A Picture of Us di LaurenSmith (/viewuser.php?uid=8511)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 1 *** 1. ***
Salve
a tutti. Dopo molto tempo torno a postare una storia. Si tratta di
qualcosa di diverso da quello che ho scritto finora. Ho voluto
cimentarmi con l'angst. Ma siccome il risultato non mi ha mai convinta
del tutto, questa storia riposa da mesi nel mio PC senza che io mi
decida a modificarla, cancellarla o pubblicarla. Però ora mi
son stufata e ho deciso che vedrà la luce così
com'è. Nonostante il genere sia un po' variato, una cosa non
mancherà mai nelle mie storie: l'happy ending.
Perciò se avrete voglia di arrivare fino in fondo, almeno
quello posso garantirvelo. E ora, buona lettura.
A
picture of us
1.
Sette
anni.
Tanto
a lungo era durata la loro storia d’amore. Perché
di questo si era sempre
trattato.
D’amore.
Anche
se a undici anni certe cose non le puoi capire; anche se quando poi
arrivi a
capirle, cerchi di negarle; anche se pensi che meglio
dell’amicizia non ci sia
niente.
Lui,
l’amore, era sempre stato lì, fin dal primo
sguardo, fin dal primo battibecco,
sempre. All’inizio latente, alla fine palese.
E
quando era finalmente giunto il momento per confidarsi, per stare
insieme, il
loro mondo era crollato, sconvolto da una guerra che li vedeva in prima
linea
contro il male, che faceva passare tutto il resto in secondo piano,
compreso un
amore che avrebbe avuto tutti i diritti di esprimersi.
E
così, avevano passato quello che avrebbe dovuto essere il
loro settimo anno a
Hogwarts, in giro per il mondo, rischiando la vita ogni giorno,
cercando il
modo di sopravvivere perché per loro due, in particolare,
c’era in gioco anche
il sentimento che li legava e il loro futuro insieme.
Alla
fine, anche la guerra era giunta al termine e loro ne erano usciti
vittoriosi,
se così si poteva dire. La ricerca degli Horcrux e il
successivo scontro finale
con Voldemort aveva causato un numero spropositato di vittime e un
enorme
dolore aveva colpito tutti quelli che erano riusciti a rimanere vivi.
E
loro si erano trovati nuovamente come quando era iniziato, in tre,
uniti dalla
loro amicizia, da quello che avevano affrontato e sconfitto.
Quando
tutto era finito, sul campo di battaglia era rimasto Harry, ferito,
dolorante,
ma vivo. E accanto a lui c’erano loro due.
L’avevano
preso e si erano smaterializzati per ricomparire poi
all’ospedale St. Mungo
dove tutti erano stati sottoposti alle cure del caso. Per Hermione e
Ron si era
trattato di poche ferite superficiali, guaribili in alcune ore con i
medicamenti magici di cui l’ospedale disponeva.
Per
le ferite interiori, quelle dell’anima e del cuore ci sarebbe
voluto molto di
più.
Harry
aveva invece avuto bisogno di un ricovero più lungo e il suo
corpo martoriato
dallo scontro aveva bisogno di un riposo prolungato così da
permettergli di
recuperare almeno una piccola quantità di forze. Dopo,
sarebbe venuto anche per
lui il momento per pensare. Pensare a tutto quello che era accaduto e
pensare a
un modo per superarlo senza perdere la ragione.
Quella
sera, Ron e Hermione erano usciti insieme dall’ospedale,
abbracciati, cercando
di sostenersi a vicenda. Non avevano nulla da dirsi, non in quel
momento, con
tutto l’orrore della guerra ancora troppo recente e stampato
nelle loro menti
per essere dimenticato o discusso. E, dopotutto, non c’era
bisogno di parole,
ciascuno sapeva tutto quello che stava provando l’altro.
Erano
giunti all’appartamento che il Ministero aveva assegnato loro
quel pomeriggio,
quando un emissario del Ministro era andato a trovarli
all’ospedale per
comunicare ai ragazzi quale sarebbe stata la loro
“casa” per il prossimo
futuro.
Ron
aprì la porta lentamente e spinse dentro una Hermione
esitante. Lei entrò e si
guardò un po’ attorno intimorita. Era talmente
tanto che non vedevano un vero
letto, una vera cucina e del vero cibo, che tutti e due rimasero un
attimo
interdetti dall’accoglienza di quel posto. Era illuminato da
molte candele e un
fuoco ardeva nel caminetto del salotto, davanti ad un comodo divano.
Il
tavolo della cucina era già apparecchiato per due e accanto
ad ogni piatto
c’erano dei vassoi nascosti da coperchi di acciaio.
Passarono
oltre ed arrivarono al balcone che si apriva sulla vista della
città. Hermione
appoggiò le mani al parapetto e lasciò vagare il
suo sguardo sulle rovine che
una volta, prima della guerra, erano state Londra. Ron la raggiunse e,
da
dietro, le cinse la vita con le mani. Anche lui contemplava attonito la
distruzione che si parava davanti ai loro occhi.
All’improvviso, Hermione
scoppiò in singhiozzi e si girò di scatto tra le
sue braccia, appoggiando il
viso inondato di lacrime sul suo petto. Piangeva senza cercare di
trattenersi e
anche Ron sentì che dai suoi occhi sgorgavano calde lacrime.
La strinse a sé
ancora di più, cercando di confortarla in qualche modo. Le
accarezzò la schiena
e lasciò che si sfogasse. Era una reazione più
che comprensibile agli orrori
che avevano visto, e anche ora che era finita, rimanevano molte cose da
fare:
cercare di andare avanti, piangere chi non c’era
più e ricostruire.
Ricostruire.
Ecco,
questo poteva essere un buon punto di partenza per tentare di calmare
Hermione.
Ron
la scostò un po’ dal suo petto, le mise una mano
sotto il mento e le fece
sollevare il viso per guardarla negli occhi. Non tentò di
nascondere le tracce
che le lacrime avevano lasciato anche sul suo viso, sarebbe stato
inutile,
Hermione sapeva che anche lui si sentiva completamente svuotato.
“Ora
basta, piccola” le disse lui con voce calda. “So
come ti senti e so che hai
bisogno di sfogarti, ma vederti piangere così mi spezza il
cuore. Adesso è
finita, ora è il momento di tentare di guardare avanti e
ricominciare. Abbiamo
bisogno di riprendere a vivere. Ci vorrà del tempo,
soffriremo, ma io sarò qui
per te, ogni volta che vorrai. E tu ci sarai per me, non è
vero?”
Lei
annuì guardando i suoi profondi occhi blu. Si conoscevano
così bene. Sapevano
perfettamente di essere indispensabili l’uno per
l’altra.
Hermione
gli fece passare le braccia intorno al collo e lentamente lo
tirò verso di sé e
lo fece abbassare su di lei finchè le loro bocche si
toccarono. Dopo sette
anni, dopo la guerra, dopo tutto quello che era accaduto a loro e
intorno a
loro, quello era il primo vero segno d’amore che si
scambiavano.
Dapprima
furono solo labbra su labbra.
Poi
Ron la strinse di più e Hermione aprì leggermente
la bocca e permise a Ron di
esplorarla.
Quando
si staccarono rimasero a guardarsi negli occhi per un lungo istante.
Avevano
quasi dimenticato che si potessero provare sensazioni come quelle che
quel
bacio aveva risvegliato in loro. E avevano quasi dimenticato cosa
significava
desiderare qualcuno.
Ma
non avevano dimenticato di amarsi.
E
ora, dopo che era stato rimandato tanto a lungo, forse era arrivato il
loro
momento.
Forse.
Quello
che era innegabile, era che sembrava così giusto.
Così
perfetto.
Così
agognato.
Quasi
doloroso.
Ron
si abbassò di nuovo su di lei e questa volta il bacio fu
subito profondo,
esigente. Le mise una mano intorno al viso mentre con l’altra
le accarezzava di
nuovo la schiena. Hermione slacciò le braccia dal suo collo
e cominciò a far
passare le mani sul suo petto, poi una scivolò sotto la sua
maglietta ed
Hermione sentì un brivido quando toccò la sua
pelle calda e i suoi pettorali
così ben definiti.
Lui
spostò la mano dal suo viso e la fece scendere lentamente
sul suo collo, e poi
ancora più giù fino a quando giunse a prenderle
fermamente un seno. Hermione
sussultò, ma non smise di baciarlo. Lui la
sollevò da terra e la riportò
dentro, si sedette sul divano e la fece mettere a cavalcioni su di
sè. Ron
cercò lo sguardo di lei per capire se era davvero quello che
voleva. Ardeva di
desiderio, ma se lei si fosse voluta fermare, avrebbe smesso in
quell’istante
di toccarla.
Hermione
annuì con la testa, anche lei stordita dalla sensazione che
la pervadeva. Aveva
sognato tutto questo così a lungo che quasi non le sembrava
vero. E a giudicare
da quello che aveva provocato in Ron, anche lui la voleva.
Ron
cominciò a slacciare i bottoni della sua camicetta. Quando
arrivò al terzo e
vide che lei sotto non portava nulla, un gemito gli sfuggì
dalle labbra e prese
immediatamente in bocca un capezzolo roseo ed eretto. Hermione credette
di
stare per svenire per quello che la bocca di Ron le stava facendo
provare.
Freneticamente spostò le mani sull’orlo della sua
maglietta e iniziò a tirarla
per far sì che lui se la sfilasse. Anche Ron nel frattempo
le aveva tolto
completamente la camicetta e ora i seni di Hermione erano appoggiati al
suo
petto.
La
sensazione della pelle contro la pelle fece fremere entrambi. Hermione
passò le
sue mani sulle spalle di Ron, poi sui suoi bicipiti e infine scese
ancora e
iniziò a slacciare i bottoni dei jeans del ragazzo.
Incapaci
di smettere di toccarsi e di baciarsi, si alzarono entrambi in piedi
per
liberarsi di tutti gli indumenti superflui e rimasero solo con un paio
di boxer
e un paio di slip a dividerli.
Ron
si sedette di nuovo e Hermione si rimise sopra di lui. Ripresero a
baciarsi ed
erano quasi al punto di non ritorno, quando Ron parlò.
“Sei
sicura? Voglio dire… Hermione, è il momento
giusto questo?”
“Ron,
io non posso e non voglio più aspettare” rispose
lei risoluta.
Questo
bastò. Si persero l’uno nell’altra
fondendo i loro corpi e le loro anime.
E,
finalmente, si sentirono completi.
Passarono
la notte a fare l’amore e a confortarsi.
Ron
la tenne stretta tra le sue braccia mentre le posava piccoli baci sulla
testa,
inspirando il suo profumo, tuffando il viso nei riccioli della ragazza.
Quello
che provava potendola stringere a sé era un sentimento di
gioia e completezza
assolute, qualcosa che non aveva mai provato prima e, ne era certo, non
avrebbe
mai più provato se non con lei.
Si
appartenevano, e questo era quanto.
Inutile
tentare di negarlo ancora.
Finalmente
era tutto davanti ai loro occhi. Quello che li aveva sempre legati,
tenuti
insieme nonostante tutto, fatti combattere uno al fianco
dell’altra per
proteggersi e difendersi, aveva finalmente il suo nome.
Amore.
Completo.
Assoluto.
Senza
fine né limiti.
Hermione
si era rilassata nell’abbraccio del suo uomo, si sentiva al
sicuro, si sentiva
amata come non lo era mai stata. Faceva passare lentamente le dita
sulle
braccia di lui, soffermandosi ad accarezzare con particolare dolcezza
le
innumerevoli cicatrici e ferite che la guerra gli aveva lasciato come
ricordo.
Niente
li avrebbe più divisi.
Lei
non lo avrebbe permesso.
C’era
voluto troppo tempo e troppa sofferenza per arrivare a quel punto e
ora, non
aveva intenzione di lasciare che le cose le sfuggissero di nuovo di
mano. Non
aveva intenzione di sacrificare nuovamente il loro amore in nome di un
qualche
altro ideale superiore. La guerra era finita e ora esistevano solo loro
due.
