The course of destiny di Kekkafox (/viewuser.php?uid=179492)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Ero appena
sceso dal treno e già mi sembrava tutto diverso. Si
respirava un’aria diversa.
C’erano migliaia di persone che si salutavano e che si
abbracciavano. Io, un po’,
ero sollevato dal fatto che non ci fosse nessuno ad accogliermi. Volevo
gettarmi il mio passato alle spalle e nulla mi avrebbe più
fermato.
Uscii dalla
stazione e l’aria di New York mi travolse. C’era
moltissima gente che camminava
sui marciapiedi e tantissimi taxi che passavano sulle strade. In Ohio
non c’erano
mai stati così tanti taxi.
Mi lasciai
trasportare dall’istinto sulle strade di New York. Non sapevo
dove andare. Non
avevo un alloggio, né un posto dove lavorare. Avevo qualche
soldo che avevo
conservato per quel momento da tutta la vita.
Camminai tra
quelle strade, trascinando dietro di me il mio trolley. Osservavo tutto
ciò che
c’era di nuovo in quella città. Mi accorsi che
nessuno guardava l’altro.
Nessuno si lasciava distrarre dalle altre persone che gli passavano
davanti.
Io, invece,
osservavo chiunque. C’erano persone di tutti i tipi.
Sembravano tutte persone
come altre, ma si poteva leggere la loro storia, solo guardandoli negli
occhi. La
persona che più mi attirò fu una ragazza con dei
capelli rosa e un piercing al
naso. Era l’unica che mi aveva guardato sul serio e mi
accorsi che aveva anche
lei una valigia.
Camminai
senza meta, per quasi tutta la mattinata. Quando arrivò ora
di pranzo, però,
dovetti fermarmi. Avevo una fame da lupi ed era dalla sera che prima
che non
gettavo qualcosa nel mio stomaco.
Mi fermai in
un piccolo bar, lì vicino. Entrai facendo risuonare il
campanello sulla porta.
Era un vecchio bar. C’erano molte persone e si sentiva un
chiacchiericcio in
sottofondo. Aveva pochi tavoli, ma parecchi erano già stati
occupati.
Sembrava
carino. Non era grande quanto il Lima Bean, ma sembrava accogliente.
C’erano
dei tavoli rotondi disposti nella stanza. Di fronte alla porta
d’entrata c’era
un bancone di legno, non molto lungo. Dietro il bancone c’era
un ragazzo. Aveva
dei profondi occhi azzurri e dei capelli biondi molto appariscenti.
- Salve.
– dissi io, imbarazzato. Il
ragazzo mi offrì uno sguardo cordiale e mi sorrise. Dovevo
ammettere che era
molto carino e sembrava anche molto giovane.
- Cosa
posso darle? – mi chiese, con il
sorriso ancora stampato sul volto.
Guardai un
po’ alle sue spalle. C’erano bottiglie di drink di
tutti i tipi. Alla sua
sinistra c’era la macchina per il caffè, mentre
alla sua destra, sul bancone, c’erano
degli stuzzichini.
- Un
cappuccino medio e qualcosa da mangiare.
Scelga lei, basta che ci sia della cioccolata. –
risposi con un sorriso.
Lui annuì e attraversò la porta, entrando nella
stanza non molto lontana da
lui. Diedi un’occhiata in giro, mangiucchiando qualche
stuzzichino. Non c’era
nessuna persona interessante.
- Sono
tre dollari e cinquanta. – mi disse
il ragazzo, spuntando alle mie spalle. Sobbalzai e mi voltai verso di
lui.
Annuii e presi il portafogli, per prendere i soldi. Nel frattempo, il
ragazzo
mi aveva messo sul bancone il cappuccino e un croissant al cioccolato.
- Tenga
il resto. – gli dissi,
porgendogli la banconota da cinque dollari. Il ragazzo mi sorrise e
prese i
soldi, mente io presi la mia ordinazione. Presi il trolley, che avevo
appoggiato al bancone e andai a sedermi in uno dei posti liberi. In
effetti,
ero un po’ stanco.
Mi guardai
intorno e vidi che ormai erano finiti tutti i posti. Diedi un morso al
croissant. Era buono. Quella non sembrava vera e propria cioccolata.
Aveva più
il sapore… della Nutella! Certo, come avevo fatto a non
capirlo. Era così
evidente.
Sentii il pezzo
di croissant scendere lungo il mio esofago e un senso di sollievo si
espanse
sul mio corpo. Non sopportavo l’idea di non mangiare per
troppo tempo e, poi,
quella Nutella non poteva non farmi bene.
Senza
accorgermene, avevo già finito il mio
“pasto”. Era stato delizioso, anche se
troppo breve. Feci un sorso del mio cappuccino e fissai lo sguardo su
una
ragazza, non molto lontana dal mio tavolo, dai lunghi capelli scuri.
Era al
tavolo, con un’altra ragazza dai capelli biondi e gli occhi
azzurri.
Il mio
sguardo si spostò sulla porta, da dove era entrato un
ragazzo che aveva fatto
un cenno di saluto al ragazzo del bar. Forse, si conoscevano. Si
guardò
intorno. Sembrava molto stanco. Riuscivo a vederlo solo di profilo, ma
già mi
sembrava molto carino. Aveva i capelli di un marrone molto chiaro,
quasi
biondo.
- Sam,
hai finito tutti i posti? Io non
vedevo l’ora di sedermi un po’. –
esordì, accasciandosi sul bancone. La
scena mi fece ridacchiare. Il ragazzo al bancone, Sam, lo
guardò con uno
sguardo dispiaciuto e gli diede una pacca sulla schiena.
Io guardai
il mio cappuccino. Era quasi finito. Forse, potevo vedere il posto a
quel
ragazzo, che sembrava avesse bisogno urgentemente di un posto dove
sedere.
Mi alzai e
mi avvicinai al ragazzo.
- Io
stavo per andare
via. Se vuole, può sedersi al mio posto. –
gli dissi, con un sorriso
stampato in faccia. Lui si alzò dalla strana posizione con
cui si era
accasciato sul bancone e mi guardò. Aveva degli occhi
bellissimi. Sembravano
azzurri, ma avevano anche una sfumatura di verde e forse, anche qualche
sfumatura di grigio.
- Davvero
lo farebbe? –
mi chiese, con gli occhi pieni di speranza. Il mio sorriso si
allargò ancora di
più e annuii.
- Certo.
Lei sembra molto
più stanco di me. – gli dissi io e lui
quasi mi saltava addosso, per
ringraziarmi, ma si limitò a sorridermi e a ringraziarmi.
- Bhe,
io vado.
Grazie, Sam? – chiesi io e lui mi annui
sorridente, mentre l’altro ragazzo
salutò il barista e andò a sedersi al mio vecchio
posto. Forse, ci sarei
ritornato lì.
Mi ritrovai di
nuovo solo, tra le strade di New York, senza
una meta. Camminai ancora un po’ tra le strade, osservandomi
intorno. Dopo un
po’, trovai un hotel sulla strada. Non sembrava molto
costoso, ma neanche molto
scadente.
Entrai.
Era… stupendo. C’erano dei lampadari bellissimi
che
brillavano alla luce del sole. C’era un bancone lunghissimo
davanti all’entrata
e un altro, alla mia sinistra dove c’erano sopra tantissimi
computer.
Doveva essere
molto costoso e, di certo, non avrei potuto
permettermelo, ma provare non nuoce, no? Mi avvicinai alla ragazza,
dietro al
bancone. Aveva dei lunghi capelli castani e gli occhi dello stesso
colore.
- Scusi?
–
attirai, subito, l’attenzione della ragazza, che mi rivolse
un sorriso.
Sembravano tutti molto gentili in quella città. Avevo
conosciuto solo tre
persone e sorridevano tutte. I miei pensieri furono disturbati dalla
ragazza,
che mi chiese in come poteva aiutarmi.
- Volevo
sapere quanto
costa una stanza. – risposi io. Lei mi sorrise
ancora di più e mi disse di
aspettare un momento. Annui e aspettai la ragazza, che frugava tra dei
fogli
che aveva davanti a lui.
- Per
quanto tempo? –
mi chiese la ragazza. Io mi feci qualche calcolo e stabilii che non
potevo
saperlo. Ero senza casa e senza lavoro.
- Non
lo so,
precisamente. Una settimana? – chiesi, come se
dovesse lei dirlo a me. Lei
mi sorrise e guardò su uno dei fogli, che aveva preso
precedentemente.
- Per
una settimana, dovrebbe
costare circa cento dollari al giorno. – mi
rispose lei. In tutto sarebbero
stai settecento dollari. Mi aspettavo molto di più, da quel
posto così elegante.
Ci pensai un po’ su e poi accettai.
- Bene.
Visto che non
sa precisamente per quanto tempo deve restare, può anche
pagarmi giorno per
giorno. – mi disse cordialmente. Io annuii e gli
diedi i primi cento
dollari. Lei mi diede le chiavi. Era la camera numero 105.
- Salga
al secondo
piano. È la terza stanza a sinistra, dopo
l’ascensore. – mi spiegò. Io
annuii e andai nella mia nuova stanza.
Salii con
l’ascensore al secondo piano e, come aveva detto la
ragazza, la mia era la terza stanza a sinistra.
Entrai nella
stanza. Era molto carina e accogliente. C’era un
piccolo armadio, a sinistra della porta. Di fronte
all’armadio, c’era un letto
matrimoniale con accanto un comodino. Alla sinistra del letto,
c’era una
finestra che dava sulla strada, mentre alla destra, c’era
un’altra porta che
dava sul bagno.
Sistemai le cose
del mio trolley nella stanza e, dopo, mi concessi
una bella doccia. Ne avevo proprio bisogno. Proprio, come avevo bisogno
di una
casa. Forse, un coinquilino. Ma come avrei potuto pagare
l’affitto? Avevo
bisogno anche di un lavoro.
Era stata una
pessima idea andare a New York, alla
sprovvista, ma ne avevo bisogno. Avevo bisogno di lasciarmi tutto alle
spalle.
L’Ohio era diventato troppo per me. Non ne potevo
più di rimanere lì.
Mi misi
l’accappatoio e mi gettai sul letto, che non avevo
ancora provato. Strano. Feci una rincorsa dal bagno e mi gettai sul
letto. Era
morbidissimo. Ci potevi sprofondare dentro. Mi sdraiai e osservai il
soffitto.
Poi, presi il computer, che era rimasto nel mio trolley, e iniziai a
scrivere
un biglietto per cercare un coinquilino. Scrissi tutto molto
chiaramente. “Ragazzo diciottenne
cerca casa.
Possibilmente, con un coinquilino.” Aggiunsi il
numero di cellulare e
salvai il file sulla mia pennetta USB. Avevo intravisto una stampante
al
bancone dei computer.
Scesi e cercai
la stampante. Accennai un saluto alla ragazza
della reception e mi diressi al banco dei computer. Connessi la
stampante al pc
che stavo usando e stampai una dozzina di fogli, con sopra
quell’annuncio.
Dovevo trovare
dei posti dove attaccarli, però. Nell’hotel
c’era
una bacheca.
- Scusi?
– attirai
di nuovo l’attenzione della ragazza, che stavolta era di
spalle. Lei si girò e
mi guardò con lo stesso sorriso di prima, che ricambiai.
- Mi
dica.
- Potrei
attaccare quest’annuncio,
nella bacheca? – le chiesi, indicando i fogli che
avevo tra le mani. Lei ne
prese uno e lo lesse. Sorrise e me lo ridiede.
- Certo.
Buona
fortuna. – mi disse, sorridendo. Io la ringraziai
e attaccai l’annuncio.
Successivamente,
uscii e chiesi in un bel po’ di bar, se
potevo attaccare l’annuncio. In meno di mezz’ora,
avevo già consumato quasi
tutti i fogli. Erano anche in zone diverse, quindi c’erano
più possibilità. Ne
attaccai uno, anche nel bar di Sam.
Si era
già fatta sera,
così decisi di tornare nell’albergo e vedere
qualche film. Prima, però, mangiai
qualcosa a un bar lì vicino. Nulla di speciale. Un
cappuccino medio, come al
solito, qualche biscotto e qualche muffin al cioccolato, ovvio.
Dopo la
“cena”, tornò in albergo e si
addormentò davanti al
pc, che trasmetteva ancora Hunger Games.
Note
Salve a tutti!!
Per chi non mi
conosce, io sono Kekkafox e sono una Klainer per eccellenza. Mi piace
scrivere
e leggere le ff. Anche perché, mi piacciono le idee degli
altri, che sono
sicuramente migliori delle mie.
Starete dicendo,
ok non me ne
frega niente. Comunque, vi presento la mia nuova storia Klaine, ovvio.
La
storia sarà sempre raccontata dal personaggio principale,
che in questo
capitolo non ho nominato. Ma, vabbè, si capisce, no?
Cappuccino medio, gli
piace la cioccolata.
Ho
già fatto comparire alcuni
personaggi dello show. Anche se, non ho detto niente.
Anche se state dicendo, non ce ne frega un cavolo, io vi dico i
personaggi “nascosti”:
la ragazza dai capelli rosa e il piercing al naso, Sam credo che si sia
capito,
la ragazza dai capelli scuri al tavolo con quella dai capelli biondi e
gli
occhi azzurri, il ragazzo a cui il nostro personaggio cede il posto
(questo
personaggio è davvero facile) e la ragazza della reception.
Ok. Beh, spero
che questo inizio
vi sia piaciuto. Sappiate che le recensioni sono ben accettate (e certo
xD),
anche le negative. Fatemi sapere cosa ne pensate. Ditemi anche
semplicemente “fai
schifo” oppure “ritirati” o altro.
Ora scappo. Ho
già detto troppo e
forse, in questo momento, mi state anche odiando. Vi capisco, sono
molto
irritante.
Gay bye.
Cioè, volevo dire Bye
Bye. (si capisce che adoro Santana?)
|
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Capitolo 2 *** Capitolo I ***
Un irritante
raggio di sole entrò nella mia stanza, posandosi proprio sul
mio viso. Aprii
gli occhi ancora assonnati e mi sgranchii le braccia. Mi accorsi solo
dopo, che
il pc era rimasto accesso sulle mie gambe e il film era finito da un
bel pezzo.
Guardai l’orologio del pc. Erano le 8:06. Spensi il computer
e scesi dal letto.
Feci una
doccia, mi vestii, accesi il cellulare e scesi nell’atrio
dell’hotel. Salutai
la ragazza della reception e mi diressi nelle già trafficate
strade della
grande mela. Attraversai le strade, in cerca del bar di Sam. Quel bar
mi aveva
conquistato. Era accogliente e aveva del caffè davvero
delizioso, per non
parlare della Nutella.
Salutai Sam
e ordinai lo stesso del giorno di prima.
- Vivi
di cioccolata? – mi chiese Sam, sorridente.
In effetti, da quando ero arrivato a New York, non avevo mangiato nulla
che non
contenesse la cioccolata. Sono un golosone, cosa posso farci?
Però, dovevo
anche ammettere, che per il momento non potevo permettermi altro. Mi
chiesi
come avessi fatto se le riserve fossero finite, prima di trovare un
lavoro.
- Non
posso permettermi grandi pranzi o
colazioni, per ora. – risposi, amareggiato. Ma ci
tenni a sottolineare il
“per ora”. Ero ottimista. Insomma, vivevo in una
città enorme, ora. Possibile che
non trovassi un lavoro, che mi aiutasse a campare?
- Come
mai? – mi chiese, davvero
interessato. Potevo mai deprimere uno sconosciuto, con i miei problemi?
Beh, ma
dopotutto era lui che me l’aveva chiesto, no?
- Disoccupato
in cerca di un lavoro qualsiasi.
