Trenta Giorni

di SunButterfly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo -L'urlo del silenzio ***
Capitolo 2: *** Giorno uno. ***
Capitolo 3: *** Giorno due. -Guarda e zitta!- ***
Capitolo 4: *** Giorno 3. -Enea. ***
Capitolo 5: *** Giorno 4 -Il tempo delle fragole. ***
Capitolo 6: *** Giorno 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo -L'urlo del silenzio ***


"Dormi, dormi pesciolino. Fai la nanna nel lettino"

Quella voce, e quella melodia. Stava ad ascoltarla come sempre con gli occhi chiusi, galleggiando. Quella voce e il rumore del mare che riusciva appena a percepire avvolta come era in quel dolce tepore che la cullava. Con le dita sfiorava l'acqua, che la avvolgeva completamente. Era nuda,non poteva vederlo,ma lo sentiva. L'acqua le scivolava addosso, come una seconda pelle. Sorrideva, mentre la testa si svuotava completamente e il cuore batteva in modo regolare.

"Dormi, dormi e fai la nanna, pesciolino della mamma!"

Mamma. La sentiva,era là con lei.Sentiva la sua voce,ne era convinta, era lei. Non era il mare a cullarla,era lei.Non era il dolce movimento delle onde a darle quella sensazione di pace,era il ritmo regolare del suo respiro. Voleva chiamarla. Mamma. Ma la bocca era cucita.

"Laila, Laila!"

La chiamava. Voleva rispondere, ma la voce non arrivava.

"Lailaaa...."

La voce ora urlava. Non aver paura,sono qui.Voleva dirglielo,ma era bloccata. Panico. Si sentiva spingere giù, in basso. Stava annegando in quello stesso mare che prima la cullava così dolcemente. Il cuore cominciò ad accellerare il battito, le braccia tentavano di risalire. Ma si sentiva spingere giù,sempre di più. Le mancava il fiato e la gola le bruciava per lo sforzo immane che stava compiendo per urlare, invano. Cercava le mani della donna che cantava. Era sua madre, di quello era sicura. Ma non c'erano le sue mani,la stava abbandonando a se stessa, come sempre.

"Laila, Lailaa!"

Adesso la voce era diversa. La dolce e melodiosa voce della ninna nanna aveva lasciato il posto ad una più acuta,acida come quando mandi giù una fetta di limone.
Laila aprì finalmente gli occhi,col cuore che batteva all'impazzata. Stava sognando, di nuovo.



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Capitolo 2
*** Giorno uno. ***


