A Picture of Us

di LaurenSmith
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Salve a tutti. Dopo molto tempo torno a postare una storia. Si tratta di qualcosa di diverso da quello che ho scritto finora. Ho voluto cimentarmi con l'angst. Ma siccome il risultato non mi ha mai convinta del tutto, questa storia riposa da mesi nel mio PC senza che io mi decida a modificarla, cancellarla o pubblicarla. Però ora mi son stufata e ho deciso che vedrà la luce così com'è. Nonostante il genere sia un po' variato, una cosa non mancherà mai nelle mie storie: l'happy ending. Perciò se avrete voglia di arrivare fino in fondo, almeno quello posso garantirvelo. E ora, buona lettura.

A picture of us

1.

Sette anni.

Tanto a lungo era durata la loro storia d’amore. Perché di questo si era sempre trattato.

D’amore.

Anche se a undici anni certe cose non le puoi capire; anche se quando poi arrivi a capirle, cerchi di negarle; anche se pensi che meglio dell’amicizia non ci sia niente.

Lui, l’amore, era sempre stato lì, fin dal primo sguardo, fin dal primo battibecco, sempre. All’inizio latente, alla fine palese.

E quando era finalmente giunto il momento per confidarsi, per stare insieme, il loro mondo era crollato, sconvolto da una guerra che li vedeva in prima linea contro il male, che faceva passare tutto il resto in secondo piano, compreso un amore che avrebbe avuto tutti i diritti di esprimersi.

E così, avevano passato quello che avrebbe dovuto essere il loro settimo anno a Hogwarts, in giro per il mondo, rischiando la vita ogni giorno, cercando il modo di sopravvivere perché per loro due, in particolare, c’era in gioco anche il sentimento che li legava e il loro futuro insieme.

Alla fine, anche la guerra era giunta al termine e loro ne erano usciti vittoriosi, se così si poteva dire. La ricerca degli Horcrux e il successivo scontro finale con Voldemort aveva causato un numero spropositato di vittime e un enorme dolore aveva colpito tutti quelli che erano riusciti a rimanere vivi.

E loro si erano trovati nuovamente come quando era iniziato, in tre, uniti dalla loro amicizia, da quello che avevano affrontato e sconfitto.

 

Quando tutto era finito, sul campo di battaglia era rimasto Harry, ferito, dolorante, ma vivo. E accanto a lui c’erano loro due.

L’avevano preso e si erano smaterializzati per ricomparire poi all’ospedale St. Mungo dove tutti erano stati sottoposti alle cure del caso. Per Hermione e Ron si era trattato di poche ferite superficiali, guaribili in alcune ore con i medicamenti magici di cui l’ospedale disponeva.

Per le ferite interiori, quelle dell’anima e del cuore ci sarebbe voluto molto di più.

Harry aveva invece avuto bisogno di un ricovero più lungo e il suo corpo martoriato dallo scontro aveva bisogno di un riposo prolungato così da permettergli di recuperare almeno una piccola quantità di forze. Dopo, sarebbe venuto anche per lui il momento per pensare. Pensare a tutto quello che era accaduto e pensare a un modo per superarlo senza perdere la ragione.

Quella sera, Ron e Hermione erano usciti insieme dall’ospedale, abbracciati, cercando di sostenersi a vicenda. Non avevano nulla da dirsi, non in quel momento, con tutto l’orrore della guerra ancora troppo recente e stampato nelle loro menti per essere dimenticato o discusso. E, dopotutto, non c’era bisogno di parole, ciascuno sapeva tutto quello che stava provando l’altro.

Erano giunti all’appartamento che il Ministero aveva assegnato loro quel pomeriggio, quando un emissario del Ministro era andato a trovarli all’ospedale per comunicare ai ragazzi quale sarebbe stata la loro “casa” per il prossimo futuro.

Ron aprì la porta lentamente e spinse dentro una Hermione esitante. Lei entrò e si guardò un po’ attorno intimorita. Era talmente tanto che non vedevano un vero letto, una vera cucina e del vero cibo, che tutti e due rimasero un attimo interdetti dall’accoglienza di quel posto. Era illuminato da molte candele e un fuoco ardeva nel caminetto del salotto, davanti ad un comodo divano.

Il tavolo della cucina era già apparecchiato per due e accanto ad ogni piatto c’erano dei vassoi nascosti da coperchi di acciaio.

Passarono oltre ed arrivarono al balcone che si apriva sulla vista della città. Hermione appoggiò le mani al parapetto e lasciò vagare il suo sguardo sulle rovine che una volta, prima della guerra, erano state Londra. Ron la raggiunse e, da dietro, le cinse la vita con le mani. Anche lui contemplava attonito la distruzione che si parava davanti ai loro occhi. All’improvviso, Hermione scoppiò in singhiozzi e si girò di scatto tra le sue braccia, appoggiando il viso inondato di lacrime sul suo petto. Piangeva senza cercare di trattenersi e anche Ron sentì che dai suoi occhi sgorgavano calde lacrime. La strinse a sé ancora di più, cercando di confortarla in qualche modo. Le accarezzò la schiena e lasciò che si sfogasse. Era una reazione più che comprensibile agli orrori che avevano visto, e anche ora che era finita, rimanevano molte cose da fare: cercare di andare avanti, piangere chi non c’era più e ricostruire.

Ricostruire.

Ecco, questo poteva essere un buon punto di partenza per tentare di calmare Hermione.

Ron la scostò un po’ dal suo petto, le mise una mano sotto il mento e le fece sollevare il viso per guardarla negli occhi. Non tentò di nascondere le tracce che le lacrime avevano lasciato anche sul suo viso, sarebbe stato inutile, Hermione sapeva che anche lui si sentiva completamente svuotato.

“Ora basta, piccola” le disse lui con voce calda. “So come ti senti e so che hai bisogno di sfogarti, ma vederti piangere così mi spezza il cuore. Adesso è finita, ora è il momento di tentare di guardare avanti e ricominciare. Abbiamo bisogno di riprendere a vivere. Ci vorrà del tempo, soffriremo, ma io sarò qui per te, ogni volta che vorrai. E tu ci sarai per me, non è vero?”

Lei annuì guardando i suoi profondi occhi blu. Si conoscevano così bene. Sapevano perfettamente di essere indispensabili l’uno per l’altra.

Hermione gli fece passare le braccia intorno al collo e lentamente lo tirò verso di sé e lo fece abbassare su di lei finchè le loro bocche si toccarono. Dopo sette anni, dopo la guerra, dopo tutto quello che era accaduto a loro e intorno a loro, quello era il primo vero segno d’amore che si scambiavano.

Dapprima furono solo labbra su labbra.

Poi Ron la strinse di più e Hermione aprì leggermente la bocca e permise a Ron di esplorarla.

Quando si staccarono rimasero a guardarsi negli occhi per un lungo istante. Avevano quasi dimenticato che si potessero provare sensazioni come quelle che quel bacio aveva risvegliato in loro. E avevano quasi dimenticato cosa significava desiderare qualcuno.

Ma non avevano dimenticato di amarsi.

E ora, dopo che era stato rimandato tanto a lungo, forse era arrivato il loro momento.

Forse.

Quello che era innegabile, era che sembrava così giusto.

Così perfetto.

Così agognato.

Quasi doloroso.

Ron si abbassò di nuovo su di lei e questa volta il bacio fu subito profondo, esigente. Le mise una mano intorno al viso mentre con l’altra le accarezzava di nuovo la schiena. Hermione slacciò le braccia dal suo collo e cominciò a far passare le mani sul suo petto, poi una scivolò sotto la sua maglietta ed Hermione sentì un brivido quando toccò la sua pelle calda e i suoi pettorali così ben definiti.

Lui spostò la mano dal suo viso e la fece scendere lentamente sul suo collo, e poi ancora più giù fino a quando giunse a prenderle fermamente un seno. Hermione sussultò, ma non smise di baciarlo. Lui la sollevò da terra e la riportò dentro, si sedette sul divano e la fece mettere a cavalcioni su di sè. Ron cercò lo sguardo di lei per capire se era davvero quello che voleva. Ardeva di desiderio, ma se lei si fosse voluta fermare, avrebbe smesso in quell’istante di toccarla.

Hermione annuì con la testa, anche lei stordita dalla sensazione che la pervadeva. Aveva sognato tutto questo così a lungo che quasi non le sembrava vero. E a giudicare da quello che aveva provocato in Ron, anche lui la voleva.

Ron cominciò a slacciare i bottoni della sua camicetta. Quando arrivò al terzo e vide che lei sotto non portava nulla, un gemito gli sfuggì dalle labbra e prese immediatamente in bocca un capezzolo roseo ed eretto. Hermione credette di stare per svenire per quello che la bocca di Ron le stava facendo provare. Freneticamente spostò le mani sull’orlo della sua maglietta e iniziò a tirarla per far sì che lui se la sfilasse. Anche Ron nel frattempo le aveva tolto completamente la camicetta e ora i seni di Hermione erano appoggiati al suo petto.

La sensazione della pelle contro la pelle fece fremere entrambi. Hermione passò le sue mani sulle spalle di Ron, poi sui suoi bicipiti e infine scese ancora e iniziò a slacciare i bottoni dei jeans del ragazzo.

Incapaci di smettere di toccarsi e di baciarsi, si alzarono entrambi in piedi per liberarsi di tutti gli indumenti superflui e rimasero solo con un paio di boxer e un paio di slip a dividerli.

Ron si sedette di nuovo e Hermione si rimise sopra di lui. Ripresero a baciarsi ed erano quasi al punto di non ritorno, quando Ron parlò.

“Sei sicura? Voglio dire… Hermione, è il momento giusto questo?”

“Ron, io non posso e non voglio più aspettare” rispose lei risoluta.

Questo bastò. Si persero l’uno nell’altra fondendo i loro corpi e le loro anime.

E, finalmente, si sentirono completi.

Passarono la notte a fare l’amore e a confortarsi.

Ron la tenne stretta tra le sue braccia mentre le posava piccoli baci sulla testa, inspirando il suo profumo, tuffando il viso nei riccioli della ragazza. Quello che provava potendola stringere a sé era un sentimento di gioia e completezza assolute, qualcosa che non aveva mai provato prima e, ne era certo, non avrebbe mai più provato se non con lei.

Si appartenevano, e questo era quanto.

Inutile tentare di negarlo ancora.

Finalmente era tutto davanti ai loro occhi. Quello che li aveva sempre legati, tenuti insieme nonostante tutto, fatti combattere uno al fianco dell’altra per proteggersi e difendersi, aveva finalmente il suo nome.

Amore.

Completo.

Assoluto.

Senza fine né limiti.

Hermione si era rilassata nell’abbraccio del suo uomo, si sentiva al sicuro, si sentiva amata come non lo era mai stata. Faceva passare lentamente le dita sulle braccia di lui, soffermandosi ad accarezzare con particolare dolcezza le innumerevoli cicatrici e ferite che la guerra gli aveva lasciato come ricordo.

Niente li avrebbe più divisi.

Lei non lo avrebbe permesso.

C’era voluto troppo tempo e troppa sofferenza per arrivare a quel punto e ora, non aveva intenzione di lasciare che le cose le sfuggissero di nuovo di mano. Non aveva intenzione di sacrificare nuovamente il loro amore in nome di un qualche altro ideale superiore. La guerra era finita e ora esistevano solo loro due.

