Non credo nella magia!

di lady vasshappenin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ancora gufi! ***
Capitolo 2: *** Mai una strega ***
Capitolo 3: *** Fra Bugia e Verità ***
Capitolo 4: *** Due Dotati in famiglia ***



Capitolo 1
*** Ancora gufi! ***


1. ANCORA GUFI

 
Era una tranquilla mattinata d’inizio agosto e aiutava sua madre ad stendere i panni come faceva ogni mattina ormai.
Il sole le picchiava lucente sulla testa e, accecata totalmente dalla luce, disse:- Mamma, posso rientrare in casa? Questo sole mi sta facendo venire mal di testa!-.
Sapeva che le giornate di sole a Southampton si potevano contare sulle dita della mano, ma quel giorno il caldo era davvero asfissiante e non riusciva a godere del bel tempo.
Sua madre si voltò e, rendendosi conto dalla faccia della figlia, sudata e stanca, che non era la solita scusa per non far nulla, le rispose:- Certo Herm, vai pure! Nel mentre, però, sveglia anche Rem!-.
Hermione annuì e su diresse verso la porta sul retro, che dava sulla cucina e attraversò tutto il corridoio fino ad arrivare davanti alla porta della propria camera.
Aprì lentamente la porta, cercando di non far rumore, ed entrò nella stanza che condivideva con il fratellino Remus.
Hermione, Remus e, per giunta, Severus, il merlo indiano che viveva con loro, e Mrs. Purr, la panciuta gatta che avevano acquistato molti anni prima, non si chiamavano così per caso e i loro non erano nomi affibbiati senza un reale motivo. Era tutto nato dalla mente di sua madre moltissimi anni prima, quando si era appassionata ad una saga chiamata Harry Potter scritta da una tale J.K. Rowling o qualcosa del genere.
Harry non è solo un libro, ma un amico” diceva sempre la donna.
Ma non era vero. Hermione sapeva che un libro non poteva mai essere un amico, soprattutto un libro che raccontava frottole una dietro l’altra. Magia. Stregoneria. In parole povere, frottole.
Non poteva essere possibile che un ragazzino possa frequentare una scuola di magia e diventare un mago!
Era inaccettabile, per la mente di Hermione, registrare un avvenimento del genere!
In primis, perché era impossibile che esistesse la magia e, di conseguenza, non poteva esistere nessun mondo magico e nemmeno nessun Ministero della Magia.
Per avere undici anni appena compiuti, lei era un ragazzina con i piedi per terra. Si riteneva una persona molto sveglia e proprio per questo aveva deciso di non credere a ciò che la fantasia le dettava.
Se non aveva una prova dell’esistenza di qualcosa, bene, per lei quel qualcosa non esisteva.
Aveva sempre negato al proprio pensiero di essere influenzato da questo tipo di fandonie.
Sì perché la fantasia è qualcosa d’irreale, e quindi è solo una grossa bugia.
Aveva smesso presto di credere in “Babbo Natale”, nella “Fatina Dei Denti” e nelle altre bazzecole che i genitori le andavano dicendo spesso e volentieri.
Per lei maturità voleva dire lasciarsi alle spalle il mondo delle fiabe e dei balocchi e, in quel momento, il suo scopo principale era diventare una persona matura.
Era molto diversa dai suoi coetanei, e non solo. Era diversa anche dalla propria madre, Berta Dixon, una trentacinquenne che ancora sperava di ottenere la sua lettera di ammissione in quella scuola di maghi e streghe di cui blaterava da mattina a sera.
Aveva cercato in tutti i modi di far apprezzare il “mondo di Harry” alla propria primogenita, senza mai riuscirci, e ci aveva provato in tutti i modi possibili: film, libri e citazioni riempivano quella piccola villetta bretone.
Entrò in camera e, alzando le tapparelle, fece si che la luce riempisse quella stanzetta.
La reazione di Rem fu immediata :- No! Lasciami dormire ancora, mamma!-.
- Rem, non sono la mamma, sono Hermione! E’ ora di svegliarti!- gli strillò la ragazza, buttandolo gentilmente dal letto.
Lamentandosi e borbottando, il bambino di nove anni dai folti bruni si trascinò a forza fino alla cucina.
La somiglianza fra i due fratelli era impressionante, ma i colori erano diversi, visto che la sorella era bionda con gli occhi azzurri e il fratellino bruno con gli occhi verdi.
Durante la colazione di Remus, Hermione gli fece compagnia, visto che non aveva alcuna voglia di tornare fuori e, anche se il mal di testa persisteva, non le andava di sdraiarsi sul divano.
Arrivato a metà della sua tazza di latte e cereali, il bambino si bloccò pensoso.
Ecco, ci risiamo” pensò subito Hermione. Era arrivato, come lo chiamava lei, il momento “mi sono ricordato che sogno ho fatto questa notte”, in cui il fratellino passava tre minuti buoni a ricostruire ciò che il suo inconscio gli aveva mostrato durante il sonno.
Non amava particolarmente vedere il proprio fratellino riflettere su tutte quelle fantasie che si formavano nel suo cervellino, ma per adesso cercava ancora di accontentarlo dandogli retta e stando a sentirlo.
- Herm, mi sono ricordato che sogno ho fatto stanotte-.
- Dimmi Rem!- rispose la ragazza, facendo la parte della curiosa.
- Ma non ho la certezza che sia un sogno …- aggiunse Remus.