Girò
il capo leggermente verso il viso di lui e le loro labbra si
incontrarono di
nuovo dolcemente. Fare l’amore con Ron era stata la cosa
più giusta che avesse
fatto da un bel po’ di tempo a quella parte. Era stato
semplicemente perfetto.
E naturale. Era quello doveva accadere. Ed era stato meraviglioso,
indicibile.
Ron era sempre stato dentro al suo cuore, ma averlo anche dentro al suo
corpo
era qualcosa che la rendeva felice di esistere. Era il posto giusto per
lui.
Passarono
ancora molto tempo a sussurrarsi dolci parole, a spiegarsi cosa
rappresentavano
l’uno per l’altra, ad amarsi. Dopo essersi
rivestiti rimasero abbracciati
ancora a lungo. Ad un certo punto, le lacrime fecero di nuovo capolino
dagli
occhi di Hermione e Ron, che se ne accorse, le domandò
subito “Che succede,
amore?”
“Ti
amo così tanto” rispose lei guardandolo mentre una
lacrima le scorreva sul
viso. “E ho avuto talmente tanta paura di perderti
che…” le sfuggì un piccolo
singhiozzo. “Ma ora voglio restare insieme a te per sempre,
averti accanto
tutti i giorni della mia vita. Non pensavo che avrei potuto mai
più essere
felice, dopo tutto quello che ho visto. Ma ora lo sono. Ora tu mi hai
resa
felice e questa è una cosa che voglio imprimermi nella
mente, e non solo…” si
girò e frugò nel suo zaino finchè
estrasse una macchina fotografica magica.
“E
quella dove diavolo l’hai presa?”
Lei
gli fece un sorriso e non rispose.
“Avanti,
preparati. Metto l’autoscatto e appena parte il conto alla
rovescia mi fiondo
lì. Sei pronto?”
“Sì”
disse lui divertito.
Hermione
fece scattare la levetta e poi corse verso Ron e si tuffò
tra le sue braccia.
Quando
la macchina scattò, sulla pellicola rimasero impresse le
loro facce sorridenti
e felici.
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Capitolo 2 *** 2 ***
Scusate, non sono stata chiara la
volta scorsa. La storia è in otto capitoli, ed è
già completa, perciò verrà aggiornata
regolarmente. Ora, devo davvero ringraziare di cuore tutti per i
commenti, fanno sempre molto piacere. E devo anche ringraziare due
persone speciali, loro sanno chi sono...
Nuovo
capitolo e nuovi guai...
2
Il
mattino dopo si prepararono per andare all’ospedale a trovare
Harry.
I
Ron e Hermione della foto scattata la notte precedente li guardavano
sorridenti
da sopra il comodino.
Si
vestirono e andarono in cucina per fare colazione. Quando giunsero
davanti al
tavolo, sollevarono i coperchi e vi trovarono sotto brioches calde e
pane
tostato. Mangiarono chiacchierando e in quel momento entrambi sentirono
che la
speranza della felicità era ancora possibile. Il peggio era
passato e loro
erano insieme.
Appena
ebbero finito, Hermione sparecchiò il tavolo con un
incantesimo, si vestirono,
lei prese il suo zaino ed uscirono.
Quando
giunsero in strada, Hermione si fermò di colpo.
“Che
succede?” chiese Ron allarmato.
“Ho
dimenticato una cosa” disse lei e corse di nuovo
all’interno su per le scale.
Ron la guardò perplesso chiedendosi cosa ci fosse di tanto
urgente.
Lei
tornò, gli mise un braccio intorno alla vita e gli sorrise
ignorando
completamente il suo sguardo interrogativo.
Ripresero
a camminare e arrivarono dopo poco all’ospedale.
Passarono
la mattinata a parlare con Harry. Era ancora molto provato ma i medici
avevano
stabilito che la compagnia dei suoi migliori amici, delle persone che
gli erano
state accanto sempre, che avevano condiviso tutto con lui, non poteva
fargli
che bene. Perciò li lasciarono in pace.
“Harry…”
disse ad un certo punto Ron un po’ titubante, dando un veloce
sguardo ad
Hermione.
“Ron,
non dirmelo” rispose l’amico. “Non ce
n’è bisogno credimi. Avete dovuto
aspettare talmente tanto per essere felici che ora ve lo si legge in
faccia. E,
ragazzi, non potete capire quanto io sia contento per voi. Nessuno se
lo merita
di più…” concluse e i suoi occhi si
inumidirono.
Ron
e Hermione si guardarono e poi lei abbracciò forte Harry
cercando di non fargli
troppo male. Rimasero in silenzio per qualche minuto, ascoltando solo
il suono
delle loro emozioni.
All’improvviso
nella stanza entrò un mago vestito con la divisa del
Ministero e interruppe
bruscamente quel momento di intimità.
“Buongiorno.
Mi chiamo Jenks. Sono l’inviato del Ministero. Ero certo che
vi avrei trovato
tutti qui. Bene, così non dovrò ripetere quello
che ho da dirvi”.
I
ragazzi si guardarono insospettiti e incuriositi da quello strano tizio.
“Come
potete immaginare, la vostra impresa vi ha conferito degli innegabili
diritti
nel mondo dei maghi. Pertanto tutti e tre siete stati arruolati
d’ufficio nel
corpo degli Auror. Questo significa che da oggi siete sotto la
protezione del
Ministero” e fece una pausa ad effetto per permettere ai
ragazzi di assimilare
quanto aveva appena detto.
“Questa
vostra nuova condizione, ha messo il Ministero nella posizione di dover
provvedere alla vostra sicurezza. E questo è il vero motivo
per cui sono qui.
Avete fatto un’impresa che ha dell’incredibile.
Avete sconfitto Voi-sapete-chi.
Ma purtroppo i suoi seguaci e discepoli sono ancora molti, e sono
ancora a
piede libero. Abbiamo ricevuto delle segnalazioni relative ad un gruppo
di loro
che si sta riorganizzando per ottenere vendetta. Vogliono annientare
quelli che
hanno determinato la fine del loro Signore. Ossia, voi tre”
altra pausa.
I
ragazzi cominciarono a sentirsi nervosi.
“Il
Ministero ritiene che ci sia un’unica soluzione per garantire
la vostra
sicurezza. Non dovrete mai essere tutti e tre nello stesso posto. Non
dovrete
mai stare insieme. È già stato tutto predisposto.
Tra due ore la signorina
Granger prenderà un aereo diretto a Parigi. Le
verrà fornita una nuova identità
e-”
“No”
lo interruppe Hermione.
“Come
dice, prego?”
“Ha
sentito benissimo, ho detto no” disse lei con una calma
irreale nella voce.
“Mi
dispiace che lei la pensi così, signorina. Ma non
è in suo potere prendere
questa decisione”.
“NON
È IN MIO POTERE???” questa volta Hermione
gridò.
I
medici accorsero immediatamente e li cacciarono gentilmente fuori
dall’ospedale.
Ron
ed Hermione seguirono il Signor Jenks all’aperto
finchè lui si fermò sul prato
che stava davanti all’entrata dell’edificio. Si
girò verso di loro, pronto a fronteggiarli.
“Proprio
così, non spetta a lei decidere”
“STIAMO
PARLANDO DELLA MIA VITA!! COME SI PERMETTE DI DIRMI CHE NON SPETTA A ME
SCEGLIERE IL MIO FUTURO?!?” lo aggredì
immediatamente Hermione.
Poi
fece qualche profondo sospiro e cercò di riportare la sua
voce a un volume
normale.
“Non
ho la minima intenzione di separarmi da loro” disse indicando
Ron. “E il
Ministero non potrà farci proprio niente. Non può
costringermi!!”
“È
qui che si sbaglia. Le cose sono già state tutte
predisposte. Avete esattamente
un’ora e quarantasette minuti prima della partenza del volo.
Le ricordo che
dovrà essere all’aeroporto con un po’ di
anticipo”.
“Non
ci penso neanche. Io non me ne andrò!! Non voglio!! Non
adesso, non potete
farmi questo!! Non potete farci una bassezza del genere”
disse lei ormai
disperata, guardando Ron con le lacrime agli occhi.
“È
per la vostra sicurezza”
“La
nostra sicurezza?” intervenne Ron mentre si avvicinava ad
Hermione per
abbracciarla. “Non mi era sembrato che ve ne fregasse molto
della nostra
sicurezza mentre eravamo su quel campo di battaglia a fare il culo a
Voldemort.
SOLI. Non venite a raccontarci che ora, improvvisamente, volete
proteggerci!!”
disse il ragazzo furioso.
“Mi
dispiace. Questo è quanto. La signorina Granger
partirà e niente potrà impedire
questo fatto. Vi consiglio di impiegare il tempo che vi è
rimasto per
salutarvi. Per i primi quattro mesi non vi sarà permesso di
vedervi. Potrete
scrivervi. Non cercate di scappare o nascondervi. Non
servirà. Arrivederci”. E
si smaterializzò.
Hermione
era crollata in ginocchio sul prato morbido, il viso tra le mani.
Piangeva
disperatamente, ancora incapace di credere a quello che le era appena
stato
detto. Sarebbe partita. Avrebbe dovuto lasciare Ron. Non vederlo per
quattro
mesi. Né lui, né Harry. Sarebbe stato meglio se
Voldemort l’avesse uccisa.
Ron
accorse da lei e la fece rialzare tenendola tra le braccia. Anche lui
piangeva
e non trovava nessuna parola di conforto per il suo amore. Non sapeva
cosa
dirle. Non riusciva a pensare ad un solo motivo per il quale lei
avrebbe dovuto
smettere di piangere. E non riusciva a pensare ad un solo motivo per il
quale
lui avrebbe dovuto continuare a vivere, senza di lei.
“Hermione”
disse tra i singhiozzi. “Hermione ti prego. Calmati. Lo so,
è devastante anche
per me. Non so come potrò stare senza di te. Ma ha parlato
di quattro mesi. Tra
quattro mesi ci rivedremo e staremo di nuovo
insieme…” tentò lui.
“Ron,
non mi interessa! Io non voglio più stare nemmeno quattro
minuti senza di te!!
Perché li giustifichi, perché tenti di
comprenderli?”
“Non
abbiamo altra scelta, amore mio. Siamo costretti a fare come dicono
loro. Per
questo sto cercando di trovare qualcosa di positivo in questo
disastro”
concluse lui stringendola.
Hermione
continuava a singhiozzare scuotendo la testa.
Arrivarono
all’aeroporto ormai rassegnati ad accettare quello che era
stato loro imposto.
Si tennero abbracciati fino all’ultimo minuto. Poi Hermione
fece una smorfia e,
seguendo il suo sguardo, Ron vide il signor Jenks che si avvicinava.
Prima che
li raggiungesse, Hermione frugò nello zaino ed estrasse la
foto che si erano
scattati la notte precedente. La prese tra le mani e la
strappò a metà, con gli
occhi pieni di lacrime.
“Meno
male che questa mattina sono ritornata su a prenderla. Ecco”
disse. “Io tengo
la parte dove ci sei tu e tu tieni quella dove ci sono io,
d’accordo? Quando ci
rivedremo rimetteremo insieme le due parti…”
Anche
Ron non riusciva più a trattenere le lacrime.
“Quattro mesi. Solo quattro mesi,
possiamo farcela. Penserò a te sempre” e la
strinse tra le braccia per l’ultima
volta mentre Jenks era arrivato accanto a loro e si schiariva la voce.
Ron
li vide allontanarsi mentre Hermione chiedeva a Jenks perché
non aveva potuto
semplicemente materializzarsi a Parigi e sentì che lui le
rispondeva “E’ per la
sua sicurezza”.
Ma
lui non era affatto d’accordo. Era convinto che per Hermione
non ci fosse posto
più sicuro che fra le sue braccia. Lui l’avrebbe
protetta con la sua stessa
vita se fosse stato necessario.
Si
allontanò dall’aeroporto continuando a pensare.
E
se non fosse stato sufficiente? Se lui, anche sacrificando
sé stesso, non fosse
stato in grado di proteggerla come meritava? Che il Ministero non
avesse tutti
i torti?...