Girò il capo leggermente verso il viso di lui e le loro labbra si incontrarono di nuovo dolcemente. Fare l’amore con Ron era stata la cosa più giusta che avesse fatto da un bel po’ di tempo a quella parte. Era stato semplicemente perfetto. E naturale. Era quello doveva accadere. Ed era stato meraviglioso, indicibile. Ron era sempre stato dentro al suo cuore, ma averlo anche dentro al suo corpo era qualcosa che la rendeva felice di esistere. Era il posto giusto per lui.

Passarono ancora molto tempo a sussurrarsi dolci parole, a spiegarsi cosa rappresentavano l’uno per l’altra, ad amarsi. Dopo essersi rivestiti rimasero abbracciati ancora a lungo. Ad un certo punto, le lacrime fecero di nuovo capolino dagli occhi di Hermione e Ron, che se ne accorse, le domandò subito “Che succede, amore?”

“Ti amo così tanto” rispose lei guardandolo mentre una lacrima le scorreva sul viso. “E ho avuto talmente tanta paura di perderti che…” le sfuggì un piccolo singhiozzo. “Ma ora voglio restare insieme a te per sempre, averti accanto tutti i giorni della mia vita. Non pensavo che avrei potuto mai più essere felice, dopo tutto quello che ho visto. Ma ora lo sono. Ora tu mi hai resa felice e questa è una cosa che voglio imprimermi nella mente, e non solo…” si girò e frugò nel suo zaino finchè estrasse una macchina fotografica magica.

“E quella dove diavolo l’hai presa?”

Lei gli fece un sorriso e non rispose.

“Avanti, preparati. Metto l’autoscatto e appena parte il conto alla rovescia mi fiondo lì. Sei pronto?”

“Sì” disse lui divertito.

Hermione fece scattare la levetta e poi corse verso Ron e si tuffò tra le sue braccia.


Quando la macchina scattò, sulla pellicola rimasero impresse le loro facce sorridenti e felici.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Scusate, non sono stata chiara la volta scorsa. La storia è in otto capitoli, ed è già completa, perciò verrà aggiornata regolarmente. Ora, devo davvero ringraziare di cuore tutti per i commenti, fanno sempre molto piacere. E devo anche ringraziare due persone speciali, loro sanno chi sono...

Nuovo capitolo e nuovi guai...

2

Il mattino dopo si prepararono per andare all’ospedale a trovare Harry.

I Ron e Hermione della foto scattata la notte precedente li guardavano sorridenti da sopra il comodino.

Si vestirono e andarono in cucina per fare colazione. Quando giunsero davanti al tavolo, sollevarono i coperchi e vi trovarono sotto brioches calde e pane tostato. Mangiarono chiacchierando e in quel momento entrambi sentirono che la speranza della felicità era ancora possibile. Il peggio era passato e loro erano insieme.

Appena ebbero finito, Hermione sparecchiò il tavolo con un incantesimo, si vestirono, lei prese il suo zaino ed uscirono.

Quando giunsero in strada, Hermione si fermò di colpo.

“Che succede?” chiese Ron allarmato.

“Ho dimenticato una cosa” disse lei e corse di nuovo all’interno su per le scale. Ron la guardò perplesso chiedendosi cosa ci fosse di tanto urgente.

Lei tornò, gli mise un braccio intorno alla vita e gli sorrise ignorando completamente il suo sguardo interrogativo.

Ripresero a camminare e arrivarono dopo poco all’ospedale.

Passarono la mattinata a parlare con Harry. Era ancora molto provato ma i medici avevano stabilito che la compagnia dei suoi migliori amici, delle persone che gli erano state accanto sempre, che avevano condiviso tutto con lui, non poteva fargli che bene. Perciò li lasciarono in pace.

“Harry…” disse ad un certo punto Ron un po’ titubante, dando un veloce sguardo ad Hermione.

“Ron, non dirmelo” rispose l’amico. “Non ce n’è bisogno credimi. Avete dovuto aspettare talmente tanto per essere felici che ora ve lo si legge in faccia. E, ragazzi, non potete capire quanto io sia contento per voi. Nessuno se lo merita di più…” concluse e i suoi occhi si inumidirono.

Ron e Hermione si guardarono e poi lei abbracciò forte Harry cercando di non fargli troppo male. Rimasero in silenzio per qualche minuto, ascoltando solo il suono delle loro emozioni.

All’improvviso nella stanza entrò un mago vestito con la divisa del Ministero e interruppe bruscamente quel momento di intimità.

“Buongiorno. Mi chiamo Jenks. Sono l’inviato del Ministero. Ero certo che vi avrei trovato tutti qui. Bene, così non dovrò ripetere quello che ho da dirvi”.

I ragazzi si guardarono insospettiti e incuriositi da quello strano tizio.

“Come potete immaginare, la vostra impresa vi ha conferito degli innegabili diritti nel mondo dei maghi. Pertanto tutti e tre siete stati arruolati d’ufficio nel corpo degli Auror. Questo significa che da oggi siete sotto la protezione del Ministero” e fece una pausa ad effetto per permettere ai ragazzi di assimilare quanto aveva appena detto.

“Questa vostra nuova condizione, ha messo il Ministero nella posizione di dover provvedere alla vostra sicurezza. E questo è il vero motivo per cui sono qui. Avete fatto un’impresa che ha dell’incredibile. Avete sconfitto Voi-sapete-chi. Ma purtroppo i suoi seguaci e discepoli sono ancora molti, e sono ancora a piede libero. Abbiamo ricevuto delle segnalazioni relative ad un gruppo di loro che si sta riorganizzando per ottenere vendetta. Vogliono annientare quelli che hanno determinato la fine del loro Signore. Ossia, voi tre” altra pausa.

I ragazzi cominciarono a sentirsi nervosi.

“Il Ministero ritiene che ci sia un’unica soluzione per garantire la vostra sicurezza. Non dovrete mai essere tutti e tre nello stesso posto. Non dovrete mai stare insieme. È già stato tutto predisposto. Tra due ore la signorina Granger prenderà un aereo diretto a Parigi. Le verrà fornita una nuova identità e-”

“No” lo interruppe Hermione.

“Come dice, prego?”

“Ha sentito benissimo, ho detto no” disse lei con una calma irreale nella voce.

“Mi dispiace che lei la pensi così, signorina. Ma non è in suo potere prendere questa decisione”.

“NON È IN MIO POTERE???” questa volta Hermione gridò.

I medici accorsero immediatamente e li cacciarono gentilmente fuori dall’ospedale.

Ron ed Hermione seguirono il Signor Jenks all’aperto finchè lui si fermò sul prato che stava davanti all’entrata dell’edificio. Si girò verso di loro, pronto a fronteggiarli.

“Proprio così, non spetta a lei decidere”

“STIAMO PARLANDO DELLA MIA VITA!! COME SI PERMETTE DI DIRMI CHE NON SPETTA A ME SCEGLIERE IL MIO FUTURO?!?” lo aggredì immediatamente Hermione.

Poi fece qualche profondo sospiro e cercò di riportare la sua voce a un volume normale.

“Non ho la minima intenzione di separarmi da loro” disse indicando Ron. “E il Ministero non potrà farci proprio niente. Non può costringermi!!”

“È qui che si sbaglia. Le cose sono già state tutte predisposte. Avete esattamente un’ora e quarantasette minuti prima della partenza del volo. Le ricordo che dovrà essere all’aeroporto con un po’ di anticipo”.

“Non ci penso neanche. Io non me ne andrò!! Non voglio!! Non adesso, non potete farmi questo!! Non potete farci una bassezza del genere” disse lei ormai disperata, guardando Ron con le lacrime agli occhi.

“È per la vostra sicurezza”

“La nostra sicurezza?” intervenne Ron mentre si avvicinava ad Hermione per abbracciarla. “Non mi era sembrato che ve ne fregasse molto della nostra sicurezza mentre eravamo su quel campo di battaglia a fare il culo a Voldemort. SOLI. Non venite a raccontarci che ora, improvvisamente, volete proteggerci!!” disse il ragazzo furioso.

“Mi dispiace. Questo è quanto. La signorina Granger partirà e niente potrà impedire questo fatto. Vi consiglio di impiegare il tempo che vi è rimasto per salutarvi. Per i primi quattro mesi non vi sarà permesso di vedervi. Potrete scrivervi. Non cercate di scappare o nascondervi. Non servirà. Arrivederci”. E si smaterializzò.

Hermione era crollata in ginocchio sul prato morbido, il viso tra le mani. Piangeva disperatamente, ancora incapace di credere a quello che le era appena stato detto. Sarebbe partita. Avrebbe dovuto lasciare Ron. Non vederlo per quattro mesi. Né lui, né Harry. Sarebbe stato meglio se Voldemort l’avesse uccisa.

Ron accorse da lei e la fece rialzare tenendola tra le braccia. Anche lui piangeva e non trovava nessuna parola di conforto per il suo amore. Non sapeva cosa dirle. Non riusciva a pensare ad un solo motivo per il quale lei avrebbe dovuto smettere di piangere. E non riusciva a pensare ad un solo motivo per il quale lui avrebbe dovuto continuare a vivere, senza di lei.

“Hermione” disse tra i singhiozzi. “Hermione ti prego. Calmati. Lo so, è devastante anche per me. Non so come potrò stare senza di te. Ma ha parlato di quattro mesi. Tra quattro mesi ci rivedremo e staremo di nuovo insieme…” tentò lui.

“Ron, non mi interessa! Io non voglio più stare nemmeno quattro minuti senza di te!! Perché li giustifichi, perché tenti di comprenderli?”

“Non abbiamo altra scelta, amore mio. Siamo costretti a fare come dicono loro. Per questo sto cercando di trovare qualcosa di positivo in questo disastro” concluse lui stringendola.

Hermione continuava a singhiozzare scuotendo la testa.

Arrivarono all’aeroporto ormai rassegnati ad accettare quello che era stato loro imposto. Si tennero abbracciati fino all’ultimo minuto. Poi Hermione fece una smorfia e, seguendo il suo sguardo, Ron vide il signor Jenks che si avvicinava. Prima che li raggiungesse, Hermione frugò nello zaino ed estrasse la foto che si erano scattati la notte precedente. La prese tra le mani e la strappò a metà, con gli occhi pieni di lacrime.

“Meno male che questa mattina sono ritornata su a prenderla. Ecco” disse. “Io tengo la parte dove ci sei tu e tu tieni quella dove ci sono io, d’accordo? Quando ci rivedremo rimetteremo insieme le due parti…”

Anche Ron non riusciva più a trattenere le lacrime. “Quattro mesi. Solo quattro mesi, possiamo farcela. Penserò a te sempre” e la strinse tra le braccia per l’ultima volta mentre Jenks era arrivato accanto a loro e si schiariva la voce.

Ron li vide allontanarsi mentre Hermione chiedeva a Jenks perché non aveva potuto semplicemente materializzarsi a Parigi e sentì che lui le rispondeva “E’ per la sua sicurezza”.

Ma lui non era affatto d’accordo. Era convinto che per Hermione non ci fosse posto più sicuro che fra le sue braccia. Lui l’avrebbe protetta con la sua stessa vita se fosse stato necessario.

Si allontanò dall’aeroporto continuando a pensare.

E se non fosse stato sufficiente? Se lui, anche sacrificando sé stesso, non fosse stato in grado di proteggerla come meritava? Che il Ministero non avesse tutti i torti?...

