Radio killed the video star.

di Brabbuzzibunzi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risvegli e inizi. ***
Capitolo 2: *** Ruoli e divanetti d'oblio. ***
Capitolo 3: *** Buona la prima. ***
Capitolo 4: *** Ghigliottine. ***



Capitolo 1
*** Risvegli e inizi. ***


In un vecchio palazzo quella mattina, il sole che entrò nella finestra più alta del condominio illuminò un ragazzo che avvolto nelle coperte, non aveva la minima intenzione di alzarsi. Ma la sua sveglia suonava insistentemente. La mano del ragazzo iniziò a cercarla tastando il comodino, quando si impigliò in qualcosa che non era decisamente la sua sveglia, ma somigliava molto di più ad una trappola per topi. Lanciò un urlo sommesso imprecando e la sveglia accanto a lui che ormai suonava da più di un quarto d’ora venne violentemente scaraventata a terra dal ragazzo spazientito. Dimenticava ogni volta di eliminare le tracce dei suoi magnifici scherzi. A quel punto, consapevole che il buongiorno si vede dal mattino, decise che era il momento di alzarsi, dato che anche posticipando la cosa la giornata non sarebbe migliorata di molto. Si passò la mano dolorante tra la castana cresta malconcia della serata precedente e afferrò il cellulare cominciando assonnato a premerne i tasti. Così cominciò la scombussolante giornata di Matthew McKeegan.


Quello stesso sole fece aprire gli occhi ad un secondo ragazzo che spaesato si guardava attorno accorgendosi della presenza di una ragazza nel suo stesso letto, malgrado non si ricordasse né che diavolo fosse accaduto la sera prima né chi diavolo fosse lei. In quello stesso istante il suo cellulare segnò con un irritante suoneria l’arrivo di un messaggio che, per strana coincidenza, era del suo migliore amico. 

sai che questa mattina è stata data per dispersa  
la ragazza della festa di Anderson? l'ho vista ieri sera con te, scommetto che è nel tuo letto e non sai neanche come sia chiama.
in ogni caso muovi il culo, è tardi.
ps. lucy 

Tutto sommato, per un messaggio di Matt a quell’orario, era decisamente dolce. 
Ed effettivamente era parecchio tardi, così in preda al panico e non sapendo come liberarsi di lei nel minor tempo possibile, prese la prima maglietta dal mucchio sulla sedia e gliela infilò mentre lei mugugnava tenera. 
- Ehi Lucy... - 
Lei rispose con un sorriso assonnato.
- ti ho chiamato un taxi che ti aspetta già da un po’-
Il sorriso si tramutò in una smorfia confusa, ma prima che potesse rendersi conto di quello che stava accadendo, il ragazzo dai capelli verde acceso la prese in braccio dolcemente e aprendo la porta di casa la rimise a terra dandole un ultimo bacio sulla fronte e richiudendosi la porta dietro.
Lucy aspettò interdetta un taxi che non sarebbe arrivato mai.
Così cominciò la frenetica giornata di Phil McNeil.


Il solito sole però non ebbe la fortuna di svegliare la bellissima ragazza bionda che giaceva in un sontuoso letto dalle lenzuola di seta, ma venne rimpiazzato da un puntuale maggiordomo. Lentamente, dopo essersi alzata, andò a fare colazione, cosa che gli altri due non concepivano neanche. Sempre con la solita calma che si poteva permettere, cominciò la piena giornata di Liz Colemann.


Un’altra persona intanto si era già alzata, e con espressione annoiata, ignorava le continue proteste della madre.
-Per favore, ti chiudi in casa e ti annoi tutto il giorno?
-Hai finito le battute? Stai ripetendo la stessa cosa da dieci minuti-
-La ripeto perché tu dai sempre la stessa risposta-
-Beh non cambierà di certo se fai sempre la stessa domanda- continuò lui.
La madre prese un gran respiro e si sedette mogia -Te lo dico solo perché ti vedo così freddo di questi tempi, lo sai che non voglio costringerti a fare nulla-. Il ragazzo biondo davanti a lei non rispose.
La donna gli porse dolcemente un foglio, smuovendolo più volte per incitarlo a prenderlo. Alla fine il ragazzo si arrese e mise il foglio nello zaino.
-Direi che puoi subito escludere il corso di ballo- disse lei allegra mentre il ragazzo apriva la porta di casa.
Lui cercò di non darle soddisfazione ma alla fine gli scappò un sorriso. Per la prima volta in quella settimana risero insieme. 
Così, cominciò la scontrosa giornata di Glenn Adams.


Il risveglio della quinta ragazza non fu dei migliori anche perché non avvenne proprio. Infatti aveva passato la notte in bianco per via della tinta per capelli che, uscendole male e lasciando i suoi capelli corti di un colore non ancora da lei identificato tra il blu e il verde, la stava facendo impazzire. Osservava allo specchio con occhi critici la sua chioma cercando di sistemarsi. Alla fine stufa di faticare senza ottenere alcun risultato, li raccolse in uno chignon e optò per un trucco pesante che potesse nascondere o almeno oscurare in parte il danno.
Così, cominciò la stravagante giornata di Kathleen Moore.
 

Ma alla fine dopo questi numerosi risvegli chi in motorino, chi in skate, chi in auto, chi in un affollato bus raggiunsero tutti lo stesso edificio scolastico. 

E parecchie ore dopo in un’immensa sala aveva luogo un’accesa discussione, animata da urla e insulti.
-Insomma pare solo a me un comportamento irrispettoso?!- chiese arrabbiato il capitano della squadra di football che occupava la palestra.
-Udite udite, Matthew McKigan che prende qualcosa sul serio! Sicuro di sentirti bene?- fece scontroso un ragazzo del gruppo.
-A me sembrate voi quelli che non stanno prendendo troppo sul serio la faccenda- ribatté lui contenendosi.
-Parla quello che fa battute anche ad un funerale! Sappiamo bene tutti e due che se una squadra va a catafascio è colpa del capitano!- continuò l’altro puntandogli il dito contro, che a quanto pare aveva il contenersi all’ ultimo posto nei suoi pensieri.
Matt restò senza parole.
-Ah bene, ora è colpa mia- riuscì a dire rendendosi conto dell’assurdità della situazione.
-Sei sordo McKigan?- chiese ridendo John.
-Sapete cosa vi dico? Voi e le vostre scuse siete tanto bravi da soli no? Non avrete di certo bisogno di me- disse prendendo lo zaino -anzi voglio proprio vedere come ve la caverete alle finali-.
-Vuoi dire che siamo perduti senza di te?-
-Oh, ma come potrei mai dire una cosa del genere?- chiese Matt avvicinandosi al ragazzo davanti a lui.
-Ora avete Lowell che vi guida, siete tutti a cavallo!- continuò allegro dandogli due sonore pacche sulle spalle.
Un altro ragazzo azzardò un gemito contrariato, ma fu subito ammutolito dallo sguardo di fuoco di Lowell. Matt si fermò e li guardò tutti un ultima volta, uno ad uno.
-E come posso notare, nessuno ha niente in contrario-.
La sala restò in silenzio, non perché non avessero nulla da dire, ma perché di cose ce n’erano fin troppe, non risolvibili in un battibecco da palestra, e non risolvibili di certo con un altezzoso John Lowell a governare la situazione. Matt sorrise amareggiato di fronte a quelle persone in cui aveva creduto tante volte, ora così codarde da non riuscire neanche a fronteggiare un giocatore pieno di sé, che stava cacciando il loro capitano.
-Beh, buona fortuna gente- disse mentre si avviava verso un’uscita dalla quale non aveva intenzione di rientrare per un bel po’.
-Illuminaci McKigan - urlò un John divertito per far arrivare la sua voce a Matt che apriva la porta – ora che non hai più il football ti dai all’ippica?-. Scoppiò in una risata fragorosa.
Sul volto di Matt si allargò un sorriso divertito. – Io non ho più il football?? Io posso fare tutto quello che voglio, siete voi quelli nella merda fino al collo! – urlò di rimando chiudendo la porta dietro di se.
In un certo senso fu liberatorio, anche se era nella squadra di football da oltre un anno. Ma d'altronde se non lo volevano, peggio per loro.
Si ritrovò fuori dalla palestra, senza più la sua squadra, senza un club da frequentare, senza soldi, affamato, con un immensa voglia di partire per una sperduta città dell’Africa dove nessuno l’avrebbe disturbato per il ventennio a venire. Per di più aveva il cellulare scarico, senza credito, e tutta un'altra serie di sfortune che ti fanno desiderare viaggi in località sperdute.
Tuttavia non si perse d’animo e convincendosi che restando lì fermo non avrebbe migliorato di molto la situazione, si incamminò nel lungo corridoio che collegava la palestra all’uscita della scuola.   

