I need you for breathing.

di emmesmiler
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Goodbye home. ***
Capitolo 3: *** He. ***
Capitolo 4: *** Smile. ***
Capitolo 5: *** unexpected news... ***
Capitolo 6: *** Austin! ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Ivy Silver ha 17 anni e dovrà stare per un mese da suo cugino, Louis, con il quale fa finta di odiarsi ma in fondo si vogliono davvero tanto bene. In questo mese conosce persone a cui si affeziona molto e scopre tante cose e fa vedere agli altri un lato nuovo di sé stessa, che non ama esporre per la sua timidezza  - che a volte odia -, fa scelte che non vorrebbe fare e dice cose che non vorrebbe dire. Lei è una ragazza semplice: capelli lunghi, poco sopra il seno, castano chiaro con qualche ciocca schiarita,occhi castano chiaro - con quegli occhi riesce a non far capire il suo umore - , labbra carnose - ma non troppo - , alta - il giusto - , e un fisico che tutti le invidiavano, ma lei non capiva mai il perché, portava una semplice seconda, ed era.. magra.
 
 

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Capitolo 2
*** Goodbye home. ***


Silver  sarebbe dovuta andare dai suoi zii per un mese poiché i genitori partivano per un viaggio negli Stati Uniti. La ragazza abitava a Nottingham mentre suo cugino a Doncaster, entrambi in Inghilterra.
«Devo proprio? » chiese dopo aver saputo la notizia, «sono quasi maggiorenne,sono responsabile e lo sai,non ci sopportiamo a vicenda. Sarebbe un mese tremendo!» disse cercando di convincere i suoi genitori,che alzarono gli occhi al cielo.
«Ogni volta la stessa storia. No, Silver non puoi rimanere a casa da sola. E’ troppo pericoloso e lo sai anche tu! Devi stare lì solo un mese, passerà in fretta, e poi ci sono le tue cugine.» disse la donna,calma.
«Non voglio, abbiamo altri zii, per favore!» la supplicò la figlia.
La madre,stanca delle suppliche della figlia si alzò e andò in cucina. «Discussione chiusa, andrai da loro e basta»
La bruna  si alzò e guardò il padre che era stato in silenzio, «Papà, almeno tu.. ti prego»
«Non posso fare niente tesoro, ormai anche gli zii sanno che andrai da loro e stanno preparando già tutto. » le rispose il padre.
La bruna non aveva intenzione di arrendersi, «ma..vabbè, lascia stare. E quando dovrei partire?» domandò guardando prima il padre e poi la madre, i due si guardarono sorridendo, quest’ultima rispose alla sua domanda, sorridendo :  «Domani »
La ragazza spalancò la bocca «D-domani?» balbettò, «e voi me lo dite il giorno prima?! Ci manca solo che dobbiamo andarci di mattina» disse mettendosi le mani sui fianchi e diventando rossa per la frase detta tutta d’un fiato.
«Veramente … » rispose la madre, insicura di continuare.
«No! Non finire la frase, te lo chiedo per il mio bene» la ragazza salì le scale e andò nella sua camera.
La camera della ragazza era semplice e non molto grande, abbastanza da farci entrare: un letto da una piazza e mezzo, un armadio in legno scuro, una scrivania intonata all’armadio, un cassettone, e poi al muro c’erano delle foto di lei e i suoi amici, i suoi parenti, tutti quelli a lei vicini. La bruna si sedette con le gambe incrociate sul letto e chiamò la sua amica: Kaitlyn. Soprannominata da lei: Kyn.
«Silver!» ripose all’allegra l’amica.
«Kyn!»
«Allora, qual buon vento?» chiese sospettosa l’amica.
Sorrise «Indovina? Domani vado da Louis, ricordi mio cugino al quanto stupido?»
«Oh, si. Quello che ti ha versato la Coca-Cola di sopra senza motivo?»
La bruna ripensò a quella scena e fece una smorfia di disgusto, «Esatto, proprio lui.»
L’amica dall’altra cornetta rise, ma subito dopo tornò seria «Silver, ci sentiamo dopo, ok? Ciao! Buona fortuna, andrà tutto bene!» e riattaccò senza attendere risposta dalla bruna.
Guardò sbalordita lo schermo del cellulare, «Perché mi ha augurato buona fortuna se andrà tutto bene?!» ,si chiese. Detto questo, prese la valigia da sopra l’armadio - rischiando di cadere - e iniziò ad uscire tutti i vestiti dal cassettone e dall’armadio. Era scioccante come quella ragazza potesse avere così tanti vestiti e la maggior parte le erano stati regalati da vicini, amiche delle figlie di sua madre o per varie feste.
«Questo no, questo nemmeno.» diceva tirando i vestiti sul letto.
Partì “Scars” di Miley Cyrus e la ragazza perlustrò la stanza con lo sguardo in cerca del suo cellulare, appena si ricordò che lo aveva lasciato sul letto, farfugliò: «cazzo! Non lo troverò mai.» le scappò un risolino e, togliendo tutti i vestiti, prese il cellulare e rispose.
«Pronto?» rispose la bruna.
«Ohi, sono Kaitlyn»
«Ehi, mi hai chiamata in un momento un po’… be’.. »
L’amica finì la frase per lei «Stavi preparando la valigia, vero?» disse ridendo.
Rise anche la bruna «Sei nella mia stanza per caso?»
«Veramente si»
La bruna tornò seria «Davvero?» chiese scherzando.
«Si! Sotto il tuo letto»
«Non ci entreresti sei troppo cicciosa.» scherzò.
Kaitlyn era un’amica molto speciale per Silver, l’aveva aiutata in un momento brutto della sua vita; (Silver verso i 12 anni, incominciò a non sentirsi accettata per il suo peso, e cosi - anche grazie a Kaitlyn- , Silver incominciò a diventare sempre più magra e sviluppata. Fece anche sport per un po’ di tempo per rimanere in forma, ma con i vari impegni dovette rinunciare allo sport). E in più con Kyn poteva scherzare su qualsiasi cosa, non se la prendeva mai perché sapeva che l’amica stava scherzando.
«Senti chi parla.» replicò l’amica. «a parte lo scherzo, dove vanno questa volta i tuoi?»
«Rochester, New York, Stati Uniti»
«Oh porca pupù! E perché non te l’hanno chiesto?»
« Pensavano che non mi sarebbe piaciuto visitarmi tutta - e sottolineo tutta - l’America.»
L’amica si mise a ridere e non sentendola ridere, chiese: «stai scherzando vero?»
«No, Kyn, non scherzo!» rispose con un velo di tristezza.
«La visiteremo un giorno, insieme. Promesso! Ci sentiamo dopo, sono nei guai, ciao!!»
La bruna  riattaccò e posò il cellulare per terra e si distese nel letto incominciando a pensare,poco dopo si addormentò; si svegliò per colpa del cellulare che squillava. «maledetta suoneria» ,pensò. Allungò la mano e prese il telefono,aprì la chiamata senza nemmeno guardare chi fosse.
«Pronto?» risposero dall’altra parte della cornetta, era una voce maschile.
«Mh?!» mugugnò la ragazza.
«Sei.. sei Silver?»
La bruna alzò la testa dal cuscino e si passò una mano sulla faccia e sui capelli «Si, sono io. Tu sei?»
«Sono Louis, tuo cugino»
«Louis??» chiese mettendosi in ginocchio,era a bocca aperta. Non poteva pensare che suo cugino avesse questa voce. «non...non ti avevo riconosciuto. Scusa, stavo dormendo e.. wow hai cambiato voce!»
Il ragazzo rise, «spero in modo positivo! Comunque, contenta di venire qui?»
«Non senti la mia felicità attraverso il telefono?» scherzò lei.
Lui fece lo stesso:
«Assolutamente si! Anzi, non so come non me ne sia accorto prima. Che stupido!»
«Io l’ho sempre detto, voi non mi ascoltate mai! Comunque, come mai codesta chiamata, cugino?»
«Volevo dirti due cose per domani, la prima: dormirai in stanza con me, quindi preparati! La seconda: non avrai molto spazio; la terza: non lo so»
La bruna fece una finta risata, poi continuò «no, non dormirò nella stessa stanza dove ci sei tu! E avrò tutto lo spazio che voglio! »
«Non lo vorrei neanche io, ma i miei mi ammazzano se almeno questa volta non mi comporto bene con te» fece una pausa e sospirò «quindi.. »
Silver lo interruppe «quindi quando siamo davanti a loro ci amiamo e quando siamo soli ci odiamo come abbiamo sempre fatto?» disse tutto d’un fiato.
«Esatto! Ci vediamo domani, cugina.» e chiuse la chiamata.
«Ed io dovrei stare con lui per un mese? Bene… » disse la ragazza fra sé e sé.
Controllò l’ora e spalancò la bocca appena vide la vide: 8:30. Si alzò dal letto e scese di sotto dove trovò sua madre in cucina che guardava la tv e suo padre in salotto che guardava la partita. Entrò in cucina e sua madre le sorrise «preparata la valigia?»
La figlia la guardò male e prendendo un bicchiere, rispose «si, è tutto pronto.»
Si sedette a tavola e mangiò il piatto di pasta in silenzio. Poco dopo la madre lo spezzò «ti ha chiamato Louis?» le chiese con un sorriso sulle labbra.
La ragazza alzò lo sguardo dal piatto «si, mi ha chiamata. Mi ha detto che dormirò con lui e blablabla, te l’avrà già detto la zia cosa mi ha detto.»
«Non mi ha detto niente la zia, quindi dividerai la stanza con lui?»
Alzò gli occhi al cielo e mandò giù il boccone «si, mamma, si»
Sapeva di essere un po’ antipatica quando faceva così, ma le dava fastidio il fatto che non le avevano chiesto di andare con lei pur sapendo quanto amava New York o gli Stati Uniti. Finì di mangiare, posò il suo piatto nel lavandino e salì le scale. Quando era a metà si fermò e urlò «buonanotte!!»
I suoi genitori si girarono e sorrisero, poi tornarono a fare ciò che stavano facendo. Si chiuse la porta alle spalle e si distese sul letto, quando stava per addormentasi le arrivò un messaggio. Era Kyn. Si misero a messaggiare e Silver finì per addormentarsi con il cellulare in mano e ancora  con i vestiti giornalieri.
 
