Amando un angelo

di Drusilla_Black
(/viewuser.php?uid=14323)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il primo incontro ***
Capitolo 2: *** Festa di Natale ***
Capitolo 3: *** Inutile ***
Capitolo 4: *** Frustrazione e Rivelazioni ***
Capitolo 5: *** Finalmente insieme ***



Capitolo 1
*** Il primo incontro ***


10.10.2006 Beatrice


Primo consiglio di istituto dell’anno!

Evvai, si perdono tre ore di lezione!

Sempre meglio di una lezione normale, anche se non facciamo mai nulla di interessante; persone che urlano, che ascoltano la musica, che si mettono in mostra come pavoni.

Sempre così.

Entro in auditorium con le mie amiche, un giornale nascosto in borsa, l’i-pod in tasca, pronta per una bella chiacchierata.

Ci sistemiamo puntualmente in ultima fila ridendo, mi guardo attorno, ma so che Trevis, il ragazzo che mi piace, non c’è, la riunione è solo per il biennio. Non importa, lo vedrò a ricreazione.

Stranamente durante le vacanze non mi è mancato, ho pensato a lui pochissimo. Forse perchè quando una mia amica gli ha chiesto se voleva conoscermi lui ha detto che non ero il suo tipo e che comunque aveva già la ragazza, o forse perchè ho saputo come consolarmi…

In ogni caso, strano.

Stendo le gambe sulla sedia davanti e butto la testa all’indietro, oltre lo schienale. Che stanchezza!

Era così bello stare a letto fino alle nove, alzarsi con calma, fare una gustosa colazione e poi fiondarmi in spiaggia con il sole che mi scaldava il volto.

Invece ora devo alzarmi alle sei!! E’ una situazione stressante…

Chiudo gli occhi cercando di estraniarmi da quel caos.

- Vedi di non dormire- mi sussurra una mia compagna.

Io sorrido rimanendo come sono.

E’ spossante, la scuola. Non fosse per le amiche e i bei ragazzi penso che andrei già a lavorare.

- Il cantante!- strilla all’improvviso Chiara, una delle mie migliori amiche. Io sobbalzo per lo spavento e cado quasi dalla sedia. Dopo essermi ricomposta tra le risate delle mie compagne riesco a fissare il bel ragazzo biondo che scende dalle gradinate verso il palco.

Lo chiamavamo così perchè cantava nel gruppo di Trevis. E perchè...

No, solo per quello.

Lo seguo con lo sguardo fino al suo posto, dietro al banco rivestito di verde dove siedono gli aspiranti rappresentanti d’istituto.

- Io voto per lui- dico immediatamente simpatizzando per il suo hobby.

- Io voto per il suo amico…- ribatte Ylenia puntando il dito verso il ragazzo con cui sta parlando il biondo.

E’ di spalle, vedo solo i capelli ricci e scuri e un enorme sciapa multicolore.

Faccio spallucce e appoggio la testa sulla spalla di Elisa lasciando che i capelli mi coprano gran parte del volto.

In ogni caso, il più delle volte, un rappresentante vale un altro. Fanno tante promesse e ci illudono di poter cambiare la scuola, proprio come i politici promettono di cambiare l’Italia. Tutto fantastico, fin qui. Se non fosse che alla fine nessuno mantiene e lascia cadere tutto allo sfascio.

La questione più importante di cui parleranno, poi, sarà cosa fare durante le feste di Natale e fine anno. L’anno scorso sono state una vera rottura…

Finalmente il cantante inizia a parlare. Io rimango appoggiata alla mia amica con la musica che mi stordisce solo un padiglione auricolare.

Primo argomento: le feste.

Ho fatto una predizione azzeccata. Sbadiglio.

Ad un certo punto la voce parlante cambia. Mi metto seduta dritta, attirata da quella tonalità vocale accogliente.

Il ragazzo con la sciarpa è veramente carino! Ha dei profondi occhi scuri e un volto dolce…

E per fortuna ho sempre detto che mi piacciono i ragazzi biondi con gli occhi azzurri!

Per tutto il resto della riunione non riesco a staccargli gli occhi di dosso e, alla fine, dice il suo nome.

Francesco.



E’ solo il primo capitolo, ma spero che un po’ vi incuriosisca! La prossima volta sarà proprio Francesco a dire la sua!
Baci Drusilla

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Festa di Natale ***


23.12.2006 Francesco


Il conto alla rovescia avanza veloce, troppo.

Accidenti, mancano solo sei mesi, solo sei, agli esami.

L’unica cosa che mi importa è passarlo, non me ne frega un cazzo con quanto, voglio solo passarlo.

Tanto l’università che se la può permettere?!

Oggi c’è l’ultima festa di Natale delle superiori della mia vita. Se passo l’esame. In ogni caso l’ultima con i miei compagni.

Prima facciamo due ore di cazzeggio. Chiacchiere sul futuro. Ma che futuro?! Non lo so io, che vogliono saperne i prof??

Almeno è passata anche questa…

Se fossi stato io rappresentante… L’ultimo anno sarebbe stato il migliore in assoluto. Altro che quei due truzzi che non sanno nemmeno sillabare il loro nome!

Così finisce un altro capitolo di vita.

Sto diventato nostalgico, ma che ci posso fare? Anche se questa scuola è una rottura è sempre il luogo dove ho passato cinque anni tra risate, litigi, stronzate varie e qualche libro!

