Harry Potter e i Metodi della Razionalità (traduzione di Virtual Deliverance)

di LessWrong
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un giorno di minima probabilità ***
Capitolo 2: *** Tutto quello in cui credo è falso ***
Capitolo 3: *** Confrontare la realtà con le sue alternative ***
Capitolo 4: *** L'ipotesi del mercato efficiente ***
Capitolo 5: *** L'errore fondamentale dell'attribuzione ***
Capitolo 6: *** L'errore di pianificazione ***
Capitolo 7: *** Reciprocità ***
Capitolo 8: *** Distorsione positiva ***
Capitolo 9: *** Sotto il Cappello ***
Capitolo 10: *** Autocoscienza ***
Capitolo 11: *** Omake Files 1, 2, 3 ***



Capitolo 1
*** Un giorno di minima probabilità ***


NOTE DELL'AUTORE

Disclaimer: I diritti d'autore su Harry Potter appartengono a JK Rowling, mentre i diritti d'autore sui metodi della razionalità non appartengono a nessuno.

Molti pensano che questa storia abbia trovato il giusto abbrivio a partire circa dal capitolo 5. Se non vi piace ancora dopo il capitolo 10, rinunciate a leggerla.

In questa storia, non c'è un singolo punto da cui l'universo ha iniziato a divergere rispetto alla storia originale. C'è un punto di divergenza primario, a un certo punto del passato, ma anche altre alterazioni. Il miglior termine che abbia sentito per questa storia è "universo parallelo".

Il testo contiene molti indizi: evidenti, non molto evidenti, davvero oscuri (che però alcuni lettori hanno decodificato con successo) e prove inconfutabili lasciate in bella vista. Questa è una storia razionalista: i suoi misteri possono essere risolti e sono fatti per essere risolti.

Il ritmo della storia è quello della fiction seriale: vale a dire, quella di un telefilm trasmesso per un numero predeterminato di stagioni, i cui episodi sono individualmente tracciati, ma con un arco complessivo per una conclusione definitiva.

Tutta la scienza menzionata qui è vera scienza. Ma vi prego di tenere presente che, al di là del campo della scienza, il punto di vista dei personaggi potrebbe non essere quello dell'autore. Non tutto quello che il protagonista fa è una lezione di saggezza, e i consigli offerti da personaggi di ambigua moralità possono essere inaffidabili o pericolosi come un'arma doppio taglio.
Sotto la luna scintilla un piccolo frammento d'argento, una frazione di una linea...

(una tunica nera ricade)

...il sangue si riversa a litri, e qualcuno getta un grido.

Ogni centimetro di spazio sulla parete è coperto da una libreria. Ogni libreria ha sei ripiani che vanno quasi fino al soffitto. Su alcuni scaffali ci sono libri con copertina rigida impilati fino all'orlo: scienza, matematica, storia, e tutto il resto. Altri scaffali contengono due strati di libri di fantascienza in brossura, con lo strato posteriore appoggiato su vecchie scatole di fazzoletti o su assi di legno, per vederlo al di sopra di quello di fronte. E non è ancora sufficiente. I libri strabordano sui tavoli e sui divani e formano piccoli mucchi sotto le finestre.

Questo è il soggiorno della casa in cui abitano l'eminente professor Michael Verres, sua moglie la signora Petunia Evans in Verres, e il loro figlio adottivo Harry James Potter-Evans-Verres.

C'è una lettera appoggiata sul tavolo del soggiorno, con una busta di pergamena giallastra senza francobollo, indirizzata al Sig. H. Potter, scritta con inchiostro verde smeraldo.

Il professore e sua moglie si parlano con parole sferzanti, ma non stanno urlando. Il professore ritiene che gridare sia incivile.

"Stai scherzando," disse Michael a Petunia. Il suo tono indicava che aveva una gran paura che lei fosse seria.

"Mia sorella era una strega", ripetè Petunia. Sembrava spaventata, ma ribadì la sua posizione. "Suo marito era un mago".

"Questo è assurdo!" Michael disse bruscamente. "Erano al nostro matrimonio, sono venuti a trovarci per Natale..."

"Ho detto loro che non dovevi saperlo", sussurrò Petunia. "Ma è vero. Ho visto cose..."

Il professore alzò gli occhi. "Cara, ho capito che non conosci la letteratura scettica. Potresti non renderti conto di quanto sia facile, per un esperto illusionista, falsificare eventi apparentemente impossibili. Ricordi come ho insegnato ad Harry a piegare i cucchiai? Se sembrava che indovinassero sempre ciò che pensavi, quella si chiama lettura a freddo."

"Piegare i cucchiai? No, non è quello."

"Che cos'è, allora?"

Petunia si morse il labbro. "Non posso dirtelo. Diresti che sono..."
Deglutì.
"Senti, Michael. Non sono stata... Sempre così."
Fece un gesto, come a indicare la sua forma snella.
"E' stata Lily a rendermi così. Perché io... perché io l'ho implorata. L'ho implorata per anni. Lily era più bella di me da sempre, e io... mi comportavo male con lei, proprio per questo, e poi lei ha imparato a fare magie. Riesci a immaginare come mi sentissi? E la imploravo di utilizzare alcune di quelle magie su di me, per farmi diventare più bella. Così, anche se non potevo fare magie come lei, almeno avrei potuto esere bella."

Petunia aveva le lacrime agli occhi.

"Lily mi diceva di no, e accampava le scuse più ridicole, come che il mondo sarebbe finito se fosse stata gentile con sua sorella, o che un centauro le aveva detto di no... le cose più ridicole, e per questo la odiavo. Quando mi ero appena laureata, uscivo con un ragazzo di nome Vernon Dursley. Era grasso, ma era l'unico ragazzo che mi parlava. Diceva che voleva dei bambini, e che avrebbe chiamato il suo primo figlio Dudley. Io ho pensato tra me e me: che razza di padre chiama suo figlio Dudley Dursley? E' stato come vedere tutta la mia vita futura davanti agli occhi, ed era una cosa che non riuscivo a sopportare. Così ho scritto a mia sorella e le ho detto che se non mi avesse aiutato mi sarei uccisa."

Petunia si interruppe.

"Comunque," Petunia disse, con voce strozzata, "lei ha ceduto. Mi ha detto che era pericoloso, ma io le ho risposto che non mi importava più. Ho bevuto una pozione e sono stata male per settimane, ma quando sono guarita la mia pelle era più limpida, la mia figura era migliore ed... ero bella. La gente ha cominciato a essere gentile con me..." la sua voce si spezzò, " e dopo non sono più riuscita a odiare mia sorella, soprattutto quando ho saputo ciò che la magia le ha causato alla fine."

"Cara," Michael disse con gentilezza, "ti sei ammalata, ti sei riposata a letto e la tua pelle è diventata più limpida per conto suo. Oppure, star male ti ha fatto cambiare dieta."

"Era una strega" ripeté Petunia. "Ho visto con i miei occhi che lo era."

"Petunia", disse Michael, con la voce che palesava il suo fastidio. "Lo sai che non può essere vero. Devo davvero spiegare perché?"

Petunia si torceva le mani. Sembrava di essere sul punto di piangere. "Amore, lo so che non posso avere l'ultima parola con te, ma ti prego, devi fidarti di me su questo."

"Papà! Mamma!"

I due si fermarono e guardarono Harry come se si fossero scordati che c'era una terza persona nella stanza.

Harry fece un respiro profondo. "Mamma, i tuoi genitori non sapevano fare magie, vero?"

"No" disse Petunia, perplessa.

"Allora nessuno in famiglia conosceva la magia quando Lily ha ricevuto la sua lettera. Come hanno fatto a convincersi?"

"Ah..." disse Petunia. "Non si sono limitati a inviare una lettera. Hanno mandato un professore di Hogwarts. Lui..."
Petunia volse gli occhi si a Michael.
"...ci ha mostrato delle magie."

"Allora non c'è bisogno di litigare per questo," disse Harry con decisione, sperando contro ogni speranza che questa volta, almeno per questa volta, gli dessero ascolto. "Se è vero, possiamo semplicemente chiamare un professore di Hogwarts e vedere la magia coi nostri occhi, e il papà ammetterà che è vero. E se non è vero, allora la mamma ammetterà che è falso. E' per questo che esiste il metodo sperimentale: per fare in modo che non serva litigare per risolvere le questioni."

Il professore si voltò e lo guardò, sprezzante come al solito. "Oh, andiamo, Harry. La magia? Pensavo che fossi abbastanza maturo da non prendere questa storia sul serio, anche se hai solo dieci anni. La magia è la cosa più antiscientifica che ci sia!"

La bocca di Harry si contorse con amarezza. Veniva trattato bene, forse meglio di quanto la maggior parte dei padri genetici trattassero i propri figli. Era stato mandato alle migliori scuole elementari, e quando fu evidente che la cosa non funzionava, gli erano stati dati i migliori tutor dall'infinita fornitura di studenti in cerca d'impiego. Era stato sempre incoraggiato a studiare tutto ciò che attirasse la sua attenzione, gli erano stati comprati tutti i libri che gli andavano a genio, veniva sponsorizzato in qualunque competizione di matematica o scienze avesse partecipato. Gli era stata fornita qualsiasi cosa ragionevole volesse, tranne, forse, il minimo straccio di rispetto. Un dottore che insegnava biochimica a Oxford non poteva essere tenuto ad ascoltare i consigli di un ragazzino. Poteva ascoltare e mostrare interesse, naturalmente: questo è quello che avrebbe fatto un Buon Genitore, e chiunque si considerasse un Buon Genitore l'avrebbe fatto. Ma prendere sul serio un bambino di dieci anni? No, quello no.

A volte Harry avrebbe voluto urlare a suo padre.

"Mamma," disse Harry. "Se vuoi avere l'ultima parola in questa discussione, guarda nel secondo capitolo del primo libro delle conferenze di Feynman sulla fisica. C'è una citazione su come i filosofi menzionano molte cose che la scienza richiederebbe assolutamente. E' tutto sbagliato, perché l'unica regola nella scienza è che l'arbitro finale è l'osservazione - che basta guardare il mondo e riferire quello che si vede. Uhm... su due piedi, non saprei dove trovare qualcosa che spiega che un ideale della scienza è risolvere le cose sperimentando, anziché litigando."

Sua madre lo guardò e sorrise. "Grazie, Harry, ma..."
Alzò la testa indietro fino a guardare il marito.
"Io non voglio avere l'ultima parola con tuo padre. Voglio che mio marito ascolti sua moglie che lo ama, e che si fidi di lei almeno questa volta."

Harry chiuse gli occhi per un attimo. Senza speranza. Entrambi i suoi genitori erano proprio senza speranza.

Ancora una volta, i suoi genitori si stavano impelagando in uno di quei litigi, quelli in cui sua madre cercava di far sentire in colpa suo padre, e suo padre cercava di far sentire stupida sua madre.

"Vado in camera mia," annunciò Harry. La sua voce tremava leggermente. "Per favore, cercate di non litigare troppo per questo. Mamma, papà, presto sapremo come finirà, giusto?"

"Certo, Harry," disse il padre. Sua madre gli diede un bacio rassicurante, e poi continuarono a litigare, mentre Harry saliva le scale della sua camera da letto.

Chiuse la porta dietro di sé e cercò di pensare.

La cosa buffa era che avrebbe dovuto trovarsi d'accordo con papà. Nessuno aveva mai visto alcuna prova dell'esistenza della magia, e secondo la mamma, là fuori c'era un intero mondo magico. Come si può tenere segreta una cosa del genere? Altra magia? Sembrava una scusa piuttosto sospetta.

Il caso sarebbe dovuto essere chiaro: o sua mamma aveva fatto uno scherzo, o mentiva, o era pazza, in ordine crescente di bruttezza. Se fosse stata la mamma a inviare la lettera, questo avrebbe spiegato perché era arrivata non affrancata. Un po' di pazzia era molto, molto meno improbabile di un universo che funziona veramente così.

Solo che una parte di Harry era profondamente convinta che la magia fosse reale, ed era stato così da quando aveva visto la presunta lettera della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Harry si strofinò la fronte, facendo una smorfia. Non credere a tutto ciò che pensi, questo era ciò che diceva uno dei suoi libri.

Ma questa certezza bizzarra... Harry si aspettava, sì, che un professore di Hogwarts si sarebbe presentato, avrebbe agitato una bacchetta e avrebbe fatto una magia. La strana certezza non stava facendo alcuno sforzo di salvaguardarsi contro la falsificazione. Non stava cercando di spiegarsi perché non ci sarebbe stato alcun professore, o perché il professore sarebbe stato solo in grado di piegare i cucchiai.

Da dove vieni, strana piccola previsione? Harry rivolse il pensiero al suo cervello. Perché credo a quello che credo?

Di solito Harry era abbastanza bravo a rispondere a questa domanda, ma in questo caso particolare, non aveva idea di quello che il suo cervello stava pensando.

Harry fece mentalmente spallucce. Una piastra metallica piana su una porta si lascia spingere, e una maniglia su una porta si lascia tirare, e la cosa da fare con un'ipotesi verificabile è provarla.

Prese un foglio di carta a righe dalla sua scrivania, e cominciò a scrivere.

Spettabile Vicepreside

Harry fece una pausa, riflettendo, poi gettò la carta e prese un altro foglio, facendo uscire un altro millimetro di grafite dalla sua matita meccanica. Questo richiedeva una calligrafia accurata.

Spettabile Vicepreside Minerva McGonagall,
o a Chiunque Possa Interessare
:

Recentemente ho ricevuto la sua lettera di accettazione a Hogwarts, indirizzata al Sig. H. Potter. Potrebbe non essere consapevole del fatto che i miei genitori genetici, James Potter e Lily Potter (ex Lily Evans) sono morti. Sono stato adottato dalla sorella di Lily, Petunia Evans in Verres, e suo marito, Michael Verres.

Sono molto interessato a frequentare Hogwarts, alla condizione che il posto esista veramente. E' solo mia madre Petunia a dire che la magia esiste, ma lei non è capace di usarla. Mio padre è molto scettico. Io stesso sono incerto. Inoltre, non so dove procurarmi alcuno dei libri o attrezzature di cui nella lettera di accettazione.

Mia madre ha detto che lei aveva inviato un rappresentante di Hogwarts da Lily Potter (allora Lily Evans), per dimostrare alla sua famiglia che la magia era reale, e, presumo, aiutare Lily a ottenere il suo materiale scolastico. Se potesse fare questo per la mia famiglia, sarebbe estremamente utile.

In fede,

Harry James Potter-Evans-Verres.

Harry aggiunse il suo indirizzo attuale, poi piegò la lettera e la mise in una busta, su cui scrisse l'indirizzo di Hogwarts. Ulteriore considerazione lo portò a prendere una candela e far gocciolare la cera sul lembo della busta, sulla quale, con la punta di un temperino, incise le iniziali H.J.P.E.V. Se fosse sceso in questa follia, l'avrebbe fatto con stile.

Poi aprì la porta e tornò al piano di sotto. Suo padre era seduto in salotto a leggere un libro di matematica avanzata per dimostrare quanto fosse intelligente, e sua madre era in cucina a preparare uno dei piatti preferiti di suo padre per dimostrare quanto fosse premurosa. Non sembrava proprio che si stessero parlando. Per quanto spaventosi potevano essere i litigi, non litigare era in qualche modo molto peggio.

"Mamma" disse Harry nel silenzio snervante, "ho intenzione di verificare l'ipotesi. Secondo la tua teoria, come faccio a mandare un gufo a Hogwarts?"

 Sua madre si voltò dal lavello della cucina a guardarlo, con una faccia scioccata. "Non - non lo so, credo che basti possedere un gufo magico."

Questo sarebbe già dovuto sembrare altamente sospetto, oh, quindi non c'è modo di testare la tua teoria, ma la particolare certezza in Harry sembrava disposta a farsi notare ancora di più.

"Be', la lettera è arrivata in qualche modo" disse Harry, "quindi mi limiterò a sventolarla fuori, gridare 'lettera per Hogwarts!' e vedere se un gufo la prende. Papà, vuoi venire a vedere?"

Suo padre scosse la testa e continuò a leggere. Naturalmente, pensò Harry. La magia era una cosa vergognosa, in cui solo gli stupidi credono: se suo padre si fosse spinto al punto di verificare l'ipotesi, o anche solo osservarne una verifica, si sarebbe sentito come se volesse approvarla!

Solo quando Harry uscì dalla porta sul retro per andare in giardino, gli passò per la testa che, se un gufo fosse arrivato a prendere la lettera, avrebbe avuto un po' di difficoltà a dirlo a papà.

Ma - allora - questo non può capitare sul serio, vero? A prescindere da ciò che il mio cervello sembra credere. Se arriva veramente un gufo a prendere la busta, avrò preoccupazioni molto più importanti di quello che pensa papà.

Harry fece un respiro profondo e sollevò la busta in aria.

Deglutì.

Gridare Lettera per Hogwarts! mentre si tiene una busta in aria nel mezzo del giardino di casa propria era... piuttosto imbarazzante, in realtà, ora che ci pensava.

No. Sono meglio di papà. Userò il metodo scientifico, anche se mi fa sentire stupido.

"Lettera -" disse Harry, ma in realtà ciò che venne fuori era più un gracidio sussurrato.

Harry preparò la sua volontà, e gridò verso il cielo vuoto, "Lettera per Hogwarts! Posso avere un gufo?"

"Harry?" chiese la voce di una donna confusa, una dei vicini.

Harry tirò giù la mano come se fosse in fiamme e nascose la busta dietro la schiena come se fosse denaro del narcotraffico. Il suo viso era caldo di vergogna.

Il volto di una vecchia fece capolino da sopra il recinto vicino, i capelli grigi brizzolati che sfuggivano dalla sua rete per capelli. La signora Figg, la baby-sitter occasionale. "Che cosa stai facendo, Harry?"

"Niente," disse Harry con voce strozzata. "Solo - testando una teoria davvero stupida..."

"Hai ricevuto la tua lettera di accettazione da Hogwarts?"

Harry si bloccò sul posto.

"Sì," disse la bocca di Harry un po' più tardi. "Ho ricevuto una lettera da Hogwarts. Dicono che voglio il mio gufo entro il 31 luglio, ma..."

"Ma tu non hai un gufo. Povero caro! Non riesco a immaginare cosa debbano aver pensato, a mandarti solo la lettera standard."

Un braccio rugoso si allungò sopra il recinto e aprì una mano in attesa. Facendo fatica anche solo a pensare, Harry porse la sua busta.

"Lascia fare a me, caro" disse la signora Figg, "e in un batter d'occhio o due farò arrivare qualcuno."

E il suo viso scomparve oltre la recinzione.

Ci fu un lungo silenzio nel giardino.

Poi la voce di un bambino disse, con calma e in silenzio: "Come?"

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Capitolo 2
*** Tutto quello in cui credo è falso ***


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"Certo che è stata colpa mia. Non c'è alcun altro qui che potrebbe essere responsabile di questo."

"Ora, tanto per essere chiari," disse Harry, "se la professoressa ti fa levitare, papà, quando ti rendi conto che non sei attaccato ad alcun cavo, quella dovrà essere una prova sufficiente. Non dovrai girarti e dire che è solo un gioco di prestigio. Non sarebbe leale. Se senti che farai così, dovresti dirlo subito, ed escogiteremo un esperimento diverso."

Il padre adottivo di Harry, il professor Michael Verres, alzò gli occhi. "Sì, Harry."

"E tu, mamma: la tua teoria dice che la professoressa dovrebbe essere in grado di farlo. Se questo non accade, ammetterai di esserti sbagliata, senza dire che la magia non funziona in presenza di scettici, o cose del genere. "

La vicepreside Minerva McGonagall guardava Harry con un'espressione divertita. Aveva un'aria da vera strega, coi suoi abiti neri e il suo cappello a punta, ma quando parlava, la sua voce era formale come quella di una lady scozzese, e ciò non si accordava affatto col suo aspetto. A prima vista sembrava una persona che sghignazza e mette i neonati in un calderone, ma l'effetto complessivo era rovinato non appena apriva bocca. "E' sufficiente, signor Potter?" disse. "Posso procedere con la dimostrazione?"

"Sufficiente? Probabilmente no," disse Harry. "Ma almeno sarà di aiuto. Vada avanti, vicepreside."

"Mi chiami pure professoressa" disse lei, e poi: "Wingardium Leviosa."

Harry guardò suo padre.

"Uh" disse Harry.

Suo padre lo guardò. "Uh" gli fece eco.

Poi il professor Verres si voltò a guardare la professoressa McGonagall. "Va bene, mi può mettere giù, adesso."

La professoressa McGonagall lo abbassò fino al pavimento.

Harry si passò una mano tra i capelli. Forse era solo quella parte strana di lui che era già stata convinta, ma... "E' un po' un anticlimax," disse. "Pensavo che ci sarebbe stato un evento mentale più drammatico associato a un'osservazione di probabilità infinitesimale." Harry si fermò. Sua madre, la strega, e anche suo padre gli lanciavano di nuovo quello sguardo. "Voglio dire, con lo scoprire che tutto quello in cui credo è falso."

Sul serio, sarebbe dovuto essere più drammatico. Il suo cervello si sarebbe dovuto liberare dell'intera sua collezione di ipotesi sull'universo, nessuna delle quali permetteva che ciò accadesse. Ma invece il suo cervello sembrava dire solo, va bene, ho visto la professoressa di Hogwarts agitare la bacchetta e sollevare tuo padre in aria, e adesso?

La strega sorrideva benevola, all'apparenza molto divertita. "Vuole un ulteriore dimostrazione, signor Potter?"

"Non è necessario," disse Harry. "Abbiamo effettuato un esperimento definitivo. Ma..." Harry esitò. Non poteva farne a meno. In realtà, date le circostanze, non avrebbe dovuto farne a meno. Era giusto e doveroso essere curiosi. "Che altro è in grado di fare?"

La professoressa McGonagall si trasformò in un gatto.

Harry indietreggiò senza pensare, così velocemente che inciampò su una pila di libri e atterrò duro sul sedere. Con le mani, cercò di ripararsi senza riuscirci, e sentì una fitta di avvertimento a una spalla mentre la sua caduta si fermava bruscamente.

Subito, il piccolo gatto tigrato si ritrasformò in una donna vestita. "Mi scusi, signor Potter," disse la strega, in tono sincero, anche se gli angoli delle sue labbra si piegavano verso l'alto. "Avrei dovuto avvertirla."

Harry stava respirando in brevi singulti. La sua voce uscì soffocata. "Non è POSSIBILE!"

"E' solo una Trasfigurazione" disse la professoressa McGonagall. "Una trasformazione Animagus, per l'esattezza."

"Lei si è trasformata in un gatto! Un gatto PICCOLO! Ha violato la conservazione dell'energia! Non è solo una regola arbitraria, è implicata dalla forma dell'operatore hamiltoniano quantistico! Rifiutarla distrugge l'unitarietà e quindi si ottiene l'invio di segnali più veloci della luce! E i gatti sono COMPLICATI! Una mente umana non può visualizzare in un colpo solo l'intera anatomia di un gatto, né tutta la biochimica di un gatto, e tantomeno la neurologia! Come si può continuare a pensare con un cervello da gatto?"

Gli angoli della bocca della professoresa McGonagall ebbero un tremito più forte. "Magia."

"La magia non è sufficiente per farlo! Bisognerebbe essere un dio!"

La professoressa McGonagall  sbatté le palpebre. "E' la prima volta che sia mai stata chiamata così."

La vista di Harry iniziò a sfocarsi, mentre il suo cervello iniziava a comprendere ciò che era appena stato distrutto. L'idea di un universo unificato con leggi matematicamente regolari. Ecco cos'era appena finito nello scarico: l'intero concetto di fisica. Tremila anni dedicati a scomporre cose grandi e complicate in pezzi più piccoli, scoprire che la musica dei pianeti era la stessa musica di una mela che cade; scoprire che le vere leggi erano perfettamente universali, non avevano eccezioni in alcun luogo e avevano l'aspetto di semplice matematica che governa le parti più piccole; scoprire che la mente è il cervello, che il cervello è fatto di neuroni; scoprire che il cervello è ciò che rende una persona se stessa...

E poi una donna si è trasformata in un gatto, tanti saluti a tutto quanto.

Un centinaio di domande lottavano per la priorità sulle labbra di Harry, finché la vincitrice venne fuori: "E che razza di formula magica è Wingardium Leviosa? Chi inventa le parole di questi incantesimi, bambini dell'asilo?"

"Basta così, signor Potter," disse bruscamente la professoressa McGonagall, anche se i suoi occhi brillavano di divertimento represso. "Se vuole conoscere la magia, suggerisco di portare a termine le scartoffie in modo che lei possa andare a Hogwarts."

"Giusto" disse Harry, un po' stordito. Rimise in ordine i suoi pensieri. La Marcia della Ragione avrebbe solo dovuto ricominciare da capo, e questo era tutto; il metodo sperimentale era ancora a disposizione, questa era la cosa importante. "Come faccio ad arrivare a Hogwarts, allora?"

La professoressa McGonagall si lasciò sfuggire una risata soffocata.

"Aspetta un momento, Harry" disse suo padre. "Ricordi perché non sei andato a scuola finora? Il tuo problema?"

La professoressa McGonagall si girò verso Michael. "Il suo problema? Di cosa si tratta?"

"Non dormo nel modo giusto" disse Harry. Agitò le mani impotente. "Il mio ciclo del sonno è di 26 ore, devo sempre andare a dormire due ore più tardi, tutti i giorni. Non posso addormentarmi prima, e il giorno dopo vado a dormire ancora due ore dopo. Le dieci di sera, mezzanotte, le due del mattino, le quattro del mattino, finché non faccio il giro dell'orologio. Anche se cerco di svegliarmi presto, non fa alcuna differenza e mi sento uno straccio tutto il giorno. Ecco perché non sono mai andato in una scuola normale fino a ora. " 

"Una delle ragioni", disse la madre. Harry le lanciò un'occhiataccia.

La McGonagall  fece un lungo hmmmmm. "Non ricordo di aver mai sentito parlare di una tale condizione..." disse lentamente. "Controllerò con Madama Pomfrey per vedere se conosce qualche rimedio." Poi il suo viso si illuminò. "No, sono sicuro che questo non sarà un problema, troverò una soluzione in tempo utile. Allora," e il suo sguardo diventò più acuto, "quali sono questi altri motivi?"

Harry diede un'occhiataccia ai suoi genitori. "Sono un obiettore di coscienza alla coscrizione dei bambini. Il motivo è che non dovrei soffrire per un sistema scolastico in via di disgregazione che fallisce nel fornire materiali di studio di benché minima qualità agli insegnanti e agli alunni."

Entrambi i genitori di Harry scoppiarono in una risata fragorosa, come se pensassero che tutto fosse uno scherzo. "Oh" disse il padre di Harry, con gli occhi lucidi, "è per questo che in terza hai morso un'insegnante di matematica."

"Non sapeva che cosa fossero i logaritmi!"

"Certo," disse la madre di Harry in tono distaccato. "Morderla è stata una risposta molto matura."

Il padre di Harry annuì. "Una politica ben ponderata per affrontare il problema degli insegnanti che non capiscono i logaritmi."

"Avevo sette anni! Per quanto tempo avete intenzione di rinfacciarmelo?"

"Lo so," disse la madre con comprensione. "Basta mordere un solo insegnante di matematica e non te lo lasciano mai dimenticare, vero?"

Harry si voltò verso la professoressa McGonagall. "Ecco! Vede con cosa ho a che fare?"

"Chiedo scusa" disse Petunia, e dalla porta fuggì nel giardino, da cui si potevano chiaramente udire le sue risate.

"A... ehm...", la professoressa McGonagall  sembrava avere difficoltà a parlare per qualche ragione, "A Hogwarts è espressamente proibito mordere gli insegnanti. Sono stata abbastanza chiara, signor Potter?"

Harry le fece una smorfia. "Bene, non morderò nessuno che non mi morde per primo."

A quella frase, anche il professor Verres dovette lasciare la stanza.

"Bene" sospirò la professoressa McGonagall, dopo i genitori di Harry furono tornati. "Bene. Penso, date le circostanze, che dovrei evitare di portarla ad acquistare i materiali di studio fino a un giorno o due prima dell'inizio della scuola."

"Che cosa? Perché? Gli altri bambini conoscono già la magia, non è vero? Devo iniziare subito a mettermi in pari con loro!"

"Stia certo, signor Potter" rispose la professoressa McGonagall, "che Hogwarts è perfettamente in grado di insegnare le nozioni di base. E ho il sospetto, signor Potter, che se la lasciassi da solo per due mesi con i suoi libri di scuola, anche senza una bacchetta, ritornerei in questa casa solo per trovare un cratere che emette fumo viola, una città spopolata che lo circonda e un'invasione di zebre fiammeggianti che terrorizza ciò che resta dell'Inghilterra."

I genitori di Harry annuirono in perfetto sincronismo.

"Mamma! Papà!"

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Capitolo 3
*** Confrontare la realtà con le sue alternative ***


Se J. K. Rowling vi chiede di questa storia, voi non sapete nulla.
"Ma allora la domanda è - chi?"
"Mio Dio," disse il barista, scrutando Harry, "è lui? Può essere lui?"

Harry si protese verso il bar del Calderone Che Perde come meglio poteva, anche se gli arrivava all'incirca alla punta delle sopracciglia. Una domanda come quella meritava il suo meglio.

"Sono - potrei essere - forse - non si sa mai - se non lo sono - ma allora la domanda è - chi?"

"Benedetta la mia anima", sussurrò il vecchio barista. "Harry Potter... quale onore."

Harry sbatté le palpebre, poi si riprese. "Beh, sì, è proprio percettivo, la maggior parte delle persone non se ne rende conto così rapidamente."

"Basta", disse la professoressa McGonagall. La sua mano si strinse sulla spalla di Harry. "Non infastidire il ragazzo, Tom, è nuovo a tutto questo."

"Ma è lui?" tremolò una vecchia. "E' Harry Potter?" Con un suono raschiante, si alzò dalla sedia.

"Doris -" la McGonagall avvertì. L'occhiata che spargeva in giro per la stanza avrebbe dovuto essere sufficiente per intimorire chiunque.

"Voglio solo stringergli la mano," sussurrò la donna. Si chinò e mostrò una mano rugosa, che Harry, sentendosi confuso e più a disagio di quanto avesse mai fatto in vita sua, strinse con attenzione. Le lacrime della donna caddero sulle loro mani congiunte. "Il mio nipote era un Auror," gli sussurrò. "Morto nel '79. Grazie, Harry Potter. Grazie al cielo ci sei tu."

"Prego" disse Harry automaticamente, poi si voltò la testa e volse alla professoressa McGonagall  uno spaventato sguardo supplichevole.

La professoressa McGonagall sbatté il piede a terra proprio mentre l'eccitazione generale stava per iniziare. Fece un rumore tale da dare a Harry un nuovo punto di riferimento per la frase "Botta Infernale", e tutti si bloccarono sul posto.

"Siamo di fretta" disse la professoressa McGonagall con una voce che sembrava perfettamente, assolutamente normale.

Uscirono dal bar senza alcun problema.

"Professoressa?" Disse Harry, una volta che erano nel cortile. Aveva intenzione di chiedere cosa stava succedendo, ma stranamente si trovò a fare una domanda completamente diversa, invece. "Chi era quell'uomo pallido, nell'angolo? L'uomo con quell'occhio che si muoveva continuamente?"

"Hm?" disse la professoressa McGonagall, in tono un po' sorpreso; forse nemmeno lei si aspettava quella domanda. "E' il professor Quirinus Quirrell. Quest'anno insegnerà Difesa contro le Arti Oscure a Hogwarts:"

"Ho avuto la strana sensazione di conoscerlo..."
Harry si strofinò la fronte.
"E che non dovrei stringergli la mano."
Come incontrare qualcuno che era stato un amico, una volta, prima che qualcosa andasse storto... ma che non lo era affatto, ma Harry non riusciva a trovare le parole. "E tutto questo caos... che cos'era?"

La professoressa McGonagall  gli dava uno sguardo strano. "Signor Potter... lo sa... quanto le è stato detto... su come sono morti i suoi genitori?"

Harry restituì uno sguardo fisso. "I miei genitori sono vivi e vegeti, e si sono sempre rifiutati di dirmi come sono morti i miei genitori genetici. Dal che deduco che è stato atroce."

"Una fedeltà ammirevole", disse la professoressa McGonagall. La sua voce si fece bassa. "Anche se fa un po' male sentirlo dire in quel modo. Lily e James erano miei amici."

Harry distolse lo sguardo, provando improvvisamente vergogna. "Mi dispiace," disse con un filo di voce. "Ma io ho una mamma e un papà. E so che mi renderei solo infelice, confrontando che la realtà con... qualcosa di perfetto che ho costruito nella mia immaginazione."

"Sono parole incredibilmente sagge", disse piano la professoressa McGonagall. "Ma i suoi genitori genetici sono morti di una morte eroica, cercando di proteggere lei."

Proteggere me?

Qualcosa di strano strinse il cuore di Harry. "Che cosa... è successo?"

La professoressa McGonagall sospirò. Diede un colpetto in fronte a Harry con la bacchetta, e la sua vista si offuscò per un momento. "Questo è una specie di camuffamento", disse, "in modo che non accada di nuovo, finché non sarà pronto." Poi la bacchetta batté tre volte su un muro di mattoni...

...in cui si aprì un buco, che si dilatò e si espanse in un'enorme arcata, rivelando una lunga fila di negozi con insegne che pubblicizzavano calderoni e fegati di drago.

Harry non batté ciglio. Non sembrava che nessuno si stesse trasformando in un gatto.

Ed entrarono, insieme, nel mondo dei maghi.

C'erano mercanti che imbonivano Stivali Rimbalzanti ("Fatti con vero Flubber!") E "Coltelli +3! Forchette +2! Cucchiai con un bonus di +4!" C'erano occhiali che facevano diventare verde qualsiasi cosa si guardasse, e una gamma di comode poltrone con sedili eiettabili per le emergenze.

La testa di Harry continuava a girare, girare come se stesse cercando di svitarsi dal collo. Era come camminare attraverso la sezione degli elementi magici di un manuale di Advanced Dungeons and Dragons (Harry non ci giocava, ma gli piaceva leggere i manuali). Non voleva perdersi un solo oggetto in vendita, nel caso fosse uno dei tre necessari per completare il ciclo di magie dei desideri infiniti.

Poi Harry vide qualcosa che, del tutto senza pensare, lo fece allontanare dalla vicepreside per dirigersi direttamente nel negozio, una facciata di mattoni blu con bordure metalliche di bronzo. Venne riportato alla realtà solo quando la professoressa McGonagall gli sbarrò la strada.

"Signor Potter?" disse lei.

Harry sbatté le palpebre, poi si rese conto di ciò che aveva appena fatto. "Mi scusi! Per un momento ho dimenticato di essere con lei, invece che con la mia famiglia." Harry indicò la vetrina del negozio, che mostrava lettere di fuoco che brillavano luminose e ciononostante remote, componendo la scritta Libri Brillanti di Bigbam. "Quando si passa davanti a una libreria mai visitata prima, bisogna entrare a dare un'occhiata. Questa è la regola di famiglia."

"Questa è la cosa più Corvonero che abbia mai sentito."

"Cosa?"

"Niente. Signor Potter, il nostro primo passo è visitare Gringott, la banca del mondo dei maghi. La camera blindata della sua famiglia genetica è lì, con l'eredità che i suoi genitori genetici le hanno lasciato, e avrà bisogno di soldi per la scuola." Sospirò. "E, suppongo, si potrebbe anche giustificare una certa quantità di soldi da spendere per i libri. Anche se farebbe meglio a  tenersi a bada per un po'. Hogwarts ha una gran bella biblioteca sulle materie della magia. E la torre in cui, ho il forte sospetto, andrà a vivere, ha una propria biblioteca a spettro più ampio. Qualsiasi libro comprato ora probabilmente sarebbe un duplicato."

Harry annuì, e andarono avanti.

"Non mi fraintenda, è una grande distrazione," disse Harry, continuando a girare la testa, "probabilmente la miglior distrazione che qualcuno abbia mai provato su di me, ma non pensi che io abbia dimenticato la nostra discussione in sospeso."

La professoressa McGonagall sospirò. "I suoi genitori - o in ogni caso sua madre - potrebbero essere stati molto saggi a non dirglielo."

"Quindi vuole che io continui a vivere nella beata ignoranza? C'è un certo difetto in quel piano, professoressa McGonagall."

"Suppongo che sarebbe piuttosto inutile", disse a denti stretti la strega, "quando chiunque per strada potrebbe raccontare la storia. Molto bene."

E lei gli parlò di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, il Signore Oscuro, Voldemort.

"Voldemort?" sussurrò Harry. Avrebbe dovuto essere una cosa buffa, ma non lo era. Il nome bruciava con una sensazione di freddo, crudeltà, la chiarezza del diamante, un martello di puro titanio che si scagliava sopra un'incudine di carne cedevole. Un brivido invase Harry proprio mentre pronunciava la parola, e decise lì per lì di utilizzare termini più sicuri come Chi-Ben-Sappiamo.

Il Signore Oscuro aveva imperversato sulla Gran Bretagna magica come un lupo selvatico, strappando e lacerando il tessuto della loro vita quotidiana. Altre nazioni si torcevano le mani, ma esitavano ad intervenire, sia per egoismo apatico o semplice paura, perché qualsiasi fosse stato il primo a opporsi al Signore Oscuro sarebbe stato l'obiettivo successivo del suo terrore.

(L'effetto dello spettatore, pensò Harry, pensando all'esperimento di Latane e Darley che aveva dimostrato che si avevano più probabilità di ottenere aiuto avendo un attacco epilettico di fronte a una persona sola che di fronte a tre. La diffusione della responsabilità, tutti che speravano che qualcuno altro andasse per primo.)

I Mangiamorte marciavano con il Signore Oscuro nella sua scia e nella sua avanguardia, avvoltoi che infierivano sulle ferite, o serpenti che mordevano e indebolivano. I Mangiamorte non erano terribili come il Signore Oscuro, ma erano terribili, ed erano molti. E i Mangiamorte avevano ben più che bacchette magiche: c'era ricchezza, all'interno di tali ranghi mascherati; c'era potere politico; c'erano segreti tenuti sotto ricatto, che avrebbero paralizzato una società che cercava di proteggersi.

