Il Pegno della Luna

di Tinkerbell92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Alla mia migliore amica spuntano le zanne ***
Capitolo 3: *** Vengo spedita ad un campo estivo in pieno Marzo ***
Capitolo 4: *** Mia madre viene a farmi visita al campo degli sciroccati ***
Capitolo 5: *** Ricevo un regalo da parte di una dea ***
Capitolo 6: *** Trovo un altro buon motivo per odiare il Re degli Dèi ***
Capitolo 7: *** Dichiaro ufficialmente guerra a Luke Castellan ***
Capitolo 8: *** La mia prima Caccia alla Bandiera dà il via alla mia vendetta ***
Capitolo 9: *** Il Cleptomane Pervertito si dimostra ancora più stupido del previsto ***
Capitolo 10: *** Mi ritrovo a San Francisco in un battito di ciglia ***
Capitolo 11: *** Una ragazzina ci suggerisce di farci un giretto in barca ***
Capitolo 12: *** Se mai dovessi incontrare Cupido, lo farei pentire di essere nato ***
Capitolo 13: *** Facciamo la conoscenza dell'Incantatrice ***
Capitolo 14: *** Perquisisco degli scheletri rinsecchiti ***
Capitolo 15: *** La Profezia si avvera... o quasi ***
Capitolo 16: *** Ritorno a casa ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 La mia vita non è mai stata facile.
Qualunque scuola frequentassi, prima o poi, accadeva sempre qualcosa di terribile.
In un modo o nell’altro, degli strani eventi, che consideravo pienamente paranormali, sconvolgevano la quiete della mia vita in città.
Ovunque andassi, inevitabilmente, mi ritrovavo sempre in situazioni incredibili, tanto che, arrivata all’esasperazione, cominciai ad auto-convincermi di essere perennemente perseguitata dalla sfortuna.
Ma una parte di me sapeva che la sfortuna non c'entrava niente. Il problema non era qualcosa di esterno o astratto. Il problema ero io.
In realtà, infatti, avevo sempre saputo di non essere normale.
Il mio nome è Leila e sono una ragazza problematica, perennemente agitata, dislessica, lunatica e tremendamente asociale.
Prima di sapere chi fossi veramente, non mi capitava quasi mai di fare amicizia con qualcuno e, nei rari casi in cui accadeva il contrario, di solito rovinavo tutto in un modo che risultava incomprensibile alla mente umana.
Solo gli animali sembravano non dispiacersi della mia compagnia, anzi. Molto spesso mi davano l’impressione di venire a cercarmi. Animali di ogni genere mi raggiungevano, anche nei luoghi più impensabili. Frantumai quasi uno specchio con un urlo, quando mi ritrovai un pacifico alligatore nella vasca da bagno, arrivato da chissà dove.
Ma la cosa ancora più strana era che nessun animale mi aveva mai aggredita, nemmeno i più pericolosi. E, sebbene risultasse strano, mi sembrava quasi di capirli e di essere, a mia volta, capita da loro.
Ovviamente era assurdo.                                       
Per quanto riguarda le mie relazioni al di fuori del mondo animale, posso concludere dicendo che solamente due esseri umani mi erano rimasti sempre amici. Uno di questi era mio padre.
Papà è, almeno all’apparenza, una persona normale. Ha i capelli biondi e gli occhi verdi, come me, ed è abbastanza alto e decisamente attraente. Si chiama James ed è un veterinario, ragion per cui non mi sorprendevo, inizialmente, della mia affinità con gli animali.
Io e lui vivevamo ad Atlanta, in Georgia,  praticamente da quando sono nata. Abitavamo in una villetta a due piani ad Ovest della città, circondati da una moltitudine di animali che popolavano ormai da anni il nostro grande giardino. Non avevo mai conosciuto mia madre.
Forse una parte dei miei problemi dipendeva proprio da quello: infatti, un prestante scapolo di trentaquattro anni, messo bene economicamente e con una figlia avuta da una donna ignota, di sicuro non passava inosservato. Ho perso quasi il conto delle volte in cui ho dovuto far scappare tutte le megere che gli si avvicinavano, alcune delle quali, giuro, non sembravano nemmeno umane ed avevano tentato più volte di uccidermi. Una di loro, ricordo, aveva perfino gli artigli!
Per fortuna, papà non è uno di quei padri idioti che si lasciano abbindolare da sgualdrine malefiche, restando completamente ciechi ed ignorando le proteste dei figli fino a quando non ricevono una bella delusione.
No, lui mi ha sempre creduto e non si è mai lasciato ingannare da un paio di belle gambe ed un sorrisetto falso. Avevamo un bel rapporto, anche se, spesso, avevo come l'impressione che mi nascondesse qualcosa, forse proprio sul conto di mia madre.

L’altra persona, con cui avevo rapporti fissi da qualche anno, era una ragazza dell’Arizona di nome Maggie. Viveva, a detta sua, con una misteriosa zia che non stava mai in casa e non avevo mai visto, se non di sfuggita. Dei suoi genitori non mi aveva mai parlato, ma sapevo, per via di una foto che teneva sempre con sé, che aveva una sorellina più piccola di qualche anno che si chiamava Helen.
Maggie è una ragazza decisamente fuori dal comune. Ha la mia età, ma è sempre stata molto più alta dei miei coetanei. Ha i capelli scuri e lisci, che porta quasi sempre sciolti, e profondi occhi color cioccolato fondente, che si abbinano perfettamente alla sua pelle leggermente ambrata.
E’ anche una dark, infatti si veste sempre di nero, con abiti ed accessori rigorosamente pieni di borchie.
Io e Maggie eravamo amiche dalle medie e, stranamente, lei era l’unica persona che non avevo ancora allontanato, come se tra noi ci fosse stata una chimica particolare che ci aiutasse a restare unite. Questo lo consideravo un fattore positivo, perché Maggie ha una forza decisamente fuori dal normale e quando si arrabbia fa davvero paura. Ma, dall’altro lato, spesso mi sembrava che, come mio padre, mi nascondesse qualcosa, ma qualcosa di davvero grosso. Qualcosa che ero destinata a scoprire in un modo quasi traumatizzante.
 

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Capitolo 2
*** Alla mia migliore amica spuntano le zanne ***


 Era una tranquilla giornata di Marzo e mancavano pochi mesi alla fine dell’anno scolastico.
Ancora non mi sembrava vero: era quasi il mio secondo anno consecutivo alla Space Academy e, nonostante le varie scaramucce che avevano macchiato leggermente la mia carriera scolastica, ero ancora riuscita a non farmi espellere.
Sistemai i libri nel mio armadietto grigio, dando una rapida occhiata allo specchio che avevo attaccato sull’anta. I miei capelli biondi erano delicatamente arricciati e scendevano armoniosi lungo la mia schiena. La mia pelle, un po’ più pallida rispetto a quella della gente normale, era ben idratata e non si vedevano segni di brufoli, che di solito ricoprono la faccia delle quattordicenni.
Ammetto che rimasi soddisfatta. Non sono una fissata del look, però mi piace essere carina.
Mentre richiudevo l’armadietto, Maggie mi si accostò sbuffando ed aprì il suo in modo decisamente poco ortodosso. Non sembrava molto di buon umore, così, quando mi guardò, mi finsi interessata alla catenina con il pendaglio a forma di mezzaluna che portava sempre.
- Ehm… l’hai lucidata?
Alzò un sopracciglio, facendomi rendere conto della stupidità della mia domanda, tuttavia alzò le spalle e si sistemò meglio la felpa nera: - Ieri sera. Iniziava ad essere un po’ opaca.
- Capisco- mormorai, mentre sentivo delle vocette acute che si avvicinavano sempre di più.
Maggie alzò gli occhi al cielo, fingendo di cercare qualcosa nello zaino, mentre io mi voltai con un sospiro, mentre qualcuno mi metteva una mano sulla spalla.
Tiffany Hill, la ragazza più popolare della scuola, mi fissava con un sorrisetto da gallina, attorniata dal suo gruppetto di oche starnazzanti. Nonostante fossimo coetanee, Tiffany dimostrava almeno trent’anni: i capelli biondo platino erano cotonati in un modo esagerato, gli occhi azzurri appesantiti da quintali di ombretto e le labbra a canotto erano impiastricciate di un’abbagliante rossetto tinta rosso corallo, che faceva a pugni con i colori della sua uniforme da cheerleader. 
- Ciao Leila- trillò con la sua vocetta acuta, mentre le altre facevano eco con risolini idioti.
- Ciao Tiffany- risposi, senza abbassare lo sguardo – Devi dirmi qualcosa?-
Altra eco di risolini.
Tiffany mi sorrise angelicamente, sistemandosi i capelli: - Beh, in effetti, do’ una festa questa sera, alla Villa Augusta, e volevo invitarti. Viene praticamente tutta la scuola.
- Ah, una festa- borbottai, mentre Maggie, dietro di me, stava facendo il possibile per trattenersi dal farle a pezzi – Credo… di non avere niente da fare stasera, quindi potrei anche venire…
Sia chiaro, non ero molto entusiasta all’idea di partecipare, anche perché il pensiero di tutta quella gente mi dava la nausea, però l’alternativa era passare la serata davanti alla televisione, come accadeva quasi ogni sera.
Ebbi, per un attimo, il presentimento che avrei rimpianto la mia decisione, ma la mia impulsività ebbe il sopravvento, così dissi di sì.
Tiffany battè le mani con aria infantile: - Splendido! Allora ti aspetto! Ragazze!
Heidi Blunt, una delle sue seguaci, con i capelli neri dal taglio a caschetto, aprì la grande borsa rosa che portava a tracolla e tirò fuori una busta bianca e rosa profumata. La diede a Beverly Jones, una ragazza piuttosto inquietante con i capelli raccolti sempre in due lunghe trecce scure, la quale me la consegnò con un movimento quasi meccanico del braccio: - Villa Augusta alle 21.30 in punto. Ti consiglio di essere puntuale.
Suonava quasi come una minaccia, ma io feci finta di nulla e presi la lettera: - Grazie.
Tiffany diede un’occhiata dubbiosa a Maggie: - Ehm, immagino che tu non verrai, giusto Moonwalker?-
Mi fece uno strano effetto sentir chiamare Maggie per cognome, anche perché, prima di lei, non avevo mai conosciuto nessuno che si chiamasse “Moonwalker” e faticavo ancora ad abituarmi all’idea.
La mia amica fissò Tiffany Hill con aria annoiata e rispose secca: - Ho di meglio da fare.
- Oh- rispose Tiffany -Pazienza.
Si sistemò l’uniforme e fece cenno alle altre oche di avviarsi: - Finiamo di distribuire gli inviti. A stasera, Leila!
- A stasera- risposi, per niente convinta, mentre le guardavo allontanarsi. Maggie emise una specie di ringhio, come faceva sempre per esprimere la sua disapprovazione, e borbottò scocciata: - Quelle vipere. Le detesto. Non so davvero come tu faccia ad accettare i loro inviti.
- E’ per fare qualcosa di diverso alla sera- mi giustificai – Secondo me dovresti venire anche tu.
- Neanche per sogno!- esclamò scandalizzata Maggie – Non ci tengo. E poi, anche se volessi, non posso.
- Perché?- domandai – Tua zia ha qualche problema?
Lei esitò, come se ci stesse pensando su, poi rispose spiccia: - Ehm… sì, vuole che la aiuti in una cosa… questa sera starò a casa.
Sospirai. Era l’ennesima volta che se la defilava con una scusa molto forzata. Non sapevo perché, ma Maggie non veniva mai alle feste notturne dei nostri compagni di classe. Insomma, sapevo che, come me, era una persona abbastanza asociale, però, perfino io, ogni tanto, dicevo sì a qualche invito, giusto per non passare la serata a deprimermi davanti a qualche film visto un centinaio di volte.
Ma la cosa più strana in assoluto, era che Maggie, alla sera, era sempre molto restia ad uscire. Raramente facevamo dei “pigiama-party” (solo io e lei) a casa mia, ma, in generale, si barricava in casa, soprattutto durante particolari periodi del mese. E non era per via del ciclo, come molti penseranno. Era come se avesse paura di qualcosa, qualcosa che la costringeva a seguire un rigidissimo coprifuoco. Avevo provato ad indagare, ma, ogni volta, lei aveva fatto in modo di cambiare argomento, facendomi intendere che mai e poi mai me ne avrebbe parlato.
Insomma, anche quella volta, la questione fu chiusa in maniera molto spiccia, così, mi rassegnai, avviandomi con lei verso l’aula di Astronomia.
 
Quella sera, quando giunse la fatidica ora, ero sul punto di uscire di casa, quando il cellulare squillò. Risposi, restando molto sorpresa di sentire la voce di Maggie: - Ciao, Leila.
-Hey! E’ successo qualcosa?
- No.
Per un attimo pensai che avesse cambiato idea ed avesse deciso di accompagnarmi, ma poi capii che era impossibile. D’altra parte, la sua voce sembrava molto preoccupata.
- Sei sicura di star bene? E’ successo qualcosa a tua zia?
- No- per un attimo, mi sembrò che la sua voce avesse tremato – Solo che… sei proprio sicura di andare alla festa?
Restai in silenzio un secondo. Che cosa le aveva preso?
- Beh, sì… mi sto già avviando, sono per strada… anche se penso che tornerò a casa presto, perché?
Lei esitò un secondo: - Beh, ecco… non importa. Sta’… sta’ attenta.
- Attenta? Ma a cosa? Maggie, mi stai spaventando….
Udii un sospiro dall’altro capo del telefono, poi Maggie parlò di nuovo: - Non importa. Metti pure giù, non voglio che stai troppo al cellulare. E’ che ho uno strano presentimento. Comunque ci sentiamo dopo, spero che questa volta ti divertirai.
- Ehm… lo spero anch’io- risposi, non senza un filo d’ansia – A dopo.
- A dopo.
Riattaccai con un brivido lungo la schiena. Perché Maggie era così strana? Dal modo in cui mi aveva parlato, sembrava quasi che fosse preoccupata per me, come se sapesse che mi doveva capitare qualcosa di terribile.
E poi quella storia del cellulare… non so perché, ma non voleva quasi mai che lo usassi. Anche mio padre sembrava a disagio per lo stesso motivo e, se non fosse stato un regalo di mia zia per il compleanno, avevo come l’impressione che non ne avrei mai avuto uno.
Arrivai a Villa Augusta, rigirandomi tra le dita il bigliettino d’invito. Era bianco, con decori floreali nell’angolo superiore sinistro, ed era intriso del profumo di Tiffany, ossia Chanel N°5. Le scritte erano in corsivo, delicatamente arricciate, e dicevano: “Invito alla Super Mega Festa di Tif. Villa Augusta, ore 21.30-00.30. Ci divertiremo!”
 Dubitavo fortemente di questo, anche perché “Super Mega Festa” già suonava molto stupido, comunque decisi che quella sera avrei cercato di comportarmi in maniera diversa. Dopotutto, quei ragazzi erano miei compagni di scuola da quasi due anni, praticamente un record. Forse sarei riuscita a superare i miei problemi e, per una volta, a diventare un po’ più socievole.
Oh, come mi sbagliavo!
Superai l’enorme cancello di ferro, un po’ arrugginito per via del tempo, e diedi una rapida occhiata al sentiero davanti a me. La villa si trovava ad un centinaio di metri da di là, per arrivarci, bastava solo seguire la stradina di sassi che attraversava un fitto boschetto.
Avevo percorso quella strada un centinaio di volte, però, dovevo ammettere che al buio era un tantino inquietante.
Mi sistemai il vestitino color verde acqua che avevo indossato e, dopo aver fatto un bel respiro, mi inoltrai nell’oscuro sentierino.  Era parecchio scomodo camminare in mezzo ai sassi con i tacchi, ma decisi di non pensarci. Erano le nove e trentacinque, di sicuro Tiffany non mi avrebbe fatto storie per cinque minuti di ritardo, anche se mi faceva strano che tutti fossero già arrivati.
Avevo visto le macchine nel parcheggio, ma erano già tutte vuote e nel boschetto non c’era anima viva, a parte qualche animaletto che sbucava fuori, curioso, di tanto in tanto.
La luce della luna piena illuminava la stradina sassosa.
Improvvisamente, udii un fruscio tra la vegetazione. Mi fermai, pensando che fosse qualche animale che vagava per di là, ma poi, uno strano senso di pericolo si impadronì di me.
Il fruscio diventava sempre più vicino.
D’istinto, afferrai la corda della borsetta, pronta a colpire qualsiasi cosa avesse tentato di aggredirmi. Può sembrare stupido, ma vi assicuro che, se prende nel punto giusto, la fibbia d’oro della mia borsetta può fare molto male.
Feci un passo all’indietro, vedendo la vegetazione muoversi e, all’improvviso, qualcosa sbucò fuori.
Sospirai, quando vidi Beverly Jones, avvolta nel suo abitino fucsia, che mi fissava con la sua solita aria minacciosa. I tacchi delle sue scarpe erano a dir poco vertiginosi ed i suoi capelli scuri erano raccolti sulla nuca.
- Ah, Beverly… immagino tu sia arrabbiata per il ritardo…
Mi bloccai di colpo, quando vidi i suoi occhi neri brillare di una luce spaventosamente sinistra.
- Leila Ssswift… ti sstavo asspettando…
La sua voce suonava stranamente diversa, quasi sibilante.
Feci un passo indietro: - Che stai dicendo? Sei sicura di star bene?
In tutta risposta, lei sibilò furiosa, mostrandomi una lingua biforcuta. Sì, biforcuta. 
La sua pelle color caramello iniziò ad assumere una brutta tonalità verdastra, le sue pupille si assottigliarono, diventando due piccole fessure verticali. Ma la cosa più inquietante furono le sue gambe, o meglio, quello che erano diventate: sotto il vestito, si snodavano due orrende code di serpente.
- Che cosa sei?- urlai terrorizzata, mentre lei mi fissò famelica.
Iniziai a correre, sentendo l’orrendo sibilo della donna-serpente che mi inseguiva.
Il sentiero divenne più buio, perché la luna era stata oscurata da una nuvola.
Continuai a correre, senza voltarmi indietro, ma, si sa, con i tacchi era pressoché impossibile mantenere l’equilibrio, così inciampai, sbucciandomi di brutto le mani e le ginocchia sui sassolini. La mia borsetta volò poco più avanti di me.
Sentii un sibilo spaventoso sopra di me e, girando la testa, vidi Beverly che mi fissava con i suoi orrendi occhi serpentini. Presi un sasso e glielo lanciai in fronte, facendola sibilare di dolore e, a fatica, avanzai carponi verso la mia borsetta.
Le mani e le ginocchia ferite mi bruciavano da morire, ma non potevo di certo fermarmi a pensare al dolore.
Afferrai la corda della borsa e mi alzai, giusto in tempo per vedere il mostro Beverly che mi soffiava contro, rivelando delle fauci orribilmente affilate.
- Stammi lontana!- gridai – Non so cosa tu sia, ma lasciami in pace!
In tutta risposta, Beverly mi caricò, colpendomi con una spallata che mi fece fare un bel volo sull’erba del boschetto.
Mi alzai dolorante. Ansimavo. Il mio vestito aveva degli strappi qua e là, uno dei miei tacchi era rotto ed avevo lividi, graffi e sbucciature ovunque. Alcuni ciuffi di capelli mi ricadevano scompostamente sul viso.
Sentivo lo strisciare delle due code della donna-serpente e, senza riflettere, cercai una via di fuga verso l’uscita.
Zoppicavo vistosamente, anche per via del tacco che avevo perso, ma cercavo di guadagnare più terreno possibile.
- Aiuto!- gridai, con le lacrime agli occhi – Per favore, qualcuno mi aiuti!
Stavo per perdere le speranze, mentre sentivo Beverly avvicinarsi, quando mi scontrai con qualcuno.
Delle mani calde mi afferrarono ed io cacciai un grido acutissimo. Tuttavia mi accorsi che, colei che mi teneva, non era Beverly.
- Maggie!- esclamai, quasi sollevata – Grazie al cielo! Ti prego, andiamo via di qui!
Lei mi fissò con un’espressione preoccupata, il volto semi-nascosto dal cappuccio della felpa.
- Stai bene?
- Maggie, andiamocene, o ci raggiungerà!
Mi abbracciò, con fare materno, mentre mi sentivo irradiare da un calore rassicurante.
Era un’altra particolarità di lei: il suo corpo emanava un calore particolare, che nessun altro essere umano sarebbe stato capace di avere.
In quel momento, però, ero troppo spaventata per domandarmi il perché Maggie fosse sempre così calda, così mi scostai dal suo abbraccio e la fissai dritta negli occhi: - Maggie andiamo via o…
Mi bloccai quando lei guardò seria una punto alle mie spalle. Sentii il solito orrendo sibilo e gridai di nuovo: - Oddio! Lei è qui!
Beverly sibilava furiosamente, ma Maggie non sembrava intimorita. Si mise tra me e la bestia e parlò con voce ferma: - Vattene!
Beverly soffiò, mentre io cercai di tirare via Maggie per un braccio: - Ma che cosa vuoi fare? Scappa!
La mia amica si liberò dalla mia presa e mi disse: - Allontanati. A lei ci penso io.
- Maggie, io non ti lascio qui…
- Leila, vai!- mi ordinò, con un tono tale che feci un passo all’indietro per lo spavento.
Mentre Beverly stava per lanciarsi all’attacco, Maggie guardò con un sorriso la luna piena, che era appena spuntata dalle nubi e, tirandosi giù il cappuccio della felpa, emise un terribile ringhio verso il mostro.
- Adesso vedrai, maledetta!
Quando vidi quello che stava succedendo, crollai seduta con la bocca e gli occhi spalancati.
Maggie iniziò ad ingrossarsi, con le orecchie ed il viso che si allungavano paurosamente, mentre una fitta peluria grigia iniziava a coprire il suo corpo. Beverly fece un salto indietro, visibilmente terrorizzata, mentre, tra me e lei, si ergeva la terribile figura di un gigantesco lupo dal pelo scuro e lievemente argentato, con delle zanne lunghe e candide e degli artigli da far paura.
Un tremendo ululato squarciò il silenzio della notte.
Beverly tentò, terrorizzata, di scappare, ma Maggie la raggiunse con un balzo, azzannandola al collo con i suoi denti aguzzi. Un urlo soffocato e Beverly si disintegrò, lasciando cadere a terra un vestitino fucsia nuovo di zecca.
Emisi un gemito strozzato, quando il lupo si voltò ed avanzò verso di me. I suoi profondi occhi scuri mi fissarono in un modo inaspettatamente dolce. Allungai la mano e toccai il folto pelo della creatura.
Un lupo mannaro. Maggie era un lupo mannaro.
Gettò uno sguardo rapido alla luna e mi fece un cenno con la testa, che intuii significasse di montarle in groppa. Obbedii senza pensarci un attimo e, in poco tempo, correvamo rapide per le strade della città, illuminate dai raggi di una tonda e candida luna.

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Capitolo 3
*** Vengo spedita ad un campo estivo in pieno Marzo ***


 Credo che, se le strade non fossero state deserte, quella notte, sarei stata arrestata all’istante dalla prima pattuglia di passaggio.
E non a torto: con i capelli in disordine, il vestito strappato, le scarpe in mano e l’espressione idiota che dovevo avere, di sicuro potevo passare benissimo per un’ubriacona di ritorno da un festino.
Naturalmente, a patto che nessuno notasse il gigantesco lupo che camminava accanto a me, semi-nascosto nell’ombra.
Si può immaginare la faccia di mio padre quando varcai la soglia d’ingresso.
In quel momento, si stava dirigendo in cucina, con il gatto in braccio e, quando mi vide, ebbe un sussulto tale che lasciò cadere il gatto e, momenti, inciampò su un paio di pantofole abbandonate.
- Tesoro! Che cosa ti è successo?- gridò preoccupato, mentre osservava i graffi che ricoprivano le mie braccia e le mie gambe.
Maggie sgusciò all’interno e si accucciò su un tappetino vicino alle scale, ignorando le proteste del gatto che la fissava torvo.
Papà diede una rapida occhiata alla mia amica, per nulla stupito: - Oh, Meg, adesso mi occupo di te… vieni, dentro, tesoro, non stare sulla soglia- disse poi, rivolto a me, mentre chiudeva la porta a chiave.
Mi fece sedere su uno sgabello in cucina ed aprì un cassetto dove, in teoria, avrebbero dovuto esserci solo coltelli. Alzò, con mia somma sorpresa, il fondo del cassetto, facendo cozzare i coltelli l’uno contro l’altro. Come se niente fosse, tirò fuori un libricino dalla copertina blu e si diresse verso Maggie, mentre io mi sporgevo per vedere che cosa succedesse fuori dalla cucina.
La mia amica si alzò sulle quattro zampe, mentre papà, aperto il libro, iniziò a recitare una specie di breve cantilena, in una lingua che, dopo un istante, riuscii a identificare: era il greco.
-Sto ónoma ti̱s Artémidos , kai Lykáona , nychterinó plásma , epistrépste sti̱n archikí̱ tou morfí̱ sas !
Può o meno, non so come, intuii che dicesse: “In nome di Artemide e Licaone, creatura notturna, torna alla tua forma originale!”
Come formula non mi sembrò un granchè, ma rimasi comunque stupita quando Maggie, la vecchia Maggie che conoscevo, entrò in cucina sistemandosi il cappuccio della felpa. Non so come, ma aveva addosso gli abiti di prima, i quali si trovavano in perfette condizioni.
- Oh, decisamente più ortodosso del metodo della zia- borbottò, mentre si raccoglieva i capelli in una coda. Papà posò il libro sul tavolo e prese la cassetta del Pronto Soccorso da sopra una mensola
- E così, l’hanno trovata- mormorò, rivolto alla mia amica – Dovevo immaginare che, prima o poi, sarebbe arrivato questo giorno.
- Quale giorno? Perché siete all’improvviso così in confidenza? Mi volete spiegare che sta succedendo?- gridai, colta da un improvviso attacco isterico.
Papà mi fissò ad occhi spalancati, mentre Maggie, appoggiata al tavolo con una mano, iniziò a giocherellare con il suo ciondolo a forma di mezzaluna.
- A questo punto, credo sia arrivato il momento di spiegarle tutto, James- disse con tono piatto.
Mio padre sospirò, mentre bagnava il cotone con del disinfettante e, guardandomi con un’espressione, oserei dire, triste, prese uno sgabello e si sedette davanti a me.
- Tesoro… ormai non posso più nasconderti nulla… è il momento che tu sappia la verità.
- La verità? Quale veri.. ahi!- stillai, non appena il cotone toccò uno dei miei graffi sul braccio sinistro.
- La verità su tua madre… e su te stessa…- continuò papà, cercando di medicarmi nel modo più delicato possibile – Devi sapere, Leila, che i miti dell’Antica Grecia che hai studiato… gli dèi, i mostri, la mitologia… non si tratta solo di miti o leggende… è tutto vero.
Alzai un sopracciglio, per niente convinta, ma mio padre continuò lo stesso: - So che ti risulta difficile da credere… ma ti assicuro che è così. In caso contrario, tu non avresti tutte quelle caratteristiche che ti rendono davvero unica.
- La dislessia e l’iperattività? Oh, sì, sono davvero delle qualità formidabili, non c’è dubbio…- borbottai sarcastica, ma, in tutta risposta, Maggie mi mise davanti il libricino di mio padre e mi indicò le scritte sulla copertina: - Leggi che cosa c'è scritto.
La fissai con aria annoiata, ma la severità del suo sguardo mi costrinse ad obbedire. Inizialmente, vidi semplicemente degli strani geroglifici che dicevano: “Magiká Plásmata kai xórkia”, ma, un istante dopo, capii che significava.
-Creature Magiche e Incantesimi?- mormorai con un filo di voce.
-Proprio così- rispose Maggie, mentre papà si limitava a fare un sorriso – Il motivo per cui riesci a leggere queste scritte è lo stesso della tua cosiddetta dislessia: il tuo cervello è impostato sul greco antico! E l’iperattività? Quelli sono i tuoi riflessi da combattimento!
-Da combattimento?- esclamai – Ma che cosa dovrei combattere?
Maggie mi indicò con un cenno i graffi che papà mi stava disinfettando, così abbassai lo sguardo:
-Oh, capisco… i mostri che mi attaccano…- strinsi i pugni, rendendomi conto che ero ancora scossa per quanto era successo – I mostri tipo Beverly… mi spieghi, esattamente, che cos’era?
- Una dracena- rispose Maggie con aria seria, mentre mio padre sospirava tristemente – Una donna-serpente. I mostri come lei setacciano il mondo alla ricerca di semidei da uccidere. Questa città, questo stato… questo pianeta… non sono sicuri per gente come te.
- Aspetta… ha detto semidei? Questo significa che, se li definisci “gente come me”… allora io sono…
- La figlia di una dea- concluse Maggie, lasciandomi per un secondo senza fiato.
- La figlia di una dea?- guardai papà, nell’attesa di cogliere un atteggiamento scherzoso nella sua espressione, ma lui si limitò ad annuire: - Sì, tesoro. Tua madre è una dea dell’Olimpo.
- E quale?- domandai ansiosa – Chi è? Come vi siete conosciuti?
- Io… non posso rivelarti nulla per ora. Lo promisi a tua madre tempo fa: sarà lei a riconoscerti, non appena sarai nel posto giusto. E’ stato l’accordo che abbiamo stretto prima che lei se ne andasse.
- Fantastico- borbottai – Quindi continuerò ad essere  una piccola bastarda fino a quando la mia divina madre non si degnerà di riconoscermi… bene… e dove sarebbe, di grazia, questo fantomatico “posto giusto”?
- A Long Island- rispose Maggie, per nulla turbata dal mio tono sarcastico – Partiremo stanotte per il Campo Mezzosangue. Quello è il luogo dove i semidei si riuniscono per allenarsi e cercare un rifugio dagli attacchi dei mostri. E’ un campo speciale, protetto da una specie di barriera che tiene fuori i nemici ed i mortali.
- Che cosa? Ma quindi papà non potrà venire!- mi allarmai, ma lui sorrise: - Loro non cercano me, tesoro, ma te. Io me la caverò, stai tranquilla, appena possibile ci metteremo in contatto.
Restai in silenzio, incredibilmente triste. Non volevo andare via, volevo continuare ad abitare nella mia casa, insieme a mio padre, non partire per un campo estivo di sciroccati, tra l’altro in pieno Marzo. Maggie sembrò indovinare i miei pensieri, e mi disse in tono calmo: - Una volta lì, potrai decidere se fermarti tutto l’anno o solo per un determinato periodo di tempo, cioè fino al sedici Agosto. Non è un trasferimento definitivo. In più, c’è un modo molto carino per comunicare con tuo padre, che ti spiegherò quando saremo arrivate. Io, naturalmente, verrò con te.
Questo mi fece sentire un po’ meglio. E poi, la mia presenza a casa avrebbe attirato troppi mostri e, per mio padre, sarebbe stato pericoloso.
Così, sospirai: - E va bene. Andrò al Campo Mezzosangue. Come arriveremo a Long Island?
- In aereo- rispose Maggie posando sul tavolo due biglietti – Zeus non intralcerà il nostro viaggio, ha un rapporto abbastanza buono con tua madre.
Papà finì di curarmi e si alzò dallo sgabello: - Vado a prendere le tue cose.
- Okay – risposi io- Intanto vado a cambiarmi.
 
Alle Undici e mezza ero già pronta a partire. Mi ero messa dei jeans, una t-shirt ed una giacca leggera, e mi sentii piuttosto sollevata quando mi infilai delle comodissime scarpe da ginnastica.
Papà scese le scale con un trolley, con gli occhi un po’ umidi. Quando mi raggiunse, parlò con voce un po’ rotta: - Ecco, ti ho fatto la valigia… spero di avere messo dentro tutto, in caso contrario ti spedirò quello che ti serve al Campo…- tirò su col naso e mi fissò pieno di tristezza.
Lo abbracciai, trattenendo le lacrime, e non ci staccammo fino a quando Maggie non mi battè una mano sulla spalla, dicendo che era ora di andare.
Papà mi baciò la fronte e mi sussurrò all’orecchio: - Se non ti piace, verrò a prenderti. Promesso.
Annuii, con le lacrime che, nonostante i miei sforzi, scendevano copiose sulle mie guance.
La mia amica mi prese per mano ed, insieme, uscimmo dalla porta di casa, trovando un taxi pronto ad aspettarci. Caricammo i bagagli e salimmo sull’auto.
Il motore si accese. Maggie disse due parole al tassista, dandogli delle strane monete d’oro, e quello partì senza fare domande.
Per un attimo, mi voltai a guardare mio padre, che mi fissava sulla soglia della porta. Alzai la mano, in segno di saluto, e lui fece altrettanto, e restammo così fino a quando il taxi non girò l’angolo dell’isolato, facendo sparire la casa e papà dalla mia visuale.