C’è una cosa però che mi secca molto: non avere il coraggio di chiedere a una ragazza che ho notato circa un mesetto fa di uscire.

Ho sei mesi di tempo…

Suona. Che la festa inizi!

Esco dall’aula con due mie amiche, Giada e Sara.

Ultimamente Giada mi sta più attaccata del solito. Mi chiede se mi trasferirò. Lei vorrebbe prendersi un anno sabbatico e andare in giro per la Francia.

- E tu?-

Io? Non lo so. Vorrei andare a New York, a Bombay, a Dublino. Vorrei scrivere per un giornale. Ma probabilmente non farò nulla di tutto questo.

La musica informe proveniente dalla sottospecie di discoteca che hanno allestito in auditorium si mischia in un improbabile duetto con quella potente del concerto rock in atrio.

Anche Fra avrebbe dovuto cantare con la sua band, ma il chitarrista, uno di terza che si chiama Trevisan, se n’è andato così non se n’è fatto più nulla.

Gironzoliamo tra i vari tavoli di buffet, esiguo come al solito, composto da pandoro, patatine e bibite varie.

- Vieni a vedere cosa c’è di là?- chiede Giada stringendomi il braccio.

Molti pensano che siamo assieme, ma non è così. La considero come una sorella, ormai. Non so se lei pensa a me come un fratello, però. Probabilmente no. Mi riempie di attenzioni e protezioni. E’ da un po’, invece, che io la tratto con distacco. Sono confuso.

- Andiamo- rispondo con una tonalità neutra districandomi dalla sua stretta. Sara ci segue a ruota.

La musica rimbomba e mi pulsa dentro. Mi guardo attorno, speranzoso, scorgendo solo volti anonimi. Ma del suo nessuna traccia.

Una bella ragazza con i capelli rossi e gli occhi verdi, allegra e sorridente.

L’ho vista per la prima volta alle macchinette del caffè: era dietro di me e quando mi sono girato le sono quasi andato addosso. Ha semplicemente sorriso.

Da quella volta non riesco a fare a meno di pensare a lei. Non ho la minima idea di come si chiami, non so quanti anni abbia, anche se gliene darei circa diciassette, e non so in quale classe sia.

Però la trovo sempre ovunque. Che io sia fuori, o al bar, o in classe.

Sembra che mi segua, che mi cerchi… Ma forse è solo la mia immaginazione, forse sono io a mettermi apposta dove la posso vedere con facilità.

In ogni caso ormai è diventata il mio angelo custode.

Prendo distrattamente una patatina. Ora non c’è. Probabilmente ha già il ragazzo…

Torniamo verso la classe, ma ci blocchiamo davanti alle panchine del bar. Giada e Sara, tanto per cambiare, discutono a proposito di tesine ed università; ormai non si fa altro.

All’improvviso la vedo. Esce dalla discoteca ridendo e mettendosi la giacca in mezzo a fumo e confusione. E’ a braccetto con due sue amiche; non mi vede…

Torno a fissare con sguardo vacuo Giada. Non voglio dare a quella ragazza l’impressione di essere troppo invadente, così mi limito a guardarla con la mente, una visione continua di lei che cammina e appare dal nulla come in un sogno.

Sento che mi sta osservando. Sento i suoi occhi che mi sondano come una struggente carezza. Rabbrividisco a quel tocco immaginario.

Metto le mani in tasca e mi stringo mestamente nelle spalle. Annuisco a una domanda che non ho nemmeno sentito. Mi volto distratto, i miei sensi tesi unicamente verso la sua figura.

E’ andata via. Prendo una bottiglia di the dal buffet e bevo malinconico direttamente da lì facendo finta che sia birra.

- Sei matto- dichiara Sara.

Ignorandola continuo a bere, poi la rimetto al suo posto meritandomi una sberla affettuosa da parte di Giada.

Faccio per andarmene, mi volto ed è qui. E’ davanti a me. Fingo di non averla vista; la sfioro. Ed è come se una scarica elettrica mi attraversasse interamente, dal capo ai piedi.

Cazzo! Nessuna mi aveva mai fatto lo stesso effetto, nemmeno alla mia prima volta…

Mi scopro a pensare come sarebbe con lei, pensare a lei sotto delle candide lenzuola modellate sul suo corpo, io sopra di lei, abbracciati, uniti, baciare le sue rosee labbra e poi il collo e più giù… Che sia vergine?

Scuoto energicamente la testa scacciando quei pensieri. Non che non voglia, anzi, ma non mi presenterei mai a lei con una frase del tipo “Vieni a letto con me?”; non sono proprio il tipo. Ma nemmeno con un semplicissimo “Ciao! Come ti chiami?” ;proprio non ci riuscirei…

Esco con le mie amiche nel cortile interno. L’aria fredda mi sferza il volto risvegliandomi dal tepore in cui mi aveva buttato il contatto con quella ragazza.

Forse un giorno riuscirò a conoscerlo, quell’angelo…

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Inutile ***


Questo capitolo è piuttosto diverso dagli altri… più introspettivo e disilluso, in un certo senso, più duro. Tuttavia spero vi piaccia lo stesso!! Recensite!!
Baci Drusilla


10.02.2007 Beatrice


Me ne sto seduta sul bordo della vasca, le mani tra i capelli, gli occhi chiusi, il labbro inferiore che trema.

Tremo. I brividi mi percorrono imperterriti tutto il corpo; i piedi, le gambe, le mani, la mascella…

Ho freddo. Ho sempre freddo.