-Che ci fa Matthew McKigan in solitario?- chiese una voce familiare dietro di lui. Era Liz Colemann, rappresentante d'istituto, organizzatrice di attività e robe varie.  
- Che ci fa Liz Colemann girovagando qui a quest’ora?- rispose lui andandole in contro sospettoso.
- Veramente stavo giusto cercando qualcuno che mi aiutasse con i volantini- disse mollandogli un pesante pacco di cartone in mano, sorridendo sorniona.
-‘… personale per il nuovo progetto Radio scolastica’…- lesse ad alta voce con un volantino in mano -pensate seriamente che ci verrà qualcuno?- chiese soffocando una risatina.
- Tu non ci verresti?- fece lei con tono innocente.
- Io??-.
- Perché no, scusa?-
Rimasero in silenzio alcuni secondi.
-Ok, ci vengo- disse lui all’improvviso. Lei lo guardò storto.
-Davvero- continuò.
-…capisco di essere molto bella, ma non c’è bisogno di frequentare un corso solo perché ci sono io- scherzò lei.
Scoppiarono a ridere tutti e due.
-Ho mollato la squadra di football, dovrò pur fare qualcosa- spiegò lui tornando serio.
Tornarono in silenzio.
-…ma la squadra di football non è la squadra di football senza Matthew McKigan – disse lei dolce.
Matt rispose con un sorriso malinconico.
-In ogni caso, anche se dubito che qualcuno li leggerà, muoviamoci ad attaccare questi cosi che devo tornare a casa-
-Non ti preoccupare, dicevo così per dire, faccio da sola-
-Adesso solo perché sei la rappresentante d'istituto non vuol dire che puoi fare come ti pare. Io voglio aiutarti ad attaccare questi cazzo di volantini, quindi muoviti- disse ridendo.
- Ok, capo!-

Più tardi Matt, un’ ora dopo aver attaccato più di cento volantini in corridoi vari, e scoprendo posti della scuola finora a lui ignoti, era sdraiato sul suo letto, fissando lo schermo del suo cellulare in carica, aspettandosi da un momento all’altro un cenno di vita. Quando si illuminò lo schermata dell’accensione, sobbalzò e cominciò a pigiare i numeri senza dargli neanche il tempo di registrarli. Quando finalmente la chiamata partì si lanciò nuovamente sul letto.
-Phil!!! Phil grazie a dio- urlò.
-Spara- disse la voce all’altro capo del telefono.
-Con le mie più sincere felicitazioni ti comunico che sei iscritto alla radio della scuola- 
-Ha, ha, ha-
-Sì è quello che ho detto anch’io quando mi hanno costretto, quindi tu da bravo migliore amico mi farai compagnia-
-Prima di tutto cos'è, secondo come hanno fatto a costringerti… e poi tu non hai le finali?-
-Fanculo le finali, li ho mollati- fece Matt secco.
-Ah. Quando avevi intenzione di dirmelo? Sono il tuo migliore amico solo quando ti fa comodo eh- 
-Se il mio cellulare si accendesse ogni tanto, e tu magari non scomparissi dalla circolazione nei momenti critici, te lo avrei detto prima-
-…Lowell vero?-
Matt restò in silenzio, non aveva voglia di parlarne, ma lasciò sottintendere una risposta affermativa.
-Allora quando comincia questa benedetta radio?- chiese Phil cambiando argomento.
-La prossima settimana-
-Ti prego dammi almeno dieci buone motivazioni per venire-
- Te ne do una che vale per dieci: sai quanta gente ti si vorrà scopare dopo?-
- Ti sembro uno che ha bisogno di una radio scolastica per cose del genere?- chiese offeso.
- Bene, quindi è un si- continuò ignorandolo.
- Chi ti ha detto che è un si?- 
- Ok, notte Phil!-
- Pezzo di merda ascolta almeno…-
Matt attaccò prima che potesse finire.
Si addormentò consapevole che la settimana dopo si sarebbe dovuto presentare nell’aula 32 trascinandosi dietro uno svogliato Philippe McNeil.

Liz si addormentò consapevole che la settimana dopo avrebbe dovuto dirigere la faccenda dell’aula 32.

Glenn quando si addormentò era particolarmente scocciato (non che avesse altri modi di vedere la vita, ma quella sera lo era particolarmente) dal fatto di dover far parte di uno stupido progetto in un’aula sperduta. 

Kat invece non si addormentò proprio, troppo euforica, per la scoperta di un corso mai frequentato, che cominciava la settimana dopo nell’aula 32.

Esattamente una settimana dopo, nella famosa aula 32 si sarebbero incontrati tutti quanti. 

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Capitolo 2
*** Ruoli e divanetti d'oblio. ***


Negli affollati corridoi della scuola Matt si faceva strada a spintoni cercando Phil, che si era accidentalmente perso, in una scuola che conosceva da oltre quattro anni, guarda caso poi, solo pochi minuti prima dell’appuntamento nell’aula 32.
Mentre dava spallate cercando di superare con lo sguardo le teste della gente intravide un’inconfondibile puntino verde fosforescente tra la massa. Agitò le braccia cercando di attirare l’attenzione dell’amico che incrociando il suo sguardo fece una faccia tra lo scocciato il terrorizzato. Prima che potesse scampargli di nuovo lo afferrò per un braccio tirandolo a se. 
- Non mi sfuggi tanto facilmente- 
- Ma dove diavolo stiamo andando se manco sappiamo dov’è questa benedetta aula?- fece Phil seccato. 
In quel preciso istante passò davanti a loro tagliandogli la strada una Liz frettolosa.
- C’è lei, seguiamola-  disse Matt cercando di non perderla di vista.
- Ma chi?-
- Liz - fece Matt facendo un cenno con la testa per indicarla. 
- Colemann??- Phil sembrava un po' interdetto.
- Si-
-Stai scherzando spero-
-Lo organizza lei- 
- E perché non me l’hai detto prima??- 
-Muoviti!- gli urlò Matt trascinandoselo dietro. 
- Lei è nella mia lista 'da scopare' da quando è entrata per la prima volta in questa scuola!- esclamò mentre veniva spintonato tra la folla. 
- Scusami se non ripasso la tua lista ogni sera!- gli urlò Matt.

Quando Liz arrivò nel lungo corridoio ricoperto di murales, realizzati dai ragazzi che frequentavano i corsi d’arte, si fermò chiamata da una voce.
Matt si sbracciava all’altro capo del corridoio per farla girare.
-Sei venuto sul serio!- chiese ridendo meravigliata.
Accanto a Matt c’era un ragazzo della sua stessa età, i capelli verdi tenuti a bada da una quantità indefinita di gel, con l’aria di uno che va al funerale del cugino di terzo grado del pro-prozio né mai visto e né mai sentito nominare.  
- Vedo che ci hai anche fatto pubblicità-  constatò stringendo la mano al’altro ragazzo.
-Phil- disse presentandosi.
-Piacere, Liz- fece lei con sorriso gentile.
-Non vi ha fatto pubblicità veramente- disse per inciso Phil -mi ha portato qui con oscure macchinazioni e ricatti-
-Stai dicendo che non ci saresti venuto da solo?- chiese lei tra l’offeso e lo scherzoso.
-Ovviamente, ma lui è stato talmente subdolo che volevo punirlo privandolo della mia dolce compagnia-
-Ah ecco- 
Finiti i convenevoli aprì la porta ed entrarono in una saletta grigia con qualche macchinario sparso qua e là che i due ragazzi, pur essendo al penultimo anno, non avevano mai visto. 

Inaspettatamente davanti a loro stava seduto un terzo ragazzo che li guardava dall’alto in basso. Aveva i lineamenti  freddi, così come lo sguardo.
E non dava l’impressione di volersi alzare a presentarsi. Rimasero a fermi per alcuni secondi, nei quali si fissarono ognuno aspettandosi la prima mossa dell’altro. Alla fine Liz vedendolo lì fermo a guardarli, andò da lui stringendogli la mano, con la sua solita gentilezza che non mancava neanche davanti ad uno scaricatore di porto.
-Liz Colemann-
-Lo so-
Quel ragazzo però stava mettendo a dura prova la sua pazienza.
Fortunatamente lo capì in tempo.
-Glenn Adams-
-Loro sono Matthew McKigan- disse indicandolo col capo - e Phil…-
-Philippe McNeil- continuò lui.
-Piacere- sorprendentemente Glenn si alzò e strinse la mano a tutti.
Mentre i ragazzi andavano sedersi su uno dei divanetti malconci della sala, Liz tirò fuori dalla borsa un mucchio di fogli svolazzanti.
-Ecco, tenete- disse dandoli ad ognuno di loro - Come sapete la nostra preside tiene molto alle mode del momento, quindi dato che ormai ogni scuola della città ha una sua radio scolastica, ha pensato bene che dovremmo aderire anche noi. Il fatto è che non vuole sborsare neanche un centesimo per comprare una frequenza- 
-Ah bene, una radio senza frequenza mi pare un buon inizio- concluse Matt.
-Sì beh, questo è il punto. Non abbiamo la frequenza ma abbiamo gli altoparlanti, quindi ha deciso di sperimentare una pseudo-radio solo per gli alunni della scuola. Lo scopo è sempre quello di comunicare gli  avvisi e gli eventi della scuola ma quest’anno ha voluto aggiungere anche l’intrattenimento e la musica, come nelle radio scolastiche-
-In teoria è come se fosse una radio privata- chiese Glenn.
- Esattamente. Lo dovete considerare un po’ come un corso extrascolastico- spiegò Liz.
-A differenza di quelli però non è pomeridiano- continuò Matt.
-Sì, i lassi di tempo sono quelli della pausa pranzo. Poi non è importante che veniate tutti ad ogni intervallo-
-In poche parole ci facciamo il culo ad ogni intervallo per venire qui, buttando all'aria la nostra pausa pranzo solo per far avere alla preside la sua pseudo-radio scolastica- sospirò Phil.
Liz sorrise - Beh, più o meno, ma come ho già detto non è necessario che veniate tutti ogni volta-
-Sto fremendo dall’emozione- commentò ironico Glenn.
-Il progetto è abbastanza chiaro no? Dovreste essere almeno cinque però, perché i ruoli fondamentali del gruppo, stabiliti dal festival, sono cinque-
-Io l’ho detto che non sarebbe venuto nessuno- rise Matt.
Liz lo ignorò e continuò il suo pomposo discorso -I ruoli dati sono ben precisi ma alla fine, dopo che la cosa avrà preso il via non sarà così importante, potrete fare anche un po’ di testa vostra-
Matt e Phil si scambiarono uno sguardo complice.
-Mi pare di capire che non ci resta che aspettare- fece Glenn. 

Dopo venti minuti pieni si guardavano abbattuti.
-Sono più che sicura che almeno una quarta persona ce l’abbiamo- mormorò Liz assonnata.
-Sarebbe?- chiese Phil.
- Kathleen Moore. Frequenta ogni corso organizzato dalla scuola, che sia di pittura o arti marziali, non le interessa- fece divertita.
-E’ in classe con me- disse seccato Glenn - ci odiamo dal primo anno, non credo che vorrà restare quando saprà che ci sono anch’io-
-Io credo invece che non ci sia limite alla sua follia- ridacchiò.
I minuti passavano e la porta non dava l’impressione di volersi aprire.