Ritirò
fuori la foto strappata che aveva riposto nel portafoglio. Il suo cuore
si
sentiva esattamente come quel pezzo di carta: spezzato,
incompleto…
Hermione
prese posto sull’aereo e non appena questo fu decollato si
perse nei suoi
pensieri. Forse, aveva ragione Ron, stare senza di lui sarebbe stata
dura, ma
quattro mesi non erano quattro anni. E forse lui sarebbe stato
più al sicuro
senza averla tra i piedi, senza doversi preoccupare anche di lei.
Asciugò in
fretta con la manica una lacrima che era caduta sulla metà
della foto che
stringeva ancora in mano. Per quattro mesi sarebbe stato il solo modo
per
vedere il viso di Ron, non poteva permettersi di rovinarla con le sue
stupide
lacrime.
|
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Capitolo 3 *** 3 ***
Innanzitutto, grazie a tutti per i
commenti, continuate a farli. In questa storia più che mai
mi sono utili per capire se le mie sensazioni a riguardo erano giuste o
sbagliate. Perciò, grazie per i commenti. Altra cosa. Temo
che i personaggi potranno risultare OoC ma siccome non ne sono sicura,
non so mai se devo mettere l'avvertimento nelle note della storia.
Comunque ora siete avvisati xD. E ora, avanti coi carri!
3
Il
primo mese fu incredibilmente duro per entrambi.
Ron
non faceva altro che andare da Harry, seguire i corsi che il Ministero
gli
aveva imposto, e pensare ad Hermione. Le sue giornate erano
impegnative, il che
era anche un bene, almeno era costretto a pensare ad altro.
Ma
le notti, beh, quelle erano tutto un altro discorso. Non faceva altro
che
ripensare alla loro unica notte passata insieme, a come lei lo aveva
fatto
sentire, a quanto giusto era stato fare l’amore con lei.
Andava a letto con
l’intenzione di dormire, ma poi, il pensiero di lei arrivava
puntuale ad
invadergli la mente e tutti i sensi e lo teneva sveglio fino alle prime
ore del
mattino. Il giorno dopo era sempre più stanco, ma era anche
convinto che quei
quattro mesi che avrebbero dovuto passare lontani sarebbero volati via
più
velocemente se si fosse tenuto impegnato. Perciò, quando
arrivava il momento di
alzarsi dal letto cercava di vedere il nuovo giorno come un giorno in
meno che
lo separava dal suo amore.
Per
Hermione le cose erano forse anche più dure. In un paese
straniero, senza
amici, senza nemmeno più la sua identità. Aveva
rifiutato di prendere parte
alle lezioni che il Ministero della Magia della Francia aveva
organizzato per i
suoi Auror e passava le giornate a letto a pensare e ripensare a tutto
quello
che le era successo. Spesso, pensava anche alla guerra e nei momenti di
maggiore sconforto pensava che forse, sarebbe stato meglio morire sul
campo.
Quanto meno non avrebbe dovuto sopportare tutto questo dolore. E
naturalmente,
pensava a Ron, a cosa aveva significato stare tra le sue braccia, a
come si era
sentita amata e protetta con lui. E ogni tanto riusciva anche a pensare
al
momento in cui l’avrebbe rivisto, a come l’avrebbe
stretto senza lasciarlo
andare più, a quante volte avrebbero fatto l’amore
per recuperare tutto il
tempo passato lontani.
E
poi pensava anche a Harry, alla sua convalescenza, si chiedeva se e
quando si
sarebbe ripreso abbastanza per tornare ad una parvenza di vita vera.
E
si scrivevano. Tutti i giorni. Ed era un po’ come non essersi
mai lasciati.
Entrambi in quelle lettere mettevano tutto quello che avevano per far
sentire
all’altro il proprio amore.
Una
mattina in cui Hermione si sentiva particolarmente depressa e aveva
passato la
notte a piangere, sentì improvvisamente la porta della sua
stanza spalancarsi.
Scattò in piedi in un attimo, appiattendosi contro il muro e
tendendo la
bacchetta davanti a sé. Chi diavolo era che non la lasciava
in pace a
crogiolarsi nel suo dolore?
“Metti
via quella bacchetta” disse una voce femminile proveniente
dalla stanza
accanto. “Non voglio farti del male. Il Ministero mi ha
mandata a prenderti. E’
ora che tu la pianti di crogiolarti nel tuo dolore”.
Fu
così che Hermione conobbe quella che sarebbe diventata la
sua prima, nonché
migliore, amica in Francia. Danielle era una esperta di Legilimanzia e
il
Ministero l’aveva scelta apposta in modo da dare ad Hermione
una persona con la
quale potersi aprire completamente e alla quale poter raccontare tutta
la
verità, sulla sua identità e sul suo amore.
Ed
era una cosa di cui aveva disperatamente bisogno.
Diventarono
amiche molto velocemente e Danielle riuscì presto a
risollevare Hermione dal
suo dolore e a portarla fuori per seguire le lezioni, frequentare gli
altri
Auror e riprendere un minimo di vita sociale. Per Hermione divenne una
persona
molto speciale, l’unica che la chiamasse con il suo vero nome
quando erano
sole. Per tutti gli altri lei era diventata la signorina Heather
Garrett,
apprendista Auror Inglese inviata in Francia per apprendere nuove
tecniche e
collaborare a progetti sperimentali.
Con
l’aiuto di Danielle, il secondo ed il terzo mese furono molto
meno pesanti,
Hermione aveva trovato qualcuno con cui poter parlare liberamente di
Ron, di
quello che era accaduto durante la guerra. Le aveva raccontato persino
come era
stato stare con lui, quali erano le speranze e i progetti che
permettevano ad
entrambi di andare avanti con le loro vite, quello che avrebbero fatto
quando
si fossero rivisti. Le aveva fatto leggere le sue lettere e Danielle le
era
stata sempre accanto nei momenti in cui la nostalgia di lui si faceva
sentire
più acuta che mai.
Il
tempo passava ed oramai mancava una sola settimana alla scadenza del
quarto
mese. Il momento che entrambi stavano aspettando così
impazientemente stava per
arrivare.
Ron
si svegliò quella mattina allegro come non era stato da
tempo. Harry aveva
finalmente lasciato l’ospedale, le cose al corso filavano via
lisce e
l’allenamento fisico che aveva fatto gli era servito per
rinforzarsi e gli
aveva dato molto tempo per pensare a come accogliere Hermione di nuovo
a casa.
Aveva
pensato che sarebbe andato a prenderla all’aeroporto,
l’avrebbe portata a cena
in un ristorante romantico, le avrebbe regalato una dozzina di rose
rosse e
avrebbero passato la sera a parlare, a raccontarsi tutto quello che era
accaduto nei quattro mesi della loro lontananza forzata. Aveva comprato
una
camicia nuova, un paio di pantaloni casual e perfino un nuovo paio di
scarpe.
Aveva preso addirittura appuntamento dal barbiere.
Avrebbe
sfoggiato una nuova pettinatura solo per fare colpo su di lei.
Ma,
probabilmente, lei non se ne sarebbe neanche accorta perché
si sarebbe gettata
tra le sue braccia senza nemmeno guardare come era vestito, e gli
avrebbe fatto
passare le dita tra i capelli senza notare il nuovo taglio. E sarebbero
a
stento riusciti ad arrivare nell’appartamento in cui Ron
abitava ora da solo,
prima di ritrovarsi completamente nudi e avvinghiati uno
all’altra.
Non
stava più nella pelle.
Poteva
quasi sentire l’odore di Hermione, poteva quasi immaginarsi
il calore della sua
pelle sotto le sue mani, tanto vivida era l’immagine di lei
che aveva in mente
quel giorno. La foto che aveva custodito gelosamente nel portafoglio
aveva
cominciato a sbiadirsi e lui pensava fosse dovuto al fatto che
l’aveva guardata
talmente tante volte da consumarla.
Quando
il trillo del telefono lo riportò alla realtà,
Ron sussultò. Jenks lo voleva
vedere. Che diavolo voleva? Be’, quel giorno nemmeno lui
sarebbe riuscito a
rovinare il suo umore.
Entrò
nell’ufficio dell’uomo e lo salutò
freddamente. Jenks lo fece accomodare.
“Signor
Weasley. Temo che quello che devo dirle non le farà
piacere” disse scuro in
volto.
“Di
che si tratta, signor Jenks?” chiese Ron cauto.
“La
notte passata c’è stato un attentato. I seguaci
del Signore Oscuro sono tornati
a colpire. Hanno sterminato una famiglia di Babbani. Nel quartiere dove
abita
la famiglia della signorina Granger. Precisamente, hanno colpito la
casa
accanto a quella dei suoi genitori”.
Ron
chiese allarmato “Ma loro…?”
“No,
loro sono al sicuro. Sono stati trasferiti in una località
segreta subito dopo
l’attentato. Questo però significa, signor
Weasley, che le cose non sono ancora
sufficientemente sicure per il rientro della signorina
Granger”.
“Che
cosa?! Avevate detto quattro mesi! Bene, quei quattro mesi stanno per
scadere e
tra una settimana esatta la rivoglio qui!”
“E’
evidente che quelle previsioni erano state fin troppo ottimistiche. Ma
in
questo momento non è assolutamente possibile che la
signorina Granger faccia
ritorno in Inghilterra. Ci vorranno ancora almeno otto mesi”.
Ron
si alzò infuriato facendo cadere all’indietro la
sedia sulla quale stava
seduto.
E
poi dimostrò a Jenks quanti progressi aveva fatto
nell’uso della magia senza
bacchetta.
Senza
muovere un muscolo, incenerì letteralmente la scrivania.
Jenks si ritrovò
ancora seduto al suo posto con la penna in mano, i fogli che prima
erano
appoggiati sulla sua scrivania erano ancora perfettamente intatti ed
impilati
l’uno sull’altro, con la differenza che adesso
stavano posati su un mucchietto
di cenere davanti ai suoi piedi.
***
Danielle
non aveva mai visto Hermione così serena in tutti i quattro
mesi nei quali
aveva avuto l’opportunità di conoscerla.
Finalmente mancava una sola settimana
al suo rientro in Inghilterra e anche lei era molto emozionata. Certo,
questo
avrebbe significato non vederla più per molto tempo, ma
voleva che la sua amica
fosse felice e lei poteva esserlo solo accanto a lui. Al ragazzo di cui
avevano
parlato per quattro mesi, colui che faceva battere il cuore di Hermione
semplicemente a parlarne, il ragazzo che le sorrideva dalla foto che
l’amica le
aveva mostrato migliaia di volte e i cui colori avevano iniziato a
perdere la
brillantezza originale forse proprio a causa del fatto che Hermione se
la
portava sempre dietro e la guardava più e più
volte al giorno.
Stavano
prendendo un caffè assieme quando Hermione fu convocata
nell’ufficio del suo
capo. Guardò Danielle interrogativamente, ma la ragazza si
strinse nelle
spalle.
“Ti
accompagno” disse risoluta Danielle.
“No,
non preoccuparti… Aspettami qui” rispose Hermione.
Entrò
nell’ufficio del signor Renot e ad un suo cenno si
accomodò sulla sedia.
“Buongiorno, signorina Garrett. Purtroppo non ho buone
notizie da darle. La
notte scorsa Londra è stata attaccata da un manipolo di
seguaci di Lei-Sa-Chi.
Ci sono state vittime. Ho parlato con il signor Jenks ed abbiamo
convenuto che
non è proprio il caso che lei faccia ritorno in Inghilterra
in questo momento”.
Il signor Renot non ritenne necessario dirle che i vicini di casa dei
suoi
genitori erano stati brutalmente assassinati. La ragazza sembrava
già
abbastanza sconvolta senza bisogno di aggiungere i dettagli
dell’attacco.
“Ma
questo non può essere! Io voglio tornare in Inghilterra!!
Quando sono partita
mi era stato detto che sarei stata lontana quattro mesi. E’
già stata
abbastanza dura così, non ho intenzione di restare qui
ancora!” disse Hermione
arrabbiata.
“Mi
dispiace signorina ma al momento è troppo pericoloso per lei
fare ritorno a
casa”.
“D’accordo”
disse. Hermione sapeva che con quelli del Ministero era inutile
discutere,
perciò si alzò velocemente e corse fuori
dall’ufficio di Renot.
