Take me home di Astrea_ (/viewuser.php?uid=144693)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Never felt like this before. ***
Capitolo 3: *** Pretending from the start. ***
Capitolo 4: *** C'mon, c'mon. ***
Capitolo 5: *** You're everywhere. ***
Capitolo 6: *** I’m trying to be okay. ***
Capitolo 7: *** Let's go crazy. ***
Capitolo 8: *** I guess you're still hurt. ***
Capitolo 9: *** Maybe I just gotta wait. ***
Capitolo 10: *** Let's make a move. ***
Capitolo 11: *** I don't have the answer. ***
Capitolo 12: *** In your lips and in your kiss. ***
Capitolo 13: *** The end of the night. ***
Capitolo 14: *** Reality ruined my life. ***
Capitolo 15: *** I only want more. ***
Capitolo 16: *** Feel like snow in September. ***
Capitolo 17: *** Too blind to see. ***
Capitolo 18: *** Your voice in my head. ***
Capitolo 19: *** Right back. ***
Capitolo 20: *** Stay for the night. ***
Capitolo 21: *** Our little secret. ***
Capitolo 22: *** Hole in the middle of my heart. ***
Capitolo 23: *** It should be me. ***
Capitolo 24: *** Heartache doesn't last forever. ***
Capitolo 25: *** With a tight grip then my kiss. ***
Capitolo 26: *** Sleepless nights. ***
Capitolo 27: *** The up all night's. ***
Capitolo 28: *** They don’t know about us. ***
Capitolo 29: *** Words I still haven't said. ***
Capitolo 30: *** Show me you care. ***
Capitolo 31: *** Nobody compares to you. ***
Capitolo 32: *** Truly, madly, deeply. ***
Capitolo 33: *** All your little things. ***
Capitolo 1 *** Prologue. ***
p
Take me home
Prologue.
Mi piaceva Doncaster e
mi piaceva per davvero
la mia città.
L’idea,
anche solo eventuale, di poterla
lasciare per continuare gli studi altrove non mi aveva mai sfiorata
prima di
quel momento.
Mi trovavo bene a casa
mia, protetta e viziata
dai miei onnipresenti e perfetti genitori.
Ero la più
piccola della famiglia Tomlinson,
il gioiellino di casa insomma, la ragazza posata e studiosa.
Da sempre avevo
frequentato le migliori
scuole, le associazioni più prestigiose ed i club
più esclusivi.
Non avevo affatto
bisogno di fuggire dal mio
ambiente per realizzare chissà quale sogno irrealistico.
Del resto, io volevo
soltanto laurearmi,
seguire l’esempio di mio padre e trovare un lavoro che mi
permettesse di
guadagnare quanto necessario per poter condurre uno stile di vita
agiato.
Fin da piccola avevo
sempre desiderato
rimanere a casa, con la mia famiglia, o per meglio dire con
ciò che di essa restava.
Mio fratello, infatti,
era andato via ben
cinque anni fa, a causa dei suoi irrealizzabili progetti che, almeno
per quanto
lui continuava fermamente ad affermare, lo avrebbero condotto ad una
fama
mondiale.
Ne avevo sofferto
molto all’inizio, troppo.
Lui, preso il diploma,
si era trasferito a
Londra. Aveva fatto le valigie e, nel giro di neppure una settimana,
era
partito. Lì, poi, aveva conosciuto altri quattro ragazzi con
i quali aveva dato
vita ad una band, impegnata a strimpellare tra i vari locali della
capitale
inglese.
Mio fratello era
sempre stato una sorta di
sfida per i miei genitori ed in questo il suo carattere esuberante ed
imprevedibile non era stato affatto d’aiuto.
Invece, io ero quella
giudiziosa, cresciuta
quasi in una sorta di campana di vetro, protetta da tutto e da tutti.
Forse era proprio
quest’abissale differenza
che sussisteva tra me e mio fratello che ci aveva legato tanto,
rendendoci
particolarmente inseparabili.
Certo, non che io
fossi una ragazza priva di
personalità, ma a me quello stile di vita non era mai
dispiaciuto, quasi poteva
piacermi.
Sapere che di
lì a poco mi sarei dovuta
trasferire a Londra fu per me una vera e propria sorpresa, uno shock sarebbe stato più
corretto
definirlo.
Mio padre mi aveva
iscritta ad uno dei più
prestigiosi college ed io non ero riuscita a tirarmi indietro.
In realtà,
sapevo già da tempo che sarei stata
indirizzata a Londra per terminare gli studi, ma ogni qualvolta
l’argomento
sembrava prender vita nelle conversazioni con i miei genitori, ero
sempre
riuscita a sviarlo, ignorando ed eludendo il problema.
Alla fine, comunque,
l’avevo dovuto affrontare
e ne ero uscita totalmente sconfitta.
L’unica nota positiva di tutta la faccenda,
come mi ostinavo a pensare, era che almeno avrei avuto modo di vedere
più
spesso mio fratello Louis.
---
Angolo Autrice
Salve a tutti/e!!!:D
Che dire, non riesco a finire una storia, che già ne inizio
un'altra!!xD
Bene, cercherò di smorzare immediatamente la strana
sensazione che si avverte quando ci si presenta,
perché è così che mi sento in questo
momento,
parlando delle linee generali sulle quali baserò la trama.
Ok, questo che ho pubblicato è solo un piccolo breve prologo,
una specie di introduzione al primo capitolo, nel quale si
parlerà principalmente della protagonista.
Credo si sia già capito di chi si tratta, visto il cognome
e, soprattutto, il nome del fratello.
Sì, la protagonista è la sorella del nostro caro
Louis!
Ci tengo a sottolinerare che NON ha alcun riferimento con nessuna delle
reali sorelle di Louis,
quello che preseterò nelle storia è un peronaggio
inventato completamente da me,
che non ha nulla a che fare con la realtà.
Il nome che le ho dato, comunque, si scoprirà nel primo
capitolo!xD
Tornando alla storia, devo dire che la sto ancora scrivendo.
Per ora sono arrivata al settimo capitolo,
ma spero di riuscire a continuare, anche perché ho ben
chiari i punti fondamentali,
nonotante non mi convinca particolarmente.
So bene che storie del genere ne avete già lette tante,
ma vi chiedo di continuare a leggere anche questa, se vi va,
di attendere ancora un pochino, magari potrebbe interessarvi, non so.
Detto anche questo, parliamo della protaginista.
Beh, è la prima volta che faccio narrare tutta la storia ad
un personaggio del genere.
Di solito preferisco persone attive, sicure, vivaci,
questa volta, invece, proverò con una ragazza più
timida, riservata, meno spigliata.
Vedremo cosa ne esce...xD
Ok, mi pare che l'angolo autrice sia anche diventato più
lungo del prologo stesso,
quindi la smetto qui.
Per qualsiasi cosa, anche commenti negativi, vi prego di farmi sapere!
Ripeto, questa storia ancora non mi convince del tutto,
quindi ho particolarmente bisogno dei vostri commenti!
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 2 *** Never felt like this before. ***
Take
me home
Never felt like this
before.
Attesi
ancora qualche secondo, mentre sentivo il rumore del motore
affievolirsi fino a spegnersi del tutto.
"Ho già fatto sistemare le valigie nella tua stanza. Per
qualsiasi evenienza sappi che puoi comunque fare affidamento su tuo
fratello.", annunciò mio padre con fare austero, ma dal suo
tono di voce potei ben intuire che stesse cercando di mascherare un
senso di irrequietezza e preoccupazione.
Era strano per me vederlo così semplicemente umano.
Annuii con fare convinto, poi l'autista spalancò la portiera
alla mia destra.
"Prego.", disse soltanto per invitarci educatamente a scendere
dall'abitacolo.
Senza indugiare oltre, uscii dal veicolo e per qualche istante mi persi
ad osservare il paesaggio che mi circondava.
Eravamo a Londra, ma non c'era alcuna traccia del caos o del traffico
cittadino, persino i bus rossi sembravano un lontano ricordo.
Davanti ai miei occhi si estendeva una piccola e lieve collina, il cui
prato verde spiccava in contrasto con il cielo plumbeo e nuvoloso che
non lasciava trapelare alcun raggio di sole.
Oltre il cancello si apriva una piccola stradina che conduceva ad
un'enorme struttura la cui architettura ricordava vagamente quei grandi
palazzi antichi realizzati su rigore classico.
Ai suoi lati si ergeva una lunga serie di edifici. Riconobbi subito la
biblioteca che avevo visto in fotografia su decine e decine di
brochures illustranti le diverse opportunità offerte da quel
college.
"Dal vivo è ancora più bello che in foto!", mi
lasciai scappare in un sussurro senza rendermene neppure conto, mentre
sulle mie labbra si disegnava uno spontaneo e genuino sorriso.
Certo, l'idea della lontananza mi spaventava non poco, ma allo stesso
tempo ero terribilmente elettrizzata al pensiero della nuova avventura
che di lì a qualche minuto avrei intrapreso.
Per la prima volta potevo contare solo ed esclusivamente sulle mie
forze e sulle mie capacità, ma ciò non mi
terrorizzava affatto, non più almeno.
"Credo sia ora di andare.", affermai con tono più sicuro
qualche istante dopo, voltandomi in direzione dei miei genitori che nel
frattempo mi avevano affiancata.
Mio padre annuì con fare sommesso accennando ad un lieve
sorriso, mia madre si limitò a lanciarmi un fugace sguardo
pieno d'amore, prima di abbassare lievemente il capo come affranta.
"Ricorda di telefonarci almeno una volta al giorno.", mi
rammentò stringendo le sue mani fra le mie, probabilmente
voleva assaporare quegli ultimi istanti insieme.
Annuii energicamente con fare convinto, quasi come se con tale gesto
potessi trasmetterle maggiore fermezza.
"Lo farò.", la rassicurai abbracciandola.
Lei posò un lieve bacio sulla mia guancia sinistra, mentre
con le braccia mi stringeva al petto.
Ci salutammo con calma, senza fretta alcuna, poi quando ritenemmo
opportuno separarci fu il turno di mio padre.
Mi avvicinò a se, mi sorrise, poi fece aderire la mia testa
al suo petto. Poggiò una mano sul mio capo, sfiorando i miei
capelli.
Odiavo quel gesto tremendamente infantile, ma in quel momento non
riuscii a lamentarmi. Rimasi in silenzio, beandomi di quei pochi attimi
in cui tutto, persino i miei perfettamente perfetti genitori, sembrava
più vulnerabile e fragile.
"Ci vediamo per le vacanze di Natale.", affermò poi
allontanandosi di qualche passo.
"Cominciate da adesso a cucinare dolci, perché prevedo di
tornare particolarmente affamata!", scherzai sentendo un improvviso
bisogno di sdrammatizzare le circostanze.
Mi sarebbero mancati, di ciò ne ero più che
consapevole, ma quello non era di certo il momento adatto ai
sentimentalismi.
Loro mi sorrisero, quasi forzatamente, ma feci finta di non accorgermi
delle loro tristi e titubanti espressioni.
"Allora ciao!", li salutai infine, alzando l'angolo destro delle labbra.
"Abbi cura di te, Lizzie!", mormorò mia madre mentre si
avvolgeva tra le sue esili braccia.
"Fatti valere, spacca tutto!", mi incoraggiò mio padre
facendomi l'occhiolino.
Li osservai ancora una volta, poi mi decisi a voltarmi, incamminandomi
finalmente per il sentiero che mi avrebbe condotta alla struttura
principale.
Non sapevo affatto cosa avrei dovuto fare o come mi sarei dovuta
muovere all'interno del college, ma ero certa che avrei presto imparato.
Seguii il mio istinto, nonostante ciò mi pareva piuttosto
avventato. Non ero solita agire al di fuori degli schemi che avevo
precedentemente stabilito, ma non mi risultò difficile
lasciarmi semplicemente guidare per una volta.
Oltrepassai la grande arcata a tutto sesto che sormontava l'entrata
dell'edificio, ritrovandomi in una sorta di atrio le cui dimensioni
erano davvero smisurate.
Giunsi davanti a quelli che riconobbi essere gli uffici della
segreteria, poi bussai sulla prima porta a destra sulla quale c'era
affisso un cartello di metallo che ne indicava la
funzionalità.
Non ricevetti alcuna risposta, così mi convinsi ad entrare,
spingendo timidamente la maniglia.
"Permesso.", la mia non era una domanda, ma solo un modo per palesare
la mia presenza alla donna seduta dietro la scrivania di quel piccolo
ma grazioso ufficio.
Lei alzò la testa da quella pila di fogli che teneva tra le
mani, puntando il suo sguardo inquisitorio su di me, ancora ferma sullo
stipite della porta. Per qualche istante mi sentii veramente a disagio,
tanto che mi risultò difficile non abbassare la testa.
"Entri pure!", disse la donna con tono garbato, invitandomi con un
cenno della mano ad accomodarmi su una delle due sedie poste
esattamente di fronte a lei.
Accennai ad un lieve sorriso, mentre con passo svelto ma ancora
indeciso, seguii il suo suggerimento.
"Il suo nome è...?", continuò lei dopo qualche
secondo di silenzio.
Solo allora mi resi conto di non aver ancora proferito parola, di non
essermi ancora presentata. Mandai giù un groppo di saliva,
spaventata ma allo stesso tempo consapevole del mio atteggiamento
insicuro che di certo non aveva dato una buona immagine della
sottoscritta.
Cercai di riacquistare la fermezza con la quale ero solita affrontare
ogni tipo di situazione.
"Sono Elisabeth Virginia Tomlinson.", annunciai con una
ritrovata sicurezza.
"Sono appena arrivata, dunque le sarei grata se potesse darmi delle
informazioni riguardo al mio alloggio e alle lezioni.", continuai poco
dopo con voce risoluta e decisa.
"È un piacere fare la sua conoscenza, signorina Tomlinson ", disse in maniera
cordiale, porgendomi una mano che non esitai a stringere.
"Io sono la segretaria dell'ufficio didattico, ma può
tranquillamente rivolgersi a me per ogni eventualità.",
aggiunse subito dopo, continuando a sorridermi.
"Le chiedo solo la cortesia di attendere qualche secondo, il tempo di
prendere la sua cartella dal fascicolo delle matricole ed
avrà tutte le informazioni di cui necessita.",
affermò poi mentre si alzava per avvicinarsi ad una serie di
scaffali ricolmi di documenti.
Cercò per qualche minuto il mio nome tra le varie cartelle,
poi ne estrasse una e me la porse.
"Al suo interno può trovare gli orari dei corsi e i luoghi
dove si terranno le varie lezioni, oltre che il nome dei singoli
professori ed una accurata e precisa cartina del campus. La sua stanza
è segnata sul modulo d'accoglienza che troverà in
seconda pagina, subito dopo il benvenuto ufficiale da parte del
rettore. Le chiavi delle stanze sono rilasciate dall'apposito personale
dell'ufficio logistico che si trova al primo piano del plesso alloggi.
Per qualsiasi domanda sono a sua disposizione.", concluse
poi, tornando a sedersi dietro quel tavolo di legno intarsiato.
Sorrisi appena, cercando di riassumere tutto quel fiume di notizie che
mi avevano letteralmente travolta.
"Grazie, è stata molto chiara.", ammisi qualche istante dopo.
"Bene, allora spero si trovi bene qui!", disse a mo'di saluto mentre io
mi alzavo, tenendo la cartellina ben salda tra le mani.
"Lo spero anche io.", dichiarai quasi sovrappensiero.
Una
manciata di minuti dopo, mi ritrovai nuovamente a vagare per i verdi
prati del campus.
Avevo riposto il
fascicolo nell’enorme borsa che tenevo poggiata sulla spalla
destra, mentre con la mano sinistra reggevo la cartina che mi era stata
appena consegnata, piegata in modo che si potesse vedere solo
l’area che mi interessava.
Mi piaceva quella
strana atmosfera che aleggiava intorno a me.
Dei ragazzi
scherzavano seduti sotto una vecchia e grande quercia, altri invece
fissavano completamente rapiti dai loro pensieri la bacheca degli
avvisi.
Un gruppetto di
ragazze parlottava, inserendo di tanto in tanto nel loro vociare delle
risate acute e talvolta sguaiate.
Sembrava quasi di
trovarmi in una di quelle scene che introducono un film
d’amore ambientato in un college americano.
Sorrisi per
l’assurdità e la banalità di quel
pensiero, poi scossi il capo, ritrovando la concentrazione di cui
necessitavo per evitare di perdermi.
Abbassai la testa
un’altra volta sul foglio di carta che ancora stringevo tra
le mani e controllai che stessi percorrendo la giusta direzione.
In realtà
non fu difficile raggiungere il plesso adibito all’alloggio
degli studenti.
Feci come la
segretaria mi aveva detto pochi minuti prima, dunque a passo spedito
andai verso l’ufficio logistico, dove un signore sulla
cinquantina mi consegnò le chiavi del mio appartamento.
Certo, prima volle
controllare documenti e modulo d’accoglienza, ma poi si
dimostrò talmente gentile da indicarmi minuziosamente il
percorso che mi avrebbe condotta alla stanza numero duecentosei, la mia.
Quando finalmente
spalancai la porta, rimasi completamente sorpresa dalla vista che si
parò davanti ai miei occhi.
Non era esattamente
ciò che mi aspettavo.
Sulla parete di destra
era collocata una scrivania, sulla quale erano poggiati tre pile di
libri ed un portatile. Al suo fianco, pochi metri più in
là, c’era un letto sormontato da una serie di
valigie aperte dalle quali fuoriusciva un numero indefinito di vestiti.
L’altra ala
della stanza, invece, sembrava essere ancora intatta. Ai piedi del
letto riconobbi immediatamente il mio set di valigie, quello che mi era
stato recapitato qualche ora prima del mio arrivo.
Sulla scrivania vidi
poggiata la custodia del mio portatile, accanto alla quale spiccava la
mia borsa azzurra, nella quale ero solita sistemare i libri.
Accanto alla porta,
invece, era sistemato un unico armadio, di dimensioni piuttosto modeste.
L’unica
fonte di illuminazione proveniva da una finestra che si apriva sulla
parete davanti ai miei occhi.
Con lo sguardo
ripercorsi velocemente tutto il perimetro della stanza, notando solo
allora la presenza di un’altra porta, che dedussi essere
quella del bagno.
Certo, ero
perfettamente consapevole del fatto che avessi espressamente chiesto a
mio padre di far in modo che ricevessi lo stesso ed identico
trattamento di un qualsiasi studente, ma di sicuro non era questo
ciò che mi prefiguravo.
“Ciao!”,
mi salutò all’improvviso una voce femminile alle
mie spalle, facendomi sobbalzare.
Mi voltai di scatto,
incontrando subito l’ampio e caldo sorriso di una ragazza che
si trovava a pochi metri da me.
Aveva dei capelli
ricci e biondi che le ricadevano sulle spalle e facevano da contorno ad
un grazioso viso a cuoricino dal quale spiccavano degli occhi di un
azzurro particolarmente acceso e chiaro allo stesso tempo, mentre dalle
labbra rosse aperte
in un sorriso s’intravedevano due file di denti bianchissimi.
“Ciao.”,
ricambiai distogliendo lo sguardo dalle forme del suo viso, porgendole
la mano.
Lei la
afferrò, poi si avvicinò a me fino a lasciarmi
due leggeri baci sulle guance, cogliendomi del tutto alla sprovvista
per quel gesto.
“Io sono
Elizabeth Virginia Tomlinson.”, mi presentai immediatamente,
piegando lievemente le labbra all’insù.
Lei sgranò
gli occhi, forse leggermente sorpresa a causa del tono formale che la
mia voce aveva assunto.
“Allison
Carley Matthews, ma puoi chiamarmi semplicemente Allie!”,
esclamò con fare gioioso, prima di lasciar andare la mia
mano.
Sorrisi e provai a
rilassarmi.
“Ho iniziato
a sistemare le mie cose. Non ti dispiace, vero?”, aggiunse
mentre raggiungeva la sua parte di stanza, per poi lasciarsi cadere
sulla sedia posta a qualche centimetro dalla scrivania.
“Assolutamente
no.”, risposi, chiudendo la porta alle mie spalle.
Non ero sicura
riguardo alla procedura che si adottava per socializzare, quindi quella
situazione mi metteva piuttosto a disagio.
Camminai fino a
raggiungere il mio letto, poi mi sedetti su di esso, continuando a
fissare la ragazza bionda, sperando mi ponesse qualche domanda.
Quel silenzio mi
imbarazzava molto più del dovuto.
“Allora,
Lizzie, sei di Londra?”, mi chiese dopo qualche interminabile
istante.
Non potei non notare
il nomignolo che aveva utilizzato ed un sorriso spontaneo prese vita
sulle mie labbra.
Certo, non conoscevo
affatto quella ragazza, ma i suoi modi familiari e travolgenti mi
piacquero sin dal primo momento.
“Mi sono
appena trasferita da Doncaster. Tu, invece, sei della zona?”,
continuai dopo averle risposto, nel tentativo di intavolare una
conversazione duratura.
“Sì,
sono nata e cresciuta a Londra, ma dall’altro lato della
città, così ho preferito trasferirmi nel campus
piuttosto che spostarmi di continuo!”, dichiarò
con aria raggiante.
Non ebbi neppure il
tempo di pensare ad un’altra domanda che sentii la suoneria
del mio cellulare.
Mi alzai di scatto ed
afferrai la borsa, per poi frugare con fare frettoloso in essa.
Solo dopo qualche
secondo riuscii finalmente a trovare quel dannato aggeggio e, senza
neppure controllare chi mi stesse cercando, risposi a quella chiamata.
“Si?”,
chiesi, facendo con la mano un cenno di scuse ad Allie.
“Sorellina
cara!”, squittì una voce dall’altro capo
del telefono.
Sorrisi immediatamente
non appena lo riconobbi e quasi percepii il cuore sciogliersi.
Bastava davvero poco
per darmi la sensazione di essere a casa.
“Louis!”,
esclamai con un tono di voce forse troppo euforico.
“Come stai,
piccolina mia?”, mi chiese subito dopo.
“Bene, sono
appena arrivata nella mia stanza.”, lo informai, mentre
tornavo a sedermi sul mio letto.
“Hai
già conosciuto qualche bel ragazzo dal quale mi tocca venire
a salvarti?”, continuò lui in tono giocoso, ma in
realtà sapevo benissimo quanto mio fratello potesse essere
iperprotettivo e spropositatamente geloso.
Sbuffai sonoramente,
facendolo ridere.
“In
realtà ne ho conosciuti ben tre.”, scherzai, ma
dallo strano silenzio che mi giunse inaspettato, pensai avesse creduto
per davvero alle mie parole.
Risi divertita da
tutte quelle sue mille attenzioni.
“Tranquillo
Tommo, per il momento ho incontrato solo la mia compagna di
stanza.”, lo rassicurai, sperando che nel frattempo non fosse
stato colto da un improvviso infarto.
Lo sentii sospirare di
sollievo.
“Ecco,
meglio! E cerca di non conoscere nessun altro, allora!”,
borbottò ironico qualche istante dopo.
“Andiamo,
ora sono al college! Smettila di preoccuparti come se fossi una bambina
di tre anni!”, mi lamentai quasi piagnucolando.
“Elizabeth
Virginia Tomlinson!”, mi richiamò con voce
fintamente dura. “Tu sei e rimarrai per sempre la mia piccola
sorellina!”, concluse con fin troppa sicurezza nel tono di
voce.
Scossi la testa,
rassegnata.
“Piuttosto,
quando hai intenzione di venire a trovarmi?”, gli chiesi
cambiando del tutto l’argomento della nostra conversazione.
Lui parve essere
piuttosto titubante riguardo alla risposta.
“Stasera
purtroppo non posso, devo esibirmi con la mia band in un locale in
centro.”, mi spiegò con un filo di voce.
Probabilmente si
preoccupava per una mia eventuale reazione negativa.
Presi un profondo
respiro.
Avrei davvero voluto
passare del tempo con mio fratello, ma di certo non gli avrei impedito
di partecipare a quella serata, soprattutto sapendo quanto importante
per lui fosse la musica.
“E va bene.
Però promettimi che nel fine settimana riusciremo a
vederci!”, quasi lo supplicai, bisognosa com’ero di
trascorrere anche solo qualche minuto con lui.
“Domenica
sei invitata a pranzo a casa del sottoscritto!”,
declamò allora.
Sogghignai lievemente.
Era buffo notare come
riuscisse a mettermi sempre di buon umore anche solo con una semplice
frase.
“Va bene,
fratellone.”, acconsentii.
“Lizzie, ora
devo andare. Ci sono le prove e dobbiamo…”,
iniziò, ma non gli diedi neppure il tempo di finire.
“Tranquillo,
ho capito.”, esclamai per interromperlo, prima che iniziasse
uno di quei suoi interminabili flussi di parole sconnesse.
“Ti voglio
bene, Lizzie!”, mi salutò.
“Anche io! E
in bocca la lupo per stasera!”, ricambiai prima di chiudere
la chiamata.
Mi lasciai cadere con
la schiena sul materasso, ancora con il sorriso stampato sulle labbra.
“Tu e tuo
fratello dovete avere sicuramente un magnifico rapporto se una sua sola
telefonata è capace di renderti così
tranquilla!”, commentò poi Allie, facendosi
più vicina.
Le sorrisi, annuendo
con fare convinto.
“Lo
adoro.”, confessai con un filo di voce, poi con la mano le
feci segno di sedersi accanto a me.
Così, senza
neppure sapere esattamente come o perché, io ed Allie
iniziammo a parlare delle nostre vite.
Ebbi quasi la
sensazione di conoscerla da tempi immemorabili, come se fossimo due
vecchie amiche che non si vedevano da tanto, troppo tempo.
Non c’era
più imbarazzo o disagio, solo uno strano clima familiare e
confidenziale.
E, forse per la prima
volta, non trovai alcuna difficoltà a parlare della mia vita
privata con una perfetta sconosciuta.
---
Angolo Autrice
Salve a tutte!:D
Per prima cosa chiedo venia per tutto il tempo trascorso tra la
pubblicazione del prologo ed il primo capitolo, ma sappiate che ci ho
messo davvero tutta la buona volontà!
Questo fine settimana non sono neppure tornata a casa ed ora sto
dettando telefonicamente questo messaggio a mia sorella. Per questo
motivo ancora non ho potuto rispondere alle vostre meravigliose
recensioni, ma entro mercoledì dovrei riuscire a rimediare
anche a questo!;)
Allora, siamo al primo capitolo, che è piuttosto
introduttivo: spero sia riuscita a far capire di che tipo di
personaggio si tratta. Tra l'altro ho anche presentato la compagna di
stanza di Lizzie, per sottolineare le differenze comportamentali.
Per ora non dico nulla sull'identità del ragazzo, anche
perché la storia sarà piuttosto travagliata.
Piuttosto, volevo ringraziare coloro che hanno inserito la storia tra
le preferite e le seguite e quelle splendide persone che hanno lasciato
un commento!
Per chi stesse aspettando l'epilogo di Every piece of your heart
arriverà mercoledì al massimo!;)
Beh, fatemi sapere cosa ne pensate se vi va!
Alla prossima,
Astrea_
|
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Capitolo 3 *** Pretending from the start. ***
f
Take me home
Pretending from the start.
Non riuscivo a prendere sonno, quella notte.
Continuavo a girarmi e rigirarmi nel letto,
nel vano tentativo di trovare una posizione comoda e conciliante al sonno.
Tuttavia, il mio corpo sembrava turbato, quasi come se percepisse una strana
sensazione di irrequietezza mista ad ansia, dovuta poi a chissà quale assurdo motivo.
Per un attimo con la mente tornai a quelle
fredde sere d’inverno trascorse appollaiata sul divano nei pressi del camino
del salone, riparata da una calda coperta di lana, mentre sorseggiavo del tè e
distrattamente guardavo chissà quale assurdo programma mandato in onda.
Sentii una strana ed improvvisa morsa allo
stomaco, poi sorrisi mentre altre ricordi si facevano spazio nella mia mente.
Ero solita bere una tazza fumante di tè ogni
sera prima di andare a dormire, era divenuto come un rituale che ripetevo ormai
da così tanto tempo da aver dimenticato i motivi o le circostanze che avevano
innescato quella stramba routine.
Quella sera, però, non ero riuscita neppure a
prenderne un bicchiere.
E fu quell’assurda consapevolezza a farmi
percepire un’inspiegabile sensazione di vuoto all’altezza del petto.
Tra tutti i bagagli che avevo dovuto sistemare
e le stramberie di Allie, di tempo a mia disposizione ne era rimasto davvero
ben poco. Io e la mia nuova compagna di stanza avevamo trascorso tutto il
pomeriggio a chiacchierare e, soltanto quando avevamo sentito il rumoroso
brontolio dei nostri stomaci, avevamo deciso di ordinare delle pizze e vedere
un film.
Non avevamo fatto particolarmente tardi,
consapevoli che il giorno successivo avremmo dovuto sbrigare le ultime faccende
prima dell’inizio dei corsi.
Sbuffai sonoramente, mentre stringevo le
ginocchia tra le braccia, per raggomitolarmi come meglio potevo e riscaldarmi.
Allie dormiva profondamente ormai da più di
un'ora. Intravedevo i contorni del suo viso nonostante la stanza fosse quasi
del tutto buia, illuminata solo da un flebile raggio di luna che penetrava
dalla finestra. Feci roteare velocemente lo sguardo sui vari mobili della
stanza, per poi fermarmi a guardare, quasi inconsapevolmente, l'orologio
digitale: mancavano pochi minuti alle tre.
Probabilmente avrei trascorso la notte
insonne. Seppur controvoglia, decisi di alzarmi, spinta da un’irrefrenabile
voglia di tè.
Non avrei
rinunciato alle mie abitudini solo perché ero lontana da casa.
Non appena scostai le coperte dal mio corpo, percepii
un flusso di aria gelida e tagliente colpirmi in pieno. Rabbrividii all’istante
e con le mani provai a riscaldarmi all'altezza delle braccia. Con i piedi
cercai le pantofole, facendo particolare attenzione ad evitare qualsiasi tipo
di contatto con la fredda superficie del pavimento della stanza. Mi avvicinai
all'armadio e da esso estrassi una felpa, l'unica che possedevo, che a
caratteri cubitali indicava sul petto il nome del college che avevo deciso di
frequentare, lo stesso in cui mi trovavo in quell’esatto momento.
La infilai, poi presi delle monete che avevo
lasciato sulla scrivania qualche ora prima e le chiavi, infine a passo incerto
mi diressi verso la porta di uscita, facendo attenzione a non fare alcun rumore…
I
corridoi erano illuminati da fioche luci notturne. Il silenzio disumano
che aleggiava metteva la pelle d’oca, soprattutto se ad esso si aggiungeva il
rumore del vento che sbatteva prepotentemente contro le imposte.
Un altro brivido mi percorse la schiena,
facendomi tremare e questa volta non solo a causa del freddo.
Mi imposi di non lasciarmi suggestionare. In
quel momento la mia priorità era riuscire a raggiungere i distributori che quel
pomeriggio avevo intravisto all’inizio del corridoio, al resto ci avrei pensato
dopo.
Allungai la falcata, per impiegare quanto meno
tempo possibile.
“E tu cosa ci fai in giro a quest’ora?”, mi
chiese una voce maschile alle mie spalle.
Sussultai percettibilmente per lo spavento.
Sentivo le gambe tremare ed il respiro venirmi a mancare. Restai immobile per
qualche istante, presa del tutto alla sprovvista, poi balzai in aria come una
molla, girandomi di scatto e subito incrociai lo sguardo curioso di quel
ragazzo.
Aveva degli
occhi verdi tanto profondi quanto impenetrabili.
Tuttavia quasi percepii una sensazione di
tranquillità pervadere il mio corpo nell’esatto istante in cui i suoi occhi
entrarono in contatto con i miei, nonostante non lo avessi mai visto prima di
quel momento.
Almeno, pensai,
non era un vecchio maniaco.
“E tu chi saresti?”, gli domandai senza
neppure rendermene conto, indietreggiando appena, ma cercando comunque di non
far trapelare insicurezza dal mio tono di voce.
Volevo apparire sicura e mi illusi che tale
atteggiamento sarebbe stato sufficiente a scoraggiare i suoi piani, qualora
fosse stato mal intenzionato.
Lui sembrò rimuginare prima di rispondere,
come se stesse confabulando qualcosa.
Poi, le sue labbra si piegarono in un leggero
sorriso, tanto sicuro quanto beffardo.
“Signorina, credo proprio che lei non sia
nella posizione adatta a fare domande.”, dichiarò lui, scuotendo il capo come
per farmi notare quanto il mo comportamento fosse poco appropriato alle
circostanze.
Mi aveva
dato del lei.
Aggrottai la fronte e lo osservai meglio, nel
tentativo di fare chiarezza sulla sua identità.
Aveva i capelli ricci e scombinati, i
lineamenti del suo volto erano dolci ma decisi, i suoi occhi verdi e profondi. Indossava
un elegante completo nero ed una camicia bianca, il cui colletto era lasciato
sbottonato. A giudicare dal volto poteva avere circa la mia età, nonostante
l’abbigliamento potesse suggerire altro.
“Chi è lei?”, domandai allora, tornando a
fissarlo negli occhi, quegli occhi verdi e magnetici.
Lui sogghignò ancora e sulle sue guance si
formarono due piccole e graziose fossette.
“Qui le domande posso farle solo io, visto che
sono l’agente di sicurezza notturna.”, dichiarò con un’espressione beffarda.
Spalancai gli occhi a quella rivelazione, poi
deglutii lievemente, prima di iniziare a mordicchiarmi il labbro inferiore.
“Piuttosto, lei cosa ci fa in giro per i
corridoi a quest’ora di notte e per giunta con indosso il pantalone di un pigiama
con degli orsacchiotti?”, mi chiese con fare indagatore, per poi squadrarmi da
capo a piedi.
All’istante sentii le guance arrossire per
l’imbarazzo sotto il suo sguardo attento, mentre il mio cuore accelerava
incondizionatamente.
Ma perché
diamine non mi ero cambiata?
Come mi era
venuta anche solo in mente un’idea del genere?
Bene, sarei
stata ricordata per sempre come la ragazza dal pigiama con gli orsacchiotti:
davvero un ottimo inizio.
“Devo forse pensare che stia andando dal suo
fidanzato per compiere atti impuri?”, continuò poi, ma questa volta mi parve di
cogliere un tocco di malizia nel suo tono di voce.
Sgranai ancora di più gli occhi. Quasi non
sapevo se ridere o piangere.
Il suo linguaggio era buffo, esattamente come
le sue movenze, ma non ero affatto nella posizione adatta per farglielo notare.
Cercai di replicare, ma le parole mi morirono in gola.
“O forse era in cerca di qualche documento in
particolare? Voleva forzare la serratura di qualche ufficio?”, aggiunse ancora,
allungando la lista delle ipotesi sul mio conto.
Sbiancai all’istante.
Evidentemente la situazione era più grave di
quanto pensassi.
Possibile
che fossi appena arrivata e già mi trovavo in difficoltà?
“Ma veramente io…”, provai a dire in mia
difesa, questa volta riuscendo a trovare il coraggio per parlare, ma fui
interrotta dall’agente.
“Non vorrà certo discolparsi adducendo strane
scuse, vero?”, domandò retoricamente, agitando l’indice davanti al mio volto
con fare canzonatorio.
Presi un respiro profondo, mentre cercavo di
recuperare sicurezza e tranquillità.
“Mi scusi, signore.”, iniziai allora, come per
voler sottolineare espressamente l’errore di valutazione che avevo appena
commesso.
“Pensavo fosse uno studente.”, spiegai.
Ed era vero. Insomma, chiunque lo avrebbe
preso per tale, viste le sue sembianze e considerato il fatto che si aggirava
per i corridoi degli alloggi. Per di più non ero neppure a conoscenza del fatto
che nei campus esistessero degli agenti notturni che facessero la ronda, ma in
quel momento non mi soffermai a riflettere su quanto surreale potesse essere
quella situazione.
Lui non aggiunse nulla, ma con la mano mi fece
cenno di proseguire.
“Volevo solo prendere del tè ai distributori
che si trovano nei pressi dell’ingresso principale. Sono arrivata solo oggi e
non riuscivo a prendere sonno, così ho pensato che una bevanda calda mi sarebbe
stata d’aiuto. Non avevo affatto cattive intenzioni.”, mi giustificai.
Assurdo pensare che fino a pochi attimi prima
ero io a pensare che fosse lui quello con cattive
intenzioni.
L’agente parve riflettere per qualche istante
sulle mie parole, come per verificarne la veridicità, poi annuì lievemente.
Sembrava quasi stesse cercando di trattenere
una fragorosa risata.
“Per questa volta faccio finta di crederci.”,
affermò con voce studiatamente bassa e titubante.
“A dire il vero…”, provai a controbattere con
foga, desiderosa di mettere in chiaro la faccenda, ma fui nuovamente
interrotta.
“Abbassi la voce, non vorrà mica svegliare
tutti!”, mi rimproverò avendo colto la mia voce più alta e acuta del solito.
Abbassai il capo.
In quel momento mi sentivo in imbarazzo e non
perché l’agente di fronte a me fosse indubbiamente un bel ragazzo, ma perché mi
sentivo esattamente come una bambina sgridata dai propri genitori davanti a
tutta la famiglia.
“Scusi ancora.”, questa volta quasi sussurrai
impacciata, del tutto a disagio.
Lui sorrise, me ne accorsi dal suono
cristallino della sua risata.
“Guardi, finiamola qui. Chiuderò un occhio.”,
sentenziò lui.
Non provai neppure a replicare, rimasi in
silenzio con la testa puntata sul bianco del pavimento.
Ecco, quello era tutto ciò a cui non ero assolutamente
abituata: affrontare da sola il mondo.
Avrei voluto urlargli in faccia che in realtà
io volevo davvero andare solo alle macchinette.
Avrei voluto dirgliene quattro per i suoi modi
davvero poco carini, per il fatto che sembrava prendermi in giro.
Avrei voluto zittirlo almeno tante volte
quante aveva fatto lui con me.
E, perché no, avrei anche voluto dargli un bel
ceffone in pieno viso.
Ma, nonostante ciò, tutto quello che riuscii a
fare fu continuare a rimanere ferma ed in silenzio davanti a lui.
“Torni a dormire.”, mi suggerì allora, anche
se dal suo tono di voce mi parve capire che si trattasse più di un ordine, che
di un consiglio.
Annuii, ancora con lo sguardo basso.
Stavo per andarmene, quando fui bloccata dal
suono della sua voce.
“Certo, però, per me sarebbe più facile
chiudere un occhio se lei decidesse di approfondire la nostra conoscenza.”,
iniziò, questa volta con tono indiscutibilmente malizioso, avvicinandosi
pericolosamente a me.
Spalancai gli occhi per la sorpresa e subito
fui travolta da un’ondata di terrore allo stato puro.
Con la mano sfiorò la mia, provocandomi una
serie di brividi che risalirono lungo tutto il braccio.
“Agente, non starà cercando di ricattarmi o
minacciarmi, vero?”, sottolineai nel tentativo di apparire risoluta e sicura,
ma dalla mia voce increspata non mi sembrò affatto di riuscire nel mio intento.
Lui sollevò l’angolo destro della bocca in un
mezzo sorriso, poi inchiodò i suoi occhi verdi nei miei.
“E lei non vorrà mica denunciarmi per questo,
vero?”, mi provocò, facendosi ancora più vicino.
D’istinto indietreggiai di qualche passo, non
curandomi affatto di quanto ridicolo ed inutile potesse essere quel gesto.
“Se lo facessi, si fidi, finirebbe sotto
inchiesta in meno di ventiquattr’ore.”, decretai, questa volta più decisa.
Certo, ero consapevole che mio padre non
avrebbe tollerato un tale avvenimento, se mai ne fosse venuto a conoscenza, ma le
mie parole erano state volutamente esagerate, forse nel vano tentativo di
incutergli timore, o anche solo innescargli il tarlo del dubbio.
“Addirittura?”, fece alquanto scettico. “Ora sei
tu che minacci.”, mi fece notare poi.
Io, dal mio canto, non potei non accorgermi di
quel repentino cambio di persona verbale.
Da quando
eravamo passati al tu?
“Lei”, sottolineai allora, scandendo bene sia
le parole che il labiale, “dovrebbe svolgere meglio il suo lavoro, evitando
battutine ambigue.”, terminai a labbra serrate e denti stretti.
Solo allora mi resi conto che, in quell’esatto
momento, in quel preciso istante, avevo dato fiato alle mie parole senza
preoccuparmi minimamente delle conseguenze che esse avrebbero potuto generare.
Non m’importava se avessi mancato di rispetto
a quell’agente da quattro soldi, non m’importava se non avessi fatto sfoggio
della mia buona educazione e delle ottime maniere.
Avevo semplicemente detto ciò che pensavo, senza
filtri.
Sorrisi, poi gli lanciai un’occhiata appena di
sufficienza.
“E con questo ho concluso.”, affermai
immediatamente dopo, fiera come non mai.
“Ora se non le dispiace, vado a prendere il tè
che tanto desideravo. Buonanotte.”, salutai, infine, prima di voltarmi nella
direzione opposta e proseguire in direzione degli agognati distributori.
Non mi ero mai sentita così forte e potente
come in quel momento.
Non mi interessava affatto di quello che
l’agente avrebbe riferito la mattina seguente, sempre se l’avesse fatto.
Ero semplicemente soddisfatta di me stessa e
orgogliosa del modo in cui ero riuscita a metter fine a quella conversazione.
Neppure quegli occhi verdi che sentivo ancora
fissi sulle mie spalle riuscirono più a mettermi a disagio.
Sentivo le vene pulsare forte, l’adrenalina
era a mille, avrei voluto saltare per l’emozione.
Così, quando finalmente raggiunsi la mia meta,
mi resi conto che forse quel tè non era poi più così necessario.
Avevo tanta di quella forza nelle vene in quel
momento da poter spaccare un’intera montagna.
Ma, più di ogni altra cosa, mi sentivo
finalmente leggera.
---
Angolo Autrice
Salve a tutti!:D
Eccomi tornta con il secondo capitolo!:D
So di non aggiornare spesso,
una volta a settimana è davvero poco,
ma purtroppo per il momento non riesco a fare di meglio...
Non vedo l'ora che arrivino le vacanze di Natale così da potermi godere un po' di sano relax!!*.*
Comunque sia, come vedete non mi sono dimenticata affatto della storia!;)
Piuttsoto, che ve ne pare di questo capitolo?
Allora, inizio subito dicendo che c'è l'influenza di una canzone die One Direction,
ovviamente stiamo parlando di Little Things.
You can't go to bed, without a cup of tea...*.*
Lizzie è alle prese con il college!:D
Che dire, a me non piace molto come personaggio,
è diversa da quelli che generalmente tratto,
ma proprio per questo mii fa venir voglia di continuare,
per mettermi alla prova, più o meno!xD
Anyway, come avrete letto in questo capitolo viene presentato un nuovo personaggio.
Ovviamente avete capito tutte di chi si tratta,
ma vi avviso: non fatevi strane illusioni perché vi assicuro che non è così!ù.ù
E poi c'è una cosa che va sottolinenata:
nonostante tutto sembri negare, Lizzie crede alle parole del tipo.
*Ok che avete capito, ma non ve ne darò la conferma!xD*
Farà bene la nostra piccola ingenua a fidarsi???
Però devo dire che anche leisembra darsi una svegliata,
spero di essere riusicta a rendere in maniera adeguata il passaggio avvenuto in lei,
anche se in maniera lieve.
Ringrazio già di cuore quelle persone che hanno inserito la storia tra seguite, preferite o ricordate.
facendomi superultrafelice, ma allo stesso tempo rendendomi davvero orgogliosa!
Grazie di cuore, davvero!!!<3
E grazie ancora a quelle persone che hanno avuto persino la pazienza di lasciare una recensione:
vi adoro tutte, davvero!!!*.*
Ok, per il prossimo aggiornamento posso solo dirvi che nel peggiore dei casi arriverà sabato prossimo...
anche se spero di riuscire a pubblicare qualcosa prima!
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo!:D
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 4 *** C'mon, c'mon. ***
TRE TMK
Take me home
C'mon c'mon.
La mattina seguente mi svegliai particolarmente
di buon umore, con un sorriso smagliante disegnato sulle labbra.
“Buongiorno Allie!”, trillai non appena la
vidi muoversi sotto le coperte.
Lei mugugnò qualcosa, probabilmente si stava
lamentando per il tono acuto della mia voce.
“Alzati!”, la incitai. “Il sole è già alto in
cielo, anche se coperto dalle nuvole e, se siamo fortunati, oggi le temperature
raggiungeranno i ventitre gradi!”, aggiunsi poco dopo sorniona.
Borbottò qualcosa con la voce ancora impastata
dal sonno, cosicché non riuscii a capire cosa avesse detto.
“Andiamo, non costringermi a farti il
solletico!”, la minacciai, facendomi di poco più vicina al suo letto, ancora
sorridendo.
Solo allora mi resi conto di quanto quella
scena fosse surreale o, per meglio dire, di quanto fosse surreale che io ne
fossi la coprotagonista.
Insomma, conoscevo quella ragazza da neppure
un giorno, dunque era inevitabile il fatto che tra di noi ancora non si fosse
stabilito un rapporto profondo.
Ma quella familiarità, quegli atteggiamenti
confidenziali, quei toni amichevoli e scherzosi che erano palesemente trapelati
dal mio comportamento non erano stati affatto programmati. Era stato tutto
talmente naturale da farmi pensare che stessi facendo la cosa giusta.
Come se per una volta, una sola volta nella
mia vita, avessi dovuto mettere da parte le regole della buona educazione ed
agire seguendo il mio istinto.
Forse potevo
essere simpatica.
“Mamma, voglio dormire ancora un po’!”,
bofonchiò d’un tratto Allie, dandomi le spalle e ridestandomi dai miei pensieri.
Soffocai una risata, poi mi lasciai cadere sul
freddo pavimento, accanto al suo letto.
“Non sono tua madre, ma la tua compagna di
stanza.”, le feci notare con tono giocoso.
Lei prese il cuscino ed infilò la testa sotto
di esso, per ovattare la mia voce.
“Potrai anche essere la regina Elisabetta o
chiunque altro tu voglia, ma lasciami dormire!”, sbottò ad un tratto,
probabilmente con il viso schiacciato sul lenzuolo che ricopriva il materasso.
In effetti avrei potuto accontentarla, ma la
sera precedente ci eravamo messe d’accordo per sbrigare insieme le ultime
faccende in mattinata.
Così decisi che, in un modo o nell’altro,
avrei svegliato quella dormigliona di Allie.
La guardai ancora per un istante, prima di
agire. Con le braccia teneva ben saldo il cuscino sopra la sua testa, delle
ciocche di capelli biondi ed arruffati le ricadevano sulla schiena, il corpo
era raggomitolato in posizione fetale.
Ero indecisa riguardo al metodo che avrei
dovuto utilizzare. Certo, potevo tentare con un banale urlo nell’orecchio a me
più vicino, oppure preferire la classica secchiata di acqua gelida usata nei
film. Continuai a riflettere sulle varie alternative, compresa la sottrazione
improvvisa della coperta che la teneva al caldo, ma nulla mi convinceva
veramente.
Alla fine optai per inscenare un incendio, che
mi parve un buon compromesso tra le urla ed il raffreddore assicurato.
“Aiuto, aiuto, aiuto!”, iniziai ad urlare con
enfasi, scattando in piedi come una molla.
“Qui va a fuoco tutto!”, gridai ancora più
forte, mentre mi muovevo freneticamente per la piccola stanza.
Vidi Allie sussultare, per poi alzare di
scatto la testa, come se avesse appena recepito un segnale.
“Aiuto, si salvi chi può!”, strillai con tutta
la voce che avevo, tant’è che mi ritrovai a socchiudere gli occhi.
Allie si tirò su, poi con lo sguardo cercò il
mio viso.
Era frastornata e confusa, probabilmente non
aveva neppure compreso le parole che io avevo appena urlato a squarciagola.
E fu proprio nell’esatto momento in cui i miei
occhi incontrarono i suoi, che scoppiai in un a fragorosa risata.
Lei mi lanciò uno sguardo truce, prima di
lasciarsi ricadere a peso morto sul letto.
Risi ancora più forte quando la vidi cercare
con la mano la coperta che le era scivolata di dosso nel repentino movimento.
“Ti detesto.”, borbottò arricciando il naso.
“E sappi che mi vendicherò.”, m’informò con tono minaccioso pochi istanti dopo,
ma io, impegnata com’ero a ridere senza alcun ritegno, non diedi affatto peso
alle sue parole.
Un’ora dopo passeggiavamo tranquille per i
prati del campus.
Avevamo ritirato la lista completa dei libri
di testo, poi li avevamo ordinati tutti, infine avevamo fatto le foto che poi
sarebbero servite per il tesserino di identificazione.
“Adoro questo posto! Mi trasmette
tranquillità!”, esordì Allie.
Accennai appena ad un sorriso, seguendola
mentre con passo deciso si dirigeva verso la bacheca degli avvisi.
“Credi che diano feste come quelle di American
Pie?”, mi chiese corrugando la fronte, mentre con lo sguardo vagava tra i mille
annunci affissi.
Scossi il capo e puntai gli occhi al cielo.
“Allie, questo è un college!”, sottolineai con
fare da saputella.
Lei parve farmi il verso, prima di replicare.
“Sì, ma questo non significa che non possano
esserci feste!”, controbatté facendo spallucce.
“Ecco, prendi questo volantino, ad esempio!”,
aggiunse staccando uno dei tanti fogli, per poi sventolarmelo sotto il naso.
“Sabato sera c’è una vesta di benvenuto!”, mi
fece notare con espressione trionfante.
“Una festa a cui non potete assolutamente mancare!”,
disse una voce alle mie spalle.
Ma possibile
che in questo posso dovevano piombarmi tutti da dietro?
Vidi lo sguardo di Allie posarsi oltre la mia
figura, così lo seguii fino a trovare la persona che aveva appena proferito
parola.
Era un ragazzo. Aveva la carnagione scura,
ambrata. I capelli neri erano sistemati in un ciuffo che pareva sfidare le
leggi gravitazionali, mentre i suoi occhi color nocciola erano fissi su noi
due.
“Ci conosciamo?”, chiese allora Allie, facendo
qualche piccolo passo in avanti, il necessario per affiancarmi.
Il ragazzo sorrise, poi estrasse una mano
dalla tasca dei jeans.
“Possiamo farlo ora!”, propose allora con fin
troppa enfasi per i miei gusti. “Mi chiamo Zayn.”, si presentò porgendola alla
bionda, che fu subito pronta ad afferrarla.
“Io sono Allie.”, affermò poi lei, sorridendo
a sua volta. “E lei è la mia amica Lizzie.”, aggiunse poco dopo, facendo
spostare l’attenzione sulla sottoscritta.
Il moro mi squadrò per qualche secondo, prima
di porgere la mano anche a me.
E fu proprio nell’esatto momento in cui la sua
pelle entrò in contatto con la mia, che lo vidi sorridere.
Rimanemmo in silenzio per qualche istante,
indecisi su come proseguire la conversazione.
“Allora, questa festa?”, domandò poi Allie, per
riprendere il discorso.
“A dir il vero sono un imbucato, ma se volete
potete imbucarvi con me!”, dichiarò con tono scherzoso.
“Non starai mica cercando di rimorchiarci con
questo squallido tentativo?”, lo provocò la bionda.
Lui si bagnò le labbra, poi tirò su l’angolo sinistro
della bocca in un mezzo sorriso beffardo e compiaciuto al contempo.
“A quanto pare dovrò fare di meglio.”,
ironizzò.
Mi sentivo completamente a disagio. Insomma,
avevo la totale impressione che quel tipo ci stesse provando con la mia
compagna di stanza, la quale sembrava stare anche a quello stupidissimo gioco,
mentre io ero decisamente di troppo.
“Allora che ne dite se vi propongo di venire
alla festa con me ed i miei amici?”, riprovò, ammiccando quasi.
Allie sorrise, io invece sbuffai.
“Ci farebbe davvero molto piacere.”,
acconsentì lei anche per me.
Sgranai gli occhi alle sue parole: io non
avevo la benché minima intenzione di recarmi ad una festa con degli
sconosciuti.
“Mi dispiace fare la guastafeste, ma sabato
abbiamo già un impegno.”, sentenziai con fare risoluto, subito travolta dallo
sguardo omicida ed interrogativo della bionda.
“In effetti Allie aveva dimenticato che sabato
tornano i nostri fidanzati.”, spiegai, mentendo bellamente per poi calcare con
particolare enfasi l’ultima parola, nella speranza che quel tipo recepisse il
messaggio che avevo cercato di inviargli.
“Dunque siete fidanzate?”, chiese con fare
ovvio, ancora con il sorrisetto sulle labbra.
Allie continuava a fissarmi, probabilmente
anche piuttosto adirata per il mio comportamento.
“Sì, felicemente.”, finsi ancora, mentre
annuivo con fare convinto.
“Bene.”, commentò lui. “Io non sono geloso.”,
terminò facendo l’occhiolino.
Sperai vivamente che quel gesto fosse rivolto
ad Allie, perché, se così non fosse stato, probabilmente lo avrei preso a calci
per il resto della giornata.
“I nostri ragazzi sì.”, controbattei con tono
acido, non curandomi minimamente di quanto scorbutica ed antipatica potessi
sembrare.
“Beh, questa festa sarà una vera noia senza
voi due.”, si lamentò muovendo qualche passo in nostra direzione.
Vidi Allie sorridere, forse aveva deciso che
era ora di riprendere in mano le redini di quell’assurda conversazione.
“Recupereremo alla prossima.”, affermò allora
la bionda, con tono sin troppo malizioso.
“Alla prossima, allora.”, salutò lui pochi
attimi prima di voltarsi.
“Ciao.”, ricambiai con aria di sufficienza.
“Speriamo.”, furono invece le parole quasi
sospirate di Allie.
Scossi il capo, ripensando a ciò che era
appena accaduto.
“Certo che tu non perdi occasione!”, borbottai
in tono canzonatorio, riferendomi alla sua mania di flirtare con chiunque le
capitasse a tiro che avevo appena appurato possedesse.
Lei fece spallucce, per poi sorridermi.
“Mi godo la vita.”, chiarì semplicemente,
prima di ricominciare a camminare in direzione degli alloggi.
Non ebbi neppure il tempo di girarmi che
subito sentii la mia testa sbattere contro qualcosa di duro e caldo.
“Guarda dove metti i piedi quando cammini!”,
tuonò una voce che mi parve di aver già sentito.
“E tu sta più attento!”, replicai alzando la
testa fino ad incontrare i suoi occhi verdi.
L’agente.
“Ancora tu?”, chiese retorico con sguardo
incredulo, appena mi ebbe riconosciuto.
Avrei dovuto
scusarmi? Sì. L’avrei fatto? Probabilmente no.
“Ancora io, agente.”, confermai tirando un
lungo respiro.
Notai Allie scrutarmi con aria inquisitoria,
non riuscendo bene a comprendere la patetica scenetta che si stava tenendo
sotto i suoi occhi.
“Allora, che fine hanno fatto le buone
maniere? Non mi chiedi scusa?”, mi incitò con uno strano sorrisetto sulle
labbra.
“È giorno, lei non è in servizio: non devo
chiederle proprio nulla.”, bofonchiai a denti stretti.
L’agente curvò le labbra all’insù, cosicché si
scavassero due fossette sulle sue guance, poi incatenò il suo sguardo al mio,
puntando i suoi occhi verdi nei miei.
Solo allora mi resi conto delle profonde
occhiaie che aveva sul volto.
“Sei una buona osservatrice.”, commentò lui .
Sussultai al suono delle sue parole che quasi
temetti mi avesse letto nel pensiero, nonostante si trattasse di una semplice
coincidenza.
“Allora, vuole andare?”, incalzai dopo qualche
secondo di silenzio, imbarazzata dal fatto che ci stessimo ancora fissando.
“Puoi anche smetterla di darmi del lei.”,
affermò lui, ignorando completamente il mio garbato invito.
“Io e lei non siamo né amici, né conoscenti,
per di più lei è un addetto alla sorveglianza mia e di tutti gli altri
studenti.”, decretai con fermezza. “Quindi credo che il lei sia molto più che
appropriato.”, conclusi allora con un sorrisetto soddisfatto.
Percepivo ancora lo sguardo esterrefatto di
Allie sulla mia testa.
L’agente scosse lievemente il capo, facendo
scuotere quell’ammasso informe di ricci che gli ricadevano disordinati sulla
fronte.
“Io, invece, credo che tu ti prenda troppo
seriamente.”, controbatté lui.
“Ci si vede in giro, paladina della
giustizia!”, salutò poi, prima di proseguire lungo la sua strada.
Non risposi neppure, ancora con lo sguardo
fisso sullo spazio che fino a pochi attimi fa era occupato dall’agente.
Di sottecchi vidi Allie avvicinarsi. Aveva la
mano sinistra poggiata sul fianco, mentre con le dita della destra tamburellava
ritmicamente sulla stoffa dei jeans all’altezza della coscia.
“Devi dirmi qualcosa?”, chiese fin troppa
calma per apparire reale.
“Assolutamente no.”, negai con un faccino
angelico, che però non sembrò convincerla.
Sospirò, prima di chiudere gli occhi in due
piccole fessure.
“Bene, allora prima spiegami perché hai detto
a quel bonazzo di nome Zayn che eravamo fidanzate e poi, già che ci sei, raccontami
anche questa storia dell’agente!”, quasi mi minacciò, puntandomi l’indice
contro.
Ed in quel
momento non ebbi altra scelta.
---
Angolo Autrice
Salve gente!!!:D
Lo sos, sono in ritardissimo questa settimana!
Perdonatemi, ma davvero non ho tempo!
Insomma, tra le ultime interrogazioni e i compiti,
i regali di natale, il makp della mia scuola, la cena di natale di ieri sera
e le prove per uno spettacolino che abbiamo organizzato per mercoledì prossimo
non ssapevo dove sbattere prima la testa!-.-
Che poi mi è toccato anche scrivere parte del copione!-.-"
Ma tralasciamo queste cose, tanto sono convinta di starvi annoiando,
e veniamo a noi!:D
Ho aggiornato: ecco a voi il terzo capitolo!!:)
Tranquille, per farmi perdonare aggiornerò prima del previsto,
sempre se tutto va secondo i piani!xD
Anyway, Zayn entra in scena!!*.*
Allie ci sta pure, ma Lizzie purtroppo si mette in mezzo...
E poi c'è il ritrono del personaggio misterioso la cui indentità e ben chiara...xD
Vabbè, questo è un capitolo di passaggio,
mi serviva per introdurre un po' l'ambiente del college.
A voi la parola, ma non siate troppo crudeli!!!xD
Grazie a chi ha recensito,
a chi ha inserito la storia tra le preferite, le ricordate o le seguite:
siete supermegasplendidissime!!!<3
E grazie a chi mi ha aggiunta tra gli autori preferiti!!!
Quasi piango per l'emozione!!*.*
Ok, mi sembra di aver detto tutto...
Corro a premere il tasto aggiorna storia!
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 5 *** You're everywhere. ***
a
Take me home
You're everywhere.
Suonai il campanello della porta in perfetto
orario, quella domenica mattina.
Ero emozionata, non stavo più nella pelle. Di
lì a qualche minuto avrei finalmente rivisto mio fratello Louis.
Per l’occasione mi ero accuratamente
preparata, desiderosa di presentarmi al meglio.
Avevo indossato dei pantaloni dal taglio
classico, una camicia ed un cardigan. I capelli, invece, li avevo lasciati al
naturale, come piacevano a mio fratello: mossi e mai ordinati.
Un ampio sorriso s’impossessò delle mie
labbra, non appena sentii lo scatto della serratura.
Mi avvicinai di poco, preparandomi già ad un
caloroso abbraccio, ma quando la porta si spalancò m’immobilizzai all’istante.
Sgranai gli occhi ed indietreggiai di qualche
passo, ancora con lo sguardo puntato sull’individuo a qualche metro da me.
Fui colta da una prepotente sensazione di
imbarazzo, poi sentii le guance andare a fuoco.
“Harry, dovrebbe essere mia sorella! Falla
entrare e mettiti una maglietta addosso!”, urlò una voce, quella di Louis, da
chissà quale stanza.
Davanti a me, ancora con una mano poggiata
sulla maniglia della porta, faceva bella mostra di sé l’ormai famoso agente, a
petto nudo.
Deglutii impercettibilmente, cercando di
spostare l’attenzione sul suo volto e non sul suo corpo.
“Agente.”, feci a mo’di saluto, sforzandomi di
accennare ad un sorriso.
“A quanto pare io e te non facciamo altro che
incontrarci.”, puntualizzò con voce bassa e alquanto roca.
Abbassai il capo violentemente, non riuscendo
a sostenere il suo sguardo beffardo ed ambiguo.
“Lizzie! Finalmente sei arrivata!”, esclamò
esultante mio fratello, facendo capolinea sull’ingresso.
Mi venne incontro, poi mi abbracciò con foga,
stritolandomi forte tra le sue braccia.
Ricambiai subito, lasciandomi cullare da quel
magico momento.
Erano mesi che non lo vedevo e, nonostante lo
sentissi praticamente tutti i giorni, mi era mancato.
“Ma cosa ci fai ancora qui? Dai, entra!”,
affermò poi, trascinandomi all’interno della casa con ancora un braccio avvolto
attorno alle mie spalle.
“Allora, cosa mi dici di bello? Ma lo sai che
ti trovo proprio bene?”, continuò poi con un sorriso a trentadue denti disegnato
sulle labbra.
Era felice, glielo si leggeva negli occhi
azzurri e limpidi.
“Mi sei mancato, Tommo.”, quasi sussurrai,
prima di stringerlo un’altra volta forte a me.
Era bello sentire il suo profumo, il suo
calore sulla mia pelle. Mi trasmetteva protezione, sicurezza, amore.
Adoravo mio fratello e quella lontananza che
ero stata costretta a sopportare non aveva fatto altro che intensificare il
rapporto che c’era tra di noi.
“Anche tu mi sei mancata, pulce.”, mormorò tra
i miei capelli, scombinandomeli.
L’agente si schiarì la voce, probabilmente per
attirare la nostra attenzione, interrompendo quel magico momento.
Ci voltammo entrambi in sua direzione,
aspettando che continuasse.
“Ho capito che non vi vedete da tempo, ma
potreste spostarvi da qualche altra parte? Insomma, il corridoio serve per
passare ed io devo andare a prendere una maglietta! Sto morendo di freddo!”, sì
lamentò con una finta espressione innocente, mentre con le mani cercava di
riscaldarsi all’altezza delle spalle.
“Harry, il tuo tatto è paragonabile alla
grazia di un elefante in un negozio di cristalli.”, borbottò ironicamente mio
fratello, sciogliendo la presa.
L’agente, il cui nome avevo capito essere
Harry, sbuffò sonoramente, prima di proseguire lungo il corridoio, probabilmente
in direzione della sua stanza.
Sapevo che mio fratello avesse preso casa con
dei suoi amici, ma non sapevo affatto chi loro fossero, non prima di quel
momento, perlomeno.
“Piuttosto, mi pare di aver capito che tu ed
Harry vi siate già visti.”, iniziò guardandomi con un’espressione curiosa,
mentre con passo lento si avviava verso una destinazione a me ancora ignota.
Lo seguii, osservando attentamente ogni
dettaglio della sua abitazione.
L’arredamento era semplice, ma accurato e
particolare allo stesso tempo, come se ci fosse lo zampino di una donna. Tutto
era in ordine, a partire dalla lunga serie di riviste automobilistiche e dalla
pila dei cd che si ergeva accanto allo stereo del salotto.
Ci accomodammo sul divano di pelle, poi mi
sfilai il cappotto.
Le pareti erano chiare, una flebile luce
entrava dall’enorme vetrata che si apriva su una parete della stanza.
Louis si avvicinò a me, circondandomi le
spalle con un braccio.
Poggiai la testa nell’incavo del suo collo,
assaporando quei momenti che tanto mi erano mancati.
“Sì, ieri notte mi sono alzata per prendere
del tè, visto che non riuscivo a dormire, e lui ha pensato che volessi fare
chissà cosa.”, chiarii.
Del resto la presenza di quell’agente a casa
di mio fratello poteva spiegarsi solo in due modi.
Potevano essere grandi amici, oppure avevano
preso l’appartamento insieme, ma in entrambi i casi Louis doveva essere al
corrente dei dettagli riguardanti la sua vita.
“Al campus, dici?”, mi chiese con fare
scettico, scostandosi giusto il necessario per potermi guardare negli occhi.
Aveva la fronte corrugata, il volto
chiaramente contratto in un’espressione concentrata, come se stesse cercando
una soluzione.
Annuii semplicemente, aspettando che mi
rendesse partecipe dei suoi ragionamenti.
“Harry non va al college.”, dichiarò dopo
qualche secondo con voce titubante.
Accennai appena ad un sorriso.
“Ed infatti lui stava lavorando. Aveva il
turno notturno di vigilanza e mi ha anche fatto una ramanzina assurda.”,
spiegai allora.
Louis scoppiò in una fragorosa e travolgente
risata, per poi portarsi le mani all’altezza dell’addome.
“Non posso crederci.”, riuscii a dire tra una
risata e l’altra.
Concentrai il mio sguardo su di lui, non
riuscendo a capire cosa ci fosse di tanto divertente e buffo in quella situazione.
“Mi spieghi cosa sta succedendo?”, domandai leggermente
stizzita dal suo atteggiamento.
Lui continuava a ridere, sempre più forte,
mentre di tanto in tanto cercava di proferir parola, ma puntualmente la sua
voce veniva soffocata da altre risate.
“Si può sapere cosa state combinando? Avete
organizzato un cabaret e non mi avete invitato?”, esclamò allora l’agente
raggiungendoci in salotto, questa volta con indosso una maglia bianca a maniche
corte.
Come se
fosse cambiato molto da prima! Quella maglietta di cotone non sarebbe stata di
certo utile per riscaldarsi!
“Lei!”, iniziò mio fratello indicandomi,
cosicché l’attenzione si spostasse sulla sottoscritta.
“Io.”, gli feci eco, ormai davvero
spazientita.
“Lei!”, replicò ancora Louis, indicandomi con
l’indice destro.
L’agente si voltò in mia direzione ed i suoi
occhi verdi e scettici penetrarono nei miei.
“Cos’ha fatto tua sorella, Lou?”, gli chiese
allora, mantenendo però il suo sguardo fisso nel mio.
Quasi mi infastidiva quel contatto visivo.
Sembrava mi stesse scrutando, guardando dentro, cercando di comprendere
qualcosa che andava oltre il mio visino angelico e la calma apparente.
Era inquietante, sublime.
I miei pensieri furono riscossi dalle parole
sconnesse di mio fratello.
“Lei! La ragazza di ieri! Lei!”, affermò
ancora ridendo, con una mando davanti alla bocca.
Vidi le labbra dell’agente aprirsi in un ampio
sorriso.
“Sì, l’avevo capito anche io.”, confermò lui,
mordicchiandosi il labbro inferiore, mentre sulle sue guance comparvero due
piccole fossette.
Era forse
una congiura contro di me, quella?
“Di grazia, potreste spiegare anche a me?”,
chiesi simulando calma apparente.
In realtà avrei voluto dirgliene quattro, a
quel perfetto sconosciuto che ora si prendeva gioco di me con l’ausilio di mio
fratello.
L’agente sogghignò.
“Sono Harry Edward Styles e l’unico legame che
ho con il college sono le ragazze. Non lavoro affatto come vigilante, ma tu eri
troppo buffa ed ingenua che non ho saputo resistere! Piacere, comunque!”,
esordì tendendomi la mano, mentre con poche falcate si posizionò esattamente di
fronte a me.
Spalancai gli occhi, poi sbattei più volte le
palpebre, come per convincermi che fosse tutto reale e non frutto della mia
immaginazione.
“Tu cosa?”, chiesi per ricevere conferma, non
accennando minimamente a voler stingere al sua mano.
“Andiamo Lizzie, ti ha fatto uno scherzo e tu
ci sei cascata in pieno! Ma non sapeva fossi mia sorella, non fin quando ha
aperto la porta e ha trovato te!”, chiarì allora Louis che finalmente aveva
smesso di ridere.
“Ma bene!”, sbottai allora, alzandomi di
scatto in piedi, per poi ritrovarmi a pochi centimetri da quel ragazzo riccio
che si era finto un agente.
“Ecco a voi il nuovo candidato all’Oscar!”,
ironizzai facendo roteare gli occhi, poggiando le mani sui fianchi.
“Non volevo spaventarti, l’altra sera. Insomma,
stavo tornando da una serata e ti ho vista: sembravi così intimorita e
spaesata! Del resto non pensavo mi avresti preso sul serio, era evidente che
stessi scherzando!”, si giustificò con un sorrisetto accennato sulle labbra,
incorniciato da quelle due fossette, mentre con gli occhi verdi guardava dritto
nei miei.
Patetica, ecco come mi sentivo in quel
momento, come un pesce che con estrema facilità aveva abboccato all’amo.
Il cuore batteva forte, quasi volesse
esplodere per l’imbarazzo, ma mi imposi di non peggiorare ulteriormente
l’umiliante situazione in cui mi trovavo.
“Non
vorrà certo discolparsi adducendo strane scuse, vero?”, lo provocai con le
stesse parole che aveva utilizzato lui qualche sera prima.
Mi sentii stranamente orgogliosa di me stessa
per quella inaspettata sicurezza che ostentavo in quel momento, con quello
sconosciuto e che ero riuscita a recuperare nel giro di pochi attimi.
Lui sogghignò, poi mi fissò ancora per qualche
attimo prima di riprendere parola.
“Questa volta potresti essere tu a far finta
di crederci.”, propose con voce più bassa.
I suoi occhi mi stavano penetrando, li sentivo
scavare sempre più a fondo nei miei.
“Harry, smettila di fare il cascamorto con mia
sorella!”, s’intromise prontamente Louis, dando una pacca sulla spalla destra
del suo amico, cosicché il nostro contatto visivo venisse interrotto.
“Piuttosto, non avevi detto che dovevi andare
da Caroline?”, riprese ancora, trascinando il riccio verso il centro della sala.
“E poi avevi anche promesso che mi avresti
lasciato la casa tutta per me e per la mia adorabile sorellina che non vedo da
tempo!”, aggiunse poi, spingendolo sempre più lontano.
“Va bene, va bene.”, si lamentò Harry. “Ho
capito, ora me ne vado!”, concesse allora, avviandosi verso l’ingresso.
Lo intravidi prendere un cappotto
dall’appendiabiti posizionato nei pressi della porta, poi si avvicinò al
tavolino del salotto e prese le chiavi che erano appoggiate su di esso.
“Io vado, allora.”, salutò guardando mio
fratello. “Ciao adorabile sorellina di Louis!”, aggiunse poi con le labbra
incurvate in un sorrisetto, guardando me.
“Ciao.”, risposi soltanto, in modo freddo, ma
educato.
Pochi istanti dopo sentimmo il portone
chiudersi alle sue spalle, segno inconfondibile del fatto che fosse andato via.
“Così è con lui che vivi.”, constatai
lasciandomi cadere nuovamente sul comodo divano.
Louis annuì, affiancandomi subito.
“Sembra un presuntuoso, ma in fin dei conti è
un bravo ragazzo.”, commentò quasi come se stesse cercando di difenderlo.
“E con Eleanor come va?”, domandai allora.
Eleanor era praticamente l’unica cosa stabile
e duratura della vita di Louis. Erano inseparabili, ormai.
“Meglio! Da quando si è trasferita a Londra
anche lei viene sempre più spesso a trovarmi, anzi! Si può dire che quasi viva
qui anche lei!”, confessò.
E solo allora capii perché la casa era in
ordine, perché tutto sembrava essere al posto giusto, persino gli arredi più
strambi come quel quadro raffigurante una lattina di Coca Cola.
“Tu che mi dici del college? Ti manca casa?”,
mi domandò, facendosi di poco più vicino.
Mi rannicchiai meglio sul divano, incrociando
le gambe esattamente come facevo quando ero piccola ed avevo un problema.
“Sarei falsa se ti dicessi che non mi manca,
ma sto cercando di abituarmi all’idea di dover fare tutto da sola.”, quasi
sussurrai con la testa china.
Subito le braccia di mio fratello mi avvolsero
in un caldo abbraccio.
“So cosa vuol dire doversi abituare ad
affrontare la realtà, a vivere.”, mormorò con voce comprensiva e calma tra i
miei capelli.
“Ci sono passato anche io.”, nella sua voce
colsi un accenno di rammarico.
“Ma tu non sei affatto sola! Ci sono io con
te!”, aggiunse per rincuorarmi.
Sapevo quanto le sue parole fossero sincere e
veritiere, ma sapevo anche che la sua presenza non sarebbe bastata.
Ero io a dover cambiare, ero io a dover
distruggere quella bolla di vetro nella quale avevo vissuto per tutti quegli
anni.
“Non è la stessa cosa.”, bofonchiai a voce
talmente bassa che dubitai mi avesse sentito.
“Ce la farai, lo so. Devi solo prenderci la
mano.”, affermò deciso, prima di stringermi tra le sue braccia, quelle stesse
braccia che mi davano la sensazione di trovarmi a casa.
“Ed ora basta con queste scene
melodrammatiche!”, sbottò tutto d’un tratto, svicolando la presa.
“Voglio proprio vedere se sei migliorata alla
play-station in tutto questo tempo!”, dichiarò alzandosi, per poi muovere
qualche passo in direzione del televisore.
“Non vorrai mica sfidarmi?”, gli domandai, con
una palese espressione scandalizzata dipinta sul viso.
“L’ho appena fatto, babe!”, disse, facendomi
l’occhiolino. “Fammi vedere di che pasta sei fatta, Tomlinson!”, mi sfidò.
---
Angolo Autrice
Buon pomeriggio a tutti!!:D
Allora, lo so... ce ne ho messo di tempo, ma vi assicuro che non è affatto colpa mia!
Insomma, il capitolo era pronto ma ho avuto un piccolo impresvisto:
sarei dovuta tornare a casa mercoledì sera,
ma alla fine mi non mi hanno più mandata e sono tornata solo ieri!-.-"
Comunque sia, in questo capitolo finalmente appare Louis!!:D
Il fratellone della nostra protagonista è decisamente molto protettivo nei suoi confronti,
ma tra loro c'è un rapporti stupendo.
Con lui Lizzie sembra quasi una persona normale!xD
Inoltre si è finalmente fatta chiarezza sulla reale identità dell'agente riccio:
che era Harry ormai era ben chiaro,
ma ora abbiamo anche scoperto che non è un vigilante!
E allora cosa diamine ci faceva a quell'ora negli alloggi??? Bah...xD
Ok, non mi dilungo, tanto in questi giorni ci sentiremo molto più spesso!;)
Volevo ringraziare quelle meravigliose persone che hanno inserito la storia
tra le seguite, le ricordate e le preferite...
SIETE MERAVIGLIOSE!!!*.*
E ringrazio anche quelle anime pie che hanno lasciato una recensione,
rendendomi supermegaiperfelice!!!*.*
VI ADORO!!!!!<3
Ne approfitto per fare gli auguri a tutti voi!:D
Tra poco è Natale, quindi...
Merry Chirstmas to everybody!!!:D
Se vi va lasciate una recensione, sarebbe un fantastico regalo di Natale!!xD
Alla prossima!!!:*
Astrea_
|
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Capitolo 6 *** I’m trying to be okay. ***
g
Take me home
I'm
trying to be
ok.
Controllai per
l'ultima volta la mia immagine
riflessa nello specchio del bagno. Non avevo indossato nulla di
particolare per
il mio primo giorno di lezione, al contrario avevo preferito degli
indumenti
comodi e pratici, con i quali sarebbe stato più facile
sentirmi a mio agio.
Allie, invece, aveva optato per dei pantaloni
neri a sigaretta, una camicia bianca, arricchita sul collo da delle
balze ed
una giacca beige dello stesso colore delle ballerine di vernice.
Accanto a lei mi sentivo terribilmente sciatta
e sempliciotta, nonostante l'abbigliamento fosse piuttosto simile: era
la sua sicurezza,
la padronanza che aveva del suo corpo a fare la differenza.
"Quanto altro devo aspettare prima che tu
ti decida a posare quei trucchi?", le chiesi poi con fare spazientito
tamburellando con il piede destro ad un ritmo spasmodico, sullo stipite
della
porta.
"Ho fatto, brontolona che non sei
altro!", si lamentò lei, sbuffando sonoramente, mentre si
avvicinava
ancora di più allo specchio.
"Certo, è mezz'ora che ripeti sempre la
stessa cosa!", borbottai incrociando le braccia sotto al seno.
"Non voglio arrivare in ritardo proprio
il primo giorno!", continuai allora, sperando che finalmente si
decidesse
a darmi ascolto.
"Ok, va bene.", sbottò d’un tratto, poggiando
con davvero poca grazia la matita sul mobiletto che circondava il
lavabo.
Si girò verso di me, sorridendomi in modo
forzato, infine uscì a passo spedito dal bagno.
La seguii con lo sguardo, fino a quando la
vidi prendere la borsa che aveva precedentemente preparato e poi
abbandonato
sulla sedia della scrivania.
"Bene, che il primo giorno abbia
inizio!", sentenziò con fare teatrale dopo che mi ebbe
raggiunta.
Quando finalmente entrammo nell'aula dove si
sarebbe tenuta la prima lezione, quasi sentii l'aria venirmi a mancare.
Percepii le gambe tremare, forse per la paura,
o forse per l'emozione, così decisi che sarebbe stato meglio
lasciarmi guidare
da Allie. La cercai timidamente con lo sguardo e la vidi sorridermi,
probabilmente aveva notato quella sensazione di disagio che si era
impossessata
del mio corpo e della mia mente. I miei occhi dovettero parlare per me,
tanto
che Allie mi strinse forte la mano e mi trascinò con lei tra
le file di banchi,
fino a giungere alla penultima, dove pendemmo posto.
Subito percepii il mio corpo tranquillizzarsi
a contatto con il freddo legno della sedia mentre vedevo altri ragazzi
entrare
nella stanza. Solo allora riuscii veramente a guardare l'ambiente che
mi
circondava.
Le file di banchi erano disposte su delle
gradinate, curvate come a similare un ferro di cavallo. Più
in basso, era posizionata
la cattedra, dietro la quale era posta un'enorme lavagna bianca.
Sulla parete destra si aprivano tre finestre,
tutte incorniciate da delle tende blu e beige.
Gli studenti erano ancora pochi, la maggior
parte era ferma a chiacchierare nei pressi della grande porta che dava
accesso
all'aula.
"Come vedi non siamo in ritardo.",
mi fece notate Allie con un'espressione saccente dipinta sul viso.
Le sorrisi appena, non sapendo esattamente
cosa avrei potuto dirle.
"Salve belle donzelle!", ci salutò
un ragazzo, avvicinandosi a noi.
Aveva i capelli corti e scuri, i lineamenti
dolci e rilassati ed i suoi occhi color nocciola erano puntati in
quelli di
Allie.
Per un attimo provai invidia per come la mia
compagna di stanza sembrava riuscire ad attirare su di sé le
attenzioni dei
ragazzi con una semplicità innata, senza muovere un dito.
Era sufficiente il suo bel faccino per fare
colpo sul precario autocontrollo maschile, per far smuovere i loro
ormoni, per
farsi notare, mentre per me era l’esatto contrario.
Ma, poi, mi ricordai di quanto io fossi
diversa da lei. O per meglio dire, io ero nata diversa.
Io ero quella che passava inosservata, di cui
nessuno si accorgeva, che tutti davano per scontata.
"Possiamo sederci qui?", chiese con
voce educatamente amichevole, riscuotendomi dai miei pensieri.
Allie annuì con fare convinto, mostrandosi
forse sin troppo entusiasta della presenza di quei due ragazzi.
"Io sono Ryan.", si presentò il
primo sorridendoci, mentre si sedeva accanto a me.
"Io, invece, sono Jack!", aggiunse
l'altro poco dopo, prendendo posto.
Aveva i capelli corti e neri, gli occhi tanto
azzurri e chiari da ricordare il ghiaccio. Sorrideva, ma anche questa
volta non
per me.
Insomma, nonostante percepissi distintamente
il suo sguardo fermo sulla sottoscritta, ero ben consapevole del fatto
che lo
stesse facendo solo in virtù delle circostanze e non
perché mi trovasse davvero
interessante.
"E i vostri nomi sono...?", iniziò
quel tale di nome Ryan, ammiccando in direzione della mia amica.
"Allie!", esclamò lei con fare
civettuolo e le labbra piegate in un sorriso accattivante. "Molto lieta
di
fare la vostra conoscenza!", continuò subito dopo, guardando
con
particolare insistenza il tipo seduto al mio fianco.
Mi sentivo in completo imbarazzo,
perfettamente al centro di quello che poteva tranquillamente essere
definito un
tentativo di abbordaggio.
Erano passati solo pochi giorni dal mio
arrivo, ma era già la seconda volta che sentivo la
fastidiosa ed opprimente
sensazione di essere di troppo incombere insistente su di me.
Ma eravamo
al college o in discoteca?
"E tu
come ti chiami?", mi chiese
allora l'altro ragazzo, quello che ricordai si chiamasse Jack.
Mi voltai di scatto verso di lui ed
immediatamente incontrai i suoi occhi chiari e limpidi.
Sorrisi appena, nel vano tentativo di
nascondere quella sensazione di disagio che aveva pervaso il mio corpo.
Temevo
che da un momento all'altro avrei sentito le guance riscaldarsi, prova
inconfutabile del fatto che fossi arrossita.
"Elisabeth.", risposi appena dopo
qualche attimo.
"Si, ma tutti la chiamano Lizzie.",
mi corresse Allie, sporgendosi su di me il necessario per poter vedere
il volto
di Jack.
Fortunatamente qualsiasi ulteriore tentativo
di fare conversazione fu smorzato sul nascere dall'arrivo del docente,
una
professoressa.
A giudicare dall'aspetto doveva essere
piuttosto giovane. Aveva i capelli neri e lunghi che le ricadevano
lisci sulle
spalle, i suoi occhi erano chiari ma da quella distanza non avrei
saputo dire
il loro colore esatto. Indossava un tailleur nero, dal quale si
intravedeva una
camicia bianca. Era leggermente truccata e sembrava essere una donna
davvero
molto curata.