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Capitolo 4
*** Mia madre viene a farmi visita al campo degli sciroccati ***


 Tra il traffico in autostrada e il ritardo aereo, arrivammo a Long Island in tarda mattinata.
Il cosiddetto “Campo Mezzosangue” si trovava sulla costa settentrionale dell’isola, così Maggie mi condusse sul ciglio di una stradina. Gettò una di quelle “dracme” d’oro a terra, recitò una strana formula in greco antico -che mi sembrava significasse: “Fermati, o cocchio della Dannazione”- e la moneta venne inghiottita dall’asfalto. 
Dopo aver ottenuto un passaggio da tre vecchiette talmente strane che, se ve le descrivessi, non mi credereste, ed essermi sorbita il viaggio in taxi peggiore della mia vita, giungemmo nei pressi di uno strano paesaggio, costellato da colline, la più alta delle quali aveva un grande pino alla propria  sommità.
Maggie prese la mia valigia e mi intimò di proseguire verso la collina col pino.
Non appena raggiungemmo la cima, Maggie mi disse di fermarmi e mi indicò il gigantesco albero.
- Bene, dato che siamo qui, dovrò iniziare a spiegarti un po’ di cose. Questo- disse, dando dei leggeri colpetti alla corteccia del pino – è l’Albero di Talia. Zeus trasformò in esso la propria figlia mezzosangue quando ella morì, uccisa dalle furie di Ade, dio degli Inferi. Non è facile arrivare fin qui, a meno che tu non abbia un degno Custode che ti protegge.
- E il mio Custode saresti tu?- le domandai con un filo d’ironia.
- Sì- rispose lei senza batter ciglio- Di solito sono i satiri ad occuparsi dei mezzosangue, ma nel tuo caso è diverso. Tua madre ha mandato me, perché sapeva che sarei stata in grado di portarti fin qui sana e salva. Comunque, la cosa più importante da sapere sul pino, è che la sua magia protegge i confini del Campo. Per questo gli umani normali e i nemici non possono entrare qui. E’ l’influenza di questo albero che li tiene fuori.-
Si caricò meglio la propria borsa sulla spalla e mi fece cenno di proseguire:- Andiamo avanti. Non voglio certo stare qui ad elogiare “la povera figlia di Zeus morta per salvare i suoi amici”. Quello che mi premeva era informarti sui suoi poteri. Sia chiaro, non ho niente contro di Talia, ma tendo ad essere piuttosto ostile nei confronti di Zeus, e di tutto ciò che deriva da lui…
- Ti ha fatto qualcosa?- le domandai. Maggie alzò le spalle: - Non a me direttamente. Per ora ti dico solo che è colpa sua se io sono… beh, lo sai…
- Capisco- replicai, proseguendo il cammino – Prima, però, hai detto che mia madre ti ha mandata da me. Immagino che nemmeno tu possa dirmi chi è…
Maggie scosse la testa: - No, Leila. Tua madre è una donna molto particolare, vuole essere lei a rivelarsi. Comunque- concluse indicandomi la valle a piedi della collina - questa sarà la tua nuova casa!
Devo ammettere che restai piuttosto sorpresa da quello che vidi.
Una meravigliosa vallata si stagliava davanti ai miei occhi. Poco più avanti a noi, c’era un enorme edificio di quattro piani, che Maggie mi indicò come “La Casa Grande”.
Un fiume divideva la zona: nella stessa parte di terra della Casa Grande, potevo vedere un campo da pallavolo, un anfiteatro, una specie di laboratorio e, con mio sommo stupore, una gigantesca parete per l’arrampicata. Uno sciame di ragazzi pullulava in quella zona, impegnati in varie attività.
Dall’altra parte del fiume, la prima cosa che notai fu un immenso campo di fragole, il cui odore veniva trasportato dal vento fino a noi. Vicino al campo c’era una grande arena, tipo quelle che avevo sempre visto nei documentari sull’Antica Grecia.
Ma la cosa che mi colpì di più, fu la vista di dodici stupendi edifici, in stile greco, disposti ad U: ce n’erano due alla base e cinque per ogni braccio.
Arrivammo nei pressi della Casa Grande, dove trovammo, seduti attorno ad un tavolino, due strani personaggi.
Il primo era un uomo di mezza età, con la barba ed i capelli castani un po’ radi, che stava su una sedia a rotelle dall’aria scomoda. Il secondo era un tipo leggermente paffuto, con la testa piena di riccioli neri, che indossava una camicia hawaiana di pessimo gusto. Le sue guance ed il suo naso erano leggermente arrossati, come se fosse appena uscito da una brutta sbornia.
Stavano giocando a carte, ma, quando arrivammo vicino a loro, l’uomo sulla sedia a rotelle interruppe immediatamente la partita e ci fissò con un sorriso.
- Maggie! Ben arrivata, è bello riaverti qui… e lei immagino che sia…
- Leila- rispose la mia amica – la mia protetta.
Il tipo mi tese la mano, ed io la strinsi con un po’ d’esitazione: - Molto piacere, Leila. Io sono Chirone e sarò il tuo insegnante. Sei già stata assegnata ad una cabina?
- Ehm…- risposi incerta, ma Maggie si intromise- Per ora è Indeterminata, ma verrà riconosciuta presto.
Chirone mi fece un bel sorriso:- Oh, beh, in tal caso sei fortunata.
- Sì, sì, certo- borbottò il tizio con i capelli neri – Fortunata… aspetta e spera, voglio proprio vedere se il suo genitore divino si farà vivo prima della fine della mia punizione!
- Signor D- lo rimproverò Chirone – Non dovrebbe essere sempre così scontroso. E poi le buone maniere le imporrebbero di presentarsi.
- Uff, le buone maniere- sbuffò il tipo, che mi stava già fortemente antipatico – Ebbene, cara seccatura, io sono il signor D e sono il direttore del Campo.
- Buono a sapersi- borbottai con aria sfacciata, ma Maggie mi diede una gomitata: - Lascia perdere. Non inimicarti un dio il primo giorno al Campo.
- Un dio?- esclamai sorpresa – Cioè, quest’uomo sarebbe un dio!
- E tu saresti una semidea?- rispose lui, leggermente offeso – Che cosa ti aspettavi, che gli dèi fossero tutti enormi e fosforescenti, signorina?
Io lo fissai per storto e Chirone decise di intervenire: - Il signor D non è altri che il divino Dionisio, dio del vino e dell’ebbrezza. Sicuramente conoscerai più avanti i suoi due figli gemelli, tra i tuoi compagni al Campo.
- Ah, va bene – risposi, un po’ a corto di parole.
Chirone fece per alzarsi dalla sedia a rotelle e, prima che riuscissi a dire qualcosa, un enorme posteriore equino apparve innanzi ai miei occhi increduli.
- Oh, molto meglio… direi che possiamo raggiungere i tuoi compagni.
Io boccheggiai per la sorpresa, mentre il signor D alzò un sopracciglio annoiato: - La partita è rimandata?
Chirone si sgranchì le quattro zampe e rispose: - Aspetti cinque minuti, accompagno le ragazze. Non sbirci le carte!
Dionisio sospirò, mentre il centauro fece cenno a me e alla mia amica di seguirlo.
 
Le dodici case, che avevo notato prima, erano ancora più incredibili viste da vicino.
Maggie mi disse che ognuna di esse era dedicata ad un dio e, se questi aveva avuto dei figli mezzosangue, la casa consacrata al loro genitore divino li avrebbe ospitati.
Ogni cabina aveva dei segni distintivi: quella di Apollo, ad esempio, era tutta d’oro e risplendeva sotto i raggi del sole, quella di Poseidone era lunga e grigia ed esalava un odore di brezza marina, e così via. Le cabine vuote, ossia consacrate agli dèi che non avevano figli mezzosangue, erano state costruite solo per una questione di rispetto. Non potei fare a meno di notare quanto fosse bella la casa vuota di Artemide, che brillava maestosa nella sua stupenda tinta argentata.
La casa davanti alla quale ci fermammo, però, devo ammettere che non incontrava proprio i miei gusti: era vecchia, rovinata dal tempo, con un’orrenda verniciatura marrone screpolata. In alto, sulla soglia d’ingresso, c’era un simbolo: un bastone attorno al quale erano arrotolati due serpenti.
Lo riconobbi: era il caduceo di Ermes, messaggero degli dèi e dio dei viandanti e dei ladri.
Maggie mi diede una leggera spintarella per farmi entrare, ma io mi voltai a fissarla disgustata:- Non ci penso nemmeno!
Chirone trattenne una risatina e mi rassicurò: - E’ una sistemazione momentanea. Finchè tua madre non ti avrà riconosciuta, alloggerai nella casa di Ermes, come tutti gli Indeterminati che arrivano al Campo.
Con un sospiro, entrai guardinga, tenendo stretto il mio trolley.
Fu anche peggio di come mi ero immaginata: una marea di ragazzi chiassosi stavano ammucchiati in uno spazio decisamente troppo piccolo. C’erano oggetti e vestiti sparsi qua e là per la stanza, ed il disordine regnava sovrano.
Non trattenni una smorfia, mentre Maggie mi affiancava con aria afflitta.
Non appena si resero conto della mia presenza, i giovano cialtroni si azzittirono, lanciandomi delle occhiate curiose, mentre un tipo con i capelli biondi mi si avvicinò.
Dimostrava più o meno quindici anni, era abbastanza alto e, per la sua età, presentava già una bella muscolatura definita. Aveva le sopracciglia arcuate, un sorriso scaltro e gli occhi azzurri.
Lo ammetto: era molto carino, anche se la sua espressione furba mi impedì di restare imbambolata.
- Hey, non arrivano tutti i giorni belle ragazze qui… Regolare o Indeterminata?- domandò, rivolto alla mia Custode.
- Indeterminata- rispose Maggie, ed un mormorio di disapprovazione si diffuse nella stanza.
Il ragazzo sembrò abbastanza deluso: - Oh, che peccato. Speravo che restassi con noi a lungo…- mormorò languido, dando un’occhiata furtiva alle mie curve, ma io feci un passo indietro, sulla difensiva: - E invece me ne andrò molto presto.
Una risata generale scoppiò nella sala, facendomi avvampare per la vergogna. Ma il ragazzo sorrise e mi tese la mano: - Dai, non offenderti. Io mi chiamo Luke e sono il Capogruppo della casa di Ermes. Tu come ti chiami?
- Leila Swift- risposi, stringendogli la mano con fare incerto.
- Bene, Leila Swift. Ti va di sistemare qui la tua roba e fare un giro?
- Mmmh- diedi una rapida occhiata a Maggie, la quale mi fece un cenno di incoraggiamento- Va bene… ma se qualcuno di voi si avvicina al mio trolley lo faccio a pezzi.
- D’accordo. Ragazzi, non rubate niente.
Altro mormorio di disapprovazione, ma Luke li ignorò e mi condusse fuori da quel ricettacolo di disordine. Maggie ci seguì, lanciando un’occhiataccia di avvertimento a tutti i presenti.
Luke mi fece fare un rapido giro della zona attorno alle case, spiegandomi le varie regole.
Non smise, però, di provarci con me un solo istante.
Arrivati davanti alla casa di Ares, mi attardai un istante a fissare l’enorme testa di cinghiale che spiccava sulla soglia. Era decisamente di pessimo gusto, così come le secchiate di vernice rossa che erano state gettate sulle pareti esterne.
Luke fece per farmi spostare da lì, ma, in quel momento, una ragazzona, più giovane di me di qualche anno, uscì dalla casa degli orrori, fissandomi con aria scorbutica: - Oh, ma guarda, abbiamo una nuova pivella! Cos’è, ti sei trovato la ragazza, Castellan?
Maggie alzò gli occhi al cielo: - Oh, andiamo, Clarisse! Non cresci mai?
La ragazza la fulminò: - Non stavo parlando con te, ma con la pivella! Hey tu!- gridò poi rivolta ad una ragazza piuttosto carina, con i capelli lunghi e neri, che si era fermata a guardare – Gira al largo! Non è posto per femminucce questo!
Quella si mise le mani sui fianchi con fare offeso, ancheggiando più che mai: - Maleducata! Non si interrompe la gente mentre si sta truccando! Certo che tra te e la ragazza nuova non so chi sia messa peggio.
La tipa che si chiamava Clarisse fece per ribattere, ma io fui più lesta: - Stammi a sentire, Boccuccia di Rosa! Io vado in giro come mi pare e piace! E poi, se sei piena di arie, ma non hai le palle, non vai da nessuna parte! Ti consiglio di sloggiare, se non vuoi che ti rompa quel tuo bel faccino!
La tipa scappò via sconvolta, mentre Clarisse mi fissò con un’espressione colpita.
- Figlie di Afrodite- borbottò Maggie – Non mi sono mai piaciute.
Luke mi prese delicatamente per un braccio: - Okay, meglio andare… non mettiamoci ad attaccare briga con tutti.
Io sbuffai seguendolo, rivolgendo un saluto piuttosto seccato a Clarisse: - Ci si vede in giro.
- Puoi scommetterci- mi rispose, sempre fissandomi con una strana espressione.
 
Eravamo giunti nei pressi della casa di Artemide, quando incontrammo nuovamente Chirone.
-Leila!- mi salutò allegro – Come ti trovi? Hai fatto nuove amicizie?
- Un sacco- risposi poco convinta.
Luke mi sorrise, mentre il centauro mi mise una mano sulla spalla: - Sta’ tranquilla. Presto tua madre si farà vedere. Intanto, potresti scegliere con Luke i vostri prossimi avversari per la Caccia alla Bandiera!
Stavo per domandargli cosa fosse, quando una specie di vociare crescente si diffuse nel Campo.
Chirone si guardò attorno, cercando di individuare quale fosse la causa di tanta agitazione, ed un ragazzo con i capelli biondi gli corse incontro gridando: - La Cacciatrici! Arrivano le Cacciatrici!
Il centauro si voltò sorpreso, mentre il suono di un corno da caccia giunse alle mie orecchie.
La folla di semidei attorno a noi si divise, lasciando spazio ad un gruppo di ragazze, tutte tra i dodici e i quattordici anni, che marciavano decise. Erano abbigliate con un’armatura leggera e, sui loro volti, c’era lo sguardo fiero delle eroine dei fumetti.
A capo di esse, avanzava una ragazza sui venticinque anni, con i capelli lunghi e rossi, alta e armata con un arco d’argento. Ai lati del gruppo, notai alcuni lupi che seguivano le giovani come cagnolini fedeli.
- Che sta succedendo?- domandai allarmata, mentre Luke fissava ad occhi spalancati un punto sopra la mia testa.
Alzai lo sguardo, per vedere cosa stesse guardando, e vidi una piccola mezzaluna che risplendeva sopra di me, irradiata di luce argentata.
Chirone guardò me, poi la donna che conduceva il gruppo, come se non riuscisse a credere ai propri occhi: - Non può essere…
Il gruppo si fermò poco distante da noi.
Udii i commenti dei ragazzi attorno a me: - Le Cacciatrici? Che cosa ci fanno qui? E Artemide? Perché è in forma adulta?
La donna che stava a capo del gruppo avanzò lentamente, fermandosi a pochi passi da me.
Mi fissò: i suoi occhi sembravano cambiare colore continuamente, diventando prima argento poi oro, poi entrambi, in un ciclo che sembrava non finire mai.
Era bella, con il volto leggermente più pallido rispetto a quello delle persone normali, e con la testa cinta da una coroncina argentata, al centro della quale c’era incisa una piccola mezzaluna, identica a quella che girava sopra la mia testa.
- Ciao, Leila – mi disse, con un lieve sorriso – E’ da tanto che non ti vedo. Sei cresciuta bene.
Io ero troppo sorpresa per parlare, ma Maggie fece un passo avanti, inginocchiandosi: - Mia signora.
La donna la fissò benevolmente: - Margaret. Hai adempiuto ai tuoi doveri con successo. Hai fatto un ottimo lavoro. Ti sono riconoscente per questo.
Maggie chinò la testa in segno di rispetto, poi si rialzò.
Una bambina sugli otto anni, con i ricciolini biondi e gli occhi grigi, sgomitò tra la folla, scuotendo la testa: - Lei è una dea vergine! Com’è possibile? Dev’esserci una spiegazione!
La donna dai capelli rossi si voltò a guardarla: - A tutto c’è una spiegazione, Annabeth Chase. Ma non è affare che riguardi te o chiunque altro qui, al momento.
- Divina Artemide…- mormorò Chirone, forse più scioccato di me per quanto stava succedendo.
La tipa, che ormai avevo capito essere la dea Artemide, mi mise una mano attorno alle spalle, con fare, però, decisamente poco affettuoso, e gli rispose: - Chirone, vedo che stai mantenendo questo posto in maniera perlomeno decente… mi fermerei volentieri a parlare con te, ma ho una faccenda piuttosto urgente da sbrigare.-
Fece un cenno alle Cacciatrici, che si disposero in maniera ordinata davanti alla cabina numero Otto, ossia quella consacrata alla loro dea.
– Immagino non ti dispiaccia se occupo la mia casa per qualche minuto. Vorrei scambiare quattro chiacchiere con mia figlia.

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Capitolo 5
*** Ricevo un regalo da parte di una dea ***


 La casa numero Otto era ancora più bella di come mi immaginassi, vista dall’interno.
Le pareti erano tutte dipinte in argento, con una tonalità così delicata che era impossibile non restarne affascinati.
Un grande lampadario a forma di mezzaluna era attaccato al soffitto, risaltando di mille riflessi l’arredamento circostante.
Qua e là, si trovavano bellissime sculture di animali selvatici.
Individuai subito la mia preferita: una cerva dai grandi occhi, perfetta nelle sue proporzioni, che si ergeva imponente accanto ad un grande letto, l’unico in tutta la stanza, con le lenzuola color violetto chiaro e con i cuscini abbinati.
Mia madre si sedette dietro una grande scrivania di cristallo, fissandomi con un volto impassibile. Sembrava proprio un manager di banca, in attesa di trattare per un affare con un cliente importante.
Accanto a lei, si sistemò l’unica delle Cacciatrici che era venuta dentro.
Era una ragazza più o meno sui quattordici anni, con i capelli lunghi e neri e la pelle color caramello. I suoi occhi scuri erano leggermente obliqui e, non appena incontrai il suo sguardo, mi sembrò, all’improvviso, che quel volto giovane fosse solo apparenza.
Bastò incontrare i suoi occhi, per leggerci dentro una miriade di esperienze vissute, in modo che la ragazza non sembrasse più così giovane. Capii che doveva essere il capo delle Cacciatrici.
Artemide mi fece cenno di avvicinarmi e sedermi di fronte a lei.
Guardai Maggie, che annuì, così mi sedetti riluttante ed attesi la prossima mossa della dea.
Nonostante si fosse presentata come mia madre, in lei non riuscivo a vedere alcun istinto materno.
Poteva sembrare un’amica, una maestra, un datore di lavoro… ma, di sicuro, non una mamma.
Lei mi studiò per qualche secondo, infine ruppe l’imbarazzante silenzio che si era creato.
- Bene, finalmente ci conosciamo. Ti ho osservata parecchio, in questi quattordici anni, ma ti confesso che più di una volta sono stata tentata di farmi vedere.
- Oh – borbottai – Immagino… hai resistito bene alla tentazione…
Maggie si schiarì la voce, ma Artemide si limitò a fare un lieve sorriso: - Lo che al momento non capisci… ma la decisione non riguardava me. A noi dèi è proibito avere contatti con i nostri figli mezzosangue. Possiamo aiutarvi, ma solo indirettamente. E’ il volere di Zeus.
Sentii Maggie emettere una specie di ringhio. In effetti, Zeus iniziava a piacere poco anche a me.
- Comunque, Leila- continuò la dea – Per quanto riguarda la mia visita… oh, a proposito, posso chiamarti Leila, vero?
Restai a dir poco sconvolta : - Ma perché non dovresti, scusa, è il mio nome!
- Giusto – disse lei, come se nulla fosse – Te l’ho dato io… cioè, io e tuo padre naturalmente. Leila significa “Notte”, quindi, diciamo, che il tuo nome è anche una specie di indizio.-
-Oh, certo! Com’è che non ci ho mai pensato?- borbottai sarcastica.
La ragazza dai capelli neri accanto a mia madre fece un leggero sorriso, mentre la dea restò imperturbabile, non capendo la mia sottile ironia. Non doveva avere un gran senso dell’umorismo.
- Va bene, Leila. Immagino che il mio atteggiamento ti sembri un po’… insolito. Il fatto è che io… come posso dirtelo? Beh, ecco, non era nei miei piani fare la madre, all’inizio- si scostò una ciocca rossa di capelli dal viso – Tuttavia, col tempo iniziai a capire che la mia non era stata una mossa saggia. Atena, infatti, pur essendo casta come me, ha trovato il modo di generare degli eredi, in modo da avere una rappresentanza diretta anche fra i mortali. Non la pensavo allo stesso modo, inizialmente, ma poi mi sono ricreduta.
Accadde tutto quando vidi dei ragazzi cercare di opporsi all’abbattimento di parco naturale, destinato alla costruzione di un parcheggio.
Loro facevano di tutto per fermare la crudeltà di quei rozzi umani distruttori, ma non avevano il potere. Solo il mio intervento riuscì a salvare il parco, ma, mentre io ne salvavo uno, da un’altra parte del mondo, un altro parco veniva raso al suolo.
Pur essendo una dea, con delle valide Cacciatrici a fianco, non posso avere tutto sotto controllo. Mi serviva un aiuto in più.
Atena ha generato dei figli che hanno fatto cose sorprendenti, pur restando vergine. Perché non avrei potuto fare lo stesso?
Così, mi è venuta l’idea di avere qualcuno che mi rappresentasse sulla Terra, un mezzosangue con i miei poteri straordinari. –
Bloccò per un attimo il suo racconto, studiando la mia espressione.
Non aveva smesso un secondo di fissarmi come se fossi un’opera da museo. E la cosa mi inquietava.
- Comunque, questa non è che una semplice verità sulla tua nascita- riprese, senza togliermi gli occhi di dosso – Immagino che vorrai sapere altro.
- In effetti, sì- risposi cercando di mascherare il mio disagio – Insomma, se sei una dea vergine… un’accanita femminista che detesta gli uomini… com’è che io sono qui ed ho pure un padre?
Artemide abbassò per un secondo lo sguardo, come se si fosse persa nei propri pensieri.
Ma si riprese all’istante: - Tuo padre… beh, è vero che io disprezzo gli uomini… non per niente, la fascia d’età delle mie Cacciatrici è così bassa perché comprende  il periodo in cui non sono attratte del genere maschile. Ma vedi, James era così… diverso.
Lo conobbi quando era solo un ragazzo, ma mi colpì subito, perché aveva una sensibilità ed un amore per la Natura tali che non potei fare a meno di notarlo.
Si innamorò di me. Ed io decisi che lui sarebbe stato l’uomo ideale per crescere l’erede che gli avrei lasciato.
Gli parlai della mia intenzione e lui accettò immediatamente, anche se aveva soltanto vent’anni.
Naturalmente, non ti abbiamo generata in modo naturale: abbiamo chiesto l’aiuto ad Ecate, dea della Magia per il concepimento. E’ scontato dire che sapevo già che saresti stata femmina.
 Insomma, quando nascesti, dovetti subito affidarti a lui e ripartire con le mie Cacciatrici.
Da quel momento, però, ti osservai a lungo da lontano. E devo dire che mi hai resa orgogliosa: non hai mai avuto un fidanzato ed hai fatto amicizia solo con Maggie… ottima scelta, Leila.-
A quest’ultima affermazione mi sentii avvampare: passi per le amicizie, ma cosa serviva tirare fuori il fatto che non avessi mai avuto un ragazzo?
La ragazza con i capelli neri, che non aveva ancora parlato, si chinò leggermente per parlare con mi madre: - Mia signora, ho timore che codeste affermazioni mettano a disagio la fanciulla…-
Artemide assunse un’espressione sorpresa, anche se più intelligente di quella che feci io dopo aver sentito come parlava la Cacciatrice.
- Oh! In questo caso, partirò subito con la proposta.
- Proposta?- mi allarmai – Che proposta?-
Mi girai a guardare Maggie, che mi fece cenno di ascoltare.
Artemide mi sorrise lievemente, forse sforzandosi parecchio: - Sì, cara Leila. Vedi, se ti ho riconosciuta subito c’è una ragione ben precisa: dovrai passare un po’ di tempo qui, per abituarti al nostro mondo che, fino a ieri ti era sconosciuto. E’ stata Atena a consigliarmelo.
Perciò, lascerò che Chirone ti insegni qualcosa, e, quando ti riterrò pronta, tornerò a prenderti.
E, a quel punto, dovrai darmi una risposta.-
- Una risposta a cosa?- domandai, iniziando a spazientirmi.
Artemide si appoggiò con il mento alle mani: - Una risposta a quello che ti proporrò.
Il mio progetto per te è il seguente: verrò a prenderti quando sarai pronta per affiancare Zoe al comando delle Cacciatrici.-
Spalancai gli occhi per lo stupore, mentre Artemide continuò: - Avere la mia unica figlia al comando delle mie seguaci sarebbe una gran bella cosa. Immagina un po’: resteresti sempre giovane, gireresti il mondo e potresti vedere tuo padre molto spesso. E potremmo recuperare gli anni che abbiamo perso in modo legale, senza che Zeus ci rompa le scatole-
Zoe, la giovane Cacciatrice, fece un mezzo passo avanti verso di me e si portò il pungo chiuso sul cuore, chinando leggermente la testa: - Io, Zoe Nightshade, sarei onorata di combattere al tuo fianco.  
- Ehm… anch’io- balbettai piuttosto imbarazzata.
Volevo voltarmi verso Maggie e mimarle con le labbra la parola “Aiutami”, ma Artemide mi prese per mano: - Non posso obbligarti. Ma ci terrei davvero. Per me sarebbe un grande onore. E’ lo scopo per cui ti ho messa al mondo!
La sua mano sulla mia non mi diede il calore che avrei sperato. Ed il suo discorso non mi piacque neanche un po’: possibile che per lei fossi solo un investimento?
Stavo per declinare l’offerta, ma Artemide mi spiazzò, diventando all’improvviso più dolce.
- Se tu restassi qui, vedresti tuo padre molto poco. E, quando tornerai a casa, lui sarebbe sempre in pericolo. Se, invece, diventerai una Cacciatrice, questo non succederà! Avresti il mio appoggio ovunque andrai, nessun mostro oserà attaccarvi.  E poi anche Maggie potrà venire con noi!
Mi piacciono i lupi e, in più, lei ha dimostrato di essere all’altezza del compito che le è stato affidato. Credimi, sareste due Cacciatrici davvero eccezionali.-
Uno strano luccichio brillò negli occhi della mia amica, facendomi realizzare che quello poteva essere il sogno della sua vita.
E poi, il fatto di poter vedere papà senza problemi…
Okay, forse Artemide non era il massimo come mamma, ma, magari, col tempo si sarebbe  abituata.
E la Cacciatrice di nome Zoe mi sembrava una brava persona.
Fissai mia madre negli occhi e risposi: - E va bene. Ti aspetterò fino a quando lo riterrai giusto. Poi, mi unirò a te.
Un sorriso si dipinse sul volto della dea: - E’ una gioia per me sentirlo. Ma non devi darmi subito una risposta: ti darò del tempo per rifletterci e, quando tornerò, solo allora potrai darmi la conferma. Intanto- disse, tirando fuori dal nulla un piccolo amuleto bianco con sopra disegnata una mezzaluna d’argento –ti dono questo piccolo pegno, per ricordarti il tuo ruolo. E’ il Pegno della Luna.-
Lo presi senza esitare e lo strinsi tra le mani: - Lo accetto volentieri. 
Zoe Nightshade mi sorrise, poi si rivolse a mia madre: - Mia signora, temo sia ora di partire. Il sole volge al tramonto e siamo attese altrove. Il sentiero innanzi a noi è assai lungo e insidioso.
Artemide si alzò annuendo: - Hai ragione, Zoe, dobbiamo affrettarci. Bene, è stato un piacere, Leila. Mi accompagneresti fuori? Voglio che il messaggio sia chiaro a tutti: tu sei mia figlia ed, un giorno, sarai anche la mia luogotenente. Il Campo intero deve sapere chi sei e quanto vali, soprattutto quegli insulsi maschietti.-
Prima che potessi dire qualcosa, Artemide mi mise una mano sulla spalla e mi costrinse a camminare con lei.
Fu piuttosto imbarazzante quando uscimmo: c’erano ancora tutti i miei compagni e Chirone, che mi fissavano come fossi un’aliena, ed io non sopportai l’idea di avere tutti quegli sguardi addosso.
Ma non osai protestare.
Le Cacciatrici si disposero ordinatamente su due file, lasciando uno spazio in mezzo perché potessimo passare.
Artemide mi condusse da Chirone e, mentre tenevo la testa bassa, imbarazzata più che mai, sentii che gli parlava brevemente del nostro accordo: - Ti darò al massimo quattro anni per addestrarla. Poi, se vorrà, si unirà a noi. Non importa se avrà già diciotto anni, mia figlia non mi deluderà.
Il centauro annuì, mentre mia madre diede l’ordine alle Cacciatrici di partire.
Zoe Nightshade si inchinò davanti a me e mi sorrise: - E’ stato un piacere. Attenderò con ansia il dì in cui i nostri sentieri si uniranno. Antìo, figlia di Artemide!-
- Ehm… sì, antìo.- le risposi, capendo che mi stava dicendo “Arrivederci”.
Zoe fece una leggera riverenza, poi si voltò, ponendosi a capo della fila delle Cacciatrici.
Artemide mi mise una mano sulla spalla e, chinandosi verso di me, mi sussurrò in un orecchio :- Ti osserverò a lungo e, se avrai bisogno di me, ti darò il mio aiuto nei limiti del possibile.
Stai lontana dai maschi. Portano solo guai e sofferenza. Non ne vale la pena.
Allenati più che puoi, fino al mio ritorno. So che farai la scelta giusta.
Si alzò, sorridendo a Maggie: - Grazie ancora. Continua pure il tuo lavoro di Custode, e pensa al giorno in cui ti unirai a me. Arrivederci, Margaret.
- Arrivederci, mia signora – balbettò impacciata Maggie, inchinandosi.
Sentii i vari mormorii della folla, mentre Chirone continuava a fissare mia madre un po’ incredulo.
Artemide si voltò verso le sue Cacciatrici già in marcia e, prima di partire, mi fissò con un sorriso abbastanza benevolo: - Arrivederci, Leila.
- Arrivederci… madre- le risposi, sentendo, per la prima volta, che strano effetto facesse dire quella parola.
Lei fece una leggera piroetta e raggiunse di corsa il suo gruppo di Cacciatrici.
Non so come, ma, in un attimo, sparirono.
Chirone mi si avvicinò, un po’ incerto su cosa dire.
Sentii un ragazzo di Ermes sussurrare qualcosa a Luke:- La figlia di Artemide? Che razza di sfortuna…
Per un secondo, mi girai, vedendo che Luke mi guardava con una strana espressione.
Ma, prima che potesse dire qualcosa, Chirone si schiarì la voce: -Ebbene, avete una nuova compagna determinata. Congratuliamoci con lei.-
Fece un piccolo inchinò, imitato dagli altri, mentre io non potei fare a meno di avvampare per la vergogna, rigirandomi nervosamente tra le mani il dono di mia madre.
-Ave, Leila Swift, figlia di Artemide!
 

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Capitolo 6
*** Trovo un altro buon motivo per odiare il Re degli Dèi ***


 Quando Maggie mi condusse alla mensa, quella sera, ero certa che non avrei toccato cibo.
Avevo lo stomaco rivoltato come un calzino.
Venire attaccata da un mostro, scoprire che la mia migliore amica è un lupo mannaro, venire sbattuta in un campo estivo in Primavera, dover cambiare idea sui miti greci e parlare con mia madre,una dea, che non avevo mai visto prima, il tutto in un solo giorno, era davvero troppo.
Diedi uno sguardo piuttosto distratto al grande padiglione senza tetto in cui i miei compagni semidei si riunivano per mangiare.
Era circondato da colonne greche bianche e si trovava su una collina affacciata sul mare.
Dodici tavolini da pic-nic erano disposti là attorno.
Maggie mi fece sedere ad un tavolino vuoto, mentre lanciavo occhiate perplesse alla distribuzione alquanto strana dei ragazzi alla mensa: il tavolo dov’era seduto Luke, ad esempio, pullulava di semidei, mentre ben tre tavolini erano completamente vuoti.
In un tavolo poco distante dal mio, notai che si erano accomodati una decina di ragazzi, tutti con i capelli biondi e gli occhi grigi, tra i quali individuai la bambina di nome Annabeth, colei che aveva commentato riguardo la verginità di Artemide.
Non so, a otto anni, come facesse a sapere quelle cose.
Non appena mi vide, iniziò a studiarmi con fare sospettoso, come si se aspettasse che, da un momento all’altro, mi mettessi a fare qualcosa di strano, tipo ballare la konga sul tavolo, oppure, semplicemente, che sparissi all’improvviso.
Distolsi lo sguardo, leggermente imbarazzata, gettando un’occhiata distratta al tavolo di Luke.
Maggie si accorse della mia perplessità e mi spiegò: - Ognuno di questi tavolini è riservato ai ragazzi di una casa particolare. Quello dei ragazzi biondi, ad esempio, è il tavolo di Atena, cioè della casa numero Sei.
- Ah – risposi, con scarso entusiasmo – Quindi, immagino che quello sia il tavolo di Ermes…
Non feci in tempo a voltarmi, che lo sguardo di Luke incontrò il mio.
Mi strizzò l’occhio con fare seducente, cosa che mi fece arrossire fino alle orecchie.
Come gli saltava in mente? Mia madre non era forse stata chiara?
Feci finta di niente e commentai: - Una delle cose per cui sono grata a mia madre di avermi riconosciuta, è che non devo cenare con quella marea di cleptomani scatenati… né dormirci insieme…
La mia amica sorrise, mentre ci veniva portato al tavolo un enorme vassoio pieno di roba.
Notai che tutti i ragazzi, dopo essersi riempiti il piatto, si dirigevano verso un focolare al centro del padiglione, gettandoci dentro parte della loro cena.
- Che stanno facendo?- domandai stupita.
Maggie si alzò: - Bruciano le offerte agli dèi. Prendi qualcosa dal vassoio e brucia qualcosa per tua madre. Gli dèi gradiscono l’odore di questo fumo.
Nonostante mi sembrasse una cosa assurda, decisi di non fare domande, così diedi un’occhiata a quello che potevo offrire.
Scelsi un pezzo di braciola e, una volta giunta davanti al fuoco, lo gettai tra le fiamme: - Artemide.
Il fumo mi investì per un attimo, facendomi odorare un inebriante profumo di cibo.
Mi si stava riaprendo un po’ lo stomaco, quando una voce maschile (e piuttosto seducente) alla mie spalle, mi fece voltare: - Col Vostro permesso...
Luke mi fissava sorridendo, con un piatto di roba in mano.
Mi spostai con fare scocciato, mentre lui offriva una grossa fragola in sacrificio al padre: - Ermes.
Mi guardò, poi, con un’espressione, lo ammetto, davvero ammaliante.
Credo che sarei rimasta a fissarlo inebetita per ore, se Maggie non fosse venuta a chiamarmi, facendomi rinvenire. Appena in tempo: non volevo diventare subito una delusione per mia madre.
Mi sedetti al tavolo intontita, con lo stomaco nuovamente sottosopra.
Non avevo voglia di mangiare, ma Maggie non volle sentire ragioni, costringendomi a buttare giù almeno un po’ di carne ed insalata.
Non osavo mai dire di no al suo sguardo severo.
Notai, solo un istante dopo, il bicchiere vuoto davanti al mio piatto.
Fissai con aria interrogativa la mia amica, che mi spiegò brevemente: - Ordinagli quello che vuoi, purchè sia analcolico. Si riempirà da solo.
Mi sentii parecchio stupida, ma chiesi lo stesso un po’ d’acqua fresca.
Il bicchiere si riempì all’istante e, dopo aver buttato giù un sorso, iniziai a sentirmi meglio.
 