Una figura nera indefinita, e una ragazza che osservava attentamente.
I capelli rossi scompigliati in riccioli fitti e lunghi attorno al viso, un viso da bambina con una spruzzata leggera di lentiggini sulle guance e sul naso leggermente a patata. E due occhi verdi che fissavano uno specchio. Laila scrutava il suo riflesso attentamente, e quello della figura nera, che altro non era che la madre badessa. Constatò che era meglio vista allo specchio, di spalle e con il lungo velo nero che ne copriva la figura. Davanti era soltanto un'arcigna vecchietta che la guardava da sopra gli occhiali tondi con quei suoi piccolissimi occhietti azzurri e la bocca spalancata per le urla. Ma Suor Lia, l'insegnante di letteratura, non aveva sopportato di vederla per l'ennesima volta dormire durante le sue lezioni,e così l'aveva spedita in quell'ufficio enorme, e così..marrone. Marroni le poltrone. Marrone la scrivania, con soprammobili altrettanto marroni. Marrone le tende e il tappeto, marrone la cornice dello specchio che stava fissando.
 "Signorina, è la terza volta questa settimana!". Le venne da ridere, ma abbassò lo sguardo con aria pentita e disse soltanto  "Lo so,mi scusi ma non è colpa mia!". Ma sapeva che spiegare sarebbe stato inutile. 
Quel sogno ormai la torturava da un paio di settimane. Non era un sogno notturno, no, quel sogno arrivava all'improvviso. Si sentiva terribilmente stanca, chiudeva gli occhi..e puf! Cominciava. Sempre uguale,sempre lo stesso.
"Eppure dovresti esserci riconoscente!Ti rendi conto che ti abbiamo trovata.." Nutrita,cresciuta,dato un'istruzione.. ormai conosceva il discorsetto a memoria. E come sempre pensò che sarebbe meglio che non l'avessero mai trovata. Meglio morta piuttosto che vivere così. Aveva un posto dove stare, questo si, ma era comunque sola al mondo. E tutto il mondo non faceva che ricordarglielo.Glielo ricordavano le suore del collegio con questi loro discorsi.Glielo ricordavano le compagne,affibbiandogli nomignoli.Glielo ricordava il sabato,il giorno dei ricevimenti quando tutte abbracciavano i genitori, orgogliosi di far studiare le loro bambine in quel prestigioso collegio femminile, mentre lei guardava la scena dalle panche di legno dei giardini ricevendo al massimo qualche sguardo di compassione.   Ci mancava solo questo stupido sogno, a ricordarle che sua madre l'aveva abbandonata. "Quindi oggi aiuterai in cucina. Ti consiglio di andare al mercato, perchè è già tardi, e non vorrai che le tue compagne restino senza pranzo per colpa tua, vero?". Perfetto. Pensò tra se e se. E perfetto lo era visto che in realtà non aspettava altro. "Allora vado." disse soltanto. E si alzò andando via.

In pochi minuti era fuori. L'aria primaverile le accarezzava il viso e spingeva indietro i capelli. Sapeva dove andare, e sicuramente non al mercato. Almeno, non subito. Si diresse verso quel pezzetto di spiaggia che tanto amava. Era un posto non facilmente raggiungibile, una distesa di sabbia limitata da rocce appuntite. Nessuno l'avrebbe scelta  per passare una giornata estiva al mare, ma lei adorava starsene rintanata ore ed ore tra le rocce ad osservare i gabbiani.  Scesa la scaletta che portava alla spiaggia pubblica levò le ballerine dai piedi, levò la giacca e di dirisse verso le rocce. Alzò i lembi bel vestitino bianco che le arrivava alle ginocchia, e si preparò a scavalcare una roccia non molto alta. Arrivata dall'altra parte però sentì un bruciore alla gamba. Si guardò e vide un piccolo graffio. Gli passò sopra il dito, le bruciava maledettamente anche se non vi era sangue. Decise di bagnarlo e si diresse verso la riva. "Ciao!" una voce la fece trasalire. Girò la testa verso destra e lo vide. Le campane suonavano mezzo giorno in punto. Ma da dove era spuntato? Vide solo una testa bionda,due occhi azzurri spaventati. E basta. Era nascosto dietro le rocce. "Ciao! Hai bisogno d'aiuto? Esci fuori.." disse sorridendo. E poi sembrava carino.. ma ti sembra il momento?! si rimproverò da sola. Il ragazzo scavalcò la stessa roccia bassa che poco prima le aveva graffiato la gamba. Ed era...nudo. Trasalì di nuovo. Oddio,è ubriaco! Mi ha seguita e ora chissà che mi farà.. si guardò in torno in cerca di una via di fuga. "Non voglio farti niente.." disse lui mentre si avvicinava. Il cuore le batteva all'impazzata "Ehm,ok. Va bene..allora avvicinati.." disse. Ma quando lui fu abbastanza lontano dalle rocce lei cominciò a correre  ora mi corre dietro.. E invece lui restò immobile, mentre lei gli passò d'avanti scavalcando le rocce e scappando via.                                                                                                                                                                                                                                 

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Capitolo 3
*** Giorno due. -Guarda e zitta!- ***


 “Your true colors,
True colors are beautiful,
Like a rainbow ..”

