Eravamo così giovani.

di lamogliediPaddy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nino ***
Capitolo 2: *** Michele detto Portone ***
Capitolo 3: *** Vittorio, due tacche sulla pistola ***
Capitolo 4: *** Senza fare una piega ***
Capitolo 5: *** La rabbia è parte della vita ***
Capitolo 6: *** Tempo di attese ***
Capitolo 7: *** Un sorriso smagliante ***
Capitolo 8: *** La veglia ***
Capitolo 9: *** Il funerale ***
Capitolo 10: *** I fatti ***
Capitolo 11: *** Piove ***
Capitolo 12: *** Reparto stampa ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Nino ***


Marzo, 1921.

 

Nino Tavassi ha messo un grosso biscione d'acqua nel letto del prevosto, il quale si è spaventato come se l'innocuo seprentone fosse stato una vipera ed è corso fuori dalla canonica urlando e chiedendo aiuto. Uno scherzo di cattivo gusto e tutto sommato stupido, specialmente di questi tempi, che però ha fatto il giro del paese in un lampo, suscitando nella maggioranza dei paesani la medesima reazione: cal fioeu lì l'è propi un oss da mort!*

Fioeu perché il Nino Tavassi effetti ha solo diciassette anni ed è il figlio più piccolo di un operaio vedovo. A quindici anni il padre lo ha mandato a fare il garzone di bottega da un pasticciere milanese ma il Nino è tornato dalla grande città dopo neanche un anno, più spaccone di prima e per di più socialista. Ufficialmente il suo ritorno è dovuto al cambio di gestione della bottega ma la leggenda vuole che il padrone l'abbia sopreso con la moglie. Un racconto credibile: il minore dei Tavassi è belloccio (avendo ereditato i colori chiari e i capelli ramati della madre), ha la lingua lunga e un buon carattere.

Ma a volte non gli gira giusta dentro quella sue testa, e allora inzia a fare troppo le scherzatore**, e qualche volta capita anche che vada a pungere la persona sbagliata (come Vittorio, che gliel'ha giurata) o che lo scherzo gli sfugga di mano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

* Quel ragazzo è proprio una testa di. Dal dialetto lombardo.

** Chi prendere spesso in giro gli altri, sopratuttutto in modo sarcastico o esagerato. Idem come sopra.

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Capitolo 2
*** Michele detto Portone ***


Michele Laporta ha vent'anni ed è il maggiore dei due figli del sarto, da bambino i compagni di gioco gli hanno affibbiato lo stupido soprannome di "Portone", a causa della sua corporatura robusta, e tale nomignolo gli è rimasto appiccicato addosso. Parla poco e scherza ancora meno, è un carattere schivo e ombroso che nessuno sa spiegarsi: il padre è un uomo cordiale e la madre una donnetta gentile e senza stranezze, mentre la sorella minore è una ragazzina sorridente come tante. Eppure, secondo i parenti, non è sempre stato così: era un bambino così giocherellone! Si vede che è l'età! E concludono affermando che dopo aver fatto la morosa si tranquillizzerà.

In realtà Michele non è tanto schivo e riservato quanto piuttosto arrabbiato e risentito, e questo perché suo padre vuole passargli il mestiere e assicurargli un futuro. Ma il sarto è un mestiere di merda: ti fa sputare l'anima e perdere la vista e il guadagno non risarcisce né l'una né l'altra. Il Laporta genitore non fa che ripetere di essere soddisfatto di sé e del suo lavoro onesto, grazie al quale può dare un tetto e del pane alla sua famiglia, e passa il suo tempo libero in chiesa o all'oratorio, insieme alla brava gente come lui.

Michele ritiene che il tetto che li ripara sia scadente e brutto: vivono in uno squallido cortile insieme ai Tavassi e ai Codoni, paludoso in inverno e polveroso in estate. Se questo è ciò che si ottine dopo una vita di lavoro onesto... Non ne vale la pena.

Lui avrebbe preferito tentare la fortuna a Milano, come garzone di bottega o come operaio in una vera fabbrica moderna (non uno di quei capannoni in miniatura dove lavora il Codoni). Ne aveva parlato aVittorio e lui, attraverso i suoi genitori, gli aveva fatto un paio di proposte allettanti ma suo padre ha urlato e strepitato fino a farlo rinunciare. Da quel giorno ha iniziato  a odiarlo in modo silenzioso ma costante, aspettando una nuova occasione di fuga.

E questo è uno dei motivi per cui vorrebbe spaccare la faccia sorridente del Nino: lui aveva avuto la possibilità di scappare ma era tornato indietro. Gli altri motivi sono che è un socialista e che ha preso per il culo Vittorio.