Più tardi, finito di cenare, il “simpaticissimo” Signor D., che aveva mangiato al tavolino numero Dodici insieme ai suoi due figli gemelli, ci spedì tutti quanti all’Anfiteatro, dove ci riunimmo tutti attorno ad un grande falò.
 Un ragazzo poco più grande di me, con i capelli castani e ricci, mi si avvicinò con fare cortese, imitato da un gruppetto di semidei dall’aria sorridente.
Non potei fare a meno di notare che si assomigliavano tutti parecchio, deducendo che dovevano far parte della stessa casa.
Alcuni di loro avevano una coroncina di alloro in testa e la maggior parte aveva in mano una chitarra, o un qualsiasi altro strumento facilmente trasportabile.
Il giovane con i capelli castani mi tese la mano in modo gioviale: - Ciao, è un piacere conoscerti, cugina. Io sono Lee Fletcher e loro sono i miei fratelli della casa di Apollo. Nostro padre e tua madre, come saprai, sono gemelli, e questo fa di te la nostra parente più vicina qui al Campo.
- Ah, bene- borbottai con fare ebete, mentre mi lasciavo stritolare la mano da una stretta poderosa
- Il piacere è mio.-
Lee si sistemò meglio la chitarra sulla spalla e mi sorrise di nuovo: - Ti va di sederti accanto a noi?-
Gettai un rapido sguardo a Maggie, intenta a parlare con altri Custodi, così decisi di accettare l’invito, pensando che se la sarebbe cavata anche senza di me.
Presi posto alla sinistra di Lee, guardandomi attorno un po’ incerta.
Clarisse, la figlia di Ares che mi aveva dato della “pivella”, stava discutendo animatamente con i suoi altrettanto rozzi e volgari fratelli.
Notai Chirone, che aveva preso posto tra i ragazzi di Efesto e quelli di Atena, e, non appena incrociò il mio sguardo, mi sorrise.
Maggie si sedette in mezzo a due satiri, poco distante da me, e mi alzò il pollice in segno di incoraggiamento.
Iniziai a credere di aver fatto la scelta giusta a non starle appiccicata anche in quell’occasione.
Naturalmente, mi sarei ricreduta pochi secondi dopo.
Infatti, mentre i ragazzi di Apollo iniziavano a suonare le canzoni del Campo, sentii qualcuno che mi si sedeva accanto, sussurrandomi all’orecchio con fare erotico: - Posso sedermi vicino a te?-
Non feci in tempo a girarmi per ribattere, che Luke Castellan si piazzò accanto a me con un sorriso decisamente ebete sulla faccia.
La cosa mi infastidì: insomma, non avevo nulla contro di lui, al momento, ma possibile che non capisse che tra noi non poteva esserci nulla? Il mio destino era quello di diventare Cacciatrice di Artemide, e condurre il gruppo di vergini a fianco di Zoe Nightshade e della sua parlata stramba.
Nonostante non mi fossero piaciute molto le rivelazioni di mia madre riguardo al motivo della mia nascita, sentivo che non volevo deluderla.
Dopotutto, poteva benissimo fregarsene e lasciarmi alla casa Undici per anni, come facevano molti dèi con i loro figli, invece che riconoscermi all’istante.
Mi spostai di più verso Lee Fletcher, con la scusa di fare più spazio al figlio di Ermes.
Tuttavia, Luke non parve capire le mie intenzioni, e si sistemò in modo tale che si ritrovò col fianco premuto contro il mio.
Iniziai a seccarmi: - Luke… ti dispiacerebbe, gentilmente, andare un po’ in là? A meno che tu non voglia incorporarti al mio fianco sinistro…
In tutta risposta, lui si strusciò di proposito contro di me, affondando il viso nei miei capelli: - Non sarebbe male come idea…
- Che?- sobbalzai, cercando di tenere bassa la voce per non rovinare il canto di Lee – Ma sei forse impazzito? Piantala di provarci con me! Nel caso tu non l’abbia notato, sono figlia di Artemide!
- Mhh, eh già…- mugugnò sporgendo il labbro inferiore, con l’aria da bambino capriccioso – Non nascondo che è una bella seccatura.
Mi sentii avvampare.
Insomma, ci conoscevamo da poco e lui si comportava già come se fosse perdutamente innamorato di me? Doveva essere arrapato di brutto, probabilmente, al Campo, i ragazzi venivano sottoposti alla castità forzata…
Cercai di non fargli notare il mio rossore sul viso e borbottai: -Luke, ci conosciamo appena. Sei un ragazzo… simpatico… molto simpatico, davvero. Ma penso che tra noi non potrebbe funzionare.
Lui arricciò una mia ciocca di capelli attorno al suo dito indice: - Non dare sempre tutto per scontato. Certe volte il destino può davvero sorprenderci.-
Dèi! Ma quel ragazzo era davvero ottuso o cosa?
Feci per rispondergli indietro, quando mi indicò le fiamme del falò: - Guarda.
La fiammata era alta parecchi metri, di un colore vivido e brillante. Mai, prima di allora, avevo visto un focolare così bello.
- E’… stupendo…- ammisi, un po’ sorpresa per non averlo notato prima.
Luke mi mise un braccio attorno alle spalle e sussurrò: - Le Fiamme cambiano a seconda dell’umore di chi ci è seduto attorno… oggi i ragazzi del Campo sono allegri.-
Notai, per un breve istante, che la piccola Annabeth, seduta in mezzo ai suoi fratelli della casa di Atena, stava guardando me e Luke con un’aria decisamente imbronciata.
Cercai di spostarmi, ma la mano di Luke iniziò a scendere lungo la mia schiena, facendomi avvertire un brivido.
- Luke…- lo richiamai con tono di rimprovero, facendogli intendere l’inopportunità del suo gesto.
Lui trattenne una risata, fingendosi improvvisamente interessato alle canzoni del Campo.
Annabeth Chase non smise un solo secondo di fulminarmi con lo sguardo.
Infine, quando fu l’ora di andare a letto, tutti i ragazzi si alzarono, dirigendosi verso le rispettive case.
Lee Fletcher, insieme a tutta la casa di Apollo, mi salutò allegramente, augurandomi la buonanotte.
Raggiunsi Maggie, iniziando ad incamminarci insieme verso la casa numero Otto, dove si trovavano già i miei bagagli belli pronti, quando Luke mi si accostò, sussurrandomi in un orecchio:
-Buonanotte.
Lo fissai per un secondo, incerta, poi risposi un po’ impacciata: - Buonanotte.-
Mi sorrise, con quei grandi occhi azzurri, e tornò alla guida della casa di Ermes.
Per un attimo mi sentii leggermente confusa, come se avessi avuto la testa da qualche altra parte.
Fu solo quando Maggie mi diede dei colpetti sul braccio che mi ripresi completamente.
Ci dirigemmo insieme verso la casa di Artemide e, quando entrai, fui piuttosto sollevata nel vedere che le mie cose erano già state sistemate.
E che non mancava nulla.
Mi sedetti sul letto dalle lenzuola color violetto, mentre Maggie iniziava già a cambiarsi.
- Dove dormi?- le domandai.
Lei tirò fuori, da sotto il mio letto, un materasso abbastanza spesso e ci mise sopra un lenzuolo ed una coperta: - Qui- rispose, prendendo poi un cuscino da dentro un cassetto.
Alzai un sopracciglio: - Sei sicura di voler dormire per terra? Perché qui c’è abbastanza spazio… oppure possiamo fare a turno…-
Si infilò una canotta nera e dei pantaloncini e scosse la testa, mentre si raccoglieva i capelli scuri in una treccia laterale: - No, sto bene qui. Sono abituata a dormire anche all’aperto, se proprio vuoi saperlo… e preferisco avere un letto tutto mio. Anche perché tu, di notte, scalci.-
- E’ vero- arrossii lievemente, ricordandomi dei nostri pigiama-party.
- Non ti cambi?- mi domandò, mentre si sedeva sul proprio materasso.
- Oh, giusto-  borbottai, andando a prendere la mia tenuta da notte.
Presi una canottiera azzurrina e dei pantaloncini blu e andai a sistemarmi sotto le coperte.
Maggie posò un libro sul cuscino ed iniziò a leggere, mentre la mia mente veniva affollata da mille pensieri. Infine, mi sorse spontanea una domanda.
- Maggie?-
Lei alzò gli occhi dal libro: - Mh?-
Mi girai dalla sua parte, appoggiando la testa su un braccio: - Perché odi tanto Zeus? Insomma, non che a me stia simpatico, dopo l’assurda regola che si è inventato riguardo alle relazioni tra dèi e figli mezzosangue… però, mi hai detto che è colpa sua se tu sei un licantropo… che cos’è che ti ha fatto, di preciso?-
Maggie mi fissò con un’espressione strana, tanto che, per un attimo, mi pentii di averle fatto quella domanda. Poi, però, sospirò alzando le spalle: - In realtà, il fatto risale a molti anni prima della mia nascita… diciamo al tempo dell’Antica Grecia.-
Chiuse il libro ed il suo sguardo subì una strana trasformazione, come se stesse viaggiando all’indietro nel tempo di migliaia di anni.
- Molto tempo fa, viveva un uomo chiamato Licaone, re d’Arcadia, noto a tutti per la sua empietà. Non offriva sacrifici agli dèi e preferiva occuparsi del proprio regno, piuttosto che delle questioni religiose. Non aveva mai mancato di rispetto ad una divinità, semplicemente badava ai propri affari terreni. Gli altri re della Grecia lo schernivano spesso, continuando a temere gli dèi in modo esagerato, al punto di offrire loro dei sacrifici umani.
Ora, se pensi che Zeus si sia scomodato una sola volta, per impedire quegli spargimenti di sangue inutili, ti sbagli di grosso.
Al contrario: decise di fare visita a Licaone per esprimere il proprio disappunto riguardo la sua presunta mancanza di rispetto e si autoinvitò a cena.
Diverse versioni sono state tramandate riguardo a questa cena, tuttavia, solo quella trasmessa a noi licantropi è quella giusta, senza censure né tagli.
Come dicevo, Zeus si recò a casa di Licaone per dimostrare la propria superiorità: aveva infatti scommesso con Poseidone ed Ade che lui sarebbe riuscito a sottomettere il re dell’Arcadia.
Tuttavia, Licaone non si fece fregare ed offrì al proprio ospite un banchetto davvero insolito.
Era morto da poco un prigioniero nelle carceri, un criminale, così, Licaone ordinò ai cuochi di farlo a pezzi, cucinarlo e servirlo come cena all’illustre invitato.
Non appena si accorse dell’inganno, Zeus, come puoi bene immaginare, andò su tutte le furie.
Fu schernito dai fratelli per essersi cibato di un essere umano, per di più carcerato, e così maledisse Licaone per il suo inganno, trasformandolo in una creatura mostruosa, metà umana e metà canide.
Lo mandò, poi, a vagare per i boschi, costringendolo a sfamarsi di carne umana per sopravvivere.
Non poteva toccare altro cibo, solo gli esseri umani erano in grado di soddisfare il suo micidiale appetito. Il tutto, naturalmente, mentre era cosciente di ciò che faceva, poiché Zeus,per pura crudeltà, gli aveva lasciato la mente da essere umano.
Licaone, nauseato da ciò che era costretto a fare, decise di ribellarsi un’ultima volta, iniziando a non nutrirsi più. La sua determinazione gli volse a favore.
Tua madre, infatti, lo notò e, poiché era divenuto una specie di lupo, era passato automaticamente sotto il suo dominio. Si impietosì per l’ingiusta sorte toccata a quel re, anche perché, non avendo mai sacrificato qualcosa agli dèi, non aveva mai ucciso degli animali se non per sfamare il popolo.
Decise di alleviare il suo tormento, facendo in modo che si trasformasse in lupo soltanto durante le notti di luna piena. Da allora, Licaone iniziò ad essere devoto soltanto a lei.
La storia di questo re, è anche quella del primo lupo mannaro della storia.
E i licantropi di oggi sono i discendenti di Licaone.
La specie si mantenne perché Zeus, in uno dei suoi soliti impeti d’immaturità, si offese per il dono fatto da Artemide a colui che l’aveva oltraggiato, così non si limitò solo a maledire Licaone, ma anche tutta la sua stirpe.
Tra l’altro, poiché la trasformazione avveniva solamente durante determinate notti, Zeus fece in modo che, con la trasformazione, perdessimo completamente la nostra umanità, riducendoci allo stato di bestie selvagge assetate di sangue.
Non è raro che un licantropo si risvegli immerso nel sangue delle proprie vittime, senza ricordarsi il perché ne il per come. Tutto perché il “Re degli Dèi” voleva la sua vendetta. Guarda a che prezzo si compiono le sue vendette…-
Si irrigidì un istante, le labbra contratte per il nervoso.
Ora capivo perché ce l’avesse tanto con Zeus e fosse così tanto devota ad Artemide.
- Capisco… però… una cosa non mi è chiara- mormorai – Se è vero che, quando vi trasformate perdete la vostra identità… come mai ieri notte non mi hai uccisa?-
Maggie mi sorrise, mostrandomi il ciondolo che portava sempre al collo: - Questo è un dono di tua madre. Dovevo proteggerti, quindi sarebbe stato assurdo se, durante una delle mie trasformazioni, avessi ucciso te o tuo padre. Il ciondolo tiene sotto controllo la trasformazione, così da non farmi perdere il controllo.-
- Ah, ecco perché lo tieni sempre- osservai con fare da Capitan Ovvio.
La mia amica annuì, poi riprese il proprio libro e ricominciò a leggere: - Io sono una discendente di Licaone. E Zeus è mio nemico. Insieme a tutto ciò che produce… non credere che “quell’eroina” di sua figlia fosse uno stinco di santa… - alzò un attimo gli occhi dal testo, restando assorta nei propri pensieri, con un’espressione di disgusto sulla faccia. 
Poi, però, mi guardò con fare quasi materno: - Sarà meglio per te dormire, adesso. Ne hai passate tante in questi giorni e sei sicuramente stanca. Fatti una dormita, che domani sarà una giornata lunga. Ti spiace se tengo un po’ la luce accesa per leggere?-
- No, fai pure- risposi, girandomi dall’altra parte – Notte.
- Notte- mi rispose, già immersa nella lettura.
Non ci volle molto prima che mi addormentassi, tuttavia, quel poco che restai sveglia, vari pensieri mi balenarono nella mente. Il primo fra tutti riguardava Zeus.
Il fatto che fosse padre di Artemide lo rendeva mio nonno, tuttavia, questo legame non lo sentivo affatto: come potevo essere, anche lontanamente, imparentata con un uomo egoista e capriccioso che aveva rovinato un’intera stirpe perché si era offeso con un solo uomo?
Per colpa della sua superbia, tra l’altro!
In più, con la maledizione lanciata a Licaone, aveva causato chissà quante stragi di gente innocente, per aver reso i licantropi incapaci di controllarsi durante la loro trasformazione!
Strinsi un pugno, giurando a me stessa che mai e poi mai avrei mostrato un po’ di cortesia nei confronti di Zeus, qualunque fossero state le conseguenze.
Infine, dopo questo silenzioso giuramento, mi addormentai profondamente.

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Capitolo 7
*** Dichiaro ufficialmente guerra a Luke Castellan ***


 Il mio primo giorno al Campo si potè definire pressoché normale.
Passai molto tempo al Poligono di Tiro con l’Arco, insieme a Lee Fletcher e i suoi fratelli, scoprendomi, senza sorprese, incredibilmente portata per quella disciplina, e provai a dilettarmi anche in attività come il canottaggio e l’arrampicata (anche se lì rischiai parecchie volte di venire incenerita dalla lava che colava giù dalla parete).
Maggie mi teneva d’occhio continuamente, dandomi, di tanto in tanto, dei consigli per migliorare.
Fu quando arrivò il turno delle lezioni di Scherma che iniziarono i guai.
Maggie mi portò all’arena, dove diversi semidei si stavano riscaldando maneggiando delle lame dall’aspetto poco sicuro.
Notai quasi immediatamente Clarisse, che stava letteralmente demolendo un manichino per le esercitazioni.
Fui tentata di domandarle che cosa le avesse fatto di male, quando lei mi vide e restò per un attimo sorpresa.
Aggrottò le sopracciglia, squadrandomi dall’alto al basso, poi, sul più bello che mi aspettavo un qualsiasi insulto da parte sua, si girò e riprese a massacrare il manichino, ridotto ormai ad un ammasso di rottami.
 - Vieni- mi disse Maggie, prendendomi per un braccio – Ti conviene metterti verso il centro, così quando inizierà la lezione avrai una visuale migliore.
- Devo proprio farlo?- domandai, mentre mi piazzava al posto che voleva – Insomma, sono già brava a tiro con l’arco, devo per forza imparare a maneggiare una spada?
Maggie mi lanciò un’occhiata severa, facendomi rispondere da sola: - Okay, immagino di sì.
Gettai un’occhiata piuttosto distratta ai semidei che si radunavano in cerchio, mentre un giovane guerriero protetto da un’armatura, richiamava l’attenzione verso di sé.
Doveva essere il maestro, altrimenti non sarei riuscita a spiegarmi il perché restasse al centro dell’arena armato di spada.
- Pensavo che fosse Chirone a darci lezioni di scherma- mormorai rivolta a Maggie.
Lei mi fissò sorpresa: - Come?
- Insomma- continuai – il maestro di scherma è proprio giovane…
-Leila, guarda che… - cercò di dirmi lei, ma il presunto istruttore, giratosi verso di me, disse ad un ragazzo della casa di Ermes, che mi stava accanto, di sistemare gli Indeterminati in modo che avessero una buona visuale.
La cosa che mi colpì, fu la voce dell’insegnante: familiare. Troppo familiare.
Realizzai con orrore chi fosse proprio nel momento in cui si tolse l’elmo: - Hey, Leila!
Spalancai occhi e bocca, mentre Luke Castellan sorrideva compiaciuto, come se avesse appena realizzato lo scherzo del secolo.
- Tu… tu… ma cosa?- balbettai, non capendoci più niente – Che cosa cavolo ci fai lì? Dov’è l’insegnante di Scherma?-
- Sono io!- rispose beffardo – O, almeno, oggi sono io a darvi lezioni… Chirone dice che sono parecchio… portato… ho una dote particolare per la Scherma- disse, calcando volutamente la parola “dote”, giusto nel caso non avessi capito il doppio senso.
Per un istante, qualcosa nel mio cervello si bloccò: non sapevo se essere arrabbiata, sconcertata, confusa…
Per fortuna, Annabeth Chase, fulminandomi con lo sguardo, prese la mano di Luke ed iniziò a scuoterlo: - Luke! Avanti, devi iniziare! Non possiamo perdere tempo a lezione!-
Lui le sorrise, accarezzandole i riccioli biondi: - Va bene, piccola, hai ragione… dobbiamo incominciare- mi strizzò l’occhio, avviandosi con passo sensuale verso il centro dell’Arena.
- Bene, per cominciare, oggi vi spiegherò una particolare mossa- inutile dire che, a questa parola, si voltò verso di me con aria furba – che vi aiuterà a disarmare l’avversario in due semplici colpi.  
E’ molto utile, soprattutto nel caso l’avversario stesse per penetrare- altro sguardo malizioso – le vostre difese. Ecco cosa dovete fare…
Diede una piccola dimostrazione con un manichino mobile: mentre quello faceva partire l’affondo, Luke parò rapidamente il colpo, poi, con un movimento circolare della mano, fece volare via la spada dell’avversario.
Annabeth applaudì entusiasta, seguita da parecchi altri semidei.
Dovevo ammettere che era davvero bravo, ma il mio orgoglio mi impediva di dargli una qualsiasi soddisfazione.
Si pavoneggiò un po’, poi iniziò a fissare il pubblico con aria indecisa: - Bene, ora che vi ho fatto vedere come si fa, ho bisogno di un volontario che mi faccia provare la mossa su di lui…
Cercai di guardare altrove, in modo da non attirare la sua attenzione, anche se sapevo che non sarebbe servito a niente.
- Leila!
Mi girai lentamente, fulminandolo con lo sguardo.
Aveva una faccia da sberle così irritante, che fu un miracolo se non gli saltai addosso, picchiandolo selvaggiamente con la sua stessa arma.
- Coraggio, piccola. Sei la nuova arrivata, quindi tocca a te.
Avrei voluto ucciderlo.
Fossi stata a scuola, me la sarei defilata all’istante, ma in quel momento era diverso: di sicuro, mia madre non sarebbe stata fiera di me, se mi fossi tirata indietro.
Maggie mi mise in mano una spada e lasciò che mi avvicinassi con passi lenti a Luke.
Lo squadrai in maniera poco amichevole, mentre lui sogghignava tra sé: - Pronta, dolcezza?
- Me la paghi- sibilai, mettendomi in posizione di difesa.
Fortunatamente, Maggie mi aveva spiegato alcune basi della scherma, così che non apparissi una perfetta idiota già dal primo giorno.
Luke si posizionò davanti a me, con il suo solito sorrisetto imbecille, facendo scivolare la propria spada sulla lama della mia: - Cominciamo.
La prima volta che eseguì la mossa, come previsto, mi ritrovai a fissare la mia spada a terra con un’espressione completamente idiota.
Una risatina generale si levò tra gli spettatori, facendomi arrossire di vergogna.
Luke raccolse la mia spada e me la consegnò, ridacchiando sotto i baffi: - Non prendertela, capita a tutti di perdere al primo incontro… ora, se vuoi dare il cambio a qualcuno, fa’ pure, sennò… ouch!-
Schivò appena in tempo un fendente che avevo menato contro di lui, proprio nel preciso istante in cui le mie dita si erano serrate di nuovo sull’elsa della spada.
Luke mi fissò sorpreso, senza cancellarsi quel sorrisino irritante dalla faccia: - Oh, abbiamo una ragazza agguerrita qui… non vorrai fare la bambina cattiva, vero, Leila?
Mi scostai, con un soffio, un ciuffo di capelli dal viso, e puntai la spada con fare minaccioso: - Non ti darò il permesso di umiliarmi, Luke Castellan. In guardia!
Mi avventai su di lui con una tale ferocia che, mentre colpivo a caso e senza fermarmi la lama della sua spada, potevo scorgere un bagliore di sorpresa nei suoi occhi.
Non so cosa mi prese. Ma non potevo sopportare che quel cafone facesse il gradasso con me.
Riuscii quasi a disarmarlo parecchie volte e, solo dopo alcuni minuti di lotta furiosa, Luke riuscì a far volare via la mia spada.
Non esultò, tuttavia.
Si limitò a fissarmi con aria ammirata, ansimando leggermente: - Hey, hai davvero fegato…
Probabilmente, avrei dovuto sentirmi fiera di me stessa, per aver combattuto così bene.
Ma, gettando un rapido sguardo alla mia spada che giaceva per terra, a pochi metri da me, mi resi conto che combattere bene non era abbastanza.
Io volevo vincere.
Volevo umiliare Luke Castellan, così da fargli capire che le sue avances mi rimbalzavano contro senza intaccarmi, e, naturalmente, per dimostrare a mia madre quanto valevo.
Avrei dovuto essere sportiva, in quell’occasione, ma non ce la feci.
Mi voltai di scatto e, a passo deciso, uscii dall’Arena, circondata dall’innaturale silenzio dei miei compagni.
Mi diressi in direzione del boschetto del Campo, quello che, a detta di Maggie, era infestato da mostri di vario genere, ma non ci feci neanche caso.
Mi appoggiai al tronco di un albero sospirando, lasciandomi scivolare giù e mettendomi seduta.
Mi sentivo male.
Ero triste, perché non ero riuscita a battere Luke, dopo aver avuto, per un secondo, l’illusione di potercela fare.
- Hey, tu!
Una voce decisamente poco gentile mi fece alzare lo sguardo.
- Lasciami in pace, Clarisse- borbottai – se sei venuta qui a sfottermi, sappi che non ho la minima intenzione di risponderti o darti retta.
La ragazzina (solo per via dell’età) si mise le mani sui fianchi, fissandomi con aria severa: - In realtà, volevo solo chiederti se ti unirai a noi alla Caccia alla Bandiera, oppure se hai già scelto di stare con gli altri perdenti.
Mi alzai in piedi, guardandola con aria interrogativa: - La Caccia alla Bandiera?
Clarisse alzò gli occhi al cielo: - Ma allora non sai proprio niente! Ogni venerdì sera, Chirone organizza la Caccia alla Bandiera. Come fai a non saperlo?
- Beh- replicai, leggermente scocciata – Sai com’è, sono arrivata qui ieri, quindi dovrebbe essere lecito che qualcosa mi sfugga…
Lei alzò un sopracciglio e probabilmente io feci lo stesso: perché, all’improvviso, parlavo da perfettina? Manco fossi sotto l’influenza di Zoe Nightshade…
Comunque, la figlia di Ares incrociò le braccia sotto il seno e sospirò: - Non sono sicura di aver capito tutto… in ogni caso, apri bene le orecchie: durante la Caccia alla Bandiera si formando due squadre, la Blu e la Rossa.
Le varie case stringono alleanze con le due vincitrici della Caccia precedente.
Finora il titolo è detenuto dalla casa di Ermes e da quella di Apollo.
Noi facciamo parte della Squadra Rossa, ossia con Apollo e Afrodite, mentre la Squadra Blu è composta da Atena, Efesto, Demetra e Dionisio. Tu, naturalmente, rappresenti la casa di Artemide e devi scegliere una di queste due. Quindi, riformulando la domanda, con chi vuoi stare?-
Riflettei per un momento: - Beh, la Caccia è venerdì… mancano quattro giorni, con oggi, devo proprio decidere ades…
-Sì!- mi interruppe lei- Immediatamente! Il tempo passa e dobbiamo organizzare una strategia. Abbiamo Atena, tra gli avversari, quindi dobbiamo prenderci per tempo! Quindi, per l’ultima volta, pivella: sei con noi o contro?
- Okay, okay…- feci un rapido conto mentale – In teoria, con te ci sono i ragazzi di Apollo, ed io ho legato molto con loro, e…- mi illuminai – un momento! Hai detto che tra gli avversari c’è Ermes?-
- Sì!- Clarisse sembrò esasperata.
Io sogghignai: - Allora è ovvio che starò con voi! Un’alleanza con Luke Castellan? Mai! Naturalmente, se mi volete…
Clarisse mi guardò di sbieco, ormai certamente convinta che fossi stupida: - Se no non sarei venuta a chiedertelo, pivella!
Un sorrisetto ebete mi si dipinse sulla faccia: - Quindi non ti sto antipatica…
La ragazza sbuffò, ormai sull’orlo di una crisi di nervi: - Non è che tu mi sia simpatica… però, penso che ci sia gente più sfigata di te, qua al Campo. In più- arrossì lievemente – devo dire che… apprezzo il tuo modo di porti e combattere… non mi è dispiaciuta la risposta che hai dato a quella figlia di Afrodite, ieri… e non era male lo sguardo che avevi mentre attaccavi Luke, oggi.
- Mh, bene- borbottai.
Clarisse mi zittì con un cenno della mano: - Con questo, non montarti la testa. Come figlia del dio della guerra, riconosco che hai del potenziale. Ma posso sempre rispedirti nella polvere.
- Lo terrò a mente- risposi, senza dare troppo peso alla minaccia.
Clarisse alzò le spalle e si girò, avviandosi verso l’Arena: - Allora ci si vede in giro, pivella. Preparati bene per venerdì.
La guardai allontanarsi, con il suo passo pesante e sgraziato.
Strano a dirsi, ma quella ragazza non mi stava affatto antipatica. Almeno non quanto le figlie di Afrodite, o Luke Castellan…
Feci per tornare alla casa di Artemide, dove, probabilmente, Maggie mi stava aspettando, quando una mano sulla spalla mi fece voltare.
- Leila!
Alzai gli occhi al cielo, mentre mi ritrovavo davanti Luke, con la sua solita espressione furba.
Un gruppetto di figli di Ermes si era radunato poco distante da lui.
- Che cosa vuoi?- gli domandai scocciata – Vuoi prendermi ancora in giro perché mi hai battuta?
Lui alzò le mani in segno di resa: - In realtà… volevo solo dirti che mi dispiace- mi sorrise leggermente – Volevo chiederti scusa per essermi preso gioco di te… sono stato un idiota.
- Beh- borbottai – almeno lo riconosci.
Mi sembrò di intravedere un’ombra di malizia sul suo sguardo, ma fu solo per un istante.
- So che sei la figlia di Artemide- continuò – quindi, il mio comportamento è stato inaccettabile. Volevo solo scherzare un po’, ma non ho tenuto conto dei tuoi sentimenti. Puoi perdonarmi?
 I ragazzi di Ermes mi fissarono ansiosi.
Arrossii leggermente : - Beh, forse, se non farai più l’idiota…
- Ma certo!- mi interruppe lui – In segno di pace, accetteresti un abbraccio amichevole? Oppure sei figlia di Artemide e quindi non puoi?
Alzai gli occhi al cielo: - Un abbraccio non mi è certo proibito, Luke…
- Allora vieni qui- mi sussurrò, stringendomi a sé – Cominciamo daccapo.
Mi accarezzò la schiena, facendo aderire per bene il suo corpo al mio.
La mia guancia era premuta contro il suo petto e, con l’orecchio, riuscivo a sentire i battiti del suo cuore. Era una sensazione davvero piacevole.
Quando ci staccammo, ero leggermente arrossita, ma mi parve molto strana l’espressione furba che si dipinse sul suo volto.
Approfittò del mio momento di distrazione per allontanarsi, mentre una strana sensazione si impadronì di me. Era come se mi mancasse qualcosa.
Realizzai quanto era successo, solo quando vidi Luke correre verso i suoi fratelli con qualcosa in mano. Qualcosa di pizzo, bianco e svolazzante…
Lanciai un grido: - Luke!- iniziai ad inseguirlo- Ridammelo subito! Ridammi subito il mio reggiseno!
Luke rideva come un matto, seguito a ruota dagli altri ragazzi, mentre io, rossa di vergogna, cercavo di riappropriarmi della refurtiva.
- Hey, ragazzi! Chi vuole toccare per primo un reggiseno?- gridò lui, venendo acclamato con un’ovazione dai suoi fratelli.
- Brutto verme schifoso!- imprecai, raggiungendolo – Come diavolo hai fatto a prenderlo?
In tutta risposta, lui lo lanciò ad un ragazzino con i capelli scuri, arrivato da poco al campo:- Prendi Travis!
Quello lo afferrò al volo, osservandolo con interesse: - Caspita, che bello!
- Travis, fa' vedere anche a me!- strillò un ragazzino ancora più giovane, che gli assomigliava un sacco.
- Okay, Conn, ma te lo faccio solo toccare…
- Brutti ladri, ridatemelo!- gridai isterica, gettandomi verso di loro.
Il ragazzo che si chiamava Travis consegnò il mio reggiseno nelle mani dell’altro, probabilmente suo fratello, il quale corse via come un razzo, indossandolo.
- Come mi sta?
- Smettetela!-
Ero ormai sul punto di piangere.
I ragazzi di Ermes si passarono il reggiseno come fosse stato una pallina da tennis, fino a quando non ricapitò nelle mani di Luke.
Mi fissò furbo e sogghignò: - Se lo rivuoi, devi darmi un bacio con la lingua!
Mi fermai poco distante da lui, ansimante.
Lo fissai con odio, sentendo la rabbia che cresceva sempre di più dentro di me.
- Scordatelo!
- Okay- Luke si appoggiò il reggiseno sulla faccia e si avviò verso la casa di Ermes, seguito dai suoi fratelli- Ragazzi, abbiamo un nuovo trofeo di guerra da oggi!
Quelli ridacchiarono, mentre io, distrutta e furiosa, strinsi i pugni fino a farmi diventare le nocche bianche.
Luke aveva passato il segno. Era davvero troppo.
Con tutto il fiato che avevo in corpo, gridai: - Questa è guerra, Castellan! Stanne certo: te la farò pagare!
All’improvviso, tutte le convinzioni di mia madre mi sembrarono più che vere. 

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Capitolo 8
*** La mia prima Caccia alla Bandiera dà il via alla mia vendetta ***


Nei giorni che seguirono il furto del reggiseno, iniziai a meditare una serie di pesantissime vendette che mi avrebbero permesso di distruggere Luke Castellan.
Diversamente da come mi aspettavo, Maggie non cercò di dissuadermi, anzi, mi diede parecchi consigli utilissimi su come farla pagare al “Cleptomane di biancheria arrapato”, come l’avevamo soprannominato, durante gli intervalli che intercorrevano tra un’attività e l’altra. Misi subito, in cima alla lista, l’idea di mettergli lo smalto sulle unghie mentre dormiva.
In quei giorni, mi  allenai duramente, soprattutto nella Scherma, in modo da essere ben preparata per la Caccia alla Bandiera che, ormai, rappresentava una buona occasione per iniziare ad umiliare Luke.
Venerdì sera arrivò in fretta.
Quando finimmo di cenare, iniziai ad avvertire un leggero nervosismo.
Vidi Lee Fletcher che portava nel padiglione una bandiera, insieme a due dei suoi fratelli. Devo ammettere che il drappo era davvero stupendo: dorato e con disegnato un sole al centro.
Uno scroscio di grida si levò dai tavoli di Apollo e Ares, mentre i ragazzi di Afrodite si limitarono ad applaudire con aria aristocratica.
Quando mi passò accanto, Lee mi sorrise con fare incoraggiante.
Pochi secondi dopo, Luke fece il suo ingresso nel padiglione, sventolando una bandiera dal drappo verde e decorata con il disegno di un caduceo.
Gli applausi, questa volta, si levarono dai tavoli di Ermes, Atena, Efesto, Demetra e Dionisio.
Naturalmente, nonostante l’avessi tenuto a distanza, in quei giorni, Luke non perse occasione per ammiccare verso di me con aria seducente. Mi limitai a fulminarlo con lo sguardo.
Chirone si portò al centro del padiglione, richiamando l’attenzione su di sé: - Va bene, ragazzi, stiamo per cominciare. Le regole immagino che le conosciate tutti, le ripeterò comunque: il ruscello è la linea di confine e vince la squadra che conquisterà per prima la bandiera dell’altra.
Gli avversari si possono solo disarmare: vietato, quindi, ucciderli e, se possibile, ferirli.
La foresta sarà il vostro campo libero ed è concesso l’utilizzo di oggetti magici.
Io fungerò da arbitro e medico. Bene, detto questo, iniziate a prepararvi!
Un boato di grida e applausi scoppiò nel padiglione, facendomi avvertire una leggera morsa allo stomaco. Maggie mi prese la mano, con fare rassicurante, e mi portò ad indossare l’armatura che avevo trovato nel guardaroba della casa Otto, probabilmente, un regalo di mia madre.
Era di colore argento, comoda e inspiegabilmente leggera, composta da corsetto, cinturino, gonnellino, ginocchiere, polsini, spalline e, addirittura, sandali abbinati.
Al posto dell’elmo, Artemide mi aveva lasciato una specie di tiara argentata, con una mezzaluna incisa sopra.
- Mia madre si sta davvero dando da fare per me- dissi, infilando uno dei polsini d’argento – Insomma, lasciarmi un’intera armatura nell’armadio è un regalo fantastico… soprattutto perché non devo indossare quelle specie di corazze pesanti che hanno gli altri…-
Maggie sorrise, chiudendomi il corsetto: - Il messaggio dev’essere chiaro. Tu sei provvisoria qui, perché destinata ad uno scopo più alto. Non sarai una comune mezzosangue, ma una Cacciatrice. E poi- aggiunse, porgendomi uno scudo argentato con inciso il disegno di un cervo – Credo che questo sia il suo modo per esprimerti il suo affetto.
Mi specchiai, restando piuttosto colpita: con quelle vesti addosso, sembravo una delle amazzoni del telefilm Xena, e la cosa non mi dispiacque affatto.
- E’ stupenda – riuscii a mormorare – L’unica cosa è che sarò visibile a miglia di distanza… questo materiale argentato è molto luminoso…
Maggie sembrò sorridere sotto i baffi: - Beh, credo che avrai un’enorme sorpresa a riguardo…
Raggiunsi i miei compagni, che avevano appena piazzato la bandiera dalla nostra parte del ruscello.
Clarisse accennò una specie di grugnito per salutarmi, mentre Lee mi sorrise apertamente: - Oh, eccoti Leila! Vieni, sto spiegando la strategia.-
Pensavo che mi avrebbero assegnato un compito idiota e noioso, tipo quello di sorvegliare la bandiera, invece, Lee mi propose di pattugliare una delle zone ad Est del bosco.
- Di solito c’è sempre qualcuno che passa per di là- mi spiegò – è una zona abbastanza in ombra, ideale per passare inosservati. Tu che hai affinità con le selve non dovresti avere difficoltà. E, di sicuro, le bestie che girano per di là non ti attaccheranno. Ti va questa sistemazione?-
Mi limitai ad annuire.
Mio “cugino” sorrise, dandomi una pacca amichevole sulla spalla, e, mentre partivamo, mi mise una specie di fischietto in mano: - In caso di bisogno, chiama.
Clarisse sfrecciò accanto a me, con la sua lancia in mano, dirigendosi di fretta verso il territorio nemico: - Vedi di non farti fregare, pivella!
 