 
 
 
 
Ecco il primo capitolo! Spero vi piaccia, se vi va lasciate qualche recensione. Che sia critica, consigli, qualsiasi cosa: accetto tutto! Grazie mille a chi legge :) 

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Capitolo 3
*** He. ***



La madre di Silver entrò nella stanza di essa, guardò un po’ la stanza, sua figlia che dormiva con un braccio fuori dal letto e la mano sul ventre, le foto che erano appese alla parete o nelle cornici. Ogni volta era così, entrava nella camera della figlia e milioni di ricordi le tornavano in mente. Non credeva ancora che la sua piccola bambina era cresciuta, era diventata responsabile, adesso non doveva più allacciarle le scarpe o giocare con le barbie con lei, no; adesso le doveva dire se la matita era messa uguale, se i vestiti che si metteva le stavano male o le facevano i fianchi, di non tornare tardi la sera. Ma pensava che tutte le madri erano così semplicemente le mancavano le loro piccole bambine. Dopo aver scrutato per bene la stanza e la figlia le si avvicinò e la svegliò dolcemente,sedendosi al bordo del letto «dai tesoro alzati.» sorrise quando la vide aprire gli occhi e stropicciarseli, Silver si guardò la mano e notò che aveva ancora la matita. Sbuffò. Si appoggiò con gomiti al materasso e guardò ancora assonnata sua madre che le sorrideva. «devo andarci per forza?»
La madre si alzò e quando fu’ arrivata alla soglia della porta appoggiò una mano allo stipite e si girò  «si, e lo sai. Su’ preparati che è tardi.»
Buttò la testa sul cuscino e controvoglia si alzò. Prese i vestiti dall’armadio: una maglietta verde con sopra disegnato un coniglio e scritto “funny bunny” , dei jeans scuri e un cardigan blu. Si diresse in bagno e per poco non sbatteva contro la porta, si legò i capelli e posò i vestiti sul mobiletto bianco accanto alla vasca. Si fece una doccia così lunga che venne richiamata due volte. Appena uscì dalla doccia si guardò allo specchio e notò la matita sbavata, si passò la mano nel punto in cui era sbavata e dopo essersi asciugata si vestì. Si mise le converse nere e, prendendo la borsa e il suo amato Nokia, scese di sotto dove ad aspettarla c’erano i genitori. Il padre vedendola scendere si incamminò verso la porta e la madre alzò le braccia al cielo.
«Finalmente!» aggiunse, incamminandosi anch’essa verso la porta d’ingresso.
Silver alzò gli occhi al cielo e appena fu’ fuori casa rispose: «non ci ho messo tanto.. dopo tutto sono le…» s’interruppe quando prese il cellulare «ok, è tardi. Lo ammetto.» sorrise ed entrò in macchina.
Erano le 10 e 30 ed era veramente tardi. Per arrivare a Doncaster  ci voleva un’ora, traffico permettendo.
«Possiamo andare?» chiese il padre guardandola dallo specchietto retrovisore. Lei annui e guardò il vialetto di casa finché non uscirono dal cancello ed esso si chiuse alle loro spalle.
Sospirò passandosi una mano fra i capelli. Prese il suo i-pod e poggiò la testa sul poggiatesta. In quel piccolo iPod c’era di tutto: The Script, Coldplay, Train, Miley Cyrus, Demi Lovato, Taylor Swift, Ed Sheeran, Selena Gomez, Justin Bieber e così via. 
Era da mezz’ora che erano in macchina e il caldo si faceva sentire. Non smetteva di farsi vento con la mano. Erano in autostrada per la precisione alla fine della M1. C’era un cartello blu con su scritto “M18 The Norht – Doncaster , Hull” e due frecce in basso che indicavano destra e sinistra. Svoltarono a destra e percorsero tutta la M18. Alla sinistra di Silver c’erano molti alberi, piante; gli alberi erano verdi scuro in basso per via dell’ombra, i rami più alti invece erano più chiari per via dei raggi del sole; i fiori erano sul violetto o bianchi; il cielo era meraviglioso. Silver sentiva il sole sulla sua pelle e il vento sul suo viso, le piaceva quella sensazione. Si scordava – anche solo per un minuto- tutto. Erano passati più o meno un quarto d’ora e la bruna iniziava ad annoiarsi.  
«Mamma, quando arriviamo?» chiese sbuffando.
La madre sorrise «siamo quasi arrivati, dieci minuti. In tanto goditi il panorama»
Silver guardò fuori dal finestrino, poi di nuovo la madre «si,bel panorama..» guardò di nuovo fuori dal finestrino e doveva ammettere che era davvero molto bello. C’era una grande distesa di verde; dal verde pistacchio al verde grigio verde scuro, c’erano anche degli alberi sul marroncino probabilmente piantati da poco poiché erano piccoli; il prato era curato e tosato alla perfezione. In lontananza si vedevano degli alberi verde scuro come il buio, dei fiori magenta come fossero in fila indiana e delle colline. Mentre osservava quel paradiso erano all'uscita 36, dovevano proseguire seguendo  l'indicazione A630 per Rotherham/Doncaster. Dietro i grandi alberi marroncini/verdastri alla sua destra si potevano intravedere i tetti delle case. L’iPod stava riproducendo “Teenage dream” di Katy Perry, anche lei desiderava provare quelle cose per un ragazzo, anche lei voleva che lui era il suo San Valentino. Anche lei voleva che quando lui la guardava il suo cuore si fermava. A distrarla da quelle fantasie fu’ sua madre che le disse che erano quasi arrivati. Silver mise da parte l’iPod e guardò il posto. Erano fermi alla rotonda, il padre stava facendo passare una macchina, la bruna notò un cartello ovale posizionato orizzontalmente; “Benvenuti a Doncaster; scoprire lo spirito” mentre poco più avanti, sempre intorno alla rotonda, c’era un cartello con una scritta rosa –come nel primo cartello- e bianca: “Doncaster ; scoprire lo spirito” poco più giù “Doncaster supporta Yorkshine in Bloom & Gran Bretagna in Bloom; Keepmoat” accanto a quest’ultima parola c’era una corona. La rotonda su cui erano messa questi cartelli era tutta prato e c’erano anche delle lettere molto grandi che formavano la frase “Come to Doncaster”, restò ammaliata da quella scritta, non pensava potesse essere così bello quel piccolo paesino e così accogliente. Il cartello verde a forma di freccia con su scritto “Doncaster Balby A630” indicava di andare a destra, così fecero, era posizionato su un prato a forma di triangolo isoscele , c’erano dei fiori rosa e magenta e due lampioni neri. Le case si intonavano a tutto: i mattoni erano marroni chiari mentre i tetti marroni scuri. Percorsero un paio di kilometri e arrivarono a Waterdale, era tutto così bello lì, accanto a un teatro c’era una scritta fatta con l’erba, intorno ad essa c’erano dei fiori bianchi e rosa, la scritta era “Ndc”; probabilmente l’abbreviazione di Doncaster, pensò. Mentre guardava tutti i negozi ne notò due: uno con la scritta “Prego”, vendeva caffè e sandwich; l’altro aveva la scritta “Hallcross” doveva essere un posto in cui le persone si esibivano.
«Quando arriviamo?» chiese di nuovo, Silver.
«Dieci minuti» rispose il padre guardandola dallo specchietto retrovisore.
«Lo avete detto anche venti minuti fa’.» si sposto una ciocca dal viso e guardò di nuovo fuori.
Erano arrivati ufficialmente a Doncaster. C’era un supermercato che si chiamava “Iceland.co.uk” e molti altri negozi. La macchina si fermò e lei iniziò a prendere la borsa e mettere dentro il cellulare, stava per aprire la sua portiera della macchina quando sua madre la bloccò: «Silver, promesso, eh.»
Roteò gli occhi e rispose «Si, mamma. Io e Louis ci ameremo, ok?» detto questo, scese dall’auto e si guardò in torno. Era tutto case, come da lei d’altronde, e molti alberi, alcuni recinti erano fatti con dei mattoni marroni e sopra c’era nell’erba verde; come quella di suo cugino. Vide due ragazzi che stavano attraversando dal suo lato e resto per un attimo senza fiato: aveva visto un ragazzo con i capelli biondi, alto e un sorriso perfetto; purtroppo aveva degli occhiali da sole,quindi non vide gli occhi; l’altro ragazzo invece aveva i capelli scuri e messi tutti d’un lato, non erano male i capelli, anch’esso alto. Ricambiò il sorriso del biondo e sognante si diresse verso la porta di casa del cugino.
«Zia!» urlò facendo finta di non notare Louis alla porta.
Le si buttò tra le braccia, sorridendo «tesoro mio», la zia –Jay-  l’accolse fra le sue braccia e le accarezzò i capelli ripetendo «mi sei mancata! Quanto sei fatta grande»
Si sciolsero dall’abbraccio, Silver le prese la mano e mosse il suo sguardo dalla testa ai piedi di essa. «senti chi parla» disse ridendo, poi guardò il compagno di sua zia «Mark, tienila d’occhio..potrebbe fare stragi»
Quella battuta fece ridere tutti, poi il compagno –Mark- rispose «troppo tardi» guardò Jay, sorridendo.
Il cugino sbuffò e salì in camera, si girarono verso le scale, la madre di quest’ultimo stava per scusarsi e poi dirigersi verso le scale ma Silver la bloccò. Non sapeva perché l’aveva fatto, o forse sì. «vado io..» sorrise e  si diresse verso la camera –che non trovava. Le camere erano abbastanza grandi e si era già innamorata del bagno: mosaico verde e bianco. Non appena la trovò si precipito dentro, senza bussare.
«Cugino» urlò facendolo sobbalzare dal letto.
Spostò il suo sguardo dal cellulare alla cugina seduta davanti a lui «che vuoi?»
«Dirti due cose» rispose infastidita.
Louis scoppiò in una fragorosa risata «sarebbero..»
«Primo: l’armadio è tutto mio; secondo: non comportati più in quel modo, soprattutto davanti a tua madre.»
«Perché, se non faccio quello che mi hai detto di fare, che fai?» rispose strafottente e alzandosi dal letto, lei lo seguiva con lo sguardo.
«Bel gioco di parole. Io non farò niente.» si alzò anche lei e gli si piazzò davanti. «non lo faccio per me,ok? Lo faccio per te e per tua madre, per le tue sorelle»
«Non sai niente della mia famiglia, di come mi sento, di…» non continuò la frase, cambiò discorso «non so nemmeno perché ti sto dicendo queste cose. Tu non sei niente per me, ok. Quindi non venirmi a dire queste cose» si andò a sedere di nuovo nel letto e guardò il telefono.
Silver rimase a guardare due foto che aveva nel cassettone. Una con suo padre quando era piccolo; nell’altra erano: lui, suo padre e sua madre. Senza dire niente fece per andarsene, poi si girò «ricorda quello che ti ho detto..non voglio vedere mia zia, nonché tua madre, star male per i tuoi comportamenti»
Aveva sentito quello che le aveva detto ma fece finta di niente. Nemmeno lui voleva veder stare male sua madre, l’amava più di qualsiasi altra donna. Nel frattempo gli arrivò un messaggio da un suo amico, diceva che stava arrivando. Non rispose, prese il giubbotto e scese di sotto, dove tutti stavano ridendo e parlando fra di loro. Calò il silenzio non appena entrò nella stanza, fortunatamente quel silenzio fu’ spezzato dal campanello che suonò due volte. Louis aprì la porta e salutò i suoi amici. «ciao ragazzi!»
«Amico» lo salutò il biondo dandogli una pacca sulla spalla. Stessa cosa fece il moro ma senza salutarlo.
Silver non poteva crederci: erano gli stessi ragazzi di prima. Tutti e tre si avvicinarono e i due ragazzi salutarono la madre e le sorelle con un bacio in guancia mentre Mark con una stretta di mano. Louis presentò i suoi amici ai genitori di Silver. Il biondo si chiamava Niall e il moro Zain. Quando arrivò il suo turno in un primo momento restò in silenzio, poi si fece coraggio e allungò la mano. «Piacere Silver»
I due ragazzi sorrisero e il biondo si presentò per primo «Niall.», gli strinse la mano e si sciolse; si sciolse anche nel guardare quei suoi occhi -probabilmente erano il suo pezzo forte, pensò- quando le lasciò la mano si sentì un pò meglio. Poi si presentò il moro «Piacere Zain». Pensava che non esistevano ragazzi con un bel sorriso ma si ricredette dopo aver questo quei due ragazzi. Si schiarì la voce e rivolse alle due sue cugine, Felicite e Lottie, uno sguardo disperato. Felicite si alzò e le andò vicino, prendendola a braccetto  «scusate ragazzi, ma ve la rubiamo per un po’» sorrise trascinandola verso le scale. Lottie, dietro di loro, stava ridendo –senza farsi notare.
«Ve la potete tenere!» urlò Louis.
Le tre ragazze si misero a ridere ed entrarono nella stanza di suo cugino, nonché attuale camera di Silver.
«Secondo me Louis ci uccide» disse Felicite.
Erano sedute sul letto del fratello e guardavano alcune foto del ragazzo da piccolo.
Silver alzò gli occhi dal grande libro con le foto e la guardò «non farà niente!»
Felicite sbuffò, poi sorrise «ho notato che qualcuno ha fatto colpo»
Subito Lottie e Silver la guardarono «chi?» chiese quest’ultima.
«Parlo di Niall, l’ho visto come l’hai guardato,eh!»
«Non l’ho guardato in nessun modo» la bruna incominciò ad agitarsi.
Le due cugine si guardarono e scoppiarono a ridere, poi Lottie parlò «stavamo scherzando, Silver»
Silver si alzò dal letto e si diresse verso la porta «vi odio» si girò e chiuse gli occhi in piccole fessure, quasi non le si vedevano gli occhi «scherzavo, dov’è il bagno?»
«Sinistra, terza porta» rispose Felicite, ridendo.
«Grazie» fece un sorriso a 32 denti e si diresse verso il bagno.
Provò ad aprire ma niente, sembrava bloccata. Apriti, pensò. Mosse la maniglia, un piccolo giro ad essa e finì per sbattere la porta in faccia a qualcuno. Poggio entrambi le mani sulla bocca e trattenne una risata, aiutò il ragazzo ad alzarsi e si scusò più volte. «scusami,pensavo non ci fosse nessuno in bagno» ripetè di nuovo, sorridendo imbarazzata.





