Take me home

di Astrea_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Never felt like this before. ***
Capitolo 3: *** Pretending from the start. ***
Capitolo 4: *** C'mon, c'mon. ***
Capitolo 5: *** You're everywhere. ***
Capitolo 6: *** I’m trying to be okay. ***
Capitolo 7: *** Let's go crazy. ***
Capitolo 8: *** I guess you're still hurt. ***
Capitolo 9: *** Maybe I just gotta wait. ***
Capitolo 10: *** Let's make a move. ***
Capitolo 11: *** I don't have the answer. ***
Capitolo 12: *** In your lips and in your kiss. ***
Capitolo 13: *** The end of the night. ***
Capitolo 14: *** Reality ruined my life. ***
Capitolo 15: *** I only want more. ***
Capitolo 16: *** Feel like snow in September. ***
Capitolo 17: *** Too blind to see. ***
Capitolo 18: *** Your voice in my head. ***
Capitolo 19: *** Right back. ***
Capitolo 20: *** Stay for the night. ***
Capitolo 21: *** Our little secret. ***
Capitolo 22: *** Hole in the middle of my heart. ***
Capitolo 23: *** It should be me. ***
Capitolo 24: *** Heartache doesn't last forever. ***
Capitolo 25: *** With a tight grip then my kiss. ***
Capitolo 26: *** Sleepless nights. ***
Capitolo 27: *** The up all night's. ***
Capitolo 28: *** They don’t know about us. ***
Capitolo 29: *** Words I still haven't said. ***
Capitolo 30: *** Show me you care. ***
Capitolo 31: *** Nobody compares to you. ***
Capitolo 32: *** Truly, madly, deeply. ***
Capitolo 33: *** All your little things. ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***


p

Take me home

Prologue.
Mi piaceva Doncaster e mi piaceva per davvero la mia città.
L’idea, anche solo eventuale, di poterla lasciare per continuare gli studi altrove non mi aveva mai sfiorata prima di quel momento.
Mi trovavo bene a casa mia, protetta e viziata dai miei onnipresenti e perfetti genitori.
Ero la più piccola della famiglia Tomlinson, il gioiellino di casa insomma, la ragazza posata e studiosa.
Da sempre avevo frequentato le migliori scuole, le associazioni più prestigiose ed i club più esclusivi.
Non avevo affatto bisogno di fuggire dal mio ambiente per realizzare chissà quale sogno irrealistico.
Del resto, io volevo soltanto laurearmi, seguire l’esempio di mio padre e trovare un lavoro che mi permettesse di guadagnare quanto necessario per poter condurre uno stile di vita agiato.
Fin da piccola avevo sempre desiderato rimanere a casa, con la mia famiglia, o per meglio dire con ciò che di essa restava.
Mio fratello, infatti, era andato via ben cinque anni fa, a causa dei suoi irrealizzabili progetti che, almeno per quanto lui continuava fermamente ad affermare, lo avrebbero condotto ad una fama mondiale.
Ne avevo sofferto molto all’inizio, troppo.
Lui, preso il diploma, si era trasferito a Londra. Aveva fatto le valigie e, nel giro di neppure una settimana, era partito. Lì, poi, aveva conosciuto altri quattro ragazzi con i quali aveva dato vita ad una band, impegnata a strimpellare tra i vari locali della capitale inglese.
Mio fratello era sempre stato una sorta di sfida per i miei genitori ed in questo il suo carattere esuberante ed imprevedibile non era stato affatto d’aiuto.
Invece, io ero quella giudiziosa, cresciuta quasi in una sorta di campana di vetro, protetta da tutto e da tutti.
Forse era proprio quest’abissale differenza che sussisteva tra me e mio fratello che ci aveva legato tanto, rendendoci particolarmente inseparabili.
Certo, non che io fossi una ragazza priva di personalità, ma a me quello stile di vita non era mai dispiaciuto, quasi poteva piacermi.
Sapere che di lì a poco mi sarei dovuta trasferire a Londra fu per me una vera e propria sorpresa, uno shock sarebbe stato più corretto definirlo.
Mio padre mi aveva iscritta ad uno dei più prestigiosi college ed io non ero riuscita a tirarmi indietro.
In realtà, sapevo già da tempo che sarei stata indirizzata a Londra per terminare gli studi, ma ogni qualvolta l’argomento sembrava prender vita nelle conversazioni con i miei genitori, ero sempre riuscita a sviarlo, ignorando ed eludendo il problema.
Alla fine, comunque, l’avevo dovuto affrontare e ne ero uscita totalmente sconfitta.
L’unica nota positiva di tutta la faccenda, come mi ostinavo a pensare, era che almeno avrei avuto modo di vedere più spesso mio fratello Louis.

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Angolo Autrice
Salve a tutti/e!!!:D
Che dire, non riesco a finire una storia, che già ne inizio un'altra!!xD
Bene, cercherò di smorzare immediatamente la strana sensazione che si avverte quando ci si presenta,
perché è così che mi sento in questo momento,
parlando delle linee generali sulle quali baserò la trama.
Ok, questo che ho pubblicato è solo un piccolo breve prologo,
una specie di introduzione al primo capitolo, nel quale si parlerà principalmente della protagonista.
Credo si sia già capito di chi si tratta, visto il cognome e, soprattutto, il nome del fratello.
Sì, la protagonista è la sorella del nostro caro Louis!
Ci tengo a sottolinerare che NON ha alcun riferimento con nessuna delle reali sorelle di Louis,
quello che preseterò nelle storia è un peronaggio inventato completamente da me,
che non ha nulla a che fare con la realtà.
Il nome che le ho dato, comunque, si scoprirà nel primo capitolo!xD
Tornando alla storia, devo dire che la sto ancora scrivendo.
Per ora sono arrivata al settimo capitolo,
ma spero di riuscire a continuare, anche perché ho ben chiari i punti fondamentali,
nonotante non mi convinca particolarmente.
So bene che storie del genere ne avete già lette tante,
ma vi chiedo di continuare a leggere anche questa, se vi va,
di attendere ancora un pochino, magari potrebbe interessarvi, non so.
Detto anche questo, parliamo della protaginista.
Beh, è la prima volta che faccio narrare tutta la storia ad un personaggio del genere.
Di solito preferisco persone attive, sicure, vivaci,
questa volta, invece, proverò con una ragazza più timida, riservata, meno spigliata.
Vedremo cosa ne esce...xD
Ok, mi pare che l'angolo autrice sia anche diventato più lungo del prologo stesso,
quindi la smetto qui.
Per qualsiasi cosa, anche commenti negativi, vi prego di farmi sapere!
Ripeto, questa storia ancora non mi convince del tutto,
quindi ho particolarmente bisogno dei vostri commenti!
Alla prossima!:*
                                                                                Astrea_

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Capitolo 2
*** Never felt like this before. ***



Take me home

Never felt like this before.

Attesi ancora qualche secondo, mentre sentivo il rumore del motore affievolirsi fino a spegnersi del tutto. 
"Ho già fatto sistemare le valigie nella tua stanza. Per qualsiasi evenienza sappi che puoi comunque fare affidamento su tuo fratello.", annunciò mio padre con fare austero, ma dal suo tono di voce potei ben intuire che stesse cercando di mascherare un senso di irrequietezza e preoccupazione.
Era strano per me vederlo così semplicemente umano.
Annuii con fare convinto, poi l'autista spalancò la portiera alla mia destra.
"Prego.", disse soltanto per invitarci educatamente a scendere dall'abitacolo.
Senza indugiare oltre, uscii dal veicolo e per qualche istante mi persi ad osservare il paesaggio che mi circondava.
Eravamo a Londra, ma non c'era alcuna traccia del caos o del traffico cittadino, persino i bus rossi sembravano un lontano ricordo.
Davanti ai miei occhi si estendeva una piccola e lieve collina, il cui prato verde spiccava in contrasto con il cielo plumbeo e nuvoloso che non lasciava trapelare alcun raggio di sole.
Oltre il cancello si apriva una piccola stradina che conduceva ad un'enorme struttura la cui architettura ricordava vagamente quei grandi palazzi antichi realizzati su rigore classico.
Ai suoi lati si ergeva una lunga serie di edifici. Riconobbi subito la biblioteca che avevo visto in fotografia su decine e decine di brochures illustranti le diverse opportunità offerte da quel college.
"Dal vivo è ancora più bello che in foto!", mi lasciai scappare in un sussurro senza rendermene neppure conto, mentre sulle mie labbra si disegnava uno spontaneo e genuino sorriso.
Certo, l'idea della lontananza mi spaventava non poco, ma allo stesso tempo ero terribilmente elettrizzata al pensiero della nuova avventura che di lì a qualche minuto avrei intrapreso.
Per la prima volta potevo contare solo ed esclusivamente sulle mie forze e sulle mie capacità, ma ciò non mi terrorizzava affatto, non più almeno.
"Credo sia ora di andare.", affermai con tono più sicuro qualche istante dopo, voltandomi in direzione dei miei genitori che nel frattempo mi avevano affiancata.
Mio padre annuì con fare sommesso accennando ad un lieve sorriso, mia madre si limitò a lanciarmi un fugace sguardo pieno d'amore, prima di abbassare lievemente il capo come affranta.
"Ricorda di telefonarci almeno una volta al giorno.", mi rammentò stringendo le sue mani fra le mie, probabilmente voleva assaporare quegli ultimi istanti insieme.
Annuii energicamente con fare convinto, quasi come se con tale gesto potessi trasmetterle maggiore fermezza.
"Lo farò.", la rassicurai abbracciandola.
Lei posò un lieve bacio sulla mia guancia sinistra, mentre con le braccia mi stringeva al petto. 
Ci salutammo con calma, senza fretta alcuna, poi quando ritenemmo opportuno separarci fu il turno di mio padre. 
Mi avvicinò a se, mi sorrise, poi fece aderire la mia testa al suo petto. Poggiò una mano sul mio capo, sfiorando i miei capelli.
Odiavo quel gesto tremendamente infantile, ma in quel momento non riuscii a lamentarmi. Rimasi in silenzio, beandomi di quei pochi attimi in cui tutto, persino i miei perfettamente perfetti genitori, sembrava più vulnerabile e fragile.
"Ci vediamo per le vacanze di Natale.", affermò poi allontanandosi di qualche passo.
"Cominciate da adesso a cucinare dolci, perché prevedo di tornare particolarmente affamata!", scherzai sentendo un improvviso bisogno di sdrammatizzare le circostanze.
Mi sarebbero mancati, di ciò ne ero più che consapevole, ma quello non era di certo il momento adatto ai sentimentalismi.
Loro mi sorrisero, quasi forzatamente, ma feci finta di non accorgermi delle loro tristi e titubanti espressioni.
"Allora ciao!", li salutai infine, alzando l'angolo destro delle labbra.
"Abbi cura di te, Lizzie!", mormorò mia madre mentre si avvolgeva tra le sue esili braccia.
"Fatti valere, spacca tutto!", mi incoraggiò mio padre facendomi l'occhiolino.
Li osservai ancora una volta, poi mi decisi a voltarmi, incamminandomi finalmente per il sentiero che mi avrebbe condotta alla struttura principale.
Non sapevo affatto cosa avrei dovuto fare o come mi sarei dovuta muovere all'interno del college, ma ero certa che avrei presto imparato.
Seguii il mio istinto, nonostante ciò mi pareva piuttosto avventato. Non ero solita agire al di fuori degli schemi che avevo precedentemente stabilito, ma non mi risultò difficile lasciarmi semplicemente guidare per una volta.
Oltrepassai la grande arcata a tutto sesto che sormontava l'entrata dell'edificio, ritrovandomi in una sorta di atrio le cui dimensioni erano davvero smisurate. 
Giunsi davanti a quelli che riconobbi essere gli uffici della segreteria, poi bussai sulla prima porta a destra sulla quale c'era affisso un cartello di metallo che ne indicava la funzionalità. 
Non ricevetti alcuna risposta, così mi convinsi ad entrare, spingendo timidamente la maniglia.
"Permesso.", la mia non era una domanda, ma solo un modo per palesare la mia presenza alla donna seduta dietro la scrivania di quel piccolo ma grazioso ufficio.
Lei alzò la testa da quella pila di fogli che teneva tra le mani, puntando il suo sguardo inquisitorio su di me, ancora ferma sullo stipite della porta. Per qualche istante mi sentii veramente a disagio, tanto che mi risultò difficile non abbassare la testa.
"Entri pure!", disse la donna con tono garbato, invitandomi con un cenno della mano ad accomodarmi su una delle due sedie poste esattamente di fronte a lei.
Accennai ad un lieve sorriso, mentre con passo svelto ma ancora indeciso, seguii il suo suggerimento.
"Il suo nome è...?", continuò lei dopo qualche secondo di silenzio. 
Solo allora mi resi conto di non aver ancora proferito parola, di non essermi ancora presentata. Mandai giù un groppo di saliva, spaventata ma allo stesso tempo consapevole del mio atteggiamento insicuro che di certo non aveva dato una buona immagine della sottoscritta. 
Cercai di riacquistare la fermezza con la quale ero solita affrontare ogni tipo di situazione.
"Sono Elisabeth Virginia
Tomlinson.", annunciai con una ritrovata sicurezza.
"Sono appena arrivata, dunque le sarei grata se potesse darmi delle informazioni riguardo al mio alloggio e alle lezioni.", continuai poco dopo con voce risoluta e decisa.
"È un piacere fare la sua conoscenza, signorina
Tomlinson ", disse in maniera cordiale, porgendomi una mano che non esitai a stringere.
"Io sono la segretaria dell'ufficio didattico, ma può tranquillamente rivolgersi a me per ogni eventualità.", aggiunse subito dopo, continuando a sorridermi.
"Le chiedo solo la cortesia di attendere qualche secondo, il tempo di prendere la sua cartella dal fascicolo delle matricole ed avrà tutte le informazioni di cui necessita.", affermò poi mentre si alzava per avvicinarsi ad una serie di scaffali ricolmi di documenti.
Cercò per qualche minuto il mio nome tra le varie cartelle, poi ne estrasse una e me la porse. 
"Al suo interno può trovare gli orari dei corsi e i luoghi dove si terranno le varie lezioni, oltre che il nome dei singoli professori ed una accurata e precisa cartina del campus. La sua stanza è segnata sul modulo d'accoglienza che troverà in seconda pagina, subito dopo il benvenuto ufficiale da parte del rettore. Le chiavi delle stanze sono rilasciate dall'apposito personale dell'ufficio logistico che si trova al primo piano del plesso alloggi. Per qualsiasi domanda sono a sua disposizione.", concluse poi, tornando a sedersi dietro quel tavolo di legno intarsiato. 
Sorrisi appena, cercando di riassumere tutto quel fiume di notizie che mi avevano letteralmente travolta.
"Grazie, è stata molto chiara.", ammisi qualche istante dopo. 
"Bene, allora spero si trovi bene qui!", disse a mo'di saluto mentre io mi alzavo, tenendo la cartellina ben salda tra le mani.
"Lo spero anche io.", dichiarai quasi sovrappensiero.

Una manciata di minuti dopo, mi ritrovai nuovamente a vagare per i verdi prati del campus.
Avevo riposto il fascicolo nell’enorme borsa che tenevo poggiata sulla spalla destra, mentre con la mano sinistra reggevo la cartina che mi era stata appena consegnata, piegata in modo che si potesse vedere solo l’area che mi interessava.
Mi piaceva quella strana atmosfera che aleggiava intorno a me.
Dei ragazzi scherzavano seduti sotto una vecchia e grande quercia, altri invece fissavano completamente rapiti dai loro pensieri la bacheca degli avvisi.
Un gruppetto di ragazze parlottava, inserendo di tanto in tanto nel loro vociare delle risate acute e talvolta sguaiate.
Sembrava quasi di trovarmi in una di quelle scene che introducono un film d’amore ambientato in un college americano.
Sorrisi per l’assurdità e la banalità di quel pensiero, poi scossi il capo, ritrovando la concentrazione di cui necessitavo per evitare di perdermi.
Abbassai la testa un’altra volta sul foglio di carta che ancora stringevo tra le mani e controllai che stessi percorrendo la giusta direzione.
In realtà non fu difficile raggiungere il plesso adibito all’alloggio degli studenti.
Feci come la segretaria mi aveva detto pochi minuti prima, dunque a passo spedito andai verso l’ufficio logistico, dove un signore sulla cinquantina mi consegnò le chiavi del mio appartamento.
Certo, prima volle controllare documenti e modulo d’accoglienza, ma poi si dimostrò talmente gentile da indicarmi minuziosamente il percorso che mi avrebbe condotta alla stanza numero duecentosei, la mia.
Quando finalmente spalancai la porta, rimasi completamente sorpresa dalla vista che si parò davanti ai miei occhi.
Non era esattamente ciò che mi aspettavo.
Sulla parete di destra era collocata una scrivania, sulla quale erano poggiati tre pile di libri ed un portatile. Al suo fianco, pochi metri più in là, c’era un letto sormontato da una serie di valigie aperte dalle quali fuoriusciva un numero indefinito di vestiti.
L’altra ala della stanza, invece, sembrava essere ancora intatta. Ai piedi del letto riconobbi immediatamente il mio set di valigie, quello che mi era stato recapitato qualche ora prima del mio arrivo.
Sulla scrivania vidi poggiata la custodia del mio portatile, accanto alla quale spiccava la mia borsa azzurra, nella quale ero solita sistemare i libri.
Accanto alla porta, invece, era sistemato un unico armadio, di dimensioni piuttosto modeste.
L’unica fonte di illuminazione proveniva da una finestra che si apriva sulla parete davanti ai miei occhi.
Con lo sguardo ripercorsi velocemente tutto il perimetro della stanza, notando solo allora la presenza di un’altra porta, che dedussi essere quella del bagno.
Certo, ero perfettamente consapevole del fatto che avessi espressamente chiesto a mio padre di far in modo che ricevessi lo stesso ed identico trattamento di un qualsiasi studente, ma di sicuro non era questo ciò che mi prefiguravo.
“Ciao!”, mi salutò all’improvviso una voce femminile alle mie spalle, facendomi sobbalzare.
Mi voltai di scatto, incontrando subito l’ampio e caldo sorriso di una ragazza che si trovava a pochi metri da me.
Aveva dei capelli ricci e biondi che le ricadevano sulle spalle e facevano da contorno ad un grazioso viso a cuoricino dal quale spiccavano degli occhi di un azzurro particolarmente acceso e chiaro allo stesso tempo, mentre dalle labbra rosse aperte
in un sorriso s’intravedevano due file di denti bianchissimi.

“Ciao.”, ricambiai distogliendo lo sguardo dalle forme del suo viso, porgendole la mano.
Lei la afferrò, poi si avvicinò a me fino a lasciarmi due leggeri baci sulle guance, cogliendomi del tutto alla sprovvista per quel gesto.
“Io sono Elizabeth Virginia Tomlinson.”, mi presentai immediatamente, piegando lievemente le labbra all’insù.
Lei sgranò gli occhi, forse leggermente sorpresa a causa del tono formale che la mia voce aveva assunto.
“Allison Carley Matthews, ma puoi chiamarmi semplicemente Allie!”, esclamò con fare gioioso, prima di lasciar andare la mia mano.
Sorrisi e provai a rilassarmi.
“Ho iniziato a sistemare le mie cose. Non ti dispiace, vero?”, aggiunse mentre raggiungeva la sua parte di stanza, per poi lasciarsi cadere sulla sedia posta a qualche centimetro dalla scrivania.
“Assolutamente no.”, risposi, chiudendo la porta alle mie spalle.
Non ero sicura riguardo alla procedura che si adottava per socializzare, quindi quella situazione mi metteva piuttosto a disagio.
Camminai fino a raggiungere il mio letto, poi mi sedetti su di esso, continuando a fissare la ragazza bionda, sperando mi ponesse qualche domanda.
Quel silenzio mi imbarazzava molto più del dovuto.
“Allora, Lizzie, sei di Londra?”, mi chiese dopo qualche interminabile istante.
Non potei non notare il nomignolo che aveva utilizzato ed un sorriso spontaneo prese vita sulle mie labbra.
Certo, non conoscevo affatto quella ragazza, ma i suoi modi familiari e travolgenti mi piacquero sin dal primo momento.
“Mi sono appena trasferita da Doncaster. Tu, invece, sei della zona?”, continuai dopo averle risposto, nel tentativo di intavolare una conversazione duratura.
“Sì, sono nata e cresciuta a Londra, ma dall’altro lato della città, così ho preferito trasferirmi nel campus piuttosto che spostarmi di continuo!”, dichiarò con aria raggiante.
Non ebbi neppure il tempo di pensare ad un’altra domanda che sentii la suoneria del mio cellulare.
Mi alzai di scatto ed afferrai la borsa, per poi frugare con fare frettoloso in essa.
Solo dopo qualche secondo riuscii finalmente a trovare quel dannato aggeggio e, senza neppure controllare chi mi stesse cercando, risposi a quella chiamata.
“Si?”, chiesi, facendo con la mano un cenno di scuse ad Allie.
“Sorellina cara!”, squittì una voce dall’altro capo del telefono.
Sorrisi immediatamente non appena lo riconobbi e quasi percepii il cuore sciogliersi.
Bastava davvero poco per darmi la sensazione di essere a casa.
“Louis!”, esclamai con un tono di voce forse troppo euforico.
“Come stai, piccolina mia?”, mi chiese subito dopo.
“Bene, sono appena arrivata nella mia stanza.”, lo informai, mentre tornavo a sedermi sul mio letto.
“Hai già conosciuto qualche bel ragazzo dal quale mi tocca venire a salvarti?”, continuò lui in tono giocoso, ma in realtà sapevo benissimo quanto mio fratello potesse essere iperprotettivo e spropositatamente geloso.
Sbuffai sonoramente, facendolo ridere.
“In realtà ne ho conosciuti ben tre.”, scherzai, ma dallo strano silenzio che mi giunse inaspettato, pensai avesse creduto per davvero alle mie parole.
Risi divertita da tutte quelle sue mille attenzioni.
“Tranquillo Tommo, per il momento ho incontrato solo la mia compagna di stanza.”, lo rassicurai, sperando che nel frattempo non fosse stato colto da un improvviso infarto.
Lo sentii sospirare di sollievo.
“Ecco, meglio! E cerca di non conoscere nessun altro, allora!”, borbottò ironico qualche istante dopo.
“Andiamo, ora sono al college! Smettila di preoccuparti come se fossi una bambina di tre anni!”, mi lamentai quasi piagnucolando.
“Elizabeth Virginia Tomlinson!”, mi richiamò con voce fintamente dura. “Tu sei e rimarrai per sempre la mia piccola sorellina!”, concluse con fin troppa sicurezza nel tono di voce.
Scossi la testa, rassegnata.
“Piuttosto, quando hai intenzione di venire a trovarmi?”, gli chiesi cambiando del tutto l’argomento della nostra conversazione.
Lui parve essere piuttosto titubante riguardo alla risposta.
“Stasera purtroppo non posso, devo esibirmi con la mia band in un locale in centro.”, mi spiegò con un filo di voce.
Probabilmente si preoccupava per una mia eventuale reazione negativa.
Presi un profondo respiro.
Avrei davvero voluto passare del tempo con mio fratello, ma di certo non gli avrei impedito di partecipare a quella serata, soprattutto sapendo quanto importante per lui fosse la musica.
“E va bene. Però promettimi che nel fine settimana riusciremo a vederci!”, quasi lo supplicai, bisognosa com’ero di trascorrere anche solo qualche minuto con lui.
“Domenica sei invitata a pranzo a casa del sottoscritto!”, declamò allora.
Sogghignai lievemente.
Era buffo notare come riuscisse a mettermi sempre di buon umore anche solo con una semplice frase.
“Va bene, fratellone.”, acconsentii.
“Lizzie, ora devo andare. Ci sono le prove e dobbiamo…”, iniziò, ma non gli diedi neppure il tempo di finire.
“Tranquillo, ho capito.”, esclamai per interromperlo, prima che iniziasse uno di quei suoi interminabili flussi di parole sconnesse.
“Ti voglio bene, Lizzie!”, mi salutò.
“Anche io! E in bocca la lupo per stasera!”, ricambiai prima di chiudere la chiamata.
Mi lasciai cadere con la schiena sul materasso, ancora con il sorriso stampato sulle labbra.
“Tu e tuo fratello dovete avere sicuramente un magnifico rapporto se una sua sola telefonata è capace di renderti così tranquilla!”, commentò poi Allie, facendosi più vicina.
Le sorrisi, annuendo con fare convinto.
“Lo adoro.”, confessai con un filo di voce, poi con la mano le feci segno di sedersi accanto a me.
Così, senza neppure sapere esattamente come o perché, io ed Allie iniziammo a parlare delle nostre vite.
Ebbi quasi la sensazione di conoscerla da tempi immemorabili, come se fossimo due vecchie amiche che non si vedevano da tanto, troppo tempo.
Non c’era più imbarazzo o disagio, solo uno strano clima familiare e confidenziale.
E, forse per la prima volta, non trovai alcuna difficoltà a parlare della mia vita privata con una perfetta sconosciuta.

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Angolo Autrice
Salve a tutte!:D
Per prima cosa chiedo venia per tutto il tempo trascorso tra la pubblicazione del prologo ed il primo capitolo, ma sappiate che ci ho messo davvero tutta la buona volontà!
Questo fine settimana non sono neppure tornata a casa ed ora sto dettando telefonicamente questo messaggio a mia sorella. Per questo motivo ancora non ho potuto rispondere alle vostre meravigliose recensioni, ma entro mercoledì dovrei riuscire a rimediare anche a questo!;)
Allora, siamo al primo capitolo, che è piuttosto introduttivo: spero sia riuscita a far capire di che tipo di personaggio si tratta. Tra l'altro ho anche presentato la compagna di stanza di Lizzie, per sottolineare le differenze comportamentali.
Per ora non dico nulla sull'identità del ragazzo, anche perché la storia sarà piuttosto travagliata.
Piuttosto, volevo ringraziare coloro che hanno inserito la storia tra le preferite e le seguite e quelle splendide persone che hanno lasciato un commento!
Per chi stesse aspettando l'epilogo di Every piece of your heart arriverà mercoledì al massimo!;) 
Beh, fatemi sapere cosa ne pensate se vi va!
Alla prossima,

                                             Astrea_


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Capitolo 3
*** Pretending from the start. ***


f

Take me home

Pretending from the start.

Non riuscivo a prendere sonno, quella notte.
Continuavo a girarmi e rigirarmi nel letto, nel vano tentativo di trovare una posizione comoda e conciliante al sonno. Tuttavia, il mio corpo sembrava turbato, quasi come se percepisse una strana sensazione di irrequietezza mista ad ansia, dovuta poi a chissà quale assurdo motivo.
Per un attimo con la mente tornai a quelle fredde sere d’inverno trascorse appollaiata sul divano nei pressi del camino del salone, riparata da una calda coperta di lana, mentre sorseggiavo del tè e distrattamente guardavo chissà quale assurdo programma mandato in onda.
Sentii una strana ed improvvisa morsa allo stomaco, poi sorrisi mentre altre ricordi si facevano spazio nella mia mente.
Ero solita bere una tazza fumante di tè ogni sera prima di andare a dormire, era divenuto come un rituale che ripetevo ormai da così tanto tempo da aver dimenticato i motivi o le circostanze che avevano innescato quella stramba routine.
Quella sera, però, non ero riuscita neppure a prenderne un bicchiere.
E fu quell’assurda consapevolezza a farmi percepire un’inspiegabile sensazione di vuoto all’altezza del petto.
Tra tutti i bagagli che avevo dovuto sistemare e le stramberie di Allie, di tempo a mia disposizione ne era rimasto davvero ben poco. Io e la mia nuova compagna di stanza avevamo trascorso tutto il pomeriggio a chiacchierare e, soltanto quando avevamo sentito il rumoroso brontolio dei nostri stomaci, avevamo deciso di ordinare delle pizze e vedere un film.
Non avevamo fatto particolarmente tardi, consapevoli che il giorno successivo avremmo dovuto sbrigare le ultime faccende prima dell’inizio dei corsi.
Sbuffai sonoramente, mentre stringevo le ginocchia tra le braccia, per raggomitolarmi come meglio potevo e riscaldarmi.
Allie dormiva profondamente ormai da più di un'ora. Intravedevo i contorni del suo viso nonostante la stanza fosse quasi del tutto buia, illuminata solo da un flebile raggio di luna che penetrava dalla finestra. Feci roteare velocemente lo sguardo sui vari mobili della stanza, per poi fermarmi a guardare, quasi inconsapevolmente, l'orologio digitale: mancavano pochi minuti alle tre.
Probabilmente avrei trascorso la notte insonne. Seppur controvoglia, decisi di alzarmi, spinta da un’irrefrenabile voglia di tè.

Non avrei rinunciato alle mie abitudini solo perché ero lontana da casa.
Non appena scostai le coperte dal mio corpo, percepii un flusso di aria gelida e tagliente colpirmi in pieno. Rabbrividii all’istante e con le mani provai a riscaldarmi all'altezza delle braccia. Con i piedi cercai le pantofole, facendo particolare attenzione ad evitare qualsiasi tipo di contatto con la fredda superficie del pavimento della stanza. Mi avvicinai all'armadio e da esso estrassi una felpa, l'unica che possedevo, che a caratteri cubitali indicava sul petto il nome del college che avevo deciso di frequentare, lo stesso in cui mi trovavo in quell’esatto momento.
La infilai, poi presi delle monete che avevo lasciato sulla scrivania qualche ora prima e le chiavi, infine a passo incerto mi diressi verso la porta di uscita, facendo attenzione a non fare alcun rumore…
I  corridoi erano illuminati da fioche luci notturne. Il silenzio disumano che aleggiava metteva la pelle d’oca, soprattutto se ad esso si aggiungeva il rumore del vento che sbatteva prepotentemente contro le imposte.
Un altro brivido mi percorse la schiena, facendomi tremare e questa volta non solo a causa del freddo.
Mi imposi di non lasciarmi suggestionare. In quel momento la mia priorità era riuscire a raggiungere i distributori che quel pomeriggio avevo intravisto all’inizio del corridoio, al resto ci avrei pensato dopo.
Allungai la falcata, per impiegare quanto meno tempo possibile.
“E tu cosa ci fai in giro a quest’ora?”, mi chiese una voce maschile alle mie spalle.
Sussultai percettibilmente per lo spavento. Sentivo le gambe tremare ed il respiro venirmi a mancare. Restai immobile per qualche istante, presa del tutto alla sprovvista, poi balzai in aria come una molla, girandomi di scatto e subito incrociai lo sguardo curioso di quel ragazzo.

Aveva degli occhi verdi tanto profondi quanto impenetrabili.
Tuttavia quasi percepii una sensazione di tranquillità pervadere il mio corpo nell’esatto istante in cui i suoi occhi entrarono in contatto con i miei, nonostante non lo avessi mai visto prima di quel momento.
Almeno, pensai, non era un vecchio maniaco.
“E tu chi saresti?”, gli domandai senza neppure rendermene conto, indietreggiando appena, ma cercando comunque di non far trapelare insicurezza dal mio tono di voce.
Volevo apparire sicura e mi illusi che tale atteggiamento sarebbe stato sufficiente a scoraggiare i suoi piani, qualora fosse stato mal intenzionato.
Lui sembrò rimuginare prima di rispondere, come se stesse confabulando qualcosa.
Poi, le sue labbra si piegarono in un leggero sorriso, tanto sicuro quanto beffardo.
“Signorina, credo proprio che lei non sia nella posizione adatta a fare domande.”, dichiarò lui, scuotendo il capo come per farmi notare quanto il mo comportamento fosse poco appropriato alle circostanze.

Mi aveva dato del lei.
Aggrottai la fronte e lo osservai meglio, nel tentativo di fare chiarezza sulla sua identità.
Aveva i capelli ricci e scombinati, i lineamenti del suo volto erano dolci ma decisi, i suoi occhi verdi e profondi. Indossava un elegante completo nero ed una camicia bianca, il cui colletto era lasciato sbottonato. A giudicare dal volto poteva avere circa la mia età, nonostante l’abbigliamento potesse suggerire altro.
“Chi è lei?”, domandai allora, tornando a fissarlo negli occhi, quegli occhi verdi e magnetici.
Lui sogghignò ancora e sulle sue guance si formarono due piccole e graziose fossette.
“Qui le domande posso farle solo io, visto che sono l’agente di sicurezza notturna.”, dichiarò con un’espressione beffarda.
Spalancai gli occhi a quella rivelazione, poi deglutii lievemente, prima di iniziare a mordicchiarmi il labbro inferiore.
“Piuttosto, lei cosa ci fa in giro per i corridoi a quest’ora di notte e per giunta con indosso il pantalone di un pigiama con degli orsacchiotti?”, mi chiese con fare indagatore, per poi squadrarmi da capo a piedi.
All’istante sentii le guance arrossire per l’imbarazzo sotto il suo sguardo attento, mentre il mio cuore accelerava incondizionatamente.

Ma perché diamine non mi ero cambiata?
Come mi era venuta anche solo in mente un’idea del genere?
Bene, sarei stata ricordata per sempre come la ragazza dal pigiama con gli orsacchiotti: davvero un ottimo inizio.

“Devo forse pensare che stia andando dal suo fidanzato per compiere atti impuri?”, continuò poi, ma questa volta mi parve di cogliere un tocco di malizia nel suo tono di voce.
Sgranai ancora di più gli occhi. Quasi non sapevo se ridere o piangere.
Il suo linguaggio era buffo, esattamente come le sue movenze, ma non ero affatto nella posizione adatta per farglielo notare. Cercai di replicare, ma le parole mi morirono in gola.
“O forse era in cerca di qualche documento in particolare? Voleva forzare la serratura di qualche ufficio?”, aggiunse ancora, allungando la lista delle ipotesi sul mio conto.
Sbiancai all’istante.
Evidentemente la situazione era più grave di quanto pensassi.

Possibile che fossi appena arrivata e già mi trovavo in difficoltà?
“Ma veramente io…”, provai a dire in mia difesa, questa volta riuscendo a trovare il coraggio per parlare, ma fui interrotta dall’agente.
“Non vorrà certo discolparsi adducendo strane scuse, vero?”, domandò retoricamente, agitando l’indice davanti al mio volto con fare canzonatorio.
Presi un respiro profondo, mentre cercavo di recuperare sicurezza e tranquillità.
“Mi scusi, signore.”, iniziai allora, come per voler sottolineare espressamente l’errore di valutazione che avevo appena commesso.
“Pensavo fosse uno studente.”, spiegai.
Ed era vero. Insomma, chiunque lo avrebbe preso per tale, viste le sue sembianze e considerato il fatto che si aggirava per i corridoi degli alloggi. Per di più non ero neppure a conoscenza del fatto che nei campus esistessero degli agenti notturni che facessero la ronda, ma in quel momento non mi soffermai a riflettere su quanto surreale potesse essere quella situazione.
Lui non aggiunse nulla, ma con la mano mi fece cenno di proseguire.
“Volevo solo prendere del tè ai distributori che si trovano nei pressi dell’ingresso principale. Sono arrivata solo oggi e non riuscivo a prendere sonno, così ho pensato che una bevanda calda mi sarebbe stata d’aiuto. Non avevo affatto cattive intenzioni.”, mi giustificai.
Assurdo pensare che fino a pochi attimi prima ero io a pensare che fosse lui quello con cattive intenzioni.
L’agente parve riflettere per qualche istante sulle mie parole, come per verificarne la veridicità, poi annuì lievemente.
Sembrava quasi stesse cercando di trattenere una fragorosa risata.
“Per questa volta faccio finta di crederci.”, affermò con voce studiatamente bassa e titubante.
“A dire il vero…”, provai a controbattere con foga, desiderosa di mettere in chiaro la faccenda, ma fui nuovamente interrotta.
“Abbassi la voce, non vorrà mica svegliare tutti!”, mi rimproverò avendo colto la mia voce più alta e acuta del solito.
Abbassai il capo.
In quel momento mi sentivo in imbarazzo e non perché l’agente di fronte a me fosse indubbiamente un bel ragazzo, ma perché mi sentivo esattamente come una bambina sgridata dai propri genitori davanti a tutta la famiglia.
“Scusi ancora.”, questa volta quasi sussurrai impacciata, del tutto a disagio.
Lui sorrise, me ne accorsi dal suono cristallino della sua risata.
“Guardi, finiamola qui. Chiuderò un occhio.”, sentenziò lui.
Non provai neppure a replicare, rimasi in silenzio con la testa puntata sul bianco del pavimento.
Ecco, quello era tutto ciò a cui non ero assolutamente abituata: affrontare da sola il mondo.
Avrei voluto urlargli in faccia che in realtà io volevo davvero andare solo alle macchinette.
Avrei voluto dirgliene quattro per i suoi modi davvero poco carini, per il fatto che sembrava prendermi in giro.
Avrei voluto zittirlo almeno tante volte quante aveva fatto lui con me.
E, perché no, avrei anche voluto dargli un bel ceffone in pieno viso.
Ma, nonostante ciò, tutto quello che riuscii a fare fu continuare a rimanere ferma ed in silenzio davanti a lui.
“Torni a dormire.”, mi suggerì allora, anche se dal suo tono di voce mi parve capire che si trattasse più di un ordine, che di un consiglio.
Annuii, ancora con lo sguardo basso.
Stavo per andarmene, quando fui bloccata dal suono della sua voce.
“Certo, però, per me sarebbe più facile chiudere un occhio se lei decidesse di approfondire la nostra conoscenza.”, iniziò, questa volta con tono indiscutibilmente malizioso, avvicinandosi pericolosamente a me.
Spalancai gli occhi per la sorpresa e subito fui travolta da un’ondata di terrore allo stato puro.
Con la mano sfiorò la mia, provocandomi una serie di brividi che risalirono lungo tutto il braccio.
“Agente, non starà cercando di ricattarmi o minacciarmi, vero?”, sottolineai nel tentativo di apparire risoluta e sicura, ma dalla mia voce increspata non mi sembrò affatto di riuscire nel mio intento.
Lui sollevò l’angolo destro della bocca in un mezzo sorriso, poi inchiodò i suoi occhi verdi nei miei.
“E lei non vorrà mica denunciarmi per questo, vero?”, mi provocò, facendosi ancora più vicino.
D’istinto indietreggiai di qualche passo, non curandomi affatto di quanto ridicolo ed inutile potesse essere quel gesto.
“Se lo facessi, si fidi, finirebbe sotto inchiesta in meno di ventiquattr’ore.”, decretai, questa volta più decisa.
Certo, ero consapevole che mio padre non avrebbe tollerato un tale avvenimento, se mai ne fosse venuto a conoscenza, ma le mie parole erano state volutamente esagerate, forse nel vano tentativo di incutergli timore, o anche solo innescargli il tarlo del dubbio.
“Addirittura?”, fece alquanto scettico. “Ora sei tu che minacci.”, mi fece notare poi.
Io, dal mio canto, non potei non accorgermi di quel repentino cambio di persona verbale.

Da quando eravamo passati al tu?
“Lei”, sottolineai allora, scandendo bene sia le parole che il labiale, “dovrebbe svolgere meglio il suo lavoro, evitando battutine ambigue.”, terminai a labbra serrate e denti stretti.
Solo allora mi resi conto che, in quell’esatto momento, in quel preciso istante, avevo dato fiato alle mie parole senza preoccuparmi minimamente delle conseguenze che esse avrebbero potuto generare.
Non m’importava se avessi mancato di rispetto a quell’agente da quattro soldi, non m’importava se non avessi fatto sfoggio della mia buona educazione e delle ottime maniere.
Avevo semplicemente detto ciò che pensavo, senza filtri.
Sorrisi, poi gli lanciai un’occhiata appena di sufficienza.
“E con questo ho concluso.”, affermai immediatamente dopo, fiera come non mai.
“Ora se non le dispiace, vado a prendere il tè che tanto desideravo. Buonanotte.”, salutai, infine, prima di voltarmi nella direzione opposta e proseguire in direzione degli agognati distributori.
Non mi ero mai sentita così forte e potente come in quel momento.
Non mi interessava affatto di quello che l’agente avrebbe riferito la mattina seguente, sempre se l’avesse fatto.
Ero semplicemente soddisfatta di me stessa e orgogliosa del modo in cui ero riuscita a metter fine a quella conversazione.
Neppure quegli occhi verdi che sentivo ancora fissi sulle mie spalle riuscirono più a mettermi a disagio.
Sentivo le vene pulsare forte, l’adrenalina era a mille, avrei voluto saltare per l’emozione.
Così, quando finalmente raggiunsi la mia meta, mi resi conto che forse quel tè non era poi più così necessario.
Avevo tanta di quella forza nelle vene in quel momento da poter spaccare un’intera montagna.
Ma, più di ogni altra cosa, mi sentivo finalmente leggera.

---

Angolo Autrice
Salve a tutti!:D
Eccomi tornta con il secondo capitolo!:D
So di non aggiornare spesso,
una volta a settimana è davvero poco,
ma purtroppo per il momento non riesco a fare di meglio...
Non vedo l'ora che arrivino le vacanze di Natale così da potermi godere un po' di sano relax!!*.*
Comunque sia, come vedete non mi sono dimenticata affatto della storia!;)
Piuttsoto, che ve ne pare di questo capitolo?
Allora, inizio subito dicendo che c'è l'influenza di una canzone die One Direction,
ovviamente stiamo parlando di Little Things.
You can't go to bed, without a cup of tea...*.*
Lizzie è alle prese con il college!:D
Che dire, a me non piace molto come personaggio,
è diversa da quelli che generalmente tratto,
ma proprio per questo mii fa venir voglia di continuare,
per mettermi alla prova, più o meno!xD
Anyway, come avrete letto in questo capitolo viene presentato un nuovo personaggio.
Ovviamente avete capito tutte di chi si tratta,
ma vi avviso: non fatevi strane illusioni perché vi assicuro che non è così!ù.ù
E poi c'è una cosa che va sottolinenata:
nonostante tutto sembri negare, Lizzie crede alle parole del tipo.
*Ok che avete capito, ma non ve ne darò la conferma!xD*
Farà bene la nostra piccola ingenua a fidarsi???
Però devo dire che anche leisembra darsi una svegliata,
spero di essere riusicta a rendere in maniera adeguata il passaggio avvenuto in lei,
anche se in maniera lieve.
Ringrazio già di cuore quelle persone che hanno inserito la storia tra seguite, preferite o ricordate.
facendomi superultrafelice, ma allo stesso tempo rendendomi davvero orgogliosa!
Grazie di cuore, davvero!!!<3
E grazie ancora a quelle persone che hanno avuto persino la pazienza di lasciare una recensione:
vi adoro tutte, davvero!!!*.*
Ok, per il prossimo aggiornamento posso solo dirvi che nel peggiore dei casi arriverà sabato prossimo...
anche se spero di riuscire a pubblicare qualcosa prima!
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo!:D
Alla prossima!:*
                                              Astrea_

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Capitolo 4
*** C'mon, c'mon. ***


TRE TMK

Take me home

C'mon c'mon.
La mattina seguente mi svegliai particolarmente di buon umore, con un sorriso smagliante disegnato sulle labbra.
“Buongiorno Allie!”, trillai non appena la vidi muoversi sotto le coperte.
Lei mugugnò qualcosa, probabilmente si stava lamentando per il tono acuto della mia voce.
“Alzati!”, la incitai. “Il sole è già alto in cielo, anche se coperto dalle nuvole e, se siamo fortunati, oggi le temperature raggiungeranno i ventitre gradi!”, aggiunsi poco dopo sorniona.
Borbottò qualcosa con la voce ancora impastata dal sonno, cosicché non riuscii a capire cosa avesse detto.
“Andiamo, non costringermi a farti il solletico!”, la minacciai, facendomi di poco più vicina al suo letto, ancora sorridendo.
Solo allora mi resi conto di quanto quella scena fosse surreale o, per meglio dire, di quanto fosse surreale che io ne fossi la coprotagonista.
Insomma, conoscevo quella ragazza da neppure un giorno, dunque era inevitabile il fatto che tra di noi ancora non si fosse stabilito un rapporto profondo.
Ma quella familiarità, quegli atteggiamenti confidenziali, quei toni amichevoli e scherzosi che erano palesemente trapelati dal mio comportamento non erano stati affatto programmati. Era stato tutto talmente naturale da farmi pensare che stessi facendo la cosa giusta.
Come se per una volta, una sola volta nella mia vita, avessi dovuto mettere da parte le regole della buona educazione ed agire seguendo il mio istinto.

Forse potevo essere simpatica.
“Mamma, voglio dormire ancora un po’!”, bofonchiò d’un tratto Allie, dandomi le spalle e ridestandomi dai miei pensieri.
Soffocai una risata, poi mi lasciai cadere sul freddo pavimento, accanto al suo letto.
“Non sono tua madre, ma la tua compagna di stanza.”, le feci notare con tono giocoso.
Lei prese il cuscino ed infilò la testa sotto di esso, per ovattare la mia voce.
“Potrai anche essere la regina Elisabetta o chiunque altro tu voglia, ma lasciami dormire!”, sbottò ad un tratto, probabilmente con il viso schiacciato sul lenzuolo che ricopriva il materasso.
In effetti avrei potuto accontentarla, ma la sera precedente ci eravamo messe d’accordo per sbrigare insieme le ultime faccende in mattinata.
Così decisi che, in un modo o nell’altro, avrei svegliato quella dormigliona di Allie.
La guardai ancora per un istante, prima di agire. Con le braccia teneva ben saldo il cuscino sopra la sua testa, delle ciocche di capelli biondi ed arruffati le ricadevano sulla schiena, il corpo era raggomitolato in posizione fetale.
Ero indecisa riguardo al metodo che avrei dovuto utilizzare. Certo, potevo tentare con un banale urlo nell’orecchio a me più vicino, oppure preferire la classica secchiata di acqua gelida usata nei film. Continuai a riflettere sulle varie alternative, compresa la sottrazione improvvisa della coperta che la teneva al caldo, ma nulla mi convinceva veramente.
Alla fine optai per inscenare un incendio, che mi parve un buon compromesso tra le urla ed il raffreddore assicurato.
“Aiuto, aiuto, aiuto!”, iniziai ad urlare con enfasi, scattando in piedi come una molla.
“Qui va a fuoco tutto!”, gridai ancora più forte, mentre mi muovevo freneticamente per la piccola stanza.
Vidi Allie sussultare, per poi alzare di scatto la testa, come se avesse appena recepito un segnale.
“Aiuto, si salvi chi può!”, strillai con tutta la voce che avevo, tant’è che mi ritrovai a socchiudere gli occhi.
Allie si tirò su, poi con lo sguardo cercò il mio viso.
Era frastornata e confusa, probabilmente non aveva neppure compreso le parole che io avevo appena urlato a squarciagola.
E fu proprio nell’esatto momento in cui i miei occhi incontrarono i suoi, che scoppiai in un a fragorosa risata.
Lei mi lanciò uno sguardo truce, prima di lasciarsi ricadere a peso morto sul letto.
Risi ancora più forte quando la vidi cercare con la mano la coperta che le era scivolata di dosso nel repentino movimento.
“Ti detesto.”, borbottò arricciando il naso. “E sappi che mi vendicherò.”, m’informò con tono minaccioso pochi istanti dopo, ma io, impegnata com’ero a ridere senza alcun ritegno, non diedi affatto peso alle sue parole.
Un’ora dopo passeggiavamo tranquille per i prati del campus.
Avevamo ritirato la lista completa dei libri di testo, poi li avevamo ordinati tutti, infine avevamo fatto le foto che poi sarebbero servite per il tesserino di identificazione.
“Adoro questo posto! Mi trasmette tranquillità!”, esordì Allie.
Accennai appena ad un sorriso, seguendola mentre con passo deciso si dirigeva verso la bacheca degli avvisi.
“Credi che diano feste come quelle di American Pie?”, mi chiese corrugando la fronte, mentre con lo sguardo vagava tra i mille annunci affissi.
Scossi il capo e puntai gli occhi al cielo.
“Allie, questo è un college!”, sottolineai con fare da saputella.
Lei parve farmi il verso, prima di replicare.
“Sì, ma questo non significa che non possano esserci feste!”, controbatté facendo spallucce.
“Ecco, prendi questo volantino, ad esempio!”, aggiunse staccando uno dei tanti fogli, per poi sventolarmelo sotto il naso.
“Sabato sera c’è una vesta di benvenuto!”, mi fece notare con espressione trionfante.
“Una festa a cui non potete assolutamente mancare!”, disse una voce alle mie spalle.

Ma possibile che in questo posso dovevano piombarmi tutti da dietro?
Vidi lo sguardo di Allie posarsi oltre la mia figura, così lo seguii fino a trovare la persona che aveva appena proferito parola.
Era un ragazzo. Aveva la carnagione scura, ambrata. I capelli neri erano sistemati in un ciuffo che pareva sfidare le leggi gravitazionali, mentre i suoi occhi color nocciola erano fissi su noi due.
“Ci conosciamo?”, chiese allora Allie, facendo qualche piccolo passo in avanti, il necessario per affiancarmi.
Il ragazzo sorrise, poi estrasse una mano dalla tasca dei jeans.
“Possiamo farlo ora!”, propose allora con fin troppa enfasi per i miei gusti. “Mi chiamo Zayn.”, si presentò porgendola alla bionda, che fu subito pronta ad afferrarla.
“Io sono Allie.”, affermò poi lei, sorridendo a sua volta. “E lei è la mia amica Lizzie.”, aggiunse poco dopo, facendo spostare l’attenzione sulla sottoscritta.
Il moro mi squadrò per qualche secondo, prima di porgere la mano anche a me.
E fu proprio nell’esatto momento in cui la sua pelle entrò in contatto con la mia, che lo vidi sorridere.
Rimanemmo in silenzio per qualche istante, indecisi su come proseguire la conversazione.
“Allora, questa festa?”, domandò poi Allie, per riprendere il discorso.
“A dir il vero sono un imbucato, ma se volete potete imbucarvi con me!”, dichiarò con tono scherzoso.
“Non starai mica cercando di rimorchiarci con questo squallido tentativo?”, lo provocò la bionda.
Lui si bagnò le labbra, poi tirò su l’angolo sinistro della bocca in un mezzo sorriso beffardo e compiaciuto al contempo.
“A quanto pare dovrò fare di meglio.”, ironizzò.
Mi sentivo completamente a disagio. Insomma, avevo la totale impressione che quel tipo ci stesse provando con la mia compagna di stanza, la quale sembrava stare anche a quello stupidissimo gioco, mentre io ero decisamente di troppo.
“Allora che ne dite se vi propongo di venire alla festa con me ed i miei amici?”, riprovò, ammiccando quasi.
Allie sorrise, io invece sbuffai.
“Ci farebbe davvero molto piacere.”, acconsentì lei anche per me.
Sgranai gli occhi alle sue parole: io non avevo la benché minima intenzione di recarmi ad una festa con degli sconosciuti.
“Mi dispiace fare la guastafeste, ma sabato abbiamo già un impegno.”, sentenziai con fare risoluto, subito travolta dallo sguardo omicida ed interrogativo della bionda.
“In effetti Allie aveva dimenticato che sabato tornano i nostri fidanzati.”, spiegai, mentendo bellamente per poi calcare con particolare enfasi l’ultima parola, nella speranza che quel tipo recepisse il messaggio che avevo cercato di inviargli.
“Dunque siete fidanzate?”, chiese con fare ovvio, ancora con il sorrisetto sulle labbra.
Allie continuava a fissarmi, probabilmente anche piuttosto adirata per il mio comportamento.
“Sì, felicemente.”, finsi ancora, mentre annuivo con fare convinto.
“Bene.”, commentò lui. “Io non sono geloso.”, terminò facendo l’occhiolino.
Sperai vivamente che quel gesto fosse rivolto ad Allie, perché, se così non fosse stato, probabilmente lo avrei preso a calci per il resto della giornata.
“I nostri ragazzi sì.”, controbattei con tono acido, non curandomi minimamente di quanto scorbutica ed antipatica potessi sembrare.
“Beh, questa festa sarà una vera noia senza voi due.”, si lamentò muovendo qualche passo in nostra direzione.
Vidi Allie sorridere, forse aveva deciso che era ora di riprendere in mano le redini di quell’assurda conversazione.
“Recupereremo alla prossima.”, affermò allora la bionda, con tono sin troppo malizioso.
“Alla prossima, allora.”, salutò lui pochi attimi prima di voltarsi.
“Ciao.”, ricambiai con aria di sufficienza.
“Speriamo.”, furono invece le parole quasi sospirate di Allie.
Scossi il capo, ripensando a ciò che era appena accaduto.
“Certo che tu non perdi occasione!”, borbottai in tono canzonatorio, riferendomi alla sua mania di flirtare con chiunque le capitasse a tiro che avevo appena appurato possedesse.
Lei fece spallucce, per poi sorridermi.
“Mi godo la vita.”, chiarì semplicemente, prima di ricominciare a camminare in direzione degli alloggi.
Non ebbi neppure il tempo di girarmi che subito sentii la mia testa sbattere contro qualcosa di duro e caldo.
“Guarda dove metti i piedi quando cammini!”, tuonò una voce che mi parve di aver già sentito.
“E tu sta più attento!”, replicai alzando la testa fino ad incontrare i suoi occhi verdi.

L’agente.
“Ancora tu?”, chiese retorico con sguardo incredulo, appena mi ebbe riconosciuto.
Avrei dovuto scusarmi? Sì. L’avrei fatto? Probabilmente no.
“Ancora io, agente.”, confermai tirando un lungo respiro.
Notai Allie scrutarmi con aria inquisitoria, non riuscendo bene a comprendere la patetica scenetta che si stava tenendo sotto i suoi occhi.
“Allora, che fine hanno fatto le buone maniere? Non mi chiedi scusa?”, mi incitò con uno strano sorrisetto sulle labbra.
“È giorno, lei non è in servizio: non devo chiederle proprio nulla.”, bofonchiai a denti stretti.
L’agente curvò le labbra all’insù, cosicché si scavassero due fossette sulle sue guance, poi incatenò il suo sguardo al mio, puntando i suoi occhi verdi nei miei.
Solo allora mi resi conto delle profonde occhiaie che aveva sul volto.
“Sei una buona osservatrice.”, commentò lui .
Sussultai al suono delle sue parole che quasi temetti mi avesse letto nel pensiero, nonostante si trattasse di una semplice coincidenza.
“Allora, vuole andare?”, incalzai dopo qualche secondo di silenzio, imbarazzata dal fatto che ci stessimo ancora fissando.
“Puoi anche smetterla di darmi del lei.”, affermò lui, ignorando completamente il mio garbato invito.
“Io e lei non siamo né amici, né conoscenti, per di più lei è un addetto alla sorveglianza mia e di tutti gli altri studenti.”, decretai con fermezza. “Quindi credo che il lei sia molto più che appropriato.”, conclusi allora con un sorrisetto soddisfatto.
Percepivo ancora lo sguardo esterrefatto di Allie sulla mia testa.
L’agente scosse lievemente il capo, facendo scuotere quell’ammasso informe di ricci che gli ricadevano disordinati sulla fronte.
“Io, invece, credo che tu ti prenda troppo seriamente.”, controbatté lui.
“Ci si vede in giro, paladina della giustizia!”, salutò poi, prima di proseguire lungo la sua strada.
Non risposi neppure, ancora con lo sguardo fisso sullo spazio che fino a pochi attimi fa era occupato dall’agente.
Di sottecchi vidi Allie avvicinarsi. Aveva la mano sinistra poggiata sul fianco, mentre con le dita della destra tamburellava ritmicamente sulla stoffa dei jeans all’altezza della coscia.
“Devi dirmi qualcosa?”, chiese fin troppa calma per apparire reale.
“Assolutamente no.”, negai con un faccino angelico, che però non sembrò convincerla.
Sospirò, prima di chiudere gli occhi in due piccole fessure.
“Bene, allora prima spiegami perché hai detto a quel bonazzo di nome Zayn che eravamo fidanzate e poi, già che ci sei, raccontami anche questa storia dell’agente!”, quasi mi minacciò, puntandomi l’indice contro.

Ed in quel momento non ebbi altra scelta.

---

Angolo Autrice
Salve gente!!!:D
Lo sos, sono in ritardissimo questa settimana!
Perdonatemi, ma davvero non ho tempo!
Insomma, tra le ultime interrogazioni e i compiti,
i regali di natale, il makp della mia scuola, la cena di natale di ieri sera
e le prove per uno spettacolino che abbiamo organizzato per mercoledì prossimo
non ssapevo dove sbattere prima la testa!-.-
Che poi mi è toccato anche scrivere parte del copione!-.-"
Ma tralasciamo queste cose, tanto sono convinta di starvi annoiando,
e veniamo a noi!:D
Ho aggiornato: ecco a voi il terzo capitolo!!:)
Tranquille, per farmi perdonare aggiornerò prima del previsto,
sempre se tutto va secondo i piani!xD
Anyway, Zayn entra in scena!!*.*
Allie ci sta pure, ma Lizzie purtroppo si mette in mezzo...
E poi c'è il ritrono del personaggio misterioso la cui indentità e ben chiara...xD
Vabbè, questo è un capitolo di passaggio,
mi serviva per introdurre un po' l'ambiente del college.
A voi la parola, ma non siate troppo crudeli!!!xD
Grazie a chi ha recensito,
a chi ha inserito la storia tra le preferite, le ricordate o le seguite:
siete supermegasplendidissime!!!<3
E grazie a chi mi ha aggiunta tra gli autori preferiti!!!
Quasi piango per l'emozione!!*.*
Ok, mi sembra di aver detto tutto...
Corro a premere il tasto aggiorna storia!
Alla prossima!:*
                                                                                           Astrea_

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Capitolo 5
*** You're everywhere. ***


a

Take me home

You're everywhere.

Suonai il campanello della porta in perfetto orario, quella domenica mattina.
Ero emozionata, non stavo più nella pelle. Di lì a qualche minuto avrei finalmente rivisto mio fratello Louis.
Per l’occasione mi ero accuratamente preparata, desiderosa di presentarmi al meglio.
Avevo indossato dei pantaloni dal taglio classico, una camicia ed un cardigan. I capelli, invece, li avevo lasciati al naturale, come piacevano a mio fratello: mossi e mai ordinati.
Un ampio sorriso s’impossessò delle mie labbra, non appena sentii lo scatto della serratura.
Mi avvicinai di poco, preparandomi già ad un caloroso abbraccio, ma quando la porta si spalancò m’immobilizzai all’istante.
Sgranai gli occhi ed indietreggiai di qualche passo, ancora con lo sguardo puntato sull’individuo a qualche metro da me.
Fui colta da una prepotente sensazione di imbarazzo, poi sentii le guance andare a fuoco.
“Harry, dovrebbe essere mia sorella! Falla entrare e mettiti una maglietta addosso!”, urlò una voce, quella di Louis, da chissà quale stanza.
Davanti a me, ancora con una mano poggiata sulla maniglia della porta, faceva bella mostra di sé l’ormai famoso agente, a petto nudo.
Deglutii impercettibilmente, cercando di spostare l’attenzione sul suo volto e non sul suo corpo.
“Agente.”, feci a mo’di saluto, sforzandomi di accennare ad un sorriso.
“A quanto pare io e te non facciamo altro che incontrarci.”, puntualizzò con voce bassa e alquanto roca.
Abbassai il capo violentemente, non riuscendo a sostenere il suo sguardo beffardo ed ambiguo.
“Lizzie! Finalmente sei arrivata!”, esclamò esultante mio fratello, facendo capolinea sull’ingresso.
Mi venne incontro, poi mi abbracciò con foga, stritolandomi forte tra le sue braccia.
Ricambiai subito, lasciandomi cullare da quel magico momento.
Erano mesi che non lo vedevo e, nonostante lo sentissi praticamente tutti i giorni, mi era mancato.
“Ma cosa ci fai ancora qui? Dai, entra!”, affermò poi, trascinandomi all’interno della casa con ancora un braccio avvolto attorno alle mie spalle.
“Allora, cosa mi dici di bello? Ma lo sai che ti trovo proprio bene?”, continuò poi con un sorriso a trentadue denti disegnato sulle labbra.
Era felice, glielo si leggeva negli occhi azzurri e limpidi.
“Mi sei mancato, Tommo.”, quasi sussurrai, prima di stringerlo un’altra volta forte a me.
Era bello sentire il suo profumo, il suo calore sulla mia pelle. Mi trasmetteva protezione, sicurezza, amore.
Adoravo mio fratello e quella lontananza che ero stata costretta a sopportare non aveva fatto altro che intensificare il rapporto che c’era tra di noi.
“Anche tu mi sei mancata, pulce.”, mormorò tra i miei capelli, scombinandomeli.
L’agente si schiarì la voce, probabilmente per attirare la nostra attenzione, interrompendo quel magico momento.
Ci voltammo entrambi in sua direzione, aspettando che continuasse.
“Ho capito che non vi vedete da tempo, ma potreste spostarvi da qualche altra parte? Insomma, il corridoio serve per passare ed io devo andare a prendere una maglietta! Sto morendo di freddo!”, sì lamentò con una finta espressione innocente, mentre con le mani cercava di riscaldarsi all’altezza delle spalle.
“Harry, il tuo tatto è paragonabile alla grazia di un elefante in un negozio di cristalli.”, borbottò ironicamente mio fratello, sciogliendo la presa.
L’agente, il cui nome avevo capito essere Harry, sbuffò sonoramente, prima di proseguire lungo il corridoio, probabilmente in direzione della sua stanza.
Sapevo che mio fratello avesse preso casa con dei suoi amici, ma non sapevo affatto chi loro fossero, non prima di quel momento, perlomeno.
“Piuttosto, mi pare di aver capito che tu ed Harry vi siate già visti.”, iniziò guardandomi con un’espressione curiosa, mentre con passo lento si avviava verso una destinazione a me ancora ignota.
Lo seguii, osservando attentamente ogni dettaglio della sua abitazione.
L’arredamento era semplice, ma accurato e particolare allo stesso tempo, come se ci fosse lo zampino di una donna. Tutto era in ordine, a partire dalla lunga serie di riviste automobilistiche e dalla pila dei cd che si ergeva accanto allo stereo del salotto.
Ci accomodammo sul divano di pelle, poi mi sfilai il cappotto.
Le pareti erano chiare, una flebile luce entrava dall’enorme vetrata che si apriva su una parete della stanza.
Louis si avvicinò a me, circondandomi le spalle con un braccio.
Poggiai la testa nell’incavo del suo collo, assaporando quei momenti che tanto mi erano mancati.
“Sì, ieri notte mi sono alzata per prendere del tè, visto che non riuscivo a dormire, e lui ha pensato che volessi fare chissà cosa.”, chiarii.
Del resto la presenza di quell’agente a casa di mio fratello poteva spiegarsi solo in due modi.
Potevano essere grandi amici, oppure avevano preso l’appartamento insieme, ma in entrambi i casi Louis doveva essere al corrente dei dettagli riguardanti la sua vita.
“Al campus, dici?”, mi chiese con fare scettico, scostandosi giusto il necessario per potermi guardare negli occhi.
Aveva la fronte corrugata, il volto chiaramente contratto in un’espressione concentrata, come se stesse cercando una soluzione.
Annuii semplicemente, aspettando che mi rendesse partecipe dei suoi ragionamenti.
“Harry non va al college.”, dichiarò dopo qualche secondo con voce titubante.
Accennai appena ad un sorriso.
“Ed infatti lui stava lavorando. Aveva il turno notturno di vigilanza e mi ha anche fatto una ramanzina assurda.”, spiegai allora.
Louis scoppiò in una fragorosa e travolgente risata, per poi portarsi le mani all’altezza dell’addome.
“Non posso crederci.”, riuscii a dire tra una risata e l’altra.
Concentrai il mio sguardo su di lui, non riuscendo a capire cosa ci fosse di tanto divertente e buffo in quella situazione.
“Mi spieghi cosa sta succedendo?”, domandai leggermente stizzita dal suo atteggiamento.
Lui continuava a ridere, sempre più forte, mentre di tanto in tanto cercava di proferir parola, ma puntualmente la sua voce veniva soffocata da altre risate.
“Si può sapere cosa state combinando? Avete organizzato un cabaret e non mi avete invitato?”, esclamò allora l’agente raggiungendoci in salotto, questa volta con indosso una maglia bianca a maniche corte.

Come se fosse cambiato molto da prima! Quella maglietta di cotone non sarebbe stata di certo utile per riscaldarsi!
“Lei!”, iniziò mio fratello indicandomi, cosicché l’attenzione si spostasse sulla sottoscritta.
“Io.”, gli feci eco, ormai davvero spazientita.
“Lei!”, replicò ancora Louis, indicandomi con l’indice destro.
L’agente si voltò in mia direzione ed i suoi occhi verdi e scettici penetrarono nei miei.
“Cos’ha fatto tua sorella, Lou?”, gli chiese allora, mantenendo però il suo sguardo fisso nel mio.
Quasi mi infastidiva quel contatto visivo. Sembrava mi stesse scrutando, guardando dentro, cercando di comprendere qualcosa che andava oltre il mio visino angelico e la calma apparente.
Era inquietante, sublime.
I miei pensieri furono riscossi dalle parole sconnesse di mio fratello.
“Lei! La ragazza di ieri! Lei!”, affermò ancora ridendo, con una mando davanti alla bocca.
Vidi le labbra dell’agente aprirsi in un ampio sorriso.
“Sì, l’avevo capito anche io.”, confermò lui, mordicchiandosi il labbro inferiore, mentre sulle sue guance comparvero due piccole fossette.

Era forse una congiura contro di me, quella?
“Di grazia, potreste spiegare anche a me?”, chiesi simulando calma apparente.
In realtà avrei voluto dirgliene quattro, a quel perfetto sconosciuto che ora si prendeva gioco di me con l’ausilio di mio fratello.
L’agente sogghignò.
“Sono Harry Edward Styles e l’unico legame che ho con il college sono le ragazze. Non lavoro affatto come vigilante, ma tu eri troppo buffa ed ingenua che non ho saputo resistere! Piacere, comunque!”, esordì tendendomi la mano, mentre con poche falcate si posizionò esattamente di fronte a me.
Spalancai gli occhi, poi sbattei più volte le palpebre, come per convincermi che fosse tutto reale e non frutto della mia immaginazione.
“Tu cosa?”, chiesi per ricevere conferma, non accennando minimamente a voler stingere al sua mano.
“Andiamo Lizzie, ti ha fatto uno scherzo e tu ci sei cascata in pieno! Ma non sapeva fossi mia sorella, non fin quando ha aperto la porta e ha trovato te!”, chiarì allora Louis che finalmente aveva smesso di ridere.
“Ma bene!”, sbottai allora, alzandomi di scatto in piedi, per poi ritrovarmi a pochi centimetri da quel ragazzo riccio che si era finto un agente.
“Ecco a voi il nuovo candidato all’Oscar!”, ironizzai facendo roteare gli occhi, poggiando le mani sui fianchi.
“Non volevo spaventarti, l’altra sera. Insomma, stavo tornando da una serata e ti ho vista: sembravi così intimorita e spaesata! Del resto non pensavo mi avresti preso sul serio, era evidente che stessi scherzando!”, si giustificò con un sorrisetto accennato sulle labbra, incorniciato da quelle due fossette, mentre con gli occhi verdi guardava dritto nei miei.
Patetica, ecco come mi sentivo in quel momento, come un pesce che con estrema facilità aveva abboccato all’amo.
Il cuore batteva forte, quasi volesse esplodere per l’imbarazzo, ma mi imposi di non peggiorare ulteriormente l’umiliante situazione in cui mi trovavo.
Non vorrà certo discolparsi adducendo strane scuse, vero?”, lo provocai con le stesse parole che aveva utilizzato lui qualche sera prima.
Mi sentii stranamente orgogliosa di me stessa per quella inaspettata sicurezza che ostentavo in quel momento, con quello sconosciuto e che ero riuscita a recuperare nel giro di pochi attimi.
Lui sogghignò, poi mi fissò ancora per qualche attimo prima di riprendere parola.
“Questa volta potresti essere tu a far finta di crederci.”, propose con voce più bassa.
I suoi occhi mi stavano penetrando, li sentivo scavare sempre più a fondo nei miei.
“Harry, smettila di fare il cascamorto con mia sorella!”, s’intromise prontamente Louis, dando una pacca sulla spalla destra del suo amico, cosicché il nostro contatto visivo venisse interrotto.
“Piuttosto, non avevi detto che dovevi andare da Caroline?”, riprese ancora, trascinando il riccio verso il centro della sala.
“E poi avevi anche promesso che mi avresti lasciato la casa tutta per me e per la mia adorabile sorellina che non vedo da tempo!”, aggiunse poi, spingendolo sempre più lontano.
“Va bene, va bene.”, si lamentò Harry. “Ho capito, ora me ne vado!”, concesse allora, avviandosi verso l’ingresso.
Lo intravidi prendere un cappotto dall’appendiabiti posizionato nei pressi della porta, poi si avvicinò al tavolino del salotto e prese le chiavi che erano appoggiate su di esso.
“Io vado, allora.”, salutò guardando mio fratello. “Ciao adorabile sorellina di Louis!”, aggiunse poi con le labbra incurvate in un sorrisetto, guardando me.
“Ciao.”, risposi soltanto, in modo freddo, ma educato.
Pochi istanti dopo sentimmo il portone chiudersi alle sue spalle, segno inconfondibile del fatto che fosse andato via.
“Così è con lui che vivi.”, constatai lasciandomi cadere nuovamente sul comodo divano.
Louis annuì, affiancandomi subito.
“Sembra un presuntuoso, ma in fin dei conti è un bravo ragazzo.”, commentò quasi come se stesse cercando di difenderlo.
“E con Eleanor come va?”, domandai allora.
Eleanor era praticamente l’unica cosa stabile e duratura della vita di Louis. Erano inseparabili, ormai.
“Meglio! Da quando si è trasferita a Londra anche lei viene sempre più spesso a trovarmi, anzi! Si può dire che quasi viva qui anche lei!”, confessò.
E solo allora capii perché la casa era in ordine, perché tutto sembrava essere al posto giusto, persino gli arredi più strambi come quel quadro raffigurante una lattina di Coca Cola.
“Tu che mi dici del college? Ti manca casa?”, mi domandò, facendosi di poco più vicino.
Mi rannicchiai meglio sul divano, incrociando le gambe esattamente come facevo quando ero piccola ed avevo un problema.
“Sarei falsa se ti dicessi che non mi manca, ma sto cercando di abituarmi all’idea di dover fare tutto da sola.”, quasi sussurrai con la testa china.
Subito le braccia di mio fratello mi avvolsero in un caldo abbraccio.
“So cosa vuol dire doversi abituare ad affrontare la realtà, a vivere.”, mormorò con voce comprensiva e calma tra i miei capelli.
“Ci sono passato anche io.”, nella sua voce colsi un accenno di rammarico.
“Ma tu non sei affatto sola! Ci sono io con te!”, aggiunse per rincuorarmi.
Sapevo quanto le sue parole fossero sincere e veritiere, ma sapevo anche che la sua presenza non sarebbe bastata.
Ero io a dover cambiare, ero io a dover distruggere quella bolla di vetro nella quale avevo vissuto per tutti quegli anni.
“Non è la stessa cosa.”, bofonchiai a voce talmente bassa che dubitai mi avesse sentito.
“Ce la farai, lo so. Devi solo prenderci la mano.”, affermò deciso, prima di stringermi tra le sue braccia, quelle stesse braccia che mi davano la sensazione di trovarmi a casa.
“Ed ora basta con queste scene melodrammatiche!”, sbottò tutto d’un tratto, svicolando la presa.
“Voglio proprio vedere se sei migliorata alla play-station in tutto questo tempo!”, dichiarò alzandosi, per poi muovere qualche passo in direzione del televisore.
“Non vorrai mica sfidarmi?”, gli domandai, con una palese espressione scandalizzata dipinta sul viso.
“L’ho appena fatto, babe!”, disse, facendomi l’occhiolino. “Fammi vedere di che pasta sei fatta, Tomlinson!”, mi sfidò.

---

Angolo Autrice
Buon pomeriggio a tutti!!:D
Allora, lo so... ce ne ho messo di tempo, ma vi assicuro che non è affatto colpa mia!
Insomma, il capitolo era pronto ma ho avuto un piccolo impresvisto:
sarei dovuta tornare a casa mercoledì sera, 
ma alla fine mi non mi hanno più mandata e sono tornata solo ieri!-.-"
Comunque sia, in questo capitolo finalmente appare Louis!!:D
Il fratellone della nostra protagonista è decisamente molto protettivo nei suoi confronti,
ma tra loro c'è un rapporti stupendo.
Con lui Lizzie sembra quasi una persona normale!xD
Inoltre si è finalmente fatta chiarezza sulla reale identità dell'agente riccio:
che era Harry ormai era ben chiaro,
ma ora abbiamo anche scoperto che non è un vigilante!
E allora cosa diamine ci faceva a quell'ora negli alloggi??? Bah...xD
Ok, non mi dilungo, tanto in questi giorni  ci sentiremo molto più spesso!;)
Volevo ringraziare quelle meravigliose persone che hanno inserito la storia
tra le seguite, le ricordate e le preferite...
SIETE MERAVIGLIOSE!!!*.*
E ringrazio anche quelle anime pie che hanno lasciato una recensione,
rendendomi supermegaiperfelice!!!*.*
VI ADORO!!!!!<3
Ne approfitto per fare gli auguri a tutti voi!:D
Tra poco è Natale, quindi...
Merry Chirstmas to everybody!!!:D
Se vi va lasciate una recensione, sarebbe un fantastico regalo di Natale!!xD
Alla prossima!!!:*

                                                                           Astrea_



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Capitolo 6
*** I’m trying to be okay. ***


g
Take me home
I'm trying to be ok.

Controllai per l'ultima volta la mia immagine riflessa nello specchio del bagno. Non avevo indossato nulla di particolare per il mio primo giorno di lezione, al contrario avevo preferito degli indumenti comodi e pratici, con i quali sarebbe stato più facile sentirmi a mio agio.
Allie, invece, aveva optato per dei pantaloni neri a sigaretta, una camicia bianca, arricchita sul collo da delle balze ed una giacca beige dello stesso colore delle ballerine di vernice.
Accanto a lei mi sentivo terribilmente sciatta e sempliciotta, nonostante l'abbigliamento fosse piuttosto simile: era la sua sicurezza, la padronanza che aveva del suo corpo a fare la differenza.
"Quanto altro devo aspettare prima che tu ti decida a posare quei trucchi?", le chiesi poi con fare spazientito tamburellando con il piede destro ad un ritmo spasmodico, sullo stipite della porta.
"Ho fatto, brontolona che non sei altro!", si lamentò lei, sbuffando sonoramente, mentre si avvicinava ancora di più allo specchio.
"Certo, è mezz'ora che ripeti sempre la stessa cosa!", borbottai incrociando le braccia sotto al seno.
"Non voglio arrivare in ritardo proprio il primo giorno!", continuai allora, sperando che finalmente si decidesse a darmi ascolto.
"Ok, va bene.", sbottò d’un tratto, poggiando con davvero poca grazia la matita sul mobiletto che circondava il lavabo.
Si girò verso di me, sorridendomi in modo forzato, infine uscì a passo spedito dal bagno.
La seguii con lo sguardo, fino a quando la vidi prendere la borsa che aveva precedentemente preparato e poi abbandonato sulla sedia della scrivania.
"Bene, che il primo giorno abbia inizio!", sentenziò con fare teatrale dopo che mi ebbe raggiunta.
Quando finalmente entrammo nell'aula dove si sarebbe tenuta la prima lezione, quasi sentii l'aria venirmi a mancare.
Percepii le gambe tremare, forse per la paura, o forse per l'emozione, così decisi che sarebbe stato meglio lasciarmi guidare da Allie. La cercai timidamente con lo sguardo e la vidi sorridermi, probabilmente aveva notato quella sensazione di disagio che si era impossessata del mio corpo e della mia mente. I miei occhi dovettero parlare per me, tanto che Allie mi strinse forte la mano e mi trascinò con lei tra le file di banchi, fino a giungere alla penultima, dove pendemmo posto.
Subito percepii il mio corpo tranquillizzarsi a contatto con il freddo legno della sedia mentre vedevo altri ragazzi entrare nella stanza. Solo allora riuscii veramente a guardare l'ambiente che mi circondava.
Le file di banchi erano disposte su delle gradinate, curvate come a similare un ferro di cavallo. Più in basso, era posizionata la cattedra, dietro la quale era posta un'enorme lavagna bianca.
Sulla parete destra si aprivano tre finestre, tutte incorniciate da delle tende blu e beige.
Gli studenti erano ancora pochi, la maggior parte era ferma a chiacchierare nei pressi della grande porta che dava accesso all'aula.
"Come vedi non siamo in ritardo.", mi fece notate Allie con un'espressione saccente dipinta sul viso.
Le sorrisi appena, non sapendo esattamente cosa avrei potuto dirle.
"Salve belle donzelle!", ci salutò un ragazzo, avvicinandosi a noi.
Aveva i capelli corti e scuri, i lineamenti dolci e rilassati ed i suoi occhi color nocciola erano puntati in quelli di Allie.
Per un attimo provai invidia per come la mia compagna di stanza sembrava riuscire ad attirare su di sé le attenzioni dei ragazzi con una semplicità innata, senza muovere un dito.
Era sufficiente il suo bel faccino per fare colpo sul precario autocontrollo maschile, per far smuovere i loro ormoni, per farsi notare, mentre per me era l’esatto contrario.
Ma, poi, mi ricordai di quanto io fossi diversa da lei. O per meglio dire, io ero nata diversa.
Io ero quella che passava inosservata, di cui nessuno si accorgeva, che tutti davano per scontata.
"Possiamo sederci qui?", chiese con voce educatamente amichevole, riscuotendomi dai miei pensieri.
Allie annuì con fare convinto, mostrandosi forse sin troppo entusiasta della presenza di quei due ragazzi.
"Io sono Ryan.", si presentò il primo sorridendoci, mentre si sedeva accanto a me.
"Io, invece, sono Jack!", aggiunse l'altro poco dopo, prendendo posto.
Aveva i capelli corti e neri, gli occhi tanto azzurri e chiari da ricordare il ghiaccio. Sorrideva, ma anche questa volta non per me.
Insomma, nonostante percepissi distintamente il suo sguardo fermo sulla sottoscritta, ero ben consapevole del fatto che lo stesse facendo solo in virtù delle circostanze e non perché mi trovasse davvero interessante.
"E i vostri nomi sono...?", iniziò quel tale di nome Ryan, ammiccando in direzione della mia amica.
"Allie!", esclamò lei con fare civettuolo e le labbra piegate in un sorriso accattivante. "Molto lieta di fare la vostra conoscenza!", continuò subito dopo, guardando con particolare insistenza il tipo seduto al mio fianco.
Mi sentivo in completo imbarazzo, perfettamente al centro di quello che poteva tranquillamente essere definito un tentativo di abbordaggio.
Erano passati solo pochi giorni dal mio arrivo, ma era già la seconda volta che sentivo la fastidiosa ed opprimente sensazione di essere di troppo incombere insistente su di me.

