Big girls don't cry

di Ashley_Efp
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Questo è il mio primissimo tentativo. Non ho mai scritto fan fiction, o meglio non ho mai scritto in generale.
Non mi dilungo troppo e spero vi piaccia.

Buona lettura!

Ash


 

L’odore di frittura mi intasava le narici, non riuscivo a respirare. Il calore emanato dalla cucina mi faceva sudare. Non sentivo più le caviglie e le ginocchia dalla stanchezza.
Oggi sono stata fortunata, mi sono beccata il doppio turno alla tavola calda visto che Mandy non si è presentata. Qualche dollaro in più in tasca così forse riuscirò addirittura a pagare l’affitto questo mese e a mangiare qualcosa di diverso da quello che è cucinato qui.

Guardo l’orologio, sono le 17.10. Devo resistere solo altri cinquanta minuti e poi potrò uscire da questo buco in cui sono finita.

Mi avvicino a dei clienti per prendere le loro ordinazioni.

"Cosa vi porto signori?" chiedo col blocchetto in mano.

"Per me un cheeseburger con salse, baby" ordina il primo squadrandomi dalle caviglie in su. Faccio finta di nulla.

"E a lei?"
"Ti chiederei se posso darti una ripassatina brunetta ma credo che non forniate questo tipo di servizi. Mi sbaglio?".

"No, non si sbaglia" gli rispondo con un sorriso falso "Serviamo solo quello che c’è nel menù".

"Non ho bisogno del menù per sapere cosa voglio, bambola" ribatte cominciando a fissarmi insistentemente.

“Mantieni la calma. Hai bisogno di questo lavoro. Non farti licenziare per colpa di due idioti” dico a me stessa cercando di calmarmi e non fare scenate come al mio solito.

"Se non è pronto per ordinare posso tornare dopo".

"Porta un cheeseburger anche a me e aggiungici due birre".

Sorrido e mi dirigo verso la cucina per lasciare l’ordinazione sentendo i loro occhi puntati senza poesia sul mio fondoschiena.

"Due cheeseburger per il tavolo 8" comunico, porgendo la comanda al cuoco che sembrava addormentato sul bancone. Era una giornata fiacca quella, pochi clienti. Ed era una vera fortuna giacché ero sola a dovermi occupare dei tavoli.
Mentre esco dalla cucina per portare le birre ai trogloditi mi accorgo che erano entrate due ragazze che stavano prendendo posto al tavolo più vicino all’entrata.

Erano ben vestite entrambe e abbastanza fuori luogo in questo posto così poco elegante. Una bruna e l’altra bionda. La prima si era seduta rivolta verso di me, l’altra mi dava le spalle. Stavo per dirigermi verso di loro per prendere la loro ordinazione quando la bionda si china per prendere qualcosa dalla valigetta che aveva sistemato a fianco della sedia, dandomi una visuale migliore dell’altra. Era bellissima, la pelle color ambra, i capelli nerissimi e due occhi che… che mi fissavano. In una frazione di secondo mi rendo conto di conoscerla e mi volto di scatto senza pensarci.

"Sante peonie!" esclamo a bassa voce. Non poteva essere lei. Non Santana Lopez. Poi la sento chiaramente dire alla sua amica.

"Se non fossi dannatamente certa che Rachel Berry sia piantata su qualche palco di Broadway a spaccare i timpani del prossimo Rob Marshall, avrei detto che quella nana di cameriera fosse proprio lei".

A questo punto non ho dubbi, è Santana Lopez. Cammino a passo spedito verso la cucina, mi chiudo la porta alle spalle e mi ci appoggio chiudendo gli occhi.

“Come è potuto succedere che Santana Lopez, la stessa che ha reso quattro anni della mia vita un vero inferno, sia capitata qui dentro? E chi è la ragazza con lei? Brittany?”

Avevo sentito che le cose fra loro erano diventate serie dopo che Santana aveva chiesto a Brittany di andare a vivere con lei.

“Ma che ci fanno in un posto come questo? Non è proprio il posto adatto per un appuntamento galante. Tranne se sei un camionista. Oddio, perché dovevano venire proprio in questo posto? Ce ne sono altre 1000 di tavole calde squallide almeno quanto questa. Non posso andare da loro come se nulla fosse. Che cosa penseranno? Santana di certo non si lascerà sfuggire l’occasione di darmi addosso e riempirmi dei più fantasiosi insulti per farmi sentire ancora più insignificante di come mi sento senza bisogno di aiuti esterni. Come me la cavo adesso?”.

Mi guardo intorno cercando un modo per fuggire da quella situazione senza possibilmente perdere la paga della giornata. Prendo a camminare avanti e indietro portandomi di tanto in tanto la mano destra sulla fronte come se volessi tenere sotto controllo la mia temperatura. Mi sento ribollire il sangue e non sono sicura che sia colpa delle alte temperature della cucina.

Non so quanto tempo passo in quel modo, ma credo abbastanza dato che Hector, lo chef, attira la mia attenzione.

"L’ordinazione del tavolo 8 è pronta!".

“Oddio come faccio ora?!” penso in un accesso di disperazione. Non potevo tornare di là.

"Hector, ti dispiace sostituirmi per qualche minuto? Non credo di sentirmi molto bene. Faccio una pausa". Lo imploro quasi, ricevendo in cambio un’occhiataccia. Grazie al cielo vedo Hector afferrare i piatti e, sbuffando, sparire dietro la porta. Al suo ritorno mi indica col pollice la sala.

"Ci sono altre due clienti. Va a servirle".

“No, no, no, no, no.”

"Hector, ti prego, potresti occupartene tu? Davvero non mi sento b…" ma fui interrotta.

"Io sono lo chef qui, tu la cameriera. Quindi, a meno che tu non voglia dividere con me la tua paga di oggi, porta il tuo bel sederino di là e va a fare ciò per cui sei pagata!".

“Okay Rachel Barbra Berry, puoi riuscire a prendere una maledettissima ordinazione. Sono solo due clienti. Sicuramente Brittany impedirà a Santana di accanirsi con troppa cattiveria. Dopo questa, il tuo turno sarà finito e tu potrai andare a rintanarti ovunque vorrai. Il più lontano possibile da qui!”.

Mi convinco che posso farcela, imposto la mia espressione col sorriso più sereno e cordiale che riesco a fare e mi dirigo, blocchetto alla mano, al tavolo 4.

"Che vi porto ragazze?" alzo lo sguardo e noto Santana che mi guarda allibita senza nemmeno cercare di darsi un contegno e chiudere quella bocca spalancata.

Brittany è invece intenta a sfogliare un menù.

"San, tu cosa prendi? Io sarei propensa per un caffè e una fetta di torta alle fragole. Ma non sono sicura"

"Oh porco diavolo in catene!" esclama la mora. La bionda alza gli occhi dal menù e rimane un momento disorientata dall’espressione dell’amica, poi si volta verso di me.

Io, d’altro canto, avevo riconosciuto quella voce immediatamente. Come se non avessi sentito altro nella mia vita, e, decisamente, quella non era la voce di Brittany.

Vengo presa dal panico, non mi sarei mai aspettata di rivederla così. Ma eccola lì a fissarmi sconvolta e io non potevo più fuggire oramai.

"R-Rachel?!" riuscì a balbettare evidentemente scossa.

"Ciao Quinn!".

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Spero di non avervi fatto attendere troppo questo secondo capitolo. Ho cercato di scriverlo nel minor tempo possibile, nelle mie pause dallo studio.

Sono estremamente emozionata per le vostre recensioni e/o commenti, essendo la prima volta per me che qualcuno, escludendo i miei amici più cari, legge qualcosa di mio.

Perciò vi ringrazio dal più profondo del cuore per aver recensito, inserito la mia storia fra le seguite e, soprattutto, per averla letta. ^_^

Sono bene accette anche le critiche. Anzi forse mi servono, molto più delle gratificazioni.

Ok, la smetto di annoiarvi. Grazie ancora a tutti voi.

Buona lettura!

Ash


 

“Ciao Qinn!” riesco a malapena a pronunciare quelle due parole, sento il mio petto schiacciato dalla forza di una morsa che mi impedisce di respirare.

Avevo cercato di usare il tono più rilassato possibile, per quanto rilassata non fossi. Ma mi è sembrato di udire una punta d’isteria nel pronunciare il suo nome. Inoltre la stavo fissando con gli occhi spalancati quasi fosse un fantasma. Le mie orecchie sembravano essere andate fuori uso, sentivo una specie di scarica elettrostatica e nient’altro. Tutti i rumori che di solito mi assordavano non c’erano più.

Cerco di concentrarmi sul respiro e sento il mio cuore andare a mille. I miei muscoli sembrano essere atrofizzati. Non riesco a muovermi, sono bloccata.

“Quinn…” anche i miei pensieri si sono bloccati. Fissi su di lei. Non la vedo da quanto? Sette anni? Sì, erano già passati sette anni e lei era sempre la stessa. Bellissima nella camicetta che porta leggermente sbottonata. I capelli corti, il ciuffo che le ricade coprendo una parte del volto. Lo porta dietro l’orecchio permettendomi di guardarle meglio il viso. Il trucco leggero mette in risalto i suoi splendidi occhi verdi.

Rimango spiazzata. Sembra la stessa ragazza di sette anni fa, eppure c’è qualcosa nel suo sguardo, nei suoi occhi, che mi fa pensare che qualcosa sia cambiato. Beh, sarebbe anche ovvio in tutti questi anni che le cose cambino. Sento la curiosità che comincia a crescere dentro di me. Vorrei potermi sedere accanto a lei e ascoltarla raccontarmi tutto ciò che le è successo nel periodo in cui non ci siamo viste. Come facevamo i primi anni al college, anche se all’epoca non ci vedevamo al massimo per due mesi e, raccontarci ciò che c’eravamo perse, ci portava via al massimo qualche ora. Ora probabilmente non basterebbe una settimana.
Scaccio via i ricordi tanto velocemente quanto si sono presentati, senza però riuscire a bloccare quella sensazione di mancanza e malinconia che avevano portato con loro.

“Berry! Per quale demone risputato dall’inferno prendi le nostre ordinazioni in questa disgustosa bettola dimenticata da Dio?!”. Santana era appena uscita dal tunnel dello stupore.

“Ora cosa mi invento?” penso pericolosamente vicina a una crisi di nervi. Mi costringo a svegliarmi da quel torpore che aveva invaso i miei sensi.

“Shhh! Santana!! Ve lo spiegherò dopo, il mio turno è quasi finito. Ora, fingete che sia una comunissima cameriera e datemi la vostra ordinazione” sussurro velocemente facendo intendere che ci sia sotto qualcosa. Almeno così guadagno qualche minuto per pensare al da farsi.
Vedo le due scambiarsi uno sguardo interrogativo.

“Quando finisci il turno?” mi chiede Quinn.

Non so se rispondere sinceramente alla domanda. Ma, per quanto io possa essere una discreta attrice, Santana fiuterebbe una mia bugia più velocemente di quanto un Lagotto impieghi a trovare un tartufo. E poi non riesco a mentire a Quinn. Non dopo quello che è successo.

“Cinque minuti ancora. A quanto pare sarete le mie ultime clienti della giornata.” rispondo con un sorriso forzato.

Quinn e Santana non ricambiano il sorriso, evidentemente ancora confuse per la mia presenza lì in quelle vesti. Abbasso gli occhi sul blocchetto mentre il sorriso mi si spegne piano piano.

“Prendo solo un caffè allora.” ordina finalmente Quinn.

“Io invece prendo un cappuccino con doppia panna scremato”.

“Ehm, Santana forse non l’hai notato, ma non sei da Starbucks” dico imbarazzata.

“Sì. Sì, giusto! Un semplice caffè andrà bene”. Chiudo il blocchetto e mi volto per andare in cucina. Una mano afferra il mio polso costringendomi a girare su me stessa e guardare ancora una volta quegli occhi verdi. Quel tocco mi era dolorosamente familiare, non avevo nemmeno bisogno di guardare per sapere chi fosse.

“Porta anche un altro caffè, o quello che preferisci, e siediti qui con noi appena finisci il turno. Offro io” propone Quinn col sorriso più dolce del mondo. Non posso fare altro che annuire dato che non riesco ad emettere un fiato.

Cinque minuti più tardi, si presenta l'altra cameriera di cui non ricordo mai il nome. La aggiorno sulla situazione dei tavoli, poi vado nello spogliatoio a cambiarmi. Se solo ci fosse una doccia, mi ci affogherei pur di togliermi di dosso questo fetore. Spruzzo una dose esagerata di profumo.

"Ecco, ora puzzo più di prima!" penso storcendo il naso.

Ripasso mentalmente l'unica storia che potrebbe giustificare la mia presenza qui, o meglio l'unica che sia riuscita ad inventare in così poco tempo. Infondo, l'improvvisazione è una dote importante in un bravo attore, no?

Saluto Hector e mi accomodo al tavolo 4 accanto a Santana, sfoggiando un sorriso entusiasta mentre fisso la mia tazza di caffè. Sento i loro occhi fissi su di me e la cosa mi mette ansia. Ma sono bravissima a dissimulare la tensione.

