Colui che sei

di Ukki
(/viewuser.php?uid=269891)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un ragazzo senza nome ***
Capitolo 2: *** Nuovo anno, nuova vita (più o meno) ***
Capitolo 3: *** Sorriso perenne ***
Capitolo 4: *** Pioggia ***
Capitolo 5: *** Una missione oscura ***
Capitolo 6: *** Inizia a gridare al lupo! ***
Capitolo 7: *** Spezzare un cuore ***
Capitolo 8: *** Verità ***
Capitolo 9: *** Quando la rivedi ***
Capitolo 10: *** Luci sul passato ***
Capitolo 11: *** Capolinea ***
Capitolo 12: *** Errori mortali ***
Capitolo 13: *** Sweet Sacrifice ***
Capitolo 14: *** Sprazzi di cielo ***
Capitolo 15: *** Farewell ***
Capitolo 16: *** Un'ultima pazzia, per favore ***
Capitolo 17: *** Perché sei il ragazzo che amo ***
Capitolo 18: *** Rainbow ***



Capitolo 1
*** Un ragazzo senza nome ***


Ciao a tutti! Questa è la prima fanfiction che scrivo, quindi non sarà un granché, ma vi assicuro che ci ho messo il cuore. Spero vi piaccia, in caso contrario non preoccupatevi e recensite pure negativamente, però possibilmente datemi qualche consiglio su come migliorare (non ho un ego spropositato e accetto le critiche). Che altro dire... Buona lettura!
 

Colui che sei

 
- A~fu~ro~chan? - canticchiò l'uomo vestito di nero.
La sua voce rimbombava nel buio della stanza. Il ragazzo di fronte a lui alzò lo sguardo. - Sì, Comandante? - 
In mezzo alle tenebre si accese un ghigno.
 - Ci sarebbe una cosettina che dovresti fare per me - 
 
Shirou camminava in silenzio nel cortile della scuola, incurante degli schiamazzi e delle grida che lo circondavano. A lui non piaceva molto tutto quel rumore...
- Fubuki! -
Una voce squillante lo dissolse dai suoi pensieri. Si spostò appena in tempo per non farsi travolgere da un ragazzo con i capelli castani e una fascia arancione in testa.
- Ciao Endou, ti vedo in forma -
- Certo! Non vedevo l'ora che ricominciasse la scuola! - esclamò quello.
Shirou rimase stupito.
- Sul serio? Pensavo che non ti piacessero molto le lezioni -
- Quelle no, infatti, ma qui c'è il club di calcio! Mi è mancato tantissimo! Aspetta, vado a salutarlo! -
E detto questo sparì in mezzo alla calca. Il ragazzo sospirò. Che Endou non era completamente normale, d'altronde, l'aveva sempre saputo. Era bello che almeno lui fosse rimasto uguale a com'era prima dell'estate, a differenza della maggior parte dei ragazzi, che all'improvviso avevano cominciato a comportarsi da adulti.
Cominciò a cercare una strada in mezzo alla folla, cosa più facile a dirsi che a farsi.
D'improvviso, forse per la confusione, forse perché si era distratto, andò a sbattere contro qualcosa. O, per meglio dire, contro qualcuno.
- Scusa, stai bene? - chiese porgendo una mano al biondino seduto per terra.
Questi lo ignorò, si rialzò e si tolse la polvere dai jeans.
- Stavo meglio prima - replicò infine, gelido.
Shirou rimase un po' ferito dal suo sguardo scarlatto e tagliente.
- Mi dispiace - ripeté - Non ti ho mai visto qui, sei nuovo? -
- Se anche fosse? -
Lo sconosciuto si girò e fece per andarsene, ma non era un'impresa semplice.
- Ma c'è sempre tutta questa confusione in questo posto?! - esclamò indispettito, poi incrociò le braccia sul petto come un bambino viziato.
- Non sempre, solo il primo giorno - spiegò Shirou tranquillamente.
- Non parlavo con te, era una domanda retorica -
- C'è un modo per passare - continuò lui ignorandolo.
Il biondino lo guardò appena.
- E sarebbe? - chiese infine.
Il ragazzo lo prese per mano e se lo trascinò dietro in mezzo alla folla. Sapeva come muoversi e in due minuti lo portò nell'atrio, ancora relativamente deserto.
- Grazie - borbottò lui distogliendo lo sguardo.
- Come ti chiami? - domandò poi, forse più per circostanza che per interesse.
- Shirou Fubuki, tu? -
- Afuro -
Shirou non gli chiese anche il nome per due motivi: primo, non erano affari suoi; secondo, non ci teneva a farsi rispondere ancora in malo modo.
- Va bene, quella è la lista delle classi, ci troverai la tua - lo informò, pronto ad andarsene.
- Ehm, Fubuki? -
La sua voce, per la prima volta libera da quell'ombra di arroganza che fino ad allora l'aveva caratterizzata, lo fermò.
- Sì? -
- Non ho la più pallida idea di dove si trovino le varie classi - ammise Afuro imbarazzato.
- Non ridere! - aggiunse poi, spostandosi sulla difensiva.
Shirou scosse la testa.
- Non stavo per farlo. Vieni, ti faccio strada, hai controllato la classe? - chiese.
Il ragazzo annuì.
- III A - disse solo, poi lo seguì.
- Posso chiederti una cosa? - domandò a un certo punto.
Lontano dalla gente sembrava decisamente più a suo agio. Shirou annuì.
- Il colore dei tuoi capelli... li hai tinti o è albinismo? -
- La seconda che hai detto - rispose il ragazzo  spostandosi un ciuffo di capelli argentei dalla fronte.
“Certo che, anche se non vuole che la gente gli ponga domande personali, non si fa tanti problemi a porle agli altri” pensò senza l'intenzione di polemizzare.
- Senti, credo di doverti delle scuse per come mi sono comportato prima, so di essere piuttosto asociale e non sono bravo a relazionarmi con la gente, ma quando c'è confusione vado proprio nel panico - giustificò Afuro a un certo punto.
Shirou sorrise.
- Non ti preoccupare, neanche a me piace tanto la confusione -
“E allora perché anche in mezzo a quell'Inferno di ragazzi hai conservato quel tuo sorriso da Angelo?”
Il biondo arrossì avvertendo quel pensiero saettargli per la mente.
- Eccoci qua, questa è la tua classe - lo informò a un certo punto Shirou.
- Thank you - mormorò Afuro entrando.
- Buona fortuna - gli augurò l'albino.
- Non ne ho bisogno, sono un incantatore nato - rispose il ragazzo e, per la prima volta, gli sorrise.
Non si stava vantando, era proprio carino.
 
Mi scuso se il capitolo era un po' corto, ma sto ancora imparando. I primi li ho già pronti, quindi se la storia vi piace li posterò abbastanza velocemente, per gli altri dovrete aspettare di più perché sono letteralmente sommersa di impegni.
Baci
Kouri

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Nuovo anno, nuova vita (più o meno) ***


Ciao! Questo è il nuovo capitolo della mia fic (stavolta spero che l'HTML sia corretto). Come vi avevo promesso, l'ho postato abbastanza velocemente. Da questo capitolo in poi il punto di vista dei vari personaggi cambierà durante la narrazione, per farlo capire ho separato le due parti del testo con una linea. Vi avverto, Endou non fa una gran bella figura, mi scuso con i suoi fan. Bé, come al solito, buona lettura!

- Shirou? A che pensi? -

La voce di Goenji era quasi insistente.

- A niente, perché lo chiedi? - chiese Shirou innocentemente.

- È da tutta la mattina che non spiccichi parola - si lamentò lui.

Ha parlato il chiacchierone” sorrise l'albino.

- Cosa c'è da ridere? - domandò Goenji confuso.

- Niente, scusa, è che... -

- Fubuki, Goenji, dopo venite a fare due tiri? -

Endou comparve con gli occhi sfavillanti.

- Non saprei, Endou, in realtà dovrei tornare a... -

- Andiamo, ti divertirai! - esclamarono all'unisono i due ragazzi.

- Non è giusto, - disse Shirou, che aveva cominciato a prendere in seria considerazione l'idea di dare a entrambi una botta in testa e vivere in pace la sua vita -oggi non mi lasciate finire le frasi-

- Allora, vieni o no? - chiese Endou, scalpitante.

Aveva giocato a calcio ogni giorno durante le vacanze estive, ma era già da tre mesi che non toccava il pallone da calcio del club della scuola, e non aveva alcuna intenzione di aspettare oltre, se i suoi amici non lo seguivano, lui ce li avrebbe trascinati. Cosa che fece, almeno con Shirou, perché Goenji non si fece affatto pregare.

- Endou, posso dire una cosa? - pregò l'albino, mentre cercava di liberarsi dalla stretta micidiale dell'amico.

- No che non puoi, non c'è impegno che tenga di fronte a un pallone da calcio - negò energicamente Endou.

- Quoto (più o meno) - confermò Goenji.

- Certo, per te è facile dirlo, Endou non ti sta spaccando il polso. Davvero Endou, mi stai facendo male -

Ma le parole di Shirou non raggiunsero neanche minimamente i due ragazzi, o almeno loro fecero finta di niente con un'abilità da premio Oscar.

- Ci saranno anche Kidou e Kazemaru, sarà divertente! - annunciò Endou.

Il tuo non è un punto di vista parziale, per te il calcio sarebbe divertente anche giocato con un babbuino” pensò Shirou esasperato.

- Sembra che tu stia organizzando tutto da una settimana, Endou - osservò Goenji.

Lui si aprì in un sorriso a trentadue (e più) denti.

- Infatti! Il calcio è una cosa importante! - esclamò entusiasta.

- Questo nessuno lo nega, Endou, ma potresti lascia... -

Dopo lo sguardo assassino dell'amico, Shirou decise che molto probabilmente la cosa migliore che poteva fare era restare in silenzio e assecondarlo. Questo se voleva arrivare al giorno dopo.

 

_________________________________________________________________

 

- Ehi, mi dici il tuo nome per favore? -

Era la terza volta come minimo che quel ragazzino insistente dai capelli verdi gli rivolgeva la stessa domanda. Stava cominciando a dargli sui nervi.

- Non te l'ho già detto più volte? - chiese Afuro irritato. “Se lo chiede un'altra volta lo strozzo”.

- Sì, ma mi hai detto solo il cognome, io voglio sapere il nome - specificò lui, perplesso.

- E se tu ti facessi un po' di affari tuoi? - sibilò il biondo.

- Antipatico - piagnucolò l'altro, senza però darsi per vinto. - Hiro-chan non sarà felice quando saprà che mi hai risposto tanto male - aggiunse con una punta di malizia.

- Mi dispiace molto per il tuo ragazzo -

Il verde avvampò

- Hiro-chan non è il mio ragazzo, è un amico - disse.

Afuro fece spallucce, del resto la cosa non gli interessava più di tanto.

- Afuro? -

- Cosa c'è? -

Quel ragazzino (come si chiamava?) era di sicuro la persona più invadente che avesse mai incontrato.

- Come mai sei tanto acido? Non si addice affatto al tuo aspetto -

Ah, sì, Midorikawa, il nome però proprio non gli veniva in mente... non aveva importanza, se il bisogno di toglierselo dai piedi lo avesse indotto a strozzarlo, non lo avrebbe certo chiamato per nome.

- Scusami se sono nato così, non ho scelto io di somigliare a una bambolina – ribatté.

Midorikawa desistette e se ne andò mormorando qualcosa tipo “Sciocco tsundere”.

Afuro lo seguì con gli occhi fin quando non lo vide chiacchierare con un ragazzo dai capelli rossi, Hiroto Kiyama, se non si ricordava male, che gli rivolse lo stesso sguardo che ti rivolge una tigre prima di azzannarti.

Il biondo lo ignorò, non aveva certo bisogno che un tizio con l'aria da pervertito gli intimasse di girare a largo, non era stato lui ad andare a cercare quel Midorikawa-come-si-chiamava, era stato il verde a rompergli gentilmente le scatole per un quarto d'ora, anche se su un punto aveva avuto ragione: il carattere e l'aspetto di Afuro erano esattamente agli antipodi.

Il ragazzo non amava le domande e tanto meno quelli che le ponevano, anche se lui stesso non era riuscito a fare a meno di chiedere a quello Shirou (stranamente il suo nome se lo ricordava, forse perché era facile) riguardo il colore dei capelli.

Bé, è normale” pensò Afuro “Chi ha i capelli grigi a quest'età? Sembra invecchiato prematuramente”

Bugiardo” lo sbeffeggiò la sua coscienza. “La verità è che non vuoi ammettere che non riesci a fartelo stare antipatico”.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Sorriso perenne ***


Rieccomi! In questo terzo capitolo iniziamo a conoscere un po' meglio i nostri personaggi e a intuire alcuni aspetti nascosti del loro carattere. Come sempre vi auguro buona lettura e, mi raccomando, recensite!

- Fubuki, sei già stanco? Abbiamo appena iniziato! -

Sorvolando sul fatto che l'“appena” di Endou consisteva in due ore di gioco serrato, Shirou aveva davvero da fare e voleva seriamente andarsene.

- Mi spiace, Endou, oggi sono impegnato, magari la prossima volta mi trattengo di più! - promise, sperando che l'amico se ne scordasse, anche se aveva ben poche possibilità di salvezza: l'interesse di quel ragazzo per tutto ciò che riguardava il calcio era pari solo al suo totale disinteresse per qualsiasi cosa non lo riguardasse. In poche parole, aveva la sensibilità di un cucchiaino.

Shirou tornò in classe a prendere le sue cose.

Le lezioni del primo giorno erano finite da un pezzo, ma a causa dei suoi due carissimi amici non aveva fatto in tempo a metterle in ordine, se lo erano trascinato via senza concedergli il diritto di veto.

- Con tutto il rispetto per il sacro calcio di Endou, se ci riprovano gli sbatto davvero qualcosa in testa - giurò Shirou a sé stesso mentre infilava il quaderno nello zaino. Il cellulare squillò.

- Sì? Oh, Nii-san! Scusa, ma Endou e Goenji mi hanno costretto a giocare con loro e altri due amici, sono riuscito ad andarmene solo adesso, mi dispiace. Sì, torno subito a casa, non ti preoccupare. Va bene, ciao -

Ecco perché a Shirou non andava a genio trattenersi troppo: Atsuya si preoccupava se quando rientrava non lo trovava in casa, ed era molto facile che la sua preoccupazione si trasformasse in rabbia.

All'improvviso, chissà perché, penso al biondino che aveva incontrato quella mattina. Si chiese come se la fosse cavata in quel primo giorno, ma un “presentimento” dai capelli rossi rispose prima di lui.

- Dico, hai visto quel biondo!? -

- Che ha fatto, Kiyama? -

Il rosso si sedette sulla cattedra, accavallò le gambe e mise su l'aria più contrariata del mondo.

- Ha trattato male Ryuuji - borbottò.

- Davvero? Non mi sembrava il tipo -

- Sei scettico, eh? Non lo difendere, Fubuki! - lo rimproverò Kiyama.

- Non lo sto difendendo, tranquillo. Allora, raccontami che ha fatto - lo incitò Shirou senza perdere il sorriso.

- Ryuuji gli aveva solo chiesto il suo nome, certo era stato un po' insistente, ma lo sai come è fatto, e quello gli ha risposto di farsi gli affari suoi! -

- Capisco - rispose l'albino tranquillamente - Ma da quello che so ad Afuro non piacciono per niente le domande personali, e non ama stare insieme a le persone - spiegò conciliante.

- Asociale - sibilò Kiyama indispettito.

- Lo ha detto anche lui - confermò Shirou.

Il rosso apparve un po' stupito.

- Davvero? Credevo pensasse di essere Mister Perfezione Platinata -

Shirou ridacchiò.

- È divertente il modo in cui ti atteggi quando qualcuno si avvicina a Midorikawa. È tenero -

Il colore della carnagione di Kiyama si avvicinò notevolmente a quello dei suoi capelli.

- E, per la cronaca, i capelli di Afuro non sono color platino, ma color oro - precisò l'albino uscendo - Bye bye -.

 

__________________________________________________________________

 

Le urla dei ragazzi che giocavano in mezzo al campo di quello che aveva capito essere il club di calcio echeggiavano nell'aria.

Ma non si stancavano mai quei tipi? Stavano giocando ininterrottamente da più di due ore.

Perché si trattenevano a scuola quando potevano andare in qualunque altro posto? Quello non era certo il campo migliore della città, lo sapeva persino lui!

Afuro incrociò le braccia sul petto: e lui, perché si era trattenuto? A quella domanda non riusciva a trovare una risposta, e la cosa lo irritava, non accettava che ci fossero sfaccettature del suo carattere ignote persino a lui stesso.

Sentì dei passi alle sue spalle.

- Non mi aspettavo di trovarti ancora qui -

- Non sapevo dove altro andare - rispose girando appena la testa.

Scusa Fubuki, ma non ti fanno male i muscoli facciali dopo aver sorriso in quel modo per tutto il giorno?”

- Sono amici tuoi? - chiese invece Afuro riferendosi ai ragazzi rumorosi che giocavano a calcio.

- Già, mi hanno trascinato con loro -

- E perché ti sei lasciato trascinare? -

La domanda lasciò Shirou un po' spiazzato, in realtà non avrebbe saputo neanche lui come replicare

- Immagino che tu non sia il tipo che si fa convincere a fare le cose contro la sua volontà - disse quindi.

Afuro si rabbuiò un po', e l'albino si chiese se per caso non avesse toccato un tasto delicato della sua personalità. Sospirò, era difficile avere a che fare con quel ragazzo. Il biondino alzò lo sguardo.

- Dovrei cercare di essere un po' più accomodante, non è vero? -

- Cosa intendi? - domandò Shirou preso alla sprovvista.

Stavolta fu Afuro a sospirare.

- So di essermi comportato male oggi con quel verde (non mi ricordo il nome!), e immagino che il suo ragazzo te l'abbia raccontato, ma è stato più forte di me. Mi spieghi tu come fai a sorridere perennemente? -

Come a confermare le sue parole, Shirou sorrise e scrollò le spalle.

- Midorikawa se ne sarà già dimenticato, non ti preoccupare. In quanto a te... se vuoi la mia opinione, ognuno ha il proprio carattere, ed è difficile cambiarlo, magari dovresti pensare a come esporre le tue ragioni senza ferire le persone -

Afuro annuì leggermente.

- Tu hai ragione, ma per me è più facile a dirsi che a farsi - osservò sconsolato, mentre una leggera brezza scompigliava i suoi lunghi capelli dorati.

- Non è una cosa che impari da un giorno all'altro, la maturi con il tempo e con le esperienze -

Per qualche strana ragione il biondo ebbe l'impressione che oltre che con lui Shirou stesse parlando di sé stesso.

Il cellulare dell'albino squillò di nuovo.

- Scusa, rispondo -

Quando lo fece, sul suo volto si dipinse un'ombra di nervosismo.

- Sì, lo so che è tardi. Mi dispiace, mi sono distratto, certo, mi sbrigo. Ciao - riattaccò.

- Ora devo andare, altrimenti mio fratello mi strozza. Ci vediamo domani! - lo salutò riprendendo l'abituale sorriso.

Afuro ricambiò un poco e lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava e spariva dietro l'angolo.

Aveva sempre considerato stupide le persone con il sorriso stampato in faccia ventiquattr'ore su ventiquattro, ma nel caso di Fubuki era diverso... lui gli sembrava soltanto dolce.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Pioggia ***


- Cosa ti è saltato in mente!? Mi sono preoccupato da morire! -

La voce di Atsuya vibrava d'ira.

- Mi dispiace, non intendevo farti preoccupare - rispose solo Shirou.

E non serve che ti comporti come nostra madre con me, me la so cavare da solo”

Se fosse stato abbastanza coraggioso avrebbe aggiunto anche queste parole, ma preferì tentare di calmare il fratello invece di innervosirlo ancora di più. Non aveva voglia di litigare.

Atsuya si tranquillizzò un po' e si lasciò cadere su una sedia.

- Non volevo alzare la voce - si scusò, mortificato.

- Non importa, lo so che ho fatto tardi e che mi avevi chiesto di tornare in fretta, ma ti giuro che mi sono solo trattenuto a chiacchierare con degli amici -

- È che non so mai cosa ti potrebbe capitare! Ho promesso ai nostri genitori che mi sarei preso cura di te, e l'ho promesso anche a me stesso, se ti succedesse qualcosa... -

Shirou non sapeva come prendere il fatto che suo fratello gemello,più grande di lui al massimo di due ore, si comportasse da tutore responsabile e maggiorenne. Era cambiato tanto da quando i loro genitori se n'erano andati, e l'albino non riusciva a non sentirsi in colpa per questo.

- Nii-san, starò attento, te lo prometto, non mi accadrà niente di male - giurò.

E finalmente Atsuya smise di farneticare sulle disgrazie che gli sarebbero potute capitare.

- Vado di sopra - annunciò Shirou alzandosi.

Il fratello annuì appena, lo sguardo perso nel vuoto. L'albino si chiese a cosa stesse pensando, forse a quella ragazza che aveva conosciuto prima dell'estate? Impossibile dirlo con certezza.

Accese il computer.

Una Mail? Non se l'aspettava. Era di Endou. La aprì e un pallone da calcio gli sorrise dal centro della schermata.

- Carino, Endou - osservò mentre il pallone metteva su un'espressione supplicante ed emetteva un fumetto con scritto “Calciami”.

L'ha spedito anche a te?”

Goenji era in chat.

Intendi il pallone da calcio masochista con il sorriso da psicopatico?” indagò Shirou, già sapendo la risposta.

Esatto, mi sa che ha raggiunto un punto di non ritorno” dichiarò grave l'amico.

Credevo l'avesse raggiunto già parecchio tempo fa”

L'albino era fermamente convinto che Endou avesse imparato prima a giocare a calcio che a camminare.

__________________________________________________________________

 

La pioggia batteva insistentemente e, come tutte le cose insistenti, non gli piaceva neanche un po'.

L'autobus dev'essere in ritardo” pensò Afuro con le cuffie del lettore MP3 nelle orecchie. Il ritmo dettato dalla batteria si fondeva con quello delle gocce di pioggia che ticchettavano sull'asfalto.