Ma eravamo al college o in discoteca?
"E tu come ti chiami?", mi chiese allora l'altro ragazzo, quello che ricordai si chiamasse Jack.
Mi voltai di scatto verso di lui ed immediatamente incontrai i suoi occhi chiari e limpidi.
Sorrisi appena, nel vano tentativo di nascondere quella sensazione di disagio che aveva pervaso il mio corpo. Temevo che da un momento all'altro avrei sentito le guance riscaldarsi, prova inconfutabile del fatto che fossi arrossita.
"Elisabeth.", risposi appena dopo qualche attimo.
"Si, ma tutti la chiamano Lizzie.", mi corresse Allie, sporgendosi su di me il necessario per poter vedere il volto di Jack.
Fortunatamente qualsiasi ulteriore tentativo di fare conversazione fu smorzato sul nascere dall'arrivo del docente, una professoressa.
A giudicare dall'aspetto doveva essere piuttosto giovane. Aveva i capelli neri e lunghi che le ricadevano lisci sulle spalle, i suoi occhi erano chiari ma da quella distanza non avrei saputo dire il loro colore esatto. Indossava un tailleur nero, dal quale si intravedeva una camicia bianca. Era leggermente truccata e sembrava essere una donna davvero molto curata.
"'Salve.", salutò non appena ebbe terminato di sistemare le sue cose sulla cattedra.
Si fece più avanti, sorridendoci mentre ad uno ad uno passava in rassegna tutti i nostri volti.
"Io sono Anne Cox, docente di letteratura moderna e responsabile di questo corso.", si presentò subito dopo.
Sorrisi appena, poi estrassi dalla borsa un quaderno ed una penna, pronta a prendere appunti.
Iniziò parlandoci della strutturazione del corso e delle modalità degli esami, soffermandosi con particolare attenzione sui vari lavori che avremmo dovuto affrontare.
La lezione vera e propria cominciò nel giro di pochi minuti, quando introdusse gli argomenti che sarebbero stati oggetto di studio, per poi fornire una completa ed accurata illustrazione del contesto storico e sociale che, primo tra tutti, avremmo affrontato.
Le due ore passarono veloci, segnate dai vari interventi degli studenti e dai numerosi spunti che la professoressa Cox forniva, dandoci sempre un pretesto per approfondire.
Parlava senza fretta alcuna, come se stesse cercando di farci assaporare ogni singola parola del suo discorso, come se stesse riflettendo lei stessa su quei concetti astratti che tentava di semplificare senza, tuttavia, banalizzarli.
Lentamente si spostava da un lato all'altro, così da poter rivolgere all'intera classe la sua attenzione. Di tanto in tanto gesticolava con le mani, enfatizzando ancora di più la sua spiegazione. Era interessante ascoltarla, riusciva ad essere coinvolgente. Cercai di riportare quanto più possibile sul foglio, facendo particolare attenzione alle parole chiave.
La mia mano scorreva veloce lungo le righe, tanto che neppure riuscivo più a percepire distintamente i frettolosi e meccanici movimenti.
"Bene, suppongo che come prima giornata possa anche bastare.", annunciò poi, tornando a sedersi dietro l'enorme cattedra. "Qualcuno ha domande?", chiese passandoci in rassegna con lo sguardo.
Ne avrei avute a miliardi, di domane, se solo avessi trovato il coraggio per alzarmi in piedi e parlare.
Abbassai lo sguardo, finendo per osservare i miei incomprensibili e disordinati appunti.
"A quanto pare qui non c'è nessun curioso.", ironizzò dopo qualche secondo di assoluto silenzio, durante i quali nessuno aveva osato proferir parola.
"Potete andare, la lezione é terminata.", dichiarò e nel suo tono di voce mi parve di cogliere una nota di insoddisfazione.
Probabilmente si aspettava altro da noi, o probabilmente ero io a lavorare troppo di fantasia.
La osservai attentamente mentre radunava tutte le sue cose, per poi uscire frettolosamente dall'aula, accennando appena ad un mezzo sorriso, come se la sua mente fosse già altrove, immersa in chissà quali problemi, vista la sua espressione assente e palesemente preoccupata.
Non ebbi il tempo di riflettere ulteriormente sull'impressione che avevo percepito, che i miei pensieri furono interrotti da una voce vivace ed armoniosa.
"Allora Lizzie, qual è la tua prossima lezione?", mi chiese il ragazzo dai capelli neri e gli occhi azzurri.
Rimasi palesemente sorpresa dal tono confidenziale ed amichevole che aveva appena utilizzato per rivolgersi a me, tanto che impiegai qualche secondo prima di decidermi a rispondere.
"Il corso di storia, con il professor Roomy.", spiegai con fare riluttante ed insicuro.
Non ero abituata a parlare con degli sconosciuti, né tantomeno ero abituata a socializzare con tanta facilità con la prima persona che si avvicinava anche solo per caso alla sottoscritta.
"Peccato! A me tocca un approfondimento sul teatro.", m'informò facendo spallucce con aria rassegnata.
Sorrisi appena, poi con lo sguardo mi concentrati sulla mia compagna di stanza, che seduta al mio fianco stava sistemando tutto il suo materiale scolastico in un'ampia e capiente borsa.
"Allie, io vado.", iniziai, essendo perfettamente a conoscenza del fatto che per quel giorno non avremmo condiviso altre lezioni.
"Aspettami, ti accompagno!", propose, scattando all'in piedi.
Sgranai gli occhi, sorpresa da tanto slancio, tanto che ebbi l’impressione che stesse tramando qualcosa.
Pochi secondo dopo, prese le nostre cose, ci ritrovammo a salutare quei due ragazzi.
"Allie, ti andrebbe di rivederci, qualche volta?", le chiese quello dai capelli castani, sorridendo imbarazzato ma speranzoso allo stesso tempo.
La bionda annuì con fare convinto. Con gesti decisi estrasse una penna dalla borsa che aveva già sulla spalla e afferrò la mano destra del ragazzo, sulla quale iniziò a scrivere una serie di cifre, mentre si mordicchiava il labbro in modo decisamente sensuale.

Perché io non riuscivo ad essere come lei?
"Chiamami.", quasi sussurrò quando ebbe terminato, così da potergli lanciare un'occhiata piuttosto eloquente che lasciava ben poco spazio a qualsiasi tipo di dubbio.
"Ci sentiamo presto, allora.", ammiccò lui, facendole l'occhiolino.
Allie sorrise per un’ultima volta, poi con forza mi afferrò per il braccio fino a quasi trascinarmi di peso fuori dall'aula a passo svelto e spedito.
Non riuscivo a capire come fosse passata così repentinamente da una conversazione civettuola ad una fuga di prima categoria.
"Ed ora che ti prende?", borbottai cercando, senza molti risultati, di impiantare i piedi a terra.
"È lui.", esclamò ad un tratto, bloccandosi finalmente a pochi mentre dall'entrata principale di quel plesso.
La osservai scettica, non capendo a cosa si stesse riferendo.
Teneva lo sguardo fisso su un punto a me sconosciuto, così seguii la direzione dei suoi occhi, fino ad incontrare il volto di un ragazzo mai visto prima di quel momento che sorrideva amabilmente ad una ragazza.
Aveva i capelli corti, cortissimi, che ricordavano un castano chiaro. I suoi occhi erano color nocciola, contornati da lineamenti del volto dolci ma definiti. Gesticolava, mentre allegro parlava con una ragazza, chissà poi di cosa, visto che lei non faceva altro che ridere sguaiatamente ad ogni sua parola o affermazione.
"Lui chi?", le chiesi per ricevere maggiori spiegazioni.
"L'amore della mia vita!", confessò con sussurro sognante, tanto che persino i suoi occhi sembravano brillare di luce propria.
Feci roteare gli occhi, in segno di tacita disapprovazione.
"E chi sarebbe questo tipo?", le domandai perplessa, mentre incrociavo le braccia sotto al seno con aria di sufficienza.
Lei fece finta di nulla, non lasciandosi per nulla influenzare dal mio poco entusiasmo.
Il suo, invece, aumentava di secondo in secondo, lo si poteva chiaramente percepire dal suo frenetico gesticolare e dal suo ampio sorriso.
"Non lo so, ma lo conoscerò presto! L’avevo intravisto stamattina mentre andavamo a lezione e speravo con tutta me stessa di rincontrarlo!", dichiarò piuttosto convinta delle sue parole.
Soffocai una risata, nel tentativo di rimanere seria dinanzi ad una situazione tanto assurda.
"Come fai a dire che sarà l'amore della tua vita se non lo conosci neppure?", la provocai allora, con tono da saputella.
Lei scrollò le spalle, poi distolse lo sguardo dalla figura del ragazzo per puntarlo nei miei occhi.
Sorrideva ancora e la sua espressione era sognate e beatamente felice.
"Lo so e basta.", sussurrò più a se stessa che a me.
"Liam! Finalmente sei arrivato!", esclamò una voce che riconobbi immediatamente essere quella dell'odioso ragazzo che abitava insieme a mio fratello.
I suoi capelli ricci ed indomabili erano scombinati da qualche lieve folata di vento, gli occhi verdi risaltavano ancora di più a causa del colore chiaro dei suoi indumenti.
Sorrideva, tanto che sulle sue guance si erano già scavate due deliziose fossette, ma il suo sguardo sembrava quasi voler celare qualcosa.
"Ma dove ti eri cacciato? Sono ora che ti cerco ovunque!", si lamentò mentre con passi svelti si avvicinava al ragazzo castano che Allie aveva notato.
Poi, quando lo raggiunse, si salutarono con un affettuosa pacca sulle spalle.
"Liam, si chiama Liam.", furono le parole appena mormorate di Allie.

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Angolo Autrice
Salve ragazze(i)!!!!*.*
Oggi sono ancora più di fretta del solito, visto che ho tantissime cose da fare
e per di più mi è appena venuta un'ideuccia per scrivere il dodicesimo capitolo di questa storia!*.*
Comunque sia, come sono andate le feste??
Avete mangiato tanto??
Io sì, infatto ora sono a dir poco dipserata...xD
Vabbè, parliamo di quanto sono fantastiche quelle persone che
hanno inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite??:D
Insomma, io vi adoro per davvero!!!<3
Per non parlare poi di quelle anime pie che hanno lasciato una recensione!!*.*
Grazie di cuore!!!!:D
Bene, passiamo velocemente al capitolo...
Iniziano i corsi, abbiamo introdotto due nuove personaggi,
tre si si considera anche la professoressa...xD
Ovviamente essendo la storia ancora agli inizi la trama non è particolarmente movimentata,
ma vi assicuro che tra poco la nostra Lizzie inizierà a darsi da fare!;)
Bene, vi lascio, ma prometto che prima della fine del 2012
aggiungerò un altro capitolo,
quindi rimando gli auguri alla prossima volta!;)
Un bacione a tutte!!
Ah, fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!!!
Il vostro parere è importante!!ù.ù
Alla prossima!:*
                                                             Astrea_

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Capitolo 7
*** Let's go crazy. ***


g

Take me home

Let's go crazy.

Non riuscivo a capacitarmi di come tutto ciò stesse realmente accadendo proprio alla sottoscritta.
Ero convinta del fatto che se mi avessero raccontato una cosa del genere sul mio conto, non ci avrei mai creduto, mai e poi mai, non fino a quel momento, ovviamente.
Guardai Allie che si scatenava a qualche metro di distanza, avvolta tra le braccia di quel ragazzo con il ciuffo anti-forza gravitazionale che avevamo incontrato qualche giorno prima nel campus.
Ancora mi meravigliavo di come quella bionda fosse riuscita a convincermi, convincere proprio me, Elizabeth Virginia Tomlinson, prototipo dell’asociale studiosa, a recarmi ad una festa tra ventenni assatanati ed ubriachi.

Assurdo.
Se al primo invito ero stata talmente abile da riuscire a sottrarmi, al secondo mi ero dovuta letteralmente arrendere alla volontà della mia nuova amica che voleva a tutti i costi rivedere quel ragazzo di nome Liam, accompagnata da uno che invece si chiamava Ryan, dalla quale si era poi allontanata per poter ballare con Zayn, al quale avevo anche dovuto spiegare la storia dei finti fidanzati che avevo inventato la settimana prima.
Scossi la testa, sbuffando lievemente, mentre cercavo di non pensare all’atteggiamento eccessivamente libertino di Allison.
Ero decisamente a disagio in quel momento, sola in un posto che non conoscevo affatto.
Con le mani cercai i lembi del vestito che indossavo e li spinsi più in basso, nel tentativo di coprire qualche altro centimetro delle mie cosce scoperte.
Allie mi aveva costretta ad indossare un abito che esulava decisamente dal mio solito modo di vestire.
Era corto, sin troppo corto, tanto che non arrivava neppure al ginocchio, e sicuramente troppo attillato, così che mi desse la sensazione si trattasse di una seconda pelle.
Mi sentivo ridicola, conciata a quel modo, anzi, mi sentivo volgare ed inappropriata, nonostante avessi avuto modo di constatare che il mio vestito era tra i meno succiniti di quelli sfoggiati orgogliosamente dalle numerose ragazze presenti in sala.
L’intenso bordeaux del mio vestito era in pieno contrasto con il chiarore della mia pelle, smorzato solo dalle rifiniture beige che si abbinavano perfettamente ai tacchi spropositatamente alti che Allie mi aveva fatto comprare per l’occasione.
Mi aveva persino truccata, ovviamente aveva fatto tutto lei visto che non mi aveva permesso neanche solo di avvicinarmi alle sue trousse e a tutti i suoi trucchi.
Mi aveva semplicemente fatta sedere sulla sedia della sua scrivania e aveva iniziato ad applicare un’infinità di cosmetici sul mio viso, con risultati davvero sbalorditivi.
Certo, non ero abituata a tanto trucco, ma dovevo ammettere che mi stesse davvero molto bene.
“Lizzie!”, esclamò una voce che non riconobbi, non sin da subito, nonostante mi sembrasse di averla già sentita in precedenza.
Mi voltai di scatto e fui subito accolta da un paio di occhi chiari quanto il ghiaccio ed un sorriso troppo euforico che, insieme al rossore delle gote, era chiara prova della leggera ebbrezza di Jack.
“Ciao.”, sussurrai appena, indecisa sul da farsi.
Il solo fatto di trovarmi ad una festa mi metteva in imbarazzo, figuriamoci quindi se ad essa si aggiungevano un ragazzo brillo e i suoi tentativi di socializzazione.
“Che ci fai qui, tutta sola?”, mi chiese avvicinandosi di qualche passo, fino a far sfiorare il mio braccio con il suo.
Una serie di brividi attraversò il mio corpo, ma mi imposi di non pensare al motivo che li aveva causati, preferivo non averne la certezza.
Indietreggiai di qualche passo, ma la mia ritirata fu ben presto fermata dalla parete contro la quale mi ritrovai a sbattere le spalle.
“Che ne dici di ballare un po’, io e te?”, propose continuando la sua inesorabile avanzata.
Il suo alito, un misto di Gin e Vodka, mi arrivò dritto al collo, facendomi ulteriormente rabbrividire.
Non mi ero mai ritrovata in circostanze simili, non ero mai stata costretta a dover allontanare un ragazzo, nessuno aveva mai osato avvicinarsi a me senza il mio esplicito consenso.
Insomma, chiunque fosse mai entrato in contatto con me sapeva di non potersi permettere alcun errore, sapeva di essere perennemente controllato dai miei genitori, pronti a difendermi in qualsiasi momento.
Ma questa volta loro non erano con me, questa volta ero sola.

Per quale assurdo motivo mi ero lasciata trascinare in quel luogo contro la mia volontà?
“Grazie, ma desidererei raggiungere la mia amica.”, provai a dire, rivolgendo uno sguardo in direzione del posto dove, pochi minuti prima, avevo intravisto Allie ballare.
Tuttavia, i miei occhi rimasero negativamente sorpresi nel costatare la sua assenza.
Passai allora in rassegna tutti i volti delle persone presenti nella stanza, cercando quello della bionda, senza mai trovarlo.
Jack parve fare lo stesso, per poi voltarsi nuovamente verso di me e sorridermi con fare compiaciuto e beffardo.
“A quanto pare lei non c’è più.”, mi fece notare, poggiando una mano sulla parete alle mie spalle, mentre l’altra la teneva ancora nella tasca dei jeans.

Certo, dovevo ammettere che, nonostante avesse alzato il gomito, era ancora piuttosto sveglio!
Il suo viso ormai era a meno di una spanna dal mio. Sentivo il suo odore di alcool e sudore penetrare le mie narici, giungere prepotente alla mia testa fino a darmi la nausea.
La musica era ancora troppo alta, rimbombava a ritmo costante nelle mie orecchie.
Le luci psichedeliche, invece, mi stordivano più di quanto quella vicinanza già non stesse facendo.
“Andiamo in bagno.”, soffiò con tono arrogante a pochi centimetri dal mio orecchio, quasi sfiorandone il lobo con le sue labbra umide e calde.
Sussultai, poi cercai di mandare giù quel magone di saliva che mi si era bloccato in gola.
“Ti va?”, mi domandò pochi istanti dopo, spostando una sua mano sul mio fianco, per poi stringerlo avidamente.
Tremavo come una foglia, sentivo le gambe farsi sempre più deboli e gli occhi pizzicarmi, tanto che temetti di scoppiare in un pianto isterico da un momento all’altro.
Non ero mai stata ad una festa come quella, io.
Avevo partecipato a matrimoni, pranzi, cene, cerimonie, ma mai ad una festa in discoteca.

Cosa avrei dovuto fare?
Percepivo la mancanza di ossigeno, tanto che il mio cuore aveva preso a battere più freneticamente ed il mio respiro era affannato.
“Potremmo divertirci, insieme.”, sussurrò con voce roca, mentre con il naso sfiorava la pelle del mio collo lasciata scoperta dall’ampia scollatura del vestito.
Sentivo le mani di Jack muoversi in modo frenetico sui miei fianchi, bramoso, fino a scendere di poco più in basso, sulle mie cosce.
Provai a concentrarmi, scacciando via quella sensazione di impotenza che mi attanagliava gli arti, impedendomi qualsiasi tipo di movimento.
Avrei potuto provare con delle urla, ma dubitavo che con quel rumore assordante qualcuno si sarebbe accorto di me, soprattutto se si considerava il fatto che la maggior parte della sala era ormai già intenta a pomiciare.
Scartai dunque la prima ipotesi, sforzandomi di trovarne un’altra.
Avrei potuto tirargli una ginocchiata nelle sue parti basse, come accedeva nei film. Magari sarei riuscita a distrarlo per qualche minuto, il tempo necessario per permettermi di scappare.
O, magari, avrei potuto provare semplicemente a parlare, a dirgli che tutta quell’eccessiva vicinanza mi dava fastidio.
Certo, quel silenzio non mi era stato d’aiuto nel manifestare il mio dissenso, decisi dunque che avrei optato per dirgli che non avevo affatto intenzione di andare con lui.
“Jack, io…”, iniziai con gli occhi fissi nei suoi, ma le parole mi morirono in gola, quando percepii le sue dita affondare dritte nella mia pelle, all’altezza del mio fianco sinistro.
Abbassai di scatto lo sguardo in direzione della sua presa e solo allora notai una mano avvolgere il suo polso con forza.
Fu solo questione di attimi, prima che percepii il contatto tra me e Jack annullarsi del tutto. Poi altre mani, altre braccia mi circondarono la vita con vigore e delicatezza allo stesso tempo.
Percepivo qualcuno cullarmi, nel tentativo di trasmettermi calma.
Non avevo ancora visto in volto colui che mi avvolgeva, ma non riuscivo a temerlo.
L’odore di menta fresca mista a tabacco che emanava il suo corpo mi fece subito sentire al sicuro.
“Ti stavo cercando, amore.”, sussurrò allora tra i miei capelli, facendo aderire la mia schiena al suo petto.
Quella voce, a differenza di quanto era accaduto prima, la riconobbi immediatamente: era Harry, l’amico riccio e fastidioso di mio fratello.
Jack mi guardò palesemente spiazzato, mentre ancora si massaggiava il polso indolenzito, ormai a qualche passo da me.
“Ehi tu!”, lo chiamò allora Harry, mentre ancora mi teneva stretta a lui. “Vedi di stare lontano dalla mia ragazza, capito?”, lo ammonì con fare intimidatorio, tanto che riuscì a spaventare anche la sottoscritta.
Jack alzò lo sguardo in direzione di Harry, non proferendo tuttavia parola.
L’impossibilità di cogliere l’espressione del volto del riccio divenne particolarmente frustrante in quell’istante.
Volevo capire cosa stesse pensando, volevo capire cosa stesse succedendo, volevo capire e basta.
“Allora, ci siamo intesi?”, questa volta la voce di Harry assomigliava quasi ad un ringhio, tanto che vidi Jack sussultare, prima di voltarsi e sparire tra la folla senza aggiungere altro.
Non appena fu fuori dalla mia visuale, mi rigirai tra le forti braccia di Harry, scontrando il viso contro il suo petto, per poi abbracciarlo, ancora scossa.
“Grazie.”, sussurrai con la voce rotta dai singhiozzi.
Harry fece scivolare una mano tra i miei capelli, accarezzandoli dolcemente, per poi sistemarne una ciocca dietro il mio orecchio.
Non mi importava di quanto odioso potesse essere, in quel momento gli ero debitrice.
Con un dito tracciò i contorni del mio volto, fino a raggiungere il mento, poi con calma straziante mi obbligò ad alzare la testa in direzione della sua.
I miei occhi, probabilmente gonfi e spaventati, trovarono subito rifugio nei suoi verdi e dietro quelle luminose iridi, per la prima volta, riuscii a scorgere qualcosa.
Preoccupazione, timore, rabbia, vendetta, paura.
L’intensità del suo sguardo mi mozzò quasi il fiato, tanto che mi ritrovai a trattenere il respiro per chissà quanto tempo prima di sentire l’impellente bisogno di ossigeno bruciarmi in gola.
“Grazie.”, ripetei, questa volta con gli occhi puntati nei suoi.
Lui sorrise appena, ma subito percepii i suoi muscoli, fino a quel momento tesi, rilassarsi.
“Non avrei mai permesso che ti fosse accaduto qualcosa di brutto.”, confessò con un filo di voce, roca e bassa.
Il mio cuore perse un battito a quelle parole.
Nessuno mi aveva mai detto qualcosa del genere, prima di quel momento.
Harry fece vagare lo sguardo, portandolo prima sul pavimento, per poi tornare a fissare me.
“In fin dei conti sei sempre la sorellina del mio migliore amico.”, sottolineò lui, facendo spallucce, ancora con quel mezzo sorriso disegnato sulle labbra.
Una sensazione di vuoto si impossessò immediatamente del mio corpo, portando con se una spiacevole consapevolezza.
Anche se solo per qualche attimo, mi ero illusa che quelle parole appena sussurrate con tono caldo sulla mia pelle potessero essere realmente indirizzate a me, non alla secondogenita Tomlinson o alla sorella di Louis.
Desideravo ardentemente che finalmente qualcuno mi notasse come ragazza, come donna.
Desideravo con tutta me stessa che qualcuno si accorgesse di me, che mi dedicasse le sue attenzioni, i suoi sorrisi, i suoi sguardi, i suoi pensieri.
Per solo un attimo avevo davvero immaginato che ciò si fosse realizzato, anche se in minima parte, del resto mi sarei accontentata di poco.
Ma l’alone di delusione che dilagò in me subito dopo aver inteso quella sua ultima affermazione, riaprì quelle ferite, quella voragine che tenevo chiusa da anni, nascosta in un piccolo e lontano angolo del mio cuore.
Accennai ad un sorriso, nel tentativo di mascherare le forti ed intense emozioni che provavo in quel momento.
“Sì, certo. Louis è fortunato ad avere un amico come te.”, concordai mentendo, liberandomi dalla sua presa, che ormai non riuscivo più a tollerare.
Indietreggiai di qualche passo, cosicché non ci fosse più alcun contatto fisico tra i nostri corpi, poi mi strinsi nelle spalle con fare imbarazzato.
“Adesso che è tutto finito, puoi anche andare.”, dichiarai allora, con lo sguardo fisso sulla parete scura che si ergeva dietro le sue spalle.
Lui corrugò la fronte, come se non avesse capito il significato delle mie parole, mentre sentivo il suo sguardo insistente ancora fisso sul mio volto.
Non si muoveva, né parlava, così rimanemmo in silenzio ancora per qualche secondo, immobili l’uno di fronte all’altra.
Quella situazione stava diventando insostenibile.
Alla fine decisi che, se non fosse stato lui, sarei stata io a porre fine a quel momento.
“Va bene, se non vai tu, vado via io. Buonanotte.”, borbottai allora, con le labbra serrate ed i denti stretti, prima di voltarmi sui tacchi e andare via.
Harry non proferì parola, non tentò di fermarmi, semplicemente mi lasciò andare via.
Poi, appena fuori dal locale, lontana da sguardi indiscreti e da persone indesiderate, scoppiai a piangere.

---



Angolo Autrice
Buon anno a tutti!! Felice 2013, carissime!!*.*
Avete festeggiato ieri notte?? Bevuto, ballato, mangiato??
Io potrei rotolare come una pallina dopo l'ennesimo neverending pranzo!xD
Comunque sia, veniamo a noi!:D
Per prima cosa volevo ringraziare tutte quelle persone che
mi hanno supportata, sostenuta, sopportata nel 2012
e che spero continuino a farlo anche nel 2013!;)
A MASSIVE THANK YOU, GUYS!<3
Ma quanto posso essere sdolcinata, eh??xD
Vabbè, ho capito che i convenevoli  non fanno per me, quindi andiamo al sodo!:D
Ecco il nuovo capitoletto, con la speranza che
chi aggiorna a Capodanno, aggiorni poi tutto l'anno!xD
Lizzie è alle prese con il suo primo party! Diamine, quanto è antiquata!-.-
E, come vedete, da sola non sa proprio cavarsela!
Ma in suo aiuto arriva il principe azzurro dagli occhi verdi!*.*
*anche io voglio essere soccorsa da un tipo come lui!!!!*
Certo, pensa di aver fatto colpo, ma in realtà si sbaglia di grosso!
Ci vuole ben altro per far capitolare il nostro latin lover preferito!!;)
E poi c'è Allie che vuole darsi alla pazza gioia!!
Povero Ryan, scaricato per ballare con Zayn!!
*vabbè, è del tutto comprensibile, però!ù.ù*
Ma povero Zayn, sfruttato solo perché Liam non è disponibile!!!
Ok, non la tiro troppo per le lunghe, anche perché in cucina mi apsetta una bella cioccolata calda!!*.*
Grazie a chi ricorda, segue o preferisce,
ma soprattutto grazie di cuore a chi lascia una recensione!!!<3
YOU'RE ABSOLUTELY AMAZING, GIRLS!!*.*
Ancora tanti auguri a tutti voi!!
Alla prossima!*
                                                                                        Astrea_


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Capitolo 8
*** I guess you're still hurt. ***


f

Take me home

I guess you're still hurt.


"Ma é assurdo! Possibile che capitino tutte a te?", mi chiese Allie con gli occhi sgranati e le labbra piegate in un sorriso ebete e derisorio. "Insomma, ti ci voleva tanto a dire a Jack di girare alla larga?", mi rimproverò prima di bere un altro sorso di coca.
La domenica dopo la festa, Allie era tornata nella nostra stanza solo nel primo pomeriggio, ma non avevo fatto in tempo a chiederle spiegazioni che già si era addormentata sul suo letto, con tanto di scarpe e cappotto.
Così avevamo dovuto attendere il pranzo del lunedì prima di poterci finalmente raccontare delle rispettive esperienze.
Abbassai il capo in direzione del piatto di pasta ancora pieno che avevo posizionato al centro del vassoio di plastica e, con la forchetta che tenevo tra le mani, rigirai le pennette al sugo.
Quella conversazione mi metteva a disagio più di quanto avessi previsto, ma avevo deciso di parlarne con Allie, di confidarmi con lei, nella speranza che potesse darmi utili consigli per affrontare meglio quel genere di situazioni.
"Andiamo Lizzie! A parte il fatto che con uno come Jack io ci sarei tranquillamente andata a letto, però se tu non ne avevi voglia potevi anche mettere le cose in chiaro!", dichiarò poggiando entrambi i gomiti sul tavolo intorno al quale eravamo sedute.
Sbuffai, poi scossi lievemente la testa, avendo avuto chiara prova del fatto che lei non aveva ancora compreso la mia situazione.

Certo, per lei era facile!
Io non era abituata a tutto questo, ai ragazzi, al college, alle feste.
"Cosa c'è adesso?", mi domandò forse intuendo qualcosa dal mio prolungato silenzio.
Non sapevo da dove iniziare, ma soprattutto temevo mi avrebbe presa in giro per la mia completa inesperienza.
"Suvvia Lizzie!", mi incitò non ricevendo alcuna risposta dalla sottoscritta. "Cosa ti prende adesso?", mi chiese con tono più dolce e comprensivo, tanto che ebbi la sensazione che si fosse accorta della mia incertezza.
"Non ero mai stata in discoteca, prima di ieri sera.", confessai con un filo di voce, con lo sguardo basso, incapace di guardarla negli occhi per l'eccessivo imbarazzo.
Lei mi afferrò la mano destra, stringendola forte nella sua.
"C'è sempre una prima volta per tutto.", mi rincuorò.
Solo allora mi decisi a puntare il mio sguardo sul suo volto.
Le sue labbra erano piegate in un mezzo sorriso, la sua espressione era serena.
Non mi stava giudicando, mi stava semplicemente ascoltando.
"Nessun ragazzo ci aveva mia provato in quel modo con me.", continuai poco dopo, avendo riacquistato un briciolo di sicurezza nel mio tono di voce.
"L'ultima volta è stata quando avevo 14 anni. Luke mi aveva chiesto di uscire ed io avevo accettato. Eravamo andati al lunapark, ci stavamo divertendo come matti, era bello stare in sua compagnia. Ma quando mi ha riaccompagnata a casa, provò a baciarmi. Io mi sottrassi, non ne ero sicura, era il mio primo bacio, ma lui mi rincuorò con mille dolci parole, così mi convinsi. Stavamo per baciarci davvero, ma l’arrivo di mio padre rovinò tutto.", conclusi poco dopo, riassumendo in breve quell'episodio che aveva inevitabilmente segnato la mia adolescenza.
Mi avevano presa in giro per mesi a causa di quell’aneddoto che Luke non aveva di certo taciuto ai suoi amici, arricchendolo con mille dettagli non veritieri che mi avevano procurato l’appellativo di verginella secchiona.
Allie aveva seguito tutto il mio monologo senza proferir parola, senza commentare.
"Questo significa che hai davvero molte cose da recuperare.", sentenziò allora con uno strano ritrovato buon umore ed un'espressione gioviale e rassicurante dipinta sul volto.
Sorrisi anche io alla positività che quelle parole trasmettevano.
Non importava quanto avessi perso di quegli anni in cui avevo lasciato che altri decidessero per me, accettando passivamente ogni cosa mi venisse proposta.
Era alle cose che ancora dovevo fare, a quelle che ancora dovevo scoprire a cui dovevo puntare.
Non avrei potuto cambiare il mio passato, ma avrei potuto di certo migliorare il mio presente.
"Com'è stata la tua prima volta?", le domandai poi, senza curarmi di quanto intimo e personale fosse quell'argomento.
Allie non sembrò affatto turbata dalla mia curiosità, dalla nuova e crescente necessità che sentivo affiorare dentro di me, impaziente di conoscere finalmente il mondo.
"Se ti dicessi che è stata favolosa ti mentirei.", affermò per poi mordicchiarsi lievemente il labbro.
"Avevo paura, ero terrorizzata, ma lo amavo. Ne ero davvero innamorata. Non me ne pento affatto, anche se una settimana dopo l'ho trovato a letto con la mia compagna di classe.", mi raccontò con gli occhi persi nei mille ricordi che scaturivano da quelle poche parole.
"La volta più bella, però, è stata con il mio migliore amico.", continuò dopo qualche secondo, ancora con l'espressione assorta, ma questa volta i suoi occhi brillavano di una triste e fioca luce.
"Ricordo ancora tutta la dolcezza e la delicatezza dei suoi gesti, ma eravamo troppo piccoli per qualcosa di così grande.", aggiunse ancora, quasi con un sussurro.
Non dissi nulla, incapace di proferir parola e allo stesso tempo timorosa di non essere per nulla capace di intavolare un discorso partendo da presupposti come quelli.
"Un giorno mi piacerebbe poter parlare di qualcuno come hai appena fatto tu.", mormorai allora, senza neppure rifletterci, estraniando i miei pensieri ad alta voce.
Lei mi sorrise con affetto, prima di passare una mano tra i suoi capelli, in un gesto che racchiudeva tutta la sofferenza, il rancore e la rabbia che dovevano essere riemersi a seguito di quel breve, ma intenso, tuffo nel passato.
"Sono sicura che racconterai qualcosa di meglio!'', decretò Allie. "Piuttosto, credo tu abbia un problema in arrivo alle tue spalle.", m'informò lanciando una fugace occhiata oltre la mia testa, per indicarmi la direzione da seguire.
"Che...", non feci in tempo né a terminare la mia domanda, né tantomeno a voltarmi, che le mie orecchie furono raggiunte dalla sua voce cristallina ed irritante.
"Ma guarda un po' chi si vede in giro!", scherzò Harry a mo'di saluto, per poi prendere posto tra me ed Allie, senza, ovviamente, aver ricevuto alcun invito.
Indossava una semplice felpa viola, il cui cappuccio copriva la maggior parte della sua chioma riccia, e dei jeans a vita eccessivamente bassa.
Con lo sguardo seguii i suoi movimenti, studiandolo quasi come fosse un animale in una gabbia di un qualche zoo.

Avrei preferito essere diventata cieca, allora!, pensai in risposta al suo provocatorio saluto, ma non trovai il coraggio di pronunciare ad alta voce quelle parole.
"Ciao.", riuscii solo a dire atona.
"Se non sbaglio io e te ancora non ci siamo presentati!", disse Harry puntando i suoi occhi verdi in quelli di Allie.
Lei scosse la testa, sorridendo appena.
Per qualche secondo ebbi la sensazione di essere di troppo, come al solito.
Bastava poco a mettermi fuori gioco, bastava poco a far concentrare le attenzioni di un ragazzo su una ragazza che non fossi io.
"Sono Harry.", si presentò allora, quasi ammiccando in direzione della bionda.
"Allie.", annunciò allora lei, mentre lo squadrava con aria inquisitoria.
Lui sorrise ancora, con più intensità questa volta, tanto che sulle sue guance si formarono due piccole fossette.
"Allora Liz!", sbottò poi Harry, richiamando la mia attenzione.
Sussultai quando sentii la sua voce pronunciare quel soprannome, immediatamente seguita dalla sensazione dei suoi occhi puntati su di me.
"Ti sei divertita l'altra sera?", mi chiese con voce chiaramente ironica, alludendo agli episodi che ci avevano visti protagonisti anche se solo per qualche minuto.
"Sì, grazie.", borbottai indecisa, non sapendo affatto come commentare i ricordi di quella serata.
Lui sogghignò, poi si portò una mano davanti alla bocca per poter nascondere una leggera risata.
"Harry, si può sapere perché sei corso via?", si lamentò un ragazzo mentre con passo deciso si avvicinava a noi. "Stavo prendendo il pranzo!", continuò subito dopo, allungando le braccia verso il tavolo, con il chiaro proposito di poggiarvi il vassoio che teneva tra le mani.
Probabilmente doveva essere un suo amico.
Aveva i capelli biondi, sistemati in un ciuffo non troppo alto, ma accuratamente pettinato.
I suoi occhi erano chiari, azzurri come l'oceano, e trasmettevano una strana sensazione di pace.
"Siccome il mio maleducato amico non mi ha ancora presentato, allora lo faccio da me.", dichiarò appena dopo qualche istante di silenzio, sedendosi.
"Mi chiamo Niall!", esclamò poi, aprendo le labbra in un caldo e travolgente sorriso.
"Niall, ecco a te Allie e Liz.", annunciò allora Harry indicandoci con fare teatrale, facendo ridere il suo amico.
"Ma davvero siete riuscite a sopportarlo prima del mio arrivo?", ci chiese con fare giocoso, prima di iniziare a mangiare il pezzo di pizza che teneva nel piatto.
Soffocai una risata, evitando di dare adito alle sue veritiere parole.
"Sei davvero troppo simpatico!", bofonchiò Harry a labbra serrate, con tono ironico, forse infastidito dalla battuta che il suo amico aveva appena fatto.
"Allora Harry, non mi racconti come hai conosciuto queste ragazze?", domandò con gli occhi puntati su di noi, osservandoci attentamente.
"Liz è la sorellina di Louis.", spiegò lui con voce bassa.
Il suo sguardo era puntato sulla mia testa, chinata in direzione del mio piatto. Ne percepivo chiaramente l'intensità e l'irruenza, tanto che mi parve eccessivo, fastidioso, mi metteva a disagio.
Non trovavo il coraggio per alzarla, nonostante non ne riuscissi a capire il motivo.
Per di più, quella parola, quel diminutivo che aveva affiancato al mio nome, aveva riconfermato le mie impressioni: per lui, come del resto per molti altri, non ero una ragazza, bella o brutta che fossi, ma l'amica di qualcuno o la sorella di qualcun'altro.
"Finalmente ho il piacere di conoscerti!", esclamò Niall con fare entusiasta, facendo trasparire con evidenza la sua indole impetuosa, ma ingenua e spontanea allo stesso tempo.
"Beh, io l'ho già iniziata a conoscere abbastanza bene.", replicò allora Harry, con voce studiatamente maliziosa e provocatoria, come a voler far intendere che ci fossero degli episodi che ci legavano che gli altri ignoravano.
Certo, c'era il precedente della festa, ma non costituiva affatto un pretesto per compiere un'affermazione tanto ambigua.
Il suo sguardo mi penetrava, lo sentivo studiare accuratamente ogni parte del mio volto, del mio corpo.
D'un tratto sentii le guance bollire, sensazione alla quale probabilmente subito dopo dovette aggiungersi il caratteristico rossore.
"La smetti di mettere in imbarazzo le ragazze?", lo rimproverò Niall, tirandogli una leggera gomitata all'altezza dello stomaco.
In tutta risposta, Harry ammiccò al mio indirizzo, ignorando del tutto la richiesta dell'amico.
Allie sbuffò, prima di incrociare le braccia sul tavolo.
"Riccio, sei talmente montato da far invidia alla panna delle gelaterie!", sentenziò lei, con una punta di acidità nella voce.
Sorrisi, incoraggiata anche dalla contagiosa e allegra risata di Niall, mentre Harry si limitò a lanciarle un'occhiata di sufficienza.
"Piuttosto, com'è che anche tu conosci suo fratello?", chiese poi al biondino, questa volta in modo molto più amichevole.
"Siamo tutti nella stessa band e poi siamo ottimi amici.", chiarì lui, addentando un altro pezzo della sua pizza.

Certo, mio fratello gli amici se li era scelti proprio bene, mi ritrovai a pensare, ma poi il mio sguardo si soffermò sulla figura di Niall che proprio in quell'istante aveva afferrato con fare frettoloso un tovagliolo, pulendosi il viso che si ed appena sporcato con del pomodoro.
I suoi gesti apparivano naturali, semplici, spontanei, in essi non ritrovavo nulla della sfacciataggine, della presunzione, dell'arroganza che avevo riscontrato in Harry.
Niall era buono, glielo si leggeva negli occhi, nel sorriso.
Nonostante lo avessi appena conosciuto, percepivo chiaramente la bontà della sua indole.
I miei pensieri furono riscossi dalla fastidiosa suoneria di un cellulare. Harry quasi saltò sulla sedia, prima di infilare una mano nella tasca dei suoi jeans, dalla quale ne estrasse il telefono.
Rimanemmo in silenzio, aspettando che rispondesse.
Lui esitò qualche attimo, probabilmente dopo aver riconosciuto il numero di colui, o forse colei, che lo chiamava, poi finalmente si decise a rispondere.
"Cosa c'è ancora?", chiese con denti stretti e tono rabbioso, quasi sibilando.
La sua voce mi fece venire i brividi, tanto che fui costretta a spostare lo sguardo sulla folla di studenti, ancor in fila, in attesa di essere serviti dalla mensa del college.
"Ti ho detto che ci sto andando, anzi sono appena arrivato. Cosa vuoi ancora?", ebbi la sensazione che volesse urlare, nonostante stesse solo sussurrando.

Che non stesse andando da nessuna parte era evidente, ma perché allora aveva mentito?
Allie mi lanciò un veloce sguardo, alla ricerca di spiegazioni che purtroppo non seppi darle.
Niall lo fissava attentamente, con premura e preoccupazione, chissà per cosa poi.
"Ah.", disse ad un tratto Harry affranto e per la prima volta lo vidi abbassare lo sguardo, come se fosse in torto e lo stesse ammettendo.
"Allora arrivo.", dichiarò concludendo la chiamata, per poi alzarsi con fretta e agitazione.
"Devo andare, ciao.", disse senza neppure guardarci in volto, poi si voltò e ad ampie falcate si avviò verso l'uscita.
Anche Niall scattò in piedi, il suo viso era chiara espressione di timore e insicurezza.
"Scusate.", riuscì solo a dire, prima di procedere all'inseguimento dell'amico.
"Magari ci si vede qualche volta, Lizzie!", esclamò poi tutto d'un fiato, voltandosi per un attimo nella nostra direzione.
Ebbi solo un attimo, il necessario per ricambiare il suo enorme sorriso, prima che anche lui sparisse oltre la porta principale.

---




Angolo Autrice
E rieccomi qui, dopo aver ingozzato cioccolato per tutto il giorno!!*.*
Allora, inizio subito con i ringraziamenti questa volta,
anche perché volevo dedicare questo capitolo ad una persona speciale.
Bettins
, questo è per te ed il motivo credo tu lo sappia!;)
Non so neppure se leggerai questa dedica o se dovrò essere io a dirtelo di persona lunedì sera,
però sappi che  mi sei mancata durante queste vacanze!<3
Ed ovviamente mi sono mancate le tue interminabili ramanzine!xD
Sappi che lunedì notte non ti darò tregua!;)
Ma torniamo a noi e a tutte quelle meravigliose persone che hanno inserito la storia
tra le seguite, le preferite o le ricordate!!*.*
E grazie anche a chi ha commentato!!*.*
Possibile che possiate essere tanto fantastiche???<3
Ma che dico, voi siete molto di più!!;)
Ok, credo non ci sia bisogno di commentare il capitolo...
In effetti abbiamo scoperto qualcosa in più sul passato di Lizzie ed Allie.
Povera Lizzie: la sua vita è stata peggio di quella di una monaca di clausura!!xD
Ah, quasi domenticavo: è arrivato il dolce e caro Niall!!*.*
Harry continua provocare la nostra timida Liz, ma per fortuna c'è Allie pronto a smontarlo
 e Niall che subito la difende a spada tratta!:D
Domani esce il video di Kiss You, non vedo l'ora mie care!!*.*
Spero solo che esca prima della mia partenza...
Eh già, martedì si ricomincia ed io ancora non ho aperto libro.-.-"
Vabbè, grazie ancora a tutte voi che continuate a seguirmi!*.*Vi adoro!<3<3
Ah, quasi dimenticavo un'altra cosa, importantissima tra l'altro...
Grazie anche a GiadiCastellini:
ci siamo conosciute da poco, ma già ti adoro!!<3
Alla prossima!:*
                                                  Astrea_





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Capitolo 9
*** Maybe I just gotta wait. ***


a

Take me home

Maybe Ijust gotta wait.

Uscii dall'aula a passo di marcia, diretta verso la caffetteria, dove ad attendermi avrei di certo trovato un'impaziente Allison, pronta a lamentarsi del mio ennesimo ritardo. In quei pochi giorni, infatti, aveva potuto appurare come al termine di ogni lezioni tendessi a dilungarmi troppo nel terminare di scrivere tutti gli appunti e gli schemi segnati sulla lavagna o le frasi che riecheggiavano nella mia mente ma che ancora non ero riuscita a stendere sul quaderno.
Non appena varcai la soglia dell'edificio, svoltai a destra, accelerando il passo.
Ero concentrata solo sui miei movimenti, tanto che camminavo con la testa bassa, senza curarmi minimamente di tutto ciò che mi circondava.
In quel momento il mio unico obiettivo era raggiungere quanto prima possibile Allie.
Quasi sussultai quando mi resi conto di trovarmi a solo qualche centimetro di distanza da un ragazzo, bloccata dalle sue mani, poggiate all'altezza delle mie spalle, che avevano fermato d'un tratto la mia avanzata.
"Ciao!", mi salutò una voce familiare ma che percepivo infastidirmi.
In modo repentino alzai il viso in direzione del suo, incontrando i suoi occhi di ghiaccio che mi fissavano in un evidente sensazione di disagio.
Quella presa, quel contatto lo riconoscevo benissimo.
D'istinto indietreggiai, così da aumentare lo spazio fisico tra noi.
"Ciao.", ricambiai dopo qualche secondo, stringendo meglio i libri all'altezza del petto, come fossero uno scudo in grado di proteggermi.
Jack accennò un sorriso, poi iniziò a torturarsi le mani, visibilmente in imbarazzo, indeciso su ciò che avrebbe potuto dire o fare.
"Volevo chiederti scusa per l'altra sera.", dichiarò appena ebbe trovato il coraggio per proseguire. "Insomma, ero ubriaco e fuori di me. Non volevo assolutamente importunarti.", aggiunse con una ritrovata sicurezza, infilando entrambe le mani nelle tasche dei jeans.
Rimasi in silenzio, quasi stessi aspettando che continuasse ulteriormente o forse, più semplicemente, non sapevo assolutamente cosa dire in risposta.
"Non sapevo fossi particolarmente amica di Styles.", si giustificò facendo spallucce.
Sembrava restio a pronunciare quel cognome, come se volesse sottolineare quanto poco ci tenesse ad entrare in contatto con quel ragazzo.
"Davvero, mi dispiace.", concluse infine, provando nuovamente a sorridere, questa volta però con meno entusiasmo della precedente.
Lo scrutai bene, passando in rassegna ogni più piccola piega del suo viso.
La sua espressione non lasciava alcun ombra di dubbio: Jack stava facendo qualcosa che non voleva fare o che comunque non teneva a fare.

Ma allora perché la faceva?
"Non dici nulla?", mi chiese, dopo un altro prolungato silenzio.
Quella domanda mi riscosse dai mille pensieri che avevano invaso la mia mente.
"Argomentazioni discutibili, ma scuse accettate.", quasi sussurrai ancora in parte assorta nelle mie riflessioni.
Lui alzò il sopracciglio destro e storse di poco il labbro, la sua espressione era titubante.
"Io devo andare, ciao Lizzie!", si affrettò a dire, prima di superarmi senza attendere oltre.
Non ebbi neppure il tempo di ricambiare il saluto, tanto che quando mi voltai seguendo la direzione che aveva appena preso, lo vidi già troppo lontano.

Cosa voleva da me?
Per qualche attimo contemplai inerme ed immobile lo spazio che fino a poco prima aveva occupato Jack.
La conversazione che avevamo appena avuto non mi convinceva affatto.
Mentalmente la ripercorsi tutta, in ogni minimo dettaglio, cercando in essa una risposta alle mie domande.

Perché aveva menzionato Harry?
Non poteva semplicemente chiedere scusa senza fare riferimenti a terzi?
Perché sembrava estremamente a disagio?

Scossi il capo, come se con un gesto tanto banale avessi potuto scacciare dalla mia testa i tarli che la assalivano.
In realtà sapevo benissimo che non sarebbe bastato ciò.
Controllai l'orario sul quadrante del piccolo e grazioso orologio che tenevo al polso sinistro e subito ricordai c’era qualcuno che mi stava aspettando e che, di certo, doveva anche essere piuttosto arrabbiata per la lunga attesa.
Svoltai a sinistra, percorrendo la breve strada che ancora mi separava dalla mia meta, poi giunta all'ingresso, mi fiondai all'interno del locale.
Con lo sguardo vagai sui vari tavoli, cercando Allison. La sala era piena di studenti intenti a parlottare allegramente, sorseggiando del caffè. Allie era seduta vicino un’enorme vetrata che dava sul prato del campus. Il suo viso era rivolto in direzione del paesaggio, sul quale aveva concentrato tutta la sua attenzione. Per ingannare il tempo continuava ad agitare la gamba sinistra che aveva accavallato sulla destra.
La raggiunsi, sperando non prendesse eccessivamente male il mio ritardo.
"Ciao!", la salutai quando finalmente fui abbastanza vicina a lei.
Solo allora mi accorsi che sul tavolino, proprio davanti a lei, erano posizionate due tazzine di caffè vuote, segno inconfondibile del fatto che ne avesse già bevuto il contenuto.

Pessimo, pessimo segno.
"Qual buon vento!", scherzò la bionda, rivolgendo il suo sguardo a me.
"Ma si può sapere perché ci metti sempre tanto? Non ti bastano le decine di pagine di appunti che già prendi durante le lezioni?", si lamentò con aria seccata.
Sorrisi, ormai avevo quasi fatto l'abitudine a questo tipo di conversazione.
"Lo sai che sono fatta così.", mi giustificai, facendo spallucce.
"Piuttosto, com'è andata la mattinata?", le chiesi con il chiaro intento di cambiare argomento.
I suoi occhi si illuminarono tutto d'un tratto, la sua espressione si tramutò repentinamente da seccata a sognante.
"Ho parlato con Liam!", disse quasi gongolando dalla felicità.
Corrugai la fronte, non riuscendo a seguire il flusso dei suoi pensieri.
"Chi è Liam?", le chiesi senza neppure rendermene conto.
Subito fui colpita da un'occhiata omicida, immediatamente seguita da un'espressione sdegnata.

Come se fosse stato un peccato non conoscere quel tipo!
"Ma come? Te l'ho fatto vedere appena qualche giorno fa!", mi rimproverò allora, poggiando i gomiti sul tavolo.
Continuai a fissarla con fare scettico, aspettando che si decidesse a darmi spiegazioni.
"L'amore della mia vita!", esclamò allora, come fosse la cosa più naturale del mondo.
A quelle parole ricordai subito il ragazzo che mi aveva fatto notare il primo giorno di lezione.
Mi lasciai scappare una leggera risata, poi feci roteare gli occhi.
"Ti ha chiesto di sposarlo?", la provocai ironicamente, mettendomi più comoda sulla sedia.
Lei storse il labbro, ma preferì ignorarmi.
"Ci siamo ufficialmente presentati!", continuò non appena ebbe ritrovato il buon umore.
Era euforica, allegra, felice e tutto questo era dovuto ad un semplice incontro con un ragazzo che neppure conosceva.
"E come hai fatto a parlarci?", le domandai.
In effetti non ero per davvero curiosa di conoscere i dettagli di quella storia a dir poco surreale, ma percepivo chiaramente quanto lei ci tenesse a raccontarlo ed io non l'avrei di certo privata di questa piccola soddisfazione.
"In realtà era con l'amico di tuo fratello, quello riccio. Erano davanti all'ufficio della professoressa Cox ed io passavo di lì perché dovevo andare al corso del professore Wilson.", iniziò a dire senza fretta, procedendo in modo preciso ed accurato con quel resoconto sugli ultimi eventi.
Annuii con fare convinto, come per invogliarla a continuare.
"Così quello mi ha salutata, io ho ricambiato, però non potevo farmi sfuggire una simile occasione con Liam!", affermò convinta di sé stessa.
"Giusto.", sussurrai quasi, solo per darle la conferma che stessi seguendo il racconto.
"E allora gli ho chiesto cosa ci facesse lì e a quale facoltà fosse iscritto, per rompere il ghiaccio, ma lui non ha risposto.", proseguì Allie, interrotta però dalla voce del cameriere che era sopraggiunto.
"Cosa vi porto ragazze?", ci chiese un ragazzo con un sorriso smagliante dipinto sulle labbra.
"Per me un altro caffè, il terzo.", borbottò Allison, mettendo per qualche attimo da parte i ricordi che ancora sortivano su di lei uno strano effetto.
"E per me un té verde.", ordinai subito dopo.
Il cameriere annotò il tutto su un blocchetto che teneva tra le mani, poi ci sorrise ancora una volta prima di allontanarsi.
"Allora, dicevi?", la incitai non appena fummo nuovamente sole.
Avevamo poco tempo a disposizione, di lì a qualche minuto mi sarei dovuta recare alla prossima lezione.
"E niente, praticamente al suo posto risponde Liam, che dopo essersi presentato mi dice che in realtà quello viene qui solo per vedere Liam, visto che sono amici. A proposito, Liam è iscritto a giurisprudenza!", annunciò, quasi emozionandosi per la consapevolezza che quelle parole comportavano.
Lo avrebbe rivisto spesso, di questo ne eravamo entrambe sicure.
"Lui sembra così dolce! È davvero adorabile!", commentò poi, stringendo le mani davanti agli occhi.
"Allie, tu lavori troppo di fantasia.", le feci notare.
Lei sbuffò alle mie parole.
"Tu, invece, ragioni come un'ottantenne! Andiamo, perché non ti godi un po' la vita?", controbatté lei.
Deglutii, poi presi a mordicchiarmi il labbro.
Era vero, Allie aveva pienamente ragione. Giocavo a fare la moralista, ma chi perdeva ero sempre e soltanto io.
Osservavo, prendevo atto di tutto ciò che mi circondava, invidiavo la spensieratezza che i ragazzi della mia stessa età nutrivano nei confronti del mondo. Loro non temevano nulla. Nonostante la razionalità consigliasse di non avventurarsi in determinate esperienze, si lasciavano trasportare dall'impeto giovanile, dando poca importanza a ciò che facevano, come se fosse la più giusta, ma allo stesso tempo ne enfatizzavano l'aspetto emotivo. In alcuni casi finivo persino per giudicare senza troppa clemenza, basandomi su criteri rigidi che lasciavano davvero poco spazio alla comprensione, del resto io non mi ero mai trovata dall'altra parte, quella dell'imputato.
Non mi ero mai lasciata andare, non avevo mai sperimentato l'adrenalina scorrere nelle vene o il cervello ribellarsi per aver dato ascolto al cuore.
"Ecco le vostre ordinazioni.", dichiarò d'un tratto il ragazzo di prima, portando in un vassoio una tazza fumante di té ed una più piccola di caffè.
La sua voce mi fece ridestare dai miei pensieri.
"Grazie.", dissi, accennando ad un lieve sorriso, mentre lui le poggiava sul tavolo.
"Lizzie, che ne dici di iniziare a cogliere l'attimo?", mi propose Allison appena il cameriere fu andato via, un attimo prima di sorseggiare il suo caffè.
Sbattei più volte le palpebre, colta alla sprovvista da quell'incitazione.
"Cosa?", domandai poi, strabuzzando gli occhi, sporgendosi di poco in avanti.
"Andiamo, hai capito! Ed io ti aiuterò ad uscire dalla tana!", esclamò facendomi l'occhiolino, con le labbra piegate in un ampio sorriso.
Scossi la testa, poi presi tra le mani la tazza nella quale era contenuto il té e ne bevvi qualche sorso, nonostante fosse ancora troppo caldo.
"Potrei fare miracoli con te!", sentenziò Allie, non avendo ricevuto alcuna risposta dalla sottoscritta.
"Allie, non sono una barbie da vestire per il primo appuntamento!", replicai con tono acido.
Lei sorrise con aria malefica, evidentemente non mi aveva affatto presa sul serio.
Afferrai nuovamente il manico della tazza, per portarla alla bocca, ma in quel momento il mio occhio cadde sull'orologio che si era scoperto con quel leggero movimento.
Mancavano cinque minuti all'inizio della mia prossima lezione.
Scattai all'in piedi e di fretta afferrai la borsa, sotto lo sguardo curioso di Allie.
"Ed ora che ti prende?", mi domandò con tono scettico.
"Devo scappare, ho lezione. Paga tu, la prossima volta offro io!", sbottai veloce come un treno in corsa, tanto che non ebbi la sicurezza che avesse compreso il mio messaggio.
Di fretta, senza indugiare oltre, uscii dalla caffetteria, poi varcata la soglia, iniziai a correre tra le strade poco affollate del campus.
Ero quasi giunta a destinazione quando mi accorsi di lui, seduto sulla panchina a pochi metri dal portone dell'aula magna del college.
Harry, il ragazzo con i capelli ricci, se ne stava da solo a contemplare chissà cosa.
La sua pelle era chiara, probabilmente anche a causa della lunga esposizione al freddo a cui si era sottoposto. I suoi occhi, invece, erano spenti ma enormi, tanto da richiamare l'attenzione. Il verde cupo sembrava trasmettere tristezza, solitudine, melanconia, ma allo stesso tempo pace, tranquillità.
Il suo viso era stanco, come dimostravano anche le profonde occhiaie.
Forse avrei dovuto cogliere l'attimo, come aveva suggerito la bionda poco prima.
Forse avrei dovuto cambiare direzione e raggiungerlo, dando ascolto al naturale istinto che sentivo dentro di me, avrei potuto lasciarmi andare, senza dover preoccuparmi delle apparenze.
Forse avrei davvero potuto, ma non lo feci.
I nostri sguardi si incontrarono per neppure una frazione di secondo, poi ripresi a correre.
Probabilmente se anche lui avesse voluto salutarmi, cosa di cui dubitavo fortemente, non ne avrebbe comunque avuto modo.
Pochi secondi dopo sentii il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni.
Il mio cuore parve perdere un battito, ma cercai di non dare peso a quella strana sensazione che percepivo all'altezza del petto.
Con foga lo estrassi dalla tasca, mentre ancora continuavo a camminare a passo spedito in direzione dell'aula.

Che fosse proprio Harry?
Del resto erano davvero poche le persone che avrebbero potuto contattarmi e a queste andavano sottratte i miei genitori e mio fratello, consapevoli del fatto che in mattinata seguivo numerosi corsi, ed Allison che avevo appena lasciato.
Il mittente era sconosciuto, tanto che non comparve alcun nome, solo una serie di cifre.
Stando attenta a dove mettevo i piedi, lo aprii nello stesso istante in cui entrai nel plesso che affiancava la biblioteca.
Sgranai gli occhi per lo stupore quando ne lessi il contenuto, tanto che fui costretta a sbattere più volte le palpebre.

Ciao Lizzie! Ho chiesto il tuo numero a Louis, spero non ti dispiaccia! Che ne dici di vederci qualche volta? Un bacio, Niall.
---











Angolo Autrice
Salve gente!:D
Allora, voglio immediatamente ringraziare quelle sei fantastiche persone
che hanno lasciato una recansione nel capitolo precedente:
siete fantastiche, davvero!*.*
Ed ora corro a rispondervi, promesso!;)
Ringrazio anche chi ha aggiunto la storia tra preferiti, seguiti o ricordate...
Cioè, sapete che è per voi che leggete o recensite
che io continuo a scrivere con tanto entusiasmo vero???*.*
Grazie mille, davvero!!<3
E a proposito di scrittura, in effetti sono piuttosto avanti con i capitoli,
    quello che mi amnca è il tempo per pubblicarli.
Vabbè dai, un modo per aggiornare lo troverò, spero!!:D
Anyway, capitolo di passaggio in cui non accade granché.
Jack ricompare, per chiedere scusa, mentre Allie ha conosciuto finalmente Liam.
Non si chiarisce ancora molto su Harry, ma nel prossimo...
Vi dico solo che nel prossimo ci sarà più movimento, tutto qui!;)
Anche perché ci sono delle cosettine da spiegare sul nostro amato ricciolino,
visto che non tutto quadra...
Ok, non mi dilungo anche perché su questo capitolo c'è davvero poco da dire.
Ah, devo dire una cosa che ancora non ho avuto modo di scrivere nell'angolo autrice:
IL VIDEO DI KISS YOU!!!*.*
Insomma, potranno anche giocare a fare i bambini, ma rimangono fantastici lo stesso!*.*
E poi c'è Harry...*.*
Vabbè, carotine, lasciatemi il vostro parere se vi va,
anche negativo, così da poter migliorare!
Alla prossima!:*
                                                   Astrea_

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Capitolo 10
*** Let's make a move. ***


f

Take me home

Let's make a move.

Ripresi a sfogliare le pagine del volume dell'enciclopedia che tenevo tra le mani, nel vano tentativo di trovare tutte le informazioni di cui necessitavo per completare la stesura del saggio assegnato dalla professoressa Cox.
Erano passate tre settimane dall'inizio dei corsi. Ormai la routine quotidiana si ripeteva senza tregua, spezzata soltanto da qualche pomeriggio trascorso con mio fratello Louis.
Spesso sentivo Niall per messaggio. Di solito era sempre lui ad iniziare qualsiasi tipo di conversazione, poi io mi premuravo di rispondere nel modo più gentile e socievole possibile, coadiuvata dagli spassionati ed intraprendenti consigli di Allie.
Lui era sempre attento a tutto ciò che mi accadeva, ricordava i miei corsi, gli esami, le conferenze a cui partecipavo. Era sempre pronto ad ascoltare i miei sfoghi, spesso dovuti a momenti di debolezza e stress, oltre che rendersi partecipe dei miei successi.
Alla fine avevo conosciuto tutti i membri della band di mio fratello, anche se in circostanze diverse.
Oltre il biondino, con il quale avevo ormai instaurato un buon rapporto d'amicizia, anche Liam si era rivelato un ragazzo molto riflessivo e comprensivo, tanto che mi sorpresi di come Allie potesse essere interessata a lui.
Persino quel ragazzo con il ciuffo che sfidava la legge gravitazionale faceva parte del quintetto, ovviamente insieme al riccio che poco sopportavo.
Zayn ed Harry, infatti, erano l'opposto dei primi due.
Avevano sempre pronta la battutina maliziosa capace di metterti a disagio, ammiccavano di continuo a qualunque essere di sesso femminile che rientrasse nel loro raggio di visibilità e ostentavano estrema sicurezza di sé.
Tuttavia, nelle poche occasioni in cui ero stata costretta a trascorrere del tempo con loro, avevo notato profonde differenze nei loro modi di agire, ma soprattutto nella ragione di essi.
Mentre Zayn preferiva semplicemente atteggiarsi, fingendosi qualcuno che in realtà non era per puro divertimento, Harry lo faceva in modo quasi inconsapevole, come se quel suo comportamento fosse la sua risposta ad una realtà che non doveva essere delle migliori.
Harry non guardava le ragazze come faceva Zayn, lui le osservava.
Era come se cercasse di capire semplicemente dalla fisionomia tutto di loro, ogni debolezza, paura, gioia, ideale. Cercava di comprenderle, prima ancora di provarci con loro.
Con un colpo unico chiusi il volume, provocando un tonfo che fece eco negli enormi locali della biblioteca, deserta a quell'ora e di quel periodo.
Tornai con la testa sulle righe bianche del quaderno poggiato sul tavolo di legno intarsiato.
"Piccola Tomlinson!", esclamò con voce studiatamente bassa, ma allo stesso tempo decisa e sicura.
Sobbalzai sulla sedia, spaventata da quanto improvvisa mi era giunta quella voce.
Non ebbi neppure bisogno di voltarmi in direzione della sua provenienza, ormai avevo imparato a conoscerla piuttosto bene: era Harry.
Sbuffai sonoramente, cercando con quel gesto di trasmettergli quanto inopportuna fosse la sua visita.
"Cosa ci fai qui sola soletta durante un bella giornata come questa?", mi chiese lui, facendosi avanti.
Percepivo la sua voce sempre più vicina, fino a quando non sentii le mie spalle essere circondate dalle sue braccia.
"A Londra non capita spesso di avere un sole come quello di oggi!", aggiunse, forse per chiarire meglio ciò che voleva dire.
Il suo tono di voce, seppur i contenuti fossero del tutto innocenti, era profondo e sensuale, sembrava stesse cercando di provocarmi.
"Ho da studiare.", risposi atona, nel tentativo di non farmi coinvolgere in alcun modo in una conversazione con lui.
Lo sentii sogghignare lievemente, poi con un gesto fluido si appoggiò al tavolo, interponendosi tra me ed i libri, cosicché potessimo guardarci in volto.
Indietreggiai, per quanto possibile, ma nel farlo sfiorai con il ginocchio la sua gamba.
Subito percepii una scossa correre lungo la schiena e quasi m’immobilizzai all’istante.
Harry incrociò le braccia al petto, la sua testa era inclinata verso il basso per potermi guardare negli occhi, quegli stessi occhi sotto il cui sguardo mi sentivo nuda, impotente, inerme.
"Vieni con me.", propose tutto d'un fiato, avvicinando il suo viso al mio.
Lo osservavo rapita, incapace di sottrarmi a quella meravigliosa tortura.
Odiavo i suoi modi egocentrici, la sua sicurezza, il suo narcisismo, la sua malizia, ma non riuscivo a farne a meno.
Forse era la curiosità che mi spingeva a lui, o forse era quel verde magnetico che spiccava dalle sue iridi.
Harry poggiò una mano sul mio ginocchio, poi con il viso si sporse ancora di più in direzione del mio. Il suo respiro fresco mi stuzzicava la pelle, mentre con l’altra mano mi sfiorò il viso.
I suoi gesti erano lenti, un piacevole supplizio per il mio corpo. Con il pollice disegnava dei cerchi immaginari, scendendo sempre più in basso in direzione del mio collo, insinuando la sua mano al di sotto del maglioncino a collo alto che portavo quel giorno.
Si fermò solo quando giunse alla clavicola.
Il mio corpo era in completo subbuglio. Non avevo mai provato sensazioni del genere.
Il mio cuore scalpitava, fremeva, sentivo l’ossigeno mancarmi, fino ad annebbiarmi il cervello e la vista. I miei occhi, invece, erano puntati nei suoi.

Cosa stava succedendo?
“Liz.”, sussurrò con un filo di voce ad una spanna dalle mie labbra.
Non era quello il tipo di bacio che desideravo. Io ne volevo uno consapevole, voluto, agognato, che magari suggellasse una romantica dichiarazione d’amore avvenuta al chiaro di luna in riva al mare. Ma in quel momento, in quella biblioteca, sperai con tutta me stessa che Harry colmasse la lieve distanza che ancora separava le nostre bocche.
Non era amore quello che sentivo, ma desiderio, passione.
Sapevo che se non l’avessi fermato probabilmente avrei commesso un colossale errore, di cui mi sarei pentita per il resto della mia vita, ma sapevo altrettanto che se l’avessi respinto avrei per sempre rimpianto l’ennesima opportunità sprecata.
Harry mi guardò ancora per qualche istante, appariva combattuto, il suo volto era un’espressione di frustrazione e bramosia allo stesso tempo.
Ressi il suo sguardo e forse da quel gesto lui colse il coraggio che in quell’istante gli era venuto meno.
Abbassò gli occhi in direzione delle mie labbra e lentamente iniziò ad avvicinarsi ad esse.
Percepii le guance andare a fuoco, le mie mani tremavano come foglie.
Chiusi gli occhi per l’emozione mista alla crescente paura, sperando che oscurare la vista mi avrebbe aiutata a rimanere calma.
"Lizzie, scusa se ci ho messo tempo! Stavo cercando parcheggio! Spero che Harry non ti abbia annoiata troppo con le sue sciocchezze!", esclamò d'un tratto una voce, quella di mio fratello.
Immediatamente spalancai gli occhi, indietreggiando quanto più possibile. Harry ritirò di scatto le braccia, come fosse stato punto da filo spinato, poi con un balzo si spostò a qualche metro di distanza da me.
Mi voltai e subito vidi la figura di Louis comparire da dietro uno scaffale, mentre avanzava con un ampio sorriso dipinto sulle labbra.
Abbassai lo sguardo, ancora accaldata ed eccitata per quello che stava per succedere appena quale secondo prima.
Probabilmente anche mio fratello dovette accorgersi della strana atmosfera che aleggiava, tanto che percepii il suo sguardo spostarsi da me ad Harry, per poi tornare su di me.
“Tutto bene?”, chiese con voce titubante, mentre sul suo viso prese forma una strana smorfia.
Non riuscii a proferir parola, a rispondere al mio posto fu Harry.
“Abbiamo appena avuto un altro dei nostri battibecchi. Io e tua sorella proprio non ci sopportiamo.”, mentì, quasi sbuffando.
Louis fece finta di credere al riccio, anche se i suoi occhi mostravano quanto scettico fosse a riguardo.
"Grazie per averla avvertita del mio arrivo, Harry! Ora puoi anche andare!", sentenziò infine, avvicinandosi a me, per poi circondarmi le spalle con fare protettivo.
Il riccio non se lo fece ripetere due volte. Infilò una mano nella tasca dei pantaloni, mentre con l’altra accennò ad un saluto, poi in silenzio andò via.
Attendemmo che lui avesse oltrepassato la porta di ingresso prima di riprendere a parlare.
“Lizzie, sicura che vada tutto bene? Mi sembri scossa!”, riprese dopo secondi che parvero secoli.
Annuii sorridendo nel modo più convincente che potessi e vidi Louis rilassarsi immediatamente.
“Allora, non mi chiedi cosa ci faccia qui?”, mi chiese, notando che ancora non avevo spiccato parola.
“In effetti me lo stavo domandando. E poi come facevi a sapere che fossi in biblioteca?”, inventai, cercando di apparire interessata, ma in realtà la mia mente era ancora a quei momenti appena trascorsi con Harry.
Louis afferrò una sedia poco distante da lì e si sedette al mio fianco.
“Ho chiamato Allie, volevo farti una sorpresa e lei mi ha detto che ti avrei trovata qui. Anche Harry doveva venire al campus, così gli ho dato un passaggio, ma siccome non riuscivo a trovare parcheggio gli ho chiesto di venirti a cercare. Temevo te ne fossi andata nel frattempo.”, spiegò sorridendomi.
Harry era stato mandato da mio fratello per farmi aspettare qui: ma allora perché mi aveva chiesto di andare con lui?

E perché si trovava sempre nei paraggi nonostante non fosse iscritto al college?
“Tommo, senti.”, iniziai senza neppure rendermene conto. “Ma per quale motivo Harry trascorre tutto questo tempo qui se non frequenta?”, gli domandai spinta da una nuova necessità di conoscere il motivo di tutte quelle strane coincidenze.
Louis si immobilizzò per una frazione di secondo. Cercò di apparire tranquillo, ma in realtà i suoi muscoli tesi erano chiara prova della sua agitazione.
“Ti ha accennato qualcosa prima?”, mi chiese, senza rispondere affatto al mio quesito.
Scossi il capo ed attesi che continuasse.
Lui si mordicchiò il labbro, probabilmente non sapeva esattamente cosa dire.
“Harry non è sempre stato così tranquillo, diciamo.”, iniziò poi, con lo sguardo basso puntato sul legno del tavolo.
“Che vuoi dire?”, incalzai, corrugando la fronte.
Lui sospirò.
Che non ne volesse parlare era evidente, ma io volevo, dovevo sapere.
“Due anni fa i suoi genitori hanno divorziato. Anne ha trovato suo marito con un’altra nel loro letto, una ventisettenne bionda che lavorava da poco con lui. Harry non l’ha presa propriamente bene. Insomma, all’inizio sembrava anche sin troppo tranquillo, ma poi è bastato poco per…”, si bloccò per alzare lo sguardo e farlo incontrare con il mio.
Louis esitava a parlare, forse non sapeva fino a che punto si sarebbe potuto spingere.
“Perché vuoi saperlo?”, mi domandò tutto d’un tratto, cogliendomi alla sprovvista. “Di cosa avete parlato prima? Ha fatto o detto qualcosa di strano? Ci ha provato con te? Ti piace?”, aggiunse immediatamente dopo, come un treno in corsa, scrutandomi.
Il mio cuore perse un battito al solo sentire quell’eventualità: era praticamente impossibile che mi piacesse un tipo come lui.

Ma allora perché prima…?
No, quella era attrazione. Harry rappresentava tutto quello che per anni non avevo avuto, la mia personale tentazione, il gusto per il proibito.
“Sono solo curiosa, in fin dei conti è il tuo coinquilino!”, mentii per la seconda volta, sorprendendomi della facilità con la quale quelle parole uscivano dalla mia bocca.
Louis sembrò rassicurarsi.
“Ha cominciato a frequentare comitive poco raccomandabili, lasciandosi influenzare sin troppo dagli altri. All’inizio era sempre fuori casa, a far baldoria in qualche locale, poi ha conosciuto dei ragazzi che lo hanno coinvolto nel loro giro e da allora ha iniziato a drogarsi. Ha continuato per parecchio, fino a quando non ha rischiato troppo.”, confessò dopo qualche attimo di silenzio.
Era vago e restio, non precisava alcuna informazione, come se nel farlo fosse venuto meno ad una qualche promessa.
“Sua madre è un’insegnate del college, diciamo che sta cercando di aiutarlo. Certo, ormai il peggio è passato, ma è difficile tornare a fidarsi completamente di una persona che ti ha mentito per mesi e mesi.”, spiegò ancora.
“Harry è davvero un bravo ragazzo, ma è molto fragile, cerca ancora un modo per sfogare tutta la sua sofferenza. Ormai ha chiuso con la droga, per il sesso invece è tutta un’altra storia. Sua madre lo obbliga ad 
incontrare una sua amica psicologa, ma lui proprio non vuole vederla. Dice che l’idea di dover raccontare dei fatti personali ad un’estranea lo infastidisce e poi sta bene ora. Delle volte ha anche provato a saltare gli incontri, ma nella maggior parte dei casi sua madre se n’è accorta, hanno litigato e poi lui è stato costretto ad andare, come l’altro giorno. È molto legato a lei, si sente in debito nei suoi confronti, dopo tutto quello che è successo, per questo alla fine acconsente sempre.”, concluse infine.
Rimasi sorpresa dalla crudezza del racconto, non avrei mai immaginato che dietro quel faccino strafottente e quegli occhi verdi si nascondesse un passato del genere.

Che quella telefonata ricevuta in mensa fosse stata fatta proprio da sua madre?
Possibile che a tubarlo in quel modo fosse stata l’idea di doverla raggiungere chissà in quale studio di quale psicologo?

“Tu però stagli alla larga. Non è pericoloso, ma non è neanche salutare.”, mi raccomandò riscuotendomi dall’abisso in cui ero momentaneamente precipitata.
“Tranquillo, non ho la minima intenzione di diventare sua amica!”, dichiarai, ma non capii neppure io se e quanto fossero veritiere le mie parole.
“A proposito di amici, com’è questa storia di Niall?”, mi domandò Louis, recuperando la sua solita espressione ilare.
Sorrisi anche io, nel tentativo di alleggerire la tensione che si era creata poco prima.
“Davvero ti ha chiesto il mio numero? E tu glielo hai dato?”, chiesi conferma, gioendo come una bambina a cui era stata appena regalata una bambola che tanto desiderava.
Mio fratello si fece scappare una leggera risata, divertito dalla mia reazione.
“Certo che sì! E poi Niall è un bravissimo ragazzo! Secondo me insieme stareste davvero bene!”, commentò lui.
Non riuscii a capire se fosse serio o se, invece, mi stesse prendendo in giro, ma preferii sorvolare su quell’affermazione.
“E poi ho saputo che anche Zayn ha fatto ottime conoscenze! Non fa altro che ripetere quanto sia affascinante Allie!”, riprese mio fratello, ridendo di gusto.
Risi anche io, immaginando tutti i commenti poco carini che, invece, aveva fatto la mia amica riguardo al ragazzo dal ciuffo alto quanto un grattacielo.
“Peccato che lei non la pensi allo stesso modo!”, replicai.
Louis smise di ridere, per poi concentrare tutto il suo sguardo su di me.
“Mi sono mancate queste chiacchierate confidenziali a quattr’occhi.”, mormorò con voce ricolma d’emozione.

“Anche a me.”, sussurrai, prima di abbracciarlo.
---






Angolo Autrice
Ladies and gentlemen, rieccomi qui!:D Buonasera a tutti!:D
Ok, lo so, gli aggiornamenti sono lentissimi, ma la scuola mi sta proprio uccidendo!
Insomma, è l'ultima settimana prima della chiusura del quadrmestre
e i prof ci stanno letteralmente stressando!
Insomma, basti pensare che per lunedì ho due temi da consegnare,
martedì compito di storia dell'altre, mercoledì filosofia, giovedì scienze e venerì matematica...
sabato, se sarò ancora viva, tornerò ovviamente qui a postare il capitolo successivo!;)
Anyway, meglio tralasciale l'incubo, più comunemente chiamato scuola,
e dedicarsi a voi!
Ma grazie carissime!!<3
Insomma, grazie a chi segue, preferisce o ricorda!!*.*
E grazie a chi lascia un commento, davvero!!<3
Adoro le vostre parole ed il modo in cui riuscite a darmi la carica per scrivere!!!:D
Beh, commento velocissimamente il capitolo!
Harry si avvicina alla nostra piccoletta e lei lo lascia fare,
ma sul più bello arriva il caro e dolce Louis!:D
E sarà proprio lui a spiegare qualcosa di più sul passato del riccio.
Ho voluto evitare la scena drammatica in cui è lo stesso Harry a raccontarla,
anche perché in ogni caso avrei dovuto attendere molto di più prima di inserirla,
visto che ancora non c'è quel grado di confidenza necessaria.
E sul finale Louis fa il tifo per Niall!:D Tra poco arriverà anche lui!!;)
Ok, non dico altro...
Spero gradiate il capitolo, in ogni caso mi piacerebbe conoscere le vostre idee!!
Alla prossima!:*
                                                                                Astrea_

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Capitolo 11
*** I don't have the answer. ***


d

Take me home

I don't have the answer.