Raggiunsi la zona che mi aveva affidato Lee, ritrovandomi in una luogo oscuro e silenzioso.
Gli unici rumori, che si udivano di tanto in tanto, erano deboli fruscii tra le fronde degli alberi.
Mi appostai contro il tronco di un pino, attendendo ogni minimo movimento sospetto.
Rimasi immobile per qualche minuto, stringendo il fischietto che Lee mi aveva dato, mentre la flebile luce della luna filtrava a fatica attraverso il fitto manto della boscaglia.
Istintivamente, abbassai lo sguardo per controllare se la mia armatura mandasse qualche riflesso e… restai completamente a bocca aperta.
Il metallo non era più argentato e luccicante, ma aveva mutato le proprie tinte diventando scuro e opaco. Chiunque fosse passato di lì, non sarebbe di sicuro riuscito ad individuarmi, a meno che non avesse avuto la vista di un elfo.
- Un’armatura mimetica- mormorai sorpresa – E chi se l’aspettava?
Non ebbi il tempo per restare stupita a lungo, poiché un rumore sospetto attirò immediatamente la mia attenzione.
Sbirciai dal mio nascondiglio, trattenendo il respiro, mentre una figura si muoveva furtiva tra gli alberi.
Come per magia, sentii che i miei sensi diventavano all’improvviso più acuti, facendomi sentire, per un secondo, un po’ stordita. Ma non ci volle molto perché mi riprendessi.
Riuscivo a percepire il respiro del ragazzo che si avvicinava, non lo perdevo di vista un solo istante, nemmeno quando cercava di mimetizzarsi. Quasi mi parve, per un momento, di riuscire ad avvertire i battiti del suo cuore.
Era una sensazione stupenda.
Il ragazzo (non so perché, ma sapevo che era un maschio), arrivò a pochi passi dal mio nascondiglio, cercando di individuare qualche ostacolo.
Non si accorse di me.
Aspettai che mi superasse e, mentre ormai aveva, apparentemente, abbassato la guardia, gli puntai la spada contro la schiena: - Preso.
Lui si bloccò di colpo, evidentemente sorpreso, ma, mentre stavo per ordinargli di voltarsi, iniziò a ridere. Una risata che conoscevo.
- Luke!- strillai furibonda e scioccata – Che cosa ci fai tu qui?
Lui si girò, fissandomi con un’espressione di finta innocenza: - Mi sembra evidente: sto cercando di conquistare la vostra bandiera! Di solito questa zona viene sempre lasciata scoperta dagli idioti di Ares.
- Già- lo interruppi con un ghigno –Peccato che questa volta siano stati i ragazzi di Apollo a ideare la strategia.
Luke diede un’alzata di spalle: - Pazienza, vorrà dire che dovrò disarmarti e proseguire verso la vittoria.
Si interruppe quando gli puntai minacciosamente la spada al viso: - Questo lo vedremo.
Lui indietreggiò di un passo, sfoderando la propria lama. Il sorrisetto che aveva stampato mi fece innervosire ancora di più.
Inizialmente mi scocciò l’idea di ritrovarmelo sempre dappertutto, ma poi realizzai che quella poteva essere la mia occasione per dare il via alla vendetta.
Posai lo scudo a terra, poiché lui aveva fatto lo stesso, e sferrai un attacco.
Le nostre lame cozzarono rumorosamente l’una contro l’altra.
Luke si limitò a parare i miei colpi, senza provare ad attaccarmi sul serio, ma dovette impegnarsi non poco quando intensificai i miei attacchi, spinta da una inspiegabile furia.
Era sorpreso, di nuovo, ma, se pensavo che questo l’avrebbe fatto desistere dal fare l’idiota, mi sbagliavo di grosso.
Bloccò un mio fendente e, portandomi una mano dietro la schiena, mi spinse contro si sé, facendo aderire il mio bacino al suo. Mi ritrovai il suo sorrisetto odioso a pochi centimetri dalla faccia, mentre le nostre spade, incrociate, sfioravano le nostre gole.
- Ciao- mi sussurrò con aria sensuale, facendomi infuriare.
Feci leva sull’elsa della mia spada, spingendomi lontana da lui. Ansimavo leggermente e, purtroppo, ero lievemente arrossita: - Sei un idiota!- ringhiai.
Luke trattenne una risatina, attendendo la mia prossima mossa.
Non lo feci aspettare.
Mi avventai contro di lui, mirando all’elsa della sua spada, cercando di disarmarlo.
Lui si scostò di lato, beffardo, ma il suo sorrisetto si spense quando sfoderai una seconda lama, più corta dell’altra, che tenevo nascosta in uno dei gambali dell’armatura.
- Sorpreso, eh?- dissi, deridendolo, ma lui si limitò a sorridere e alzare le spalle: - Trucchetti.
Riprendemmo a combattere.
Era bravo, davvero bravo, considerando che si stava difendendo con una sola lama, ma non osai nemmeno farmi sfiorare da un pensiero del genere.
Improvvisamente, Luke mi bloccò un polso con la mano libera e fermò la mia lama con la sua, di nuovo. Cercai di divincolarmi, ma, senza preavviso, lui mi baciò l’estremità sinistra della bocca.
Mi sentii avvampare.
Lo spinsi via con tutte le mie forze, con la testa completamente in confusione.
- Tu… tu…- boccheggiai, rossa di rabbia – Come hai osato?
Mi rivolse un ghigno furbo e, senza preavviso, iniziò a correre in direzione del ruscello.
Persi completamente il controllo.
Lo raggiunsi senza fatica, iniziando a bersagliarlo di colpi con una furia tale che non riuscivo nemmeno a seguire i miei stessi movimenti.
Vidi il suo volto perdere il solito ghigno spavaldo.
I suoi muscoli erano tesi al massimo, mentre parava i miei colpi in modo sempre meno sicuro e, mentre stava per cedere, con un urlo di battaglia, lo mandai a sbattere contro il tronco di un albero.
Luke gemette, schivando in tempo un mio affondo, ma non fu abbastanza svelto ad evitare un secondo attacco.
La lama della mi spada lo ferì alla spalla sinistra, lasciandogli un taglio abbastanza profondo.
Fu scosso da un singulto e, improvvisamente, la rabbia che mi assaliva sparì, facendomi tornare in me.
Mi fermai ansimando, mentre lui indietreggiava sorpreso.
Si premette la mano, ancora serrata sull’elsa, sulla ferita, fissandomi con un’espressione sconvolta.
Si appoggiò contro un tronco, ansimando, lasciando cadere la spada a terra.
Un rivolo di sangue correva lungo il suo braccio.
Lasciai cadere le lame a terra a mia volta. Ero sconvolta da quello che avevo fatto.
A parte il fatto che avevo appena infranto una delle regole della Caccia alla Bandiera, mi ero comportata esattamente come una psicopatica figlia di Ares.
Mi avvicinai a lui, un pochino esitante: - Luke, io…  
Lui mi guardò, con una strana espressione. Poi, sorrise.
- Quando ti arrabbi fai davvero paura.
Sbuffai, un po’ scocciata: possibile che, dopo quello che gli avevo appena fatto, fosse ancora in vena di fare lo spiritoso?
Evidentemente sì, perché, approfittando del mio momento di distrazione, mi prese una mano, facendomi perdere l’equilibrio.
Si portò sopra di me, ancorandomi a terra con il suo peso.
Arrossii, fissandolo allibita: - Luke!
In tutta risposta, lui posò la fronte sulla mia, sussurrando: - Ma lo sai che mi fai impazzire?
Stavo per mollargli un pungo sul naso, quando lui, improvvisamente, si alzò e, stringendosi la spalla sanguinante, riprese a correre verso il ruscello.
Mi alzai di scatto, afferrando le mie due spade, e lo inseguii furiosamente: - Castellan! Non ci provare nemmeno!-
Era quasi riuscito a raggiungere il ruscello, quando gli balzai addosso, ritrovandomi a rotolare con lui nell’erba.
Questa volta, era lui ad essere steso sotto di me, e ciò gli diede modo di lanciarmi un’occhiata maliziosa: - Se sei ansiosa di farlo con me, bastava chiedere, non occorreva saltarmi addosso…
Gli puntai una lama alla gola: - Zitto, idiota, non ti permetterò di…
Un improvviso boato mi costrinse ad alzare la testa.
Vidi Clarisse, inseguita da un paio di figli di Atena, che correva velocemente verso il nostro territorio, con la bandiera di Ermes in mano.
Con un balzo, superò il ruscello, facendo esultare di gioia i miei compagni.
Lo stendardo verde venne rimpiazzato da uno di colore rosso, ed il caduceo si trasformò in una testa di cinghiale sovrapposta ad una lancia insanguinata.
Vidi la piccola Annabeth raggiungere i propri fratelli, visibilmente arrabbiata.
Si voltò verso il gruppo di Ermes, che arrivava di corsa, e si mise a gridare: - Brutti idioti! Ve l’avevamo detto di non abbandonare le postazioni! Che cosa vi è saltato in mente!
I figli di Atena scossero la testa, scocciati, mentre la bambina continuava ad inveire contro l’incapacità dei compagni.
- Maledizione… - borbottò Luke con disappunto, facendomi rendere conto che ero ancora distesa sopra di lui.
Mi alzai velocemente, osservando i ragazzi di Apollo e Ares che portavano in trionfo la vincitrice.
Li raggiunsi un po’ incerta, mentre Clarisse, non appena mi vide, gridò allegra: - Hey, pivella! Hai visto che roba? Hanno mangiato la polvere!
- Sei stata brava!- urlai, per sovrastare il coro di vittoria intonato dai figli di Apollo.
Clarisse alzò la bandiera come fosse stata un trofeo, esultando.
Chirone ci raggiunse galoppando: - Congratulazioni alla Squadra Rossa, è stata una vittoria davvero schiacciante! Bene, c’è qualche infortunato? Qualcuno ha bisogno d’aiuto? Se dovete farvi curare, seguite me e… Dèi, Luke!- esclamò, notando la sua spalla sanguinante – Che ti è successo?
Io arrossii visibilmente, mentre Luke dopo avermi gettato uno sguardo, rispose: - Sono caduto ed ho urtato una lama che si trovava per terra… probabilmente deve averla persa qualcuno…
Chirone strinse le labbra: - Mi dispiace… ragazzi, dovete fare più attenzione alle vostre armi! Vieni con me in Infermeria, Luke, ti metterò a posto in un istante.
Lui lo seguì, strizzandomi l’occhio non appena mi passò accanto.
Rimasi completamente spiazzata.
 
La presunta galanteria di Luke, però, non mi fece desistere dal tentare un’infiltrazione alla Casa di Ermes, quella notte.
Potevo prendermi una pausa dai miei desideri di vendetta violenta (averlo sconfitto nella Caccia alla Bandiera mi aveva un pochino appagata), ma non potevo lasciare il mio reggiseno nelle mani di quei pervertiti.
In più, avevo trovato, in un cassetto, un bellissimo smalto rosso sangue, che sarebbe stato un peccato non usare per scopi sadici.
Attesi che tutte le case spegnessero le luci e, silenziosamente, mi alzai dal letto, cercando di non calpestare Maggie.
Stavo raggiungendo l’uscita, quando una voce alle mie spalle mi fece voltare di colpo.
- Dove vai?
Maggie mi fissava stranita, come se non riuscisse a realizzare bene la situazione.
- Vado a riprendermi il reggiseno- sussurrai – Torno subito.
Lei sbadigliò, affondando la faccia nel cuscino: - Attenta a non farti sbranare dalle arpie di pattuglia.
Mi avviai silenziosamente verso la casa numero Undici, riuscendo a non farmi scoprire.
Entrai con cautela, pronta ad affrontare eventuali trappole o scherzetti. Per poco non inciampai su un ragazzo steso a terra in un sacco a pelo.
C’era una puzza di sudore da far schifo, l’aria era calda e opprimente, tipica delle stanze affollate.
Mi coprii il naso con un fazzoletto, cercando di far abituare i miei occhi all’oscurità.
Per prima cosa, misi lo smalto, insieme ad una dracma d’oro, sotto il cuscino di Connor Stoll, che sapevo essere tra i più mattinieri della casa Undici, lasciandogli in mano un bigliettino molto amorevole, che gli chiedeva un piccolissimo favore per una dolce amica.
Infine, iniziai a cercare il reggiseno, facendo attenzione a non svegliare i pervertiti cleptomani.
Luke dormiva su un letto attaccato alla parete. Russava, anche se questo non bastò a farmi abbassare la guardia.
Poco sopra di lui, con una delle spalline appesa ad un chiodo, c’era il mio reggiseno, al quale era stato attaccato un cartellino, che non riuscivo a leggere da lontano.
Misi, cautamente, un piede sul materasso, esercitando una leggera pressione. Luke non si mosse.
Con molta attenzione, riuscii a mettermi in piedi sul letto, scavalcando Luke con una gamba.
Mi appoggiai con una mano alla parete, osservando con gioia il mio reggiseno ritrovato.
Riuscii a leggere il cartellino, trattenendo una smorfia: - Trofeo di Guerra??? Ma fammi il piacere!- borbottai, mentre cercavo di sfilare la spallina nel modo più delicato possibile.  
- Cosa pensi di fare?
Soffocai un grido per lo spavento e fulminai Luke con lo sguardo: - Mi riapproprio di quello che è mio! Ma che cavolo, non stavi mica dormendo?
Un sorrisetto malefico si dipinse sulle labbra di Luke: - Non puoi girare per il Campo di notte… questa è già la seconda regola che infrangi.
Stavo per protestare, ma lui riuscì, non so come, a farmi cadere accanto a sé.
Provai ad alzarmi, ma Luke fu più svelto: mi bloccò le gambe con la sua e mi fece rotolare sotto di sé. I suoi occhi brillavano di una luce maliziosa.
- Luke!- protestai, cercando di dimenarmi senza risultato – Sono stanca dei tuoi giochetti!
Lui non rispose. Si limitò a fissarmi con quello sguardo astuto ma profondo, piegando le labbra in un leggero sorriso.
Per un momento, mi sentii completamente presa nelle sue reti, e mi limitai ad osservarlo.
Indossava una semplice canottiera, che metteva ben in mostra le sue braccia muscolose. Le sue mani erano serrate sui miei polsi, in modo deciso ma per nulla doloroso, e, dopo alcuni secondi, il calore del suo corpo iniziò a passare lentamente al mio.
La sua spalla sinistra era bendata.
Per un istante, non avvertii più l’odio profondo che covavo nei suoi confronti, ma solo una pungente curiosità che mi attirava, come una calamita, verso di lui.
I suoi occhi azzurri puntati nei miei.
Con il cervello in panne, riuscii a mormorare l’unica cosa che mi venne in mente: - Perché non hai detto a Chirone che sono stata io a ferirti la spalla?
Luke sorrise, ma, questa volta, il suo sorriso non era malizioso o furbo. Era, semplicemente, sincero.
E stupendo.
- Te l’ho detto- sussurrò, affondando il viso nei miei capelli – Io ti adoro.
Arrossii fino alle orecchie, mentre sentivo la sua mano scorrere lungo il mio ventre, verso l’alto.
- Luke…- mormorai, quasi senza fiato – Per… favore…
La sua mano si fermò, mentre lui appoggiava la fronte sulla mia. D’istinto, gli afferrai le spalle con le mani, facendolo sussultare quando gli toccai la spalla ferita.
Feci scivolare immediatamente la mano sul suo braccio, sentendomi improvvisamente in colpa.
Diedi una triste occhiata alle bende bianche e mormorai: - Mi dispiace.
Lui sorrise, come per rassicurarmi, e mi guardò, con quei suoi occhi stupendi, con uno sguardo che non avrei mai dimenticato.
- Leila Swift- mormorò, con un tono insolito e seducente – A me non importa quello che hai deciso. Non mi importa chi è tua madre, né dei modi in cui ti vendicherai di me. Ma devi sapere una cosa: io non ho mai conosciuto una come te. E sappi che, finchè starai qui, io non mollerò mai.
- Non vuoi proprio rassegnarti?- domandai esasperata, cercando di sgusciare via.
- Certo che no, tesoro – sussurrò malignamente, riprendendo il suo modo di fare solito – E’ una promessa.
Cercai di spingerlo via da me, ma lui si alzò volontariamente, girandosi sulla schiena.
Feci per afferrare il reggiseno, ma lui mi bloccò la mano: - O bacio con la lingua o niente.
Grugnii stringendo i pugni, ma lui mi indicò con un cenno i compagni dormienti: - Non ti conviene svegliarli. Ora, se rivuoi il reggiseno, o fai a modo mio, oppure farò un chiasso così infernale da svegliare tutti i ragazzi delle Case circostanti. Sarebbe divertente, non credi?-
La rabbia tornò di colpo: possibile che si divertisse tanto ad ammaliarmi, per poi riprendere a comportarsi come un idiota?
Mi alzai dal letto, cercando di non pestare un paio di semidei, e gli rivolsi un’occhiata piuttosto fredda: - Non cantare vittoria, mi riprenderò il mio reggiseno, in un modo o nell’altro.
Luke sogghignò, strizzandomi l’occhio: - Non vedo l’ora.
Uscii dalla casa di Ermes con le guance rosse come fiamme.
Luke Castellan mi aveva giocata un’altra volta, ma sarei stata io a ridere per ultima.
- Molto bene, Don Giovanni - ghignai – Vedremo chi sarà messo in imbarazzo, domani, quando tutti i nostri compagni vedranno le sue nuove brillanti unghie rosse… 
 
***
 
Angolo dell’autrice: Un ringraziamento speciale a Cup_Cake, per avermi suggerito l’idea dello smalto :)

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Capitolo 9
*** Il Cleptomane Pervertito si dimostra ancora più stupido del previsto ***


 Fui svegliata da un fastidioso fascio di luce, che mi abbagliò non appena aprii gli occhi.
- Ma che diavolo…?
Sbattei le palpebre diverse volte, prima di riuscire a mettere a fuoco Maggie che cercava di far passare un fascio di luce attraverso un oggetto trasparente.
- Cosa diamine stai facendo?- bofonchiai, ancora assonnata.
La mia Custode mi degnò appena di uno sguardo, riprendendo la propria accecante attività: - Oh, sei sveglia… strano, di solito, a quest’ora, sei ancora nel mondo dei sogni…
- Mi hai svegliata tu!- protestai – Tu e quel tuo… aggeggio infernale! Si può sapere che cos’è, oltre ad un ottimo strumento per farmi perdere qualche diottria?
Maggie lo mise sul tavolo di cristallo, sorridendo soddisfatta: - Adesso vedrai…
Il fascio di luce, passato attraverso un foro dell’oggetto trasparente, uscì dal lato opposto, creando un arcobaleno lungo fino al pavimento.
- Oh, è un prisma…- commentai – Perché hai portato qui un prisma?
Maggie prese una dracma d’oro dalla tasca dei jeans neri: - Ti farò scambiare qualche parola con tuo padre.
- Che cosa?-
Tra una cosa e l’altra, mi ero completamente dimenticata che, in quei sei giorni passati al Campo,
non avevo ancora avuto l’occasione di parlare con mio padre.
Mi avvicinai alla mia amica, tenendo sempre d’occhio il fascio di luce colorata: - Posso vedere papà?
Lei annuì, gettando la dracma d’oro attraverso il fascio di luce: - O dea, accetta la mia offerta!-
La moneta venne assorbita, esattamente come quando Maggie evocò il taxi delle Sorelle Grigie per arrivare al Campo.
- James Swift, Studio Veterinario Pets & More, Atlanta.-
 Dopo un attimo di attesa, iniziai a distinguere delle figure sbiadite muoversi sulla superficie del fascio, fino a che, non comparve nitidamente la figura di un uomo girato di spalle, con i capelli biondi e il camice bianco,  intento a somministrare un antipulci ad un cane volpino dal pelo ramato.
Senza rendermene conto, indietreggiai di un passo, ancora scossa per la visione.
Maggie mi diede una gomitata, che mi permise di pronunciare una singola parola: - Papà?
Mio padre si girò, guardandosi intorno, fino a quando non incontrò il mio sguardo. I suoi occhi verdi si spalancarono per la sorpresa: - Leila!- la fialetta di trattamento gli cadde quasi dalle mani – Tesoro, che bello rivederti! Stai utilizzando un Messaggio-Iride per parlarmi, vero?-
Guardai Maggie con aria interrogativa, così lei si affrettò a rispondere per me: - Sì, James, sono riuscita a trovare un prisma alla fine… è stata un’impresa, ma ce l’ho fatta…
Mio padre sorrise: - Oh, ci sei anche tu, Meg! Come sta andando al Campo, ragazze?
Alzai le spalle, cercando di avere un’aria rassicurante: - Abbastanza… ho fatto qualche amicizia, soprattutto con quelli della Casa di Apollo… e credo di entrare nelle grazie di una figlia di Ares… Dèi, dovresti vederla, avrà circa dieci anni, ma è alta quasi quanto me!
Papà emise un fischio, venendo distratto dall’abbaiato scocciato del volpino: - Oh, scusa, hai ragione Mr Furry! Tieni questo biscotto, intanto, sarò subito da te-
Il cagnetto si mise a sgranocchiare soddisfatto il biscotto, dando modo a papà di riprendere a parlare con me: - Ecco… oggi abbiamo il trattamento antipulci, quindi è un tantino nervoso…-
- Lo vedo- borbottai, pensando a quanto malata potesse essere una persona che chiama il suo cane “Mr Furry”- A te come vanno le cose, lì?
Papà sorrise, alzando le spalle: - Che vuoi che ti dica… più o meno il solito, anche se è tutto triste e noioso senza di te…-
Strinsi le labbra, cercando di ignorare la morsa allo stomaco che mi stava tormentando: - Anche tu mi manchi, papà… vorrei tanto poter tornare, di tanto in tanto…-
Lui annuì: - Lo so, principessa. Ma non ti preoccupare, troveremo un modo… intanto, divertiti più che puoi, e allenati con impegno, così che, la prossima volta che un mostro proverà ad avvicinarsi, lo stenderai in un solo colpo! A proposito – si ricordò improvvisamente – Ho saputo che hai conosciuto tua madre!-
- Ah, sì- risposi – E’ venuta di persona a riconoscermi.-
Papà sembrò arrossire leggermente: - E… com’era?
Gliela descrissi rapidamente, parlandogli anche del pegno che mi aveva lasciato, e lui sorrise: - Già, è proprio da lei… mi fa piacere sapere che non è cambiata affatto… spero tanto di rivederla, un giorno…-
Sembrò, per qualche istante, perdersi nei propri pensieri, poi si scosse: - Beh, immagino che non ti resti ancora molto credito… e Mr Furry sta diventando un pochino impaziente… è il momento di salutarci, tesoro, altrimenti uscirò da qui con qualche dito in meno… chiamami pure quando vuoi, mi ha fatto piacere sentirti. A presto, ragazze!-
- A presto – gli risposi, mentre Maggie si limitò ad alzare la mano in segno di saluto.
Papà mi mandò un bacio e la conversazione si interruppe.
Maggie prese il prisma e lo posò su una mensola, mentre io rimasi per qualche secondo in silenzio. All’improvviso, iniziò a mancarmi la mia vecchia vita, e provai il fortissimo desiderio di tornare a casa, anche solo per un secondo, per poter riabbracciare papà.
Ma poi, un pensiero improvviso balenò nella mia mente: - Dèi, quasi dimenticavo!
Maggie mi fissò alzando un sopracciglio, mentre iniziavo a vestirmi alla velocità della luce: - Che cosa dimenticavi? E perché hai una faccia sadica?-
Io esultai  silenziosamente, pensando che, presto, Luke Castellan avrebbe avuto una coloratissima sorpresa: - Lo vedrai Maggie – sogghignai, infilandomi dei jeans – Lo vedrai…
 
Mi sedetti al tavolo di Artemide, attendendo, con aria innocente, che ci venisse portata la colazione.
I miei compagni semidei stavano prendendo posto svogliatamente, ancora un po’ intontiti dal risveglio.
Il tavolo di Ermes prese ad affollarsi sempre di più, e, ‘stranamente’, il Cleptomane di biancheria arrapato non si vedeva ancora.
Maggie mi si sedette accanto, squadrandomi con severità: - Insomma, si può sapere che hai da gongolare tanto? Non avrai mica combinato qualcosa!
- Chi, io?- domandai ingenuamente – Ma cosa ti salta in mente?
Lei fece per replicare, ma si bloccò non appena vide il ghigno malefico che mi si dipinse sulla faccia, quando Luke Castellan fece il suo ingresso nel padiglione.
La sua faccia aveva un brutto colorito verdastro e, dalla sua espressione, si vedeva lontano un miglio che era più nervoso di un licantropo nei giorni di luna piena.
Teneva le mani, chiuse a pugno, dietro la schiena, cercando in tutti i modi di nascondere le unghie.
Si sedette al proprio posto, gettando qua e là occhiate nervose ai compagni.
Connor Stoll si girò verso di me, strizzandomi l’occhio.
- Hey, Luke!- chiamò uno dei ragazzi di Ermes – Mi passeresti quella mela, per favore?
Provai una soddisfazione incredibile nel vederlo impallidire, senza avere il coraggio di mostrare le mani in pubblico.
Il suo fratellastro lo fissò stupito: - Allora, Luke? Che ti prende, me la passi o no?
Luke strinse le labbra e, nel modo più impacciato possibile, afferrò la mela tenendo le dita ripiegate.
Un bagliore rosso intenso brillò, non appena fece per ritrarre la mano, una volta consegnata la mela.
Travis Stoll, che stava per portare alla bocca un chicco d’uva, si bloccò, strizzando bene le palpebre: - Luke, scusa…
Il volto di Castellan divenne pallido come un cencio.
- Che cosa… che cos’hai sulle dita? Ho visto qualcosa di rosso…
- Ehm, non è niente- cercò di tagliare corto lui, portandosi le mani dietro alla schiena, ma un ragazzo dai tratti ispanici, che gli stava seduto accanto, gli prese un polso e, prima che Luke avesse avuto il tempo di protestare, espose la sua mano davanti a tutti.
- Se ti sei tagliato, non devi mica vergo… oh, Dèi!
Un silenzio tombale calò tra i ragazzi di Ermes, portando tutti i semidei dei tavoli attorno a voltarsi (poiché era davvero insolito che il tavolo di Ermes fosse così silenzioso).
Luke nascose in fretta le unghie smaltate, ma, ormai, solo i più tonti non le avevano notate.
Il resto del Campo era piombato in un silenzio attonito, che si interruppe solo quando Clarisse La Rue, tentando di trattenere le risa, gridò: - Castellan ha lo smalto!-
Una risata generale scoppiò nel padiglione, mentre Luke diventava rosso di vergogna.
Maggie mi fissò ad occhi spalancati, come per cercare una risposta ed io, mezza soffocata dalle risate, riuscii solo a mormorare: - Ho pagato Connor Stoll per metterglielo…
Invano, la mia Custode cercò di trattenersi.
Qua e là, fioccavano commenti di ogni genere.
- Castellan, non sapevo che fossi così sexy!
- Quello smaltino è davvero invidiabile…
- Sei sicuro di non essere figlio di Afrodite?
- Oh, ti prego, dimmi dove l’hai comprato, che alla mia ragazza ne serve uno uguale!
Luke era talmente imbarazzato che non riusciva nemmeno a farfugliare qualche patetica scusa.
Chirone giunse nel padiglione galoppando: - Insomma, ragazzi, perché fate questo chiasso? Non dovreste finire la vostra colazione? Che sta succedendo qui?-
Polluce, uno dei due gemelli di Dionisio, provò a rispondere, anche se era ancora piegato in due dal ridere: - Nulla è che… Castellan… ha lo smalto, signore!-
Chirone restò a corto di parole, fissando Luke con aria stupita: - Luke, ma che cosa…
Castellan sospirò, con le guance in fiamme: - E’ stato uno stupido scherzo, Chirone. Qualcuno me l’ha messo mentre dormivo…
Il centauro restò un attimo sconcertato, poi cercò di ricomporsi: - Beh, lo scherzo è bello finchè dura poco, perciò, riprendete la colazione… Luke, per favore, và in Infermeria e cerca qualcosa per togliertelo.-
Lui annuì, obbedendo meccanicamente all’ordine.
Incrociò per un secondo il mio sguardo e, non so perché, ebbi l’impressione che, alla vista del mio sguardo trionfale, Luke avesse capito tutto. Il ghigno che mi rivolse fu inequivocabile.
 
Quel pomeriggio, dopo aver praticato un po’ di scherma nell’Arena, mi allontanai per prendere delle ginocchiere da allenamento nuove, perché le mie iniziavano ad essere un po’ consumate.
Passai davanti alla collina del Pino di Talia, gettandogli uno sguardo distratto.
E fu allora, che vidi qualcuno in piedi davanti all’albero.
Sospirai, e, non so per quale ragione, lo raggiunsi.
- Hey, Luke!
Il ragazzo si girò, sembrando, per un attimo, sorpreso di vedermi. Poi sogghignò: - Oh, ma guarda un po’. La nostra Principessina della Manicure… ti sei divertita abbastanza oggi?
Incrociai le braccia sotto il seno, squadrandolo poco amichevolmente: - Te la sei cercata. Tu mi hai umiliata rubandomi il reggiseno. Che poi, tra parentesi, non ho ancora capito come hai fatto…
Luke alzò le spalle, con un sorrisetto furbo: - Trucchetti del mestiere…
- Sì, certo.
Assunsi un’aria da dura, cercando di non abbassare mai lo sguardo: - Quindi sapevi che sono stata io ad ideare lo scherzo.
Lui fece un passo avanti verso di me: - Beh, il modo in cui gongolavi stupidamente a colazione, oggi, non mi ha lasciato alcun dubbio…- mi si avvicinò in modo poco rassicurante – E Connor non mi batte di certo, in quanto a furbizia- mi mise in mano la boccetta di smalto – chissà come mai era sotto il suo cuscino, accanto ad un bigliettino davvero amorevole…
Feci un passo indietro: - E allora perché non l’hai detto a Chirone nemmeno questa volta?
Luke scosse la testa, ridacchiando: - Perché mi sembra una cosa da stupidi, lamentarsi col maestro, quando si può  ottenere da soli una vendetta migliore.
Trattenni il respiro, mentre lui serrava le mani sulle mie braccia.
Non volevo mostrarmi intimorita, ma il modo in cui mi guardò rese la cosa davvero difficile.
Iniziai a pensare ad un modo per scappargli, ma, inaspettatamente, lui mollò la presa, allontanandosi lentamente da me.
Lo guardai con aria interrogativa, ma lui si limitò a gettare uno sguardo al pino che stava alle sue spalle: - Una volta, lei era mia amica…
Restai a bocca aperta, mentre lui continuava a fare finta di niente.
- Scusami?- domandai, allibita – Ti comporti come se stessi per violentarmi da un momento all’altro, e poi inizia a parlarmi di quella specie di donna-albero come se niente fosse?
Lui mi fissò sogghignando: -  E’ evidente che non mi conosci bene. Non sono il tipo da violentare una ragazza solo perché lei mi ha fatto mettere lo smalto… e, a dire il vero, non sono uno che violenta le ragazze, in generale. Devo ammettere, però, che la tua espressione stupita mi ha ripagato un po’ della figuraccia che ho fatto oggi.
Scossi la testa, con fare rassegnato: - Tu non sei normale…
- Oh, no- concordò lui – Io non sono come tutti gli altri. Ed è per questo, che sto organizzando una cosa davvero spettacolare, che mi darà modo di dimostrare quanto sono speciale!
Alzai un sopracciglio con aria annoiata: - Ma davvero?
Luke parve tornare ai propri pensieri, appoggiando una mano sulla corteccia del pino: - Talia me lo ripeteva sempre che ero speciale. Non si meritava la fine che ha fatto. Perdendo lei, ho perso la migliore amica che potessi mai desiderare…
- So già la storia- sbottai un po’ scocciata, per nulla intenzionata a parlare di quella ragazza che, non so come mai, mi stava già antipatica senza neanche averla conosciuta – Non serve che me la racconti.
Luke mi fissò divertito: - Non avevo intenzione di farlo.-
Si bloccò un secondo, portando la mano alla spalla fasciata, e flettendola all’indietro con un gemito.
- Ti fa… ancora male?- domandai, sentendomi un po’ in colpa – Oggi non sei venuto agli allenamenti per via di quella?
Lui sorrise, con un’espressione di noncuranza: - Mi dà un po’ fastidio, in effetti. Il taglio che mi hai fatto era abbastanza profondo… ci metterà un bel po’ a guarire…
Abbassai lo sguardo, arrossendo leggermente: - Non era mia intenzione…
- Lo so.
Luke mi fissò con un’espressione furba, socchiudendo gli occhi azzurri malizioso: - Sai tenere un segreto?
Mi appoggiai le mani sui fianchi: - Certo che so mantenere un segreto! Per chi mi hai presa, scusa?
Lui mi si avvicinò con fare enigmatico, abbassando improvvisamente la voce: - Ho in mente un’impresa, che mi permetterà di uscire da qui. Ancora non so bene i dettagli, ma sta’ sicura che, non appena avrò le informazioni che mi servono, troverò il modo per tornare nel mondo esterno.
Possiamo vincere tutte le Cacce alle Bandiere che vogliamo, ma mai saremmo in grado di dimostrare il nostro valore, finchè non daremo prova delle nostre doti al di fuori del Campo Mezzosangue. Io compirò un’impresa, a qualunque costo, Leila. E tornerò come un eroe.-
Cercai di capire se stesse scherzando o meno e, quando capii che era serio, scossi la testa: - Sapevo che fossi stupido, ma fino a questo punto… dove pensi di andare, solo, in balia dei mostri, a quindici anni appena e con quella spalla ferita, per di più? Non sopravviveresti un solo secondo nel mondo esterno…
Luke mi sorrise furbescamente e, con tono decisamente troppo sensuale per i miei gusti, sussurrò semplicemente: - Staremo a vedere…
Si allontanò come se niente fosse, lasciandomi là, sorpresa, accanto ad un pino gigante magico e con una boccetta di smalto rosso sangue ancora stretta nella mano.