I capelli biondi si erano inzuppati e giacevano in disordine appiccicati al volto fradicio, si sarebbe preso un raffreddore se non si fosse asciugato in fretta. Finalmente l'autobus si fermò davanti a lui, sollevando con le ruote spruzzi che, quasi dotati di volontà propria, finirono addosso al ragazzo.

Afuro fece spallucce e salì. Tanto ormai era bagnato.

Si sedette vicino alla finestra dal vetro appannato, osservando lo scivolare copioso delle gocce di pioggia.

Non aveva fretta di tornare a casa. Tornare a cosa, poi? Certamente non l'affetto di una famiglia, lui quel sentimento non l'aveva mai conosciuto.Non dava affetto e non ne riceveva. Sentiva che avrebbe dovuto vivere questo come una mancanza, ma era la sua unica realtà, ed era invariabile.

Lentamente, cullato dal traballare dell'autobus e dal regolare ticchettio delle gocce che cadevano, si assopì.

 

- Terumi, corri! -

La voce che gli aveva gridato quelle parole vibrava di terrore, e lui aveva corso, aveva corso il più veloce possibile, ma non era bastato.

- Ma che bimbo cattivo, non lo sai che devi portare rispetto agli adulti? -

Quell'uomo in nero lo terrorizzava, ma non riusciva a ignorare le sue parole.

- Lo sai cosa si meritano i bimbi cattivi? -

Terumi non lo sapeva, e non voleva neanche scoprirlo. Scosse la testa.

- I bimbi cattivi devono essere puniti -

Da quel momento in poi la sua esistenza si era trasformata in dolore.

 

Afuro si svegliò di soprassalto, una mano a stringere quella cicatrice che non aveva mai smesso di pulsare.

L'autobus non aveva ancora raggiunto la sua fermata, ma aveva smesso di piovere, e alcuni timidi pallidi raggi di sole sfidavano la coltre cinerea di nubi.

- Ti senti bene, ragazzo? -

Afuro si girò verso l'anziana donna seduta accanto a lui. Lo fissava con liquidi occhi dall'iride lattiginosa.

Il biondo sfoderò quel sorriso seduttore che non era mai spontaneo.

- Sì signora, sto bene, mi scusi se l'ho fatta preoccupare -

Afuro era un macchinatore, muoveva le persone come pedine, e aveva innumerevoli facce e caratteri. A volte neanche lui sapeva quale fosse quello reale.

Angolo dell'autrice-che-oggi-non-sa-cosa-scrivere:
Ciao ragazzi!
Come vedete l'angolo dell'autrice ha "traslocato": prima lo scrivevo in cima alla pagina, da ora in poi sarà in fondo.
L'avrete già capito, ma non ho niente di particolare da dire, a parte che ringrazio tantissimo tutti quelli che recensiscono/seguono la mia storia.
Grazie!!! ♥
Kouri 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Una missione oscura ***


Gli interni erano bui come al solito, sulle pareti malamente dipinte di nero spiccavano macchie di muffa e umidità, l'intonaco scrostato si mescolava alla polvere sul pavimento lurido.

Ad Afuro non dava più noia quella miseria, era l'unico posto a cui poteva pensare come a una casa.

- Afuro, K vuole vederti – lo informò un ragazzo con una cicatrice a forma di spicchio di luna sulla fronte.

Il biondo annuì.

- Sì, lo so. Grazie Tadashi -

Il ragazzo sparì velocemente come era comparso.

Il corridoio che portava alla stanza di K era in condizioni migliori degli altri, ma era anche il più inquietante.

Nonostante, o forse proprio per quel salto di qualità Afuro aveva sempre l'impressione che quelli fossero gli ultimi passi che muoveva.

Raggiunse l'imponente portone laccato di nero e bussò titubante con il batacchio di ottone, un anello che pendeva dalle fauci semichiuse di una figura dai lineamenti demoniaci. Niente sarebbe stato più adatto.

- Entra pure, Afuro-chan – gli rispose una voce dall'interno.

Se i corridoi erano male illuminati, in quella stanza l'oscurità era pressoché completa, l'unica fonte di luce era la fiamma tremolante di una candela.

- Siediti pure -

Il biondo prese posto su una sedia sfondata, lo sguardo fisso sulle lenti nere che celavano gli occhi dell'uomo davanti a lui.

Alla luce danzante del fuoco i lineamenti di K apparivano più spigolosi e austeri, simili a quelli di un demone appena uscito dall'aldilà.

- Come va con il tuo lavoro? - esordì il misterioso personaggio incrociando le dita sotto il mento.

- Sto sondando il territorio – rispose Afuro con una scrollata di spalle.

K annuì con infinita lentezza.

- Hai già incontrato il soggetto? -

- Probabilmente -

- E cosa te ne pare? -

Il ragazzo indugiò un po' prima di rispondere, la fronte leggermente corrugata in un cipiglio pensieroso.

- Non potrei ancora esprimermi con certezza, ho bisogno di altro tempo – disse infine.

K annuì di nuovo, ma questa volta sotto le lenti scintillò una luce maligna.

__________________________________________________________________

 

Quella mattina si era presentata vestita di nebbia.

I rumori giungevano ovattati e ogni figura non era altro che una sagoma abbozzata. Neanche una macchina attraversava le strade invisibili, pareva che il mondo intero fosse caduto in letargo.

Shirou non riusciva a vedere a un palmo dal naso, se non avesse conosciuto il percorso a memoria sarebbe sicuramente andato a sbattere più di una volta contro un lampione.

Il cortile della scuola era ancora deserto, a nessuno sarebbe mai saltato in mente di arrivare in anticipo con un tempo simile.

A nessuno tranne un certo biondino.

- Buongiorno - lo salutò Shirou cordialmente.

Lui si tolse una cuffietta dell'MP3.

- Ciao -

L'albino non poté fare a meno di notare un cerotto sulla sua guancia destra. Afuro seguì la traiettoria del suo sguardo e realizzò cosa stava fissando.

- Sono scivolato ieri sera mentre tornavo a casa - giustificò, sbrigativo.

Shirou annuì senza convinzione.

- Com'è andato il primo giorno? - chiese per cambiare discorso.

- Così così, non è molto facile ambientarsi -

- Ci sarebbe anche chi ha provato ad aiutarti, biondino -

Kiyama varcò il cancello con passo quasi marziale.

- Kiyama, non essere...- iniziò Shirou, ma Afuro lo interruppe.

- Scusa, rosso, non volevo offendere quella dolce anima del tuo fidanzatino -

Gli occhi di Kiyama lampeggiarono d'ira.

- Ma come ti permetti!? -

Stava già alzando il pugno per colpire quando l'albino gli bloccò il polso.

- Adesso basta. Tutti e due. Vi state comportando da bambini - disse con tono fermo.

Il rosso abbassò il braccio e Afuro distolse lo sguardo.

- Kiyama, chiedigli scusa per esserti rivolto a lui in questo modo - aggiunse il ragazzo.

- Ma è stato lui a... -

Lo sguardo eloquente di Shirou fece tacere Kiyama.

- Va bene. Scusami se ho urlato - sospirò il rosso.

Afuro annuì, ma non aveva bisogno che l'albino gli facesse presente che ora era arrivato il suo turno.

- Sì, a me dispiace di essere stato tanto scorbutico con il tuo... ehm... amico - indugiò un attimo sull'ultima parola. Stava per dire "fidanzato", ma avrebbe solo peggiorato le cose.

Cercò l'approvazione negli occhi di Shirou e quando la trovò sorrise appena.

- Scusate ragazzi, ora devo andare, a presto! - esclamò Kiyama quando scorse Midorikawa comparire all'orizzonte.

- Ma sul serio quei due sono solo amici? - chiese Afuro malizioso.

Shirou non rispose, continuava a fissare il suo cerotto con sguardo assente.

- Fubuki? - lo richiamò scuotendogli la spalla.

Il ragazzo si riscosse e sbatté un paio di volte le palpebre.

- Scusami, mi sono distratto, stavi dicendo? -

- Fubuki, smettila. Ho detto che sono scivolato e per quel che ti riguarda è così. Non voglio che tu ficchi il naso nelle questioni che mi riguardano, siamo intesi? -

Shirou arrossì.

- Mi dispiace, sono preoccupato per te, tutto qui - spiegò mestamente.

- Sono un imbranato, cose che capitano e con cui convivi. Ti preoccupi ogni volta che uno inciampa e rotola per terra? - chiese Afuro sarcastico.

- No, mi preoccupo quando a uno accade qualcosa di terribile e mente dicendo che è scivolato o altre sciocchezze del genere. Abbi la sincerità di dire che non ne vuoi parlare e io ti lascio in pace - ribatté fermo l'albino.

Afuro lo fissò attonito per qualche secondo, stupito da quel lato deciso del carattere del mite, dolce Shirou Fubuki.

- Bene, non ne voglio parlare - disse altezzoso, mentre la nebbia iniziava a diradarsi.

__________________________________________________________________

 

Nella stanza avvolta dall'oscurità persino la candela si era spenta.

- Mr K, come mai ha affidato questa missione proprio ad Afuro? -

A parlare era stata una ragazza dai capelli rosati. Non si poteva fare a meno di notare la stizza nel suo tono.

- Non ti preoccupare, Takanashi-kun, arriverà anche il tuo momento. Il lavoro che ti ho assegnato è di fondamentale importanza per la nostra missione - la tranquillizzò l'uomo sorridendo dietro le lenti scure.

Il viso di Takanashi si illuminò.

Era l'unica ragazza dell'agenzia, e ne andava molto fiera. Sapeva di avere più fegato della maggior parte degli altri membri, ma da lei ci si aspettava il doppio dello sforzo.

Non era disposta a rimanere in ombra a non far niente mentre Afuro interpretava la parte del protagonista in una missione del genere. Lui aveva sempre tutti i privilegi perché era il preferito del capo, e questo lei, che si era conquistata la sua reputazione solo con le proprie forze, non riusciva a sopportarlo.

Odiava davvero quel ragazzo.

- E poi, questa è una sorta di prova per Afuro-chan - mormorò K quando Takanashi fu uscita dalla stanza col suo solito fare impettito.

__________________________________________________________________

 

Atsuya non riusciva proprio a concentrarsi quella mattina, poco importava che la professoressa lo avesse ripreso già due volte perché era disattento.

Aveva Shirou per la testa, era preoccupato per lui.

Dopo la morte dei loro genitori si era preso la responsabilità di proteggere il suo fragile gemello, e a volte lo faceva con una precisione quasi maniacale.

Sapeva di essere pesante, sapeva di trattarlo come una bambola di porcellana, ma non poteva farci niente: quando non lo vedeva rientrare, impazziva.

Da parte sua, Shirou non gli aveva mai dato nessun tipo di problema: aveva capito in fretta che se si comportava in modo sconsiderato rischiava di mandarlo al manicomio e si era regolato di conseguenza.

E allora perché il giorno prima era tornato così tardi nonostante la sua telefonata?

Aveva detto di essersi trattenuto a parlare con degli amici, ma quali amici? Probabilmente quei ragazzi che conosceva sin dalle elementari, quel tizio fissato con il calcio e quello con i capelli a forma di porcospino.

Il primo non lo preoccupava, principalmente per il suo quoziente intellettivo, il secondo invece lo preoccupava eccome. Chiamava Shirou per nome, non per cognome, e poi ad Atsuya non piaceva affatto il modo in cui lo guardava, il modo in cui gli parlava, il modo in cui lo toccava (cosa che in realtà aveva fatto pochissime volte).

Insomma, quel porcospino antropomorfa doveva solo augurarsi di non ritrovarsi mai da solo con lui in un vicolo buio, o lo avrebbe ammazzato.

D'improvviso il ragazzo si chiese il perché di tanto odio nei confronti di chi orbitava intorno al fratello.

Era geloso, forse?

No che non era geloso, era solo... iperprotettivo. Ma non significava forse gelosia voler eliminare chiunque ricevesse le attenzioni di Shirou?

Atsuya sospirò, dicendo addio a tutto il suo orgoglio. Sì, era geloso.

Geloso ma non incestuoso, di questo era sicuro, e la prova ce l'aveva seduta accanto.

- Fubuki-kun, stai bene? -

Fissò quei bei capelli rosa pesca acconciati in modo tanto surreale.

- Sì, non preoccuparti, Takanashi-kun -

Angolo dell'autrice-che-oggi-finalmente-è-ispirata:
Ciao!
Come avrete notato stavolta il capitolo è più lungo, grazie ispirazione, grazie!
Ispirazione: Va bene, ma dovrai pagarmi profumatamente U.U
Ok, lasciamo perdere la mia ispirazione, qui entra in gioco un altro personaggio, la nostra Takanashi! (non scordatevi di lei, la rincontreremo)
Takanashi: Vorrei anche vedere! Sono troppo importante per apparire in un solo capitolo!
Sì, va bene Takanashi-kun, va bene.
Ora vado, grazie a tutti voi che recensite e seguite la mia storia! ♥
Baci
Kouri 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Inizia a gridare al lupo! ***


Shirou camminava in un mare d'inchiostro che gli arrivava al torace.

Stava male, si vedeva che stava male. A mano a mano che proseguiva il suo pallore aumentava sempre di più.

Ma allora perché andava avanti?

- Fubuki, fermati, torna indietro, non lo vedi che non stai bene? -

L'albino non lo ascoltò, continuò a camminare senza neanche guardarlo.

- Fubuki, ascoltami! Basta! Torna immediatamente indietro! -

Shirou gli rivolse uno sguardo sofferente, poi scosse leggermente la testa.

- Perché? Perché vuoi andare avanti? -

Non riusciva a trattenerlo, non aveva più un corpo: era aria. Aria in quel modo misterioso di cui si vedeva solo il mare d'inchiostro.

Il mare d'inchiostro in cui arrancava Shirou.

L'albino lo guardò senza vederlo.

- Voglio sapere cosa c'è sull'altra sponda, per questo sto andando avanti -

È possibile piangere quando si è fatti d'aria? Bé, Terumi piangeva.

- Idiota! Non ci arriverai mai all'altra sponda! Morirai prima! -

Shirou gli sorrise, poi i suoi occhi divennero opachi e lui cadde nel mare, sollevando spruzzi scarlatti.

E allora Terumi realizzò: quello non era inchiostro.

Era sangue.

 

Afuro si svegliò di soprassalto.

Un raggio di sole filtrava dalle imposte semichiuse e cadeva proprio sui capelli biondi del ragazzo, facendoli risplendere in un'aureola di luce.

Sorrise amaramente. Un'aureola?

Lui non sarebbe mai stato un angelo.

__________________________________________________________________

 

Shirou non riusciva a togliersi dalla testa il cerotto che aveva visto qualche tempo prima sulla guancia di Afuro. Dopo quel giorno l'infernale pezzo di carta era scomparso, ma il biondo non gli aveva più rivolto la parola.

"Paranoico, vai in crisi per un cerotto" si disse con una smorfia.

Afuro gli aveva detto chiaramente che non aveva voglia di parlarne, e lui gli aveva promesso che lo avrebbe lasciato in pace.

Il problema era che l'ansia lo stava facendo impazzire.

- Shirou, c'è qualche problema? -

Goenji sembrava progettato appositamente per distoglierlo dalle sue riflessioni.

- No, non è niente, ero solo un po' pensieroso -

- Tu sei sempre un po' pensieroso da quando è ricominciata la scuola. È colpa dei compiti? Eppure non sono tanti, e tu non hai mai faticato a finirli -

Shirou scosse la testa.

- Non è per i compiti, è che... -

È che cosa? Non sapeva neanche lui come continuare.

Goenji completò la frase al suo posto.

- Pensi a quel biondino, non è vero? -

L'albino fece quasi un salto sulla sedia.

- Cosa te lo fa credere? - domandò arrossendo.

- Ho visto che i primi due giorni siete stati parecchio tempo a chiacchierare, poi più niente. È successo qualcosa? -

Shirou sospirò. Goenji era il suo migliore amico da... da sempre, molto probabilmente, ma stavolta non era sicuro di volergli raccontare come si sentiva.

- Non esattamente - rispose infine, vago.

L'altro gli rivolse uno sguardo eloquente, della serie "ma chi vuoi prendere in giro?".

- Avanti, racconta tutto al dottor Goenji, figliolo - disse, e senza aspettare una risposta lo prese per il polso e lo trascinò fuori.

- Aspetta, cosa vuoi fare? - protestò Shirou tentando di liberarsi dalla stretta del biondo.

- Affronteremo il tuo problema, figliolo - rispose lui con tono professionale.

- E smettila di chiamarmi figliolo, per favore! -

- Come vuoi, figliolo -

L'albino fu preso dal desiderio di strangolare il suo amico, ma non ne ebbe il tempo perché quest'ultimo lo scaraventò a sedere su una delle panchine del campo da calcio ed estrasse un block-notes.

- Parla - lo esortò.

- Ma parla di cosa? - domandò Shirou confuso.

Goenji sospirò.

- Di quello che hai mangiato ieri a cena! Di cosa, secondo te? -

- Io non so perché ti sei messo in testa che sia successo qualcosa con Afuro - ribatté l'albino distogliendo lo sguardo.

"Il soggetto distoglie lo sguardo quando si entra in argomento" scribacchiò il biondo sul taccuino.

- Avete litigato? - chiese poi.

- No, semplicemente... - Shirou si bloccò, incerto se proseguire o meno.

- Semplicemente? - lo incalzò Goenji.

- Allora, un paio di settimane fa è arrivato a scuola con un cerotto sulla guancia, ha detto che ce l'aveva perché si era fatto male scivolando, ma sapevo che stava mentendo, e... e... da quel momento non mi parla più, ho paura che sia in pericolo, ma non so cosa fare per lui - spiegò sparando parole a raffica.

Goenji annuì prendendo appunti.

- Bene. Hai una qualche idea sul perché di quel cerotto? -

Shirou scosse la testa. Se ce l'avesse avuta non sarebbe stato tanto nervoso. Forse questo era sfuggito al signor psicologo.

Il biondo scrisse in silenzio per qualche secondo, poi pose la domanda cruciale.

- Dimmi una cosa, Shirou, per caso ti piace Afuro? -

Il volto dell'albino passò dal pallido allo scarlatto per poi variare su una sfumatura candida.

- C-cosa? No che non mi piace! Come ti è venuta in mente una cosa simile? -

Era un po' troppo imbarazzato per risultare credibile. Nemmeno lui si sarebbe dato retta.

Goenji inarcò le sopracciglia e annotò qualche altra parola sul suo block-notes.

Il soggetto nega insistentemente l'evidenza dei fatti.

__________________________________________________________________

 

- Afuro! -

Perché quel biondino non si fermava? Goenji si stava stancando di corrergli dietro per tutta la scuola.

Con un ultimo scatto riuscì a raggiungerlo.

- Afuro! -

Il ragazzo sobbalzò quando si sentì afferrare per la spalla.

- Cosa c'è? - chiese infastidito togliendosi le cuffiette dell'MP3 dalle orecchie. Ecco perché non lo sentiva.

- Devo parlarti - ansimò Goenji cercando di riprendere fiato.

Il biondino poteva anche essere esile e femmineo, ma camminava spedito come una locomotiva.

- Riguardo cosa? - chiese Afuro inarcando le sopracciglia.

- Riguardo Shirou -

Il ragazzo rimase in silenzio per un po', una luce indecifrabile negli occhi scarlatti.

- Ti ascolto - decise alla fine.

Goenji andò subito al sodo. - Lui è preoccupato per te, mi spieghi perché lo ignori da oltre due settimane? -

Il biondino rimase spiazzato.

- Questi non sono affari tuoi -

- Oh, è qui che ti sbagli. Lo sono, visto che mi sono preso la fatica di torchiarlo per avere queste informazioni. Non capisci che lo stai facendo star male? -

- Allora riferisci al tuo caro amico queste parole: - ribatté Afuro con durezza - avere a che fare con me lo farebbe stare ancora più male. Fine. È semplice da ricordare, no? Ora ti saluto -

E detto ciò scomparve in mezzo agli studenti che affollavano il corridoio.

Non voleva che quella testa a porcospino vedesse che stava piangendo.

__________________________________________________________________

 

I passi di Takanashi riecheggiavano nell'atrio deserto.

Non era mai stata in quella scuola, ma già non le piaceva, e non le piaceva perché era il luogo dove lavorava Afuro, quel piccolo strafottente.

La ragazza non capiva perché avesse sempre quell'aria di persona delusa dalla vita. Cosa gli mancava? Riceveva tutti i lavori più importanti, i complimenti del capo erano solo per lui, a volte K gli faceva persino dei regali.

Lui accettava quei privilegi con un'aria di sufficienza da principino snob che la mandava in bestia.

Fosse stata lei al suo posto...

- Takanashi, hai intenzione di buttarti dalla finestra? -

Cosa? Non fece in tempo a fermarsi che sbatté violentemente la faccia contro il vetro.

Quel maledetto biondino! Pensare a lui l'aveva fatta arrabbiare così tanto che si era scordata di guardare dove andava.

Si girò, rossa d'ira e d'imbarazzo, per incontrare gli occhi vermigli di lui.

- Cosa stai guardando? - lo aggredì inviperita.

Afuro scrollò le spalle.

- Niente, è che pensavo che fossi meno imbranata -

Takanashi compì uno sforzo immane per non strozzarlo. Nel suo intimo lo mandò a quel paese diverse volte e poi lo seguì in un'aula deserta.

- Allora, di cosa volevi parlarmi? - domandò, sbrigativa.

- Perché tutta questa fretta? Abbiamo tempo - rispose lui tranquillamente.

- Eh no, bello mio, forse tu hai tempo, ma io ho degli orari. Orari di lavoro, a differenza di te, che fai tutto come ti pare e piace -

- Devi vederti con l'altro Fubuki? -

Takanashi avvampò.

- Che te ne frega? Guarda che se io devo lavorare di più è solo colpa tua, perché non stai facendo quello che ti è stato richiesto! -

- Mi prendo solo il mio tempo, Takanashi, non sai che la gatta frettolosa fece i gattini ciechi? -

La tranquillità di Afuro la urtava sempre di più.