"Allora, prometti che verrai domani sera?", mi chiese conferma Niall per l'ennesima volta dall'altro capo del telefono.
Sorrisi, scuotendo leggermente il capo in segno di rassegnazione: a Niall non bastava una semplice certezza, lui voleva molto molto di più, probabilmente non gli sarebbe bastata neppure una firma su carta bianca.
"Niall, dovesse cascare il mondo, io ci sarò!", riprovai formulando in maniera diversa lo stesso concetto di cui cercavo di convincerlo da oltre dieci minuti.
Quel pomeriggio avevo chiamato mio fratello, come ero solita fare il venerdì a fine lezioni, ma non avevo ancora fatto i conti con i suoi amici che, di tanto in tanto, gli invadevano casa.
Così, dopo una breve conversazione, Tommo era stato costretto a passare il telefono a Niall, il quale aveva più volte ribadito l'invito ad una serata in un locale di Londra dove quel sabato sera avrebbero cantato.
Era da tanto tempo che non sentivo mio fratello esibirsi, dunque ci avevo messo davvero poco ad accettare, ma nonostante ciò il biondino continuava a ripetere quanto felice sarebbe stato se avessi confermato la mia presenza.
"Non vedo l'ora che arrivi domani allora!", esclamò, probabilmente dopo essersi convinto abbastanza delle mie parole.
"Amore mio!", urlò una voce, quella di Louis, intento a fare chissà cosa nel salone del suo appartamento.
Sorrisi nell'immaginare l'affettuoso saluto che stava riservando alla sua ragazza, convinta che quella frase fosse indirizzata a lei.
"C'è Eleanor?", chiesi per conferma a Niall.
La sua leggera e fresca risata arrivò dritta alle mie orecchie, facendomi dubitare.
"In realtà è appena tornato Harry dopo un pomeriggio piuttosto focoso!", scherzò lui, ridendo chissà per quale motivo, poi.
Quella rivelazione mi prese del tutto alla sprovvista, tanto che non seppi cosa rispondere.
Rimasi in silenzio per qualche secondo, rimuginando su ciò che aveva appena detto il biondino.
"Lizzie, ci sei?", mi richiamò lui, non avendo ricevuto alcuna risposta.
"Certo che ci sono!", ripresi allora, cercando di modulare la mia voce fino a farla apparire del tutto neutrale.
In realtà non sapevo bene come avrei potuto o dovuto reagire a quella scomoda verità, ma mi convinsi che la cosa giusta da fare era ignorarla.
"Niall, scusami! È appena arrivata Allie, devo andare! Ci vediamo domani, salutami tutti!", mentii con l'intento di terminare quanto prima quella telefonata.
Non gli diedi neppure il tempo di ricambiare, che già avevo chiuso.
Mi lasciai cadere sul letto, ripensando agli avvenimenti dell'ultimo periodo.
Dopo quel quasi bacio, con Harry non avevo più parlato. Lo avevo visto solo due volte quella settimana, ma in entrambe le occasioni era in dolce compagnia, così avevo finto di non essermi accorta della sua presenza.
Non sapevo come e in che misura le parole di Louis avessero influenzato i miei atteggiamenti, spingendomi ad allontanarmi da lui e dai suoi problemi di cui ero venuta a conoscenza in maniera indiretta.
La testa pareva scoppiarmi, i pensieri si perdevano in essa fino rimbombare fastidiosamente, dandomi la nausea.
Chiusi gli occhi, nel tentativo di recuperare un po' di quella pace interiore che avevo perso ormai da tempo. Pochi istanti dopo percepii il mio corpo rilassarsi, fino a lasciarsi andare del tutto.
"Ehi, bella addormentata!", mi chiamò Allie facendo capolinea sulla soglia della nostra stanza. 
Probabilmente dovevo essermi appisolata sul letto, tanto che non avevo neppure sentito la chiave girare nella toppa della serratura prima del suo arrivo.
Quell'ultimo periodo era stato particolarmente stressante a causa dei mille lavori che avevo dovuto consegnare per la fine del primo bimestre e di tempo per riposare ne avevo avuto ben poco.
"Ciao,", mugugnai con la voce impastata dal sonno, mentre mi raggomitolavo meglio su me stessa a causa del freddo.
"È successo qualcosa?", mi chiese la mia compagna di stanza, richiudendo la porta alle sue spalle, per poi raggiungermi sul mio letto.
Si sedette accanto a me e con una mano prese ad accarezzarmi la schiena, forse nel tentativo di infondermi maggiore tranquillità.
Non risposi, nascosi semplicemente il viso sul piumone sul quale eravamo appoggiate.
Allie si alzò un attimo, solo per togliere il cappotto che ancora indossava, poi si riavvicinò veloce a me.
"Allora, qual è il problema?", mi domandò con voce rassicurante e calda.
In realtà non sapevo con esattezza a cosa fosse dovuto il malumore che si era impossessato di me subito dopo quella telefonata.
Ero solo consapevole del fatto che quel nome, quello del riccio, aveva rievocato in me il ricordo di quel giorno in biblioteca, evidenziando la debolezza del mio comportamento.
A questo si aggiungeva la costante pressione a cui ero stata sottoposta per non arretrare gli studi e la lontananza da casa.
"Non lo so.", riuscii solo a dire con un filo di voce.
Lei non chiese altro. Mi circondò le spalle con le sue braccia, per poi abbracciarmi.
"Qualsiasi cosa sia, sappi che andrà tutto bene!", aggiunse poco dopo, tra i miei capelli.
Accennai ad un lieve sorriso, prima di scostarmi per mettermi seduta al suo fianco.
"A te come sta andando con Ryan?", le chiesi nel palese tentativo di cambiare argomento.
Allie sorrise, poi iniziò a giocare con una ciocca dei suoi biondi capelli.
"In verità con lui procede tutto bene, ma non mi interessa affatto! Diciamo che costituisce una specie di diversivo nell'attesa che Liam mi noti!", spiegò con estrema naturalezza, tanto da far sembrare razionale un ragionamento assurdo e superficiale come il suo.
"Non credi che usare un ragazzo sia un'azione davvero poco nobile?", le feci notare.
Non volevo farle la ramanzina, ma non riuscivo assolutamente a tacere a riguardo.
Insomma, Allison era davvero una brava ragazza, ma allora perché continuava con questa farsa della ribelle senza cuore?
Lei scosse il capo.
"Sono ancora troppo giovane per mettere la testa a posto.", ribatté lei, non preoccupandosi minimamente del fatto che non condividessi per nulla il suo stile di vita.
"Piuttosto, credi che lo rivedrò presto?", mi domandò con gli occhi luccicanti ed un'espressione sognante.
A quelle parole ricordai la conversazione telefonica che avevo avuto poco prima con Niall, riguardo alla serata del giorno successivo.
"Se vuoi domani puoi venire con me!", le proposi, catturando la sua attenzione.
Nonostante non avesse capito a cosa mi stessi riferendo, continuava a guardarmi curiosa, in attesa che continuassi.
"Louis e Niall mi hanno invitata in un locale dove si esibiranno domani sera con il resto della band. Potresti accompagnarmi!", chiarii allora.
Il suo viso si illuminò all'istante. Afferrò svelta le mie mani, per poi stringerle tra le sue con fare esultante ed elettrizzato.
"Ma io ti adoro! Certo che vengo con te!", trillò in un impeto di gioia, prima di abbracciarmi e riempirmi le guance con decine di baci.
"Si va bene, ho afferrato il concetto.", provai a dire, nel tentativo di tranquillizzarla, anche perché di quel passo mi avrebbe di certo strangolata nel giro di pochi minuti.
"Cioè, già mi immagino la scena, sarà tutto perfetto!", continuò lei scansandosi di poco, il necessario per lasciarmi respirare.
"Lui mi vedrà, mi dedicherà una sua canzone e quando scenderà dal palco mi verrà incontro, mi dichiarerà il suo amore e ci baceremo fino a domani mattina!", farneticò con gli occhi persi nel vuoto, intenta ad immaginare tutto nei minimi dettagli.
Scossi lievemente il capo, sorridendo alla vista della sua reazione.
"Giulietta, sappi che oltre al tuo Romeo ci sarà anche Zayn!", la informai.
Il suo sorriso si spense all'istante, mentre il suo viso si tramutò in un'espressione di disgusto.
"Giusto, quasi avevo dimenticato che anche lui facesse parte del gruppo.", borbottò con aria di sufficienza.
Nonostante si era dimostrata sempre disponibile al gioco del ragazzo con il ciuffo alto, non lo aveva mai sopportato per davvero.
Le piaceva giocare con lui, ma non le piaceva affatto lui.
Per di più si era accorta di come negli ultimi tempi il ragazzo le ronzasse particolarmente intorno, il che, a detta di Allison, non era per nulla un buon segno.
"Almeno Louis e Niall sono simpatici.", aggiunse come se quella consapevolezza potesse consolarla.
Sorrisi alle sue parole, poi afferrai la barretta di cioccolato che tenevo sul comodino, addentandola.
"Ti sei mai sentita confusa fino al punto di non capire neppure il motivo e l'oggetto della tua confusione?", sbottai tutto d'un tratto, dopo qualche secondo di assoluto silenzio.
"Tu lo sei?", mi domandò lei in replica, senza rispondere.

Perché mi sentivo frastornata?
Perché non avevo respinto Harry quel giorno in biblioteca?
Fino a che punto ero disposta a rischiare pur di provare ciò che mai avevo provato?
Quanto mi sarebbe costato uscire da quella bolla di sapone che per anni era stata inaccessibile per tutti?

"Sì.", mi lasciai scappare ancor prima di rendermene conto.
Allie si avvicinò a me, poi prese la barretta che tenevo tra le mani e ne diede un morso.
"Capita a tutti, prima o poi.", mi rincuorò.
"Harry stava per baciarmi ed io non mi sono tirata indietro.", confessai tutto d'un fiato e in quello stesso istante in cui le mie parole riecheggiarono nella stanza percepii il mio corpo liberarsi di un peso opprimente, fino a farmi sentire più leggera.
Allie spalancò gli occhi, fissandomi incredula.
"Se non fosse stato per l'arrivo di Louis ci saremmo baciati.", continuai facendomi forza.
"Diamine, me lo dici così?", quasi mi rimproverò lei, puntando il suo indice contro di me.
Corrugai la fronte, osservandola scettica.
"Volevi dei volantini per caso?", scherzai allora, facendola sorridere.
"E domani cosa farai quando lo vedrai?", mi chiese riprendendo a mangiare altro cioccolato.
Socchiusi gli occhi, spaventata da quella prospettiva.
"Non lo so, è imbarazzante.", ammisi sincera, portando le mani all'altezza delle tempie, massaggiandole.
"Certo che per essere alle prime armi ti incasini già piuttosto bene!", commentò lei ironica.
"Che vuoi dire?", le chiesi inarcando le sopracciglia, chiara espressione del fatto che non avessi capito il riferimento che aveva appena fatto Allison.
"Ryan mi ha detto che Jack ti ha fatto le scuse, non è che per caso ci sia Harry di mezzo?", mi provocò con fare ovvio.

Perché?
La fissai per interminabili secondi, cercando di trovare una risposta a quella miriade di domande che affollava la mia mente.
"Andiamo, Ryan mi ha detto che negli utlimi giorni quei due si sono visti un paio di volte, ma sanno tutti che da mesi non si parlavano più, il che è davvero strano se si considera che fino a meno di un anno fa erano inseparabili! Insomma, è tutto così assurdo: prima amici, poi nemici ed ora conoscenti", sentenziò con aria risoluta.
"Non credo, sicuramente deve esserci un malinteso.", mi affrettai a dire.
"Malinteso o no, qui gatta ci cova. Io non mi fiderei affatto, chissà cosa ci sarà sotto.", iniziò a dire Allison, gesticolando per dare maggior enfasi alle sue parole.
Mi pietrificai all'istante, il sangue parve gelarmi nelle vene.
"Tu non preoccuparti, cerca solo di lasciarlo perdere per un po'.", concluse dopo aver ripreso fiato.

Perché anche lei mi consigliava di stargli alla larga?
Che avesse qualche malattia contagiosa da infettare al primo sciagurato di turno?

Assurdo.
"Tranquilla, ho già provveduto a mantenere le distanze di sicurezza, anche perché mi sta sempre più antipatico!", la rassicurai.
Non sapevo se le mie parole fossero vere oppure no, sapevo soltanto che per il momento ne avevo davvero abbastanza di tutte quelle chiacchiere sul suo conto.
"Allora, hai già pensato a cosa mettere domani per fare colpo su Liam?", esordii poi all'indirizzo della bionda, cercando già per la seconda volta in quel pomeriggio di sviare la conversazione su altri argomenti.
Lei mi sorrise, poi fui subito travolta da un fiume di parole ed esuberanza, che ci avrebbe tenute impegnate ancora per molto.

Sì, bastava anche solo nominare Liam per mettere fuori gioco Allison.

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Angolo Autrice
Lo so, sono in super-ritardo e chiedo scusa per questo!
Sappiate che la causa è esclusivamente la mancanza di tempo,
considerato che la scuola ha monopolizzato le mie giornate!-.-
Anyway, ne approfitto per fare gli auguri al caro e dolce Harry!!!*.*
Happy B-day!!!<3
Grazie a quelle meravigliose persone che hanno lasciato una recensione,
grazie a chi ha inserito la storia tra le seguite, le preferite o le ricordate
e grazie a chi legge!*.*
Ok, sono davvero di fretta oggi, quindi non mi dilungo!
Anche perché spero di aggiornare a brevissimo!;)
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacione a tutte!:*
Alla prossima!
                                                           Astrea_
 

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Capitolo 12
*** In your lips and in your kiss. ***


g

Take me home

In your lips and in your kiss.

Io ed Allie avevamo preso un taxi per raggiungere il locale dove quella sera si sarebbe esibito il gruppo di mio fratello. Nonostante la bionda conoscesse molto bene la sua città, avevamo preferito non correre rischi ed affidarci a chi di certo non si sarebbe perso tra le strade londinesi.
Anche per l’occasione la mia compagna di stanza era riuscita a farmi indossare un abito che non rientrava propriamente nel mio stile, ma questa volta non aveva esagerato.
Non era eccessivamente corto, né particolarmente attillato, l’unica particolarità era rappresentata dalla profonda scollatura che si apriva sulle spalle e che scendeva giù fino a qualche centimetro dal mio fondoschiena.
Il blu notte del vestito contrastava con il chiarore della mia pelle. Avevo raccolto i capelli in uno chignon, dal quale ricadevano delle ciocche le cui punte accarezzavano la mia pelle nuda.
Allie, invece, aveva optato per un vestito color panna, il cui corpetto si apriva al di sotto del seno, cosicché la stoffa le scendesse morbida lungo i fianchi.
Appena entrate nel locale ci dirigemmo verso il palco, consapevoli del fatto che di lì a poco ci sarebbe stata l’esibizione di Louis.
Se da un lato ero decisamente elettrizzata all’idea di poter sentire mio fratello cantare, dall’altra percepivo distintamente un crescente senso di disagio causato dalla certezza che, su quel palco, ci sarebbe stato anche Harry.
Allie aveva passato tutto il pomeriggio a simulare qualsiasi tipo di circostanza, così da prepararmi ad ogni eventualità, ma la sola possibilità che forse a fine serata avrei dovuto parlare con il ricco mi spaventava molto più del dovuto.
La musica mixata dal dj risuonava in quella sala, affollata da circa un centinaio di persone.
Qualcuno ballava a ritmo, qualcun altro, invece, continuava a scolare bicchieri e bicchieri di cocktail nei pressi del bancone.
“Non vedo l’ora che inizino! Sono proprio curiosa di ascoltare Liam!”, trillò entusiasta Allie, fermandosi a pochi centimetri dal piccolo palco che probabilmente era stato allestito per l’occasione.
“Da quello che ricordo, la band di mio fratello non è granché, del resto è per questo che sono ancora così poco conosciuti.”, la informai, nel tentativo di evitarle una futura delusione.
Insomma, se dopo anni ed anni di tentativi ancora non erano riusciti ad affermarsi nel mondo della musica allora probabilmente non l’avrebbero mai fatto.
“Magari un giorno lo saranno!” controbatté lei con ottimismo.
Storsi il labbro, poi corrugai la fronte assumendo un’espressione scettica.
“Ma non riusciamo proprio a vederli prima che inizi l’esibizione?”, mi chiese subito dopo, non lasciandomi neppure il tempo di rispondere alla sua precedente affermazione.
“Non credo, dovrebbero iniziare a momenti.”, chiarii ricordando perfettamente l’orario che Niall mi aveva più volte ripetuto per assicurarsi che non arrivassi in ritardo.
Ad un tratto la musica si bloccò e le luci si abbassarono, così da destare l’attenzione di tutti i presenti in sala. Fu solo questione di attimi prima che i riflettori furono nuovamente puntati sul palco ancora vuoto. Con lo sguardo cercai di capire cosa stesse succedendo.
“Hi guys!”, iniziò una ragazza afferrando un microfono. “Stasera ho l’onore di presentarvi un emergente gruppo inglese: in esclusiva per voi, ecco gli One Direction!”, annunciò prima di affiancare il dj che fino a poco prima era alla console.
La musica di una canzone a me sconosciuta partì, subito seguita da un gioco di luci colorate.
Allie afferrò la mia mano con foga, quasi stritolandomela.
“Tra poco lo vedrò!”, urlò al mio orecchio per sovrastare le note.

Oh I just wanna take you anywhere that you like
We can go out any day any night
Baby I'll take you there take you there
Baby I'll take you there, there

Il primo a mostrarsi fu Zayn, subito accolto da una serie di urla di incitamento.
Indossava dei pantaloni grigi, una maglietta blu e una giacca in pelle nera, le cui maniche erano piegate all’altezza del gomito. Teneva il microfono con la mano destra e sull’avambraccio notai immediatamente una serie di tatuaggi.
Dovetti ammettere che, nonostante il suo stile stravagante, aveva una voce degna di lode.
Poi l’immagine di Harry si parò davanti ai miei occhi. Aveva dei semplici jeans grigi, una maglietta bianca e una giacca nera dal cui taschino fuoriusciva un lembo di un fazzoletto blu.

Oh tell me tell me tell me how to turn your love on
You can get get anything that you want
Baby just shout it out shout it out
Baby just shout it out

Harry fece qualche passo in avanti, arrivando sul bordo di quel piccolo palco. Muoveva la mano sinistra a ritmo di musica, enfatizzando le parole con gesti plateali.
Lo guardavo con sguardo assorto, rapito, non riuscivo in alcun modo a concentrarmi su altro che non fosse lui.
Solo quando percepii la mano di Allie stringermi il polso fui costretta a spostare lo sguardo per rivolgerlo alla mia amica.
“Liam!”, urlò lei, avendo notato che il ragazzo da lei nominato era appena salito sul palco.
Indossava dei pantaloni neri ed una camicia a quadri grigia e azzurra, abbottonata sino al colletto.
Si fece di poco più avanti e con il braccio sinistro indicò qualcuno tra la folla proprio mentre la sua voce iniziava a propagarsi in tutta la sala.

And if you
You want me to
Lets make a move, yeah

Subito Allie alzò le braccia, scuotendole seguendo l’andamento della canzone, e dedussi che con quel gesto volesse provare ad attirare l’attenzione del ragazzo.
Probabilmente per un colpo di pura fortuna, riuscì nel suo intento, tanto che vidi distintamente Liam posare gli occhi su Allie e sorriderle nell’esatto momento in cui Harry riprese la parola, prima che partisse quello che compresi essere il ritornello.
Anche Louis e Niall fecero il loro ingresso sul palco.

Touch
You get this kinda rush.
Let me say yeah a yeah a yeah yeah a yeah
Immediatamente il mio sguardo incrociò quello di mio fratello.
Gli sorrisi nel vederlo finalmente cantare davanti ad un pubblico, solitamente ero abituata a sentirlo in esclusiva nel salotto di casa.
Era bello percepire che la sua musica, la sua voce riscuotessero successo in quel locale e per un istante pensai che forse il suo sogno, un giorno, si sarebbe davvero potuto realizzare.
Louis indossava dei jeans neri dai quali pendevano le sue amate bretelle e una camicia azzurra.
Si muoveva con fare sicuro, ma dal suo sguardo intuivo chiaramente tutta la tensione a cui doveva essere sottoposto in quel momento.
Mio fratello all’apparenza era un burlone che ostentava sicurezza, in realtà i suoi modi di fare erano soltanto un diversivo per nascondere le sue insicurezze.

If you don't wanna take this slow
If you just wanna take me home
Let me say yeah a yeah a yeah yeah a yeah
Harry si portò al centro del palco e i riflettori si puntarono tutti su di lui, ma fu solo questione di pochi attimi.
And let me kiss you
Cantò quelle parole nell’istante esatto in cui i nostri occhi si incrociarono per appena una frazione di secondo.
Non ebbi neppure il tempo di comprendere cosa mi stesse succedendo, sentii solo il mio stomaco aggrovigliarsi, poi le luci calarono e fui immensamente grata per quel provvidenziale momento di buio che ci diede modo di spostare lo sguardo altrove.

Oh baby, baby don't you know you got what I need
Lookin' so good from your head to your feet
C'mon come over here over here
C'mon come over here yeah

Zayn riprese la seconda parte della canzone, questa volta con più disinvoltura, tanto che quando notò Allie in prima fila le indirizzò un frettoloso bacio.
“Ma perché queste cose non le fa Liam?”, si lamentò lei a pochi centimetri dal mio orecchio, così che potessi sentire la sua voce nonostante l’elevato volume della musica.
Soffocai una risata, concentrandomi sulla figura di Niall che avanzava sul palco e che, prima di allora, avevo quasi del tutto ignorato.
Indossava dei pantaloni blu, una polo bianca ed un semplice cardigan grigio chiaro. Il suo viso era sereno, sorrideva mentre cantava il suo pezzo.

Oh I just wanna show you off to all of my friends
Makin' them drool down their chiney chin chins
Baby be mine tonight, mine tonight
Baby be mine tonight yeah

Tutta la sua dolcezza sembrava aver lasciato posto all’esuberanza, a quella travolgente grinta che Niall ostentava sul palco, cantando.
Poi, ancor prima che riuscissi a sentire la voce di Liam, Allie intrecciò la sua mano intorno alla mia, stritolandomela per l’emozione.
Che quel ragazzo le facesse uno strano effetto ormai era molto più che palese, ma di questo passo ben presto se ne sarebbe accorto lo stesso Liam.
Allie lo fissava con sguardo sognante, immaginando chissà cosa nella sua mente.
I suoi occhi luccicavano, le sue labbra erano piegate in un ebete sorriso, continuava a tenere lo sguardo fermo su Liam nonostante avesse finito il suo pezzo e il ritornello fosse ripartito.
Sorrisi anche io nel vederla così presa dai suoi pensieri, poi tornai a concentrarmi sui cinque ragazzi.
Si muovevano bene sul palco, ne sembravano i padroni indiscussi. I loro gesti non erano per nulla impacciati, esagerati o inappropriati. Saltavano, gesticolavano, sorridevano come se fossero abituati a trovarsi al centro dell’attenzione.
Quando la canzone terminò si levò un fiume di applausi e urla entusiaste, testimoni del grande successo che avevano appena riscosso, ma poi queste furono ben presto interrotte dall’inizio della successiva canzone.

You’re so pretty when you cry, when you cry
Wasn’t ready to hear you say goodbye
Now you’re tearing me apart
Tearing me apart
You’re tearing me apart

Questa volta fu Niall ad iniziare. Percepivo distintamente i suoi occhi puntati su di me, mentre pronunciava quelle dolci parole, forse nel tentativo di stabilire un contatto con la sottoscritta, ma i miei vagavano altrove. Osservai minuziosamente tutto ciò che era presente su quel palco, poi solo quando trovai la testa riccia di Harry capii che era lui che, seppur inconsapevolmente, stavo cercando.
Perché?
Lui era appoggiato ad un’enorme amplificatore, in penombra, probabilmente stava approfittando di quei pochi attimi per riprendere fiato.
Detestavo quello strana sensazione, detestavo il fatto che lo stessi osservando e, più di ogni altra cosa, detestavo non riuscire ancora ad ignorarlo completamente.
“Elisabeth!”, mi sentii chiamare da una voce femminile piuttosto familiare.
Mi voltai di scatto fino ad incontrare il volto di Eleanor, la fidanzata di mio fratello.
“Ciao El!”, la salutai con gioia, poi ci scambiammo due baci sulle guance con fare affettuoso.
“Lou mi aveva detto che saresti venuta, ma non l’avevo preso mica sul serio io!”, continuò immediatamente dopo, lanciando una fugace occhiata al suo ragazzo che proprio in quel momento la salutò dal palco con un veloce cenno della mano sinistra.
Lei sorrise, poi scosse leggermente il capo, mentre con la mano destra salutava Louis di rimando.
“Lei è Allie, una mia amica.”, esordii presentandole la bionda accanto a me che fino a quel momento aveva osservato la scena senza poterne prendere parte.
“Piacere di conoscerti!”, esclamò Eleanor stringendole la mano.
Allison ricambiò la stretta.
“Allora, come vi sembrano?”, ci chiese facendosi più vicina ai nostri visi.
“Liam è fantastico!”, confessò Allie quasi gongolando.
Lei non era affatto timida o riservata, ma nonostante ciò rimasi stupita dalla franchezza della sua esclamazione.
Eleanor si lasciò scappare una leggera risata.
“Non dirmi che anche lui ha fatto colpo?”, le chiese, ma la sua era una domanda retorica.
“Di solito Liam è il più mansueto del gruppo!”, aggiunse poco dopo, probabilmente sorpresa da quella rivelazione.
Allison iniziò a gesticolare, poi parve riflettere, come se volesse pesare bene le parole che avrebbe detto in risposta.
“Colpo è una parola grossa, diciamo che è interessante.”, chiarì facendo spallucce.
“Non sono male, comunque!”, mi intromisi per sviare del tutto l’argomento.
Non mi andava di parlare di ragazzi, soprattutto se si trattava di quei ragazzi.
“Sono migliorati molto negli ultimi mesi.”, m’informò Eleanor. “Certo, non sono famosi, ma almeno adesso fanno due serate a settimana e vengono pagati anche piuttosto bene.”, precisò poco dopo.
Continuammo a chiacchierare tra di noi, mantenendoci su discorsi piuttosto generali riguardanti Londra, il college, la famiglia. Di tanto in tanto Eleanor si incantava a guardare Louis, intento in un assolo o a giocherellare con gli altri componenti del gruppo, mentre Allie si astraeva per potersi meglio concentrare sul castano che ormai occupava il centro di tutti i suoi pensieri.
Proseguirono la loro scaletta e mi diedi della pessima sorella quando mi accorsi di non conoscere neppure uno dei titoli delle canzoni che cantarono quella sera. Eleanor ne conosceva persino i testi a memoria, non faceva altro che canticchiarli allegramente, imitando in modo buffo le facce che Louis era solito fare.

It’s in your lips and in your kiss
Come una calamita fui attratta da quella voce calda che mi portò a voltarmi di scatto in direzione del palco, di colui che cantava in quel momento e subito mi imbattei su una chiama riccia e scombinata.  
L’atmosfera era completamente cambiata, le luci soffuse e quella quiete apparente che si era ricreata in sala si accordavano perfettamente con i toni più dolci di quella melodia. Harry era fermo, al centro del palco, gli altri erano disposti ai suoi lati. Con la mano destra teneva il microfono, l’altra invece era poggiata all’altezza del suo petto, sul cuore. Il suo viso era rilassato, tranquillo, mentre i suoi occhi erano puntati sul pubblico. Le labbra erano leggermente curvate, come ad accennare un lieve flebile sorriso.

It’s in your touch and fingertips
Il suo sguardo cadde improvvisamente su di me. D’un tratto le voci di Allie ed Eleanor mi parvero affievolirsi, giungevano al mio orecchio come un parlottare lontano e sconnesso che non riuscivo a comprendere.
Tutto intorno a me sembrò oscurarsi. Sentivo il mio respiro sempre più pesante ed irregolare.
Harry si fece ancora più avanti, deviando leggermente in mia direzione, ormai ci separavano soltanto un paio di metri.

And it’s in all the things and other things
That make you who you are

Odiavo quella sensazione di leggerezza che si era impadronita del mio corpo, ne odiavo la causa.
Cercai di impormi di spostare lo sguardo, ma il mio corpo non volle darmi ascolto per nessun motivo. Quel contatto visivo era come vitale per me.
Con un gesto lento Harry serrò la mano, per poi far scendere il braccio lungo il suo fianco.
Dai sui movimenti, dai suoi occhi verdi ed intensi non traspariva la solita arroganza, ma quasi dolcezza. Rimasi così, immobile, come ipnotizzata dal suo sguardo, o forse dal suo sorriso appena accentato, o dalla sua voce, o magari da tutto quell’insieme di cose, incapace di fare altro.

And your eyes irresistible
“Adoro questa canzone!”, esclamò Eleanor, aggrappandosi al mio braccio.
Quel suo gesto mi riscosse completamente da quel turbinio di forti emozioni che mi aveva avvolta e, nella mia mente, la ringraziai profondamente per ciò che, inconsciamente, aveva appena fatto.
“Sì, non è male.”, concordai con poco entusiasmo, ancora troppo scossa, mentre la musica si affievoliva sempre più, segno che anche quella canzone stava per giungere al termine.
Lei piegò le labbra in una smorfia, non soddisfatta della mia risposta.
“A me sono piaciute tutte tantissimo!”, commentò allora Allie, trillando.
Sul palco si accesero tutte le luci, mentre i ragazzi si raggrupparono al centro.
“Ed ora lasciate che ve li presenti uno ad uno!”, esordì la stessa ragazza che li aveva annunciati al loro ingresso, mentre prendeva posto tra loro. “Questi sono Zayn, Liam, Harry, Niall e Louis!”, annunciò indicandoli.
Immediatamente mi accodai al lungo e forte applauso che era già partito, evitando accuratamente di guardare in direzione di Harry, piuttosto preferii volgermi verso Louis e Niall.
“È stato un vero piacere avervi con noi stasera!”, continuò la ragazza, per poi scambiare delle battute di circostanza.
“Venite con me!”, quasi ci ordinò Eleanor, afferrando me ed Allie per i polsi.
Louis e gli altri erano ancora sul palco, se ne sentivano chiaramente le voci impegnate nelle solite frivole chiacchiere, dunque in un primo momento non capii affatto le intenzioni di El.
La seguimmo, fino a raggiungere il retro del palco, e solo allora il suo piano mi divenne chiaro: semplicemente non vedeva l’ora di riabbracciare il suo amato, così attendemmo il loro arrivo.
“Niall, sei stato bravissimo!”, esclamai non appena lo vidi scendere dalle scalette.
Lui mi venne incontro sorridendomi, poi mi abbracciò calorosamente. Ci misi qualche istante prima di ricambiare, visto che mi aveva colta del tutto alla sprovvista.
“Allie, ci sei anche tu!”, esordì Zayn all’indirizzo della mia amica, raggiungendoci.
La vidi piegare le labbra in un sorriso forzato, prima di salutarlo.
“Finalmente è andata! Ero esausto, mancava poco che collassassi su quel palco!”, borbottò allora Liam, affiancando Niall.
“Sei stato bravissimo, davvero! Complimenti!”, disse immediatamente Allie, avvicinandosi di poco a lui con un sorriso smagliante dipinto sul viso.
Liam sorrise, rilassandosi.
“Grazie!”, riuscì solo a dire, portandosi una mano tra i corti capelli e nel suo gesto mi sembrò cogliere dell’imbarazzo.
“Ma se sono stato io il più bravo!”, la voce di Harry giunse al mio orecchio ancor prima che potessi vederlo, procurandomi un’intensa scossa lungo la schiena.
“Non dire sciocchezze! Urlavano tutte per me!”, ribatté mio fratello in quella che doveva essere una superficiale discussione tra i due.
“Sbavavano tutte durante i miei assolo!”, replicò allora Harry con aria di sfida comparendo finalmente dalle scalette, per poi lasciarsi cadere su una cassa a qualche metro da noi.
“Louis!”, quasi urlò Eleanor, prima di catapultarsi sul suo ragazzo.
Sorridemmo tutti a quella scena, poi, come fossimo amici di vecchia data, iniziammo a commentare la performance di quella serata, ridendo e scherzando.
Nonostante il clima confidenziale che si era da subito instaurato tra di noi, continuavo a sentirmi a disagio, come se qualcuno tenesse gli occhi puntati su di me.
Cercai di ignorare quella fastidiosa sensazione, fino a quando non mi trovai a far roteare il capo all’ennesima battuta di mio fratello. Fu in quel momento che gli occhi di Harry incrociarono i miei.
Di scatto abbassai il volto, mentre percepii le guance bollire ed imporporarsi.
Bastava la sua sola presenza a mandarmi in crisi, bastava che ci trovassimo nella stessa stanza perché il mio cervello smettesse di ragionare, lasciando spazio al mio istinto.
Era come se quando ci fosse lui nei paraggi fossi costretta a combattere tra ciò che la mia mente ordinava di fare e ciò che, invece, il mio cuore supplicava.
Lo sguardo di Harry, al contrario del mio, era ancora puntato su di me, ne ero sicura, tanto che non ebbi neppure bisogno di verificarlo.
Temevo un nuovo contatto visivo con lui,  consapevole che anche solo un’ulteriore occhiata avrebbe contribuito a far crescere il disagio che già sentivo in sua presenza.
Solo quando si fu fatta l’una decidemmo che era ora di tornare al campus.
Louis si offrì di accompagnare me ed Allie, ma prontamente rifiutammo, consigliandogli di rimanere con Eleanor.
“Qui non prende, io vado a chiamare il taxi.”, dichiarai allora ancora con il cellulare tra le mani.
“Va bene, io vado a prendere i cappotti all’ingresso.”, aggiunse Allie, facendomi l’occhiolino. “Liam, vieni con me?”, chiese poi all’indirizzo del ragazzo, il quale, educato e gentile com’era, accettò di buon grado.
“Ci sentiamo domani! Buonanotte a tutti!”, salutai, avviandomi in direzione dell’uscita.
Appena varcai la soglia del locale percepii una folata di vento gelido colpire il mio corpo, eccessivamente scoperto da quel vestito.
Rabbrividii all’istante e con fretta composi il numero del servizio taxi, sperando ce ne fosse almeno uno nei paraggi, così da non dover aspettare a lungo, poi attesi che Allie mi raggiungesse.
Ad un tratto sentii un leggero tocco sul braccio, che subito attribuii alla mia amica.
“Ce ne hai messo di te…”, sbottai voltandomi, ma le parole mi morirono in gola quando i miei occhi incontrarono quelli verdi e luminosi di Harry.
Deglutii, mentre ancora continuavo a fissarlo, incapace di fare o dire altro.
“Volevo…”, iniziò lui, con voce bassa, ma lo interruppi, avendo improvvisamente ritrovato un briciolo di sicurezza.
“Cosa ci fai qui?”, gli domandai, sovrastando la sua voce.
Harry parve indugiare sulla risposta, tanto che il suo sguardo si spostò per qualche attimo sul marciapiede, prima di incatenarsi nuovamente al mio.
Prese un lungo respiro, poi passò una mano tra i ricci scombinati e finalmente si decise a proseguire.
“È ormai chiaro che tra me e te c’è una specie di attrazione, quindi direi che potremmo anche lasciarci andare per una volta.”, sussurrò facendosi ad ogni parola più vicino al mio viso.
La sua voce era bassa e roca, sembrava combattuto, frustrato, indeciso ma sicuro allo stesso tempo. Le sue parole erano state una chiara ostentazione delle impressioni che aveva percepito, come se tramite esse volesse chiarire che era solo e soltanto lui a condurre il gioco.
I suoi occhi mi imploravano di assecondarlo, ma al contempo parevano supplicarmi di scappare via.
Ormai ci dividevano solo pochi centimetri, sarebbe bastato poco e le nostre labbra si sarebbero sfiorate, questa volta per davvero.

Era forse impazzito?
Possibile che anche in momenti come quello doveva essere così sfacciatamente presuntuoso?

Avrei voluto dirgli che in realtà non era chiaro un bel niente, che non sopportavo affatto quei suoi modi di fare, che odiavo essere data per scontato, odiavo che decidesse lui anche per me, ma i suoi occhi, le sue mani che ora erano intrecciate alle mie rendevano tutto più complicato del previsto.
“Io…”, provai a dire, senza troppi risultati.
Harry continuava a giocare con le mie dita, mentre con il naso sfiorava ormai la mia fredda guancia. Sentivo il suo respiro sul mio collo, i suoi capelli, invece, stuzzicavano la mia fronte.
“Niente regole, solo per stasera.”, mormorò quasi sulle mie labbra, prima di circondare la mia vita con un braccio, facendo scontrare i nostri corpi.
Al mio orecchio quelle parole giunsero come una supplica, un’impellente esigenza che entrambi sentivamo urgere in quel momento.
Le mie gambe tremavano per l’emozione e per la paura.
Nonostante lo detestassi, ancora una volta desiderai che mi baciasse e pregai con tutta me stessa che si decidesse a colmare quell’insignificante distanza che ancora ci divideva.
In quel momento non mi importava dei problemi di Harry, delle raccomandazioni che mi aveva fatto Louis o dei miei buoni principi.
Volevo solo sentire quelle maledette labbra premere sulle mie.
“Baciami.”, dissi con un filo di voce, vergognandomi terribilmente per quella richiesta a cui non avevo saputo rinunciare.
Harry parve sorprendersi al suono di quella parola, ma poi le sue labbra si piegarono in uno splendido sorriso.
I suoi occhi erano ancora puntati nei miei quando sfiorò con le labbra l’angolo della mia bocca e fu in quell’istante che li socchiusi.
Un attimo dopo le labbra di Harry erano finalmente sulle mie.

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Angolo Autrice
Salve gente!!!
Cioè, questa volta sono stata puntualissima nell'aggiornare
e pensate che lo sto facendo anche in movimento dal sedile posteriore dell'auto!ù.ù
Comunque sia, questo periodo è davvero super-stressante,
ormai ve l'ho già detto talmente tante volte che sicuro sarete stufe di sentire le mie lamentele,
quindi la chiudo qui con i miei problemi esistenziali!xD
Piuttosto, volevo ringraziare quelle meravigliose persone che
hanno aggiunto la storia tra le seguite, le ricordate e le preferite!*.*
Thanks a lot, girls!<3
E grazie a qurelle super-mitiche persone che hanno lasciato una recensione!<3
Ma quanto vi adoro???*.*
Ah, ne approfitto anche per dirvi che appena avrò una connessione più stabile
risponderò ringraziandovi singolarmente.
E visto che ci trovaimo in fase di ringraziamenti,
ringrazio anche quelle persone che leggono silenziosamente!:D
Beh, per quanto riguarda il capitolo c'è una sola cosa da dire:
finalmente quei due si sono baciati!xD
Staremo a vedere che succederà ora!!!;)
Che dite, ci stava o dovevo aspettare ancora un po' prima che Lizzie lo lasciasse fare?
Ah, ovviamnete ho aggiunto anche la dolce El,
che proprio non poteva mancare!:D
Ok, questo è quanto...
Anzi no, devo dire un'altra cosa: Harry is 19!!!!*.*
Ok, ho visto le foto del compleanno e sono "no comment"!xD
Vabbè ora stacco, prima che anche l'ultima linea di connessione sparisca!-.-
Alla prossima!:*
                                                                                      Astrea_

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Capitolo 13
*** The end of the night. ***


a

Take me home

The end of the night.


Scesi frettolosamente dalla macchina di Harry, senza neppure aspettare che spegnesse del tutto il motore, del resto ne avevo sin sopra i capelli di quel silenzio snervante e di quell’atmosfera imbarazzante.
Avevamo tacitamente deciso di ignorare quello che era successo quella sera, dopo la loro breve esibizione. In realtà ancora una volta era stato Harry a fare la sua mossa per primo, visto che la mattina successiva lo avevo visto seduto su una panchina nei pressi dell’aula magna, intento a sbaciucchiare una rossa senza alcun ritegno.
Così avevo agito di conseguenza, evitando qualsiasi riferimento a quella serata, convinta che anche il solo parlare dell’accaduto con lui avrebbe contribuito a far aumentare il suo già spropositato ego e la sua irritante sicurezza.
Mi aveva baciata, o per meglio dire, ero stata io a chiedergli di baciarmi, ma lui lo aveva fatto. 
Tuttavia, tutto di lui, ogni suo gesto, ogni suo sgaurdo, ogni sua parola, sembravano volermi suggerirmi quanto poca importanza avesse avuto per lui quel gesto.
Forse, si era trattato solo di un bel modo per terminare la serata, tutto qui. Evidentemente non aveva significato nulla.

Come se ciò non bastasse, Louis, ignaro di tutto, aveva anche avuto la brillante idea di chiedere ad Harry di accompagnarmi a casa loro, dove lo avrei incontrato, approfittando del fatto che quella mattina il riccio era comunque venuto al campus.
Varcai la soglia del supermercato, subito seguita da Harry.
“Mi dispiace per la deviazione, devo solo prendere alcune cose per stasera, visto che verranno degli amici a casa ed il supermercato era di strada.”, spiegò per la seconda volta.
Non risposi neppure, annuii soltanto, poi continuai a camminare senza una vera meta.
“Vieni di qua, servono patatine, birre e magari pop corn!”, mi richiamò ad un tratto, avevano intuito che non avevo la benché minima voglia si seguirlo.
Mi voltai in sua direzione, con una chiara espressione seccata, poi lui mi indicò la corsia alla sua sinistra.
Istintivamente presi a mordicchiarmi il labbro inferiore, cercando di decidere cosa sarebbe stato meglio fare.
Lui curvò le labbra in un incoraggiante sorriso, forse nel tentativo di persuadermi, ed intensificò lo sguardo.
Sospirai, poi incrociai le braccia al petto e proseguii nella direzione che mi aveva indicato, passandogli ad appena qualche centimetro di distanza, tanto che sentii il mio corpo rabbrividire al passaggio.
Di sottecchi vidi il suo sorriso svanire, come fosse stato smorzato dal mio mutismo.

Di certo mi stavo sbagliando.
“Meglio vivace, campagnola, pomodoro o grigliata?”, mi domandò poi ad un tratto, fermandosi davanti ad uno scaffale, indugiando sul pacchetto che sarebbe stato meglio comprare.
“No so, a me le patatine non piacciono poi così tanto.”, risposi atona, facendo spallucce.
Lui voltò il viso in mia direzione, corrugando la fronte.
“Come fanno a non piacerti le patatine?”, mi chiese scettico.
Il suo sguardo inquisitorio fisso su di me mi infastidiva molto più del dovuto, tanto che sperai che quel breve scambio di battute si concludesse presto.
“Sono grasse e per nulla salutari, preferisco altri cibi.”, dichiarai con fare risoluto.
Lui sogghignò e sulle sue guance si scavarono due fossette.
Ignorai quella fastidiosa sensazione che sentivo all’altezza dello stomaco e mi sforzai di pensare che si trattasse solo di fame, nonostante avessi appena pranzato.
“Stai forse dicendo che non mangi neppure sandwich, hot dog, tramezzini, pizze e roba simile?”, mi chiese ancora sbigottito.
Aveva gli occhi ben spalancati per la sorpresa e le labbra leggermente schiuse. La sue espressione incredula era quasi buffa, tanto che dovetti trattenere una risata, limitandomi ad un lieve sorriso.
“Calmo Styles.”, lo ammonii, marcando bene il suo cognome, così da fargli intendere in modo chiaro il distacco che volevo mantenere tra noi due. “Ho solo detto che preferisco altro alle patatine.”, aggiunsi poco dopo, atteggiandomi.
Harry prese tre pacchi di patatine, poi tornò a fissarmi.
“Del tipo?”, riprese, forse nel tentativo di far chiarezza su quella questione che ai suoi occhi doveva ancora apparire del tutto innaturale.
Rimasi spiazzata da tutta quella curiosità, ma soprattutto dalla consapevolezza che rispondere a quell’ennesima domanda significava dover parlare di me, dei miei gusti.
D’istinto scartai i miei piatti preferiti, di certo dirgli che adoravo il pesce non avrebbe contribuito a dare un’immagine meno sofisticata della sottoscritta.
“Le caramelle, preferisco le caramelle.”, confessai di getto, annuendo con fare convinto, sorprendendomi di quanto naturale e sincera fosse giunta quella risposta.
Harry si spostò di qualche passo, fino a raggiungere uno scaffale dove erano poggiate decine e decine di pacchetti contenenti caramelle di ogni forma o gusto.
“Io adoro le Haribo!”, esclamò afferrando una bustina di Happy Cola con tanto di zucchero.
Storsi il labbro, non soddisfatta della scelta che aveva appena fatto.
Mi avvicinai con passo lento, mentre con lo sguardo cercavo di scegliere tra le varietà proposte.
“Si dia il caso che le Haribo con la H maiuscola siano queste, non quelle!”, controbattei sventolandogli un pacchetto di liquirizia sotto gli occhi.
“E queste!”, continuai subito dopo, afferrando anche una bustina di orsacchiotti.
Harry sorrise compiaciuto, poi si passò veloce la lingua sulle labbra.
“Davvero ottima scelta.”, affermò soddisfatto, prima di strapparmi dalle mani entrambe le confezioni.
“Io però aggiungerei anche le uova.”, propose, indicandole.
Lo fissai titubante, per nulla convinta delle sue parole.
“Meglio le Berries.”, replicai allora, con tono di intenditrice.
“Forse sarebbe il caso di prendere i cuori.”, riprovò allora lui, soffermandosi con particolare attenzione sull’ultima parola.
Mi lanciò un veloce sguardo e percepii  il mio cuore perdere un battito.
“O magari le banane.”, aggiunse, indugiano ancora una volta sull’ultima parola.
“Di solito piacciono a tutte.”, commentò squadrandomi con fare malizioso.
Avvampai all’istante, non appena intuii quanto ambigue risultassero le sue parole.
Passai una mano tra i capelli, come a volerli ravvivare, ma in realtà cercavo solo un diversivo che mi avrebbe aiutata a reggere quell’imbarazzante situazione.
“Non credi di averne già prese abbastanza?”, domandai allora, indicando le rotelle di liquirizia e gli orsacchiotti che teneva nella mano sinistra.
Lui sogghignò, divertito dal mio patetico tentativo di sviare la conversazione, ma per una volta parve volermela dare vinta.
“Fanta o Coca?”, mi chiese allora, dirigendosi verso la corsia dove si trovavano tutte le bibite.
“Tè verde o alla pesca.”, risposi schietta, ignorando del tutto le alternative che lui aveva proposto.
Harry rise, contagiando anche me.
“Anche a Louis piace il tè alla pesca.”, ricordò poi, prendendone una bottiglia.
“Sì, mio fratello ha la tendenza a copiare i miei gusti.”, ammisi facendo spallucce.
Mi meravigliai della strana piega che aveva assunto quella conversazione.
Eravamo passati dal’imbarazzo causato dai suoi doppi sensi a toni confidenziali, come se in qualche modo potessimo essere amici.
“Lo fa anche con i film. Scommetto che ti ha detto che il suo film preferito è Grease!”, continuai, mentre prendevo delle bottiglie di Coca Cola.
Harry si voltò di scatto verso di me, con gli occhi sgranati.
Sorrisi della sua reazione, poi scossi lievemente il capo, come rassegnata a quel suo modo di fare.
“Ed io che pensavo fosse sincero!”, bofonchiò Harry a denti stretti, ancora sconvolto, poi si avviò verso le birre.
“Ma lo è, solo che gli piacciono le stesse cose che piacciono a me, più o meno.”, chiarii.
“Beck’s o Heineken?”, mi chiese subito dopo, chiedendomi un altro consiglio.

Possibile che non sapesse mai scegliere da solo?
“Non bevo birra. Solo vino, buon vino.”, dichiarai.
Harry posò i suoi occhi nei miei, sorridendo. La sua espressione era u misto di meraviglia, stupore e serenità allo stesso tempo.
Era piacevole pensare, potersi illudere del fatto che fossi io la causa di ciò.
“Questa andrà bene.”, conclusi scegliendo una confezione di Guinness da tre.
“Meglio prenderne almeno quattro.”, mi suggerì.
“Maschi.”, borbottai a bassa voce sbuffando, mentre facevo come mi aveva detto, ma probabilmente lui dovette sentirmi visto che di sottecchi lo vidi sorridere.
“Dai, Virginia, andiamo a pagare!”, m’incalzò sornione, mentre ci avviavamo in direzione delle casse.
“Conosci addirittura il mio secondo nome?”, domandai retoricamente, con voce scettica.
Certo, sicuramente era stato Louis a dirglielo, ma non era questo a lasciarmi perplessa, bensì il fatto che lo ricordasse.
“Tuo fratello ha la lingua lunga ed io un’ottima memoria.”, spiegò facendomi l’occhiolino.
Arrossii a quel gesto, così fui costretta a voltare il viso altrove, per evitare che lui se ne accorgesse.
Arrivati alle casse, depositammo la spesa sul rullo ed attendemmo che arrivasse il nostro turno.
“Il cioccolato, ecco cosa manca!”, esordii sovrappensiero, mentre cercavo di trovare un argomento decente su cui poter conversare.
Certo, i risultati non erano stati dei migliori, ma parlare del cioccolato era decisamente preferibile rispetto al silenzio che si era creato.
“Cosa?”, domandò Harry, probabilmente non avendo capito le mie parole.
“Per un pigiama party che si rispetti manca il cioccolato.”, ripetei allora, con voce più sicura.
“Ma noi dobbiamo vedere una partita di football.”, controbatté Harry, arricciando la fronte.
“Il cioccolato non può mancare lo stesso! È parte integrante del rituale!”, replicai.
Era assurdo il modo in cui eravamo riusciti a trovare quel precario equilibrio tra noi, soprattutto dopo quel bacio.
Ero riuscita, almeno in parte, a liberarmi di tutto l’imbarazzo che mi avvolgeva in sua presenza i primi tempi, riscoprendomi più socievole di quanto immaginassi. Ma allo stesso tempo anche lui sembrava aver deposto le armi, come se avesse messo da parte la spavalderia e la sua costruita ed artificiosa personalità per lasciare più spazio alla genuina spontaneità.
“Che cioccolata sia!”, mi concesse, allontanandosi con passo spedito per poterla andare a prendere.
“Signorina, posso procedere con il conto o devo attendere il suo ragazzo?”, mi chiese la commessa, attirando la mia attenzione.
Sbattei più volte le palpebre a quelle parole, mentre il mio corpo si paralizzò all’istante.
“Lui non è…”, balbettai, incapace di terminare la frase.
La donna continuava a fissarmi, attendendo una risposta che però non accennava a giungere.
“Ho preso la Milka e la Lindt. Non sapevo quale scegliere e tu e le tue perle di saggezza non eravate con me.”, esclamò Harry allegramente, posando ben sei barrette sul rullo.
Sorrisi istintivamente al suo indirizzo, non preoccupandomi della commessa che ancora mi fissava aspettando che le dicessi qualcosa.

Non sapevo quale scegliere e tu e le tue perle di saggezza non eravate con me.
Quelle parole continuavano a rimbombarmi nella testa, stordendomi a tal punto da astrarmi.
I miei occhi erano fissi in quelli verdi di Harry. Mordicchiavo il labbro inferiore, cercando di reprimere l’istinto di baciarlo, di assaporare nuovamente le sue labbra.
“Procedo?”, domandò poi, riscuotendomi dai miei pensieri.
“Certo.”, rispose Harry al mio posto, sorridendo alla donna trentenne che ammiccò in direzione del riccio.

Bene, aveva fatto colpo persino su di lei!
Quando arrivammo a casa di Harry e Louis ero davvero esausta.
“Lou, ci sei?”, lo chiamò lui oltrepassando la porta d’ingresso.
“Hazza, finalmente siete arrivati!”, ci salutò sbucando dalla cucina. “Ciao Lizzie!”, esclamò allegramente, prima di abbracciarmi con foga, per poi depositarmi due sonori baci sulle guance.
“Allora, vediamo un po’ cosa ha comprato!”, esordì frugando tra le due buste che Harry teneva ancora tra le mani.
“Cioccolata? Hai comprato della cioccolata per stasera?”, domandò quasi scandalizzato, guardando torvo il suo coinquilino.
Sbatté più volte le palpebre, poi afferrò una barretta e se la rigirò cautamente tra le dita.
Harry si voltò verso di me e dal suo sguardo capì che mi stesse silenziosamente incolpando.
“È stata un’idea di Liz!”, si difese allora.
Quel diminutivo che aveva appena utilizzato attirò particolarmente l’attenzione di mio fratello, che si irrigidì all’istante.
“Continuava a dire che il cioccolato non poteva mancare!”, spiegò Harry, mentre il suo volto assumeva un’espressione talmente disarmata e dolce che mi fece ridere.
Louis spostò i suoi occhi azzurri su di me, osservandomi attentamente mentre ancora sogghignavo per l’assurdità di quella scenetta.
“E tu da quando ascolti i consigli di mia sorella?”, chiese ad Harry con voce intimidatoria, calcando con particolare enfasi la parola che esplicitava il nostro legame.
“In effetti devo dire che non è poi così male come sembra!”, commentò il riccio.
Quelle parole parvero scuotere mio fratello molto più del dovuto.
Le sue labbra si piegarono in un sorriso forzato, poi afferrò con poca grazia Harry per il gomito.
“Lizzie, mettiti pure comoda! Noi andiamo a sistemare la spesa, ci mettiamo pochissimo!”, disse frettolosamente, prima di trascinare il riccio in cucina, chiudendo la porta alle loro spalle.
Di scatto mi alzai, poi silenziosamente mi avvicinai quanto più possibile alla parete che divideva la sala dalla stanza in cui si trovavano i due.
Sapevo cosa avevo in mente di fare e sapevo quanto errato e scorretto fosse.

Non si origlia, mi aveva sempre detto mia madre. È maleducazione e tu sei una bambina educata, mi ripeteva di continuo.
Per qualche secondo chiusi gli occhi, indecisa, combattuta, poi con un gesto secco accostai l’orecchio destro al muro.
“Harry, l’hai chiamata Liz! Ora vuoi anche il suo numero di telefono? O magari il numero della sua stanza, così fai prima!”, lo accusò mio fratello.
Mi mancò il fiato quando compresi che l’oggetto della loro discussione ero io.
“Andiamo Lou, non farne una tragedia, era solo un diminutivo!”, gli fece notare Harry, probabilmente nel tentativo di farlo ragionare.
Certo, se Louis faceva tanti problemi per una sciocchezza del genere, figuriamoci cosa sarebbe successo se avesse saputo del bacio.
“Non prendermi per il culo! Ho visto come vi guardate e non solo oggi! L’altra sera sembrava la stessi spogliando con la sola forza del tuo sguardo!”, controbatté alzando il tono di voce.
Mi sentivo stupida in quel momento. Stavo ascoltando una conversazione sul mio conto senza poterne prendere parte, il che era frustrante.
“Stai esagerando adesso!”, sbottò Harry. “E non urlare.”, aggiunse poco dopo, nel tentativo di calmare i bollenti spiriti di entrambi.
“Harry, sta alla larga da mia sorella, non voglio che finisca tra i tuoi casini.”, sentenziò infine.
A quelle parole balzai come una molla e mi catapultai sul divano, giusto in tempo per l’arrivo di un sorridente Louis.
“Scusa, ci abbiamo messo più del previsto, la dispensa era stracolma!”, disse, ma in realtà stava mentendo.
Provai a sorridere, cercando di mettermi più comoda. Quella situazione mi metteva terribilmente a disagio.
“Piuttosto, com’è che hai ancora il giubbino? Dai, dallo a me!”, proseguì Louis, ritrovando il buon umore.
“Lou, io vado da Taylor, ci vediamo stasera. Ciao Elizabeth!”, salutò Harry come un fulmine a ciel sereno, prima di uscire a passo svelto, senza degnarmi di neppure uno sguardo.
Pochi istanti dopo la porta sbatté forte.
Harry era uscito.

---





Angolo Autrice
Salve gente! Buona domenica a tutti!!:D
Insomma, ma non è favoloso poter restare a casa qualche giorno in più??*.*
Non vedevo l'ora che questi giorni finalmente arrivassero!!:D
Comunque sia, ecco qui il nuovo capitoletto!
Lo so, questa volta non succede granché, però c'era bisogno di soffermarsi
sul rapporto tra Lizzie ed Harry dopo il bacio, quindi...xD
E a quanto pare questi due bamboccioni fanno finta di nulla.-.-
Insomma, ci avevamo messo 12 capitoli per farli baciare
ed al 13esimo ritorna tutto esattaemte come prima!xD
Ma vabbè, con il tempo vedremo che altro succederà!
A proposito, lo inizio a dire già da ora:
sì, quella Taylor è ovviamente la riporoduzione di Taylor Swift.
Ci tengo a mettere in chiaro che non ho assolutamente nulla contro di lei,
anche se la preferivo riccia e non liscia.xD
Ovviamente ancora non è comparsa, ma presto vedremo lei
in compagnia di una riccia che Allie non riuscirà proprio a tollerare...
chi sarà mai?!?!?xD
Ok, dopo quasto ampio (?) spoiler, passiamo a Louis:
ma possibile che è tanto tonto e ottuso??-.-
Ancora insiste con la storia che Harry deve stare alla larga da sua sorella...
Mah..-.-"
Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno letto,
chi ha aggiunto la storia tra le seguite, le preferite o le ricordate...
GRAZIE!!<3
E grazie, ovviamente, a quelle super-mitiche persone che lasciano una recensione!!*.*
Grazie, grazie, grazie!<3
Ah, grazie anche al "comitato" MEL...
Beh, c'è poco da dire: vi adoro girls!<3
Spero di aggiornare prima di partire, anzi, quasi di certo lo farò!;)
Alla prossima!:*
                                                                Astrea_

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Capitolo 14
*** Reality ruined my life. ***


f

Take me home

Reality ruined my life.

“Non posso crederci!”, sbottò Allison scandalizzata, facendo un salto sulla sedia della sua scrivania.
“Cosa succede?”, le chiesi, alzando il capo in sua direzione.
Ormai erano più di due ora che cercavo di terminare quel capitolo del libro, senza troppi risultati.
La mia compagna di stanza, infatti, non faceva altro che interrompermi con commenti riguardanti fatti o foto che trovava tra facebook e twitter.
“Chi diamine è questa Danielle Peazer?”, mi chiese con tono adirato.
Arricciai la fronte, guardandola con fare circospetto, non avendo affatto capito l’utilità di quella domanda.
“Una ragazza?”, provai a dire con ovvietà, ma immediatamente fui trafitta da un’occhiata omicida.
“Non riesco a capire se Liam l’ha lasciata o se stanno ancora insieme!”, si lamentò quasi piagnucolando, mentre con il mouse continuava a scorrere le varie notifiche.
Sospirai sommessamente, cercando di ritrovare la concentrazione necessaria per continuare a leggere.
“Ma guarda qui che roba! Si baciano pure!”, tuonò inviperita appena pochi minuti dopo.
Socchiusi le palpebre, nel tentativo di rimanere tranquilla e provai ad ignorare la sua voce che in quel momento mi giungeva decisamente troppo irritante.
“Insomma ma questa Danielle la lingua al suo posto non la sa proprio tenere?”, riprese sempre con maggior enfasi.
“Allie, cosa pretendi che facciano se sono fidanzati?”, tuonai allora, chiudendo il libro con un gesto secco che attirò l’attenzione della bionda.
Lei si voltò in mia direzione, squadrandomi bene.
Ero appollaiata sul mio letto, con le gambe incrociate, circondata da una serie di quaderni e fotocopie. La mia espressione doveva essere un misto di stanchezza ed esasperazione.
“Andiamo Lizzie, io ho problemi ben più seri di un esame che per giunta si terrà tra un mese!”, provò a difendersi cercando di addolcire i tratti del viso.
“E quali sarebbero questo problemi di cui urge parlare?”, la provocai scettica, portando una mano tra i capelli scombinati.
“Liam.”, sussurrò quasi, per poi fare teneramente spallucce.
Ormai, l’avevo ben capito, non sarei riuscita più a studiare per quel pomeriggio.
“E va bene, dimmi!”, le concessi allora.
Subito le sue labbra si piegarono in uno smagliate sorriso, poi la vidi balzare dalla sedia e raggiungermi sul mio letto.
Si sedette accanto a me e con il braccio sinistro circondò le mie spalle.
“Il problema è che a me lui piace, ma è così criptico e timido! Non riesco a capirci mai nulla con lui! È sempre così gentile da farmi pensare che anche io gli interessi, ma poi è fidanzato!”, mi spiegò gesticolando con la mano destra, mentre il suo viso si contorceva in un’espressione di pura disperazione.
“Davvero è fidanzato?”, domandai, sorpresa da quella rivelazione.
Allie annui con fare sommesso, poi mise il broncio, come una bambina a cui era appena stata negata la merenda che preferiva.
“Però lui è sempre così gentile!”, ripeté come se da quel comportamento potesse ricavare delle altre informazioni.
“Magari lo è solo perché è educato.”, dedussi allora.
Allie sbuffò, poi sciolse quella specie di abbraccio che ancora ci legava ed iniziò a giocare nervosamente con le mani.
“Certo che tu non sei per nulla d’aiuto!”, constatò a denti stretti e volto basso, incantato sul movimento frenetico delle sue dita. “E poi ci si mette anche Zayn di mezzo!”, si lamentò ancora, storcendo il labbro.
“Che ha fatto Zayn?”, le domandai curiosa, avendo perso questo dettaglio.
“Mi ha chiesto di uscire con lui.”, dichiarò con voce triste e affranta, mentre ancora continuava a torturare le sue povere dita.
“E tu rifiuta!”, le consigliai afferrando le sue mani tra le mie, così da cercare di tranquillizzarla.
“Certo che rifiuto, ma così se anche Liam fosse minimamente interessato a me comunque non lo farebbe notare, visto che sa che Zayn mi ha chiesto di uscire!”, chiarì.
Strabuzzai gli occhi per la complessità di quel suo pensiero.

Possibile che un semplice invito potesse arrecare tutti questi danni?
“Basterà dire a Liam che a te Zayn non piace!”, provai allora a dire, saggiando bene le parole man mano che le pronunciavo, verificandone la reazione di Allie tramite le sue espressioni, non certa che quella sarebbe stata la cosa giusta da dire.
“Come se fosse facile! Non posso mica andare da Liam e dirgli qualcosa del tipo Zayn non mi piace, quindi fatti due conti!”, esordì alzando la voce di un’ottava, probabilmente per il nervosismo. “Certo che delle volte sembri proprio uscita da un romanzo della Austen!”, continuò subito dopo, borbottando.
Abbassai violentemente il capo a quelle parole. Sapevo che lei non voleva affatto prendersi gioco di me o deridermi, ma che si era semplicemente lasciata trasportare dalla rabbia.
Tuttavia, quella frase, quel riferimento aveva smosso qualcosa all’interno del mio petto, all’altezza del cuore.
“Scusa, non volevo dire quello che ho detto.”, sussurrò appena pochi secondi dopo.
Allie aveva l’innata capacità di notare ogni mio più piccolo cambiamento d’umore. Riusciva a comprendere ogni minima sfaccettatura del mio stato d’animo e riusciva anche a dire sempre la cosa giusta al momento giusto.
Accennai appena ad un sorriso, cercando di non dare troppo peso a quell’insignificante affermazione.
“Piuttosto, com’è andata ieri con tuo fratello?”, mi domandò nel chiaro tentativo di spostare la conversazione su altro.
“Con mio fratello bene, solo che sono stata costretta a trascorrere del tempo anche con il suo coinquilino.”, confessai con un filo di voce.
Timidamente cercai il suo sguardo, in attesa che dicesse qualcosa in risposta, ma fui accolta dal silenzio.
“Non dici nulla?”, le chiesi con una nota di timore nella mia voce.
Non avevo paura della sua reazione, ma della mia. Insomma, riuscire a raccontare ad alta voce cosa era successo e tutto ciò che avevo provato era come riuscire a razionalizzare l’accaduto, vederlo in un’ottica più obiettiva. Probabilmente mi sarei criticata da sola per l’assurdità dei miei comportamenti e non sapevo fino a che punto sarei riuscita a perdonarmi per aver mancato alle mie ambiziose aspettative.
“Veramente dovresti essere tu a raccontare.”, mi fece notare Allie, con voce studiatamente calma.
Presi un profondo respiro, poi puntai lo sguardo sul piumone del materasso ed iniziai a ripercorrere mentalmente il pomeriggio precedente.
“Mi ha dato un passaggio per andare da Louis, ma ci siamo fermati al supermercato e devo dire che per una volta sono quasi stata bene con lui.”, mormorai tutto d’un fiato.
“Cosa?”, domandò la mia amica, sbigottita, con gli occhi sgranati per lo stupore. “Lizzie, Harry è un puttaniere drogato, lo sai questo vero?”, aggiunse poco dopo, con fare preoccupato.
Annuii mordicchiandomi il labbro.
“Con la droga ha chiuso.”, la corressi ricordando quel dettaglio che mio fratello aveva tenuto precisare.
“Bene, ma rimane comunque un puttaniere.”, controbatté Allie, incrociando le braccia la petto.
“Ma perché diamine ce l’avete tutti con lui?”, sbottai allora, adirata.
Sentivo le vene pulsare forte, la testa pareva voler esplodere da un momento all’altro.
“Non ho detto che voglio sposarlo, ho solo detto che non è così male come sembra! E poi tutti sbagliano e a quanto pare lui sta ampiamente pagano il prezzo dei suoi errori, visto che tutti sanno e tutti giudicano!”, aggiunsi con voce alta, tanto che ebbi l’impressione che non fossi io a parlare in quel momento.
Io non urlavo, non mi piaceva affatto farlo, preferivo parlare come tra persone civili, eppure avevo appena alzato il tono.
Deglutii non appena quella consapevolezza prese vita nella mia mente, facendomi quasi tremare.
Allie continuava a fissarmi in silenzio, probabilmente non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere dalla sottoscritta.
“Scusa, devo andare a sbrigare una faccenda.”, esordì dopo interminabili minuti, alzandomi con foga dal letto.
In realtà non avevo la benché minima idea di ciò che avrei potuto fare se fossi uscita dalla mia camera, ma non sarei riuscita a sostenere ulteriormente lo sguardo incredulo di Allie puntato su di me.
Presi il cappotto al volo, non preoccupandomi neppure del cellulare o della borsa, e con poche falcate oltrepassai la porta, chiudendola alle mie spalle.
Velocemente uscii dalla struttura adibita agli alloggi ed a passo di marcia imboccai una delle tante stradine del campus.
Non avevo una meta precisa, a dir il vero non avevo proprio una meta, ma mi lasciai guidare dai miei piedi che passo dopo passo mi allontanavano sempre di più da Allie.
Il vento scuoteva forte le fronde degli alberi, qualche foglia ingiallita cadeva sul prato, andando ad arricchire il tappeto marroncino che già si era formato. L’aria era gelida e tagliente e, nonostante ancora non fosse pomeriggio inoltrato, il cielo aveva già iniziato a scurirsi.
Quella sera avrebbe piovuto, ne ebbi la certezza quando fui colta da una folata di vento che mi fece rabbrividire da capo a piedi.
Stanca di camminare, decisi di avvicinarmi ad un’enorme quercia che si trovava nei pressi degli uffici amministrativi. Mi accovacciai sulle sue radici, non curandomi della terra che sicuramente avrebbe sporcato il mio cappotto Moncler. Con le braccia circondai le ginocchia, poi nascosi il viso su di esse.
Da quando ero arrivata a Londra erano cambiate davvero molte cose nella mia vita. Certo, il college mi aveva aiutata a crescere, a maturare, ponendomi di fronte a difficoltà che avevo dovuto affrontare da sola, senza l’aiuto dei miei genitori o di altri. Ma gran parte del cambiamento era dovuto a qualcosa che si era smosso dentro di me, che mi aveva spinta a relazionarmi in maniera diversa con il mondo. Allie mi era stata di grande aiuto in questo. Lei mi aveva sempre offerto una mano a cui aggrapparmi quando le mie gambe iniziavano a vacillare, ma allo stesso tempo mi aveva travolta con la sua allegria, spensieratezza e grinta.
“Virginia, cosa ci fai qui? Non avrai mica intenzione di morire assiderata?”, mi chiese una voce maschile che riconobbi immediatamente.
Di scatto alzai il viso e subito incontrai gli occhi verdi e divertiti di Harry. Sogghignava, nel tentativo di trattenere una risata. I suoi ricci erano nascosti da un cappellino di lana, mentre le sue mani erano infilate nelle tasche del giubbino, dal quale si intravedeva una felpa viola.
“Ostentare la conoscenza del mio nome completo non ti farà apparire meno odioso ai miei occhi.”, borbottai tra me e me, senza neppure rendermi conto delle parole che avevo appena proferito con tanta naturalezza.
M’immobilizzai all’istante quando compresi ciò che avevo appena detto: ero stata maleducata, inopportuna e sfacciata ed io non ero mai stata così, non prima di quel momento.
Abbassai il viso, finendo per osservare l’erbetta a pochi centimetri da me, trovandola improvvisamente interessante.
Sentii Harry muovere qualche passo verso di me, poi lo vidi affiancarmi, seduto accanto a me ai piedi di quella secolare quercia.
“Sembrerà strano, ma in alcuni momenti riesci ad essere addirittura simpatica, Virginia.”,quasi sussurrò con un filo di voce, con il volto girato in direzione del mio.
“Perché non puoi chiamarmi semplicemente Elisabeth?”, sbottai allora, alzando di scatto la testa, fino a ritrovare la sua ad una spanna di distanza.
I nostri sguardi erano incatenati, il suo respiro cadeva fresco sulla mia pelle.
Harry tirò l’angolo destro all’insù, accennando ad un altro sorriso sornione.
“Andiamo, cosa c’è di male se i tuoi genitori sono talmente devoti da chiamarti Virginia? E poi adoro il rossore delle tue guance quando ti imbarazzi o la finta espressione impassibile che assumi quando sei irritata!”, spiegò ammiccando.
Maledissi quell’improvvisa vampata di calore che percepii su tutto il corpo, mentre Harry sogghignava per la mia patetica reazione.
“Ecco, proprio come ora.”, mi fece notare ancora sorridendo.
“Si dia il caso che i miei genitori siano atei. Ripassa la letteratura inglese, saputello dei mie stivali!”, controbattei a denti stretti e voce bassa.

Davvero avevo detto quelle parole? Davvero ero riuscita a rispondere in quel modo a qualcuno?
Sentivo il petto gonfiarsi d’orgoglio, mentre una maggiore sicurezza si faceva spazio dentro di me.
“Il cognome Wolf ti dice qualcosa?”, lo provocai allora, stupendomi del mio stesso atteggiamento.
“Che il lupo si è svegliato dal letargo?”, scherzò lui, ma la sua domanda retorica racchiudeva molto più che una semplice battuta.
Si stava riferendo a me, lo avevo capito dal suo sguardo intenso che sembrava volermi comunicare qualcosa con la sola forza di quel contatto visivo.
Sorrisi, soddisfatta di me stesse come non lo ero mai stata.
Era la seconda volta che Harry riusciva a farmi provare quella strana sensazione, come quella notte che lo avevo incontrato per i corridoi degli alloggi.
“Allora, si può sapere cosa è successo di tanto grave da farti uscire fuori di casa con questo freddo cane?”, mi domandò nuovamente, dopo qualche attimo di silenzio.
Temporeggiai, giocando con le estremità delle maniche del mio cappotto.
“Volevo prendere una boccata d’aria.”, dissi infine senza guardarlo in viso. “E tu?”, chiesi, per cercare di mantenere viva la conversazione.
Harry sorrise, mentre sul suo viso si dipinse nuovamente un’espressione spavalda.
“Sono venuto a trovare un’amica.”, confessò cercando i miei occhi, ma non li trovò.
Certo, lui era quello che prendeva la vita con leggerezza, che ne assaporava gli attimi senza curarsi del passato o del futuro.
Mi aveva baciata, certo anche io volevo, ma lui non ci aveva messo neppure un attimo a dimenticare l’accaduto per potersi dare a nuove esperienze.
“Dovresti smetterla. Condurre una vita dissipata come la tua non ti porterà alcuna soddisfazione.”, gli suggerii.
Probabilmente lui non era affatto interessato ai miei consigli, probabilmente non avevamo neppure quella confidenza tale da permetterci questo genere di conversazione, ma nonostante ciò non riuscii a tacere.
"Ah sì?", mi chiese retoricamente, quasi con ironia, con un ghigno beffardo disegnato sul volto. “Cosa cazzo ne sai tu della mia vita?”, sibilò poi a denti stretti, facendomi tremare per quel repentino cambio che aveva assunto il dialogo tra noi due.

Mi voltai, fino a far incontrare i nostri occhi. I suoi erano cupi e fiammanti allo stesso tempo, i suoi lineamenti erano duri, i suoi muscoli tesi. Aveva chiuso le mani in due pugni e con lo sguardo indugiava severo su di me.
“Io volevo solo dire che…”, provai a difendermi con voce calma, ma fui interrotta da lui.
“Tu volevi solo dire che dovrei essere un po’ più come te, no? Certo, del resto per quelli come te è facile giudicare!”, tuonò con rabbia, rancore, ira. “Per te la vita è sempre stata tutta rosa e fiori, hai sempre avuto tutto quello che volevi ed una famiglia pronta a difenderti, quindi evita il tono da moralista con me!”, continuò vomitando quella serie di parole, senza riuscire neppure a fermarsi per riprendere fiato.
“Harry, io vole…”, cercai ancora una volta di dire, ma puntualmente la mia voce fu sovrastata dalla sua.
“Cazzo, Elisabeth! Per una volta smettila con questo tono diplomatico! È disgustosamente irritante!”, mi accusò alzandosi in piedi.
Lo imitai, ritrovandomi con il viso a pochi centimetri dal suo.
I suoi occhi sembravano volermi trafiggere come una lama tagliente, pronta a ferirmi.
“E tu smettila una volta per tutte di darti queste arie da uomo vissuto!”, lo attaccai trovando forza proprio dalla mia debolezza.
Non volevo soccombere, non quella volta, non davanti a lui e a quella sua espressione orgogliosa.
“Qui il bambino viziato sei tu, non io! Insomma, ancora non riesco a capire cosa tu voglia da me! Prima mi prendi in giro, fai il carino, mi baci e poi torna tutto esattamente come prima! Vorrei capire come si fa ad essere insensibili e menefreghisti come te, diamine!”, sbottai allora.
Avevo provato a ignorare la storia del bacio, esattamente come aveva fatto lui, ma nonostante tutti i miei tentativi, non ce l'avevo fatta, non in quel momento.
Le tempie pulsavano forte, quasi le sentivo rimbombare con tonfi sordi all’interno della mia testa, mentre il sangue mi ribolliva nelle vene.

“I problemi che hai avuto in famiglia non giustificano il fatto che tu ti stia ancora dando alla pazza gioia, non giustificano il tuo comportamento da immaturo!”, lo accusai dopo aver ripreso fiato.
Harry piegò le labbra in un ghigno amaro, tenendo la testa bassa.
“Ma brava, ora hai anche trovato il coraggio di emanare sentenze e sputare veleno, ti faccio i miei complimenti Elisabeth!”, commentò ironico a denti stretti.
“Smettila con questo melodramma! Smettila con questo visino da incompreso! Avresti dovuto pensarci quando ti facevi, quando ti drogavi, quando hai mandato a rotoli la tua vita, non ora! Adesso non staresti qui a comp…”, mi bloccai all’istante quando mi resi conto delle parole che stavo pronunciando, tanto che mi morirono in gola.
Harry aveva spalancato gli occhi, sbigottito per ciò che avevo detto. 
Avevo appena spiattellato ai quattro venti tutto ciò che Louis mi aveva detto sul suo conto, dimenticando che Harry non mi aveva detto nulla a riguardo e che sicuramente avrebbe preferito che io non sapessi nulla del suo passato.

D'un tratto il volto di Harry diventò furente, i suoi occhi erano infuocati. Probabilmente se avesse potuto in quel momento mi avrebbe incenerito con la sola forza dello sguardo.
“Aveva ragione, siamo troppo diversi.”, mormorò con voce bassa e affranta, come se stesse parlando a se stesso.
Accennò appena un sorriso, prima di puntare gli occhi su qualcosa ben oltre la mia testa. Sembrava aver perso ogni minimo interesse nel continuare quella discussione.
“Non immischiarti in fatti che non ti riguardano. I miei problemi me li sbrigo da me.”, dichiarò con fare risoluto, con una sicurezza tale che sarebbe stato impossibile per chiunque appellarsi alle sue parole.
“Torna a giocare con le bambole, io vado a spacciare un po’ in giro.”, ironizzò prima di lanciarmi un’ultima occhiata di sufficienza.
Poi andò via, lasciandomi sola ed inerme sotto quella quercia.

---






Angolo Autrice
Patente!!!!!!!!!*.*
P-A-T-E-N-T-E!!! Finally I got it!!
Ok, salve gente!:D Oggi sono proprio di buon umore:
insomma, ho appena preso la patente!!xD
Comunque sia, oggi aggiorno di sabato visto che stasera, purtroppo,
mi tocca tornare a quella dannatissima scuola!-.-"
E quindi eccoci con il nuovo capitolo! :D
Harry ed Elisabeth hanno litigato, certo che quei due sono proprio due teste di rapa!(?)
Certo che non riescono a stare proprio tranquilli!!
E per di più, come preanunciato, ecco a voi Danielle!!
Per il momento l'ho solo presentata, ma arriverà presto di persona!;)
Povera Allie: le aspetta una sfida all'ultimo colpo!
Non mi dilungo, anche perché ho da studiare tantissimo
e per di più devo anche andare dal dentista prima di partire.
Grazie di cuore a chi, anche in periodi duri come questo,
trova ancore del tempo per leggere e commnetare la storia... grazie!<3
E grazie a chi inserisce la inserisce tra seguite, preferite o ricordate!:D
Alla prossima!:*
                                                        Astrea_

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Capitolo 15
*** I only want more. ***


f

Take me home

Ionly want more.