"Ragazze è da una vita che non ci si vede!".

Un esordio più banale non potevo proprio sceglierlo. Sposto gli occhi da Santana a Quinn e poi ancora alla mora, in attesa che dicano qualcosa. Ma annuiscono solamente, chiaramente in imbarazzo per la mia uscita da sfigata.

"Cosa vi porta...qui?" aggiungo titubante indicando il locale e cercando di dar loro un argomento di cui parlare che non sia io.

"Stiamo festeggiando! Potevamo andare in una qualunque caffetteria, io avevo suggerito Starbucks sulla sesta avenue, ma la festeggiata qui presente ha deciso di entrare nella prima che avremmo incontrato". Santana avrebbe decisamente preferito il suo cappuccino doppia panna scremato a quella brodaglia che qui dentro chiamano caffè, e si capiva chiaramente dal tono che aveva usato.

Giro la testa per guardare Quinn che stava ridendo sotto i baffi per il disappunto della sua migliore amica.

"Cosa si festeggia?" chiedo sinceramente curiosa. Quinn alza lo sguardo verso di me e fissa i suoi occhi nei miei. Apre la bocca per rispondermi ma Santana l'anticipa.

"Quinn è diventata la più giovane socia di un importante studio legale. Ovviamente non è stata aiutata dal socio anziano, che si dà il caso sia anche..."

"Un affermato e talentuoso avvocato di successo." la interrompe Quinn ricevendo un'occhiataccia dalla mora per aver terminato la sua frase. Poi aggiunge con un sorriso imbarazzato "Grazie San! So rispondere da me". Santana sembrava stranamente confusa, ma si riprende fin troppo presto rivolgendomi la domanda che stavo aspettando da quando l'avevo riconosciuta.

"Bene Berry, ti abbiamo detto perché siamo qui. Ora vuoi deliziarci con il tuo racconto, possibilmente senza dilungarti troppo nei dettagli come al tuo solito, del motivo per il quale indossavi quella targhetta col tuo nome su quel grembiulino inguardabile, servendoci questa ciofeca?"

Bevo un sorso di caffè per prendere tempo poi semplicemente rispondo

"Sto facendo delle ricerche sul campo. Metodo Stanislavskij sapete. Mi sto preparando per il mio prossimo ruolo da protagonista" fingendo l'entusiasmo che la cosa richiede.

"Davvero? Come si chiama l'opera? Quando sarà la prima? Voglio venire a vederla" Quinn sembrava molto felice per me, mentre mi rivolgeva una marea domande che non avevo previsto.

"Oh, non lo so ancora. Non abbiamo nemmeno cominciato le prove"  non sapevo che altro dire. L'unica cosa da fare era spostare l'attenzione su qualcos'altro.

"Oh che stupida! Quinn, congratulazioni per il tuo traguardo lavorativo. Devi esserne fiera, io lo sono" le ultime parole mi erano sfuggite senza volerlo. Noto la reazione di Quinn che abbassa lo sguardo imbarazzata. Si crea un momento di silenzio. Dovevo romperlo immediatamente.

"Santana, non vorrei essere indiscreta, come vanno le cose con Brittany? Come sta?" dico velocemente.

"Barbra credimi, la discrezione non è mai stata il tuo forte. In ogni caso la mia Britt ha passato un brutto momento per la morte 'prematura' di Lord Tubbington. Però, grazie a non so quale intervento divino, i mocciosetti a cui insegna danza sono riusciti a tirarle su il morale. Quindi diciamo che tutto procede bene. Tu hai trovato un nuovo imbecille da portarti dietro alle prime?"

Lo sguardo corre verso Quinn prima che possa accorgermene e aggiustare il tiro. Lei dà un'occhiata veloce all'orologio e, appena si accorge che la sto guardando, si accarezza il collo con la mano fecendo finta di nulla.

"No Santana, nessuno dei ragazzi con cui sono uscita è riuscito a cogliere la mia vera essenza" ammetto mal volentieri.

"Non riuscivano a stare all'ombra dei riflettori puntati su di te? Buon per loro!"

"Santana! Ti pare carino quello che stai dicendo?!" la rimprovera Quinn, chiedendomi scusa per il comportamento dell'ispanica.

"Non preoccuparti Quinn, sono fuori allenamento ma credo di poter sopportare le solite battute acide di Santana."

Quinn guarda di nuovo il suo orologio. Mi sembra evidente che sia stufa di avermi intorno.

"Beh ragazze, credo di dovervi lasciare. Ho bisogno di un bel bagno caldo e non vorrei annoiarvi oltre. Mi ha fatto un enorme piacere rivedervi. Grazie per il caffè e la chiacchierata." dico alzandomi. Quinn scatta in piedi con me attirando ancora una volta lo sguardo confuso di Santana.

"No Rachel, non andare. Non ci vediamo da così tanto tempo. Stavo per proporre a Santana una passeggiata a Central Park. Vieni con noi." la proposta di Quinn mi prende alla sprovvista. Non sapevo cosa rispondere così su due piedi. Per fortuna Santana interviene.

"Quinn, starai scherzando! E' almeno ad un'ora di cammino da qui. Cosa vuoi andare a fare fin lì?!"

"Ho voglia di un gelato. O meglio ho voglia di offrirvelo. Ci state?" notando l'espressione non tanto propensa di Santana aggiunge "Prendiamo un taxi. Pago io!"

Santana a quell'ultima proposta non poteva dire no. E io nemmeno. Perciò, dopo che Quinn aveva saldato il conto, ci dirigiamo fuori alla ricerca di un taxi.

Dopo vari tentativi falliti...

"Dio non arriveremo mai in tempo!" Quinn continuava a guardare l'orologio impaziente. Forse prima avevo inteso male e ha qualche appuntamento di lavoro.

"Oh Gesù! Lo desideri proprio questo gelato!" commenta Santana per poi aggiungere "Lasciate fare a me!"

Facendo un gesto con la mano come a intimarci di restare indietro, scende dal marciapiede si piazza nel traffico con le mani sui fianchi fermando un taxi.

"Se non ti fermi e mi sgualcisci il vestito ti rispedisco nella baracca da cui sei venuto prima che tu possa dire Mumbai!" intima all'autista come se lui potesse sentire, poi comincia a gesticolare invitandoci a raggiungerla "Salite avanti!".

Dopo pochi minuti arriviamo al parco. Quinn scende e comincia a camminare molto velocemente. Io e Santana prima ci scambiamo uno sguardo interrogativo e poi cominciamo quasi a correrle dietro per stare al passo con lei.

"Quinn! Spero per la tua incolumità che sia un gelato per cui vale davvero la pena fare tutta questa fatica!" la minaccia di Santana si perse nell'aria senza nemmeno rallentare il passo spedito di Quinn.

Arriviamo nei pressi del laghetto quando Quinn decide di fermarsi. La vedo dare un'occhiata intorno a sé, come se stesse cercando qualcuno. Ma penso che stia solo cercando il chioschetto dei gelati che però non vedo proprio. Comincio a cercarlo anche io, quando all'improvviso parte una musica e vedo dei bambini correre e raggrupparsi attirando l'attenzione di tutti. Cominciano a danzare sulle note di una canzone di Ke$ha, credo sia 'Your love is my drug'.

"Un flash mob!!!" saltello e batto le mani dall'eccitazione. Adoro questi eventi improvvisati sin da quando Kurt e Puck mi sorpresero con il Barbravention al centro commerciale di Lima.

Maybe I need some rehab
Or maybe just need some sleep
I got a sick obsession
I’m seeing it in my dreams

"Wow! La cantano dal vivo!" penso euforica, mi sembra quasi di conoscere la voce della cantante. Guardo prima Santana e poi Qinn per vedere se anche loro sono emozionate e noto una strana espressione sul volto di Santana e un sorriso dolcissimo su quello di Quinn mentre entrambe guardano l'entrata in scena di una ballerina/cantante bionda.

"Oddio! Ma è Brittany!" esclamo prima di notare che ero stata l'ultima a capirlo. Imbarazzata rimango in silenzio a osservare la ragazza ballare e cantare come solo lei riesce a fare.

What you got girl is hard to find
I think about it all the time
I’m all strung out, my heart is fried
I just can’t get you off my mind
Because your love your love your love
is my drug

Un bambino si stacca dal gruppo, si dirige verso Santana, la prende per mano e la porta di fronte a Brittany che continua a danzare e cantare facendo imbambolare tutti i presenti per la sua bravura. Quinn mi prende per mano e mi trascina per vedere più da vicino. Rabbrividisco al contatto con la sua pelle ma lei sembra non accorgersene.

I don’t care what people say
The rush is worth the price I pay
I get so high when you’re with me
But crash and crave you when you leave

Mi tiene ancora per mano quando la musica sfuma.

Hey, so I gotta question...

Santana sembra sull'orlo di svenire mentre Brittany le si avvicina, la prende per mano e si inginocchia davanti a lei. Tutti gli occhi sono puntati su quelle due bellezze così diverse ma ugualmente affascinanti. Cala il silenzio nel momento esatto in cui Brittany prende la parola.

"Santana, mi hai insegnato che nella vita ciò che conta davvero non è solo la reputazione o le chiacchiere della gente, ma essere sempre pronti a combattere per affermare le proprie idee. Mi hai insegnato che quando si tratta di Amore, nulla è impossibile. Non ricordo un solo giorno della mia vita in cui ero triste, come un piccolo panda, e tu non fossi lì al mio fianco per consolarmi. Per tutto ciò che siamo state e per ciò che spero saremo in futuro, ho una domanda per te: Vuoi diventare mia moglie?" sorride felice e palesemente emozionata mentre uno dei bambini si avvicina con una piccola paperella che aveva qualcosa di molto luccicante legata con un nastro azzurro al collo.

Mi ritrovo a piangere come un'idiota per la dolcezza della ballerina. Ancora con la mia mano in quella di Quinn che sorride e piange emozionata come me.

"Sì!" riesce a pronunciare finalmente Santana, allungando la mano per farsi infilare l'anello e facendo scatenare la folla in un applauso assordante. Scoppio in una risata fra le lacrime, felicissima per quelle due ragazze che, sebbene nessuno ci avrebbe scommesso, avevano dimostrato a tutti noi cosa significa davvero amare. Si abbracciano completamente prese l'una dall'altra. Poi Santana si allontana quanto basta per prendere il viso della bionda fra le sue mani e baciarla dolcemente per un interminabile, eterno, bellissimo momento.

Sopraffatta dall'emozione Quinn mi teneva ancora per mano, improvvisamente la ritrae e mi guarda con gli occhi spalancati. La sua espressione, da felice e emozionata che era, si trasforma in un misto fra colpa e spavento. Siamo già andate oltre il limite impostoci dalle circostanze. Sto per correre via il più velocemente possibile quando sento il mio nome.

"Rachel! Che bello vederti in questa splendida giornata!" esclama Brittany al settimo cielo per la buona riuscita della proposta.

"Brittany! Non sai quanto sono felice per voi. Congratulazioni!" le dico mentre ci scambiamo un abbraccio. "Quelli sono i tuoi allievi, vero?" indico i bambini che hanno ballato con lei e ora saltellavano quà e là su di giri.

"Si! Sono i miei angeli." risponde con un sospiro, sorridendo dolcemente mentre li osserva giocare. "Rachel, sei stata testimone di questo importantissimo episodio della mia, o meglio della nostra vita. Devi assolutamente essere la mia damigella d'onore!" mi propone entusiasta come se avesse appena avuto un'illuminazione divina.

"Oh Brittany, non saprei. Sai con i miei impegni, avrei pochissimo tempo per aiutarti a organizzare il matrimonio e la festa di addio al nubilato eccetera" blatero senza sosta cercando una scusa valida.

"Oh andiamo nanetta, ti aiuterà Quinn! Lei sarà la mia damigella d'onore e tu quella di Brittany, esattamente come la mia... futura moglie desidera" sentenzia Santana con enfasi sulle ultime parole, anche lei su un altro livello del piano celeste per la gioia. "Guai a te se provi a dire un'altra sola sillaba che non sia 'sì'!" mi minaccia tornando per un istante in sé.

Guardo Quinn che mi osserva imbarazzata toccandosi il collo. So che Santana sarebbe capace di qualsiasi cosa pur di accontentare la donna che ama. Alla fine mi decido, infondo che male può fare?

"Sì! Mi farebbe un enorme piacere farti da damigella Brittany." rispondo sorridendo. Sposto ancora lo sguardo su Quinn che abbassa la testa con un sorriso insicuro prima di abbracciare le promesse spose e congratularsi con loro. Santana l'allontana un po' guardandola negli occhi con fare minaccioso.

"Me l'hai fatta Lucy Quinn Clearwater! Avrei dovuto capire che c'era qualcosa sotto con tutta quella fretta per un gelato." poi sorride e l'abbraccia ancora.