-A quanto pare neanche la fantastica, intramontabile, Kathleen Moore si è degnata di presentarsi- sospirò Matt.
-Finiscila- fece Liz, quando ormai la sua gentilezza si stava spingendo ai limiti.
La porta si spalancò violentemente annunciando una strampalata ragazza il cui arrivo era previsto già da un po’. 
- Sono in ritardo??- chiese affannata trascinandosi dietro due borse traboccanti di libri. 
Aveva i capelli corti con le punte colorate raccolte in uno chignon blu elettrico, uno sguardo sprizzante di energia mista a preoccupazione.
-No, Kat- rispose Liz sorridendo -ti aspettavamo-.
Con il solito entusiasmo strinse la mano prima a Phil, poi a Matt, presentandosi. Poi tutta la sua allegria scomparve in sol colpo alla vista di Glenn.
-Glenn- disse quasi schifata.
-Kat- rispose lui non molto più contento.
Calò il gelo. Si guardavano come si sarebbero guardati due cani da combattimento pronti ad attaccare.
Alla fine lei si sedette nel punto più lontano da lui, e ascoltò la spiegazione di Liz sul progetto.
-Quindi manca una sola persona- comprese alla fine del discorso.
-Già-.

Alcuni minuti dopo quando tutti ormai si lanciavano sguardi rassegnati, la porta si aprì per l’ultima volta col più sommesso dei click, lasciandoli col fiato sospeso.
Entrò un ragazzo poco più piccolo di loro, che sembrava stesse per cedere sotto il peso della borsa stracolma che portava a tracolla.
-Grazie al cielo abbiamo il nostro salvatore, stavo quasi per morire martoriato da tutta questa suspense- commentò acido Glenn prima che chiunque avesse il tempo di aprir bocca.
Matt però colse lo sguardo spaesato del ragazzo fermo sulla porta, così si lanciò furtivo su di lui.
-Propongo un applauso per questa fantastica persona!- urlò agli altri mentre gli afferrava la mano tirandogliela in alto come in segno di vittoria. Il gruppo si animò di acclamazioni poco convinte.
-Su ragazzi, vi ho chiesto un applauso non un mormorio di gabbiani in calore- sbuffò annoiato continuando a scuotere a vuoto la mano del malcapitato ragazzo.
-Come hai detto che ti chiami?- gli chiese liberandogli il braccio.
-Anthony- farfugliò disorientato.
-Anthony come?-
-Cooper-
-Bene. Beh, Cooper dì qualcosa anche tu sennò sembro scemo-
Anthony Cooper avrebbe detto volentieri che gli sembrava scemo ugualmente, ma non gli sembrò proprio il caso, dato che doveva ancora accennare al fatto che aveva sbagliato aula.
Quando Matt capì che il nuovo arrivato non avrebbe spiccicato più di due parole una dietro l’altra si limitò a tornare da Liz per farle appuntare il nome nella lista.
Mentre Anthony cercava il modo più veloce di uscire da quella situazione, gli altri cominciarono ad interessarsi a lui.
-Quanti anni hai?- chiese Phil invitandolo sul divanetto dov’erano seduti tutti.
-Ehm... sedici- Anthony cercò di far capire  con una serie di gesti impacciati che poteva stare benissimo in piedi, anche perché una volta seduto uscire da quella stanza sarebbe stato a dir poco impossibile.
Mentre Matt e Liz discutevano della lista in un angolo gli altri sorridevano ad Anthony continuando insistentemente a volerlo far sedere.
Alla fine con un abile gioco di sguardi e sorrisini riuscì a tornare in direzione della porta girandosi di tanto in tanto a guardarla, come per assicurarsi che tutto d’un tratto non svanisse magicamente. Al massimo se non fosse riuscito a spiegare con gentilezza che non aveva la minima intenzione di fare parte di qualunque cosa stessero facendo, avrebbe sorriso dolcemente a tutti quanti e sarebbe schizzato fuori correndo a gambe levate.
Ma nell’istante in cui riuscì finalmente a sfiorare la maniglia, il ragazzo che l’aveva accolto con tanta euforia ne usò altrettanta per afferrargli un braccio e portarlo a sedere, infrangendo così in meno di un istante i tutti i suoi sogni di gloria.
-Eccoci qua, se non arriva nessun altro siamo al completo- disse sedendosi anche lui, sfoggiando un sorriso innocente.
Anthony lo odiò con tutto se stesso. Guardò la porta ormai lontana con disperazione.
Non gli restava che arrendersi. In fondo lui con gli strumenti era una frana, non sapeva neanche perché si era iscritto al corso di chitarra, tanto valeva fare nuove esperienze. O almeno si convinse di questo.
  -Bene!- fece contenta Liz - temevo che non ce l’avremmo fatta con le presenze, invece eccoci qua-
Mentre Kathleen spiegava al ragazzo le modalità del progetto, Liz tirò fuori un’altra serie di fogli che distribuì.
-Mi serve la firma di ognuno in fondo ad ogni foglio- spiegò indicando il fondo del foglio bianco, passando una penna all'altra ragazza che la fece girare.
-Vi leggo velocemente i ruoli: uno per l’intrattenimento, le notizie e i dischi, poi uno per le interviste e la raccolta delle notizie, un tecnico, un sondaggista, e un aiuto generale-
-Io sondaggista!!- esclamò Kathleen euforica facendo tappare le orecchie a Matt accanto a lei.
-...veramente volevo aspettare per la divisione dei ruoli, ma se non ce nessun’altro disposto per sondaggi...-
Silenzio.
-Direi che Kat è aggiudicata ai sondaggi!- decise Liz.
-Già che ci siamo, così per la cronaca, io sono una frana in tutto quello che hai elencato, tranne problemi tecnici- spiegò Glenn.
-Qualcun altro come tecnico...- chiese ancora Liz.
Silenzio.
-E Glenn aggiudicato come tecnico! A questo punto c’è qualcuno per le interviste?-
-Io faccio le interviste- rispose Phil.
-Mi resta l’intrattenimento giusto?- terminò Matt.
-Beh Anthony per te va bene l’aiuto generale?- chiese Liz.
-Perfetto- rispose Anthony con un sorrisino forzato.
-Sei la nostra mascotte Tony- continuò Matt stropicciandogli le guance. Anthony si pentì di essersi seduto lì. Non che avesse avuto molta scelta, gli aveva preso il braccio e l’aveva trascinato accanto a lui sul divano tenendoselo stretto quasi avesse paura che scappasse. In realtà lo avrebbe fatto di corsa se solo Matt lo avesse mollato per un secondo. L’anno prossimo si sarebbe comprato una bussola per girare per la scuola.
-Bene, non ci si crede ma abbiamo finito per oggi, credevo sarebbe stato molto più complicato- sorrise sollevata Liz, mentre raccoglieva i fogli firmati da ognuno.
Poi tornò seria. -Sapete, la settimana scorsa...- esitò qualche secondo, mentre tutti la guardavano attenti -...c’è stata una piccola festicciola, non tanto piccola in realtà, beh comunque, dove hanno sparso la voce di non venire a prendere parte a questo progetto- disse con tono basso e incolore.
Si guardarono straniti. Phil, piuttosto, si chiedeva perché non avesse saputo nulla di una festa del genere.
-Per questo eravamo così pochi?- chiese Kat.
In risposta ebbe solo il solito sorriso di Liz, questa volta più pacato, e con una sfumatura di tristezza.
-E per quale motivo?- chiese stupito Anthony, sporgendosi verso di loro per prendere parte al discorso. Ma quando tutti si voltarono ad apprendere che anche lui sapeva formulare una frase intera, si ritrasse nuovamente nel suo angolino di divano.
-Beh, non è chiaro il motivo, ma ci sono state non poche controversie tra la famiglia della persona che ha dato la festa e la preside-
-Non mi dire che è Lowell ti prego- supplicò Matt scoraggiato.
-No, beh... credo sia Duchamp- rispose piano, come fosse stata una bestemmia.
Li guardò uno ad uno, scoprendo che avevano tutti la stessa faccia disgustata.
-Sarebbe stato meglio Lowell- sospirò Matt accasciandosi sullo schienale del divanetto.
Un silenzio cupo calò nella stanza.
-Non ditemi che vi fate abbattere così facilmente!- esclamò alla fine Kat in un impeto di determinazione, alzandosi in piedi -chi diavolo sono per farvi scoraggiare così?!-
Matt sorrise alzandosi anche lui – così si parla!- la assecondò dandole il cinque.
La piccola stanzetta fu invasa dal calore della risata di Kathleen e Matt che sciolse la tensione di pochi istanti prima, e quando si aggiunse quella degli altri, anche Glenn ed Anthony sorrisero.
-Allora quand’è che si comincia?- chiese Phil con rinnovata allegria.
-Domani ci vediamo di nuovo qui a quest’ora ok? Dovremmo dare anche l’annuncio ufficiale dell’inizio del  progetto- quando ormai quasi tutti erano in piedi si alzò anche lei.
Anthony si alzò per ultimo. Aveva ancora il terrore di arrivare alla porta e poi essere trascinato di nuovo nell’oblio del divanetto dal ragazzo coi capelli scompigliati.
Quando ebbero terminato tutti i convenevoli si salutarono e si scambiarono i numeri, scoprendo che il cellulare di Phil dopo essergli stato fedele per ben due anni, era tragicamente finito nel Tamigi.