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Capitolo 10
*** Mi ritrovo a San Francisco in un battito di ciglia ***


 Era un po’ di tempo che non mi capitava di sognare cose strane.
A partire dai tre anni, spesso mi succedeva, soprattutto durante le diverse fasi lunari, di svegliarmi nel cuore nella notte in preda a sogni orribili.
Tuttavia, durante quelle settimane passate al Campo, avevo passato solo notti senza sogni. 
Mi ritrovai all’interno di una stanza  illuminata, con le pareti bianche ed il pavimento di marmo.
Ero nascosta dietro ad un paravento, non so perché, e stavo osservando tre persone che discutevano tra loro.
Una di queste era mia madre, solo che era leggermente diversa da come l’avevo conosciuta: dimostrava appena dodici anni, i suoi capelli rossi erano raccolti in una strettissima coda ed il suo abbigliamento era composto da un semplice tunica argentata.
La seconda persona era un ragazzo sui vent’anni, abbastanza alto, dal fisico asciutto ma muscoloso. Aveva i capelli castani, il sorriso scaltro e le sopracciglia arcuate. Indossava un chitone greco bianco, teneva in mano un caduceo e, ai suoi piedi, portava dei sandali alati.
Non mi ci volle molto ad identificarlo come Ermes, messaggero degli dèi e padre di Luke.
Accanto a lui, c’era una ragazza sui sedici anni, che non riuscii ad identificare.
Aveva i capelli color castano ramato, l’espressione timida e vestiva con una lunga tunica viola chiaro, che metteva in risalto un evidente rigonfiamento a livello dell’addome.
Stava in silenzio ed un pochino in disparte, osservando mia madre ed Ermes che “parlavano”, o meglio, Ermes parlava normalmente, mia madre, invece, sembrava volerlo sbranare da un momento all’altro.
Mi fece uno strano effetto vederla così.
- Siamo alle solite, vero Ermes?- diceva mamma, con tono decisamente poco amichevole.
Il padre di Luke alzò gli occhi al cielo: - Se volevi litigare, Artemide, non potevi almeno scegliere un momento migliore? O, al massimo, avvisarmi in tempo? Non voglio che Daeira si agiti…-
Fece una carezza affettuosa alla ragazzina al suo fianco, mentre mia madre sbuffava annoiata.
- Io e te parleremo adesso. Non è necessario che lei ascolti.
Ermes sospirò e si rivolse con dolcezza alla giovane: - Tesoro, ti dispiacerebbe aspettarmi fuori?
Lei annuì, arrossendo un po’ quando lui la baciò sulla guancia.
Fece un inchino ad Artemide e si avviò rapidamente verso la porta.
Passò davanti al paravento dov’ero nascosta, gettandomi uno sguardo distratto.
I suoi occhi nocciola, leggermente a mandorla, si socchiusero con fare interrogativo e, per un istante, credetti che potesse vedermi. Ma poi, alzò le spalle ed uscì.
Artemide scosse la testa: - Ma guarda te se dovevi mettere incinta un’altra dea minore… tra te e mio fratello non so chi sia più pervertito!
- Hey! Questa volta è diverso!- protestò Ermes, ma mia madre lo interruppe: - Ogni volta dici così.
Il messaggero degli dèi sbuffò scocciato: - Non sarai mica venuta per parlare di questo?
- Ovviamente no.
Artemide si scostò un ciuffo di capelli dal viso e continuò: - In realtà, volevo discutere con te riguardo ad uno dei tuoi figli.
Ebbi una stretta allo stomaco: forse pensava che io e Luke fossimo una coppia e l’avevo delusa!
Mi sporsi un po’ di più dal mio nascondiglio, tendendo l’orecchio al massimo.
Mia madre sembrava piuttosto arrabbiata: - Sto parlando di Luke Castellan, il tuo prediletto.
- Luke?- l’espressione di Ermes diventò confusa – Che ha fatto di male per farti innervosire così?
Mamma lo fulminò, con una faccia così spaventosa che, se l’avessi avuta di fronte, credo sarei scappata via a gambe levate.
- Lo sai benissimo, Ermes - sibilò, con una voce terribilmente perfida – non ho mai contestato il suo comportamento riprovevole  nei confronti delle ragazze, perché non sono affari miei.
Ma non posso assolutamente tollerare che ci provi in continuazione con mia figlia!-
La stretta allo stomaco aumentò.
Ermes restò un attimo in silenzio, poi cercò di trattenere una risata: - Oh, ma dai! E’ un ragazzo, è normale! Non te la sarai mica presa per lo scherzo del reggiseno? A proposito, che coppa porta?-
Mi sentii avvampare, mentre mia madre sembrava sul punto di esplodere.
- Già quello è stato un insulto gravissimo! Vogliamo parlare delle avances durante la Caccia alla Bandiera? Oppure ai falò? O, peggio, di quando quel maniaco si è strusciato su di lei, nel letto?
Udendo ciò, credetti di svenire per la vergogna.
Ermes assunse un’aria maliziosa, probabilmente compiaciuto della perversione del figlio: - E tua figlia, allora? Che cosa ci faceva nella Casa Undici? Nel letto di mio figlio? Non mi è sembrato che le dispiacesse quello “strusciamento”…-
A quel punto, stavo per uscire dal mio nascondiglio, saltare addosso ad Ermes e picchiarlo con il suo stesso caduceo, ammesso che in sogno fosse stato possibile, ma la voce ferma di Artemide mi bloccò: - Stava cercando di recuperare il suo indumento rubato! E credo che, se lei fosse bendisposta nei confronti di quel pervertito, non gliele avrebbe di certo suonate durante la Caccia alla Bandiera. Né avrebbe pagato il piccolo Stoll per mettergli lo smalto ed umiliarlo! Mia figlia si sta difendendo, sta opponendo resistenza. Ma quella sottospecie di arrapato non le dà un attimo di tregua! Io ti avverto Ermes- gli occhi di mia madre divennero due sottilissime fessure – Dì a quell’idiota di starle alla larga, altrimenti ne pagherete entrambi le conseguenze!
Ermes fece per replicare, quando la porta della stanza si aprì di scatto, ed entrò a passo svelto una bella donna sulla trentina, con i capelli lunghi e neri ed indossante un’elegante armatura greca.
Il suo volto era autorevole, anche se un po’ troppo serio, ed i suoi severi occhi grigi erano molto simili a quelli della piccola Annabeth.
Capii all’istante che doveva essere la dea Atena.
Si intromise tra i due con fare imperioso, parlando con tono autoritario: - Ora basta discutere! Zeus mi manda a chiamarvi per discutere di una cosa importante!
- Di che si tratta?- domandò mia madre, leggermente turbata – E’ successo qualcosa di grave?
- Riguarda un vecchio nemico- rispose spiccia Atena – Ma questo non è il luogo adatto per parlarne. Andiamo alla Sala del Consiglio. Gli altri dèi si sono già radunati…
Le tre divinità si diressero verso l’uscita e, per non farmi vedere, cercai di nascondermi meglio dietro al paravento. Ma, all’improvviso, i disegni greci impressi sulla tela, iniziarono a muoversi lentamente e, prima ancora che potessi fare qualcosa, una mano gigante uscì dalla sua prigione di seta, stringendomi in una morsa d’acciaio. Mi venne spontaneo gridare una sola parola.
- MADREEE!!!
 
Aprii di colpo gli occhi, ritrovandomi al buio della mia stanza.
Qualcuno accese la lampada sul comodino, abbagliandomi in modo decisamente fastidioso.
- Leila!
Maggie era in ginocchio sul proprio materasso, con la mano ancora serrata attorno all’interruttore. – Ma-Maggie?- balbettai ancora sconvolta, con il cuore che mi martellava nel petto.
Lei si sedette sul mio letto, fissandomi ironica: - Chi pensavi che fossi? Un satiro? Dèi, hai una faccia allucinata come poche! Si può sapere cosa ti succede? Stai male, per caso?-
- Io… credo di no…- mormorai tra i brividi – E’ solo che… ho fatto un sogno… un sogno strano che poi è diventato un incubo…
Raccontai brevemente quello che avevo visto.
Maggie strinse le labbra con aria assorta: - Immagino tu sappia che i semidèi, spesso, hanno dei sogni premonitori… il fatto che gli dèi organizzino riunioni straordinarie non è un buon segno…
- Intendi che… potrebbe essere pericoloso anche per noi?
Maggie sembrò pensierosa: - Quello che minaccia gli dèi, purtroppo, minaccia anche noi. Ma non è il caso di vivere nell’angoscia. Mia madre dice sempre: “Mai fasciarsi la testa prima di romperla”.
Ti consiglio di darti il pensiero solo se questo nemico uscirà allo scoperto. Non hai bisogno di avere altro per la testa, in questo momento. Domani parlerò con Chirone. Torna pure a dormire. -
Non mi sentii per nulla rassicurata, ma non potei nemmeno darle torto.
Chiusi gli occhi, sperando di non venire di nuovo ghermita dalla mano gigante del paravento.
Non sognai più nulla.
 
La mattina seguente, cercai in tutti i modi di distrarmi, anche se continuavo a sentirmi a disagio.
Evitai Chirone il più possibile, temendo che mi facesse qualche domanda dopo aver parlato con Maggie, e mi allenai al Poligono di Tiro con l’Arco finchè le braccia non mi fecero male.
Tuttavia, non sarei riuscita ad evitare i problemi ancora per molto.
Era stato indetto un Torneo di Scherma per quella sera, così, verso il tardo pomeriggio, tornai alla Casa Otto per indossare la mia armatura.
Maggie era alla Casa Grande, per discutere di chissà cosa con Chirone, così cercai di arrangiarmi il più in fretta possibile.
Mi specchiai a lungo, provando un piccolo senso di vanità: l’armatura mi dava una regalità tale che, se fossi vissuta al tempo dell’Antica Grecia, sarei, di sicuro, passata per una principessa amazzone.
Per completare l’opera, mi legai al collo una catenina, alla quale avevo appeso il Pegno della Luna così che fungesse da medaglione.
Mi sentivo riconoscente nei confronti di mia madre, soprattutto dopo aver visto come mi difendeva nel sogno.
Lei si fidava di me ed io non volevo deluderla per nulla al mondo.
Uscii dalla casa sistemandomi lo scudo sul braccio, quando qualcuno mi posò una mano sulla spalla, facendomi sobbalzare.
Mi girai di scatto, ritrovandomi davanti Luke e la sua solita faccia da schiaffi.
- Castellan – sbuffai – Che diamine ci fai qui?
Lui mi posò un dito sulle labbra: - Sssht, non fare domande e seguimi.
- Sì, certo – borbottai ironica – Come se mi fidassi a venire con te…
In tutta risposta, lui mi gettò uno sguardo interessato: - Ma lo sai che sei davvero sexy con questa armatura? Mi piace il modo in cui ti mette in risalto le tette…
- Adesso basta!- sbottai arrossendo, e lui, in tutta risposta, mi fece la linguaccia ed iniziò a correre  in direzione della foresta del campo.
Da perfetta idiota, gli corsi dietro imprecando, senza rendermi conto che era quello che voleva.
- Castellan, torna qui!
- Haha! Prova a prendermi! - mi rispose, senza fermarsi – Il tuo corsetto push-up è meglio di qualunque reggiseno!
- Dèi, se ti prendo!
- Amore, non aspetto altro!
- Castellan!
Eravamo ormai giunti nei pressi del bosco, quando Luke iniziò a rallentare.
Mi fermai stupita, non appena vidi un gruppetto di persone che parlavano tra loro vicino agli alberi.
Annabeth Chase corse subito incontro a Luke, non appena lo vide, mentre gli altri ragazzi continuarono a discutere come se niente fosse.
Erano quattro in tutto.
C’erano: Grover, un satiro dai capelli castani, che Maggie mi aveva presentato una volta; i fratelli Stoll ed una ragazza Indeterminata che, prima di allora, avevo visto solo di sfuggita, ma che mi aveva comunque impressionata molto.
Dimostrava più o meno la mia età, aveva i capelli neri e mossi, lunghi fino alla vita, e penetranti occhi di un chiarissimo verde acquamarina. 
Vestiva con un’armatura nera e viola e, non appena incontrai il suo sguardo, un brivido mi corse lungo la schiena.
Il suo nome era Morgan Fay.
Connor mi salutò con un sorriso, mentre Grover si avvicinò timidamente a Luke: - Allora?
Castellan assunse un’espressione furba: - Allora, ho la Profezia!
Tutti assunsero un’espressione curiosa, mentre io fissai stupita Luke: - Profezia? Di che accidenti stai parlando?
Annabeth mi gettò un’occhiataccia, ma lui si limitò a sogghignare: - Hai presente quando ti ho accennato all’opportunità di dimostrare quello che valiamo? Bene, ho trovato il modo per ottenerla!
- Che cosa intendi dire?
Luke si sistemò meglio l’armatura ed annunciò trionfante: - Ho sentito Chirone che discuteva con Maggie e il Signor D. nei pressi della Casa Grande. Ci sono degli eventi strani che succedono alla Baia di San Francisco, probabilmente a causa di uno strano mostro antico.
Non ho capito bene cosa sia, ma mi sembra che la missione faccia a caso nostro.
- Che cosa?-
Scossi la testa con aria rassegnata: - Tu sei pazzo.
- Non è vero!- sbottò Annabeth, pestando il piede a terra – Luke può fare tutto! E ora ha anche la Profezia! E’ la prova!-
- La Profezia…- ripetei, per nulla impressionata – E, vediamo, quale sarebbe?
Luke mi mostrò due fogliettini. Ne diede uno ad Annabeth e si mise in tasca l’altro: - Ogni cosa a suo tempo. Per il momento dovete solo fidarvi di me. Non è necessario avvertire Chirone, torneremo molto prima di quanto pensiate.
- Aspetta un attimo, fidarci di te? Mi sembra un pochino difficile, Luke – borbottai sarcastica – Anche perché questa missione è un vero suicidio. Ogni giorno la tua stupidità mi sorprende sempre di più, Castellan.
Grover si schiarì la voce timidamente: - In realtà, non è una vera e propria missione… è più un’avventura che ci permetterà di aiutare altra gente… noi la vediamo sotto questo punto di vista…
Scossi la testa rassegnata: - Siete pazzi. Non abbiamo nemmeno l’equipaggiamento. E come pensate di arrivare a San Francisco in poco tempo?
Connor Stoll mi lanciò uno zainetto: - Qui ci sono alcune tue cose… mi sono preso il permesso di procuratele prima…- arrossì leggermente – Dovrebbe esserci tutto…
Restai in silenzio, indecisa se strangolarlo o picchiarlo a sangue, quando sentii Luke che parlava dolcemente ad Annabeth: - Sei sicura di volerlo fare?
La bambina annuì: - Io ti aiuterò. Promesso.
Morgan, la ragazza dai capelli neri, si sfilò dal collo uno strano ciondolo scuro, che aveva un’ametista incastonata al centro: - Io direi di partire. Riunitevi in cerchio attorno a me, prendetevi per mano e non lasciatevi per nessun motivo.
- Aspetta un attimo, che cosa?- mi allarmai, mentre Luke mi afferrava una mano con decisione
– Che cavolo avete intenzione di fare? Io non vengo in missione con voi, non ci tengo a farmi ammazzare!
- Troppo tardi – mi rispose Morgan, senza battere ciglio, alzando il ciondolo innanzi a sé.
Una voce che ben conoscevo mi fece voltare: - Hey voi! Che cosa pensate di fare?
- Maggie!- gridai, mentre Connor mi prendeva l’altra mano – Sono finita in un gruppo di pazzi!
- Morgan, muoviti!- le ordinò Luke e la ragazza mormorò una specie di cantilena.
- Mi̱téra to̱n fasmáto̱n , eisákouse ti̱n prosef̱chí̱ mou!
 Il ciondolo si illuminò di una strana luce viola.
Provai a divincolarmi, ma, per una qualche strana ragione, non riuscivo a staccare gli occhi dalla pietra viola che brillava.
Maggie corse verso di noi, mentre Morgan terminava la sua preghiera.
- Kólpos tou San Fransísko!
Un fascio di luce violetta ci colpì, costringendomi a chiudere gli occhi.
Sentii qualcuno che mi afferrava con forza un braccio e, in un attimo, il mio corpo venne risucchiato da un’energia misteriosa, facendomi venire i giramenti di testa.
Non vedevo nulla, sentivo solo una morsa sul braccio e la mano di Luke stretta nella mia.
Non so perché, percepivo solo il calore delle sue dita, nonostante sapessi che anche Connor mi stava tenendo.
Mentre stavo per svenire, percepii, di colpo, il suolo sotto i miei piedi, una piacevole brezza, tipica delle città marittime, lo stridio dei gabbiani ed il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli.
Aprii gli occhi, restando completamente sorpresa.
Ci trovavamo nei pressi della Baia di San Francisco.

Angolo dell'Autrice: Grazie a Eris_Malfoy per avermi suggerito di inserire un dialogo tra Ermes ed Artemide :)

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Capitolo 11
*** Una ragazzina ci suggerisce di farci un giretto in barca ***


 Mi guardai attorno ad occhi sbarrati, ancora incredula per quanto successo.
Qualcuno, accanto a me, emise un fischio, ma lo stupore era così forte, che non mi resi conto di quello che stava succedendo finchè una voce familiare non iniziò a strillare, perforandomi i timpani.
- GROVEEER!!!
Il satiro assunse un’espressione terrorizzata, mentre Maggie gli balzava addosso furiosa: - MI SPIEGHI COSA DIAVOLO TI E’ SALTATO IN MENTE? AVRESTI DOVUTO FERMARLI!
- Io… ecco, io non pensavo… aargh!- tentò di giustificarsi lui, immobilizzato a terra, mentre la mia Custode iniziava a strangolarlo.
- SEI UN CUSTODE, MALEDIZIONE, L’HAI GIA’ DIMENTICATO?
Stavo per dirle di evitare di farlo fuori, quando sentii qualcuno mormorare: - Che figata…
Mi voltai, vedendo Luke che, in piedi accanto a me, si guardava attorno soddisfatto.
Lo fulminai con lo sguardo: - Tu!
Lui si girò, con faccia da sberle: - Sì?
- Sei tu il colpevole di tutto! Altro che Grover!- sibilai minacciosa, osservando, con la coda dell’occhio, il malcapitato satiro che si rialzava da terra ansimando.
Maggie ringhiò tra sé, lisciandosi nervosamente la canotta nera, e passò in mezzo ai fratelli Stoll che osservavano il panorama ad occhi spalancati.
- Ma guarda te… tra tutti i posti, proprio San Francisco, poi…
Morgan rimise il ciondolo magico a posto: - Io suggerirei di iniziare a fare un giro di perlustrazione. In questo luogo, la Foschia che appanna gli occhi dei mortali è molto forte, a volte inganna perfino i semidèi… dovremmo fare attenzione.
- Oppure- mi intromisi – Potremmo tornare indietro e fare finta che questa cazzata non sia mai successa…
- Ormai siamo qui- tagliò corto Annabeth, guardandosi in tono con aria leggermente turbata.
 – E non voglio sovraccaricare troppo il mio amuleto- intervenne Morgan, accarezzando la pietra viola.  
- Voi siete pazzi – sbottò Maggie – E tu, Luke Castellan, sei l’idiota più irresponsabile che abbia mai visto! Ti sei cacciato in guai seri e, come se non bastasse, hai trascinato anche i tuoi compagni!
Luke sbuffò: - Vi sto dando un’occasione per dimostrare quello che valete. E poi, hai sentito Morgan: tornare indietro, per il momento, è impossibile, tanto vale finire quello per cui siamo venuti.
Maggie emise il suo solito ringhio di disapprovazione, e si incamminò verso il centro abitato, sibilando bestemmie rivolte a Zeus.
Grover la seguì, stando ad una certa distanza, imitato dagli altri nostri compagni.
Guardai Luke, che per una qualche misteriosa ragione stava fermo, e gli domandai sarcastica:- Beh? Hai intenzione di restare qui tutto il giorno? Muoviti!
Lui sogghignò: - Con piacere… pensavo solo che, prima, magari, volessi lasciarmi la mano… certo, a meno che non ti faccia piacere camminare per mano con me…
- Ma che cavolo stai…- Gettai un rapido sguardo verso il basso e trasalii.
Ci stavamo ancora tenendo per mano!
Arrossii di brutto, sfilando rapidamente le mie dita dalle sue: - Ehm… no, non ci tengo ad attraversare San Francisco per manina con te…
Luke sorrise malizioso e, con finta aria galante, mi invitò a sorpassarlo: - Dopo di Lei, Madame.
 
Annabeth ci condusse fino alla spiaggia, popolata da una marea di gente in bermuda, nonostante fossimo in Primavera.
Maggie era ancora troppo imbronciata per parlare, così mi limitai ad affiancare Morgan, cercando di intrattenere con lei una conversazione che contenesse più di due monosillabi.
Tuttavia, le mie scarse capacità di socializzare fecero in modo che, prima che mi venisse una domanda decente, passassero almeno una decina di minuti di silenzio, con lei che mi lanciava, di tanto in tanto, delle occhiate sospettose.
Infine, sparai la prima cosa che mi venne in mente: - Ehm… allora, Morgan… com’è che hai accettato di suicid… ehm, di seguire Luke in questa missione?
I suoi grandi occhi acquamarina mi scrutarono dubbiosi, come se stesse cercando di farmi una radiografia mentale. Infine, alzò le spalle: - Così.
- Così? – ripetei stupita.
Lei annuì: - Non avevo niente di meglio da fare. 
- Ah.
Dopo una conversazione emozionante come quella, stavo letteralmente perdendo le speranze di trovare qualcuno di lievemente assennato nel gruppo, quando, all’improvviso, Morgan alzò lo sguardo e si illuminò: Oh, guarda!- Indicò un ragazzo californiano biondo, leggermente abbronzato, che si avviava verso il mare con una tavola da surf in mano – Quello lì!
Guardai il tipo, poi lei, cercando di capirci qualcosa: - Sì?
Morgan abbassò la mano: - Ah, nulla. Mi sembrava che assomigliasse al figo che monta sempre la guardia al Campo…
Alzai un sopracciglio confusa: - Ma chi, Argo? Il tipo con cento occhi sparsi sul corpo?
Lei si strinse nelle spalle: - Cento occhi stupendi direi… mi hanno sempre affascinata gli uomini fuori dal normale… con qualcosa di mostruoso…- notò la mia espressione basita – Oh, andiamo, non puoi negare che abbia almeno un bel fisico.
Cercai di non fissarla in modo idiota: - Ehm… beh, non posso negarlo ma…- scelsi le parole con cura – diciamo che… non è esattamente il mio tipo.
- Oh- mormorò lei – Beh, il mio sì.
Iniziò a giocherellare distrattamente con il proprio ciondolo, probabilmente facendosi strane fantasie sul ragazzo dai cento occhi.
Improvvisamente, due ragazze del posto, una bionda e una mora, mi si avvicinarono con aria estasiata.
Mi bloccai, domandandomi che cosa avessi di tanto speciale, quando, con orrore, mi resi conto di avere ancora l’armatura addosso.
- Oh, che meraviglia!- trillò deliziata la bionda.
Cercai di farfugliare qualche scusa, ma la mora iniziò a toccarmi le spalline con insistenza.
- E’ divina! Dove hai preso questa tuta?-
Tuta?
Mi ricordai, all’improvviso, che gli occhi dei mortali erano sempre ingannati dalla cosiddetta Foschia, in modo che non venissero a conoscenza dell’esistenza di mostri, dèi e cose varie.
- Ehm… io… l’ho trovata a casa mia, ad Atlanta…- risposi un po’ incerta.
- Oh- esclamarono le due all’unisono, ma, prima che facessero altre domande, Luke mi raggiunse rapidamente e mi mise un braccio attorno alle spalle: - Andiamo, tesoro, o faremo tardi.
- Che cosa?
Lo fulminai con lo sguardo, mentre le due californiane si illuminavano di nuovo: - Oh, ma è il suo ragazzo!
 - No, veramente…- cercai di spiegare, ma mi bloccai completamente quando Luke mi posò un bacio sulla guancia, facendomi arrossire vivacemente.
Strizzò poi l’occhio alle due ragazze, facendole quasi svenire, e mi trascinò rapidamente verso gli altri.
- Sarà meglio che ti cambi, Sexy Love- osservò, mentre le due ragazze dietro di noi progettavano già un viaggio ad Atlanta. 
Lo fulminai con lo sguardo: - Primo: non chiamarmi Sexy Love. Secondo: non ti azzardare mai più a baciarmi!
La voce mi tremava un po’, dato che ero ancora scossa, ma cercai di mantenere un’aria da dura.
Annabeth ci raggiunse, mi gettò un’occhiataccia e mi spinse dentro la prima Cabina-Spogliatoio che trovammo.
- Muoviti!- intimò con veemenza, gettandomi in faccia degli indumenti trovati nello zaino che mi aveva preparato Connor.
Sospirai, sfilandomi l’armatura e domandandomi come avrei fatto a portarla in giro.
Neanche a dirlo, subito quella iniziò a rimpicciolirsi leggermente, in modo da entrare perfettamente nello zaino.
- Probabilmente, è perché una Cacciatrice ha bisogno di comodità e pochi ingombri – commentai tra me, iniziando un po’ ad entrare nella mentalità di una semidea.
Mi infilai un costume due pezzi (pensando che, una volta fuori, avrei ucciso Connor Stoll per avermi frugato nei cassetti), dei pantaloncini jeans, un paio di scarpe da tennis ed una canotta arancione del Campo Mezzosangue, che non sapevo nemmeno di avere.
Uscii mettendomi lo zaino in spalla, sollevata per il fatto che non pesasse tanto, e raggiunsi i miei compagni, notando che anche Morgan si era cambiata.
Lo sguardo di Luke cadde subito sulla mia scollatura, ma io, dopo averlo fulminato, affiancai Maggie: - E adesso, che si fa?
- Chiediamo indicazioni in giro?- suggerì timidamente Grover.
Travis Stoll gettò un’occhiata interessata alle ragazze in bikini che ci passavano accanto: - Okay, io inizio da loro…
- Scordatelo!- gli intimò Morgan, afferrandolo per la collottola – Non siamo qui per gingillarci.
- Giusto – rispose Annabeth, tirando fuori il foglietto che le aveva dato Luke – Abbiamo delle indicazioni precise…-
Diede una rapida letta, poi se lo rimise in tasca: - Direi che avviarci verso il Porto sarebbe una buona cosa.
- Il Porto?- ripetè stupito Connor – E perché mai?
Annabeth drizzò le spalle con aria altezzosa: - Perché è un luogo in cui si trova sempre qualche informazione utile. I misteriosi fenomeni che accadono sono legati, in qualche modo, ad una delle isole della Baia. Di sicuro, i vecchi pescatori avranno notato qualcosa di strano.
Connor incrociò le braccia: - Invece che fare la saccente, perché non ci fai vedere cosa c’è scritto in quel foglietto? Mi sembra che sia del tutto lecito per noi sapere la Profezia…
La figlia di Atena lo fissò minacciosa: - Non è necessario che voi sappiate niente! E adesso muoviamoci! Avete intenzione di stare qua tutto il giorno?
 
Prendemmo un autobus e, quando smontammo, fummo investiti da una maleodorante ventata di acqua salata e pesce.
Storsi il naso, sentendo Maggie gemere disgustata, ma Annabeth ignorò le nostre proteste e ci trascinò verso i pontili, dove circolavano pescatori mezzi svicci e ricchi proprietari di enormi barche.
- Okay, qui direi di dividerci. Luke, io e te andremo da quella parte. Travis e Connor, voi andate per di là, dove ci sono quei grossi pescherecci ormeggiati. Grover e Maggie, chiedete informazioni in quel botteghino. Morgan e…- mi squadrò minacciosa- Leila… voi due vi occuperete della zona dei ricconi, quella con gli yacht. Ci ritroviamo qui tra un quarto d’ora.
Obbedii con un sospiro, tenendo d’occhio la mia compagna, che non pareva per nulla intenzionata ad intrattenere un’altra conversazione.
Certo che, tra tutti, Annabeth mi doveva mandare in giro proprio con Miss Entusiasmo?
Mi sentii incredibilmente a disagio, in mezzo a quella gente ben vestita, che si aggirava per il porto con aria schifata.
Morgan notò dei ragazzi intenti a parlottare tra loro davanti ad un gigantesco yacht bianco e blu, e mi diede un colpetto sulla spalla: - Io vado a parlare con loro. Tu aspettami qui, oppure domanda a qualcun altro.
- Mi pianti in asso?- le domandai un po’ risentita, ma lei si sistemo la scollatura della propria maglietta viola e nera e, con aria furba, si limitò a rispondere: - Fidati di me.
I suoi ricci neri, legati in una coda, le ricadevano elegantemente su una spalla, i suoi shorts neri mettevano in mostra le sue belle gambe e le sue mani erano coperte da mezziguanti neri.
Per calarsi meglio nella parte, si era addirittura comprata un berretto bianco e nero con su scritto: “California”. A detta sua, le sarebbe stato molto utile per attirarsi le simpatie della gente del posto.
I  ragazzi dello yacht bianco e blu, quattro bei giovani californiani, smisero all’istante di parlare, e si voltarono a fissarla curiosi.
Morgan sorrise dolcemente a tutti e quattro, rigirandosi tra le dita il suo amuleto magico.
Iniziò a parlare.
Non sentivo quello che diceva, ma, dalle facce idiote che avevano assunto i tipi, dovetti ammettere che ci sapeva davvero fare.
Sospirai amaramente, rendendomi conto che io non sarei mai stata capace di pormi in quel modo, quando una vocina mi fece sobbalzare.
- Piantata in asso?
Mi voltai, ritrovandomi davanti il volto sorridente di una ragazza sui sedici anni, seduta su una panchina in legno, posta sul bordo del pontile e girata in modo da avere la vista sul mare.
I capelli castano-ramati della giovane erano raccolti in una coda, e spuntavano dalla parte posteriore del suo berretto da baseball bianco.
I suoi occhi nocciola erano leggermente a mandorla e, mentre sorrideva, le si formavano delle graziose fossette sulle guance.
Mi sembrava di averla già vista, da qualche parte, ma non ricordavo dove.
Lanciai un’occhiata a Morgan: - Beh, forse un pochino…
La ragazza rise e si alzò. Restai piuttosto perplessa.
Vestiva in modo sportivo, con una gonna da tennista bianca a balze e con una t-shirt attillata che metteva in mostra un pancione piuttosto evidente.
Sbarrai gli occhi, guardandola meglio in viso: forse mi ero sbagliata ed aveva qualche anno in più di quelli che le avevo dato.
Ma non c’era alcun dubbio: quella ragazza non poteva avere più di sedici anni.
Mi sorrise, intuendo i miei pensieri: - Ti stupisce la mia gravidanza, vero?
- Ehm…- cercai di trovare una scusa plausibile, ma lei mi rassicurò: - Non importa, lo capisco. Se la cosa ti rassicura, i miei genitori non mi hanno sbattuta fuori di casa, e il mio ragazzo è pronto ad accettare la responsabilità.
- Ah, bene… - borbottai, trattenendomi dal domandare se avesse, per caso, partecipato al programma “Sedici anni e incinta”- Mi… mi fa piacere…
Lei diede una rapida occhiata a Morgan: - La tua amica ci sa davvero fare… quei ragazzi sono completamente presi nelle sue reti. Dev’essere una seduttrice piuttosto abile…
- Già – mi affrettai a rispondere – Davvero abile.
- E come mai ti ha lasciata qui? Vuole farsi un giretto in yacht senza di te?
- Come? Ah, no…- risposi – Almeno, non credo… stiamo solo chiedendo in giro se, per caso, qualcuno ha notato avvenimenti strani nella zona delle isole.
La ragazza sembrò improvvisamente interessata alle mie parole: - Strani avvenimenti?
- Sì – continuai – Dicono che c’è qualcosa, là fuori, che non rientra, diciamo, nella norma. Tu, per caso, hai mai notato niente?
La ragazza volse lo sguardo al mare, con aria sospettosa, poi mi sorrise: - Notato no. Però ho sentito delle storie in giro… i vecchi marinai ne parlano spesso. Proprio ieri, dicevano qualcosa riguardo a delle sparizioni nei pressi dell’Isola di Alcatraz.
- Alcatraz?- ripetei stupita – L’ex carcere di massima sicurezza?
- Esatto- rispose lei – Adesso è diventato un parco turistico… anche se, di recente, l’hanno chiusa per lavori in corso. Devono fare delle ristrutturazioni, o qualcosa del genere. Anche se, finora, non si sono visti operai andare e tornare da di là… questa è una cosa strana…
Scrutai l’orizzonte, illuminandomi: - Ma certo! Di sicuro c’è qualcosa in quell’isola…
La ragazza alzò un sopracciglio, mentre le facevo una domanda abbastanza stupida: - Come si fa ad arrivarci?
Lei alzò le spalle: - L’isola è chiusa, quindi non ci sono traghetti che vi ci portino… il massimo che potete fare è noleggiare una barca…
- Credo si possa fare- risposi, compiaciuta di aver ottenuto un’informazione utile- Vado subito a dirlo agli altri.
- Beh- osservò la tipa, sorridendo – Credo che prima dovrai recuperare la tua amica.
- Ah, sì – mormorai, gettando a Morgan un’occhiata sarcastica – Mi sa che mi tocca proprio… comunque, grazie per l’aiuto, mi hai dato un’informazione utilissima.
- Non c’è di che- rispose lei, accarezzandosi il pancione – Mi piace essere d’aiuto.
Le sorrisi, poi mi voltai verso la mia compagna, che aveva iniziato a ridere insieme ai quattro allocchi californiani. Era evidente che Morgan li stava solo usando per ottenere quello che cercava, tuttavia, quelli sembravano quasi sotto un incantesimo.
Scossi la testa e mi girai per salutare la ragazza che mi aveva aiutata, ma, con sommo stupore, non vidi nessuno di fianco a me.
Era come sparita nel nulla.

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Capitolo 12
*** Se mai dovessi incontrare Cupido, lo farei pentire di essere nato ***


 Non so come Luke riuscì ad ottenere una barca a motore in poco tempo. Preferii non indagare.
Avevamo ricevuto tutti quanti delle informazioni utili, ma nessuno, oltre a me, sapeva della chiusura dell’isola di Alcatraz, e questo mi fece sentire piuttosto importante.
Filavamo rapidi sulla superficie dell’acqua, mentre, alla nostra sinistra, potevamo ammirare il Golden Gate Bridge, in tutto il suo scarlatto splendore.
Ogni tanto, quando centravamo un’onda, la barca sobbalzava in  modo decisamente poco ortodosso, ma più di tanto non mi stupivo, dato era Grover a guidarla.
Connor vomitò una volta fuori bordo.
Raggiungemmo l’isola e ormeggiammo la barca al molo dove, di solito, si fermava il traghetto che portava i turisti ad ammirare l’ex carcere.
L’aria intorno a noi era ferma e soffocante, il silenzio che ci circondava era innaturalmente sinistro.
L’isola era costituita, per la maggior parte, da rocce e rovine, con qualche macchia di verde qua e là.  
Non mi sentivo a mio agio, sia per via della scarsa quantità di boschi, sia per il fatto che, stranamente, non c’era alcun tipo di animale che gironzolava da quelle parti.
Potevo avvertirlo chiaramente.
E la cosa aveva un che di innaturale, poiché sapevo benissimo che l’isola era famosa per un particolare tipo di uccello marino che la abitava, il Sula.
Annabeth si guardò intorno rabbrividendo, tuttavia ci rivolse uno sguardo deciso e ci intimò di seguirla.
Mi avvicinai a Maggie, reprimendo un brivido: - Avverti qualcosa di strano?
Lei alzò un sopracciglio: - Qualcosa? Tutto qui è strano. Nonostante l’isola sia chiusa, non ha alcun senso che nessun animale la abiti. E questo silenzio è davvero innaturale. Non sento nemmeno il vento tra le foglie degli alberi, e sì che, vicino al mare, è difficile che non tiri neanche un filo d’aria. Da quando siamo smontati dalla barca, poi, non si sente più nemmeno il rumore delle onde.-
Mi guardai attorno circospetta: - Che cosa… che cosa pensi che significhi?
La mia Custode scosse la testa: - Non lo so. Ma non mi piace per niente.
Diedi una rapida occhiata ad Annabeth, che si orientava chissà come in mezzo alle rovine dell’antica prigione, seguita a ruota dai fratelli Stoll, che giravano qua e là lo sguardo, visibilmente agitati. Connor si era attaccato al braccio di Travis, ed aveva una faccia che, per pochi secondi, credetti che stesse di nuovo per vomitare.
Morgan si fissava attorno con curiosità, come se la situazione non la spaventasse per niente, al contrario di Grover, che mugugnava qualcosa tra sé, terrorizzato.
- Spettrale questo posto, non trovi?
Sobbalzai, quando udii la voce di Luke alle mie spalle.
Lo fulminai con lo sguardo: - Se c’è un fantasma tra queste rovine, spero che ti tormenti a vita, per averci portati qui!
Lui sorrise: - Se è carino come te, allora lo spero anch’io.
Mi sorpassò, mentre la sua mano scivolava tra le mie scapole, e raggiunse Annabeth, sussurrandole qualcosa all’orecchio.
Non mi domandai che cosa le avesse detto, anche perché, in quel momento, ero troppo impegnata ad arrossire, pensando a quello che aveva appena fatto.
Quando Annabeth trovò un posto che la soddisfacesse, era ormai scesa la sera.
Ci fece fermare in uno spiazzo erboso dove, esausti, posammo gli zaini per terra.
La bambina tirò fuori dal proprio zaino due grossi tubi, uno arancione ed uno giallo e, dopo aver svitato il tappi, diede un colpo secco verso il basso, facendo saltar fuori due grandi tende da campeggio.
- Bene, direi che qui può andare. Mi sembra assurdo girare per l’isola di notte, perciò, attenderemo domani mattina. Monteremo la guardia a turno.
 