Clearwater. Il mio cervello ci mette un secondo in più del mio corpo a capire cosa significa. I miei occhi sono già sulla sua mano sinistra, sul suo anulare dove magicamente noto uno splendido anello che sembra sommerso di diamanti. Quinn mi guarda dispiaciuta. Santana sposta lo sguardo velocemente da Quinn a me, intuendo che forse non avrebbe dovuto pronunciare quel nome.

"Ragazze si è fatto un po' tardi, devo vedermi col regista. Mi dispiace non poter rimanere di più. Ci sentiamo presto" dico con un fil di voce. Mi volto e mi allontano a passo spedito. Non so dove sto andando, ma ho bisogno di allontanarmi il più possibile da lì, da lei. Ed ecco che sento ancora quel brivido quando percepisco di nuovo il suo tocco sulla mia spalla. Quinn mi ha raggiunta e mi ha fermato.

"Rachel, mi.."

"No, Quinn! Non dire nulla ti prego. Devo andare" mi volto ma lei mi ferma ancora.

"Rachel devi ascoltarmi, giuro che ti rubo solo due minuti." il suo tono dispiaciuto mi convince ad ascoltarla. "Mi dispiace di non avertelo detto. Lo avrei fatto, al momento giusto."

"Quando? Quando me lo avresti detto? Al matrimonio?!"

"No, non avrei aspettato così tanto."

"Non voglio più vederti!" le urlo contro mentre sento il sapore salato delle mie lacrime.

"Ora non essere ingiusta Rachel!"

"Ti sei sposata Quinn! E non mi hai detto nulla." dico in preda alla disperazione

Il suo viso si fa duro improvvisamente, insieme al suo tono quando pronuncia

"Non potevo aspettarti per sempre" per poi voltarsi e lasciarmi sola con le mie lacrime.

 


Grazie per aver letto.
Commentate se vi fa piacere. A me ne fa molto ^^'

Mi potete trovare su Twitter a questo indirizzo.

Un abbraccio caloroso.

Ash

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Mi scuso per l’immenso ritardo, ma, tra ispirazione che mancava e impegni vari, ci ho messo più del previsto.
Il capitolo non è granché e mi dispiace. Tenterò di rimediare nel prossimo.
Buona lettura.




Oggi al lavoro è stata una giornataccia. Pessimi clienti, pessime mance. Non vedo l’ora di rifugiarmi sul mio divano e vedere ‘Funny Girl’ piangendo come ho fatto negli ultimi due giorni, da quando Quinn mi ha detto quella frase. Ancora adesso la sento nella mia mente con quel tono pieno di rabbia e delusione. Non pensavo di rincontrarla dopo tutti questi anni, non pensavo di non averla ancora dimenticata, né tanto meno che una sua frase potesse ferirmi in quel modo. In realtà non pensavo affatto.
In questi ultimi anni ho cercato di lasciarmi tutto alle spalle ignorando ciò che avevo perso e sforzandomi di vivere ogni giorno semplicemente andando avanti, quindi Quinn e la mia carriera sfumata erano argomenti tabù nei miei pensieri.
Quando ho incrociato quegli occhi verdi, tutto ciò che avevo sepolto nella parte più remota e inaccessibile della mia memoria, è risalito a galla e si è insinuato nella mia mente con la forza di un’esplosione atomica. Non c’era riparo da quei pensieri, da quel dolore.

“Ciao Hector,  a domani.” saluto ed esco dalla porta d’ingresso guardando per terra mentre continuo a rimuginare ancora e ancora.

“Rachel?” quella voce l’avevo sentita realmente o era solo un’eco dei miei pensieri? Mi volto per assicurarmi che non fossi impazzita e, ancora una volta in pochi giorni, vengo investita da un luccichio verde che mi fa tremare le gambe e respirare a fatica.

“Quinn, ch- che ci fai qui?” balbetto come un’idiota, cercando di darmi un contegno.
Invece di rispondermi assume un’espressione eloquente con un sorriso sghembo.
 
“Che stupida Berry, cerca te no?! Che domande!”
Sorrido imbarazzata mentre il marciapiede sembra essere diventato la cosa più interessante del mondo.
 
“Volevo dire, come facevi a sapere che mi avresti trovata qui?” ancora una domanda idiota.
“A quest’ora intendo” mi affretto ad aggiungere.
 
“Sono venuta stamattina, ho chiesto quando era il tuo prossimo turno. Ed eccomi qui” risponde allargando le braccia per indicare la sua persona, per poi farle ricadere lungo i fianchi.
Il mio sguardo, fuori da ogni possibile controllo, vaga sulle sue forme. Il collo, le spalle, i seni, i fianchi, fino a incontrare la sua mano e l’anello che luccica all’anulare. Sollevo rapida lo sguardo e lo punto su di lei senza dire nulla, anche perché mi si stava formando un enorme nodo in gola e non sono sicura che sarei riuscita a dire molto. Fortunatamente poco dopo riprende a parlare guardandomi dritta negli occhi con quello sguardo da cucciolo che ha appena fatto qualcosa che sapeva di non aver dovuto fare.
 
“Sono venuta per parlarti, per spiegarti…” si interrompe senza sapere come continuare. D'altronde non c’era alcun bisogno che continuasse. Non era cambiata poi molto e riuscivo ancora a leggere i suoi pensieri come se fosse un libro aperto per me.
 
“Ti va un caffè?” senza aspettare una risposta ferma un taxi e apre la portiera facendomi cenno di salire.
 
Dopo un momento di titubanza durato al massimo mezzo secondo, accetto il suo invito e salgo in taxi seguita subito dopo da lei.
 
C’era un po’ di traffico a quell’ora, quindi il tragitto in taxi si rivelò più lungo del previsto. Io tenevo gli occhi fissi davanti a me, mentre sentivo i suoi che mi scrutavano. Non resistevo, dovevo guardarla anch’io. Mi volto e quasi affogo in quel mare verde chiaro. Il nodo alla gola non faceva che ingrossarsi rendendo difficoltoso anche solo respirare.

“Rachel…” comincia lei, chiaramente cercando le parole adatte o semplicemente un pretesto per rompere quel silenzio, continuando a guardarmi forse incapace, come me, di distogliere lo sguardo.
 
“Rachel, io volevo solo dirti che mi fa davvero tanto piacere che tu non abbia rifiutato il mio invito.”
 
“Beh, io… che motivo avrei per rifiutarlo?”
 
“Già..” annuisce imbarazzata senza continuare.
 
Ero già riuscita a portare la conversazione ad un punto morto? Ma come sono brava.
 
“Insomma Rachel, vuoi deciderti una volta per tutte a comportarti da adulta?!” dico a me stessa. Non potevo mica continuare a comportarmi come una scolaretta alle prese col primo ex. Avevamo ventinove anni, quasi trenta ed era arrivato il momento di cambiare atteggiamento. Lei era già, evidentemente, passata oltre e avrei dovuto farlo anch’io. “E’ il caso di dire qualcosa.”
 
“Bellissima questa borsa Quinn, ti dona davvero tanto! E’ la Olimpia Bag di Max Mara giusto? Deve esserti costata parecchio!” io non me la sarei potuta permettere nemmeno tra dieci anni col mio stipendio che bastava a malapena per pagare le bollette.
 
Vengo investita da una luce abbagliante proveniente dal suo sorriso che si è allargato mentre guardava teneramente la borsa.
“Non l’ho pagata in realtà, è stato un regalo”.
 
Dovevo immaginarmelo.
 
“Ah… di tuo marito?”
 
“Bill, si chiama Bill.”
 
Bill, Bill Clearwater era il nome dell’uomo che era riuscito a conquistare il cuore della donna bellissima davanti a me e che, come potevo ben vedere, le faceva regali costosi facendola sorridere al solo pensiero.
Se non avessi provato un sincero senso d’invidia nei suoi confronti, credo che avrei potuto considerarlo una persona eccezionale.
 
“Bill ha davvero buon gusto” dico guardandola ancora negli occhi. Mi rendo conto che mi riferivo più a sua moglie che alla borsa che aveva scelto per lei, e noto con piacere che a lei non era sfuggito il doppio senso della mia frase.
 
Finalmente il taxi accosta, scendo prima di Quinn che si occupa di pagare e poi entra nel locale tenendo aperta la porta per permettermi di seguirla all’interno.
Prendiamo posto e ci ritroviamo per l’ennesima volta a fissarci senza che nessuna delle due avesse la minima idea di cosa dire.

“Allora, di cosa mi volevi parlare?” dico mentre lei nello stesso momento dice qualcosa che non riesco a capire. Scoppiamo entrambe a ridere per poi metterci d’accordo su chi doveva prendere la parola.
E’ lei la prima a parlare.

“Rachel, volevo vederti pe-per spiegarti. Non volevo che lo scoprissi in quel modo. Avrei voluto dirtelo io, ma non sapevo come. Ho provato a contattarti, ma il tuo numero non era più attivo. Sei scomparsa così all’improvviso che ho creduto semplicemente non volessi più avere nulla a che fare con me.”

“Quinn, io..” provo a dire per essere poi subito interrotta.

“Ti prego Rachel, lasciami finire.” mi chiede con dolcezza. Forse aveva paura di perdere il filo del discorso se l’avessi interrotta. “Avrei potuto usare i mezzi che ho per cercarti, è vero. Tuttavia ho voluto rispettare la tua decisione”.

In quel momento il cameriere decide di prendere le nostre ordinazioni. Quinn ordina per entrambe senza chiedermi cosa preferisco, ricorda ancora che questa per me è l’ora del tè.
Io mi perdo nelle sensazioni che la sua ultima frase mi ha provocato. Poteva cercarmi è ovvio, giacché è un avvocato, avrà la rubrica piena di numeri dei migliori investigatori del West Side.
Però ha deciso di non farlo, e non perché non le importava nulla di me, ma, al contrario, perché rispettava ciò che avevo deciso. Anche se quella decisione l’avevo presa per entrambe senza che lei potesse opporvisi in alcun modo.
I ricordi non ebbero il tempo di impossessarsi completamente dei miei pensieri perché lei stava ricominciando a parlare.
 
“Quando ti ho rivista, così inaspettatamente, alla caffetteria mi sono detta che non poteva essere una coincidenza. Dopo tanti anni, il Fato aveva deciso di farci rincontrare. Non potevo ignorarlo” prese un respiro “Adesso tocca a te.” aggiunge cedendomi la parola.
 
Non sapevo che dire. Non volevo continuare a mentire inventando storie sulla vita che conducevo, né tantomeno raccontarle tutta la verità rischiando di fare una figuraccia. Così decido di spostare il discorso su di lei. Evitando completamente me e l’unico modo che mi sovviene al momento è anche quello di cui ho più paura perché molto probabilmente potrebbe farmi soffrire più di quanto questa situazione non faccia già.
 
“Non so che dire Quinn, mi dispiace di essere sparita, ma dato che, come dici tu, il Fato ci ha fatte rincontrare, vorrei approfittarne per recuperare un po’ il tempo perso. Raccontami di Bill, come vi siete conosciuti? Che tipo è?” chiedo, sperando di aver finto sincero interesse.
 
Lei si sistema meglio sulla sedia, come a voler cominciare a raccontare una favola ai nipoti imploranti intorno a lei. Prima di cominciare beve un sorso di caffè, poi mi guarda.
 
“Dopo aver finito il college sono andata a fare praticantato in uno dei migliori studi legali del paese, lui era uno dei soci e mio tutor. Ci siamo conosciuti così. Lui aveva 38 anni ed era così in gamba da farmi sentire una formica insignificante in sua presenza. Questo però, prima di conoscerlo più a fondo. Era così carismatico e gentile e umile che riusciva a far sentire tutti come se fossimo una grande famiglia. Tutti lo rispettavano, me compresa. Dopo qualche tempo, fui assunta e qualche anno più tardi, Bill cominciò a provare un interesse per me, diverso di quello tra colleghi. Le sue attenzioni particolari erano talmente dolci e sincere che non potevo non notarlo. Mi fece una corte serrata finché non capitolai, arrendendomi alla sua infinita dolcezza. Dopo sei mesi mi propose di sposarlo e, sebbene Santana mi avesse più volte minacciato di non parlarmi più se mi fossi sposata con lui, io dissi di sì. Ed eccoci qui, sono passati quasi due anni dal matrimonio e lui è ancora la persona dolce e piena di attenzioni che era prima” prende un altro sorso di caffè dandomi la possibilità di parlare
 
“Come mai Santana non voleva che lo sposassi? Sembra una persona a posto da come lo descrivi” quegli occhi sognanti mentre parlava di lui esprimevano tutta l’ammirazione che provava per quell’uomo ed io non potevo che ammirarlo a mia volta.
 
Prima di rispondere prende del tempo guardandomi negli occhi combattuta.
 
“Non voglio farmi i fatti tuoi… lascia perdere“ aggiungo velocemente cercando di darle modo di cambiare argomento se lo desiderava
 
“Santana pensa che io non sia innamorata di lui” dice alla fine fissando la tazza fumante che tiene stretta in mano.
 