Per Hermione era inaccettabile confondere fra vero e faceto, non poteva permettere che suo fratello cadesse vittima delle bugie. Ma non poteva neanche troncare quel flusso di “belle cose” che nascevano nella mente di Remus, non perché lei non lo volesse fare. Era stata sua madre a proibirle di farlo.
Le tornarono in mente le parole che le aveva detto qualche mese addietro: “Potrai non crederci tu, ma non per questo non devono crederci gli altri ”.
Così gli rispose semplicemente:- Raccontami ciò che hai visto e saprò dirti se sognavi o no.-.
Il bambino iniziò a raccontare un sogno pieno di gufi che volavano a destra e a sinistra portando tante lettere. Fin qui niente di strano. Sono quegli stupidi gufi che dovrebbero portarle la lettera per frequentare la scuola di magia che amava tanto sua madre. Secondo ciò che diceva il libro, la lettera d’iscrizione sarebbe dovuta arrivare al compimento degli undici anni ed Hermione  undici anni li aveva compiuti già da una settimana, ma non si era presentato nessun gufo. Un’altra prova che confermava che sua madre si sbagliava sull’esistenza della magia. Ma il dettaglio che stranì maggiormente Hermione fu ciò che raccontò dopo il bambino.
- Dopo il sogno, mi sono subito svegliato.- continuò Remus- Appena ho aperto gli occhi però, anche se c’era buio, ho visto un paio di occhi gialli che mi guardavano dalla finestra … E mi sono sembrati proprio due occhi di gufo! E se non sbaglio teneva anche una lettera nel becco!-.
Non stava scherzando Remus, glielo si leggeva sul volto. Cercava una conferma che la sorella non gli avrebbe mai dato. Lei, in quel momento, si stava solo preoccupando per la salute mentale del fratellino e non si faceva problemi a dare tutta la colpa alla propria madre.
Gli aveva riempito la testa di cavolate e ora era più che normale che Remus avesse le visioni!
Poi, a complicare tutto, le venne un dubbio. Se non si sbagliava, aveva sentito quella notte degli strani rumori venire da fuori … Un verso d’animale … Di gufo
No, non poteva essere possibile, si stava lasciando influenzare dai sogni del fratellino. Se mai aveva sentito qualcosa, dovevano essere stati i clacson delle macchine. Punto.
Freddamente sussurrò al bambino davanti a lei:- E’ stato solo un sogno, Rem. Non c’erano gufi stanotte fuori dalla finestra. Nessuno mi porterà una lettera per Hogwarts.-.
Remus, visivamente risollevato anche se ancora un tantino dubbioso, aggiunse riprendendo a mangiare:- Su questo ti do ragione, tanto la McGranitt non ti prenderebbe mai a scuola … Tu non credi nella magia …-.
Bene, senza doversi esprimere più di tanto, anche Remus aveva capito che quella fantomatica scuola non l’avrebbe mai reclutata, visto che in sostanza non esisteva nemmeno un posto del genere.
Alzandosi, si diresse nello stanzino di suo padre per prendere uno dei suoi tanti libri da leggere per passare il tempo.
Una targhetta di legno con su inciso “GARTH DIXON-TORNO FRA POCO” indicava che suo padre non era momentaneamente a casa. Come se già non lo sapesse.
Garth Dixon lavorava come commercialista in una fabbrica di mobilio a poche miglia da casa. A lavoro dava l’impressione di essere una persona di cui fidarsi, con la testa sulle spalle e che evitava frivoli passatempi. Insomma, il padre che ci si sarebbe prefigurato per una tipa come Hermione. Nulla di più sbagliato.
Tornato a casa, il signor Dixon si trasformava in un piccolo Archimede Pitagorico che, chiudendosi nel suo ufficio, dava vita alle creazioni più strambe, tutte, rigorosamente, incentrate su mondo Potteriano.
In quella famiglia, infatti, l’amore per la magia non era proprio solo della signora Dixon ma anche del consorte, che allietava perciò la moglie con creazioni che si avvicinassero almeno un tantino agli oggetti descritti nel libro. Il più delle volte erano flop totali, ma Berta sorrideva lo stesso, incoraggiando Garth a continuare.
Come volevasi dimostrare, accanto alla libreria, ecco la nuova invenzione del papà di Hermione, ancora da ultimare. Un prototipo di scopa volante si trovava accanto alla ragazzina che, schifata da tutto ciò che riguardasse il mondo in cui si erano rintanati i genitori, prese un libro e uscì di corsa da quello sgabuzzino.
Non si era nemmeno accorta di che libro si trattasse fin quando, arrivata in salotto, si era seduta sul divano e aveva osservato la copertina del tomo.
Dannazione!” ruggì nel suo pensiero. Quel maghetto era più appiccicoso di una ventosa! Eccola lì, messa sul divano con in mano il primo volume della saga che i suoi genitori tanto amavano e che lei tanto detestava. Lo lanciò dall’altra parte del divano e si accovacciò, in modo da potersi allontanare quanto ancora le fosse possibile da quel libro.
Ad un certo punto, le sue orecchie sentirono la voce di sua madre che scandiva a chiare lettere il suo nome.
- HERMIONE! HERMIONE! HERMIONE!-.
Doveva essere successo qualcosa. Preoccupata, l’undicenne schizzò per la casa fino ad arrivare davanti alla porta che dava sul giardino.
Sua madre avvistandola, le fece cenno con una mano di avvicinare e con l’altra indicava un punto più in là.
- Hermione, vieni a vedere! Ci sono i gufi di giorno! E si sono poggiati davanti casa!-.
Ancora gufi.
 