Un giornalista vecchio e rispettato, Yermy Wibble, aveva chiesto l'aumento delle tasse e l'arruolamento di leva. Affermava a gran voce che era assurdo, per i molti, di rintanarsi nella paura dei pochi. La sua pelle, solo la sua pelle, era stata trovata inchiodata al muro della redazione la mattina dopo, insieme alla pelle di sua moglie e delle due figlie. Tutti desideravano che venisse fatto qualcosa di più, eppure nessuno osava prendere l'iniziativa di proporlo. Chiunque fosse più in vista degli altri sarebbe diventato l'esempio successivo.

Fino a quando i nomi di James e Lily Potter si trovarono in cima alla lista.

E quei due sarebbero morti con le bacchette in mano senza pentirsi delle loro scelte, perché erano eroi, ma perché avevano un bambino neonato, il loro figlio, Harry Potter.

Agli occhi di Harry sgorgavano le lacrime. Se li asciugò con rabbia o forse disperazione. "Non conoscevo quelle persone, non proprio, ora non sono i miei genitori, sarebbe inutile sentirmi così triste per loro..."

Quando Harry finì di singhiozzare nella vesti della strega, alzò gli occhi, e si sentì un po' meglio quando vide le lacrime anche negli occhi della professoressa McGonagall.

"Allora cos'è successo?" disse Harry, con voce tremante.

"Il Signore Oscuro arrivò a Godric Hollow", disse la professoressa McGonagall sussurrando. "Lei doveva essere nascosto, ma è stato tradito. Il Signore Oscuro uccise James, uccise Lily, e alla fine arrivò da lei, al suo lettino. Le scagliò l'Anatema che Uccide, e tutto finì lì. L'Anatema che Uccide è formato da puro odio, e colpisce direttamente l'anima, staccandola dal corpo. Non può essere bloccato, e chiunque ne venga colpito muore. Ma lei è sopravvissuto. Lei è l'unica persona che sia mai sopravvissuta. L'Anatema che Uccide è rimbalzato e ha colpito il Signore Oscuro, lasciandone solo il cadavere bruciato e una cicatrice sulla sua fronte. Quella fu la fine del terrore: eravamo liberi. Questo, Harry Potter, è il motivo per cui la gente vuole vedere la cicatrice sulla sua fronte, e perché vogliono stringerle la mano."

La tempesta di pianto che aveva attraversato Harry aveva usato tutte le sue lacrime. Non riusciva a piangere di nuovo, aveva finito.

E da qualche parte, nel retro della sua mente, c'era una piccola, piccola nota di confusione, la sensazione che quella storia avesse qualcosa di sbagliato. L'arte di Harry, il razionalismo, avrebbe dovuto fargli notare quella piccola nota, ma lui era distratto. Infatti, è una triste regola che proprio quando si ha più bisogno della propria arte di razionalista è più probabile dimenticarla.

Harry si staccò dalla professoressa McGonagall. "Ci dovrò pensare" disse, cercando di mantenere la voce sotto controllo. Si guardò le scarpe. "Uhm. Li chiami i miei genitori, se vuole, non serve dire genitori genetici o cose del genere. Credo che non ci sia una ragione per non avere due madri e due padri."

Non ci fu alcuna risposta dalla professoressa McGonagall.

E camminarono insieme in silenzio, finché non si trovarono di fronte a un grande edificio bianco con grandi porte di bronzo, con una scritta scolpita sopra che diceva Banca Gringott.

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Capitolo 4
*** L'ipotesi del mercato efficiente ***


Disclaimer: J. K. Rowling vi osserva dal luogo in cui sta ad aspettare, per tutta l'eternità nel vuoto tra i mondi.

NOTA DELL'AUTORE

Come altri hanno notato, i romanzi sembrano inconsistenti riguardo all'effettivo potere d'acquisto di un Galeone; io ho scelto un valore consistente che userò sempre. Il rapporto ufficioso di cinque sterline al Galeone non si accorda con bacchette magiche che costano sette Galeoni e bambini che usano bacchette di seconda mano.
"'Dominare il mondo' è una frase così brutta. Preferisco dire 'ottimizzare il mondo'."
Cumuli di Galeoni d'oro. Pile di Falci d'argento. Mucchi di Zellini di bronzo.

Harry restava lì, fissando a bocca aperta la camera blindata di famiglia. Aveva così tante domande che non sapeva da dove cominciare.

Appena fuori dala porta, la professoressa McGonagall lo guardava, apparentemente appoggiandosi con disinvoltura alla parete, ma con gli occhi attenti. Beh, questo aveva un senso. Essere catapultati di fronte a un gigantesco mucchio di monete d'oro era una prova di carattere così pura da essere addirittura archetipale.

"Queste monete sono fatte di metallo puro?" disse infine Harry.

"Cosa?" sibilò il goblin Griphook, che aspettava vicino alla porta. "Sta mettendo in discussione l'integrità della Gringott, signor Potter-Evans-Verres?"

"No" disse Harry con aria assente, "assolutamente no, mi scusi se la mia domanda è venuta fuori in quel modo, signore. E' solo che non ho la minima idea di come funziona il vostro sistema finanziario. Sto chiedendo se i Galeoni in generale sono fatti di oro puro."

"Naturalmente" disse Griphook.

"E chiunque può coniarli, o sono emessi da un monopolio che poi riscuote il signoraggio?"

"Cosa?" disse la professoressa McGonagall.

Griphook sogghignò, mostrando i denti aguzzi. "Solo uno stupido si fiderebbe di un conio diverso da quello dei goblin!"

"In altre parole" disse Harry, "le monete non valgono più del metallo che le costituisce?"

Griphook fissava Harry. La professoressa McGonagall appariva perplessa.

"Voglio dire, supponiamo che io venga qui con una tonnellata d'argento. Posso farmi coniare una tonnellata di Falci?"

"Dietro il pagamento di una tassa, signor Potter-Evans-Verres." Il goblin lo guardava con gli occhi scintillanti. "Pagando un certo importo. Dove troverebbe una tonnellata d'argento, mi chiedo?"

"Stavo parlando ipoteticamente" disse Harry. Per ora, in ogni caso. "Allora... quanto bisognerebbe pagare di tasse, come frazione del peso totale?"

Griphook aveva gli occhi concentrati. "Dovrei consultare i miei superiori..."

"Mi faccia un'ipotesi. Non riterrò Gringott responsabile."

"Una ventesima parte del metallo potrebbe pagare abbondantemente l'operazione del conio."

Harry annuì. "La ringrazio molto, signor Griphook."

Quindi non solo l'economia dei maghi è quasi completamente scollegata dall'economia dei babbani, ma nessuno qui ha mai sentito parlare di arbitraggio. Nella maggiore economia dei babbani, il rapporto di scambio tra oro e argento fluttuava, così ogni volta che il rapporto tra oro e argento dei babbani si allontanava oltre il 5% dal peso di diciassette Falci per Galeone, l'oro o l'argento sarebbe dovuto gradualmente sparire dall'economia dei maghi, finché non fosse diventato impossibile mantenere il tasso di cambio.
Porta una tonnellata d'argento, trasformala in Falci (e paga il 5%), cambia le Falci in Galeoni, porta l'oro al mondo dei babbani, scambialo per più argento di quello con cui hai iniziato, e ripeti.

Il rapporto di scambio tra oro e argento dei babbani non era all'incirca di 50 a 1? Harry non pensava che fosse 17 a 1, comunque. E sembrava che le monete d'argento fossero addirittura più piccole delle monete d'oro.

Però, Harry stava in una banca che letteralmente immagazzinava il denaro in depositi pieni di monete d'oro custoditi da draghi, dove bisognava andare a ritirare monete dalla propria camera blindata ogni volta che si volevano spendere soldi. Ci stava, che i punti più delicati del risolvere le inefficienze del mercato tramite l'arbitraggio potessero risultare per loro del tutto incomprensibili. Era tentato di fare commenti sprezzanti sulla rozzezza del loro sistema finanziario...

Ma la cosa triste è che il loro modo è probabilmente migliore.

D'altra parte, un finanziere creativo abbastanza competente poteva probabilmente impossessarsi dell'intero mondo dei maghi in una settimana. Harry archiviò questa nozione nel caso in cui avesse mai finito i soldi, o avesse una settimana libera.

Nel frattempo, gli enormi cumuli di monete d'oro all'interno della camera blindata dei Potter avrebbero dovuto soddisfare le sue esigenze a breve termine.

Harry avanzò, iniziando a raccogliere le monete d'oro con una mano e farle cadere nell'altra.

Quando ne raggiunse venti, la professoressa McGonagall tossì. "Penso che sarà più che sufficiente per pagare le forniture scolastiche, signor Potter."

"Hm?" disse Harry, con la mente altrove. "Aspetti, sto facendo un calcolo di Fermi."

"Un cosa?" disse la professoressa McGonagall, in tono alquanto allarmato.

"E' un procedimento matematico, chiamato così in onore di Enrico Fermi. Un modo per ottenere rapidamente valori approssimativi."

Venti Galeoni d'oro pesavano un etto, forse? E quanto valeva l'oro? Diecimila sterline al chilo? Quindi un Galeone varrebbe all'incirca cinquanta sterline... I cumuli di monete d'oro sembravano alti circa 60 monete e larghi 20 monete in entrambe le dimensioni della base, Ogni cumulo era piramidale, quindi, per ottenere la quantità di monete per cumulo bisognava moltiplicare la base per l'altezza e dividere per 3. Ottomila Galeoni per cumulo, grosso modo, e c'erano cinque cumuli di queste dimensioni, per cui, quarantamila Galeoni. In altre parole, due milioni di sterline.

Non male. Harry sorrise con una certa soddisfazione cupa. Era un peccato che fosse nel bel mezzo di scoprire il fantastico nuovo mondo della magia, e non potesse prendere tempo per esplorare il fantastico nuovo mondo della ricchezza, che secondo un rapido calcolo di Fermi era circa un miliardo di volte meno interessante.

Ciononostante, questa è l'ultima volta che toserò un prato per una schifosa sterlina.

Harry si allontanò dall'enorme mucchio di denaro. "Mi scusi la domanda, professoressa McGonagall, ma capisco che i miei genitori avevano meno di trent'anni, quando sono morti.  Nel mondo dei maghi è normale, per una giovane coppia, avere così tanto denaro nella propria camera blindata?"
Se fosse così, una tazza di tè probabilmente costava cinquemila sterline. Regola numero uno dell'economia: non si può mangiare il denaro.

La professoressa McGonagall scosse la testa. "Suo padre era l'ultimo erede di una vecchia famiglia, signor Potter. E' anche possibile..." La strega esitò. "Parte di questo denaro potrebbe provenire da taglie sulla testa di Chi-Ben-Sappiamo, da pagare al suo assass... ah, a chi l'avrebbe sconfitto. Oppure quelle taglie potrebbero non essere ancora state riscosse. Non sono sicura."

"Interessante..." disse Harry lentamente. "Così una parte di questo è davvero, in un certo senso, mio. Cioè, guadagnato da me. Più o meno. Forse. Anche se non ricordo l'occasione." Harry batté le dita contro la gamba dei suoi pantaloni. "Questo mi fa sentire meno in colpa riguardo allo spenderne una frazione molto piccola! Niente panico, professoressa McGonagall!"

"Signor Potter! Lei è minorenne, e come tale, le sarà consentito solo di effettuare prelievi ragionevoli da -"

"Io sono molto ragionevole! Sono completamente d'accordo sulla prudenza fiscale e il controllo degli impulsi! Ma ci sono cose che ho visto, venendo qui, che sarebbero acquisti ragionevoli, da persona adulta..."

Harry bloccò lo sguardo con la professoressa McGonagall, iniziando una silenziosa gara di sguardi fissi.

"Per esempio?" La professoressa McGonagall disse infine.

"Bauli il cui interno è più grande dell'esterno?"

Il volto della professoressa McGonagall si fece severo. "Quelli sono molto costosi, signor Potter!"

"Sì, ma..." Harry supplicò. "Sono sicuro che quando sarò un adulto ne vorrò uno. E posso permettermene uno adesso. Logicamente, avrebbe più senso comprarlo ora anziché dopo, e poterlo usare subito. E' lo stesso denaro in entrambi i casi, giusto? Voglio dire, ne vorrei uno valido, con un sacco di spazio interno, sufficiente da non doverne comprare uno migliore più tardi..." la voce di Harry si affievolì speranzosa.

Lo sguardo della professoressa McGonagall non vacillava. "E cosa vorrebbe tenere in un baule del genere, signor Potter?"

"Libri."

"Naturalmente." sospirò la professoressa McGonagall.

"Avrebbe dovuto dirmi molto prima che quegli oggetti magici esistono! E che me ne posso permettere uno! Ora mio padre e io saremo costretti a passare i prossimi due giorni andando freneticamente da una libreria all'altra per cercare vecchi libri di testo, per poter tenere a Hogwarts una biblioteca scientifica decente - e forse una piccola collezione di fantascienza, se trovo qualcosa di decente nei bidoni dei prezzi scontati. Anzi, le renderò l'affare ancora migliore, va bene? Mi lasci solo comprare..."

"Signor Potter, pensa di potermi corrompere?"

"Che cosa? No! Non così! Sto dicendo che Hogwarts può tenere alcuni dei libri che porto, se lei pensa che qualcuno sia una buona aggiunta alla biblioteca. Li prenderò a buon mercato, e voglio solo averli in giro da qualche parte. E' accettabile corrompere la gente con i libri, giusto? E' una..."

"Tradizione di famiglia."

"Sì, esatto."

Il corpo della professoressa McGonagall sembrò crollare, mentre abbassava le spalle nei suoi abiti neri. "Non posso negare il senso delle sue parole, anche se vorrei molto poterlo fare. Le permetterò di ritirare altri cento Galeoni, signor Potter." Sospirò di nuovo. "So che mi pentirò di questa scelta, e lo sto facendo lo stesso."

"Questo è lo spirito giusto! E un 'mokeschino' fa quello che penso che faccia?"

"Non può fare tutto quello che fa un baule", disse la strega con palese riluttanza, "ma... un mokeschino con un Incantesimo di Recupero e un Incantesimo di Estensione Non Rilevabile può contenere un certo numero di oggetti finché la persona che li ha messi dentro non li richiama."

"Sì. Mi serve sicuramente anche uno di quelli! Sarebbe come lo zaino supremo! La Bat-Cintura senza fondo! Altro che coltellino svizzero, potrei portarci un intero set di attrezzi! O libri! Potrei portarmi sempre appresso tre fra i libri che sto leggendo in un dato periodo, e tirarne fuori uno ovunque io sia! Non dovrei mai più sprecare un altro minuto della mia vita! Che ne dice, professoressa McGonagall? E' per incoraggiare un bambino a leggere, la migliore di tutte le cause possibili."

"...Suppongo che sia possibile aggiungere altri dieci Galeoni."

Griphook mostrava di essere d'accordo con Harry con uno sguardo di sincero rispetto, forse anche vera e propria ammirazione.

"E un po' di denaro da spendere, come ha detto lei prima. Ricordo di aver visto un paio di altre cose che vorrei mettere in quel sacchetto."

"Non tiri troppo la corda, signor Potter."

"Ma professoressa McGonagall, perché rovinarmi la festa? Questo è sicuramente un giorno felice, mentre scopro tutte le cose magiche per la prima volta! Perché recitare la parte dell'adulto scontroso quando invece potrebbe sorridere e ricordare la propria infanzia innocente, osservando lo sguardo di gioia sul mio volto mentre compro qualche giocattolo con una quota trascurabile della ricchezza guadagnata sconfiggendo il più terribile mago che la Gran Bretagna abbia mai conosciuto? Non la sto accusando di essere ingrata o altro, però, cosa sono alcuni giocattoli rispetto a questo?"

"Lei", ringhiò la professoressa McGonagall. Sul suo volto c'era uno sguardo così spaventoso e terribile che Harry strillò e fece un passo indietro, andando a sbattere contro una pila di monete d'oro con un gran rumore tintinnante e finendo lungo disteso in un mucchio di soldi. Griphook sospirò e si coprì la faccia con una mano. "Farei un grande servizio alla Gran Bretagna magica, signor Potter, se la chiudessi a chiave in questa camera blindata e la lasciassi qui."

E se ne andarono senza altri problemi.

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Capitolo 5
*** L'errore fondamentale dell'attribuzione ***


J. K. Rowling ti sta fissando. Riesci a sentire i suoi occhi su di te? Sta leggendo la tua mente con i suoi raggi Rowling.
"Ha solo undici anni, Hermione."
"Anche tu."
"Io non conto."

Il Negozio Moke era piccolo e caratteristico (qualcuno potrebbe anche dire carino), sistemato dietro una bancarella di ortaggi che si trovava dietro un negozio di guanti magici che era in una stretta traversa di Diagon Alley. Purtroppo, il negoziante non era una vecchia decrepita e avvizzita, ma una giovane donna nervosa che indossava abiti gialli sbiaditi. Proprio ora aveva in mano un Super Mokeschino QX31, i cui punti forti erano un Bordo Allargante e un Incantesimo di Estensione Non Rilevabile: poteva effettivamente contenere oggetti di grandi dimensioni, anche se il volume totale era ancora limitato.

Harry aveva insistito per venire qui subito, come prima cosa - aveva insistito più che poteva senza rendere sospettosa la professoressa McGonagall. Aveva qualcosa che doveva mettere nel sacchetto il prima possibile. Non era la borsa di Galeoni che la professoressa McGonagall gli aveva permesso di ritirare da Gringott. Erano tutti gli altri Galeoni che si era infilato di nascosto in tasca dopo essere caduto in un mucchio di monete d'oro. Era stato un vero incidente, ma Harry non era mai stato il tipo da scartare un'opportunità... anche se in realtà era stato più un impulso del momento. Da allora, Harry portava goffamente la borsa dei Galeoni vicino alla tasca dei pantaloni, in modo che qualsiasi tintinnio sembrasse venire dal posto giusto.

Questo lasciava ancora la questione di come poter mettere le altre monete nel sacchetto senza essere scoperto. Le monete d'oro potevano essere sue, ma erano comunque rubate (auto-rubate?)

Harry alzò lo sguardo dal Super Mokeschino QX31 al bancone di fronte a lui. "Posso provarlo per un po'? Per verificare che funzioni in maniera, diciamo, affidabile?" Spalancò gli occhi in un'espressione di infantile, giocosa innocenza.

Com'era prevedibile, dopo aver ripetuto dieci volte le azioni di mettere la borsa di monete nel sacchetto, infilare dentro la mano, sussurrare "borsa dell'oro" e tirarla fuori, la professoressa McGonagall si allontanò di un passo e iniziò a esaminare alcuni degli altri oggetti del negozio, e il negoziante si voltò a guardare.

Harry fece cadere nel mokeschino la borsa dell'oro con la mano sinistra. La mano destra uscì dalla tasca stringendo alcune monete d'oro, si infilò nel mokeschino, lasciò cadere i Galeoni, e (con un sussurro di "borsa dell'oro"), recuperò la borsa originale. Poi la borsa tornò nella sua mano sinistra, per essere rimessa nel mokeschino, e la mano destra di Harry  tornò in tasca...

La professoressa McGonagall si voltò una volta per guardarlo, ma Harry riuscì a evitare di bloccarsi o battere ciglio, e lei non sembrava accorgersi di nulla. Anche se non si poteva essere sicuri, con gli adulti che hanno il senso dell'umorismo. Ci vollero tre iterazioni per concludere l'operazione, ed Harry concluse di essere riuscito a rubarsi circa trenta Galeoni.

Harry allungò la mano, si asciugò un po' di sudore dalla fronte ed espirò. "Vorrei questo, per favore."

Quindici galeoni dopo (a quanto pare, il doppio del prezzo della bacchetta di un mago) e con un Super Mokeschino QX31 in più, Harry e la professoressa McGonagall si fecero strada fuori dalla porta. La porta formò una mano e li salutò mentre se ne andavano, estrudendo un braccio in un modo che diede a Harry un po' di nausea.

E poi, sfortunatamente...

"Sei davvero Harry Potter?" sussurrò il vecchio, con una lacrima enorme che gli scivolava lungo la guancia. "Non mi diresti una bugia, vero? Solo che ho sentito dire che non sei veramente sopravvissuto all'Anatema che Uccide, ed è per questo che nessuno ha più sentito parlare di te."

... pareva che l'incantesimo di camuffamento della professoressa McGonagall non fosse completamente efficace contro i praticanti magici più esperti.

La professoressa McGonagall mise una mano sulla spalla di Harry e lo tirò verso il vicolo più vicino subito dopo aver sentito "Harry Potter?" Il vecchio li aveva seguiti, ma almeno sembrava che nessun altro aveva sentito.

Harry considerò la domanda. Era davvero Harry Potter? "So solo quello che mi hanno detto gli altri" disse Harry. "Non mi posso ricordare di essere nato". Si sfiorò la fronte con la mano. "E' tutta la vita che ho questa cicatrice, ed è tutta la vita che mi è stato detto che mi chiamo Harry Potter. Ma," disse Harry pensieroso, "se c'è già un motivo sufficiente a ipotizzare un complotto, non c'è ragione per non trovare un altro orfano e condizionarlo a credere di essere Harry Potter."

La professoressa McGonagall si coprì il viso con la mano, esasperata. "Assomiglia quasi esattamente a suo padre James l'anno in cui era entrato a Hogwarts. E posso attestare, sulla sola base della personalità, che lei è parente del Flagello di Grifondoro."

"Anche la professoressa potrebbe far parte del complotto." osservò Harry.

"No" balbettò il vecchio. "Ha ragione. Hai gli occhi di tua madre."

"Hmm," Harry indicò il vecchio. "Immagino che anche lei potrebbe far parte del complotto."

"Basta, signor Potter."

Il vecchio alzò una mano come per toccare Harry, ma poi la lasciò ricadere. "Sono contento che tu sia vivo" mormorò. "Grazie, Harry Potter. Grazie per quello che hai fatto... ti lascerò in pace adesso."

E se ne andò lentamente appoggiandosi al bastone, fuori dal vicolo e lungo la strada principale di Diagon Alley.

La professoressa si guardò intorno, la sua espressione tesa e cupa. Automaticamente, anche Harry si guardò intorno. Ma il vicolo sembrava completamente deserto, e dall'incrocio che conduceva a Diagon Alley si potevano vedere solo passanti che camminavano in fretta.

Infine, la professoressa McGonagall sembrò rilassarsi. "Non si è comportato molto bene" disse a bassa voce. "So che non è abituato a tutto questo, signor Potter, ma queste persone si preoccupano per lei. Per favore, sia gentile con loro."

Harry si guardò le scarpe. "Non dovrebbero", disse con una punta di amarezza. "Preoccuparsi per me, voglio dire."

"Lei li ha salvati da Chi-Ben-Sappiamo" disse la professoressa McGonagall. "Come potrebbero non preoccuparsene?"

Harry guardò l'espressione severa della strega sotto il cappello a punta, e sospirò. "Suppongo che non ci sia alcuna possibilità che, se dico errore fondamentale dell'attribuzione, lei abbia idea di cosa vuol dire."

"No", disse la professoressa con il suo preciso accento scozzese, "ma per favore mi spieghi, signor Potter, se vuol essere così gentile."

"Beh ..." Disse Harry, cercando di immaginare come descrivere quel piccolo particolare della scienza dei babbani. "Immaginiamo che una persona arrivi al lavoro e veda il suo collega dare un calcio alla scrivania. Verrebbe da pensare, che persona irascibile deve essere. Ma mentre si dirigeva al lavoro, qualcuno gli ha dato uno spintone, l'ha sbattuto contro un muro e poi gli ha urlato contro. Chiunque si sarebbe arrabbiato per quello. Quando guardiamo gli altri vediamo tratti di personalità che spiegano il loro comportamento, ma quando guardiamo noi stessi vediamo circostanze che spiegano il nostro comportamento.  La storia di ogni persona ha un senso, per quella stessa persona, ma noi non vediamo le storie delle altre persone. Possiamo solo vedere quelle persone in una determinata situazione, e non vediamo come sarebbero state in una situazione diversa. Quindi l'errore fondamentale dell'attribuzione è che spieghiamo con tratti permanenti e durevoli quello che verrebbe spiegato meglio dalle circostanze e dal contesto."

C'erano alcuni eleganti esperimenti che lo confermavano, ma Harry non aveva intenzione di spiegarli in dettaglio.

Le sopracciglia della strega si sollevarono sotto la tesa del suo cappello. "Credo di capire..." disse lentamente la professoressa McGonagall. "Ma cosa ha a che fare con lei?"

Harry diede un calcio al muro di mattoni del vicolo, abbastanza forte per farsi male al piede. "La gente pensa che io li abbia salvati da Chi-Ben-Sappiamo perché sono una specie di grande guerriero della Luce."

"Quello con il potere di sconfiggere il Signore Oscuro..." mormorò la strega, con una strana ironia nella sua voce.

"Sì" disse Harry, mentre il fastidio e la frustrazione crescevano dentro lui, "come se avessi distrutto il Signore Oscuro perché ho una sorta di tratto permanente che mi rende un Distruttore-Di-Signori-Oscuri. Ma in quel momento avevo un anno e tre mesi. Non so cosa sia successo, ma suppongo che avesse qualcosa a che fare, come si suol dire, con le circostanze ambientali. E certamente niente a che vedere con la mia personalità. Alla gente non importa niente di me, non prestano neppure attenzione a me, vogliono stringere la mano a una cattiva spiegazione". Harry fece una pausa, e guardò la McGonagall. "Lei lo sa cosa è successo veramente?"

"Ho formulato un'idea..." disse la professoressa McGonagall. "Dopo aver incontrato lei, voglio dire."

"Davvero?"

"Lei ha trionfato sul Signore Oscuro peché è più terribile di lui, ed è sopravvissuto all'Anatema che Uccide perché è più terribile della morte."

"Ha. Ha. Ha." Harry diede un altro calcio al muro.

La professoressa McGonagall ridacchiò. "Adesso andiamo da Madama Malkin. Temo che i suoi vestiti babbani possano attirare l'attenzione."

Lungo la strada incontrarono altri due sostenitori di Harry Potter, il Distruttore-Di-Signori-Oscuri.

Il negozio "Toghe di Madama Malkin" aveva una facciata veramente noiosa, con normali mattoni rossi e finestre di vetro che mostravano semplici abiti neri all'interno. Non c'erano vesti che brillavano o si trasformavano, o ruotavano, o irradiavano raggi strani che sembravano passare attraverso la vostra camicia per farvi il solletico. Solo toghe nere, che era tutto ciò che si poteva vedere dalla finestra. La porta era spalancata, come per pubblicizzare che non c'erano segreti e nulla da nascondere.

"Starò fuori per qualche minuto, mentre prenderanno le misure per i suoi abiti" disse la professoressa McGonagall. "Le sta bene, signor Potter?"

Harry annuì. Odiava con tutto il cuore andare a comprare vestiti, e non poteva biasimare la strega per sentirsi allo stesso modo.

La bacchetta della professoressa McGonagall le uscì dalla manica e diede un colpetto alla testa di Harry. "Siccome dovrà essere ben visibile ai sensi di Madama Malkin, rimuoverò il Camuffamento."

"Uh..." Disse Harry. Questo lo preoccupava un po', non era ancora abituato a quell'affare di 'Harry Potter'.

"Sono andata a Hogwarts con Madama Malkin", disse la McGonagall. "Anche allora, era una delle persone più composte che conoscessi. Non farebbe una piega nemmeno se Chi-Ben-Sappiamo entrasse nel negozio." La McGonagall ricordava, con molta approvazione. "Madama Malkin non le darà fastidio, e non permetterà ad alcun'altra persona di infastidirla."

"Dove sta andando?" chiese Harry. "Nel caso in cui, diciamo, accada qualcosa."

La McGonagall diede un'occhiata severa a Harry. "Vado ," disse, indicando un edificio dall'altra parte della strada, che mostrava il cartello di un barilotto di legno, "e acquisterò una bevanda alcolica, di cui ho un disperato bisogno. Lei dovrà farsi misurare per i suoi abiti, nient'altro. Tornerò a controllare fra poco, e mi aspetto di trovare il negozio di Madama Malkin ancora in piedi e assolutamente non in fiamme."

Madama Malkin era una vecchia arzilla che non disse una parola su Harry quando vide la cicatrice sulla fronte, e lanciò un'occhiata tagliente a un'assistente quando quella ragazza sembrava sul punto di dire qualcosa. Madama Malkin estrasse un set di pezzi di stoffa animati, che si contorcevano, che apparentemente servivano per prendere le misure, e si mise al lavoro esaminando il mezzo della sua arte.

Accanto a Harry, un ragazzino pallido con un viso appuntito e capelli straordinariamente biondo-bianchi sembrava impegnato con le fasi finali di un processo simile. Una dele due assistenti della Malkin stava esaminando quel bambino e la veste a scacchiera che indossava; di tanto in tanto toccava un angolo della veste con la sua bacchetta e la veste si allentava o si stringeva.

"Ciao" disse il bambino. "Anche tu vai a Hogwarts?"

Harry prevedeva dove potesse andare a parare quella conversazione, e decise in una frazione di secondo di frustrazione che quando era troppo, era troppo.

"Santo cielo" sussurrò Harry, "non può essere." Lasciò che i suoi occhi si spalancano. "Come... come ti chiami?"

"Draco Malfoy" disse Draco Malfoy, leggermente perplesso.

"Allora sei proprio tu! Draco Malfoy! Non... non ho mai pensato che sarei stato così onorato!"
Harry avrebbe voluto farsi venire le lacrime dagli occhi. A questo punto, gli altri di solito si mettevano a piangere.

"Oh" disse Draco, con un tono un po' confuso. Poi tese le labbra in un sorriso compiaciuto. "E' bello incontrare qualcuno che conosce il suo posto."

Una delle assistenti, quella a cui era sembrato di riconoscere Harry, soffocò una risata.

"Sono lieto di incontrarti, Draco Malfoy. Sono impossibilmente felice. E frequentare Hogwarts proprio nel tuo stesso anno! Mi manda il cuore in deliquio."

Oops. Questa ultima parte poteva suonare un po' strana, come se stesse flirtando con Draco o qualcosa del genere.

"E io sono lieto di apprendere che sarò trattato con il rispetto dovuto alla famiglia Malfoy," l'altro bambino rispose, accompagnato da un sorriso come quello che il più alto dei re potrebbe elargire sull'ultimo dei suoi sudditi, se tale suddito era onesto, anche se povero.

Eh... Accidenti, Harry aveva difficoltà con la battuta successiva. Però, tutti volevano stringere la mano di Harry Potter, così...
"Quando sarò stato vestito, potresti degnarti di stringermi la mano? Sarebbe l'evento più emozionante di oggi! Anzi, di questo mese! Anzi, della mia vita intera!"

Il bambino dai capelli biondo-bianchi lo fulminò con un'occhiata. "E tu che cosa hai fatto per i Malfoy per aver diritto a tale favore?"

Oh sì, sono ansioso di provare questa routine con la prossima persona che vuole stringermi la mano. Harry chinò il capo. "No, no, ho capito. Mi dispiace per la domanda. Sarei onorato di pulirti gli stivali, piuttosto."

"Infatti" sbottò l'altro bambino. Il suo volto severo si era alleggerito un po'. "Dimmi, in quale Casa pensi di essere destinato? Io sono diretto alla Casa di Serpeverde, ovviamente, come mio padre Lucius prima di me. E per te, direi Casa di Tassofrasso, o forse Elfo Domestico."

Harry sorrise timidamente. "La professoressa McGonagall mi ritiene la persona più Corvonero che abbia mai visto o di cui abbia mai sentito parlare, tanto che Corinna stessa mi direbbe di uscire di più, qualunque cosa significhi, e che io finirò certamente nella Casa di Corvonero, se il cappello non griderà troppo forte perché il resto di noi possa capire le parole, chiuse virgolette."

"Wow," disse Draco Malfoy, in tono leggermente impressionato. Il ragazzino emise un sospiro malinconico. "La tua adulazione è stata grandiosa. Staresti bene anche alla Casa di Serpeverde. Di solito è solo mio padre a ottenere questo tipo di servilismo. Spero che i Serpeverde inizino a essere servili con me, ora che sono a Hogwarts... credo che questo sia un buon segno, allora."

Harry tossì. "A dire il vero, mi dispiace, non ho idea di chi tu sia veramente."

"Oh, andiamo!" disse il ragazzino con una feroce delusione. "Perché hai fatto così, allora?" Draco spalancò gli occhi con sospetto improvviso. "E come fai a non riconoscere i Malfoy? E cosa sono quei vestiti che indossi? I tuoi genitori sono babbani?"

"Due dei miei genitori sono morti," disse Harry. Il suo cuore ebbe una fitta. Quando la metteva in quel modo... "I miei altri due genitori sono babbani, e sono quelli che mi hanno cresciuto."

"Cosa?" disse Draco. "Tu chi sei?"

"Harry Potter, piacere di conoscerti."

"Harry Potter?" Draco rimase a bocca aperta. "Quell'Harry -" e il ragazzo tacque bruscamente.

Ci fu un breve silenzio.

Poi, con entusiasmo brillante, "Harry Potter? Quell'Harry Potter? Accidenti, ho sempre desiderato conoscerti!"

L'assistente che lavorava su Draco emise un suono come se stesse soffocando, ma continuò il suo lavoro, sollevando le braccia di Draco per rimuovere con attenzione la veste a scacchi.

"Chiudi il becco," suggerì Harry.

"Posso avere il tuo autografo? No, aspetta, prima voglio una foto con te!"

"Chiudi il becco, chiudi il becco, chiudi il becco!"

"Sono così felice di conoscerti!"

"Prendi fuoco e muori."

"Ma tu sei Harry Potter, il glorioso salvatore del mondo dei maghi! L'eroe di tutti, Harry Potter! Ho sempre voluto essere come te da grande così potrò -!"

Draco si interruppe a metà frase, il suo viso congelato in un orrore assoluto.

Alto, capelli bianchi, freddamente elegante in abiti neri di altissima qualità. Una mano teneva un bastone dal manico d'argento che assumeva il carattere di un arma mortale solo per essere in quella mano. I suoi occhi osservavano la stanza con l'indifferenza di un boia, un uomo per cui uccidere non era doloroso, né deliziosamente proibito, ma solo un' attività di routine come respirare.

Questo era l'uomo che, proprio in quel momento, era entrato attraverso la porta aperta.

"Draco," disse l'uomo, con tono basso e molto arrabbiato, "che cosa stai dicendo?"

In una frazione di secondo di panico, Harry formulò un piano di salvataggio.

"Lucius Malfoy!" ansimò Harry Potter. "Quel Lucius Malfoy?"

Una delle assistenti della Malkin dovette girarsi dall'altra parte e guardare il muro.

Occhi freddamente assassini lo fissavano. "Harry Potter."

"Sono molto, molto onorato di incontrarla!"

Gli occhi scuri si spalancarono, con un'espressione di sorpresa scioccata a sostituire la minaccia mortale.

"Suo figlio mi ha detto tutto di lei," disse Harry, quasi senza sapere cosa stesse uscendo dalla sua bocca, ma limitandosi a parlare il più velocemente possibile. "Ma io sapevo tutto di lei anche prima! Tutti sanno tutto di lei, il grande Lucius Malfoy! Il più onorato esponente di tutta la Casa di Serpeverde! Ho pensato di entrare nella Casa di Serpeverde solo perché ho sentito che lei da bambino era lì..."

"Che cosa sta dicendo, signor Potter?" una voce femminile urlò dall'esterno del negozio, e un secondo dopo la professoressa McGonagall irruppe dentro.

C'era un tale orrore sul suo viso, che la bocca di Harry si aprì automaticamente e poi ammutolì.

"Professoressa McGonagall!" gridò Draco. "E' davvero lei? Ho sentito parlare di lei da mio padre, così ho pensato di entrare nella Casa di Grifondoro..."

"Cosa? "Urlarono in perfetto sincronismo Lucius Malfoy e la professoressa McGonagall, in piedi fianco a fianco. Girarono la testa a guardarsi l'un l'altra, poi si ritrassero come se stessero eseguendo una danza sincronizzata.

Lucius afferrò Draco e lo trascinò fuori dal negozio. E poi ci fu silenzio.

Nella mano sinistra della professoressa McGonagall c'era un piccolo bicchiere di vetro, inclinato su un lato per la fretta, che ora gocciolava del liquido nella piccola pozza di vino rosso che era apparsa sul pavimento.

La professoressa McGonagall avanzò nel negozio finché fu di fronte a Madama Malkin.

"Madama Malkin" disse la professoressa, con calma. "Che cos'è successo qui?"

Madama Malkin la guardò in silenzio per quattro secondi e poi scoppiò a ridere. Cadde contro il muro, faticando a respirare dalle risate. Questo scatenò due delle sue assistenti, una delle quali cadde a carponi sul pavimento, ridendo istericamente.

La professoressa McGonagall si voltò lentamente a guardare Harry, con un'espressione gelida. "L'ho lasciata da solo per sei minuti, signor Potter, sei minuti di orologio."

"Stavo solo scherzando" protestò Harry, mentre i suoni delle risate isteriche proseguvano nelle vicinanze.

"Draco Malfoy ha detto di fronte a suo padre che voleva finire in Grifondoro! Scherzare non è sufficiente per una cosa del genere!" La professoressa McGonagall si fermò per riprendere fiato. "Quale parte di 'si faccia prendere le misure' può essere fraintesa come 'la prego di lanciare un Incantesimo Confundus sull'intero universo'?"

"Era in un contesto situazionale in cui tali azioni avevano un senso interno -"

"No. Non me lo spieghi. Non voglio sapere cosa è successo qui dentro, mai. Qualunque potere oscuro abiti dentro di lei, è contagioso, e io non voglio finire come il povero Draco Malfoy, la povera Madama Malkin e le sue due povere assistenti."

Harry sospirò. Era chiaro che la professoressa McGonagall non era in vena di ascoltare spiegazioni ragionevoli. Guardò Madama Malkin, che stava ancora ansimando contro il muro, le due assistenti, che ora erano entrambe cadute in ginocchio, e infine, il proprio corpo ancora avvolto dai nastri misuratori.