“Magari fosse vero” penso tra me e me prima di dire
 
“Forse Santana non ti ha vista bene mentre parli di lui” con un velo di tristezza nella voce.
 
Doveva essersene accorta perché sorrideva forzatamente ponendo fine al discorso.

“Adesso basta parlare di te. Raccontami un po’ della tua vita, del tuo nuovo spettacolo. Come procede la ricerca sul campo per il tuo ruolo? Devi tenerci molto se lavori in quel buco.”

“Oh, non chiedermi niente ti prego. Per scaramanzia ho deciso di non parlarne ancora con nessuno.” Dico tutto d’un fiato cercando di apparire naturale.
 
“Capisco. Beh, a proposito di Santana, abbiamo un matrimonio da organizzare mi pare…” suggerisce tornando a puntare i suoi occhi verdi nei miei.
 
“Sì, hai ragione. Hanno già deciso la data?” chiedo. Mi ero completamente dimenticata di quel piccolo particolare.
 
“Si sposano in primavera, a fine Marzo” sorride dolcemente.
 
“Oh santo cielo, siamo a Novembre, ciò vuol dire che abbiamo poco più di tre mesi?!” esclamo scioccata contando i mesi con le dita.
 
“Già, dovremmo cominciare a darci da fare” ride Quinn divertita forse dalla mia reazione.

“Ora devo andare, si è fatto tardi” aggiunge dopo poco chiamando il cameriere per farsi portare il conto.
 
“Certo, devi tornare da tuo marito” penso mentre il mio sguardo ancora una volta fa il giro completo del suo corpo. “Che uomo fortunato!”
 
Dopo aver saldato il conto, la vedo rovistare nella borsetta in cerca di qualcosa, quando finalmente lo trova. Mi porge un cartoncino bianco che mostra il suo nome scritto in caratteri eleganti e i suoi recapiti telefonici.
 
La ringrazio, mi alzo prendendo le mie cose e mentre mi infilo la giacca sento la sua mano leggera sulla mia spalla e le sue labbra calde posarsi sul mio viso per un bacio sulla guancia.
 
“Chiamami, ti prego”
 
Rimango imbambolata un attimo prima di riprendermi e sorriderle salutandola.
 
“Certo che ti richiamo biondina”
 




So che le cose procedono a rilento, ma a tutto c’è un perché.
Ricordate di lasciare un piccolo commento se vi è piaciuto, ma anche se così non fosse. Anzi vi invito soprattutto a dirmi ciò che non vi è piaciuto in modo da migliorare nei prossimi capitoli.
E ricordate che le recensioni invogliano gli autori a scrivere più velocemente. :)

Ricordo che mi potete trovare anche su twitter a questo indirizzo:
https://twitter.com/Ashley87_Efp

A presto.

Ash

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Ciao a tutti, questo capitolo è moooolto Brittana e poco Faberry. Ho preferito così perché nel precedente di Brittana non ce n'era proprio. Spero vi faccia piacere.
Rigrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra i preferiti, seguiti e ricordati.
Un grazie particolare a voi che recensite, perchè mi fate venire voglia di continuare a scrivere soprattutto per voi.
Ringrazio anche la mia beta, senza la quale non potrei vivere. (Se ci sono errori è colpa sua :P)

Ora la smetto di annoiarvi. Buona lettura!




“Certo che ti chiamo biondina” avevo sussurrato mentre la guardavo allontanarsi in quell’impermeabile che le fasciava i fianchi e le stava così bene.
 
Quella stessa sera, tornata a casa le avevo mandato un sms, perché al contrario di quello che pensavo, chiamarla mi risultò parecchio difficile.

“E’ stato davvero piacevole
chiacchierare con te oggi.
Dovremmo rifarlo presto.
Questo è il mio numero.
Chiama quando vuoi. :)”

 
Qualche giorno dopo, ero beatamente addormentata sul mio letto, se così si può definire la brandina che avevo acquistato al mercatino delle pulci, godendomi il meritato giorno di riposo dal lavoro, quando il cellulare prende a squillare. Lo ignoro voltandomi dall’altro lato.
Dopo una decina di squilli finalmente smette. Nemmeno il tempo di riaddormentarmi, che ricomincia. Scocciata, lo afferro per vedere chi sta disturbando il mio riposino ristoratore.
 
“Merda!” impreco. La luminosità mi stava accecando. Chiudo un occhio e socchiudo l’altro filtrando la luce proveniente dal display.
Numero sconosciuto. Spero solo che non sia Hector per dirmi che devo sostituire Mandy per l’ennesima volta.
 
“Pronto?” dico con la voce impastata dal sonno.
 
“Ciao Hobbit, volevo ricordarti che, in quanto testimone della mia futura moglie, dovresti occuparti di organizzare una certa cerimonia che si terrà fra circa tre mesi. Non vorrai fare tutto all’ultimo minuto?! La perfezione necessita di tempo e cura dei particolari. E dovrà essere tutto perfetto per la mia Britt! Perciò alza il tuo flaccido culo da qualunque posto sia parcheggiato e vieni alla scuola di ballo, dobbiamo discutere i dettagli.”
 
“Santana?” riesco a dire approfittando del momento di pausa per prendere il respiro della mia interlocutrice.
 
“Si, sono io! Chi altro ti chiama Hobbit? Dimmelo perché dovrebbe pagarmi i diritti!” risponde ironica come al solito.
 
“Come hai fatto ad avere il mio numero?” chiedo spaesata, ignorando la sua ultima battuta.
 
“Me l’ha dato Mago Merlino nanetta!” risponde aggiungendo poco dopo “Chi credi avrebbe potuto darmi il tuo numero? Di certo non il tuo agente! E’ stata Quinn. Dio! Pensavo che in questi anni il tuo cervello da criceto fosse cresciuto almeno un po’!” la sento ridacchiare appagata dal suo commento pungente che ignoro ancora una volta.
 
“Capisco. Ok, dammi una mezz’ora almeno e dimmi dov’è la scuola”
 
“Ti mando un sms con l’indirizzo. Tra mezz’ora Hobbit, non un minuto di più!” riattacca senza nemmeno degnarsi di aggiungere un ‘Ciao’.
 
“Non cambierà mai!” penso raccogliendo le forze per costringermi ad alzarmi dal letto.
 
Mi butto sotto la doccia e mi preparo, nel frattempo Santana mi aveva inviato l’indirizzo della scuola di danza. Non era vicinissima. Quando sono pronta, scendo di corsa e prendo la metropolitana.
Guardo l’orologio e sono in perfetto orario, anche se, una volta scesa, sono costretta a correre per due isolati.
Arrivata davanti alla scuola, mi guardo intorno cercando Santana, ma di lei nessuna traccia. Cerco di ricordare se durante la telefonata mi avesse detto di rimanere fuori o entrare. Nel dubbio apro la grande porta, una receptionist mi accoglie con un sorriso a trentadue denti.
 
“Buongiorno, cosa posso fare per lei?”
 
“Ehm… sono un’amica di Brittany Pierce, è qui per caso?”
 
“Certo, è in sala. La lezione finirà tra pochi minuti. Può andare ad aspettarla direttamente lì”
 
Mi avvio verso la sala e noto che appoggiata allo stipite della porta c’è Santana con un’espressione beata sul volto. Sembrava completamente presa da quello che stava guardando e non volevo disturbarla.
Mi avvicino di soppiatto e mi affaccio alla porta rimanendo un po’ più indietro rispetto alla latina.
Vedo Brittany intenta a insegnare a dei bambini i passi di una coreografia. Si muoveva con una grazia infinita e una dolcezza disarmante. Ora capivo perché Santana fosse così assorta.
La bionda continuava a volteggiare, poi accortasi che uno dei suoi allievi non riusciva ad eseguire un passo, si ferma, si avvicina a lui e si accuccia per essere alla sua altezza dandogli una carezza per tranquillizzarlo. Poi lo aiuta ad imparare lasciando gli altri ad aspettare.
Quando finalmente il bambino riesce a fare quello che tutti gli altri avevano imparato prima di lui, corre dalla sua insegnante e la abbraccia, lasciandole un tenero bacio sulla guancia facendo sorridere la ballerina.
Una visione paradisiaca quel sorriso. Ero completamente assorta nella dolcezza della scena che si delineava davanti ai miei occhi. Santana era davvero fortunata.
 
Finita la lezione, tutti applaudono la loro brava insegnante e lei dopo averli salutati si volta per guardare negli occhi la sua ragazza. Sorride ancora e si avvicina verso di noi.
Lascia un bacio sulle labbra della mora allacciando le braccia al suo collo per poi voltarsi verso di me.
 
“Ciao Rachie!! Che bello rivederti!”
 
Santana solo in quel momento si accorge della mia presenza e mi guarda torva.
Brittany si stacca da lei per venirmi ad abbracciare.
 
“Sei in ritardo Berry!” mi rimprovera Santana incrociando le braccia sul petto.
 
“Non sono in ritardo, semplicemente eri troppo presa a bearti osservando la tua fidanzata che ballava per accorgerti di me.” rispondo divertita dalla reazione della latina che mi fulmina con lo sguardo posando le sue mani sui fianchi allargando leggermente la giacca.
Il mio sguardo si sofferma su qualcosa sotto l’ascella della ragazza. Seminascosta, c’era una fondina con una pistola.
Ancora abbracciata a Brittany guardo Santana interrogativa e anche un po’ preoccupata. Mi avvicino di più a lei.

“S-Santana, che… insomma, cosa ci fai con una p-pistola?!” balbetto a bassa voce.
 
In tutta risposta la latina alza gli occhi al cielo sbuffando.
 
“Sono una detective, ottavo nano!”
 
“Sicura di non essere invischiata con la mafia?” le chiedo ancora poco convinta mentre Brittany comincia a ridacchiare alle mie spalle.
 
“Calmati Barbra, ti farai venire un ictus! Ti basta come prova? O devo portarti alla centrale?” dice scocciata mostrandomi il distintivo.
Mi rassicuro, ma nemmeno poi tanto.
Santana, una testa calda che tende a dare in escandescenze per un nonnulla, con una pistola non mi faceva sentire poi tanto al sicuro.
 
“Non è bellissima, la detective più sexy di New York?” chiede orgogliosa la ballerina.
 
“Non esagerare tesoro, non spiattellare così la verità in faccia alla gente!” ridacchia senza preoccuparsi di fingere modestia.
 
“Rachie, sai che la mia Sannie ha posato per il calendario della polizia negli ultimi tre anni? Vuoi vederlo? Li ho tutti appesi in ufficio. Pare sia la più apprezzata!” mi informa la bionda per poi cingere la vita della fidanzata con un braccio e aggiungere abbassando la voce “E non hanno tutti i torti! Ma sei solo mia!” rivolgendosi a lei.
 
Per un momento mi sembra quasi di vedere arrossire Santana. Continuavano a guardarsi, la fronte dell’una poggiata su quella dell’altra. Era un momento così intimo e privato che non volevo rovinarlo dicendo qualcosa, così aspetto che escano dal loro mondo fatto di amore e coccole e si ricordino che esisto anch’io.
 
Non so per quale motivo, senza che potessi accorgermene, i miei pensieri cominciano a vagare e mi ritrovo a pensare a Quinn. Posso chiaramente vedere il suo viso, vicinissimo al mio mentre le sfioro con la mano una guancia. Mi perdo in quella distesa di verde sempre più vicina. Posso quasi sentire il suo respiro sulle mie labbra.
 
“Beh credo che dovremmo darci una mossa. Andiamo al ristorante. Quinn ci raggiungerà direttamente lì.” Dice improvvisamente Santana interrompendo sul più bello le mie fantasie.
 
“Ah, ci sarà anche Quinn?” chiedo forse un po’ troppo interessata. Cosa che non deve essere passata inosservata alla detective che ho davanti a giudicare dalle sopracciglia aggrottate.
 
“Ovvio! E’ la mia testimone e la mia migliore amica. Non pretenderai che lasci l’organizzazione del mio matrimonio, il giorno più bello, importante e indimenticabile della mia vita, nelle tue manine da bambino?!” risponde con il suo solito tono di dolce acidità.
 
“Fai la brava Sannie, è la mia testimone. Trattala bene, perché sono davvero contenta di averla ritrovata dopo tutto questo tempo” sussurra dolcemente la ballerina.
 
“Ok, ok. Muoviamoci però perché di questo passo arriveremo al ristorante per cena”
 
Saliamo nella macchina di Santana e per tutto il tragitto Brittany non fa che raccontarmi della tragica e ‘prematura’ fine di Lord Tubbington. Racconto al quale però non riesco a prestare la dovuta attenzione perché continuavo a preoccuparmi del conto del ristorante. Avevo con me pochi spiccioli, sarebbero bastati sì e no per un’insalata e dell’acqua.
 
Arrivate a destinazione, Santana si avvicina al direttore che ci accompagna al nostro tavolo.
 