Alla fine nel corridoio rimasero solo Matt, Phil e Anthony, che andavano nella stessa direzione.
-Dì un po’ Tony- accennò distratto Matt al ragazzino dai capelli neri che camminava al suo fianco  -hai toppato corso eh?-
Anthony al momento non capì, poi si fermò di colpo in mezzo al corridoio. Lo sapeva. Lui lo sapeva e l’aveva fatto apposta. Se era umanamente possibile odiarlo più di quanto avesse fatto pochi minuti prima, lo fece.
Invece l’altro ragazzo dai capelli verdi scoppio in una risata cristallina e divertita. Poi si unì quella di Matt.
Così si avviarono all’uscita, loro due ridendo e Anthony cercando di apparire molto offeso, in un modo evidentemente non troppo efficace.

Quando ognuno arrivò a casa, qualcuno accolto da una madre molto contenta, altri da genitori molto scocciati dell’orario, altri da un cane non molto sveglio, ricevettero tutti un messaggio di Kat costellato di faccine e smile, che li ringraziava contenta di dover passare il tempo del corso insieme a tutti loro. L’unico che ovviamente non lo ricevette fu Phil, o meglio che lo ricevette ma fu interpretato solo come un luccichio anomalo da qualche pesce sul fondo di un fiume che non aveva tutta la voglia necessaria per leggere un messaggio di Kat.

Ehi ragazzi, ce l’abbiamo fatta! .O.
ci vediamo domani, già mi mancateee :3 (si anche tu Glenn)
non fate che non venite eh,
dai che è uno dei pochi corsi che frequento due volte di seguito, con persone normali ^U^
sapete che una volta sono capitata in un corso di pittura dove dipingevano le pareti bianche?? D: Addirittura in uno dove... 
(qui il messaggio degenerava in una serie interminabile di corsi e avventure assurde)
...dunque
 (riprese)  domani metterò il mio cappello nuovo, solo per voi! Nottenotte (((: 

Quello fu probabilmente uno dei primi passi, che li rese non molto tempo dopo, tutti inconsciamente dipendenti l’uno dall’altro.
Kat dopo averlo riletto si rese conto che forse era un po’ esagerato come primo messaggio, ma era vero che era felice di essere in quel gruppo e che già le mancavano.
Ma dopotutto li avrebbe rivisti tra meno di quarantotto ore.

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Capitolo 3
*** Buona la prima. ***


In una desolata Craven Hill, quella mattina, una sveglia a noi ormai nota suonò, dopo qualche minuto si fermò e poi ricominciò di nuovo, e così ancora per tre volte. Poi come da routine un ragazzo assonnato scostò le coperte e la schiantò a terra.
Matt non capiva come mai non gli fosse passato per la mente di buttarla, o bruciarla, meglio. Inoltre non capiva neanche perché possedeva ancora un sveglia vera e propria, insomma non era neanche più tanto sicuro che fossero ancora in vendita oggetti del genere. Tutti ormai avevano un cellulare con sveglia incorporata, gps, funzioni subacquee e roba varia. E invece lui aveva ancora sul tavolo quell’oggetto d’antiquariato, una strana specie di orologio blu, anche di una sfumatura piuttosto oscena se proprio bisognava essere sinceri.

In ogni caso, anche se non voleva ammetterlo, ci si era affezionato.
Dopo una lunga riflessione filosofica sulla sua sveglia, scalciò via le coperte, come incoraggiamento ad iniziare la giornata. Non si era alzato, ma almeno non le aveva più addosso, era un buon inizio.
Dopo un’abbondante decina di minuti si diresse barcollante verso una cosa molto simile a una maglietta e la infilò mentre scendeva le scale.
Fu accolto dal sorriso di un uomo sulla cinquantina, seduto tranquillo ad un tavolo, intento a sorseggiare tè da una tazza fumante.
-Dov’è mamma?- borbottò Matt dirigendosi verso il bollitore.
L’uomo indicò con la testa il piano di sopra.
-Fai... colazione??- chiese interdetto mentre il ragazzo si riempiva un bicchiere con il contenuto del bollitore.
-Non posso?- Matt si sedette di fronte a lui.
-Non ti vedo fare colazione da... beh molto- confessò ridendo.
-Mm-
Matt lo guardò. Si guardarono per alcuni minuti, in cerca di qualcos’altro da dire. Quando si resero conto che effettivamente non c’era proprio nulla di interessante da raccontarsi si limitarono a fissare il legno rovinato del tavolo. Matt ogni tanto lanciava uno sguardo tranquillo all’orologio, poi quando finì il tè nella tazza tornò di sopra.
Non gli capitava da secoli o millenni di essere in anticipo. C’era una strana calma nell’aria.
Qualcosa che proprio non andava.
Prese lo zaino e tornò al piano di sotto, con un terribile, pressante presentimento.
Guardò meglio l’orologio. Per l’appunto. Era talmente ovvio che non poteva essere in anticipo, che non si prese neanche la briga di arrabbiarsi, sussultare o di uscire di casa come un forsennato, ma si limitò a sospirare e buttare le chiavi nella borsa. Ora aveva anche un motivo valido per bruciare la sveglia.
-Quei capelli vuoi proprio lasciarli così?- chiese l’uomo al tavolo – sembri uscito da una centrifuga-.
-Sì, sì, certo. Ah, una cosa papà, sono le otto e venti eh, non le sette- disse sorridente poco prima di aprire la porta di casa, mentre suo padre si girava scandalizzato verso l’orologio.

Glenn era scomparso.
La campanella della pausa pranzo era suonata, si erano riuniti tutti, Kathleen con il nuovo, gigantesco cappello di lana, davanti alla porticina della sala radio come da appuntamento, ma Anthony e Glenn non arrivavano.
I due ragazzi presenti si offrirono di andare a cercarli lasciando le ragazze ad aspettarli, assicurando che sarebbero tornati entro pochi minuti, li potevano contare sulle dita, dissero. Almeno così credevano.
Trovare Anthony non fu tanto difficile. Quando li vide gli andò incontro con aria rassegnata senza proteste, giustificandosi con un banale ‘mi hanno trattenuto a scienze’.
Ma trovare Glenn si rivelò più complicato del previsto.  Percorsero ogni corridoio, cercarono in ogni classe, nei bagni e in biblioteca prima di cominciare a credere seriamente che qualche spirito ultraterreno lo avesse catturato in una dimensione parallela.
In biblioteca quando Phil si aggirava ancora speranzoso per gli scaffali, controllando a destra, sinistra, sotto e sopra, Matt e Anthony si guardavano ormai scoraggiati, incerti sul da farsi.
-Non è che magari sta mangiando in cortile?- azzardò il ragazzino dai capelli corvini.
-Mangiando?- chiese Phil tornando a mani vuote dalla sua ricerca.
Anthony si strinse nelle spalle, Phil guardò Matt e fece lo stesso -Effettivamente è ora di pranzo- disse.
-Ed effettivamente è Glenn- ragionò Matt, spostando lo sguardo da un ragazzo all’altro. Alla fine si strinse nelle spalle anche lui e andarono a cercare Glenn nel posto più ovvio dove poteva essere.
Ed effettivamente era proprio lì. 
  -Che abbiamo intenzione di fare Adams?-  chiese Matt con un tono di voce un po’ troppo alto avvicinandosi al tavolo dov’era seduto.
Glenn lo squadrò con aria interrogativa.
-Proprio nulla veramente- disse poi tranquillo. Riprese a parlare con le ragazze di fronte a lui che ricominciarono a spettegolare divertite come se niente fosse.
Matt si trattenne dallo sferrargli una serie violenta di pugni.  Non era solo impertinente ma anche irritante.
Aveva quel modo di fare delle persone che si credono chissà chi, che per carità, pensava Matt, ci poteva anche stare su un ragazzo molto affascinante, insomma il classico ‘dannatamente stronzo, dannatamente figo’.
Peccato per Glenn che lui non fosse ne dannatamente figo, ne dannatamente stronzo. Solo dannatamente irritante.
-Non so se ti ricordi, ma tu sei il nostro tecnico- disse mantenendo la calma che gli restava.
Il biondino per poco non si strozzò trattenendo una risata.
-Ci andate sul serio??- chiese ricomponendosi. Come diceva? Irritante, sì.
Non ebbe la forza di controbattere. Guardò i ragazzi dietro di lui, sospirò, e poi prese il biondo di peso trascinandolo via dal tavolo.  Si dimenò, eccome se lo fece, ma erano pur sempre tre contro uno.
  -Ti sei completamente impazzito??- chiese scalciando sulle spalle di Matt che lo portava in giro per i corridoi attirando l’attenzione di tutti.
  -Cristo! Mi lasci adesso?!- urlò un’ultima volta mentre arrivavano nel corridoio con i murales, poco prima di essere mollato per terra con un tonfo.
-Ce l’avete fatta!- urlò Kat esasperata correndogli incontro.
  -Abbiamo avuto un problema tecnico- spiegò Phil quando finalmente entrarono tutti nella saletta.
-Un problema con il tecnico- precisò Matt.
Glenn gli sorrise con qualcosa che assomigliava molto di più ad una smorfia.
-Che bel cappello Kat- ironizzò poi, quando il cappello in questione scivolò sulla faccia della proprietaria.
-Ti sei guardato Mal...-
-È bellissimo davvero- la interruppe con un sorriso così gentile che nessuno avrebbe mai creduto possibile sulla faccia di Glenn. Lei lo squadrò poco convinta.
-Ad ogni modo facciamo questo benedetto annuncio- sorvolò abbandonandosi nel divanetto che scricchiolò sotto il suo peso. Poi seguendo il suo esempio gli altri ci si lanciarono sopra. Lo scricchiolare del mobile si faceva sempre più forte all’arrivo di ognuno, ma all’ultima aggiunta di peso, con un disperato ‘crock’ dei piedini in legno che cedevano, furono tutti più vicini al pavimento di almeno dieci centimetri.
-Direi che tra le altre cose... dovremmo dare una sistematina a questa baracca- concluse Phil, mentre gli altri annuivano. Ma non sembravano molto turbati dalla rottura del mobile, tanto che nessuno si preoccupò di alzarsi.
 -Glenn, vai ad accendere quegli altoparlanti che qui facciamo notte- lo incitò Matt.
-Basta alzare una leva-
-Tanto meglio per te - ribatté seccato.
Il ragazzo si alzò svogliato, si avvicinò alle apparecchiature ed alzò una levetta fra le tante poi sussurrò un antipatico ‘fatto’.
Quando si alzarono anche gli altri, Matt prese il microfono indicatogli.
-Così?- chiese parlandoci cauto dentro.
-Devi abbassare il pulsante bianco sul microfono, quando è giù è collegato agli altoparlanti, se no... beh no- spiegò cercando di abbassare il pulsante citato.
 -Io direi che dovremmo comprare un nuovo microfono- concluse Kathleen quando fu il suo turno di provare a disincastrare il famoso pulsante bianco che pareva cementato lì da millenni.
-Dà qua...- disse Matt lanciandosi in un ultimo, disperato tentativo. Prese un grande libro dallo scaffaletto castigato nell’angolo, e lo sbatté violentemente sul malcapitato microfono.
-Vaffanculo, ci rinuncio- sbottò quando neanche la botta sembrava aver prodotto risultati soddisfacenti.
-Ehm...- tossicchiò Glenn indicando con un cenno il pulsante abbassato.
-Ah. Bene, sì... così dovrebbe andare- mormorò con un sorrisino colpevole.
-Buona la prima- commentò Phil cercando di risollevare la situazione.
«Bene, dicevamo... eccoci qui, che voi vogliate o no, a dare il via a questo fantastico progetto indetto dalla preside, che voleva partecipare al festival delle radio scolastiche ma non ha sganciato un soldo per una frequenza! Un applauso a questa donna geniale!!» urlò nel microfono.
«Beh anche se non vi sento voglio immaginare che stiate applaudendo... secondo me non mi sentono, siamo sicuri che funziona?» chiese a Glenn riducendo la voce ad un sussurro.
-Forse sarebbe meglio mandare qualcuno a controllare- propose Liz.
-Vai tu Anthony?- chiese Matt rivolgendogli un caldo sorriso -dopotutto sei la nostra mascotte e aiuto generale no?-
-Già...- cominciò mentre apriva la porta -proprio quello che fanno le mascotte...- continuò richiudendosi la porticina dietro -...controllare gli altoparlanti- mormorò fra se e se mentre si avviava al corridoio principale.