- Tu hai paura, non è vero? Devi iniziare a gridare al lupo, biondino -

Quel proverbio non centrava assolutamente niente, ma sapeva che lui aveva capito.

- Se non lo fai, il tuo lupacchiotto potrebbe stancarsi di te - aggiunse uscendo dalla stanza.

Afuro la seguì con lo sguardo.

"Tu non lo sai, Takanashi, ma io spero proprio che lo faccia".

Angolo dell'Autrice che ormai è convinta di non essere una persona normale:
Atsuya: Ci sei arrivata ora?
Zitto, Nii-san! Lasciami scrivere l'angolo dell'autrice!
Voi che leggete, ignoratelo, è senza speranza.
Atsuya: Ehi!!!
Comunque, spero vi sia piaciuto questo capitolo...
Atsuya: A me non è piaciuto, io non ci sono!
... Da ora in poi la storia prenderà più forma...
Atsuya: Attenta a non farle prendere troppa forma, ricordati che il raiting è giallo (cambia nel capitolo 9 N.d.A. nel mezzo dell'angolo dell'autrice)
Uffa! Ma non vuoi proprio farmi scrivere qualcosa di decente!
Atsuya: Già, sono il tuo persecutore. Muahahahaha! 
Ok, vi saluto prima di sclerare completamente, e non scordatevi di recensire!
Baci
Kouri (e Atsuya, visto che ormai è qui)

PS Ringrazio tutti quelli che leggono questa storia, siete molto importanti per me! ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Spezzare un cuore ***


 

Sì, lo so che stavolta ho aggiornato in ritardo, ma posso dire due cose a mia discolpa:

1 Sono stata sommersa dagli impegni

2 Quella bastardella della mia ispirazione se n'è andata a svernare a Sud (beata lei)

Vi lascio a questo settimo capitolo, buona lettura!
 

Atsuya aspettava con la schiena appoggiata al tronco di un albero.

Takanashi non era in ritardo, mancavano ancora dieci minuti all'orario che avevano prestabilito, ma lui era lì in piedi da circa mezz'ora.

- Nii-san? Dove stai andando? - gli aveva chiesto Shirou vedendolo uscire di casa vestito di tutto punto.

- Devo... ecco... vedi... -

Da dove avrebbe potuto iniziare?

- Va bene, ho capito. Divertiti! - il gemello gli aveva sorriso solare come sempre.

Come avesse fatto a capire, rimaneva un mistero, ma Atsuya gli era silenziosamente grato per la sua comprensione.

- Atsuya-kun! -
La ragazza correva nella sua direzione, un adorabile sorriso impacciato sul volto.

- Scusami, sono in ritardo? Ho perso l'orologio -

- Non preoccuparti, Shinobu-kun, sei perfettamente in orario - la tranquillizzò con una dolcezza che non gli era abituale.

- Ma tu sei già qui... non ti ho fatto aspettare troppo, vero? - insistette Shinobu preoccupata.

- No, sono arrivato ora - mentì Atsuya - Vogliamo andare? - chiese poi, porgendole galantemente il braccio.

Lei lo accettò con la grazia di una principessa.

- Sono felice che tu abbia deciso di aiutarmi con il mio "lavoro" - sorrise la ragazza sbattendo le lunghe ciglia da cerbiatto.

- Figurati, è un piacere per me. Dev'essere dura raccogliere i dati di tutti gli studenti per la segreteria della scuola - osservò Atsuya.

- Oh, non è così difficile. In molti casi i dati erano già stati forniti dalla famiglia, ma per quel che ti riguarda questo processo non è stato possibile... -

Si interruppe notando il cambiamento nell'espressione del suo accompagnatore. Aveva toccato un tasto delicato.

- Sì, mi dispiace averti causato questo disagio. Cercherò di rimediare - si riscosse lui con un sorriso.

- Grazie Atsuya-kun, apprezzo immensamente il tuo aiuto -

Cinque minuti dopo erano comodamente seduti davanti a due coppe di gelato alla fragola abbondantemente decorate con panna montata e ciliegine.

Shinobu estrasse un taccuino e assunse un'aria professionale.

- Cominciamo. Innanzitutto dovrei sapere qual'era l'occupazione dei tuoi genitori -

Atsuya esitò un attimo. Per lui era difficile ricordare la sua famiglia. Trasse un profondo respiro e iniziò a parlare.

- Mia madre era un'insegnante, anche se prima aveva lavorato come fioraia. Per quel che riguarda mio padre, le cose sono un po' più complicate. So che aveva a che fare con il governo, ma né io né mio fratello abbiamo mai capito veramente in che ambito agisse. Sembrava qualcosa di piuttosto importante, credo legato alla politica estera. Ora scusami, vado a pagare e torno -

Atsuya si alzò e si avviò verso la cassa.

Shinobu annuì, poi sorrise dolcemente.

Troppo dolcemente per essere vero.

- Grazie tante, Atsuya-kun, le informazioni che mi hai dato mi saranno molto utili -

Quando il ragazzo tornò, lei era scomparsa.

__________________________________________________________________

 

Era stato fin troppo facile raggirare quello stupido. A Shinobu era bastato essere un po' più seducente del solito e quello era caduto ai suoi piedi scodinzolando come un cane. Si era bevuto tutte le sue bugie, dalla prima all'ultima.

"Idiota" pensò la ragazza.

Compose un numero sul cellulare e attese.

Dopo un solo squillo le rispose una voce familiare.

- Takanashi-kun? Mi auguro che sia andato tutto come abbiamo previsto -

- Ne aveva mai dubitato? Ho l'informazione che voleva, i nostri sospetti erano fondati, ma c'è persino di più -

Il silenzio che seguì lasciava immaginare un ovvio sorriso di compiacimento.

- Perfetto. Rientra subito, ti aspetto. Dobbiamo sviluppare i dati al più presto e confrontarli con le fonti che abbiamo -

Shinobu assentì e chiuse la chiamata. Il suo lavoro era terminato, aveva portato brillantemente a termine la missione che le era stata affidata.

E ora cosa avrebbe fatto? Non ci aveva mai pensato.

Non voleva tornare a svolgere quegli incarichi da quattro soldi, ormai aveva raggiunto un livello superiore... D'improvviso la preoccupazione si impadronì di lei.

Anche se tutto si fosse concluso bene, non le sarebbe stato riconosciuto alcun merito. Tutti si sarebbero congratulati solo con quello stupido biondino.

"Ma come farebbero a proseguire senza le mie informazioni?"

Quel pensiero la fece fermare di colpo.

"Non potrebbero"

Già, in quel momento aveva lei le redini dell'operazione. E se avesse deciso che quei dati non dovevano raggiungere né K né Afuro? Se li avesse conservati e usati per i suoi scopi?

Era un'idea folle, lo sapeva, e sapeva anche che K l'avrebbe fatta ammazzare pur di ottenere ciò che voleva, ma nel suo intimo aveva già deciso.

Gli avrebbe fatto vedere che lei non era una marionetta ai loro ordini e che, se voleva, poteva farsi temere.

__________________________________________________________________

 

"Così hai portato la tua missione a buon fine, Takanashi"

Afuro non era rimasto sorpreso dalla telefonata di K. Non aveva mai messo in dubbio il successo della ragazza, ma ora provava una sorta di amarezza.

"Già, hai fatto quello che ti era stato richiesto, ma non ti senti neanche un po' in colpa dopo aver raggirato un ragazzo che si era innamorato di te?"

Che razza di pensieri da moralista.

- Dovresti smetterla, lo sai? -

Tadashi lo guardava di traverso, le dita battevano freneticamente sulla tastiera di un portatile.

- Di fare cosa? - chiese il biondo inarcando le sopracciglia.

- Di inseguire certi pensieri. Fa male e accorcia la vita - rispose lui ovvio.

Afuro fece una smorfia.

- E non inseguirli accorcia le vite altrui -

Tadashi spense il computer con un colpo secco, quasi rabbioso.

- Afuro, non serve a niente ragionare come santi quando in realtà ci muoviamo in un inferno. Questo è ciò che il destino ha deciso per noi, e ti conviene accettarlo -

- E quindi K sarebbe il destino!? -

Afuro non era riuscito a trattenersi.

Il castano rimase per un attimo interdetto.

- Che perspicace, Afuro-chan, hai proprio indovinato. Io per voi sono il destino, dovresti saperlo -

K entrò trionfalmente nella stanza, l'immancabile ghigno dipinto sul volto. Lo fissò intensamente al di sopra degli occhiali specchiati.

- E tu hai forse il coraggio di ribellarti al destino? -

Il biondo sospirò e abbassò lo sguardo. No che non ce l'aveva il coraggio di ribellarsi. Non l'aveva mai avuto.

__________________________________________________________________

 

Quando aveva sentito il tonfo violento della porta che sbatteva, Shirou aveva capito che era meglio non fare domande.

Affondò il volto nel libro che stava leggendo e si assicurò di risultare pressoché invisibile.

Atsuya si sedette accanto a lui, il capo tra le mani. Era lo sconforto fatto persona.

- Shi? - chiamò piano, la voce incrinata.

Shirou rimase di stucco. Suo fratello che aveva voglia di chiacchierare in un momento simile? L'Apocalisse doveva essere vicina...

- Sì, Nii-san? -

- Ti scoccerebbe molto se frantumassi qualche soprammobile? -

Ecco, ora lo riconosceva.

- No, ma possibilmente elimina solo quelli più recenti. Sarebbe un peccato rompere quelli di mamma e papà -

Atsuya annuì e iniziò a lanciare diversi ninnoli contro il muro. Presto sul pavimento si creò un piccolo mucchio di schegge di vetro e porcellana.

Quando non ebbe più soprammobili da sbriciolare il ragazzo si accasciò sul tappeto e iniziò a singhiozzare.

Shirou si domandò se fosse il caso di andarlo a consolare, ma alla fine desistette.

Era come se sulla testa del fratello stesse fluttuando una nuvoletta nera con la scritta "Non ho voglia di parlarne". Che implicitamente significava "Sparisci".

Meglio obbedire.

L'albino si ritirò nella sua stanza lentamente, cercando di non fare il minimo rumore.

In quel momento Atsuya era una bomba a orologeria pronta a scoppiare, e lui non aveva proprio nessuna voglia di trovarsi coinvolto nella detonazione.

Aveva appena tirato un sospiro di sollievo che il cellulare vibrò nella sua tasca.

Un SMS da un numero sconosciuto. Premette un pulsante e lesse il messaggio.

"Puoi venire al campo del club di calcio della scuola? Ti devo parlare. Afuro"

 

Angolo dell'autrice che oggi ha la febbre:

Ebbene sì, oggi non sono proprio al massimo della forma, quindi non preoccupatevi se trovate qualche sciocchezza (in più, si intende).

Atsuya: Ma che capitolo hai scritto!? Shinobu-kun mi ha piantato!

Eh già, povero Nii-san... non me la sentivo di buttarla sul drammatico (altrimenti mi sarei convertita in una fontana), così ho provato a sdrammatizzare. Inoltre, diciamocelo, Atsuya-nii-san non è esattamente

tipo da lacrime e malinconia.

Atsuya: Io sfogo tutto con la rabbia U.U

Me ne sono accorta...

Ok, ora vado, prima di iniziare a scrivere cose assolutamente senza senso.

(Atsuya: Perché, quando mai tu scrivi cose dotate di senso???)

Ringrazio tutti quelli che recensiscono/seguono/leggono la mia storia, siete molto importanti per me

Baci

Kouri

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Verità ***


Ed eccoci arrivati all'ottavo capitolo! (Sinceramente, non avrei mai creduto di riuscire a portare avanti la mia storia fino a questo punto, è in gran parte merito vostro! ♥) Questo è stato senza dubbio il cappy più difficile da scrivere, ma è anche il mio preferito! Ci vediamo giù nell'angolo dell'autrice, buona lettura!

Shirou continuava a chiedersi come mai avesse accettato di fare ciò che gli chiedeva quel messaggio.

C'erano almeno due validi motivi per cui avrebbe dovuto rifiutare: innanzitutto il mittente non gli parlava da due settimane, e ora pretendeva che lui desse retta a un SMS e andasse a cercarlo?

Seconda di poi, aveva lasciato solo Atsuya in uno stato emotivo non esattamente stabile. E se avesse distrutto la casa mentre lui non c'era? In più Shirou sapeva che il fratello non voleva che uscisse da solo di notte, ed era proprio quello che stava facendo.

Il problema era che di fronte al testo di quel messaggio nessuna razionalità aveva tenuto. Una strana emozione gli aveva scosso le viscere impedendogli di rifiutare.

"In che guaio sto andando a cacciarmi?" sospirò il ragazzo.

Intanto la scuola si faceva sempre più vicina e il cuore dell'albino accelerava i battiti.

Raggiunse il club di calcio e si guardò intorno. Nel buio riusciva a distinguere solo le sagome degli oggetti.

- Sono contento che tu sia venuto - disse un voce alle sue spalle.

Afuro gli sorrideva tristemente.

- Perché mi hai chiesto di venire? È successo qualcosa di brutto? - chiese Shirou preoccupato.

Il biondo scosse piano la testa.

- Volevo parlarti, tutto qui -

Si sedette in mezzo all'erba umida, le ginocchia strette al petto. Shirou lo imitò, guardandolo con aria interrogativa.

- Il tuo amico con la testa a porcospino è venuto a farmi la predica, sai? Mi spiace che tu sia stato male per colpa mia, ce l'avevo con me stesso e ho preferito dare la colpa a te - spiegò Afuro imbarazzato.

- Ma cosa centro io? - chiese Shirou confuso.

Il biondo esitò, probabilmente temeva quella domanda.

- Ti ho ingannato - mormorò alla fine.

- Che cosa intendi? -

Afuro si morse nervosamente il labbro inferiore. Ormai aveva iniziato a parlare, non poteva più far finta di niente.

Sentì la mano dell'albino posarsi sulla sua spalla.

- Racconta. Di me ti puoi fidare - mormorò Shirou dolcemente.

- Non posso fidarmi di nessuno -

Il biondo si alzò e fece per andarsene.

- Aspetta! Terumi! -

Afuro si bloccò sul posto.

- Come mi hai chiamato? - domandò con voce tremante.

- Ti ho chiamato per nome- rispose brevemente Shirou - L'ho letto sul registro di classe - (per alcuni il nome giapponese di Byron è Afuro, ma secondo la mia personale interpretazione Afuro è il cognome e Terumi il nome N.d.A.)

- Non farlo mai più -

Il ragazzo stringeva talmente i pugni che le unghie gli si conficcarono nella carne.

- Perché? - chiese l'albino parandoglisi davanti.

- Non sono affari tuoi - la voce gli uscì rotta.

Shirou rimase di sasso quando vide gli occhi dell'altro riempirsi di lacrime.

- Spostati - lo implorò Terumi senza guardarlo.

- Terumi, non piangere - l'albino gli prese la mano.

- Shirou, per favore -

Il biondo ammutolì non appena si rese conto di averlo chiamato a sua volta per nome.

Fissò il ragazzo che aveva davanti attraverso un velo di lacrime. La presa sulla sua mano era delicata, ma allora perché non riusciva a liberarsi?

Forse il problema non era che non ci riusciva. Era che non voleva.

- Shirou! -

Senza chiedersi perché, gli gettò le braccia al collo, facendolo ricadere a sedere sul prato. Iniziò a singhiozzare.

L'albino rimase un attimo stupito, poi cominciò a carezzargli piano i capelli.

- Va tutto bene, sfogati pure - sussurrò cingendogli la vita.

- Shirou... tu ti devi allontanare da me... è pericoloso...- non riusciva quasi a respirare per quanto tremava.

- Cosa vuoi dire? -

- È un complotto, non capisci!? - gridò Terumi disperato. - Tuo padre aveva dei documenti che interessano al mio capo. Non so di cosa si tratti, ma mi ha mandato a recuperarli, è per questo che mi sono trasferito qui -

Due grosse lacrime gli scivolarono lungo le guance.

- Dovevo ingannarti e fare in modo che tu ti fidassi di me, così da ottenere le informazioni necessarie per il completamento dell'operazione, poi qualcuno avrebbe prelevato i documenti e... -

Non riusciva a continuare.

- E? - lo incalzò Shirou.

- E vi avrebbe ammazzati! Tu e tuo fratello! Mi dispiace, mi dispiace tanto! -

Terumi aveva voglia di strapparsi i capelli uno dopo l'altro, aveva voglia di ferirsi e di morire, perché davvero non ce la faceva più. Non riusciva ad affrontare quella sua esistenza piena di dolore.

- E allora perché mi hai detto tutto questo? -

La voce di Shirou non era dura come sarebbe stato lecito fosse stata. Un ragazzo gli aveva appena confessato di avere l'incarico di portarlo alla morte, avrebbe dovuto odiarlo per questo, no? Ma in lui non c'era odio, c'era solo paura.

Paura che Terumi si fosse scavato la fossa da solo decidendo di raccontargli tutto.

Il biondo gli rivolse uno sguardo da cucciolo bastonato.

- Te l'ho detto perché non ne posso più. Perché ormai mi faccio schifo da solo, questo non posso cambiarlo, ma non è giusto che tu paghi con la vita perché io sono un codardo. Adesso odiami pure -

- Terumi, io non ti odio -

Quelle parole gli giunsero talmente inattese che per un momento pensò che l'albino lo stesse prendendo in giro. Uno scherzo di pessimo gusto.

- Allora sei scemo - disse con gli occhi bassi.

- Mi sa che hai ragione- sorrise candidamente Shirou - Terumi, non riuscirei a odiarti neanche se fossi tu stesso a uccidermi -

Il biondo sentì il cuore stringersi in una morsa. Non capiva l'albino che significato avessero per lui le parole che aveva appena pronunciato?

Dai suoi occhi scivolarono altre due lacrime.

La prima di sconforto.

La seconda di gioia.

- Shirou... -

Senza quasi rendersene conto lo attirò a sé e poggiò le labbra sulle sue.

"Perché ti ho detto tutto questo? Perché ti amo"

L'albino sentì il volto andare a fuoco.

Le parole di Goenji gli riecheggiarono nella testa:

- Dimmi una cosa, Shirou, per caso ti piace Afuro? -

Si chiese perché all'epoca non avesse saputo rispondere. Dire che Terumi gli piaceva era l'eufemismo del secolo. Lui lo amava.

Sentivano i loro cuori battere a pochi centimetri l'uno dall'altro, bramosi di avvicinarsi, di superare quei due strati di muscoli, pelle e vestiti.

Non potevano certo scuoiarsi, ma cosa impediva loro di eliminare almeno il rivestimento più superficiale?

Le mani del biondo si mossero rapide a sganciare i bottoni della camicia dell'altro.

Un alito di vento solleticò la schiena di Shirou quando questa gli scivolò giù dalle spalle.

L'albino tornò lentamente in sé, come risvegliandosi da un sogno.

- Terumi, non... -

Sentire le labbra del biondo sul collo lo zittì.

Come avrebbe spiegato ad Atsuya quella scia di morsi e succhiotti? Non aveva né il tempo né la voglia di pensarci.

Nel frattempo anche le sue mani, animate da un'avidità sconosciuta, erano andate a liberare Terumi dalla maglia che gli fasciava il petto diafano.

Il biondo gli sorrise e si leccò le labbra con la punta della lingua, uno sguardo felino negli occhi scarlatti.

Il cuore di Shirou saltò un battito. Quelle poche difese che ancora gli rimanevano vennero invariabilmente annientate.

Intrecciò le dita dietro la nuca di Terumi, tra quei morbidi capelli color oro, uggiolando piano e fissandolo come un cucciolo smarrito.

"Fai di me quello che vuoi"

 

Angolo dell'autrice che forse dovrebbe cambiare rating:

Atsuya: Puoi ben dirlo!!! Aspetta, mio fratello ha... con quel biondino... *cade in depressione*

Già, già, mi dispiace, ma... mi vergogno un po' a dirlo... NON CE L'HO FATTA A NON SCRIVERLO! *si tappa la bocca* O///O

Bé, forse alcuni di voi staranno pensando che effettivamente il rating dovrebbe essere arancione, ma visto che non sono scesa per niente nei particolari (li lascio alla vostra fantasia) ho deciso di lasciarlo giallo.

Piccola nota da fare: nel primo capitolo Terumi dice che la sua classe è la II A, parliamo del sistema scolastico giapponese, quindi al secondo anno di scuola superiore i ragazzi sono già sedicenni.

Ecco, per non farli risultare eventualmente troppo giovani per avere un rapporto, ho fatto un piccolissimo cambiamento nel primo capitolo.

In sostanza, ho aggiunto loro un anno.

Sono diciassettenni, così io sono almeno in parte in pace con la mia coscienza (ma non con Atsuya che mi ucciderà non appena ne avrà l'occasione).

Grazie a tutti voi che leggete, seguite, ricordate, recensite o avete messo tra i preferiti la mia storia! ♥♥♥

Baci

Kouri
PS Altro che angolo dell'autrice! Ho quasi scritto un altro capitolo! xD

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Quando la rivedi ***


Attenti chicos, cambio del rating! (finalmente mi sono decisa, anche se non sono sicura che sia definitivo)

 

- Chissà perché sono ancora viva - pensò Shinobu per l'ennesima volta, mentre il suo sguardo scrutava la folla che la circondava.

Era sicura che K l'avrebbe eliminata entro due ore, invece erano passati già tre giorni e nessun sicario si era fatto vedere.

- Takanashi -

Una voce che, sfortunatamente, conosceva la fece sobbalzare.

Ora le avrebbe piantato un pugnale tra le scapole e lei sarebbe morta prima ancora di riuscire a dire addio al mondo.

Ma no, se ne sarebbe andata guardando negli occhi il suo assassino.

- Ciao - disse gelida, voltandosi.

Con sua enorme sorpresa il biondino non la pugnalò, ma si limitò a sorriderle stancamente.

- Che succede? Come mai sei qui? - chiese Shinobu aggressiva.

Terumi si strinse nelle spalle, una vaga desolazione in volto.

- Potrei farti la stessa domanda -

- Già, ma te l'ho fatta prima io -

Lui sospirò.

- Senti, ti va di parlarne quando ci saremo allontanati da tutta questa confusione? Non la sopporto -

La ragazza ridacchiò con scherno.