Spazio dell'autore

Ehi gente, beh questo è il mio primo capitolo di questa FF e questa è la mia prima FF su Harry Potter. Sono una Potteriana convinta e quindi spero possa soddisfare le aspettative dei miei "colleghi" Potterheads! :)
La storia si ambienta nel 2023, quando la nostra generazione avrà figli o almeno alcuni sì.
Hermione del 2023 è una "babbana" nel vero senso della parola, un po' alla Vernon Duddley alla fine.
Ma non preoccupatevi, la siutazione cambierà in meglio! Spero vi sia piaciuto questo primo capitolo, aspetto recensioni gente!
 

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Capitolo 2
*** Mai una strega ***


2. MAI UNA STREGA


Era vero: sulla staccionata al limitare del giardino vi erano appollaiati tre gufetti. Due più grandi, probabilmente barbagianni, e una civetta bianca.
Strano. Molto strano. I gufi e le civette sono animali notturni. Non escono con la luce del sole, figuriamoci in giornate del genere.
Come aveva dato per scontato, sua madre, con gli occhi che brillavano di contentezza, esclamò:- Tesoro, sono venuti per te! Ti stanno portando la lettera! O mamma, avrai la lettera, ti rendi conto!?-.
Non voleva assolutamente credere in ciò che farneticava sua madre. Non poteva crederle, Berta non aveva prove per testimoniare che quello che stesse dicendo fosse giusto!
Rientrò subito a casa e, presa da uno spasmo di violenza, si sbatté la porta alle spalle, mentre sua madre era troppo impegnata a fare foto alle “tre civette sul comò” per fare sapere a quei suoi amici malati come lei che sua figlia era una strega.
Una strega. A scuola, Hermione era stata chiamata in tutti i modi, molti dei quali si riferivano al personaggio fantastico di cui portava il nome, ma strega mai.
Senza sapere come e quando vi ci fosse entrata, si era ritrovata in bagno a spazzolare la propria chioma dorata. Avere una madre del genere non era per niente facile. Era ossessionata da queste fantasie! Era rimasta una bambina in un corpo un po’ troppo cresciuto!
Non poteva continuare così. Le lacrime iniziarono ad uscire e i singhiozzi si presentarono all’appello poco dopo. In quelle lacrime, c’era lo sfogo di 11 anni di pazzie, di torte alla fragola mezze schiacciate con scritto su “Happy BDay Herm”, di feste di Halloween con sempre lo stesso vecchio vestito da strega che le avevano cucito su misura quando avevano dichiarato il suo nome all’anagrafe, di bacchette fatte di rametti d’albero secchi.
Se pur il rumore provocato dal pianto della bambina fosse forte, non era nulla al confronto delle urla piene di rabbia che venivano dalla cucina.
Hermione non capì cosa dicevano esattamente ma intuì due cose: c’entrava lei e non era più riferito ai gufi.
Asciugandosi in fretta e furia la faccia, arrivò in cucina dove una mamma livida e infuriata, appena la vide, iniziò ad urlarle contro.
- TI SEMBRA GIUSTO? TU CHIUDI LE PORTE CON TUTTA LA FORZA CHE HAI E NON DOVREI PUNIRTI? UN ANNO SENZA PAGHETTA BASTERA’! AVEVAMO APPENA SISTEMATO LA PORTA, CAVOLO! NON POSSIAMO CAMBIARE I CARDINI OGNI GIORNO!-.
Hermione non capiva, infatti continuò a guardare la madre con espressione interrogativa.
- Mamma, avrò chiuso con forza la porta, ma non l’ho mica rotta!- dichiarò Hermione.
Infuriata peggio di prima, la donna ricominciò:- AH NO? ALLORA PROVA AD APRIRLA!-.
Lentamente Hermione si diresse davanti alla porta ed eseguì l’ordine impartitole.
La porta si aprì normalmente, lasciando la signora Dixon stupefatta.
- M-ma prima n-non … C-ciondolava da un lato … Io p-pensavo …- cercò di farfugliare la donna.
Bene, ora Remus non era l’unico ad essere un visionario, si era aggiunta anche sua madre!
Innervosita da quest’ulteriore prova che confermava la sua teoria secondo cui sua madre era mezza svitata, uscì di corsa dalla cucina, lasciando la donna ancora intenta a farfugliare.
Succedeva, talvolta, che le cose le quali, secondo gli altri, erano rotte, quando arrivava Hermione erano di nuovo intatte.
Una volta, quando aveva 6 anni, si era sbattuta la porta di camera sua alle spalle e aveva chiaramente sentito il rumore di qualcosa infrangersi sul pavimento. La paura l’assalì, se lo ricordava come se fosse stato ieri. Pensò subito al prezioso vaso di famiglia e sperò con tutta se stessa di essersi sbagliata.
Così, socchiudendo gli occhi e aprendo la porta, desiderò che il vaso fosse ancora al suo posto.
Ed eccolo lì, ancora intatto al suo posto, sul mobiletto accanto alla porta nel corridoio.
Era stata solo una sua impressione. Non si era rotto nulla.
Tornata nel presente, le balenò una probabile conseguenza dell’accaduto: sua madre avrebbe iniziato a dirle che aveva poteri magici visto che aveva sistemato la porta e che ciò spiegava l’arrivo dei gufi, pronti a recapitarle la lettera per Hogwarts.
Il cervello di mia madre è una macchina da guerra che prima o poi mi farà impazzire!” pensò tristemente Hermione.
Il resto della mattinata fu trascorso dalla ragazza in camera sua, raggomitolata su se stessa, in compagnia del suo libro preferito, “Se questo è un uomo” di Primo Levi.
Questo era il tipo di libri che preferiva in assoluto: libri autobiografici o biografie.
“Se questo è un uomo”, “Il diario di Anna Frank”, questi erano solo due esempi dei libri che Hermione leggeva solitamente.
Sua madre non era assolutamente d’accordo sulla scelta dei libri da leggere che aveva fatto Hermione. Pensava che non fossero libri adatti ad un’undicenne, poiché parlavano di situazioni difficili e, soprattutto, perché sia il contenuto che la forma erano difficilmente assimilabili a quell’età.
