutto e andai al tavolo, vedendo che i due si erano già serviti.
Jamia stava fissando Frank mentre mangiava, io evitai di sedermi e andai subito a farmi dare una bella porzione di cibo da Jasmine, la cuoca.
Raggiunsi velocemente quella specie di self-service, che tanto self-service non era, però era chiamato così.
«Oh, ciao belloccio!»
Esclamò la cuoca sorridendomi dolcemente, i capelli biondi erano raccolti in una retina bianca, era alta e snella, prese un piatto e poi mi guardò facendo una risatina.
«Aspetta, so che vuoi le lasagne. Ah, ti conosco troppo bene Way!»
«Sì, esatto! Tante, eh!»
Mise una bella porzione di lasagne nel piatto e io la guardai soddisfatto, poi la vidi spostare lo sguardo e con un cenno della testa indicare il tavolo dove vi erano Jamia e  Frank che beh, ridevano fra loro.
Ti cadesse una polpetta in testa, pazza.
«Vedo che Frank ha una nuova amichetta.. oh mio dio, quella ragazza è pazza.»
Adoravo quella donna, mi chiedevo spesso se era mia sorella. Ma purtroppo non era così, nonostante avevamo vent’anni di differenza, la pensava come me su tutto.
«Oddio, non sono l’unico a pensarlo! Pensa che il ricciolone, là» dissi indicando Ray «è innamorato di lei.»
«OOOOH, il famoso Ray Toooro!» disse ridendo. «Sono cose che capitano. E dai, vai da loro, gelosone. »
Evitai di sentire l’ultima parola, perché effettivamente non era vero. Non ero assolutamente geloso di Frank, solo preferivo qualcun altro a Jamia, tutto qui.
Anzi, preferivo vederlo con me.
Salutai Jasmine con un cenno e mi voltai per andare verso il mio tavolo, non mollando lo sguardo da quei due che sembravano due piccioncini.
Come faceva Ray a non dire niente? Io mi sarei già alzato e avrei già fatto rissa con uno dei due. (Ovviamente si sa chi.)
Una volta arrivato al tavolo mi sedetti, cercando di scambiare qualche parola con loro due, ma principalmente con Frank, che sembrava preso benissimo nel parlare con Jamia.
Parlavano di libri, di film e di cose del quale io non ero minimamente interessato, mangiavo in silenzio sbattendo di tanto in tanto la forchetta sul piatto.

Ma Frank di sicuro non avrebbe mai capito.

[...]

Fissai a lungo l’interno del mio armadio, indeciso sul cosa indossare quella sera.
Meno male che Frank era in stanza con Mikey a prepararsi, avevo implorato mio fratello di proporgli di andare da lui, in modo che io potessi scegliere i miei vestiti da solo, senza lui che mi guardava.
Mi sentivo molto una ragazzina, ma non potevo farci niente.
Sarei andato al Falò con Frank. Con Frank Iero. Io e lui. Insieme. Intorno a quel fuoco … ma a me non interessava il fuoco, interessava lui.

Scacciai i pensieri poco casti su di lui che giravano nella mia testa e presi una camicia nera, quella più decente che avevo e la abbinai a dei jeans blu scuri che non avevo mai messo.
Poi andai davanti allo specchio e mi guardai, facendo una smorfia.
Ero patetico, sembravo un deficiente senza speranza e di sicuro lo ero, non aveva senso scegliere quei bei vestiti se di sicuro lui non li avrebbe nemmeno notati.
Sbuffai e mi passai una mano nei capelli neri, decisi di lasciarli così com’erano, senza gel o cose varie.
Improvvisamente, mentre cercavo di mettere a posto i vestiti che c’erano in ogni angolo della stanza, sentii il cellulare suonare e risposi in modo piuttosto scazzato.
«Pronto?!»
«Ciao, Gee. Sono Frank.»
Fu come se da ferro diventai un ghiacciolo. Una cosa impossibile, ma era un paragone perfetto.. la sua voce era così dolce, calda e felice.
Un sorriso ebete si formò sul mio viso, sentii le guance diventare sempre più calde e le farfalle ormai nello stomaco non mi davano pace.
«Oh, ciao Frank. Scusami se ti ho risposto in quel modo, in camera c’è un casino..»
Lo sentii ridacchiare, amavo la sua risata, sarei stato per ore a sentirla.
«Tranquillo. Comunque sono qua fuori.. non prendermi per scemo, ma sono davanti alla nostra camera. E sono pronto!»
Mi precipitai velocemente verso la porta, spalancandola velocemente con agitazione e felicità.
Uno spettacolo.
Frank era davanti a me, chiuse la chiamata e mi guardò facendo un enorme sorriso, per poco non mi cadde di mano il telefono, ero più o meno rimasto a bocca aperta e non sapevo cosa dire.
Il ciuffo perfetto come al solito gli ricadeva sugli occhi, indossava una camicia nera anche lui e una cravatta rossa.  Il tutto abbinato a dei jeans neri e delle scarpe, anche quelle nere.
Profumava di vaniglia, era un profumo che non ti avrebbe mai stancato, era il suo profumo.
Lo guardavo meravigliato, non riuscivo a spiaccicare parola né ad emettere qualche suono a caso, ero imbambolato dalla bellissima visione che avevo davanti.
Non avevo mai visto qualcuno così bello anche con dei semplici abiti, lui li rendeva fottutamente sexy.
Arrossii, non sapevo cosa dire, era la prima volta che qualcuno aveva accettato seriamente il mio invito e non mi aveva preso per i fondelli.
Al liceo nessuno era mai stato così gentile con me, soprattutto le ragazze.
Io le invitavo a cena, oppure semplicemente ai classici balli che ogni due mesi la scuola organizzava e loro per illudermi accettavano, poi di sera arrivava sempre mezzanotte e io non le vedevo mai.
Invece quella volta era diverso.
«Gee?» Agitò una mano davanti al mio viso, ridacchiando.
«Mh, sì? Andiamo?»
Lui annuì e io chiusi la porta della camera, per poi seguirlo subito dopo.
Sentivo l’euforia scorrermi nelle vene, ero esaltato al massimo e speravo che quel momento, per altro non ancora iniziato, non finisse mai.
Guardai il suo profilo perfetto, il suo naso perfetto e i suoi capelli perfetti e lì capii che per lui provavo qualcosa.
Ero decisamente attratto da Frank Iero e non andava bene, per niente.
Lo avevo baciato, ma era stato un bacio confusionale, probabilmente la psicologa il giorno prima mi aveva confuso talmente tanto che il risultato si era visto, solo che da quel giorno non dimenticai mai il sapore delle sue labbra, di quanto erano morbide e purtroppo di quanto ero stato ridicolo.
Però era la prima volta che, diciamo, ero attratto da un ragazzo dopo che ci avevo litigato un bel po’ di volte.
Ma d’altronde, si dice che gli opposti si attraggono …
Finalmente poco dopo raggiungemmo quel dannato falò. Già ad una certa distanza si sentiva il calore del fuoco ed era piuttosto rassicurante tutto ciò.
Chi voleva, poteva bruciare qualcosa che non desiderava più, fogli, magliette, tutto.
Sorrisi dolcemente a Frank che sembrava apprezzare e lentamente ci avvicinammo al fuoco, ad osservare.
«Ti piace?» mormorai appena.
«Sì!» Annuì.
Un leggero venticello invernale si innalzò e mi scompigliò i capelli neri che dovetti aggiustare con calma per non sembrare un pazzo.
Alzai lo sguardo verso il cielo, rilassandomi sentendo il calore del fuoco sulla mia pelle e cercando di respirare quel buonissimo profumo che proveniva dalla pelle di Frank.
Stavo decisamente bene, ero rilassato, calmo e non avevo pensieri per la testa, era meraviglioso.
Ero talmente calmo da non essermi accorto che Frank aveva appena stretto la sua mano nella mia e stava sorridendo, il suo sorriso era bellissimo e sembrava trasmettere energia.
Fu la serata più bella della mia vita. 