“Allora, come ti dicevo, dopo l’operazione allo stomaco Lord T. è entrato in coma. Gli sono stata sempre accanto tenendogli la zampa e cantandogli l’intro di Fondue for two. Era la sua canzone preferita. Poi un giorno, ha aperto gli occhi e mi ha detto che aveva nascosto i risparmi sotto la sabbietta della lettiera e che voleva li tenessi io. Poi è spirato.” Una lacrima scendeva sul viso della bionda mentre pronunciava le ultime parole.
Santana prontamente la consola cingendola con un braccio.
 
“Mi dispiace davvero tanto Brittany. Ti faccio le mie condoglianze.” Le dico rendendomi conto di quanto ridicole potevano sembrare le mie parole a qualcuno che non sapesse quanto era importante quel gattone obeso per la ballerina.
Brittany mi abbraccia ancora ringraziandomi, provocando in Santana una strana espressione che non riesco bene a decifrare. Fortunatamente veniamo interrotte dalla voce più dolce e sensuale che potesse accarezzare i miei timpani.
 
“Ciao ragazze! Scusate il ritardo, ero in tribunale per una causa di divorzio.” Saluta Quinn.
 
“Tranquilla biondina, con noi non dovrai preoccuparti. Non ci lasceremo mai!” risponde Santana stringendo la mano di Brittany sul tavolo.
 
“Lo diceva sempre anche Lord T.” annuisce la ballerina con un pizzico di emozione nella voce.




Se volete lasciate un commento e fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo.

Buona notte a tutti voi lettori notturni come me!

Ash

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Scusate tanto per l'enorme ritardo nel pubblicare questo capitolo. Lo studio mi porta via tempo ed energie.
Non è lungo quanto speravo, ma credo che vi piacerà. Ci sono tante belle cosette.

Questo capitolo lo considero più la seconda parte del precedente, che un capitolo a se stante.

Ringrazio tutti voi che leggete. Ringrazio chi segue, preferisce e chi recensice.
Ringrazio la mia beta che è sempre disponibile. :*

Buona lettura!




“Dio come è bella” pensavo mentre la fissavo senza che riuscissi a distogliere lo sguardo. Indossava un tailleur grigio elegante che metteva in risalto le sue forme femminili e reggeva una ventiquattrore nera. Divisa da lavoro che le donava davvero tanto e risaltava la bellezza del suo viso, per non parlare del resto.
 
Quinn prende posto alla mia destra vicino a Santana posando la valigetta alla sua sinistra, abbassandosi leggermente verso di me e sollevando il viso per guardarmi.
 
“Rachel, che bello vederti qui.” Poi sistemandosi meglio sulla sedia, accavalla le gambe e aggiunge rivolta a me “Spero non ti dispiaccia che abbia dato il tuo numero a Santana. Ti avrei chiamata io, ma ero impegnata con questa causa…”
 
“Non c’è alcun problema Quinn” la interrompo io per tranquillizzarla ricevendo in risposta un sorriso che mi fa perdere la capacità di respirare per qualche istante.
 
“Allora com’è andata? Avete vinto?” chiede Santana senza lasciare la mano della sua promessa sposa.
 
“E’ stata dura, ma ce l’abbiamo fatta.” Sorride soddisfatta la bionda.
 
In quel momento arriva il cameriere per prendere le nostre ordinazioni.
 
“Ragazze prendete pure ciò che desiderate, offro io.” Dice una Quinn sorridente.
 
“Neanche per idea biondina, siete mie ospiti” risponde Santana.
 
“Oh, e da quando il tuo stipendio da Detective della NYPD ti permette di offrire un pranzo a degli ospiti?” chiede divertita Quinn.
 
“Ti ricordo che metà dei proventi della scuola di Britt arriva mensilmente nelle mie tasche. E poi oggi è un giorno importante e bisogna onorarlo” Risponde guardando dolcemente la sua ballerina.
 
“Scusami, non volevo essere rude, mi sembrava solo strano che fossi così gentile da offrirci il pranzo” afferma l’avvocato.
 
“Soprattutto a me” aggiungo io facendo sorridere Quinn.  Vedo un ghigno malefico spuntare sul viso della latina e uno strano brivido mi percorre la schiena.
 
“Hai ragione puffo brontolone, la prossima volta tocca a te offrire.” Sentenzia acida la bruna rivolta a me.
 
Credo che quel brivido avesse piena ragione di esistere. Come avrei potuto permettermi anche solo di offrire qualcosa a qualcuno se a stento riuscivo a mantenere me stessa?
Mi sforzai di sorridere anche se il risultato fu più una smorfia che fece ridere di gusto Santana.
 
Fatte le nostre ordinazioni al cameriere che nel frattempo era stato lì ad assistere a quello scambio di battute, Brittany prende la parola.
 
“Ragazze credo sia arrivato il momento di parlare del matrimonio e, soprattutto, dell’addio al nubilato!” urla quasi, battendo le mani tutta esaltata.
 
“Si cominciamo da quello, voglio solo sapere se desiderate festeggiarlo insieme o separatamente.” Dice Quinn.
 
“Vi prego festeggiatelo insieme” prego tra me e me. Non saprei proprio dove portare Brittany, non la conosco così bene e poi non ci vediamo da tempo. Organizzare una festa di addio al nubilato insieme a Quinn, che conosce bene entrambe, renderebbe tutto molto più semplice. Senza contare che mi permetterebbe di stare in sua compagnia, senza bisogno di scuse, per un bel po’ di tempo.
 
Mi rendo conto, forse solo in quel momento, di quanto la presenza di Quinn sia mancata nella mia vita. Era un punto di riferimento importantissimo per me, i primi anni a New York. Mi sostenne durante i primi tempi, quando la mia insegnante di danza alla NYADA si divertiva a torturarmi e non ne voleva sapere di lasciarmi in pace. Se non fosse stato per i consigli di Quinn e il suo supporto morale, non so cos’avrei fatto.
Dovevo fare di tutto per ritrovare un rapporto con lei, anche se non sarebbe stato lo stesso. Non avevo mai capito di quanto avessi bisogno di specchiarmi nei suoi occhi verdi, di sentire il suono della sua risata. Ora che l’ho ritrovata non la lascerò più andare via da me come accadde sette anni fa. Costi quel che costi, riconquisterò la sua fiducia e la sua amicizia.
 
“Insieme!” rispondono all’unisono Santana e Brittany dopo un brevissimo istante di riflessione.
 
“Sì!” esulto nella mia mente, sorridendo alle due piccioncine.
 
“Bene, sappiate che il vostro addio al nubilato sarà una sorpresa da parte mia e di Rachel.” Afferma Quinn senza minimamente preoccuparsi di chiedere la mia opinione. Poi si volta verso di me e mi fa un occhiolino.
 
Mi sciolgo letteralmente. Il cuore manca un battito e la salivazione va a zero. La guardo imbambolata, incapace di muovere un muscolo o dire qualcosa. Dimentico tutto: dove siamo, con chi siamo. Per un attimo non ricordo più nemmeno chi sono. Riuscivo a vedere solo lei, tutto intorno a lei era sfocato, inanimato. Solo lei risplendeva al centro del mio universo. Possibile che, dopo tutti questi anni, Quinn abbia ancora questo effetto su di me?
 
“Bene, allora parliamo della cerimonia” suggerisce Santana facendomi ritornare improvvisamente alla realtà.
 
“Avete già pensato alla location?” chiedo ancora confusa dalle sensazioni provate poco fa.
 
“Sinceramente no, siamo state troppo impegnate a…” Brittany non completa la frase guardando la detective e arrossendo leggermente.
 
“A giocare a dama” conclude la mora.
 
“Si chiama così adesso?” chiede allusiva Quinn, ridacchiando un po’.
 
Capisco solo in quel momento che non stavano effettivamente giocando a dama. Mi sento avvampare il viso dall’imbarazzo.
 
“Cielo Berry, che hai? Dodici anni?! Da quanto tempo non… giochi a dama?” mi domanda Santana perfida.
 
Arrossisco ancora di più, Quinn si volta per guardarmi e non reggo oltre.
 
“Scusatemi devo andare alla toilette.” Dico, per poi fiondarmi in bagno.
 
Mi appoggio con le mani al lavandino e alzo lo sguardo per fissare il mio riflesso allo specchio. Ho le guance rosse peperone. Apro il rubinetto e lascio scorrere l’acqua gelida sui polsi, per calmarmi. Come poteva Santana trattarmi così? Non eravamo più al liceo, doveva continuare a fare la bulla anche dopo tanti anni? Pensavo che i poliziotti fossero migliori, più maturi. Mi sa che lei non è cresciuta un granché.
 
“Non cambierà mai” dico alla donna allo specchio.
 
“Non è vero” sento alle mie spalle la voce di Quinn e mi volto di scatto.
 
“Quando è entrata?”
 
“Scusami, non volevo spaventarti. E’ solo che non vorrei te la fossi presa” aggiunge dopo un attimo di silenzio.
 
“Non sopporto di essere trattata così. Non le sono bastati gli anni del liceo? Non mi ha torturata abbastanza? E’ rimasta la bulla che è sempre stata” rispondo forse con troppa foga, rimanendo senza fiato per un po’. Quinn mi guarda perplessa, forse la mia reazione è stata un tantino sopra le righe. Non dovevo alzare la voce.
 
“Scusami Quinn, non me la prendo con te. E’ solo che sono stanca di tutto questo. Non me lo merito”.
 
“Santana si comporta così perché la pensa diversamente” dice spiazzandomi completamente.
 
“C-cosa vuoi dire?” chiedo mentre nella mente già comincio a capire cosa significa quella frase.
 
“Lo sa” risponde secca. Improvvisamente mi sento come se stessi cadendo in un burrone senza possibilità di appigliarmi a nulla. Come faceva a sapere che avevo mentito sul lavoro alla caffetteria? Era un detective certo, ed è sempre stata molto intuitiva.
 
“Non sei poi un’attrice così brava Rachel” dico a me stessa mentre Quinn continua a parlare.
 
“L’altro giorno al parco ha intuito qualcosa. Sai com’è Santana, ha capito tutto immediatamente e quando me l’ha chiesto non ho potuto mentirle”
 
Rimango un attimo interdetta. L’ultima frase non mi è chiara. Come aveva fatto a capirlo al parco? No un momento, gliel’ha detto Quinn? E come faceva lei a saperlo?
Le congetture si affollano nei miei pensieri finché…
“Oddio” spalanco gli occhi e la bocca mentre la consapevolezza del vero significato di quelle parole si infiltra con prepotenza fin nei meandri più oscuri della mia mente.
Santana non sa nulla del mio fallimento sul piano artistico, ma sa tutto di quello sul piano sentimentale.
Sa che Quinn mi amava e che io l’ho fatta soffrire. Mi sta facendo del male per vendicare quello che ho fatto alla sua migliore amica. Posso capirla.
 
“In questo caso, ha il diritto di farlo” dico abbassando lo sguardo sconfitta dai sensi di colpa che piano piano affioravano nel mio cuore.
 
“No, non ne ha il diritto. Siamo cresciute, è ora di andare avanti” dice Quinn avvicinandosi a me di qualche passo.
 
La guardo e capisco che in realtà lei era già andata avanti. Ero io ad essere rimasta incastrata in un limbo da cui non riuscivo a fuggire. Ma volevo davvero fuggire?
A volte mi sembrava che la mia vita attuale fosse un nascondiglio perfetto dalle mie paure e dalle insicurezze. Un riparo dal dolore. Ero bloccata non perché non riuscivo a muovermi, ma perché non volevo farlo.
 
“Non ci riesco, non posso” sussurro a me stessa, ma Quinn riesce a sentire e si avvicina ancora a me. Ora siamo a pochi centimetri di distanza, posso sentire il suo profumo.
Prende la mia mano nella sua stringendola leggermente.
 
“Ora ci sono io. Ti aiuterò se me lo permetterai” sussurra Quinn sollevando la mano libera per posarla sulla mia guancia.
 
Sollevo il viso e i nostri sguardi si incontrano. Lei mi sorride dolcemente e io sono costretta a uno sforzo enorme per riuscire a dire qualcosa. Alla fine tutto ciò che riesco a pronunciare è un semplice
 
“Sì” e per fortuna sembra bastarle. Si allontana di un passo stringendo ancora la mia mano.
 
“Bene allora per prima cosa, torniamo al tavolo. Poi dirai a Santana di smetterla di trattarti così perché non ne ha alcun diritto”
 
“Mi azzannerà alla gola per aver provato a ribellarmi” dico timidamente ancora non del tutto convinta di volerlo fare.
 
“Ci sarò io a spalleggiarti” mi sorride ancora, divertita, e mi sento al sicuro.
 
Annuisco e lei si volta facendomi strada verso il tavolo. La seguo senza poter impedire ai miei occhi di seguire le curve del suo corpo e apprezzarne la grazia e l’armonia.
 
“Berry cosa hai fatto in bagno per tutto questo tempo? Pensavo ti avesse rapito il mostro del gabinetto!”
 
“Adesso basta Santana!” rimango in piedi mentre la mora mi guarda con un ghigno divertito.
 
“Cos’è nanetta, ti sei seduta sullo scovolino?”
 