Erano ben quindici giorni che non parlavo più con Harry. Dopo la discussione che avevamo avuto quel pomeriggio lui aveva fatto di tutto per evitarmi, persino addurre scuse ridicole e davvero poco plausibili. Ogni volta che andavo a trovare mio fratello lui non era mai in casa, mentre quando mi presentavo senza preavviso inventava una qualsiasi motivazione che gli permettesse di andar via all'istante. Un mercoledì aveva detto che doveva andare a comprare i croccantini per il cane di sua sorella che, poi, avevo scoperto abitasse a chilometri e chilometri di distanza.
Ridicolo.
Non ne potevo più di quella serie di bugie che aveva iniziato a rifilarmi con il chiaro intento di ignorarmi. 
Certo, avevo esagerato quel giorno, ma lui non era stato da meno. Entrambi avevamo alzato i toni, arrivando a dire parole di cui, almeno personalmente, mi ero poi pentita.
Avrei voluto chiarire quella situazione, spiegargli ogni minimo dettaglio, ma lui non sembrava affatto avere le mie stesse intenzioni.
Oltre alle sue infinite tresche, inoltre, ultimamente aveva preso a girare per il campus in compagnia di una certa Taylor o della famosa Caroline.
La prima era una ragazza bionda, alta e magra, dai lineamenti delicati e la pelle chiara, le cui labbra erano sempre accentuate da un rossetto color rosso fuoco. Frequentava la facoltà di Giurisprudenza insieme a Liam, erano entrambi al terzo anno e spesso l’avevo anche vista passeggiare con Danielle, la presunta fidanzata del castano che Louis mi aveva presentato appena pochi giorni prima. 
Danielle aveva la carnagione ambrata, gli occhi color cioccolato ed i capelli ricci e scuri. Aveva un fisico da far invidia ad una modella, quindi figuriamoci quale era stata la reazione della povera Allie quando aveva identificato la sua rivale. Per poco non aveva dato di matto quella mattina, mentre sorseggiava il suo quarto caffè seduta ad un tavolino del bar.
Se avesse potuto, aveva bofonchiato livida di rabbia, avrebbe stritolato con le sue stesse mani quel barboncino ambulante.
La seconda, Caroline, invece, era una donna decisamente più matura. Avevo scoperto fosse l’assistente del professore di lingue romanze, corso della facoltà di lettere. Da ciò che si vociferava, doveva avere poco più di trent’anni, oltre che un fidanzato che si stava specializzando in medicina e che, al momento, si trovava ad oltre quattro ore di viaggio da lei.
Caroline aveva i capelli castani, tendenti al rossiccio, palesemente tinti. Tutte le curve al punto giusto, un seno prosperoso ed un’aria accattivante erano le sue armi per sedurre.
“Facciamo ancora in tempo a tornare al campus.”, propose Allie, forse sperando che ascoltassi quel consiglio appena celato.
Scossi la testa, imperterrita. Ormai avevo preso la mia decisione e non avrei cambiato idea per nulla al mondo, non quella sera.
Così, non appena varcai la soglia della discoteca dove avremmo trascorso la serata, sentii un fiume di pura adrenalina scorrere nelle mie vene.
L’avevo supplicata di accompagnarmi a ballare, quel sabato, nonostante detestassi anche solo l’idea di dovermi muovere sinuosamente a ritmo di musica.
Ultimamente mi stavo rivelando un continuo controsenso, in perpetua lotta tra ciò che avrei voluto, ciò che avrei dovuto e ciò che gli altri si aspettavano facessi.
Inoltre, le sue parole continuavano a riecheggiare come un triste ricordo nella mia mente, ferendomi ogni qual volta riaffiorassero.
Torna a giocare con le bambole, mi aveva detto e forse era proprio per quello che ero lì.
Per dimostrare a me stessa, ed in minima parte anche a lui, che io le bambole le avevo riposte nella cesta già da qualche anno.
“Non sembra male.”, commentai titubante, dando una veloce occhiata all’ambiente che mi circondava.
La sala era scura, illuminata ad intermittenza da una serie di luci colorate, che poi venivano riflesse ed amplificate da un’enorme sfera posizionata al centro del soffitto. Rimasi impressionata da quell’ammasso di persone  che a pochi metri da noi ballavano, finendo per scontrarsi gli uni con gli altri a causa della scarsità di spazio a loro disposizione. La musica alta rendeva difficoltoso qualsiasi tentativo di conversazione, tanto che persino per parlare con Allie fui costretta ad urlare al suo orecchio, per riuscire a farmi sentire.
“Andiamo a sederci?”, le chiesi, avendo notato una serie di divanetti in un’area più appartata.
“Ma tu non eri quella che stasera voleva darsi alla pazza gioia? Se hai cambiato idea possiamo sempre…”, provò a dire con voce sarcastica, ma non le diedi neppure il tempo di terminare.
“Bene, che si aprano pure le danze!”, sentenziai, afferrandola per il polso e trascinandola verso il centro della pista.
Per qualche secondo camminai a passo spedito tra la folla, fino a quando mi accorsi di non avere la più pallida idea di ciò che avrei dovuto fare. Così mi fermai, per poi voltarmi verso Allie che mi aveva seguita senza batter ciglio.
Ed ora?
La guardai, sorridendole imbarazzata. Lei si avvicinò di poco a me poi fece una giravolta su se stessa.
“Devi solo scioglierti un po’, dai prova a muoverti!”, mi suggerì, avendo chiaramente intuito il mio disagio.
Annui con fare convinto, mentre ancora la osservavo ballare a qualche centimetro da me, poi provai ad imitarla.
Iniziai con i piedi, cercando di tenere il tempo della musica con essi, poi aggiunsi le braccia, sventolandole senza pensare a quanto buffa o scoordinata potessi sembrare.
“Ecco, brava! Continua così!”, mi incoraggiò Allie, iniziando a scuotere anche la testa e con essa i boccoli biondi.
“Allie!”, esclamò Zayn, piombando alle spalle della mia amica.
Lei parve sbiancare all’istante quando si accorse della presenza del ragazzo, alle sue spalle.
“Ciao Zayn!”, lo salutò fingendosi entusiasta di quell’incontro.
Se non l’avessi conosciuta bene, probabilmente avrei creduto che fosse per davvero contenta di vederlo, ma le sue dita che giocavano con una ciocca di capelli erano un chiaro indizio del fatto che stesse mascherando la sua reale reazione.
“Cioè, che fortuna avervi incontrate! Sono sicuro che anche agli altri farà piacere vedervi!”, aggiunse poco dopo con un sorriso smagliante.
A quelle parole le orecchie di Allie si rizzarono e vidi i suoi occhi cercare qualcosa, o meglio qualcuno.
“Ci sono anche gli altri?”, domandò infatti, forse con troppo impeto per apparire disinteressata.
“Sì, Louis, Harry, Niall e Liam dovrebbero arrivare a momenti.”, spiegò ancora con un’espressione beatamente serena disegnata sul volto. “Però mi raccomando, niente discorsi su ragazze, Liam potrebbe avere una crisi!”, scherzò facendoci un veloce occhiolino.
Il mio cuore perse un battito quando sentii il suo nome tra il breve elenco dei presenti. Un brivido percorse la mia schiena ed istintivamente morsi il labbro inferiore, quasi per cercare di rimanere tranquilla.
Avrei solo dovuto ignorarlo, così come avevo fatto fino a quel momento.
L’espressione di Allie si tramutò ben presto in una maschera di preoccupazione, tanto che non riuscì neppure a trattenersi dal porgere un’altra domanda a Zayn.
“Gli è successo qualcosa?”, chiese con voce allarmata, facendosi di poco più vicino al ragazzo dal ciuffo più alto di un grattacielo.
“Nulla di grave.”, chiarì lui, un po’ spiazzato da tanto interesse. “Ha rotto definitivamente con Danielle, ma erano in crisi da settimane.”, spiegò.
“Zayn! Ecco dove ti eri cacciato!”, lo chiamò Liam, raggiungendoci. “Salve ragazze!”, ci salutò poi, non appena ebbe notato la nostra presenza, sorridendoci.
Sapevo che probabilmente non stesse attraversando un bel periodo, ma mi parve più rilassato del solito, più disinibito e spensierato, tanto che pensai che quella rottura non gli aveva fatto altro che bene.
Gli occhi di Allie si illuminarono, mentre il suo viso si sciolse in un’espressione di pura adorazione per il ragazzo appena sopraggiunto.
“Mio fratello?”, chiesi d’un tratto, imbarazzata dal silenzio che si era momentaneamente creato.
Liam trattenne una risata a quella domanda, poi cercò immediatamente lo sguardo complice di Zayn.
“El ha scoperto che stava venendo in discoteca senza averla avvertita , poi ha sentito delle voci femminili per telefono e si è infuriata come una bestia. Lou ha provato a spiegarle, ma poi ha deciso di correre da lei. Insomma, Tommo è diventato El-dipendente! Non riesce più a muovere un dito senza di lei!”, spiegò Liam, ripensando probabilmente alla scena, visto che non faceva altro che sorridere buffamente.
Anche Zayn scoppiò in una leggera risata, mentre con gli occhi cercava inutilmente di stabilire un contatto visivo con la mia amica.
“Ciao Lizzie! Allie!”, salutò Niall facendo capolinea alla mia destra.
“Ciao!”, ricambiammo noi, accogliendolo con un ampio sorriso.
Allie si voltò per un attimo in mia direzione, cosicché potessimo guardaci negli occhi, poi ebbi la sensazione mi stesse supplicando di aiutarla, come se stesse cercando la mia approvazione.
Arricciai di poco le sopracciglia, cercando di non far notare ai ragazzi quel silenzioso scambio di battute che stava avendo luogo.
Lei lanciò una fugace occhiata all’indirizzo del castano e tutto mi fu più chiaro.
Sorrisi, annuendo quasi impercettibilmente, probabilmente inconsapevole delle conseguenze.
“Liam, ti va di andare a prendere qualcosa da bere?”, gli domandò allora cercando di apparire graziosa ma allo stesso tempo seducente.
Lui parve sorprendersi positivamente a quella richiesta, tanto che la fissò per secondi interminabili prima di decidersi a rispondere.
“Certo, andiamo!”, accettò poi, sotto lo sguardo infastidito del povero Zayn.
Solo allora mi resi conto di essere rimasta in compagnia di Niall, del resto Zayn era troppo intento a controllare ogni minima mossa degli altri due per poter conversare con noi.
“Allora, Lizzie, mi concedi questo ballo?”, mi propose il biondo, porgendomi la sua mano.
Non ero per nulla una ballerina provetta, ma le alternative a mia disposizione erano nulle.
Di restare da sola non se ne parlava affatto, non in un luogo come quello, dunque mi arresi a quella prospettiva.
Mi sforzai di apparire quantomeno neutrale, sorridendo forzatamente, poi con una lentezza disarmante afferrai la mano di Niall.
“Nialler, scusa, ma devi venire con me!”, sbottò d’un tratto Zayn all’orecchio dell'amico. 
Niall corrugò la fronte, storcendo il labbro facendogli intuire che non aveva alcuna voglia di seguirlo.
“Non puoi lasciarmi da solo in questo stato! Andiamo, hai visto cosa ha fatto? Se n’è andata con Liam!”, riprovò allora il moro con più enfasi, cercando di convincerlo, ma Niall sembrò non curarsi troppo delle sue parole.
Così prendemmo a ballare, muovendoci a ritmo di musica.
La sua compagnia era piacevole, rassicurante.
Sorrisi quando lentamente mi fece fare una giravolta su me stessa, per poi sorridermi dolcemente quando i nostri volti si ritrovarono ad una spanna di distanza. Sembravamo danzare sulle note di una canzone tutta nostra, che non aveva nulla di quella cadenza house. Niall mi circondò delicatamente la vita con le sue  braccia, mentre ne poggiai intorno al collo, l’altra sul suo petto.
“Niall se finisco in ospedale per coma etilico sappi che è soltanto colpa tua.”, lo minacciò allora, con aria di chi sapeva di vincere, interrompendo quel momento.
Stavo davvero ballando abbracciata a Niall?
Lui sbuffò, lasciando la presa.
“Stai per rovinare anche la mia, di serata.”, bofonchiò in risposta, con gli occhi ancora puntati nei miei.
Non volevo che andasse via, non volevo che mi lasciasse e anche lui sembrava voler restare, ma probabilmente Zayn non si sarebbe affatto arreso.
“Giuro che ti offro tutti i pasti da Nando’s per il prossimo mese! Ho bisogno di te, ti prego!”, ritentò inarcando un sopracciglio.
Ormai aveva vinto, era chiaro.
E, di fatti, pochi attimi dopo Niall si allontanò per seguire il suo caro amico Zayn alle prese con una delusione amorosa.
“Scusa.”, mi mimò con le labbra, prima di confondersi tra tutta quella folla.
Nel giro di pochi minuti ero dunque rimasta completamente sola, in un posto dove non ero mai stata prima, circondata da persone che non avevo mai visto prima.
Cosa avrei dovuto fare?
La parte più razionale di me mi diceva di allontanarmi da quella pista, mi metteva in guardia dalle centinaia di insidie a cui ero esposta in quel momento, ma l’altra, quella che ancora non era riuscita a dimenticare le parole di Harry, mi ordinava di scatenarmi, di divertirmi, di lasciarmi andare.
Ormai avevo deciso, stavo per avviarmi in direzione dell’uscita, troppo codarda, ma d'un tratto i suoi occhi verdi perforarono i miei.
Il mio cuore perse un battito, un altro, o forse due, quando lo vidi a pochi metri da me, mentre ballava con quella tipa di nome Taylor.
I nostri sguardi erano ancora incatenati, come i poli opposti di una calamita che non riuscivano a fare a meno l’uno dell’altro, nonostante quella bionda continuasse a strusciarsi su di lui.
E fu in quell’istante che cambiai definitivamente idea.
Lui mi osservava, mentre quella continuava a giragli attorno, nel tentativo di provocarlo.
Era quello l’unico linguaggio che Harry riuscisse a comprendere, quello del corpo ed io non ero affatto brava a comunicare tramite esso.
D’un tratto fui stufa di essere così dannatamente pignola, noiosa, antiquata, pudica.
Volevo dare una scossa alla mia banale vita, volevo anche solo per pochi attimi provare l’ebbrezza dell’ignoto, dell’imprevedibile, volevo essere tutto ciò che non ero mai stata.
Volevo essere come Harry, capace di fare qualsiasi cosa stupida e controproducente che mi passasse per la testa, solo per divertimento, per gioco, per sfida.
E volevo che ci fosse proprio Harry a guardami mentre oltrepassavo quel limite, mentre mi comportavo come lui.
Senza sapere neppure come, mi ritrovai a danzare sensualmente con due perfetti sconosciuti, che si facevano sempre più vicini.
Mi imposi di non preoccuparmi, mentre cercavo di convincermi che tutto sarebbe andato bene, sperando che da un momento all’altro sarebbe arrivato qualcuno a salvarmi, come nei film.
Ma quando sentii la mano di uno di quei due palparmi avidamente il sedere, capii che così non sarebbe andata.
Non volevo andare via, ma non volevo neppure essere consapevole di quello che stavo facendo.
Ero una bambina immatura, ecco cos'ero. E, nonostante ne avessi la piena consapevolezza, in quel momento necessitavo solo sentirmi tale.
A passo di marcia mi diressi verso il bancone ed ordinai il primo cocktail che mi passò per la mente, senza conoscerne neppure le componenti o il tasso alcolico.
Volevo superare il limite quella sera, ma da sobria non sarei mai riuscita a lasciar andare i freni.
Bevvi, e bevvi talmente tanto da perdere il conto, bevvi talmente tanto da non riuscire neppure più a distinguere i volti delle persone che mi circondavano.
“Lizzie, tutto bene?”, mi domandò una voce fastidiosamente allegra dopo un'infinità di tempo. “Lizzie, sono Jack, mi riconosci?”, chiese ancora, non avendo ricevuto alcuna risposta.
I contorni del suo viso erano sfocati, riuscivo solo a distinguere le sue iridi di ghiaccio.
Annuii, non del tutto convinta della sua identità.
“Vuoi che ti chiami Harry? O Allison magari?”, propose poco dopo, mentre sentivo le sue mani sorreggermi all’altezza della vita.
Il solo sentire il suo nome pronunciato ad alta voce mi procurò una fitta lancinante. Scossi la testa, sperando che, nonostante le mie pessime condizioni, mi desse ascolto.
“Jack, è arrivata la roba, noi andiamo in bagno. Vieni con noi?”, lo chiamò un ragazzo che mi parve essere Ryan, confermandomi che quello era davvero il ragazzo che avevo conosciuto settimane prima a lezione.
Jack spostò il suo sguardo da me a Ryan, per poi tornare a fissare me, probabilmente indeciso sul da farsi.
“Che roba?”, chiesi con una voce che parve estranea al mio orecchio, civettuola, languida.
Lui abbassò di poco la testa, ancora una volta combattuto.
Io vado a spacciare un po’ in giro.
Le parole di Harry invasero la mia testa ancora una volta, come se mi stessero perseguitando. 
Bene, se lo faceva lui, allora volevo farlo anche io.
“Vengo con te.”, sentenziai con tono risoluto, ritrovando maggiore sicurezza nelle mie gambe.
Ero ubriaca, ne ero certa, ma questo non giustificava affatto il mio comportamento.
Non avrei mai pensato che dietro il mio bel visino si potesse nascondere una me così subdola, incosciente e superficiale. Io non ero affatto quella che stavo cercando di essere, non ero neppure quella che ero abituata ad essere, forse non sapevo neppure io chi davvero Elizabeth Virginia Tomlinson fosse.
Jack mi osservò ancora per qualche attimo, probabilmente nel tentativo di comprendere quanto ubriaca fossi, ma alla fine acconsentì.
Quando arrivammo nei bagni mi accasciai sul freddo pavimento ed aspettai che succedesse qualcosa, qualsiasi cosa.
“Questa è la preferita di Ryan, ho fatto i salti mortali per trovarla entro stasera! Qui, invece, c'è il resto.”, comunicò un uomo che non avevo mai visto prima, porgendo delle bustine.
Ryan afferrò tutto tra le sue braccia, bramoso, mentre un ragazzo che non conoscevo consegnava dei soldi all’uomo.
Lo vidi mentre li contava minuziosamente, poi percepii il braccio di Jack avvolgermi le spalle.
“Ne voglio anche io.”, gli sussurrai all’orecchio, cosicché potesse sentirmi solo lui.
Mi accarezzò i capelli con la mano che ancora era libera e quel suo leggero tocco mi tranquillizzò.
“Va bene, io vado. Alla prossima.”, salutò l’uomo, stringendo la mano al ragazzo che aveva pagato, poi uscii dal bagno, lasciandoci soli.
Ryan aprii immediatamente una bustina contenente polvere bianca, con una fretta tale da far chiaramente intendere quanto ne fosse dipendente.
“Stai calmo! Finirai per farla cadere tutta a terra!”, lo rimproverò l’altro, strappandogli la bustina dalle mani.
“Inizio io.”, provai a dire, rialzandomi sui miei tacchi.
“Lizzie, smettila di sparare stronzate!”, mi rimproverò Jack, afferrandomi prima che potessi cadere a causa del mio precario equilibrio.
“Andiamo amico, se vuole provare, falla provare!”, mi concesse il tipo che non conoscevo, invitandomi ad avvicinarmi con un gesto della mano.
“Alex, non può farsi di cocaina, cazzo!”, tuonò Jack con voce talmente alta da farmi male la testa.
“Ma io voglio.”, biascicai muovendo qualche passo in direzione del lavabo dove si erano appoggiati.
“Dai, per stasera dalle queste.”, disse Ryan, lanciando la bustina che conteneva una specie di pillole colorate.
Jack prese il pacchetto al volo, ancora non del tutto convinto, come la sua espressione lasciava chiaramente intuire. 
“Come se cambiasse qualcosa.”, borbottò palesemente combattuto sul da farsi.
Così mi decisi che avrei dovuto fare tutto da sola. 
Ero una stupida bambina incosciente e ubriaca, ma quella sera non volevo pensare a nulla.
Con un gesto secco presi la bustina che teneva tra le mani e la aprii con foga. Ne estrassi una piccola pillola azzurra e per pochi istanti la rigirai tra le mie esili dita, come a volerla studiare.
Poi, prima che Jack potesse riprenderla, la portai alla bocca e la ingoiai.

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Angolo Autrice
Salve a tutti!
Lo so, sono davvero pessima! 
Ci ho messo quasi un mese per pubblicare il nuovo capitolo, 
però sono stata impegnatissima...
Insomma, mi è toccato un concorso sui diritti umani la settimana scorsa,
mentre questa ho partecipato a due diversi test di preselezione per medicina,
uno martedì e l'altro venerdì:
insomma, tra una cosa e l'altra ero molto più che distrutta.-.-"
In ogni caso, smetto di annoiarvi con tutte queste inutili chiacchiere
e veniamo alle cose importanti!
Allora, chi di voi si aspettava un cambiamento tanto drastico 
da parte della nostra indifesa e noiosa Lizzie??xD
Lo so, lo so, forse ho esagerato, in effetti all'inizio avevo pensato a qualche canna, 
ma la mia dolce sorellina ha obiettato perché dice che "le canne se le fanno tutti"
e a me serviva qualcosa di trasgressivo, quindi...ù.ù
Simpatica Taylor, eh? E per il momento ancora non ha aperto bocca!xD
Allie invece continua la sua caccia, sperando di conquistare l'attenzione di Liam,
mentre il povero Zayn si dispera supportato dal dolocissimo Nial.
E Lizzie, rimasta tutta sola soletta, incontra Jack.
Insomma, ma dovevano esserci proprio tutti in discteca quella sera???xD
Vabbè, in ogni caso sappiate che cercherò di essere puntuale le prossime volte,
sempre scuola permettendo, purtroppo.
Comunque, grazie mille a tutte le persone che hanno recensito la storia,
grazie a chi l'ha aggiunta tra le preferite, le ricordate o le seguite!<3
Alla prossima!:*
                                                        Astrea_

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Capitolo 16
*** Feel like snow in September. ***


g

Take me home

Feel like snow in September.

La testa sembrava sul punto di esplodere, persino respirare mi sembrava più faticoso del solito, così istintivamente dischiusi le labbra per far affluire una quantità maggiore di ossigeno ai polmoni.
“Elisabeth, sei sveglia?”, chiese una voce ancora troppo lontana e ovattata.
Mugugnai, prima di rigirarmi tra le coperte ed affondare il viso nel morbido cuscino.
“Avanti, apri quei maledetti occhi! Ormai dormi da più di dieci ore!”, incalzò un’altra voce, con più enfasi.
Strinsi le palpebre, come a volermi sforzare di non riaprire gli occhi.
I suoni intorno a me giungevano sempre più chiari, facendomi intuire che ci fossero diverse persone in quella stanza che mi stavano osservando.
Tuttavia, non riuscivo a muovermi, o meglio, percepivo la stanchezza dei miei arti, persino la mia mente era ancora stordita.
“Lizzie, mi stai facendo davvero preoccupare.”, ripeté qualcuno, ma non riuscii a distinguere di chi si trattasse.
Una mano calda accarezzò la mia guancia, per poi spostare una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Louis.”, sussurrai con la voce ancora impastata dal sonno.
Una risata fresca e cristallina riecheggiò nella stanza, prima che due braccia forti mi avvolsero dolcemente.
“Sorellina mia!”, trillò allegramente lui, tra i miei capelli.
Piegai le labbra in un leggero sorriso, poi con lentezza provai ad aprire gli occhi, uno alla volta per rendere meno traumatico quel momento.
La luce che inondava la camera mi infastidiva a tal punto che fui costretta a portare una mano all’altezza dei occhi, per difenderli da quei raggi troppo luminosi.
“Non puoi capire quanto sia stato in ansia questa notte! Non azzardarti mai più a fare una cosa del genere!”, riprese mio fratello, scombinandomi i capelli.
Le sue parole destarono la mia memoria, m’immobilizzai all’istante quando nella mia mente comparve il buio.
Non riuscivo a ricordare nulla di quello che era successo in discoteca. Certo, l’incontro con Liam, Zayn e Niall era ancora ben chiaro, così come la vista di Harry insieme alla biondina, ma da quel punto in poi tutto sembrava sfocarsi, fino a scomparire del tutto.
D’istinto portai la mano sinistra sulle tempie, come a volerle massaggiare per rimediare allo sforzo appena compiuto e solo allora notai che indossavo una felpa viola stranamente familiare.
Con gli occhi vagai su tutta la stanza ed immediatamente mi accorsi che non si trattava affatto della mia. Una sensazione di disagio invase il mio corpo, come se fossi estranea a quel luogo, ma poi compresi si trattasse della stanza di mio fratello.
Ero a casa di Louis, nel suo letto, con indosso una felpa viola sul cui petto spiccava una scritta bianca, Jack Wills.
L’odore di quell’indumento inondò le mie narici, procurandomi un piacevole brivido lungo la schiena.
“Ora pensa a riprenderti, poi facciamo i conti!”, mi ammonì Louis, scostandosi di poco. “Io vado a prenderti la colazione, con te rimane Allie!”, esclamò poi indicando la figura della bionda a pochi metri da lui, infine uscii dalla stanza, socchiudendo la porta dietro le sue spalle.
Allie si avvicinò a me, sedendosi sull’estremità del letto.
“Ho combinato tanti casini?”, le chiesi con un filo di voce, timorosa di conoscere la risposta.
Lei annuii, sorridendomi amorevolmente.
“Nulla di irreparabile. Hai solo esagerato un po’.”, provò a dire per rincuorarmi.
“Perché indosso una felpa? E perché siamo da mio fratello?”, domandai ancora.
Avevo bisogno di risposte, dovevo ricostruire tutti gli avvenimenti della sera precedente, sentivo che era importante.
“La felpa è di Harry, ti ha portato lui a casa. Indossavi solo un vestitino e tremavi come una foglia, così ti ha dato qualcosa per coprirti.”, mi spiegò accarezzandomi i capelli, forse nel tentativo di non farmi agitare.
Cercai di rcordare qualcosa, qualunque cosa, mi sarei accontentata di poco, ma nella mia mente non riuscivo a vedere altro che nero.
“Mi ha spogliata?”, chiesi con il cuore in gola e le labbra ancora dischiuse,  spaventata molto più del necessario da quella prospettiva.
“No, tranquilla. Pensa che hai ancora il vestito sotto la felpa, guarda!”, m’informò lei, divertita per quella mia reazione.
Tirai un sospiro di sollievo a quelle parole, poi mi decisi ad infilare la testa sotto le coperte per verificarne la veridicità e fui estremamente soddisfatta nel costatare che era tutto come Allie aveva appena detto.
Allie sorrise ancora, probabilmente doveva trovarmi estremamente esilarante in quello stato.
“Ed ora dov’è Harry?”, continuai a domandarle, cercando di apparire indifferente.
In realtà quella, tra tutte, era la domanda più importante.
“È andato via stamattina presto, aveva da fare.”, rispose atona, come se volesse chiudere immediatamente quel discorso, come se non volesse parlarne.

Perché mi aveva portata a casa? Perché mi aveva aiutata?
E perché poi non aveva neppure atteso che mi risvegliassi?

Sperai che da un momento all’altro comparisse sulla soglia della stanza, con quel suo sorrisetto contornato dalle fossette e i suoi ricci indomabili. Avrebbe fatto una delle sue battutine, io mi sarei imbarazzata, lui mi avrebbe presa in giro ed io avrei finto di detestarlo ancora di più.
Ma la porta continuava a rimanere chiusa.
“Ti gira ancora la testa?”, mi domandò con premura Allie, racchiudendo il mio viso tra le sue mani.
Scossi la testa e non perché non percepissi un lancinante dolore perforarmi il capo, ma perché non volevo affatto che si preoccupasse per me in quel momento.
Volevo soltanto rimuginare su quanto infantile e patetico fosse stato il mio comportamento.
“Ho bevuto tanto?”, le chiesi in un sussurro.
Incrociai le dita, sperando in una risposta negativa, ma non appena le sue labbra si storsero in una leggera smorfia le mie speranze crollarono.
“Ci hai dato dentro parecchio.”, sospirò. “Ma c’è dell’altro.”, iniziò con voce ancora più bassa della mia.
Aggrottai la fronte, cercando di concentrarmi sulle sue parole, nonostante percepissi le pesantezza dei miei occhi.
“Cosa?”, soffiai a pochi centimetri dal suo viso.

Dovevo sapere, ne avevo il diritto.
“Credo tu abbia fatto uso di qualche droga.”, mormorò con lo sguardo basso, pesando bene ogni singola parola.
Quella rivelazione mi lasciò del tutto sconvolta.

Non era possibile.
Insomma, non era possibile che una come me…

“Allie, parla! Ho bisogno di sapere ed in questo momento non ricordo nulla!”, tuonai in un sibilo al suo indirizzo.
Lei prese un respiro profondo, forse per trovare il coraggio di dirmi ciò che sapeva a riguardo.
“Harry mi ha detto che ti ha trovata in compagnia di Jack, mentre ballavate, ma tu eri ubriaca persa. Ha chiesto a Jack cosa ti avesse fatto bere, ma lui era del tutto fatto e si è lasciato scappare che ti aveva dato delle pasticche.”, mi raccontò con gli occhi puntati nei miei.
Rimasi immobile per un tempo indefinito, senza batter ciglio. Sentivo solo il battito del mio cuore e le vene pulsare ad un ritmo regolare.

Non era vero, non poteva essere vero.
“Louis non ne sa niente, Harry ha preferito dirlo solo a me. Era troppo preoccupato per tenere una cosa del genere per sé.”, aggiunse poco dopo.
Boccheggiai più volte senza riuscire a trovare la forza per proferir parola.
Gli occhi pizzicavano più del dovuto, sentivo un groppo fermo all’altezza della gola e tutto intorno a me appariva così scuro e buio.
Nella mia testa prese vita una strana scena. C’ero io, accovacciata in un angolo, e c’era Jack vicino a me. Sentivo delle voci indistinte e fastidiose, poi la vidi: una pasticca azzurra come il cielo.
Una lacrima bagnò la mia guancia, ma mi affrettai ad asciugarla.
Allie mi accolse tra le sue braccia ed io non esitai a nascondere il mio volto nell’incavo della sua spalla.

Come se fosse bastato ciò per dimenticare!
“Tranquilla, è tutto passato ora!”, mormorò Allison, stringendomi forte a sé, poi cullata dalle sue braccia mi addormentai ancora una volta.
Quando riaprii gli occhi la stanza era vuota e buia. Le serrande della finestra erano abbassate, tutto intorno a me era in ordine, persino la scrivania di mio fratello. Sentii un allegro vociare provenire dall’esterno, probabilmente doveva esserci Louis con gli altri a casa.
Mi voltai, rigirandomi tra le calde coperte, e subito notai un vassoio con un cornetto sul comodino.
Sorrisi, mentre uno strano brontolio risuonava nel mio stomaco. Mi tirai su, appoggiando le schiena alla spalliera del letto, poi afferrai il cornetto e lo addentai, affamata.
Era alla crema, il mio preferito.
In quel momento mi sentivo bene, rilassata, in pace con me stessa.
Il mal di testa era scomparso, così come anche quella generale sensazione di stanchezza. Ero come rinata. Così, quando ebbi terminato, mi decisi ad alzarmi dal letto.
Potevo solo immaginare tutta l’ansia e la preoccupazione che avevano assalito mio fratello in quelle ore ed il minimo che potessi fare era mostrarmi in perfetta salute fisica e mentale.
Indossavo ancora quella stupida felpa viola, avrei potuto cambiarla, sostituendola con un qualsiasi indumento di Louis, ma sentire quel profumo sulla pelle mi piaceva, mi rilassava.
Seguii le voci fino a giungere in salotto, dove trovai Louis ed El abbracciati su una poltrona, intenti a raccontare episodi della loro vita ad Allison e Liam, che se ne stavano sorridenti come non mai sul divano in pelle.
La voce di Niall, invece, giungeva dal frigorifero della cucina, probabilmente stava decidendo cosa mangiare.
“Ehi!”, salutai tutti, sedendomi accanto ad Allie.
Sentivo tutti gli occhi dei presenti puntati su di me, ma mi sforzai di ignorarli. Del resto i loro sguardi curiosi volevano solo verificare che stessi bene.
“Lizzie, prendo qualcosa da mangiare anche per te?”, mi chiese Niall dalla cucina.
“No grazie, ho appena mangiato il cornetto.”, risposi, alzando di poco la voce cosicché potesse sentirmi.
“Ti senti meglio ora?”, mi chiese Eleanor, accennando ad un sorriso.
“Certo! Ho dormito tantissimo!”, esclamai cercando di apparire tranquilla, dopo aver notato che l’orologio appeso alla parete della sala segnava le quattro di pomeriggio.
“Quanto ricordi di ieri sera?”, mi domandò allora mio fratello, con tono inquisitorio.
Mi mordicchiai il labbro, riflettendo su ciò che avrei dovuto rispondere. Guardai Allie, cercando nei suoi occhi un aiuto, un consiglio e fu in quell’istante che ricordai.

Louis non ne sa niente, Harry ha preferito dirlo solo a me.
“Credo di aver bevuto molto più di quanto riesca a reggere.”, mentii cercando di apparire quanto più affranta possibile.
Odiavo dove fingere davanti a mio fratello, ma in quel momento sentivo di non avere alternative.
“Molto più? Ti sarai scolata almeno una dozzina di cocktail per finire così!”, mi accusò Louis.
“Andiamo Boo, tua sorella è grande e vaccinata! E poi tu alla sua età facevi di peggio!”, mi difese prontamente Eleanor.
“Io adoro la marmellata!”, esordì Niall, raggiungendoci in sala, attirando la nostra attenzione.
In una mano teneva un barattolo di marmellata alla ciliegia, nell’altra un cucchiaino.
Scoppiammo tutti in una leggera risata nell’osservare con quanta accuratezza e passione la stava degustando.
“Che avete da ridere voi?”, ci chiese corrugando la fronte, con ancora la bocca piena, facendoci ridere ancora più fragorosamente.
Niall si sedette sul bracciolo del divano, accanto a Liam, poi lo vidi cercarmi con lo sguardo.
“Beth, sicura di non volere nulla? Ti vedo ancora più pallida del solito!”, disse al mio indirizzo.
“Ma no, sto benissimo!”, replicai con un sorriso a trentadue denti, cercando di apparire naturale.
“E da dove sarebbe uscito questo nuovo soprannome?”, gli domandò Liam confuso per il diminutivo con il quale mi aveva chiamata.
Niall fece spallucce prima di rispondere, poi mi sorrise dolcemente.
“Allie la chiama Lizzie, Louis sorellina, Harry Liz, così ho deciso che io la chiamerò Beth!”, sentenziò portando un altro cucchiaio ricolmo di marmellata all’altezza della bocca.

Sì, Niall era quel tipo di ragazzo che suscitava tenerezza al solo vederlo.
“Louis, credo sia ora che Lizzie torni al campus con me.”, dichiarò Allie dopo qualche secondo di assoluto silenzio.
Mio fratello storse il labbro, non convinto di quelle parole.
“Andiamo Tommo, prima o poi devo comunque tornarci! E poi ho molto da studiare!”, aggiunsi, sperando di riuscire a convincerlo.
“E va bene, ma vi accompagno io!”, concesse, alzandosi dalla poltrona.
“Ma no, Louis, posso farlo io, tanto devo andare al college anche io!”, si offrì Liam, sorridendo in direzione di Allison.

Mi ero forse persa qualcosa in quelle ore di sonno?
“Ne sei sicuro? Insomma, preferirei…”, provò a dire Louis, ma Liam lo interruppe prima ancora che potesse terminare.
“Non preoccuparti, ci penso io!”, sentenziò ancora con gli occhi fissi in quelli azzurri di Allison.
Anche mio fratello parve accorgersi di quella strana complicità tra i due, tanto che fu costretto ad arrendersi.
“Chiama quando arrivi!”, mi ricordò prima che lo salutassi.

Cosa era successo di preciso quella notte?

"Sta tranquilla, Liz. Ora devi solo riposare.", sussurrò con voce delicata al mio orecchio, adagiandomi quanto meglio possibile sul letto, rimboccandomi poi le coperte.
"Non ci riesco, la testa mi fa troppo male.", mi lamentai quasi mugugnando, tanto che probabilmente non riuscì a capire le mie parole.
"Rilassati, chiudi gli occhi e prova a sognare.", mormorò ancora, acarezzandomi il viso.
Poi iniziò a canticchiare una dolce melodia.
"Buonanotte Harry."

---




Angolo Autrice
Hola girls!:D
Ok, non chiedetemi come sia possibile, ma solo ieri ho visto il video del nuovo tour:
insomma, ma sono davvero super-carinissimi!!!*.*
E Louis è troppo dolce!! Cioè, è favoloso con quel cartello "free hugs"!!<3
E poi la scena con Harry che legge durante la festa...
Sono scoppiata a ridere quando l'ho vista!!xD
Comunque sia, capitolo di passaggio,
del resto ho pensato che ce ne volesse uno dopo gli ultimi avvenimenti!
Ovviamente non ho fatto succedere nulla, per questa volta,
però la situazione di stasi non durerà per molto, vi avverto!ù.ù
Harry è completamente sparito, purtroppo,
mentre la presenza di Taylor inizia ad allietarci (?) sempre di più.
Liam si è offerto di riaccompagnarle al campus... non è che per caso ha finalmente notato Allie??xD
E Niall: quel ragazzo è sempre più dolce!:D
Ringrazio chi ha letto, chi ha messo la storia tra le seguite, le ricordate e le preferite,
ma soprattutto ringrazio chi ha lasciato una recensione!*.*
Alla prossima!:*
                                            Astrea_

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Capitolo 17
*** Too blind to see. ***


h

Take me home

Too blind to see.

Il tempo continuava a scorrere piuttosto monotono. Dopo quella sera, quella in cui mi ero completamente lasciata andare, avevo ripreso la mia quotidiana routine, fatta di lezioni e tanto studio.
Avevo ridotto le visite a casa di mio fratello, volendo a tutti i costi evitare un eventuale incontro con Harry, ma soprattutto non mi piaceva affatto l’idea di essere costretta a mentire a mio fratello.
Preferivo non vederlo, piuttosto.
Di tanto in tanto mi tornavano in mente dei brevi momenti di quella serata in discoteca.
Allie mi aveva raccontato di ciò che era accaduto con Liam. In realtà avevano concluso ben poco, ma almeno erano riusciti a conoscersi meglio e a scambiarsi, per somma gioia della bionda, i numeri di telefono. Tra di loro si era instaurata una strana complicità e, ormai, si sentivano sempre più spesso.
Avevo ricordato gli occhi verdi del riccio fissi nei miei mentre ballava con una bionda, l’espressione di Ryan quando quell’uomo gli aveva consegnato la droga, i miei movimenti sensuali in pista dopo aver inghiottito la pasticca, le braccia di Harry che mi avvolgevano, per poi prendermi di peso e portarmi fuori da quel locale , oltre una serie di immagini sconnesse.

“Smettila di provocarmi Liz, stai davvero sfidando il mio autocontrollo.”, mi aveva ordinato, cercando di reprimere un altro sorriso, l’ennesimo.
“Harry, ma perché i tuoi ricci sono così morbidi?”, gli avevo chiesto, accarezzando la sua chioma ribelle, con voce stranamente languida e civettuola.
Lui non aveva risposto, ma di sottecchi avevo visto formarsi due splendide fossette sulle sue guance, prova inconfutabile della sua espressione compiaciuta.
Aveva mantenuto gli occhi sulla strada per tutto il tempo, cercando di evitare il mio sguardo, il quale, al contrario, era rimasto costantemente fisso sulla sua figura.
“Andiamo, ti porto a letto.”, esordì poi, dopo aver parcheggiato.
“Interessante!”, avevo ammiccato in sua direzione, con un enorme sorriso sornione disegnato sulle labbra .
Harry era sceso dall’auto, per venire dal mio lato. Aveva preso la portiera e, mentre ancora borbottavo qualcosa, mi aveva presa in braccio.
“Oh, che gentiluomo!”, avevo esclamato positivamente sorpresa. “Sembro una principessa adesso!”, avevo commentato poi con aria sognate.
Harry aveva riso, mordicchiandosi il labbro inferiore in maniera terribilmente sexy.
“Certo principessa, ora il suo principe azzurro la porterà al sicuro!”, aveva scherzato lui, reggendo il gioco, mentre oltrepassava la porta di casa.
“Harry, tu sei molto più simile ad Heathcliff che al principe azzurro.”, mugugnai contro il suo petto.
“Però sei bello.”, avevo aggiunto, quasi a volerlo rincuorare.
Harry mi poggiò su un letto, in una stanza in cui non ero mai stata prima di quel momento.
“Devi riposare.”, mi aveva sussurrato.
“Ho tanto freddo e tu sei caldo caldo. Vieni qui.”, avevo detto, aggrappandomi al suo collo, per poi trascinarlo sul materasso, al mio fianco.
“Liz, non credo tu voglia veramente che…”, aveva provato a ribattere.
“Uffa, so io cosa voglio!”, lo avevo interrotto, poggiando la testa sul suo petto, mentre con le braccia avvolgevo la sua vita.
Harry aveva sorriso, poi avevo sentito le sue labbra premere sulla mia fronte.
“Mi ucciderai quando ti racconterò di questa serata!”, aveva mormorato tra sé e sé.
“Harry?”, lo chiamai dopo qualche minuto, mentre ancora tremavo per il freddo.
“Dimmi, Liz.”, mi aveva incitato, avvolgendomi meglio tra le sue braccia per riscaldarmi.
“Mi canti una canzone?”

Era frustrante non riuscire a ricordare ogni dettaglio.
Avrei voluto sapere molte più cose a riguardo, come il perché di quella felpa che ancora non avevo avuto modo di riconsegnare al diretto proprietario.
La settimana precedente avevo chiesto a Louis di passare a prendere quell’indumento per poi restituirlo al riccio, ma lui continuava a ripetere che dovevo riportarglielo personalmente, cogliendo l’occasione per ringraziarlo adeguatamente.
In quei giorni lo vedevo sempre meno in giro per il campus e sempre solo.
Ormai mancava poco più di un mese alle vacanze di Natale. Avevo già iniziato il conto alla rovescia, desiderosa di tornare a casa ed allontanarmi da quella città, da lui.
Allie aveva iniziato a frequentare Liam con regolarità, tanto che ogni sera la sentivo chiacchierare amabilmente con quel ragazzo che sembrava averle rubato il cuore.
Liam era sempre così premuroso e gentile, affabile e comprensivo, responsabile e saggio, l’esatto contrario della mia amica e forse era per questo che insieme si trovavano tanto bene.
Certo, ancora non avevano ufficializzato nulla, Liam continuava a ripetere che era troppo presto e che voleva procedere con calma, ma ormai trascorrevano insieme ogni attimo a loro disposizione.
La cosa sorprendente, tuttavia, era notare come il suo atteggiamento nei confronti dei ragazzi fosse radicalmente cambiato.
Prima era solita mostrarsi amichevole e disponibile con tutti, talvolta risultava persino molto  intraprendente, ma da quando il castano dai dolci lineamenti era entrato nella sua vita aveva iniziato ad ignorare tutti gli altri individui maschili, compresi Ryan e Zayn.
Quest’ultimo, alla fine, si era rassegnato all’idea di non poter affatto competere con il suo amico, in quanto perdeva già in partenza, così aveva ripreso a frequentare diverse ragazze.
Qualche giorno prima avevo rivisto Jack, in aula. Lo avevo salutato da lontano, con appena un cenno della mano. Lui aveva ricambiato il gesto, ma nessuno dei due aveva osato avvicinarsi all’altro. Jack aveva abbassato lo sguardo, come se si sentisse colpevole di ciò che era accaduto, ma io non mi ero affatto preoccupata di rincuorarlo. Avevo girato il viso, posandolo sulla cattedra, lasciando che lui continuasse a crucciarsi tra i sensi di colpa.
“Allora, sei pronta?”, mi chiese Allie stringendomi forte la mano.
Annuii, tenendo ancora lo sguardo fisso sulla cartellina che raccoglieva tutte le ricerche e gli approfondimenti che avevo fatto.
Quella mattina avrei dovuto affrontare il mio primo esame orale con la professoressa Cox. Avevo trascorso tutta la settimana rintanata in camera, studiando notte e giorno, spaventata da quell’imminente data. Sapevo quanto esigente e pignola fosse la professoressa, quanta passione e quanto impegno profondeva nel suo lavoro ed io non volevo assolutamente darle una brutta impressione. Per di più puntavo ad ottenere una borsa di studio per merito alla fine del secondo bimestre, dunque di certo non mi sarei potuta accontentare di un voto che non fosse il massimo.
“Cercherò di dare il meglio di me.”, dichiarai assorta tra i miei pensieri.
“Sono sicura che ce la farai!”, mi incoraggiò Allison.
La tensione in quel momento era quasi palpabile. Avevo affrontato altre prove prima di questa, alcune delle quali erano state decisamente più impegnative e difficoltose, ma ciò non sembrava essere un motivo sufficiente a calmarmi.
Le mani sudavano per il nervoso, il piede sinistro ticchettava sul pavimento ad un ritmo snervante.
Persino scegliere i giusti abiti quella mattina mi era sembrata un’impresa titanica. Insomma, volevo qualcosa di elegante, ma giovanile, di serio e frizzante allo stesso tempo. Avevo provato più di un quarto dei capi del mio guardaroba, poi alla fine Allison mi aveva imposto di indossare dei pantaloni blu, una maglietta bianca ed un delizioso cardigan rosa.
“Ok, tocca a me.”, constatai quando il ragazzo si alzò dalla sedia posizionata di fronte alla professoressa Cox e ai suoi due assistenti.
“In bocca al lupo!”, mi augurò Allie, facendomi l’occhiolino.
“Crepi!”, mimai in risposta, alzandomi per poi raggiungere la cattedra ancor prima che fosse chiamato il mio nome.
“Tomlinson.”, lesse il primo assistente sull’elenco dove erano segnati tutti coloro che avrebbero dato l’esame in quella sessione.
“Salve!”, salutai educatamente, prima di sedermi.
La professoressa Cox mi sorrise, forse nel tentativo di mettermi a mio agio.
“Bene Elisabeth, iniziamo pure!”, esordì appoggiando i polsi sull’estremità del tavolo di legno, per poi intrecciare le mani.

Ricordava il mio nome. Mi aveva chiamata per nome, pensai mentre già procedeva con la prima domanda.
Risposi a tutti i quesiti che mi vennero sottoposti, anche dagli assistenti. Il secondo poi non faceva altro che chiedere chiarimenti e dettagli, nel chiaro tentativo di mettermi in difficoltà, senza però riuscirci. Parlavo con disinvoltura, trattando ogni argomento con i dovuti accorgimenti. Avevo persino creato dei collegamenti del tutto improvvisati, dettati dall’esigenza di rendere il discorso fluido, coeso e coerente. Ero soddisfatta di come stesse procedendo la prova ed il sorriso della professoressa non faceva altro che incoraggiarmi ulteriormente.
Tirai un sospiro di sollievo quando la Cox decise che era giunto il momento di porre fine alla mia esposizione.
“Devo dire che sei stata davvero molto brava, Elisabeth!”, commentò, ripetendo per la seconda volta il mio nome.
Mi chiesi ancora una volta come fosse possibile che lo ricordasse, ma ovviamente i miei dubbi rimasero irrisolti.
“La tua preparazione è davvero eccellente, sono sbalordita!”, si complimentò ancora sorridendomi. “Ma…”, iniziò per poi bloccarsi, come se stesse cercando le parole giuste per continuare.
Il suo volto si tramutò in un’espressione di disagio. Teneva i denti serrati, lo si intuiva dai lineamenti duri della mascella. I suoi occhi vagavano sull’elenco degli studenti, mentre con la mano destra giocherellava con la penna stilografica.
“Non prenderla male, ma credo tu possa fare molto di più.”, riprese dopo qualche istante fissando i suoi occhi verdi nei miei.
Subito ebbi la sensazione di riconoscere quello sguardo così intenso e familiare, ma non riuscivo a comprenderne il motivo.
“Insomma, tu sei una ragazza dalle mille potenzialità, ma non stai ancora dando tutto te stessa.”, chiarii allora, forse avendo notato l’espressione sconcertata del mio volto.
Le sue parole sembravano celare un messaggio più profondo, un consiglio quasi, ma allo stesso tempo mi ferivano più di quanto mi sarei mai potuta aspettare.
“Non capisco cosa voglia dire.”, ammisi quasi in un sussurro.
La professoressa Cox mi  sorrise con fare materno e sulle sue guance si scavarono due piccole fossette.
Mi ricordava terribilmente qualcuno, ma non riuscivo a capire di chi si trattasse.
“Sto dicendo che tu hai studiato, certo, ma sembra che tu non riesca ad andare oltre ciò che c’è scritto.”, spiegò allora.
Rimasi sbalordita da quelle parole, immobile con gli occhi ben saldi ai suoi.
Insomma, mai nessun professore si era lamentato del mio metodo di studio, anzi, tutti non avevano fatto altro che elogiarlo, gratificandomi con mille complimenti.
Lei, invece, aveva trovato dei punti deboli nella mia tecnica di apprendimento e non aveva affatto esitato nel farmeli notare.
In quel momento mi sentivo terribilmente vulnerabile e fragile, scossa e frastornata.
“Non mi hai convinta, sei stata piuttosto sterile, poco originale e poco critica, mi aspetto molto di più da te.”, sintetizzò infine con poche parole, racchiudendo in esse il succo del suo discorso.
Non riuscii a trovare neppure una sola valida argomentazione per ribattere la sua tesi. Le sue parole mi parvero tanto fastidiose e scomode quanto veritiere, così fui costretta ad accettare il suo giudizio.
“Comunque sia, ti meriti un ventotto!”, sentenziò avvicinando la penna al libretto dove avrebbe dovuto annotare la votazione.
Avrei voluto fermarla, dicendole che avrei ridato l’esame alla sessione successiva, ma non ne ebbi il coraggio.
La professoressa segnò quelle due cifre sul foglio di carta, poi rialzò il volto per tornare a fissarmi.
“Complimenti, è un ottimo risultato!”, si congratulò come per congedarmi.
Accennai appena ad un sorriso, poi mi alzai dalla sedia.
“Ah, salutami Louis ed Harry quando li vedi!”, esclamò mentre mi porgeva il libretto.
Aggrottai la fonte non appena compresi quelle parole.

Come conosceva Louis ed Harry? Ma, soprattutto, come faceva a sapere che anche io li conoscessi?
“Sai, da ciò che ho capito quel disgraziato di mio figlio passa più tempo con te che con me, ultimamente.”, aggiunse poco dopo con il tono di una madre rassegnata.
Perché ora nominava suo figlio? Chi era? E cosa aveva a che fare con Harry?
Sorrisi appena, come se avessi capito a cosa si stesse riferendo. In realtà nella mia testa c’era solo una grande confusione.
“Va bene, sarà fatto.”, assicurai annuendo.
“Allora ciao!”, mi salutò la professoressa.
“Arrivederci!”, ricambiai immediatamente con tono più formale.
Appena uscii dall’aula, fui subito accolta dalla grinta di Allison.
“Com’è andata?”, mi chiese venendomi incontro.
“Non male, ho preso ventotto.”, risposi senza dare troppa importanza a quelle parole.
La mia mente era ancora impegnata a ripercorrere la conversazione finale che avevo avuto con la professoressa Cox.
“E ti pare questo il modo di reagire dopo un successone del genere? Andiamo, lo sanno persino i muri che la Cox è un osso duro!”, trillò Allie, provando a contagiarmi con il suo entusiasmo.
Non riuscivo a pensare ad altro: cosa aveva voluto intendere con quelle parole?
Con lo sguardo assorto mi diressi verso la fine del corridoio, alla ricerca di un posto più appartato dove poter parlare con la mia compagna di stanza.
“Lizzie, ci sei? Va tutto bene? Dovresti festeggiare, non cadere in uno stato catatonico!”, iniziò a dire Allie, mentre mi seguiva sventolandomi il palmo della mano davanti agli occhi.
“Credo di aver scoperto una cosa.”, confessai tutto d’un fiato, con aria talmente seria che vidi Alle preoccuparsi.
C’era un'unica spiegazione a tutte quelle strane coincidenze che avevo notato.
Doveva pur esserci un motivo se quegli occhi verdi mi erano sembrati così stranamente familiari e quelle fossette mi ricordavano terribilmente il sorriso di qualcun altro.
“Tu sai qualcosa sulla vita privata della Cox?”, le domandai di getto.
Allison mi fissò scettica, sbattendo più volte le palpebre come a volersi capacitare delle mie parole.
“So solo che ha divorziato qualche anno fa dal marito e che ha due figli piuttosto grandi.”, rispose vaga.
Annuii.
Tutto sembrava combaciare alla perfezione.
Il racconto di mio fratello sugli eventi accaduti alla famiglia di Harry si riassumeva nelle poche informazioni pervenute agli studenti sul conto della professoressa.
Ormai non potevo più avere dubbi, era davvero così.
“È Harry il figlio della professoressa Cox.”, dissi in un filo di voce.
Allie sgranò gli occhi per la sorpresa.
“Ok, questa sì che è una notizia che fa scalpore!”, commentò poi ironicamente.

---







Angolo Autrice
Ta-dan: Lizzie ha scperto l'acqua calda! Facciamole tutte un grande applauso!!!xD
Ok, ok, sono ancora una volta in mostruoso ritardo e sembrerò anche ripetitiva nel dire che non è colpa mia,
ma davvero non posso farci nulla se quei disgraziati della mia scuola dovevano mandarmi a casa martedì sera
ed invece mi hanno fatta uscire ieri alle due, facendomi perdere due treni ed un pullman,
così alla fine ho dovuto aspettare per ben due ore e mezzo alla stazione, prima di partire!-.-"
Comunque sia, sono ora ufficialmente in vacanza!!!*.* Yuppi!!!:D
Ma ora passiamo al capitolo!:D
Lizzie ha ricordato qualcosina della serata trascorsa con il riccio,
anche se, ovvimamente, ora si sono allontanati un'altra volta.
Allison si sente con Liam e già dal prossimo capitolo vedremo come prosegue la loro "storia",
mentre ci toccherà aspettare un pochetto per il ritorno, in grande stile, di Harry!ù.ù
Ah, finalmente Lizzie ha capito che la Cox è la madre di Harry!!
Ce ne ha messo di tempo, però!xD
Ovviamente non potevo non immaginarla che fantastica, quella donna è davvero meravigliosa!:D
E poi è la madre di Herruccio caro!!*.*
Wow, questo pomeriggio sono stranamente prolissa, quindi direi che è meglio darci subito un taglio!xD
Volevo ringraziare le favolose persone che seguono, preferiscono o ricordano:
thank you guys!!<3
E un immenso grazie a quelle che lasciano una recensione,
rendendomi tanto felice da toccare il cielo con un dito, anzi no,
molto di più, almeno tre mentri sopra il cielo!xD
Ok, questa potevo anche evitarla, ma ormai...xD
Grazie anche a chi legge e grazie a chi ha ancora la pazienza per seguirmi!:D
Questa volta, prometto solennemente, aggiorno prestissimo!;)
Alla prossima!:*
                                                       Astrea_

 

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Capitolo 18
*** Your voice in my head. ***


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    Your voice in my head.                    


“Allie smettila di fare avanti e indietro! Stai mettendo a dura prova i miei nervi!”, la ammonii.

Erano minuti che camminava freneticamente per la stanza,
agitando le mani e sbuffando come un treno a vapore.
“E se gli fosse successo qualcosa?”, mi chiese per l’ennesima volta, portando le dita della mano sinistra alla bocca.
“Sta calma!”, le ordinai, alzandomi dal letto.
La afferrai per le spalle, poi la feci sedere sulla sedia della mia scrivania. Lei si lasciò guidare, non opponendo resistenza alcuna.
“Avrà incontrato del traffico lungo la strada.”, provai a dire, nel tentativo di giustificare l’ampio ritardo di Liam.
Quel venerdì sera sarebbero dovuti uscire per il loro primo vero appuntamento.
Allison era stata agitata per tutta la settimana, non aveva fatto altro che pensare a ciò che avrebbe dovuto indossare e ciò che avrebbe dovuto dire. Aveva persino fatto una tabella con tutti gli argomenti di cui avrebbero potuto conversare per evitare silenzi imbarazzanti.
Era strano vederla così intimorita ed eccitata all’idea di dover uscire con un ragazzo.
Di solito lei non si faceva scrupoli, era sempre sicura di sé, non temeva nulla e nessuno. Era lei a dettare le regole del gioco, come aveva fatto con Ryan e Zayn.
Aveva sentito il primo per circa una settimana, erano usciti insieme, ma poi si era stufata e aveva lasciato che i loro rapporti si interrompessero. Con il secondo, invece, aveva dovuto giocare a nascondino per evitarlo, nonostante all’inizio gli avesse mostrato rosee prospettive per il loro avvenire.
Ma con Liam era tutta un’altra storia.
Diceva che le gambe le tremavano al solo pensiero di dover trascorrere del tempo con lui, gli occhi le luccicavano quando ne parlava, le labbra si piegavano automaticamente in un sorriso smagliante quando veniva pronunciato il suo nome.
Una volta mi aveva confessato di esserne innamorata.
Mi aveva raccontato che lo aveva capito pochi giorni prima, quando lo aveva visto in aula, mentre prendeva appunti durante la lezione di diritto.
Allie lo aveva osservato bene oltre il vetro della finestra, dall’esterno, ed aveva sentito una forte fitta all’altezza del cuore quando lui aveva alzato lo sguardo dal quaderno sul quale stava scrivendo per controllare cosa ci fosse scritto alla lavagna.
Aveva corrugato le sopracciglia, forse non avendo ben decifrato la calligrafia del docente, poi aveva sgranato gli occhi come se avesse appena avuto una geniale intuizione, infine aveva sorriso e quel sorriso aveva fatto completamente sciogliere la mia amica.
Era quasi un mese che quei due si frequentavano, anche se come amici, ed Allie era davvero stanca di dover continuare ad interpretare quel ruolo che tanto le stava stretto.
Lei voleva essere più di una sua amica, molto di più.
“Io lo chiamo!”, esordì dopo qualche secondo, scattando in direzione della sua borsa, dove aveva precedentemente riposto il cellulare.
Mi parai davanti a lei, cercando di bloccare quel suo tentativo.
“Sarà qui a momenti, arriverà! Ne sono sicura!”, dissi guardandola negli occhi.
Lei si mordicchiò il labbro, la sua espressione era palesemente preoccupata.
Prese un profondo respiro, poi sistemò i lembi del vestitino nero che aveva deciso di indossare per l’occasione.
“Non mi darà buca?”, mi chiese e per la prima volta nel suo tono di voce notai incertezza, quasi paura.
Scossi il capo, sorridendole.
Questa volta sarebbe toccato a me doverle infondere sicurezza.
“Non lo farà, ne sono sicura!”, la rincuorai, aggiustandole i capelli all’altezza della guancia.
“Liam mi piace per davvero.”, mormorò, con il volto basso, come imbarazzata da quell’affermazione.
D’istinto presi le sue mani e le strinsi tra le mie. Era ancora più bella del solito quella sera, così insicura ma così forte.
Stavo per dirle qualcosa, ma non ebbi neppure il tempo di aprire la bocca che entrambe sussultammo nel sentire la suoneria del suo cellulare.
Allison spostò lo sguardo sulla borsa e con una falcata raggiunse la scrivania dove era poggiata, poi con fretta frugò al suo interno, fino ad estrarne il telefono.
“È lui!”, esclamò in un sussurro, con la mano tremante.
“Rispondi, dai!”, le suggerii, sorridendole per incoraggiarla.
Lei annuì e fece come le avevo detto.
“Ciao Liam!”, lo salutò non appena ebbe accettato la chiamata.
La osservai bene, nel tentativo di comprendere ciò che le stesse dicendo il ragazzo dalle espressioni della mia amica.
“No, a dir il vero sono appena uscita dalla doccia.”, mentì iniziando a giocare con una ciocca dei sui capelli.
Mi avvicinai a lei, avendo intuito che non si trattasse di buone notizie.
“Ma figurati, capisco perfettamente.”, aggiunse poco dopo, mentre le sue labbra si piegavano in un triste broncio. 
“Davvero, tranquillo! Non devi giustificarti! È giusto che tu vada da lei.”, cercò di dire con tono convincente, ma era evidente che di lì a poco sarebbe scoppiata a piangere.
“Non preoccuparti per me! Corri da lei!”, continuò con la voce increspata.
Le accarezzai una guancia, stringendola tra le mie braccia e lei si lasciò cullare. Appoggiò la testa sulla mia spalla e nascose il viso tra i miei capelli.
“Va bene, ci sentiamo. Ciao.”, salutò infine, poi chiuse la telefonata.
Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, Allie ancora teneva il cellulare tra le mani, quasi stesse aspettando un’altra telefonata, o forse voleva solo convincersi di ciò che era appena accaduto.
“Danielle l’ha chiamato, vuole riprovarci.”, mi spiegò con un filo di voce.
Afferrai il telefono e lo posai sulla scrivania, poi trascinai Allie sul suo letto, dove ci sedemmo entrambe.
“Ed ora lui sta correndo da lei.”, aggiunse con gli occhi puntati sul pavimento, affranta e distrutta da quella notizia.
“Ed io che mi ero pure fatta carina per lui!”, urlò poi con tutta la voce che aveva in gola, alzandosi di scatto.
“Sono una stupida!”, gridò ancora, passandosi il dorso della mano destra sugli occhi, così a rovinare il trucco.
“Mi faccio pena da sola!”, tuonò ancora più forte di prima, mentre le lacrime iniziarono a solcare il suo viso.
Continuavo a guardarla, mordicchiandomi il labbro, non sapendo cosa poter fare per aiutarla.
La matita ed il mascara le erano colati sulle guance, facendole diventare nere, il suo naso era più rosso del solito, poi passò una mano tra i capelli, rovinandone l’acconciatura.
Mi faceva male vederla così, tanto male.
Mi alzai e la abbracciai con foga, cercando di trasmetterle calore ed affetto, per farle capire che io c’ero per lei, in quel momento.
Lei iniziò a singhiozzare sulla mia spalla, mentre entrambe ci lasciavamo cadere sul freddo pavimento della nostra stanza.
Allie aveva fatto davvero tanto per me, mentre io non riuscivo a fare nulla per alleviare il suo dolore.
“Vedrai che con il tempo si sistemerà tutto.”, riuscii solo a dire, maledicendomi per la banalità di quella farse.
Il giorno successivo Allie non volle venire a vedere il gruppo di mio fratello esibirsi in un altro locale. Voleva del tempo per riflettere e di certo vedere Liam con Danielle non l’avrebbe aiutata nel superare quel difficile momento.
Io avrei preferito decisamente rimanere al campus con lei, magari vedere un film romantico sorseggiando del tè caldo, ma Niall non mi aveva lasciato scelta.
Inoltre quella sarebbe stata l’ultima esibizione prima di Natale ed anche Louis sembrava tenerci particolarmente alla mia presenza, quella sera.
Presi un lungo respiro prima di entrare in quella specie di pub dove avrebbero cantato di lì a pochi minuti.
“Ciao Lizzie!”, mi salutò Eleanor, quando mi vide nei pressi dell’area adibita a palco.
“Ciao El!”, avvicinandomi a lei, con il chiaro intento di trascorrere il resto della serata in sua compagnia, mentre vedevo chiaramente la sua espressione sollevarsi.
“Per fortuna che sei arrivata! Non ce la facevo più con queste due!”, sussurrò al mio orecchio, indicandomi una bionda e una riccia che purtroppo riconobbi immediatamente.
Erano Taylor e Danielle.
Strabuzzai gli occhi, sorpresa dalla loro presenza.
“Cosa ci fanno loro due qui?”, le domandai con tono disgustato.
“Danielle è tornata con Liam, quella ragazza è peggio di un’arpia! Dovessi vedere come lo tratta!”, borbottò a labbra serrate, per evitare che altri potessero sentirla.
Storsi il labbro a quelle parole, ricordando gli avvenimenti della serata precedente e mi ritrovai a tirare un sospiro di sollievo pensando che Allie non era voluta venire.
“Mentre la bionda con le labbra rosso fuoco è la nuova fiamma di Harry.”, continuò poco dopo, facendo roteare gli occhi al cielo.
Harry.
Ci sarebbe stato anche lui.
Erano giorni che non lo vedevo, non ne avevo neppure più sentito parlare dopo l’esame con la professoressa Cox.
La consapevolezza che a breve l’avrei rivisto mi procurò una fitta allo stomaco. Mi sforzai di sorridere beffarda ad El, per non far trapelare nulla.
“Beh, armati di tanta pazienza, anche perché stanno venendo qui!”, m’informò Eleanor.
“Ciao Bettina!”, mi salutò Danielle, schioccandomi due sonori baci sulle guance.
Bettina?
Mi imposi di rimanere calma, del resto non era affatto buona educazione arrabbiarsi per un semplice nomignolo.
“Ciao Danielle!”, ricambiai, fingendo entusiasmo.
Di sottecchi vidi El sogghignare sotto i baffi, probabilmente quella scena vista dall’esterno doveva essere davvero esilarante.
“Io sono Taylor!”, squittì poi la bionda, porgendomi la mano, che strinsi senza indugio.
“Io sono…”, provai a presentarmi, ma mi interruppe.
“Tu sei Elisabeth! Harry mi ha detto che sei abbastanza simpatica, quindi se sei sua amica, allora sei anche mia amica, Virgi!”, esordì con spavalderia, calcando l’ultima parola quasi come se si stesse prendendo gioco di me.
Deglutii, poi mi trovai a dover serrare i denti per evitare di risponderle a tono.
L’avevo appena conosciuta e già non la sopportavo. Le sue arie da prima donna ed il suo atteggiamento da oca giuliva mi infastidivano, per non parlare poi del fatto che si fosse permessa di chiamarmi con il mio secondo nome, che tanto detestavo.
Se anche ci fosse stata una persona che avrebbe potuto farlo, di certo non era lei.
Insomma, lei non aveva mica gli occhi verdi, i capelli ricci e un sorriso incorniciato da due fossette!
Per un istante mi pietrificai, non appena realizzai l’assurdità del mio pensiero.
Forse le luci di quel locale miste alla pessima musica dovevano avermi stordita.
“Preferirei Elisabeth, o al massimo Lizzie!”, corressi entrambe.
“Ma Harry…”, iniziò Taylor cantilenando.
“Taylor, l’hai sentita, no? Si chiama Elisabeth!”, intervenne Eleanor, con un’espressione inviperita, probabilmente giunta al limite della soglia di sopportazione.
La bionda avvicinò la mano agli occhi, come se volesse controllare lo smalto lucido che aveva sulle unghie, poi sorrise appena, con fare altezzoso.
“Sta per iniziare!”, trillò Danielle, facendoci girare di scatto in direzione del piccolo palco.
Con gli occhi cercai El e subito trovai il suo sguardo complice, così fummo costrette a trattenere una risata.
“Signore e signori, ragazze e ragazzi, ecco a voi gli One Direction!”, annunciò il ragazzo che fino ad un attimo prima aveva mixato la musica alla console.
Il gruppo fece il suo ingresso, subito accolto da una serie di applausi ed urla di incitamento, tra cui anche quelle stridule di Danielle e Taylor.
Non ebbi neppure il tempo di cercare una testa riccia che Niall si avvicinò a me, sorridendomi come non mai.
“Sapevo saresti venuta!”, mormorò al mio indirizzo, veloce come un fulmine, ma efficace, talmente efficace che avvampai all’istante.
Lui mi fece l’occhiolino, poi si girò per raggiungere gli altri.
“Hai fatto colpo!”, mi prese in giro El, dandomi una gomitata sulla pancia.
In quel momento sarei voluta diventare invisibile per l’imbarazzo, avrei voluto nascondere la testa sotto la terra. Sentivo gli occhi puntati su di me, così abbassai violentemente il capo.
La melodia di una canzone che già avevo sentito si diffuse nel locale. Era dolce, familiare, mi infondeva una strana sensazione di tranquillità e pace, ma non riuscivo a ricordare dove l’avessi ascoltata precedentemente.
D’istinto alzai gli occhi e subito incontrai quelli verdi di Harry.
Solo allora mi resi conto che non c’era nessuno che mi osservava, nessuno eccetto lui. Il suo sguardo era intenso, perforante, accusatorio e supplichevole allo stesso tempo. Stava cercando di leggermi dentro, lo capivo dalla sua espressione concentrata. Sembrava volermi chiedere spiegazioni, ma al contempo percepivo volesse darne anche lui a me.
Ero talmente assorta nei suoi occhi che sentii la gola bruciarmi per mancanza di ossigeno.
Tossii, portandomi una mano davanti alla bocca, ed Harry sorrise, mostrando quelle due fossette su entrambe le guance.
“Mi ha sorriso, ha sorriso per me!”, squittì Taylor, perforandomi i timpani.
Socchiusi le palpebre, cercando di ignorare i suoi frivoli commenti.
Quella canzone l’avevo già sentita, nonostante ricordassi perfettamente che non rientrasse tra quelle eseguite settimane prima, nell’altro locale.
But you’re perfect to me.
---
I’ve just let these little things
Slip out of my mouth
‘Cause it’s you
Oh it’s you, It’s you
They add up to and I’m in love with you

And all these little things

Così, senza riuscire a fare altro, passai l’intera serata a contemplare la sua figura, a cercare di imprimere ogni momento, ogni sua espressione nella mia mente.
E non mi importava quanto assurdo potesse essere o quanto ridicola potessi apparire, quella volta la mia razionalità l’avrei lasciata volentieri da parte.
Neppure le buffe mosse di mio fratello, i dolci sorrisi di Niall e le battutine maliziose di Taylor e Danielle riuscirono a distrarmi.
In quel momento nella mia testa, e forse non solo in quella, c’era solo Harry.
Fu allora che ricordai, fu allora che capii dove avevo precedentemente ascoltato quelle note.

“Va bene, canterò una canzone, però tu prometti che farai la brava.”, mi aveva ricattato, con tono tanto dolce che non sarei mai riuscita a dirgli di no.
“Ma io sono sempre brava.”, avevo mugugnato contro il suo petto, prima che l’ennesimo brivido di freddo mi riscuotesse.
Harry si alzò di scatto, liberandosi dalla mia flebile presa. Si avvicinò all’armadio, lo aprì e da esso estrasse una felpa, poi si riavvicinò a me.
“Metti questa.”, sussurrò sedendosi sul letto.
Ero talmente stanca che non riuscii neppure a replicare o a porre resistenza.
Harry prese le mie mani tra le sue, poi le portò verso l’alto e l’istante successivo mi infilò la felpa, con la stessa delicatezza di un padre che per la prima volta prende in braccio il figlio appena nato.
“Your hand fits in mine like it’s made just for me.”, iniziò a canticchiare, stendendosi affianco a me.
Sorrisi nel sentire la sua voce, calda e rassicurante. Mi sistemai meglio, poggiando la mia testa sul suo petto, poi con un braccio avvolsi il suo torace, come se con tale gesto potessi bloccarlo. Il suo respiro cadeva regolare sulla mia pelle, i suoi ricci solleticavano la mia fronte, mentre percepivo distintamente il battito del suo cuore.
“But bear this in mind it was meant to be. And I’m joining up the dots with the freckles on your cheeks and it all makes sense to me.”
Così, cullata da quella dolce melodia, mi addormentai tra le braccia di Harry.
---







Angolo Autrice
Cioè, ma da quanto tempo non pubblicavo si sabato???^.^
Per una volta, almeno, sono stata ultra-puntuale!!:D
E poi... cioè, voglio dire, ma vogliamo parlare dell'immagine??*.*
Vabbè, magari non sarà neanche tutta questa gran cosa, lo so, però è la prima volta che ne faccio una!!*.*
Insomma, le altro volte io ho scelto le foto, poi ci ha sempre pensato mia sorella a queste cose tecnologiche.
Se non si fosse ancora capito, io sono la tipa che si limita a fare il minimo indispensabile con il pc,
 ma oggi ho superato me stessa:
 per qualche istante ho avuto persino la sensazione di essere una fantastica nerd-cervellona!!xD
Okok, poniamo fine al mio attimo di gloria e parliamo di cose serie...
Sono impossibie! Insomma, ci sono capitoli in cui succede di tutto
e poi ci sono serie infinite di calme piatte che, personalmente, detesto.
Liam ha dato buca ad Allie, per poter vedere Danielle,
mentre la nostra Lizzie conosce Danielle e la famosa Tayler.
Nell'ultima parte ricorda addirittura della canzoncina di Harruccio caro.
Insomma, tutte belle cose, però manca un pezzo, il più importante forse:
cioè, tutto tutto 'sto casino Harry che fine ha fatto????-.-"
Bah, dico solo che non vedo l'ora di far chiarire quei due,
anzi, in realtà devo dire che ho già scritto quel pezzo,
forse è per questo che sto pubblicando prestissimo...xD
Ok, mancano poco più di venti minuti alla Pasqua, quindi aguri a tutti!:D
*Che bello, io già ho aperto l'uovo!!!:3*
E, the last but not the least, thank you girls!
You're absolutely amazing!!!*.*
'Cause, giusto per rimanere in tema, I'm in love with you and all your little things!<3
Dunque grazie a chi segue, chi preferisce, chi ricorda,
chi legge e chi commenta!<3
Ok, ora la smetto, che questo angolo è quasi più lungo del capitolo...xD
Alla prossima!:*
                                                                                      Astrea_

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Capitolo 19
*** Right back. ***


f

Take me home

Right back.     


“Lizzie, passami quella valigia, invece di stare lì a guardarmi!”, mi canzonò mio fratello, mentre cercava di far entrare tutto nel cofano della sua auto.
“Come si dice?”, gli feci il verso, sorridendogli sorniona.
Lui fece roteare il capo, rassegnato.
“Per favore, mia adorata sorellina, potresti gentilmente passarmi quella valigia?”, riprovò fingendosi cortese.
“E va bene, per questa volta esaudirò il tuo desiderio, caro Tommo!”, concessi, ancora sogghignando, prima di raggiungerlo con il trolley al seguito.
“Come faranno ad entrare tutti questi bagagli?”, mi chiese con un’espressione a dir poco disperata.
Quel sabato mattina saremmo partirti insieme per tornare a casa, dove avremmo trascorso le vacanze di Natale insieme a tutto il resto della famiglia.
L’idea di allontanarmi da Londra anche se solo per una decina di giorni mi appagava. Avevo bisogno di trascorrere del tempo lontana dal college, dalle lezioni, da lui.
Ormai persino le lezioni con la professoressa Cox erano diventate una vera e propria tortura per la sottoscritta. Ogni volta intravedessi il volto di quella donna, magari anche solo per i corridoi, la testa riccia del figlio balenava nella mia testa ed io non riuscivo a pensare ad altro.
Dopo quella sera era divenuta quasi un’ossessione, ecco perché avevo letteralmente bisogno di disintossicarmi.
Inoltre avevo ricordato altri dettagli riguardo alla notte brava di qualche settimana prima. Nelle mia mente erano chiaramente impresse delle scene in cui ballavo audacemente con Jack, dopo essere stata in bagno. Poi tutto diventava più buio, come se mancasse una tessera del puzzle. Uno alla volta avevo anche rammentato dei frammenti sconnessi, delle immagini nitide che avevano preso vita nella mia testa. Ricordavo le braccia forti di Harry che mi sollevavano di peso dal pavimento, per poi portarmi fuori dal locale. Ricordavo il sedile di un auto dove mi aveva fatta stendere, mentre cercava di tranquillizzarmi con parole appena sussurrate e poi ricordavo le mie braccai alzate, per permettergli di infilarmi la sua felpa, quando ancora tremavo.
Nella mia testa, poi, riecheggiava anche la sua voce, dolce e roca, mentre canticchiava al mio orecchio le parole di quella canzone che avevo riascoltato appena pochi giorni prima, in quel locale.
Certo, avrei potuto chiedergli spiegazioni a riguardo, magari lui mi avrebbe potuta aiutare a colmare i passaggi a me ancora oscuri, ma non ne ebbi il coraggio.
Da una parte, infatti, temevo si sarebbe preso gioco di me, dall’altra ero sicura che mi sarei vergognata come una ladra se solo avessi saputo tutti i dettagli di quella notte. Era come se il mio cervello, in maniera inconscia, mi suggerisse di archiviare la faccenda senza indagare ulteriormente. D’altronde ero quasi certa che se avessi saputo tutto, avrei potuto non accettarlo, finendo per colpevolizzarmi inutilmente ed in maniera eccessiva.
Harry, poi, lo vedevo sempre più di rado, nonostante avesse smesso di evitarmi volutamente. Nell’ultimo periodo era particolarmente impegnato nel portare avanti contemporaneamente le relazioni con Taylor e Caroline, tanto che persino mio fratello si lamentava del poco tempo che trascorrevano insieme.
Dovevo, però, ammettere che era piuttosto divertente vederlo destreggiarsi tra la bionda dalle labbra di fuoco e la trentenne vogliosa.
In teoria lui era ufficialmente fidanzato con Taylor, ma in pratica tutti sapevano, probabilmente anche la sua perfetta fidanzatina, che se la spassava con Caroline. A confermare ciò erano le numerose voci che avevano preso a circolare tra gli studenti riguardo agli atteggiamenti piuttosto ambigui in cui erano stati avvistati nel campus.

Chissà se anche sua madre ne fosse a conoscenza, mi ritrovai a pensare, sorridendo a quell’eventualità.
“Ma che hai da ridere? Vuoi aiutarmi si o no?”, sbottò mio fratello, riscuotendomi dai miei pensieri.
“Andiamo Tommo, non capisco dove sia il problema! Manca solo questo trolley, basterà far pressione su quel borsone laggiù ed entrerà perfettamente!”, esclami un po’ seccata.
“Certo come no! Peccato che manchino ancora altre due valigie!”, controbatté lui, mettendo su un sorriso forzato, mentre poggiava le mani sui fianchi con aria di sfida.
Sbuffai sonoramente, il suo atteggiamento mi stava davvero irritando.
“Louis, le tue sono già tutte dentro, delle mie manca solo questo!”, gli feci notare a denti stretti indicando l’ormai famoso trolley,  cercando di mantenere la calma.
“Ma certo che tu sei ottusa! Mancano quelle di…”, provò a dire, ma fu interrotto dalla voce di qualcun altro.
“Mancano le mie!”, esordì qualcuno alle mie spalle, concludendo al posto di mio fratello.
Di scatto mi voltai, avendo già intuito di chi si trattasse, e subito mi imbattei nel suo sorriso beffardo, incorniciato da due fossette.
“E tu cosa ci fai qui?”, gli chiesi con gli occhi spalancati per la sorpresa.
“Lou non te l’ha detto?”, mi domandò passandosi una mano tra i ricci, divertito.
Il mio sguardo si spostò da Harry a Louis, che ora mi fissava sorridendo al mio indirizzo, quasi volesse addolcirmi con quel semplice gesto.
“Cosa dovevi dirmi, Lou?”, la mia voce era quasi un sibilo, mentre i miei occhi erano due piccole fessure.
“Ops, avevo dimenticato di avvisarti.”, si giustificò lui, credendosi simpatico, tanto che sentii Harry sogghignare. “Harry verrà con noi a casa, per il Natale. Sua madre è partita ieri ed io proprio non me la sono sentita di lasciarlo solo soletto!”, mi spiegò poco dopo.
Harry si avvicinò a lui, affiancandolo come a volerlo proteggere da una mia eventuale reazione.
Respirai profondamente una volta e poi ancora un’altra, mentre continuavo a fissarli.
“Andiamo, non farla così tragica! Non rovinerà il tuo tempo di qualità con mamma e papà!”, provò a dire mio fratello, beccandosi immediatamente un’occhiata omicida.
Ecco, con Harry di mezzo avrei potuto tranquillamente dire addio al clima intimo e confidenziale che avrei voluto ricreare a casa.
Per di più avrei dovuto anche fare i conti con lui, visto che ci saremmo ritrovati a vivere sotto lo stesso tetto per la prossima settimana e mezzo.
“Non vedo l’ora di arrivare a casa!”, bofonchiai, sforzandomi di sorridere. “Beh, visto che ora ci sono due maschi forti e muscolosi come voi, io posso anche entrare in macchina, tanto alle cose di Harry ci pensate voi, giusto?”, ironizzai, avvicinandomi allo sportello anteriore, dal lato del passeggero.
Mio fratello sbuffò, forse seccato dal mio comportamento, ma non me ne curai, piuttosto presi posto in auto ed attesi che terminassero di caricare i bagagli.

A che gioco stava giocando Louis?
Ricordavo perfettamente la conversazione che avevano avuto a casa loro, quando mio fratello gli aveva intimato di starmi alla larga, eppure aveva deciso di invitarlo da noi per le vacanze.
Che avesse cambiato idea?
Certo, ora che comunque Harry era fintamente impegnato con una ragazza le cose dovevano apparire meno rischiose agli occhi vigili di Louis, o forse si era semplicemente reso conto di aver esagerato la volta precedente.
Una ventina di minuti dopo anche loro salirono in macchina, Louis al posto di guida ed Harry sui sedili posteriori.
“Bene, Doncaster ci aspetta!”, dichiarò infine mio fratello, girando la chiave nel quadro, così da accendere il motore.
Il viaggio fu stancante e stressante. Harry e Louis non facevano altro che cantare tutte le canzoni passate dalla radio e di tanto in tanto si soffermavano a commentare l’aspetto delle varie cantanti, lasciandosi scappare anche pensieri piccanti sulle curve di queste.
Tirai un sospiro di sollievo quando finalmente lessi su un cartello ai bordi della strada il nome della mia città, segno inconfondibile del fatto che mancava ormai poco.
Il cuore mi si riempì di gioia quando oltrepassammo il cancello d’ingresso della villa e subito percepii le gambe scalpitare, ansiosa di poter finalmente riabbracciare i miei genitori.
“Mamma!”, quasi urlai correndole incontro non appena Louis ebbe terminato di parcheggiare a lato del vialetto principale.
Lei mi accolse prontamente tra le sue braccia, stringendomi forte.
Solo allora mi resi conto di quanto mi era mancata la mia mamma e di quanto bello potesse essere aver la possibilità di pronunciare quella magica parolina ad alta voce.
“Mamma!”, ripetei allora, sorridendo sul suo petto.
“Piccola mia! Quanto mi sei mancata!”, sussurrò lei tra i miei capelli.
“Johannah, cara, non vorrai mica consumare nostra figlia! Lasciane un po’ anche a me!”, esordì mio padre scendendo dalle scalette che conducevano al portone d’ingresso.
Mia madre allentò la presa, mentre io alzai la testa in direzione della voce che avevo appena sentito.
“Papà!”, lo salutai con foga, abbracciandolo.
Lui rise sommessamente, stringendomi forte.
“Scricciolo, ti trovo benissimo!”, commentò poi, quando interrompemmo quel lungo contatto.
“Ciao vecchi!”, salutò mio fratello, salutando prima la mamma e poi papà.
“Louis, da quanto tempo!”, ricambiò mia madre, prima di lasciargli un bacio sulla guancia.
“Sei sempre il solito spiritoso!”, scherzò nostro padre, dandogli una pacca sulla spalla.
Louis sorrise, poi fece segno ad Harry di raggiungerci.