Maggie si offrì volontaria per il primo turno.
I ragazzi occuparono la tenda gialla, mentre noi ragazze ci sistemammo in quella arancione.
Annabeth si accucciò dentro il proprio sacco a pelo e, in pochi minuti, si addormentò profondamente.
La invidiai parecchio: ce ne sarebbe voluto un bel po’, prima che Morfeo si decidesse a concedermi una tale grazia, così, mi sedetti sulle mie lenzuola e mi limitai a fissare fuori dalla tenda.
Morgan, accanto a me, tirò fuori un grazioso specchietto d’oro dalla sua borsa ed iniziò a rimirarsi, sistemandosi, di tanto in tanto, un ciuffo di capelli.
Mi voltai a fissarla, domandandomi chi fosse il suo genitore divino e perché non si affrettasse a riconoscerla.
Insomma, sapevo che gli dèi avevano altro a cui pensare, ma mi sembrava assurdo che una semidea dotata di tali poteri passasse inosservata.
Probabilmente, dovevo essermi bloccata con una faccia ebete, perché Morgan, alzato lo sguardo, mi fissò con aria interrogativa: - C’è qualche problema?
- Ehm…- scossi la testa, distogliendo lo sguardo – No, è tutto a posto.
Lei sorrise lievemente: - Stavi guardando il mio specchietto?- me lo porse con aria cortese – Tieni. Bastava chiedere.
Esitai un secondo, tuttavia, dato che mi sembrava una buona scusa per giustificare la mia espressione imbecille di prima, lo presi e gli diedi un’occhiata.
Era piccolo, stava benissimo nel palmo di una mano, ed era decorato con ametiste e diamanti, incastonati tra le incisioni del metallo dorato.
Il vetro dello specchio era circolare e perfettamente pulito.
Non capii il perché, ma, dal momento in cui lo afferrai, avvertii una strana sensazione.
Alzai lo sguardo verso di Morgan, e lei, in tutta risposta, mi fece un cenno con la testa: - Guarda.
Fissai attentamente lo specchio, vedendo, inizialmente, solo la mia immagine riflessa.
Ma poi, all’improvviso, l’immagine iniziò a cambiare, assumendo la forma di un volto che mi era ben noto: il volto di mia madre.
Spalancai la bocca per la sorpresa e guardai Morgan con aria incredula: - Ma cosa…
Lei sorrise: - E’ uno specchio magico. Ha il potere di mostrarti molte cose. Di solito, ha il vizio di far vedere delle persone che vorremmo fossero con noi al momento.
Cercai di riprendermi, fissando di nuovo il vetro: questa volta, il volto che mi mostrava era quello di mio padre.
- E’… incredibile…- mormorai, alzando lo sguardo verso di lei – Ma tu… chi sei?
Morgan si strinse le ginocchia al petto: - Sono una semidea Indeterminata del Campo Mezzosangue. Niente di più.
- Non è possibile – replicai – hai un sacco di poteri straordinari. Quel ciondolo magico, che ti porta dove vuoi… uno specchio che ti legge la mente… questi non sono regali comuni. Chi te li ha dati?
Lei alzò un sopracciglio: - In teoria, questi dovrebbero essere affari miei, no?
Chiusi la bocca, iniziando a pentirmi di essere stata così invadente, ma Morgan sospirò: - In fondo… prima o poi, avrei dovuto raccontare la mia storia a qualcuno…-
Strinse più forte a sè le proprie ginocchia, mentre il suo sguardo sembrava vagare in mezzo a lontani ricordi: - Quando nacqui, mio padre non sapeva che non sarei stata una bambina normale. Mia madre non l’aveva avvertito riguardo alla propria natura, forse per paura che lui la respingesse, così, il giorno stesso in cui venni al mondo, inscenò la propria morte, lasciandomi da sola con il mio genitore mortale.
Dal momento stesso in cui mio padre mi portò in casa, iniziarono ad accadere degli strani fenomeni, che, col passare degli anni, divennero sempre più frequenti e spaventosi.
Non avevo paura. Sapevo che, tutto ciò che accadeva, non poteva farmi alcun male, ma mio padre era davvero terrorizzato.
Cambiammo casa e lui si risposò, con una donna orribile ed egoista.
Anche se faceva buon viso a cattivo gioco, sapevo che mi odiava, ed io odiavo lei.
Cercava in tutti i modi di mettermi contro mio padre, mentre io, una volta aver capito che genere di persona fosse, iniziai a desiderare che le capitassero delle cose orribili, che, puntualmente, le accadevano quando meno se l’aspettava.
Perdeva i capelli, restando calva per un giorno intero; le cadevano ad uno ad uno i denti nel lavandino, per poi rispuntare magicamente dopo qualche ora; le spuntavano verruche, pustole e vesciche dappertutto.
Insomma, seppure tutte queste cose non durassero mai più di un giorno, lei dava di matto e mi accusava di fronte a mio padre.
Inizialmente, lui non sospettava minimamente di me, ma, col tempo, iniziò a crederle.
I miei poteri aumentavano ogni giorno, tanto che, spesso, non riuscivo più a controllarli, soprattutto quando ero arrabbiata.
Finchè, non arrivò quella sera…- le sue labbra si serrarono in una smorfia dolorosa – quella sera, in cui trovai la mia matrigna in compagnia di un altro uomo, nel salotto…-
Si strinse nelle spalle e sospirò: - Papà non era in casa. Non appena li vidi, mi infuriai come mai avevo fatto in vita mia. Avevo cinque anni, ma capivo perfettamente la situazione.
Erano amanti. Non facevano nulla di particolare, ma, dentro di me, lo sapevo.
Diedi sfogo a tutta la mia rabbia.-
I suoi occhi scintillarono di una luce pericolosa: - Non ricordo bene che cosa successe. So solo che, dopo aver sentito l’energia che scorreva in me a fiumi, mi sentii spossata e, mentre rinvenivo, vidi la mia matrigna ed il suo amante a terra, terrorizzati e sanguinanti.
Avevano graffi in tutto il corpo, seppur lievi, e la sala era distrutta.
Quando papà tornò a casa, raccontammo entrambe la nostra versione.
Credette a lei.
Stabilirono che ero troppo pericolosa per la loro tranquilla vita e mi rinchiusero in un manicomio. A cinque anni.
Ti giuro, passai un mese là dentro, patendo delle sofferenze indicibili.
Finchè, mia nonna, la madre di mio padre, che non avevo mai conosciuto, venne a prendermi, portandomi a casa sua.
Non ricevemmo più notizie da parte della mia cosiddetta famiglia, ma mi andava bene così.
La nonna era diversa, mi voleva bene, e abitai con lei fino agli undici anni. Vivevamo a Portland, nel Maine, in un tranquillo bungalow di campagna.
Un giorno, però, un ciclope riuscì a scovarmi, e dovetti fuggire al Campo Mezzosangue.
Fu il peggior viaggio in auto della mia vita. Avevamo almeno cinque mostri alle calcagna. 
Non so cosa ne è stato della nonna. L’ultima volta che la vidi, ero sul punto di svenire, stordita da una botta in testa, e mi stava affidando a Chirone sulla soglia dei confini magici.-
Si zittì, sorridendomi in modo ambiguo: - Beh? Che te ne pare, è abbastanza tragica? Non tutti hanno avuto la tua fortuna, principessa…
Annuii, rendendomi conto che aveva ragione.
Fissai di nuovo lo specchio, rigirandomelo tra le dita: - E questi regali sono…
Lei diventò seria all’improvviso: - Di mia madre.
- Allora l’hai già incontrata?
- Una volta.
- Quindi sai chi è! Perché sei Indeterminata, allora? Potresti andare via da quella immonda Cabina Undici!
Morgan abbassò lo sguardo: - Non… non c’è posto per me, nella sua casa… non ha senso che mi riconosca.
- In che senso, scusa? In quella di Ermes c’è spazio forse?
Lei mi spinse lo specchio all’altezza degli occhi, con fare sbrigativo: - Guarda di nuovo! A volte, ci mostra ciò che vogliamo di più al mondo, se glielo chiediamo!
- Ma…
Volevo chiederle chi era sua madre, e perché non si decidesse a riconoscerla, tuttavia, capii che non aveva intenzione di dirmelo, così obbedii.
Mi specchiai, chiedendo silenziosamente che cosa desiderassi di più e, in pochi secondi, un’immagine apparve sul vetro.
Chiara e nitida, da sembrare quasi reale. 
Serrai le labbra scocciata, mentre Morgan mi fissava con aria curiosa: - Allora? Che cosa hai visto?
- Ehm…- le ridiedi lo specchio con fare sbrigativo – Io che diventavo una Cacciatrice e giravo il mondo assieme a mia madre.
- Oh- rispose lei – E’ un bel desiderio.
- Già.
Cercai di non arrossire e mi alzai: - Vado a prendere una boccata d’aria.
 
Uscii dalla tenda sospirando, venendo accolta da un’ampia cappa scura sopra la mia testa.
Il cielo era insolitamente limpido, si potevano vedere le stelle e la luna con facilità, e non c’era nemmeno una nube di passaggio.
Mi diressi verso il posto in cui Maggie montava la guardia, quando mi accorsi che lei non c’era.
Al suo posto, Luke stava disteso a terra, osservando le stelle.
Sospirai, avvicinandomi con aria rassegnata.
Mi sedetti accanto a lui, consapevole che, se fossi rientrata subito, Morgan mi avrebbe preso per una squilibrata indecisa. Non avevo altra scelta.
Luke mi sorrise, con una dolcezza inaspettata: – Hey!
Cercai di mantenere un certo contegno: - Ehm… ciao- diedi un’occhiata al panorama circostante – Dov’è Maggie?
- E’ andata a farsi un giro- rispose lui, chiudendo gli occhi.
- Che cosa?- trasalii – Con le cose strane che succedono nell’isola?
- Tranquilla-
Luke respirò profondamente, senza aprire gli occhi – Non succederà nulla. Non è oggi che affronteremo la creatura. Non si farà viva fino a domani.
- E tu come lo sai?- gli domandai, piuttosto scocciata, ricordandomi improvvisamente di una cosa
- Ah, giusto… la Profezia.
- Esatto.
Luke aprì gli occhi, fissando le stelle con aria furba: - E’ per questo che Annabeth ha deciso di accamparsi. Non avremmo trovato nulla oggi. E’ domani che la affronteremo.
Lo guardai leggermente scettica: - Se è così, allora perché non mi dici anche il resto? Sono stufa di tutti questi misteri…
Prima ancora che finissi, Luke sospirò, e si tirò fuori un foglietto dalla tasca: - Ecco.
Un po’ sorpresa, afferrai il pezzo di carta con una certa esitazione.
Lo aprii, fissando incredula Luke: - Me la stai dando veramente?
Mi sorrise: - Se è un modo per farti avere più fiducia in me, sì.
Arrossii leggermente, concentrandomi sulle scritte.
Sembravano una specie di filastrocca.
 
Nella Terra della Foschia andrai ed un’isola raggiungerai.
Un aiuto giungerà ed il dì seguente qualcosa accadrà.
Il percorso non sarà truce, per colui che non conduce
La Buona Sorte tornerà, ma un’anima l’Ade inghiottirà.
 
Quando lessi l’ultima riga, avevo le dita tremanti.
Guardai Luke con il cuore in gola, restituendogli il foglietto: - Quindi…
Lui si alzò sui gomiti e annuì: - Sì – alzò lo sguardo verso il cielo – Forse non tornerò vivo da questa missione.
- Che cosa?-
Le labbra mi iniziarono a tremare: - Perché hai scelto ugualmente di partire, allora?
Si girò verso di me, fissandomi con un’espressione così seria che non avrei facilmente dimenticato: - Perché voglio dimostrare chi sono, Leila. Perché mio padre mi ha sempre ignorato, così come ha fatto con Travis e Connor. Tutti gli dèi ci ignorano. Cosa credi? Anche Annabeth e Morgan hanno le loro buone ragioni per mettersi in mostra, così come tutti noi. Perfino tu desideri rendere tua madre fiera di te.
- Sì, è vero- risposi un po’ incerta – Ma non per questo cerco di farmi ammazzare.
Luke scosse la testa: - Tu hai avuto una vita fin troppo facile, principessa.
- Oh, insomma, anche tu!
Iniziai a spazientirmi: perché mi trattavano tutti come una specie di mocciosa viziata, solo perché mio padre non mi aveva abbandonata, cacciata di casa o rinchiusa in manicomio?
- Lo so che il rapporto con i miei genitori è stato migliore dei vostri. Ma non credere che la mia vita sia stata facile. Come voi, sono stata espulsa da più scuole, non avevo amici, a parte Maggie, e detestavo non capire il perché di certi fenomeni paranormali! Non sono diversa da voi. Non dovete discriminarmi!
Luke si mise a sedere, sospirando: - Lo so.
Restammo per un attimo in silenzio, poi lui mi fissò con aria maliziosa: - Sai una cosa?
Alzai un sopracciglio: - Cosa?
I suoi occhi brillarono di una luce sinistra: - Anche se sei una principessa viziata, io ti adoro più di qualunque altra cosa al mondo.
- Oh, adesso non iniziare a parlarmi in quel modo, se non vuoi, che… Oh!
In un secondo, mi ritrovai distesa a terra, per l’ennesima volta sotto di lui: - Luke!
Feci forza sul suo petto con le mani, facendo in modo di finire entrambi su un fianco.
Lo fissai con sguardo assassino: - Smettila di fare il pervertito!
Sentii la sua mano scendere lungo la mia schiena, provocandomi dei brividi sulla pelle.
Ero premuta contro il suo corpo, sentivo il suo calore irradiarmi le membra, un calore contrapposto all’umidità dell’erba su cui eravamo sdraiati.
Avevo le guance in fiamme.
Luke sorrise, forse trattenendo una risata: - Perché, invece che continuare ad opporre resistenza, non ti lasci andare, per una volta?
Cercai di scostarmi da lui, anche se era difficile trattenersi dall’appoggiare la guancia sul suo petto.
- Io non… io non voglio deludere mia madre.
Appoggiò le labbra sulla mia fronte: - Lei non può vederci qua… l’isola viene avvolta sempre di più dalla Foschia. Finchè il mostro vive qui, perfino gli dèi fanno fatica a vedere cosa accade.
Esitai, incerta se credergli o meno.
- Non lo so, Luke… resta il fatto che non riuscirei più a guardarla in faccia… e poi, che cosa direbbe la tua “cara amica Talia” se ti vedesse?
Pronunciai quel nome con disprezzo, mentre una nota di amaro mi saliva in bocca.
Luke restò un attimo stupito dalle mie parole: - Talia?
- Sì – risposi, sentendomi sempre più incapace di staccarmi da lui – Credi che non lo sappia?
Pensai che avrebbe ceduto, invece, sentii le sue braccia serrarsi più forte attorno a me.
- Io e Talia non stavamo insieme.
- Ah, no? – brontolai sarcastica – A quanto ho sentito non mi risulta. Tutti al Campo dicono che c’era qualcosa tra voi.
Luke sospirò, sembrandomi, improvvisamente triste: - So che lei provava qualcosa per me.
- E tu no?- domandai, in un misto di incredulità e (anche se non l’avrei mai ammesso) speranza.
Luke scoppiò improvvisamente a ridere.
- Che c’è? – sbottai offesa – E’ così difficile ammetterlo? Odio i maschi che, quando non vogliono dare una risposta, si mettono a ridere come dei babbei!
Lui strofinò il naso contro il mio: - Sei gelosa…
- No!- gridai arrossendo, con la voce che sembrava più uno squittio – Ma vorrei saperlo!
Luke appoggiò il mento sulla mia fronte: - No, non la amavo.
Strinsi i pugni contro il suo petto: - Guarda che non devi vergognarti… tanto lo penso già che sei un pervertito.
Lui rise di nuovo: - No, davvero. Le ho voluto bene, tanto bene, e gliene voglio ancora. Era la mia migliore amica e nessuno mi capiva quanto lei. Ma non credo di aver mai provato qualcosa di diverso. Almeno, non ci ho mai pensato.
Restai in silenzio.
Dovevo credergli?
Sembrava sincero, ma, conoscendolo, non riuscivo a fidarmi più di tanto.
O forse, non ci riuscivo perché non volevo
Decisi di non indagare ulteriormente, e mi limitai ad appoggiare il viso al suo petto, ascoltando i battiti del suo cuore. Il mio cervello iniziò a scollegarsi lentamente.
- Lo sai – sospirai – A volte mi interrogo sull’antipatia che provo nei tuoi confronti. Certe volte, mi sembra quasi senza motivo…
Mi accarezzò i capelli: - Lo vedi? Quando non alzi inutili barriere, ti rendi conto tu stessa che, forse, certe idee che sei convinta di condividere, in realtà, sono sbagliate. Ma non l’hai ancora capito?
- Capito cosa?
Non so come, iniziai a tornare, lentamente, in me, ricordandomi, improvvisamente, le parole di mia madre ed il modo in cui mi aveva difesa nel sogno.
Stavo per dirgli che, anche se, forse, avevo capito, non potevo agire diversamente, quando commisi l’errore di guardarlo negli occhi.
Quei meravigliosi, stupendi occhi azzurri, che mi fissavano in un modo così dolce e gentile che non potei fare a meno di sentirmi persa, preda delle sue reti.
- Io ti amo, dolcezza- mi sussurrò.
Fu questione di un istante.
E una forza misteriosa mi spinse verso di lui.
Lo sentii appoggiare le labbra alle mie, le sue morbide e calde labbra, che, nei miei desideri più proibiti, avevo sempre desiderato poter assaporare.
Mi posò una mano sulla guancia, accarezzandomi con il pollice, ed io non riuscii a fare altro che stringermi di più contro di lui.
Era una sensazione meravigliosa.
Tutto intorno a me cominciava a sparire.
I discorsi di mia madre non erano che flebili sussurri nell’aria.
Iniziavo lentamente a dimenticare tutto, quando, improvvisamente, sentii qualcosa entrare di prepotenza nella mia bocca, quasi soffocandomi.
- Luke!- gridai, staccandomi.
- Sì?- rispose lui, malizioso. Io lo fulminai: - Mi hai ficcato la lingua in gola! A momenti mi ammazzi!
Luke iniziò a ridere, stringendomi più forte: - Mi fai davvero impazzire.
- Sì, come no…- borbottai offesa – Hai rovinato tutto…
- Allora ti è piaciuto- sussurrò, accarezzandomi i fianchi.
Arrossii un po’: - Ma certo che mi è piaciuto, idiota… accidenti a Cupido…
- E lo rifaresti ancora…
- Forse…
- Perché ti piaccio…
- Luke!
- Sì?
Lo guardai severamente: - Hai una mano sul mio seno. Toglila.
Lui obbedì, trattenendosi dal ridere, e mi baciò il naso: - Domani, forse, non sarò qui. Sai che ti dico? Non mi importa quello che pensi di me. Ho ottenuto un bacio dalla donna che amo e, sebbene ne volessi altri, posso accontentarmi e affrontare il mio destino felicemente.
Io ti amo, Leila, e non ringrazierò mai abbastanza chiunque ti abbia fatta entrare nella mia vita.
Ecco, ora ho detto tutto quello che volevo. Se vuoi, puoi tornare a dormire.-
No, non volevo tornare a dormire. Non volevo lasciarlo là, non dopo averlo sentito dire che mi amava, non dopo averlo guardato negli occhi un’altra volta.
Forse stava facendo il penoso e voleva impietosirmi. Non ne avevo assolutamente idea.
Ma decisi di restare.
E non solo.
Mi strinsi di più a lui, sorridendogli, dimenticando nuovamente tutto.
C’eravamo solo io e lui.
Il resto non contava più niente.
Lo baciai, premendo forte le mie labbra contro le sue, e sentii che per nessuna ragione al mondo avrei sopportato di perderlo.
Non mi tirai indietro, questa volta, quando sentii la sua lingua farsi strada verso la mia, anzi, ricambiai il bacio con passione, rendendomi conto che, forse, quella sarebbe stata l’unica occasione che avevo per mostrare i miei sentimenti, quelli veri.
Perché ormai lo sapevo. Io l’avevo visto.
Lo specchio non mi aveva mostrato un radioso futuro da Cacciatrice.
Lo specchio mi aveva mostrato Lui.
 
***

Angolo dell’autrice: Bene, siamo arrivati ad un punto parecchio cruciale della storia.
Per cominciare, chiedo perdono a tutti i sostenitori della coppia Thaluke.
Purtroppo provo un’antipatia molto forte per Talia, (non chiedetemi perché) quindi con Luke proprio non riesco a vederla. Spero non siate arrabbiati con me.
Bene, tornando ai lettori in generale, come vi è sembrato questo capitolo?
Avete un’idea sulla madre divina di Morgan? Forse sono stata un po’ perfida a non rivelarla, vi assicuro che nel prossimo capitolo si scoprirà chi è, promesso.
Finalmente si è rivelata la Profezia! Che ve ne pare? (Forse che l'Oracolo, vedendola, si sarebbe suicidata).
Vi è piaciuta la parte di Leila e Luke? Spero non sia venuta troppo sdolcinata o deludente.
Ok, chiudo qui il papiro. Grazie per aver letto, pubblicherò il prima possibile il prossimo capitolo.
A presto! :)

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Capitolo 13
*** Facciamo la conoscenza dell'Incantatrice ***


 Quando sorse il sole, la mattina seguente, lo spesso soffitto di nubi sopra le nostre teste, permise a pochi raggi di illuminare il paesaggio circostante.
C’era la nebbia, tanto per rendere l’isola  un po’ più spettrale,  e, come se non bastasse, l’aria era ancora più ferma e soffocante del pomeriggio precedente.
Sapendo quello che ci aspettava, indossai l’armatura e sfiorai il Pegno della Luna, pensando che, se la mamma avesse saputo del bacio tra me e Luke, avrebbe, di sicuro, rinnegato me e ammazzato lui.
Tuttavia, non ero  pentita di quello che avevo fatto.
Cercai di sentirmi in colpa, ma l’unica ragione per cui ero in ansia, era quella di deludere colei che credeva tanto in me.
Mi dispiaceva il fatto che Artemide si sarebbe sentita tradita da parte mia, ma, in fondo, il rimorso sarebbe stato più grande se, la sera precedente, non avessi dimostrato a Luke che tenevo a lui più di qualunque altra cosa al mondo – chiaramente, dopo papà e Maggie -.
Annabeth era già in piedi da parecchio tempo, e ci fissava scocciata, rimproverandoci per la nostra lentezza.
I fratelli Stoll sembravano due bradipi assonnati, e Grover non era sicuramente messo meglio.
Morgan non sembrava rintronata, tuttavia, ci stava mettendo un po’ troppo per sistemarsi i capelli.
Mi sedetti accanto a Maggie su una roccia, cercando di evitare lo sguardo di Luke, tutto intento a indossare una leggera armatura di bronzo.
La mia amica, dopo aver storto il naso, mi gettò un’occhiata stranita, come se, accanto a lei, si fosse appena seduto un sacco dell’immondizia con le gambe.
Ricambiai lo sguardo con aria interrogativa, resistendo alla tentazione di controllare se avevo messo il deodorante giusto: - Che… che cosa c’è? Guarda che mi sono lavata, ieri…
Maggie arricciò il naso, allo stesso modo di Minou degli Aristogatti: - Hai un odore diverso… uno stranissimo odore che si mischia al tuo, come se ti fossi strofinata qualcosa addosso… è lo stesso che sento quando passo accanto a…
Diede un’occhiata a Luke, poi, illuminandosi, mi fissò severamente: - Che cosa è successo tra voi due, di recente?
Arrossii fino alle orecchie, sentendo il mio stomaco prendere fuoco.
- Io… ecco, io…
Non riuscii a balbettare che poche paroline confuse, almeno, finchè Maggie non mi rivolse una delle sue occhiatacce.
Mi guardai attorno, poi, abbassando lo sguardo con aria colpevole, mormorai: - Ieri sera ci siamo baciati…
- COSA?
Tutti si girarono a guardare Maggie allibiti, mentre lei, dopo aver bruscamente deviato l’attenzione da sé, mi sibilò furiosa: - Ma sei pazza? Sai se Artemide lo scopre? Non devi approfittare della Foschia in questo modo, altrimenti tua madre non si fiderà più di te!
Abbassai lo sguardo: - Lo so e mi dispiace. Ma quello che ho provato… quello che provo… non mi era mai successo, capisci? Insomma, tu non ti sei mai innamorata, Maggie?
Lei fece una smorfia: - Certo che no, e poi… hey! Mi stai dicendo che ti sei innamorata di lui?
Arrossii, aprendo la bocca per rispondere, quando Annabeth ci chiamò: - Venite qui, voi due, si parte!
 
Camminammo tra le rovine, mentre, di tanto in tanto, avvertivo dei gelidi spifferi corrermi lungo la schiena.
Non c’era vento, eppure, sentivo chiaramente delle scie di vento che provocavano i brividi.
Qualcuno mi mise una giacca sulle spalle e, voltandomi, vidi Connor che mi sorrise arrossendo
- Pensavo che con l’armatura avessi freddo…
Scossi la testa, ma gli sorrisi: - No, ho solo dei brividi… grazie comunque, Connor.
Lui diventò paonazzo e, farfugliando qualcosa, tornò ad attaccarsi alla maglietta di suo fratello, che gli diede delle incoraggianti pacche sulle spalle.
Luke mi si avvicinò, sussurrandomi all’orecchio: - Mi sa che ho un rivale.
Arrossii leggermente, sorridendo sotto i baffi: - Piantala… non siamo fidanzati, Luke, quindi non rompere…
- Mi sembravi di un’opinione diversa, ieri sera…- sussurrò, baciandomi una tempia.
Avvertii dei piacevoli brividi sulla pelle e, mentre raggiungeva Annabeth, lo fissai come incantata.
Morgan mi affiancò: - Questioni di cuore, Principessa?
- Io…- cercai di balbettare una scusa, ma lei sorrise: - Guarda che le capisco al volo certe cose… ho una certa esperienza in fatto d’Amore… e il tuo sguardo parla chiaro…
Arrossii, giocherellando con il ciondolo che portavo al collo: - Sei una specie di Indovina, Morgan?
Le alzò le spalle: - Anche… diciamo che capisco al volo le persone. Non mi si può nascondere niente. E, sei vuoi la verità, per me non sei fatta per fare la Cacciatrice… tu sei destinata a stare al suo fianco.
La fissai ad occhi spalancati, chiedendomi se quelle fossero previsioni o semplici opinioni, ma lei mi rivolse un altro dei suoi enigmatici sorrisi: - Perché ti stupisci tanto? Ognuno ha i suoi poteri, Leila. Se proprio vuoi saperne di più, nemmeno la tua amica diventerà una Cacciatrice tanto facilmente…
- Maggie?- le domandai stupita, accennando alla mia amica che stava parlottando con Grover – Mi stai dicendo che anche lei è innamorata?
- No, non è innamorata, attualmente. E non so se sarà l’Amore ad ostacolare il suo sogno. Ma sento che qualcosa non quadra. Il Destino non è una cosa scritta, ci sono tante vie che possiamo intraprendere. Ma, se lei continuerà a seguire questo percorso, presto incapperà in un ostacolo. Esattamente come succede a te ora. Non so se si innamorerà oppure se succederà qualcos’altro, ma, stai certa, che si ritroverà, presto o tardi, a dubitare come te.
La fissai piuttosto colpita. Quella ragazza era, senza dubbio, uno dei misteri più affascinanti del mondo, mortale e non.
- Ma chi sei tu? La figlia dell’Oracolo o l’Oracolo stesso?
Morgan scoppiò a ridere: - E’ un bel complimento. Ma non sono l’Oracolo, né sua figlia. E le mie non sono vere e proprie Profezie. Io le chiamerei più “Sensazioni” o “Intuizioni”.
Ero sul punto di insistere riguardo all’identità di sua madre, ma lei, forse “sentendo” che stavo per farlo, si tirò su il cappuccio della cappa viola che indossava e, come se niente fosse, mi sorpassò rapidamente.
Sentii i fratelli Stoll parlottare tra loro.
- Morgan è molto carina…
- Per me è più bella Leila…
- Ma secondo te di chi è figlia? Di Demetra? Di Atena?
- Non lo so, non ce lo vuole mai dire… di sicuro non di Atena, sennò avrebbe i capelli biondi…
- Per me, forse, è figlia di Afrodite…
Ero così intenta ad origliare che, per poco, non andai a sbattere contro Maggie.
Annabeth ci fece fermare nei pressi di un boschetto, consegnandoci a tutti quanti dei fischietti.
- Bene, qui direi di dividerci. Sparpagliatevi per l’isola e, se trovate qualcosa, fischiate. Questi sono fischietti speciali, Luke li ha presi dal magazzino della Casa Grande- gli sorrise, arrossendo – Ovunque vi troviate, tutti noi accorreremo in vostro aiuto. Bene, allora, spicciatevi!
Ci sparpagliammo, con poca convinzione, e, mentre mi dirigevo all’interno del bosco, udii Maggie commentare: - Sparpagliarsi, bah! C’è qualcosa di talmente terribile e antico sotto questo suolo che sarebbe stato meglio se non fossimo mai venuti…
Con queste parole incoraggianti nella testa, vagai tra gli alberi con aria guardinga, legandomi una balestra al braccio.
Inizialmente, non sapevo bene cosa cercare, ma poi, con mia grande sorpresa, sentii che i miei sensi diventavano sempre più acuti, esattamente come era successo durante la mia prima Caccia alla Bandiera.
Riuscivo a percepire il minimo rumore nel raggio di chilometri e captavo ogni singolo odore, riuscendo a capire da dove provenissero e da cosa fossero provocati.
Se mi concentravo, la mia vista arrivava fino ai confini dell’isola, era come guardare attraverso una macchina fotografica con lo zoom.
Sentivo chiaramente ogni singolo granello di polvere che passava sulla mia pelle e, addirittura, se volevo, l’aria che filtrava tra le mie labbra mi portava dei sapori particolari, che riuscivo benissimo a riconoscere nonostante non li avessi mai provati prima.
Tutto il bosco era sotto il mio controllo,
Era una sensazione stupenda.
Tuttavia, proprio grazie ai miei sensi sviluppati, ebbi la conferma di qualcosa di veramente inquietante: non c’era alcuna forma di vita animale nei paraggi.
Com’era possibile?
Vagai per la piccola selva, senza incontrare nessun tipo di animale o mostro, tanto che, per un istante, fui tentata di tornare indietro.
Ma poi, una specie di ronzio giunse alle mie orecchie, un ronzio che diventò sempre più nitido, fino a diventare una voce umana.
La voce di Luke.
Diceva qualcosa come: - Tutto bene? Che ci fai qui?
Cercai di individuarlo, aguzzando la vista e arrivando fino ad un punto imprecisato della costa.
Stava parlando con qualcuno, con una donna, anche se non riuscivo a delinearne bene i contorni del viso.
Di sicuro, non si trattava di Annabeth, né di Morgan, né di Maggie.
Improvvisamente, avvertii una strana sensazione, come di un qualcosa che si stessa avvicinando a loro, qualcosa di poco raccomandabile.
Non fu difficile capire che tipo di sensazione fosse: pericolo.
Iniziai a correre in direzione di Luke e della ragazza, con il fischietto di Annabeth stretto nella mano.
L’odore sgradevole di mostro diventò sempre più insistente, man mano che mi avvicinavo alla spiaggia.
Non appena li raggiunsi, vidi Luke inginocchiato davanti ad una tipa dai capelli lunghi e castani, incredibilmente pallida, che singhiozzava a più non posso sulla sua spalla.
Era scalza, semi-nuda, coperta solo da una specie di lenzuolo bianco, o almeno, che doveva essere stato bianco prima di ricoprirsi di macchie e polvere. Sembrava reduce da un bombardamento.
Mi avvicinai cautamente, per poi fissare il biondino con severità: - Luke…
Lui mi fissò sorpreso, sbarrando gli occhi azzurri: - Hey, Baby, che cosa ci fai tu qui?
Incrociai le braccia con aria offesa: - Ho sentito che eri in pericolo, così sono venuta a soccorrerti. C’è qualcosa di brutto che sta arrivando, lo sento… anche se tu sembri piuttosto occupato…
Luke fece per dire qualcosa, quando la tipa, scioltasi da suo abbraccio, mi fissò ad occhi sbarrati.
Le sue iridi avevano uno strano colore a metà tra il blu ed il viola, mentre le lacrime le scendevano sulle guance.
La sua espressione traspariva  puro terrore.
- Sta arrivando…- mormorò – Arriva… dal mare… è qui!
Scoppiò di nuovo in un pianto isterico, stringendosi forte a Luke.
Concentrai di nuovo i miei sensi, scrutando l’oceano, ma non avvertii nulla di particolare.
Forse perché mi trovavo fuori dal bosco.
Luke mi fissò con un’espressione supplicante, come se mi chiedesse di liberarlo da quella pazza, così, portai alle labbra il fischietto e soffiai dentro con forza.
Uscì un suono così acuto e assordante che la ragazza cacciò un urlo, mentre Luke si massaggiò l’orecchio con aria dolorante.
In pochi istanti, sentii dei passi in avvicinamento e, voltandomi, vidi Annabeth e i fratelli Stoll correre nella nostra direzione.
- Luke!- gridò la bambina – Che succede?
Lui tentò di far alzare la ragazza spaventata: - Ho trovato lei, qui sulla spiaggia… era nascosta, aveva paura… dice che la sta cercando, probabilmente si riferisce al mostro…
Annabeth fissò la giovane con aria interrogativa, e quella ansimò: - Vuole catturarmi… come catturò il mio fidanzato due giorni fa… volevamo solo farci una gita tranquilla sull’isola…
La sua voce si affievolì sempre di più, fino a diventare una specie di sibilo soffocato.
Annabeth le si inginocchiò accanto: - Ti proteggeremo noi. Tra un po’ arriveranno gli altri nostri amici… intanto, sai dirmi come ti chiami?
La ragazza represse alcuni tic nervosi, poi, sempre con gli occhi sbarrati, riuscì a mormorare poche parole: - Li-Livia… mi chiamo Livia…
Travis Stoll la fissò con aria triste, come se desiderasse a tutti i costi aiutare quella fanciulla, senza, però, riuscirci: - Povera ragazza… è così bella… chi l’avrà ridotta così?
- Il mostro, no?- lo rimbeccò Connor – Ma è talmente bella che quasi non si nota.
- Bella?- esclamai, forse a voce troppo alta.
Diedi una rapida occhiata alla ragazza, cercando di capire cosa ci trovassero di tanto affascinante in lei.
Va bene, forse aveva un viso carino, ma era talmente sporca e piena di lividi che mi sembrava un po’ difficile restarne incantati. E poi, quell’espressione da pazza non l’aiutava affatto!
Luke mi fissò con un sguardo che diceva “Sei gelosa”, ma Annabeth, dopo aver dato un’occhiata ai due giovani Stoll imbambolati, si voltò verso Livia con fare sospettoso.
La ragazza si strinse più forte a Luke, facendomi ribollire il sangue nelle vene, e, con voce piagnucolosa, gli indicò un punto alle proprie spalle, coperto da un muro di nebbia.
- Dobbiamo andarcene via… o ci prenderà… tutti quanti! Andiamo via di qui!
Improvvisamente, udii lo zampettare di Grover sulla sabbia, seguito dai passi sicuri di Maggie poco distanti da lui.
- Leila!- mi chiamò la mia Custode – Tutto bene? Ho sentito il fischietto, era davvero assordante…
Grover si fermò a riprendere fiato: - Accideeeenti- belò – ero dalla parte opposta dell’isola… non ho mai corso così tanto…
Livia, non appena vide Maggie, si irrigidì, e fissò Luke con aria supplicante: - Dobbiamo nasconderci! Arriverà a momenti!
- Arriverà chi? Si può sapere chi è quella…- iniziò la mia Custode, quando, all’improvviso, spalancò gli occhi, fissando Livia in modo decisamente strano.
- Maggie?- chiamai, con voce un po’ tremante, ma lei, in tutta risposta, si rivolse al figlio di Ermes che stava ancora abbracciato alla tipa: - Luke, allontanati da lei…
Luke la fissò con aria confusa: - Che stai dicendo? E’ in pericolo, bisogna salvarla…
- Allontanati da lei, ho detto!- sbottò Maggie furibonda, iniziando a ringhiare verso Livia.
La ragazza si nascose dietro di Luke piangendo: - No! Un altro mostro! Ho paura!
- Maggie, piantala!- la rimproverò Luke – Non vedi che la stai spaventando?
La mia amica ringhiò più forte, lasciandosi sfuggire una specie di abbaiato rabbioso, mentre i suoi canini sembravano improvvisamente più lunghi.
Luke si spazientì, iniziando ad estrarre la spada: - Adesso basta!
Sguainò la lama argentata fino a metà, quando, all’improvviso, Grover lanciò un belato terrorizzato, cadendo seduto sulla sabbia e indicando un punto oltre la nebbia: - Bee-bee! Scheletri!
- Scheletri?- domandò Annabeth confusa – Ma che cosa stai…
- E’ vero…- mormorai con un filo di voce – Li vedo anch’io…
Nel punto in cui Livia aveva detto di nascondersi, la nebbia iniziava a diradarsi, rivelando, sparsi qua e là in posizioni grottesche, degli inquietanti scheletri umani, con ancora addosso dei vestiti rovinati e qualche brandello di carne.
- Oh miei dèi…- mormorò Annabeth, mentre i fratelli Stoll spalancavano la bocca increduli.
Anche Luke si voltò, restando piuttosto sconvolto: - Ma che cosa significa?
- Luke!- gridò Grover spaventato – Quella ragazza non è umana!
- Che cosa?
Luke guardò Livia con aria confusa, ricevendo un sorriso sadico come risposta: - E’ vero, Luke- disse con voce melliflua – Io non sono umana.
Prima ancora che potessimo fare qualcosa, Livia colpì Luke con una sberla, facendolo volare verso di noi.
- Luke!- gridammo all’unisono io e Annabeth, mentre lui atterrava pesantemente sulla schiena, con un gemito.
Mi inginocchiai accanto a lui, con apprensione: - Luke, come stai?
Lui si alzò a fatica su un gomito, senza reprimere una smorfia: - Sto bene, pupa, tranquilla…
Annabeth si voltò furiosa verso Livia, fissandola con odio: - Che cosa sei? – gridò.
Livia sogghignò, mentre i suoi lineamenti cominciavano a cambiare.
La sua pelle assunse un’agghiacciante tonalità bluastra, i suoi capelli diventarono neri come il carbone, le sue unghie si trasformarono in artigli ed i suoi denti si allungarono, diventando zanne affilate come rasoi.
Quando ci guardò di nuovo, i suoi occhi non erano più viola, ma rossi e iniettati di sangue.
Maggie ringhiò ferocemente, mentre Grover gridò terrorizzato: - E’ una lamia!
Livia, o Lamia, si passò la lingua violacea tra i denti, sibilando melliflua: - Mi avete scoperta quindi… non si può ingannare l’olfatto di un licantropo, neanche con una Foschia potente come questa… ma tanto, ormai, non ha più importanza, perché siete le mie prede!
Luke si alzò, massaggiandosi una spalla, e mormorò scocciato: - Che idiota… dovevo immaginarlo… ecco perché le persone sparivano nei pressi di quest’isola… li attirava per berne il sangue…
- Che cosa?- gridai incredula – Ma che razza di mostro è? Una specie di vampiro greco?
- Più o meno- mi rispose Lamia, con la sua orribile voce sibilante – Una volta ero una donna bellissima, una regina della Libia che conquistò il cuore di Zeus. Ma Era, invidiosa di me, mi maledisse ed uccise tutti i miei figli, ad eccezione di due.
Distrutta dal dolore, iniziai a vagare sola per la mia terra, e l’invidia che provai, nei confronti delle mamme e mogli felici che incontravo, mi spinse a fare strage dei loro figli e dei loro amanti dissanguandoli, in modo che tutte loro provassero il mio dolore.
Maggie ringhiò furiosa: - Già, commettesti delle porcherie così atroci che la corruzione della tua anima si riversò sul tuo aspetto, trasformandoti in quello che sei ora!
Lamia soffiò minacciosa: - E’ vero. Ma trovai il modo di rimediare mettendomi al servizio della dea Ecate, che mi diede la capacità di cambiare aspetto a mio piacimento. In questo modo, continuai la mia opera di sterminio, attirando uomini appartenenti ad altre donne e succhiando il loro sangue.
La mia vita fu rovinata ingiustamente, non vedo perché le altre ragazze non debbano patire i miei tormenti! Ed ora, dato che avete scoperto la verità, dovrò uccidervi tutti!
Luke e gli Stoll sguainarono le spade, mettendosi in posizione di difesa. Annabeth tirò fuori un coltello di Bronzo Celeste, mentre io sistemai la prima freccia sulla mia balestra.
Maggi scoprì le zanne minacciosa e Grover, sebbene fosse spaventato a morte, tirò fuori il proprio flauto, pronto a strimpellare delle melodie così orrende da far venire gli spasmi a qualunque mostro si trovasse nelle vicinanze.
Lamia si preparò ad attaccare, ma, proprio mentre stava per balzarci addossi, una voce familiare la bloccò di colpo: - Fermati!
Ci voltammo tutti sorpresi, mentre Morgan avanzava minacciosa in direzione del mostro.
I suoi occhi verde acqua scintillavano pericolosamente.
Lamia sibilò, fissandola con scherno: - Un’altra semidea! E’ la mia giornata fortunata!
- Non credo proprio, Lamia- rispose Morgan, sottolineando con veemenza il nome del mostro – Non alzerai un solo dito su di loro.
- E perché mai?- ghignò Lamia, beffarda – Chi sei tu per dirlo?
Improvvisamente, uno strano simbolo brillò sopra la testa di Morgan, illuminando la zona circostante di luce viola.
Era una specie di ruota, con forme quasi serpentine che, all'interno di essa, disegnavano una specie di labirinto a tre direzioni.
I miei compagni spalancarono gli occhi, mentre io rimasi imbambolata a guardare: - Ma che cosa significa?
Lamia sussultò terrorizzata, mentre Morgan, con uno sguardo fiero e sprezzante, le parlò in tono deciso: - Io sono Morgan Fay, figlia di Ecate, dea della Magia, degli Spiriti e delle Ombre, nonché tua signora. Insieme alle altre sue ancelle, tu sei sottomessa a me.
Ora fà come ti dico, o te ne farò pentire amaramente!