Saaaaalve gente!! Spero che il capitolo vi piaccia :) se vi va lasciate qualche recensione :) non so che altro dire ahahah buona giornata e buona estateeeee!!


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Capitolo 4
*** Smile. ***


 
Dopo che la bruna si era scusata più volte con il moro, lui la invitò da lui insieme a Louis e Niall. «No, davvero. Grazie per l’invito ma non voglio altri problemi con mio cugino, quando vogliamo sappiamo essere abbastanza antipatici insieme» aveva risposto così all’invito del ragazzo. Ma niente da fare, lui non accettava un no. E adesso si trovavano a casa di Zain, seduti sul divano a mangiare.
«E quanto resterai qui?» chiese il moro prendendo un altro salatino.
Silver ingoiò la patatina appena messa in bocca e rispose «un mese» fortunatamente,pensò.
«Fortunatamente» aggiunse il cugino.
Silver lo guardò aggrottando le sopracciglia, lui fece lo spesso poiché non riusciva a capire il motivo di quello sguardo.
Non badò molto a quella parola. Spostò il suo sguardo verso il salotto e all’arredamento: i divani erano grigio-blu con dei fiori grigi e i gambi,insieme alle foglie, tutti uniti tra loro, era bello. I quattro cuscini in blu le ricordavano quelli di casa sua; il televisore nero di circa 40 pollici appoggiato su un mobiletto intonato al televisore. Non finì di ispezionare con lo sguardo il salotto che una mano chiara, magrolina e con i polpastrelli più pienotti, le passò davanti. Scosse la testa per riprendersi e guardò di chi fosse quella mano. 
Il ragazzo fece cenno con la mano se poteva sedersi, lei annuì «tutto bene?»
«Si» rispose la ragazza, poi continuò «tu,invece?»
Silver appoggiò le spalle al divano e aspettò la sua risposta «tutto bene, grazie» rispose sorridendo e guardandola.
Ricambiò il sorriso e guardò attentamente quegl’occhi celesti che intorno alla pupilla avevano delle sfumature d’orate. Non aveva mai visto occhi così belli in vita sua.
«Devono essere il tuo pezzo forte» disse spezzando il silenzio e l’imbarazzo che si era creato,e alludendo ai suoi occhi. Lui non capendo la guardò confuso. «Gli occhi»
«Oh..emh, bhe’ credo di si» rispose sorridendo.
Si guardarono intorno e notarono di essere soli. Né Zain, né Louis erano nella stessa stanza. Entrambi si guardarono confusi, poi la bruna parlò «Ma Louis e Zain?»
«Emh, non so… » si alzò dal divano –la bruna lo seguì «Zain? Louis? Siete di sopra??» urlò lui in direzione delle scale, nessuna risposta. Li richiamò, ancora nulla.
La bruna stufa alzò gli occhi al cielo e incrociò le braccia al petto «ci stanno prendendo in giro, ne sono più che sicura»
Niall si girò a guardarla. Si bloccò anche lui nel vedere la sua espressione seccata, non sapeva perché ma le sembrava una bambina. Non per i comportamenti –anche perché non conosceva il carattere di lei- il suo sguardo in quel minuto gli faceva tenerezza. Fece un piccolo sorriso; lei, sentendosi osservata, alzò le sopracciglia prima di parlare «che c’è?»
Scosse la testa prima di tornare serio «nulla.. » era titubante «che si fa’?» chiese poi.
«Cerchiamoli» salì le scale, poi si girò poiché Niall l’aveva chiamata.
«Vuoi andare di sopra?»
«Non siamo in un film horror, nessuno ci ucciderà. ‘Sta tranquillo. Sembri una femminuccia impaurita» a quell’ultima frase le scappò una risata, poi salì le scale. Si sentiva disorientata, non sapeva quale fosse la camera di Zain.
«Seconda camera a destra» disse Niall raggiungendola. Entrò nella camera dell’amico ma non c’era nessuno. Controllò in tutte le stanze ma niente.
Silver si stette in disparte, non sapeva che fare o come muoversi quindi decise di non entrare nelle stanze e aspettare che Niall avesse finito di controllare.
«Non ci sono?» chiese lei vedendolo uscire dalla stanza.
Scosse il capo «magari sono giù», scese le scale lasciandola lì, immobile.
«O magari ci stanno prendendo in giro» ripetè lei seguendolo.
«L’hai già detto» urlò lui dalla cucina.
«Lo so!» rispose non appena lo raggiunse. Poggiò i gomiti sul bancone in legno che c’era in cucina e lo guardò mentre apriva il frigorifero «ma non dovevamo cercare Louis e Zain?»
Prima di rispondere posò i bicchieri e la bottiglia d’acqua sul bancone «Torneranno» si mise a ridere e sorseggiò un po’ di acqua. Poggiò il bicchiere di vetro sul bancone e la guardò, di nuovo. Si bloccava a fissarla pur non facendolo apposta. Si bloccava a guardare quei suoi occhi castani che ispezionavano la cucina e si sentivano osservata, quegl’occhi che aveva già visto in altre ragazze ma i suoi gli facevano uno strano effetto, sembravano diversi; pieni di emozioni, pieni di sentimenti, segreti, delusione, forza, sicurezza; sì: forza; sì: sicurezza. Trasmettevano forza perché quando guardavi quegli occhi era come se ti dessero una scarica elettrica. Sicurezza. La sicurezza che aveva in lei stessa si vedeva anche dagli occhi, da quella iride castana.
«Parlami un po’ di te, abbiamo un po’ di tempo» interruppe i pensieri del biondo la voce scherzosa di Silver. Niall sbattè due volte le palpebre per tornare alla realtà «vedo che sei uno che pensa molto» continuò lei con voce scherzosa.
Si passò una mano dietro la nuca, imbarazzato «si, stavo pensando a un po’ di cose», mentì.
«Tipo? Se posso saperlo»
Guardò oltre le spalle delle ragazza e notò che i suoi amici gli facevano segno di non dire nulla di loro «che.. che sono degli stupidi» scoppiò in una fragorosa risata.
Silver si girò e li vide fermi dietro di lei.
«Parlami un po’ di te» la imitò il cugino.
«Non parlo così» ribattè lei.
«Davvero? A me sembra di si» rispose lui, avvicinandosi.
«Credo che tu ti sia confuso con la tua di voce» si avvicinò anche lei.
«Mmmh..» fece finta di pensarci portandosi la mano al mento «non credo»
Sbuffò, stufa di quella situazione, stufa di lui, stufa di tutto.
Sul volto del cugino comparve un sorriso beffardo «Sbuffi perché non sai che dire. Ti lascio sempre senza parole, eh?»
I due ragazzi li guardavano sconvolti. Seguivano con gli occhi chi parlava prima e chi rispondeva, non pensavano fossero così.
«In realtà no, non continuo perché non vorrei offenderti, perché se dico qualcosa di sbagliato poi i miei genitori incolpano me del nostro rapporto non te. Non sei tu che ogni vo…»
Venne subito interrotta dai due ragazzi che si misero fra di loro «ok ok, per oggi può bastare, basta» disse Zain facendo indietreggiare Louis.
Silver aveva il cuore che le batteva forte, le mani che tremavano insieme alla voce. Sentiva che si sarebbe messa a piangere da li a poco, ogni volta che era nervosa si sfogava piangendo e odiava questa sua abitudine, non riusciva a controllarsi.
«Che ne dici di prendere una boccata d’aria?» propose il biondo, prendendola per il braccio.
Lei annuì e uscirono fuori, dove una folata di vento le fece andare i capelli sul viso. Li scostò con un semplice gesto e li mise dietro l’orecchio. Respirò facendo entrare nelle narici quell’odore di terra bagnata e chiudendo gli occhi per calmarsi, poi ispirò. 
«Stai meglio?» chiese Niall.
«Si, grazie» gli sorrise «non preoccuparti, puoi tornare dentro, io ritorno da mia zia»
«Oh, no..fa niente, davvero»
«Sei sicuro? Non voglio rubarti tempo» ti prego dimmi che non ti sto rubando tempo, sei l’unica persona che non è scappata dopo due minuti.
«Sic…» cambiò subito espressione e, «forse è meglio che entri, scusami» anche parole.
Sorrise. Un sorriso di quelli finti, finti come una moneta duplicata «non preoccuparti.. allora io vado» sorrise ancora.
Annuì sorridendo «ci vediamo, allora»
«Sì, ci vediamo» mandò giù un boccone un po’ amaro e s’incamminò verso casa.