- Cos'è, ci stai provando con me? - lo sfidò.

Il biondo le sorrise, seducente in qualche modo.

- Tu non mi interessi, Takanashi, eppure dovresti saperlo -

Lei inarcò le sopracciglia.

- Dovrei sapere cosa? Che ti sei scopato l'albino? -

Terumi le fece la linguaccia.

- Scema. Perché hai spiato? -

- Volevo vedere quanto riesci a essere ipocrita -

Il ragazzo ammutolì e si fece cupo in volto.

- Perché quella era ipocrisia, non è vero Afuro? -

__________________________________________________________________

 

"Forse non dovresti seguirla" gli consigliò la sua parte ragionevole, quella che assomigliava di più a suo fratello.

Come al solito, venne ignorata nel modo più assoluto. Atsuya non era un tipo ragionevole, non lo sarebbe mai stato, e in fondo se ne vantava.

Inoltre, lui non stava seguendo Shinobu: la stava pedinando.

A sua discolpa poteva dire che non era uscito di casa con quell'intenzione. Stava comprando la verdura a un banco del mercato in piazza quando l'aveva vista passare chiacchierando con un biondino di sesso indefinito.

Gli era quasi venuto un infarto.

Il suo primo istinto era stato quello di correre a strangolare quella specie di Raperonzolo versione trans, ma poi aveva deciso, forse per la prima volta in vita sua, di dare ascolto alle parole di Shirou: non dare sempre retta all'istinto.

L'amore lo stava veramente infiacchendo.

- Ma guarda questa,- ringhiò da dietro un albero - mi pianta e poi inizia ad uscire con quel platinato, ammesso che sia un ragazzo -

Chi voleva prendere in giro? Ovvio che quel biondino era un ragazzo, molto effeminato, ma un ragazzo. Solo che piuttosto che ammettere di essere stato rimpiazzato, Atsuya preferiva credere che Shinobu fosse lesbica.

Se li immaginava: seduti su una panchina, sotto le stelle, mano nella mano, lei con la testa appoggiata sulla sua spalla. Lui la guarda e lei sorride, mentre pensa a quanto sia stato ingenuo quel ragazzo di cui non riesce neanche a ricordare il nome.

Lo assalì la depressione più totale.

Faceva male, l'amore.

__________________________________________________________________

 

- Dunque è così che sono andate le cose - disse Shinobu neutra.

Terumi annuì con gli occhi bassi.

- Praticamente ti sei suicidato - aggiunse la ragazza impietosa.

- Lo so, grazie - sibilò il biondo.

Lei lo guardò storto.

- Bé, cosa ti aspettavi che ti rispondessi? Sei venuto qui per fare una consulenza psicologica? -

- No, sono venuto qui per evitare che tu ti suicidi - ribatté Terumi teso.

Shinobu inarcò le sopracciglia.

- Spiegati meglio - intimò leggermente inquietata.

Il ragazzo sospirò.

- Decidere di mollare tutto è stata una mossa avventata. K aveva quelle informazioni molto prima di mandarti in missione, gli serviva solo che tu te ne accertassi. Ogni tua singola mossa è stata programmata e monitorizzata -

- Dunque... non servivo a niente? -

Il biondo annuì impassibile.

- Morirai se non ti decidi a tornare -

Shinobu rimase in silenzio per un tempo incalcolabile.

- Bene, - rispose infine - allora io scelgo di morire -

Terumi la fissò a occhi sbarrati. Non riusciva a credere a ciò che lei aveva appena detto. Forse aveva sentito male, doveva aver sentito male.

Nessuno aveva mai avuto il coraggio di opporsi a K.

- Non guardarmi così, in fondo è ciò che hai fatto anche tu. Hai raccontato tutto a quel ragazzo, e questo è contro il regolamento -

- Lo so, ma... io lo amo - mormorò il biondo con gli occhi lucidi e la voce incrinata.

- Più di quanto ami la tua stessa vita? - lo incalzò la ragazza.

Lui esitò un attimo, poi annuì.

- Più di quanto ami la mia stessa vita -

__________________________________________________________________

 

Il telefono squillò così all'improvviso che Shirou rischiò di mozzarsi un dito col coltello che aveva in mano.

- Pronto? - domandò controllando di essere ancora tutto intero.

- Shi, devi venire subito qui!!! - gli urlò una voce infuriata dall'altro lato della cornetta.

Certo, chi altri poteva essere? Scemo lui ad aver risposto.

- Nii-san, guarda che io... -

- SUBITO!!! -

Condannato a una sordità precoce, l'albino raccolse tutta la pazienza che aveva e cercò di spiegare al fratello le sue ragioni.

- Senti, non posso venire, ho messo la cena a cuocere, se poi si brucia? -

- Compriamo una pizza - rispose Atsuya piatto.

Shirou sospirò. A volte il gemello riusciva a essere addirittura più testardo di Endou, e questo gli era sempre apparso impossibile.

- Non possiamo comprarla tutte le sere! L'assegno di mantenimento che ci inviano i nostri parenti ci permette di vivere come persone normali, ma qualche volta dobbiamo arrangiarci, ok? -

- Ok - borbottò Atsuya contrariato.

- Spiegami la situazione, dai - lo addolcì Shirou premuroso.

- Ho rivisto Shinobu... - ahi, questo sicuramente non gli faceva bene.

"Nascondere i soprammobili" annotò rapidamente il ragazzo su un foglio di carta.

- E? - lo incalzò, sperando che non ci fossero esiti disastrosi.

- Ed era insieme a un biondino che sembrava Raperonzolo!!! - piagnucolò Atsuya.

Stavolta l'albino si tagliò davvero un dito col coltello. Forse avrebbe dovuto dare ascolto al fratello e raggiungerlo...

- Ehi, ci sei ancora? - lo richiamò Atsuya perplesso.

- Sì, scusa, mi ero distratto. Dunque hai pedinato quella ragazza e l'hai vista insieme a un biondino. Che facevano? - chiese Shirou, più per sé che per lui.

- Mah, chiacchieravano, comunque quello con lei non ci deve stare! -

"Non potrei essere più d'accordo" pensò l'albino fasciandosi il dito sanguinante. (ma quante cose fa questo mentre parla al telefono??? N.d.A.)

- Io vado a parlarle! - decise Atsuya risoluto.

E detto questo gli riattaccò in faccia. Shirou sperò vivamente che il fratello non sfogasse la propria furia sul suo biondino.

__________________________________________________________________

 

Col senno di poi forse non era stata una buona idea rubare il portafogli al ragazzo che li aveva interrotti, ma a sua discolpa Terumi poteva dire di averlo rimesso subito a posto. E poi, lo aveva preso solo perché aveva bisogno di un'informazione.

Intato il fratello di Shirou si stava allontanando con Shinobu, ignaro del fatto che il biondo aveva sbirciato la sua carta d'identità.

"Bé, che colpa ho io?" si domandò Terumi, non completamente in pace con la propria coscienza.

"Mica potevo chiedergli - Scusa, potresti dirmi dove vivi per favore? Vorrei passare il resto del pomeriggio con tuo fratello -, come minimo mi avrebbe sparato"

Già, come minimo. Non voleva neanche immaginare cos'altro avrebbe potuto fargli.

"Oh, basta rifletterci. Ho già fregato il cellulare della testa a porcospino per sapere il numero di Shirou-chan, ormai il Paradiso dopo morto me lo sogno"

Scrollò le spalle: non era neanche credente, per quale contorto motivo quei pensieri gli stavano affollando la mente?

Se ne dimenticò non appena suonò il campanello della casa di Shirou.

Si sentiva le farfalle nello stomaco, e se quella visita l'avesse disturbato?

Quando l'albino aprì e lo vide sul suo volto si dipinse il sorriso più radioso del mondo, le guance leggermente imporporate spiccavano sulla sua pelle pallida.

- Ciao, ti disturbo? - chiese Terumi giocherellando nervosamente con una ciocca di capelli.

- Tu non mi disturbi mai - rispose lui con dolcezza. - Entra, pure, accomodati -

Il biondo sentì il cuore saltare un battito quando varcò la soglia.

- Mi spiace per il disordine, Atsuya è stato un po'... ehm... irrequieto negli ultimi giorni - giustificò Shirou. Per cosa poi? Di tutte le case che Terumi aveva visto, non molte in verità, poche erano ordinate come quella.

- Tanto per chiedere, come hai saputo dove abito? - domandò l'albino innocentemente.

- Ecco... io... l'ho visto dal portafogli di tuo fratello quando è venuto a prendersi Takanashi - confessò Terumi senza incrociare il suo sguardo.

Shirou si lasciò sfuggire una risata cristallina e sincera che incendiò ogni fibra del corpo del biondo.

"Perché mi eccito così quando ci sei tu nei paraggi?"

Improvvisamente l'albino parve ricordarsi di qualcosa. - Scusa, io devo andare a mettere una cosa in frigo, torno subito - non aggiunse "tu intanto fa' come se fossi a casa tua" perché una vocina dentro di lui gli disse che il biondo preferiva non pensare a casa sua.

Sparì dietro la porta della cucina e mise al sicuro nel frigorifero quella famosa cena che preparava da tutto il pomeriggio.

Gli piaceva cucinare, e anche se così non fosse stato si sarebbe dovuto arrangiare. Lasciare Atsuya ai fornelli significava due possibili opzioni: morte per avvelenamento o perdita della casa in un incendio.

Sentì le braccia di Terumi cingergli i fianchi con delicatezza. Il biondo gli appoggiò la testa sulla schiena e socchiuse gli occhi.

- Che ti sei fatto? - domandò indicando il cerotto sul dito dell'albino.

Shirou poggiò le mani sulle sue.

- Mi sono tagliato pensando a te con quella ragazza. Sei pericoloso -

Terumi lo fece girare e lo spinse delicatamente fino a che la sua schiena non combaciò con la parete.

- Sono molto pericoloso, ma lo sapevi, no? -

Gli prese la mano e tolse la fascia macchiata di rosso. La ferita non si era ancora chiusa, un rivolo di sangue scivolò lungo il dito affusolato dell'albino. Terumi lo raccolse con la punta della lingua e risalì a leccare il taglio.

Shirou sentì il volto in fiamme, come poteva fare così caldo visto che l'estate era ancora lontana?

Strinse a sé il corpo del biondo, che emise un leggero gemito simile a fusa, e iniziò a baciarlo teneramente.

Terumi rimase stupito, si chiese come avesse fatto a non accorgersi prima di quanto fossero morbide e dolci le sue labbra.

Dolci come lui, d'altronde. Sapeva di zucchero, motivo in più per restargli attaccato in eterno.

Shirou si staccò leggermente dalla sua bocca.

- Ti amo - mormorò.

E al sapore zuccheroso dell'albino si mescolò il salato delle lacrime del biondo.

Terumi sapeva che non sarebbe potuto durare, che c'erano molte domande a cui doveva rispondere, ma non ci voleva pensare. Non adesso.

 

Angolo dell'autrice che non ha mai postato così tardi:

Ok, comincio col chiedervi umilmente scusa per aver aggiornato con questo ritardo stratosferico.

Atsuya: Qualcuno ne dubitava? *si becca uno sguardo truce*

Già, magia dell'arcobaleno, il rating ha cambiato colore: da giallo ad arancione, non so neanch'io perché.

Atsuya: Arancione? Come sarebbe a dire arancione?
Sarebbe a dire arancione, come i tuoi capelli.

Atsuya: Che? I miei capelli sono arancioni!? Io pensavo che fossero rosa, o rossi o... non lo so più nemmeno io! Sono daltonico! Noooooo!!! *cade in depressione*

Non sei daltonico, sei pazzo, è una cosa diversa... Va bé, ora vi saluto, come al solito grazie a tutti,

Baci ♥

Kouri

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Luci sul passato ***


Attenzione: in questo capitolo si è fatto uso di un linguaggio abbastanza scurrile, ma direi giustificato dal rating. Buona lettura, ci vediamo in fondo nell'angolo dell'autrice!

 

"Ci sei cascato di nuovo" disse una voce proveniente da un qualche angolo della sua mente che Shirou non sapeva identificare.

Ma la voce aveva ragione: i baci non erano bastati a nessuno dei due. Di nuovo.

Colpa di chi? Di entrambi, ma soprattutto sua. Non importava quanta buona volontà ci mettesse, bastava uno sguardo scarlatto di Terumi per mandarlo in brodo di giuggiole.

Sotto le dita del biondo i suoi vestiti erano caduti come foglie in autunno.

Ora il ragazzo era sdraiato su di lui, la testa sul suo petto, ad ascoltare il ritmo regolare del suo cuore. Era quasi riuscito a scordarsi del mondo al di fuori delle mura della casa, cullato da quei battiti profondi. Ma non poteva durare per sempre.

Aprì gli occhi e fissò intensamente l'albino.

- Shirou, voglio fare un gioco - mormorò.

- Che tipo di gioco? - chiese lui con aria interrogativa.

- È un gioco facile, ma farà piangere tutti e due -

__________________________________________________________________

 

- Senti, mi spieghi perché lo hai fatto? -

Atsuya avrebbe volentieri preso a schiaffi la ragazza davanti a lui se non si fosse trattato di Shinobu. O forse, voleva prenderla a schiaffi proprio perché si trattava di Shinobu.

- Non sono affari tuoi - rispose lei impettita.

- Oh sì che sono affari miei, signorina! Mi hai usato non si è capito bene per cosa e poi mi hai piantato! -

- Non è vero che ti ho piantato: non eravamo mica fidanzati - ribatté Shinobu maliziosa.

Il rosa aprì la bocca per dire qualcosa, ma davvero non avrebbe saputo come ribattere a quell'affermazione.

- Ehi, genio, mi senti? Se non chiudi quella bocca finirai con l'ingoiare qualche mosca, rischieresti di strozzarti -

- Ma strozzati tu, vipera! - fece Atsuya indispettito.

- Ah, che fine ha fatto il gentleman che ho conosciuto? Dunque in realtà sei un barbaro? - rise Shinobu.

- E tu, cosa sei in realtà? -

La rabbia del ragazzo era quasi sbollita (quasi), sostituita dalla curiosità di sapere cosa avesse spinto Takanashi a comportarsi in quel modo. Era colpa sua? Forse aveva fatto qualcosa di male senza accorgersene e l'aveva ferita. No, che idiozia, lei aveva parlato di informazioni, c'era una sola spiegazione logica: l'aveva usato, l'aveva usato, l'aveva usato. Già, ma era tanto difficile ammetterlo...

Shinobu si morse nervosamente il labbro inferiore.

- Cosa sono in realtà, dici? Che te ne frega? -

- Eccome se me ne frega! Non merito di sapere se sei una stronza? -

La ragazza alzò il mento con orgoglio.

- Ebbene sì, sono una stronza. Contento adesso? -

Atsuya scosse la testa.

- Non mi basta questo. Voglio sapere la storia -

- Tu vuoi sapere troppe cose. Chiedere accorcia la vita, sai? -

Il ragazzo si strinse nelle spalle.

- Che ho da perdere? Mio fratello se la può cavare benissimo senza di me -

Suo fratello? Shinobu ebbe improvvisamente un lampo di genio.

- A proposito di Shirou-chan... - iniziò suadente.

- Non lo chiamare "Shirou-chan" -

- Non sono io che lo chiamo così! C'è qualcun altro... -

Ce l'aveva fatta, lo aveva distratto, ma qualcosa le disse che non era stata esattamente una buona idea.

- Chi!? Chi lo chiama "Shirou-chan"!? - gridò Atsuya livido di rabbia.

- Facciamo un indovinello, tu mi fai le domande, ma io posso rispondere solo sì o no - cantilenò Shinobu con un mezzo sorriso.

- Va bene, se non me lo dici ti strangolo, sì o no? -

- No. Prossima domanda -

Il rosa si arrese. Quella era molto più furba di lui.

- Ok. È una ragazza, sì o no? - che domanda scema. Tanto era sicuro di saperlo già.

- Ahia, questa è difficile... ma direi di no -

E ti pareva.

- L'ho mai visto? -

- Sì -

- Biondo? -

- Sì. Sei bravo a questo gioco -

"Preparati a morire, sottospecie di porcospino! Anzi no, porco e basta!" pensò Atsuya irato. Fece per andarsene ma Shinobu lo trattenne.

- Aspetta. Il gioco non è ancora finito. So a chi stai pensando, ma è sbagliato - sorrise la ragazza.

- Non è la testa a porcospino? - domandò il rosa confuso.

Lei scosse la testa.

- Ma di biondo conosco solo lui... -

- Quando mai ho detto che lo conosci? Io ho solo risposto che l'hai visto. Quanto a memoria zero, eh? -

"Hai solo detto che l'ho visto... ma non lo conosco..."

- Non dirmi che è quello che penso - la supplicò.

- Dipende, a cosa stai pensando? - lo incalzò Shinobu.

- In questo preciso momento? "Rapunzel e l'intreccio della torre" -

- Bingo Ti ha anche fregato il portafogli. Poi però lo ha rimesso a posto -

- Bene, ora vado a torcergli il collo, ma prima c'è una cosa che devo dirti -

La strinse tra le braccia e la baciò con una passione repressa per tanto, troppo tempo. Quella labbra gli sembrarono troppo innocenti per la persona a cui appartenevano. Probabilmente nessuno le aveva mai toccate come lui stava facendo ora.

- Ti amo, stronza -

- Anche io, bastardo - (che coppiettina, eh? N.d.A.)

__________________________________________________________________

 

- Cosa vuol dire che questo gioco ci farà piangere? - chiese Shirou senza capire.

Terumi gli sorrise tristemente.

- Ti devo delle spiegazioni, lo sai meglio di me -

- Non le voglio se darmele ti deve far soffrire - cercò di dissuaderlo l'albino.

Lui gli carezzò i capelli con tenerezza.

- Anche io voglio sapere qualcosa di te - mormorò con le labbra sulla sua fronte.

- Che cosa? -

- Perché sorridi sempre? E non te ne uscire con qualcosa tipo "sono sempre felice". Non sono tanto cretino da crederci -

Perché? Shirou non l'aveva mai raccontato a nessuno. Col tempo era diventata un'abitudine. Punto e basta. Ricordare faceva male.

- Perché se io non avessi sorriso e detto "va tutto bene" Atsuya non sarebbe riuscito ad andare avanti dopo quel giorno, e senza di lui neanche io. È stato necessario, lo è da quel momento - si asciugò gli occhi bagnati di lacrime - Hai ragione, questo gioco fa piangere -

Terumi annuì, senza incrociare il suo sguardo.

- Tocca a te - disse poi.

- Spiegami il perché del cerotto che avevi sulla guancia quasi tre settimane fa -

- Non ti dimentichi proprio niente, eh? - chiese il biondo stampandogli un bacio sul naso.

- Ok, ma è una storia lunga e include tante altre domande che avresti potuto farmi. Forse è meglio così- inspirò profondamente prima di raccontare quel segreto che gli pesava sul cuore.

- Sono frutto di uno stupro, sai? Non appena il marito di mia madre scoprì che lei era incinta di un altro uomo la lasciò, condannandola a vivere in miseria. Nonostante tutto, lei mi tenne con sé, ma decise di darmi il nome che ho ("Terumi" in giapponese significa "capolinea" N.d.A.). Immagino di essere stato il capolinea della sua felicità e della sua fortuna.

Poi un giorno, circa tredici anni fa, un uomo si presentò a casa nostra. Non sapevo chi fosse, ma mia madre mi disse subito di andare a nascondermi e di non fare rumore. "Cosa sei venuto a fare qui?" le sentii dire. Aveva paura, si sentiva che aveva paura. "A riprendermi ciò che mi appartiene" rispose lui.

Lei ribatté che mai glielo avrebbe lasciato, e l'uomo la pugnalò, proprio sotto i miei occhi. Poi guardò verso il mio nascondiglio e mi disse di venire a farmi vedere.

Giusto prima di morire mia madre mi gridò di correre, ed è ciò che feci, ma non bastò. A mio padre non piace quando gli si disobbedisce o lo si delude -

Suo padre.

La mano del biondo corse istintivamente a sfiorare la cicatrice che gli tagliava il petto.

Shirou l'aveva notata, ma non aveva chiesto niente. Ora se ne pentiva.

- Terumi... - mormorò carezzandogli il volto bagnato di lacrime.

- Capisci perché non voglio che mi chiami così? Io sono il capolinea, Shirou, se continuerai ad avere a che fare con me morirai... tutti quelli che hanno a che fare con me muoiono - singhiozzò lui.

Affondò il viso nel petto dell'albino e lo strinse forte.

Shirou gli baciò i capelli. Mai, mai lo avrebbe lasciato, neanche se lui lo avesse condotto per mano alla morte.

- Cosa vuole quell'uomo? -

- Non lo so neanche io con precisione. Ha parlato di documenti riguardanti il governo, documenti in possesso di tuo padre che dovrebbero essere da qualche parte in questa casa... -

- Intendi questi documenti, biondino? -

 

Angolo dell'autrice:

Ciao a tutti! ^^

Atsuya: Perché tanto allegra?
Perché sono riuscita ad arrivare fino al decimo capitolo!
Prima di iscrivermi avevo scritto altre storielline per conto mio, ma non avevo portato avanti nessuna di queste.

L'esistenza di questa fic è in gran parte è merito vostro, di tutti voi che leggete e mi sostenete.

Non vi auguro adesso buon Natale perché sono certa che ci rivedremo prima di allora...

Kisses ♥

Kouri

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capolinea ***


 

Atsuya stringeva convulsamente il fascicolo che aveva tra le mani.

Dalla sua espressione non trapelava neanche una goccia dello sgomento che provava.

Quel biondino lo fissava con gli occhi sbarrati, senza scollarsi da suo fratello, l'espressione di chi si sente accusato ingiustamente di un crimine mai commesso.

- Staccati da Shirou - ordinò gelidamente, cercando di non soffermarsi sulla pelle nivea del gemello. Non voleva neanche pensare che potesse aver avuto un rapporto con quello.

- Nii-san, lascialo in pace - la voce dell'albino lo ferì senza un perché.

Forse il motivo era semplicemente che poteva contare sulle dita di una mano le volte in cui gli aveva risposto a tono.

