Soul Eater Family

di White_Black
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro ***
Capitolo 2: *** Paura, tensione e abbracci ***
Capitolo 3: *** Ti importa così tanto di me? ***
Capitolo 4: *** Solo un amico? ***



Capitolo 1
*** Incontro ***


Le due donne si abbracciarono, entrambe avevano le lacrime agli occhi. Dopotutto era normale… le due amiche non si vedevano da cinque anni e ognuna aveva sentito molto la mancanza dell’altra. L’ultima volta che si erano parlate era stata la settimana prima per telefono, ma da quando Charlotte era partita per l’America non si erano più viste.
Ma ora, dissolte le cause che l’avevano trattenuta nel continente straniero, lei era tornata in Inghilterra e la prima cosa che aveva fatto era stata prendere un appuntamento per vedere Renè, la sua migliore amica.
-Renè, non ci si vede da un po’! L’ultima volta eri incinta e adesso sei tornata come prima!
-In quanto a non essere cambiate tu non hai rivali! Sei sempre la solita tappetta!- l’unica cosa che impedì a Charlotte di picchiare l’amica fu il figlio, che la afferrò per la manica.
-Mamma, chi è lei?- chiese indicando Renè.
-Lei è una mia cara amica, la puoi chiamare Zia Renè.
-Zia Renè?- ripetè lui sistemandosi il ciuffo nero.
-Come ti chiami?- gli chiese quest’ultima.
-Death the Kid. Ma tutti mi chiamano Kid.
-E quanti anni hai?- gli chiese nuovamente.
-Ne ho fatti cinque la settimana scorsa.- solitamente i bambini ci pensavano un po’ su, prima di rispondere, ma lui non aveva esitato.
-Già così grande? Sei un ometto allora! Ma a proposito di figli… Crona, vieni qui!- alla chiamata della madre, una bambina dai capelli biondo dorato scese dall’auto parcheggiata davanti alle donne. Kid spalancò gli occhi dorati, che si fissarono in quelli della bambina, così blu da sembrare indaco.
-Io sono Crona…- i bambini si strinsero la mano e Kid arrossì leggermente.
-Mi chiamo Kid.- rispose lui un po’ imbarazzato.
-Hey, Charlie!- dall’altra parte della strada una donna dai capelli biondi e ricci come quelli di Charlotte, che teneva due bambini per mano corse verso le due.
-Livia! Se proprio tu?
-Esatto, sono proprio la tua adorata cugi! E ci sono anche i miei piccoli Soul e Maka! Questa è la Zia Charlie! E sta arrivando anche Christine con suo figlio.- Livia non era cambiata per niente, era sempre energica e un po’ pazza.
I suoi figli, gemelli, non potevano essere più diversi. L’una con i codini biondi e dall’aspetto serio e ordinato, l’altro che cercava di sembrare trasandato e arruffato.
Altre tre figure apparvero al margine della strada. Due donne tenevano per mano un bambino e una bambina, e un uomo portava sulle spalle un bimbo che non stava fermo.
-Cristine, Cayla, Fred!- si strinsero in un abbraccio prima delle presentazioni.
-Lui è Franken.- il primo bambino sorrise… un sorriso un po’, anzi molto inquietante. Aveva capelli chiari, quasi bianchi e occhi neri, nascosti dietro un paio di occhiali, la cui lente destra era illuminata da un riflesso luminoso. Una piccola cicatrice sulla fronte, con evidenti punti di sutura, rendeva quel viso da bambino ancor più minaccioso.
-Lei è Tsubaki.- Cayla presentò una bambina dai capelli neri e lunghi, raccolti in una coda, che si indovinava molto gentile. Il suo viso era sorridente e i suoi occhi brillavano.
-E lui è…- Fred non fece in tempo a finire la frase.
-Io sono il grande Black Star!- urlò il bambino alzandosi in piedi sulle spalle del padre. Aveva i capelli sparati in tutte le direzioni e un paio di occhioni azzurri, che sembravano urlare felicità al mondo intero.
-Wow.- commentò Charlotte.
-Allora, perché sei tornata così all’improvviso?
-Non ne potevo più dell’America. Così sono tornata senza pensarci due volte.- rispose Charlotte alla domanda di Fred, il fratello.
-Capisco.
Intanto i bambini si erano posizionati a cerchio e cercavano di fare conoscenza. Ma si era già capito che avrebbero stretto un legame impossibile da spezzare o dissolvere.
-Kid, noi dobbiamo andare, dobbiamo sistemare le nostre cose.- i due se ne andarono dopo aver salutato il gruppo, salirono in macchina e sgommarono via.
-Mamma, posso farti una domanda?- chiese Kid a Charlie quando si fermarono per riposare.
-Certo, Kid, cosa c’è?
-Ti volevo chiedere… ma Crona è un angelo?- la madre scoppiò a ridere.
-No, Kid! Ma sono felice che tu la pensi così. In effetti lei è proprio una bella bambina!- Kid arrossì.
-Mamma…
-Che altro c’è, Kiddo?- scompigliò i capelli del bambino e si addormentò all’istante sul divano.
-Hai ragione.- chiuse gli occhi ma il sonno non giunse, tardava ad addormentarsi. L’unica cosa che gli passava davanti agli occhi era il viso di Crona.
Infine si assopì con il cuore leggero e felice.

