Di occhi color ametista in tempesta, circondati da pagliuzze di tungsteno.

di Charme
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una Mary Sue in casa Avengers. ***
Capitolo 2: *** Piccole Mary Sue crescono. Purtroppo. ***
Capitolo 3: *** Fenomenali Poteri Cosmici...! ***
Capitolo 4: *** Sotto un uscio tutto liscio cadde un grosso guscio a striscio. ***
Capitolo 5: *** Solanum melongena ***
Capitolo 6: *** Tutto è bene ciò che finisce. ***



Capitolo 1
*** Una Mary Sue in casa Avengers. ***


Note iniziali: la storia è – dovrebbe – prendersi bonariamente gioco dei mille personaggi superdotati (in più sensi) e altamente improbabili che tendono immancabilmente a prendere possesso della scena, relegando i personaggi principali al ruolo di inutili satelliti della meravigliosa Lei (o del meraviglioso Lui) di turno.
Questo non è bene. Non lo è per niente. A meno di aggiungere un elemento di grande importanza alla trama, oppure di andare a intessere un’intrigante trama avventurosa e ricca di colpi di scena, un personaggio del tutto originale tende fin troppo spesso a risultare inutile e fine a se stesso. Perché è un desiderio decisamente comprensibile, quello di immaginare se stessi al fianco di prodi eroi che ci fanno sognare, ma siamo proprio sicuri di volerne parlare, di volerlo mettere per iscritto?
Ho intenzione di far umorismo, non di ridicolizzare qualcuno in particolare: i miei bersagli – da Occhio di Falco miope quale sono – sono i cliché, mirabili esempi di scontatezza.
 
Parlando invece della trama vera e propria, mi sono permessa di prendere un vago spunto dal mondo dei fumetti, per cui, anziché della Stark Tower si parlerà dell’Avengers Mansion, e Thanos sarà affiancato dalla sua raccapricciante metà, Morte, ma per tutto il resto, sono ben lontana dall’essere un’esperta del mondo dei fumetti Marvel, per cui non iratevi troppo, se tirerò una qualche smarronata paradossale. Dopotutto, siamo nella sezione dei film.
 
Suppongo che tutti i frequentatori del sito sappiano quanto sia bello lasciare e ricevere una recensione, nevvero?

 
 

Dedico il capitolo alla carissima 8WeirdSisters8, che ha festeggiato ieri il suo compleanno e oggi la sua ritrovata connessione a Internet, e poi a Laelia, che di questo capitolo ama una battuta in particolare.

 
 

  Una volta tanto, pareva che al Quartier Generale degli Avengers, l’Avengers Mansion sulla Fifth Avenue, si potesse respirare a pieni polmoni la calma derivante dagli ultimi interventi del gruppo di eroi, che si era ben guadagnato quella giornata di inattività, dopo aver tanto lottato contro avversari temibili e di tutti i tipi, alcuni addirittura provenienti da altri mondi. L’umanità poteva solo essere grata agli eroi che si schieravano in sua difesa, e sperare che i suoi paladini non si trovassero mai a dover affrontare un nemico invincibile.
  C’era da dire che, dopo aver sgominato interi eserciti, era difficile pensare che potesse esistere una minaccia più grande; tra gli abitanti di New York, nessuno che avesse assistito alla prima, epocale impresa degli Avengers dubitava che, qualunque fosse il pericolo, eroi del calibro di Capitan America, Hawkeye, Iron Man, Vedova Nera, Thor e l’Incredibile Hulk sarebbero stati in grado di ridurlo alla disfatta.
  Ma il Male può annidarsi ovunque, e in qualunque forma, e non attende che un abbassamento della guardia per rivelarsi e sferrare il proprio attacco.
  Fu esattamente all’ora di pranzo, proprio quando gli eroi più amati del mondo stavano facendo una cosa estremamente semplice e umana come mangiare – perché pure i supereroi hanno bisogno di mangiare, bere e dormire. E vanno pure in bagno, non crediate – che fece la sua apparizione una persona che avrebbe ineluttabilmente condizionato le sorti dell’umana stirpe.
  Ineluttabilmente.
  Ma anche no.
  Ella comparve sulla soglia della sala da pranzo, e immediatamente tutti gli occhi dei presenti furono come calamitati sul delizioso profilo che si stagliava sulla porta.
  Si trattava di una giovane di circa quattordici anni, piuttosto alta, i cui lunghi e serici capelli dorati incorniciavano alla perfezione il fisico magro ma con forme squisitamente sviluppate. I lineamenti del volto apparivano perfettamente regolari, esaltati da qualche leggero tocco di make-up saggiamente applicato, che andavano a esaltare i suoi occhi color ametista.
  La bocca, dalle labbra piene e ben disegnate, si arcuò con regalità, ma prima che la nuova arrivata potesse beare i presenti con la sua voce certamente cristallina, il noto Genio Miliardario Playboy Filantropo Anthony Edward Stark, che d’ora in avanti, per questioni di tempo, spazio e comodità chiameremo ‘Iron Man’, o tutt’al più ‘Tony’, prese la parola.
  “L’orario delle visite è terminato, e le uniche zone agibili al pubblico sono i tre piani inferiori. Fuori da casa mia, grazie”.
  La giovane inarcò un sopracciglio, assumendo un’espressione condiscendente. “Entrare è stato facile. È bastato bypassare il protocollo riconfigurando l’interfaccia operativa del sistema di sicurezza a ioni protoizzati e ricaricabili. Un gioco da ragazzi”. E scoppiò a ridere con una risatina querula.
  Uno scatto annunciò che Natasha Romanova aveva tolto la sicura a una delle innumerevoli pistole di sua proprietà, tuttavia non fece nient’altro, se non restare in attesa.
  Dopo il discorso della ragazza, gli sguardi degli altri Vendicatori si erano posati su Stark.
  “Be’, sebbene abbia un particolare debole per le parole composte da più di quattro sillabe, si dà il caso che la tua digressione non richiesta non volesse dire niente. Jarvis?”
  Una voce metallica s’introdusse nella discussione.
  “Confermo, signore. Non c’è nessuna falla nel sistema di sicurezza. Semplicemente, pare che qualcuno abbia lasciato la porta aperta, e che la signorina, dopo aver premuto più volte – e in maniera piuttosto pervicace, anche – l’interruttore per l’accensione della luce sul pianerottolo, si sia appoggiata alla porta e abbia così avuto accesso ai piani superiori.” annunciò il computer che amministrava i vari aspetti dell’ipertecnologica magione di Stark.
  La ragazza non si lasciò scoraggiare, e, gettando la testa all’indietro, facendo mulinare voluttuosamente i lunghi capelli ondulati, disse: “Sono arrivata qui con lo scopo di mettervi in guardia da una minaccia che non riuscireste a contrastare, senza il mio aiuto: io sono la figlia del Signore della Morte, Thanos!” e, soddisfatta della sua frase trionfale, attese il coro di esclamazioni sorprese che inevitabilmente sarebbe derivato da quella fatale rivelazione.
  “Chi è l’idiota che ha lasciato la porta aperta? Mettete da parte l’omertà e non fate i santarellini, confessate!” latrò Stark, facendo scorrere lo sguardo tutt’intorno, ma evitando accuratamente l’adolescente con la crisi da mancanza d’attenzione davanti a lui.
  “Io e Natasha siamo stati tutta la mattina in palestra, poi siamo passati dal laboratorio di Bruce, e per rientrare non siamo passati dalla porta principale, ma da quella di servizio.” comunicò il Capitano Steve Rogers, al secolo Capitan America, e quell’uomo era la creatura vivente più incapace di mentire al mondo, per cui Stark non dubitò della veridicità della sua affermazione.
  Lo sguardo di Tony si soffermò su Thor, ma realizzò che non poteva essere stato neanche lui a lasciare la porta aperta, visto che aveva il pessimo vizio di chiudere le porte sfasciandole, e Jarvis era stato chiaro riguardo all’assenza di effrazioni.
  Chiaramente, Tony sapeva bene di non essere il colpevole, per cui rimaneva un solo imputato possibile.  
  Quello che fingeva indifferenza.
  Quello su cui ormai si erano posati gli occhi di tutti i presenti – eccetto la ragazzina, che pareva piuttosto irritata.
  Pazienza, la privacy della sua casa era al primo posto.
  “Barton. Cosa ti dice il cervello?”
  L’occhio del falco pareva piuttosto deciso a non alzarsi sul suo interlocutore, e Clint continuò a giocherellare con un angolo del suo tovagliolo.
  “Ehm. Forse non mi sono spiegata bene – proruppe la ragazza, che nessuno aveva più degnato di uno sguardo – Io sono Niagara Jenhowepha Blackdeath, e sono qui giunta per…”
  “BARTON! Guardami, mentre ti parlo! Avrai anche gli occhi del falco, ma come si suol dire, hai le mani di merda, se non riesci nemmeno a chiudere una porta dietro di te!”
  Capitan America parve più sconvolto di Clint.
  “Anthony! Che razza di linguaggio da bettola ti permetti di utilizzare? In presenza di alcune signore, poi…!”
  Natasha gli lanciò uno sguardo compassionevole, mentre Niagara, per quanto irritata dalla scarsissima attenzione che le veniva riservata, parve comunque compiaciuta di quel riguardo.
  Ma l’accusa che gli era stata rivolta fece sì che Hawkeye si scuotesse. “Se non fossi andato a fare la spesa, a quest’ora cosa staremmo mangiando? Com’è possibile che io sia sempre l’unico che va al supermercato? Siete tutti troppo eroici per scegliere degli ortaggi che non siano marci e stare in coda alla cassa?”
  Quando Clint si insolentiva su qualcosa, c’era poco da fare, se non lasciare che sbollisse, pertanto il gruppo di eroi decise di estraniarsi dallo sfogo di Hawkeye, che a quanto pareva era stato tamponato dal carrello di due vecchiette acide, che poi l’avevano persino superato nella fila per pagare, e tornarono a concentrarsi sul loro pranzo, perlomeno finché una voce stridula non ricordò loro un’ulteriore incombenza.
  “Sto parlando con voi! Insomma, io sono la figlia di Thanos e Mistress Death! Sono giunta qui per avvisarvi dell’immensità del potere oscuro che incombe su di voi, offrendovi munificamente il mio insperato e possente aiuto, e tutto quello che sapete fare voi è…”
  “Non urlare, ragazzina! – proruppe nuovamente Stark – Anzi, non capisco perché non ti abbiamo ancora buttata fuori”
  “Tony! Un minimo di educazione! – esclamò Steve – La giovane Niagara è giunta qui per farci un favore, se ho ben capito. Signorina, vorrebbe illustrarci esattamente il motivo per cui è arrivata fin qui?”
  La ragazza fece ondeggiare nuovamente i lunghi capelli, che, catturando la luce del sole, splendettero di mille sfumature dorate.
  “Sono l’erede universale delle due più temibili Forze del Male che abbiano mai solcato la Terra, quella stessa Terra che ora vorrebbero distruggere, assoggettandone gli abitanti. Ma per vostra fortuna, io non sono come loro, e sono fuggita per avvisarvi del grande pericolo che correte, ed ergermi al vostro comando per guidare un’eroica resistenza contro i miei stessi genitori”.
  Niagara fece una pausa, abbassando lo sguardo in modo che le lunghe ciglia le accarezzassero le guance, ma occhieggiando furtivamente i suoi interlocutori per osservarne le reazioni; Vedova Nera e Occhio di Falco stavano parlottando tra loro, Iron Man pareva molto preso a fare dei calcoli sul suo tablet, mentre Steve, Thor e Bruce si lanciavano occhiate eloquenti.
  Fu nuovamente Capitan America a prendere la parola.
  “Signorina Blackdeath, posso chiederle quanti anni ha?”
  “Ne ho diciassette, ma per via del mio fisico minuto spesso mi scambiano per una quindicenne.” replicò lei, con un’ingiustificata vena di compiacimento nella voce.
  “HA! Nuovo record su Fruit Slasher! – esclamò Tony – Dopotutto questa giornata non è stata completamente da buttare via”.
  Bruce cercò di mascherare un sorrisetto trincerandosi dietro a un tovagliolo e simulando un accesso di tosse, e Natasha roteò gli occhi, ma Capitan America ebbe una reazione ben diversa. Si alzò da tavola e si avvicinò a Niagara, e i loro sguardi si incatenarono.
  “Cara fanciulla, saremo felici di aiutarla.”
  “Forse non mi sono spiegata bene – disse la ragazza, in un raro rigurgito di buone maniere e diplomazia, in quanto ciò che avrebbe voluto dire esattamente era piuttosto: ‘Non avete capito un cazzo’ – Ma non siete voi a dover aiutare me. Sono io che vi offro munificamente il mio aiuto per sconfiggere la minaccia incombente.”
  “Certamente – disse il Capitano Rogers con fare condiscendente – Sarà stanca, dopo il viaggio che l’ha portata fin qui. Prego, vada pure a rinfrescarsi, dopodiché parleremo della sua sistemazione qui”.
  La giovane sorrise soddisfatta, e, mentre scompariva in una coreografica nube rosa con luccichii dorati, uno scampanellio riecheggiò nell’aria.
  Natasha caricò nuovamente la pistola, stavolta con fare leggermente inquieto.
  “Chiedo scusa, Capitan ragazzo-della-porta-accanto, ma com’è che inviti la gente stramba a stare a casa mia senza nemmeno consultarmi?”
  Stranamente, il responso giunse da Thor.
  “È palese che la fanciulla sia fuggita da casa, ed è pertanto nostro compito ricondurla alla ragione. Steve ha fatto bene ad accoglierla, altrimenti chissà a quali incresciose situazioni sarebbe potuta andare incontro”.
  Stark sbuffò sonoramente e tornò a passare a fil di spada frutti virtuali.
  Il Dottor Banner, con tanto d’occhi, intervenne dicendo: “Sono proprio l’unico a essere rimasto stupito del fatto che sia scomparsa nel nulla?”.