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Capitolo 8
*** Confusion ***


I morti si rivedono.
Finalmente ho aggiornato, insultatemi pure ma va beh, ormai credo che questa fan fiction non la seguirà più nessuno. In questo caso, credo non la continuerò più, anche se in un certo senso ci sono affezionata.
Insomma, sono una pessima autrice. Non è per vittimizzare ma sì, avevo 'sto cazzo di blocco e non sapevo come continuare, il capitolo era quasi finito ma non sapevo come continuarlo e niente, va beh... 
Buona lettura :)


 

 

    8. Confusion 

    


 


Mi svegliai di soprassalto e mi misi velocemente a sedere sul letto, la fronte era madida di sudore e i miei battiti del cuore erano accelerati.
Spaventato, mi guardai intorno e … quella non era camera mia, cercai di mantenere la calma e di ricordare la sera precedente.
Falò. Gerard. Mano nella mano. Sorrisi. Risate.
Come potevo non ricordarmi niente, eppure non avevo combinato guai, né avevo preso botte alla testa.
Alcool. Jamia.
Deglutii talmente forte che mi spaventai il doppio. Analizzai a fatica la stanza, sentendo la testa che stava per esplodere e chiedeva aiuto: foto di ragazze, quadri di vario tipo, poster e cose varie erano appese ai muri.
Il letto in cui mi trovavo era coperto da lenzuola a fiori viola, un profumo dolciastro si diffondeva nella camera e, proprio nell’esatto momento in cui decisi di alzarmi, una figura femminile aprì la porta di quello che doveva essere il bagno, di cui la porta era tappezzata di adesivi di vario tipo, che al buio non riuscivo a distinguere.
Quella ragazza era Jamia, accese la luce e vide che ero già sveglio.
«Buongiorno dormiglione!» Disse con tono dolce, sedendosi a bordo del letto e sorridendomi.
«Che ore sono?» Mugugnai, passandomi una mano sul viso e stiracchiandomi leggermente.
«Uh..» Guardò la sveglia che era appoggiata sulla scrivania poco più distante dal letto, «Le 8.55.»
«Merda!» Imprecai e scesi dal letto velocemente – quasi cadendo – e vidi lei scoppiarmi a ridere in faccia.
Quella ragazza era strana, molto strana, e i suoi sorrisi mi preoccupavano parecchio.
«Le lezioni non ci sono oggi, scemo! E’ domenica.» Si alzò anche lei dal letto continuando a ridere, ero parecchio nervoso sia per il mal di testa post sbronza e sia per il fatto che non sapevo cos’era successo la sera prima.
Insomma, speravo davvero con tutto il cuore di non aver combinato niente con Jamia, perché non era il mio tipo e poi me ne sarei pentito amaramente.
Ricordavo che dopo esser stato di fronte al fuoco con Gerard, abbiamo raggiunto gli altri (Ray, Mikey ed altre persone) per giocare al gioco della bottiglia e per bere qualcosa insieme.
«Jamia, devo andare in camera mia, sono nervoso e quindi sarò diretto: ieri sera che abbiamo combinato? Se abbiamo fatto ses..» Mi interruppe tappandomi la bocca con la mano, mi venne l’istinto di morderla ma mi trattenni.
«No, stai straparlando. Ci siamo ubriacati parecchio ieri sera e uhm…» le sue guance iniziarono a diventare più rosee del solito, «Beh, così io e te siamo saliti in camera. Io ero sobria mentre tu eri quasi ubriaco marcio. In sintesi ci siamo ritrovati sul letto a pomiciare, poi hai iniziato ad allungare le mani e ti ho fermato.»
Volevo andarmene.
Non potevo aver fatto una cosa del genere, pomiciare con una ragazza che a malapena conoscevo e allungare le mani?
Non ne ero il tipo, ma si sapeva che l’alcool faceva brutti scherzi.
Improvvisamente il mio pensiero andò a Gerard: era preoccupato per me? Ma soprattutto, dov’era lui quando io ero finito nel letto di Jamia?
Mille domande diverse vagavano nella mia mente rendendomi ancora più confuso, Jamia continuava a parlare ininterrottamente senza nemmeno accorgersi che io avevo la testa altrove e non la stavo nemmeno ascoltando.
Mi passai per l’ennesima volta una mano nei capelli sbuffando sonoramente, poi mi aggiustai la camicia nera che era piuttosto stropicciata e, dopo aver salutato Jamia con un cenno, uscii da quella stanza.
Respirai profondamente appena mi trovai in corridoio che era deserto, probabilmente tutti gli studenti erano a dormire o fuori in giardino a fumare, come al solito.
Infilai le mani velocemente nelle tasche dei miei jeans cercando una sigaretta, avevo bisogno di nicotina e dovevo pensare.
Sì, non era per niente facile sapere che la sera prima avevi fatto baldoria ed eri finito nella camera da letto di Jamia Nestor, ragazza che conoscevi a malapena.
Non trovai una sigaretta e sbuffai, decidendo di andare nella mia stanza e sperando che Gerard non ci fosse.
Avevo paura di averlo lasciato da solo come un cane, lui ci soffriva su queste cose e non volevo farlo star male perché mi sarei sentito troppo in colpa.
Mi importava di lui e pensarlo in una situazione del genere mi creava una sorta d’ansia e non me lo sarei mai perdonato.
La mia stanza non era molto distante da quella di Jamia, infatti bastò passare davanti a due porte che mi trovai davanti alla mia.
Dio, mi sentivo così stupido e idiota. Insomma, non ero più un quindicenne che si ubriacava e combinava guai, ero al college e pensavo che quelle cose non capitavano più.
Esatto, pensavo, ma alla fine è successo davvero e la mia paura più grande era quella di aver illuso Jamia, nonostante la conoscessi da poco tempo mi sembrava una ragazza che si illudeva facilmente.
Dopo aver stritolato a lungo la chiave nella mia mano destra fino a farla sudere e aver fissato a lungo la porta di legno, la infilai nella serratura e quando la girai per poco non mi venne un colpo: qualcuno stava cantando.
E no, non era un canto classico da doccia, quei canti fatti alla cavolo tanto per rompere il silenzio che si crea sotto di essa. Era un canto vero e proprio, la voce era calda, bellissima e così melodiosa.
Mi venne in mente quando cantò davanti a me la canzone degli AC/DC e un sorriso da ebete si formò sul mio viso, aprii lentamente la porta senza farmi sentire e, come per magia, i miei pensieri e le mie paranoie scomparvero.
Gerard era alla finestra, i gomiti appoggiati al davanzale grigio scuro e la luce illuminava il suo viso bianco, la bocca era socchiusa e una canzone proveniva da essa.
Chiusi la porta dietro di me lentamente, senza staccare lo sguardo dalla sua schiena e dal suo profilo, il suo nasino all’insù risaltava moltissimo ed era tenerissimo.
Cercai di non fare rumore ma il mio tentativo fallì, Gerard non completò nemmeno il ritornello ma appena si accorse che qualcuno era dietro di lui si girò di scatto e mi rivolse un’occhiataccia.
Guai in vista, pensai fra me, cercando di assumere un’espressione normale, ma soprattutto di togliere il sorrisino ebete dalla mia faccia.
Gee sembrava davvero incazzato e sì, doveva esserlo per forza, dopo quello che avevo combinato lasciandolo da solo oltretutto alla festa in cui mi aveva invitato lui.
I sensi di colpa tornarono a farmi compagnia mentre avanzavo verso il mio letto che non era disfatto e sembrava ordinato.
Quello di Gerard invece era disordinato, le coperte erano stropicciate e sopra ad esso vi erano dei fogli accartocciati e alcuni disegni fatti a matita, con alcune frasi scritte sopra di esse. Cercai di sbirciare ma non ci vedevo molto bene, quindi rinunciai.
«Divertito ieri sera?» Mi chiese con un tono di acidità nella voce. Deglutii, cercando di non sembrare troppo imbarazzato.
«Gee io.. non volevo.» Cercai di giustificarmi in qualche modo ma non servì a nulla.
«Non chiamarmi Gee.» Mi interruppe e si voltò finalmente verso di me, guardandomi da testa a piedi.
Mi sentivo leggermente osservato.
«Ci sono abituato. Sai cos’è che fa più male? Non tanto il fatto che te ne sia andato a far porcate con quella sfigata, ma che mi hai lasciato solo e hai preferito ubriacarti invece che ridere con me.» Iniziò a gesticolare, segno che era nervoso e, io iniziai ad avere il batticuore. Ero stato davvero uno stronzo.
Tentai di rispondere aprendo la bocca ma richiudendola subito dopo, Gerard continuava a fissarmi insistentemente e in modo piuttosto serio.
«Ma tranquillo! D’altronde sono solo uno sfigato bipolare del cazzo.»
Volevo andarmene via, sentii un groppo alla gola che quasi non mi faceva respirare. In quel momento mi resi conto che Gerard non era tutte quelle cose. Gerard era una persona fragile, speciale, bellissima.
In quel momento mi resi conto di ciò che avevo fatto e che dovevo sempre rovinare tutto. Eravamo riusciti ad instaurare un buon rapporto, finalmente, e per colpa mia ora siamo al punto di partenza.
Mi sedetti sul letto, senza rispondere alla sua affermazione, ovviamente non vera. Desideravo dirgli che lui non era uno sfigato. Che lui era una persona speciale e non mi importava niente del fatto che era bipolare e cose simili.
Anche se avrebbe avuto la peggior malattia del mondo, per me sarebbe stato sempre e comunque Gerard, il ragazzo dagli occhi verdi che disegna da dio e che canta in modo soave.
Ero parecchio interessato a lui e me ne accorsi solo in quel momento. Non volevo perderlo per nessuna ragione al mondo.
Giocherellai con i lembi della mia camicia nera, che aveva impresso ancora l’odore della serata precedente e, una smorfia schifata si formò sul mio viso.
Gee se n’era andato in bagno sbattendo la porta e facendomi sobbalzare, io rimasi a fissarla per cinque minuti consecutivi.
Certo, Gerard era gay dichiarato, ma io non ci avevo mai pensato a ciò. Secondo me eravamo tutti uguali e non c’era bisogno di etichettare qualsiasi cosa.
Io non sapevo bene cos’ero, se proprio volevano saperlo. Non mi piaceva “etichettarmi”, potevo benissimo amare o una donna, o un uomo, a me non faceva differenza.
Sospirando, mi tolsi la camicia e la lanciai quasi addosso alla porta d’ingresso, arrabbiato, triste, confuso. Feci la stessa cosa con i pantaloni e le scarpe, volevo togliermi di dosso il ricordo di quella serata orribile.
Rimasi in boxer, sentivo il freddo della stanza calarmi addosso e i brividi percorrere tutto il mio corpo gracile. Chiusi gli occhi, cercando di dimenticare le parole di Gerard e tutto il resto e, dopo 10 minuti, caddi in un sonno profondo.