Ma non sono mai riuscita a comprendere se è un freddo esteriore dettato dalla temperatura troppo bassa e dall’istinto corporale di mantenere il mio corpo caldo, o un freddo interiore.

Cos’è, allora? Cosa mi fa stare così male? Cosa mi fa sentire inadeguata e inutile?

Sono squallida. E pavida. E ipocrita.

Con gli altri, ma soprattutto con me stessa.

Voglio essere forte, ma non lo sono.

Voglio essere coraggiosa, ma non lo sono.

Voglio essere insensibile, ma sono troppo fottutamente legata a questi dannati sentimenti per esserlo.

E’ perchè sono troppo orgogliosa per mostrarmi agli altri debole!

Orgogliosa di cosa, poi??

Non ho nulla per cui esserlo, nulla.

Mi vergogno di me stessa. Sarei dovuta andare io da Francesco, mi sarei dovuta prendere le mie responsabilità… E invece no!

No; ho mandato le mie amiche da lui. E lui, naturalmente, ha detto che ha la ragazza. Di nuovo. Come con Trevisan. Un altro rifiuto. Cosa posso fare ora, se non alzare bandiera bianca con la coda tra le gambe?

Mi alzo e mi preparo per andare a scuola. Metto le cuffie nelle orecchie e faccio partire la musica più forte, più dura che abbia. La mia corazza è stata alzata.

Mi sono stufata di soffrire a causa di stupidi e stronzi che non mi vogliono, che mi usano come un oggetto, che mentono, che mi feriscono. E io glielo permetto… Basta!

Stufa, stufa!

Piove. Non merito ombrello e protezione. Metto solo il cappuccio del mio amato giaccone. Alcune gocce di pioggia arrivano al mio volto e scendono lente fino al mento per poi fare l’ultimo salto mortale, giù fino a terra.

Inizia Snow dei Red Hot Chili Peppers.

La montagna, la neve, lo snowboard. Che bei ricordi. Lì ero libera. Lì potevo uscire semplicemente con la mia tuta da neve bianca e sentirmi bella e importante con la tavola sottobraccio. Scendere in pista e preoccuparmi solo dell’equilibrio e delle sferzate di vento gelido che mi colpivano.

La mia fermata. Scendo e cammino velocemente verso la via parallela per prendere un altro autobus. Altro giro, altra corsa!

Altra vita… Addio timidezza, addio paura; benvenuta disinvoltura, benvenuta sfacciataggine.

Cammino spedita. Salgo sul bus già pieno, sovrabbondanza di anime.

Siamo tutti schiacciati come sardine. Accidenti, odio vivere così. Conformismo e pregiudizi.

Non lo sopporto. Voglio vivere. Vivere senza restrizioni e barriere.

Sono arrivata, le porte si aprono; scendo. I miei cupi pensieri mi accompagnano fino all’entrata della scuola.

Merda! Stringo il pugno. Ho un estremo bisogno di prendere a pugni qualcuno. Sangue e ossa rotte; anche il mio sangue, possibilmente.

Odio il dolore fisico; lo temo come null’altro.

E’ per questo che faccio kik-boxe. Mi provoca dolore, mi faccio male e almeno quest’odiosa parte del mio essere la posso superare. Spero.

Eccolo. Lo riconosco anche da lontano, in mezzo a tante persone, anche se non ci vedo bene. E’ bello e dolce. L’aveva già capito dallo sguardo e dal sorriso che affiorava raramente. E dalle mie amiche ne ho avuta conferma. E’ bello e dolce.

E’ come me… No, anzi. E’ l’esatto contrario!

Mi confonde.

I jeans lunghi e sdruciti, un maglioncino nero, una calda sciarpa marrone, una divertente collana di sfere viola in lanacotta.

Lo osservo timorosa. Non sa chi sono. Ma sa che esiste una Beatrice in 2PA con i capelli rossi a cui piace.

I nostri sguardi si incrociano. Che begli occhi.

Mi piace proprio perchè infonde un senso di sicurezza e, allo stesso tempo, di imprevedibilità affascinante. Calore…

Ha smesso di piovere. Lui potrebbe scaldarmi.

Mi fermo. Ora potrei andare da lui.

Potrei parlargli, potrei…

Cazzo, posso! E’ solo, la sigaretta in bocca. Solo.

Lui ed io; nessun altro. Niente più riservatezza ed esitazione. Nessuno mi sta guardando. Solo lui ed io.

Mi avvicino, gli parlo…

Sogni ad occhi aperti, sto solo entrando in atrio. Lui rimane fuori.

Timidi. Sì, in questo siamo simili.

Mi avvicino al gruppetto della mia classe.

Una volta credevo che Carpe Diem sarebbe stato il mio motto. Sì, come no! Io sono l’esatto contrario. Quando mi capita l’occasione rimando, evito l’ostacolo.

Come se il tempo non avesse alcun significato, una stupida formalità scandita dall’antichità.

E invece il tempo passa, scorre. A giugno lui se ne andrà, farà gli esami di maturità e verrà promosso, non lo rivedrò mai più e non ci posso fare nulla.

Perchè dev’essere così difficile…

Durante la lezione non riesco a stare attenta. Leggo e mi rifugio in quelle storie che abbondano di fedeltà e d’amore. Tutte, tutte cazzate!

Ricreazione.

Ora temo questa campanella. Devo uscire anche se non voglio. Le mie amiche vanno in atrio, io mi metto in coda al bar. Non ho fame, ma ho bisogno di spendere, come sempre quando sono triste. Mi viene la nausea sentendo i vari odori di panini e pizzette.