"'Salve.", salutò non appena ebbe terminato
di sistemare le sue cose sulla cattedra.
Si fece più avanti, sorridendoci mentre ad uno
ad uno passava in rassegna tutti i nostri volti.
"Io sono Anne Cox, docente di letteratura
moderna e responsabile di questo corso.", si presentò subito
dopo.
Sorrisi appena, poi estrassi dalla borsa un
quaderno ed una penna, pronta a prendere appunti.
Iniziò parlandoci della strutturazione del
corso e delle modalità degli esami, soffermandosi con
particolare attenzione
sui vari lavori che avremmo dovuto affrontare.
La lezione vera e propria cominciò nel giro di
pochi minuti, quando introdusse gli argomenti che sarebbero stati
oggetto di
studio, per poi fornire una completa ed accurata illustrazione del
contesto
storico e sociale che, primo tra tutti, avremmo affrontato.
Le due ore passarono veloci, segnate dai vari
interventi degli studenti e dai numerosi spunti che la professoressa
Cox forniva,
dandoci sempre un pretesto per approfondire.
Parlava senza fretta alcuna, come se stesse
cercando di farci assaporare ogni singola parola del suo discorso, come
se
stesse riflettendo lei stessa su quei concetti astratti che tentava di
semplificare senza, tuttavia, banalizzarli.
Lentamente si spostava da un lato all'altro,
così da poter rivolgere all'intera classe la sua attenzione.
Di tanto in tanto
gesticolava con le mani, enfatizzando ancora di più la sua
spiegazione. Era
interessante ascoltarla, riusciva ad essere coinvolgente. Cercai di
riportare
quanto più possibile sul foglio, facendo particolare
attenzione alle parole
chiave.
La mia mano scorreva veloce lungo le righe,
tanto che neppure riuscivo più a percepire distintamente i
frettolosi e
meccanici movimenti.
"Bene, suppongo che come prima giornata
possa anche bastare.", annunciò poi, tornando a sedersi
dietro l'enorme
cattedra. "Qualcuno ha domande?", chiese passandoci in rassegna con
lo sguardo.
Ne avrei avute a miliardi, di domane, se solo
avessi trovato il coraggio per alzarmi in piedi e parlare.
Abbassai lo sguardo, finendo per osservare i
miei incomprensibili e disordinati appunti.
"A quanto pare qui non c'è nessun
curioso.", ironizzò dopo qualche secondo di assoluto
silenzio, durante i
quali nessuno aveva osato proferir parola.
"Potete andare, la lezione é
terminata.", dichiarò e nel suo tono di voce mi parve di
cogliere una nota
di insoddisfazione.
Probabilmente si aspettava altro da noi, o
probabilmente ero io a lavorare troppo di fantasia.
La osservai attentamente mentre radunava tutte
le sue cose, per poi uscire frettolosamente dall'aula, accennando
appena ad un
mezzo sorriso, come se la sua mente fosse già altrove,
immersa in chissà quali
problemi, vista la sua espressione assente e palesemente preoccupata.
Non ebbi il tempo di riflettere ulteriormente
sull'impressione che avevo percepito, che i miei pensieri furono
interrotti da
una voce vivace ed armoniosa.
"Allora Lizzie, qual è la tua prossima
lezione?", mi chiese il ragazzo dai capelli neri e gli occhi azzurri.
Rimasi palesemente sorpresa dal tono
confidenziale ed amichevole che aveva appena utilizzato per rivolgersi
a me, tanto
che impiegai qualche secondo prima di decidermi a rispondere.
"Il corso di storia, con il professor
Roomy.", spiegai con fare riluttante ed insicuro.
Non ero abituata a parlare con degli
sconosciuti, né tantomeno ero abituata a socializzare con
tanta facilità con la
prima persona che si avvicinava anche solo per caso alla sottoscritta.
"Peccato! A me tocca un approfondimento
sul teatro.", m'informò facendo spallucce con aria
rassegnata.
Sorrisi appena, poi con lo sguardo mi
concentrati sulla mia compagna di stanza, che seduta al mio fianco
stava
sistemando tutto il suo materiale scolastico in un'ampia e capiente
borsa.
"Allie, io vado.", iniziai, essendo perfettamente
a conoscenza del fatto che per quel giorno non avremmo condiviso altre
lezioni.
"Aspettami, ti accompagno!",
propose, scattando all'in piedi.
Sgranai gli occhi, sorpresa da tanto slancio,
tanto che ebbi l’impressione che stesse tramando qualcosa.
Pochi secondo dopo, prese le nostre cose, ci
ritrovammo a salutare quei due ragazzi.
"Allie, ti andrebbe di rivederci, qualche
volta?", le chiese quello dai capelli castani, sorridendo imbarazzato
ma
speranzoso allo stesso tempo.
La bionda annuì con fare convinto. Con gesti
decisi estrasse una penna dalla borsa che aveva già sulla
spalla e afferrò la
mano destra del ragazzo, sulla quale iniziò a scrivere una
serie di cifre,
mentre si mordicchiava il labbro in modo decisamente sensuale.
Perché
io
non riuscivo ad essere come lei?
"Chiamami.",
quasi sussurrò quando
ebbe terminato, così da potergli lanciare un'occhiata
piuttosto eloquente che
lasciava ben poco spazio a qualsiasi tipo di dubbio.
"Ci sentiamo presto, allora.",
ammiccò lui, facendole l'occhiolino.
Allie sorrise per un’ultima volta, poi con
forza mi afferrò per il braccio fino a quasi trascinarmi di
peso fuori
dall'aula a passo svelto e spedito.
Non riuscivo a capire come fosse passata così
repentinamente da una conversazione civettuola ad una fuga di prima
categoria.
"Ed ora che ti prende?", borbottai
cercando, senza molti risultati, di impiantare i piedi a terra.
"È lui.", esclamò ad un tratto,
bloccandosi finalmente a pochi mentre dall'entrata principale di quel
plesso.
La osservai scettica, non capendo a cosa si
stesse riferendo.
Teneva lo sguardo fisso su un punto a me
sconosciuto, così seguii la direzione dei suoi occhi, fino
ad incontrare il
volto di un ragazzo mai visto prima di quel momento che sorrideva
amabilmente
ad una ragazza.
Aveva i capelli corti, cortissimi, che
ricordavano un castano chiaro. I suoi occhi erano color nocciola,
contornati da
lineamenti del volto dolci ma definiti. Gesticolava, mentre allegro
parlava con
una ragazza, chissà poi di cosa, visto che lei non faceva
altro che ridere
sguaiatamente ad ogni sua parola o affermazione.
"Lui chi?", le chiesi per ricevere
maggiori spiegazioni.
"L'amore della mia vita!", confessò
con sussurro sognante, tanto che persino i suoi occhi sembravano
brillare di
luce propria.
Feci roteare gli occhi, in segno di tacita
disapprovazione.
"E chi sarebbe questo tipo?", le
domandai perplessa, mentre incrociavo le braccia sotto al seno con aria
di
sufficienza.
Lei fece finta di nulla, non lasciandosi per
nulla influenzare dal mio poco entusiasmo.
Il suo, invece, aumentava di secondo in
secondo, lo si poteva chiaramente percepire dal suo frenetico
gesticolare e dal
suo ampio sorriso.
"Non lo so, ma lo conoscerò presto!
L’avevo intravisto stamattina mentre andavamo a lezione e
speravo con tutta me
stessa di rincontrarlo!", dichiarò piuttosto convinta delle
sue parole.
Soffocai una risata, nel tentativo di rimanere
seria dinanzi ad una situazione tanto assurda.
"Come fai a dire che sarà l'amore della
tua vita se non lo conosci neppure?", la provocai allora, con tono da
saputella.
Lei scrollò le spalle, poi distolse lo sguardo
dalla figura del ragazzo per puntarlo nei miei occhi.
Sorrideva ancora e la sua espressione era
sognate e beatamente felice.
"Lo so e basta.", sussurrò più a se
stessa che a me.
"Liam! Finalmente sei arrivato!",
esclamò una voce che riconobbi immediatamente essere quella
dell'odioso ragazzo
che abitava insieme a mio fratello.
I suoi capelli ricci ed indomabili erano scombinati
da qualche lieve folata di vento, gli occhi verdi risaltavano ancora di
più a
causa del colore chiaro dei suoi indumenti.
Sorrideva, tanto che sulle sue guance si erano
già scavate due deliziose fossette, ma il suo sguardo
sembrava quasi voler
celare qualcosa.
"Ma dove ti eri cacciato? Sono ora che ti
cerco ovunque!", si lamentò mentre con passi svelti si
avvicinava al
ragazzo castano che Allie aveva notato.
Poi, quando lo raggiunse, si salutarono con un
affettuosa pacca sulle spalle.
"Liam, si chiama Liam.", furono le
parole appena mormorate di Allie.
---
Angolo Autrice
Salve ragazze(i)!!!!*.*
Oggi sono ancora più di fretta del solito, visto che ho tantissime cose da fare
e per di più mi è appena venuta un'ideuccia per scrivere il dodicesimo capitolo di questa storia!*.*
Comunque sia, come sono andate le feste??
Avete mangiato tanto??
Io sì, infatto ora sono a dir poco dipserata...xD
Vabbè, parliamo di quanto sono fantastiche quelle persone che
hanno inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite??:D
Insomma, io vi adoro per davvero!!!<3
Per non parlare poi di quelle anime pie che hanno lasciato una
recensione!!*.*
Grazie di cuore!!!!:D
Bene, passiamo velocemente al capitolo...
Iniziano i corsi, abbiamo introdotto due nuove personaggi,
tre si si considera anche la professoressa...xD
Ovviamente essendo la storia ancora agli inizi la trama non è particolarmente movimentata,
ma vi assicuro che tra poco la nostra Lizzie inizierà a
darsi da fare!;)
Bene, vi lascio, ma prometto che prima della fine del 2012
aggiungerò un altro capitolo,
quindi rimando gli auguri alla prossima volta!;)
Un bacione a tutte!!
Ah, fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!!!
Il vostro parere è importante!!ù.ù
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 7 *** Let's go crazy. ***
g
Take me home
Let's
go crazy.
Non
riuscivo a capacitarmi di come tutto ciò
stesse realmente accadendo proprio alla sottoscritta.
Ero convinta del fatto che se mi avessero
raccontato una cosa del genere sul mio conto, non ci avrei mai creduto,
mai e
poi mai, non fino a quel momento, ovviamente.
Guardai Allie che si scatenava a qualche metro
di distanza, avvolta tra le braccia di quel ragazzo con il ciuffo
anti-forza
gravitazionale che avevamo incontrato qualche giorno prima nel campus.
Ancora mi meravigliavo di come quella bionda
fosse riuscita a convincermi, convincere proprio me, Elizabeth Virginia
Tomlinson, prototipo dell’asociale studiosa, a recarmi ad una
festa tra
ventenni assatanati ed ubriachi.
Assurdo.
Se
al primo invito ero stata talmente abile da
riuscire a sottrarmi, al secondo mi ero dovuta letteralmente arrendere
alla
volontà della mia nuova amica che voleva a tutti i costi
rivedere quel ragazzo
di nome Liam, accompagnata da uno che invece si chiamava Ryan, dalla
quale si
era poi allontanata per poter ballare con Zayn, al quale avevo anche
dovuto
spiegare la storia dei finti fidanzati che avevo inventato la settimana
prima.
Scossi la testa, sbuffando lievemente, mentre
cercavo di non pensare all’atteggiamento eccessivamente
libertino di Allison.
Ero decisamente a disagio in quel momento,
sola in un posto che non conoscevo affatto.
Con le mani cercai i lembi del vestito che
indossavo e li spinsi più in basso, nel tentativo di coprire
qualche altro centimetro
delle mie cosce scoperte.
Allie mi aveva costretta ad indossare un abito
che esulava decisamente dal mio solito modo di vestire.
Era corto, sin troppo corto, tanto che non
arrivava neppure al ginocchio, e sicuramente troppo attillato,
così che mi desse
la sensazione si trattasse di una seconda pelle.
Mi sentivo ridicola, conciata a quel modo,
anzi, mi sentivo volgare ed inappropriata, nonostante avessi avuto modo
di
constatare che il mio vestito era tra i meno succiniti di quelli
sfoggiati
orgogliosamente dalle numerose ragazze presenti in sala.
L’intenso bordeaux del mio vestito era in
pieno contrasto con il chiarore della mia pelle, smorzato solo dalle
rifiniture
beige che si abbinavano perfettamente ai tacchi spropositatamente alti
che
Allie mi aveva fatto comprare per l’occasione.
Mi aveva persino truccata, ovviamente aveva
fatto tutto lei visto che non mi aveva permesso neanche solo di
avvicinarmi
alle sue trousse e a tutti i suoi trucchi.
Mi aveva semplicemente fatta sedere sulla
sedia della sua scrivania e aveva iniziato ad applicare
un’infinità di
cosmetici sul mio viso, con risultati davvero sbalorditivi.
Certo, non ero abituata a tanto trucco, ma
dovevo ammettere che mi stesse davvero molto bene.
“Lizzie!”, esclamò una voce che non
riconobbi,
non sin da subito, nonostante mi sembrasse di averla già
sentita in precedenza.
Mi voltai di scatto e fui subito accolta da un
paio di occhi chiari quanto il ghiaccio ed un sorriso troppo euforico
che,
insieme al rossore delle gote, era chiara prova della leggera ebbrezza
di Jack.
“Ciao.”, sussurrai appena, indecisa sul da
farsi.
Il solo fatto di trovarmi ad una festa mi
metteva in imbarazzo, figuriamoci quindi se ad essa si aggiungevano un
ragazzo
brillo e i suoi tentativi di socializzazione.
“Che ci fai qui, tutta sola?”, mi chiese
avvicinandosi di qualche passo, fino a far sfiorare il mio braccio con
il suo.
Una serie di brividi attraversò il mio corpo,
ma mi imposi di non pensare al motivo che li aveva causati, preferivo
non
averne la certezza.
Indietreggiai di qualche passo, ma la mia
ritirata fu ben presto fermata dalla parete contro la quale mi ritrovai
a
sbattere le spalle.
“Che ne dici di ballare un po’, io e
te?”,
propose continuando la sua inesorabile avanzata.
Il suo alito, un misto di Gin e Vodka, mi
arrivò dritto al collo, facendomi ulteriormente rabbrividire.
Non mi ero mai ritrovata in circostanze simili,
non ero mai stata costretta a dover allontanare un ragazzo, nessuno
aveva mai
osato avvicinarsi a me senza il mio esplicito consenso.
Insomma, chiunque fosse mai entrato in
contatto con me sapeva di non potersi permettere alcun errore, sapeva
di essere
perennemente controllato dai miei genitori, pronti a difendermi in
qualsiasi
momento.
Ma questa volta loro non erano con me, questa
volta ero sola.
Per quale
assurdo motivo mi ero lasciata trascinare in quel luogo contro la mia
volontà?
“Grazie,
ma desidererei raggiungere la mia
amica.”, provai a dire, rivolgendo uno sguardo in direzione
del posto dove,
pochi minuti prima, avevo intravisto Allie ballare.
Tuttavia, i miei occhi rimasero negativamente
sorpresi nel costatare la sua assenza.
Passai allora in rassegna tutti i volti delle
persone presenti nella stanza, cercando quello della bionda, senza mai
trovarlo.
Jack parve fare lo stesso, per poi voltarsi
nuovamente verso di me e sorridermi con fare compiaciuto e beffardo.
“A quanto pare lei non c’è
più.”, mi fece
notare, poggiando una mano sulla parete alle mie spalle, mentre
l’altra la
teneva ancora nella tasca dei jeans.
Certo,
dovevo ammettere che, nonostante avesse alzato il gomito, era ancora
piuttosto
sveglio!
Il
suo viso ormai era a meno di una spanna dal
mio. Sentivo il suo odore di alcool e sudore penetrare le mie narici,
giungere
prepotente alla mia testa fino a darmi la nausea.
La musica era ancora troppo alta, rimbombava a
ritmo costante nelle mie orecchie.
Le luci psichedeliche, invece, mi stordivano
più di quanto quella vicinanza già non stesse
facendo.
“Andiamo in bagno.”, soffiò con tono
arrogante
a pochi centimetri dal mio orecchio, quasi sfiorandone il lobo con le
sue
labbra umide e calde.
Sussultai, poi cercai di mandare giù quel
magone di saliva che mi si era bloccato in gola.
“Ti va?”, mi domandò pochi istanti dopo,
spostando una sua mano sul mio fianco, per poi stringerlo avidamente.
Tremavo come una foglia, sentivo le gambe
farsi sempre più deboli e gli occhi pizzicarmi, tanto che
temetti di scoppiare
in un pianto isterico da un momento all’altro.
Non ero mai stata ad una festa come quella,
io.
Avevo partecipato a matrimoni, pranzi, cene,
cerimonie, ma mai ad una festa in discoteca.
Cosa avrei
dovuto fare?
Percepivo la mancanza di
ossigeno, tanto che
il mio cuore aveva preso a battere più freneticamente ed il
mio respiro era
affannato.
“Potremmo
divertirci, insieme.”, sussurrò con
voce roca, mentre con il naso sfiorava la pelle del mio collo lasciata
scoperta
dall’ampia scollatura del vestito.
Sentivo le mani di
Jack muoversi in modo
frenetico sui miei fianchi, bramoso, fino a scendere di poco
più in basso,
sulle mie cosce.
Provai a concentrarmi,
scacciando via quella
sensazione di impotenza che mi attanagliava gli arti, impedendomi
qualsiasi
tipo di movimento.
Avrei potuto provare
con delle urla, ma
dubitavo che con quel rumore assordante qualcuno si sarebbe accorto di
me, soprattutto
se si considerava il fatto che la maggior parte della sala era ormai
già
intenta a pomiciare.
Scartai dunque la
prima ipotesi, sforzandomi di
trovarne un’altra.
Avrei potuto tirargli
una ginocchiata nelle
sue parti basse, come accedeva nei film. Magari sarei riuscita a
distrarlo per
qualche minuto, il tempo necessario per permettermi di scappare.
O, magari, avrei
potuto provare semplicemente a
parlare, a dirgli che tutta quell’eccessiva vicinanza mi dava
fastidio.
Certo, quel silenzio
non mi era stato d’aiuto
nel manifestare il mio dissenso, decisi dunque che avrei optato per
dirgli che
non avevo affatto intenzione di andare con lui.
“Jack,
io…”, iniziai con gli occhi fissi nei
suoi, ma le parole mi morirono in gola, quando percepii le sue dita
affondare dritte
nella mia pelle, all’altezza del mio fianco sinistro.
Abbassai di scatto lo
sguardo in direzione
della sua presa e solo allora notai una mano avvolgere il suo polso con
forza.
Fu solo questione di
attimi, prima che
percepii il contatto tra me e Jack annullarsi del tutto. Poi altre
mani, altre
braccia mi circondarono la vita con vigore e delicatezza allo stesso
tempo.
Percepivo qualcuno
cullarmi, nel tentativo di
trasmettermi calma.
Non avevo ancora visto
in volto colui che mi
avvolgeva, ma non riuscivo a temerlo.
L’odore di
menta fresca mista a tabacco che
emanava il suo corpo mi fece subito sentire al sicuro.
“Ti stavo
cercando, amore.”, sussurrò allora
tra i miei capelli, facendo aderire la mia schiena al suo petto.
Quella voce, a
differenza di quanto era
accaduto prima, la riconobbi immediatamente: era Harry,
l’amico riccio e
fastidioso di mio fratello.
Jack mi
guardò palesemente spiazzato, mentre
ancora si massaggiava il polso indolenzito, ormai a qualche passo da me.
“Ehi
tu!”, lo chiamò allora Harry, mentre
ancora mi teneva stretta a lui. “Vedi di stare lontano dalla
mia ragazza,
capito?”, lo ammonì con fare intimidatorio, tanto
che riuscì a spaventare anche
la sottoscritta.
Jack alzò
lo sguardo in direzione di Harry,
non proferendo tuttavia parola.
L’impossibilità
di cogliere l’espressione del
volto del riccio divenne particolarmente frustrante in
quell’istante.
Volevo capire cosa
stesse pensando, volevo
capire cosa stesse succedendo, volevo capire e basta.
“Allora, ci
siamo intesi?”, questa volta la
voce di Harry assomigliava quasi ad un ringhio, tanto che vidi Jack
sussultare,
prima di voltarsi e sparire tra la folla senza aggiungere altro.
Non appena fu fuori
dalla mia visuale, mi
rigirai tra le forti braccia di Harry, scontrando il viso contro il suo
petto,
per poi abbracciarlo, ancora scossa.
“Grazie.”,
sussurrai con la voce rotta dai
singhiozzi.
Harry fece scivolare
una mano tra i miei
capelli, accarezzandoli dolcemente, per poi sistemarne una ciocca
dietro il mio
orecchio.
Non mi importava di
quanto odioso potesse
essere, in quel momento gli ero debitrice.
Con un dito
tracciò i contorni del mio volto,
fino a raggiungere il mento, poi con calma straziante mi
obbligò ad alzare la
testa in direzione della sua.
I miei occhi,
probabilmente gonfi e
spaventati, trovarono subito rifugio nei suoi verdi e dietro quelle
luminose
iridi, per la prima volta, riuscii a scorgere qualcosa.
Preoccupazione,
timore, rabbia, vendetta,
paura.
L’intensità
del suo sguardo mi mozzò quasi il
fiato, tanto che mi ritrovai a trattenere il respiro per
chissà quanto tempo
prima di sentire l’impellente bisogno di ossigeno bruciarmi
in gola.
“Grazie.”,
ripetei, questa volta con gli occhi
puntati nei suoi.
Lui sorrise appena, ma
subito percepii i suoi
muscoli, fino a quel momento tesi, rilassarsi.
“Non avrei
mai permesso che ti fosse accaduto
qualcosa di brutto.”, confessò con un filo di
voce, roca e bassa.
Il mio cuore perse un
battito a quelle parole.
Nessuno mi aveva mai
detto qualcosa del
genere, prima di quel momento.
Harry fece vagare lo
sguardo, portandolo prima
sul pavimento, per poi tornare a fissare me.
“In fin dei
conti sei sempre la sorellina del
mio migliore amico.”, sottolineò lui, facendo
spallucce, ancora con quel mezzo
sorriso disegnato sulle labbra.
Una sensazione di
vuoto si impossessò
immediatamente del mio corpo, portando con se una spiacevole
consapevolezza.
Anche se solo per
qualche attimo, mi ero
illusa che quelle parole appena sussurrate con tono caldo sulla mia
pelle potessero
essere realmente indirizzate a me, non alla secondogenita Tomlinson o
alla
sorella di Louis.
Desideravo
ardentemente che finalmente qualcuno
mi notasse come ragazza, come donna.
Desideravo con tutta
me stessa che qualcuno si
accorgesse di me, che mi dedicasse le sue attenzioni, i suoi sorrisi, i
suoi
sguardi, i suoi pensieri.
Per solo un attimo
avevo davvero immaginato
che ciò si fosse realizzato, anche se in minima parte, del
resto mi sarei accontentata
di poco.
Ma l’alone
di delusione che dilagò in me
subito dopo aver inteso quella sua ultima affermazione,
riaprì quelle ferite,
quella voragine che tenevo chiusa da anni, nascosta in un piccolo e
lontano
angolo del mio cuore.
Accennai ad un
sorriso, nel tentativo di
mascherare le forti ed intense emozioni che provavo in quel momento.
“Sì,
certo. Louis è fortunato ad avere un
amico come te.”, concordai mentendo, liberandomi dalla sua
presa, che ormai non
riuscivo più a tollerare.
Indietreggiai di
qualche passo, cosicché non
ci fosse più alcun contatto fisico tra i nostri corpi, poi
mi strinsi nelle
spalle con fare imbarazzato.
“Adesso che
è tutto finito, puoi anche
andare.”, dichiarai allora, con lo sguardo fisso sulla parete
scura che si
ergeva dietro le sue spalle.
Lui corrugò
la fronte, come se non avesse
capito il significato delle mie parole, mentre sentivo il suo sguardo
insistente ancora fisso sul mio volto.
Non si muoveva,
né parlava, così rimanemmo in
silenzio ancora per qualche secondo, immobili l’uno di fronte
all’altra.
Quella situazione
stava diventando
insostenibile.
Alla fine decisi che,
se non fosse stato lui,
sarei stata io a porre fine a quel momento.
“Va bene, se
non vai tu, vado via io.
Buonanotte.”, borbottai allora, con le labbra serrate ed i
denti stretti, prima
di voltarmi sui tacchi e andare via.
Harry non
proferì parola, non tentò di
fermarmi, semplicemente mi lasciò andare via.
Poi, appena fuori dal
locale, lontana da
sguardi indiscreti e da persone indesiderate, scoppiai a piangere.
---
Angolo Autrice
Buon anno a tutti!! Felice 2013, carissime!!*.*
Avete festeggiato ieri notte?? Bevuto, ballato, mangiato??
Io potrei rotolare come una pallina dopo l'ennesimo neverending
pranzo!xD
Comunque sia, veniamo a noi!:D
Per prima cosa volevo ringraziare tutte quelle persone che
mi hanno supportata, sostenuta, sopportata nel 2012
e che spero continuino a farlo anche nel 2013!;)
A MASSIVE THANK YOU, GUYS!<3
Ma quanto posso essere sdolcinata, eh??xD
Vabbè, ho capito che i convenevoli non fanno per
me, quindi andiamo al sodo!:D
Ecco il nuovo capitoletto, con la speranza che
chi aggiorna a Capodanno, aggiorni poi tutto l'anno!xD
Lizzie è alle prese con il suo primo party! Diamine, quanto
è antiquata!-.-
E, come vedete, da sola non sa proprio cavarsela!
Ma in suo aiuto arriva il principe azzurro dagli occhi verdi!*.*
*anche io voglio essere soccorsa da un tipo come lui!!!!*
Certo, pensa di aver fatto colpo, ma in realtà si sbaglia di
grosso!
Ci vuole ben altro per far capitolare il nostro latin lover
preferito!!;)
E poi c'è Allie che vuole darsi alla pazza gioia!!
Povero Ryan, scaricato per ballare con Zayn!!
*vabbè, è del tutto comprensibile,
però!ù.ù*
Ma povero Zayn, sfruttato solo perché Liam non è
disponibile!!!
Ok, non la tiro troppo per le lunghe, anche perché in cucina
mi apsetta una bella cioccolata calda!!*.*
Grazie a chi ricorda, segue o preferisce,
ma soprattutto grazie di cuore a chi lascia una recensione!!!<3
YOU'RE ABSOLUTELY AMAZING, GIRLS!!*.*
Ancora tanti auguri a tutti voi!!
Alla prossima!*
Astrea_
|
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Capitolo 8 *** I guess you're still hurt. ***
f
Take
me home
I
guess you're still hurt.
"Ma
é assurdo! Possibile che capitino
tutte a te?", mi chiese Allie con gli occhi sgranati e le labbra
piegate
in un sorriso ebete e derisorio. "Insomma, ti ci voleva tanto a dire a
Jack di girare alla larga?", mi rimproverò prima di bere un
altro sorso di
coca.
La domenica dopo la festa, Allie era tornata
nella nostra stanza solo nel primo pomeriggio, ma non avevo fatto in
tempo a
chiederle spiegazioni che già si era addormentata sul suo
letto, con tanto di
scarpe e cappotto.
Così avevamo dovuto attendere il pranzo del
lunedì prima di poterci finalmente raccontare delle
rispettive esperienze.
Abbassai il capo in direzione del piatto di
pasta ancora pieno che avevo posizionato al centro del vassoio di
plastica e,
con la forchetta che tenevo tra le mani, rigirai le pennette al sugo.
Quella conversazione mi metteva a disagio più
di quanto avessi previsto, ma avevo deciso di parlarne con Allie, di
confidarmi
con lei, nella speranza che potesse darmi utili consigli per affrontare
meglio
quel genere di situazioni.
"Andiamo Lizzie! A parte il fatto che con
uno come Jack io ci sarei tranquillamente andata a letto,
però se tu non ne
avevi voglia potevi anche mettere le cose in chiaro!",
dichiarò poggiando
entrambi i gomiti sul tavolo intorno al quale eravamo sedute.
Sbuffai, poi scossi lievemente la testa,
avendo avuto chiara prova del fatto che lei non aveva ancora compreso
la mia
situazione.
Certo, per
lei era facile!
Io
non era abituata a tutto questo, ai
ragazzi, al college, alle feste.
"Cosa c'è adesso?", mi domandò forse
intuendo qualcosa dal mio prolungato silenzio.
Non sapevo da dove iniziare, ma soprattutto
temevo mi avrebbe presa in giro per la mia completa inesperienza.
"Suvvia Lizzie!", mi incitò non
ricevendo alcuna risposta dalla sottoscritta. "Cosa ti prende
adesso?", mi chiese con tono più dolce e comprensivo, tanto
che ebbi la
sensazione che si fosse accorta della mia incertezza.
"Non ero mai stata in discoteca, prima di
ieri sera.", confessai con un filo di voce, con lo sguardo basso,
incapace
di guardarla negli occhi per l'eccessivo imbarazzo.
Lei mi afferrò la mano destra, stringendola
forte nella sua.
"C'è sempre una prima volta per
tutto.", mi rincuorò.
Solo allora mi decisi a puntare il mio sguardo
sul suo volto.
Le sue labbra erano piegate in un mezzo
sorriso, la sua espressione era serena.
Non mi stava giudicando, mi stava
semplicemente ascoltando.
"Nessun ragazzo ci aveva mia provato in
quel modo con me.", continuai poco dopo, avendo riacquistato un
briciolo
di sicurezza nel mio tono di voce.
"L'ultima volta è stata quando avevo 14
anni. Luke mi aveva chiesto di uscire ed io avevo accettato. Eravamo
andati al
lunapark, ci stavamo divertendo come matti, era bello stare in sua
compagnia. Ma
quando mi ha riaccompagnata a casa, provò a baciarmi. Io mi
sottrassi, non ne
ero sicura, era il mio primo bacio, ma lui mi rincuorò con
mille dolci parole,
così mi convinsi. Stavamo per baciarci davvero, ma
l’arrivo di mio padre rovinò
tutto.", conclusi poco dopo, riassumendo in breve quell'episodio che
aveva
inevitabilmente segnato la mia adolescenza.
Mi avevano presa in giro per mesi a causa di
quell’aneddoto che Luke non aveva di certo taciuto ai suoi
amici, arricchendolo
con mille dettagli non veritieri che mi avevano procurato
l’appellativo di verginella
secchiona.
Allie aveva seguito tutto il mio monologo
senza proferir parola, senza commentare.
"Questo significa che hai davvero molte
cose da recuperare.", sentenziò allora con uno strano
ritrovato buon umore
ed un'espressione gioviale e rassicurante dipinta sul volto.
Sorrisi anche io alla positività che quelle
parole trasmettevano.
Non importava quanto avessi perso di quegli
anni in cui avevo lasciato che altri decidessero per me, accettando
passivamente ogni cosa mi venisse proposta.
Era alle cose che ancora dovevo fare, a quelle
che ancora dovevo scoprire a cui dovevo puntare.
Non avrei potuto cambiare il mio passato, ma
avrei potuto di certo migliorare il mio presente.
"Com'è stata la tua prima volta?",
le domandai poi, senza curarmi di quanto intimo e personale fosse
quell'argomento.
Allie non sembrò affatto turbata dalla mia
curiosità, dalla nuova e crescente necessità che
sentivo affiorare dentro di
me, impaziente di conoscere finalmente il mondo.
"Se ti dicessi che è stata favolosa ti
mentirei.", affermò per poi mordicchiarsi lievemente il
labbro.
"Avevo paura, ero terrorizzata, ma lo
amavo. Ne ero davvero innamorata. Non me ne pento affatto, anche se una
settimana dopo l'ho trovato a letto con la mia compagna di classe.", mi
raccontò con gli occhi persi nei mille ricordi che
scaturivano da quelle poche
parole.
"La volta più bella, però, è stata con
il
mio migliore amico.", continuò dopo qualche secondo, ancora
con
l'espressione assorta, ma questa volta i suoi occhi brillavano di una
triste e
fioca luce.
"Ricordo ancora tutta la dolcezza e la
delicatezza dei suoi gesti, ma eravamo troppo piccoli per qualcosa di
così
grande.", aggiunse ancora, quasi con un sussurro.
Non dissi nulla, incapace di proferir parola e
allo stesso tempo timorosa di non essere per nulla capace di intavolare
un
discorso partendo da presupposti come quelli.
"Un giorno mi piacerebbe poter parlare di
qualcuno come hai appena fatto tu.", mormorai allora, senza neppure
rifletterci, estraniando i miei pensieri ad alta voce.
Lei mi sorrise con affetto, prima di passare
una mano tra i suoi capelli, in un gesto che racchiudeva tutta la
sofferenza,
il rancore e la rabbia che dovevano essere riemersi a seguito di quel
breve, ma
intenso, tuffo nel passato.
"Sono sicura che racconterai qualcosa di
meglio!'', decretò Allie. "Piuttosto, credo tu abbia un
problema in arrivo
alle tue spalle.", m'informò lanciando una fugace occhiata
oltre la mia
testa, per indicarmi la direzione da seguire.
"Che...", non feci in tempo né a
terminare la mia domanda, né tantomeno a voltarmi, che le
mie orecchie furono
raggiunte dalla sua voce cristallina ed irritante.
"Ma guarda un po' chi si vede in
giro!", scherzò Harry a mo'di saluto, per poi prendere posto
tra me ed
Allie, senza, ovviamente, aver ricevuto alcun invito.
Indossava una semplice felpa viola, il cui
cappuccio copriva la maggior parte della sua chioma riccia, e dei jeans
a vita
eccessivamente bassa.
Con lo sguardo seguii i suoi movimenti,
studiandolo quasi come fosse un animale in una gabbia di un qualche zoo.
Avrei
preferito essere diventata cieca, allora!,
pensai in risposta al suo provocatorio saluto, ma non trovai il
coraggio di
pronunciare ad alta voce quelle parole.
"Ciao.", riuscii solo a dire atona.
"Se non sbaglio io e te ancora non ci
siamo presentati!", disse Harry puntando i suoi occhi verdi in quelli
di
Allie.
Lei scosse la testa, sorridendo appena.
Per qualche secondo ebbi la sensazione di
essere di troppo, come al solito.
Bastava poco a mettermi fuori gioco, bastava
poco a far concentrare le attenzioni di un ragazzo su una ragazza che
non fossi
io.
"Sono Harry.", si presentò allora,
quasi ammiccando in direzione della bionda.
"Allie.", annunciò allora lei,
mentre lo squadrava con aria inquisitoria.
Lui sorrise ancora, con più intensità questa
volta, tanto che sulle sue guance si formarono due piccole fossette.
"Allora Liz!", sbottò poi Harry,
richiamando la mia attenzione.
Sussultai quando sentii la sua voce pronunciare
quel soprannome, immediatamente seguita dalla sensazione dei suoi occhi
puntati
su di me.
"Ti sei divertita l'altra sera?", mi
chiese con voce chiaramente ironica, alludendo agli episodi che ci
avevano
visti protagonisti anche se solo per qualche minuto.
"Sì, grazie.", borbottai indecisa,
non sapendo affatto come commentare i ricordi di quella serata.
Lui sogghignò, poi si portò una mano davanti
alla bocca per poter nascondere una leggera risata.
"Harry, si può sapere perché sei corso
via?", si lamentò un ragazzo mentre con passo deciso si
avvicinava a noi. "Stavo
prendendo il pranzo!", continuò subito dopo, allungando le
braccia verso
il tavolo, con il chiaro proposito di poggiarvi il vassoio che teneva
tra le
mani.
Probabilmente doveva essere un suo amico.
Aveva i capelli biondi, sistemati in un ciuffo
non troppo alto, ma accuratamente pettinato.
I suoi occhi erano chiari, azzurri come
l'oceano, e trasmettevano una strana sensazione di pace.
"Siccome il mio maleducato amico non mi
ha ancora presentato, allora lo faccio da me.", dichiarò
appena dopo
qualche istante di silenzio, sedendosi.
"Mi chiamo Niall!", esclamò poi,
aprendo le labbra in un caldo e travolgente sorriso.
"Niall, ecco a te Allie e Liz.",
annunciò allora Harry indicandoci con fare teatrale, facendo
ridere il suo
amico.
"Ma davvero siete riuscite a sopportarlo
prima del mio arrivo?", ci chiese con fare giocoso, prima di iniziare a
mangiare il pezzo di pizza che teneva nel piatto.
Soffocai una risata, evitando di dare adito
alle sue veritiere parole.
"Sei davvero troppo simpatico!", bofonchiò
Harry a labbra serrate, con tono ironico, forse infastidito dalla
battuta che
il suo amico aveva appena fatto.
"Allora Harry, non mi racconti come hai
conosciuto queste ragazze?", domandò con gli occhi puntati
su di noi,
osservandoci attentamente.
"Liz è la sorellina di Louis.",
spiegò lui con voce bassa.
Il suo sguardo era puntato sulla mia testa,
chinata in direzione del mio piatto. Ne percepivo chiaramente
l'intensità e
l'irruenza, tanto che mi parve eccessivo, fastidioso, mi metteva a
disagio.
Non trovavo il coraggio per alzarla,
nonostante non ne riuscissi a capire il motivo.
Per di più, quella parola, quel diminutivo che
aveva affiancato al mio nome, aveva riconfermato le mie impressioni:
per lui,
come del resto per molti altri, non ero una ragazza, bella o brutta che
fossi,
ma l'amica di qualcuno o la sorella di qualcun'altro.
"Finalmente ho il piacere di
conoscerti!", esclamò Niall con fare entusiasta, facendo
trasparire con
evidenza la sua indole impetuosa, ma ingenua e spontanea allo stesso
tempo.
"Beh, io l'ho già iniziata a conoscere
abbastanza bene.", replicò allora Harry, con voce
studiatamente maliziosa
e provocatoria, come a voler far intendere che ci fossero degli episodi
che ci
legavano che gli altri ignoravano.
Certo, c'era il precedente della festa, ma non
costituiva affatto un pretesto per compiere un'affermazione tanto
ambigua.
Il suo sguardo mi penetrava, lo sentivo
studiare accuratamente ogni parte del mio volto, del mio corpo.
D'un tratto sentii le guance bollire,
sensazione alla quale probabilmente subito dopo dovette aggiungersi il
caratteristico rossore.
"La smetti di mettere in imbarazzo le
ragazze?", lo rimproverò Niall, tirandogli una leggera
gomitata
all'altezza dello stomaco.
In tutta risposta, Harry ammiccò al mio
indirizzo, ignorando del tutto la richiesta dell'amico.
Allie sbuffò, prima di incrociare le braccia
sul tavolo.
"Riccio, sei talmente montato da far
invidia alla panna delle gelaterie!", sentenziò lei, con una
punta di
acidità nella voce.
Sorrisi, incoraggiata anche dalla contagiosa e
allegra risata di Niall, mentre Harry si limitò a lanciarle
un'occhiata di
sufficienza.
"Piuttosto, com'è che anche tu conosci
suo fratello?", chiese poi al biondino, questa volta in modo molto
più
amichevole.
"Siamo tutti nella stessa band e poi
siamo ottimi amici.", chiarì lui, addentando un altro pezzo
della sua
pizza.
Certo, mio
fratello gli amici se li era scelti proprio bene, mi
ritrovai a pensare, ma poi il mio sguardo
si soffermò sulla figura di Niall che proprio in
quell'istante aveva afferrato
con fare frettoloso un tovagliolo, pulendosi il viso che si ed appena
sporcato
con del pomodoro.
I suoi gesti apparivano naturali, semplici,
spontanei, in essi non ritrovavo nulla della sfacciataggine, della
presunzione,
dell'arroganza che avevo riscontrato in Harry.
Niall era buono, glielo si leggeva negli
occhi, nel sorriso.
Nonostante lo avessi appena conosciuto,
percepivo chiaramente la bontà della sua indole.
I miei pensieri furono riscossi dalla
fastidiosa suoneria di un cellulare. Harry quasi saltò sulla
sedia, prima di
infilare una mano nella tasca dei suoi jeans, dalla quale ne estrasse
il
telefono.
Rimanemmo in silenzio, aspettando che
rispondesse.
Lui esitò qualche attimo, probabilmente dopo
aver riconosciuto il numero di colui, o forse colei, che lo chiamava,
poi
finalmente si decise a rispondere.
"Cosa c'è ancora?", chiese con denti
stretti e tono rabbioso, quasi sibilando.
La sua voce mi fece venire i brividi, tanto
che fui costretta a spostare lo sguardo sulla folla di studenti, ancor
in fila,
in attesa di essere serviti dalla mensa del college.
"Ti ho detto che ci sto andando, anzi
sono appena arrivato. Cosa vuoi ancora?", ebbi la sensazione che
volesse
urlare, nonostante stesse solo sussurrando.
Che non
stesse andando da nessuna parte era evidente, ma perché
allora aveva mentito?
Allie mi
lanciò un veloce sguardo, alla
ricerca di spiegazioni che purtroppo non seppi darle.
Niall lo fissava
attentamente, con premura e
preoccupazione, chissà per cosa poi.
"Ah.", disse ad un
tratto Harry affranto
e per la prima volta lo vidi abbassare lo sguardo, come se fosse in
torto e lo
stesse ammettendo.
"Allora arrivo.",
dichiarò
concludendo la chiamata, per poi alzarsi con fretta e agitazione.
"Devo andare, ciao.",
disse senza
neppure guardarci in volto, poi si voltò e ad ampie falcate
si avviò verso
l'uscita.
Anche Niall
scattò in piedi, il suo viso era
chiara espressione di timore e insicurezza.
"Scusate.",
riuscì solo a dire,
prima di procedere all'inseguimento dell'amico.
"Magari ci si vede
qualche volta,
Lizzie!", esclamò poi tutto d'un fiato, voltandosi per un
attimo nella
nostra direzione.
Ebbi solo un attimo,
il necessario per
ricambiare il suo enorme sorriso, prima che anche lui sparisse oltre la
porta
principale.
---
Angolo Autrice
E rieccomi qui, dopo aver ingozzato cioccolato per tutto il giorno!!*.*
Allora, inizio subito con i ringraziamenti questa volta,
anche perché volevo dedicare questo capitolo ad una persona
speciale.
Bettins,
questo è per te ed il motivo credo tu lo sappia!;)
Non so neppure se leggerai questa dedica o se dovrò essere
io a dirtelo di persona lunedì sera,
però sappi che mi sei mancata durante queste
vacanze!<3
Ed ovviamente mi sono mancate le tue interminabili ramanzine!xD
Sappi che lunedì notte non ti darò tregua!;)
Ma torniamo a noi e a tutte quelle meravigliose persone che hanno
inserito la storia
tra le seguite, le preferite o le ricordate!!*.*
E grazie anche a chi ha commentato!!*.*
Possibile che possiate essere tanto fantastiche???<3
Ma che dico, voi siete molto di più!!;)
Ok, credo non ci sia bisogno di commentare il capitolo...
In effetti abbiamo scoperto qualcosa in più sul passato di
Lizzie ed Allie.
Povera Lizzie: la sua vita è stata peggio di quella di una
monaca di clausura!!xD
Ah, quasi domenticavo: è arrivato il dolce e caro Niall!!*.*
Harry continua provocare la nostra timida Liz, ma per fortuna c'è Allie pronto a smontarlo
e Niall che subito la difende a spada tratta!:D
Domani esce il video di Kiss You, non vedo l'ora mie care!!*.*
Spero solo che esca prima della mia partenza...
Eh già, martedì si ricomincia ed io ancora non ho
aperto libro.-.-"
Vabbè, grazie ancora a tutte voi che continuate a
seguirmi!*.*Vi adoro!<3<3
Ah, quasi dimenticavo un'altra cosa, importantissima tra l'altro...
Grazie anche a
GiadiCastellini:
ci siamo conosciute da poco, ma già ti adoro!!<3
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 9 *** Maybe I just gotta wait. ***
a
Take
me home
Maybe Ijust gotta
wait.
Uscii dall'aula
a passo di marcia, diretta
verso la caffetteria, dove ad attendermi avrei di certo trovato
un'impaziente
Allison, pronta a lamentarsi del mio ennesimo ritardo. In quei pochi
giorni,
infatti, aveva potuto appurare come al termine di ogni lezioni tendessi
a
dilungarmi troppo nel terminare di scrivere tutti gli appunti e gli
schemi
segnati sulla lavagna o le frasi che riecheggiavano nella mia mente ma
che
ancora non ero riuscita a stendere sul quaderno.
Non appena varcai la soglia dell'edificio, svoltai
a destra, accelerando il passo.
Ero concentrata solo sui miei movimenti, tanto
che camminavo con la testa bassa, senza curarmi minimamente di tutto
ciò che mi
circondava.
In quel momento il mio unico obiettivo era
raggiungere quanto prima possibile Allie.
Quasi sussultai quando mi resi conto di
trovarmi a solo qualche centimetro di distanza da un ragazzo, bloccata
dalle
sue mani, poggiate all'altezza delle mie spalle, che avevano fermato
d'un
tratto la mia avanzata.
"Ciao!", mi salutò una voce familiare
ma che percepivo infastidirmi.
In modo repentino alzai il viso in direzione
del suo, incontrando i suoi occhi di ghiaccio che mi fissavano in un
evidente
sensazione di disagio.
Quella presa, quel contatto lo riconoscevo
benissimo.
D'istinto indietreggiai, così da aumentare lo
spazio fisico tra noi.
"Ciao.", ricambiai dopo qualche
secondo, stringendo meglio i libri all'altezza del petto, come fossero
uno
scudo in grado di proteggermi.
Jack accennò un sorriso, poi iniziò a
torturarsi le mani, visibilmente in imbarazzo, indeciso su
ciò che avrebbe
potuto dire o fare.
"Volevo chiederti scusa per l'altra
sera.", dichiarò appena ebbe trovato il coraggio per
proseguire.
"Insomma, ero ubriaco e fuori di me. Non volevo assolutamente
importunarti.", aggiunse con una ritrovata sicurezza, infilando
entrambe
le mani nelle tasche dei jeans.
Rimasi in silenzio, quasi stessi aspettando
che continuasse ulteriormente o forse, più semplicemente,
non sapevo
assolutamente cosa dire in risposta.
"Non sapevo fossi particolarmente amica
di Styles.", si giustificò facendo spallucce.
Sembrava restio a pronunciare quel cognome,
come se volesse sottolineare quanto poco ci tenesse ad entrare in
contatto con
quel ragazzo.
"Davvero, mi dispiace.", concluse
infine, provando nuovamente a sorridere, questa volta però
con meno entusiasmo
della precedente.
Lo scrutai bene, passando in rassegna ogni più
piccola piega del suo viso.
La sua espressione non lasciava alcun ombra di
dubbio: Jack stava facendo qualcosa che non voleva fare o che comunque
non
teneva a fare.
Ma allora
perché la faceva?
"Non
dici nulla?", mi chiese, dopo
un altro prolungato silenzio.
Quella domanda mi riscosse dai mille pensieri
che avevano invaso la mia mente.
"Argomentazioni discutibili, ma scuse
accettate.", quasi sussurrai ancora in parte assorta nelle mie
riflessioni.
Lui alzò il sopracciglio destro e storse di
poco il labbro, la sua espressione era titubante.
"Io devo andare, ciao Lizzie!", si
affrettò a dire, prima di superarmi senza attendere oltre.
Non ebbi neppure il tempo di ricambiare il
saluto, tanto che quando mi voltai seguendo la direzione che aveva
appena
preso, lo vidi già troppo lontano.
Cosa voleva
da me?
Per
qualche attimo contemplai inerme ed
immobile lo spazio che fino a poco prima aveva occupato Jack.
La conversazione che avevamo appena avuto non
mi convinceva affatto.
Mentalmente la ripercorsi tutta, in ogni
minimo dettaglio, cercando in essa una risposta alle mie domande.
Perché
aveva
menzionato Harry?
Non poteva
semplicemente chiedere scusa senza fare riferimenti a terzi?
Perché
sembrava estremamente a disagio?
Scossi
il capo, come se con un gesto tanto
banale avessi potuto scacciare dalla mia testa i tarli che la
assalivano.
In realtà sapevo benissimo che non sarebbe
bastato ciò.
Controllai l'orario sul quadrante del piccolo
e grazioso orologio che tenevo al polso sinistro e subito ricordai
c’era qualcuno
che mi stava aspettando e che, di certo, doveva anche essere piuttosto
arrabbiata per la lunga attesa.
Svoltai a sinistra, percorrendo la breve
strada che ancora mi separava dalla mia meta, poi giunta all'ingresso,
mi
fiondai all'interno del locale.
Con lo sguardo vagai sui vari tavoli, cercando
Allison. La sala era piena di studenti intenti a parlottare
allegramente,
sorseggiando del caffè. Allie era seduta vicino
un’enorme vetrata che dava sul
prato del campus. Il suo viso era rivolto in direzione del paesaggio,
sul quale
aveva concentrato tutta la sua attenzione. Per ingannare il tempo
continuava ad
agitare la gamba sinistra che aveva accavallato sulla destra.
La raggiunsi, sperando non prendesse
eccessivamente male il mio ritardo.
"Ciao!", la salutai quando
finalmente fui abbastanza vicina a lei.
Solo allora mi accorsi che sul tavolino,
proprio davanti a lei, erano posizionate due tazzine di
caffè vuote, segno
inconfondibile del fatto che ne avesse già bevuto il
contenuto.
Pessimo,
pessimo segno.
"Qual
buon vento!", scherzò la
bionda, rivolgendo il suo sguardo a me.
"Ma si può sapere perché ci metti sempre
tanto? Non ti bastano le decine di pagine di appunti che già
prendi durante le
lezioni?", si lamentò con aria seccata.
Sorrisi, ormai avevo quasi fatto l'abitudine a
questo tipo di conversazione.
"Lo sai che sono fatta così.", mi
giustificai, facendo spallucce.
"Piuttosto, com'è andata la
mattinata?", le chiesi con il chiaro intento di cambiare argomento.
I suoi occhi si illuminarono tutto d'un
tratto, la sua espressione si tramutò repentinamente da
seccata a sognante.
"Ho parlato con Liam!", disse quasi
gongolando dalla felicità.
Corrugai la fronte, non riuscendo a seguire il
flusso dei suoi pensieri.
"Chi è Liam?", le chiesi senza
neppure rendermene conto.
Subito fui colpita da un'occhiata omicida,
immediatamente seguita da un'espressione sdegnata.
Come se
fosse stato un peccato non conoscere quel tipo!
"Ma
come? Te l'ho fatto vedere appena
qualche giorno fa!", mi rimproverò allora, poggiando i
gomiti sul tavolo.
Continuai a fissarla con fare scettico,
aspettando che si decidesse a darmi spiegazioni.
"L'amore della mia vita!", esclamò
allora, come fosse la cosa più naturale del mondo.
A quelle parole ricordai subito il ragazzo che
mi aveva fatto notare il primo giorno di lezione.
Mi lasciai scappare una leggera risata, poi
feci roteare gli occhi.
"Ti ha chiesto di sposarlo?", la provocai
ironicamente, mettendomi più comoda sulla sedia.
Lei storse il labbro, ma preferì ignorarmi.
"Ci siamo ufficialmente
presentati!", continuò non appena ebbe ritrovato il buon
umore.
Era euforica, allegra, felice e tutto questo
era dovuto ad un semplice incontro con un ragazzo che neppure conosceva.
"E come hai fatto a parlarci?", le
domandai.
In effetti non ero per davvero curiosa di
conoscere i dettagli di quella storia a dir poco surreale, ma percepivo
chiaramente quanto lei ci tenesse a raccontarlo ed io non l'avrei di
certo
privata di questa piccola soddisfazione.
"In realtà era con l'amico di tuo
fratello, quello riccio. Erano davanti all'ufficio della professoressa
Cox ed
io passavo di lì perché dovevo andare al corso
del professore Wilson.",
iniziò a dire senza fretta, procedendo in modo preciso ed
accurato con quel
resoconto sugli ultimi eventi.
Annuii con fare convinto, come per invogliarla
a continuare.
"Così quello mi ha salutata, io ho
ricambiato, però non potevo farmi sfuggire una simile
occasione con
Liam!", affermò convinta di sé stessa.
"Giusto.", sussurrai quasi, solo per
darle la conferma che stessi seguendo il racconto.
"E allora gli ho chiesto cosa ci facesse lì
e a quale facoltà fosse iscritto, per rompere il ghiaccio,
ma lui non ha
risposto.", proseguì Allie, interrotta però dalla
voce del cameriere che
era sopraggiunto.
"Cosa vi porto ragazze?", ci chiese
un ragazzo con un sorriso smagliante dipinto sulle labbra.
"Per me un altro caffè, il terzo.",
borbottò Allison, mettendo per qualche attimo da parte i
ricordi che ancora
sortivano su di lei uno strano effetto.
"E per me un té verde.", ordinai
subito dopo.
Il cameriere annotò il tutto su un blocchetto
che teneva tra le mani, poi ci sorrise ancora una volta prima di
allontanarsi.
"Allora, dicevi?", la incitai non
appena fummo nuovamente sole.
Avevamo poco tempo a disposizione, di lì a
qualche minuto mi sarei dovuta recare alla prossima lezione.
"E niente, praticamente al suo posto
risponde Liam, che dopo essersi presentato mi dice che in
realtà quello viene
qui solo per vedere Liam, visto che sono amici. A proposito, Liam
è iscritto a
giurisprudenza!", annunciò, quasi emozionandosi per la
consapevolezza che
quelle parole comportavano.
Lo avrebbe rivisto spesso, di questo ne
eravamo entrambe sicure.
"Lui sembra così dolce! È davvero
adorabile!", commentò poi, stringendo le mani davanti agli
occhi.
"Allie, tu lavori troppo di
fantasia.", le feci notare.
Lei sbuffò alle mie parole.
"Tu, invece, ragioni come un'ottantenne!
Andiamo, perché non ti godi un po' la vita?",
controbatté lei.
Deglutii, poi presi a mordicchiarmi il labbro.
Era vero, Allie aveva pienamente ragione.
Giocavo a fare la moralista, ma chi perdeva ero sempre e soltanto io.
Osservavo, prendevo atto di tutto ciò che mi
circondava, invidiavo la spensieratezza che i ragazzi della mia stessa
età
nutrivano nei confronti del mondo. Loro non temevano nulla. Nonostante
la
razionalità consigliasse di non avventurarsi in determinate
esperienze, si
lasciavano trasportare dall'impeto giovanile, dando poca importanza a
ciò che
facevano, come se fosse la più giusta, ma allo stesso tempo
ne enfatizzavano
l'aspetto emotivo. In alcuni casi finivo persino per giudicare senza
troppa
clemenza, basandomi su criteri rigidi che lasciavano davvero poco
spazio alla
comprensione, del resto io non mi ero mai trovata dall'altra parte,
quella
dell'imputato.
Non mi ero mai lasciata andare, non avevo mai
sperimentato l'adrenalina scorrere nelle vene o il cervello ribellarsi
per aver
dato ascolto al cuore.
"Ecco le vostre ordinazioni.",
dichiarò d'un tratto il ragazzo di prima, portando in un
vassoio una tazza fumante
di té ed una più piccola di caffè.
La sua voce mi fece ridestare dai miei
pensieri.
"Grazie.", dissi, accennando ad un
lieve sorriso, mentre lui le poggiava sul tavolo.
"Lizzie, che ne dici di iniziare a
cogliere l'attimo?", mi propose Allison appena il cameriere fu andato
via,
un attimo prima di sorseggiare il suo caffè.
Sbattei più volte le palpebre, colta alla
sprovvista da quell'incitazione.
"Cosa?", domandai poi, strabuzzando
gli occhi, sporgendosi di poco in avanti.
"Andiamo, hai capito! Ed io ti aiuterò ad
uscire dalla tana!", esclamò facendomi l'occhiolino, con le
labbra piegate
in un ampio sorriso.
Scossi la testa, poi presi tra le mani la
tazza nella quale era contenuto il té e ne bevvi qualche
sorso, nonostante
fosse ancora troppo caldo.
"Potrei fare miracoli con te!",
sentenziò Allie, non avendo ricevuto alcuna risposta dalla
sottoscritta.
"Allie, non sono una barbie da vestire
per il primo appuntamento!", replicai con tono acido.
Lei sorrise con aria malefica, evidentemente
non mi aveva affatto presa sul serio.
Afferrai nuovamente il manico della tazza, per
portarla alla bocca, ma in quel momento il mio occhio cadde
sull'orologio che
si era scoperto con quel leggero movimento.
Mancavano cinque minuti all'inizio della mia
prossima lezione.
Scattai all'in piedi e di fretta afferrai la
borsa, sotto lo sguardo curioso di Allie.
"Ed ora che ti prende?", mi domandò
con tono scettico.
"Devo scappare, ho lezione. Paga tu, la
prossima volta offro io!", sbottai veloce come un treno in corsa, tanto
che non ebbi la sicurezza che avesse compreso il mio messaggio.
Di fretta, senza indugiare oltre, uscii dalla
caffetteria, poi varcata la soglia, iniziai a correre tra le strade
poco
affollate del campus.
Ero quasi giunta a destinazione quando mi
accorsi di lui, seduto sulla panchina a pochi metri dal portone
dell'aula magna
del college.
Harry, il ragazzo con i capelli ricci, se ne
stava da solo a contemplare chissà cosa.
La sua pelle era chiara, probabilmente anche a
causa della lunga esposizione al freddo a cui si era sottoposto. I suoi
occhi,
invece, erano spenti ma enormi, tanto da richiamare l'attenzione. Il
verde cupo
sembrava trasmettere tristezza, solitudine, melanconia, ma allo stesso
tempo
pace, tranquillità.
Il suo viso era stanco, come dimostravano
anche le profonde occhiaie.
Forse avrei dovuto cogliere l'attimo, come
aveva suggerito la bionda poco prima.
Forse avrei dovuto cambiare direzione e
raggiungerlo, dando ascolto al naturale istinto che sentivo dentro di
me, avrei
potuto lasciarmi andare, senza dover preoccuparmi delle apparenze.
Forse avrei davvero potuto, ma non lo feci.
I nostri sguardi si incontrarono per neppure
una frazione di secondo, poi ripresi a correre.
Probabilmente se anche lui avesse voluto
salutarmi, cosa di cui dubitavo fortemente, non ne avrebbe comunque
avuto modo.
Pochi secondi dopo sentii il cellulare vibrare
nella tasca dei pantaloni.
Il mio cuore parve perdere un battito, ma
cercai di non dare peso a quella strana sensazione che percepivo
all'altezza
del petto.
Con foga lo estrassi dalla tasca, mentre
ancora continuavo a camminare a passo spedito in direzione dell'aula.
Che fosse
proprio Harry?
Del
resto erano davvero poche le persone che
avrebbero potuto contattarmi e a queste andavano sottratte i miei
genitori e
mio fratello, consapevoli del fatto che in mattinata seguivo numerosi
corsi, ed
Allison che avevo appena lasciato.
Il mittente era sconosciuto, tanto che non
comparve alcun nome, solo una serie di cifre.
Stando attenta a dove mettevo i piedi, lo
aprii nello stesso istante in cui entrai nel plesso che affiancava la
biblioteca.
Sgranai gli occhi per lo stupore quando ne
lessi il contenuto, tanto che fui costretta a sbattere più
volte le palpebre.
Ciao
Lizzie! Ho chiesto il tuo numero a Louis, spero non ti dispiaccia! Che
ne dici
di vederci qualche volta? Un bacio, Niall.
---
Angolo Autrice
Salve gente!:D
Allora, voglio immediatamente ringraziare quelle sei fantastiche persone
che hanno lasciato una recansione nel capitolo precedente:
siete fantastiche, davvero!*.*
Ed ora corro a rispondervi, promesso!;)
Ringrazio anche chi ha aggiunto la storia tra preferiti, seguiti o ricordate...
Cioè, sapete che è per voi che leggete o recensite
che io continuo a scrivere con tanto entusiasmo vero???*.*
Grazie mille, davvero!!<3
E a proposito di scrittura, in effetti sono piuttosto avanti con i capitoli,
quello che mi amnca è il tempo per pubblicarli.
Vabbè dai, un modo per aggiornare lo troverò, spero!!:D
Anyway, capitolo di passaggio in cui non accade granché.
Jack ricompare, per chiedere scusa, mentre Allie ha conosciuto finalmente Liam.
Non si chiarisce ancora molto su Harry, ma nel prossimo...
Vi dico solo che nel prossimo ci sarà più movimento, tutto qui!;)
Anche perché ci sono delle cosettine da spiegare sul nostro amato ricciolino,
visto che non tutto quadra...
Ok, non mi dilungo anche perché su questo capitolo c'è davvero poco da dire.
Ah, devo dire una cosa che ancora non ho avuto modo di scrivere nell'angolo autrice:
IL VIDEO DI KISS YOU!!!*.*
Insomma, potranno anche giocare a fare i bambini, ma rimangono fantastici lo stesso!*.*
E poi c'è Harry...*.*
Vabbè, carotine, lasciatemi il vostro parere se vi va,
anche negativo, così da poter migliorare!
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 10 *** Let's make a move. ***
f
Take
me home
Let's make a move.
Ripresi a
sfogliare le pagine del volume
dell'enciclopedia che tenevo tra le mani, nel vano tentativo di trovare
tutte
le informazioni di cui necessitavo per completare la stesura del saggio
assegnato dalla professoressa Cox.
Erano passate tre settimane dall'inizio dei
corsi. Ormai la routine quotidiana si ripeteva senza tregua, spezzata
soltanto
da qualche pomeriggio trascorso con mio fratello Louis.
Spesso sentivo Niall per messaggio. Di solito
era sempre lui ad iniziare qualsiasi tipo di conversazione, poi io mi
premuravo
di rispondere nel modo più gentile e socievole possibile,
coadiuvata dagli
spassionati ed intraprendenti consigli di Allie.
Lui era sempre attento a tutto ciò che mi
accadeva, ricordava i miei corsi, gli esami, le conferenze a cui
partecipavo.
Era sempre pronto ad ascoltare i miei sfoghi, spesso dovuti a momenti
di
debolezza e stress, oltre che rendersi partecipe dei miei successi.
Alla fine avevo conosciuto tutti i membri
della band di mio fratello, anche se in circostanze diverse.
Oltre il biondino, con il quale avevo ormai
instaurato un buon rapporto d'amicizia, anche Liam si era rivelato un
ragazzo
molto riflessivo e comprensivo, tanto che mi sorpresi di come Allie
potesse
essere interessata a lui.
Persino quel ragazzo con il ciuffo che sfidava
la legge gravitazionale faceva parte del quintetto, ovviamente insieme
al
riccio che poco sopportavo.
Zayn ed Harry, infatti, erano l'opposto dei
primi due.
Avevano sempre pronta la battutina maliziosa
capace di metterti a disagio, ammiccavano di continuo a qualunque
essere di
sesso femminile che rientrasse nel loro raggio di visibilità
e ostentavano
estrema sicurezza di sé.
Tuttavia, nelle poche occasioni in cui ero
stata costretta a trascorrere del tempo con loro, avevo notato profonde
differenze nei loro modi di agire, ma soprattutto nella ragione di essi.
Mentre Zayn preferiva semplicemente
atteggiarsi, fingendosi qualcuno che in realtà non era per
puro divertimento,
Harry lo faceva in modo quasi inconsapevole, come se quel suo
comportamento fosse
la sua risposta ad una realtà che non doveva essere
delle migliori.
Harry non guardava le ragazze come faceva
Zayn, lui le osservava.
Era come se cercasse di capire semplicemente
dalla fisionomia tutto di loro, ogni debolezza, paura, gioia, ideale.
Cercava
di comprenderle, prima ancora di provarci con loro.
Con un colpo unico chiusi il volume,
provocando un tonfo che fece eco negli enormi locali della biblioteca,
deserta a
quell'ora e di quel periodo.
Tornai con la testa sulle righe bianche del
quaderno poggiato sul tavolo di legno intarsiato.
"Piccola Tomlinson!", esclamò con
voce studiatamente bassa, ma allo stesso tempo decisa e sicura.
Sobbalzai sulla sedia, spaventata da quanto
improvvisa mi era giunta quella voce.
Non ebbi neppure bisogno di voltarmi in
direzione della sua provenienza, ormai avevo imparato a conoscerla
piuttosto
bene: era Harry.
Sbuffai sonoramente, cercando con quel gesto
di trasmettergli quanto inopportuna fosse la sua visita.
"Cosa ci fai qui sola soletta durante un
bella giornata come questa?", mi chiese lui, facendosi avanti.
Percepivo la sua voce sempre più vicina, fino
a quando non sentii le mie spalle essere circondate dalle sue braccia.
"A Londra non capita spesso di avere un
sole come quello di oggi!", aggiunse, forse per chiarire meglio
ciò che
voleva dire.
Il suo tono di voce, seppur i contenuti
fossero del tutto innocenti, era profondo e sensuale, sembrava stesse
cercando
di provocarmi.
"Ho da studiare.", risposi atona,
nel tentativo di non farmi coinvolgere in alcun modo in una
conversazione con
lui.
Lo sentii sogghignare lievemente, poi con un
gesto fluido si appoggiò al tavolo, interponendosi tra me ed
i libri, cosicché
potessimo guardarci in volto.
Indietreggiai, per quanto possibile, ma nel
farlo sfiorai con il ginocchio la sua gamba.
Subito percepii una scossa correre lungo la
schiena e quasi m’immobilizzai all’istante.
Harry incrociò le braccia al petto, la sua testa
era inclinata verso il basso per potermi guardare negli occhi, quegli
stessi
occhi sotto il cui sguardo mi sentivo nuda, impotente, inerme.
"Vieni con me.", propose tutto d'un
fiato, avvicinando il suo viso al mio.
Lo osservavo rapita, incapace di sottrarmi a
quella meravigliosa tortura.
Odiavo i suoi modi egocentrici, la sua
sicurezza, il suo narcisismo, la sua malizia, ma non riuscivo a farne a
meno.
Forse era la curiosità che mi spingeva a lui,
o forse era quel verde magnetico che spiccava dalle sue iridi.
Harry poggiò una mano sul mio ginocchio, poi
con il viso si sporse ancora di più in direzione del mio. Il
suo respiro fresco
mi stuzzicava la pelle, mentre con l’altra mano mi
sfiorò il viso.
I suoi gesti erano lenti, un piacevole
supplizio per il mio corpo. Con il pollice disegnava dei cerchi
immaginari,
scendendo sempre più in basso in direzione del mio collo,
insinuando la sua
mano al di sotto del maglioncino a collo alto che portavo quel giorno.
Si fermò solo quando giunse alla clavicola.
Il mio corpo era in completo subbuglio. Non
avevo mai provato sensazioni del genere.
Il mio cuore scalpitava, fremeva, sentivo
l’ossigeno mancarmi, fino ad annebbiarmi il cervello e la
vista. I miei occhi,
invece, erano puntati nei suoi.
Cosa stava
succedendo?
“Liz.”,
sussurrò con un filo di voce ad una spanna
dalle mie labbra.
Non era quello il tipo di bacio che
desideravo. Io ne volevo uno consapevole, voluto, agognato, che magari
suggellasse una romantica dichiarazione d’amore avvenuta al
chiaro di luna in
riva al mare. Ma in quel momento, in quella biblioteca, sperai con
tutta me
stessa che Harry colmasse la lieve distanza che ancora separava le
nostre
bocche.
Non era amore quello che sentivo, ma
desiderio, passione.
Sapevo che se non l’avessi fermato
probabilmente avrei commesso un colossale errore, di cui mi sarei
pentita per
il resto della mia vita, ma sapevo altrettanto che se
l’avessi respinto avrei
per sempre rimpianto l’ennesima opportunità
sprecata.
Harry mi guardò ancora per qualche istante,
appariva combattuto, il suo volto era un’espressione di
frustrazione e bramosia
allo stesso tempo.
Ressi il suo sguardo e forse da quel gesto lui
colse il coraggio che in quell’istante gli era venuto meno.
Abbassò gli occhi in direzione delle mie
labbra e lentamente iniziò ad avvicinarsi ad esse.
Percepii le guance andare a fuoco, le mie mani
tremavano come foglie.
Chiusi gli occhi per l’emozione mista alla
crescente paura, sperando che oscurare la vista mi avrebbe aiutata a
rimanere
calma.
"Lizzie, scusa se ci ho messo tempo!
Stavo cercando parcheggio! Spero che Harry non ti abbia annoiata troppo
con le sue
sciocchezze!", esclamò d'un tratto una voce, quella di mio
fratello.
Immediatamente spalancai gli occhi,
indietreggiando quanto più possibile. Harry
ritirò di scatto le braccia, come
fosse stato punto da filo spinato, poi con un balzo si
spostò a qualche metro
di distanza da me.
Mi voltai e subito vidi la figura di Louis
comparire da dietro uno scaffale, mentre avanzava con un ampio sorriso
dipinto
sulle labbra.
Abbassai lo sguardo, ancora accaldata ed
eccitata per quello che stava per succedere appena quale secondo prima.
Probabilmente anche mio fratello dovette
accorgersi della strana atmosfera che aleggiava, tanto che percepii il
suo
sguardo spostarsi da me ad Harry, per poi tornare su di me.
“Tutto bene?”, chiese con voce titubante,
mentre sul suo viso prese forma una strana smorfia.
Non riuscii a proferir parola, a rispondere al
mio posto fu Harry.
“Abbiamo appena avuto un altro dei nostri
battibecchi. Io e tua sorella proprio non ci sopportiamo.”,
mentì, quasi
sbuffando.
Louis fece finta di credere al riccio, anche
se i suoi occhi mostravano quanto scettico fosse a riguardo.
"Grazie per averla avvertita del mio
arrivo, Harry! Ora puoi anche andare!", sentenziò infine,
avvicinandosi a
me, per poi circondarmi le spalle con fare protettivo.
Il riccio non se lo fece ripetere due volte.
Infilò una mano nella tasca dei pantaloni, mentre con
l’altra accennò ad un
saluto, poi in silenzio andò via.
Attendemmo che lui avesse oltrepassato la
porta di ingresso prima di riprendere a parlare.
“Lizzie, sicura che vada tutto bene? Mi sembri
scossa!”, riprese dopo secondi che parvero secoli.
Annuii sorridendo nel modo più convincente che
potessi e vidi Louis rilassarsi immediatamente.
“Allora, non mi chiedi cosa ci faccia qui?”,
mi chiese, notando che ancora non avevo spiccato parola.
“In effetti me lo stavo domandando. E poi come
facevi a sapere che fossi in biblioteca?”, inventai, cercando
di apparire
interessata, ma in realtà la mia mente era ancora a quei
momenti appena
trascorsi con Harry.
Louis afferrò una sedia poco distante da lì e
si sedette al mio fianco.
“Ho chiamato Allie, volevo farti una sorpresa
e lei mi ha detto che ti avrei trovata qui. Anche Harry doveva venire
al
campus, così gli ho dato un passaggio, ma siccome non
riuscivo a trovare
parcheggio gli ho chiesto di venirti a cercare. Temevo te ne fossi
andata nel
frattempo.”, spiegò sorridendomi.
Harry era stato mandato da mio fratello per
farmi aspettare qui: ma allora
perché mi
aveva chiesto di andare con lui?
E
perché si
trovava sempre nei paraggi nonostante non fosse iscritto al college?
“Tommo,
senti.”, iniziai senza neppure
rendermene conto. “Ma per quale motivo Harry trascorre tutto
questo tempo qui
se non frequenta?”, gli domandai spinta da una nuova
necessità di conoscere il
motivo di tutte quelle strane coincidenze.
Louis si immobilizzò per una frazione di
secondo. Cercò di apparire tranquillo, ma in
realtà i suoi muscoli tesi erano
chiara prova della sua agitazione.
“Ti ha accennato qualcosa prima?”, mi chiese,
senza rispondere affatto al mio quesito.
Scossi il capo ed attesi che continuasse.
Lui si mordicchiò il labbro, probabilmente non
sapeva esattamente cosa dire.
“Harry non è sempre stato così
tranquillo,
diciamo.”, iniziò poi, con lo sguardo basso
puntato sul legno del tavolo.
“Che vuoi dire?”, incalzai, corrugando la
fronte.
Lui sospirò.
Che non ne volesse parlare era evidente, ma io
volevo, dovevo sapere.
“Due anni fa i suoi genitori hanno divorziato.
Anne ha trovato suo marito con un’altra nel loro letto, una
ventisettenne
bionda che lavorava da poco con lui. Harry non l’ha presa
propriamente bene. Insomma,
all’inizio sembrava anche sin troppo tranquillo, ma poi
è bastato poco per…”,
si bloccò per alzare lo sguardo e farlo incontrare con il
mio.
Louis esitava a parlare, forse non sapeva fino
a che punto si sarebbe potuto spingere.
“Perché vuoi saperlo?”, mi
domandò tutto d’un
tratto, cogliendomi alla sprovvista. “Di cosa avete parlato
prima? Ha fatto o
detto qualcosa di strano? Ci ha provato con te? Ti piace?”,
aggiunse
immediatamente dopo, come un treno in corsa, scrutandomi.
Il mio cuore perse un battito al solo sentire
quell’eventualità: era praticamente impossibile
che mi piacesse un tipo come
lui.
Ma allora
perché prima…?
No,
quella era attrazione. Harry rappresentava
tutto quello che per anni non avevo avuto, la mia personale tentazione,
il
gusto per il proibito.
“Sono solo curiosa, in fin dei conti è il tuo
coinquilino!”, mentii per la seconda volta, sorprendendomi
della facilità con
la quale quelle parole uscivano dalla mia bocca.
Louis sembrò rassicurarsi.
“Ha cominciato a frequentare comitive poco
raccomandabili, lasciandosi influenzare sin troppo dagli altri.
All’inizio era
sempre fuori casa, a far baldoria in qualche locale, poi ha conosciuto
dei
ragazzi che lo hanno coinvolto nel loro giro e da allora ha iniziato a
drogarsi. Ha continuato per parecchio, fino a quando non ha rischiato
troppo.”,
confessò dopo qualche attimo di silenzio.
Era vago e restio, non precisava alcuna
informazione, come se nel farlo fosse venuto meno ad una qualche
promessa.
“Sua madre è un’insegnate del college,
diciamo
che sta cercando di aiutarlo. Certo, ormai il peggio è
passato, ma è difficile
tornare a fidarsi completamente di una persona che ti ha mentito per
mesi e
mesi.”, spiegò ancora.
“Harry è davvero un bravo ragazzo, ma è
molto
fragile, cerca ancora un modo per sfogare tutta la sua sofferenza.
Ormai ha
chiuso con la droga, per il sesso invece è tutta
un’altra storia. Sua madre lo
obbliga ad
incontrare una sua amica psicologa, ma lui proprio non vuole
vederla. Dice che l’idea di dover raccontare dei fatti
personali ad un’estranea
lo infastidisce e poi sta bene ora. Delle volte ha anche provato a
saltare gli
incontri, ma nella maggior parte dei casi sua madre se
n’è accorta, hanno
litigato e poi lui è stato costretto ad andare, come
l’altro giorno. È molto
legato a lei, si sente in debito nei suoi confronti, dopo tutto quello
che è
successo, per questo alla fine acconsente sempre.”, concluse
infine.
Rimasi sorpresa dalla crudezza del racconto,
non avrei mai immaginato che dietro quel faccino strafottente e quegli
occhi
verdi si nascondesse un passato del genere.
Che quella
telefonata ricevuta in mensa fosse stata fatta proprio da sua madre?
Possibile
che a tubarlo in quel modo fosse stata l’idea di doverla
raggiungere chissà in
quale studio di quale psicologo?
“Tu
però stagli alla larga. Non è pericoloso,
ma non è neanche salutare.”, mi
raccomandò riscuotendomi dall’abisso in cui ero
momentaneamente precipitata.
“Tranquillo, non ho la minima intenzione di
diventare sua amica!”, dichiarai, ma non capii neppure io se
e quanto fossero
veritiere le mie parole.
“A proposito di amici, com’è questa
storia di
Niall?”, mi domandò Louis, recuperando la sua
solita espressione ilare.
Sorrisi anche io, nel tentativo di alleggerire
la tensione che si era creata poco prima.
“Davvero ti ha chiesto il mio numero? E tu
glielo hai dato?”, chiesi conferma, gioendo come una bambina
a cui era stata
appena regalata una bambola che tanto desiderava.
Mio fratello si fece scappare una leggera
risata, divertito dalla mia reazione.
“Certo che sì! E poi Niall è un
bravissimo
ragazzo! Secondo me insieme stareste davvero bene!”,
commentò lui.
Non riuscii a capire se fosse serio o se,
invece, mi stesse prendendo in giro, ma preferii sorvolare su
quell’affermazione.
“E poi ho saputo che anche Zayn ha fatto
ottime conoscenze! Non fa altro che ripetere quanto sia affascinante
Allie!”,
riprese mio fratello, ridendo di gusto.
Risi anche io, immaginando tutti i commenti
poco carini che, invece, aveva fatto la mia amica riguardo al ragazzo
dal ciuffo
alto quanto un grattacielo.
“Peccato che lei non la pensi allo stesso
modo!”, replicai.
Louis smise di ridere, per poi concentrare
tutto il suo sguardo su di me.
“Mi sono mancate queste chiacchierate
confidenziali a quattr’occhi.”, mormorò
con voce ricolma d’emozione.
“Anche
a me.”, sussurrai, prima di abbracciarlo.
---
Angolo Autrice
Ladies and gentlemen, rieccomi qui!:D Buonasera a tutti!:D
Ok, lo so, gli aggiornamenti sono lentissimi, ma la scuola mi sta
proprio uccidendo!
Insomma, è l'ultima settimana prima della chiusura del
quadrmestre
e i prof ci stanno letteralmente stressando!
Insomma, basti pensare che per lunedì ho due temi da
consegnare,
martedì compito di storia dell'altre, mercoledì
filosofia, giovedì scienze e venerì matematica...
sabato, se sarò ancora viva, tornerò ovviamente
qui a postare il capitolo successivo!;)
Anyway, meglio tralasciale l'incubo, più comunemente
chiamato scuola,
e dedicarsi a voi!
Ma grazie carissime!!<3
Insomma, grazie a chi segue, preferisce o ricorda!!*.*
E grazie a chi lascia un commento, davvero!!<3
Adoro le vostre parole ed il modo in cui riuscite a darmi la carica per
scrivere!!!:D
Beh, commento velocissimamente il capitolo!
Harry si avvicina alla nostra piccoletta e lei lo lascia fare,
ma sul più bello arriva il caro e dolce Louis!:D
E sarà proprio lui a spiegare qualcosa di più sul
passato del riccio.
Ho voluto evitare la scena drammatica in cui è lo stesso
Harry a raccontarla,
anche perché in ogni caso avrei dovuto attendere molto di
più prima di inserirla,
visto che ancora non c'è quel grado di confidenza necessaria.
E sul finale Louis fa il tifo per Niall!:D Tra poco arriverà
anche lui!!;)
Ok, non dico altro...
Spero gradiate il capitolo, in ogni caso mi piacerebbe conoscere le
vostre idee!!
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 11 *** I don't have the answer. ***
d
Take
me home
I don't have the
answer.
"Allora,
prometti che verrai domani
sera?", mi chiese conferma Niall per l'ennesima volta dall'altro capo
del
telefono.
Sorrisi, scuotendo leggermente il capo in
segno di rassegnazione: a Niall non bastava una semplice certezza, lui
voleva
molto molto di più, probabilmente non gli sarebbe bastata
neppure una firma su
carta bianca.
"Niall, dovesse cascare il mondo, io ci
sarò!", riprovai formulando in maniera diversa lo stesso
concetto di cui
cercavo di convincerlo da oltre dieci minuti.
Quel pomeriggio avevo chiamato mio fratello,
come ero solita fare il venerdì a fine lezioni, ma non avevo
ancora fatto i
conti con i suoi amici che, di tanto in tanto, gli invadevano casa.
Così, dopo una breve conversazione, Tommo era
stato costretto a passare il telefono a Niall, il quale aveva
più volte
ribadito l'invito ad una serata in un locale di Londra dove quel sabato
sera
avrebbero cantato.
Era da tanto tempo che non sentivo mio
fratello esibirsi, dunque ci avevo messo davvero poco ad accettare, ma
nonostante ciò il biondino continuava a ripetere quanto
felice sarebbe stato se
avessi confermato la mia presenza.
"Non vedo l'ora che arrivi domani
allora!", esclamò, probabilmente dopo essersi convinto
abbastanza delle
mie parole.
"Amore mio!", urlò una voce, quella
di Louis, intento a fare chissà cosa nel salone del suo
appartamento.
Sorrisi nell'immaginare l'affettuoso saluto
che stava riservando alla sua ragazza, convinta che quella frase fosse
indirizzata a lei.
"C'è Eleanor?", chiesi per conferma
a Niall.
La sua leggera e fresca risata arrivò dritta
alle mie orecchie, facendomi dubitare.
"In realtà è appena tornato Harry dopo un
pomeriggio piuttosto focoso!", scherzò lui, ridendo
chissà per quale
motivo, poi.
Quella rivelazione mi prese del tutto alla
sprovvista, tanto che non seppi cosa rispondere.
Rimasi in silenzio per qualche secondo,
rimuginando su ciò che aveva appena detto il biondino.
"Lizzie, ci sei?", mi richiamò lui,
non avendo ricevuto alcuna risposta.
"Certo che ci sono!", ripresi
allora, cercando di modulare la mia voce fino a farla apparire del
tutto
neutrale.
In realtà non sapevo bene come avrei potuto o
dovuto reagire a quella scomoda verità, ma mi convinsi che
la cosa giusta da
fare era ignorarla.
"Niall, scusami! È appena arrivata Allie,
devo andare! Ci vediamo domani, salutami tutti!", mentii con l'intento
di
terminare quanto prima quella telefonata.
Non gli diedi neppure il tempo di ricambiare,
che già avevo chiuso.
Mi lasciai cadere sul letto, ripensando agli
avvenimenti dell'ultimo periodo.
Dopo quel quasi bacio, con Harry non avevo più
parlato. Lo avevo visto solo due volte quella settimana, ma in entrambe
le
occasioni era in dolce compagnia, così avevo finto di non
essermi accorta della
sua presenza.
Non sapevo come e in che misura le parole di
Louis avessero influenzato i miei atteggiamenti, spingendomi ad
allontanarmi da
lui e dai suoi problemi di cui ero venuta a conoscenza in maniera
indiretta.