 
 
Qualcuno stava bussando alla porta ripetutamente.
Aprii gli occhi e diedi uno sguardo veloce alla vecchia sveglia che c’era sul comodino, che segnava le 17:50 del tardo pomeriggio.
Avevo dormito decisamente troppo, la testa mi faceva male e in stanza non c’era nessuno, Gerard probabilmente era uscito, dubitavo del fatto che fosse rimasto in bagno tutto il giorno.
Mi alzai velocemente dal letto, sentendo appena la testa girare ma non ci feci molto caso, andai verso la porta e dopo aver girato più volte la chiave – ero abbastanza confuso e assonnato – la aprii.
Mi trovai davanti una folta massa di riccioli castano scuro, e un sorriso enorme si era formato sul viso della persona che era di fronte a me: chi poteva avere una massa enorme di riccioli in testa? Ray Toro.
«Mmmh… ciao Ray»biascicai, sbadigliando piuttosto sonoramente.
«Buongiorno anche a te Frank!»urlò saltellando appena, i miei timpani stavano leggermente andando a puttane.
Lo guardai malissimo, era sempre il solito. Anche da ubriaco era così.
Da quello che ricordavo della sera precedente, Ray era sempre lo stesso anche ubriaco. Rideva sempre, forse più del solito e ricordo che continuava a sbattere i suoi capelli in faccia a chiunque.
Più volte gli avevo ripetuto di tagliarseli, ma lui reagiva arrabbiandosi e tenendo il broncio per una giornata intera.
«Ok, non è giornata.. volevo parlarti.»gli feci cenno di entrare e poi chiusi la porta, guardandolo mentre si sedeva sul mio letto.
«Frank, so cos’è successo tra te e Gerard. Me l’ha raccontato lui e.. mi dispiace. Sul serio. Io voglio bene ad entrambi, anche se lui lo conosco da più tempo.»
Sospirai, rimanendo in piedi davanti a lui come un demente.
Gerard.
«Ammetto che la sua reazione è stata esagerat-…»
«No! Lo sappiamo tutti perché fa così. Ha i suoi problemi. Non è stata una reazione esagerata.»Smisi di parlare per un secondo, quando mi ritornarono in mente le sue parole. «Io dovevo stare con lui.»
«Lo so, Frankie. Ma non devi preoccuparti, okay? Gli passerà, lui ti vuole bene e io lo so benissimo.»
Lui ti vuole bene.
Lui ti vuole bene.
Gerard mi vuole bene.
Quelle parole iniziarono a vagarmi nella mente, impedendomi di ragionare. Iniziai a fantasticare su me e Gerard insieme, io e lui abbracciati, risate, scherzi, amore, baci.
«I-Io.. ho sbagliato. Io non provo niente per Jamia! Non mi interessa di lei e non so nemmeno perché mi sono ritrovato nel suo letto.»
Ray inarcò un sopracciglio e la sua espressione si fece seria.
«Co..cosa?»Mormorò.
«Non lo sapevi?»
«No… Gerard mi ha detto solamente che l’hai lasciato solo.»
Ecco, un casino in più. Mi domandavo perché dovevo sempre e solo combinare casini.
Vaffanculo Frank. Non dovevo scegliere questo maledetto collegio e potevo benissimo andare a lavorare in qualche officina.
Ray nel frattempo si alzò, ma io lo fermai. Non volevo che fraintendesse.
«Ascoltami. Sei mio amico, lo sai che non potrei mai fare una cosa del genere. E’ stato tutto uno sbaglio, non volevo neanche, è colpa dell’alcool.
L’alcool rovina tutto, amico mio. E a volte mi pento sai? Mi pento di aver scelto questa scuola. Non va mai bene niente, forse sono io che sbaglio.»
Sbuffai nervosamente, ero stufo di quella situazione.
«Frank… come fai a resistere a tutto questo?»
«Non lo so, Ray… solo non voglio perderti. Insomma, ormai sei diventato importante per me. Sei quello che mi ha aiutato il primo giorno, quando ero appena arrivato. Non potrei mai tradirti in questo modo.»
Il riccioluto dopo essersi morso il labbro per circa un minuto, si voltò verso di me e mi strinse in un abbraccio dolce e sincero.
Era un ottimo amico e fedele, una persona meravigliosa di cui potevi fidarti. A lui non gli importava come appariva alla gente, pensava sempre a far star bene i suoi amici.
Ero stato davvero avvantaggiato dal fatto di aver trovato una persona come lui, paziente, simpatica che sapeva sempre strapparti un sorriso.
«Frankie, rimarrai sempre la piccola matricola indifesa che non sa dove andare. Ti voglio bene.»
Ridacchiai ricordando quel primo giorno in cui ero davvero confuso e non sapevo dove andare.
«E tu rimarrai sempre il tizio riccioluto che mi ha aiutato!»
Ci sciogliemmo da quell’abbraccio e ci alzammo in piedi, Ray mi spettinò i capelli ridendo e mi chiese se mi andava di fare un giro per la scuola, tanto per rilassarci un pochino.
Acconsentii e con un lieve sorriso sulle labbra mi fiondai subito verso la porta, spalancandola in modo poco grazioso.
Ray spalancò il mio armadio e ridendo ci si buttò quasi dentro, iniziando a frugare nei miei vestiti: mi sarei trovato qualche suo ricciolo sulle mie magliette.
«Ray, lascia stare le mie magliett… oh.»
Mi voltai verso la porta e la mia voce si bloccò all'istante.
Rimasi con un'espressione da pesce lesso, osservando la scena che mi si presentava davanti.
Era sicuramente un incubo.
 

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Capitolo 9
*** Seize The Day ***


Ciao ragazzi/e!
Non so da dove iniziare, davvero.
Grazie di tutto, grazie a chi ha recensito il capitolo precedente e mi ha fatto continuare. Faccio schifo con le parole, però davvero, grazie, non sapete come mi hanno fatto piacere le vostre recensioni, quindi questo capitolo lo dedico a voi. 
Niente, per adesso godetevelo, ci vediamo sotto!