Compro, trattenendo un conato di vomito, una barretta di cioccolato.

Prendo il resto; pochi centesimi che non mi serviranno mai.

Mi volto di scatto tra la calca. C’è lui.

Gli tiro uno schiaffo, per sbaglio, all’altezza dell’addome. Ci guardiamo.

- Scusa- borbotto senza troppa convinzione.

- Di niente- mormora lui. E’ destino.

Finché non se ne andrà lo dovrò vedere, sognare, agognare… Dicono sia amore. Sarà vero?

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Frustrazione e Rivelazioni ***


15.02.2007 Francesco


Non riesco ancora a crederci. Non posso crederci.

Penso che quella che ho fatto sia la cazzata più grande della mia vita.

Ero convinto che, a causa della nostra timidezza, non saremmo andati oltre le occhiatine sfuggenti e lontane, quella fase tipica delle cotte adolescenziali che non ti permette di avvicinarti all’oggetto del desiderio.

Era così misteriosa… Ci vedevamo, ci incrociavamo, ci osservavamo tutti, tutti i giorni. Distanti.

A volte mi sorrideva. Io non riuscivo a fare nemmeno quello.

Ma si vedeva, quel contatto disgiunto, quasi platonico, non bastava più. Non bastava a me e, a quanto pare, nemmeno a lei.

Era riuscita a prendere coraggio, a venire da me…

Ci penso continuamente, dolce mania, e ogni volta cambierei qualcosa nelle mie mosse, nei miei atteggiamenti.

Ero appena uscito da quella pallosa ora di matematica per prendermi qualcosa di caldo da bere.

Pensavo all’iscrizione a un corso di giornalismo e alla mia recente storia con Giada. Alla fine si era svelata.

Mi ha chiesto di uscire e, mentre stavamo guardando un negozio di abbigliamento in piazza a Mirano, mi ha baciato. All’inizio ci sono rimesto di merda.

Lei non mi piace veramente! Ha fisionomia e comportamenti da ragazzo, infatti l’ho sempre vista come un amico, al massimo come la sorella che non ho.

Tuttavia è anche vero che è da quasi un anno che non sto con una ragazza. E così, pensando alla rossa, l’ho baciata a mia volta. Ora stiamo assieme da una settimana.

Credevo che l’altra, la rossa, avesse già il ragazzo, che io non le interessassi più di tanto, accidenti!

Invece no. Tornando verso il termosifone adiacente la mia classe l’avevo incrociata assieme ad alcune sue compagne, l’avevo guardata, non ricambiato, e avevo sentito una delle ragazze sussurrarle:- Ti ha guardato!-

Io avevo sorriso della loro ingenuità.

Era molto carina , anche con quel nuovo giubbino azzurro e nero e la sciarpa candida. Ultimamente porta sempre la sciarpa, come me.

Ancora con la sua immagine davanti mi ero appoggiato al termo gustando il calore del cappuccino.

All’improvviso era apparsa di fronte a me, e non era un’allucinazione come avevo supposto scioccamente vedendola così repentinamente.

Ha iniziato a parlare a raffica torcendosi un poco le mani, gesticolando nervosamente. Ma io ero troppo occupato ad accertarmi della realtà del fatto, troppo occupato a sperare di non essere in uno dei miei sogni e ad osservare i suoi bellissimi occhi verdi per capire le sue parole.

In effetti non è stato troppo gentile da parte mia…

Solo dopo un bel pezzo ho afferrato che mi stava rivelando di esser stata lei la mandante delle due ragazze che volevano sapere se fossi interessato a conoscere una certa Beatrice in classe con loro il sabato prima.

- Eri tu?- ho esclamato prima di riuscire a trattenermi, sbarrando gli occhi per lo stupore.

-Si- aveva borbottato di rimando lei.

Non ci potevo credere. Assolutamente impossibile.

E io invece di dirle che volevo uscire con lei, che volevo stare con lei, invece di baciarla, ho ribadito, non molto convinto, che avevo già la ragazza e che lei si sarebbe incazzata se fossi uscito con un’altra.

- Non fa niente- ha detto lei alla fine sorridendo e se n’era andata lasciandomi con uno spiacevole senso di vuoto dentro.

L’ho guardata andar via inerme, frustrato. Ho buttato nel cestino il bicchiere di cappuccino ancora mezzo pieno e fumante e sono rientrato in classe frastornato.

Perchè l’avevo fatto? Perchè non potevo mollare così su due piedi Giada e correre da lei?!

Ieri l’ho incrociata vicino alla segreteria. Non mi ha salutato, né guardato. L’avrei voluto, ma forse l’ho offesa; sinceramente credo faccia bene a sentirsi così.

Sono uno stupido!

E ora la guardo alla fermata.

Ho convinto Sara e Giada a fermarsi fino a l’una e mezza, quando è uscita lei; così ho scoperto che o fa il pedagogico o il tecnologico… E’ già qualcosa, oltre al fatto che ora so come si chiama.

Poi siamo andati alla fermata e abbiamo “casualmente” perso tutti i nostri autobus.

Per prendere posizione per aspettare l’autobus mi è passata davanti. Non mi ha guardato. Lo sguardo era fisso sul marciapiede e le cuffiette occludevano l’udito ai rumori esterni; solo dopo parecchi minuti si è voltata e adesso ci stiamo osservando da un po’. Occhi scuri contro occhi chiari. I suoi chiedono solo la mia attenzione, i miei vorrebbero inviarle tutta la passione e il rimorso che mi occupano l’anima. Nessun sorriso, solo un tacito combattimento tra emozioni troppo forti per poter venire espresse.