“Non tollererò più le tue malignità. Non hai il diritto di trattarmi così, il liceo è finito da un pezzo. Siamo adulte e si dà il caso che io sia la testimone della tua futura sposa. Esigo che mi mostri il rispetto che merito” annuisco soddisfatta. Poi mi inquieto vedendo Santana alzarsi dalla sedia con il volto duro.
 
“Non te lo meriti? No, forse hai ragione, ti meriti di peggio. Se non fossi una poliziotta in questo momento ti avrei già presa a schiaffi”
 
“Stop the violence” canticchia Brittany con una mano sul braccio di Santana più per farle sentire la sua presenza che per trattenerla.
 
“Santana ora basta. E’ ora di andare avanti!” sentenzia dura Quinn.
 
Dopo un momento di stallo in cui potevo vedere le fiamme uscire dallo sguardo della latina, vedo il suo volto rilassarsi mentre riprende posto facendomi cenno di sedere anch’io.
 
“Come preferite. Tre contro una. Non posso che arrendermi, sebbene sia io quella con la pistola” dice con gli occhi fissi nei miei e un sorriso indecifrabile sulle labbra.
 
Passiamo il resto del pranzo a definire vari dettagli sul matrimonio, anche se non avevano le idee chiare su ciò che desideravano, riusciamo a trovare una linea comune. Doveva essere un matrimonio indimenticabile.
 
“Allora Quinn, ti occupi tu della licenza matrimoniale?” chiede Santana.
 
“Ovviamente” annuisce la bionda
 
Per tutto il tempo Santana non aveva fatto altro che alternare sguardi languidi a Brittany e occhiate fiammeggianti a me.
 
Chissà per quale motivo non riuscivo a sentirmi tranquilla.



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Grazie per aver letto, se vi va recensite perchè mi fa sempre piacere leggere cosa ne pensate.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***



Ciao a tutti! Lo so sono in tremendo ritardo. Spero mi perdonerete dopo aver letto.
Questo capitolo a me piace tanto, anche se è un po' smielato.
Grazie a chi segue/preferisce/recensice e a chi semplicemente legge.

Vi lascio alla lettura con un ' Love is in the air ' !!




Sono in fila alla cassa del supermercato. Davanti a me c’è un uomo, sulla quarantina, veramente affascinante che indossa un abito nero di ottima fattura. Mi soffermo ad ammirare i suoi capelli brizzolati e poi do una sbirciatina al suo carrello. Due bottiglie di vino francese e panna spray, chiaramente lo aspetta una serata romantica.
 
Non posso fare a meno di ripensare a quella sera, al secondo anno di college, quando sorpresi Quinn presentandomi a casa sua con una bottiglia di Chianti e solo un impermeabile addosso. Mi mangiava con gli occhi mentre stappavo la bottiglia ed io facevo finta di non accorgermene.
 
“Perché non ti togli il soprabito amore?” mi chiese ignara della sorpresa che le avevo riservato.
 
“Fuori l’aria è gelida e sono congelata, dammi il tempo di riscaldarmi” le risposi con un sorriso. Feci per versare il vino nei bicchieri ma Quinn mi fermò prendendomi la mano e facendomi voltare verso di lei.
 
“Lascialo respirare e salutami per bene” mi disse avvicinandosi per lasciarmi uno dei suoi dolcissimi baci.
 
Allacciai le mie braccia al suo collo e la costrinsi a continuare a baciarmi concedendole solo qualche piccola pausa tra un bacio e l’altro. Mi sorrise stringendomi forte in vita. Potevamo rimanere così per sempre dimenticandoci del mondo là fuori e vivendo solo del nostro amore, dei nostri respiri così tanto vicini da confondersi.
 
“Ti sei riscaldata ora?” mi chiese accarezzandomi la schiena.
 
“Uhm, non saprei. Puoi fare di meglio” risposi facendola scoppiare a ridere.
 
Era sempre bellissima ma, quando il suo viso s’illuminava dei suoi sorrisi, potevo anche morire consapevole che dalla vita avevo avuto più di quanto potessi mai sperare.
Feci uno sforzo considerevole voltandomi per versare il vino nei bicchieri mentre lei mi teneva ancora stretta in un abbraccio da dietro con la testa sulla mia spalla sinistra, intenta a scrutare ogni mia mossa e lasciandomi qualche bacetto sul collo.
Le porgo il bicchiere e lei si allontana da me quel poco che basta per permettermi di voltarmi a guardarla appoggiandomi al tavolo.
 
“A cosa brindiamo?” chiese la mia biondina preferita.
 
“Solo a noi, amore” risposi io, avvicinando il mio bicchiere al suo per il brindisi.
 
Bevve un sorso di vino e chiuse gli occhi per assaporarne il gusto. Sapevo quanto le piacesse, era il suo preferito. Quando li riaprì, mi guardò intensamente e io capii che era arrivato il momento perfetto per la sua sorpresa.
Mi tolsi lentamente l’impermeabile facendolo scivolare ai miei piedi e ridacchiai notando la sua espressione, che da sorpresa diventava sempre più famelica.
 
“Rachel Barbra Berry, nel mio letto. Subito!” ordinò ed io fui felicissima di eseguire quell’ordine.
 
Scuoto la testa per costringere la mia mente a ritornare alla realtà. Ormai era passato tanto di quel tempo che non aveva senso rivangare il passato, per quanto bello e per quanto mi mancasse.
All’improvviso provo un devastante senso di vuoto, perché ricordo perfettamente come il suo amore mi riempiva la vita. Stare con lei era tutto ciò che mi rendeva felice, ma l’ho capito troppo tardi.
E’ tardi per tornare indietro e cambiare le mie decisioni, ma forse non è troppo tardi per riallacciare quell’amicizia che ci aveva legate prima di trasformarsi in qualcosa di più. In fondo cosa ho da perdere?
 
Prendo il cellulare e le invio un sms.
 
“Ciao Q. ti va di fare qualcosa insieme stasera?
Cinema o quello che vuoi tu.
In nome dei vecchi tempi. :)”
 
Nemmeno il tempo di fare un passo avanti che arriva la sua risposta.
 
“Certo, non avevo nulla in
programma per stasera.
Ti passo a prendere io.”
 
Sorrido come un’ebete allo schermo del cellulare. Le scrivo l’indirizzo e le do appuntamento di lì a un’ora. Avrei avuto tutto il tempo di prepararmi alla serata. Torno a concentrarmi sull’uomo elegante, anche io mi sarei divertita quella sera. Il suo cellulare comincia a squillare, lui risponde, rimanendo qualche istante ad ascoltare la persona all’altro capo del telefono.
 
“Okay cara. Se è così importante per te, sarà per un’altra volta” disse per poi lasciare il carrello e allontanarsi verso l’uscita.
 
Pover’uomo, la sua serata romantica era chiaramente appena saltata.

 
 
Il cellulare mi avvisa che è arrivato un sms mentre sto combattendo con il mascara a buon mercato che non ne vuole sapere di sistemare le mie ciglia.
 
“Scendi quando vuoi, ti aspetto. Q.”
 
“Puntuale come al solito!” esclamo leggendo il suo sms.
 
Fortunatamente sono quasi pronta. Uno sguardo veloce allo specchio, sono perfetta. Per quanto potessi essere perfetta in un abito corto trovato al mercatino e le uniche scarpe col tacco che mi sono rimaste e che fortunatamente sono come nuove giacché non avevo mai occasione di indossarle. Prendo la borsetta e il soprabito e scendo piano le scale per non rischiare di ruzzolare giù. Quando salgo in macchina e mi volto a guardare Quinn rimango senza parole. Rimango a fissarla beandomi della bellezza dei suoi lineamenti, la perfezione della linea delle labbra e mi perdo in quegli occhi verdi che mi stanno scrutando divertiti.
“Ciao, sei uno splendore!” mi dice sorridendo. Apro la bocca per rispondere ma nulla esce dalla mia bocca così la richiudo e la riapro per un secondo tentativo, fallimentare quanto il primo.
 
“Cos’è, Rachel Berry ha perso la voce?” sghignazza divertita dalla mia esitazione.
 
“No, è che…che…” balbetto come una scolaretta.
 
“Che…?” mi incita a continuare.
 
“Che… Sei bellissima.” Le dico senza controllarmi. Sono proprio idiota.
 
Lei abbassa leggermente il viso sorridendo a labbra serrate e distoglie lo sguardo per qualche secondo mentre le sue gote si dipingono di un lieve rossore. Poi torna a guardarmi.
 
“Grazie” risponde semplicemente mentre noto che i suoi occhi si posano sulle mie gambe scoperte per qualche istante. Poi sposta la mano destra sulle chiavi inserite nel quadro, per accendere la macchina.
 
“Cinema?” mi propone.
 
“Se a te va, io sono d’accordo” le rispondo annuendo e allacciandomi la cintura.
 
Mentre alla radio passano “Stereo Hearts” dei Gym Class Heroes, mi volto per guardarla ancora. La vedo concentrata sulla guida con le labbra piegate in un leggero sorriso e gli occhi che riflettono le luci lungo la strada. Anche lei aveva un vestito corto come me che le lasciava scoperte le gambe. Ancora una volta non riuscivo a non pensare a quanto fosse bella.
Quanto avrei voluto fermare il tempo e stare lì a fissarla per ore senza che lei se ne accorgesse. Mi sentivo una privilegiata a poter vedere da vicino la perfezione. Sarebbe bastato allungare la mano e avrei potuto sfiorare il suo viso per toccare quell’angolo di paradiso. Ma non posso farlo perché, purtroppo, è il paradiso di qualcun altro. Non più il mio.
 
“Che film vorresti vedere?” mi chiede all’improvviso facendomi sobbalzare.
 
“Non ne ho idea, non sono molto informata sulle ultime uscite” le confesso sinceramente.
 
“Che ne dici di un vecchio film, piuttosto che uno appena uscito?” propone sorridendo.
 
“Hai già un film in mente?” le chiedo intuendo le sue intenzioni.
 
“Beh ho fatto una piccola ricerca su internet prima di passare a prenderti e, a quanto pare, al Tribeca stasera proiettano Evita. So quanto ti piace, perciò potremmo guardare quello, se vuoi..” propone voltandosi a guardarmi un istante per poi tornare con gli occhi sulla strada.
 
“E’ perfetto” rispondo io, felice che ricordasse i miei gusti anche in fatto di cinema.
 
Arrivate a destinazione, Quinn mi porge alcune banconote da un dollaro, chiedendomi di andare a comprarle popcorn formato gigante e Coca-cola, mentre lei faceva la fila per i biglietti.
Quando finisco, la trovo ad attendermi vicino all’entrata. Vedo i suoi occhi spaziare dai miei piedi fino agli occhi per poi incatenarli ai miei per tutto il tempo necessario affinché la raggiungessi.
 
“Ti ho già detto che sei bellissima stasera?” mi dice mentre prende i popcorn dalle mie braccia ed io abbasso lo sguardo sentendo le mie guance andare a fuoco.
 
“Non è vero, ma grazie di averlo detto” sorrido imbarazzata.
 
Ci dirigiamo in sala e cerchiamo i nostri posti. Siamo in penultima fila tra una coppia attempata e una ragazza vestita di nero con i capelli blu elettrico.
Quando comincia la proiezione, Quinn mi offre i popcorn. Ne prendo una manciata ringraziandola e li sgranocchio concentrata sulla pellicola.
Dopo un po’ mi porge la sua bibita. Esito prima di prenderla.
 
“Ma ho il rossetto e non ho preso un’altra cannuccia” le sussurro avvicinandomi a lei per non disturbare gli altri spettatori.
 
“Non mi ha mai spaventato un po’ di rossetto” risponde lei sorridendomi.
 
Il suo sorriso illuminato dalla luce del maxischermo è un colpo al cuore. Non riesco a distogliere lo sguardo dal suo viso così bello e perfetto. Anche lei mi sta guardando, i nostri occhi si incontrano e ancora una volta rimaniamo un’eternità a fissarci senza dire nulla.
 
“Scusa se sono ripetitiva, ma stasera sei da togliere il fiato” mi sussurra ed io mi sento mancare.
 
“Non potrò mai essere bella quanto te. Insomma guardati, chiunque vicino a te sfigurerebbe” le rispondo.
 
“SHHHH” sentiamo alle nostre spalle. Ridiamo silenziosamente per poi tornare a guardare il film.
 
Al termine della proiezione ci dirigiamo lentamente verso l’uscita. Chiacchierando del più e del meno fino ad arrivare alla macchina.
Una volta arrivate sotto casa, Quinn accosta e si volta a guardarmi.
 
“E’ stata una serata fantastica. Dovremmo ripeterla.” Le dico sinceramente.
 
“Peccato sia già finita” annuisce Quinn dispiaciuta.
 
“Sai che ti dico? Chi ha detto che la serata debba finire? La notte è giovane biondina! Ti va un gelato?” le propongo sentendomi stranamente galvanizzata dalle parole di Quinn.
 
“Certo, dove signorina?” chiede imitando un tassista con le mani sul volante.
 