 

9.  Seize The Day



Gerard era di fronte a me, in condizioni pessime.
Aveva lo zigomo destro violaceo, il labbro inferiore gli sanguinava parecchio e stava piangendo.
Non lo avevo mai visto in quelle condizioni.
«Gerard, che cazzo hai fatto?!» Urlai, ero davvero spaventato e mi chiedevo chi avesse osato fargli una cosa del genere.
Ray si spaventò a morte, presi Gerard per mano e, con l’aiuto del riccioluto, lo feci sedere sul letto.
«Ray, và a prendere delle medicazioni in infermeria.»  Dissi velocemente, ringraziando mentalmente il fatto che quest’ultima era piuttosto vicina.
Presi un fazzoletto e mi sedetti accanto a Gerard.
Si voltò verso di me e i nostri sguardi si incontrarono, i suoi occhi verdi sembrarono illuminarsi quando incontrarono i miei ma sicuramente era solo la mia immaginazione.
Sembrò quasi dimenticarsi del fatto che la mattina avevamo litigato.
«Hey… che ti è successo?» sussurrai, sentendo le guance andare a fuoco.
«Oh… Frank. L’incubo è tornato, di nuovo.» Tirò su col naso e si passò una mano sul viso, mugolando appena per le ferite.
«Che incubo? Che ti hanno fatto?!»
«Dei ragazzi, prima, in cortile, mi hanno fermato … hanno iniziato ad insultarmi e a dirmi che ero un frocio di merda.»
Strinsi i pugni, sentendo la rabbia impossessarsi di me.
Come osava certa gente, a quell’età, avere ancora dei pregiudizi?
Non trovavo assolutamente giusto etichettare qualsiasi cosa che risultava diversa ai nostri occhi, insomma, eravamo sempre umani e non aveva nessun senso creare queste guerre inutili e picchiare chi si riteneva “diverso”.
«Stronzi … bastardi …» fissai il muro immaginandomi le loro facce da stupidi e ignoranti.
«E’ tutto okay, Frank, davvero…»
Stavo per ribattere ma in quel preciso momento Ray entrò in stanza spalancando la porta: teneva in mano un borsone con tutto l’occorrente (forse anche di più di ciò che ci occorreva veramente) e aveva il fiatone.
Era sempre il solito.
«Che corsa, uh … Qui ci dev’essere il disinfettante e il cotone.» Indicò una piccola tasca e la aprì, passandomi poi il tutto.
Mi sarei preso cura di Gerard a tutti i costi, d’altronde era il mio compagno di stanza e mi piac… ehm, era mio amico.
«Okay, Gee, farò piano, non preoccuparti.»
La frase che pronunciai io stesso mi fece pensare male, ma non ci badai molto.
Misi delicatamente il disinfettante sul cotone e, dopo averlo posato sul comodino, avvicinai il battufolo alla bocca di Gee.
Era così tenera, piccola, mi fece tenerezza, insomma la sua pelle bianca risaltava le sue bellissime labbra rosee che erano state rovinate da omofobi idioti.
Lentamente glielo passai sul taglio che aveva fermandomi di tanto in tanto per chiedergli se gli procuravo dolore e di conseguenza, se dovevo fermarmi.

«Frank, tieni quest’acqua, non vorrai mica far assaggiare a Gee il saporaccio del disinfettante!» Rise e lo appoggiò sul comodino, per poi aggiungere: “Gerard, a proposito, stammi bene eh. Scusatemi ma devo proprio andare! Ci vediamo a cena!”
Lo salutammo entrambi e poco dopo in stanza calò un silenzio imbarazzante.
«Uhm, ti metto un po’ d’acqua sul labbro.» Feci ciò che gli avevo detto subito dopo che ebbi la sua approvazione.
«Frankie…»
Per poco non mi venne un colpo al cuore quando pronunciò il mio nome in quel modo, ma non lo diedi molto a vedere.
«Sai… Grazie di tutto. Ti sei preso cura di me dopo tutto quello che è successo … grazie. Sai sopportarmi ed è un bene.»
Mi fece molta, moltissima tenerezza e lo abbracciai istintivamente.
I nostri petti si incontrarono e io lo strinsi ancora di più a me, sentendo il calore della sua pelle contro la mia e il mio cuore battere all’impazzata.
Speravo con tutto il cuore che non se ne accorgesse, altrimenti avrei fatto una figuraccia.
Quando ci staccammo, notai che lui stava sorridendo mostrandomi quella fila di denti perfetti che aveva.
Mi scaldò il cuore quel fottutissimo sorriso.
«Ti voglio bene.» Mormorò.
«Anche io, forse troppo per lasciarti andare.»
Non sapevo da dove mi fossero uscite quelle parole, ma non mi importava, in quel momento eravamo io e lui.
Arrossì e abbassò lo sguardo, un po’ mi dispiaceva perché non potevo godermi la bellezza dei suoi occhi.
Come diceva lui, dovevo sopportarlo, ma per me non era un problema.
Era una persona fantastica, dolce e gentile, nonostante i suoi sbalzi d’umore gli sarei rimasto vicino perché lui aveva bisogno di me.
E io di lui.

«Che fai, arrossisci?» ridacchiai e gli alzai il viso con l’indice, facendo scontrare ancora una volta i nostri occhi.
Non rispose ma sorrise timidamente, sembrava un bambino.
Mi avvicinai sempre di più a lui, ero sicuro di ciò che stavo facendo e non me ne sarei pentito.
Lui fece lo stesso, si avvicinò alle mie labbra e io presi coraggio e le feci incontrare.
Gli accarezzai la schiena lentamente, mentre mi godevo la morbidezza delle sue labbra che, per fortuna, non sanguinavano più.
Quando sentii la sua bocca schiudersi mi venne automatico sorridere, feci incontrare le nostre lingue che si muovevano lentamente insieme.
Non ci potevo credere, lo stavo baciando. Stavo baciando il ragazzo che pensavo mi odiasse, con cui litigavo praticamente sempre, con cui avevo degli alti e bassi.
Stavo baciando Gerard Way.
Quando ci staccammo, eravamo l’imbarazzo fatto a persona, non sapevamo cosa dire ed entrambi guardavamo in basso.
 «Scusami.» pronunciammo entrambi all’unisono, per poi scoppiare a ridere subito dopo.
Era incredibile, stava ridendo … insieme a me, dopo che ci eravamo baciati!
«Non preoccuparti, Gee. Ora stai meglio?»
Che domanda stupida, ero davvero un idiota, mica con un mio bacio poteva passargli tutto!
«Decisamente molto meglio.» Fece un sorrisino malizioso.
Non lo avevo mai visto così, e infatti mi stupii di ciò.
«Ehm… Frank, dovrei andare da Mikey in camera sua, anche se so che si preoccuperà moltissimo.»
«Va bene.» Annuii, non smettendo di sorridere. «Vuoi che ti accompagni?»
«No, vieni pure con me, non c’è problema.» Mi sorrise, di nuovo.
Mi stava uccidendo lentamente con quei sorrisi.
 
 
[Poche ore dopo.]