– risposi, con un sorriso amaro. Senza
accorgermene, mi ritrovai a
guardarmi intorno in cerca di qualcuno che avevo già visto
in quel bar, ma non
c’era nessuno. A parte una ragazza. Aspetta, quella era la
ragazza che avevo
visto per strada. Mi stava guardando. Forse, anche lei mi aveva
riconosciuto.
- Beh,
per quanto mi riguarda il bar, è
sempre bello pieno e potrebbe servirmi una mano. –
mi voltai verso Sam, in
cerca di una risata che non arrivò. Stava facendo sul serio?
Stava offrendo un
lavoro a uno sconosciuto il giorno prima. Beh, ma chi se ne frega!
Potrebbe
darmi un lavoro!
- Se
mi stai offrendo un lavoro, accetto! –
dissi tutto d’un fiato. Lui mi sorrise e mi annuì
e dovetti trattenermi dal
saltargli addosso. Avevo un lavoro! Avevo un lavoro! Questa
sì, che era una
bella notizia. Chissà, forse quello era anche il giorno
giusto per trovare una
nuova casa.
- Puoi
iniziare da domani, se vuoi. Vieni
domani mattina, prima dell’apertura. Verso le 6:00.
Così, imparerai almeno le
cose base. – mi spiegò ed io annui e
sorrisi a qualunque cosa stesse
dicendo. Non potevo crederci! Il secondo giorno nella grande mela e
avevo già
un lavoro.
- Bene.
Però, ora goditi il tuo cappuccino e
la tua brioche. – mi disse ed io presi la mia
ordinazione, pagai (strano,
visto che avrei lavorato lì) e mi andai a sedere al tavolo
del giorno prima
che, fortunatamente, era vuoto. Non so, già mi ero
affezionato a quel posto. Un
po’ come Sheldon* con il suo divano.
Mi stavo
godendo il mio caro cappuccino medio, mentre il mio cellulare ricevette
un
messaggio. Era un numero sconosciuto. Lo aprii e non sapevo che da quel
messaggio, tutta la mia vita sarebbe cambiata del tutto.
“Salve. Sono interessato a conoscerla per
un’abitazione. Possiamo vederci al bar sulla
trentacinquesima, alle 8:30?
Chieda di Kurt. Grazie.”
Accettai e
consumai in fretta la mia colazione, sperando di non fare tardi, come
il mio
solito. Mi avvicinai a Sam, per chiedergli dove si trovasse il bar
sulla
trentacinquesima.
- Scusa,
Sam. Che strada devo prende, per la trentacinquesima?
– chiesi, tutto affrettato e Sam mi
guardò stranito e non si decideva a
rispondermi. Erano le 8:25 e non volevo già risultare un
ritardatario, ma Sam
non mi rispondeva.
- Siamo
sulla trentacinquesima…- ah, già.
Non gli avevo detto come mi chiamavo. E pensare che ci avrei dovuto
lavorare lì
dentro.
- Blaine.
– Sam annuì e mi sorrise.
Aspetta, ma se ero già sulla trentacinquesima…
Significava che quel tizio stava
venendo nel bar di Sam! Wow, per una volta ero in anticipo e non in
ritardo. Un
record! Questo dovevo segnarmela sul calendario.
A un tratto,
dalla porta entrò un ragazzo, tutto affrettato. Ma io
già avevo visto quel
ragazzo. Ma certo! Era il ragazzo a cui avevo ceduto il posto il giorno
prima.
Salutò Sam e si avvicinò al bancone chiedendo se
qualcuno avesse chiesto di
lui. Aspetta. Ma quello era Kurt?
- Stavi
cercando un tizio che cerca casa? –
chiesi e lui si voltò verso di me perplesso, chiedendomi se
fossi un indovino.
Io sorrisi e gli porsi la mano.
- Sono
io. Piacere, Blaine. – strinse la
mia mano. Era calda e morbida. Strana. Emanava un calore strano.
Diverso. Ma
anche piacevole.
- Kurt.
– mi sussurrò, poi il suo viso si
aprì in una smorfia di stupore. Avevo qualcosa in faccia?
- Tu
sei il ragazzo, che ieri mi ha ceduto il
posto. – disse, stupito.
- Colpevole.
– dissi io, ghignando. Lui
mi sorrise e ordinò un latte macchiato scremato (lo
memorizzai nel caso, avessi
dovuto offrirgli un caffè) e mi portò tra le
strade di New York.
Parlammo a
lungo sui pagamenti (e lui rimase sorpreso quando gli dissi che Sam mi
aveva
offerto un lavoro), ma non mi disse la cifra che avrei dovuto pagare.
Mi disse
che lavorava per la Vogue (Wow!) e che poteva permettersi il suo
appartamento,
ma che un po’ di compagni non avrebbe fatto male (e qui
pensai che mi avesse
preso per una badante) e che voleva risparmiare un po’ di
soldi per un viaggio
con suo padre. Mi parlò della casa. Dai suoi racconti
sembrava carina, ma non
potevo saperlo, no? Infatti, lui si offrì di portarmi nella
casa (ancora
solamente sua, per ora) per farmela vedere.
Era in un
palazzo non molto alto, ma sembrava parecchio costoso. Appena entrai,
mi sembrò
di star entrando in una villa di un riccone. Certo, la mia vecchia casa
non era
male, ma quell’appartamento sembrava quello di un milionario.
O forse, ero io
che vedevo gli edifici di New York come quelli degli uomini
più ricchi del
mondo.
- Wow!
È-È… Non ho parole. –
commentai e,
infondo, davvero non sapevo cosa dire. Per me era la casa
più bella del mondo.
Lui mi sorrise e sembrava che il suo sorriso stesse illuminando la
stanza.
- Grazie!
Vieni, che ti mostro tutta la casa.
– mi disse e lo seguii.
Per me, solo
l’entrata valeva per due stanza, anche se era completamente
vuota, C’era solo
una pianta accanto alla porta, niente di più. Mi condusse
nel soggiorno e… Wow!
Era grandissimo. C’erano due divani di pelle a tre posti,
disposti a L. Nell’angolo
c’era un televisore di… 80 pollici?! Dietro ai
divani, c’era una libreria
enorme piena di libri e DVD. Ce n’erano di ogni forma e tipo.
Poi, le seguii in
un corridoio lunghissimo. Per me, sembrava senza fine.
C’erano due bagni, molto
spaziosi anche. Poi, c’erano due camere da letto e quella che
avrebbe dovuto
essere la cucina. La stanza infondo al corridoio era la stanza di Kurt.
C’era
un grande letto matrimoniale, dall’aria molto morbida. Alla
destra del letto, c’era
una porta che conduceva in un altro bagno. Quello personale di Kurt.
Davanti al
letto, c’era un armadio che copriva l’intera
parete. “Beh, per lavorare alla
Vogue, deve essere un guru della moda”,
pensai. Uscimmo dalla stanza, dopo che Kurt mi disse una regola
importante: “Se entri nella mia
stanza senza bussare, ti
distruggo”, testuali parole. Poi, mi fece vedere
quella che sarebbe stata
la mia stanza se fossi andato a vivere lì. Devo dire, che
rimasi molto
soddisfatto. Era molto grande e c’era, come nella camera di
Kurt, un letto
matrimoniale, un armadio grandissimo e un mio bagno personale. Poi, mi
portò
nella cucina. Si poteva dire che fosse la stanza più piccola
della casa, ma era
comunque abbastanza grande e molto attrezzata. Poi, mi
riportò nel salotto, per
mostrarmi la stanza a cui lui teneva di più. Ah, e qui
valeva la stessa regola
della camera da letto. Entrammo e sì, quella era la stanza
più grande della
casa. Ero uno studio. C’erano fogli sparsi ovunque sulla
scrivania, un Mac e un’altra
libreria enorme.
- Allora?
Che dici, ti piace? Io pago 800
dollari al mese, quindi noi dovremmo fare a metà. –
cosa?!! 800 dollari?! Ed
io dove li prendevo 400 dollari al mese, per pagare questo tizio?
- È
bellissima.
Davvero. Me per me è troppo costosa. Sono stato appena
assunto in un bar. Dove
li trovo 400 dollari al mese, per darli a te? – il
suo sorriso sparì e mi
parve la fine del mondo. Insomma, aveva un buon lavoro. Poteva
permettersi
quell’appartamento da sogno.
- Oh.
– questo fu il suo unico commento.
Sembrava che gli dispiacesse davvero, ma io non potevo mai trovare
tutti quei
soldi. O forse, si?
- Mi
dispiace moltissimo. Vorrei davvero
vivere qui, ma non credo che lo stipendio nel bar di Sam mi possa
aiutare a
pagare.
- Ok.
Spero che tu possa trovare una cosa più
conveniente per te. Buona fortuna. – mi disse e mi
sorrise amaramente. Io
lo ringraziai e gli concessi un sorriso finto.
****
Mi
dispiacque lasciare la casa di Kurt. Era bellissima e stavo
già immaginando
come fosse la mia vita lì, ma non avevo i soldi per pagarlo.
Non avevo ricevuto
altre chiamate ed ero ancora senza casa e con una fame da lupi.
Andai al bar
di Sam per fare due chiacchiere, nella speranza di non incontrare Kurt.
- Ehi,
ciao. – mi salutò Sam,
preparandomi già qualcosa da prendere. Sembrava che mi
conoscesse già da chissà
quanto. Io mi avvicinai, un po’ triste.
- Ehi,
che hai? – mi chiese, guardandomi
negli occhi.
- Sono
ancora senza casa. – risposi semplicemente.
- E
la casa di Kurt?
- Era
troppo costosa per me.
- Quanto
ti ha cercato?
- Quattrocento
dollari al mese.
- Wow!
Sono parecchi.
- Con
l’appartamento che si ritrova, lo
capisco.
- Ehi,
Kurt se l’è sudato quell’appartamento.
– mi disse, innervosendosi un po’.
- Tu
lo conoscevi già?
- Eravamo
nel Glee club insieme, alle
superiori.
- Eravate
in un Glee?
- Si,
perché?
- Lo
ero anch’io.
- Non
me lo aspettavo!
- Nessuno
se lo aspetta, mai.
- Tu
di dove sei?
- Westerville.
Tu?
- Lima,
insieme a Kurt. Ma come sei venuto a
New York, senza lavoro e senza casa?
- Lunga
storia.
- Spero
che me la racconterai, un giorno.
Note
Salve a tutti!!
Sì, lo so che dovrei sotterrarmi, per non aver
aggiornato per tutti questi giorni, ma purtroppo mio nonno è
rimasto solo e,
senza volerlo, mi sono ritrovata a fargli la badante. Strano, eh? Beh,
meglio
goderceli finché ci sono ancora, no?
Beh, allora che
ve ne pare del capitolo? Si è scoperto chi è
il mio personaggio. Blaine! E chi altro, se non quel cucciolo di
Blaine.
Credevate che avrebbe accettato l’appartamento di Kurt, vero?
Bhe, vi ho
trollati come il caro Ryan-pelato-Murphy. Ma non preoccupatevi, questa
storia è
una storia puramente Klaine, quindi l’appartamento, voglia o
non voglia, Blaine
deve prenderselo.
Vorrei
ringraziare klaine4ver
e Lady_Nakahara
per aver messo la storia nelle seguite. Grazie, davvero. Poi, vorrei
ringraziare
CandyKlaine per aver messo la storia nelle preferite. Grazie!!! E poi,
ringrazio Ari_Klaine per aver messo la storia, perfino nelle ricordate.
Wow!
Davvero, grazie! Non me lo merito.
Sappiate
sempre, che le recensioni sono
sempre accettate.
Beh,
alla prossima. Sperando, presto.
Baci
Gay
Bye. Cioè, volevo dire Bye Bye.
P.S.: * Sheldon e il suo
divano: chi di voi
segue The Big Bang Theory? Io lo adoro. Per chi non lo sapesse, Sheldon
è un
ragazzo che ha un posto sul suo divano, dove nessuno può
sedersi.
|
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Capitolo 3 *** Capitolo II ***
Quel
pomeriggio fu uno dei più inutili della mia vita. Non avevo
ricevuto altre
chiamate e quindi ero ancora senza casa, costretto a pagare 100 dollari
al
giorno, per una camera d’albergo. Ero tornato in albergo, ma
non volevo tornare
nella mia camera. Anche perché, mi venne la
curiosità improvvisa di conoscere
la ragazza della reception. Era molto carina e sembrava anche molto
gentile. Ma
come avrei potuto chiamarla? Mica potevo andare lì e dirgli
“ti voglio
conoscere”. Avanti, Blaine. Pensa.
Mi stavo
avvicinando
al bancone, quando una ragazza dai capelli lunghi e neri mi
sorpassò e andò al
bancone. Mi sembrava di averla già vista. Aveva una pelle
olivastra e non
sembrava del tutto americana.
- Ehi,
Berry! – la chiamò. Forse, Berry
era il cognome. Era troppo strano per essere un nome. La ragazza,
Berry, si
voltò e sorrise all’altra ragazza. Forse, si
conoscevano.
- Ehi,
San. Che ci fai qui? – chiese la
ragazza. Osservandola meglio, la ragazza dai capelli neri mi sembrava d
averla
già vista nel bar di Sam. Sì, con la ragazza
bionda dagli occhi azzurri. Ora
ricordo. Le vidi chiacchierare e decisi che era meglio andare.
****
Ero tornato
tra le strade di New York nella disperata ricerca di una casa. Avevo
un’enorme
città a disposizione e non riuscivo a trovare uno straccio
di appartamento. A
quel punto mi sarebbe bastato anche un cartone.
Però,
quando
stavo per perdere le speranze, il mio benedetto cellulare
squillò. Era un
numero sconosciuto. Risposi.
- Pronto?
- Salve.
Lei è il ragazzo che cerca casa? –
mi chiese. Era una ragazza. Aveva una
voce molto dolce. Già mi piaceva. Annuì. Peccato
che lei non potesse vedere. Ma
cosa diavolo ho in testa?
- Si,
sono io.
- Sono
interessata alla sua proposta. Possiamo vederci al bar, sulla
trentacinquesima?
– di nuovo? Ma a New York esisteva solo
quel bar?
- Si.
Certo.
- Bene.
Ci vediamo tra cinque minuti lì? –
guardai l’orologio. Entro cinque
minuti avrei potuto farcela.
- Per
me va bene.
- Bene.
Allora, a tra poco.
- A
tra poco.
Evviva! Una
nuova casa da visitare. Sperai che non costasse troppo. La ragazza mi
era già
sembrata molto carina e simpatica. Forse, quella era la mia occasione
giusta.
Anche se, mi chiesi perché tutti mi davano appuntamento in
quel bar. Kurt e Sam
si conoscevano e questo è lecito, ma questa ragazza?
Possibile, che Sam
conoscesse tutta New York?
Andai al bar
e salutai Sam. Ero di un minuto di anticipo. Quel giorno dovevo
segnarmelo. In
anticipo per ben due volte in un giorno. Ero sicuro che non sarebbe mai
più
successo nella mia vita.
- Chi
cerchi stavolta? – mi chiese Sam,
ridacchiando. Io lo guardai e poi sorrisi. Quel ragazzo era davvero
simpatico.
Era strano come mi ero ritrovato a pensare se il colore dei suoi
capelli fosse
una tintura. Cavolo Blaine, concentrati.
- Una
ragazza. Mi ha detto che era
interessata a offrirmi la casa. – gli spiegai e
lui annui. Notai che c’era
di nuovo la ragazza dai capelli rosa. Quel bar doveva essere molto
famoso.
Assorto nei
miei pensieri, non mi accorsi che erano entrate due ragazze. Una
l’avevo già
vista. Era la ragazza che era andata alla reception
dell’albergo e con lei
c’era la ragazza dai capelli biondi e gli occhi azzurri.