Facendosi strada tra gli studenti però, notava solo facce infastidite. Effettivamente anche lui se non avesse fatto parte della radio e si fosse ritrovato nell’ora di pausa gente che sbraita negli altoparlanti non sarebbe stato proprio al settimo cielo, ma potevano almeno mostrare un po’ di curiosità. In fondo non sapevano neanche in cosa consisteva il progetto. Cioè, non che lui lo sapesse.
«Visto che non sappiamo se ci sentite abbiamo mandato a controllare il nostro aiutante preferito. Vedete il ragazzino con la maglietta verde, capelli neri che si aggira per la scuola con aria idiota? Un applauso anche ad Anthony Cooper che sta facendo finta di controllare gli altoparlanti!» gracchiò l’altoparlante più vicino.
Nessun applauso. Il corridoio si animava invece di brusii nervosi mentre anche il volto di Anthony assumeva l’espressione infastidita di tutti gli altri. Non per le parole di Matt, ma perché gracchiare era un eufemismo bell’e buono. Era già tanto se nessun altoparlante si era fuso per il volume o se qualche centinaia di studenti si era salvata dalla perdita totale dell’udito. Ogni parola pronunciata era un boato assordante e sconnesso che si propagava per tutta la scuola.
Purtroppo gli alunni si accorsero troppo presto che l’unico responsabile di tutto quel casino, che potevano decapitare all’istante, si trovava proprio davanti a loro, perfettamente descritto dagli altoparlanti.
Tutti gli lanciavano sguardi di fuoco, aggirandolo come se avesse la peste, e purtroppo prima che potesse darsela a gambe qualcuno lo afferrò per la maglietta allontanandolo dal suolo di almeno mezzo metro.
-Allora... sai quanto è che stiamo cercando lo stronzo che fa tutto questo macello?- disse la voce bassa del suo rapitore.
-...ehm, siamo venuti a controllare proprio per evitare inconvenienti del genere- rispose tutto d’un fiato ancora sospeso per aria. In risposta ebbe solo un grugnito.
Quando si convinse che la sua vita sarebbe giunta al termine di lì a poco chiuse gli occhi, immaginando tutte quelle cose che non aveva avuto modo di fare nella vita, come lanciarsi in una vasca gigante di gelato, abbracciare un elefante o attraversare il confine di stato del Minnesota con un’anatra sulla testa, ma quando riaprì gli occhi si ritrovò di nuovo sul pavimento circondato da facce curiose che lo fissavano. Ebbe l’istinto di mettersi a correre ma lo frenava lo sguardo che sentiva fisso sulla schiena.
Quando si girò vide un ragazzo alto e robusto che lo guardava dall’alto in basso.
– Ancora qui?– chiese la voce di pochi istanti prima. La voglia di cominciare a correre si fece più forte ma poi fu incitata dallo spintone di quest’ultimo che lo cominciava a fissare spazientito, così prima che potesse afferrarlo nuovamente sfrecciò tra gli studenti per poi darsela a gambe levate. 

Quando arrivò alla porta della radio non era più sicuro di saper respirare. La aprì mentre si reputava ormai  salvo, ma la prima cosa che intravide dalla fessura creata fu la terrificante immagine di Phil che prendeva in mano il microfono e cominciava a parlare.
Spalancò la porticina che sbatté violentemente contro la parete, facendo sobbalzare tutti e urlando – Prima abbassate il volume!–, proprio mentre  si rendeva conto di non avere più fiato per urlare una cosa del genere ad una tale potenza. 
-Piuma è caduta in un fiume?- chiese Phil interdetto.
-Chi è Piuma?- chiese Matt ancora più interdetto.
-Abbassate il volume- spiegò più calmo Anthony vedendo posare il microfono, quando si accorse che non aveva fiato neanche per parlare tranquillamente. Effettivamente non aveva fiato neanche per sussurrare.
Forse non avrebbe mai più parlato, magari i suoi polmoni erano rimasti traumatizzati dalla corsa.
-Io continuo a capire qualcosa con un fiume- insistettero i ragazzi.
-Ma no, ha detto abbagliate il paralume- si intromise Kathleen.
-E dove lo trovava un paralume scusa?- chiese Matt.
-Ah, il fiume invece sta qui dietro l’angolo!-
-Veramente sì!-
A quel punto Anthony indicò in basso con le dita mentre prendeva un bel respiro per provare a spiegarglielo di nuovo.
-Abbassiamo?- ipotizzò Liz facendo capolino dall’angolo della stanza.
-Il volume- terminò Glenn senza neanche guardarlo, lanciandosi sulle apparecchiature a portare giù qualche leva grigia.
Non erano tutti così deficienti come credeva. Li ricompensò con un sorriso, visto che in quanto a parole avrebbe dovuto aspettare ancora qualche centinaia di respiri profondi.
-Allora? Che è successo?-
-Mi stavano per ammazzare, nulla di che- riuscì a sussurrare dopo quelle centinaia di respiri profondi.
-Ah, capisco- concluse Phil riprendendo la conversazione al microfono.
«Allora ragazzi, ci dispiace per l’inconveniente, ora dovrebbe andare meglio. Non ci va di andare a controllare di nuovo quindi beh, se ora non ci sentite, peggio per voi... o meglio così. Bene, con questo sfavillante inizio avrete capito che ci dovrete sopportare tutto l’anno, quindi è meglio se cominciate ad abituarvici, lo dico per voi. A parte questo, non sappiamo più che dire. Che si dice di solito in una radio? Io non la sento da una decina d’anni credo»
Matt prese posto accanto a lui «Boh, insomma chi è che sente ancora la radio? Non io»
«Nemmeno io».
«Vi chiederete: che ci sono andati a fare là? Sappiate che ce lo chiediamo anche noi»
«Sappiate anche che dopo la comparsa della televisione l’ascolto della radio è diminuito del 74% in Inghilterra» spiegò Phil.
«Ah sì?»
«No, non credo»
-Possiamo mettere canzoni in qualche modo figo?- chiesero a Glenn.
-...forse, se mi date un cellulare che ha internet-.
Poco tempo dopo il cellulare di Liz era attaccato al macchinario con le leve, mentre Matt cercava la canzone.
-Questa- indicò a Glenn.
In pochi secondi nella scuola si propagarono le note lente dell’inizio di ‘Video killed the radio star’.
«Come dicevamo, la televisione ha brutalmente ucciso la radio. Ma noi faremo qualcosa per farla riaffiorare, qualcosa di megagalattico e strabiliante, statene certi»
«Non sappiamo ancora cosa, ma sappiamo che lo faremo. Per qualsiasi consiglio siamo nel corridoio dei murales».
Quando il pulsante del microfono fu nuovamente nella posizione iniziale, tirarono tutti un sospiro di sollievo.
La canzone continuava a suonare per i corridoi mentre qualcuno canticchiava il ritornello e qualcun altro si chiedeva che aveva fatto di male.
«A domani Principi del Maine, re della nuova Inghilterra» disse la voce di Matt a pochi secondi dalle ultime note.