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Capitolo 3
*** Vittorio, due tacche sulla pistola ***


Vittorio e Michele hanno la stessa età, la stessa altezza e sono entrambi fascisti; le somiglianze finiscono qui. Vittorio infatti è tutt'altro che robusto: a quindici anni ha avuto la pleurite e anche se si è ripreso bene non può fare sforzi troppo gravosi, senza contare la tosse secca che non lo ha mai abbandonato e che si fa più insistente nei momenti in cui è particolarmente entusiasta o nervoso. Perciò spesso: è una personalità esaltata e un po' isterica, che alterna ciclicamente periodi di fervore a fasi più letargiche e pigre. È anche l'oratore più gettonato (e violento) dei raduni locali del fascio, il capo della squadra di camicie nere, il segretario di sezione e l'eroe di Michele. La bella villa in cui vive con in padre avvocato e la madre che insegna inglese confina col cortile dei Laporta, così i due bambini hanno trascorso l'infanzia giocando insieme.

È stato lui a pagare a Michele il suo primo giro al casino (consideralo il mio regalo di compleanno per i tuoi diciotto anni) e fargli vivere il suo "battesimo del fuoco" (avvenuto durante una delle prime spedizioni delle squadre del Forni*).

Michele gli è grato per averlo coinvolto nella sua attività politica, per avergli dato una nuova prospettiva futura e delle nuove aspettative, e per avergli fatto vivere esperienze che la sua incolore famigla non poteva offrirgli o che non approvava: una serata a teatro, una gita al mare...

Vittorio ricambia l'affetto di Michele (anche se in modo meno sfrenato) ed è affabile con i parenti e gli amici più stretti ma la parte violenta del suo carattere rimane dominante: solo i suoi camerati lo sanno, ma all'età di ventidue anni ha già due tacche sulla pistola.

 

 

 

 

 

 

 

* http://it.wikipedia.org/wiki/Cesare_Forni

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Capitolo 4
*** Senza fare una piega ***


Quando Nino e il Codoni finiscono di lavorare non è ancora buio ma è già ora di cena ed è sceso il fresco della sera, perciò si affrettano a tornare. Nino cammina fumando e guardandosi intorno anche se le strade sono deserte mentre il Codoni, che è miope e fatica a distinguere gli oggetti lontani, procede a testa bassa fissandosi la punta delle scarpe. La moglie e le figlie lo criticano sempre per questa abitudine, dicendogli che sembra uno scemo e che rischia di andare a sbattere contro muri e persone, o magari di farsi tirare sotto da un carro o un macchina. Camminado in quel modo ha anche lo svantaggio di capire in ritardo quello che gli succede intorno: come ora, quando sente il vicino di casa fermarsi di colpo.

Davanti al portone ci sono il figlio del sarto e Vittorio e stanno evidentemente aspettando loro. Nino riprende a camminare e il Codoni pure, cercando di darsi un contegno e vedendo con sollievo che nessuno dei due è in camicia nera. Michele li saluta con un cenno, Vittorio dice buonasera a invita Nino a seguirlo: solo due parole. Il ragazzo annuisce.

Il Codoni è miope, ma non tanto da non notare la pistola nella tasca del figlio dell'avvocato. Per un attimo pensa di lanciarsi su Portone (che è robusto ma non più di lui) e urlare in modo da attirare l'attenzione del vicinato, ma non lo fa. È il padre di tre figlie femmine e il marito di una donna che ha appena sofferto un aborto, e che da sola non saprebbe e non potrebbe tirare avanti. Perciò lascia che i due si portino via il Tavassi e rientra in casa barcollando.

Sua figlia Liliana, la maggiore, è in cucina. Vedendo la sua faccia pensa che stia male e gli chiede se vuole dell'acqua, ma lui le dice che devono solamente parlare. Lei annuisce e gli chiede di aspettare: porta la minestra alla madre che è ancora a letto e dà alle sorelle minori il permesso di cenare sulle scale esterne, dove la gatta ha appena partorito. Torna in cucina, gli versa un bicchiere di vino e lo ascolta in silenzio e senza fare domande, senza fare una piega. Gli dice solo di stare calmo, di non dire niente a nessuno per nessun motivo e di non preoccuparsi: cosa vuoi che succeda.

La notte il Codoni non riesce a prendere sonno, così i colpi alla porta non lo svegliano. È il padre di Nino, che cerca il figlio che non è rientrato. Il sarto deve essersi affacciato alla finestra, lo sente chiedere spiegazioni. Mentre si alza dal letto per scendere in cortile la figlia Liliana lo intercetta lungo il corridoio, lo afferra per un braccio e senza dire nulla lo guarda in faccia, facendo segno di no con la testa.

 

Hai visto mio figlio? Non è tornato!!