Salutarono
Sam e la ragazza dai capelli rosa e vennero vicino a me. Ma si
conoscevano
tutti in quel bar?
- Salve.
Lei deve essere il signor Anderson. –
mi disse la ragazza dai capelli scuri, sorridendomi. Io annuii.
- Sì,
sono io. Piacere, Blaine. – risposi
porgendogli la mano. Entrambe la strinsero.
- Piacere,
Santana Lopez. Lei è la mia
ragazza, Brittany S. Pierce. – mi disse, indicando
la ragazza accanto a
lei, che mi sorrise dolcemente. Erano entrambe molto carine. Non me ne
ero reso
conto, ma avevo ignorato una parte del discorso: la mia ragazza.
Stavano
insieme. Però, chi se lo aspettava.
- Io
studio in un college di Louisville e
Brittany dovrebbe restare qui, da sola. Abbiamo visto
l’annuncio e abbiamo
pensato che lei sarebbe perfetto per noi. – mi
spiegò, sorridendo. Quindi
lei non sarebbe rimasta molto tempo con noi. Praticamente, la mia
coinquilina
sarebbe stata Brittany.
- Certo.
Solo che, ho appena ottenuto un
lavoro in questo bar e non posso permettermi grandi appartamenti. –
gli
spiegai. Stranamente, Brittany mi sorrise entusiasta e sembrava che per
poco
non iniziasse a saltellare per il bar.
- Non
preoccuparti, l’affitto è di solo 100
dollari al mese. – questa sì, che
potevo permetterla. Non doveva essere una
grande casa, come quella di Kurt, ma per me andava più che
bene.
- Beh,
allora non mi resta che vederla. –
dissi sorridente e Brittany mi saltò addosso, letteralmente.
Mi abbracciò
fortissimo. Si poteva dire che fosse una ragazza molto affettuosa. Mi
piaceva.
Ricambiai la stretta.
- Andiamo,
allora. – mi disse Santana,
sorridendomi. Salutammo Sam e ci gettammo tra le strade della grande
mela, per
vedere questa casa.
Santana mi
disse che non era molto grande, ma che era carina e accogliente.
Infatti,
quando entrammo, mi sembrò di entrato in casa. Era molto
accogliente e il
colore delle pareti era il mio preferito: viola. Non era piena di
stanza, come
quella di Kurt, ma aveva tutto il necessario e la mia camera mi era
molto
carina e accogliente.
- Per
me, è perfetta. – dissi e Brittany,
di nuovo, mi si precipitò addosso. Non aveva parlato molto e
le cose che aveva
detto non mi erano molto chiare. Mi aveva chiesto se ero un unicorno
come lei e
Santana e quella davvero non l’avevo capito. Santana mi
sembrava molto più
matura tra le due.
- Beh,
puoi trasferirti quando vuoi. – mi
disse entusiasta Brittany e, per la prima volta, capii cosa mi aveva
detto. Io
annuii, sorridente.
In serata,
infatti, mi ero già trasferito lì. Non mi ero
portato molte cose e avevo ancora
le valigie preparate, in albergo. Santana mi disse che sarebbe rimasta
fino
alla fine della settimana, ma che poi sarebbe tornata a Louisville. A
me stava
bene. Santana mi sembrava simpatica e ci sapeva fare con Brittany, a
mia
differenza. Pensai che, dopotutto, sarebbe stato divertente vivere con
Brittany
e, soprattutto, capire cosa significava essere un unicorno.
Note
dell’autrice
Salve a tutti!
Eccomi ritornata, con il secondo capitolo di
The Course of Destiny!
Come potete
vedere, Blaine si è ufficialmente trasferito a
casa di Brittany. Eh, si. Mi incuriosiva Brittany e Blaine coinquilini.
Chissà
come se la caveranno. Non perdete le speranze. Ricordate che questa
è una
storia puramente Klaine, quindi in un modo o nell’altro, Kurt
e Blaine dovranno
finire nello stesso appartamento.
Bene, ringrazio
tutte le persone che hanno messo la storia tra
le preferite/ricordate/seguite. Grazie moltissimissimo. E ringrazio
anche le
persone che hanno perso un po’ del loro tempo, per dirmi la
loro opinione.
Grazie moltissimo.
Se volete dirmi
qualcosa oppure sclerare con qualcuno come
voi, questo è il mio contatto di Facebook: http://www.facebook.com/francesca.volpe2 e
chissà
forse vi aspetta anche qualche spoiler.
Gay Bye.
Cioè, volevo dire Bye Bye.
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Capitolo 4 *** Capitolo III ***
Quella sera
cenai con Santana e Brittany, ma andai a letto presto. Alle 6:00 mi
aspettava
un giro di prova al bar di Sam. Avevo lasciato le due ragazze
accoccolate sul
divano. Erano molto carine insieme e mi dispiaceva che Brittany dovesse
restare
in una città grande come quella, senza la sua Santana. Misi
la sveglia per le
5:30 e mi addormentai.
Il mattino
dopo, mi svegliai con Brittany che mi saltava sul letto e Santana che
cercava
di calmarla. Avevo ancora gli occhi impastati dal sonno e non riuscivo
a capire
molto, ma capii di sicuro che la bionda mi stava saltando addosso.
Guardai la
sveglia. Erano le cinque del mattino. Cosa ci facevano già
nel mio letto? Cioè,
che ci facevano nel mio letto?
- Buongiorno,
Brittany. – finalmente, la
ragazza mi scese da dosso e si sedette accanto a me. Santana sembrava
davvero
mortificata, la bionda, invece, mi sorrise dolcemente. Scossi la testa
e
salutai anche la mora.
- Scusami,
davvero. – mi disse ed io gli
sorrisi. Non mi sembrava che Brittany avesse qualche problema, ma era
di certo
diverse dal normale. Dovevo chiedere a Santana, dopotutto dovevo
viverci con
quella.
- Fa
niente. Posso prepararmi la colazione? –
subito dopo mi resi conto che era una domanda stupida. Quella era anche
casa
mia, ora. Non dovevo chiedere il permesso per prepararmi la colazione.
Forse,
il sonno mi stava ancora oscurando il cervello.
- Sì,
certo. Ti aiuto, così ti abitui. –
mi rispose la mora. Mi alzai dal letto e la seguii in cucina, mentre
Brittany
saltò sul divano e si mise a vedere i cartoni animati.
Pensai, che forse fosse
una bambina intrappolata nel corpo di una ragazza.
- Scusa
se te lo chiedo, ma come mai Brittany
è… così? – cosa
diavolo ti viene in mente di chiedere? Quella è la sua
ragazza. E se si offende e ti manda via di casa? Fortunatamente, vidi
Santana
sorridere.
- Vive
in un mondo tutto suo. La amo per
questo. Racchiude la bellezza di questo mondo schifoso. –
mi rispose. Aveva
degli occhi sognanti. Si capiva che era innamorata davvero di quella
ragazza.
Gli sorrisi e mi preparai una tazza di latte, con dei cereali. Era la
prima
volta che non mangiavo cioccolata.
- Ma
cosa significa, quando mi chiede se sono
un unicorno? – gli chiesi, imbarazzato. Lei
scoppiò a ridere e mi diede una
pacca sulla spalla. Si sedette accanto a me e facemmo colazione
insieme.
- Essere
un unicorno, per lei, significa
essere gay. – mi rispose sorridente. Abbassai lo
sguardo nella mia tazza.
Lei mi osservò curiosa.
- Dai,
amico. Lo so che sei gay. Da come ti
vesti, con quei farfallini, si capisce in uno sguardo. E poi cosa ti
metti in
testa? Hai una mucca privata, che ti lecca la testa ogni mattina? –
sgranai
gli occhi e mi toccai i capelli.
- Oddio!
– scappai via, ancora con i
cereali in bocca, e corsi in bagno. Come mi era venuto in mente di
farmi vedere
senza gel? Cercai tra le mie valigie, ancora senza disfare, ma non
trovai
nulla. A un tratto, vidi Santana fuori alla porta del bagno, con in
mano una
vasetto di gel. Il mio vasetto di gel.
- Cercavi
questo? – mi chiese la mora,
sghignazzando. Ero nei guai. – Lo
scherzetto
al nuovo arrivato ci voleva, no? – e mi
lanciò il vasetto. Andò via,
ridendo e ne approfittai per farmi una doccia e prepararmi per andare
da Sam.
****
Come al
solito, ero in ritardo. Beh, non proprio. Erano le 6:12. Sam avrebbe
potuto
perdonarmi, no? E poi, era stata colpa di Santana e Brittany che
avevano
continuato a farmi scherzi, fino a quando non corsi via.
- Blaine!
Sei in ritardo. – il primo
giorno già rimproverato. Wow. Mi ricomposi dalla corsa che
avevo fatto, per
correre fino a lì e risposi.
- Scusa.
Colpa di Santana e Brittany. È
impossibile vivere con quelle due. – Sam
scoppiò a ridere. Cosa c’era di
divertente? Ero appena stato torturato dalle mie coinquiline. Non
faceva ridere
o almeno non a me.
- Abituati,
amico. Brittany è una bambina e
sei fortunato che Santana vada via domani. – mi
rispose e mi diede una
pacca sulla spalla. Una pacca, poi. A me sembrava una martellata. Era
troppo
forte quel ragazzo.
- Ora,
preparati. Ti mostro le cose base. –
mi misi un grembiule, che mi aveva già preparato e mi
mostrò le cose base da
fare. Sembrava facile o almeno speravo. Non avevo mai fatto il barista
in vita
mio. O meglio, non avevo mai lavorato.
Arrivò
il
primo cliente dopo un po’ e mi stupii di vedere la ragazza
dai capelli rosa. Si
avvicinò con aria annoiata e, visto che Sam non
c’era, toccava a me servirla.
Fui gentile, come mi aveva suggerito Sam. Gli diedi il buongiorno e gli
chiesi
a cosa potevo servirgli, ma la risposta non fu quella sperata. La
ragazza
chiamò a gran voce Sam, che corse subito da noi.
- Che
succede? – chiese spaventato, come
se fosse stato appena svegliato da un lungo letargo. Si
rilassò solo quando
vide la ragazza.
- Chi
è questo tizio? – gli chiese,
indicandomi. Mi offesi un po’. Insomma, io ero stato gentile
con lei, ma lei
non di certo intenzionata a ricambiare. Sam mi sorrise e si
avvicinò a me.
- Quinn,
lui è il mio nuovo dipendente,
Blaine. Blaine, lei è la mia amica Quinn. –
le porsi la mano, ma lei la
guardò schifata e continuò a mangiucchiare la
gomma che aveva in bocca, a cui
non ci avevo nemmeno fatto caso.
- Senti,
ragazzino. Io non ho tempo da
perdere. Fammi un espresso e muoviti. – mi disse e
poi si voltò verso la
porta. Ritirai la mia mano, che era ancora lì ad aspettare
quella della
ragazza, e gli preparai un caffè espresso. Anche se, avrei
voluto sputarci
dentro.
****
Sam fu
occupato tutto la mattinata, non sapevo nemmeno io a cosa. Sapevo solo
che si
era rinchiuso nella stanza lì vicino e non si decideva a
spuntare fuori. Così,
fui costretto a servire io tutti i clienti. Non me la cavai male.
Ritornò anche
Quinn, che mi scoccò un’occhiata scocciata. Mi
vennero a trovare anche Santana
e Brittany, che non mancarono l’occasione di ridere degli
scherzi che mi
avevano fatto. Solo nel pomeriggio, venne una persona di cui mi ero
completamente dimenticato.
- Ehi,
ciao. – mi salutò Kurt. Io gli
feci un cenno con la mano. Non me ne ero accorto, ma improvvisamente le
mie
mani cominciarono a sudare come non mai e non sapevo il
perché. – Hai
già preso servizio? – mi chiese,
sorridendomi dolcemente.
- Eh,
sì. Sam è chiuso da ore in quella
stanza e non si decide a uscire, così sono rimasto solo. –
Kurt rise e mi
osservò stranito. Quel ragazzo mi spaventava, quando mi
faceva quello sguardo.
Sembrava che ogni volta, mi stesse mandando una maledizione.
- Davvero
non hai capito cosa sta facendo? –
mi chiese, cercando di sopprimere una risata. Io diedi
un’occhiata alla porta
della stanza, ma scossi la testa. Kurt non ce la fece e
scoppiò a ridere. – Sta
su internet a giocare a qualsiasi gioco
esistente.
Scoccai
un’occhiata
stupita alla stanza. Era quello che stava facendo da ore? Kurt non la
smetteva
di ridere e la mia espressione non aiutava a farlo smettere. Anche se,
non mi
dava fastidio la sua risata. Anzi, mi mandava un’ondata allo
stomaco strana.
- Tu
come te la passi? Hai trovato casa? –
mi chiese, una volta che si ricompose. Io abbassai lo sguardo. Mi
dispiaceva
dirgli che avevo trovato un’altra casa. Capii che mi stava
osservando e decisi
di dire la verità.
- Abito
con una ragazza. La sua fidanzata non
vuole lasciarla sola, quand’è a Louisville e
così mi hanno affittato la casa. –
gli spiegai e lo vidi assumere di nuovo l’espressione
stranita. Stava per
lanciarmi una maledizione? Scappa, Blaine. Scappa!
- Stai
da Santana e Brittany? – ma si
conoscevano tutti in quella città? Ognuno conosceva
l’altro, tranne io?
Sembrava che mi fossi trasferito in una nuova scuola dove tutti si
conoscevano ed
io dovevo conoscere gli altri.
- Sì.
Le conosci? – gli chiesi, come se
non fosse già ovvio.
- Sì,
sono mie amiche. Dì la verità: ti hanno
già riempito di scherzi? – ma qualcuno
mi seguiva e conosceva tutte le mie
cose? Sembrava che mi avessero un investigatore segreto che raccontava
la mia
vita a tutti.
- Sì,
l’hanno già fatto. E tu come lo sai?
- È
una loro abitudine.
Rimanemmo lì
a parlare per un bel po’, fino a quando Kurt non dovette
tornare a lavoro ed io
mi decisi di andare a staccare Sam dai giochi. Voleva far fare tutto a
me? E
insomma, io ero appena arrivato. Ero in prova. Mi serviva lui.
Note
dell’autrice
in depressione
Salve! Sono
ritornata nel vano
tentativo di tirarmi un po’ su di morale, anche se sono nella
depressione più
totale. Allora, cosa ve ne pare del capitolo? Pensavate che Santana
fosse
diventata una santa tutto così all’improvviso? E
invece no. Lo scherzo al nuovo
arrivato ci voleva, no?
Abbiamo anche
scoperto una nuova
identità (come se non si fosse capito), Quinn. Qui abbiamo
ancora la versione
skank. Sì, perché io adoro Quinn coi capelli
rosa. Voi che ne pensate?
Beh, ringrazio
sempre chi segue,
preferisce e chi ha messo perfino la storia tra le preferite. E
ringrazio anche
quelle persone bellissime che recensiscono. Sappiate che le recensioni
sono
sempre gradite e magari, riuscite a strapparmi un sorrisino.
Vi lascio il mio
account
Facebook, nel caso volete sfogarvi o sclerare con qualcuno: http://www.facebook.com/francesca.volpe2
e magari, vi beccate anche qualche spoiler.
Gay Bye.
Cioè, volevo dire Bye
Bye
|
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Capitolo 5 *** Capitolo IV ***
Avevo una
paura pazzesca di tornare a casa. Avevo paura che Santana e Brittany mi
avessero preparato un altro dei loro scherzi. Però, dovevo
ammettere che, un
po’, erano divertenti. Cioè, quando mi avevano
rincorso per l’intera casa,
cercando di saltarmi addosso, era stato divertente. Avevo riso come un
matto,
anch’io.