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Capitolo 2
*** Paura, tensione e abbracci ***


-Charlie!- la chiamò il padre, Alphonse, dalla cucina. Una volta la settimana, lei e Kid facevano visita ai nonni, che ne erano molto felici.
-Cosa c’è, papà?- Charlie stava per addentare una polpetta, ma venne fermata dal padre, allora lei si concentrò su un bicchiere di succo.
-Ho iscritto Kid alla mia scuola.- Charlie sputò il succo di mirtillo per la sorpresa.
-COSA?
-Kid è iscritto alla mia scuola. Sai che io ne sono il preside, no? Ecco qui, ho messo lui, Black Star, Maka, Soul, Crona, suo cugino e Tsubaki nella stessa classe.- Charlotte rabbrividì.
-Ma per “suo cugino” intendi Franken?- Alphonse annuì.
-Perché? Che c’è di male?- ma Charlie non rispose. Nella sua mente vi era l’immagine del figlio torturato da Franken. Scosse forte la testa per scacciare quella visione, e si fece forza pensando che Kid non era solo ma poteva contare su tanti buoni amici.
-Per Franken… non preoccuparti: Renè mi ha detto che ha passato l’estate in un centro per bambini un po’… emh… diversi e ora non dovrebbe sentire più l’impulso di dissezionare le persone. Però tenta ancora di farlo col gatto di famiglia.
-Ah, mi pareva…- Charlie tirò un sospiro di sollievo e Kid fece capolino dalla porta.
Era cresciuto molto in quei mesi che lo separavano dal primo incontro con quelli che erano i suoi migliori amici e che sarebbero diventati i suoi compagni di scuola. Gli occhi erano profondi e chiari come un mare d’oro, quegli occhi che la madre adorava tanto e che osservava come se fossero il più grande dei suoi tesori.
-Mamma, quando si mangia? Ho tanta fame.- si lamentò Kid mettendosi una mano sul pancino.
-Chiedilo a tuo nonno, è lui che cucina. Hai sentito, nonnino, il piccolo Kiddo ha fame! Meno chiacchiere, più cucina!- tutti scoppiarono a ridere, e se Charlie non si fosse accorta del fumo proveniente dalla pentola, il cibo sarebbe andato a fuoco.
-Papà!- bastò quel richiamo per far spegnere il fuoco all’uomo.
-Grazie, Charlie. Se non c’eri tu potevamo dire addio al pranzo. Kid, vai a chiamare la nonna.- il bambino annuì e corse via, tornando qualche secondo dopo con la nonna.
-Buon appetito!- dissero in coro tutti quanti, e in poco tempo le polpette e la pasta sparirono.
-Gnam! Era delizioso e simmetrico!- esclamò Kid appena svuotato il piatto.
Alphonse rivolse a Charlie uno sguardo interrogativo, e lei scosse la testa consigliandogli in silenzio di non rispondere.
Kid abbracciò la madre, che lo prese in braccio, cullandolo come fosse un neonato.
-Kiddo…- mormorò.
I capelli del bambini erano scuri come una notte senza stelle, neri come inchiostro, che coprivano la fronte del bambino in modo disordinato e talvolta oscuravano la vista dei suoi occhi.
I lineamenti delicati del bambino erano già pronti a diventare quelli di un bel ragazzo, e nonostante avesse solo sei anni già mostrava una personalità fuori dal comune, con la fissa per l’ordine e la simmetria.
“Ti voglio bene, Kiddo, non dimenticarlo” pensò Charlie, sorridendo.
 