 
Dopo aver passato il resto del pomeriggio nella stanza di Mikey a giocare a carte e a parlare del più e del meno, si era fatta ora di andare a cena.
Alla partita e alla chiacchierata si era unito pure Ray, che aveva finito di studiare le materie per il giorno dopo, ovvero il schifosissimo Lunedì, giorno che odiavo.
Il biondo non prese benissimo la notizia che gli diede Gerard e quando gli descrisse i ragazzi, giurò di conoscerli e di averli anche incontrati a lezione qualche volta.
Si preoccupò moltissimo del fratello maggiore e lo capii, ovviamente, non era una cosa facilissima soprattutto dopo tutti i problemi che aveva avuto.
Io ero stato in silenzio, lasciando i due fratelli parlare tranquillamente, a dir la verità non ascoltai nemmeno tanto il loro discorso perché non facevo altro che pensare al bacio che precedentemente diedi a Gerard.
Quando ci ripensavo, sentivo le farfalle nello stomaco e mi sentivo una ragazzina, arrossivo e sorridevo.
Era stato magnifico, non molto lungo ma magnifico.
Mi andava benissimo così.
«Andiamo a cena? Chissà che ci ha preparato la cuoca. E’ domenica, spero qualcosa di buono.» Domandò Ray, grattandosi il capo.
«Ok!» Acconsentirono Mikey e Gerard all’unisono.
«Frank? FRANK?!»
Non li stavo ascoltando, stavo rivivendo mentalmente quel fottutissimo bacio che mi avrebbe sicuramente fatto fare lunghissimi pensieri.
Le sue labbra…
Morbide…
Il sorriso…
Uno schiaffo mi arrivò sul viso.
Mi spaventai un pochino, ma poi ritornai in me stesso e guardai Ray, che teneva ancora la mano sospesa a mezz’aria.
«Toro, che cazzo fai?!» Urlai, lui mi rise in faccia e gli altri due fecero lo stesso.
Non era divertente, per niente. Infondo io stavo solo pensando!
E sbavando.
«Andiamo a cena? Frank ma sei sulle nuvole stasera? Forza, andiamo!»
Non gli risposi ma mi limitai a seguirlo, i due fratelli erano davanti a noi e gli feci cenno di aspettare perché dovevo chiudere la camera.
Ray, al mio fianco, quando ci avviammo di nuovo, non smetteva di parlare un attimo.
Continuava a parlare, parlare e parlare, non rendendosi conto del fatto che io stavo fissando di continuo Gerard.
A quanto pare parlava di un certo programma televisivo che si sarebbe perso e della sua chitarra a cui si era rotta una corda.
Mentre camminava, i capelli neri come la pece, che ero sicuro fossero morbidissimi, ondeggiavano lentamente.
Quando gesticolava era tenerissimo, Mikey lo rimproverava spesso per quel gesto, ma lui continuava a farlo, soprattutto quando era agitato per qualcosa.
«…Capisci? Non so cosa fare!»
«Uh?» Mi voltai distrattamente verso di lui, che aveva stampata in viso un espressione seria e arrabbiata.
«Mi stai ascoltando?!» Urlò facendomi quasi diventare sordo.
«Sì… cosa ehm, stavi dicendo?»
«Vaffanculo.»
Lo lasciai fare, tanto sapevo mi avrebbe perdonato, e prima o poi gli avrei spiegato tutto.
In quel momento non ero pronto a dire a lui e a Mikey che io e Gerard ci eravamo baciati, d’altronde non sapevo nemmeno se lui volesse dirlo a qualcuno.
Quando arrivammo in mensa, tutti gli studenti erano seduti nei propri tavoli.
Sbirciai cosa c’era per cena e a quanto pare c’erano delle cotolette di pollo e delle patatine.
Io ovviamente avrei mangiato solo patatine e verdura mista, da bravo vegetariano che ero.
«PATATINE!» Ray era esaltato al massimo e anche Mikey, corsero insieme verso il bancone del cibo esaltati al massimo.
Li ringraziai mentalmente per avermi lasciato solo con Gerard.
«Heeey, qualcuno qui era pensieroso prima vero?» Mi domandò lui, portando lo sguardo su di me.
«Eh? Io? Naaah…» Abbassai lo sguardo, stavo arrossendo di nuovo.
Rise e mi spinse leggermente, facendo ridere anche me, in quel momento c’eravamo solo io e lui e non mi importava dei giudizi altrui.
Quando ci avvicinammo al bancone notai la cuoca che lo osservò maliziosamente per poi indicarmi, istintivamente mi voltai verso di lui e lo guardai confuso.
Perché mi stava indicando? Insomma, io non badavo mai alle cuoche.
«Jasmine, lui è Frank… Frank, lei è Jasmine!»
Mi sorrise dolcemente e annuì.
«Sì, Gee, lo conosco. Solo lui non conosce me! Comunque, piacere mio Frank. Cosa vi posso servire?»
Io e il diretto interessato ordinammo ciò che volevamo mangiare quella sera, poi ci avviammo verso il tavolo in cui erano già seduti Mikey e Ray.
Quest’ultimo si stava abbuffando di patatine, mugolando di tanto in tanto qualcosa.
Il biondino lo fissava malissimo, mentre masticava lentamente la sua cena, poi quando ci sedemmo esclamò: «Oh, finalmente qualcuno con cui parlare. Ray mugola e basta!»
Sentimmo provenire un grugnito e non voltammo nemmeno lo sguardo sapendo di chi si trattava.
«Simpatica vero Jasmine?» Mi chiese Gerard, aprendo la sua lattina di coca cola.
«Sì… solo non sapevo la conoscessi. Anzi, io non sapevo nemmeno come si chiamava.» Addentai una patatina e lo guardai interessato.
Quelle labbra…
«Oh, ora lo sai!» Annuì felice e cominciò a mangiucchiare qualcosa.
Ad un certo punto, mentre eravamo a metà della nostra cena, sentii la sua mano cercare la mia.
Mi morsi il labbro cercando di trattenere un sorriso, mentre ricambiai la sua stretta.
Mi sentivo in paradiso con lui e avrei fatto di tutto pur di farlo stare bene.
Era una promessa.



Eccomi qui!
Vi è piaciuto questo romanticismo?
Okay, so che faccio schifo a descrivere i baci, ma ho preferito scrivere qualcosa di semplice.
A quanto pare il nostro caro Gee ha perdonato Frank. 
Ah, scusate se è un po' corto il capitolo... il prossimo sarà più lungo, solo non volevo farvi aspettare ancora ç_ç 
Vi ringrazio di nuovo, di cuore proprio.
Alla prossima. :3 

 

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Capitolo 10
*** What are u doing? ***


Heeey girls!
Buonasera u.u
Non so bene cosa dire, vi dico subito anzi, mi scuso per gli "spezzoni" che ci sono in questo capitolo ma davvero, non sapevo cosa scrivere in quell'arco di tempo e non volevo farvi annoiare... quindi perdonatemi.
Ci vediamo giù, buona lettura! 


10. What are u doing?

 
 

Odiavo le lezioni del Lunedì e odiavo ancor di più le due ore di matematica che mi attendevano.
Quando entrai in classe con Gerard al mio fianco, Mikey stava leggendo un fumetto in attesa del professore che come al solito era  in ritardo e non si accorse di nulla.
«Buongiorno!» Gli urlai nell’orecchio sinistro, sedendomi al mio posto e sorrisi di sfuggita a Gerard che sedeva dall’altro lato dell’aula.
Il biondo distolse lo sguardo dal suo fumetto e mi guardò confuso.
«Uh? Buongiorno Frankie!»
«Perso nel mondo dei fumetti come al solito, eh Mik?» risposi ridendo io, chiedendomi perché alcuni miei compagni borbottavano qualcosa su un test che…
«Merda!» Tutti si voltarono verso di me e mi guardarono male.
Quel giorno il prof. Avrebbe consegnato i test e sicuramente mi sarei trovato una bella F gigante come al solito.
«Buongiorno ragazzi.»
Purtroppo il professore entrò in classe, come al solito teneva i capelli corti e la sua valigetta in mano.
«Oggi devo consegnare i test, giusto?» Ci chiese fiero, sorridendoci.
Quando sorrideva era decisamente un brutto segno.
Sgomitai a Mikey che velocemente lanciò il suo fumetto nella borsa a tracolla.
«Bene  bene…» Sfilò il malloppo di fogli dalla sua valigetta una volta aperta e li fissò a lungo.
Poco dopo iniziò a consegnare i test che fino a quel momento avevano risultati abbastanza buoni, io ero ansioso, desideravo con tutto il cuore almeno una D, ma invece…
«IERO!»Urlò il professore, avanzando verso di me. “Che schifo.” Continuò sbuffando e sbatté il test sul mio banco.
Deglutii vedendo quella F gigante scritta con la sua amata penna rossa, dovevo impegnarmi se non volevo ripetere l’anno.
 «So che è una cosa da bambini, ma ti assegnerò qualcuno in grado di darti ripetizioni.»
Pregai qualsiasi cosa che scegliesse Gerard, infondo non era poi così male.
Si guardava intorno massaggiandosi il mento, facendomi agitare ancora di più.
Fu quando notai che aveva posato il suo sguardo su Gerard che il mio cuore mancò di un battito.
Io e lui …
Da soli …
Occhi di uno fissi su quelli dell’altro …
«NESTOR!» Ridacchiò maleficamente e posò gli occhi sulla ragazza. «Ti affiderò lei.» Continuò, fiero della sua scelta.
Lo guardai spaventato e arrabbiato, non stava dicendo sul serio, vero?
«Infondo ha ottimi voti.»
Volevo ribattere e dirgli che non mi interessava niente delle sue ripetizioni e non volevo decisamente che lei mi insegnasse come si calcolava qualche numero strano, ma mi arresi e annuii debolmente, sentendo tutti i miei desideri sgretolarsi.
D’altronde l’idea di Gerard come insegnante mi eccitava da morire.
 