Finché, d’un tratto, si volta, l’autobus numero 10 la strappa al nostro pudico gioco.

La seguo, trascinato e attirato dalla sua carica energetica, e salgo con lei. Le do le spalle, però.

Sento il suo sguardo fisso sulla mia schiena. Mi imbarazza e mi lusinga. Continuo a cambiare posizione, di lato la posso intravedere.

Sara ma soprattutto Giada non si accorgono dei miei subdoli sotterfugi per vedere quella ragazza che tanto affligge il mio essere.

E’ ora di scendere. Passando per andare verso la porta centrale quasi l’abbraccio, senza farmi notare. Lei rimane immobile. Io aspiro il suo profumo solo per qualche secondo che vorrei fosse per sempre.

Forse non se n’è nemmeno accorta…

Ieri era San Valentino e Giada mi ha rimproverato per essermene dimenticato; che ci posso fare? Pensavo a lei, pensavo a Beatrice.

E’ un bel nome Beatrice, proprio adatto a lei.

Sospiro. Domani è un altro giorno.



Bene, siamo quasi arrivati alla fine… Il prossimo sarà l’ultimo capitolo narrato nuovamente da Francesco, però dovrete aspettare quindici giorni per leggerlo… I’m sorry…
Intanto vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto questa storia e un grazie particolare a #°Kairi°#, miss_miky e kry333 che l’hanno recensita!!
Aspetto altri commenti!! A presto,
Un bacio da Drusilla

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Finalmente insieme ***


27.04 2007 Francesco


Ok. Ora basta!

O cambio scuola o mi do una mossa!

Non ce la faccio più; è diventata peggio di una mania, un’ossessione. Penso sempre a lei, qualunque cosa io stia facendo. Me la ritrovo sempre davanti nonostante faccia di tutto ormai per nascondermi e, quando succede, non la saluto, ne’ le sorrido, anzi, abbasso lo sguardo!

Mi sembra d’essere impazzito. La rivedo in Giada quando la bacio, o nei miei sogni, ma anche quando studio.

Mi ha sconvolto la vita.

Cerco di ascoltare la prof. di inglese, ma proprio non ci riesco.

Giada mi sfiora la mano lanciandomi un sorrisetto malizioso e io, d’istinto, mi ritraggo. A quel gesto vedo il suo volto mutare. Capisco, intuisco che la sto facendo soffrire, ultimamente. Non avrei mai voluto… Non è mia intenzione, solo che lei non è Beatrice, lei non è la mia ossessione.

Si è cacciata da sola in questo baratro, ma ripensandoci, probabilmente, io l’ho accompagnata mano nella mano.

- Francesco- alzo di scatto gli occhi al richiamo dalla professoressa, ma non sta guardando me.

- Do you have seen the film about Beatrix Potter?-

Ecco! Visto?! Mi segue, mi perseguita…

Basta; lei, i suoi occhi, le sue forme sensuali, il suo nome. Tutto mi rincorre e io lo ricerco come fosse una droga. Che sia malato?

- Cos’hai?- sussurra la mia ragazza sfiorandomi con le labbra l’orecchio.

Ah, se lo sapessi non me ne starei qui a disperarmi peggio di un masochista!

Alzo la mano fulmineamente facendo sobbalzare Giada.

-Si?-

- Posso andare in bagno?- chiedo strascicando le parole, alzandomi in piedi.

La prof. fa un cenno d’assenso, probabilmente delusa per la mancata “domanda intelligente” che in ogni caso io non faccio quasi mai, e esco sotto lo sguardo accusatore di Sara. Ha capito che c’è un’altra; per lo meno vorrei che ci fosse un’altra.

Vado verso le macchinette, ma sono senza soldi. Ho lasciato in classe anche le sigarette. Merda!

Maledetta fretta!

Esco comunque aspirando l’aria tiepida di inizio primavera.

Mi siedo su un gradino della scala antincendio appoggiando la schiena al corrimano.

Il sole è pallido e il tepore veramente minimo, ma si sta bene anche solo con la felpa. Chiudo gli occhi soprapensiero.

Devo mollarla… Questa supposizione mi attraversa la mente come un fulmine a ciel sereno. Non ho alternative e, anche se la cosa era chiara fin dall’inizio, solo ora mi rendo conto che devo farlo sul serio.

Ci starà male… Accidenti, ma ora sono io a star male!

Scuoto malinconicamente il capo: devo imparare ad essere egoista, non avrei mai nemmeno dovuto mettermi con lei.

Guardo l’ora. Fra una decina di minuti suona.

Mi avvio verso la porta e, con una punta di frustrazione, scopro che è chiusa.

Cazzo! Scuoto per un po’ la maniglia, con furia, finchè la mia energia inizia a scemare.

Mi tocca fare il giro.

Sono arrivato alla scala quando sento la porta aprirsi con un timido tonfo.

Mi volto di scatto e resto a bocca aperta.

E’ stata Beatrice ad aprire.

Rimango immobile come una statua, troppo stupito dalla coincidenza per riuscire a muovermi o anche solo a pensare a qualcosa di presentabile da dire, quando mi accorgo con sconcerto che se ne sta andando.