La testa pareva scoppiarmi, i pensieri si
perdevano in essa fino rimbombare fastidiosamente, dandomi la nausea.
Chiusi gli occhi, nel tentativo di recuperare
un po' di quella pace interiore che avevo perso ormai da tempo. Pochi
istanti
dopo percepii il mio corpo rilassarsi, fino a lasciarsi andare del
tutto.
"Ehi, bella addormentata!", mi
chiamò Allie facendo capolinea sulla soglia della nostra
stanza.
Probabilmente dovevo essermi appisolata sul
letto, tanto che non avevo neppure sentito la chiave girare nella toppa
della
serratura prima del suo arrivo.
Quell'ultimo periodo era stato particolarmente
stressante a causa dei mille lavori che avevo dovuto consegnare per la
fine del
primo bimestre e di tempo per riposare ne avevo avuto ben poco.
"Ciao,", mugugnai con la voce
impastata dal sonno, mentre mi raggomitolavo meglio su me stessa a
causa del
freddo.
"È successo qualcosa?", mi chiese la
mia compagna di stanza, richiudendo la porta alle sue spalle, per poi
raggiungermi sul mio letto.
Si sedette accanto a me e con una mano prese
ad accarezzarmi la schiena, forse nel tentativo di infondermi maggiore
tranquillità.
Non risposi, nascosi semplicemente il viso sul
piumone sul quale eravamo appoggiate.
Allie si alzò un attimo, solo per togliere il
cappotto che ancora indossava, poi si riavvicinò veloce a me.
"Allora, qual è il problema?", mi
domandò con voce rassicurante e calda.
In realtà non sapevo con esattezza a cosa
fosse dovuto il malumore che si era impossessato di me subito dopo
quella
telefonata.
Ero solo consapevole del fatto che quel nome,
quello del riccio, aveva rievocato in me il ricordo di quel giorno in
biblioteca, evidenziando la debolezza del mio comportamento.
A questo si aggiungeva la costante pressione a
cui ero stata sottoposta per non arretrare gli studi e la lontananza da
casa.
"Non lo so.", riuscii solo a dire
con un filo di voce.
Lei non chiese altro. Mi circondò le spalle
con le sue braccia, per poi abbracciarmi.
"Qualsiasi cosa sia, sappi che andrà
tutto bene!", aggiunse poco dopo, tra i miei capelli.
Accennai ad un lieve sorriso, prima di
scostarmi per mettermi seduta al suo fianco.
"A te come sta andando con Ryan?",
le chiesi nel palese tentativo di cambiare argomento.
Allie sorrise, poi iniziò a giocare con una
ciocca dei suoi biondi capelli.
"In verità con lui procede tutto bene, ma
non mi interessa affatto! Diciamo che costituisce una specie di
diversivo
nell'attesa che Liam mi noti!", spiegò con estrema
naturalezza, tanto da
far sembrare razionale un ragionamento assurdo e superficiale come il
suo.
"Non credi che usare un ragazzo sia
un'azione davvero poco nobile?", le feci notare.
Non volevo farle la ramanzina, ma non riuscivo
assolutamente a tacere a riguardo.
Insomma, Allison era davvero una brava
ragazza, ma allora perché continuava con questa farsa della
ribelle senza
cuore?
Lei scosse il capo.
"Sono ancora troppo giovane per mettere
la testa a posto.", ribatté lei, non preoccupandosi
minimamente del fatto
che non condividessi per nulla il suo stile di vita.
"Piuttosto, credi che lo rivedrò
presto?", mi domandò con gli occhi luccicanti ed
un'espressione sognante.
A quelle parole ricordai la conversazione
telefonica che avevo avuto poco prima con Niall, riguardo alla serata
del giorno successivo.
"Se vuoi domani puoi venire con
me!", le proposi, catturando la sua attenzione.
Nonostante non avesse capito a cosa mi stessi
riferendo, continuava a guardarmi curiosa, in attesa che continuassi.
"Louis e Niall mi hanno invitata in un
locale dove si esibiranno domani sera con il resto della band. Potresti
accompagnarmi!", chiarii allora.
Il suo viso si illuminò all'istante. Afferrò
svelta le mie mani, per poi stringerle tra le sue con fare esultante ed
elettrizzato.
"Ma io ti adoro! Certo che vengo con
te!", trillò in un impeto di gioia, prima di abbracciarmi e
riempirmi le
guance con decine di baci.
"Si va bene, ho afferrato il
concetto.", provai a dire, nel tentativo di tranquillizzarla, anche
perché
di quel passo mi avrebbe di certo strangolata nel giro di pochi minuti.
"Cioè, già mi immagino la scena, sarà
tutto perfetto!", continuò lei scansandosi di poco, il
necessario per
lasciarmi respirare.
"Lui mi vedrà, mi dedicherà una sua canzone
e quando scenderà dal palco mi verrà incontro, mi
dichiarerà il suo amore e ci
baceremo fino a domani mattina!", farneticò con gli occhi
persi nel vuoto,
intenta ad immaginare tutto nei minimi dettagli.
Scossi lievemente il capo, sorridendo alla
vista della sua reazione.
"Giulietta, sappi che oltre al tuo Romeo
ci sarà anche Zayn!", la informai.
Il suo sorriso si spense all'istante, mentre
il suo viso si tramutò in un'espressione di disgusto.
"Giusto, quasi avevo dimenticato che
anche lui facesse parte del gruppo.", borbottò con aria di
sufficienza.
Nonostante si era dimostrata sempre
disponibile al gioco del ragazzo con il ciuffo alto, non lo aveva mai
sopportato per davvero.
Le piaceva giocare con lui, ma non le piaceva
affatto lui.
Per di più si era accorta di come negli ultimi
tempi il ragazzo le ronzasse particolarmente intorno, il che, a detta
di
Allison, non era per nulla un buon segno.
"Almeno Louis e Niall sono
simpatici.", aggiunse come se quella consapevolezza potesse consolarla.
Sorrisi alle sue parole, poi afferrai la
barretta di cioccolato che tenevo sul comodino, addentandola.
"Ti sei mai sentita confusa fino al punto
di non capire neppure il motivo e l'oggetto della tua confusione?",
sbottai tutto d'un tratto, dopo qualche secondo di assoluto silenzio.
"Tu lo sei?", mi domandò lei in
replica, senza rispondere.
Perché
mi
sentivo frastornata?
Perché non
avevo respinto Harry quel giorno in biblioteca?
Fino a che
punto ero disposta a rischiare pur di provare ciò che mai
avevo provato?
Quanto mi
sarebbe costato uscire da quella bolla di sapone che per anni era stata
inaccessibile per tutti?
"Sì.",
mi lasciai scappare ancor
prima di rendermene conto.
Allie si avvicinò a me, poi prese la barretta
che tenevo tra le mani e ne diede un morso.
"Capita a tutti, prima o poi.", mi
rincuorò.
"Harry stava per baciarmi ed io non mi
sono tirata indietro.", confessai tutto d'un fiato e in quello stesso
istante in cui le mie parole riecheggiarono nella stanza percepii il
mio corpo
liberarsi di un peso opprimente, fino a farmi sentire più
leggera.
Allie spalancò gli occhi, fissandomi incredula.
"Se non fosse stato per l'arrivo di Louis
ci saremmo baciati.", continuai facendomi forza.
"Diamine, me lo dici così?", quasi
mi rimproverò lei, puntando il suo indice contro di me.
Corrugai la fronte, osservandola scettica.
"Volevi dei volantini per caso?",
scherzai allora, facendola sorridere.
"E domani cosa farai quando lo
vedrai?", mi chiese riprendendo a mangiare altro cioccolato.
Socchiusi gli occhi, spaventata da quella
prospettiva.
"Non lo so, è imbarazzante.", ammisi
sincera, portando le mani all'altezza delle tempie, massaggiandole.
"Certo che per essere alle prime armi ti
incasini già piuttosto bene!", commentò lei
ironica.
"Che vuoi dire?", le chiesi
inarcando le sopracciglia, chiara espressione del fatto che non avessi
capito
il riferimento che aveva appena fatto Allison.
"Ryan mi ha detto che Jack ti ha fatto le
scuse, non è che per caso ci sia Harry di mezzo?", mi
provocò con fare
ovvio.
Perché?
La
fissai per interminabili secondi, cercando
di trovare una risposta a quella miriade di domande che affollava la
mia mente.
"Andiamo, Ryan mi ha detto che negli utlimi giorni quei due si sono
visti un paio di volte, ma sanno tutti che da mesi non si parlavano
più, il che è davvero strano se si considera che
fino a meno di un anno fa erano inseparabili! Insomma, è
tutto così assurdo: prima amici, poi nemici ed ora
conoscenti", sentenziò con aria risoluta.
"Non credo, sicuramente deve esserci un
malinteso.", mi affrettai a dire.
"Malinteso o no, qui gatta ci cova. Io non mi fiderei
affatto, chissà cosa ci sarà
sotto.", iniziò a dire
Allison, gesticolando per dare maggior enfasi alle sue parole.
Mi pietrificai all'istante, il sangue parve
gelarmi nelle vene.
"Tu non preoccuparti, cerca solo di lasciarlo
perdere per un po'.", concluse dopo aver ripreso fiato.
Perché
anche
lei mi consigliava di stargli alla larga?
Che avesse
qualche malattia contagiosa da infettare al primo sciagurato di turno?
Assurdo.
"Tranquilla, ho già provveduto a
mantenere le distanze di sicurezza, anche perché mi sta
sempre più
antipatico!", la rassicurai.
Non sapevo se le mie parole fossero vere
oppure no, sapevo soltanto che per il momento ne avevo davvero
abbastanza di
tutte quelle chiacchiere sul suo conto.
"Allora, hai già pensato a cosa mettere
domani per fare colpo su Liam?", esordii poi all'indirizzo della
bionda,
cercando già per la seconda volta in quel pomeriggio di
sviare la conversazione
su altri argomenti.
Lei mi sorrise, poi fui subito travolta da un
fiume di parole ed esuberanza, che ci avrebbe tenute impegnate ancora
per
molto.
Sì, bastava
anche solo nominare Liam per mettere fuori gioco Allison.
---
Angolo Autrice
Lo so, sono in super-ritardo e chiedo scusa per questo!
Sappiate che la causa è esclusivamente la mancanza di tempo,
considerato che la scuola ha monopolizzato le mie giornate!-.-
Anyway, ne approfitto per fare gli auguri al caro e dolce Harry!!!*.*
Happy B-day!!!<3
Grazie a quelle meravigliose persone che hanno lasciato una recensione,
grazie a chi ha inserito la storia tra le seguite, le preferite o le
ricordate
e grazie a chi legge!*.*
Ok, sono davvero di fretta oggi, quindi non mi dilungo!
Anche perché spero di aggiornare a brevissimo!;)
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacione a tutte!:*
Alla prossima!
Astrea_
|
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Capitolo 12 *** In your lips and in your kiss. ***
g
Take
me home
In your lips and
in your kiss.
Io
ed Allie avevamo preso un taxi per
raggiungere il locale dove quella sera si sarebbe esibito il gruppo di
mio
fratello. Nonostante la bionda conoscesse molto bene la sua
città, avevamo
preferito non correre rischi ed affidarci a chi di certo non si sarebbe
perso
tra le strade londinesi.
Anche per l’occasione la mia compagna di
stanza era riuscita a farmi indossare un abito che non rientrava
propriamente
nel mio stile, ma questa volta non aveva esagerato.
Non era eccessivamente corto, né
particolarmente attillato, l’unica particolarità
era rappresentata dalla
profonda scollatura che si apriva sulle spalle e che scendeva
giù fino a
qualche centimetro dal mio fondoschiena.
Il blu notte del vestito contrastava con il
chiarore della mia pelle. Avevo raccolto i capelli in uno chignon, dal
quale
ricadevano delle ciocche le cui punte accarezzavano la mia pelle nuda.
Allie, invece, aveva optato per un vestito
color panna, il cui corpetto si apriva al di sotto del seno,
cosicché la stoffa
le scendesse morbida lungo i fianchi.
Appena entrate nel locale ci dirigemmo verso
il palco, consapevoli del fatto che di lì a poco ci sarebbe
stata l’esibizione
di Louis.
Se da un lato ero decisamente elettrizzata
all’idea di poter sentire mio fratello cantare,
dall’altra percepivo
distintamente un crescente senso di disagio causato dalla certezza che,
su quel
palco, ci sarebbe stato anche Harry.
Allie aveva passato tutto il pomeriggio a
simulare qualsiasi tipo di circostanza, così da prepararmi
ad ogni eventualità,
ma la sola possibilità che forse a fine serata avrei dovuto
parlare con il
ricco mi spaventava molto più del dovuto.
La musica mixata dal dj risuonava in quella
sala, affollata da circa un centinaio di persone.
Qualcuno ballava a ritmo, qualcun altro,
invece, continuava a scolare bicchieri e bicchieri di cocktail nei
pressi del
bancone.
“Non vedo l’ora che inizino! Sono proprio
curiosa di ascoltare Liam!”, trillò entusiasta
Allie, fermandosi a pochi
centimetri dal piccolo palco che probabilmente era stato allestito per
l’occasione.
“Da quello che ricordo, la band di mio
fratello non è granché, del resto è
per questo che sono ancora così poco
conosciuti.”, la informai, nel tentativo di evitarle una
futura delusione.
Insomma, se dopo anni ed anni di tentativi
ancora non erano riusciti ad affermarsi nel mondo della musica allora
probabilmente non l’avrebbero mai fatto.
“Magari un giorno lo saranno!”
controbatté lei
con ottimismo.
Storsi il labbro, poi corrugai la fronte
assumendo un’espressione scettica.
“Ma non riusciamo proprio a vederli prima che
inizi l’esibizione?”, mi chiese subito dopo, non
lasciandomi neppure il tempo
di rispondere alla sua precedente affermazione.
“Non credo, dovrebbero iniziare a momenti.”,
chiarii ricordando perfettamente l’orario che Niall mi aveva
più volte ripetuto
per assicurarsi che non arrivassi in ritardo.
Ad un tratto la musica si bloccò e le luci si
abbassarono, così da destare l’attenzione di tutti
i presenti in sala. Fu solo
questione di attimi prima che i riflettori furono nuovamente puntati
sul palco
ancora vuoto. Con lo sguardo cercai di capire cosa stesse succedendo.
“Hi guys!”, iniziò una ragazza
afferrando un
microfono. “Stasera ho l’onore di presentarvi un
emergente gruppo inglese: in
esclusiva per voi, ecco gli One Direction!”,
annunciò prima di affiancare il dj che fino a poco prima era
alla console.
La musica di una canzone a me sconosciuta
partì, subito seguita da un gioco di luci colorate.
Allie afferrò la mia mano con foga, quasi
stritolandomela.
“Tra poco lo vedrò!”, urlò al
mio orecchio per
sovrastare le note.
Oh I just wanna take you anywhere that you like
We
can go out any day any night
Baby
I'll take you there take you there
Baby
I'll take you there, there
Il
primo a mostrarsi fu Zayn, subito accolto
da una serie di urla di incitamento.
Indossava dei pantaloni grigi, una maglietta
blu e una giacca in pelle nera, le cui maniche erano piegate
all’altezza del
gomito. Teneva il microfono con la mano destra e
sull’avambraccio notai
immediatamente una serie di tatuaggi.
Dovetti ammettere che, nonostante il suo stile
stravagante, aveva una voce degna di lode.
Poi l’immagine di Harry si parò davanti ai
miei occhi. Aveva dei semplici jeans grigi, una maglietta bianca e una
giacca
nera dal cui taschino fuoriusciva un lembo di un fazzoletto blu.
Oh tell me tell me tell me how to turn your
love on
You
can get get anything that you want
Baby
just shout it out shout it out
Baby
just shout it out
Harry
fece qualche passo in avanti, arrivando
sul bordo di quel piccolo palco. Muoveva la mano sinistra a ritmo di
musica,
enfatizzando le parole con gesti plateali.
Lo guardavo con sguardo assorto, rapito, non
riuscivo in alcun modo a concentrarmi su altro che non fosse lui.
Solo quando percepii la mano di Allie
stringermi il polso fui costretta a spostare lo sguardo per rivolgerlo
alla mia
amica.
“Liam!”, urlò lei, avendo notato che il
ragazzo da lei nominato era appena salito sul palco.
Indossava dei pantaloni neri ed una camicia a
quadri grigia e azzurra, abbottonata sino al colletto.
Si fece di poco più avanti e con il braccio
sinistro indicò qualcuno tra la folla proprio mentre la sua
voce iniziava a
propagarsi in tutta la sala.
And if you
You
want me to
Lets
make a move, yeah
Subito
Allie alzò le braccia, scuotendole seguendo
l’andamento della canzone, e dedussi che con quel gesto
volesse provare ad
attirare l’attenzione del ragazzo.
Probabilmente per un colpo di pura fortuna,
riuscì nel suo intento, tanto che vidi distintamente Liam
posare gli occhi su
Allie e sorriderle nell’esatto momento in cui Harry riprese
la parola, prima
che partisse quello che compresi essere il ritornello.
Anche Louis e Niall fecero il loro ingresso
sul palco.
Touch
You
get this kinda rush.
Let
me say yeah a
yeah a yeah yeah a yeah
Immediatamente
il mio sguardo incrociò quello di mio
fratello.
Gli sorrisi nel vederlo finalmente cantare davanti ad un pubblico,
solitamente ero abituata a sentirlo in esclusiva nel salotto di casa.
Era bello percepire che la sua musica, la sua voce riscuotessero
successo in quel locale e per un istante pensai che forse il suo sogno,
un
giorno, si sarebbe davvero potuto realizzare.
Louis indossava dei jeans neri dai quali pendevano le sue amate
bretelle
e una camicia azzurra.
Si muoveva con fare sicuro, ma dal suo sguardo intuivo chiaramente
tutta
la tensione a cui doveva essere sottoposto in quel momento.
Mio fratello all’apparenza era un burlone che ostentava
sicurezza, in
realtà i suoi modi di fare erano soltanto un diversivo per
nascondere le sue
insicurezze.
If
you don't wanna take this
slow
If
you just wanna take me home
Let
me say yeah a yeah a yeah yeah a yeah
Harry
si portò al centro del palco e i riflettori si puntarono
tutti su di lui, ma fu solo questione di pochi attimi.
And
let me kiss you
Cantò
quelle parole nell’istante esatto in cui
i nostri occhi si incrociarono per appena una frazione di secondo.
Non ebbi neppure il tempo di comprendere cosa
mi stesse succedendo, sentii solo il mio stomaco aggrovigliarsi, poi le
luci
calarono e fui immensamente grata per quel provvidenziale momento di
buio che
ci diede modo di spostare lo sguardo altrove.
Oh baby, baby don't you know you got what I need
Lookin'
so good from your head to your feet
C'mon
come over here over here
C'mon
come over here yeah
Zayn
riprese la seconda parte della canzone,
questa volta con più disinvoltura, tanto che quando
notò Allie in prima fila le
indirizzò un frettoloso bacio.
“Ma perché queste cose non le fa Liam?”,
si
lamentò lei a pochi centimetri dal mio orecchio,
così che potessi sentire la sua
voce nonostante l’elevato volume della musica.
Soffocai una risata, concentrandomi sulla
figura di Niall che avanzava sul palco e che, prima di allora, avevo
quasi del
tutto ignorato.
Indossava dei pantaloni blu, una polo bianca
ed un semplice cardigan grigio chiaro. Il suo viso era sereno,
sorrideva mentre
cantava il suo pezzo.
Oh I just wanna show you off to all of my
friends
Makin'
them drool down their chiney chin chins
Baby
be mine tonight, mine tonight
Baby
be mine tonight yeah
Tutta
la sua dolcezza sembrava aver lasciato
posto all’esuberanza, a quella travolgente grinta che Niall
ostentava sul
palco, cantando.
Poi, ancor prima che riuscissi a sentire la
voce di Liam, Allie intrecciò la sua mano intorno alla mia,
stritolandomela per
l’emozione.
Che quel ragazzo le facesse uno strano effetto
ormai era molto più che palese, ma di questo passo ben
presto se ne sarebbe
accorto lo stesso Liam.
Allie lo fissava con sguardo sognante,
immaginando chissà cosa nella sua mente.
I suoi occhi luccicavano, le sue labbra erano
piegate in un ebete sorriso, continuava a tenere lo sguardo fermo su
Liam
nonostante avesse finito il suo pezzo e il ritornello fosse ripartito.
Sorrisi anche io nel vederla così presa dai
suoi pensieri, poi tornai a concentrarmi sui cinque ragazzi.
Si muovevano bene sul palco, ne sembravano i
padroni indiscussi. I loro gesti non erano per nulla impacciati,
esagerati o
inappropriati. Saltavano, gesticolavano, sorridevano come se fossero
abituati a
trovarsi al centro dell’attenzione.
Quando la canzone terminò si levò un fiume di
applausi e urla entusiaste, testimoni del grande successo che avevano
appena
riscosso, ma poi queste furono ben presto interrotte
dall’inizio della
successiva canzone.
You’re
so pretty when you cry, when you cry
Wasn’t ready to hear you say goodbye
Now you’re tearing me apart
Tearing me apart
You’re
tearing me apart
Questa
volta fu Niall ad iniziare. Percepivo
distintamente i suoi occhi puntati su di me, mentre pronunciava quelle
dolci
parole, forse nel tentativo di stabilire un contatto con la
sottoscritta, ma i
miei vagavano altrove. Osservai minuziosamente tutto ciò che
era presente su
quel palco, poi solo quando trovai la testa riccia di Harry capii che
era lui
che, seppur inconsapevolmente, stavo cercando.
Perché?
Lui
era appoggiato ad un’enorme amplificatore,
in penombra, probabilmente stava approfittando di quei pochi attimi per
riprendere fiato.
Detestavo quello strana sensazione, detestavo
il fatto che lo stessi osservando e, più di ogni altra cosa,
detestavo non
riuscire ancora ad ignorarlo completamente.
“Elisabeth!”, mi sentii chiamare da una voce
femminile piuttosto familiare.
Mi voltai di scatto fino ad incontrare il
volto di Eleanor, la fidanzata di mio fratello.
“Ciao El!”, la salutai con gioia, poi ci
scambiammo due baci sulle guance con fare affettuoso.
“Lou mi aveva detto che saresti venuta, ma non
l’avevo preso mica sul serio io!”,
continuò immediatamente dopo, lanciando una
fugace occhiata al suo ragazzo che proprio in quel momento la
salutò dal palco
con un veloce cenno della mano sinistra.
Lei sorrise, poi scosse leggermente il capo,
mentre con la mano destra salutava Louis di rimando.
“Lei è Allie, una mia amica.”, esordii
presentandole la bionda accanto a me che fino a quel momento aveva
osservato la
scena senza poterne prendere parte.
“Piacere di conoscerti!”, esclamò
Eleanor
stringendole la mano.
Allison ricambiò la stretta.
“Allora, come vi sembrano?”, ci chiese
facendosi più vicina ai nostri visi.
“Liam è fantastico!”,
confessò Allie quasi
gongolando.
Lei non era affatto timida o riservata, ma
nonostante ciò rimasi stupita dalla franchezza della sua
esclamazione.
Eleanor si lasciò scappare una leggera risata.
“Non dirmi che anche lui ha fatto colpo?”, le
chiese, ma la sua era una domanda retorica.
“Di solito Liam è il più mansueto del
gruppo!”, aggiunse poco dopo, probabilmente sorpresa da
quella rivelazione.
Allison iniziò a gesticolare, poi parve riflettere,
come se volesse pesare bene le parole che avrebbe detto in risposta.
“Colpo è una parola grossa, diciamo che
è
interessante.”, chiarì facendo spallucce.
“Non sono male, comunque!”, mi intromisi per
sviare del tutto l’argomento.
Non mi andava di parlare di ragazzi,
soprattutto se si trattava di quei ragazzi.
“Sono migliorati molto negli ultimi mesi.”,
m’informò Eleanor. “Certo, non sono
famosi, ma almeno adesso fanno due serate a
settimana e vengono pagati anche piuttosto bene.”,
precisò poco dopo.
Continuammo a chiacchierare tra di noi,
mantenendoci su discorsi piuttosto generali riguardanti Londra, il
college, la
famiglia. Di tanto in tanto Eleanor si incantava a guardare Louis,
intento in
un assolo o a giocherellare con gli altri componenti del gruppo, mentre
Allie
si astraeva per potersi meglio concentrare sul castano che ormai
occupava il
centro di tutti i suoi pensieri.
Proseguirono la loro scaletta e mi diedi della
pessima sorella quando mi accorsi di non conoscere neppure uno dei
titoli delle
canzoni che cantarono quella sera. Eleanor ne conosceva persino i testi
a memoria,
non faceva altro che canticchiarli allegramente, imitando in modo buffo
le
facce che Louis era solito fare.
It’s
in your lips and in your kiss
Come
una calamita fui attratta da quella voce
calda che mi portò a voltarmi di scatto in direzione del
palco, di colui che
cantava in quel momento e subito mi imbattei su una chiama riccia e
scombinata.
L’atmosfera era completamente cambiata, le
luci soffuse e quella quiete apparente che si era ricreata in sala si
accordavano perfettamente con i toni più dolci di quella
melodia. Harry era
fermo, al centro del palco, gli altri erano disposti ai suoi lati. Con
la mano
destra teneva il microfono, l’altra invece era poggiata
all’altezza del suo
petto, sul cuore. Il suo viso era rilassato, tranquillo, mentre i suoi
occhi
erano puntati sul pubblico. Le labbra erano leggermente curvate, come
ad
accennare un lieve flebile sorriso.
It’s
in your touch and fingertips
Il
suo sguardo cadde improvvisamente su di me.
D’un tratto le voci di Allie ed Eleanor mi parvero
affievolirsi, giungevano al
mio orecchio come un parlottare lontano e sconnesso che non riuscivo a
comprendere.
Tutto intorno a me sembrò oscurarsi. Sentivo
il mio respiro sempre più pesante ed irregolare.
Harry si fece ancora più avanti, deviando
leggermente in mia direzione, ormai ci separavano soltanto un paio di
metri.
And
it’s in all the things and other things
That make you who you are
Odiavo
quella sensazione di leggerezza che si
era impadronita del mio corpo, ne odiavo la causa.
Cercai di impormi di spostare lo sguardo, ma
il mio corpo non volle darmi ascolto per nessun motivo. Quel contatto
visivo
era come vitale per me.
Con un gesto lento Harry serrò la mano, per poi far scendere il braccio
lungo il
suo fianco.
Dai sui movimenti, dai suoi occhi verdi ed
intensi non traspariva la solita arroganza, ma quasi dolcezza. Rimasi
così,
immobile, come ipnotizzata dal suo sguardo, o forse dal suo sorriso
appena
accentato, o dalla sua voce, o magari da tutto quell’insieme
di cose, incapace
di fare altro.
And your
eyes irresistible
“Adoro
questa canzone!”, esclamò Eleanor,
aggrappandosi al mio braccio.
Quel suo gesto mi riscosse completamente da
quel turbinio di forti emozioni che mi aveva avvolta e, nella mia
mente, la
ringraziai profondamente per ciò che, inconsciamente, aveva
appena fatto.
“Sì, non è male.”, concordai
con poco
entusiasmo, ancora troppo scossa, mentre la musica si affievoliva
sempre più,
segno che anche quella canzone stava per giungere al termine.
Lei piegò le labbra in una smorfia, non
soddisfatta della mia risposta.
“A me sono piaciute tutte tantissimo!”,
commentò allora Allie, trillando.
Sul palco si accesero tutte le luci, mentre i
ragazzi si raggrupparono al centro.
“Ed ora lasciate che ve li presenti uno ad
uno!”, esordì la stessa ragazza che li aveva
annunciati al loro ingresso,
mentre prendeva posto tra loro. “Questi sono Zayn, Liam,
Harry, Niall e
Louis!”, annunciò indicandoli.
Immediatamente mi accodai al lungo e forte
applauso che era già partito, evitando accuratamente di
guardare in direzione
di Harry, piuttosto preferii volgermi verso Louis e Niall.
“È stato un vero piacere avervi con noi
stasera!”, continuò la ragazza, per poi scambiare
delle battute di circostanza.
“Venite con me!”, quasi ci ordinò
Eleanor,
afferrando me ed Allie per i polsi.
Louis e
gli altri erano ancora sul palco, se ne sentivano chiaramente le voci
impegnate
nelle solite frivole chiacchiere, dunque in un primo momento non capii
affatto
le intenzioni di El.
La seguimmo, fino a raggiungere il retro del
palco, e solo allora il suo piano mi divenne chiaro: semplicemente non
vedeva
l’ora di riabbracciare il suo amato, così
attendemmo il loro arrivo.
“Niall, sei stato bravissimo!”, esclamai non
appena lo vidi scendere dalle scalette.
Lui mi venne incontro sorridendomi, poi mi
abbracciò calorosamente. Ci misi qualche istante prima di
ricambiare, visto che
mi aveva colta del tutto alla sprovvista.
“Allie, ci sei anche tu!”, esordì Zayn
all’indirizzo della mia amica, raggiungendoci.
La vidi piegare le labbra in un sorriso
forzato, prima di salutarlo.
“Finalmente è andata! Ero esausto, mancava
poco che collassassi su quel palco!”, borbottò
allora Liam, affiancando Niall.
“Sei stato bravissimo, davvero! Complimenti!”,
disse immediatamente Allie, avvicinandosi di poco a lui con un sorriso
smagliante dipinto sul viso.
Liam sorrise, rilassandosi.
“Grazie!”, riuscì solo a dire,
portandosi una
mano tra i corti capelli e nel suo gesto mi sembrò cogliere
dell’imbarazzo.
“Ma se sono stato io il più bravo!”, la
voce di
Harry giunse al mio orecchio ancor prima che potessi vederlo,
procurandomi un’intensa
scossa lungo la schiena.
“Non dire sciocchezze! Urlavano tutte per
me!”, ribatté mio fratello in quella che doveva
essere una superficiale
discussione tra i due.
“Sbavavano tutte durante i miei assolo!”,
replicò allora Harry con aria di sfida comparendo finalmente
dalle scalette,
per poi lasciarsi cadere su una cassa a qualche metro da noi.
“Louis!”, quasi urlò Eleanor, prima di
catapultarsi sul suo ragazzo.
Sorridemmo tutti a quella scena, poi, come
fossimo amici di vecchia data, iniziammo a commentare la performance di
quella
serata, ridendo e scherzando.
Nonostante il clima confidenziale che si era
da subito instaurato tra di noi, continuavo a sentirmi a disagio, come
se
qualcuno tenesse gli occhi puntati su di me.
Cercai di ignorare quella fastidiosa
sensazione, fino a quando non mi trovai a far roteare il capo
all’ennesima battuta
di mio fratello. Fu in quel momento che gli occhi di Harry incrociarono
i miei.
Di scatto abbassai il volto, mentre percepii
le guance bollire ed imporporarsi.
Bastava la sua sola presenza a mandarmi in
crisi, bastava che ci trovassimo nella stessa stanza perché
il mio cervello
smettesse di ragionare, lasciando spazio al mio istinto.
Era come se quando ci fosse lui nei paraggi
fossi costretta a combattere tra ciò che la mia mente
ordinava di fare e ciò
che, invece, il mio cuore supplicava.
Lo sguardo di Harry, al contrario del mio, era
ancora puntato su di me, ne ero sicura, tanto che non ebbi neppure
bisogno di
verificarlo.
Temevo un nuovo contatto visivo con lui, consapevole
che anche solo un’ulteriore occhiata
avrebbe contribuito a far crescere il disagio che già
sentivo in sua presenza.
Solo quando si fu fatta l’una decidemmo che
era ora di tornare al campus.
Louis si offrì di accompagnare me ed Allie, ma
prontamente rifiutammo, consigliandogli di rimanere con Eleanor.
“Qui non prende, io vado a chiamare il taxi.”,
dichiarai allora ancora con il cellulare tra le mani.
“Va bene, io vado a prendere i cappotti
all’ingresso.”, aggiunse Allie, facendomi
l’occhiolino. “Liam, vieni con me?”,
chiese poi all’indirizzo del ragazzo, il quale, educato e
gentile com’era,
accettò di buon grado.
“Ci sentiamo domani! Buonanotte a tutti!”,
salutai, avviandomi in direzione dell’uscita.
Appena varcai la soglia del locale percepii
una folata di vento gelido colpire il mio corpo, eccessivamente
scoperto da
quel vestito.
Rabbrividii all’istante e con fretta composi
il numero del servizio taxi, sperando ce ne fosse almeno uno nei
paraggi, così
da non dover aspettare a lungo, poi attesi che Allie mi raggiungesse.
Ad un tratto sentii un leggero tocco sul
braccio, che subito attribuii alla mia amica.
“Ce ne hai messo di te…”, sbottai
voltandomi,
ma le parole mi morirono in gola quando i miei occhi incontrarono
quelli verdi
e luminosi di Harry.
Deglutii, mentre ancora continuavo a fissarlo,
incapace di fare o dire altro.
“Volevo…”, iniziò lui, con
voce bassa, ma lo
interruppi, avendo improvvisamente ritrovato un briciolo di sicurezza.
“Cosa ci fai qui?”, gli domandai, sovrastando
la sua voce.
Harry parve indugiare sulla risposta, tanto
che il suo sguardo si spostò per qualche attimo sul
marciapiede, prima di
incatenarsi nuovamente al mio.
Prese un lungo respiro, poi passò una mano tra
i ricci scombinati e finalmente si decise a proseguire.
“È ormai chiaro che tra me e te
c’è una specie
di attrazione, quindi direi che potremmo anche lasciarci andare per una
volta.”, sussurrò facendosi ad ogni parola
più vicino al mio viso.
La sua voce era bassa e roca, sembrava
combattuto, frustrato, indeciso ma sicuro allo stesso tempo. Le sue
parole
erano state una chiara ostentazione delle impressioni che aveva
percepito, come
se tramite esse volesse chiarire che era solo e soltanto lui a condurre
il
gioco.
I suoi occhi mi imploravano di assecondarlo,
ma al contempo parevano supplicarmi di scappare via.
Ormai ci dividevano solo pochi centimetri,
sarebbe bastato poco e le nostre labbra si sarebbero sfiorate, questa
volta per
davvero.
Era forse
impazzito?
Possibile
che anche in momenti come quello doveva essere così
sfacciatamente presuntuoso?
Avrei
voluto dirgli che in realtà non era
chiaro un bel niente, che non sopportavo affatto quei suoi modi di
fare, che
odiavo essere data per scontato, odiavo che decidesse lui anche per me,
ma i
suoi occhi, le sue mani che ora erano intrecciate alle mie rendevano
tutto più
complicato del previsto.
“Io…”, provai a dire, senza troppi
risultati.
Harry continuava a giocare con le mie dita,
mentre con il naso sfiorava ormai la mia fredda guancia. Sentivo il suo
respiro
sul mio collo, i suoi capelli, invece, stuzzicavano la mia fronte.
“Niente regole, solo per stasera.”,
mormorò
quasi sulle mie labbra, prima di circondare la mia vita con un braccio,
facendo
scontrare i nostri corpi.
Al mio orecchio quelle parole giunsero come
una supplica, un’impellente esigenza che entrambi sentivamo
urgere in quel
momento.
Le mie gambe tremavano per l’emozione e per la
paura.
Nonostante lo detestassi, ancora una volta
desiderai che mi baciasse e pregai con tutta me stessa che si decidesse
a
colmare quell’insignificante distanza che ancora ci divideva.
In quel momento non mi importava dei problemi
di Harry, delle raccomandazioni che mi aveva fatto Louis o dei miei
buoni
principi.
Volevo solo sentire quelle maledette labbra
premere sulle mie.
“Baciami.”, dissi con un filo di voce,
vergognandomi terribilmente per quella richiesta a cui non avevo saputo
rinunciare.
Harry parve sorprendersi al suono di quella
parola, ma poi le sue labbra si piegarono in uno splendido sorriso.
I suoi occhi erano ancora puntati nei miei
quando sfiorò con le labbra l’angolo della mia
bocca e fu in quell’istante che
li socchiusi.
Un attimo dopo le labbra di Harry erano
finalmente sulle mie.
---
Angolo Autrice
Salve gente!!!
Cioè, questa volta sono stata puntualissima nell'aggiornare
e pensate che lo sto facendo anche in movimento dal sedile posteriore
dell'auto!ù.ù
Comunque sia, questo periodo è davvero super-stressante,
ormai ve l'ho già detto talmente tante volte che sicuro
sarete stufe di sentire le mie lamentele,
quindi la chiudo qui con i miei problemi esistenziali!xD
Piuttosto, volevo ringraziare quelle meravigliose persone che
hanno aggiunto la storia tra le seguite, le ricordate e le preferite!*.*
Thanks a lot, girls!<3
E grazie a qurelle super-mitiche persone che hanno lasciato una
recensione!<3
Ma quanto vi adoro???*.*
Ah, ne approfitto anche per dirvi che appena avrò una
connessione più stabile
risponderò ringraziandovi singolarmente.
E visto che ci trovaimo in fase di ringraziamenti,
ringrazio anche quelle persone che leggono silenziosamente!:D
Beh, per quanto riguarda il capitolo c'è una sola cosa da
dire:
finalmente quei due si sono baciati!xD
Staremo a vedere che succederà ora!!!;)
Che dite, ci stava o dovevo aspettare ancora un po' prima che Lizzie lo
lasciasse fare?
Ah, ovviamnete ho aggiunto anche la dolce El,
che proprio non poteva mancare!:D
Ok, questo è quanto...
Anzi no, devo dire un'altra cosa: Harry is 19!!!!*.*
Ok, ho visto le foto del compleanno e sono "no comment"!xD
Vabbè ora stacco, prima che anche l'ultima linea di
connessione sparisca!-.-
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 13 *** The end of the night. ***
a
Take
me home
The end of the
night.
Scesi frettolosamente dalla macchina di Harry,
senza neppure aspettare che spegnesse del tutto il motore, del resto ne
avevo
sin sopra i capelli di quel silenzio snervante e di
quell’atmosfera
imbarazzante.
Avevamo tacitamente deciso di ignorare quello
che era successo quella sera, dopo la loro breve esibizione. In
realtà ancora
una volta era stato Harry a fare la sua mossa per primo, visto che la
mattina
successiva lo avevo visto seduto su una panchina nei pressi
dell’aula magna,
intento a sbaciucchiare una rossa senza alcun ritegno.
Così avevo agito di conseguenza, evitando
qualsiasi riferimento a quella serata, convinta che anche il solo
parlare
dell’accaduto con lui avrebbe contribuito a far aumentare il
suo già
spropositato ego e la sua irritante sicurezza.
Mi aveva baciata, o per meglio dire, ero stata io a
chiedergli di baciarmi, ma lui lo aveva fatto.
Tuttavia, tutto di lui, ogni suo gesto, ogni suo sgaurdo, ogni sua
parola, sembravano volermi suggerirmi quanto poca importanza avesse
avuto per lui quel gesto.
Forse, si era trattato solo di un bel modo per terminare la
serata, tutto qui. Evidentemente non aveva significato nulla.
Come se ciò non bastasse, Louis, ignaro di
tutto, aveva anche avuto la brillante idea di chiedere ad Harry di
accompagnarmi a casa loro, dove lo avrei incontrato, approfittando del
fatto
che quella mattina il riccio era comunque venuto al campus.
Varcai la soglia del supermercato, subito
seguita da Harry.
“Mi dispiace per la deviazione, devo solo
prendere alcune cose per stasera, visto che verranno degli amici a casa
ed il
supermercato era di strada.”, spiegò per la
seconda volta.
Non risposi neppure, annuii soltanto, poi
continuai a camminare senza una vera meta.
“Vieni di qua, servono patatine,
birre e magari pop corn!”, mi richiamò ad un
tratto, avevano intuito che non
avevo la benché minima voglia si seguirlo.
Mi voltai in sua direzione, con una chiara
espressione seccata, poi lui mi indicò la corsia alla sua
sinistra.
Istintivamente presi a mordicchiarmi il labbro
inferiore, cercando di decidere cosa sarebbe stato meglio fare.
Lui curvò le labbra in un incoraggiante
sorriso, forse nel tentativo di persuadermi, ed intensificò
lo sguardo.
Sospirai, poi incrociai le braccia al petto e
proseguii nella direzione che mi aveva indicato, passandogli ad appena
qualche
centimetro di distanza, tanto che sentii il mio corpo rabbrividire al
passaggio.
Di sottecchi vidi il suo sorriso svanire, come
fosse stato smorzato dal mio mutismo.
Di certo mi
stavo sbagliando.
“Meglio
vivace, campagnola, pomodoro o
grigliata?”, mi domandò poi ad un tratto,
fermandosi davanti ad uno scaffale,
indugiando sul pacchetto che sarebbe stato meglio comprare.
“No so, a me le patatine non piacciono poi
così tanto.”, risposi atona, facendo spallucce.
Lui voltò il viso in mia direzione, corrugando
la fronte.
“Come fanno a non piacerti le patatine?”, mi
chiese scettico.
Il suo sguardo inquisitorio fisso su di me mi
infastidiva molto più del dovuto, tanto che sperai che quel
breve scambio di
battute si concludesse presto.
“Sono grasse e per nulla salutari, preferisco
altri cibi.”, dichiarai con fare risoluto.
Lui sogghignò e sulle sue guance si scavarono due fossette.
Ignorai quella fastidiosa sensazione che
sentivo all’altezza dello stomaco e mi sforzai di pensare che
si trattasse solo
di fame, nonostante avessi appena pranzato.
“Stai forse dicendo che non mangi neppure
sandwich, hot dog, tramezzini, pizze e roba simile?”, mi
chiese ancora
sbigottito.
Aveva gli occhi ben spalancati per la sorpresa
e le labbra leggermente schiuse. La sue espressione incredula era quasi
buffa,
tanto che dovetti trattenere una risata, limitandomi ad un lieve
sorriso.
“Calmo Styles.”, lo ammonii, marcando bene il
suo cognome, così da fargli intendere in modo chiaro il
distacco che volevo
mantenere tra noi due. “Ho solo detto che preferisco altro
alle patatine.”,
aggiunsi poco dopo, atteggiandomi.
Harry prese tre pacchi di patatine, poi tornò
a fissarmi.
“Del tipo?”, riprese, forse nel tentativo di
far chiarezza su quella questione che ai suoi occhi doveva ancora
apparire del
tutto innaturale.
Rimasi spiazzata da tutta quella curiosità, ma
soprattutto dalla consapevolezza che rispondere a
quell’ennesima domanda
significava dover parlare di me, dei miei gusti.
D’istinto scartai i miei piatti preferiti, di
certo dirgli che adoravo il pesce non avrebbe contribuito a dare
un’immagine
meno sofisticata della sottoscritta.
“Le caramelle, preferisco le caramelle.”,
confessai di getto, annuendo con fare convinto, sorprendendomi di
quanto
naturale e sincera fosse giunta quella risposta.
Harry si spostò di qualche passo, fino a
raggiungere uno scaffale dove erano poggiate decine e decine di
pacchetti
contenenti caramelle di ogni forma o gusto.
“Io adoro le Haribo!”, esclamò
afferrando una
bustina di Happy Cola con tanto di zucchero.
Storsi il labbro, non soddisfatta della scelta
che aveva appena fatto.
Mi avvicinai con passo lento, mentre con lo
sguardo cercavo di scegliere tra le varietà proposte.
“Si dia il caso che le Haribo con la H
maiuscola siano queste, non quelle!”, controbattei
sventolandogli un pacchetto
di liquirizia sotto gli occhi.
“E queste!”, continuai subito dopo, afferrando
anche una bustina di orsacchiotti.
Harry sorrise compiaciuto, poi si passò veloce
la lingua sulle labbra.
“Davvero ottima scelta.”, affermò
soddisfatto,
prima di strapparmi dalle mani entrambe le confezioni.
“Io però aggiungerei anche le uova.”,
propose,
indicandole.
Lo fissai titubante, per nulla convinta delle
sue parole.
“Meglio le Berries.”, replicai allora, con
tono di intenditrice.
“Forse sarebbe il caso di prendere i cuori.”,
riprovò allora lui, soffermandosi con particolare attenzione
sull’ultima
parola.
Mi lanciò un veloce sguardo e percepii
il mio cuore perdere un battito.
“O magari le banane.”, aggiunse, indugiano
ancora una volta sull’ultima parola.
“Di solito piacciono a tutte.”, commentò
squadrandomi con fare malizioso.
Avvampai all’istante, non appena intuii quanto
ambigue risultassero le sue parole.
Passai una mano tra i capelli, come a volerli
ravvivare, ma in realtà cercavo solo un diversivo che mi
avrebbe aiutata a
reggere quell’imbarazzante situazione.
“Non credi di averne già prese
abbastanza?”,
domandai allora, indicando le rotelle di liquirizia e gli orsacchiotti
che
teneva nella mano sinistra.
Lui sogghignò, divertito dal mio patetico
tentativo di sviare la conversazione, ma per una volta parve volermela
dare
vinta.
“Fanta o Coca?”, mi chiese allora, dirigendosi
verso la corsia dove si trovavano tutte le bibite.
“Tè verde o alla pesca.”, risposi
schietta,
ignorando del tutto le alternative che lui aveva proposto.
Harry rise, contagiando anche me.
“Anche a Louis piace il tè alla pesca.”,
ricordò poi, prendendone una bottiglia.
“Sì, mio fratello ha la tendenza a copiare i
miei gusti.”, ammisi facendo spallucce.
Mi meravigliai della strana piega che aveva
assunto quella conversazione.
Eravamo passati dal’imbarazzo causato dai suoi
doppi sensi a toni confidenziali, come se in qualche modo potessimo
essere
amici.
“Lo fa anche con i film. Scommetto che ti ha
detto che il suo film preferito è Grease!”,
continuai, mentre prendevo delle
bottiglie di Coca Cola.
Harry si voltò di scatto verso di me, con gli
occhi sgranati.
Sorrisi della sua reazione, poi scossi
lievemente il capo, come rassegnata a quel suo modo di fare.
“Ed io che pensavo fosse sincero!”,
bofonchiò
Harry a denti stretti, ancora sconvolto, poi si avviò verso
le birre.
“Ma lo è, solo che gli piacciono le stesse
cose che piacciono a me, più o meno.”, chiarii.
“Beck’s o Heineken?”, mi chiese subito
dopo,
chiedendomi un altro consiglio.
Possibile
che non sapesse mai scegliere da solo?
“Non
bevo birra. Solo vino, buon vino.”,
dichiarai.
Harry posò i suoi occhi nei miei, sorridendo.
La sua espressione era u misto di meraviglia, stupore e
serenità allo stesso
tempo.
Era piacevole pensare, potersi illudere del
fatto che fossi io la causa di ciò.
“Questa andrà bene.”, conclusi
scegliendo una
confezione di Guinness da tre.
“Meglio prenderne almeno quattro.”, mi
suggerì.
“Maschi.”, borbottai a bassa voce sbuffando,
mentre facevo come mi aveva detto, ma probabilmente lui dovette
sentirmi visto
che di sottecchi lo vidi sorridere.
“Dai, Virginia, andiamo a pagare!”,
m’incalzò
sornione, mentre ci avviavamo in direzione delle casse.
“Conosci addirittura il mio secondo nome?”,
domandai retoricamente, con voce scettica.
Certo, sicuramente era stato Louis a
dirglielo, ma non era questo a lasciarmi perplessa, bensì il
fatto che lo
ricordasse.
“Tuo fratello ha la lingua lunga ed io
un’ottima memoria.”, spiegò facendomi
l’occhiolino.
Arrossii a quel gesto, così fui costretta a
voltare il viso altrove, per evitare che lui se ne accorgesse.
Arrivati alle casse, depositammo la spesa sul
rullo ed attendemmo che arrivasse il nostro turno.
“Il cioccolato, ecco cosa manca!”, esordii
sovrappensiero, mentre cercavo di trovare un argomento decente su cui
poter
conversare.
Certo, i risultati non erano stati dei
migliori, ma parlare del cioccolato era decisamente preferibile
rispetto al
silenzio che si era creato.
“Cosa?”, domandò Harry, probabilmente
non
avendo capito le mie parole.
“Per un pigiama party che si rispetti manca il
cioccolato.”, ripetei allora, con voce più sicura.
“Ma noi dobbiamo vedere una partita di
football.”, controbatté Harry, arricciando la
fronte.
“Il cioccolato non può mancare lo stesso!
È
parte integrante del rituale!”, replicai.
Era assurdo il modo in cui eravamo riusciti a
trovare quel precario equilibrio tra noi, soprattutto dopo quel bacio.
Ero riuscita, almeno in parte, a liberarmi di
tutto l’imbarazzo che mi avvolgeva in sua presenza i primi
tempi, riscoprendomi più
socievole di quanto immaginassi. Ma allo stesso tempo anche lui
sembrava aver
deposto le armi, come se avesse messo da parte la spavalderia e la sua
costruita ed artificiosa personalità per lasciare
più spazio alla genuina
spontaneità.
“Che cioccolata sia!”, mi concesse,
allontanandosi con passo spedito per poterla andare a prendere.
“Signorina, posso procedere con il conto o
devo attendere il suo ragazzo?”, mi chiese la commessa,
attirando la mia
attenzione.
Sbattei più volte le palpebre a quelle parole,
mentre il mio corpo si paralizzò all’istante.
“Lui non è…”, balbettai,
incapace di terminare
la frase.
La donna continuava a fissarmi, attendendo una
risposta che però non accennava a giungere.
“Ho preso la Milka e la Lindt. Non sapevo
quale scegliere e tu e le tue perle di saggezza non eravate con
me.”, esclamò
Harry allegramente, posando ben sei barrette sul rullo.
Sorrisi istintivamente al suo indirizzo, non
preoccupandomi della commessa che ancora mi fissava aspettando che le
dicessi
qualcosa.
Non sapevo
quale scegliere e tu e le tue perle di saggezza non eravate con me.
Quelle
parole continuavano a rimbombarmi nella
testa, stordendomi a tal punto da astrarmi.
I miei occhi erano fissi in quelli verdi di
Harry. Mordicchiavo il labbro inferiore, cercando di reprimere
l’istinto di
baciarlo, di assaporare nuovamente le sue labbra.
“Procedo?”, domandò poi, riscuotendomi
dai
miei pensieri.
“Certo.”, rispose Harry al mio posto,
sorridendo alla donna trentenne che ammiccò in direzione del
riccio.
Bene, aveva
fatto colpo persino su di lei!
Quando arrivammo a casa di Harry e Louis ero
davvero esausta.
“Lou, ci sei?”, lo chiamò lui
oltrepassando la porta d’ingresso.
“Hazza, finalmente siete arrivati!”, ci
salutò
sbucando dalla cucina. “Ciao Lizzie!”,
esclamò allegramente, prima di
abbracciarmi con foga, per poi depositarmi due sonori baci sulle guance.
“Allora, vediamo un po’ cosa ha
comprato!”,
esordì frugando tra le due buste che Harry teneva ancora tra
le mani.
“Cioccolata? Hai comprato della cioccolata per
stasera?”, domandò quasi scandalizzato, guardando
torvo il suo coinquilino.
Sbatté più volte le palpebre, poi
afferrò una
barretta e se la rigirò cautamente tra le dita.
Harry si voltò verso di me e dal suo sguardo
capì che mi stesse silenziosamente incolpando.
“È stata un’idea di Liz!”, si
difese allora.
Quel diminutivo che aveva appena utilizzato
attirò particolarmente l’attenzione di mio
fratello, che si irrigidì all’istante.
“Continuava a dire che il cioccolato non
poteva mancare!”, spiegò Harry, mentre il suo
volto assumeva un’espressione
talmente disarmata e dolce che mi fece ridere.
Louis spostò i suoi occhi azzurri su di me,
osservandomi attentamente mentre ancora sogghignavo per
l’assurdità di quella
scenetta.
“E tu da quando ascolti i consigli di mia
sorella?”, chiese ad Harry con voce intimidatoria, calcando
con particolare
enfasi la parola che esplicitava il nostro legame.
“In effetti devo dire che non è poi
così male
come sembra!”, commentò il riccio.
Quelle parole parvero scuotere mio fratello
molto più del dovuto.
Le sue labbra si piegarono in un sorriso
forzato, poi afferrò con poca grazia Harry per il gomito.
“Lizzie, mettiti pure comoda! Noi andiamo a
sistemare la spesa, ci mettiamo pochissimo!”, disse
frettolosamente, prima di
trascinare il riccio in cucina, chiudendo la porta alle loro spalle.
Di scatto mi alzai, poi silenziosamente mi
avvicinai quanto più possibile alla parete che divideva la
sala dalla stanza in
cui si trovavano i due.
Sapevo cosa avevo in mente di fare e sapevo
quanto errato e scorretto fosse.
Non si
origlia, mi aveva sempre detto mia
madre. È
maleducazione e tu sei una bambina educata,
mi ripeteva di continuo.
Per qualche secondo
chiusi gli occhi,
indecisa, combattuta, poi con un gesto secco accostai
l’orecchio destro al
muro.
“Harry,
l’hai chiamata Liz! Ora vuoi anche il
suo numero di telefono? O magari il numero della sua stanza,
così fai prima!”,
lo accusò mio fratello.
Mi mancò il
fiato quando compresi che
l’oggetto della loro discussione ero io.
“Andiamo
Lou, non farne una tragedia, era solo
un diminutivo!”, gli fece notare Harry, probabilmente nel
tentativo di farlo
ragionare.
Certo, se Louis faceva
tanti problemi per una
sciocchezza del genere, figuriamoci cosa sarebbe successo se avesse
saputo del
bacio.
“Non
prendermi per il culo! Ho visto come
vi guardate e non solo oggi! L’altra sera sembrava la stessi
spogliando con la
sola forza del tuo sguardo!”, controbatté alzando
il tono di voce.
Mi sentivo stupida in
quel momento. Stavo
ascoltando una conversazione sul mio conto senza poterne prendere
parte, il che
era frustrante.
“Stai
esagerando adesso!”, sbottò Harry. “E
non urlare.”, aggiunse poco dopo, nel tentativo di calmare i
bollenti spiriti
di entrambi.
“Harry, sta
alla larga da mia sorella, non
voglio che finisca tra i tuoi casini.”, sentenziò
infine.
A quelle parole balzai
come una molla e mi
catapultai sul divano, giusto in tempo per l’arrivo di un
sorridente Louis.
“Scusa, ci
abbiamo messo più del previsto, la
dispensa era stracolma!”, disse, ma in realtà
stava mentendo.
Provai a sorridere,
cercando di mettermi più
comoda. Quella situazione mi metteva terribilmente a disagio.
“Piuttosto,
com’è che hai ancora il giubbino?
Dai, dallo a me!”, proseguì Louis, ritrovando il
buon umore.
“Lou, io
vado da Taylor, ci vediamo stasera.
Ciao Elizabeth!”, salutò Harry come un fulmine a
ciel sereno, prima di uscire a
passo svelto, senza degnarmi di neppure uno sguardo.
Pochi istanti dopo la
porta sbatté forte.
Harry era uscito.
---
Angolo Autrice
Salve gente! Buona domenica a tutti!!:D
Insomma, ma non è favoloso poter restare a casa qualche
giorno in più??*.*
Non vedevo l'ora che questi giorni finalmente arrivassero!!:D
Comunque sia, ecco qui il nuovo capitoletto!
Lo so, questa volta non succede granché, però
c'era bisogno di soffermarsi
sul rapporto tra Lizzie ed Harry dopo il bacio, quindi...xD
E a quanto pare questi due bamboccioni fanno finta di nulla.-.-
Insomma, ci avevamo messo 12 capitoli per farli baciare
ed al 13esimo ritorna tutto esattaemte come prima!xD
Ma vabbè, con il tempo vedremo che altro
succederà!
A proposito, lo inizio a dire già da ora:
sì, quella Taylor è ovviamente la riporoduzione
di Taylor Swift.
Ci tengo a mettere in chiaro che non ho assolutamente nulla contro di
lei,
anche se la preferivo riccia e non liscia.xD
Ovviamente ancora non è comparsa, ma presto vedremo lei
in compagnia di una riccia che Allie non riuscirà proprio a
tollerare...
chi sarà mai?!?!?xD
Ok, dopo quasto ampio (?) spoiler, passiamo a Louis:
ma possibile che è tanto tonto e ottuso??-.-
Ancora insiste con la storia che Harry deve stare alla larga da sua
sorella...
Mah..-.-"
Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno letto,
chi ha aggiunto la storia tra le seguite, le preferite o le ricordate...
GRAZIE!!<3
E grazie, ovviamente, a quelle super-mitiche persone che lasciano una
recensione!!*.*
Grazie, grazie, grazie!<3
Ah, grazie anche al "comitato" MEL...
Beh, c'è poco da dire: vi adoro girls!<3
Spero di aggiornare prima di partire, anzi, quasi di certo lo
farò!;)
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 14 *** Reality ruined my life. ***
f
Take
me home
Reality ruined my
life.
“Non
posso crederci!”, sbottò Allison
scandalizzata, facendo un salto sulla sedia della sua scrivania.
“Cosa succede?”, le chiesi, alzando il capo in
sua direzione.
Ormai erano più di due ora che cercavo di
terminare quel capitolo del libro, senza troppi risultati.
La mia compagna di stanza, infatti, non faceva
altro che interrompermi con commenti riguardanti fatti o foto che
trovava tra facebook
e twitter.
“Chi diamine è questa Danielle Peazer?”,
mi
chiese con tono adirato.
Arricciai la fronte, guardandola con fare
circospetto, non avendo affatto capito l’utilità
di quella domanda.
“Una ragazza?”, provai a dire con
ovvietà, ma
immediatamente fui trafitta da un’occhiata omicida.
“Non riesco a capire se Liam l’ha lasciata o
se stanno ancora insieme!”, si lamentò quasi
piagnucolando, mentre con il mouse
continuava a scorrere le varie notifiche.
Sospirai sommessamente, cercando di ritrovare
la concentrazione necessaria per continuare a leggere.
“Ma guarda qui che roba! Si baciano pure!”,
tuonò inviperita appena pochi minuti dopo.
Socchiusi le palpebre, nel tentativo di
rimanere tranquilla e provai ad ignorare la sua voce che in quel
momento mi
giungeva decisamente troppo irritante.
“Insomma ma questa Danielle la lingua al suo
posto non la sa proprio tenere?”, riprese sempre con maggior
enfasi.
“Allie, cosa pretendi che facciano se sono
fidanzati?”, tuonai allora, chiudendo il libro con un gesto
secco che attirò
l’attenzione della bionda.
Lei si voltò in mia direzione, squadrandomi
bene.
Ero appollaiata sul mio letto, con le gambe
incrociate, circondata da una serie di quaderni e fotocopie. La mia
espressione
doveva essere un misto di stanchezza ed esasperazione.
“Andiamo Lizzie, io ho problemi ben più seri
di un esame che per giunta si terrà tra un mese!”,
provò a difendersi cercando
di addolcire i tratti del viso.
“E quali sarebbero questo problemi di cui urge
parlare?”, la provocai scettica, portando una mano tra i
capelli scombinati.
“Liam.”, sussurrò quasi, per poi fare
teneramente
spallucce.
Ormai, l’avevo ben capito, non sarei riuscita
più a studiare per quel pomeriggio.
“E va bene, dimmi!”, le concessi allora.
Subito le sue labbra si piegarono in uno
smagliate sorriso, poi la vidi balzare dalla sedia e raggiungermi sul
mio
letto.
Si sedette accanto a me e con il braccio
sinistro circondò le mie spalle.
“Il problema è che a me lui piace, ma è
così
criptico e timido! Non riesco a capirci mai nulla con lui! È
sempre così
gentile da farmi pensare che anche io gli interessi, ma poi
è fidanzato!”, mi
spiegò gesticolando con la mano destra, mentre il suo viso
si contorceva in
un’espressione di pura disperazione.
“Davvero è fidanzato?”, domandai,
sorpresa da quella
rivelazione.
Allie annui con fare sommesso, poi mise il
broncio, come una bambina a cui era appena stata negata la merenda che
preferiva.
“Però lui è sempre così
gentile!”, ripeté come
se da quel comportamento potesse ricavare delle altre informazioni.
“Magari lo è solo perché è
educato.”, dedussi
allora.
Allie sbuffò, poi sciolse quella specie di
abbraccio che ancora ci legava ed iniziò a giocare
nervosamente con le mani.
“Certo che tu non sei per nulla
d’aiuto!”,
constatò a denti stretti e volto basso, incantato sul
movimento frenetico delle
sue dita. “E poi ci si mette anche Zayn di mezzo!”,
si lamentò ancora,
storcendo il labbro.
“Che ha fatto Zayn?”, le domandai curiosa,
avendo perso questo dettaglio.
“Mi ha chiesto di uscire con lui.”,
dichiarò con
voce triste e affranta, mentre ancora continuava a torturare le sue
povere
dita.
“E tu rifiuta!”, le consigliai afferrando le
sue mani tra le mie, così da cercare di tranquillizzarla.
“Certo che rifiuto, ma così se anche Liam
fosse minimamente interessato a me comunque non lo farebbe notare,
visto che sa
che Zayn mi ha chiesto di uscire!”, chiarì.
Strabuzzai gli occhi per la complessità di
quel suo pensiero.
Possibile
che un semplice invito potesse arrecare tutti questi danni?
“Basterà
dire a Liam che a te Zayn non
piace!”, provai allora a dire, saggiando bene le parole man
mano che le
pronunciavo, verificandone la reazione di Allie tramite le sue
espressioni, non
certa che quella sarebbe stata la cosa giusta da dire.
“Come se fosse facile! Non posso mica andare
da Liam e dirgli qualcosa del tipo Zayn non mi piace, quindi fatti due
conti!”,
esordì alzando la voce di un’ottava, probabilmente
per il nervosismo. “Certo
che delle volte sembri proprio uscita da un romanzo della
Austen!”, continuò
subito dopo, borbottando.
Abbassai violentemente il capo a quelle
parole. Sapevo che lei non voleva affatto prendersi gioco di me o
deridermi, ma
che si era semplicemente lasciata trasportare dalla rabbia.
Tuttavia, quella frase, quel riferimento aveva
smosso qualcosa all’interno del mio petto,
all’altezza del cuore.
“Scusa, non volevo dire quello che ho detto.”,
sussurrò appena pochi secondi dopo.
Allie aveva l’innata capacità di notare ogni
mio più piccolo cambiamento d’umore. Riusciva a
comprendere ogni minima sfaccettatura
del mio stato d’animo e riusciva anche a dire sempre la cosa
giusta al momento
giusto.
Accennai appena ad un sorriso, cercando di non
dare troppo peso a quell’insignificante affermazione.
“Piuttosto, com’è andata ieri con tuo
fratello?”, mi domandò nel chiaro tentativo di
spostare la conversazione su
altro.
“Con mio fratello bene, solo che sono stata
costretta a trascorrere del tempo anche con il suo
coinquilino.”, confessai con
un filo di voce.
Timidamente cercai il suo sguardo, in attesa
che dicesse qualcosa in risposta, ma fui accolta dal silenzio.
“Non dici nulla?”, le chiesi con una nota di
timore nella mia voce.
Non avevo paura della sua reazione, ma della
mia. Insomma, riuscire a raccontare ad alta voce cosa era successo e
tutto ciò
che avevo provato era come riuscire a razionalizzare
l’accaduto, vederlo in
un’ottica più obiettiva. Probabilmente mi sarei
criticata da sola per
l’assurdità dei miei comportamenti e non sapevo
fino a che punto sarei riuscita
a perdonarmi per aver mancato alle mie ambiziose aspettative.
“Veramente dovresti essere tu a raccontare.”,
mi fece notare Allie, con voce studiatamente calma.
Presi un profondo respiro, poi puntai lo
sguardo sul piumone del materasso ed iniziai a ripercorrere mentalmente
il
pomeriggio precedente.
“Mi ha dato un passaggio per andare da Louis,
ma ci siamo fermati al supermercato e devo dire che per una volta sono
quasi
stata bene con lui.”, mormorai tutto d’un fiato.
“Cosa?”, domandò la mia amica,
sbigottita, con
gli occhi sgranati per lo stupore. “Lizzie, Harry
è un puttaniere drogato, lo
sai questo vero?”, aggiunse poco dopo, con fare preoccupato.
Annuii mordicchiandomi il labbro.
“Con la droga ha chiuso.”, la corressi
ricordando quel dettaglio che mio fratello aveva tenuto precisare.
“Bene, ma rimane comunque un puttaniere.”,
controbatté Allie, incrociando le braccia la petto.
“Ma perché diamine ce l’avete tutti con
lui?”,
sbottai allora, adirata.
Sentivo le vene pulsare forte, la testa pareva
voler esplodere da un momento all’altro.
“Non ho detto che voglio sposarlo, ho solo
detto che non è così male come sembra! E poi
tutti sbagliano e a quanto pare
lui sta ampiamente pagano il prezzo dei suoi errori, visto che tutti
sanno e
tutti giudicano!”, aggiunsi con voce alta, tanto che ebbi
l’impressione che non
fossi io a parlare in quel momento.
Io non urlavo, non mi piaceva affatto farlo, preferivo
parlare come tra persone civili, eppure avevo appena alzato il tono.
Deglutii non appena quella consapevolezza
prese vita nella mia mente, facendomi quasi tremare.
Allie continuava a fissarmi in silenzio,
probabilmente non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere
dalla
sottoscritta.
“Scusa, devo andare a sbrigare una faccenda.”,
esordì dopo interminabili minuti, alzandomi con foga dal
letto.
In realtà non avevo la benché minima idea di
ciò che avrei potuto fare se fossi uscita dalla mia camera,
ma non sarei
riuscita a sostenere ulteriormente lo sguardo incredulo di Allie
puntato su di
me.
Presi il cappotto al volo, non preoccupandomi
neppure del cellulare o della borsa, e con poche falcate oltrepassai la
porta,
chiudendola alle mie spalle.
Velocemente uscii dalla struttura adibita agli
alloggi ed a passo di marcia imboccai una delle tante stradine del
campus.
Non avevo una meta precisa, a dir il vero non
avevo proprio una meta, ma mi lasciai guidare dai miei piedi che passo
dopo
passo mi allontanavano sempre di più da Allie.
Il vento scuoteva forte le fronde degli
alberi, qualche foglia ingiallita cadeva sul prato, andando ad
arricchire il tappeto
marroncino che già si era formato. L’aria era
gelida e tagliente e, nonostante
ancora non fosse pomeriggio inoltrato, il cielo aveva già
iniziato a scurirsi.
Quella sera avrebbe piovuto, ne ebbi la
certezza quando fui colta da una folata di vento che mi fece
rabbrividire da
capo a piedi.
Stanca di camminare, decisi di avvicinarmi ad
un’enorme quercia che si trovava nei pressi degli uffici
amministrativi. Mi
accovacciai sulle sue radici, non curandomi della terra che sicuramente
avrebbe
sporcato il mio cappotto Moncler. Con le braccia circondai le
ginocchia, poi
nascosi il viso su di esse.
Da quando ero arrivata a Londra erano cambiate
davvero molte cose nella mia vita. Certo, il college mi aveva aiutata a
crescere, a maturare, ponendomi di fronte a difficoltà che
avevo dovuto
affrontare da sola, senza l’aiuto dei miei genitori o di
altri. Ma gran parte
del cambiamento era dovuto a qualcosa che si era smosso dentro di me,
che mi
aveva spinta a relazionarmi in maniera diversa con il mondo. Allie mi
era stata
di grande aiuto in questo. Lei mi aveva sempre offerto una mano a cui
aggrapparmi quando le mie gambe iniziavano a vacillare, ma allo stesso
tempo mi
aveva travolta con la sua allegria, spensieratezza e grinta.
“Virginia, cosa ci fai qui? Non avrai mica
intenzione di morire assiderata?”, mi chiese una voce
maschile che riconobbi
immediatamente.
Di scatto alzai il viso e subito incontrai gli
occhi verdi e divertiti di Harry. Sogghignava, nel tentativo di
trattenere una
risata. I suoi ricci erano nascosti da un cappellino di lana, mentre le
sue
mani erano infilate nelle tasche del giubbino, dal quale si intravedeva
una
felpa viola.
“Ostentare la conoscenza del mio nome completo
non ti farà apparire meno odioso ai miei occhi.”,
borbottai tra me e me, senza neppure
rendermi conto delle parole che avevo appena proferito con tanta
naturalezza.
M’immobilizzai all’istante quando compresi
ciò
che avevo appena detto: ero stata maleducata, inopportuna e sfacciata
ed io non
ero mai stata così, non prima di quel momento.
Abbassai il viso, finendo per osservare
l’erbetta a pochi centimetri da me, trovandola
improvvisamente interessante.
Sentii Harry muovere qualche passo verso di
me, poi lo vidi affiancarmi, seduto accanto a me ai piedi di quella
secolare
quercia.
“Sembrerà strano, ma in alcuni momenti riesci
ad essere addirittura simpatica, Virginia.”,quasi
sussurrò con un filo di voce,
con il volto girato in direzione del mio.
“Perché non puoi chiamarmi semplicemente
Elisabeth?”, sbottai allora, alzando di scatto la testa, fino
a ritrovare la
sua ad una spanna di distanza.
I nostri sguardi erano incatenati, il suo
respiro cadeva fresco sulla mia pelle.
Harry tirò l’angolo destro
all’insù,
accennando ad un altro sorriso sornione.
“Andiamo, cosa c’è di male se i tuoi
genitori
sono talmente devoti da chiamarti Virginia? E poi adoro il rossore
delle tue
guance quando ti imbarazzi o la finta espressione impassibile che
assumi quando
sei irritata!”, spiegò ammiccando.
Maledissi quell’improvvisa vampata di calore
che percepii su tutto il corpo, mentre Harry sogghignava per la mia
patetica
reazione.
“Ecco, proprio come ora.”, mi fece notare
ancora sorridendo.
“Si dia il caso che i miei genitori siano
atei. Ripassa la letteratura inglese, saputello dei mie
stivali!”, controbattei
a denti stretti e voce bassa.
Davvero
avevo detto quelle parole? Davvero ero riuscita a rispondere in quel
modo a
qualcuno?
Sentivo il petto gonfiarsi
d’orgoglio, mentre
una maggiore sicurezza si faceva spazio dentro di me.
“Il cognome
Wolf ti dice qualcosa?”, lo
provocai allora, stupendomi del mio stesso atteggiamento.
“Che il lupo
si è svegliato dal letargo?”,
scherzò lui, ma la sua domanda retorica racchiudeva molto
più che una semplice
battuta.
Si stava riferendo a
me, lo avevo capito dal
suo sguardo intenso che sembrava volermi comunicare qualcosa con la
sola forza
di quel contatto visivo.
Sorrisi, soddisfatta
di me stesse come non lo
ero mai stata.
Era la seconda volta
che Harry riusciva a
farmi provare quella strana sensazione, come quella notte che lo avevo
incontrato per i corridoi degli alloggi.
“Allora, si
può sapere cosa è successo di
tanto grave da farti uscire fuori di casa con questo freddo
cane?”, mi domandò
nuovamente, dopo qualche attimo di silenzio.
Temporeggiai, giocando
con le estremità delle
maniche del mio cappotto.
“Volevo
prendere una boccata d’aria.”, dissi
infine senza guardarlo in viso. “E tu?”, chiesi,
per cercare di mantenere viva
la conversazione.
Harry sorrise, mentre
sul suo viso si dipinse
nuovamente un’espressione spavalda.
“Sono venuto
a trovare un’amica.”, confessò
cercando i miei occhi, ma non li trovò.
Certo, lui era quello
che prendeva la vita con
leggerezza, che ne assaporava gli attimi senza curarsi del passato o
del
futuro.
Mi aveva baciata, certo anche io volevo, ma
lui non ci aveva messo
neppure un attimo a dimenticare l’accaduto per potersi dare a
nuove esperienze.
“Dovresti
smetterla. Condurre una vita
dissipata come la tua non ti porterà alcuna
soddisfazione.”, gli suggerii.
Probabilmente lui non
era affatto interessato
ai miei consigli, probabilmente non avevamo neppure quella confidenza
tale da
permetterci questo genere di conversazione, ma nonostante
ciò non riuscii a
tacere.
"Ah sì?", mi chiese retoricamente, quasi con ironia, con un
ghigno beffardo disegnato sul volto. “Cosa cazzo ne sai tu della
mia vita?”, sibilò poi a denti stretti, facendomi tremare
per quel repentino cambio che
aveva
assunto il dialogo tra noi due.
Mi voltai, fino a far
incontrare i nostri
occhi. I suoi erano cupi e fiammanti allo stesso tempo, i suoi
lineamenti erano duri, i suoi
muscoli tesi. Aveva chiuso le mani in due pugni e con lo sguardo
indugiava
severo su di me.
“Io volevo
solo dire che…”, provai a
difendermi con voce calma, ma fui interrotta da lui.
“Tu volevi
solo dire che dovrei essere un po’
più come te, no? Certo, del resto per quelli come te
è facile giudicare!”,
tuonò con rabbia, rancore, ira. “Per te la vita
è sempre stata tutta rosa e
fiori, hai sempre avuto tutto quello che volevi ed una famiglia pronta
a
difenderti, quindi evita il tono da moralista con me!”,
continuò vomitando
quella serie di parole, senza riuscire neppure a fermarsi per
riprendere fiato.
“Harry, io
vole…”, cercai ancora una volta di
dire, ma puntualmente la mia voce fu sovrastata dalla sua.
“Cazzo,
Elisabeth! Per una volta smettila con
questo tono diplomatico! È disgustosamente
irritante!”, mi accusò alzandosi in
piedi.
Lo imitai,
ritrovandomi con il viso a pochi
centimetri dal suo.
I suoi occhi
sembravano volermi trafiggere
come una lama tagliente, pronta a ferirmi.
“E tu
smettila una volta per tutte di darti
queste arie da uomo vissuto!”, lo attaccai trovando forza
proprio dalla mia
debolezza.
Non volevo soccombere,
non quella volta, non
davanti a lui e a quella sua espressione orgogliosa.
“Qui il
bambino viziato sei tu, non io!
Insomma, ancora non riesco a capire cosa tu voglia da me!
Prima mi
prendi in giro, fai il carino, mi baci e poi torna tutto
esattamente come
prima! Vorrei capire come si fa ad essere insensibili e menefreghisti
come te,
diamine!”, sbottai allora.
Avevo provato a ignorare la storia del bacio, esattamente come aveva
fatto lui, ma nonostante tutti i miei tentativi, non ce l'avevo fatta,
non in quel momento.
Le tempie pulsavano forte, quasi le sentivo
rimbombare con tonfi sordi all’interno della mia testa,
mentre il sangue mi
ribolliva nelle vene.
“I problemi
che hai avuto in famiglia non
giustificano il fatto che tu ti stia ancora dando alla pazza gioia, non
giustificano il tuo comportamento da immaturo!”, lo accusai
dopo aver ripreso
fiato.
Harry piegò
le labbra in un ghigno amaro,
tenendo la testa bassa.
“Ma brava,
ora hai anche trovato il coraggio
di emanare sentenze e sputare veleno, ti faccio i miei complimenti
Elisabeth!”,
commentò ironico a denti stretti.
“Smettila
con questo melodramma! Smettila con
questo visino da incompreso! Avresti dovuto pensarci quando ti facevi,
quando
ti drogavi, quando hai mandato a rotoli la tua vita, non ora! Adesso
non
staresti qui a comp…”, mi bloccai
all’istante quando mi resi conto delle parole
che stavo pronunciando, tanto che mi morirono in gola.
Harry aveva spalancato gli occhi, sbigottito per ciò che
avevo detto.
Avevo appena spiattellato ai quattro venti
tutto ciò che Louis mi aveva detto sul suo conto,
dimenticando che Harry non mi
aveva detto nulla a riguardo e che sicuramente avrebbe preferito che io
non
sapessi nulla del suo passato.
D'un tratto il volto
di Harry diventò furente, i suoi occhi
erano infuocati. Probabilmente se avesse potuto in quel momento mi
avrebbe incenerito con la sola forza dello sguardo.
“Aveva
ragione, siamo troppo diversi.”,
mormorò con voce bassa e affranta, come se stesse parlando a
se stesso.
Accennò
appena un sorriso, prima di puntare
gli occhi su qualcosa ben oltre la mia testa. Sembrava aver perso ogni
minimo
interesse nel continuare quella discussione.
“Non
immischiarti in fatti che non ti
riguardano. I miei problemi me li sbrigo da me.”,
dichiarò con fare risoluto,
con una sicurezza tale che sarebbe stato impossibile per chiunque
appellarsi
alle sue parole.
“Torna a
giocare con le bambole, io vado a
spacciare un po’ in giro.”, ironizzò
prima di lanciarmi un’ultima occhiata di
sufficienza.
Poi andò
via, lasciandomi sola ed inerme sotto
quella quercia.
---
Angolo Autrice
Patente!!!!!!!!!*.*
P-A-T-E-N-T-E!!! Finally I got it!!
Ok, salve gente!:D Oggi sono proprio di buon umore:
insomma, ho appena preso la patente!!xD
Comunque sia, oggi aggiorno di sabato visto che stasera, purtroppo,
mi tocca tornare a quella dannatissima scuola!-.-"
E quindi eccoci con il nuovo capitolo! :D
Harry ed Elisabeth hanno litigato, certo che quei due sono proprio due
teste di rapa!(?)
Certo che non riescono a stare proprio tranquilli!!
E per di più, come preanunciato, ecco a voi Danielle!!
Per il momento l'ho solo presentata, ma arriverà presto di
persona!;)
Povera Allie: le aspetta una sfida all'ultimo colpo!
Non mi dilungo, anche perché ho da studiare tantissimo
e per di più devo anche andare dal dentista prima di partire.
Grazie di cuore a chi, anche in periodi duri come questo,
trova ancore del tempo per leggere e commnetare la storia...
grazie!<3
E grazie a chi inserisce la inserisce tra seguite, preferite o
ricordate!:D
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 15 *** I only want more. ***
f
Take
me home
Ionly want more.
Erano
ben quindici giorni che non
parlavo più con Harry. Dopo la discussione che avevamo avuto
quel pomeriggio
lui aveva fatto di tutto per evitarmi, persino addurre scuse ridicole e
davvero
poco plausibili. Ogni volta che andavo a trovare mio fratello lui non
era mai
in casa, mentre quando mi presentavo senza preavviso inventava una
qualsiasi
motivazione che gli permettesse di andar via all'istante. Un
mercoledì
aveva detto che doveva andare a comprare i croccantini per il
cane di sua
sorella che, poi, avevo scoperto abitasse a chilometri e chilometri di
distanza.
Ridicolo.
Non ne potevo più di quella serie di bugie che aveva
iniziato a rifilarmi con
il chiaro intento di ignorarmi.
Certo, avevo esagerato quel giorno, ma lui non era stato da meno.
Entrambi
avevamo alzato i toni, arrivando a dire parole di cui, almeno
personalmente, mi
ero poi pentita.
Avrei voluto chiarire quella situazione, spiegargli ogni minimo
dettaglio, ma
lui non sembrava affatto avere le mie stesse intenzioni.
Oltre alle sue infinite tresche, inoltre, ultimamente aveva preso a
girare per
il campus in compagnia di una certa Taylor o della famosa Caroline.
La prima era una ragazza bionda, alta e magra, dai lineamenti delicati
e la
pelle chiara, le cui labbra erano sempre accentuate da un rossetto
color rosso
fuoco. Frequentava la facoltà di Giurisprudenza insieme a
Liam, erano entrambi
al terzo anno e spesso l’avevo anche vista passeggiare con
Danielle, la
presunta fidanzata del castano che Louis mi aveva presentato appena
pochi giorni
prima.
Danielle aveva la carnagione ambrata, gli occhi color cioccolato ed i
capelli
ricci e scuri. Aveva un fisico da far invidia ad una modella, quindi
figuriamoci quale era stata la reazione della povera Allie quando aveva
identificato la sua rivale. Per poco non aveva dato di matto quella
mattina,
mentre sorseggiava il suo quarto caffè seduta ad un tavolino
del bar.
Se avesse potuto, aveva bofonchiato livida di rabbia, avrebbe
stritolato con le
sue stesse mani quel barboncino ambulante.
La seconda, Caroline, invece, era una donna decisamente più
matura. Avevo
scoperto fosse l’assistente del professore di lingue romanze,
corso della
facoltà di lettere. Da ciò che si vociferava,
doveva avere poco più di
trent’anni, oltre che un fidanzato che si stava
specializzando in medicina e
che, al momento, si trovava ad oltre quattro ore di viaggio da lei.
Caroline aveva i capelli castani, tendenti al rossiccio, palesemente
tinti.
Tutte le curve al punto giusto, un seno prosperoso ed un’aria
accattivante
erano le sue armi per sedurre.
“Facciamo ancora in tempo a tornare al campus.”,
propose Allie, forse sperando
che ascoltassi quel consiglio appena celato.
Scossi la testa, imperterrita. Ormai avevo preso la mia decisione e non
avrei
cambiato idea per nulla al mondo, non quella sera.
Così, non appena varcai la soglia della discoteca dove
avremmo trascorso la
serata, sentii un fiume di pura adrenalina scorrere nelle mie vene.
L’avevo supplicata di accompagnarmi a ballare, quel sabato,
nonostante
detestassi anche solo l’idea di dovermi muovere sinuosamente
a ritmo di musica.
Ultimamente mi stavo rivelando un continuo controsenso, in perpetua
lotta tra
ciò che avrei voluto, ciò che avrei dovuto e
ciò che gli altri si aspettavano
facessi.
Inoltre, le sue parole continuavano a riecheggiare come un triste
ricordo nella
mia mente, ferendomi ogni qual volta riaffiorassero.
Torna a giocare con le bambole, mi aveva detto e
forse era proprio per
quello che ero lì.
Per dimostrare a me stessa, ed in minima parte anche a lui,
che io le
bambole le avevo riposte nella cesta già da qualche anno.
“Non sembra male.”, commentai titubante, dando una
veloce occhiata all’ambiente
che mi circondava.
La sala era scura, illuminata ad intermittenza da una serie di luci
colorate,
che poi venivano riflesse ed amplificate da un’enorme sfera
posizionata al
centro del soffitto. Rimasi impressionata da quell’ammasso di
persone che a pochi
metri da noi ballavano, finendo
per scontrarsi gli uni con gli altri a causa della scarsità
di spazio a loro disposizione.