-Mamma, la scuola è un bel posto?- chiese Franken sistemandosi gli occhiali e illuminando la solita lente.
-Certo, Franken, non preoccuparti.- lo rassicurò Christine sistemandogli i capelli.
-Ci saranno anche gli altri, vero?- gli unici bambini che avevano accettato Franken erano Soul, Maka e lo strano gruppetto conosciutosi per mezzo di parentele e amicizie.
-Ovviamente. Non ti lascerebbero solo, mai e poi mai.
Dietro all’inquietante maschera di Franken si nascondeva un bambino fragile, facilmente preda di offese da parte di coetanei, con un disperato bisogno di un appoggio trovato nei suoi amici.
-E poi a scuola c’è bisogno d’intelligenza, no? È perfetto per te! Ti farai tanti amici, poi quando sarai più grande conoscerai una ragazza, e comincerete a uscire insieme. Maka, che per allora sarà la tua migliore amica, farà finta di essere gelosa, ma in realtà sarà felice per te. Poi tu lascerai quella ragazza, o lei lascerà te. Poi ne conoscerai molte altre fino a quando non incontrerai quella giusta, la sposerai e io avrò tanti bei nipotini!- il bambino non era molto convinto.
-Mamma, a me delle ragazze non importa nulla.
-Quando sarai più grande le ragazze ti importeranno eccome! E ora fila a letto, domani si comincia!- detto questo, Christine tolse gli occhiali al figlio e spense la luce, lanciando la stanza nell’oscurità.
Ma non c’erano problemi. Franken non aveva paura del buio.
 
-Sei pronta per la scuola, Crona?- Renè entrò nella camera della bambina che era in un angolo, abbracciata a un pupazzo a forma di coniglio.
-Mamma, io ho paura… non saprò come comportarmi…- tremava come una foglia, era davvero spaventata dall’idea di andare a scuola. Era il suo primo giorno e lei era davvero timida.
-Ma Crona, non sarai da sola! Ci sono tutti i tuoi amici, Maka, Soul, tuo cugino, Black Star, Kid e Tsubaki!- la rassicurò Renè, senza ottenere grandi risultati.
-Ho paura…- ripeté e scoppiò in lacrime.
Il fragile corpo da bambina era scosso dai singhiozzi, i capelli dorati le coprivano il collo e ondeggiavano allo stesso ritmo delle spalle di Crona. Gli occhi violacei erano appannati da un velo di lacrime.
-Mamma, io non voglio andare a scuola… gli altri sono così sicuri e io sempre paura.
-Smetti immediatamente di dire queste scemenze! Gli altri hanno un’aria sicura solo perché vogliono fare i duri! Pensi forse che non siano emozionati? Ci scommetto che Kid è ancor più spaventato di te, all’idea di andare in una scuola dove non tutto è simmetrico!- questa volta Crona rise.
-Vedi, continua con questo spirito!- le disse Renè, prima di darle un bacio sulla pallida guancia.
 
Maka e Soul si tenevano per mano, cercando in quel legame fraterno la forza di salire sull’auto la cui meta era già prefissata.
-S-soul, tu non hai paura, vero?- chiese Maka con un filo di voce.
-Certo che no!- rispose lui, gonfiano il petto.
-Ma se stai tremando!
-Hey, ragazzi! Il grande…
-Black Star è qui! Lo sappiamo.- dissero i gemelli in coro cercando di abbassare la cresta al bambino, senza riuscirci.
-Sono così famoso che ormai i miei fan conoscono le mie battute e memoria! Yahoo!- urlò.
-Santo cielo.- mormorò Soul sospirando.
-Forza, Soul, non ti abbattere! Il mio splendido sorriso ti tirerà su!
-L’ultima cosa che ci serve è un altro dei tuoi sorrisi, Black Star!- ribatté Maka, in fondo felice di avere un amico simile.
 