No! Siamo usciti insieme dalla fabbrica, poi lui ha detto che andava a fare una cosa e ci siamo salutati.

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Capitolo 5
*** La rabbia è parte della vita ***


Due giorni dopo il Codoni si siede al tavolo della cucina e dice alla figlia che di Nino non si sa ancora nulla. Lei vorrebbe dirgli che del Tavassi se ne infischia proprio o addirittura che se ne fotte, se è vivo tanto meglio e se è morto tanto peggio. Ma non lo fa: primo perché una donna non può dire certe cose senza prendersi un ceffone, secondo perché la situazione richiede calma. Perciò si siede accanto al padre e cerca di rassicurarlo, dicendogli che il figlio del vicino è una testa matta e che magari se ne è partito per conto suo per una delle sue avventure, forse con qualche donna. Lui non deve assolutamente dire a nessuno cosa ha visto: come la prenderebbe la mamma, nelle sue condizioni, se la polizia o i fascisti venissero a casa a cercarlo? E se non lo lasciassero più lavorare, chi penserebbe a loro?

Liliana se ne fotte davvero del Tavassi, lei ha una madre convalescente e due sorelle a cui badare, una casa da pulire e pranzi e cene da preparare al padre che torna dal lavoro. E poi lo trova odioso con quella sua allegria perenne, i suoi scherzi, le chiacchiere sul socialismo e la sua libertà ostentata. Senza contare che una volta ha provato a baciarla, e quando lei lo ha respinto con una sberla si è limitato a sorridere dicendo: dai, fai la brava. Lei è corsa via e lui ha riso. Sua madre le ha detto che non era successo niente e che non doveva prendersela anzi, il Nino è un ragazzo che piace e poi l'ha sempre guardata. Buona parte delle ragazze del paese avrebbe voluto essere al suo posto.

Ma lei non ha nessuno intenzione di fidazarsi con uno così e passare la vita con le pezze al culo, mangiando corna e sfiancandosi di gravidanze. Se non può sposare un uomo che la possa mantenere decentemente preferisce restare da sola, lavorando per sé stessa senza essere la schiava di nessuno. L'unica persona con cui può parlare di queste cose senza essere accusata di cattiveria o pazzia è la sua amica Elisa, figlia unica di una lavandaia vedova e ragazza molto bella. Elisa è come lei, ha appreso subito la lezione della vita e ha agito di conseguenza: ha sempre curato più la sua bellezza che il resto e ha fatto in modo di farsi notare dal figlio del veterinario. Si è fidanzato giovanissima, a quattordici anni, e adesso che ne ha diciannove conta di sposarsi entro l'anno.

È stata lei a farle notare che anche Vittorio la guardava spesso e fare in modo che, durante la messa, lui e Michele fossero sempre dietro di loro. Si sono parlati solo un paio di volte ma lui è stato molto galante e serio, e le ha fatto capire di voler approfondire la conoscenza. Ed è anche per questo che lei non vuole assolutamente che suo padre faccia la spia: non vuole perdere un'occasione simile per colpa del Tavassi. Che si fotta.

 

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Capitolo 6
*** Tempo di attese ***


Aprile, 1921.

 

 

 

Non si hanno notizie di Nino Tavassi, nessuno ricorda di averlo visto o di averci parlato, né in paese né in città. Neppure i carabinieri che lo hanno cercato per un paio di settimane, hanno risolto niente. Il padre ha frugato tra le sue cose ma non manca nulla: i vestiti sono al loro posto, così come i soldi che teneva nascosti sotto una mattonella, e non ci sono lettere o biglietti o foto di ragazze; ora non riesce più a reprimere la sua paura più grande, e cioè che si sia fatto ammazzare. Nei momenti liberi si rifugia nella bottega del sarto, che lo consola come può e che sembra turbato quasi quanto lui.

 

Anche il Codoni è turbato e precisamente per lo stesso motivo del sarto: sia Michele che la sua Liliana hanno fatto comunella con quello che il paese sussura sia il responsabile dell'improvvisa sparizione del Nino, e cioè Vittorio il fascista. Ciò che il paese suppone lui sa, avendo assistito, e si sente doppiamente vigliacco: per non avere impedito la cosa e per non avere vietato alla figlia di vedersi con quel matto. Il sarto teme invece che il figlio sia complice di un omicidio, ed è paralizzato quanto lui.