Quasi avevo dimenticato ci fosse anche lui.
“Mamma, papà”, iniziò per attirare la loro attenzione. “Questo è Harry!”, concluse, indicandolo con un cenno della mano.
“Oh, Harry! Che piacere incontrarti! Louis ci ha tanto parlato di te!”, esordì mia madre, stringendogli la mano. “Io sono Johannah!”, si presentò subito dopo, sorridendogli come per metterlo a suo agio.
Harry era teso, lo capivo dai lineamenti del suo volto. Se avesse potuto, in quel momento sarebbe corso via.
“Io sono Mark!”, si accodò mio padre, offrendogli a sua volta la mano destra.
Harry la strinse con grinta, nel tentativo di apparire più sicuro.
“Allora, che ne dite di entrare in casa? Elisabeth devi raccontarci tutti i dettagli di questi primi mesi!”, riprese poi mio padre, interrompendo quel breve silenzio che aveva seguito le presentazioni.
Annuii, mentre già mi dirigevo verso l’ingresso.
Harry si voltò in direzione dell’auto, avvicinandosi al cofano.
“Tranquillo Harry! Ci penserà la domestica ai vostri bagagli!”, lo richiamò mio padre, sorridendo, aspettando che lo raggiungesse per poi prenderlo sottobraccio e condurlo all’interno.
“Casa dolce casa!”, sussurrai assaporando quegli attimi.
L’ingresso era rimasto lo stesso di qualche mese fa, eccezion fatta per i fiori. Avevo lasciato delle rose rosse, mentre ora c’erano delle orchidee bianche.
Feci un giro veloce, passando per la sala, la cucina, lo studio, il salotto, la mia stanza e il bagno. Tutto era rimasto perfettamente identico a come lo avevo lasciato e nel constatarlo un involontario sorriso prese vita sulle mie labbra. Sembrava che il tempo si fosse fermato all’attimo prima della mia partenza, per poi aver ripreso a scorrere nel preciso istante in cui avevo nuovamente varcato la soglia di casa. Certo, in quei pochi mesi non sarebbe poi potuto cambiare molto, ma averne la certezza mi rassicurò.
 “Lizzie, scendi in sala da pranzo! Stiamo per mangiare!”, mi chiamò la voce di mia madre, dalle scale, dopo qualche minuto.
A passo di marcia li raggiunsi e presi posto intorno al tavolo. Papà e mamma erano seduti ai due estremi, mentre Harry e Louis erano di fronte a me.
“Sono troppo felice di essere tornata!”, gioii, senza curarmi della presenza di Harry.
Probabilmente mi avrebbe presa per una bambina a cui erano mancati i genitori, ma in quel momento ero talmente felice che non m’interessava ciò che avrebbe potuto pensare.
“Lizzie, se non la smetti di sorridere ti verrà una paralisi facciale!”, scherzò mio fratello, facendo ridere tutti i presenti.
“Louis, come sta andando a Londra? Siete riusciti ad ottenere qualche contratto?”, chiese mia madre, prima che potessi rispondergli a tono.
Louis abbassò lo sguardo, senza rispondere.
In realtà avevamo affrontato parecchie volte quel genere di discorso e nella maggior parte dei casi Louis finiva per sbattere la porta di casa e tornare a Londra seduta stante.
“In realtà ultimamente va molto meglio! Subito dopo questo periodo di ferie abbiamo ben tre provini e noi siamo molto fiduciosi!”, rispose Harry al suo posto, sorridendo tranquillamente.

Stava dicendo la verità o mentiva? Perché non ne sapevo nulla?
“Ma davvero? Ne sono davvero entusiasta!”, esordì mio padre con un’espressione positivamente sorpresa e soddisfatta.
“E tu cosa fai Harry? Oltre il canto, intendo!”, gli chiese poi mia madre, stranamente interessata.
“Sto frequentando un corso di economia. In effetti il canto è la mia priorità assoluta, ma non posso permettermi di non avere un’altra alternativa. Così mi sono iscritto ad economia, sono al secondo anno ora.”, rispose ed ancora una volta mi trovai a dubitare delle sue parole.

Erano vere?
Tutti quei dubbi contribuirono a far nascere una nuova consapevolezza in me: Harry lo conoscevo ancora ben poco.
“Bisogna combattere per realizzare i propri sogni, ma bisogna essere anche tanto realisti da aprirsi a nuovi orizzonti!”, lo difese mia madre.

Da quando i miei erano così gentili con gli amici di Louis?
“Fossi in te, insisterei meno sul canto e molto di più sullo studio: è questo l’atteggiamento giusto, ragazzo!”, sentenziò mio padre, sorridendo.
Possibile che Harry avesse fatto colpo sui miei genitori?
Bene, quei dieci gironi si prospettavano più lunghi del previsto.
Terminato il pranzo, mi diressi verso il giardino sul retro della casa, avviandomi verso l’altalena che mio padre aveva fatto montare quando avevo appena cinque anni, saldandola con delle funi ad un ramo di un maestoso albero, poco distante dal roseto della mamma.
Esitai qualche istante, osservano bene il paesaggio per imprimere quegli attimi di totale quiete nella mia memoria, poi mi ci sedetti.
Iniziai a dondolarmi, afferrando le funi tra le mie mani, socchiusi gli occhi ed ispirai profondamente. Mi era davvero mancata la mia casa.
“Liz!”
All’improvviso fui riscossa da una voce che chiamava il mio nome, ma la ignorai intuendo chiaramente a chi appartenesse.
“Liz! Liz, adiamo rispondi! Non farmi arrivare fin là giù!”, continuò Harry, gridando ancora più forte.
Non avevo voglia di parlare con lui, del resto non avevamo proprio nulla da dirci. Diedi una spinta più forte, poi ancora un’altra, tanto da arrivare a toccare le foglie con un piede, come se quel gesto potesse a non sentire.
“Tua madre vuole sapere che programmi hai per le vacanze.”, esordì lui poco dopo.
Nonostante tenessi ancora gli occhi chiusi, percepii distintamente la sua voce proveniva da vicino, molto più vicino di quanto pensassi.
Ancora una volta non risposi, sforzandomi di ritrovare quello stato di beatitudine che si era dilagato nel mio corpo appena qualche attimo prima e sperai che il mio silenzio bastasse a mandarlo via.
“Intendo dire, vuole sapere se hai in programma uscite e rimpatriate con i vecchi amici.”, chiarì Harry, non accennando minimamente a voler andar via.
A quel punto aprii gli occhi, ormai sicura del fatto che non avrebbe desistito tanto facilmente. La sua testardaggine mi innervosiva, il suo volerla spuntare sempre su tutto e tutti mi mandava in bestia. Presi un respiro profondo mentre cercavo il sui viso per poi trovarlo a pochi metri di distanza.
Teneva le mani nella tasche dei jeans, il viso calato verso il basso con lo sguardo perso nel verde del prato. Non aveva la solita espressione da sbruffone egocentrico, al contrario sembrava quasi vulnerabile.
“Tre minuti e la raggiungo.”, esordii, cercando di ignorarlo quanto più possibile.
Rallentai di poco il ritmo dell’altalena, così da prepararmi a fermarla del tutto.
“Se vuoi puoi dire a me.”, propose, alzando il volto.
Con gli occhi rintracciò i miei e nel esatto istante in cui si incontrarono fui scossa da un brivido lungo tutta la schiena. Voltai la testa in direzione del tronco dell’albero, cercando di nascondere le mie guance, sicuramente arrossite a causa di quell’inaspettato ma profondo contatto visivo.
“Preferisco parlarne direttamente con lei.”, decretai qualche secondo dopo, con voce volutamente piatta.
Di sottecchi lo vidi irrigidirsi alla mia risposta, ma subito dopo le sue labbra si piegarono in un sorriso sornione. Non riuscii a capire se tale reazione fosse dovuta al tono che avevo utilizzato o alla risposta che di fatto non aveva ricevuto.
“Per caso devo preoccuparmi di qualche tua vecchia conoscenza?”, mi chiese, avvicinandosi fino ad afferrare le corde dell’altalena, per poi bloccarla definitivamente.
Si posizionò davanti a me, poi calò il suo viso in direzione del mio, quasi volesse ridurre al minimo le distanze tra noi, e per un attimo nei suoi occhi lessi incertezza.
Rimasi completamente spiazzata dal suo gesto. Ci eravamo ignorati per intere settimane dopo quella sera, nessuno dei due aveva trovato il coraggio per chiarire ciò che era accaduto, e per di più lui era anche fidanzato, oltre che impegnato con l’amante. Anche solo questi ultimi due dati di fatto costituivano dei validi motivi per continuare a tenerci lontani, ecco dunque perché non riuscivo affatto a comprendere come in quel momento avesse deciso di eliminare nuovamente le barriere tra noi..
Come poteva cambiare continuamente idea ed atteggiamento nei confronti di una persona?
E come potevo io sottostare ai suoi giochetti da lunatico psicopatico?
“Non capisco.”, sussurrai più a me stessa che a lui, senza essere veramente consapevole delle mie parole pronunciate appena con un filo di voce.
Le nostre labbra erano a pochissima distanza, tanto che sentivo il suo fresco alito cadere sulle mie guance procurandomi scie di intensi brividi lungo tutta la pelle.
Odiavo l’effetto che quel ragazzo aveva sul mio corpo.
“Cosa non capisci?”, mi chiese ridestandomi dai miei pensieri.
L’atmosfera era tesa e troppo silenziosa, quasi come se ci trovassimo nell’occhio del ciclone ed il tutto era terribilmente eccitante.
Il tono schietto e diretto della sua domanda mi spiazzò nuovamente. Solitamente era solito utilizzare frasi mistiche ad effetto che lasciavano libera interpretazione, ma in quella semplice domanda non c’era nulla che potesse essere frainteso: sembrava solo voler mettere da parte tutte quelle maschere che continuava ad ostentare.
Aveva la fronte corrugata ed il sopracciglio destro leggermente inarcato, mentre i suoi occhi verdi erano fissi nei miei.
“Tutto, Harry. Tutto.”, provai a spiegare, senza però sbilanciarmi troppo.
Avevo un turbinio vorticoso di dubbi nella testa, tanto che mi risultava difficile venirne a capo.
Non avrei saputo da dove iniziare, in fin dei conti la sua figura sembrava essere avvolta da un alone di mistero che avrei voluto dissolvere con tutte le mie forze, ma non avevo la più pallida idea di ciò che avrei dovuto fare per far crollare quelle false illusioni che aleggiavano su di lui.
Ormai avevo imparato a conoscere Harry ed avevo ben intuito di che tipo si trattasse, dunque ero ben consapevole del fatto che con lui non potessi mai espormi troppo, se non era lui il primo a  farlo.
Lui non disse nulla, aspettano che continuassi e che chiarissi meglio la mia risposta.
Nuovamente fui invasa da un senso di disorientamento, incapace di proferir parola a riguardo. Dubitavo su talmente tante cose sul suo conto che non mi sarebbe bastato un giorno intero per svelare tutti gli arcani misteri che lo riguardavano.
“Frequenti davvero economia?”, gli domandai di getto, ricordando quel dettaglio della conversazione con i miei genitori.
In realtà probabilmente quella era una della curiosità più sciocche e frivole, ma costituiva senza alcun dubbio un buon punto di partenza.
Perlomeno avrei iniziato a far chiarezza sul suo conto.
Harry sorrise e sulle sue guance si formarono due piccole fossette.
“No, ma volevo fare una bella impressione ai tuoi genitori.”, chiarì facendomi l’occhiolino.
Probabilmente dovetti arrossire completamente perché pochi istanti dopo lo sentii sogghignare divertito come non mai.
“Non prendermi in giro.”, mi lamentai portando la mano sinistra all’altezza della guancia, per poi constatare che fosse realmente accaldata.
“Non lo sto facendo.”, ribatté lui con voce ferma e sicura, tanto che non riuscii a dubitare delle sue parole, nonostante l’evidenza.
“Altre domande?”, mi chiese poi, facendosi di lato così da permettermi di scendere dall’altalena.
“Ne avrei un milione.”, confessai sincera con ovvietà, quasi scandalizzata per quella domanda, poi lo affiancai con un saltello.
Harry sorrise, incrociando i suoi occhi verdi con i miei, probabilmente compiaciuto dalle mie parole.

“Nessun problema, abbiamo tutto il tempo del mondo. Per ora, però, ci tocca raggiungere tua madre”, dichiarò sorridendomi dolcemente, poi ci dirigemmo insieme verso la cucina.

---

Angolo Autrice
Ok, lo so, sono pessimissima considerando da quanto tempo non aggirono,
però credo sappiate tutte quanto sia stressante questo periodaccio...
E così eccomi a quest'ora di notte, sono quasi le due, ad aggiornare inceve che dormire,
visto che domani ho un test di selezione e devo svegliarmi prestissimo...
Vabbè, colpa mia e dei miei ritardi, lo so...xD
Ok, smettiamola con questo clima da "felicità portami via" e veniamo alle cose serie!
Ma beati loro *i personaggi della fic* che sono in vacanza!!!!
Harry sarà a casa Tomlinson per i prossimi giorni e a quanto pare non ha intenzione di perdere tempo con Elizabeth!
Finalmente, dopo non so quanti capitoli, sono tronati a parlare quei due bamboccioni!
Ed ovviamente lei è più confusa che mai!xD
Harry è il solito pallista, della serie racconto balle per fare bella figura, ma tra poco...!;)
Veniamo alle cose importanti:
grazie di cuore a chi segue, prefersce, ricorda e commenta!!!<3 Thank you!!*.*
Stavolta niente immagine, non ho la forza per caricarla...xD
Ok, la smetto qui anche perché non credo di essere particolramente di compagnia in questo momento,
considerato che ho un occhio aperto e uno chiuso...xD
Alla prossima!:*
                                                                     Astrea_

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Capitolo 20
*** Stay for the night. ***


f

Take me home

Stay for the night.     

Mi rigirai ancora una volta tra le coperte, facendo aderire la pancia al caldo lenzuolo che ricopriva il materasso.
Non riuscivo a prendere sonno, quella notte. Il mio letto tutto d’un tratto mi era sembrato troppo grande e morbido. La mia stanza era troppo ampia, la finestra che dava sul piccolo balcone era troppo larga, così da permettere alla luce della luna di risplendere fioca nel buio che mi avvolgeva. Persino le coperte più calde del solito mi infastidivano.
Sospirai, cercando di tranquillizzarmi. Con le mani afferrai il piumone, portandolo oltre la mia testa, per coprirla.
Ormai, nonostante mi costasse molto ammetterlo, il campus era divenuto la mia casa. Era lì che avevo trascorso i momenti più belli ed emozionati degli ultimi mesi ed era lì che avevo pianto, avevo studiato fino all’esaurimento. In quel periodo avevo vissuto tante piccole esperienze che, in un modo o nell’altro, mi avevano aiutata a crescere.
Allie mi aveva aperto gli occhi, Louis aveva cercato di proteggermi, Jack mi aveva fatto scoprire un altro mondo, Niall mi aveva insegnato cosa significasse mostrare affetto.
Anche Harry a suo modo mi aveva aiutata. Lui era arrivato come una ventata d’aria fresca in un torrido pomeriggio d’estate, mi aveva fornito l’ossigeno che mi mancava, riscuotendomi dalla banalità della mia quotidianità. Come un ciclone aveva distrutto tutte le mie difese, per poi aiutarmi a tirar fuori gli artigli. Avevo dovuto combattere contro l’imbarazzo, il disagio, il rossore delle gote, contro la sensazione di non essere mai abbastanza, contro le mie buone maniere e la facciata che avevo costruito durante gli anni.
Probabilmente quella notte l’avrei trascorsa insonne, come era accaduto a Londra, quando mi ero trasferita.
A quel ricordo le mie labbra si piegarono in un leggero sorriso, rammentando quanto la mia vita fosse diversa a quei tempi.
Così, stufa di cercare di addormentarmi senza mai riuscirci, decisi di scendere in cucina, magari un bicchiere d’acqua o una tazza di latte mi avrebbe aiutata a raggiungere il mio intento.
Infilai le pantofole, poi, facendo attenzione a non fare alcun rumore, uscii dalla mia camera.
Il corridoio era completamente buio, la porta della stanza dei miei genitori era chiusa, così come quella di Louis e quella riservata agli ospiti, dove in quel momento dormiva Harry.
Scesi le scale, con le mani ben salde sul corrimano, per evitare che eventuali cadute causate dall’oscurità.
Entrai in cucina e subito mi diressi verso il frigo. Lo aprii ed immediatamente i miei occhi si chiusero a causa della luce emessa da quell’elettrodomestico. Con calma provai a riaprirli, gradualmente, poco alla volta, aspettando che si abituassero a quel repentino cambio di luminosità.
Con lo sguardo indugiai tra la vastità di cibo presente, indecisa tra un pezzo di torta al cioccolato ed un bicchiere di tè freddo alla pesca. Alla fine optai per prenderli entrambi.
“Ma il tuo è un vizio, quello di gironzolare la notte!”, esordì in un sussurro una voce, quella del riccio, facendomi sobbalzare per lo spavento.
Mi girai di poco, vedendolo sulla soglia della porta, mentre sorrideva al mio indirizzo.
I suoi occhi verdi spiccavano nella penombra, tanto che sembravano risplendere di luce propria.
Harry indossava una semplice maglietta nera a maniche corte, probabilmente di cotone, con una scritta a caratteri cubitali che diceva hipsta please e dei pantaloni grigi.
Quasi potei percepire sulla mia pelle il freddo che doveva sentire in quel momento, ma poi mi ricordai di quanto lui amasse girare per casa il meno vestito possibile.
“Non riuscivi a dormire?”, mi chiese, facendosi più vicino alla penisola della cucina doveva avevo appoggiato il piattino contenente la torta.
Scossi la testa, mentre da un cassetto estrassi due cucchiaini.
“Ne vuoi?”, domandai, porgendogliene uno.
Lui annuì, poi si sedette su uno sgabello, di fronte e me.
Iniziammo a mangiare, avvolti da un silenzio religioso. Tenevo la testa bassa, fissa sul cibo, per evitare che i nostri sguardi potessero incrociarsi.
Harry, invece, teneva i suoi occhi puntati su di me, il che rendeva complicata anche un’operazione semplice come quella di mangiare.
“Siete stati bravi l’altra sera.”, provai a dire, cercando di intavolare una conversazione così da rendere più leggera l’atmosfera.
Lui rimase in silenzio, non aggiunse nulla a quel mio frivolo commento.
Dopo la conversazione che avevamo avuto quel pomeriggio avevo sperato che le cose tra noi potessero finalmente sistemarsi, mettendo fine a quelle ridicole circostanze che si erano precedentemente create. Inoltre, Harry si era dichiarato disponibile a metter chiarezza su alcune questioni, ma di fatto ancora non aveva dato alcuna prova delle sue parole.
“Potreste davvero avere un futuro.”, continuai, sperando che cogliesse al volo il pretesto per parlare.
Non avrei retto ulteriormente i suoi occhi puntati su di me.
Ma non arrivò alcun suono dalla sua bocca. Harry continuava a mangiare lentamente la trota, assaporandola, mentre mi osservava con attenzione.
“Certo, avete già riscosso un notevole successo! Magari…”, aggiunsi ancora, sempre più imbarazzata, ma lui mi bloccò con poche e secche parole.
“Dobbiamo parlare.”, dichiarò con fare risoluto.
Rimasi sbalordita dalla sua affermazione, tanto che percepii tutto intorno a me fermarsi per un interminabile istante.
“E non del gruppo o dell’altra sera.”, specificò poco dopo, poggiando il cucchiaino sul piatto di ceramica ormai vuoto.
Avrei potuto dirgli che in realtà non c’era nulla di cui parlare, avrei potuto continuare ad ignorare lui e tutto ciò che aveva a che fare con lui, avrei potuto contraddirmi e lasciare che i mille e mille dubbi sul suo conto continuassero ad affliggermi, oppure avrei potuto affrontarlo, chiarire ciò che era successo quella notte, chiedere spiegazioni riguardo a tutte le questioni ancora irrisolte.
Ancor prima di rendermene conto, avevo già preso la mia scelta.
Sistemai tutti gli oggetti che avevo utilizzato per lo spuntino notturno, poi mi voltai verso Harry e con lo sguardo gli chiesi di seguirmi in salotto.
Lui capii subito, così poco dopo ci ritrovammo seduti sul divano, ancora in silenzio, mentre ci scrutavamo.
Avrei voluto porgli centinaia di domande, ma non trovavo il coraggio per parlare e sperai che iniziasse lui al posto mio.
“Comunque, giocare con le bambole è un ottimo passatempo.”, mormorò, accennando ad un lieve sorriso che subito contagiò anche me.
Aveva ripreso le stesse parole che aveva utilizzato tempo addietro, ma questa volta il suo tono di voce non era per nulla irritato o sdegnato.
“È il tuo modo per chiedermi scusa, questo?”, scherzai nel tentativo di alleggerire la tensione.
“Potrebbe esserlo.”, rispose Harry con tono serio e profondo.
“Mi dispiace per aver detto quelle cose, l’altra volta. Non avrei dovuto.”, mi scusai a mia volta, con un filo di voce.
Certo, le sue parole non erano state chiare come le mie, ma avevo apprezzato ugualmente il gesto.
Lui scosse il capo, facendo muovere anche i ricci ancor più scombinati del solito.
“In fondo hai solo detto la verità.”, ammise con voce graffiata, ruvida, forse ferita, abbassando la testa.
“Ho detto solo un mucchio di scemenze.”, controbattei nel tentativo di rasserenarlo.
I sensi di colpa mi stavano divorando.
“No!”, sbottò lui, alzando nuovamente il capo così da poter permettere ai suoi occhi di incrociare i miei. “È vero quello che hai detto, ma fa parte del mio passato.”, aggiunse come se stesse cercando di convincermi delle sue parole, senza però sapere che in realtà io gli avevo creduto sin dal primo istante.
“Jack e Ryan erano nel mio gruppo, nel mio stesso giro. Li ho conosciuti subito dopo la separazione dei miei. Era un periodo particolare quello, mia madre non faceva altro che piangere, mio padre era sparito e si faceva sentire solo per difendere i suoi interessi economici, io ero fuori controllo e mia sorella doveva farsi carico di tutto. La prima volta che ho fumato una canna è stato con Jack, per un pomeriggio tutti i problemi parvero scomparire dalla mia vita. Poi la canna si è trasformata in altro, non riuscivo più a farne a meno, quella roba mi faceva sentire leggero, in pace con me stesso. Una notte ho esagerato, avevo litigato con mio padre, non ci ho più visto e sono corso da Ryan e Jack, siamo andati in un locale e abbiamo preso altra droga. Loro non mi hanno fermato, anzi. Alla fine mi sentii male e qualcuno mi portò in ospedale, non ricordo neppure chi sia stato. Mia madre scoprì tutto e da allora non ho più avuto il coraggio di farlo di nuovo.”, confessò con la voce incrinata, sforzandosi di contenere tutte intense emozioni che stavano devastando il suo animo. “Non volevo che ti si avvicinassero, non proprio loro.”, spiegò ancora, dopo qualche attimo.
Harry prese le mie mani e le strinse forte tra le sue. Il mio cuore parve impazzire per quel lieve contatto, scalpitava nel petto. La mia mente, invece, si annebbiò del tutto. Riuscivo solo a realizzare quanto fosse piacevole per il mio corpo quella sensazione.
“Mia madre vuole che continui a vedere uno psicologo, dice che può ancora aiutarmi molto.”, riprese qualche secondo più tardi.
“È una sua amica, in realtà non sono delle vere e proprie sedute, ma delle chiacchierate. Secondo lei è importante avere qualcuno che ci ascolti, è importante avere la certezza che esista una persona alla quale poter ripetere centinaia di volte sempre le stesse cose, ci fa sentire meno soli.”, chiarii. “Certe volte però mia madre è assillante. Io sto bene, ma lei sembra non volerlo capire, ha troppa paura che si possa ripetere tutto. Mi chiama, si assicura che vada alle varie sedute, delle volte viene anche lei per verificare che ci sia andato, ma così è come se non si fidasse si me.”, sussurrò, intensificando la presa intorno alle mie mani.
La sua espressione era crucciata, triste, affranta, distrutta. I suoi occhi facevano trasparire tutta la sua debolezza e la sua insicurezza.
“Pretende di tenere la mia vita sotto controllo.”, borbottò a denti stretti.
“È solo preoccupata, tua madre ti vuole bene.”, gli ricordai, sicura che anche lui, in fondo, sapesse quanto sua madre gli fosse legata.
“L’hai conosciuta, vero?”, mi chiese poi, con un leggero ghigno sul volto.
Annuii, mordicchiandomi il labbro inferiore.
“La professoressa Cox oltre ad essere una madre premurosa è anche un’eccellente professoressa.”, commentai, facendolo sorridere.
“Perché non sei rimasto con lei durante le vacanze?”, gli domandai poi, ricordando quanto assurda mi era apparsa la situazione la mattina della partenza.
“Mia madre è andata da Gemma, mia sorella. Però lei ancora non ha accettato ciò che è successo, insomma…”, iniziò a dire, ma non terminò la frase.
Il significato delle sue parole era chiaro: sua sorella non voleva vederlo.
“Louis non ha voluto lasciarmi solo. Lui si fida di me, ma ha delle sue teorie contorte sul Natale, dice che nessuno può passarlo da solo.”, aggiunse per motivare forse la sua presenza a casa mia.
Sorrisi, immaginando già gli strambi discorsi di mio fratello sul Natale.
“Liz, promettimi…”, esordì con più foga, liberando le mie mani dalle sue. “Anzi, no. Prometti a te stessa che non rifarai mai più ciò che hai fatto quella sera in discoteca!”, quasi mi supplicò, facendosi più vicino al mi  viso.
“Prometto.”, sussurrai ad un soffio dalle sue labbra, con gli occhi fissi nel verde dei suoi.
 Harry mi sorrise, come se quelle parole l’avessero tranquillizzato.
“Ah, per la cronaca, da fatta sei uno spasso!”, m’informò con tono ironico, con un ghigno beffardo dipinto sul viso.
Corrugai la fronte e mi sforzai di capire a cosa si stesse riferendo con finta aria spaesata ed ingenua. Nonostante avessi ricordato qualcosa, di certo non lo avrei mai ammesso proprio davanti a lui.
“Andiamo, non vorrai mica farmi credere che non ricordi nulla?!”, quasi mi sfidò malizioso, allargando il sorriso il necessario per veder comparire quelle due fossette sulle sue guance.
“Guarda che l’ho capito che mi stai prendendo in giro! Posso cascarci una volta, non due!”, sentenziai con aria da saputella, incrociando le braccia sotto al seno, sperando di metterlo a tacere.
“Harry, canta per me, solo per me!”, mi fece il verso, probabilmente ripetendo le parole che gli avevo rivolto quella notte.
Avvampai all’istante e sperai con tutta me stessa che stesse scherzando, in fin dei conti io non la ricordavo mica così quella scena.
“Smettila, tanto non ti credo!”, replicai con tono seccato.
Harry dovette trattenere una fragorosa risata, tanto che lo vidi piegarsi in due sul divano.
“Mi hai fatto catare Little Things per ben due volte! E poi hai iniziato a dire cose come Harry, ho freddo! Riscaldami tu che sei sempre così caliente!”, riprese, facendomi imbarazzare.

Davvero avevo detto quelle cose?
“Harry, baciami ovunque!”, sghignazzò ancora il riccio al mio fianco. “Io sono più bella di quella bionda rifatta che ti scopi! Prendi me, prendi me!”, aggiunse, cercando di imitarmi.
“Ma non è vero! Ricordo perfettamente di non aver detto nulla del genere!”, bofonchiai d’impulso, rendendomi conto troppo tardi della verità che le mie parole implicavano.
Harry smise di ridere all’istante. Puntò i suoi occhi su di me e sul suo viso si disegnò un bellissimo sorriso incorniciato da due splendide fossette.
“Quindi non è vero che non ricordi nulla.”, constatò con aria maliziosa, inchiodandomi come il migliore dei detective. “E, sentiamo, ricordi anche quando hai infilato le tue dita sotto la mia camicia?”, mi chiese famelico, provocandomi di proposito.
Sapeva che sarei arrossita a quelle sue parole, sapeva che avrei perso il controllo e la mia razionalità, sapeva che non ero ancora brava a gestire quel genere di conversazione.
D’istinto nascosi la testa su un cuscino, affondandola in esso. Volevo solo che quella tortura giungesse presto al termine.
D’un tratto la risata appena accennata di Harry cessò, sostituita dal tocco delicato della sua mano che mi invitava ad alzare il viso.
L’espressione scaltra e sorniona del suo volto era scomparsa, per lasciare spazio ad una più seria.
Con i polpastrelli delle dita mi accarezzò una guancia, sfiorando le mie labbra, poi sorrise dolcemente.
“Sono ridicola.”, mi lamentai quasi mugugnando, maledicendomi per quell’autocommiserazione che mi ero appena inflitta da perfetta sfigata.
“No, sei bellissima.”, mi corresse lui avvicinandosi al mio viso.
Harry procedeva con calma, come se quella lentezza fosse il suo modo per chiedermi il permesso.
I suoi occhi erano intrecciati ai miei, gli uni assorti negli altri. Con la mano sinistra afferrò la mia e la strinse forte, trasmettendomi tutta l’agitazione e tutto il sentimento che stava provando. L’altra, invece, era ancora ferma sulla mia guancia. La spostò di poco, solo per sistemare una ciocca di capelli. Il suo respiro cadeva gelido sulla mia pelle, procurandomi mille piccoli brividi lungo la schiena. Il mio cuore batteva lento, così come il mio respiro era sempre più profondo e meno frequente. Quasi persi il contatto con la realtà a causa di quel legame totalizzante che mi legava a lui. Non esisteva altro che Harry.
“Tra poco sarà troppo tardi per fermarmi.”, mi ammonì ad un soffio dalle mie labbra, con voce roca e bassa.
Sorrisi a quelle sue parole, sbalordita dal fatto che a pronunciarle fosse stato proprio lui. Ancora una volta era come se volesse chiedermi il permesso per colmare quella lieve distanza.
Lui, quel ragazzo menefreghista e a prima vista superficiale che non si era mai fatto troppi problemi, fregandosene altamente della volontà degli altri, per la prima volta stava prendendo in considerazione l’idea che non toccasse sempre a lui scegliere.
“Allora non fermarti.”, mormorai con un filo di voce, quasi languidamente, ormai con il cervello sconnesso del tutto.
Anche Harry sorrise, poi finalmente fece premere le sue labbra sulle mie. Con la lingua subito chiese l’accesso alla mia bocca, trasformando quel bacio in qualcosa di più passionale, travolgente.
Sentivo il suo petto premere contro il mio. Le sue mani vagavano sul mio corpo, per poi giocare con i miei fianchi, lasciati di poco scoperti dalla maglia che si era alzata. Le mie, invece, erano ancorate ai suoi ricci, con i quali giocavano.

Avrei voluto che quel bacio non finisse mai.
“Resta con me stanotte.”, sussurrai sulle sue labbra, quando ci fummo allontanati il necessario per poterci guardare nuovamente negli occhi.
“E dire che stasera non hai neppure bevuto!”, scherzò lui, ridendo per la sua inadeguata battuta.
Sbuffai sonoramente, infastidita.

Possibile che riuscisse a rovinare momenti come questo?
Non ebbi neppure il tempo di ribattere che subito il suo sguardo tornò su di me.
“Dormiamo insieme, qui.”, propose, sistemandosi meglio sul divano, sorridendomi appena.
Annuii, adagiandomi sul suo petto. Riuscivo a sentire i battiti del suo cuore. Circondò le mie spalle con un braccio, poi si stese, trascinandomi con se.
“Harry?”, lo chiamai dopo qualche istante con un filo di voce.
In risposta ricevetti solo un mugolio assonnato contro la mia pelle.
“Devo ancora farti quel milione di domande.”, gli ricordai, riferendomi alla conversazione che avevamo ancora in sospeso.
“Prometto che domani sarò tutto tuo per rispondere a questo milione di domane.”, sussurrò facendomi perdere un battito al suono di quell’aggettivo possessivo pronunciato dalle sue labbra.

Mio.
“Buonanotte Liz!”, mi salutò poi, lasciandomi un leggero bacio sulla guancia.
“Buonanotte.”, mormorai prima di addormentarmi cullata tra le sue braccia.
L’ultima cosa che vidi furono i lineamenti dolci del suo viso ed il sorriso che si increspò sulle mie labbra quando con una mano sfiorai il suo avambraccio.

---







Angolo Autrice
Ok, rieccoci qui...ù.ù
Stavolta sono davvero di poche parole, sarà che sono distrutta
e ho una voglia pazzesca di andare a dormire...xD
Comunque, sottolineo velocissimamente alcuni punti:
-nel capitolo precedente Lizzie sembra una bimba che non vede l'ora di rivedere i genitori, verissimissimo,
però già nel successivo vedremo come la presenza di Harry influenzi questo aspetto!;)
Insomma, evidenziare quel suo aspetto serviva per rendere più evidente la differenza, più o meno...xD
- si sono baciati, finalmente! Ok, ci sono ancora troppe cose in giro e molte vengono del tutto ignorate,
come ad esempio il fatto che il riccio sia ancora fidanzato,
ma presto i due si trovaranno a fare i conti con tutto, tranquille!
-annuncio già da ora che i giorni a Doncaster prenderanno pochi capitoli, al massimo altri due,
anche perché le cose più interessanti accadranno al ritorno a Londra!;)
-credo che in questo momento il diabete sia salito alle stelle dopo questo chap!
Cioè, vorrei dire, tutto questo zucchero farà fare milioni ai dentisti!xD
Ma vabbè, uno ogni tanto lo posso anche scrivere...xD
Detto questo, ringrazio di cuore le persone che hanno inserito la storia
tra la preferite, le seguite e le ricordate!!<3
Ringrazio chi legge e ringrazio infinitamente chi lascia un commento!<3
Bene bene, vado a rispondere alle recensioni,
che è troppo che non lo faccio e per questo mi vergogno più di una ladra!!
Alla prossima!:*
                                                  Astrea_

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Capitolo 21
*** Our little secret. ***


g


   

Our little secret.     

Un fascio di luce colpì in pieno il mio viso, costringendomi a strizzare le palpebre. Voltai il viso nella direzione opposta, sperando di ritrovare il buio necessario per dormire ancora qualche minuto.
Avevo freddo, ,a nonostante ciò non volevo muovermi. Con una mano cercai a tentoni qualcosa, o forse qualcuno, e mi ritrovai ad affondarla in qualcosa di morbido, probabilmente un cuscino.

Non c’era nessuno.
“Lizzie! Cosa ci fai ancora a letto?”, esordì una voce squillante e fastidiosa.
Con il piumone coprii la testa, come per difendermi.
“Alzati dai! Abbiamo anche degli ospiti, non puoi rimanere in camera tua a dormire!”, mi canzonò mia madre, mentre il rumore dei suoi tacchi rimbombava per tutta la stanza, segno che si stesse muovendo.
D’un tratto fui colpita da un flusso di aria fresca che mi fece rabbrividire.
“Guarda che bella giornata!”, commentò mia madre, probabilmente affacciandosi dal balcone della mia camera.
“Altri cinque minuti.”, mugugnai in un sussurro, con la voce impastata e malferma.
“Elisabeth, Harry e Louis hanno già fatto anche colazione! Stanno aspettando te per fare delle compere!”, m’informò mia madre.
Harry.
Ricordavo ogni dettaglio della sera precedente, compreso quando ci eravamo addormentati sul divano, insieme. Non riuscivo però a spiegarmi come fossi arrivata in camera mia, da sola, poi.

Che fosse stato tutto un sogno?
Portai le mani all’altezza degli occhi, poi li stropicciai. Quasi avevo paura di aprirli e scoprire che tutte quelle immagini, ancora vivide nella minimamente, fossero state solo frutto della mia immaginazione.
“Ecco, da brava! Ti ho preparato anche i vestiti!”, continuò mia madre non appena alzai la schiena, sedendomi sul bordo dell’ampio letto.
“Sono contenta che tu sia a casa!”, sussurrò poi, lasciandomi un leggero bacio sulla fronte, mentre mi accarezzava le guance.
I suoi occhi grandi e vispi mi guardavano amorevolmente. Tutte quelle attenzioni, quell’affetto, quella dedizione mi erano quasi mancate.
Sorrisi, mentre mi godevo quegli attimi di intimità con mia madre.
“Dai, ora preparati! Ti stanno aspettando giù!”, esclamò poi lei, lanciando una guance occhiate agli abiti appoggiati sulla poltrona, a pochi metri dal letto.
Iniziai a stiracchiare le braccia che sentivo indolenzite, poi fui colta da uno sbadiglio tanto intenso che mi costrinse a chiudere gli occhi.
Sentii solo una porta chiudersi, così ebbi la certezza che mia madre fosse uscita dalla mia stanza.
Con lo sguardo cercai di capire quali indumenti avesse scelto dal mio guardaroba e strabuzzai gli occhi quando finalmente compresi di cosa si trattasse.
Piegati in maniera ordinata, facevano bella mostra di sé un orribile gonna blu a pieghe, lunga più o meno fino al ginocchio, una camicia bianca ed un golfino grigio perla sul quale erano disegnati dei teneri cuoricini di colore blu.

Se Harry mi avesse vista conciata così, sarei morta dalla vergogna.
Scossi la testa, sospirando, poi mi avviai verso il bagno della mia stanza, per lavarmi. Così, mentre l’acqua scorreva fresca sulla mia pelle ancora accaldata, pensai a ciò che avrei potuto indossare.
Non avevo mai tenuto particolarmente al mio aspetto, a dirla tutta non me n’era mai importato nulla, ma ora era tutto così diverso. Volevo apparire al meglio, e non solo per Harry, o perché era Allie ad impormelo, ma per me stessa.
Poco più di mezz’ora dopo, scesi dal pano superiore, ormai pronta.
“Buongiorno!”, salutai tutti, entrando in sala.
Mio padre stava leggendo le notizie finanziarie sul giornale, seduto sulla poltrona di pelle nei pressi del camino, mentre mia madre sfogliava distrattamente delle riviste letterarie.
“Ciao scricciolo!”, esordì mio padre, sollevando la testa dalla pagina che stava leggendo.
Mi sorrise e subito mi avvicinai a lui, per dargli un bacio sulla guancia, come ero abituata a fare, poi feci lo stesso anche con mia madre.
“Lizzie, cara, ma che fine ha fatto quell’adorabile maglioncino che ti avevo preparato?”, mi chiese storcendo le sopracciglia, con sguardo inquisitorio, mentre squadrava attentamente il mio abbigliamento.
Avevo optato per una gonna blu, certo, ma a balze e decisamente più corta, abbinata ad una camicia bianco perlato di seta ed un cardigan rosso.
“Mi andava stretto, credo di essere ingrassata!”, mentii con la prima scusa che mi venne in mente.
Mia madre storse il labbro, probabilmente non convinta delle mie parole.
“A me sembri sempre più magra.”, borbottò tornando a leggere chissà quale articolo.
“Lizzie, buongiorno!”, trillò mio fratello, abbracciandomi da dietro.
“Buongiorno anche a te Boo!”, ricambiai rigirandomi tra le sue braccia.
Lui sorrise, poi schioccò un sonoro bacio sulla mia guancia.
“Buongiorno Elisabeth!”, salutò Harry, entrando poco dopo in sala.
Sorrideva, la sua espressione era tranquilla, serena, tanto che dubitai seriamente del reale avvenimento degli eventi della notte precedente.
“Ciao Harry!”, dissi, cercando i suoi occhi verdi che trovai immediatamente.
Il suo sguardo trasmise serenità anche a me, facendomi sorridere al suo indirizzo.
“Allora, andiamo? Devo ancora comprare il regalo di Natale per Eleanor!”, ci incitò Louis, liberandomi dalla sua presa.
“Tommo, El la vedrai direttamente l’anno prossimo!”, gli ricordai.
Lui scosse il capo rassegnato.
“Non posso comprare un regalo di Natale dopo Natale, è la regola!”, dichiarò con ovvietà, facendo ridere tutti i presenti.
“E va bene! Andiamo al centro commerciale!”, gli concessi, ancora sorridendo.
Quando finalmente raggiungemmo la nostra meta fummo travolti da un’atmosfera caotica e stressante. I vari negozi erano tutti stracolmi di gente che comprava, osservava, valutava, un fastidioso e continuo vociare era coperto dai tono alti di melodie natalizie, trasmesse dagli altoparlanti, uomini travestiti da Babbo Natale rifilavano volantini che pubblicizzavano offerte dell’ultimo minuto.
“Dobbiamo comprare anche delle cose per la mamma.”, mi rammentò Louis, tirando fuori dalla tasca un foglietto sul quale aveva appuntato una lista, per non dimenticare nulla.
“Se per te va bene possiamo occuparcene io e Liz, mentre tu prendi il regalo per El!”, propose Harry, con voce atona.
A quelle parole il mio cuore si gelò all’istante, per poi iniziare a battere tanto veloce che temetti fuoriuscisse dal petto.
Voltai il viso in direzione della vetrina di un negozio, sperando di non far trasparire dai miei occhi, probabilmente sognati tutta l’eccitazione che quelle parole avevano procurato in me.
Mio fratello indugiò con lo sguardo su Harry, osservandolo con occhi intimidatori.
“Per sbrigarci prima.”, spiegò il riccio, motivando quella possibilità.
“Va bene, ci vediamo alla fontana tra tre quarti d’ora, intesi?”, disse e nella sua voce quasi colsi una nota minacciosa.
Mi porse il foglio, poi fisso i suoi occhi azzurri nei miei.
“Mi raccomando, prendi tutto.”, aggiunse.
“Certo!”, assicurai afferrando il biglietto. “A dopo!”, lo salutai poi, prima di voltarmi ed iniziare a camminare, subito seguita da Harry.
“Credi che mi stia ancora guardando?”, mi domandò dopo qualche minuto.
Probabilmente doveva ancora sentire gli occhi di Louis fermi su di lui, come se cercasse di ammonirlo.
Di sottecchi guardai alle nostre spalle, ma tra la folla non scorsi più la figura di Louis.
“È andato.”, lo rassicurai, sorridendogli appena.
Harry tirò un sospiro di sollievo e vidi i suoi muscoli rilassarsi all’istante. Si avvicinò di poco a me, poi con un braccio avvolse la mia vita, giocando con un mio fianco, facendomi ridere.
“Non sarei riuscito a resistere ancora a lungo!”, confessò poi, attirandomi a lui.

No, probabilmente non era stato un sogno.
I suoi occhi verdi si fissarono nei miei ed ebbi la sensazione di perdermi in quelle profonde iridi chiare.
Harry mi sorrise, poi poggiò le sue labbra sulle mie.
Certo, lui era fidanzato, noi non stavamo insieme, quello che stavamo facendo era del tutto sbagliato, ma nonostante fossi ben consapevole di tutto ciò non riuscii a fermarlo.
Era bello sentire i suoi ricci tra le mie dita o le sue mani che accarezzavano lente il mio corpo, mi faceva sentire a casa, lì tra le sue braccia.
Intorno a noi si era come creata una bolla che ci isolava dal resto del mondo, ma probabilmente presto avremmo dovuto fare i conti con la sua ragazza, l’università, il mio buon senso e la sua sfacciataggine.
“Da cosa iniziamo?”, mi chiese quando ci allontanammo per riprendere fiato, ancora accaldati ma sorridenti.
Solo allora mi resi conto che quel presto era molto più vicino di quanto pensassi. Insomma, nonostante fossi palesemente attratta da Harry, non sarei riuscita ad ignorare tutti i miei buoi principi ancora per molto. Non sarei riuscita a baciarlo con la consapevolezza che quelle labbra appartenessero ad un’altra ragazza, non gli avrei permesso di giocare con me con le sue regole.
Dovevo assolutamente farmi coraggio e chiedergli spiegazioni, tralasciando imbarazzo e disagio.
“Cosa mi dici di Taylor?”, gli chiesi con un filo di voce, di getto, ignorando la sua domanda.
Lui sgranò gli occhi, palesemente spiazzato da quel nome, poi iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore, mentre probabilmente cercava una risposta.
“Cosa vuoi sapere?”, mi domandò dopo qualche istante, con un‘espressione seria dipinta sul volto, segno del fatto che non mi stesse prendendo in giro, non in quel frangente perlomeno.
Presi un respiro profondo, sperando di trovare dentro di me la forza per portare avanti quel genere di conversazione. Dovevo mettere da parte tutte le mie insicurezze se volevo davvero conoscerlo, se volevo scavare nel fondo della sua anima.
La mia timidezza non mi sarebbe di certo stata d’aiuto.
“Perché mi hai baciata se state insieme?”, specificai cercando di camuffare l’incertezza della mia voce.
Avevo bisogno di sapere ed Harry mi doveva delle valide spiegazioni.
Lui trattenne il fiato per un istante che mi parve interminabile, poi con i suoi occhi verdi cercò i miei.
“Io e lei siamo come il calciatore e la velina: era scontato che ci mettessimo insieme.”, spiegò con voce mesta, mentre le sue labbra si piegavano in un sorriso affranto e sconsolato.
Non aveva propriamente risposto alla mia domanda, ma evitai di farglielo notare.
“Lei ha un bel fidanzato da mostrare alle amiche ed io qualcuna che soddisfi i miei bisogni.”, aggiunse poco dopo con un velo di amarezza.
Non riuscivo davvero a capirlo. Le sue parole sembravano quelle di uno dei personaggi di film drammatici incapaci di far emergere la propria voce in capitolo, uno di quelli che si lasciano trasportare inermi dagli eventi.
“Se non ti piace puoi lasciarla.”, proposi e mentre ancora pronunciavo quelle parole già sentivo le guance imporporarsi per l’imbarazzo.
Harry sorrise, poi portò una man sul mio viso, accarezzandolo.
“Credo davvero che lo farò.”, dichiarò con gli occhi fissi nei miei.
Sorrisi anche io al suono di quelle parole, nonostante il mio cuore avesse perso uno o più battiti in quel momento.
“Perché mio fratello sembra temere una nostra eventuale amicizia?”, domandai ancora, misurando bene ogni singola parola.
Harry ritirò la mano, per poi infilarla nella tasca anteriore dei suoi pantaloni. Parve indugiare qualche istante, prima di tornare con lo sguardo sul mio viso.
Anche quel quesito lo aveva spiazzato, mettendolo in lieve difficoltà. Sembrava combattuto riguardo a ciò che avrebbe potuto dirmi in risposta.
“Lui mi conosce, sa che tipo sono. Pensa che potrei farti soffrire, che potrei spezzarti il cuore, che potrei avere cattive influenze su di te. Meriti di meglio.”, ammise con tono vago.
“Andiamo, è ridicolo!”, ribattei quasi scandalizzata, sbattendo freneticamente le ciglia.
Insomma, quel ragionamento era dannatamente assurdo e antidiluviano.
Harry sogghignò per la mia reazione, poi circondò la mia vita con le sue braccia, facendomi avvicinare di più a lui.
“Potremmo continuare a conoscerci, senza farlo preoccupare inutilmente.”, propose accennando ad un sorriso.
Non avevo ben intuito il significato delle sue parole, ma ero completamente in balia dei suoi occhi ed in quel momento non sarei riuscita a negargli nulla.
“Comunque non lo farei mai, del male, intendo.”, confessò poi con un filo di voce, a pochi centimetri dalle mie labbra.
Il mio cuore prese a martellare come non mai, tanto che temevo sarebbe scoppiato a momenti.
Harry avvicinò ancora il suo viso, fino a lasciarmi un leggero bacio sull’angolo destro della bocca, mentre ancora sorrideva con un’espressione dolce e angelica.
Distolsi lo sguardo, consapevole che non sarei stata in grado di sostenere il suo tanto vicino al mio.
Non sapevo quanto ancora mi avrebbe concesso di indagare sulla sua vita, prima che si richiudesse a riccio, e non volevo affatto rischiare che si innervosisse proprio quel giorno.
“Che mi dici, invece, delle voci che circolano su te e Caroline?”, chiesi, non riuscendo tuttavia a frenare la mia curiosità.
Sobbalzò al sentire quel nome, ma la sua incertezza durò solo qualche attimo. Con un gesto lento afferrò la mia mano, iniziando a giocare con e dita, intrecciandole e disegnando piccoli cerchi immaginari.
Forse cercava di distrarmi, o forse cercava le parole giuste.
“So che è una cosa squallida, ma frequentare delle donne mi ha aiutato a tenere la testa altrove. Caroline è soltanto una delle tante, anche se la sua età e il suo essere fidanzata la rendono ancora più…”, sembrò esitare sull’aggettivo da affibbiarle.
Probabilmente avrebbe voluto definirla eccitante, ma si limitò ad un interessante.
“Anche io sono una delle…”, iniziai con voce tremante per quell’eventualità quasi certa, ma lui mi interruppe, non lasciandomi neppure il tempo di ultimare quella domanda.
“Non pensarlo neanche, Liz.”, esordì lasciando la mia mano, per poi accarezzarmi dolcemente la guancia. “Non avevo mai raccontato a nessuna le cose che ieri ho detto a te, non avevo mai preso una ragazza per mano, né tantomeno mi ero preoccupato di fornirle qualsiasi tipo di spiegazione prima d’ora.”, spiegò con il fiato corto.
Il suo viso era ancora una volta terribilmente vicino al mio. Istintivamente sorrisi, beandomi del suo lieve e dolce tocco sul mio viso, e subito fui ricambiata. Harry fece scendere la sua mano di poco sulla mia guancia, poi con il pollice sfiorò i contorni delle mie labbra. Sentivo il suo sguardo fisso su di me, mentre il mio era concentrato nell’analizzare ogni dettaglio della sua bocca. Lo volevo, volevo sentire le sue labbra premere sulle mie. Harry si sporse ancora, quasi avesse intuito i miei pensieri, poi in un attimo le sue labbra furono sulle mie. Ci volle davvero ben poco prima che quel casto e semplice bacio si trasformasse in qualcosa di più intenso e passionale, tanto che mi ritrovai pochi istanti dopo con il fiato corto e le mani che stringevano forte i suoi ricci, mentre le sue erano scese a stringere con fare possessivo i miei fianchi.
“Dovremmo comprare i regali, ora.”, gli ricordai con un filo di voce, ancora a corto di ossigeno e completamente elettrizzata per quello che era appena accaduto, mentre cercavo di liberarmi da quella presa tanto piacevole quanto imbarazzante.
Lui non fece obbiezioni. Storsi il labbro quando lessi la prima voce dell’elenco.
“Regalo per nonna, pensaci tu.”, quasi declamai per l’assurdità di quell’annotazione.
Harry sogghignò, divertito, cosicché quelle due adorabili fossette si scavarono sulle sue guance.
“E quindi che si fa?”, mi domandò scettico.
Sbuffai, concentrandomi.
Nonna era una vecchietta arzilla, simpatica ed elegante. Adorava le fotografie, la sua casa era piena di cornici contenenti immagini di quando era più giovane. Le piaceva cucinare, ma possedeva ricettari a bizzeffe, tanto da poter fare invidia ad una qualsiasi libreria.
“Profumo?”, propose Harry, interrompendo il flusso dei miei pensieri.
Storsi il labbro, mentre sentivo la fronte arricciarsi.
“Regalare il profumo giusto ad una persona è come trovare un ago in un pagliaio!”, borbottai prendendo a camminare.
“Allora un bel maglione di lana, di quelli doppi e larghi, per tenerla calda!”, ripropose, soddisfatto della sua idea.
Scossi il capo.
Mia nonna con un maglione di lana qualsiasi ci avrebbe accesso il fuoco.
Lei indossava solo seta e cashmere.
“Harry, credo tu non abbia capito che tipo sia mia nonna.”, provai a dire.
Lui non demorse alle mie parole, al contrario mi afferrò per mano, sorridendomi allegramente.
“E sentiamo, che tipo è?”, mi chiese intrecciando meglio le nostre dita.
Una scossa di puro piacere fece tremare la mia schiena, poi d’un tratto mi ritrovai con gli occhi fissi in quelli verdi di Harry.
Era piacevole quella strana sensazione di calore che avvolgeva il mio cuore.
“Le piacciono le foto, la cucina e…”, iniziai, mai mi bloccai all’istante quando un’idea si parò nella mia mente.
“Mia nonna adora il tè!”, esclamai, stupendomi di come non ci avessi pensato prima.
“Come te.”, commentò Harry, non capendo dove volessi arrivare.
“Un servizio da tè, ecco cosa potremmo regalare! E poi magari facciamo anche un salto da Taylors, così le prendo qualcosa di particolare!”, annunciai entusiasta della mia idea.
“Agli ordini, mia signora!”, scherzò lui, sornione. “E che altro ci sarebbe da comprare?”, mi chiese, forse per avere una visione più chiara su tutte le commissioni che ci attendevamo.
“Vediamo…”, iniziai, riportando il foglio sotto gli occhi. “Una penna stilografica per papà, una collana di Tiffany per mamma, un centrotavola di Thun per la domestica e il mio regalo per mio fratello.”, elencai, rimuginando sull’ultimo punto.
“Hai già pensato cosa prendere a Louis?”, mi chiese, fermandosi ad osservare la vetrina di un negozio d’abbigliamento maschile, decorata con mille addobbi natalizi.
“A dir il vero no, ma penso comprerò qualcosa di rosso!”, risposi, scherzando, poi riprendemmo a passeggiare, con ancora le mani intrecciate.
“Potrei prendergli un pupazzo, magari quello dei Power Rangers!”, esordii poi, per nulla convinta delle mie parole.
Harry sorrise e quel suono cristallino mi fece rabbrividire per l’emozione.
“Compragli un paio di bretelle rosse, ne sarà entusiasta!”, mi suggerì lui, ironico, lanciandomi un veloce sguardo.
Era allegro quel giorno, sereno. Ancora una volta non notai alcun tono di spavalderia o sfacciataggine nei suoi atteggiamenti o nelle sue parole. Era più naturale, genuino.
Feci finta di riflettere sulla sua idea, ma in realtà sapevo non fosse del tutto pessima.
“E magari ci aggiungo anche una maglietta a righe, visto che gli piacciono tanto.”, proposi sempre scherzando.
Harry emise uno strano suono, facendomi intuire che non fosse per nulla d’accordo.
“Un orologio!”, esclamò poi serio, come se avesse appena avuto un’idea sensazionale. “Il suo l’ha rotto la settimana scorsa mentre lui e Liam imitavano la pubblicità dei Mikado!”, spiegò, sogghignando nel ricordare quella scena.
“Ottimo! Grazie Harry!”, esclamai e d’istinto mi sollevai sulle punte, fino a lasciargli un leggero e tenero bacio sulla guancia destra.
Harry mi sorrise, piacevolmente sorpreso da quel gesto, mentre io mi sentii morire dall’imbarazzo.
“Pronta per la mezz’ora di shopping più sfrenata che ci sia?”, mi richiamò dopo qualche attimo di silenzio.
Mi sorpresi del fatto che non avesse commentato ciò che avevo appena fatto. Avrebbe tranquillamente potuto riempirmi di battutine ambigue, maliziose che mi avrebbero messa a disagio nel giro di pochi secondi, ma non lo fece.
Mi sorrideva persino con gli occhi verdi e luminosi.
“Andiamo!”, quasi sussurrai, ancora assorta nel contemplare ogni più piccolo dettaglio del suo viso.
Quando tornammo a casa ero distrutta. In realtà più che tre quarti d’ora, avevamo impiegato ben oltre il doppio del tempo per comprare tutti i regali.
Louis aveva provato a chiamarci centinaia di volte, ma dopo i primi due tentativi io ed Harry avevamo deciso di spegnere i cellulari. Alla fine lo avevamo incontrato per caso nei pressi dell’ingresso est, infuriato come non mai. Noi avevamo fatto spallucce, fingendoci innocenti, mentre provavamo a convincerlo del fatto che in realtà i nostri cellulari fossero irraggiungibili.
Prima di salire in camera, mi fermai a bere dell’acqua in cucina, e per qualche secondo socchiusi gli occhi, per recuperare le forze.
Quando poi entrai in camera notai immediatamente un pacchetto rosso adagiato tra i cuscini che sovrastavano il mio letto. Sgranai gli occhi per la sorpresa, ignorando completamente chi potesse essere l’autore di un gesto tanto carino.

Forse Louis, pensai.
D’istinto affrettai il passo, per raggiungerlo, poi mi lasciai cadere sul materasso. Presi quella piccola confezione tra le mani e sotto al fiocco notai un bigliettino.
Lo staccai con delicatezza, poi lo aprii.

Anche se in anticipo, buon Natale. Spero ti sarà utile per annotare tutti i tuoi mille impegni e magari lascerai un posticino anche per me. H. P.s.: stasera solito posto, solita ora?
Sussultai quando lessi quell’iniziale e senza neppure rendermene conto percepii le labbra piegarsi in un ampio sorriso. Con calma scartai il pacco, curiosa di scoprirne il contenuto.
Era un’agenda, una Moleskine azzurra. Era perfetta.
“Lizzie!”, mi chiamò mio fratello dal corridoio.
Saltai sul letto per lo spavento, mentre sentivo il panico montare dentro di me. Nascosi immediatamente il regalo e la carta sotto il letto, poi mi ricomposi come meglio potei.
“Tutto bene?”, mi chiese sporgendosi oltre la porta.
Probabilmente la mia espressione non doveva essere delle migliori, un misto tra felicità e paura.
Annuii, sorridendo sperando di apparire calma e naturale.
“Il pranzo è pronto, andiamo!”, m’informò lui.

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Angolo Autrice
Ehm... Salve ragazze!:D
Ok, è una vita che non aggiorno e mi sento terribilmente in colpa per questo.
Insomma, sono a dir poco scandalosa:
ci è voluto più di un mese per pubblicare un nuovo capitolo!
Sono pessima, lo so...
Però ho avuto davvero tantissime cose da fare tra scuola, università, concorsi...
A propostio, ho fatto l'esame di maturità!!!*.*
Pochi giorni fa ho fatto anche l'orale ed ora posso dire che sono ufficialmente in vacanza!!!
Ok, ok, non voglio perdermi in chiacchiere,
anche perché da poco sto lavorando ad un altra storiuccia e non vedo l'ora di iniziare a pubblicarla...!
Comunque, ecco a voi il nuovo capitolo, interamente dedivato ad Harry e Liz!
Stavolta pare che le cose stiano andando meglio tra di loro, quindi incorciamo le dita!xD
Ho già pronti altri capitoli, quindi prometto che questa volta
non passeranno secoli prima del prossimo aggiornamento!;)
Ma veniamo alle cose importanti: ringrazio chi segue, preferisce e ricorda,
ma ringrazio soprattutto chi durante questo periodo ha atteso il nuovo chap, thank you guys!
Ringrazio infinitamente anche chi ha lasciato una recensione,
rendeno me la girl più happy del world!xD
Alla prossima,
                                                          Astrea_


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Capitolo 22
*** Hole in the middle of my heart. ***


T22

   

Hole in the middle of my heart.     

Liz, abbassa la voce! Se continui così le tue risate si sentiranno fino a Londra!”, mi canzonò Harry, soffocando un leggero sorriso sulle labbra.
Sbuffai, cercando di darmi una calmata. Avevamo continuato a vederci tutte le notti, sempre alla stessa ora, ma non più in sala o in cucina. Entrambi eravamo convenuti sul fatto che lì sarebbe stato troppo rischioso. Chiunque, svegliandosi di notte, avrebbe fatto caso a noi, intenti a parlare sul divano. Così Harry aveva preso a sgattaiolare in camera mia nel bel mezzo della notte, per poi scomparire alle prime luci. Avevo scoperto come le labbra ed il profumo di Harry creassero una sorta di dipendenza, tanto che in quelle poche notti non ero riuscita a farne a meno. Non avevamo detto nulla a Louis, riguardo a questi fortuiti incontri notturni, era come se preferissimo ritagliare quella parte della giornata elusivamente per noi e, per il momento, non sentivamo l’esigenza di comunicarlo a nessuno.
“Dai, vieni qui.”, disse poi, aprendo le braccia come per incitarmi ad avvicinarmi a lui.
Lo assecondai, appoggiai la testa sul suo petto, coperto da una semplice maglietta nera di cotone, mentre con un braccio gli circondavo la vita. Harry passò un braccio sulle mie spalle, poi mi strinse a sé e con la mano iniziò a giocare con le punte dei miei capelli. Eravamo in camera mia, seduti sul letto, coperti dal caldo piumone. Harry teneva la schiena poggiata alla spalliera, mentre il suo viso era chino in direzione del mio.
Stavo bene con lui, nonostante tutto e tutti. Mi sentivo protetta tra le sue braccia, compresa come mai era capitato prima di quel momento, ma, soprattutto, mi sentivo a casa, come se quello fosse il posto esatto in cui mi sarei mai potuta trovare.
“Cosa succederà quando torneremo a Londra?”, gli chiesi di getto, con un filo di voce, cercando con lo sguardo i suoi occhi verdi che risplendevano nell’oscurità della stanza.
Per quanto avessi provato ad ignorare la prospettiva del futuro, non ero riuscita completamente nel mio intento. Avevo bisogno di rispose, di certezze, di un qualcosa, qualsiasi cosa a cui potermi appigliare per rendere meno surreale ciò che stava accadendo tra me ed Harry.
“Non lo so.”, mormorò.
Rimasi quasi delusa dal tono sincero e disaminate che aveva utilizzato. Abbassai il capo, come a volerlo nascondere nella maglietta di Harry.
“Hey!”, mi richiamò immediatamente dopo, mentre con una mano cercava il mio mento.
In un attimo i nostri occhi si incrociarono, provocandomi una serie infinita di brividi lungo tutta la schiena.
“Andrà bene.”, sussurrò a pochi centimetri di distanza dalle mie labbra.
Sorrisi, mordicchiandomi il labbro inferiore. Vidi il viso di Harry avvicinarsi sempre di più al mio, fino a quando sentii premere le sue labbra sulle mie. Mi baciò ed io non mi tirai indietro.
Le nostre lingue giocavano, si rincorrevano. Le mie mani scivolarono tra i suoi capelli, mentre le sue sfioravano i miei fianchi, soffermandosi sulla pelle lasciata scoperta dalla maglia del pigiama.
Rimanemmo così, abbracciati nel mio letto, fino a quando non ci addormentammo insieme, ancora una volta.
Avevamo trascorso il Natale in famiglia. Nonna ci aveva raggiunti per il pranzo ed era rimasta con noi anche per il giorno successivo. Aveva parecchio gradito il regalo, soprattutto un particolare tipo di tè verde che avevo scelto tra le tante bustine comprate da Taylors.
Louis le aveva anche presentato Harry e lei aveva sin da subito mostrato una certa simpatia per il riccio, tanto che aveva preteso la chiamasse per nome dal primo istante. Mia nonna lo trovava ironico al punto giusto, acuto e perspicace. Certo, lei adorava quel burlone di mio fratello, ma con Harry era tutto un altro discorso.
Se avesse potuto, probabilmente l’avrebbe adottato seduta stante. Aveva persino voluto giocare a scacchi con lui, cosa che concedeva solo a pochi, tra cui me e mio padre.
Ovviamente Harry non era riuscito a batterla, nessuno ne sarebbe stato in grado, ma fu bello vederlo concentrarsi sui pedoni, studiando la mossa successiva, senza che lui potesse notare il mio sguardo fisso sul suo viso.
Ebbi la sensazione che mia nonna avesse compreso qualcosa dello strano rapporto che legava me ed il riccio, ma lei preferì non fare domande ed io fui ben lieta di ciò.
Mio padre, invece, continuava a comportarsi in modo sorprendentemente gentile e cordiale con Harry, ma avevo ormai capito che si trattasse di un atteggiamento dovuto dalle circostanze. In realtà non lo sopportava affatto, lo si capiva dai suoi sorrisi forzati e gli sguardi intimidatori che mia madre era costretta a lanciargli prima che parlasse.
Odiava tutto di lui, a partire dai suoi capelli troppo lunghi e disordinati, i pantaloni a vita bassa, il suo sguardo vispo e la risposta sempre pronta. Persino le sue aspirazioni dovevano apparirgli irrealizzabili e infantili, esattamente come quelle di Louis.
Anche Harry lo aveva capito, me lo aveva confessato una mattina quando per pochi minuti eravamo rimasti soli in sala da pranzo, ma fingeva di non curarsi minimamente del giudizio di mio padre.
”Elisabteh Virginia Tomlinson, si può sapere perché diamine non rispondi mai al telefono?”, tuonò la voce di Allison dall’altro lato della cornetta, non appena accettai la chiamata.
Sorrisi nel riconoscere la sua voce che tanto mi era mancata in quei pochi giorni.
“Allie!”, trillai con voce gioiosa, sedendomi sul letto, con la schiena appoggiata alla testata.
“Smettila con questi convenevoli! Ti ho data per dispersa! Londra è cosparsa di volantini rappresentanti la tua faccia!”, borbottò ancora, fingendosi arrabbiata, ma in realtà sapevo che anche lei fosse contenta di risentire la mia voce.
“Allora, come vanno queste vacanze?”, le chiesi, ignorando completamente il suo tono intimidatorio.
Lei sembrò borbottare qualcosa a denti stretti, prima di lasciarsi definitivamente andare.
“Lizzie, mi manchi!”, si lamentò piagnucolando.
Sorrisi, pensando a quanto anche lei mi mancasse.
“E poi sono successe tante di quelle cose!”, iniziò ancora frignando come una bambina.
“Dai, raccontami!”, la incalzai, mentre iniziai a giocare con l’angolo di un cuscino.
“Ma certo che hai proprio una bella faccia tosta, tu!”, sbottò lei e potei chiaramente immaginare la sua espressione irritata in quel momento.
“Tu hai Harry a casa e chiedi a me di raccontare? Sputa il rospo, tanto lo so che è successo qualcosa!”, continuò poco dopo, quasi accusandomi.
Abbassai di colpo il capo, poi iniziai a mordicchiarmi il labbro.
Era decisamente imbarazzante dover raccontare ad alta voce quegli avvenimenti.
Presi un lungo respiro, cercando di mantenere la calma, poi iniziai a riferirle ciò che era accaduto.
“Harry è stato…”, provai a dire, ma le parole mi morirono in gola.
“È stato che? Avete fatto sesso?”, chiese Allie, con foga.
Arrossii violentemente a quella domanda.
“No!”, mi affrettai a negare. “Però è stato gentile, carino.”, aggiunsi poco dopo, completando la frase che avevo lasciato in sospeso.
Allie tirò un sonoro sospiro di sollievo a quelle parole.
“Ti ha baciata?”, mi domandò poi con più calma.
Non risposi, non subito almeno, e lei intese il mio silenzio come una risposta affermativa.
“Lo sapevo!”, affermò con tono deciso. “Del resto era impossibile che tu riuscissi a resistergli!”, commentò ancora, con aria saccente.
“Abbiamo chiarito tante cose, anche riguardo a quella notte in discoteca.”, mormorai dopo qualche secondo, appena ebbi trovato il coraggio per proseguire quella conversazione.
Allie trattenne il fiato, aspettando che continuassi.
“Mi ha raccontato dei dettagli. Credo di averci provato con lui, ma non è successo nulla. Mi ha solo cantato una loro canzone e mi ha messa a dormire.”, spiegai con un filo di voce.
All’imbarazzo si aggiungeva anche la paura che mio fratello potesse sentirmi. Ottuso e testardo com’era, non avrebbe di certo accettato di buon grado il rapporto che si stava lentamente creando tra me ed Harry.
“Wow, il ragazzo è più dolce di quanto possa sembrare.”, borbottò Allie, con voce assorta tra i pensieri.
Probabilmente stava riflettendo su ciò che le stavo dicendo.
“Sì.”, concordai, mormorando. “Mi ha anche parlato di sua madre.”, confessai, lasciando definitivamente l’angolo del cuscino che ancora stavo torturando con le dita.
“E cosa ti ha detto?”, mi chiese curiosa.
Mi fidavo ciecamente di Allie, ma nonostante ciò non le avrei riferito quello che Harry mi aveva detto. Quelle parole, quella conversazione era qualcosa di nostro e sarebbe rimasto tale.
“Nulla di che, stamattina è partito per raggiungerla, dalla sorella. Festeggeranno il Capodanno insieme.”, dissi soltanto.
Sì, Harry aveva preso un treno all’alba, per Sheffield, dove aveva recentemente preso casa sua sorella. Stando a ciò che mi aveva detto il riccio, sua madre era riuscita a convincerla, così Gemma aveva deciso di dargli un’altra possibilità. Ovviamente Harry non se lo era fatto ripetere due volte ed era subito corso da lei.
“Non era il contrario? Natale con i tuoi, Capodanno con chi vuoi?”, ironizzò Allie, riscuotendomi dai miei pensieri.
“Mi ha regalato una Moleskine per Natale.”, mormorai poco dopo, con il fiato corto e l’espressione sognante.
“Cosa?”, urlò lei dall’altro alto del telefono, stordendomi un timpano.
“Allie non gridare!”, mi lamentai, massaggiandomi l’orecchio.
“Scusa se mi è preso un infarto, eh!”, bofonchiò con sarcasmo. “E tu cosa gli hai preso?”, mi chiese poco dopo, con tono decisamente più posato.

Nulla.
Mi vergognai tremendamente per quella mancanza. Harry mi aveva presa alla sprovvista, non avrei mai immaginato potesse farmi un regalo. Avevo anche pensato di comprargliene uno, il giorno della vigilia, ma non riuscivo a decidermi su cosa avrebbe gradito ricevere e di certo non potevo chiedere consiglio a Louis.
Così alla fine il tempo era volato via troppo velocemente, i negozi avevano chiuso ed io mi ero ritrovata con nulla in mano.
“Non gli hai preso nulla?”, domandò retoricamente Allie, cercando di mascherare ogni impressione personale.
“No.”, riuscii solo a dire.
Allie scoppiò in una fragorosa risata che non fece altro che farmi sentire ancora peggio.
“Lui ti ha fatto il regalo e tu no!”, disse sguaiatamente, probabilmente si stava piegando in due dalle risate. “Cioè, ma tu sei un caso senza speranze!”, rincarò la dose.
“Dai Allie, smettila! Mi rifarò la prossima volta!”, tagliai corto, con il broncio sul viso. “Piuttosto, tu cosa volevi raccontarmi?”, le chiesi, spostando l’attenzione su di lei.
Aspettò qualche istante prima di rispondere, per ricomporsi, poi tirò un lungo respiro ed infine si decise a parlare.
“Ho baciato Liam.”, annunciò tutto d’un fiato.
Sgranai gli occhi a quella rivelazione.
“A dir il vero è lui che ha baciato me, o forse io… Insomma, non saprei ben dire chi ha baciato chi, diciamo che ci siamo baciati e basta!”, chiarii con tono risoluto.
Rimasi in silenzio, sconvolta, del resto le ultime notizie che avevo avuto su Liam lo ritraevano felicemente fidanzato con Danielle.
“Era la vigilia, ci siamo incontrati per caso in una panetteria in centro e sull’ingresso c’era il vischio.”, spiegò. “Dovevamo baciarci per forza, c’era il vischio!”, si giustificò con ovvietà.
Sorrisi, immaginando la sua espressione seria nel dire una sciocchezza simile.
“Siete molto tradizionalisti, a quanto pare!”, scherzai, trattenendo una risata.
“Ma che spiritosa che sei diventata!”, borbottò lei, a labbra serrate. “Ieri lui e Danielle si sono lasciati.”, aggiunse poi, con un filo di speranza nella sua voce.
“E tu come fai a saperlo?”, le domandai d’istinto, inarcando le sopracciglia, come sconcertata.
“Me l’ha detto Zayn.”, rispose come fosse la cosa più naturale del mondo.
“Zayn?”, chiesi conferma, con le labbra dischiuse per lo stupore. “E da quando lo senti?”, dissi nel tentativo di fare chiarezza sulla questione.
“Da quando lui, il giorno dopo Natale, mi ha finalmente detto che gli piaccio. Ma sapeva bene anche lui che non potevo affatto ricambiare.”, dichiarò con leggerezza.
Sbattei più volte le palpebre, cercando di razionalizzare ciò che Allison mi stava dicendo, poi deglutii.
“E dopo essere stato rifiutato avete iniziato a sentirvi?”, domandai scettica, scossa da tutte quelle novità.
“Sì, gli ho promesso che lo aiuterò a dimenticarmi.”, sentenziò orgogliosa Allie, tanto che quasi riuscii a vedere il suo viso fiero e soddisfatto.
“Non può dimenticarti se continua a sentirti!”, controbattei, sottolineando quel palese controsenso.
“Certo che può! Gli ho già presentato una ragazza fantastica, si chiama Perrie!”, replicò lei, convinta e sicura delle sue parole.
“Allie, il tuo piano non funzionerà.”, provai a dirle, cercando di farla ragionare.
“Sciocchezze! Funzionerà eccome! E un giorno usciremo tutti insieme: io e Liam, Perrie e Zayn, Louis ed El, Harry e Taylor e tu e Niall!”, trillò allegramente.
Feci una smorfia quando sentii il nome della bionda con le labbra rosso sangue affiancato a quello del riccio, che poi si intensificò nel constatare che io fossi stata messa in coppia con l’irlandese.
“Io non voglio uscire con Niall!”, bofonchiai senza neppure rendermene conto.
“Ah, giusto! Quasi avevo dimenticato la tua infatuazione per Harry!”, si ravvide Allison. “Allora facciamo che tu esci con lui e Niall… Per lui troveremo qualcun’altra!”, corresse infine, sorridendo.
“Io non esco neppure con Harry!”, fui costretta a borbottare per evitare che i suoi pensieri potessero ricevere conferma.
“Ma quanto sei noiosa! Sii sincera, diamine!”, si lamentò lei.
Io sbuffai, ma non le risposi.
Non volevo ammettere un bel nulla.
“Tra tre giorni torno a Londra.”, la informai, cambiando del tutto discorso.
“Non vedo l’ora di riabbracciarti!”, esclamò lei, entusiasta. “Lizzie, io devo andare. Sono arrivati gli zii a casa. Ci sentiamo, ok? Un bacio! E auguri!”, mi salutò veloce come un fulmine.
“Ciao! Auguri anche a te!”, riuscii solo a dire prima che chiudesse la telefonata.
Lo sguardo cadde in automatico sullo schermo del cellulare che non controllavo ormai da giorni.
In altro a destra era evidenziata l’icona che indicava i messaggi non letti. Curiosa aprii la cartella.
Il cuore scalpitava, forse sperando fosse lui.
Ma quando lessi il nome del destinatario rimasi quasi delusa. Risaliva appena alla sera precedente.
Certo, ero più che contenta del fatto che fosse Niall a scrivermi, ma non era lui.
Sorrisi comunque mentre lo leggevo, pensando a quanto carino fosse stato quel suo piccolo gesto.
Le sue parole erano dolci e confidenziali.

Buone feste Beth! Sto mangiando talmente tanto che la mia pancia potrà presto far concorrenza a quella di Babbo Natale! Appena torni a Londra usciamo insieme, ti va? Un bacione grande quanto l’universo, Niall.

---




Angolo Autrice
Ops, sono nuovamente in ritardo...xD
Ok, chiedo scusa ancora una volta, visto che a quanto pare le scadenze proprio non riesco a rispettarle.
Ho una notizia buona, però: ho quasi finito i capitoli di questa storia.
Ecco, in realtà manca solo l'ultimo e l'epilogo,
quindi da questo momento in poi la pubblicazione dovrebbe essere più veloce,
visto che in teoria mi tocca solo rileggere e sistemarli.
Vabbè, tornando alla storia...
Che dire, Harry è andato via per raggiungere la sorella,
mentre la telefonata di Allie porta con sé una serie di novità,
quali la dichairazione di Zayn ed il bacio con Liam.
Certo che la ragazza si è data da fare durante le vacanze, eh?!xD
Altre cose?? Ah, visto che ancora non ho avuto modo di dirlo:
il video di Best Song Ever è fantastico!!*.*
Cioè, voglio dire, è meraviglioso!!!<3
Sono spettacolari, tutti quanti, davvero!!!!!
Ok, superato anche il momento di sfogo represso,
volevo infinitamente ringraziare chi continua a leggere questa storia,
nonostante l'attesa, il caldo, le vacanze e gli impegni!
Grazie di cuore a chi segue, preferisce, ricorda e, soprattutto, lascia commenti!<3
Fatemi sapere cosa ne pensate!!;)
Ho appena postato una nuova storia, Skins... Non metto il link perché purtroppo sono una frana in queste cose, ma se vi va, potreste farci un salto!:D Alla prossima,
                                                 Astrea_

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Capitolo 23
*** It should be me. ***


t23

It should be me.     