 
 
La mattinata era passata, finalmente, ed era giunta l’ora di andare a pranzo, ma io non avevo fame.
Jamia mi era subito corsa dietro mentre ero uscito in corridoio e di conseguenza non potei parlare con Gerard, che però mi sorrise di sfuggita.
«Frankie» Mi riprese Jamia mentre pensavo al moro, con un tocco di acidità nella voce. “Ti va se andiamo nella mia stanza?”
Non le risposi, troppo preso a pensare di nuovo al bacio della sera precedente, la morbidezza delle labbra di Gee non l’avrei mai dimenticata.
«FRANKIE?!» Urlò con voce stridula, la guardai malissimo e infine annuii, per farla contenta.
Lei scoppiò a ridere senza un motivo ben preciso e fu proprio in quel momento che mi chiesi come faceva Ray ad apprezzare una ragazza del genere.
Jamia non era brutta, aveva la faccia piuttosto paffuta e un grosso sorriso, i capelli neri e la frangetta che le ricadevano sul viso.
L’unica pecca è che sicuramente si era fatta tanti, forse troppi film mentali sul bacio – da ubriaco – che le avevo dato la sera della festa.
Che casino.
Nel corridoio in cui c’era la sua stanza, ovvero al terzo piano, non c’era nessuno perché, ovviamente, erano tutti a pranzare.
Mi sentivo a disagio, non sapevo bene cosa dire né cosa fare e avevo paura di Jamia.
«Beh, come ci si sente su questo piano?» Mi domandò, mentre frugava con poca grazia nella sua borsa di pelle enorme.
Mi spaventai, in quella borsa c’era di tutto e di più, dai libri alle cartacce, e ad un paio di mutande.
«Oh, scusa… sai, la confusione.» Rise appena arrossendo, sventolandomi davanti il mazzo di chiavi.
Era strana, stranissima quella ragazza.
Infilò la chiave nella serratura, la sua stanza era la numero 204 e, purtroppo, me la ricordavo ancora.
Quando entrammo la stanza era più ordinata, il letto non era disfatto e ogni singolo oggetto era a posto,  a quanto pare era maniaca dell’ordine.
C’era odore di lampone in quella stanza, forse era il suo profumo, ma c’era anche un letto che contrastava con l’ordine maniacale di Jamia, ovvero quello di fianco al suo: era pieno di felpe, era disfatto e c’era qualche cianfrusaglia.
«Scusa, la condivido con …» Non riuscì a terminare la frase che dal bagno spuntò una ragazza dai capelli neri lisci, gli occhi azzurri e indossava una canottiera e degli shorts.
Imprecò e guardò male Jamia, ero piuttosto imbarazzato.
Eppure quella ragazza l’avevo già vista…
Ma certo! Era la ragazza di cui era innamorato Mikey, Gerard mi aveva raccontato proprio quel giorno in cui conobbi Jamia per merito di Ray che era cotto di lei.
«Jamia, non rompere i coglioni.» Disse zittendola, poi si avvicinò a me e mi sorrise. “Piacere, Alicia Simmons.”
Allungò la mano verso di me e la strinsi sorridendo: «Piacere, Frank Iero.»
«Come non conoscerti.» Rispose, ridacchiando. «So chi sei… conosco tutti quelli della tua compagnia.»
«Beh, mi fa piacere.»
Non le dissi niente riguardo a Mikey, magari non sapeva niente oppure sapeva e a lei non interessava. Preferivo starmene zitto e non dire niente, non volevo metterlo nei casini, infondo era uno dei miei migliori amici.
«Scusa Alicia, non vorrei interrompere la vostra presentazione, ma devo aiutare Frankie.»
Notai un tocco di acidità nella voce di Jamia e mi venne da ridere, sembrava quasi gelosa.
«Non preoccuparti acidona, io ora devo andare a pranzare. Ciao Frankie, ciao Jam!» Disse mentre uscì dalla stanza e dopo che ebbe chiuso la porta nella stanza calò un silenzio imbarazzante.
Odiavo con tutto il cuore il professore, avrei preferito studiarmi tutte le varie formule e passare pomeriggi chiuso in stanza saltando lezioni, piuttosto di star con lei.
Pensai di nuovo a Gerard e lo immaginai mentre mangiava le lasagne che tanto amava e si spostava i capelli dal viso, litigando con Mikey sui fumetti, mentre Ray cercava di calmare le acque.
Mi scappò un sorrisino, infondo ero stato fortunato, mi ero scelto le amicizie giuste nonostante i litigi che c’erano stati con Gerard speravo non ne capitassero altri.
Inoltre, mancavano due giorni al mio compleanno ed ero agitatissimo, era il primo compleanno che passavo in quel college e la cosa bellissima è che avrei festeggiato 18 anni insieme a loro.
«Frank? A che pensi? Perché sorridi?»
«Eh?» La guardai distratto. «Ah… no, niente. Vogliamo iniziare?»
Lei annuì felice e indicò la sua scrivania: «Appoggia tutto lì. Siamo fortunati, abbiamo due sedie.»
Appoggiai la mia borsa per terra dopo aver tirato fuori il necessario e averlo messo su quella scrivania ordinata, Jamia si era già seduta e mi accorsi che si era pure messa gli occhiali.
«Bene, da dove iniziamo?» Mi chiese sorridente, sfogliando il suo libro di matematica.
«Non lo so.»
Preferivo Alicia al posto suo, quello era certo.
«Iniziamo da qui, dai.»
Iniziò a spiegarmi come si calcolavano delle equazioni piuttosto strane e io la seguivo o meglio, fingevo di seguirla, visto che non ero minimamente interessato a lei e le sue equazioni.
Proseguimmo così per circa 10 minuti e mi spaventai ancora di più quando lei smise di spiegarmi e iniziò a fissarmi in un modo piuttosto strano.
«Non stai bene?» Le chiesi quasi istintivamente, alzando un sopracciglio.
“Come sei bello…” Si avvicinò sempre di più a me e io sbarrai gli occhi: cosa aveva intenzione di fare? Voleva baciarmi?
«Solo un bacio Frankie, poi ti lascio stare, vedrai che il prossimo compito andrà bene.»
Non sapevo cosa dire, o lei si era drogata prima di farmi lezione o era semplicemente pazza.
Optavo di più per la seconda, mi stava per caso ricattando?! Un bacio solo per una A o una B nel compito?! Ma piuttosto avrei studiato da solo!
«Jamia, ma che cazzo fai?»
A quanto pare il mio urlo non servì a niente, visto che lei mi stava stringendo il polso ed era sempre più vicina a me.
«SMETTILA!» Urlai ancora di più, scrollandomela di dosso, mi alzai e velocemente corsi alla porta, uscendo subito dopo.
Quella ragazza era davvero pazza ed io ero  shockato, cosa le era preso? Sembrava così carina i primi giorni.
Dovevo assolutamente parlare con Ray, ma l’avrei fatto il giorno dopo.
 