Cammino veloce verso la porta rimasta socchiusa per poi sbatterla con una certa violenza alle mie spalle.

Dov’è andata?

Guardo con nervosismo al bar, alle macchinette, alla fotocopiatrice…

Niente, si è volatilizzata?!

Scoraggiato, sto per tornare indietro, allorché la vedo; sta aspettando che la bidella faccia alcune fotocopie, le mani in tasca, le converse e una maglia rossa: inconfondibile.

Guarda distrattamente la luce che si sposta da una parte all’altra della macchina fingendo, suppongo, di ascoltare quello che sta dicendo con foga la donna.

E io rimango incantato a guardare lei che ogni tanto annuisce, che si sistema i capelli sulle spalle, che scuote la testa.

No, non ce la faccio. Cosa le dico? Inoltre adesso suona e quando usciranno Giada e Sara vorranno molte e dettagliate descrizioni circa il mio atteggiamento.

La fotocopiatrice ha finito. Beatrice ringrazia annoiata e si avvia verso il bar; non mia ha visto.

Ho un tremito inaspettato alla vista delle sue movenze, ma cerco senza molti risultati di reprimerlo.

Mi attira come una calamita, sonnambulo verso la fine di un magnifico sogno.

Non ho nemmeno i soldi per fingere di voler comprare qualcosa…

Sono dietro di lei; sta aspettando che le diano qualcosa… O di prenotare il pranzo… Sento il suo profumo e istintivamente le sfioro i capelli rossi. Non deve essere il suo colore naturale, ma le sta perfettamente, come tutto il resto.

- Grazie- dice allegramente pagando.

Si volta e vedendomi sussulta.

Ci guardiamo negli occhi per quello che sembra un secolo, poi, lentamente, abbassa il capo e, con un sorriso, si avvia verso il corridoio.

Non l’ho salutata, non ho avuto il coraggio di parlarle, ci siamo solo guardati.

Un solo dannato sguardo. Non posso permettere che continui così!

Inizio a seguirla camminando velocemente.

- Aspetta!- esclamo infine non riuscendo a starle dietro.

Siamo davanti alla biblioteca, ci separa solo qualche metro.

- Aspetta- ripeto a voce più bassa facendo qualche passo verso la figura immobile che mi da’ le spalle. Lentamente si volta e ci guardiamo, come prima al bar solo più lontani.

- Ciao- sussurra lei imbarazzata. Io le sorrido dolcemente.

E’ da così tanto che voglio baciarla che non ho la minima idea di dove trovo il coraggio e l’intraprendenza che mi danno la forza di farlo.

In ogni caso la bacio: prendo il suo volto tra le mani e appoggio le mia labbra sulle sue.

Dopo un attimo di stupore e contro le mie più lugubri aspettative lei mi allontana con garbo.

- Cosa fai?- chiede allibita.

Mi fisso per un attimo i piedi e poi borbotto:- Non è ovvio?-

A questa risposta lei ride. Una risata limpida e cristallina che mi fa venire voglia di baciarla di nuovo. Ma fa un passo indietro.

- E la tua ragazza?- chiede tornando seria con speranza nel tono di voce.

- La mia ragazza?- per un attimo sono confuso… Giada! Me ne ero veramente dimenticato? – L’ho mollata- dico prima di riuscire a trattenermi, invogliato alla menzogna da una promessa di baci.

Lei, infatti, sorride entusiasta e mi bacia con foga, buttandomi le braccia al collo.

In quel momento suona la campanella, ma noi rimaniamo abbracciati. Le porte sbattute, le urla e le voci concitate, i passi veloci o strascicati, tutto mi arriva ovattato; invece il mio corpo aderente al suo lo sento amplificato al massimo.

Le nostre labbra incollate, lotta di lingue, le mie mani che le esplorano la schiena, le sue che mi fanno rabbrividire mentre mi sfiora il collo e i capelli.

Una mano forte e furibonda mi afferra all’improvviso e mi strattona all’indietro staccandomi dalla mia perdizione.

- Cosa stai facendo?-

Giada mi guarda con occhi di fuoco stringendomi il braccio al limite dello sconforto, Sara è di qualche passo dietro di lei con le braccia incrociate e un’espressione drammaticamente severa.

Accidenti, ora se la prenderanno anche con Beatrice; a questo non avevo pensato…

La osservo di sfuggita con la coda dell’occhio: ha ancora la bocca socchiusa dove J.M. Barrie avrebbe sicuramente visto il bacio nascosto che mi aspetta ed è leggermente sconvolta, gli occhi sbarrati che esternano tutto lo stupore e l’innocenza possibili. Se solo le mie “amiche” potessero leggere quell’espressione senza malizia capirebbero che è tutta colpa mia.

- Giada io…- ma non riesco a dirle che la voglio mollare perchè una forte sberla mi colpisce in pieno volto e mi mozza il fiato.

Alcune ragazzine ci passano accanto ridendo. Probabilmente la scena vista da fuori dev’essere esilarante, per quanto possono esserlo le scenate di gelosia…

Io non riderei, comunque.

Beatrice fa un passo avanti, ma si vede che non riesce a trovare le parole giuste perchè rimane zitta.

- Puttana- sibila Sara, guardandola in cagnesco.

- Come scusa?!- esclama la rossa sconcertata.

- Sei una puttana!- ripete furiosa Giada con i pugni alzati. – E pure sorda! Mi hai sentito ora?-

Merda! In che guaio l’ho cacciata?! E’ tutta colpa mia…

- Lei non c’entra- esclamo ritrovando la forza e mettendomi tra loro, per quanto falsa possa sembrare la mia affermazione.