“Che
è successo?” le chiese Danielle appena la vide.
“Nulla”
disse lei asciutta dirigendosi spedita verso l’uscita
dell’edificio.
“Hermione,
aspetta!”
“Vado
a casa, ho da fare. Ci vediamo
Danielle”.
Non
poteva tollerare che i cosiddetti Pezzi Grossi intervenissero ancora
nella sua
vita e nella sua storia così pesantemente. Era certa che
avrebbe trovato un
incantesimo, una formula, una pozione, una cosa qualsiasi che le
avrebbe
permesso di tornare a casa.
Così,
non appena arrivò nel suo appartamento, ficcò
tutto lo stretto necessario nel
suo vecchio zaino e cominciò a pensare a un modo per farla a
quelli del
Ministero. Si ricordava di aver letto in qualche libro un incantesimo
per
l’Invisibilità e forse, se l’avesse
utilizzato in combinazione con una pozione
Anti-Essenza, nessuno avrebbe potuto intercettarla. Si mise a cercare
freneticamente il libro di incantesimi. Dopo mezz’ora nel suo
salotto regnava
il caos. Libri sparsi ovunque, un fornelletto sul quale bolliva la
pozione,
ingredienti posati alla rinfusa su un tavolo.
Hermione
era talmente assorta nella lettura di un libro che non si accorse che
qualcuno
era entrato nell’appartamento e quando la persona
parlò, lei fece un salto per
lo spavento.
“Non
puoi farlo” disse Danielle, che dal comportamento freddo
della sua amica aveva
intuito quale potesse essere stato l’argomento della
conversazione che aveva
avuto con Renot.
“Non
dirmi che non posso. Non voglio stare ancora lontana da lui,
è chiaro? In un
modo o nell’altro devo tornare a casa…”
“Ti
scopriranno. Lo sai come funziona. Se loro decidono una cosa non
c’è niente che
tu possa fare”.
“Non
questa volta. Questa volta ce la farò… Danielle,
fammi un favore. Non voglio
coinvolgerti, perciò vai via. Per piacere. Ho già
abbastanza problemi, non
voglio che anche tu finisca nei guai a causa mia”
“Hermione,
io…”
“Ti
prego…”
Danielle
si avvicinò, le posò un bacio sulla testa e poi
si diresse verso la porta.
Quando stava per uscire disse, senza voltarsi “Sappi che,
qualunque cosa
succeda, io ti voglio bene” e chiuse.
Hermione
riprese a lavorare sul libro.
Era
ormai sera quando sollevò la testa soddisfatta. Era riuscita
a preparare tutto
ed era certa che avrebbe potuto mettere in atto il suo piano senza
essere
scoperta. Ma, improvvisamente, si sentì un CRAK nella stanza
e il signor Renot
si materializzò accanto a lei.
Hermione
rimase a bocca aperta per un attimo, ma poi fece un balzo verso la
pozione e la
bevve tutta in una volta.
“Non
servirà” disse l’uomo.
“Arriverà al massimo ai confini della
città. Il
Ministero si è premurato di rendere inefficace ogni
incantesimo o pozione che
lei-”
“Questo
lo vedremo!” urlò Hermione afferrando la bacchetta
e pronunciando la formula
per l’incantesimo dell’Invisibilità.
Non accadde nulla.
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Capitolo 4 *** 4 ***
Grazie a chi ha letto e ancora di
più a chi ha commentato. Nuovo capitolo.
4
Il
giorno dopo Hermione si presentò al lavoro con un diavolo
per capello. Nessuno
riusciva ad avvicinarla e anche Danielle decise che era meglio
lasciarla
bollire nel suo brodo per qualche giorno. Lei si sedette alla sua
scrivania, ma
invece di dedicarsi al suo lavoro, scrisse a Ron.
Amore
mio,
ormai
anche tu saprai che non posso
tornare in Inghilterra. Purtroppo mi hanno detto che ci vorranno ancora
otto
mesi. Ma noi ce la faremo, non è vero?
Ho
deciso che da oggi in poi farò
sciopero. Di certo è una cosa che la vecchia Hermione non
avrebbe mai fatto, ma
tutto quello che ci hanno imposto mi ha cambiata. Non voglio
più sottostare
alle loro regole. Vogliono tenermi qui per forza? Benissimo, ma non
farò niente
di quello che loro esigono da me.
Mi
manchi terribilmente e ti penso
sempre. Ho voglia di sentire di nuovo le tue braccia attorno a me,
voglio
baciarti e accarezzarti. Non posso credere che queste cose
sarò costretta
solamente a sognarle ancora per otto mesi.
Ma sono
certa che quando potremo stare
di nuovo insieme, recupereremo tutto il tempo che ci è stato
rubato.
Tua per
sempre
Hermione.
Dopo
una settimana l’umore della ragazza non era migliorato
minimamente.
Principalmente perché non aveva ancora ricevuto risposta da
Ron alla sua
lettera. Finalmente, quando le cose si fecero insostenibili anche per
lei, andò
a cercare Danielle e le chiese di passare la serata insieme.
Quella
sera, si scusò con lei per come si era comportata, si
sfogò e liberò tutta la
sua rabbia. Dopo, si sentì meglio e fu persino in grado di
raccontare all’amica
quanto fosse preoccupata per il fatto che Ron non aveva ancora risposto
al suo
gufo. Danielle cerò di rassicurarla, sicuramente lui era
stato impossibilitato
a rispondere, non aveva voluto ignorarla.
Infatti
il giorno dopo, Hermione ricevette la sua risposta.
Hermione,
mi
dispiace essere riuscito a
risponderti solo ora, ma sono stato messo in punizione per un piccolo
incidente
accaduto alla scrivania di Jenks quando mi ha comunicato che non ti
avrebbero
lasciata tornare.
So come
ti senti, anche io brucio di
rabbia. Ma non devi lasciare che questi burocrati rovinino la tua vita.
Il
tempo passerà più velocemente se ti impegni in
qualcosa che ti interessa davvero.
Sono sicuro che le tue capacità sono preziose per qualche
ricerca o qualche
studio di grande importanza. Perciò, per favore, ritorna a
lavorare e cerca di
impegnarti in modo che le giornate non sembrino così lunghe
e le ore scorrano
via veloci. Per me funziona. Esco alle cinque di mattina e torno a casa
alle
undici di sera. Così non ho tempo per pensare a quanto li
odio e a quanto tempo
ci separa ancora.
Però,
le mie notti sono dedicate tutte
quante a te. Vivo nel ricordo di quell’ unica passata insieme
e non faccio che
pensare quanto sarà bello provare di nuovo quelle sensazioni
quando tornerai.
Per quanto possano tentare di tenerci separati, il mio amore per te non
farà
che rafforzarsi.
Ti amo
Tuo Ron
Hermione
fu molto sollevata di ricevere la risposta di Ron e rimase colpita
dalla sua
forza d’animo. Forse lei si stava facendo abbattere troppo
facilmente, stava
dando a quegli idioti del Ministero un pretesto per continuare a
considerarla
una ragazza debole sulla quale esercitare facilmente le loro
prevaricazioni.
Non voleva dare a nessuno questa impressione. Avrebbe dimostrato quanta
forza
c’era in lei, avrebbe fatto vedere loro che era intelligente
e sveglia e in
grado di eseguire ogni lavoro.
Sì,
avrebbe seguito il consiglio di Ron, avrebbe ripreso a lavorare e con
questo
pensiero in testa andò a dormire più serena.
L’indomani
al lavoro chiese di essere assegnata ad un progetto di ricerca molto
impegnativo, che la tenesse al comando per buona parte della giornata.
Fu
ammessa ad un gruppo di studiosi che lavoravano ad un progetto
speciale, della
massima segretezza ed importanza. Del team
facevano parte cinque professori luminari in diverse
discipline magiche
e un assistente, Etienne, che era l’unico ad essere poco
più vecchio di
Hermione. Con lui si trovò subito in sintonia e lavorare
insieme si rivelò più
facile del previsto. Dopo un po’, cominciò anche a
proporle di andare a bere un
caffè insieme, ma Hermione fu molto attenta a tenere il loro
rapporto sempre
sul più stretto piano professionale, senza mai dargli la
minima speranza che
qualcosa tra loro potesse accadere, anche in un lontanissimo futuro.
Il
tempo passava e il progetto diventava sempre più importante
ed impegnativo. Le
giornate volavano e a volte Hermione tornava a casa talmente stanca la
sera,
che non aveva nemmeno la forza di pensare alla sofferenza che le
causava la
lontananza da Ron. Altre volte, però, nonostante la
stanchezza, lo sconforto la
assaliva prepotentemente e lei si ritrovava in lacrime a sussurrare il
suo nome
mentre guardava il suo viso sulla foto sempre più sbiadita.
Ron,
dal canto suo, se la passava discretamente. Era stato promosso a
Capitano ed
era molto impegnato nell’aiutare Harry a recuperare tutto il
tempo che aveva
perso a causa della sua lunga convalescenza. Spesso parlavano di
Hermione e lui
era lieto di poter raccontare al suo migliore amico da tempo
immemorabile, come
si erano evoluti i suoi sentimenti per la ragazza e quali progetti
avessero per
il loro futuro insieme.
Erano
passati due mesi, ne mancavano solamente sei al momento della loro
riunione e
questo era il motivo principale che spingeva Ron a vivere ogni giorno
della sua
vita al massimo, senza risparmiarsi, sapendo che la stanchezza era
spesso una
valida alleata per dimenticare il dolore per qualche ora. La stanchezza
e il
caro vecchio Ogden. Ogni tanto lasciava che la sua pena si stemperasse
nei fumi
di un bel bicchiere di Whisky Incendiario…
Passarono
altri due mesi duranti i quali Hermione cominciò a vedere i
frutti del suo duro
lavoro: le furono riconosciuti importanti successi e persino i luminari
del suo
gruppo di ricerca iniziarono a tenere in maggiore considerazione le sue
ipotesi
e le sue teorie. Tutto questo carico di lavoro, però la
costringeva a passare
molte notti al comando, per effettuare ricerche sui testi ed
esperimenti vari.
E
accanto a lei c’era sempre Etienne.
Si
era ormai abituata alla sua presenza e ne traeva in qualche modo
conforto: non
essere sempre sola era a volte piacevole. Anche il loro rapporto si era
evoluto
e, benché Hermione non avesse mai accettato di uscire con
lui, ora erano amici.
Ron
era molto soddisfatto dei risultati che aveva ottenuto con Harry.
Avevano
lavorato veramente sodo e ora anche Harry stava per essere promosso al
grado di
Capitano. In poco tempo erano riusciti a recuperare il terreno perso ed
entrambi erano molto compiaciuti. Aveva scritto ad Hermione tutti i
progressi
di Harry passo dopo passo e lei ne era stata immensamente felice. Nelle
sue
risposte, gli aveva spiegato che anche a lei il lavoro stava riservando
discrete soddisfazioni. Gli aveva raccontato del credito che era
riuscita a
raggiungere all’interno della stretta cerchia di studiosi, ma
non aveva mai
potuto parlargli del progetto stesso. Ron sapeva che era una ricerca
della
massima importanza e segretezza, ma questa cosa lo faceva stare male lo
stesso.
Non gli piaceva per niente l’idea che tra loro ci fossero dei
segreti, fossero
anche solo per via del lavoro. Si sentiva escluso da quella parte della
vita di
Hermione.
In
qualche modo sentiva che lei ci stava mettendo tutta sé
stessa e questo lo
spaventava e lo inorgogliva allo stesso tempo.
Il
tempo scorreva veloce ed Hermione era sempre più presa dal
suo lavoro. Man mano
che si avvicinava il fatidico momento del rientro in Inghilterra, lei
diventava
sempre più nervosa: sentiva la sua anima lacerarsi tra lo
struggimento di
rivedere Ron e il terrore di lasciare il suo operato in un punto
cruciale della
ricerca. Era combattuta, e questo la faceva vergognare di sé
stessa.
Com’era
possibile che dopo tutto questo tempo lontani, dopo tutto quello che
aveva
sofferto perchè non era con lui, il suo cervello fosse anche
solo attraversato
dall’idea di rinunciare al rientro per vedere il suo lavoro
completato?