Ritirò fuori la foto strappata che aveva riposto nel portafoglio. Il suo cuore si sentiva esattamente come quel pezzo di carta: spezzato, incompleto…

Hermione prese posto sull’aereo e non appena questo fu decollato si perse nei suoi pensieri. Forse, aveva ragione Ron, stare senza di lui sarebbe stata dura, ma quattro mesi non erano quattro anni. E forse lui sarebbe stato più al sicuro senza averla tra i piedi, senza doversi preoccupare anche di lei. Asciugò in fretta con la manica una lacrima che era caduta sulla metà della foto che stringeva ancora in mano. Per quattro mesi sarebbe stato il solo modo per vedere il viso di Ron, non poteva permettersi di rovinarla con le sue stupide lacrime.

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Capitolo 3
*** 3 ***


Innanzitutto, grazie a tutti per i commenti, continuate a farli. In questa storia più che mai mi sono utili per capire se le mie sensazioni a riguardo erano giuste o sbagliate. Perciò, grazie per i commenti. Altra cosa. Temo che i personaggi potranno risultare OoC ma siccome non ne sono sicura, non so mai se devo mettere l'avvertimento nelle note della storia. Comunque ora siete avvisati xD. E ora, avanti coi carri!

3

 
Il primo mese fu incredibilmente duro per entrambi.

Ron non faceva altro che andare da Harry, seguire i corsi che il Ministero gli aveva imposto, e pensare ad Hermione. Le sue giornate erano impegnative, il che era anche un bene, almeno era costretto a pensare ad altro.

Ma le notti, beh, quelle erano tutto un altro discorso. Non faceva altro che ripensare alla loro unica notte passata insieme, a come lei lo aveva fatto sentire, a quanto giusto era stato fare l’amore con lei. Andava a letto con l’intenzione di dormire, ma poi, il pensiero di lei arrivava puntuale ad invadergli la mente e tutti i sensi e lo teneva sveglio fino alle prime ore del mattino. Il giorno dopo era sempre più stanco, ma era anche convinto che quei quattro mesi che avrebbero dovuto passare lontani sarebbero volati via più velocemente se si fosse tenuto impegnato. Perciò, quando arrivava il momento di alzarsi dal letto cercava di vedere il nuovo giorno come un giorno in meno che lo separava dal suo amore.

Per Hermione le cose erano forse anche più dure. In un paese straniero, senza amici, senza nemmeno più la sua identità. Aveva rifiutato di prendere parte alle lezioni che il Ministero della Magia della Francia aveva organizzato per i suoi Auror e passava le giornate a letto a pensare e ripensare a tutto quello che le era successo. Spesso, pensava anche alla guerra e nei momenti di maggiore sconforto pensava che forse, sarebbe stato meglio morire sul campo. Quanto meno non avrebbe dovuto sopportare tutto questo dolore. E naturalmente, pensava a Ron, a cosa aveva significato stare tra le sue braccia, a come si era sentita amata e protetta con lui. E ogni tanto riusciva anche a pensare al momento in cui l’avrebbe rivisto, a come l’avrebbe stretto senza lasciarlo andare più, a quante volte avrebbero fatto l’amore per recuperare tutto il tempo passato lontani.

E poi pensava anche a Harry, alla sua convalescenza, si chiedeva se e quando si sarebbe ripreso abbastanza per tornare ad una parvenza di vita vera.

E si scrivevano. Tutti i giorni. Ed era un po’ come non essersi mai lasciati. Entrambi in quelle lettere mettevano tutto quello che avevano per far sentire all’altro il proprio amore.

Una mattina in cui Hermione si sentiva particolarmente depressa e aveva passato la notte a piangere, sentì improvvisamente la porta della sua stanza spalancarsi. Scattò in piedi in un attimo, appiattendosi contro il muro e tendendo la bacchetta davanti a sé. Chi diavolo era che non la lasciava in pace a crogiolarsi nel suo dolore?

“Metti via quella bacchetta” disse una voce femminile proveniente dalla stanza accanto. “Non voglio farti del male. Il Ministero mi ha mandata a prenderti. E’ ora che tu la pianti di crogiolarti nel tuo dolore”.

Fu così che Hermione conobbe quella che sarebbe diventata la sua prima, nonché migliore, amica in Francia. Danielle era una esperta di Legilimanzia e il Ministero l’aveva scelta apposta in modo da dare ad Hermione una persona con la quale potersi aprire completamente e alla quale poter raccontare tutta la verità, sulla sua identità e sul suo amore.

Ed era una cosa di cui aveva disperatamente bisogno.

Diventarono amiche molto velocemente e Danielle riuscì presto a risollevare Hermione dal suo dolore e a portarla fuori per seguire le lezioni, frequentare gli altri Auror e riprendere un minimo di vita sociale. Per Hermione divenne una persona molto speciale, l’unica che la chiamasse con il suo vero nome quando erano sole. Per tutti gli altri lei era diventata la signorina Heather Garrett, apprendista Auror Inglese inviata in Francia per apprendere nuove tecniche e collaborare a progetti sperimentali.

 Con l’aiuto di Danielle, il secondo ed il terzo mese furono molto meno pesanti, Hermione aveva trovato qualcuno con cui poter parlare liberamente di Ron, di quello che era accaduto durante la guerra. Le aveva raccontato persino come era stato stare con lui, quali erano le speranze e i progetti che permettevano ad entrambi di andare avanti con le loro vite, quello che avrebbero fatto quando si fossero rivisti. Le aveva fatto leggere le sue lettere e Danielle le era stata sempre accanto nei momenti in cui la nostalgia di lui si faceva sentire più acuta che mai.

 Il tempo passava ed oramai mancava una sola settimana alla scadenza del quarto mese. Il momento che entrambi stavano aspettando così impazientemente stava per arrivare.

 Ron si svegliò quella mattina allegro come non era stato da tempo. Harry aveva finalmente lasciato l’ospedale, le cose al corso filavano via lisce e l’allenamento fisico che aveva fatto gli era servito per rinforzarsi e gli aveva dato molto tempo per pensare a come accogliere Hermione di nuovo a casa.

Aveva pensato che sarebbe andato a prenderla all’aeroporto, l’avrebbe portata a cena in un ristorante romantico, le avrebbe regalato una dozzina di rose rosse e avrebbero passato la sera a parlare, a raccontarsi tutto quello che era accaduto nei quattro mesi della loro lontananza forzata. Aveva comprato una camicia nuova, un paio di pantaloni casual e perfino un nuovo paio di scarpe. Aveva preso addirittura appuntamento dal barbiere.

Avrebbe sfoggiato una nuova pettinatura solo per fare colpo su di lei.

Ma, probabilmente, lei non se ne sarebbe neanche accorta perché si sarebbe gettata tra le sue braccia senza nemmeno guardare come era vestito, e gli avrebbe fatto passare le dita tra i capelli senza notare il nuovo taglio. E sarebbero a stento riusciti ad arrivare nell’appartamento in cui Ron abitava ora da solo, prima di ritrovarsi completamente nudi e avvinghiati uno all’altra.

Non stava più nella pelle.

Poteva quasi sentire l’odore di Hermione, poteva quasi immaginarsi il calore della sua pelle sotto le sue mani, tanto vivida era l’immagine di lei che aveva in mente quel giorno. La foto che aveva custodito gelosamente nel portafoglio aveva cominciato a sbiadirsi e lui pensava fosse dovuto al fatto che l’aveva guardata talmente tante volte da consumarla.

 Quando il trillo del telefono lo riportò alla realtà, Ron sussultò. Jenks lo voleva vedere. Che diavolo voleva? Be’, quel giorno nemmeno lui sarebbe riuscito a rovinare il suo umore.

 Entrò nell’ufficio dell’uomo e lo salutò freddamente. Jenks lo fece accomodare.

“Signor Weasley. Temo che quello che devo dirle non le farà piacere” disse scuro in volto.

“Di che si tratta, signor Jenks?” chiese Ron cauto.

“La notte passata c’è stato un attentato. I seguaci del Signore Oscuro sono tornati a colpire. Hanno sterminato una famiglia di Babbani. Nel quartiere dove abita la famiglia della signorina Granger. Precisamente, hanno colpito la casa accanto a quella dei suoi genitori”.

Ron chiese allarmato “Ma loro…?”

“No, loro sono al sicuro. Sono stati trasferiti in una località segreta subito dopo l’attentato. Questo però significa, signor Weasley, che le cose non sono ancora sufficientemente sicure per il rientro della signorina Granger”.

“Che cosa?! Avevate detto quattro mesi! Bene, quei quattro mesi stanno per scadere e tra una settimana esatta la rivoglio qui!”

“E’ evidente che quelle previsioni erano state fin troppo ottimistiche. Ma in questo momento non è assolutamente possibile che la signorina Granger faccia ritorno in Inghilterra. Ci vorranno ancora almeno otto mesi”.

Ron si alzò infuriato facendo cadere all’indietro la sedia sulla quale stava seduto.

E poi dimostrò a Jenks quanti progressi aveva fatto nell’uso della magia senza bacchetta.

Senza muovere un muscolo, incenerì letteralmente la scrivania. Jenks si ritrovò ancora seduto al suo posto con la penna in mano, i fogli che prima erano appoggiati sulla sua scrivania erano ancora perfettamente intatti ed impilati l’uno sull’altro, con la differenza che adesso stavano posati su un mucchietto di cenere davanti ai suoi piedi.

 
***

 

Danielle non aveva mai visto Hermione così serena in tutti i quattro mesi nei quali aveva avuto l’opportunità di conoscerla. Finalmente mancava una sola settimana al suo rientro in Inghilterra e anche lei era molto emozionata. Certo, questo avrebbe significato non vederla più per molto tempo, ma voleva che la sua amica fosse felice e lei poteva esserlo solo accanto a lui. Al ragazzo di cui avevano parlato per quattro mesi, colui che faceva battere il cuore di Hermione semplicemente a parlarne, il ragazzo che le sorrideva dalla foto che l’amica le aveva mostrato migliaia di volte e i cui colori avevano iniziato a perdere la brillantezza originale forse proprio a causa del fatto che Hermione se la portava sempre dietro e la guardava più e più volte al giorno.

Stavano prendendo un caffè assieme quando Hermione fu convocata nell’ufficio del suo capo. Guardò Danielle interrogativamente, ma la ragazza si strinse nelle spalle.

“Ti accompagno” disse risoluta Danielle.

“No, non preoccuparti… Aspettami qui” rispose Hermione.

Entrò nell’ufficio del signor Renot e ad un suo cenno si accomodò sulla sedia. “Buongiorno, signorina Garrett. Purtroppo non ho buone notizie da darle. La notte scorsa Londra è stata attaccata da un manipolo di seguaci di Lei-Sa-Chi. Ci sono state vittime. Ho parlato con il signor Jenks ed abbiamo convenuto che non è proprio il caso che lei faccia ritorno in Inghilterra in questo momento”. Il signor Renot non ritenne necessario dirle che i vicini di casa dei suoi genitori erano stati brutalmente assassinati. La ragazza sembrava già abbastanza sconvolta senza bisogno di aggiungere i dettagli dell’attacco.

“Ma questo non può essere! Io voglio tornare in Inghilterra!! Quando sono partita mi era stato detto che sarei stata lontana quattro mesi. E’ già stata abbastanza dura così, non ho intenzione di restare qui ancora!” disse Hermione arrabbiata.

“Mi dispiace signorina ma al momento è troppo pericoloso per lei fare ritorno a casa”.

“D’accordo” disse. Hermione sapeva che con quelli del Ministero era inutile discutere, perciò si alzò velocemente e corse fuori dall’ufficio di Renot.