“Niall, dovresti cambiare di tanto in tanto! Esistono centinaia di altri locali oltre Nando’s! E magari potresti provare anche qualcosa di più salutare!”, lo canzonai con tono scherzoso.
Ero tornata a Londra da poco, così da poter trascorrere ancora qualche giorno di puro relax in compagnia di Allie.
In realtà era stato Louis a premere per tornare quanto prima possibile, impaziente di rivedere la sua dolce fidanzata che era rimasta a casa per le feste.
Io ne avevo approfittato per recuperare degli arretrati, rimettendomi al passo con il programma spiegato fino a quel momento durante le lezioni universitarie.
Harry, invece, sembrava ancora non essere tornato, probabilmente era dalla sorella e sarebbe rimasto lì fino a quando gli fosse stato possibile.
Non l’avevo più sentito, neppure per gli auguri. Avevo sperato in una sua telefonata, ma ovviamente le mie aspettative erano state deluse. Dal canto mio, invece, avevo troppo poco coraggio e spirito d’iniziativa per farlo. Temevo una mia chiamata avrebbe potuto disturbarlo, annoiarlo, infastidirlo. Ero stata più volte sul punto di premere quel piccolo tasto del mio cellulare sul quale era disegnata una cornetta verde, ma puntualmente avevo rinunciato all’ultimo istante.
“Ma il pollo lì è eccezionale! Devi assolutamente assaggiarlo! Anzi, ti ci porto io, uno di questi giorni!”, controbatté lui, con entusiasmo.
Scossi il capo, rassegnata all’idea che Niall non avrebbe mai modificato le sue abitudini alimentari.
Quel pomeriggio stavo risistemando i miei appunti quando avevo sentito la suoneria del mio telefono risuonare per tutta la stanza.
Niall mi aveva chiamata, senza un apparente motivo, solo per sapere com’erano andate le vacanze.
“Diventerai obeso e pieno di brufoli, prima o poi.”, lo ammonii ironicamente, pensando a quanto in realtà fosse magro.
“Magari riuscissi a mettere anche solo un chilo! Sono settimane che mangio più del solito, ma non ingrasso di neppure un grammo!”, esclamò quasi affranto da quella consapevolezza.
“E tu hai anche il coraggio di lamentarti?”, chiesi scettica. “Ma beato te!”, dichiarai, subito dopo, invidiandolo.
Niall rise dall’altro capo del telefono e la sua risata contagiò anche me.
“Beth, tu sei magra come un’acciuga! Dovresti venire con me da Nando’s!”, riprese poi, una volta che ebbe ritrovato il controllo.
Storsi il labbro, lasciandomi andare ad un’espressione di puro disgusto.
Per fortuna Niall non poteva vedermi, quindi non dovetti preoccuparmi di nasconderla.
Ultimamente sentivo Niall sempre più spesso, tanto che Allie mi aveva già più volte avvertita di fare attenzione alla piega che avrebbe potuto prendere il nostro rapporto.
Secondo lei, infatti, il biondino doveva essere piuttosto interessato a me, ma era troppo impacciato e tenero per dirlo esplicitamente. Così finiva per interpretare la parte del fido amico, disponibile e comprensivo.
Io, ovviamente, avevo screditato le sue teorie con tutti i mezzi a mia disposizione, senza tuttavia riuscire a convincerla.
Adoravo parlare con Niall, mi piaceva trascorre del tempo con lui, anche solo al telefono, ma nel ruolo di amica.
Tuttavia da quando avevo affrontato l’argomento con Allie, temevo che lui potesse scambiare la complicità che ci legava per qualcosa di più profondo che, in realtà, non ci sarebbe mai potuto essere tra di noi.
“Verrò solo se prometti di suonare la chitarra alla prossima esibizione!”, lo ricattai allora, avendo scoperto da poco quel suo naturale talento.
“Sei perfida! Non mi piace suonare in pubblico!”, si lamentò lui, borbottando.
Sorrisi nell’immaginare le sue labbra piegate in un dolce broncio.
“Dovrai farci l’abitudine se vuoi davvero diventare famoso!”, gli feci notare.
D’un tratto sentii bussare alla porta della mia stanza e subito lanciai un’occhiata alle lancette del mio orologio, per avere la conferma di chi si dovesse trattare.
“Nialler, io devo andare. Credo sia appena arrivato Liam ed Allie è ancora chiusa in bagno, quindi tocca a me fare gli onori di casa.”, lo informai con un sospiro, preparandomi ad affrontare il castano.
“Va bene, ciao Beth!”, mi salutò.
Ricambiai frettolosamente, poi chiusi la chiamata e mi catapultai alla porta.
“Allie, c’è Liam!”, urlai un attimo prima di aprire, sperando che mi avesse sentita.
Quella sera sarebbero dovuti uscire insieme per la prima volta, un vero appuntamento romantico.
Liam si era offerto di passarla a prendere, come da manuale, e si era presentato in perfetto orario alla sua porta.
Allie, invece, doveva essere piuttosto in ritardo, nonostante avesse trascorso più di un’ora in bagno, per prepararsi adeguatamente al grande evento.
“Ciao!”, salutai quando spalancai la porta.
Sgranai gli occhi alla vista della persona che aveva accompagnato il castano.
“Louis, cosa ci fai qui?”, chiesi a mio fratello, stupita dalla sua presenza.
Lui mi sorrise, facendosi più avanti fino ad entrare nella mia stanza.
“Che brutta accoglienza, sorellina! Sono venuto a trovarti, no? Non potevo mica lasciarti sola mentre questi due uscivano a far baldoria!”, esordì allegramente, indicando Liam con un cenno della mano.
Solo allora notai quanto fosse elegante quella sera.
Indossava una camicia a quadri, chiusa fino al colletto, una giacca grigia che teneva sbottonata e dei jeans scuri. Sul polso spiccava un orologio nero, elegante ma ben visibile. I lineamenti del suo viso erano tesi, probabilmente doveva essere piuttosto agitato all’idea di uscire con Allie.
I suoi occhi color nocciola ne erano la chiara prova, ancor più della sua espressione insicura. Nella mano destra teneva un’unica grande rosa rossa, la preferita della mia amica.
Mi guardava spaesato, mentre sulle sue labbra era appena abbozzato un mezzo sorriso. Era dolce, di quella dolcezza che la mia amica trovava estremamente sexy.
Sorrisi, pensando ai commenti poco casti che Allie avrebbe fatto nella sua mente di lì a poco.
“Dai, entrate!”, li invitai, facendomi di lato, cosicché potessero passare. “Allie arriverà a minuti, dovrebbe essere quasi pronta.”, decretai infine, richiudendo la porta alle mie spalle.
Mio fratello si buttò immediatamente sul mio letto, facendo cadere sul pavimento i quaderni che avevo precedentemente appoggiato su di esso.
“Sei sempre il solito maldestro.”, brontolai giocosamente, sedendomi accanto a lui.
Liam si guardò intorno, probabilmente non sapendo cosa fare, a completo disagio in un ambiente a lui del tutto estraneo.
“Eccomi!”, esordì proprio in quell’istante Allie, facendo capolinea oltre la porta del bagno. “Scusa per il ritardo, non ho calcolato bene il tempo.”, disse con un mezzo sorriso a Liam, avvicinandosi alla scrivania, dove era poggiata la sua pochette.
Era davvero bellissima quella sera.
Aveva indossato un semplice abito monospalla dai colori sgargianti e vivaci. La vita era segnata da una fascia che si chiudeva in un fiocco fissato sul fianco sinistro, mentre la parte inferiore dell’abito scendeva larga fino alle cosce.
I capelli erano raccolti in un ordinato chignon che lasciava libero solo un piccolo ciuffo, sistemato accuratamente sulla fronte. Aveva anche indossato dei pendenti e una serie di bracciali che si abbinavano perfettamente al colore del vestito e delle scarpe, dei tacchi non eccessivamente alti.
Quasi Liam ebbe un infarto quando la vide in tutto il suo splendore e Louis fu costretto a dargli una pacca sulla spalla, per riscuoterlo da quello stato di trans in cui sembrava essere precipitato.
Dovetti trattenere una risata, per non mettere il castano in ulteriore disagio.
“Cenerentola, per mezzanotte a casa!”, scherzai per smorzare la palpabile tensione che aleggiava nella piccola camera.
Allie mi sorrise, facendomi l’occhiolino, poi terminò di riporre le ultime cose nella piccola pochette.
“Questa è per te!”, esordì Liam con fare imbarazzato, porgendole la rosa che fino a quel momento aveva stretto tra le dita.
“Grazie.”, mormorò piacevolmente sorpresa la bionda, lasciandogli un bacio di ringraziamento sulla guancia.
“Noi andiamo!”, salutò poi, con un cenno della mano, avviandosi verso la porta.
“Divertitevi e non fate i porcellini!”, esclamò mio fratello, scherzando come al suo solito.
Intravidi Liam afferrare la mano di Allie, per poi stringerla tra la sua, un attimo prima che la porta si richiudesse, poi scomparvero dalla mia vista.
“Sono proprio carini insieme!”, commentai sospirando, sdraiandomi sul letto.
Louis mi affiancò subito, poi afferrò un peluche che tenevo sul cuscino ed iniziò a giocarci.
“Io ed El, però, li battiamo!”, chiarì con tono risoluto.
“Certo.”, lo assecondai fissando il soffitto bianco.
Poi, all’improvviso, un’idea malsana prese piede nella mia testa.
Ero da sola con mio fratello, il miglior amico di Harry.
Non avevo più notizie del riccio da troppo tempo, mentre mio fratello ero certa lo avesse continuato a sentire in quei giorni.
Forse avrei potuto sfruttare l’occasione a mio vantaggio.
Era scorretto, soprattutto se si trattava di dover sfruttare Louis, questo lo sapevo bene, ma era l’unico mezzo a mia disposizione per avere sue notizie.
“State attenti anche alla coppia Taylor ed Harry!”, provai a dire, fingendomi ironica.
Quella breve e felice parentesi che avevamo vissuto costituiva per me una grande incognita.
Per quei pochi giorni ci eravamo rifugiati in un mondo tutto nostro, in cui non esisteva altro che noi. Avevamo dimenticato i problemi, le difficoltà, gli impedimenti, la realtà.
Ma cosa sarebbe successo al suo ritorno?
Harry era fidanzato e questo non l’avremmo potuto ignorare per sempre, nonostante lui non se ne preoccupasse affatto. Ero io a non poterlo tollerare.
Non gli avrei permesso di baciare le mie labbra ancora una volta come se fossi la sua amante segreta. Era quasi umiliante per me, dover vivere nell’oscurità.
“No, tranquilla! Loro pensano solo al sesso!”, sdrammatizzò Louis, con leggerezza, non immaginando neppure quando quelle parole potevano ferirmi.
“Considera che sono già due notti che dorme fuori!”, aggiunse poco dopo, facendo spallucce.

Harry era tornato?
Cercai di sorridere, forzando le labbra, mentre qualcosa all’interno del mio petto si sgretolava lentamente.
“Ma non doveva andare da sua sorella?”, gli chiesi, sperando di ottenere altre informazioni.
“Infatti! È tornato solo due giorni fa, ma ancora non ha avuto neppure il tempo di disfare le valigie.”, mi spiegò annuendo, come se fosse soddisfatto del comportamento del suo amico.
Sentii un tonfo al cuore, qualcosa di duro e tagliente lo perforò, procurandomi un dolore lancinante.
Poi una sensazione di vuoto si impadronì del mio corpo e della mia mente.
Del resto avrei dovuto capirlo dal primo istante.

Cosa potevo mai aspettarmi da un tipo come lui?

Harry voleva solo divertirsi, lo avevo sempre saputo, ma nonostante ciò non ero riuscita neppure una volta a sottrarmi al suo gioco di sguardi, dolci parole e baci rubati.
Lui era quel tipo di ragazzo che desiderava, più di ogni altra cosa, essere desiderato.
Mi diedi della schiocca e probabilmente se non ci fosse stato Louis avrei sentito le lacrime scorrere sul mio viso, bagnandolo.
Avevo persino nascosto quella storia a mio fratello, da pessima bugiarda e codarda.

Cos’ero diventata? Cosa mi aveva fatto Harry?
Lo avevo assecondato mentre tradiva la sua ragazza, avevo mentito a Louis, avevo ingannato i miei e, soprattutto, ero venuta meno ai miei principi.
Ancora una volta percepii un enorme buco scavarsi nel mio petto, che mi fece scivolare in un profondo ed oscuro baratro.
Mi vergognavo infinitamente di tutto ciò che avevo fatto, me ne vergognavo con tutta me stessa, ma non riuscivo a pentirmene.
Del resto pentirsi avrebbe dovuto includere anche Harry e lui non avrei mai voluto cancellarlo.
Detestavo ciò che mi aveva fatto, detestavo lui e tutti i suoi fastidiosi ed irrazionali modi di fare.
Ma, sopra ogni altra cosa, detestavo il fatto che avrei voluto che fosse tornato da me, piuttosto che da Taylor, avrei voluto non essere solo un’occasione colta al volo.
In fondo lui, per me, non sarebbe mai stato solo ciò.

---













Angolo Autrice
Buona domenica a tutte/i!:D
Questa volta aggiorno dopo appena cinque giorni e la cosa sorprene persino me!!!!
Comunque, per preparare questo capitolo ci ho messo un'eternità!
Quando l'ho scritto su word avevo dimenticato di mettere subito un titolo,
così quando poi sono andata a copiarlo dall'elenco che ho su un altro file
non ci ho capito più niente perché le cose non combaciavano.
Morale della favola? Alla fine avevo scritto un capitolo in più e registrato un titolo in meno!-.-
Ok, tralasciando questi piccoli incidenti di percorso, torniamo a noi!:D
Niall chiama Lizzie ed ormai sono sempre più amici,
mentre Allie ha finalmente il suo primo ed ufficiale appuntamento con Liam!
Louis fa un salto dalla sua sorellina e lei, ovviamente (-.-"), ne apprfitta per chiedere di Harry.
Davvero, quando fa così proprio non la sopporto!xD
Ma vabbé, Lizzie è stata una sfida sin dall'inizio per me, quindi...
Anyway, dalla settimana prossima si ricomincia a studiare
ed io sono davvero psicologicamente devastata, lo giuro!
Non so proprio dove trovare la forza di aprire quel maledetto libro!!!
Però proprio per questo avevo pensato di organizzarmi meglio,
magari stabilendo dei giorni fissi, non so,
anche perché tra questa storia, l'altra e delle bozze a cui sto lavorando rischierei di fare un casino.
Al solito mi dilguo troppo, quindi ora la smetto.
GRAZIE a chi legge, segue, preferisce, ricorda e soprattutto commenta!!! <3
Davvero, i vostri pareri sono importanti, quindi...!!;)
Ok, scappo a scrivere qualcosuccia che oggi sono in vena!xD
Alla prossima,
                                                                  Astrea_

 

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Capitolo 24
*** Heartache doesn't last forever. ***


t23

Heartache doesn't last forever.     

Mi alzai lentamente dalla mia sedia, esausta al termine di quelle due ore di lezione.
Ero decisamente fuori forma, sentivo chiaramente quando i miei muscoli fossero stanchi ed indolenziti, ma soprattutto svogliata.
Era come se, tutto d’un tratto, avessi perso l’interesse per le parole proferite con tanto amore dalla professoressa Cox, che aveva appena tenuto una lezione a cui non ero assolutamente potuta mancare.
Nonostante la mia presenza fisica, però, ero stata del tutto assente in aula.
La mia mente continuava a vagare sul discorso che avevamo fatto ieri io e Louis, ricordavo perfettamente ogni sua battuta ed ogni qualvolta la sua voce riecheggiasse nella mia testa, percepivo una forte fitta al cuore, seguita da un’opprimente sensazione di vuoto.
Mi mancava l’aria per qualche istante, probabilmente dimenticavo di respirare troppo concentrata sui ricci del viso che si parava davanti ai miei occhi, e alla fine, quando percepivo la gola bruciare, ero costretta a scuotere il capo e tornare a fissare la lavagna.
Provavo a seguire, guardavo sua madre con attenzione, cercando di riallacciarmi al discorso che stava tenendo e che diveniva sempre più complesso, ma poi la professoressa sorrideva e quel sorriso per me era un altro colpo al cuore.

Era identico a quello del figlio.
Così avevo tamburellato con la penna sul foglio bianco del mio quaderno per tutto il tempo, senza scrivere nulla su di esso. Una volta avevo provato a prendere qualche appunto, pensando che mi sarei potuta accontentare anche solo di qualche parola particolarmente importante, ma avevo finito per fare uno scarabocchio sull’angolo destro del foglio. Alla fine mi ero arresa, comprendendo che quella mattina non sarei riuscita a concludere nulla, ed avevo atteso che il tempo scorresse lento ed inesorabile.
Fortunatamente non c’era nessuno che conoscessi a quella lezione, così non avevo neppure dovuto fingere interesse.
“Arrivederci professoressa!”, la salutai mentre mi dirigevo verso l’uscita.
Lei era ancora intenta a sistemare le sue cose, sparse sulla cattedra di legno.
“Elisabeth!”, mi richiamò lei, costringendomi a fermarmi.
Mi voltai e fui subito accolta da un caldo e rassicurante sorriso materno.
“Si?”, chiesi retoricamente, cercando di capire quali fossero le sue intenzioni.
Non avevo ben capito, infatti, se volesse dirmi qualcosa o il suo fosse solo un modo alternativo per salutarmi.
Con la mano destra mi fece segno di avvicinarmi a lei. Sorrisi appena, cercando di mascherare quella crescente sensazione di disagio ed imbarazzo.
Altri studenti stavano uscendo dall’aula, alcuni erano ancora fermi a chiacchierare tra i banchi.
Strinsi la mano sinistra in un pugno, come per farmi forza, e feci come mi aveva suggerito.
“Tutto bene?”, mi chiese quando fummo abbastanza vicine da evitare che terzi potessero sentire la nostra conversazione.
Annuii, cercando di alzare gli angoli della bocca, per sorridere, ma il mio tentativo dovette essere piuttosto fallimentare, vista l’espressione scettica che si disegnò sul volto della professoressa.
“So bene che tu veda in me solo una professoressa ed è giusto che sia così.”, iniziò con voce bassa, ma rassicurante, indugiando sulle sue stesse parole, nel tentativo di trovare quelle adatte. “Ma sappi che se dovessi aver bisogno di un parere, magari di una persona più matura…”, riprese, ma non riuscì a terminare la frase.
Sembrava non trovasse il modo giusto per esprimersi, per comunicarmi ciò che le passasse per la testa in quel momento.
La vidi torturarsi per un attimo le labbra con i denti, combattuta, poi prese un lungo respiro ed impiantò i suoi occhi verdi e chiari nei miei.
“Harry ultimamente è più solare, tranquillo. Lui continua a dire che è il clima di vacanze a renderlo così, ma io ho capito che c’è dell'altro.”, sbottò tutto d’un fiato, spiazzandomi completamente.

Voleva parlarmi di Harry o era preoccupata per me?
Ricordai le confidenze che Harry mi aveva fatto, quella notte, e sorrisi constatando quanto avesse ragione.
Così in pochi attimi mi ritrovai ad apprezzare il gesto della professoressa Cox. Certo, poteva anche risultare invadente, ma lo stava facendo per suo figlio.
“Ho visto il tuo sguardo, stamattina.”, riprese con più calma, cercando nel mio volto un qualsiasi cenno che le desse il permesso di continuare. “So che non sono affari miei, ma conosco molto bene mio figlio!”, si precipitò a dire, intensificando lo sguardo. “Ha un modo del tutto personale per dimostrare quanto tenga ad una persona.”, mi spiegò accennando ad un lieve sorriso.
Non riuscivo a capire quale fosse lo scopo di quelle parole, cosa stesse cercando di dirmi attraverso quei mezzi termini che non erano per nulla chiari alla sottoscritta.
Sentii i lineamenti del viso contrarsi, mentre mi sforzavo di trovare un senso a tutto ciò.
Poi, d’istinto, mi ritrovai a chiedermi quanto sua madre sapesse della sua vita privata.

Possibile che si stesse riferendo a me ed Harry? Possibile che Harry le avesse raccontato di noi?
“Spero solo tu riesca a capirlo. Sbaglia di continuo, è vero, ma ha solo paura.”, disse quasi a volerlo giustificare e nell’esatto momento in cui proferì quelle parole ebbi la certezza che sua madre, la mia professoressa, fosse a conoscenza di tutti i minimi dettagli.
Ne ebbi la conferma dai suoi occhi, terribilmente trasparenti e luminosi.
Strinsi forte il labbro tra i denti, sfogando su di esso tutto l’imbarazzo che era sopraggiunto.

Ha solo paura.
Non riuscivo a pensare ad altro. Il suo viso prese vita nella mia mente. I suoi occhi verdi che risplendevano nel buio, il suo sorriso contornato da due fossette, i ricci ribelli e scombinati sulla sua fronte, quell’espressione vispa e tenera allo stesso tempo, quasi riuscivo a toccarlo per quanto quell’immagine fosse vivida e chiara.
“Dagli tempo, tornerà da te.”, sentenziò infine, sorridendomi con fare materno.
Arrossii violentemente, le gambe tremavano e le mani sudavano freddo.
Abbassai di poco il capo ed annuii, incapace di fare altro.
“Bene, allora ci vediamo a lezione dopodomani! Ah, se ti dovessero servire gli appunti di oggi, chiedi pure al mio assistente!”, esordì dopo qualche attimo d silenzio, a mo’di saluto.

L’aveva notato, pensai soltanto.
“Grazie.”, dissi, rialzando il volto per poi sorriderle con gratitudine. “Arrivederci.”, ricambiai poi il saluto.
Non ebbi neppure il tempo di muovere un passo che subito fui richiamata dalla sua voce.
“Elisabeth?!”, esclamò per attirare nuovamente la mia attenzione.
Mi voltai di scatto verso di lei.
Sorrideva, questa volta persino con gli occhi. Il suo viso era rilassato, gioioso.
“Io faccio il tifo per te, comunque!”, disse con entusiasmo e trasporto.
Mi pietrificai, mentre sentivo le guance ribollire.
La professoressa Cox  continuava a sorridere, non curandosi minimamente della sensazione di disagio che mi immobilizzava completamente.
Provai a ricambiare, ma probabilmente riuscii solo a fare una piccola smorfia. Il panico dilagava nella mia mente, impedendomi di pensare o dire qualsiasi cosa.
“Grazie.”, borbottai infine con un filo di voce, poi mi voltai ed uscii dall’aula.

Grazie?
Come avevo anche solo potuto pensare di dire una cosa del genere?

Ringraziarla ai suoi occhi era sicuramente apparso come un modo discreto per ammettere, per confessare che, almeno da parte mia, ci fosse interesse nei confronti del figlio.
Probabilmente avrebbe riso di me per i prossimi anni, chiedendosi come una persona potesse essere tanto patetica.
In realtà non avevo neppure realizzato quali fossero le conseguenze di quella conversazione nel momento stesso in cui essa avveniva. Mi ero concentrata solo sulle apparenze, sulle espressioni del suo viso e su  quelledel mio.
La mia mente registrava soltanto, senza riflettere sulle parole, come se ne fosse incapace.
Ma, mentre camminavo per i corridoi con passo lento e sguardo assorto, tutto sembrava assumere una rilevanza diversa, tutto sembrava materializzarsi davanti ai miei occhi, facendomi comprendere per davvero il significato di quelle parole.
Prima le avevo sentite, come un sottofondo musicale, come la colonna sonora di un film, ora, invece, le ascoltavo come il pezzo principale di un concerto di musica da camera.
Sua madre doveva sapere ciò che era successo a casa mia, Harry doveva averglielo detto.
Inoltre, dalle sue parole, si intuiva il fatto che fosse ben informata sulla relazione che il figlio ancora aveva con Taylor.
“Lizzie, finalmente sei arrivata!”, una voce mi riportò bruscamente alla realtà, era Allie.
Quasi avevo dimenticato che dovevamo vederci per pranzare insieme.
Mi fermai di scatto, poi puntai il viso in direzione della provenienza di quel suono e la vidi.
Era raggiante quel giorno. Liam era con lei e notai immediatamente le loro mani dolcemente intrecciate.
Erano fermi su un lato dell’ampio e spazioso corridoio, nei pressi di una delle tante bacheche destinate alla pubblicazione dei vari appelli.
Liam aveva le spalle poggiate al muro, mentre Allie giocava con le sue dita, a pochi centimetri di distanza. Gli occhi di entrambi brillavano, sembravano voler scoppiare dalla gioia.
Sorrisi nel vederli felici insieme, erano davvero meravigliosi.
Allie si avvicinò a me, trascinando energicamente Liam con sé.
“Com’è andata la mattinata?”, mi chiese con entusiasmo la bionda.
Sbuffai, tentennando con la testa.
“Ho avuto due ore di lezione con la professoressa Cox.”, spiegai e subito lei mi lanciò un’occhiata d’intesa.
Lei non sopportava affatto le sue spiegazioni, diceva che erano troppo complicate, lunghe ed intense.
“Andiamo, Anne è una forza!”, la difese Liam.
“Certo, riesce a farmi addormentare persino quando sono piena di energie!”, scherzò allora Allie, con il viso increspato in una buffa smorfia.
Liam le sorrise amorevolmente, portando un braccio intorno alla sua vita.
“Andiamo a mangiare?”, propose poi la bionda.
Annuii ed insieme iniziammo a camminare in direzione dell’uscita di quella struttura.
Ormai era passata quasi una settimana dall’appuntamento tra Allie e Liam e da allora erano diventati praticamente inseparabili.
Certe volte era pesino imbarazzante trascorrere del tempo con loro. Liam era di una dolcezza disarmante, posato e responsabile, ma la grinta e la vivacità di Allie bilanciavano perfettamente, così da giungere ad un loro armonico equilibrio.
“Allora, novità dalla casa discografica?”, chiesi a Liam.
Mio fratello mi aveva accennato ad un concorso a cui avevano partecipato, per poter incidere un brano, ma negli ultimi giorni avevo avuto davvero poco tempo per riuscire ad informarmi sugli sviluppi.
Lui scosse il capo, affranto.
“Purtroppo ancora non ci hanno fatto sapere nulla.”, bofonchiò visibilmente poco entusiasta, mentre oltrepassavamo la porta dell’edifico.
Imboccammo la prima stradina sulla sinistra, una scorciatoia che Liam ci avevo mostrato appena qualche giorno prima.
“Sono sicura che vi chiameranno presto!”, lo rincuorò Allie.
Poi, come delle calamite, i loro occhi si incontrarono e nell’istante successivo anche le loro labbra si unirono, in un casto e tenero bacio.
Girai la testa nella direzione opposta, concedendo loro un po’ di privacy ed il mio sguardo cadde su una coppietta seduta su una panchina.
Riconobbi immediatamente i ricci di Harry ed i capelli biondi di Taylor. Stavano discutendo animatamente. Lui gesticolava con fare spazientito, mentre i lineamenti dolci di lei erano corrugati in un espressione di cipiglio. Taylor biascicò qualcosa, poi afferrò il colletto della camicia di Harry per poter avvicinare i loro volti. L’aria venne a mancarmi, la vista si annebbiò per qualche istante, poi sentii le gambe tremare, quasi  nonriuscissero più a sorreggere il peso del mio corpo.
La testa girava forte, talmente tanto che ne persi il controllo, mentre il cuore si era come pietrificato all’istante. I miei occhi sgranati erano fissi su di loro, le labbra dischiuse per lo stupore. Sentii il sangue nelle vene raggelarsi.

Perché mi faceva così male vederli insieme?
Il riccio la scansò balzando in piedi con uno scatto felino, non concedendole il tempo necessario per annullare la distanza tra le loro labbra. Non era preoccupato per aver appena respinto la sua ragazza, al contrario la guardava come a volerla rimproverare per il suo atteggiamento. Harry puntò gli occhi altrove, vagando sulla visuale che si apriva davanti a lui, forse infastidito dall’intensità con la quale continuavo a fissare la scena. Arricciò la fronte quando notò la mia presenza ad appena una ventina di metri da lui. Borbottò qualcosa a Taylor, senza neppure guardarla in volto, poi la superò e con ampie falcate mi raggiunse.
“Ciao ragazzi!”, ci salutò attirando anche l’attenzione di Liam ed Allie, ancora occupati a scambiarsi tenere effusioni.
Ricambiarono senza badare troppo a lui.
“Ho raccontato a mia sorella di te.”, esordì poi rivolgendosi a me, sorridendomi.
Era rilassato, tranquillo, gioioso. I capelli ricci erano scombinati dal leggero vento, dal suo volto era scomparsa ogni ruga o incurvatura. Solo le labbra erano piegate all’insù e sulle guance si erano scavate due adorabili fossette.
Le sue parole fecero scalpitare il mio cuore, costringendolo a battere ad un ritmo frenetico che mi mandava in confusione.
“Perché non mi hai detto che eri tornato?”, gli chiesi ignorando ciò che mi aveva appena detto.
Ero stufa dei suoi giochetti, del suo non dare mai spiegazioni, di Taylor e dei suoi modi di fare.
“Volevo prima sistemare le cose con Taylor.”, dichiarò facendosi più vicino.
Indietreggiai, decisa a rimanere impassibile.
Doveva capire che non poteva sempre funzionare tutto secondo i suoi piani. Non mi sarei nuovamente fatta abbindolare dalle sue belle parole per poi essere messa in disparte alla prima occasione utile.
Lo vidi irrigidirsi, stupito dalla mia reazione.
“E l’hai fatto?”, domandai con voce ferma, nel tentativo di nascondere la tempesta che si era appena innalzata dentro di me.
“Non del tutto, non vuole capire.”, spiegò con tono desolato ed affranto.
Sogghignai, profondamente ferita da quella risposta.
“Certo, dopo due notti di fuoco le sembrerà strano.”, bofonchiai a labbra serrate, inveendo contro di lui.
Ricordavo ancora la conversazione che avevo avuto con Louis pochi giorni prima e rimasi delusa nel constatare quanto inevitabilmente fosse tutto vero.
“Cosa stai dicendo?”, borbottò inarcando le sopracciglia in un’espressione scettica e dubbiosa.
“Smettila di far finta di nulla! So che sei stato da lei quando sei tornato!”, lo accusai inviperita ed indignata.
Harry sussultò alle mie parole, poi vidi la sua espressione tramutarsi in una maschera di rabbia e nervosismo.
“Ero da mia madre, cazzo!”, sbraitò con voce roca e dura. “Se vuoi sapere come stanno le cose o che fine abbia fatto perché non chiami me, piuttosto di indagare per conto tuo?”, mi aggredì con veemenza.
Il suo tono di voce particolarmente alto mi fece rabbrividire ed attirò anche l’attenzione di Liam ed Allie, che nel frattempo erano rimasti ad aspettarmi.
“Tutto bene?”, chiese il moro sciogliendo l’abbraccio della sua ragazza per potersi avvicinare.
“A meraviglia.”, sbottò Harry in un sibilo con ancora gli occhi ruggenti fissi nei miei.
“Allora, vogliamo andare a mangiare?”, ci esortò Allie sorridendo nel tentativo di contagiarci con il suo buon umore.
“Scusate, io ho da fare.”, decretò il riccio spostando lo sguardo sulla mia compagna.
Non riuscii a dire nulla per fermarlo o per chiarire la situazione che si era appena creata.
Harry ci salutò con un cenno della mano e si avviò lungo la stradina che portava al cancello principale.
Rimasi in silenzio, intenta ad osservare lo spazio che prima era riempito dalla sua figura, mentre mille pensieri affollavano la mia mente.
“Lizzie, ma ti sei incantata? Vogliamo andare? Sto morendo di fame!”, trillò Allie, qualche passo più avanti, voltandosi in mia direzione.
Rinsavii all’istante, al suono della sua voce. Con un gesto repentino spostai l’attenzione sulla mia amica, sforzandomi di sorridere, ed in poche falcate la raggiunsi.
“Eccomi!”, esordii cercando di apparire solare, seppur con scarsi risultati.
“Ragazze, se non mi nutro entro dieci minuti collasso!”, bofonchiò ironicamente Liam, facendo sorridere entrambe per il suo viso dolce ed implorante.

“Andiamo, andiamo!”, sentenziai, riprendendo a camminare.
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Angolo Autrice
Hola gente!:) Com'è andata la giornata di ieri?
Vi siete diverite, avete mangiato e bevuto??:D
Vabbè, ecco qui il nuovo capitolo! Harry trorna sulla scena, ma Lizzie quasi non lo lascia parlare,
presa com'è dalla sue convinzioni e dalle sue interminabili paranoie.
In pratica ha fatto tutto da sola, facendosi domande e dandosi risposta. -.-
E ad Harry ovviamnete non sta bene! Del resto lei si è comprotata proprio da bambina,  una telefontata non le sarebbe costata nulla!ù.ù
 Ma lei no, timida ed insciura preferisce continuare a rimuginare tra i suoi pensieri.
Comunque, è riapparsa anche Anne e come al solito non le sfugge mai nulla, per di più sembra saperne abbastanza su tutta la storia. :)
Ed infine, eccoli lì, Allie e Liam finalmente insieme! A quanto pare Allie ci aveva visto giutsto sin dall'inizio,
anche se io ne ne sarei del tutto sicura...:P
Ok, da domani comincio s studiare, o almeno queste sono le intenzioni, anche se poi credo non aprirò neppure mezza pagina.
Anyway, credo che d'ora in poi aggiornerò questa storia il martedì ed il venerdì,.
Ok, oggi sono in vena di buoni propositi, eh? Ovviamente cercherò di rispettare le scadenze, anche se sarà difficile abituarmi ad esse.
Va bene, per oggi è tutto... Ringrazio ci mette la storia tra le seguite/ricordate/preferite,
le meravigliose persone che lasciando una recensione e tutte quelle che leggono silenziosamente!:D
A martedì, dunque!;)
                                                                                Astrea_



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Capitolo 25
*** With a tight grip then my kiss. ***


t24

With a tight grip then my kiss.  

Niall era lì, in tutta la sua bellezza mi aspettava appoggiato alla portiere della sua auto, parcheggiata davanti al vialetto di un ingresso secondario del campus.
Sorrideva mentre mi avvicinavo a lui, stando attenta ad ogni singolo movimento.
Nonostante nell’ultimo periodo avessi indossato piuttosto frequentemente dei tacchi, ancora non mi sentivo del tutto a mio agio, temevo di poter cadere ad ogni passo. Allie, tuttavia, non aveva voluto sentir ragioni, costringendomi a metterli.
Ma il viso di Niall, la sua espressione tesa che si era sciolta non appena mi aveva vista comparire, mi infondevano tranquillità.
Aveva dei pantaloni neri e dal giubbino dello stesso colore che portava aperto si intravedeva una polo rossa ed un cardigan grigio perla.
Io, invece, avevo optato per dei jeans chiari, una maglietta bianca ed una giacca color pesca, ma tutto era coperto dal cappotto beige che arrivava quasi al ginocchio.
“Ciao!”, lo salutai, quando lo ebbi raggiunto.
Lui allargò ancora di più il sorriso.
“Ciao!”, ricambiò prima di avvicinare le sue labbra alla mia guancia destra, dove posò un leggero bacio.
Sussultai a quel contatto, ma cercai di rimanere impassibile.
“Prego!”, disse poi, allargando le braccia, per indicarmi la direzione da seguire.
Niall mi precedette ed aprii lo sportello della sua auto, dal lato del passeggero, cosicché potessi entrare all’interno dell’abitacolo.
Sorrisi mordicchiandomi il labbro per quel gesto tanto galante.
Chiuse la portiera, poi con passo veloce si affrettò a raggiungere il posto di guida.
“Nando’s ci aspetta!”, esclamò mentre metteva in moto, entusiasta.
Alla fine aveva vinto lui. Avevo provato in tutti i modi a convincerlo di quanto poco salutare fosse la cucina di quel locale, ma lui aveva insistito talmente tanto che avevo dovuto cedere.
Del resto per una volta avrei anche potuto mangiare quel cibo.
La cosa che più mi spaventava, invece, era il nome che avremmo potuto dare a quella nostra uscita insieme. Allie aveva detto che secondo lei si trattava di un vero e proprio primo appuntamento, io, al contrario, mi ostinavo a credere che fosse una serata da amici. Ovviamente il problema fondamentale consisteva nel comprendere cosa significasse per Niall.
Il tragitto fu talmente breve da non permetterci neppure di approfondire la conversazione che avevamo appena intrapreso sui suoi progetti futuri.
Niall era un ragazzo pieno di aspettative, credeva davvero nel gruppo e nella musica e sperava di poter realizzare i suoi sogni.
Era bello vederlo parlare delle sue ambizioni, gli occhi azzurri brillavano nel buio della notte, concentrati sulla strada.
“Siamo arrivati!”, sentenziò poi, parcheggiando.
Lanciai un veloce sguardo alla struttura davanti ai miei occhi, le cui pareti erano sostituite da vetri che ne lasciavano intravedere l’interno. Sull’ingresso principale si ergeva una scritta rossa, che indicava il nome del locale, contornata da due piccole foglie verdi.
“Non vedo l’ora di assaggiare queste prelibatezze!”, scherzai.
Stavo per scendere dall’auto, ma Niall fu più veloce di me. Così quando aprii la portiera, lo trovai esattamente di fronte a me, mentre mi porgeva una mano con fare teatrale.
Sorrisi e la afferrai, poi insieme entrammo da Nando’s.
Non era particolarmente affollato, complice il fatto che fosse un girono infrasettimanale, ma l’atmosfera era calda e familiare, per nulla caotica.
Ci sedemmo ad un tavolo più appartato, in fondo alla sala.
“Se permetti, ordino io.”, propose Niall, mentre toglieva il giubbino.
Annuii, imitandolo.
“Sappi solo che non mi piace la cipolla e che detesto la maionese. Per il resto hai via libera!”, dissi con fare risoluto.
Lui mi squadrò per qualche istante, forse pensando già a cosa farsi portare, poi sorrise con gli occhi sognanti, forse per un’idea che aveva appena avuto.
Pochi attimi dopo lo vidi buttarsi a capo fitto sul menu, concentrato nel valutare tutte le alternative.
Era buffo. Con la mano destra continuava a massaggiarsi il mento, la sinistra, invece, scorreva su tutte le voci. Le leggeva, poi sembrava riflettere su ognuna di esse, combattuto ed indeciso, infine andava oltre.
Ci mise ben venti minuti per decidere e mi sorpresi di scoprire che in realtà aveva ordinato praticamente tutto, escluso ciò che conteneva cipolla.
“Niall, tutta questo cibo basterebbe per un reggimento intero!”, esclamai sbalordita, mentre ancora continuavano ad arrivare pietanze al nostro tavolo.
Niall fece spallucce, sorridendomi con un’espressione infantile disegnata sul volto.
“Io mangio tanto.”, si giustificò quasi, sbattendo le palpebre. “Piuttosto, assaggia il pollo! È favoloso!”, riprese un attimo dopo, indicandomi uno dei tanti piatti.
Ascoltai il suo suggerimento, ma con lo sguardo indugiai sul suo aspetto prima di portarlo alla bocca.
“Non male.”, commentai, assaporandolo lentamente.
“Non male? Ma se è il migliore di tutta Londra!”, esordì lui, quasi scandalizzato dalle mie parole.
Sorrisi, aveva gli occhi sgranati e aveva persino smesso di mangiare per qualche istante.
“Ok, è buono!”, gli concessi. “E questo com’è?”, gli domandai poi, indicando un piatto colmo di spiedini.
“Assaggia, sono favolosi!”, m’incitò lui, osservandoli fino quasi a consumarli solo con lo sguardo.
Mangiai di tutto, verdure, carne di ogni tipo, patatine, persino il dolce, tanto che quando terminammo sentivo la pancia voler esplodere.
Probabilmente se mi fossi alzata in piedi avrei iniziato a rotolare come una palla, gonfia com’ero.
Ma mi ero divertita. Niall era stato a dir poco fantastico. Avevamo scherzato per tutto il tempo, mi aveva raccontato della sua infanzia ed io della mia, poi mi aveva descritto tutto ciò che lui adorava dell’Irlanda e quella conversazione aveva impiegato più tempo del previsto.
Adorava tutto della sua terra natia, persino i difetti che aveva evidenziato e dalle sue parole potei immaginare quanto gli mancasse la sua terra, la sua casa.
Ma Niall sembrava non volerci badare, affrontava la lontananza con serenità, leggerezza.
“Credo di non aver mai mangiato tanto in vita mia.”, commentai, posando il tovagliolo alla mia destra.
Niall sogghignò nel vedermi in quelle condizioni, sazia ed esausta.
“E non hai neppure voluto fare il bis!”, mi rinfacciò giocosamente.
Quasi sobbalzai a quella parola. Lui aveva proposto di prendere un’altra porzione del mio piatto preferito, dicendo che sarebbe servito per imprimerne meglio il gusto nella memoria, ma io mi ero categoricamente rifiutata.
In realtà avevo lo strano presentimento che lui avesse ancora fame, ma non osai chiederglielo, temendo ardentemente la risposta.
“Lizzie, credi che potremmo rivederci io e te?”, mi chiese poi, tutto d’un tratto, con voce seria.
Puntò i suoi occhi azzurri nei miei in attesa, quella stessa attesa che sembrava lo stesse tormentando.
Le sue parole mi colpirono, fui costretta a riflettere su di esse prima di potergli rispondere.
Non volevo in alcun modo mentirgli, non ad una persona pura e sincera come lui, ma allo stesso tempo non volevo ferirlo.
“Certo!”, dissi senza rendermene neppure conto.
Niall sorrise e quella sua reazione mi scaldò il cuore, facendomi sentire in pace con me stessa.
Lui era come la mia personale ancora di salvezza, un punto fisso, ben saldo capace di indirizzarmi nei momenti di difficoltà, l’unico che riusciva a rasserenarmi in ogni momento, strappandomi anche solo un mezzo sorriso.
Certo, c’era Louis, ma lui era mio fratello.
E poi c’era Harry. Sì, lui era capace di farmi star bene anche solo con uno sguardo, di farmi sentire a casa con un abbraccio, ma allo stesso tempo era in grado di distruggermi, di disintegrarmi dall’interno, nel profondo. Ero come argilla, nelle sue mani. Lui poteva decidere cosa fare di me, trasformandomi in un prezioso oggetto o gettandomi tra gli scarti. Lo odiavo per l’influenza che consapevolmente esercitava sul mio corpo.
Niall si sporse di poco verso di me, avvicinando il suo viso al mio ed in quel momento compresi le sue intenzioni.
Abbassò lo sguardo, puntandolo sul tavolo e con la mano destra sfiorò la mia, poi ne intrecciò le dita.
Contemporaneamente alzammo i volti ed i nostri occhi si incontrarono, cioccolato e mare misti in un’unica cosa, uniti per la prima volta.
Non riuscivo neppure a guardare il suo viso, i suoi lineamenti o la sua espressione, i suoi occhi avevano rapito i miei e si facevano sempre più vicini.
Poi le sue labbra, calde e morbide sfiorarono le mie. Niall poggiò i gomiti sull’estremità del tavolo, così da potersi sporgere meglio, ed approfondì il bacio.
Le nostre lingue giocavano, si rincorrevano per poi trovarsi ed intrecciarsi. Percepii del calore dilagare nel mio petto, un fuoco che poi si propagava in tutto il mio corpo, facendomi fremere.
“Ti accompagno al campus?”, mi chiese Niall, dopo qualche attimo, quasi sulle mie labbra.
Sorrisi, poi annuii con gli occhi ancora puntati nei suoi.
Lui volle offrire la cena, avrei voluto contribuire anche io, ma lui me lo impedì.
Quando poi arrivammo davanti alla porta della mia camera, ci baciammo ancora una volta e potei distintamente percepire qualcosa muoversi nel mio stomaco.
Ci staccammo solo quando la suoneria del suo cellulare fece sobbalzare entrambi.
Lui sbuffò infastidito e rifiutò la chiamata, ma subito ne arrivò un’altra.
A quel punto fu costretto a rispondere e pochi istanti dopo dovette andar via, reclamato da Zayn.
Chiusi la porta e feci combaciare le spalle con il legno, poi sospirai con un’espressione sognante dipinta sul viso.
“Alla buon ora!”, bofonchiò una voce maschile.
Sussultai dallo spavento e con lo sguardo passai in rassegna la stanza, notando Louis comodamente adagiato sul mio letto, mentre Allie era impegnata in una conversazione al telefono, seduta sulla sedia della sua scrivania.
“Ciao Boo!”, lo salutai allegramente, raggiungendolo.
“Siamo di buon umore, a quanto vedo!”, borbottò lui, incrociando le braccia al petto.
Sbuffai sonoramente, seccata dal suo atteggiamento scontroso.
“Andiamo Tommo, non rovinarmi il momento!”, mi lamentai con una smorfia.
Louis sapeva di Niall e probabilmente aveva già capito i risvolti della serata, visti i miei comportamenti.
“Elisabeth, devi dirmi qualcosa?”, mi chiese con tono quasi minaccioso.
“Niall mi ha baciata!”, confessai allora, lasciandomi cadere di schiena sul letto.
Ma lui parve non tranquillizzarsi affatto a quelle parole.
“C’è altro?”, domandò squadrandomi con fare inquisitorio.
“Continueremo a vederci, è stato carinissimo stasera!”, continuai allora, esponendo ad alta voce i miei pensieri, ancora scossa dalle forti emozioni appena provate.
Lui scosse il capo, poi inspirò profondamente.
“C’è qualcosa riguardo ad Harry che dovresti dirmi?”, mi domandò infine, sibilando.
Il mio cuore perse un battito.

Possibile che sapesse?
“No.”, mentii con la testa bassa, non avrei avuto il coraggio di guardarlo negli occhi mentre gli dicevo l’ennesima bugia.
“Ma chi cazzo sei tu? Dov’è mai sorella?”, tuonò con tutta la voce che aveva, tanto che persino Allie sobbalzò per lo spavento.
Tremai sotto il suo sguardo, la sua espressione era delusa.
“Perché continui a mentire? Ti avevo detto di stargli alla larga, non di slinguazzare con lui di nascosto!”, mi accusò.
Gli occhi bruciavano, probabilmente a causa delle lacrime che volevano scendere rigogliose sul mio viso, ma mi sforzai di trattenerle.
Allie era rimasta immobile in un angolo della stanza, aveva chiuso la telefonata ed osservava la scena, non sapendo cosa fare.
“Ti ha chiesto lui di mantenere il segreto? Di non dire nulla neppure a me?”, mi chiese, calcando soprattutto l’ultima domanda, l’ultima parola.
Scossi il capo d’istinto.
“Non è come sembra, è stato tutto una casualità.”, provai a dire in mia difesa, con la voce incrinata.
“Lizzie, mi hai mentito, diamine! A me, tuo fratello! Non c’erano mai stati segreti tra noi, prima d’ora!”, dichiarò amareggiato. “Guardati! Non sei neppure più tu! Non avresti mai permesso a nessuno di trattarti come ti ha trattata lui, non la Elisabeth che conoscevo io! Non ti saresti mai neppure ubriacata o fatta bella solo per farti notare da qualcuno!”, aggiunse.
Ogni sua frase era una lancia che trafiggeva il mio petto.
Aveva ragione, aveva ragione su tutto.
“Ti ha coinvolta nel suo giro senza che te ne rendessi neppure conto!”, gridò quasi, rinfacciandomi quella verità che tanto mi pesava.
Allie si avvicinò a me, abbracciandomi da dietro come per infondermi calma.
“Louis, andiamo no…”, provò a dire, ma mio fratello la interruppe immediatamente, lanciandole un’occhiata infuriata.
“Allie, non metterti in mezzo! Questi sono affari che riguardano solo me e lei!”, sentenziò con fare risoluto, per poi tornare con lo sguardo fisso su di me.
“Pensaci e magari, quando sei di nuovo tu, chiamami.”, disse infine, prima di andare via e sbattere la porta alle sue spalle.

---













Angolo Autrice
Salve a tutti/e!:D Come potete vedere, mi sto davvero impegnando per rispettare le scadenze!;)
Così eccomi qui, puntuale come non mai, ad aggiornare nuovamente la stroia. *wow, sono orgogliosa di me stessa!xD*
Volevo ringraziare chi segue, ricorda e preferisce, chi legge e quelle fantastiche persone che ancora continuano a lascire recensioni!*.*
Okay, oggi non sono di molte parole, quindi vi lascio semplicmente il capitolo che è piuttosto... non so, a me non convince molto, ma lascio a voi il giudizio!xD
Dico solo che ne sono successe di cose e che questi capitoli saranno un po' più movimentati.
Anyway, per chi volesse, ho iniziato a pubblicare un'altra storia "Skins", quindi se vi va passate!:D
Alla prossima, cioè puntuale a venerdì!;)
                                                             Astrea_

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Capitolo 26
*** Sleepless nights. ***


t25

Sleepless nights.  

Non avevo chiuso occhio quella notte, neppure per cinque minuti. Quando Louis era uscito dalla mia stanza ero andata in bagno, mi ero fatta una doccia, poi avevo messo il pigiama ed in religioso silenzio mi ero stesa sul letto.
Allie aveva provato in tutti i modi a stabilire una conversazione con me, ma io non avevo fatto altro che rispondere a monosillabi, così alla fine si era arresa anche lei e mi aveva lasciata crogiolare tra i rimpianti ed i rimorsi.
Stavo sbagliando tutto, sin dall’inizio.
Mio fratello aveva ragione, mi ero lasciata andare fino al punto di perdere me stessa.
Quella notte riflettei molto, soprattutto sugli ultimi avvenimenti, e per una volta non mi preoccupai della fastidiosa piega che stavano prendendo i miei pensieri.
Avevo bisogno di parole, avevo bisogno di identificare con chiarezza ciò che mi stava succedendo, nonostante fossi consapevole del fatto che probabilmente sarei giunta a scomode conclusioni.

Perché non avevo respinto Harry neppure una volta?
All’inizio l’avevo ritenuto quasi un espediente per evadere dalla quotidianità, uno strumento che avrebbe reso meno banale la mia squallida vita. Vedevo in lui l’eccesso, la trasgressione, tutto ciò che non avevo mai fatto e che non avevo mai provato e mi piaceva.
Mi piaceva l’idea di poter superare quel limite, di andare oltre.
Ma poi avevo perso il controllo delle mie azioni. Ero caduta in un circolo vizioso dal quale non ero più stata in grado di uscire.
Ci eravamo baciati, ero stata io a chiederglielo la prima volta, sussurrandoglielo sulle sue labbra sottili e rosse. Lui, ovviamente, mi aveva accontentata, ma i motivi che ci avevano portati a quel gesto erano stati del tutto differenti. Io lo desideravo, come non mai, lui, invece, desiderava una ragazza e probabilmente non sarebbe cambiato nulla se al posto mio ci fosse stata un’altra.
Quei giorni che poi avevamo trascorso insieme a Doncaster mi avevano portata a credere che fosse cambiato qualcosa in lui. Avevo creduto, mi ero illusa che quella notte in cui lui si era confidato con me fosse scattato un qualcosa, una scintilla che magari avrebbe cambiato radicalmente le cose.
Infine, quando ero tornata a Londra, ero stata accolta da una grande delusione, seguita a ruota da un litigio. Harry era capace di condurre il gioco, di muovere i fili a suo piacimento, quegli stessi fili che io non ero stata in grado di rompere.
Non sapevo se mi piacesse, se ne fossi innamorata od infatuata, ero certa solo del fatto che, di questo me ne vergognavo profondamente, riuscisse ad avere una certa influenza su di me, in un modo o nell’altro.
Quello che era successo con Louis, poi, mi aveva distrutta completamente.
Non avevo mai litigato così gravemente con mio fratello. Noi eravamo andati sempre d’accordo, complici l’uno dell’altra, pronti a sostenerci ad ogni evenienza.
Avrei dovuto immaginare la sua reazione nell’esatto momento in cui avevo iniziato a mentirgli, nel tentativo di nascondere la verità. Probabilmente doveva sentirsi preso in giro e quell’eventualità mi straziava il cuore. Adoravo mio fratello, lo adoravo con tutta me stessa, e sapere che lui potesse anche solo pensare che lo avessi deluso mi logorava l’animo ed il cuore.
Non avrei mai voluto escluderlo così dalla mia vita, ma in quei momenti mi era sembrata l’unica cosa da fare per mantenere calme le apparenze.
Me ne pentivo, certo, ma purtroppo non potevo cancellare i miei errori come gesso su una lavagna.
Niall era l’unica nota positiva di tutta quella orribile situazione.
Lui era esattamente ciò che io avrei voluto essere: genuino, spontaneo, vivace, vero, sincero.
I suoi occhi erano talmente trasparenti da dare l’impressione di poter leggere la sua mente, il suo sorriso era talmente profondo e travolgente da trasmettere tutte le sue emozioni, tutte quelle parole non dette, mentre la sua gentilezza era in grado di far sentire speciale una persona.
Avevo passato ore a pensare a lui ed i suoi occhi azzurri come il cielo, cercando di capire cosa provassi nei suoi confronti, senza però trovare una valida risposta.
Ero affezionata a Niall, tenevo particolarmente a lui, ma temevo di non essere pronta per diventare la sua ragazza.
Da un lato volevo con tutta me stessa superare del tutto il vincolo dell’amicizia e creare con lui una storia seria, dall’altro avevo paura di non essere all’altezza, di non essere abbastanza o di non essere quella giusta.
Così quella mattina non attesi neppure il suono della sveglia, avendo trascorso tutta la notte insonne.
Quando mi guardai allo specchio quasi mi spaventai per l’orribile aspetto del mio volto. Avevo delle profonde e marcate occhiaie, gli occhi gonfi e stanchi ed un’espressione sfinita disegnata sul volto.
Purtroppo avevo ben due lezioni, quindi fui costretta ad uscire dalla mia stanza, seppur non ne avessi alcuna voglia.
Ero in anticipo, così presi la strada più lunga che mi consentiva di abbreviare il tratto da percorrere all’aperto, passando dalla porta sul retro dell’area destinata agli alloggi.
“Shhh!”, sussurrò una voce proveniente da una delle ultime porte sul lato sinistro che riecheggiò tra le mura del corridoio desolato. “Potrebbero sentirci.”, aggiunse poco dopo, soffocando una risata.
Era una donna, il suo tono languido e provocante era inconfondibile.
Scossi la testa ed accelerai il passo, non volendo assistere a quella scena.
“Se non l’hanno fatto stanotte, dubito lo facciano ora.”, controbatté una voce maschile che riconobbi all’istante, nonostante fosse più roca del solito.
Di scatto, contro la mia volontà, mi voltai e li vidi.
Harry si stava infilando una maglietta blu a maniche corte di cotone, con indosso solo dei pantaloni e le scarpe. I suoi ricci erano sfatti, ridotti ad una massa informe e disordinata di capelli. Il suo viso era piegato in un’espressione maliziosa, mentre con lo sguardo ammiccava in direzione della sua dolce compagna. Di fronte a lui, infatti, c’era una donna, Caroline, ancora in vestaglia che teneva in una mano tutti i restanti indumenti del riccio.
Dovevano aver trascorso la notte insieme.
Lei sorrise, passandosi lentamente la lingua sulle labbra, come per provocarlo. Lui sogghignò, poi con forza la prese per i fianchi e fece aderire i loro corpi.
Fu lei a colmare la lieve distanza tra le loro labbra, baciandolo in modo passionale.

Perché stavo ancora guardando?
Mi girai con un gesto secco, riprendendo a camminare.
Poi, nell’esatto momento in cui sentii il rumore di un corpo sbattere contro la parete, il mio cuore si frantumò in mille piccoli pezzi.
Abbassai il volto, cercando di ignorare i sospiri e i gemiti di piacere che giungevano fastidiosi alle mie orecchie, ed iniziai a correre trattenendo il fiato.
Mi fermai solo quando fui finalmente fuori da quel maledetto edificio e respirai a pieni polmoni, guardando il cielo grigio che copriva Londra quella mattina. Le tempie pulsavano forte, la testa sembrava stesse per scoppiare, le mie mani tremavano.
Chiusi gli occhi per qualche minuto, sforzandomi di combattere contro il nodo che si era formato all’altezza della gola.
Non avevo tempo per piangermi addosso, dovevo solo tranquillizzarmi ed andare a lezione.
Non potevo permettermi assenze, né ritardi.
Riaprii gli occhi e mi sforzai di sorridere, poi ripresi a camminare come se non fosse successo nulla, come se non avessi visto nulla.
“Liz! Liz, fermati!”, mi sentii chiamare ed un istante dopo il mio braccio fu avvolto dalla mano di Harry.
Aveva il respiro irregolare, probabilmente causato dalla corsa che aveva appena fatto per raggiungermi. Evidentemente doveva avermi vista, nonostante fosse palesemente impegnato con le labbra della finta rossa tutte curve.
“Lasciami!”, quasi urlai con voce isterica, cercando di svicolarmi dalla sua presa.
Non avevo alcuna intenzione di affrontarlo, perlomeno non ora che quelle scene erano ancora vivide nella mia mente.
Ripresi a camminare, sperando che il suo buonsenso gli suggerisse di darmi retta.
“Andiamo Liz! Devo parlarti!”, continuò lui.
Con poche falcate fu di nuovo al mio fianco, per poi posizionarsi di fronte a me, così da impedirmi il passaggio.
Sbuffai sonoramente, prima di spostare il mio sguardo su di lui.
Il suo viso era palesemente preoccupato, chissà per quale ragione poi.
“Non abbiamo nulla da dirci.”, sentenziai con voce fredda e distaccata.
Lui scosse lievemente il capo, facendo smuovere quella massa informe di ricci che poi stirò indietro con la mano.
“So quello che hai visto, ma…”, provò a dire con tono incerto, mentre portava una mano nella tasca dei pantaloni.
“Harry, non m’interessa.”, esordii, interrompendolo.
Per un attimo fu sorpreso dalle mie parole, probabilmente si aspettava una reazione del tutto diversa.
In effetti neppure io riuscivo a capacitarmi di come quelle parole fossero uscite dalla mia bocca. Volevo semplicemente metter fine a quel teatrino, una volta per tutte.
Per qualche secondo rimanemmo in silenzio, scrutando l’uno l’espressione dell’altra.
“Ecco, io pensavo che dopo Doncaster…”, iniziò poco dopo, ma non riuscì neppure a completare quella frase.

Cosa? Cosa pensava?
“Cosa? Che fossi disposta ad essere una che frequenti quando le altre sono impegnate? È questo che pensavi? Di mettere in lista anche me dopo Taylor e Caroline? Beh, ti sbagliavi di grosso!”, inveii contro di lui, non riuscendo a camuffare la montante rabbia che cresceva dentro di me.
Com’ero potuta essere così stupida e cieca? Harry era solo un ragazzino viziato ed io avevo assecondato i suoi desideri e le sue voglie.
Abbassò lo sguardo, incapace di trovare una risposta.
Non m’importava di quanto taglienti le mie parole fossero state, volevo solo che per un attimo, anche solo un istante, si sentisse esattamente come me: delusa, amareggiata e ferita.
“Io non sono bravo con le relazioni, con le parole, non so mai come comportarmi, ma questa volta, con te, io vorrei…”, riprese gesticolando con le mani, mentre cercava il mio sguardo.
“Sono stufa Harry, sono davvero stanca di tutto questo.”, lo interruppi ancora una volta.
Non volevo ascoltarlo. Ero ben consapevole del fatto che avrebbe tranquillamente potuto ingannarmi con le sue parole ed io sarei nuovamente ricascata nel suo gioco.
“Ti prego, lasciami andare. Non cercarmi, non parlarmi. Ho bisogno che tu sparisca, altrimenti non ce la farei.”, confessai ed in quel momento ero davvero sincera.
Se Harry fosse stato presente nella mia vita non sarei mai riuscita ad ignorarlo. Lui avrebbe continuato a prendermi in giro, mentre io avrei continuato a dire bugie con il solo scopo di stare quanto più tempo possibile con lui, per poi soffrire terribilmente nel vederlo in compagnia della Caroline di turno.
Vidi Harry deglutire, aveva gli occhi fissi nel vuoto, il suo volto era del tutto inespressivo, tanto che mi domandai cosa stesse pensando in quel momento.
Continuava a rimanere in silenzio, assorto in chissà quali pensieri.
Dovevo convincerlo, necessitavo della sua lontananza.
“Se tieni davvero a Louis come dici, allora fa come ti dice.”, conclusi.
Non c’era bisogno di specificare cosa Louis potesse pretendere, era ben chiaro ad entrambi.
Harry quasi sussultò al sentire quel nome. Spostò lo sguardo sul mio viso, poi puntò i suoi occhi verdi nei miei ed ancora una volta ebbi la sensazione di perdermi in quelle iridi.
“Lo farò, ma non per Louis.”, disse con voce bassa,  affranta, ma decisa.
“Grazie.”, riuscii solo a dire, accennando ad un lieve sorriso, prima di superarlo.
Quando la sua figura scomparve dalla mia vista percepii una voragine formarsi all’interno del petto. Sapevo quanto tutto quello mi sarebbe costato, ero certa che ne avrei sofferto, ma non avrei potuto fare altrimenti. Gli avevo chiesto di starmi lontana, ma in realtà era come se avessi appena lasciato andar via un pezzo di me.
Quando tornai nella mia stanza era quasi sera. Non ero tornata per la pausa pranzo, avevo preferito rifugiarmi in biblioteca. Al solito, non ero riuscita a concentrarmi su neppure una delle spiegazioni a cui avevo assistito. Quella scena continuava a ripetersi nella mia mente, impedendomi di poter fare qualsiasi altra cosa.
Per tutto il giorno avevo vagato tra i miei pensieri, non trovando alcuna soluzione all’infinità di problemi e quesiti che il cervello continuava a sottopormi. La mia testa era popolata solo da una lunga serie di dubbi ed incertezze a cui non sapevo dare una spiegazione logica. Alla fine ero giunta alla banale conclusione che quella era stata la scelta giusta e me ne ero quasi del tutto convinta.
“Lizzie, finalmente!”, esclamò Allie non appena oltrepassai la porta. “Guarda chi è venuto a farci visita!”, mi suggerì raggiante, suggerendomi con gli occhi la direzione da seguire.
Bastò far incrociare i miei occhi con quelli di Niall affinché il mio morale si risollevasse.
“Naill, Liam!”, li salutai, ritrovando il sorriso che quel giorno mi era del tutto mancato. “Cosa ci fate qui?”, chiesi sorpresa, ma allo stesso tempo contenta di vederli.
“Non riesco a stare troppo tempo lontano dalla mia ragazza!”, esordì Liam, avvicinandosi ad Allison, circondandole la vita con le sue braccia per poggiare la sua fronte su quella della ragazza e sorriderle sulle labbra.
Spostai l’attenzione su Niall, ignorando le loro smancerie da novelli fidanzati.
C’era quasi imbarazzo tra noi. Non sapevo come comportarmi dopo il bacio della sera precedente.
Lui non era Harry, non lo avrebbe ignorato.
Mi fissava con fare impacciato, le mani nelle tasche dei pantaloni bianchi, aspettando che qualcuno dei due prendesse l’iniziativa.
“Ciao!”, lo salutai ancora una volta, mordicchiandomi il labbro inferiore, torturandolo.
Lui sembrò tranquillizzarsi all’istante. Con una calma estenuate si avvicinò a me, poi mi diede un piccolo bacio sulla guancia.
M’incantai osservando la sua espressione angelica e serena, percepii solo le labbra inarcarsi fino a sorridere.
“Che ne dite di vedere un film, tutti insieme?”, propose Allie, interrompendo quel magico momento.
“Ottima idea!”, concordò Niall, scostandosi di poco.
“Bene, commedia romantica?”, propose la bionda, iniziando a spulciare tra la miriade di dvd che teneva in un cassetto della sua scrivania.
Io, nel frattempo, mi sedetti sul letto a gambe incrociate ed afferrai il cuscino, poi lo strinsi tra le braccia.
“Vediamo qualcosa di divertente!”, suggerì invece Niall, prima di raggiungermi.
“A questo punto è meglio Batman!”, si intromise allora Liam, lasciandosi cadere sul letto di Allie.
“Come fai a vedere sempre le stesse cose? Non ti annoi?”, gli chiese Niall con tono giocoso, riferendosi alla passione che Liam aveva per i supereroi ed in particolar modo per l’uomo pipistrello.
“E tu non ti stufi di mangiare sempre?”, replicò il castano con tono ironico, facendogli il verso.
“Smettetela voi due, altrimenti parto con i film drammatici!”, li minacciò Allie, continuando la sua ricerca.
Liam e Niall continuarono a studiarsi per qualche istante, sfidandosi con lo sguardo, per poi sorridersi a vicenda.
“No, in effetti non potrei proprio sopravvivere senza mangiare almeno otto volte al giorno!”, si arrese il biondo, ridendo delle sue stesse parole.
“Come lo shopping per le donne: senza impazzirebbero!”, concordò Liam offrendogli il palmo della mano che Niall subito si affrettò a battere.
“Trovato!”, esclamò d’un tratto la mia amica, con fare vittorioso, entusiasta e soddisfatta della scelta che aveva appena fatto.
Si voltò di scatto verso di noi, sorridendoci beffarda, avendo chissà quale malefica e malsana idea per la testa, poi sventolò copertina di plastica tra le mani.
“Vedremo questo!”, annunciò estraendo da essa un dvd, che inserì immediatamente nel lettore.
“Questo cosa?”, chiesi curiosa, aspettandomi di tutto da una come lei.
“Ora vedrete!”, disse soltanto facendo spallucce, mentre accendeva il televisore a schermo piatto.
Afferrò il telecomando, poi, prima di sedersi accanto a Liam, si premurò di spegnere le luci.
“Allie, mi stai facendo paura.”, scherzai per interrompere il silenzio calato nella stanza.
“Tranquilli, il film vi piacerà!”, ci assicurò lei, sistemandosi meglio sulla spalla del suo ragazzo, avvolta dalle sue braccia.
Sentii il braccio di Niall spiegarsi, fino ad avvolgere le mie spalle. La sua mano si poggiò sulla mia spalla e d’istinto la afferrai, stringendola nella mia.
Quel gesto fece voltare l’uno della direzione dell’altra. Sorridemmo quando i nostri occhi si incontrarono e Niall intensificò la stretta della sua mano sulla mia.
“Toy Story!”, quasi urlò Liam in un impeto di gioia, attirando l’attenzione di tutti.
“Toy Story?”, ripeté Niall, facendo oscillare il suo sguardo tra il televisore che trasmetteva già le prime immagini del film e Liam che per la felicità aveva quasi le lacrime agli occhi.
“Toy Story!”, confermò Allie, annuendo compiaciuta.
Così quella sera vedemmo Toy Story, ma del film non ricordai nulla.
Tutta la mia attenzione, infatti, era rivolta alle mille carezze di Niall sulla mia pelle.

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Angolo Autrice
OKay, ed anche oggi ho aggiornato come da programma! Wow, sono sempre più sorpresa da questa cosa!xD
Comunque, altro capitolo un po'... così, ecco. La prima parte è piuttosto riflessiva, nella seconda invece vediamo ancora Harry e Lizzie litigare.
Beh, ultimamente pare che non riescano a fare altro, quindi...xD E sul finale abbiao l'arrivo di Niall e Liam che sono davvero tenerissimi.
Beh, non aggiungo molto, anche perché in questi capitoli succederanno un po' di cose.
Per quanto riguarda il prossimo, credo di riuscire ad aggiornare sempre per maredì, ma non assicuro nulla perché devo partire.
Bene, ringrazio infinitamente chi segue, preferisce e ricorda!*.* Ringrazio chi legge e ringrazio chi commenta!!<3 Grazie!:*
Alla prossima,

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Capitolo 27
*** The up all night's. ***


t25

The up all night's.  

Quella sarebbe stata la grande serata per loro. Avevano puntato tutto su quella selezione, su quel concorso e non avevano neppure preso in considerazione l’idea di poter perdere quella opportunità. Non erano sicuri di vincere, al contrario la paura e l’agitazione potevano chiaramente essere lette sui volti di ognuno di loro, ma non avevano alcun piano di riserva.
Non avevano margine di errore, non potevano permettersi imperfezioni, non quella sera.
Era in gioco il loro futuro, la possibilità di fare finalmente carriera nel mondo della musica.
Avrebbero dovuto suonare in un locale in centro, uno dei più rinomati e frequentati, e ad ascoltarli ci sarebbe stato anche il direttore della casa discografica che mesi prima aveva bandito una specie di concorso per nuovi talenti a cui loro avevano partecipato.
Era stato Niall ad avvertirmi dell’evento, Louis non lo sentivo ormai da quasi due settimane.
Erano affluiti in massa per vederli, per sostenerli.
Io ero con Allie ed El, in prima fila davanti al palco dove si sarebbero esibiti tra pochi minuti.
Poco dietro di noi avevo notato Danielle e Taylor, venute anche loro a vedere quelli che una volta erano i loro ragazzi.
“Ciao!”, ci salutò una ragazza bionda, avvicinandosi a noi.
In un primo momento non la riconobbi, nonostante il suo viso mi sembrasse estremamente familiare.
“Perrie!”, esclamò Allison entusiasta, allargando le braccia cosicché potesse abbracciarla.
Era una sua compagna di corso, mi aveva parlato più volte di lei, soprattutto in relazione alla questione Zayn.
Era stata lei a farli incontrare per la prima volta, nel tentativo di far nascere in Zayn l’interesse per un’altra ragazza. I primi tentativi non avevano portato molti risultati, ma nell’ultimo periodo le cose si erano positivamente evolute, così da far presagire dei buoni risvolti per il loro rapporto, nato sotto la spinta della mia amica.
“Ciao!”, ci salutammo poi.
“Lei è Eleanor, la fidanzata di Louis.”, dichiarò Allie, presentandole El. “Mentre lei è Lizzie, sorella di Louis e…”, indugiò qualche istante sulla parola da utilizzare, chiedendomi con lo sguardo un suggerimento che non arrivò.
“Fidanzata di Niall.”, disse infine. “Ormai escono insieme da due settimane!”, aggiunse quasi a voler giustificare quell’appellativo.
Sorrisi, non obiettando, nonostante le cose tra me e Niall non fossero ancora così chiaramente definite.
Perrie era davvero una ragazza graziosa all’apparenza, ma i suoi occhi racchiudevano grinta e forza.
“Sapete già cosa canteranno?”, domandò Perrie dopo qualche istante, forse per rompere il ghiaccio chiacchierando.
“Louis non mi ha voluto anticipare molto. Ha detto solo che ne faranno tre, poi dovranno lasciar spazio ad altri gruppi.”, rispose El al suo indirizzo, accennando ad un lieve sorriso.
“A me Liam ha detto che erano piuttosto indecisi, fino all’ultimo hanno apportato dei cambiamenti.”, aggiunse Allie, evidenziando quanto ci tenessero a questa serata.
“Speriamo bene!”, sospirò Perrie, un attimo prima che i riflettori venissero puntati sul palco.
“Salve ragazzi!”, salutò un uomo sulla trentina, che dedussi essere il presentatore dell’evento. “Stasera abbiamo dei giovani artisti emergenti che non vedono l’ora di farvi ascoltare la loro musica!”, esclamò con fare travolgente, per catturare l’attenzione del pubblico.
“Primi tra tutti, ecco a voi gli One Direction! Accoglieteli con un forte applauso!”, li presentò.
Fecero il loro ingresso dal lato sinistro del palco, poi ne raggiunsero il centro.
“Louis, Niall, Harry, Liam e Zayn!”, aggiunse il presentatore, indicandoli mentre pronunciava i loro nomi.
Il mio sguardo cadde subito su mio fratello, non lo vedevo ormai da troppo. Aveva una maglietta a maniche corte e sul polso potei notare l’orologio che gli avevo regalato per Natale. Sorrisi, pensando che nonostante tutto ancora lo portasse.
“Bene, allora iniziamo la serata! Questi sono gli One Direction!”, ripeté ancora una volta, prima di lasciare il palco.
“Buonasera a tutti!”, salutò Liam avvicinando il microfono alla bocca. “La prima canzone che vi canteremo ci riguarda direttamente. Parla dei giovani e della loro voglia di vivere. Questa è Live while we’re young!”,disse per introdurre la canzone.
Le luci si abbassarono e la musica partì, diffondendosi per tutto il locale.
Fu proprio Liam il primo a cantare, scatenando le urla impazzite e stridule di Allie. Erano tesi, lo si percepiva dai loro volti, concentrati sul ritmo della musica, come temessero di perdere il tempo.
Ma bastò poco per farli sciogliere. Non appena scattò il ritornello si scatenarono sul palco, lasciandosi andare a passi di danza improvvisati o buffe espressioni che, in un modo o nell’altro, dovevano enfatizzare il testo della canzone.
Il pubblico applaudiva entusiasta, apprezzava la loro musica e dimostrava tutto il suo sostegno con urla di incitamento.
La seconda canzone fu Heart Attack, ma questa volta fu Harry a presentarla. Solo allora mi concessi la possibilità di indugiare sulla sua figura.
Avevo preferito ignorarlo, timorosa dell’effetto che rivederlo su quel palco avrebbe potuto sortire sul mio precario e vulnerabile autocontrollo.
Era agitato, lo si capiva dai suoi occhi verdi e spaesati. Nel primo pezzo non aveva avuto nessuno assolo, mentre avevo intuito toccasse a lui iniziare il secondo. Gli sguardi degli altri componenti del gruppo erano puntati solo su di lui, quasi volessero infondergli coraggio.
Quando la sua voce risuonò sulla base di quella canzone fui scossa da un leggero brivido.
Di scatto spostai lo sguardo su Zayn, che gli succedette, non potendo concedermi ulteriormente di continuare a fissarlo.
Anche quel brano riscosse successo, forse a causa della sua melodia allegra e contagiosa, tanto che furono sommersi da applausi.
“Grazie!”, esordì Louis, prendendo parola. “Purtroppo abbiamo tempo solo per un’ultima canzone!”, comunicò passandosi una mano tra i capelli.
“Gli ho detto centinaia di volte di non fare quel gesto, le ragazze lo trovano terribilmente sexy!”, si lamentò El, borbottando al mio orecchio, distraendomi.
Sorrisi, scuotendo lievemente il capo, poi tornai a fissare il palco.
“Stavolta cambiano i toni! Vi faremo sentire una canzone che abbiamo scritto da poco, a cui uno di noi è particolarmente legato, vero Harry?”, continuò Zayn, lanciando una fugace occhiata al suo amico.
Harry sorrise sornione, guardando il ragazzo dal ciuffo alto con i suoi occhi vispi che non lasciavano comprendere se quelle parole fossero ironiche o sincere.
“Bene ragazzi, questa è Over again! Speriamo possa piacervi!”, concluse infine Niall, annunciando il titolo dell’ultimo pezzo.
Fu Liam a cantare la prima strofa, per la gioia di Allie, che continuava ad urlare come una forsennata quanto adorasse il suo ragazzo.
Io, invece, mi sentivo osservata, come se qualcuno mi stesse spiando. Subito pensai a Niall, tanto che lo cercai con lo sguardo, ma lui guardava Liam, come se attendesse un suo cenno.
Compresi solo dopo, quando la sua voce si diffuse nel locale, che stava cercando di rimare concentrato per cogliere l’attacco giusto del suo assolo.
Seppur scettica al riguardo, spostai lo sguardo su Louis, per verificare se fosse lui a fissarmi, ma rimasi delusa nel constatare che mio fratello era intento a giocherellare con il microfono che teneva nella mano destra. Stavo per voltarmi nuovamente in direzione di Niall, decisa ad ignorare quella fastidiosa sensazione, quando incrociai gli occhi verdi di Harry.
E fu allora che non riuscii più ad ignorarlo.
Il suo viso era contratto in un’espressione frustrata, abbattuta, del sorriso di poco prima non c’era più alcuna traccia. Non aveva voltato il viso quando mi ero accorta del suo sguardo intenso fisso su di me, al contrario aveva mantenuto il contatto visivo.
Fece qualche passo in avanti, affiancando gli altri che si erano già posizionati al centro del palco.

If you’re pretending from the start like this,
With a tight grip, then my kiss
Can mend your broken heart.
I might miss everything you said to me.
And I can lend you broken parts
That might fit like this
And I will give you all my heart,
So we can start it all over again.

Cantarono il ritornello insieme, ma la mia attenzione era tutta per Harry. Pronunciava quelle parole a ritmo di musica con gli occhi ancora fissi nei miei. Sembrava mi stesse parlando, o meglio, il testo di quella canzone sembrava parlare di me e di lui, di noi.
Can we take the same road,
Two days in the same clothes
And I know just what she’ll say
If I make all this pain go.
Can we stop this for a minute?
You know, I can tell that your heart
Isn’t in it or with it.

Trattenni il fiato durante il suo assolo, rapita dal suo sguardo e dalla sua voce. Era qualcosa di malsano quello che mi legava a lui, ma ancora una volta non riuscii a farne a meno.
Immediatamente dopo ci fu il pezzo di mio fratello, ma ovviamente non riuscii a concentrarmi su di lui.
Il mio corpo era in subbuglio, tutte quelle emozioni mi avevano terribilmente scossa.
Quando anche l’ultima canzone terminò il pubblico si levò in applausi e fischi di apprezzamento, a cui si aggiungevano le urla di decine e decine di ragazze, tra cui, ovviamente, anche Allie.
“Salutiamo gli One Direction con un ultimo grande applauso!”, esordì il presentatore, salendo sul palco e, esaudita la sua richiesta, i ragazzi uscirono di scena, lasciando il posto al gruppo successivo.
Di comune accordo, io, Perrie, Allie ed El ci dirigemmo verso l’uscita. Avremmo dovuto aspettare la fine della serata per conoscere il verdetto, ma di certo seguire le altre esibizioni non avrebbe aiutato a mantenere tranquilli i ragazzi.
“Zayn!”, lo salutammo non appena ci raggiunse nel cortile che circondava il locale.
Lui ci sorrise, per poi correre ad abbracciare Perrie.
“Sei stato favoloso!”, si congratulò lei.
“Beh, tu lo sei di più!”, controbatté Zayn baciandola a fior di labbra.
“Ciao ragazze!”, salutarono poi Louis, Niall ed Harry, affiancandoci.
El corse subito a baciare il suo ragazzo, mentre io mi limitai a sorridere al biondino, per poi lasciargli un leggero bacio sulle labbra, imbarazzata anche dalla presenza del riccio.
“Ma Liam che fine ha fatto?”, chiese Allie, reclamando la presenza del suo ragazzo.
“Stava venendo, si è fermato all’ingresso.”, c’informò Harry, puntando i suoi occhi verdi nei miei.
Allie si voltò d’istinto nella direzione indicatale ed io preferii imitarla, troppo codarda per sorreggere il suo sguardo perforante.
Sgranai gli occhi quando vidi Liam baciare Danielle ad una quindicina di metri da noi.
Immediatamente mi avvicinai ad Allie.
Lei si era come pietrificata. Teneva gli occhi spalancati e fissi sulla riprovevole scena che stava avendo luogo proprio davanti a lei, la mascella era serrata e le mani strette in due saldi pungi.
“Cosa vedono i miei occhi!”, ironizzò dopo interminabili istanti. “Io lo ammazzo!”, tuonò, mentre a passo di marcia di dirigeva verso Liam, ancora avvinghiato a Danielle.
Zayn e Louis la seguirono immediatamente, forse temendo una reazione violenta di Allie, poi si aggiunse anche Niall a loro.
Stavo per andare anche io, quando fui bloccata da Harry. Aveva avvolto la sua mano intorno al mio polso, impedendomi di allontanarmi ulteriormente.
Anche El e Perrie erano andate via, eravamo rimasti solo io e lui.
“Lasciami.”, gli ordinai in un sibilo, con gli occhi puntati sulla sua presa.
“Andiamo via.”, sussurrò sul mio viso, facendomi rabbrividire.
Evidentemente doveva aver del tutto rimosso la conversazione che avevamo avuto una decina di giorni prima.
“Lasciami, Harry.”, ripetei cercando di sembrare più convincente.
“Ho bisogno di stare con te. Andiamo via.”, riprovò allora lui, poggiando la sua fronte sulla mia, cosicché i nostri nasi si sfiorassero.