Aveva
smesso di amare Ron come lui meritava di essere amato?
No,
di questo era certa. Lei voleva vivere la sua vita con lui fino al suo
ultimo
giorno, voleva stare tra le sue braccia per sempre, voleva diventare la
madre
dei suoi figli. Però… Forse queste cose potevano
attendere che il progetto
speciale fosse terminato.
Era
giusto pensare queste cose? Ron avrebbe capito? Cosa poteva fare lei,
mentre il
suo cuore sanguinava?
Ma
il tempo passava, e lei fu costretta a prendere una decisione.
***********
“Signor
Weasley. È sempre un piacere vederla” disse
ironico Jenks. “Ma questa volta non
farà nessun danno nel mio ufficio. Anche perché
non ne avrebbe alcun motivo.
Questa volta è stata la signorina Granger stessa a
rifiutarsi di tornare in
Inghilterra”.
In
un secondo Ron gli fu addosso e lo prese per il davanti della camicia
immacolata.
“Come
osa dire una sporca menzogna come questa?” ringhiò
trattenendo a stento la sua
ira.
“Si
calmi! Non le ho mentito. Se non mi crede, perché non lo
chiede direttamente a
lei?”
“È
proprio quello che farò” concluse il ragazzo ed
uscì sbattendo la porta.
Senza
farsi notare, sgattaiolò nell’ufficio del
Sottosegretario del Ministro. Sapeva
che in quella stanza era conservato un materializzatore olografico. Era
ancora
una tecnica sperimentale e solo i pezzi grossi ne avevano uno. Ma
sapeva anche
che la ricerca alla quale stava collaborando Hermione era di importanza
tale
che il Ministero della Magia francese aveva deciso di installarne uno
anche a
casa sua.
Con
la
Metropolvere
che non era ancora stata ripristinata e le smaterializzazioni
internazionali
ritenute ancora a rischio, questo era il modo più veloce che
aveva per parlare
con lei.
Accese
il macchinario e si posizionò sotto i fasci di luce.
Immediatamente, la sua
proiezione olografica comparve nell’appartamento di Hermione
a Parigi.
“Hermione!
Dove sei?” urlò Ron guardandosi intorno.
La
ragazza accorse nella stanza e rimase stupita di vedere
l’ologramma di Ron nel
suo salotto.
“Ron!
Cosa ci fai qui?”
“Hermione
ti prego, dimmi che non è vero” disse lui
ignorando la sua domanda. “Dimmi che
Jenks mi ha mentito…”
“Ron
è una settimana che cerco di contattarti via
gufo… ma dove sei stato?”
“Ero
in missione. Avanti, rispondimi…” disse lui teso.
Hermione
abbassò lo sguardo. “Volevo dirtelo io prima che
tu venissi a saperlo da loro…”
“No.
No. Non può essere! Non puoi aver rifiutato di tornare a
casa…” disse Ron
sull’orlo della disperazione.
“Io…
Ron, io non posso tornare adesso. Ho dedicato l’ultimo anno
della mia vita a
questo progetto. Non posso abbandonare tutto proprio ora che
è giunto il
momento di raccogliere i frutti del mio lavoro”.
Ron
le girò le spalle portandosi le mani a coprirsi il viso.
“Mi
stai dicendo che non tornerai da me? Mi stai dicendo che il tuo lavoro
è più
importante di noi?”
“No.
Ron girati, ti prego, guardami… Io
tornerò… Io tornerò da te. Solo, non
ora”
disse lei avvicinandosi alla figura tremolante di Ron. “Io ti
amo ancora”
aggiunse, allungando una mano come a volerlo toccare.
Per
un attimo, anche lui allungò la sua mano e fu quasi come se
si stessero
toccando realmente.
Ma
poi, si allontanò di scatto scuotendo la testa.
“E
pensare che io ho passato l’ultimo anno aspettando il momento
di poterti
stringere di nuovo… No. Mi dispiace Hermione, questo non
posso accettarlo” e
così, improvvisamente come era comparso,
l’ologramma di Ron sparì dal suo
salotto.
Lei
rimase lì a fissare il vuoto mentre calde lacrime le
rigavano le guance.
|
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Capitolo 5 *** 5 ***
Grazie per i commenti, sono felice
che vi piaccia la storia. Come sapete, avevo dei dubbi, ma mi avete un
po' rincuorata. Per rispondere ad Emma94: no, l'idea della foto non
l'ho presa da quel film. Teoricamente, questa storia era nata per un
contest dal titolo "Una foto in bianco e nero" che si è
tenuto tempo fa su FreeFans. Ma poi sono andata oltre il tempo massimo,
e quindi non l'ho più postata ^^'
E ora , ecco a voi il quinto
capitolo.
5
Ron
uscì correndo dal comando, senza guardare in faccia nessuno
e infischiandosene
di quelli che lo vedevano sconvolto e con le lacrime che gli bagnavano
il viso.
“Ron,
che succede?” gli urlò dietro Harry. Ma lui lo
ignorò completamente, prese la
sua giacca di pelle
e decise di fare una
puntatina nella bettola più squallida di Nocturn Alley.
Aveva
già ingollato una quantità di Whisky Incendiario
notevole e ora stava col capo
sulle braccia appoggiato al bancone del bar, rimuginando su quella che
riteneva
essere la fine della sua vita.
“Dammene
un altro” biascicò.
Ma
in quel momento qualcuno lo chiamò.
“Ron?”
disse una voce di donna. “Ron Weasley, sei proprio
tu?”
Non
rispose.
“Ron,
sono Lavanda Brown, ti ricordi di me?”
“No”
disse asciutto. “Ti ho detto di darmene un altro!”
latrò al barista.
Questo
guardò perplesso la ragazza che si stava avvicinando al suo
cliente sbronzo dai
capelli rossi. Lei scosse la testa e lui mise via la bottiglia dalla
quale
stava per versare un altro bicchiere di whisky.
“Ron,
andiamo, direi che per stasera ne hai avuto
abbastanza…” disse lei comprensiva,
cercando di aiutarlo ad alzarsi.
Lui
non oppose resistenza e si lasciò trascinare fuori dal
locale.
“Brutta
giornata, eh?” chiese lei, cercando di risollevarlo un
po’. Ma quando lui alzò
il viso e lei lo vide rigato di lacrime, rimase colpita dalla
sofferenza che
poteva leggergli negli occhi.
“Andiamo,
ti accompagno a casa…” concluse.
“Non…
non mi ricordo dove abito” farfugliò lui.
“E nemmeno dove sono…”
“D’accordo,
allora andiamo a casa mia. È qui vicino,
coraggio…” e gli passò un braccio
attorno alla vita per sostenerlo.
Mentre
tornavano a casa cominciò a piovere, il che non
facilitò per niente le cose a
Lavanda.
Appena
riuscì a portare Ron nel suo appartamento, accese un fuoco
nel caminetto, andò
a prendere un asciugamano e cominciò lentamente ad
asciugargli i capelli. Ron
non reagiva, ma lei si accorse che i suoi occhi erano bagnati ed ebbe
l’impulso
di fare qualsiasi cosa per farlo stare meglio. Estrasse la bacchetta e
gli fece
un incantesimo Rensavio per cercare di snebbiargli la mente.
“Ti
senti meglio?” gli chiese dolcemente, mentre riprendeva ad
asciugargli i
capelli.
“Sì…
sì grazie…” rispose timidamente lui.
“Ti
va una tazza di tè?”
“Uhm…
va bene”
“Ti
senti ancora un po’ confuso, non è
vero?” disse Lavanda mentre si alzava per
preparare il tè.
“Be’
sì, a dire il vero ho un gran mal di
testa…” si sedette sul divano.
Dopo
poco la vide ricomparire dalla porta della cucina con due tazze in
mano,
sorrideva.
“Ecco…”
disse porgendogli la tazza. “Dovresti… dovresti
toglierti quei vestiti bagnati”
aggiunse abbassando lo sguardo.
“Non
credo che sia una buona idea” disse Ron.
“Andiamo…
ti beccherai una polmonite”
Si
sedette sul divano accanto a lui e iniziò a slacciargli i
bottoni della
camicia.
“Ehm…”
fece lui arrossendo.
Lei
sorrise ma continuò in quello che stava facendo. A un certo
punto fece scivolare
le mani sulla pelle del suo petto e Ron sussultò a quel
tocco caldo. Il
pensiero tornò immediatamente alla notte passata con
Hermione, ma lei lo aveva
appena scaricato. E lui era pur sempre un maschio adulto, con certe
necessità e
certi bisogni, e da allora non aveva più toccato una donna,
ed era mezzo
sbronzo.
“Hai
ancora lo stesso odore…” bisbigliò lei
al suo orecchio. Poi lo guardò negli
occhi e avvicinò le labbra. Ron abbassò il viso e
posò la sua bocca su quella
di lei, morbida, calda, invitante. Gli bastò poco per
perdere il controllo e
rispondere con ardore.
“Dove…
dov’è la camera da letto?” le chiese ad
un certo punto con voce roca.
Lei
represse una risata e indicò una porta. Ron la
sollevò e si mosse in quella
direzione.
Il
mattino dopo Ron si svegliò con un cerchio alla testa. Si
guardò intorno e si
rese conto di non essere nel suo letto. Girò la testa e
accanto a lui, dentro
al letto con lui, nuda, c’era Lavanda.
Ron
si prese la testa tra le mani e si sedette sul bordo del letto. La
sentì muoversi.
“Buongiorno”
disse lei stiracchiandosi. Lui non rispose.
“C’è
qualcosa che non va?” chiese ancora.
“Sì…
sì c’è tutto che non va!”
esclamò lui. “Lavanda, ti prego perdonami.
Stanotte
sono stato orribile. Ti ho… usata, ecco. Usata per
dimenticare un’altra e-”
“Ron,
lo so, e non mi interessa. Non era il mio nome quello che dicevi
stanotte. Ma
sei la prima faccia amica che vedo da un anno a questa parte. La guerra
mi ha
portato via tutto. Tutto quello che avevo. E ora che ho ritrovato te,
non mi
interessa se mi hai usata. È stato sempre meglio di
niente…” disse lei con gli
occhi lucidi.
Lui
la guardò e poi aprì le braccia in modo che lei
potesse nascondersi dentro al
suo abbraccio.
“Lavanda…”
continuò lui dolcemente. “Io… io non
posso…”
“Non
dire che non puoi, non è vero!”
Lui
sentì un groppo formarglisi in gola.
“Dimmi
solo una cosa” aggiunse lei con la voce soffocata e il viso
nascosto sul petto
di lui. “È ancora lei? Sempre la stessa
Hermione?”
Ron
non potè risponderle. E questo suo silenzio fu
già una risposta sufficiente per
lei.
*****
Dunque
ci era riuscita. Aveva distrutto il suo futuro con le sue stesse mani.
Cancellato in un secondo quello che era stato faticosamente costruito.
Prese
la giacca ed uscì di casa. Iniziò a camminare per
le vie della città senza
meta.
Come
aveva potuto pensare che il suo lavoro fosse più importante
del suo amore? Come
aveva potuto credere che Ron avrebbe capito, lui, che non aveva fatto
altro che
amarla ed aspettarla per tutto questo tempo. Stupida. Stupida, stupida,
stupida.
E ora?
Ora
si sentiva completamente svuotata, si malediva per aver scelto la
carriera al
posto dell’amore. Ma ormai era tardi, aveva visto
l’espressione sul volto di
Ron e sapeva che non avrebbe potuto fare più nulla per
tornare indietro.
Alzò
lo sguardo e si accorse di essere arrivata davanti a casa di Danielle.
Andò
alla porta e bussò. Nessuno rispose. Ma certo, Danielle era
in missione,
nessuno le avrebbe aperto la porta.
Riprese
a camminare mentre lentamente calava il buio.
E
ora cosa avrebbe fatto? Non le restava altro che il lavoro.
Sì, avrebbe dovuto
trovare in quello la forza per andare avanti. Forse, ma solo forse, ce
l’avrebbe fatta. Era stato Ron ad insegnarle ad essere forte.