Uscì dal cancellata della casa di Zain e svoltò a destra, incamminandosi verso la porta bianca di casa. Sentì una porta sbattere e subito si girò: c’era Niall che le stava correndo in contro, si avvicinò ad esso.
«Niall.. che…» non finì la frase, non sapeva come continuare. Lui aveva il fiatone, così lei si mise a ridere «hai fatto si e no 20 centimetri»
«Hei, mi stanco facilmente!» la ammonì/rimproverò lui.
Si girò senza neanche badare a lui e bussò alla porta, aprì sua zia che sorrise vedendola.
«Zietta!» urlò schioccandole un bacio in guancia «i miei sono ancora qui?»
Fece entrare anche il biondo «Ciao Niall! Si, Silver, sono ancora quì»
Niall si mise le mani in tasca e sorrise «s-salve signora» balbettò.
Jay gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla «Niall puoi chiamarmi Jay, non sono così vecchia» si mise a ridere.
Silver andò in cucina e trovò i genitori che parlavano con Matt, erano seduti intorno al tavolo. Cinse le spalle alla madre e sorrise. Non sapeva di cosa parlavano, non le importava molto; pensava al biondino che c’era in salotto. Prese un pacco di patatine dal mobile accanto al frigo e si diresse in salotto dove trovò sua zia e Niall che parlavano e ridevano. Si buttò sul divano e accese la televisione, faceva zapping, non sapeva cosa mettere. 
Sua zia le andò vicino e tamburellò con il dito nella sua spalla, lei alzò gli occhi verso lei «Si?» chiese masticando. Le lanciò un’occhiataccia tanto da farle venire i brividi, capì e si mise bene nel divano, invitando Niall accanto a lei. Jay li lasciò soli per poter parlare meglio. Ma tutto fecero tranne che parlare; quando voleva sapeva essere antipatica, per quanto ci stava provando non riusciva ad essere se stessa con Niall. Non voleva passare per quella antipatica -che non era. Il biondo si passò ripetutamente una mano fra i capelli e la guardò mentre cambiava in continuazione canali. Sentendosi osservata si girò a guardarlo, ingoiò e parlò «ok, senti biondo inizi a farmi paura e non scherzo. Smettila di fermarti a guardarmi perché finirei per vantarmi»
Sapeva che anche se un ragazzo la guardava, lei non cambiava idea su se stessa, lo diceva per scherzare.
«Io lo farei se fossi così»
Sembrava un vizio: ogni volta che doveva rispondere a tono veniva interrotta e le sue frasi che facevano rimanere di stucco non poteva dirle. Si alzò subito in piedi vedendo entrare i suoi genitori seguiti da sua zia e il compagno, il biondo fece lo stesso. La madre della ragazza –Elisabeth- le si fiondò fra le braccia e una lacrima le solcò il viso.
Quella lacrima era di tristezza, non l’avrebbe vista per un mese e anche se l’aveva lì, davanti a lei, le mancava sin da ora. Aveva lasciato andare il suo primogenito quando aveva 18 anni perché aveva scelto la strada militare e lo vedeva solo quando andava in licenza. Le mancava ma Silver e suo figlio –Austin- si somigliavano molto, entrambi erano alti, simpatici; molte volte li scambiavano per fidanzati.
«Dai, mamma.. ci rivedremo, in fondo un mese passerà velocemente» disse accarezzandole la schiena.
Tirò su col naso e lasciò che sua figlia le asciugasse quella lacrima appena nata che stava per scendere «si, hai ragione» disse sorridendo.
Poi scoppiò di nuovo a piangere, la figlia scherzosamente alzò gli occhi al cielo e sorrise poi abbracciò suo padre che era meno rigido degli altri anni.
«Controlla la mamma» gli raccomandò la figlia.
Lui annuì sorridendo. Anche il padre si stava per commuovere ma la figlia lo fermò subito «papà, ti prego, anche tu no!»
Si misero tutti a ridere e si diressero verso la porta d’uscita. Elisabeth continuava a ripetere a sua figlia di comportarsi bene e aiutare in casa, lei si faceva una risata poiché sapeva già tutte queste cose. La madre si girò, stava per parlare ma lei la prese per le spalle e la guardò negli occhi. «Mamma, so tutto, non ti devi preoccupare. Tu va a divertirti, e ricordati cosa ti ho detto»
La guardò strana, non ricordava cosa le avesse detto. «che.. che cosa..»
«Mamma!» disse ridendo «girerai un sacco di città, se vedi Miley Cyrus o Demi Lovato: fermale; e fatti fare: foto, autografo –per me, ovviamente»
«Ma..mi sembra» s’intromise Niall, ridendo, lei lo interruppe:
«Fidati, lo farebbe. Una volta a Londra ha incontrato i Coldplay e si è fatta fare l’autografo per lei! Diceva che se l’era dimenticato» si mise a ridere.
Anche lei si bloccò due secondi a guardare il biondo ridere. Aveva portato la mano allo stomaco e la testa indietro, chiudendo gli occhi.
Aveva abbracciato di nuovo i suoi genitori e la madre fece promettere a Niall di prendersi cura della figlia. L’aveva giurato sorridendo e guardandola negli occhi, quegl’occhi in cui si bloccava ogni volta. Li avevano visti andare via con la macchina, sembrava quasi un film. I due ragazzi erano rimasti fuori a parlare e ridere come due bambini; stavano parlando delle loro vite, per conoscersi meglio. Lui le aveva appena chiesto se poteva farle vedere una cosa.
«Che cosa?» chiese curiosa lei, alzandosi dagli scalini.
«Un posto. Ora vedi»
Non volle essere troppo insistente, così si lasciò guidare. Era da un quarto d’ora che camminavano e quel paesino le incominciava a piacere. Era pieno di case, alcune diverse fra loro, altre uguali. Niall si fermò di colpo e la guardò.
«Che c’è? Ho qualcosa in faccia, nei capelli?» incominciò a toccarsi i capelli per scacciare qualcosa che non c’era.
«No no, non hai niente. Siamo arrivati» le annunciò sorridendo e indicando il posto.
Erano fermi davanti a un grande campo da tennis, non c’era nessuno, era vuoto.
«Wow» riuscì a dire solo quello.
Era davvero bello, era un semplice campo da tennis ma intorno non c’era niente, nessuna casa. Solo un chiosco all’interno, probabilmente per le bibite o qualcosa da mangiare.
«Entriamo?» chiese lui.
«Ma non c’è nessuno» gli fece notare lei.
«Lo so. Avanti non dirmi che hai paura»
«Parla quello che fino a poco fa pensava di essere in un film horror» rispose ridendo. Il ragazzo uscì qualcosa dalla tasca, erano delle chiavi. «aspetta, hai le chiavi?»
«E’ di mio zio questo posto»
«Ah..»
Le sorrise ed entrò dentro, lei lo seguì a ruota.
«Che ne dici di fare una partita?»
«Guarda che ti batto, non ti conviene» rispose con un tono di modestia.
«Si, certo! Vediamo»
«Va bene» accettò la sfida.
Silver alzò la racchetta bianca che aveva e tirò in aria la pallina, la colpì con forza e lui la prese. Giocarono per un’ora e mezza. Lui fu’ colpito circa due volte nello stomaco e tutte e due le volte Silver si mise a ridere fino alle lacrime. Si buttarono sul prato verde, accanto e incominciarono a ridere senza un motivo.
«Perché ridiamo?» chiese lui girandosi e guardandola.
«Non lo so» rispose ridendo e guardandolo. Tornò seria, lo guardò e sorrise «grazie per la bella serata»
«E’ ancora pomeriggio» scherzò lui.
«Lo so! Non rovinarmi le frasi» si mise a ridere e lui la seguì.
Il posto si riempiva con le loro risate, erano l’una e mezza di mattina e il sole era coperto dalle nuvole, quelle nuvole scure.
«Comunque.. di niente»
Si guardarono e si sorrisero. Un sorriso sincero, un sorriso sentito. Un sorriso che lei faceva solo quando si sentiva di farlo, e adesso, voleva fare quel sorriso, non quello finto. Quello finto che si fanno nelle fotografie, quel sorriso che hai sempre stampato in faccia davanti all’obiettivo, quel sorriso che fai quando sei triste e tutti pensano che va tutto bene. Quel sorriso lo aveva con poche persone e, forse, Niall, sarebbe stata una di quelle.