“Che è successo?” le chiese Danielle appena la vide.

“Nulla” disse lei asciutta dirigendosi spedita verso l’uscita dell’edificio.

“Hermione, aspetta!”

 “Vado a casa, ho da fare. Ci vediamo Danielle”.

Non poteva tollerare che i cosiddetti Pezzi Grossi intervenissero ancora nella sua vita e nella sua storia così pesantemente. Era certa che avrebbe trovato un incantesimo, una formula, una pozione, una cosa qualsiasi che le avrebbe permesso di tornare a casa.

Così, non appena arrivò nel suo appartamento, ficcò tutto lo stretto necessario nel suo vecchio zaino e cominciò a pensare a un modo per farla a quelli del Ministero. Si ricordava di aver letto in qualche libro un incantesimo per l’Invisibilità e forse, se l’avesse utilizzato in combinazione con una pozione Anti-Essenza, nessuno avrebbe potuto intercettarla. Si mise a cercare freneticamente il libro di incantesimi. Dopo mezz’ora nel suo salotto regnava il caos. Libri sparsi ovunque, un fornelletto sul quale bolliva la pozione, ingredienti posati alla rinfusa su un tavolo.

Hermione era talmente assorta nella lettura di un libro che non si accorse che qualcuno era entrato nell’appartamento e quando la persona parlò, lei fece un salto per lo spavento.

“Non puoi farlo” disse Danielle, che dal comportamento freddo della sua amica aveva intuito quale potesse essere stato l’argomento della conversazione che aveva avuto con Renot.

“Non dirmi che non posso. Non voglio stare ancora lontana da lui, è chiaro? In un modo o nell’altro devo tornare a casa…”

“Ti scopriranno. Lo sai come funziona. Se loro decidono una cosa non c’è niente che tu possa fare”.

“Non questa volta. Questa volta ce la farò… Danielle, fammi un favore. Non voglio coinvolgerti, perciò vai via. Per piacere. Ho già abbastanza problemi, non voglio che anche tu finisca nei guai a causa mia”

“Hermione, io…”

“Ti prego…”

Danielle si avvicinò, le posò un bacio sulla testa e poi si diresse verso la porta. Quando stava per uscire disse, senza voltarsi “Sappi che, qualunque cosa succeda, io ti voglio bene” e chiuse.

Hermione riprese a lavorare sul libro.

Era ormai sera quando sollevò la testa soddisfatta. Era riuscita a preparare tutto ed era certa che avrebbe potuto mettere in atto il suo piano senza essere scoperta. Ma, improvvisamente, si sentì un CRAK nella stanza e il signor Renot si materializzò accanto a lei.

Hermione rimase a bocca aperta per un attimo, ma poi fece un balzo verso la pozione e la bevve tutta in una volta.

“Non servirà” disse l’uomo. “Arriverà al massimo ai confini della città. Il Ministero si è premurato di rendere inefficace ogni incantesimo o pozione che lei-”

“Questo lo vedremo!” urlò Hermione afferrando la bacchetta e pronunciando la formula per l’incantesimo dell’Invisibilità.

Non accadde nulla.

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Capitolo 4
*** 4 ***


Grazie a chi ha letto e ancora di più a chi ha commentato. Nuovo capitolo.

4

 

Il giorno dopo Hermione si presentò al lavoro con un diavolo per capello. Nessuno riusciva ad avvicinarla e anche Danielle decise che era meglio lasciarla bollire nel suo brodo per qualche giorno. Lei si sedette alla sua scrivania, ma invece di dedicarsi al suo lavoro, scrisse a Ron.

Amore mio,

ormai anche tu saprai che non posso tornare in Inghilterra. Purtroppo mi hanno detto che ci vorranno ancora otto mesi. Ma noi ce la faremo, non è vero?

Ho deciso che da oggi in poi farò sciopero. Di certo è una cosa che la vecchia Hermione non avrebbe mai fatto, ma tutto quello che ci hanno imposto mi ha cambiata. Non voglio più sottostare alle loro regole. Vogliono tenermi qui per forza? Benissimo, ma non farò niente di quello che loro esigono da me.

Mi manchi terribilmente e ti penso sempre. Ho voglia di sentire di nuovo le tue braccia attorno a me, voglio baciarti e accarezzarti. Non posso credere che queste cose sarò costretta solamente a sognarle ancora per otto mesi.

Ma sono certa che quando potremo stare di nuovo insieme, recupereremo tutto il tempo che ci è stato rubato.

Tua per sempre

Hermione.

Dopo una settimana l’umore della ragazza non era migliorato minimamente. Principalmente perché non aveva ancora ricevuto risposta da Ron alla sua lettera. Finalmente, quando le cose si fecero insostenibili anche per lei, andò a cercare Danielle e le chiese di passare la serata insieme.

Quella sera, si scusò con lei per come si era comportata, si sfogò e liberò tutta la sua rabbia. Dopo, si sentì meglio e fu persino in grado di raccontare all’amica quanto fosse preoccupata per il fatto che Ron non aveva ancora risposto al suo gufo. Danielle cerò di rassicurarla, sicuramente lui era stato impossibilitato a rispondere, non aveva voluto ignorarla.

Infatti il giorno dopo, Hermione ricevette la sua risposta.

Hermione,

mi dispiace essere riuscito a risponderti solo ora, ma sono stato messo in punizione per un piccolo incidente accaduto alla scrivania di Jenks quando mi ha comunicato che non ti avrebbero lasciata tornare.

So come ti senti, anche io brucio di rabbia. Ma non devi lasciare che questi burocrati rovinino la tua vita. Il tempo passerà più velocemente se ti impegni in qualcosa che ti interessa davvero. Sono sicuro che le tue capacità sono preziose per qualche ricerca o qualche studio di grande importanza. Perciò, per favore, ritorna a lavorare e cerca di impegnarti in modo che le giornate non sembrino così lunghe e le ore scorrano via veloci. Per me funziona. Esco alle cinque di mattina e torno a casa alle undici di sera. Così non ho tempo per pensare a quanto li odio e a quanto tempo ci separa ancora.

Però, le mie notti sono dedicate tutte quante a te. Vivo nel ricordo di quell’ unica passata insieme e non faccio che pensare quanto sarà bello provare di nuovo quelle sensazioni quando tornerai. Per quanto possano tentare di tenerci separati, il mio amore per te non farà che rafforzarsi.

Ti amo

Tuo Ron

Hermione fu molto sollevata di ricevere la risposta di Ron e rimase colpita dalla sua forza d’animo. Forse lei si stava facendo abbattere troppo facilmente, stava dando a quegli idioti del Ministero un pretesto per continuare a considerarla una ragazza debole sulla quale esercitare facilmente le loro prevaricazioni. Non voleva dare a nessuno questa impressione. Avrebbe dimostrato quanta forza c’era in lei, avrebbe fatto vedere loro che era intelligente e sveglia e in grado di eseguire ogni lavoro.

Sì, avrebbe seguito il consiglio di Ron, avrebbe ripreso a lavorare e con questo pensiero in testa andò a dormire più serena.

L’indomani al lavoro chiese di essere assegnata ad un progetto di ricerca molto impegnativo, che la tenesse al comando per buona parte della giornata. Fu ammessa ad un gruppo di studiosi che lavoravano ad un progetto speciale, della massima segretezza ed importanza. Del team  facevano parte cinque professori luminari in diverse discipline magiche e un assistente, Etienne, che era l’unico ad essere poco più vecchio di Hermione. Con lui si trovò subito in sintonia e lavorare insieme si rivelò più facile del previsto. Dopo un po’, cominciò anche a proporle di andare a bere un caffè insieme, ma Hermione fu molto attenta a tenere il loro rapporto sempre sul più stretto piano professionale, senza mai dargli la minima speranza che qualcosa tra loro potesse accadere, anche in un lontanissimo futuro.

Il tempo passava e il progetto diventava sempre più importante ed impegnativo. Le giornate volavano e a volte Hermione tornava a casa talmente stanca la sera, che non aveva nemmeno la forza di pensare alla sofferenza che le causava la lontananza da Ron. Altre volte, però, nonostante la stanchezza, lo sconforto la assaliva prepotentemente e lei si ritrovava in lacrime a sussurrare il suo nome mentre guardava il suo viso sulla foto sempre più sbiadita.

Ron, dal canto suo, se la passava discretamente. Era stato promosso a Capitano ed era molto impegnato nell’aiutare Harry a recuperare tutto il tempo che aveva perso a causa della sua lunga convalescenza. Spesso parlavano di Hermione e lui era lieto di poter raccontare al suo migliore amico da tempo immemorabile, come si erano evoluti i suoi sentimenti per la ragazza e quali progetti avessero per il loro futuro insieme.

Erano passati due mesi, ne mancavano solamente sei al momento della loro riunione e questo era il motivo principale che spingeva Ron a vivere ogni giorno della sua vita al massimo, senza risparmiarsi, sapendo che la stanchezza era spesso una valida alleata per dimenticare il dolore per qualche ora. La stanchezza e il caro vecchio Ogden. Ogni tanto lasciava che la sua pena si stemperasse nei fumi di un bel bicchiere di Whisky Incendiario…

Passarono altri due mesi duranti i quali Hermione cominciò a vedere i frutti del suo duro lavoro: le furono riconosciuti importanti successi e persino i luminari del suo gruppo di ricerca iniziarono a tenere in maggiore considerazione le sue ipotesi e le sue teorie. Tutto questo carico di lavoro, però la costringeva a passare molte notti al comando, per effettuare ricerche sui testi ed esperimenti vari.

E accanto a lei c’era sempre Etienne.

Si era ormai abituata alla sua presenza e ne traeva in qualche modo conforto: non essere sempre sola era a volte piacevole. Anche il loro rapporto si era evoluto e, benché Hermione non avesse mai accettato di uscire con lui, ora erano amici.

Ron era molto soddisfatto dei risultati che aveva ottenuto con Harry. Avevano lavorato veramente sodo e ora anche Harry stava per essere promosso al grado di Capitano. In poco tempo erano riusciti a recuperare il terreno perso ed entrambi erano molto compiaciuti. Aveva scritto ad Hermione tutti i progressi di Harry passo dopo passo e lei ne era stata immensamente felice. Nelle sue risposte, gli aveva spiegato che anche a lei il lavoro stava riservando discrete soddisfazioni. Gli aveva raccontato del credito che era riuscita a raggiungere all’interno della stretta cerchia di studiosi, ma non aveva mai potuto parlargli del progetto stesso. Ron sapeva che era una ricerca della massima importanza e segretezza, ma questa cosa lo faceva stare male lo stesso. Non gli piaceva per niente l’idea che tra loro ci fossero dei segreti, fossero anche solo per via del lavoro. Si sentiva escluso da quella parte della vita di Hermione.

In qualche modo sentiva che lei ci stava mettendo tutta sé stessa e questo lo spaventava e lo inorgogliva allo stesso tempo.

Il tempo scorreva veloce ed Hermione era sempre più presa dal suo lavoro. Man mano che si avvicinava il fatidico momento del rientro in Inghilterra, lei diventava sempre più nervosa: sentiva la sua anima lacerarsi tra lo struggimento di rivedere Ron e il terrore di lasciare il suo operato in un punto cruciale della ricerca. Era combattuta, e questo la faceva vergognare di sé stessa.

Com’era possibile che dopo tutto questo tempo lontani, dopo tutto quello che aveva sofferto perchè non era con lui, il suo cervello fosse anche solo attraversato dall’idea di rinunciare al rientro per vedere il suo lavoro completato?