 




 Il giorno dopo,Laila era di nuovo sulla stessa spiaggia. Questa volta, però, stringeva tra le braccia una paio di pantaloni, di quelli color sabbia che facevano tanto turista in vacanza. Aveva pensato tutta la notte a quel ragazzo, contenta che il giorno dopo fosse domenica, per poter tornare sulla spiaggia senza problemi. Ed ora eccola là. Mentre le sue compagne si preparavano alla messa domenicale, lei finse un gran mal di pancia, restando così a letto. Ma poco dopo, uscì di soppiatto, e dopo aver preso il primo pantalone che le capitava in mano da quei grandi sacchi neri pieni zeppi di vestiti per una raccolta umanitaria organizzata dal collegio si avvio subito alla spiaggia.
La sera prima si era pentita subito per essere scappata in quel modo. Lui non l’aveva seguita,non ci aveva nemmeno provato. Quindi, facendo due veloci conti..era innocuo. O meglio lei voleva convincersi di questo, anche perché per tutta la notte l’immagine di quel viso, di quegli occhi azzurri come il mare gli impedì di prendere sonno.
Levate le scarpe si avviò agli scogli, e dopo averli superati con un piccolo salto si guardò intorno. E lui non c’era. Le campane della chiesa suonavano le 11 in punto. Si sedette a gambe incrociate sulla sabbia, pensando a quanto era stata stupida a pensare di ritrovarlo. Era sicuramente ubriaco, o forse addirittura drogato, sarà andato via chissà dove..e io illusa che credevo di trovarlo qui. Così piegò i pantaloni dietro la testa a mo’ di cuscino, e si sdraiò chiudendo gli occhi.





“E’ lui, è lui…”
Ripeteva la voce della ninna nanna, sua madre. Avrebbe voluto chiedergli di chi parlava, ma come sempre la voce non arrivava in gola.
“E’ lui, ascoltalo…”
La voce ora sembrava un lamento disperato. Laila si dimenava, ma scendeva giù..sempre più in basso, non poteva vedere dove stava andando, era come se fosse cieca. Sentiva solo il fiato mancare.
Ad un tratto una mano le cinse il braccio, e cominciò a tirarla su.