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Capitolo 14
*** Perquisisco degli scheletri rinsecchiti ***


 Restai in silenzio, a fissare, come una babbea, Morgan ed il simbolo viola sopra la sua testa.
Una figlia di Ecate! Come avevo fatto a non pensarci prima?
E dire che le varie magie ed il fatto che nessuna casa al Campo potesse ospitarla avrebbero dovuto farmi riflettere!
Lamia fece un passo indietro per lo stupore, con un velo di disapprovazione sul volto.
Di sicuro non si aspettava che una figlia della sua dea arrivasse a guastarle la festa proprio in quel momento…
Morgan avanzò imperiosa, fermandosi poco avanti a noi. I suoi occhi verdi saettavano minacciosi.
- Lamia – disse in tono deciso – Hai approfittato delle tue capacità per sedurre uomini innocenti e assassinarli. Mia madre non approverà affatto il tuo comportamento. Se vuoi essere graziata, cessa immediatamente queste atrocità e tornatene da dove sei venuta!
L’Incantatrice sibilò sdegnosa, ma non si scompose: - Ebbene, figlia di Ecate. Per il rispetto e la riconoscenza che nutro nei confronti di tua madre, non alzerò un dito su di te.
Ma la tua autorità nei miei confronti non è forte quanto credi.
Se non erro, non è stata costruita alcuna casa in onore della mia dea al Campo Mezzosangue, dunque, sebbene lei ti abbia riconosciuta innanzi a me, non significa che io debba stare ai tuoi ordini e risparmiare questi insulsi semidèi.
Inoltre – soggiunse con un ghigno – la Foschia impedirà ad Ecate di vedere quanto sto facendo e, come si suol dire, “occhio non vede, cuore non duole”. I tuoi amici sono spacciati, Morgan Fay, fattene una ragione e tornatene a casa.
Morgan strinse le labbra furiosa, ma, mentre apriva la bocca per pronunciare un incantesimo, Lamia si voltò di scatto e scappò oltre il muro di nebbia.
- Di immortales!- gridò Annabeth scocciata – Sta scappando!
- E… non potremmo lasciarla fare?- propose timidamente Grover, dando un’occhiata nervosa agli scheletri sparsi sulla spiaggia.
La figlia di Atena sbuffò e, stringendo in mano il pugnale di Bronzo Celeste, sfrecciò in direzione del mostro, facendo scricchiolare alcune ossa sotto i suoi piedi.
- Annabeth!- la chiamò Luke, con un’espressione preoccupata sul volto.
- Dobbiamo seguirla, potrebbe essere in pericolo – commentò Morgan, visibilmente risentita per non aver ottenuto l’obbedienza di Lamia.
Maggie emise un leggero ringhio e storse il naso: - Riesco a sentire l’odore del mostro anche a miglia di distanza. Seguitemi, nulla può ingannare il mio fiuto.
Ci tuffammo dentro al muro di nebbia, cercando di non calpestare i cadaveri scheletrici distesi sulla sabbia.
La nebbia era così fitta che non si vedeva un palmo da naso.
Ci fermammo nei pressi di un boschetto, cosa che riuscii ad intuire grazie alla forza che avvertivo ogni volta che mi avventuravo in una selva.
Qualcosa di viscido mi sfiorò una spalla e, istintivamente, mi aggrappai al braccio di Maggie.
Non riuscivo a vedere quasi nulla, solo delle sagome scure attorno a me.
Improvvisamente, però, la nebbia cominciò a diradarsi un poco, forse per via della mia presenza in un ambiente selvatico.
Non allentai comunque la presa sul braccio di Maggie, che mi sembrava insolitamente muscoloso.
Probabilmente, per via della sua natura di licantropo.
- Oh, così va meglio – commentò Connor, sospirando di sollievo – Almeno riesco a vedere la faccia da idiota di mio fratello…
- Beh, io avrò la faccia da idiota, tu, in compenso, sei un idiota- rispose sarcastico Travis.
- Fate silenzio! – li ammonì Maggie, che, con mia grande sorpresa, si trovava davanti a me, invece che di fianco.
Dopo un attimo di stupore, realizzai con una stretta allo stomaco quello che era successo.
Luke mi sorrise, probabilmente compiaciuto di trovarsi a braccetto con me, e posò la mano su una delle mie, quella appoggiata al suo bicipite gonfio.
- Va tutto bene – mi sussurrò, facendomi arrossire fino alle orecchie.
- Io… ecco io non… - balbettai, cercando una giustificazione, ma Maggie, dopo aver fiutato qualcosa, ricominciò a correre, interrompendo la nostra amorevole conversazione.
- Hey! Maggie, aspettami! – gridò Grover, trotterellando dietro di lei, cercando di non incastrare gli zoccoli nelle radici che spuntavano da terra.
Luke aggrottò la fronte e si rivolse a noi con aria seria: - So che forse non sarete d’accordo, ma penso sia meglio dividersi di nuovo, almeno avremo più possibilità di trovare Annabeth…
Travis e Connor annuirono, dirigendosi in fretta ad Ovest del bosco, mentre Morgan, dopo averci guardati con una strana espressione, si voltò e corse verso Sud.
Luke fece per allontanarsi, ma lo fermai, afferrandolo per un braccio: - Luke, ma sei scemo? Hai visto che bel risultato abbiamo ottenuto dividendoci, prima… ti ha dato di volta il cervello?
Lui sospirò: - Leila, voi non correte rischi, va bene? La Profezia dice che sarà colui che guida ad avere un destino avverso, quindi l’unico che rischia sono io. Non voglio mettervi in pericolo…
- Ma è proprio questo il punto!- gridai, cercando di trattenere le lacrime – Io non… io non voglio che ti accada qualcosa di male…
Luke mi sorrise dolcemente, accarezzandomi la guancia, e mi posò un rapido bacio sulle labbra.
Appoggiò poi la fronte sulla mia, sussurrando con un tono quasi impercettibile: - Ti amo troppo, amore mio. Non sopporterei mai di perderti. Mai. Tornerai a casa salva, te lo prometto.
Mi baciò la fronte e, prima che potessi fare qualcosa, lui mi sorrise, ed iniziò a correre velocemente, lasciandomi dentro la sensazione che quello sarebbe stato un addio.
- Luke… - mormorai, con le lacrime che iniziavano a correre lungo le mie guance.
Volevo correre, volevo seguirlo e impedirgli di compiere pazzie, ma le gambe si rifiutavano di muoversi, ed i miei sensi, sebbene li sforzassi al massimo, non accennavano ad attivarsi minimamente.
Iniziai a cadere vittima dello sconforto.
Non riuscivo a spiegarmi il perché, ma mi sentivo più o meno come il cavallo di “La storia infinita”, quello che annegava nella Palude della Tristezza, o come diavolo si chiama.
Qualunque cosa avessi fatto, la Profezia era chiara: Luke non sarebbe tornato con noi.
Mi accasciai contro il tronco di un albero, iniziando a singhiozzare disperatamente, quando una voce alla mie spalle mi fece voltare di scatto.
- Piantata in asso di nuovo?
Guardai sorpresa la mia interlocutrice, che mi fissava sorridendo, seduta su una roccia.
- Sei tu… - mormorai, cercando di asciugarmi le lacrime – Che cosa ci fai qui?
La sedicenne che avevo incontrato al porto si alzò in piedi, facendomi, improvvisamente, ricordare qualcosa. O qualcuno.
Non vestiva più con un completino da tennis, ma con un abito viola in stile greco, che la copriva fino al ginocchio. I suoi capelli castano ramati erano acconciati secondo la moda dell’Età Classica, ed i suoi piedi erano avvolti dai lacci di sandali color argento, decisamente poco moderni.
I suoi occhi a mandorla mi fissarono benevolmente, con un accenno di malizia.
- Ora hai capito chi sono?
Annuii, leggermente sconvolta dalla rivelazione: - Sei la ragazza che ho visto in sogno… quando mia madre ed Ermes discussero riguardo me e Luke. Sei la compagna di Ermes, giusto?
Lei sorrise, accarezzandosi il pancione: - Esattamente. Io sono Daeira, dea dei Misteri Eleusini.
Probabilmente non hai mai sentito parlare di me, non sono molto famosa al di fuori dell’Olimpo. Sai, io sono nata umana, da genitori mortali, quindi sono un po’ come l’Ultima Arrivata.
- Eri un’umana? – esclamai, piuttosto sorpresa.
Daeira non trattenne una risatina: - Non è una cosa tanto strana, sai? Altre divinità, anche più famose di me, nacquero mortali. A volte, gli dèi concedono a delle persone speciali il dono dell’immortalità.
- E tu cos’hai fatto, per essere ritenuta “speciale”?- domandai con curiosità.
Lei mi sorrise di nuovo: - Non è tempo di discutere di questo, adesso. So che hai un problema ben più grande, in questo momento. Un’ancella di Ecate è sfuggita al controllo della sua padrona e sta seminando morte in quest’isola. E’ una bestia insidiosa, abbiamo già avuto modo di affrontarla, in passato… se n’è stata buona anche fin troppo tempo…
Abbassò lo sguardo con aria pensierosa. Sembrava assorta in qualche pensiero doloroso.
Alzai un sopracciglio con aria interrogativa: - E… tu sai dirmi come batterla?
Daeira mi guardò con fare enigmatico: - In realtà, Lamia è un mostro molto particolare, perché, a differenza delle altre creature della mitologia, lei possiede un’anima.
- Un’anima? – esclamai, quasi con un grido.
La dea annuì: - Marcia e corrotta, ma ne ha comunque una. Come me, Lamia è nata umana. Il suo aspetto deriva dalle sue azioni mostruose ed i suoi poteri dalla dea della Magia.
A parte questo, Lamia è una donna normale. Ed è mortale.
Devi fare attenzione, perciò: non puoi ucciderla con il Bronzo Celeste.
- Quindi bastano le armi dei mortali… - mormorai assorta
- Mortali sì, ma appartenenti al mondo dell’Antichità – mi corresse lei – E’ pur sempre protetta dalla Magia.  
– E dove posso trovarle queste armi?
Daeira socchiuse gli occhi con aria furba: - Ti dirò un segreto: sotto queste rovine, si cela qualcosa di incredibilmente potente e misterioso. Qualcosa che può essere visto come un collegamento tra il Mondo Antico ed il Mondo Moderno. Non posso dirti che cos’è, le Leggi dell’Olimpo me lo impediscono. Però posso darti un indizio: se tornerai alla spiaggia, di sicuro noterai che alcuni degli scheletri delle vittime di Lamia indossano vesti piuttosto… insolite… almeno, per il vostro tempo.
Restai piuttosto sconcertata da questa rivelazione: - Quindi, grazie a questa incognita “potente e misteriosa”, Lamia si è portata dietro anche i corpi di persone uccise molti anni fa?
Daeira alzò le spalle: - E’ sempre stata legata ai propri ricordi… per questo le piace avere vittime provenienti da epoche diverse nella propria tana… sono una specie di “trofeo di guerra”, per lei.
- Trofeo di guerra, eh…- mormorai, pensando al cartellino che aveva attaccato Luke al mio reggiseno rubato – Quindi dovrei andare a perquisire i suoi “trofei” e trovare un’arma decente? Mi sembra una cosa un tantino macabra.
- E’ vero, ma è necessario che tu lo faccia- rispose la dea con tono convincente – E ti conviene sbrigarti, i tuoi amici potrebbero già essere in pericolo.
- Giusto- concordai, sistemandomi l’armatura e facendo un passo verso la spiaggia.
Ma poi, mi venne un dubbio.
Mi voltai verso la dea e la fissai con aria sospettosa: - Perché mi stai aiutando?
Daeira sorrise, dando un’alzata di spalle: - A me piace aiutare i giovani in difficoltà. E al mio Ermes sta particolarmente a cuore suo figlio Luke. In questa missione, lui è quello che rischia più di tutti.
Senza contare che – aggiunse, con un’occhiata maliziosa – io e te abbiamo molto in comune, Leila.
Mi è bastato guardarti negli occhi, quando sognasti la discussione tra tua madre ed Ermes, per capirlo…
Restai piuttosto sorpresa dalla rivelazione: - Allora la mia sensazione era vera… tu riuscivi a vedermi…
- Naturalmente – rispose lei – Anche se sono una dea minore, ho molte qualità davvero utili. Sono contenta di aver potuto osservarti da vicino, altrimenti non avrei mai avuto modo di aiutarti.
- Perché io e te abbiamo molto in comune? Non vedo che cosa…
Daeira sorrise e indicò il Pegno della Luna, che portavo appeso al collo, con un cenno della testa: - Non sei l’unica ad avere una madre che vuole decidere del tuo futuro. La mia, ad esempio, voleva a tutti i costi impedirmi di stare con Ermes, perché aveva deciso di darmi in sposa a qualcuno scelto da lei. Non ti dico quanto c’è voluto per realizzare il mio sogno.
So che, in realtà, tu non vuoi diventare Cacciatrice, Leila. Ma, ti assicuro, tutto si sistemerà.
- Non vedo come… - mormorai, con un accenno di tristezza.
- Vedrai- mi rispose Daeira, reprimendo, all’improvviso, un gemito.
La fissai allarmata: - Tutto bene?
- Sì – ansimò lei, premendo una mano sul basso ventre – Credo… credo di dover andare, adesso… qualcuno qui vuole nascere in fretta… e sarà molto importante in futuro, te l’assicuro…
- Importante? Vuoi dire che il bambino che porti in grembo sarà utile per la nostra missione?
- Non solo per la vostra – gemette – Ma per tutte quelle che verranno… per tutte le missioni, guerre e vicende che avverranno in futuro…  adesso devo proprio andare… b-buona fortuna, Leila…-
Distolsi lo sguardo, sapendo che si sarebbe “smaterializzata” assumendo la sua vera forma.
Un fortissimo fascio di luce illuminò il bosco circostante, per poi farmi sprofondare nel sottile strato di nebbia che circondava ormai l’intera isola.
Restai un attimo interdetta, sia per la conversazione appena avvenuta, sia per il fatto di avere quasi assistito al parto di una dea.
Mi scrollai pensieri inquietanti di dosso e, dopo aver stretto bene la balestra al braccio, mi avviai di corsa verso la spiaggia, cercando di non pensare a quello che stavo per fare.
Raggiunsi il punto in cui la nebbia era più fitta e, guardando verso il basso, cominciai a camminare con attenzione, cercando qualcosa che ricordasse delle ossa umane accatastate.
Non mi ci volle molto prima di sentire scricchiolare qualcosa di molto inquietante sotto il piede e, reprimendo un gemito, mi inginocchiati, controllando lo stato in cui si trovava il cadavere.
Indossava dei bermuda da turista, il che mi fece desistere dall’indagare ulteriormente su di lui.
Avanzai carponi, cercando di non toccare cose strane e trattenendo i conati di vomito, quando, finalmente, mi imbattei in un secondo cadavere, che mi sembrava meno fresco del primo.
Dai vestiti a brandelli che lo ricoprivano, capii che doveva essere un soldato della Seconda Guerra Mondiale, un sergente, per la precisione.
Nella mano ossuta, stringeva una pistola, che presi, facendo sgretolare le dita biancastre dello scheletro. Diedi una controllatina all’arma, notando con disappunto che era scarica, ma, mentre mi accingevo a proseguire, tastai qualcosa di metallo, dalla forma familiare.
Lo presi e vidi che era un mitra, un bellissimo mitra che conservava dentro di sé ancora qualche colpo.
Avanzai, usando la canna del mitra per tastare le cose strane che trovavo per terra, e, finalmente, individuai uno scheletro quasi del tutto scomparso, che indossava un’inconfondibile armatura appartenente al periodo classico.
Lo esaminai con attenzione, cercando di non vomitare, e trovai una spada arrugginita conficcata a pochi centimetri da lui.
La tirai fuori dal terreno senza troppi sforzi, notando però, con sommo disgusto, che l’elsa era insolitamente sudicia e umidiccia.
Presi un fazzoletto dallo zaino e lo avvolsi attorno all’elsa, quindi, mi sciacquai le mani nell’acqua dell’oceano. Okay, non era forse il massimo, ma era infinitamente meglio di avere le dita insudiciate dal luridume dei cadaveri.
Mi alzai, felice di potermi allontanare dagli scheletri, quando un urlo mi fece venire i brividi lungo tutta la schiena.
Senza pensarci, iniziai a correre, pregando che i miei amici fossero ancora tutti interi. 

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Capitolo 15
*** La Profezia si avvera... o quasi ***


 Piccola premessa: Prima di cominciare, vorrei avvisare che nel capitolo è presente una battaglia un po’ cruenta. Per carità, non penso affatto che sia allucinante come gli omicidi nei film Slasher, ma volevo comunque farlo presente per una questione di correttezza.
 
Attraversai il bosco ad una velocità sorprendente, con la spada dello scheletro ben stretta in mano.
I miei sensi da cacciatrice erano perfettamente attivi, tanto che, in pochissimo tempo, riuscii ad individuare il luogo della battaglia.
Sforzai la vista al massimo, distinguendo delle figure che si muovevano su un vecchio pavimento di pietra, che capii essere parte delle rovine di Alcatraz.
Non appena giunsi sul posto, le gambe mi tremavano leggermente, forse per via dello sforzo a cui le avevo sottoposte, e, ansimando, guardai ad occhi sbarrati una scena davvero poco piacevole.
Lamia stava sogghignando: teneva Annabeth per i capelli biondi e le stava puntando un pugnale alla gola.
Luke la fissava impotente, col fiato corto e la mano ben serrata sull’elsa della spada.
Sanguinava dal braccio destro ed aveva un brutto livido sulla tempia.
Morgan, accanto a lui, non sembrava ferita, tuttavia, era visibilmente spossata e ansimava. La pietra viola del suo ciondolo brillava di una luce fioca, il che mi fece capire che aveva usato degli incantesimi per tenere a bada la Lamia, restando, però, prosciugata.
Maggie aveva un aspetto davvero terrificante.
I suoi occhi scuri erano diventati color argento, il suo viso aveva assunto dei lineamenti quasi canini ed i suoi denti erano visibilmente più lunghi, così come le sue unghie.
Ringhiava, con il sangue che colava da un taglio sulla fronte, e si era messa in posizione di difesa davanti a Grover, svenuto a terra.
Infine, i fratelli Stoll osservavano la scena in disparte, con i volti segnati dalla disperazione.
Strinsi forte l’elsa della mia nuova arma e gridai: - Hey! Lamia! Invece che fare la codarda, perché non te la prendi con chi possiede una lama che può ucciderti?
Il mostro mi fissò come se fossi pazza, mentre Luke mi sorrise apertamente: - Amore, ancora un po’ e ti perdevi tutta la battaglia!
- Beh, scusa tanto se stavo cercando un modo per battere questa sgualdrina conservatrice di cadaveri!- risposi un po’ sarcastica, affiancandolo e dando un’occhiata al taglio sul suo braccio – Ti fai sempre male, tu, eh?
Luke mi sorrise con aria maliziosa e commentò: - Già, e scommetto che sei gelosa perché non me l’hai fatto tu.
- Idiota- sussurrai, baciandolo sulla guancia.
Morgan mi sorrise, mentre Maggie sbuffò: - Sentite, capisco che siate molto ansiosi di flirtare e scambiarvi tenere effusioni, ma qui siamo in una situazione un pochino critica…
- Sì, hai ragione- risposi, scuotendomi dall’attacco di carineria e avanzando verso Lamia – Ma questa zoccola ha finito di fare la prepotente. Guarda un po’ cos’ho qui, Lamia!
Il mostro fissò la spada attentamente, poi, trasalì: - Come… come facevi a…
- Oh, sai, me l’ha detto un uccellino…- commentai, facendo roteare la spada – Più che altro… un’uccellina… incinta…- mi corressi.
Lamia strinse di più la lama sul collo di Annabeth: - Non fare un altro passo, oppure uccido questa mocciosa!
- Oh, devi solo provarci- la sfidai, con voce calma- Posso lanciare questa spada e trafiggerti prima ancora che tu possa muovere un muscolo… sai, ho una buona mira…
Lamia mi fulminò con i suoi occhiacci rossi e grugnì: - La figlia di Artemide, a quanto vedo…
Inaspettatamente, spinse Annabeth da parte, facendola rotolare sul pavimento di pietra.
Luke corse verso di lei con aria preoccupata, mentre il mostro si avvicinò a me con uno scintillio malizioso negli occhi. Leccò la lama del pugnale con cui prima stava minacciando Annabeth e sibilò: - Come preferisci, Figlia di Artemide. Ci batteremo io e te. Vediamo se sei davvero capace di sconfiggermi.
Prima che potessi rendermene conto, Lamia si lanciò verso di me, cercando di trafiggermi il cuore.
Deviai il suo colpo all’ultimo, venendo sbalzata di lato.
Riuscii appena in tempo a mettermi in piedi, che il mostro cercò di colpirmi di nuovo.
Era veloce, molto veloce, ed i suoi fendenti erano di una potenza impressionante.
Le tenevo testa, ma a fatica, tanto che, in poco tempo, i muscoli cominciarono a farmi male.
Iniziai a pensare che non fosse stata una buona idea sfidarla così, ma, all’improvviso, quando il pugnale colpì la lama della mia spada, la punta di esso si ruppe come per magia, schizzando sul pavimento di pietra.
Mi voltai appena in tempo per vedere Morgan cadere in ginocchio, sostenuta da Maggie, mentre il ciondolo di Ecate era ormai diventato opaco.
Lamia ruggì rabbiosa, gettando via la sua arma ormai inutile, ed allungò gli artigli scuri.
Iniziò a menare colpi a raffica, riuscendo a graffiarmi diverse volte, fino a quando non afferrò con la mano la lama della spada, strappandomela con forza.
La gettò lontana da sé e mi assestò un tremendo ceffone, facendomi volare contro un muretto ormai franato.
Le mie orecchie iniziarono a fischiare, mentre una fitta di dolore mi esplose nel corpo.
Sentii qualcuno gridare il mio nome, ma riuscii a mettere a fuoco soltanto la figura bluastra di Lamia che avanzava lentamente verso di me.
Qualcuno si parò tra noi, e, mentre cercavo di capire chi fosse, udii la voce di Connor, leggermente tremante: - Sta-stalle lontana, brutta zoccola! N-non ti azzardare a farle del male!
Stava puntando il proprio pugnale contro Lamia, anche se si vedeva lontano un miglio che le mani gli tremavano.
Il mostro lo fissò con aria di commiserazione e sputò per terra: - Levati dai piedi, moccioso! Mi ha sfidata, quindi, adesso, pagherà con la vita!
- N-non te lo permetterò!
Il mostro scoppiò a ridere,  alzò una mano – se si poteva definire così – e si preparò a colpire.
Connor si irrigidì, ma suo fratello, dopo averlo raggiunto di corsa, lo spostò con una spinta, senza riuscire a scansarsi in tempo.
Fece un volo di parecchi metri ed atterrò pesantemente, con un gemito.
- Travis!- gridò il piccolo Stoll, correndo verso di lui.
Lamia emise un sibilo di scherno, poi, si concentrò nuovamente su di me.
Cercai di alzarmi, ma lei fu più veloce. Mi strinse una mano attorno al collo e mi sollevò di peso, cercando di strangolarmi.
Cercai invano di prendere il respiro, mentre la sua stretta si faceva sempre più letale.
- Leila!
Luke strinse a sé Annabeth svenuta con il braccio sinistro, ed iniziò a correre verso di noi, con la lama della spada che scintillava.
La vista mi si offuscò. Non sarebbe mai riuscito ad arrivare in tempo.
Ma, mentre le forze mi stavano abbandonando, udii un ringhio rabbioso, seguito da un urlo di dolore.
Lamia mollò la presa, facendomi cadere a terra. Ansimai, tra i vari colpi di tosse, mentre mettevo a fuoco Maggie che, aggrappata alla schiena del mostro, le stava conficcando le fauci nel collo.
L’Incantatrice sibilava furiosa, cercando di scrollarsela di dosso, ma non poteva di certo nulla contro la forza di un lupo mannaro.
Del sangue violaceo, molto simile a quello che si vedeva quando ferivano Junior in Dragonball, iniziò a scorrere a fiumi lungo il collo di Lamia, bagnandole la veste bianca rovinata.
Iniziò a graffiare le gambe di Maggie, serrate attorno ai suoi fianchi, ma la mia amica non mollò la presa.
Luke mi raggiunse, aiutandomi a mettermi seduta: - Hey, Baby, tutto a posto?
Annuii poco convinta, mentre lui mi baciava una tempia. Le mie gambe si rifiutavano di muoversi.
Poco distante da noi, Connor era inginocchiato accanto a Travis, che gemeva a terra, stringendosi il braccio sinistro.
Grover non dava segni di vita e nemmeno Morgan, mentre Maggie, sempre attaccata al collo di Lamia, guaiva rumorosamente ogni volta che gli artigli del mostro le colpivano le gambe e le braccia. In compenso, l’Incantatrice non dava grossi segni di stanchezza.
Ad un certo punto, riuscì a colpire Maggie in testa con il dorso della mano e, mentre la mia Custode allentava la presa, Lamia se la scrollò di dosso, facendola finire a faccia in giù sul pavimento.
- Ma-Maggie…- ansimai, mentre le lacrime incominciavano a rigarmi le guance.
Luke serrò le labbra in una smorfia, poi gettò un rapido sguardo alla spada che avevo usato prima, che stava a parecchi metri dal mostro, tutto intento a tamponarsi il collo sanguinante con le mani.
Il figlio di Ermes piegò un angolo della bocca verso l’alto, sorridendo furbescamente.
Mi aiutò ad appoggiarmi con la schiena contro il muretto su cui avevo sbattuto e mi diede in braccio Annabeth: - Tienila tu, amore, forse ho un’idea…
- Che cosa?- ansimai, mentre lui mi appoggiava la piccola al petto – Che… che hai intenzione di fare?
Luke sospirò: - Nessuno di voi è destinato a soccombere… tanto vale tentare…
- Luke, no!- mormorai tra le lacrime – Non puoi chiedermi di guardarti morire…
- Allora chiudi gli occhi- scherzò, appoggiando la fronte alla mia – Non puoi fermarmi.
Strinsi forte Annabeth, mentre singhiozzavo come una poppante, senza riuscire a fermarmi.
Luke mi baciò le labbra rapidamente, sussurrandomi: - Ti amo, Baby -  poi, si alzò ed iniziò a correre velocemente verso la spada dello scheletro.
Lamia, che rantolava e ansimava per via della ferita al collo, gli lanciò uno sguardo furioso e, dopo aver visto che il pugnale di Connor era a pochi metri da sé, lo prese ed iniziò ad avanzare a fatica verso di lui.
Luke raccolse l’arma dello scheletro e si girò, con il suo solito sorriso furbo stampato in faccia.
Credo che, se non avessi provato qualcosa per lui, mi sarebbe venuta una gran voglia di prenderlo a sberle.
Provai comunque ad alzarmi, ma una fitta atroce alle gambe mi fece ricadere a terra.
Annabeth, appoggiata al mio seno, emise un lieve gemito.
Luke sogghignò beffardo, preparandosi ad accogliere il mostro con aria di sfida: - Forza, bella! Fammi vedere di cosa sei capace!
Lamia sibilò e sputò, gracchiando furibonda: - Ve la farò pagare, maledetti semidèi! A voi e a quel dannato licantropo!
- Oh, ma guarda, che bel morso sul collo hai! Mi sa che ti resterà una bella cicatrice!- la derise Luke, con il chiaro intento di provocarla. Ci riuscì benissimo.
Evidentemente, però, non si aspettava che una Lamia arrabbiata potesse dimenticare il dolore in fretta, infatti, un’espressione sorpresa si disegnò sul suo volto, non appena l’Incantatrice si avventò su di lui con un grido di rabbia.
Le lame cozzarono tra di loro diverse volte, emanando una serie di scintille che si spensero non appena toccarono il suolo.
Luke era senza dubbio uno dei migliori spadaccini di tutti i tempi, e vedere come si muoveva, mentre teneva testa al mostro assassino, era quasi un piacere per gli occhi.
I muscoli delle braccia, tesi al massimo, erano gonfi e rigidi, ed il suo viso stupendo era serrato in un’espressione concentrata.
Tuttavia, dopo alcuni minuti di lotta furiosa, notai che Luke iniziava a rallentare il ritmo e, ogni volta che parava un colpo di Lamia, il braccio destro gli tremava un po’.
Non aveva ancora smesso di sanguinare e, di certo, il taglio che aveva ricevuto cominciava a farsi sentire.
Parecchie volte, un’espressione di dolore gli oscurò il volto.
Provai nuovamente ad alzarmi, dopo aver appoggiato Annabeth a terra, e, questa volta, riuscii a mettermi in piedi. Ma, non appena feci un passo in avanti, le gambe cedettero di nuovo, facendomi cadere in ginocchio.
- Maledizione…
Gettai un rapido sguardo verso Luke, che ormai sembrava quasi esausto, ed avanzai carponi verso Maggie, che non si era ancora mossa.
- Maggie…- sussurrai, scuotendola appena – Maggie, ti prego, svegliati…
Lei strinse le palpebre, senza, però, dare segni di lucidità.
Cercai con lo sguardo, ancora appannato dalla lacrime, qualsiasi cosa che potesse tornarmi utile, quando vidi qualcuno correre verso Lamia, che, ormai teneva in pugno Luke.
- Bastaaaa!!! Lascialo stare!!!
- Connor!- gridai, mentre il piccolo Stoll si aggrappava al braccio di Lamia, cercando di toglierle il pugnale.
- Ancora tu?
L’Incantatrice gli diede una gomitata e lo scaraventò a terra- Sparisci, microbo!
Il ragazzino rotolò per diversi metri, fermandosi, privo di sensi, accanto a Morgan, che non dava alcun segno di miglioramento.
- Conn!- gridò Luke, con un’espressione sofferente sul volto e, mentre era distratto, Lamia ne approfittò per fargli cadere la spada dalle mani e, prima che potesse avere il tempo di reagire, gli piantò il pugnale nello stomaco.
Luke fu scosso da un brivido, mentre un fiotto di sangue gli usciva dalle labbra.
La lama del pugnale aveva trapassato la sua armatura leggera con facilità.
Lo vidi cadere a terra, ai piedi della maledetta Incantatrice, con gli occhi azzurri sbarrati ed un rivolo di sangue che gli colava dalla bocca.
Il tempo, intorno a me, sembrò rallentare.
Una morsa allo stomaco mi fece quasi piegare in due, mentre il respiro mi si bloccava.
No, non poteva essere vero. Luke, il mio Luke, non poteva andarsene così, non poteva morire.
Non poteva.
Non prima di avermi concesso un’altra volta il piacere delle sue labbra, non prima di avermi fatta irritare, infuriare per via delle sue trovate idiote, sentire in colpa per essere sempre così dura con lui.
Non prima di avermi fatta ridere, o trattenere per non dargli soddisfazione, non prima di avermi stretta di nuovo a sé e sussurrato delle parole in quel tono dolce e sensuale che solo lui sapeva avere.
Non prima di avergli potuto dire che lo amavo.
Perché mi ero benissimo resa conto che, nonostante l’avessi baciato più volte in quei due giorni, non gli avevo mai sussurrato quelle due parole che, invece, lui mi aveva già detto e ripetuto.
Non riuscivo ad accattare l’idea che mi lasciasse, tanto più senza la consapevolezza che i miei sentimenti erano totalmente ricambiati.
Tutta colpa del mio dannato orgoglio.
Mi alzai nuovamente in piedi ed una strana forza di impadronì di me.
Non ragionai più, non mi resi più conto di quello che stavo facendo. Mi avventai semplicemente contro Lamia, con una furia tale da farle cadere il pugnale di mano, ed iniziai a colpirla come e dove capitava, fino a quando le mani non iniziarono a sanguinarmi.
L’Incantatrice mi colpì con un pugno, facendomi cadere accanto al pugnale, ancora fresco del sangue del mio Luke.
Lo presi, mi rialzai, e mi gettai di nuovo contro di lei, colpendola più volte al viso e al petto.
Sapevo che non potevo ucciderla, il mio unico intento era quello di farla soffrire.
Mi gettò di nuovo a terra, ma io non mi arresi e la pugnalai alla gamba sinistra.
Lamia ruggì di dolore ed alzò una mano artigliata per colpirmi.
All’improvviso, però, ebbe una specie di sussulto.
Una lama arrugginita spuntava dal suo petto, facendo scorrere il sangue viola fino a terra.
Ritornai in me e diedi un’occhiata stupita a Grover, che, dopo aver visto il colpo andare a segno, crollò di nuovo a terra, stringendosi il fianco destro.
Feci appena in tempo a realizzare che il satiro, dopo essere rinvenuto per alcuni istanti, aveva visto la spada dello scheletro, volata via dalla mano di Luke, accanto a sé e, con uno sforzo enorme, l’aveva lanciata in direzione del mostro, trapassandola dalla schiena.
Poi, Lamia lanciò un gridò di dolore e rabbia e si dissolse.
Una densa fumata viola si levò a qualche metro da terra, per poi tornare giù e sprofondare nel pavimento. Mi tornò, improvvisamente, in testa l’ultimo verso della Profezia.
Un’anima l’Ade inghiottirà.
Forse, l’anima di cui parlava era davvero quella di Lamia.
Come per incanto, la nebbia che circondava l’isola cominciò a diradarsi ed il sole illuminò il campo di battaglia.
Il vento cominciò a soffiare e, piano piano, iniziai ad avvertire delle presenze rassicuranti che riempivano i boschi e le spiagge.
Alzai lo sguardo verso il cielo, giusto in tempo per vedere dei gabbiani volare sopra la mia testa.
Gli animali erano tornati.
Uno strano senso di benessere e pace iniziò ad avvolgermi, quando, con una stretta al cuore, mi ricordai di cosa era appena successo.
Mi alzai in piedi e, zoppicando, raggiunsi Luke, che giaceva a terra.
Era disteso di schiena, con la mano sinistra premuta sulla ferita allo stomaco e gli occhi sbarrati. Era vivo, ma continuava a sussultare e tossire.
Mi inginocchiai accanto a lui, con le lacrime agli occhi, e gli presi il viso tra le mani, tremando.
- Luke…
Lui girò faticosamente lo sguardo verso di me, sforzandosi di sorridere: - Ciao Baby… ce… ce l’abbiamo fatta, a quanto vedo…
La sua voce era ridotta ad un sussurro.
Scoppiai a piangere, appoggiando la fronte alla sua e bagnandogli il viso con le mie lacrime.
Sentii la sua mano destra, insanguinata e tremante, sfiorarmi una guancia con dolcezza: - Hey… hey… piccola… v-va tutto bene, non fare così…- mi sussurrò in tono dolce e quasi rassicurante.
Sentii qualcuno, alle mie spalle, gridare qualcosa, ma non ci feci più di tanto caso.
Lo fissai disperata, rendendomi conto che, anche in quelle condizioni, era bellissimo.
- Luke, ti amo- mormorai singhiozzando, baciandogli le labbra più volte – Ti amo… ti amo…
Luke emise una debole risata, accarezzandomi a fatica i capelli: - Lo so, amore… lo so…
Represse un gemito di dolore, mentre il suo volto diventava sempre più pallido.
- Luke!
Annabeth si inginocchiò accanto a noi, con gli occhi grigi sbarrati: - Luke, ti prego, non morire!
Lui le sorrise, scuotendo lentamente la testa: - Stai tranquilla, piccola… andrà tutto bene…
Un altro singulto involontario.
Maggie avanzò carponi verso di noi, con un’espressione decisamente preoccupata sul volto.
Diede un’occhiata alla ferita di Luke, e scosse la testa con aria triste.
All’improvviso, una strana luce viola scuro illuminò le rovine di Alcatraz, abbagliandoci per un istante.
Girai lo sguardo stupita, mentre, in mezzo al campo di battaglia, una donna vestita di nero si guardava attorno piuttosto perplessa.
Aveva lunghissimi capelli neri, raccolti in una coda alta che ricadeva davanti la spalla sinistra, magnetici occhi scuri e dei lineamenti molto simili a quelli di Morgan.
- L-la dea Ecate… - sussurrò Maggie sorpresa – Che cosa ci fa qui?
La dea della Magia strinse in una smorfia le labbra color vinaccia e, dopo averci dato uno sguardo, commentò piuttosto assorta: - Che razza di macello… stento a credere che una delle mie ancelle abbia fatto questo…
- D-divina Ecate, ci aiuti…- mormorò Grover, cercando invano di alzarsi da terra.
Aveva, probabilmente, più di qualche costola rotta.
Ecate ci guardò di nuovo in silenzio, come se stesse pensando a qualcosa, poi, vide il corpo esanime della figlia a terra.
- Oh, per l’Olimpo, Morgan!- si inginocchiò accanto a lei, scostandole alcuni ciuffi dalla guancia, ed assunse un’espressione preoccupata – Dovete tornare subito al Campo Mezzosangue! Necessitate di cure immediate e riposo!
Prese in braccio la figlia senza alcuno sforzo, poi si rivolse a noi: - Toccate la mia veste, vi riporterò subito al Campo.
Maggie annuì, poi, si alzò e, zoppicando un po’, trascinò i fratelli Stoll ai piedi della dea.
Connor era ancora svenuto, mentre Travis, sebbene fosse cosciente, aveva la fronte pallida ed il braccio evidentemente rotto.
La mia Custode aiutò, poi, Grover a raggiungere la veste di Ecate, ed, infine, diede una mano a me e Annabeth per spostare anche Luke.
Senza alcun dubbio, i lupi mannari hanno un minore tempo di ripresa, rispetto agli essere umani.
Afferrai un lembo del vestito nero della dea e strinsi forte la mano di Luke.
Quando gli diedi uno sguardo, però, notai con orrore che il suo viso era pallido come un cencio ed il suo respiro quasi assente. Annabeth sbiancò.
- Luke!- gridai, cercando di tenerlo sveglio – Luke apri gli occhi! Amore, apri gli occhi, ti supplico!
Ecate ci guardò e trasalì: - Oh, per Zeus! Non mi ero resa conto che fosse così grave! Vediamo se posso fare qualcosa…
I suoi occhi scuri cambiarono improvvisamente colore, diventando viola chiaro, e, non appena tornarono del loro colore originario, Luke iniziò a riprendere un po’ di colorito.
La sua espressione diventò più rilassata e, con sollievo, notai che anche il suo respiro tornava normale. Appoggiai una mano sul suo petto, che si muoveva con un ritmo decisamente più regolare ed avvertii i battiti del suo cuore, seppur ancora deboli.
Gli sorrisi, mentre Annabeth sospirava di sollievo, ed Ecate alzò le spalle: - Ho rimesso a posto i danni interni, ma non ho potuto fermare il flusso di sangue. Non sono Apollo e, di solito, ferite del genere non vanno curate con degli incantesimi. Ma, per il momento, è fuori pericolo.
La ringraziai, con le lacrime agli occhi, e baciai la fronte di Luke, ignorando le occhiatacce di Annabeth.
La dea della Magia recitò alcune parole in greco antico, poi, tutto iniziò a turbinare, esattamente come quando Morgan ci aveva trasportati sull’isola.
Chiusi gli occhi, senza smettere di stringere la mano di Luke, e cercai di non pensare che, non appena saremmo arrivati al Campo, Chirone ci avrebbe, probabilmente, uccisi.
Quando la testa smise di girarmi, un piacevole odore di fragole, davvero molto familiare, giunse alle mie narici, facendomi aprire gli occhi.
L’albero di Talia ci faceva ombra con i suoi rami, mentre il solito vociare dei nostri compagni giungeva alle mie orecchie come una dolce musica.
Eravamo finalmente ritornati al Campo Mezzosangue.