Questo pensiero
le riempì nuovamente gli occhi di lacrime. Era stato lui che
le aveva trasmesso
tutta la sua forza, la sua solidità. Avrebbe mai potuto
perdonarla per il
terribile errore che aveva commesso? Come avrebbe vissuto la sua vita
senza di
lui?
Quando
alzò di nuovo gli occhi al cielo, era buio pesto. Era
davanti alla porta di una
casa. Non sapeva nemmeno lei come ci era arrivata. Sapeva solo che ora
stava
allungando la mano e suonando il campanello.
Etienne
aprì la porta.
“Heather…
che ci fai qui?” disse lui.
Lei
non rispose e sollevò lo sguardo da terra con un sorriso
mesto.
“Che
è successo? Su, entra”
Entrò
e si tolse la giacca.
“Non
sapevo dove andare… ho vagato per la città e mi
sono ritrovata davanti a casa
tua…”
“Cosa
è successo?” chiese lui di nuovo.
“Un
disastro. Ho fatto l’errore più grande della mia
vita…” sorrise nonostante le
lacrime avessero ripreso a scendere dai suoi occhi.
“Il…
il progetto? È successo qualcosa al comando?”
Scosse
la testa. “No. No, non preoccuparti. Al comando va tutto
bene… È solo la mia
vita ad essere andata in pezzi…” si
lasciò cadere pesantemente sul divano di
Etienne e si coprì il volto con le mani. Lui le fu accanto
in un secondo e le
passò un braccio sulle spalle.
“Dai,
non può essere tanto grave… un appuntamento
andato male?” cercò di scherzare
lui.
“Non
farmi domande… per favore…”
Lui
sospirò. Sia alzò e le versò un
bicchiere di cognac. Lei lo prese grata. Rimase
ancora un po’ a girarsi il bicchiere tra le mani, poi,
improvvisamente si alzò.
“Scusa,
non sarei dovuta venire… Ora… ora sto meglio, me
ne vado… Ci vediamo domani al
laboratorio”
“Aspetta!”
disse lui. Ma lei si stava già infilando la giacca.
“Sei certa di stare meglio?
Puoi restare qui, se vuoi…”
“No,
ti ringrazio, ora vado” uscì dalla porta e si
chiuse l’uscio alle spalle.
Dopo
un quarto d’ora, Etienne prese il sacchetto della spazzatura
e si preparò per
andare a buttarlo. Quando aprì la porta, Hermione era ancora
lì, di spalle, che
guardava le stelle.
“Heather…”
mormorò lui posando il sacchetto.
Lei
si girò lentamente e poi si gettò tra le sue
braccia piangendo disperatamente.
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Capitolo 6 *** 6 ***
6
Erano
passati quattro anni.
Quattro
lunghi anni dall’ultima volta che aveva messo piede in
Inghilterra. Dall’ultima
volta che aveva visto Ron.
E
ora, stava per tornare.
“Heather,
sei pronta? Dai, l’aereo parte tra poco!!” una voce
venne dal soggiorno al
piano di sotto.
“Sì.
Sì, arrivo Etienne” rispose.
Le
valigie erano già tutte pronte. Le cose messe in ordine in
vista della
partenza. Quello che proprio non le riusciva di fare era di mettere
ordine nei
suoi pensieri. Non sapeva dire al suo cuore di smettere di battere
all’impazzata. Non poteva impedire al suo stomaco di
annodarsi dolorosamente.
Stava per tornare a casa, stava per rivedere Ron.
La
sera prima, aveva avuto una lunga chiacchierata con Danielle. Sedute
sul divano
di casa sua, lei le aveva chiesto schiettamente come si sentiva.
“Non
lo so” aveva risposto Hermione. “Nervosa. E
agitata. E ansiosa. Ho un po’
paura, Danielle…”
“Hmmm…”
fece l’amica per tutta risposta, pensierosa.
“Hermione, non hai detto l’unica
cosa che volevo sentire. Dovresti essere felice. Questo avresti dovuto
dirmi.
Stai andando a sposare l’uomo col quale vivi da quattro anni.
La felicità
dovrebbe essere la sensazione più forte che provi. Ma invece
non lo è per
niente. Senti, io sono tua amica e devo dirti quello che penso. Non
credo
proprio che sposare Etienne sia una buona idea. Non lo ami. Non
l’hai mai
fatto. Non avete in comune altro che il lavoro. Non uscite mai. E non
è che
state chiusi in casa per fare altro, perché ho la vaga
impressione che nemmeno
a letto ci sia una grande intesa. Sei sicura di volergli fare questo?
Sei
sicura di volerti condannare ad una vita di noia e monotonia? Ne sei
proprio
certa?”
Aveva
ragione lei. Etienne non era stato altro che un tappabuchi per quattro
lunghi anni.
Non lo amava, ma aveva creduto che in qualche modo avrebbe potuto
riempire il
vuoto che si era formato dentro di lei.
Be’,
si era sbagliata di grosso.
“E
cosa pensi che accadrà quando rivedrai Ron?”
aggiunse Danielle.
“Io…
be’, sarà bello rivederlo. Ormai è
passato parecchio tempo dall’ultima volta
che l’ho visto. Certo, sarà un po’
strano, ma entrambi siamo andati avanti.
Abbiamo preso strade diverse, divise. Quello che c’era tra
noi è cambiato e ora
io credo di essere felice con Etienne” concluse Hermione
decisa.
Danielle
la guardò scettica.
“E’
la verità!” disse Hermione, ma non riusciva a
guardarla negli occhi.
“Sì,
certo. Come no. Vuoi dire che questi quattro anni con Etienne ti hanno
portato
gioia e felicità? Vuoi dire che non hai pensato a Ron
nemmeno una volta?
Andiamo…”
“Danielle
sono certa di stare facendo la cosa giusta” rispose, senza la
minima
convinzione nella voce.
Ma
un pensiero la colpì improvvisamente. Aveva finto per
quattro anni, e ora si
trovava in una situazione quantomeno difficile. No, non era per niente
certa di
volere una vita di non amore. Ma era un po’ tardi, no? Come
avrebbe fatto ad
uscirne?
Abbassò
la testa. “Forse hai ragione. Ma presto sposerò
Etienne e non è il momento di
avere certi dubbi. Inoltre…” continuò
titubante. “Sarebbe comunque troppo
tardi”
“Hermione,
non è tardi. Ti prego, dimmi che ci penserai ancora e bene
prima di farlo. Io
voglio che tu sia felice ma non vedo come potrai esserlo se sposerai
davvero
Etienne…”
Ora
che si avvicinava l’ora della partenza, tutto quello che le
aveva detto
Danielle le rimbombava nella testa e lei non riusciva a fermare i
pensieri.
Scese
le scale ed allungò la sua valigia a Etienne.
“Andiamo” disse.
**************
Hermione
sta tornando.
Questa
era l’unica cosa che il suo cervello gli ripeteva
all’infinito. Guardandosi
bene dal ricordargli anche la seconda parte della frase di Harry.
Per
sposarsi.
Ma
l’unica cosa che lui continuava a ripetersi era che Hermione
stava tornando.
“Ron,
che ti prende?” chiese Lavanda vedendo Ron ancora fermo
davanti al caminetto
con lo sguardo fisso nel vuoto, dopo che aveva parlato con Harry.
“Lavanda…
devo dirti una cosa…”
“Uh-oh,
dal tuo tono non si direbbe nulla di buono…”
scherzò lei.
“Ascoltami,
è una cosa seria. Ecco… Hermione sta
tornando” disse alla fine lui.
Lavanda
si ritrovò a trattenere il fiato senza sapere come reagire.
“Questo
significa che… che tornerai da lei?” chiese con
voce rotta, dopo parecchi
minuti.
“Io…
no… non lo so ancora… Però devo
vederla. E parlare con lei.”
La
ragazza gli girò le spalle.
“Sapevo
che questo momento sarebbe arrivato. Sapevo che prima o poi ti avrei
perso.
Anzi, in realtà non ti ho mai avuto…” e
cercò di trattenere una lacrima
solitaria.
“Non
dire così, Lavanda”
“È
la verità Ron… Ho sempre saputo che chi teneva le
chiavi del tuo cuore non ero
io. Solo speravo che magari… magari avrei avuto ancora un
po’ di tempo per
stare con te…”
“Torna
per sposarsi” disse lui cupo.
“Per…
sposarsi?”
Lui
annuì.
“Ma
questo non ha la minima importanza. Io so già come finiranno
le cose. Non hai
mai smesso di amarla, non smetterai mai. Non puoi, e questo
è quanto. So di
essere stata solo un palliativo, ma è stato bello
finchè è durato. Domani passo
a casa tua a prendere la mia roba”
“Aspetta
non… non dire queste cose. Io… io non so quello
che accadrà. Senti, so che
quello che sto per dirti è molto egoista ma… E se
le cose non andassero come
dici tu? Io avrei perso anche te e non credo di poterlo sopportare. Ti
prego,
aspetta” si avvicinò e le carezzò una
guancia.
Lavanda
fece un profondo sospiro. “Ron, non potete stare lontani. Io
so come andrà a
finire… Ma ti starò accanto, se tu lo
desideri”
Lui
la abbracciò stretta e le sussurrò tra i capelli
“Sai, se non ci fosse stata
lei, avrei potuto amarti come meriti”
“Lo
so”
*************
Hermione
prese il telefono e compose un numero. Immediatamente la voce del suo
amico le
rispose all’altro capo.
“Harry!
Sono così felice di sentirti!!”
“Anche
io, Hermione. Mi sei mancata. Senti, volevo dirti che stasera ci
sarà anche
Ron”
Un
piccolo pugnale nel cuore.
“Con…
ehm… con Lavanda”
Altro
piccolo pugnale.
Ci
fu un momento di silenzio, Hermione non sapeva cosa dire.
“Stanno
insieme?” chiese dopo un po’.
“Sì,
da quando tu l’hai, cioè, da quando vi siete
lasciati… più o meno…”
Quante
pugnalate poteva ancora sopportare il suo cuore?
“D’accordo
Harry. Ci vediamo stasera”.
Cosa
si era aspettata? L’uomo più affascinante che lei
avesse mai visto, onesto,
intelligente, capace di amare come nessun altro al mondo, pensava forse
che
dopo quattro anni fosse ancora single?
No,
non lo pensava. Ma lo aveva sperato.
Aveva
sperato almeno che non avesse una storia fissa, che non avesse un
legame serio.
Bella pretesa, da parte sua.
Ipocrita,
ecco cos’era. Lei, che per quattro anni aveva finto con un
altro uomo…
Ma
Lavanda? Proprio lei? Se non fosse stata tanto stupida quattro anni
prima,
tutto questo si sarebbe potuto evitare. Era arrabbiata. Con
sé stessa,
principalmente. E anche con Lavanda. Come aveva fatto a trovarsi al
posto
giusto nel momento giusto? Com’era possibile che fosse lei a
essere accanto a
Ron ora?
Non
è che questo sentimento era un riaffiorare della vecchia
gelosia degli anni
della scuola?
E
perché mai avrebbe dovuto essere gelosa di Lavanda se ora
considerava Ron solo
come un amico?
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Capitolo 7 *** 7 ***
Lo so, ritirare fuori Lavanda per
Ron è stato un colpo basso, ma ero talmente furiosa con
Hermione che ho pensato che le sarebbe stato proprio bene. E devo dire
che anche in questa storia, come in parte nel libro, mi dispiace per
Lavanda. Ma si sà, people
that are ment to be together always find their way in the end...
Penultimo
capitolo.
7
Hermione
camminava nervosamente avanti e indietro. Lei ed Etienne erano arrivati
con
qualche minuto di anticipo.
Lui
le si avvicinò e tentò di abbracciarla, ma lei si
scostò bruscamente e gli
diede le spalle.
“Ehi!”
protestò lui.
“Scusa,
è che sono nervosa…” disse torcendosi
le mani. Lui si avvicinò di nuovo e
questa volta lei si fece abbracciare. Aveva bisogno di qualcosa a cui
aggrapparsi in quei momenti di attesa. Etienne poteva servire allo
scopo.