Fortunatamente,
quando rientrai, non c’era nessuno scherzo preparato. Le due
ragazze erano
accoccolate sul divano a guardare “Winter il
delfino”. E solo il titolo
spiegava il perché stessero guardando quel film. Anche se,
mi sembrava tutto
troppo tranquillo. Le ragazze mi avevano salutato gentilmente e quando
gli
avevo detto che sarai andato a farmi una doccia, loro mi avevano detto
che mi avrebbero
aspettato per cenare.
Peccato,
però, che appena entrai in bagno, mi cascò un
secchio d’acqua gelata addosso,
mentre le due ragazze scoppiavano a ridere sul divano e si scambiarono
il
cinque. Che me ne facevo di una doccia? Quella bastava per tre docce.
- Scusa,
non l’abbiamo fatto apposta. –
si giustificò Santana, con aria da finta innocente e poi
scoppiando a ridere.
Era stata colpa mia. Non dovevo abbassare la guardia e, invece, lo
avevo fatto.
Stupido, Blaine!
- Ti
aspettiamo per cenare, stavolta per
davvero. – mi disse, sorridendo malignamente,
Brittany.
- Ah,
e daresti una ripulita? Lo
apprezzeremo*. – continuò Santana,
ridendo di nuovo e ridando il cinque
alla bionda.
Ma cosa
avevo fatto di così perfido, per meritarmi questo?
****
Finalmente,
andai a dormire dopo quella giornata stancante. Non vedevo
l’ora di gettarmi
nel letto. Dovevo ammettere, che la giornata di lavoro era stata
più leggera
delle ore passate con quelle ragazze.
Gli scherzi
non erano mica finiti al secchio d’acqua in testa (che avevo
dovuto perfino
asciugare). Mi avevano fatto trovare un ragno finto nel piatto. Ma
quella sera
si erano sbizzarrite con i ragni. Mi avevano fatto precipitare sulla
testa un
ragno finto di venti centimetri**.
Sperai,
solo, di andare a letto senza trovarmi un ragno. Perché
quello mi avrebbe fatto
spaventare di brutto. Beh, il ragno di venti centimetri sulla testa mi
aveva
fatto rischiare un infarto.
Peccato,
però, che appena m’infilai nel letto, sentii una
porta scricchiolare. Non
sapete quanto io sia superstizioso. Iniziai a spaventarmi di brutto.
Anche se,
la porta che scricchiolava non era quella della stanza, come avevo
pensato io,
ma era l’anta dell’armadio. Sì,
perché a un tratto, vidi Santana spuntare
dall’armadio. E davvero, fu un miracolo che riuscii a
sopravvivere, mentre le
due ragazze se la spassavano alla grande.
- Volevamo
augurarti buona notte. – disse
Santana, tra le risate. Che buona notte! Io ero rimasto pietrificato
dalla
paura.
- Ah,
che peccato che domani parta. Ti va di accompagnarmi
hobbit? – stava dicendo a me? Oddio, non ragionavo
più e la mia espressione
non smetteva di far ridere le due ragazze.
- Cosa?
Ah. Vorrei, ma non posso. Sam mi
aspetta al bar.
- L’ho
già chiamato io Sam. Sei giustificato,
quindi sei obbligati a venire. A domani, nano. –
mi disse la ragazza,
uscendo dalla stanza, mentre Brittany mi fece un cenno con la mano e
seguì la
mora. Mi chiesi se, ora che Santana se ne fosse andata, Brittany mi
avesse
fatto altri scherzi.
****
Come la
mattina precedente, Brittany mi stava saltando addosso, cercando di
svegliarmi.
Stavolta, però, Santana se la rideva. Era incredibile, come
Santana fosse
cambiata da santa a Satana. Solo quando gli diedi il buongiorno, la
ragazza mi
scese di dosso.
Facemmo
colazione tutti insieme e, per fortuna, non ci fu nessun ragno nel
caffè, né
nessun secchio d’acqua addosso. Questo non vuol dire che gli
scherzi fossero
finiti. Infatti, io uscii per primo. Volevo andare da Sam, per
assicurarmi che
sapesse davvero dove andavo. Appena mi avvicinai alla porta, finii
catapultato
a terra.
- Buon
scherzo! Ti abbiamo imburrato il
pavimento.*** - mi disse Santana, scambiandosi un altro
cinque con la
bionda, che poi mi aiutò a rialzarmi.
Io cercai di
scoccare un’occhiata criminale a Santana, ma i miei occhi
sono capaci solo di
produrre occhi da cucciolo abbandonato, che non fecero altro che
aiutare la
mora a ridere. Davvero, cos’ho fatto per meritarmi questo?
****
Finalmente,
eravamo all’aeroporto di New York. Brittany sembrava essere
diventata triste
tutto a un tratto. Per tutto il tempo in taxi, le due ragazze si erano
tenute
per mano. La bionda era davvero triste e se avessi detto che la capivo,
avrei
mentito. Non sapevo come ci si sentiva, quando una persona importante
va
lontano da te.
Brittany si
era fatta scappare qualche lacrima, che Santana aveva catturato in un
bacio e
l’aveva abbracciata. Mi facevano davvero tenerezza.
La cosa che
più non mi aspettavo e che Santana abbracciasse anche me. A
primo impatto, mi
stupii, ma poi ricambiai la stretta. Ero nella loro casa da solo due
giorni e
mi aveva fatto già migliaia di scherzi, ma mi sarebbe
mancato. Mi guardò negli
occhi.
- Mi
mancherai, nano da giardino. – mi
disse con un sorriso malinconico. Gli risposi un “anche a
me” di rimando. Diede
un altro bacio a Brittany, sussurrandole “ci vediamo tra due
settimane”.
Ci
salutò in
lontananza e la salutammo anche a noi, mentre la bionda piangeva. La
abbracciai
dolcemente e, dopo un po’, guardammo l’aereo di
Santana volare via dalla pista.
Già mi mancavano i suoi scherzi.
****
Brittany non
volle tornare a casa, così decisi di portarla al bar con me.
Io mi occupai dei
clienti, mentre Sam cercava di consolare la ragazza. Ci sapeva fare il
ragazzo.
Gli raccontò delle storie su degli unicorni, che vivevano in
un mondo fatto di
amore e arcobaleni. Era incredibile, come Brittany pendesse dalle sue
labbra.
Sam si
rinchiuse di nuovo nella stanza lì vicino. A fine giornata,
mi raccontò che
aveva fatto vedere dei film alla ragazza, per fargli dimenticare la
partenza di
Santana e mi raccomandò di starle vicino. Io annuii, anche
se lo avrei fatto
comunque. Non avrei sopportato di vedere Brittany soffrire.
Durante il
pomeriggio, decisi di dare una ripulita allo scaffale dei drink. Era
pieno di
polvere. Da quanto Sam non lo ripuliva? Senza accorgermene, avevo
iniziato a canticchiare.
Era da parecchio che non cantavo. E a un tratto capii che mi mancava la
Dalton.
Mi mancavano i Warblers, David, Wes, Jeff, Nick e tutti gli altri. Un
po’ mi
mancava anche Sebastian****. Come cercava in tutti i modi di farmi
andare a
letto con lui. Di tutte le sue stupide battute. Mi mancavano i miei
amici.
Perso nei
miei pensieri, non mi accorsi che Kurt entrò nel bar. Mi
stava osservando.
- Ciao!
– esordì e mi fece sobbalzare. Mi
girai e vidi il suo sorriso luminoso come sempre. Mi misi la mano sul
petto e
sentii il mio cuore battere all’impazzata. Non sapevo se era
perché avevo
rischiato un infarto o perché avevo visto Kurt. Pensai fosse
più la prima.
- Che
piacere vederti. – lo salutai
ironico. Lui rise e ordinò il suo solito latte macchiato
scremato. Le mie mani
iniziarono a sudare di nuovo. Mi succedeva ogni volta che arrivava
Kurt. Forse,
era la maledizione che mi aveva mandato con quelle sue occhiate.
- Sam
è di nuovo su internet? – mi
chiese. Io diedi un’occhiata alla porta chiusa della stanza
e, poi, rivolsi lo
sguardo di nuovo a Kurt.
- Sta
consolando Brittany. Stamattina Santana
è partita e mi è sembrata molto triste. –
risposi e lui assunse di nuovo
quell’espressione che mi spaventava tanto. Scappa, Blaine!
Muoviti!
- Santana
è partita?! – mi chiese,
urlandomi in faccia. Io annuii spaventato e lo vidi precipitarsi fuori
dal
locale. Intanto, il suo ordine era rimasto sul bancone. Sarebbe
diventato
freddo.
****
Ritornai
alla mia pulizia degli scaffali. Kurt ritornò dopo un
po’. Aveva in mano il
cellulare. Forse, aveva chiamato Santana. Il suo ordine era diventato
freddo e
si era fatto anche abbastanza tardi. Forse, sarebbe dovuto andare a
lavoro.
- Scusa.
L’ho chiamata. Non mi aveva detto
che sarebbe partita oggi. – mi disse, facendo un
sorso del latte. A quanto
sembrava, era freddo. Fece una smorfia strana e ci mancò
poco che non gli
ridessi in faccia.
- Sembra
del formaggio andato a male. Mi sa
che dovrai farmene un‘altro. – mi disse.
Io gli sorrisi e mi rimisi
all’opera. Guardai l’orologio. A
quell’ora, il giorno prima, era andato via per
il lavoro. Forse, quella giornata aveva una pausa più lunga.
- Non
dovresti andare a lavoro? – gli
chiesi. Lui guardò l’orologio e sgranò
gli occhi.
- Oddio,
devo andare. Fa niente, oggi niente
caffè. Ciao. – mi disse, alzandosi e
dirigendosi verso la porta. Io gli
fece un cenno con la mano e lui mi sorrise.
- Ah,
dimenticavo. – mi disse, voltandosi
– Sei bravo a cantare. Potresti far
strada. – ed io arrossii di colpo.
*: ricordate
quando la Sylvester lo disse a Will, nella 2x06? Sparò i
coriandoli e poi disse
questa frase a Schuster.
**: questo
scherzo l’ho visto in Pranked, su MTV. Mi fece morire dal
ridere.
***:
ricordate lo scherzo che i nostri ragazzi hanno cercato di fare alla
Holiday,
nella 2x07? Quando Rachel e Kurt caddero, scoppiai dalle risate.
****: nella
storia, Blaine non si è trasferito al McKinley, quindi
è rimasto alla Dalton e
ha incontrato Sebastian all’ultimo anno.
Note
dell’autrice
Salve! Eccomi
ritornato con un nuovo capitolo di The Course of
Destiny. Vi è piaciuto? Purtroppo, la mia cara San
è partita e non potrà fare
più scherzi al nostro caro Blainey. Che peccato.
Vi anticipo che
da questo complimento di Kurt, s’inizierà il
cammino verso l’appartamento Klaine. Eh, sì.
Immaginate il perché.
Scervellatevi, amici!
Anche se non
v’importa un fico secco, sono un po’ guarita
dalla mia depressione. Grazie a tutti voi, alla mia amica Fiorenza e la
mia
cuginetta Marianna, grazie ai nuovi spoilerini e grazie anche a dello
shopping-terapy che non fa mai male. Vi ringrazio tutti.
Beh, fatemi
sapere cose ne pensate sul capitolo con una
recensioncina piccola piccola oppure, questo è il mio
profilo Facebook, dove
potete dirmi qualsiasi cosa: http://www.facebook.com/francesca.volpe2. Se
volete anche il mio account Twitter, basta che me lo chiedete e per me
sarà un
piacere darvelo.
Ah, quasi
dimenticavo. Volevo dedicare questo capitolo alla
mia bellissima futura mogliettina, GretaSallingGleek,che
mi ha fatto un regalo nella sua ff, Unexpected love. Non
sarà mai un regalo
come il tuo, ma sappi che comunque ti voglio bene. Anche se
è previsto l’arrivo
di Puck a New York. Chissà, magari un flirt Pucklberry ci
potrà essere.
Bene, ora mi
eclisso dopo aver fatto una scoperta sensazionale
su un mio professore, tutta da ridere con la mia cara Fiorenza e con la
mia
best friend Nunzia. Sì, lo so che non ve ne frega una mazza.
Scusate.
Gay Bye.
Cioè, volevo dire Bye Bye.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo V ***
Appena
tornammo a casa, la sera, Brittany fece una corsa in camera sua e
iniziò a
piangere nel cuscino. Volevo andare a consolarla, ma capii che gli
avrebbe
fatto bene sfogarsi un po’.
Nel
frattempo, io preparai qualcosa da mettere sotto i denti. Avevo una
fame da
lupi e poi avrebbe fatto bene anche a Brittany. Con un po’ di
chiacchiere
insieme, l’avrei fatta distrarre un po’. Magari
parlandogli degli unicorni, che
sembravano piacergli tanto.
Non ero un
portento in cucina e questo era noto a tutti, ma cercai di cucinare
comunque
qualcosa. Avevo trovato un libro di ricette al bar (anche se non avevo
capito
che ci facesse lì) e così lo avevo letto, quando
non avevo nulla da fare.
Peccato che non mi ricordassi nulla, così cucinai degli
spaghetti, che piacciono
a tutti.
Raggiunsi
Brittany in camera sua. Mi faceva male vederla piangere. Era
così debole e
indifesa. La feci sedere sul letto e la abbracciai dolcemente. Lei mi
disse tra
le lacrime che gli mancava la sua Santana e sentii gli occhi
inumidirsi. Dovevo
farmi forza, non potevo piangere anch’io.
- Sono sicuro che adesso ti starà
pensando.
Starà pensando a quanto ti ama. – le
dissi, per consolarla. Lei si
allontanò da me e mi guardò speranzosa.
- Davvero? – mi chiese ed io le
sorrisi e
annuii. La abbracciai di nuovo e rimanemmo così, per qualche
minuto. Poi mi
decisi a parlarle.
- Hai fame? Ho preparato qualcosa da
mangiare. – le dissi. Lei mi guardò e
annuì piano. La feci alzare dal letto
e andammo in cucina insieme. Sperai che si distraesse un po’.
****
Gli spaghetti
sembravano essere buoni, infatti, Brittany li
divorò in un attimo.
Sembrava
essersi ripresa. Aveva parlato molto. Avevo scoperto
che anche lei e Santana erano nel Glee club di Sam. Avevo scoperto che
erano
cheerleader, di quando avevano capito di essere innamorate. Avevo anche
scoperto che Brittany aveva ricevuto una borsa di studio per una scuola
di
ballo, ma aveva rifiutato perché non si riteneva
all’altezza.
Io seguivo
tutto quello che mi diceva e c’eravamo fatti anche
qualche risata. Mi distrassi solo quando pronunciò un nome:
Kurt. Mi stava
raccontando di quando per una settimana erano stati insieme, ma io
stavo
pensando solo a quello che era successo quel pomeriggio.
Mi aveva fatto
un semplice complimento. Avrebbe potuto farlo
a chiunque, ma io ero diventato subito rosso come un peperone e avevo
quasi
paura di ringraziarlo.
- Blaine? Blaine? –
la voce di Brittany mi distrasse dai miei pensieri. Io le rivolsi lo
sguardo,
che precedentemente era perso nel vuoto.
- Io vado a farmi una
doccia. Ho tanto sonno. Ciao. – mi disse la
ragazza, facendomi un cenno con
la mano. Io la salutai e la vidi dirigersi verso il bagno.
Io mi sedetti
sul divano e feci zapping in tv, ma tutto ciò a
cui pensavo era quel complimento di Kurt.