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Capitolo 16
*** Ritorno a casa ***


 Fui vinta dalla stanchezza all’improvviso, proprio mentre vedevo Chirone trottare verso di noi, con un’espressione preoccupata sul volto.
Ci fu un lampo di luce viola, e poi il buio.
Non so dire per quanto dormii. Mi ricordo, però, che quando aprii gli occhi, mi ritrovai nell’Infermeria del Campo, distesa su un letto e con qualche fasciatura.
Ero da sola ed un silenzio innaturale mi circondava.
Provai a mettermi seduta, ma fui colta da un tremendo capogiro, che mi fece crollare sul cuscino.
Improvvisamente, uno strano fascio di luce mi abbagliò, costringendomi a chiudere gli occhi.
- Leila!
Una voce familiare mi chiamò, facendomi avvertire una stretta alla stomaco.
Aprii gli occhi lentamente, mentre, al mio capezzale, era apparsa la figura di una donna dai capelli rossi, che mi fissava con preoccupazione.
- Ma-madre?
Artemide sorrise leggermente: - E’ un piacere rivederti, Leila. Ho saputo che hai sconfitto un mostro pericoloso, sull’isola di Alcatraz.
Mi alzai a fatica, appoggiando la schiena alla testiera del letto: - In realtà, non l’ho sconfitto da sola… come mai sei qui?
Lei emise una sottile risatina: - Sto usando un Messaggio-Iride! Volevo sapere come stavi, tutto qui.
- Ah- risposi poco convinta – Mi sembravi, infatti, un po’ troppo trasparente…
Strinsi un lembo del lenzuolo tra le mani, con aria nervosa: - Madre, io… dovrei dirti una cosa…
- Che cosa?- mi domandò lei, con un’espressione curiosa sul volto.
Deglutii, cercando di non arrossire: - Ecco… riguarda una cosa che è successa all’isola… sai che c’era la Foschia, vero?
- Naturalmente! Mi dava fastidio non poterti vedere!
- Ecco, appunto- mi morsi il labbro per il nervoso – Hai presente Luke Castellan? Il figlio di Ermes?
Artemide assunse un’espressione corrucciata: - Sì?
- Bene, vedi… io e lui… cioè, mentre eravamo sull’isola… è successa una cosa che non ti farà piacere…
- Di che si tratta?
Trassi un profondo respiro. Sapevo che l’avrei fatta arrabbiare, ma volevo mettere da subito in chiaro le cose. Io non potevo diventare una Cacciatrice. Non dopo essermi resa conto di amare Luke.
- Noi… abbiamo avuto dei momenti un pochino intimi e… sai com’è, a volte… non ci pensi, sei un po’ preso dall’emozione e… c’è scappato qualche bacio… - abbassai lo sguardo, non osando guardarla negli occhi – so che non sarai d’accordo, ma ci tenevo ad essere sincera con te.
Mi aspettai di venire incenerita da un momento all’altro, o trasformata in qualche strana creatura dei boschi, ma, quando ebbi il coraggio di alzare lo sguardo, vidi che mamma mi fissava in modo strano, per nulla arrabbiata.
Stavo per aggiungere qualche scusa, quando lei, inaspettatamente, sorrise: - Non ti preoccupare. Ho capito quello che è successo…
- Davvero?
Alzai un sopracciglio confusa, mentre lei continuò: - So che quel figlio di Ermes è particolarmente insistente, posso immaginare quanto tu ti sia sentita stanca di tutte quelle avances! Non oso pensare quanto ti sia costato doverlo baciare, dopo essere stata portata al limite dell’esasperazione! Povera la mia piccola Leila!- mi fissò con aria di commiserazione – E ti sei anche sentita in colpa! Ma, mia cara, lo capisco benissimo! Non serviva che me lo dicessi! L’hai certamente fatto per farlo smettere, tranquilla, la mamma non ce l’ha con te!
Spalancai gli occhi incredula: - No, madre, veramente io…
- Non c’è bisogno che mi dici altro.
Chissà perché, Artemide mi sembrava molto più materna dell’altra volta: - Sono contenta che tu sia una ragazza onesta. Sai che ti dico? Voglio farti un regalo: non ti osserverò a meno che tu non lo desideri! Ora che mi hai dato prova della tua fiducia, posso tranquillamente smettere di controllarti.
- Madre io…
- Vedrai, sarai una perfetta Cacciatrice!
Mi sorrise in un modo tale che mi si bloccarono le parole in gola. Come poteva essere così poco obiettiva?
Cercai di protestare, quando Artemide venne distratta da qualcosa: - Oh, è ora di ripartire! Scusa, tesoro, adesso devo proprio andare. Se hai bisogno chiama, okay?
- Ehm… sì, ma…
- Le Cacciatrici sono pronte – mi guardò sorridendo – A proposito, com’è l’armatura?
- Oh, stupenda!- risposi, cercando di riprendermi dallo shock – E’ un regalo fantastico.
Artemide mi strizzò l’occhio e sorrise apertamente: - A presto, Leila!
- A presto…
La conversazione si interruppe, ed io restai imbambolata a cercare di capire cosa stesse succedendo.
Pensavo che la mia confessione avrebbe scatenato la furia dell’Inferno, invece, mia madre aveva giustificato il mio comportamento secondo quello che voleva credere lei.
Non sapevo se avesse cercato di auto-illudersi o se ne fosse veramente convinta.
Un rumore di zoccoli attirò la mia attenzione e, subito dopo, vidi Chirone entrare nella mia tenda.
- Ben svegliata, Leila.
Sussultai leggermente, preparandomi alla sfuriata: - Ehm… ciao, Chirone…
Il centauro avanzò fino al mio capezzale: - Come ti senti? Stai meglio?
- Sì- risposi poco convinta – Abbastanza.
- Bene.
Attesi la ramanzina con apprensione ma, vedendo che Chirone sembrava piuttosto distratto, gli domandai: - Ehm… niente da dire, riguardo a quanto è successo?
Lui alzò gli occhi al cielo: - Mi avete fatto prendere un bello spavento! Se non fosse venuto Ermes ad avvisarmi, avrei creduto che foste stati divorati dalle bestie del bosco… fortunatamente, siete tornati tutti interi, ma, credimi, poteva andarvi veramente peggio…
- Lo so…- commentai abbassando lo sguardo.
Chirone mi fissò con aria quasi paterna e, trattenendo un sorriso, mi sussurrò: - La prossima volta, per lo meno, avvisate… almeno troverò una scusa più plausibile con i vostri compagni..
- Una scusa?
Il centauro sospirò: - Ho detto che eravate partiti per procurare una pianta medicinale che si trova solamente in Amazzonia e che, durante il ritorno, eravate stati attaccati da un gruppo di mostri… se avessero saputo la verità, di sicuro, adesso, ci sarebbe l’anarchia più totale, qui al Campo…
Annuii debolmente: - Lo capisco. Scusaci, Chirone.
Lui sorrise benevolmente: - Per fortuna, adesso siete sani e salvi, tutti quanti.
- Tutti?- domandai con un filo di speranza. Chirone annuì: - Alcuni tuoi compagni sono già in grado di muoversi… vuoi fare un giro per vederli?
- Oh, sì, per favore!- esclamai, senza nascondere il mio entusiasmo.
Chirone mi aiutò ad alzarsi e mi caricò sulla groppa: - Va bene, Principessa, andiamo!
 
La luce improvvisa del sole mi abbagliò per un secondo, mentre il paesaggio familiare del Campo Mezzosangue si apriva alla mia vista.
I miei compagni, come al solito, si stavano allenando oppure parlottavano tranquillamente tra loro.
Grover si stava facendo coccolare da un gruppetto di driadi e figlie di Afrodite, vantandosi di come, nonostante le sue cinque costole rotte,  avesse eroicamente sconfitto uno dei mostri che ci avevano sbarrato la strada.
Un po’ più distanti, notai i fratelli Stoll, impegnati a duellare tra di loro. Travis aveva il braccio ingessato, tuttavia, continuava a sfottere il fratellino, che non riusciva comunque a batterlo. Non appena mi vide, Connor si illuminò ed agitò la mano in segno di saluto.
Passammo davanti al Poligono di Tiro con l’Arco, dove Lee Fletcher mi salutò allegramente.
Non riuscii a trattenere un sorriso, quando vidi Morgan, appoggiata ad un bersaglio disoccupato, che chiacchierava allegramente con un ragazzone biondo con cento occhi sparsi su tutto il corpo.
Fu felice di vederla tutta intera, sembrava messa piuttosto male sull’isola! 
Non appena si accorse di me, mi strizzò l’occhio con aria complice, senza smettere di parlare con Argo, il quale si limitava semplicemente ad annuire.
Ad un certo punto, Chirone si voltò tornando verso le tende dell’Infermeria.
Mentre passavamo accanto ad un gruppo di duellanti, notai Clarisse che, parando un colpo dell’avversario, non appena mi vide, gridò in tono allegro: - Ciao pivella! Com’è stato litigare con i rampicanti dell’Amazzonia? Forse dovevi fare un voto a Demetra, prima di partire!
Scoppiò in una fragorosa risata, anche se capii subito che non era intenzionata a litigare.
Doveva essere di buon umore.
- Hai ragione, Clarisse!- gridai di rimando – Forse avrei dovuto!
“Altro che voto a Demetra” pensai “Dovrei bruciare le ali a Cupido, per la tremenda cotta che mi ha fatto prendere!”
Come se mi avesse letto nel pensiero, Chirone entrò in una tenda medica, dalla quale uscì Annabeth, tutta sorridente.
- Ciao Annabeth!- la salutò il centauro - Come sta Luke?
La bambina si fermò un secondo, con un’espressione allegra: - Sta meglio. Adesso sta dormendo.
Non ha bisogno di ricevere altre visite…- aggiunse, dandomi un’occhiataccia.
Chirone trattenne un sorriso: - In realtà, Leila voleva vedere Maggie…
- Oh.
La piccola alzò le spalle e indicò un gruppetto di figli di Atena che stavano discutendo: - Devo andare a progettare una nuova arma con loro. Ci vediamo dopo!
La guardai correre verso i suoi fratelli, con i capelli biondi che brillavano al sole.
Chirone mi aiutò a smontare dalla sua groppa e mi fece entrare.
La luce del sole filtrava appena attraverso il tessuto della tenda rossa. Maggie era seduta su una sedia da campeggio, intenta a leggere un libro dalla copertina color porpora, accanto ad un letto sul quale era adagiato Luke.
Maggie alzò lo sguardo, sentendomi arrivare, e mi sorrise: - Ben arrivata. Ti stavamo aspettando.
Sembrava abbastanza allegra e, con sollievo, notai che le ferite inferte da Lamia stavano già iniziando a guarire.
Pensai che, senza dubbio, i lupi mannari fossero delle creature davvero straordinarie, e la abbracciai, trattenendo le lacrime: - Maggie…
Lei mi diede dei colpetti affettuosi sulle spalle, poi, chiuse il libro e mi indicò Luke: - Prima, mentre stava delirando, ha pronunciato diverse volte il tuo nome… credo che dovresti stargli vicino…
Arrossii leggermente, mentre lei si dirigeva verso l’uscita della tenda: - Vi lascio soli…
Mi sedetti sulla sedia al suo capezzale e lo osservai attentamente.
Aveva il viso rilassato, gli occhi chiusi e le labbra serrate. Era fasciato in diverse parti del corpo, con il lenzuolo che lo copriva appena fino al bacino.
Una delle sue mani era appoggiata alle bende bianche che avvolgevano lo stomaco e, lasciandomi sfuggire uno sguardo sui suoi addominali, notai, con gioia, che il respiro era perfettamente regolare.
Gli accarezzai il viso, pensando che, mentre dormiva, sembrava quasi un angioletto, e, cercando di fare più piano possibile, gli sfiorai le labbra con un bacio.
Lui si mosse appena, strizzando le palpebre, e pochi secondi dopo, aprì gli occhi.
Quei suoi stupendi, meravigliosi occhi azzurri.
Gli sorrisi, mentre una lacrima scendeva lungo la mia guancia: - Ciao, amore.
Lui mi mise bene a fuoco, poi mi sorrise a sua volta, sussurrando: - Hey, piccola… che bello rivederti… ti ho sognata, lo sai?
Arrossii un po’, appoggiando la mia fronte sulla sua: - Avevo tanta paura di perderti…
- Lo so- emise una debole risata – Però, c’è voluta una pugnalata per farti sciogliere, eh, Baby?
Il suo tono era scherzoso, ma non riuscii a trattenermi dallo scoppiare in lacrime: - Amore mio…
Mi accarezzò un guancia, strofinando il naso contro il mio: - Hey, non fare così, amore… tra un po’ sarò di nuovo in piedi… e sarò tutto per te…
Risi tra le lacrime, baciandogli le labbra più volte: - Ti amo.
- Anch’io, Baby – rispose, tra un bacio e l’altro – Anch’io…
Gli accarezzai il viso, sentendo che le sue guance cominciavano ad essere leggermente ruvide, e gli sussurrai con fare protettivo: - Adesso riposati un po’. Ne hai bisogno, amore.
- Forse hai ragione- rispose lui, sorridendomi.
Lo baciai un’altra volta e mi avviai lentamente verso l’uscita.
Camminai distrattamente fino alle rive del fiume che divideva in due il Campo.
La temperatura primaverile era piuttosto piacevole ed il sole riscaldava gentilmente ciò che mi stava intorno. Il rumore tranquillo delle acque che correvano mi infuse un piacevole senso di pace e benessere.
Improvvisamente, alzando lo sguardo, notai un uomo molto giovane seduto su una roccia.
Dimostrava poco più di vent’anni, aveva i capelli castani, le sopracciglia arcuate ed il corpo snello ma muscoloso. Indossava una tunica greca candida e dei sandali con le ali.
- Ermes?- domandai, piuttosto confusa.
Il dio mi guardò e sorrise: aveva gli stessi occhi azzurri di Luke.
- Ciao, Leila. Finalmente ci conosciamo!
Teneva un fagottino rosa stretto in braccio e, appoggiato al masso, aveva riposto l’immancabile caduceo, i cui serpenti si muovevano e battibeccavano tra loro.
Mi avvicinai con una certa esitazione, ed uno di loro mi gettò un’occhiataccia: - Che hai da guardare, sssemidea?- sibilò, squadrandomi.
- Oh, piantala, George!- lo sgridò l’altro rettile, evidentemente femmina – Dovresti rispettarla! Lei è figlia di Artemide!
Il serpente di nome George scosse la testa: - Può essere anche figlia di Zeus, Martha, se non ha un ratto da darmi, per me resta una scocciatrice guardona!
- Finiscila, George – lo ammonì Ermes, trattenendo una risata, per poi rivolgersi a me – Scusalo, lui fa sempre così.
- Non è vero!- protestò George.
Il dio diede un’occhiata al fagotto che teneva in braccio, e scostò lievemente la copertina rosa che lo avvolgeva.
Mi avvicinai, per dare un’occhiata: - E così, è una femmina, congratulazioni.
Ermes guardò con amore la piccola dea, per poi mostrarmela con orgoglio: - Non trovi che sia stupenda? E’ una delle creature più belle che abbia mai visto.
La guardai per un po’, poi annuii: - Sì, è molto bella.
La neonata aveva un faccino tondo e roseo, le labbra perfettamente disegnate, le sopracciglia arcuate dal colore scuro e, quando aprì gli occhi per qualche secondo, notai che erano vivaci, leggermente a mandorla e di un bellissimo colore azzurro intenso.
Era così perfetta da sembrare quasi un bambolotto.
Ermes le baciò la piccola fronte, sorridendo orgoglioso: - Poter finalmente abbracciare la mia Tyche è una gioia che non puoi nemmeno immaginare. Dopo aver aspettato mesi, sentendola muoversi dentro il ventre di sua madre, finalmente posso stringerla e baciarla.
- Immagino che sia una sensazione stupenda.
Ermes mi sorrise: - Credimi, va oltre l’immaginario.
Mi sedetti accanto a lui, cercando di non calpestare George e Martha, e fissai la bambina con curiosità: - Daeira mi ha detto che questa neonata sarà molto importante per il futuro… che cosa intendeva dire?
Il dio drizzò la schiena e accarezzò una guancia rosa della piccola: - Sì, è la verità. Vedi, Leila, questa bambina diventerà fondamentale per l’umanità perché lei è la dea della Fortuna!
Spalancai gli occhi per la sorpresa: - La dea della Fortuna? Ma non ne esisteva già un’altra?
- Tempo fa- asserì Ermes – Era figlia di Oceano e della Notte. Ma, dopo lo scontro con i titani, perse i suoi poteri e, per misteriose ragioni, scomparve. Da quel momento in poi, fu Nemesi a bilanciare le sorti del mondo, ma era un impegno decisamente troppo grande, anche per una dea, gestire la Fortuna. Serviva una divinità ufficiale, specialmente in questi tempi, ora che si avvicina qualcosa di potente e minaccioso…
- Potente e minaccioso?- commentai – Ah, siamo messi bene…
- Non è il momento di pensarci, comunque- mi sorrise lui- Almeno, per adesso. E poi, adesso abbiamo lei- diede un altro bacio alla sua bambina – Chi l’avrebbe mai detto che proprio la creatura che concepii con Daeira sarebbe stata la nuova dea della Fortuna?
Stavo per dire che, riguardo a tale divinità, avevo conoscenze diverse dalle sue, quando mi venne in mente che, con quella nascita, la Profezia era, finalmente, completa.
 Nella Terra della Foschia andrai ed un’isola raggiungerai.
Eravamo arrivati nell’isola di Alcatraz, che si trovava al di fuori del Campo Mezzosangue, dove la Foschia avvolgeva gli occhi dei mortali.
Un aiuto giungerà ed il dì seguente qualcosa accadrà.
Daeira mi aveva dato un aiuto davvero consistente e, il giorno dopo il nostro arrivo, avevamo combattuto contro di Lamia.
Il percorso non sarà truce, per colui che non conduce
Luke ci aveva condotti fin là ed, infatti, era tornato al Campo più morto che vivo.
La Buona Sorte tornerà ma un’anima l’Ade inghiottirà.
Appurato che l’anima di cui si parlava era quella di Lamia, restava solo il verso sulla “Buona Sorte”, ossia sulla Fortuna. Era scomparsa da tempo e, finalmente, era ritornata.
Forse per quello mia madre aveva elaborato quelle assurde convinzioni e Chirone non se l’era presa più di tanto per la nostra fuga.
Tyche stava già iniziando ad aiutarci.
Un fascio di luce mi abbagliò e, un istante dopo, Daeira apparve innanzi a noi, con il volto sorridente.
Ermes la guardò con amore: - Ciao, tesoro, come stai?
- Decisamente meglio- rispose lei, strizzandomi l’occhio e avvicinandosi all’amante.
Lo baciò sulle labbra e diede un’occhiata affettuosa alla loro bambina: - Ti assomiglia molto, amore.
- Anche a te- rispose Ermes, baciandola di nuovo – Siete bellissime entrambe.
- Oh, eccoli che ricominciano a sbaciucchiarsi!- sbuffò George, facendo sorridere le due divinità.
- Hai ragione, scusaci, George- disse Daeira con voce dolce, per poi rivolgersi al compagno- Dobbiamo andare, ci aspettano…
- Giusto.
Ermes si alzò in piedi e prese il caduceo, poi mi sorrise: - E’ ora di salutarci, dunque. E’ stato un piacere conoscerti, Leila. E… grazie, per avere così a cuore il mio Luke.
- Ah, n-non è niente- balbettai arrossendo.
Ermes mi strizzò l’occhio e Daeira mi guardò con dolcezza: - Spero di rivederti presto, Leila. Sono stata felice di aiutarti. Arrivederci!
- Arrivederci- risposi – E grazie di tutto.
Distolsi lo sguardo, mentre un fascio di luce fortissimo illuminò l’intera zona.
 
I mesi passarono in fretta e, molto prima che me ne accorgessi, arrivò la fatidica data del sedici Agosto.
Avrei potuto restare al Campo, e, sinceramente, mi sarebbe piaciuto molto, ma mi mancava troppo mio padre. Vederlo attraverso i Messaggi-Iride non era la stessa cosa di averlo accanto.
Preparai in fretta le valigie, e, mentre Maggie le portava fuori, diedi un’ultima occhiata alla Casa di Artemide.
“Tornerò” promisi mentalmente “Il più presto possibile.”
Quando uscii, trovai i miei compagni intenti a salutarsi e, dato che avevo ancora un po’ di tempo, mi unii a loro.
Connor Stoll mi abbracciò piangendo, pregandomi di tornare prima dell’Estate; Clarisse mi battè il pugno, dicendo che, se mi azzardavo a star via troppo, mi avrebbe sguinzagliato dietro i mastini inferociti di suo padre; Lee mi abbracciò forte, e cercai di non pensare che avrei sentito moltissimo la sua mancanza, dato che, in quei mesi, avevamo legato tantissimo, diventando quasi come fratello e sorella.
Anche Annabeth mi salutò, restando piuttosto sulle sue, mentre Morgan mi diede un abbraccio amichevole, promettendomi che avrebbe tenuto d’occhio Luke per me.
Già, Luke!
Notai che, mentre salutavo Grover, il mio… beh, dai, posso dirlo, il mio ragazzo non si era ancora fatto vivo.
- Probabilmente, è perché odia gli addii- suggerì Travis.
Annuii, sentendomi un po’ delusa, e, dopo aver salutato Chirone e il Signor D, raggiunsi lentamente la collina del Pino di Talia.
Ai piedi di essa, dall’altra parte del Campo, il padre di Maggie, il signor Moonwalker, stava caricando i bagagli sulla sua grande Jeep nera.
Era un uomo robusto, un po’ abbronzato, con la barba scura ed i capelli leggermente striati di grigio.
Assomigliava molto alla mia amica, soprattutto per gli occhi: stesso colore cioccolato fondente.
Li osservai, mentre sistemavano le valigie, quando una mano mi si posò sulla spalla.
Mi voltai di scatto, ritrovandomi davanti Luke, con il suo solito sorriso scaltro.
- Ciao, Baby.
Mi finsi offesa, incrociando le braccia: - Pensavo che non venissi a salutarmi…
- E come potrei?- rise lui, tirando fuori qualcosa da dietro la schiena – Mi sono attardato per ridarti questo.
Fissai ad occhi spalancati il mio famoso reggiseno, del quale mi ero completamente dimenticata.
Lo presi, un po’ incredula, mentre lui sussurrava suadente: - Dopotutto, il bacio con la lingua c’è stato… più volte…
Scossi la testa, sorridendo: - Dì che in realtà vuoi solo vantarti con i tuoi amici che sapevano dell’accordo…
Mi posò le mani sui fianchi, accarezzandoli sensualmente: - Forse, una volta avrei fatto così…
Maggie mi chiamò, così mi scossi bruscamente: - Ehm… devo andare…
- Certo- rispose lui, con una leggera nota di dispiacere.
Feci qualche passo in direzione dei confini del Campo, quando, all’improvviso, mi girai di scatto, gli gettai le braccia al collo ed iniziai a baciarlo appassionatamente.
Sapevo che per un po’ di tempo non l’avrei visto, quindi, tanto valeva assaporare gli ultimi momenti insieme nel miglior modo possibile.
Non so quanto andammo avanti. Probabilmente alcuni minuti, ma che mi importava?
Fino a quando Maggie non sarebbe venuta a tirarmi via con la forza, avrei continuato a stringermi a lui, senza smettere il nostro intenso bacio.
- Leila! Inizia a prepararti!
Eccola là! Maggie, sempre nei momenti più opportuni, tu?
Ci staccammo lentamente, senza smettere di abbracciarci, e, con la fronte appoggiata alla sua, mormorai maliziosa: - Adesso avrai qualcosa da raccontare ai tuoi amici…
Lui sorrise, strofinando il naso contro il mio: - Lo sai che alcuni di loro ci stanno guardando?
Gettai un rapido sguardo ad una folla di semidei, che si era radunata ai piedi della collina, guardandoci con gli occhi e la bocca spalancati.
Mi parve di notare anche Annabeth, che fumava dalle orecchie e dal naso per la rabbia.
Mi specchiai negli occhi azzurri di Luke e gli sussurrai sensuale: - Lo so… ma non mi importa.
Premetti di nuovo forte le mie labbra contro le sue, con le braccia strette attorno al suo collo, mentre avvertivo con piacere le sue mani calde sulla mia schiena.
 Dopo un po’, sentii il rumore di un clacson e la voce di Maggie che sbraitava qualcosa.
- Leila! Ti muovi?- Beep! Beep! – L’aereo non aspetta!
La guardai dall’alto della collina: era in piedi, accanto al sedile del guidatore, e stava suonando furiosamente il clacson della Jeep, mentre suo padre, seduto davanti al volante, rideva.
Sospirai e lanciai uno sguardo adorante a Luke: - Devo andare. Ci vediamo tra qualche mese, allora…
- Già. Userò spesso i Messaggi-Iride, perciò, preparati a vedermi spuntare fuori all’improvviso da qualsiasi parte, amore.
Gli accarezzai una guancia e sorrisi: - Ciao, Luke.
- Ciao, Baby.
Ci baciammo un’ultima volta a stampo, poi, con il reggiseno stretto tra le mani, raggiunsi Maggie e suo padre.
Salii in macchina e, non appena fui seduta, sospirai.
Salutai Luke un’ultima volta, con un cenno della mano, poi, quando partimmo, mi sporsi dal finestrino, sbracciandomi con un’ossessa.
Quando il Campo Mezzosangue sparì dalla mia vista, misi la cintura e guardai fuori dal finestrino, sospirando.
Stavo ritornando a casa.
 
***
Angolo dell’Autrice: Ebbene, con questo capitolo si chiude la mia storia.
Devo ammettere che fa uno strano effetto: mi ci ero affezionata molto, l’ho fatta crescere, piano piano, quasi come se fosse stata mia figlia e devo ammettere che sono orgogliosa del successo che ha riscosso.
Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguita, in particolar modo:
- Cup_Cake e Nico Di Angelo, grandissimo recensore ;)
- Eris_Malfoy e Luke, con i loro siparietti :)
- Dafne Rheb Ariadne, con il suo bellissimo avatar di Katniss e Peeta.
- Astrid The Best
- Erica25
- Babygiulietta
- Alexiel94
- Ailea Elisewin
- AliceJackson007
- nemi23
- Texas
- Ro Jack 89
- e… dimentico qualcuno? Sto scherzando, grazie anche a Remiel ;P
per aver lasciato almeno una recensione. Spero di avervi scritti tutti, in caso contrario, avvisatemi :)
Che posso aggiungere? Se la mia storia via ha appassionati, potrete continuare a seguire la nuova avventura di Leila, che pubblicherò a breve.
Ci saranno vecchi e nuovi personaggi, tra cui Nico, e sarà ambientata un bel po’ di anni dopo l’arrivo di Leila e Maggie al Campo Mezzosangue.
Il titolo sarà “Find Me”, a meno che non ne trovi uno migliore all’ultimo :)
Grazie di cuore ancora, e a presto!
Baci, Tinkerbell92.

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