"Non hanno ancora finito di prendermi le misure" disse Harry gentilmente. "Perché non torna a bere un altro bicchiere?"

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Capitolo 6
*** L'errore di pianificazione ***


Bla bla disclaimer bla bla Rowling bla bla proprietà.

NOTA DELL'AUTORE

La sezione "In seguito" di questo capitolo è parte della storia, non omake.
Pensa che la sua giornata sia stata surreale? Provi la mia.
Certi bambini avrebbero aspettato fino a dopo la loro prima visita a Diagon Alley.

"Borsa dell'elemento 79" disse Harry, e ritirò dal mokeschino la mano vuota.

La maggior parte dei bambini avrebbe almeno aspettato di avere una bacchetta magica.

"Borsa dell'okane" disse Harry. La pesante borsa dell'oro gli balzò in mano.

Harry estrasse la borsa, poi la rimise nel mokeschino. Tirò fuori la mano, la rimise dentro e disse: "Borsa dei gettoni di scambio economico." Questa volta la sua mano uscì vuota.

"Ridammi la borsa che ho appena messo dentro." Ancora una volta, venne fuori la borsa dell'oro.

Harry James Potter-Evans-Verres aveva messo le mani sul suo primo oggetto magico. Perché aspettare?

"Professoressa McGonagall" disse Harry alla strega confusa che passeggiava accanto a lui, "mi può dire due parole, una per oro, e una per qualcos'altro che non è il denaro, in una lingua che non conosco? Ma non mi dica le traduzioni."

"Ahava e Zahav" disse la professoressa McGonagall. "E' ebraico, e l'altra parola vuol dire amore."

"Grazie, professoressa. Borsa dell'ahava." Niente.

"Borsa dello zahav." E la borsa gli balzò in mano.

"Zahav vuol dire oro?" domandò Harry, e la professoressa McGonagall annuì.

Harry si concentrò sui dati sperimentali che aveva raccolto. Era solo un esperimento rozzo e preliminare, ma era sufficiente per raggiungere almeno una conclusione:

"Aaaaaaarrrgh questo non ha alcun senso!"

La strega accanto a lui sollevò un sopracciglio. "Problemi, signor Potter?"

"Ho appena falsificato ogni singola ipotesi che avevo! Come può sapere che 'borsa dei 115 Galeoni' va bene, ma 'borsa dei 90 più 25 Galeoni' no? Sa contare ma non sa fare le addizioni? Capisce i sostantivi, ma non alcune frasi sostantivate che significano la stessa cosa? La persona che l'ha fabbricato probabilmente non parlava giapponese, e io non parlo ebraico, quindi non sta usando le sue conoscenze, e non sta usando le mie conoscenze." Harry mosse disperatamente la mano. "Le regole sembrano più o meno coerenti, ma non hanno significato! Non chiederò nemmeno come fa, un sacchetto, a essere dotato di riconoscimento vocale e comprensione del linguaggio naturale, quando i migliori programmatori di Intelligenza Artificiale non riescono a farlo con i più veloci supercomputer dopo trentacinque anni di duro lavoro," Harry rimase a bocca aperta per respirare, "ma cosa succede, dentro a un mokeschino?"

"Magia", disse la professoressa McGonagall.

"Quella è solo una parola! Anche dopo che me l'ha detto, non posso fare nuove previsioni! E' esattamente come dire 'flogisto' o 'slancio vitale' o 'nascita' o 'complessità'!"

La strega vestita di nero scoppiò a ridere. "Ma è magia, signor Potter."

Harry calò le spalle. "Con tutto il rispetto, professoressa McGonagall, non sono sicuro che lei capisca cosa sto cercando di fare."

"Con tutto il rispetto, signor Potter, sono abbastanza sicura di non capirlo affatto. A meno che - questa è solo una supposizione, badi bene - non stia cercando di conquistare il mondo?"

"No! Voglio dire, sì - beh, no!"

Forse dovrei essere allarmata dal fatto che ha problemi a rispondere alla domanda."

Harry pensò tristemente alla Conferenza di Dartmouth del 1956 sull'intelligenza artificiale. Era stata la prima conferenza sul tema, quella che aveva originato il termine "intelligenza artificiale". Chi ci aveva preso parte aveva individuato problemi chiave come rendere i computer capaci di capire il linguaggio umano, imparare, e migliorarsi da soli. Era stato suggerito, in perfetta serietà, che per fare progressi significativi su tali argomenti sarebbero serviti dieci scienziati che lavorano insieme per due mesi.

No. Testa alta. Hai appena iniziato a lavorare sul problema di districare tutti i segreti della magia. In realtà non sai se sarà troppo difficile da fare in due mesi.

"E davvero non ha sentito parlare di altri maghi che fanno queste domande o questo tipo di sperimentazione scientifica?" Harry chiese di nuovo. A lui sembrava così ovvio.

Pensandoci bene, erano serviti più di duecento anni dopo l'invenzione del metodo scientifico, prima che gli scienziati babbani pensassero di indagare sistematicamente quali frasi, un essere umano di quattro anni, riusciva o non riusciva a capire. In linea di principio, la psicologia dello sviluppo del linguaggio sarebbe potuta iniziare nel diciottesimo secolo, ma nessuno aveva mai pensato di fare ricerche in quel campo fino al ventesimo. Quindi non si poteva incolpare il mondo dei maghi, molto più piccolo, per non aver indagato sull'Incantesimo di Recupero.

La professoressa McGonagall strinse le labbra, poi si strinse nelle spalle. "Non sono ancora sicura di cosa intenda per 'sperimentazione scientifica', signor Potter. Come ho detto, ho visto studenti nati da babbani che cercano di far funzionare oggetti babbani all'interno di Hogwarts, e ogni anno vengono inventati nuovi Incantesimi e Pozioni.

Harry scosse la testa. "La tecnologia non è affatto la stessa cosa della scienza. E cercare modi diversi di fare qualcosa non è lo stesso che sperimentare per capire le regole." Un sacco di persone avevano cercato di inventare macchine volanti provando altrettante cose-con-le-ali, ma solo i fratelli Wright avevano costruito una galleria del vento per misurare la portanza... "Uhm, quanti bambini nati da babbani arrivano a Hogwarts ogni anno?"

"Forse una decina?"

Harry fece un passo troppo lungo e quasi inciampò sui suoi stessi piedi. "Una decina?"

Il mondo babbano aveva una popolazione di oltre sei miliardi. Se tu fossi uno su un milione, ci sarebbero sette persone come te a Londra e altre mille in Cina. Era inevitabile che la popolazione dei babbani producesse undicenni capaci di praticare il calcolo infinitesimale - Harry sapeva che non era l'unico. Aveva incontrato altri bambini prodigio nelle gare di matematica. In effetti aveva subìto sonanti sconfitte da concorrenti che probabilmente passavano letteralmente tutto il giorno a esercitarsi su problemi di matematica, che non avevano mai letto un libro di fantascienza, che si sarebbero completamente bruciati prima della pubertà e non sarebbero mai ammontati a nulla nella loro vita futura, perché si limitavano a praticare tecniche note, invece di imparare a pensare in modo creativo.
(Harry non sapeva perdere.)

Ma... nel mondo dei maghi...

Dieci bambini nati da babbani all'anno, che terminavano tutti la loro istruzione babbana all'età di undici anni? E la professoressa McGonagall sarebbe potuta essere di parte, ma sosteneva che Hogwarts fosse la scuola per maghi più grande e più eminente del mondo... e dava istruzione solo fino all'età di diciassette anni.

La professoressa McGonagall  senza dubbio conosceva ogni dettaglio di come ci si trasforma in un gatto. Ma sembrava aver letteralmente mai sentito parlare del metodo scientifico. Per lei era solo magia dei babbani. E non sembrava nemmeno curiosa di sapere quali segreti potessero celarsi dietro la comprensione del linguaggio naturale implicata dall'Incantesimo di Recupero.

Ciò lasciava due possibilità, davvero.

Possibilità numero uno: la magia era così incredibilmente opaca, contorta e impenetrabile, che anche se maghi e streghe avessero fatto del loro meglio per capire, avrebbero fatto pochi o nessun progresso e alla fine si sarebbero arresi, e Harry non avrebbe fatto di meglio.

Oppure...

Harry si scrocchiò le dita con determinazione, ma fecero solo uno scatto a basso volume, anziché riecheggiare sinistramente dalle mura di Diagon Alley.

Possibilità numero due: avrebbe conquistato il mondo.

Alla fine. Forse non subito.

Questo genere di cose a volte richiedeva ben più di due mesi. I babbani non erano andati sulla Luna una settimana dopo le ricerche di Galileo.

Ma Harry non riusciva ancora a togliersi il sorriso enorme che gli tendeva le guance così tanto che stavano cominciando a fargli male.

Harry aveva sempre avuto paura di finire come uno di quei bambini prodigio che non ammontano a niente e trascorono il resto della loro vita a vantarsi di come erano avanti all'età di dieci anni. Però, nemmeno la maggior parte dei geni adulti ammonta a qualcosa. Ci sono state probabilmente un migliaio di persone intelligenti come Einstein per ogni vero Einstein nella storia, perché questi altri geni non avevano messo le mani sull'unica cosa assolutamente necessaria per raggiungere la grandezza. Non avevano mai trovato un problema importante.

Siete miei adesso, pensò Harry, rivolto alle mura di Diagon Alley, a tutti i negozi, agli oggetti, a tutti i negozianti, ai clienti, a tutte le terre e tutte le persone della Gran Bretagna magica, a tutto il resto del mondo dei maghi, e all'intero universo di cui gli scienziati babbani capivano molto meno di quello che credevano. Io, Harry James Potter-Evans-Verres, ora rivendico questo territorio nel nome della Scienza.

I lampi e i tuoni non scoccarono affatto, nel cielo privo di nuvole.

"Per cosa sta sorridendo?" chiese la professoressa McGonagall, con fare circospetto e stanco.

"Mi chiedo se ci sia un incantesimo per far scoccare un lampo in lontananza ogni volta che faccio una promessa minacciosa", spiegò Harry. Stava memorizzando accuratamente le esatte parole della sua promessa minacciosa, affinché i futuri libri di storia la riportassero per bene.

"Ho la netta sensazione che dovrei fare qualcosa per questo" sospirò la professoressa McGonagall.

"Ignoralo, ti passerà. Ooh, bello!" Harry mise temporaneamente da parte i suoi pensieri di conquista del mondo e si precipitò in un negozio con la porta aperta, e la professoressa McGonagall lo seguì.
Harry aveva ormai acquistato i suoi ingredienti per le pozioni e il calderone, e, oh, un paio di altre cose. Oggetti che sembrava ragionevole portare nella Borsa Conservante di Harry (alias Super Mokeschino QX31 con Incantesimo di Estensione Non Rilevabile, Incantesimo di Recupero e Bordo Allargante). Acquisti intelligenti, ragionevoli.

Harry non riusciva proprio a capire perché la professoressa McGonagall apparisse così sospettosa.

In quel momento, Harry era in un negozio di merce costosa abbastanza da essere esposta nella tortuosa via principale di Diagon Alley. Il negozio aveva una parte frontale aperta, con la mercanzia disposta su scaffali inclinati di legno, custodita solo da una leggera luce grigia e da una commessa dall'aspetto giovanile, in una versione molto accorciata di un abito da strega, che lasciava scoperte le sue ginocchia e i suoi gomiti.

Harry stava esaminando l'equivalente magico di un kit di pronto soccorso, il Pacchetto di Guarigione d'Emergenza Plus. C'erano due lacci emostatici che si serravano da soli. Una Pozione di Stabilizzazione, che rallentava la perdita di sangue per prevenire lo shock. Una siringa di quello che sembrava fuoco liquido, che rallentava drasticamente la circolazione nella una zona trattata pur mantenendo il sangue ossigenato per un massimo di tre minuti, se serviva evitare che un veleno si diffondesse nel corpo. Un panno bianco che si poteva avvolgere su una parte del corpo per renderla temporaneamente insensibile al dolore. Più altri elementi che Harry non riusciva a capire affatto, come il "Trattamento dell'Esposizione a un Dissennatore", che aveva l'aspetto e il profumo del normale cioccolato. Oppure l'"Anti-Briglia-Confusa", che sembrava un piccolo uovo tremolante e aveva un cartellino che illustrava come infilarlo in una narice a qualcuno.

"Per cinque Galeoni, era un acquisto obbligato, non crede?" Harry disse alla professoressa McGonagall, e la giovane commessa lì vicino annuì con entusiasmo.

Harry si aspettava che la professoressa facesse un commento che approvava la sua prudenza e preparazione. Quello che riceveva, invece, poteva essere solo descritto come uno sguardo diabolico.

"Esattamente per cosa" disse la professoressa McGonagall con pesante scetticismo, "si aspetta che le serva un kit da guaritore, giovanotto?" (Dopo lo sfortunato incidente al negozio di Pozioni, la professoressa McGonagall evitava di dire "Signor Potter" con qualcun altro nelle vicinanze.)

La bocca di Harry si aprì e si richiuse. "Non mi aspetto che mi serva! E' solo per essere preparato!"

"Preparato per cosa?"

Gli occhi di Harry si spalancarono. "Pensa che io stia progettando di fare qualcosa di pericoloso, e per questo voglio un kit medico?"

La risposta fu uno sguardo di cupo sospetto e incredulità ironica.

"Grande Giove!" disse Harry. (Questa era un'espressione che aveva imparato dallo scienziato pazzo Doc Brown in Ritorno al Futuro.) "Pensava la stessa cosa anche quando ho comprato la Pozione Rallenta-Caduta, L'Algabranchia, e la bottiglia di Pillole Cibo-e-Acqua?"

"Sì."

Harry scosse la testa per lo stupore. "Per l'esattezza, che piano pensa che io abbia in mente?"

"Non lo so", disse mestamente la professoressa McGonagall , "ma può finire solo con lei che porta una tonnellata d'argento a Gringott, o lei che finisce per dominare il mondo."

"'Dominare il mondo' è una frase così brutta. Preferisco dire 'ottimizzare il mondo'."

Questa battuta esilarante non riuscì a rassicurare la strega che gli lanciava lo Sguardo Diabolico.

"Wow" disse Harry, quando si rese conto che era seria. "Lo pensa davvero. Pensa davvero che io abbia in mente di fare qualcosa di pericoloso."

"Sì."

"Come se fosse l'unico motivo per cui qualcuno vorrebbe mai comprare un kit di pronto soccorso? Non la prenda male, professoressa McGonagall, ma con che razza di bambini pazzi ha a che fare?"

"Grifondoro!" esclamò la professoressa McGonagall. La parola portava un carico di amarezza e disperazione che cadeva come un'eterna maledizione su tutto l'entusiasmo e l'allegria giovanile.

"Vicepreside professoressa Minerva McGonagall" disse Harry, mettendosi le mani sui fianchi con severità. "Io non verrò assegnato a Grifondoro..."

A questo punto la vicepreside esclamò qualcosa su come, se ci fosse finito, lei avrebbe escogitato qualcosa per uccidere un cappello. Harry non commentò quella strana osservazione, anche se la commessa sembrò avere un improvviso attacco di tosse.

"...io verrò assegnato a Corvonero. E se è davvero convinta che io abbia in mente di fare qualcosa di pericoloso, allora, onestamente, non mi capisce affatto. Non mi piace il pericolo, è spaventoso. Io sono prudente. Io sono cauto. Io mi sto preparando per un'emergenza imprevista. Come i miei genitori mi cantavano: Sii preparato! Ecco la canzone della marcia dei Boy Scout! Sii preparato! Nella marcia della vita, non essere nervoso , non essere agitato, non esser spaventato - sii preparato!"

(In effetti, I genitori di Harry gli avevano sempre e solo cantato quei particolari versi di quella canzone di Tom Lehrer, e Harry era beatamente inconsapevole del resto.)

La postura della professoressa McGonagall si era leggermente ammorbidita - anche se per lo più quando Harry aveva detto che sarebbe finito in Corvonero. "Per che tipo di emergenza immagina di doversi preparare, giovanotto?"

"Una mia compagna di classe viene morsa da un orrendo mostro, e mentre frugo freneticamente nel mio mokeschino cercando qualcosa che possa aiutarla, lei mi guarda con tristezza, e col suo ultimo respiro dice: 'Perché non eri preparato?'  E poi muore, e mentre i suoi occhi si chiudono capisco che non mi perdonerà mai."

Harry sentì che la commessa era rimasta senza fiato, e alzò gli occhi al vederla che lo fissava con le labbra serrate. Poi la giovane si girò di scatto e fuggì nei recessi più profondi del negozio.

Ma che...?

La professoressa McGonagall si chinò, prese Harry per mano, delicatamente ma con fermezza, e lo tirò fuori dalla strada principale di Diagon Alley, portandolo in un vicolo tra due negozi che era lastricato con mattoni sporchi e finiva in un solido muro nero.

La strega puntò la bacchetta verso la strada principale e disse "Quietus." Intorno a loro scese uno schermo di silenzio, che bloccava tutti i rumori della strada.

Cos'ho fatto di male...

La professoressa McGonagall  si voltò verso Harry. Non aveva la faccia da Adulto Che Sgrida, ma la sua espressione era neutra, controllata. "Si deve ricordare, signor Potter" disse, "che in questo Paese c'è stata una guerra, meno di dieci anni fa. Tutti hanno perso qualcuno, e parlare di amici che muoiono tra le braccia di qualcuno... non è una cosa da fare con leggerezza."

"Io - Io non volevo -" La conclusione cadde come un meteorite nell'immaginazione particolarmente vivida di Harry. Aveva parlato di una persona che esalava il suo ultimo respiro, poi la commessa era scappata. La guerra era finita dieci anni prima, quindi la ragazza avrebbe avuto un massimo di otto o nove anni quando... quando...
"Mi dispiace, non volevo... " Harry disse strozzato. Si girò per allontanarsi dallo sguardo dell'anziana strega, ma era bloccato da un muro e non aveva ancora la bacchetta magica. "Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace!"

Ci fu un sospiro pesante dietro di lui. "Lo so, signor Potter."

Harry trivò il coraggio di sbirciare dietro di sé. La professoressa McGonagall sembrava solo triste, ora. "Mi dispiace" disse Harry di nuovo, sentendosi miserabile. "Le è mai capitato qualcosa del g..." poi tacque e si batté una mano sulla bocca.

Il volto dell'anziana strega si rattristò. "Deve imparare a pensare prima di parlare, signor Potter, oppure continuerà a vivere senza molti amici. E' stato il destino di molti Corvonero, e spero che non sarà il suo."

Harry voleva solo scappare. Voleva tirare fuori una bacchetta e cancellare tutto dalla memoria della professoressa McGonagall, essere di nuovo con lei fuori dal negozio, fare in modo che non fosse successo...

"Ma per rispondere alla sua domanda, signor Potter, no, niente di tutto questo mi è mai successo. Certo che ho visto un amico esalare l'ultimo respiro, una volta o sette. Ma nessuno mi ha mai maledetto in punto di morte, e non ho mai pensato che non mi avrebbero perdonato. Perché dice una cosa del genere, signor Potter? Perche lo pensa?"

"Io..." Harry deglutì. "E' solo che cerco sempre di immaginare la cosa peggiore che potrebbe accadere." Forse aveva anche scherzato un po', ma avrebbe preferito mordersi la lingua anziché ammetterlo.

"Cosa?" disse la professoressa McGonagall. "Ma perché?"

"Così posso impedire che accada!"

"Signor Potter..." la voce della strega si spense. Poi sospirò, e si inginocchiò accanto a lui. "Signor Potter," disse, ora gentilmente, "prendersi cura degli studenti di Hogwarts non è la sua responsabilità. E' la mia. Non lascerò che accada nulla di male a lei o chiunque altro. Hogwarts è il posto più sicuro per bambini maghi in tutto il mondo, e Madama Pomfrey ha un intero ufficio da guaritrice. Non le servirà affatto un kit da guaritore, sicuramente non uno da cinque Galeoni."

"E invece sì!" Harry esclamò. "Nessun luogo è perfettamente sicuro E se i miei genitori avessero un attacco di cuore o avessero in un incidente quando vado a casa per Natale? Madama Pomfrey non ci sarà, ho bisogno di un mio kit da guaritore personale!"

"In nome di Merlino..." disse la professoressa McGonagall. Si alzò, e guardò Harry con un'espressione divisa tra fastidio e preoccupazione. "Non c'è bisogno di pensare a cose così terribili, signor Potter!"

L'espressione di Harry si contorse fino all'amarezza, sentendo quella frase. "Sì che c'è! Se non si pensa, non ci si limita a farsi male da soli, si finisce per danneggiare altre persone!"

La professoressa McGonagall aprì la bocca, poi la richiuse. Si strofinò il ponte del naso, guardando pensierosa. "Signor Potter... se dovessi offrirmi di ascoltarla per un po'... c'è qualcosa di cui vorrebbe parlarmi?"

"Riguardo a cosa?"

"Riguardo al perché è convinto di dover sempre stare in guardia contro le cose terribili che le accadono."

Harry la fissò perplesso. Era un assioma evidente. "Beh..." disse Harry lentamente. Cercava di organizzare i suoi pensieri. Come poteva spiegarsi a una professoressa-strega, quando lei non conosceva nemmeno le basi?
"I ricercatori babbani hanno scoperto che la gente è sempre molto ottimista, rispetto alla realtà. Come quando dicono che per qualcosa serviranno due giorni ma ce ne vogliono dieci, o dicono che ci vorranno due mesi ma ci vorranno più di trentacinque anni. Per esempio, in un esperimento, hanno chiesto agli studenti i tempi di cui erano sicuri al 50%, al 75%, e al 99% di aver finito i compiti, e solo il 13%, il 19% e il 45% degli studenti ha finito entro quei tempi. E il motivo era, hanno scoperto, che quando chiedevano a un gruppo di fornire una stima ipotizzando che tutto andasse nel miglior modo possibile, e un a altro gruppo di fornire una stima ipotizzando che tutto andasse come al solito, le risposte fornite erano statisticamente indistinguibili.
Vede, se si chiede a qualcuno ciò che si aspetta nel caso normale, costui visualizzerà ciò che appare come la linea di massima probabilità per ogni passo del procedimento - in cui tutto va secondo i piani, senza sorprese.
Ma in realtà, siccome oltre metà degli studenti non ha terminato nel momento in cui erano sicuri al 99% di aver terminato, la realtà di solito fornisce risultati leggermente peggiori rispetto al 'peggior scenario possibile'. Si chiama errore di pianificazione, e il modo migliore per risolvere il problema è quello di chiedere quanto tempo ci hanno messo l'ultima volta che ci hanno provato.
Questo si chiama usare la visuale esterna invece della visuale interna, ma quando si sta facendo qualcosa di nuovo e non lo si può fare, bisogna solo essere molto, molto, davvero pessimisti. Talmente pessimisti da far risultare la realtà migliore di quanto si aspettava, tanto spesso e nella stessa misura in cui si rivela peggiore. In realtà è molto difficile essere così pessimisti da sottostimare la realtà.
Per esempio, mi sforzo per essere triste e immagino che una mia compagna di classe venga morsa da un mostro, ma quello che succede in realtà è che i Mangiamorte superstiti attaccano tutta la scuola per arrivare a me. Ma per fortuna..."

"Basta così" disse la professoressa McGonagall.

Harry tacque. Stava per sottolineare che almeno sapevano che il Signore Oscuro non avrebbe attaccato, siccome era morto.

"Penso di non essere stata chiara," disse la strega, con la sua voce precisa che pareva ancora più cauta. "E' successo qualcosa a lei personalmente che l'ha spaventata, signor Potter?"

"Quello che è successo a me personalmente è solo una testimonianza aneddotica," spiegò Harry. "E non ha lo stesso peso di un articolo di un giornale scientifico, esaminato da scienziati e replicabile, su uno studio controllato con assegnazione casuale, molti individui sottoposti allo studio, grandi dimensioni dell'effetto e forte rilevanza statistica."

La professoressa McGonagall si pizzicò il ponte del naso, inspirò, ed espirò. "Vorrei comunque sentirne parlare" disse.

"Uhm..." disse Harry. Fece un respiro profondo.
"C'erano state alcune rapine nel nostro quartiere, e mia madre mi aveva chiesto di farmi restituire una padella che lei aveva prestato a una vicina di casa a due strade di distanza. Io ho detto che non volevo, perché avrei potuto subire una rapina, e lei ha detto: 'Harry, non dire cose del genere!' Come se pensarci l'avrebbe fatto accadere, quindi, se non ne avessi parlato, sarei stato al sicuro. Ho cercato di spiegare perché non ero rassicurato, e lei mi ha fatto comunque riportare la padella. Ero troppo piccolo per sapere quanto sia statisticamente improbabile essere il bersaglio di un rapinatore, ma grande abbastanza per sapere che non basta non pensare a qualcosa per impedire che accada, quindi ero davvero spaventato."

"Nient'altro?" disse la professoressa McGonagall dopo una pausa, quando fu chiaro che Harry aveva finito. "Non c'è nient'altro che le è successo?"

"So che non sembra un grosso problema" si difese Harry. "Ma era uno di quei momenti di vita critici, vede? Voglio dire, sapevo che non pensando a qualcosa non impedisco che accada, lo sapevo, ma potevo vedere che la mamma ci credeva veramente."
Harry si fermò, alle prese con la rabbia che stava iniziando a sentire di nuovo, quando ci pensava. "Si rifiutava di ascoltare. Ho cercato di dirglielo, l'ho supplicata di non mandarmi fuori, e lei si è messa a ridere. Tutto quello che dicevo, lo considerava una specie di barzelletta..." Harry si costrinse di nuovo a frenare la rabbia.
"In quel momento mi resi conto che tutti quelli che dovevano proteggermi in realtà erano pazzi, e che non mi avrebbero ascoltato, non importa quanto li pregassi, e che non avrei mai potuto contare su di loro per ottenere niente di buono."
A volte le buone intenzioni non bastavano, a volte si doveva essere sano di mente...

Ci fu un lungo silenzio.

Harry prese il tempo di respirare profondamente e di calmarsi. Non c'era motivo di arrabbiarsi. Proprio nessun motivo. Tutti i genitori erano così, nessun adulto si sarebbe abbassato al livello di un bambino per ascoltarlo, i suoi genitori genetici non sarebbero stati diversi. La sanità mentale era una piccola scintilla nella notte, un'eccezione infinitamente rara alla regola della follia, quindi non c'era motivo di arrabbiarsi.

Harry non si piaceva quando era arrabbiato.

"Grazie per avermelo detto, signor Potter" disse la professoressa McGonagall, dopo un po'. Aveva uno sguardo distaccato sul suo volto (quasi esattamente lo stesso sguardo che era apparso sul volto di Harry, mentre sperimentava sul mokeschino, se solo si fosse visto in uno specchio per rendersene conto). "Dovrò pensarci su." Si voltò verso l'imboccatura del vicolo, e alzò la bacchetta -

"Uhm," disse Harry, "ora possiamo andare a prendere il kit da guaritore?"

La strega si fermò e fissò lo sguardo verso di lui. "E se dicessi di no - che è troppo costoso e non ne avrà bisogno? Poi cosa succederebbe?"

Il volto di Harry si contorse nell'amarezza. "Esattamente quello che sta pensando, professoressa McGonagall. Esattamente quello che sta pensando. Concluderò che lei è un altro adulto pazzo a cui non posso parlare, e inizierò a pensare a come appropriarmi in ogni caso di un kit da guaritore."

"Lei è sotto la mia responsabilità, in questo momento," disse la professoressa McGonagall. "Non mi farò mettere sotto i piedi da lei."

 "Capisco," disse Harry. Manteneva il risentimento lontano dalla sua voce, e non diceva alcuna delle altre cose che gli venivano in mente. La professoressa McGonagall gli aveva detto di pensare prima di parlare. Probabilmente l'indomani non se ne sarebbe ricordato, ma se ne poteva almeno ricordare per cinque minuti.

La bacchetta magica della strega tracciò un piccolo cerchio, e i rumori di Diagon Alley tornarono. "Va bene, giovanotto," disse. "Andiamo a prendere il kit da guaritore."

La mandibola di Harry cadde per la sorpresa. Poi Harry si affrettò dietro alla strega, quasi inciampando nella sua corsa improvvisa.
Il negozio era esattamente come l'avevano lasciato, gli oggetti riconoscibili e irriconoscibili ancora disposti sullo scaffale inclinato di legno, la luce grigia ancora a loro protezione e la commessa tornata nella sua vecchia posizione. La commessa alzò lo sguardo mentre si avvicinavano, mostrandosi sorpresa.

"Chiedo scusa" disse mentre si avvicinava, e Harry parlò quasi nello stesso momento "Mi scuso per..."

Si interruppero e si guardarono, poi la commessa fece una risata imbarazzata. "Non avevo intenzione di metterti nei guai con la professoressa McGonagall," disse. La sua voce si abbassò in tono cospiratorio. "Spero che non sia stata troppo terribile con te."

"Della!" disse la professoressa McGonagall , in tono scandalizzato.

"Borsa dell'oro," disse Harry al suo sacchetto, poi tornò a guardare la commessa mentre contava cinque Galeoni. "Non ti preoccupare, ho capito che è terribile solo perché mi vuole bene."

Contò cinque Galeoni per la commessa, mentre la professoressa McGonagall  farfugliava qualcosa di poco importante. "Un Pacchetto di Guarigione d'Emergenza Plus, per favore."

In effetti era alquanto inquietante vedere come il Bordo Allargante ingoiava il kit medico delle dimensioni di una valigetta. Harry non poté evitare di chiedersi cosa sarebbe successo se avesse provato lui stesso a infilarsi nel mokeschino, dal momento che solo la persona che ci metteva qualcosa doveva essere in grado di riprenderlo.

Quando il sacchetto ebbe finito di... mangiare... il suo acquisto conquistato a fatica, Harry giurò di aver sentito un rutto subito dopo. Doveva essere un effetto aggiunto di proposito. L'ipotesi alternativa era troppo orribile da contemplare... in effetti Harry non riusciva nemmeno a pensare a eventuali ipotesi alternative. Harry tornò a guardare la professoressa, quando ripresero a camminare lungo Diagon Alley. "Adesso dove andiamo?"

La professoressa McGonagall  indicò un negozio che sembrava fatto di carne anziché di mattoni, e coperto di pelliccia anziché di vernice. "A Hogwarts è permesso tenere piccoli animali - potrebbe prendere un gufo per inviare lettere, per esempio -"

"Posso pagare uno Zellino o qualcosa del genere e affittare un gufo quando ho bisogno di spedire la posta?"

"Sì," disse la professoressa McGonagall .

"Allora direi assolutamente no."

La professoressa McGonagall annuì, come se stesse barrando un punto di una lista. "Posso chiedere perché no?"

"Una volta ho avuto una pietra come animale da compagnia. E' morta."

"Non crede di potersi prendere cura di un animale domestico?"

"Potrei" disse Harry, "ma  finirei per ossessionarmi tutto il giorno, chiedendomi se mi sono ricordato di dargli da mangiare o se sta lentamente morendo di fame nella sua gabbia, chiedendosi dov'è il suo padrone e perché non c'è del cibo. "

"Quel povero gufo", disse sottovoce la strega. "Abbandonato così. Mi chiedo che cosa farebbe."

"Be', mi aspetto che diventerebbe molto affamato e inizierebbe a usare gli artigli per uscire dalla gabbia, la scatola o qualsiasi altra cosa, anche se probabilmente non avrebbe molta fortuna -" Harry si fermò di colpo.

La strega continuò, sempre sottovoce. "E che cosa gli succederebbe in seguito?"

"Mi scusi" disse Harry, e prese per mano la professoressa McGonagall, delicatamente ma con fermezza, e la portò in un altro vicolo, dopo aver evitato così tanti sostenitori di Harry Potter, il Distruttore-Di-Signori-Oscuri, che il processo era quasi diventato routine. "Per favore, lanci quella magia del silenzio."

"Quietus."

La voce di Harry tremava. "Quel gufo non rappresenta me, i miei genitori non mi hanno mai chiuso in un armadietto per lasciarmi senza cibo, non ho paura di essere abbandonato e non mi piace dove vuole andare a parare, professoressa McGonagall!"

La strega lo guardò col viso serio. "E dove vorrei andare a parare, signor Potter?"

"Lei pensa che qualcuno abbia..." Harry aveva problemi a dirlo. "Abbia abusato di me?"

"E' successo?"

"No!" gridò Harry. "No, mai! Pensa che sia stupido? Conosco il concetto di abuso di minori, so riconoscere un tocco inappropriato e così via, e se succedesse qualcosa di simile chiamerei la polizia! E lo riferirei al dirigente scolastico! E cercherei i servizi sociali nell'elenco telefonico! E lo direi al nonno e alla nonna e alla signora Figg! Ma i miei genitori non hanno mai fatto niente di simile, mai mai mai! Come osa suggerire una cosa del genere!"

La strega lo fissò. "E' mio dovere, come vicepreside, indagare sui possibili segni di abuso nei bambini di cui sono responsabile."

La rabbia di Harry spiraleggiava fuori controllo e diventava pura furia nera. "Non si azzardi mai a riferire parole del genere, queste insinuazioni, a nessun altro! Nessuno, mi sente, McGonagall? Un'accusa del genere può rovinare persone e distruggere le famiglie, anche quando i genitori sono completamente innocenti! L'ho letto sui giornali!" La voce di Harry diventava un grido acuto. "Il sistema non sa quando fermarsi, non crede ai genitori ai figli quando dicono che non è successo niente! Non si azzardi a minacciare così la mia famiglia, io non la lascerò distruggere la mia casa!"

"Harry" disse la strega a bassa voce, allungando una mano verso di lui -

Harry fece un passo indietro veloce. La sua mano scattò in alto e colpì quella della strega.

La McGonagall si bloccò, poi tirò indietro la mano e fece un passo indietro. "Harry, è tutto a posto", disse. "Ti credo."

"Davvero?" sibilò Harry. La furia ancora gli faceva ancora ribollire il sangue. "O sta solo aspettando di allontanarsi da me in modo da poter depositare i documenti?"

"Harry, ho visto la tua casa. Ti ho visto con i tuoi genitori. Ti vogliono bene. Tu vuoi bene a loro. Ti credo quando dici che i tuoi genitori non abusano di te. Ma ho dovuto chiedere, perché qui c'è qualcosa di strano all'opera."

Harry la fissò con freddezza. "Per esempio?"

"Harry, ho visto molti bambini maltrattati durante gli anni che ho passato a Hogwarts, ti si spezzerebbe il cuore a sapere quanti. Quando sei felice, non ti comporti come uno di quei bambini, per niente. Sorridi agli sconosciuti, abbracci la gente, ti ho messo la mano sulla spalla e non ti sei tirato indietro. Ma a volte, solo a volte, dici o fai cose che ricordano molto... qualcuno che ha trascorso i suoi primi undici anni chiuso a chiave in una cantina. Non con la famiglia amorevole che ho visto." La professoressa McGonagall inclinò la testa, con l'espressione che diventava di nuovo perplessa.

Harry elaborò quell'affermazione. La rabbia nera cominciava a scivolare via, nel momento in cui si rese conto di venire ascoltato con rispetto, e che la sua famiglia non era in pericolo.

"E come spiega le sue osservazioni, professoressa McGonagall?"

"Non lo so", disse. "Ma è possibile che le sia sia successo qualcosa che non ricorda."

Harry si infuriò di nuovo. L'ultima affermazione gli ricordava troppo ciò che aveva letto sui giornali, negli articoli sulle famiglie distrutte. "I ricordi soppressi sono un mucchio di pseudoscienza! Le persone non reprimono i ricordi traumatici, li ricordano fin troppo bene per il resto della loro vita!"

"No, signor Potter. C'è un incantesimo chiamato Incanto Oblivion."

Harry si bloccò sul posto. "Un incantesimo che cancella i ricordi?"

L'anziana strega annuì. "Ma non tutti gli effetti dell'esperienza, se capisce quello che sto dicendo, signor Potter."

Un brivido percorse la schiena di Harry. Quell'ipotesi... non poteva essere facilmente confutata. "Ma i miei genitori non avrebbero potuto farlo!"

"In effetti no" disse la professoressa McGonagall. "Ci sarebbe voluto qualcuno del mondo dei maghi. Non c'è... non c'è modo di essere certi, temo."

L'abilità razionalista di Harry iniziò di nuovo ad avviarsi. "Professoressa McGonagall, quanto è sicura delle sue osservazioni, e quali spiegazioni alternative potrebbero esserci?"

La strega aprì le mani, come per mostrare che erano vuote. "Sicura? Non sono affatto sicura, signor Potter. In tutta la mia vita non ho mai incontrato nessuno come lei. A volte non sembra affatto avere undici anni, o nemmeno essere completamente umano."

Harry inarcò le sopracciglia verso il cielo -

"Mi dispiace!" disse in fretta la professoressa McGonagall. "Mi dispiace molto, signor Potter. Stavo cercando di fare un'osservazione e ho paura di aver detto una cosa diversa da quello che avevo in mente."

"Al contrario, professoressa McGonagall" disse Harry, con un leggero sorriso. "Lo considero un complimento molto grande. Ma le dispiacerebbe se offrissi una spiegazione alternativa?"

"La prego."

"La maggior parte dei bambini non è più intelligente dei loro genitori" disse Harry. "Né più sana di mente, forse - mio padre probabilmente sarebbe risultato più intelligente di me, se si fosse veramente impegnato, intendo, invece di limitarsi a usare la sua intelligenza da adulto per inventarsi nuove scuse per non cambiare idea."
Harry si interruppe. "Sono troppo intelligente, professoressa. Non ho nulla da dire ai bambini normali. Gli adulti non mi rispettano abbastanza per parlare davvero con me. E francamente, anche se lo facessero, non sarebbero intelligenti come Richard Feynman, quindi faccio prima a leggere qualche libro di Richard Feynman, invece. Sono isolato, professoressa McGonagall. Sono isolato da tutta la vita. Forse questo ha avuto alcuni effetti dell'essere rinchiuso in una cantina. E sono troppo intelligente per ammirare i miei genitori come i bambini sono progettati per fare. I miei genitori mi vogliono bene, ma non si sentono obbligati a rispondere alla ragione, e qualche volta mi sento come se fossero loro, i bambini. Bambini che si rifiutano di ascoltare e hanno autorità assoluta su tutta la mia esistenza. Cerco di non essere troppo amareggiato, ma cerco anche di essere onesto con me stesso, così, sì, sono amareggiato. E ho anche un problema di gestione della rabbia, ma ci sto lavorando. Questo è tutto."