- Mi avevi detto che l’avevi mollata- mi sussurra alle spalle. Sento il soffio caldo del suo fiato sul collo, assieme al suo desiderio. Che poi è anche il mio…

Perso nei miei pensieri, non so cosa risponderle, ma ha ragione. Sono stato uno stupido.

- Bea?!- il richiamo di una ragazza giunge dalle scale. – Dove ti sei…?-

Ci voltiamo tutti in quella direzione. Due ragazze si sono bloccate all’inizio del corridoio meravigliate dalla situazione che probabilmente avevano sentito raccontare da Beatrice solo come un sogno inafferrabile.

- E’ arrivata la cavalleria- sbotta sarcastica Sara roteando gli occhi.

- Cosa?- chiede confusa la ragazza bionda.

- Senti, lascia stare le mie amiche. E’ stato un errore… Scusa- mi lancia uno sguardo di pieno rammarico e va verso le due all’inizio del corridoio.

Il primo impulso è quello di seguirla e spiegarle che non è stato un errore, che la voglio veramente, che Giada non è parte di me. Ma le mie intenzioni vengono stroncate sul nascere proprio dall’ormai mia ex.

- Un errore? Come puoi definire errore l’aver baciato il mio ragazzo?!- sbraita.

- Cosa?- strilla la bionda portandosi una mano davanti alla bocca sempre più stupita.

- Hai baciato Sciarpino?!- esclama l’altra scossa da risa a stento trattenute, facendo qualche passo incerto verso Beatrice.

- Chi?- chiede per un attimo spaesata Sara.

Io scuoto la testa, divertito e preoccupato allo stesso tempo. E’ demenziale.

Mi sembra di esser stato catapultato in una di quello odiose commedie americane che passano con molta tranquillità dal drammatico al ridicolo.

- Giada…- dico alla fine guardando a terra. – Volevo proprio parlartene oggi…- lei si volta a guardarmi agitata.

- Tu per me sei solo un’amica…-

- Mi stai prendendo in giro- mormora con gli occhi lucidi.

Io scuoto la testa risoluto e più deciso facendo un passo verso Beatrice.

- Lei? Ti piace lei?- chiede titubante Giada.

Io sussurro un flebile sì guardando adorante la ragazza di fianco a me; è stupita anche più delle sue compagne e guarda a scatti prima Giada poi me, e viceversa.

Driin!!!

La campanella di fine ricreazione scuote l’aria e mi rimbomba nelle orecchie.

- Bea, andiamo- sussurra la ragazza castana, prendendole la mano.

- Giada…- questa è Sara.

Ci separiamo e io e Beatrice ci guardiamo per una frazione di secondo; sorride. Spero sia una promessa.




Le ore passano lente e inesorabili, soprattutto perchè accanto a me è seduta Sara. Mi ignora, ma la tensione è forte e il suo sguardo a volte duro e contrito a volte mi fissa. Mi sento molto a disagio.

Finalmente finisce anche l’ultima ora; voglio rimanere fino a l’una e mezza quando dovrebbe uscire lei.

Esco dalla classe per primo e vado al bar a prendermi il pranzo.

- Non vieni?- chiede secca Sara.

- No- dico semplicemente.

- Aspetti quella puttana?-

Rimorso; rabbia; gelosia. Una tempesta che si sta per abbattere, è quella la sua forza e la sua disperazione. La stessa, se non maggiore, di quella di Giada. L’amicizia è forte e dura da scalfire, ma la nostra si è appena rotta…

In ogni caso la ignoro anche se la frustrazione sale sentendo Beatrice venir chiamata così.

Mangio il panino soprapensiero, stravaccato su una panchina.

Mi dispiace un po’ per la mia ex… Sul serio! La consideravo comunque una sorella, non smetterò mai di dirlo. Ma oltre questo, non ho mai provato nulla per lei. Nemmeno quando ci baciavamo, mai.

Invece con Beatrice basta che mi sfiori, che mi guardi. E’ bastato un bacio per farmi scatenare gli ormoni. La penso, la sogno.

Spero che lei ricambi veramente, che non mi prenda per il culo.

Voglio chiederle di uscire. Oggi, subito.

Ho bisogno di sentirla vicina. Siamo stati così lontani e per così tanto tempo…

Non la conosco quasi per niente, eppure mi sembra d’amarla.

Finisco il panino e butto via la salvietta.

E’ appena suonata, ora dovrebbe uscire.

Esco a fumare una sigaretta e poco dopo la vedo passare. Lei non guarda fuori come faceva sempre, va avanti dritta con un espressione un po’ imbronciata.

Mi affretto verso l’altra uscita; devo fermarla, deve venire con me.

La becco appena in tempo.

- Beatrice!-

Lei e altre sue quattro compagne si voltano di scatto contemporaneamente, stupite; io mi blocco come un ebete, imbarazzato.

Fa un gesto alle sue amiche e quelle vanno avanti nascondendo risolini pettegoli e lanciandomi occhiatine riprovevoli ma divertite.

- Ciao-

Abbasso lo sguardo conscio che è di nuovo davanti a me, vicino a me e più a disagio di me. Gli occhi sono leggermente arrossati…

- Hai pianto?- domando d’istinto con uno strano bisogno di proteggerla che preme in me; faccio un passo verso di lei.