****
Il mattino
dopo, Brittany era uscita con una sua amica. Mi aveva detto che si
chiamava Rachel.
Comunque, io andai al bar, come mio dovere. Già
c’era Sam ad aspettarmi.
Costrinsi
Sam a restare con me, stavolta. Quella mattina, per un paio di volte
venne la
ragazza dai capelli rosa. Continuava a guardarmi irritata, ma io facevo
finta
di niente.
Verso
l’ora
di pranzo, vennero Brittany, Kurt e quella che avrebbe dovuto essere
Rachel. Ma
io quella ragazza già l’avevo vista. Ah,
già. La ragazza della reception dell’hotel
dove sono stato. Allora quella era la famosa Berry.
- Ciao, Blaine! – Brittany
saltellò verso
di me, seguita dalla ragazza e da Kurt, che mi fece un cenno con la
mano. Io
salutai la bionda, che per poco non mi saltava al collo. Ancora mi
sorprende
quanto sia affettuosa Brittany.
- Blaine, lei è una nostra irritante
amica:
Rachel Berry. – disse Sam, mentre la ragazza mora
gli scoccò un’occhiata
scettica. Io ridacchiai e le porsi la mano. Solo in quel momento,
sembrò che mi
avesse riconosciuto.
- Io ti conosco. Sei quel ragazzo che è
stato
in albergo per due giorni. – mi disse,
stringendomi la mano. Io annuii
sorridente e anche lei mi sorrise. A quanto pare New York era molto
piccola,
per quanto sembrasse grande.
I tre
ordinarono ed io, visto che Brittany voleva una brioche ed erano finite
al
bancone, andai nella stanza lì vicino per prenderne uno.
Però, la mia
attenzione fu attirata da Kurt che nominò il mio nome a Sam.
Mi nascosi dietro
la porta e origliai. Sì, lo so che non si fa, ma io sono una
persona molto
curiosa.
- Sam, sai se Blaine è libero stasera? –
gli chiese. Non voleva mica chiedermi un appuntamento. Oddio,
aiutatemi!
- No, non lo so. Perché? –
gli chiese
Sam, pulendo un bicchiere. Io stavo per urlare “digli che
sono libero, idiota”,
ma poi avrebbe scoperto che li stavo origliando.
- Beh… - Kurt si
toccò il collo,
imbarazzato – Il padre di un mio
collega
ha un bar e cerca disperatamente qualcuno che canti. Ho sentito Blaine
cantare
ieri ed è molto bravo. Volevo chiedergli se gli andava di
cantare lì. – ed io
mi pietrificai. Rimasi un po’ deluso, ma nello stesso tempo
tirai un enorme
sospiro di sollievo.
- Oh. Beh, chiediglielo. – gli
disse
semplicemente Sam. Finalmente, decisi di uscire da quella stanza.
- Di che parlavate? – chiesi,
cercando di
essere convincente. Vidi subito Kurt imbarazzarsi. Volevo risparmiargli
l’imbarazzo,
ma dopo mi avrebbe scoperto. Oh, ma chi se ne frega!
- Comunque, sì. Mi andrebbe di cantare. –
dissi e Kurt sgranò gli occhi, ma subito dopo mi sorrise.
Cavolo, quando
sorrideva lui, sorridevo anch’io.
- Grazie! Grazie molto. Ma come facevi a
saperlo? – mi chiese, lanciandomi di nuovo
quell’occhiata che mi faceva
tanta paura. Io feci un sorriso criptico e risposi.
- Ho origliato. Scusatemi, ma quando mi sono
sentito nominare, non ho resistito. – risposi e lo
vidi fare un sorriso
esasperato. Poi, lo vidi tirare qualcosa fuori dalla tasca della sua
giacca.
- Questo è il biglietto. Io ti aspetto
lì
alle 21:00. Ok? – ed io sorrisi, annuendo. Presero
i loro ordini, ci
salutarono e andarono via.
Sam mi diede
una pacca sulla spalla, sorridendomi.
- Ottimo lavoro, amico. – mi disse ed io
gli sorrisi, anche se nella mia mente c’era un misto di
confusione.
Spazio
dell’autrice
Salve!
Sì, lo so che in questo momento volete linciarmi per il
mio ritardo, ma spero che mi perdoniate. *occhi da cucciolo di Blaine
in “Who’s
Chandler?”*
La nostra cara
San è partita e Britt è in una depressione
cronica, che va via con l’arrivo di Rachel Berry. A
proposito, volevo fare gli
auguri alla nostra bellissima stella Lea Michele, che oggi compie 26
anni.
Auguri!!
Blaine ha una
specie di appuntamento con Kurt. Cioè, non è
proprio un appuntamento, ma poi nel prossimo capitolo vedrete questa
specie di
appuntamento. Vabbè, oggi sono buona e vi dico che dopo aver
cantato, Blaine e
Kurt berranno un caffè insieme.
Come vedete, le
dimensione della scrittura è aumentata. Ora vi
spiego il perché, anche se non v’importa un
ciufolo: la mia vista va giorno
dopo giorno scomparendo e il mio caro oculista londinese è
in vacanza e non si
decide a tornare, così io mi ceco ogni giorno per leggere e
scrivere. Se vi dà
problemi, ditemelo pure ed io provvederò a rimpicciolirla.
Adesso, volevo
ringraziare tutte le persone che hanno messo
questa storia tra le seguite/preferite/ricordate. Grazie tantissimo. E
ringrazio un mondo anche quelle anime pie che recensiscono.
Sappiate che le
recensioni sono sempre gradite, oppure potete
dirmi quello che volete sul mio account Facebook: http://www.facebook.com/francesca.volpe2.
E, visto che me lo avete chiesto, questo è il mio account
Twitter: https://twitter.com/.
E, visto che va tanto di
moda, ultimamente, questo è il mio profilo Ask: http://ask.fm/KekkaFox.
Potete farmi qualsiasi domanda, anche la più idiota.
Bene, ora mi
eclisso.
Gay Bye.
Cioè, volevo dire Bye Bye.
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Capitolo 7 *** Capitolo VI ***
Alle 20:30
ero già arrivato al bar. Non vedevo Kurt ed era lecito,
visto che ero molto in
anticipo. Entrai, comunque. Era parecchio pieno, un po’ come
il bar di Sam –il
nostro bar- all’ora di pranzo. Solo questo mi metteva un
po’ d’ansia. Ok, lo
ammetto. Non solo un po’.
Mi avviai al
bancone con la mia chitarra sulle spalle. Al banco c’era un
ragazzo molto alto
dai capelli castani e il sorriso che aveva era in netto contrasto con
la sua
corporatura.
- Salve. – dissi timido. Lui si
voltò
verso di me e mi concesse un sorriso. Si accigliò quando
vide la mia chitarra.
- Tu devi essere il cantante di stasera. Kurt
non è con te? – chiese il ragazzo,
sempre con il suo sorriso. Era un po’
rassicurante.
- Sì, sono io e credo che Kurt venga
più
tardi. – gli risposi. Lui mi porse la mano.
- Brody Weston.
- Blaine Anderson. – gli dissi
di
rimando, stringendogli la mano.
- Seguimi. Il signor Smythe ti dirà cosa
fare. – mi disse Brody. Quel cognome mi
riportò alla mente Sebastian e il
suo pensiero mi portò, stranamente, a sorridere.
Io seguii il
barista, che mi portò al piano superiore del bar. Mi
lasciò davanti alla porta
del proprietario del locale, con un “buona
fortuna”. Ero un po’ agitato. Ok,
molto agitato. Ero convinto di dover andare lì con Kurt, ma
il mio inutile
cervello mi aveva fatto andare lì in anticipo.
Bussai alla
porta e, dopo aver sentito un “avanti”, entrai.
L’uomo che mi ritrovai davanti era,
stranamente, molto somigliante a Sebastian. Stessi occhi verdi e stesso
colore
dei capelli tendenti al biondo. Ma mi ricordai che Kurt aveva detto che
era il
padre di un suo collega. Quindi non era possibile che fosse il padre di
Sebastian. Seb non sarebbe mai diventato uno stilista.
- Oh, tu devi essere il signor Anderson. –
mi disse, sorridente. Io mi avvicinai alla sua scrivania, imbarazzato.
Mi porse
la mano, che strinsi dolcemente.
- Robert Smythe. – oh mio Dio.
Se la
memoria non è sbagliata, il nome del padre di Sebastian era
proprio Robert. Ok,
stavo solo immaginando tutto. Non era vero. Non era il padre di Seb.
Solo una
coincidenza.
- Blaine Anderson.
- Oh, mio figlio mi ha parlato molto di te. –
ma chi lo conosce il figlio di questo tizio? No, non ci posso credere
che è il
padre si Sebastian. Non voglio crederlo. Non voglio finire a lavorare
per
Smythe. Beh, tecnicamente lavoravo per suo padre, ma per me era lo
stesso.
- Scusi, ma non credo di avere l’onore di
conoscere suo figlio. – se è il ragazzo
che penso io, non è per niente un
onore.
- Invece, credo proprio di sì. Mio figlio
è
Sebastian Smythe. – fatemi morire!! Per favore.
È proprio quel Sebastian.
Aiutatemi, non voglio rincontrarlo. Non con Kurt.
- Oh. – questo è
l’unica cose che il tuo
cervello è in grado di elaborare, idiota?
A un tratto,
sentii la porta aprirsi e la persona che entrò nella stanza
era la persona che
non avrei mai voluto vedere. Avrei voluto volare dalla finestra o
almeno non
farmi vedere. Perché non ho il Mantello
dell’Invisibilità? Maledizione,
Sebastian!
- Anderson? Che ci fai qui? –
bel saluto,
Smythe. Robert si accigliò alla vista del figlio che era
entrato.
- Sebastian, quante volte ti ho detto di
chiedermi il permesso, prima di entrare?
- Oh andiamo, papà. Bel culetto, allora?
Che
ci fai qui? – vidi Robert roteare gli occhi al
soprannome che mi aveva
dato. No, non mi era mancato Sebastian. Specialmente, quando mi
chiamava in
quel modo.
- Mi chiamo Blaine e poi sono qui per
cantare. – oh mio Dio, voglio sprofondare.
Perché diavolo ho accettato di
cantare in questo posto? Ah, già. Kurt.
- Ah, quindi tu sei il ragazzo di cui parlava
quella principessina di Hummel? – mi offesi un
po’, anche se Kurt era solo
un semplice conoscente.
- Sì, sono io. Non sapevo che ti piacesse
la
moda, Sebastian. – dissi, enfatizzando sul suo
nome. Insomma, chi avrebbe
mai pensato che a Sebastian Smythe interessasse qualcosa di moda.
- Sono più gay di quanto pensi, Anderson. –
mi rispose. Il solito Sebastian.
- Sebastian, perché non fai vedere a
Blaine,
dove dovrà esibirsi? – disse Robert,
cercando di alleviare il discorso che
stava prendendo una brutta piega. Beh, come tutti i discorsi con
Sebastian.
- La ringrazio signor Smythe. –
dissi,
alzandomi. Robert mi sorrise e Sebastian si avviò davanti,
aspettando che io lo
seguissi. Così feci.
- Perché non hai cantato tu, stasera? –
gli chiesi, non appena fummo usciti dalla stanza. Sebastian mi
guardò con
un’occhiata scettica.
- Non sono così gay, Anderson.
- Ma se hai appena detto che sei più gay
di
quanto sembri. – gli dissi, cercando di sopprimere
una risata.
- Lascia stare, non puoi capire. –
sapevo
che Sebastian diceva così, ogni volta che non sapeva cosa
dire. - Allora, dov’è la
tua amichetta Hummel?
- La smetti di chiamarlo così?
- Oh mio Dio, non dirmi che ti piace. –
mi disse Sebastian, voltandosi di scatto verso di me.
- Cosa? No! Siamo solo amici. –
dissi e
lui mi guardò scettico.
- Sei anche più patetico di quando eri al
liceo, Anderson.
****
Finalmente,
mi ero liberato di Sebastian e mi stavo preparando sul palco. Da
lontano, vidi
Kurt entrare e mi sembrava molto spaventato, forse perché
non mi aveva visto.
Infatti, appena mi vide sul palco si rilassò subito. Si
avvicinò.
- Ti stavo aspettando. – mi
disse,
sorridente e quel sorriso mi emanava sempre strane sensazioni. Sembrava
come se
il suo sorriso emanasse una strana forza.
- Sono arrivato in anticipo. Molto in
anticipo. Ero e sono molto agitato. – gli risposi.
Lui mi osservò e poi si
arrampicò sul palco, per raggiungermi. Gli diedi una mano e
si sedette accanto
a me.
- Sarai fantastico. Ne sono sicuro. Devi solo
credere in te stesso. Coraggio. –
mi disse. Mi strinse forte la mano. Io gli sorrisi, per ringraziarlo.
Scese dal
palco e mi lasciò solo.
- S-Salve. Mi chiamo Blaine Anderson e
stasera canterò per voi. – dissi,
attirando l’attenzione di poche persone,
ma stranamente m’importava solo l’attenzione di
Kurt.
La musica
partì. (Spoiler: http://www.youtube.com/watch?v=2g0FRi0B3r0)
So
this is what you meant
When
you said that you were spent
And
now it's time to build from the bottom of the
pit
Right
to the top
Don't
hold back
Packing
my bags and giving the academy a rain
check
I
don't ever want to let you down
I
don't ever want to leave this town
'Cause
after all
This
city never sleeps at night
It's
time to begin, isn't it?
I
get a little bit bigger, but then I'll admit
I'm
just the same as I was
Now
don't you understand
I'm
never changing who I am
So
this is where you fell
And
I am left to sell
The
path to heaven runs through miles of clouded
hell
Right
to the top
Don't
look back
Turning
to rags and giving the commodities a rain
check
I
don't ever want to let you down
I
don't ever want to leave this town
'Cause
after all
This
city never sleeps at night
It's
time to begin, isn't it?
I
get a little bit bigger, but then I'll admit
I'm
just the same as I was
Now
don't you understand
I'm
never changing who I am
It's
time to begin, isn't it?
I
get a little bit bigger, but then I'll admit
I'm
just the same as I was
Now
don't you understand
I'm
never changing who I am
This
road never looked so lonely
This
house doesn't burn down slowly
To
ashes, to ashes
It's
time to begin, isn't it?
I
get a little bit bigger, but then I'll admit
I'm
just the same as I was
Now
don't you understand
I'm
never changing who I am
It's
time to begin, isn't it?
I
get a little bit bigger, but then I'll admit
I'm
just the same as I was
Now
don't you understand
I'm
never changing who I am
Non
me lo aspettavo, ma molte persone mi applaudirono. Peccato,
che la mia vista era concentrata su Kurt. Mi stava applaudendo e aveva
una
strana luce negli occhi. Io sorrisi.
A
fine serata, ero stanchissimo. Non avevo mai cantato così
tanto
in vita mia. Scesi dal palco e mi avvicinai a Kurt.
All’improvviso, me lo
ritrovai addosso. Mi stava abbracciando. Aveva un buon profumo. Sapeva
di
vaniglia e camomilla.
-
Scusa. È solo che sei
stato f-fantastico. – mi dice, abbassando lo
sguardo come un cagnolino che
ha appena fatto qualche guaio. Io sorrido a quella vista.
-
Grazie. – lui mi
guarda negli occhi e poi assume un’espressione.
L’espressione.
-
Tutto bene? – mi chiede.
-
Oh, sì. Sono solo molto
stanco. – gli risponde. Lui mi sorride.
-
Ti va un caffè? –
che
faccio? Accetto? Oh mio Dio, che faccio? Vabbè, un
caffè non si rifiuta mai.
-
Sì, grazie.