Aveva smesso di amare Ron come lui meritava di essere amato?

No, di questo era certa. Lei voleva vivere la sua vita con lui fino al suo ultimo giorno, voleva stare tra le sue braccia per sempre, voleva diventare la madre dei suoi figli. Però… Forse queste cose potevano attendere che il progetto speciale fosse terminato.

Era giusto pensare queste cose? Ron avrebbe capito? Cosa poteva fare lei, mentre il suo cuore sanguinava?

Ma il tempo passava, e lei fu costretta a prendere una decisione.

***********

“Signor Weasley. È sempre un piacere vederla” disse ironico Jenks. “Ma questa volta non farà nessun danno nel mio ufficio. Anche perché non ne avrebbe alcun motivo. Questa volta è stata la signorina Granger stessa a rifiutarsi di tornare in Inghilterra”.

In un secondo Ron gli fu addosso e lo prese per il davanti della camicia immacolata.

“Come osa dire una sporca menzogna come questa?” ringhiò trattenendo a stento la sua ira.

“Si calmi! Non le ho mentito. Se non mi crede, perché non lo chiede direttamente a lei?”

“È proprio quello che farò” concluse il ragazzo ed uscì sbattendo la porta.

Senza farsi notare, sgattaiolò nell’ufficio del Sottosegretario del Ministro. Sapeva che in quella stanza era conservato un materializzatore olografico. Era ancora una tecnica sperimentale e solo i pezzi grossi ne avevano uno. Ma sapeva anche che la ricerca alla quale stava collaborando Hermione era di importanza tale che il Ministero della Magia francese aveva deciso di installarne uno anche a casa sua.

Con la Metropolvere che non era ancora stata ripristinata e le smaterializzazioni internazionali ritenute ancora a rischio, questo era il modo più veloce che aveva per parlare con lei.

Accese il macchinario e si posizionò sotto i fasci di luce. Immediatamente, la sua proiezione olografica comparve nell’appartamento di Hermione a Parigi.

“Hermione! Dove sei?” urlò Ron guardandosi intorno.

La ragazza accorse nella stanza e rimase stupita di vedere l’ologramma di Ron nel suo salotto.

“Ron! Cosa ci fai qui?”

“Hermione ti prego, dimmi che non è vero” disse lui ignorando la sua domanda. “Dimmi che Jenks mi ha mentito…”

“Ron è una settimana che cerco di contattarti via gufo… ma dove sei stato?”

“Ero in missione. Avanti, rispondimi…” disse lui teso.

Hermione abbassò lo sguardo. “Volevo dirtelo io prima che tu venissi a saperlo da loro…”

“No. No. Non può essere! Non puoi aver rifiutato di tornare a casa…” disse Ron sull’orlo della disperazione.

“Io… Ron, io non posso tornare adesso. Ho dedicato l’ultimo anno della mia vita a questo progetto. Non posso abbandonare tutto proprio ora che è giunto il momento di raccogliere i frutti del mio lavoro”.

Ron le girò le spalle portandosi le mani a coprirsi il viso.

“Mi stai dicendo che non tornerai da me? Mi stai dicendo che il tuo lavoro è più importante di noi?”

“No. Ron girati, ti prego, guardami… Io tornerò… Io tornerò da te. Solo, non ora” disse lei avvicinandosi alla figura tremolante di Ron. “Io ti amo ancora” aggiunse, allungando una mano come a volerlo toccare.

Per un attimo, anche lui allungò la sua mano e fu quasi come se si stessero toccando realmente.

Ma poi, si allontanò di scatto scuotendo la testa.

“E pensare che io ho passato l’ultimo anno aspettando il momento di poterti stringere di nuovo… No. Mi dispiace Hermione, questo non posso accettarlo” e così, improvvisamente come era comparso, l’ologramma di Ron sparì dal suo salotto.

Lei rimase lì a fissare il vuoto mentre calde lacrime le rigavano le guance.

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Capitolo 5
*** 5 ***


Grazie per i commenti, sono felice che vi piaccia la storia. Come sapete, avevo dei dubbi, ma mi avete un po' rincuorata. Per rispondere ad Emma94: no, l'idea della foto non l'ho presa da quel film. Teoricamente, questa storia era nata per un contest dal titolo "Una foto in bianco e nero" che si è tenuto tempo fa su FreeFans. Ma poi sono andata oltre il tempo massimo, e quindi non l'ho più postata ^^'

E ora , ecco a voi il quinto capitolo.

5

Ron uscì correndo dal comando, senza guardare in faccia nessuno e infischiandosene di quelli che lo vedevano sconvolto e con le lacrime che gli bagnavano il viso.

“Ron, che succede?” gli urlò dietro Harry. Ma lui lo ignorò completamente, prese la sua giacca di  pelle e decise di fare una puntatina nella bettola più squallida di Nocturn Alley.

Aveva già ingollato una quantità di Whisky Incendiario notevole e ora stava col capo sulle braccia appoggiato al bancone del bar, rimuginando su quella che riteneva essere la fine della sua vita.

“Dammene un altro” biascicò.

Ma in quel momento qualcuno lo chiamò.

“Ron?” disse una voce di donna. “Ron Weasley, sei proprio tu?”

Non rispose.

“Ron, sono Lavanda Brown, ti ricordi di me?”

“No” disse asciutto. “Ti ho detto di darmene un altro!” latrò al barista.

Questo guardò perplesso la ragazza che si stava avvicinando al suo cliente sbronzo dai capelli rossi. Lei scosse la testa e lui mise via la bottiglia dalla quale stava per versare un altro bicchiere di whisky.

“Ron, andiamo, direi che per stasera ne hai avuto abbastanza…” disse lei comprensiva, cercando di aiutarlo ad alzarsi.

Lui non oppose resistenza e si lasciò trascinare fuori dal locale.

“Brutta giornata, eh?” chiese lei, cercando di risollevarlo un po’. Ma quando lui alzò il viso e lei lo vide rigato di lacrime, rimase colpita dalla sofferenza che poteva leggergli negli occhi.

“Andiamo, ti accompagno a casa…” concluse.

“Non… non mi ricordo dove abito” farfugliò lui. “E nemmeno dove sono…”

“D’accordo, allora andiamo a casa mia. È qui vicino, coraggio…” e gli passò un braccio attorno alla vita per sostenerlo.

Mentre tornavano a casa cominciò a piovere, il che non facilitò per niente le cose a Lavanda.

Appena riuscì a portare Ron nel suo appartamento, accese un fuoco nel caminetto, andò a prendere un asciugamano e cominciò lentamente ad asciugargli i capelli. Ron non reagiva, ma lei si accorse che i suoi occhi erano bagnati ed ebbe l’impulso di fare qualsiasi cosa per farlo stare meglio. Estrasse la bacchetta e gli fece un incantesimo Rensavio per cercare di snebbiargli la mente.

“Ti senti meglio?” gli chiese dolcemente, mentre riprendeva ad asciugargli i capelli.

“Sì… sì grazie…” rispose timidamente lui.

“Ti va una tazza di tè?”

“Uhm… va bene”

“Ti senti ancora un po’ confuso, non è vero?” disse Lavanda mentre si alzava per preparare il tè.

“Be’ sì, a dire il vero ho un gran mal di testa…” si sedette sul divano.

Dopo poco la vide ricomparire dalla porta della cucina con due tazze in mano, sorrideva.

“Ecco…” disse porgendogli la tazza. “Dovresti… dovresti toglierti quei vestiti bagnati” aggiunse abbassando lo sguardo.

“Non credo che sia una buona idea” disse Ron.

“Andiamo… ti beccherai una polmonite”

Si sedette sul divano accanto a lui e iniziò a slacciargli i bottoni della camicia.

“Ehm…” fece lui arrossendo.

Lei sorrise ma continuò in quello che stava facendo. A un certo punto fece scivolare le mani sulla pelle del suo petto e Ron sussultò a quel tocco caldo. Il pensiero tornò immediatamente alla notte passata con Hermione, ma lei lo aveva appena scaricato. E lui era pur sempre un maschio adulto, con certe necessità e certi bisogni, e da allora non aveva più toccato una donna, ed era mezzo sbronzo.

“Hai ancora lo stesso odore…” bisbigliò lei al suo orecchio. Poi lo guardò negli occhi e avvicinò le labbra. Ron abbassò il viso e posò la sua bocca su quella di lei, morbida, calda, invitante. Gli bastò poco per perdere il controllo e rispondere con ardore.

“Dove… dov’è la camera da letto?” le chiese ad un certo punto con voce roca.

Lei represse una risata e indicò una porta. Ron la sollevò e si mosse in quella direzione.

 

Il mattino dopo Ron si svegliò con un cerchio alla testa. Si guardò intorno e si rese conto di non essere nel suo letto. Girò la testa e accanto a lui, dentro al letto con lui, nuda, c’era Lavanda.

Ron si prese la testa tra le mani e si sedette sul bordo del letto. La sentì muoversi.

“Buongiorno” disse lei stiracchiandosi. Lui non rispose.

“C’è qualcosa che non va?” chiese ancora.

“Sì… sì c’è tutto che non va!” esclamò lui. “Lavanda, ti prego perdonami. Stanotte sono stato orribile. Ti ho… usata, ecco. Usata per dimenticare un’altra e-”

“Ron, lo so, e non mi interessa. Non era il mio nome quello che dicevi stanotte. Ma sei la prima faccia amica che vedo da un anno a questa parte. La guerra mi ha portato via tutto. Tutto quello che avevo. E ora che ho ritrovato te, non mi interessa se mi hai usata. È stato sempre meglio di niente…” disse lei con gli occhi lucidi.

Lui la guardò e poi aprì le braccia in modo che lei potesse nascondersi dentro al suo abbraccio.

“Lavanda…” continuò lui dolcemente. “Io… io non posso…”

“Non dire che non puoi, non è vero!”

Lui sentì un groppo formarglisi in gola.

“Dimmi solo una cosa” aggiunse lei con la voce soffocata e il viso nascosto sul petto di lui. “È ancora lei? Sempre la stessa Hermione?”

Ron non potè risponderle. E questo suo silenzio fu già una risposta sufficiente per lei.

 

*****

Dunque ci era riuscita. Aveva distrutto il suo futuro con le sue stesse mani. Cancellato in un secondo quello che era stato faticosamente costruito.

Prese la giacca ed uscì di casa. Iniziò a camminare per le vie della città senza meta.

Come aveva potuto pensare che il suo lavoro fosse più importante del suo amore? Come aveva potuto credere che Ron avrebbe capito, lui, che non aveva fatto altro che amarla ed aspettarla per tutto questo tempo. Stupida. Stupida, stupida, stupida. E ora?

Ora si sentiva completamente svuotata, si malediva per aver scelto la carriera al posto dell’amore. Ma ormai era tardi, aveva visto l’espressione sul volto di Ron e sapeva che non avrebbe potuto fare più nulla per tornare indietro.

Alzò lo sguardo e si accorse di essere arrivata davanti a casa di Danielle. Andò alla porta e bussò. Nessuno rispose. Ma certo, Danielle era in missione, nessuno le avrebbe aperto la porta.

Riprese a camminare mentre lentamente calava il buio.

E ora cosa avrebbe fatto? Non le restava altro che il lavoro. Sì, avrebbe dovuto trovare in quello la forza per andare avanti. Forse, ma solo forse, ce l’avrebbe fatta. Era stato Ron ad insegnarle ad essere forte. Questo pensiero le riempì nuovamente gli occhi di lacrime. Era stato lui che le aveva trasmesso tutta la sua forza, la sua solidità. Avrebbe mai potuto perdonarla per il terribile errore che aveva commesso? Come avrebbe vissuto la sua vita senza di lui?