Ma Hermione la ignorava. Preferiva di gran lunga questo tipo di lettura a quei fattucchieri che tanto osannava la madre! Almeno aveva la certezza che ciò che era scritto nero su bianco su quelle pagine fosse realmente avvenuto!
La mente di Hermione si nutriva quasi esclusivamente di certezze. I pochi dubbi che aveva andavano man mano cancellandosi, grazie all’attenta ricerca della risposta fra le certezze apprese.
Il problema era che, ultimamente, i dubbi crescevano sempre di più e la ragazza non poteva più darsi una semplice spiegazione delle cose attenendosi alle certezze immagazzinate. C’era sempre qualcosa di cui non riusciva a spiegarsi il perché, e questo non le andava giù!
A farla tornare sulla Terra, fu il rumore di una porta chiudersi e la voce calda del padre urlare dall’ingresso “Sono tornato! Chi c’è batta un colpo!”.
Mentre questa frase veniva pronunciata da Garth, la pronunciava, sottovoce, anche Hermione.
Era una specie di rituale della famiglia Dixon o almeno Hermione non riusciva a trovare altre parole con cui definire il continuo ripetersi di quella frase.
Fin da quando avesse memoria, suo padre aveva sempre detto quella frase appena tornato dal lavoro e tutta la famiglia aveva sempre risposto battendo un colpo sulla prima superficie solida a portata di mano: il muro, un mobile, un oggetto, le mani stesse.
Per questo la ragazzina non tardò a battere un colpo sul muro accanto a lei, affinché si sapesse che era presente all’appello.
Dopo il suo colpo ne arrivò un altro, molto energico e rumoroso.
Remus. Si era sempre divertito a rispondere sbattendo contro qualcosa, e il più delle volte, preso dall’euforia, aveva rotto l’oggetto con cui aveva sbattuto o si era fatto male.
In contemporanea arrivò uno sbattere di coperchi e pentole, opera della madre che probabilmente stava cucinando.
D’istinto Hermione rivolse lo sguardo verso l’orologio a parete. Segnava le 14.16.
Mamma mia! Aveva letto 4 ore consecutivamente e non se n’era resa conto!
Si catapultò in cucina, dove trovò suo padre seduto a capotavola, intento a fare zapping in televisione.
Alla vista della figlia sorrise, accogliendola tra le sue braccia calde e abbracciandola come solo lui sapeva fare.
- Come mai qui a quest’ora?- domando Herm.
- Oggi giornata corta. E domani ferie per una settimana!- rispose radioso il genitore.
Seduti tutti in tavola, iniziarono a pranzare.
Mentre stava addentando uno dei suoi ultimi spaghetti al sugo, suo padre cambiò canale e, sullo schermo della TV, una composta signorina sulla trentina dai capelli rossi fuoco e dagli occhiali da nerd iniziò a blaterare dicendo:- E ora passiamo alle notizie del giorno. Sono stati individuati interi stormi di gufi dirigersi verso il sud dell’Inghilterra …-.
Mia madre, ipereccitata, fissando il televisore, iniziò ad esclamare:- Garth alza il volume! Alza!-.
Con un tono di voce più alto, la stessa giornalista proseguì, dicendo:- … La vera e propria anomalia è la presenza dei gufi nel bel mezzo della mattinata. I gufi -continuò la rossa affiancata da diverse foto che testimoniavano ciò che aveva appena detto- sono sempre stati etichettati come animali prettamente notturni. Gli studiosi non sono ancora riusciti a dare una spiegazione all’apparizione di questi volatili di giorno. Si è potuta ipotizzare la rotta presa da questi pennuti, che, fin ora, termina a Southampton e a Brighton. Per maggiori informazioni ed aggiornamenti, riprenderemo il discorso nell’edizione delle 17.30 del telegiornale. Ora passiamo ad …-.
Dopo quel “ad”, Hermione non sentì più nulla di ciò che diceva il telegiornale, non per sua volontà, ma perché sua madre iniziò ad emettere gridolini di gioia, supportata dal marito e dall’espressione convinta di Remus, il quale aveva capito di non essere pazzo e di aver visto davvero un gufo quella notte.
- L’avevo detto io! Tutto sta succedendo di nuovo! Garth ti rendi conto? Abbiamo una strega in fam…-.
Il resto della parola “famiglia” e tutto ciò che avrebbe voluto aggiungere in proposito Berta le morì in gola, vedendo la propria primogenita alzarsi dal tavolo, livida in volto.
- Lo volete capire o no che non esistono le streghe, i maghi e le magie?! Lo volete capire o no che è uno stupido caso il fatto che ci siano così tanti gufi fuori da casa nostra?!- iniziò freddamente la ragazza, con la voce piena di rabbia, e concluse urlando -NON PERCHE’ AVETE DECISO DI CHIAMARMI HERMIONE, DEVO ESSERE UNA STREGA! SEVERUS NON E’ UN PROFESSORE DI POZIONI E REMUS NON E’ UN MALANDRINO! USCITE DAL VOSTRO LIMBO DI FANTASIE E APRITE GLI OCCHI!-.
Lasciando i genitori interdetti, uscì dalla cucina.
Non ce la faceva più a ripetere sempre le stesse cose. Avrebbe voluto piangere proprio come aveva fatto quella mattina, ma aveva finito le lacrime.
Dovevano svegliarsi, erano già in ritardo di decenni! Non avevano più 11 anni! La loro lettera non sarebbe mai arrivata! Nessuna lettera sarebbe mai arrivata a nessuno!
Nessuna scuola magica esisteva! Perché cercavano in tutti i modi di convincerla a credere in diavolerie simili? Con Rem avrebbe attaccato, lei non era come lui.
Lui aveva 9 anni, viveva ancora in una mondo coronato da elfi domestici e calderoni magici! Lei non c’era mai vissuta e, a maggior ragione, non ci si sarebbe trasferita adesso.
Si ritrovò davanti alla porta d’ingresso di casa e le venne la grande idea di aprirla e correre fuori.
Quando stava per girare il pomello, sentì qualcosa scivolare dalla fessura per le lettere e cadere dolcemente ai suoi piedi.
Si chinò per prenderla e la osservò.
Era una lettera bollata con uno strano marchio fatto di ceralacca rossa.