La musica alta rendeva difficoltoso qualsiasi tentativo di
conversazione, tanto
che persino per parlare con Allie fui costretta ad urlare al suo
orecchio, per
riuscire a farmi sentire.
“Andiamo a sederci?”, le chiesi, avendo notato una
serie di divanetti in
un’area più appartata.
“Ma tu non eri quella che stasera voleva darsi alla pazza
gioia? Se hai
cambiato idea possiamo sempre…”, provò
a dire con voce sarcastica, ma non le
diedi neppure il tempo di terminare.
“Bene, che si aprano pure le danze!”, sentenziai,
afferrandola per il polso e
trascinandola verso il centro della pista.
Per qualche secondo camminai a passo spedito tra la folla, fino a
quando mi
accorsi di non avere la più pallida idea di ciò
che avrei dovuto fare. Così mi
fermai, per poi voltarmi verso Allie che mi aveva seguita senza batter
ciglio.
Ed ora?
La guardai, sorridendole imbarazzata. Lei si avvicinò di
poco a me poi fece una
giravolta su se stessa.
“Devi solo scioglierti un po’, dai prova a
muoverti!”, mi suggerì, avendo chiaramente
intuito il mio disagio.
Annui con fare convinto, mentre ancora la osservavo ballare a qualche
centimetro da me, poi provai ad imitarla.
Iniziai con i piedi, cercando di tenere il tempo della musica con essi,
poi
aggiunsi le braccia, sventolandole senza pensare a quanto buffa o
scoordinata
potessi sembrare.
“Ecco, brava! Continua così!”, mi
incoraggiò Allie, iniziando a scuotere anche
la testa e con essa i boccoli biondi.
“Allie!”, esclamò Zayn, piombando alle
spalle della mia amica.
Lei parve sbiancare all’istante quando si accorse della
presenza del ragazzo,
alle sue spalle.
“Ciao Zayn!”, lo salutò fingendosi
entusiasta di quell’incontro.
Se non l’avessi conosciuta bene, probabilmente avrei creduto
che fosse per
davvero contenta di vederlo, ma le sue dita che giocavano con una
ciocca di
capelli erano un chiaro indizio del fatto che stesse mascherando la sua
reale
reazione.
“Cioè, che fortuna avervi incontrate! Sono sicuro
che anche agli altri farà
piacere vedervi!”, aggiunse poco dopo con un sorriso
smagliante.
A quelle parole le orecchie di Allie si rizzarono e vidi i suoi occhi
cercare
qualcosa, o meglio qualcuno.
“Ci sono anche gli altri?”, domandò
infatti, forse con troppo impeto per
apparire disinteressata.
“Sì, Louis, Harry, Niall e Liam dovrebbero
arrivare a momenti.”, spiegò ancora
con un’espressione beatamente serena disegnata sul volto.
“Però mi raccomando,
niente discorsi su ragazze, Liam potrebbe avere una crisi!”,
scherzò facendoci
un veloce occhiolino.
Il mio cuore perse un battito quando sentii il suo nome tra il breve
elenco dei
presenti. Un brivido percorse la mia schiena ed istintivamente morsi il
labbro
inferiore, quasi per cercare di rimanere tranquilla.
Avrei solo dovuto ignorarlo, così come avevo fatto fino a
quel momento.
L’espressione di Allie si tramutò ben presto in
una maschera di preoccupazione,
tanto che non riuscì neppure a trattenersi dal porgere
un’altra domanda a Zayn.
“Gli è successo qualcosa?”, chiese con
voce allarmata, facendosi di poco più
vicino al ragazzo dal ciuffo più alto di un grattacielo.
“Nulla di grave.”, chiarì lui, un
po’ spiazzato da tanto interesse. “Ha rotto
definitivamente con Danielle, ma erano in crisi da
settimane.”, spiegò.
“Zayn! Ecco dove ti eri cacciato!”, lo
chiamò Liam, raggiungendoci. “Salve
ragazze!”,
ci salutò poi, non appena ebbe notato la nostra presenza,
sorridendoci.
Sapevo che probabilmente non stesse attraversando un bel periodo, ma mi
parve
più rilassato del solito, più disinibito e
spensierato, tanto che pensai che
quella rottura non gli aveva fatto altro che bene.
Gli occhi di Allie si illuminarono, mentre il suo viso si sciolse in
un’espressione di pura adorazione per il ragazzo appena
sopraggiunto.
“Mio fratello?”, chiesi d’un tratto,
imbarazzata dal silenzio che si era
momentaneamente creato.
Liam trattenne una risata a quella domanda, poi cercò
immediatamente lo sguardo
complice di Zayn.
“El ha scoperto che stava venendo in discoteca senza averla
avvertita , poi ha
sentito delle voci femminili per telefono e si è infuriata
come una bestia. Lou
ha provato a spiegarle, ma poi ha deciso di correre da lei. Insomma,
Tommo è
diventato El-dipendente! Non riesce più a muovere un dito
senza di lei!”,
spiegò Liam, ripensando probabilmente alla scena, visto che
non faceva altro
che sorridere buffamente.
Anche Zayn scoppiò in una leggera risata, mentre con gli
occhi cercava
inutilmente di stabilire un contatto visivo con la mia amica.
“Ciao Lizzie! Allie!”, salutò Niall
facendo capolinea alla mia destra.
“Ciao!”, ricambiammo noi, accogliendolo con un
ampio sorriso.
Allie si voltò per un attimo in mia direzione,
cosicché potessimo guardaci
negli occhi, poi ebbi la sensazione mi stesse supplicando di aiutarla,
come se
stesse cercando la mia approvazione.
Arricciai di poco le sopracciglia, cercando di non far notare ai
ragazzi quel
silenzioso scambio di battute che stava avendo luogo.
Lei lanciò una fugace occhiata all’indirizzo del
castano e tutto mi fu più
chiaro.
Sorrisi, annuendo quasi impercettibilmente, probabilmente inconsapevole
delle
conseguenze.
“Liam, ti va di andare a prendere qualcosa da
bere?”, gli domandò allora
cercando di apparire graziosa ma allo stesso tempo seducente.
Lui parve sorprendersi positivamente a quella richiesta, tanto che la
fissò per
secondi interminabili prima di decidersi a rispondere.
“Certo, andiamo!”, accettò poi, sotto lo
sguardo infastidito del povero Zayn.
Solo allora mi resi conto di essere rimasta in compagnia di
Niall, del
resto Zayn era troppo intento a controllare ogni minima mossa degli
altri due
per poter conversare con noi.
“Allora, Lizzie, mi concedi questo ballo?”, mi
propose il biondo, porgendomi la
sua mano.
Non ero per nulla una ballerina provetta, ma le alternative a mia
disposizione
erano nulle.
Di restare da sola non se ne parlava affatto, non in un luogo come
quello,
dunque mi arresi a quella prospettiva.
Mi sforzai di apparire quantomeno neutrale, sorridendo forzatamente,
poi con
una lentezza disarmante afferrai la mano di Niall.
“Nialler, scusa, ma devi venire con me!”,
sbottò d’un tratto Zayn all’orecchio
dell'amico.
Niall corrugò la fronte, storcendo il labbro facendogli
intuire che non aveva
alcuna voglia di seguirlo.
“Non puoi lasciarmi da solo in questo stato! Andiamo, hai
visto cosa ha fatto?
Se n’è andata con Liam!”,
riprovò allora il moro con più enfasi, cercando
di
convincerlo, ma Niall sembrò non curarsi troppo delle sue
parole.
Così prendemmo a ballare, muovendoci a ritmo di musica.
La sua compagnia era piacevole,
rassicurante.
Sorrisi quando lentamente mi fece
fare una giravolta su me stessa, per poi sorridermi dolcemente quando i
nostri
volti si ritrovarono ad una spanna di distanza. Sembravamo danzare
sulle note
di una canzone tutta nostra, che non aveva nulla di quella cadenza
house. Niall
mi circondò delicatamente la vita con le sue
braccia, mentre ne poggiai intorno al collo,
l’altra sul suo petto.
“Niall se finisco in ospedale per coma etilico sappi che
è soltanto colpa
tua.”, lo minacciò allora, con aria di chi sapeva
di vincere, interrompendo
quel momento.
Stavo davvero ballando abbracciata a
Niall?
Lui sbuffò, lasciando la presa.
“Stai per rovinare anche la mia, di
serata.”, bofonchiò in risposta, con gli occhi
ancora puntati nei miei.
Non volevo che andasse via, non
volevo che mi lasciasse e anche lui sembrava voler restare, ma
probabilmente
Zayn non si sarebbe affatto arreso.
“Giuro che ti offro tutti i pasti da
Nando’s per il prossimo mese! Ho bisogno di te, ti
prego!”, ritentò inarcando
un sopracciglio.
Ormai aveva vinto, era chiaro.
E, di fatti, pochi attimi dopo Niall si allontanò per
seguire il suo caro amico
Zayn alle prese con una delusione amorosa.
“Scusa.”, mi mimò con le labbra, prima
di confondersi tra tutta quella folla.
Nel giro di pochi minuti ero dunque rimasta completamente sola, in un
posto
dove non ero mai stata prima, circondata da persone che non avevo mai
visto
prima.
Cosa avrei dovuto fare?
La parte più razionale di me mi diceva di allontanarmi da
quella pista, mi
metteva in guardia dalle centinaia di insidie a cui ero esposta in quel
momento, ma l’altra, quella che ancora non era riuscita a
dimenticare le parole
di Harry, mi ordinava di scatenarmi, di divertirmi, di lasciarmi andare.
Ormai avevo deciso, stavo per avviarmi in direzione
dell’uscita, troppo
codarda, ma d'un tratto i suoi occhi verdi perforarono i miei.
Il mio cuore perse un battito, un altro, o forse due, quando lo vidi a
pochi
metri da me, mentre ballava con quella tipa di nome Taylor.
I nostri sguardi erano ancora incatenati, come i poli opposti di una
calamita
che non riuscivano a fare a meno l’uno dell’altro,
nonostante quella bionda
continuasse a strusciarsi su di lui.
E fu in quell’istante che cambiai definitivamente idea.
Lui mi osservava, mentre quella
continuava a giragli attorno, nel tentativo di provocarlo.
Era quello l’unico linguaggio che
Harry riuscisse a comprendere, quello del corpo ed io non ero affatto
brava a
comunicare tramite esso.
D’un tratto fui stufa di essere così
dannatamente pignola, noiosa, antiquata, pudica.
Volevo dare una scossa alla mia
banale vita, volevo anche solo per pochi attimi provare
l’ebbrezza dell’ignoto,
dell’imprevedibile, volevo essere tutto ciò che
non ero mai stata.
Volevo essere come Harry, capace di
fare qualsiasi cosa stupida e controproducente che mi passasse per la
testa,
solo per divertimento, per gioco, per sfida.
E volevo che ci fosse proprio Harry
a guardami mentre oltrepassavo quel limite, mentre mi comportavo come
lui.
Senza sapere neppure come, mi ritrovai a danzare sensualmente con due
perfetti
sconosciuti, che si facevano sempre più vicini.
Mi imposi di non preoccuparmi, mentre cercavo di convincermi che tutto
sarebbe
andato bene, sperando che da un momento all’altro sarebbe
arrivato qualcuno a
salvarmi, come nei film.
Ma quando sentii la mano di uno di quei due palparmi avidamente il
sedere,
capii che così non sarebbe andata.
Non volevo andare via, ma non volevo neppure essere consapevole di
quello che
stavo facendo.
Ero una bambina immatura, ecco cos'ero. E, nonostante ne avessi la
piena
consapevolezza, in quel momento necessitavo solo sentirmi tale.
A passo di marcia mi diressi verso il bancone ed ordinai il
primo cocktail
che mi passò per la mente, senza conoscerne neppure le
componenti o il tasso
alcolico.
Volevo superare il limite quella sera, ma da sobria non sarei mai
riuscita a
lasciar andare i freni.
Bevvi, e bevvi talmente tanto da perdere il conto, bevvi talmente tanto
da non
riuscire neppure più a distinguere i volti delle persone che
mi circondavano.
“Lizzie, tutto bene?”, mi domandò una
voce fastidiosamente allegra dopo un'infinità
di tempo. “Lizzie, sono Jack, mi riconosci?”,
chiese ancora, non avendo
ricevuto alcuna risposta.
I contorni del suo viso erano sfocati, riuscivo solo a distinguere le
sue iridi
di ghiaccio.
Annuii, non del tutto convinta della sua identità.
“Vuoi che ti chiami Harry? O Allison magari?”,
propose poco dopo, mentre
sentivo le sue mani sorreggermi all’altezza della vita.
Il solo sentire il suo nome pronunciato ad alta voce mi
procurò una fitta
lancinante. Scossi la testa, sperando che, nonostante le mie pessime
condizioni, mi desse ascolto.
“Jack, è arrivata la roba, noi andiamo in bagno.
Vieni con noi?”, lo chiamò un
ragazzo che mi parve essere Ryan, confermandomi che quello era davvero
il
ragazzo che avevo conosciuto settimane prima a lezione.
Jack spostò il suo sguardo da me a Ryan, per poi tornare a
fissare me,
probabilmente indeciso sul da farsi.
“Che roba?”, chiesi con una voce che parve estranea
al mio orecchio,
civettuola, languida.
Lui abbassò di poco la testa, ancora una volta combattuto.
Io vado a spacciare un po’ in giro.
Le parole di Harry invasero la mia testa ancora una volta, come se mi
stessero
perseguitando.
Bene, se lo faceva lui, allora volevo farlo anche io.
“Vengo con te.”, sentenziai con tono risoluto,
ritrovando maggiore sicurezza
nelle mie gambe.
Ero ubriaca, ne ero certa, ma questo non giustificava affatto il mio
comportamento.
Non avrei mai pensato che dietro il mio bel visino si potesse
nascondere una me così subdola, incosciente e
superficiale. Io non ero
affatto quella che stavo cercando di essere, non ero neppure quella che
ero
abituata ad essere, forse non sapevo neppure io chi davvero Elizabeth
Virginia
Tomlinson fosse.
Jack mi osservò ancora per qualche attimo, probabilmente nel
tentativo di
comprendere quanto ubriaca fossi, ma alla fine acconsentì.
Quando arrivammo nei bagni mi accasciai sul freddo pavimento ed
aspettai che
succedesse qualcosa, qualsiasi cosa.
“Questa è la preferita di Ryan, ho fatto i salti
mortali per trovarla entro
stasera! Qui, invece, c'è il resto.”,
comunicò un uomo che non avevo mai visto
prima, porgendo delle bustine.
Ryan afferrò tutto tra le sue braccia, bramoso, mentre un
ragazzo che non
conoscevo consegnava dei soldi all’uomo.
Lo vidi mentre li contava minuziosamente, poi percepii il braccio di
Jack
avvolgermi le spalle.
“Ne voglio anche io.”, gli sussurrai
all’orecchio, cosicché potesse sentirmi
solo lui.
Mi accarezzò i capelli con la mano che ancora era libera e
quel suo leggero
tocco mi tranquillizzò.
“Va bene, io vado. Alla prossima.”,
salutò l’uomo, stringendo la mano al
ragazzo che aveva pagato, poi uscii dal bagno, lasciandoci soli.
Ryan aprii immediatamente una bustina contenente polvere bianca, con
una fretta
tale da far chiaramente intendere quanto ne fosse dipendente.
“Stai calmo! Finirai per farla cadere tutta a
terra!”, lo rimproverò l’altro,
strappandogli la bustina dalle mani.
“Inizio io.”, provai a dire, rialzandomi sui miei
tacchi.
“Lizzie, smettila di sparare stronzate!”, mi
rimproverò Jack, afferrandomi
prima che potessi cadere a causa del mio precario equilibrio.
“Andiamo amico, se vuole provare, falla provare!”,
mi concesse il tipo che non
conoscevo, invitandomi ad avvicinarmi con un gesto della mano.
“Alex, non può farsi di cocaina,
cazzo!”, tuonò Jack con voce talmente alta da
farmi male la testa.
“Ma io voglio.”, biascicai muovendo qualche passo
in direzione del lavabo dove
si erano appoggiati.
“Dai, per stasera dalle queste.”, disse Ryan,
lanciando la bustina che
conteneva una specie di pillole colorate.
Jack prese il pacchetto al volo, ancora non del tutto convinto, come la
sua
espressione lasciava chiaramente intuire.
“Come se cambiasse qualcosa.”, borbottò
palesemente combattuto sul da farsi.
Così mi decisi che avrei dovuto fare tutto da sola.
Ero una stupida bambina incosciente e ubriaca, ma quella sera non
volevo
pensare a nulla.
Con un gesto secco presi la bustina che teneva tra le mani e la aprii
con foga.
Ne estrassi una piccola pillola azzurra e per pochi istanti la rigirai
tra le
mie esili dita, come a volerla studiare.
Poi, prima che Jack potesse riprenderla, la portai alla bocca e la
ingoiai.
---
Angolo Autrice
Salve a tutti!
Lo so, sono davvero pessima!
Ci ho messo quasi un mese per pubblicare il nuovo capitolo,
però sono stata impegnatissima...
Insomma, mi è toccato un concorso sui diritti umani la
settimana scorsa,
mentre questa ho partecipato a due diversi test di preselezione per
medicina,
uno martedì e l'altro venerdì:
insomma, tra una cosa e l'altra ero molto più che
distrutta.-.-"
In ogni caso, smetto di annoiarvi con tutte queste inutili chiacchiere
e veniamo alle cose importanti!
Allora, chi di voi si aspettava un cambiamento tanto drastico
da parte della nostra indifesa e noiosa Lizzie??xD
Lo so, lo so, forse ho esagerato, in effetti all'inizio avevo pensato a
qualche canna,
ma la mia dolce sorellina ha obiettato perché dice che "le
canne se le fanno tutti"
e a me serviva qualcosa di trasgressivo,
quindi...ù.ù
Simpatica Taylor, eh? E per il momento ancora non ha aperto bocca!xD
Allie invece continua la sua caccia, sperando di conquistare
l'attenzione di Liam,
mentre il povero Zayn si dispera supportato dal dolocissimo Nial.
E Lizzie, rimasta tutta sola soletta, incontra Jack.
Insomma, ma dovevano esserci proprio tutti in discteca quella sera???xD
Vabbè, in ogni caso sappiate che cercherò di
essere puntuale le prossime volte,
sempre scuola permettendo, purtroppo.
Comunque, grazie mille a tutte le persone che hanno recensito la storia,
grazie a chi l'ha aggiunta tra le preferite, le ricordate o le
seguite!<3
Alla
prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 16 *** Feel like snow in September. ***
g
Take
me home
Feel like snow in
September.
La
testa sembrava sul punto di esplodere,
persino respirare mi sembrava più faticoso del solito,
così istintivamente
dischiusi le labbra per far affluire una quantità maggiore
di ossigeno ai
polmoni.
“Elisabeth, sei sveglia?”, chiese una voce
ancora troppo lontana e ovattata.
Mugugnai, prima di rigirarmi tra le coperte ed
affondare il viso nel morbido cuscino.
“Avanti, apri quei maledetti occhi! Ormai
dormi da più di dieci ore!”, incalzò
un’altra voce, con più enfasi.
Strinsi le palpebre, come a volermi sforzare
di non riaprire gli occhi.
I suoni intorno a me giungevano sempre più
chiari, facendomi intuire che ci fossero diverse persone in quella
stanza che
mi stavano osservando.
Tuttavia, non riuscivo a muovermi, o meglio,
percepivo la stanchezza dei miei arti, persino la mia mente era ancora
stordita.
“Lizzie, mi stai facendo davvero
preoccupare.”, ripeté qualcuno, ma non riuscii a
distinguere di chi si
trattasse.
Una mano calda accarezzò la mia guancia, per
poi spostare una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Louis.”, sussurrai con la voce ancora
impastata dal sonno.
Una risata fresca e cristallina riecheggiò
nella stanza, prima che due braccia forti mi avvolsero dolcemente.
“Sorellina mia!”, trillò allegramente
lui, tra
i miei capelli.
Piegai le labbra in un leggero sorriso, poi
con lentezza provai ad aprire gli occhi, uno alla volta per rendere
meno
traumatico quel momento.
La luce che inondava la camera mi infastidiva
a tal punto che fui costretta a portare una mano all’altezza
dei occhi, per
difenderli da quei raggi troppo luminosi.
“Non puoi capire quanto sia stato in ansia
questa notte! Non azzardarti mai più a fare una cosa del
genere!”, riprese mio
fratello, scombinandomi i capelli.
Le sue parole destarono la mia memoria,
m’immobilizzai all’istante quando nella mia mente
comparve il buio.
Non riuscivo a ricordare nulla di quello che
era successo in discoteca. Certo, l’incontro con Liam, Zayn e
Niall era ancora
ben chiaro, così come la vista di Harry insieme alla
biondina, ma da quel punto
in poi tutto sembrava sfocarsi, fino a scomparire del tutto.
D’istinto portai la mano sinistra sulle
tempie, come a volerle massaggiare per rimediare allo sforzo appena
compiuto e
solo allora notai che indossavo una felpa viola stranamente familiare.
Con gli occhi vagai su tutta la stanza ed
immediatamente mi accorsi che non si trattava affatto della mia. Una
sensazione
di disagio invase il mio corpo, come se fossi estranea a quel luogo, ma
poi
compresi si trattasse della stanza di mio fratello.
Ero a casa di Louis, nel suo letto, con
indosso una felpa viola sul cui petto spiccava una scritta bianca, Jack
Wills.
L’odore di quell’indumento inondò le mie
narici, procurandomi un piacevole brivido lungo la schiena.
“Ora pensa a riprenderti, poi facciamo i
conti!”, mi ammonì Louis, scostandosi di poco.
“Io vado a prenderti la
colazione, con te rimane Allie!”, esclamò poi
indicando la figura della bionda
a pochi metri da lui, infine uscii dalla stanza, socchiudendo la porta
dietro le
sue spalle.
Allie si avvicinò a me, sedendosi
sull’estremità del letto.
“Ho combinato tanti casini?”, le chiesi con un
filo di voce, timorosa di conoscere la risposta.
Lei annuii, sorridendomi amorevolmente.
“Nulla di irreparabile. Hai solo esagerato un
po’.”, provò a dire per rincuorarmi.
“Perché indosso una felpa? E perché
siamo da
mio fratello?”, domandai ancora.
Avevo bisogno di risposte, dovevo ricostruire
tutti gli avvenimenti della sera precedente, sentivo che era importante.
“La felpa è di Harry, ti ha portato lui a
casa. Indossavi solo un vestitino e tremavi come una foglia,
così ti ha dato
qualcosa per coprirti.”, mi spiegò accarezzandomi
i capelli, forse nel
tentativo di non farmi agitare.
Cercai di rcordare qualcosa, qualunque cosa, mi sarei
accontentata
di poco, ma nella mia mente non riuscivo a vedere altro che nero.
“Mi ha spogliata?”, chiesi con il cuore in gola
e le labbra ancora dischiuse, spaventata molto più
del necessario da quella prospettiva.
“No, tranquilla. Pensa che hai ancora il
vestito sotto la felpa, guarda!”,
m’informò lei, divertita per quella mia
reazione.
Tirai un sospiro di sollievo a quelle parole,
poi mi decisi ad infilare la testa sotto le coperte per verificarne la
veridicità e fui estremamente soddisfatta nel costatare che
era tutto come
Allie aveva appena detto.
Allie sorrise ancora, probabilmente doveva
trovarmi estremamente esilarante in quello stato.
“Ed ora dov’è Harry?”,
continuai a domandarle, cercando di apparire indifferente.
In realtà quella, tra tutte, era la domanda
più importante.
“È andato via stamattina presto, aveva da
fare.”, rispose atona, come se volesse chiudere
immediatamente quel discorso,
come se non volesse parlarne.
Perché
mi
aveva portata a casa? Perché mi aveva aiutata?
E perché poi
non aveva neppure atteso che mi risvegliassi?
Sperai
che da un momento all’altro comparisse
sulla soglia della stanza, con quel suo sorrisetto contornato dalle
fossette e
i suoi ricci indomabili. Avrebbe fatto una delle sue battutine, io mi
sarei
imbarazzata, lui mi avrebbe presa in giro ed io avrei finto di
detestarlo
ancora di più.
Ma la porta continuava a rimanere chiusa.
“Ti gira ancora la testa?”, mi domandò
con
premura Allie, racchiudendo il mio viso tra le sue mani.
Scossi la testa e non perché non percepissi un
lancinante dolore perforarmi il capo, ma perché non volevo
affatto che si
preoccupasse per me in quel momento.
Volevo soltanto rimuginare su quanto infantile
e patetico fosse stato il mio comportamento.
“Ho bevuto tanto?”, le chiesi in un sussurro.
Incrociai le dita, sperando in una risposta
negativa, ma non appena le sue labbra si storsero in una leggera
smorfia le mie
speranze crollarono.
“Ci hai dato dentro parecchio.”,
sospirò. “Ma
c’è dell’altro.”,
iniziò con voce ancora più bassa della mia.
Aggrottai la fronte, cercando di concentrarmi
sulle sue parole, nonostante percepissi le pesantezza dei miei occhi.
“Cosa?”, soffiai a pochi centimetri dal suo
viso.
Dovevo
sapere, ne avevo il diritto.
“Credo
tu abbia fatto uso di qualche droga.”,
mormorò con lo sguardo basso, pesando bene ogni singola
parola.
Quella rivelazione mi lasciò del tutto
sconvolta.
Non era
possibile.
Insomma, non
era possibile che una come me…
“Allie,
parla! Ho bisogno di sapere ed in
questo momento non ricordo nulla!”, tuonai in un sibilo al
suo indirizzo.
Lei prese un respiro profondo, forse per
trovare il coraggio di dirmi ciò che sapeva a riguardo.
“Harry mi ha detto che ti ha trovata in
compagnia di Jack, mentre ballavate, ma tu eri ubriaca persa. Ha
chiesto a Jack
cosa ti avesse fatto bere, ma lui era del tutto fatto e si è
lasciato scappare
che ti aveva dato delle pasticche.”, mi raccontò
con gli occhi puntati nei
miei.
Rimasi immobile per un tempo indefinito, senza
batter ciglio. Sentivo solo il battito del mio cuore e le vene pulsare
ad un
ritmo regolare.
Non era
vero, non poteva essere vero.
“Louis
non ne sa niente, Harry ha preferito
dirlo solo a me. Era troppo preoccupato per tenere una cosa del genere
per
sé.”, aggiunse poco dopo.
Boccheggiai più volte senza riuscire a trovare
la forza per proferir parola.
Gli occhi pizzicavano più del dovuto, sentivo
un groppo fermo all’altezza della gola e tutto intorno a me
appariva così scuro
e buio.
Nella mia testa prese vita una strana scena.
C’ero io, accovacciata in un angolo, e c’era Jack
vicino a me. Sentivo delle
voci indistinte e fastidiose, poi la vidi: una pasticca azzurra come il
cielo.
Una lacrima bagnò la mia guancia, ma mi
affrettai ad asciugarla.
Allie mi accolse tra le sue braccia ed io non
esitai a nascondere il mio volto nell’incavo della sua spalla.
Come se
fosse bastato ciò per dimenticare!
“Tranquilla,
è tutto passato ora!”, mormorò
Allison, stringendomi forte a sé, poi cullata dalle sue
braccia mi addormentai
ancora una volta.
Quando riaprii gli occhi la stanza era vuota e
buia. Le serrande della finestra erano abbassate, tutto intorno a me
era in
ordine, persino la scrivania di mio fratello. Sentii un allegro vociare
provenire dall’esterno, probabilmente doveva esserci Louis
con gli altri a
casa.
Mi voltai, rigirandomi tra le calde coperte, e
subito notai un vassoio con un cornetto sul comodino.
Sorrisi, mentre uno strano brontolio risuonava
nel mio stomaco. Mi tirai su, appoggiando le schiena alla spalliera del
letto,
poi afferrai il cornetto e lo addentai, affamata.
Era alla crema, il mio preferito.
In quel momento mi sentivo bene, rilassata, in
pace con me stessa.
Il mal di testa era scomparso, così come anche
quella generale sensazione di stanchezza. Ero come rinata.
Così, quando ebbi
terminato, mi decisi ad alzarmi dal letto.
Potevo solo immaginare tutta l’ansia e la
preoccupazione che avevano assalito mio fratello in quelle ore ed il
minimo che
potessi fare era mostrarmi in perfetta salute fisica e mentale.
Indossavo ancora quella stupida felpa viola,
avrei potuto cambiarla, sostituendola con un qualsiasi indumento di
Louis, ma
sentire quel profumo sulla pelle mi piaceva, mi rilassava.
Seguii le voci fino a giungere in salotto, dove trovai Louis ed El
abbracciati su una poltrona, intenti a raccontare
episodi della loro vita ad Allison e Liam, che se ne stavano sorridenti
come
non mai sul divano in pelle.
La voce di Niall, invece, giungeva dal
frigorifero della cucina, probabilmente stava decidendo cosa mangiare.
“Ehi!”, salutai tutti, sedendomi accanto ad
Allie.
Sentivo tutti gli occhi dei presenti puntati su
di me, ma mi sforzai di ignorarli. Del resto i loro sguardi curiosi
volevano
solo verificare che stessi bene.
“Lizzie, prendo qualcosa da mangiare anche per
te?”, mi chiese Niall dalla cucina.
“No grazie, ho appena mangiato il cornetto.”,
risposi, alzando di poco la voce cosicché potesse sentirmi.
“Ti senti meglio ora?”, mi chiese Eleanor,
accennando ad un sorriso.
“Certo! Ho dormito tantissimo!”, esclamai
cercando di apparire tranquilla, dopo aver notato che
l’orologio appeso alla
parete della sala segnava le quattro di pomeriggio.
“Quanto ricordi di ieri sera?”, mi
domandò
allora mio fratello, con tono inquisitorio.
Mi mordicchiai il labbro, riflettendo su ciò
che avrei dovuto rispondere. Guardai Allie, cercando nei suoi occhi un
aiuto,
un consiglio e fu in quell’istante che ricordai.
Louis non ne
sa niente, Harry ha preferito dirlo solo a me.
“Credo
di aver bevuto molto più di quanto
riesca a reggere.”, mentii cercando di apparire quanto
più affranta possibile.
Odiavo dove fingere davanti a mio fratello, ma
in quel momento sentivo di non avere alternative.
“Molto più? Ti sarai scolata almeno una
dozzina di cocktail per finire così!”, mi
accusò Louis.
“Andiamo Boo, tua sorella è grande e
vaccinata! E poi tu alla sua età facevi di
peggio!”, mi difese prontamente
Eleanor.
“Io adoro la marmellata!”, esordì Niall,
raggiungendoci in sala, attirando la nostra attenzione.
In una mano teneva un barattolo di marmellata
alla ciliegia, nell’altra un cucchiaino.
Scoppiammo tutti in una leggera risata
nell’osservare con quanta accuratezza e passione la stava
degustando.
“Che avete da ridere voi?”, ci chiese
corrugando la fronte, con ancora la bocca piena, facendoci ridere
ancora più
fragorosamente.
Niall si sedette sul bracciolo del divano,
accanto a Liam, poi lo vidi cercarmi con lo sguardo.
“Beth, sicura di non volere nulla? Ti vedo
ancora più pallida del solito!”, disse al mio
indirizzo.
“Ma no, sto benissimo!”, replicai con un
sorriso a trentadue denti, cercando di apparire naturale.
“E da dove sarebbe uscito questo nuovo
soprannome?”, gli domandò Liam confuso per il
diminutivo con il quale mi aveva
chiamata.
Niall fece spallucce prima di rispondere, poi mi
sorrise dolcemente.
“Allie la chiama Lizzie, Louis sorellina,
Harry Liz, così ho deciso che io la chiamerò
Beth!”, sentenziò portando un
altro cucchiaio ricolmo di marmellata all’altezza della bocca.
Sì,
Niall
era quel tipo di ragazzo che suscitava tenerezza al solo vederlo.
“Louis,
credo sia ora che Lizzie torni al
campus con me.”, dichiarò Allie dopo qualche
secondo di assoluto silenzio.
Mio fratello storse il labbro, non convinto di
quelle parole.
“Andiamo Tommo, prima o poi devo comunque
tornarci! E poi ho molto da studiare!”, aggiunsi, sperando di
riuscire a
convincerlo.
“E va bene, ma vi accompagno io!”, concesse,
alzandosi dalla poltrona.
“Ma no, Louis, posso farlo io, tanto devo
andare al college anche io!”, si offrì Liam,
sorridendo in direzione di
Allison.
Mi ero forse
persa qualcosa in quelle ore di sonno?
“Ne
sei sicuro? Insomma, preferirei…”,
provò a
dire Louis, ma Liam lo interruppe prima ancora che potesse terminare.
“Non preoccuparti, ci penso io!”,
sentenziò
ancora con gli occhi fissi in quelli azzurri di Allison.
Anche mio fratello parve accorgersi di quella
strana complicità tra i due, tanto che fu costretto ad
arrendersi.
“Chiama quando arrivi!”, mi ricordò
prima che
lo salutassi.
Cosa
era successo di preciso quella notte?
"Sta
tranquilla, Liz. Ora devi solo riposare.", sussurrò con voce
delicata al mio orecchio, adagiandomi quanto meglio possibile sul
letto, rimboccandomi poi le coperte.
"Non ci riesco, la testa mi fa troppo male.", mi lamentai quasi
mugugnando, tanto che probabilmente non riuscì a capire le
mie parole.
"Rilassati, chiudi gli occhi e prova a sognare.", mormorò
ancora, acarezzandomi il viso.
Poi iniziò a canticchiare una dolce melodia.
"Buonanotte Harry."
---
Angolo Autrice
Hola girls!:D
Ok, non chiedetemi come sia possibile, ma solo ieri ho visto
il video del nuovo tour:
insomma, ma sono davvero super-carinissimi!!!*.*
E Louis è troppo dolce!! Cioè, è
favoloso con quel cartello "free hugs"!!<3
E poi la scena con Harry che legge durante la festa...
Sono scoppiata a ridere quando l'ho vista!!xD
Comunque sia, capitolo di passaggio,
del resto ho pensato che ce ne volesse uno dopo gli ultimi avvenimenti!
Ovviamente non ho fatto succedere nulla, per questa volta,
però la situazione di stasi non durerà per molto,
vi avverto!ù.ù
Harry è completamente sparito, purtroppo,
mentre la presenza di Taylor inizia ad allietarci (?) sempre di
più.
Liam si è offerto di riaccompagnarle al campus... non
è che per caso ha finalmente notato Allie??xD
E Niall: quel ragazzo è sempre più dolce!:D
Ringrazio chi ha letto, chi ha messo la storia tra le seguite, le
ricordate e le preferite,
ma soprattutto ringrazio chi ha lasciato una recensione!*.*
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 17 *** Too blind to see. ***
h
Take
me home
Too blind to see.
Il
tempo continuava a scorrere piuttosto
monotono. Dopo quella sera, quella in cui mi ero completamente lasciata
andare,
avevo ripreso la mia quotidiana routine, fatta di lezioni e tanto
studio.
Avevo ridotto le visite a casa di mio
fratello, volendo a tutti i costi evitare un eventuale incontro con
Harry, ma
soprattutto non mi piaceva affatto l’idea di essere costretta
a mentire a mio
fratello.
Preferivo non vederlo, piuttosto.
Di tanto in tanto mi tornavano in mente dei
brevi momenti di quella serata in discoteca.
Allie mi aveva raccontato di ciò che era
accaduto con Liam. In realtà avevano concluso ben poco, ma
almeno erano
riusciti a conoscersi meglio e a scambiarsi, per somma gioia della
bionda, i
numeri di telefono. Tra di loro si era instaurata una strana
complicità e,
ormai, si sentivano sempre più spesso.
Avevo ricordato gli occhi verdi del riccio
fissi nei miei mentre ballava con una bionda, l’espressione
di Ryan quando
quell’uomo gli aveva consegnato la droga, i miei movimenti
sensuali in pista dopo
aver inghiottito la pasticca, le braccia di Harry che mi avvolgevano,
per poi
prendermi di peso e portarmi fuori da quel locale , oltre una serie di
immagini
sconnesse.
“Smettila
di
provocarmi Liz, stai davvero sfidando il mio autocontrollo.”,
mi aveva ordinato,
cercando di reprimere un altro sorriso, l’ennesimo.
“Harry, ma
perché i tuoi ricci sono così
morbidi?”, gli avevo chiesto, accarezzando la sua
chioma ribelle, con voce stranamente languida e civettuola.
Lui non
aveva risposto, ma di sottecchi avevo visto formarsi due splendide
fossette sulle
sue guance, prova inconfutabile della sua espressione compiaciuta.
Aveva
mantenuto gli occhi sulla strada per tutto il tempo, cercando di
evitare il mio
sguardo, il quale, al contrario, era rimasto costantemente fisso sulla
sua
figura.
“Andiamo, ti
porto a letto.”, esordì poi, dopo aver
parcheggiato.
“Interessante!”,
avevo ammiccato in sua direzione, con un enorme sorriso sornione
disegnato
sulle labbra .
Harry era
sceso dall’auto, per venire dal mio lato. Aveva preso la
portiera e, mentre
ancora borbottavo qualcosa, mi aveva presa in braccio.
“Oh, che
gentiluomo!”, avevo esclamato positivamente sorpresa.
“Sembro una principessa
adesso!”, avevo commentato poi con aria sognate.
Harry aveva
riso, mordicchiandosi il labbro inferiore in maniera terribilmente sexy.
“Certo
principessa, ora il suo principe azzurro la porterà al
sicuro!”, aveva
scherzato lui, reggendo il gioco, mentre oltrepassava la porta di casa.
“Harry, tu
sei molto più simile ad Heathcliff che al principe
azzurro.”, mugugnai contro
il suo petto.
“Però sei
bello.”, avevo aggiunto, quasi a volerlo rincuorare.
Harry mi
poggiò su un letto, in una stanza in cui non ero mai stata
prima di quel
momento.
“Devi
riposare.”, mi aveva sussurrato.
“Ho tanto freddo
e tu sei caldo caldo. Vieni qui.”, avevo detto, aggrappandomi
al suo collo, per
poi trascinarlo sul materasso, al mio fianco.
“Liz, non
credo tu voglia veramente che…”, aveva provato a
ribattere.
“Uffa, so io
cosa voglio!”, lo avevo interrotto, poggiando la testa sul
suo petto, mentre
con le braccia avvolgevo la sua vita.
Harry aveva
sorriso, poi avevo sentito le sue labbra premere sulla mia fronte.
“Mi
ucciderai quando ti racconterò di questa serata!”,
aveva mormorato tra sé e sé.
“Harry?”, lo
chiamai dopo qualche minuto, mentre ancora tremavo per il freddo.
“Dimmi,
Liz.”, mi aveva incitato, avvolgendomi meglio tra le sue
braccia per
riscaldarmi.
“Mi canti
una canzone?”
Era
frustrante non riuscire a ricordare ogni
dettaglio.
Avrei voluto sapere molte più cose a riguardo,
come il perché di quella felpa che ancora non avevo avuto
modo di riconsegnare
al diretto proprietario.
La settimana precedente avevo chiesto a Louis
di passare a prendere quell’indumento per poi restituirlo al
riccio, ma lui
continuava a ripetere che dovevo riportarglielo personalmente,
cogliendo
l’occasione per ringraziarlo adeguatamente.
In quei giorni lo vedevo sempre meno in giro
per il campus e sempre solo.
Ormai mancava poco più di un mese alle vacanze
di Natale. Avevo già iniziato il conto alla rovescia,
desiderosa di tornare a
casa ed allontanarmi da quella città, da lui.
Allie aveva iniziato a frequentare Liam con
regolarità, tanto che ogni sera la sentivo chiacchierare
amabilmente con quel
ragazzo che sembrava averle rubato il cuore.
Liam era sempre così premuroso e gentile,
affabile e comprensivo, responsabile e saggio, l’esatto
contrario della mia
amica e forse era per questo che insieme si trovavano tanto bene.
Certo, ancora non avevano ufficializzato
nulla, Liam continuava a ripetere che era troppo presto e che voleva
procedere
con calma, ma ormai trascorrevano insieme ogni attimo a loro
disposizione.
La cosa sorprendente, tuttavia, era notare
come il suo atteggiamento nei confronti dei ragazzi fosse radicalmente
cambiato.
Prima era solita mostrarsi amichevole e
disponibile con tutti, talvolta risultava persino molto
intraprendente, ma da quando il castano dai
dolci lineamenti era entrato nella sua vita aveva iniziato ad ignorare
tutti
gli altri individui maschili, compresi Ryan e Zayn.
Quest’ultimo, alla fine, si era rassegnato
all’idea di non poter affatto competere con il suo amico, in
quanto perdeva già
in partenza, così aveva ripreso a frequentare diverse
ragazze.
Qualche giorno prima avevo rivisto Jack, in
aula. Lo avevo salutato da lontano, con appena un cenno della mano. Lui
aveva
ricambiato il gesto, ma nessuno dei due aveva osato avvicinarsi
all’altro. Jack
aveva abbassato lo sguardo, come se si sentisse colpevole di
ciò che era
accaduto, ma io non mi ero affatto preoccupata di rincuorarlo. Avevo
girato il
viso, posandolo sulla cattedra, lasciando che lui continuasse a
crucciarsi tra
i sensi di colpa.
“Allora, sei pronta?”, mi chiese Allie
stringendomi forte la mano.
Annuii, tenendo ancora lo sguardo fisso sulla
cartellina che raccoglieva tutte le ricerche e gli approfondimenti che
avevo
fatto.
Quella mattina avrei dovuto affrontare il mio
primo esame orale con la professoressa Cox. Avevo trascorso tutta la
settimana
rintanata in camera, studiando notte e giorno, spaventata da
quell’imminente
data. Sapevo quanto esigente e pignola fosse la professoressa, quanta
passione
e quanto impegno profondeva nel suo lavoro ed io non volevo
assolutamente darle
una brutta impressione. Per di più puntavo ad ottenere una
borsa di studio per
merito alla fine del secondo bimestre, dunque di certo non mi sarei
potuta
accontentare di un voto che non fosse il massimo.
“Cercherò di dare il meglio di me.”,
dichiarai
assorta tra i miei pensieri.
“Sono sicura che ce la farai!”, mi
incoraggiò
Allison.
La tensione in quel momento era quasi
palpabile. Avevo affrontato altre prove prima di questa, alcune delle
quali
erano state decisamente più impegnative e difficoltose, ma
ciò non sembrava
essere un motivo sufficiente a calmarmi.
Le mani sudavano per il nervoso, il piede
sinistro ticchettava sul pavimento ad un ritmo snervante.
Persino scegliere i giusti abiti quella
mattina mi era sembrata un’impresa titanica. Insomma, volevo
qualcosa di
elegante, ma giovanile, di serio e frizzante allo stesso tempo. Avevo
provato
più di un quarto dei capi del mio guardaroba, poi alla fine
Allison mi aveva
imposto di indossare dei pantaloni blu, una maglietta bianca ed un
delizioso
cardigan rosa.
“Ok, tocca a me.”, constatai quando il ragazzo
si alzò dalla sedia posizionata di fronte alla professoressa
Cox e ai suoi due
assistenti.
“In bocca al lupo!”, mi augurò Allie,
facendomi l’occhiolino.
“Crepi!”, mimai in risposta, alzandomi per poi
raggiungere la cattedra ancor prima che fosse chiamato il mio nome.
“Tomlinson.”, lesse il primo assistente
sull’elenco dove erano segnati tutti coloro che avrebbero
dato l’esame in
quella sessione.
“Salve!”, salutai educatamente, prima di
sedermi.
La professoressa Cox mi sorrise, forse nel
tentativo di mettermi a mio agio.
“Bene Elisabeth, iniziamo pure!”, esordì
appoggiando i polsi sull’estremità del tavolo di
legno, per poi intrecciare le
mani.
Ricordava il
mio nome. Mi aveva chiamata per nome,
pensai mentre già procedeva con la prima domanda.
Risposi a tutti i quesiti che mi vennero
sottoposti, anche dagli assistenti. Il secondo poi non faceva altro che
chiedere chiarimenti e dettagli, nel chiaro tentativo di mettermi in
difficoltà, senza però riuscirci. Parlavo con
disinvoltura, trattando ogni
argomento con i dovuti accorgimenti. Avevo persino creato dei
collegamenti del
tutto improvvisati, dettati dall’esigenza di rendere il
discorso fluido, coeso
e coerente. Ero soddisfatta di come stesse procedendo la prova ed il
sorriso
della professoressa non faceva altro che incoraggiarmi ulteriormente.
Tirai un sospiro di sollievo quando la Cox
decise che era giunto il momento di porre fine alla mia esposizione.
“Devo dire che sei stata davvero molto brava,
Elisabeth!”, commentò, ripetendo per la seconda
volta il mio nome.
Mi chiesi ancora una volta come fosse
possibile che lo ricordasse, ma ovviamente i miei dubbi rimasero
irrisolti.
“La tua preparazione è davvero eccellente,
sono sbalordita!”, si complimentò ancora
sorridendomi. “Ma…”, iniziò
per poi
bloccarsi, come se stesse cercando le parole giuste per continuare.
Il suo volto si tramutò in un’espressione di
disagio. Teneva i denti serrati, lo si intuiva dai lineamenti duri
della
mascella. I suoi occhi vagavano sull’elenco degli studenti,
mentre con la mano
destra giocherellava con la penna stilografica.
“Non prenderla male, ma credo tu possa fare
molto di più.”, riprese dopo qualche istante
fissando i suoi occhi verdi nei
miei.
Subito ebbi la sensazione di riconoscere
quello sguardo così intenso e familiare, ma non riuscivo a
comprenderne il
motivo.
“Insomma, tu sei una ragazza dalle mille
potenzialità, ma non stai ancora dando tutto te
stessa.”, chiarii allora, forse
avendo notato l’espressione sconcertata del mio volto.
Le sue parole sembravano celare un messaggio
più profondo, un consiglio quasi, ma allo stesso tempo mi
ferivano più di
quanto mi sarei mai potuta aspettare.
“Non capisco cosa voglia dire.”, ammisi quasi
in un sussurro.
La professoressa Cox mi sorrise
con fare materno e sulle sue guance
si scavarono due piccole fossette.
Mi ricordava terribilmente qualcuno, ma non
riuscivo a capire di chi si trattasse.
“Sto dicendo che tu hai studiato, certo, ma sembra
che tu non riesca ad andare oltre ciò che
c’è scritto.”, spiegò allora.
Rimasi sbalordita da quelle parole, immobile
con gli occhi ben saldi ai suoi.
Insomma, mai nessun professore si era
lamentato del mio metodo di studio, anzi, tutti non avevano fatto altro
che
elogiarlo, gratificandomi con mille complimenti.
Lei, invece, aveva trovato dei punti deboli
nella mia tecnica di apprendimento e non aveva affatto esitato nel
farmeli
notare.
In quel momento mi sentivo terribilmente
vulnerabile e fragile, scossa e frastornata.
“Non mi hai convinta, sei stata piuttosto
sterile, poco originale e poco critica, mi aspetto molto di
più da te.”,
sintetizzò infine con poche parole, racchiudendo in esse il
succo del suo
discorso.
Non riuscii a trovare neppure una sola valida
argomentazione per ribattere la sua tesi. Le sue parole mi parvero
tanto
fastidiose e scomode quanto veritiere, così fui costretta ad
accettare il suo
giudizio.
“Comunque sia, ti meriti un ventotto!”,
sentenziò avvicinando la penna al libretto dove avrebbe
dovuto annotare la
votazione.
Avrei voluto fermarla, dicendole che avrei
ridato l’esame alla sessione successiva, ma non ne ebbi il
coraggio.
La professoressa segnò quelle due cifre sul
foglio di carta, poi rialzò il volto per tornare a fissarmi.
“Complimenti, è un ottimo risultato!”,
si
congratulò come per congedarmi.
Accennai appena ad un sorriso, poi mi alzai
dalla sedia.
“Ah, salutami Louis ed Harry quando li vedi!”,
esclamò mentre mi porgeva il libretto.
Aggrottai la fonte non appena compresi quelle
parole.
Come
conosceva Louis ed Harry? Ma, soprattutto, come faceva a sapere che
anche io li
conoscessi?
“Sai,
da ciò che ho capito quel disgraziato di
mio figlio passa più tempo con te che con me,
ultimamente.”, aggiunse poco dopo
con il tono di una madre rassegnata.
Perché
ora
nominava suo figlio? Chi era? E cosa aveva a che fare con Harry?
Sorrisi appena, come se avessi
capito a cosa
si stesse riferendo. In realtà nella mia testa
c’era solo una grande
confusione.
“Va bene,
sarà fatto.”, assicurai annuendo.
“Allora
ciao!”, mi salutò la professoressa.
“Arrivederci!”,
ricambiai immediatamente con
tono più formale.
Appena uscii
dall’aula, fui subito accolta
dalla grinta di Allison.
“Com’è
andata?”, mi chiese venendomi incontro.
“Non male,
ho preso ventotto.”, risposi senza
dare troppa importanza a quelle parole.
La mia mente era
ancora impegnata a
ripercorrere la conversazione finale che avevo avuto con la
professoressa Cox.
“E ti pare
questo il modo di reagire dopo un
successone del genere? Andiamo, lo sanno persino i muri che la Cox
è un osso
duro!”, trillò Allie, provando a contagiarmi con
il suo entusiasmo.
Non riuscivo a pensare
ad altro: cosa aveva
voluto intendere con quelle parole?
Con lo sguardo assorto
mi diressi verso la
fine del corridoio, alla ricerca di un posto più appartato
dove poter parlare
con la mia compagna di stanza.
“Lizzie, ci
sei? Va tutto bene? Dovresti
festeggiare, non cadere in uno stato catatonico!”,
iniziò a dire Allie, mentre
mi seguiva sventolandomi il palmo della mano davanti agli occhi.
“Credo di
aver scoperto una cosa.”, confessai
tutto d’un fiato, con aria talmente seria che vidi Alle
preoccuparsi.
C’era
un'unica spiegazione a tutte quelle
strane coincidenze che avevo notato.
Doveva pur esserci un
motivo se quegli occhi
verdi mi erano sembrati così stranamente familiari e quelle
fossette mi
ricordavano terribilmente il sorriso di qualcun altro.
“Tu sai
qualcosa sulla vita privata della
Cox?”, le domandai di getto.
Allison mi
fissò scettica, sbattendo più volte
le palpebre come a volersi capacitare delle mie parole.
“So solo che
ha divorziato qualche anno fa dal
marito e che ha due figli piuttosto grandi.”, rispose vaga.
Annuii.
Tutto sembrava
combaciare alla perfezione.
Il racconto di mio
fratello sugli eventi
accaduti alla famiglia di Harry si riassumeva nelle poche informazioni
pervenute agli studenti sul conto della professoressa.
Ormai non potevo
più avere dubbi, era davvero
così.
“È
Harry il figlio della professoressa Cox.”,
dissi in un filo di voce.
Allie
sgranò gli occhi per la sorpresa.
“Ok, questa
sì che è una notizia che fa
scalpore!”, commentò poi ironicamente.
---
Angolo Autrice
Ta-dan: Lizzie ha scperto l'acqua calda! Facciamole tutte un grande
applauso!!!xD
Ok, ok, sono ancora una volta in mostruoso ritardo e
sembrerò anche ripetitiva nel dire che non è
colpa mia,
ma davvero non posso farci nulla se quei disgraziati della mia scuola
dovevano mandarmi a casa martedì sera
ed invece mi hanno fatta uscire ieri alle due, facendomi perdere due
treni ed un pullman,
così alla fine ho dovuto aspettare per ben due ore e mezzo
alla stazione, prima di partire!-.-"
Comunque sia, sono ora ufficialmente in vacanza!!!*.* Yuppi!!!:D
Ma ora passiamo al capitolo!:D
Lizzie ha ricordato qualcosina della serata trascorsa con il riccio,
anche se, ovvimamente, ora si sono allontanati un'altra volta.
Allison si sente con Liam e già dal prossimo capitolo
vedremo come prosegue la loro "storia",
mentre ci toccherà aspettare un pochetto per il ritorno, in
grande stile, di Harry!ù.ù
Ah, finalmente Lizzie ha capito che la Cox è la madre di
Harry!!
Ce ne ha messo di tempo, però!xD
Ovviamente non potevo non immaginarla che fantastica, quella donna
è davvero meravigliosa!:D
E poi è la madre di Herruccio caro!!*.*
Wow, questo pomeriggio sono stranamente prolissa, quindi direi che
è meglio darci subito un taglio!xD
Volevo ringraziare le favolose persone che seguono, preferiscono o
ricordano:
thank you guys!!<3
E un immenso grazie a quelle che lasciano una recensione,
rendendomi tanto felice da toccare il cielo con un dito, anzi no,
molto di più, almeno tre mentri sopra il cielo!xD
Ok, questa potevo anche evitarla, ma ormai...xD
Grazie anche a chi legge e grazie a chi ha ancora la pazienza per
seguirmi!:D
Questa volta, prometto solennemente, aggiorno prestissimo!;)
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 18 *** Your voice in my head. ***
h
Your
voice in my head.
“Allie
smettila di fare avanti e indietro! Stai
mettendo a dura prova i miei nervi!”, la ammonii.
Erano minuti che
camminava freneticamente per
la stanza,
agitando le mani
e sbuffando come un treno a
vapore.
“E se
gli fosse successo qualcosa?”, mi chiese
per l’ennesima volta, portando le dita della mano sinistra
alla bocca.
“Sta
calma!”, le ordinai, alzandomi dal letto.
La afferrai per
le spalle, poi la feci sedere
sulla sedia della mia scrivania. Lei si lasciò guidare, non
opponendo
resistenza alcuna.
“Avrà incontrato del traffico lungo la
strada.”, provai a dire, nel tentativo di giustificare
l’ampio ritardo di Liam.
Quel
venerdì sera sarebbero dovuti uscire per
il loro primo vero appuntamento.
Allison era
stata agitata per tutta la
settimana, non aveva fatto altro che pensare a ciò che
avrebbe dovuto indossare
e ciò che avrebbe dovuto dire. Aveva persino fatto una
tabella con tutti gli
argomenti di cui avrebbero potuto conversare per evitare silenzi
imbarazzanti.
Era strano
vederla così intimorita ed eccitata
all’idea di dover uscire con un ragazzo.
Di solito lei
non si faceva scrupoli, era
sempre sicura di sé, non temeva nulla e nessuno. Era lei a
dettare le regole
del gioco, come aveva fatto con Ryan e Zayn.
Aveva sentito il
primo per circa una
settimana, erano usciti insieme, ma poi si era stufata e aveva lasciato
che i
loro rapporti si interrompessero. Con il secondo, invece, aveva dovuto
giocare
a nascondino per evitarlo, nonostante all’inizio gli avesse
mostrato rosee
prospettive per il loro avvenire.
Ma con Liam era
tutta un’altra storia.
Diceva che le
gambe le tremavano al solo
pensiero di dover trascorrere del tempo con lui, gli occhi le
luccicavano
quando ne parlava, le labbra si piegavano automaticamente in un sorriso
smagliante quando veniva pronunciato il suo nome.
Una volta mi
aveva confessato di esserne
innamorata.
Mi aveva
raccontato che lo aveva capito pochi
giorni prima, quando lo aveva visto in aula, mentre prendeva appunti
durante la
lezione di diritto.
Allie lo aveva
osservato bene oltre il vetro
della finestra, dall’esterno, ed aveva sentito una forte
fitta all’altezza del
cuore quando lui aveva alzato lo sguardo dal quaderno sul quale stava
scrivendo
per controllare cosa ci fosse scritto alla lavagna.
Aveva corrugato
le sopracciglia, forse non
avendo ben decifrato la calligrafia del docente, poi aveva sgranato gli
occhi
come se avesse appena avuto una geniale intuizione, infine aveva
sorriso e quel
sorriso aveva fatto completamente sciogliere la mia amica.
Era quasi un
mese che quei due si frequentavano,
anche se come amici, ed Allie era davvero stanca di dover continuare ad
interpretare quel ruolo che tanto le stava stretto.
Lei voleva
essere più di una sua amica, molto
di più.
“Io lo
chiamo!”, esordì dopo qualche secondo,
scattando in direzione della sua borsa, dove aveva precedentemente
riposto il
cellulare.
Mi parai davanti
a lei, cercando di bloccare
quel suo tentativo.
“Sarà
qui a momenti, arriverà! Ne sono
sicura!”, dissi guardandola negli occhi.
Lei si
mordicchiò il labbro, la sua
espressione era palesemente preoccupata.
Prese un
profondo respiro, poi sistemò i lembi
del vestitino nero che aveva deciso di indossare per
l’occasione.
“Non
mi darà buca?”, mi chiese e per la prima
volta nel suo tono di voce notai incertezza, quasi paura.
Scossi il capo,
sorridendole.
Questa
volta
sarebbe toccato a me doverle infondere sicurezza.
“Non
lo farà, ne sono sicura!”, la rincuorai,
aggiustandole i capelli all’altezza della guancia.
“Liam
mi piace per davvero.”, mormorò, con il
volto basso, come imbarazzata da quell’affermazione.
D’istinto
presi le sue mani e le strinsi tra
le mie. Era ancora più bella del solito quella sera,
così insicura ma così
forte.
Stavo per dirle
qualcosa, ma non ebbi neppure
il tempo di aprire la bocca che entrambe sussultammo nel sentire la
suoneria
del suo cellulare.
Allison
spostò lo sguardo sulla borsa e con
una falcata raggiunse la scrivania dove era poggiata, poi con fretta
frugò al
suo interno, fino ad estrarne il telefono.
“È
lui!”, esclamò in un sussurro, con la mano
tremante.
“Rispondi,
dai!”, le suggerii, sorridendole
per incoraggiarla.
Lei
annuì e fece come le avevo detto.
“Ciao
Liam!”, lo salutò non appena ebbe
accettato la chiamata.
La osservai
bene, nel tentativo di comprendere
ciò che le stesse dicendo il ragazzo dalle espressioni della
mia amica.
“No, a
dir il vero sono appena uscita dalla
doccia.”, mentì iniziando a giocare con una ciocca
dei sui capelli.
Mi avvicinai a
lei, avendo intuito che non si
trattasse di buone notizie.
“Ma
figurati, capisco perfettamente.”,
aggiunse poco dopo, mentre le sue labbra si piegavano in un triste
broncio.
“Davvero,
tranquillo! Non devi giustificarti!
È giusto che tu vada da lei.”, cercò di
dire con tono convincente, ma era
evidente che di lì a poco sarebbe scoppiata a piangere.
“Non
preoccuparti per me! Corri da lei!”,
continuò con la voce increspata.
Le accarezzai
una guancia, stringendola tra le
mie braccia e lei si lasciò cullare. Appoggiò la
testa sulla mia spalla e
nascose il viso tra i miei capelli.
“Va
bene, ci sentiamo. Ciao.”, salutò infine,
poi chiuse la telefonata.
Rimanemmo in
silenzio per qualche secondo,
Allie ancora teneva il cellulare tra le mani, quasi stesse aspettando
un’altra
telefonata, o forse voleva solo convincersi di ciò che era
appena accaduto.
Danielle
l’ha chiamato, vuole riprovarci.”,
mi spiegò con un filo di voce.
Afferrai il
telefono e lo posai sulla
scrivania, poi trascinai Allie sul suo letto, dove ci sedemmo entrambe.
“Ed
ora lui sta correndo da lei.”, aggiunse
con gli occhi puntati sul pavimento, affranta e distrutta da quella
notizia.
“Ed io
che mi ero pure fatta carina per lui!”,
urlò poi con tutta la voce che aveva in gola, alzandosi di
scatto.
“Sono
una stupida!”, gridò ancora, passandosi
il dorso della mano destra sugli occhi, così a rovinare il
trucco.
“Mi
faccio pena da sola!”, tuonò ancora più
forte di prima, mentre le lacrime iniziarono a solcare il suo viso.
Continuavo a
guardarla, mordicchiandomi il
labbro, non sapendo cosa poter fare per aiutarla.
La matita ed il
mascara le erano colati sulle
guance, facendole diventare nere, il suo naso era più rosso
del solito, poi
passò una mano tra i capelli, rovinandone
l’acconciatura.
Mi
faceva
male vederla così, tanto male.
Mi alzai e la
abbracciai con foga, cercando di
trasmetterle calore ed affetto, per farle capire che io c’ero
per lei, in quel
momento.
Lei
iniziò a singhiozzare sulla mia spalla,
mentre entrambe ci lasciavamo cadere sul freddo pavimento della nostra
stanza.
Allie aveva
fatto davvero tanto per me, mentre
io non riuscivo a fare nulla per alleviare il suo dolore.
“Vedrai
che con il tempo si sistemerà tutto.”,
riuscii solo a dire, maledicendomi per la banalità di quella
farse.
Il giorno
successivo Allie non volle venire a
vedere il gruppo di mio fratello esibirsi in un altro locale. Voleva
del tempo
per riflettere e di certo vedere Liam con Danielle non
l’avrebbe aiutata nel
superare quel difficile momento.
Io avrei
preferito decisamente rimanere al
campus con lei, magari vedere un film romantico sorseggiando del
tè caldo, ma
Niall non mi aveva lasciato scelta.
Inoltre quella
sarebbe stata l’ultima
esibizione prima di Natale ed anche Louis sembrava tenerci
particolarmente alla
mia presenza, quella sera.
Presi un lungo
respiro prima di entrare in
quella specie di pub dove avrebbero cantato di lì a pochi
minuti.
“Ciao
Lizzie!”, mi salutò Eleanor, quando mi
vide nei pressi dell’area adibita a palco.
“Ciao
El!”, avvicinandomi a lei, con il chiaro
intento di trascorrere il resto della serata in sua compagnia, mentre
vedevo
chiaramente la sua espressione sollevarsi.
“Per
fortuna che sei arrivata! Non ce la
facevo più con queste due!”, sussurrò
al mio orecchio, indicandomi una bionda e
una riccia che purtroppo riconobbi immediatamente.
Erano Taylor e
Danielle.
Strabuzzai gli
occhi, sorpresa dalla loro presenza.
“Cosa
ci fanno loro due qui?”, le domandai con
tono disgustato.
“Danielle
è tornata con Liam, quella ragazza è
peggio di un’arpia! Dovessi vedere come lo
tratta!”, borbottò a labbra serrate,
per evitare che altri potessero sentirla.
Storsi il labbro
a quelle parole, ricordando
gli avvenimenti della serata precedente e mi ritrovai a tirare un
sospiro di
sollievo pensando che Allie non era voluta venire.
“Mentre
la bionda con le labbra rosso fuoco è
la nuova fiamma di Harry.”, continuò poco dopo,
facendo roteare gli occhi al
cielo.
Harry.
Ci
sarebbe
stato anche lui.
Erano giorni che
non lo vedevo, non ne avevo
neppure più sentito parlare dopo l’esame con la
professoressa Cox.
La
consapevolezza che a breve l’avrei rivisto
mi procurò una fitta allo stomaco. Mi sforzai di sorridere
beffarda ad El, per
non far trapelare nulla.
“Beh,
armati di tanta pazienza, anche perché
stanno venendo qui!”, m’informò Eleanor.
“Ciao
Bettina!”, mi salutò Danielle,
schioccandomi due sonori baci sulle guance.
Bettina?
Mi imposi di
rimanere calma, del resto non era
affatto buona educazione arrabbiarsi per un semplice nomignolo.
“Ciao
Danielle!”, ricambiai, fingendo
entusiasmo.
Di sottecchi
vidi El sogghignare sotto i
baffi, probabilmente quella scena vista dall’esterno doveva
essere davvero
esilarante.
“Io
sono Taylor!”, squittì poi la bionda,
porgendomi la mano, che strinsi senza indugio.
“Io
sono…”, provai a presentarmi, ma mi
interruppe.
“Tu
sei Elisabeth! Harry mi ha detto che sei
abbastanza simpatica, quindi se sei sua amica, allora sei anche mia
amica,
Virgi!”, esordì con spavalderia, calcando
l’ultima parola quasi come se si
stesse prendendo gioco di me.
Deglutii, poi mi
trovai a dover serrare i
denti per evitare di risponderle a tono.
L’avevo
appena conosciuta e già non la
sopportavo. Le sue arie da prima donna ed il suo atteggiamento da oca
giuliva
mi infastidivano, per non parlare poi del fatto che si fosse permessa
di
chiamarmi con il mio secondo nome, che tanto detestavo.
Se anche ci
fosse stata una persona che
avrebbe potuto farlo, di certo non era lei.
Insomma, lei non
aveva mica gli occhi verdi, i
capelli ricci e un sorriso incorniciato da due fossette!
Per un istante
mi pietrificai, non appena
realizzai l’assurdità del mio pensiero.
Forse le luci di
quel locale miste alla
pessima musica dovevano avermi stordita.
“Preferirei
Elisabeth, o al massimo Lizzie!”,
corressi entrambe.
“Ma
Harry…”, iniziò Taylor cantilenando.
“Taylor,
l’hai sentita, no? Si chiama
Elisabeth!”, intervenne Eleanor, con un’espressione
inviperita, probabilmente
giunta al limite della soglia di sopportazione.
La bionda
avvicinò la mano agli occhi, come se
volesse controllare lo smalto lucido che aveva sulle unghie, poi
sorrise
appena, con fare altezzoso.
“Sta
per iniziare!”, trillò Danielle,
facendoci girare di scatto in direzione del piccolo palco.
Con gli occhi
cercai El e subito trovai il suo
sguardo complice, così fummo costrette a trattenere una
risata.
“Signore
e signori, ragazze e ragazzi, ecco a
voi gli One Direction!”, annunciò il ragazzo che
fino ad un attimo prima aveva
mixato la musica alla console.
Il gruppo fece
il suo ingresso, subito accolto
da una serie di applausi ed urla di incitamento, tra cui anche quelle
stridule
di Danielle e Taylor.
Non ebbi neppure
il tempo di cercare una testa
riccia che Niall si avvicinò a me, sorridendomi come non mai.
“Sapevo
saresti venuta!”, mormorò al mio
indirizzo, veloce come un fulmine, ma efficace, talmente efficace che
avvampai
all’istante.
Lui mi fece
l’occhiolino, poi si girò per
raggiungere gli altri.
“Hai
fatto colpo!”, mi prese in giro El,
dandomi una gomitata sulla pancia.
In quel momento
sarei voluta diventare
invisibile per l’imbarazzo, avrei voluto nascondere la testa
sotto la terra.
Sentivo gli occhi puntati su di me, così abbassai
violentemente il capo.
La melodia di
una canzone che già avevo
sentito si diffuse nel locale. Era dolce, familiare, mi infondeva una
strana
sensazione di tranquillità e pace, ma non riuscivo a
ricordare dove l’avessi
ascoltata precedentemente.
D’istinto
alzai gli occhi e subito incontrai
quelli verdi di Harry.
Solo allora mi
resi conto che non c’era
nessuno che mi osservava, nessuno eccetto lui. Il suo sguardo era
intenso,
perforante, accusatorio e supplichevole allo stesso tempo. Stava
cercando di
leggermi dentro, lo capivo dalla sua espressione concentrata. Sembrava
volermi chiedere
spiegazioni, ma al contempo percepivo volesse darne anche lui a me.
Ero talmente
assorta nei suoi occhi che sentii
la gola bruciarmi per mancanza di ossigeno.
Tossii,
portandomi una mano davanti alla
bocca, ed Harry sorrise, mostrando quelle due fossette su entrambe le
guance.
“Mi ha
sorriso, ha sorriso per me!”, squittì
Taylor, perforandomi i timpani.
Socchiusi le
palpebre, cercando di ignorare i
suoi frivoli commenti.
Quella canzone
l’avevo già sentita, nonostante
ricordassi perfettamente che non rientrasse tra quelle eseguite
settimane
prima, nell’altro locale.
But you’re perfect to me.
---
I’ve just let these little things
Slip out of my mouth
‘Cause it’s you
Oh
it’s you, It’s
you
They add up to and I’m in love with you
And all these little things
Così, senza riuscire a fare altro,
passai l’intera serata a contemplare la sua figura, a cercare
di imprimere ogni
momento, ogni sua espressione nella mia mente.
E non mi
importava quanto assurdo potesse
essere o quanto ridicola potessi apparire, quella volta la mia
razionalità
l’avrei lasciata volentieri da parte.
Neppure le buffe
mosse di mio fratello, i
dolci sorrisi di Niall e le battutine maliziose di Taylor e Danielle
riuscirono
a distrarmi.
In quel momento
nella mia testa, e forse non
solo in quella, c’era solo Harry.
Fu allora che
ricordai, fu allora che capii
dove avevo precedentemente ascoltato quelle note.
“Va bene,
canterò una canzone, però tu prometti che farai
la brava.”, mi aveva ricattato,
con tono tanto dolce che non sarei mai riuscita a dirgli di no.
“Ma
io sono
sempre brava.”, avevo mugugnato contro il suo petto, prima
che l’ennesimo
brivido di freddo mi riscuotesse.
Harry
si
alzò di scatto, liberandosi dalla mia flebile presa. Si
avvicinò all’armadio,
lo aprì e da esso estrasse una felpa, poi si
riavvicinò a me.
“Metti
questa.”, sussurrò sedendosi sul letto.
Ero
talmente
stanca che non riuscii neppure a replicare o a porre resistenza.
Harry
prese
le mie mani tra le sue, poi le portò verso l’alto
e l’istante successivo mi infilò
la felpa, con la stessa delicatezza di un padre che per la prima volta
prende
in braccio il figlio appena nato.
“Your hand fits in mine like
it’s made just for me.”,
iniziò a canticchiare, stendendosi affianco a me.
Sorrisi
nel
sentire la sua voce, calda e rassicurante. Mi sistemai meglio,
poggiando la mia
testa sul suo petto, poi con un braccio avvolsi il suo torace, come se
con tale
gesto potessi bloccarlo. Il suo respiro cadeva regolare sulla mia
pelle, i suoi
ricci solleticavano la mia fronte, mentre percepivo distintamente il
battito
del suo cuore.
“But bear this in mind it was meant
to be. And I’m
joining up the dots with the freckles on your cheeks and it all makes
sense to
me.”
Così,
cullata da quella dolce melodia, mi addormentai tra le braccia di Harry.
---
Angolo Autrice
Cioè, ma da quanto tempo non pubblicavo si sabato???^.^
Per una volta, almeno, sono stata ultra-puntuale!!:D
E poi... cioè, voglio dire, ma vogliamo parlare
dell'immagine??*.*
Vabbè, magari non sarà neanche tutta questa gran
cosa, lo so, però è la prima volta che ne faccio
una!!*.*
Insomma, le altro volte io ho scelto le foto, poi ci ha
sempre pensato mia sorella a queste cose tecnologiche.
Se non si fosse ancora capito, io sono la tipa che si limita a
fare il minimo indispensabile con il pc,
ma oggi ho superato me stessa:
per qualche istante ho avuto persino la sensazione di essere
una fantastica nerd-cervellona!!xD
Okok, poniamo fine al mio attimo di gloria e parliamo di cose serie...
Sono impossibie! Insomma, ci sono capitoli in cui succede di tutto
e poi ci sono serie infinite di calme piatte che, personalmente,
detesto.
Liam ha dato buca ad Allie, per poter vedere Danielle,
mentre la nostra Lizzie conosce Danielle e la famosa Tayler.
Nell'ultima parte ricorda addirittura della canzoncina di Harruccio
caro.
Insomma, tutte belle cose, però manca un pezzo, il
più importante forse:
cioè, tutto tutto 'sto casino Harry che fine ha fatto????-.-"
Bah, dico solo che non vedo l'ora di far chiarire quei due,
anzi, in realtà devo dire che ho già scritto quel
pezzo,
forse è per questo che sto pubblicando prestissimo...xD
Ok, mancano poco più di venti minuti alla Pasqua, quindi
aguri a tutti!:D
*Che bello, io già ho aperto l'uovo!!!:3*
E, the last but not the least, thank you girls!
You're absolutely amazing!!!*.*
'Cause, giusto per rimanere in tema, I'm in love with you and all your
little things!<3
Dunque grazie a chi segue, chi preferisce, chi ricorda,
chi legge e chi commenta!<3
Ok, ora la smetto, che questo angolo è quasi più
lungo del capitolo...xD
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 19 *** Right back. ***
f
Take
me home
Right
back.
“Lizzie,
passami quella valigia, invece di stare
lì a guardarmi!”, mi canzonò mio
fratello, mentre cercava di far entrare tutto
nel cofano della sua auto.
“Come si dice?”, gli feci il verso,
sorridendogli sorniona.
Lui fece roteare il capo, rassegnato.
“Per favore, mia adorata sorellina, potresti
gentilmente passarmi quella valigia?”, riprovò
fingendosi cortese.
“E va bene, per questa volta esaudirò il tuo
desiderio, caro Tommo!”, concessi, ancora sogghignando, prima
di raggiungerlo
con il trolley al seguito.
“Come faranno ad entrare tutti questi
bagagli?”, mi chiese con un’espressione a dir poco
disperata.
Quel sabato mattina saremmo partirti insieme
per tornare a casa, dove avremmo trascorso le vacanze di Natale insieme
a tutto
il resto della famiglia.
L’idea di allontanarmi da Londra anche se solo
per una decina di giorni mi appagava. Avevo bisogno di trascorrere del
tempo
lontana dal college, dalle lezioni, da lui.
Ormai persino le lezioni con la professoressa
Cox erano diventate una vera e propria tortura per la sottoscritta.
Ogni volta
intravedessi il volto di quella donna, magari anche solo per i
corridoi, la
testa riccia del figlio balenava nella mia testa ed io non riuscivo a
pensare
ad altro.
Dopo quella sera era divenuta quasi
un’ossessione, ecco perché avevo letteralmente
bisogno di disintossicarmi.
Inoltre avevo ricordato altri dettagli
riguardo alla notte brava di qualche settimana prima. Nelle mia mente
erano
chiaramente impresse delle scene in cui ballavo audacemente con Jack,
dopo
essere stata in bagno. Poi tutto diventava più buio, come se
mancasse una
tessera del puzzle. Uno alla volta avevo anche rammentato dei frammenti
sconnessi, delle immagini nitide che avevano preso vita nella mia
testa.
Ricordavo le braccia forti di Harry che mi sollevavano di peso dal
pavimento,
per poi portarmi fuori dal locale. Ricordavo il sedile di un auto dove
mi aveva
fatta stendere, mentre cercava di tranquillizzarmi con parole appena
sussurrate
e poi ricordavo le mie braccai alzate, per permettergli di infilarmi la
sua
felpa, quando ancora tremavo.
Nella mia testa, poi, riecheggiava anche la
sua voce, dolce e roca, mentre canticchiava al mio orecchio le parole
di quella
canzone che avevo riascoltato appena pochi giorni prima, in quel locale.
Certo, avrei potuto chiedergli spiegazioni a
riguardo, magari lui mi avrebbe potuta aiutare a colmare i passaggi a
me ancora
oscuri, ma non ne ebbi il coraggio.
Da una parte, infatti, temevo si sarebbe preso
gioco di me, dall’altra ero sicura che mi sarei vergognata
come una ladra se
solo avessi saputo tutti i dettagli di quella notte. Era come se il mio
cervello, in maniera inconscia, mi suggerisse di archiviare la faccenda
senza
indagare ulteriormente. D’altronde ero quasi certa che se
avessi saputo tutto,
avrei potuto non accettarlo, finendo per colpevolizzarmi inutilmente ed
in
maniera eccessiva.
Harry, poi, lo vedevo sempre più di rado,
nonostante avesse smesso di evitarmi volutamente. Nell’ultimo
periodo era
particolarmente impegnato nel portare avanti contemporaneamente le
relazioni
con Taylor e Caroline, tanto che persino mio fratello si lamentava del
poco
tempo che trascorrevano insieme.
Dovevo, però, ammettere che era piuttosto
divertente vederlo destreggiarsi tra la bionda dalle labbra di fuoco e
la
trentenne vogliosa.
In teoria lui era ufficialmente fidanzato con
Taylor, ma in pratica tutti sapevano, probabilmente anche la sua
perfetta
fidanzatina, che se la spassava con Caroline. A confermare
ciò erano le numerose
voci che avevano preso a circolare tra gli studenti riguardo agli
atteggiamenti
piuttosto ambigui in cui erano stati avvistati nel campus.
Chissà
se
anche sua madre ne fosse a conoscenza,
mi ritrovai a pensare, sorridendo a
quell’eventualità.
“Ma che hai da ridere? Vuoi aiutarmi si o
no?”, sbottò mio fratello, riscuotendomi dai miei
pensieri.
“Andiamo Tommo, non capisco dove sia il
problema! Manca solo questo trolley, basterà far pressione
su quel borsone
laggiù ed entrerà perfettamente!”,
esclami un po’ seccata.
“Certo come no! Peccato che manchino ancora
altre due valigie!”, controbatté lui, mettendo su
un sorriso forzato, mentre
poggiava le mani sui fianchi con aria di sfida.
Sbuffai sonoramente, il suo atteggiamento mi
stava davvero irritando.
“Louis, le tue sono già tutte dentro, delle
mie manca solo questo!”, gli feci notare a denti stretti
indicando l’ormai
famoso trolley, cercando
di mantenere la
calma.
“Ma certo che tu sei ottusa! Mancano quelle
di…”, provò a dire, ma fu interrotto
dalla voce di qualcun altro.
“Mancano le mie!”, esordì qualcuno alle
mie
spalle, concludendo al posto di mio fratello.
Di scatto mi voltai, avendo già intuito di chi
si trattasse, e subito mi imbattei nel suo sorriso beffardo,
incorniciato da
due fossette.
“E tu cosa ci fai qui?”, gli chiesi con gli
occhi spalancati per la sorpresa.
“Lou non te l’ha detto?”, mi
domandò passandosi
una mano tra i ricci, divertito.
Il mio sguardo si spostò da Harry a Louis, che
ora mi fissava sorridendo al mio indirizzo, quasi volesse addolcirmi
con quel
semplice gesto.
“Cosa dovevi dirmi, Lou?”, la mia voce era
quasi un sibilo, mentre i miei occhi erano due piccole fessure.
“Ops, avevo dimenticato di avvisarti.”, si
giustificò lui, credendosi simpatico, tanto che sentii Harry
sogghignare.
“Harry verrà con noi a casa, per il Natale. Sua
madre è partita ieri ed io
proprio non me la sono sentita di lasciarlo solo soletto!”,
mi spiegò poco
dopo.
Harry si avvicinò a lui, affiancandolo come a
volerlo proteggere da una mia eventuale reazione.
Respirai profondamente una volta e poi ancora
un’altra, mentre continuavo a fissarli.
“Andiamo, non farla così tragica! Non
rovinerà
il tuo tempo di qualità con mamma e
papà!”, provò a dire mio fratello,
beccandosi immediatamente un’occhiata omicida.
Ecco, con Harry di mezzo avrei potuto
tranquillamente dire addio al clima intimo e confidenziale che avrei
voluto ricreare
a casa.
Per di più avrei dovuto anche fare i conti con
lui, visto che ci saremmo ritrovati a vivere sotto lo stesso tetto per
la
prossima settimana e mezzo.
“Non vedo l’ora di arrivare a casa!”,
bofonchiai, sforzandomi di sorridere. “Beh, visto che ora ci
sono due maschi
forti e muscolosi come voi, io posso anche entrare in macchina, tanto
alle cose
di Harry ci pensate voi, giusto?”, ironizzai, avvicinandomi
allo sportello
anteriore, dal lato del passeggero.
Mio fratello sbuffò, forse seccato dal mio comportamento,
ma non me ne curai, piuttosto presi posto in auto ed attesi che
terminassero di
caricare i bagagli.
A che gioco
stava giocando Louis?
Ricordavo
perfettamente la conversazione che
avevano avuto a casa loro, quando mio fratello gli aveva intimato di
starmi
alla larga, eppure aveva deciso di invitarlo da noi per le vacanze.
Che avesse
cambiato idea?
Certo,
ora che comunque Harry era fintamente
impegnato con una ragazza le cose dovevano apparire meno rischiose agli
occhi
vigili di Louis, o forse si era semplicemente reso conto di aver
esagerato la
volta precedente.
Una ventina di minuti dopo anche loro salirono
in macchina, Louis al posto di guida ed Harry sui sedili posteriori.
“Bene, Doncaster ci aspetta!”, dichiarò
infine
mio fratello, girando la chiave nel quadro, così da
accendere il motore.
Il viaggio fu stancante e stressante. Harry e
Louis non facevano altro che cantare tutte le canzoni passate dalla
radio e di
tanto in tanto si soffermavano a commentare l’aspetto delle
varie cantanti, lasciandosi
scappare anche pensieri piccanti sulle curve di queste.
Tirai un sospiro di sollievo quando finalmente
lessi su un cartello ai bordi della strada il nome della mia
città, segno
inconfondibile del fatto che mancava ormai poco.
Il cuore mi si riempì di gioia quando
oltrepassammo il cancello d’ingresso della villa e subito
percepii le gambe
scalpitare, ansiosa di poter finalmente riabbracciare i miei genitori.
“Mamma!”, quasi urlai correndole incontro non
appena Louis ebbe terminato di parcheggiare a lato del vialetto
principale.
Lei mi accolse prontamente tra le sue braccia,
stringendomi forte.
Solo allora mi resi conto di quanto mi era
mancata la mia mamma e di quanto bello potesse essere aver la
possibilità di
pronunciare quella magica parolina ad alta voce.
“Mamma!”, ripetei allora, sorridendo sul suo
petto.
“Piccola mia! Quanto mi sei mancata!”,
sussurrò
lei tra i miei capelli.
“Johannah, cara, non vorrai mica consumare
nostra figlia! Lasciane un po’ anche a me!”,
esordì mio padre scendendo dalle scalette
che conducevano al portone d’ingresso.
Mia madre allentò la presa, mentre io alzai la
testa in direzione della voce che avevo appena sentito.
“Papà!”, lo salutai con foga,
abbracciandolo.
Lui rise sommessamente, stringendomi forte.
“Scricciolo, ti trovo benissimo!”,
commentò
poi, quando interrompemmo quel lungo contatto.
“Ciao vecchi!”, salutò mio fratello,
salutando
prima la mamma e poi papà.
“Louis, da quanto tempo!”, ricambiò mia
madre,
prima di lasciargli un bacio sulla guancia.
“Sei sempre il solito spiritoso!”,
scherzò
nostro padre, dandogli una pacca sulla spalla.