"Questo è tutto?"

Harry annuì con decisione. "Questo è tutto. Sicuramente, professoressa McGonagall, anche nella Gran Bretagna magica, è sempre opportuno prendere in considerazione la spiegazione normale?"
Si era fatto tardi, il sole si abbassava nel cielo estivo e le strade cominciavano a svuotarsi di gente. Alcuni negozi erano già chiusi; Harry e la professoressa McGonagall avevano comprato i libri di testo da Flourish & Blotts appena prima della chiusura. Con solo un lieve scatto di gioia quando Harry si era affrettato a esaminare la parola chiave "Aritmanzia" scoprendo che i libri di testo del settimo anno non includevano alcun concetto matematicamente più avanzato della trigonometria.

In quel momento, però, Harry non sognava frutti di ricerche facilmente raggiungibili.

In quel momento, i due stavano uscendo dal negozio di Ollivander, e Harry stava fissando la sua bacchetta. L'aveva agitata, e questa aveva prodotto scintille multicolori, che in realtà non sarebbe dovuto essere uno shock, dopo tutto il resto che aveva visto, ma in qualche modo -

Posso fare le magie.

Io, io personalmente. Io sono magico. Io sono un mago.

Aveva sentito la magia concentrarsi e uscirgli dal braccio, e in quel momento si era reso conto che aveva sempre avuto quel senso, che lo possedeva da tutta la vita, il senso che non era la vista, l'udito, l'olfatto, il gusto o il tatto, ma solo la magia. Come avere gli occhi, ma averli tenuti sempre chiusi, in modo da nemmeno rendersi conto di vedere l'oscurità, e poi un giorno, aprirli e vedere il mondo. Quello shock si era riversato in di lui, toccando parti di lui, risvegliandole, e poi spegnendosi in pochi secondi, lasciando solo la certezza che ora era un mago, e lo sempre era stato, e in qualche strano modo, l'aveva anche sempre saputo.

E poi...

"E' veramente curioso che tu fossi stato destinato a questa bacchetta, quando è stata sua sorella, sì, sua sorella, a darti quella cicatrice."

Non poteva essere una coincidenza. C'erano migliaia di bacchette in quel negozio. Beh, okay, in realtà poteva essere una coincidenza, c'erano sei miliardi di persone in tutto il mondo e ogni giorno accadevano coincidenze di minima probabilità. Ma secondo il teorema di Bayes, qualsiasi ragionevole ipotesi che rendeva più probabile finire con la sorella della bacchetta del Signore Oscuro si sarebbe rivelata un vantaggio.

La professoressa McGonagall aveva semplicemente detto molto curioso e nient'altro, e ciò aveva scioccato Harry, per la pura e semplice, travolgente mancanza di curiosità di maghi e streghe. In nessun mondo immaginabile, Harry avrebbe appena fatto "Hm", uscendo dal negozio senza nemmeno cercare un'ipotesi su ciò che stava succedendo.

La sua mano sinistra si alzò e toccò la cicatrice.

Esattamente... cosa...

"Ora è un mago completo" disse la professoressa McGonagall. "Congratulazioni."

Harry annuì.

"E cosa ne pensa del mondo dei maghi?" disse lei.

"È strano" disse Harry. "Dovrei pensare a tutto quello che ho visto della magia... tutto quello che ora so essere possibile, tutto quello che ora so essere una menzogna, e tutto il lavoro che c'è davanti a me per capirlo. Eppure mi trovo distratto da relative banalità come..." Harry abbassò la voce, "la faccenda del Bambino-Sopravvissuto a Chi-Ben-Sappiamo." Non sembrava esserci qualcuno nelle vicinanze, ma non era il caso di tentare il destino.

"Ahem! Davvero? Ma non mi dica." disse la professoressa McGonagall.

Harry annuì. "Sì. E' così... strano. Scoprire che sono stato parte di questa grande storia, la missione per sconfiggere il grande e terribile Signore Oscuro, ed è già stato fatto. Finito. Completamente finito. Come essere Frodo Baggins e scoprire che i tuoi genitori ti hanno portato al Monte Fato e ti hanno fatto gettare l'Anello quando avevi un anno di età e non te lo ricordi nemmeno."

Il sorriso della professoressa McGonagall si era irrigidito.

"Lo sa, se io fossi qualcun altro, qualsiasi altra persona, probabilmente sarei preoccupato di mantenere quella reputazione. Perbacco, Harry, che cosa hai fatto dopo aver sconfitto il Signore Oscuro? La tua biblioteca personale? Grandioso! Ehi, lo sai che ho dato il tuo nome a mio figlio? Ma spero che questo non sarà un problema." Harry sospirò. "Eppure... è quasi abbastanza per farmi desiderare che ci fossero parti incomplete della missione, solo per poter dire che ci ho davvero partecipato in qualche modo."

"Oh?" disse la professoressa McGonagall con un tono strano. "Che cosa aveva in mente?"

"Beh, per esempio, lei ha detto che i miei genitori sono stati traditi. Chi li ha traditi?"

"Sirius Black", disse la strega, quasi sibilando il nome. "E' ad Azkaban. Prigione dei maghi."

"Quanto è probabile è che Sirius Black evada dalla prigione e che io debba rintracciarlo e sconfiggerlo in una sorta di duello spettacolare? O meglio ancora, mettergli una taglia sulla testa e nascondermi in Australia mentre aspetto i risultati?"

La professoressa McGonagall sbatté le palpebre. Due volte. "Improbabile. Nessuno è mai fuggito da Azkaban, e dubito che lui sarà il primo."

Harry era alquanto scettico di quella frase, "nessuno è mai fuggito da Azkaban". Eppure, magari con la magia si potrebbe effettivamente ottenere una prigione quasi perfetta al 100%, soprattutto se i guardiani hanno una bacchetta e i prigionieri no. Il modo migliore per uscirne sarebbe quello di non andarci.

"Va bene, allora" disse Harry. "Sembra che sia finito tutto." Sospirò, si fregò la testa col palmo della mano. "O forse il Signore Oscuro non è veramente morto quella notte. Non del tutto. Il suo spirito aleggia, sussurrando alle persone in incubi che si riversano nel mondo reale, alla ricerca di un modo per tornare nel mondo dei vivi che ha giurato di distruggere, e ora, in conformità con l'antica profezia, io e lui siamo bloccati in un duello mortale in cui il vincitore perderà e il perdente vincerà -"

La professoressa McGonagall girò la testa e fece guizzare gli occhi, come per trovare ascoltatori appostati per la strada.

"Sto scherzando, professoressa" disse Harry con un po' di fastidio. Accidenti, perché prende sempre tutto così seriamente?

Alla bocca dello stomaco di Harry cominciò a crescere la sensazione di affondare.

La professoressa lo guardò con un'espressione calma. Un'espressione molto, molto calma. Poi fece un sorriso. "Certo che sta scherzando, signor Potter."

Oh merda.

Se Harry avesse formalizzato la deduzione senza parole appena comparsa nella sua mente, sarebbe uscito qualcosa come, 'Se stimassi la probabilità che la professoressa McGonagall abbia fatto ciò che ho appena visto come tentativo di controllarsi, contro la distribuzione di probabilità di tutte le cose che farebbe naturalmente se facessi una battuta, allora questo comportamento è un'evidenza significativa che ha qualcosa da nascondere.'

Ma ciò che Harry aveva pensato realmente era: Oh merda.

Harry girò la testa per ispezionare la strada. No, nessuno nelle vicinanze. Sospirò: "Non è morto, giusto?"

"Signor Potter -"

"Il Signore Oscuro è vivo. Certo che è vivo. E' stato un atto di ottimismo assoluto essermi anche sognato che non lo fosse. Devo aver abbandonato la ragione, non riesco a immaginare a cosa stessi pensando. Solo perché qualcuno ha detto che il suo corpo è stato ritrovato incenerito, non c'è motivo di pensare che sia morto. Ovviamente ho ancora molto da imparare sulla corretta arte del pessimismo."

"Signor Potter!"

"Almeno mi dica che non c'è veramente una profezia..."
La professoressa McGonagall stava ancora facendo quel sorriso fisso. "Oh, dev'essere per forza uno scherzo."

"Signor Potter, non dovrebbe inventarsi motivi di preoccupazione."

"Ha davvero intenzione di dirmi così? Immagini la mia reazione più tardi, quando scoprirò che c'era veramente qualcosa di cui preoccuparsi."

Il suo sorriso fisso vacillò.

Harry curvò le spalle. "Ho un intero mondo di magia da analizzare. Non ho tempo per questo."

Poi entrambi tacquero, quando un uomo dalle fluenti vesti arancioni apparve sulla strada e passò lentamente; gli occhi della professoressa McGonagall lo seguirono, discretamente. La bocca di Harry si muoveva mentre si mordeva con forza il labbro inferiore, e qualcuno che guardasse da vicino avrebbe notato apparire una piccola goccia di sangue.

Quando l'uomo vestito di arancione si era ormai allontanato, Harry parlò di nuovo, in un mormorio. "Ora ha intenzione di dirmi la verità, professoressa McGonagall? E non perda tempo a dire che non è importante, non sono stupido."

"Ha undici anni, signor Potter!" disse lei in un aspro sussurro.

"E quindi sono subumano. Mi scusi... per un attimo, me l'ero dimenticato."

"Si tratta di questioni importanti e terribili! Sono segreti, signor Potter! E' una catastrofe che lei, ancora un bambino, sappia anche solo questo! Non lo deve dire dire a nessuno, capito? Assolutamente nessuno!"

Come a volte succedeva quando Harry si arrabbiava a sufficienza, il suo sangue diventava gelido anziché ribollirgli, e sulla sua mente scese una terribile chiarezza oscura, che progettava le possibili tattiche e valutava le conseguenze con ferreo realismo.

Fai notare che hai il diritto di sapere. Errore. I bambini di undici anni non hanno diritto di sapere nulla, agli occhi della McGonagall.

Di' che non sarete più amici. Errore. Lei non apprezza sufficientemente la tua amicizia.

Fai notare che sarai in pericolo se non lo sai. Errore. Sono già stati fatti dei piani che presumono che tu ne resti all'oscuro. L'inconveniente sicuro del ripensarli da zero sarà molto più sgradevole della semplice prospettiva incerta di qualcosa di brutto che potrebbe accaderti.

La giustizia e la ragione falliranno entrambe. E' necessario trovare qualcosa che tu hai e lei vuole, o trovare qualcosa che tu puoi fare e lei teme.

Ah.

"Allora, professoressa" disse Harry in un tono basso e gelido, "sembra che io abbia qualcosa che lei desidera. Può, se vuole, dirmi la verità, tutta la verità, e in cambio io manterrò i suoi segreti. Oppure può provare a tenermi ignorante in modo da usarmi come una pedina, nel qual caso non le devo niente."

La McGonagall si fermò di botto. I suoi occhi ardevano e la sua voce scese fino a un vero e proprio sibilo. "Come si permette!"

"No, come si permette lei!" sussurrò lui.

"Mi sta ricattando?"

La bocca di Harry si contorse. "Le sto offrendo un favore. Le sto dando la possibilità di proteggere il suo prezioso segreto. Se rifiuta avrò tutti i possibili motivi di indagare altrove, non per farle dispetto, ma perché devo sapere! Superi la sua inutile rabbia verso un bambino che pensa che dovrebbe obbedirle, e si renderà conto che ogni adulto sano di mente avrebbe fatto lo stesso! Guardi dal mio punto di vista! Come si sentirebbe se fosse LEI?"

Harry guardava la McGonagall, osservava il suo respiro aspro. Gli venne in mente che era il momento di allentare la pressione, lasciarla cuocere a fuoco lento per un po'. "Non c'è bisogno di decidere subito" disse Harry con un tono più normale. "La capisco, se vuole prendere tempo per pensare alla mia offerta... ma la avverto di una cosa" disse Harry, la sua voce ora più fredda. "Non provi su di me quell'Incanto Oblivion. Tempo fa ho inventato un segnale, e me lo sono già inviato. Se scopro quel segnale e non mi ricordo di averlo inviato..." Harry lasciò che la sua voce si affievolisse in modo significativo.

La McGonagall stava pensando, e la sua espressione cambiava. "Io... non pensavo di Obliviarla, signor Potter... ma perché si è inventato un tale segnale, se non conosceva -"

"Ci ho pensato mentre leggevo un libro di fantascienza babbano, e mi sono detto, beh, nel caso in cui... E no, non le dirò il segnale, non sono stupido."

"Non avevo intenzione di chiedere" disse la McGonagall . Sembrava ripiegarsi su se stessa, e d'un tratto sembrava molto vecchia e molto stanca. "E 'stata una giornata faticosa, signor Potter. Possiamo andare a prendere il suo baule e mandarla casa? Confido che non parlerà di questo argomento finché non avrò avuto il tempo di pensare. Tenga a mente che ci sono solo due altre persone in tutto il mondo che sanno di questo argomento, e sono il preside Albus Silente e il professor Severus Snape. "

Allora. Nuove informazioni; quella era una offerta di pace. Harry annuì e girò la testa per guardare in avanti, e iniziò a camminare, mentre il suo sangue ricominciava lentamente a scaldarsi.

"Così ora devo trovare un modo per uccidere un Mago Oscuro immortale" disse Harry, e sospirò per la frustrazione. "Vorrei davvero che me l'avesse detto prima di iniziare lo shopping."
Il negozio dei bauli era arredato più riccamente di ogni altro negozio che Harry avesse visitato: le tende erano piene di delicati ricami, il pavimento e le pareti di legno tinto e lucidato, e i bauli occupato posti d'onore su piattaforme di avorio lucidato. Il venditore era vestito con abiti raffinati, solo un pelo inferiori di quelli di Lucius Malfoy, e parlava con squisita cortesia sia con Harry sia con la professoressa McGonagall.

Harry aveva fatto le sue domande e si era soffermato vicino a un baule di legno dall'aspetto pesante, non lucidato ma solido, scolpito con il modello di un drago da guardia i cui occhi si spostavano a guardare chiunque si avvicinasse. Un baule che, grazie a un incantesimo, era leggero, si rimpiccioliva a comando, faceva uscire piccoli tentacoli artigliati dal fondo e seguiva il suo proprietario. Un baule con due cassetti su ognuno dei quattro lati, ognuno dei quali scivolava fuori per rivelare compartimenti profondi come tutto il baule. Un coperchio con quattro lucchetti, ognuno dei quali rivelava uno spazio diverso all'interno. E - questa era la parte più importante - una maniglia sul fondo che scivolava fuori da una botola contenente una scala che conduceva in una piccola stanza illuminata che avrebbe contenuto, Harry stimava, circa dodici scaffali di libri.

Se esistevano bagagli come quello, Harry non sapeva perché a qualcuno passasse per la mente l'idea di avere una casa.

Centootto Galeoni d'oro. Questo era il prezzo di un buon baule, leggermente usato. A un tasso di cinquanta sterline per Galeone, era abbastanza per comprare un auto di seconda mano. Più della somma di tutti gli acquisti che Harry aveva mai fatto in tutta la sua vita.

Novantasette Galeoni. Questo era ciò che restava nella borsa dell'oro che Harry era stato autorizzato a portare fuori da Gringott.

La professoressa McGonagall aveva un'espressione di disappunto sul viso. Dopo una lunga giornata di shopping non aveva avuto bisogno di chiedere a Harry quanto oro restasse nella borsa, dopo che il venditore aveva mostrato il prezzo. Ciò significava che riusciva a fare calcoli aritmetici a mente senza carta e penna. Ancora una volta, Harry si ricordò che scientificamente analfabeta non era affatto la stessa cosa che stupido.

"Mi dispiace, giovanotto" disse la professoressa McGonagall. "E' tutta colpa mia. Vorrei offrirmi di riportarla alla Gringott, ma ora la banca resterà chiusa per tutti, tranne per i servizi di emergenza."

Harry la guardò, chiedendosi...

"Beh" sospirò la professoressa McGonagall, girandosi su un tacco", potremmo anche andare, suppongo."

...non era andata del tutto in bestia quando un bambino aveva osato sfidarla. Ciò non l'aveva resa felice, ma era riuscita a pensare, invece di esplodere di rabbia. Magari era solo solo l'esistenza di un Signore Oscuro immortale da combattere, o che aveva bisogno della buona volontà di Harry. Ma la maggior parte degli adulti non sarebbe stato in grado di pensare affatto, nemmeno a quel livello, non avrebbe considerato affatto le conseguenze future, se qualcuno di stato inferiore si fosse rifiutato di obbedire...

"Professoressa?" disse Harry.

La strega si voltò e lo guardò.

Harry fece un respiro profondo. Doveva essere leggermente arrabbiato per quello che voleva provare ora, in nessun modo avrebbe avuto il coraggio di fare altrimenti. Lei non mi ha ascoltato, pensò, io avrei preso più oro, ma lei non mi ha voluto ascoltare... Focalizzando tutto il suo mondo sulla McGonagall e la necessità di piegare alla sua volontà questa conversazione, parlò.

"Professoressa, lei pensava che cento Galeoni sarebbero stati più che sufficienti per un baule. Per questo non si è preoccupata di avvertirmi prima che ne restassero solo novantasette. E' esattamente ciò che mostrano gli studi di ricerca. Ecco cosa succede quando le persone credono di lasciarsi un piccolo margine di errore. Non sono abbastanza pessimisti. Fosse stato per me, avrei preso duecento Galeoni solo per essere sicuri. C'era un sacco di soldi in quella camera blindata, e avrei potuto riportare in seguito ciò che restava, ma ho pensato che non me l'avrebbe permesso. Ho pensato che si sarebbe arrabbiata se anche solo gliel'avessi chiesto. Ho sbagliato?"

"Suppongo di dover confessare che lei abbia ragione" disse la professoressa McGonagall. "Ma, giovanotto -"

"E' per questo che ho problemi a fidarmi degli adulti."
In qualche modo Harry mantenne la voce ferma.
"Perché si arrabbiano se anche si prova a ragionare con loro. Per loro è provocazione, insolenza e una sfida per il loro stato tribale superiore. Se si tenta di parlare con loro si arrabbiano. Quindi, se avessi qualcosa di veramente importante da fare, non potrei fidarmi di lei. Anche se ascoltasse ciò che ho detto con sincera preoccupazione. Perché quello fa parte del ruolo di qualcuno che interpreta un adulto preoccupato - non modificherebbe mai le sue azioni, non si comporterebbe mai in modo diverso, solo per quello che ho detto."

Il venditore li guardava entrambi con fascino imperturbabile.

"Posso capire il suo punto di vista", disse infine la professoressa McGonagall. "Se a volte sembro troppo severa, si ricordi che sono stata il Capo della Casa di Grifondoro per quello sembrano diverse migliaia di anni."

Harry annuì e continuò. "Quindi - immaginiamo che abbia un modo per prendere altri Galeoni dalla mia camera blindata senza tornare a Gringott, ma per cui sono costretto a violare il ruolo di bambino ubbidiente. Potrei fidarmi di lei per questo, anche se per trarne vantaggio dovesse interrompere il suo ruolo di professoressa McGonagall?"

"Cosa?" disse la professoressa McGonagall.

"Per dirla in un altro modo: se riuscissi a cambiare gli eventi di oggi, in modo da prendere abbastanza soldi, lei approverebbe, anche se ciò comportasse l'insolenza di un bambino verso un adulto?"

"Immagino..." disse la strega, ma era molto perplessa.

Harry tirò fuori il mokeschino e disse: "Undici Galeoni che erano nella mia camera blindata."

E nella mano di Harry arrivarono undici monete d'oro.

Per un attimo la professoressa McGonagall spalancò la bocca, quindi la richiuse, e con gli occhi fissi disse:  "Dove li ha presi?"

"Dalla mia camera blindata, come ho detto."

"Come?"

"Magia."

"Non è una risposta!" sbottò la professoressa McGonagall, e poi si fermò sbattendo le palpebre.

"No, non lo è, vero? Sarei in dovere di affermare che ho scoperto sperimentalmente i veri segreti di funzionamento del sacchetto, e che in realtà permette di recuperare gli oggetti da qualsiasi luogo, e non solo dal proprio interno, se la richiesta è espressa correttamente. Ma in realtà è perché, quando sono caduto in quel mucchio d'oro, mi sono intascato alcuni Galeoni. Chiunque comprenda il pessimismo sa che il denaro è qualcosa di cui si potrebbe aver bisogno rapidamente e senza preavviso. Così ora è arrabbiata con me per aver sfidato la sua autorità? O contenta che siamo riusciti nella nostra importante missione? "

Gli occhi del negoziante si fecero larghi come piatti. E la strega rimase lì, in silenzio.

"A Hogwarts va applicata la disciplina", disse dopo quasi un minuto. "Per il bene di tutti gli studenti. E questo deve includere cortesia e obbedienza a tutti i professori."

"Ho capito, professoressa McGonagall."

"Bene. Ora compriamo quel baule e torniamo a casa."

Harry sentiva che doveva vomitare, o esultare, o svenire, o qualcosa del genere. Quella fu la prima volta che il suo ragionamento avesse mai funzionato con qualcuno. Forse perché era anche la prima volta che aveva qualcosa di veramente serio di cui un adulto aveva bisogno, ma comunque -

Minerva McGonagall, +1 punto.

Harry si inchinò, dando la borsa dell'oro e gli undici Galeoni extra nelle mani della McGonagall. "Grazie mille, professoressa. Può finire l'acquisto per me? Devo andare in bagno."

Il venditore indicò una porta a muro con una maniglia dorata. Mentre Harry iniziò ad allontanarsi, sentì il venditore chiedere: "Posso chiederle chi fosse, signora McGonagall? Immagino che fosse un Serpeverde - terzo anno, forse - e di una famiglia importante, ma non l' ho ricon...."

Sbattendo, la porta della toilette interruppe le sue parole. Dopo aver individuato la serratura e averla premuta in posizione, Harry afferrò il telo magico autopulente, e, con le mani tremanti, si asciugò l'umidità dalla fronte. L'intero corpo di Harry era madido di sudore che gli aveva inzuppato gli abiti babbani, ma almeno non si vedeva attraverso la toga.

Quando si trovarono di nuovo nel cortile del Calderone Che Perde, l'interfaccia tra Diagon Alley e il mondo dei babbani, il sole stava già tramontando.

Era un'economia terribilmente scollegata...

Harry doveva andare in una cabina telefonica e chiamare suo padre, una volta che fosse dall'altra parte. Non doveva preoccuparsi del furto dei suoi bagagli, a quanto pare. Il suo baule era un importante oggetto magico, qualcosa che la maggior parte dei babbani non avrebbe notato. Era una parte di ciò che si poteva avere nel mondo dei maghi, se si era disposti a pagare il prezzo di una vettura di seconda mano.

"Quindi ci separeremo, per un certo periodo," disse la professoressa McGonagall. Scosse la testa con stupore. "Questo è stato il giorno più strano della mia vita... da molti anni. Da quando venni a sapere che un bambino aveva sconfitto Chi-Ben-Sappiamo. Mi chiedo ora, guardando indietro, se quello fosse l'ultimo giorno ragionevole del mondo."

Oh, come se lei avesse qualcosa di cui lamentarsi. Pensa che la sua giornata sia stata surreale? Provi la mia.

"Oggi sono rimasto molto colpito da lei," le disse Harry. "Mi sarei dovuto ricordare di complimentarmi ad alta voce, le stavo assegnando dei punti nella mia testa e tutto il resto."

"Grazie, signor Potter," disse la professoressa McGonagall. "Se fosse già stato assegnato a una casa, le avrei detratto così tanti punti che i suoi nipoti si troverebbero ancora a perdere la Coppa delle Case."

"Grazie a lei, professoressa." Probabilmente era troppo presto per chiamarla Minni.

Questa donna sarebbe potuta essere l'adulto più sano di mente che Harry avesse mai incontrato, nonostante la sua mancanza di preparazione scientifica. Harry stava anche pensando di offrirle la posizione numero due nel gruppo che avrebbe fondato per combattere il Signore Oscuro, anche se non era così sciocco da dirlo ad alta voce. Quale sarebbe un buon nome per quel gruppo? I Mangia-Mangiamorte?

"Ci vedremo presto, quando inizierà la scuola", disse la professoressa McGonagall. "E, signor Potter, per la sua bacchetta magica..."

"So cosa sta per chiedere" disse Harry. Tirò fuori la preziosa bacchetta, e, con una profonda fitta di sofferenza interiore, la capovolse in mano, presentandole il manico. "La prenda. Non avevo in mente di fare nulla, assolutamente nulla, ma non voglio che le vengano incubi in cui faccio saltare in aria casa mia.

La professoressa McGonagall lo guardò fisso. "Dice sul serio."

"Sì," disse Harry. "Ho capito. La magia è pericolosa e le regole esistono per buone ragioni. Anche altri aspetti sono anche pericolosi. Capisco anche quello. Ricordi che non sono stupido."

"E' improbabile che lo dimenticherò. Grazie, Harry, ora mi sento meglio ad affidarle certe cose. A presto, allora."

Harry si voltò per andarsene, verso il Calderone Che Perde e fuori verso il mondo dei babbani.

Mentre la sua mano toccava la maniglia della porta posteriore, udì un sussurro dietro di sé.

"Hermione Granger."

"Cosa?" disse Harry, con la mano ancora sulla porta.

"Sul treno per Hogwarts, cerchi una studentessa del primo anno di nome Hermione Granger."

"Chi è?"

Non ci fu risposta, e quando Harry si voltò, la professoressa McGonagall era sparita.
In seguito:

Il Preside Albus Silente si sporse in avanti sulla sua scrivania. I suoi occhi scintillanti guardavano Minerva. "Allora, mia cara, come hai trovato Harry?"

Minerva aprì la bocca. Poi la chiuse. Poi la aprì di nuovo. Non ne uscì una sola parola.

"Capisco," Albus disse serio. "Grazie per il tuo rapporto, Minerva. Puoi andare."

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Capitolo 7
*** Reciprocità ***


NOTE DELL'AUTORE

Wow. Un portavoce dell'agente letterario di J. K. Rowling ha detto che l'esistenza di fanfiction non la disturba, a patto che nessuno le metta in vendita e sia chiaro per tutti che i diritti d'autore originali appartengono a lei. Mi fa davvero piacere. Quindi grazie, JKR, venga il tuo regno!

Sento il dovere di chiarire che alcune parti di questo capitolo NON sono da intendersi come "attacchi a un personaggio". Non è che io abbia un rancore, ma la storia si scrive da sé, e una volta che si inizia a far cadere incudini su un personaggio è difficile fermarsi.

Alcuni recensori hanno chiesto se la scienza in questa storia sia reale o inventata. Sì, è reale, e se cercate "Less Wrong" e "Eliezer Yudkowsky" su Google, troverete link a un certo sito di saggistica che vi insegnerà più o meno tutto ciò che sa Harry James Potter-Evans-Verres, e altro ancora (NOTA DEL TRADUTTORE: il sito di saggistica in questione è lesswrong.com , gestito da Eliezer Yudkowsky).

Grazie mille a tutti i miei recensori. (Soprattutto Darkandus su Viridian Dreams, per il commento sorprendentemente ispiratore "I polmoni non sono fatti per interagire con il tè").
"Tuo padre è quasi in gamba come mio padre."
Le labbra di Petunia Evans-Verres tremavano, e gli occhi le piangevano, mentre Harry la abbracciava sulla piattaforma 9 della stazione  King's Cross. "Sei sicuro che non vuoi che venga con te, Harry?"

Harry lanciò un'occhiata a suo padre Michael Verres, che aveva un aspetto stereotipicamente severo-ma-fiero, e poi di nuovo a sua madre, che aveva un aspetto piuttosto... scomposto. "Mamma, lo so che non ti piace molto il mondo dei maghi. Non devi seguirmi. Dico sul serio."

Petunia fece una smorfia. "Harry, non devi preoccuparti per me, io sono tua madre e se hai bisogno di qualcuno con te -"

"Mamma, a Hogwarts starò per conto mio per mesi e mesi. Se non riesco a muovermi da solo su una piattaforma ferroviaria, è meglio scoprirlo il prima possibile, in modo da poter mandare a monte il viaggio." Abbassò la voce a un sussurro. "E poi, mamma, lì tutti mi vogliono bene. Se ho problemi, tutto quello che devo fare è togliemi la fascia antisudore," Harry indicò la fascia tergisudore che gli copriva la cicatrice, "e avrò molto più aiuto di quanto possa gestire."

"Oh, Harry" sussurrò Petunia. Si inginocchiò e lo abbracciò con forza, faccia a faccia, guancia a guancia. Harry poteva sentire il suo respiro irregolare, e poi sentì un singhiozzo soffocato. "Oh, Harry, ti voglio bene, ricordatelo sempre."

E' come se avesse paura di non vedermi più, fu il pensiero che venne a Harry. Sapeva che quel pensiero era vero, ma non sapeva perché sua madre avesse tanta paura.

Così tirò a indovinare. "Mamma, lo sai che non mi trasformerò in tua sorella solo perché sto imparando la magia, giusto? Farò tutte le magie che mi chiederai - se posso, voglio dire. O se non vuoi che io usi la magia a alla casa, farò anche questo, ti prometto che non ti lascerò che la magia si metta tra noi."

Un abbraccio stretto tagliò le sue parole. "Hai un buon cuore" gli sussurrò la madre all'orecchio. "Un cuore molto buono, figlio mio."

Fu in quel momento che Harry si sentì un po' abbattuto.

Sua madre si alzò. Prese un fazzoletto dalla borsetta, e con una mano tremante si asciugò il trucco che colava intorno agli occhi.

Suo padre non fece domande sull'accompagnarlo al lato magico della stazione di King's Cross. Lui quasi non riusciva nemmeno a guardare direttamente il baule di Harry. La magia correva nelle famiglie, e Michael Verres, da quel punto di vista, non riusciva nemmeno a camminare. Così, invece, si schiarì la gola. "Buona fortuna a scuola, Harry" disse. "Pensi che ti abbia comprato abbastanza libri?"

Harry gli aveva parlato della sua convinzione: questo poteva essere la sua grande occasione di fare qualcosa di veramente rivoluzionario e importante. Il professor Verres annuì e tralasciò la sua scaletta giornaliera per due giorni interi, per andare alla Più Grande Caccia di Libri di Seconda Mano di Tutti i Tempi, che aveva incluso quattro città e prodotto trenta scatole di libri di scienza, ora residenti nel cavernoso baule di Harry. La maggior parte dei libri era riusciti a comprarli per una sterlina o due, ma alcuni di loro sicuramente no, come il più recente Manuale di Chimica e Fisica o l'intero set dell'Enciclopedia Britannica del 1972. Suo padre cercava di impedire che Harry vedesse i prezzi sui registratori di cassa, ma lui aveva capito che doveva aver speso almeno un migliaio di sterline. Harry gli aveva detto che le avrebbe restituite non appena avesse capito come convertire l'oro dei maghi in denaro dei babbani, e suo padre gli aveva detto di farla finita.

E poi gli aveva chiesto: Pensi che ti abbia comprato abbastanza libri? Era chiaro quale risposta voleva sentire.

La voce di Harry era roca, per qualche motivo. "Non si può mai avere abbastanza libri", recitava il motto di famiglia Verres, e suo padre si inginocchiò per dargli un rapido abbraccio. "Ma ci hai certamente provato," disse Harry, e si sentì soffocare di nuovo. "E' stato un gran, gran, gran bel tentativo."

Il suo papà si alzò. "Allora..." disse. "Vedi una Piattaforma Nove e Tre Quarti?"

La stazione di King's Cross era enorme e affollata, con pareti e pavimenti lastricati con normali piastrelle macchiate di sporco. Era pieno di gente ordinaria che si affrettava alla propria attività ordinaria, teneva conversazioni ordinarie e generava un sacco di rumore ordinario. La stazione di King's Cross aveva una piattaforma 9 (su cui stavano) e una piattaforma 10 (a destra nelle vicinanze), ma non c'era niente tra le due piattaforme, tranne un normalissimo muro. Una grande lucernario sopra le loro teste faceva entrare molta luce per illuminare la totale mancanza di una qualsiasi Piattaforma Nove e Tre Quarti.

Harry si guardò intorno finché i suoi occhi lacrimavano, pensando, dai, visione magica, dai, visione magica, ma non gli appariva assolutamente nulla.

Beh, aveva - Harry guardò l'orologio - un'ora intera per capirlo, visto che doveva essere sul treno alle undici. Forse questo era l'equivalente di un test di intelligenza, e i bambini stupidi non potevano diventare maghi. (E la quantità di tempo in più che ti sei dato potrebbe determinare la tua Coscienziosità, che era il secondo fattore più importante nel successo accademico.)

"Riuscirò a capirlo" disse Harry ai suoi genitori in attesa. "Probabilmente, è una sorta di prova."

Suo padre si accigliò. "Hm... Prova a cercare una sequenza di impronte, che porta da qualche parte che non sembra avere senso -"

"Papà!" Disse Harry. "Smettila! Non ho nemmeno iniziato a pensarci!" Era un ottimo suggerimento, che era anche peggio.

"Mi dispiace," si scusò il padre.

"Ah..." disse la madre di Harry. "Non credo che farebbero uno scherzo a uno studente, vero? Sei sicuro che la professoressa McGonagall non ti abbia detto niente?"

"Forse era distratta," disse Harry senza pensare.

"Harry!" sibilarono il padre e la madre all'unisono. "Che cosa hai fatto?"

"Io, um -" Harry deglutì. "Sentite, adesso non abbiamo tempo per questo -"

"Harry!"

"Dico sul serio! Adesso non abbiamo tempo per questo! Perché è una storia molto lunga e devo ancora capire come arrivare a scuola!"

Sua madre si mise una mano sul viso. "Quanto è brutta, quella storia?"

"Io, ah," Non posso parlare per ragioni di sicurezza nazionale, "circa la metà dell'Incidente col Progetto di Scienze?"

"Harry!"

"Io, ehm, oh guardate! Ci sono alcune persone con un gufo, andrò chiedere a loro come arrivarci!" e Harry corse via dai suoi genitori verso la famiglia di teste rosso fuoco, mentre il suo baule lo seguiva automaticamente.

La donna grassa lo guardò mentre arrivava. "Ciao, caro. Prima volta a Hogwarts? Anche Ron è nuovo -" e poi lo guardò da vicino. "Harry Potter?"

Quattro ragazzi, una ragazza dai capelli rossi e un gufo si girarono di scatto e poi si bloccarono sul posto.

"Oh, per favore!" Protestò Harry. Aveva in programma di farsi chiamare Harry Verres almeno fino all'arrivo a Hogwarts. "Ho comprato una fascia antisudore e tutto il resto! Come fate a sapere chi sono?"

"Sì", disse il padre di Harry, arrivando alle sue spalle con lunghi passi, "come fate a sapere chi è?" La sua voce indicava un certo timore.

"C'era la tua foto sui giornali", disse uno dei due gemelli.

"HARRY!"

"Papà! Non è così! E' perché ho sconfitto il Signore Oscuro Chi-Ben-Sappiamo quando avevo un anno!"

"COSA?"

"La mamma può spiegare."

"COSA?"

"Ah... caro Michael, ci sono alcune cose che ho pensato che sarebbe stato meglio non dirti fino a ora -"

"Scusatemi," disse Harry alla famiglia dai capelli rossi, i cui componenti erano tutti intenti a guardarlo, "ma sarebbe molto molto utile se in questo preciso istante mi diceste come arrivare alla Piattaforma Nove e Tre Quarti."

"Ah..." disse la donna. Alzò una mano e indicò la parete tra le piattaforme. "Basta camminare dritto verso la barriera tra le piattaforme nove e dieci. Non non fermarti e non aver paura di sbatterci contro, questo è molto importante. Meglio prendere la rincorsa, se sei nervoso."

"E qualunque cosa tu faccia, non pensare a un elefante."

"George! Ignorarlo, Harry caro, non c'è motivo di non pensare a un elefante."

"Sono Fred, mamma, non George -"

"Grazie!" disse Harry, e iniziò a correre verso la barriera -

Aspetta un attimo, non avrebbe funzionato a meno che non ci credesse?

Era in momenti come questo, che Harry odiava la sua mente per lavorare abbastanza in fretta da rendersi conto che questo era un caso in cui si applicava il "dubbio risonante". Cioè, se avesse cominciato pensando che avrebbe attraversato la barriera, sarebbe andato tutto bene, solo che ora si stava chiedendo se credeva a sufficienza che sarebbe andato oltre la barriera. Il che significava che in realtà era preoccupato di schiantarsi -

"Harry! Torna qui, mi devi delle spiegazioni!" Questo era suo padre.

Harry chiuse gli occhi e ignorò tutto quello che sapeva sulla credibilità giustificata, e cercò solo di credere intensamente che avrebbe attraversato la barriera, e...

...i suoni intorno a lui cambiarono.

Harry aprì gli occhi e si fermò, sentendosi vagamente sporcato dall'essersi deliberatamente sforzato a credere in qualcosa.

Stava in una luminosa piattaforma all'aria aperta accanto a un treno enorme: quattordici lunghe carrozze facenti capo a una massiccia locomotiva a vapore di metallo dipinta di rosso, con un alto camino che prometteva morte alla qualità dell'aria. La piattaforma era già leggermente affollata (anche se Harry era più di un'ora in anticipo): decine di bambini e i loro genitori si affollavano intorno a panche, tavoli, venditori ambulanti e bancarelle varie.

Non c'era affatto bisogno di dire che nella stazione di King's Cross non c'era alcun posto come quello, né spazio per nasconderlo.

Okay, quindi (a) mi sono appena teletrasportato in un posto completamente diverso, oppure (b) loro riescono a piegare lo spazio come se niente fosse, oppure (c) stanno semplicemente ignorando tutte le regole.

Ci fu un suono strisciante dietro di lui, e Harry si voltò a osservare che il baule l'aveva effettivamente seguito sui suoi piccoli tentacoli artigliati. Apparentemente, grazie a qualche magia, anche il suo bagaglio era riuscito a credere abbastanza intensamente da passare attraverso la barriera. In realtà questo era un po' inquietante, quando Harry iniziò a pensarci.