Spazio dell'autore

Genteeee! Vi ringrazio moltissimo delle recensioni che avete già lasciato e che, spero, in futuro lascerete anche per il questo capitolo! :)
I gufi girano per Southampton, la madre di Hermione è eccitatissima alla sola idea di avere una streghetta in casa ... Ma Hermione? Avete visto la reazione che ha avuto quando le hanno attribuito l'appellativo di "strega" u.u
Non accetta le idee controrte dei genitori, fugge dalla fantasia ... 
Beh, come avrete capito, visto che la ragazzina fugge tanto dalla magia, è ora che la magia la inizi ad inseguire ;)
Un bacio a tutti i Potterheads che sono arrivati a leggere fino a questa riga! Vi amo tanto xxx

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Capitolo 3
*** Fra Bugia e Verità ***


3. FRA BUGIA E VERITA’


L’odore della busta incuriosiva la ragazza. Era un profumo simile a quello della pergamena antica misto a un non so che di … Magico. No, magico no, magico mai.
Forse più che magico, strano. Sì, strano era un aggettivo più che adatto alla situazione, anche se già la stranezza era poco accettata da Hermione.
Girando la busta, vide scritto in verde con un’elegante grafia probabilmente femminile:
 
Signorina H. Dixon
Cameretta
12, Charles Knott Gardens
Southampton

 
Si rigirò la busta fra le mani un paio di volte, prima di rendersi di conto di ciò che teneva fra le dita.
Era tutto chiaro: sua madre.
Sentì dei passi alle sue spalle e, nel mentre, iniziò a tenere la lettera con forza, come se potesse scappare.
La rabbia cresceva dentro di lei, fino ad arrivare al culmine quando capì che dietro di lei, a circa un metro e mezzo dalla porta, c’era sua madre, immobile, in attesa di una spiegazione.
Ma la spiegazione, stavolta, la esigeva Hermione.
Girandosi lentamente le iniziò il suo discorsetto.
- Mamma, come puoi imbrogliarmi fino a questo punto?-.
Berta stava per rispondere, quando notò la busta e strabuzzò gli occhi per vederla meglio.
-Hermione,- disse la donna, schiarendosi la voce,- cos’è quella busta?-.
- Lo sai benissimo cos’è! - ribatté la ragazzina, stringendo contro il petto quella lettera gialliccia che rappresentava l’ennesima bugia che non accettava di sentire.
- No che non lo so! Se lo sapevo già, non avevo bisogno di chiedertelo!-.
Perché negava l’evidenza? Eppure doveva aver capito, dopo 11 anni, di che pasta era fatta Hermione.
- Puoi smetterla con la sceneggiata, non sono così stupida!- le urlò contro.
Berta continuava a non capire. Ma Hermione sapeva che stava fingendo. Non l’era nemmeno passato per la mente che la madre non c’entrasse con quella lettera.
- Herm, calmati e spiegati! Quale sceneggiata? Non capisco perché tu voglia incolparmi di tutto oggi!-.
Hai affinato la tecnica della finzione, mamma, i miei complimenti” pensò la ragazza, ricordando quando, durante i Natali passati, Berta non fosse così brava a fingersi sorpresa dalla visita di Santa Claus come lo era adesso per la storia della lettera.
- Quindi- tuonò Hermione- non sai nulla di questa lettera? Non sai nulla del fatto che sia bollata con un sigillo di ceralacca rossa? E che su quel sigillo ci sia il marchio di quella scuola per fattucchieri che tanto veneri?-.
Berta per poco non finì a terra svenuta. S’irrigidì appena la figlia aveva concluso di gridarle contro quell’ultima frase, il suo colorito divenne biancastro e fu costretta a reggersi ad un mobile accanto a lei.
- S-stai scherzando, v-vero?- gracchiò con voce flebile la donna.
La reazione della madre la stupì un tantino. Era diventata una vera attrice, nulla da ridire. Le avrebbe personalmente consegnato l’oscar, se avesse potuto!
A Hermione non andava proprio di continuare quella buffonata, così decise di concludere la faccenda, e lo fece nel migliore dei modi per lei e nel peggiore secondo sua madre.
- Mamma, non mi convincerai a credere nella magia scrivendo queste lettere e facendo queste sceneggiate! Non c’ho creduto per una vita intera e ora dovrei iniziare grazie a questo pezzo di carta muffito? Tu sembro così stupida? Se vuoi vivere fra le bugie, fa’ pure, ma non mi coinvolgere nel tuo mondo di menzogne! Quando ti sveglierai dai tuoi sogni, potremo riparlare del mondo e forse allora saremo d’accordo.
Perché, vedi, il mondo non è come lo vedi tu! Non è rose e fiori! Non c’è la magia che mette tutto apposto!- e, dopo aver detto ciò, strappò la busta ancora sigillata davanti agli occhi della madre.
Berta rimase immobile, forse ancora scioccata nel vedere la lettera diventare un mucchio di pezzetti di pergamena sparsi sul pavimento o forse intenta a pensare cosa dire alla figlia.
Hermione era orgogliosa di sé stessa. Forse, finalmente, sua madre l’avrebbe lasciata in pace.
Stava per iniziare una camminata fiera che si sarebbe conclusa in camera sua, quando sentì uno strano rumore alle sue spalle.
Una. Due. Tre. Tre lettere caddero l’una dopo l’altra passando dall’apposito buco nella porta.