 

Michele non è spaventato, pentito o altro: non è niente. Non sente niente o non gli importa nulla, si cura solo di tenere un atteggiamento indifferente e aspetta che tutto passi. Vittorio gli ha detto di fare così, e lui non ha motivo di fare diversamente. Le visite del Tavassi a suo padre lo lasciano indifferente: nessuno lo ha visto a parte il Codoni, che però è muto come una tomba. Sarà stata Liliana a dirgli di tacere. Lei e Vittorio si fanno vedere insieme sempre più frequentemente anche se lui ne parla poco: Michele, avrò bisogno di una moglie prima o poi. Conciato così, chi mi si prende?  Lui non è d'accordo e pensa che potrebbe avere sicuramente di meglio, ma non sono affari suoi. E poi Liliana ha anche dei lati positivi: non parla molto e non si intromette nelle attività politiche di Vittorio.


Come Michele anche Vittorio è tranquillo, si limita a buttare ogni tanto un occhio nel cortile sebbene non ci sia molto da vedere: i carabinieri non sono più tornati e il Codoni se esce di casa lo fa per entrare in quella del sarto... Liliana fa giocare le sorelle e stende i panni e i suoi capelli sembrano più chiari e più lunghi sotto il sole. Quasi sempre Michele gli fa un cenno con la testa, come a dire che è tutto regolare.

 

 

 

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Capitolo 7
*** Un sorriso smagliante ***


Pepi e Lothar, rispettivamente il farmacista e il suo vecchio bracco tedesco*, passeggiano per i campi come ogni domenica mattina. Il cane è il regalo di uno dei clienti più ricchi del negozi che dopo aver abbandonato la caccia ha deciso di disfarsi di tutta l'attrezzatura, cane compreso, regalandola al farmacista. Il quale ha preso l'abitudine di passare le sue domenica nella natura, sparando a quello che gli capita sotto tiro, ignorando le stagioni di caccia, gli acciacchi del cane e le prese in giro.

Poiché nella sua mente non esperta in materia un cane da caccia, avendo buon fiuto, è anche cane da tartufo non si preoccupa nel vedere Lothar abbaiare forsennatamenete e scavare nella terra anzi, è convinto che abbia trovato qualcosa di buono da grattare sul risotto.

Quando vede emergere dal terreno una matassa di fili castani, seguiti da una dentatura assolutamente smagliante attaccata a qualcosa di non meglio definito, la sua allegria svanisce di colpo lasciando posto al panico più puro. E alle urla, le quali attraggono altre persone che a loro volta iniziano ad urlare.

E in meno di un'ora si diffonde in paese la notizia che hanno trovato il cadavere di Nino Tavassi.

Il Tavassi padre si sente male nella bottega del sarto, mentre il Codoni chiede alla figlia di portargli dell'acqua. Liliana non dice nulla, è impallidita ma è molto calma. Michele è a pranzo con Vittorio e la sua famiglia e capisce cosa è successo dal trambusto che viene da oltre la siepe, ma l'amico gli stringe la mano e gli dice in un orecchio di stare tranquillo, che hanno bisogno di lui per le elezioni** e che va tutto bene. Michele non lo mette in dubbio.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

* http://it.wikipedia.org/wiki/Cane_da_ferma_tedesco_a_pelo_corto

** http://it.wikipedia.org/wiki/Elezioni_politiche_italiane_del_1921

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Capitolo 8
*** La veglia ***


È notte fonda ma nel cortile quasi nessuno sta dormendo, riposano la madre convalescente di Liliana e i bambini, che ancora non sono in grado di capire.

La casa dei Tavassi è aperta, dentro ci sono gli amici del morto e del padre che sono venuti a portare conforto, mentre sulle scale c'è un capannello di uomini che fumano e parlano animatamente: è il primo morto assassinato del paese e il sospetto che sia stato un omicidio politico agita tutti quanti.

La casa dei Codoni è immersa nel silenzio: Liliana è sgattaiolata di nascosto nel giardino di Vittorio insieme a Michele, mentre suo padre è seduto al tavolo della cucina buia, sprofondato nei suoi pensieri. La certezza di essere l'unico testimone di un delitto ha portato con sé la paura di poter finire come il povero Nino (di cui ha visto il cadavere rinsecchito) nel caso di una confessione, e la conferma dei suoi sospetti verso la figlia: pensava che fosse una donna dura e ha mostrato di esserlo. Ma lui non confesserà mai nulla e non impedirà a Liliana di sposare Vittorio per due motivi: Nino non tornerebbe indietro e sua figlia non diventerebbe una persona migliore. Se vuole andare al Diavolo che vada, da oggi non è più affar mio.