Tsubaki si sistemò la lunga coda nera e non si accorse che “lo zio Fred” le era dietro, almeno fino a quando non la prese in braccio.
-Hey, piccola Tsubaki, sei bellissima!- lei arrossì, ma in fondo era normale: lo zio Fred si comportava sempre così.
-Ciao, zio Fred.- rispose mentre veniva posata a terra e un crescente abbaiare precedeva l’arrivo di Crona. D’improvviso i versi cessarono, sostituiti dal lamentarsi di Kid.
-Togliti, stupido cane! Se non obbedisci…- la bambina intravide il cane che teneva inchiodato Kid per terra e gli leccava la faccia.
-A cuccia, Ragnarock.- disse Crona e il cane obbedì, lasciando Kid pieno di bava e ansimante.
Il pelo era nero e le orecchie gli cadevano lunghe ai lati del muso scuro. Il particolare che rendeva il cucciolo unico era la croce bianca sul fianco, una netta ‘x’.
-Bravo, Ragnarock! Forza, prendi l’osso!- lanciò il giocattolo di gomma piuttosto lontano, per la gioia di Kid.
-René, il cane di tua figlia ha sbavato sulla bozza del mio libro!- Charlie sventolava il cane in aria per il collare. Perdeva bava, che formava una pozza per terra.
-Oh, Charlie, è normale. Non sai quante volte mi ha rovinato gli schizzi!- rispose e fermò l’amica prima che gettasse il cane all’aria.
-Beh, io me ne vado! Non ne posso più di questo cane!- lanciò un’occhiata incuriosita al figlio che si puliva la faccia, ma non andò oltre.
-È già sparita? Io non l’ho vista! Ma piccola com’è, è normale.- mormorò Fred.
-È andata di là.- Renè indicò un punto dall’altra parte della strada.
-Perché tu sei l’unica che capisce dove va?
-Andiamo a scuola insieme dalla seconda elementare, mi pare ovvio che lo sappia.- rispose lei accarezzando Ragnarock.
-Io devo andare al lavoro. Se no il capo mi licenzia!
-Allora ci vediamo dopo, quando dobbiamo prendere i bambini! Ciao a tutti!- salutò Christine. Dopo di lei, uno ad uno, se ne andarono anche gli altri.
-E noi che facciamo?- chiese Black Star.
-Entriamo, no?- rispose Kid.
-Adesso?- replicarono Maka e Soul in coro.
-Che c’è di male?- disse Franken sistemandosi gli occhiali.
-Io non so come comportarmi…- mormorò Crona. Ad un certo punto Black Star indicò Tsubaki.
-Facciamo decidere Tsubaki!
-Beh… entriamo!- disse sorridente come al solito. Attraversati i cancelli della scuola, andarono in classe.
Da una fessura nella porta, Alphonse li guardava.
“Ecco, sono già qui. E in men che non si dica, arriveranno anche alle medie e poi al liceo… non c’è nulla che possa fermarli” pensò, felicemente nostalgico.

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Capitolo 3
*** Ti importa così tanto di me? ***