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Capitolo 2
*** Piccole Mary Sue crescono. Purtroppo. ***


  Salve! Magari speravate di no, e invece ho aggiornato. Teoricamente vorrei/dovrei aggiornare un lunedì sì e un lunedì no, magari v'interessa saperlo.
  In questo capitolo facciamo conoscenza con i temibili genitori di Niagara (che si pronuncia 'NAIAGARA'. Leggetelo come se fosse sempre maiuscolo, onde aggiungere enfasi e pathos inutili. E l'accento cade sulla seconda 'a'. Non v'interessa, ma a me piace dirlo) e possiamo dare un'occhiatina all'integrazione della Mary Sue con i Vendicatori. Che fortunelli, oh!, come li invidio.
  Non ho altro da aggiungere, se non che spero che apprezziate il capitolo. Io mi sono divertita a scriverlo, ma non faccio testo.






  Ai confini dell’universo, Thanos, colui il cui solo nome bastava a far vacillare perfino i cuori degli eroi più coraggiosi della Terra era impegnato nel più classico eppure più difficile degli intenti: tenere nascosto qualcosa alla moglie.
  “Thanos!” tuonò Madama Morte, l’agghiacciante consorte del temibile Thanos.
  “Sì, mio funereo bagliore?” rispose con aria disinvolta Thanos, ma lo sguardo esperto e implacabile di Morte aveva colto un’intrigante sfumatura lilla nella carnagione solitamente grigiastra dello sposo, e per lei che sapeva ben decifrare le rare emozioni di Thanos, quella equivaleva a un vago imbarazzo.
  “Niente smancerie. Perché non hai ancora mobilitato le truppe per la ricerca di Niagara?”
  “Sono impegnate ad allestire un efficace piano d’attacco. – inventò Thanos, che poche ore prima aveva concesso un giorno di libertà a tutti i suoi sottoposti per festeggiare la lieta notizia della scomparsa della figlia – Non possiamo certo rischiare un lavoro malfatto, non se è in gioco il benessere della nostra… ehm… amata figlia.”
  “Ho visto tre dei Generali Supremi oziare dietro ad altrettanti Gotti Esplosivi Pangalattici*. È forse questo ciò che intendi con ‘allestire un efficace piano d’attacco’?”
  L’unica speranza era negare e affibbiare la colpa a terzi. Tanto, probabilmente, se Mistress Death li aveva colti a oziare, i tre Supremi erano già belli che morti.
  “È sempre più difficile trovare dei buoni sottoposti, oggigiorno…” bofonchiò Thanos.
  “Anche mariti incapaci di mentire si stanno facendo più ardui da reperire, a quanto sembra”.
  Lo spaventevole Thanos si fissò i piedi con aria interessata, fingendo indifferenza e sperando che la sfuriata della moglie terminasse rapidamente.
  “Dobbiamo assolutamente recuperare Niagara. Non possiamo permettere che vaghi liberamente per un mondo che non è il suo. Dobbiamo riportarla qui al più presto possibile.”
  Quelle parole risuonarono nella mente di Thanos come bastonate.
  “Non potremmo lasciarla sulla Terra per un po’?” disse Thanos, parlando rapidamente e gesticolando forsennatamente.
  “Quindi sei già a conoscenza del luogo ove si trova. Molto bene. La Terra, eh? Quel pianetucolo sperduto nella Via Lattea. Bene, sarà un lavoro rapido.”
  “Solo qualche giorno - un giorno venereo, diciamo* - possiamo considerarla una breve vacanza… per lei, naturalmente. Ha il diritto di svagarsi, dopotutto.”
  Morte rimase fedele a se stessa; non si lasciò impietosire e fu irremovibile. “Bene, ci hai provato. La spedizione partirà al più presto.”
  Il potente Thanos uggiolò un poco convinto “Sì, cara”.
 
 