“Niente macchina, conosco un posto qui vicino. Facciamo una passeggiata” le sorrido scendendo dall’auto.
 
Mentre passeggiamo lente, dirette alla gelateria, un paio di ragazzini fanno commenti poco casti su Quinn. Sento la rabbia che sale dentro di me e, prima di rendermi conto che non avevo alcun diritto di prendermela, faccio un passo verso di loro minacciosa.
 
“Le vostre mamme vi stanno aspettando per cantarvi la ninna nanna!” urlo contro di loro per poi sentire il tocco di Quinn sul mio polso.
 
“Lasciali perdere Rach, non ne vale la pena” mi sussurra.
 
“Ma non devono permettersi di dirti certe cose, insomma non è educato. E poi avranno sì e no 15 anni. Dovrebbero ancora essere allattati.” blatero a vanvera finché Quinn comincia a ridere divertita dai miei vaneggiamenti.
 
Imbarazzata mi zittisco continuando a camminare mentre Quinn mi seguiva ancora ridendo. Arrivate a destinazione le chiedo che gusti preferisce.
 
“Puffo e melone” mi risponde sorridente.
 
“Puffo e melone in arrivo. Può attendere su quella panchina” le dico indicandole una panchina poco distante dall’entrata.
 
“Un cono con puffo e melone e un altro con pistacchio e stracciatella, grazie” ordino al gelataio.
 
Una volta presi i gelati, raggiungo Quinn alla panchina e le porgo il suo gelato sedendomi accanto a lei.
 
“Quinn… che diavolo di gusto è il ‘puffo’?!” le chiedo perplessa. Lei scoppia a ridere.
 
“Non ne ho idea Rach, so solo che mi piace.” Risponde serenamente.
 
“Ma che cosa ci metteranno dentro, dei puffi veri?”
 
“Chi può saperlo, sono sicura che è il gusto preferito di Gargamella!” risponde stando al gioco.
 
“Oh, ci scommetto!”
 
Scoppiamo a ridere entrambe finché non mi porge il suo gelato.
 
“Dai assaggialo” mi propone. Smetto di ridere e la osservo.
 
Mi rendo conto in quell’istante che questo non è un appuntamento, che lei è sposata e che non è proprio il caso di fare cose da coppiette.
 
“No, grazie. Mi sembra roba troppo chimica per i miei gusti” le dico per giustificare il mio rifiuto.
 
“Okay, ma non sai che ti perdi” mi dice leggermente dispiaciuta.
 
Si crea un attimo di silenzio nel quale entrambe assaporiamo i nostri gusti preferiti. Poi Quinn riprende a parlare.
 
“Rach, posso farti una domanda un po’ indiscreta?” mi chiede titubante.
 
“Certo Quinn, è quello che si fa in una serata tra amiche no?” mi sforzo di sorridere sebbene non fosse per nulla divertente la mia ultima frase.
 
“Giusto” annuisce lei, per aggiungere poco dopo “Stai con qualcuno?”
 
Rimango un momento sbalordita dalla semplicità di quella domanda. Se fossimo davvero state amiche, non ci sarebbe stato bisogno di preamboli e non sarebbe risultata troppo indiscreta. Ma non so come definire il rapporto con Quinn. Siamo state amiche, poi amanti, poi sconosciute. Ora cosa siamo? Non credo che ‘amicizia’ sia la parola giusta per definire il nostro attuale rapporto. Ma non sono nemmeno sicura che esista una parola che lo definisca.
Tuttavia non potevo che rispondere sinceramente, in attesa di definire meglio ciò che siamo.
 
“No” le rispondo semplicemente guardando nel vuoto dritto davanti a me.
 
“E non sei stata con nessuno negli ultimi anni?”
 
“Sono uscita con un paio di ragazzi, ma niente di che”
 
“Capisco, come mai non ha funzionato?”
 
“Non lo so, forse non era destino” rispondo io.
 
La raffica di domande comincia a infastidirmi. Non so se la sua sia solo curiosità amichevole o desiderio di sondare il terreno, ma, sebbene volessi che la seconda opzione fosse quella giusta, e data la situazione, preferisco rigirare la frittata, in modo da allontanare la possibilità che mi faccia altre domande.
 
“E tu? Sei stata con altri?” le chiedo.
 
“Prima di Bill intendi?” mi chiede per poi continuare vedendomi annuire “Si, ho frequentato una ragazza per un paio di mesi”
 
“Ah” riesco a dire solo quella sillaba fiondandomi sul mio cono gelato. Era stata con una ragazza. Quindi non ero stata l’unica.
 
“Non era la persona giusta” aggiunge per riempire il silenzio.
 
“Bill invece, è la persona giusta.” Dico io senza accorgermene. La mia non è una domanda, ma una triste affermazione.
 
“Forse” dice lei facendomi immediatamente ricredere.
 
“Forse? Non lo ami?” le chiedo così di getto. Sentivo che non avrei più avuto occasione di approfondire l’argomento così colgo la palla al balzo.
 
“Bill è una persona fantastica. Mi riempie di attenzioni, non mi fa mancare nulla. E’ sempre dolce e gentile con me. ” risponde eludendo la domanda. Ma io non mi arrendo.
 
“Qualche giorno fa mi hai detto che Santana credeva che non lo amassi.” Dico io “A me sembrava invece il contrario ma, se eludi una domanda così semplice sulla persona che hai sposato, mi fai pensare che non abbia tutti i torti.” La incalzo.
 
“Non è così, non sto eludendo la tua domanda. E’ che ultimamente sono un po’ confusa” dice sulla difensiva.
 
“Confusa? E perché? Non sei felice con lui?” le chiedo preoccupata.
 
“Credevo di esserlo prima che…” si blocca abbassando lo sguardo.
 
“Prima che..?” la incoraggio io.
 
“Prima di incontrarti” conclude.
 
E’ troppo, non resisto oltre. La mia mano si muove come fosse dotata di volontà propria e va a cercare il suo mento. Sollevo il suo viso in modo da guardarla dritta negli occhi, mi avvicino lentamente a lei. Grazie al cielo, non oppone resistenza e lentamente accorcia le distanze sporgendosi verso di me. Comincio a sentire il suo profumo che mi manda in orbita. Il mio naso tocca il suo e un brivido mi percorre la schiena a quel contatto. Le sue labbra sfiorano le mie. Sto per perdere la testa completamente. Desidero così tanto quelle labbra che sto impazzendo dall’euforia. Non sento e non vedo più nulla che non sia lei.
All’improvviso si ritrae. Mi sento morire dentro, poi la vedo infilare la mano nella tasca del cappotto e tirare fuori il cellulare.
Solo in quel momento mi rendo conto che sta squillando.
 
“E’ Santana” mi informa prima di rispondere al telefono. La guardo rabbuiarsi e aggrottare le sopracciglia.
 
“Ok San, stai tranquilla ti raggiungiamo subito” dice con ansia. Poi chiude il telefono mi prende per mano e inizia a correre.
 
“Dove stiamo andando?” le chiedo preoccupata da tanta fretta.
 
“All’ospedale, è successo qualcosa a Brittany”.




Che sarà successo alla nostra Britt Britt? Lo scoprirete nel prossimo capitolo.
Continuate, se vi va, a seguire e a commentare perché mi aiutate davvero tanto. ^_^

Un abbraccio enorme alla mia beta adorata. E a voi. Mi avete perdonata?

Alla prossima.

Ash

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Ciao, scusatemi tanto. Lo so che sono in ritardo. Avrei delle scuse più che plausibili, ma non voglio annoiarvi. Spero che non abbiate smesso di seguire questa storia e che questo capitolo vi piaccia.
Comunicazione di servizio: Ho una nuova beta che è semplicemente straordinaria e si è portata dietro anche una socia eccezionale.
Quindi ringrazio voi tutti che leggete, commentate, seguite e preferite. Un grazie particolare a Tritolino (newBeta) e Poison Spring (socia). ^_^
Enjoy!



Quinn mi precede di quasi un metro, mentre corriamo verso l’entrata del Pronto Soccorso.
 
Il tragitto in macchina fin qui è stato straziante. Le ho chiesto cosa fosse successo, ma lei ne sa quanto me. Le mani le tremavano sul volante mentre sfrecciava pericolosamente nel traffico ed io avrei voluto tanto prenderne una e stringerla tra le mie per tranquillizzarla. Anche se sapevo che non sarebbe servito a nulla.
 
Tiene a Brittany come a una sorella o almeno come penso si possa tenere ad una sorella. Essendo figlia unica, non ho mai imparato a comprendere appieno questo tipo di sentimenti.
Appena oltrepassate le porte, la vedo precipitarsi dall’infermiere al banco di accettazione.
 
“Salve, siamo qui per Brittany Pierce, è stata portata da voi poco fa” spiega all’infermiere che comincia a digitare il nome sul computer.
 
“Quinn” sentiamo una voce alla nostra sinistra. Ci voltiamo entrambe riconoscendo Santana che, con le lacrime agli occhi e le braccia strette davanti a sé, sembra sul punto di svenire.
Quinn le corre incontro per abbracciarla ed io la seguo immediatamente, avvicinandomi e posando delicatamente una mano sulla sua spalla per consolarla.
 
“San, cosa è successo?” chiede concitata Quinn, staccandosi dall’abbraccio ma mantenendo il contatto con una mano sul polso della mora, come a volerla sostenere.
 
“E’… E’ stato terribile. Avevamo finito di cenare e stavo lavando i piatti, quando ho sentito un rumore sordo nell’altra stanza.” Si interrompe per soffiarsi il naso tra le lacrime. Dopo poco riprende: “Ho chiamato Britt per sapere se fosse tutto ok, ma quando non mi ha risposto, sono corsa a vedere cosa fosse successo”. Si interrompe ancora per versare altre lacrime e con il nodo alla gola continua: “E lei era lì: Stesa per terra tra una marea di vetri. Le usciva sangue dalla testa e… E non sapevo cosa fare. Sono entrata nel panico”. Scoppia in un pianto disperato rifugiandosi fra le braccia della sua migliore amica ed io osservo impotente la scena.
 
In quel momento si aprono le porte della sala per le emergenze e ne esce un medico. Santana se ne accorge immediatamente e gli corre incontro. Io e Quinn la raggiungiamo con più calma, affiancandola. Quinn le cinge la vita con un braccio per darle forza.
 
“Come sta? Dottore mi dica che sta bene.”, dice tra i singhiozzi la mora.
 
“La paziente è stabile e non è in pericolo di vita. Ha subito un forte trauma cranico in seguito alla caduta. Le ferite, per fortuna, erano superficiali e, sebbene sia stato necessario asportare una miriade di frammenti di vetro, guariranno in pochi giorni. Ciò che ci preoccupa è la possibilità che abbia subito danni neurologici. Abbiamo chiamato il neurologo per un consulto.”
 
“Voglio vederla. Subito.” Afferma con decisione Santana.
 
“Mi dispiace ma non è possibile, l’abbiamo sedata per farla riposare fino a domattina. Nel pomeriggio, poi, sarà visitata dallo specialista.”.
 
“Non le ho chiesto se posso vederla.”, continua minacciosa la ragazza, facendo rabbrividire me e il dottore.
 
“Ha tutto il diritto di stare con la sua fidanzata. Se ha qualche problema possiamo discuterne nel mio studio. Sono un avvocato.” Quinn dà manforte alla sua amica.
 
“Non è solo un avvocato, ma è il migliore di New York. Starei in guardia fossi in lei!” aggiungo io per rincarare la dose.
 
Il medico, dopo un attimo di titubanza, durante il quale Santana si volta verso di me guardandomi con gratitudine, decide che forse concedere una breve visita è preferibile a rischiare qualche guaio.
 
“Okay, ma può entrare solo lei”, concede. “Per pochi minuti.”, aggiunge poco dopo.
 
Fa cenno a Santana di seguirlo e lei si avvia senza esitazione. Io e Quinn invece ci accomodiamo in sala d’attesa, una a fianco all’altra, senza parlare. Lei è sicuramente preoccupata per le sue amiche. E anch’io lo sono, ma senza volerlo la mia mente sta ripercorrendo la bella serata appena trascorsa in sua compagnia.
 
Sarà anche cinico da parte mia, ma non posso fare a meno di pensare che, se non fosse arrivata quella telefonata, ci saremmo baciate. Le nostre labbra si sarebbero rincontrate dopo un’infinità di tempo. Ed io avrei potuto, per un piccolo e interminabile istante, riassaporare la gioia e la serenità che solo lei, in un periodo ormai lontano ma mai dimenticato, era stata capace di darmi.
 
Sposto lo sguardo su di lei. E’ preoccupata. Si capisce da quella piccola increspatura della sua fronte. Continua a massaggiarsi il sopracciglio destro. Lo fa sempre quando cerca di calmarsi.
Le prendo la mano e la stringo per farle capire che non è sola e che ci sono io a farle coraggio.
Lei guarda la mia mano sulla sua, poi solleva lo sguardo per incontrare il mio. I suoi occhi, come calamite per i miei, esprimono una tacita richiesta non mi permettono di fare altro che guardarli di rimando. Così la assecondo per un tempo infinito. Tutto intorno a me sembra svanire piano, fino a che rimangono solo quei due smeraldi che mi fanno perdere completamente il controllo e il contatto con la realtà.
 