Certo, solo perché ora non aveva nessun'altra con cui intrattenersi!
Indietreggiai, cercando di ristabilire una certa distanza tra i nostri volti. Non potevo andare via con lui, ormai c’era Niall nella mia vita.
“Non posso.”, dichiarai allora, sperando che comprendesse. “Devo andare da Allie, non posso lasciarla sola proprio adesso.”, aggiunsi poi, ripensando a quanto male dovesse stare la mia amica a causa di quel bacio.
“Ci sono già gli altri con lei e poi sai anche tu che ora ha solo bisogno di stare da sola.”, replicò lui.
Aveva ragione, non avrei potuto fare nulla per lei in quel momento e magari la mia presenza le sarebbe stata solo di impedimento o fastidio. Ma allo stesso tempo aveva torto. Non c’era nessun valido motivo per andare via con lui, nessuno. Il mio posto era lì, con Niall, con Allie e con tutti gli altri. Avrei dovuto chiudere quella conversazione quanto prima possibile.
Non sapevo ancora fino a che punto sarei riuscita a resistere.
Sì, perché Harry per me era come una tentazione, contro la quale combattevo perennemente per non cadere in essa.
“Solo un giro.”, propose, nel tentativo di convincermi, mentre il suo respiro accarezzava la mia pelle.
“Harry, è già quasi mezzanotte, non è il caso.”, controbattei, cerando di divincolarmi dalla sua presa.
Stava per cedere, lo notai dalla sua espressione affranta, quando d’un tratto il suo viso parve accendersi di un nuovo barlume di speranza.
“Andiamo. Io e te, da amici.”, specificò accennando un sorriso, subito contornato da due fossette.
“Io e te non siamo mai stati amici.”, ribattei quasi con ovvietà.
Io ed Harry potevamo essere tutto, tranne che amici.
Presi un respiro profondo, cercando di appigliarmi al mio buonsenso.
“Harry, lasciami andare.”, ripetei ancora una volta, cercando il suo sguardo. “Avevi detto che lo avresti fatto.”, continuai quando i nostri occhi si furono incontrati.
I suoi erano lucidi.
“Non ci riesco, Liz. Non ci riesco.”, confessò.
La sua voce era un lieve sussurro, il suo viso era piegato in un’espressione desolata ed irata allo stesso tempo, come se fosse arrabbiato con se stesso per quella mancanza.
Non riuscii a proferir parola alcuna. Rimanemmo in silenzio per istanti che mi parvero lunghi secoli. Harry stava soffrendo. Lo percepivo, ne ero sicura. Aveva la mascella tesa, la mano che stringeva spasmodicamente il mio polso, le labbra socchiuse e gli occhi disarmanti fissi nei miei.
“Tutto bene?”
La voce di Niall riscosse entrambi. Harry lasciò la presa un attimo prima che il biondino ci raggiungesse.
Mi voltai in sua direzione, sorrideva al mio indirizzo e non potei non ricambiare immediatamente.
Niall passò un braccio sulle mie spalle, quasi con fare possessivo, poi rivolse uno sguardo ad Harry.
“Allie è appena corsa via, Zayn e Perrie la stanno riaccompagnando.”, iniziò a dire. “Voleva aspettarti, ma non ti trovava e non voleva essere raggiunta da Liam, così è scappata.”, spiegò poi, rivolgendosi a me.
Annuii, comprendendo perfettamente le ragioni della mia amica.
“Anche Liam è andato via, ma non ho ben capito dove, mentre Louis ed El sono ancora dentro, attenderanno loro la fine della serata.”, aggiunse.  “Tu vuoi rimanere o ti accompagno al campus?”, mi chiese con un sorriso disegnato sulle labbra.
Adoravo i suoi modi di fare gentili e premurosi.
“Credo sia meglio che vada da Allie.”, risposi poco dopo.
Lui annuì, mentre con una mano già cercava le chiavi dell’auto nella tasca dei jeans.
“Niall, se vuoi ci penso io.”, propose Harry, catturando l’attenzione di entrambi. “Devo chiarire delle cose con Taylor, quindi potrei accompagnarla io.”, precisò immediatamente dopo.

Cosa? Mi stava prendendo in giro?
Vidi Niall tentennare a quella proposta, probabilmente Harry doveva aver spiazzato anche lui.
“So che ci tieni davvero tanto a questo concorso, quindi se vuoi rimanere fino alla fine non ci sono problemi, ci penso io alla tua ragazza.”, riprese calcando in particolar modo le ultime due parole.
Avrei giurato che mi avesse lanciato un fugace sguardo omicida mentre le pronunciava, ma probabilmente era solo frutto della mia suggestione.
Sperai con tutto il cuore che Niall rifiutasse, ma evidentemente quelle parole convinsero del tutto Niall.
“Beh, grazie allora! Per te ci sono problemi?”, mi chiese.

Cosa avrei potuto mai dirgli? Certo che ci sono problemi! È Harry il problema!
“No, tranquillo. Rimani, poi ci sentiamo appena sai qualcosa!”, mentii cercando di forzare un sorriso.
Niall si avvicinò al mio viso, fino a far combaciare le nostre labbra, poi mi lasciò un bacio.
“A dopo, allora!”, mi salutò.
Fece un cenno ad Harry, poi si voltò per tornare all’interno del locale.
Harry non disse nulla, mi prese per mano e mi condusse fino alla sua macchina, poi partì.
“Così ora sei fidanzata?”, mi chiese all’improvviso, quasi con tono di scherno.
Lo guardai. Aveva gli occhi fissi sulla strada e le mani avvolte talmente forte intorno al volante che le sue nocche erano diventate bianche. Il suo viso era furente.
“Sono cose che non ti riguardano.”, dichiarai, voltandomi in direzione del finestrino.
Non avevo intenzione alcuna di istaurare un qualsiasi tipo di dialogo tra noi. Sentii Harry sbuffare, poi di sottecchi lo vidi tirare un pugno sul volante.
“Certo, Niall è il ragazzo perfetto, l’incarnazione del principe azzurro.”, bofonchiò a denti stretti.
Lo ignorai, sapevo che stava cercando un pretesto per punzecchiarmi, ma questa volta non sarebbe stato lui a vincere.
“Scommetto che è sempre gentile e che ti riempie di complimenti.”, borbottò ancora.
Mi imposi di rimanere tranquilla e provai a concentrarmi sul mio respiro, per mantenerlo regolare.

Quel era il suo problema ora?
“Ma dimmi una cosa: lui ti bacia come ti bacio io, eh? Provi le stesse cose quando sei con lui, eh?”, urlò inveendo contro di me.
“Ok, questo e troppo!”, sbottai, non riuscendo più a trattenermi ulteriormente.
Sentivo di poter scoppiare da un momento all’altro, ma questa volta niente e nessuno avrebbe potuto impedirmelo. Aveva esagerato, non doveva permettersi. Lui non era nessuno per giudicare o anche solo commentare.
“Cosa vuoi da me Styles, cosa?”, controbattei gridando, voltandomi verso di lui, ormai esasperata dalle sue parole. “Prima fai il carino, ci provi, mi baci, poi ti fidanzi, mi ribaci, pomici con la tua fidanzata e scopi con l’amante, ma poi torni da me ed hai anche il coraggio di fare una scenata del genere perché mi sono fidanzata?”, lo accusai con veemenza.
“È complicato.”, mormorò soltanto, abbassando lievemente il capo.
 “Cosa è complicato?”, incalzai allora, avendo intuito che lui non volesse continuare quella discussione.
Scosse il capo e le sue labbra si piegarono in un leggero ghigno amareggiato, ma non rispose alla mia domanda.
“Ecco qual è il tuo problema: tu non parli! Non si capisce mai cosa pensi, cosa vuoi, perché ti comporti così! Sveglia, Harry!”, sbottai.
Le mie parole erano intrise di tutto il rancore che provavo, di tutto quel dolore e quella sofferenza che avevo sopportato in silenzio.
Ero stufa di non riuscire mai a capire cosa gli passasse per la testa, ero stufa dei suoi cambiamenti d’umore, del suo essere lunatico senza motivazione alcuna.
Harry inchiodò, fermandosi all’improvviso sulla strada deserta e buia.
Sussultai per lo spavento, mentre poggiai una mano sul cruscotto per cercare di controbilanciare la forza che mi spingeva contro di esso.
“Sei impazzito?”, urlai terrorizzata.
Il mio cuore martellava completamente fuori controllo, le mano sudavano freddo. aveva appena rischiato di uccidere entrambi.
“Mi piaci, ok? Mi piaci, dannazione!”, esordì tutto d’un tratto, incrociando i suoi occhi verdi con i miei.
Persi un battito, il mio cuore aveva smesso di battere. Trattenni il respiro, cercando di immortalare ogni particolare di quell’istante. Non ero ancora del tutto certa delle parole che avevo appena sentito, probabilmente si trattava di un immagine surreale prodotta dallo shock.
“Mi piaci.”, ripeté ancora una volta Harry, dandomi conferma del fatto che tutto ciò fosse vero e non soltanto un sogno.
Sgranai gli occhi, mentre le mie labbra si piegarono involontariamente in un leggero sorriso. 
“E la cosa assurda è che riesco a dirtelo solo ora che stai con Niall, che è uno dei miei migliori amici! E mi sento uno schifo per quello che gli sto facendo!”, aggiunse e dalla sua espressione potei capire che era davvero sincero.
Aveva il viso piegato in una smorfia di dolore, ma allo stesso tempo percepivo una strana luce provenire dai suoi occhi.
“Ho provato a starti lontano, credimi. Non faccio altro che provarci dalla prima volta che ci siamo visti, ma non ci riesco, diamine! E mi sento uno schifo anche per questo!”, continuò.
Lo osservavo, Harry aveva preso a giocherellare con il portachiavi che pendeva dal cruscotto, forse per distogliere l’agitazione e l’imbarazzo.
Ad un tratto si fermò e con la mano destra cercò la mia, per poi stringerla nella sua.
“Se non sono tornato immediatamente da te, dopo le vacanze, è stato soltanto perché ho avuto paura, Liz. Ho avuto paura che quello che stava per nascere tra di noi fosse un qualcosa troppo grande da poter essere gestito. Ho avuto paura di non esserne capace, di non essere abbastanza. Volevo prima sistemare le cose, procedere con calma e nel modo giusto.”, confessò ormai a pochi centimetri dal mio volto.

Ed ora?
“Magari penserai che ti abbia appena rifilato la scusa più banale del mondo, ma è solo la verità.”, spiegò.
Sentivo il suo respiro cadere fresco sulla mia pelle, la sua mano stringeva la mia, giocando distrattamente con le dita, le sue labbra erano terribilmente vicine alle mie, mentre i suoi occhi verdi erano ancora fissi nei miei tanto da lasciarmi completamente interdetta, in balia del suo sguardo ipnotico.
“Dobbiamo andare.”, sussurrai a fatica, cercando di reprimere quel malsano impulso che mi spingeva a colmare la distanza tra le nostre labbra.
Harry sorrise appena, ma fortunatamente si allontanò, tornando al suo posto, senza obiettare.
Rimise in moto l’auto, poi fece un’inversione di marcia e ripartì.
“Dove stiamo andando?”, gli chiesi allora.
“In un posto vicino, tranquilla.”, mi rassicurò lui, premendo il piede sull’acceleratore.
Sfrecciava ad una velocità non consentita per le strade cittadine ormai deserte, con un’espressione beata dipinta sul volto.
“Non ti ho chiesto se è lontano, ma come si chiama.”, gli feci notare borbottando, puntando lo sguardo sul vetro del finestrino.
“Allora devo dirti che è una sorpresa.”, disse semplicemente e di sottecchi lo vidi sorridere.
Non riuscii a capire come da una discussione fossimo giunti a ciò, la serata aveva preso davvero una piega inaspettata, ma non mi soffermai particolarmente a riflettere su ciò.
Mi portò sulle rive del Tamigi quella notte, poco lontano dal centro, in un punto in cui era possibile arrivare a bagnarsi pesino i piedi nelle acque fredde del fiume.
“Cosa ci facciamo qui?”, gli domandai sedendomi sulla fresca erbetta, per poi perdermi ad ammirare il paesaggio.
“Nulla, mi piace come le luci della città si rispecchiano sull’acqua.”, mi spiegò, affiancandomi.
Mi voltai in sua direzione ed osservai bene il suo volto, per comprendere se stesse scherzando o se fosse serio.
Non credevo potesse essere un tale sentimentale.
“Mi stai prendendo in giro?”, gli chiesi retoricamente, con un’espressione scettica.
“Non sono mai stato così sincero con una persona.”, sussurrò.
Quelle parole mi spiazzarono.
Sembravano non volersi riferire solo a quella circostanza e ciò non faceva altro che alimentare i miei dubbi.
Il silenzio che era calato fu presto interrotto dalla suoneria del mio cellulare.
Per un attimo temetti fosse Niall, ma sul display lessi il nome di mio fratello ed a quel punto non seppi se gioirne oppure no.
Lo sguardo di Harry era fisso sulla mia mano tremante con la quale reggevo il telefono.
“Rispondi.”, mi suggerì con un filo di voce, probabilmente neppure lui doveva essere tranquillo.
“Ciao Louis!”, lo salutai un attimo dopo aver accettato la telefonata.
“Ciao Lizzie! Devo darti una notizia fantastica!”, annunciò allegramente, facendomi stupire per l’entusiasmo con il quale si stava rivolgendo alla sottoscritta.

Che fosse ubriaco? O che magari avesse dimenticato tutto?
“Dimmi!”, lo incitai, tralasciando quanto surreale sembrasse quella conversazione.
“Ce l’abbiamo fatta! Incidiamo un pezzo! Abbiamo vinto!”, urlò gioiosamente dall’altro lato del telefono, stordendomi quasi un timpano.
“Non posso crederci! Lo sapevo! Siete troppo bravi! Complimenti!”, trillai contenta ed orgogliosa di mio fratello.
“Lui è con te?”, mi domandò qualche attimo dopo.
Esitai qualche istante prima di rispondere.
Non avrei commesso lo stesso errore due volte, non con Louis.
“Si.”, mormorai con il fiato sospeso in attesa della sua reazione.
“Allora digli che siamo tutti dentro e che domani si festeggia alla grande.”, disse, senza rancore o rabbia.
“Va bene.”, gli accordai.
“Ci sentiamo domani. Ciao Lizzie!”, mi salutò lui, felice.
“Ciao Louis!”, ricambiai sorridendo prima di terminare la chiamata.
“Avete vinto, inciderete un singolo.”, comunicai ad Harry dopo qualche secondo di silenzio.
Lui sogghignò, poi spostò i suoi occhi nei miei.
“L’avevo capito dalle urla di Louis! Le ho sentite anche io!”, commentò.
“Congratulazioni!”, mi complimentai allora.
“Diventerò un cantante vero.”, sospirò Harry con aria sognante.
“Ed io che già ti vedevo sotto un ponte.!”, borbottai ironicamente, facendolo ridere.
“Non sarebbe male come alternativa, ma il cantante rimane al primo posto.”, scherzò iniziando a giocare con i fili d’erba .
“E poi pensa a tutte quelle ragazze che urlerebbero eccitate il mio nome.”, aggiunse lanciandomi uno veloce sguardo.
“Credo che la fama ti darebbe alla testa.”, sentenziai con tono giocoso.
“Io credo che sia altro a darmi alla testa.”, sussurrò a voce talmente bassa che pensai di aver solo immaginato quelle parole.
“Tu cosa vuoi fare dopo il college?”, mi chiese poi, sorridendomi mentre le due fossette si scavavano ai due lati del suo viso.
Sorrisi anche io prima di rispondergli.
Passammo tutta la notte a parlare, sulle rive del Tamigi. Harry continuava a farmi domande, curioso di conoscere ogni dettaglio dei miei gusti, della mia vita, di me ed io le riproponevo a lui.
Ad ogni risposta mi sembrava di scoprire un nuovo piccolo pezzo di Harry che, unito agli altri, mi permetteva di scavare più a fondo dentro di lui.
E quando all’alba decidemmo di andar via ebbi la sensazione di conoscerlo da sempre.

---



















Angolo Autrice
Okay, eccomi qui direttamente da Pisa!*.*
Oggi vado davvero di fretta, anche perché tra poco esco a godermi la città nella quale sono da poco approdata!:D
Però proprio non volevo mancare al nostro appuntamento del martedì!;) Quindi, ecco un nuovo capitolo!
Per quanto riguarda il titolo, fa riferiento al testo della canzone "They don't know about us" e qui nasce un preoblemuccio:
allora, ho girato un po' su internet ed i siti portano sia nights che night's, dunque mi sono rassegnata e ho optato per la più popolare.xD
Anyway, grazie a chi legge, segue, ricorda, preferisce e ai fatasticissimi che commentno!*.*
Ora scappo davvero, alla prossima!:*
                                                             Astrea_

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Capitolo 28
*** They don’t know about us. ***


a




They don't know about us.


Mi misi più comoda, rannicchiandomi sul sedile in pelle dell’auto di Harry.
“Devo fare un salto a casa mia, poi ti riaccompagno a casa.”, m’informò ingranando la terza, un attimo prima di accelerare.
Le strade di Londra erano davvero poco affollate a quell’ora del mattino, tanto che ci mettemmo ben poco ad uscire dal centro.
“Harry, casa tua è dall’altro lato.”, gli feci notare con lo sguardo assorto sul paesaggio che intravedevo dal finestrino.
Avevo imparato a conoscere la città in quei mesi di permanenza a Londra e, soprattutto, conoscevo alla perfezione la zona in cui abitava mio fratello, insieme al riccio, e dalla quale ci stavamo allontanando sempre più.
“La nottata in bianco ti ha forse dato alla testa?”, scherzai voltandomi in sua direzione.
Harry accennò ad un lieve sorriso, ma mantenne lo sguardo fisso sulla strada.
Con le dita della mano destra ticchettava sul volante, mentre la sinistra era poggiata sul cambio.
“Sei stranamente più perspicace del solito di prima mattina!”, commentò lui, sogghignando. “Stiamo andando a casa di mia madre, devo prendere i vestiti che le ho dato tre giorni fa, o sarò costretto ad andare in giro solo con i boxer.”, mi spiegò qualche istante dopo, lanciandomi una veloce occhiata, subito accompagnata da un sorriso sornione contornato da due fossette.
A quelle parole nella mia mente balenò l’immagine di Harry a petto nudo, che con fare malizioso ammiccava in mia direzione, squadrandomi con eccessiva attenzione da capo a piedi.
Le mie guance ribollirono dall’imbarazzo, tanto che ebbi la certezza del fatto che fossero diventate rosse, probabilmente della stessa tonalità di un pomodoro maturo.
“Sei sexy quando arrossisci.”, commentò lui con voce bassa e roca, non aiutando per nulla a calmare i miei ormoni che in quel momento erano come impazziti.
L’immagine di Harry mezzo nudo, con quel suo sorrisetto seducente e quel suo fare terribilmente infantile, continuava a pararsi davanti ai miei occhi, impedendomi di pensare lucidamente.
Mi stava provocando, era evidente; ciò che però mi infastidiva era il fatto che ci stesse riuscendo alla perfezione.
Non risposi, preferii fiondare tutta la mia attenzione sul cellulare che avevo appena estratto dalla tasca del cappotto.
10 chiamate di Niall, 3 di Allie, 4 di Louis, un messaggio.
Lo aprii con foga, temendo fosse di Niall. Mi sentivo terribilmente in colpa nei suoi confronti per ciò che era capitato la sera precedente. Ero andata via, con Harry per di più, non condividendo con lui quell’importante momento.
Ehi, sono le quattro e ancora non sei tornata, immagino tu sia con il riccio. Niall mi ha chiamata, gli ho detto che non rispondevi perché ti eri già addormentata. Mi raccomando, se e quando leggi questo messaggio, spero in tempo, ricordati di farti desiderare e di farlo impazzire. Dì ad Harry di stare attento al vestito mentre te lo toglie. E torna, appena puoi: ho bisogno di te. Un bacio, Allie.
Un sorriso involontario si disegnò sulle mie labbra, pensando a quanto pazza e dolce fosse la mia amica. Tirai un sospiro di sollievo nel constatare che fosse lei e non Niall, di certo leggere un suo messaggio non mi avrebbe aiutata ad alleviare il senso di colpa che mi affliggeva.
“Perché sorridi?”, mi chiese Harry, forse avendo notato l’espressione tranquilla e serena del mio volto.
Feci spallucce, non rispondendogli neppure.
Del resto non avrei potuto certo dirgli che la mia migliore amica mi augurava tanto buon sesso con lui. Avvampai al solo pensiero di quella parola, maledicendomi per averlo concepito nella mia mente.
Restammo in silenzio fino a quando non giungemmo a destinazione. Subito rimasi estasiata nell’osservare la deliziosa e grande facciata della villa di Harry, o per meglio dire della professoressa Cox.
Già, eravamo a casa di sua madre e per me ciò equivaleva dire a casa della mia professoressa.
“Vieni dentro, facciamo colazione e torniamo. Che ne dici?”, propose Harry, parcheggiando nell’ampio vialetto che si apriva sul lato sinistro.
Annuii, mentre scendevo dalla macchina.
Harry mi precedette, facendomi strada, poi estrasse le chiavi dalle tasche del cappotto ed aprì il portone principale.
“Entra, fa come se stessi a casa tua! Mia madre non c’è, stamattina è uscita presto. In fondo a sinistra c’è la cucina, a destra il salotto. Io salgo a cambiarmi, ti raggiungo subito!”, esordì indicandomi le varie direzioni delle due stanze da lui nominate, per poi scomparire sulle scale.
La casa era spaziosa e luminosa e le tinte chiare delle pareti contribuivano a riflettere la luce che entrava dalle grandi finestre.
Era arredata con mobili moderni, curata nei minimi dettagli e piena di fiori che emanavano un profumo dolce e fresco.
Percorsi il breve corridoio, raggiungendo la cucina, poi tolsi il cappotto e lo appoggiai su uno sgabello che affiancava la penisola.
Ero a disagio. Certo, l’idea di trovarmi nella cucina della Cox non aiutava affatto e ad essa si aggiungeva anche la consapevolezza che in casa fossimo del tutto soli.
Mi guardai intorno, cercando di scaricare la tensione perdendomi tra i mille dettagli di quella stanza.
Su una mensola, accanto ad una serie di ricettari, vidi una cornice. Mi avvicinai, per capire a chi appartenessero i volti ritratti della foto al suo interno. Riconobbi immediatamente Harry, nonostante avesse i capelli più corti e più chiari, stretto dal braccio della madre, i cui lineamenti più giovanili erano chiaro indizio del fatto che fosse stata scattata qualche anno addietro. Con l’altro braccio teneva stratta una ragazza dai capelli scuri e lunghi, lisci come la seta. I suoi occhi verdi e vispi non sorridevano all’obbiettivo, ma ad Harry.
Avevano le mani intrecciate, quasi come se stessero giocando, e i loro volti trasmettevano amore.
“Quella è Gemma, mia sorella.”, annunciò facendomi sobbalzare per lo spavento.
Di scatto mi voltai in sua direzione, avvampando alla vista del suo petto del tutto nudo.
Era ancora meglio di come lo ricordassi o lo avessi immaginato.
Fu solo questione di attimi, poi infilò una maglietta bianca di cotone. Aveva i capelli bagnati che gli gocciolavano sulla fronte, forse aveva appena fatto una veloce doccia.
Deglutii, cercando di riprendere il controllo del mio corpo e delle mia mente.
“Avevo undici anni quando è stata scattata. Io e mia sorella abbiamo sempre avuto un rapporto speciale.”, aggiunse poco dopo, avvicinandosi alla sottoscritta.
“Ora stiamo recuperando, anche se ci vorrà del tempo.”, concluse infine, soffiando a poca distanza dal mio orecchio.
Ero stata troppo tempo a contatto con Harry. Il suo profumo, la sua vicinanza, il suo sorriso, i suoi occhi, le fossette, i ricci, tutto di lui mi dava alla testa. Era un qualcosa a cui non riuscivo a rinunciare e più stavo con lui, più mi venivano a mancare le forze per allontanarlo.
“Liz, sto provando ad essere una persona migliore.”, affermò poi, con voce profonda e seria.
Cercai subito i suoi occhi, incontrandoli molto più vicino di quanto avessi pensato.
Harry era lì, a pochi centimetri da me, con l’espressione contratta e affranta, quasi sembrava mi stesse parlando con il cuore in mano.
In quel momento avrei voluto stringerlo forte a me, stringerlo talmente forte da fargli mancare l’aria, ma rimasi ferma, immobile, con lo sguardo incatenato al suo.
Harry si avvicinò a me e con una lentezza snervante poggiò la sua grande mano sulla mia guancia. Era ancora umida, ma nonostante ciò la mia pelle parve scottarsi a contatto con la sua.
Mi pietrificai, trattenendo persino il respiro, incantata dal verde dei suoi occhi.
Volevo che si fermasse, la mia coscienza mi gridava di allontanarmi, di spostare quella mano dal mio viso, di respingerlo. Volevo che mi riaccompagnasse al campus immediatamente, avrebbe reso le cose più semplici e giuste.
“Harry…”, lo chiamai con un filo di voce. “Fermo.”, lo supplicai con tono malfermo.
Quelle parole giunsero come una pugnalata al mio cuore, tanto che temetti di sentirlo scoppiare di rabbia nel preciso istante in cui avevo aperto bocca.
C’era Niall ora, c’era Niall con me.
Lui si fece immediatamente indietro, aumentando la distanza tra i nostri corpi.
Quasi mi sentii vuota quando la sua mano abbandonò la mia guancia, come se fossi stata appena derubata di ciò che di più prezioso possedessi.
Per interminabili secondi restammo in silenzio, io avevo la testa bassa, imbarazzata, mentre di sottecchi avevo visto Harry irrigidirsi, tanto che teneva le mani strette in pungi e la mascella serrata.
“Torniamo al campus.”, sentenziò ad un tratto, richiamando la mia attenzione.
I nostri occhi si incrociarono nuovamente, facendomi sussultare.
Dipendevo da lui, dalle sue labbra, nonostante stessi provando a far prevalere il mio buon senso.
All’improvviso quelle iridi verdi mi sembrarono ancor più profonde, ma chiare, come se avessi potuto leggere tramite esse i pensieri di Harry.
In quel momento dicevano solo una cosa: amore.
Non mi resi neppure conto che le mie gambe si fossero mosse, avvicinandosi a lui di qualche passo. Non ero io a comandare il mio corpo, ma qualcosa dentro di me, all’altezza del cuore.
Non farmene pentire, pensai solo, quando fui arrivata a pochi centimetri dal corpo di Harry.
Mi guardava perplesso, non riuscendo a capire cosa avessi intenzione di fare.
Non seppi neppure come, vista la notevole differenza d’altezza tra me e lui, le mie labbra combaciarono alla perfezione con le sue.
Al diavolo Niall e la sua dolcezza, al diavolo Louis e le sue stramaledette raccomandazioni, al diavolo tutto e tutti.
Stavo baciando Harry Styles.
Sarebbe potuto anche scoppiare un incendio, in quel momento non me ne sarei minimamente curata. Ero in pace con me stessa, mi sentivo completa, avvolta dalle sue braccia forti.
Harry approfondì il bacio, facendo giocare le nostre lingue, mentre con una mano iniziava ad accarezzarmi la schiena, con dolcezza.
Il mio corpo trepidava ad ogni suo minimo tocco, facendomi rabbrividire. Temetti di impazzire quando Harry si staccò delle mie labbra per lasciare una scia di umidi baci sul mio collo, fino a giungere al lobo del mio orecchio, mordicchiandolo.
Sorrise sulla mia pelle, sfiorandola impercettibilmente con il naso freddo. Socchiusi gli occhi, poi deglutii nel tentativo di non perdere il mio autocontrollo.
Harry tornò sulle mie labbra, questa volta con più passione, avido di riassaporarne il gusto.
Io incrociai le braccia dietro il suo collo, impacciata, ma allo stesso tempo bramosa di poter giocare ancora una volta con i suoi capelli ricci e morbidi che in quel momento erano bagnati.
Fece giocare le nostre lingue sempre con maggior trasposto, fino a quando andai a sbattere contro la penisola della cucina.
Lui portò le mani sui miei fianchi, sollevandomi fino a farmi sedere sul freddo marmo di essa, poi fece scivolare le dita sulle mie cosce.
Sentivo le guance accaldarsi, l’aria quasi mi mancava.
D’un tratto Harry si fermò, puntando i suoi occhi nei miei, indietreggiando di poco.
Mi tese una mano, con fare incerto, come se avessi potuto rifiutarlo.
Non aveva ancora capito che non lo avrei mai potuto rifiutare.
La afferrai, titubante. Le nostre dita si sfiorarono appena quando sentii una scossa invadere il mio corpo. Cercai lo sguardo di Harry, già fisso sul mio volto, ma questa volta i suoi lineamenti erano nuovamente rigidi. Quell’istante in cui le nostre labbra si erano separate era stato sufficiente a ricatapultarci nella realtà. Era come se la bolla che ci aveva avvolto fino all’istante prima si fosse improvvisamente frantumata. Ciò che avevamo fatto non era assolutamente tollerabile, non sarebbe mai dovuto accadere. Eravamo persone, non animali, ed in quanto tali saremmo dovuti essere in grado d controllare i nostri istinti, non abbandonarci ad essi.
Harry continuava a mordicchiarsi il labbro, tormentandolo quasi come se potesse espiare su di esso tutti i tarli che evidentemente ora gli affollavano la mente.
“Dovremmo andare.”, propose lui, infine, con il volto girato in direzione della porta, come se quella fosse l’unica, ovvia e giusta sentenza del suo lungo ragionamento. Stava combattendo contro se stesso, cercava di far prevalere la sua parte responsabile, quella giudiziosa, quella volenterosa di cambiare e terribilmente stanca di soffrire e preoccupare il prossimo a causa delle sue avventate scelte.
Deglutii impercettibilmente a quelle parole, poi annuii soltanto. Se non fosse stato Harry a fermarsi, a riuscire a mettere fine a quella situazione, probabilmente io non ne sarei stata in grado.
Avevamo ancora entrambi il fiato corto, gli occhi lucidi e le espressioni accaldate.
Sapevo cosa sarebbe potuto succedere di lì a poco, sapevo come quella situazione sarebbe potuta evolversi, ciò che tuttavia non sapevo minimamente era fino a che punto mi sarei spinta, fino a dove sarei arrivata se Harry non avesse posto fine a tutto ciò.
Le sue labbra baciarono nuovamente le mie, rendendomi incapace di pensare. Questa volte non c’era la passione di pochi attimi prima, ma solo un’infinita dolcezza che mi fece sorridere. Era sbagliato, ciò che c’era tra di noi era completamente, totalmente errato, soprattutto ora che c’era Niall, ma l’avrei voluto, avrei voluto Harry.
Lo seguii in silenzio, incapace di dire alcunché, fino a quando raggiungemmo insieme la sua auto. C’era un comprensibile imbarazzo tra di noi che ci impediva di conversare. Trascorremmo l’intero tragitto senza scambiarci neppure una parola, tanto da rendere decisamente prolungata la percezione del breve spostamento che avevamo compiuto.
Non lo salutai neppure quando con lo sguardo fisso sulla strada accostò nei pressi del cancello secondario, quello più vicino alle palazzine adibite ad alloggi.
Ancora una volta avrei voluto parlare con lui, chiarire quelle equivocabili circostanze che si erano create, ma la sua aria cupa mi intimidiva più del dovuto, inoltre non avevo idea alcuna di come poter affrontare una simile conversazione. Così, da perfetta vigliacca, preferii non dire nulla a riguardo. Mi allontanai dalla sua auto con passo deciso, senza neppure voltarmi indietro, fino a quando raggiunsi il portone della palazzina dove si trovava la mia camera.
“Liam, cosa ci fai tu qui?”, gli chiesi notando il ragazzo fermo davanti alla porta della mia stanza, con un’espressione sconsolata dipinta sul volto.
“Credimi, ci sto provando a spiegarmi, a dirle che la amo, che quello stupidissimo bacio io non lo volevo affatto, ma lei non vuole ascoltarmi!”, sbottò con voce incrinata, trasmettendomi tutta la sofferenza che stava provando in quel momento.
Compresi subito che si stesse riferendo ad Allie.
“Da quanto tempo sei qui fuori?”, gli chiesi comprensiva, accennando ad un sorriso, nel tentativo di rincuorarlo.
“Ormai sarà quasi un’ora.”, rispose lui, lasciandosi cadere lungo la parete fino a cadere sul pavimento freddo.
Quello che stava provando Allie non era paragonabile neppure alla metà di quello che avrebbe potuto provare Niall se avesse scoperto di me ed Harry. Liam era stato baciato, io, invece, avevo baciato ed in ciò c’era una sostanziale differenza.
Mi accovacciai accanto a Liam, sospirando per quanto uguali e diverse fossero le nostre situazioni.
Lui aveva solo ricevuto e forse, le circostanze ancora non erano del tutto certe, ricambiato un bacio ed ora doveva patire tutto ciò. Io, invece, avevo praticamente assalito Harry.
All’improvviso sentimmo la serratura della porta scattare, per poi rivelare la figura di Allie.
“Allie, amore!”, sospirò Liam, alzandosi di scatto per poi avvicinarsi a lei.
“Lasciami, devo andare.”, ordinò lei con tono freddo e distaccato.
“Ti prego, ascoltami.”, la supplicò Liam afferrandola per un braccio.
Con un gesto deciso lei si svincolò dalla presa gentile e delicata del ragazzo, poi prese a camminare.
“Non ho tempo ora, ho un appuntamento.”, affermò decisa.
Probabilmente non si era neppure accorta nella mia presenza, visto che ero ancora accovacciata in un angolo, con le spalle appoggiate al muro.
“Allie, fammi spiegare!”, la implorò allora il ragazzo, cercando di starle dietro.
Lei si voltò, incenerendolo con gli occhi.
“Ti ho detto che non ho tempo, questione chiusa. Ed ora, con permesso, devo andare a fare colazione con Zayn.”, sentenziò ironica, prima di raggiungere l’uscita dell’edificio.
Oltre i vetri della porta vidi distintamente Allie avvicinarsi a Zayn con passo incerto ed il viso basso, che alzò solo per concedere al ragazzo un lieve sorriso di saluto. Zayn ricambiò appena, piuttosto riluttante e perplesso nell'espressione.
Liam tirò un pugno sulla parete nel vedere quella scena, facendomi rabbrividire. Non c'era nulla di neppure lontanamente equivocabile in quel gesto, eppure lui non era ugualmente riuscito a rimanere impassibile ad esso. Aveva inutilmente atteso per chissà quanto e  chissà cosa, mentre tutto ciò che aveva ottenuto era essere stato ignorato. Aveva il volto livido e gli occhi addolorati ridotti a fessure.
Non lo avevo mai visto così arrabbiato e nervoso.
Quando mi rigirai in direzione di Allie, lei era sparita con Zayn dalla mia visuale.
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Angolo Autrice
Ehilà, c'è ancora qualcuno nei paraggi?? Lo so, è una vita che non aggiorno e mi vergogno profondamente per questo,
ma la ripresa e l'insoddisfazione generale per questo capitolo proprio non hanno aiutato.
Ho cambiato non so neppure quante volte la versione, soprattutto sul finale, per poi rendermi conto che era sempre peggio.
Così alla fine mi sono decisa a postare quella che poteva più andare, nel tentativo di superare questa specie di blocco che mi è preso.
Anyway, spero ci sia ancora qualcuno disposto a leggere e commentare, nonostante il tempo infintio trascorso dall'ultimo aggiornamento.
Mai come in questo momento gradirei uno vostro parere o un consiglio!
Vabbè, vi lascio al capitolo, nella speranza che il prossimo arrivi presto!
-In realtà è già pronto, ma non mi convince per nulla neppure quello!-.-"
Ok, non mi dilungo ulteriormente, visto che ci tengo ad aggiornare anche l'altra storia, ora che ho un po' di tempo libero!
Ringrazio ancora chi segue, commenta, preferisce, ricorda e legge! Grazie!!!<3
Alla prossima!:*
                                                                     Astrea_

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Capitolo 29
*** Words I still haven't said. ***


a




Words I still haven't said.

Varcai la soglia dell’appartamento di Louis ed Harry, pregando che quest’ultimo non fosse in casa.
Erano trascorse appena sei ore dall’evento, verificatosi quella mattina, in casa del nemico ed io mi sentivo terribilmente stupida del parlare di quello come se si trattasse di una battaglia persa in guerra.
“Ciao Boo!”, esclamai, abbracciando mio fratello.
Lui ricambiò, scombinandomi dolcemente i capelli con la mano destra.
“Mi sei mancata Lizzie!”, esordì prima di avvolgermi in un caldo abbraccio.
Sorrisi al contatto con il suo petto. Era mancato anche a me.
“Anche tu, Lou. Scusami per tutto, davvero.”, iniziai con un filo di voce, cercando di trattenere le lacrime.
“Dispiace anche a me, del resto ho esagerato con tutta la storia di Harry.”, si scusò allontanandosi il necessario per potermi guardare negli occhi.
Era davvero desolato per quello che era successo tra di noi, del resto lo ero anche io.
“Fratelli come prima?”, gli chiesi allora, accennando ad un sorriso, mentre gli porgevo il mignolo.
Lui lo afferrò con il suo, mentre vidi i lineamenti del suo volto distendersi.
“Più di prima!”, affermò sicuro di sé, prima di abbracciarmi nuovamente e lasciare un bacio tra i miei capelli.
“Ti voglio bene Liz e se esagero è solo perché vorrei proteggerti da tutto e da tutti.”, spiegò.
“Lo so Lou, ti voglio bene anche io.”, sussurrai mentre lo stringevo quanto più forte mi fosse possibile.
“Sono contentissima per ieri! Ce l’avete fatta, finalmente!”, mi congratulai poi riferendomi all’esito della loro esibizione, del resto non avevo avuto modo di farlo la sera precedente.
“Io ancora non riesco a crederci!”, disse, con un filo di voce ed aria sognante, allontanandosi di poco.
“Allora, com’è andata la mattinata?”, mi chiese, incamminandosi in direzione della cucina.
Mi tolsi il cappotto, lasciandolo sull’appendiabiti vicino all’ingresso e lo seguii.
Esitai prima di rispondere. Raccontargli la verità sarebbe stato imbarazzante, ma odiavo dovergli raccontare bugie, soprattutto ora che avevamo appena chiarito. Tuttavia in quel momento non avevo proprio voglia di ribadire a me stessa quanto già mi sentissi sciocca. Del resto non si trattava neppure di una vera e propria menzogna, volevo solo evitare discussioni scomode visto che neppure io avevo dato una valida spiegazione a quell’accaduto.
“Tutto nella norma.”, mentii facendo spallucce, poi mi accomodai su una delle sedie che circondavano il tavolo.
“E a te? Che hai fatto?”, gli chiesi, mentre lo vedevo impegnarsi alle prese con i fornelli e qualche pentola, nel tentativo di cambiare del tutto l’argomento della nostra conversazione.
Mi sentivo a disagio, temevo che da un momento all’altro sarebbe arrivato anche lui, irrompendo nella stanza con il suo solito sorrisetto compiaciuto e beffardo.
Ero tesa, esattamente come una corda di violino.
“Stamattina hanno chiamato papà e mamma, così ho colto l’occasione per dargli la grande notizia. Mamma era entusiasta, papà un po’ meno, ma credo si abituerà presto all’idea.”, borbottò quasi, accendendo il gas.
Non riuscii neppure a comprendere l’effettivo significato delle parole di mio fratello, troppo concentrata sull’imbarazzante eventualità che Harry potesse essere nell’altra stanza, o che stesse per rientrare nel giro di pochi minuti.
Incontrarlo era l’ultimo dei miei desideri, sarei stata disposta a tutto pur di non vederlo.
“Harry è in casa?”, chiesi poi, tutto d’un fiato, incrociando le dita e socchiudendo le palpebre.
Con tutte le mie forze sperai in una risposta negativa, in quell’unica parola, quelle due lettere che avrebbero reso la mia permanenza in quel luogo decisamente più piacevole e tranquilla, ma il mio desiderio fu prontamente distrutto da quell’unica sillaba affermativa.
“Sì.”, rispose Louis, ancora dandomi le spalle. “Si sta vestendo, stamattina è tornato tardissimo a casa, anche se era felice come una pasqua.”, mi spiegò poco dopo.
Tutte le mie speranze si frantumarono all’istante, mentre mi vedevo precipitare in un pozzo buio e senza fondo.
 “Ciao Liz!”, mi salutò Harry, facendo il suo ingresso in cucina.
Sobbalzai sulla sedia quanto percepii la sua voce ed immediatamente mi immobilizzai, paralizzata dal disagio che la sua presenza mi procurava.
Harry si avvicinò a me, sorridendomi con fare dolce, poi si chinò sul mio viso, con una lentezza estenuante.
I suoi occhi verdi erano puntati su di me, ne percepivo distintamente l’intensità, mentre i miei erano fissi sulle sue labbra, sempre più vicine al mio viso.
Mi lasciò un leggero bacio, all’angolo della bocca, esitando qualche istante prima di ritrarsi.
“Harry, ci pensi tu al sugo? Io devo andare un attimo in bagno.”, esordì mio fratello, voltandosi in nostra direzione.
Sgranai gli occhi al suono di quella richiesta: non poteva essere vero.     
 “Certo Lou, vai pure.”, acconsentì il ricco, spostandosi in direzione dei fornelli.
Rimanemmo in silenzio, tanto che riuscii chiaramente a sentire la porta in fondo al corridoio chiudersi qualche attimo dopo e fu solo allora che Harry decise di riprendere a parlare, come se avesse aspettato per evitare che altri potessero sentire.
“Perché non hai detto nulla stamattina? Mi aspettavo qualsiasi cosa, persino una sberla, ma non il silenzio.”, quasi si lamentò, facendosi più vicino.
Con le mani afferrò i miei fianchi, costringendomi al alzarmi, poi fece combaciare il mio petto al suo.
Si mordicchiò il labbro con fare sensuale, sorridendo.
“Lascia Niall e vediamo che succede tra di noi.”, propose allora.
“Harry, lasciami. Molla immediatamente la presa.”, gli intimai, allontanandomi quanto più possibile.
La sua espressione mutò in un misto di sorpresa e confusione.
“Liz, andiamo, capisco se non vuoi ancora dire a Louis che tra di noi c’è qualcosa, ma lui adesso è in bagno.”, provò a dire con voce rassicurante, cercando di colmare nuovamente le distanze.
Non sapevo cosa fare, cosa dire, come comportarmi.
Mi aveva baciata, io lo avevo respinto in un certo senso, ma poi mi ero letteralmente fiondata su di lui ed era stato Harry ad interrompere quel momento che di certo ci avrebbe portato ad altro se non fosse stato per lui.
Non sarei mai dovuta andare a pranzo da mio fratello, non quel giorno, non esattamente dopo quella mattina.
“Non è mio fratello il problema.”, dichiarai con lo sguardo basso.
Avevo le idee confuse.
Mi ero pentita solo in parte di  quello che era successo tra di noi.
“E allora cosa ti prende?”, mi chiese, lasciando finalmente la presa sui miei fianchi.
“Mi prende che devi starmi lontano, punto.”, sbottai con un filo di voce.
Harry era stato la tentazione a cui non ero riuscita a resistere, dunque l’unico modo per non ricadervi era allontanarlo.
Forse stavo commettendo l’ennesimo errore da persona vigliacca e codarda quale ero, ma non ero ancora pronta ad affrontare le conseguenze del fatto che, ormai era chiaro, mi piacesse.
Non ero pronta ad essere illusa da uno come lui, non ero pronta ad essere una delle tante, non ero pronta a dover sopportare altre bugie. Del resto l’idea che lui potesse seriamente essere interessato a me non mi aveva sfiorata per neppure un istante, troppo bizzarra persino per poter essere pensata.
Preferivo fingere di essere io quella forte a cui non interessava nulla, preferivo essere io a prendere una decisione, anche se quella decisione comportava allontanarmi da lui.
“Non mi sembrava che stamattina la pensassi allo stesso modo.”, ribatté tagliente, squadrandomi con attenzione, quasi volesse capire con uno sguardo il nocciolo della questione.
“Stamattina è stato un errore, dimenticalo.”, affermai allora, cercando di apparire quanto più decisa e risoluta possibile.
Volevo apparire impassibile in quel momento, volevo ignorare quella lancinante fitta che avevo sentito all’altezza del petto nel pronunciare quelle poche parole.
Harry arricciò la fronte, disorientato da quella conversazione.
“Liz, basta dire minchiate. Mi dici cosa diamine ti sta passando per la testa, così risolviamo il problema?”, riprovò accennando ad un lieve sorriso, ma i suoi muscoli erano ancora tesi.
Certo, non avrei potuto dirgli che ero troppo fifona per ammettere persino a me stessa che, nonostante fosse contro tutti i miei principi, lui mi piaceva.
E mi sentivo in colpa per quello che avevo fatto. Mi sentivo in colpa per Niall, per Louis, persino per Allie, ma soprattutto per me stessa.
Avevo passato anni a rifugiarmi nel mio mondo perfetto e poi, all’improvviso, era bastato un sorriso a farmi crollare, il suo.
“Mi sembra di essere stata chiara: dimentica quello che è successo stamattina e dimentica me, punto.”, ripetei, questa volta con maggiore veemenza, sperando che ciò sarebbe bastato a convincerlo.
“E, sentiamo, perché dovrei farlo?”, mi provocò, incrociando le braccia all’altezza del petto.
Non potevo dargliela vinta, non una seconda volta.
“Perché si è trattato di una debolezza, ma tranquillo, non si ripeterà nuovamente.”, spiegai, modulando bene la voce, così da apparire distaccata e calma.
Harry scoppiò in una fragorosa risata forzata, quasi nervosa.
“Bene, a quanto pare non sei la santarellina che tutti credono.”, ghignò scombinandosi i capelli con la mano destra. “Chissà cosa direbbe il tuo bel fidanzatino del cazzo.”, aggiunse provocandomi.
Sul suo volto era disegnato un sorriso maligno, sarcastico, i suoi occhi erano socchiusi in due perfide fessure.
“Non mi interessano i commenti.”, controbattei con un filo di voce, evitando il suo sguardo.
“Sei solo una bambina viziata, ecco cosa sei!”, inveì d’un tratto contro di me, alzando il tono di voce.
Fui scossa da un brivido di paura, mentre il mio cuore prese a battere forte.
“Abbassa la voce, o mio fratello ci sentirà.”, lo ammonì.
In effetti Louis era l’ultima delle mie preoccupazioni in quel momento, ma non volevo che urlasse e quella mi sembrava un ottima scusa da addurre per convincerlo ad abbassare i toni.
“Non me ne fotte un cazzo! Per me può anche sentire!”, ringhiò, avvicinando il suo viso livido di rabbia al mio.
“Sentire cosa?”, domandò Louis, all’improvviso, costringendo entrambi a girarci in sua direzione.
Mio fratello era fermo sullo stipite della porta della cucina. Aveva le mani nelle tasche dei jeans ed un volto spaesato.
Harry ghignò, mi lanciò una veloce occhiata, prima di puntare nuovamente l’attenzione sul suo coinquilino.
“Tua sorella è una puttana, ecco tutto.”, dichiarò tagliente.
Quasi sentii il cuore frantumarsi al suono di quella parola, pronunciata da lui.
In un istante vidi Louis raggiungere Harry, afferrare i lembi del collo della t-shirt che indossava per poi sbatterlo di schiena contro il frigorifero.
Trattenni il fiato, temendo per il peggio.
“Prova a ripeterlo, se ne hai il coraggio.”, lo minacciò Louis.
Le tensione tra i due era troppa, sarebbe bastata una sola parola e Louis gli avrebbe tirato un pugno.
“Ho detto solo quello che penso. Del resto è questo che si dice delle ragazze che stanno con uno e poi baciano di continuo un altro, no?”, lo provocò Harry, con voce tanto naturale da risultare ancora più irritante.
Louis strinse ancora di più la presa contro il suo collo, poi di scatto voltò il viso in mia direzione.
“Mi spieghi perché questo coglione si inventa stronzate del genere sul tuo conto?”, mi chiese, adirato, furioso.
Non riuscii a sostenete il suo sguardo, così abbassai il volto, mordicchiandomi il labbro.
“Sta dicendo la verità?”, mi domandò dopo qualche istante mio fratello, con cautela, quasi temesse la risposta che, comunque, non arrivò.
“Lizzie, sta dicendo la verità?”, tuonò ancora, tanto da far risuonare la sua voce tra le quattro pareti della stanza.
“Sì.”, sussurrai soltanto, ancora con il volto basso.
Di sottecchi vidi Louis mollare un pungo sulla guancia sinistra di Harry, prima di lasciarlo andare definitivamente.
Harry non rispose, le sue labbra erano piegate in un sorrido soddisfatto.
Stavo per scoppiare in lacrime, ma non avrei voluto dargli anche quest’altra soddisfazione, così, prima che lui o Louis potessero aggiungere altro, corsi via da quella casa.
“Lizzie, cos’è successo?”, mi chiese Allie, palesemente preoccupata quando finalmente arrivai nella nostra stanza.
Avevo gli occhi rossi e gonfi, i capelli scombinati, le guance bagnate e sussultavo a causa dei continui singhiozzi.
“Tesoro, calmati, va tutto bene.”, mi disse con voce dolce, abbracciandomi amorevolmente.
“Shh, tranquilla.”, ripeté poco dopo, accarezzandomi i capelli.
Quella stessa sera Allison era uscita per l’ennesima volta con Zayn, così Niall ne aveva approfittato per raggiungermi e farmi compagnia.
Avevamo mangiato una pizza e visto un film, poi ci eravamo stesi sul mio letto.
Niall mi baciò ancora una volta, mentre con la mano destra mi accarezzava un fianco, rimasto scoperto dal lembo svolazzante della camicetta di seta che indossavo quella sera.
Chiusi gli occhi, cercando in quel buio la forza necessaria per lasciarmi andare.
Con Harry non era stato difficile, era bastato concentrarmi su quei due occhi verdi, ma con Niall quella tattica sembrava non essere altrettanto efficace.
Sentii le sue dita risalire fino a sfiorarmi l’ombelico. Mi pietrificai all’istante, spaventata da quel contatto e per un attimo pensai che Harry, in fin dei conti, non aveva avuto tutti i torti nell’affibbiarmi quell’appellativo.
Afferrai la sua mano e la trascinai giù, per poi allontanarla dalla mia pelle nuda.
“Scusa, non volevo fare cose che…”, iniziò a dire, ma io lo bloccai, poggiando un dito sulle sue labbra.
“Scusami tu, è solo che…”, ma neanche lui lasciò finire me.
“Aspetteremo tutto il tempo che vuoi.”, asserì, prima di baciarmi.
Quasi mi sentii morire per la dolcezza che traspariva da quelle parole. Lui lo stava facendo per me ed io non meritavo affatto un gesto tanto premuroso.
Scostai il viso, interrompendo il contatto tra le nostre labbra, incapace di proseguire.
Sorrisi appena, imbarazzata. Niall sembrò sorpreso, di certo non si sarebbe mai aspettato che rifiutassi persino di baciarlo.
“Tranquilla, non è successo nulla.”, mi rassicurò ancora, provando a sorridermi nonostante fosse palesemente spiazzato. Con una mano mi sfiorò una guancia, per poi accarezzarla con un dito. Alzai lo sguardo fino ad incontrare i suoi occhi azzurri. I nostri volti erano vicini, ma non si toccavano. In quel momento ebbi come la sensazione che si fosse appena creato n muro spesso centinaia di metri tra noi e ad innalzarlo ero stata unicamente io.
“Buonasera piccioncini! Scusate, se avessi saputo, avrei almeno bussato!”, esordì Allison facendo il su ingresso nella stanza.
Come una molla scattai in piedi, ringraziandola mentalmente per avermi salvata da quella sgradevole situazione. La voce squillante parve riscuotere Niall dal flusso di pensieri che doveva averlo avvolto, tanto che lo vidi voltarsi di scatto in direzione di Allie per sorriderle quasi forzatamente, sostituendo a quel gesto un saluto verbale.
“Che ore sono?”, chiese poi, alzandosi dal letto.
“Quasi mezzanotte.”, rispose prontamente la mia compagna di stanza.
“Wow, si è fatto tardi!”, esclamò lui, sorpreso, mentre sgranchiva gli arti. “Ok, allora sarà meglio che vada.”, aggiunse poco dopo, recuperando le sue cose.
Annuii soltanto, incapace di dire altro.
“Buonanotte!”, mi salutò poi, con un leggero bacio sulla guancia.
“Notte.”, riuscii solo a dire, con un flebile sorriso.
“Ciao Allie.”, disse infine, prima di uscire.
“Com’è andata la serata?”, mi chiese con tono malizioso la bionda, avvicinandosi a me.
Non ebbi neppure il tempo di rispondere che fui interrotta da qualcuno che bussava alla porta.
Guardai Allison con fare circospetto, ma poi mi tranquillizzai all’idea che potesse essere Niall, accortosi di aver dimenticato qualcosa.
Allie con calma si avviò all’ingresso, la vidi poggiare una mano sulla chiave, per poi farla girare nella toppa, infine fece leva sulla maniglia, aprendo di poco la porta, così da rivelare gradualmente l’identità di quella persona.
Sgranai gli occhi dalla sorpresa quando riconobbi la figura minuta e graziosa di Perrie.
“Ciao, io e te dobbiamo parlare.”, sbottò in direzione di Allison.
La bionda le fece segno di entrare, senza aggiungere altro.
“Ciao Lizzie, tutto bene?”, mi chiese poi, con tono decisamente più cordiale di quello che aveva usato per rivolgersi alla mia compagna di stanza.
Annuii soltanto, sorridendole appena, mentre cercavo di capire cosa l’avesse spinta a presentarsi nella nostra stanza a quell’ora.
“Allora, cosa devi dirmi?”, esordì Allie, probabilmente decisa a voler risolvere subito la questione.
“Sei uscita con Zayn, stasera.”, iniziò, senza troppi giri di parole.
“Sì, sono appena…”, stava per rispondere, ma fu interrotta.
“La mia non era una domanda, vi ho visti, non ho bisogno di conferme.”, dichiarò Perrie.
Dunque era per questo che si era presentata a mezzanotte esatta alla nostra porta.
“Lascia in pace Zayn.”, quasi le ordinò dopo un breve silenzio.
I suoi toni allegri e scherzosi, il suo sorriso contagioso e vitale sembravano essere scomparsi per lasciar spazio a freddezza e fermezza.
“Cosa?”, domandò Allie, vistosamente spiazzata da quella richiesta.
“Stagli lontano.”, ripeté l’altra, questa volta con meno astio. “Stava andando bene tra di noi, ma all’improvviso sei tornata tu, solo per vendetta nei confronti di Liam.”, spiegò poco dopo.
Mi lasciai cadere sul mio letto, mentre in religioso silenzio continuavo ad ascoltare la loro conversazione.
“Non sarebbe giusto farlo soffrire solo perché Liam sta facendo soffrire te. Io ci tengo a lui, per davvero.”, aggiunse ancora.
Allie abbassò il capo, come colpita da quelle parole.
“Non voglio che Zayn soffra.”, mormorò con voce affranta.
“Lasciaci la possibilità di essere felici insieme. Tu sei la ragazza che ha preferito un altro a lui, una sorta di sfida che ha perso, ma ora lascialo andare, lascialo a me.”, terminò con un sussurro.
“Mi dispiace per quello che è successo.”, si scusò poi Allie. “E, comunque, sappi che non ha fatto altro che parlare di te.”, confessò poi, sorridendo appena.
“E tu, invece, sappi che Danielle è una vipera, non mi sorprenderei se venissi a sapere che è stata lei a saltargli addosso.”, ricambiò Perrie, intrecciando le dita delle mani, come fosse imbarazzata dalla strana piega che aveva preso la conversazione tra loro.
“Forse potremmo diventare amiche, io e te.”, esordì poco dopo Allison.
“Ora non esageriamo, limitiamoci ai convenevoli.”, ribatté l’altra, con tono ironico. “Comunque, io ora devo andare. Ciao Allison, ciao Lizzie!”, salutò infine, congedandosi.
“Ciao!”, ricambiammo entrambe, prima di rimanere nuovamente sole.
“Ha terribilmente ragione.”, borbottò poi Allie, buttandosi a peso morto sul materasso del suo letto.

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Angolo Autrice
Ed eccoci qui! Salve a tutte le coraggiose che sono arrivate fin qui!:D
Bene, ormai siamo quasi agli sgoccioli, i giochi sono quasi fatti ed i capitoli quasi pronti, quindi si spera di procedere velocemente.
Comunque, voglio infinitamente ringraziare quelle persone che, nonostante l'assenza, non mi hanno abbandonata,
quelle magnifiche persone che hanno continuato e leggere, seguire, preferire e ricordare!<3
E ringrazio IgLovepn e xTizianossmile per aver commentato, giuro che stasera passo a ripsondere!;)
Ok, sono ancora sconvolta per il finale della 2x03 di The Carrie Diaries, che tra l'altro ho visto senza sottotitoli,
che poi proprio non riesco a capire come Carrie non abbia fermato Sebastian!!! Assurdo!!
Anyway, il video di Story of my life è... è... boh, bellissimo, fantastico, dolcissimo, tenerissimo, magnifico, sublime e molto di più!*.*
Bene bene, questo è quanto credo... Il capitolo è un po' così... boh, non so definirlo.
Lascio a voi il compito, se vi va!;) Buon fine settimana!:D
Alla prossima!:*
                                                                             Astrea_

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Capitolo 30
*** Show me you care. ***


a



Show me you care.

“Lizzie, davvero non riesco a crederci!”, mormorò del tutto sbalordita Allie, cercando di reprimere urla e danze propiziatorie allo stesso tempo.
Eravamo in classe, il professore spiegava ormai da ben più di tre quarti d’ora, ma noi, sedute ai banchi dell’ultima fila, non ci curavamo affatto delle sue parole.
“Smettila! Tu vuoi solo mettermi in imbarazzo!”, la accusai con un sussurro, comprendoni il volto con un braccio.
Allie trattenne una leggera risata mordicchiandosi il labbro inferiore, poi mi regalò un ampio ed elettrizzato sorriso.
“Voglio assolutamente i dettagli!”, annunciò con fare risoluto.
Feci roteare gli occhi, sperando che comprendesse quanto desiderassi cambiare argomento della nostra discussione, del resto non avevo neppur preso in considerazione l’eventualità di seguire la lezione quel giorno.
“Ma perché non parliamo del triangolo/quadrato che ti vede protagonista?”, la punzecchiai.
Lei sussultò, ma immediatamente sostituì il fastidio che quella domanda le aveva causato con  la sua solita aria di sfida.
“Perché parlare di te che salti addosso ad Harry Styles è decisamente più interessante!”, controbatté.
Mi paralizzai all’istante, scossa dalla durezza e dalla franchezza delle sue parole. All’improvviso sentii troppo caldo, tanto che fui a farm aria sventolando una mano davanti al viso. Cercai di regolarizzare il respiro, dopo lo sgomento fisico ed emotivo che quell’affermazione aveva creato in me.
Allie sogghignava, soddisfatta del suo operato.
“Ma alla fine bacia davvero così bene come tutte dicono?”, mi chiese, ma questa volta il suo tono di voce trasmetteva tanta inappagata curiosità.
Sorrisi, imbarazzata da quella conversazione, ed annuii, mentre con lo sguardo puntavo la copertina del quaderno ancora chiuso, improvvisamente diventata più interessante.
“Dai, Liz!”, mi incitò ancora, evidentemente non soddisfatta dal racconto precedente. “Voglio i dettagli!”, si lamentò.
Inspirai, cercando in quel gesto la disinvoltura necessaria per poterne parlare. Non avevo mai avuto conversazioni simili con le mie amiche, del resto non avevo mai avuto nulla da dover o voler raccontare, ma ora, con Allie, era tutto così diverso.
“Prima di tornare al campus siamo andati a casa della professoressa Cox.”, iniziai, ma fui subito interrotta da una delle domande di Allie.
“Com’è la casa della professoressa? Elegante o trasandata? Bella? Piccola? Brutta?”, prese a chiedere, esattamente come un fiume in piena.
“Allie, calma!”, la bloccai, notando che aveva anche alzato il tono di voce. “La casa è bella e grande, ma non credo sia questo ciò che tanto ti interessa.”, ironizzai.
Lei annuì, facendomi poi cenno con la mano di continuare.
“Doveva solo prendere dei vestiti e ne ha approfittato per fare la doccia.”, aggiunsi, ancora incerta su quanti particolari dovessi fornirle.
Alla fine optai per un taglio sulla conversazione riguardo alla foto, per concentrarmi, invece, su quelli che sapevo avrebbe di certo gradito maggiormente.
“Quando è tornato giù era senza maglietta, ma poi l’ha subito indossata.”, continuai, notando l’espressione esterrefatta di Allie.
“Aveva ancora i capelli bagnati.”, ricordai, giocherellando con una matita appena estratta dall’astuccio che tenevo sul banco.
“E sei riuscita a non scaraventarlo contro il muro?”, domandò ironica e sbigottita allo stesso tempo. “Andiamo, tuo fratello e i suoi amici troppo sexy!”, trillò, tanto che dovetti ribadirle di abbassare il tono di voce.
Ignorai il suo commento, preferendo, invece, concentrami sul prosieguo del racconto.
“Lui si è avvicinato, io l’ho respinto, così mi ha proposto di riaccompagnarmi ed io mi sono letteralmente scaraventata su di lui.”, spiegai spostando l’attenzione dalla matita al quaderno, nel tentativo di alleviare la sensazione di disagio.
Nonostante non potessi vederli, percepivo distintamente gli occhi sgranati e sorpresi di Allison fissi su di me.
“Wow.”, riuscì solo a commentare, evidentemente ancora scossa da quella rivelazione.
“All’improvviso mi sono ritrovata seduta sul piano della penisola della cucina, poi Harry mi ha teso la mano, io l’ho afferrata ed in un secondo ci siamo resi conto che stavamo facendo una cazzata.”, terminai, mentre sentivo le guance bollire per l’imbarazzo.
“Cioè, stavate per farlo nella cucina della professoressa Cox!”, sbottò dopo qualche istante la mia compagna, come se ancora stesse cercando di realizzare ciò che le avevo appena detto.
“Però ci siamo fermati in tempo!”, replicai.
Allie soffocò una risata, i lineamenti del suo volto erano più distesi e suggerivano un’espressione molto meno esterrefatta.
“Ma da Louis è successo un casino.”, ripresi, ricordando che mancava un altro importante pezzo della storia.
Allie non disse nulla, mi fece solo segno di continuare.
“C’era anche Harry e quando Louis ci ha lasciati soli abbiamo litigato.”, sintetizzai, sorvolando praticamente su tutto. “Però Louis ha sentito, Harry mi ha dato della puttana, Louis mi ha chiesto se davvero continuavo a vedere Harry e Niall, io ho confermato e mio fratello gli ha tirato un pugno.”, le riferii. “Fine della storia.”, conclusi poi, iniziando a torturarmi le mani.
Non osai neppure guardare in direzione della bionda.
“Cioè, tuo fratello ha dato un pugno in faccia ad Harry!”, ripeté lei, per assimilare il concetto.
“Beh, non ho detto che fosse in faccia, però sì: in sostanza è quello che è successo.”, borbottai.
“E perché Harry era così arrabbiato?”, mi domandò allora.
D’istinto feci spallucce, poi cercai di ricostruire la conversazione che avevamo avuto.
“All’inizio ha detto che si aspettava che lasciassi Niall, poi gli ho chiesto di dimenticare tutto e lui è andato del tutto in escandescenza.”, dissi ancora assorta tra i ricordi.
“Io volevo solo evitare di fare la figura della ragazzina che crede che dopo un bacio è amore vero. Del resto, stiamo parlando di Harry! Ho voluto darci un taglio io, prima che lo facesse lui.”, le spiegai, giustificando il mio comportamento.
“A quanto pare lui non ha molto gradito.”, bofonchiò la bionda a denti stretti. “Ma sei sicura che per lui non significasse nulla?”, mi chiese poi, lasciandomi del tutto spiazzata.
“È Harry, l’ha già fatto altre volte con altre persone.”, constatai con ovvietà, anche se quell’eventualità, per quanto assurda potesse sembrare, aveva nuovamente distrutto le mie certezze.
“Che intenzioni hai con Liam e Zayn?”, domandai ad Allie, ormai bisognosa di un drastico cambio dell’argomento di conversazione.
La bionda sembrò pensarci, prima di rispondere, poi legò il suo sguardo al mio.
“Cercherò di ascoltare il consiglio di Perrie, credo.”, rispose, mimando le virgolette mentre si riferiva all’avvertimento ricevuto la sera prima.
“Liam mi piace come ragazzo, ma Zayn.. non lo so, c’è qualcosa in lui che mi destabilizza.”, dichiarò sicura delle sue parole. “E poi non è colpa di Zayn se il mio ex va in giro a baciare le sue ex.”, ironizzò, forse per alleggerire la tensione.
“Hai provato a chiarire con Liam?”, provai a chiederle.
Lei sgranò gli occhi e il suo viso si curvò in una smorfia di disapprovazione mista a disgusto.
“Spero tu stia scherzando!”, squittì sistemandosi una cicca di capelli dietro l’orecchio. “Non ho alcuna intenzione di stare a sentire le sue bugie.”, spiegò.
“Quindi suppongo che staserai non verrai.”, borbottai, immaginando la noiosa cena che si prospettava nell’immediato.
Dopo la sera del concorso, infatti, i ragazzi non avevano avuto modo di festeggiare la vittoria, così avevano deciso di posticipare al giorno in cui avrebbero iniziato a registrare il singolo.
“Vi divertirete anche senza di me.”, commentò sarcasticamente.
Feci un ghigno, per nulla soddisfatta di quella risposta.
“Certo, come no.”, bofonchiai. “Tu e Perrie non ci sarete, Harry si porterà chissà chi ed io sarò sepolta dai sensi di colpa.”, mi lamentai.
“Ti prego Allie!”, la supplicai allora. “Sai benissimo che io non posso mancare per via di mio fratello e di Niall, ma ti scongiuro: non mandarmi da sola.”, la implorai, giungendo le mani davanti al mio viso in segno di preghiera.
Lei scosse il capo, distogliendo lo sguardo per rendere più semplice un eventuale rifiuto.
“Non chiedermi questo, Lizzie.”, mormorò a denti stretti.
Continuai a guardarla, cercando di addolcire quanto più possibile i lineamenti del io viso, nel tentativo di intenerirla.
“Smettila con quegli occhioni, tanto non servono a nulla.”, m’intimò, puntando l’indice della mano destra contro di me.
“Andiamo Allie! Non si abbandonando gli amici nel momento del bisogno.”, la esortai, ormai sicura che fosse prossima alla resa.
“Ma non voglio vedere Liam, magari persino in compagnia di Danielle, e non voglio vedere Zayn con Perrie.”, si oppose la bionda.
“Tranquilla, lei non è stata invitata, mentre per quanto riguarda Zayn, sei stata tu a lasciare che si avvicinasse a Perrie.”, controbattei facendo spallucce. “Arriviamo di proposito in ritardo e magari andiamo via anche un po’ prima. Che ne dici?”, proposi con un sorriso ampio disegnato sulle labbra.
Lei sbuffò, prima di capitolare del tutto.
Trascorremmo il resto della giornata a programmare nei minimi dettagli la serata, così da essere pronte ad ogni evenienza.
Allison aveva persino stilato un decalogo di regole che avrei dovuto rispettare categoricamente. Tra queste primeggiava il divieto assoluto di lasciarla da sola in compagnia di Liam, ovviamente.
Quando raggiungemmo il locale avevamo già ben quaranta minuti di ritardo.
Varcai la soglia e subito fui accolta da un’atmosfera cupa e poco familiare. L’ingresso era fiocamente illuminato, tanto che prima di poter distinguere nettamente i contorni di tutti i particolari dovetti attendere qualche secondo. Il resto dell’enorme stanza era rischiarato da fasci di luce colorata che si alternavano ad intermittenza. Immediatamente percepii un sottofondo musicale e con lo sguardo cercai di capire da dove esso provenisse. In un angolo un gruppo live suonava canzoni rock per animare la serata. C’erano dei tavolini sparsi ovunque, la maggior parte dei quali era già occupata. Alcuni, i più bassi, erano circondati da divanetti in pelle bianca o nera, altri da poltroncine dello stesso materiale e sedie argentate, probabilmente scelte per poter riflettere ancor di più i giochi di colore delle luci.
“Ragazze!”, esordì una voce a me familiare.
Mi voltai e subito m’imbattei nel volto sorridente ed entusiasta di Eleanor.
“Finalmente siete qui!”, esclamò quasi con un sospiro di sollievo.
“Ciao El!”, la salutai, avvicinandomi a lei.
“Forza, venite! Gli altri hanno già preso posto.”, c’informò.
El mi prese per mano e con grinta mi fece strada tra la gente. Sentii Allison sbuffare, ma poi di sottecchi la vidi seguirci senza opporre resistenza.
Subito notai i capelli di Zayn tra la folla, riuscendo poi ad individuare anche gli altri. Erano seduti su dei divanetti posti introno ad un tavolino sul quale erano già poggiati tre bicchieri vuoti. Non si trovava in una posizione particolarmente centrale, ma era abbastanza vicino al gruppo che stava suonando, dunque la musica giungeva decisamente più forte di come l’avevo percepita all’ingresso.
“Ciao!”, salutammo in contemporanea io ed Allie appena fummo abbastanza vicine da essere sicure che ci avrebbero sentito.
In n attimo tutti gli sguardi furono su di noi. Niall mi sorrideva amabilmente, mentre Louis aveva un’espressione contratta ed indecifrabile.
Liam fissava Allie quasi come se la ritenesse un’allucinazione, probabilmente ancora non riusciva a credere alla sua reale presenza. Zayn, invece, aveva alzato la mano accennando ad un saluto, palesemente imbarazzato. Ed infine c’era Harry. Lui era l’unico che sembrava non aver notato il nostro arrivo. Aveva lo sguardo rivolto verso la band e canticchiava distrattamente il pezzo che stavano eseguendo.
Notai che, nonostante fossero passati già alcuni giorni, aveva ancora un piccolo livido sullo zigomo, ma preferii ignorarlo del tutto.
El prese posto accanto a Louis, riempiendo lo spazio che si era creato tra lui e Liam. Mi accomodai anche io, sistemandomi alla sinistra di Niall, poi feci segno ad Allie di raggiungermi. Lei non se lo fece ripetere due volte, nonostante dovesse accontentarsi della presenza di Harry dall’altro lato. Del resto l’alternativa consisteva nell’affiancare Liam, dunque non la prese neppure in considerazione.
Niall avvolse le mie spalle con un braccio, poi lasciò un leggero bacio sulle mie labbra e in quell’attimo percepii distintamente l’attenzione di Harry e Louis focalizzarsi su di me, tanto che fui costretta ad abbassare il capo dall’imbarazzo. Arrossì vistosamente e sperai che nessuno lo notasse, ma ne ebbi la prova dell’esatto contrario quando Niall accarezzò con un dito la mia guancia, sorridendomi con fare incoraggiante. Mi sentii morire nel constatare la dolcezza di quel suo gesto, sicuramente scaturito dal tentativo di farmi sentire a mio agio dopo un bacio a cui altri avevano assistito.
Il silenzio si impadronì di noi, la tensione era palpabile. Temevo che da una qualsiasi conversazione saremmo potuti giungere ad argomenti sgradevoli, ma allo stesso tempo non riuscivo a trovare alcun pretesto per intavolare un discorso, magari anche frivolo. In quel frangente qualsiasi cosa sarebbe stata meno imbarazzante del silenzio. Giocherellavo con il lembo del vestito blu che avevo indossato, mentre lasciavo sguardi fortuiti per cercare di cogliere un qualsiasi messaggio dalle espressioni altrui.
Louis mi guardava con aria di sfida, nel chiaro tentativo di manifestare il suo dissenso, mentre El si mordicchiava il labbro, immersa nei suoi pensieri. Liam mangiucchiava la cannuccia del bicchiere ormai vuoto che teneva in una mano e periodicamente si concedeva una veloce occhiata in direzione di Allie. Quest’ultima aveva incrociato le braccia al petto ed attendeva, quasi in uno stato catatonico, qualsiasi tipo di evoluzione. Harry era ancora completamente assorto dalla contemplazione del gruppo musicale. Aveva il gomito fissato sul ginocchio e la schiena incurvata affinché il mento poggiasse sul palmo della mano chiusa in un mezzo pugno. Niall continuava a tracciare con un dito l’orlo di un bicchiere, anch’esso vuoto, lasciato sul tavolo, ripetendo senza sosta quel breve movimento circolare. Infine, Zayn tamburellava con le dita sulla coscia sinistra coperta da dei jeans neri, con una chiara espressione seccata dipinta sul volto.
“Ok, ora basta.”, esordì Eleanor, ponendo fine a quello strazio. “È chiaro a tutti che qualcosa non va.”, dichiarò ignara degli ultimi avvenimenti. “Quindi avete due possibilità: affrontare i problemi o fare finta di nulla, solo per stasera, così da goderci la serata.”, sentenziò con tono che non ammetteva repliche.
“Certo, la fai facile.”, borbottò Liam tra i denti, con astio. “Tanto non è mica uno dei tuoi migliori amici quello che ha baciato la tua ragazza!”, sputò con sarcasmo.
Trattenni il fiato a quelle parole ed immediatamente spostai lo sguardo su Allie. Aveva gli occhi sgranati per lo stupore e le labbra socchiuse.
“Cazzo Liam!”, imprecò Zayn, preparandosi a rispondere alla frecciatina. “Non l’ho baciata! E comunque non è più la tua ragazza, non da quando tu hai baciato Danielle.”, puntualizzò cercando di reprimere un urlo.
Lo sguardo di Liam si fece furente, i suoi lineamenti si indurirono e le sue mani si stinsero in due pugni. I suoi occhi, invece, erano ridotti a due piccole fessure.
“Sai benissimo che non sono stato io a baciarla!”, tuonò catturando l’attenzione del gruppo seduto a pochi metri da noi.
El sorrise loro, come per rassicurarli, e lo stesso Liam attese qualche istante prima di riprendere.
“Ha fatto tutto da sola ed io non ho avuto il tempo neppure di respingerla,”, chiarì. “E tu, Zayn, ne hai meschinamente approfittato.”, lo accusò.
“Io approfittato?”, gli fece eco il moro, sbattendo più volte le ciglia come scandalizzato da quell’affermazione. “Sei tu quello che non fa altro che farla soffrire, cazzo!”, controbatté puntando il dito contro Liam.“Sei tu che le hai dato buca per Danielle, sei tu che l’hai lasciata andare, sei tu che l’hai baciata quando ancora eri fidanzato!”, continuò per rincarare la dose.
Vidi Liam aprir bocca, pronto ad intervenire, ma fu bloccato dall’intervento di Allison.
“Basta!”, quasi urlò per sovrastare le voci di entrambi. “Smettetela di parlare di me come se non fossi presente, smettetela di parlare di me.”, tuonò con voce intimidatoria.
“Tu!”, iniziò indicando Liam. “Ancora non riesco a capire come abbia potuto sprecare tutto questo tempo con te, davvero!”, iniziò.
“Pensavo fossi una persona matura ed, invece, non hai fatto altro che dimostrarmi il contrario. La scenata di stasera è solo la ciliegina sulla torta.”, commentò con voce ferma e decisa, tanto da sembrar ancor più distaccata.
“E tu!”, riprese poi, questa volta focalizzando l’attenzione su Zayn. “Hai minimamente idea di quanto Perrie tenga a te?”, gli chiese. “Apri gli occhi, prima che sia troppo tardi. Tu non ti rendi neppure conto di quella luce che si accende nei tuoi occhi quando parli di lei. Ti ostini a voler credere che io ti piaccia, ma dimmi, Zayn: ti piaccio perché ti interesso davvero o perché ho continuato a respingerti?”, lo provocò inchiodando i suoi occhi in quelli ambrati del ragazzo.
Zayn non riuscì a sostenere lo sguardo, fu costretto a distoglierlo poco dopo.
“Liam, tu non provare a dare neanche mezza colpa di quello che è successo a Zayn, perché l’unico responsabile sei tu.”, concluse passandosi una mano tra i lunghi e chiari capelli.
“Ecco, almeno Allie è una donna che affronta di petto i problemi.”, ironizzò mio fratello e nelle sue parole colsi una celata frecciatina al mio indirizzo.
Sorrisero tutti, non per la battuta in sé, ma per l’effettiva e comune esigenza di voler smorzare la tensione.
“Piuttosto, diteci.”, continuò Louis. “Posso ufficialmente chiamare mia sorella signora Horan?”, chiese con aria scherzosa, riservandomi un piccolo ghigno compiaciuto.
Mi pietrificai all’istante.
Mio fratello mi aveva appena messa in difficoltà davanti ai suoi amici, nonostante sapesse quanto delicata fosse la situazione.
Non avrei mai potuto raccontare la verità a Niall davanti a tutti. Lui meritava di sapere, dovevo essere io a dirglielo, ma non erano quelle le circostanze adatte.
Forzai un sorriso ed in un attimo gli occhi azzurri di Niall incontrarono i miei. Erano raggianti, solari, felici. Non volevo illuderlo, non volevo mentirgli, ma immaginavo quanto dolore gli avrebbe causato la mera e cruda verità.
Del resto era una cosa che era successa, certo, ma che non si sarebbe ripetuta, di questo ne potevo essere sicura.
“Credo non ci siano problemi in merito, vero?”, mi domandò ad una spanna dal mio viso.
Il suo respiro caldo mi solleticava il volto ed il suo odore di muschio ed ambra m’invase le narici.
“No, nessuno.”, confermai con un filo di voce, ormai quasi sulle sue labbra.
Lo vidi sorridere, poi colmò del tutto la distanza tra noi. Il nostro bacio fu accompagnato da una serie di applausi e fischi di approvazione che ci impedì di prolungarlo ulteriormente. Non badai alla reazione di Louis, di certo ancora una volta non avrebbe approvato il mio comportamento.
Il clima si era fatto ora decisamente più sereno, tanto che immediatamente seguirono battute ed i racconti del pomeriggio passato in uno studio di registrazione.
Solo l’espressione di Harry era ancora cupa. Non partecipava affatto alla conversazione che gli altri avevano appena intrapreso. Rimaneva in silenzio, seduto all’estremità del divanetto accanto ad Allie.
“Devo andare in bagno.”, dichiarai, percependo la chiara necessità di dovermi allontanare anche solo per qualche minute dal riccio e da Niall.
Mi alzai e con lo sguardo cercai la direzione giusta, poi, una volta individuata, raggiunsi la meta con passo svelto e deciso. Poggiai la schiena sulle fredde mattonelle della piccola stanza, chiusi gli occhi ed ispirai.
Come tanti piccoli flash, le immagini degli ultimi giorni mi si pararono davanti agli occhi. C’era Harry, c’era Louis, c’era Niall. C’eravamo io ed Harry, io e Niall uniti in un tenero bacio e poi c’era lo sguardo deluso di Harry, le sue urla, le mie.
Aprii gli occhi di scatto e puntai lo sguardo sullo specchio alla mia destra. L’immagine che mi restituì non mi piacque affatto. Avevo gli occhi stanchi e vuoti, il volto costretto in una maschera di apparente felicità.
“Congratulazioni, visto che ora è ufficiale.”, esordì una voce che riconobbi immediatamente essere quella di Harry.
Sobbalzai per lo spavento ed indietreggiai di qualche passo, poi mi soffermai ad osservalo ancora una volta. Gli occhi verdi erano carichi di rancore, le labbra piegate in un ghigno beffardo, alcuni ricci gli cadevano disordinati sulla fronte, mentre le due fossette erano appena accennate. Aveva le mani costrette nelle tasche dei pantaloni, serrate in due pugni.
“Cosa ci fai tu qui?”, gli chiesi, tornando a voltarmi in direzione dello specchio.
La matita era colata agli angoli di entrambi gli occhi, così presi un fazzoletto dal rotolo attaccato alla parete e cercai di rimuoverne parte.
Harry si avvicinò e con una mano afferrò il mio polso, costringendomi a voltarmi verso di lui. Il mio corpo era costretto tra quello di Harry e la superficie di marmo che circondava il lavandino.
“Ora hai intenzioni serie con Niall?”, mi chiese ad un soffio dalle mie labbra.
Deglutii a causa dell’eccesiva vicinanza, poi cercai di racimolare quanta più fermezza possibile. Non volevo nuovamente apparire vulnerabile ai suoi occhi.
“Non vedo come ciò possa interessarti.”, borbottai.
I nostri occhi erano ancora fissi gli uni negli altri e nessuno dei due accennava a voler interrompere quel contatto tanto labile quanto intenso. Nei suoi leggevo amarezza, tristezza, frustrazione.
“Ed invece m’interessa, ok?”, controbatté scagliando un pugno sul marmo, a pochi centimetri dal mio fianco.
“Perché?”, lo sfidai per nulla intimorita, ma curiosa di capire.
“Perché ci tengo a te.”, confessò in un dolce sussurro. 
Il mio cuore perse un battito a quelle parole, le mie ginocchia iniziarono a tremare e tutto il mio corpo fu invaso da una scarica di adrenalina. Tuttavia, per quanto volessi credere ciecamente alle sue parole, sentivo come un freno nella mia mente che mi impediva di farlo.
Già troppe volte mi ero lasciata andare con lui, affidandomi al mio istinto, ma ripetutamente avevo commesso un errore, lo stesso errore che ora volevo evitare.
“Dimostralo.”, mormorai quasi sulle sue labbra.
Harry ghignò distogliendo lo sguardo dal mio, poi lasciò la presa sul mio polso.
“Lo faccio di continuo, ma tu sei troppo cieca per accorgertene.”, concluse con un’espressione amareggiata dipinta sul volto.