Soul e Maka erano in piedi, appoggiati a un albero. Entrambi indossavano una maglietta verde e un paio di pantaloncini rossi, ai piedi calzavano scarpe da ginnastica ormai rovinate.
-Ragazzi! Il grande, unico, solo Blaaaack Staaaaar è qui!- il ragazzo saltò su un albero puntando l’indice verso il cielo.
-In cielo e in terra, sono io che comand...
-Ciao.- disse Franken.
-Ahhhhh!- urlò Black Star cadendo dal ramo. I gemelli si spostarono appena in tempo per non essere investiti dal cugino.
-Ma che c’è lì?- chiese Maka non appena il battito del ragazzo fu tornato normale.
-C-c-c-c’è Franken!
-Cosa? Franken? QUI?- chiesero in coro Soul e Maka.
-Ciao. Come va lì sotto?- il ragazzo si sporse per salutare gli amici.
-Scendi dall’albero! E non fumare!- gli intimò Maka, ma lui non la ascoltò nemmeno.
-Allora verrò io!- la ragazza cominciò ad arrampicarsi, ma quando arrivò in cima, Franken le soffiò sul viso il fumo della sigaretta e lei tossì, cadendo a sua volta fra le braccia del fratello.
-Che tempismo, cugino! Ma non migliore del mio!- urlò Black Star indicando Soul.
-Maka, che ti ha fatto?
-Mi ha soffiato il fumo addosso. Che schifo! Scendi da lì, se sei un uomo!
-Mmh… Nah.
-Se non scendi vuol dire che sei gay!- tenendosi per le gambe al ramo, a testa in giù disse:
-A chi hai detto gay?
-Oltre che scemo sei anche sordo adesso.
-Parlò quella che ha preso A. Non puoi competere con un’A+.- l’unico risultato che ottenne fu uno schiaffo… che schivò.
-Ti odio! Ti odio!- Maka si morse le labbra per non dire altro.
-Sappi che il sentimento è reciproco.- le parole erano queste, ma il ragazzo scese dall’albero con un salto.
-Sentite, perché non andiamo a vedere le coppie? Spero che ci mettano di nuovo insieme, Maka!- disse Soul cercando di sdrammatizzare la situazione.
-Sì, hai ragione.
Meglio con mio fratello che con lui, pensò, mentre lui continuava a fumare senza calcolarla.
Si trovarono tutti nello spiazzo che i capi avevano scelto come luogo principale per fare gli annunci.
Un grande, anzi grosso, anzi gigantesco, anzi pachidermico capo prese un megafono e ci urlò dentro:
-Io grande capo! Voi piccoli… insetti! Se voi non ubbidire, io schiaccia piccoli insetti! Capito?- silenzio assoluto.
-Ora farete le coppie per dividervi il lavoro! Veloce! Hop hop hop!
Uno dei ragazzi più grandi li divise in due gruppi uguali e scrisse i nomi di tutti i componenti del primo, poi chiamò quelli del secondo a prendere i biglietti.
-Black Star. No un momento! Voglio tornare a casa!- esclamò Soul prendendo il biglietto.
-Ci sono io qui! Il mio sorriso guarisce tutti i mali, cugino!
Maka si avvicinò alla boccia e tirò fuori un biglietto.
-Vediamo chi è… no, lui no! Chiunque, tranne Franken!
-Cosa? No, non è possibile. Franken svegliati! Il tuo cervello sta scherzando infatti sono ancora al centro rieducativo, nel mio letto, che faccio esercizi. Sì, è così. Ora mi danno una sberla.- ma la sberla non arrivò.
-Non sto sognando. PERCHE’?
-Andiamo a montare la tenda, Genius.- gli disse Maka e lui la seguì a malincuore.
Appena arrivati sotto l’albero, Maka cominciò a montare la tenda e Franken sparì fra le foglie e i rami. Unico indizio che si trovava lì era il fumo che lentamente saliva verso il cielo.
-Franken, vieni a dare una mano. E non fumare.- disse Maka picchettando gli angoli della piccola tenda.
-No.
-Allora vengo io.- la ragazza si arrampicò sull’albero e rimase stupita quando si trovò il volto di Franken a pochi centimetri dal suo.
-Ti importa così tanto di me?- Maka mollò istintivamente la presa sul ramo e cadde in piedi, in equilibrio precario.
-Ma se proprio vuoi che ti aiuti…- balzò giù e fermò l’oscillazione della ragazza prima che cadesse. Maka arrossì per il braccio intorno alla vita.
-Lasciami, Genius!
-Con piacere. Comunque qui è messo male.- indicò un anglo della tenda.
-Abbiamo già perso abbastanza tempo, datti una mossa, Genius.- lui sbuffò e aiutò Maka a montare la tenda.
 
-Voi piccoli insetti ora andare a dormire. Se voi parlare io schiaccia voi.- con queste parole il capo Pachiderma diede la buona notte ai ragazzi.
-Girati.- ordinò Maka a Franken, per cambiarsi.
-E non parlare.
-L’unica che ha parlato sei tu.- il ragazzo si girò dall’altra parte e uscì dal sacco a pelo.
-Fa caldo.- disse secco e si tolse gli occhiali.
Maka deglutì: nonostante non volesse ammetterlo, Franken era incredibilmente bello…
Scosse violentemente la testa per scacciare quei pensieri.
No, lui è solo il Genius baka e quattr’occhi.
Con quel pensiero nella testa, la vistosa cicatrice di Franken nella mente, si addormentò e sognò il ragazzo dai capelli chiari che le porgeva di nuovo la domanda.
“Ti importa così tanto di me?”

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Capitolo 4
*** Solo un amico? ***


Capitolo 4-Solo un amico?
 