“Non sono il migliore avvocato di New York, lo sai vero?” mi dice all’improvviso.
 
“Questo non posso saperlo con certezza, ma sono più che sicura che il medico ci abbia creduto.”, le rispondo con un sorriso. Lei ricambia e ritorna a fissare il pavimento.
 
“Sono preoccupata per Britt. Dio, perché devono accadere queste cose? Non è giusto!” dice cominciando a piangere. Si alza di scatto e prende a camminare avanti e indietro nervosamente.
 
“Devono sposarsi, per la miseria! Non è giusto! Se avesse subito danni cerebrali? Se non si ricordasse più della persona che ama? Se non potesse più parlare? Come faranno? Oddio!” scoppia in singhiozzi dando sfogo alla sua preoccupazione.
 
“Ci tiene davvero tanto per reagire così” mi dico.
 
Mi alzo anch’io e la blocco in un abbraccio. Lei posa la guancia sulla mia spalla e incrocia le mani dietro la mia schiena continuando a versare copiose lacrime, che inumidiscono la mia maglia.
Le accarezzo quei meravigliosi capelli biondi tentando di calmarla.
 
“Quinn!” odo il suo nome pronunciato da una voce sconosciuta. Sento Quinn staccarsi da me velocemente e la vedo correre in direzione di quella voce. Solo quando vedo delle braccia forti stringerla, capisco di chi si tratta.
Rimango immobile, osservando la scena. La bionda che ho sempre amato e che, se nulla di tutto ciò fosse accaduto, forse avrei riconquistato, si sta rifugiando tra le braccia di suo marito, svincolandosi dal mio abbraccio senza chiedere scusa. Del resto non deve mica giustificarsi, non stiamo mica insieme.
Non fa bene al cuore, ma questa è la realtà e bisogna farci i conti.
Lui le da un bacio sulla fronte e poi alza lo sguardo verso di me, aggrotta le sopracciglia, interrogativo. Si starà sicuramente chiedendo chi diavolo si e perché sua moglie abbia così tanta confidenza con me da piangere sulla mia spalla.
Poi torna a osservare Quinn sollevandole il mento con una mano in modo che lo guardi negli occhi.
 
“Come sta Brittany? Cos’è successo?”
 
Mentre Quinn riassume la situazione di Brittany, io mi soffermo a guardare l’uomo che la sta ascoltando con attenzione. Ha un non so che di familiare.
 
“Familiare. Già visto?” mi chiedo mentalmente.
 
“Déjà vu!” esclamo all’improvviso ad alta voce senza rendermene conto. Immediatamente porto una mano alla bocca come a volermi zittire. Tutti si voltano a fissarmi, compresi i due piccioncini e sento già le mie guance andare in fiamme per l’imbarazzo.
 
“S-scusatemi, non volevo. E’ che ho appena avuto un déjà vu e mi sono fatta sopraffare dalla cosa. Scusate ancora”, dico per discolparmi in modo che tutti quelli intorno a me possano sentirmi. Abbasso la testa e torno a sedere, tentando di ignorare i commenti e le risatine che ho provocato nella sala d’aspetto.
 
Non è colpa mia se reagisco così ai déjà vu. Sin da piccola sono stata affascinata da quel termine e, quando finalmente sono riuscita a comprenderne il vero significato, non ho più potuto fare a meno di urlarlo ogni volta che mi ritrovavo in quella situazione.
E’ stato un fulmine a ciel sereno… Beh diciamo poco nuvoloso, vista la situazione non felicissima: mi sono resa conto che, in effetti, quell’uomo, intento a riempire di attenzioni una biondina super sexy di mia conoscenza, è lo stesso che era in fila con me al supermercato e che…
 
“Un momento… Stava preparando una seratina romantica con Quinn e lei invece ha deciso di uscire con me?” penso sbalordita o, riflettendoci meglio, piacevolmente sorpresa.
 
Ha preferito uscire con me.
Sento i muscoli del viso tirare sulle guance, mentre l’ombra di un sorriso si forma prima che me ne renda conto. Non è proprio il caso di mettersi a sorridere in una situazione simile, perciò faccio in fretta a tornare seria. Ma il mio pensiero continua a saltellare allegro per l’illuminazione appena avuta, finché le mie orecchie si tendono ad ascoltare il discorso che sta avendo luogo poco distante da me.
 
“Amore, sta’ tranquilla, andrà tutto bene.”, dice rassicurante Bill.
 
“Ma tu dov’eri? Pensavo dovessi vederti con Santana…” aggiunge poco dopo.
 
Quinn lo guarda senza sapere cosa rispondergli, così lui continua:
 
“Quando ha chiamato a casa, chiedendo di te in lacrime, mi sono preoccupato. Chi è quella ragazza?” domanda a sua moglie che, finalmente, pare ridestarsi.
 
“Rachel” risponde lei, semplicemente.
 
Come se il mio nome rispondesse a tutte le domande del mondo.
Bill mi guarda ancora una volta, pensieroso. Forse sa qualcosa di quello che c’è stato fra me e Quinn anni fa? No, non sembra quel genere di sguardo. Credo solo che non capisca. Gli sorrido velocemente e torno a fissare il pavimento.
 
“Perché non mi hai detto con chi uscivi?” sento Bill ricominciare a fare domande.
 
“Insomma Bill, non è il momento!” risponde ancora in lacrime la bionda.
 
“Scusami, hai ragione, non volevo… Ne riparliamo più tardi, magari” si giustifica lui.
 
“Di cosa discutono i due piccioncini?” sento dire alle mie spalle.
 
Mi irrigidisco al suono amaro di quelle parole e mi volto per guardare in faccia la mia interlocutrice.
 
“Sia chiaro che non stavo origliando, le loro parole sono involontariamente arrivate fino al mio orecchio.” Comincio io.
 
“Sì certo, ci crediamo tutti. Va’ avanti Berry” taglia corto lei, poco convinta dalle mie parole.
 
“A quanto pare Bill pensava che Quinn fosse uscita con te. Si è preoccupato quando hai chiamato a casa loro” dico tutto d’un fiato.
 
“Quinn era uscita con te? Voi due sole?” mi chiede con un sorriso malizioso, che poco mi piace, sulle labbra.
 
“S-sì…” rispondo imbarazzata.
 
“Ah! E come mai non l’ha detto a Bill?!” mi chiede. Anche se dal tono sembra più una domanda retorica.
 
“Non ne ho idea. Come sta Brittany?” le chiedo per cambiare argomento. Lei muta immediatamente espressione.
 
“E’ sedata, non ho potuto parlarle ma i medici dicono che domani proveranno a svegliarla.”, risponde cupa.
 
“Resti qui stanotte?” sento Quinn alle mie spalle che, evidentemente, ci ha raggiunte notando la sua amica.
 
“Sì, non potrei mai tornare a casa senza di lei” dice la bruna con un filo di voce.
 
“Resto con te!” afferma Quinn senza dare possibilità di replica a Santana né tantomeno a suo marito che la guarda contrariato, anche se cerca di non darlo a vedere.
La detective si avvicina a lei e la abbraccia sussurrandole “Grazie”.
 
“Io purtroppo non posso restare, domani avrò il turno di mattina in caffetteria…”, comincio a blaterare, cercando di giustificare non so nemmeno io cosa. Non credo che nessuno si aspettasse che rimanessi lì. Però sono pur sempre la testimone della sposa e voglio comportarmi da amica.
 
“Tornerò appena finisco. Promesso.”, dico abbracciando Santana.
 
Mi volto per prendere la giacca che ho lasciato sulla sedia.
 
“A domani ragazze. Per qualsiasi cosa chiamatemi pure.” Guardo Quinn e le sorrido per salutarla. Non me la sento di abbracciarla. Non davanti a suo marito.
 
“Bill, puoi riaccompagnare tu Rachel a casa?” sento all’improvviso.
 
I miei occhi spalancati per la sorpresa saettano da Quinn a Bill e ritorno. Nel momento in cui il suo sguardo e il mio si sono incrociati, non ho potuto non notare una strana ombra passare nei suoi occhi, anche se si è trattato di una frazione di secondo. Non so cosa sia stato, forse semplice imbarazzo, visto che non ci conosciamo, oppure sospetto.
 
“Non c’è alcun problema. O meglio uno ci sarebbe…” dice Bill.
 
Il mio sguardo si sposta immediatamente di lato e incontra il mare di smeraldo che ogni volta riesce a far perdere un battito al mio cuore. Quegli occhi magnetici mi guardano con apprensione e paura ed io non so se sentirmi in pericolo oppure scoppiare in lacrime per la tristezza che mi procura non essere più l’oggetto del loro sguardo amorevole.
 
“Oh, è assurdo Rachel! Lui non può sapere nulla.” Mi dico per tranquillizzarmi, senza grande successo.
 
“Non ci hanno presentati. Io sono Bill, il marito di questa magnifica donna.”, afferma lui indicando Quinn, dopo quella che mi era parsa un’infinità di tempo, con un sorriso accennato sulle labbra.
 
“I-io sono Rachel Berry.” Sorrido anch’io, sollevata.
 
* * *
 
Una volta salita in macchina, comunico il mio indirizzo a Bill, che imposta il navigatore e parte.
“Da quanto conosci Quinn?” mi chiede con tono casuale. Vuole fare conversazione.
 
“Oh beh, parecchio, direi. Dal liceo”, rispondo io.
 
“Ah, dunque conosci anche Santana e Brittany?”
 
“Sì, certo! Frequentavamo tutte il Glee Club. E’ così che siamo diventate amiche”.
 
“E’ strano”, dice lui.
 
“Cosa è strano? Che siamo amiche?”, dico io, non capendo.
 
“No, è strano che Quinn non mi abbia mai parlato di te. Vi siete perse di vista dopo la fine del liceo?”
 
Effettivamente un po’ strano è. Perché Quinn non ha mai parlato di me? Forse non voleva far sapere a Bill dei suoi trascorsi saffici? *
 
“Santana e Brittany non le vedevo dalla fine del liceo, ma Quinn no. Abbiamo continuato a frequentarci anche i primi anni di college”, spiego senza entrare nei particolari.
 
“E come mai non vi siete più frequentate?” chiede, curioso.
 
Vuoto totale.
 
“E ora che mi invento?” Il mio cervello sta cominciando quasi a far rumore, nello sforzo di inventare su due piedi una scusa credibile.
 
“Nulla di particolare. Sai com’è: si cresce, le abitudini cambiano e ci si perde di vista…” butto lì, sperando che gli basti come spiegazione.
 
“Già” dice lui, mettendo la parola fine a quell’interrogatorio.
 
Dopo pochi minuti di silenzio imbarazzato, arriviamo a destinazione. Lo ringrazio e ci salutiamo con i soliti convenevoli.
 
* * *
 
Arrivo in ospedale direttamente dal lavoro, con tre tazze fumanti di caffè. Chiedo alla reception di Brittany e vengo informata con piacere che non è più in terapia intensiva.
Mi dirigo alla sua stanza e, entrando, trovo Santana addormentata su una poltrona accanto al letto, con una mano che stringe quella della sua futura moglie, e Quinn intenta a sfogliare un giornale.
 
“Buongiorno” sussurro per non svegliare Santana.
 
“Non c’è bisogno che sussurri, Berry, non sto dormendo. Riposo solo gli occhi”, dice la ragazza facendomi sobbalzare.
 
“Ciao”, risponde più gentilmente Quinn.
“Vi ho portato del caffè.”
 
“Dios, ne avevo proprio bisogno”, dice Santana alzandosi per strapparmi letteralmente di mano il suo caffè.
 
“Come sta?” chiedo, mentre porgo l’altra tazza a Quinn.
 
Santana si incupisce in modo preoccupante. Così guardo Quinn che assume a sua volta un’espressione eloquente.
Nello stesso istante Brittany apre gli occhi, svegliata dal forte aroma di caffè.
 
“Buongiorno” dice con un fil di voce rivolta a me. Allarga le braccia per invitarmi a raggiungerla e salutarla.
 
Mi avvicino per accontentarla e l’abbraccio. Poi, lentamente, lei prende il mio viso tra le sue mani e lo avvicina al suo fino a che le nostre labbra si incontrano.
 
“Buongiorno amore mio, che bello che sei arrivata” mi sussurra dolcemente.



Brittany è innamorata di Rachel? O.o
O ha subito danni cerebrali? O.o
Cosa accadrà? Lo scoprirete nel prossimo capitolo. Continuate a rimanere sintonizzati!
***
Ok non mi uccidete, mi piace finire i capitoli con un colpo di scena XD
Vi ringrazio per aver letto. Recensite se vi fa piacere e ditemene pure quattro se non vi piace la piega che sta prendendo la storia.

A presto ^_^

Ash

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