Anche i genitori di Michele sono seduti al tavolo della cucina, hanno acceso la lampada ma l'hanno velata per non disturbare il sonno della figlia. Lui si gira tra le mani un pezzo di pane, lei piange mentre beve una camomilla: dopo tanti anni hanno parlato faccia a faccia come quando erano appena sposati e non c'erano bambini davanti a cui censurare i propri discorsi. Entrambi hanno visto il cadavere del piccolo del Tavassi e ne hanno avuto più pena che schifo, lo hanno tenuto sulle ginocchia da bambino e ci hanno parlato fino a poche settimane prima. Ma non è per lui che piangono, è per Michele. Lui pensa che siano degli idioti o dei ciechi ma loro sanno benissimo cosa fa quando sparisce insieme a Vittorio e ai suoi compari per giorni e notti intere, e sanno altrettanto bene che se il Tavassi è stato ammazzato lui ha visto o peggio, ha fatto. Per questo piangono, perché per loro un figlio assassino è un figlio morto e questa notte è una notte di lutto anche per loro.

Liliana fuma seduta tra Vittorio e Michele, ancora agitata ma molto più ottimista dopo che le hanno raccontato tutto: Dio che storia scema. Tutti credono che sia stata una tragedia ed invece è stata una cosa stupida. Che cosa scema è la vita!

Vittorio guarda nel vuoto e tossisce ogni tanto: la notte è ancora fredda e i suoi polmoni non rispondono bene come quelli della fidanzata, che fuma tranquillamente e ha le mani tiepide, mentre le sue sono gelide. Michele gli offre la sua giacca e lui l'accetta controvoglia, non gli piace che l'amico si prenda certe libertà davanti a Liliana. È irritato dal freddo e da tutta la faccenda, che fortunamente sta per concludersi con un funerale e un po' di chiacchiere.

Michele fissa alternativamente Vittorio, Liliana e il terreno. È agitato ma non troppo, è fiducioso ma non troppo, vorrebbe tornare a casa ma allo stesso tempo teme il momento in cui dovrà rivedere i genitori. Liliana comunque lo ha rassicurato in proposito: Adesso sono scovolti e ti saranno ostili, ma sono pur sempre i tuoi genitori, ti basterà parlarci e fare il figliol prodigo. Vittorio tossicchia e tace e la cosa, in questo particolare momento, lo ferisce.

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Capitolo 9
*** Il funerale ***


Due settimane più tardi.*


L'avvocato Romagnoli ha pagato le spese per il funerale e per la lapide, ed è lui che sta facendo la bellissima orazione funebre di Nino. La gente da per scontato che l'abbia fatto in quanto ex deputato socialista e conoscente del ragazzo, ma c'è un motivo ulteriore di cui lui ha preferito non parlare: sente di avere una grossa parte di colpa in questa morte.

Nino bazzicava la sede del partito ed è lì che l'avvocato lo ha conosciuto: trovandolo più arguto e intelligente degli altri ragazzotti cenciosi del paese ha iniziato a prestargli libri e a portarlo con sè ai comizi, facendone una sorta di aiutante e istruendolo. Uno dei progetti dell'avvocato era quello di raccogliere una serie di testimonianze sulla violenze dei fascisti e di pubblicarle insieme ad un suo articolo introduttivo. Il compito di Nino era quello di guardarsi intorno, raccogliere qualche informazione e scrivere una bozza, facendo attenzione sopratutto a quel bell'elemento del Vittorio. Che però doveva essersi accorto dei suoi movimenti.

Mentre la bara del Tavassi sfila per le vie del paese seguita da svariate bandiere rosse, una folla abbastanza numerosa e una pattuglia di carabinieri, il sarto fuma seduta al tavolo da lavoro. Il funerale non ha potuto tenersi che dopo due settimane, perché la polizia ha dovuto trattenere il cadavere per esaminarlo, e lui ha fatto in tempo a cucire un abito nero per il ragazzo. Era una richiesta dell'avvocato Romagnoli e lui aveva accettato (era disposto anche a farlo gratuitamente) ma non era sicuro che sarebbe servito a qualcosa visto quanto il cadavere era sconciato. Comunque cucirlo non era stato né bello né facile, e non gli erano rimaste abbastanza energie per affrontare il funerale. Neppure suo figlio Michele era uscito di casa ma si era limitato a camminare nervosamente per la casa fin dalla mattina, nervoso e spaventato come un animale in gabbia. Per quanto si sforzi di apparire indifferente e padrone di sè agli occhi degli altri, lui non può fare a meno di percepire il suo cieco panico da bestia braccata: e questo conferma i suoi sospetti come i verbali di polizia non potranno mai fare. Pur essendo solo un povero sarto che non ha mai studiato, o girato il mondo, sa bene che solo chi ha fatto qualcosa di male vive nel terrore nonostante non ci sia nulla a minacciarlo.