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scriverò un pò di più in questo spazio. spero che questo capitolo non sia troppo lungo o che non ci siano errori, e che capirete ciò che ho scritto ahah :) grazie a chi l'ha messo nei preferiti e a chi lo metterà in futuro, graaazie anche a chi lo leggerà! sono troppo contenta perchè mi sono comprata il cellulare nuovo e sono tipo ashcxindovcnfedhvbewyhvfbryuew (?) ahahahahahah ok,non vi rompo più. grazie ancora e buona serata :D

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Capitolo 5
*** unexpected news... ***


Non era cambiato nulla. Solito risveglio, solo in un altro letto, in un'altra stanza e in un altro paesino.
Silver si era appena seduta sulla sedia ridendo poiché avesse svegliato il cugino nei peggiori dei modi: musica a tutto volume. «ma che ridi? Vorrei vedere cosa faresti tu se qualcuno ti svegliasse così» le disse il cugino,prese un muffin al cioccolato e lo addentò. I due cugini erano seduti uno di fronte all'altro e nessuno distoglieva lo sguardo dall'altro. «ok, vado a farmi la doccia!» annunciò correndo verso il bagno prima che si infilasse lui. Entrò in bagno ridendo ma quando si accorse che non aveva preso i vestiti divenne seria. «no.. » sussurrò fra se e se. Sgattaiolò fuori dalla stanza e andò nella sua. Prese il necessario ma quando fù nel corridoio notò la porta chiusa: «Louis!» urlò sbattendo il pugno nella porta. Si sentì solo una risatina da parte sua poi di nuovo il rumore dell'acqua,mentre si dirigeva verso le scale urlò che gliel'avrebbe fatta pagare. Scese di sotto e proprio mentre stava per andare cucina,bussarono alla porta; aprì e si ritrovò alla porta un ragazzo alto,i capelli castani mossi e due occhi nocciola; si ricordò di non aver detto una parola così lo salutò e fù ricambiata. «sei nuova da queste parti,non ti ho mai vista»
«Esatto,sono nuova anzi di passaggio»
La guardò da capo a piedi e si passò la lingua fra le labbra, fece un passo verso l'entrata ma lei lo bloccò subito «sono un amico di Louis,posso entrare»
«Puoi essere anche il suo ragazzo,non puoi entrare» rispose secca.
Le si avvicinò fino a sentire il respiro sulla sua pelle,la guardò negl'occhi,dalle sue labbra uscì un soffio «andiamo... » le accarezzò il braccio.
 
                      ***
«davvero, Silver non è una scommessa. Tu mi piaci veramente» il suo sguardo fisso sui suoi occhi castani, sembravano sinceri e lo erano.
«Ma..io sono così» indicò il proprio corpo in carne «e tu così...» indicò il corpo magrolino del ragazzo e lo guardò di nuovo in quegl'occhi verdi.
«e allora? Per me, non conta l'aspetto fisico ma quello che hai dentro»
Quelle parole le facevano piacere, ma non ci credeva.
«E del giudizio della gente?» nessuna risposta da parte sua, solo un sospiro e uno sguardo alle spalle della ragazza: i ragazzi che c'erano nel cortile. «visto.. T'importa...» c'era delusione nelle sue parole, lo guardò ancora in attesa di una risposta.
«Non è vero, non mi importa. E in ogni caso sarebbero solo gelosi perchè avrei la ragazza più bella del mondo» quelle parola la fecero ridere, mostrando quelle piccole fossette. Le accarezzò il braccio dolcemente e si avvicinò «andiamo... credimi, ti prego», poi la baciò. Il suo primo bacio, il loro primo bacio. La storia andò avanti per un mese, poi le arrivò un messaggio, un messaggio che la fece piangere per mesi. “non possiamo continuare la nostra storia, mi dispiace.”
                     ***
«ma guarda un pò chi si rivede» disse il ragazzo allontanandosi da Silver ed entrando.
Liam Payne» disse Louis avvinandosi al ragazzo.
«proprio così»
«nessuno ti ha invitato ad entrare» ringhiò Louis, avvicinandosi a lui.
Silver chiuse la porta, incrociò le braccia al petto e li guardò. Entrambi i ragazzi si guardavano, Louis sembrava volesse dargli un pugno, nei suoi occhi c`era odio, c`era rabbia.
«Che sei venuto a fare, Payne?» chiese Louis stringendo i pugni.
«Una semplice visita ad un mio amico, ti dispiace? » lo provocò Liam. Louis non rispose, sbuffò e guardò alle spalle del ragazzo. «ah..» continuò il castano, girandosi verso Silver «carina tua cugina»
Silver abbassò lo sguardo e le guancie le si colorarono di rosso.
"Lasciala stare. Che vuoi Liam? » scandì per bene le parole, facendo spostare lo sguardo del ragazzo verso di lui.
«Niente, Louis, niente.» ripetè con un sorriso stampato sulle labbra.
«Va fuori da casa mia, adesso» alzò la voce il cugino. Fece sobbalzare Silver che si era spostata vicino le scale.
«Si padrone» rispose strafottente Liam, sempre con quel sorriso sul volto. Si avvicinò alla ragazza e la guardò negli occhi, poi la guardò da capo a piedi. «si, tua cugina é molto carina» ridisse sicuro di se.
Uscì sbattendo la porta e lasciando i due ragazzi in quel salone vuoto e silenzioso. Louis salì di corsa le scale, Silver lo seguì a ruota fino alla sua stanza.
«Chi era? » chiese Silver.
«Nessuno»
«Non era nessuno, Louis. Dimmi chi era»
«Ripeto: non era nessuno»
«Ok, sto cercando di rimanere calma ma se tu continui a dire cavolate, perderò la pazienza. Dimmi chi era quel ragazzo»
«Mi spieghi che ti importa? Anche se ti dico chi era che farai? » le si avvicinò, fino a quando non erano vicini. Entrambi potevano sentire il respiro dall`altro »allora, che farai? »
«Che farò? Cercherò di stare attenta. Non hai visto, non hai sentito, come mi scrutava con gli occhi, anche se non parlava, sentivo i suoi penseri schifosi»
«L`ho visto»
«L`hai detto anche tu: l`hai visto. » ripetè le parole del cugino, sull`orlo del pianto.
Lo sguardo di Liam le entrava sin dentro le vene. Si guardarono negli occhi, poi lei scese di sotto e senza neanche prendere il giubbotto o qualcosa di pesante e uscì. Il cugino la seguì fino a fuori chiamandola ripetutamente. Si girò in direzione del cugino, sfinita. 
«cosa vuoi, louis? » urlò.
«ti prenderai una polmonite, ritorna a casa»
«perché dovrei, che ti importa? »
«sai che ti dico: non mi importa. Ma quando ti prenderai una polmonite non venire a piangere da mia madre, ok? » si incamminò verso l'entrata ma la voce di lei lo fece fermare. «certo, però non ti preoccupi se invece è tua madre a piangere, a stare male!» urlò gesticolando «io so cose che nemmeno ti immagini, quindi non venire a dirmi di non andare a piangere da tua madre se mi ammalo perché non le darei un peso in più. »
Lo sguardo nervoso del ragazzo si contrasse, i pugni dalle sue mani si sciolsero «che cosa sai? »
«cose che non vorresti sapere e che nemmeno io dovrei sapere. » ammise stringendosi su se stessa e guardando a terra.
«si, certo, non esiste nulla. Avevo ragione. »
Due parole che le fecero ribollire il sangue. Incominciò ad agitarsi, le parole volevano uscire con velocità ma cercava di trattenersi. Alla fine non resistette e incominciò ad avvicinarsi al cugino, rossa in viso e urlante.  
«oh, certo perché tu sai sempre tutto. Hai sempre ragione su tutto, nessuno può dirti che hai torto,no? » il cuore le batteva all'impazzata per il nervosismo e perché parlava velocemente.
«si e quindi? Ho sempre ragione»
Fece un messo sorrisino e le uscì un: «ma vai a cagare»
 