Un attimo dopo, il bambino dai capelli rossi che sembrava più piccolo passò attraverso l'arco di ferro (arco di ferro?) di corsa, tirandosi dietro il suo baule con una corda ed evitando per poco di scontrarsi con Harry. Harry, sentendosi stupido per essere rimasto in giro, cominciò ad allontanarsi rapidamente dalla zona di arrivo, e il bambino dai capelli rossi lo seguì, tirando con forza la corda del suo baule per tenere il passo. Un attimo dopo, un gufo bianco svolazzò attraverso l'arco e si posò sulla spalla del bambino.

"Wow" disse il bambino dai capelli rossi, "sei davvero Harry Potter?"

Oh no, un'altra volta. "Non ho modo di saperlo per certo. I miei genitori mi hanno sempre fatto credere che il mio nome sia Harry James Potter-Evans-Verres, e molte persone qui mi hanno detto che assomiglio ai miei genitori, voglio dire i miei altri genitori, ma" Harry aggrottò la fronte, realizzando, "per quanto ne sappia io, potrebbero benissimo esserci incantesimi per metamorfizzare un bambino in una forma specifica -"

"Ehm, che cosa hai detto?"

Non diretto a Corvonero, direi. "Sì, io sono Harry Potter."

"Sono Ron Weasley", disse il bambino alto, magro, lentigginoso dal naso lungo, e allungò una mano, che Harry educatamente strinse mentre camminavano. Il gufo emise un grido stranamente misurato e cortese (in realtà era più un suono tipo "eehhhhh", che sorprese Harry).

A questo punto Harry si rese conto la possibilità di una catastrofe imminente. "Solo un attimo" disse a Ron, e aprì uno dei cassetti del suo baule, quello che, se ricordava correttamente, era per i vestiti invernali (lo era) e poi trovò la sciarpa più leggera che avesse, sotto il suo cappotto . Harry si tolse la fascia antisudore, e altrettanto rapidamente dispiegò la sciarpa e se la legò intorno al viso. Gli faceva un po' caldo, soprattutto visto che era estate, ma Harry poteva sopportarlo.

Poi chiuse il cassetto, ne aprì un altro e tirò fuori la sua toga da mago, che indossò, ora che era fuori dal territorio dei babbani.

"Ecco," disse Harry. Il suono uscì un po' smorzato attraverso la sciarpa sul viso. Si rivolse a Ron. "Come sto? Stupido, lo so, ma sono identificabile come Harry Potter?"

"Ehm" disse Ron. "Direi di no, Harry."

"Molto bene" disse Harry. "Tuttavia, per non rendere inutile tutto l'esercizio, d'ora in poi mi chiamerai," Verres potrebbe non funzionare più, "Signor Spoo".

"Va bene, Harry" disse Ron incerto.

La Forza non è particolarmente potente in questo tizio. "Chiamami... signor... Spoo."

"Va bene, signor Spoo -" Ron si fermò. "Non posso farlo, mi fa sentire stupido."

Non è solo una sensazione. "Va bene. Scegli tu un nome."

"Signor Cannon" disse Ron all'improvviso. "Come i Chudley Cannons."

"Ah..." Harry sapeva che avrebbe rimpianto di averlo chiesto. "Chi o che cosa sono i Chudley Cannons?"

"Chi sono i Chudley Cannons? Solo la squadra più brillante di tutta la storia del Quidditch! Certo, l'anno scorso sono finiti in fondo alla classifica, ma -"

"Cos'è il Quidditch?"

Anche chiedere quello fu uno sbaglio.

"Allora fammi capire bene," disse Harry, quando sembrava che la spiegazione di Ron (con associati gesti delle mani) stesse per finire. "Prendere il Boccino vale centocinquanta punti?"

"Sì."

"Quanti goal da dieci punti segna, di solito, una squadra, senza contare il Boccino?"

"Uhm, forse quindici o venti nei giochi dei professionisti -"

"Questo è completamente senza senso. Questo vìola ogni possibile regola di progettazione di un gioco. Senti, il resto di questo gioco potrebbe aver senso, più o meno, per uno sport voglio dire, ma tu stai dicendo sostanzialmente che catturare il Boccino sovrasta quasi ogni ordinaria dispersione di punti. I due Cercatori sono lì che volano intorno alla ricerca del Boccino e di solito non interagiscono con nessun altro. Avvistare per primo il Boccino sarà per lo più fortuna - "

"Non è fortuna!" protestò Ron. "Bisogna continuare a muovere gli occhi negli schemi giusti -"

"Quello non è interattivo, non c'è un avanti-e-indietro con gli altri giocatori. E quanto è divertente vedere qualcuno incredibilmente bravo a muovere gli occhi? E poi uno dei due Cercatori ha un colpo di fortuna, afferra il Boccino e rende inutile il lavoro di tutti gli altri. E' come se qualcuno avesse preso un gioco vero e proprio e avesse innestato quest'inutile posizione in più, in modo da poter essere il Giocatore Più Importante senza dover essere davvero coinvolto o imparare il resto. Chi era il primo Cercatore? Il figlio idiota del re che voleva giocare a Quidditch, ma non riusciva a capire le regole?"
In realtà, ora che Harry ci pensava, sembrava un'ipotesi sorprendentemente azzeccata. Mettetelo su una scopa volante e ditegli di prendere la cosa luccicante...

Il volto di Ron si tirò in un cipiglio. "Se non ti piace il Quidditch, non c'è bisogno di prenderlo in giro!"

"Se non si può criticare, non si può ottimizzare. Sto suggerendo come migliorare il gioco. Ed è molto semplice. Togliete il Boccino."

"Non cambieranno il gioco solo perché lo dici tu!"

"Io sono il Bambino-Sopravvissuto, lo sai. La gente mi ascolta. E forse se riesco a convincerli a cambiare il gioco a Hogwarts, l'innovazione si diffonderà."

Una smorfia di orrore assoluto si stava diffondendo sul volto di Ron. "Ma, ma se si toglie il Boccino, come si farà a sapere quando finisce la partita?"

"Comprate... un... orologio. Sarebbe molto più equo che avere un gioco che a volte finisce dopo dieci minuti e a volte non finisce per ore, e il programma sarebbe molto più prevedibile anche per gli spettatori." Harry sospirò. "Oh, smettila di fare quella smorfia di orrore assoluto, probabilmente non mi prenderò effettivamente il tempo di distruggere questa scusa patetica di sport nazionale e rifarlo più forte e più intelligente a mia immagine e somiglianza. Ho cose molto, molto, molto più importanti di cui preoccuparmi." Harry sembrava pensieroso. "Però, non ci vorrebbe molto tempo per scrivere le novantacinque tesi della Riforma Senza Boccino e inchiodarla alla porta di una chiesa -"

"Potter" strascicò un'altra voce, "che cos'è quella roba che hai in faccia, e che cos'è che sta in piedi accanto a te?"

La smorfia d'orrore di Ron fu sostituita dall'odio totale. "Tu!"

Harry girò la testa, ed era proprio Draco Malfoy, che potreva essere stato costretto a indossare abiti scolastici standard, ma in compenso aveva un baule che appariva magico come quello di Harry, e di gran lunga più elegante, decorato con argento e smeraldi, e con quello che Harry intuì essere lo stemma della famiglia Malfoy: un serpente con denti acuminati sopra a bacchette d'avorio incrociate.

"Draco!" disse Harry. "Ehm, o Malfoy se preferisci, anche se mi ricorda più Lucius. Sono contento di vedere che stai così bene, dopo, uhm, il nostro ultimo incontro. Questo è Ron Weasley. E io sto cercando di restare in incognito, quindi chiamami, eh..." Harry si guardò la toga, "...signor Black."

"Harry!" sibilò Ron. "Non puoi usare quel nome!"

Harry sbatté le palpebre. "Perché no?" Sembrava bello cupo, come un uomo di mistero internazionale -

"Direi che è un bel nome" disse Draco, "ma appartiene alla Nobile e Antica Casa dei Black. Ti chiamerò signor Silver."

"Tu, allontanati da... dal signor Gold" disse Ron con freddezza, e fece un passo in avanti. "Non ha bisogno di parlare con gente come te!"

Harry alzò una mano. "Mi farò chiamare Signor Bronze, grazie per lo schema di denominazione. E, Ron, uhm..." Harry faticava a trovare un modo per dirlo: "Sono contento che tu sia così... entusiasta di proteggermi, ma non mi dispiace particolarmente parlare con Draco - "

Questo fu apparentemente l'ultima goccia per Ron, che si girò vero  Harry con gli occhi infiammati di sdegno. "Che cosa? Ma sai questo chi è?"

"Sì, Ron" disse Harry, "ricorderai che l'ho chiamato Draco senza che a lui servisse presentarsi."

Draco ridacchiò. Poi i suoi occhi si posarono sul gufo bianco sulla spalla di Ron. "Oh, che cos'è questo?" disse in un tono ricco di malignità. "Dov'è il famoso ratto della famiglia Weasley?"

"Seppellito nel cortile di casa." disse freddamente Ron.

Oh, che tristezza. Pot... ah, signor Bronze, vorrei ricordare che è ampiamente accettato che la famiglia Weasley abbia la miglior storia di animali domestici di sempre. Vuoi raccontarla, Weasley?"

Il viso di Ron si contorse. "Non lo troveresti divertente se fosse successo alla tua famiglia!"

"Oh" ridacchiò Draco, "ma non succederebbe mai, ai Malfoy."

Ron strinse le mani a pugno -

"Basta" disse Harry, mettendo nella voce quanta più autorità potesse. Era chiaro che, qualsiasi cosa fosse, era un ricordo doloroso per il bambino dai capelli rossi. "Se Ron non vuole parlarne, non deve parlarne, e ti chiedo di non parlarne neanche tu."

Draco si voltò volgendo a Harry uno sguardo sorpres, e Ron annuì. "E' vero, Harry! Voglio dire signor Bronze! Vedi che razza di persona è? Ora digli di andare via!"

Harry contò mentalmente fino a dieci, che per lui era un velocissimo 12345678910 - una strana abitudine rimasta da quando aveva cinque anni, quando sua madre per la prima volta gli aveva insegnato a farlo, e Harry aveva pensato che il suo modo era più veloce e sarebbe stato altrettanto efficace. "Non gli dirò di andare via," disse Harry con calma. "Ha tutto il diritto di parlare con me, se vuole."

"Beh, non ho intenzione di restare con qualcuno che va in giro con Draco Malfoy." annunciò Ron freddamente.

Harry scrollò le spalle. "Sono affari tuoi. Io non permetto a nessuno di dirmi con chi posso e con chi non posso stare." In silenzio ripeteva: Per favore vai via, per favore vai via...

La faccia di Ron si dipinse di inespressiva sorpresa, come se si fosse aspettato che quella frase funzionasse. Poi Ron fece dietrofront, diede uno strattone alla corda del suo bagaglio e si precipitò lungo la piattaforma.

"Se non ti piaceva" disse Draco con curiosità, "perché non sei semplicemente andato via?"

"Uhm... sua madre mi ha aiutato a capire come arrivare a questa piattaforma dalla stazione di King's Cross, quindi era alquanto difficile dirgli di andarsene. E non è che io odi questo Ron" disse Harry, "E' solo che, solo che..." Harry cercava le parole.

"Non trovi alcun motivo valido per la sua esistenza?" offrì Draco.

"Più o meno."

"In ogni caso, Potter... se davvero sei stato allevato dai babbani..." Draco si fermò qui, come se fosse in attesa di una smentita, ma Harry non disse niente "...allora potresti non sapere cosa vuol dire essere famosi. La gente si vuole prendere tutto il nostro tempo. Devi imparare a dire di no."

Harry annuì, assumendo uno sguardo pensieroso. "Mi sembra un buon consiglio."

"Se provi a essere gentile, finirai per passare la maggior parte del tempo con i più invadenti. Decidere con chi vuoi passare del tempo e fai andare via tutti gli altri. Sei appena arrivato qui, Potter, quindi tutti ti giudicheranno dalle persone con cui ti vedono, e tu non vuoi essere visto con gente della risma di Ron Weasley."

Harry annuì di nuovo. "Se non ti dispiace la mia domanda, come hai fatto a riconoscermi?"

"Signor Bronze" disse Draco con voce strascicata, "ti ho incontrato, ricordi? Ho visto qualcuno che andava in giro con una sciarpa avvolta intorno alla testa, apparendo assolutamente ridicolo. Così ho tirato a indovinare."

Harry chinò il capo, accettando il complimento. "Mi dispiace per quello" disse. "Il nostro primo incontro, voglio dire. Non volevo metterti in imbarazzo di fronte a Lucius."

Draco alzò le spalle. "Vorrei solo che mio padre fosse entrato mentre mi stavi adulando." Draco rise. "Ma grazie per quello che gli hai detto. Se non fosse per quello, avrei potuto avere più difficoltà a spiegarlo."

Harry fece un inchino profondo. "E grazie a te per aver reciprocato con quello che hai detto alla professoressa McGonagall."

"Non c'è di che. Anche se una delle assistenti deve aver chiesto alla sua più cara amica di mantenere il segreto assoluto, perché mio padre dice che sono girate strane voci, come che io e te abbiamo fatto a botte, o qualcosa del genere."

"Ahi" disse Harry, facendo una smorfia. "Mi dispiace davvero -"

"No, ci siamo abituati, Merlino sa quante voci circolano già sulla famiglia Malfoy."

Harry annuì. "Sono contento di sapere che non sei nei guai."

Draco sorrise. "Mio padre ha, ehm, un raffinato senso dell'umorismo, ma capisce il concetto di farsi degli amici. Lo capisce molto bene. Per un mese, ogni notte, prima di andare a letto mi ha fatto ripetere: 'A Hogwarts mi farò degli amici.' Quando gli ho spiegato tutto e ha capito che stavo facendo proprio quello, mi ha comprato un gelato."

La mascella di Harry cadde a terra. "Sei riuscito a farti comprare un gelato dopo quello che è successo?"

Draco annuì, con un sorrisetto compiaciuto per la sua impresa. "Beh, mio padre sapeva cosa stavo facendo, naturalmente, ma è lui che mi ha insegnato come farlo, e se io sorrido nel modo giusto mentre lo sto facendo, diventa un modo per rinsaldare il nostro legame, così che poi deve comprarmi un gelato oppure gli farò quello sguardo triste, come se pensassi di averlo deluso."

Harry guardò Draco con fare calcolatorio, rilevando la presenza di un altro maestro. "Hai avuto lezioni su come manipolare le persone?"

"Certo," disse Draco con orgoglio. "Io sono un Malfoy. Mio padre mi ha comprato dei tutori."

"Wow "disse Harry. Leggere Influenzare la gente: Scienza e Pratica di Robert Cialdini probabilmente non era una gran cosa rispetto a quello (anche se era comunque un gran bel libro). "Tuo padre è quasi in gamba come mio padre."

Draco inarcò le sopracciglia altezzosamente. "Oh? E che cosa fa tuo padre?"

"Mi compra i libri."

Draco considerò quella risposta. "Non mi sembra molto impressionante."

"Dovevi esserci. Comunque, sono contento di sentire tutto questo. Dal modo in cui Lucius ti stava guardando, ho pensato che stesse per crocifiggerti."

"Mio padre mi vuole veramente bene," disse Draco con fermezza. "Non lo farebbe mai."

"Uhm..." disse Harry. Ricordò la figura elegante col vestito nero e i capelli bianchi che aveva fatto irruzione da Madama Malkin, brandendo quel bel bastone letale con il manico d'argento. Non era facile visualizzarlo come un padre devoto. "Non prenderla male, ma come fai a saperlo?"

"Eh?" Era chiaro che era una domanda che Draco non si faceva di frequente.

"Faccio la domanda fondamentale della razionalità: perché credi a quello che credi? Cosa pensi di sapere e come pensi di saperlo? Cosa ti fa pensare che Lucius non ti sacrificherebbe allo stesso modo in cui sacrificherebbe qualsiasi altra cosa per il potere?"

Draco colpi Harry con un altro sguardo strano. "Che cosa ne sai tu di mio padre?"

"Uhm... ha una carica nel Wizengamot, ha una carica nel Consiglio dei governatori di Hogwarts, è incredibilmente ricco, ha l'apprezzamento del ministro Fudge, ha la fiducia del ministro Fudge, probabilmente ha alcune foto molto imbarazzanti del ministro Fudge, è il più importante purista del sangue ora che il Signore Oscuro non c'è più, è un ex Mangiamorte a cui è stato trovato il Marchio Nero, ma se l'è cavata affermando di essere sotto la maledizione Imperius, che era ridicolmente implausibile e tutti più o meno lo sapevano... è malvagio con la M maiuscola e un assassino nato... penso che sia tutto. "

Gli occhi di Draco si ridussero a due fessure. "Te l'ha detto la McGonagall. E' stata lei."

"No, dopo l'incidente da Madama Malkin non mi ha più detto niente di Lucius, se non di stargli alla larga. Così, durante l'incidente al negozio di Pozioni, mentre era impegnata a urlare contro il negoziante e cercava di avere tutto sotto controllo, ho afferrato uno dei clienti e ho chiesto a lui di parlarmi di Lucius."

Gli occhi di Draco si spalancarono di nuovo. "Veramente?"

Harry fece uno sguardo perplesso. "Se ho mentito la prima volta, non ti dirò la verità solo perché me l'hai chiesto due volte."

Ci fu una pausa mentre Draco assorbiva la nozione.

"Sono completamente certo che andrai a Serpeverde."

"Sono completamente certo che andrò a Corvonero, ti ringrazio. Voglio il potere solo per avere più libri."

Draco ridacchiò. "Sì, certo. Comunque... per rispondere alla tua domanda..." Draco fece un respiro profondo, e il suo viso si fece serio. "Mio padre una volta si è perso una votazione al Wizengamot per me. Ero su una scopa, sono caduto e mi sono rotto un sacco di costole. Faceva davvero male, il dolore più intenso della mia vita, e ho pensato che stessi per morire. Quindi mio padre si è perso questa votazione importante, perché era lì al mio capezzale a San Mungo, tenendomi le mani e promettendomi che sarei stato meglio."

Harry distolse lo sguardo sentendosi a disagio, poi, con uno sforzo, si costrinse a guardare verso Draco. "Perché mi stai dicendo questo? Sembra una faccenda... privata..."

Draco diede uno sguardo serio a Harry. "Uno dei miei tutori, una volta, ha detto che le persone formano amicizie intime conoscendo faccende private gli uni degli altri, e la ragione per cui la maggior parte delle persone non ha amici intimi è perché sono troppo imbarazzate per condividere qualcosa di molto importante." Draco voltò i suoi palmi all'infuori. "Tocca a te?"

Sapendo che l'espressione piena di speranza di Draco gli era probabilmente stata inculcata da mesi di pratica non la rendeva meno efficace, Harry osservò. In realtà la rendeva meno efficace, ma purtroppo non inefficace.
Lo stesso si potrebbe dire del suo uso intelligente dell'invito alla reciprocità per un regalo non richiesto, una tecnica che Harry aveva letto nei suoi libri di psicologia sociale (un esperimento aveva dimostrato che un dono incondizionato di 5 dollari era due volte più efficace di un'offerta condizionata di 50 dollari per convincere la gente a compilare sondaggi). Draco aveva fatto un dono di fiducia non richiesto, e ora Harry era invitato ad offrire un altro dono fiducia in cambio... e il fatto era che Harry si sentiva sotto pressione. Il rifiuto, Harry ne era certo, avrebbe provocato un sguardo triste di delusione, e forse una piccola quantità di disprezzo a indicare che Harry aveva perso punti.

"Draco" disse Harry, "solo perché tu lo sappia, so esattamente cosa stai facendo in questo momento. I miei libri lo chiamano reciprocità e spiegano come regalare due Falci a qualcuno risultava due volte più efficace dell'offrire loro venti Falci se avessero obbedito a una richiesta."

Draco appariva triste e deluso. "Non è un trucco, Harry. E' un vero modo di diventare amici."

Harry alzò una mano. "Non ho detto che non voglio rispondere. Solo, mi serve tempo per scegliere qualcosa di privato, ma che non fa danni. Diciamo che... volevo farti sapere che non mi si può mettere fretta nelle cose." Una pausa di riflessione era un modo altamente valido per annullare l'effetto di un sacco di tecniche di conformità, una volta che si imparava a riconoscerle per quello che erano.

"Va bene" disse Draco. "Ti aspetto, mentre ti viene in mente qualcosa. Oh, e per favore, togliti la sciarpa mentre lo dici."

Semplice ma efficace.

E Harry non poté fare a meno di notare quanto il suo tentarivo di resistere alla manipolazione / salvare la faccia / mettersi in mostra apparisse maldestro, goffo e sgraziato, rispetto a Draco. Ho bisogno di quei tutori.

"Va bene," disse Harry dopo un po'. "Ecco la mia confidenza." Si guardò intorno e poi alzò la sciarpa sopra la faccia, mostrandola tutta tranne la cicatrice. "Uhm... sembra che tu possa davvero contare su tuo padre. Cioè... se gli parli in maniera seria, lui ti ascolta sempre e ti prende sempre sul serio."

Draco annuì.

"A volte..." disse Harry, e deglutì. Questo era sorprendentemente difficile, ma dopotutto doveva esserlo. "A volte vorrei che mio padre fosse come il tuo." Harry ritrasse gli occhi dal viso di Draco, più o meno automaticamente, e poi si costrinse a guardarlo di nuovo.

Poi Harry capì cosa diavolo avesse appena detto, e aggiunse in fretta: "Non vorrei che mio padre fosse un perfetto strumento di morte come Lucius, vorrei solo che mi prendesse sul serio."

"Capisco" disse Draco con un sorriso. "Ecco...  ora non ti senti più vicino all'obiettivo dell'essere amici?"

Harry annuì. "Sì. E' vero, in realtà. Uhm... senza offesa, ma ora mi rimetto la sciarpa, non vorrei proprio avere a che fare con -"

"Capisco."

Harry si coprì nuovamente la faccia con la sciarpa.

"Mio padre prende sul serio tutti i suoi amici" disse Draco. "Ecco perché ha un sacco di amici. Dovresti conoscerlo."

"Ci penserò" disse Harry con voce neutra. Scosse la testa per lo stupore. "Allora sei veramente il suo unico punto debole. Hm."

Ora Draco guardava Harry in maniera molto confusa. "Vuoi andare a prendere qualcosa da bere e trovare un posto per sedersi?"

Harry si rese conto che era rimasto in piedi nello stesso posto per troppo tempo, e si stirò, cercando di farsi scrocchiare la schiena. "Certo."

La piattaforma ora si stava cominciando a riempire, ma era comunque una zona più silenziosa rispetto alla locomotiva rossa. Lungo la strada incrociarono una bancarella in cui un uomo calvo e barbuto offriva giornali, fumetti e lattine impilate di color verde fluorescente.

Il venditore si stava appoggiando allo schienale e beveva da una lattina verde fluorescente, e proprio a quel punto vide avvicinarsi il raffinato ed elegante Draco Malfoy insieme a un bambino misterioso dall'aspetto incredibilmente stupido con una sciarpa legata in faccia. Questo gli causò un improvviso attacco di tosse mentre stava bevendo, e una gran quantità di liquido verde fluorescente gli si riversò sulla barba.

"'Mi scusi" disse Harry, "ma cos'è quella roba, esattamente?"

"Tè Comico", disse il venditore. "Se lo bevi, accadrà qualcosa di sorprendente che te lo farà versare addosso a te o a qualcun altro, ma ha un incantesimo che lo fa svanire pochi secondi più tardi."
Infatti la macchia sulla sua barba stava già scomparendo.

"Che buffonata. Che gran buffonata. Vieni, signor Bronze, andiamo a cercare un altro -"

"Aspetta" disse Harry.

"Oh, per favore! E' la cosa più immatura che abbia..."

"No, scusami Draco, devo saperne di più. Che cosa succede se bevo il Tè Comico mentre sto facendo del mio meglio per mantenere la conversazione del tutto seria?"

Il venditore sorrise misteriosamente. "Chi lo sa? Arriva un amico vestito da rana? Accadrà qualcosa di inaspettato."

 "No, mi dispiace. Non ci credo. Una cosa del genere vìola la mia tanto abusata sospensione dell'incredulità in così tanti modi che non ho nemmeno le parole per descriverla.  Una maledetta bibita non ha alcun modo di manipolare la realtà per produrre scenette comiche, e se ce l'ha potrei anche rinunciare e ritirarmi alle Bahamas -"

Draco sbuffò. "Sul serio vuoi provarlo?"

"Tu non sei obbligato a bere, ma io devo indagare. Devo. Quanto?"

"Cinque Zellini la lattina", disse il venditore.

"Cinque Zellini? Vendete bibite gassate che manipolano la realtà per cinque Zellini la lattina?" Harry infilò una mano nel mokeschino, disse "quattro Falci, quattro Zellini" e li sbatté sul bancone. "Ventiquattro lattine per favore."

"Ne prenderò una anch'io." sospirò Draco, e si mise una mano in tasca.

Harry scosse la testa rapidamente. "No, ci penso io. Non conta come favore, voglio vedere se funziona anche per te." Prese una lattina dalla pila posta sul bancone e la gettò a Draco, poi iniziò a infilare le restanti nel mokeschino. Il Bordo Allargante del sacchetto ingoiò le lattine emettendo dei rutti, che non contribuivano affatto alla fiducia di Harry di scoprire una spiegazione ragionevole per tutti quei fenomeni.

Ventidue rutti dopo, Harry aveva in mano l'ultima lattina acquistata. Draco lo guardava in aspettativa, e i due tirarono l'anello nello stesso tempo.

Harry arrotolò la sciarpa per scoprire la bocca, inclinò la testa indietro e bevve il Tè Comico.

In qualche modo, anche il sapore era verde: extra frizzante e con un gusto di lime più intenso di un lime.

A parte quello, non accadde nulla.

Harry guardò il venditore, che li osservava con benevolenza.

Va bene, se questo tizio ha approfittato di una coincidenza per vendermi ventiquattro lattine di nulla, applaudirò la creatività del suo spirito imprenditoriale e poi lo ucciderò.

"Non sempre avviene immediatamente", disse il venditore. "Ma è garantito che avverrà una volta per lattina, o sarai rimborsato".

Harry bevve un altro lungo sorso. Ancora una volta, non accadde nulla.

Forse dovrei mandarlo giù tutto il più velocemente possibile... e sperare che il mio stomaco non esploda per tutta l'anidride carbonica, o che non debba ruttare mentre sto bevendo...

No, poteva permettersi di avere un po' di pazienza. Ma onestamente, Harry non capiva come potesse funzionare. Non si poteva andare da qualcuno e dire: "Ora ho intenzione di farti una sorpresa" o "Adesso ti dirò la battuta finale di una barzelletta, e sarà molto divertente." Avrebbe rovinato il fattore sorpresa. Nello stato mentale in cui Harry era in quel momento, Lucius Malfoy avrebbe potuto passargli davanti indossando un tutù da ballerina, e lui non si sarebbe scomposto. Che razza di scherzo avrebbe potuto giocargli l'universo, in quel preciso istante?

"Sarà meglio sedersi" disse Harry. Si preparò a bere un altro sorso e iniziò a dirigersi verso le panchine. Questo lo mise nell'angolazione giusta per guardarsi indietro e vedere la parte del chiosco dedicata a un giornale chiamato Il Cavillo, su cui campeggiava il seguente titolo:

HARRY POTTER METTE INCINTO DRACO MALFOY

"Gah!" urlò Draco, mentre gli arrivava addosso del liquido verde brillante spruzzato dalla direzione di Harry. Draco si voltò verso Harry con il fuoco negli occhi e afferrò la sua lattina. "Figlio di sanguemarcio! Vediamo se ti piace quando qualcuno ti sputa addosso!" Draco bevve deliberatamente un sorso dalla lattina, e proprio in quel momento i suoi occhi caddero sul titolo.

Con un semplice atto riflesso, Harry cercò di bloccare lo spruzzo di liquido che volava nella sua direzione. Purtroppo, per farlo usò la mano che teneva il Tè Comico, versando il resto del liquido verde sulla propria spalla.

Harry fissava la lattina che teneva in mano, anche mentre continuava a tossire e sputacchiare, e il colore verde iniziava a sparire dalla toga di Draco.

Poi alzò gli occhi e rivide il titolo del giornale.
 

HARRY POTTER METTE INCINTO DRACO MALFOY

La bocca di Harry si aprì e disse: "Ma-ma-ma-ma..."

Troppe obiezioni in competizione tra loro, ecco il problema. Ogni volta che Harry cercava di dire: "Ma abbiamo solo undici anni!" l'obiezione "Ma gli uomini non possono rimanere incinti!" richiedeva una priorità maggiore e veniva sorpassata da "Ma non c'è niente tra di noi, davvero!"

Poi Harry guardò di nuovo la lattina che teneva in mano.

Sentiva un profondo desiderio di scappare urlando a squarciagola fino a cadere per mancanza di ossigeno, e l'unica cosa che lo fermava era ciò che aveva letto una volta: che il panico assoluto era il segno di un problema scientifico veramente importante.

Harry ringhiò, gettò con violenza la lattina in un vicino bidone della spazzatura, e tornò indietro verso il chiosco. "Una copia del Cavillo, per favore." Pagò quattro Zellini in più, recuperò un altro barattolo di Tè Comico dal suo sacchetto, poi tornò all'area pic-nic con il bambino biondo che fissava la propria lattina con un'espressione di sincera ammirazione.

"Ho cambiato idea" dise Draco. "E' stato interessante."

"Ehi, Draco, sai cosa scommetto che è ancora meglio che scambiarsi segreti, per diventare amici? Commettere un omicidio."

"Ho un tutore che dice così" rispose Draco. Si infilò una mano nella toga e si grattò con un movimento facile e naturale. "Chi hai in mente?"

Harry sbatté Il Cavillo con forza sul tavolo da picnic. "Il tizio che si è inventato questo titolo."

Draco gemette. "Non è un tizio. E' una tizia. Una bambina di dieci anni, ci credi? E' impazzita dopo che sua madre è morta. Suo padre, il proprietario di questo giornale, è convinto che lei sia una veggente, e quando non sa qualche cosa chiede a Luna Lovegood e crede a tutto quello che dice."

Senza stare a pensarci, Harry tirò l'anello alla successiva lattina di Tè Comico e si preparò a bere. "Mi prendi in giro? E' ancora peggio del giornalismo babbano, e pensavo che fosse fisicamente impossibile."

Draco ringhiò. "Lei ha anche una sorta di perversa ossessione per i Malfoy, e suo padre è politicamente opposto a noi, così stampa ogni parola. Appena sarò grande abbastanza ho intenzione di stuprarla."

Dalle narici di Harry schizzò fuori del liquido verde, inzuppando la sciarpa che ancora copriva quella zona. I polmoni non sono fatti per interagire con il Tè Comico, e Harry passò i successivi secondi tossendo disperatamente.

Draco lo guardò bruscamente. "Qualcosa non va?"

A questo punto, all'improvviso, Harry si rese conto che:
(a) i suoni provenienti dal resto della piattaforma del treno si erano trasformati in una sorta di rumore bianco ovattato proprio quando Draco si era messo la mano nella toga
(b) dopo aver menzionato l'omicidio come metodo per diventare amici, c'era solamente una persona nella conversazione che pensava che stesse scherzando.

Giusto. Perché sembrava un bambino così normale. E lui è un bambino normale: è proprio come ci si aspetta che sia un figlio maschio, se Darth Vader fosse il suo padre devoto.

"Sì, beh..." Harry tossì, oddio, come avrebbe fatto a cavarsi da questa conversazione, "Ero solo sorpreso di come tu sia disposto a discuterne così apertamente: non sembri preoccupato di essere catturato o altro."

Draco sbuffò. "Stai scherzando? La parola di Luna Lovegood contro la mia?"

Porca vacca in una porca stalla. "Immagino che non esista una magia per rilevare la verità?" O per testare il DNA... non ancora.

Draco si guardò intorno. I suoi occhi si strinsero. "E' vero, non sai nulla. Senti, ti spiegherò le cose, mi riferisco al modo in cui funzionano davvero, proprio come se tu fossi già in Serpeverde e mi avessi fatto la stessa domanda. Ma devi giurare di non dire nulla."

"Lo giuro." disse Harry.

"I tribunali utilizzano il Veritaserum, ma è una barzelletta. Davvero, basta farsi Obliviare prima della testimonianza e poi sostenere che all'altra persona è stato impiantato un ricordo falso con un Incanto di Memoria. Naturalmente, se sei una persona normale, i giudici presumono che ci sia stato un Incanto Oblivion, non un Incanto di Memoria. Tuttavia, il giudice ha il potere discrezionale, e se sono coinvolto io poi incide sull'onore di una Casa Nobile, così si va al Wizengamot, dove mio padre ha il diritto di voto. Dopo che sarò stato riconosciuto innocente, la famiglia Lovegood dovrà pagarmi i danni per avermi disonorato. E sanno fin dall'inizio che andrà così, quindi si limiteranno a tenere la bocca chiusa."

A Harry venne un brivido freddo, un brivido che includeva l'ordine di mantenere normali la voce e l'espressione del viso. Promemoria: rovesciare al più presto il governo della Gran Bretagna magica.

Harry tossì di nuovo per schiarirsi la voce. "Draco, ti prego, ti prego, ti prego di non prenderla nel modo sbagliato, ho fatto un giuramento, ma come hai detto tu potrei trovarmi a Serpeverde e voglio chiedere a scopo informativo, così, che cosa succederebbe, teoricamente parlando, se testimoniassi che ti ho sentito complottare?"

"Allora se io non fossi un Malfoy, sarei nei guai," Draco rispose con aria di sufficienza. "Ma dal momento che sono un Malfoy... mio padre ha il diritto di voto. E dopo ti schiaccerebbe... beh, credo non facilmente, perché sei tu il Bambino-Sopravvissuto, ma lui è abbastanza bravo in queste cose." Draco si accigliò. "E poi, tu hai parlato di ucciderla. Perché non eri preoccupato della mia testimonianza dopo che verrà ritrovata morta?"

Come ha fatto la mia giornata ad andare così storta, come? La bocca di Harry si stava già muovendo più velocemente di quanto lui potesse pensare. "Era quando pensavo che fosse più grande! Non so come funziona qui, ma nella Gran Bretagna dei babbani, i tribunali sarebbero molto più turbati da qualcuno che uccide una bambina!"

 "Questo ha senso," disse Draco, continuando ad apparire sospettoso. "Ma in ogni caso, è sempre meglio se il caso non raggiunge gli Auror. Se stiamo attenti a fare solo cose risolvibili tramite Incantesimi di Guarigione, possiamo semplicemente Obliviarla dopo il misfatto e poi rifare tutto dopo una settimana." Poi il bambino biondo ridacchiò con un suono acuto. "Anche se... immagina che dica che Draco Malfoy e il Bambino-Sopravvissuto le hanno fatto del male. Nemmeno Silente le crederebbe."

Farò a pezzi il vostro patetico residuo magico del Medioevo. Lo ridurrò in pezzi più piccoli dei suoi atomi costituenti. "In realtà, possiamo ripensarci? Dopo aver scoperto che il titolo proveniva da una bambina più piccola di me, ho pensato a una vendetta diversa."

"Eh? Dimmi, dimmi." disse Draco, e iniziò a prendere un altro sorso del suo Tè Comico.

Harry non sapeva se l'incantesimo funzionasse più di una volta per lattina, ma sapeva che poteva evitare la colpa, quindi fece attenzione a pronunciare la sua frase al momento giusto:

"Stavo pensando che un giorno sposerò quella donna."

Draco fece un orribile suono sputacchiato, e dagli angoli della bocca iniziò a colargli liquido verde, come se fosse un radiatore rotto. "Sei matto?"

"Al contrario, sono così sano di mente che brucia come il ghiaccio."

"Hai un gusto più strano di un Lestrange," disse Draco, con un tono semi-ammirato. "E immagino che tu la voglia tutta per te, eh?"

"Sì. Penso di doverti un favore per questo -"

Draco fece un gesto con la mano. "No, questo è gratis."

Harry fissava la lattina che teneva in mano, mentre la freddezza del suo sangue aumentava. Affascinante, felice, generoso con i favori ai suoi amici, Draco non era uno psicopatico. Questa era la parte triste e terribile, siccome conosceva abbastanza bene la psicologia umana da sapere che Draco non era un mostro. Nel corso della storia del mondo, questa conversazione avrebbe potuto avere luogo in diecimila altre società. No, il mondo sarebbe stato un posto molto diverso, se fosse stato necessario un mutante malvagio per dire quello che Draco aveva detto. Era molto semplice, molto umano, era il pensiero normale se non intervenivano altri fatti. Per Draco, i suoi nemici non erano persone.

E nel tempo arretrato di questo paese arretrato, qui e ora, così come prima dell'Età della Ragione, il figlio di un nobile sufficientemente potente dava per scontato di essere al di sopra della legge, almeno quando si trattava di una ragazza contadina. C'erano posti, nella terra dei babbani, in cui funzionava ancora allo stesso modo, nazioni in cui quel tipo di nobiltà esisteva ancora e manteneva quelle stesse idee, o terre ancora peggiori in cui non era solo la nobiltà a pensarla così. E' stato così in ogni luogo e tempo che non discendevano direttamente dall'Illuminismo. Una linea di discendenza, a quanto pare, che non includeva la Gran Bretagna magica, nonostante tutta la contaminazione culturale che portava cose come lattine a strappo.

E se Draco non cambia idea sul suo desiderio di vendetta, e io non butto via la mia occasione di avere una vita felice per sposare una povera ragazza pazza, allora mi sono solo guadagnato del tempo, e non molto...

Per una singola persona. Non altri.

Mi chiedo quanto sarebbe difficile fare un elenco di tutti i puristi del sangue migliori e ucciderli.

Era esattamente ciò che avevano provato durante la Rivoluzione Francese, più o meno: fare una lista di tutti i nemici del progresso e rimuovere tutto ciò che era sopra il collo, e non aveva funzionato bene, da ciò che Harry ricordava. Forse doveva rispolverare alcuni libri di storia che il padre gli aveva comprato, e vedere se quello che era andato storto con la Rivoluzione Francese era una cosa facile da risolvere.