Louis sorrise, poi fece segno ad Harry di
raggiungerci.
Quasi avevo
dimenticato ci fosse anche lui.
“Mamma,
papà”, iniziò per attirare la loro
attenzione. “Questo è Harry!”, concluse,
indicandolo con un cenno della mano.
“Oh, Harry! Che piacere incontrarti! Louis ci
ha tanto parlato di te!”, esordì mia madre,
stringendogli la mano. “Io sono
Johannah!”, si presentò subito dopo, sorridendogli
come per metterlo a suo
agio.
Harry era teso, lo capivo dai lineamenti del
suo volto. Se avesse potuto, in quel momento sarebbe corso via.
“Io sono Mark!”, si accodò mio padre,
offrendogli a sua volta la mano destra.
Harry la strinse con grinta, nel tentativo di
apparire più sicuro.
“Allora, che ne dite di entrare in casa?
Elisabeth devi raccontarci tutti i dettagli di questi primi
mesi!”, riprese poi
mio padre, interrompendo quel breve silenzio che aveva seguito le
presentazioni.
Annuii, mentre già mi dirigevo verso
l’ingresso.
Harry si voltò in direzione dell’auto,
avvicinandosi al cofano.
“Tranquillo Harry! Ci penserà la domestica ai
vostri bagagli!”, lo richiamò mio padre,
sorridendo, aspettando che lo
raggiungesse per poi prenderlo sottobraccio e condurlo
all’interno.
“Casa dolce casa!”, sussurrai assaporando
quegli attimi.
L’ingresso era rimasto lo stesso di qualche
mese fa, eccezion fatta per i fiori. Avevo lasciato delle rose rosse,
mentre
ora c’erano delle orchidee bianche.
Feci un giro veloce, passando per la sala, la
cucina, lo studio, il salotto, la mia stanza e il bagno. Tutto era
rimasto
perfettamente identico a come lo avevo lasciato e nel constatarlo un
involontario sorriso prese vita sulle mie labbra. Sembrava che il tempo
si
fosse fermato all’attimo prima della mia partenza, per poi
aver ripreso a
scorrere nel preciso istante in cui avevo nuovamente varcato la soglia
di casa.
Certo, in quei pochi mesi non sarebbe poi potuto cambiare molto, ma
averne la
certezza mi rassicurò.
“Lizzie,
scendi in sala da pranzo! Stiamo per mangiare!”, mi
chiamò la voce di mia
madre, dalle scale, dopo qualche minuto.
A passo di marcia li raggiunsi e presi posto
intorno al tavolo. Papà e mamma erano seduti ai due estremi,
mentre Harry e
Louis erano di fronte a me.
“Sono troppo felice di essere tornata!”, gioii,
senza curarmi della presenza di Harry.
Probabilmente mi avrebbe presa per una bambina
a cui erano mancati i genitori, ma in quel momento ero talmente felice
che non
m’interessava ciò che avrebbe potuto pensare.
“Lizzie, se non la smetti di sorridere ti
verrà una paralisi facciale!”, scherzò
mio fratello, facendo ridere tutti i
presenti.
“Louis, come sta andando a Londra? Siete
riusciti ad ottenere qualche contratto?”, chiese mia madre,
prima che potessi
rispondergli a tono.
Louis abbassò lo sguardo, senza rispondere.
In realtà avevamo affrontato parecchie volte
quel genere di discorso e nella maggior parte dei casi Louis finiva per
sbattere la porta di casa e tornare a Londra seduta stante.
“In realtà ultimamente va molto meglio! Subito
dopo questo periodo di ferie abbiamo ben tre provini e noi siamo molto
fiduciosi!”, rispose Harry al suo posto, sorridendo
tranquillamente.
Stava
dicendo la verità o mentiva? Perché non ne sapevo
nulla?
“Ma davvero? Ne sono davvero entusiasta!”,
esordì
mio padre con un’espressione positivamente sorpresa e
soddisfatta.
“E tu cosa fai Harry? Oltre il canto,
intendo!”, gli chiese poi mia madre, stranamente interessata.
“Sto frequentando un corso di economia. In
effetti il canto è la mia priorità assoluta, ma
non posso permettermi di non
avere un’altra alternativa. Così mi sono iscritto
ad economia, sono al secondo
anno ora.”, rispose ed ancora una volta mi trovai a dubitare
delle sue parole.
Erano vere?
Tutti
quei dubbi contribuirono a far nascere
una nuova consapevolezza in me: Harry lo conoscevo ancora ben poco.
“Bisogna combattere per realizzare i propri
sogni, ma bisogna essere anche tanto realisti da aprirsi a nuovi
orizzonti!”,
lo difese mia madre.
Da quando i
miei erano così gentili con gli amici di Louis?
“Fossi
in te, insisterei meno sul canto e
molto di più sullo studio: è questo
l’atteggiamento giusto, ragazzo!”,
sentenziò mio padre, sorridendo.
Possibile
che Harry avesse fatto colpo sui miei genitori?
Bene,
quei dieci gironi si prospettavano più
lunghi del previsto.
Terminato il pranzo, mi diressi verso il
giardino sul retro della casa, avviandomi verso l’altalena
che mio padre aveva
fatto montare quando avevo appena cinque anni, saldandola con delle
funi ad un
ramo di un maestoso albero, poco distante dal roseto della mamma.
Esitai qualche istante, osservano bene il
paesaggio per imprimere quegli attimi di totale quiete nella mia
memoria, poi
mi ci sedetti.
Iniziai a dondolarmi, afferrando le funi tra
le mie mani, socchiusi gli occhi ed ispirai profondamente. Mi era
davvero
mancata la mia casa.
“Liz!”
All’improvviso fui riscossa da una voce che
chiamava il mio nome, ma la ignorai intuendo chiaramente a chi
appartenesse.
“Liz! Liz, adiamo rispondi! Non farmi arrivare
fin là giù!”, continuò
Harry, gridando ancora più forte.
Non avevo voglia di parlare con lui, del resto
non avevamo proprio nulla da dirci. Diedi una spinta più
forte, poi ancora
un’altra, tanto da arrivare a toccare le foglie con un piede,
come se quel
gesto potesse a non sentire.
“Tua madre vuole sapere che programmi hai per
le vacanze.”, esordì lui poco dopo.
Nonostante tenessi ancora gli occhi chiusi, percepii
distintamente la sua voce proveniva da vicino, molto più
vicino di quanto
pensassi.
Ancora una volta non risposi, sforzandomi di
ritrovare quello stato di beatitudine che si era dilagato nel mio corpo
appena
qualche attimo prima e sperai che il mio silenzio bastasse a mandarlo
via.
“Intendo dire, vuole sapere se hai in
programma uscite e rimpatriate con i vecchi amici.”,
chiarì Harry, non
accennando minimamente a voler andar via.
A quel punto aprii gli occhi, ormai sicura del
fatto che non avrebbe desistito tanto facilmente. La sua testardaggine
mi
innervosiva, il suo volerla spuntare sempre su tutto e tutti mi mandava
in
bestia. Presi un respiro profondo mentre cercavo il sui viso per poi
trovarlo a
pochi metri di distanza.
Teneva le mani nella tasche dei jeans, il viso
calato verso il basso con lo sguardo perso nel verde del prato. Non
aveva la
solita espressione da sbruffone egocentrico, al contrario sembrava
quasi
vulnerabile.
“Tre minuti e la raggiungo.”, esordii,
cercando di ignorarlo quanto più possibile.
Rallentai di poco il ritmo dell’altalena, così
da prepararmi a fermarla del tutto.
“Se vuoi puoi dire a me.”, propose, alzando il
volto.
Con gli occhi rintracciò i miei e nel esatto
istante in cui si incontrarono fui scossa da un brivido lungo tutta la
schiena.
Voltai la testa in direzione del tronco dell’albero, cercando
di nascondere le
mie guance, sicuramente arrossite a causa di
quell’inaspettato ma profondo
contatto visivo.
“Preferisco parlarne direttamente con lei.”,
decretai qualche secondo dopo, con voce volutamente piatta.
Di sottecchi lo vidi irrigidirsi alla mia
risposta, ma subito dopo le sue labbra si piegarono in un sorriso
sornione. Non
riuscii a capire se tale reazione fosse dovuta al tono che avevo
utilizzato o
alla risposta che di fatto non aveva ricevuto.
“Per caso devo preoccuparmi di qualche tua
vecchia conoscenza?”, mi chiese, avvicinandosi fino ad
afferrare le corde
dell’altalena, per poi bloccarla definitivamente.
Si posizionò davanti a me, poi calò il suo
viso in direzione del mio, quasi volesse ridurre al minimo le distanze
tra noi,
e per un attimo nei suoi occhi lessi incertezza.
Rimasi completamente spiazzata dal suo gesto.
Ci eravamo ignorati per intere settimane dopo quella sera, nessuno dei
due
aveva trovato il coraggio per chiarire ciò che era accaduto,
e per di più lui
era anche fidanzato, oltre che impegnato con l’amante. Anche
solo questi ultimi
due dati di fatto costituivano dei validi motivi per continuare a
tenerci
lontani, ecco dunque perché non riuscivo affatto a
comprendere come in quel
momento avesse deciso di eliminare nuovamente le barriere tra noi..
Come poteva cambiare continuamente idea ed
atteggiamento nei confronti di una persona?
E come potevo io sottostare ai suoi giochetti
da lunatico psicopatico?
“Non capisco.”, sussurrai più a me
stessa che
a lui, senza essere veramente consapevole delle mie parole pronunciate
appena
con un filo di voce.
Le nostre labbra erano a pochissima distanza,
tanto che sentivo il suo fresco alito cadere sulle mie guance
procurandomi scie
di intensi brividi lungo tutta la pelle.
Odiavo l’effetto che quel ragazzo aveva sul
mio corpo.
“Cosa non capisci?”, mi chiese ridestandomi dai
miei pensieri.
L’atmosfera era tesa e troppo silenziosa,
quasi come se ci trovassimo nell’occhio del ciclone ed il
tutto era
terribilmente eccitante.
Il tono schietto e diretto della sua domanda
mi spiazzò nuovamente. Solitamente era solito utilizzare
frasi mistiche ad
effetto che lasciavano libera interpretazione, ma in quella semplice
domanda
non c’era nulla che potesse essere frainteso: sembrava solo
voler mettere da
parte tutte quelle maschere che continuava ad ostentare.
Aveva la fronte corrugata ed il sopracciglio
destro leggermente inarcato, mentre i suoi occhi verdi erano fissi nei
miei.
“Tutto, Harry. Tutto.”, provai a spiegare,
senza però sbilanciarmi troppo.
Avevo un turbinio vorticoso di dubbi nella
testa, tanto che mi risultava difficile venirne a capo.
Non avrei saputo da dove iniziare, in fin dei
conti la sua figura sembrava essere avvolta da un alone di mistero che
avrei
voluto dissolvere con tutte le mie forze, ma non avevo la
più pallida idea di
ciò che avrei dovuto fare per far crollare quelle false
illusioni che
aleggiavano su di lui.
Ormai avevo imparato a conoscere Harry ed
avevo ben intuito di che tipo si trattasse, dunque ero ben consapevole
del
fatto che con lui non potessi mai espormi troppo, se non era lui il
primo
a farlo.
Lui non disse nulla, aspettano che continuassi
e che chiarissi meglio la mia risposta.
Nuovamente fui invasa da un senso di
disorientamento, incapace di proferir parola a riguardo. Dubitavo su
talmente
tante cose sul suo conto che non mi sarebbe bastato un giorno intero
per
svelare tutti gli arcani misteri che lo riguardavano.
“Frequenti davvero economia?”, gli domandai di
getto, ricordando quel dettaglio della conversazione con i miei
genitori.
In realtà probabilmente quella era una della
curiosità più sciocche e frivole, ma costituiva
senza alcun dubbio un buon
punto di partenza.
Perlomeno avrei iniziato a far chiarezza sul
suo conto.
Harry sorrise e sulle sue guance si formarono
due piccole fossette.
“No, ma volevo fare una bella impressione ai
tuoi genitori.”, chiarì facendomi
l’occhiolino.
Probabilmente dovetti arrossire completamente
perché pochi istanti dopo lo sentii sogghignare divertito
come non mai.
“Non prendermi in giro.”, mi lamentai portando
la mano sinistra all’altezza della guancia, per poi
constatare che fosse
realmente accaldata.
“Non lo sto facendo.”, ribatté lui con
voce
ferma e sicura, tanto che non riuscii a dubitare delle sue parole,
nonostante l’evidenza.
“Altre domande?”, mi chiese poi, facendosi di
lato così da permettermi di scendere dall’altalena.
“Ne avrei un milione.”, confessai sincera con
ovvietà, quasi scandalizzata per quella domanda, poi lo
affiancai con un
saltello.
Harry sorrise, incrociando i suoi occhi verdi
con i miei, probabilmente compiaciuto dalle mie parole.
“Nessun problema, abbiamo tutto il tempo del
mondo. Per ora, però, ci tocca raggiungere tua
madre”, dichiarò sorridendomi
dolcemente, poi ci dirigemmo insieme verso la cucina.
---
Angolo Autrice
Ok, lo so, sono pessimissima considerando da quanto tempo non aggirono,
però credo sappiate tutte quanto sia stressante questo
periodaccio...
E così eccomi a quest'ora di notte, sono quasi le due, ad
aggiornare inceve che dormire,
visto che domani ho un test di selezione e devo svegliarmi
prestissimo...
Vabbè, colpa mia e dei miei ritardi, lo so...xD
Ok, smettiamola con questo clima da "felicità portami via" e
veniamo alle cose serie!
Ma beati loro *i personaggi della fic* che sono in vacanza!!!!
Harry sarà a casa Tomlinson per i prossimi giorni e a quanto
pare non ha intenzione di perdere tempo con Elizabeth!
Finalmente, dopo non so quanti capitoli, sono tronati a parlare quei
due bamboccioni!
Ed ovviamente lei è più confusa che mai!xD
Harry è il solito pallista, della serie racconto balle per
fare bella figura, ma tra poco...!;)
Veniamo alle cose importanti:
grazie di cuore a chi segue, prefersce, ricorda e commenta!!!<3
Thank you!!*.*
Stavolta niente immagine, non ho la forza per caricarla...xD
Ok, la smetto qui anche perché non credo di essere
particolramente di compagnia in questo momento,
considerato che ho un occhio aperto e uno chiuso...xD
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 20 *** Stay for the night. ***
f
Take
me home
Stay
for the night.
Mi
rigirai ancora una volta tra le coperte,
facendo aderire la pancia al caldo lenzuolo che ricopriva il materasso.
Non riuscivo a prendere sonno, quella notte.
Il mio letto tutto d’un tratto mi era sembrato troppo grande
e morbido. La mia
stanza era troppo ampia, la finestra che dava sul piccolo balcone era
troppo
larga, così da permettere alla luce della luna di
risplendere fioca nel buio
che mi avvolgeva. Persino le coperte più calde del solito mi
infastidivano.
Sospirai, cercando di tranquillizzarmi. Con le
mani afferrai il piumone, portandolo oltre la mia testa, per coprirla.
Ormai, nonostante mi costasse molto
ammetterlo, il campus era divenuto la mia casa. Era lì che
avevo trascorso i
momenti più belli ed emozionati degli ultimi mesi ed era
lì che avevo pianto,
avevo studiato fino all’esaurimento. In quel periodo avevo
vissuto tante
piccole esperienze che, in un modo o nell’altro, mi avevano
aiutata a crescere.
Allie mi aveva aperto gli occhi, Louis aveva
cercato di proteggermi, Jack mi aveva fatto scoprire un altro mondo,
Niall mi
aveva insegnato cosa significasse mostrare affetto.
Anche Harry a suo modo mi aveva aiutata. Lui
era arrivato come una ventata d’aria fresca in un torrido
pomeriggio d’estate,
mi aveva fornito l’ossigeno che mi mancava, riscuotendomi
dalla banalità della
mia quotidianità. Come un ciclone aveva distrutto tutte le
mie difese, per poi
aiutarmi a tirar fuori gli artigli. Avevo dovuto combattere contro
l’imbarazzo,
il disagio, il rossore delle gote, contro la sensazione di non essere
mai
abbastanza, contro le mie buone maniere e la facciata che avevo
costruito
durante gli anni.
Probabilmente quella notte l’avrei trascorsa
insonne, come era accaduto a Londra, quando mi ero trasferita.
A quel ricordo le mie labbra si piegarono in
un leggero sorriso, rammentando quanto la mia vita fosse diversa a quei
tempi.
Così, stufa di cercare di addormentarmi senza
mai riuscirci, decisi di scendere in cucina, magari un bicchiere
d’acqua o una
tazza di latte mi avrebbe aiutata a raggiungere il mio intento.
Infilai le pantofole, poi, facendo attenzione
a non fare alcun rumore, uscii dalla mia camera.
Il corridoio era completamente buio, la porta
della stanza dei miei genitori era chiusa, così come quella
di Louis e quella
riservata agli ospiti, dove in quel momento dormiva Harry.
Scesi le scale, con le mani ben salde sul
corrimano, per evitare che eventuali cadute causate
dall’oscurità.
Entrai in cucina e subito mi diressi verso il
frigo. Lo aprii ed immediatamente i miei occhi si chiusero a causa
della luce
emessa da quell’elettrodomestico. Con calma provai a
riaprirli, gradualmente,
poco alla volta, aspettando che si abituassero a quel repentino cambio
di
luminosità.
Con lo sguardo indugiai tra la vastità di cibo
presente, indecisa tra un pezzo di torta al cioccolato ed un bicchiere
di tè
freddo alla pesca. Alla fine optai per prenderli entrambi.
“Ma il tuo è un vizio, quello di gironzolare
la notte!”, esordì in un sussurro una voce, quella
del riccio, facendomi
sobbalzare per lo spavento.
Mi girai di poco, vedendolo sulla soglia della
porta, mentre sorrideva al mio indirizzo.
I suoi occhi verdi spiccavano nella penombra,
tanto che sembravano risplendere di luce propria.
Harry indossava una semplice maglietta nera a
maniche corte, probabilmente di cotone, con una scritta a caratteri
cubitali
che diceva hipsta please e dei
pantaloni grigi.
Quasi potei percepire sulla mia pelle il
freddo che doveva sentire in quel momento, ma poi mi ricordai di quanto
lui
amasse girare per casa il meno vestito possibile.
“Non riuscivi a dormire?”, mi chiese,
facendosi più vicino alla penisola della cucina doveva avevo
appoggiato il
piattino contenente la torta.
Scossi la testa, mentre da un cassetto
estrassi due cucchiaini.
“Ne vuoi?”, domandai, porgendogliene uno.
Lui annuì, poi si sedette su uno sgabello, di
fronte e me.
Iniziammo a mangiare, avvolti da un silenzio
religioso. Tenevo la testa bassa, fissa sul cibo, per evitare che i
nostri
sguardi potessero incrociarsi.
Harry, invece, teneva i suoi occhi puntati su
di me, il che rendeva complicata anche un’operazione semplice
come quella di
mangiare.
“Siete stati bravi l’altra sera.”, provai
a
dire, cercando di intavolare una conversazione così da
rendere più leggera
l’atmosfera.
Lui rimase in silenzio, non aggiunse nulla a
quel mio frivolo commento.
Dopo la conversazione che avevamo avuto quel
pomeriggio avevo sperato che le cose tra noi potessero finalmente
sistemarsi,
mettendo fine a quelle ridicole circostanze che si erano
precedentemente
create. Inoltre, Harry si era dichiarato disponibile a metter chiarezza
su
alcune questioni, ma di fatto ancora non aveva dato alcuna prova delle
sue
parole.
“Potreste davvero avere un futuro.”,
continuai, sperando che cogliesse al volo il pretesto per parlare.
Non avrei retto ulteriormente i suoi occhi
puntati su di me.
Ma non arrivò alcun suono dalla sua bocca.
Harry continuava a mangiare lentamente la trota, assaporandola, mentre
mi
osservava con attenzione.
“Certo, avete già riscosso un notevole
successo! Magari…”, aggiunsi ancora, sempre
più imbarazzata, ma lui mi bloccò
con poche e secche parole.
“Dobbiamo parlare.”, dichiarò con fare
risoluto.
Rimasi sbalordita dalla sua affermazione,
tanto che percepii tutto intorno a me fermarsi per un interminabile
istante.
“E non del gruppo o dell’altra sera.”,
specificò poco dopo, poggiando il cucchiaino sul piatto di
ceramica ormai
vuoto.
Avrei potuto dirgli che in realtà non c’era
nulla di cui parlare, avrei potuto continuare ad ignorare lui e tutto
ciò che
aveva a che fare con lui, avrei potuto contraddirmi e lasciare che i
mille e
mille dubbi sul suo conto continuassero ad affliggermi, oppure avrei
potuto
affrontarlo, chiarire ciò che era successo quella notte,
chiedere spiegazioni
riguardo a tutte le questioni ancora irrisolte.
Ancor prima di rendermene conto, avevo già
preso la mia scelta.
Sistemai tutti gli oggetti che avevo
utilizzato per lo spuntino notturno, poi mi voltai verso Harry e con lo
sguardo
gli chiesi di seguirmi in salotto.
Lui capii subito, così poco dopo ci ritrovammo
seduti sul divano, ancora in silenzio, mentre ci scrutavamo.
Avrei voluto porgli centinaia di domande, ma
non trovavo il coraggio per parlare e sperai che iniziasse lui al posto
mio.
“Comunque, giocare con le bambole è un ottimo
passatempo.”, mormorò, accennando ad un lieve
sorriso che subito contagiò anche
me.
Aveva ripreso le stesse parole che aveva
utilizzato tempo addietro, ma questa volta il suo tono di voce non era
per
nulla irritato o sdegnato.
“È il tuo modo per chiedermi scusa,
questo?”,
scherzai nel tentativo di alleggerire la tensione.
“Potrebbe esserlo.”, rispose Harry con tono
serio e profondo.
“Mi dispiace per aver detto quelle cose,
l’altra volta. Non avrei dovuto.”, mi scusai a mia
volta, con un filo di voce.
Certo, le sue parole non erano state chiare
come le mie, ma avevo apprezzato ugualmente il gesto.
Lui scosse il capo, facendo muovere anche i
ricci ancor più scombinati del solito.
“In fondo hai solo detto la verità.”,
ammise
con voce graffiata, ruvida, forse ferita, abbassando la testa.
“Ho detto solo un mucchio di scemenze.”,
controbattei nel tentativo di rasserenarlo.
I sensi di colpa mi stavano divorando.
“No!”, sbottò lui, alzando nuovamente il
capo
così da poter permettere ai suoi occhi di incrociare i miei.
“È vero quello che
hai detto, ma fa parte del mio passato.”, aggiunse come se
stesse cercando di
convincermi delle sue parole, senza però sapere che in
realtà io gli avevo
creduto sin dal primo istante.
“Jack e Ryan erano nel mio gruppo, nel mio
stesso giro. Li ho conosciuti subito dopo la separazione dei miei. Era
un
periodo particolare quello, mia madre non faceva altro che piangere,
mio padre
era sparito e si faceva sentire solo per difendere i suoi interessi
economici,
io ero fuori controllo e mia sorella doveva farsi carico di tutto. La
prima
volta che ho fumato una canna è stato con Jack, per un
pomeriggio tutti i
problemi parvero scomparire dalla mia vita. Poi la canna si
è trasformata in
altro, non riuscivo più a farne a meno, quella roba mi
faceva sentire leggero,
in pace con me stesso. Una notte ho esagerato, avevo litigato con mio
padre,
non ci ho più visto e sono corso da Ryan e Jack, siamo
andati in un locale e
abbiamo preso altra droga. Loro non mi hanno fermato, anzi. Alla fine
mi sentii
male e qualcuno mi portò in ospedale, non ricordo neppure
chi sia stato. Mia
madre scoprì tutto e da allora non ho più avuto
il coraggio di farlo di nuovo.”,
confessò con la voce incrinata, sforzandosi di contenere
tutte intense emozioni
che stavano devastando il suo animo. “Non volevo che ti si
avvicinassero, non
proprio loro.”, spiegò ancora, dopo qualche attimo.
Harry prese le mie mani e le strinse forte tra
le sue. Il mio cuore parve impazzire per quel lieve contatto,
scalpitava nel
petto. La mia mente, invece, si annebbiò del tutto. Riuscivo
solo a realizzare
quanto fosse piacevole per il mio corpo quella sensazione.
“Mia madre vuole che continui a vedere uno
psicologo, dice che può ancora aiutarmi molto.”,
riprese qualche secondo più
tardi.
“È una sua amica, in realtà non sono
delle
vere e proprie sedute, ma delle chiacchierate. Secondo lei è
importante avere
qualcuno che ci ascolti, è importante avere la certezza che
esista una persona
alla quale poter ripetere centinaia di volte sempre le stesse cose, ci
fa
sentire meno soli.”, chiarii. “Certe volte
però mia madre è assillante. Io sto
bene, ma lei sembra non volerlo capire, ha troppa paura che si possa
ripetere
tutto. Mi chiama, si assicura che vada alle varie sedute, delle volte
viene
anche lei per verificare che ci sia andato, ma così
è come se non si fidasse si
me.”, sussurrò, intensificando la presa intorno
alle mie mani.
La sua espressione era crucciata, triste,
affranta, distrutta. I suoi occhi facevano trasparire tutta la sua
debolezza e
la sua insicurezza.
“Pretende di tenere la mia vita sotto
controllo.”, borbottò a denti stretti.
“È solo preoccupata, tua madre ti vuole
bene.”,
gli ricordai, sicura che anche lui, in fondo, sapesse quanto sua madre
gli
fosse legata.
“L’hai conosciuta, vero?”, mi chiese poi,
con
un leggero ghigno sul volto.
Annuii, mordicchiandomi il labbro inferiore.
“La professoressa Cox oltre ad essere una
madre premurosa è anche un’eccellente
professoressa.”, commentai, facendolo
sorridere.
“Perché non sei rimasto con lei durante le
vacanze?”, gli domandai poi, ricordando quanto assurda mi era
apparsa la
situazione la mattina della partenza.
“Mia madre è andata da Gemma, mia sorella.
Però lei ancora non ha accettato ciò che
è successo, insomma…”,
iniziò a dire,
ma non terminò la frase.
Il significato delle sue parole era chiaro:
sua sorella non voleva vederlo.
“Louis non ha voluto lasciarmi solo. Lui si
fida di me, ma ha delle sue teorie contorte sul Natale, dice che
nessuno può
passarlo da solo.”, aggiunse per motivare forse la sua
presenza a casa mia.
Sorrisi, immaginando già gli strambi discorsi
di mio fratello sul Natale.
“Liz, promettimi…”, esordì
con più foga,
liberando le mie mani dalle sue. “Anzi, no. Prometti a te
stessa che non
rifarai mai più ciò che hai fatto quella sera in
discoteca!”, quasi mi
supplicò, facendosi più vicino al mi
viso.
“Prometto.”,
sussurrai ad un soffio dalle sue labbra, con gli occhi fissi nel verde
dei
suoi.
Harry
mi sorrise, come se quelle parole l’avessero tranquillizzato.
“Ah, per la cronaca, da fatta sei uno
spasso!”, m’informò con tono ironico,
con un ghigno beffardo dipinto sul viso.
Corrugai la fronte e mi sforzai di capire a
cosa si stesse riferendo con finta aria spaesata ed ingenua. Nonostante
avessi
ricordato qualcosa, di certo non lo avrei mai ammesso proprio davanti a
lui.
“Andiamo, non vorrai mica farmi credere che
non ricordi nulla?!”, quasi mi sfidò malizioso,
allargando il sorriso il
necessario per veder comparire quelle due fossette sulle sue guance.
“Guarda che l’ho capito che mi stai prendendo
in giro! Posso cascarci una volta, non due!”, sentenziai con
aria da saputella,
incrociando le braccia sotto al seno, sperando di metterlo a tacere.
“Harry, canta per me, solo per me!”, mi fece
il verso, probabilmente ripetendo le parole che gli avevo rivolto
quella notte.
Avvampai all’istante e sperai con tutta me
stessa che stesse scherzando, in fin dei conti io non la ricordavo mica
così
quella scena.
“Smettila, tanto non ti credo!”, replicai con
tono seccato.
Harry dovette trattenere una fragorosa risata,
tanto che lo vidi piegarsi in due sul divano.
“Mi hai fatto catare Little Things per ben due
volte! E poi hai iniziato a dire cose come Harry,
ho freddo! Riscaldami tu che sei sempre così caliente!”,
riprese, facendomi
imbarazzare.
Davvero
avevo detto quelle cose?
“Harry,
baciami ovunque!”, sghignazzò ancora
il riccio al mio fianco. “Io sono più bella di
quella bionda rifatta che ti
scopi! Prendi me, prendi me!”, aggiunse, cercando di imitarmi.
“Ma non è vero! Ricordo perfettamente di non
aver detto nulla del genere!”, bofonchiai
d’impulso, rendendomi conto troppo
tardi della verità che le mie parole implicavano.
Harry smise di ridere all’istante. Puntò i
suoi occhi su di me e sul suo viso si disegnò un bellissimo
sorriso
incorniciato da due splendide fossette.
“Quindi non è vero che non ricordi
nulla.”,
constatò con aria maliziosa, inchiodandomi come il migliore
dei detective. “E,
sentiamo, ricordi anche quando hai infilato le tue dita sotto la mia
camicia?”,
mi chiese famelico, provocandomi di proposito.
Sapeva che sarei arrossita a quelle sue
parole, sapeva che avrei perso il controllo e la mia
razionalità, sapeva che
non ero ancora brava a gestire quel genere di conversazione.
D’istinto nascosi la testa su un cuscino,
affondandola in esso. Volevo solo che quella tortura giungesse presto
al
termine.
D’un tratto la risata appena accennata di
Harry cessò, sostituita dal tocco delicato della sua mano
che mi invitava ad
alzare il viso.
L’espressione scaltra e sorniona del suo volto
era scomparsa, per lasciare spazio ad una più seria.
Con i polpastrelli delle dita mi accarezzò una
guancia, sfiorando le mie labbra, poi sorrise dolcemente.
“Sono ridicola.”, mi lamentai quasi
mugugnando, maledicendomi per quell’autocommiserazione che mi
ero appena
inflitta da perfetta sfigata.
“No, sei bellissima.”, mi corresse lui
avvicinandosi al mio viso.
Harry procedeva con calma, come se quella
lentezza fosse il suo modo per chiedermi il permesso.
I suoi occhi erano intrecciati ai miei, gli
uni assorti negli altri. Con la mano sinistra afferrò la mia
e la strinse
forte, trasmettendomi tutta l’agitazione e tutto il
sentimento che stava
provando. L’altra, invece, era ancora ferma sulla mia
guancia. La spostò di
poco, solo per sistemare una ciocca di capelli. Il suo respiro cadeva
gelido
sulla mia pelle, procurandomi mille piccoli brividi lungo la schiena.
Il mio
cuore batteva lento, così come il mio respiro era sempre
più profondo e meno
frequente. Quasi persi il contatto con la realtà a causa di
quel legame
totalizzante che mi legava a lui. Non esisteva altro che Harry.
“Tra poco sarà troppo tardi per
fermarmi.”, mi
ammonì ad un soffio dalle mie labbra, con voce roca e bassa.
Sorrisi a quelle sue parole, sbalordita dal
fatto che a pronunciarle fosse stato proprio lui. Ancora una volta era
come se volesse
chiedermi il permesso per colmare quella lieve distanza.
Lui, quel ragazzo menefreghista e a prima
vista superficiale che non si era mai fatto troppi problemi,
fregandosene
altamente della volontà degli altri, per la prima volta
stava prendendo in
considerazione l’idea che non toccasse sempre a lui scegliere.
“Allora non fermarti.”, mormorai con un filo
di voce, quasi languidamente, ormai con il cervello sconnesso del
tutto.
Anche Harry sorrise, poi finalmente fece
premere le sue labbra sulle mie. Con la lingua subito chiese
l’accesso alla mia
bocca, trasformando quel bacio in qualcosa di più
passionale, travolgente.
Sentivo il suo petto premere contro il mio. Le
sue mani vagavano sul mio corpo, per poi giocare con i miei fianchi,
lasciati
di poco scoperti dalla maglia che si era alzata. Le mie, invece, erano
ancorate
ai suoi ricci, con i quali giocavano.
Avrei voluto
che quel bacio non finisse mai.
“Resta
con me stanotte.”, sussurrai sulle sue
labbra, quando ci fummo allontanati il necessario per poterci guardare
nuovamente negli occhi.
“E dire che stasera non hai neppure bevuto!”,
scherzò lui, ridendo per la sua inadeguata battuta.
Sbuffai sonoramente, infastidita.
Possibile
che riuscisse a rovinare momenti come questo?
Non ebbi neppure il tempo di ribattere che
subito il suo sguardo tornò su di me.
“Dormiamo insieme, qui.”, propose,
sistemandosi meglio sul divano, sorridendomi appena.
Annuii, adagiandomi sul suo petto. Riuscivo a
sentire i battiti del suo cuore. Circondò le mie spalle con
un braccio, poi si
stese, trascinandomi con se.
“Harry?”, lo chiamai dopo qualche istante con
un filo di voce.
In risposta ricevetti solo un mugolio
assonnato contro la mia pelle.
“Devo ancora farti quel milione di domande.”,
gli ricordai, riferendomi alla conversazione che avevamo ancora in
sospeso.
“Prometto che domani sarò tutto tuo per
rispondere a questo milione di domane.”, sussurrò
facendomi perdere un battito
al suono di quell’aggettivo possessivo pronunciato dalle sue
labbra.
Mio.
“Buonanotte
Liz!”, mi salutò poi, lasciandomi
un leggero bacio sulla guancia.
“Buonanotte.”,
mormorai prima di addormentarmi
cullata tra le sue braccia.
L’ultima
cosa che vidi furono i lineamenti
dolci del suo viso ed il sorriso che si increspò sulle mie
labbra quando con
una mano sfiorai il suo avambraccio.
---
Angolo Autrice
Ok, rieccoci qui...ù.ù
Stavolta sono davvero di poche parole, sarà che sono
distrutta
e ho una voglia pazzesca di andare a dormire...xD
Comunque, sottolineo velocissimamente alcuni punti:
-nel capitolo precedente Lizzie sembra una bimba che non vede l'ora di
rivedere i genitori, verissimissimo,
però già nel successivo vedremo come la presenza
di Harry influenzi questo aspetto!;)
Insomma, evidenziare quel suo aspetto serviva per rendere
più evidente la differenza, più o meno...xD
- si sono baciati, finalmente! Ok, ci sono ancora troppe cose in giro e
molte vengono del tutto ignorate,
come ad esempio il fatto che il riccio sia ancora fidanzato,
ma presto i due si trovaranno a fare i conti con tutto, tranquille!
-annuncio già da ora che i giorni a Doncaster prenderanno
pochi capitoli, al massimo altri due,
anche perché le cose più interessanti accadranno
al ritorno a Londra!;)
-credo che in questo momento il diabete sia salito alle stelle dopo
questo chap!
Cioè, vorrei dire, tutto questo zucchero farà
fare milioni ai dentisti!xD
Ma vabbè, uno ogni tanto lo posso anche scrivere...xD
Detto questo, ringrazio di cuore le persone che hanno inserito la storia
tra la preferite, le seguite e le ricordate!!<3
Ringrazio chi legge e ringrazio infinitamente chi lascia un
commento!<3
Bene bene, vado a rispondere alle recensioni,
che è troppo che non lo faccio e per questo mi vergogno
più di una ladra!!
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 21 *** Our little secret. ***
g
Our
little secret.
Un fascio di
luce colpì in pieno il mio viso,
costringendomi a strizzare le palpebre. Voltai il viso nella direzione
opposta,
sperando di ritrovare il buio necessario per dormire ancora qualche
minuto.
Avevo freddo, ,a nonostante ciò non volevo
muovermi. Con una mano cercai a tentoni qualcosa, o forse qualcuno, e
mi
ritrovai ad affondarla in qualcosa di morbido, probabilmente un cuscino.
Non
c’era
nessuno.
“Lizzie!
Cosa ci fai ancora a letto?”, esordì
una voce squillante e fastidiosa.
Con il piumone coprii la testa, come per
difendermi.
“Alzati dai! Abbiamo anche degli ospiti, non
puoi rimanere in camera tua a dormire!”, mi
canzonò mia madre, mentre il rumore
dei suoi tacchi rimbombava per tutta la stanza, segno che si stesse
muovendo.
D’un tratto fui colpita da un flusso di aria
fresca che mi fece rabbrividire.
“Guarda che bella giornata!”, commentò
mia
madre, probabilmente affacciandosi dal balcone della mia camera.
“Altri cinque minuti.”, mugugnai in un
sussurro, con la voce impastata e malferma.
“Elisabeth, Harry e Louis hanno già fatto
anche colazione! Stanno aspettando te per fare delle
compere!”, m’informò mia
madre.
Harry.
Ricordavo ogni dettaglio della sera
precedente, compreso quando ci eravamo addormentati sul divano,
insieme. Non
riuscivo però a spiegarmi come fossi arrivata in camera mia,
da sola, poi.
Che fosse
stato tutto un sogno?
Portai
le mani all’altezza degli occhi, poi li
stropicciai. Quasi avevo paura di aprirli e scoprire che tutte quelle
immagini,
ancora vivide nella minimamente, fossero state solo frutto della mia
immaginazione.
“Ecco, da brava! Ti ho preparato anche i
vestiti!”, continuò mia madre non appena alzai la
schiena, sedendomi sul bordo
dell’ampio letto.
“Sono contenta che tu sia a casa!”,
sussurrò
poi, lasciandomi un leggero bacio sulla fronte, mentre mi accarezzava
le
guance.
I suoi occhi grandi e vispi mi guardavano
amorevolmente. Tutte quelle attenzioni, quell’affetto, quella
dedizione mi
erano quasi mancate.
Sorrisi, mentre mi godevo quegli attimi di
intimità con mia madre.
“Dai, ora preparati! Ti stanno aspettando
giù!”, esclamò poi lei, lanciando una
guance occhiate agli abiti appoggiati
sulla poltrona, a pochi metri dal letto.
Iniziai a stiracchiare le braccia che sentivo
indolenzite, poi fui colta da uno sbadiglio tanto intenso che mi
costrinse a
chiudere gli occhi.
Sentii solo una porta chiudersi, così ebbi la
certezza che mia madre fosse uscita dalla mia stanza.
Con lo sguardo cercai di capire quali
indumenti avesse scelto dal mio guardaroba e strabuzzai gli occhi
quando
finalmente compresi di cosa si trattasse.
Piegati in maniera ordinata, facevano bella
mostra di sé un orribile gonna blu a pieghe, lunga
più o meno fino al
ginocchio, una camicia bianca ed un golfino grigio perla sul quale
erano
disegnati dei teneri cuoricini di colore blu.
Se Harry mi
avesse vista conciata così, sarei morta dalla vergogna.
Scossi
la testa, sospirando, poi mi avviai
verso il bagno della mia stanza, per lavarmi. Così, mentre
l’acqua scorreva
fresca sulla mia pelle ancora accaldata, pensai a ciò che
avrei potuto
indossare.
Non avevo mai tenuto particolarmente al mio
aspetto, a dirla tutta non me n’era mai importato nulla, ma
ora era tutto così
diverso. Volevo apparire al meglio, e non solo per Harry, o
perché era Allie ad
impormelo, ma per me stessa.
Poco più di mezz’ora dopo, scesi dal pano
superiore, ormai pronta.
“Buongiorno!”, salutai tutti, entrando in
sala.
Mio padre stava leggendo le notizie
finanziarie sul giornale, seduto sulla poltrona di pelle nei pressi del
camino,
mentre mia madre sfogliava distrattamente delle riviste letterarie.
“Ciao scricciolo!”, esordì mio padre,
sollevando la testa dalla pagina che stava leggendo.
Mi sorrise e subito mi avvicinai a lui, per
dargli un bacio sulla guancia, come ero abituata a fare, poi feci lo
stesso
anche con mia madre.
“Lizzie, cara, ma che fine ha fatto
quell’adorabile maglioncino che ti avevo
preparato?”, mi chiese storcendo le
sopracciglia, con sguardo inquisitorio, mentre squadrava attentamente
il mio
abbigliamento.
Avevo optato per una gonna blu, certo, ma a
balze e decisamente più corta, abbinata ad una camicia
bianco perlato di seta
ed un cardigan rosso.
“Mi andava stretto, credo di essere
ingrassata!”, mentii con la prima scusa che mi venne in mente.
Mia madre storse il labbro, probabilmente non
convinta delle mie parole.
“A me sembri sempre più magra.”,
borbottò
tornando a leggere chissà quale articolo.
“Lizzie, buongiorno!”, trillò mio
fratello,
abbracciandomi da dietro.
“Buongiorno anche a te Boo!”, ricambiai
rigirandomi tra le sue braccia.
Lui sorrise, poi schioccò un sonoro bacio
sulla mia guancia.
“Buongiorno Elisabeth!”, salutò Harry,
entrando poco dopo in sala.
Sorrideva, la sua espressione era tranquilla,
serena, tanto che dubitai seriamente del reale avvenimento degli eventi
della
notte precedente.
“Ciao Harry!”, dissi, cercando i suoi occhi
verdi che trovai immediatamente.
Il suo sguardo trasmise serenità anche a me,
facendomi sorridere al suo indirizzo.
“Allora, andiamo? Devo ancora comprare il
regalo di Natale per Eleanor!”, ci incitò Louis,
liberandomi dalla sua presa.
“Tommo, El la vedrai direttamente l’anno
prossimo!”, gli ricordai.
Lui scosse il capo rassegnato.
“Non posso comprare un regalo di Natale dopo
Natale, è la regola!”, dichiarò con
ovvietà, facendo ridere tutti i presenti.
“E va bene! Andiamo al centro commerciale!”,
gli concessi, ancora sorridendo.
Quando finalmente raggiungemmo la nostra meta
fummo travolti da un’atmosfera caotica e stressante. I vari
negozi erano tutti
stracolmi di gente che comprava, osservava, valutava, un fastidioso e
continuo
vociare era coperto dai tono alti di melodie natalizie, trasmesse dagli
altoparlanti, uomini travestiti da Babbo Natale rifilavano volantini
che
pubblicizzavano offerte dell’ultimo minuto.
“Dobbiamo comprare anche delle cose per la
mamma.”, mi rammentò Louis, tirando fuori dalla
tasca un foglietto sul quale
aveva appuntato una lista, per non dimenticare nulla.
“Se per te va bene possiamo occuparcene io e
Liz, mentre tu prendi il regalo per El!”, propose Harry, con
voce atona.
A quelle parole il mio cuore si gelò
all’istante, per poi iniziare a battere tanto veloce che
temetti fuoriuscisse
dal petto.
Voltai il viso in direzione della vetrina di
un negozio, sperando di non far trasparire dai miei occhi,
probabilmente sognati
tutta l’eccitazione che quelle parole avevano procurato in me.
Mio fratello indugiò con lo sguardo su Harry,
osservandolo con occhi intimidatori.
“Per sbrigarci prima.”, spiegò il
riccio,
motivando quella possibilità.
“Va bene, ci vediamo alla fontana tra tre
quarti d’ora, intesi?”, disse e nella sua voce
quasi colsi una nota minacciosa.
Mi porse il foglio, poi fisso i suoi occhi
azzurri nei miei.
“Mi raccomando, prendi tutto.”, aggiunse.
“Certo!”, assicurai afferrando il biglietto.
“A dopo!”, lo salutai poi, prima di voltarmi ed
iniziare a camminare, subito
seguita da Harry.
“Credi che mi stia ancora guardando?”, mi
domandò dopo qualche minuto.
Probabilmente doveva ancora sentire gli occhi
di Louis fermi su di lui, come se cercasse di ammonirlo.
Di sottecchi guardai alle nostre spalle, ma
tra la folla non scorsi più la figura di Louis.
“È andato.”, lo rassicurai,
sorridendogli
appena.
Harry tirò un sospiro di sollievo e vidi i
suoi muscoli rilassarsi all’istante. Si avvicinò
di poco a me, poi con un braccio
avvolse la mia vita, giocando con un mio fianco, facendomi ridere.
“Non sarei riuscito a resistere ancora a
lungo!”, confessò poi, attirandomi a lui.
No,
probabilmente non era stato un sogno.
I suoi
occhi verdi si fissarono nei miei ed
ebbi la sensazione di perdermi in quelle profonde iridi chiare.
Harry mi sorrise, poi poggiò le sue labbra
sulle mie.
Certo, lui era fidanzato, noi non stavamo
insieme, quello che stavamo facendo era del tutto sbagliato, ma
nonostante
fossi ben consapevole di tutto ciò non riuscii a fermarlo.
Era bello sentire i suoi ricci tra le mie dita
o le sue mani che accarezzavano lente il mio corpo, mi faceva sentire a
casa,
lì tra le sue braccia.
Intorno a noi si era come creata una bolla che
ci isolava dal resto del mondo, ma probabilmente presto avremmo dovuto
fare i
conti con la sua ragazza, l’università, il mio
buon senso e la sua
sfacciataggine.
“Da cosa iniziamo?”, mi chiese quando ci
allontanammo per riprendere fiato, ancora accaldati ma sorridenti.
Solo allora mi resi conto che quel presto era
molto più vicino di quanto pensassi. Insomma, nonostante
fossi palesemente
attratta da Harry, non sarei riuscita ad ignorare tutti i miei buoi
principi
ancora per molto. Non sarei riuscita a baciarlo con la consapevolezza
che
quelle labbra appartenessero ad un’altra ragazza, non gli
avrei permesso di
giocare con me con le sue regole.
Dovevo assolutamente farmi coraggio e
chiedergli spiegazioni, tralasciando imbarazzo e disagio.
“Cosa mi dici di Taylor?”, gli chiesi con un
filo di voce, di getto, ignorando la sua domanda.
Lui sgranò gli occhi, palesemente spiazzato da
quel nome, poi iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore,
mentre probabilmente
cercava una risposta.
“Cosa vuoi sapere?”, mi domandò dopo
qualche
istante, con un‘espressione seria dipinta sul volto, segno
del fatto che non mi
stesse prendendo in giro, non in quel frangente perlomeno.
Presi un respiro profondo, sperando di trovare
dentro di me la forza per portare avanti quel genere di conversazione.
Dovevo
mettere da parte tutte le mie insicurezze se volevo davvero conoscerlo,
se
volevo scavare nel fondo della sua anima.
La mia timidezza non mi sarebbe di certo stata
d’aiuto.
“Perché mi hai baciata se state
insieme?”,
specificai cercando di camuffare l’incertezza della mia voce.
Avevo bisogno di sapere ed Harry mi doveva
delle valide spiegazioni.
Lui trattenne il fiato per un istante che mi
parve interminabile, poi con i suoi occhi verdi cercò i miei.
“Io e lei siamo come il calciatore e la
velina: era scontato che ci mettessimo insieme.”,
spiegò con voce mesta, mentre
le sue labbra si piegavano in un sorriso affranto e sconsolato.
Non aveva propriamente risposto alla mia
domanda, ma evitai di farglielo notare.
“Lei ha un bel fidanzato da mostrare alle
amiche ed io qualcuna che soddisfi i miei bisogni.”, aggiunse
poco dopo con un
velo di amarezza.
Non riuscivo davvero a capirlo. Le sue parole
sembravano quelle di uno dei personaggi di film drammatici incapaci di
far
emergere la propria voce in capitolo, uno di quelli che si lasciano
trasportare
inermi dagli eventi.
“Se non ti piace puoi lasciarla.”, proposi e
mentre ancora pronunciavo quelle parole già sentivo le
guance imporporarsi per
l’imbarazzo.
Harry sorrise, poi portò una man sul mio viso,
accarezzandolo.
“Credo davvero che lo farò.”,
dichiarò con gli
occhi fissi nei miei.
Sorrisi anche io al suono di quelle parole,
nonostante il mio cuore avesse perso uno o più battiti in
quel momento.
“Perché mio fratello sembra temere una nostra
eventuale amicizia?”, domandai ancora, misurando bene ogni
singola parola.
Harry ritirò la mano, per poi infilarla nella
tasca anteriore dei suoi pantaloni. Parve indugiare qualche istante,
prima di
tornare con lo sguardo sul mio viso.
Anche quel quesito lo aveva spiazzato,
mettendolo in lieve difficoltà. Sembrava combattuto riguardo
a ciò che avrebbe
potuto dirmi in risposta.
“Lui mi conosce, sa che tipo sono. Pensa che
potrei farti soffrire, che potrei spezzarti il cuore, che potrei avere
cattive
influenze su di te. Meriti di meglio.”, ammise con tono vago.
“Andiamo, è ridicolo!”, ribattei quasi
scandalizzata, sbattendo freneticamente le ciglia.
Insomma, quel ragionamento era dannatamente
assurdo e antidiluviano.
Harry sogghignò per la mia reazione, poi
circondò la mia vita con le sue braccia, facendomi
avvicinare di più a lui.
“Potremmo continuare a conoscerci, senza farlo
preoccupare inutilmente.”, propose accennando ad un sorriso.
Non avevo ben intuito il significato delle sue
parole, ma ero completamente in balia dei suoi occhi ed in quel momento
non
sarei riuscita a negargli nulla.
“Comunque non lo farei mai, del male, intendo.”,
confessò poi con un filo di voce, a pochi centimetri dalle
mie labbra.
Il mio cuore prese a martellare come non mai,
tanto che temevo sarebbe scoppiato a momenti.
Harry avvicinò ancora il suo viso, fino a
lasciarmi un leggero bacio sull’angolo destro della bocca,
mentre ancora
sorrideva con un’espressione dolce e angelica.
Distolsi lo sguardo, consapevole che non sarei
stata in grado di sostenere il suo tanto vicino al mio.
Non sapevo quanto ancora mi avrebbe concesso
di indagare sulla sua vita, prima che si richiudesse a riccio, e non
volevo
affatto rischiare che si innervosisse proprio quel giorno.
“Che mi dici, invece, delle voci che circolano su te e
Caroline?”, chiesi, non riuscendo tuttavia a frenare la mia
curiosità.
Sobbalzò al sentire quel nome, ma la sua
incertezza durò solo qualche attimo. Con un gesto lento
afferrò la mia mano,
iniziando a giocare con e dita, intrecciandole e disegnando piccoli
cerchi
immaginari.
Forse cercava di distrarmi, o forse cercava le
parole giuste.
“So che è una cosa squallida, ma frequentare
delle donne mi ha aiutato a tenere la testa altrove. Caroline
è soltanto una
delle tante, anche se la sua età e il suo essere fidanzata
la rendono ancora più…”,
sembrò esitare sull’aggettivo da affibbiarle.
Probabilmente avrebbe voluto definirla
eccitante, ma si limitò ad un interessante.
“Anche io sono una delle…”, iniziai con
voce
tremante per quell’eventualità quasi certa, ma lui
mi interruppe, non
lasciandomi neppure il tempo di ultimare quella domanda.
“Non pensarlo neanche, Liz.”, esordì
lasciando
la mia mano, per poi accarezzarmi dolcemente la guancia. “Non
avevo mai
raccontato a nessuna le cose che ieri ho detto a te, non avevo mai
preso una
ragazza per mano, né tantomeno mi ero preoccupato di
fornirle qualsiasi tipo di
spiegazione prima d’ora.”, spiegò con il
fiato corto.
Il suo viso era ancora una volta terribilmente
vicino al mio. Istintivamente sorrisi, beandomi del suo lieve e dolce
tocco sul
mio viso, e subito fui ricambiata. Harry fece scendere la sua mano di
poco
sulla mia guancia, poi con il pollice sfiorò i contorni
delle mie labbra. Sentivo
il suo sguardo fisso su di me, mentre il mio era concentrato
nell’analizzare
ogni dettaglio della sua bocca. Lo volevo, volevo sentire le sue labbra
premere sulle mie. Harry si sporse ancora, quasi avesse intuito i miei
pensieri, poi in
un attimo le sue labbra furono sulle mie. Ci volle davvero ben poco
prima che
quel casto e semplice bacio si trasformasse in qualcosa di
più intenso e
passionale, tanto che mi ritrovai pochi istanti dopo con il fiato corto
e le
mani che stringevano forte i suoi ricci, mentre le sue erano scese a
stringere
con fare possessivo i miei fianchi.
“Dovremmo
comprare i regali, ora.”, gli ricordai con un filo di voce,
ancora a corto di
ossigeno e completamente elettrizzata per quello che era appena
accaduto,
mentre cercavo di liberarmi da quella presa tanto piacevole quanto
imbarazzante.
Lui non fece obbiezioni. Storsi il labbro quando
lessi la prima voce dell’elenco.
“Regalo per nonna, pensaci tu.”, quasi
declamai per l’assurdità di
quell’annotazione.
Harry sogghignò, divertito, cosicché quelle
due adorabili fossette si scavarono sulle sue guance.
“E quindi che si fa?”, mi domandò
scettico.
Sbuffai, concentrandomi.
Nonna era una vecchietta arzilla, simpatica ed
elegante. Adorava le fotografie, la sua casa era piena di cornici
contenenti
immagini di quando era più giovane. Le piaceva cucinare, ma
possedeva ricettari
a bizzeffe, tanto da poter fare invidia ad una qualsiasi libreria.
“Profumo?”, propose Harry, interrompendo il
flusso dei miei pensieri.
Storsi il labbro, mentre sentivo la fronte
arricciarsi.
“Regalare il profumo giusto ad una persona è
come trovare un ago in un pagliaio!”, borbottai prendendo a
camminare.
“Allora un bel maglione di lana, di quelli
doppi e larghi, per tenerla calda!”, ripropose, soddisfatto
della sua idea.
Scossi il capo.
Mia nonna con un maglione di lana qualsiasi ci
avrebbe accesso il fuoco.
Lei indossava solo seta e cashmere.
“Harry, credo tu non abbia capito che tipo sia
mia nonna.”, provai a dire.
Lui non demorse alle mie parole, al contrario
mi afferrò per mano, sorridendomi allegramente.
“E sentiamo, che tipo è?”, mi chiese
intrecciando meglio le nostre dita.
Una scossa di puro piacere fece tremare la mia
schiena, poi d’un tratto mi ritrovai con gli occhi fissi in
quelli verdi di
Harry.
Era piacevole quella strana sensazione di
calore che avvolgeva il mio cuore.
“Le piacciono le foto, la cucina e…”,
iniziai,
mai mi bloccai all’istante quando un’idea si
parò nella mia mente.
“Mia nonna adora il tè!”, esclamai,
stupendomi
di come non ci avessi pensato prima.
“Come te.”, commentò Harry, non capendo
dove
volessi arrivare.
“Un servizio da tè, ecco cosa potremmo
regalare! E poi magari facciamo anche un salto da Taylors,
così le prendo
qualcosa di particolare!”, annunciai entusiasta della mia
idea.
“Agli ordini, mia signora!”, scherzò
lui,
sornione. “E che altro ci sarebbe da comprare?”, mi
chiese, forse per avere una
visione più chiara su tutte le commissioni che ci
attendevamo.
“Vediamo…”, iniziai, riportando il
foglio
sotto gli occhi. “Una penna stilografica per papà,
una collana di Tiffany per
mamma, un centrotavola di Thun per la domestica e il mio regalo per mio
fratello.”, elencai, rimuginando sull’ultimo punto.
“Hai già pensato cosa prendere a
Louis?”, mi
chiese, fermandosi ad osservare la vetrina di un negozio
d’abbigliamento
maschile, decorata con mille addobbi natalizi.
“A dir il vero no, ma penso comprerò qualcosa
di rosso!”, risposi, scherzando, poi riprendemmo a
passeggiare, con ancora le
mani intrecciate.
“Potrei prendergli un pupazzo, magari quello
dei Power Rangers!”, esordii poi, per nulla convinta delle
mie parole.
Harry sorrise e quel suono cristallino mi fece
rabbrividire per l’emozione.
“Compragli un paio di bretelle rosse, ne sarà
entusiasta!”, mi suggerì lui, ironico, lanciandomi
un veloce sguardo.
Era allegro quel giorno, sereno. Ancora una
volta non notai alcun tono di spavalderia o sfacciataggine nei suoi
atteggiamenti o nelle sue parole. Era più naturale, genuino.
Feci finta di riflettere sulla sua idea, ma in
realtà sapevo non fosse del tutto pessima.
“E magari ci aggiungo anche una maglietta a
righe, visto che gli piacciono tanto.”, proposi sempre
scherzando.
Harry emise uno strano suono, facendomi
intuire che non fosse per nulla d’accordo.
“Un orologio!”, esclamò poi serio, come
se
avesse appena avuto un’idea sensazionale. “Il suo
l’ha rotto la settimana
scorsa mentre lui e Liam imitavano la pubblicità dei
Mikado!”, spiegò,
sogghignando nel ricordare quella scena.
“Ottimo! Grazie Harry!”, esclamai e
d’istinto
mi sollevai sulle punte, fino a lasciargli un leggero e tenero bacio
sulla
guancia destra.
Harry mi sorrise, piacevolmente sorpreso da
quel gesto, mentre io mi sentii morire dall’imbarazzo.
“Pronta
per la mezz’ora di shopping più sfrenata che ci
sia?”, mi richiamò dopo qualche
attimo di silenzio.
Mi sorpresi del fatto che non avesse
commentato ciò che avevo appena fatto. Avrebbe
tranquillamente potuto riempirmi
di battutine ambigue, maliziose che mi avrebbero messa a disagio nel
giro di
pochi secondi, ma non lo fece.
Mi sorrideva persino con gli occhi verdi e
luminosi.
“Andiamo!”, quasi sussurrai, ancora assorta
nel contemplare ogni più piccolo dettaglio del suo viso.
Quando tornammo a casa ero distrutta. In
realtà più che tre quarti d’ora,
avevamo impiegato ben oltre il doppio del
tempo per comprare tutti i regali.
Louis aveva provato a chiamarci centinaia di
volte, ma dopo i primi due tentativi io ed Harry avevamo deciso di
spegnere i
cellulari. Alla fine lo avevamo incontrato per caso nei pressi
dell’ingresso
est, infuriato come non mai. Noi avevamo fatto spallucce, fingendoci
innocenti,
mentre provavamo a convincerlo del fatto che in realtà i
nostri cellulari
fossero irraggiungibili.
Prima di salire in camera, mi fermai a bere
dell’acqua in cucina, e per qualche secondo socchiusi gli
occhi, per recuperare
le forze.
Quando poi entrai in camera notai
immediatamente un pacchetto rosso adagiato tra i cuscini che
sovrastavano il mio
letto. Sgranai gli occhi per la sorpresa, ignorando completamente chi
potesse
essere l’autore di un gesto tanto carino.
Forse Louis, pensai.
D’istinto affrettai il passo, per
raggiungerlo, poi mi lasciai cadere sul materasso. Presi quella piccola
confezione
tra le mani e sotto al fiocco notai un bigliettino.
Lo staccai con delicatezza, poi lo aprii.
Anche se in
anticipo, buon Natale. Spero ti sarà utile per annotare
tutti i tuoi mille
impegni e magari lascerai un posticino anche per me. H. P.s.: stasera
solito
posto, solita ora?
Sussultai
quando lessi quell’iniziale e senza
neppure rendermene conto percepii le labbra piegarsi in un ampio
sorriso. Con
calma scartai il pacco, curiosa di scoprirne il contenuto.
Era un’agenda, una Moleskine azzurra. Era
perfetta.
“Lizzie!”, mi chiamò mio fratello dal
corridoio.
Saltai sul letto per lo spavento, mentre
sentivo il panico montare dentro di me. Nascosi immediatamente il
regalo e la
carta sotto il letto, poi mi ricomposi come meglio potei.
“Tutto bene?”, mi chiese sporgendosi oltre la
porta.
Probabilmente la mia espressione non doveva
essere delle migliori, un misto tra felicità e paura.
Annuii, sorridendo sperando di apparire calma
e naturale.
“Il pranzo è pronto, andiamo!”,
m’informò lui.
---
Angolo Autrice
Ehm... Salve ragazze!:D
Ok, è una vita che non aggiorno e mi sento terribilmente in
colpa per questo.
Insomma, sono a dir poco scandalosa:
ci è voluto più di un mese per pubblicare un
nuovo capitolo!
Sono pessima, lo so...
Però ho avuto davvero tantissime cose da fare tra scuola,
università, concorsi...
A propostio, ho fatto l'esame di maturità!!!*.*
Pochi giorni fa ho fatto anche l'orale ed ora posso dire che sono
ufficialmente in vacanza!!!
Ok, ok, non voglio perdermi in chiacchiere,
anche perché da poco sto lavorando ad un altra storiuccia e
non vedo l'ora di iniziare a pubblicarla...!
Comunque, ecco a voi il nuovo capitolo, interamente dedivato ad Harry e
Liz!
Stavolta pare che le cose stiano andando meglio tra di loro, quindi
incorciamo le dita!xD
Ho già pronti altri capitoli, quindi prometto che questa
volta
non passeranno secoli prima del prossimo aggiornamento!;)
Ma veniamo alle cose importanti: ringrazio chi segue, preferisce e
ricorda,
ma ringrazio soprattutto chi durante questo periodo ha atteso il nuovo
chap, thank you guys!
Ringrazio infinitamente anche chi ha lasciato una recensione,
rendeno me la girl più happy del world!xD
Alla prossima,
Astrea_
|
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Capitolo 22 *** Hole in the middle of my heart. ***
T22
Hole
in the middle of my heart.
“Liz, abbassa la voce! Se
continui così le tue
risate si sentiranno fino a Londra!”, mi canzonò
Harry, soffocando un leggero
sorriso sulle labbra.
Sbuffai, cercando di
darmi una calmata.
Avevamo continuato a vederci tutte le notti, sempre alla stessa ora, ma
non più
in sala o in cucina. Entrambi eravamo convenuti sul fatto che
lì sarebbe stato
troppo rischioso. Chiunque, svegliandosi di notte, avrebbe fatto caso a
noi,
intenti a parlare sul divano. Così Harry aveva preso a
sgattaiolare in camera
mia nel bel mezzo della notte, per poi scomparire alle prime luci.
Avevo
scoperto come le labbra ed il profumo di Harry creassero una sorta di
dipendenza, tanto che in quelle poche notti non ero riuscita a farne a
meno.
Non avevamo detto nulla a Louis, riguardo a questi fortuiti incontri
notturni,
era come se preferissimo ritagliare quella parte della giornata
elusivamente
per noi e, per il momento, non sentivamo l’esigenza di
comunicarlo a nessuno.
“Dai, vieni
qui.”, disse poi, aprendo le
braccia come per incitarmi ad avvicinarmi a lui.
Lo assecondai,
appoggiai la testa sul suo
petto, coperto da una semplice maglietta nera di cotone, mentre con un
braccio
gli circondavo la vita. Harry passò un braccio sulle mie
spalle, poi mi strinse
a sé e con la mano iniziò a giocare con le punte
dei miei capelli. Eravamo in
camera mia, seduti sul letto, coperti dal caldo piumone. Harry teneva
la
schiena poggiata alla spalliera, mentre il suo viso era chino in
direzione del
mio.
Stavo bene con lui,
nonostante tutto e tutti.
Mi sentivo protetta tra le sue braccia, compresa come mai era capitato
prima di
quel momento, ma, soprattutto, mi sentivo a casa, come se quello fosse
il posto
esatto in cui mi sarei mai potuta trovare.
“Cosa
succederà quando torneremo a Londra?”,
gli chiesi di getto, con un filo di voce, cercando con lo sguardo i
suoi occhi
verdi che risplendevano nell’oscurità della stanza.
Per quanto avessi
provato ad ignorare la
prospettiva del futuro, non ero riuscita completamente nel mio intento.
Avevo
bisogno di rispose, di certezze, di un qualcosa, qualsiasi cosa a cui
potermi
appigliare per rendere meno surreale ciò che stava accadendo
tra me ed Harry.
“Non lo
so.”, mormorò.
Rimasi quasi delusa
dal tono sincero e
disaminate che aveva utilizzato. Abbassai il capo, come a volerlo
nascondere
nella maglietta di Harry.
“Hey!”,
mi richiamò immediatamente dopo,
mentre con una mano cercava il mio mento.
In un attimo i nostri
occhi si incrociarono,
provocandomi una serie infinita di brividi lungo tutta la schiena.
“Andrà
bene.”, sussurrò a pochi centimetri di
distanza dalle mie labbra.
Sorrisi,
mordicchiandomi il labbro inferiore. Vidi
il viso di Harry avvicinarsi sempre di più al mio, fino a
quando sentii premere
le sue labbra sulle mie. Mi baciò ed io non mi tirai
indietro.
Le nostre lingue
giocavano, si rincorrevano.
Le mie mani scivolarono tra i suoi capelli, mentre le sue sfioravano i
miei
fianchi, soffermandosi sulla pelle lasciata scoperta dalla maglia del
pigiama.
Rimanemmo
così, abbracciati nel mio letto,
fino a quando non ci addormentammo insieme, ancora una volta.
Avevamo trascorso il
Natale in famiglia. Nonna
ci aveva raggiunti per il pranzo ed era rimasta con noi anche per il
giorno
successivo. Aveva parecchio gradito il regalo, soprattutto un
particolare tipo
di tè verde che avevo scelto tra le tante bustine comprate
da Taylors.
Louis le aveva anche
presentato Harry e lei
aveva sin da subito mostrato una certa simpatia per il riccio, tanto
che aveva
preteso la chiamasse per nome dal primo istante. Mia nonna lo trovava
ironico
al punto giusto, acuto e perspicace. Certo, lei adorava quel burlone di
mio
fratello, ma con Harry era tutto un altro discorso.
Se avesse potuto,
probabilmente l’avrebbe
adottato seduta stante. Aveva persino voluto giocare a scacchi con lui,
cosa
che concedeva solo a pochi, tra cui me e mio padre.
Ovviamente Harry non
era riuscito a batterla,
nessuno ne sarebbe stato in grado, ma fu bello vederlo concentrarsi sui
pedoni,
studiando la mossa successiva, senza che lui potesse notare il mio
sguardo
fisso sul suo viso.
Ebbi la sensazione che
mia nonna avesse
compreso qualcosa dello strano rapporto che legava me ed il riccio, ma
lei
preferì non fare domande ed io fui ben lieta di
ciò.
Mio padre, invece,
continuava a comportarsi in
modo sorprendentemente gentile e cordiale con Harry, ma avevo ormai
capito che
si trattasse di un atteggiamento dovuto dalle circostanze. In
realtà non lo
sopportava affatto, lo si capiva dai suoi sorrisi forzati e gli sguardi
intimidatori che mia madre era costretta a lanciargli prima che
parlasse.
Odiava tutto di lui, a
partire dai suoi
capelli troppo lunghi e disordinati, i pantaloni a vita bassa, il suo
sguardo
vispo e la risposta sempre pronta. Persino le sue aspirazioni dovevano
apparirgli irrealizzabili e infantili, esattamente come quelle di Louis.
Anche Harry lo aveva
capito, me lo aveva
confessato una mattina quando per pochi minuti eravamo rimasti soli in
sala da
pranzo, ma fingeva di non curarsi minimamente del giudizio di mio
padre.
”Elisabteh
Virginia Tomlinson, si può sapere
perché diamine non rispondi mai al telefono?”,
tuonò la voce di Allison
dall’altro lato della cornetta, non appena accettai la
chiamata.
Sorrisi nel
riconoscere la sua voce che tanto
mi era mancata in quei pochi giorni.
“Allie!”,
trillai con voce gioiosa, sedendomi
sul letto, con la schiena appoggiata alla testata.
“Smettila
con questi convenevoli! Ti ho data
per dispersa! Londra è cosparsa di volantini rappresentanti
la tua faccia!”,
borbottò ancora, fingendosi arrabbiata, ma in
realtà sapevo che anche lei fosse
contenta di risentire la mia voce.
“Allora,
come vanno queste vacanze?”, le
chiesi, ignorando completamente il suo tono intimidatorio.
Lei sembrò
borbottare qualcosa a denti
stretti, prima di lasciarsi definitivamente andare.
“Lizzie, mi
manchi!”, si lamentò
piagnucolando.
Sorrisi, pensando a
quanto anche lei mi
mancasse.
“E poi sono
successe tante di quelle cose!”,
iniziò ancora frignando come una bambina.
“Dai,
raccontami!”, la incalzai, mentre
iniziai a giocare con l’angolo di un cuscino.
“Ma certo
che hai proprio una bella faccia
tosta, tu!”, sbottò lei e potei chiaramente
immaginare la sua espressione
irritata in quel momento.
“Tu hai
Harry a casa e chiedi a me di
raccontare? Sputa il rospo, tanto lo so che è successo
qualcosa!”, continuò
poco dopo, quasi accusandomi.
Abbassai di colpo il
capo, poi iniziai a
mordicchiarmi il labbro.
Era decisamente
imbarazzante dover raccontare
ad alta voce quegli avvenimenti.
Presi un lungo
respiro, cercando di mantenere
la calma, poi iniziai a riferirle ciò che era accaduto.
“Harry
è stato…”, provai a dire, ma le parole
mi morirono in gola.
“È
stato che? Avete fatto sesso?”, chiese
Allie, con foga.
Arrossii violentemente
a quella domanda.
“No!”,
mi affrettai a negare. “Però è stato
gentile, carino.”, aggiunsi poco dopo, completando la frase
che avevo lasciato
in sospeso.
Allie tirò
un sonoro sospiro di sollievo a
quelle parole.
“Ti ha
baciata?”, mi domandò poi con più
calma.
Non risposi, non
subito almeno, e lei intese il
mio silenzio come una risposta affermativa.
“Lo
sapevo!”, affermò con tono deciso. “Del
resto era impossibile che tu riuscissi a resistergli!”,
commentò ancora, con
aria saccente.
“Abbiamo
chiarito tante cose, anche riguardo a
quella notte in discoteca.”, mormorai dopo qualche secondo,
appena ebbi trovato
il coraggio per proseguire quella conversazione.
Allie trattenne il
fiato, aspettando che
continuassi.
“Mi ha
raccontato dei dettagli. Credo di
averci provato con lui, ma non è successo nulla. Mi ha solo
cantato una loro
canzone e mi ha messa a dormire.”, spiegai con un filo di
voce.
All’imbarazzo
si aggiungeva anche la paura che
mio fratello potesse sentirmi. Ottuso e testardo com’era, non
avrebbe di certo
accettato di buon grado il rapporto che si stava lentamente creando tra
me ed
Harry.
“Wow, il
ragazzo è più dolce di quanto possa
sembrare.”, borbottò Allie, con voce assorta tra i
pensieri.
Probabilmente stava
riflettendo su ciò che le
stavo dicendo.
“Sì.”,
concordai, mormorando. “Mi ha anche
parlato di sua madre.”, confessai, lasciando definitivamente
l’angolo del
cuscino che ancora stavo torturando con le dita.
“E cosa ti
ha detto?”, mi chiese curiosa.
Mi fidavo ciecamente
di Allie, ma nonostante
ciò non le avrei riferito quello che Harry mi aveva detto.
Quelle parole,
quella conversazione era qualcosa di nostro e sarebbe rimasto tale.
“Nulla di
che, stamattina è partito per
raggiungerla, dalla sorella. Festeggeranno il Capodanno
insieme.”, dissi
soltanto.
Sì, Harry
aveva preso un treno all’alba, per
Sheffield, dove aveva recentemente preso casa sua sorella. Stando a
ciò che mi
aveva detto il riccio, sua madre era riuscita a convincerla,
così Gemma aveva
deciso di dargli un’altra possibilità. Ovviamente
Harry non se lo era fatto
ripetere due volte ed era subito corso da lei.
“Non era il
contrario? Natale con i tuoi,
Capodanno con chi vuoi?”, ironizzò Allie,
riscuotendomi dai miei pensieri.
“Mi ha
regalato una Moleskine per Natale.”,
mormorai poco dopo, con il fiato corto e l’espressione
sognante.
“Cosa?”,
urlò lei dall’altro alto del
telefono, stordendomi un timpano.
“Allie non
gridare!”, mi lamentai,
massaggiandomi l’orecchio.
“Scusa se mi
è preso un infarto, eh!”,
bofonchiò con sarcasmo. “E tu cosa gli hai
preso?”, mi chiese poco dopo, con
tono decisamente più posato.
Nulla.
Mi
vergognai tremendamente per quella
mancanza. Harry mi aveva presa alla sprovvista, non avrei mai
immaginato
potesse farmi un regalo. Avevo anche pensato di comprargliene uno, il
giorno
della vigilia, ma non riuscivo a decidermi su cosa avrebbe gradito
ricevere e
di certo non potevo chiedere consiglio a Louis.
Così alla fine il tempo era volato via troppo
velocemente, i negozi avevano chiuso ed io mi ero ritrovata con nulla
in mano.
“Non gli hai preso nulla?”, domandò
retoricamente
Allie, cercando di mascherare ogni impressione personale.
“No.”, riuscii solo a dire.
Allie scoppiò in una fragorosa risata che non
fece altro che farmi sentire ancora peggio.
“Lui ti ha fatto il regalo e tu no!”, disse
sguaiatamente, probabilmente si stava piegando in due dalle risate.
“Cioè, ma
tu sei un caso senza speranze!”, rincarò la dose.
“Dai Allie, smettila! Mi rifarò la prossima
volta!”, tagliai corto, con il broncio sul viso.
“Piuttosto, tu cosa volevi
raccontarmi?”, le chiesi, spostando l’attenzione su
di lei.
Aspettò qualche istante prima di rispondere,
per ricomporsi, poi tirò un lungo respiro ed infine si
decise a parlare.
“Ho baciato Liam.”, annunciò tutto
d’un fiato.
Sgranai gli occhi a quella rivelazione.
“A dir il vero è lui che ha baciato me, o
forse io… Insomma, non saprei ben dire chi ha baciato chi,
diciamo che ci siamo
baciati e basta!”, chiarii con tono risoluto.
Rimasi in silenzio, sconvolta, del resto le
ultime notizie che avevo avuto su Liam lo ritraevano felicemente
fidanzato con
Danielle.
“Era la vigilia, ci siamo incontrati per caso
in una panetteria in centro e sull’ingresso c’era
il vischio.”, spiegò.
“Dovevamo baciarci per forza, c’era il
vischio!”, si giustificò con ovvietà.
Sorrisi, immaginando la sua espressione seria
nel dire una sciocchezza simile.
“Siete molto tradizionalisti, a quanto pare!”,
scherzai, trattenendo una risata.
“Ma che spiritosa che sei diventata!”,
borbottò lei, a labbra serrate. “Ieri lui e
Danielle si sono lasciati.”,
aggiunse poi, con un filo di speranza nella sua voce.
“E tu come fai a saperlo?”, le domandai
d’istinto,
inarcando le sopracciglia, come sconcertata.
“Me l’ha detto Zayn.”, rispose come fosse
la
cosa più naturale del mondo.
“Zayn?”, chiesi conferma, con le labbra
dischiuse per lo stupore. “E da quando lo senti?”,
dissi nel tentativo di fare
chiarezza sulla questione.
“Da quando lui, il giorno dopo Natale, mi ha
finalmente detto che gli piaccio. Ma sapeva bene anche lui che non
potevo
affatto ricambiare.”, dichiarò con leggerezza.
Sbattei più volte le palpebre, cercando di
razionalizzare ciò che Allison mi stava dicendo, poi
deglutii.
“E dopo essere stato rifiutato avete iniziato
a sentirvi?”, domandai scettica, scossa da tutte quelle
novità.
“Sì, gli ho promesso che lo aiuterò a
dimenticarmi.”, sentenziò orgogliosa Allie, tanto
che quasi riuscii a vedere il
suo viso fiero e soddisfatto.
“Non può dimenticarti se continua a
sentirti!”, controbattei, sottolineando quel palese
controsenso.
“Certo che può! Gli ho già presentato
una
ragazza fantastica, si chiama Perrie!”, replicò
lei, convinta e sicura delle
sue parole.
“Allie, il tuo piano non funzionerà.”,
provai
a dirle, cercando di farla ragionare.
“Sciocchezze! Funzionerà eccome! E un giorno
usciremo tutti insieme: io e Liam, Perrie e Zayn, Louis ed El, Harry e
Taylor e
tu e Niall!”, trillò allegramente.
Feci una smorfia quando sentii il nome della
bionda con le labbra rosso sangue affiancato a quello del riccio, che
poi si intensificò
nel constatare che io fossi stata messa in coppia con
l’irlandese.
“Io non voglio uscire con Niall!”, bofonchiai
senza neppure rendermene conto.
“Ah, giusto! Quasi avevo dimenticato la tua
infatuazione per Harry!”, si ravvide Allison.
“Allora facciamo che tu esci con
lui e Niall… Per lui troveremo
qualcun’altra!”, corresse infine, sorridendo.
“Io non esco neppure con Harry!”, fui
costretta a borbottare per evitare che i suoi pensieri potessero
ricevere
conferma.
“Ma quanto sei noiosa! Sii sincera, diamine!”,
si lamentò lei.
Io sbuffai, ma non le risposi.
Non volevo ammettere un bel nulla.
“Tra tre giorni torno a Londra.”, la informai,
cambiando del tutto discorso.
“Non vedo l’ora di riabbracciarti!”,
esclamò
lei, entusiasta. “Lizzie, io devo andare. Sono arrivati gli
zii a casa. Ci
sentiamo, ok? Un bacio! E auguri!”, mi salutò
veloce come un fulmine.
“Ciao! Auguri anche a te!”, riuscii solo a
dire prima che chiudesse la telefonata.
Lo sguardo cadde in automatico sullo schermo
del cellulare che non controllavo ormai da giorni.
In altro a destra era evidenziata l’icona che
indicava i messaggi non letti. Curiosa aprii la cartella.
Il cuore scalpitava, forse sperando fosse lui.
Ma quando lessi il nome del destinatario
rimasi quasi delusa. Risaliva appena alla sera precedente.
Certo, ero più che contenta del fatto che
fosse Niall a scrivermi, ma non era lui.
Sorrisi comunque mentre lo leggevo, pensando a
quanto carino fosse stato quel suo piccolo gesto.
Le sue parole erano dolci e confidenziali.
Buone feste
Beth! Sto mangiando talmente tanto che la mia pancia potrà
presto far
concorrenza a quella di Babbo Natale! Appena torni a Londra usciamo
insieme, ti
va? Un bacione grande quanto l’universo, Niall.
---
Angolo Autrice
Ops, sono nuovamente in ritardo...xD
Ok, chiedo scusa ancora una volta, visto che a quanto pare le scadenze
proprio non riesco a rispettarle.
Ho una notizia buona, però: ho quasi finito i capitoli di
questa storia.
Ecco, in realtà manca solo l'ultimo e l'epilogo,
quindi da questo momento in poi la pubblicazione dovrebbe essere più
veloce,
visto che in teoria mi tocca solo rileggere e sistemarli.
Vabbè, tornando alla storia...
Che dire, Harry è andato via per raggiungere la sorella,
mentre la telefonata di Allie porta con sé una serie di
novità,
quali la dichairazione di Zayn ed il bacio con Liam.
Certo che la ragazza si è data da fare durante le vacanze,
eh?!xD
Altre cose?? Ah, visto che ancora non ho avuto modo di dirlo:
il video di Best Song Ever è fantastico!!*.*
Cioè, voglio dire, è meraviglioso!!!<3
Sono spettacolari, tutti quanti, davvero!!!!!
Ok, superato anche il momento di sfogo represso,
volevo infinitamente ringraziare chi continua a leggere questa storia,
nonostante l'attesa, il caldo, le vacanze e gli impegni!
Grazie di cuore a chi segue, preferisce, ricorda e, soprattutto, lascia commenti!<3
Fatemi sapere cosa ne pensate!!;)
Ho appena postato una nuova storia, Skins...
Non metto il link perché purtroppo sono una frana in queste cose,
ma se vi va, potreste farci un salto!:D
Alla prossima,
Astrea_
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Capitolo 23 *** It should be me. ***
t23
It
should be me.
“Niall,
dovresti cambiare di tanto in tanto!
Esistono centinaia di altri locali oltre Nando’s! E magari
potresti provare
anche qualcosa di più salutare!”, lo canzonai con
tono scherzoso.
Ero tornata a Londra da poco, così da poter
trascorrere ancora qualche giorno di puro relax in compagnia di Allie.
In realtà era stato Louis a premere per tornare
quanto prima possibile, impaziente di rivedere la sua dolce fidanzata
che era
rimasta a casa per le feste.
Io ne avevo approfittato per recuperare degli
arretrati, rimettendomi al passo con il programma spiegato fino a quel
momento
durante le lezioni universitarie.
Harry, invece, sembrava ancora non essere
tornato, probabilmente era dalla sorella e sarebbe rimasto
lì fino a quando gli
fosse stato possibile.
Non l’avevo più sentito, neppure per gli
auguri. Avevo sperato in una sua telefonata, ma ovviamente le mie
aspettative
erano state deluse. Dal canto mio, invece, avevo troppo poco coraggio e
spirito
d’iniziativa per farlo. Temevo una mia chiamata avrebbe
potuto disturbarlo, annoiarlo,
infastidirlo. Ero stata più volte sul punto di premere quel
piccolo tasto del
mio cellulare sul quale era disegnata una cornetta verde, ma
puntualmente avevo
rinunciato all’ultimo istante.
“Ma il pollo lì è eccezionale! Devi
assolutamente assaggiarlo! Anzi, ti ci porto io, uno di questi
giorni!”,
controbatté lui, con entusiasmo.
Scossi il capo, rassegnata all’idea che Niall
non avrebbe mai modificato le sue abitudini alimentari.
Quel pomeriggio stavo risistemando i miei
appunti quando avevo sentito la suoneria del mio telefono risuonare per
tutta
la stanza.
Niall mi aveva chiamata, senza un apparente
motivo, solo per sapere com’erano andate le vacanze.
“Diventerai obeso e pieno di brufoli, prima o
poi.”, lo ammonii ironicamente, pensando a quanto in
realtà fosse magro.
“Magari riuscissi a mettere anche solo un
chilo! Sono settimane che mangio più del solito, ma non
ingrasso di neppure un
grammo!”, esclamò quasi affranto da quella
consapevolezza.
“E tu hai anche il coraggio di lamentarti?”,
chiesi scettica. “Ma beato te!”, dichiarai, subito
dopo, invidiandolo.
Niall rise dall’altro capo del telefono e la
sua risata contagiò anche me.