- Come?- chiede disorientata sfiorandosi infantilmente gli occhi. Sembra affranta, e triste.

- Vieni con me- dico non riuscendo a trattenermi prendendole la mano; lei non si ritrae e questo mi incoraggia.

- Con te? Cosa dice la tua ragazza?-

-Mi hai sentito prima… L’ho mollata, sul serio. Vieni, esci con me-

Mi guarda negli occhi con speranza e fiducia. Occhi profondi, verdi, splendidi così contornati dalla matita nera, ma ora vacui.

- Dove?- chiede con un pizzico di scetticismo.

- A Mirano-

Dalla sua espressione intuisco che lo sapeva già. Non so quanto sappia di me e un po’ mi intimorisce questo mistero, ma lei mi attrae troppo.

Prende il cellulare dalla tasca dei jeans un po’ sollevata, lasciandomi con l’incognita dell’uscita.

- Papà… Non vengo a casa oggi- un attimo di silenzio durante il quale il mio cuore accelera ed esulta. – Dalla kiki… Si per una ricerca… A dopo, ciao-

La guardo sorridente e finalmente ricambia con affetto. Sfioro le sue labbra con le mie e ci avviamo mano nella mano alla fermata dell’autobus, in silenzio.




Dopo aver mangiato un trancio di pizza margherita, che mi ha fatto assaggiare, abbiamo passeggiato per la piazza guardando i negozi chiusi e fermandoci alla fontana per riposarci.

Non è come pensavo, è meglio.

E’ intelligente, simpatica e dolce. Abbiamo parlato per tutto il tempo, o quasi. Anzi, per lo più ci siamo baciati… Avevo bisogno di recuperare il tempo perduto.

Mi ha mostrato dove lavora la sua dentista, che ho scoperto esser stata anche la mia fino a qualche anno fa.

Già che ci siamo andiamo al parco.

Il laghetto, la villa e la torre diroccata mi fanno rabbrividire assieme alla stretta di Beatrice; energia pura che si espande e mi rassicura.

Stiamo camminando sul sentiero che porta al ponticello sopra il fiume, quando sento una voce aspra dietro di noi.

- Come ti permetti di portare qui la troietta?-

Ci voltiamo in sincrono e c’è Giada davanti a noi con un’espressione tra l’offeso e l’irato, Sara è dietro di lei con le mani sui fianchi e sono scortate da tre ragazze che non ho mai visto.

- Bea- sussurro preoccupato fingendo di non aver sentito. – Andiamo…- stringo più forte la presa sulla sua mano e cerco di portarla lontano per evitare che si frantumi come una bambolina di porcellana nelle mani di una bambina troppo vivace. Ma qualcosa la trattiene.

- Ferma tu!-

Una sberla furiosa risuona nell’aria e sul volto di Beatrice rimangono impresse le cinque dita della mano pesante di Giada.

- Giada! Sei completamente matta?!- esclamo allibito attirando a me la rossa e accarezzandole la guancia offesa.

- Tutto bene?- le chiedo preoccupato.

- Stanne fuori Francesco!- sbraita Giada.

Osservo Beatrice e noto che ha gli occhi vitrei fermi sul suo aggressore. I muscoli sono tesi, all’erta, sembra un felino che sta per balzare sulla preda.

- Non ti preoccupare- mi sussurra e io lentamente la lascio andare.

Si volta e, a pugni alzati, affronta la sua rivale.

Io non oso muovermi per non rompere quel delicato equilibrio, osservatore distante.

Con uno scatto la ragazza riesce a schivare una seconda sberla che le avrebbe impresso a fuoco un altro segno delebile a stento sulla guancia. Dopo essersi rimessa in posizione eretta le tira un pugno che stupisce tutti, me per primo. Del sangue scuro inizia a sgorgare dal naso di Giada che, infuriata, si scaraventa su di lei, prendendola per i capelli, trascinandola nel dolore delle urla. La rossa le tira una ginocchiata e un calcio che costringono l’altra a mollare la presa e a buttarsi a terra con il fiato corto.

- Ne vuoi ancora?- urla alla fine, ansimando per lo sforzo.

Si volta, finalmente, e sorride soddisfatta: ha un taglio su una guancia e una debole smorfia di dolore, ma per il resto sta bene. Se possibile è ancora più bella con quest’aria disordinata.

Il mio angelo ha vinto. Un angelo vendicatore!

- Come hai fatto?- le chiedo subito abbracciandola, stupito.

- Ho fatto quasi due anni di kik-boxing…- mi spiega appoggiando il capo sul mio torace.

Giada alle nostre spalle ulula per il dolore, ma non ci bado.

Ha avuto ciò che si merita per non aver capito, per essere così cocciuta anche in questioni dove la logica regge poco ed è l’istinto a regnare.

Deve capire che non è colpa di Beatrice, che non è colpa di nessuno se le nostre strade si sono incrociate, anzi, scontrate con così tanta prepotenza.

Le metto un braccio attorno alla vita e la stringo a me, anche se non sono più molto sicuro che abbia bisogno di protezione.

Ci sorridiamo, insieme, uniti.

- Vieni. Ti mostro dove abito-

Annuisce teneramente e ci avviamo.

Il mio angelo ed io.





E siamo arrivati alla fine… Spero vi sia piaciuto anche questo ultimo capitolo, anche se, senza commenti anche negativi e recensioni, questo non lo posso capire… Quindi recensite, recensite, recensite… Please…
Alla prossima!
Un bacione Drusilla..

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=142302