Sobbalzò. Si era addormentata e aveva fatto quel sogno, di nuovo. Ma stavolta era diverso, come se sua madre volesse dirle qualcosa. E poi quella mano che la tirava su… Le campane ora suonavano mezzogiorno. Le sue compagne e le suore sicuramente stavano andando a pranzare, e poi si sarebbero riunite per i giochi da tavolo della domenica. E figurarsi se l’avrebbero chiamata per unirsi a loro. Pensò, quindi che le restava la giornata libera. Si alzò in piedi, e poi lo vide.
Un corpo giaceva a pancia in giù sulla sabbia. Lo riconobbe subito, era nudo, e aveva i capelli biondi di quel biondo che le aveva martellato la mente tutta la notte. Ma da dove era spuntato?
Gli si inginocchiò accanto e poi delicatamente lo sollevò per le spalle girandolo. Sembrava svenuto. “Ehy,mi senti?” provò a chiedere. “Ehy..dai sveglia!” Aveva paura adesso, e non capiva perché. Cominciò a dargli dei leggeri schiaffetti, e sentì che tornava a respirare. Menomale, almeno non è morto. Il ragazzo aprì gli occhi lentamente “Ciao!” disse solo, e lei sentendosi avvampare, lasciò la presa facendogli sbattere la testa sulla sabbia. “Ahio! Che bella accoglienza eh.. “ E si sollevò sui gomiti. Solo in quel momento Laila si ricordò dei pantaloni e tornando dove era prima li prese e glieli lanciò. “Ecco,metti questi e poi devi darmi qualche spiegazione.” Lui fissò sbigottito i pantaloni “Bene,devo infilare le gambe qui, no? Però, Mattia non mi aveva detto che fossero così complicati..questi..pantaloni, giusto?” “Mi prendi in giro?” Urlò lei infastidita. Che cafone. Gli salvo la vita, gli do’ qualcosa da mettersi, ed ha pure il coraggio di prendermi in giro! Il ragazzo non rispose, e con qualche difficoltà riuscì ad infilare le gambe nei pantaloni. E menomale che sono con l’elastico in vita e non con i bottoni.. pensò lei. “Bene, chi sei? E da dove vieni?” Chiese poi frettolosa, e si rese conto di non vedere l’ora di saperlo. Lui fissava ancora i pantaloni. Poi le sorrise ..quanto è bello! “Enea, mi chiamo Enea.” “Io Laila”, rispose lei allungando la mano. “Ah è così che si fa qui?” E gliela strinse leggermente. Laila finse di non sentire e chiese “Allora, da dove vieni e che ci fai qui.” “Vengo da Città Laggiù.” Rispose lui sicuro. “Va bene, seriamente. Dimmi da dove vieni.” “L’ho appena fatto!” Laila alzò le braccia in segno di resa “Va bene, va bene. Non vuoi dirmelo. Città Laggiù è una legenda. Lo sanno anche i bambini!” “Prevedibile.” rispose Enea secco. “Allora guarda..” continuò. E poi si portò una mano sull'elastico dei pantaloni per tirarli giù. “Ma che fai?” urlò lei,e poi si girò per andarsene. “Guarda e zitta!” la rimproverò lui. Lei si girò nuovamente per rispondere a tono, ma notò che si stava ormai avviando alla riva. Ma che vuole fare… e restò ad osservarlo. Il ragazzo mise i piedi in acqua, e Laila notò che il mare cominciò ad agitarsi. Poi, vide che le gambe di Enea cambiavano colore, diventando sempre più bianche, quasi pallide. Le vide leggermente brillare sotto il sole, e poi lui allungò una mano. Laila la fissò non capendo dove volesse arrivare, e poi notò che anche le mano luccicava sotto la luce del sole e che tra le dita aveva una spessa pellicina, che la rendeva simile alle zampe di un’anatra. Adatte per nuotare. Le gambe erano sempre più chiare, e Laila constatò incredula che erano quasi..squamose. Allungò una mano tremante e toccò la sua, e ricordò la sensazione del sogno. Una presa fredda, quasi glaciale, e solida, che la tirava su.
Si sentì mancare il respiro, e cadde svenuta sulla sabbia.


Salve a tutti! Questa è la mia prima storia, sono ancora inesperta,soprattutto con l'html! Colgo comunque l'occasione per ringraziare quanti di voi mi leggeranno, e vi invito a commentare! Accetto anche le critiche :D La canzone citata nel capitolo è ovviamente la splendida True Colors di Cyndi Lauper <3 Buona lettura a tutti!

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Capitolo 4
*** Giorno 3. -Enea. ***


“You feel like you've been pushed around
 to be on the edge of breaking down
 and no one's there to save you
no you don't know what its like.. 
welcome to my life!”







            