  Quando Steve, da bravo gentiluomo, si era diretto verso l'ingresso per aiutare la nuova arrivata a portare dentro il suo bagaglio, aveva immaginato di trovarla intenta a trascinare un borsone consunto e bitorzoluto, segno della frettolosa preparazione che aveva preceduto la partenza, e invece si era trovato innanzi a quello che a prima vista sembrava un muro color fucsia, e solo dopo uno sguardo più attento si rivelò essere un completo coordinato di valigie recanti l'effigie stilizzata di un gatto privo di bocca cui si doveva apparentemente rivolgere un ecumenico saluto.
  "Ho le valigie di Hello Kitty!" trillò in quel momento Niagara, aggrappandosi a Steve in un modo che lui considerò sconveniente. Poi, però, pensò ai drammi che quella povera bambina doveva aver vissuto, per indurla a fuggire di casa, e realizzò che evidentemente aveva solo bisogno di esternare affetto, per cui si liberò gentilmente dalla sua stretta e iniziò a impilare l'una sull'altra le valigie onde poterle trasportare più agevolmente. L'essere fissato da un gattino inquietantemente inespressivo lo metteva a disagio, per cui ebbe la cura di girare il trolley in modo da non vederne l'immagine.
  In tutto questo, Niagara seguiva il Capitano, levitando a qualche centimetro d'altezza: non poteva rischiare di non far sfoggio di ogni suo potere sovrannaturale, e non importava che Steve non potesse vederla. Voleva dire che avrebbe avuto un'altra occasione per svolazzargli attorno, o magari di mostrargli la sua bravura nel cambiare il colore dei suoi capelli, prodezza che sicuramente l'avrebbe colpito e affascinato.
  "Molto bene, signorina Blackdeath, questa sarà la sua stanza per il tempo in cui resterà con noi. Le lascio un po' di tempo per ambientarsi, ma se ha bisogno di qualcosa, non esiti a chiamarci. La magione è amministrata da JARVIS, un'entità elettronica, pertanto può contattare noi tramite lui."
  Niagara entrò nella stanza, e dopo aver commentato che l’arredamento era un po’ povero, ma che fortunatamente aveva con sé tutto l’occorrente per renderlo più confortevole, si buttò sul letto, stravaccandosi e assumendo una posa costruita e artefatta, ravviandosi la chioma in modo che le ricadesse principalmente sul lato destro del volto e tenendo un braccio incuneato sotto i seni, in modo da sospingerli verso l’alto e accentuare così la loro procacità.
  “E invece la tua stanza dove si trova, Capitano? La notte potrei sentirmi sola…” miagolò Niagara, sbattendo le ciglia e umettandosi le labbra.
  Steve perse tutto il proprio contegno, ma riuscì a ricomporsi parzialmente dopo pochi istanti, anche se dovette fare appello a tutto il proprio militare sangue freddo. Avrebbe preferito saltare su cento granate e rotolarsi su un tappeto di filo spinato, piuttosto che trovarsi lì. Si mise sull’attenti, fissando il soffitto con disperazione.
  “Si trova al quarto piano, ma raramente mi trovo lì. Faccia pure affidamento totale su JARVIS, signorina Blackdeath. Spero che gradirà la permanenza. Arrivederci.” Dopo aver parlato a velocità doppia, il Capitano Rogers si diede alla fuga, ripetendo tra sé e sé che un buono stratega militare sapeva quando battere in ritirata.
  Stava per imboccare le scale quando gli giunse all’orecchio la voce di Niagara che urlava: “Ma lo sai che hai proprio un bel culo?”. Steve s’immobilizzò, poi, per buona misura, si mise con le spalle al muro, osservando il vuoto davanti a sé con aria sbigottita, indeciso se fare dietrofront e andare dalla ragazzina per lavarle la bocca col sapone oppure riunirsi con i Vendicatori e discutere sul da farsi.
  D’altro canto, il sapone di marsiglia con cui Steve si faceva il bucato era al suo posto, in lavanderia, al piano sotterraneo, per cui sarebbe comunque dovuto ripassare dalla sala da pranzo. Avrebbe conciliato le due cose.
  Nonostante i suoi ottimi propositi – organizzare la propria tabella di marcia riusciva sempre a calmarlo e metterlo di buonumore – quando Steve si ripresentò agli altri, loro dovettero intuire il suo turbamento interiore.
  “Compagno, cos’è accaduto? Sembri vittima di un profondo sconvolgimento!” tuonò Thor, la cui voce risuonava sempre come se stesse cercando di parlare nel bel mezzo di una tempesta.
  “Niente di cui preoccuparsi, ho solo accompagnato la nostra ospite nella sua stanza.” Rispose Steve, che improvvisamente si rese conto che confessare di essere stato intimorito dalla profferta di un’adolescente era ancora peggio della profferta in sé.
  “Ed è stato lì che hai contratto la pellagra?” domandò Tony, accennando al pallore del Capitano.
  “Ho avuto modo di rendermi conto che la signorina Blackdeath ha un carattere… intraprendente e spiccio che in taluni casi si potrebbe considerare perfino sconveniente.” Riprese Steve, ignorando le illazioni di Stark e curandosi di perifrasare il resoconto dell’accaduto.
  “Perché ti ha detto che hai un bel culo? Adolescente in pieno delirio ormonale – e di onnipotenza, aggiungerei – che t’aspettavi?” replicò Stark, godendosi la rinnovata espressione di sbalordimento dell’altro.
  “Cosa… come…?” incespicò il Capitano.
  “Sgrana gli occhioni, lui – lo sfotté il perfido Tony – Ho sentito tutto grazie all’auricolare.”
  L’auricolare che tutti loro avevano in dotazione, onde essere in grado di comunicare in caso di emergenza.   L’unico a non possederne uno, oltre naturalmente all’incontrollabile Hulk, era Thor, perché Mjolnir – o il testone di Thor, a seconda dei pareri – emetteva delle interferenze in grado di incidere sul funzionamento della trasmittente. All’idea che tutti avessero potuto udire le parole di Niagara, Steve avvampò.
  “Mi raccomando, non siate maligni – si raccomandò Tony, sfoggiando lo stesso sorriso di uno squalo che sia stato informato dello svolgersi di una gara di surf nel suo territorio – ricordate che il Capitano Rogers ha appena subito una molestia da parte di una diciassettenne che spesso viene scambiata per una quindicenne per via del suo fisico minuto. Comprendiamo tutti benissimo che l’attentato alla tua preziosa virtù debba averti segnato.”
  Il dottor Banner soleva tenere il conto dei giorni trascorsi senza trasformarsi nel suo incontenibile alterego. Il Capitano Rogers tendeva invece a prendere nota degli intervalli di tempo che trascorrevano tra un’arrabbiatura e l’altra. Aveva rilevato l’elemento statisticamente curioso secondo il quale tutte gli erano arrecate da Stark. Quell’uomo così irritante sarebbe stato in grado di trasformare il Mahatma Gandhi in un feroce serial killer privo di scrupoli. Steve si preparò a rispondere a quell'arrogante – più o meno – per le rime, ma venne interrotto da un sinistro e inatteso tintinnio, che saturò l'aria come il gioioso squillo di mille campanellini.
  “Dottor Banner, le chiedo una rapida consulenza medica: è possibile contrarre il diabete per via uditiva?” domandò la Vedova Nera, mentre fissava con espressione accigliata la cima delle scale. Gli altri Vendicatori seguirono lo sguardo della compagna, e i loro occhi increduli furono rinfrescati dall’idilliaca visione di Niagara, che si era materializzata in cima alla scalinata, pronta a fare la sua gloriosa e regale discesa e a mostrarsi in tutta la propria divina beltà.
  Si era cambiata d’abito, e apparentemente era suo preciso desiderio che tutti lo sapessero. Tutti. Soprattutto coloro a cui non importava.
  Indossava un paio di shorts di jeans molto shorts e con poco jeans il cui risvolto era decorato con un motivo a cuoricini con tanto di strass rossi al centro. Le tasche anteriori, che spuntavano dall’orlo di perlomeno quindici centimetri, nell’insieme la coprivano più dei pantaloncini. La parte superiore del corpo non era stata trattata con maggior riguardo: l’abbigliamento costituiva esclusivamente in un corpetto rigido il cui pizzo nero era a malapena percepibile al di sotto delle decine e decine di fiocchi di raso color fucsia che parevano voler invadere ogni millimetro di stoffa disponibile.
  “Ma si riproducono per mitosi?” domandò Bruce, aggiustandosi gli occhialetti e fissando i minacciosissimi fiocchetti con aria preoccupata.
  Niagara non apprezzò l’interruzione, e manifestò il proprio disappunto facendo schioccare con astio il tacco a spillo dei suoi stivali di stoffa di jeans, elemento che completava fieramente il suo outfit.
  Al momento di scendere l’ultimo scalino, però, la ragazza aveva già recuperato il proprio scintillante e affettato sorriso, e quando posò l’angelico piedino sul pavimento, completando la sfilata, i presenti poterono udire distintamente un arpeggio.
  “Magnifico. Ha pure una colonna sonora personale. Rischio di commuovermi.” Commentò Tony, parlando con voce monocorde.
  Niagara lo ignorò totalmente, preferendo avanzare con un aggraziato passetto e svolazzare accanto a Steve, che, dal canto suo, stava facendo guizzare lo sguardo da una parte all’altra, in cerca di una via di fuga come un animale in trappola.
  La patriottica creatura fu salvata da un deus ex machina. In senso letterale, perché a intervenire fu il Dio del Tuono e della Tempesta; senza frapporre indugi, il gigantesco asgardiano si infatti era tolto il mantello e l’aveva drappeggiato alquanto vigorosamente attorno a Niagara per un totale di otto volte.
  Ignorando le proteste soffocate dell’informe e bitorzoluto gomitolo purpureo che poco prima era stato una diciassettenne dagli occhi color ametista, Thor parlò con tono grave e accigliato.
  “Che stolto sono stato, a non rendermi conto tempestivamente delle difficoltà di questa povera donzella, la cui indigenza è tale da costringerla a vestirsi di questi pochi stracci sì miseramente rappezzati. Il mio cuore sanguina per te e per le tue disgrazie, o mia bisognosa fanciulla.”
  Niagara divenne livida di rabbia, e i suoi occhi color ametista parvero per un attimo più simili a due caramelle alla prugna mezze masticate.






Note del capitolo:


*Il Gotto Esplosivo Pangalattico è una "saggia" citazione da quel capolavoro dell'umorismo che è Guida Galattica per gli autostoppisti, di D. Adams. Vi consiglio vivamente di documentarvi al riguardo. E niente panico.
 
*Il tempo di rotazione di Venere equivale a circa 243 giorni, per cui 'qualche giorno venereo' equivarrebbe a svariati anni terrestri. Chiamatelo scemo.

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Capitolo 3
*** Fenomenali Poteri Cosmici...! ***


  Salve! Sono estremamente di fretta, sto pubblicando on the run, ho finito di scrivere il capitolo un minuto e mezzo fa e l'ho rivisto per modo di dire, per cui siete pregati di segnalarmi eventuali - orribili - refusi. Vi lascio con l'augurio per un ottimo inizio d'anno.

  Charme.