“Beth, tu sei magra come un’acciuga! Dovresti
venire con me da Nando’s!”, riprese poi, una volta
che ebbe ritrovato il
controllo.
Storsi il labbro, lasciandomi andare ad
un’espressione di puro disgusto.
Per fortuna Niall non poteva vedermi, quindi
non dovetti preoccuparmi di nasconderla.
Ultimamente sentivo Niall sempre più spesso,
tanto che Allie mi aveva già più volte avvertita
di fare attenzione alla piega
che avrebbe potuto prendere il nostro rapporto.
Secondo lei, infatti, il biondino doveva
essere piuttosto interessato a me, ma era troppo impacciato e tenero
per dirlo
esplicitamente. Così finiva per interpretare la parte del
fido amico,
disponibile e comprensivo.
Io, ovviamente, avevo screditato le sue teorie
con tutti i mezzi a mia disposizione, senza tuttavia riuscire a
convincerla.
Adoravo parlare con Niall, mi piaceva
trascorre del tempo con lui, anche solo al telefono, ma nel ruolo di
amica.
Tuttavia da quando avevo affrontato
l’argomento con Allie, temevo che lui potesse scambiare la
complicità che ci
legava per qualcosa di più profondo che, in
realtà, non ci sarebbe mai potuto
essere tra di noi.
“Verrò solo se prometti di suonare la chitarra
alla prossima esibizione!”, lo ricattai allora, avendo
scoperto da poco quel
suo naturale talento.
“Sei perfida! Non mi piace suonare in
pubblico!”, si lamentò lui, borbottando.
Sorrisi nell’immaginare le sue labbra piegate
in un dolce broncio.
“Dovrai farci l’abitudine se vuoi davvero
diventare famoso!”, gli feci notare.
D’un tratto sentii bussare alla porta della
mia stanza e subito lanciai un’occhiata alle lancette del mio
orologio, per
avere la conferma di chi si dovesse trattare.
“Nialler, io devo andare. Credo sia appena
arrivato Liam ed Allie è ancora chiusa in bagno, quindi
tocca a me fare gli
onori di casa.”, lo informai con un sospiro, preparandomi ad
affrontare il
castano.
“Va bene, ciao Beth!”, mi salutò.
Ricambiai frettolosamente, poi chiusi la
chiamata e mi catapultai alla porta.
“Allie, c’è Liam!”, urlai un
attimo prima di
aprire, sperando che mi avesse sentita.
Quella sera sarebbero dovuti uscire insieme
per la prima volta, un vero appuntamento romantico.
Liam si era offerto di passarla a prendere,
come da manuale, e si era presentato in perfetto orario alla sua porta.
Allie, invece, doveva essere piuttosto in
ritardo, nonostante avesse trascorso più di un’ora
in bagno, per prepararsi adeguatamente
al grande evento.
“Ciao!”, salutai quando spalancai la porta.
Sgranai gli occhi alla vista della persona che
aveva accompagnato il castano.
“Louis, cosa ci fai qui?”, chiesi a mio
fratello, stupita dalla sua presenza.
Lui mi sorrise, facendosi più avanti fino ad
entrare nella mia stanza.
“Che brutta accoglienza, sorellina! Sono
venuto a trovarti, no? Non potevo mica lasciarti sola mentre questi due
uscivano a far baldoria!”, esordì allegramente,
indicando Liam con un cenno
della mano.
Solo allora notai quanto fosse elegante quella
sera.
Indossava una camicia a quadri, chiusa fino al
colletto, una giacca grigia che teneva sbottonata e dei jeans scuri.
Sul polso
spiccava un orologio nero, elegante ma ben visibile. I lineamenti del
suo viso
erano tesi, probabilmente doveva essere piuttosto agitato
all’idea di uscire
con Allie.
I suoi occhi color nocciola ne erano la chiara
prova, ancor più della sua espressione insicura. Nella mano
destra teneva
un’unica grande rosa rossa, la preferita della mia amica.
Mi guardava spaesato, mentre sulle sue labbra
era appena abbozzato un mezzo sorriso. Era dolce, di quella dolcezza
che la mia
amica trovava estremamente sexy.
Sorrisi, pensando ai commenti poco casti che
Allie avrebbe fatto nella sua mente di lì a poco.
“Dai, entrate!”, li invitai, facendomi di
lato, cosicché potessero passare. “Allie
arriverà a minuti, dovrebbe essere
quasi pronta.”, decretai infine, richiudendo la porta alle
mie spalle.
Mio fratello si buttò immediatamente sul mio
letto, facendo cadere sul pavimento i quaderni che avevo
precedentemente
appoggiato su di esso.
“Sei sempre il solito maldestro.”, brontolai
giocosamente, sedendomi accanto a lui.
Liam si guardò intorno, probabilmente non sapendo
cosa fare, a completo disagio in un ambiente a lui del tutto estraneo.
“Eccomi!”, esordì proprio in
quell’istante
Allie, facendo capolinea oltre la porta del bagno. “Scusa per
il ritardo, non
ho calcolato bene il tempo.”, disse con un mezzo sorriso a
Liam, avvicinandosi
alla scrivania, dove era poggiata la sua pochette.
Era davvero bellissima quella sera.
Aveva indossato un semplice abito monospalla
dai colori sgargianti e vivaci. La vita era segnata da una fascia che
si
chiudeva in un fiocco fissato sul fianco sinistro, mentre la parte
inferiore
dell’abito scendeva larga fino alle cosce.
I capelli erano raccolti in un ordinato
chignon che lasciava libero solo un piccolo ciuffo, sistemato
accuratamente
sulla fronte. Aveva anche indossato dei pendenti e una serie di
bracciali che
si abbinavano perfettamente al colore del vestito e delle scarpe, dei
tacchi
non eccessivamente alti.
Quasi Liam ebbe un infarto quando la vide in
tutto il suo splendore e Louis fu costretto a dargli una pacca sulla
spalla,
per riscuoterlo da quello stato di trans in cui sembrava essere
precipitato.
Dovetti trattenere una risata, per non mettere
il castano in ulteriore disagio.
“Cenerentola, per mezzanotte a casa!”,
scherzai per smorzare la palpabile tensione che aleggiava nella piccola
camera.
Allie mi sorrise, facendomi l’occhiolino, poi
terminò di riporre le ultime cose nella piccola pochette.
“Questa è per te!”, esordì
Liam con fare
imbarazzato, porgendole la rosa che fino a quel momento aveva stretto
tra le
dita.
“Grazie.”, mormorò piacevolmente
sorpresa la
bionda, lasciandogli un bacio di ringraziamento sulla guancia.
“Noi andiamo!”, salutò poi, con un cenno
della
mano, avviandosi verso la porta.
“Divertitevi e non fate i porcellini!”,
esclamò mio fratello, scherzando come al suo solito.
Intravidi Liam afferrare la mano di Allie, per
poi stringerla tra la sua, un attimo prima che la porta si richiudesse,
poi
scomparvero dalla mia vista.
“Sono proprio carini insieme!”, commentai
sospirando, sdraiandomi sul letto.
Louis mi affiancò subito, poi afferrò un
peluche che tenevo sul cuscino ed iniziò a giocarci.
“Io ed El, però, li battiamo!”,
chiarì con
tono risoluto.
“Certo.”, lo assecondai fissando il soffitto
bianco.
Poi, all’improvviso, un’idea malsana prese
piede nella mia testa.
Ero da sola con mio fratello, il miglior amico
di Harry.
Non avevo più notizie del riccio da troppo
tempo, mentre mio fratello ero certa lo avesse continuato a sentire in
quei
giorni.
Forse avrei potuto sfruttare l’occasione a mio
vantaggio.
Era scorretto, soprattutto se si trattava di
dover sfruttare Louis, questo lo sapevo bene, ma era l’unico
mezzo a mia
disposizione per avere sue notizie.
“State attenti anche alla coppia Taylor ed
Harry!”, provai a dire, fingendomi ironica.
Quella breve e felice parentesi che avevamo
vissuto costituiva per me una grande incognita.
Per quei pochi giorni ci eravamo rifugiati in
un mondo tutto nostro, in cui non esisteva altro che noi. Avevamo
dimenticato i
problemi, le difficoltà, gli impedimenti, la
realtà.
Ma cosa sarebbe successo al suo ritorno?
Harry era fidanzato e questo non l’avremmo
potuto ignorare per sempre, nonostante lui non se ne preoccupasse
affatto. Ero
io a non poterlo tollerare.
Non gli avrei permesso di baciare le mie
labbra ancora una volta come se fossi la sua amante segreta. Era quasi
umiliante per me, dover vivere nell’oscurità.
“No, tranquilla! Loro pensano solo al sesso!”,
sdrammatizzò Louis, con leggerezza, non immaginando neppure
quando quelle
parole potevano ferirmi.
“Considera che sono già due notti che dorme
fuori!”, aggiunse poco dopo, facendo spallucce.
Harry era
tornato?
Cercai
di sorridere, forzando le labbra,
mentre qualcosa all’interno del mio petto si sgretolava
lentamente.
“Ma non doveva andare da sua sorella?”, gli
chiesi, sperando di ottenere altre informazioni.
“Infatti! È tornato solo due giorni fa, ma ancora
non ha avuto neppure il tempo di disfare le valigie.”, mi
spiegò annuendo, come
se fosse soddisfatto del comportamento del suo amico.
Sentii un tonfo al cuore, qualcosa di duro e
tagliente lo perforò, procurandomi un dolore lancinante.
Poi una sensazione di vuoto si impadronì del
mio corpo e della mia mente.
Del resto avrei dovuto capirlo dal primo
istante.
Cosa potevo
mai aspettarmi da un tipo come lui?
Harry
voleva solo divertirsi, lo avevo sempre
saputo, ma nonostante ciò non ero riuscita neppure una volta
a sottrarmi al suo
gioco di sguardi, dolci parole e baci rubati.
Lui era quel tipo di ragazzo che desiderava,
più di ogni altra cosa, essere desiderato.
Mi diedi della schiocca e probabilmente se non
ci fosse stato Louis avrei sentito le lacrime scorrere sul mio viso,
bagnandolo.
Avevo persino nascosto quella storia a mio
fratello, da pessima bugiarda e codarda.
Cos’ero
diventata? Cosa mi aveva fatto Harry?
Lo avevo assecondato mentre
tradiva la sua
ragazza, avevo mentito a Louis, avevo ingannato i miei e, soprattutto,
ero
venuta meno ai miei principi.
Ancora una volta
percepii un enorme buco
scavarsi nel mio petto, che mi fece scivolare in un profondo ed oscuro
baratro.
Mi vergognavo
infinitamente di tutto ciò che
avevo fatto, me ne vergognavo con tutta me stessa, ma non riuscivo a
pentirmene.
Del resto pentirsi
avrebbe dovuto includere
anche Harry e lui non avrei mai voluto cancellarlo.
Detestavo
ciò che mi aveva fatto, detestavo
lui e tutti i suoi fastidiosi ed irrazionali modi di fare.
Ma, sopra ogni altra
cosa, detestavo il fatto
che avrei voluto che fosse tornato da me, piuttosto che da Taylor,
avrei voluto
non essere solo un’occasione colta al volo.
In fondo lui, per me,
non sarebbe mai stato
solo ciò.
---
Angolo Autrice
Buona domenica a tutte/i!:D
Questa volta aggiorno dopo appena cinque giorni e la cosa sorprene persino me!!!!
Comunque, per preparare questo capitolo ci ho messo un'eternità!
Quando l'ho scritto su word avevo dimenticato di mettere subito un titolo,
così quando poi sono andata a copiarlo dall'elenco che ho su un altro file
non ci ho capito più niente perché le cose non combaciavano.
Morale della favola? Alla fine avevo scritto un capitolo in più e registrato un titolo in meno!-.-
Ok, tralasciando questi piccoli incidenti di percorso, torniamo a noi!:D
Niall chiama Lizzie ed ormai sono sempre più amici,
mentre Allie ha finalmente il suo primo ed ufficiale appuntamento con Liam!
Louis fa un salto dalla sua sorellina e lei, ovviamente (-.-"), ne apprfitta per chiedere di Harry.
Davvero, quando fa così proprio non la sopporto!xD
Ma vabbé, Lizzie è stata una sfida sin dall'inizio per me, quindi...
Anyway, dalla settimana prossima si ricomincia a studiare
ed io sono davvero psicologicamente devastata, lo giuro!
Non so proprio dove trovare la forza di aprire quel maledetto libro!!!
Però proprio per questo avevo pensato di organizzarmi meglio,
magari stabilendo dei giorni fissi, non so,
anche perché tra questa storia, l'altra e delle bozze a cui sto lavorando rischierei di fare un casino.
Al solito mi dilguo troppo, quindi ora la smetto.
GRAZIE a chi legge, segue, preferisce, ricorda e soprattutto commenta!!! <3
Davvero, i vostri pareri sono importanti, quindi...!!;)
Ok, scappo a scrivere qualcosuccia che oggi sono in vena!xD
Alla prossima,
Astrea_
|
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Capitolo 24 *** Heartache doesn't last forever. ***
t23
Heartache doesn't last forever.
Mi alzai
lentamente dalla mia sedia, esausta
al termine di quelle due ore di lezione.
Ero decisamente fuori forma, sentivo
chiaramente quando i miei muscoli fossero stanchi ed indolenziti, ma
soprattutto svogliata.
Era come se, tutto d’un tratto, avessi perso
l’interesse per le parole proferite con tanto amore dalla
professoressa Cox,
che aveva appena tenuto una lezione a cui non ero assolutamente potuta
mancare.
Nonostante la mia presenza fisica, però, ero
stata del tutto assente in aula.
La mia mente continuava a vagare sul discorso
che avevamo fatto ieri io e Louis, ricordavo perfettamente ogni sua
battuta ed
ogni qualvolta la sua voce riecheggiasse nella mia testa, percepivo una
forte
fitta al cuore, seguita da un’opprimente sensazione di vuoto.
Mi mancava l’aria per qualche istante,
probabilmente dimenticavo di respirare troppo concentrata sui ricci del
viso
che si parava davanti ai miei occhi, e alla fine, quando percepivo la
gola
bruciare, ero costretta a scuotere il capo e tornare a fissare la
lavagna.
Provavo a seguire, guardavo sua madre con
attenzione, cercando di riallacciarmi al discorso che stava tenendo e
che
diveniva sempre più complesso, ma poi la professoressa
sorrideva e quel sorriso
per me era un altro colpo al cuore.
Era identico
a quello del figlio.
Così
avevo tamburellato con la penna sul
foglio bianco del mio quaderno per tutto il tempo, senza scrivere nulla
su di
esso. Una volta avevo provato a prendere qualche appunto, pensando che
mi sarei
potuta accontentare anche solo di qualche parola particolarmente
importante, ma
avevo finito per fare uno scarabocchio sull’angolo destro del
foglio. Alla fine
mi ero arresa, comprendendo che quella mattina non sarei riuscita a
concludere
nulla, ed avevo atteso che il tempo scorresse lento ed inesorabile.
Fortunatamente non c’era nessuno che
conoscessi a quella lezione, così non avevo neppure dovuto
fingere interesse.
“Arrivederci professoressa!”, la salutai
mentre mi dirigevo verso l’uscita.
Lei era ancora intenta a sistemare le sue
cose, sparse sulla cattedra di legno.
“Elisabeth!”, mi richiamò lei,
costringendomi
a fermarmi.
Mi voltai e fui subito accolta da un caldo e
rassicurante sorriso materno.
“Si?”, chiesi retoricamente, cercando di
capire quali fossero le sue intenzioni.
Non avevo ben capito, infatti, se volesse
dirmi qualcosa o il suo fosse solo un modo alternativo per salutarmi.
Con la mano destra mi fece segno di
avvicinarmi a lei. Sorrisi appena, cercando di mascherare quella
crescente
sensazione di disagio ed imbarazzo.
Altri studenti stavano uscendo dall’aula,
alcuni erano ancora fermi a chiacchierare tra i banchi.
Strinsi la mano sinistra in un pugno, come per
farmi forza, e feci come mi aveva suggerito.
“Tutto bene?”, mi chiese quando fummo
abbastanza vicine da evitare che terzi potessero sentire la nostra
conversazione.
Annuii, cercando di alzare gli angoli della
bocca, per sorridere, ma il mio tentativo dovette essere piuttosto
fallimentare, vista l’espressione scettica che si
disegnò sul volto della
professoressa.
“So bene che tu veda in me solo una
professoressa ed è giusto che sia
così.”, iniziò con voce bassa, ma
rassicurante,
indugiando sulle sue stesse parole, nel tentativo di trovare quelle
adatte. “Ma
sappi che se dovessi aver bisogno di un parere, magari di una persona
più
matura…”, riprese, ma non riuscì a
terminare la frase.
Sembrava non trovasse il modo giusto per
esprimersi, per comunicarmi ciò che le passasse per la testa
in quel momento.
La vidi torturarsi per un attimo le labbra con
i denti, combattuta, poi prese un lungo respiro ed impiantò
i suoi occhi verdi
e chiari nei miei.
“Harry ultimamente è più solare,
tranquillo.
Lui continua a dire che è il clima di vacanze a renderlo
così, ma io ho capito
che c’è dell'altro.”, sbottò
tutto d’un fiato, spiazzandomi completamente.
Voleva
parlarmi di Harry o era preoccupata per me?
Ricordai
le confidenze che Harry mi aveva
fatto, quella notte, e sorrisi constatando quanto avesse ragione.
Così in pochi attimi mi ritrovai ad apprezzare
il gesto della professoressa Cox. Certo, poteva anche risultare
invadente, ma
lo stava facendo per suo figlio.
“Ho visto il tuo sguardo, stamattina.”,
riprese con più calma, cercando nel mio volto un qualsiasi
cenno che le desse
il permesso di continuare. “So che non sono affari miei, ma
conosco molto bene
mio figlio!”, si precipitò a dire, intensificando
lo sguardo. “Ha un modo del
tutto personale per dimostrare quanto tenga ad una persona.”,
mi spiegò
accennando ad un lieve sorriso.
Non riuscivo a capire quale fosse lo scopo di
quelle parole, cosa stesse cercando di dirmi attraverso quei mezzi
termini che
non erano per nulla chiari alla sottoscritta.
Sentii i lineamenti del viso contrarsi, mentre
mi sforzavo di trovare un senso a tutto ciò.
Poi, d’istinto, mi ritrovai a chiedermi quanto
sua madre sapesse della sua vita privata.
Possibile
che si stesse riferendo a me ed Harry? Possibile che Harry le avesse
raccontato
di noi?
“Spero
solo tu riesca a capirlo. Sbaglia di
continuo, è vero, ma ha solo paura.”, disse quasi
a volerlo giustificare e
nell’esatto momento in cui proferì quelle parole
ebbi la certezza che sua
madre, la mia professoressa, fosse a conoscenza di tutti i minimi
dettagli.
Ne ebbi la conferma dai suoi occhi,
terribilmente trasparenti e luminosi.
Strinsi forte il labbro tra i denti, sfogando
su di esso tutto l’imbarazzo che era sopraggiunto.
Ha solo
paura.
Non
riuscivo a pensare ad altro. Il suo viso
prese vita nella mia mente. I suoi occhi verdi che risplendevano nel
buio, il
suo sorriso contornato da due fossette, i ricci ribelli e scombinati
sulla sua
fronte, quell’espressione vispa e tenera allo stesso tempo,
quasi riuscivo a
toccarlo per quanto quell’immagine fosse vivida e chiara.
“Dagli tempo, tornerà da te.”,
sentenziò
infine, sorridendomi con fare materno.
Arrossii violentemente, le gambe tremavano e
le mani sudavano freddo.
Abbassai di poco il capo ed annuii, incapace
di fare altro.
“Bene, allora ci vediamo a lezione dopodomani!
Ah, se ti dovessero servire gli appunti di oggi, chiedi pure al mio
assistente!”, esordì dopo qualche attimo d
silenzio, a mo’di saluto.
L’aveva
notato, pensai
soltanto.
“Grazie.”, dissi, rialzando il volto per poi
sorriderle con gratitudine. “Arrivederci.”,
ricambiai poi il saluto.
Non ebbi neppure il tempo di muovere un passo
che subito fui richiamata dalla sua voce.
“Elisabeth?!”, esclamò per attirare
nuovamente
la mia attenzione.
Mi voltai di scatto verso di lei.
Sorrideva, questa volta persino con gli occhi.
Il suo viso era rilassato, gioioso.
“Io faccio il tifo per te, comunque!”, disse
con entusiasmo e trasporto.
Mi pietrificai, mentre sentivo le guance
ribollire.
La professoressa Cox continuava
a sorridere, non curandosi
minimamente della sensazione di disagio che mi immobilizzava
completamente.
Provai a ricambiare, ma probabilmente riuscii
solo a fare una piccola smorfia. Il panico dilagava nella mia mente,
impedendomi di pensare o dire qualsiasi cosa.
“Grazie.”, borbottai infine con un filo di
voce, poi mi voltai ed uscii dall’aula.
Grazie?
Come avevo
anche solo potuto pensare di dire una cosa del genere?
Ringraziarla
ai suoi occhi era sicuramente
apparso come un modo discreto per ammettere, per confessare che, almeno
da
parte mia, ci fosse interesse nei confronti del figlio.
Probabilmente avrebbe riso di me per i
prossimi anni, chiedendosi come una persona potesse essere tanto
patetica.
In realtà non avevo neppure realizzato quali
fossero le conseguenze di quella conversazione nel momento stesso in
cui essa
avveniva. Mi ero concentrata solo sulle apparenze, sulle espressioni
del suo
viso e su quelledel mio.
La mia mente registrava soltanto, senza
riflettere sulle parole, come se ne fosse incapace.
Ma, mentre camminavo per i corridoi con passo
lento e sguardo assorto, tutto sembrava assumere una rilevanza diversa,
tutto
sembrava materializzarsi davanti ai miei occhi, facendomi comprendere
per
davvero il significato di quelle parole.
Prima le avevo sentite, come un sottofondo
musicale, come la colonna sonora di un film, ora, invece, le ascoltavo
come il
pezzo principale di un concerto di musica da camera.
Sua madre doveva sapere ciò che era successo a
casa mia, Harry doveva averglielo detto.
Inoltre, dalle sue parole, si intuiva il fatto
che fosse ben informata sulla relazione che il figlio ancora aveva con
Taylor.
“Lizzie, finalmente sei arrivata!”, una voce
mi riportò bruscamente alla realtà, era Allie.
Quasi avevo dimenticato che dovevamo vederci
per pranzare insieme.
Mi fermai di scatto, poi puntai il viso in
direzione della provenienza di quel suono e la vidi.
Era raggiante quel giorno. Liam era con lei e
notai immediatamente le loro mani dolcemente intrecciate.
Erano fermi su un lato dell’ampio e spazioso
corridoio, nei pressi di una delle tante bacheche destinate alla
pubblicazione
dei vari appelli.
Liam aveva le spalle poggiate al muro, mentre
Allie giocava con le sue dita, a pochi centimetri di distanza. Gli
occhi di
entrambi brillavano, sembravano voler scoppiare dalla gioia.
Sorrisi nel vederli felici insieme, erano
davvero meravigliosi.
Allie si avvicinò a me, trascinando
energicamente Liam con sé.
“Com’è andata la mattinata?”,
mi chiese con
entusiasmo la bionda.
Sbuffai, tentennando con la testa.
“Ho avuto due ore di lezione con la
professoressa Cox.”, spiegai e subito lei mi
lanciò un’occhiata d’intesa.
Lei non sopportava affatto le sue spiegazioni,
diceva che erano troppo complicate, lunghe ed intense.
“Andiamo, Anne è una forza!”, la difese
Liam.
“Certo, riesce a farmi addormentare persino
quando sono piena di energie!”, scherzò allora
Allie, con il viso increspato in
una buffa smorfia.
Liam le sorrise amorevolmente, portando un
braccio intorno alla sua vita.
“Andiamo a mangiare?”, propose poi la bionda.
Annuii ed insieme iniziammo a camminare in
direzione dell’uscita di quella struttura.
Ormai era passata quasi una settimana
dall’appuntamento tra Allie e Liam e da allora erano
diventati praticamente
inseparabili.
Certe volte era pesino imbarazzante
trascorrere del tempo con loro. Liam era di una dolcezza disarmante,
posato e
responsabile, ma la grinta e la vivacità di Allie
bilanciavano perfettamente,
così da giungere ad un loro armonico equilibrio.
“Allora, novità dalla casa
discografica?”,
chiesi a Liam.
Mio fratello mi aveva accennato ad un concorso
a cui avevano partecipato, per poter incidere un brano, ma negli ultimi
giorni
avevo avuto davvero poco tempo per riuscire ad informarmi sugli
sviluppi.
Lui scosse il capo, affranto.
“Purtroppo ancora non ci hanno fatto sapere
nulla.”, bofonchiò visibilmente poco entusiasta,
mentre oltrepassavamo la porta
dell’edifico.
Imboccammo la prima stradina sulla sinistra,
una scorciatoia che Liam ci avevo mostrato appena qualche giorno prima.
“Sono sicura che vi chiameranno presto!”, lo
rincuorò Allie.
Poi, come delle calamite, i loro occhi si incontrarono
e nell’istante successivo anche le loro labbra si unirono, in
un casto e tenero
bacio.
Girai la testa nella direzione opposta,
concedendo loro un po’ di privacy ed il mio sguardo cadde su
una coppietta
seduta su una panchina.
Riconobbi immediatamente i ricci di Harry ed i
capelli biondi di Taylor. Stavano discutendo animatamente. Lui
gesticolava con
fare spazientito, mentre i lineamenti dolci di lei erano corrugati in
un
espressione di cipiglio. Taylor biascicò qualcosa, poi
afferrò il colletto
della camicia di Harry per poter avvicinare i loro volti.
L’aria venne a
mancarmi, la vista si annebbiò per qualche istante, poi
sentii le gambe
tremare, quasi nonriuscissero più a sorreggere il
peso del mio corpo.
La testa girava forte, talmente tanto che ne
persi il controllo, mentre il cuore si era come pietrificato
all’istante. I
miei occhi sgranati erano fissi su di loro, le labbra dischiuse per lo
stupore.
Sentii il sangue nelle vene raggelarsi.
Perché
mi
faceva così male vederli insieme?
Il
riccio la scansò balzando in piedi con uno
scatto felino, non concedendole il tempo necessario per annullare la
distanza
tra le loro labbra. Non era preoccupato per aver appena respinto la sua
ragazza,
al contrario la guardava come a volerla rimproverare per il suo
atteggiamento.
Harry puntò gli occhi altrove, vagando sulla visuale che si
apriva davanti a
lui, forse infastidito dall’intensità con la quale
continuavo a fissare la
scena. Arricciò la fronte quando notò la mia
presenza ad appena una ventina di
metri da lui. Borbottò qualcosa a Taylor, senza neppure
guardarla in volto, poi
la superò e con ampie falcate mi raggiunse.
“Ciao ragazzi!”, ci salutò attirando
anche
l’attenzione di Liam ed Allie, ancora occupati a scambiarsi
tenere effusioni.
Ricambiarono senza badare troppo a lui.
“Ho raccontato a mia sorella di te.”,
esordì
poi rivolgendosi a me, sorridendomi.
Era rilassato, tranquillo, gioioso. I capelli
ricci erano scombinati dal leggero vento, dal suo volto era scomparsa
ogni ruga
o incurvatura. Solo le labbra erano piegate
all’insù e sulle guance si erano
scavate due adorabili fossette.
Le sue parole fecero scalpitare il mio cuore,
costringendolo a battere ad un ritmo frenetico che mi mandava in
confusione.
“Perché non mi hai detto che eri
tornato?”,
gli chiesi ignorando ciò che mi aveva appena detto.
Ero stufa dei suoi giochetti, del suo non dare
mai spiegazioni, di Taylor e dei suoi modi di fare.
“Volevo prima sistemare le cose con Taylor.”,
dichiarò facendosi più vicino.
Indietreggiai, decisa a rimanere impassibile.
Doveva capire che non poteva sempre funzionare
tutto secondo i suoi piani. Non mi sarei nuovamente fatta abbindolare
dalle sue
belle parole per poi essere messa in disparte alla prima occasione
utile.
Lo vidi irrigidirsi, stupito dalla mia
reazione.
“E l’hai fatto?”, domandai con voce
ferma, nel
tentativo di nascondere la tempesta che si era appena innalzata dentro
di me.
“Non del tutto, non vuole capire.”,
spiegò con
tono desolato ed affranto.
Sogghignai, profondamente ferita da quella
risposta.
“Certo, dopo due notti di fuoco le sembrerà
strano.”, bofonchiai a labbra serrate, inveendo contro di lui.
Ricordavo ancora la conversazione che avevo
avuto con Louis pochi giorni prima e rimasi delusa nel constatare
quanto
inevitabilmente fosse tutto vero.
“Cosa stai dicendo?”, borbottò inarcando
le
sopracciglia in un’espressione scettica e dubbiosa.
“Smettila di far finta di nulla! So che sei
stato da lei quando sei tornato!”, lo accusai inviperita ed
indignata.
Harry sussultò alle mie parole, poi vidi la
sua espressione tramutarsi in una maschera di rabbia e nervosismo.
“Ero da mia madre, cazzo!”, sbraitò con
voce
roca e dura. “Se vuoi sapere come stanno le cose o che fine
abbia fatto perché
non chiami me, piuttosto di indagare per conto tuo?”, mi
aggredì con veemenza.
Il suo tono di voce particolarmente alto mi
fece rabbrividire ed attirò anche l’attenzione di
Liam ed Allie, che nel
frattempo erano rimasti ad aspettarmi.
“Tutto bene?”, chiese il moro sciogliendo
l’abbraccio della sua ragazza per potersi avvicinare.
“A meraviglia.”, sbottò Harry in un
sibilo con
ancora gli occhi ruggenti fissi nei miei.
“Allora, vogliamo andare a mangiare?”, ci
esortò Allie sorridendo nel tentativo di contagiarci con il
suo buon umore.
“Scusate, io ho da fare.”, decretò il
riccio
spostando lo sguardo sulla mia compagna.
Non riuscii a dire nulla per fermarlo o per
chiarire la situazione che si era appena creata.
Harry ci salutò con un cenno della mano e si
avviò lungo la stradina che portava al cancello principale.
Rimasi in silenzio, intenta ad osservare lo
spazio che prima era riempito dalla sua figura, mentre mille pensieri
affollavano la mia mente.
“Lizzie, ma ti sei incantata? Vogliamo andare?
Sto morendo di fame!”, trillò Allie, qualche passo
più avanti, voltandosi in
mia direzione.
Rinsavii all’istante, al suono della sua voce.
Con un gesto repentino spostai l’attenzione sulla mia amica,
sforzandomi di
sorridere, ed in poche falcate la raggiunsi.
“Eccomi!”, esordii cercando di apparire
solare, seppur con scarsi risultati.
“Ragazze,
se non mi nutro entro dieci minuti collasso!”,
bofonchiò ironicamente Liam,
facendo sorridere entrambe per il suo viso dolce ed implorante.
“Andiamo,
andiamo!”, sentenziai, riprendendo a
camminare.
---
Angolo Autrice
Hola gente!:) Com'è andata la giornata di ieri?
Vi siete diverite, avete mangiato e bevuto??:D
Vabbè, ecco qui il nuovo capitolo! Harry trorna sulla scena, ma Lizzie quasi non lo lascia parlare,
presa com'è dalla sue convinzioni e dalle sue interminabili paranoie.
In pratica ha fatto tutto da sola, facendosi domande e dandosi risposta. -.-
E ad Harry ovviamnete non sta bene! Del resto lei si è
comprotata proprio da bambina, una telefontata non le sarebbe
costata nulla!ù.ù
Ma lei no, timida ed insciura preferisce continuare a rimuginare tra i suoi pensieri.
Comunque, è riapparsa anche Anne e come al solito non le sfugge
mai nulla, per di più sembra saperne abbastanza su tutta la
storia. :)
Ed infine, eccoli lì, Allie e Liam finalmente insieme! A quanto pare Allie ci aveva visto giutsto sin dall'inizio,
anche se io ne ne sarei del tutto sicura...:P
Ok, da domani comincio s studiare, o almeno queste sono le intenzioni,
anche se poi credo non aprirò neppure mezza pagina.
Anyway, credo che d'ora in poi aggiornerò questa storia il martedì ed il venerdì,.
Ok, oggi sono in vena di buoni propositi, eh? Ovviamente
cercherò di rispettare le scadenze, anche se sarà
difficile abituarmi ad esse.
Va bene, per oggi è tutto... Ringrazio ci mette la storia tra le seguite/ricordate/preferite,
le meravigliose persone che lasciando una recensione e tutte quelle che leggono silenziosamente!:D
A martedì, dunque!;)
Astrea_
|
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Capitolo 25 *** With a tight grip then my kiss. ***
t24
With a tight grip then my kiss.
Niall era
lì, in tutta la sua bellezza mi
aspettava appoggiato alla portiere della sua auto, parcheggiata davanti
al
vialetto di un ingresso secondario del campus.
Sorrideva mentre mi avvicinavo a lui, stando
attenta ad ogni singolo movimento.
Nonostante nell’ultimo periodo avessi
indossato piuttosto frequentemente dei tacchi, ancora non mi sentivo
del tutto
a mio agio, temevo di poter cadere ad ogni passo. Allie, tuttavia, non
aveva voluto
sentir ragioni, costringendomi a metterli.
Ma il viso di Niall, la sua espressione tesa
che si era sciolta non appena mi aveva vista comparire, mi infondevano
tranquillità.
Aveva dei pantaloni neri e dal giubbino dello
stesso colore che portava aperto si intravedeva una polo rossa ed un
cardigan
grigio perla.
Io, invece, avevo optato per dei jeans chiari,
una maglietta bianca ed una giacca color pesca, ma tutto era coperto
dal
cappotto beige che arrivava quasi al ginocchio.
“Ciao!”, lo salutai, quando lo ebbi raggiunto.
Lui allargò ancora di più il sorriso.
“Ciao!”, ricambiò prima di avvicinare le
sue
labbra alla mia guancia destra, dove posò un leggero bacio.
Sussultai a quel contatto, ma cercai di
rimanere impassibile.
“Prego!”, disse poi, allargando le braccia,
per indicarmi la direzione da seguire.
Niall mi precedette ed aprii lo sportello
della sua auto, dal lato del passeggero, cosicché potessi
entrare all’interno
dell’abitacolo.
Sorrisi mordicchiandomi il labbro per quel
gesto tanto galante.
Chiuse la portiera, poi con passo veloce si
affrettò a raggiungere il posto di guida.
“Nando’s ci aspetta!”, esclamò
mentre metteva
in moto, entusiasta.
Alla fine aveva vinto lui. Avevo provato in
tutti i modi a convincerlo di quanto poco salutare fosse la cucina di
quel
locale, ma lui aveva insistito talmente tanto che avevo dovuto cedere.
Del resto per una volta avrei anche potuto
mangiare quel cibo.
La cosa che più mi spaventava, invece, era il
nome che avremmo potuto dare a quella nostra uscita insieme. Allie
aveva detto
che secondo lei si trattava di un vero e proprio primo appuntamento,
io, al
contrario, mi ostinavo a credere che fosse una serata da amici.
Ovviamente il
problema fondamentale consisteva nel comprendere cosa significasse per
Niall.
Il tragitto fu talmente breve da non
permetterci neppure di approfondire la conversazione che avevamo appena
intrapreso sui suoi progetti futuri.
Niall era un ragazzo pieno di aspettative,
credeva davvero nel gruppo e nella musica e sperava di poter realizzare
i suoi
sogni.
Era bello vederlo parlare delle sue ambizioni,
gli occhi azzurri brillavano nel buio della notte, concentrati sulla
strada.
“Siamo arrivati!”, sentenziò poi,
parcheggiando.
Lanciai un veloce sguardo alla struttura
davanti ai miei occhi, le cui pareti erano sostituite da vetri che ne
lasciavano intravedere l’interno. Sull’ingresso
principale si ergeva una
scritta rossa, che indicava il nome del locale, contornata da due
piccole
foglie verdi.
“Non vedo l’ora di assaggiare queste
prelibatezze!”, scherzai.
Stavo per scendere dall’auto, ma Niall fu più
veloce di me. Così quando aprii la portiera, lo trovai
esattamente di fronte a
me, mentre mi porgeva una mano con fare teatrale.
Sorrisi e la afferrai, poi insieme entrammo da
Nando’s.
Non era particolarmente affollato, complice il
fatto che fosse un girono infrasettimanale, ma l’atmosfera
era calda e
familiare, per nulla caotica.
Ci sedemmo ad un tavolo più appartato, in
fondo alla sala.
“Se permetti, ordino io.”, propose Niall,
mentre toglieva il giubbino.
Annuii, imitandolo.
“Sappi solo che non mi piace la cipolla e che
detesto la maionese. Per il resto hai via libera!”, dissi con
fare risoluto.
Lui mi squadrò per qualche istante, forse
pensando già a cosa farsi portare, poi sorrise con gli occhi
sognanti, forse
per un’idea che aveva appena avuto.
Pochi attimi dopo lo vidi buttarsi a capo
fitto sul menu, concentrato nel valutare tutte le alternative.
Era buffo. Con la mano destra continuava a
massaggiarsi il mento, la sinistra, invece, scorreva su tutte le voci.
Le
leggeva, poi sembrava riflettere su ognuna di esse, combattuto ed
indeciso,
infine andava oltre.
Ci mise ben venti minuti per decidere e mi
sorpresi di scoprire che in realtà aveva ordinato
praticamente tutto, escluso
ciò che conteneva cipolla.
“Niall, tutta questo cibo basterebbe per un
reggimento intero!”, esclamai sbalordita, mentre ancora
continuavano ad
arrivare pietanze al nostro tavolo.
Niall fece spallucce, sorridendomi con
un’espressione infantile disegnata sul volto.
“Io mangio tanto.”, si giustificò quasi,
sbattendo le palpebre. “Piuttosto, assaggia il pollo!
È favoloso!”, riprese un
attimo dopo, indicandomi uno dei tanti piatti.
Ascoltai il suo suggerimento, ma con lo
sguardo indugiai sul suo aspetto prima di portarlo alla bocca.
“Non male.”, commentai, assaporandolo
lentamente.
“Non male? Ma se è il migliore di tutta
Londra!”, esordì lui, quasi scandalizzato dalle
mie parole.
Sorrisi, aveva gli occhi sgranati e aveva
persino smesso di mangiare per qualche istante.
“Ok, è buono!”, gli concessi.
“E questo com’è?”,
gli domandai poi, indicando un piatto colmo di spiedini.
“Assaggia, sono favolosi!”,
m’incitò lui,
osservandoli fino quasi a consumarli solo con lo sguardo.
Mangiai di tutto, verdure, carne di ogni tipo,
patatine, persino il dolce, tanto che quando terminammo sentivo la
pancia voler
esplodere.
Probabilmente se mi fossi alzata in piedi
avrei iniziato a rotolare come una palla, gonfia com’ero.
Ma mi ero divertita. Niall era stato a dir
poco fantastico. Avevamo scherzato per tutto il tempo, mi aveva
raccontato
della sua infanzia ed io della mia, poi mi aveva descritto tutto
ciò che lui
adorava dell’Irlanda e quella conversazione aveva impiegato
più tempo del
previsto.
Adorava tutto della sua terra natia, persino i
difetti che aveva evidenziato e dalle sue parole potei immaginare
quanto gli
mancasse la sua terra, la sua casa.
Ma Niall sembrava non volerci badare,
affrontava la lontananza con serenità, leggerezza.
“Credo di non aver mai mangiato tanto in vita
mia.”, commentai, posando il tovagliolo alla mia destra.
Niall sogghignò nel vedermi in quelle
condizioni, sazia ed esausta.
“E non hai neppure voluto fare il bis!”, mi
rinfacciò giocosamente.
Quasi sobbalzai a quella parola. Lui aveva
proposto di prendere un’altra porzione del mio piatto
preferito, dicendo che
sarebbe servito per imprimerne meglio il gusto nella memoria, ma io mi
ero
categoricamente rifiutata.
In realtà avevo lo strano presentimento che
lui avesse ancora fame, ma non osai chiederglielo, temendo ardentemente
la
risposta.
“Lizzie, credi che potremmo rivederci io e te?”,
mi chiese poi, tutto d’un tratto, con voce seria.
Puntò i suoi occhi azzurri nei miei in attesa,
quella stessa attesa che sembrava lo stesse tormentando.
Le sue parole mi colpirono, fui costretta a
riflettere su di esse prima di potergli rispondere.
Non volevo in alcun modo mentirgli, non ad una
persona pura e sincera come lui, ma allo stesso tempo non volevo
ferirlo.
“Certo!”, dissi senza rendermene neppure
conto.
Niall sorrise e quella sua reazione mi scaldò
il cuore, facendomi sentire in pace con me stessa.
Lui era come la mia personale ancora di
salvezza, un punto fisso, ben saldo capace di indirizzarmi nei momenti
di
difficoltà, l’unico che riusciva a rasserenarmi in
ogni momento, strappandomi
anche solo un mezzo sorriso.
Certo, c’era Louis, ma lui era mio fratello.
E poi c’era Harry. Sì, lui era capace di farmi
star bene anche solo con uno sguardo, di farmi sentire a casa con un
abbraccio,
ma allo stesso tempo era in grado di distruggermi, di disintegrarmi
dall’interno, nel profondo. Ero come argilla, nelle sue mani.
Lui poteva
decidere cosa fare di me, trasformandomi in un prezioso oggetto o
gettandomi
tra gli scarti. Lo odiavo per l’influenza che consapevolmente
esercitava sul
mio corpo.
Niall si sporse di poco verso di me,
avvicinando il suo viso al mio ed in quel momento compresi le sue
intenzioni.
Abbassò lo sguardo, puntandolo sul tavolo e con
la mano destra sfiorò la mia, poi ne intrecciò le
dita.
Contemporaneamente alzammo i volti ed i nostri
occhi si incontrarono, cioccolato e mare misti in un’unica
cosa, uniti per la
prima volta.
Non riuscivo neppure a guardare il suo viso, i
suoi lineamenti o la sua espressione, i suoi occhi avevano rapito i
miei e si
facevano sempre più vicini.
Poi le sue labbra, calde e morbide sfiorarono
le mie. Niall poggiò i gomiti
sull’estremità del tavolo, così da
potersi
sporgere meglio, ed approfondì il bacio.
Le nostre lingue giocavano, si rincorrevano
per poi trovarsi ed intrecciarsi. Percepii del calore dilagare nel mio
petto,
un fuoco che poi si propagava in tutto il mio corpo, facendomi fremere.
“Ti accompagno al campus?”, mi chiese Niall,
dopo qualche attimo, quasi sulle mie labbra.
Sorrisi, poi annuii con gli occhi ancora
puntati nei suoi.
Lui volle offrire la cena, avrei voluto
contribuire anche io, ma lui me lo impedì.
Quando poi arrivammo davanti alla porta della
mia camera, ci baciammo ancora una volta e potei distintamente
percepire
qualcosa muoversi nel mio stomaco.
Ci staccammo solo quando la suoneria del suo
cellulare fece sobbalzare entrambi.
Lui sbuffò infastidito e rifiutò la chiamata,
ma subito ne arrivò un’altra.
A quel punto fu costretto a rispondere e pochi
istanti dopo dovette andar via, reclamato da Zayn.
Chiusi la porta e feci combaciare le spalle
con il legno, poi sospirai con un’espressione sognante
dipinta sul viso.
“Alla buon ora!”, bofonchiò una voce
maschile.
Sussultai dallo spavento e con lo sguardo
passai in rassegna la stanza, notando Louis comodamente adagiato sul
mio letto,
mentre Allie era impegnata in una conversazione al telefono, seduta
sulla sedia
della sua scrivania.
“Ciao Boo!”, lo salutai allegramente,
raggiungendolo.
“Siamo di buon umore, a quanto vedo!”,
borbottò lui, incrociando le braccia al petto.
Sbuffai sonoramente, seccata dal suo
atteggiamento scontroso.
“Andiamo Tommo, non rovinarmi il momento!”, mi
lamentai con una smorfia.
Louis sapeva di Niall e probabilmente aveva
già capito i risvolti della serata, visti i miei
comportamenti.
“Elisabeth, devi dirmi qualcosa?”, mi chiese con
tono quasi minaccioso.
“Niall mi ha baciata!”, confessai allora,
lasciandomi cadere di schiena sul letto.
Ma lui parve non tranquillizzarsi affatto a
quelle parole.
“C’è altro?”,
domandò squadrandomi con fare
inquisitorio.
“Continueremo a vederci, è stato carinissimo
stasera!”, continuai allora, esponendo ad alta voce i miei
pensieri, ancora
scossa dalle forti emozioni appena provate.
Lui scosse il capo, poi inspirò profondamente.
“C’è qualcosa riguardo ad Harry che
dovresti
dirmi?”, mi domandò infine, sibilando.
Il mio cuore perse un battito.
Possibile
che sapesse?
“No.”,
mentii con la testa bassa, non avrei
avuto il coraggio di guardarlo negli occhi mentre gli dicevo
l’ennesima bugia.
“Ma chi cazzo sei tu? Dov’è mai
sorella?”,
tuonò con tutta la voce che aveva, tanto che persino Allie
sobbalzò per lo
spavento.
Tremai sotto il suo sguardo, la sua
espressione era delusa.
“Perché continui a mentire? Ti avevo detto di
stargli alla larga, non di slinguazzare con lui di
nascosto!”, mi accusò.
Gli occhi bruciavano, probabilmente a causa
delle lacrime che volevano scendere rigogliose sul mio viso, ma mi
sforzai di
trattenerle.
Allie era rimasta immobile in un angolo della
stanza, aveva chiuso la telefonata ed osservava la scena, non sapendo
cosa
fare.
“Ti ha chiesto lui di mantenere il segreto? Di
non dire nulla neppure a me?”, mi chiese, calcando
soprattutto l’ultima
domanda, l’ultima parola.
Scossi il capo d’istinto.
“Non è come sembra, è stato tutto una
casualità.”, provai a dire in mia difesa, con la
voce incrinata.
“Lizzie, mi hai mentito, diamine! A me, tuo
fratello! Non c’erano mai stati segreti tra noi, prima
d’ora!”, dichiarò
amareggiato. “Guardati! Non sei neppure più tu!
Non avresti mai permesso a
nessuno di trattarti come ti ha trattata lui, non la Elisabeth che
conoscevo
io! Non ti saresti mai neppure ubriacata o fatta bella solo per farti
notare da
qualcuno!”, aggiunse.
Ogni sua frase era una lancia che trafiggeva
il mio petto.
Aveva ragione, aveva ragione su tutto.
“Ti ha coinvolta nel suo giro senza che te ne
rendessi neppure conto!”, gridò quasi,
rinfacciandomi quella verità che tanto
mi pesava.
Allie si avvicinò a me, abbracciandomi da
dietro come per infondermi calma.
“Louis, andiamo no…”, provò a
dire, ma mio
fratello la interruppe immediatamente, lanciandole
un’occhiata infuriata.
“Allie, non metterti in mezzo! Questi sono
affari che riguardano solo me e lei!”, sentenziò
con fare risoluto, per poi
tornare con lo sguardo fisso su di me.
“Pensaci e magari, quando sei di nuovo tu,
chiamami.”, disse infine, prima di andare via e sbattere la
porta alle sue
spalle.
---
Angolo Autrice
Salve a tutti/e!:D Come potete vedere, mi sto davvero impegnando per rispettare le scadenze!;)
Così eccomi qui, puntuale come non mai, ad aggiornare nuovamente la stroia. *wow, sono orgogliosa di me stessa!xD*
Volevo ringraziare chi segue, ricorda e preferisce, chi legge e quelle
fantastiche persone che ancora continuano a lascire recensioni!*.*
Okay, oggi non sono di molte parole, quindi vi lascio semplicmente il
capitolo che è piuttosto... non so, a me non convince molto, ma lascio a voi il giudizio!xD
Dico solo che ne sono successe di cose e che questi capitoli saranno un po' più movimentati.
Anyway, per chi volesse, ho iniziato a pubblicare un'altra storia "Skins", quindi se vi va passate!:D
Alla prossima, cioè puntuale a venerdì!;)
Astrea_
|
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Capitolo 26 *** Sleepless nights. ***
t25
Sleepless nights.
Non
avevo chiuso occhio quella notte, neppure
per cinque minuti. Quando Louis era uscito dalla mia stanza ero andata
in
bagno, mi ero fatta una doccia, poi avevo messo il pigiama ed in
religioso
silenzio mi ero stesa sul letto.
Allie aveva provato in tutti i modi a
stabilire una conversazione con me, ma io non avevo fatto altro che
rispondere a
monosillabi, così alla fine si era arresa anche lei e mi
aveva lasciata
crogiolare tra i rimpianti ed i rimorsi.
Stavo sbagliando tutto, sin dall’inizio.
Mio fratello aveva ragione, mi ero lasciata
andare fino al punto di perdere me stessa.
Quella notte riflettei molto, soprattutto
sugli ultimi avvenimenti, e per una volta non mi preoccupai della
fastidiosa
piega che stavano prendendo i miei pensieri.
Avevo bisogno di parole, avevo bisogno di
identificare con chiarezza ciò che mi stava succedendo,
nonostante fossi
consapevole del fatto che probabilmente sarei giunta a scomode
conclusioni.
Perché
non
avevo respinto Harry neppure una volta?
All’inizio
l’avevo ritenuto quasi un
espediente per evadere dalla quotidianità, uno strumento che
avrebbe reso meno
banale la mia squallida vita. Vedevo in lui l’eccesso, la
trasgressione, tutto
ciò che non avevo mai fatto e che non avevo mai provato e mi
piaceva.
Mi piaceva l’idea di poter superare quel
limite, di andare oltre.
Ma poi avevo perso il controllo delle mie
azioni. Ero caduta in un circolo vizioso dal quale non ero
più stata in grado
di uscire.
Ci eravamo baciati, ero stata io a
chiederglielo la prima volta, sussurrandoglielo sulle sue labbra
sottili e
rosse. Lui, ovviamente, mi aveva accontentata, ma i motivi che ci
avevano
portati a quel gesto erano stati del tutto differenti. Io lo
desideravo, come
non mai, lui, invece, desiderava una ragazza e probabilmente non
sarebbe
cambiato nulla se al posto mio ci fosse stata un’altra.
Quei giorni che poi avevamo trascorso insieme
a Doncaster mi avevano portata a credere che fosse cambiato qualcosa in
lui.
Avevo creduto, mi ero illusa che quella notte in cui lui si era
confidato con
me fosse scattato un qualcosa, una scintilla che magari avrebbe
cambiato
radicalmente le cose.
Infine, quando ero tornata a Londra, ero stata
accolta da una grande delusione, seguita a ruota da un litigio. Harry
era
capace di condurre il gioco, di muovere i fili a suo piacimento, quegli
stessi
fili che io non ero stata in grado di rompere.
Non sapevo se mi piacesse, se ne fossi
innamorata od infatuata, ero certa solo del fatto che, di questo me ne
vergognavo profondamente, riuscisse ad avere una certa influenza su di
me, in
un modo o nell’altro.
Quello che era successo con Louis, poi, mi
aveva distrutta completamente.
Non avevo mai litigato così gravemente con mio
fratello. Noi eravamo andati sempre d’accordo, complici
l’uno dell’altra,
pronti a sostenerci ad ogni evenienza.
Avrei dovuto immaginare la sua reazione
nell’esatto momento in cui avevo iniziato a mentirgli, nel
tentativo di
nascondere la verità. Probabilmente doveva sentirsi preso in
giro e
quell’eventualità mi straziava il cuore. Adoravo
mio fratello, lo adoravo con
tutta me stessa, e sapere che lui potesse anche solo pensare che lo
avessi
deluso mi logorava l’animo ed il cuore.
Non avrei mai voluto escluderlo così dalla mia
vita, ma in quei momenti mi era sembrata l’unica cosa da fare
per mantenere
calme le apparenze.
Me ne pentivo, certo, ma purtroppo non potevo
cancellare i miei errori come gesso su una lavagna.
Niall era l’unica nota positiva di tutta
quella orribile situazione.
Lui era esattamente ciò che io avrei voluto
essere: genuino, spontaneo, vivace, vero, sincero.
I suoi occhi erano talmente trasparenti da
dare l’impressione di poter leggere la sua mente, il suo
sorriso era talmente
profondo e travolgente da trasmettere tutte le sue emozioni, tutte
quelle
parole non dette, mentre la sua gentilezza era in grado di far sentire
speciale
una persona.
Avevo passato ore a pensare a lui ed i suoi
occhi azzurri come il cielo, cercando di capire cosa provassi nei suoi
confronti, senza però trovare una valida risposta.
Ero affezionata a Niall, tenevo
particolarmente a lui, ma temevo di non essere pronta per diventare la
sua
ragazza.
Da un lato volevo con tutta me stessa superare
del tutto il vincolo dell’amicizia e creare con lui una
storia seria,
dall’altro avevo paura di non essere all’altezza,
di non essere abbastanza o di
non essere quella giusta.
Così quella mattina non attesi neppure il
suono della sveglia, avendo trascorso tutta la notte insonne.
Quando mi guardai allo specchio quasi mi
spaventai per l’orribile aspetto del mio volto. Avevo delle
profonde e marcate
occhiaie, gli occhi gonfi e stanchi ed un’espressione sfinita
disegnata sul
volto.
Purtroppo avevo ben due lezioni, quindi fui
costretta ad uscire dalla mia stanza, seppur non ne avessi alcuna
voglia.
Ero in anticipo, così presi la strada più
lunga che mi consentiva di abbreviare il tratto da percorrere
all’aperto,
passando dalla porta sul retro dell’area destinata agli
alloggi.
“Shhh!”, sussurrò una voce proveniente
da una
delle ultime porte sul lato sinistro che riecheggiò tra le
mura del corridoio
desolato. “Potrebbero sentirci.”, aggiunse poco
dopo, soffocando una risata.
Era una donna, il suo tono languido e
provocante era inconfondibile.
Scossi la testa ed accelerai il passo, non
volendo assistere a quella scena.
“Se non l’hanno fatto stanotte, dubito lo
facciano ora.”, controbatté una voce maschile che
riconobbi all’istante,
nonostante fosse più roca del solito.
Di scatto, contro la mia volontà, mi voltai e li
vidi.
Harry si stava infilando una maglietta blu a
maniche corte di cotone, con indosso solo dei pantaloni e le scarpe. I
suoi
ricci erano sfatti, ridotti ad una massa informe e disordinata di
capelli. Il
suo viso era piegato in un’espressione maliziosa, mentre con
lo sguardo
ammiccava in direzione della sua dolce compagna. Di fronte a lui,
infatti, c’era
una donna, Caroline, ancora in vestaglia che teneva in una mano tutti i
restanti indumenti del riccio.
Dovevano aver trascorso la notte insieme.
Lei sorrise, passandosi lentamente la lingua
sulle labbra, come per provocarlo. Lui sogghignò, poi con
forza la prese per i
fianchi e fece aderire i loro corpi.
Fu lei a colmare la lieve distanza tra le loro
labbra, baciandolo in modo passionale.
Perché
stavo
ancora guardando?
Mi
girai con un gesto secco, riprendendo a
camminare.
Poi, nell’esatto momento in cui sentii il
rumore di un corpo sbattere contro la parete, il mio cuore si
frantumò in mille
piccoli pezzi.
Abbassai il volto, cercando di ignorare i
sospiri e i gemiti di piacere che giungevano fastidiosi alle mie
orecchie, ed
iniziai a correre trattenendo il fiato.
Mi fermai solo quando fui finalmente fuori da
quel maledetto edificio e respirai a pieni polmoni, guardando il cielo
grigio
che copriva Londra quella mattina. Le tempie pulsavano forte, la testa
sembrava
stesse per scoppiare, le mie mani tremavano.
Chiusi gli occhi per qualche minuto,
sforzandomi di combattere contro il nodo che si era formato
all’altezza della gola.
Non avevo tempo per piangermi addosso, dovevo
solo tranquillizzarmi ed andare a lezione.
Non potevo permettermi assenze, né ritardi.
Riaprii gli occhi e mi sforzai di sorridere,
poi ripresi a camminare come se non fosse successo nulla, come se non
avessi
visto nulla.
“Liz! Liz, fermati!”, mi sentii chiamare ed un
istante dopo il mio braccio fu avvolto dalla mano di Harry.
Aveva il respiro irregolare, probabilmente
causato dalla corsa che aveva appena fatto per raggiungermi.
Evidentemente
doveva avermi vista, nonostante fosse palesemente impegnato con le
labbra della
finta rossa tutte curve.
“Lasciami!”, quasi urlai con voce isterica,
cercando di svicolarmi dalla sua presa.
Non avevo alcuna intenzione di affrontarlo,
perlomeno non ora che quelle scene erano ancora vivide nella mia mente.
Ripresi a camminare, sperando che il suo
buonsenso gli suggerisse di darmi retta.
“Andiamo Liz! Devo parlarti!”, continuò
lui.
Con poche falcate fu di nuovo al mio fianco,
per poi posizionarsi di fronte a me, così da impedirmi il
passaggio.
Sbuffai sonoramente, prima di spostare il mio
sguardo su di lui.
Il suo viso era palesemente preoccupato,
chissà per quale ragione poi.
“Non abbiamo nulla da dirci.”, sentenziai con
voce fredda e distaccata.
Lui scosse lievemente il capo, facendo
smuovere quella massa informe di ricci che poi stirò
indietro con la mano.
“So quello che hai visto, ma…”,
provò a dire
con tono incerto, mentre portava una mano nella tasca dei pantaloni.
“Harry, non m’interessa.”, esordii,
interrompendolo.
Per un attimo fu sorpreso dalle mie parole,
probabilmente si aspettava una reazione del tutto diversa.
In effetti neppure io riuscivo a capacitarmi
di come quelle parole fossero uscite dalla mia bocca. Volevo
semplicemente
metter fine a quel teatrino, una volta per tutte.
Per qualche secondo rimanemmo in silenzio,
scrutando l’uno l’espressione dell’altra.
“Ecco, io pensavo che dopo Doncaster…”,
iniziò
poco dopo, ma non riuscì neppure a completare quella frase.
Cosa? Cosa
pensava?
“Cosa? Che
fossi disposta ad essere una che
frequenti quando le altre sono impegnate? È questo che
pensavi? Di mettere in
lista anche me dopo Taylor e Caroline? Beh, ti sbagliavi di
grosso!”, inveii
contro di lui, non riuscendo a camuffare la montante rabbia che
cresceva dentro
di me.
Com’ero
potuta essere così stupida e cieca?
Harry era solo un ragazzino viziato ed io avevo assecondato i suoi
desideri e
le sue voglie.
Abbassò
lo sguardo, incapace di trovare una
risposta.
Non
m’importava di quanto taglienti le mie
parole fossero state, volevo solo che per un attimo, anche solo un
istante, si
sentisse esattamente come me: delusa, amareggiata e ferita.
“Io
non sono bravo con le relazioni, con le
parole, non so mai come comportarmi, ma questa volta, con te, io
vorrei…”,
riprese gesticolando con le mani, mentre cercava il mio sguardo.
“Sono
stufa Harry, sono davvero stanca di
tutto questo.”, lo interruppi ancora una volta.
Non volevo
ascoltarlo. Ero ben consapevole del
fatto che avrebbe tranquillamente potuto ingannarmi con le sue parole
ed io
sarei nuovamente ricascata nel suo gioco.
“Ti
prego, lasciami andare. Non cercarmi, non
parlarmi. Ho bisogno che tu sparisca, altrimenti non ce la
farei.”, confessai
ed in quel momento ero davvero sincera.
Se Harry fosse
stato presente nella mia vita
non sarei mai riuscita ad ignorarlo. Lui avrebbe continuato a prendermi
in
giro, mentre io avrei continuato a dire bugie con il solo scopo di
stare quanto
più tempo possibile con lui, per poi soffrire terribilmente
nel vederlo in
compagnia della Caroline di turno.
Vidi Harry
deglutire, aveva gli occhi fissi
nel vuoto, il suo volto era del tutto inespressivo, tanto che mi
domandai cosa
stesse pensando in quel momento.
Continuava a
rimanere in silenzio, assorto in
chissà quali pensieri.
Dovevo
convincerlo, necessitavo della sua
lontananza.
“Se
tieni davvero a Louis come dici, allora fa
come ti dice.”, conclusi.
Non
c’era bisogno di specificare cosa Louis
potesse pretendere, era ben chiaro ad entrambi.
Harry quasi
sussultò al sentire quel nome.
Spostò lo sguardo sul mio viso, poi puntò i suoi
occhi verdi nei miei ed ancora
una volta ebbi la sensazione di perdermi in quelle iridi.
“Lo
farò, ma non per Louis.”, disse con voce
bassa, affranta, ma decisa.
“Grazie.”,
riuscii solo a dire, accennando ad
un lieve sorriso, prima di superarlo.
Quando la sua
figura scomparve dalla mia vista
percepii una voragine formarsi all’interno del petto. Sapevo
quanto tutto
quello mi sarebbe costato, ero certa che ne avrei sofferto, ma non
avrei potuto
fare altrimenti. Gli avevo chiesto di starmi lontana, ma in
realtà era come se
avessi appena lasciato andar via un pezzo di me.
Quando tornai
nella mia stanza era quasi sera.
Non ero tornata per la pausa pranzo, avevo preferito rifugiarmi in
biblioteca.
Al solito, non ero riuscita a concentrarmi su neppure una delle
spiegazioni a
cui avevo assistito. Quella scena continuava a ripetersi nella mia
mente,
impedendomi di poter fare qualsiasi altra cosa.
Per tutto il
giorno avevo vagato tra i miei
pensieri, non trovando alcuna soluzione
all’infinità di problemi e quesiti che
il cervello continuava a sottopormi. La mia testa era popolata solo da
una
lunga serie di dubbi ed incertezze a cui non sapevo dare una
spiegazione logica.
Alla fine ero giunta alla banale conclusione che quella era stata la
scelta
giusta e me ne ero quasi del tutto convinta.
“Lizzie,
finalmente!”, esclamò Allie non
appena oltrepassai la porta. “Guarda chi è venuto
a farci visita!”, mi suggerì
raggiante, suggerendomi con gli occhi la direzione da seguire.
Bastò
far incrociare i miei occhi con quelli
di Niall affinché il mio morale si risollevasse.
“Naill,
Liam!”, li salutai, ritrovando il
sorriso che quel giorno mi era del tutto mancato. “Cosa ci
fate qui?”, chiesi
sorpresa, ma allo stesso tempo contenta di vederli.
“Non
riesco a stare troppo tempo lontano dalla
mia ragazza!”, esordì Liam, avvicinandosi ad
Allison, circondandole la vita con
le sue braccia per poggiare la sua fronte su quella della ragazza e
sorriderle
sulle labbra.
Spostai
l’attenzione su Niall, ignorando le
loro smancerie da novelli fidanzati.
C’era
quasi imbarazzo tra noi. Non sapevo come
comportarmi dopo il bacio della sera precedente.
Lui non era
Harry, non lo avrebbe ignorato.
Mi fissava con
fare impacciato, le mani nelle
tasche dei pantaloni bianchi, aspettando che qualcuno dei due prendesse
l’iniziativa.
“Ciao!”,
lo salutai ancora una volta,
mordicchiandomi il labbro inferiore, torturandolo.
Lui
sembrò tranquillizzarsi all’istante. Con
una calma estenuate si avvicinò a me, poi mi diede un
piccolo bacio sulla
guancia.
M’incantai
osservando la sua espressione
angelica e serena, percepii solo le labbra inarcarsi fino a sorridere.
“Che
ne dite di vedere un film, tutti
insieme?”, propose Allie, interrompendo quel magico momento.
“Ottima
idea!”, concordò Niall, scostandosi di
poco.
“Bene,
commedia romantica?”, propose la
bionda, iniziando a spulciare tra la miriade di dvd che teneva in un
cassetto
della sua scrivania.
Io, nel
frattempo, mi sedetti sul letto a
gambe incrociate ed afferrai il cuscino, poi lo strinsi tra le braccia.
“Vediamo
qualcosa di divertente!”, suggerì
invece Niall, prima di raggiungermi.
“A
questo punto è meglio Batman!”, si
intromise allora Liam, lasciandosi cadere sul letto di Allie.
“Come
fai a vedere sempre le stesse cose? Non
ti annoi?”, gli chiese Niall con tono giocoso, riferendosi
alla passione che
Liam aveva per i supereroi ed in particolar modo per l’uomo
pipistrello.
“E
tu non ti stufi di mangiare sempre?”, replicò
il castano con tono ironico, facendogli il verso.
“Smettetela
voi due, altrimenti parto con i
film drammatici!”, li minacciò Allie, continuando
la sua ricerca.
Liam e Niall
continuarono a studiarsi per
qualche istante, sfidandosi con lo sguardo, per poi sorridersi a
vicenda.
“No,
in effetti non potrei proprio
sopravvivere senza mangiare almeno otto volte al giorno!”, si
arrese il biondo,
ridendo delle sue stesse parole.
“Come
lo shopping per le donne: senza
impazzirebbero!”, concordò Liam offrendogli il
palmo della mano che Niall
subito si affrettò a battere.
“Trovato!”,
esclamò d’un tratto la mia amica,
con fare vittorioso, entusiasta e soddisfatta della scelta che aveva
appena
fatto.
Si
voltò di scatto verso di noi, sorridendoci
beffarda, avendo chissà quale malefica e malsana idea per la
testa, poi
sventolò copertina di plastica tra le mani.
“Vedremo
questo!”, annunciò estraendo da essa
un dvd, che inserì immediatamente nel lettore.
“Questo
cosa?”, chiesi curiosa, aspettandomi
di tutto da una come lei.
“Ora
vedrete!”, disse soltanto facendo
spallucce, mentre accendeva il televisore a schermo piatto.
Afferrò
il telecomando, poi, prima di sedersi
accanto a Liam, si premurò di spegnere le luci.
“Allie,
mi stai facendo paura.”, scherzai per
interrompere il silenzio calato nella stanza.
“Tranquilli,
il film vi piacerà!”, ci assicurò
lei, sistemandosi meglio sulla spalla del suo ragazzo, avvolta dalle
sue
braccia.
Sentii il
braccio di Niall spiegarsi, fino ad
avvolgere le mie spalle. La sua mano si poggiò sulla mia
spalla e d’istinto la
afferrai, stringendola nella mia.
Quel gesto
fece voltare l’uno della direzione
dell’altra. Sorridemmo quando i nostri occhi si incontrarono
e Niall
intensificò la stretta della sua mano sulla mia.
“Toy
Story!”, quasi urlò Liam in un impeto di
gioia, attirando l’attenzione di tutti.
“Toy
Story?”, ripeté Niall, facendo oscillare
il suo sguardo tra il televisore che trasmetteva già le
prime immagini del film
e Liam che per la felicità aveva quasi le lacrime agli occhi.
“Toy
Story!”, confermò Allie, annuendo
compiaciuta.
Così
quella sera vedemmo Toy Story, ma del
film non ricordai nulla.
Tutta la mia
attenzione, infatti, era rivolta
alle mille carezze di Niall sulla mia pelle.
---
Angolo Autrice
OKay, ed anche oggi ho aggiornato come da programma! Wow, sono sempre più sorpresa da questa cosa!xD
Comunque, altro capitolo un po'... così, ecco. La prima parte
è piuttosto riflessiva, nella seconda invece vediamo ancora
Harry e Lizzie litigare.
Beh, ultimamente pare che non riescano a fare altro, quindi...xD E sul
finale abbiao l'arrivo di Niall e Liam che sono davvero tenerissimi.
Beh, non aggiungo molto, anche perché in questi capitoli succederanno un po' di cose.
Per quanto riguarda il prossimo, credo di riuscire ad aggiornare sempre
per maredì, ma non assicuro nulla perché devo partire.
Bene, ringrazio infinitamente chi segue, preferisce e ricorda!*.* Ringrazio chi legge e ringrazio chi commenta!!<3 Grazie!:*
Alla prossima,
|
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Capitolo 27 *** The up all night's. ***
t25
The
up all night's.
Quella
sarebbe stata la grande serata per
loro. Avevano puntato tutto su quella selezione, su quel concorso e non
avevano
neppure preso in considerazione l’idea di poter perdere
quella opportunità. Non
erano sicuri di vincere, al contrario la paura e l’agitazione
potevano
chiaramente essere lette sui volti di ognuno di loro, ma non avevano
alcun
piano di riserva.
Non avevano margine di errore, non potevano
permettersi imperfezioni, non quella sera.
Era in gioco il loro futuro, la possibilità di
fare finalmente carriera nel mondo della musica.
Avrebbero dovuto suonare in un locale in
centro, uno dei più rinomati e frequentati, e ad ascoltarli
ci sarebbe stato
anche il direttore della casa discografica che mesi prima aveva bandito
una
specie di concorso per nuovi talenti a cui loro avevano partecipato.
Era stato Niall ad avvertirmi dell’evento,
Louis non lo sentivo ormai da quasi due settimane.
Erano affluiti in massa per vederli, per
sostenerli.
Io ero con Allie ed El, in prima fila davanti
al palco dove si sarebbero esibiti tra pochi minuti.
Poco dietro di noi avevo notato Danielle e
Taylor, venute anche loro a vedere quelli che una volta erano i loro ragazzi.
“Ciao!”, ci salutò una ragazza bionda,
avvicinandosi a noi.
In un primo momento non la riconobbi,
nonostante il suo viso mi sembrasse estremamente familiare.
“Perrie!”, esclamò Allison entusiasta,
allargando le braccia cosicché potesse abbracciarla.
Era una sua compagna di corso, mi aveva
parlato più volte di lei, soprattutto in relazione alla
questione Zayn.
Era stata lei a farli incontrare per la prima
volta, nel tentativo di far nascere in Zayn l’interesse per
un’altra ragazza. I
primi tentativi non avevano portato molti risultati, ma
nell’ultimo periodo le
cose si erano positivamente evolute, così da far presagire
dei buoni risvolti
per il loro rapporto, nato sotto la spinta della mia amica.
“Ciao!”, ci salutammo poi.
“Lei è Eleanor, la fidanzata di Louis.”,
dichiarò Allie, presentandole El. “Mentre lei
è Lizzie, sorella di Louis e…”,
indugiò qualche istante sulla parola da utilizzare,
chiedendomi con lo sguardo
un suggerimento che non arrivò.
“Fidanzata di Niall.”, disse infine.
“Ormai
escono insieme da due settimane!”, aggiunse quasi a voler
giustificare
quell’appellativo.
Sorrisi, non obiettando, nonostante le cose
tra me e Niall non fossero ancora così chiaramente definite.
Perrie era davvero una ragazza graziosa all’apparenza,
ma i suoi occhi racchiudevano grinta e forza.
“Sapete già cosa canteranno?”,
domandò Perrie
dopo qualche istante, forse per rompere il ghiaccio chiacchierando.
“Louis non mi ha voluto anticipare molto. Ha
detto solo che ne faranno tre, poi dovranno lasciar spazio ad altri
gruppi.”,
rispose El al suo indirizzo, accennando ad un lieve sorriso.
“A me Liam ha detto che erano piuttosto
indecisi, fino all’ultimo hanno apportato dei
cambiamenti.”, aggiunse Allie,
evidenziando quanto ci tenessero a questa serata.
“Speriamo bene!”, sospirò Perrie, un
attimo
prima che i riflettori venissero puntati sul palco.
“Salve ragazzi!”, salutò un uomo sulla
trentina, che dedussi essere il presentatore dell’evento.
“Stasera abbiamo dei
giovani artisti emergenti che non vedono l’ora di farvi
ascoltare la loro
musica!”, esclamò con fare travolgente, per
catturare l’attenzione del
pubblico.
“Primi tra tutti, ecco a voi gli One
Direction! Accoglieteli con un forte applauso!”, li
presentò.
Fecero il loro ingresso dal lato sinistro del
palco, poi ne raggiunsero il centro.
“Louis, Niall, Harry, Liam e Zayn!”, aggiunse
il presentatore, indicandoli mentre pronunciava i loro nomi.
Il mio sguardo cadde subito su mio fratello,
non lo vedevo ormai da troppo. Aveva una maglietta a maniche corte e
sul polso
potei notare l’orologio che gli avevo regalato per Natale.
Sorrisi, pensando
che nonostante tutto ancora lo portasse.
“Bene, allora iniziamo la serata! Questi sono
gli One Direction!”, ripeté ancora una volta,
prima di lasciare il palco.
“Buonasera a tutti!”, salutò Liam
avvicinando
il microfono alla bocca. “La prima canzone che vi canteremo
ci riguarda
direttamente. Parla dei giovani e della loro voglia di vivere. Questa
è Live while we’re young!”,disse
per
introdurre la canzone.
Le luci si abbassarono e la musica partì,
diffondendosi per tutto il locale.
Fu proprio Liam il primo a cantare, scatenando
le urla impazzite e stridule di Allie. Erano tesi, lo si percepiva dai
loro
volti, concentrati sul ritmo della musica, come temessero di perdere il
tempo.
Ma bastò poco per farli sciogliere. Non appena
scattò il ritornello si scatenarono sul palco, lasciandosi
andare a passi di
danza improvvisati o buffe espressioni che, in un modo o
nell’altro, dovevano
enfatizzare il testo della canzone.
Il pubblico applaudiva entusiasta, apprezzava
la loro musica e dimostrava tutto il suo sostegno con urla di
incitamento.
La seconda canzone fu Heart Attack,
ma questa volta fu Harry a presentarla. Solo allora
mi concessi la possibilità di indugiare sulla sua figura.
Avevo preferito ignorarlo, timorosa
dell’effetto che rivederlo su quel palco avrebbe potuto
sortire sul mio
precario e vulnerabile autocontrollo.
Era agitato, lo si capiva dai suoi occhi verdi
e spaesati. Nel primo pezzo non aveva avuto nessuno assolo, mentre
avevo
intuito toccasse a lui iniziare il secondo. Gli sguardi degli altri
componenti
del gruppo erano puntati solo su di lui, quasi volessero infondergli
coraggio.
Quando la sua voce risuonò sulla base di
quella canzone fui scossa da un leggero brivido.
Di scatto spostai lo sguardo su Zayn, che gli
succedette, non potendo concedermi ulteriormente di continuare a
fissarlo.
Anche quel brano riscosse successo, forse a
causa della sua melodia allegra e contagiosa, tanto che furono sommersi
da
applausi.
“Grazie!”, esordì Louis, prendendo
parola. “Purtroppo
abbiamo tempo solo per un’ultima canzone!”,
comunicò passandosi una mano tra i
capelli.
“Gli ho detto centinaia di volte di non fare
quel gesto, le ragazze lo trovano terribilmente sexy!”, si
lamentò El,
borbottando al mio orecchio, distraendomi.
Sorrisi, scuotendo lievemente il capo, poi
tornai a fissare il palco.
“Stavolta cambiano i toni! Vi faremo sentire
una canzone che abbiamo scritto da poco, a cui uno di noi è
particolarmente
legato, vero Harry?”, continuò Zayn, lanciando una
fugace occhiata al suo
amico.
Harry sorrise sornione, guardando il ragazzo
dal ciuffo alto con i suoi occhi vispi che non lasciavano comprendere
se quelle
parole fossero ironiche o sincere.
“Bene ragazzi, questa è Over
again! Speriamo possa piacervi!”, concluse infine
Niall,
annunciando il titolo dell’ultimo pezzo.
Fu Liam a cantare la prima strofa, per la
gioia di Allie, che continuava ad urlare come una forsennata quanto
adorasse il
suo ragazzo.
Io, invece, mi sentivo osservata, come se
qualcuno mi stesse spiando. Subito pensai a Niall, tanto che lo cercai
con lo
sguardo, ma lui guardava Liam, come se attendesse un suo cenno.
Compresi solo dopo, quando la sua voce si
diffuse nel locale, che stava cercando di rimare concentrato per
cogliere
l’attacco giusto del suo assolo.
Seppur scettica al riguardo, spostai lo
sguardo su Louis, per verificare se fosse lui a fissarmi, ma rimasi
delusa nel
constatare che mio fratello era intento a giocherellare con il
microfono che
teneva nella mano destra. Stavo per voltarmi nuovamente in direzione di
Niall,
decisa ad ignorare quella fastidiosa sensazione, quando incrociai gli
occhi
verdi di Harry.
E fu allora che non riuscii più ad ignorarlo.
Il suo viso era contratto in un’espressione
frustrata, abbattuta, del sorriso di poco prima non c’era
più alcuna traccia.
Non aveva voltato il viso quando mi ero accorta del suo sguardo intenso
fisso
su di me, al contrario aveva mantenuto il contatto visivo.
Fece qualche passo in avanti, affiancando gli
altri che si erano già posizionati al centro del palco.
If
you’re pretending from the start like this,
With a tight grip, then my kiss
Can mend your broken heart.
I might miss everything you said to me.
And I can lend you broken parts
That might fit like this
And I will give you all my heart,
So we can start it all over again.
Cantarono
il ritornello insieme, ma la mia
attenzione era tutta per Harry. Pronunciava quelle parole a ritmo di
musica con
gli occhi ancora fissi nei miei. Sembrava mi stesse parlando, o meglio,
il
testo di quella canzone sembrava parlare di me e di lui, di noi.
Can
we take the same road,
Two days in the same clothes
And I know just what she’ll say
If I make all this pain go.
Can we stop this for a minute?
You know, I can tell that your heart
Isn’t in it or with it.
Trattenni
il fiato durante il suo assolo,
rapita dal suo sguardo e dalla sua voce. Era qualcosa di malsano quello
che mi
legava a lui, ma ancora una volta non riuscii a farne a meno.
Immediatamente dopo ci fu il pezzo di mio
fratello, ma ovviamente non riuscii a concentrarmi su di lui.
Il mio corpo era in subbuglio, tutte quelle
emozioni mi avevano terribilmente scossa.
Quando anche l’ultima canzone terminò il
pubblico si levò in applausi e fischi di apprezzamento, a
cui si aggiungevano
le urla di decine e decine di ragazze, tra cui, ovviamente, anche Allie.
“Salutiamo gli One Direction con un ultimo
grande applauso!”, esordì il presentatore, salendo
sul palco e, esaudita la sua
richiesta, i ragazzi uscirono di scena, lasciando il posto al gruppo
successivo.
Di comune accordo, io, Perrie, Allie ed El ci
dirigemmo verso l’uscita. Avremmo dovuto aspettare la fine
della serata per
conoscere il verdetto, ma di certo seguire le altre esibizioni non
avrebbe
aiutato a mantenere tranquilli i ragazzi.
“Zayn!”, lo salutammo non appena ci raggiunse
nel cortile che circondava il locale.
Lui ci sorrise, per poi correre ad abbracciare
Perrie.
“Sei stato favoloso!”, si congratulò lei.
“Beh, tu lo sei di più!”,
controbatté Zayn
baciandola a fior di labbra.
“Ciao ragazze!”, salutarono poi Louis, Niall
ed Harry, affiancandoci.
El corse subito a baciare il suo ragazzo,
mentre io mi limitai a sorridere al biondino, per poi lasciargli un
leggero
bacio sulle labbra, imbarazzata anche dalla presenza del riccio.
“Ma Liam che fine ha fatto?”, chiese Allie,
reclamando la presenza del suo ragazzo.
“Stava venendo, si è fermato
all’ingresso.”,
c’informò Harry, puntando i suoi occhi verdi nei
miei.
Allie si voltò d’istinto nella direzione
indicatale ed io preferii imitarla, troppo codarda per sorreggere il
suo
sguardo perforante.
Sgranai gli occhi quando vidi Liam baciare
Danielle ad una quindicina di metri da noi.
Immediatamente mi avvicinai ad Allie.
Lei si era come pietrificata. Teneva gli occhi
spalancati e fissi sulla riprovevole scena che stava avendo luogo
proprio
davanti a lei, la mascella era serrata e le mani strette in due saldi
pungi.
“Cosa vedono i miei occhi!”, ironizzò
dopo
interminabili istanti. “Io lo ammazzo!”,
tuonò, mentre a passo di marcia di
dirigeva verso Liam, ancora avvinghiato a Danielle.
Zayn e Louis la seguirono immediatamente,
forse temendo una reazione violenta di Allie, poi si aggiunse anche
Niall a
loro.
Stavo per andare anche io, quando fui bloccata
da Harry. Aveva avvolto la sua mano intorno al mio polso, impedendomi
di
allontanarmi ulteriormente.
Anche El e Perrie erano andate via, eravamo
rimasti solo io e lui.
“Lasciami.”, gli ordinai in un sibilo, con gli
occhi puntati sulla sua presa.
“Andiamo via.”, sussurrò sul mio viso,
facendomi rabbrividire.
Evidentemente doveva aver del tutto rimosso la
conversazione che avevamo avuto una decina di giorni prima.
“Lasciami, Harry.”, ripetei cercando di
sembrare più convincente.
“Ho bisogno di stare con te. Andiamo via.”,
riprovò allora lui, poggiando la sua fronte sulla mia,
cosicché i nostri nasi
si sfiorassero.
Certo, solo
perché ora non aveva nessun'altra con cui intrattenersi!
Indietreggiai,
cercando di ristabilire una
certa distanza tra i nostri volti. Non potevo andare via con lui, ormai
c’era
Niall nella mia vita.
“Non posso.”, dichiarai allora, sperando che
comprendesse. “Devo andare da Allie, non posso lasciarla sola
proprio adesso.”,
aggiunsi poi, ripensando a quanto male dovesse stare la mia amica a
causa di
quel bacio.
“Ci sono già gli altri con lei e poi sai anche
tu che ora ha solo bisogno di stare da sola.”,
replicò lui.
Aveva ragione, non avrei potuto fare nulla per
lei in quel momento e magari la mia presenza le sarebbe stata solo di
impedimento o fastidio. Ma allo stesso tempo aveva torto. Non
c’era nessun
valido motivo per andare via con lui, nessuno. Il mio posto era
lì, con Niall,
con Allie e con tutti gli altri. Avrei dovuto chiudere quella
conversazione
quanto prima possibile.
Non sapevo ancora fino a che punto sarei
riuscita a resistere.
Sì, perché Harry per me era come una
tentazione, contro la quale combattevo perennemente per non cadere in
essa.
“Solo un giro.”, propose, nel tentativo di
convincermi, mentre il suo respiro accarezzava la mia pelle.
“Harry, è già quasi mezzanotte, non
è il
caso.”, controbattei, cerando di divincolarmi dalla sua presa.