****
È
da un bel po’ che sto parlando con Kurt e devo ammettere che
è
molto interessante. Avevamo gli stessi interessi, o quasi. Lui era
completamente pazzo per la moda e diverse volte aveva criticato i miei
capelli
o i miei papillon. Anche Santana lo aveva fatto. Ma cos’ho
che non va? A me
piacciono.
Comunque,
stava andando tutto alla grande, fino a quando non è
arrivato lui. Sebastian. Proprio ora. Dov’è
diavolo era stato tutto questo
tempo? Proprio ora doveva arrivare?
-
Anderson, già ti dai da
fare con Hummel? – oh cavolo, già
inizia. Abbasso lo sguardo imbarazzato. Kurt,
invece, ci guardava con quell’espressione che mi fa tanta
paura. Oddio, mi
lancerà una maledizione, vero?
-
Vi conoscete? – ci chiese
Kurt e l’espressione di Sebastian non prometteva nulla di
buono. Infatti…
-
Principessina, io e
Anderson eravamo scopa-amici al liceo.
-
Cosa? Io non sono mai venuto
a letto con te e mai lo farei! – Kurt ci guardava
divertiti, mentre
Sebastian mi scoccò un’occhiata scettica.
-
Anderson, lo sapevamo
tutti che volevi essere fottuto da me. – oh mio
Dio, voglio scappare. Ora. Perché
cavolo ho accettato di cantare qui? Ah già, me
l’ero dimenticato di nuovo. Kurt.
-
Lascia stare, Blaine.
Anche con me fa lo stesso, ogni singolo giorno. Se non fosse per lui,
la mia
vita sarebbe perfetta. – mi disse Kurt, facendomi
ridere e lui mi seguì a
ruota, mentre Sebastian ci guardava e faceva il finto offeso.
-
Comunque sia, mio padre
vuole parlarti. – e quella frase cambiò
il mio umore. Cosa voleva dirmi?
Avevo fatto schifo, vero? Aiuto!! Kurt
m’incoraggiò con un sorriso e seguii
Sebastian da suo padre.
-
Papà, ti ho portato il
nano. – Robert roteò gli occhi ed io
sorrisi. Era divertente come nemmeno
suo padre sopportasse la sua strana ironia. Mi accomodai.
-
Blaine, sei stato davvero
bravo. Questi sono per te, spero
che
bastino. – mi disse, porgendomi una mazzetta di
soldi sulla scrivania. Ma
erano 500 dollari!! Ok, capisco che la famiglia Smythe era molto ricca
e
conosciuta, ma non era un po’ troppo?
-
No, signor Smythe. Non
voglio tutti questi soldi, per una sola serata. Li tenga. Per me
è stato un
piacere cantare nel suo locale. – gli dissi,
mandando i soldi indietro, ma
Robert insistette e me li mise di nuovo davanti.
-
Non è mica solo per
questa serata. Hai attirato l’attenzione di molte persone.
Nessuno che ha
cantato qui ci è mai riuscito, quindi voglio assumerti come
cantante del bar.
Credo che 500 dollari al mese bastino, no? – ok,
forse avevo sentito male.
Forse era solo un sogno. Io sono ancora nel letto, per andare da Sam.
Anzi,
forse sono ancora a Westerville.
-
Blaine? Blaine, ci sei? –
oh mio Dio. Non stava dicendo sul serio, vero?
-
Sta dicendo sul serio? –
che domanda stupida, Blaine!
-
Sì, certo. Allora,
accetti? – mi chiese, speranzoso. Ok, devo
ammettere che 500 dollari mi
avrebbero fatto comodo, ma lavorare da Smythe. Quel Smythe. Quello che
ha
appena detto davanti a Kurt che al liceo eravamo scopa-amici. Cosa per
niente
vera, dopotutto. Oh, ma chi se ne frega. Almeno mi pagano per
sopportare
Sebastian.
-
Sì. Sì, certo.
Sarà un
onore. – gli dissi, con un sorriso che arrivava da
orecchio a orecchio.
Strinsi la mano e Robert e corsi da Kurt. E, stavolta, ero io quello
che si era
gettato addosso a Kurt.
-
Che è successo? - mi chiese, sorridente. Non so
perché,
ma avevo l’istinto di baciarlo. Se non fosse stato per lui,
non sarei mai
finito a cantare in quel bar. Se non fossi entrato nel bar di Sam, ora
non mi
ritroverei con 500 dollari in mano.
-
IlsignorSmythemihaassuntocomecantantenelsuolocale.
Avrò500dollarialmese! – dissi. Non mi
ero capito da solo, figuriamoci se mi
aveva capito Kurt.
-
Blaine, forse se parli un
po’ più lentamente, capisco cosa vuoi dirmi. –
presi un bel respiro.
-
Il signor Smythe mi ha
assunto come cantante nel suo locale. Avrò 500 dollari al
mese. Kurt, io devo
ringraziarti. Se non fosse stato per te, non sarei mai finito a cantare
qui e
non mi ritroverei 500 dollari al mese. Anzi, 700 con tutti i soldi del
lavoro
al bar. – Kurt mi sorrise non riuscii a resistere.
Lo abbracciai. Forte.
Gli ero riconoscente a vita. Non volevo più staccarmi da
lui. Sentivo gli occhi
pizzicarmi.
-
Blaine, sono molto felice
per te. – mi sussurrò. Quando ci
staccammo, mi guardò negli occhi. –
Oh Dio, no. Non piangere, Blaine. Sii
forte. Devi essere felice. Devi essere orgoglioso di te stesso, come
ora io lo
sono di te.
-
Davvero sei fiero di me? –
gli chiesi, come se fosse l’unica cosa che avrei voluto
sentire. Lui mi
sorrise. Dio, quanto amavo quel sorriso.
-
Molto. Ma ora ho una
proposta per te.
-
C-Cosa?
-
Ora che hai un secondo
lavoro e soldi sufficienti, vuoi venire a vivere con me? –
oh, cavolo. Non
sta succedendo davvero.
-
Oh, beh non saprei. Non
vorrei lasciare Brittany da sol-
-
Mi ha chiamato Santana.
Non vuole più stare a Louisville. Si trasferirà
qui a New York.
-
Beh, in questo caso… Sì,
mi trasferisco da te.
Ci abbracciammo di nuovo. Non
c’era più nulla intorno a me. A parte
il suo profumo. Le sue braccia che mi stringono forte. C’era
solo Kurt intorno a
me e, stranamente, era ciò che volevo. Volevo Kurt. Ma non
sapevo quanto mi
sarei pentito, o almeno in parte, di quel “sì, mi
trasferisco da te”...
Note
dell’autrice
Salve
a tutti! Tan Tan
Tan. Allora, com’è? Questo per me è un
capitolo molto importante e vorrei che
fosse venuto bene. A voi come sembra? Ho tanta paura che mi sia venuto
male…
Ok,
ora un po’ di
spiegazioni. Questa frase --> Ma non sapevo quanto mi sarei
pentito, o
almeno in parte, di quel “sì, mi trasferisco da
te”... significa molto. Eh, sì.
Questo è solo l’inizio della storia.
L’introduzione della ff dice che Blaine
non andrà molto d’accordo con il suo coinquilino
e, per quanto sembri il
contrario, succederà davvero e sarà anche molto
divertente.
Spiegazione
numero due: il
proprietario del bar è il padre di Sebastian solo per
arricchire ciò che dice
Blaine nel capitolo precedente, cioè che New York
è molto piccola, per quanto
sembri grande. Però, qui Sebastian non farà il
solito antagonista. Sarà il
solito spaccone, ma non intralcerà per niente la Klaine.
Spiegazione
numero tre:
come potete vedere, la canzone che canta Blaine è
It’s Time che Blaine canterà
nel tf nel primo episodio della quarta stagione. Ho voluto aggiungerla
perché è
da stamattina che l’ascolto e mi piace moltissimo.
Bene,
le spiegazioni sono
finite. Come vi ho detto, questo è un capitolo molto
importante per me e
determinerà la vera storia. Devo dire che mentre scrivevo
questo capitolo, le
mie mani più volte hanno cercato di scrivere “e ci
baciammo”. Fortunatamente o
sfortunatamente, decidete voi, le ho fermate, altrimenti mi avrebbero
rovinato
tutta la storia.
Ok.
Come al solito volevo
ringraziare le persone che hanno messo la storia tra le
seguite/preferite/ricordate. Davvero grazie. E ringrazio anche quelle
persone
che mi fanno l’onore di farmi sapere cosa ne pensano. Mi fa
un piacere enorme
leggere le vostre recensioni.
Non
vi sembro troppo
seria, oggi? xD Ok, allora vediamo se questa cosa è seria.
Lo sapevate che una
recensione allunga una vita a un’autrice? Eh, sì.
È proprio così.
Gay Bye. Cioè,
volevo dire
Bye Bye.
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Capitolo 8 *** Capitolo VIII ***
Ci vollero
pochi giorni per sistemarmi a casa di Kurt. La casa la conoscevo
già e avevo
salutato Brittany, anche se mi aveva convinto a uscire qualche volta,
quando
Santana sarebbe arrivata a New York, ovvero alla fine della settimana.
Non mi sarei
mai aspettato che Kurt mi chiedesse di vivere con lui. Onestamente, non
avrei
mai voluto vivere tutti i giorni con Santana. Una settimana mi era
bastata e
poi non sarei mai riuscito a dire di no a quella casa. Per me, era una
reggia.
I miei
genitori
possedevano una casa grandissima e stupenda, ma io non
l’avevo mai apprezzata.
Non perché sono uno schizzinoso viziato, ma
perché lì mi sentivo fuori posto.
Come se quella casa non fosse mia.
Quell’appartamento,
invece, pur essendo quello di uno sconosciuto, mi faceva sentire a casa
e
protetto. Sentivo di dover essere lì.
Nel
frattempo, il lavoro andava alla grande. Mi sentivo sempre di
più a mio agio
nel bar e cantare al bar di Sebastian mi rende vivo. Che voi ci
crediate o no,
una volta ho anche un preso un caffè da solo con lui. Ancora
mi sorprendo. Non
sapevo di avere tanta pazienza, tanto da sopportare Sebastian Smythe
per un’ora
o anche di più.
Fortunatamente,
Brody era corso in mio soccorso, intromettendosi nel discorso.
Ah,
sì. Ero
diventato grande amico con Brody o almeno così credo. Dopo
aver cantato e dopo
aver sopportato per qualche minuto Sebastian, restavamo almeno
mezz’ora a
parlare. Era diventata un po’ come un’abitudine.
- Blaine, sei pronto? Le ragazze ci
aspettano. – mi urlò Kurt, dalla
cucina. Mi aveva convinto a uscire con
Brittany e Rachel. Il nostro bar era chiuso il giovedì
mattina. Il mio progetto
era quello di dormire fino a tardi e poi guardare quella meravigliosa
Tv,
spaparanzato sul divano, ma Kurt mi aveva detto che non potevo restare
a casa,
quando ancora dovevo vedere tutte le bellezze di New York.
- Sì. Arrivo tra un attimo.
Andai in
salotto e vidi Kurt alle prese con la cravatta. Indossava dei jeans
attillati
neri, una camicia azzurra con una cravatta bianca. Era bellissimo. I
jeans
rimettevano in risalto le sue lunghe gambe e la camicia metteva in
risalto il
colore dei suoi occhi.
Senza
accorgermene, lo stavo guardando ed ero sicuro di aver anche la bocca
aperta.
Cavolo, Blaine! Datti una regolata.
- Cosa c’è? Ho qualcosa che non
va? Oddio, i
capelli! – stava iniziando a sproloquiare ed era
meglio se lo avessi
fermato.
- No. È solo che… che sei
b-bellissimo. –
oddio, l’ho detto.
- Oh, g-grazie. Anche tu stai molto bene. –
mi dice, imbarazzato. Ha le guance rosse. Oddio, sto andando in
iperventilazione.
- G-Grazie. – maledizione,
Blaine! Non
balbettare. Stai calmo.
- Su, andiamo. – sì,
forse è una buona
idea.
****
Quando
tornammo a casa, ero a pezzi. A malapena riuscivo a reggermi in piedi.
Ero
convinto di aver fatto il giro di tutta New York, circa tre volte.
La cosa
più
inquietante era che Kurt e le ragazze non erano per niente stanchi.
Anzi, si
erano dati appuntamento, per incontrarsi di nuovo nel pomeriggio.
Io ero
sicuro che non sarei arrivato vivo al bar. Dovevo chiamare un taxi.
Appena
tornammo, feci una corsa dritta al divano, che fece ridere Kurt.
Andò in cucina
e tornò dopo un po’, con dei biscotti per me e
quella che sembrava una bevanda
dietetica tra le mani per lui. Presi un biscotto.
- Sei stanco? – mi chiese Kurt.
- No. Anzi, sono pieno di energie. –
risposi ironico. Kurt rise e fece un sorso dalla lattina. Scossi la
testa,
cercando di distogliere lo sguardo dalle sue labbra. Cavolo Blaine,
cosa ti
prende?!
Avvolto nei
miei pensieri, non mi accorsi che Kurt mi stava osservando. Aveva un
sorriso
stampato sul volto e una strana scintilla negli occhi. Stavo seriamente
entrando nel panico più totale. A un tratto, vidi che la sua
mano s’intrigò tra
i miei capelli, facendomi cadere tutti i ricci sulla fronte.
- Così è molto meglio. –
commentò,
guardando soddisfatto il suo operato. Io sgranai gli occhi. Non ero
abituato a
farmi vedere in pubblico senza gel, a parte quando Santana me lo
rubò. “Lo
scherzo di benvenuto”, mi disse.
- Non sono molto abituato a farmi vedere
così. Mi sento… brutto. –
dissi, abbassando lo sguardo. Ho sempre avuto
questa convinzione. Non mi sono mai sentito così bene con il
mio aspetto e mi
convincevo di star bene con me stesso, quando invece non
vero.
Kurt mi
alzò
la testa con due dita sotto il mento ed ero sicurissimo di star andando
a
fuoco.
- Non è vero. Sei molto carino. Uno dei
ragazzi più carini che abbia mai conosciuto e
così sei anche più bello. –
ok, era ufficiale: ero diventato un mucchio di cenere fumante. Nessuno
mi aveva
detto che ero carino. E sentirmelo dire da Kurt, mi faceva in un certo
effetto.
Ebbi
l’istinto
di abbracciarlo e non riuscii a trattenermi. Kurt,
all’inizio, rimase un po’
confuso, ma poi mi avvolse tra le sue braccia. Sentivo il suo odore
invadermi
le narici e mi sentii meglio di come non sia mai stato in vita mia.
C’era
qualcosa in quel ragazzo che mi confondeva.
- S-Scusa. È- È solo
che… che tu-tu mi stai
aiutando tanto e-e nessuno mi avevo mai detto che sono…
bello. – balbettai.
Mi sorrise e sentii il mio cuore sciogliersi.
Non ero mai
stato innamorato di nessuno, prima d’ora, ma sapevo che tra
me e Kurt, non c’era
semplice amicizia. O almeno così credevo.
Infatti,
tutta la nostra alchimia scomparve qualche giorno dopo. Quando nel
frigo non c’era
più nulla da mangiare e Kurt mi aveva chiesto di andare a
fare la spesa. Appena
tornai a casa e Kurt vide ciò che aveva comprato, la nostra
alchimia scomparve
lasciando dietro di sé una nuvola di polvere.
Niente di
quello che avevo comprato non fu nominato cibo spazzatura da Kurt. Beh,
quella
era la roba che mangiavo lui e non sapevo le sue abitudini.
Ma la cosa
più esagerata che feci non me la dimenticherò mai.
Era un
lunedì mattina. Avevo la mattina libera e Kurt doveva
lavorare. Così, mi lasciò
da solo a casa. Beh, era lecito. Non avevo più cinque anni,
poteva restare da
solo in casa.