Quando alzò di nuovo gli occhi al cielo, era buio pesto. Era davanti alla porta di una casa. Non sapeva nemmeno lei come ci era arrivata. Sapeva solo che ora stava allungando la mano e suonando il campanello.

Etienne aprì la porta.

“Heather… che ci fai qui?” disse lui.

Lei non rispose e sollevò lo sguardo da terra con un sorriso mesto.

“Che è successo? Su, entra”

Entrò e si tolse la giacca.

“Non sapevo dove andare… ho vagato per la città e mi sono ritrovata davanti a casa tua…”

“Cosa è successo?” chiese lui di nuovo.

“Un disastro. Ho fatto l’errore più grande della mia vita…” sorrise nonostante le lacrime avessero ripreso a scendere dai suoi occhi.

“Il… il progetto? È successo qualcosa al comando?”

Scosse la testa. “No. No, non preoccuparti. Al comando va tutto bene… È solo la mia vita ad essere andata in pezzi…” si lasciò cadere pesantemente sul divano di Etienne e si coprì il volto con le mani. Lui le fu accanto in un secondo e le passò un braccio sulle spalle.

“Dai, non può essere tanto grave… un appuntamento andato male?” cercò di scherzare lui.

“Non farmi domande… per favore…”

Lui sospirò. Sia alzò e le versò un bicchiere di cognac. Lei lo prese grata. Rimase ancora un po’ a girarsi il bicchiere tra le mani, poi, improvvisamente si alzò.

“Scusa, non sarei dovuta venire… Ora… ora sto meglio, me ne vado… Ci vediamo domani al laboratorio”

“Aspetta!” disse lui. Ma lei si stava già infilando la giacca. “Sei certa di stare meglio? Puoi restare qui, se vuoi…”

“No, ti ringrazio, ora vado” uscì dalla porta e si chiuse l’uscio alle spalle.

Dopo un quarto d’ora, Etienne prese il sacchetto della spazzatura e si preparò per andare a buttarlo. Quando aprì la porta, Hermione era ancora lì, di spalle, che guardava le stelle.

“Heather…” mormorò lui posando il sacchetto.

Lei si girò lentamente e poi si gettò tra le sue braccia piangendo disperatamente.

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Capitolo 6
*** 6 ***


6

 

Erano passati quattro anni.

Quattro lunghi anni dall’ultima volta che aveva messo piede in Inghilterra. Dall’ultima volta che aveva visto Ron.

E ora, stava per tornare.

“Heather, sei pronta? Dai, l’aereo parte tra poco!!” una voce venne dal soggiorno al piano di sotto.

“Sì. Sì, arrivo Etienne” rispose.

Le valigie erano già tutte pronte. Le cose messe in ordine in vista della partenza. Quello che proprio non le riusciva di fare era di mettere ordine nei suoi pensieri. Non sapeva dire al suo cuore di smettere di battere all’impazzata. Non poteva impedire al suo stomaco di annodarsi dolorosamente. Stava per tornare a casa, stava per rivedere Ron.

 

La sera prima, aveva avuto una lunga chiacchierata con Danielle. Sedute sul divano di casa sua, lei le aveva chiesto schiettamente come si sentiva.

“Non lo so” aveva risposto Hermione. “Nervosa. E agitata. E ansiosa. Ho un po’ paura, Danielle…”

“Hmmm…” fece l’amica per tutta risposta, pensierosa. “Hermione, non hai detto l’unica cosa che volevo sentire. Dovresti essere felice. Questo avresti dovuto dirmi. Stai andando a sposare l’uomo col quale vivi da quattro anni. La felicità dovrebbe essere la sensazione più forte che provi. Ma invece non lo è per niente. Senti, io sono tua amica e devo dirti quello che penso. Non credo proprio che sposare Etienne sia una buona idea. Non lo ami. Non l’hai mai fatto. Non avete in comune altro che il lavoro. Non uscite mai. E non è che state chiusi in casa per fare altro, perché ho la vaga impressione che nemmeno a letto ci sia una grande intesa. Sei sicura di volergli fare questo? Sei sicura di volerti condannare ad una vita di noia e monotonia? Ne sei proprio certa?”

Aveva ragione lei. Etienne non era stato altro che un tappabuchi per quattro lunghi anni. Non lo amava, ma aveva creduto che in qualche modo avrebbe potuto riempire il vuoto che si era formato dentro di lei.

Be’, si era sbagliata di grosso.

“E cosa pensi che accadrà quando rivedrai Ron?” aggiunse Danielle.

“Io… be’, sarà bello rivederlo. Ormai è passato parecchio tempo dall’ultima volta che l’ho visto. Certo, sarà un po’ strano, ma entrambi siamo andati avanti. Abbiamo preso strade diverse, divise. Quello che c’era tra noi è cambiato e ora io credo di essere felice con Etienne” concluse Hermione decisa.

Danielle la guardò scettica.

“E’ la verità!” disse Hermione, ma non riusciva a guardarla negli occhi.

“Sì, certo. Come no. Vuoi dire che questi quattro anni con Etienne ti hanno portato gioia e felicità? Vuoi dire che non hai pensato a Ron nemmeno una volta? Andiamo…”

“Danielle sono certa di stare facendo la cosa giusta” rispose, senza la minima convinzione nella voce.

Ma un pensiero la colpì improvvisamente. Aveva finto per quattro anni, e ora si trovava in una situazione quantomeno difficile. No, non era per niente certa di volere una vita di non amore. Ma era un po’ tardi, no? Come avrebbe fatto ad uscirne?

Abbassò la testa. “Forse hai ragione. Ma presto sposerò Etienne e non è il momento di avere certi dubbi. Inoltre…” continuò titubante. “Sarebbe comunque troppo tardi”

“Hermione, non è tardi. Ti prego, dimmi che ci penserai ancora e bene prima di farlo. Io voglio che tu sia felice ma non vedo come potrai esserlo se sposerai davvero Etienne…”

 

Ora che si avvicinava l’ora della partenza, tutto quello che le aveva detto Danielle le rimbombava nella testa e lei non riusciva a fermare i pensieri.

Scese le scale ed allungò la sua valigia a Etienne. “Andiamo” disse.

 

**************

Hermione sta tornando.

Questa era l’unica cosa che il suo cervello gli ripeteva all’infinito. Guardandosi bene dal ricordargli anche la seconda parte della frase di Harry.

Per sposarsi.

Ma l’unica cosa che lui continuava a ripetersi era che Hermione stava tornando.

“Ron, che ti prende?” chiese Lavanda vedendo Ron ancora fermo davanti al caminetto con lo sguardo fisso nel vuoto, dopo che aveva parlato con Harry.

“Lavanda… devo dirti una cosa…”

“Uh-oh, dal tuo tono non si direbbe nulla di buono…” scherzò lei.

“Ascoltami, è una cosa seria. Ecco… Hermione sta tornando” disse alla fine lui.

Lavanda si ritrovò a trattenere il fiato senza sapere come reagire.

“Questo significa che… che tornerai da lei?” chiese con voce rotta, dopo parecchi minuti.

“Io… no… non lo so ancora… Però devo vederla. E parlare con lei.”

La ragazza gli girò le spalle.

“Sapevo che questo momento sarebbe arrivato. Sapevo che prima o poi ti avrei perso. Anzi, in realtà non ti ho mai avuto…” e cercò di trattenere una lacrima solitaria.

“Non dire così, Lavanda”

“È la verità Ron… Ho sempre saputo che chi teneva le chiavi del tuo cuore non ero io. Solo speravo che magari… magari avrei avuto ancora un po’ di tempo per stare con te…”

“Torna per sposarsi” disse lui cupo.

“Per… sposarsi?”

Lui annuì.

“Ma questo non ha la minima importanza. Io so già come finiranno le cose. Non hai mai smesso di amarla, non smetterai mai. Non puoi, e questo è quanto. So di essere stata solo un palliativo, ma è stato bello finchè è durato. Domani passo a casa tua a prendere la mia roba”

“Aspetta non… non dire queste cose. Io… io non so quello che accadrà. Senti, so che quello che sto per dirti è molto egoista ma… E se le cose non andassero come dici tu? Io avrei perso anche te e non credo di poterlo sopportare. Ti prego, aspetta” si avvicinò e le carezzò una guancia.

Lavanda fece un profondo sospiro. “Ron, non potete stare lontani. Io so come andrà a finire… Ma ti starò accanto, se tu lo desideri”

Lui la abbracciò stretta e le sussurrò tra i capelli “Sai, se non ci fosse stata lei, avrei potuto amarti come meriti”

“Lo so”

 

*************

 

Hermione prese il telefono e compose un numero. Immediatamente la voce del suo amico le rispose all’altro capo.

“Harry! Sono così felice di sentirti!!”

“Anche io, Hermione. Mi sei mancata. Senti, volevo dirti che stasera ci sarà anche Ron”

Un piccolo pugnale nel cuore.

“Con… ehm… con Lavanda”

Altro piccolo pugnale.

Ci fu un momento di silenzio, Hermione non sapeva cosa dire.

“Stanno insieme?” chiese dopo un po’.

“Sì, da quando tu l’hai, cioè, da quando vi siete lasciati… più o meno…”

Quante pugnalate poteva ancora sopportare il suo cuore?

“D’accordo Harry. Ci vediamo stasera”.

 Cosa si era aspettata? L’uomo più affascinante che lei avesse mai visto, onesto, intelligente, capace di amare come nessun altro al mondo, pensava forse che dopo quattro anni fosse ancora single?

No, non lo pensava. Ma lo aveva sperato.

Aveva sperato almeno che non avesse una storia fissa, che non avesse un legame serio. Bella pretesa, da parte sua.

Ipocrita, ecco cos’era. Lei, che per quattro anni aveva finto con un altro uomo…

Ma Lavanda? Proprio lei? Se non fosse stata tanto stupida quattro anni prima, tutto questo si sarebbe potuto evitare. Era arrabbiata. Con sé stessa, principalmente. E anche con Lavanda. Come aveva fatto a trovarsi al posto giusto nel momento giusto? Com’era possibile che fosse lei a essere accanto a Ron ora?

Non è che questo sentimento era un riaffiorare della vecchia gelosia degli anni della scuola?

E perché mai avrebbe dovuto essere gelosa di Lavanda se ora considerava Ron solo come un amico?

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Capitolo 7
*** 7 ***


Lo so, ritirare fuori Lavanda per Ron è stato un colpo basso, ma ero talmente furiosa con Hermione che ho pensato che le sarebbe stato proprio bene. E devo dire che anche in questa storia, come in parte nel libro, mi dispiace per Lavanda. Ma si sà, people that are ment to be together always find their way in the end...

Penultimo capitolo.

7

 

Hermione camminava nervosamente avanti e indietro. Lei ed Etienne erano arrivati con qualche minuto di anticipo.

Lui le si avvicinò e tentò di abbracciarla, ma lei si scostò bruscamente e gli diede le spalle.

“Ehi!” protestò lui.

“Scusa, è che sono nervosa…” disse torcendosi le mani. Lui si avvicinò di nuovo e questa volta lei si fece abbracciare. Aveva bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi in quei momenti di attesa. Etienne poteva servire allo scopo.