Si incamminò senza una meta precisa, non sapeva dove andare, non conosceva quel piccolo paesino. In quel momento il cuore le batteva forte, il respiro irregolare e sentiva le vene pulsare, il sangue scorrerle dentro le vene e le lacrime che volevano uscire dai suoi occhi; odiava essere arrabbiata, soprattutto perché quando era arrabbiata le lacrime venivano a bussare e ripetevano insistentemente “se piangi ti sentirai meglio, ti sfogherai meglio” ,ovviamente vincevano sempre loro. Ma questa volta voleva vincere lei, per una volta voleva dire a se stessa che aveva vinto lei. Il battito del cuore era ritornato regolare, proprio come il respiro. Lo sguardo era ancora di fuoco. Voleva chiamare la madre per dirle che voleva ritornare a casa ma non voleva darle preoccupazioni in più, e in più non aveva il telefono con se. Era arrivata al campo da tennis, quel campo da tennis che il giorno prima l’aveva fatta ridere. O meglio, lui l’aveva fatta ridere: il ragazzo con gli occhi celesti e la risata facile. Sorrise pensando al giorno prima, purtroppo quel pensiero la distrasse e andò a sbattere contro un ragazzo. Era Liam. Le si fermò il respiro, lui alzò l’angolo destro della bocca.
«Di nuovo tu.. allora è destino» disse lui, sorridendo.
«A quanto pare» stette al gioco. Lo guardò bene e doveva ammettere che non era male.
«Bhe’, che ne dici di accelerare il passo e fidanzarci subito?»
«Io direi: io faccio quella difficile e tu mi rincorri» fece un sorrisino strafottente e si incamminò verso casa.
«Mi piacciono quelle difficili!» le urlò.
Lei, senza girarsi, alzò il pollice in segno di approvazione e rise.
Non era più così arrabbiata. Ripercorse di nuovo la stessa strada, senza però guardare bene il posto in cui doveva stare un mese. Appena girò l’angolo e capì che stava arrivando, il suo umore cambiò di nuovo. Il volto le si pietrificò, sembrava una statua. Bussò più volte al campanello, non perché nessuno le andava ad aprire ma per rabbia. Aprì suo cugino, era vestito e aveva il cappotto in mano. Dedusse che stava uscendo.
«Ah, sei tu» disse dopo aver aperto la porta.
«Così pare» fu la risposta della cugina, si fermò quando lui stava per chiudersi la porta alle spalle «stai uscendo?» urlò in modo che lui la sentisse.
«Così pare» ripeté lui, per poi chiudersi la porta alla spalle.
«Bene..» sussurrò fra sé e sé.
Si buttò sul letto e chiuse gli occhi per qualche secondo. Un vuoto le invase la mente, non pensava a niente. Non pensava a suo fratello, non pensava ai suoi genitori che erano dall’altra parte del mondo, non pensava a suo cugino. Non pensava. Quel momento durò poco, incominciò a pensare a tutto e a niente. Decise di alzarsi e dare una ripulita a quella casa. Faceva sempre così: quando non voleva, o non doveva, pensare a niente, puliva casa. Infatti casa sua splendeva praticamente ogni giorno. Perlustrò la stanza con lo sguardo, notando che quella stanza era messa male, notò anche la sua borsa sopra la sedia. La prese ed estrasse il suo I-pod. Cercò una radio, dopo averla trovata, ritornò alla sua borsa e prese il cavo per attaccare la radio all’i-pod. Lo attaccò, mise playlist casuale e alzò il volume. Per lei la voce di Miley Cyrus era peggio di una droga. Era come una lampadina quando fulminava: si spegneva e dopo essere stata cambiata, era più potente di prima. Iniziò a cantare e ballare a non finire. Sistemò il letto di entrambi, mise tutti i vestiti di Louis che erano a terra nel cesto delle cose sporche, mise anche i suoi. Era da più di mezzora che sistemava quella camera e dopo averla guardata dall’entrata e con le mani sui fianchi, sorrise soddisfatta. Guardò le camere delle cugine ed erano impeccabili, non c’era un vestito fuori posto. Decise di passare alla camera da letto. Rifece il letto, facendo più volte avanti e indietro dai rispettivi lati. Sistemò il pigiama di entrambi sotto il cuscino e mise delle pillole nel cassetto di Mark. Scoppiò a ridere quando trovò una scatola di preservativi dentro il cassetto.
Si danno da fare, pensò lei.
Finì per asciugarsi le lacrime per quanto aveva riso. Si ricompose e ricominciò a dare una sistemata. Cercò da tutte le parti delle pezze per la polvere e le trovò solo dopo dieci minuti in dei cassetti della cucina. Ritornò in camera da letto e spolverò i mobili, mise dentro l’armadio i vestiti sopra le sedie e, come aveva fatto la prima volta, sorrise soddisfatta guardando la camera pulita. Adesso toccava al bagno. Si munì di candeggina, guanti, spugna e tutto quello che serviva per pulire il bagno. Continuava a cantare a squarcia gola, l’i-pod produceva “Every rose has its thorn” di Miley Cyrus.
«Silver!» le urlò il cugino facendole uscire un piccolo urlo per lo spavento.
«Sei impazzito? Potevo morire»
«Potevano anche fare una rapina, non te ne saresti accorta» urlò dalla propria stanza.
Lei lo raggiunse e appoggiandosi allo stipite della porta, disse «me ne sarei accorta»
La tensione era più bassa, o almeno, lo sperava.
«Hai..» si guardò intorno «hai pulito la stanza?»
«Si» disse sorridendo soddisfatta.
«No, aspetta.. hai pulito la stanza?» alzò la voce.
Silver si tolse quel sorrisino soddisfatto dal volto e tornò seria, senza capire il perché di quella reazione «si, ho pulito la stanza.. ma perché fai così? Che ho fatto questa volta?»  domandò buttando le mani al cielo, rassegnata.
Non fece in tempo a capire che suo cugino la stava abbracciando. «Hai pulito la stanza!» le urlò all’orecchio.  
«Ok, basta.» lo spinse via. L’espressione di suo cugino era sempre la stessa: impassibile. «vado a continuare il bagno» annunciò per poi tornare in bagno.
Appena ebbe finito con il bagno, scese in salotto. Louis era uscito, di nuovo. Sospirò. Prese nuove pezze per pulire e pulì tutto il salotto. Le ci volle un’ora. Era tutta sudata, le scendevano le gocce di sudore dalla fronte. Salì nella sua camera, prese dei vestiti e si diresse in bagno dove ci passò una buona mezzora. Si era appena distesa sul letto quando sentì sua zia chiamarla. Scese svogliata le scale e salutò con un forte abbraccio i sei familiari appena rientrati a casa.
«Dai, andate ad apparecchiare così mangiamo» disse sua zia.
Le figlie della donna andarono nelle proprie stanze a cambiarsi, poco dopo scesero e si diressero in cucina. Silver stava andando in cucina, ma qualcuno la fermò per il braccio: sua zia.
«Louis?» chiese.
«Ehm, è uscito» sorrise e si diresse in cucina.
Ridevano e parlavano mentre preparavano i panini e parlavano di come trascorrere il resto della giornata. Mentre Mark accendeva la televisione, chiese a Silver se lei lo seguiva.
«Certo che lo seguo.» disse addentando il suo panino.
«E adesso una notizia dell’ultima ora. I militari...» la voce della donna del telegiornale chiamò la sua attenzione.
Le si bloccò il respiro e il cuore. Posò il panino e zittì tutti.
«Sono stati colpiti da una mina non si sa ancora se ci sono feriti.»
«Silver» una voce, quella di sua zia.
Una suoneria, quella del suo cellulare. Guance bagnate, le sue lacrime.
 