Decisi di
preparami dei pancake, peccato che mentre li stavo cuocendo, mi
chiamò Wes. Ero
del tutto distratto e non mi accorsi che i miei pancake stavano
bruciando.
Maledetto il mio vizio di camminare per la casa, quando sono a telefono.
Dopo minimo
un’ora che ero stato a telefono con Wes, quando andai in
cucina, vidi tutto
andare a fuoco. Le tende erano incendiate, così come la
cucina. Le fiamme si
stavano avviando verso il salotto e decisi che l’idea
migliore era chiamare i
vigili del fuoco.
- Kurt, mi sa che devi tornare a casa. –
gli dissi, quando lo telefonai, guardando i vigili del fuoco che
stavano
spegnendo le fiamme.
- Perché? Cos’è
successo? – mi chiese,
preoccupato.
- Non credo che ti piacerà, ma ti prego
torna. Subito.
Dopo un
quarto d’ora, le fiamme erano spente ed io ero seduto sul
divano, osservando il
vuoto e aspettando Kurt. Quando arrivò, si
precipitò accanto a me e mi chiese
cos’era successo.
- Vai in cucina. – gli dissi.
Lui ci andò
e quando tornò nel salotto, mi pentii di averlo chiamato.
Non mi parlò per tre
mesi. Beh, era lecito. Gli avevo bruciato casa.
Però,
quando
litigai con mio padre per l’ennesima volta, nonostante fosse
arrabbiato con me,
mi abbracciò tutta la notte e mi consolò. Avevo
deciso di lasciarmi il passato
alle spalle, ma a quanto pare non ci riuscivo. Ma, ora, avevo Kurt che
mi
consolava. Anche se gli avevo quasi bruciato tutta la casa.
Note
dell’autrice
Salve!
*si nasconde* Sì, lo so che
volete ammazzarmi per il mio enormissimo ritardo e mi dispiace tanto
tanto
tanto tanto tanto, ho già detto tanto?
No,
ok. Mi scuso davvero. Il fatto è
che è iniziata la scuola (che rottura di beep) e la nuova
professoressa d’italiano
è una vera bitch. Noi a questa non la conosciamo nemmeno e
ci assegna miliardi
di pagine da fare. Quindi prendetevela con lei e non con me.
Ok.
Ora parliamo del nuovo capitolo.
Come vedete, questo capitolo è concentrato tutto sulla
convivenza tra Kurt e
Blaine. Come vedete il nostro hobbit ha già fatto qualche
guaio e che guaio.
Abbiamo
anche visto un Blaine più
vulnerabile, che non si sente carino (Blaine, ma sei pazzo?) e che
affronta una
litigata con suo padre. Ma, nonostante tutto, Kurt è pronto
a supportarlo.
Tra
qualche capitolo vedremo una
parte scritta sotto il pensiero di Kurt, che si lamenterà
con Rachel di chissà
chi. Eh, eh. Poi, ci sarà un nuovo arrivato. Eh,
sì. Ma sono sicura che vi
piacerà.
Alcuni
di voi, mi hanno detto che la
storia scritta sotto il pensiero di Blaine, non fa capire i veri
sentimenti di
Kurt. Il fatto è che, non so perché, mi ritrovo
bene nei panni di Blaine, ma se
volete sapere qualcosa sui sentimenti di Kurt, ve li dico io:
all’inizio avevo
lo stesso pensiero di Blaine, ma ora la convivenza gli farà
cambiare idea.
Beh,
ringrazio tutti quelli che mi
stanno supportando e sopportando. Le persone che leggono e che sono
affezionate
a questa ff e anche alle persone che mi fanno sapere il loro parere.
Vi
prometto, che cercherò di aggiornare
il più presto possibile.
Gay Bye. Cioè,
volevo dire Bye Bye.
|
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Capitolo 9 *** Capitolo IX ***
Note:
questo
capitolo è scritto sotto il
pensiero di Kurt.
Non sapevo
più cosa fare. Blaine mi
stava facendo esasperare. Era un ragazzo molto educato ed era molto
preciso nei
pagamenti, ci mancherebbe, ma ne combinava di tutti i colori. Senza
contare la
storia della cucina andata a fuoco, il suo senso dell’ordine
era pari a zero.
Era
incredibile come riuscisse a
trovare le sue cose nel casino della sua camera. Ci ero entrato una
sola volta
e mi era venuto il giramento di testa.
Ora,
però, sarà meglio che mi
concentri per il grande discorso che vuole farmi Rachel. So
già che mi riempirà
di chiacchiere.
Appena mi
vede, mi abbraccia forte.
- Kurt, ho una notizia bellissima! –
mi dice lei, entusiasta. Io
sorrido. – Mi hanno presa per un
ruolo
per un musical a Broadway! – io la guardo
incredulo e l’abbraccio forte. Penso
a quando anch’io sognavo di essere preso per un musical di
Broadway e, invece,
ora mi ritrovo con un nuovo sogno e un nuovo lavoro.
- Sono tanto orgoglioso di te. Se mi dici che ti
hanno presa per Wicked,
impazzisco. – lei ride e annuisce. Oh Dio,
è stata presa per Wicked! Sgrano
gli occhi e l’abbraccio forte. Ok, forse un po’
troppo.
- Ok, ora dobbiamo assolutamente festeggiare. –
dico e lei mi sembra
più che d’accordo. Si è già
precipitata al bancone. È strano quanta strada
abbia fatto. Prima era solo una ragazza isterica, che pensava solo a se
stessa
e ora è stata presa per un ruolo nel musical più
longevo della storia.
****
Rimaniamo a
parlare per un po’ del
suo nuovo ruolo. Non è uno dei più importanti, ma
che importa. È il suo primo
spettacolo a Broadway, lo ricorderà per sempre.
Dopo un
po’, mi chiede – E a te?
Come va con il tuo nuovo
coinquilino? – oh Rachel, capiti a fagiolo. Mi
servirebbe davvero qualcuno
con cui parlare di quel ragazzo incredibile.
- Diciamo che riesco a sopportarlo o almeno credo. –
no, non riesco a
sopportarlo. È un ragazzo insopportabile, in qualsiasi cosa
faccia.
- Non dirmi che sei ancora arrabbiato per la storia
della cucina andata a
fuoco. – mi dice con un sorrisetto.
- Non posso dargliela vinta come se niente fosse.
Stava per bruciarmi la
casa! – gli dico e lei mi ride in faccia. Sono
così divertente?
- Ma è successo tempo fa, non puoi
continuare a prendertela con lui. Può
capitare.
- Ma non è solo questo. È un
disordinato cronico, quando fa la spesa non
c’è nulla che non sia ipercalorico.
- Oh, andiamo. Non ti credevo così rigido.
Ha diciotto anni, cosa vuoi
farci. Anche se…
- Anche se cosa?
- No, niente.
- No, ora sei costretta a dirmi tutto.
- Se proprio vuoi saperlo. È solo che,
quando parli di lui, anche quando
ti lamenti, ti s’illuminano gli occhi.
- Cosa?! Che ti passa per la testa? Siamo solo amici.
- Gli amici si abbracciano nel tuo
letto?
- E tu come lo sai?
- Ricordi che ho le tue chiavi? Sono passata per
salutarti e ti ho
trovato ad abbracciare Blaine nel tuo letto. E ripeto: nel tuo letto.
- Non è come pensi e so quello che pensi.
Aveva litigato con suo padre e mi
faceva male vederlo piangere, così l'ho portato a letto e
l’ho consolato un po’.
Niente di più. Sarà anche insopportabile, ma
è comunque mio amico.
- Mmm… Comunque sia, qui gatta ci cova.
Ora, però, è tardi e devo andare.
Ciao. – le faccio un cenno con la mano, osservando
il mio caffè. Stavo solo
aiutando un amico, quel giorno, niente di più.
Eppure… Guarda che pensieri mi
mette in testa Rachel.
****
Ieri mi
è arrivata una telefonata di
Puck, che mi diceva che sarebbe arrivato a New York, per venire a
trovare i
suoi amici. Una cosa bella, è solo che tutti sono occupati e
l’unico che ha la
giornata libera sono io.
Vi starete
domandando, allora? Beh,
se vado a prendere Puck all’aeroporto, devo lasciare Blaine
da solo in casa,
visto che è giovedì mattina. E visti i
precedenti, non mi fido. L’unica soluzione
è portarlo con me.
Peccato che
quest’ammasso di riccioli
– che a me piacciono, ma passiamo avanti – non si
smuove dal letto e quando lo
chiamo fa solo versi sconnessi. Ma ho un’idea.
Vicino al suo
letto ha una cassa. La accendo,
metto il volume al massimo e le collego al mio cellulare. Ho ancora una
canzone
rock che mi aveva inviato Finn e che ho dimenticato di cancellare.
Alzo tutto il
volume del cellulare e…
via con il rock!!
- Aiuto! – urla, alzandosi dal
letto. Io stoppo la canzone e rido.
- Buongiorno. – gli dico con un
sorrisino, divertito.
- Ma sei impazzito?! – mi urla.
- Ehi, tu non ti svegliavi e sono dovuto ricorrere
alle maniere forti.
- E perché dovrei svegliarmi?
- Perché devi venire con me
all’aeroporto. Viene un mio amico da Los Angeles
e dobbiamo andarlo a prenderlo.
- Non puoi andarci da solo?
- Questo comporterebbe che devo lascarti qui da solo
e non posso.
- Perché? Non ho mica cinque anni.
- Beh, l’ultima volta che l’ho
fatto mi hai quasi bruciato casa. –
lui sbuffa.
- Su, muoviti. E posso farti una domanda? –
lui alza un sopracciglio.
– Perché dormi solo con
le mutande? –
oddio, sento la faccia andarmi a fuoco. Solo ora mi rendo conto che
è solo in
mutande!! E… Beh, non è niente male.
- Faceva caldo. Tu vai, arrivo dopo.
- Sì, ma fai presto.
****
Io odio Rachel
Berry. Mi mette in
testa degli strani pensieri. Sto ancora pensando a quel “qui
gatta ci cova”,
per non parlare del corpo di Blaine che – nonostante il
proprietario sia un
tappo – è un bello spettacolo.
- Sono pronto. – dice Blaine,
spuntandomi da dietro.
- Ok, possiamo andare.
- Aspetta! – cosa vuole ora?
– Pensavo
che tu non ascoltassi rock. Da dove hai preso quella canzone? –
davvero
pensavi a questo? Quindi non ti preoccupa il fatto che io ti abbia
visto in
mutande, appena sveglio?
- Me l’ha inviata mio fratello.
****
Stavamo
aspettando che Noah
arrivasse. Durante il viaggio e anche ora, avevo raccontato a Blaine
chi fosse
Puck. Diciamo che gli era già simpatico senza nemmeno
conoscerlo.
Beh, lo
avrebbe conosciuto presto,
visto che stava arrivando proprio ora.
- Kurt! – mi abbraccia forte.
Devo ammettere, che mi è davvero
mancato. C’è sempre stato per me, quando al
McKinley c’erano problemi.
- Oh, Puck. Da quanto tempo. Come va?
- Bene. L’agenzia di lava piscine va a
gonfie vele. – guarda Blaine –
Lui chi è? –
guardo Blaine. Sembra
un po’ divertito.
- Oh, lui è Blaine. È il mio
coinquilino. Blaine, lui è Noah, ma puoi
chiamarlo Puck. – si stringono la mano.
- Piacere, Blaine. Ora, però, andiamo.
Donne di New York, Puckzilla è in
città! – Blaine ride. Eh no, Puck non
è cambiato di una virgola.
- Rachel, la missione Klaine sta per avere
inizio.
Angolo
dell’autrice
Salve…
*scansa i colpi di fucile e qualsiasi cosa mi lanciate* Sì,
lo so: sono in
ritardo di un mese e mi dispiace davvero tanto. Vi prego non
uccidetemi. Sono
ancora troppo giovane per morire.
Il fatto
è
che non ho avuto tempo nemmeno per respirare. Odio essere troppo
impegnata, ma
mi spuntano impegni come funghi. Se non fosse stato per il fatto che
oggi non
sono andata a scuola, per il maltempo – quando qui
c’è un sole incredibile, ma
passiamo avanti –, avreste dovuto aspettare qualche altro
giorno per questo
capitolo.
Comunque, vi
è piaciuto? Visto chi è arrivato? Eh
sì, Puckzilla è in città. E la
missione Klaine?
Cosa si cela sotto questa frase? Beh, lo scopriremo presto.
Come
vediamo, Rachel già sta inculcando qualcosa nella testa di
Kurt e ci sta
riuscendo anche abbastanza bene. Eh, Kurt caro. Come vedi, Blaine
sarà anche un
tappo, ma è davvero figo.
Beh, volevo
fare un grazie speciale a tutte quelle persone che, nonostante il mio
grandissimo ritardo, hanno continuato a seguirmi. Davvero Grazie!!
Per chi non
lo sapesse, ho scritto anch’io una Klaine Week. È
vero che è finita, ma non c’è
mai un tempo determinato per leggere roba Klaine. Eccola qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1300633&i=1
Bene, ora
vado.
Gay Bye.
Cioè, volevo dire Bye Bye.
|
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Capitolo 10 *** Capitolo X ***
Puck sembra
un ragazzo simpatico. Ha l’aria da bullo con la sua giacca di
pelle e la sua
cresta, ma glielo si legge in faccia che è un bravo ragazzo
e poi sembra che
abbia un buon rapporto con Kurt.
- Ma ora dove alloggerai? – gli
ha
chiesto Kurt. Sembra che non ne abbia idea.
- Non so. Pensavo di andare in albergo.
- Albergo? Perché non vieni a stare da
noi? –
gli chiedo. Mi farebbe piacere averlo in casa. Non sembra
così rigido come
Kurt, anzi è molto più
“leggero”.
- Non dovresti prima chiederlo a me? –
mi
chiede Kurt.
- Perché? Quella non è anche
casa mia?
- Sì, ma Puck è mio amico.
- Cosa diavolo centra?
- Ok ragazzi, sono amico di tutti. Ora,
però,
posso stare a casa vostra? – ci interrompe Puck.
Oddio, che figura. Stavamo
iniziando a litigare davanti a lui.
- Certo che puoi. – ma allora
perché diavolo
ha obbiettato?
****
Puck si
sistemò nella camera di
Blaine. Il moro si era offerto di farlo dormire con lui. Se non gli
dava nessun
fastidio era ok. L’ebreo ne approfittò
dell’assenza di Blaine per fare una
telefonata.
- Rachel, pronto?
- Puck, che c’è?
- Sei sicura che questa missione funzioni? Sembrano
così in disaccordo e
diversi.
- Noah, stai dubitando del fiuto di una donna? Quei
due sono fatti per
stare insieme, devono solo capirlo. E poi gli opposti si attraggono.
- Come noi?
- Esatto. Tu sei un idiota ed io sono intelligente,
ma stiamo insieme
comunque. Ah, a proposito: non ti azzardare a dire a nessuno che io e
te stiamo
insieme. Capito?
- Ok, capito. Ma quando potrò vederti?
Manchi da così tanto tempo da Los
Angeles e mi sei mancata tanto.
- Anche tu tesoro e non preoccuparti che ci vedremo
presto. Ora devo
andare. Ti amo.
- Ti amo anch’io.
****
Ero andato a
lavoro, ma più che altro me ne sto ad ascoltare di come Sam
e Puck erano
migliori amici e avevano fatto tante pazzie insieme. Mi sembra una
bella storia,
specialmente da com’è iniziata: “Hai una
bocca enorme. Quante palle da tennis ci entrano?”,
“Non lo so. Non mi sono mai messo
delle palle da tennis in bocca, tu?”.