“Mi
dispiace, non dovrei essere così tesa. E’ che non
li vedo da tanto, sai…”
“Su,
dai. Non sarà niente di traumatico”
In
quel momento arrivarono Harry e Ron. E Lavanda.
Si
ritrovarono in cinque nel parchetto dove anni prima, solo in tre,
avevano speso
giornate intere a fare congetture, speculazioni, ipotesi…
Hermione
fu la prima a muoversi, abbracciò Harry.
“Harry”
“Ehi…”
le disse lui abbracciandola a sua volta, tenendola stretta e chiudendo
gli
occhi. Era passato così tanto tempo dall’ultima
volta che l’aveva fatto che ora
voleva sentire il calore di quel contatto invadergli il corpo. Gli era
mancata,
non si era mai accorto veramente di quanto fino a quel momento.
Si
staccarono. Hermione fece un passo verso Ron, Ron uno verso di lei.
Allungò una
mano e le carezzò una guancia, sempre guardandola negli
occhi.
“Ron…”
disse incerta.
Lavanda,
che era rimasta alle sue spalle, si portò le mani alla bocca.
La
mano di Ron scese sul collo di Hermione, le spostò i
riccioli delicatamente e
poi scivolò ancora oltre a circondarle le spalle, tirandola
a sé.
Immediatamente le braccia di lei volarono a stringersi intorno alla sua
vita ed
entrambi rimasero paralizzati dalla sensazione.
Lavanda
si lasciò sfuggire un singhiozzo e girò le spalle
alla scena, ma nessuno dei
due se ne accorse.
Si
stringevano. L’uno all’altra, e basta.
Dopo
parecchi secondi, Harry notò che all’espressione
stupita di Etienne se ne era
sostituita una alquanto seccata.
Passarono
ancora almeno cinque minuti e loro continuavano a rimanere allacciati.
Harry
cominciava a essere parecchio imbarazzato perchè Etienne
aveva iniziato a
lanciargli sguardi interrogativi e guardava torvo Ron.
Ma
per loro due il mondo si era fermato e non esisteva più
nessun altro.
Sembravano non rendersi conto del tempo che passava e della loro
immobilità. E
nessuno dei due aveva la minima intenzione di lasciare andare
l’altro.
Ron
si sentì improvvisamente come se tutto quel tempo in cui era
stato lontano da
lei non fosse mai passato, ricordò perfettamente le sue
emozioni, ricordò come
lei lo faceva sentire. E un qualcosa dentro si sciolse nel suo petto.
Come se
un blocco di ghiaccio che non sapeva di portarsi dentro si stesse
squagliando
lentamente.
Hermione
non poteva impedire al suo cuore di martellarle nel petto come non le
accadeva
da tempo. Non poteva non crogiolarsi nel calore delle sue braccia,
nella forza
della sua stretta. Non era più consapevole di niente, se non
del fatto di
trovarsi, di nuovo, tra le sue braccia. E questo, per il momento, era
tutto ciò
che le interessava.
Erano
passati altri minuti.
Ora
Harry era realmente imbarazzato. Etienne gli lanciava occhiate
assassine,
mentre Ron e Hermione sembravano ignari di tutto. Suo malgrado, decise
che
doveva in qualche modo intervenire…
“Ehm…”
fece, sperando che fosse sufficiente. Sfortunatamente il suo sguardo
incrociò
quello di Etienne, che sembrava sul punto di esplodere. Distolse in
fretta gli
occhi, sentendosi sempre più a disagio.
Finalmente,
dopo quello che era parso un tempo interminabile i due si staccarono.
Continuarono
a guardarsi intensamente negli occhi, ma il momento fu interrotto da
Etienne
che allungò bruscamente una mano verso Ron e disse, ironico:
“Io sono Etienne.
Sai, quello che sposerà Heather domani”.
Il
rosso si incupì, prese la mano dell’altro e disse
semplicemente “Ron”.
Dopodichè se la ficcò in tasca. Si
girò verso Harry che gli fece un sorriso di
comprensione. Poi si ricordò che non era venuto solo, ma
quando si guardò alle
spalle, Lavanda non c’era più.
“Ma…
Harry, per caso sai dov’è andata?...” e
indicò il punto in cui prima si trovava
la ragazza bionda.
Harry
scosse la testa e tornarono a guardare entrambi la coppia di promessi
sposi.
Ora, Etienne teneva un braccio intorno alla vita di Hermione
possessivamente.
Quella vista annebbiò leggermente il cervello di Ron che
decise che era giunto
il momento di tagliare la corda.
Dunque,
non avrebbe avuto occasione di parlare con lei prima del suo
matrimonio… Cosa
si era aspettato da questo incontro, in fondo? Nulla.
Ed
era esattamente quello che era accaduto.
Certo,
stringerla a sé ancora una volta era stato indescrivibile,
ma lei domani si
sarebbe sposata con quel cretino. Quindi, discorso chiuso.
“Io…
io penso che tornerò a casa…” disse.
“Sì,
anche noi dobbiamo andare a finire i preparativi” disse
Etienne risoluto,
iniziando a trascinare Hermione lontano da quel luogo.
“Ragazzi..”
disse lei mentre seguiva il suo fidanzato. “Mi
dispiace… avrei voluto avere più
tempo per parlare con voi…” disse salutandoli.
“A
domani” disse Harry.
Mentre
si allontanavano in direzioni opposte, sia Ron sia Hermione si
voltarono e si
scambiarono un ultimo sguardo.
********
Ron
arrivò a casa dopo parecchio tempo. Aveva vagato e pensato.
Appena
accese la luce, vide un foglio di pergamena posato sul tavolino. Lo
prese in
mano e lo lesse.
“Non
voglio iniziare dicendo “te l’avevo
detto” ma, io te l’avevo detto. Ho preso tutte le
mie cose, penso di non aver
lasciato nulla fuori posto. E’ stato davvero bello Ron. Non
ho rimpianti, ho
fatto quello che ho potuto, per te, ma anche per me stessa.
Non ti
dirò che ti amo, perché fa troppo
male. Ma tu lo sai.
Addio
Lavanda”
Ecco.
Ora sì che aveva bisogno di una bella camminata per
schiarirsi le idee.
Aveva
perso tutto, allora? Evidentemente sì.
Ripercorse
i suoi passi fino a trovarsi nuovamente nel parchetto che qualche ora
prima era
stato teatro della sua riunione con Hermione e Harry. Si sedette su una
panchina e si prese la testa tra le mani, riflettendo.
La
amava ancora? Sì.
Su
questo non aveva dubbi, e nemmeno sul fatto di averla perdonata molto
tempo
prima per quello che gli aveva fatto.
Se
ci fosse stata anche solo una misera possibilità di
riaverla, ci avrebbe
provato?
Dannazione,
sì! Avrebbe anche spaccato la faccia a quel suo presuntuoso
pseudo-fidanzato
francese, se fosse servito a qualcosa.
C’era
realmente qualche possibilità di riaverla?
No.
Nessuna.
Lei
si sarebbe sposata l’indomani e lui non era nemmeno riuscito
a dirle due
parole. Però gli rimaneva dentro la sensazione che aveva
provato quando si
erano abbracciati…
L’aveva
provato anche lei? Aveva significato qualcosa?
Estrasse
dalla tasca un brandello di fotografia ormai molto consunto. I colori
originali
erano completamente scomparsi e la Hermione
del suo passato gli sorrideva ora in bianco e nero.
La guardò dolcemente per un istante e poi la ripose nel
portafoglio sospirando.
*********
“Ma
insomma, si può sapere che ti prende?”
sbottò Etienne. “Da quando hai rivisto i
tuoi amici sei diventata un’altra. Non mi hai detto una sola
parola, non mangi,
non ti prepari per il grande giorno. Che cos’hai?”
“Scusa…
è che io non… non lo so, ho bisogno di pensare ad
alcune cose…”
“Pensare
a cosa? Spero che tu non abbia intenzione di mandare tutto a monte,
perché io…”
“No,
no. Non penso…”
“Non
pensi?!?!” disse lui incredulo. “Andiamo Heather, a
me puoi dire cosa c’è…”
“Senti…
è che io… ho bisogno di schiarirmi le
idee… vado a fare due passi” disse lei
dirigendosi verso la porta.
“D’accordo,
allora” rispose lui prendendo la giacca.
“Andiamo”
“Oh…
va bene…” disse lei abbassando le spalle. Ma poi
ci ripensò. “Anzi no, non va
bene per niente. Io ho bisogno di stare sola. A pensare. Quindi ora mi
fai il
favore di startene qui e lasciarmi in pace. Non so quanto mi ci
vorrà, perciò
non venire a cercarmi. Sono stata chiara?” e uscì
sbattendo l’uscio.
Ma
era veramente così pedante il suo promesso sposo? E lei non
se ne era mai
accorta? Scosse la testa allibita da questa realizzazione. Come aveva
potuto
lei, che era sempre stata una leader,
diventare un agnellino indifeso? Era veramente stata
capace di farsi
mettere i piedi in testa da un idiota per tutto questo tempo? Mentre
camminava
le tornavano in mente le parole di Danielle Non
è troppo tardi…E se fosse stato vero?
Dopotutto, non aveva ancora
pronunciato il fatidico sì…
|
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Capitolo 8 *** 8 ***
Chiedo scusa, sono in ritardo. E
proprio con l'epilogo xD. Comunque ecco qua, con questo si conclude
anche questa storia. Sono davvero molto felice che vi sia piaciuta e
ringrazio di nuovo tutti per i commenti che mi avete lasciato. Spero di
tornare con un'altra storia, ma con l'imminente uscita di DH di tempo
ne passerà comunque tanto. Grazie e alla prossima.
8
I
suoi piedi la portarono di loro volontà verso il parco nel
quale aveva rivisto
Ron. Si addentrò nel giardino e alla luce di un lampione
scorse la figura di un
uomo seduto su una panchina che si teneva la testa tra le mani. Per
quanto
fioca fosse la luce, avrebbe riconosciuto quel colore di capelli anche
tra
migliaia di altre teste rosse.
Le
sfuggì un sorriso.
Forse
non tutto era perduto…
“Posso
sedermi accanto a lei?” chiese, ma si era già
seduta.
Lui
sollevò la testa di scatto.
“Hermione!
Cosa ci fai qui?”
“Quello
che ci fai tu, suppongo… Avevo bisogno di stare sola per
riflettere…”
Lui
annuì.
“E
ci sei riuscita? Le tue riflessioni ti hanno portata da qualche
parte?” chiese
lui, incuriosito.
“Sì,
qui” rispose la ragazza e lentamente allungò una
mano per accarezzare il viso
di Ron.
“Senti,
io… io avrei tanto voluto avere un’occasione per
parlarti prima di domani, ma
ora che sei qui, davanti a me…” sollevò
lo sguardo e i suoi occhi blu si
fissarono in quelli color cioccolato di lei. Li vide addolcirsi, e poi
inumidirsi.
Poi
si chiusero e il viso della ragazza si
avvicinò al suo.
Le
loro labbra si sfiorarono. Poi si toccarono e poi Hermione gli diede un
bacio
vero e proprio.
Lui
non potè fare a meno di rimanere immediatamente catturato
dalla magia che lei
risvegliava in lui con un semplice sguardo e rispose al bacio.
“Qu-
questo cosa significa?” chiese lui quando le loro labbra si
staccarono.
“Ron…”
abbassò gli occhi e una lacrima solitaria le scorse sul
viso. “Io non sono più
sicura di volerlo fare…”
“Di
voler fare cosa?”
“Di
sposarlo…”
Ron
rimase un momento senza parole. Poi le mise un braccio attorno alle
spalle e la
strinse a sé.
“Ma
io pensavo che tu… fossi… Hermione, sei
innamorata di lui?”
“Io
credevo di sì… Ma poi ti ho rivisto e non ne sono
più stata tanto certa. E mi
sono accorta che in realtà avevo perso me stessa in
lui… E ora, non voglio più
sposarlo” concluse e adesso le lacrime le scorrevano copiose
sulle guance.
“Oh
vieni qui” disse lui stringendola ancora di più.