  Mentre Thor scuoteva il testone biondo, sinceramente amareggiato per quelli che pensava essere i tristi e infausti trascorsi della povera, bisognosa Niagara, la fanciulla sfoggiò la prima delle sue capacità che potesse effettivamente rivelarsi di una qualche utilità e che non avesse a che fare esclusivamente con moda o estetica; ed ecco che sulla spalla della ragazza apparve dal nulla un animale mostruoso.
  Era, questo, un giudizio pienamente obiettivo: difatti, nessun canone di bellezza trovava applicazione su un ratto di fogna dai denti marcescenti che si digrignavano su una spumosa onda di bava biancastra. Oltre alla rabbia, doveva anche essere affetto da un’affascinante combinazione di malattie varie, perché perdeva il pelo a chiazze, le orecchie secernevano muco e gli occhi erano offuscati da una patina che li faceva apparire sinistramente minacciosi.
  Ma sulla punta della coda aveva un fiocchetto rosa. Un sopraffino e invidiabile tocco di classe, senza dubbio.
  “Ancora fiocchetti rosa. Nel caso in cui decidessero di attaccarci, saremmo in netta minoranza.” Commentò il dottor Banner, e il tono pacato di quell’uomo rendeva spesso difficile intuire se nelle sue parole fosse celato o meno del sarcasmo.
  “Qualora proponesse una petizione per abolirli, dottore, sarei la prima a firmare. Ma al momento sono più inquietata dalla presenza di quella… крыса *.”
  “Salute, Tasha. Che brutta tosse, però.” Replicò Clint, tenendo sotto gli occhi l’orribile roditore.
  “Si chiama Raimondo.” Tubò Niagara, mentre la mostruosa creatura emetteva suoni raccapriccianti e tentava di morderle gli occhi.
  “Una pantegana. Potrebbe chiamarsi pure Principessa Arcimbalda, ma non infesterà casa mia, non finché sono vivo. J.A.R.V.I.S., attiva il protocollo ‘Terza Guerra Mondiale’ e punta una manciata di missili balistici su quella mostruosità.”
  Fortunatamente l’intelligenza artificiale che amministrava le proprietà di Stark – e saltuariamente adempiva al nobile compito di allontanare piazzisti particolarmente insistenti – aveva ormai da tempo imparato a individuare le tracce d’ironia nella voce del suo padrone, pertanto non attivò il temuto protocollo.
  Protocollo la cui esistenza era comunque innegabile, in quanto ideato e inventato durante una visita particolarmente sgradita da parte della madre di Pepper. Ma questa, perlomeno per il momento, non è materia d’interesse, al contrario della pantegana rabbiosa di nome Raimondo, che liberò la padrona dall’intralcio del mantello di Thor a forza di mozzichi, graffi e unghiate, cosa che il Dio del Tuono non apprezzò nella maniera più assoluta. A testimonianza di ciò, nuvole plumbee si addensarono sul cielo fino a quel momento terso di New York, specchio perfetto dell’espressione contrariata sfoggiata da Thor.
  La pantegana di nome Raimondo fece saettare lo sguardo verso la finestra e poi verso la padrona, che annuì distrattamente. Vedendo che nessuno dei Vendicatori la degnava di un minimo di attenzione, che era interamente riservata al mostruoso residuato del regno animale che era il suo famiglio, Niagara si sentì in dovere di fornire spiegazioni assolutamente non richieste.
  “Comunichiamo telepaticamente. All’occorrenza, posso proiettare i suoi pensieri in modo che siano visibili a tutti, ma tendo a non farlo, a meno che non si tratti di una situazione d’emergenza.”
  “In che modo, esattamente, i pensieri di una pantegana dovrebbero rendersi imprescindibilmente necessari in una situazione d’emergenza? Per comunicare al camion dello spurgo dove effettuare la svuotatura dei pozzi neri?” domandò legittimamente Tony, mentre lui e la pantegana si scambiavano occhiate di fuoco.
  “Non mi aspetto certo che tu comprenda l’intensità del nostro legame – sbottò Niagara – Già prima di avventurarmi qui, sapevo che avreste faticato anche solo a concepire l’entità delle mie straordinarie capacità. Non è colpa vostra, sono limitazioni congenite della vostra razza: ormai non siete più abituati a cogliere la meraviglia dei piccoli e grandi prodigi.”
  Effettuò una pausa enfatizzante, constatando con soddisfazione che tutti, volenti o nolenti, la stavano più o meno ascoltando, con la palese eccezione di Tony, che aveva indossato il guanto destro dell’armatura di Iron Man per picchiettare il muso rabbioso di Raimondo senza correre il rischio di contrarre qualche malattia mortale.
  Niagara allontanò il suo adorato famiglio con sdegno, incurante delle unghiate e dei morsi che quello cercava comunque di darle, dopodiché si rivolse ai Vendicatori, con la consueta aria di ingiustificata superiorità: “È giunta l’ora che io vi mostri perlomeno una parte delle mie doti fuori dal comune. Portatemi nella zona in cui vi allenate, o dove comunque ci sia grande spazio. Ma prima…” così dicendo, sollevò una delle gambe bianche e ben tornite, scalciando via uno degli orrib-… eleganti stivaletti e rivelando un piede.
  Sì, un piede. Quello che solitamente va dentro le scarpe.
  Oh, e va bene: …rivelando una caviglia sottile e aggraziata che culminava in un piedino deliziosamente immacolato e privo di qualsivoglia imperfezione, le cui dita seguivano scrupolosamente ogni dettame di proporzionalità fosse mai stato concepito e adottato da artista classico. Per non parlare poi del malleolo, che spuntava con regalità, perfettamente allineato con il mignolino. Quel malleolo, lì piazzato, avrebbe certo potuto vincere l’ambito premio annuale di Mister Malleolo, grazie alle sue evidenti doti di bellezza, sensualità e intelligenza, miste a un carisma certo invidiabile.
  E dopo che le tiranniche esigenze descrittive vennero soddisfatte, ai Vendicatori fu finalmente concesso di esprimere la propria perplessità riguardo all’incomprensibile gesto della ragazza.
  Natasha aveva incurvato di qualche millimetro il sopracciglio sinistro, movimento quasi impercettibile e certo non degno di nota, ma Clint sapeva che, nella scala delle emozioni di Natasha, duramente allenata alla totale impassibilità, un sopracciglio incurvato era l’equivalente di una dichiarazione di guerra nucleare. C’era quindi da aspettarsi che la Vedova pugnalasse l’arrogante ragazzina da un momento all’altro. Non che questo si potesse considerare propriamente come un danno, certo.
  “Vorresti spiegarci cosa stai combinando? – intervenne Clint in tono leggermente annoiato – Rapidamente e per sommi capi.” Aggiunse, quando vide che il volto di Niagara si apriva in un sorriso compiaciuto.
  “E sia. – ribatté lei, subito ridimensionata dal tono che Clint aveva saggiamente utilizzato – Focalizzate l’attenzione sulla meraviglia del controllo degli elementi!”
  “E il piede in bella vista è proprio necessario?” s’informò Tony.
  “Mi pare evidente, visto che il potere sovrumano risiede proprio nelle mie estremità.”
  Contrastando ogni istinto di sopravvivenza potesse essere insito in lui, Tony si avvicinò a lei, guardando con particolare – schifata – attenzione il piede in questione, e dopo lunga osservazione rinunciò, dicendo che era soltanto uno stupido piede, e non ci trovava niente di strano.
  Lei inorridì di fronte a quell’osservazione tanto profana – per sua informazione, il suo piede era stato più volte citato da riviste di alta moda come il testimonial ideale per le scarpe di migliore fattura – e spiegò che le sue unghie erano meteoropatiche, e che quindi controllavano il tempo atmosferico.
  “No. Proprio no – interloquì Bruce, in tono inconsuetamente spiccio – Finché si ride e si scherza, va bene, ma questa è ignoranza abissale. La meteoropatia non è collegata al controllo del tempo, ma a una particolare situazione che colpisce alcune persone, che hanno variazioni di umore, se non addirittura disturbi fisici e psichici in concomitanza con il mutare del tempo atmosferico.”
  La spiegazione irritata ed estremamente didattica del dottor Banner bloccò anche Thor, che si fermò, con il dito alzato e l’espressione interrogativa, evidentemente un istante prima che chiedesse il significato della parola ‘meteoropatiche’.
  Scornata, Niagara si rimise lo stivale, borbottando a mezza voce quelle che certo non erano lodi alla cultura di Bruce. Pochi minuti dopo, erano finalmente giunti nella palestra dell’Avengers Mansion.
  “Molto bene. Visto che non siete in grado di apprezzare le sfaccettature più interessanti dei miei fenomenali poteri cosmici, ve li mostrerò in tutta la loro grandezza. Sparatemi!” ordinò.
  Prima che l’istinto militare di proteggere i civili, cui si aggiungeva l’innata nobiltà del Capitano Rogers gli suggerisse di afferrare lo scudo in vibranio e proteggere la scriteriata fanciulla, la Vedova Nera era già al quarto caricatore.
  Con uno stupore che era quanto più drasticamente lontano dalla gioia si possa immaginare, i Vendicatori scoprirono che Niagara era viva, illesa e, come se non bastasse, orribilmente soddisfatta della propria performance.
  “Respinge le pallottole. проклятие **. – Sibilò la Vedova, spostando lo sguardo sulla parete alla sua destra, dov’erano appese armi da fuoco tra le più innovative e distruttive – Funzionerà anche con i proiettili del bazooka?”
  “Natalia!” la riprese Steve, e non c’era niente in grado di far sentire in colpa come Capitan America che apostrofa una persona con il suo nome completo.
  “Sono in grado di assimilare l’energia distruttiva dei proiettili, oltre che manipolare istantaneamente la loro composizione molecolare e riconfigurarla perché si adatti perfettamente a me. - Annunciò Niagara, ravviandosi i capelli lucenti – E non avete ancora visto niente!”
  “Magnifico, allora, vediamo di non allontanarci da questa situazione idilliaca.” Sorrise Tony, e nemmeno Steve osò obiettare.
  L’espressione di Niagara mutò bruscamente, ma Tony non demorse.
  “Oh, no, questo vuol dire che ci propinerai a forza i tuoi poteri? Che brutta giornata. Cosa fai, oltre ad avere unghie dei piedi non meglio specificate? Pieghi le sedie a sdraio col pensiero? Ti piastri i capelli usando solo le dita? Fai rutti e puzzette alla fragranza di gelsomino?”
  Al che, la fanciulla emise un verso strozzato e si voltò, correndo fuori dalla stanza con il dorso della mano davanti agli occhi e i capelli spostati da un lato, evidenziando così il drammatico scorrere di lacrime perlacee sulla sua pelle d’alabastro.
  “Oh, questo è un passo avanti: alla prossima intervista in cui mi chiederanno spiegazioni su quali siano i poteri di Iron Man potrò aggiungere alla già cospicua lista la voce ‘far piangere mocciosette viziate’.” Annunciò Tony, con evidente soddisfazione. Vide però che gli altri evitavano d’incrociare il suo sguardo.
  “Tenete presente che darò del bugiardo a chiunque mi dica che non desiderava darle una bella lezione. A questo proposito, Agente Romanoff, sappi che la mia stima nei tuoi confronti è salita a dismisura dopo il secondo caricatore che le hai svuotato addosso.” Natasha accettò il complimento con uno sbrigativo ma elegante cenno del capo.
  “Malgrado sia innegabile che la fanciulla stesse mantenendo un contegno fin troppo arrogante e viziato, ho motivo di pensare che il trattamento riservatole sia stato eccessivamente duro.” Proclamò Thor, che ancora stringeva in uno dei granitici pugni i miseri resti del suo mantello. Appariva chiaro, comunque, che il Dio del Tuono avesse mentalmente già giurato di compiere la propria vendetta contro la mostruosa pantegana.
  “Ma davvero? E cosa suggerisci di fare?” domandò provocatoriamente Tony.
  “Andare da lei e scusarsi, mettendo da parte le mere questioni d’orgoglio. È un insegnamento che mi ha fruttato molto, Uomo di Metallo, ti consiglio di sperimentarlo.” Replicò Thor, con un tono di voce solenne che rese improvvisamente non solo possibile, ma persino probabile che un giorno egli divenisse il monarca di un regno.
  “Trovo che sia una strategia di rara sapienza. – ammise Tony – Divertiti!”
  “Sono dell’opinione che dovrebbe essere chi ha arrecato il danno, a porvi poi rimedio.”
  “Ma credo di essere nel giusto – come di consueto, d’altronde – se affermo di non essere la persona più portata alle relazioni interpersonali. C’è persino chi mi accusa di difettare di empatia! Ci credereste?”
  Il silenzio tombale chiarì che ci credevano tutti.
  La situazione era in stallo. Il capitano aprì e chiuse la bocca due volte, con un’espressione sofferente sul volto, come se si stesse sforzando di fare la cosa giusta malgrado questa andasse a suo netto sfavore.
  Stark, pur difettando di empatia, era comunque straordinariamente abile nell’individuare e aumentare il disagio negli altri.
  “Capitano! Avverto un fremito nella Forza! Vuoi andare tu da Niagara? Ma certo che vuoi!”
  Steve emise un suono più consono a una paperetta di gomma che non a un prode soldato con bicipiti grandi come palle da bowling.
  “No, che non vuole – interloquì Natasha, in una rarissima manifestazione d’istinto quasi materno nei confronti del pigolante Capitano – risolvitela da solo.”
  “Agente Romanoff, la stima da te acquisita durante la sparatoria è appena stata azzerata. Fortuna che il mio genio ha trovato una nuova soluzione: e se io e Thor ci rimettessimo alla sorte, per decidere chi andrà da Niagara?”
  “Mi sfugge il perché dell’inclusione di Thor nel ballottaggio.” Obiettò giustamente il dottor Banner, che pure era felice di non essere stato preso in considerazione per il compimento dell’impresa. Che fosse sempre a causa del suo problemino di contenimento della rabbia?
  ‘Oh, be’, questa te la devo, Hulk.’
  ‘Per Hulk è un piacere.’
  In compenso, Thor parve bendisposto a essere tirato in mezzo, e domandò a Tony che cosa avesse in mente.
  “Un gioco estremamente semplice, altresì di rara efficacia, per risolvere lievi diatribe come questa. Si chiama sasso-carta-forbice…”
  “Stark, stai sfiorando il ridicolo, e non è da te!” protestò Vedova.
  “…Lizard-Spock***.”
  “Prego?” chiese Steve.
  “Una variante del celebre gioco, cui sono aggiunte le due ultime opzioni per ridurre i rischi di pareggio. Ti spiego le regole, Thor, è semplicissimo.”
  Per prima cosa, gli mostrò i gesti da fare con le mani per ottenere le varie combinazioni. Poi spiegò che i due contendenti, in contemporanea, devono scegliere uno dei gesti, e a seconda del risultato, si vince o si perde.
  “Le forbici tagliano la carta, la carta avvolge il sasso e il sasso rompe le forbici. Tutto chiaro?”
  “Certamente.”
  “Molto bene. Le forbici decapitano Lizard, Lizard mangia la carta, la carta invalida Spock.”
  “E se…?”
  Tony continuò, implacabile.
  “Spock vaporizza il sasso, il sasso schiaccia Lizard, Lizard avvelena Spock, Spock rompe le forbici. Chi perde va a chiedere scusa a Niagara. E via!
  Tony si sentì quasi in colpa, a gabbare così platealmente Thor. Tra l’altro era divertente vederlo annaspare nel tentativo di riprodurre il simbolo ‘Spock’, ergo era improbabile che lo utilizzasse. Sicuramente avrebbe gettato il sasso o la carta, i simboli più semplici. Conoscendo le attitudini e i riflessi di Thor, era probabile che si limitasse a tenere il pugno chiuso. Avrebbe lanciato ‘carta’, così da poter avvolgere il sasso. Se poi Thor avesse lanciato a sua volta ‘carta’, sarebbe stato un pareggio.
  Contrariamente alle previsioni, Thor lanciò Lizard. Tony sgranò gli occhi.
  “Il sauro divora la pergamena!” asserì trionfalmente Thor.
  “Molto bene, Thor, hai vinto – ghignò crudelmente Clint – Tony, tocca a te andare da Niagara…”
  “DUE SU TRE.” Lo interruppe rapidamente Tony.
  Convinto che Thor avrebbe usato nuovamente Lizard, galvanizzato dal successo, Tony lanciò ‘sasso’. Thor cambiò con ‘carta’.
  “TRE SU…”
  “No, Tony. Hai perso. Vai.” L’espressione di Stark era splendidamente sconfitta, e peggiorò ulteriormente quando Thor comunicò che quel trastullo era genuinamente dilettevole, e che l’avrebbe volentieri diffuso su Asgard.
  Tony s’incamminò verso l’ascensore, mormorando maledizioni e anatemi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*Ratto. Scusate il cirillico. Tra l’altro pare che in Russia ‘ste bestie orribili siano usate come animali da compagnia, ma a tutto c’è un limite.
**Maledetta. Perlomeno così dice Google Translator. Se c’è qualche conoscitore del nobile idioma russo, lo pregherei di non dichiararmi guerra per le cacchiate con cui ho infarcito questo capitolo.
***Il gioco è stato reso celebre dalla serie televisiva ‘The Big Bang Theory’, in cui i quattro protagonisti non riuscivano a sbloccare la situazione, in quanto continuavano a scegliere ‘Spock’. E dovete assolutamente sentire Sheldon che spiega le regole del gioco. Inoltre, non ho tradotto ‘Lizard’ perché il nome si rifà a uno degli antagonisti di Spiderman, ed essendo un personaggio del mondo Marvel, in questa storia si sentirà a casa sua.
ULTIMA AGGIUNTA. Mi è stato fatto notare che "Natasha" diventa poi "Natalia". Il fatto è che Natasha è un diminutivo, e il nome effettivo di Nat è - appunto - Natalia. Ciao :D  