 
Alla sera ero più rilassato rispetto al pomeriggio, durante il quale avevamo avuto due ore di educazione fisica, materia che io odiavo, da scansafatiche che ero.
Inutile dire che passai quasi due ore seduto a fare niente, inventando scuse su scuse, di certo la professoressa non se ne sarebbe mai accorta, troppo impegnata a flirtare con un professore che quel giorno ci “osservava mentre giocavamo”, parole sue.
Gerard era stato con me tutto il tempo, avevo evitato di raccontargli di Jamia perché volevo dimenticare al più presto ciò che era successo.
Quando rientrammo nelle rispettive stanze (per raggiungere la palestra bisognava attraversare due edifici, che non erano altro che due dormitori), io  andai subito a farmi una doccia, per schiarire meglio le idee.
Io e gli altri cenammo insieme e fra una risata e l’altra il sonno calò e così decidemmo di andare a dormire, appunto.
In realtà, il mio compagno di stanza, quel piccolo genio di Gerard, aveva avuto un’idea appunto, geniale.
Voleva che andassimo di nascosto a guardare la TV nell’apposita sala che si trovava al piano terra perché non aveva sonno.
«Gee, ma se ci scoprono?» Mormorai mentre lui chiudeva lentamente la chiave, attento a non far rumore.
Dopo una certa ora vi era sempre qualcuno che ci controllava e se venivamo beccati da qualche parte ci avrebbero punito e, visti i miei voti poco strabilianti, non volevo per niente essere punito.
«Tranquillo.»
Lui non sembrò preoccuparsene, a quanto pare non era nemmeno la prima volta che lo faceva e quando me lo raccontò mi tranquillizzai un pochino.
«Ah, poi c’è pure un divano in quella saletta. E’ piccolo ma buono.»
Ci incamminammo verso destinazione facendo il più piano possibile, io dovetti trattenere uno starnuto per evitare che qualcuno uscisse dalla sua stanza chiedendosi cosa stava succedendo.
Quando raggiungemmo il piano terra, in segreteria non c’era nessuno e a malapena ci vedevamo, c’era accesa solo qualche lampada.
«Vieni» Mi strinse la mano e mi trascinò verso una porta, io sorrisi sperando che lui non notasse il mio sorrisino.
Tirò fuori una chiave a me sconosciuta piuttosto piccola e la infilò nella serratura, aprendo poi la porta.
La stanza era buia e c’era odore di ambiente chiuso, vecchio, probabilmente non ci entravano da due o tre giorni.
C’erano sedie sparse qua e là e un divano davanti al televisore.
«Wow, figo.»
“Non urlare Frank.»
Ero esaltato, saltellai verso il divano e mi ci buttai in modo poco fine sopra.
Gerard frugò nel suo zaino dove teneva tutti i vari DVD, ovviamente horror.
Non ero fatto per quei film, ma se c’era lui almeno un tentativo avrei potuto farlo, infondo era solo un film horror…
«Non avrai mica paura?» Accese la luce chiudendo la porta e si fece scappare una risata.
«Chi? Io?»
«No, mia mamma. Sì, tu! Si vede che hai paura, Frankie.» Ironizzò, accendendo il lettore DVD.
“Cosa te lo fa pensare?” Gli chiesi, nel mentre il mio sguardo cadde casualmente sul suo posteriore, che era piuttosto bello.
«Ma niente, solo che hai guardato il mio zaino come se dovesse contenere un cadavere.» Rise della sua stessa battuta contagiando anche me.
Quando fece partire il DVD e spense la luce, io mi avvicinai a lui trattenendo a stento una risata, percepivo il suo sguardo compiaciuto per la  mia fifa verso quei film.
Iniziò il film e non avevo idea di come si chiamasse, mi aveva spiegato che parlava di un killer psicopatico.
Ad un certo punto, nella scena iniziale, mi spaventai e mi feci scappare un urlo poco femminile che lo fece scoppiare a ridere, ero imbarazzato, troppo.
Mi calmai quando lui mi strinse a sé e appoggiai la testa sulla sua spalla, godendomi il suo profumo.
Strusciai il naso contro il suo collo, la sua pelle era morbida e tenera e il film non lo stavo praticamente seguendo, troppo impegnato a godermi la sua bellezza.
Ad un certo punto lui si voltò verso di me e mi sorrise, con piacere notai a malapena grazie alla luce del televisore che i lividi erano quasi scomparsi.
«Sei tenerissimo» Mi sussurrò, facendomi venire i brividi.
«Anche tu lo sei, Gerard.»
Ci baciammo.
Così, spontaneamente, le nostre labbra si unirono, come attratte le une dalle altre.
Le nostre lingue presero a giocare insieme, quasi come se si fossero mancate in quel piccolo arco di tempo, io provavo emozioni indescrivibili e mi venne da sorridere, quel baciò sembrò durare un eternità.
Mi posizionai meglio senza staccarmi da lui e fu quando sentii le sue mani appoggiarsi sulla mia schiena capii che senza di lui ero davvero perso.
Mi ero preso una bella cotta.








Eccoci qui.
Beh? Pareri? Impressioni? Insulti per Jamia? Unicorni per Gee e Frank e risate per Frankie fifone? Recensite, suvvia.
Okay, sembra una pubblicità.
No va beh, se siete arrivate fin qui beh... non odiatemi perché alla fine è romantico dai. c.c
Ah, volevo dirvi che fra pochi giorni pubblicherò un'altra long frerard, però in un altro contesto.
Ma va beh.
Alla prossima! :3

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Capitolo 11
*** Are u mine? ***


Salve!
Ne approfitto per ringraziarvi (stasera mi sento dolce, mhmh) tutte quante per aver messo questa fic nei preferiti/seguiti nonostante i miei enormi ritardi.
Vi ringrazio davvero di cuore. 
Beh, vi spoilero subito qualcosa dicendo che Frankie inizia ad essere geloso e Gerard sempre più tenero, aw. 
Okay, ora sto zitta. Buona lettura!


p.s. piccola domandina: chi di voi sarà al concerto degli A7X il 23?

 


11. Are u mine?

 
 
 
 Quando mi svegliai mi accorsi di essere ancora fra le calde braccia di Gerard, che dormiva come un bambino.

Sorrisi con gli occhi ancora appannati e, quando misi a fuoco, mi resi conto che eravamo ancora nella stanza TV della sera precedente.

Eravamo nei guai, era davvero un casino se qualche professoressa ci vedeva uscire da lì, perché era vietato vagare per i corridoi di notte, e di sicuro ci saremmo beccati una bella punizione.

E io mi sarei scordato il regalo di compleanno, a cui mancavano due giorni, da parte dei miei genitori.

Ma pazienza, pur di stare con Gerard avrei fatto di tutto, avrei rischiato pure la sospensione.

Dopo essermi reso conto che i miei pensieri erano da adolescente innamorato, scrollai Gerard per svegliarlo.

Emise un mugolio e io ridacchiai, alzandomi per schiaffeggiarlo leggermente sulle guance bianche.

“Mmmmh”

“Gerard, svegliati. Siamo nell’aula TV. Siamo fottuti. Gerard, svegliati. GERARD!” Gli urlai infine nell’orecchio destro, dopo che lo ebbi pizzicato su un fianco.

Lui sobbalzò e spalancò gli occhi, per poi guardarmi malissimo.

Gli mostrai un sorrisone dolce e sincero, poi ritornai serio e fissai la porta: “Come ci usciamo da qui, me lo spieghi?”

“Che problemi, Frankie… vieni qui e facciamoci le coccole.”

Mi attirò su di sé e io per poco non svenni, nessuno mi aveva mai offerto le coccole mattutine, a parte mamma quando ero più piccolo, ovviamente.

“N-No, Gerard. Dobbiamo uscire. Facciamo così, esco prima io e poi tu mi segui. Hai capito?” Mi alzai e mi misi a posto i vestiti e i capelli, che molto probabilmente erano spettinati.

Lui mi guardò triste e poi annuì controvoglia, alzandosi non appena io cercai di aprire la porta.

Mi concentrai cercando di guardare quel poco che potevo, scoprendo così che il corridoio era semivuoto e che nessuno si sarebbe accorto di noi.

Feci cenno a Gerard di seguirmi ma non appena allungai la mano mi attirò di nuovo verso di sé, stampandomi un bacio leggero e fresco sulle labbra.

Sorrisi come un ebete e gli accarezzai i fianchi, sentendo le guance andare a fuoco.

Me ne diede un altro che però ricambiai con più passione, lasciandomi trasportare dal romanticismo di quel momento e feci incontrare le nostre lingue.

Mi strinse ancora di più e mi accarezzò la schiena, io feci lo stesso e poi quasi automaticamente infilai le mie mani fra i suoi morbidi capelli, non staccandomi mai dalle sue labbra.

Era come se fossi  in paradiso, probabilmente era uno dei migliori risvegli che avevo avuto fino a quel momento.