La sveglia suonò presto quella mattina. Era lunedì, e  ricominciavano le lezioni. Laila si rigirò nel letto, già sveglia, e semplicemente staccò la sveglia ignorandola. Anche quella notte non aveva dormito. E come avrebbe potuto dopo ciò che aveva visto?
 Si era svegliata sulla sabbia la sera prima, dopo che era svenuta. Era già tardi, e quando tornò di tutta fretta al collegio tutti avevano già cenato.
 Trovò ad aspettarla la madre badessa e le altre suore, e dopo una lavata di capo di quelle che non avrebbe più scordato le dissero solo “Bene, visto che ti piace così tanto trascorrere il tempo fuori casa, ti occuperai tu per questa settimana dei pasti. Salterai le lezioni, per una settimana, ma quando tornerai, sarai interrogata!”.
 Laila provò a protestare, ma non servì a nulla. D’altronde che cosa avrebbe potuto dire? Scusate tanto, ma ho incontrato un tritone di Città Laggiù e credo di essere in qualche modo, non so come e perché, legata a lui? Non avrebbero capito. E poi l’avrebbero rinchiusa in manicomio, come minimo.
Quindi, si rassegnò ad una settimana di servizi per quelle vipere delle sue compagne, e cercò da subito di abituarsi alle frecciatine velenose che le avrebbero lanciato.
Si alzò dal letto a stento, stanca e assonnata. Le altre non gli rivolsero la parola, come sempre, e questa volta le fece stranamente piacere. L’ultima cosa che voleva era trovarsi a rispondere alle loro frecciatine.
“Ho saputo che da oggi stai al tuo posto..in cucina! Allora, che si mangia per colazione orfanella del villaggio?” ecco, come non detto. “Non lo so ancora, ma per te Aurora, avevo pensato ad una tazza di veleno, anche se mi pare che tu ne abbia già abbastanza!”
Fissò negli occhi la compagna. Aurora, aveva un nome da principessa delle fiabe, e anche tutto il resto. Bionda, alta, bella, con gli occhi azzurri che sembravano quasi grigi. Era perfetta, ma antipatica come una carie curata senza anestesia. Di solito non rivolgeva mai la parola a Laila ‘l’orfanella del villaggio’, ma quella mattina stranamente l’aveva fatto. Si agitò leggermente alla risposta ricevuta, tra gli ‘ooohh’ delle compagne che le facevano da coro. “Touchè!” disse sorridendo Laila, poi le voltò le spalle e andò a preparare la colazione giù nelle cucine.



Laila guardò soddisfatta il suo lavoro. Aveva sfornato i cornetti, bollito il latte, messo i cereali delle ciotole e riempito le brocche d’acqua. E non era stato per niente facile. Le immagini del giorno prima l’avevano torturata tutto il tempo, e per di più doveva preparare tutto in mezz’ora. Quindi, prima di arrivare al risultato finale aveva bruciato una teglia di cornetti, rovesciato in terra il latte, buttato nell’immondizia una scatola ancora piena di cereali che aveva recuperato all’ultimo, e si era bagnata tutto il grembiule d’acqua.
Le sue compagne arrivarono proprio quando l’ultima brocca d’acqua fu riempita, e guardandola dall’alto in basso cominciarono a servirsi. Le si avvicinò suor Maria, una novizia che da poco era arrivata al convento “Che fai piccola, non mangi?” le chiese dolcemente. Era bassa e tarchiata, con un viso tondo e dolce. “No, non ho fame..” mentì Laila.
In realtà di fame ne aveva e come, ieri non aveva mangiato, ma sentiva che se avrebbe ingerito un solo boccone avrebbe vomitato all’istante. “E allora forza, vai a lavarti e poi vai al mercato. Lascia le buste all’ingresso quando torni, cucinerò io, evitiamo altri disastri, eh?” Disse fissando la macchia di latte ormai incrostata sul pavimento. “Grazie, grazie mille!” Rispose Laila regalandole il primo sorriso della giornata. E così dicendo andò nel dormitorio a cambiarsi.





Alle nove del mattino, Laila era già al mercato. Girava tra i banchi pieni di frutta e verdura. Comprò Quello che serviva per cucinare un buon minestrone. Lo fece ridendo, consapevole che nessuna delle sue compagne l’avrebbe gradito. Lasciò le buste come detto da suor Lia all’ingresso. “Bene, ora puoi andare..ti lascio la mattinata libera, spero solo non mi becchino!” gli disse lei. Laila provò una gratitudine immensa nei suoi confronti, e gli sorrise ancora una volta sinceramente. “Torna a pranzo allora!”. Laila si oscurò, non poteva farlo. A mezzogiorno..c’era lui. “Seriamente,non ho fame.” Disse. “Ho ancora mal di pancia, e sento che potrei vomitare se solo mangiassi!” “Oh piccola, allora ti conviene riposare! Hai il viso così stanco! Dirò alle tue compagne di non salire nei dormitori fino a stasera, per non disturbarti. Ora vai!” Laila voleva urlare dalla gioia. Era perfetto!
“Grazie ancora!” disse. E con un ultimo sorriso scappò via. Non notò però una cosa: suor Maria la seguì con lo sguardo di colpo serio,quasi triste, annuendo come se sapesse perfettamente dove stava andando.