“Mi dispiace, non dovrei essere così tesa. E’ che non li vedo da tanto, sai…”

“Su, dai. Non sarà niente di traumatico”

In quel momento arrivarono Harry e Ron. E Lavanda.

Si ritrovarono in cinque nel parchetto dove anni prima, solo in tre, avevano speso giornate intere a fare congetture, speculazioni, ipotesi…

Hermione fu la prima a muoversi, abbracciò Harry.

“Harry”

“Ehi…” le disse lui abbracciandola a sua volta, tenendola stretta e chiudendo gli occhi. Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che l’aveva fatto che ora voleva sentire il calore di quel contatto invadergli il corpo. Gli era mancata, non si era mai accorto veramente di quanto fino a quel momento.

Si staccarono. Hermione fece un passo verso Ron, Ron uno verso di lei. Allungò una mano e le carezzò una guancia, sempre guardandola negli occhi.

“Ron…” disse incerta.

Lavanda, che era rimasta alle sue spalle, si portò le mani alla bocca.

La mano di Ron scese sul collo di Hermione, le spostò i riccioli delicatamente e poi scivolò ancora oltre a circondarle le spalle, tirandola a sé. Immediatamente le braccia di lei volarono a stringersi intorno alla sua vita ed entrambi rimasero paralizzati dalla sensazione.

Lavanda si lasciò sfuggire un singhiozzo e girò le spalle alla scena, ma nessuno dei due se ne accorse.

Si stringevano. L’uno all’altra, e basta.

Dopo parecchi secondi, Harry notò che all’espressione stupita di Etienne se ne era sostituita una alquanto seccata.

Passarono ancora almeno cinque minuti e loro continuavano a rimanere allacciati. Harry cominciava a essere parecchio imbarazzato perchè Etienne aveva iniziato a lanciargli sguardi interrogativi e guardava torvo Ron.

Ma per loro due il mondo si era fermato e non esisteva più nessun altro. Sembravano non rendersi conto del tempo che passava e della loro immobilità. E nessuno dei due aveva la minima intenzione di lasciare andare l’altro.

Ron si sentì improvvisamente come se tutto quel tempo in cui era stato lontano da lei non fosse mai passato, ricordò perfettamente le sue emozioni, ricordò come lei lo faceva sentire. E un qualcosa dentro si sciolse nel suo petto. Come se un blocco di ghiaccio che non sapeva di portarsi dentro si stesse squagliando lentamente.

Hermione non poteva impedire al suo cuore di martellarle nel petto come non le accadeva da tempo. Non poteva non crogiolarsi nel calore delle sue braccia, nella forza della sua stretta. Non era più consapevole di niente, se non del fatto di trovarsi, di nuovo, tra le sue braccia. E questo, per il momento, era tutto ciò che le interessava.

 

Erano passati altri minuti.

Ora Harry era realmente imbarazzato. Etienne gli lanciava occhiate assassine, mentre Ron e Hermione sembravano ignari di tutto. Suo malgrado, decise che doveva in qualche modo intervenire…

“Ehm…” fece, sperando che fosse sufficiente. Sfortunatamente il suo sguardo incrociò quello di Etienne, che sembrava sul punto di esplodere. Distolse in fretta gli occhi, sentendosi sempre più a disagio.

Finalmente, dopo quello che era parso un tempo interminabile i due si staccarono.

Continuarono a guardarsi intensamente negli occhi, ma il momento fu interrotto da Etienne che allungò bruscamente una mano verso Ron e disse, ironico: “Io sono Etienne. Sai, quello che sposerà Heather domani”.

Il rosso si incupì, prese la mano dell’altro e disse semplicemente “Ron”. Dopodichè se la ficcò in tasca. Si girò verso Harry che gli fece un sorriso di comprensione. Poi si ricordò che non era venuto solo, ma quando si guardò alle spalle, Lavanda non c’era più.

“Ma… Harry, per caso sai dov’è andata?...” e indicò il punto in cui prima si trovava la ragazza bionda.

Harry scosse la testa e tornarono a guardare entrambi la coppia di promessi sposi. Ora, Etienne teneva un braccio intorno alla vita di Hermione possessivamente. Quella vista annebbiò leggermente il cervello di Ron che decise che era giunto il momento di tagliare la corda.

 

Dunque, non avrebbe avuto occasione di parlare con lei prima del suo matrimonio… Cosa si era aspettato da questo incontro, in fondo? Nulla.

Ed era esattamente quello che era accaduto.

Certo, stringerla a sé ancora una volta era stato indescrivibile, ma lei domani si sarebbe sposata con quel cretino. Quindi, discorso chiuso.

“Io… io penso che tornerò a casa…” disse.

“Sì, anche noi dobbiamo andare a finire i preparativi” disse Etienne risoluto, iniziando a trascinare Hermione lontano da quel luogo.

“Ragazzi..” disse lei mentre seguiva il suo fidanzato. “Mi dispiace… avrei voluto avere più tempo per parlare con voi…” disse salutandoli.

“A domani” disse Harry.

Mentre si allontanavano in direzioni opposte, sia Ron sia Hermione si voltarono e si scambiarono un ultimo sguardo.

 

********

 

Ron arrivò a casa dopo parecchio tempo. Aveva vagato e pensato.

Appena accese la luce, vide un foglio di pergamena posato sul tavolino. Lo prese in mano e lo lesse.

 

“Non voglio iniziare dicendo “te l’avevo detto” ma, io te l’avevo detto. Ho preso tutte le mie cose, penso di non aver lasciato nulla fuori posto. E’ stato davvero bello Ron. Non ho rimpianti, ho fatto quello che ho potuto, per te, ma anche per me stessa.

Non ti dirò che ti amo, perché fa troppo male. Ma tu lo sai.

Addio

Lavanda”

 

Ecco. Ora sì che aveva bisogno di una bella camminata per schiarirsi le idee.

Aveva perso tutto, allora? Evidentemente sì.

Ripercorse i suoi passi fino a trovarsi nuovamente nel parchetto che qualche ora prima era stato teatro della sua riunione con Hermione e Harry. Si sedette su una panchina e si prese la testa tra le mani, riflettendo.

 

La amava ancora? Sì.

Su questo non aveva dubbi, e nemmeno sul fatto di averla perdonata molto tempo prima per quello che gli aveva fatto.

Se ci fosse stata anche solo una misera possibilità di riaverla, ci avrebbe provato?

Dannazione, sì! Avrebbe anche spaccato la faccia a quel suo presuntuoso pseudo-fidanzato francese, se fosse servito a qualcosa.

C’era realmente qualche possibilità di riaverla?

No. Nessuna.

 

Lei si sarebbe sposata l’indomani e lui non era nemmeno riuscito a dirle due parole. Però gli rimaneva dentro la sensazione che aveva provato quando si erano abbracciati…

L’aveva provato anche lei? Aveva significato qualcosa?

Estrasse dalla tasca un brandello di fotografia ormai molto consunto. I colori originali erano completamente scomparsi e la Hermione del suo passato gli sorrideva ora in bianco e nero. La guardò dolcemente per un istante e poi la ripose nel portafoglio sospirando.

 

*********

 

“Ma insomma, si può sapere che ti prende?” sbottò Etienne. “Da quando hai rivisto i tuoi amici sei diventata un’altra. Non mi hai detto una sola parola, non mangi, non ti prepari per il grande giorno. Che cos’hai?”

“Scusa… è che io non… non lo so, ho bisogno di pensare ad alcune cose…”

“Pensare a cosa? Spero che tu non abbia intenzione di mandare tutto a monte, perché io…”

“No, no. Non penso…”

“Non pensi?!?!” disse lui incredulo. “Andiamo Heather, a me puoi dire cosa c’è…”

“Senti… è che io… ho bisogno di schiarirmi le idee… vado a fare due passi” disse lei dirigendosi verso la porta.

“D’accordo, allora” rispose lui prendendo la giacca. “Andiamo”

“Oh… va bene…” disse lei abbassando le spalle. Ma poi ci ripensò. “Anzi no, non va bene per niente. Io ho bisogno di stare sola. A pensare. Quindi ora mi fai il favore di startene qui e lasciarmi in pace. Non so quanto mi ci vorrà, perciò non venire a cercarmi. Sono stata chiara?” e uscì sbattendo l’uscio.

 

Ma era veramente così pedante il suo promesso sposo? E lei non se ne era mai accorta? Scosse la testa allibita da questa realizzazione. Come aveva potuto lei, che era sempre stata una leader,  diventare un agnellino indifeso? Era veramente stata capace di farsi mettere i piedi in testa da un idiota per tutto questo tempo? Mentre camminava le tornavano in mente le parole di Danielle Non è troppo tardi…E se fosse stato vero? Dopotutto, non aveva ancora pronunciato il fatidico sì…

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Capitolo 8
*** 8 ***


Chiedo scusa, sono in ritardo. E proprio con l'epilogo xD. Comunque ecco qua, con questo si conclude anche questa storia. Sono davvero molto felice che vi sia piaciuta e ringrazio di nuovo tutti per i commenti che mi avete lasciato. Spero di tornare con un'altra storia, ma con l'imminente uscita di DH di tempo ne passerà comunque tanto. Grazie e alla prossima.

8

I suoi piedi la portarono di loro volontà verso il parco nel quale aveva rivisto Ron. Si addentrò nel giardino e alla luce di un lampione scorse la figura di un uomo seduto su una panchina che si teneva la testa tra le mani. Per quanto fioca fosse la luce, avrebbe riconosciuto quel colore di capelli anche tra migliaia di altre teste rosse.

Le sfuggì un sorriso.

Forse non tutto era perduto…

 

“Posso sedermi accanto a lei?” chiese, ma si era già seduta.

Lui sollevò la testa di scatto.

“Hermione! Cosa ci fai qui?”

“Quello che ci fai tu, suppongo… Avevo bisogno di stare sola per riflettere…”

Lui annuì.

“E ci sei riuscita? Le tue riflessioni ti hanno portata da qualche parte?” chiese lui, incuriosito.

“Sì, qui” rispose la ragazza e lentamente allungò una mano per accarezzare il viso di Ron.

“Senti, io… io avrei tanto voluto avere un’occasione per parlarti prima di domani, ma ora che sei qui, davanti a me…” sollevò lo sguardo e i suoi occhi blu si fissarono in quelli color cioccolato di lei. Li vide addolcirsi, e poi inumidirsi.

 Poi si chiusero e il viso della ragazza si avvicinò al suo.

Le loro labbra si sfiorarono. Poi si toccarono e poi Hermione gli diede un bacio vero e proprio.

Lui non potè fare a meno di rimanere immediatamente catturato dalla magia che lei risvegliava in lui con un semplice sguardo e rispose al bacio.

“Qu- questo cosa significa?” chiese lui quando le loro labbra si staccarono.

“Ron…” abbassò gli occhi e una lacrima solitaria le scorse sul viso. “Io non sono più sicura di volerlo fare…”

“Di voler fare cosa?”

“Di sposarlo…”

Ron rimase un momento senza parole. Poi le mise un braccio attorno alle spalle e la strinse a sé.

“Ma io pensavo che tu… fossi… Hermione, sei innamorata di lui?”

“Io credevo di sì… Ma poi ti ho rivisto e non ne sono più stata tanto certa. E mi sono accorta che in realtà avevo perso me stessa in lui… E ora, non voglio più sposarlo” concluse e adesso le lacrime le scorrevano copiose sulle guance.

“Oh vieni qui” disse lui stringendola ancora di più.