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Capitolo 4
*** Sotto un uscio tutto liscio cadde un grosso guscio a striscio. ***


  Salve a tutti! Il ritardo nell'aggiornamento è stato causato da una momentanea - assoluta - carenza di ispirazione e un'improvvisa e sgraditissima influenza.
  Vi comunico che il prossimo capitolo, se tutto va bene, sarà l'ultimo. Il presente è un capitoletto-etto-etto, si legge in fretta e mi auguro che faccia ridere perlomeno un po'. Io, mentre li scrivo, ci rido, ma potrebbe essere un caso isolato d'isteria dell'autrice. Ditemi voi.
  Non ho note particolari, se non che questo capitolo è dedicato a Maiwe, per la peculiare citazione di un nostro idiotissimo scritto.



  Tony si avviò di malavoglia in direzione della stanza che malauguratamente ospitava Niagara. Non aveva la più pallida idea di ciò che le avrebbe detto, ma ciò che era certo era che non era nemmeno infinitesimamente intenzionato a scusarsi. Era assai probabile che finisse per aggravare la situazione… e magari Niagara avrebbe deciso di togliere l’ingombro della propria tediosa persona!
  Un simpatico sorriso da squalo si dipinse sul volto di Tony, il cui unico rimpianto, a quel punto, fu quello di non avere assunto abbastanza alcool: in quelle situazioni era un ottimo alleato.
  …In effetti non riusciva a pensare a una singola situazione in cui l’alcool non fosse un ottimo alleato. Qualcuno avrebbe potuto vederlo come il segnale di un problema, ma non lui.
  Con il mantra ‘Etanolo, ti voglio bene’ che gli risuonava nella mente, Tony fece il proprio ingresso nella stanza di Niagara senza doversi prendere il disturbo di bussare, grazie al sistema di riconoscimento delle impronte digitali che, grazie al suo status di padrone di casa, gli concedeva di avere accesso incondizionato ovunque.
  Subito dopo essere entrato provò il curioso desiderio di smerigliarsi le mani e di strusciarle ripetutamente su una grattugia a grana grossa. Non era un uomo facilmente impressionabile, ma bambini e adolescenti esercitavano su di lui una certa inquietudine. Gridavano, piangevano, volevano cose perlopiù stupide e dopo che le avevano ricevute gridavano e piangevano più forte.
  Una razza abominevole.
  Perché diamine ne aveva un esponente in casa? La sola presenza di una cosa del genere era già di per sé una buona motivazione per traslocare. O dare alle fiamme la casa. In effetti, era da un sacco di tempo che non vedeva la Torcia Umana. Che fosse giunto il momento di una rimpatriata?
  “Cosa sei venuto a fare?”
  Oh, giusto.
  Tony si riscosse dai propri pensieri e tentò di ricondurli sulla questione principale. Niagara era seduta sul letto, scossa dai singhiozzi, ma appena Tony era entrato aveva sollevato il volto, posando su di lui i propri occhi color ametista, ancora inondati da copiose lacrime cristalline. Tony rimase profondamente colpito da quella vista, e subito formulò un pensiero perfettamente adeguato alla situazione ed estremamente sensibile. Il pensiero, probabile segnale di una svolta mondiale, era il seguente: “L’ametista è un minerale fondamentalmente inutile, tuttavia è abusato. Anche la tormalina è una pietra che prevalentemente si presenta con una colorazione viola, eppure nessuno ne parla. Denuncerò al mondo questa crudele pratica oscurantista.”
  “Carissima Niagara, sono qui giunto – non precisamente di mia spontanea volontà – onde scusarmi per il modo in cui ti ho trattata, che è stato da molti definito come non precisamente educato o rispettoso. Credo che il Capitano sia rimasto sconvolto dall’uso della parola ‘rutti’, peraltro. Bene, direi che tutto si è risolto nel migliore dei modi. Ciao.” E si voltò, facendo per andarsene. Si ritrovò però faccia a faccia con un’entità mostruosa.
  Anzi, per essere precisi, era circondato da creature minacciose.
  Attori e cantanti che raggiungevano un’età a due cifre solo se messi in gruppetti di cinque o sei individui e avevano il medesimo tasso di testosterone di un bambolotto con le guanciotte rosee.
  Erano ovunque.
  Per un attimo, Niagara si animò.
  “Hai visto? Sono gli…”
  “Non dirlo. Non voglio sapere. La loro mera vista mi fa male agli occhi. Mi sento come se avessi nuotato in una vasca di miele, melassa e marshmellow liquidi.” E si fermò, in preda a un lieve capogiro. Ebbe comunque la presenza di spirito di girare con un calcio uno di quei sorridentissimi e stucchevolissimi cartonati, che si trovò quindi a sorridere e a instucchevolire il pavimento.
  Mentre Iron Man soccombeva di fronte alla propria debolezza – apparentemente gli adolescenti e tutto ciò che li riguardava, il che non era cool come la criptonite, ma era sempre meglio del potere giallo. Per favore. – Niagara gli si era avvicinata, muovendosi con passo squisitamente felpato, e all’improvviso lo abbracciò, al che l’imperturbabile Tony Stark cacciò un urlo strozzato e iniziò a grattare le unghie contro una delle pareti che un tempo erano state felicemente asettiche e prive di ornamenti, mentre ora non presentavano un singolo centimetro che non fosse ricoperto da faccette apparentemente prepuberali.
  Sopraffatto dalla sua naturale ritrosia nei confronti del contatto fisico, Tony fece qualcosa di estremamente poco corretto o cavalleresco, qualcosa per cui probabilmente nessuno di noi lo biasimerebbe, ma che assai probabilmente gli sarebbe valso, in altra sede, un minacciosissimo e indignato “Anthony!” da parte di Steve.
  Sfoggiando una preparazione fisica che la gente tendeva a sottovalutare, attribuendo ogni superpotere all’armatura che Tony indossava per andare in battaglia, il plurimiliardario affibbiò un calcione sulle gengive di Niagara, dopodiché guardò con espressione schifata le parti del proprio corpo che erano venute in contatto con la ragazza, infine provò un latente desiderio di acquattarsi in un angolo e dondolare su se stesso.
  Ma Tony Stark reputava impiegare più di cinque secondi a riprendere il controllo di sé come un’onta e un insulto al suo stesso genio, per cui si ricompose immediatamente, forte del fatto che il metodico dondolio su se stesso si sarebbe tranquillamente potuto sostituire con un bel bicchierone di whiskey. Il pensiero fu sufficiente a farlo stare meglio, e la visione di Niagara che sputava un incisivo insanguinato lo ringalluzzì ulteriormente.
  “J.A.R.V.I.S., scatta una foto. Voglio che diventi il salvaschermo della modalità stand-by del Mark VIII.” Bisbigliò, soddisfatto come un bambino che avesse scoperto il nascondiglio delle caramelle.
  “Comando eseguito con successo, signore.” Commentò prontamente il maggiordomo elettronico.
  La ragazzina non sentì, in quanto troppo impegnata a provare sgomento e sconvolgimento all’idea che il suo perlato e invidiatissimo sorriso potesse aver riportato dei danni, come in effetti era.
  Si riprese poco tempo dopo – meno di quanto Tony non sperasse, comunque – e la sua espressione faceva presagire l’arrivo incombente di uno di quei bei discorsi grondanti inutile pathos che la ragazzina amava proclamare più spesso di quanto il mondo non fosse disposto a tollerare.
  “Noi due abbiamo molti tratti in comune – esordì, ancheggiando voluttuosamente – Potremmo definirci due anime complementari.”
  “Non per fare come l’amico Banner, ma per essere complementare a qualcuno bisogna essere totalmente agli antipodi di quella persona. Ci si deve completare a vicenda. E decisamente non è il nostro caso.”
  “Oh, andiamo, non fare il difficile. Fo che per te è lo fteffo.”
  Tony Stark era in grado di restare impassibile di fronte alla propria morte, di fronte a una probabile catastrofe nucleare e perfino di fronte alla certezza di aver finito il caffè in casa.
  Ma Niagara che parlava sostituendo con un fischio ogni ‘esse’ a causa del piccolo incidente del calcio nell’arcata dentale fu troppo. E il fatto che la mocciosetta stesse cercando di sedurlo rendeva il tutto ancora più divertente.
  Scoppiò a riderle in faccia. Platealmente. Con soddisfazione. Di Reattore Arc, visto che nel suo caso non si poteva parlare di una risata ‘di cuore’.
  “Oh, sì, siamo decisamente complementari. Come prova del tuo amore, mi dici ‘sotto un uscio tutto liscio cadde un grosso guscio a striscio’?”
  Lei lo buttò fuori dalla stanza.
  