Lei
sollevò il viso verso il suo e di nuovo le loro labbra si
incontrarono. E
questa volta non fu solo il lieve toccarsi di labbra di un bacio
scambiato tra
amici, ma l’incontro delle bocche di due amanti, il bisogno
di un contatto
profondo, la necessità di sentire l’altro
completamente.
Quando
entrambi rimasero senza fiato, ruppero il contatto. Si guardarono. Poi
Hermione
abbassò gli occhi e prese a parlare.
“Io
devo chiederti scusa, Ron. Per tutto quello che ti ho fatto passare,
per come
ho posto il lavoro davanti all’amore. L’unica cosa
che posso dirti è che anche
io ho sofferto quanto te per colpa di quella mia dannata
scelta… Se solo
avessi-”
“Shhh…
non parlare ora. Non voglio sentire queste cose. È passato
del tempo e quello
che è stato è stato. Ho sofferto, è
vero. Ma ti ho perdonata molto tempo fa,
Hermione…”
Si
baciarono di nuovo e questa volta Hermione si mise a cavalcioni delle
sue
gambe. Ron le fece scorrere una mano tra i capelli e accarezzava i suoi
riccioli. Non poteva credere a quello che stava accadendo. Non sapeva
ancora se
Hermione avrebbe sposato Etienne oppure no, ma era evidente che anche
lei
provava ancora qualcosa per lui.
Era
incredibile… Possibile che lo amasse ancora?
“Ron
non… non potremmo andare a casa tua?” chiese lei
arrossendo, dopo un po’.
Lui
sorrise. Anche lei voleva fare l’amore tanto disperatamente
quanto lui?
Annuì.
Si alzò e la prese per mano, conducendola verso il suo
appartamento. Rimasero
in silenzio, persi nei loro pensieri.
Era
giusto quello che Hermione stava facendo?
Forse
no, di sicuro non nei confronti di Etienne, ma il suo cuore non era mai
stato
tanto felice insieme a lui, e il suo corpo non aveva mai desiderato
tanto di
unirsi al suo. Solo Ron le faceva provare queste sensazione, ormai se
ne era
accorta anche lei. Da quando l’aveva rivisto, qualcosa si era
risvegliato in
lei.
Il
bisogno.
La
felicità.
La
voglia.
L’amore…
proprio lui.
Ma,
a pensarci bene, era solo andato in letargo perché lei non
aveva mai smesso
veramente di amare Ron.
Ron
si sentiva la testa leggera. Non riusciva ancora a rendersi conto
pienamente
che quello che stava accadendo era reale, che stava davvero portando
Hermione a
casa sua, che forse, anche lei lo amava ancora.
Eppure…
stava stringendo la sua mano, si erano baciati a lungo, si erano
ritrovati e
nessuno dei due voleva che quel momento finisse.
Arrivarono
nel suo appartamento. Ron la fece sedere sul divano mentre accendeva il
fuoco
nel caminetto. Lei gli sorrise. Lui andò a sedersi accanto a
lei e le prese le
mani.
“Io
non posso ancora credere che tu sia qui…”
“Lo
so, è strano… Ma non vorrei essere in nessun
altro posto. Solo tra le tue
braccia” e vi si lanciò dentro stringendolo con
tutta la sua forza. Lui la
avvolse immediatamente in un abbraccio caldo e respirò
l’odore dei suoi
capelli.
Era
reale. Era tutto vero, cominciava a capirlo veramente solo ora.
Ripresero
a baciarsi appassionatamente e dopo poco Ron la sollevò e la
portò in camera da
letto.
La
spogliò lentamente e fu come riscoprirla. La sua pelle era
ancora candida e
liscia, i suoi seni ancora pieni e sodi, il suo profumo inebriante. Si
allontanò un momento da lei per guardarla e rimase senza
fiato: per Merlino
come era bella! Ritornò da lei e fece scorrere le mani su
ogni centimetro del
suo corpo, venerandolo. Era perfetta e lui si sentiva quasi commosso
dal fatto
di poterla riavere con sé, di poterla di nuovo toccare,
accarezzare, sfiorare
ed amare.
Hermione
si sentiva preda delle sue sensazioni, catturata dall’incanto
del suo tocco e
nello stesso tempo protetta e amata, al sicuro con lui.
Quando
lui cominciò a posarle caldi baci sulle spalle, si riscosse
e si rese conto che
Ron era ancora vestito. Allungò le mani e slacciò
i bottoni della sua camicia
uno a uno, con torturante lentezza. Poi, fece scivolare la stoffa dalle
sue
spalle e scoprì il corpo di Ron, perfettamente modellato,
come scolpito nel
marmo. Trattenne il respiro, fece scivolare una mano ad accarezzare il
suo
torace ricoperto di morbida peluria arancione, e poi ancora
più in basso, sui
suoi addominali. Si avventurò fino alla zip dei suoi jeans e
la aprì con mani
tremanti. Si sentiva come una adolescente alla sua prima esperienza,
eccitata e
spaventata allo stesso tempo. Eppure questo era Ron, colui che amava da
sempre.
Ma non era più il ragazzo che aveva conosciuto, era un uomo,
in tutto e per
tutto.
Un
uomo meraviglioso, a dire il vero. E quest’uomo straordinario
voleva lei,
glielo leggeva negli occhi, nelle reazioni del suo corpo al suo tocco.
Quando
anche i jeans raggiunsero il resto dei loro vestiti, Hermione
indugiò
sull’elastico dei boxer di Ron. Ma lui la prese per i polsi e
le allontanò le
mani bloccandogliele poi dietro la schiena. La baciò di
nuovo rabbiosamente e
la spinse indietro finchè lei non cadde sul letto. Le fu
sopra in un secondo.
Ora non era più il tempo delle parole,
dell’incertezza, della delicatezza. La
voleva come non aveva mai voluto niente in vita sua e glielo avrebbe
dimostrato, proprio lì, proprio in quel momento.
Le
baciò il collo e poi scese sui seni. Lei emise un gemito. La
mano di Ron
scivolò lungo il suo fianco e raggiunse i suoi slip. Glieli
abbassò e lei li
calciò via con un movimento della gamba. Poi,
impazientemente, raggiunse di
nuovo l’elastico dei boxer e lo costrinse a toglierseli. Era
giunto il momento,
non poteva più aspettare di sentirlo dentro di sé.
“Ti
prego Ron…” disse con voce roca.
E
lui la accontentò.
In
quel momento nessuno dei due fu più padrone dei propri
sensi, entrambi non
capivano dove finiva uno e cominciava l’altro. Ma non aveva
nessuna importanza
perché, finalmente, si sentivano di nuovo completi.
Quella
notte si amarono molte volte. E non sembrava che fosse mai abbastanza.
Si
addormentarono esausti all’alba.
Dopo
alcune ore Hermione si svegliò e si stiracchiò.
Ron aprì gli occhi e la prese
tra le braccia mormorando “Buongiorno”. Lei gli
sorrise e si accoccolò meglio
accanto a lui. Si sentivano in paradiso.
“Hermione…
io volevo dirti che… per me non è cambiato
niente… Insomma io non ho mai smesso
di-”
“Ti
amo, Ronald Weasley” lo interruppe lei.
E
poi si alzò dal letto e cominciò a rivestirsi.
Senza aggiungere altro uscì
dalla stanza e si diresse verso la porta per uscire.
“Aspetta…
dove vai?” disse lui allarmato, mentre finiva arrotolato tra
le lenzuola nel
tentativo di alzarsi e seguirla. “Dannazione!”
La
raggiunse sulla porta coperto da un lenzuolo che era riuscito a
togliere dal
letto.
“Hermione,
dove stai andando?” chiese lui.
“Da
Etienne”.
Per
poco il cuore di Ron non smise di battere.
“Merita
almeno una spiegazione, non ti pare? Dopotutto non posso lasciarlo ore
ad
aspettarmi davanti all’altare” sorrise lei.
Lui
si rilassò.
“Ma
tornerai qui, vero? Questa volta tornerai da me?”
“Per
non lasciarti più” rispose lei posandogli un bacio
a fior di labbra. “Questa
volta non ti sarà facile liberarti di me” aggiunse
sorridendo.
**********
Ritornò
dopo alcune ore con tutte le sue valigie e Ron ne fu immensamente
sollevato.
Le
corse incontro e la abbracciò. Lei aveva il viso stanco e un
po’ triste.
“Tutto
bene?” chiese lui preoccupato.
“Be’,
non è stato un bello spettacolo” disse andando a
sedersi sul divano. Lui le
sedette accanto e le passò un braccio attorno alle spalle.
“Io…
Gli ho detto che dovevo parlargli e lui si è scaldato
subito. Ha detto che non
potevo stare via una notte intera, la notte prima del nostro
matrimonio, e
pretendere che non si arrabbiasse. Io gli ho risposto che aveva
ragione, che dovevo
spiegarli molte cose. Ma lui non mi ha lasciata proseguire e ha detto
che forse
sposarmi non era più un’idea tanto buona. Gli ho
risposto che era meglio così,
che ero d’accordo. A quel punto è impallidito e si
è messo a piangere
implorandomi di non lasciarlo. E poi, deve essergli venuto in mente che
avevo
passato la notte fuori e mi ha chiesto dove ero stata e cosa avevo
fatto.
Glielo ho detto. Gli ho raccontato tutto. Non volevo mentirgli, avevo
bisogno
di dirgli tutto. Ora mi sento meglio, anche se non so come
l’ha presa lui. Alla
fine mi è sembrato rassegnato e ci siamo salutati abbastanza
civilmente. Spero
che gli passerà presto…”
“Mi
dispiace, Hermione” disse lui stringendola.
“Sì,
anche a me. Ma non potevo fare altro Ron. Di certo non potevo sposarlo
dopo
quello che è accaduto stanotte. E raccontargli una bugia non
avrebbe avuto
senso. Dopotutto, è stato meglio così. Io non
potevo stare ancora con lui. Non
dopo aver ritrovato te” e un timido sorriso le comparve sul
viso.
Lui
le posò un bacio sulla testa e poi cercò di
ritornare su toni un po’ più
leggeri.
Si
alzò e si diresse verso la cucina, dove un pentolino bolliva
sul fuoco.
“Ti
stavo preparando un pranzetto speciale” disse sorridendo
mentre lei lo
abbracciava da dietro.
“Sei
davvero sexy con quel grembiulino” lo prese in giro lei.
“Si,
be’… lo sai che è controproducente
prendere in giro il cuoco?”
“Oh
ma io non ti prendevo in giro! Dicevo sul serio!”
Lui
si voltò e la catturò in un abbraccio. Le diede
un bacio sulle labbra.
“Va
bene, allora per questa volta ti perdono” le
sussurrò lasciandola andare.
“Ron…”
lo chiamò lei esitante dopo un po’. “Ce
l’hai ancora?”
Si
girò a guardarla con aria interrogativa.
“La
foto che facemmo quella notte…”
Sorrise.
Si diresse verso il suo portafoglio posato sul tavolo e ne estrasse un
piccolo
cartoncino consumato.
“Certo...
Sapessi quante volte mi ha aiutato ad andare
avanti…”
Lei
annuì.
“Ci
ho pianto sopra tutte le mie lacrime” disse estraendo a sua
volta il brandello
di foto. “Ricordi cosa ti dissi quando ci siamo visti
l’ultima volta?”
“Che
quando fossimo tornati insieme, avremmo ricomposto la foto riunendo le
due
parti”
Si
avvicinò a lei allungando il suo pezzetto di immagine.
Non
appena i lembi strappati furono a pochi millimetri l’uno
dall’altro, la foto si
sollevò da sola per aria e venne avvolta da una nebbiolina
dorata. All’interno,
una miriade di piccolissime scintille sprizzava dai loro visi ritratti.
Quando
si posò nuovamente sul tavolo era intatta e i colori erano
tornati al loro
splendore originale. Anche adesso, come allora, la foto rispecchiava i
loro
sentimenti e lo stato dei loro cuori.
Si
guardarono negli occhi, certi che questa volta sarebbe stato per
sempre.
Guardarono i due ragazzi sorridenti di tanti anni prima, finalmente
riuniti, di
nuovo insieme.
FINE
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