Stava per cedere, lo notai dalla sua
espressione affranta, quando d’un tratto il suo viso parve
accendersi di un
nuovo barlume di speranza.
“Andiamo. Io e te, da amici.”, specificò
accennando
un sorriso, subito contornato da due fossette.
“Io e te non siamo mai stati amici.”, ribattei
quasi con ovvietà.
Io ed Harry potevamo essere tutto, tranne che
amici.
Presi un respiro profondo, cercando di
appigliarmi al mio buonsenso.
“Harry, lasciami andare.”, ripetei ancora una
volta, cercando il suo sguardo. “Avevi detto che lo avresti
fatto.”, continuai
quando i nostri occhi si furono incontrati.
I suoi erano lucidi.
“Non ci riesco, Liz. Non ci riesco.”,
confessò.
La sua voce era un lieve sussurro, il suo viso
era piegato in un’espressione desolata ed irata allo stesso
tempo, come se fosse
arrabbiato con se stesso per quella mancanza.
Non riuscii a proferir parola alcuna.
Rimanemmo in silenzio per istanti che mi parvero lunghi secoli. Harry
stava
soffrendo. Lo percepivo, ne ero sicura. Aveva la mascella tesa, la mano
che
stringeva spasmodicamente il mio polso, le labbra socchiuse e gli occhi
disarmanti fissi nei miei.
“Tutto bene?”
La voce di Niall riscosse entrambi. Harry
lasciò la presa un attimo prima che il biondino ci
raggiungesse.
Mi voltai in sua direzione, sorrideva al mio
indirizzo e non potei non ricambiare immediatamente.
Niall passò un braccio sulle mie spalle, quasi
con fare possessivo, poi rivolse uno sguardo ad Harry.
“Allie è appena corsa via, Zayn e Perrie la
stanno riaccompagnando.”, iniziò a dire.
“Voleva aspettarti, ma non ti trovava
e non voleva essere raggiunta da Liam, così è
scappata.”, spiegò poi,
rivolgendosi a me.
Annuii, comprendendo perfettamente le ragioni
della mia amica.
“Anche Liam è andato via, ma non ho ben capito
dove, mentre Louis ed El sono ancora dentro, attenderanno loro la fine
della
serata.”, aggiunse. “Tu
vuoi rimanere o
ti accompagno al campus?”, mi chiese con un sorriso disegnato
sulle labbra.
Adoravo i suoi modi di fare gentili e
premurosi.
“Credo sia meglio che vada da Allie.”, risposi
poco dopo.
Lui annuì, mentre con una mano già cercava le
chiavi dell’auto nella tasca dei jeans.
“Niall, se vuoi ci penso io.”, propose Harry,
catturando l’attenzione di entrambi. “Devo chiarire
delle cose con Taylor,
quindi potrei accompagnarla io.”, precisò
immediatamente dopo.
Cosa? Mi
stava prendendo in giro?
Vidi
Niall tentennare a quella proposta,
probabilmente Harry doveva aver spiazzato anche lui.
“So che ci tieni davvero tanto a questo
concorso, quindi se vuoi rimanere fino alla fine non ci sono problemi,
ci penso
io alla tua ragazza.”, riprese calcando in particolar modo le
ultime due
parole.
Avrei giurato che mi avesse lanciato un fugace
sguardo omicida mentre le pronunciava, ma probabilmente era solo frutto
della
mia suggestione.
Sperai con tutto il cuore che Niall
rifiutasse, ma evidentemente quelle parole convinsero del tutto Niall.
“Beh, grazie allora! Per te ci sono
problemi?”, mi chiese.
Cosa avrei
potuto mai dirgli? Certo che ci sono problemi! È Harry il
problema!
“No,
tranquillo. Rimani, poi ci sentiamo
appena sai qualcosa!”, mentii cercando di forzare un sorriso.
Niall si avvicinò al mio viso, fino a far
combaciare le nostre labbra, poi mi lasciò un bacio.
“A dopo, allora!”, mi salutò.
Fece un cenno ad Harry, poi si voltò per
tornare all’interno del locale.
Harry non disse nulla, mi prese per mano e mi
condusse fino alla sua macchina, poi partì.
“Così ora sei fidanzata?”, mi chiese
all’improvviso, quasi con tono di scherno.
Lo guardai. Aveva gli occhi fissi sulla strada
e le mani avvolte talmente forte intorno al volante che le sue nocche
erano
diventate bianche. Il suo viso era furente.
“Sono cose che non ti riguardano.”, dichiarai,
voltandomi in direzione del finestrino.
Non avevo intenzione alcuna di istaurare un
qualsiasi tipo di dialogo tra noi. Sentii Harry sbuffare, poi di
sottecchi lo
vidi tirare un pugno sul volante.
“Certo, Niall è il ragazzo perfetto,
l’incarnazione del principe azzurro.”,
bofonchiò a denti stretti.
Lo ignorai, sapevo che stava cercando un
pretesto per punzecchiarmi, ma questa volta non sarebbe stato lui a
vincere.
“Scommetto che è sempre gentile e che ti
riempie di complimenti.”, borbottò ancora.
Mi imposi di rimanere tranquilla e provai a
concentrarmi sul mio respiro, per mantenerlo regolare.
Quel era il
suo problema ora?
“Ma
dimmi una cosa: lui ti bacia come ti bacio
io, eh? Provi le stesse cose quando sei con lui, eh?”,
urlò inveendo contro di
me.
“Ok, questo e troppo!”, sbottai, non riuscendo
più a trattenermi ulteriormente.
Sentivo di poter scoppiare da un momento
all’altro, ma questa volta niente e nessuno avrebbe potuto
impedirmelo. Aveva
esagerato, non doveva permettersi. Lui non era nessuno per giudicare o
anche
solo commentare.
“Cosa vuoi da me Styles, cosa?”, controbattei
gridando, voltandomi verso di lui, ormai esasperata dalle sue parole.
“Prima
fai il carino, ci provi, mi baci, poi ti fidanzi, mi ribaci, pomici con
la tua
fidanzata e scopi con l’amante, ma poi torni da me ed hai
anche il coraggio di
fare una scenata del genere perché mi sono fidanzata?”,
lo accusai con veemenza.
“È complicato.”, mormorò
soltanto, abbassando
lievemente il capo.
“Cosa
è
complicato?”, incalzai allora, avendo intuito che lui non
volesse continuare
quella discussione.
Scosse il capo e le sue labbra si piegarono in
un leggero ghigno amareggiato, ma non rispose alla mia domanda.
“Ecco qual è il tuo problema: tu non parli!
Non si capisce mai cosa pensi, cosa vuoi, perché ti comporti
così! Sveglia,
Harry!”, sbottai.
Le mie parole erano intrise di tutto il
rancore che provavo, di tutto quel dolore e quella sofferenza che avevo
sopportato in silenzio.
Ero stufa di non riuscire mai a capire cosa
gli passasse per la testa, ero stufa dei suoi cambiamenti
d’umore, del suo
essere lunatico senza motivazione alcuna.
Harry inchiodò, fermandosi all’improvviso
sulla strada deserta e buia.
Sussultai per lo spavento, mentre poggiai una
mano sul cruscotto per cercare di controbilanciare la forza che mi
spingeva
contro di esso.
“Sei impazzito?”, urlai terrorizzata.
Il mio cuore martellava completamente fuori
controllo, le mano sudavano freddo. aveva appena rischiato di uccidere
entrambi.
“Mi piaci, ok? Mi piaci, dannazione!”,
esordì tutto
d’un tratto, incrociando i suoi occhi verdi con i miei.
Persi un battito, il mio cuore aveva smesso di
battere. Trattenni il respiro, cercando di immortalare ogni particolare
di
quell’istante. Non ero ancora del tutto certa delle parole
che avevo appena
sentito, probabilmente si trattava di un immagine surreale prodotta
dallo
shock.
“Mi piaci.”, ripeté ancora una volta
Harry,
dandomi conferma del fatto che tutto ciò fosse vero e non
soltanto un sogno.
Sgranai gli occhi, mentre le mie labbra si
piegarono involontariamente in un leggero sorriso.
“E la cosa assurda è che riesco a dirtelo solo
ora che stai con Niall, che è uno dei miei migliori amici! E
mi sento uno
schifo per quello che gli sto facendo!”, aggiunse e dalla sua
espressione potei
capire che era davvero sincero.
Aveva il viso piegato in una smorfia di
dolore, ma allo stesso tempo percepivo una strana luce provenire dai
suoi
occhi.
“Ho provato a starti lontano, credimi. Non
faccio altro che provarci dalla prima volta che ci siamo visti, ma non
ci
riesco, diamine! E mi sento uno schifo anche per questo!”,
continuò.
Lo osservavo, Harry aveva preso a
giocherellare con il portachiavi che pendeva dal cruscotto, forse per
distogliere l’agitazione e l’imbarazzo.
Ad un tratto si fermò e con la mano destra
cercò la mia, per poi stringerla nella sua.
“Se non sono tornato immediatamente da te,
dopo le vacanze, è stato soltanto perché ho avuto
paura, Liz. Ho avuto paura
che quello che stava per nascere tra di noi fosse un qualcosa troppo
grande da
poter essere gestito. Ho avuto paura di non esserne capace, di non
essere
abbastanza. Volevo prima sistemare le cose, procedere con calma e nel
modo
giusto.”, confessò ormai a pochi centimetri dal
mio volto.
Ed ora?
“Magari
penserai che ti abbia appena rifilato
la scusa più banale del mondo, ma è solo la
verità.”, spiegò.
Sentivo il suo respiro cadere fresco sulla mia
pelle, la sua mano stringeva la mia, giocando distrattamente con le
dita, le
sue labbra erano terribilmente vicine alle mie, mentre i suoi occhi
verdi erano
ancora fissi nei miei tanto da lasciarmi completamente interdetta, in
balia del
suo sguardo ipnotico.
“Dobbiamo andare.”, sussurrai a fatica,
cercando di reprimere quel malsano impulso che mi spingeva a colmare la
distanza tra le nostre labbra.
Harry sorrise appena, ma fortunatamente si
allontanò, tornando al suo posto, senza obiettare.
Rimise in moto l’auto, poi fece un’inversione
di marcia e ripartì.
“Dove stiamo andando?”, gli chiesi allora.
“In un posto vicino, tranquilla.”, mi
rassicurò lui, premendo il piede sull’acceleratore.
Sfrecciava ad una velocità non consentita per
le strade cittadine ormai deserte, con un’espressione beata
dipinta sul volto.
“Non ti ho chiesto se è lontano, ma come si
chiama.”, gli feci notare borbottando, puntando lo sguardo
sul vetro del
finestrino.
“Allora devo dirti che è una sorpresa.”,
disse
semplicemente e di sottecchi lo vidi sorridere.
Non riuscii a capire come da una discussione
fossimo giunti a ciò, la serata aveva preso davvero una
piega inaspettata, ma
non mi soffermai particolarmente a riflettere su ciò.
Mi portò sulle rive del Tamigi quella notte,
poco lontano dal centro, in un punto in cui era possibile arrivare a
bagnarsi
pesino i piedi nelle acque fredde del fiume.
“Cosa ci facciamo qui?”, gli domandai
sedendomi sulla fresca erbetta, per poi perdermi ad ammirare il
paesaggio.
“Nulla, mi piace come le luci della città si
rispecchiano sull’acqua.”, mi spiegò,
affiancandomi.
Mi voltai in sua direzione ed osservai bene il
suo volto, per comprendere se stesse scherzando o se fosse serio.
Non credevo potesse essere un tale sentimentale.
“Mi stai prendendo in giro?”, gli chiesi
retoricamente, con un’espressione scettica.
“Non sono mai stato così sincero con una
persona.”, sussurrò.
Quelle parole mi spiazzarono.
Sembravano non volersi riferire solo a quella
circostanza e ciò non faceva altro che alimentare i miei
dubbi.
Il silenzio che era calato fu presto
interrotto dalla suoneria del mio cellulare.
Per un attimo temetti fosse Niall, ma sul
display lessi il nome di mio fratello ed a quel punto non seppi se
gioirne
oppure no.
Lo sguardo di Harry era fisso sulla mia mano
tremante con la quale reggevo il telefono.
“Rispondi.”, mi suggerì con un filo di
voce,
probabilmente neppure lui doveva essere tranquillo.
“Ciao Louis!”, lo salutai un attimo dopo aver
accettato la telefonata.
“Ciao Lizzie! Devo darti una notizia
fantastica!”, annunciò allegramente, facendomi
stupire per l’entusiasmo con il
quale si stava rivolgendo alla sottoscritta.
Che fosse
ubriaco? O che magari avesse dimenticato tutto?
“Dimmi!”,
lo incitai, tralasciando quanto
surreale sembrasse quella conversazione.
“Ce
l’abbiamo fatta! Incidiamo un pezzo!
Abbiamo vinto!”, urlò gioiosamente
dall’altro lato del telefono, stordendomi
quasi un timpano.
“Non posso
crederci! Lo sapevo! Siete troppo
bravi! Complimenti!”, trillai contenta ed orgogliosa di mio
fratello.
“Lui
è con te?”, mi domandò qualche attimo
dopo.
Esitai qualche istante
prima di rispondere.
Non avrei commesso lo
stesso errore due volte,
non con Louis.
“Si.”,
mormorai con il fiato sospeso in attesa
della sua reazione.
“Allora
digli che siamo tutti dentro e che
domani si festeggia alla grande.”, disse, senza rancore o
rabbia.
“Va
bene.”, gli accordai.
“Ci sentiamo
domani. Ciao Lizzie!”, mi salutò
lui, felice.
“Ciao
Louis!”, ricambiai sorridendo prima di
terminare la chiamata.
“Avete
vinto, inciderete un singolo.”,
comunicai ad Harry dopo qualche secondo di silenzio.
Lui
sogghignò, poi spostò i suoi occhi nei
miei.
“L’avevo
capito dalle urla di Louis! Le ho
sentite anche io!”, commentò.
“Congratulazioni!”,
mi complimentai allora.
“Diventerò
un cantante vero.”, sospirò Harry
con aria sognante.
“Ed io che
già ti vedevo sotto un ponte.!”,
borbottai ironicamente, facendolo ridere.
“Non sarebbe
male come alternativa, ma il cantante
rimane al primo posto.”, scherzò iniziando a
giocare con i fili d’erba .
“E poi pensa
a tutte quelle ragazze che
urlerebbero eccitate il mio nome.”, aggiunse lanciandomi uno
veloce sguardo.
“Credo che
la fama ti darebbe alla testa.”,
sentenziai con tono giocoso.
“Io credo
che sia altro a darmi alla testa.”,
sussurrò a voce talmente bassa che pensai di aver solo
immaginato quelle
parole.
“Tu cosa
vuoi fare dopo il college?”, mi
chiese poi, sorridendomi mentre le due fossette si scavavano ai due
lati del
suo viso.
Sorrisi anche io prima
di rispondergli.
Passammo tutta la
notte a parlare, sulle rive
del Tamigi. Harry continuava a farmi domande, curioso di conoscere ogni
dettaglio dei miei gusti, della mia vita, di me ed io le riproponevo a
lui.
Ad ogni risposta mi
sembrava di scoprire un
nuovo piccolo pezzo di Harry che, unito agli altri, mi permetteva di
scavare
più a fondo dentro di lui.
E quando
all’alba decidemmo di andar via ebbi
la sensazione di conoscerlo da sempre.
---
Angolo Autrice
Okay, eccomi qui direttamente da Pisa!*.*
Oggi vado davvero di fretta, anche perché tra poco esco a godermi la città nella quale sono da poco approdata!:D
Però proprio non volevo mancare al nostro appuntamento del martedì!;) Quindi, ecco un nuovo capitolo!
Per quanto riguarda il titolo, fa riferiento al testo della canzone "They don't know about us" e qui nasce un preoblemuccio:
allora, ho girato un po' su internet ed i siti portano sia nights che
night's, dunque mi sono rassegnata e ho optato per la più
popolare.xD
Anyway, grazie a chi legge, segue, ricorda, preferisce e ai fatasticissimi che commentno!*.*
Ora scappo davvero, alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 28 *** They don’t know about us. ***
a
They
don't know about us.
Mi
misi
più
comoda, rannicchiandomi sul sedile in pelle dell’auto di
Harry.
“Devo
fare
un salto a casa mia, poi ti riaccompagno a casa.”,
m’informò ingranando la terza, un attimo prima di
accelerare.
Le
strade di Londra
erano davvero poco affollate a quell’ora del mattino, tanto
che ci mettemmo ben poco ad uscire dal centro.
“Harry,
casa
tua è dall’altro lato.”, gli feci notare
con lo sguardo assorto sul paesaggio che intravedevo dal finestrino.
Avevo
imparato a
conoscere la città in quei mesi di permanenza a Londra e,
soprattutto, conoscevo alla perfezione la zona in cui abitava mio
fratello, insieme al riccio, e dalla quale ci stavamo allontanando
sempre più.
“La
nottata
in bianco ti ha forse dato alla testa?”, scherzai voltandomi
in sua direzione.
Harry
accennò ad un lieve sorriso, ma mantenne lo sguardo fisso
sulla strada.
Con
le dita della mano
destra ticchettava sul volante, mentre la sinistra era poggiata sul
cambio.
“Sei
stranamente più perspicace del solito di prima
mattina!”, commentò lui, sogghignando.
“Stiamo andando a casa di mia madre, devo prendere i vestiti
che le ho dato tre giorni fa, o sarò costretto ad andare in
giro solo con i boxer.”, mi spiegò qualche istante
dopo, lanciandomi una veloce occhiata, subito accompagnata da un
sorriso sornione contornato da due fossette.
A
quelle parole nella
mia mente balenò l’immagine di Harry a petto nudo,
che con fare malizioso ammiccava in mia direzione, squadrandomi con
eccessiva attenzione da capo a piedi.
Le
mie guance
ribollirono dall’imbarazzo, tanto che ebbi la certezza del
fatto che fossero diventate rosse, probabilmente della stessa
tonalità di un pomodoro maturo.
“Sei
sexy
quando arrossisci.”, commentò lui con voce bassa e
roca, non aiutando per nulla a calmare i miei ormoni che in quel
momento erano come impazziti.
L’immagine
di Harry mezzo nudo, con quel suo sorrisetto seducente e quel suo fare
terribilmente infantile, continuava a pararsi davanti ai miei occhi,
impedendomi di pensare lucidamente.
Mi
stava provocando,
era evidente; ciò che però mi infastidiva era il
fatto che ci stesse riuscendo alla perfezione.
Non
risposi, preferii
fiondare tutta la mia attenzione sul cellulare che avevo appena
estratto dalla tasca del cappotto.
10
chiamate di Niall,
3 di Allie, 4 di Louis, un messaggio.
Lo
aprii con foga,
temendo fosse di Niall. Mi sentivo terribilmente in colpa nei suoi
confronti per ciò che era capitato la sera precedente. Ero
andata via, con Harry per di più, non condividendo con lui
quell’importante momento.
Ehi,
sono le quattro e
ancora non sei tornata, immagino tu sia con il riccio. Niall mi ha
chiamata, gli ho detto che non rispondevi perché ti eri
già addormentata. Mi raccomando, se e quando leggi questo
messaggio, spero in tempo, ricordati di farti desiderare e di farlo
impazzire. Dì ad Harry di stare attento al vestito mentre te
lo toglie. E torna, appena puoi: ho bisogno di te. Un bacio, Allie.
Un
sorriso
involontario si disegnò sulle mie labbra, pensando a quanto
pazza e dolce fosse la mia amica. Tirai un sospiro di sollievo nel
constatare che fosse lei e non Niall, di certo leggere un suo messaggio
non mi avrebbe aiutata ad alleviare il senso di colpa che mi affliggeva.
“Perché
sorridi?”, mi chiese Harry, forse avendo notato
l’espressione tranquilla e serena del mio volto.
Feci
spallucce, non
rispondendogli neppure.
Del
resto non avrei
potuto certo dirgli che la mia migliore amica mi augurava tanto buon
sesso con lui. Avvampai al solo pensiero di quella parola,
maledicendomi per averlo concepito nella mia mente.
Restammo
in silenzio
fino a quando non giungemmo a destinazione. Subito rimasi estasiata
nell’osservare la deliziosa e grande facciata della villa di
Harry, o per meglio dire della professoressa Cox.
Già,
eravamo a casa di sua madre e per me ciò equivaleva dire a
casa della mia professoressa.
“Vieni
dentro, facciamo colazione e torniamo. Che ne dici?”, propose
Harry, parcheggiando nell’ampio vialetto che si apriva sul
lato sinistro.
Annuii,
mentre
scendevo dalla macchina.
Harry
mi precedette,
facendomi strada, poi estrasse le chiavi dalle tasche del cappotto ed
aprì il portone principale.
“Entra,
fa
come se stessi a casa tua! Mia madre non c’è,
stamattina è uscita presto. In fondo a sinistra
c’è la cucina, a destra il salotto. Io salgo a
cambiarmi, ti raggiungo subito!”, esordì
indicandomi le varie direzioni delle due stanze da lui nominate, per
poi scomparire sulle scale.
La casa era spaziosa e
luminosa e le tinte chiare delle pareti contribuivano a riflettere la
luce che entrava dalle grandi finestre.
Era arredata con
mobili moderni, curata nei minimi dettagli e piena di fiori che
emanavano un profumo dolce e fresco.
Percorsi il breve
corridoio, raggiungendo la cucina, poi tolsi il cappotto e lo appoggiai
su uno sgabello che affiancava la penisola.
Ero a disagio. Certo,
l’idea di trovarmi nella cucina della Cox non aiutava affatto
e ad essa si aggiungeva anche la consapevolezza che in casa fossimo del
tutto soli.
Mi guardai intorno,
cercando di scaricare la tensione perdendomi tra i mille dettagli di
quella stanza.
Su una mensola,
accanto ad una serie di ricettari, vidi una cornice. Mi avvicinai, per
capire a chi appartenessero i volti ritratti della foto al suo interno.
Riconobbi immediatamente Harry, nonostante avesse i capelli
più corti e più chiari, stretto dal braccio della
madre, i cui lineamenti più giovanili erano chiaro indizio
del fatto che fosse stata scattata qualche anno addietro. Con
l’altro braccio teneva stratta una ragazza dai capelli scuri
e lunghi, lisci come la seta. I suoi occhi verdi e vispi non
sorridevano all’obbiettivo, ma ad Harry.
Avevano le mani
intrecciate, quasi come se stessero giocando, e i loro volti
trasmettevano amore.
“Quella
è Gemma, mia sorella.”, annunciò
facendomi sobbalzare per lo spavento.
Di scatto mi voltai in
sua direzione, avvampando alla vista del suo petto del tutto nudo.
Era ancora meglio di
come lo ricordassi o lo avessi immaginato.
Fu solo questione di
attimi, poi infilò una maglietta bianca di cotone. Aveva i
capelli bagnati che gli gocciolavano sulla fronte, forse aveva appena
fatto una veloce doccia.
Deglutii, cercando di
riprendere il controllo del mio corpo e delle mia mente.
“Avevo
undici anni quando è stata scattata. Io e mia sorella
abbiamo sempre avuto un rapporto speciale.”, aggiunse poco
dopo, avvicinandosi alla sottoscritta.
“Ora stiamo
recuperando, anche se ci vorrà del tempo.”,
concluse infine, soffiando a poca distanza dal mio orecchio.
Ero stata troppo tempo
a contatto con Harry. Il suo profumo, la sua vicinanza, il suo sorriso,
i suoi occhi, le fossette, i ricci, tutto di lui mi dava alla testa.
Era un qualcosa a cui non riuscivo a rinunciare e più stavo
con lui, più mi venivano a mancare le forze per allontanarlo.
“Liz, sto
provando ad essere una persona migliore.”, affermò
poi, con voce profonda e seria.
Cercai subito i suoi
occhi, incontrandoli molto più vicino di quanto avessi
pensato.
Harry era
lì, a pochi centimetri da me, con l’espressione
contratta e affranta, quasi sembrava mi stesse parlando con il cuore in
mano.
In quel momento avrei
voluto stringerlo forte a me, stringerlo talmente forte da fargli
mancare l’aria, ma rimasi ferma, immobile, con lo sguardo
incatenato al suo.
Harry si
avvicinò a me e con una lentezza snervante poggiò
la sua grande mano sulla mia guancia. Era ancora umida, ma nonostante
ciò la mia pelle parve scottarsi a contatto con la sua.
Mi pietrificai,
trattenendo persino il respiro, incantata dal verde dei suoi occhi.
Volevo che si
fermasse, la mia coscienza mi gridava di allontanarmi, di spostare
quella mano dal mio viso, di respingerlo. Volevo che mi riaccompagnasse
al campus immediatamente, avrebbe reso le cose più semplici
e giuste.
“Harry…”,
lo chiamai con un filo di voce. “Fermo.”, lo
supplicai con tono malfermo.
Quelle parole giunsero
come una pugnalata al mio cuore, tanto che temetti di sentirlo
scoppiare di rabbia nel preciso istante in cui avevo aperto bocca.
C’era Niall
ora, c’era Niall con me.
Lui si fece
immediatamente indietro, aumentando la distanza tra i nostri corpi.
Quasi mi sentii vuota
quando la sua mano abbandonò la mia guancia, come se fossi
stata appena derubata di ciò che di più prezioso
possedessi.
Per interminabili
secondi restammo in silenzio, io avevo la testa bassa, imbarazzata,
mentre di sottecchi avevo visto Harry irrigidirsi, tanto che teneva le
mani strette in pungi e la mascella serrata.
“Torniamo al
campus.”, sentenziò ad un tratto, richiamando la
mia attenzione.
I nostri occhi si
incrociarono nuovamente, facendomi sussultare.
Dipendevo da lui,
dalle sue labbra, nonostante stessi provando a far prevalere il mio
buon senso.
All’improvviso
quelle iridi verdi mi sembrarono ancor più profonde, ma
chiare, come se avessi potuto leggere tramite esse i pensieri di Harry.
In quel momento
dicevano solo una cosa: amore.
Non mi resi neppure
conto che le mie gambe si fossero mosse, avvicinandosi a lui di qualche
passo. Non ero io a comandare il mio corpo, ma qualcosa dentro di me,
all’altezza del cuore.
Non farmene pentire,
pensai solo, quando fui arrivata a pochi centimetri dal corpo di Harry.
Mi guardava perplesso,
non riuscendo a capire cosa avessi intenzione di fare.
Non seppi neppure
come, vista la notevole differenza d’altezza tra me e lui, le
mie labbra combaciarono alla perfezione con le sue.
Al diavolo Niall e la
sua dolcezza, al diavolo Louis e le sue stramaledette raccomandazioni,
al diavolo tutto e tutti.
Stavo baciando Harry
Styles.
Sarebbe potuto anche
scoppiare un incendio, in quel momento non me ne sarei minimamente
curata. Ero in pace con me stessa, mi sentivo completa, avvolta dalle
sue braccia forti.
Harry
approfondì il bacio, facendo giocare le nostre lingue,
mentre con una mano iniziava ad accarezzarmi la schiena, con dolcezza.
Il mio corpo trepidava
ad ogni suo minimo tocco, facendomi rabbrividire. Temetti di impazzire
quando Harry si staccò delle mie labbra per lasciare una
scia di umidi baci sul mio collo, fino a giungere al lobo del mio
orecchio, mordicchiandolo.
Sorrise sulla mia
pelle, sfiorandola impercettibilmente con il naso freddo. Socchiusi gli
occhi, poi deglutii nel tentativo di non perdere il mio autocontrollo.
Harry tornò
sulle mie labbra, questa volta con più passione, avido di
riassaporarne il gusto.
Io incrociai le
braccia dietro il suo collo, impacciata, ma allo stesso tempo bramosa
di poter giocare ancora una volta con i suoi capelli ricci e morbidi
che in quel momento erano bagnati.
Fece giocare le nostre
lingue sempre con maggior trasposto, fino a quando andai a sbattere
contro la penisola della cucina.
Lui portò
le mani sui miei fianchi, sollevandomi fino a farmi sedere sul freddo
marmo di essa, poi fece scivolare le dita sulle mie cosce.
Sentivo le guance
accaldarsi, l’aria quasi mi mancava.
D’un tratto
Harry si fermò, puntando i suoi occhi nei miei,
indietreggiando di poco.
Mi tese una mano, con
fare incerto, come se avessi potuto rifiutarlo.
Non aveva ancora
capito che non lo avrei mai potuto rifiutare.
La afferrai,
titubante. Le nostre dita si sfiorarono appena quando sentii una scossa
invadere il mio corpo. Cercai lo sguardo di Harry, già fisso
sul mio volto, ma questa volta i suoi lineamenti erano nuovamente
rigidi. Quell’istante in cui le nostre labbra si erano
separate era stato sufficiente a ricatapultarci nella
realtà. Era come se la bolla che ci aveva avvolto fino
all’istante prima si fosse improvvisamente frantumata.
Ciò che avevamo fatto non era assolutamente tollerabile, non
sarebbe mai dovuto accadere. Eravamo persone, non animali, ed in quanto
tali saremmo dovuti essere in grado d controllare i nostri istinti, non
abbandonarci ad essi.
Harry continuava a
mordicchiarsi il labbro, tormentandolo quasi come se potesse espiare su
di esso tutti i tarli che evidentemente ora gli affollavano la mente.
“Dovremmo
andare.”, propose lui, infine, con il volto girato in
direzione della porta, come se quella fosse l’unica, ovvia e
giusta sentenza del suo lungo ragionamento. Stava combattendo contro se
stesso, cercava di far prevalere la sua parte responsabile, quella
giudiziosa, quella volenterosa di cambiare e terribilmente stanca di
soffrire e preoccupare il prossimo a causa delle sue avventate scelte.
Deglutii
impercettibilmente a quelle parole, poi annuii soltanto. Se non fosse
stato Harry a fermarsi, a riuscire a mettere fine a quella situazione,
probabilmente io non ne sarei stata in grado.
Avevamo ancora
entrambi il fiato corto, gli occhi lucidi e le espressioni accaldate.
Sapevo cosa sarebbe
potuto succedere di lì a poco, sapevo come quella situazione
sarebbe potuta evolversi, ciò che tuttavia non sapevo
minimamente era fino a che punto mi sarei spinta, fino a dove sarei
arrivata se Harry non avesse posto fine a tutto ciò.
Le sue labbra
baciarono nuovamente le mie, rendendomi incapace di pensare. Questa
volte non c’era la passione di pochi attimi prima, ma solo
un’infinita dolcezza che mi fece sorridere. Era sbagliato,
ciò che c’era tra di noi era completamente,
totalmente errato, soprattutto ora che c’era Niall, ma
l’avrei voluto, avrei voluto Harry.
Lo seguii in silenzio,
incapace di dire alcunché, fino a quando raggiungemmo
insieme la sua auto. C’era un comprensibile imbarazzo tra di
noi che ci impediva di conversare. Trascorremmo l’intero
tragitto senza scambiarci neppure una parola, tanto da rendere
decisamente prolungata la percezione del breve spostamento che avevamo
compiuto.
Non lo salutai neppure
quando con lo sguardo fisso sulla strada accostò nei pressi
del cancello secondario, quello più vicino alle palazzine
adibite ad alloggi.
Ancora una volta avrei
voluto parlare con lui, chiarire quelle equivocabili circostanze che si
erano create, ma la sua aria cupa mi intimidiva più del
dovuto, inoltre non avevo idea alcuna di come poter affrontare una
simile conversazione. Così, da perfetta vigliacca, preferii
non dire nulla a riguardo. Mi allontanai dalla sua auto con passo
deciso, senza neppure voltarmi indietro, fino a quando raggiunsi il
portone della palazzina dove si trovava la mia camera.
“Liam, cosa
ci fai tu qui?”, gli chiesi notando il ragazzo fermo davanti
alla porta della mia stanza, con un’espressione sconsolata
dipinta sul volto.
“Credimi, ci
sto provando a spiegarmi, a dirle che la amo, che quello stupidissimo
bacio io non lo volevo affatto, ma lei non vuole
ascoltarmi!”, sbottò con voce incrinata,
trasmettendomi tutta la sofferenza che stava provando in quel momento.
Compresi subito che si
stesse riferendo ad Allie.
“Da quanto
tempo sei qui fuori?”, gli chiesi comprensiva, accennando ad
un sorriso, nel tentativo di rincuorarlo.
“Ormai
sarà quasi un’ora.”, rispose lui,
lasciandosi cadere lungo la parete fino a cadere sul pavimento freddo.
Quello che stava
provando Allie non era paragonabile neppure alla metà di
quello che avrebbe potuto provare Niall se avesse scoperto di me ed
Harry. Liam era stato baciato, io, invece, avevo baciato ed in
ciò c’era una sostanziale differenza.
Mi accovacciai accanto
a Liam, sospirando per quanto uguali e diverse fossero le nostre
situazioni.
Lui aveva solo
ricevuto e forse, le circostanze ancora non erano del tutto certe,
ricambiato un bacio ed ora doveva patire tutto ciò. Io,
invece, avevo praticamente assalito Harry.
All’improvviso
sentimmo la serratura della porta scattare, per poi rivelare la figura
di Allie.
“Allie,
amore!”, sospirò Liam, alzandosi di scatto per poi
avvicinarsi a lei.
“Lasciami,
devo andare.”, ordinò lei con tono freddo e
distaccato.
“Ti prego,
ascoltami.”, la supplicò Liam afferrandola per un
braccio.
Con un gesto deciso
lei si svincolò dalla presa gentile e delicata del ragazzo,
poi prese a camminare.
“Non ho
tempo ora, ho un appuntamento.”, affermò decisa.
Probabilmente non si
era neppure accorta nella mia presenza, visto che ero ancora
accovacciata in un angolo, con le spalle appoggiate al muro.
“Allie,
fammi spiegare!”, la implorò allora il ragazzo,
cercando di starle dietro.
Lei si
voltò, incenerendolo con gli occhi.
“Ti ho detto
che non ho tempo, questione chiusa. Ed ora, con permesso, devo andare a
fare colazione con Zayn.”, sentenziò ironica,
prima di raggiungere l’uscita dell’edificio.
Oltre i vetri della
porta vidi distintamente Allie avvicinarsi a Zayn con passo incerto ed
il viso basso, che alzò solo per concedere al ragazzo un
lieve sorriso di saluto. Zayn ricambiò appena, piuttosto
riluttante e perplesso nell'espressione.
Liam tirò
un pugno sulla parete nel vedere quella scena, facendomi rabbrividire.
Non c'era nulla di neppure lontanamente equivocabile in quel gesto,
eppure lui non era ugualmente riuscito a rimanere impassibile ad esso.
Aveva inutilmente atteso per chissà quanto e
chissà cosa, mentre tutto ciò che aveva ottenuto
era essere stato ignorato. Aveva il volto livido e gli occhi addolorati
ridotti a fessure.
Non lo avevo mai visto
così arrabbiato e nervoso.
Quando mi rigirai in
direzione di Allie, lei era sparita con Zayn dalla mia visuale.
---
Angolo Autrice
Ehilà, c'è ancora qualcuno nei paraggi?? Lo so,
è una vita che non aggiorno e mi vergogno profondamente per
questo,
ma la ripresa e l'insoddisfazione generale per questo capitolo proprio
non hanno aiutato.
Ho cambiato non so neppure quante volte la versione, soprattutto sul
finale, per poi rendermi conto che era sempre peggio.
Così alla fine mi sono decisa a postare quella che poteva
più andare, nel tentativo di superare questa specie di
blocco che mi è preso.
Anyway, spero ci sia ancora qualcuno disposto a leggere e commentare,
nonostante il tempo infintio trascorso dall'ultimo aggiornamento.
Mai come in questo momento gradirei uno vostro parere o un consiglio!
Vabbè, vi lascio al capitolo, nella speranza che il prossimo
arrivi presto!
-In realtà è già pronto, ma non mi
convince per nulla neppure quello!-.-"
Ok, non mi dilungo ulteriormente, visto che ci tengo ad aggiornare
anche l'altra storia, ora che ho un po' di tempo libero!
Ringrazio ancora chi segue, commenta, preferisce, ricorda e legge!
Grazie!!!<3
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 29 *** Words I still haven't said. ***
a
Words
I still haven't said.
Varcai la soglia
dell’appartamento di Louis ed
Harry, pregando che quest’ultimo non fosse in casa.
Erano trascorse appena
sei ore dall’evento,
verificatosi quella mattina, in casa del nemico ed io mi sentivo
terribilmente
stupida del parlare di quello come se si trattasse di una battaglia
persa in
guerra.
“Ciao
Boo!”, esclamai, abbracciando mio
fratello.
Lui
ricambiò, scombinandomi dolcemente i
capelli con la mano destra.
“Mi sei
mancata Lizzie!”, esordì prima di
avvolgermi in un caldo abbraccio.
Sorrisi al contatto
con il suo petto. Era
mancato anche a me.
“Anche tu,
Lou. Scusami per tutto, davvero.”,
iniziai con un filo di voce, cercando di trattenere le lacrime.
“Dispiace
anche a me, del resto ho esagerato
con tutta la storia di Harry.”, si scusò
allontanandosi il necessario per
potermi guardare negli occhi.
Era davvero desolato
per quello che era
successo tra di noi, del resto lo ero anche io.
“Fratelli
come prima?”, gli chiesi allora,
accennando ad un sorriso, mentre gli porgevo il mignolo.
Lui lo
afferrò con il suo, mentre vidi i
lineamenti del suo volto distendersi.
“Più
di prima!”, affermò sicuro di sé, prima
di abbracciarmi nuovamente e lasciare un bacio tra i miei capelli.
“Ti voglio
bene Liz e se esagero è solo perché
vorrei proteggerti da tutto e da tutti.”, spiegò.
“Lo so Lou,
ti voglio bene anche io.”,
sussurrai mentre lo stringevo quanto più forte mi fosse
possibile.
“Sono
contentissima per ieri! Ce l’avete
fatta, finalmente!”, mi congratulai poi riferendomi
all’esito della loro
esibizione, del resto non avevo avuto modo di farlo la sera precedente.
“Io ancora
non riesco a crederci!”, disse, con
un filo di voce ed aria sognante, allontanandosi di poco.
“Allora,
com’è andata la mattinata?”, mi
chiese, incamminandosi in direzione della cucina.
Mi tolsi il cappotto,
lasciandolo
sull’appendiabiti vicino all’ingresso e lo seguii.
Esitai prima di
rispondere. Raccontargli la
verità sarebbe stato imbarazzante, ma odiavo dovergli
raccontare bugie,
soprattutto ora che avevamo appena chiarito. Tuttavia in quel momento
non avevo
proprio voglia di ribadire a me stessa quanto già mi
sentissi sciocca. Del
resto non si trattava neppure di una vera e propria menzogna, volevo
solo
evitare discussioni scomode visto che neppure io avevo dato una valida
spiegazione a quell’accaduto.
“Tutto nella
norma.”, mentii facendo
spallucce, poi mi accomodai su una delle sedie che circondavano il
tavolo.
“E a te? Che
hai fatto?”, gli chiesi, mentre
lo vedevo impegnarsi alle prese con i fornelli e qualche pentola, nel
tentativo
di cambiare del tutto l’argomento della nostra conversazione.
Mi sentivo a disagio,
temevo che da un momento
all’altro sarebbe arrivato anche lui, irrompendo nella stanza
con il suo solito
sorrisetto compiaciuto e beffardo.
Ero tesa, esattamente
come una corda di
violino.
“Stamattina
hanno chiamato papà e mamma, così
ho colto l’occasione per dargli la grande notizia. Mamma era
entusiasta, papà
un po’ meno, ma credo si abituerà presto
all’idea.”, borbottò quasi, accendendo
il gas.
Non riuscii neppure a
comprendere l’effettivo
significato delle parole di mio fratello, troppo concentrata
sull’imbarazzante
eventualità che Harry potesse essere nell’altra
stanza, o che stesse per
rientrare nel giro di pochi minuti.
Incontrarlo era
l’ultimo dei miei desideri,
sarei stata disposta a tutto pur di non vederlo.
“Harry
è in casa?”, chiesi poi, tutto d’un
fiato, incrociando le dita e socchiudendo le palpebre.
Con tutte le mie forze
sperai in una risposta
negativa, in quell’unica parola, quelle due lettere che
avrebbero reso la mia
permanenza in quel luogo decisamente più piacevole e
tranquilla, ma il mio
desiderio fu prontamente distrutto da quell’unica sillaba
affermativa.
“Sì.”,
rispose Louis, ancora dandomi le
spalle. “Si sta vestendo, stamattina è tornato
tardissimo a casa, anche se era
felice come una pasqua.”, mi spiegò poco dopo.
Tutte le mie speranze
si frantumarono
all’istante, mentre mi vedevo precipitare in un pozzo buio e
senza fondo.
“Ciao
Liz!”, mi salutò Harry, facendo il suo ingresso in
cucina.
Sobbalzai sulla sedia
quanto percepii la sua
voce ed immediatamente mi immobilizzai, paralizzata dal disagio che la
sua
presenza mi procurava.
Harry si
avvicinò a me, sorridendomi con fare
dolce, poi si chinò sul mio viso, con una lentezza
estenuante.
I suoi occhi verdi
erano puntati su di me, ne
percepivo distintamente l’intensità, mentre i miei
erano fissi sulle sue
labbra, sempre più vicine al mio viso.
Mi lasciò
un leggero bacio, all’angolo della
bocca, esitando qualche istante prima di ritrarsi.
“Harry, ci
pensi tu al sugo? Io devo andare un
attimo in bagno.”, esordì mio fratello, voltandosi
in nostra direzione.
Sgranai gli occhi al
suono di quella
richiesta: non poteva essere vero.
“Certo
Lou, vai pure.”, acconsentì il ricco, spostandosi
in direzione dei fornelli.
Rimanemmo in silenzio,
tanto che riuscii
chiaramente a sentire la porta in fondo al corridoio chiudersi qualche
attimo
dopo e fu solo allora che Harry decise di riprendere a parlare, come se
avesse
aspettato per evitare che altri potessero sentire.
“Perché
non hai detto nulla stamattina? Mi
aspettavo qualsiasi cosa, persino una sberla, ma non il
silenzio.”, quasi si
lamentò, facendosi più vicino.
Con le mani
afferrò i miei fianchi,
costringendomi al alzarmi, poi fece combaciare il mio petto al suo.
Si
mordicchiò il labbro con fare sensuale,
sorridendo.
“Lascia
Niall e vediamo che succede tra di noi.”, propose allora.
“Harry,
lasciami. Molla immediatamente la
presa.”, gli intimai, allontanandomi quanto più
possibile.
La sua espressione
mutò in un misto di
sorpresa e confusione.
“Liz,
andiamo, capisco se non vuoi ancora dire
a Louis che tra di noi c’è qualcosa, ma lui adesso
è in bagno.”, provò a dire
con voce rassicurante, cercando di colmare nuovamente le distanze.
Non sapevo cosa fare,
cosa dire, come
comportarmi.
Mi aveva baciata, io
lo avevo respinto in un
certo senso, ma poi mi ero letteralmente fiondata su di lui ed era
stato Harry
ad interrompere quel momento che di certo ci avrebbe portato ad altro
se non
fosse stato per lui.
Non sarei mai dovuta
andare a pranzo da mio
fratello, non quel giorno, non esattamente dopo quella mattina.
“Non
è mio fratello il problema.”, dichiarai
con lo sguardo basso.
Avevo le idee confuse.
Mi ero pentita solo in
parte di quello che era successo tra di noi.
“E allora
cosa ti prende?”, mi chiese,
lasciando finalmente la presa sui miei fianchi.
“Mi prende
che devi starmi lontano, punto.”,
sbottai con un filo di voce.
Harry era stato la
tentazione a cui non ero
riuscita a resistere, dunque l’unico modo per non ricadervi
era allontanarlo.
Forse stavo
commettendo l’ennesimo errore da
persona vigliacca e codarda quale ero, ma non ero ancora pronta ad
affrontare
le conseguenze del fatto che, ormai era chiaro, mi piacesse.
Non ero pronta ad
essere illusa da uno come
lui, non ero pronta ad essere una delle tante, non ero pronta a dover
sopportare altre bugie. Del resto l’idea che lui potesse
seriamente essere
interessato a me non mi aveva sfiorata per neppure un istante, troppo
bizzarra
persino per poter essere pensata.
Preferivo fingere di
essere io quella forte a
cui non interessava nulla, preferivo essere io a prendere una
decisione, anche
se quella decisione comportava allontanarmi da lui.
“Non mi
sembrava che stamattina la pensassi
allo stesso modo.”, ribatté tagliente,
squadrandomi con attenzione, quasi
volesse capire con uno sguardo il nocciolo della questione.
“Stamattina
è stato un errore, dimenticalo.”,
affermai allora, cercando di apparire quanto più decisa e
risoluta possibile.
Volevo apparire
impassibile in quel momento,
volevo ignorare quella lancinante fitta che avevo sentito
all’altezza del petto
nel pronunciare quelle poche parole.
Harry
arricciò la fronte, disorientato da
quella conversazione.
“Liz, basta
dire minchiate. Mi dici cosa
diamine ti sta passando per la testa, così risolviamo il
problema?”, riprovò
accennando ad un lieve sorriso, ma i suoi muscoli erano ancora tesi.
Certo, non avrei
potuto dirgli che ero troppo
fifona per ammettere persino a me stessa che, nonostante fosse contro
tutti i miei
principi, lui mi piaceva.
E mi sentivo in colpa
per quello che avevo
fatto. Mi sentivo in colpa per Niall, per Louis, persino per Allie, ma
soprattutto per me stessa.
Avevo passato anni a
rifugiarmi nel mio mondo
perfetto e poi, all’improvviso, era bastato un sorriso a
farmi crollare, il
suo.
“Mi sembra
di essere stata chiara: dimentica
quello che è successo stamattina e dimentica me,
punto.”, ripetei, questa volta
con maggiore veemenza, sperando che ciò sarebbe bastato a
convincerlo.
“E,
sentiamo, perché dovrei farlo?”, mi
provocò, incrociando le braccia all’altezza del
petto.
Non potevo dargliela
vinta, non una seconda
volta.
“Perché
si è trattato di una debolezza, ma
tranquillo, non si ripeterà nuovamente.”, spiegai,
modulando bene la voce, così
da apparire distaccata e calma.
Harry
scoppiò in una fragorosa risata forzata,
quasi nervosa.
“Bene, a
quanto pare non sei la santarellina
che tutti credono.”, ghignò scombinandosi i
capelli con la mano destra. “Chissà
cosa direbbe il tuo bel fidanzatino del cazzo.”, aggiunse
provocandomi.
Sul suo volto era
disegnato un sorriso
maligno, sarcastico, i suoi occhi erano socchiusi in due perfide
fessure.
“Non mi
interessano i commenti.”, controbattei
con un filo di voce, evitando il suo sguardo.
“Sei solo
una bambina viziata, ecco cosa
sei!”, inveì d’un tratto contro di me,
alzando il tono di voce.
Fui scossa da un
brivido di paura, mentre il
mio cuore prese a battere forte.
“Abbassa la
voce, o mio fratello ci sentirà.”,
lo ammonì.
In effetti Louis era
l’ultima delle mie
preoccupazioni in quel momento, ma non volevo che urlasse e quella mi
sembrava
un ottima scusa da addurre per convincerlo ad abbassare i toni.
“Non me ne
fotte un cazzo! Per me può anche
sentire!”, ringhiò, avvicinando il suo viso livido
di rabbia al mio.
“Sentire
cosa?”, domandò Louis,
all’improvviso, costringendo entrambi a girarci in sua
direzione.
Mio fratello era fermo
sullo stipite della
porta della cucina. Aveva le mani nelle tasche dei jeans ed un volto
spaesato.
Harry
ghignò, mi lanciò una veloce occhiata,
prima di puntare nuovamente l’attenzione sul suo coinquilino.
“Tua sorella
è una puttana, ecco tutto.”,
dichiarò tagliente.
Quasi sentii il cuore
frantumarsi al suono di
quella parola, pronunciata da lui.
In un istante vidi
Louis raggiungere Harry,
afferrare i lembi del collo della t-shirt che indossava per poi
sbatterlo di
schiena contro il frigorifero.
Trattenni il fiato,
temendo per il peggio.
“Prova a
ripeterlo, se ne hai il coraggio.”,
lo minacciò Louis.
Le tensione tra i due
era troppa, sarebbe
bastata una sola parola e Louis gli avrebbe tirato un pugno.
“Ho detto
solo quello che penso. Del resto è
questo che si dice delle ragazze che stanno con uno e poi baciano di
continuo
un altro, no?”, lo provocò Harry, con voce tanto
naturale da risultare ancora
più irritante.
Louis strinse ancora
di più la presa contro il
suo collo, poi di scatto voltò il viso in mia direzione.
“Mi spieghi
perché questo coglione si inventa
stronzate del genere sul tuo conto?”, mi chiese, adirato,
furioso.
Non riuscii a
sostenete il suo sguardo, così
abbassai il volto, mordicchiandomi il labbro.
“Sta dicendo
la verità?”, mi domandò dopo
qualche istante mio fratello, con cautela, quasi temesse la risposta
che,
comunque, non arrivò.
“Lizzie, sta
dicendo la verità?”, tuonò
ancora, tanto da far risuonare la sua voce tra le quattro pareti della
stanza.
“Sì.”,
sussurrai soltanto, ancora con il volto
basso.
Di sottecchi vidi
Louis mollare un pungo sulla
guancia sinistra di Harry, prima di lasciarlo andare definitivamente.
Harry non rispose, le
sue labbra erano piegate
in un sorrido soddisfatto.
Stavo per scoppiare in
lacrime, ma non avrei
voluto dargli anche quest’altra soddisfazione,
così, prima che lui o Louis
potessero aggiungere altro, corsi via da quella casa.
“Lizzie,
cos’è successo?”, mi chiese Allie,
palesemente preoccupata quando finalmente arrivai nella nostra stanza.
Avevo gli occhi rossi
e gonfi, i capelli
scombinati, le guance bagnate e sussultavo a causa dei continui
singhiozzi.
“Tesoro,
calmati, va tutto bene.”, mi disse
con voce dolce, abbracciandomi amorevolmente.
“Shh,
tranquilla.”, ripeté poco dopo,
accarezzandomi i capelli.
Quella stessa sera
Allison era uscita per
l’ennesima volta con Zayn, così Niall ne aveva
approfittato per raggiungermi e
farmi compagnia.
Avevamo mangiato una
pizza e visto un film,
poi ci eravamo stesi sul mio letto.
Niall mi
baciò ancora una volta, mentre con la
mano destra mi accarezzava un fianco, rimasto scoperto dal lembo
svolazzante
della camicetta di seta che indossavo quella sera.
Chiusi gli occhi,
cercando in quel buio la
forza necessaria per lasciarmi andare.
Con Harry non era
stato difficile, era bastato
concentrarmi su quei due occhi verdi, ma con Niall quella tattica
sembrava non
essere altrettanto efficace.
Sentii le sue dita
risalire fino a sfiorarmi
l’ombelico. Mi pietrificai all’istante, spaventata
da quel contatto e per un
attimo pensai che Harry, in fin dei conti, non aveva avuto tutti i
torti
nell’affibbiarmi quell’appellativo.
Afferrai la sua mano e
la trascinai giù, per
poi allontanarla dalla mia pelle nuda.
“Scusa, non
volevo fare cose che…”, iniziò a
dire, ma io lo bloccai, poggiando un dito sulle sue labbra.
“Scusami tu,
è solo che…”, ma neanche lui
lasciò finire me.
“Aspetteremo
tutto il tempo che vuoi.”,
asserì, prima di baciarmi.
Quasi mi sentii morire
per la dolcezza che
traspariva da quelle parole. Lui lo stava facendo per me ed io non
meritavo
affatto un gesto tanto premuroso.
Scostai il viso,
interrompendo il contatto tra
le nostre labbra, incapace di proseguire.
Sorrisi appena,
imbarazzata. Niall sembrò
sorpreso, di certo non si sarebbe mai aspettato che rifiutassi persino
di
baciarlo.
“Tranquilla,
non è successo nulla.”, mi
rassicurò ancora, provando a sorridermi nonostante fosse
palesemente spiazzato.
Con una mano mi sfiorò una guancia, per poi accarezzarla con
un dito. Alzai lo
sguardo fino ad incontrare i suoi occhi azzurri. I nostri volti erano
vicini,
ma non si toccavano. In quel momento ebbi come la sensazione che si
fosse
appena creato n muro spesso centinaia di metri tra noi e ad innalzarlo
ero
stata unicamente io.
“Buonasera
piccioncini! Scusate, se avessi
saputo, avrei almeno bussato!”, esordì Allison
facendo il su ingresso nella
stanza.
Come una molla scattai
in piedi,
ringraziandola mentalmente per avermi salvata da quella sgradevole
situazione.
La voce squillante parve riscuotere Niall dal flusso di pensieri che
doveva
averlo avvolto, tanto che lo vidi voltarsi di scatto in direzione di
Allie per
sorriderle quasi forzatamente, sostituendo a quel gesto un saluto
verbale.
“Che ore
sono?”, chiese poi, alzandosi dal
letto.
“Quasi
mezzanotte.”, rispose prontamente la
mia compagna di stanza.
“Wow, si
è fatto tardi!”, esclamò lui,
sorpreso, mentre sgranchiva gli arti. “Ok, allora
sarà meglio che vada.”,
aggiunse poco dopo, recuperando le sue cose.
Annuii soltanto,
incapace di dire altro.
“Buonanotte!”,
mi salutò poi, con un leggero
bacio sulla guancia.
“Notte.”,
riuscii solo a dire, con un flebile
sorriso.
“Ciao
Allie.”, disse infine, prima di uscire.
“Com’è
andata la serata?”, mi chiese con tono
malizioso la bionda, avvicinandosi a me.
Non ebbi neppure il
tempo di rispondere che
fui interrotta da qualcuno che bussava alla porta.
Guardai Allison con
fare circospetto, ma poi
mi tranquillizzai all’idea che potesse essere Niall,
accortosi di aver
dimenticato qualcosa.
Allie con calma si
avviò all’ingresso, la vidi
poggiare una mano sulla chiave, per poi farla girare nella toppa,
infine fece
leva sulla maniglia, aprendo di poco la porta, così da
rivelare gradualmente
l’identità di quella persona.
Sgranai gli occhi
dalla sorpresa quando
riconobbi la figura minuta e graziosa di Perrie.
“Ciao, io e
te dobbiamo parlare.”, sbottò in
direzione di Allison.
La bionda le fece
segno di entrare, senza
aggiungere altro.
“Ciao
Lizzie, tutto bene?”, mi chiese poi, con
tono decisamente più cordiale di quello che aveva usato per
rivolgersi alla mia
compagna di stanza.
Annuii soltanto,
sorridendole appena, mentre
cercavo di capire cosa l’avesse spinta a presentarsi nella
nostra stanza a
quell’ora.
“Allora,
cosa devi dirmi?”, esordì Allie,
probabilmente decisa a voler risolvere subito la questione.
“Sei uscita
con Zayn, stasera.”, iniziò, senza
troppi giri di parole.
“Sì,
sono appena…”, stava per rispondere, ma
fu interrotta.
“La mia non
era una domanda, vi ho visti, non
ho bisogno di conferme.”, dichiarò Perrie.
Dunque era per questo
che si era presentata a
mezzanotte esatta alla nostra porta.
“Lascia in
pace Zayn.”, quasi le ordinò dopo
un breve silenzio.
I suoi toni allegri e
scherzosi, il suo
sorriso contagioso e vitale sembravano essere scomparsi per lasciar
spazio a
freddezza e fermezza.
“Cosa?”,
domandò Allie, vistosamente spiazzata
da quella richiesta.
“Stagli
lontano.”, ripeté l’altra, questa
volta con meno astio. “Stava andando bene tra di noi, ma
all’improvviso sei
tornata tu, solo per vendetta nei confronti di Liam.”,
spiegò poco dopo.
Mi lasciai cadere sul
mio letto, mentre in
religioso silenzio continuavo ad ascoltare la loro conversazione.
“Non sarebbe
giusto farlo soffrire solo perché
Liam sta facendo soffrire te. Io ci tengo a lui, per
davvero.”, aggiunse
ancora.
Allie
abbassò il capo, come colpita da quelle
parole.
“Non voglio
che Zayn soffra.”, mormorò con
voce affranta.
“Lasciaci la
possibilità di essere felici
insieme. Tu sei la ragazza che ha preferito un altro a lui, una sorta
di sfida
che ha perso, ma ora lascialo andare, lascialo a me.”,
terminò con un sussurro.
“Mi dispiace
per quello che è successo.”, si
scusò poi Allie. “E, comunque, sappi che non ha
fatto altro che parlare di te.”,
confessò poi, sorridendo appena.
“E tu,
invece, sappi che Danielle è una
vipera, non mi sorprenderei se venissi a sapere che è stata
lei a saltargli
addosso.”, ricambiò Perrie, intrecciando le dita
delle mani, come fosse
imbarazzata dalla strana piega che aveva preso la conversazione tra
loro.
“Forse
potremmo diventare amiche, io e te.”,
esordì poco dopo Allison.
“Ora non
esageriamo, limitiamoci ai
convenevoli.”, ribatté l’altra, con tono
ironico. “Comunque, io ora devo
andare. Ciao Allison, ciao Lizzie!”, salutò
infine, congedandosi.
“Ciao!”,
ricambiammo entrambe, prima di
rimanere nuovamente sole.
“Ha
terribilmente ragione.”, borbottò poi
Allie, buttandosi a peso morto sul materasso del suo letto.
---
Angolo Autrice
Ed eccoci qui! Salve a tutte le coraggiose che sono arrivate fin qui!:D
Bene, ormai siamo quasi agli sgoccioli, i giochi sono quasi fatti ed i
capitoli quasi pronti, quindi si spera di procedere velocemente.
Comunque, voglio infinitamente ringraziare quelle persone che, nonostante l'assenza, non mi hanno abbandonata,
quelle magnifiche persone che hanno continuato e leggere, seguire, preferire e ricordare!<3
E ringrazio IgLovepn e xTizianossmile per aver commentato, giuro che stasera passo a ripsondere!;)
Ok, sono ancora sconvolta per il finale della 2x03 di The Carrie Diaries, che tra l'altro ho visto senza sottotitoli,
che poi proprio non riesco a capire come Carrie non abbia fermato Sebastian!!! Assurdo!!
Anyway, il video di Story of my life è... è... boh,
bellissimo, fantastico, dolcissimo, tenerissimo, magnifico, sublime e
molto di più!*.*
Bene bene, questo è quanto credo... Il capitolo è un po' così... boh, non so definirlo.
Lascio a voi il compito, se vi va!;) Buon fine settimana!:D
Alla prossima!:*
Astrea_
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Capitolo 30 *** Show me you care. ***
a
Show me you care.
“Lizzie,
davvero non riesco a crederci!”,
mormorò del tutto sbalordita Allie, cercando di reprimere
urla e danze
propiziatorie allo stesso tempo.
Eravamo in classe, il professore spiegava
ormai da ben più di tre quarti d’ora, ma noi,
sedute ai banchi dell’ultima
fila, non ci curavamo affatto delle sue parole.
“Smettila! Tu vuoi solo mettermi in
imbarazzo!”, la accusai con un sussurro, comprendoni il volto
con un braccio.
Allie trattenne una leggera risata
mordicchiandosi il labbro inferiore, poi mi regalò un ampio
ed elettrizzato
sorriso.
“Voglio assolutamente i dettagli!”,
annunciò
con fare risoluto.
Feci roteare gli occhi, sperando che
comprendesse quanto desiderassi cambiare argomento della nostra
discussione,
del resto non avevo neppur preso in considerazione
l’eventualità di seguire la
lezione quel giorno.
“Ma perché non parliamo del triangolo/quadrato
che ti vede protagonista?”, la punzecchiai.
Lei sussultò, ma immediatamente sostituì il
fastidio che quella domanda le aveva causato con
la sua solita aria di sfida.
“Perché parlare di te che salti addosso ad
Harry Styles è decisamente più
interessante!”, controbatté.
Mi paralizzai all’istante, scossa dalla
durezza e dalla franchezza delle sue parole. All’improvviso
sentii troppo
caldo, tanto che fui a farm aria sventolando una mano davanti al viso.
Cercai
di regolarizzare il respiro, dopo lo sgomento fisico ed emotivo che
quell’affermazione aveva creato in me.
Allie sogghignava, soddisfatta del suo
operato.
“Ma alla fine bacia davvero così bene come
tutte dicono?”, mi chiese, ma questa volta il suo tono di
voce trasmetteva
tanta inappagata curiosità.
Sorrisi, imbarazzata da quella conversazione,
ed annuii, mentre con lo sguardo puntavo la copertina del quaderno
ancora
chiuso, improvvisamente diventata più interessante.
“Dai, Liz!”, mi incitò ancora,
evidentemente
non soddisfatta dal racconto precedente. “Voglio i
dettagli!”, si lamentò.
Inspirai, cercando in quel gesto la
disinvoltura necessaria per poterne parlare. Non avevo mai avuto
conversazioni
simili con le mie amiche, del resto non avevo mai avuto nulla da dover
o voler
raccontare, ma ora, con Allie, era tutto così diverso.
“Prima di tornare al campus siamo andati a
casa della professoressa Cox.”, iniziai, ma fui subito
interrotta da una delle
domande di Allie.
“Com’è la casa della professoressa?
Elegante o
trasandata? Bella? Piccola? Brutta?”, prese a chiedere,
esattamente come un
fiume in piena.
“Allie, calma!”, la bloccai, notando che aveva
anche alzato il tono di voce. “La casa è bella e
grande, ma non credo sia
questo ciò che tanto ti interessa.”, ironizzai.
Lei annuì, facendomi poi cenno con la mano di
continuare.
“Doveva solo prendere dei vestiti e ne ha
approfittato per fare la doccia.”, aggiunsi, ancora incerta
su quanti particolari
dovessi fornirle.
Alla fine optai per un taglio sulla
conversazione riguardo alla foto, per concentrarmi, invece, su quelli
che
sapevo avrebbe di certo gradito maggiormente.
“Quando è tornato giù era senza
maglietta, ma
poi l’ha subito indossata.”, continuai, notando
l’espressione esterrefatta di
Allie.
“Aveva ancora i capelli bagnati.”, ricordai,
giocherellando con una matita appena estratta dall’astuccio
che tenevo sul
banco.
“E sei riuscita a non scaraventarlo contro il
muro?”, domandò ironica e sbigottita allo stesso
tempo. “Andiamo, tuo fratello
e i suoi amici troppo sexy!”, trillò, tanto che
dovetti ribadirle di abbassare
il tono di voce.
Ignorai il suo commento, preferendo, invece,
concentrami sul prosieguo del racconto.
“Lui si è avvicinato, io l’ho respinto,
così
mi ha proposto di riaccompagnarmi ed io mi sono letteralmente
scaraventata su
di lui.”, spiegai spostando l’attenzione dalla
matita al quaderno, nel
tentativo di alleviare la sensazione di disagio.
Nonostante non potessi vederli, percepivo
distintamente gli occhi sgranati e sorpresi di Allison fissi su di me.
“Wow.”, riuscì solo a commentare,
evidentemente ancora scossa da quella rivelazione.
“All’improvviso mi sono ritrovata seduta sul
piano della penisola della cucina, poi Harry mi ha teso la mano, io
l’ho
afferrata ed in un secondo ci siamo resi conto che stavamo facendo una
cazzata.”,
terminai, mentre sentivo le guance bollire per l’imbarazzo.
“Cioè, stavate per farlo nella cucina della
professoressa Cox!”, sbottò dopo qualche istante
la mia compagna, come se
ancora stesse cercando di realizzare ciò che le avevo appena
detto.
“Però ci siamo fermati in tempo!”,
replicai.
Allie soffocò una risata, i lineamenti del suo
volto erano più distesi e suggerivano
un’espressione molto meno esterrefatta.
“Ma da Louis è successo un casino.”,
ripresi,
ricordando che mancava un altro importante pezzo della storia.
Allie non disse nulla, mi fece solo segno di
continuare.
“C’era anche Harry e quando Louis ci ha
lasciati soli abbiamo litigato.”, sintetizzai, sorvolando
praticamente su
tutto. “Però Louis ha sentito, Harry mi ha dato
della puttana, Louis mi ha
chiesto se davvero continuavo a vedere Harry e Niall, io ho confermato
e mio
fratello gli ha tirato un pugno.”, le riferii.
“Fine della storia.”, conclusi
poi, iniziando a torturarmi le mani.
Non osai neppure guardare in direzione della
bionda.
“Cioè, tuo fratello ha dato un pugno in faccia
ad Harry!”, ripeté lei, per assimilare il concetto.
“Beh, non ho detto che fosse in faccia, però
sì: in sostanza è quello che è
successo.”, borbottai.
“E perché Harry era così
arrabbiato?”, mi
domandò allora.
D’istinto feci spallucce, poi cercai di
ricostruire la conversazione che avevamo avuto.
“All’inizio ha detto che si aspettava che
lasciassi Niall, poi gli ho chiesto di dimenticare tutto e lui
è andato del
tutto in escandescenza.”, dissi ancora assorta tra i ricordi.
“Io volevo solo evitare di fare la figura
della ragazzina che crede che dopo un bacio è amore vero.
Del resto, stiamo
parlando di Harry! Ho voluto darci un taglio io, prima che lo facesse
lui.”, le
spiegai, giustificando il mio comportamento.
“A quanto pare lui non ha molto gradito.”,
bofonchiò la bionda a denti stretti. “Ma sei
sicura che per lui non
significasse nulla?”, mi chiese poi, lasciandomi del tutto
spiazzata.
“È Harry, l’ha già fatto
altre volte con altre
persone.”, constatai con ovvietà, anche se
quell’eventualità, per quanto
assurda potesse sembrare, aveva nuovamente distrutto le mie certezze.
“Che intenzioni hai con Liam e Zayn?”, domandai
ad Allie, ormai bisognosa di un drastico cambio
dell’argomento di
conversazione.
La bionda sembrò pensarci, prima di
rispondere, poi legò il suo sguardo al mio.
“Cercherò di ascoltare il consiglio di Perrie,
credo.”, rispose, mimando le virgolette mentre si riferiva
all’avvertimento
ricevuto la sera prima.
“Liam mi piace come ragazzo, ma Zayn.. non lo
so, c’è qualcosa in lui che mi
destabilizza.”, dichiarò sicura delle sue
parole. “E poi non è colpa di Zayn se il mio ex va
in giro a baciare le sue ex.”,
ironizzò, forse per alleggerire la tensione.
“Hai provato a chiarire con Liam?”, provai a
chiederle.
Lei sgranò gli occhi e il suo viso si curvò in
una smorfia di disapprovazione mista a disgusto.
“Spero tu stia scherzando!”, squittì
sistemandosi una cicca di capelli dietro l’orecchio.
“Non ho alcuna intenzione
di stare a sentire le sue bugie.”, spiegò.
“Quindi suppongo che staserai non verrai.”,
borbottai, immaginando la noiosa cena che si prospettava
nell’immediato.
Dopo la sera del concorso, infatti, i ragazzi
non avevano avuto modo di festeggiare la vittoria, così
avevano deciso di
posticipare al giorno in cui avrebbero iniziato a registrare il singolo.
“Vi divertirete anche senza di me.”,
commentò
sarcasticamente.
Feci un ghigno, per nulla soddisfatta di
quella risposta.
“Certo, come no.”, bofonchiai. “Tu e
Perrie
non ci sarete, Harry si porterà chissà chi ed io
sarò sepolta dai sensi di
colpa.”, mi lamentai.
“Ti prego Allie!”, la supplicai allora.
“Sai
benissimo che io non posso mancare per via di mio fratello e di Niall,
ma ti scongiuro:
non mandarmi da sola.”, la implorai, giungendo le mani
davanti al mio viso in
segno di preghiera.
Lei scosse il capo, distogliendo lo sguardo
per rendere più semplice un eventuale rifiuto.
“Non chiedermi questo, Lizzie.”, mormorò
a
denti stretti.
Continuai a guardarla, cercando di addolcire
quanto più possibile i lineamenti del io viso, nel tentativo
di intenerirla.
“Smettila con quegli occhioni, tanto non
servono a nulla.”, m’intimò, puntando
l’indice della mano destra contro di me.
“Andiamo Allie! Non si abbandonando gli amici
nel momento del bisogno.”, la esortai, ormai sicura che fosse
prossima alla
resa.
“Ma non voglio vedere Liam, magari persino in
compagnia di Danielle, e non voglio vedere Zayn con Perrie.”,
si oppose la
bionda.
“Tranquilla, lei non è stata invitata, mentre
per quanto riguarda Zayn, sei stata tu a lasciare che si avvicinasse a
Perrie.”,
controbattei facendo spallucce. “Arriviamo di proposito in
ritardo e magari
andiamo via anche un po’ prima. Che ne dici?”,
proposi con un sorriso ampio
disegnato sulle labbra.
Lei sbuffò, prima di capitolare del tutto.
Trascorremmo il resto della giornata a
programmare nei minimi dettagli la serata, così da essere
pronte ad ogni
evenienza.
Allison aveva persino stilato un decalogo di
regole che avrei dovuto rispettare categoricamente. Tra queste
primeggiava il
divieto assoluto di lasciarla da sola in compagnia di Liam, ovviamente.
Quando raggiungemmo il locale avevamo già ben
quaranta minuti di ritardo.
Varcai la soglia e subito fui accolta da
un’atmosfera cupa e poco familiare. L’ingresso era
fiocamente illuminato, tanto
che prima di poter distinguere nettamente i contorni di tutti i
particolari
dovetti attendere qualche secondo. Il resto dell’enorme
stanza era rischiarato
da fasci di luce colorata che si alternavano ad intermittenza.
Immediatamente
percepii un sottofondo musicale e con lo sguardo cercai di capire da
dove esso
provenisse. In un angolo un gruppo live suonava canzoni rock per
animare la
serata. C’erano dei tavolini sparsi ovunque, la maggior parte
dei quali era già
occupata. Alcuni, i più bassi, erano circondati da divanetti
in pelle bianca o
nera, altri da poltroncine dello stesso materiale e sedie argentate,
probabilmente scelte per poter riflettere ancor di più i
giochi di colore delle
luci.
“Ragazze!”, esordì una voce a me
familiare.
Mi voltai e subito m’imbattei nel volto
sorridente ed entusiasta di Eleanor.
“Finalmente siete qui!”, esclamò quasi
con un
sospiro di sollievo.
“Ciao El!”, la salutai, avvicinandomi a lei.
“Forza, venite! Gli altri hanno già preso
posto.”, c’informò.
El mi prese per mano e con grinta mi fece
strada tra la gente. Sentii Allison sbuffare, ma poi di sottecchi la
vidi
seguirci senza opporre resistenza.
Subito notai i capelli di Zayn tra la folla, riuscendo
poi ad individuare anche gli altri. Erano seduti su dei divanetti posti
introno
ad un tavolino sul quale erano già poggiati tre bicchieri
vuoti. Non si trovava
in una posizione particolarmente centrale, ma era abbastanza vicino al
gruppo che
stava suonando, dunque la musica giungeva decisamente più
forte di come l’avevo
percepita all’ingresso.
“Ciao!”, salutammo in contemporanea io ed
Allie appena fummo abbastanza vicine da essere sicure che ci avrebbero
sentito.
In n attimo tutti gli sguardi furono su di
noi. Niall mi sorrideva amabilmente, mentre Louis aveva
un’espressione
contratta ed indecifrabile.
Liam fissava Allie quasi come se la ritenesse
un’allucinazione, probabilmente ancora non riusciva a credere
alla sua reale presenza.
Zayn, invece, aveva alzato la mano accennando ad un saluto, palesemente
imbarazzato. Ed infine c’era Harry. Lui era l’unico
che sembrava non aver
notato il nostro arrivo. Aveva lo sguardo rivolto verso la band e
canticchiava
distrattamente il pezzo che stavano eseguendo.
Notai che, nonostante fossero passati già
alcuni giorni, aveva ancora un piccolo livido sullo zigomo, ma preferii
ignorarlo del tutto.
El prese posto accanto a Louis, riempiendo lo
spazio che si era creato tra lui e Liam. Mi accomodai anche io,
sistemandomi
alla sinistra di Niall, poi feci segno ad Allie di raggiungermi. Lei
non se lo
fece ripetere due volte, nonostante dovesse accontentarsi della
presenza di
Harry dall’altro lato. Del resto l’alternativa
consisteva nell’affiancare Liam,
dunque non la prese neppure in considerazione.
Niall avvolse le mie spalle con un braccio,
poi lasciò un leggero bacio sulle mie labbra e in
quell’attimo percepii
distintamente l’attenzione di Harry e Louis focalizzarsi su
di me, tanto che
fui costretta ad abbassare il capo dall’imbarazzo.
Arrossì vistosamente e
sperai che nessuno lo notasse, ma ne ebbi la prova
dell’esatto contrario quando
Niall accarezzò con un dito la mia guancia, sorridendomi con
fare
incoraggiante. Mi sentii morire nel constatare la dolcezza di quel suo
gesto,
sicuramente scaturito dal tentativo di farmi sentire a mio agio dopo un
bacio a
cui altri avevano assistito.
Il silenzio si impadronì di noi, la tensione
era palpabile. Temevo che da una qualsiasi conversazione saremmo potuti
giungere ad argomenti sgradevoli, ma allo stesso tempo non riuscivo a
trovare
alcun pretesto per intavolare un discorso, magari anche frivolo. In
quel
frangente qualsiasi cosa sarebbe stata meno imbarazzante del silenzio.
Giocherellavo con il lembo del vestito blu che avevo indossato, mentre
lasciavo
sguardi fortuiti per cercare di cogliere un qualsiasi messaggio dalle
espressioni altrui.
Louis mi guardava con aria di sfida, nel
chiaro tentativo di manifestare il suo dissenso, mentre El si
mordicchiava il
labbro, immersa nei suoi pensieri. Liam mangiucchiava la cannuccia del
bicchiere ormai vuoto che teneva in una mano e periodicamente si
concedeva una
veloce occhiata in direzione di Allie. Quest’ultima aveva
incrociato le braccia
al petto ed attendeva, quasi in uno stato catatonico, qualsiasi tipo di
evoluzione. Harry era ancora completamente assorto dalla contemplazione
del
gruppo musicale. Aveva il gomito fissato sul ginocchio e la schiena
incurvata
affinché il mento poggiasse sul palmo della mano chiusa in
un mezzo pugno.
Niall continuava a tracciare con un dito l’orlo di un
bicchiere, anch’esso
vuoto, lasciato sul tavolo, ripetendo senza sosta quel breve movimento
circolare. Infine, Zayn tamburellava con le dita sulla coscia sinistra
coperta
da dei jeans neri, con una chiara espressione seccata dipinta sul volto.
“Ok, ora basta.”, esordì Eleanor,
ponendo fine
a quello strazio. “È chiaro a tutti che qualcosa
non va.”, dichiarò ignara
degli ultimi avvenimenti. “Quindi avete due
possibilità: affrontare i problemi
o fare finta di nulla, solo per stasera, così da goderci la
serata.”, sentenziò
con tono che non ammetteva repliche.
“Certo, la fai facile.”, borbottò Liam
tra i
denti, con astio. “Tanto non è mica uno dei tuoi
migliori amici quello che ha
baciato la tua ragazza!”, sputò con sarcasmo.
Trattenni il fiato a quelle parole ed
immediatamente spostai lo sguardo su Allie. Aveva gli occhi sgranati
per lo
stupore e le labbra socchiuse.
“Cazzo Liam!”, imprecò Zayn,
preparandosi a
rispondere alla frecciatina. “Non l’ho baciata! E
comunque non è più la tua
ragazza, non da quando tu hai baciato Danielle.”,
puntualizzò cercando di
reprimere un urlo.
Lo sguardo di Liam si fece furente, i suoi
lineamenti si indurirono e le sue mani si stinsero in due pugni. I suoi
occhi,
invece, erano ridotti a due piccole fessure.
“Sai benissimo che non sono stato io a baciarla!”,
tuonò catturando l’attenzione del gruppo seduto a
pochi metri da noi.
El sorrise loro, come per rassicurarli, e lo
stesso Liam attese qualche istante prima di riprendere.
“Ha fatto tutto da sola ed io non ho avuto il
tempo neppure di respingerla,”, chiarì.
“E tu, Zayn, ne hai meschinamente
approfittato.”, lo accusò.
“Io approfittato?”, gli fece eco il moro,
sbattendo più volte le ciglia come scandalizzato da
quell’affermazione. “Sei tu
quello che non fa altro che farla soffrire, cazzo!”,
controbatté puntando il
dito contro Liam.“Sei tu che le hai
dato buca per Danielle, sei
tu che l’hai lasciata andare, sei tu che l’hai
baciata quando ancora eri
fidanzato!”, continuò per rincarare la dose.
Vidi Liam aprir bocca, pronto ad intervenire,
ma fu bloccato dall’intervento di Allison.
“Basta!”, quasi urlò per sovrastare le
voci di
entrambi. “Smettetela di parlare di me come se non fossi
presente, smettetela
di parlare di me.”, tuonò con voce intimidatoria.
“Tu!”, iniziò indicando Liam.
“Ancora non riesco
a capire come abbia potuto sprecare tutto questo tempo con te,
davvero!”,
iniziò.
“Pensavo fossi una persona matura ed, invece,
non hai fatto altro che dimostrarmi il contrario. La scenata di stasera
è solo
la ciliegina sulla torta.”, commentò con voce
ferma e decisa, tanto da sembrar
ancor più distaccata.
“E tu!”, riprese poi, questa volta
focalizzando l’attenzione su Zayn. “Hai minimamente
idea di quanto Perrie tenga
a te?”, gli chiese. “Apri gli occhi, prima che sia
troppo tardi. Tu non ti
rendi neppure conto di quella luce che si accende nei tuoi occhi quando
parli
di lei. Ti ostini a voler credere che io ti piaccia, ma dimmi, Zayn: ti
piaccio
perché ti interesso davvero o perché ho
continuato a respingerti?”, lo provocò
inchiodando i suoi occhi in quelli ambrati del ragazzo.
Zayn non riuscì a sostenere lo sguardo, fu
costretto a distoglierlo poco dopo.
“Liam, tu non provare a dare neanche mezza
colpa di quello che è successo a Zayn, perché
l’unico responsabile sei tu.”,
concluse passandosi una mano tra i lunghi e chiari capelli.
“Ecco, almeno Allie è una donna che affronta
di petto i problemi.”, ironizzò mio fratello e
nelle sue parole colsi una
celata frecciatina al mio indirizzo.
Sorrisero tutti, non per la battuta in sé, ma
per l’effettiva e comune esigenza di voler smorzare la
tensione.
“Piuttosto, diteci.”, continuò Louis.
“Posso
ufficialmente chiamare mia sorella signora Horan?”, chiese
con aria scherzosa,
riservandomi un piccolo ghigno compiaciuto.
Mi pietrificai all’istante.
Mio fratello mi aveva appena messa in
difficoltà davanti ai suoi amici, nonostante sapesse quanto
delicata fosse la
situazione.
Non avrei mai potuto raccontare la verità a
Niall davanti a tutti. Lui meritava di sapere, dovevo essere io a
dirglielo, ma
non erano quelle le circostanze adatte.
Forzai un sorriso ed in un attimo gli occhi
azzurri di Niall incontrarono i miei. Erano raggianti, solari, felici.
Non
volevo illuderlo, non volevo mentirgli, ma immaginavo quanto dolore gli
avrebbe
causato la mera e cruda verità.
Del resto era una cosa che era successa,
certo, ma che non si sarebbe ripetuta, di questo ne potevo essere
sicura.
“Credo non ci siano problemi in merito,
vero?”, mi domandò ad una spanna dal mio viso.
Il suo respiro caldo mi solleticava il volto
ed il suo odore di muschio ed ambra m’invase le narici.
“No, nessuno.”, confermai con un filo di voce,
ormai quasi sulle sue labbra.
Lo vidi sorridere, poi colmò del tutto la
distanza tra noi. Il nostro bacio fu accompagnato da una serie di
applausi e
fischi di approvazione che ci impedì di prolungarlo
ulteriormente. Non badai
alla reazione di Louis, di certo ancora una volta non avrebbe approvato
il mio
comportamento.
Il clima si era fatto ora decisamente più
sereno, tanto che immediatamente seguirono battute ed i racconti del
pomeriggio
passato in uno studio di registrazione.
Solo l’espressione di Harry era ancora cupa.
Non partecipava affatto alla conversazione che gli altri avevano appena
intrapreso. Rimaneva in silenzio, seduto
all’estremità del divanetto accanto ad
Allie.
“Devo andare in bagno.”, dichiarai, percependo
la chiara necessità di dovermi allontanare anche solo per
qualche minute dal
riccio e da Niall.
Mi alzai e con lo sguardo cercai la direzione
giusta, poi, una volta individuata, raggiunsi la meta con passo svelto
e
deciso. Poggiai la schiena sulle fredde mattonelle della piccola
stanza, chiusi
gli occhi ed ispirai.
Come tanti piccoli flash, le immagini degli
ultimi giorni mi si pararono davanti agli occhi. C’era Harry,
c’era Louis,
c’era Niall. C’eravamo io ed Harry, io e Niall
uniti in un tenero bacio e poi
c’era lo sguardo deluso di Harry, le sue urla, le mie.
Aprii gli occhi di scatto e puntai lo sguardo
sullo specchio alla mia destra. L’immagine che mi
restituì non mi piacque
affatto. Avevo gli occhi stanchi e vuoti, il volto costretto in una
maschera di
apparente felicità.
“Congratulazioni, visto che ora è
ufficiale.”,
esordì una voce che riconobbi immediatamente essere quella
di Harry.
Sobbalzai per lo spavento ed indietreggiai di
qualche passo, poi mi soffermai ad osservalo ancora una volta. Gli
occhi verdi
erano carichi di rancore, le labbra piegate in un ghigno beffardo,
alcuni ricci
gli cadevano disordinati sulla fronte, mentre le due fossette erano
appena
accennate. Aveva le mani costrette nelle tasche dei pantaloni, serrate
in due
pugni.
“Cosa ci fai tu qui?”, gli chiesi, tornando a
voltarmi in direzione dello specchio.
La matita era colata agli angoli di entrambi
gli occhi, così presi un fazzoletto dal rotolo attaccato
alla parete e cercai
di rimuoverne parte.