Il biondo scosse la testa.

- No Shirou, ha ragione lui. Mi dispiace -

- Lo spero proprio. Ma credi che basti? - chiese Atsuya sarcastico. Strinse i pugni.

- Rivestitevi, devo parlarvi. A tutti e due -

__________________________________________________________________

 

Shirou non capiva. Non capiva il perché del tono del fratello, non capiva perché avesse trattato Terumi in quel modo.

Il biondo evitava il suo sguardo, si abbottonava la camicia meccanicamente, gli occhi vitrei ancora umidi di lacrime.

- Terumi, io... -

- Shirou, lascia perdere. Sto bene, davvero - gli sorrise, le labbra tremanti.

L'albino lo abbracciò.

- No che non stai bene - mormorò con voce rotta.

- Avete finito? - lo sguardo che Atsuya rivolse a Terumi era avvelenato dall'astio.

- Nii-san, perché? - l'abbraccio di Shirou si fece protettivo.

- Perché si sta prendendo gioco di te, Shi. Te l'ha anche detto, quindi se devi chiedere il perché a qualcuno, chiedilo a lui -

- Pensi che sia stata una sua scelta? - l'albino non sapeva a chi fosse rivolta quella domanda.

- Shirou... - Terumi scosse appena la testa e, dopo un bacio leggero, si sciolse dalle braccia del ragazzo.

- Non voglio vederti mai più in questa casa, chiaro? - sibilò Atsuya, acido.

Per la prima volta nella sua vita, Shirou odiò il fratello.

- Basta, tu non hai il diritto di parlargli così - obiettò con decisione.

Lo schiaffo che gli sii abbatté sulla guancia gli giunse del tutto inaspettato. Cadde a terra, più per la sorpresa che per il dolore.

Rivolse uno sguardo attonito al gemello, e ancora più forte fu il suo stupore quando vide le guance del rosa bagnate di lacrime.

Sentì la mano di Terumi su una spalla, il suo sguardo che gli chiedeva se stava bene.

- Shi, perché non vuoi capire!? Io sto solo cercando di proteggerti! -

- E per te proteggermi sarebbe allontanarmi dalle persone che amo? - ribatté lui reggendosi la guancia pulsante.

- Pensi sul serio che quello - additò Terumi - ti ami? -

Il biondo rimase in silenzio, sostenendo lo sguardo dorato del ragazzo.

- Se non fosse per questi documenti... - Atsuya strappò uno ad uno i fogli del fascicolo, animato da una foga malcelata.

- Ecco, ora non c'è più niente per te qui. Vattene -

Terumi sospirò, senza però spostarsi di un millimetro.

- È vero, in principio quelle informazioni erano il mio unico scopo, e adesso rimanere qui sarebbe solo pericoloso. Ma io amo sul serio Shirou - e con queste parole si alzò e si diresse verso la porta.

Le dita dell'albino gli si serrarono intorno al polso.

- Terumi,- gli disse con gli occhi umidi - non sei costretto ad andartene solo perché lo dice lui. Io ti voglio qui con me -

Il biondo distese le labbra in un sorriso triste.

- Grazie amore, ma non me ne vado solo perché lo dice lui: se rimanessi tu potresti anche morire, e io non voglio che questo accada -

Lo abbracciò come sperava non avrebbe mai fatto. Quello era un addio, lo sapevano entrambi.

- Terumi, ci rivedremo? - chiese tuttavia Shirou, con un tenue bagliore di speranza ancora acceso a illuminargli il cuore.

- Spero di no Shirou, perché se così fosse vorrebbe dire che tu sei ancora in pericolo -

Le lacrime si mescolarono in ultimo bacio che sapeva di malinconia.

Quando la porta si chiuse dietro le spalle di Terumi, Shirou era certo che non si sarebbe più riaperta.

Gli cedettero le gambe.

- Nii-san, perché!? Perché lo hai trattato così? -

Atsuya distolse lo sguardo.

Sembrava che suo fratello ormai riuscisse a chiedergli solo "perché".

Dopo tanti anni la situazione si era invertita.

Quel giorno era stato lui a domandare innumerevoli volte "perché", ma Shirou gli aveva risposto semplicemente con uno dei suoi sorrisi. Adesso il rosa non era sicuro di saper fare altrettanto.

Non riusciva neanche a ripetergli che l'aveva fatto unicamente per il suo bene, era troppo doloroso vederlo accasciato lì per terra, a singhiozzare con il cuore distrutto.

E poi, l'aveva davvero fatto solo per il suo bene?

Probabilmente no. Non poteva negare di aver provato una certa soddisfazione quando aveva visto quella chioma dorata sparire dalla sua casa.

- Shirou... -

No. Shirou era stanco di sentire frasi lasciate in sospeso che cominciavano con il suo nome ma che non avevano una fine.

Ne avevano formulate troppe quel giorno.

- Non mi interessa cosa stai per dire! - esclamò affondando le dita tra i capelli argentei.

- Shi, tu non capisci -

- No, sei tu quello che non capisce! - lui stesso rimase stupito dall'aggressività delle proprie parole. Nascose il volto tra le mani - Lui non aveva scelta, non ce l'aveva - mormorò con voce incrinata.

- Ce l'aveva invece, poteva ritirarsi. Shinobu l'ha fatto -

- Sarebbe morto -

- E cosa pensi che gli succederà ora che ha fallito? -

__________________________________________________________________

 

Terumi avrebbe tanto voluto piangere, sentiva le lacrime pungergli gli occhi, ma non riusciva a farle uscire. Forse perché sapeva che ormai era tutto finito, la vita di Shirou sarebbe continuata e in qualche modo l'albino avrebbe dimenticato gli avvenimenti di quelle ultime settimane.

Il porcospino sarebbe sicuramente riuscito a consolarlo.

E a lui? A lui cosa sarebbe successo? Terumi non ne aveva la minima idea, ma non prevedeva un futuro molto roseo per sé stesso. Aveva fallito, per la prima volta non era riuscito a portare a termine una missione.

I perdenti uscivano in condizioni pietose dalla stanza di K, e di loro si perdeva la memoria fino al giorno in cui scomparivano definitivamente.

Non riusciva a ricordare le facce di molti dei suoi compagni, ma dopo essere stati puniti non ce l'avevano neanche una faccia. Era solo una maschera di sangue che badavi a eliminare dalla tua mente il più in fretta possibile.

- Vuoi davvero tornare in quel posto? - gli chiese una voce alle sue spalle.

Si voltò e scrollò le spalle.

- Che scelta ho, Takanashi? - sorrise con arrendevolezza.

- Morirai lo stesso, e lo sai bene - la ragazza lo affiancò e si mise a camminare accanto a lui, strascicando i piedi sul marciapiede costellato di pozzanghere.

Il biondo scosse la testa.

- Lo so, ma se mi costituisco forse i Fubuki avranno più possibilità di sopravvivere, e questo è anche nel tuo interesse, ho sentito - aggiunse, con un minimo dell'antica malizia.

Shinobu ridacchiò.

- Nessuno di noi due avrà tempo per goderseli. Quasi quasi ti seguo -

- Stai scherzando, non è vero? -

- Già. Combatterò la mia battaglia fino alla fine - annunciò lei, alzando trionfante il pugno al cielo. Sapeva fin troppo bene che non avrebbe vissuto ancora molto, ma la sua meta non era sopravvivere, voleva solo dimostrare che non era una qualunque ragazzina indifesa: per quel che la riguardava, aveva vinto.

- E, biondino, anche tu hai combattuto la tua -

Terumi sospirò. O era un'abitudine dei rosa chiamarlo in quel modo, oppure Atsuya e la sua ragazza erano davvero fatti l'uno per l'altra.

- Può darsi, ma io ho alzato bandiera bianca -

Shinobu ci pensò un attimo su, poi negò.

- Stai confondendo i tuoi obiettivi. Hai fatto in modo che il tuo fidanzatino abbia la possibilità di salvarsi, non è una vittoria per te? -

Sì che lo era, ed era anche l'unica ragione per la quale il biondo riusciva ancora a sorridere.

- Sai Takanashi, mi sa che siamo arrivati entrambi al capolinea -

- Sai biondino, sa anche a me -

 

Angolo dell'autrice che è riuscita ad aggiornare prima del solito:

Ciao a tutti, rieccomi qui a rompervi gentilmente le scatole!

Atsuya: Se n'è andato... se n'è andato davvero! ^^

Sei. Senza. Cuore.

Atsuya: E. Ne. Vado. Fiero.

-.- A parte questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se fa un po' pena.

Atsuya: È demoralizzante.

Lo so anch'io -.-''

Grazie a tutti voi che leggete, recensite, seguite, ricordate o avete messo tra i preferiti la mia storia ^///^

Kisses

Kouri

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Errori mortali ***


L'edificio era ancora più cupo e fatiscente di come i due ragazzi ricordavano.

Alzarono lo sguardo sulle finestre dai vetri infranti e sentirono entrambi correre un brivido lungo la schiena.

- Alla fine mi hai seguito - osservò Terumi spostando un attimo lo sguardo su Shinobu.

La ragazza si passò una mano sulla fronte imperlata di sudore e si ravviò i capelli in disordine.

- Solo per dirti addio - rispose, cercando di dissimulare il terrore che le attanagliava le viscere.

- Allora addio Takanashi, grazie per aver tenuto occupato Atsuya -

Lei contorse il viso in una smorfia.

- Non pensavo che l'avrei mai detto, ma è stato bello conoscerti, biondino -

Rimasero in silenzio per un po', ognuno assorto nei propri pensieri, poi Terumi decise di prendere la parola.

- Non è triste che riusciamo a scherzare in una situazione del genere? -

Non sapeva il perché di quella domanda, semplicemente l'aveva sentita aleggiare nell'aria.

Shinobu ridacchiò.

- Hai ragione, vuol dire che l'abbiamo già vissuta tante volte. Poveri bambini privati dell'infanzia! -

Scoppiarono entrambi in una risata che vibrava d'isteria.

- Chi l'avrebbe detto che un giorno avremmo riso insieme in questo modo - commentò Terumi con una punta di malinconia - Solo avrei voluto che fosse stato in un contesto diverso -

- Io non ci avrei neanche pensato. Sarà stato perché abbiamo frequentato due gemelli omozigoti? -

Il biondo si strinse nelle spalle.

- È probabile, ma siamo stati cretini a cascarci -

- Decisamente. Abbiamo finito per rovinarci la vita... -

Shinobu lasciò la frase in sospeso, incerta se proseguire.

- Eppure non riesco a pentirmi di quello che ho fatto - disse infine, sciogliendosi in un sorriso dolce e sincero.

- Nemmeno io -

In lontananza sentirono un orologio battere le cinque del pomeriggio.

Terumi rivolse uno sguardo al cielo, come per un ultimo saluto.

- Adesso è meglio che vada. Grazie per la chiacchierata -

Shinobu ammiccò.

- Avremo tutta l'eternità per farne altre. Alla fine ti annoierai di me -

- Di sicuro. Ti aspetto di là -

__________________________________________________________________

 

Shinobu seguì il biondino con lo sguardo fino a quando la porta di legno scheggiato non gli si chiuse alle spalle.

Scosse piano la testa.

"Spiacente, ma io spero di mancare l'appuntamento. Ciao ciao Afuro"

Povero ragazzino innamorato, era stato un utopista.

K non si sarebbe arreso, non adesso che i gemelli sapevano tutto. Li avrebbe eliminati tutti, uno dopo l'altro. Prima Afuro, poi lei e infine i due Fubuki.

Schiacciati come scarafaggi.

"Pensi che tutto andrà sempre secondo i tuoi piani?" pensò Shinobu "Ti sbagli. Non questa volta". Lo doveva anche al biondino.

Storse il naso pensando che era arrivata a provare una sorta di affetto nei suoi confronti, quella specie di Raperonzolo che per tutta la vita aveva disprezzato.

Si ricordava ancora il loro primo incontro.

 

Una bambina stava in piedi in mezzo alla strada, un rivolo di sangue che le scivolava lungo la guancia sinistra. Osservava impietrita, con l'unico occhio che le rimaneva, la tragedia che si era appena consumata.

La macchina giaceva a terra come un grosso animale ferito, rivoltata, le ruote che ancora giravano, orbite vuote come la sua.

Volute di fumo si innalzavano verso il cielo sfacciatamente sereno. Shinobu avrebbe tanto voluto che stesse piovendo, così le sue lacrime non sarebbero state le uniche gocce a cadere a terra.

Le sarebbe piaciuto pensare che qualcuno lassù stesse piangendo insieme a lei, ma niente, neanche una nuvola che la aiutasse a mascherare il suo dolore.

Un uomo era comparso come dal nulla, seguito da una bambina bionda dai grandi occhi rossi come il sangue.

- Cos'è successo, piccola? - domandò con voce melensa.

Shinobu non lo sapeva, ma non le piaceva il tono dello sconosciuto.

- Dov'è la tua famiglia? -

La sua famiglia era stata distrutta, cancellata in meno di un secondo. Non fosse stato per la carcassa metallica davanti a lei e per il liquido caldo e viscoso che arrivava a lambirle i piedi avrebbe potuto credere che non fosse mai esistita.

L'uomo si rivolse alla biondina.

- Che dici, Afuro-chan, la prendiamo con noi? -

Lei osservò intensamente Shinobu e, dopo un silenzio durato qualche secondo, scosse la testa con decisione.

- No, non voglio - disse infine, parlando con la voce di un maschio.

Dunque era un bambino. Stranamente, per Shinobu quello era l'avvenimento più curioso della giornata. Provò subito antipatia per quella specie di ibrido della natura.

L'uomo scoppiò in una risata fragorosa e carezzò la testa del biondino senza neanche un briciolo di tenerezza.

- Oh, non siamo scortesi. Non ha nessuno, lo vedi? Vieni con noi, piccola -

 

Solo in quel momento Shinobu capì che Afuro aveva cercato di farle un favore.

Aveva pensato che fosse solo un bambino viziato e strafottente, non era riuscita a capire che lui aveva voluto evitarle un destino come il suo. Forse era per questa ragione che in tutti quegli anni spesso le aveva dimostrato astio.

Ma non era quello il momento di crogiolarsi nei ricordi del passato, la clessidra era partita, e ogni granello di sabbia che scendeva era un secondo in meno per lei.

__________________________________________________________________

 

Terumi era sicuro di non aver mai visto la casa così deserta.

I suoi passi risuonavano vuoti nel corridoio spoglio, l'unico suono a turbare il silenzio.

Sentiva la mancanza delle risatine sarcastiche di Shinobu, perché adesso che era solo la consapevolezza di quello che gli sarebbe successo gli stava cadendo addosso con tutto il suo peso.

Si lasciò andare a un sospiro profondo.

"Eppure lo sapevi che non sarebbe durata" si disse, facendo scorrere lo sguardo sulle pareti scrostate.

"Ti sei voluto complicare l'esistenza..."

No. Lui non si era voluto complicare proprio niente: si era voluto creare un'esistenza, perché quella che aveva prima non si poteva definire vita.

Era stato una macchina, un essere privo di sentimenti la cui unica funzione era eseguire gli ordini senza commentare e senza pensarci.

Per qualche giorno si era sentito vivo, ora non voleva tornare a eclissarsi in mezzo a quella nebbia indissipabile.

Molto meglio morire.

I battenti della porta laccata di nero sembrarono lanciargli un saluto silenzioso, con le loro smorfie demoniache modellate nell'ottone.

- Vorrei poter dire che è stato un piacere - mormorò il biondo di rimando.

"Povero idiota, ora parli anche con le maniglie delle porte"

Già, era probabile che con tutta quella tensione qualcosa si fosse rotto nel suo cervello, ma non era importante. Folle o no, il suo destino non sarebbe cambiato.

Entrò nella stanza senza guardarsi indietro.

Dalle tenebre decine di occhi luccicanti si spostarono verso di lui. Ecco dov'erano finiti tutti.

K lo aspettava seduto alla scrivania, il mento adagiato sulle mani intrecciate.

- Bentornato, Afuro-chan - gli disse, col solito tono di scherno che si accentuava quando parlava con lui.

- Immagino non ci sia bisogno di comunicarle l'accaduto -

Terumi rimase stupito nel constatare che la sua voce non tremava affatto come aveva pensato.

Il volto dell'uomo si contorse in una fulminea smorfia di fastidio.

- No, gli agenti che ti hanno seguito hanno visto tutto, comprese le tue "performance", se mi permetti il termine -

Il biondo scosse le spalle.

- È stato divertente? - chiese poi K, interessato.

- Sarebbe troppo chiederle di arrivare al punto? - lo interruppe Terumi, infastidito.

Il sorriso che si era disegnato sulla faccia del padre sparì immediatamente.

- Come vuoi. Saprai sicuramente che gli agenti di pedinamento sono dotati di una piccola telecamera -

Il ragazzo annuì.

- Bé, guarda che cosa ha ripreso uno di loro -

K premette un pulsante e un raggio di luce bianca perforò le tenebre fino a incontrare la parete, dove proiettò l'immagine di un ragazzo dai capelli rosa con un fascicolo in mano.

- I documenti che Fubuki ha stracciato - disse Terumi, ovvio.

- Sembrerebbero, non è vero? Ma facciamo un bello zoom su quel fascicolo e leggiamo il primo foglio -

Il biondo aggrottò leggermente le sopracciglia, senza capire.

Dove voleva arrivare? Lo capì quando lesse le frasi sul documento.

- Sono senza senso - mormorò, esterrefatto.

- Già, non è andata distrutta proprio nessuna informazione. Ti sei lasciato imbrogliare come un novellino, Afuro-chan. Pensavo di averti addestrato meglio -

Il ragazzo non rispose, gli occhi incollati a quelle parole disposte a caso.

- Hai tradito tutti noi, ci hai deluso, ma voglio darti un'altra possibilità - iniziò K con un sorrisetto malevolo.

Terumi sembrò risvegliarsi dalla sua trance.

- Io non voglio un'altra possibilità! - esclamò, quasi ringhiando - Voglio finirla qui. Per sempre -

Il sorriso dell'uomo si accentuò, le labbra tese a scoprire i denti candidi e affilati come quelli di un lupo.

Al biondo quel paragone non piaceva per niente.

- E la finirai, Afuro-chan, molto presto. Ora però abbiamo bisogno di te, solo un piccolo sforzo. Prendi i veri documenti, li porti qui e poi muori in modo veloce e indolore -

- Perché dovrei? - sibilò Terumi sulla difensiva.

Sentiva di essere giunto a un vicolo cieco.

- Perché altrimenti sarebbe il tuo piccolo dolce albino a pagare per i tuoi errori -

 

Angolo dell'autrice che come sempre è in ritardo:

Già, scusatemi, ma proprio non avevo idee per questo capitolo.

Spero sia accettabile...

Atsuya: È persino più deprimente del precedente.

Simpatico come al solito, eh? -.-''

Va bé, spero vi sia piaciuto, ma in caso contrario lasciate pure una recensione negativa (possibilmente con un consiglio su come migliorare).

Come sempre vi ringrazio tantissimo,

Kisses e Buon Anno

Kouri

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Sweet Sacrifice ***


Atsuya alzò un attimo lo sguardo dalle volute che la schiuma disegnava sulla superficie tremolante del suo cappuccino e lo spostò verso il fratello, seduto all'altro lato del tavolo.

Shirou teneva gli occhi bassi e le iridi dorate del rosa notarono che gli tremava il labbro inferiore. Stringeva le ginocchia al petto, dimentico per una volta delle buone maniere.

Atsuya sospirò. L'albino si era calmato, dopo gli avvenimenti del giorno prima, ma sembrava aver perso la facoltà di sorridere. La luce che tanto spesso animava il suo bel faccino pallido si era spenta in un blackout destinato a durare chissà quanto.

Il fratello era sicuro di non averlo mai visto così, mai, neanche il giorno in cui avevano perso tutto. Shirou aveva pianto, aveva gridato, aveva fatto tutte quelle cose che ci si aspettano in una simile situazione, ma era sempre stato pronto a confortarlo.

Non si era rifiutato di accettare la realtà, non gli aveva detto "Tranquillo, Nii-san, vedrai che presto torneranno a prenderci", gli aveva semplicemente sorriso e lo aveva preso per mano. "Tranquillo, Nii-san, vedrai che ce la caveremo"

Adesso quel bambino sembrava essersi dissolto nel nulla.

Atsuya non riusciva a farsene una ragione. Come era possibile che la perdita di un biondino che, per la cronaca, si era preso gioco di lui, lo ferisse più di quella dei suoi genitori?

- Shi, così li insulti - disse lapidario, quasi senza volerlo.

Shirou, stupito, alzò gli occhi arrossati per il troppo piangere. Aveva provato a dormire durante quell'ultima notte che gli era sembrata eterna, ma non ce l'aveva fatta: le lacrime scendevano copiose, i singhiozzi non si fermavano.

- Cosa? - chiese con voce flebile.

Atsuya strinse i pugni, la fine stoffa della tovaglia si increspò tra le sue dita. L'ingenuità del fratello a volte gli dava proprio sui nervi.

- Pensi che mamma e papà sarebbero felici di sapere che soffri più per una specie di Raperonzolo che per loro? -

L'espressione che si dipinse sul viso dell'albino gli suggerì che forse avrebbe dovuto ragionare un minimo prima di usare il nomignolo.

- Non lo chiamare così - sibilò infatti Shirou, gelido.

- Ti ho fatto una domanda - insistette il rosa senza demordere.

- Nii-san, vuoi saperla tutta? Bene, ti accontento subito: quando mamma e papà sono morti ti sarò sembrato persino insensibile, ma tu sei un irresponsabile, e se mi fossi abbandonato alla tristezza nessuno di noi ce l'avrebbe fatta. Mi è stato richiesto uno sforzo di volontà incredibile per non far trasparire la mia disperazione, ma siamo vivi, e questo non significa che io non abbia sofferto. Ora questo sforzo non è necessario e, se proprio devo dirlo, ho il sacrosanto diritto di stare male visto che il mio ragazzo... - li la voce gli si incrinò e non fu più capace di continuare.

Non poteva pronunciare quell'ultima parola, ma ad Atsuya non serviva.