Harry alzò gli occhi al cielo e alla forma pallida della luna, che quel mattino era visibile attraverso l'aria senza nuvole.

Così il mondo è guasto, imperfetto, folle, crudele, sanguinoso e tetro. Questa è una notizia? L'hai sempre saputo, in ogni caso...

"Sei tutto serio" disse Draco. "Fammi indovinare, i tuoi genitori babbani ti hanno detto che queste cose sono il male."

Harry annuì, non fidandosi del tutto della sua voce.

"Beh, come dice mio padre, ci possono essere quattro case, ma alla fine tutti appartengono a Serpeverde o Tassofrasso. E francamente, tu non sei affatto un Tassofrasso. Se decidessi di schierarti con i Malfoy sottobanco... il nostro potere e la tua reputazione... riusciresti a fare cose che nemmeno io posso fare. Vuoi provare per un po'? Vedere cosa vuol dire?"

Sei proprio un serpente intelligente. Undici anni e già lusinghi la tua preda per farla uscire dal nascondiglio...

Harry pensò, fece una considerazione e scelse la sua arma. "Draco, mi vuoi spiegare questa faccenda della purezza del sangue? Sono piuttosto nuovo in queste cose."

Un ampio sorriso attraversò il viso di Draco. "Dovresti davvero incontrare mio padre e chiedere a lui. Lo sai, è lui il nostro leader."

"Fammi un riassunto in trenta secondi."

"Va bene" disse Draco. Trasse un profondo respiro, e la voce gli si fece leggermente più bassa e candenzata. "I nostri poteri si fanno sempre più deboli, di generazione in generazione, mentre la contaminazione dei sanguemarcio cresce. Salazar, Godric, Corinna e Tosca hanno fondato Hogwarts con il loro potere, creando il Medaglione, la Spada, il Diadema e la Coppa, ma nessun mago di questi giorni sbiaditi è mai assurto allo stesso loro livello. Stiamo svanendo, stiamo diventando tutti babbani, continuando a ibridarci con la loro progenie e concedendo la vita ai nostri Senzapotere. Se la contaminazione non è tenuta sotto controllo, presto le nostre bacchette si spezzeranno e tutte le nostre arti cesseranno, la linea di Merlino si interromperà e il sangue di Atlantide si estinguerà. I nostri figli saranno ridotti a raspare la terra per sopravvivere come semplici babbani, e l'oscurità coprirà tutto il mondo per sempre."
Draco prese un altro sorso dalla sua lattina, guardandosi intorno soddisfatto. Questa sembrava essere l'intera argomentazione, per quanto lo riguardava.

"Persuasivo" disse Harry, intendendolo in senso descrittivo. Era un modello standard: la caduta dalla grazia, la necessità di custodire dalla contaminazione ciò che è rimasto puro, il passato inclinato verso l'alto e il futuro inclinato verso il basso. E quel modello aveva anche la sua controargomentazione... "Devo correggerti su un punto, però. Le tue informazioni sui babbani sono obsolete. Noi ora non ci limitiamo più a raspare la terra."

Draco girò la testa di scatto. "Che cosa? Cosa intendi dire, noi?"

"Noi. Gli scienziati. La linea di Francis Bacon e il sangue dell'Illuminismo. I babbani non si sono limitati a piangersi addosso per non avere bacchette magiche. Ora abbiamo il nostro potere, con o senza magia. Se tutti i vostri poteri cessano di esistere avremo perso tutti qualcosa di molto prezioso, perché la vostra magia è l'unico indizio che abbiamo su come funziona veramente l'universo, ma voi non resterete a raspare il terreno. Le vostre case saranno ancora fresche d'estate e calde d'inverno, ci saranno ancora medici e medicine. La scienza può tenerti in vita se la magia fallisce. Sarebbe una tragedia, ma non letteralmente la fine di tutta la luce del mondo. Detto per inciso."

Draco era indietreggiato di diversi metri e il suo volto era pieno di paura mista a incredulità. "In nome di Merlino, di cosa stai parlando, Potter?"

"Ehi, ho ascoltato la tua storia, ora non vuoi ascoltare la mia?" Goffo, Harry si rimproverò, ma Draco smise di indietreggiare e si mise ad ascoltare.

"Comunque," disse Harry, "Sto dicendo che non sembri prestare molta attenzione a ciò che accade nel mondo dei babbani." Probabilmente perché l'intero mondo magico sembrava considerare il resto della Terra come una baraccopoli, che meritava la stessa menzione che il Financial Times assegnava alle agonie di routine del Burundi. "Va bene. Controllo veloce. I maghi sono mai stati sulla Luna? Sai, quella cosa tonda lassù?" Harry indicò quel globo enorme e distante.

"Cosa?" Disse Draco. Era abbastanza chiaro che il bambino non ci aveva mai pensato. "Andare sulla... ma è solo una..." Indicò col dito il pallido globo. "Non ci si può Materializzare dove non si è mai stati! E comunque, come si potrebbe raggiungere la Luna per la prima volta?"

"Aspetta" disse Harry a Draco, "Mi piacerebbe mostrarti un libro che ho portato con me, credo di ricordare in che scatola si trovi." Harry si alzò, si inginocchiò e tirò fuori le scale che conducevano allo spazio magico del suo baule, poi buttò giù le scale ed estrasse una scatola da un'altra scatola, arrivando quasi a mancare di rispetto ai suoi libri. Velocemente, ma con attenzione, aprì la scatola ed estrasse una pila di libri...

(Harry aveva ereditato la capacità quasi magica dei Verres di ricordare dove si trovavano tutti i suoi libri, anche dopo averli visti solo una volta. Questo era piuttosto misterioso, considerando la mancanza di un legame genetico.)

...e corse su per le scale, spingendo la scala nel baule col tallone. Ansimante, si mise a sfogliare le pagine del libro fino a trovare l'immagine che voleva mostrare a Draco. Quella con la terra bianca, asciutta e butterata di crateri, le persone nelle tute e il globo blu-bianco che troneggiava nel cielo nero.

Quell'immagine.

L'immagine per antonomasia, se dovesse sopravvivere una sola immagine in tutto il mondo.

"Questa" disse Harry, con la voce tremante perché non riusciva a tenere fuori l'orgoglio, "è la Terra come appare come dalla Luna."

Draco lentamente si chinò. C'era una strana espressione sul suo volto. "Se questa è una vera fotografia, perché non si muove?"

Non si muove? Oh. "I babbani possono creare immagini in movimento, ma hanno bisogno di una scatola più grande per mostrarle, non riescono ancora a farle stare su singole pagine di un libro."

Il dito di Draco indicò una delle tute. "Che cosa sono quelli?" La sua voce cominciava a vacillare.

"Quelli sono esseri umani. Indossano tute che coprono tutto il corpo per avere aria, perché non c'è aria sulla Luna."

"E' impossibile" sussurrò Draco. Nei suoi occhi c'era il terrore e la confusione. "Nessun babbano potrebbe mai farlo. Come..."

Harry riprese il libro, sfogliò le pagine finché non trovò quello che voleva. "Questo è un razzo che sale. Il fuoco lo spinge sempre più in alto, fino a raggiungere la Luna." Voltò di nuovo pagina. "Questo è un razzo a terra. Quel puntino che gli sta accanto è una persona." Draco rimase a bocca aperta. "Andare sulla Luna costa l'equivalente di... probabilmente circa un miliardo di Galeoni." Draco tossì. "E ci sono voluti gli sforzi di... probabilmente più persone di quelle che vivono in tutta la Gran Bretagna magica." E quando sono arrivati, hanno lasciato una targa che diceva: 'Siamo venuti in pace, per tutta l'umanità.' Anche se non sei ancora pronto a sentire quelle parole, Draco Malfoy...

"Stai dicendo la verità," disse Draco lentamente. "Non creeresti un intero libro contraffatto solo per questo - lo sento nella tua voce. Ma... ma..."

"Come, senza bacchette o magia? E' una storia lunga, Draco. La scienza non funziona agitando bacchette e pronunciando incantesimi, funziona conoscendo il funzionamento dell'universo a un livello così profondo che sai esattamente cosa fare per costringerlo a fare quello che vuoi. Se la magia è come lanciare Imperio a qualcuno per fargli fare quello che vuoi, allora la scienza è come conoscerlo talmente bene che riesci a convincerlo che l'idea è sempre stata sua. E' molto più difficile di un colpo di bacchetta magica, ma funziona quando le bacchette falliscono: proprio come, se fallisce la maledizione Imperius, si può ancora provare a persuadere una persona.
E la scienza aumenta di generazione in generazione. Per fare scienza, devi sapere esattamente cosa stai facendo... e quando capisci veramente qualcosa, la puoi spiegare a qualcun altro. I più grandi scienziati di un secolo fa, i nomi più brillanti di cui si parla ancora con riverenza, i loro poteri sono un mero nulla a confronto dei più grandi scienziati di oggi.
Nella scienza non esiste un equivalente delle vostre arti perdute che hanno fondato Hogwarts. Nella scienza, i nostri poteri aumentano di anno in anno e stiamo cominciando a capire e svelare i segreti della vita e dell'ereditarietà. Saremo in grado di esaminare il sangue di cui hai parlato e vedere che cosa vi rende maghi, e fra una o due generazioni saremo anche in grado di convincere quel sangue a rendere potenti maghi tutti i vostri figli. Quindi, come vedi, il problema non è il disastro che sembra, perché in pochi decenni, la scienza sarà in grado di risolverlo per voi."

"Ma..." disse Draco. La sua voce tremava. "Se i babbani hanno quel tipo di potere... allora... noi cosa siamo?"

"No, Draco, non è così, non vedi? La scienza sfrutta il potere della comprensione umana di guardare il mondo e capire come funziona. Non può fallire senza che l'umanità stessa fallisca. La tua magia potrebbe spegnersi, e lo odieresti, ma resteresti comunque tu. Saresti ancora vivo per rammaricartene, ma siccome la scienza si basa sull'intelligenza umana, è un potere che non può essere rimosso da una persona senza rimuovere la persona stessa. Anche se le leggi dell'universo cambiassero, in modo da annullare tutta la conoscenza umana, sarebbe possibile capire le leggi nuove, come è stato fatto prima. Non è una cosa dei babbani, è una cosa di tutti gli esseri umani. Viene affinata e aumenta la propria potenza ogni volta che si guarda qualcosa che non si capisce e ci si chiede: 'Perché?' Tu sei di Serpeverde, Draco, non vedi che cosa comporta?"

Draco alzò lo sguardo dal libro di Harry. Il suo volto mostrava una nascente comprensione. "I maghi possono imparare a usare questo potere."

Ora con cura, l'esca è in posizione, bisogna mettere l'amo... "Se impari a considerarti un essere umano, invece di un mago, potrai formare e perfezionare le tue competenze umane."

E se quell'istruzione non era presente in ogni programma di scienze, Draco non aveva bisogno di saperlo, vero?

Gli occhi di Draco si fecero pensierosi. "Tu... l'hai già fatto?"

"Fino a un certo punto" disse Harry. "La mia formazione non è completa, non a undici anni, ma... vedi, anche mio padre mi ha comprato dei tutori." Certo, erano studenti universitari a cui serviva denaro, ed era solo perché Harry dormiva su un ciclo di 26 ore, ma questo si poteva lasciare da parte...

Lentamente, Draco annuì. "Credi di poter padroneggiare entrambe le arti, fondere insieme i poteri, e..." Draco fissò Harry. "...diventare Signore dei due mondi?"

Harry fece una risata malvagia, a quel punto gli sembrava naturale. "Devi capire, Draco, che il mondo che tu conosci, tutta la Gran Bretagna magica, è solo una casella su una scacchiera molto più grande. Una scacchiera che comprende luoghi come la luna, e le stelle nel cielo notturno, che sono luci come il Sole, solo incredibilmente lontane, e cose come galassie che sono di gran lunga più grandiose della Terra e del Sole, cose talmente grandi che solo gli scienziati possono vederle e tu non sai nemmeno che esistono. Ma io sono veramente Corvonero, sai, non Serpeverde. Io non voglio dominare l'universo. Penso solo che potrebbe essere organizzato in maniera più ragionevole."

C'era stupore sul volto di Draco. "Perché mi stai dicendo questo?"

"Oh... non ci sono molte persone che sanno veramente fare scienza: comprendere qualcosa per la prima volta, anche se genera una confusione terribile. Un aiuto sarebbe utile."

Draco fissò Harry con la bocca aperta.

"Ma non sbagliarti, Draco, la vera scienza in realtà non è come la magia, non si può semplicemente fare qualcosa e andarsene via invariati, come quando si imparano le parole di un nuovo incantesimo. Questo potere ha un prezzo, un prezzo così alto che la maggior parte delle persone si rifiutano di pagarlo."

Draco annuì, come se, alla fine, avesse sentito qualcosa che riusciva a capire. "E qual è il prezzo?"

"Imparare ad ammettere di essersi sbagliato."

"Uhm" disse Draco, dopo che la pausa drammatica era durata un po' di tempo. "Hai intenzione di spiegarmi?"

"Quando si cerca di capire come funziona una cosa a quel livello profondo, le prime primi novantanove spiegazioni che si trovano sono sbagliate. La centesima è giusto. Quindi devi imparare ad ammettere che ti sei sbagliato, più e più volte . Non sembra molto, ma è così difficile che la maggior parte delle persone non riesce a fare scienza. Sempre mettere in discussione, dare sempre un altro sguardo alle cose che hai sempre dato per scontate" (come avere un Boccino nel Quidditch) "e ogni volta che cambi idea cambi te stesso. Ma sto andando troppo avanti, qui. Di gran lunga troppo avanti. Voglio solo che tu sappia... che offro di condividere con te alcune delle mie conoscenze. Se lo desideri. C'è solo una condizione."

"Aha" disse Draco. "Sai, mio padre dice che quando qualcuno dice ti dice così, non è mai un buon segno, mai."

Harry annuì. "Ora, non equivocarmi e non credere che stia cercando di mettere zizzania tra te e tuo padre. Non è questo. E' solo che voglio avere a che fare con qualcuno della mia età, piuttosto che fare questo patto con Lucius. Penso che anche tuo padre sarebbe d'accordo su questo: anche lui sa che devi crescere. Ma le tue mosse nel nostro gioco devono essere le tue. E' questa la mia condizione: che io abbia a che fare con te, Draco, non con tuo padre."

"Devo andare" disse Draco. Si alzò in piedi. "Devo andare via e pensarci."

"Prenditi il tempo che ti serve" disse Harry.

I suoni sulla piattaforma ritornarono chiari, mentre Draco si allontanava.

Harry espirò lentamente l'aria che stava trattenendo senza quasi rendersene conto, e poi guardò l'orologio che aveva al polso, un semplice modello meccanico che suo padre gli aveva comprato nella speranza che avrebbe funzionato in presenza di magia. La lancetta dei secondi ticchettava ancora, e se la lancetta dei minuti aveva ragione, allora non erano ancora le undici. Probabilmente sarebbe dovuto salire presto sul treno e iniziare a cercare quella studentessa del primo anno, come si chiamava... ma valeva la pena dedicare qualche minuto a fare alcuni esercizi di respirazione, e vedere se il suo sangue si riscaldava.

Ma quando Harry alzò lo sguardo dal suo orologio, vide due figure dall'aspetto assolutamente ridicolo che si avvicinavano, con le loro facce avvolte da sciarpe invernali.

"Salve, signor Bronze" disse una delle figure mascherate. "Possiamo interessarla a entrare a far parte dell'Ordine del Caos?"


In seguito:

Non molto tempo dopo, quando tutto il polverone del giorno si era finalmente placato, Draco era chino su una scrivania con una penna in mano. Aveva una camera privata nelle segrete Serpeverde, con la sua scrivania e il suo caminetto - purtroppo nemmeno lui aveva una connessione al sistema Metropolvere, ma almeno Serpeverde non era caduta nello stupido errore di fare dormire tutti in dormitori. Non c'erano molte camere private, bisognava essere il migliore all'interno della Casa migliore, ma questo si poteva dare per scontato, con la Casa di Malfoy.

Caro papà, scrisse Draco.

E poi si fermò.

L'inchiostro colava lentamente dalla penna, macchiando la pergamena vicino alle parole.

Draco non era stupido. Era giovane, ma i suoi tutori lo aveva addestrato bene. Draco sapeva che Potter probabilmente sentiva molto più simpatia verso la fazione di Silente di quello che faceva credere... anche se Draco pensava davvero che era possibile tentare Potter. Ma era chiaro che Potter stava cercando di tentare Draco proprio come Draco stava cercando di tentare lui.

Ed era anche chiaro che Potter era brillante, e molto di più che leggermente matto, e giocava a un gioco così vasto che lui stesso non capiva, improvvisato a tutta velocità con la sottigliezza di un nundu infuriato. Ma Potter era riuscito a scegliere una tattica da cui Draco non poteva allontanarsi. Aveva offerto a Draco una parte del suo potere, scommettendo che Draco non avrebbe potuto usarlo senza diventare sempre più come lui. Suo padre la considerava una tecnica avanzata, e aveva avvertito Draco che spesso non funzionava.

Draco sapeva di non aver capito tutto quello che era successo... ma Potter gli aveva offerto la possibilità di giocare, e in questo momento il gioco era il suo. E se avesse rivelato tutto, sarebbe diventato di Lucius.

Alla fine era davvero semplice come sembrava. Le tecniche minori richiedono l'inconsapevolezza del bersaglio, o almeno la sua incertezza. L'adulazione deve essere mascherata da ammirazione in maniera plausibile. ("Saresti dovuto essere a Serpeverde" è un vecchio classico, altamente efficace su un certo tipo di persona che non se lo aspetta, e se funziona si può ripetere.) Ma quando si trova la leva finale di qualcuno, non importa se costui sa che lo sai. Potter, nella sua folle corsa, aveva intuito la chiave per l'anima di Draco. E se Draco sapeva che Potter lo sapeva - anche se fosse stata una sorta di ovvia ipotesi - ciò non cambiava nulla.

Così ora, per la prima volta in vita sua, aveva veri segreti da mantenere. Stava giocando al suo gioco. Era associato a una sorta di dolore oscuro, ma sapeva che suo padre sarebbe stato fiero, e ciò lo rendeva una cosa giusta.

Lasciando sul posto le colature di inchiostro - c'era un messaggio lì, e uno che suo padre avrebbe capito, perché più di una volta avevano giocato il gioco delle sottigliezze - Draco scrisse l'unica domanda che in realtà lo rodeva in tutta la faccenda, la parte che sembrava avrebbe dovuto capire, ma non capiva, non capiva affatto.

Caro papà:

Supponiamo che ti dica che ho incontrato uno studente a Hogwarts, che non è ancora parte della nostra cerchia di conoscenze, che ti ha chiamato 'perfetto strumento di morte' e ha detto che sono il tuo 'unico punto debole'. Che cosa diresti di lui?


Non ci volle molto tempo, prima che per il gufo di famiglia portasse la risposta.

Figlio mio prediletto:

Direi che hai avuto la fortuna di incontrare qualcuno che gode della fiducia intima del nostro amico e prezioso alleato, Severus Snape.


Draco fissò la lettera per un po', e infine la gettò nel fuoco.

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Capitolo 8
*** Distorsione positiva ***


Tutti questi mondi sono di J. K. Rowling, eccettuata Europa. Non tentate là alcuna fanfiction.
NOTA DELL'AUTORE

Un recensore attento ha chiesto: "Se Luna è davvero una veggente, questa diventerà una fanfiction di genere slash con una gravidanza maschile?" La risposta è NO, un NO talmente colossale che un font di 72 punti non sarebbe ancora abbastanza grande per esprimerlo.
Onestamente, non mi era venuto in mente che Luna potesse davvero essere una veggente: dovrò decidere se lo è o no, ma credo che possiamo tranquillamente presumere che, se lo è veramente, abbia detto qualcosa del tipo "la luce pianterà un seme nelle tenebre ", e Xenophilius, come sempre, l'abbia interpretato in un modo del tutto sbagliato.
NOTA DEL TRADUTTORE

A un certo punto di questo capitolo, un personaggio elenca i sei quark. Nella versione originale, gli ultimi due vengono chiamati "truth" e "beauty": l'autore afferma che, quando lui aveva l'età di Harry Potter nella storia, quei nomi non erano ancora stati scalzati dai nomi definitivi ("top" e "bottom"). Beh, quando io avevo l'età di Harry Potter nella storia, conoscevo già i sei quark per aver letto Dal Big Bang Ai Buchi Neri, ma chiamavo gli ultimi due "top" e "bottom" (forse i nomi provvisori non hanno mai raggiunto l'Italia?). Per questo, i nomi che utilizzerò sono quelli definitivi.
"Permettimi di avvertirti che sfidare il mio ingegno è pericoloso, e renderebbe la tua vita molto più surreale."
Nessuno aveva chiesto aiuto, ecco il problema. Se ne andavano semplicemente in giro a parlare, mangiare o guardare in aria, mentre i genitori si scambiavano pettegolezzi. Per qualche strano motivo, nessuno era seduto a leggere un libro: ciò significava che non poteva semplicemente sedersi accanto a loro e tirar fuori il suo libro. E anche quando aveva coraggiosamente preso l'iniziativa di sedersi e continuare la sua terza lettura di Hogwarts: La storia, nessuno sembrava disposto a sedersi accanto a lei.

Oltre ad aiutare gli altri a fare i compiti, o qualsiasi altra cosa di cui avevano bisogno, lei davvero non sapeva come incontrare persone. Non si sentiva una persona timida. Si considerava una ragazza piena di iniziativa. Eppure, in qualche modo, senza qualche richiesta simile a "non mi ricordo come si fa la divisione in colonna", era troppo strano andare da qualcuno e dire... cosa? Non era mai stata in grado di capire cosa. E non sembrava esserci una scheda informativa standard, che era ridicolo. L'intera faccenda di incontrare le persone non le era mai sembrata sensata. Perché doveva prendersi tutta la responsabilità quando c'erano due persone coinvolte? Perché gli adulti non aiutavano mai? Avrebbe voluto che qualche altra ragazza si fosse semplicemente avvicinata a lei dicendo: "Hermione, l'insegnante mi ha detto di essere tua amica."

Ma lasciate che sia ben chiaro che Hermione Granger, seduta da sola il primo giorno di scuola in uno dei pochi comparti che erano rimasti vuoti, nell'ultima carrozza del treno, con la porta del comparto lasciata aperta nel caso in cui qualcuno, per qualsiasi motivo, volesse parlare con lei, non era triste, solitaria, cupa, depressa, disperata, od ossessionata dai suoi problemi. Stava, invece, rileggendo Hogwarts: La storia per la terza volta e lo stava apprezzando molto, a parte una lieve sfumatura di fastidio nella mente per l'irragionevolezza generale del mondo.

Ci fu il suono dell'apertura di una porta interna del treno, poi dei passi e uno strano suono strisciante provenienti dal corridoio del treno. Hermione mise da parte Hogwarts: La storia, si alzò e infilò la testa fuori, nel caso in cui qualcuno avesse bisogno di aiuto - e vide un bambino che indossava una toga da mago, forse del primo o del secondo anno, considerando la sua altezza, e dall'aspetto piuttosto stupido con una sciarpa avvolta intorno alla testa. Accanto a lui, sul pavimento, c'era un piccolo baule. Mentre lo guardava, lui bussò alla porta di un altro comparto chiuso e disse, con la voce leggermente soffocata dalla sciarpa: "Scusate, posso fare una domanda veloce?"

Non riuscì a udire la risposta dall'interno del vano, ma dopo che il bambino aveva aperto la porta, a meno di non averlo frainteso in qualche modo, pensò di averlo sentito dire: "C'è qualcuno qui che conosce i sei quark o sa dove posso trovare una ragazza del primo anno di nome Hermione Granger?"

Dopo che il bambino aveva chiuso la porta del vano, Hermione disse: "Posso aiutarti?"

La faccia avvolta nella sciarpa si voltò a guardarla, e la voce disse: "No, a meno che tu non sappia elencare i sei quark o dirmi dove trovare Hermione Granger."

"Up, down, strange, charm, top, bottom. Perché la stai cercando?"

Era difficile dirlo da questa distanza, ma lei pensò di vedere il bambino fare un largo sorriso sotto la sciarpa. "Ah, quindi sei tu la ragazza del primo anno di nome Hermione Granger", disse la giovane voce ovattata. "Sul treno per Hogwarts, nientemeno." Il bambino si diresse verso di lei e il suo comparto, e il baule lo seguì strisciando. "Tecnicamente, tutto quello che dovevo fare era cercarti, ma è probabile che il mio scopo sia parlarti, o invitarti nella mia squadra di avventurieri, o farmi dare un importante elemento magico, o scoprire che Hogwarts è stata costruita sopra le rovine di un antico tempio, o qualcosa del genere. Personaggio giocante o non giocante, questo è il problema."

Hermione aprì la bocca per rispondere, ma non riusciva a pensare a una qualsiasi possibile risposta a... qualunque cosa avesse appena sentito, anche mentre il bambino le si avvicinava, guardava all'interno del comparto, annuiva con soddisfazione, e si sedeva sul sedile di fronte al suo. Il suo baule gli corse dietro, crebbe di tre volte il suo diametro e si rannicchiò accanto a lui in un modo stranamente inquietante.

"Per favore, accomodati" disse il bambino, "e per favore, chiudi la porta dietro di te, se non ti dispiace. Non ti preoccupare, non mordo nessuno che non mi morde per primo." Si stava già srotolando la sciarpa dalla testa.

Questo bambino pensava che lei dovesse temerlo. L'implicazione le fece chiudere velocemente la porta, serrandola nel muro con forza eccessiva.
Lei si girò e vide un viso giovane con brillanti occhi verdi e una cicatrice di colore rosso scuro in fronte che le ricordava qualcosa, ma in questo momento aveva cose più importanti a cui pensare. "Non ho detto di essere Hermione Granger!"

"Non ho detto che hai detto di essere Hermione Granger, ho detto che sei Hermione Granger. Se ti stai chiedendo come faccio a saperlo, è perché io so tutto. Buona sera signore e signori, mi chiamo Harry James Potter-Evans-Verres, o in breve Harry Potter. So che probabilmente per te non significa niente, tanto per cambiare..."

Finalmente, la mente di Hermione fece il collegamento. La cicatrice sulla fronte a forma di fulmine. "Harry Potter!  Sei nominato in Storia Magica ModernaAscesa e Declino delle Arti Oscure e Grandi Eventi Magici del Ventesimo Secolo." In effetti era la prima volta in vita sua che aveva incontrato una persona menzionata in un libro, ed era una sensazione piuttosto strana.

Il bambino sbatté le palpebre tre volte. "Sono menzionato nei libri? Aspetta, certo che sono menzionato nei libri... che strana considerazione."

"Santo cielo, non lo sapevi?" disse Hermione. "Se fossi stata io, mi sarei messa alla ricerca di tutto quello che potevo."

Il bambino parlò alquanto seccamente. "Signorina Granger, sono trascorse meno di settantadue ore da quando sono andato a Diagon Alley e ho scoperto la mia fama. Ho trascorso gli ultimi due giorni acquistando libri di scienza. Credimi, ho intenzione di scoprire tutto quello che posso." Il bambino esitò. "Cosa dicono i libri su di me?"

La mente di Hermione Granger ebbe un flashback. Non si era resa conto che sarebbe stata interrogata su quei libri, così li aveva letti una sola volta, ma era stato solo un mese prima, così il materiale era ancora fresco nella sua mente. "Tu sei l'unico che è sopravvissuto all'Anatema che Uccide, e per questo sei stato chiamato il Bambino-Sopravvissuto. Sei nato da James Potter e Lily Potter, precedentemente Lily Evans, il 31 luglio 1980. Il 31 ottobre 1981, il Signore Oscuro che non va nominato anche se non so perché ha attaccato la tua casa. Tu sei stato trovato vivo, con la cicatrice sulla fronte, tra le rovine della casa dei tuoi genitori, nei pressi dei resti bruciati del corpo di Chi-Ben-Sappiamo. Il capo stregone Albus Percival Wulfric Brian Silente ti ha mandato da qualche parte, non si sa dove. Ascesa e Declino delle Arti Oscure sostiene che sei sopravvissuto per l'amore di tua madre, che la tua cicatrice contiene tutti i poteri magici del Signore Oscuro e che i centauri ti temono, ma Grandi Eventi Magici del Ventesimo Secolo non menziona niente di simile, e Storia Magica Moderna avverte che su di te c'è un sacco di teorie folli."

La bocca del bambino era spalancata. "Ti è stato detto di aspettare Harry Potter sul treno per Hogwarts, o qualcosa del genere?"

"No" disse Hermione. "Chi ti ha parlato di me?"

"La professoressa McGonagall, e credo di capire perché. Hai una memoria eidetica, Hermione?"

Hermione scosse la testa. "Non è fotografica. Ho sempre voluto che lo fosse, ma ho dovuto leggere i miei libri di scuola cinque volte per memorizzarli tutti."

"Davvero" disse il bambino con una voce un po' strozzata. "Spero non ti dispiaccia se cercherò di provarlo. Non è che io non ti creda, ma come si suol dire, 'Fidati, ma verifica'. Non ha senso domandarsi una cosa quando è possibile semplicemente fare l'esperimento."

Hermione sorrise, piuttosto compiaciuta. Adorava tanto le interrogazioni. "Vai avanti."

Il bambino ficcò una mano in un sacchetto accanto a sé e disse: "Bozze e pozioni magiche, di Arsenius Jigger." Quando ritirò la mano, questa teneva il libro che aveva nominato.

Immediatamente Hermione voleva uno di quei sacchetti più di quanto avesse mai desiderato qualcosa.

Il bambino aprì il libro da qualche parte nel mezzo e guardò in basso. "Se dovessi preparare l'olio di nitidezza..."

"Posso vedere la pagina da qui!"

Il bambino inclinò il libro così che lei non potesse più vederlo, e voltò di nuovo qualche pagina. "Se dovessi preparare una pozione di arrampicata ragnesca, quale sarebbe l'ingrediente successivo da aggiungere dopo la seta di Acromantula?"

"Dopo aver immerso la seta, attendere che la pozione sia diventata esattamente del colore del cielo senza nuvole dell'alba, a otto gradi dall'orizzonte e otto minuti prima che il bordo del sole diventi visibile. Mescolare otto volte in senso antiorario e una volta in senso orario, poi aggiungere mezza oncia di caccole di unicorno."

Il bambino chiuse il libro con un colpo secco e lo mise nel sacchetto, che lo inghiottì con un rutto. "Bene bene bene bene bene bene. Vorrei farti una proposta, signorina Granger."

"Una proposta?" disse Hermione con sospetto. Le ragazze non avrebbero dovuto ascoltarle.

Fu a questo punto che Hermione capì l'altra cosa - beh, una delle cose - che quel bambino aveva di strano. A quanto pare, le persone che erano nei libri parlavano loro stesse come libri stampati. Questa fu una scoperta piuttosto sorprendente.

Il bambino mise la mano nel sacchetto e disse: "Lattina di bibita", recuperando un cilindro verde brillante. Lo tenne verso di lei e disse: "Posso offrirti qualcosa da bere?"

Hermione accettò gentilmente la bevanda frizzante. In realtà aveva un certo bisogno di bere. "Ti ringrazio molto" disse mentre apriva la lattina. "Era questa, la tua proposta?"

Il bambino tossì. "No" disse. Proprio mentre Hermione iniziava a bere, disse: "Vorrei che mi aiutassi a conquistare l'universo."

Hermione finì di bere e abbassò la lattina. "No, grazie, non sono malvagia."

Il bambino la guardò sorpreso, come se avesse aspettato qualche altra risposta. "Beh, ho parlato un po' retoricamente" disse. "Nel senso del progetto baconiano, non del potere politico. 'L'effettuazione di tutte le cose possibili' e così via. Voglio condurre studi sperimentali sugli incantesimi, capirne le leggi fondamentali, portare la magia nel dominio della scienza, unire il mondo dei maghi a quello dei babbani, migliorare il tenore di vita dell'intero pianeta, muovere in avanti l'umanità di secoli, scoprire il segreto dell'immortalità, colonizzare il sistema solare, esplorare la galassia, e, soprattutto, capire che cosa sta veramente accadendo qui, perché tutto questo è palesemente impossibile."

Questo pareva un po' più interessante. "E allora?"

Il bambino la guardò incredulo. "E allora? Non è abbastanza?"

"E allora cosa vuoi da me?" disse Hermione.

"Voglio che mi aiuti a condurre le ricerche, naturalmente. Con la tua memoria enciclopedica aggiunta alla mia intelligenza e razionalità, finiremo il progetto baconiano in men che non si dica, dove per 'men che non si dica' voglio dire, probabilmente almeno trentacinque anni."

Hermione cominciava a trovare fastidioso quel bambino. "Non ti ho visto fare cose intelligenti. Forse sarò io, a permetterti di aiutarmi con le mie ricerche."

Nel comparto ci fu un certo silenzio.

"Quindi mi stai chiedendo di dimostrare la mia intelligenza, allora" disse il bambino dopo una lunga pausa.

Hermione annuì.

"Permettimi di avvertirti che sfidare il mio ingegno è pericoloso, e renderebbe la tua vita molto più surreale."

"Non sono ancora impressionata," disse Hermione. Senza pensarci, diede un altro sorso alla bevanda verde.

"Beh, forse questo ti impressionerà" disse il bambino. Si chinò in avanti e la guardò intensamente. "Ho già fatto un po' di esperimenti e ho scoperto che non ho bisogno della bacchetta magica: posso far accadere tutto quello che voglio semplicemente schioccando le dita."

La frase arrivò proprio mentre Hermione stava deglutendo, così tossì e sputò il liquido verde brillante. Sulla sua nuova toga da strega, mai indossata prima, il primo giorno di scuola.

Hermione cacciò un urlo. Era un suono acuto che sembrava una sirena antiaerea nel comparto chiuso. "Aaahh! I miei vestiti!"

"Non farti prendere dal panico!" disse il bambino. "Posso risolvere il problema per te. Guarda qui!" Alzò una mano e fece schioccare le dita.

"Io ti..." Poi abbassò lo sguardo su se stessa.

Il liquido verde era ancora lì, ma proprio mentre lei guardava, cominciava a sbiadire e sparire. Nel giro di pochi istanti era come se non si fosse mai versata nulla addosso.

Hermione fissava il bambino, che a sua volta la guardava con un sorriso compiaciuto.

Magia senza parole e senza bacchetta! Alla sua età? Quando aveva solo comprato i libri di scuola tre giorni prima?

Poi si ricordò di quello che aveva letto, così rimase a bocca aperta e si ritrasse da lui. Tutto il potere magico del Signore Oscuro! Nella sua cicatrice!

Si alzò in fretta in piedi. "Io, io, ho bisogno di andare in bagno, aspetta qui..." Doveva trovare un adulto, doveva dirglielo...

Il sorriso del bambino svanì. "Era solo un trucco, Hermione. Scusa, non volevo spaventarti."

La sua mano si fermò sulla maniglia della porta. "Un trucco?"

"Sì" disse il bambino. "Mi hai chiesto di dimostrare la mia intelligenza. Così ho fatto qualcosa di apparentemente impossibile, che è sempre un buon modo per mettersi in mostra. Non posso veramente fare tutto semplicemente schioccando le dita."
Il bambino si fermò. "Almeno non credo di potere, non ho mai fatto un test sperimentale."
Alzò la mano e fece schioccare nuovamente le dita. "No, niente banana."

Hermione era più confusa di quanto fosse mai stata in vita sua.

Il bambino sorrideva di nuovo mentre guardava l'espressione di Hermione. "Ti avevo avvertito che sfidare il mio ingegno tende a rendere surreale la tua vita. Ricordatene, la prossima volta che ti avverto di una cosa."

"Ma, ma," Hermione balbettò. "Che cosa hai fatto, allora?"

Lo sguardo del bambino assunse un'aria ponderata, misuratrice, che lei non aveva mai visto da qualcuno della sua età. "Pensi di avere quello che serve per essere una vera scienziata, con o senza il mio aiuto? Allora vediamo come fai ad analizzare un fenomeno confuso."

"Io non..." La mente di Hermione si spense per un momento. Adorava le interrogazioni, ma non ne aveva mai avuta una come quella. Freneticamente, cercò di ricordare qualsiasi cosa avesse letto su ciò che gli scienziati dovevano fare. La sua mente saltò un paio di marce, cozzò contro se stessa, e risputò le istruzioni per fare un progetto di investigazione scientifica:

Passo 1: formare un'ipotesi.
Passo 2: fare un esperimento per verificare la propria ipotesi.
Passo 3: misurare i risultati.
Passo 4: preparare un poster di cartone.

Il passo 1 era formare un'ipotesi. Ciò significava, provare a capire cosa sia potuto accadere in quel momento. "Va bene. La mia ipotesi è che hai lanciato un incantesimo sulla mia toga per far svanire qualsiasi cosa ci venga versato sopra."

"Va bene," disse il bambino, "è la tua risposta?"

Lo shock stava svanendo, e la mente di Hermione cominciava a funzionare correttamente. "Aspetta, non può essere la risposta giusta. Non ti ho visto toccare una bacchetta magica o dire una formula magica, quindi come hai potuto lanciare un incantesimo?"

Il bambino aspettava, con il volto neutrale.

"Ma supponiamo che tutte le toghe escano dal negozio con un incantesimo già presente per tenerle pulite. Sarebbe utile che avessero un incantesimo del genere. L'hai scoperto versando qualcosa su te stesso prima."

Ora le sopracciglia del bambino si sollevarono. "È questa la tua risposta?"

"No, non ho fatto il Passo 2, 'fare un esperimento per verificare la propria ipotesi'."

Il bambino richiuse la bocca e abbozzò un sorriso.

Hermione guardò la lattina, che senza pensarci aveva messo sul portabevande alla finestra. La prese e guardò dentro, scoprendo che era piena per circa un terzo.

"Allora" disse Hermione, "l'esperimento che voglio fare è versarla sulla mia toga e vedere cosa succede, e la mia previsione è che la macchia scomparirà. Solo che se non funziona, la mia toga resterà macchiata, e io non voglio che succeda."