La ragazza si voltò verso la madre, cercando spiegazioni, ma Berta non l’aiutò per niente, anzi.
Rimase lì impalata, sgranando gli occhi in una maniera quasi mostruosa, cercando quasi di frenare il possibile arrivo di un infarto.
Hermione aprì d’impulso la porta, intenzionata a scoprire a che gioco stesse giocando sua madre.
Ciò che vide fuori, nel vialetto davanti casa, fu qualcosa di sconvolgente.
Una decina di gufi erano in fila davanti a lei e tutti tenevano nel becco una lettera identica a quella che aveva strappato poco prima.
Prese dal becco del pennuto più vicino a lei una delle lettere e rientrò in casa. Sua madre era ancora lì e, in quel momento, passò per la mente di Hermione la spiacevole ipotesi che Berta non riuscisse a respirare.
Così accompagnò la madre vicino ad uno dei due divani porpora che si trovavano nel salotto e l’aiuto a sdraiarsi.
Il cuore della donna batteva ancora, anche se era caduta in qualche specie di trance, visto che teneva gli occhi fissi sul soffitto.
La ragazza rifletté un attimo e comprese che, molto probabilmente, sua madre non stesse recitando. Quella lettera che teneva in mano le chiedeva di aprirla, ma Hermione si rifiutava.
Non riusciva a capire, non voleva capire.
Aveva paura? Sì, e anche tanta. Paura di cosa? Paura di essersi sbagliata. Paura di aver costruito la sua piccola e breve esistenza su un castello di carte, pronto a cadere alla prima folata di vento. Paura di aver incolpato sua madre inutilmente e di averle impedito di istaurare con lei un bel rapporto genitore-figlia.
Odorò nuovamente la busta. Non era un profumo strano, bizzarro o inconsueto. L’aggettivo utilizzabile era solo uno, quell’aggettivo che Hermione aveva odiato e che, tuttora, una parte di lei, anche se davanti all’evidenza, continuava a rinnegare. Era un odore magico.
Era l’odore della breve infanzia di Hermione, quell’infanzia che aveva interrotto volutamente.
Mentre Remus e suo padre facevano capolino dalla porta della cucina per vedere l’esito del confronto madre-figlia, come le primule fioriscono in primavera, così iniziarono a sbocciare nella testa della ragazza tante domande, tanti quesiti e tanti perché.
Fu Remus a riportarla alla realtà, avvicinandosi a lei mentre Garth cercava di far rinvenire la moglie con scarsi risultati.
- HERMIONE MA QUESTA E’ LA LETTERA!- urlò il bambino indicando l’oggetto che teneva Hermione in mano.
Alla parola “lettera”, Berta saltò in aria e si guardò attorno, farfugliando qualcosa come:- Lettera … Gufi … Hermione … Maghi …-.
Garth si accovacciò davanti alla figlia, lasciando la moglie in fase di dormiveglia sdraiata sul divano.
- Herm,- le disse- che lettera è quella?-.
Ma Hermione non rispose. Non perché non volesse, ma perché non riusciva proprio ad emettere alcun suono dalla propria bocca.
Capendo che la risposta non sarebbe arrivata, il padre le sfilò delicatamente la lettera di mano e, appena lesse ciò che vi era scritto, rimase di pietra.
La guardò fissa negli occhi e in quegli occhi Hermione vide gli stessi sentimenti provati dalla madre.
Felicità, stupore misti a delusione e tristezza. Felicità per avere la certezza che non si sbagliavano, stupore perché quasi quasi non ci credevano più nemmeno loro, e, purtroppo, delusione e tristezza per aver realizzato di essere dei “babbani” a tutti gli effetti.
Mentre Remus girava per la stanza canticchiando qualcosa relativo a Hogwarts e Garth iniziava un discorso che la figlia non stava a sentire, dentro Hermione si stava compiendo una vera battaglia.
Vedendola in viso, il padre si accorse che la bambina non era in sé, così le propose una bella tazza di tè.
Erano ormai in cucina e Hermione rigirava ansiosamente il tè con un cucchiaino, rompendo il pesante silenzio con il tintinnio generato dallo scontro del metallo contro la porcellana.
Guardò verso la finestra e si accorse che la giornata, iniziata poche ore fa con un radioso sol leone, era diventata uggiosa e buia. Grossi nuvoloni vagavano nel cielo estivo, probabilmente preannunciavano pioggia.
L’occhio di Hermione cadde per caso sul marciapiede opposto alla propria casa, dove vi era accucciato un gatto molto strano.
Era un normalissimo gatto, tranne per dei strani segni sugli occhi che lo rendevano unico. Erano dei simboli, un gioco di linee che creavano una specie  di paio di occhiali.
Occhiali per un gatto. Quella mattina Hermione si sarebbe rimproverata da sola per aver pensato qualcosa del genere. Mentre ora … Ora? Beh, ora, dopo quella busta che le era piombata fra le mani e che non aveva ancora avuto il coraggio di aprire, non sapeva più come stabilire i limiti fra possibile e impossibile …
Sommersa nei suoi pensieri, si accorse appena che il gatto le aveva ricambiato lo sguardo, stava attraversando la strada e già percorreva il viale d’ingresso di casa Dixon.
Dlin-Dlon. Il campanello.