"Visto che il tuo ragazzo morirà, lo so, Shi"

- Ora scusami - mormorò Shirou passandosi una mano sugli occhi umidi di lacrime.

Si alzò dalla sedia e si diresse di corsa verso la sua camera.

Il rosa sentì il tonfo della porta che sbatteva.

Forse avrebbe dovuto essere più diplomatico, invece di strappare un fascicolo di fogli inutili e urlare al biondino di sparire. Dopotutto, non si era chiesto come il fratello avrebbe potuto interpretare la cosa.

L'aveva combinata davvero grossa, ma si sapeva, Atsuya Fubuki non brillava per sensibilità.

__________________________________________________________________

 

Shinobu bussò appena alla porta.

Una, due, tre volte.

Sapeva per certo che entrambi i Fubuki erano lì dentro, che poi non avessero voglia di ricevere visite era un altro paio di maniche.

Quindi decise di abbandonare ogni delicatezza.

- Atsuya, cazzo, apri questa porta! - urlò con un tono che le procurò uno sguardo sbigottito dall'anziana signora intenta ad annaffiare i gerani a pochi passi da lei.

Shinobu la ignorò e quando sentì la serratura scattare dall'altro lato della porta incrociò le braccia sul petto e mise su un'espressione contrita.

- Ti rendi conto di quanto... - ma il rimprovero le morì in gola quando incrociò lo gli occhi dorati del rosa.

- Di quanto ti ho fatto aspettare? - Atsuya scrollò le spalle, quieto - Non mi sembra che tu sia morta -

"Ho rischiato, però" pensò Shinobu, ma non disse nulla.

Il ragazzo le fece cenno di entrare.

- Tuo fratello dov'è? - domandò lei notando l'assenza dell'albino.

Doveva ammettere che tutto sembrava più cupo senza di lui.

- A sciogliersi in lacrime al piano di sopra. Se devi dire qualcosa puoi semplicemente parlarne con me - replicò Atsuya.

Il suo tono lasciava intendere nel modo più chiaro possibile che preferiva evitare l'argomento.

- Invece devo parlarne con tutti e due. È una cosa importante che riguarda entrambi -

- Se è così importante perché ce la dici solo ora? - chiese il rosa mentre un campanellino d'allarme iniziava a trillare nella sua mente.

_________________________________________________________________

Shirou alzò lo sguardo sulla ragazza entrata nella sua camera senza neanche bussare. Ricordava di averla già vista, ma in quel momento il suo cervello era confuso e le associazioni non gli riuscivano molto bene.

- Allora? Ti alzi o no da quel letto inzuppato di lacrime? Devo parlare con voi due di una cosa molto importante e il tempo è una delle cose che mi mancano -

Gli aveva parlato in modo brusco, ma l'albino capì che stava pensando al loro bene e che probabilmente aveva messo a rischio sé stessa per informarli.

- Vieni in salotto, lì è più difficile che ci sentano - ordinò lei sparendo dietro la porta.

Che ci sentano? "Cosa significa?" pensò Shirou con un brivido.

Improvvisamente si sentì accerchiato da centinaia di occhi e orecchie nascosti dappertutto: qualcuno sotto il letto, altri nell'armadio, alcuni persino nei cassetti della biancheria.

"Stai diventando paranoico"

Raggiunse Shinobu e Atsuya e si accoccolò su un puff, disposto ad ascoltare.

Il fratello mormorò qualche parola di scuse quando gli passò accanto e lui gli sorrise debolmente.

"Mi sono lasciato prendere la mano e ho detto cose che non avrei dovuto. Scusa"

Shinobu fece scorrere lo sguardo sui due ragazzi che aveva davanti.

- Le informazioni che sto per darvi sono della massima urgenza e possono fare la differenza tra la vostra incolumità e la vostra morte, quindi vi prego di ascoltarmi attentamente perché non ho la possibilità di ripetere quanto vi dirò adesso -

Parlava come un computer, ma il suo corpo era animato da un tremito tutto umano.

Atsuya sentì le palme delle mani farsi sudate e sorrise con amarezza. Non gli capitava spesso di avere paura.

Shirou sospirò e cercò di concentrarsi. Lo doveva sia al gemello che alla ragazza seduta compostamente a mezzo metro da lui.

- Ebbene, nonostante voi abbiate provveduto a una falsa distruzione dei documenti, non pensiate che K abbia intenzione di arrendersi. Lui vuole quelle informazioni, e non si fermerà davanti a nulla pur di ottenerle. Anche se voi li aveste eliminati sul serio, ormai sapete troppo, e quindi costituite una minaccia.

Manderà dei sicari che rimedieranno ai nostri errori, e voi morirete -

"I nostri errori" Shirou non aveva bisogno di un interprete per immaginare che stava parlando di lei e Terumi.

- Questo se voi non fuggite, ma sarà complicato con le spie di K che girano in borghese per la città. Dovrete essere veloci e silenziosi e, mi spiace, ma io non posso aiutarvi, perché sono ricercata quanto voi. Ho dovuto seminare una decina di agenti per arrivare qui, per questo ci ho messo tanto. Vi suggerisco di allontanarvi dalla città il prima possibile e di spiegare la situazione alla polizia.

Potreste incontrare qualche spia dovunque, quindi state attenti... -

- No - la voce di Shirou risuonò decisa nella stanza.

Shinobu e Atsuya lo guardarono stupiti.

- No - ripeté lui - Se ce ne andiamo tutti e K trova la casa deserta sospetterà qualcosa. Voi potete fuggire, io resterò e cercherò di farvi guadagnare un po' di tempo -

Atsuya sentì il mondo crollargli addosso.

- Quindi... vorresti restare qui a morire? - chiese con la gola secca.

No, quello era uno scherzo, doveva essere uno scherzo, ma davanti al sorriso solare del fratello il rosa capì di aver ben poche speranze.

Shirou scosse le spalle senza alterare la sua espressione di una virgola. Sembrava cercasse di recuperare il tempo sprecato piangendo.

- Tu hai la tua ragazza, no? Io voglio ritrovare il mio -

"Nell'aldilà, se necessario"

 

Angolo dell'autrice in ritardo come al solito:

Ebbene sì, aggiorno dopo una settimana e per di più aggiorno con questo mini-capitolo. Perdonatemi, ma la mia ispirazione ha deciso di andarsene o, per meglio dire, la sto utilizzando tutta per la fic che voglio presentare al contest indetto da Flock e Iris44.

Atsuya: Tanto non ti verrà bene nessuna delle due.

Zitto, ti ho anche offerto la possibilità di salvarti insieme alla tua fidanzata, che vuoi di più?

Atsuya: Tipo... che mio fratello non crepi? -.-''

... Non si può avere tutto nella vita -.-

Ok, ora vi saluto, prima di sclerare completamente.

Atsuya: Troppo tardi.

Kisses

Kouri

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Sprazzi di cielo ***


Lo sguardo di Atsuya si spostò dal sorriso di Shirou a quello di Shinobu e viceversa. Entrambi sembravano assicurargli che l'idea dell'albino era quella che assicurava il minor numero di morti.

- Shi, se questo è per il biondino... - iniziò, cercando ancora di dissuaderlo.

Il fratello scosse pacatamente la testa.

- Non è solo per lui, Nii-san, è per tutti noi. Avrebbe senso per te salvarti ma non rivederla mai più? Non sapere se ce l'ha fatta o no? Non sapere cosa fa e con chi sta? - chiese indicando Shinobu.

Atsuya rimase in silenzio. No, per lui non avrebbe avuto senso, senza la sua ragazza nulla avrebbe avuto senso, ma lasciare Shirou a morire lo faceva sentire un assassino.

- Adesso fareste meglio ad andare - fece presente l'albino lanciando uno sguardo fugace all'orologio appeso alla parete color crema.

- Ho consultato l'orario dei treni. Quello che va più lontano parte tra un'ora - intervenne Shinobu, che fino a quel momento si era limitata ad assistere silenziosamente alla discussione tra i due gemelli.

- È un'impresa disperata - sussurrò Atsuya scuotendo la testa - Come faremo a prepararci per un viaggio che ci porterà fuori città se dobbiamo partire tra un'ora? -

Shirou e Shinobu alzarono gli occhi al cielo quasi nello stesso momento. Si scambiarono uno sguardo d'intesa. "Eh sì, Atsuya smette di ragionare, quando si emoziona"

- Nii-san, - spiegò l'albino con lentezza - non dovete andarvene per sempre. Arrivate fuori città, spiegate la vostra situazione alla polizia e quando le cose si saranno sistemate tutto tornerà come prima. Assolutamente normale -

Atsuya annuì appena, anche se non condivideva affatto ciò che stava dicendo il fratello.

"Niente sarà come prima, se tu muori"

__________________________________________________________________

 

Shinobu si passò una mano sulla fronte sudata. Era stata un'impresa titanica convincere Atsuya a salire su quel treno.

"Tutto ciò non sarebbe paragonabile neanche alla più difficile delle missioni per l'agenzia" pensò, fissando il rosa che sedeva immusonito sul divanetto dello scompartimento.

- Non è giusto - disse lui, mentre il paesaggio scorreva e si trasformava dietro il finestrino a una velocità che i suoi occhi non riuscivano a cogliere.

- Sarà la centesima volta che lo ripeti - commentò la ragazza senza alzare gli occhi dal libro che stava fingendo di leggere. Anche per lei era stato difficile chiudersi alle spalle la porta di quella casa, e stavolta non era solo per il suo orgoglio ferito.

Aveva avuto l'impressione di lasciare da solo un cucciolo che ti fa le feste anche quando te ne vai, perché sa che prima o poi tornerai.

Shirou era consapevole del suo destino, ma rimaneva un cucciolo che li aveva salutati con un sorriso solare, come se stessero partendo per una gita in campagna. Un piccolo fragile cucciolo dal pelo candido come la neve.

Staccare Atsuya da lui era stato difficile quasi quanto chiuderlo nello scompartimento. Una sanguisuga sarebbe stata meno tenace.

- Non credo che tu capisca come mi sento, sai? - chiese all'improvviso il ragazzo con un sorriso troppo innocente per lui.

- Forse no, ma in fondo anche io sono stata costretta a lasciare la mia famiglia per cause di forza maggiore -

- Per me è come lasciarla due volte - sospirò con un sorriso amaro sulle labbra

- Quasi mi uccide provare di nuovo lo stesso dolore. Avrei voluto dimenticarlo in tutti questi anni, invece è sempre stato lì in letargo, il mio caro vecchio amico -

Shinobu annuì, si sedette accanto a lui e gli appoggiò la testa sulla spalla.

"Sono cose che non dimentichi neanche dopo una vita intera"

Rimasero in silenzio per un po', ad ascoltare pensieri che il debole ronzio del treno non riusciva a cancellare.

- Tu e tuo fratello non siete poi così diversi - sorrise a un certo punto Shinobu.

L'argomento "Shirou" era delicato, lo sapeva, ma era abbastanza intelligente da capire che non parlarne non sarebbe comunque servito a toglierlo dalla testa di Atsuya.

Il ragazzo la guardò interdetto, un interrogativo dipinto in faccia.

- Vi siete voluti complicare entrambi l'esistenza, anche dopo che avete saputo cosa c'era sotto -

Lui ridacchiò e si chinò sulle sue labbra.

- Le cose più belle hanno sempre la fregatura -

- Se mai tutto questo si concluderà senza vittime, accetterai il biondino?- chiese Shinobu con l'intenzione di farlo lottare un po' per conquistare la sua bocca.

- No, se mai torneremo a casa gli farò saltare tutti i denti e poi lo strangolerò con i suoi stessi capelli. E ora stai ferma -

Le bloccò le mani sopra la testa e si appropriò del fermaglio che le legava i capelli.

- Perché l'hai tolto? - protestò lei, infastidita.

- Perché una volta tanto voglio vederti con i capelli sciolti. E voglio anche vederti tutti e due gli occhi - ribatté Atsuya spostandole il ciuffo dalla faccia.

- Io non ho tutti e due gli occhi, idiota, e se anche li avessi con questa acconciatura sarei diventata orba da un bel po' di tempo! - rise Shinobu stampandogli un bacio sulla guancia.

- Adesso è spiegato perché a Kazemaru piace tanto Endou... -

- Dài, sei cattivo! Il calcio-maniaco non è malvagio. Endou è solo... -

- Endou - completarono all'unisono.

- Ascolta signorinella, hai cercato di distrarmi? Guarda che io voglio un bacio! - divagò Atsuya, facendo il finto offeso.

- E come pensi che faccia se mi tieni le mani così? -

Il rosa sospirò e si arrese.

- Va bene, ma se ti mollo fai la brava e mi dai più di un bacio -

Shinobu sbatté le ciglia da cerbiatto con aria innocente. Sapeva usare bene il suo unico occhio.

- E perché pensi che ti abbia chiesto di liberarmi? -

No, decisamente non avrebbe fatto la brava.

__________________________________________________________________

 

L'unica domanda che frullava nella testa di Shirou mentre sedeva in silenzio davanti allo specchio era perché i suoi occhi grigi avessero iniziato a cospargersi di pagliuzze azzurre.

Non riusciva a spiegarselo, ma sapeva che non voleva affatto ritrovarsi con due iridi celesti da bimbo-angioletto-modello. Si sentiva bene così com'era, punto e basta. E poi avrebbe odiato avere occhi color cielo così diversi da quelli scarlatti del ragazzo che amava.

Si passò una mano tra i capelli. Ci mancava solo che anche quelli decidessero di tingersi di azzurro.

Aveva pensieri strani, da quando Atsuya se n'era andato... o, per meglio dire, da quando Atsuya era stato trascinato a forza fuori di casa dalla sua ragazza. Continuava a soffermarsi su dettagli inutili, sul fatto che la cornice di quel quadro non fosse perfettamente dritta o che questo soprammobile fosse leggermente spostato.

Si diede più volte dello scemo, mentalmente. "Scemo, scemo, scemo, scemo... non sai neanche tu a cosa stai pensando!"

A cosa avrebbe dovuto pensare? Probabilmente non aveva un altro giorno davanti a lui, a quel punto andare un po' fuori di testa era diritto di tutti, anche del più vile dei criminali.

Il problema era che lui non aveva paura, non sentiva l'impulso di chiudersi a chiave in camera e nascondersi in un armadio per fuggire al suo destino. Provava solo una specie di tacita rassegnazione, e la cosa lo rendeva nervoso.

Lo sguardo gli cadde sul soprammobile, sì, quello che in una crisi di protagonismo sembrava essersi spostato dal suo posto. Un odioso gattino di porcellana che non era mai riuscito a sopportare.

- Mamma, perché tieni sempre questo gatto? - aveva domandato un giorno a sua madre. La donna aveva spostato lo sguardo da lui al gattino, poi era scoppiata a ridere.

- Perché è carino! Somiglia a te, tesoro -

Il piccolo Shirou si era un po' offeso. Lui? Somigliare a quell'ibrido di porcellana? Neanche per sogno.

- Non è vero! - si era lamentato - Io non sono un gatto, e poi quello è brutto. Mi fa paura -

- Ti fa paura? E perché, Shirou? È solo un gattino -

La madre era rimasta stupita, così Shirou aveva preso il soprammobile in mano, lottando contro l'impulso di farlo cadere, e glielo aveva fatto vedere.

- Guarda, ha un'espressione furba, sembra che sappia qualcosa che noi non sappiamo. E poi, anche se ha questa piccola lingua rosa, sotto si vedono i denti affilati - aveva spiegato pazientemente.

- Ora però guarda tu, i vostri occhi si somigliano -

Il bambino aveva storto il naso.

- Io non ho gli occhi azzurri, e poi sono un maschio. Il tuo gatto ha il fiocco rosa -

Adesso Shirou si sentiva come burlato dalle parole della madre.

- È tutta colpa tua - disse, rivolto al gattino, che gli rispose con uno sguardo silenzioso degli occhi vitrei.

Il ragazzo lo prese in mano e, dopo una breve esitazione, lo scagliò con forza contro il muro. Il detestato gatto esplose in decine di schegge.

Ora l'albino capiva perché Atsuya eliminava i soprammobili quando era nervoso: in effetti, se non avevi nessuno con cui sfogarti, poi ti sentivi meglio.

All'inizio a Shirou dispiacque un po' aver rotto il ninnolo di sua mamma, ma quella era un'emergenza, e se non si fosse sfogato avrebbe rischiato l'attacco isterico.

- Ok, è ufficiale: i miei neuroni hanno smesso di funzionare come dovrebbero - in realtà gli importava poco dei suoi neuroni, ma aveva bisogno di sentire una voce, fosse questa la sua o quella di qualcun altro.

Si accoccolò sul suo puff e tirò fuori dalla tasca il cellulare. La foto di Terumi gli sorrise dallo schermo.

- Quindi è così che ci si sente quando si sa che la morte è vicina? - domandò, malinconico come non si era mai sentito.

Quello che davvero non si sarebbe aspettato era una risposta.

- Sì Shirou-chan, è proprio così -

 

Angolo dell'autrice:

Eccomi di nuovo qui! Questo capitolo è leggermente meno deprimente degli altri...

Atsuya: ...

...

Atsuya: ...

Non dici niente? Non fai il tuo solito sarcasmo da quattro soldi?

Atsuya: Mi hai fatto avere un rapporto con la mia ragazza, quindi per premio penso che ti lascerò in pace ^^

... Ok (perché non ci ho pensato prima?)... Insomma, so che i pensieri di Shirou nella seconda parte del capitolo possono apparire privi di senso, ma credo che sia più o meno così che uno si sente in una situazione del genere: confuso, spaesato, spaventato... ora la smetto di sparare aggettivi a caso...

Bé, spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Alla prossima!

Kisses

Kouri


PS: Il titolo si riferisce al colore degli occhi di Shirou e al fatto che finalmente Atsuya e Shinobu stanno riuscendo ad essere felici.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Farewell ***


ATTENZIONE: La lettura di questo capitolo è altamente sconsigliata a chi non ha voglia di farsi un bel pianto. Kouri-chan vi ha avvertiti, a voi la scelta ^^

 

Le braccia di lui che lo stringevano forte, molto forte, come se avessero paura di perderlo. Il battito frenetico del suo cuore contro il petto. Le lacrime sul viso di entrambi.

Quei capelli biondi profumavano di vaniglia, e Shirou avrebbe voluto seppellirci la faccia per sempre.

Perché era difficile e doloroso vedere le cose come stavano.

- Mi spiace, avrei voluto essere più forte - la voce di Terumi non era incrinata come il biondino si aspettava. I singhiozzi non sarebbero serviti a niente.

- Dove sono quei documenti? Ne ho bisogno Shirou, è importante - aggiunse carezzando la schiena dell'albino.

Lui si irrigidì e scosse la testa. - Scusa, ma non ho intenzione di darteli così, come se niente fosse -

Terumi gli baciò la fronte "Sei sempre il solito esempio di lealtà e coerenza. Il mondo non funziona così, sai?"

- Perché no? -

- Ci dev'essere stato un motivo se mio padre li ha nascosti invece di darli a quell'uomo. Non lascerò che tu li prenda, Terumi, mi dispiace -

Le sue parole non scavarono tanto nel cuore del biondino quando la delusione che lesse nei suoi occhi.

"Mi sarei comportato diversamente, se il rischio che corri non fosse stato così alto"

- C'era da aspettarselo da uno come te, Shirou-chan. Lo sai che non è stata una mia scelta -

- Non ti sto accusando di averlo scelto -

Terumi si strinse nelle spalle, con un sospiro.

- Tuttavia, sono io la persona che si prenderà quelle informazioni. Alla luce di tutto questo, puoi ancora dire di amarmi? Voglio una risposta sincera -

Cosa si aspettava? Un sì o un no? Non lo sapeva neanche lui.

Si sentiva conteso come poche volte nella sua vita, anche se, di fatto, quelle parole non avrebbero cambiato niente.

Il suo cuore sperava in una risposta negativa, così Shirou sarebbe riuscito ad andare avanti più facilmente dopo la sua scomparsa. Il suo spirito egoistico, quella parte di lui che più somigliava a suo padre, sperava che l'albino gli dichiarasse amore eterno nonostante tutto.

Shirou rimase in silenzio per un po', osservandolo con attenzione, senza però pensare a quale risposta fosse quella giusta. Non ne aveva bisogno.

- Perché me lo chiedi? - replicò infine.

- Non rispondere alle domande con altre domande. Non arriveremo da nessuna parte in questo modo - ribatté Terumi con fare sbrigativo. Sembrava avesse fretta di sparire da quella casa il prima possibile.

Shirou lo afferrò per la maglia, come a trattenerlo.

- Ma dove vuoi arrivare? -

Il biondo abbassò lo sguardo, una muta supplica dipinta negli occhi.

- Terumi, non ti ricordi cosa ho detto pochi giorni fa? Non mi importerebbe neanche se tu mi accompagnassi per mano alla morte, io ti amerei lo stesso -

Una lacrima si staccò dalle ciglia che coronavano quelle iridi scarlatte. Una sola, pianta dal suo cuore, perché l'altra parte di Terumi era andata in brodo di giuggiole.

Gli prese il volto tra le mani e lo baciò come quella prima volta nel campo da calcio della scuola. Quella notte si era reso conto che persino il suo cuore inaridito era capace di amare.

Ora sulle labbra di entrambi erano stampate parole che probabilmente non si sarebbero mai scambiati, ma nessuno dei due ne sentì la mancanza: di parole ne avevano sentite anche troppe, e loro odiavano rumori e confusione.

Avevano passato tutta la vita in mezzo a persone ridenti e schiamazzanti, adesso volevano solo il silenzio. Era arrivata la fine della storia, le parole "The End" in mezzo all'ultima pagina di un libro di fiabe, perché era una fiaba quella in cui avevano vissuto: una colossale, meravigliosa fiaba.

Il loro destino era stato segnato sin dal primo sguardo che si erano scambiati, ma loro l'avevano ignorato e si erano innamorati, avevano costruito il loro piccolo regno romantico. Adesso quel regno aveva raggiunto la sua fine, il gioco non sarebbe potuto durare oltre: era il momento di aprire gli occhi, osservare la realtà e poi chiuderli di nuovo, ma stavolta per sempre.