Con una falcata andò via. Percepii solo il tonfo assordante della porta che veniva sbattuta alle sue spalle.
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Angolo Autrice
Ed eccoci qui con il nuovo capitolo! Si inizia con le confidenze tra amiche, si passa per una specie di serata tra amici,
per poi concludere con il tenerissimo Harruccio caro!:D
Bene, al solito Lizzie non ne fa una buona, ma fidatevi... recupererà prima o poi!
Speriamo non troppo tardi però!!!
Le cose tra Liam/Allie/Zayn si fanno più confuse, anche perché ora c'è ache Perrie,
ma presto anche questa situazione verrà risolta, in un modo o nell'altro!xD
Che altro dire, ringrazio chi dopo tutto questo tempo continua a seguire, ricordare e preferire!<3
E ringrazio chi legge!:D:D
E ringrazio quelle splendide persone che commentano, davvero grazie!!*.* <3
Okay, vado piuttosto di fretta, visto che ci terrei ad aggiornare in mattinata anche l'altra storia, Skins.
Ah, quasi dimenticavo: ho comprato i biglietti per Torino!!! Chi di voi ci sarà????:D:D
Alla prossima!:*
                                                                             Astrea_








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Capitolo 31
*** Nobody compares to you. ***


f




Nobody compares to you.

 

Sorrisi al suo ennesimo complimento ed immediatamente percepii una sensazione di calore propagarsi sul viso, colorando di un rosso scarlatto le guance.
Io e Niall avevamo appena terminato di mangiare il dolce. Pochi giorni prima, infatti, mi aveva proposto di cenare insieme a casa sua, così quella sera aveva cucinato e preparato tutto nei minimi dettagli. Niall aveva ricreato un'atmosfera calda ed accogliente, preoccupandosi persino di accendere delle candele profumate in soggiorno. Quando ero arrivata lo avevo trovato ancora con il grembiule indosso e la cucina cosparsa di pentole, ciotole e salse. Si era scusato per il disordine, ma poi in un attimo era riuscito a sistemare tutto. La cena era stata a dir poco squisita e la dedizione con la quale si era adoperato per realizzarla le donava un tocco magico. Avevo riflettuto più volte sul fatto che Niall non mi avesse semplicemente invitata a uscire o a cena in un ristorante elegante, ma a casa sua e ciò rendeva tutto molto più intimo. Ero lusingata dal suo interesse e dalla sua voglia di rendermi partecipe della sua vita in ogni modo possibile, partendo proprio dalla quotidianità, ma al contempo ero completamente spaventata da ciò.
Non mi sentivo affatto pronta ad affrontare una storia tanto seria e coinvolgente con Niall. Il mio timore era dato dalla consapevolezza di non poter ricambiare, almeno non in egual misura, l'intensità dei sentimenti che ci legavano.
Percepivo chiaramente che era Niall che di giorno in giorno si propinava affinché la mostra relazione non si scalfisse, mente io divenivo sempre più parte passiva.
"Niall, smettila di versarmi altro vino.", lo ammonii con voce carezzevole quando notai il mio bicchiere riempirsi nuovamente di un liquido di color rosso mogano.
"Andiamo, questo sarà appena il terzo bicchiere.", constatò lui regalandomi un sorriso tanto ampio che mi fece sciogliere all'istante.
I suoi occhi azzurri erano particolarmente vivaci quella sera, esprimevano un'innata vitalità e felicità e per un attimo pensai che potessi essere io la ragione di ciò.
Il mio cuore perse un battito a quell'eventualità.
Fui scossa da una profonda fitta che mi colpì al petto, straziando ed attanagliando il cuore. La mia storia con Niall era basata su una mancata verità, una bugia, un evento, o una persona, che volutamente gli avevo tenuto nascosto per non farlo soffrire inutilmente.
Sapevo che con Harry non avrei mai avuto la possibilità di creare una relazione stabile e duratura, sapevo che non avrei mai avuto un attimo di tranquillità, sapevo che lui non era Niall.
Mi vergognai nel concepire, anche se solo come pensiero, da quanta codardia fossero state dettate le mie scelte.
"Voglio sapere tutto di te.", esordì facendo un mezzo giro sullo sgabello sul quale era seduto.
Poggiò i gomiti sul legno chiaro della penisola e si sporse in avanti, giungendo ad appena una spanna dal mio viso.
Puntai lo sguardi sulle mie ginocchia, imbarazzata da quella sua richiesta.
"Tu ormai sai tutto di me, mentre io a stento so come si chiamano i tuoi genitori.", spiegò con voce giocosa.
Prese la mia mano destra e subito la intrecciò alla sua, mentre con l'altra mi costrinse ad alzare il volto facendomi nuovamente incontrare l'azzurro dei suoi occhi.
"C'é davvero poco da sapere sul mio conto.", provai a dire scrollando le spalle e sorridendogli appena.
Sperai che il mio patetico tentativo di sviare la conversazione andasse a buon fine, ma ebbi la conferma contraria quando vidi lo sguardo di Niall assottigliarsi pericolosamente.
"Com'era la tua vita a Doncaster?", mi chiese ad un soffio dalle mie labbra.
Trattenni il respiro a quella sua domanda. Non mi piaceva parlare del passato, non avevo mai gradito dover ricordare gli anni appena trascorsi a studiare e compiacere i miei genitori. Esitai prima di rispondere e lui parve notarlo. Portò una mano sulla mia guancia e la accarezzò dolcemente, infondendomi sicurezza e tranquillità. Era sorprendente constatare quanto un suo semplice tocco potesse positivamente influire sul mio corpo.
"Insomma, sono solo curioso e tu non ne parli mai.", si giustificò piegando le labbra in un sorriso gentile.
Mi scostai leggermente, per creare una maggiore distanza tra i nostri volti, poi presa da un impeto di panico afferrai il bicchiere ricolmo di vino e ne bevvi un sorso, illudendomi che sarebbe stato sufficiente a disinibirmi.
"Sono sempre stata una tipa studiosa.", sbottai tutto d'un tratto, convinta che una confessione lampo mi avrebbe aiutata ad uscire illesa dal tuffo nel passato.
"Seguivo lezioni di pianoforte e danza, per qualche tempo ho fatto anche equitazione, ma con scarsi risultati.", raccontai senza soffermarmi su alcun tipo di particolare.
Niall sorrise, incitandomi a continuare sullo sguardo.
"Ero nella redazione del giornalino scolastico, mi occupavo prevalentemente della sezione dedicata alla cultura. Adoravo fare fotografie e recensire spettacoli teatrali e musical.", ricordai.
Mille immagini mi offuscarono la vista, costringendomi ad immergermi in quella serie di ricordi.
Non era piacevole ricordare, non ero mai stata soddisfatta della mia vita, seppur l'avessi sempre accettata senza mai preoccuparmi di volerla cambiare.
Ciò che mi aveva sempre intrappolata in quella posizione di stallo era la sicurezza a la stabilità su cui essa si fondava. Avevo sempre avuto paura dell'ignoto, delle novità e forse proprio per questo Harry era riuscito ad incantarmi con quel suo fascino imprevedibile.
"E i tuoi amici?", mi domandò ingenuamente Niall.
D'istinto spostai lo sguardo sul quadro appeso alla parete alle sue spalle, focalizzando la mia attenzione su altro, come se ciò bastasse a lenire le ferite che quella domanda aveva rievocato.
"Non sono mai stata particolarmente socievole. I miei genitori erano iscritti ad un club e partecipavano praticamente a tutti gli eventi, quindi alla fine si era creata una specie di comitiva.", spiegai ed ancora una volta la mia mente fu invasa da una serie di fotogrammi, istanti passati di vita. C’erano tutti, seduti in cerchio al solito tavolo per una di quelle noiose e subdole cene a cui erano costretti a partecipare.
C'era Kate, la figlia del collega di mio padre, concentrata a sistemare la sua acconciatura, controllando il suo aspetto attraverso l'immagine che un piccolo specchio che teneva nascosto in una mano le rifletteva. C'era William che raccontava della sua ultima corsa in sella alla moto appena acquistata con i soldi della sua paghetta mensile e c'era Edward intento a mandare messaggi con il suo cellulare appena entrato in commercio che già pianificava il prossimo incontro con la fidanzata di suo fratello. Lydia, invece, si limitava a criticare qualsiasi cosa entrasse nel suo raggio visivo, sorridendo con fare altezzoso e sprezzante, mentre Thomas beveva ormai il decimo bicchiere di vino bianco. Jasmine fissava il suo piatto, ancora ricco di pietanze che non erano state minimamente toccate. Quella sera, esattamente come tutte le altre, non avrebbe mangiato nulla e nessuno di noi le avrebbe fatto domande. Riuscivo ancora a ricordare distintamente il suo corpo ormai scheletrico, gli occhi scavati, le guance sciupate, lo sguardo assente, ma terrorizzato, i lineamenti tesi, preoccupata dalla possibilità che qualcuno si accorgesse di lei. Poi c'era George con le sue camicie che contenevano a stento i suoi pettorali, pronto a cogliere qualsiasi pretesto pur di vantare i suoi evidenti muscoli, frutto di anni di allenamento come quarterback della squadra di football della scuola. Ed infine c'era Wilke che attendeva in trepidazione che la serata volgesse al termine per poter raggiungere il bar presso il quale giocava ripetutamente a poker, spesso perdendo molto più di quanto riuscisse a vincere, tanto che una volta era stato costretto a dover rubare dei soldi dal portafogli del padre per poter saldare i debiti che si erano accumulati a causa delle sue sconfitte. Agli occhi estranei delle persone eravamo perfetti, ricchi, giovani e felici, ma in realtà eravamo solo un mucchio di ragazzini viziati, viziosi ed egocentrici, ognuno concentrato sul proprio inconfessato bisogno di essere notato, ascoltato e compreso, ognuno bisognoso di affetto, quell'affetto la cui mancanza non poteva in alcun modo essere sopperita dai soldi.
Non li avevo più sentiti da quando ero partita, nessuno di loro.
"Ero un'assidua frequentatrice della biblioteca comunale, chiamavo tutti gli assistenti per nome ed avevo persino una poltrona riservate esclusivamente alla sottoscritta.", continuai riprendendo il filo del discorso.
"E in quanto a ragazzi?", mi chiese lasciandomi del tutto spiazzata.
Quando avevo iniziato a raccontargli di com'era la mia vita non avevo capito che in realtà il suo intento era fare chiarezza sulle mie esperienze sentimentali.
Presi un respiro profondo e strinsi forte la mano destra in un pugno, mentre con lo sguardo vagano su tutta la cucina.
Non volevo ammettere quanto nuovo per me fosse questo ambito e, soprattutto, volevo accuratamente evitare la questione dei rapporti intimi.
Lui non preferì parola, probabilmente in attesa che trovassi il coraggio per proseguire.
Non aveva cambiato domanda e da ciò recepii che non aveva affatto intenzione di sviare il discorso.
Del resto era comprensibile. Niall mi aveva raccontato ogni cosa del suo passato, dalla sua prima insufficienza alla sua prima ragazza, mentre io mi ero sempre limitata ad ascoltarlo. Era curioso e non potevo di certo biasimarlo per questo.
"Solo uno.", confessai sincera solo in parte.
Era chiaro che mi stessi riferendo ad Harry, ma preferii omettere quel dettaglio.
"Ne eri innamorata?", domandò dopo una manciata di secondi, avendo intuito che non avrei aggiunto altro di mia spontanea iniziativa.
Trattenni il fiato per un istante che mi parve interminabile, cercando una risposta a quel semplice quesito che tanto mi aveva spiazzata. Non fui in grado di fornirgli una risposta immediata.
Harry era la persona più irritante che conoscessi, l'unica capace di farmi innervosire con una sola battuta, di farmi perdere il controllo, di tirar fuori l'Elizabeth meno riflessiva e gentile, quella più sfacciata e trasgressiva. Odiavo quanto e come  riuscisse ad influire con i suoi atteggiamenti sul mio umore e sulle reazioni del mio corpo. Era stato sufficiente un suo sguardo per far accelerare il mio battito cardiaco, un suo tocco per farmi fremere e tremare come una foglia, un attimo per far colorire le mie guance di un rosso porpora imbarazzante.
Ogni qualvolta si era avvicinato a me, avevo percepito una strana sensazione attanagliare il mio stomaco, faticavo a rimanere lucida e respirare diveniva un'impresa di difficile attuazione.
Ma, infondo, io non sapevo cosa significasse essere innamorati. Mia nonna mi aveva sempre detto che, quando lo sarei stata, lo avrei capito, magari semplicemente guardando negli occhi del presunto ragazzo o abbracciandolo forte tra le mie braccia.
"No, non credo.", mormorai incerta.
Niall sembrò tirare un sospiro di sollievo, forse rallegrato dalla certezza di poter essere il primo.
Cercò il mio sguardo e mi regalò un accogliente e caldo sorriso non appena i nostri occhi si incontrarono.
Tuttavia, non riuscii a ricambiare tutto l’affetto che nutriva nei miei confronti e che trapelava da quel piccolo gesto.
Rimasi immobile a fissarlo, concentrandomi sui lineamenti del suo viso, mentre il senso di colpa dilagava in me.
Lui si avvicinò fino a far sfiorare dolcemente i nostri nasi, poi poggiò le sue labbra umide sulle mie, ancora inumidite dal vino.
Fu nell'esatto momento in cui le nostre lingue si incontrarono che, per la prima volta, fui totalmente sicura di star commettendo un errore.
Avrei dovuto dirgli la verità, avrei dovuto raccontargli di quando a Natale io ed Harry ci eravamo frequentati e di quando, appena una decina di giorni fa, ci eravamo nuovamente baciati.
Ero stata una codarda a tentare di omettere l'accaduto con ogni espediente possibile e nel farlo avevo inequivocabilmente ferito anche Harry.
Mi scostai, indietreggiando di poco per poter interrompere il bacio.
Niall sorrideva ancora, mentre percepii il mio volto incurvarsi in un'espressione crucciata e preoccupata.
Lo avrei fatto soffrire, ma meritava di sapere la verità, meritava di sapere quanto squallida fosse stata la sua ragazza.
"Devo dirti una cosa.", sussurrai a denti stretti.
Il suo viso repentinamente si trasformò in una maschera di tensione ed insicurezza, aveva la forte corrugata e gli occhi arricciati.
Pensai ad un modo per rendere la notizia meno shockante e, soprattutto, meno dolorosa.
Avrei potuto iniziare un discorso per prepararlo adeguatamente, oppure confessare di punto in bianco.
Temevo, tuttavia, che se avessi iniziato a parlare, vedendo la sua espressione delusa e rattristata, mi sarebbe venuto meno il coraggio di concludere ciò che avevo in mente di fare, così in un attimo optai per la seconda soluzione.
"Ho baciato Harry.", dichiarai con un filo di voce e li sguardo puntano sul pavimento per la vergogna.
Di sottecchi vidi Niall sgranare gli occhi sbigottito da quella rivelazione.
Rimase in silenzio per qualche secondo, o forse si trattava di minuti.
Avevo completamente perso la percezione dello scorrere del tempo. Aspettavo una sua reazione, delle grida, una sfuriata, ma lui continuava a prendere tempo per metabolizzare le mie parole.
"Quando?", chiese in un ringhio, mentre faceva scivolare una mano tra i suoi corti capelli biondi.
Strizzai gli occhi, consapevole che non avrebbe gradito affatto la risposta che stavo per dargli.
"Più di una volta, l’ultima la mattina dopo il concorso.", mormorai.
Un tonfo risuonò tra le pareti della stanza e, nonostante non lo avessi visto, capii che Niall aveva appena sferrato un pugno sul muro alle sue spalle.
"Va' via.", mio ordinò con voce graffiata.
Alzai il volto, per cercare il suo.
Niall era in piedi, con un braccio si reggeva alla parete. Aveva il capo recinto verso destra, il suo sguardo era assorto nel vuoto.
Il suo volto era furente, i suoi lineamenti tesi e duri.
"Niall, mi dispiace, io...", provai a dire, ma fui interrotta.
"Ho detto che devi andartene.", ripeté e nei suoi occhi colsi agitazione.
Stava cercando di trattenere i suoi istinti.
Scossi lievemente il capo e mi alzai, poi mossi qualche passo in sua direzione.
Non volevo lasciarlo solo in un momento come quello. Era un ragazzo giudizioso e responsabile, non avrebbe mai fatto sciocchezze neppure in simili circostanze. Tuttavia, mi sentivo colpevole e lo ero per davvero. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di alleviare il suo dolore.
"Non l'ho programmato, mi dispiace così tanto.", mi scusai provando ad avvicinare una mano al suo braccio.
Lui la scansò con un gesto violento e brusco per poi superarmi con una leggera spallata.
Camminava con ampie falcate per la stanza, da un estremo all'altro senza sosta alcuna. Aveva incrociato le braccia al petto, ma poco dopo le aveva liberate da quella castigante posizione ed aveva iniziato a muoverle freneticamente.
Sospirai, indecisa su ciò che avrei dovuto fare. Da un lato volevo provare a dargli una spiegazione che, seppur banale, avrebbe potuto fargli comprendere quanto realmente il nostro rapporto fosse importante per me. Dall'altro, invece, immaginavo quanto desiderasse rimanere da solo in quel momento, così da poter riflettere in modo più lucido.
Mi mordicchiai il labbro, pensando alle parole più opportune.
"Niall.", lo richiamai flebilmente.
Lui si voltò di scatto, puntando i suoi occhi azzurri pieni di rabbia nei miei.
"Va' via!", urlò facendomi sussultare per lo spavento.
Non lo avevo mai visto tanti adirato e per un attimo temetti una sua reazione.
Annuii, senza riuscire a replicare in alcun modo.
Racchetai tutte le mie cose, seguita perennemente dal suo sguardo accusatorio e denigratorio, avvolta da un'inquietante e silenziosa atmosfera, poi senza aggiungere altro mi avviai in direzione della porta.
"Allora ciao. ", lo salutai.
Niall non rispose, ma prima che la porta si richiudesse alle mie spalle fui scossa da un assordante tonfo. 
Mi precipitai giù per le scale, poi corsi in strada con urgenza, quasi come se allontanarmi da quel posto fosse stato sufficiente a dimenticare tutto quello che era successo a causa mia. Avevo ferito Louis, avevo tradito Niall ed allontanato Harry solo per la paura dell’intensità del sentimento a cui ancora non avevo dato un nome che ci legava. Il mio corpo tremava, il petto si alzava ed abbassava ad un ritmo veloce, ma non regolare, gli occhi pizzicavano e delle lacrime cadevano copiose sul mio viso.
Il cielo era ormai buio, illuminato solo dalla luce di qualche lampione, posti ad ampi intervalli sul marciapiede che costeggiava la carreggiata.
Volevo andar via, scappare, fuggire. Accelerai il passo, procedendo lungo quella via che conoscevo ben poco.
Non sapevo cosa fare, dove andare, chi chiamare. Continuavo a camminare con passo veloce ma incerto, combattendo contro me stessa per reprimere i singhiozzi che il pianto causava.
Con una mano asciugai una guancia, ormai bagnata, poi passai agli occhi.
Vagai senza meta, guidata dal mio istinto, fino a quando non mi ritrovai in un quartiere che conoscevo vagamente. Non sapevo di quanto mi fossi allontanata da quella casa, o quanto tempo fosse trascorso. Infreddolita, iniziai a vagare con lo sguardo tra le varie strutture che si ergevano ai margini della via, cercando in ognuna di esse qualcosa di familiare che mi avrebbe permesso di identificarle e, di conseguenza, di orientarmi. Avevo letto il nome della strada ad un incrocio, ma non ricordavo di esserci già stata. Ad un tratto scorsi un’insegna che lampeggiava nel buio ed immediatamente riconobbi un locale, una gelateria, dove Louis mi aveva portata prima delle vacanze di Natale. Mi fermai all’istante e, senza pensare, mi trovai a compiere l’ennesimo gesto automatico. Estrassi il cellulare dalla borsa e cercai nella rubrica un numero che in realtà conoscevo a memoria, ma che in quel momento non avrei mai potuto ricordare.
Sussultavo ad ogni squillo, pregando che rispondesse, ma spaventata allo stesso tempo.
“Si?”, esordì una voce assonnata dall’altro capo del telefono.
Nel riconoscerlo scoppiai in lacrime, riscoprendomi incapace di contenere l’angoscia e la sofferenza che avviluppava la mia mente ed il mio cuore.
“Lizzie, sei tu?”, mi chiese apparentemente preoccupato.
Neppure quella volta fui in grado di fornirgli una risposta, al contrario i miei singhiozzi si fecero più profondi e rumorosi.
“È successo qualcosa? Lizzie, parla! Sono preoccupato!”, esclamò e nel suo tono era evidente un forte stato di agitazione.
“Louis, sono davanti a quella gelateria vicino casa di Niall.”, riuscii a dire, nonostante la mia voce fosse rotta da continui sussulti. “Mi vieni a prendere?”, chiesi con tono supplichevole.
“Non muoverti, arrivo.”, mi ordinò prima di riagganciare.
Mi accostai alla saracinesca di metallo del locale esitando ad ogni passo, quasi ne avessi paura. Con cautela mi accasciai a terra, portai le ginocchia al petto ed avvolsi le braccia intorno ad esse. Chiusi gli occhi, lasciando poi cadere la testa in avanti ed attesi l’arrivo di mio fratello.
“Lizzie, piccola, che ti è successo?”, mi sentii chiamare da una voce stranamente troppo vicina.
Le mie spalle furono avvolte da delle braccia calde, infondendomi tranquillità e sicurezza.
Alzai di poco il volto, il necessario per poter guardare negli occhi mio fratello.
Ancora una volta avevo perso la cognizione del tempo, ma fui lieta di vedere il suo volto. Aveva il viso preoccupato, un’espressione apprensiva, ma dolce e non era arrabbiato con me.
D’istinto ricambiai l’abbraccio, stringendolo forte la mio petto ad inspirando il suo dolce profumo, mentre altre lacrime solcavano le mie guance.
“Scusa Lou, scusami.”, sussurrai quasi sul suo collo.
“Va tutto bene, va tutto bene.”, mormorò mentre mi accarezzava dolcemente i capelli.
Strinsi forte la sua maglietta nella mia mano destra, incapace di fermare i singhiozzi.
“Sono stata una stupida irresponsabile.”, mi accusai. “Ho ferito Niall ed Harry ed ho deluso te.”, riuscii a dire prima di essere travolta nuovamente dal pianto.
Louis continuava ad accarezzarmi, inginocchiato davanti a me, e mi stringeva forte a lui, trasmettendomi con quei gesti il suo affetto.
“Ho detto a Niall di Harry.”, spiegai.
Lo sentii sospirare prima di aumentare la stretta intorno al mio corpo.
“Vedrai che sistemeremo tutto.”, mi rincuorò. “Ora però andiamo, forza.”, mi esortò alzandosi in piedi per poi porgermi una mano.
Non ero per nulla convinta delle sue parole, ma in quel momento volevo solo tornare  a casa, così la afferrai e raggiungemmo la sua auto, poi mise in moto e mi riaccompagnò al campus.

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Angolo Autrice
Salve a tutti!!:D Com'è andato il fine settimana??
Io mi ero riproposta di studiare, ma poi sono finita a vagare per efp per tutto il pomeriggio!!xD
Comunque, ecco qui il nuovo capitolo!!:D Finalmente Lizzie si decide a fare qualcosa!
Quante di voi aspettavano con ansia questo momento??:D:D
E ne approfitto per rinnovare i miei auguri per giu_giu_
, anche se in vergognoso ritardo!!
Allora, grazie mille a tutte quelle persone che seguono, preferiscono e ricordano!!!<3
Grazie a chi legge e, soprattutto, grazie a quelle magnifiche persone che con i loro commenti
mi hanno resa ultra-mega-felice!!!<3 Thanks girls!!!*.*
Bene, bene... per ora credo sia tutto!:D
Nel prossimo capitolo, piccolissima anticipazione, cercheremo di risolvere alcune questioni e...
beh, diciamo che ho lasciato spazio al mio lato, che solitamente non emerge quasi mai, più zuccheroso...xD
Vabbè, fatemi sapere cosa ve ne pare!!:D
Ah, e se avete un po' di tempo mi farebbe davvero molto piacere sapere cosa ne pensate di Skins, altra storia che sto scrivendo!:D
Alla prossima!:*
                                                         Astrea_



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Capitolo 32
*** Truly, madly, deeply. ***


g




Truly, madly, deeply.

La mattina successiva fui svegliata da un incessante ed irritante bussare alla porta che non accennava a smettere. Al contrario, la frequenza sembrava aumentare con il passare dei secondi d’attesa.
“Allie, apri tu.”, mugolai sbadigliando, mentre mi rigiravo pigramente nel letto.
Non ricevetti alcuna risposta. Probabilmente, nonostante quel fastidioso rumore, la mia compagna di stanza non si era ancora svegliata.
Svogliatamente diedi una veloce occhiata all’orologio da polso che avevo lasciato sul comodino accanto al letto: segnava le sei.
Sospirai, pensando a chi potesse presentarsi in camera nostra ad un orario simile, ma provai comunque ad ignorare quell’incessante tamburellare infilando la testa sotto il cuscino.
Non avevo alcuna voglia di alzarmi, soprattutto dopo ciò che era accaduto la sera precedente.
Mi arresi solo quando i colpi si fecero più intensi, prima che quell’individuo riuscisse ad abbattere la porta.
Lentamente percorsi il breve tratto di stanza che mi separava dall’ingresso, poi feci girare la chiave, perennemente inserita nella serratura, ed in un attimo la porta si spalancò, così da far incrociare le sue iridi verdi con le mie.
Harry era davanti a me. Aveva un’espressione sconvolta e preoccupata sul volto. Il livido che avevo visto sul suo viso era ormai scomparso, ma ne notai un altro, seppur poco evidente, all’altezza dello zigomo. Aveva la mano sinistra poggiata sulla parete, come se necessitasse di un supporto per rimanere in piedi. Indossava dei jeans chiari, una maglietta stropicciata ed un giacca nera lasciata aperta. I suoi capelli erano ancora più disordinati del solito ed i suoi occhi suggerivano stanchezza e mancanza di sonno.
“Tutto bene? È successo qualcosa?”, gli domandai in un sussurro, ancora spiazzata dal suo arrivo.
Lui accennò appena un sorriso e due fossette si scavarono sulle sue guance, ma non rispose. Fece un passo in avanti ed in un attimo mi avvolse tra le sue braccia.
Era una stretta forte, energica, possessiva. Il suo odore mi inondò le narici, i suoi ricci mi accarezzavano la fronte, le sue braccia circondavano completamente il mio busto. Esitai qualche istante prima di ricambiare l’abbraccio.
Chiusi gli occhi, lasciandomi cullare da quella magnifica sensazione di completezza.
“Sono stato così in ansia per te, stanotte.”, confessò al mio orecchio facendomi rabbrividire.
A quelle parole intensificai maggiormente la stretta e premetti il mio viso contro il suo petto, per sentirlo vicino.
“Quando Louis mi ha chiamato dicendomi che eri sola, in mezzo alla strada, di notte…”, iniziò con voce tremante, ma allo steso tempo rancorosa, come se stesse accusando se stesso. “Ho rischiato di impazzire.”, ammise dopo qualche istante.
Solo in quel momento capii.
Capii che il mio cuore accelerava, che le gambe tremavano, il respiro mi mancava, lo stomaco era in subbuglio. Il suo sguardo era capace di ipnotizzarmi, le sue parole di ammaliarmi, le sue carezze di mandarmi in estasi. Ero innamorata di Harry, dei suoi modi, della sua spavalderia che nascondeva la sua infinita dolcezza. Ero innamorata dei suoi ricci, delle sue fossette, dei suoi occhi verdi, del suo sorrisi malizioso, dei suoi odiosi tatuaggi e persino di quegli orribili cappelli di lana. Capii che Harry era davvero preoccupato per me, ogni volta, sempre, e probabilmente aveva sofferto per le parole che gli avevo riservato quando ci eravamo incontrati a casa di Louis.
“Mi dispiace.”, mi scusai contro il suo busto.
“L’importante è che ora tu stia bene.”, sentenziò tra i miei capelli.
Scossi il capo, liberandomi di poco dalla sua presa, il necessario per far ricongiungere i nostri sguardi.
“Mi dispiace per quella mattina e mi dispiace anche per averti chiesto di starmi lontana.”, spiegai.
Lui mi accarezzò dolcemente il viso con una mano, mentre con l’altra mi teneva ancora stretta a sé.
“A me dispiace di averti dato della puttana e mi dispiace per Louis e per aver fatto quasi a botte con il tuo ragazzo.”, si scusò rammaricato.
Corrugai la fronte sulle ultime parole, non avendo capito a cosa si stesse riferendo e lui sembrò comprendere all’istante i miei dubbi.
“Stanotte è venuto a cercarmi e se non fosse stato per il ritorno di Louis probabilmente non ci saremmo limitati a qualche pugno.”, borbottò puntando gli occhi oltre le mie spalle.
Con una mano sfiorai il suo livido, comprendendo le ragioni che lo avevano causato.
Harry sussultò al mio tocco improvviso, ma lo vidi rilassarsi poco dopo, mentre con le dita scendevo fino a sfiorargli la mascella. Lui intrappolò la mia mano tra la sua e la strinse forte.
“Perché continui a scappare?”, mi chiese.
Esitai prima di rispondere alla sua domanda. Harry mi fissava impaziente, bisognoso di conoscere quella risposta, come se essa nascondesse chissà quale importante verità.
“Ho avuto paura.”, ammisi. “E non riuscivo ad accettare ciò che avevo fatto e stavo facendo a Niall.”, aggiunsi ricordando quanto mi fossi sentita in colpa nei suoi confronti.
Lui annuì comprensivo, anche se non sembrò soddisfatto delle mie parole.
“Te ne sei pentita?”, domandò dopo qualche istante di silenzio.
Quella volta non ebbi bisogno di neppure un attimo per riflettere, conoscevo perfettamente la risposta.
“No.”, dichiarai con fermezza, sicura di quell’unica sillaba, perdendomi nei suoi occhi verdi e profondi. “E tu?”, gli chiesi con un filo di voce, quasi temendo la sua risposta.
Ora che mi stavo esponendo tanto e per la prima volta mi sentivo vulnerabile. L’amore era in grado di renderti più forte, più felice, ma allo stesso tempo ti rendeva debole e fragile come cristallo o come un ponte di sabbia. Capace di ridurti in brandelli con una sola parola, uno sguardo, un gesto, un’aspettativa tradita o una promessa infranta.
Se per Harry quei baci, quelle parole, io non avessero significato nulla, probabilmente il mio cuore si sarebbe sgretolato in mille piccoli pezzi che difficilmente sarei riuscita a riassemblare.
“Mai, neppure per un istante, neppure quando ti ho vista con Niall.”, mormorò contro la mia fronte, avvicinando le sue labbra alla mia pelle.
Fui sollevata dalla franchezza della sua frase, ma notai come le sua voce si fosse incrinata nel pronunciare il nome del suo amico.
Avevo fatto soffrire entrambi e mi sentivo profondamente in colpa per ciò. Inoltre, l’impossibilità di porre rimedio ai miei errori non faceva altro che acuire i miei rimorsi.
“Mi dispiace anche per quello.”, aggiunsi, ma lui rimase in silenzio.
Non mi aspettavo che mi perdonasse all’istante, del resto nella posizione in cui ero non potevo vantare alcun tipo di pretesa. Speravo solo che il tempo l’avrebbe aiutato a comprendere le mie debolezze, così come io avevo intuito le ragioni delle sue.
“Hai…”, le parole gli morirono in gola senza che riuscisse a terminare quella frase, palesemente indeciso.
Era chiaro che volesse pormi un’altra domanda, ma esitava. Lo guardai dolcemente, accennando un sorriso per invitarlo a continuare. Lui fece un respiro profondo, poi si decide a proseguire.
“Tu e Niall avete fatto sesso?”, chiese tutto d’un fiato, trattenendo il fiato.
In quel momento era vulnerabile, esattamente come me, ma insieme eravamo forti, capaci di superare le mie e le sue debolezze. Scossi il capo in segno di diniego.
“Anche se avessi voluto, non ci sarei mai riuscita.”, confessai senza attendere oltre, sapendo quanto straziante potesse essere il silenzio.
Lui tirò un sospiro di sollievo e le sue labbra si piegarono in un ampio sorriso che mise in mostra le fossette sulle sue guance.
Esattamente come poco prima sentii l’impellente esigenza di porgli la stessa domanda. Non volevo che mi ritenesse una ragazzina gelosa alle prese con la sua prima cotta, ma il mio cuore ed il mio cervello necessitavano di sapere con quali modalità procedessero le relazioni di Harry.
In passato non aveva avuto problemi nel frequentare più donne contemporaneamente, ma da quando mi erano giunte notizie della sua rottura con Taylor non erano sopraggiunte altre ragazze. Rimaneva, tuttavia, l’incognita rappresentata da Caroline.
“Hai più visto Caroline?”, domandai con un filo di voce, percependo quella stesa sensazione che prima avevo solo potuto immaginare attraverso gli occhi di Harry.
“No, quella mattina è stata l’ultima.”, spiegò.
Era la prima volta che entrambi deponevamo le asce e le armi da guerra. Era la prima volta che entrambi facevamo completamente crollare le corazze che avevano avvolto le nostre anime per un tempo tanto lungo da farle quasi diventare una doppia pelle. Era la prima volta che decidevamo entrambi di essere completamente sinceri.
“E ce ne sono state altre?”, indagai ancora scoprendo un nuovo aspetto di me.
Non ero brava nel gestire le relazioni, ero del tutto inesperta in questo campo e, purtroppo, nessun libro per quanto ben scritto, accurato e approfondito avrebbe potuto sopperire alla mancanza di esperienza.
Harry sogghignò, forse divertito e compiaciuto dalla mia gelosia.
“In verità circa un centinaio.”, scherzò smorzando la serietà del clima che si era creato.
Feci il broncio e gli tirai un leggero buffetto dietro la nuca.
“Non sei affatto spiritoso.”, bofonchiai con un’espressione di rimprovero.
“E va bene, confesso.”, mi concesse. “Nessuna, neppure per uno sguardo o un commento.”, sussurrò mentre si avvicinava pericolosamente al mio viso.
Sorrisi, sollevata da quella risposta, e lo fissai con sguardo complice.
Non avevo più paura di tutti quei mille brividi che continuavo a provare in sua presenza. Non mi spaventava il vuoto che si apriva nella mia mente quando i suoi occhi verdi imprigionavano i miei o il tremolio che scuoteva le mie ginocchia quando il suo respiro sfiorava la mia pelle, solleticandola.
Si fermò solo quando i nostri volti erano talmente vicini da non riuscire a distinguerne i lineamenti.
“Sbaglio o dovevo starti lontano?”, mi provocò incurvando le labbra in un ghigno malizioso.
Un’ondata di calore proveniente dall’interno colpì le mie guance, dando loro quell’imbarazzante colorito.
Non ero ancora in grado di gestire una situazione del genere, probabilmente non lo sarei mai stata. Harry era capace di scombussolarmi con poco, mentre io non potevo fare appiglio a nulla per procurare in lui le stesse reazioni che lui faceva scaturire in me.
Non ero sensuale, sfacciata, estroversa o schietta, non sapevo stare a quel gioco di sottili provocazioni senza sentirmi a disagio.
La sua espressione si tramutò ben presto, lasciando spazio ad un tenero sorriso.
“Adoro le tue guance rosse ed adoro la tua timidezza. Adoro quando solo con uno sguardo riesci ad andare oltre le apparenze ed adoro quando è sufficiente il tuo volto basito per farmi vacillare.”, mormorò sistemando una ciocca dei miei capelli dietro l’orecchio.
“Adoro come tu non ti accorga dell’effetto che mi fai.”, aggiunse sfiorando la mia guancia con le sue labbra.
“E, per la cronaca, detesto come tu riesca a farmi essere disgustosamente dolce e melenso.”, ironizzò soffocando una risata.
Sorrisi anche io, poi le sue labbra premettero sulle mie. Non attesi neppure un attimo prima di portare entrambe le braccia intorno al suo collo, percependo il bisogno di sentire la sua pelle a contatto con la mia.
Lentamente riscoprimmo i nostri sapori, assaporando l’uno il gusto dell’altra. Non c’era urgenza, fretta o smania. Entrambi avevamo atteso, forse per troppo, questo momento per poterlo banalizzare in un impeto di passione. Con le dita accarezzai i suoi ricci, per poi scendere sul suo viso e seguire i lineamenti del suo volto. Harry aveva una mano ferma sul mio bacino, il suo tocco delicato mi teneva ben salda a lui, mentre l’altra scorreva adagio sulla mia schiena.
Ancora con estrema calma ci allontanammo di poco, ansanti, ed i suoi occhi verdi e luccicanti si fissarono nei miei.
“Ti amo.”, confessò con il fiato corto e le labbra rosse.
M’immobilizzai all’istante, sorpresa dalla disinvoltura con la quale aveva pronunciato quelle parole.
Harry si irrigidì, infastidito dal mio silenzio. Forzai un sorriso, cercando di risolvere il caos che si era scatenato nella mia mente.
“Non dici nulla?”, domandò quasi con tono accusatorio assottigliando lo sguardo.
“Harry, io…”, provai, ma la mia voce titubante non convinse neppure me.
Ero innamorata di Harry, lo ero per davvero e con tutta me stessa, ma in quel momento sentii come un blocco formarsi all’altezza della gola che mi impediva di ricambiare quella dichiarazione.
“Io…”, tentai ancora e nuovamente le parole morirono ancor prima di essere fuoriuscite dalle mia bocca.
Riscosse il capo, scrollando i ricci ed aumentò le distanze tra i nostri corpi.
“Non aggiungere altro, credo di aver capito.”, sentenziò con fare frustrato.
Sgranai gli occhi e scossi il capo in segno di diniego.
“Assolutamente no! Non è come pensi!”, esclamai alzando il tono di voce.
Lui mi ignorò e diede una veloce occhiata alla porta ancora aperta alle sue spalle. Il corridoio era ancora deserto e silenzioso.
“Devo andare ora.”, esordì mentendo spudoratamente.
“Andiamo Harry, dammi il tempo di spiegare. Io ti…”, esordii, ma questa volta fu lui a mettermi a tacere.
“Non dirlo, non ora. Non avrebbe senso.”, m’interruppe.
Mi maledissi per non essere riuscita a replicare immediatamente quelle due semplici parole. Mi aveva presa alla sprovvista ed io ne ero rimasta completamente spiazzata, tanto da non riuscire a proferir parola.
Lui si era sentito non corrisposto, rifiutato ed ora probabilmente credeva fossi guidata da nuovi sensi di colpa.
“Ti chiamo io.”, mi salutò e senza lasciarmi il tempo di replicare andò via, chiudendo la porta alle sue spalle.
Chiusi gli occhi ed indietreggiai fino a far aderire la mia schiena al legno, poi mi lasciai cadere sul freddo pavimento.
Chiusi le mani in due pugni e infilzai energicamente le unghie nella pelle dei palmi, fino a farmi male, mentre delle prime lacrime scendevano sul mio viso.
Mi sentivo una sciocca per come ero riuscita a far scappare via da me la cosa più bella che mi fosse mai capitata: Harry.
“Lizzie, stasera gli sarà già passata.”, esordì Allie con voce rassicurante alzandosi dal letto.
Puntai il mio sguardo scettico su di lei.
“Mi sono svegliata quando eravate ancora alle scuse.”, spiegò porgendomi una mano.
La afferrai e con l’altra mi asciugai le guance.
“Eri scossa.”, mi rincuorò. “Dopo tutto quello che ti è capitato in quest’ultimo periodo è normale essere confusi.”, aggiunse per dare una spiegazione al mio comportamento.
“Ma io non sono confusa. Io so cosa provo.”, controbattei con tono flebile.
Allie mi sorrise ed avvolse un braccio intorno alle mie spalle.
“Allora devi solo aspettare il momento in cui sarai pronta a dirglielo.”, disse. “Ed ora non farti abbattere. La tua chiacchierata mattutina è stata più lunga del previsto, quindi sbrigati a prepararti che stamattina abbiamo lezione.”, trillò energicamente regalandomi una buffa espressione.
“Forza, forza!”, mi incitò fingendosi di buon umore per risollevare il mio morale, ma in realtà sapevo quanto anche lei stesse soffrendo per via di Liam e Zayn.
In poco tempo ci preparammo, così ci dirigemmo di buon ora verso la caffetteria del campus, pronte ad iniziare un’altra giornata.
Allie ordinò i due suoi soliti caffè necessari per svegliarla dal profondo coma nel quale rischiava di cadere puntualmente ogni mattina durante le spiegazioni più noiose, mentre io optai per un tè nero.
Allie aveva le gambe accavallate, un gomito poggiato sul tavolo e con la mano destra reggeva la testa. I suoi occhi faticavano a rimanere aperti. Io tenevo lo sguardo perso nel vuoto, il capo reclinato a sinistra e un’espressione triste ed angosciata disegnata sul volto. Nessuna delle due parlava.
“Ecco a voi ragazze!”, esclamò il cameriere appena giunse nuovamente da noi.
Con dei gesti fluidi sistemò le due tazzine di caffè al centro, poi mi porse quella più grande, infine sistemò un piccolo piattino proprio davanti alla figura distratta di Allie.
Corrugai la fronte, non avendo capito di cosa si trattasse, ma quel ragazzo fece spallucce senza fornirci alcuna spiegazione, poi si dileguò per tornare alle sue faccende.
La bionda parve notare lo strano contenuto solo quando vagò con lo sguardo alla ricerca della sua preziosa bevanda.
“Che cos’è?”, mi chiese studiando quella che sembrava essere una pila di post-it colorati a forma di cuore.
“Non lo so.”, risposi sincera, scrutando attentamente quegli strani foglietti. “C’è scritto qualcosa?”, le domandai sempre più curiosa di scoprire quale segreto nascondessero.
Allie li afferrò con un gesto deciso, poi iniziò a girarseli nelle mani. Il retro era completamente vuoto, esattamente come il primo post-it.
“Sarà qualche stupido scherzo.”, borbottò indispettita.
Li sfogliò distrattamente ed il suo volto si tramutò in un’inconfondibile espressione di stupore. Con foga staccò il primo foglietto, scoprendo delle parole scritte su uno sfondo giallo con una calligrafia ordinata ed elegante.
Lesse il primo messaggio con voce tremante, emozionata.
“Hello, hello. I know it’s been a while but baby I got something that I wanna let you know.”, iniziò confusa.
“E poi?”, la esortai sorridendole.
“E poi è finito.”, mormorò indecisa ed insicura come mai l’avevo vista.
Ero abituata alla Allie grintosa e vitale, testarda ed estroversa, non a quella sensibile e fragile.
“Vai a quello successivo, dai!”, la incitai ancora, cercando di essere convincente.
Lei annuii, prese un respiro è staccò un altro post-it, rivelandone uno rosa.
“You say to everybody that you hate me.
Conuldn’t blame you ‘cause I know I left you all alone.”, lesse ancora mentre la sua voce iniziava ad incrinarsi per l’emozione.
Erano parole di Liam e quella era una delle ultime canzoni che avevano composto.
Con urgenza e fretta rimosse un altro post-it, facendone emergere uno di colore verde.
“Now I’m back at your door, you’re looking me unsure, I should have seen it before.”, continuò per poi andare avanti con un nuovo post-it arancione.
“You’re all I think about, baby.”

Incurvò le labbra in un sorriso, il suo volto era chiara espressione di stupore, ma allo stesso tempo incertezza. Non c’era quello strano luccichio nei suoi occhi.
“Ti prego continua a leggere tu.”, mi supplicò. “Io credo di non farcela a continuare.”, spiegò mordendo forte tra i denti il labbro inferiore.
Annuii comprensiva ed accettai il blocco di foglietti che mi aveva appena allungato. Staccai quello che aveva già letto e proseguii.
“I was so stupid for letting you go, but I know you’re still the one.”, declamai cercando di dare un tono a quelle meravigliose parole.
“You might have moved on, but girl you should know you’re still the one.”, proferii prima di essere interrotta da un suo sospiro.
“I know I’m saying too much, but I will never give up. I was so stupid for letting you go, but I know you’re still the one.”, terminai la lettura di un’altro post-it azzurro.
“Hello, hello. I’m really hoping you forgive me.”, c’era scritto sull’ennesimo foglietto verde.
“I keep talking begging, tell me what I wanna hear.”continuai passando ad uno di colore giallo.
“I remember all the times and all the words that we said.”, esclamai soffermandomi su quella frase che spiccava dallo sfondo rosa.
Allie era palesemente combattuta, chiusa in uno stato di apparente quiete. Si arricciava una ciocca dei lunghi capelli, poi giocava con le dita delle mani, intrecciandole, ticchettava sul legno del tavolo, si massaggiava il volto, si copriva la bocca con una mando, cercando di concentrare la sua attenzione altrove, di distogliere lo sguardo da quella pila di foglietti.
“I can’t get it out of my head.”, ripresi.
“Because…”, cercai di allungare il suono delle ultime lettere, così da riuscire a rendere la punteggiatura che accompagnava quell’unica parola segnata su un post-it azzurro.
“Truly, madly, deeply I am”, lessi mentre un sorriso spontaneo si disegnava sulle mie labbra.
Allie cercò il mio sguardo, trattenendo il fiato mentre aspettava che le rivelassi il contenuto del successive biglietto.
“Foolishly, completely fallin’”, le riferii.
“And somehow you caved all my walls in.”, continuai sfogliando quello successivo.
“So baby, baby say you’ll always keep me.”, dissi.
Allie mi guardava con aria sconcertata, impacciata. Alle sue spalle intravidi Liam, ma lui mi fece cenno di proseguire, probabilmente voleva attendere la fine prima di rivelare la sua presenza alla mia amica.
Staccai un altro post-it e questa volta rimasi sorpresa dall’unica grande parola che si mostrava.
“Truly.”, lessi semplicemente.
“Madly.”, ripresi cercando di dare ad ogni avverbio il giusto spessore.
“Crazy.”, ridacchiai pensando a quanto quel termine fosse appropriato.
“Deeply.”, pronunciai facendo scorrere il dito sul nuovo biglietto.
“In love.”, sospirai osservando Allie che batteva freneticamente le ciglia.
“With you.”, aggiunsi andando avanti.
“In love with you.”, conclusi leggendo l’ultimo post-it che era stato scritto.

“Ti amo.”, confessò Liam alle sue spalle che nel frattempo ci aveva raggiunte.
Allie scattò in piedi, per poi voltarsi e sorprendersi nel constatare che Liam fosse davvero lì. Le porse la rosa rossa che teneva tra le mani, esattamente come al loro primo appuntamento.
Lei la accettò di buon grado, sorridendogli.
“Grazie, grazie davvero Liam.”, iniziò.
Sorrise appena, con la testa china. Aveva gradito quella sorpresa, avevo visto i suoi occhi tentennare, ma sapevo quanto ancora non fosse pronta a ricominciare tutto dall’inizio. Con Liam era stato come essere travolti da un uragano. Aveva provato in tutti i modi a farsi notare da lui, aveva lottato, aspettato, pazientato, sorvolato e sofferto.
“Ti ringrazio, davvero, ma non posso accettare.”, riprese riconsegnandogli l’unica e grande rosa rossa. “Ho bisogno di tempo, ho bisogno di far chiarezza.”, spiegò inarcando lievemente le spalle. Non era solo Liam ad arrecarle dolore, ma anche l’ormai avvenuta perdita di Zayn. Lo aveva sottovalutato sin dall’inizio, lo aveva dato per scontato ed ora pagava le conseguenze della sua superficialità. Non l’aveva ammesso apertamente, ma lo aveva lasciato chiaramente intuire appena poche sere prima, quando eravamo finite casualmente a commentare un bacio che avevamo visto proprio tra Zayn e Perrie. Se l’era fatto scappare, troppo impegnata a seguire un ragazzo che si era rivelato ben diverso dalle sue aspettative.
“Mi dispiace.”, concluse con aria affranta, congedandolo.
Mi rivolse un leggero sguardo di scuse, poi con passo deciso andò via, allontanandosi da quel luogo. L’aveva fatto, Allie era andata oltre, Allie era riuscita a rinunciare, era maturata, cresciuta. Aveva rinunciato a quell’infantile obiettivo che si era preposta di raggiungere ed aveva rinunciato a Zayn perché sapeva quanto poco avrebbe potuto renderlo felice rispetto a Perrie e alle sue mille attenzioni.
Sorrisi amaramente, mentre una sensazione di vuoto dilagava nel mio petto. Avevo lasciato andar via Harry.
Non ero riuscita a tirar fuori quelle due semplici parole. Senza neppure salutare un Liam sorpreso e confuso, scappai via, dirigendomi nella mia stanza. Quel giorno non sarei andata a lezione, del resto sarebbe stato totalmente inutile. Avrei passato tutta la mattinata ad incolparmi per ciò che era accaduto con Harry, senza riuscire a seguire neppure un piccolo frammento di una qualsiasi spiegazione.
Corsi per il breve tragitto che distanziava la mia stanza dalla caffetteria, poi mi catapultai all’interno. Con poche falcate raggiunsi la scrivania ed iniziai a frugare tra i cassetti, alla ricerca della mia Moleskine azzurra. Solo quando la trovai riuscii a calmarmi. Presi posto sulla sedia e poggiai entrambi i gomiti sulla superficie di legno, poi mi concentrai ed iniziai a scrivere.
Avevo registrato ogni singolo avvenimento sulle pagine di quell’agenda, anche quelli apparentemente meno significativi. Avevo appuntato idee, impressioni e citazioni che mi avevano colpita, ma mai una lettera.
Terminai nel giro di poco, soddisfatta di ciò che il mio istinto mi aveva portata a scrivere di getto. Sapevo cosa avrei voluto fare e, nonostante fosse una pazzia, decisi di farlo.
Racchetai qualche vestito dal mio armadio e lo infilai nel primo borsone che trovai, poi presi dei soldi, il cellulare, i documenti e la mia agenda ed in un attimo fui fuori dal college.
Decisi di agire immediatamente, se avessi atteso ulteriormente avrei finito per ripensarci.
Chiamai un taxi e mi feci accompagnare presso l’autonoleggio più vicino. Per l’occasione scelsi una Bmw decappottabile che avrei sperimentato immediatamente guidando fino a casa di Louis.
Scesi dalla macchina con la Moleskine in mano, poi la lasciai nella cassetta della posta di mio fratello.
Mi costringevo a non pensare, preoccupandomi solo di seguire scrupolosamente le istruzioni dettate dall’esigenza di fare qualcosa di insensato.
Tornai in auto e chiamai mio fratello.
“Louis, sono Lizzie.”, lo salutai.
Lui ricambiò, forse frastornato a causa dell’orario eccessivamente mattiniero.
“Sto partendo ora per Doncaster, resto qualche giorno da mamma e papà.”, lo informai. “Ho lasciato una cosa per Harry tra la posta, puoi dargliela tu?”, gli chiesi non lasciandogli neppure il tempo di controbattere. “Ok, grazie. Ciao.”, terminai la telefonata prima che potesse effettivamente rendersi conto del significato delle mie parole.

Spensi il cellulare e sorrisi soddisfatta mentre stringevo il volante tra le mani, poi misi in moto e partii.
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Angolo Autrice
Buonasera a tutti!:D
Allora, avrei voluto pubblicare questo capitolo ieri, ma purtroppo non sono riuscita a trovare neppure un attimo di tempo,
così ho dovuto rimandare ad oggi ed addio 25 novembre!xD
    Comunque sia, è piuttosto lunghetto e stavolta ho inserito anche una loro canzone!:D
Credo non ci sia bisogno neppure di dirlo, però, per dovere di cronaca, la canzone è Truly, Madly, Deeply. *.*
Lizzie è sempre più no commnet, Harry è semplicemnete wow, Liam dolcissino ed Allie... bah, forse confusa...
Ormai siamo agli sgoccioli, anzi, annuncio che il prossimo sarà l'ultimo capitolo!!!
Non so se ruscirò a pubblicarlo in settimana, ultimamente sono molto indaffarata...
Però ci provo, al massimo lo troverete sicuramente entro giovedì prossimo!;)
Anyway, ormai ne succedono di tutti i colori e tutti i tipi, eh??
Ringrazio le splendide persone che continuano a seguie, preferire e ricordare,
quelle coraggiose che non hanno smesso di leggere
e quelle grandi eroine che commentano!! Grazie mille, davvero!!!<3
Alla prossima!:*
                                                                                Astrea_

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Capitolo 33
*** All your little things. ***


g



All your little things.


Premetti il pedale sull’acceleratore, mentre oltrepassavo il cartello che, posto sul ciglio sinistro della strada, mi informava fosse definitivamente uscita da Londra. Era una mattinata calda, quella, tanto che fui costretta ad indossare gli occhiali da sole per impedire che  raggi affaticassero la mia vista. La periferia era caratterizzata da ampi complessi industriali, enormi edifici grigiastri si affiancavano l’uno all’altro, in un interminabile susseguirsi. Deglutii, concentrandomi sulla strada e per un attimo ripensai a ciò che stavo facendo.
Avevo davvero lasciato la mia Moleskine, quella che Harry mi aveva regalato a Natale, tra le sue mani. Gli avevo consegnato i miei pensieri, i miei ricordi, le mie impressioni, tutto di me.
Sapevo di aver fatto la cosa giusta, speravo solo lui comprendesse quanto per me fosse importante. 

Evidentemente non sono brava con le parole, non sono brava a parlare di emozioni, non sono brava a guardarti negli occhi e confessarti cosa provo per te.
Faccio sempre la cosa sbagliata, ho paura ad espormi e tendo a complicare qualsiasi tipo di situazione.
 

Superai l’enorme camion che rallentava il mio viaggio, varcando la striscia sinistra che limitava la seconda corsia. Volevo andare veloce, volevo correre e non perché volessi arrivare subito a destinazione. Volevo solo gustarmi quel viaggio, godermi quell’ebbrezza di libertà, quella magica sensazione di indipendenza che avvolgeva il mio corpo. Avevo fatto la mia scelta, senza curarmi dei miei programmi, senza tener conto delle conseguenze. Avevo commesso così tanti errori, avevo optato così tante volte per la soluzione errata che, ormai, sentivo di essere cambiata.
C’era un qualcosa di diverso in me, forse quella sicurezza, quella freddezza e quell’impulsività che avevano dettato la mia decisone, che in passato, invece, mi avrebbero risucchiata completamente. Solo in quel momento, per la prima volta, finalmente riuscivo a comprendere i motivi che avevano spinto Louis ad allontanarsi da Doncaster. Per la prima volta comprendevo le sue necessità, la sua esigenza di sentirsi libero, la sua voglia di vivere la sua vita a suo modo, secondo le sue regole, il suo desiderio di realizzarsi, la sua ambizione. Tutto mi appariva in una prospettiva diversa, nuova. E non importava se in quel momento stessi percorrendo esattamente la strada che mi conduceva a casa, perché per quanto quel posto era rimasto immutato, ero io ad essere finalmente cresciuta. 

È vero, sono partita, sono andata via un’altra volta. Ma non sono scappata, non sono corsa a nascondermi, non questa volta. Ho smesso di farlo. Non voglio più cercare di allontanarti o di allontanare me stessa. Non voglio più fingere che tu non mi piaccia o cercare di nascondere le mille emozioni che tu mi fai provare. Non voglio più tentare di mostrarmi indifferente, mentre vorrei soltanto baciarti. E, pensa, persino il solo pensiero mi fa sorridere. 

Forse avevo commesso l’ennesimo errore nel ritenere quella, la scelta di lasciarmi guidare dal mio istinto, l’opzione migliore. Avevo sentito l’esigenza di allontanarmi, anche solo per qualche giorno, da quell’ambiente che ultimamente mi aveva riservato non poche sorprese. Ero certa dei miei sentimenti, non ero mai stata più sicura di qualcosa, qualsiasi cosa, come in quel momento.
Ero cambiata, lo sentivo, lo percepivo ed il miglior modo per costatarlo era proprio tornare a casa.
Volevo ricominciare, dare a me stessa un’altra possibilità, ma per farlo dovevo essere sicura che quello strato di apatia che mi avvolgeva si fosse definitivamente squartato. Louis mi aveva confessato che la prima volta che era tornato a casa, dopo essersi trasferito, aveva sentito un’inspiegabile sensazione di soddisfazione. Mi aveva confessato che aveva parecchio sofferto la nostalgia di casa, ma ogni qualvolta guardava all’enorme schiera di possibilità che si era aperta davanti a lui, ricordava il perché continuasse a perseguire con tanta tenacia la sua ferma posizione.
Voleva non essere più rinchiuso in quella campana di vetro che aveva schermato ogni sua esperienza, voleva sentire tutto sulla sua pelle.
Harry, ne ero sicura, avrebbe capito.  

Non ho mai scritto una lettera,non una che parli di sentimenti, perlomeno. In realtà non so neppure se questa possa definirsi tale. Insomma, non c’è un intestatario ed è scarabocchiata sulle pagine di un’agenda. Non so neppure da dove iniziare, davvero. 

Abbassai di poco il finestrino, così da lasciare che l’aria fresca entrasse all’interno dell’abitacolo. Rabbrividii quando una piccola folata di vento scombinò i miei capelli e sorrisi. Mi piaceva quella sensazione, era come se la velocità riuscisse ad accarezzarmi. Era come sentire qualcosa di intangibile. Così, affascinata dall’immagine che quel pensiero aveva riprodotto nella mia mente, mi decisi a premere il pulante che consentisse alla copertura dell’auto di abbassarsi. Volevo quell’aria, volevo che non la percepissi solo sui capelli, ma in pieno viso, volevo sentirla. Procedevo quasi oltre il limite di velocità sulla strada, con il vento che segava il mio volto, protetto solo da un paio di occhiali da sole. In pochi istanti mi abituai alla nuova temperatura, trovandola stranamente piacevole. 

Mi dispiace. L’ho detto talmente tante volte che potrà risultare ripetitivo e banale, ma non riesco a non pensare a quanto il mio comportamento sia stato deprecabile. Ho provato a fare la cosa giusta, sin dall’inizio, ma con il passare del tempo mi sono resa conto che più provavo a non compiere errori, più ne commettevo. Persino quando ho provato a fare ciò che il mio cuore suggeriva non ho fatto altro che aggravare la mia posizione. Ho sbagliato e mi dispiace. Mi dispiace di averti ferito. 

Il navigatore continuava a lampeggiare, segnalando in rosso il limite di velocità che ero tenuta a rispettare e che, tuttavia, continuavo a violare. Harry aveva catturato la mia attenzione dal primo istante, sin da quando quella notte ci eravamo incontrati casualmente per i freddi e silenziosi corridoi della palazzina alloggi del campus. In quell’occasione non avrei mai neppure lontanamente pensato che mi sarei innamorata proprio di lui. Lo avevo guardato, con quella sua aria inscrutabile, e non ero riuscita a cogliere nulla dai suoi occhi, non ero riuscita a leggerli. Ma, poi, avevo imparato a conoscerlo. Avevo intuito come i suoi sguardi celassero fiumi di parole, come un suo sorriso potesse trasmettermi esattamente ciò che provava in quel momento, come un semplice gesto volesse in realtà significare altro.
Harry era fragile, forse lo era persino più di me. La vita lo aveva ripetutamente posto dinanzi a situazioni difficili, che lui non aveva esitato ad affrontare. Harry ce l’aveva fatta, aveva lottato ed aveva vinto. Ma era proprio la consapevolezza del dolore, della lotta, di quel continuo protendersi per superare le difficoltà, che lo aveva reso estremamente insicuro. Non voleva più soffrire, non voleva dover rinunciare agli affetti ancora una volta.
Ed io, senza neppure essere consapevole, lo avevo nuovamente posto in una situazione di dubbio equilibrio. Avevo pensato sempre ed esclusivamente a me stessa, alle mie paure, alle mie esigenze, vedendo in Harry solo del negativo, un qualcosa che poteva suolo nuocermi. Poche volte, invece, mi ero soffermata a riflettere su ciò che lui potesse provare mentre continuavo a non prendere una decisione definitiva.
Non ero l’unica ad aver bisogno di certezze, anche lui ne necessitava. 

Ti amo. Non te l’ho detto stamattina, ma ti amo. La verità è che mi hai colta di sorpresa, che non ero pronta, che avevo desiderato talmente tanto quel momento, che quando è realmente accaduto non mi pareva vero. La verità è che ho sempre avuto paura, paure di soffrire, di illudermi, di rimanere delusa. La verità è che mentre cercavo di difendermi da me stessa, non ho fatto altro che far soffrire gli altri, che far soffrire te.

Sorrisi, ripensando alle parole che avevo scritto quella mattina. Non sapevo se e quando Harry le avrebbe lette, ma il solo pensiero mi rendeva felice. Volevo che sapesse cosa provavo, volevo che sapesse che lo amavo. Certo, avrei preferito poterlo guardare in quei chiari occhi verdi, mentre gli confessavo i miei sentimenti, ma temevo chissà quale assurda conversazione ne sarebbe derivata. Inoltre, volevo lui sapesse, volevo Harry sapesse subito. 

Sono partita. Forse sarò anche già arrivata quando leggerai queste righe. Sento di aver bisogno di trascorre qualche giorno a casa, di capire chi ero e chi sono. È come se, tutto d’un tratto, ogni cosa sembra avere una rilevanza diversa. Ricordi quella sera, quando mi hai fermata nel corridoio? Per te era solo uno stupido scherzetto fatto ad una ragazzina con la faccia spaurita, ma io quella notte mi sono sentita stranamente più viva quando ti ho risposto. Mi sono sentita viva quando ti ho visto in biblioteca, tutte quelle volte che mi hai fatta arrabbiare, che mi stuzzicavi. Mi sono sentita viva la prima volta che mi hai baciata e tutte quelle che sono susseguite. Mi sono sentita viva persino mentre mi sentivo morire quando mi ignoravi, quando c’era qualcun’altra con te. Perché tutto con te è più amplificato, più intenso, tutto con te ha un colore diverso, più luminoso.  

Decelerai, quando sulla sinistra notai a neppure un chilometro di distanza lo svicolo per Doncaster. Ormai mancava davvero poco, conoscevo bene quella strada. Non avevo mai guidato su una tratta tanto lunga, per giunta anche da sola, ma era stato piacevole farlo.
Papà preferiva avvalersi dell’autista per i suoi viaggi, ma io non ero affatto dello stesso avviso. Poggiare le mani sul volante, stabilire la direzione, essere padroni dei propri movimenti mi forniva un’incredibile carica di adrenalina ed energia.
In quel momento ero io a decidere, ero io l’unica responsabile di me stessa, l’unica a cui dovessi rendere conto delle mie azioni. Sorrisi, interrogandomi su ciò che avrei sentito quando finalmente avrei varcato la soglia di casa. 

Ti amo. Ti amo, ma questo te l’ho già detto. 

La radio passava della musica degli anni ottanta, di cui non conoscevo neppure un titolo. Mi lasciavo cullare dal ritmo che giungeva ovattato dal vento alle mie orecchie. Avevo corso per quasi tutto il tragitto, fermandomi solo per pochi minuti, necessari per prendere un caffè ed assicurarmi un breve ristoro. In lontananza potevo già vedere le prime abitazioni della città sbucare dall’orizzonte. Sarei andata a casa, avrei rivisto i miei e avrei cercato di ristabilire le mie priorità. Avevo bisogno di fare chiarezza su chi ero, per poter capire cosa ero diventata e se, di questo non ne ero ancora del tutto certa, fossi realmente cambiata. Avevo bisogno di sperare che ci fosse qualcosa di diverso in me, qualcosa che mi avrebbe permesso di ricominciare e, questa volta, con Harry al mio fianco. 

Tornerò quanto prima, promesso. Già conto i secondi che ci dividono, anche perché ho una voglia matta di dirti quanto ti amo.  Sì, perché ti amo e ti amo davvero. Non so perché questa mattina, ma ti amo e credo sia questo ciò che conti.  

Il cancello nero non mi era mai sembrato così grande ed imponente come in quel momento. Avevo appena premuto il piccolo pulsante del telecomando che tenevo insieme alle chiavi. Non ero riuscita a separarmene. Sapevo quanto poco potessero essermi utili a Londra, ma era come avere la certezza che, con quelle, sarei potuta tornare a casa in ogni momento, quando e se ne avessi avuto bisogno.
Presi un lungo respiro, mentre lentamente procedevo con cautela lungo il vialetto. Parcheggiai l’auto poco distante dall’entrata principale, non preccupandomi minimamente del fatto che quello non fosse per nulla il posto adatto per lasciare la macchina. Appena aprì la portiera notai immediatamente la figura alta e vigile di mio padre sulle scalette dell’ingresso, che scrutava con fare curioso e sorpreso la scena. Probabilmente si era accorto del mio arrivo dal suo ufficio e si era insospettito. Lo vidi rilassarsi all’istante, non appena mi riconobbe, poi un sorriso genuino spuntò sul suo volto.
“Elizabeth!”, esclamò avvicinandosi a grandi falcate.
Scesi frettolosamente dall’abitacolo, per correre in sua direzione. Solo quando il mio viso incontrò il suo petto e le sue braccia si avvolsero intorno alla mia schiena realizzai quanto mio padre mi fosse mancato. Erano successe così tante cose, avevo vissuto così tante esperienze assurde, pur rimanendo la stessa ragazza di sempre. Avevo ragione, avevo fatto bene a venire a casa. Lo capii nell’esatto momento in cui mio padre mi accarezzò dolcemente i capelli. Non c’era più quella strana sensazione di protezione, non c’era quella campana di vetro che mi difendeva dall’esterno. C’ero solo io, con la mia corazza, decisa a voler affrontare tutto, ma questa volta a testa alta, senza timori. Avvolta dalle sue braccia potevo chiaramente percepire tutto l’affetto e l’amore che nutriva nei miei confronti, ma questa volta c’era dell’altro e quell’altro ero io. C’ero con la mia libertà, con le mie idee, le mie convinzioni, i miei errori, i miei difetti.

Lo so, avrei dovuto parlare con te, prima di fare quest’ennesima pazzia. Non posso prometterti che sarà l’ultima perché mi conosci, non ne faccio mai una giusta e sono quel tipo di ragazza geneticamente predisposta a fare l’esatto contrario di ciò che dovrebbe. Però posso prometterti che d’ora in poi, se lo vorrai, sarò pronta a condividere con te tutto e, soprattutto, prometto che eviterò di fare tutto da sola, comprese le conclusioni affrettate ed infondate. Se fosse possibile, ricomincerei tutto daccapo con te. Mi dispiace averti costretto a sopportare tutto questo.  

“Elizabeth?”, la voce mi mia madre richiamò entrambi, costringendoci a voltarci in sua direzione. “Cosa ci fai qui, tesoro mio?”, mi chiese con tono apprensivo, avvicinandosi per poi prendermi il viso tra le sue mani.
“Nulla, mamma.”, sminuii con un sorriso. “Avevo semplicemente bisogno di fare un salto a casa.”, spiegai prima di essere avvolta da un suo abbraccio. 

Spero solo tu abbia ancora voglia di… Insomma, spero solo di…
Va bene, lo ammetto. Con me ci vuole una pazienza infinita, lo so. Spero solo tu non abbia già esaurito la tua, ecco.
A presto, Harry.
Tua Liz.
 

“Andiamo in casa, forza!”, incoraggiò mia madre dopo qualche istante si silenzio, prendendo forte la mia mano per poi condurmi all’interno.
“Allora, raccontaci tutto!”, esordì mio padre facendosi spazio verso il salotto.
Tolsi frettolosamente la giacca, per poi prendere posto sul divano, accanto a mia madre, mentre mio padre si sedeva alla mia destra, sulla poltrona.
“Come mai hai deciso di tornare? È successo qualcosa? E perché non hai avvisato? Avremmo mandato qualcuno a prenderti.”, la voce preoccupata di mia madre mi fece sorridere.
Sarei potuta crescere, sarei potuta diventare donna, madre o nonna, ma per lei sarei rimasta sempre la sua piccolina.
“Tranquilla, mamma. Ho deciso all’ultimo momento. Non è successo nulla, avevo solo voglia di stare qualche giorno qui con voi.”, chiarì con voce pacata, nel tentativo di rassicurarla.
“Sono davvero contento che tu sia qui.”, commentò mio padre.
Il pomeriggio proseguì tranquillo, tra le varie chiacchiere ed i racconti di qualche mia giornata tipo. Parlammo anche di Louis, del concerto e del modo fantastico che aveva di far sorridere le persone, della sua voce melodiosa e del contratto che finalmente era riuscito ad assicurarsi.  Mamma, invece, mi ricordò di come proseguisse la sua via tra i vari pranzi e le cene organizzate per ogni tipo di evento, delle ultime novità sulle associazione e sulle diverse voci che giravano al club. Mi era sempre piaciuto informarmi sugli assurdi pettegolezzi che circolavano in quel mondo di apparente perfezione. Era divertente, seppur terribilmente subdolo. Papà , invece, preferì concentrarsi sulle ultime novità verificatesi a lavoro.
Solo quando si fu fatta ora di cena decidemmo di interrompere la conversazione. In realtà mia madre si era proposta di preparare la cena, mentre io avevo bisogno di qualche minuto di tranquillità. Mi ero appena alzata dal divano quando sentii il mio cellulare vibrare nella tasca. Esitati qualche istante prima di estrarlo. Sapevo potesse trattarsi esclusivamente di Louis o di Allie ed, in entrambi i casi, non sarei riuscita a risparmiarmi una ramanzina in alcun modo.
Sgranai gli occhi esterrefatta quando sul piccolo schermo vidi lampeggiare il suo nome. Trattenni il fiato, rimuginando sul possibile motivo di quella telefonata. Da una parte fremevo per rispondere, ansiosa di poter finalmente risentire la sua voce, dall’altra temevo una sua eventuale reazione negativa. Non volevo perderlo, non ora che finalmente avevo capito di amarlo con tutta me stessa.
Scossi il capo, rassegnata, poi mi decisi ad accettare la chiamata.
“Harry.”, il mio tono era un sussurro appena udibile.
“Liz.”, ricambiò lui.
In quelle tre piccole lettere non riuscii a rintracciare alcun indizio sul suo umore. Sembrava tranquillo, forse persino troppo.
“Come mai mi…?”, iniziai a chiedere, cercando di apparire quanto più neutrale possibile.
“Ho letto.”, disse soltanto, non permettendomi neppure di terminare la mia domanda.
Il mio cuore perse un battito a quelle parole. Deglutii appena, prima di riuscire nuovamente a proferir parola.
“E?”, lo incalzai a continuare, incapace di attendere oltre.
Volevo sapere, volevo sapere se c’era ancora una possibilità per noi, volevo sapere se l’avevo perso, volevo sapere cosa sarebbe successo.
Le mie gambe tremavano, avevo il fiato sospeso e la gola bruciava forte.
“E credo dovresti controllare anche tu nella tua cassetta della posta.”, spiegò e mi parve stesse cercando di trattenere a stento una risata.
“Cosa?”, chiesi, palesemente confusa.
“Dai Liz, fidati!”, esclamò. “Controlla e poi dimmi.”, terminò con una punta di allegria nella voce, prima di chiudere la chiamata.
Rimasi immobile per qualche istante, cercando di realizzare quei pochi secondi di telefonata, poi, come un treno in corsa, mi precipitai verso la porta e premetti frettolosamente il tasto che consentiva l’apertura del cancello. Non presi neppure il cappotto, agitata com’ero. Mi ritrovai a correre lungo tutto il vialetto, fantasticando su cosa avrei potuto trovare, fino a raggiungere l’enorme inferriata per poi oltrepassarla. Mi avvicinai alla cassetta della posta, ancora troppo emozionata per fermarmi a riprendere fiato, e cercai qualcosa, qualsiasi cosa, al suo interno. Trasalii quando le mie dita entrarono direttamente in contatto con il freddo metallo. Non c’era nulla.
“Non ci entravo lì dentro, spero non ti dispiaccia.”, esordì una voce, la sua voce, alle mia spella.
Sorrisi, mordendomi il labbro inferiore tra i denti non appena lo riconobbi, poi mi voltai di scatto, potendolo finalmente vedere. Harry era lì, davanti a me, con le mani nelle tasche del cappotto grigio lasciato aperto sul petto, un berretto di lana in testa che lasciava intravedere solo alcune ciocche di ricci ed un ampio sorriso sulle labbra incorniciato da due deliziose fossette.
“Harry!”, gioì, precipitandomi sui di lui.
Lui mi afferrò prontamente, accogliendomi tra le sue braccia. Era una strana sensazione quella. Percepivo tutto. Percepivo il calore, la sicurezza, la protezione, l’affetto, l’amore.
“Cosa ci fai…?”, chiesi contro il suo petto, ma ancora una volta lui non mi diede neppure il tempo di terminare quella domanda.
“Non sono così paziente come credi, non ce l’avrei fatta ad aspettare qualche giorno.”, rispose sorridendomi, mentre i suoi occhi incontravano nuovamente i miei.
Il mio cuore tamburellava forte nel mio petto, la testa sembrava potermi scoppiare dalla felicità da un momento all’altro. Era lì, Harry era davvero lì.
“Ti amo.”, sussurrai.
I suoi occhi verdi sembravano risplendere nel grigio cielo che copriva Doncaster a quell’ora. Sentirlo così vicino a me, percepire il suo respiro sulla mia pelle, era una sensazione a cui non sarei riuscita a rinunciare, non più. Vivevo di Harry, dei suoi sorrisi, della sua voce, dei suoi respiri.
Harry spostò lentamente una mano sul mio viso, accarezzandolo dolcemente con il dorso, mentre il suo volto si faceva sempre più vicino al mio. I suoi occhi erano puntati nei miei, non c’era altro al di fuori di noi. Persino il freddo che avevo percepito precedentemente sembrava essere divenuto insignificante. Mi sorrise ancora, sfiorando con il pollice le mie labbra. Attesa qualche istante, come a voler avere la piena consapevolezza di quello che stava per fare. Poi, d’un tratto, sentii le sue labbra fredde, ma morbide poggiarsi sulle mie. Con una mano mi strinse forte attorno alla vita, quasi avesse paura potessi scappare via, facendo scontrare i nostri corpi. C’era passione, c’era amore, c’erano tutte quelle parole represse, quelle lacrime nascoste, quei “ti amo” mancati, le bugie, gli errori. Avvolsi il suo collo con le mie braccia, mentre le nostre lingue si assaporavano, si riscoprivano. non era un bacio irruento, al contrario era disperato e dolce allo stesso tempo.
“Ah, giusto per la cronaca.”, mormorò lui, staccandosi di poco dal mio viso, il necessario per poter far incrociare i suoi splendidi occhi verdi con i miei.
Arricciai la fronte, aspettando che continuasse.
“Io non voglio ricominciare daccapo con te. Io voglio continuare dal punto esatto in cui siamo arrivati. È anche grazie a tutto quello che c’è stato se ora siamo così, se ora sono qui a dirti che ti amo. Perché sì, Liz, ti amo e sono disposto a ricorrerti altre cento milioni di volte se sarà necessario. E amo anche quei tue infiniti fottuti difetti che all’inizio credevo di non poter sopportare. Ma ti amo, amo tutto di te.”, spiegò mentre distrattamente giocherellava con una ciocca dei miei capelli.
Sentivo gli occhi lucidi, lottavo per trattenere le lacrime di gioia che incombevano di fuoriuscire da un momento all’altro.
“Ormai non scappo. Ormai non scappo più.”, riuscì solo a dire, prima che le sue labbra si posassero nuovamente sulle mie e non c’era nulla di più giusto al mondo di quel bacio.
C’ero io, c’era Harry, c’eravamo noi ed il nostro amore. Era quello il punto da cui avremmo ripreso e lo avremmo fatto insieme.

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Angolo Autrice
Non mi sembra vero, eppure eccomi qui, con l'ultimo capitolo!!!
Ed anche questa storia si è conclusa... datemi della banale, della scontata, ma io proprio non riesco a rinunciare al famoso happy ending!
So che nella vita reale non finisce quasi mai bene, ma almeno nelle storie preferisco immaginare che vada tutto per il verso giusto!
Insomma, dopo tutti questi capitoli non potevo non concedere un po' di tranquillità ad Harry e Liz!!!
Per quanto riguarda Allie ed il famoso triangolo... beh, lascio la questione aperta... Immaginate quello che più vi piace! :D
Okay, veniamo ora alla parte importante: ringrazio di cuore tutte le persone che mi hanno seguita dall'inizio e quelle che si sono aggiunte strada facendo!*.*
Ringrazio chi ha ricodato, preferito e seguito questa storia! You're absolutely amazing!<3
E ringrazio enormemente quelle fantastiche-splendide-bellissime persone che hanno commentato,
rendendomi non solo enstremamente felice, ma condividendo con me questo percorso! Grazie, davvero!!!*.*
Bene, un ringraziamento anche ai lettori silenziosi!!!:D:D
Okay, per chi avesse ancora voglia di leggere qualcosina di mio, sto pubblicando Skins, sempre sui One Direction.
Non insierisco il link perché sono davvero negata con queste cose, però mi farebbe piacere se passaste!:D
Detto anche questo, vi ringrazio ancora una volta!:D
A presto!:*
                                                 Astrea_

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