Fuori dalla saletta, qualche minuto dopo diede il cinque a Phil, che ricambiò con una serie di strani gesti copiati dall’altro.
-Non calcolate anche noi eh- disse Kat chiudendo la porta di ferro a chiave quando furono usciti tutti.
-Pardon- si scusò scompigliandole i capelli. Poi ridendo le prese il cappello e corse via con l’amico verso il cortile.
-Qualcuno li vada a prendere, non ce la faccio a correre- sbuffò la ragazza vedendoli scomparire dietro l’angolo.
-Stai parlando con la persona sbagliata. Ho corso più oggi che in sedici anni della mia misera vita- mormorò Antony.
Kat sospirò amareggiata -Beh, lo riprenderò quando finiscono le lezioni... voi che fate? Mangiamo insieme? Anche se credo che stia finendo l’intervallo- disse dando uno sguardo veloce al suo polso -...già manca solo un quarto d’ora-
-Io comunque devo andare- annunciò Glenn indicando il corridoio a sinistra.
-Sì anch'io veramente- proseguì Liz indicando la stessa direzione.
-Ah, ok... ci vediamo dopo allora-
Si scambiarono qualche bacio sulla guancia, qualche altro saluto, e poi i due ragazzi scomparvero girando l’angolo.
-Tu non hai qualche scusa stupida per mollarmi da sola a mangiare?- chiese Kat ad Anthony che camminava al suo fianco.
-No, non mi è ancora venuta in mente- sorrise .
-Sono tutti così impegnati...-
-Liz è pur sempre rappresentante d'istituto- le ricordò.
-Ed è bellissima. Maledizione a lei. Le strapperei gli occhi, e la pelle, e i capelli... che diamine sono di un colore perfetto, cioè una specie di miele dorato, di una forma perfetta, non sono ne troppo lisci ne troppo mossi. Vogliamo parlare del suo corpo? No, non ne parliamo, è da calendario. Starebbe bene anche con un mega carciofo addosso-.
Anthony notava giusto una... puntina di gelosia compulsiva? Avrebbe giurato che gli avrebbe saputo elencare tutto il suo guardaroba, il suo secondo nome, la nascita dei suoi genitori, magari anche quello che mangiava a colazione.
-Ok, lasciamo stare- cambiò argomento notando che l’espressione del ragazzo accanto a lei era un po’ sconcertata. -Vuoi mangiare con me o no?-
-Così sembra una minaccia-
-Dai, magari ritroviamo il mio cappello-.


Finite le lezioni Matt si aggirava per la scuola in cerca di qualcosa di interessante. In genere a quell’ora sarebbe andato agli allenamenti di football, ma si era ripromesso di non pensarci ancora per un po’. E soprattutto di non andare a spiarli per vedere come se la cavavano senza di lui. Nessuno era venuto a chiedergli nulla, nessuno si era fatto vivo, dopo la discussione in palestra, quindi di certo non si sarebbe fatto vivo lui.
Ma presto trovò qualcosa che gli levò totalmente quel pensiero dalla testa. Qualcosa di unico e raro.
Un inseguimento.
Una ragazza esile camminava in punta di piedi, come se immaginasse di poter fare qualche tipo di rumore, con aria vaga, per modo di dire, saltellando di qua e di la da un corridoio all’altro.
Oh, questo sì che era interessante. Peccato che Phil avesse la magica abitudine di scomparire nei momenti più salienti. Beh, peggio per lui.
Per prima cosa doveva capire chi era la persona inseguita, sennò non c’era proprio gusto.
Era un quadretto divertente. La ragazza mingherlina che pedinava la persona misteriosa, e lui che pedinava entrambi.
La ragazza cominciò a velocizzare il passo. Forse l’aveva scoperto? Non gli sembrava così esperta.
Poi si blocco di colpo e cercò di mimetizzare goffamente il tutto girandosi come se l’avessero chiamata. Eh no, povera ragazza, non ci sapeva proprio fare. Grazie al cielo c’era lui. Avrebbe risolto tutti i suoi problemi in meno di un minuto.
Mentre lei faceva ancora finta di essere stata chiamata, lanciando occhiate non propriamente discrete al suo bersaglio, lui la salutò andandole incontro. Ma quando la abbracciò il terrore la invase.
-...scusa, penso che forse hai sbagliato persona- borbottò imbarazzata, chiusa tra le sue braccia.
-Zitta e sorridi- le bisbigliò lui guardandosi attentamente in giro.
-...no, io sono Emma- continuò lei imperterrita cercando di scansarlo.
-Ah buon Dio- sbuffò lui lasciandola andare – bisogna proprio spiegarle tutto-. Mentre la guardava si accorse che era parecchio bruttina, capelli color carota davanti agli occhi, la divisa perfettamente stirata, gli occhi spaventati. Poi la fissò di nuovo con sguardo d’intesa e cominciò a ridere cercando di coinvolgerla.
-Che è successo?- chiese spaesata. 
 Lui si bloccò spiazzato. Aveva capito che era un caso disperato, ma non così disperato.
-Allora tesoro, facciamo così-  disse prendendola sotto braccio, cominciando a camminare lento lungo il corridoio  -chi è che inseguivi?- chiese sorridente.
Lei si fermò e il volto le avvampò in pochi secondi, poi bisbigliò sconnessamente -Eh? Io... nessuno. Cioè sto aspettando...  un’amica-
-Oh, e così siamo al punto ‘non sto inseguendo nessuno’. Allora siamo proprio nella merda. Forse nemmeno io posso aiutarti- le spiegò con pietà.
Però lei lo ignorò e si girò furtivamente verso il suo inseguito, che evidentemente le stava sfuggendo di mano, svelandolo così a Matt, più attento che mai alla preda. Ma la preda in questione lo sorprese più di quanto poteva immaginare.
-Glenn... Adams?- chiese stupito -di tutta la bella gente che ti potevi trovare, proprio lui??-
Anche se non lo avrebbe mai creduto possibile, lei diventò più rossa di prima.
Glenn intanto era sparito, così Matt rimandò a dopo la discussione sulle preferenze maschili della ragazza prendendola per mano e cominciando a correre, praticamente trascinandola sul pavimento.
La scuola si stava svuotando visto che si dirigevano tutti all’uscita, quindi la caccia si fece più complicata. Non avevano più la copertura della massa, ma per fortuna lui era un professionista. Glenn comunque andava in una parte della scuola ancora più deserta. La situazione si faceva complessa, avrebbe dovuto sgarrare la seconda regola dell’inseguimento perfetto. Mai nascondersi al sospettato.
In ogni caso andava verso il bagno. Era ancora fattibile la cosa. Si appostò dietro al muro laterale dei bagni e aspettò in posizione strategica dove l’avrebbe visto uscire ma Glenn non avrebbe visto lui. Loro. All’improvviso si ricordò della ragazzina color carota che aveva trascinato per tutta la scuola e si ricordò anche del motivo per cui stava facendo tutto quel casino. Non c’era in realtà, quindi ebbe qualche intoppo nel ricordarlo. Comunque la ragazza sembrava sull’orlo di una crisi di pianto.
-Allora ascoltami- cercò di tranquillizzarla -qualsiasi cosa succeda in un inseguimento devi agire sempre con naturalezza. Non importa cosa è successo, ormai è andata, non puoi tornare indietro. In parole povere, ‘buona la prima’-.
Glenn stava per uscire dal bagno quando Matt sentì urlare il suo nome dalla voce di una persona che non sarebbe dovuta essere nei dintorni.
-Matt! Il mio cappello! Stronzo!!- sbraitava Kat correndo verso di loro.
-Shhhht!- sibilò lui tappandole la bocca quando arrivò -Il tuo cappello ce l’ha Phil, se non l’ha ancora venduto a nessuno- sussurrò -Ora se ti spiace, siamo nel bel mezzo di un inseguimento-
-Ah, piacere Kat- disse lei a bassa voce stringendo la mano fredda e tremante della ragazza.
-Zitte che forse arriva! Formazione lepre!- disse accasciandosi al muro, accovacciato di fianco alle ragazze.
-Che ha detto?- chiese Kat all’altra che alla fine non si era presentata.
-Glenn?!- disse poi scioccata mentre lo vedeva uscire.
-È lei che lo stava seguendo, io sono solo intervenuto al limite, stava combinando un casino assurdo -
-Cioè fammi capire, di tutta la scuola... proprio Glenn?- chiese perplessa, come se la stessero prendendo in giro.
-È quello che ho detto anch’io- disse Matt con un’alzata di spalle. 
-Oh ma chi si vede- disse la voce di Glenn che li notò mentre parlavano spiaccicati contro il muro. 
Se la ragazza color carota aveva trattenuto le lacrime fino a quel momento, era stato per grazia divina, perché ora stavano cominciando ad emergere mentre diceva tra le labbra uno svelto -Iodevoandareciao-. Poi scappò, letteralmente, verso l’uscita posteriore, in preda al panico.
-Che le avete fatto?- chiese Glenn che la guardava allontanarsi da loro ad una velocità da record.
-Io non pensavo che le piacesse così tanto- rifletté Matt, cercando appoggio nello sguardo Kat.
-Perché guardi me? Io neanche ho capito come si chiama!- si difese.
-Non l’ha mai detto veramente...-
-Si chiama Emma- li informò Glenn -Comunque devo andare anch’io, a domani-.
-Aspetta... la conosci?- Matt lo afferrò per la giacca prima che potesse fare mezzo passo.
-Mi fissa da inizio anno come un’ossessa- spiegò sganciando la mano di Matt dai suoi vestiti -...dicevo, a domani- li salutò, e poi se ne andò tranquillo.
Matt non riusciva a credere di aver sprecato la sua formazione lepre per una missione del genere, senza capo né coda. Rimase a fissare il pavimento per una decina di secondi, non ancora totalmente conscio della perdita. Poi la voce arrabbiata di Kat lo destò dai suoi pensieri.
-Ehi schifoso, ora andiamo a prendere il mio cappello-.

Emma salì sull’autobus sbagliato, poi si accorse che anche la direzione era sbagliata e dopo aver cambiato tre autobus riuscì a prendere quello giusto, verso casa sua. Quasi non respirava più da quando era uscita dalla scuola. Poi si era quasi fatta investire, ma questi sono miseri dettagli in confronto a quello che aveva appena passato.
La cosa importante era che l’aveva visto, e aveva sentito la sua voce per la prima volta. In quanto al ragazzo pazzo e l’amica non sapeva che dire. Si sarebbe dovuta tagliare i capelli e tingerli di biondo, poi avrebbe dovuto cominciare a truccarsi, così non l’avrebbero più riconosciuta. Forse li poteva denunciare. Era stato terrificante. Però non capiva come solo una persona completamente fuori di sé in meno di dieci minuti fosse riuscita a modificare una giornata noiosa e monotona, nella giornata più spaventosa della sua vita, e infondo, molto infondo, una delle migliori.
Aveva tempo per pensarci comunque. Ma ora la sua preoccupazione principale era quella di riuscire a nascondersi dalla pazzia di quella gente. Doveva trovare un fantastico travestimento, qualcosa al di sopra della sua inventiva, non un semplice taglio di capelli. Il ragazzo pazzo l’avrebbe trovata comunque, lo sentiva.