 
ok gente, sono tornata! dopo taanto tempo.. avevo scritto una cosa abbastanza figa ma si è cancellataaa noooooooo *si butta dalla finestra* ok,no, eccomi.. ve le dico velocemente così poi vado a mangiare.. prima cosa: ditemi se volete sapere il myy twittah o se volete semplicemente che legga o recensisca qualche storia, che sia dei oned o normale(?) seconda cosa: vi piace? non vi piace? è troppo noioso, non è descrittivo, non trasmette nulla? il mio coniglio sarebbe più brava di meee?? diitemeloo! ho bisogno di saperlo.. potrò sembrare una dismerata, ma non..... SI E' COSI, SONO DISPERATA.... adesso vado a mangiare :)) passo e chiudo peipiinii! al prossimo capitolo :)

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Capitolo 6
*** Austin! ***


Le lacrime scendevano ancora sul suo volto, non riusciva a fermarsi. Il cellulare continuava a squillare ma in quel momento voleva solo sapere che lui stava bene. Sua zia prese il cellulare della nipote e guardò lo schermo. «non è un numero della tua rubrica..» disse preoccupata.
Tirò su col naso e porse la mano verso il cellulare, sua zia glielo diede. Rispose anche se aveva la voce rotta dal pianto, non le importava.
«Pronto?»
«Pronto? Parla Ivy Silver?» chiese pacatamente.
«Si, sono io..»
Un sospiro dall’altra parte della cornetta «sono il colonnello Wood, suo fratello è nel mio reggimento..», delle lacrime trattenute da Silver, «suo…» un altro sospiro «suo fratello.. si trova in infermeria militare, fortunatamente la mina non l’ha preso. Ha una lieve ferita, nulla di grave» aggiunse.
Lacrime di sollievo rigarono il suo viso e, insieme ad esse spuntò un piccolo sorriso «è solo una lieve ferita, una lieve ferita!» continuava a sussurrare.
«Bene, vedo che è contenta. Adesso devo andare. Arri..» subito Silver lo interruppe.
«E invece James? James Walker.» gli chiese preoccupata.
«Non possiamo dare queste informazioni, signorina... »
«La prego. Mio fratello è fuori pericolo, ma adesso ho bisogno di sapere come sta James.»
Altri sospiri dall’altra parte della cornetta, e delle voci in sottofondo «James… lui.. la mina..»
«No no no! Non può essere! James.. lui.. »
Lasciò la presa del telefono, così da farlo cadere a terra e scappò in camera piangendo.
James era il compagno di stanza di Austin, suo fratello. E per lei era come un secondo fratello. Lo adorava, lui la proteggeva sempre, anche da Austin quelle poche volte che litigavano e gli voleva un gran bene. Non voleva crederci che James fosse ferito. E non una ferita piccola, ma era stato ferito da una mina. Odiava il fatto che entrambi avessero scelto la strada militare e che andassero a fare le missioni. Preferiva averli lontani ma senza alcuna missione, che averli lontani e in pericolo.
Non voleva vedere nessuno, era stata chiusa in camera tutto il giorno. Non aveva nemmeno mangiato ed era mezzanotte. Si rigirò sul letto e notò che Louis non era nel suo letto. Magari è fuori, pensò.
Scese in salotto e lo vide lì, disteso sul divano con il braccio fuori e il telecomando a terra, sicuramente fatto cadere da lui. Sorrise e lo andò a svegliare delicatamente.
«Lou.. Louis, svegliati, è tardi… vai di sopra a dormire, dai»
«Mh, si.. » mugugnò, senza muoversi.
«Lou!» alzò un po’ la voce in modo che la sentisse.
Si svegliò di scatto, passandosi una mano sui capelli «eh? Si.»
«Dai vai a dormire.» disse sedendosi sul divano.
«Si, si.. vado» disse Louis ancora addormentato. Quando fu’ vicino le scale, si girò verso la cugina e le rivolse uno sguardo «stai bene?»
I due si guardarono e lei sorrise «si» no..
Le fece un mezzo sorriso e andò di sopra. Silver stette tutta la notte in salotto a guardare film o programmi televisivi. Erano le 5 di notte, decise di mettere un dvd. Prese “Dear John”, lo aveva regalato a Fizzy per il compleanno poiché anche lei lo amava; era il film preferito di Silver  e ogni volta piangeva sempre.
«Ovunque ti trovi nel mondo, la Luna non è mai più grande del tuo pollice» John aveva proprio ragione, lei ci provava sempre e si ricordava sempre che quando c’era la luna piena e la guardava sapeva che poi non era così lontana da suo fratello e da James.
Pianse per la lettera scritta da Savannah per John, per la lettera di John scritta a suo padre e pianse anche perché suo fratello si trovava dall’altra parte del mondo.
Si addormentò sul divano e con la televisione accesa.
«Silver.. svegliati» era Louis che la svegliava.«Silver.. » la muoveva piano dal braccio, così lei si svegliò di soprasalto e tutta sudata. «ieri tu e oggi io?» aggiunse divertito il cugino.
Sorrise leggermente e si ributtò di nuovo con la testa sul bracciolo del divano. «che male!» disse massaggiandosi la fronte.
«E’ duro, lo so.»
«Adesso lo so anche io» rise insieme a lui, poi si alzò e andò in cucina.
«Giorno!» disse.
Calò un silenzio assordante quando entrò, tutti seguivano le mosse che faceva.
«Che programmi ci sono per oggi?» prese un sorso di latte col caffè mentre aspettava una risposta.
«Silver!» urlò Louis.
«Che c’è?» urlò di rimando la ragazza.
«Vieni un attimo in salotto»
Alzò gli occhi al cielo, poiché non aveva voglia di alzarsi dalla sedia, e andò dal cugino.
«Dimmi. Oh,ciao Niall!» lo saluto sorridendo.
«Ciao Silver!» ricambiò il saluto.
«Silver, volevo chiederti una cosa..noi stiamo uscendo, vuoi venire?» le chiese Louis
Ci pensò un attimo «emh, dovrei andarmi a fare una doccia.. non voglio farvi perdere tempo, meglio se andate voi» disse sorridendo e strofinandosi la mano nel braccio per il freddo.
«Tranquilla, non abbiamo orari» la rassicurò Niall, prendendosi un occhiataccia dall’amico.
«No, davvero, andate voi»
«Non voglio insistere più di tanto..» rispose Niall.
Silver gli sorrise e lui ricambiò.
Louis si avvicinò a Silver e la spinse verso le scale in modo scherzoso «però io si. Quindi vai a lavarti, noi ti aspettiamo qui sotto»
«Va bene, va bene!» disse ridendo.
Intanto i due ragazzi si misero a chiacchierare seduti sul divano.
«Secondo me è meglio quella rossa» replicò Niall.
«Quella blu è meglio!» disse Louis.
«Non ne capisci niente»
«Di ragazze?» chiese Silver appena scese.
Indossava una maglietta grigia larga con su scritto “love” dalle tonalità del blu al bianco, in più righe, una camicia blu, bianca e con qualche tonalità di blu scuro a scacchi, un jeans chiaro e per completare il tutto un paio di converse blu basse.
Louis e Niall si alzarono e si diressero verso la porta «no, di felpe.» rispose il biondo, ridendo.
Tutti e tre i ragazzi risero e uscirono di casa.
«Dove si va?» chiese Silver.
«In giro» stavolta era il cugino a parlare.
Lei annuì sorridendo e li seguì.
Seguiva i discorsi che facevano: calcio, felpe, freddo, cibo e incontri per il pomeriggio o per la sera.
«Ma stasera c’è la partita!» si lamentò Niall.  
«Fa niente. Dai!»
Louis indicò con lo sguardo Silver, facendo così capire a Niall il motivo di così tanta insistenza. Sospirò e accettò. «va bene.. da me per cena?» chiese.
Il moro sorrise «ok.. Silver per te va bene?»
«Eh? Si si, va bene» disse distrattamente.
Doveva ammettere che non ne aveva voglia, voleva ritornare a casa, buttarsi nel letto e piangere mentre mangiava di tutto e di più. La voglia di girare i tacchi e farlo era tanta, ma voleva evitare i: “Silver, tutto ok?” - “che succede? ne vuoi parlare?” o i “andrà tutto bene”.
Niente era ok, non ne voleva parlare e sentiva che non sarebbe andato bene.
Stavano vagando per la città da almeno mezzora e finalmente l’avvisavano che erano arrivati. Era un parco, il Bentley Park, appena entrati alla sua destra vi era un rettangolo di verde, stessa cosa a sinistra solo che c’erano dei fiori colorati, poi degli alberi e poi una rotonda con al centro un cerchio di prato con un albero al centro. Poi, sia a destra che sinistra verde e alberi. Davanti a lei c’era un distesa di verde, e due campi: uno da calcio e uno da basket.
C’erano poche persone, visto l’orario, signori con il cane che giocavano e poi un gruppetto di ragazzi che giocava a calcio nel campo.