Ma come si
dice? Quando si parla del diavolo, spuntano le corna e, infatti,
proprio in
questo momento entra Puck.
Sam gli corre
incontro e si abbracciano fortissimo. Eh sì, quelli sono
proprio migliori
amici. In questo momento mi ricordo di Wes e di come anche noi ci
volevamo bene
come due fratelli.
- Ehi, Puck!
- Blaine! Non sapevo lavorassi qui.
- Eh sì, purtroppo devo sopportare questo
hobbit
tutti i giorni. – risponde Sam e gli lancio uno
sguardo assassino.
- Beh, mi fa piacere. Così, stiamo tutti
insieme. Ah Blaine, posso parlarti? – mi chiede
Puck.
- Certo.
Ci sediamo a
un tavolo vuoto.
- Allora, come va con Kurt? – mi
chiede.
- Bene, perché?
- Non so. Se devo essere sincero, ogni volta
che lo guardi, sembra che tu te lo stia scopando con gli occhi. –
oddio,
sto andando a fuoco.
- Cosa?! No! Io e Kurt siamo solo amici.
- Ci credi davvero? Oh, andiamo non puoi
sfuggire all’occhio vigile di Puckzilla. Pensaci. –
mi dice, alzandosi dal
tavolo.
Ora,
però,
se ci penso meglio, Kurt ed io eravamo molto affiatati appena
conosciuti e poi
non è così male… maledizione, guardate
che pensieri che mi ha messo in testa
ora.
Angolo
dell’autrice
Salve a
tutti!! Scusatemi ancora per il ritardo, ma ormai conoscete tutti la
ragione ed
è per questo che I hate school!!
Comunque,
come vedete, qui inizia la missione Klaine di Puck e Rachel, i due
fidanzatini
nascosti. Eh già, la Pucklberry non poteva mancare,
specialmente per la mia
cara mogliettina.
Nel prossimo
capitolo vedremo Kurt e Blaine fare i conti con questi pensieri che gli
hanno
messo in testa Puck e Rachel. Che dite, ce la faranno a capire che sono
fatti
per stare insieme? Speriamo che i due idioti si sveglino. *parla come
se non
fosse lei a scrivere la storia*
Bene, volevo
ringraziare le persone che hanno recensito e che hanno messo la storia
tra le
preferite/seguite/ricordate. Grazie davvero.
Gay Bye.
Cioè, volevo dire Bye Bye.
|
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Capitolo 11 *** Capitolo XI ***
Puck era in
quella casa solo da
qualche giorno, ma aveva sentito litigare Kurt e Blaine più
di tre volte. Non
era molto sicuro di ciò che gli diceva Rachel, ma la ragazza
continuava a
insistere e lui non sapeva più cosa fare se non
accontentarla.
Sembrava
un’impresa impossibile far
innamorare quei due, ma lui aveva fatto ben di peggio alle superiori.
Possibile
che ora non poteva far innamorare due zucconi.
Si
alzò dal letto e sentì i due
ragazzi discutere, ma stavolta non era un litigio. Sembrava stessero
discutendo
su qualcosa da fare. Si nascose dietro la porta del salotto e
ascoltò i due
ragazzi parlare.
- Non vedo l’ora. Ho sempre amato il
Natale. – disse Blaine
entusiasta.
- Allora siamo in due. Ma quest’anno vorrei
cambiare. – rispose Kurt.
Puck sorrise. Con tutta quella storia si stava dimenticando che il
Natale si
stava avvicinando. Beh, mancava ancora un po’, ma sarebbe
comunque arrivato.
- Che vuoi dire?
- Beh, questa è anche casa tua ora. Voglio
comprare nuovi addobbi che
piacciano anche a te. – rispose il più
grande. Puck alzò un sopracciglio,
curioso. Fino a qualche giorno prima Kurt discuteva proprio su quello e
ora
diceva chiaramente che quella era anche casa di Blaine? Qualcosa non
gli
quadrava.
Si sporse per
vedere nel salotto e
ciò che vide lo sconvolse non poco. I due erano sdraiati sul
divano accoccolati
l’un l’altro sotto una coperta. Kurt aveva
appoggiato la testa sul petto di
Blaine, mentre quest’ultimo gli accarezzava i capelli.
- Grazie.
- Volevo chiederti scusa. –
mormorò Kurt, dispiaciuto.
- Per cosa? – chiese Blaine
curioso.
- Ti ho trattato davvero male negli ultimi giorni.
È solo che ho avuto un
brutto periodo a lavoro e tu eri l’unico sfortunato con cui
potevo sfogarmi. –
spiegò Kurt. Blaine sorrise e gli accarezzò la
guancia.
- Non devi scusarti. È stata anche colpa
mia. Mi devo abituare alle “regole”
dell’avere un coinquilino. Ho sempre vissuto con i miei
genitori che non c’erano
mai in casa. – Kurt sorrise e si
accoccolò ancora un po’ sul moro.
- Comunque sia, oggi andiamo al centro commerciale e
compriamo tutto
nuovo.
- Ok, ma l’importante è che tu
non mi distrugga come quando siamo uscite
con le ragazze. – disse scherzoso Blaine. Kurt gli
diede uno schiaffetto
sul braccio, ma poi rise insieme a lui.
Puck
sgranò gli occhi e fece una
corsa in camera sua e fece il numero.
- Puck che c’è? Sto lavorando.
- Dobbiamo vederci. Ora.
****
Puck era
seduto in un bar, aspettando
la ragazza che gli aveva detto che sarebbe arrivata tra dieci minuti.
Batteva
il piede vicino al tavolino nell’irrefrenabile voglia di
rivedere la sua
ragazza e raccontargli ciò che aveva visto.
Non appena la
vide, stava per saltare
dal tavolo ma decise che era più appropriato aspettarla al
tavolo. La ragazza
gli sorrise e gli scoccò un bacio sulle labbra. Puck sorrise.
- Non sai quanto mi sei mancato. –
disse Rachel, sorridendo.
- Anche tu.
- Scusami, ma devo sbrigarmi. Devo tornare a lavoro.
Puoi dirmi perché mi
hai chiamato? – chiese Rachel di fretta, anche se
voleva rimanere lì per
sempre con il suo adorato Puck.
- Quei due sono perfetti per stare insieme.
- E lo scopri solo ora?
- No. Non capisci. Fino a ieri litigavano come pazzi
furiosi. Ora, invece
erano accoccolati sul divano e parlavano di dover far compere per il
Natale. –
spiegò il ragazzo. Rachel aveva gli occhi a cuoricini
intermittenti e sorrideva
come una stupida.
- Oddio, non ci posso credere. Beato te che li hai
visti.
- Rachel, come fai a non capire? È ovvio
che quei due ci nascondano
qualcosa. È troppo strano, perfino per loro. –
Rachel s’incuriosì e
sorrise.
- Che intendi fare?
- Oggi pomeriggio vanno al centro commerciale. Credo
che non ci resti
altro che seguirli.
- Puck, sei pazzo? Questo si chiama stalking.
- Dai, sei tu quella che voleva farli stare insieme.
Ora mi devi aiutare,
però.
- Ok, ma solo perché sei tu.
****
Era da
quella mattina che sentivo uno sfarfallare allegro nello stomaco.
Più
precisamente, da quando avevo parlato con Kurt sul divano. Si era
accoccolato a
me come se niente fosse ed era stato così dolce che mi
sentivo come se stessi
tenendo tra le braccia un bambino.
Non so
perché, ma credo che Puck non abbia poi così
torto. Devo ammettere che un po’
mi piaceva Kurt. Non che ora non mi piaccia, ma sentivo qualcosa di
strano quando
stavo con lui. Come quella mattina.
E lo guardo
in modo diverso, ora. Mi sembra più di un amico. Mi sembra
una persona di cui
mi sto innamorando. Cavolo, guardate i pensieri che mi mette in testa
quel
Puck!
****
È
da stamattina che ho la testa fra le nuvole. Da quando ho parlato con
Blaine,
mi sento diverso. Strano. Come se qualcosa nella mia vita fosse
cambiata. Non
so se è normale.
E
poi da quando Rachel mi ha parlato, vedo Blaine come una persona
diversa. Ogni
volta che lo guardo negli occhi, è come se sentissi il cuore
esplodere. E poi
quello sfarfallare nello stomaco.
Credo
di essermi innamorato. Innamorato di… Blaine. Innamorato del
mio coinquilino
dagli occhi d’oro e le labbra più baciabili che
potessi immaginare. Cavolo,
sono proprio andato. Tutta colpa di Rachel!
Angolo
dell’autrice
Ok, avete
diritto di picchiarmi per il mio ritardo. E in più, le casse
con i pomodori e tutte
le armi possibili e immaginabili sono di là ---> *si
nasconde*
Ok,
però mi
sono fatta perdonare con un po' fluff Klaine, no? *occhi da cucciolo di
Blaine*
Dopo tutte queste foto Klaine/CrissColfer, ci voleva anche un
po’ di fluff.
Tanto per ubriacarci di dolcezza.
Nel prossimo
capitolo vedremo dei divertenti Pucklberry e dei dolcissimi Klaine. Vi
giuro
che i Pucklberry ne combineranno di tutti i colori in quel centro
commerciale.
Ringrazio
ancora tutte le persone che mi seguono, nonostante i miei grandi
ritardi. Thank
you so much.
Gay Bye.
Cioè, volevo dire Bye Bye.
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Capitolo 12 *** Capitolo XII ***
Puck e Rachel
si coprirono
incredibilmente con qualsiasi capo che trovavano. C’era un
gran freddo fuori. I
due si divertivano a vestirsi l’un l’altro e si
scambiavano dei dolci baci.
Tutto quello era davvero mancato a entrambi.
Seguirono Kurt
e Blaine fino al
centro commerciale, cercando di non farsi vedere. Cosa alquanto
difficile,
visto che Puck inciampava ogni cinque secondi. Rachel riusciva sempre a
prenderlo in tempo ma ogni tanto i due ragazzi davanti a loro si
voltavano insospettiti.
Ogni tanto,
Puck e Rachel si
accorgevano che Kurt osservava Blaine come incantato e sorrideva come
un
idiota. Di solito non succedeva mai. Kurt era sempre stato una persona
molto
composta.
- È proprio andato il mio piccolo Kurtie. –
commentò Rachel, facendo
sorridere Puck.
Finalmente,
riuscirono a entrare nel
centro commerciale sani e salvi. Di fronte all’entrata
c’era una di quelle
macchine matrimoniale da esposizione. Puck, troppo occupato a seguire
con lo
sguardo Kurt e Blaine, finì per caderci sopra facendo
voltare metà centro
commerciale.
Fortunatamente, i due ragazzi erano abbastanza lontani da non sentire
il rumore
della caduta.
- Ci scusi tantissimo. – disse
sbrigativa Rachel, tirandosi Puck e
correndo via. Già non riusciva a vedere i Klaine –
che genio a inventare quel
nome.
- Cavolo, Puck! Fa più attenzione.
Dopo un
po’, riuscirono a trovare i
due ragazzi. Stavano osservando dei braccialetti da donna in una
vetrina di un
negozio. Si nascosero dietro l’angolo e li ascoltarono
parlare.
- Non è bellissimo questo bracciale?
Potrei regalarlo a Rachel. –
disse Kurt. Rachel sorrise e batté le mani entusiasta. Puck
la osservò con un
sopracciglio innalzato, poi sorrise.
- Già. È stupendo. –
replicò Blaine. Kurt osservò il ragazzo,
sorridendo.
Dopo un
po’, si avviarono verso un
negozio di scarpe che aveva in vetrina una coloratissima renna
luminosa. Puck
non appena la vide, iniziò a correre verso il negozio. Se
non fosse stato per
Rachel che lo aveva preso per le orecchie, li avrebbero di sicuro
scoperti.
- Oddio, queste scarpe sono bellissime! –
esclamò Kurt con gli occhi
illuminati. Blaine lo osservò, sorridendo.
Pian piano,
passarono per tutte le
vetrine dei negozi. Si osservano l’un l’altro con
sguardi sognanti, mentre Puck
e Rachel li osservavano con gli occhi a cuoricino.
Finalmente, si
avviarono verso il
reparto addobbi natalizi. Puck e Blaine rimanevano incantati da tutti
quelle
luci e quegli alberi di Natale e Rachel e Kurt li osservavano
inteneriti.
Kurt aveva lo
strano impulso di
volerlo baciare. Continuare a osservare quelle labbra rese
più rosse dal
freddo. Osservava come qualsiasi piccolezza lo rendeva più
bambino e di
conseguenza più adorabile. Lui non aveva mai agito secondo
l’impulso. Si era
sempre detto che fosse una pessima idea. Vide del vischio non molto
lontano e
sorrise. Si voltò verso Blaine.
- Blaine, posso dirti una cosa?
- Certo. – rispose Blaine,
incuriosito.
- Voglio farti un regalo di Natale in anticipo. Come
sai i regali possono
piacere e non, ma sei obbligato ad accettarlo. Tu accetterai il mio? –
chiese Kurt, speranzoso. Puck e Rachel si osservarono incuriositi e
voltarono
di nuovo lo sguardo ai due ragazzi.
- Certo che lo accetterò.
Non appena
Blaine ebbe detto questo,
Kurt lo prese per mano e lo trascinò fin sotto la pianta
romantica.
- Sei pronto a ricevere il tuo regalo? –
chiese Kurt, sorridente.
Blaine annuì entusiasta. – Allora
devi
chiudere gli occhi. – Blaine obbedì e
chiuse gli occhi. Kurt sorrise.
Dopo un
secondo Blaine sentì le
labbra di Kurt sulle sue. Sentì il cuore sciogliersi e il
suo stomaco fare le
capriole. Le labbra di Kurt erano così dolci e delicate.
Blaine era sicuro di
stare in Paradiso, ora. Non poteva chiedere regalo di Natale migliore
di quello.
Kurt
assaporò le labbra fredde di
Blaine e sentì qualcosa nel suo cervello che si era
scollegato da tutto il resto.
Sentire quelle dolci labbra sulle sue gli fece battere il cuore troppo
forte
del normale e sentiva un allegro sfarfallare nello stomaco. Non poteva
immaginare Natale migliore.
Si staccarono
dopo un po’ e rimasero
con gli occhi incatenati.
- Se non avessi accettato questo regalo, me ne sarei
pentito per sempre. –
disse, sorridente, Blaine. Kurt sorrise e Blaine sentì che
il mondo si stava
illuminando.
- Questo sarà il miglior Natale che
potessi immaginare. – annunciò Kurt,
con ancora le braccia attorno al collo di Blaine e sentire le sue mani
sui
fianchi lo stava per far svenire. Blaine sorrise come solo lui sapeva
fare.
I loro respiri
erano incatenati e non
si poteva immaginare cosa migliore.
Da lontano,
Puck e Rachel avevano
osservato tutta la scena allucinati. Si erano osservati e avevano
sorriso come
degli idioti, scambiandosi anche loro un piccolo bacio.
Quello sarebbe
stato il miglior
Natale della storia.
Angolo
dell’autrice
Eccomi
ritornata, gente! Incredibilmente in orario sulla tabella di marcia.
È un
miracolo!!
Allora,
com’è
andata? Questo è uno dei capitoli più importanti
e ho paura che sia venuto uno
schifo. Per favore, ditemi che non è così.
Tutti: Sì, fa schifo.
Come vediamo
c’è una fluffossima Klaine – e che
cavolo, finalmente vi siete baciati – e una
divertente e fluffosa Pucklberry. Vi è piaciuta? Fatemelo
sapere e sappiate che
i vostri commenti sono sempre graditi.
Gay Bye.
Cioè, volevo dire Bye Bye.
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