Lei sollevò il viso verso il suo e di nuovo le loro labbra si incontrarono. E questa volta non fu solo il lieve toccarsi di labbra di un bacio scambiato tra amici, ma l’incontro delle bocche di due amanti, il bisogno di un contatto profondo, la necessità di sentire l’altro completamente.

Quando entrambi rimasero senza fiato, ruppero il contatto. Si guardarono. Poi Hermione abbassò gli occhi e prese a parlare.

“Io devo chiederti scusa, Ron. Per tutto quello che ti ho fatto passare, per come ho posto il lavoro davanti all’amore. L’unica cosa che posso dirti è che anche io ho sofferto quanto te per colpa di quella mia dannata scelta… Se solo avessi-”

“Shhh… non parlare ora. Non voglio sentire queste cose. È passato del tempo e quello che è stato è stato. Ho sofferto, è vero. Ma ti ho perdonata molto tempo fa, Hermione…”

Si baciarono di nuovo e questa volta Hermione si mise a cavalcioni delle sue gambe. Ron le fece scorrere una mano tra i capelli e accarezzava i suoi riccioli. Non poteva credere a quello che stava accadendo. Non sapeva ancora se Hermione avrebbe sposato Etienne oppure no, ma era evidente che anche lei provava ancora qualcosa per lui.

Era incredibile… Possibile che lo amasse ancora?

“Ron non… non potremmo andare a casa tua?” chiese lei arrossendo, dopo un po’.

Lui sorrise. Anche lei voleva fare l’amore tanto disperatamente quanto lui?

Annuì. Si alzò e la prese per mano, conducendola verso il suo appartamento. Rimasero in silenzio, persi nei loro pensieri.

 

Era giusto quello che Hermione stava facendo?

Forse no, di sicuro non nei confronti di Etienne, ma il suo cuore non era mai stato tanto felice insieme a lui, e il suo corpo non aveva mai desiderato tanto di unirsi al suo. Solo Ron le faceva provare queste sensazione, ormai se ne era accorta anche lei. Da quando l’aveva rivisto, qualcosa si era risvegliato in lei.

Il bisogno.

La felicità.

La voglia.

L’amore… proprio lui.

Ma, a pensarci bene, era solo andato in letargo perché lei non aveva mai smesso veramente di amare Ron.

 

Ron si sentiva la testa leggera. Non riusciva ancora a rendersi conto pienamente che quello che stava accadendo era reale, che stava davvero portando Hermione a casa sua, che forse, anche lei lo amava ancora.

Eppure… stava stringendo la sua mano, si erano baciati a lungo, si erano ritrovati e nessuno dei due voleva che quel momento finisse.

 

Arrivarono nel suo appartamento. Ron la fece sedere sul divano mentre accendeva il fuoco nel caminetto. Lei gli sorrise. Lui andò a sedersi accanto a lei e le prese le mani.

“Io non posso ancora credere che tu sia qui…”

“Lo so, è strano… Ma non vorrei essere in nessun altro posto. Solo tra le tue braccia” e vi si lanciò dentro stringendolo con tutta la sua forza. Lui la avvolse immediatamente in un abbraccio caldo e respirò l’odore dei suoi capelli.

Era reale. Era tutto vero, cominciava a capirlo veramente solo ora.

Ripresero a baciarsi appassionatamente e dopo poco Ron la sollevò e la portò in camera da letto.

La spogliò lentamente e fu come riscoprirla. La sua pelle era ancora candida e liscia, i suoi seni ancora pieni e sodi, il suo profumo inebriante. Si allontanò un momento da lei per guardarla e rimase senza fiato: per Merlino come era bella! Ritornò da lei e fece scorrere le mani su ogni centimetro del suo corpo, venerandolo. Era perfetta e lui si sentiva quasi commosso dal fatto di poterla riavere con sé, di poterla di nuovo toccare, accarezzare, sfiorare ed amare.

Hermione si sentiva preda delle sue sensazioni, catturata dall’incanto del suo tocco e nello stesso tempo protetta e amata, al sicuro con lui.

Quando lui cominciò a posarle caldi baci sulle spalle, si riscosse e si rese conto che Ron era ancora vestito. Allungò le mani e slacciò i bottoni della sua camicia uno a uno, con torturante lentezza. Poi, fece scivolare la stoffa dalle sue spalle e scoprì il corpo di Ron, perfettamente modellato, come scolpito nel marmo. Trattenne il respiro, fece scivolare una mano ad accarezzare il suo torace ricoperto di morbida peluria arancione, e poi ancora più in basso, sui suoi addominali. Si avventurò fino alla zip dei suoi jeans e la aprì con mani tremanti. Si sentiva come una adolescente alla sua prima esperienza, eccitata e spaventata allo stesso tempo. Eppure questo era Ron, colui che amava da sempre. Ma non era più il ragazzo che aveva conosciuto, era un uomo, in tutto e per tutto.

Un uomo meraviglioso, a dire il vero. E quest’uomo straordinario voleva lei, glielo leggeva negli occhi, nelle reazioni del suo corpo al suo tocco.

Quando anche i jeans raggiunsero il resto dei loro vestiti, Hermione indugiò sull’elastico dei boxer di Ron. Ma lui la prese per i polsi e le allontanò le mani bloccandogliele poi dietro la schiena. La baciò di nuovo rabbiosamente e la spinse indietro finchè lei non cadde sul letto. Le fu sopra in un secondo. Ora non era più il tempo delle parole, dell’incertezza, della delicatezza. La voleva come non aveva mai voluto niente in vita sua e glielo avrebbe dimostrato, proprio lì, proprio in quel momento.

Le baciò il collo e poi scese sui seni. Lei emise un gemito. La mano di Ron scivolò lungo il suo fianco e raggiunse i suoi slip. Glieli abbassò e lei li calciò via con un movimento della gamba. Poi, impazientemente, raggiunse di nuovo l’elastico dei boxer e lo costrinse a toglierseli. Era giunto il momento, non poteva più aspettare di sentirlo dentro di sé.

“Ti prego Ron…” disse con voce roca.

E lui la accontentò.

In quel momento nessuno dei due fu più padrone dei propri sensi, entrambi non capivano dove finiva uno e cominciava l’altro. Ma non aveva nessuna importanza perché, finalmente, si sentivano di nuovo completi.

Quella notte si amarono molte volte. E non sembrava che fosse mai abbastanza. Si addormentarono esausti all’alba.

 

Dopo alcune ore Hermione si svegliò e si stiracchiò. Ron aprì gli occhi e la prese tra le braccia mormorando “Buongiorno”. Lei gli sorrise e si accoccolò meglio accanto a lui. Si sentivano in paradiso.

“Hermione… io volevo dirti che… per me non è cambiato niente… Insomma io non ho mai smesso di-”

“Ti amo, Ronald Weasley” lo interruppe lei.

E poi si alzò dal letto e cominciò a rivestirsi. Senza aggiungere altro uscì dalla stanza e si diresse verso la porta per uscire.

“Aspetta… dove vai?” disse lui allarmato, mentre finiva arrotolato tra le lenzuola nel tentativo di alzarsi e seguirla. “Dannazione!”

La raggiunse sulla porta coperto da un lenzuolo che era riuscito a togliere dal letto.

“Hermione, dove stai andando?” chiese lui.

“Da Etienne”.

Per poco il cuore di Ron non smise di battere.

“Merita almeno una spiegazione, non ti pare? Dopotutto non posso lasciarlo ore ad aspettarmi davanti all’altare” sorrise lei.

Lui si rilassò.

“Ma tornerai qui, vero? Questa volta tornerai da me?”

“Per non lasciarti più” rispose lei posandogli un bacio a fior di labbra. “Questa volta non ti sarà facile liberarti di me” aggiunse sorridendo.

 

**********

 

Ritornò dopo alcune ore con tutte le sue valigie e Ron ne fu immensamente sollevato.

Le corse incontro e la abbracciò. Lei aveva il viso stanco e un po’ triste.

“Tutto bene?” chiese lui preoccupato.

“Be’, non è stato un bello spettacolo” disse andando a sedersi sul divano. Lui le sedette accanto e le passò un braccio attorno alle spalle.

“Io… Gli ho detto che dovevo parlargli e lui si è scaldato subito. Ha detto che non potevo stare via una notte intera, la notte prima del nostro matrimonio, e pretendere che non si arrabbiasse. Io gli ho risposto che aveva ragione, che dovevo spiegarli molte cose. Ma lui non mi ha lasciata proseguire e ha detto che forse sposarmi non era più un’idea tanto buona. Gli ho risposto che era meglio così, che ero d’accordo. A quel punto è impallidito e si è messo a piangere implorandomi di non lasciarlo. E poi, deve essergli venuto in mente che avevo passato la notte fuori e mi ha chiesto dove ero stata e cosa avevo fatto. Glielo ho detto. Gli ho raccontato tutto. Non volevo mentirgli, avevo bisogno di dirgli tutto. Ora mi sento meglio, anche se non so come l’ha presa lui. Alla fine mi è sembrato rassegnato e ci siamo salutati abbastanza civilmente. Spero che gli passerà presto…”

“Mi dispiace, Hermione” disse lui stringendola.

“Sì, anche a me. Ma non potevo fare altro Ron. Di certo non potevo sposarlo dopo quello che è accaduto stanotte. E raccontargli una bugia non avrebbe avuto senso. Dopotutto, è stato meglio così. Io non potevo stare ancora con lui. Non dopo aver ritrovato te” e un timido sorriso le comparve sul viso.

Lui le posò un bacio sulla testa e poi cercò di ritornare su toni un po’ più leggeri.

 

Si alzò e si diresse verso la cucina, dove un pentolino bolliva sul fuoco.

“Ti stavo preparando un pranzetto speciale” disse sorridendo mentre lei lo abbracciava da dietro.

“Sei davvero sexy con quel grembiulino” lo prese in giro lei.

“Si, be’… lo sai che è controproducente prendere in giro il cuoco?”

“Oh ma io non ti prendevo in giro! Dicevo sul serio!”

Lui si voltò e la catturò in un abbraccio. Le diede un bacio sulle labbra.

“Va bene, allora per questa volta ti perdono” le sussurrò lasciandola andare.

“Ron…” lo chiamò lei esitante dopo un po’. “Ce l’hai ancora?”

Si girò a guardarla con aria interrogativa.

“La foto che facemmo quella notte…”

Sorrise. Si diresse verso il suo portafoglio posato sul tavolo e ne estrasse un piccolo cartoncino consumato.

“Certo... Sapessi quante volte mi ha aiutato ad andare avanti…”

Lei annuì.

“Ci ho pianto sopra tutte le mie lacrime” disse estraendo a sua volta il brandello di foto. “Ricordi cosa ti dissi quando ci siamo visti l’ultima volta?”

“Che quando fossimo tornati insieme, avremmo ricomposto la foto riunendo le due parti”

Si avvicinò a lei allungando il suo pezzetto di immagine.

Non appena i lembi strappati furono a pochi millimetri l’uno dall’altro, la foto si sollevò da sola per aria e venne avvolta da una nebbiolina dorata. All’interno, una miriade di piccolissime scintille sprizzava dai loro visi ritratti. Quando si posò nuovamente sul tavolo era intatta e i colori erano tornati al loro splendore originale. Anche adesso, come allora, la foto rispecchiava i loro sentimenti e lo stato dei loro cuori.

Si guardarono negli occhi, certi che questa volta sarebbe stato per sempre. Guardarono i due ragazzi sorridenti di tanti anni prima, finalmente riuniti, di nuovo insieme.


FINE

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