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Capitolo 5
*** Solanum melongena ***


  Le note reali sono in fondo. Mi sbrigo salutando di cuore WeirdSisters, che è brava, buona, cara e mi tollera.
 
 
 
 
 
 
  Tony era una delle pochissime persone al mondo in grado di conservare – e forse addirittura aumentare – la propria baldanza anche quando venivano buttate fuori con disdoro da una stanza. Ne era consapevole e ne andava ben fiero, e in quella precisa occasione ne aveva ben donde.
  Quando fece ritorno nel salone, non fece troppo caso all’atmosfera tesa che pareva essere calata sui Vendicatori.
  “Tutto risolto, con la bambinetta! – annunciò con trasporto – Non potremmo essere più in pace di così. Ricordatemi di coinvolgere nella prossima operazione Scarlet Witch, Quicksilver, Miss Marvel e Colossus, ma è di vitale importanza che non li chiamiamo per nome. Possiamo però fare un’eccezione per Susan Storm. Oh, ci sarà da ridere.”
  “Temo che la prossima operazione avrà luogo molto presto.” Disse Clint in tono grave.
  “Ditemi che si tratta di Mystica, del Dr. Octopus, di Bullseye, o di Mysterio.”
  Uno sguardo esasperato e vagamente intinto di preoccupazione per la salute mentale di Stark serpeggiò tra i Vendicatori, e se nessuno chiese spiegazioni fu perché la situazione di allerta aveva nettamente la precedenza sulle chiacchiere autocelebrative che sicuramente Tony si sarebbe premurato di fornire.
  Thor, che aveva l’espressione più dolorosamente intensa e concentrata che mai gli avessero visto mostrare, annunciò: “No, Uomo di Metallo. Il responsabile di questa nuova minaccia a Midgard è colui che un tempo ero fiero di chiamare fratello.”
  Natasha e Clint si scambiarono uno sguardo il cui significato era alquanto evidente: anziché esibirsi con quella prosopopea ogni volta, ad Asgard avrebbero potuto sincerarsi che Loki non facesse danni e punirlo seriamente una volta per tutte, ad esempio privandolo dei suoi poteri o imprigionandolo a vita. Non era un concetto poi troppo difficile… perlomeno non da un punto di vista esterno.
  Tony assunse un’aria contrariata che nessuno dei presenti ebbe difficoltà ad associare a un imminente tentativo di riportare l’attenzione generale su di sé.
  “Loki. Riprovevole. Nemmeno una ‘s’. Perfino Rogers, in questo frangente, è più interessante.”
  “Ti prego di non trascinarmi in questa tua ultima follia. Piuttosto, prendiamo l’attrezzatura e trasferiamoci rapidamente nella sala di comando: Fury deve ancora comunicarci la posizione di Loki e le sue intenzioni.”
  Lasciando da parte celie e ilarità, gli Eroi più forti della Terra si diressero ognuno verso le proprie stanze, per equipaggiarsi con le rispettive panoplie e attendere poi le istruzioni dal vertice di comando dello S.H.I.E.L.D.
  Il primo a recarsi nella sala di comando fu Thor, il cui amore per Midgard superava nettamente i suoi sforzi d’integrarsi con essa. Il prode asgardiano raramente veniva visto in abiti che non assecondassero le sue maestose origini, e il legame che condivideva con Mjolnir gli permetteva di richiamare a sé il martello ovunque l’avesse lasciato, per la gioia dei lavoratori nel campo dell’edilizia, presenza costante nella Avengers’ Mansion e che più di una volta avevano ringraziato i Vendicatori per aver indirettamente pagato l’università ai loro figli.
  Bruce, dal canto suo, non doveva prelevare attrezzatura alcuna, poiché la sua armatura consisteva in un enorme e irritabilissimo tizio verde, ma l’espressione grave di Thor era ormai chiaramente e universalmente nota per essere foriera dell’ennesimo e prevedibilissimo monologo pseudo-shakespeariano sul frustrato desiderio di ricondurre il proprio fratello in grembo alla famiglia.
  Bruce decretò che i suoi problemi personali erano già più che sufficienti, grazie, pertanto s’impose di non restare solo con Thor, ignorando che Thor sarebbe rimasto in piena solitudine ancora per poco.
  Niagara comparve innanzi al Dio del Tuono in maniera del tutto inaspettata, leggiadra e silenziosa, annunciata solo dal flebile suono di una fanfara guidata da una grancassa, un trombone, una cornamusa, due piatti e un triangolo. Malgrado il prode asgardiano non fosse universalmente noto per la prontezza dei riflessi, il rumore infernale fece scattare il suo primordiale istinto di guerriero, e Mjolnir attraversò in volo la stanza, fermandosi a due millimetri dal cesellato nasino all’insù di Niagara.
  “Lady Niagara!” fu tutto ciò che riuscì a esclamare Thor, richiamando a sé la propria fedele arma. Un osservatore più attento di Thor e meno arrogante di Niagara avrebbe notato che il portentoso Mjolnir, forgiato dal cuore di una stella morente, il quale normalmente eseguiva ogni ordine del suo padrone senz’esitazione, in quell’occasione rimase sospeso a mezz’aria per una frazione d’istante, come se fosse reticente a tornare indietro, quando invece poteva avere l’esaltante possibilità di fratturare il setto nasale a quell’irritantissima creatura… ma Thor lo aveva richiamato. Doveva andare. Così, anziché il rassicurante *croc* di un insopportabile setto nasale che si rompe, l’unico, flebile rumore udibile fu il sospiro di rassegnazione di Mjolnir.
  E poi non si dica che gli oggetti inanimati sono incapaci di provare sentimenti.
  “Thor, avvertivo la necessità di conferire con te.” Disse lei, ignorando bellamente lo struggente momento introspettivo di Mjolnir, probabilmente per una banale questione d’invidia.
  “Naturalmente, Lady Niagara. Sono al tuo servizio.”
  A quelle parole, un baluginio malizioso illuminò gli occhi color ametista della ragazza, che si avvicinò voluttuosamente al maestoso eroe, dando il via al suo terzo tentativo di circuire uno degli Avengers, portando avanti un personalissimo programma [fortunatamente] nichilista di cui chiunque avrebbe volentieri fatto a meno. Specialmente Capitan America, che, malgrado cercasse di non darlo a vedere, faticava a far tornare il proprio battito cardiaco a un livello umanamente accettabile. Ma avrebbe comunque gradito una qualunque pulsazione che fosse al di sotto dei duecentotrentasei battiti. Thor, invece, pareva immune a certe impennate cardiache, complice forse il fatto che non avesse in alcun modo compreso le mire seduttive della fanciulla innanzi a lui.
  “Oh, potentissimo Dio del Tuono e della Tempesta, ho cercato di resistere, ma non mi è più possibile trattenermi dall’aprirti il mio cuore e confessarti i miei sentimenti.”
  Un repentino lampo di comprensione misto a un primigenio istinto di sopravvivenza colpì Thor, e il suo sopracciglio destro s’inarcò improvvisamente verso l’alto. Da qualche parte, una marea fu influenzata da quel movimento, e la cosa non è rilevante ai fini della storia, ma poteva essere interessante a livello personale, o per amor di cronaca.
  “Giovane Niagara, temo che…”
  “No, ti prego! Lasciami parlare. – lo interruppe lei, posandogli scenicamente due dita sulle labbra per imporgli il silenzio – Cosa pensi dei miei occhi?”
  Thor non la ritenne una prosecuzione di discorso soddisfacente, ma rispose ugualmente.
  “Trovo che siano di un colore conturbante ed estremamente gradevole alla vista.” Ammise lui, con limpida sincerità.
  Niagara assaporò il gusto della vittoria.
  “Lo so, sono di una particolarissima sfumatura color…” ametista. Lo sa lei e – purtroppo – ormai lo sappiamo anche noi. Ma Thor no.
  “…Melanzana.” Completò Thor, la voce solitamente roboante ridotta a un sospiro sognante.
  “Cosa.” Replicò Niagara, e lo sconvolgimento fu tanto da indurre il punto interrogativo della domanda a ripiegarsi su se stesso, riducendosi al misero punto fermo di un’affermazione.
  “Un ortaggio meraviglioso che nasce sui rigogliosi terreni di Midgard, e di cui purtroppo Asgard è tristemente sprovvista.” Spiegò Thor, sull’orlo della commozione.
  “La tua considerazione mi onora, ma mi vedo purtroppo costretta a contraddirti, mio signore. Difatti, i miei occhi non sono color melanzana, bensì…”
  “Lady Niagara, te ne prego, è inutile che tu ti schermisca così: ammetti pure con orgoglio e senza timore alcuno quelli che sono i pregi del tuo aspetto esteriore. Compagno Steve, t’imploro di essere giudice di una frivola disputa tra me e la giovane lady qui presente, risolvendo il dilemma e dicendo, secondo te, di che colore sono le rifulgenti iridi di questa fanciulla.”
  Apparentemente dimentica del tentativo di seduzione di poche ore prima, fulminò Capitan America con un’occhiata che prometteva indicibili sofferenze e inenarrabili patimenti qualora la risposta non fosse stata quella che lei desiderava sentirsi dare.
  “Senza indugio alcuno, Thor. Sono lieto che abbiate chiesto la mia consulenza, in merito. È indubbio che gli occhi della signorina Blackdeath siano di una sfumatura particolare e affascinante. Direi di un denso color prugna.”
  Fu probabilmente l’ingresso simultaneo dei restanti Vendicatori a salvare Steve Rogers da una prematura e presumibilmente violenta dipartita.
 
 
 
 
 
Capitolo breve e decisamente non intenso, lo so. E suppongo abbiate indovinato che questo non è il finale. La motivazione è semplice e buffa: mi sono ridotta all’ultimo e non ce l’ho fatta a finire per oggi, quindi vi toccherà almeno un altro aggiornamento. *Please, contain your orgasms*
Per coloro che si fossero affezionate al buffo [sì, ‘buffo’ è uno degli aggettivi che prediligo] accento involontariamente acquisito nello scorso capitolo da Niagara, non temete: vi fornirò un’esauriente spiegazione della sua scomparsa prossimamente. Siete liberi di fare supposizioni, comunque. Vi pregherei di ridere per il titolo del capitolo, io mi sono divertita.
 