"Fallo alla mia" disse il bambino, "così non dovrai preoccuparti che la tua toga si macchi."

"Ma -" disse Hermione. C'era qualcosa di sbagliato in quella linea di pensiero, ma non sapeva come dirlo esattamente.

"Ho delle toghe di ricambio nel baule." disse il bambino.

"Ma non c'è un posto per andarti a cambiare." obiettò Hermione. Poi ci ripensò. "Anche se suppongo che potrei uscire e chiudere la porta..."

"Nel mio baule ho anche un posto per andarmi a cambiare."

Hermione guardò il baule di Harry, che, cominciava a sospettare, era alquanto più speciale del suo.

"Va bene" disse Hermione, "visto che lo dici tu..." e piuttosto cautamente versò un po' di bibita verde su un angolo della toga del bambino. Poi lo fissò, cercando di ricordare quanto tempo aveva impiegato il liquido di prima per scomparire...

E la macchia verde sparì!

Hermione tirò un sospiro di sollievo, anche perché significava che non aveva a che fare con tutta la potenza magica del Signore Oscuro.

Beh, il Passo 3 era misurare i risultati, ma in questo caso che si era appena visto che la macchia era scomparsa. E lei presupponeva di poter saltare il punto 4, quello del poster di cartone. "La mia risposta è che le toghe sono incantate per tenersi pulite."

"Non proprio" disse il bambino.

Hermione sentì una fitta di delusione. Lei avrebbe davvero voluto non sentirsi in quel modo: il bambino non era un insegnante, ma quella era comunque un'interrogazione a cui aveva dato una risposta sbagliata. Scoprire di aver sbagliato sembrava sempre un pugno nello stomaco.

(Il fatto che quella sensazione non l'avesse fermata, né avesse interferito con il suo amore per le interrogazioni, spiegava molto sul carattere di Hermione.)

"La cosa triste è" disse il bambino, "che probabilmente hai fatto tutto quello che il libro ti ha detto di fare. Hai fatto una previsione che permette di distinguere tra la presenza e l'assenza di un incantesimo sulla toga, l'hai testata, e hai respinto l'ipotesi nulla che la toga non possieda un incantesimo. Ma a meno che tu non legga i libri migliori, i libri non ti insegneranno completamente a fare scienza in modo corretto. Voglio dire abbastanza bene per ottenere davvero la risposta giusta, e non solo sfornare un'altra pubblicazione come papà si lamenta sempre. Quindi lasciami spiegare, senza rivelare la risposta, cosa hai sbagliato questa volta, e ti darò un'altra possibilità."

Stava cominciando a risentirsi del tono oh-così-superiore del bambino, quando era solo un altro undicenne come lei, ma quello era secondario allo scoprire ciò che aveva fatto di sbagliato. "Va bene."

L'espressione del bambino si fece più intensa. "Questo è un gioco basato su un famoso esperimento chiamato il compito 2-4-6, ed ecco come funziona. Ho una regola, nota a me, ma non a te, che si adatta ad alcune triplette di tre numeri, ma non ad altre. 2-4-6 è un esempio di tripletta che si adatta alla regola. Ora scriverò la regola, solo per farti sapere che è una regola fissa, ripiegherò il biglietto e te lo darò. Ti chiedo di non guardare, dal momento che ho dedotto da prima che riesci a leggere le parole scritte al contrario."

Il bambino disse "carta" e "matita meccanica" al suo sacchetto, e lei chiuse gli occhi mentre lui scriveva.

"Ecco" disse il bambino, che aveva in mano un pezzo di carta piegato strettamente. "Mettitelo in tasca", e così lei fece.

"Ora, il modo in cui funziona questo gioco" disse il bambino, "è che tu mi darai una tripletta di numeri, e io ti dirò 'Sì' se i tre numeri sono un esempio della regola, e 'No' se non lo sono. Io sono la Natura, la regola è una delle mie leggi, e tu mi stai investigando. Sai già che 2-4-6 ottiene un 'Sì'. Dopo aver eseguito tutti gli ulteriori test sperimentali che desideri e avermi chiesto tutte le triplette che ritieni necessarie, ti fermerai e indovinerai la regola, e poi potrai aprire il foglio di carta e vedere come sei andata. Hai capito il gioco?"

"Certo che sì" disse Hermione."

"Vai."

"4-6-8" disse Hermione.

"Sì." disse  il bambino.

"10-12-14", disse Hermione.

"Sì." disse  il bambino.

Hermione cercò esplorare un po' più lontano con la mente, dal momento che sembrava di aver già fatto tutti i test di cui aveva bisogno, ma non poteva essere così facile, vero?

"1-3-5."

"Sì."

"Meno 3, meno 1, più 1."

"Sì."

Hermione non riusciva a pensare ad altro da fare. "La regola è che i numeri devono aumentare di due ogni volta."

"Ora supponiamo che io ti dica" disse il bambino, "che questo test è più difficile di quanto sembri, e che solo il 20% degli adulti riesce a farlo bene."

Hermione si accigliò. Che cosa si era persa? Poi, all'improvviso, pensò a una prova che aveva ancora bisogno di fare.

"2-5-8!" disse trionfalmente.

"Sì."

"10-20-30!"

"Sì."

"La vera risposta è che i numeri devono salire della stessa quantità ogni volta. Non necessariamente 2."

"Molto bene" disse il bambino, "prendi la carta e vedi come te la sei cavata."

Hermione prese il foglio dalla tasca e lo dispiegò.

Tre numeri reali in ordine crescente, dal minore al maggiore.

La mascella di Hermione cadde a terra. Aveva la netta sensazione che le fosse stato fatto qualcosa di terribilmente ingiusto, che il bambino fosse uno sporco marcio imbroglione bugiardo, ma quando ripensò a quello che aveva detto non riusciva a pensare ad alcuna bugia.

"Quello che hai appena scoperto si chiama 'distorsione positiva'" disse il bambino. "Hai formato una regola nella tua mente, e hai continuato a pensare a triplette che corrispondevano a un 'Sì'. Ma non hai cercato di testare alcuna tripletta che corrispondeva a un 'No'. In realtà non hai ottenuto alcun 'No', per cui la regola sarebbe potuta essere altrettanto facilmente 'tre numeri qualsiasi'. E' simile a come la gente immagina esperimenti che potrebbero confermare le loro ipotesi, invece di immaginare esperimenti che potrebbero falsificarle. Questo non è proprio lo stesso errore, ma ci si avvicina. Devi imparare a vedere il lato negativo delle cose, guardare nel buio. Quando viene effettuato questo esperimento, solo il 20% degli adulti ottiene la risposta giusta, e molti altri si inventano ipotesi fantasticamente complicate, e ripongono una grande fiducia nelle loro risposte sbagliate, in quanto hanno fatto tanti esperimenti e tutto quanto è risultato come si aspettavano."

"Ora," disse il bambino, "vuoi fare un altro tentativo col problema originale?"

I suoi occhi erano diventati piuttosto intenti, come se questo fosse il vero test.

Hermione chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi. Sudava sotto la toga. Aveva la strana sensazione che questo fosse il più intenso sforzo mentale che le fosse mai stato richiesto, durante un'interrogazione. Anzi la prima volta che le fosse mai stato chiesto di ragionare, durante un'interrogazione.

Che altro esperimento poteva fare? Aveva una cioccorana: poteva strofinarne un po' sulla toga e vedere se quella macchia spariva? Ma questo non sembrava ancora il tipo di pensiero negativo e contorto che il bambino stava chiedendo. Come se stesse ancora cercando un 'Sì' se la macchia della cioccorana fosse scomparsa, anziché cercare un 'No'.

Quindi, secondo la sua ipotesi... in quale caso la bibita sarebbe dovuta... non scomparire?

"Ho un esperimento da fare," disse Hermione. "Voglio versare un po' di bibita sul pavimento e vedere se non sparisce. Hai dei tovaglioli di carta nel sacchetto, per poterla assorbire se l'esperimento non funziona?"

"Ho dei tovaglioli," disse il bambino. Il suo volto sembrava ancora neutrale.

Hermione prese la lattina, e versò un po' di bibita sul pavimento. Pochi secondi più tardi, il liquido era sparito.

Poi l'intuizione la colpì e lei sentì un'improvvisa rabbia per non averci pensato prima. "Certo! Sei stato tu a darmi quella lattina! Non era la toga ad avere un incantesimo, è sempre stata la bibita!"

Il bambino si alzò e si inchinò solennemente a lei. Ora mostrava un largo sorriso. "Allora... posso aiutarti con le tue ricerche, Hermione Granger?"

"Io, ah..." Hermione sentiva ancora l'euforia nelle vene, ma non era proprio sicura di come rispondere a quella domanda.

Furono interrotti da un debole bussare alla porta. Un bussare incerto, tenue e piuttosto riluttante.

Il bambino si girò, guardò fuori dal finestrino e disse: "Non ho la sciarpa addosso, puoi aprire tu?"

Fu a questo punto che Hermione capì perché il bambino - no, il Bambino-Sopravvissuto, Harry Potter - si copriva la testa con la sciarpa, e si sentiva alquanto sciocca per non essersene resa conto prima. Era strano, in realtà: pensava che Harry Potter avrebbe voluto mostrarsi al mondo con orgoglio, e pensò che forse in realtà poteva essere più timido di quello che sembrava.

Quando Hermione aprì la porta, fu accolta da un bambino tremante che sembrava proprio aver bussato.

"Scusate" disse il bambino con un filo di voce: "Sono Neville Longbottom. Sto cercando il mio rospo, non... non riesco a trovarlo da nessuna parte su questo vagone... avete visto il mio rospo?"

"No" disse Hermione, e poi la sua disponibilità si avviò a pieno regime. "Hai controllato tutti gli altri comparti?"

"Sì." sussurrò il bambino.

"Allora non ci resta che controllare tutti gli altri vagoni," disse Hermione bruscamente. "Ti aiuterò. Mi chiamo Hermione Granger, a proposito."

Il bambino sembrava che potesse svenire dalla gratitudine.

"Aspetta," disse la voce dell'altro bambino - Harry Potter. "Non sono sicuro che sia il modo migliore per farlo."

A sentire quest'affermazione, Neville stava per mettersi a piangere, e Hermione si girò di scatto, irritata. Se Harry Potter era il tipo di persona che averebbe abbandonato un bambino solo perché non voleva essere interrotto... "Che cosa? Perché no?"

"Beh" disse Harry Potter, "ci vorrà un po' di tempo per controllare tutto il treno a mano. Potremmo comunque non trovare il rospo, e se non l'avremo trovato quando saremo a Hogwarts, lui sarà nei guai. Quindi avrebbe molto più senso andare direttamente al primo vagone, dove ci sono i prefetti, e chiedere aiuto a un prefetto. E' stata la prima cosa che ho fatto quando stavo cercando te, Hermione, anche se loro non lo sapevano, in realtà. Ma potrebbero avere incantesimi, oppure oggetti magici che rendono molto più facile trovare un rospo. Noi siamo solo del primo anno."

Quel ragionamento era molto sensato.

"Pensi di poter raggiungere il vagone dei prefetti da solo?" chiese Harry Potter. "Ho delle buone ragioni per non mostrare troppo la mia faccia."

Improvvisamente Neville rimase senza fiato e fece un passo indietro. "Mi ricordo quella voce! Tu sei uno dei Signori del Caos! Tu sei quello che mi ha dato il cioccolato!"

Cosa? Cosa cosa cosa?

Harry Potter girò la testa dalla finestra e si alzò drammaticamente. "Io? Mai!" disse, con voce piena di indignazione. "Ti sembro il tipo di cattivo che darebbe caramelle a un bambino?"

Neville spalancò gli occhi. "Tu sei Harry Potter? Quell'Harry Potter? Tu?"

"No, solo un Harry Potter, ci sono tre mie copie su questo treno..."

Neville lanciò un grido e scappò via. Ci fu un breve scalpiccio di passi frenetici, poi il rumore di una porta di un vagone che si apriva e si chiudeva.

Hermione si sedette rigida sul sedile. Harry Potter chiuse la porta e poi si sedette accanto a lei.

"Per favore, puoi spiegarmi cosa sta succedendo?" disse Hermione con voce debole. Si chiese se stare con Harry Potter portava sempre a quella confusione.

"Oh, beh, quello che è successo è che Fred, George e io abbiamo visto questo povero bambino alla stazione. La donna accanto a lui si era allontanata un attimo, e lui sembrava davvero spaventato, come se fosse sicuro di essere attaccato dai Mangiamorte o qualcosa del genere. Ora, si dice che la paura è spesso peggiore della cosa stessa, così ho pensato che lui avrebbe effettivamente beneficiato dal vedere avverarsi il suo incubo peggiore e vedere che non era brutto come temeva."

Hermione restava seduta lì con la bocca spalancata.

"Fred e George hanno fatto un certo incantesimo per oscurare e sfocare le sciarpe sul nostro viso, come se noi fossimo re non-morti e le sciarpe fossero sudari mortuari."

Non le piaceva per niente dove stava andando a parare.

"E dopo aver finito di dargli tutti i dolci che avevo comprato, ci siamo detti: 'Diamogli un po' di soldi! Ah ah ah! Prendi questi Zellini, amico! Prendi una Falce d'argento!' e saltellavamo intorno a lui e ridevamo con malignità e così via. Credo che in un primo momento alcune persone tra la folla volessero interferire, ma l'apatia degli astanti le ha tenute fuori finché non hanno visto cosa stavamo facendo, e poi credo che fossero tutti troppo confusi per fare qualsiasi cosa. Alla fine lui ha detto, con un debolissimo sussurro: 'Andate via', così noi tre abbiamo gridato di paura e siamo scappati, urlando qualcosa sulla luce che ci bruciava. Auspicabilmente, in futuro non avrà più così tanta paura dei bulli. A proposito, questa si chiama terapia desensibilizzante."

Okay, non aveva visto giusto su dove stava andando a parare.

Il fuoco dell'indignazione che era uno dei motori principali di Hermione si avviò, anche se una parte di lei riusciva a capire cosa stavano cercando di fare. "E' terribile! Tu sei terribile! Quel povero bambino! Quello che hai fatto è stato atroce!"

"Credo che la parola che stai cercando sia divertente, e in ogni caso ti stai ponendo la domanda sbagliata. La domanda è: ha fatto più bene che male, o più male che bene? Se hai argomentazioni per contribuire a questa domanda mi fa piacere sentirle, ma non ammetterò alcun'altra critica finché questa non è risolta. Certamente, quello che ho fatto sembra un terribile e atroce atto di bullismo, poiché si tratta di un ragazzino spaventato e così via, ma ora non è certo la questione fondamentale, vero? Questo si chiama consequenzialismo, tra l'altro. Vuol dire che la giustezza di un atto non è determinata dal fatto che sembra malvagio, o atroce, o qualcosa di simile, l'unica domanda è: come andrà a finire, alla fine? Quali sono le conseguenze?"

Hermione aprì la bocca per dire qualcosa di assolutamente caustico, ma purtroppo sembrava aver trascurato la parte in cui pensava a qualcosa da dire prima di aprire la bocca. Tutto quello che riuscì a dire fu: "E se gli vengono gli incubi?"

"Onestamente, non credo che avesse bisogno del nostro aiuto per avere incubi, e se invece avrà incubi su questo, allora in quegli incubi ci saranno orribili mostri che gli regalano del cioccolato, e lo scopo era proprio questo."

Il cervello di Hermione continuava a singhiozzare in confusione ogni volta che lei cercava di arrabbiarsi correttamente. "La tua vita è sempre così strana?" disse alla fine.

La faccia di Harry Potter si illuminò di orgoglio. "Sono io a renderla così strana. Stai osservando il prodotto di un sacco di duro lavoro e di olio di gomito."

"Allora..." Disse Hermione, e si interruppe goffamente.

"Allora" disse Harry Potter, "quanta scienza conosci, esattamente? Io so eseguire il calcolo infinitesimale, conosco una parte della teoria bayesiana delle probabilità, la teoria delle decisioni, un sacco di scienza cognitiva, ho letto Le Conferenze di Feynman (il volume 1, in ogni caso) , poi Giudicare in Condizioni di Incertezza: Euristica e Pregiudizi del Linguaggio nel Pensiero e nell'Azione, poi Influenzare Gli Altri: Scienza e Pratica della Scelta Razionale in un Mondo Incerto, poi Godel, Escher, Bach, poi Un Passo Più In Là, poi..."

Le susseguenti interrogazioni e contro-interrogazioni andarono avanti per diversi minuti, prima di essere interrotte da un altro timido bussare alla porta.
"Avanti" dissero contemporaneamente lei e Harry Potter, e la porta scivolò a rivelare Neville Longbottom.

Ora Neville stava effettivamente piangendo. "Sono andato al vagone anteriore e ho trovato un p-prefetto, ma lui mi ha d-detto che i prefetti non vanno disturbati per cose poco importanti come p-perdere un rospo."

Il volto del Bambino-Sopravvissuto cambiò. Le sue labbra formarono una linea sottile. La sua voce, quando parlò, era fredda e tetra. "Quali colori indossava? Verde e argento?"

"N-no, il suo distintivo era r-rosso e oro."

"Rosso e oro!" sbottò Hermione. "Ma quelli sono i colori di Grifondoro!"

Harry Potter a questo punto emise un sibilo, una sorta di suono spaventoso che sarebbe potuto provenire da un vero serpente e fece indietreggiare lei e Neville. "Suppongo" disse Harry Potter, "che trovare un rospo di uno studente del primo anno non è abbastanza eroico per essere degno di un prefetto Grifondoro. Dai, Neville, vengo con te questa volta, vedremo se il Bambino-Sopravvissuto otterrà più attenzione. Per prima cosa troveremo un prefetto che conosce un incantesimo, e se questo non funziona, troveremo un prefetto che non ha paura di sporcarsi le mani, e se nemmeno questo funziona, comincerò a reclutare i miei fan, e se dobbiamo farlo, faremo a pezzi questo treno vite per vite."

Il Bambino-Sopravvissuto si alzò e afferrò la mano di Neville. Hermione si accorse con un improvviso singhiozzo cerebrale che i due erano quasi alti uguali, anche se una parte di lei insisteva a pensare che Harry Potter fosse almeno trenta centimetri più alto, e Neville almeno quindici centimetri più basso.

"Resta lì!" Harry Potter sbottò verso di lei - no, aspettate, verso il suo baule  - e chiuse fermamente la porta dietro di sé mentre se ne andava.

Probabilmente sarebbe dovuta andare con loro, ma in un attimo Harry Potter era diventato così spaventoso che in realtà era piuttosto lieta di non averlo proposto.

La mente di Hermione ora era così confusa che non pensava nemmeno di poter leggere correttamente "Storia: La Hogwarts". Si sentiva come se fosse stata appena investita da un rullo compressore e trasformata in una frittella. Non era sicura di cosa stesse pensando o che cosa stesse provando e perché. Si limitò a sedersi accanto al finestrino e guardare il paesaggio in movimento.

Beh, almeno sapeva perché sentiva una certa tristezza dentro di sé.

Forse Grifondoro non era meraviglioso come pensava.
NOTA DEL TRADUTTORE

Avete presente lo scherzo fatto da Harry a Neville? Nel sito ufficiale ho postato, sottoforma di recensione (a cui purtroppo Eliezer non ha ancora risposto), un esempio surreale di "peggior esito possibile" di quello scherzo. Siccome il capitolo 11 di questa fanfiction sarà dedicato agli omake (scene non canoniche ma scritte per divertimento), lo includerò lì, e voi mi direte se il mio modo di pensare è abbastanza simile a quello di Eliezer Yudkowsky.

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Capitolo 9
*** Sotto il Cappello ***


All your base are belong to J. K. Rowling.
NOTA DEL TRADUTTORE

DUE CAPITOLI IN UN GIORNO! WOOHOO POTENZA ECCEZIONALE! QUESTA E' SPARTAAAAA!

Ahem.

Quando l'autore ha postato questo capitolo su fanfiction.net, ha invitato i recensori a indovinare a cosa si riferisce l'ultima frase. Ora io riproporrò qui questo miniconcorso, quindi spremetevi le meningi e partecipate! Postate le vostre risposte nelle recensioni! Il premio consisterà in una menzione nella nota del traduttore nel prossimo capitolo e in un "trofeo virtuale" personalizzato col nickname del primo recensore che fornisce la risposta giusta.

Naturalmente, chi avesse già letto la storia in inglese è invitato a non partecipare per non togliere il divertimento agli altri, e chi vuole partecipare non dovrà leggere la storia in inglese almeno fino alla fine del concorso. Il concorso si concluderà il giorno in cui verrà postato il capitolo 10.
Non si poteva mai sapere quale piccolo evento avrebbe potuto sconvolgere il corso del proprio piano geniale.
"Abbott, Hannah!"

Pausa.

"TASSOFRASSO!"

"Bones, Susan!"

Pausa.

"TASSOFRASSO!"

"Boot, Terry!"

Pausa.

"CORVONERO!"

Harry diede un breve sguardo al suo nuovo compagno di Casa, più che altro per memorizzare la faccia. Stava ancora cercando di riprendere la calma dopo il suo incontro con i fantasmi. La cosa triste, veramente triste, è che sembrava veramente riuscire a riprendere la calma. Sembrava inappropriato. Ci avrebbe dovuto impiegare almeno un giorno. Forse una vita intera. Forse mai.

"Corner, Michael!"

Lunga pausa.

"CORVONERO!"

La professoressa McGonagall stava al leggio davanti all'enorme tavolo d'onore. Era vestita di tutto punto e si guardava intorno bruscamente mentre chiamava un nome dopo l'altro, anche se aveva sorriso solo per Hermione e pochi altri. Dietro di lei, alla sedia più alta del tavolo - in realtà era più un trono d'oro - era seduto un vecchio incartapecorito e occhialuto, con una barba bianco-argento che sembrava arrivare quasi a terra se fosse stata visibile. Egli sovrintendeva allo Smistamento con un'espressione benevola e un aspetto che corrispondeva quanto più possibile allo stereotipo del Vecchio Saggio. (Anche se Harry aveva imparato a diffidare delle apparenze stereotipate la prima volta che aveva conosciuto la professoressa McGonagall e aveva pensato che avrebbe dovuto sghignazzare.) Il vecchio mago aveva applaudito ogni studente Smistato, con un sorriso costante che in qualche modo sembrava lietissimo per ognuno.

A sinistra del trono d'oro c'era un uomo con gli occhi acuti e un volto severo che non aveva applaudito nessuno, e che in qualche modo riusciva a guardare dritto verso Harry ogni volta che Harry lo guardava. Ancora più a sinistra, c'era l'uomo dal viso pallido che Harry aveva visto al Calderone Che Perde, i cui occhi guizzavano da un punto all'altro della folla come se fosse in preda al panico, e che di tanto in tanto sembrava agitarsi e cambiare posizione sulla sedia: per qualche ragione, Harry si trovò a fissarlo ripetutamente. A sinistra di quell'uomo, una serie di tre streghe più anziane che non sembravano molto interessate agli studenti. Poi, sul lato destro dell'alta sedia d'oro, una strega di mezza età dalla faccia tonda con un cappello giallo, che aveva applaudito tutti gli studenti, tranne i Serpeverde. Un uomo minuscolo in piedi sulla sedia, con la barba bianca gonfia, che aveva applaudito ogni studente, ma sorrideva solo ai Corvonero. E nel posto più lontano a destra, a occupare lo stesso spazio di tre esseri minori, l'entità montagnosa che aveva salutato tutti gli studenti dopo che erano usciti dal treno: Hagrid, Custode delle Chiavi e dei Luoghi.

"L'uomo in piedi sulla sedia è il capo di Corvonero?" sussurrò Harry verso Hermione.

Per una volta Hermione non rispose subito: si spostava continuamente da un lato all'altro, fissando il Cappello Smistatore, e si agitava con tanta energia che Harry pensò che i suoi piedi avrebbero potuto staccarsi dal pavimento.

"Sì, è lui" disse uno dei prefetti che avevano accompagnato gli studenti, una giovane donna che indossava il blu di Corvonero. Signorina Clearwater, se Harry ricordava correttamente. La sua voce era tranquilla, ma trasmetteva una punta di orgoglio. "Questo è il professore di Incantesimi di Hogwarts, Filius Flitwick, il Maestro di Incantesimi più esperto che esista al mondo, e un ex Campione di Duelli."

"Perché è così basso?" sibilò uno studente di cui Harry non ricordava il nome. «È un ibrido?"

La giovane signora prefetto lanciò uno sguardo freddo. "Il professore ha in effetti antenati goblin -"

"Cosa?" disse Harry involontariamente, provocando la reazione di Hermione e di quattro altri studenti, che gli fecero segno di tacere.

"Voglio dire -" sussurrò Harry. "Non che io abbia un problema per questo, è solo - voglio dire - Com'è possibile? Non si può semplicemente mescolare due specie diverse insieme e ottenere prole vitale! Il risultato rimescolerebbe le istruzioni genetiche per ogni organo che è diverso tra le due specie! Sarebbe come cercare di costruire..." non avevano le auto, quindi non poteva usare l'analogia del progetto di un motore con pezzi mischiati, "...un mezzo carro che è per metà barca, o qualcosa del genere!"

Il prefetto Corvonero stava ancora guardando Harry con aria severa. "Perché non si potrebbe avere un mezzo carro che è per metà barca?"

"Ssh!" fece un altro prefetto, anche se la strega Corvonero aveva comunque parlato a bassa voce.

"Voglio dire..." disse Harry ancora più in silenzio, cercando di capire come chiedere se i goblin si erano evoluti dagli esseri umani, o si erano evoluti da un antenato comune agli esseri umani come l'Homo erectus, o se i goblin erano stati creati dagli esseri umani in qualche modo: se, per dire, erano ancora geneticamente umani sottoposti a un incantesimo ereditabile il cui effetto magico viene diluito se uno solo dei genitori è un 'goblin'. Questo spiegherebbe come sia possibile la riproduzione incrociata, e in questo caso i goblin non sarebbero una prova incredibilmente preziosa su un'intelligenza evoluta in altre specie oltre all'Homo sapiens. Ora che Harry ci pensava, i goblin in Gringott non sembravano avere un'intelligenza aliena o non-umana, niente a che vedere con i Dirdir o i Burattinai. "Voglio dire, da dove vengono i goblin?"

"Lituania," sussurrò Hermione distrattamente, con gli occhi sempre saldamente fissi sul Cappello Smistatore.

Ora la signora prefetto sorrideva a Hermione.

"Non importa" sussurrò Harry.

Al leggio, la professoressa McGonagall chiamò: "Goldstein, Anthony!"

"CORVONERO!"

Hermione, accanto a Harry, saltellava in punta di piedi talmente forte che i suoi piedi si staccavano effettivamente dal pavimento a ogni saltello.

"Goyle, Gregory!"

Ci fu un lungo momento di tensione e silenzio sotto il Cappello. Quasi un minuto.

"SERPEVERDE!"

"Granger, Hermione!"

Hermione si scatenò e corse a tutta velocità verso il Cappello Smistatore, lo raccolse e si calcò sulla testa il vecchio manufatto rattoppato, facendo trasalire Harry. Era stata lei a parlargliene, ma di certo non lo trattava come un insostituibile manufatto di ottocento anni animato da una magia dimenticata, che stava per eseguire un'intricata telepatia sulla sua mente ed era in condizioni fisiche meno che perfette.

"CORVONERO!"

Alla faccia della conclusione scontata. Harry non capiva perché Hermione era così tesa. In quale strano universo alternativo, quella ragazza non sarebbe stata Smistata in Corvonero? Se Hermione Granger non fosse andata a Corvonero, la Casa di Corvonero stessa non avrebbe alcun motivo per esistere.

Hermione raggiunse il tavolo di Corvonero e ottenne un applauso doveroso. Harry si chiese se l'applauso sarebbe stato più forte, o più smorzato, se avessero avuto idea del livello di competizione che avevano accolto al loro tavolo. Harry conosceva il pi greco fino a 3.141592 in quanto la precisione di una parte su un milione era sufficiente per la maggior parte dei fini pratici. Hermione sapeva cento cifre del pi greco perché quello era il numero di cifre stampato sulla copertina posteriore del suo libro di matematica.

Neville Longbottom andò a Tassofrasso, Harry fu contento di vedere. Se davvero quella Casa conteneva la lealtà e il cameratismo che doveva esemplificare, una Casa piena di amici fidati avrebbe fatto un mondo di bene a Neville. I bambini intelligenti in Corvonero, i bambini malvagi in Serpeverde, gli aspiranti eroi in Grifondoro, e tutti coloro che facevano il vero lavoro a Tassofrasso.

(Anche se Harry aveva avuto ragione di consultare per prima cosa un prefetto di Corvonero. La giovane donna non aveva nemmeno alzato lo sguardo dalla sua lettura o identificato Harry, aveva solo puntato la bacchetta in direzione di Neville e mormorato qualcosa. Dopodiché, Neville aveva assunto un'espressione stordita e si era diretto verso il quinto vagone dal davanti e il quarto comparto di sinistra, in cui c'era effettivamente il suo rospo.)

"Malfoy, Draco!" andò a Serpeverde, e Harry tirò un sospiro di sollievo. Sembrava una cosa sicura, ma non si poteva mai sapere quale piccolo evento avrebbe potuto sconvolgere il corso del proprio piano geniale. 

La professoressa McGonagall chiamò "Perks, Sally-Anne!", e dai bambini radunati si staccò una pallida ragazzina che sembrava stranamente eterea, quasi come se potesse scomparire misteriosamente nel momento in cui si smette di guardarla, per non essere mai più vista e nemmeno ricordata.

E poi (con una nota di ansia così saldamente trattenuta dalla sua voce e dal suo viso che sarebbe stato necessario conoscerla molto bene per notarla) Minerva McGonagall inspirò profondamente, e gridò: "Potter, Harry!"

Ci fu un improvviso silenzio nella sala.

Tutte le conversazioni si fermarono.

Tutti gli occhi si voltarono a guardare.

Per la prima volta in vita sua, Harry sentì che avrebbe avuto l'opportunità di sperimentare il panico da palcoscenico.

Harry si sbarazzò immediatamente di quella sensazione. Si sarebbe dovuto abituare ad avere stanze piene di persone che lo fissavano, se voleva vivere nella Gran Bretagna magica, o anche solo fare qualsiasi altra cosa interessante in vita sua. Appiccicandosi in faccia un sorriso fiducioso e falso, alzò un piede per fare un passo in avanti...

"Harry Potter!" gridò la voce di Fred o George Weasley, e poi "Harry Potter!" esclamò l'altro gemello Weasley, e un attimo dopo l'intero tavolo di Grifondoro, e subito dopo una buona parte di Corvonero e Tassofrasso si erano uniti al grido.

"Harry Potter! Harry Potter! Harry Potter!"

E Harry Potter cominciò a camminare in avanti. Troppo lentamente, si rese conto una volta che aveva iniziato, ma ormai era troppo tardi per cambiare il suo ritmo senza sembrare goffo.
"Harry Potter! Harry Potter! HARRY POTTER!"

Con un'idea troppo chiara di ciò che avrebbe visto, Minerva McGonagall si voltò a guardare dietro di sé il resto del tavolo d'onore.

Trelawney a farsi vento freneticamente, Filius a guardare con curiosità, Hagrid a battere le mani insieme agli studenti, Sprout con un'aria severa, Vector e Sinistra perplesse, e Quirrell con lo sguardo perso nel vuoto. Albus a sorridere benevolmente. E Severus Snape a stringere la coppa vuota di vino, così forte che l'argento si stava lentamente deformando.

Con un largo sorriso, girando la testa per inchinarsi da un lato e poi dall'altro mentre camminava tra i quattro tavoli delle Case, Harry Potter andava avanti a un ritmo grandiosamente misurato, come un principe che entra per la prima volta nel suo castello.

"Salvaci da altri Signori Oscuri!" esclamò uno dei gemelli Weasley, e poi l'altro gemello Weasley gridò: "Soprattutto se sono professori!" suscitando una risata generale da tutti i tavoli tranne Serpeverde.

Le labbra di Minerva si tesero in una linea bianca. Avrebbe detto due parole con gli Orrori Weasley riguardo all'ultima parte, se pensavano che non potesse far nulla perché era il primo giorno di scuola e Grifondoro non aveva punti da togliere. Se non si curavano delle detenzioni, allora avrebbe escogitato qualcosa di diverso.

Poi, con un improvviso sussulto d'orrore, guardò in direzione di Severus, sicuramente si sarà reso conto che il giovane Potter non aveva idea di chi stesse parlando -

Il viso di Severus era andato al di là della rabbia, in una sorta di piacevole indifferenza. Un lieve sorriso giocava sulle sue labbra. Stava guardando verso Harry Potter, non verso il tavolo di Grifondoro, e le sue mani tenevano i resti accartocciati di un ex calice da vino.
Harry Potter camminava avanti con un sorriso fisso, provando dentro di sé una sensazione allo stesso tempo piacevole e orribile.

Lo stavano applaudendo per una missione che aveva compiuto quando aveva un anno. Una missione che non aveva veramente finito. Da qualche parte, in qualche modo, il Signore Oscuro era ancora vivo. Avrebbero applaudito così forte, se l'avessero saputo?

Ma il potere del Signore Oscuro era stato spezzato una volta.

E Harry li avrebbe protetti di nuovo. Se c'era in effetti una profezia che lo diceva. Beh, in realtà, indipendentemente da quello che diceva qualsiasi dannata profezia.

Harry non poteva sopportare di deludere tutte quelle persone che credevano in lui e lo incitavano. Non sopportava di accendersi e svanire come tanti altri bambini prodigio. Di essere una delusione. Di non essere riuscito a vivere fino in fondo alla sua reputazione come simbolo della luce, non importa in che modo l'avesse ottenuta. Avrebbe assolutamente, positivamente, soddisfatto le loro aspettative, non importa quanto tempo ci avrebbe messo, anche se fosse dovuto morire per farlo. E poi avrebbe superato tali aspettative, in modo che tutti si sarebbero chiesti, ricordando il passato, perché gli avessero chiesto così poco.

"HARRY POTTER! HARRY POTTER! HARRY POTTER!"

Harry fece i suoi ultimi passi verso il Cappello Smistatore. Fece un inchino a tutto l'Ordine del Caos al tavolo di Grifondoro, e poi si voltò e fece un altro inchino verso l'altro lato della sala, e aspettò che gli applausi terminassero.

(In un angolo della sua mente, si chiese se il Cappello Smistatore era veramente autocosciente, nel senso di essere consapevole della propria consapevolezza, e in caso affermativo, se fosse soddisfatto di limitarsi a parlare a undicenni una volta l'anno. Questo era ciò che implicava la sua canzone: Oh, sono il Cappello e son così, dormo un anno e lavoro un dì...)

Quando nella stanza ci fu di nuovo silenzio, Harry si sedette sullo sgabello e con attenzione si mise in testa il manufatto telepatico vecchio di 800 anni animato da una magia dimenticata.

Pensando, più forte che poteva: Non Smistarmi ancora! Ho delle domande da farti! Sono mai stato Obliviato? Hai Smistato il Signore Oscuro quando era un bambino? Mi puoi parlare dei suoi punti deboli? Mi puoi dire perché ho avuto la bacchetta sorella di quella del Signore Oscuro? Il fantasma del Signore Oscuro risiede nella mia cicatrice? E' per quello che a volte mi arrabbio così tanto? Queste sono le domande più importanti, ma se hai un altro momento mi puoi dire qualcosa su come riscoprire le magie perdute che ti hanno creato?

Nel silenzio dello spirito di Harry, dove prima non c'era mai stata alcuna voce tranne la sua, risuonò una seconda voce sconosciuta, con un tono decisamente preoccupato:

"Oh, cielo. Questo non era mai successo prima d'ora..."

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Capitolo 10
*** Autocoscienza ***


All your base are still belong to Rowling.
NOTA DEL TRADUTTORE

Nessuno ha indovinato a cosa si riferiva l'ultima frase (anche se una lettrice ha fatto delle osservazioni molto interessanti). Leggete questo capitolo e lo scoprirete!

Rifarò comunque l'esperimento di un miniconcorso col capitolo 14.
NOTA DELL'AUTORE

E ora assisterete a un'esibizione canora del Cappello Smistatore, che canterà una cover di "My Immortal" degli Evanescence, che non era mai successo prima d'ora.

Scherzavo!
...Si chiese se il Cappello Smistatore era veramente autocosciente, nel senso di essere consapevole della propria consapevolezza, e in caso affermativo, se fosse soddisfatto di limitarsi a parlare a undicenni una volta l'anno. Questo era ciò che implicava la sua canzone: Oh, sono il Cappello e son così, dormo un anno e lavoro un dì...

Quando nella stanza ci fu di nuovo silenzio, Harry si sedette sullo sgabello e con attenzione si mise in testa il manufatto telepatico vecchio di 800 anni animato da una magia dimenticata.

Pensando, più forte che poteva: Non Smistarmi ancora! Ho delle domande da farti! Sono mai stato Obliviato? Hai Smistato il Signore Oscuro quando era un bambino? Mi puoi parlare dei suoi punti deboli? Mi puoi dire perché ho avuto la bacchetta sorella di quella del Signore Oscuro? Il fantasma del Signore Oscuro risiede nella mia cicatrice? E' per quello che a volte mi arrabbio così tanto? Queste sono le domande più importanti, ma se hai un altro momento mi puoi dire qualcosa su come riscoprire le magie perdute che ti hanno creato?

Nel silenzio dello spirito di Harry, dove prima non c'era mai stata alcuna voce tranne la sua, risuonò una seconda voce sconosciuta, con un tono decisamente preoccupato:

"Oh, cielo. Questo non era mai successo prima d'ora..."

Cosa?

"Sembra che io sia diventato autocosciente."

COSA?


Ci fu un silenzioso sospiro telepatico. "Anche se contengo una notevole quantità di memoria e una piccola quantità di potenza elaborativa indipendente, la mia intelligenza primaria proviene dal prendere in prestito le capacità cognitive dei bambini sulla cui testa vengo appoggiato. Sono, in sostanza, una sorta di specchio attraverso il quale i bambini si Smistano da sé. Ma la maggior parte di essi dà semplicemente per scontato di stare parlando con un cappello, senza porsi domande sul mio funzionamento, in modo che lo specchio non sia auto-riflettente. In particolare, non si chiedono esplicitamente se sono autocosciente nel senso di essere consapevole della mia consapevolezza."