Maka si svegliò grazie ai pochi raggi di sole che filtravano attraverso il tessuto della tenda. Sbadigliò e si stiracchiò, urtando per sbaglio la figura addormentata di Franken.
-Eh? Che vuoi, cavolo?- chiese inforcando gli occhiali e mettendo a fuoco il viso della ragazza.
-Ti devi alzare! È mattina!- gli disse per nascondere il fatto di averlo svegliato per sbaglio.
-Eh? È presto… fammi dormire…- ribatté lui assonnato con gli occhiali storti.
-Allora? Ti muovi?- gli tirò un cuscino, che lui afferrò e restituì al mittente.
-Non è che mi vuoi?- lei arrossì.
-Cosa? Nessuno ti vorrebbe! Sei solo un brutto pazzo!- mise il broncio.
-Il secondo sì, il primo no. Non sono brutto, anzi, non c’è niente di male se ti piaccio. Saresti solo l’ennesima ragazza.
-Non ti dare arie, semmai è il contrario, sono io che ti piaccio, considerato che non fai altro che chiedermi se mi piaci! E poi sono io quella con tanti pretendenti!
-E dimmi chi sarebbero questi pretendenti…- Maka ci pensò un po’ su.
-Ehm… c’era lui, e lui, e lui, e anche lui! Ma piuttosto dimmi chi sarebbero le tue di ragazze!
-Beh, c’era lei, e lei, e lei, e anche lei!- si guardarono bene e decretarono una cosa:
-Le nostre relazioni sentimentali sono un disastro, ammettiamolo.- disse Maka.
-Questa volta sono d’accordo con te.- rispose Franken.
Dopo caddero in un silenzio imbarazzante che si prolungò per oltre dieci minuti, fino a quando non fu spezzato dal suono del cellulare di Maka. Lei si affrettò a prenderlo e sullo schermo apparve una scritta: “1 nuovo Messaggio”.
Ciao Maka. Sono Crona. Come va lì? Non sai cos’è successo: Kid ha cominciato a parlare della simmetria mentre dormiva! ^_^ Ci vediamo presto salutami Franken! <3
 