Adorandovi, vi saluto.
Charme.
 

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Capitolo 6
*** Tutto è bene ciò che finisce. ***


  TA DA’! L’aggiornamento è tardivo principalmente a causa del malfunzionamento di EFP di ieri sera. Sorry. Il capitolo è l’ultimo, l’ultimissimo, per cui ne approfitto per ringraziare tutti voi che avete letto, leggiucchiato, recensito, preferito, seguito e ricordato. Ci rivediamo in fondo, con le immancabili note!
 

 Dedicato a Maiwe, e buon compleanno a lei!

 
 
  Prima che i nuovi arrivati potessero avanzare domande su cosa stesse succedendo e perché Niagara si trovasse tra loro, gli schermi della stanza si accesero, mostrando il volto grave di Nick Fury.
  “Loki è arrivato, e non ha perso tempo. Ha organizzato attacchi in simultanea in varie zone della città, e sebbene lui non si sia ancora mostrato apertamente, appare chiaro che dietro agli attentati ci sia lui.”
  “Per qual motivo?”
  “Deve aver stretto un’alleanza con i Giganti di Ghiaccio, perché sono loro a seminare il panico in città.”
  Tony parve sul punto di ribattere, ma Niagara lo precedette.
  “È giunta l’ora che vi dimostri tutto il mio valore. Vi guiderò verso l’onore e la vittoria, e Loki non costituirà mai più un problema. Ma non temere, possente Thor, non gli farò alcun male: adopererò le mie incomparabili arti per redimerlo definitivamente.”
  Era ben risaputo che Thor fosse un sentimentale, e una parte di lui sperò ardentemente che la fanciulla dicesse il vero, e che fosse in grado di restituirgli l’amato fratello così com’era prima che i suoi deliri venefici ottundessero e inaridissero la sua anima.
  “Chi è lei, e perché è nella sala di comando?” domandò Nick Fury in tono allarmato, preoccupato all’idea che la segretezza delle informazioni dello S.H.I.E.L.D. potesse essere compromessa dalla presenza di un civile. Di un civile femmina adolescente, la peggiore di tutte le razze.
  “Boh, la figlia di Thanos, o una roba così. – tagliò corto Tony – Ma parliamo di cose serie: cosa ne hai fatto di quel graziosissimo retaggio da me stesso medesimo concessoti?”
  Perfino la petulante figlia di Thanos non trovò parole per rispondere.
  Stark, non tanto per desiderio di aiutarla nella comprensione, quanto piuttosto perché altrimenti nessuno dei presenti sarebbe venuto a conoscenza delle sue prodezze, le venne in aiuto.
  “Il sigmatismo.” aggiunse.
  Il silenzio si fece più denso, e l’unica palpebra visibile di Nick Fury prese a traballare nervosamente.
  “Insomma! – sbottò Tony – La blesità della esse! La lisca, la zeppola, la effe! Com’è possibile che qui nessuno sappia mai niente? Perché devo essere sempre l’unico a comprendere le genialità delle mie battute?”
  Malgrado la sua continua ostentazione d’intelligenza e brillantezza, Niagara si era fermata alla prima parte della frase, e aveva testé cominciato a compiere la solita sequenza di movimenti costruiti e indesiderati che insieme andavano a costituire il mistico rituale atto a enfatizzare le doti di grazia e bellezza che Niagara stessa si attribuiva.
  Mulinò i lunghi capelli lucenti, che catturarono ogni barbaglio di luce nella stanza, splendendo come se fossero stati intinti in polvere di stelle. Nick Fury strabuzzò gli occhi – pardon, l’occhio – incredulo. Perché alla sua personalissima Corte dei Miracoli era stato aggiunto quel fenomeno da baraccone?
  La splendida fanciulla gettò graziosamente la testa all’indietro, arricchendo l’atmosfera con la sua risata argentina e il fulmineo lampo del suo sorriso nuovamente perlaceo. Clint alzò gli occhi al soffitto, mentre Natasha prese a massaggiarsi leggermente le tempie.
  Si passò fugacemente le dita delicate sulla superficie d’alabastro della guancia. Bruce guardò l’orologio, quindi decise di mettersi a sedere: probabilmente sarebbe stata una cosa lunga.
  Mentre l’ultima nota cristallina della sua musicale risata andava spegnendosi gradatamente, Niagara avanzò di un passo, quasi danzando. Tony aveva già vinto la quarta partita a scacchi contro J.A.R.V.I.S., che stava dimostrandosi più permaloso del solito, e aveva già tentato due volte di simulare un crash che gli permettesse di resettare il match.
  Abbassò pudicamente lo sguardo, in modo che le lunghe ciglia andassero ad accarezzare gli zigomi alti e cesellati. Fu in quel momento che Thor iniziò a russare, e Niagara lo fissò con aria sconvolta, poi alzò le spalle – naturalmente con movenze graziosissime e invidiabili, per carità – e si apprestò a ricominciare daccapo.
  “HA, scacco matto, di nuovo! – proruppe Tony, beffeggiando l’Intelligenza Artificiale da lui stesso creata – Sai cosa, marmocchia? Non m’interessa com’è che ti sei fatta ricrescere un dente. Non m’importa. Proprio no. Forza, gente, c’è un Dio degl’Inganni da prendere a calci nelle chiappe.”
  Niagara, che era già pronta – più o meno – a elogiare le proprie capacità di auto-rigenerazione, robe da far sembrare Wolverine e Deadpool due poveri pivelli imbranati, rimase con un palmo di naso, e fu quasi travolta dall’orda dei Vendicatori, ansiosi di uscire dalla stanza e incontrare Loki: tutto era preferibile al rimanere in balìa delle sceneggiate dell’odiosissima ragazzetta, perfino una divinità isterica e ossuta.
  Quasi fosse stato evocato, il Dio degl’Inganni fece la propria apparizione appena un istante dopo, ma c’era qualcosa di inconsueto, in lui. Ciò che di lui inquietava maggiormente, ciò che lo rendeva un’entità da temere erano la viscida calma e la leziosità dei suoi atteggiamenti, che da sempre erano da ritenersi forieri di una qualche crudeltà che di lì a poco sarebbe incontrovertibilmente stata perpetrata contro il genere umano.
  In quella precisa occasione, invece, Loki arrivò sfondando una vetrata e sbraitando in un idioma di Asgard quelle che, a giudicare dal tono, dovevano essere illazioni a riguardo della linea femminile negli alberi genealogici dei Vendicatori.
  Thor, per una volta, provò l’ebbrezza di essere il fratello posato e carismatico.
  “Loki, calmati! In quale spettacolo poco dignitoso, ti stai esibendo…”
  Loki interruppe la sequela di imprecazioni asgardiane per rivolgere al non-fratello uno sguardo iniettato di sangue e inquietante perfino per gli standard già alti di Loki.
  Dopodiché afferrò una statuetta raffigurante una danzatrice hawaiana e gliela lanciò addosso. La ballerina di hula si abbattè sul capoccione granitico di Thor e rimbalzò, mentre Thor continuava a parlare come se niente fosse.
  “È ora che tu ponga fine alla tua sete di conquista. La Terra è sotto la nostra protezione, e i midgardiani sanno di poter contare su di noi, che ci troveranno ogniqualvolta necessiteranno di aiuto.”
  A quelle parole, Loki prese ad assomigliare in maniera prodigiosa a un vulcano in eruzione, il che era ironico, visto quanto la sua razza d’origine fosse algida. Letteralmente.
  “E COME FANNO A TROVARVI, VISTO CHE VI DIVERTITE A CAMBIARE SEDE SENZA NEANCHE AVVISARE? È DA STAMATTINA CHE I GIGANTI CONTINUANO AD AMMUCCHIARE CADAVERI E DETRITI SULLA TORRE DI QUELL’IMBECILLE – e indicò Stark, che per evitare l’onta di essere chiamato ‘imbecille’ svolazzò poco lontano in modo che Loki finisse a indicare Rogers – MENTRE IO ME NE STO LI’ AD ASPETTARE E A TESSERE UN PIANO MALEFICO, E VOI AVETE AVUTO LA BELLA IDEA DI TRASFERIRVI DA TUTT’ALTRA PARTE SENZA FARMI SAPERE NIENTE?”
  Il momento in cui Loki aveva scoperto che i Vendicatori non usavano più la Torre di Stark come sede principale era stato innegabilmente divertente per chiunque non fosse Loki; difatti, una vecchietta si era infatti avvicinata al Dio degl’Inganni mentre osservava con gioia malvagia gli Jotunn che procedevano con la loro opera di distruzione, e, con voce gracchiante, l’aveva apostrofato: “Giovanotto, guardi che quei saltimbanchi in tutina non abitano più qui, si sono trasferiti in fondo alla strada, al numero 890. Lo so perché mio nipote ha una fissazione incredibile per loro, soprattutto per quel marcantonio col mantello rosso. Non nego che sia affascinante, ma quei capelli avrebbero decisamente bisogno di un taglio.” E detto ciò, se ne era andata lentamente, aiutandosi col deambulatore, lasciando Loki in mezzo alla strada, perfettamente immobile e del tutto annichilito. Ma come abbiamo avuto modo di vedere, dal suo exploit nella nuova sede dei Vendicatori, si era ripreso relativamente in fretta.
  “Oh, non vorrai dire che ti sei sentito abbandonato?” sfotté Natasha, esibendosi nel suo sorriso più felinamente maligno.
  Loki si voltò verso di lei, fissandola con odio, e mise mano allo scettro che incanalava i suoi poteri magici, al che i Vendicatori si misero in posizione d’attacco, pronti a fronteggiare il nemico, ma prima che questi potesse scatenare la propria furia distruttiva, si fece avanti Niagara.
  “Loki, mio signore, non farlo. Sono giunta qui con la speranza di riuscire a redimerti e far sì che la pace torni ad albergare nella tua anima travagliata.”
  “Sono il Dio del Caos, io! Non ce la voglio, la pace, nella mia anima. Anzi, non voglio nemmeno un’anima! Sparite! Il primo colpo è per il mio odiato non-fratello, non fatemelo adoperare sulla vostra inutile persona!” protestò Loki, esibendosi nell’ennesimo, indecoroso, puerile scoppio d’ira.
  “Io ti capisco, Loki. Hai vissuto troppo a lungo nella menzogna, circondato da persone che non ti apprezzano per quel che sei…”
  “Domando scusa?” interloquì Thor, chiaramente offeso da quell’ignobile bugia.
  “…e non ti permettono di esprimere il tuo essere come vorresti. Io ti capisco, perché sono come te. I nostri destini alfin s’incrociano, com’era stato profetizzato dalle stelle. Saremo una cosa sola, ora e per sempre. Amami, Loki!”
  Loki aveva assunto una nauseabonda colorazione verde pistacchio al solo sentir pronunciare la parola ‘amami’, e il suo cervello fino ponderò rapidamente che, in effetti, dirigere il primo colpo su quell’ignota creatura anziché su Thor non sarebbe stato affatto uno spreco, e colse l’occasione. Un’accecante esplosione di magia illuminò la stanza per un istante, e subito dopo, di Niagara non rimaneva che un innocuo, ma soprattutto silenzioso mucchietto di cenere sormontato da un fiocchetto fucsia, che venne a sua volta polverizzato da un secondo raggio distruttivo dello scettro, per sicurezza.
  Nel silenzio tombale che si era venuto a creare rimbombò all’improvviso la voce dell’alterego del dottor Banner.
  “Hulk rivaluta.”
  “Hulk! Da quanto tempo sei… ehm… arrivato?” domandò Natasha, usando più tatto e diplomazia possibili.
  “Hulk è qui dall’arrivo del Dio gracile.”
  Com’era possibile che nessuno se ne fosse accorto?
  “Nessuno ha prestato attenzione a Hulk. A Hulk non dispiace affatto, perché Hulk ha tanti problemi, ma perlomeno non ha manie di protagonismo.” Nessuno dei presenti aveva troppa voglia di impelagarsi in una discussione con il gigante verde, per una volta che non stava seminando il panico, pertanto accettarono la sua spiegazione senza batter ciglio.
  “Chi era quella creatura? – domandò Loki, gli occhi stretti dal sospetto mentre teneva sotto controllo il mucchietto di cenere che era stato Niagara, come se temesse che riprendere vita da un momento all’altro – Il vostro ultimo ritrovato buonista? Piuttosto malriuscito, direi.” Constatò con ironia.
  “Signore, sto rilevando attività aliena sconosciuta a poca distanza da qui.” Annunciò la voce metallica di J.A.R.V.I.S.
  Prima che chiunque di loro potesse elaborare un piano, di difesa o di attacco che fosse, l’Avengers Mansion si arricchì di nuovi ospiti, identificabili con esattezza col corpo di guardia scelto di Thanos e Madama Morte e le loro Oscure Maestà in persona.
  Fu in quel momento che i Vendicatori sospettarono che forse, dopotutto, Niagara potesse aver detto la verità, riguardo alle proprie origini.
  La funerea sposa di Thanos non perse tempo in presentazioni e andò al dunque: “Dove si trova nostra figlia, Niagara Jenhowepha Blackdeath? Abbiamo seguito la sua aura fino a qui, quindi non osate neppure provare a mentirmi.”
  Con una simile perentorietà ad ammantare l’ordine della Morte in persona, non poteva accadere diversamente; si erano venute a formare le irripetibili condizioni di armonia che contribuivano alla manifestazione del più raro dei fenomeni.
  La Bugia Macho Collettiva senza Sbavature.
  “Mortifera Maestà, vostra figlia non si trova più qui – esordì Tony, che dei presenti era il bugiardo più esperto – in quanto era suo specifico desiderio alleggerirsi del fardello della sua onerosissima eredità, per poter finalmente spalancare le ali e raggiungere finalmente la propria agognatissima libertà.”
  “L’abbiamo accolta tra noi, e ci ha aperto il cuore, parlandoci del suo desiderio più nascosto e inconfessabile, e con l’aiuto della prodigiosa magia del Dio Loki, finalmente le è stato possibile realizzare il proprio sogno.” Rincarò Capitan America, rivelando una faccia di bronzo e un’inattesissima attitudine alla menzogna che Tony reputò derivare dalla sua vicinanza e ottima influenza.
  “Finalmente priva dell’oppressione dei propri incommensurabili poteri, è partita, spoglia di qualunque inutile orpello che le ricordasse la propria vita passata e ha iniziato una nuova esistenza, più pura, più spirituale.” Continuò Thor.
  “Timorosa che i suoi amati genitori non riuscissero a comprendere appieno il suo punto di vista, ci ha pregati di raccontarvi la sua storia, e di dirvi quanto fosse felice di partire, aggiungendo inoltre che un giorno, in questa vita o in un’altra, vi ricongiungerete.” Aggiunse quindi Clint.
  “Ma il momento forse più commovente è stato il suo saluto all’amato famiglio Raimondo, col quale il legame era e resta indissolubile, tanto che su di lui è rimasta una traccia della potente aura che circondava Niagara, e che vi ha guidati fino a qui, malgrado Niagara sia ormai ben lontana, ma finalmente felice.” Proseguì Natasha, chiaramente il più macho dei presenti.
  “Hulk si è perfino commosso.” Convalidò il bestione verde.
  Loki preferì non aprire bocca, ma constatò comunque che il Caos che si era venuto a creare era un lavoretto proprio ben fatto. Ammirevole.
  Il drappello scelto delle Legioni del Terrore che avevano accompagnato Thanos e Morte avevano ormai rinunciato a ogni dignità e singhiozzavano non troppo sommessamente l’uno sulle spalle dell’altro.
  L’unica a non sembrare troppo convinta era proprio Mistress Death, ma prima che potesse obiettare e spedirli tutti agl’Inferi, intervenne il crudele Thanos.
  “Moglie mia, debbo farti una confessione. Sono stato proprio io ad assecondare la nostra amata Niagara e spingerla a seguire il proprio sogno. Incerta di quella che sarebbe stata la tua reazione, però, insistette perché io non ti rivelassi niente, riguardo i suoi propositi. Ma ora che finalmente il suo sogno è stato realizzato, sono certo che anche tu avrai capito quanto ciò fosse importante per lei.”
  Una singola lacrima nera attraversò il volto della Morte, e subito dopo fu ordinato il ritiro della truppa e l’ordine di far rotta verso casa.
  L’ultimo a salire sull’astronave fu Thanos, che puntò due dita verso Loki, segnalandogli con gesto universale che presto o tardi si sarebbero affrontati, ma quando si ha a che fare con creature immortali, ‘presto o tardi’ assume una connotazione piuttosto ampia, in grado persino di concedere degli attimi di rilassamento.
 