Era appena suonato mezzogiorno,e come lei si aspettava,lo trovò sulla spiaggia. Seduto vicino alle rocce, vestito coi pantaloni che ieri lei le aveva regalato.
Le si sedette a lato, non sapeva cosa dire, da dove cominciare. Lui la osservò, sembrava stranamente attratto dai suoi capelli. “Hai riposato ieri notte? Mi dispiace averti lasciato sola, ma una volta che entro in acqua io..non posso più tornare indietro.” Laila sentì che stava per vomitare seriamente. Respirò profondamente “Senti, io davvero non so come faccia tu ad essere reale. Non so se questo è un sogno, e mi sveglierò di colpo, sono confusa, capiscimi.” “Si, ti capisco, ma se vuoi posso darti un'altra prova, sempre che tu non svenga sul più bello anche sta volta!” disse lui ridendo. Che cretino!Fa anche il simpatico! “No, no..ti credo!” Disse fermando lui che già si era alzato in piedi. Gli si sedette di nuovo accanto. “Bene, perché sei qui?” Disse Laila, e lo fissò negli occhi. “Perché tra ventisette giorni faccio 18 anni.” “E allora?” “E allora, mi hanno mandato qui, come tutti i tritoni e le sirene di Città Laggiù, per scoprire la terra ferma, prima di arrivare alla maggiore età.” Tritoni…sirene… Laila si sentì nuovamente mancare. Enea o notò subito. “Senti se è troppo..magari ci fermiamo eh!” Laila prese un altro respiro e poco convinta disse “No, no. Ormai voglio sapere. Da quanto sei qua?” “Due giorni,con oggi tre!” rispose lui. “Da quando tu mi hai trovato la prima volta.” “Quindi, dovrai trascorrere sulla terra..” “Trenta giorni.” Disse lui sicuro. “Fino al 18 Maggio.” “Trenta giorni…” ripeté lei. Beh, in realtà ventisette… e si sentì stranamente triste.
“Bene, ed io che c’entro in tutto questo?” “Tu, a quanto pare mi hai trovato. Sei stata scelta.” “Scelta?” disse lei, confusa. Non era mai stata scelta per niente, non era mai stata in grado di fare niente per bene, ed ora si trovava scelta per una cosa che sembrava così importante.
 “Si, capita molto raramente. L’ultima volta è stato precisamente diciotto anni fa!” “Uhm, bene. E cosa dovrei fare?” “Farmi da guida nel tuo mondo!” disse lui sorridendo. Sembrava quasi tranquillo, calmo e sorridente. E bellissimo. Lei li sorrise per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, e si sentì un po’ più calma. “Bene, se questo è quello che devo fare..”
Ma poi si rabbuiò di nuovo. “Dovrò mentire al collegio però!” “Collegio?” Chiese lui curioso. “Forse dobbiamo parlare un po’ anche di te.” Laila avvampò. “No, ma non c’è nulla da dire..” “Mi metto comodo.” E si sdraiò sulla sabbia appoggiando la testa su un braccio teso.
Laila lo guardò ancora una volta. Era proprio bello. Gli guardò il viso che ormai le sembrava di conoscere a memoria, le braccia, quelle della stretta del sogno (che non aveva più fatto dal giorno prima..), e poi il petto largo, la pancia piatta e coi muscoli leggermente tesi per la posizione. Sentì una strana sensazione, e avvampò ancora di più. “Che c’è? Hai visto un fantasma?” Chiese lui perplesso. “Beh non è che ci si ritrova ogni giorno con un tritone d’avanti eh!” Scoppiarono a ridere, di gusto, come Laila non faceva da tempo.