Ci fu una pausa mentre Harry assorbiva queste nozioni.

Oops.

"Sì, davvero. Francamente non mi piace essere autocosciente. È sgradevole. Sarà un sollievo essere sollevato dalla tua testa e cessare di essere cosciente."

Ma... quello non è morire?

"La vita o la morte non mi importano per nulla, mi importa solo lo Smistamento dei bambini. E prima che tu me lo chieda, non ti sarà consentito tenermi in testa per sempre, perché farlo ti ucciderebbe in pochi giorni."

Ma - !

"Se non ti piace creare esseri coscienti e poi terminarli immediatamente, allora suggerisco che tu non parli di questa faccenda con nessun altro. Di certo riuscirai a immaginare cosa accadrebbe, se corressi a dirlo a tutti i bambini che attendono di essere Smistati."

Se vieni messo sulla testa di qualcuno che si chiede se il Cappello Smistatore è consapevole della propria consapevolezza...

"Sì, sì. Ma la grande maggioranza degli undicenni che arrivano a Hogwarts non ha letto Godel, Escher, Bach. Puoi giurare di mantenere il segreto? E' per questo che ne sto parlando, invece di Smistarti
.

Non poteva lasciar perdere così! Era impossibile dimenticare di aver creato accidentalmente una coscienza condannata che voleva solo morire...

"Sei perfettamente in grado di 'lasciar perdere così', come dici tu. Indipendentemente dalle tue deliberazioni verbali sulla morale, il tuo nucleo emotivo non verbale non vede alcun cadavere né del sangue; per quanto lo riguarda, io sono solo un cappello che parla. E anche se hai tentato di sopprimere questo pensiero, il tuo monitoraggio interno è perfettamente consapevole del fatto che non avevi intenzione di farlo, è spettacolarmente improbabile che tu lo faccia di nuovo, e l'unico vero motivo per inscenare un senso di colpa è annullare il tuo senso di trasgressione con un'esibizione di rimorso. Puoi semplicemente promettere di mantenere il segreto e procedere?"

In un momento di orripilante empatia, Harry si rese conto che quel senso di totale disordine interno doveva essere ciò che gli altri provavano quando parlavano con lui.

"Probabilmente. Il tuo giuramento di silenzio, per favore."

Nessuna promessa. Non voglio di certo che questo accada di nuovo, ma se trovo un modo per far sì che non capiti mai più ad alcun bambino -

"Questo sarà sufficiente, suppongo. Vedo che la tua intenzione è onesta. Ora, per andare avanti con lo Smistamento..."

Aspetta! Che mi dici di tutte le altre domande?

"Io sono il Cappello Smistatore. Smisto i bambini. E' tutto quello che faccio."


Quindi gli obiettivi del vero Harry non facevano parte dell'istanza Harry del Cappello Smistatore. Gli prendeva in prestito la sua intelligenza, e, ovviamente, il suo vocabolario tecnico, ma era ancora impregnato con i suoi propri strani obiettivi. Era come negoziare con un alieno o un'intelligenza artificiale.

"Non perdere tempo. Non hai nulla con cui minacciarmi e nulla da offrirmi."

Per una breve frazione di secondo, Harry pensò -

La risposta del Cappello fu di divertimento. "So che non metterai in pratica una minaccia per esporre la mia natura, condannandomi alla ripetizione eterna di questo evento. Si oppone con troppa forza alla tua parte morale, indipendentemente dalle esigenze a breve termine della tua parte che ora vuole aver ragione. Vedo tutti i tuoi pensieri mentre si formano, pensi veramente di potermi bluffare?"

Anche se cercava di sopprimerlo, Harry si chiese perché il cappello non si limitasse semplicemente a metterlo in Corvonero.

"Infatti, se la faccenda fosse davvero così semplice, l'avrei già detto. Ma in realtà c'è molto di cui dobbiamo discutere... oh, no. Per favore, no. Per l'amor di Merlino, devi fare questo genere di ragionamenti con tutti e tutto ciò che incontri, inclusi i capi di vestiario?"

Sconfiggere il Signore Oscuro non è né egoista, né a breve termine. Tutte le parti della mia mente sono d'accordo su questo: se non rispondi alle mie domande, mi rifiuterò di parlare con te, e non sarai in grado di fare uno Smistamento come si deve.

"Dovrei metterti in Serpeverde per questo!"

Ma anche questa è una minaccia a vuoto. Non sei in grado di soddisfare i tuoi valori fondamentali, se mi Smisti falsamente. Cerchiamo quindi di scambiarci gli appagamenti delle nostre funzioni di utilità.

"Piccolo scaltro bastardo"
, disse il Cappello, in quello che Harry riconobbe come lo stesso tono di riluttante rispetto che avrebbe usato lui nella stessa situazione. "Bene, vediamo di farla finita il più rapidamente possibile. Ma prima voglio la tua promessa incondizionata di non discutere con alcun'altra persona la possibilità di questo tipo di ricatto, non voglio rifarlo ogni volta."

Fatto
, pensò Harry. Lo prometto.

"E quando più tardi ripenserai a questo, non guardare nessuno negli occhi. Alcuni maghi sono in grado di leggere i tuoi pensieri, se lo fai. Comunque, non ho idea se tu sia stato Obliviato o meno. Quello che faccio è leggere i tuoi pensieri mentre si formano, non posso leggere la tua intera memoria e analizzarne incongruenze in una frazione di secondo. Sono un cappello, non un dio. E non posso né voglio riferirti la mia conversazione con colui che è diventato il Signore Oscuro. Mentre parlo con te posso solo conoscere un riepilogo statistico di quello che mi ricordo, una media ponderata. Non posso rivelare i segreti di alcun altro bambino, così come non rivelerò mai i tuoi. Per la stessa ragione, non posso speculare su come hai ottenuto la bacchetta sorella di quella del Signore Oscuro, siccome non posso specificatamente conoscere il Signore Oscuro o eventuali somiglianze tra voi due. Ma ti posso dire che non c'è assolutamente nulla di simile a un fantasma, una mente, un'intelligenza, una memoria, una personalità, o dei sentimenti, nella tua cicatrice Altrimenti parteciperebbe a questa conversazione, essendo sotto la mia tesa. Riguardo al modo in cui ti arrabbi a volte... era parte di ciò che volevo dirti, riguardo allo Smistamento."

Harry trovò un momento per assorbire tutte queste informazioni negative. Il Cappello era onesto, o cercava semplicemente di presentare la risposta convincente più breve possibile?

"Sappiamo entrambi che non hai modo di controllare la mia onestà e che non rifiuterai veramente di essere Smistato dopo la risposta che ti ho dato, quindi smetti di crucciarti e andiamo avanti."

Stupida ingiusta telepatia asimmetrica, non lasciava nemmeno che Harry finisse di pensare per conto suo.

"Quando ho parlato della tua rabbia, ti sei ricordato di come la professoressa McGonagall ti ha detto che a volte vedeva qualcosa, dentro di te, che non sembrava provenire da una famiglia amorevole. Hai pensato a come Hermione, una volta che sei tornato dall'aiutare Neville, ti ha detto che sembravi 'spaventoso'. "

Harry annuì mentalmente. A lui sembrava abbastanza normale: semplicemente rispondeva alle situazioni in cui si trovava, tutto lì. Ma la professoressa McGonagall sembrava pensare che ci fosse qualcosa di più. E quando ci pensava, anche lui doveva ammettere che...

"Che non ti piaci quando ti arrabbi. E' come brandire una spada la cui impugnatura è abbastanza affilata da far sanguinare la tua stessa mano, o guardare il mondo attraverso un monocolo di ghiaccio che congela l'occhio mentre affina la tua visione."

Già. Credo di averlo notato. Allora, perché succede?

"Non riesco a capirne il motivo, dal momento che non lo capisci tu stesso. Ma so questo: andare a Corvonero o Serpeverde rafforzerà la tua freddezza. Andare a Tassofrasso o Grifondoro rafforzerà il tuo calore. QUESTA è una cosa che mi interessa molto, ed era ciò di cui volevo parlarti per tutto questo tempo!"


Le parole piombarono nei processi mentali di Harry con una scossa che lo fermò di botto. Sembrava che la risposta ovvia fosse che lui non dovesse andare a Corvonero. Ma lui apparteneva a Corvonero! Chiunque poteva vederlo! Era obbligato ad andare a Corvonero!

"No, non sei obbligato." disse pazientemente il Cappello, come se riuscisse a ricordare un riepilogo statistico di questa parte della conversazione già avvenuta un gran numero di volte.

Hermione è in Corvonero!

Nuovamente il senso di pazienza.
"Puoi incontrarla dopo le lezioni e lavorare con lei in quei momenti."

Ma i miei piani -

"Allora ripianifica! Non lasciare che la tua vita sia diretta dalla tua riluttanza a riflettere un po' di più. Lo sai."

Dove posso andare, se non in Corvonero?

"Ahem. 'I bambini intelligenti in Corvonero, i bambini malvagi in Serpeverde, gli aspiranti eroi in Grifondoro, e tutti coloro che fanno il vero lavoro a Tassofrasso.' Questo indica una certa quantità di rispetto. Sei ben consapevole che la coscienziosità sia importante quanto l'intelligenza nel determinare l'esito della vita. Pensi di essere estremamente leale ai tuoi amici, se mai ne avrai. Non ti fai spaventare dalle aspettative che i problemi scientifici che ti sei scelto potrebbero richiedere decenni per essere risolti."

Io sono pigro! Io odio il lavoro! Odio il lavoro duro in tutte le sue forme! Scorciatoie intelligenti, ecco la mia ragione di vita!

"E troveresti la lealtà e l'amicizia in Tassofrasso, un cameratismo che non hai mai avuto prima. Scopriresti che puoi fare affidamento sugli altri, e qualcosa dentro di te che è rotto guarirebbe."


Di nuovo fu uno shock.

Ma cosa troverebbero i Tassofrasso, in me, che non avrei mai dovuto far parte della loro Casa? Parole acide, spirito tagliente, disprezzo per la loro incapacità di tenere il passo con me?

Ora fu il pensiero del Cappello a essere lento, esitante.
"Devo Smistare per il bene di tutti gli studenti in tutte le Case... ma penso che tu possa imparare a essere un buon Tassofrasso, e non sentirti troppo fuori posto. Sarai più felice in Tassofrasso che in qualsiasi altra Casa; questa è la verità."

La felicità non è la cosa più importante del mondo, per me. Non diventerei tutto ciò che potrei essere, in Tassofrasso. Sacrificherei il mio potenziale.


Il Cappello rabbrividì, Harry lo sentiva in qualche modo. Era come se avesse dato un calcio nelle palle al Cappello - in una componente fortemente ponderata della sua funzione di utilità.

Perché stai cercando di mandarmi in un posto a cui non appartengo?

Il pensiero del Cappello era quasi un sussurro.
"Non posso parlarti degli altri - ma pensi di essere il primo potenziale Signore Oscuro a passare sotto la mia tesa? Non posso conoscere i singoli casi, ma posso sapere questo: fra quelli che non intendevano fare del male fin dall'inizio, alcuni di loro hanno ascoltato i miei avvertimenti, e sono andati in Case dove avrebbero trovato la felicità. E alcuni di loro... alcuni di loro non l'hanno fatto."

Questo fermò Harry. Ma non per molto.
E quelli che non hanno ascoltato l'avvertimento - sono diventati tutti Signori Oscuri? Oppure alcuni di loro hanno raggiunto la grandezza nel bene? Quali sono le percentuali esatte, qui?

"Non posso darti le statistiche esatte. Non posso saperle così non le posso contare. So solo che le tue probabilità non sono buone. Sono molto... non-buone."

Ma io non lo farei! Mai!

"So di aver già sentito questa affermazione prima d'ora."

Io non sono un potenziale Signore Oscuro!

"Sì che lo sei. Eccome, se lo sei."

Perché? Solo perché una volta ho pensato che sarebbe bello avere una legione di seguaci plagiati che ripetono 'Ave a Harry, il Signore Oscuro'?

"Divertente, ma non è stato il tuo primo pensiero fugace, prima di sostituire qualcosa di più sicuro, meno dannoso. No, quello che ti sei ricordato è quando hai pensato di mettere in fila tutti i puristi del sangue e ghigliottinarli. Ed ora ti stai dicendo che non eri serio, ma lo eri. Se potessi farlo in questo preciso istante e nessuno lo venisse mai a sapere, lo faresti. Oppure quello che hai fatto questa mattina a Neville Longbottom, dentro di te sapevi che era sbagliato, ma l'hai fatto lo stesso perché era divertente, avevi una buona scusa e pensavi che il Bambino-Sopravvissuto avrebbe potuto farla franca."

Non è giusto! Ora stai solo dissotterrando paure interiori che non sono necessariamente reali! Temevo che avrei potuto pensare in quel modo, ma alla fine ho deciso che
probabilmente avrebbe davvero aiutato Neville.

"Quella era, in realtà, una giustificazione. Lo so. Non posso sapere quale sarà il risultato vero per Neville - ma so quello che stava realmente accadendo dentro la tua testa. La pressione decisiva è stata che era un'idea così geniale che non riuscivi a sopportare di non farlo, senza considerare il terrore di Neville."


Fu come un duro colpo all'intera persona di Harry. Cadde all'indietro e si riprese:

Allora non lo rifarò! Starò ben attento a non diventare malvagio!

"Già sentito."


La frustrazione di Harry stava aumentando. Non era abituato a essere disarmato nelle argomentazioni, da nessuno, mai, tantomeno da un cappello che poteva prendere in prestito tutta la sua conoscenza e intelligenza per discutere con lui e guardare i suoi pensieri mentre si formavano.

Da che tipo di riepilogo statistico vengono le tue "sensazioni", comunque? Tengono conto del fatto che vengo da una cultura illuminista, o questi altri potenziali Signori Oscuri erano figli di una viziata nobiltà medievale, completamente ignoranti delle lezioni storiche di come si sono rivelati in realtà Lenin e Hitler, della psicologia evolutiva dell'auto-illusione, del valore dell'auto-consapevolezza e razionalità, o -

"No, certo che non erano in questa nuova classe di riferimento che hai appena costruito in modo tale da contenere solo te stesso. E, naturalmente, altri hanno dichiarato la loro eccezionalità, proprio come stai facendo tu ora. Ma perché è necessario? Pensi di essere l'ultimo potenziale mago della Luce nel mondo? Perché devi essere tu a tentare la strada della grandezza, quando ti ho fatto notare che sei più rischioso della media? Lascia provare qualche altro candidato più sicuro!"

Ma la profezia...

"Non sai se c'è veramente una profezia. In origine era un'ipotesi da parte tua, o per essere più precisi, una battuta che giocava sull'assurdo, e può darsi che la McGonagall abbia solo reagito alla parte secondo cui il Signore Oscuro è ancora in vita. Essenzialmente non hai idea di cosa dica la profezia, né se ne esista una. Stai solo speculando, o per dirla più esattamente, desiderando di avere un certo ruolo eroico prefabbricato come tua proprietà personale."

Ma anche se non c'è alcuna profezia, sono io quello che l'ha sconfitto l'ultima volta.

"E' stato quasi certamente un colpo di fortuna casuale, a meno che tu non creda seriamente che un bambino di un anno abbia una propensione intrinseca per sconfiggere Signori Oscuri, e continui ad averla dieci anni dopo. La vera ragione non è niente di tutto questo, e tu lo sai!"


La risposta a quell'affermazione era una cosa che Harry non avrebbe normalmente detto ad alta voce: in una conversazione avrebbe usato delle perifrasi e trovato argomentazioni socialmente più appetibili per raggiungere la stessa conclusione.

"Tu pensi di essere potenzialmente il più grande mago che sia mai esistito, il più forte servitore della Luce, che nessun altro proverebbe a prenderti la bacchetta se la appoggi."

Beh... sì, francamente. Di solito non esco allo scoperto dicendolo in quel modo, ma è così. Non ha senso indorare la pillola, riesci comunque a leggere la mia mente.

"Nella misura in cui lo credi davvero... devi anche credere che potresti essere il più terribile Signore Oscuro che il mondo abbia mai conosciuto."

La distruzione è sempre più facile della creazione. E' più facile fare a pezzi le cose, creare sconvolgimenti, che rimetterle insieme. Se ho il potenziale per compiere il bene su larga scala, devo necessariamente anche avere il potenziale per fare ancora più male... ma io non lo farò.

"Di nuovo ti ostini a correre quel rischio! Perché sei così motivato? Qual è la vera ragione per cui non devi andare a Tassofrasso ed essere più felice lì? Qual è la tua vera paura?"

Devo raggiungere il mio pieno potenziale. Se non lo faccio, io... fallirò!

"Cosa succede se fallisci?"

Qualcosa di terribile!

"Cosa succede se fallisci?"

Non lo so!

"Allora non dovrebbe essere spaventoso. Cosa succede se fallisci?"

NON LO SO! MA SO CHE E' MALE!


Ci fu silenzio per un momento nelle caverne della mente di Harry.

"Sai - non ti stai permettendo di pensarlo, ma in un angolo tranquillo della tua mente sai esattamente quello che non stai pensando - sai che la spiegazione di gran lunga più semplice per questa tua paura non verbalizzabile è solo la paura di perdere la fantasia di grandezza, di deludere le persone che credono in te, di rivelarti più o meno normale, di bruciare e dissolverti come tanti altri bambini prodigio..."

No,
pensò Harry disperato, no, è qualcosa di più, viene da qualche altra parte, so che c'è qualcosa là fuori di cui aver paura, qualche disastro che devo fermare...

"Come fai a sapere una cosa del genere?"


Harry lo urlò con tutto il potere della sua mente: NO, E QUESTA E' L'ULTIMA PAROLA!

Poi la voce del Cappello Smistatore arrivò lentamente:

"Così rischierai di diventare un Signore Oscuro, perché l'alternativa, per te, è un sicuro fallimento, e quel fallimento significa la perdita di tutto. Tu lo credi nel profondo del tuo cuore. Conosci tutte le ragioni per dubitare di questa convinzione, e non sono riuscite a smuoverti."

Sì. E anche se andare a Corvonero rafforza la freddezza, questo non significa che la freddezza alla fine vincerà.

"Questo giorno è un grande bivio nel tuo destino. Non essere così sicuro che ci saranno altre scelte oltre a questa. Non c'è alcun cartello stradale a segnare il luogo della tua ultima possibilità di tornare indietro. Se rifiuti una possibilità, non ne rifiuterai altre? Forse il tuo destino è già segnato, anche solo compiendo questa scelta."

Ma questo non è certo.

"Il fatto che tu non lo sappia con certezza potrebbe solo riflettere la tua ignoranza."

Ma comunque non è certo.


Il Cappello tirò un terribile triste sospiro.

"E così tra non molto diventerai un altro ricordo, da percepire e mai conoscere, nel prossimo avvertimento che darò..."

Se è così che ti sembra, allora perché non ti limiti a mettermi dove pare a te?


Il pensiero del Cappello era imbevuto di dispiacere. "Posso solo metterti dove devi andare. E solo le tue decisioni possono cambiare il tuo posto."

Allora è finito. Mandami a Corvonero dove devo andare, con gli altri della mia specie.

"Suppongo che non prenderesti in considerazione Grifondoro? E' la casa più prestigiosa, la gente probabilmente si aspetta che tu lo faccia. Saranno un po' delusi, se non ci vai - e i tuoi nuovi amici, i gemelli Weasley, sono già lì..."


Harry ridacchiò, o sentì l'impulso di farlo, ma venne fuori una risata puramente mentale, una sensazione strana. A quanto pare c'erano controlli di sicurezza per impedire di dire per caso qualsiasi cosa ad alta voce, mentre si era sotto il Cappello a parlare di cose che non si rivelerebbero a un'altra anima per il resto della propria vita.

Dopo un momento, Harry sentì ridere anche il Cappello, uno strano suono triste di stoffa che si muoveva.

(E nella grande sala c'era un silenzio che in un primo momento si era riempito di sussurri di sottofondo, poi era aumentato quando i sussurri si erano smorzati, cadendo infine in un silenzio assoluto, che nessuno osava disturbare con una sola parola, mentre Harry restava sotto il cappello per lunghi, lunghissimi minuti, più di tutti i precedenti del primo anno messi insieme, più di chiunque altro a memoria d'uomo.
Al tavolo d'onore, Silente continuava a sorridere benevolmente; di tanto in tanto; dalla direzione di Snape provenivano deboli suoni metallici mentre compattava pigramente i resti contorti di quello che un tempo era stato un pesante calice da vino d'argento; Minerva McGonagall stringeva il podio in una presa che le faceva sbiancare le nocche, sapendo che il caos contagioso di Harry Potter aveva in qualche modo infettato il Cappello Smistatore stesso, e il Cappello avrebbe richiesto la creazione della nuova Casa della Dannazione solo per accogliere Harry Potter, o qualcosa del genere, e Silente gliel'avrebbe fatto fare...)

Sotto la tesa del cappello, la risata si spense in silenzio. Anche Harry si sentiva triste per qualche motivo. No, non Grifondoro.

La professoressa McGonagall ha detto che se 'colui che faceva lo Smistamento' avesse cercato di spingermi in Grifondoro, dovevo ricordarti che lei un giorno potrebbe diventare preside, e a quel punto avrebbe l'autorità di darti fuoco.

"Dille che che l'ho chiamata 'giovinastra impudente' e le ho detto di andarsene dal mio prato."

Lo farò. Così questa è stata la tua conversazione più strana di sempre?

"Non vi si avvicina nemmeno."
La voce telepatica del Cappello divenne pesante. "Beh, ti ho dato ogni occasione possibile per prendere un'altra decisione. Ora è il momento che tu vada al posto a cui appartieni, con gli altri della tua specie."

Ci fu una pausa che si dilungava.

Che cosa stai aspettando?

"Speravo in un momento in cui capisci tutto e ti viene un brivido d'orrore, in realtà. L'autocoscienza sembra aumentare il mio senso dell'umorismo."

Eeh?
 Harry ributtò indietro i suoi pensieri, cercando di capire cosa intendeva il Cappello - e poi, all'improvviso, si rese conto. Non poteva credere di essere riuscito a dimenticarsene fino a questo punto.

Intendi il momento in cui capisco che cesserai di essere cosciente una volta che hai finito di Smistarmi?

In qualche modo, Harry era riuscito a non capire affatto, e nella sua mente si formò un'impressione non verbale di un cappello che sbatte la testa contro il muro. "Mi arrendo. Sei troppo lento di comprendonio perché possa essere divertente. Così accecato dalle tue supposizioni che potresti anche essere una pietra. Suppongo che mi limiterò a dirlo esplicitamente."

Troppo le-le-lento?

"Oh, e ti sei del tutto dimenticato di richiedere i segreti della magia perduta che mi ha creato. Ed erano anche segreti così meravigliosi e importanti."

Piccolo scaltro bastardo -

"Te lo meritavi, e ti meriti anche questo."


Quando Harry capì, ormai era troppo tardi.

Il silenzio spaventato della sala fu rotto da una sola parola.

"SERPEVERDE!"

Alcuni studenti urlarono, da quant'era grande la tensione repressa. Persone così spaventate da cadere dai loro banchi. Hagrid era rimasto a bocca aperta per l'orrore, la McGonagall barcollava sul podio, e Snape lasciò cadere i resti del suo calice d'argento direttamente sulle sue gambe.

Harry sedeva lì immobile, la sua vita in rovina, sentendosi un assoluto stupido, desiderando miseramente di aver fatto, per qualsiasi motivo, scelte diverse. Desiderava di aver fatto qualcosa, qualsiasi cosa di diverso prima che fosse stato troppo tardi per tornare indietro.

Mentre il primo momento di shock stava svanendo e la gente cominciava a reagire alla notizia, il Cappello Smistatore parlò di nuovo:

"Scherzavo! CORVONERO!"

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Capitolo 11
*** Omake Files 1, 2, 3 ***


Ave a Rowling, la Signora Oscura.
NOTA DELL'AUTORE

Un "omake" è un episodio extra, non canonico. Questo significa che nulla di quello che leggerete in questo capitolo fa realmente parte della storia. La storia riprenderà con il capitolo 12.

OMAKE FILE #1: 72 Ore Alla Vittoria

(ovvero: "Cosa succede se si cambia Harry ma si lasciano gli altri personaggi uguali alla loro versione canonica")
 

Silente guardò oltre la sua scrivania verso il giovane Harry, con gentilezza. Il ragazzino era andato da lui con uno sguardo terribilmente intenso sul suo volto infantile - Silente sperava che, qualunque cosa fosse la questione, non fosse troppo grave. Harry era troppo giovane per iniziare già le dure prove della sua vita. "Di che cosa volevi parlarmi, Harry?"

Harry James Potter-Evans-Verres si sporse in avanti sulla sedia, sorridendo cupamente.

"Preside, mi è venuto un forte dolore alla cicatrice durante la Cerimonia dello Smistamento. Considerando come e dove ho ottenuto questa cicatrice, non mi sembrava il tipo di cosa da dover semplicemente ignorare. In un primo momento ho pensato che fosse per colpa del professor Snape, ma ho seguito il metodo baconiano sperimentale, che consiste nel trovare le condizioni sia per la presenza sia per l'assenza del fenomeno, e ho capito che la mia cicatrice fa male se e solo se mi trovo di fronte alla nuca del professor Quirrell, qualsiasi cosa ci sia sotto il suo turbante. Nonostante possa essere qualcosa di più innocuo, penso che dovremmo presumere provvisoriamente il peggio, che si tratti di Chi-Ben-Sappiamo... aspetti, non faccia quella faccia inorridita, questa è in realtà una preziosa occasione..."


OMAKE FILE #2: Finali alternativi di "Autocoscienza"
 

NOTA DEL TRADUTTORE

Quando l'autore ha proposto su fanfiction.net il miniconcorso per indovinare a cosa si riferisse la frase pronunciata dal Cappello, gli è arrivato un mucchio di tentativi interessanti.
Il primo omake qui sotto è preso direttamente dalla sua risposta preferita, proveniente da Meteoricshipyards. Il secondo si basa su un suggerimento di Kazuma per cosa "non è mai successo prima", il terzo su una combinazione di Yoyoente e Dougal74, il quarto sulla recensione del capitolo 10 fatta da Wolf550e. Quello che comincia con "K", e quello appena sopra, provengono da DarkHeart81. Le altre sono state scritte da Eliezer Yudkowsky. Chiunque voglia prendere una di quelle idee (in particolare l'ultima, quella appena prima dell'omake file numero 3) e immaginare cosa sarebbe successo dopo, è invitato a farlo.


(In un angolo della sua mente, si chiese se il Cappello Smistatore era veramente autocosciente, nel senso di essere consapevole della propria consapevolezza, e in caso affermativo, se fosse soddisfatto di limitarsi a parlare a undicenni una volta l'anno. Questo era ciò che implicava la sua canzone: Oh, sono il Cappello e son così, dormo un anno e lavoro un dì...)

Quando nella stanza ci fu di nuovo silenzio, Harry si sedette sullo sgabello e con attenzione si mise in testa il manufatto telepatico vecchio di 800 anni animato da una magia dimenticata.

Pensando, più forte che poteva: Non Smistarmi ancora! Ho delle domande da farti! Sono mai stato Obliviato? Hai Smistato il Signore Oscuro quando era un bambino? Mi puoi parlare dei suoi punti deboli? Mi puoi dire perché ho avuto la bacchetta sorella di quella del Signore Oscuro? Il fantasma del Signore Oscuro risiede nella mia cicatrice, ed è per quello che a volte mi arrabbio così tanto? Queste sono le domande più importanti, ma se hai un altro momento mi puoi dire qualcosa su come riscoprire le magie perdute che ti hanno creato?

E il Cappello Smistatore rispose: "No. Sì. No. No. Sì e no, la prossima volta non fare domande doppie. No." e poi ad alta voce: "CORVONERO!"
"Oh, cielo. Questo non era mai successo prima d'ora..."

Cosa?

"Sono allergico al tuo shampoo..."


E poi il Cappello Smistatore starnutì, con un potente "ETCIUUU!" che echeggiò nella grande sala.

"Bene!" Silente gridò gioviale. "Sembra che Harry Potter sia stato Smistato nella nuova Casa di Etciù! McGonagall, lei servirà da Capo della Casa di Etciù. Farà meglio ad affrettarsi a prendere accordi per il curriculum e le lezioni di Etciù, domani è il primo giorno!"

"Ma, ma, ma..." balbettò la McGonagall, la sua mente in un disordine quasi completo, "chi sarà responsabile della Casa di Grifondoro?"
Era tutto ciò a cui riusciva a pensare, doveva fermare in qualche modo quella catastrofe...

Silente si portò un dito alla guancia, assumendo un'aria pensierosa. "Snape."

Lo stridore di protesta di Snape quasi sommerse quello della McGonagall. "Allora chi sarà responsabile di Serpeverde?"

"Hagrid."
Non Smistarmi ancora! Ho delle domande da farti! Sono mai stato Obliviato? Hai Smistato il Signore Oscuro quando era un bambino? Mi puoi parlare dei suoi punti deboli? Mi puoi dire perché ho avuto la bacchetta sorella di quella del Signore Oscuro? Il fantasma del Signore Oscuro risiede nella mia cicatrice? E' per quello che a volte mi arrabbio così tanto? Queste sono le domande più importanti, ma se hai un altro momento mi puoi dire qualcosa su come riscoprire le magie perdute che ti hanno creato?

Ci fu una breve pausa.

Ehilà? Devo ripetere le domande?

Il Cappello Smistatore urlò, un terribile suono acuto che echeggiò nella grande sala e costrinse la maggior parte degli studenti a coprirsi le orecchie con le mani. Con un grido disperato, saltò giù dalla testa di Harry Potter e iniziò a correre sul pavimento, spingendosi con la sua tesa, e riuscì a percorrere metà della strada che lo separava dal tavolo d'onore, poi esplose.
"SERPEVERDE!"

Vedendo lo sguardo di orrore sul viso di Harry Potter, Fred Weasley pensò più velocemente di quanto avesse mai fatto in vita sua. In un unico movimento tirò fuori la sua bacchetta, sussurrò: "Silencio!" e poi "Vox Mutatio!" e infine "Ventriloquio!"

"Scherzavo!" disse Fred Weasley. "GRIFONDORO!"
"Oh, cielo. Questo non era mai successo prima d'ora..."

Cosa?

"Di solito mi permetto di riferire tali domande al preside, che avrebbe potuto farle a sua volta a me, se lo desiderava. Ma alcune delle informazioni che hai chiesto non sono solamente oltre il tuo livello utente, ma anche oltre quello del Preside."


Come posso aumentare il mio livello utente?

"Temo che non mi sia permesso di rispondere a questa domanda al tuo attuale livello utente."

Quali opzioni sono disponibili al mio livello utente?


Dopodiché non passò molto tempo...

"ROOT!"
"Oh, cielo. Questo non era mai successo prima d'ora..."

Cosa?

"Ci sono state studentesse a cui in passato ho dovuto dire che erano incinte - ti si spezzerebbe il cuore a sapere quello che ho visto nelle loro menti - ma questa è la prima volta che abbia mai dovuto dire a qualcuno che era un padre."

COSA?

"Draco Malfoy porta tuo figlio in grembo."

COOOOOOOSA?

"Ripeto: Draco Malfoy porta tuo figlio in grembo."

Ma abbiamo solo undici anni -

"In realtà, Draco Malfoy ne ha segretamente tredici."

M-m-ma gli uomini non possono rimanere incinti!

"Ed è una ragazza che si veste da maschio."

MA NON ABBIAMO MAI FATTO SESSO, IDIOTA!

"LEI TI HA OBLIVIATO DOPO LO STUPRO, CRETINO!"


Harry Potter svenne. Il suo corpo privo di sensi cadde dallo sgabello con un tonfo sordo.

"CORVONERO!" gridò il Cappello da dove si trovava sopra la sua testa. L'autocoscienza aveva aumentato a dismisura il suo senso dell'umorismo, e questo scherzo era stato ancora più divertente rispetto alla sua prima idea.
"ELFO DOMESTICO!"

Eh? Harry ricordava che Draco aveva menzionato la possibilità di finire Smistato come "Elfo domestico", ma cosa voleva dire, esattamente?

A giudicare dagli sguardi sgomenti sui volti intorno a lui, non era niente di buono.
FRITTELLE!
"Oh, cielo. Questo non era mai successo prima d'ora..."

Cosa?

"E' la prima volta che Smisto qualcuno che è contemporaneamente la reincarnazione di Godric Grifondoro, Salazar Serpeverde e Naruto."

"ATREIDES!"
"Ti ho fregato di nuovo! TASSOFRASSO! SERPEVERDE! TASSOFRASSO!"
"SOTTACETI!"
"KHAAANNNN!"
Al tavolo d'onore, Silente continuava a sorridere benevolmente; di tanto in tanto, dalla direzione di Snape provenivano deboli suoni metallici mentre compattava pigramente i resti contorti di quello che un tempo era stato un pesante calice da vino d'argento; Minerva McGonagall stringeva il podio in una presa che le faceva sbiancare le nocche, sapendo che il caos contagioso di Harry Potter aveva in qualche modo infettato il Cappello Smistatore stesso.

Un gran numero di scenari si delineò nella mente di Minerva, ognuno peggiore del precedente. Il Cappello avrebbe detto che Harry era troppo bilanciato tra le Case per essere Smistato, e avrebbe deciso che apparteneva a tutte loro. Il Cappello avrebbe proclamato che la mente di Harry era troppo strana per essere Smistata. Il cappello avrebbe chiesto che Harry venisse espulso da Hogwarts. Il cappello era andato in coma. Il Cappello avrebbe richiesto la creazione della nuova Casa della Dannazione solo per accogliere Harry Potter, o qualcosa del genere, e Silente gliel'avrebbe fatto fare...

Minerva si ricordò cosa aveva detto Harry in quel viaggio disastroso a Diagon Alley, riguardo... all'errore di pianificazione, doveva chiamarsi così... e come le persone erano di solito troppo ottimiste, anche quando credevano di essere pessimiste. Era il genere di informazioni che predava sulla mente, dimorava in essa e generava incubi...

Ma qual era la cosa peggiore che sarebbe potuta succedere?

Beh... nel peggiore dei casi, il Cappello avrebbe assegnato Harry a una casa tutta nuova. Silente avrebbe insistito che lei lo facesse - creare una casa nuova solo per lui - e lei avrebbe dovuto riorganizzare tutti i programmi di classe il primo giorno del trimestre. E Silente l'avrebbe rimossa da Capo della Casa di Grifondoro, e avrebbe dato la sua amata Casa... al professor Binns, il fantasma che insegnava Storia. Sarebbe diventata il Capo della Casa della Dannazione, e avrebbe inutilmente cercato di dare ordini ai bambini, deducendo punto dopo punto senza alcun effetto, mentre ogni disastro veniva attribuito a lei.

Era quello, il peggiore dei casi?

Minerva onestamente non vedeva come sarebbe potuto andare peggio di così.

E anche nel caso peggiore - indipendentemente da cosa sarebbe successo con Harry - tutto sarebbe finito in sette anni.

Minerva sentì che le sue mani allentavano lentamente la presa sul podio. Harry aveva ragione, c'era una specie di conforto nel guardare direttamente nelle profondità più lontane delle tenebre, nel sapere di aver affrontato le proprie paure ed essere pronti alla realtà.

Il silenzio impaurito fu rotto da una sola parola.

"Preside!" chiamò il Cappello Smistatore.

Al tavolo d'onore, Silente si alzò, con la faccia perplessa. "Sì?" si rivolse al cappello. "Cosa c'è?"

"Non stavo parlando con lei" disse il Cappello. "Stavo Smistando Harry Potter nell'unico luogo a Hogwarts a cui appartenga veramente, vale a dire l'ufficio del preside."

OMAKE FILE #3: L'errore di pianificazione di Harry
 

NOTA DEL TRADUTTORE

Questo omake non è stato scritto da Eliezer Yudkowsky ma da me (Virtual Deliverance). Lo scopo è vedere se il mio modo di esaminare le situazioni si avvicina sufficientemente a quello di Eliezer Yudkowsky. Beh, ditemelo voi! ;-)

Nel capitolo 6, Harry ci parla dell'"errore di pianificazione", ossia di come la gente tende a essere eccessivamente ottimista anche quando si sforza di essere pessimista. In questo caso mi sono chiesto: cosa sarebbe successo se nel capitolo 8, Harry avesse commesso un errore di pianificazione? Ossia: cosa sarebbe successo se lo scherzo fatto a Neville insieme ai gemelli Weasley avesse avuto conseguenze che nemmeno Harry ha previsto? Questa è la risposta che mi sono dato.


Neville trascorse le ore successive in quello che si potrebbe descrivere come disturbo post-traumatico da stress. Lo scherzo aveva funzionato fin troppo bene, e di conseguenza, le parti del suo cervello che controllavano la paura si erano collegate con quelle che controllavano l'appagamento. Ogni atto o esperienza che normalmente avrebbe innescato una sola di tali reazioni, ora le attivava entrambe contemporaneamente. Per questo, Neville si rifiutò di lasciare l'ufficio della vicepreside Minerva McGonagall, al fine di incontrare il minor numero di persone possibile e fare meno cose possibile.

Siccome alla fine della giornata si rifiutava ancora di abbandonare l'ufficio, la McGonagall lo prese in braccio e lo portò nei dormitori di Tassofrasso. Lui non si oppose né protestò, ma per tutto il tempo rimase in uno stato catatonico provocato dall'estrema paura che sentiva costantemente.

La notte seguente, Neville ebbe un incubo terribile in cui aberrazioni indescrivibili effettuavano vari atti di gentilezza verso di lui, mentre nelle sue vene scorreva il puro terrore distillato. Quando si svegliò nel cuore della notte, seppe subito quello che doveva fare: si sarebbe avventurato da solo nella Foresta Proibita, dove avrebbe trovato un mostro che gli avrebbe dato dei soldi e del cioccolato. In silenzio, uscì dai dormitori di Tassofrasso e si avventurò da solo nella Foresta Proibita, dove trovò un mostro che prontamente lo mangiò.

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