Liliana non ha seguito il corteo funebre fino al cimitero, ma ha assistito al passaggio del feretro dalla finestra della casa di Elisa. L'amica le ha fatto notare che la bara era roba di lusso (era visibile in quanto portata a spalla) e che il deputato davvero non aveva badato a spese: si vede che gli si era proprio affezionato. Lei non le ha risposto perché un improvviso groppo allo gola glielo ha impedito: il ricordo di Nino morto mescolato a quello di Nino vivo. E improvvisamente ha paura di aver sbagliato qualcosa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

* Sinceramente non so quali fossero le tempistiche della medicina legale del 1921, ma dato che non c'erano né le tecnologie di ora né un vero interesse a indagare sul caso credo che un paio di settimana potessereo bastare. Idem per il vestito.

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Capitolo 10
*** I fatti ***


Marzo 1921, il giorno che è sparito Nino Tavassi.



Il sarto ha saputo dalla sua domestica che il minore dei figli del Tavassi, quell'osso di morto del Nino, andava in giro chiedendo alla gente cosa pensava del figlio dell'avvocato e se era vero che aveva ammazzato due persone. Anche lui aveva sentito certe voci su un capolega a cui aveva sparato sulla porta di casa e su un tale di Milano, il cui cadavere era stato trovato che galleggiava sul naviglio, ma non cio aveva dato peso: Vittorio era un buon cliente, un ragazzo troppo giovane, ricco e vanesio per mettersi ad ammazzare. Certamente la politica gli interessava, ma per far carriera. Ritenendolo un innocuo damerino gli ha riferito le voci sul suo conto e sul Tavassi...

Vittorio ha chiesto a Michele di accompagnarlo, assicurandogli di non voler alzare le mani su uno del paese (per non ingigantire la cosa) e di aver portato la pistola solo per scena. Vuole solo parlare con Nino, farlo ragionare, insinuare qualche velata minaccia e chiudere al più preso la questione. Michele ha detto di non avetre nulla in contrario e ha proposto di aspettare il piccolo bastardo alla sera, al rientro dal lavoro, per non dare spettacolo in pieno giorno. Così hanno fatto: lo hanno attesso, hanno congedato il Codoni che era con lui e lo hanno invitato a seguirli dove sono ora, cioè all'imbocco del paese, tra una chiusa e un boschetto di pioppi.

Michele tace: la conversazione si svolge tutta tra Vittorio e Nino, prima in sordina e poi sempre più violenta. È evidente che Nino è ancora solo un ragazzino, perché appena gli torna il coraggio inizia a prendere in giro Vittorio, fa del sarcasmo ingenuo ed è spavaldo: oooh ma non mi fai paura! Non ho paura di te hai capito? Non puoi farmi niente, senza pistola non vali niente e hai le mani da donna! Vittorio perde le staffe e gli tira un ceffone, Nino fa per reagire quando Michele si frappone tra i due gli tira un pugno in faccia.

Non un pugno tanto forte da causare più di un semplice livido, ma abbastanza forte da fargli perdere lo slancio e farlo cadere facendogli sbattere la testa contro una pietra miliare. Si sente un rumore di qualcosa che si crepa: Nino spalanca gli occhi e prova a rialzarsi, ma dopo qualche istante di convulsioni resta immobile.

Michele è agghiacciato: ha seguito Vittorio nelle sue spedizioni ma non ha mai ammazzato nessuno e questa è la prima volta che vede un morto da vicino. Come in trance fa due passi indietro per sedersi a terra ma gli cedono le ginocchia, e senza neanche accorgersene vomita.

Vittorio, che i camerati chiamano con rispettosa goliardia Due tacche, capisce subito due cose: che l'ora e il luogo sono dall loro parte, e che devono sotterare il corpo prima possibile.

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Capitolo 11
*** Piove ***


Liliana ha passato il pomeriggio dalla sarta insieme a Elisa: Vittorio le regala un vestito per andare a ballare, e vuole che sia lei a scegliere colore e modello. Piove da quando sono uscite ed essendo quasi sera è anche buio, il che è un bene perché possono fumare nascoste all'ombra del portone: le ragazze non dovrebbero fumare, ma Elisa ruba le sigarette al fidanzato e a Vittorio non infastidisce che lei lo faccia di nascosto. È proprio lì che Nino aveva cercato di baciarla. Adesso che è stato sepolto da un po' e che le acqua si sono calmate non le importa di pensare a lui...


Eravamo qui quando Nino ha provato a baciarmi...

Mavà? Era carino, peccato sia morto. Ma la vita è proprio strana: qualche mese fa sapevo a memoria com'era fatto, e adesso non mi ricordo più quasi che faccia avesse. E anche lì, un gran casino quando è morto!, e invece è scoppiato tutto come una bolla di sapone... Farsi ammazzare da un mendicante, solo lui poteva. Chissà perché si era fissato di andare a tampinare quella gente.