Harry si avvicinò e con una mano afferrò il
mio polso, costringendomi a voltarmi verso di lui. Il mio corpo era
costretto
tra quello di Harry e la superficie di marmo che circondava il
lavandino.
“Ora hai intenzioni serie con Niall?”, mi
chiese ad un soffio dalle mie labbra.
Deglutii a causa dell’eccesiva vicinanza, poi
cercai di racimolare quanta più fermezza possibile. Non
volevo nuovamente
apparire vulnerabile ai suoi occhi.
“Non vedo come ciò possa interessarti.”,
borbottai.
I nostri occhi erano ancora fissi gli uni
negli altri e nessuno dei due accennava a voler interrompere quel
contatto
tanto labile quanto intenso. Nei suoi leggevo amarezza, tristezza,
frustrazione.
“Ed invece m’interessa, ok?”,
controbatté
scagliando un pugno sul marmo, a pochi centimetri dal mio fianco.
“Perché?”, lo sfidai per nulla
intimorita, ma
curiosa di capire.
“Perché ci tengo a te.”,
confessò in un dolce
sussurro.
Il mio cuore perse un battito a quelle parole,
le mie ginocchia iniziarono a tremare e tutto il mio corpo fu invaso da
una
scarica di adrenalina. Tuttavia, per quanto volessi credere ciecamente
alle sue
parole, sentivo come un freno nella mia mente che mi impediva di farlo.
Già troppe volte mi ero lasciata andare con
lui, affidandomi al mio istinto, ma ripetutamente avevo commesso un
errore, lo
stesso errore che ora volevo evitare.
“Dimostralo.”, mormorai quasi sulle sue
labbra.
Harry ghignò distogliendo lo sguardo dal mio,
poi lasciò la presa sul mio polso.
“Lo faccio di continuo, ma tu sei troppo cieca
per accorgertene.”, concluse con un’espressione
amareggiata dipinta sul volto.
Con
una falcata andò via. Percepii solo il tonfo
assordante della porta che veniva sbattuta alle sue spalle.
---
Angolo Autrice
Ed eccoci qui con il nuovo capitolo! Si inizia con le confidenze tra amiche, si passa per una specie di serata tra amici,
per poi concludere con il tenerissimo Harruccio caro!:D
Bene, al solito Lizzie non ne fa una buona, ma fidatevi... recupererà prima o poi!
Speriamo non troppo tardi però!!!
Le cose tra Liam/Allie/Zayn si fanno più confuse, anche perché ora c'è ache Perrie,
ma presto anche questa situazione verrà risolta, in un modo o nell'altro!xD
Che altro dire, ringrazio chi dopo tutto questo tempo continua a seguire, ricordare e preferire!<3
E ringrazio chi legge!:D:D
E ringrazio quelle splendide persone che commentano, davvero grazie!!*.* <3
Okay, vado piuttosto di fretta, visto che ci terrei ad aggiornare in mattinata anche l'altra storia, Skins.
Ah, quasi dimenticavo: ho comprato i biglietti per Torino!!! Chi di voi ci sarà????:D:D
Alla prossima!:*
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Capitolo 31 *** Nobody compares to you. ***
f
Nobody compares to you.
Sorrisi al suo
ennesimo complimento
ed immediatamente percepii una sensazione di calore propagarsi sul
viso, colorando
di un rosso scarlatto le guance.
Io e Niall avevamo appena terminato
di mangiare il dolce. Pochi giorni prima, infatti, mi aveva proposto di
cenare
insieme a casa sua, così quella sera aveva cucinato e
preparato tutto nei
minimi dettagli. Niall aveva ricreato un'atmosfera calda ed
accogliente,
preoccupandosi persino di accendere delle candele profumate in
soggiorno.
Quando ero arrivata lo avevo trovato ancora con il grembiule indosso e
la
cucina cosparsa di pentole, ciotole e salse. Si era scusato per il
disordine,
ma poi in un attimo era riuscito a sistemare tutto. La cena era stata a
dir
poco squisita e la dedizione con la quale si era adoperato per
realizzarla le
donava un tocco magico. Avevo riflettuto più volte sul fatto
che Niall non mi
avesse semplicemente invitata a uscire o a cena in un ristorante
elegante, ma a
casa sua e ciò rendeva tutto molto più intimo.
Ero lusingata dal suo interesse
e dalla sua voglia di rendermi partecipe della sua vita in ogni modo
possibile,
partendo proprio dalla quotidianità, ma al contempo ero
completamente
spaventata da ciò.
Non mi sentivo affatto pronta ad
affrontare una storia tanto seria e coinvolgente con Niall. Il mio
timore era
dato dalla consapevolezza di non poter ricambiare, almeno non in egual
misura,
l'intensità dei sentimenti che ci legavano.
Percepivo chiaramente che era Niall
che di giorno in giorno si propinava affinché la mostra
relazione non si
scalfisse, mente io divenivo sempre più parte passiva.
"Niall, smettila di versarmi
altro vino.", lo ammonii con voce carezzevole quando notai il mio
bicchiere riempirsi nuovamente di un liquido di color rosso mogano.
"Andiamo, questo sarà appena il
terzo bicchiere.", constatò lui regalandomi un sorriso tanto
ampio che mi
fece sciogliere all'istante.
I suoi occhi azzurri erano
particolarmente vivaci quella sera, esprimevano un'innata
vitalità e felicità e
per un attimo pensai che potessi essere io la ragione di ciò.
Il mio cuore perse un battito a
quell'eventualità.
Fui scossa da una profonda fitta che
mi colpì al petto, straziando ed attanagliando il cuore. La
mia storia con
Niall era basata su una mancata verità, una bugia, un
evento, o una persona, che
volutamente gli avevo tenuto nascosto per non farlo soffrire
inutilmente.
Sapevo che con Harry non avrei mai
avuto la possibilità di creare una relazione stabile e
duratura, sapevo che non
avrei mai avuto un attimo di tranquillità, sapevo che lui
non era Niall.
Mi vergognai nel concepire, anche se
solo come pensiero, da quanta codardia fossero state dettate le mie
scelte.
"Voglio sapere tutto di
te.", esordì facendo un mezzo giro sullo sgabello sul quale
era seduto.
Poggiò i gomiti sul legno chiaro
della penisola e si sporse in avanti, giungendo ad appena una spanna
dal mio
viso.
Puntai lo sguardi sulle mie ginocchia,
imbarazzata da quella sua richiesta.
"Tu ormai sai tutto di me,
mentre io a stento so come si chiamano i tuoi genitori.",
spiegò con voce
giocosa.
Prese la mia mano destra e subito la
intrecciò alla sua, mentre con l'altra mi costrinse ad
alzare il volto
facendomi nuovamente incontrare l'azzurro dei suoi occhi.
"C'é davvero poco da sapere sul
mio conto.", provai a dire scrollando le spalle e sorridendogli appena.
Sperai che il mio patetico tentativo
di sviare la conversazione andasse a buon fine, ma ebbi la conferma
contraria
quando vidi lo sguardo di Niall assottigliarsi pericolosamente.
"Com'era la tua vita a
Doncaster?", mi chiese ad un soffio dalle mie labbra.
Trattenni il respiro a quella sua
domanda. Non mi piaceva parlare del passato, non avevo mai gradito
dover
ricordare gli anni appena trascorsi a studiare e compiacere i miei
genitori.
Esitai prima di rispondere e lui parve notarlo. Portò una
mano sulla mia
guancia e la accarezzò dolcemente, infondendomi sicurezza e
tranquillità. Era
sorprendente constatare quanto un suo semplice tocco potesse
positivamente
influire sul mio corpo.
"Insomma, sono solo curioso e tu
non ne parli mai.", si giustificò piegando le labbra in un
sorriso
gentile.
Mi scostai leggermente, per creare
una maggiore distanza tra i nostri volti, poi presa da un impeto di
panico
afferrai il bicchiere ricolmo di vino e ne bevvi un sorso, illudendomi
che
sarebbe stato sufficiente a disinibirmi.
"Sono sempre stata una tipa
studiosa.", sbottai tutto d'un tratto, convinta che una confessione
lampo
mi avrebbe aiutata ad uscire illesa dal tuffo nel passato.
"Seguivo lezioni di pianoforte e
danza, per qualche tempo ho fatto anche equitazione, ma con scarsi
risultati.", raccontai senza soffermarmi su alcun tipo di particolare.
Niall sorrise, incitandomi a
continuare sullo sguardo.
"Ero nella redazione del
giornalino scolastico, mi occupavo prevalentemente della sezione
dedicata alla
cultura. Adoravo fare fotografie e recensire spettacoli teatrali e
musical.", ricordai.
Mille immagini mi offuscarono la
vista, costringendomi ad immergermi in quella serie di ricordi.
Non era piacevole ricordare, non ero
mai stata soddisfatta della mia vita, seppur l'avessi sempre accettata
senza
mai preoccuparmi di volerla cambiare.
Ciò che mi aveva sempre intrappolata
in quella posizione di stallo era la sicurezza a la
stabilità su cui essa si
fondava. Avevo sempre avuto paura dell'ignoto, delle novità
e forse proprio per
questo Harry era riuscito ad incantarmi con quel suo fascino
imprevedibile.
"E i tuoi amici?", mi
domandò ingenuamente Niall.
D'istinto spostai lo sguardo sul
quadro appeso alla parete alle sue spalle, focalizzando la mia
attenzione su
altro, come se ciò bastasse a lenire le ferite che quella
domanda aveva
rievocato.
"Non sono mai stata particolarmente
socievole. I miei genitori erano iscritti ad un club e partecipavano
praticamente a tutti gli eventi, quindi alla fine si era creata una
specie di
comitiva.", spiegai ed ancora una volta la mia mente fu invasa da una
serie di fotogrammi, istanti passati di vita. C’erano tutti,
seduti in cerchio
al solito tavolo per una di quelle noiose e subdole cene a cui erano
costretti
a partecipare.
C'era Kate, la figlia del collega di
mio padre, concentrata a sistemare la sua acconciatura, controllando il
suo
aspetto attraverso l'immagine che un piccolo specchio che teneva
nascosto in
una mano le rifletteva. C'era William che raccontava della sua ultima
corsa in
sella alla moto appena acquistata con i soldi della sua paghetta
mensile e
c'era Edward intento a mandare messaggi con il suo cellulare appena
entrato in
commercio che già pianificava il prossimo incontro con la
fidanzata di suo
fratello. Lydia, invece, si limitava a criticare qualsiasi cosa
entrasse nel
suo raggio visivo, sorridendo con fare altezzoso e sprezzante, mentre
Thomas
beveva ormai il decimo bicchiere di vino bianco. Jasmine fissava il suo
piatto,
ancora ricco di pietanze che non erano state minimamente toccate.
Quella sera,
esattamente come tutte le altre, non avrebbe mangiato nulla e nessuno
di noi le
avrebbe fatto domande. Riuscivo ancora a ricordare distintamente il suo
corpo
ormai scheletrico, gli occhi scavati, le guance sciupate, lo sguardo
assente,
ma terrorizzato, i lineamenti tesi, preoccupata dalla
possibilità che qualcuno
si accorgesse di lei. Poi c'era George con le sue camicie che
contenevano a
stento i suoi pettorali, pronto a cogliere qualsiasi pretesto pur di
vantare i
suoi evidenti muscoli, frutto di anni di allenamento come quarterback
della
squadra di football della scuola. Ed infine c'era Wilke che attendeva
in
trepidazione che la serata volgesse al termine per poter raggiungere il
bar
presso il quale giocava ripetutamente a poker, spesso perdendo molto
più di
quanto riuscisse a vincere, tanto che una volta era stato costretto a
dover
rubare dei soldi dal portafogli del padre per poter saldare i debiti
che si
erano accumulati a causa delle sue sconfitte. Agli occhi estranei delle
persone
eravamo perfetti, ricchi, giovani e felici, ma in realtà
eravamo solo un
mucchio di ragazzini viziati, viziosi ed egocentrici, ognuno
concentrato sul
proprio inconfessato bisogno di essere notato, ascoltato e compreso,
ognuno
bisognoso di affetto, quell'affetto la cui mancanza non poteva in alcun
modo
essere sopperita dai soldi.
Non li avevo più sentiti da quando
ero partita, nessuno di loro.
"Ero un'assidua frequentatrice
della biblioteca comunale, chiamavo tutti gli assistenti per nome ed
avevo
persino una poltrona riservate esclusivamente alla sottoscritta.",
continuai riprendendo il filo del discorso.
"E in quanto a ragazzi?",
mi chiese lasciandomi del tutto spiazzata.
Quando avevo iniziato a raccontargli
di com'era la mia vita non avevo capito che in realtà il suo
intento era fare
chiarezza sulle mie esperienze sentimentali.
Presi un respiro profondo e strinsi
forte la mano destra in un pugno, mentre con lo sguardo vagano su tutta
la
cucina.
Non volevo ammettere quanto nuovo per
me fosse questo ambito e, soprattutto, volevo accuratamente evitare la
questione dei rapporti intimi.
Lui non preferì parola, probabilmente
in attesa che trovassi il coraggio per proseguire.
Non aveva cambiato domanda e da ciò
recepii che non aveva affatto intenzione di sviare il discorso.
Del resto era comprensibile. Niall mi
aveva raccontato ogni cosa del suo passato, dalla sua prima
insufficienza alla
sua prima ragazza, mentre io mi ero sempre limitata ad ascoltarlo. Era
curioso
e non potevo di certo biasimarlo per questo.
"Solo uno.", confessai
sincera solo in parte.
Era chiaro che mi stessi riferendo ad
Harry, ma preferii omettere quel dettaglio.
"Ne eri innamorata?",
domandò dopo una manciata di secondi, avendo intuito che non
avrei aggiunto
altro di mia spontanea iniziativa.
Trattenni il fiato per un istante che
mi parve interminabile, cercando una risposta a quel semplice quesito
che tanto
mi aveva spiazzata. Non fui in grado di fornirgli una risposta
immediata.
Harry era la persona più irritante
che conoscessi, l'unica capace di farmi innervosire con una sola
battuta, di
farmi perdere il controllo, di tirar fuori l'Elizabeth meno riflessiva
e
gentile, quella più sfacciata e trasgressiva. Odiavo quanto
e come riuscisse ad
influire con i suoi
atteggiamenti sul mio umore e sulle reazioni del mio corpo. Era stato
sufficiente
un suo sguardo per far accelerare il mio battito cardiaco, un suo tocco
per
farmi fremere e tremare come una foglia, un attimo per far colorire le
mie
guance di un rosso porpora imbarazzante.
Ogni qualvolta si era avvicinato a me,
avevo percepito una strana sensazione attanagliare il mio stomaco,
faticavo a
rimanere lucida e respirare diveniva un'impresa di difficile
attuazione.
Ma, infondo, io non sapevo cosa
significasse essere innamorati. Mia nonna mi aveva sempre detto che,
quando lo
sarei stata, lo avrei capito, magari semplicemente guardando negli
occhi del
presunto ragazzo o abbracciandolo forte tra le mie braccia.
"No, non credo.", mormorai
incerta.
Niall sembrò tirare un sospiro di
sollievo, forse rallegrato dalla certezza di poter essere il primo.
Cercò il mio sguardo e mi regalò un
accogliente e caldo sorriso non appena i nostri occhi si incontrarono.
Tuttavia, non riuscii a ricambiare tutto
l’affetto che nutriva nei miei confronti e che trapelava da
quel piccolo gesto.
Rimasi immobile a fissarlo, concentrandomi
sui lineamenti del suo viso, mentre il senso di colpa dilagava in me.
Lui si avvicinò fino a far sfiorare
dolcemente i nostri nasi, poi poggiò le sue labbra umide
sulle mie, ancora
inumidite dal vino.
Fu nell'esatto momento in cui le
nostre lingue si incontrarono che, per la prima volta, fui totalmente
sicura di
star commettendo un errore.
Avrei dovuto dirgli la verità, avrei
dovuto raccontargli di quando a Natale io ed Harry ci eravamo
frequentati e di
quando, appena una decina di giorni fa, ci eravamo nuovamente baciati.
Ero stata una codarda a tentare di
omettere l'accaduto con ogni espediente possibile e nel farlo avevo
inequivocabilmente ferito anche Harry.
Mi scostai, indietreggiando di poco
per poter interrompere il bacio.
Niall sorrideva ancora, mentre
percepii il mio volto incurvarsi in un'espressione crucciata e
preoccupata.
Lo avrei fatto soffrire, ma meritava
di sapere la verità, meritava di sapere quanto squallida
fosse stata la sua
ragazza.
"Devo dirti una cosa.",
sussurrai a denti stretti.
Il suo viso repentinamente si
trasformò in una maschera di tensione ed insicurezza, aveva
la forte corrugata
e gli occhi arricciati.
Pensai ad un modo per rendere la
notizia meno shockante e, soprattutto, meno dolorosa.
Avrei potuto iniziare un discorso per
prepararlo adeguatamente, oppure confessare di punto in bianco.
Temevo, tuttavia, che se avessi
iniziato a parlare, vedendo la sua espressione delusa e rattristata, mi
sarebbe
venuto meno il coraggio di concludere ciò che avevo in mente
di fare, così in
un attimo optai per la seconda soluzione.
"Ho baciato Harry.",
dichiarai con un filo di voce e li sguardo puntano sul pavimento per la
vergogna.
Di sottecchi vidi Niall sgranare gli
occhi sbigottito da quella rivelazione.
Rimase in silenzio per qualche
secondo, o forse si trattava di minuti.
Avevo completamente perso la
percezione dello scorrere del tempo. Aspettavo una sua reazione, delle
grida,
una sfuriata, ma lui continuava a prendere tempo per metabolizzare le
mie
parole.
"Quando?", chiese in un
ringhio, mentre faceva scivolare una mano tra i suoi corti capelli
biondi.
Strizzai gli occhi, consapevole che
non avrebbe gradito affatto la risposta che stavo per dargli.
"Più di una volta, l’ultima la
mattina dopo il concorso.", mormorai.
Un tonfo risuonò tra le pareti della
stanza e, nonostante non lo avessi visto, capii che Niall aveva appena
sferrato
un pugno sul muro alle sue spalle.
"Va' via.", mio ordinò con
voce graffiata.
Alzai il volto, per cercare il suo.
Niall era in piedi, con un braccio si
reggeva alla parete. Aveva il capo recinto verso destra, il suo sguardo
era
assorto nel vuoto.
Il suo volto era furente, i suoi
lineamenti tesi e duri.
"Niall, mi dispiace,
io...", provai a dire, ma fui interrotta.
"Ho detto che devi
andartene.", ripeté e nei suoi occhi colsi agitazione.
Stava cercando di trattenere i suoi
istinti.
Scossi lievemente il capo e mi alzai,
poi mossi qualche passo in sua direzione.
Non volevo lasciarlo solo in un
momento come quello. Era un ragazzo giudizioso e responsabile, non
avrebbe mai
fatto sciocchezze neppure in simili circostanze. Tuttavia, mi sentivo
colpevole
e lo ero per davvero. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di alleviare il
suo
dolore.
"Non l'ho programmato, mi
dispiace così tanto.", mi scusai provando ad avvicinare una
mano al suo
braccio.
Lui la scansò con un gesto violento e
brusco per poi superarmi con una leggera spallata.
Camminava con ampie falcate per la
stanza, da un estremo all'altro senza sosta alcuna. Aveva incrociato le
braccia
al petto, ma poco dopo le aveva liberate da quella castigante posizione
ed
aveva iniziato a muoverle freneticamente.
Sospirai, indecisa su ciò che avrei
dovuto fare. Da un lato volevo provare a dargli una spiegazione che,
seppur
banale, avrebbe potuto fargli comprendere quanto realmente il nostro
rapporto fosse
importante per me. Dall'altro, invece, immaginavo quanto desiderasse
rimanere
da solo in quel momento, così da poter riflettere in modo
più lucido.
Mi mordicchiai il labbro, pensando
alle parole più opportune.
"Niall.", lo richiamai flebilmente.
Lui si voltò di scatto, puntando i
suoi occhi azzurri pieni di rabbia nei miei.
"Va' via!", urlò facendomi
sussultare per lo spavento.
Non lo avevo mai visto tanti adirato
e per un attimo temetti una sua reazione.
Annuii, senza riuscire a replicare in
alcun modo.
Racchetai tutte le mie cose, seguita
perennemente dal suo sguardo accusatorio e denigratorio, avvolta da
un'inquietante
e silenziosa atmosfera, poi senza aggiungere altro mi avviai in
direzione della
porta.
"Allora ciao. ", lo
salutai.
Niall non rispose, ma prima che la
porta si richiudesse alle mie spalle fui scossa da un assordante tonfo.
Mi precipitai giù per le scale, poi
corsi in strada con urgenza, quasi come se allontanarmi da quel posto
fosse
stato sufficiente a dimenticare tutto quello che era successo a causa
mia.
Avevo ferito Louis, avevo tradito Niall ed allontanato Harry solo per
la paura
dell’intensità del sentimento a cui ancora non
avevo dato un nome che ci legava.
Il mio corpo tremava, il petto si alzava ed abbassava ad un ritmo
veloce, ma
non regolare, gli occhi pizzicavano e delle lacrime cadevano copiose
sul mio
viso.
Il cielo era ormai buio, illuminato
solo dalla luce di qualche lampione, posti ad ampi intervalli sul
marciapiede
che costeggiava la carreggiata.
Volevo andar via, scappare, fuggire. Accelerai
il passo, procedendo lungo quella via che conoscevo ben poco.
Non sapevo cosa fare, dove andare, chi
chiamare. Continuavo a camminare con passo veloce ma incerto,
combattendo
contro me stessa per reprimere i singhiozzi che il pianto causava.
Con una mano asciugai una guancia, ormai
bagnata, poi passai agli occhi.
Vagai senza meta, guidata dal mio istinto,
fino a quando non mi ritrovai in un quartiere che conoscevo vagamente.
Non
sapevo di quanto mi fossi allontanata da quella casa, o quanto tempo
fosse
trascorso. Infreddolita, iniziai a vagare con lo sguardo tra le varie
strutture
che si ergevano ai margini della via, cercando in ognuna di esse
qualcosa di
familiare che mi avrebbe permesso di identificarle e, di conseguenza,
di orientarmi.
Avevo letto il nome della strada ad un incrocio, ma non ricordavo di
esserci
già stata. Ad un tratto scorsi un’insegna che
lampeggiava nel buio ed
immediatamente riconobbi un locale, una gelateria, dove Louis mi aveva
portata
prima delle vacanze di Natale. Mi fermai all’istante e, senza
pensare, mi
trovai a compiere l’ennesimo gesto automatico. Estrassi il
cellulare dalla
borsa e cercai nella rubrica un numero che in realtà
conoscevo a memoria, ma
che in quel momento non avrei mai potuto ricordare.
Sussultavo ad ogni squillo, pregando che
rispondesse, ma spaventata allo stesso tempo.
“Si?”, esordì una voce assonnata
dall’altro
capo del telefono.
Nel riconoscerlo scoppiai in lacrime,
riscoprendomi incapace di contenere l’angoscia e la
sofferenza che avviluppava
la mia mente ed il mio cuore.
“Lizzie, sei tu?”, mi chiese apparentemente
preoccupato.
Neppure quella volta fui in grado di fornirgli
una risposta, al contrario i miei singhiozzi si fecero più
profondi e rumorosi.
“È successo qualcosa? Lizzie, parla! Sono
preoccupato!”, esclamò e nel suo tono era evidente
un forte stato di
agitazione.
“Louis, sono davanti a quella gelateria vicino
casa di Niall.”, riuscii a dire, nonostante la mia voce fosse
rotta da continui
sussulti. “Mi vieni a prendere?”, chiesi con tono
supplichevole.
“Non muoverti, arrivo.”, mi ordinò prima
di
riagganciare.
Mi accostai alla saracinesca di metallo del
locale esitando ad ogni passo, quasi ne avessi paura. Con cautela mi
accasciai
a terra, portai le ginocchia al petto ed avvolsi le braccia intorno ad
esse.
Chiusi gli occhi, lasciando poi cadere la testa in avanti ed attesi
l’arrivo di
mio fratello.
“Lizzie, piccola, che ti è successo?”,
mi
sentii chiamare da una voce stranamente troppo vicina.
Le mie spalle furono avvolte da delle braccia
calde, infondendomi tranquillità e sicurezza.
Alzai di poco il volto, il necessario per
poter guardare negli occhi mio fratello.
Ancora una volta avevo perso la cognizione del
tempo, ma fui lieta di vedere il suo volto. Aveva il viso preoccupato,
un’espressione apprensiva, ma dolce e non era arrabbiato con
me.
D’istinto ricambiai l’abbraccio, stringendolo
forte la mio petto ad inspirando il suo dolce profumo, mentre altre
lacrime
solcavano le mie guance.
“Scusa Lou, scusami.”, sussurrai quasi sul suo
collo.
“Va tutto bene, va tutto bene.”, mormorò
mentre mi accarezzava dolcemente i capelli.
Strinsi forte la sua maglietta nella mia mano
destra, incapace di fermare i singhiozzi.
“Sono stata una stupida irresponsabile.”, mi
accusai. “Ho ferito Niall ed Harry ed ho deluso
te.”, riuscii a dire prima di
essere travolta nuovamente dal pianto.
Louis continuava ad accarezzarmi,
inginocchiato davanti a me, e mi stringeva forte a lui, trasmettendomi
con quei
gesti il suo affetto.
“Ho detto a Niall di Harry.”, spiegai.
Lo sentii sospirare prima di aumentare la
stretta intorno al mio corpo.
“Vedrai che sistemeremo tutto.”, mi
rincuorò. “Ora
però andiamo, forza.”, mi esortò
alzandosi in piedi per poi porgermi una mano.
Non ero per nulla convinta delle sue parole,
ma in quel momento volevo solo tornare
a
casa, così la afferrai e raggiungemmo la sua auto, poi mise
in moto e mi
riaccompagnò al campus.
---
Angolo Autrice
Salve a tutti!!:D Com'è andato il fine settimana??
Io mi ero riproposta di studiare, ma poi sono finita a vagare per efp per tutto il pomeriggio!!xD
Comunque, ecco qui il nuovo capitolo!!:D Finalmente Lizzie si decide a fare qualcosa!
Quante di voi aspettavano con ansia questo momento??:D:D
E ne approfitto per rinnovare i miei auguri per giu_giu_, anche se in vergognoso ritardo!!
Allora, grazie mille a tutte quelle persone che seguono, preferiscono e ricordano!!!<3
Grazie a chi legge e, soprattutto, grazie a quelle magnifiche persone che con i loro commenti
mi hanno resa ultra-mega-felice!!!<3 Thanks girls!!!*.*
Bene, bene... per ora credo sia tutto!:D
Nel prossimo capitolo, piccolissima anticipazione, cercheremo di risolvere alcune questioni e...
beh, diciamo che ho lasciato spazio al mio lato, che solitamente non emerge quasi mai, più zuccheroso...xD
Vabbè, fatemi sapere cosa ve ne pare!!:D
Ah, e se avete un po' di tempo mi farebbe davvero molto piacere sapere cosa ne pensate di Skins, altra storia che sto scrivendo!:D
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 32 *** Truly, madly, deeply. ***
g
Truly, madly, deeply.
La
mattina successiva fui svegliata da un
incessante ed irritante bussare alla porta che non accennava a
smettere. Al
contrario, la frequenza sembrava aumentare con il passare dei secondi
d’attesa.
“Allie, apri tu.”, mugolai sbadigliando,
mentre mi rigiravo pigramente nel letto.
Non ricevetti alcuna risposta. Probabilmente, nonostante
quel fastidioso rumore, la mia compagna di stanza non si era ancora
svegliata.
Svogliatamente diedi una veloce occhiata
all’orologio da polso che avevo lasciato sul comodino accanto
al letto: segnava
le sei.
Sospirai, pensando a chi potesse presentarsi
in camera nostra ad un orario simile, ma provai comunque ad ignorare
quell’incessante
tamburellare infilando la testa sotto il cuscino.
Non avevo alcuna voglia di alzarmi,
soprattutto dopo ciò che era accaduto la sera precedente.
Mi arresi solo quando i colpi si fecero più
intensi, prima che quell’individuo riuscisse ad abbattere la
porta.
Lentamente percorsi il breve tratto di stanza
che mi separava dall’ingresso, poi feci girare la chiave,
perennemente inserita
nella serratura, ed in un attimo la porta si spalancò,
così da far incrociare le
sue iridi verdi con le mie.
Harry era davanti a me. Aveva un’espressione
sconvolta e preoccupata sul volto. Il livido che avevo visto sul suo
viso era
ormai scomparso, ma ne notai un altro, seppur poco evidente,
all’altezza dello
zigomo. Aveva la mano sinistra poggiata sulla parete, come se
necessitasse di
un supporto per rimanere in piedi. Indossava dei jeans chiari, una
maglietta
stropicciata ed un giacca nera lasciata aperta. I suoi capelli erano
ancora più
disordinati del solito ed i suoi occhi suggerivano stanchezza e
mancanza di
sonno.
“Tutto bene? È successo qualcosa?”, gli
domandai in un sussurro, ancora spiazzata dal suo arrivo.
Lui accennò appena un sorriso e due fossette
si scavarono sulle sue guance, ma non rispose. Fece un passo in avanti
ed in un
attimo mi avvolse tra le sue braccia.
Era una stretta forte, energica, possessiva.
Il suo odore mi inondò le narici, i suoi ricci mi
accarezzavano la fronte, le
sue braccia circondavano completamente il mio busto. Esitai qualche
istante
prima di ricambiare l’abbraccio.
Chiusi gli occhi, lasciandomi cullare da
quella magnifica sensazione di completezza.
“Sono stato così in ansia per te,
stanotte.”,
confessò al mio orecchio facendomi rabbrividire.
A quelle parole intensificai maggiormente la
stretta e premetti il mio viso contro il suo petto, per sentirlo vicino.
“Quando Louis mi ha chiamato dicendomi che eri
sola, in mezzo alla strada, di notte…”,
iniziò con voce tremante, ma allo steso
tempo rancorosa, come se stesse accusando se stesso. “Ho
rischiato di
impazzire.”, ammise dopo qualche istante.
Solo in quel momento capii.
Capii che il mio cuore accelerava, che le
gambe tremavano, il respiro mi mancava, lo stomaco era in subbuglio. Il
suo
sguardo era capace di ipnotizzarmi, le sue parole di ammaliarmi, le sue
carezze
di mandarmi in estasi. Ero innamorata di Harry, dei suoi modi, della
sua
spavalderia che nascondeva la sua infinita dolcezza. Ero innamorata dei
suoi
ricci, delle sue fossette, dei suoi occhi verdi, del suo sorrisi
malizioso, dei
suoi odiosi tatuaggi e persino di quegli orribili cappelli di lana.
Capii che Harry
era davvero preoccupato per me, ogni volta, sempre, e probabilmente
aveva
sofferto per le parole che gli avevo riservato quando ci eravamo
incontrati a
casa di Louis.
“Mi dispiace.”, mi scusai contro il suo busto.
“L’importante è che ora tu stia
bene.”,
sentenziò tra i miei capelli.
Scossi il capo, liberandomi di poco dalla sua
presa, il necessario per far ricongiungere i nostri sguardi.
“Mi dispiace per quella mattina e mi dispiace
anche per averti chiesto di starmi lontana.”, spiegai.
Lui mi accarezzò dolcemente il viso con una
mano, mentre con l’altra mi teneva ancora stretta a
sé.
“A me dispiace di averti dato della puttana e
mi dispiace per Louis e per aver fatto quasi a botte con il tuo
ragazzo.”, si
scusò rammaricato.
Corrugai la fronte sulle ultime parole, non
avendo capito a cosa si stesse riferendo e lui sembrò
comprendere all’istante i
miei dubbi.
“Stanotte è venuto a cercarmi e se non fosse
stato per il ritorno di Louis probabilmente non ci saremmo limitati a
qualche
pugno.”, borbottò puntando gli occhi oltre le mie
spalle.
Con una mano sfiorai il suo livido,
comprendendo le ragioni che lo avevano causato.
Harry sussultò al mio tocco improvviso, ma lo
vidi rilassarsi poco dopo, mentre con le dita scendevo fino a
sfiorargli la
mascella. Lui intrappolò la mia mano tra la sua e la strinse
forte.
“Perché continui a scappare?”, mi chiese.
Esitai prima di rispondere alla sua domanda.
Harry mi fissava impaziente, bisognoso di conoscere quella risposta,
come se
essa nascondesse chissà quale importante verità.
“Ho avuto paura.”, ammisi. “E non
riuscivo ad
accettare ciò che avevo fatto e stavo facendo a
Niall.”, aggiunsi ricordando
quanto mi fossi sentita in colpa nei suoi confronti.
Lui annuì comprensivo, anche se non sembrò
soddisfatto delle mie parole.
“Te ne sei pentita?”, domandò dopo
qualche
istante di silenzio.
Quella volta non ebbi bisogno di neppure un
attimo per riflettere, conoscevo perfettamente la risposta.
“No.”, dichiarai con fermezza, sicura di
quell’unica sillaba, perdendomi nei suoi occhi verdi e
profondi. “E tu?”, gli
chiesi con un filo di voce, quasi temendo la sua risposta.
Ora che mi stavo esponendo tanto e per la
prima volta mi sentivo vulnerabile. L’amore era in grado di
renderti più forte,
più felice, ma allo stesso tempo ti rendeva debole e fragile
come cristallo o
come un ponte di sabbia. Capace di ridurti in brandelli con una sola
parola,
uno sguardo, un gesto, un’aspettativa tradita o una promessa
infranta.
Se per Harry quei baci, quelle parole, io non
avessero significato nulla, probabilmente il mio cuore si sarebbe
sgretolato in
mille piccoli pezzi che difficilmente sarei riuscita a riassemblare.
“Mai, neppure per un istante, neppure quando
ti ho vista con Niall.”, mormorò contro la mia
fronte, avvicinando le sue
labbra alla mia pelle.
Fui sollevata dalla franchezza della sua
frase, ma notai come le sua voce si fosse incrinata nel pronunciare il
nome del
suo amico.
Avevo fatto soffrire entrambi e mi sentivo
profondamente in colpa per ciò. Inoltre,
l’impossibilità di porre rimedio ai
miei errori non faceva altro che acuire i miei rimorsi.
“Mi dispiace anche per quello.”, aggiunsi, ma
lui rimase in silenzio.
Non mi aspettavo che mi perdonasse
all’istante, del resto nella posizione in cui ero non potevo
vantare alcun tipo
di pretesa. Speravo solo che il tempo l’avrebbe aiutato a
comprendere le mie
debolezze, così come io avevo intuito le ragioni delle sue.
“Hai…”, le parole gli morirono in gola
senza
che riuscisse a terminare quella frase, palesemente indeciso.
Era chiaro che volesse pormi un’altra domanda,
ma esitava. Lo guardai dolcemente, accennando un sorriso per invitarlo
a
continuare. Lui fece un respiro profondo, poi si decide a proseguire.
“Tu e Niall avete fatto sesso?”, chiese tutto
d’un fiato, trattenendo il fiato.
In quel momento era vulnerabile, esattamente
come me, ma insieme eravamo forti, capaci di superare le mie e le sue
debolezze. Scossi il capo in segno di diniego.
“Anche se avessi voluto, non ci sarei mai
riuscita.”, confessai senza attendere oltre, sapendo quanto
straziante potesse
essere il silenzio.
Lui tirò un sospiro di sollievo e le sue
labbra si piegarono in un ampio sorriso che mise in mostra le fossette
sulle
sue guance.
Esattamente come poco prima sentii
l’impellente esigenza di porgli la stessa domanda. Non volevo
che mi ritenesse
una ragazzina gelosa alle prese con la sua prima cotta, ma il mio cuore
ed il
mio cervello necessitavano di sapere con quali modalità
procedessero le
relazioni di Harry.
In passato non aveva avuto problemi nel
frequentare più donne contemporaneamente, ma da quando mi
erano giunte notizie
della sua rottura con Taylor non erano sopraggiunte altre ragazze.
Rimaneva,
tuttavia, l’incognita rappresentata da Caroline.
“Hai più visto Caroline?”, domandai con
un
filo di voce, percependo quella stesa sensazione che prima avevo solo
potuto
immaginare attraverso gli occhi di Harry.
“No, quella mattina è stata
l’ultima.”,
spiegò.
Era la prima volta che entrambi deponevamo le
asce e le armi da guerra. Era la prima volta che entrambi facevamo
completamente crollare le corazze che avevano avvolto le nostre anime
per un
tempo tanto lungo da farle quasi diventare una doppia pelle. Era la
prima volta
che decidevamo entrambi di essere completamente sinceri.
“E ce ne sono state altre?”, indagai ancora
scoprendo un nuovo aspetto di me.
Non ero brava nel gestire le relazioni, ero
del tutto inesperta in questo campo e, purtroppo, nessun libro per
quanto ben
scritto, accurato e approfondito avrebbe potuto sopperire alla mancanza
di
esperienza.
Harry sogghignò, forse divertito e compiaciuto
dalla mia gelosia.
“In verità circa un centinaio.”,
scherzò
smorzando la serietà del clima che si era creato.
Feci il broncio e gli tirai un leggero buffetto
dietro la nuca.
“Non sei affatto spiritoso.”, bofonchiai con
un’espressione di rimprovero.
“E va bene, confesso.”, mi concesse.
“Nessuna,
neppure per uno sguardo o un commento.”, sussurrò
mentre si avvicinava
pericolosamente al mio viso.
Sorrisi, sollevata da quella risposta, e lo
fissai con sguardo complice.
Non avevo più paura di tutti quei mille
brividi che continuavo a provare in sua presenza. Non mi spaventava il
vuoto
che si apriva nella mia mente quando i suoi occhi verdi imprigionavano
i miei o
il tremolio che scuoteva le mie ginocchia quando il suo respiro
sfiorava la mia
pelle, solleticandola.
Si fermò solo quando i nostri volti erano
talmente vicini da non riuscire a distinguerne i lineamenti.
“Sbaglio o dovevo starti lontano?”, mi
provocò
incurvando le labbra in un ghigno malizioso.
Un’ondata di calore proveniente dall’interno
colpì le mie guance, dando loro quell’imbarazzante
colorito.
Non ero ancora in grado di gestire una
situazione del genere, probabilmente non lo sarei mai stata. Harry era
capace
di scombussolarmi con poco, mentre io non potevo fare appiglio a nulla
per
procurare in lui le stesse reazioni che lui faceva scaturire in me.
Non ero sensuale, sfacciata, estroversa o
schietta, non sapevo stare a quel gioco di sottili provocazioni senza
sentirmi
a disagio.
La sua espressione si tramutò ben presto,
lasciando spazio ad un tenero sorriso.
“Adoro le tue guance rosse ed adoro la tua
timidezza. Adoro quando solo con uno sguardo riesci ad andare oltre le
apparenze ed adoro quando è sufficiente il tuo volto basito
per farmi
vacillare.”, mormorò sistemando una ciocca dei
miei capelli dietro l’orecchio.
“Adoro come tu non ti accorga dell’effetto che
mi fai.”, aggiunse sfiorando la mia guancia con le sue
labbra.
“E, per la cronaca, detesto come tu riesca a
farmi essere disgustosamente dolce e melenso.”,
ironizzò soffocando una risata.
Sorrisi anche io, poi le sue labbra premettero
sulle mie. Non attesi neppure un attimo prima di portare entrambe le
braccia
intorno al suo collo, percependo il bisogno di sentire la sua pelle a
contatto
con la mia.
Lentamente riscoprimmo i nostri sapori, assaporando
l’uno il gusto dell’altra. Non c’era
urgenza, fretta o smania. Entrambi avevamo
atteso, forse per troppo, questo momento per poterlo banalizzare in un
impeto
di passione. Con le dita accarezzai i suoi ricci, per poi scendere sul
suo viso
e seguire i lineamenti del suo volto. Harry aveva una mano ferma sul
mio
bacino, il suo tocco delicato mi teneva ben salda a lui, mentre
l’altra
scorreva adagio sulla mia schiena.
Ancora con estrema calma ci allontanammo di
poco, ansanti, ed i suoi occhi verdi e luccicanti si fissarono nei miei.
“Ti amo.”, confessò con il fiato corto e
le
labbra rosse.
M’immobilizzai all’istante, sorpresa dalla
disinvoltura con la quale aveva pronunciato quelle parole.
Harry si irrigidì, infastidito dal mio
silenzio. Forzai un sorriso, cercando di risolvere il caos che si era
scatenato
nella mia mente.
“Non dici nulla?”, domandò quasi con
tono
accusatorio assottigliando lo sguardo.
“Harry, io…”, provai, ma la mia voce
titubante
non convinse neppure me.
Ero innamorata di Harry, lo ero per davvero e
con tutta me stessa, ma in quel momento sentii come un blocco formarsi
all’altezza della gola che mi impediva di ricambiare quella
dichiarazione.
“Io…”, tentai ancora e nuovamente le
parole
morirono ancor prima di essere fuoriuscite dalle mia bocca.
Riscosse il capo, scrollando i ricci ed
aumentò le distanze tra i nostri corpi.
“Non aggiungere altro, credo di aver capito.”,
sentenziò con fare frustrato.
Sgranai gli occhi e scossi il capo in segno di
diniego.
“Assolutamente no! Non è come pensi!”,
esclamai
alzando il tono di voce.
Lui mi ignorò e diede una veloce occhiata alla
porta ancora aperta alle sue spalle. Il corridoio era ancora deserto e
silenzioso.
“Devo andare ora.”, esordì mentendo
spudoratamente.
“Andiamo Harry, dammi il tempo di spiegare. Io
ti…”, esordii, ma questa volta fu lui a mettermi a
tacere.
“Non dirlo, non ora. Non avrebbe senso.”,
m’interruppe.
Mi maledissi per non essere riuscita a
replicare immediatamente quelle due semplici parole. Mi aveva presa
alla
sprovvista ed io ne ero rimasta completamente spiazzata, tanto da non
riuscire
a proferir parola.
Lui si era sentito non corrisposto, rifiutato
ed ora probabilmente credeva fossi guidata da nuovi sensi di colpa.
“Ti chiamo io.”, mi salutò e senza
lasciarmi
il tempo di replicare andò via, chiudendo la porta alle sue
spalle.
Chiusi gli occhi ed indietreggiai fino a far
aderire la mia schiena al legno, poi mi lasciai cadere sul freddo
pavimento.
Chiusi le mani in due pugni e infilzai
energicamente le unghie nella pelle dei palmi, fino a farmi male,
mentre delle
prime lacrime scendevano sul mio viso.
Mi sentivo una sciocca per come ero riuscita a
far scappare via da me la cosa più bella che mi fosse mai
capitata: Harry.
“Lizzie, stasera gli sarà già
passata.”,
esordì Allie con voce rassicurante alzandosi dal letto.
Puntai il mio sguardo scettico su di lei.
“Mi sono svegliata quando eravate ancora alle
scuse.”, spiegò porgendomi una mano.
La afferrai e con l’altra mi asciugai le
guance.
“Eri scossa.”, mi rincuorò.
“Dopo tutto quello
che ti è capitato in quest’ultimo periodo
è normale essere confusi.”, aggiunse
per dare una spiegazione al mio comportamento.
“Ma io non sono confusa. Io so cosa provo.”,
controbattei con tono flebile.
Allie mi sorrise ed avvolse un braccio intorno
alle mie spalle.
“Allora devi solo aspettare il momento in cui
sarai pronta a dirglielo.”, disse. “Ed ora non
farti abbattere. La tua
chiacchierata mattutina è stata più lunga del
previsto, quindi sbrigati a
prepararti che stamattina abbiamo lezione.”,
trillò energicamente regalandomi
una buffa espressione.
“Forza, forza!”, mi incitò fingendosi di
buon
umore per risollevare il mio morale, ma in realtà sapevo
quanto anche lei
stesse soffrendo per via di Liam e Zayn.
In poco tempo ci preparammo, così ci dirigemmo
di buon ora verso la caffetteria del campus, pronte ad iniziare
un’altra
giornata.
Allie ordinò i due suoi soliti caffè necessari
per svegliarla dal profondo coma nel quale rischiava di cadere
puntualmente
ogni mattina durante le spiegazioni più noiose, mentre io
optai per un tè nero.
Allie aveva le gambe accavallate, un gomito
poggiato sul tavolo e con la mano destra reggeva la testa. I suoi occhi
faticavano a rimanere aperti. Io tenevo lo sguardo perso nel vuoto, il
capo
reclinato a sinistra e un’espressione triste ed angosciata
disegnata sul volto.
Nessuna delle due parlava.
“Ecco a voi ragazze!”, esclamò il
cameriere
appena giunse nuovamente da noi.
Con dei gesti fluidi sistemò le due tazzine di
caffè al centro, poi mi porse quella più grande,
infine sistemò un piccolo
piattino proprio davanti alla figura distratta di Allie.
Corrugai la fronte, non avendo capito di cosa
si trattasse, ma quel ragazzo fece spallucce senza fornirci alcuna
spiegazione,
poi si dileguò per tornare alle sue faccende.
La bionda parve notare lo strano contenuto
solo quando vagò con lo sguardo alla ricerca della sua
preziosa bevanda.
“Che cos’è?”, mi chiese
studiando quella che
sembrava essere una pila di post-it colorati a forma di cuore.
“Non lo so.”, risposi sincera, scrutando
attentamente quegli strani foglietti.
“C’è scritto qualcosa?”, le
domandai
sempre più curiosa di scoprire quale segreto nascondessero.
Allie li afferrò con un gesto deciso, poi
iniziò a girarseli nelle mani. Il retro era completamente
vuoto, esattamente
come il primo post-it.
“Sarà qualche stupido scherzo.”,
borbottò
indispettita.
Li sfogliò distrattamente ed il suo volto si
tramutò in un’inconfondibile espressione di
stupore. Con foga staccò il primo
foglietto, scoprendo delle parole scritte su uno sfondo giallo con una
calligrafia ordinata ed elegante.
Lesse il primo messaggio con voce tremante,
emozionata.
“Hello, hello. I know
it’s been a while but baby I got something that I wanna let
you know.”, iniziò
confusa.
“E poi?”, la esortai sorridendole.
“E poi è finito.”, mormorò
indecisa ed
insicura come mai l’avevo vista.
Ero abituata alla Allie grintosa e vitale,
testarda ed estroversa, non a quella sensibile e fragile.
“Vai a quello successivo, dai!”, la incitai
ancora, cercando di essere convincente.
Lei annuii, prese un respiro è staccò un altro
post-it, rivelandone uno rosa.
“You say to everybody
that you hate me. Conuldn’t
blame
you ‘cause I know I left you all alone.”, lesse
ancora mentre la sua voce
iniziava ad incrinarsi per l’emozione.
Erano parole di Liam e quella era una delle
ultime canzoni che avevano composto.
Con urgenza e fretta rimosse un altro post-it,
facendone emergere uno di colore verde.
“Now I’m back at your
door, you’re looking me unsure, I should have seen it
before.”, continuò per
poi andare avanti con un nuovo post-it arancione.
“You’re all I think
about, baby.”
Incurvò
le labbra in un sorriso, il suo volto era chiara
espressione di stupore, ma allo stesso tempo incertezza. Non
c’era quello
strano luccichio nei suoi occhi.
“Ti prego continua a leggere tu.”, mi
supplicò. “Io credo di non
farcela a continuare.”, spiegò mordendo forte tra
i denti il labbro inferiore.
Annuii comprensiva ed accettai il blocco di foglietti che mi aveva
appena allungato. Staccai quello che aveva già letto e
proseguii.
“I was so stupid for letting you go, but I know
you’re still the
one.”, declamai cercando di dare un tono a quelle
meravigliose parole.
“You might have moved on, but girl you
should know you’re still the one.”, proferii prima
di essere interrotta da un
suo sospiro.
“I know I’m saying too much, but I will
never give up. I was so stupid for letting you go, but I know
you’re still the
one.”, terminai la lettura di un’altro post-it
azzurro.
“Hello, hello. I’m really hoping you forgive
me.”, c’era scritto
sull’ennesimo foglietto verde.
“I keep talking begging, tell me what I wanna
hear.”continuai
passando ad uno di colore giallo.
“I remember all the times and all the words that we
said.”,
esclamai soffermandomi su quella frase che spiccava dallo sfondo rosa.
Allie era palesemente combattuta, chiusa in uno stato di apparente
quiete. Si arricciava una ciocca dei lunghi capelli, poi giocava con le
dita
delle mani, intrecciandole, ticchettava sul legno del tavolo, si
massaggiava il
volto, si copriva la bocca con una mando, cercando di concentrare la
sua
attenzione altrove, di distogliere lo sguardo da quella pila di
foglietti.
“I can’t get it out of my head.”,
ripresi.
“Because…”, cercai di allungare il suono
delle ultime lettere,
così da riuscire a rendere la punteggiatura che accompagnava
quell’unica parola
segnata su un post-it azzurro.
“Truly, madly, deeply I am”, lessi mentre un
sorriso spontaneo si
disegnava sulle mie labbra.
Allie cercò il mio sguardo, trattenendo il fiato mentre
aspettava
che le rivelassi il contenuto del successive biglietto.
“Foolishly, completely fallin’”, le
riferii.
“And somehow you caved all my walls in.”,
continuai sfogliando quello successivo.
“So baby, baby say you’ll always keep
me.”, dissi.
Allie mi guardava con aria sconcertata, impacciata. Alle sue
spalle intravidi Liam, ma lui mi fece cenno di proseguire,
probabilmente voleva
attendere la fine prima di rivelare la sua presenza alla mia amica.
Staccai un altro post-it e questa volta rimasi sorpresa
dall’unica
grande parola che si mostrava.
“Truly.”, lessi semplicemente.
“Madly.”, ripresi cercando di dare ad ogni avverbio
il giusto
spessore.
“Crazy.”, ridacchiai pensando a quanto quel termine
fosse
appropriato.
“Deeply.”, pronunciai facendo scorrere il dito sul
nuovo
biglietto.
“In love.”, sospirai osservando Allie che batteva
freneticamente
le ciglia.
“With you.”, aggiunsi andando avanti.
“In love with you.”, conclusi leggendo
l’ultimo post-it che era
stato scritto.
“Ti
amo.”, confessò Liam alle sue spalle che
nel frattempo ci aveva raggiunte.
Allie scattò in piedi, per poi voltarsi e sorprendersi
nel constatare che Liam fosse davvero lì. Le porse la rosa
rossa che teneva tra
le mani, esattamente come al loro primo appuntamento.
Lei la accettò di buon grado, sorridendogli.
“Grazie, grazie davvero Liam.”, iniziò.
Sorrise appena, con la testa china. Aveva
gradito quella sorpresa, avevo visto i suoi occhi tentennare, ma sapevo
quanto
ancora non fosse pronta a ricominciare tutto dall’inizio. Con
Liam era stato
come essere travolti da un uragano. Aveva provato in tutti i modi a
farsi
notare da lui, aveva lottato, aspettato, pazientato, sorvolato e
sofferto.
“Ti ringrazio, davvero, ma non posso
accettare.”, riprese riconsegnandogli l’unica e
grande rosa rossa. “Ho bisogno
di tempo, ho bisogno di far chiarezza.”, spiegò
inarcando lievemente le spalle.
Non era solo Liam ad arrecarle dolore, ma anche l’ormai
avvenuta perdita di
Zayn. Lo aveva sottovalutato sin dall’inizio, lo aveva dato
per scontato ed ora
pagava le conseguenze della sua superficialità. Non
l’aveva ammesso
apertamente, ma lo aveva lasciato chiaramente intuire appena poche sere
prima,
quando eravamo finite casualmente a commentare un bacio che avevamo
visto
proprio tra Zayn e Perrie. Se l’era fatto scappare, troppo
impegnata a seguire
un ragazzo che si era rivelato ben diverso dalle sue aspettative.
“Mi dispiace.”, concluse con aria affranta,
congedandolo.
Mi rivolse un leggero sguardo di scuse, poi
con passo deciso andò via, allontanandosi da quel luogo.
L’aveva fatto, Allie
era andata oltre, Allie era riuscita a rinunciare, era maturata,
cresciuta.
Aveva rinunciato a quell’infantile obiettivo che si era
preposta di raggiungere
ed aveva rinunciato a Zayn perché sapeva quanto poco avrebbe
potuto renderlo
felice rispetto a Perrie e alle sue mille attenzioni.
Sorrisi amaramente, mentre una sensazione di
vuoto dilagava nel mio petto. Avevo lasciato andar via Harry.
Non ero riuscita a tirar fuori quelle due
semplici parole. Senza neppure salutare un Liam sorpreso e confuso,
scappai
via, dirigendomi nella mia stanza. Quel giorno non sarei andata a
lezione, del
resto sarebbe stato totalmente inutile. Avrei passato tutta la
mattinata ad
incolparmi per ciò che era accaduto con Harry, senza
riuscire a seguire neppure
un piccolo frammento di una qualsiasi spiegazione.
Corsi per il breve tragitto che distanziava la
mia stanza dalla caffetteria, poi mi catapultai all’interno.
Con poche falcate
raggiunsi la scrivania ed iniziai a frugare tra i cassetti, alla
ricerca della
mia Moleskine azzurra. Solo quando la trovai riuscii a calmarmi. Presi
posto
sulla sedia e poggiai entrambi i gomiti sulla superficie di legno, poi
mi
concentrai ed iniziai a scrivere.
Avevo registrato ogni singolo avvenimento
sulle pagine di quell’agenda, anche quelli apparentemente
meno significativi.
Avevo appuntato idee, impressioni e citazioni che mi avevano colpita,
ma mai
una lettera.
Terminai nel giro di poco, soddisfatta di ciò
che il mio istinto mi aveva portata a scrivere di getto. Sapevo cosa
avrei
voluto fare e, nonostante fosse una pazzia, decisi di farlo.
Racchetai qualche vestito dal mio armadio e lo
infilai nel primo borsone che trovai, poi presi dei soldi, il
cellulare, i
documenti e la mia agenda ed in un attimo fui fuori dal college.
Decisi di agire immediatamente, se avessi
atteso ulteriormente avrei finito per ripensarci.
Chiamai un taxi e mi feci accompagnare presso
l’autonoleggio più vicino. Per
l’occasione scelsi una Bmw decappottabile che
avrei sperimentato immediatamente guidando fino a casa di Louis.
Scesi dalla macchina con la Moleskine in mano,
poi la lasciai nella cassetta della posta di mio fratello.
Mi costringevo a non pensare, preoccupandomi
solo di seguire scrupolosamente le istruzioni dettate
dall’esigenza di fare
qualcosa di insensato.
Tornai in auto e chiamai mio fratello.
“Louis, sono Lizzie.”, lo salutai.
Lui ricambiò, forse frastornato a causa
dell’orario eccessivamente mattiniero.
“Sto partendo ora per Doncaster, resto qualche
giorno da mamma e papà.”, lo informai.
“Ho lasciato una cosa per Harry tra la
posta, puoi dargliela tu?”, gli chiesi non lasciandogli
neppure il tempo di
controbattere. “Ok, grazie. Ciao.”, terminai la
telefonata prima che potesse
effettivamente rendersi conto del significato delle mie parole.
Spensi
il cellulare e sorrisi soddisfatta mentre
stringevo il volante tra le mani, poi misi in moto e partii.
---
Angolo Autrice
Buonasera a tutti!:D
Allora, avrei voluto pubblicare questo capitolo ieri, ma purtroppo non sono riuscita a trovare neppure un attimo di tempo,
così ho dovuto rimandare ad oggi ed addio 25 novembre!xD
Comunque sia, è piuttosto lunghetto e stavolta ho inserito anche una loro canzone!:D
Credo non ci sia bisogno neppure di dirlo, però, per dovere di cronaca, la canzone è Truly, Madly, Deeply. *.*
Lizzie è sempre più no commnet, Harry è
semplicemnete wow, Liam dolcissino ed Allie... bah, forse confusa...
Ormai siamo agli sgoccioli, anzi, annuncio che il prossimo sarà l'ultimo capitolo!!!
Non so se ruscirò a pubblicarlo in settimana, ultimamente sono molto indaffarata...
Però ci provo, al massimo lo troverete sicuramente entro giovedì prossimo!;)
Anyway, ormai ne succedono di tutti i colori e tutti i tipi, eh??
Ringrazio le splendide persone che continuano a seguie, preferire e ricordare,
quelle coraggiose che non hanno smesso di leggere
e quelle grandi eroine che commentano!! Grazie mille, davvero!!!<3
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 33 *** All your little things. ***
g
All your little things.
Premetti il
pedale sull’acceleratore, mentre
oltrepassavo il cartello che, posto sul ciglio sinistro della strada,
mi
informava fosse definitivamente uscita da Londra. Era una mattinata
calda,
quella, tanto che fui costretta ad indossare gli occhiali da sole per
impedire
che raggi
affaticassero la mia vista. La
periferia era caratterizzata da ampi complessi industriali, enormi
edifici
grigiastri si affiancavano l’uno all’altro, in un
interminabile susseguirsi.
Deglutii, concentrandomi sulla strada e per un attimo ripensai a
ciò che stavo
facendo.
Avevo davvero lasciato la mia Moleskine,
quella che Harry mi aveva regalato a Natale, tra le sue mani. Gli avevo
consegnato i miei pensieri, i miei ricordi, le mie impressioni, tutto
di me.
Sapevo di aver fatto la cosa giusta, speravo
solo lui comprendesse quanto per me fosse importante.
Evidentemente
non sono brava con le parole, non sono brava a parlare di emozioni, non
sono
brava a guardarti negli occhi e confessarti cosa provo per te.
Faccio
sempre la cosa sbagliata, ho paura ad espormi e tendo a complicare
qualsiasi
tipo di situazione.
Superai
l’enorme camion che rallentava il mio
viaggio, varcando la striscia sinistra che limitava la seconda corsia.
Volevo
andare veloce, volevo correre e non perché volessi arrivare
subito a
destinazione. Volevo solo gustarmi quel viaggio, godermi
quell’ebbrezza di
libertà, quella magica sensazione di indipendenza che
avvolgeva il mio corpo.
Avevo fatto la mia scelta, senza curarmi dei miei programmi, senza
tener conto
delle conseguenze. Avevo commesso così tanti errori, avevo
optato così tante
volte per la soluzione errata che, ormai, sentivo di essere cambiata.
C’era un qualcosa di diverso in me, forse
quella sicurezza, quella freddezza e
quell’impulsività che avevano dettato la
mia decisone, che in passato, invece, mi avrebbero risucchiata
completamente.
Solo in quel momento, per la prima volta, finalmente riuscivo a
comprendere i
motivi che avevano spinto Louis ad allontanarsi da Doncaster. Per la
prima
volta comprendevo le sue necessità, la sua esigenza di
sentirsi libero, la sua
voglia di vivere la sua vita a suo modo, secondo le sue regole, il suo
desiderio di realizzarsi, la sua ambizione. Tutto mi appariva in una
prospettiva
diversa, nuova. E non importava se in quel momento stessi percorrendo
esattamente la strada che mi conduceva a casa, perché per
quanto quel posto era
rimasto immutato, ero io ad essere finalmente cresciuta.
È
vero, sono
partita, sono andata via un’altra volta. Ma non sono
scappata, non sono corsa a
nascondermi, non questa volta. Ho smesso di farlo. Non voglio
più cercare di
allontanarti o di allontanare me stessa. Non voglio più
fingere che tu non mi
piaccia o cercare di nascondere le mille emozioni che tu mi fai
provare. Non
voglio più tentare di mostrarmi indifferente, mentre vorrei
soltanto baciarti.
E, pensa, persino il solo pensiero mi fa sorridere.
Forse avevo
commesso l’ennesimo errore nel
ritenere quella, la scelta di lasciarmi guidare dal mio istinto,
l’opzione
migliore. Avevo sentito l’esigenza di allontanarmi, anche
solo per qualche
giorno, da quell’ambiente che ultimamente mi aveva riservato
non poche
sorprese. Ero certa dei miei sentimenti, non ero mai stata
più sicura di
qualcosa, qualsiasi cosa, come in quel momento.
Ero cambiata, lo sentivo, lo percepivo ed il
miglior modo per costatarlo era proprio tornare a casa.
Volevo ricominciare, dare a me stessa un’altra
possibilità, ma per farlo dovevo essere sicura che quello
strato di apatia che
mi avvolgeva si fosse definitivamente squartato. Louis mi aveva
confessato che
la prima volta che era tornato a casa, dopo essersi trasferito, aveva
sentito
un’inspiegabile sensazione di soddisfazione. Mi aveva
confessato che aveva parecchio
sofferto la nostalgia di casa, ma ogni qualvolta guardava
all’enorme schiera di
possibilità che si era aperta davanti a lui, ricordava il
perché continuasse a
perseguire con tanta tenacia la sua ferma posizione.
Voleva non essere più rinchiuso in quella
campana di vetro che aveva schermato ogni sua esperienza, voleva
sentire tutto
sulla sua pelle.
Harry, ne ero sicura, avrebbe capito.
Non
ho mai
scritto una lettera,non una che parli di sentimenti, perlomeno. In
realtà non
so neppure se questa possa definirsi tale. Insomma, non
c’è un intestatario ed
è scarabocchiata sulle pagine di un’agenda. Non so
neppure da dove iniziare,
davvero.
Abbassai di poco
il finestrino, così da
lasciare che l’aria fresca entrasse all’interno
dell’abitacolo. Rabbrividii
quando una piccola folata di vento scombinò i miei capelli e
sorrisi. Mi
piaceva quella sensazione, era come se la velocità riuscisse
ad accarezzarmi.
Era come sentire qualcosa di intangibile. Così, affascinata
dall’immagine che
quel pensiero aveva riprodotto nella mia mente, mi decisi a premere il
pulante
che consentisse alla copertura dell’auto di abbassarsi.
Volevo quell’aria,
volevo che non la percepissi solo sui capelli, ma in pieno viso, volevo
sentirla. Procedevo quasi oltre il limite di velocità sulla
strada, con il
vento che segava il mio volto, protetto solo da un paio di occhiali da
sole. In
pochi istanti mi abituai alla nuova temperatura, trovandola stranamente
piacevole.
Mi
dispiace.
L’ho detto talmente tante volte che potrà
risultare ripetitivo e banale, ma non
riesco a non pensare a quanto il mio comportamento sia stato
deprecabile. Ho
provato a fare la cosa giusta, sin dall’inizio, ma con il
passare del tempo mi
sono resa conto che più provavo a non compiere errori,
più ne commettevo.
Persino quando ho provato a fare ciò che il mio cuore
suggeriva non ho fatto
altro che aggravare la mia posizione. Ho sbagliato e mi dispiace. Mi
dispiace
di averti ferito.
Il navigatore
continuava a lampeggiare,
segnalando in rosso il limite di velocità che ero tenuta a
rispettare e che,
tuttavia, continuavo a violare. Harry aveva catturato la mia attenzione
dal
primo istante, sin da quando quella notte ci eravamo incontrati
casualmente per
i freddi e silenziosi corridoi della palazzina alloggi del campus. In
quell’occasione non avrei mai neppure lontanamente pensato
che mi sarei
innamorata proprio di lui. Lo avevo guardato, con quella sua aria
inscrutabile,
e non ero riuscita a cogliere nulla dai suoi occhi, non ero riuscita a
leggerli. Ma, poi, avevo imparato a conoscerlo. Avevo intuito come i
suoi
sguardi celassero fiumi di parole, come un suo sorriso potesse
trasmettermi
esattamente ciò che provava in quel momento, come un
semplice gesto volesse in
realtà significare altro.
Harry era fragile, forse lo era persino più di
me. La vita lo aveva ripetutamente posto dinanzi a situazioni
difficili, che
lui non aveva esitato ad affrontare. Harry ce l’aveva fatta,
aveva lottato ed
aveva vinto. Ma era proprio la consapevolezza del dolore, della lotta,
di quel
continuo protendersi per superare le difficoltà, che lo
aveva reso estremamente
insicuro. Non voleva più soffrire, non voleva dover
rinunciare agli affetti
ancora una volta.
Ed io, senza neppure essere consapevole, lo
avevo nuovamente posto in una situazione di dubbio equilibrio. Avevo
pensato
sempre ed esclusivamente a me stessa, alle mie paure, alle mie
esigenze,
vedendo in Harry solo del negativo, un qualcosa che poteva suolo
nuocermi.
Poche volte, invece, mi ero soffermata a riflettere su ciò
che lui potesse
provare mentre continuavo a non prendere una decisione definitiva.
Non ero l’unica ad aver bisogno di certezze,
anche lui ne necessitava.
Ti
amo. Non
te l’ho detto stamattina, ma ti amo. La verità
è che mi hai colta di sorpresa,
che non ero pronta, che avevo desiderato talmente tanto quel momento,
che
quando è realmente accaduto non mi pareva vero. La
verità è che ho sempre avuto
paura, paure di soffrire, di illudermi, di rimanere delusa. La
verità è che
mentre cercavo di difendermi da me stessa, non ho fatto altro che far
soffrire
gli altri, che far soffrire te.
Sorrisi,
ripensando alle parole che avevo
scritto quella mattina. Non sapevo se e quando Harry le avrebbe lette,
ma il
solo pensiero mi rendeva felice. Volevo che sapesse cosa provavo,
volevo che
sapesse che lo amavo. Certo, avrei preferito poterlo guardare in quei
chiari
occhi verdi, mentre gli confessavo i miei sentimenti, ma temevo
chissà quale
assurda conversazione ne sarebbe derivata. Inoltre, volevo lui sapesse,
volevo
Harry sapesse subito.
Sono
partita. Forse sarò anche già arrivata quando
leggerai queste righe. Sento di
aver bisogno di trascorre qualche giorno a casa, di capire chi ero e
chi sono.
È come se, tutto d’un tratto, ogni cosa sembra
avere una rilevanza diversa.
Ricordi quella sera, quando mi hai fermata nel corridoio? Per te era
solo uno
stupido scherzetto fatto ad una ragazzina con la faccia spaurita, ma io
quella
notte mi sono sentita stranamente più viva quando ti ho
risposto. Mi sono
sentita viva quando ti ho visto in biblioteca, tutte quelle volte che
mi hai
fatta arrabbiare, che mi stuzzicavi. Mi sono sentita viva la prima
volta che mi
hai baciata e tutte quelle che sono susseguite. Mi sono sentita viva
persino
mentre mi sentivo morire quando mi ignoravi, quando c’era
qualcun’altra con te.
Perché tutto con te è più amplificato,
più intenso, tutto con te ha un colore
diverso, più luminoso.
Decelerai,
quando sulla sinistra notai a
neppure un chilometro di distanza lo svicolo per Doncaster. Ormai
mancava
davvero poco, conoscevo bene quella strada. Non avevo mai guidato su
una tratta
tanto lunga, per giunta anche da sola, ma era stato piacevole farlo.
Papà preferiva avvalersi dell’autista per i
suoi viaggi, ma io non ero affatto dello stesso avviso. Poggiare le
mani sul
volante, stabilire la direzione, essere padroni dei propri movimenti mi
forniva
un’incredibile carica di adrenalina ed energia.
In quel momento ero io a decidere, ero io
l’unica responsabile di me stessa, l’unica a cui
dovessi rendere conto delle
mie azioni. Sorrisi, interrogandomi su ciò che avrei sentito
quando finalmente
avrei varcato la soglia di casa.
Ti
amo. Ti
amo, ma questo te l’ho già detto.
La radio passava
della musica degli anni
ottanta, di cui non conoscevo neppure un titolo. Mi lasciavo cullare
dal ritmo
che giungeva ovattato dal vento alle mie orecchie. Avevo corso per
quasi tutto
il tragitto, fermandomi solo per pochi minuti, necessari per prendere
un caffè
ed assicurarmi un breve ristoro. In lontananza potevo già
vedere le prime abitazioni
della città sbucare dall’orizzonte. Sarei andata a
casa, avrei rivisto i miei e
avrei cercato di ristabilire le mie priorità. Avevo bisogno
di fare chiarezza
su chi ero, per poter capire cosa ero diventata e se, di questo non ne
ero
ancora del tutto certa, fossi realmente cambiata. Avevo bisogno di
sperare che
ci fosse qualcosa di diverso in me, qualcosa che mi avrebbe permesso di
ricominciare e, questa volta, con Harry al mio fianco.
Tornerò
quanto prima, promesso. Già conto i secondi che ci dividono,
anche perché ho
una voglia matta di dirti quanto ti amo.
Sì, perché ti amo e ti amo davvero.
Non so perché questa mattina, ma ti
amo e credo sia questo ciò che conti.
Il cancello nero
non mi era mai sembrato così
grande ed imponente come in quel momento. Avevo appena premuto il
piccolo
pulsante del telecomando che tenevo insieme alle chiavi. Non ero
riuscita a
separarmene. Sapevo quanto poco potessero essermi utili a Londra, ma
era come
avere la certezza che, con quelle, sarei potuta tornare a casa in ogni
momento,
quando e se ne avessi avuto bisogno.
Presi un lungo respiro, mentre lentamente
procedevo con cautela lungo il vialetto. Parcheggiai l’auto
poco distante
dall’entrata principale, non preccupandomi minimamente del
fatto che quello non
fosse per nulla il posto adatto per lasciare la macchina. Appena
aprì la
portiera notai immediatamente la figura alta e vigile di mio padre
sulle
scalette dell’ingresso, che scrutava con fare curioso e
sorpreso la scena.
Probabilmente si era accorto del mio arrivo dal suo ufficio e si era
insospettito. Lo vidi rilassarsi all’istante, non appena mi
riconobbe, poi un
sorriso genuino spuntò sul suo volto.
“Elizabeth!”, esclamò avvicinandosi a
grandi
falcate.
Scesi frettolosamente dall’abitacolo, per
correre in sua direzione. Solo quando il mio viso incontrò
il suo petto e le
sue braccia si avvolsero intorno alla mia schiena realizzai quanto mio
padre mi
fosse mancato. Erano successe così tante cose, avevo vissuto
così tante
esperienze assurde, pur rimanendo la stessa ragazza di sempre. Avevo
ragione,
avevo fatto bene a venire a casa. Lo capii nell’esatto
momento in cui mio padre
mi accarezzò dolcemente i capelli. Non c’era
più quella strana sensazione di
protezione, non c’era quella campana di vetro che mi
difendeva dall’esterno.
C’ero solo io, con la mia corazza, decisa a voler affrontare
tutto, ma questa
volta a testa alta, senza timori. Avvolta dalle sue braccia potevo
chiaramente
percepire tutto l’affetto e l’amore che nutriva nei
miei confronti, ma questa
volta c’era dell’altro e quell’altro ero
io. C’ero con la mia libertà, con le
mie idee, le mie convinzioni, i miei errori, i miei difetti.
Lo
so, avrei
dovuto parlare con te, prima di fare quest’ennesima pazzia.
Non posso
prometterti che sarà l’ultima perché mi
conosci, non ne faccio mai una giusta e
sono quel tipo di ragazza geneticamente predisposta a fare
l’esatto contrario
di ciò che dovrebbe. Però posso prometterti che
d’ora in poi, se lo vorrai, sarò
pronta a condividere con te tutto e, soprattutto, prometto che
eviterò di fare
tutto da sola, comprese le conclusioni affrettate ed infondate. Se
fosse
possibile, ricomincerei tutto daccapo con te. Mi dispiace averti
costretto a
sopportare tutto questo.
“Elizabeth?”,
la voce mi mia madre richiamò
entrambi, costringendoci a voltarci in sua direzione. “Cosa
ci fai qui, tesoro
mio?”, mi chiese con tono apprensivo, avvicinandosi per poi
prendermi il viso
tra le sue mani.
“Nulla, mamma.”, sminuii con un sorriso.
“Avevo semplicemente bisogno di fare un salto a
casa.”, spiegai prima di essere
avvolta da un suo abbraccio.
Spero
solo
tu abbia ancora voglia di… Insomma, spero solo
di…
Va bene, lo
ammetto. Con me ci vuole una pazienza infinita, lo so. Spero solo tu
non abbia
già esaurito la tua, ecco.
A presto,
Harry.
Tua Liz.
“Andiamo in casa,
forza!”, incoraggiò mia
madre dopo qualche istante si silenzio, prendendo forte la mia mano per
poi
condurmi all’interno.
“Allora,
raccontaci tutto!”, esordì mio padre
facendosi spazio verso il salotto.
Tolsi frettolosamente
la giacca, per poi
prendere posto sul divano, accanto a mia madre, mentre mio padre si
sedeva alla
mia destra, sulla poltrona.
“Come mai
hai deciso di tornare? È successo
qualcosa? E perché non hai avvisato? Avremmo mandato
qualcuno a prenderti.”, la
voce preoccupata di mia madre mi fece sorridere.
Sarei potuta crescere,
sarei potuta diventare
donna, madre o nonna, ma per lei sarei rimasta sempre la sua piccolina.
“Tranquilla,
mamma. Ho deciso all’ultimo
momento. Non è successo nulla, avevo solo voglia di stare
qualche giorno qui
con voi.”, chiarì con voce pacata, nel tentativo
di rassicurarla.
“Sono
davvero contento che tu sia qui.”,
commentò mio padre.
Il pomeriggio
proseguì tranquillo, tra le
varie chiacchiere ed i racconti di qualche mia giornata tipo. Parlammo
anche di
Louis, del concerto e del modo fantastico che aveva di far sorridere le
persone, della sua voce melodiosa e del contratto che finalmente era
riuscito
ad assicurarsi. Mamma, invece, mi
ricordò di come proseguisse la sua via tra i vari pranzi e
le cene organizzate
per ogni tipo di evento, delle ultime novità sulle
associazione e sulle diverse
voci che giravano al club. Mi era sempre piaciuto informarmi sugli
assurdi
pettegolezzi che circolavano in quel mondo di apparente perfezione. Era
divertente, seppur terribilmente subdolo. Papà , invece,
preferì concentrarsi
sulle ultime novità verificatesi a lavoro.
Solo quando si fu
fatta ora di cena decidemmo
di interrompere la conversazione. In realtà mia madre si era
proposta di
preparare la cena, mentre io avevo bisogno di qualche minuto di
tranquillità.
Mi ero appena alzata dal divano quando sentii il mio cellulare vibrare
nella
tasca. Esitati qualche istante prima di estrarlo. Sapevo potesse
trattarsi
esclusivamente di Louis o di Allie ed, in entrambi i casi, non sarei
riuscita a
risparmiarmi una ramanzina in alcun modo.
Sgranai gli occhi
esterrefatta quando sul
piccolo schermo vidi lampeggiare il suo nome. Trattenni il fiato,
rimuginando
sul possibile motivo di quella telefonata. Da una parte fremevo per
rispondere,
ansiosa di poter finalmente risentire la sua voce, dall’altra
temevo una sua
eventuale reazione negativa. Non volevo perderlo, non ora che
finalmente avevo
capito di amarlo con tutta me stessa.
Scossi il capo,
rassegnata, poi mi decisi ad
accettare la chiamata.
“Harry.”,
il mio tono era un sussurro appena
udibile.
“Liz.”,
ricambiò lui.
In quelle tre piccole
lettere non riuscii a
rintracciare alcun indizio sul suo umore. Sembrava tranquillo, forse
persino
troppo.
“Come mai
mi…?”, iniziai a chiedere, cercando
di apparire quanto più neutrale possibile.
“Ho
letto.”, disse soltanto, non permettendomi
neppure di terminare la mia domanda.
Il mio cuore perse un
battito a quelle parole.
Deglutii appena, prima di riuscire nuovamente a proferir parola.
“E?”,
lo incalzai a continuare, incapace di
attendere oltre.
Volevo sapere, volevo
sapere se c’era ancora
una possibilità per noi, volevo sapere se l’avevo
perso, volevo sapere cosa
sarebbe successo.
Le mie gambe
tremavano, avevo il fiato sospeso
e la gola bruciava forte.
“E credo
dovresti controllare anche tu nella
tua cassetta della posta.”, spiegò e mi parve
stesse cercando di trattenere a
stento una risata.
“Cosa?”,
chiesi, palesemente confusa.
“Dai Liz,
fidati!”, esclamò. “Controlla e poi
dimmi.”, terminò con una punta di allegria nella
voce, prima di chiudere la
chiamata.
Rimasi immobile per
qualche istante, cercando
di realizzare quei pochi secondi di telefonata, poi, come un treno in
corsa, mi
precipitai verso la porta e premetti frettolosamente il tasto che
consentiva
l’apertura del cancello. Non presi neppure il cappotto,
agitata com’ero. Mi
ritrovai a correre lungo tutto il vialetto, fantasticando su cosa avrei
potuto
trovare, fino a raggiungere l’enorme inferriata per poi
oltrepassarla. Mi
avvicinai alla cassetta della posta, ancora troppo emozionata per
fermarmi a
riprendere fiato, e cercai qualcosa, qualsiasi cosa, al suo interno.
Trasalii quando
le mie dita entrarono direttamente in contatto con il freddo metallo.
Non c’era
nulla.
“Non ci
entravo lì dentro, spero non ti
dispiaccia.”, esordì una voce, la sua voce, alle
mia spella.
Sorrisi, mordendomi il
labbro inferiore tra i
denti non appena lo riconobbi, poi mi voltai di scatto, potendolo
finalmente
vedere. Harry era lì, davanti a me, con le mani nelle tasche
del cappotto
grigio lasciato aperto sul petto, un berretto di lana in testa che
lasciava
intravedere solo alcune ciocche di ricci ed un ampio sorriso sulle
labbra
incorniciato da due deliziose fossette.
“Harry!”,
gioì, precipitandomi sui di lui.
Lui mi
afferrò prontamente, accogliendomi tra
le sue braccia. Era una strana sensazione quella. Percepivo tutto.
Percepivo il
calore, la sicurezza, la protezione, l’affetto,
l’amore.
“Cosa ci
fai…?”, chiesi contro il suo petto,
ma ancora una volta lui non mi diede neppure il tempo di terminare
quella
domanda.
“Non sono
così paziente come credi, non ce
l’avrei fatta ad aspettare qualche giorno.”,
rispose sorridendomi, mentre i
suoi occhi incontravano nuovamente i miei.
Il mio cuore
tamburellava forte nel mio petto,
la testa sembrava potermi scoppiare dalla felicità da un
momento all’altro. Era
lì, Harry era davvero lì.
“Ti
amo.”, sussurrai.
I suoi occhi verdi
sembravano risplendere nel
grigio cielo che copriva Doncaster a quell’ora. Sentirlo
così vicino a me,
percepire il suo respiro sulla mia pelle, era una sensazione a cui non
sarei
riuscita a rinunciare, non più. Vivevo di Harry, dei suoi
sorrisi, della sua
voce, dei suoi respiri.
Harry
spostò lentamente una mano sul mio viso,
accarezzandolo dolcemente con il dorso, mentre il suo volto si faceva
sempre
più vicino al mio. I suoi occhi erano puntati nei miei, non
c’era altro al di
fuori di noi. Persino il freddo che avevo percepito precedentemente
sembrava
essere divenuto insignificante. Mi sorrise ancora, sfiorando con il
pollice le
mie labbra. Attesa qualche istante, come a voler avere la piena
consapevolezza
di quello che stava per fare. Poi, d’un tratto, sentii le sue
labbra fredde, ma
morbide poggiarsi sulle mie. Con una mano mi strinse forte attorno alla
vita,
quasi avesse paura potessi scappare via, facendo scontrare i nostri
corpi.
C’era passione, c’era amore, c’erano
tutte quelle parole represse, quelle
lacrime nascoste, quei “ti amo” mancati, le bugie,
gli errori. Avvolsi il suo
collo con le mie braccia, mentre le nostre lingue si assaporavano, si
riscoprivano. non era un bacio irruento, al contrario era disperato e
dolce
allo stesso tempo.
“Ah, giusto
per la cronaca.”, mormorò lui,
staccandosi di poco dal mio viso, il necessario per poter far
incrociare i suoi
splendidi occhi verdi con i miei.
Arricciai la fronte,
aspettando che
continuasse.
“Io non
voglio ricominciare daccapo con te. Io
voglio continuare dal punto esatto in cui siamo arrivati. È
anche grazie a tutto
quello che c’è stato se ora siamo così,
se ora sono qui a dirti che ti amo.
Perché sì, Liz, ti amo e sono disposto a
ricorrerti altre cento milioni di
volte se sarà necessario. E amo anche quei tue infiniti
fottuti difetti che
all’inizio credevo di non poter sopportare. Ma ti amo, amo
tutto di te.”,
spiegò mentre distrattamente giocherellava con una ciocca
dei miei capelli.
Sentivo gli occhi
lucidi, lottavo per
trattenere le lacrime di gioia che incombevano di fuoriuscire da un
momento
all’altro.
“Ormai non
scappo. Ormai non scappo più.”,
riuscì solo a dire, prima che le sue labbra si posassero
nuovamente sulle mie e
non c’era nulla di più giusto al mondo di quel
bacio.
C’ero io,
c’era Harry, c’eravamo noi ed il
nostro amore. Era quello il punto da cui avremmo ripreso e lo avremmo
fatto
insieme.
---
Angolo Autrice
Non mi sembra vero, eppure eccomi qui, con l'ultimo capitolo!!!
Ed anche questa storia si è conclusa... datemi della banale,
della scontata, ma io proprio non riesco a rinunciare al famoso happy
ending!
So che nella vita reale non finisce quasi mai bene, ma almeno nelle
storie preferisco immaginare che vada tutto per il verso giusto!
Insomma, dopo tutti questi capitoli non potevo non concedere un po' di tranquillità ad Harry e Liz!!!
Per quanto riguarda Allie ed il famoso triangolo... beh, lascio la
questione aperta... Immaginate quello che più vi piace! :D
Okay, veniamo ora alla parte importante: ringrazio di cuore tutte le
persone che mi hanno seguita dall'inizio e quelle che si sono aggiunte
strada facendo!*.*
Ringrazio chi ha ricodato, preferito e seguito questa storia! You're absolutely amazing!<3
E ringrazio enormemente quelle fantastiche-splendide-bellissime persone che hanno commentato,
rendendomi non solo enstremamente felice, ma condividendo con me questo percorso! Grazie, davvero!!!*.*
Bene, un ringraziamento anche ai lettori silenziosi!!!:D:D
Okay, per chi avesse ancora voglia di leggere qualcosina di mio, sto pubblicando Skins, sempre sui One Direction.
Non insierisco il link perché sono davvero negata con queste cose, però mi farebbe piacere se passaste!:D
Detto anche questo, vi ringrazio ancora una volta!:D
A presto!:*
Astrea_
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