Spazio dell'autore

Ehi gentilissimo pubblico, gentilissimo privato(?)! Se siete qui sono felice perché vuol dire che apprezzate la mia FF :D
E questo capitolo ... Voi che ne dite? Io mi sono trovata molto in Hermione, nel suo essere smarrita ... Non badate a sua madre, l'ho fatta reagire così perché penso che, se un domani mia figlia avesse la lettera, o gliela ruberei o sverrei.
Il gatto penso capiate chi potrebbe essere ... Io non vi do la certezza u.u Lo saprete nel prossimo capitolo u.u
A proposito, non so quando potrò postare il prossimo capitolo, visto che sto scrivendo anche una FF sui 1D con una mia amica e anche lì dovrei adempire ai miei doveri da scrittrice ... Facciamo così, farò un sorteggio e quale delle due storie uscirà avrà un nuovo capitolo prima dell'altra <3
Un bacio e recensite please!

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Capitolo 4
*** Due Dotati in famiglia ***


4. DUE DOTATI IN FAMIGLIA


Hermione si alzò dalla sedia su cui era seduta con in mano ancora la tazza di tè e si diresse fino all’ingresso, sorpassando il divano su cui erano seduti sua madre, che cercava di tornare in sé stessa, e Rem, intento a farsi raccontare l’accaduto.
Aprendo la porta, la ragazza si ritrovò davanti il gatto che aveva avvistato poco prima e si sporse per vedere chi avesse suonato il campanello. Ma non c’era nessuno nello spiazzale davanti casa, eccetto quel gatto.
“Saranno stati quei quattro ragazzini stupidi che suonano al campanello e scappano subito dopo” pensò Hermione e fece per chiudere la porta.
Ma si bloccò dallo stupore: il gatto stava mutando, il corpo si allungava, la coda si ritraeva, il manto diventava meno peloso e di un bel verde smeraldo, i baffi e i peli sparivano e, dove prima c’era il muso, vi era un naso greco che sorreggeva un paio di occhiali.
Un’austera signora di media altezza prese il posto dell’animale.
La prima cosa che notò Hermione, forse influenzata dagli avvenimenti della giornata, non fu il mantello e lo strano abito verde lungo fin sotto i piedi che indossava la donna, né il ramoscello di legno che teneva in mano, bensì il cappello nero a punta  che portava sulla testa.
Quel tipo di cappello lo conosceva bene, era stata costretta per anni interi a vederlo sulle teste di tutte le bambine del quartiere e, un paio di volte anche sulla sua, durante Halloween.
Ma non era Halloween in quel momento, era agosto, non c’era in programma nessuna festa.
Meccanicamente, ancora sotto shock, Hermione si spostò e fece entrare la signora in casa.
Appena la donna varcò la soglia di casa Dixon, Garth, uscendo dalla cucina e chiedendo alla figliola chi avesse suonato alla porta, rimase come paralizzato.
- Buon pomeriggio, signor Dixon. So che la mia visita è del tutto inaspettata, ma le ruberò poco tempo, non si preoccupi. Per la cronaca, sì, sono Minerva McGranitt, preside alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. -.
Garth, cercando in tutti i modi di minimizzare l’emozione e lo stupore, indicò tremante il salotto, e, mentre accompagnava la donna, Hermione notò suo padre mentre si dava un pizzicotto sul braccio.
Dopotutto, anche Hermione, come Garth, credeva che fosse tutto un sogno e che nel giro di pochi minuti si sarebbe svegliata, ma, al contrario di suo padre, lei lo riteneva un orribile incubo.
La reazione di Berta alla vista dell’ospite non fu da meno di quella avuta dal marito: dovette affondare le unghie nel tessuto del copridivano per avere qualcosa alla quale aggrapparsi.
Remus era un caso a parte, a lui brillavano gli occhi dalla contentezza, più probabilmente dalla curiosità. Forse aveva già capito chi fosse quella donna-gatto, al contrario della sorella.
Hermione, dopo aver assistito alla trasformazione del gatto, aveva finalmente realizzato che tutto era frutto della sua mente e che in realtà stava dormendo nel suo lettino. Non si faceva più troppe domande.
Già la storia della lettera era surreale, ma il fatto che un personaggio dei libri potesse venirla a trovare a casa era impossibile. La spiegazione più ovvia era il sogno. Quella preside di Hogwarts si trovava nei suoi sogni, e non nella sua vita reale, come anche quei gufi e quelle lettere.
Sedendosi, la donna si presentò alla signora Dixon :- Piacere, signora Dixon, e grazie ancora di avermi fatto entrare in casa. So cosa sta pensando e le posso rispondere immediatamente. Allora, sì, sono  la professoressa McGranitt, sì, sono reale e sì, non assomiglio molto all’attrice che mi interpreta nei film. Beh, non ora almeno, sono passati più di 20 anni dalla Grande Battaglia e n’è passata di acqua sotto i ponti da allora!-.
Hermione si ricordava alla perfezione, purtroppo, i film su quel maghetto quattrocchi ed era vero: la professoressa McGranitt nel suo salotto era molto più vecchia e molto più austera di quella del film. I capelli tendevano al grigio chiaro e non erano poche le rughe e le zampe di gallina che le si dipingevano sul volto, ma forse questi elementi facevano sì che quell’individuo risultasse molto più temibile di Maggie Smith.
Osservando Remus, la fantomatica ‘strega’ proferì, con voce seria, :- Prima di iniziare a discutere, vi pregherei di far uscire da questa stanza i minori di undici anni.-.
Minori di undici anni: Remus. Il bambino, che qualche secondo prima pendeva dalle labbra di quella vecchia, ora la guardava con disprezzo e si alzò, correndo in camera sua e trattenendo le lacrime.
Rem era così, non gli piaceva rimanere escluso, in qualsiasi cosa si facesse, dalla più alla meno importante.
Appena si sentì forte e chiaro lo sbattere della porta della cameretta di Hermione e Remus, la McGranitt continuò a parlare.
- Penso che sappiate già il perché della mia visita.- disse cortesemente, indicando la lettera ancora chiusa e abbandonata sul divano.
Garth e Berta annuirono, mentre Hermione scosse la testa in senso di dissenso.
-Dixon, penso che anche tu lo sappia! Beh, visto il tuo nome, penso che i tuoi genitori siano ‘fan’ della saga scritta da Rowling e che ti abbiano spiegato cos’è Hogwarts.- continuò rivolgendosi alla ragazzina.
-Sì,- fece per rispondere Hermione- me l’hanno spiegato, ma Hogwarts non esiste, come nemmeno il mondo della magia esiste. E’ tutto stato inventato da J.K. Rowling.-.
L’undicenne stava per aggiungere anche l’inesistenza della stessa McGranitt, ma preferì evitare.
La professoressa si irrigidì e, sospirando, borbottò qualcosa che somigliava tanto a Bene, anche qui devo ricominciare daccapo!.
-Allora, devi sapere che Joanne Kathleen Rowling altri non è che un impiegato all’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale del Ministero della Magia. A suo tempo, è stata una studentessa della mia casa, Grifondoro, e, inseguito a diversi pezzi scritti per consolidare le relazioni fra i maghi e le altre creature magiche, le è stato commissionato il compito di creare una serie di libri per testimoniare ai Babbani la Grande Battaglia. Questa decisione è stata presa, ovviamente, dopo lunghe riflessioni: avrebbe potuto mettere a repentaglio la sicurezza del Mondo Magico e dei suoi abitanti. Tuttavia i sette libri su Potter sono stati inseriti nel genere fantasy e sono ritenuti dai Babbani, come da te, frutto dell’immaginazione di una donna. Molti di loro, i lettori più appassionati, come i tuoi genitori, però, hanno subito capito che tutto quel mondo non poteva essere nato da una mente geniale e doveva esserci un fondo di verità.