Era un socialista...

Mah... per me gli piaceva l'avventura più che altro. Se si è attaccato alla politica è perché ha trovato l'avvocato. Gli è andata male però...

Peggio che peggio.

Mi spiace per il padre, l'ha presa malissimo. Per me non si riprende più. Ha gli altri figli ma si vede che non è la stessa cosa...

Cosa vuoi farci?

Niente! Chi muore è morto e gli altri mangiano più forte ahahaha Tirerà avanti come tutti noi. 

 

Anche l'avvocato Romagnoli sta pensando a Nino; la polizia ha liquidato la sua morte come la conseguenza di una rapina finita male: i soldi della paga erano spariti dalle tasche del morto e tutti sapevano del suo vizio di attaccare bottone con i mendicanti e in genere delle sue cattive frequentazioni. Lui sa che non è così, sa che è una ricostruzione insensata e frettolosa così come sa che se c'è un responsabile quello è Vittorio, ma la mancanza di prove lo rende impotente. Lo paralizza e lo innervosisce anche perché fa vacillare le sue certezze e lo fa dubitare... Poi c'è sua moglie che è irritata dai suoi pensieri: detestava Nino da vivo e lo detesta anche da morto, perchè ruba tempo al marito che ne ha già così poco e ancora meno ne dedica alle figlie, perché sono femmine...

Il sarto e il Codoni non credono alla storia del mendicante, ma non ne parlano: entrambi sanno di sapere e questo basta. Uno cuce e l'altro pensa a lavorare e alla moglie, che nel frattempo si è quasi rimessa e presto tornerà a curare la casa, lasciando Liliana libera di godersi il fidanzamento.

Il padre di Nino fa come ha detto Elisa: lavora, bada ai figli, piange quando è solo e nel complesso tira avanti.

Il paese parla e mormora, ma la maggior parte delle persone si allinea con la storia della rapina per quieto vivere o perché la vita quotidiana è troppo dura per perdersi in pensieri ed elucubrazioni. Qualcuno inizia genuinamente a crederci: in fondo il ragazzo era un po' scapestrato...

Michele e Vittorio pensano a tutt'altro: mancano pochi giorni alle elezioni.


 


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Capitolo 12
*** Reparto stampa ***


28 dicembre 1922*

 

La mattina il Consiglio dei Ministri ha approvato il progetto che prevede la creazione di una Milizia Volontaria per la Sicurezza nazionale**: così verrà tramutata in fatti l'esigenza di inquadrare le squadre d'azione in un corpo statale definito.

Per festeggiare l'evento il deputato eletto nei Blocchi Nazionali*** anche grazie a Vittorio, e successivamente ancora deputato del governo Mussolini, ha invitato a cena amici e camerati. Vittorio è in macchina con lui: il ristorante è un lussuoso locale di Milano ed è richiesto l'abito scuro. Il viaggio si svolge silenziosamente e in un'atmosfera quasi irreale: l'autista è solo una sagoma indistinta oltre il vetro, la campagna prima nella luce del tramonto e poi nel buio sembra più cupa e gelida di quanto non sia davvero. Si avverte nell'aria un indistinto ma tangibile senso di minaccia, come se improvvisamente tutte le creature nascoste sotto il fango ghiacciato si fossero risvegliate e messe in agguato.

Questo senso di oppressione però scompare come se non fosse mai esistito quando entrano in città, e ci sono persone e luci. Vittorio guarda rapito dal finestrino: non è certo la prima volta che mette piedi in una città di sera, ma non gli era mai capitato di farlo per festeggiare un evento che lo coinvolgesse o di cui non fosse che un vago spettatore. Il ristorante è molto bello, il loro tavolo si trova in una zona riservata, accanto a una vetrata che da su un giardino illuminato.

Lui è alla sinistra del deputato: viene presentato ai colleghi del suo ospite e salutato dai conoscenti. L'agitazione nervosa che hanno accumulato nei mesi precedenti si scioglie e si trasforma in euforia, tutti ridono e parlano a voce altra, si brinda. Il cibo è ottimo ed essendo una tavolata di soli uomini ci sono anche il vino e lo spumante, sembra che l'alcol non debba finire mai. Gli invitati fumano tra una portata e l'altra: con lo stomaco e i polmoni saturi Vittorio inizia a sentirsi storidto e il familiare formicolio alla base della gola lo avverte che sta per arrivare un attacco di tosse. Non può fare altro che alzarsi e andare in giardino a riprendere fiato, e poi farsi portare dell'acqua.