“Buongiorno, comunque.” Mi disse Gerard ridacchiando non appena si staccò dalle mie labbra.

Necessitavo ancora di lui, del suo sapore, ma non lo diedi troppo a vedere. Non volevo sembrare un maniaco sessuale.

“Buongiorno a te. Hai dormito bene?”

“Sì dai, considera che il film non lo abbiamo considerato, però mi sono divertito comunque.”

“Sei un fottutissimo orso, mi sono svegliato e pensavo di aver circa 50 coperte addosso!” Risi scompigliandogli i capelli, vederlo sorridere mi faceva davvero stare bene.

“Andiamo in classe, nano malefico…”

“Ai suoi ordini, Way!”

 Lo spinsi fuori dalla porta ridendo e la chiusi velocemente subito dopo aver dato un ultimo sguardo a quel piccolo divano che ci aveva ospitato e a quelle mura che avevano assistito al nostro bacio mattutino.
 

Quando entrai in classe con Gerard a fianco, dopo aver percorso il lungo corridoio vuoto, una strana sensazione si impadronì di me.

Sembrava non volessi affrontare la realtà senza di lui, perché effettivamente era l’unico in grado di farmi distrarre dai brutti pensieri e da una Jamia ossessionata da me.

Quando vidi che si allontanò per andare al suo posto abbassai lo sguardo, dirigendomi a malincuore verso il mio.

“Ehi Iero, dormito bene?” Mi chiese Mikey facendomi quasi spaventare.

Sul viso aveva stampato un sorrisino così malefico che sembrava avesse capito tutto.

“S-Sì… perché me lo chiedi?” Gli chiesi sbattendo i libri nervosamente sul banco, quando con la coda dell’occhio notai Gerard che stava parlando con un ragazzino che frequentava il nostro corso.

Non sapevo chi era, ma mi sentivo terribilmente strano.

“Sei entrato con un sorrisone e poi… Frank?”

“Cosa c’è? Saranno pure cazzi miei o no?” Urlai improvvisamente, spaventando il biondo.

Non sapevo davvero cosa mi stava prendendo, mi sentivo strano e Gee nemmeno si era nemmeno accorto che avevo urlato, troppo preso dal parlare con quel ragazzino moro che se lo stava letteralmente mangiando con gli occhi.

Non ero geloso … ero solo preoccupato, ecco.

Ma chi volevo prendere in giro, avevo appena fatto una scenata di gelosia involontariamente, prendendomela con Mikey, che se ne stava zitto fissando il libro di matematica.

Una mattinata fantastica era diventata un inferno, e per completare il tutto, entrò il professore di matematica in classe che ero sicurissimo mi chiedesse dei corsi di recupero con Jamia.

Come avrei potuto rispondere, se me l’avesse chiesto?

“No sa prof, la sua alunna non riesce a resistere.”

“Voleva fare sesso con me.”

“Ho compreso tutto alla perfezione!”

Ma avevo ben’altro in testa, in quel momento: Gerard non smise di parlare con quel ragazzo anche quando il professore iniziò a parlare del programma svolto fino a quel momento.

Battevo il piede nervosamente sotto il banco, lo battevo così piano che tutti si voltarono verso di me, alzando un sopracciglio, professore compreso.

Perfetto, ne avevo combinata un’altra delle mie.

“Oh, Iero!”

 Lo guardai mantenendo un’espressione seria, possibile che doveva sempre chiamare me? Eppure stavo sempre zitto nelle sue ore.

Forse era destino.

“Mi dica, professore.”

“Come sono andati i corsi di recupero?”

Annuii debolmente, non osai guardare la faccia di Jamia: “Bene, professore …”

Ma lui percepì dal mio sguardo che nulla era andato bene, e così iniziò a guardarsi intorno, per poi soffermarsi sul mio futuro marit … Gerard.

Pianificai una bella ramanzina per lui, oltre a quella che il professore gli stava sicuramente per fare.

Sorrisi senza darlo troppo a vedere, se lo meritava, doveva smettere di parlare con quel ragazzo, che mi stava già antipatico, in caso non si fosse notato.

“Potresti farti aiutare da Way. Insomma, Jared, ehm, come ti chiami…” farfugliò il professore, scatenando le risa della classe.

“Gerard.” Sospirò, “Ma quindi dovrei aiutare Iero?”

Quasi mi venne un colpo, sobbalzai e mi voltai verso il moro, che mi stava guardando con un sorriso che di casto non aveva niente.

Improvvisamente iniziai ad amare il professore, iniziai ad adorarlo mentalmente mentre non staccavo gli occhi da Gerard.

“Sì, Way. A quanto pare. Ma se non ti va ben-…”

“Ma certo che gli va bene! Perché non dovrebbe?!” Urlai io, mostrando un altro sorriso, sicuramente i miei compagni di classe mi stavano prendendo per deficiente.

“No, perché io dovrei… ehm ecco, aiutare Wentz. Me l’ha chiesto e…” Balbettò Gerard, non terminando la frase a causa dell’occhiataccia che involontariamente gli avevo mandato.

Chinai il capo e annuii, lasciando la parola al professore.

D’altronde mi ero solo illuso, Gerard preferiva aiutare quel ragazzo, Wentz, di cui io non avevo mai sentito l’esistenza.

Il professore ovviamente acconsentì e mi consigliò di frequentare un recupero extracurricolare, che ovviamente non avrei mai frequentato, perché non ne avevo voglia di perdere tempo per fare matematica.

Mikey mi bisbigliò qualcosa ma non capii molto, vari pensieri vagavano per la mia mente, impedendomi di stare attento alla lezione.

Non dovevo essere così geloso, d’altronde io e Gerard ci frequentavamo e basta, non eravamo nemmeno fidanzati.

I baci che ci davamo però facevano sembrare il contrario, ma forse non dovevo essere così ossessivo nei suoi confronti, oppure l’avrei perso per sempre.
Sarei riuscito a calmarmi. Forse.

 
 
 
Driiiiiiiiiiin.


La campanella suonò, facendomi tirare un sospiro di sollievo, a momenti mi addormentavo in classe e per quanto bello potesse essere dormire, ai professori non  faceva di certo piacere.

Mi alzai titubante e presi la mia borsa tracolla, dirigendomi a passo veloce verso la porta della classe.

Dovevo andare a mensa ma non avevo fame, però avevo bisogno di parlare con Ray e Mikey, di farmi distrarre, quindi ci sarei andato lo stesso.

“Frank! Frank aspettami!” Una voce, la sua voce, mi giunse alle orecchie e mi fermai di colpo, scatenando l’ira dei ragazzi affamati.

Mi voltai e vidi Gerard avvicinarsi a me, fra i capelli teneva una matita, probabilmente aveva disegnato durante la lezione.

“Ti va di mangiare qualcosa? Ce ne stiamo noi due soli soletti al tavolo, che ne dici? Mh?”

Per un attimo tutto ciò che era accaduto prima scomparve, come si faceva a resistere ad uno come lui?

“B-Beh sì io …”

“Oh, possiamo rimandare se vuoi!” Rise e mi prese per mano, camminando, e io lo seguii.

“No, no! Per me va benissimo!”

Come potevo rifiutare un, se così lo si poteva chiamare, invito a pranzo da parte di Gerard Way?

Mi sentivo un bambino a cui veniva regalato un giocattolo dopo aver pianto, ma in quel momento evitai di pensare a ciò che era successo a prima mentre mi godevo il calore della sua mano e il suo sorriso.

Con dispiacere notai però che c’erano alcuni studenti che ci guardavano storto mentre percorrevamo quel poco che distava dall’aula alla mensa e ciò mi dava fastidio.

Avevo paura che quegli sguardi potessero dar fastidio o crear problemi a Gerard.

“Scusa tu, hai qualche problema?” Chiesi bruscamente ad un ragazzo che si era fermato per indicarci ad un suo amico.

Vidi con la coda dell’occhio Gee guardarmi spaventato, probabilmente non si era accorto di nulla.

Il ragazzo mi guardò e poi scosse la testa, riprendendo a camminare velocemente, semvrava quasi avesse paura di me.

Ero fiero di ciò che avevo fatto, non avrei mai permesso a nessuno di guardarci in quel modo.

Noi eravamo speciali, dopotutto. 

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