Questa era la regola dettata dalla logica, però in fondo Terumi e la logica non erano mai andati d'accordo. Il biondo non era ancora pronto ad alzare bandiera bianca e a veder morire l'unica persona che avesse mai amato, l'unica persona che avesse asciugato le sue lacrime quando queste gli avevano solcato le guance, l'unica persona che avesse mai sentito il bisogno di proteggere.

Un'altra pazzia, una sola. Gli bastava quello.

__________________________________________________________________

 

Lì per lì Shirou non capì cosa fosse successo. Aveva sentito una piccola puntura, simile a un vaccino, e adesso un velo di nebbia si stava posando davanti ai suoi occhi.

Le dita di Terumi stringevano qualcosa che non riusciva a vedere bene, ma il suo sguardo parlava per lui.

"Scusa"

- Perché l'hai fatto? - chiese l'albino scivolando nelle tenebre.

- Ti amo -

Il biondo fissò quegli occhi disseminati di pagliuzze azzurre chiudersi lentamente, ma si sentì rasserenato pensando che, se non altro, si sarebbero riaperti nel giro di poche ore. A quel punto, era sicuro che Shirou lo avrebbe odiato, ma la cosa non lo riguardava. Non aveva aspettative di vita così estese.

Gettò a terra la piccola siringa di narcotico, la sua ultima pazzia e, facendo attenzione a non pestare i frammenti dello stantuffo e di qualcosa che poteva essere stato un soprammobile, si diresse verso la stanza oltre la quale lo aspettavano le sue informazioni.

Sorrise con amarezza.

Dei fogli di carta.

Stava per morire per dei fogli di carta.

Che storia demenziale la sua.

Percorse il corridoio fino a quando non si ritrovò davanti alla porta che cercava. Chiusa.

Avrebbe potuto cercare la chiave, ma non aveva tutto quel tempo, e poi era molto probabile che il caro signor Fubuki se la fosse portata nella tomba.

Scassinò la serratura, maledicendo mentalmente sia il destino che quei dannati documenti. Per la sua mente passò l'idea di bruciarli, dopo essersene appropriato, ma poi l'immagine del suo lupacchiotto addormentato sul divano lo fece desistere.

Stava facendo tutto questo per salvargli la vita, non avrebbe permesso che uno stupido capriccio gliela portasse via.

Infine, la porta si aprì con un cigolio. Quei poveri, vecchi cardini avevano un disperato bisogno di olio.

La stanza appariva quasi patetica per le informazioni che vi erano riposte. Un piccolo archivio pieno di fogli e un decrepito computer con l'aria di essere rimasto dimenticato per un bel po' di tempo. Il tutto era coperto da un velo di polvere che brillava alla luce del sole.

Terumi sospirò: la ricerca gli avrebbe rubato più tempo del previsto, per fortuna sapeva esattamente cosa stava cercando.

Si chiese che fine avessero fatto quel simpaticone di Atsuya e la sua ragazza, perché sicuramente erano spariti insieme. Meno male, perché di siringhe col narcotico ne aveva solo una, e atterrare il rosa non sembrava cosa facile.

Probabilmente lo avrebbe bersagliato di soprammobili se solo lo avesse scoperto a gironzolare di nuovo per quella casa.

"Giusto, sto anche commettendo violazione di domicilio, oltre che furto"

Come se avesse avuto un senso mettersi a contare tutti i crimini che aveva commesso. Neanche la giuria più indulgente avrebbe potuto risparmiargli venti o trent'anni di prigione, se i suoi misfatti fossero venuti alla luce.

Perfetto, di nuovo quei pensieri da moralista che non lo lasciavano mai. Pensò che il destino fosse davvero ingiusto: non solo doveva morire prima di aver raggiunto la maggiore età (ucciso da suo padre, poi), ma doveva anche farlo sentendosi la coscienza sporca. Perché lui ce l'aveva una coscienza, vero? Anche lui a volte sentiva una vocina proveniente da qualche angolo della sua mente che gli diceva se ciò che stava facendo era giusto o meno... bé, quella vocina doveva essersi zittita in segno di protesta per non essere stata ascoltata neanche una volta.

"Logico, io ho ignorato te e tu hai finito con l'ignorare me, ma ti sembra gentile tornare a tormentarmi proprio in questo momento?"

Ecco, adesso litigava anche con la sua coscienza, non sapeva di essere così lontano dal confine della ragione.

Aveva affrontato moltissime amorevoli dispute con i suoi capelli quando non si pettinavano, con il cellulare quando improvvisamente lo avvisava che il suo credito residuo stava per esaurirsi, persino con quell'odioso tarlo che da qualche mese gli rosicchiava incessantemente le assi del letto, ma questa era in assoluto la prima volta che gli capitava di litigare con la voce della sua coscienza.

Eccoli, i documenti tanto ambiti: saltati fuori dopo interminabili minuti di intense ricerche speleologiche negli scaffali e negli scatoloni.

Si sarebbe messo a litigare anche con loro, non fosse stato per la piccola fotografia che vi era posata sopra.

Due piccoli Shirou e Atsuya ridevano sulla carta lucida, affiancati da un pupazzo di neve dal naso un po' storto che sfidava strenuamente i raggi di un sole ormai passato.

No, non poteva mettersi a urlare e dare così un cattivo esempio al suo baby-albino.

Accarezzò la foto con la punta delle dita e la mise al sicuro nel taschino della camicia.

- Addio, Shirou-chan -

 

Angolo di Atsuya:

Atsuya: Eh già, in questo capitolo occupo io l'angolino destinato all'autrice (ammettetelo, siete sollevati).

Bé, a questo punto vi starete chiedendo perché io sia qui invece di stare con la mia ragazza: quella sporca dittatrice svitata della mia Nee-chan si vergogna troppo a farsi vedere in giro. Ha paura di essere linciata a causa del ritardo (lo fate, se vi pago profumatamente?), ma ha avuto un blocco dello scrittore senza precedenti nella sua breve vita di adolescente, quindi vi prega di perdonarla (no, ascoltate Atsu-chan: linciatela).

Grazie a tutti quelli che hanno letto o recensito questo capitolo (ma soprattutto l'angolino ^^)

Atsuya

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Un'ultima pazzia, per favore ***


Terumi seguiva con sguardo piatto K che camminava avanti e indietro per la stanza, rigirandosi i documenti tra le mani con evidente soddisfazione.

- Hai fatto un buon lavoro, Afuro-chan - ghignò macabro.

Certo, lui non era capace di sorridere, quelle sue labbra esangui riuscivano a distendersi solo in una specie smorfia da cadavere.

- Non mi chiamare Afuro-chan - ribatté il ragazzo, stizzito.

K si sedette alla scrivania davanti a lui e iniziò a giocherellare con un tagliacarte.

- E come dovrei chiamarti? Figliolo? Mi sembrava avessi detto che non dovevo assolutamente, perché per te non sono un padre e altre sciocchezze simili -

Terumi sbuffò con fastidio malcelato.

- Infatti. Potresti semplicemente evitare di chiamarmi - sibilò, accavallando le gambe.

- Ma come siamo bruschi oggi, non è la tua giornata, eh? - rise l'uomo.

Si tolse gli occhiali e pulì accuratamente le lenti scure con un fazzolettino di seta ricamata.

Il biondo non aveva mai avuto molte occasioni di guardare il padre negli occhi, e quando queste gli si presentavano le sfruttava fino all'ultimo momento. Era il suo modo per dirgli che, dopotutto, non era così terrorizzato da lui.

Quella volta però le sue iridi scarlatte si posarono su qualcos'altro.

- Sai quanti soldi è costato quello a mamma? Sai quanti sacrifici le è costato quel piccolo quadrato di seta!? -

Balzò in piedi, rovesciando la sedia su cui stava seduto.

- Ma lei lo desiderava tanto, perché tutte le sue amiche ne avevano uno, e sentiva che senza non l'avrebbero mai accettata. Si è consumata le mani a forza di lavorare per comprarlo, e ora tu lo usi per pulire quei tuoi occhiali del cazzo? Razza di bastardo... - sputò fuori, schiumante di rabbia.

L'espressione di K non cambiò di una virgola.

- Non dovresti parlarmi così, lo sai -

- Che ho da perdere? - ridacchiò il ragazzo con scherno.

- Il tuo caro dolce albino, per esempio -

A Terumi parve di udire qualcosa spezzarsi. Il suono argentino di uno specchio che cade a terra. O almeno, fu così che si sentì udendo quelle parole. Un fulmine a ciel sereno.

- Pensavi che non ti avrei seguito? Che mi sarei fidato così tanto di te da lasciarti agire tutto da solo? Non ti facevo così scemo -

- Che gli hai fatto? -

A Terumi non piaceva affatto girare intorno agli argomenti come faceva quell'uomo che sosteneva di essere suo padre.

- Morto. Sapeva troppo - rispose K con una semplicità disarmante.

Il ragazzo non provò niente. Il vuoto più totale. Nessuna lacrima, neanche un goccio di quella tristezza che il padre si era aspettato.

Poi la sentì. Cresceva, divorava e ribolliva, come lava nel cratere di un vulcano. Rabbia. Tutta la collera che aveva accumulato nel corso degli anni, tutta l'ira che covava nel cuore, tutta la furia repressa che aveva solo aspettato un'occasione per fuoriuscire e mostrarsi al mondo.

E quale occasione era migliore di quella?

Strappò il tagliacarte dalle mani di K e glielo piantò nel palmo, sperando vivamente di fargli sentire tutto il dolore che aveva provato lui.

Il sangue fuoriuscì zampillando, inzuppò tutto, anche quei documenti così importanti. Gli ululati sofferenti dell'uomo riempivano la stanza.

Terumi, animato da una muta soddisfazione, fissò gli occhi in quel volto deformato dal dolore.

Un brivido gli fece inarcare la schiena, sentì come una scossa, poi più niente.

__________________________________________________________________

 

Morto? Shirou non era morto, anzi, non si era mai sentito più vivo di quando rinvenne e si ritrovò sdraiato sul divano.

Tutto un sogno? Che sciocchezza. Era abbastanza intelligente da intuire cosa fosse accaduto mentre schiacciava il suo sonnellino condizionato, e comunque, anche un idiota avrebbe fatto due più due davanti alla porta dello studio scassinata e ai fogli sparsi per tutta la stanza. Non serviva Sherlock Holmes.

A questo punto chiunque lo conoscesse si sarebbe aspettato di vederlo scoppiare in lacrime da bravo ragazzo sensibile, accasciarsi disperato contro il muro e magari anche suicidarsi sgozzandosi con un coltello da cucina.

Ebbene, Shirou Fubuki non fece niente di tutto questo, perché il dolce mite albino si era solennemente stufato di starsene con le mani in mano senza fare niente a parte riflettere sulla propria morte e su quella del fidanzato.

Se lui era ancora vivo, perché per Terumi sarebbe dovuto essere diverso?

Aveva osato fino a quel momento, niente gli impediva di osare ancora. E poi sentiva la necessità vitale di prendere a calci K.

"Strana sensazione" pensò, seduto a gambe incrociate in mezzo al tappeto del salotto. Non era certo da lui provare istinti omicidi verso qualcuno, ma il "lui" di prima dell'inizio della scuola poteva benissimo essere scomparso.

Era cresciuto tanto, in quelle settimane, ed era arrivato alla seguente conclusione: condivideva il detto tanto amato dalle madri "Sii sempre te stesso e gli altri ti ameranno", un po' meno quello "Sii sempre te stesso e il tuo ragazzo finirà assassinato dal suo stesso padre".

Eh no, se il suo "sé stesso" gli intimava calorosamente di rimanersene a casa, chiamare la polizia e aspettare i risvolti della situazione con le dita incrociate, allora non lo avrebbe ascoltato.

Tuttavia gli rimaneva quel briciolo di lucidità sufficiente a fargli ricordare che non poteva trovare Terumi se non sapeva dove cercare, quindi afferrò il cellulare e compose rapidamente un numero.

__________________________________________________________________

 

Atsuya maledisse più e più volte il momento in cui sentì il telefono squillare.

Shinobu ridacchiò e si rimise il vestitino attillato, poi iniziò a ravviarsi i capelli.

- Rispondi, magari è importante -

Il rosa controllò il display.

- È Shirou -

Dunque era importante.

- Sì? Pronto? Shirou? - chiese Atsuya con il volto teso.

La ragazza seduta davanti a lui assistette a un'interessante trasformazione: gli occhi dorati scintillarono, le mani strinsero convulsamente il cellulare, la bocca si storse, persino i capelli parvero gonfiarsi. E il suo fidanzato si tramutò nel demone che conosceva, un demone pronto a esplodere.

- Ma sei pazzo!? - gridò dritto nell'apparecchio.

Shinobu temette per l'incolumità dei poveri timpani di Shirou. Andava incontro a una sordità precoce, il povero albino.

- No, non se ne parla neanche. Scordatelo - insisteva Atsuya perentorio.

- Cosa? Sì, è con me. No, prima tu devi spiegarmi... va bene, te la passo -

Il ragazzo le porse il cellulare e Shinobu lo accostò all'orecchio.

- Ciao Takanashi-kun! - la salutò Shirou dall'altro capo del filo. Nella sua voce aleggiava un'ilarità alquanto bizzarra data la situazione in cui si trovavano.

- Ciao Shirou, cosa macchini? - domandò lei controllando la tenuta dello smalto scarlatto sulle unghie.

E anche Shinobu subì la stessa trasformazione del fidanzato quando le venne riferito tutto ciò che frullava nella mente dell'albino.

In realtà, più che le parole da lui pronunciate, la lasciò sbigottita il tono con cui le spiegò i suoi piani. Una calma tale da far pensare che gli fosse saltata qualche rotella. Doveva essere così.

- Fammi capire, tu vuoi che noi torniamo a casa, così io ti do le coordinate del nostro quartier generale e tu vai a riprenderti Afuro? -

Quel progetto era incredibile, non c'era altra definizione.

- Esattamente - confermò Shirou e la ragazza fu quasi certa che in quel momento l'albino stesse sorridendo.

- È una pazzia -

- Non è la prima. Ti prego, Takanashi-kun! - piagnucolò lui con un tono da cucciolo offeso.

- No! Assolutamente no! - ribatté Shinobu sotto lo sguardo stupito di Atsuya. Si calmò e continuò ad esporre le sue ragioni.

- Allora, io sono cosciente che tu sia scosso, ma non puoi semplicemente andare lì e pretendere che ti ridiano Afuro come si fa con un pacchetto, quelli ti ammazzano! Ti fanno arrosto! Ti... -

- Ti preeeeeeegooooooo! - le urlò Shirou in un orecchio.

- Oddio, piantala di usare questo tono da bambino. Va bene, basta che la smetti di fare il lupacchiotto ferito! - si arrese Shinobu.

Ma quanto sapeva essere insistente quel ragazzo? Non si poteva resistere quando decideva di fare l'adorabile cucciolo smarrito.

Quello che Shirou voleva, Shirou otteneva. La cosa la inquietava non poco.

- Grazie, Takanashi-chan! - esclamò lui solare.

- Non mi chiamare Takanashi-chan! Saremo lì in un paio d'ore. Non fare scemenze, non giocare con i soprammobili e soprattutto non andartene a chiacchierare con la vicina! Rimani in casa buono buono e aspettaci! -

Quando riattaccò notò che Atsuya la fissava a bocca aperta.

- Gli hai detto di sì? - domandò lui con la mascella a rischio slogatura.

- Certo che gli ho detto di sì! Cos'altro potevo rispondergli? Stava facendo il bimbo offeso! Ma lo sai quanto è difficile dire di no a tuo fratello quando decide di essere più adorabile di quanto già non sia per natura? -

Atsuya rimase in silenzio. Certo che lo sapeva: quegli occhioni grigi e quel faccino candido lo avevano sempre fregato. In cuor suo, ringraziò che Shirou fosse davvero il bravo ragazzo che sembrava, perché in caso contrario avrebbe seriamente avuto in mano tutte le armi necessarie ad assoggettare l'intero pianeta.

Andare contro all'incarnazione della dolcezza non era un compito facile per nessuno.

 

Angolo dell'autrice:
Eccomi qui! Kouri ha aggiornato! Ukki Ukki!

Atsuya: E ora che centra questo "Ukki Ukki"?

Nulla, è che quando sono felice dico Ukki Ukki (anche quando sono triste o commossa, se è per questo). Spero che questo capitolo sia stato meno deprimente dei precedenti!

Ho giocato abbastanza con la rabbia... devo dire di aver provato una certa assuefazione quando Teru-chan ha trafitto la mano di K... :3

Atsuya: Mi rode ammetterlo, ma anche io -.-

Recensite se volete! La fic è giunta ai capitoli finali, non riesco a crederci TwT

Kisses a tutti ♥

Kouri

PS Iris44, questo capitolo è dedicato a te! ♥

Mi sono impegnata per farlo meno lacrimevole, spero di essere riuscita nell'intento, e ancor di più spero che ti sia piaciuto almeno un po'.

Sei una grande amica ♥

Kisses da Cuccy ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Perché sei il ragazzo che amo ***


Nota: Questo capitolo è più lungo degli altri (molto più lungo degli altri), ma poi capirete il perché.

 

Terumi era confuso.

Dov'era? Non lo sapeva.

Cos'era successo? Non se lo ricordava.

Sapeva solo che i polsi gli facevano male, ma il perché rimaneva un mistero.

Socchiuse piano le palpebre, e quando una lama di luce gli illuminò brutalmente gli occhi anche la nebbia che gli offuscava la mente iniziò a diradarsi.

E la rabbia si riaccese.

- Dove ti sei nascosto, K? -

Le parole che aveva gridato riecheggiarono nella stanza deserta. Si guardò intorno, non era mai stato lì, ne era sicuro. Sembrava di essere in un enorme cilindro dalle ormai familiari pareti nere.

A una certa altezza era stata inserita una specie di terrazza che percorreva tutta la circonferenza.

Al centro della stanza si innalzava una sottile colonna decorata alla quale, senza troppa fantasia, era incatenato lui.

- Da nessuna parte, solo che tu non puoi vedermi, dalla tua posizione -

La voce proveniva da dietro le sue spalle.

- Bé, grazie, mi evito una visione che potrebbe traumatizzarmi a vita - ribatté Terumi senza lasciarsi intimorire.

Quella risposta dovette ferire l'orgoglio di K, perché l'uomo entrò immediatamente nel suo campo visivo, ostentando una mano fieramente bendata.

- Non dovresti trattare così il tuo vecchio, sai? - gli fece presente, fissando la ferita come un trofeo di guerra.

- È l'adolescenza - replicò sarcastico il ragazzo, scrollando le spalle come poteva - Cambiando discorso, questa stanzetta è opera del tuo smisurato ego? -

- Non ti piace? - K pareva offeso - La chiamo la "Sala delle Esecuzioni" -

- La tua solita fantasia, eh? I documenti si sono salvati? -

L'uomo si esibì in una smorfia di rabbia mista a fastidio.

- No, con il tuo scherzetto li hai anche distrutti. Non ti dispiace che il tuo fidanzatino sia morto invano? Sei un assassino -

- Sono figlio di quello stronzo di mio padre - disse Terumi con noncuranza.

- Ti piace proprio quella parola, vero? Sarà come minimo la terza volta che mi dai dello stronzo oggi - osservò K appoggiandosi alla ringhiera della terrazza.

- Oh, da qualche tempo mi ci sono affezionato. Sai, ci ho composto anche una canzoncina. Parla di te -

- Adesso basta! Hai giocato troppo con la mia pazienza! Smettila di scherzare e dimmi cosa c'era scritto su quei fogli! -

Il ragazzo lo osservò intensamente. Non l'aveva impressionato con il suo scatto d'ira.

- No -

- Cosa? - K era sicuro di aver capito male.

- No. Cosa mi fai se non te lo dico? Mi ammazzi? Tanto lo farai lo stesso. Ammazzi il mio ragazzo? L'hai già fatto. Suo fratello? Mi fai un favore. Takanashi? È più probabile che lei ammazzi te. E inoltre, - Terumi prese un bel respiro - non mi sono preso il disturbo di leggerli. Sono persi, persi per sempre -

L'uomo digrignò i denti. A quanto pareva non c'era scelta.

- Non sono persi per sempre - lo corresse, con un mezzo sorriso.

Gli occhi vermigli gli rivolsero uno sguardo interrogativo.

- Perché il tuo caro Shirou-chan non è morto. Non ancora -

__________________________________________________________________

 

Bé, a sua discolpa Shirou poteva dire che in una situazione come la sua era assolutamente normale cercare di difendersi sentendo uno sconosciuto scassinare una porta ed entrare in casa. Quello sconosciuto, poi, era palesemente armato, ma era davvero legale stendere qualcuno tirandogli in testa un... mattarello?

Già, adesso sul lucido parquet di casa sua faceva bella mostra di sé un ragazzo privo di sensi. Se non altro indossava un elmo ben calcato sulla testa, non si doveva essere fatto troppo male, ma il colpo aveva prodotto il tipico e potente suono di gong.

Anche la vecchia vicina sorda doveva averlo sentito.

- Fubuki-chan? -

Infatti. Shirou sospirò, la sua solita sfiga. Tra gli avvertimenti di Takanashi, poi, c'era "non andare a parlare con la vicina", ma come le avrebbe spiegato quel rumore?

- Tutto bene, Fubuki-chan? - chiese la donna uscendo di casa col suo inquietante seguito di felini.

L'albino si piazzò sulla soglia, socchiuse la porta e si esibì in un sorriso smagliante.

- Certamente signorina, perché lo chiede? - domandò innocentemente.

- Ho sentito un rumore... un rumore strano... come di gong - disse lei mentre i gatti si spargevano a macchia d'olio sul pianerottolo.

- Oh, quello! Non si preoccupi, non è niente, stavo rimettendo a posto la cucina e mi è cascata una padella - mentì il ragazzo.

Lei annuì lentamente, soppesando la situazione, poi si aprì in un sorriso rugoso e sdentato.