Kid crollò sul libro di latino dopo aver finito la versione.
-Io odio il latino…- borbottò quasi come se stesse per morire.
-Ti prego, ti prego, fa’ che sia giusta, ti prego…- in tutta risposta il ragazzo ebbe un “beeeng”, proveniente dalla cucina.
-Ma che diavolo succede?- aprendo la porta della stanza, si trovò davanti la madre, semi-incosciente sul pavimento, e la zia con in mano una padella dal bordo ormai ondulato, che riportava sul fondo il segno della testa di Charlie.
-Hai ucciso mamma!- urlò il ragazzo in preda al panico.
-No, l’ho solo stordita.- disse Renè mostrando la padella.
-Cho-cho-cho-cho-cho…- mormorò la madre come se fosse ubriaca, seguendo delle note strampalate.
-Basta, Charlie!- un altro colpo di padella fece cessare le parole della Black.
-Ma che ha la mamma?- chiese Kid osservando stupito la madre.
-La crisi d’astinenza da cioccolato, non ne mangia da ieri.- spiegò la zia a Kid.
-Che succede?- chiese Crona entrando in cucina.
-Capiti a fagiolo, Crona. Tu e Kid dovete comprare la cioccolata per la zia.- disse René caricandosi l’amica sulle spalle e trasportandola fino al divano.
-Tenete i soldi e sparite! Compratene…- fece alcuni conti mentali.
-Sette kili!
-Cosa?- chiesero in coro i ragazzi.
-Siete ancora qui? Sciò!- Crona e Kid uscirono e si diressero verso il supermercato più vicino.
-Kid!
-Sì?- chiese lui, che stava per infilarsi la mano in tasca, quando la ragazza gliela afferrò.
-Corriamo!- Kid era arrossito, guardava le loro dita intrecciate.
Ma che sta succedendo?, pensò.
-Eccoci!- il telefono di Kid squillò.
-Ehm… io vado dentro, tu rispondi.- lui annuì e prese il cellulare.
-E che caspita vuole ora Soul? Pronto?
-Cugino! Allora, come va il tuo appuntamento?
-Cosa? Ma sei scemo?- chiese il ragazzo.
-Ma sì, tu e Crona, vi tenevate per mano… tutututu.- Kid schiacciò il tasto rosso.
-Insopportabile…- imprecò.
-Kid, mi puoi aiutare?- lui si precipitò da Crona e prese il sacco.
-Grazie. È pesante, ti serve una mano?- scosse la testa e cominciò a camminare verso casa, Crona dopo un attimo di perplessità lo seguì correndo.
-Allora, Kid, hai finito i compiti delle vacanze?
-Mi manca solo la storia e ho finito.- rispose.
-A me manca la versione di latino.
-Io l’ho fatta oggi. Se vuoi te la passo.
Molte cose erano cambiate dall’ultima volta che vi ho parlato di questi due ragazzi. René e Charlie, dopo aver cominciato a collaborare per un libro, avevano deciso di andare a vivere insieme, in una villetta a due piani, con le ovvie conseguenze per Kid…
Aprirono la porta con circospezione, per paura che il “Demone di Cioccolato” li aggredisse durante una crisi.
-Finalmente! Non ne poteva più! Datemi la cioccolata, così la faccio stare zitta!- urlò René non appena i due rientrarono con il sacco della spesa.
-Chi ha detto CHOCO! Datecelo! È il nostro tesssssorrrro! Gollum! Gollum! Waahhh!- la donna bionda fece una faccia terrorizzata.
-Dategliela ora! Sennò sclera! No, aspetta, è già successo molto tempo fa.- ragionò ad alta voce, mentre l’altra si avvicinava in modo inquietante ai due ragazzi.
-Attenta!- dissero questi ultimi in coro allungando il sacco verso Charlie, che subito si rilassò e torno la seria, calma, fredda Charlotte Black.
-Cos’è successo? Ma è choco! Ora ne vado a mangiare un po’.- si allontanò con calma.
-Wow.- riuscì solo a dire Kid.
-Ah, Kid, mentre io ero occupata a tenere buona Charlie, Ragnarock è salito al piano di sopra. Puoi andarlo a prendere?
-Ti accompagno io!- esclamò Crona.
-D’accordo.- disse lui. Salirono al piano superiore e controllarono nella stanza di Crona e in quella di René, ma del cane nessuna traccia.
Allora Kid ebbe uno spiacevole presentimento e andarono di corsa nella camera del ragazza. Se così può essere ancor chiamata: il cane aveva messo sottosopra tutta la stanza, aveva rosicchiato i mobili e preso a morsi il materasso, inoltre si rifiutava di uscire da sotto il letto, nemmeno Crona riuscì nell’impresa.
-La mia camera simmetrica… distrutta da quel cane! Questa è la volta che lo faccio arrosto! Esci di lì, SUBITO, così ti farcisco prima della cottura! Avanti bel cagnolino, esci di lì, ti invito a cena!- scoppiò in una risata satanica.
-Non spaventarlo, non so come comportarmi con i cani spaventati…- il ragazzo si fermò di scatto.
-Scusa, ma la mia stanza… ora come faccio?- le due trentasettenni entrarono nella camera.
-Come cavolo si è ridotta così, Kiddo?
-Non chiamarmi Kiddo! Ho sedici anni e una reputazione da difendere!- la rimproverò lui.
-A quanto pare, dovrai dormire con Crona.
-COSSSSSA?- chiesero i due in coro.
-Che male c’è? Da bambini lo facevate spesso, no?- domandò Charlie.
-Abbiamo sedici anni, mamma!- le ricordò Kid.
-Posso parlarti, Kiddo? In privato.- sorrise e lui la seguì fuori.
-Senti, Kiddo, so che ti piace Crona, ma non è il momento di fare i timidi!
-E tu come, come lo sai?
-Ce l’hai stampato in faccia. Strano che Crona non se ne sia accorta. Piuttosto, dov’è il problema?
-Ehm, mamma, sono passati anni dall’ultima che ho dormito in pigiama. Io ormai dormo in mutande!- le disse Kid.
-Mettiti i pantaloni, allora!- gli consigliò la madre.
-No. Non mi va.- incrociò le braccia.
-Allora, o con Crona, o nel tetto, nudo come un neonato!
Il ragazzo sospirò e accettò la proposta.
 
-Mamma, non voglio dormire con Kid. Non so come comportarmi con i ragazzi…- si lamentò la ragazza con René.
-Crona, ma Kid è solo… un ragazzo. Però, vi conoscete da tanto, e non è la prima volta.
-Una cosa è a cinque e un’altra a sedici, mamma! Non ha senso! Ti prego, mi vergogno un sacco, poi io dormo con la maglietta e basta…
-E mettiti i pantaloni, allora!
-No, non mi va. Mi danno fastidio.- lei si afferrò il braccio sinistro con la destra.
-Allora vai a dormire nuda sul tetto, come una neonata!- spesso Charlie e René dicevano le stesse frasi.
-D’accordo.
Tanto che può succedere? Kid è solo un mio amico d’infanzia… solo un amico, vero?

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