 
 
  I Vendicatori (e Loki) trascorsero le successive due ore a dare alle fiamme qualunque residuo che testimoniasse il passaggio di Niagara nella casa. Il mucchietto di cenere, in particolare, venne compresso, subatomizzato ed eliminato una volta per tutte. Stark riservò lo stesso destino anche all’inquietantissimo cartonato a dimensione umana con cui aveva avuto a che fare nella sua sgradevolissima avventura nella stanza di Niagara.
  Terminata la gioviale eliminazione di tutti i possedimenti di Niagara, arrivò inesorabilmente il momento, per Thor, di prendere metaforicamente – ma non solo – il fratello per un orecchio e riportarlo a casa per farlo riflettere sulle proprie malefatte.
  Più che una vittoria trionfale, la cosa era ormai scemata e stata riclassificata come tradizione consolidata: Loki prova a conquistare il mondo, Thor glielo impedisce e lo annienta, Loki proferisce tremendi anatemi e promesse di vendetta, Thor fa orecchie da mercante e lo riporta comunque a casa, Loki scappa e badabum!, si ricomincia daccapo.
  Quella volta, però, il copione subì una svolta inaspettata: proprio mentre Thor stava cominciando con la consueta paternale, ecco che un puzzolente razzo rabbioso gli si avventò addosso, sibilando, sputacchiando e lacerando tutto il lacerabile: Raimondo era tornato per finire la propria preda, cioè il mantello di Thor, ormai ridotto a brandelli.
  Di nuovo faccia a faccia con quello che in pochi istanti di conoscenza era stato elevato al grado di acerrimo nemico, Thor dimenticò le secolari diatribe con Loki, e si dedicò interamente all’opera di disintegrazione della pantegana Raimondo.
  Non gli servì troppo tempo, per ridurre al silenzio perpetuo l’Odiatore di Mantelli, ma a Loki occorse ancor meno tempo per cogliere l’occasione e scomparire. La parte dei tremendi anatemi e delle promesse di vendetta fu accantonata, per una volta, ma tutti gli eroi conoscevano la metodicità di Loki nei suoi tentativi di conquista del mondo, per cui nessuno dubitò neanche per un istante che si sarebbe fatto vivo di nuovo. La preoccupazione più pressante, al momento, era aggiustare la statuetta di danzatrice hawaiana che il Dio del Caos aveva fracassato contro il testone di Thor, perché sicuramente Pepper non avrebbe gradito scoprire che il souvenir portatole da sua madre in ricordo del suo viaggio alla Hawaii era stato trattato con così poco rispetto.
  E così una giornata iniziata nell’ozio terminò più o meno allo stesso modo.
 
 
 
  Non troppo tempo dopo, in una galassia lontana lontana…
 
  Thanos non era così felice da quella volta in cui aveva aperto in due sua madre con un bisturi per donarne l’anima alla sua amata Morte. Un’esistenza libera da Niagara. Quello sì, che era un sogno che si realizzava! Era così di buonumore che avrebbe perfino potuto decidere di concedere un po’ di vantaggio a quel Gigante di Ghiaccio rachitico, quel Loki.
  Mentre si crogiolava al pensiero della sparizione della viziatissima figlia, una delle guardie del palazzo si affacciò nella sala.
  “Vostre Maestà, una forestiera chiede udienza.”
  “Ma sì, falla entrare. Chi è?” domandò Thanos in tono sinistramente giulivo. La guardia deglutì, apparentemente a disagio.
  “Dice di chiamarsi Nebula. Sostiene di essere… vostra nipote.”
 
 
 
 
 
 
DAN DAN DAAAAN! Finale inquietante, nevvero? A questo punto, è d’uopo inserire qualche simpatica nota esplicativa:
-          Hulk è stranamente controllato e posato, licenza poetica che mi sono presa senza far domande. Anche nel film sono stati piuttosto rilassati, al riguardo, per cui mi sono concessa questa libertà;
-          Nel capitolo sono sparse varie citazioni, più o meno colte. Un bacio a chi le individua tutte! Tra le tante abbiamo gli sketch di “Sugar e Dexter”, i poliziotti sgangherati di Aldo, Giovanni e Giacomo, Star Wars, Harry Potter e, come già annunciato in altra sede, la Bugia Macho Collettiva senza Sbavature, direttamente da Scrubs, che trovate a questo indirizzo! http://www.youtube.com/watch?v=oNrEqT9sWP0
-          Avrei voluto anche citare Le Follie dell’Imperatore facendo chiamare Loki “Yzma” da Tony, ma alla fine ho evitato. Fatto sta che Loki è Yzma, e su questo non ci piove ù_ù
-          Le cronache della Marvel narrano che il primo sacrificio di Thanos alla Morte fu proprio sua madre. Bimbo affezionato, neh?
-          Di Nebula non so niente, mi sono imbattuta in lei per caso, per casissimo. Ma ho visto che lei si presenta come nipote di Thanos, e seguendo il mio personalissimo delirio, se ne desume che sia la figlia di NAIAGARA. Tutto ciò è inquietante per me, figuriamoci come debba sentirsi Thanos. Povero nonno Thanos.
 
Concludo qui, ringraziando tutti voi che mi avete tollerata, accompagnata, assistita durante questa long (la mia prima long! *-*). Vi adoro, vi adorissimo.
 
Baci,
Charme.

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