- Fubuki-chan, non dovresti essere tu a occuparti di queste cose. Sono faccende da ragazza, dovresti trovarti una fidanzata! Anche se forse tu preferisci quel bel biondino che è venuto ieri... -

L'espressione di Shirou avrebbe potuto vincere un premio. Il suo viso attraversò varie sfumature di colore dal blu al viola, per poi fermarsi su un rosso acceso, gli occhi sbarrati sembravano voler schizzare fuori dalle orbite.

La vicina scoppiò a ridere e gli scompigliò i capelli.

- Oh, ma quanto sei carino quando fai così! Sai, una vecchia come me non ha molto da fare, quindi mi sono presa la libertà di spiarvi per un po' -

E all'albino passò per la testa l'idea di stendere anche la signora con un mattarello.

__________________________________________________________________

 

Se c'era una cosa che Atsuya non era mai riuscito a fare era leggere una mappa, e in quel caso non si trattava neanche di una mappa vera e propria, bensì della piantina della stazione.

Shinobu assisteva divertita mentre lui si rigirava continuamente tra le mani il pezzo di carta, cercando di capire dove fosse quel dannato binario che dovevano raggiungere per tornare a casa.

- Bé, mi dai una mano? - esclamò infine il rosa, esasperato.

- Dovrei? - chiese la ragazza, inarcando le sopracciglia - Non siete voi uomini quelli che vogliono sempre affidarsi a una mappa piuttosto che chiedere indicazioni? -

Gli prese la cartina dalle mani e dopo meno di cinque secondi alzò gli occhi al cielo.

- Atsuya, sei un emerito deficiente -

- Cosa vuoi dire? - chiese lui, piccato.

- Che il binario che cerchiamo è dietro quella tua testa a forma di albero di Natale rosa! -

E il ragazzo sperò che una voragine si aprisse sotto i suoi piedi e lo trascinasse nelle viscere della Terra.

Un'ora dopo, grazie all'abilità Shinobu, alla velocità del treno e a un tassista piuttosto pedofilo che per far piacere alla rosa aveva ampiamente superato il limite di velocità consentito, i ragazzi si trovavano davanti alla casa dei fratelli Fubuki.

- Sai, penso che tu abbia esagerato, quando ti ha chiesto la mancia gli hai dato un ceffone - osservò Shinobu con una risatina.

- Che ci posso fare io se quello non sa rispettare le bambine? - si difese Atsuya.

Stavolta fu lui a beccarsi un ceffone.

- Oh, guarda: c'è un'ambulanza -

L'imponente mezzo bianco si stava staccando in quel momento dal marciapiede.

Non serviva altro per far sfociare la tensione del rosa nel panico più totale.

Un velocista non sarebbe riuscito a raggiungere l'appartamento più rapidamente di lui. Spalancò la porta con foga tale da rischiare di scardinarla e temette di svenire quando si ritrovò davanti uno Shirou accoccolato sul puof a bere il tè in tutta tranquillità.

- Ma tu... l'ambulanza... io credevo... -

Non terminò quella specie di frase perché Shinobu intervenne a farlo tacere con la sua solita delicatezza.

- Scemo, tu pensi subito alle catastrofi. Cos'è successo? - chiese la ragazza rivolgendosi all'albino.

Lui si strinse nelle spalle.

- Bé, quel ragazzo ha scassinato la serratura ed è entrato in casa, avevo un mattarello a portata di mano, così gliel'ho lanciato, ma temo di avergli fatto male, perché ha perso i sensi e credo che gli sia anche venuto un bel bernoccolo. Non sapevo come avrebbe reagito una volta ripresa conoscenza, allora ho chiamato l'ambulanza - spiegò Shirou con un sorriso solare.

- Ma chi era quel ragazzo? - indagò Shinobu.

- Non so, non l'avevo mai visto. Portava un elmo... -

"Povero Demeter" pensò la rosa sospirando.

- Oh - l'albino parve ricordarsi di qualcosa di molto importante - Tu avevi promesso di darmi le coordinate del vostro quartier generale - aggiunse posando la tazza.

Shinobu intrecciò i loro sguardi e non poté far altro che arrendersi.

Quelli non erano gli occhi di un pazzo o di un disperato, erano gli occhi di un ragazzo che si avviava a diventare un uomo.

__________________________________________________________________

 

Shirou stringeva quel foglietto di carta in maniera quasi maniacale. Non gli serviva più, tante erano le volte che aveva letto l'indirizzo che vi era scritto sopra, e comunque, se anche avesse avuto dei dubbi, adesso l'inchiostro era talmente sbavato da risultare illeggibile.

Correva alla massima velocità consentitagli dalle sue gambe, non gli importava che più di una volta avesse rischiato di travolgere qualcuno più distratto di lui. Non aveva il tempo di fermarsi a chiedere scusa.

Quando arrivò alla sua meta il petto gli bruciava come dopo una maratona.

Si guardò intorno. L'edificio si trovava in un quartiere ormai disabitato, dalle case diroccate e in rovina. L'intonaco scrostato e le finestre rotte suggerivano che le condizioni di quella sorta di abitazione non fossero migliori.

In un atto di autolesionismo non si concesse neanche di fermarsi a riprendere fiato.

Spalancò la porta aperta e si ritrovò in un cunicolo di corridoi che gli fece girare la testa.

Si sentì prendere dallo sconforto. In quel posto c'erano almeno una cinquantina di stanze, non sapeva da dove cominciare e non poteva rischiare di farsi scoprire da K.

- Tu devi essere il famoso Shirou Fubuki, mi sbaglio? -

Una voce lo gelò sul posto. Voltò lo sguardo verso un ragazzo dai capelli castani che lo squadrava da uno dei corridoi.

- Cerchi Afuro, no? -

Che senso aveva mentire? Se avesse avuto intenzione di ucciderlo lo avrebbe già fatto. Shirou annuì piano.

- Immaginavo - lo sconosciuto annuì - Io sono Tadashi Hera. Piacere di conoscerti -

Piacere? L'albino non sapeva cosa pensare di lui. Poteva fidarsi di quel ragazzo?

Tadashi notò la sua espressione perplessa e si affrettò a chiarire la situazione.

- Senti, non ti voglio fare male, e non voglio che il biondino faccia la fine che K progetta per lui. Tu sei speciale per Afuro, sei l'unico che è riuscito a fargli provare qualcosa di autentico. Gli hai ridato la vita. Anche io gli sono affezionato e non voglio che la perda così - sorrise - In più, ho sentito che hai atterrato Demeter. Un motivo in più per aiutarti -

- Le notizie corrono veloci - osservò Shirou.

- Ha chiamato due minuti fa. Era proprio sorpreso che prima gli avessi lanciato qualcosa in testa e poi avessi chiamato l'ambulanza. Sei strano, Shirou-kun -

Gli fece cenno di seguirlo e si avviò lungo uno dei corridoi con tanta sicurezza che l'albino si chiese se per caso non stesse procedendo a caso.

Ogni rumore lo allarmava, ogni scricchiolio gli faceva drizzare le orecchie.

- Non preoccuparti - lo tranquillizzò Tadashi - K è con Afuro, non si muoverà di lì a meno che non lo chiamiamo. E questo - quel suo solito sorriso storto - è esattamente quello che farò. Intanto tu libera il tuo fidanzatino -

Pareva trovare la cosa estremamente divertente.

Shirou lo seguiva in silenzio, troppo confuso per parlare. Cercò di riassumere gli avvenimenti di quegli ultimi dieci minuti: era entrato nella casa, aveva incontrato un ragazzo presentatosi come Tadashi Hera che ora lo stava aiutando a trovare Terumi. Decisamente fiabesca, come situazione.

- Sai, - disse a un certo punto il castano - anche se io non ho gli stessi "interessi" di Afuro, devo ammettere che capisco come mai si sia innamorato di te -

- Grazie... immagino - rispose lui con un sorriso imbarazzato.

- A proposito, avevi già avuto fidanzati? O lui è stato il primo? Sapevi già che ti piaceva? Da quando? -

Quel ragazzo aveva decisamente l'istinto del giornalista. Non l'avrebbe mai detto, sembrava piuttosto calmo. Forse si era semplicemente stufato di avere a che fare sempre con le solite persone, e lui era una novità.

- Ah, ecco. Sono qui dentro. Questa è la porta secondaria, tu entra e stai in silenzio. K ha usato quella principale, io lo chiamerò e quando uscirà avrai più o meno un quarto d'ora per fare ciò che devi - spiegò Tadashi con precisione meccanica.

Detto questo, sparì dietro l'angolo del corridoio. Shirou prese un bel respiro ed entrò. Era il momento di giocarsi il tutto per tutto.

__________________________________________________________________

 

Terumi seguì con lo sguardo K uscire dalla stanza.

Secondo quanto detto da Tadashi, c'erano problemi con Demeter, che aveva incontrato difficoltà nella sua missione.

Rimase solo con i suoi pensieri.

- Terumi! -

Credette di stare sognando. Forse era impazzito. La mente gli stava facendo brutti scherzi... Rischiò l'infarto quando Shirou gli comparve davanti agli occhi. L'albino gli sorrise e lo abbracciò.

- Stai bene, menomale! -

Quel profumo dolce non poteva essere un'illusione. Il biondo sentì gli occhi riempirsi di lacrime di commozione.

- Sei... sei venuto - osservò - Perché? -

- Come perché? -

Terumi abbassò lo sguardo.

- Mi sono comportato molto male con te, lo sai. E in passato ho causato il dolore di un sacco di gente - sospirò - Sono un criminale, Shirou -

L'albino scosse ripetutamente la testa in un fruscio di capelli argentei. Non era il momento di mettersi a fare i moralisti.

- Terumi, non sei un criminale. Sei il ragazzo che amo -

- Ma io... -

E, forse per farlo tacere, forse perché stava andando in crisi di astinenza, forse perché la tensione accumulata in quegli ultimi giorni era stata troppa, Shirou premette le labbra sulle sue.

- Ehi signorino, - obiettò Terumi con un sorrisetto - guarda che quello che viene schiacciato contro il muro sei tu - (un modo carino per dire "sei quello che sta sotto ^///^ N.d.A.)

- Spiacente, mi trovo impossibilitato in questo momento - rispose l'albino facendogli la linguaccia.

I loro amorevoli discorsi vennero troncati dal suono acuto delle sirene della polizia.

- Sirene? -

- Già, sirene. Sorpresi, piccioncini? Ora dovrò finire in fretta il lavoro che ho cominciato -

K sorrideva appoggiato alla ringhiera della terrazza, la testa adagiata su una mano. Il suo sguardo si spostò su Shirou.

- Oh, Shirou-chan! Progetti di diventare mio genero? -

Terumi si sentì morire quando scorse una piccola Medusa (una specie di revolver N.d.A.) scintillare tra le mani del padre.

- Qualcuno ha fatto una soffiata alla polizia - continuò K - Dovremo sparire e non lasciare traccia, ma non mi piace lasciare le cose a metà -

Prese la mira.

- Shirou, spostati - implorò il biondo senza riuscire a staccare lo sguardo dalla canna della pistola.

L'albino non si mosse. - È una cosa che abbiamo iniziato insieme - mormorò - E la finiremo insieme -

Uno sparo echeggiò, ma nessuno dei due sentì il bruciante dolore di un proiettile. Una pallottola aveva sfiorato il braccio di K e si era conficcata nel muro.

- Senti un po' vecchietto, da questo momento hai cinque secondi per sparire, altrimenti prima ti sparo e poi ti faccio condannare all'ergastolo -

L'uomo si voltò verso Atsuya, che puntava contro di lui una pistola e sembrava saperla usare.

- Sei sicuro? Se tu spari a me io sparo a tuo fratello -

- Non ne avrebbe il tempo -

Shinobu, dall'altra parte della stanza, impugnava un'altra arma da fuoco, orientata verso il cranio di K.

- Sparisca e non torni mai più, o noi spariamo -

Uno scontro di sguardi, le sirene sempre più vicine.

Shirou abbracciò forte Terumi, il biondo chiuse gli occhi.

"Non importa cosa accadrà, non ti lascerò mai da solo"

__________________________________________________________________

 

Durante la trasmissione scorrevano titoli che sapevano di fiaba.

"La base criminale ritrovata deserta. Umani o fantasmi i misteriosi malfattori?"

"Nessuna traccia né impronta digitale. I dissolti nel nulla"

"Veri criminali? Oppure l'invenzione di qualche ragazzaccio?"

"Quale la prossima meta della banda di cui non si sa quasi niente?"

Atsuya spense la TV con un gesto stizzito.

- Pensano che gli abbiamo raccontato una bugia, che abbiamo solo voluto metterci in mostra -

Shinobu finì la sua bibita gassata senza dire una parola, un sorrisetto stampato sulle labbra.

- Chissà che fine hanno fatto tutti quei ragazzi - si chiese invece Shirou, altruista come suo solito.

Terumi gli circondò le spalle con un braccio.

- Non lo so, ma vedrai che se la caveranno. La cosa importante adesso è che siamo tutti vivi, stiamo bene e siamo insieme -

Atsuya grugnì. Non si era ancora abituato a quel biondo platinato che ronzava intorno al suo fratellino.

Shinobu gli si sedette sulle ginocchia, forse per trattenerlo dall'andare a strangolare Terumi, e dopo un minuto di riflessione prese la parola.

- Ragazzi, non ci annoieremo ora che è tutto finito? -

Già, dopo ciò che avevano passato una vita tranquilla e priva di colpi di scena sembrava una sfida insormontabile... Una vita tranquilla e priva di colpi di scena? Ma quando mai? Facevano meglio a godersi il loro meritato riposo, perché dopo la quiete viene sempre la tempesta, l'importante è affrontarla nel migliore dei modi affiancati dalle persone che si amano.

Fine

 

Angolo dell'autrice:

TwT

Atsuya: È finita! Siamo arrivati all'ultimo capitolo!!!

Già, ma non dimenticarti l'epilogo.

Atsuya: C-cosa? Che ci vuoi far passare ancora?

Who knows :3

Ok, ora sono dovute delle spiegazioni alla lunghezza di questo capitolo...

Atsuya: L'hai fatto quasi il doppio degli altri!

Lo so, lo so, lasciami parlare! Allora, compreso il famoso epilogo i capitoli saranno 18. Sappiate che la cosa non è casuale: nella terza serie le maglie di Terumi e Shirou hanno entrambe il numero 9, e nove più nove...

Atsuya: Wow, che genio matematico che sei -.-

Quindi, per il mio ingiustificato desiderio di fare la fic di 18 capitoli, il diciassettesimo è venuto di questa lunghezza anormale.

Spero vi sia piaciuto! Grazie a tutti voi che leggete, seguite, recensite, ricordate o avete messo la mia storia tra i preferiti! *riprende fiato*

Ci vediamo nell'epilogo!

Kisses ♥

Kouri

PS Non credo che questa fic avrà un sequel, perché non sono assolutamente capace di scriverlo ^^''

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Rainbow ***


Shirou sentiva il cuore battere all'impazzata nel petto.

"Non svenire, non svenire, non svenire..."

Eppure la testa gli girava così tanto... forse perché Terumi, in piedi davanti a lui, con quel suo fisico perfetto stretto in uno smoking, era la persona più sexy del mondo... Pensieri decisamente poco casti per quell'occasione.

Il biondo sorrise e ammiccò.

- Non preoccuparti, - sussurrò - stanotte ci divertiamo quanto vuoi -

Il vento portava fino a loro le note di una musica dolce, il profumo dei fiori e anche qualche petalo di rosa che un bimbo di circa tra anni con i capelli salmonati si divertiva a lanciare verso Shirou.

Una bambina della sua stessa età avanzava accanto a lui reggendo tra le mani un cuscinetto di raso su cui erano poggiati due luccicanti anelli dorati.

Tanto l'albino quanto il biondo sentirono il cuore balzare in gola.

- Signori, siamo qui riuniti oggi per celebrare il matrimonio di questi due giovani -

"Adesso muoio, muoio sul serio. Sono sopravvissuto a un pazzo padre assassino, ma a questo... mi viene un infarto..."

La mano di Shirou si intrecciò alla sua e Terumi si sorprese nel vederlo sorridere dolcemente come al solito. Ma non era mai minimamente nervoso, quel ragazzo?

E invece l'albino era nervoso, eccome se era nervoso: semplicemente, era bravo a non darlo a vedere.

- Vuoi tu, Terumi Afuro, prendere questo ragazzo come tuo legittimo sposo e amarlo e rispettarlo finché morte non vi separi? -

"E perché sono qui secondo te?"

- Lo voglio - sorrise il biondo radioso.

- E tu, Shirou Fubuki, vuoi prendere questo ragazzo come tuo legittimo sposo e amarlo e rispettarlo finché morte non vi separi? -

La stretta sulle mani del biondo si accentuò. Terumi ridacchiò silenziosamente "Allora anche tu sei nervoso".

- Lo voglio - rispose l'albino con quella sua voce mielata.

- Se qualcuno tra i presenti ha una valida ragione per evitare questo matrimonio, parli ora o taccia per sempre -

Lo sguardo che Shinobu rivolse ad Atsuya comunicava più di mille parole, che però potevano essere sintetizzate in un semplice periodo:

"Se ti azzardi ad alzare quella mano, quando usciamo ti strozzo"

Il rosa decise che era meglio dare ascolto alla moglie, e poi non poteva dare un così cattivo ai suoi figlioletti: così piccoli sarebbero già stati capaci di strangolarlo se avesse fatto star male "Shirou-Oji-chan"("oji" dovrebbe voler dire "zio" in giapponese N.d.A.).

E poi c'era Raperonzolo. Dopo sei anni che il biondino frequentava suo fratello, Atsuya aveva imparato (spesso a sue spese) che, nonostante l'aspetto femmineo, contrariare Terumi era un errore mortale.

Perciò, dopo un ragionamento che per lui era più lungo del normale, decise di starsene buono buono in silenzio.

La bimba dai capelli rosa si avvicinò al biondo e gli tirò delicatamente un lembo dei pantaloni.

"Ehi, te ne stai dimenticando? Adesso è il mio turno"

Il ragazzo le sorrise. No che non se n'era dimenticato, la rosettina poteva stare tranquilla.

- Permettimi -

Prese la mano sinistra di Shirou tra le sue e gli infilò con dolcezza la fede all'anulare. Era palese che l'albino stesse per scoppiare a piangere, ma con le ciglia imperlate di lacrime ricambiò il gesto.

Terumi non aspettava altro. Il bacio che seguì, per quanto leggermente poco casto data la situazione, fece commuovere tutti i presenti, e Shinobu avrebbe giurato che persino il suo caro maritino stesse versando qualche lacrimuccia di nascosto.

- Dài, e ammettilo che questa cosa ti tocca! - lo incitò scherzosamente.

- No, - piagnucolò lui - piango perché d'ora in poi io e quel biondino saremo ufficialmente cognati e non me lo potrò più togliere dai piedi! -

- Ehi, - la donna lo schiaffeggiò senza farsi vedere - che esempio pensi di dare ai tuoi figli? Un po' di contegno! -

- Tanto i miei figli lo sanno che io e Raperonzolo non ci sopportiamo -

- Bè, anche un deficiente l'avrebbe capito. Non passa giorno senza che tu gli faccia accidentalmente cadere qualcosa addosso e lui si vendichi rovinandoti l'albero di Natale - osservò Shinobu alzando un sopracciglio.

- Con questa storia dell'albero di Natale! I miei capelli sono normali, punto e basta! -

- Se fossero normali i bambini non ci avrebbero appeso le palline colorate lo scorso Natale! -

I due adorabili coniugi vennero altrettanto amabilmente zittiti dall'anziana vicina di casa e dalla sua inseparabile schiera di felini, che per l'occasione indossavano un papillon.

- Ora sei tutto mio, Shirou-chan - mormorò Terumi quando si separarono, fissando il marito con quel suo sguardo felino.

- Teru-chan... mi stai facendo paura, sai? -

Il sorriso del biondo si accentuò.

- Fai bene ad avere paura -

Quel discorso venne pronunciato talmente a fior di labbra che i due sposi erano sicuri di essere stati gli unici a udirlo, ma in realtà qualcun altro c'era.

Questo qualcun altro, per la precisione due bimbi dai capelli color salmone, era però talmente giovane che non si sarebbe reso conto di ciò che aveva appena ascoltato per molto, molto tempo. E quando lo capirono, i ragazzini decisero di non raccontare niente al loro papà, perché sapevano che altrimenti si sarebbero resi parzialmente responsabili di un “Terumicidio”, ma questa è un'altra storia.

La storia di Shirou e di Terumi, di Atsuya e di Shinobu, di K e della sua setta, la nostra storia finisce così, in un soleggiato giorno di primavera, perché se è vero che dopo la quiete viene sempre la tempesta, è altrettanto certo che più il temporale è violento, più l'arcobaleno che lo segue sarà luminoso.

 

Angolo dell'autrice... diciamo che “angolo” è un po' un eufemismo ^^'':

D'accordo, è finita davvero TwT

Mi dispiace che l'epilogo sia così corto, ma mi andava di fare qualcosa di alquanto fluff. Spero di esserci riuscita ^^

Ok, adesso le spiegazioni: premetto che un matrimonio non si svolge davvero così e che non credo che le unioni tra omosessuali siano attualmente permesse in Giappone, ma se non avessi fatto terminare la mia fanfiction in questo modo mi sarei sentita incompleta ^^''

Atsuya: E parlare delle nozze tra me e Shinobu-chan, invece?

No, vi ho fatto diventare genitori, accontentati di questo.

Che altro dovevo dire? Ah sì, so di aver saltato la parte della dichiarazione ufficiale del matrimonio, ma “Io vi dichiaro marito e marito” suonava malissimo ^^''

E adesso, i ringraziamenti:

Questa long è dedicata a tutti voi: a quelli che recensiscono, a quelli che leggono ma rimangono in silenzio, a quelli che seguono e ricordano, a quelli che hanno messo la mia fic tra le preferite.

Tutti i miei kisses non basterebbero per ringraziarvi e per farvi capire quanto mi abbiate resa felice, quanto mi abbiate aiutato a migliorare e quanta fiducia in me stessa mi abbiate donato, ma non posso darvi di più, quindi...

Kisses a tutti, ci vediamo nelle mie e nelle vostre storie <3

Kouri

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1412239