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Capitolo 4
*** Ghigliottine. ***


Kathleen si svegliò di soprassalto. Fuori era buio. Un cigolio acuto seguiva il tonfo  che l’aveva svegliata. Poi silenzio.
Lo sapeva. Ogni notte, nel buio, sommersa dalle coperte, sapeva che un giorno sarebbe successo.
Per quanto cercava di convincersi tutte le sere che i ladri non arrivano così di colpo, ti uccidono e rubano tutto, come succedeva nei film, restava convinta del fatto che se mai fosse successo sarebbe accaduto a lei.
Era paralizzata nel letto, tremante e terrorizzata. Faceva fatica a respirare così soffocata dalle lenzuola.
Di solito quando sentiva un rumore notturno ripassava a mente tutto quello che sapeva su assassini e malviventi. Anche fantasmi, perché no. La prima cosa che si ripeteva era che se mai avessero capito che era sveglia doveva subito urlare che non li aveva visti in faccia perciò non li avrebbe potuti denunciare. Non valeva per i fantasmi, s’intende.
Il cigolio riprese, stavolta più forte e insistente, tetro e sadico.
Gli occhi della ragazza si inondarono di lacrime. Non era sicura che il cuore le battesse ancora. Di certo i polmoni non pompavano più aria da qualche decina di secondi. Lasciò assorbire al cuscino le lacrime stringendolo forte.
Poi la luce si accese. Era finita.
Se accendevano la luce era ovvio che non avrebbero esitato ad ucciderti senza ritegno.
Che fine ingiusta.
Il vuoto la pervase.
Dicevano che poco prima di morire succedeva qualcosa di sorprendente, l’aveva sentito quella sera alla televisione, peccato che non ricordasse proprio cosa. Fatto stava che a lei non stava accadendo nulla di particolarmente emozionante. Aveva sempre saputo di essere un po’ speciale.
Però ricordava di aver sentito dire che i capelli continuavano a crescere ancora per un po’, dopo la morte.
I suoi amati capelli. Quanto li aveva torturati durante quegli ultimi anni.  Gli avrebbe chiesto perdono se avesse potuto.
I passi si facevano più vicini.
E così i suoi ultimi pensieri andavano ai suoi capelli?
Che fine ingiusta.
Non poteva andare così. Se proprio doveva morire voleva farlo almeno con un minimo di dignità.
Che le sparassero in petto quegli stronzi, o in testa, poco importava.
Con le lacrime che sgorgavano ormai senza sosta gettò via le coperte e si mise seduta urlando con tutto il fiato che aveva in gola, chiudendo gli occhi, un ‘ADDIO MONDO!’ straziato e acuto. Non le era venuta in mente nessuna cosa intelligente da dire.
Forse era finita. La gola le bruciava ma ce l’aveva messa tutta. Era fiera di se stessa.
Forse era già in un altro posto. La sua anima era volata via. Scrutò quel nuovo mondo come un neonato che apre gli occhi per la prima volta, piena di speranza e curiosità.
Stranamente quel nuovo appassionante mondo era composto dalla sua camera da letto e sua madre in pigiama che la fissava scandalizzata, immobile davanti all’interruttore della luce.
-Mamma- sussurrò.
-Kath- disse la madre.
Nessuno si mosse.
-Tutto a posto?- chiese impassibile.
-Credo... di sì- rispose.
La signora non era sicura di voler indagare più a fondo sulle condizioni psichiche della figlia, così ancora sconvolta si limito ad annuire e uscire dalla stanza.
Aveva sognato tutto? Non era possibile.
Si alzò e andò alla porta dov’era scomparsa poco prima la madre. Si guardò intorno ma non notò nulla di particolare. Quando, all’improvviso, accadde.
Il cigolio ricominciò. Kathleen per poco non urlò un'altra volta. Non l’aveva sognato, lo sapeva.
Prese un bel respiro e si guardò intorno nuovamente. Stavolta il cigolio non smise subito.
Si girò verso di esso e andò in fondo alla stanza.
Una gabbia. Da dove diavolo era spuntata? Una gabbia con...
un criceto.
Una gabbia con un... oh.
Oh. Il criceto.
Oh diamine. Diamine.
Dannatissimo criceto. Cosa faceva su quella dannatissima ruota cigolante alle quattro di notte?
Non era possibile. Mannaggia a lei e la sua bontà, che aveva accettato di tenerlo.
Si asciugò le guance bagnate e fissò l’animale.
Criceto bastardo.


Kathleen per ovvie ragioni non aveva chiuso occhi quella notte, così durante la pausa pranzo mentre si dirigeva barcollante nella sala radio si convinse di avere tutto il diritto di sbadigliare ogni venti secondi.
Quando aprì la porta la investì un’ondata di entusiasmo.
-Buongiorno!- esclamò Liz - ti abbiamo cercata prima all’intervallo ma non ti abbiamo vista-.
-Mm- disse con il suo sbadiglio di diritto.
-Tutto bene?- chiese Philippe invitandola a sedersi sul divano senza piedini che ormai si era rassegnato a rimanere rotto per sempre.
-No- si limitò a rispondere senza ulteriori spiegazioni. Non aveva voglia di mettere in mezzo il roditore schifoso anche nei discorsi scolastici. Ne aveva avuto abbastanza.
Le era sembrato carino, tenero e tutto quanto il giorno prima? Beh, aveva cambiato idea. Lei non li sopportava i criceti.
- Kathleen?- chiese Matt vedendola mezza imbambolata. Le sventolò un foglio davanti.
-Senti, ci è venuta un idea- spiegò.
-Visto che non mi sembrate così traboccanti di iniziative, ho pensato di distribuire dei fogli agli alunni per chiedere cosa si aspettano loro dalla radio scolastica- disse Liz, fermandosi ogni tanto per capire se Kathleen la stava ascoltando davvero.
-Glenn è andato a prendere i fogli in segreteria e Anthony le penne e lo scotch- la informò Phil.
-Quindi noi che dovremmo fare?- chiese sbadigliando nuovamente.
-Dobbiamo dare a tutti quelli che incontriamo un foglio e dirgli di scrivere quello che vorrebbero sentire alla radio. Anche rubriche o altro, insomma tutto quello di interessante che gli viene in mente-.
-Poi li portano sulla cattedra che metteremo nel corridoio davanti al cortile- fece Liz.
-Mi serve qualcuno che scriva una cosa tipo ‘lasciare qui proposte per la radio’ per poi attaccarlo al banco- continuò.
Kathleen non capiva perché fossero tutti così energici l’unico giorno in cui lei era distrutta.
-Kat, allora la fai tu la scritta?- chiese Liz come se stesse parlando ad un ritardato mentale.
La ragazza annuì e si mise a braccia conserte sullo stretto bancone alla parete, chiudendo gli occhi.
Poco dopo la porta si aprì ed entrarono Glenn ed Anthony con i rispettivi fogli e scotch.
Anthony fece per salutare la ragazza arrivata ma Liz lo zittì con un dito portato alla bocca.
-Non avevano penne- sussurrò posando lo scotch accanto ai fogli sul bancone. Kathleen non si mosse di un centimetro, ne parve accorgersi dell’arrivo dei due, così tutti continuarono a parlare a bassa voce.
Tranne Glenn. -Dev’essere successo qualcosa di davvero strabiliante per farla fuori così- commentò guardandola incuriosito.
-Stai zitto Mal...- cominciò lei aprendo un occhio.
-Scusa- la interruppe Glenn mordendosi le labbra.
Gli altri si guardarono straniti, compresa Kat. Sapeva che c’era qualcosa che non andava ma non si sentiva in vena di indagare in quelle condizioni.
Ad ogni modo, quando richiuse gli occhi Liz affidò il compito di Kat ad Anthony. Era decisamente meglio così, sapeva che la ragazza non si sarebbe più mossa da quella posizione fino al suonare della campanella.
Cominciarono tutti a darsi da fare più silenziosamente possibile.

Uscirono dalla saletta quando finirono i preparativi, circa cinque minuti dopo, lasciando la loro bella addormentata nelle mani di Glenn, così una volta sveglia non si sarebbe ritrovata sola e spaesata.
Liz ed Anthony, come annunciato  portarono un banco all’uscita del cortile, mentre gli altri due distribuivano i fogli per la scuola.
-Forza ragazzi!- urlava Matt con il pacco di fogli tra le braccia.
-Idee per la radio, idee per la radio! Scrivetele tutte qui e portatele all’uscita del cortile!- continuava Phil.
Più che una distribuzione sembrava  un mercatino con venditori urlanti che cercano di convincerti dei loro prezzi migliori.
-Evitate gli insulti non verranno neanche letti- intimava Matt a tutti quelli a cui mollavano fogli tra le mani.
-Scommetto che avete delle fantastiche idee!- urlavano facendo scappare tutti i ragazzi del primo anno.
-Meravigliose!-
-Innovative!-
-Divertenti!-
-Esilaranti!-
-Non urlatele ai quattro venti!-
-Anche se vi sembrano deficienti, scrivetele sul foglio e portatele ai nostri assistenti!-
-Magari non troppo deficienti- corresse Matt.
-Insomma, cercate di rimanere nei limiti del possibile- continuò l’altro infilando un foglio tra le mani di uno studente ignaro.
-Tu!- urlò Matt ad una ragazza che passava. Lei si immobilizzò e lo guardò con terrore.
-Sento che hai una fantastica idea per la radio scolastica- disse sorridendo porgendole un foglio.
Lei restò pietrificata senza rispondere. Le caddero per un secondo gli occhiali da sole. Matt la guardò meglio e poi l’abbracciò allegro.
-Non c’è bisogno di essere così tristi se non si ha un idea meravigliosa!- disse sciogliendo l’abbraccio e stingendola per le spalle – puoi portare questo foglio ad un tuo amico e informarlo su quello che deve fare- la rassicurò . Ma l’ultima cosa che sembrava lei era una ragazza rassicurata. Annuì e con sorriso forzato si allontanò veloce senza voltarsi.