Ci sedettero proprio di fronte al campo da calcio, sotto un albero che li copriva dal sole. Incrociò le gambe e sospirò.
«Qualcosa non va?» le chiese il cugino.
«No, tutto bene» sorrise.I due stavano riprendendo a parlare ma leili interruppe«vi dispiace se vado a fare una telefonata?» chiese uscendo il telefono dalla tasca.
«No, tranquilla..» risposero all’unisono. I due amici si guardarono e incominciarono a ridere.
Chi li capisce è bravo, pensò sorridendo.
«Silver!» urlò il cugino, facendola girare «non allontanarti troppo» annuì e riprese a camminare.
Aveva già composto il numero, ora aspettava una sua risposta.
«Dai rispondi..»
«Mh?» segno che stava dormendo. 
Silver scoppiò a ridere «sveglia!» le urlò, facendo ricadere l’attenzione su di lei.
«Mh, mh»
«Sono incinta»
«Mh, mh» staproprio dormendo, eh..
«Di uno che non conosco, l’ho conosciuto l’altra sera.. prima di venire qua»
«E’ impossibile, siamo state insieme e non poi scopri di essere incinta dopo una settimana» disse oramai del tutto sveglia.
«Oh, ma buongiorno bella addormentata!» le disse sorridente.
Sbadigliò «Si, buongiorno. Ma che ore.. » silenzio, poi si sentì un “oh mio dio!”di Kaitlyn, Silver si mise a ridere «per quale motivo sei sveglia alle 10 e 15?»
«Ci sono tre motivi, quale vuoi sapere?»
«Il terzo» rispose l’amica.
«Mi sono vista un film e mi sono addormentata»
«E che centra con il fatto che sei sveglia alle 10?» chiese confusa Kaitlyn.
«E’ uno dei terzi motivi, me l’hai detto tu!»
«Non ci sto capendo più nulla. Parla direttamente Silver!»
«Vuoi sapere il primo motivo?»
L’amica sospirò, poi la riprese «Silver!»
«Ok ok, ho capito» prese un bel respiro e parlò veloce, ma facendosi capire «Austin ha una lieve ferita.. e …» s’interruppe, non sapendo se dirle di James.
«Oddio, e tu come stai? Vuoi che ti raggiunga? Vuoi prendere un volo per andare dai tuoi?»
I miei, doveva dirglielo ma non voleva farli preoccupare, infondo il colonnello ha detto che non è nulla di grave.
Una merda. Si, ti prego, raggiungimi «Sto bene.. e i miei non so se lo sanno. I colonnelli o chiunque si occupi di mio fratello, hanno il mio numero, gliel’ho dato per non far chiamare i miei e farli preoccupare più di tanto..»
L’amica l’ascoltò in silenzio per poi dire la sua «dovresti chiamarli, devono saperlo. E non dovevi dare il tuo numero, Silver» le disse con tranquillità.
«So entrambe le cose.. Kait… » le vibrò il telefono, vide chi era: sua madre. «Kaitlyn..» deglutì nervosamente.
«Si?» «E’ mia madre»
«Ok, stai calma, respira e di tutto, tutto d’un fiato» la tranquillizzò.
«Va bene. Ti metto in attesa»
«Non è bello far attendere un ragazza» le disse ridendo.
Rise anche lei «Mi dispiace, a fra poco»
«Ok. Anzi, ne approfitto per farmi una doccia»
«A dopo, allora. Ciao!» la salutò e chiuse la chiamata, per poi aprire quella della madre. «Mamma!»
«Silver! Ma con chi parlavi?»
«Kaitlyn»
«Aah, ora capisco, come sta?» chiese sua madre.
In realtà non lo sapeva, avevano parlato di tutto tranne di come stesse lei.
Che amica di merda che sono.
«Bene, sta bene.. Voi come state? Come ve la passate?»
«Qua va tutto bene, c’è caldo e ce la passiamo molto bene! Oggi andiamo a vedere le stelle.. quelle sul pavimento»
«Quali.. stelle? Ah, si ho capito! Ma non mi ricordo come si chiama»
«Tu come stai? Come va li?»
«Va tutto bene, sono al parco con Lou e Niall e..»
«No, aspetta! Come?» disse ridendo piano.
«Hai capito. Ma’, ma perché bisbigli?»
«Qui sono le 5.40 e tuo padre dorme»
«Chiamarmi di mattina no, vero?» chiese la figlia ridendo.
«Volevo sentirti» ammise la madre.
«Va bene» il cellulare vibrò di nuovo «mamma, ci sentiamo dopo, è Kaitlyn. Vai a dormire e salutami papà!»
«Va bene.. salutami gli altri, anche Niall»
«Ok, a dopo mamma. Ciao ciao!» ripeté un infinite di volte “ciao” finchè non chiusero. Aprì l’altra chiamata «Kaitlyn!»
«Cosa?»
Il sorriso che aveva sul volto le si spense, si girò verso il cugino in cerca del suo sguardo.
«Silver? Ci sei?» chiese.
Altre lacrime uscirono a rigare le sua guance rosse «Austin! A- austin.. tu, oddio, come stai? Ti sei fatto niente? Ti prego parla!» si asciugava le lacrime con il dorso della mano. Sentire la sua risata era la cosa più bella, ma sentirla finire per un verso di dolore, no.
«Se non parli, magari. Sembri mamma! Sto bene, la ferita è lieve e.. »
La sorella lo interruppe «quando scendi?» chiese sorridendo al solo pensiero di rivederlo dopo.. non sapeva nemmeno lei da quanto non lo vedeva. Silenzio e un sospiro «perché scendi? tu scendi..?»
«Silver.. è complicato. Non posso scendere»
«Perché? C’è bisogno che ti prenda in pieno una mina per farti scendere?» quelle parole le urlò, solo dopo si ricordò di James.«Come sta?» chiese ritornando calma.
Intanto in cugino e l’amico l’avevano raggiunta, preoccupati. Mimò un “sto bene” e gli sorrise.
«Sta’..»
Odiava sentire la sua voce triste e immaginarselo mentre si guardava le scarpe.
«E’ forte, lo sai anche tu. Ce la farà. Senti ti passo una persona» disse sorridendo e porgendo il telefono a Louis.
«Chi è?» le chiese il cugino a bassa voce.
«Rispondi!» gli disse sorridente.
«Pronto?» rispose titubante.
Sbarrò gli occhi e la sua bocca di allargò in un sorriso «Oh mio dio! Austin!» urlò.
Non si preoccuparono degli sguardi altrui.
«Come stai? Si si, qui tutto bene..» si soffermò a guardare Silver che a sua volta lo guardava, poi rise «ok, lo farò.. si promesso!!» era contento di sentirlo, si vedeva. «va bene, te la passo. Riprenditi. Ciao!» salutò e passò il telefono alla proprietaria.
«Austin»
Sentiva Niall lamentarsi con l’amico «mi dite chi è? Voglio saperlo anch’io! Appena lo chiedevo a Silver mi zittiva per ascoltare te!»
«E’ Austin, suo fratello» rispose l’amico.
«Silver! Non posso scendere, te l’ho detto.. e sì, c’è bisogno che mi colpisca una mina per farmi scendere! Appena James starà meglio, scenderà e starà lì tre o quattro mesi»
«Preferirei farmi investire da una macchina pur di sentire queste parole..» ammise al fratello.
«In quel caso scenderei» disse ridendo a pena Austin.
«Allora lo farò» disse ridendo.
Una parte del suo cervello ci stava pensando, ma non l’avrebbe mai fatto.
«Emh, Silver.. devo»
«Si, devi andare..» sospirò tristemente. 
«Già. Scusami.. »
Lo interruppe di nuovo «E’ il tuo lavoro. Emh, a non so quando, allora..»
«Silver!»
«Scusa. Salutami James e digli che anche Kaitlyn lo saluta!»
«Lo sa?» le chiese.
«No, ma lo saprà» un piccolo silenzio da parte di entrambi, poi lei parlò «ok, adesso vai!»
«Si..» sentiva delle voci in sottofondo, grida. «Silver devo andare! Si arrivo!» urlò.
«Che succede? Austin!» nessuna risposta. Aveva chiuso.
«Silver, qualcosa non va’?» chiese Niall.
«Ha chiuso. C’erano delle urla e lui ha detto che arrivava»
Altre lacrime le rigavano il volto.
Entrambi i ragazzi si guardarono e abbracciarono Silver, per consolarla.
Il telefono vibrò e Silver si affrettò a prenderlo.
«Ora basta!» disse Louis, prendendole il telefono.
«Ma che..?»
«Ssh!» la zittì «pronto?» aveva cambiato faccia e tono della voce «si è qui»
E adesso chi era?
«Vogliono te» disse Louis dandole il telefono.
«Signorina Silver?» era una voce maschile.
«Si»
«Ivy Silver?»
«Si, sono io»
«Abbiamo una cosa da dirle»
Non posso sopportare tutto questo.



I’m baaaack! non che vi importi ahahah nuovo capitolo, nuove cose, nuove suspense. 
In questo capitolo si parla molto, lo so, c’è poco “scritto” e molta conversazione ma nei prossimi capitoli
ci sarà meno dialogo…spero.. devo ancora elaborarlo. In testa ho già tutto devo solo scriverlo.
Spero vi piaccia come inizio Jqualche recensione? O qualche consiglio, critica?
ok, vi lascio.. non so nemmeno se leggerete lol va bene adios e al prossimo capitolo!
ultima cosaaa! Che ne pensate di Take me home? È bellissimo, ci hanno lavorato molto e si vede. Vostra canzone preferita? Io ancora non ne riesco a sceglierne una ahah
E… di nuovo, adios! Al prossimo capitolo! :)

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