Una volta fuori si accorge che il palazzo è in realtà anche un albergo e che il giardino è molto grande, infatti oltre alle aiuole illuminate c'è anche un ampio roserto sul retro, e della panche di marmo, dove si siede. Estrae dal capotto il portasigarette: ha il dorso lucido come uno specchio e ci vede il suo riflesso, pallido e con gli occhi rossi e cerchiati. Forse è solo la luce a farlo sembrare così spettrale. Non può fare a meno di pensare a quanto la via sia banale nelle sue contraddizioni: Michele era sano ed è morto, lui è malaticcio e probabilmente scamperà fino quasi alla vecchiaia. Era stato uno dei diecimila uomini mobilitati dal Partito per occupare Parma dopo il grande sciopero****: lui era impegnato a Milano e non era andato, ma Michele si era detto entusiasta di partecipare ad un'azione così importante. Si era beccato una pallottola nella gamba quasi immediatamente: non sembrava una ferita grave, ma in qualche modo era sopravvenuta un'infenzione che lo aveva ucciso ai primi di settembre. Il giorno della morte lui era a Roma col deputato ma Michele si era fatto portare un telefono e lo aveva chiamato: non aveva detto mai a nessuno il contenuto della telefonata, che lo aveva turbato al punto da togliergli il sonno per un paio di settimane.

Quando il deputato esce a cercarlo lo trova seduto con i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani: è l'unica posizione in cui riesce a contrastare la nausea. Gli si siede accanto e gli massagia la schiena: è abituato ai suoi malori e ha imparato a non dar loro troppo peso.

 

Hai bevuto, o è stato il fumo? Sai che non puoi fumare! Dovresti fumare di meno. Puoi alzarti? No? Sarebbe meglio rientrare, fa freddo qui. Comunque è stata una bella serata. Una bella vittoria! Prima si parlava di dotare la Milizia di un reparto stampa... Ho pensato a te. Hai lavorato bene per la mia campagna elettorare, e ancora meglio dopo ottobre*****... Potresti, in futuro, fare...

 

Il resto del discorso va perduto... Gioia, paura e malessere fisico si fondono in un'unica, fortissima, ondata di nausea e Vittorio non può fare a meno di vomitare: non si rende conto di stare anche piangendo. Sente solo una braccio intorno alla vita e una mano sulla fronte, e una voce che lo avverte di non vomitarsi sulle scarpe.



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

* http://it.wikipedia.org/wiki/Milizia_Volontaria_per_la_Sicurezza_Nazionale

** idem.

*** http://it.wikipedia.org/wiki/Elezioni_politiche_italiane_del_1921

**** http://it.wikipedia.org/wiki/Fatti_di_Parma

***** Marcia su Roma: 28 ottobre 1922. Se siete arrivati fin qui probabilmente sapete già cosa sia!


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Capitolo 13
*** Epilogo ***


Settembre, 1941.

 

Il cortile dove abitavano i Tavassi, i Codoni e i Laporta viene venduto a uno di fuori, che fa buttare giù le vecchie case e ne costrusice di nuove.

Il Tavassi ha lasciato il paese con i figli rimasti nel 1925 e nessuno sa con precisione cosa sia stato di lui: era rimasto in contatto con la famiglia del sarto, ma anche loro sono andati via: hanno raggiunto in veneto una parente per lavorare con lei in un caseificio. Sono tornati in paese poche volte, per visitare la tomba di Michele, ma ora inviano dei soldi al custode perché se ne occupi lui.

I Codoni sono rimasti in paese anche dopo il matrimonio della figlia Liliana, spostandosi semplicemente in una casa più piccola ma con un modesto giardino che viene usato come orto.

Il deputato socialista che aveva parlato al funerale di Nino ha lasciato perdere la politica e fa semplicemente l'avvocato. È lui che si occupa della tomba del ragazzo, è l'unica concessione che ha fatto alla sua vecchia passione. Inoltre lenisce i suoi sensi di colpa.

Liliana vive in Svizzera con i due figli avuti da Vittorio e il nuovo marito, un commerciante di mobili. Non si interessa più di politica, ha dimenticato i fatti precedenti il primo matrimonio e si limita a pensare al marito morto con tenerezza. Medita di richiamare i genitori e le sorelle accanto a lei, ora che c'è il rischio di una guerra.

Vittorio è morto nell'inverno del 1939: i suoi polmoni non hanno retto all'ennesima infreddatura. È morto in ufficio, come aveva sempre segretamente sperato: il dottore ha detto che non ha sofferto molto, ha tossito sangue e poi semplicemente ha perso conoscenza. Si può dire che abbia avuto una vita felice: una bella moglie, due figli sani e una lavoro che amava immensamente. Il deputato che lo aveva aiutato all'inizio della sua carriera lo ha pianto molto, e ha fatto in modo che in paese gli venisse intitolata la scuola d'infanzia.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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