All’inizio Emma era sicura di essere stata riconosciuta. Ma quel ragazzo oltre ad essere completamente schizzato era pure completamente scemo. Cieco anche. Certo, lei aveva dato il meglio di sé per nascondersi.
Ora aveva i capelli neri, legati in una treccia stretta e degli occhiali terribilmente scuri, con cui andava a sbattere contro almeno una persona al minuto. Si era celata bene ai suoi occhi, ma lui l’aveva notata lo stesso. Cos’aveva di strano, una qualche lampadina luccicante in faccia?
Si stava allontanando in fretta lungo il corridoio che sembrava non finire più.

-Sai qual è il problema Matt?- chiese Phil all’amico che continuava ad abbracciare persone a caso cercando di convincerli a scrivere qualcosa.
-Tu spaventi la gente- spiegò mentre continuavano a distribuire fogli.
-Non lo faccio apposta, sembrano tutti sconvolti quando mi vedono. Ieri ho incontrato una tizia che stava inseguendo Glenn- spiegò.
Phil ridacchiò incuriosito.
-E sembrava letteralmente terrorizzata da tutto quello che facevo- continuò.
-Tipo quella di prima- rifletté l’altro lanciando un foglio ad un tizio che passava. Ormai non si fermavano neanche più, facevano aeroplanini di carta e li lanciavano alla gente mentre camminavano.
-Sì esatto tipo quella di...- si bloccò. – Oddio ma non è che...- continuò preoccupato -...certo che era uguale-.
 Si sporse per capire se la intravedeva ancora. Gli sembrava di vedere una ragazza che andava a passo spedito verso la fine del corridoio.
-Emma!- cominciò ad urlare agitando le braccia.
La ragazza si fermò girandosi e lo guardò da lontano, ma quando capì da chi proveniva la voce il suo sguardo si riempì di sgomento. Si voltò veloce e cominciò a correre, facendosi strada a spintoni tra gli studenti.
-Emma!- chiamò ancora Matt stupito e un po’ offeso  -...Emma?-
Continuò finché non la vide scomparire dietro l’angolo.
Sbuffò e ricominciò a lanciare aeroplani alle persone.
-Si può sapere che le hai fatto?- chiese Phil.
-Proprio nulla!- si difese il ragazzo.
-Come no- sorrise l’altro.
Matt sospirò cominciando a dubitare dell’efficacia del loro volantinaggio.
-Sai, forse non capiscono perché gli lanciamo aeroplanini se smettiamo di dire a cosa servono quei fogli- suggerì.
-Mmh-
-Ragazzi idee per la radio! Idee per la radio, scrivetele sugli aeroplanini che vi lanciamo!- ricominciarono ad urlare più forte di prima.

Venti minuti dopo, erano tutti e quattro davanti al famoso banco, con un solo foglio sul tavolo che recitava un grande e pomposo DECAPITATEVI.
-Voi siete rimasti tutto il tempo qui?- chiese Phil.
-No, abbiamo distribuito anche noi un po’ di fogli- rispose Liz.
-Quindi potrebbero aver rubato quelli che c’erano-
-Fidati io ero all’angolo del corridoio, non hanno rubato proprio niente- li informò Anthony.
Sospirarono tutti sedendosi in fila sul banco. I ragazzi passavano e nessuno sembrava volersi fermare da loro.
Quando qualcuno faceva il terribile errore di camminargli vicino veniva aggredito da tutti, escluso Anthony che ormai li guardava rassegnato.
-Scusa?- li fermava Phil.
-Hai sentito della radio scolastica?- chiedeva Matt.
-Non è che vuoi lasciare un qualche tua idea su quello che ti aspetti, o quello che vorresti proporci?- continuava Liz allegra.
Quando terminavano il malcapitato passante si aspettava un seguito dal quarto ragazzo, così Anthony sorrideva e gli porgeva un foglio con la penna. Ma dopo la terza persona che glieli ridava con un nervoso ‘no, grazie’, si limitò a sorridere senza porgere un bel niente.
E i minuti passavano.

Dall’altra parte della scuola Kathleen si stiracchiava.
-Cioè mi hanno mollata qui...?- chiese per la terza volta.
-Che dovevano fare, lanciarti giù dalla sedia?-
-...con te- continuò lei con la solita espressione schifata che rivolgeva a Glenn. Le poche volte che gli rivolgeva un espressione.
-Pensi che mi diverto?-
Kathleen sospirò. Rimasero qualche minuto in silenzio. Lei lo guardava, lui la guardava. In definitiva si guardavano. Senza proferire parola.
-Senti- cominciò Kat -...è inutile-
-Credo anch’io- confermò il ragazzo.
-È inutile che proviamo a starci simpatici no? Noi ci odiamo, chi cerchiamo di imbrogliare?-
-Stiamo cercando di imbrogliare qualcuno?- chiese stupito Glenn.
-Dicevo così, per intercalare. In ogni caso, siamo d’accordo, giusto Malfoy?-
-Più che d’accordo- confermò – ...solo una cosa. Ci riesci a non chiamarmi così?-
Kat ragionò un attimo.
-Ti chiamo così dal primo anno, non te n’è mai fregato niente-.
Glenn si strinse nelle spalle.
Kathleen non capiva.
Ricominciarono a guardarsi.
Poi quell’idea le passo per la mente. Sorrise. E Glenn lo capì all’istante. Si maledisse in tutti i modi.
-E così loro non lo sanno eh?- rise lei.
-Che c’è di così divertente?-
-Ti ho in pugno Malfoy ecco cosa!- continuò a ridere. Sembrava che tutta la sua stanchezza fosse scomparsa di colpo.
Glenn aveva sempre considerato Kathleen una completa idiota. Non aveva calcolato che ci sarebbe arrivata così in fretta.
-Lo sai che cosa fa la gente quando lo sa Kat- cercò di difendersi.
Lei continuava a ridere.
-Ci stanno almeno mezz’ora, lo sai benissimo- continuò – in più calcola tutta l’euforia di Matt e conta un ora. Lo sai che non la posso reggere-.
Lei rideva sempre più forte. Glenn alzò gli occhi al cielo esasperato.
-Allora. Facciamo un patto. D’altronde il patto te l’aspettavi una volta che l’avrei scoperto no?- chiese Kathleen divertita.
-Vada per il patto- acconsentì a malincuore.
-Tutto quello che voglio. Farai tutto quello che voglio-.
Questa volta cominciò a ridere Glenn. – Per favore, preferirei due ore di tortura-.
-E va bene, tutto quello che voglio per una settimana-.
-Perché quello di prima era a tempo indeterminato?- rise ancora.
-E va bene due giorni!- cedette lei.
-Kathleen, fa qualche proposta convincente per favore-.
-Aspetta, preferiresti quella mezz’ora, anzi ora contando Matt, invece di fare tutto quello che voglio per due giorni?!- chiese lei indispettita. Lui si strinse nelle spalle come se fosse una risposta scontata.
Kat pensava di averlo in pugno in una presa più ferrea.
Ovviamente Glenn avrebbe preferito servirla per due anni e mezzo, ma grazie al cielo era ancora bravo a negoziare.
Sentirono le voci dei ragazzi che tornavano e Kathleen saltò su.
-Un giorno, solo domani Malfoy- disse veloce.
-Come?-
-Glenn- si corresse lei.
-Andata-. Si strinsero la mano e si allontanarono svelti quando la porta si aprì.

-Interrompiamo qualcosa?- chiese Phil fermo sulla porta.
Kathleen rise come se fosse la cosa più stupida che le avessero chiesto in tutta la sua vita.
-In ogni caso- cominciò mentre entravano tutti guardandoli ancora sospettosi – questa è l’unica proposta che hanno fatto- informò dandole il foglio in mano.
-Nessun’altro?- chiese amareggiata leggendo l’unica parola sul foglio.
-Una ragazza è passata dicendoci di fare la posta del cuore una volta alla settimana-
-E basta?-
-E basta-.
Si guardavano sconsolati quando la campanella suonò.
-Qui c’è bisogno di qualche cambiamento drastico- disse Matt. Gli altri annuirono fissando il pavimento.
Mentre uscivano dalla saletta per dirigersi nelle aule, notarono per i corridoi una distesa di aeroplanini strappati.
-Immagino che questo sia il vostro metodo di volantinaggio- suppose Glenn raccogliendone uno.
-Era più facile distribuirli così- si giustificarono i ragazzi.
-Beh, non è andato un granché mi pare...- notò prendendone altri da terra -li hanno ghigliottinati tutti-.
Si salutarono più abbattuti di prima e si diedero appuntamento, anche se non ne concepivano più il senso, il giorno dopo come le altre volte.

La giornata continuò mogia mentre tutti, col passare delle ore, ripensandoci, capivano che c’era qualcosa che non andava. Su mille e cinquecento persone in una scuola neanche due persone si erano degnate di scrivere qualcosa su quei fogli. Di certo i metodi di propaganda dei due ragazzi non erano tra i migliori, ma non poteva essere tutta colpa loro.
C’era qualcosa di sbagliato nell’idea in sé? Insomma non era poi così terribile no?
Ci doveva essere qualcos’altro che giustificava la strage d’aeroplani sui pavimenti.
Doveva esserci,
lo sentivano.

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