L’intento del Ministero era proprio questo: aprire la mente dei Babbani e dei Dotati. I Dotati sono coloro che, pur dotati di poteri magici, lo ignorano e vivono la loro vita fra i Babbani, cercando di dare una spiegazione plausibile alle anomalie che di volta accadono. Questa categoria di Maghi non esisteva prima della Grande Battaglia. Quando Severus Piton divenne preside di Hogwarts, i Carrow, fratello e sorella Mangiamorte entrati a far parte del corpo insegnanti quell’anno stesso, bruciarono tutti i registri dei Maghi e delle Streghe Nati-Babbani che avrebbero dovuto frequentare la scuola negli anni successivi.
Quest’idea venne approvata dal Ministero di allora, che cancellò tutte le pergamene in cui vi era provata l’esistenza della magia fra i Babbani. Dopo la sconfitta di Voldemort, purtroppo, non ci è stato possibile risalire a tutti i nomi dei bambini che avrebbero dovuto frequentare la scuola. Nel ’99 furono ammessi a Hogwarts solo quattro bambini perché Purosangue o Mezzosangue con almeno un genitore magico, visto che quei registri non erano stati violati. Per anni è stata negata l’istruzione magica a decine di Nati-Babbani, che, tuttora in età adulta, ignorano la propria vera indole.
Grazie a diversi studi avvenuti nell’Ufficio Misteri, da quest’anno ci è stato possibile riaprire Hogwarts ai Dotati. Tutti questi anni sono stati una sofferenza per me. Privare il Mondo Magico di brillanti streghe o maghi è un abominio! Da 9 anni è cominciata la raccolta dei nominativi dei Dotati di ogni fascia di età, ma solo da pochi mesi è possibile affermare di conoscere l’identità del 60% dei Nati-Babbani che non hanno frequentato ancora o che non frequenteranno mai la scuola.
Prima il numero dei Nati-Babbani a scuola era inesistente, poi da quando è iniziata la ricerca il numero è salito a due o tre l’anno. Ciò ha portato ad un aumento demografico della popolazione magica, i Maghi e le Streghe generano più figli e ciò compensa la mancanza di Nati-Babbani sia a scuola che sul lavoro.
Ma, per i bambini, il rapportarsi con nuove realtà, come quelle di chi ha vissuto per 11 anni come un normale Babbano, è un fattore che a Hogwarts manca da tempo e ciò impartisce ai giovani maghi un’educazione diversa, forse peggiore, poiché vedono il mondo Babbano come una cosa estranea al loro essere. E’ da anni che i ragazzi imparano cosa sono i Dotati, ma la cosa è diventata più un mito che una realtà. Fortunatamente, quest’anno abbiamo raggruppato un grosso numero di undicenni che rientrano nella categoria e, come penso hai sentito al telegiornale e costatato con i tuoi stessi occhi, più di un centinaio di gufi si sono stanziati nel Sud del paese. Probabilmente avrò esagerato un po’, numericamente parlando, ma temevo che le lettere non potessero arrivare a destinazione.
In conclusione, sì, il Mondo Magico esiste e tu sei una strega!-.
Hermione aveva quasi il mal di testa. Quella donna le aveva parlato con così tanta serietà e convinzione, come se tutte quelle cose esistessero veramente. Aveva anche dato una spiegazione a tutto.
Sul volto di Berta e di Garth era apparsa un’espressione che a parole equivaleva a Ecco, adesso mi è tutto chiaro! Avevo ragione fin dall’inizio!”.
Ma Hermione non voleva ancora mollare l’osso, così le disse:- Me lo dimostri, mi dimostri di essere una strega! Mi dimostri dell’esistenza della magia!-.
Per un momento la professoressa fu turbata dalla richiesta della ragazzina. Molto probabilmente non le era mai capitato di trovare una giovane di così simile tenacia, ma l’accontentò comunque.
Scuotendo il bastoncino di legno che teneva in mano, fece apparire sul tavolino del salotto un vassoio pieno di dolcetti e leccornie varie.
Berta era scandalizzata, si portò anche una mano alla bocca per lo stupore. Poi osservò i dolciumi, come per ricordare qualcosa, e un momento chiese alla professoressa, con fare saputo,:- Professoressa, mi scusi, ma non vorrei sbagliarmi … Io sapevo che, secondo la Legge di Gamp sulla Trasfigurazione degli Elementi enunciata più volte nella saga, il cibo era uno di quegli elementi che la magia non può né generare, né riprodurre …-.
-Sapeva bene, signora Dixon, e mi congratulo con lei! Infatti io non ho trasfigurato questi dolcetti, lì ho solo fatti apparire. Questi vengono dalle cucine di Hogwarts! Dixon, assaggia e dimmi, ora ci credi?- concluse la professoressa, offrendo all’undicenne il vassoio carico di squisitezze.
Hermione addentò un dolcetto alla crema e cercò di riordinare le idee che, confuse, le riempivano la testa.
Aveva fissa in mente l’espressione soddisfatta della madre e questo peggiorava solamente la situazione.
Così, senza farsi tanti problemi, disse schiettamente alla donna che le sedeva accanto:- Mi scusi, ma io credo solo che questo sia un sogno, che lei non sia mai entrata in questa casa e che io stia tranquillamente dormendo nel mio letto!-.
-Hermione, ma che stai dicendo?- esclamo Garth allarmato.
La McGranitt era rimasta seduta al suo posto, composta, e guardava la ragazzina con aria austera.
-Datti un pizzicotto e vedrai se sogni o meno.- le consigliò la donna, guardandola con fermezza.
Fatto, se l’era dato. Ma non era cambiato nulla. Era ancora in salotto e c’era ancora quella tizia, che ora sogghignava.
Timidamente disse, allora, :- Quindi … Io … Sono … Davvero …-.
-Sì, tu sei davvero una strega, che ti piaccia o no.- affermò la professoressa.
-Ma non capisco ancora … Perché?-.
-Come perché?- chiese la McGranitt, quasi spazientita ma più che altro stranita, - Non c’è un perché. Ti è mai capitato che attorno a te capitino cose strane?-.
Hermione pensò a quella stessa mattina, alla faccenda della porta, e annuì.
-Bene, allora non c’è dubbio, sei una strega e, se i tuoi genitori sono d’accordo, frequenterai dal primo settembre la scuola di Hogwarts.- fece per concludere la vecchia.
-Non può essere … Ce ne sono altri in famiglia? Altri come me?- chiese Hermione, al culmine dell’esasperazione. Per lei non era una bella notizia quella che le aveva appena comunicato la preside, forse era la peggiore che potesse mai augurarsi di sentire, e almeno voleva essere certa di non essere l’unica ‘malata’ in famiglia.
- Altri come? Altri Dotati? Della tua età no, ma l’unica altra fonte di magia che abbiamo individuato è comunque in questa casa.-.
E la prima persona che le passò per la testa fu lui, il bambino che la donna aveva cacciato poco prima. L’unico che si meritava davvero di realizzare i suoi sogni.
-Remus?- chiese.
-No, cara. Non avrei avuto motivo di farlo allontanare da questa stanza allora.- disse con fare compassionevole la professoressa e aggiunse- L’altro Dotato in questa famiglia è tua madre.-.
Berta Dixon. Un Dotato.

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Ehi gente, buon Santo Stefano! E buon Natale! Oh oh oh oh! So di essere la solita ritardataria -.- Ma al sorteggio è uscita prima l'altra FF quindi ho dovuto lavorare un po' anche lì :D
Bene, allora ... Ecco la spiegazione della vera identità della zia Row u.u Tutto combacia u.u Ci ho lavorato un bel po' con la mente e ... POOF! La spiegazione è uscita da sè! Così si spiega proprio tutto u.u
I Dotati li ho creati io, infatti non esiste una categoria del genere fra i Maghi. Però ho pensato che, dopo la Grande Battaglia, il popolo magico abbia eliminato il soprannome 'Mudblood' (Fangosangue), tradotto nei libri italiani 'Mezzosangue'. E la faccenda di Berta? Confessate, vi ha sconvolto vero? Ha sconvolto pure me che l'ho scritto, pensate un po' AHAHAHA Il capitolo è un po' lunghetto, ma spero che vi possa piacere lo stesso!
Un bacio xx

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