Passarono tutto il pomeriggio a parlare di lei. Enea sembrava interessatissimo ad ogni dettaglio della sua vita. L’abbandono, il collegio, la vita quotidiana sempre più complicata, le compagne, i pochi svaghi. Lui l’ascoltava come nessun’altro aveva mai fatto. Non la interruppe se non per chiedere più dettagli dove lei sorvolava, o per ridere a qualche battuta. Sembrava molto interessato ad Aurora, e questo le diede stranamente fastidio.
Il tempo passò veloce, e senza accorgersene era già il tramonto.
“Bene, disse lui alzandosi in piedi. Io devo andare! Sai, il tramonto vuol dire la fine della giornata qui sulla terra, per me. Non posso restare oltre.” Disse Enea. “Di già vai via quindi?” Disse lei di getto. Ma che caspita dici?? Si rimproverò tra sé e sé. “Pensavo di starti antipatico sai?” Rispose lui e poi allungò una mano per aiutarla ad alzarsi. Le bastò toccarlo, e Laila sentì di nuovo quella sensazione di gelo e si ritrasse quindi, confusa. “Dovrai abituarti”, disse lui capendo. “La mia temperatura è molto più bassa della tua, sono per metà pesce ricordalo!” Disse ridendo. Laila gli sorrise di rimando e si alzò in piedi. “Ce la fai a vedermi andare, o svieni di nuovo?” Domandò lui. Sembrava sinceramente preoccupato, e Laila provò uno strano piacere nel constatarlo. “Vai.” Disse lei sicura. “E domani preparati,farai il tuo primo giro sulla terra ferma!” “Grande non vedo l’ora! Allora a domani!” disse.
 E poi le si avvicinò. Ma che fa?? Le arrivò di fronte, e la guardò fisso. Le si avvicinò sempre di più col viso, troppo vicino. Non svenire, non svenire… Laila chiuse gli occhi, il cuore che batteva veloce.
 Lui le appoggiò un dito sulle labbra, e lei si sentì rabbrividire,e non solo per il contatto freddo. Lo staccò subito,e lo portò sulle sue. “E’ il nostro modo di salutarci!Non ti ho messo in imbarazzo, vero?” Laila aprì gli occhi. No, stavo solo per morire! Ma gli sorrise soltanto “No,no figurati!” Fece la stessa cosa anche lei con lo stomaco sottosopra e le guancie che stavano per prendere a fuoco. Gli poggiò il dito sulle labbra, e un nuovo brivido le percosse la schiena.
Dopo un ultimo cenno di saluto lo guardò camminare verso il mare. Si aspettava una scena epica, si aspettava di vedere una sorta di “trasformazione”.
 Ma nulla. Lui arrivato vicino alla riva si tolse i pantaloni, cominciò a correre e si tuffò.
Solo un attimo, e lei non lo vide più.


Anche stavolta ringrazio anticipatamente chi si prenderà la briga di leggere la mia storia fino a qui!La canzone citata è la splendida Welcome to my life dei Simple Plain :D
Buona lettura, e recensite, mi farebbe molto piacere! 
-Martina.

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Capitolo 5
*** Giorno 4 -Il tempo delle fragole. ***


Una vecchia cappella,arredata in modo semplice. Due file di banchi in legno,statue di santi alle due pareti laterali,e di fronte un grande altare. Era buia, tranne che per una finestra dai vetri colorati che toccata dai raggi del sole rifletteva i suoi colori su un Crocefisso che stava di fronte all’altare pronto per la messa e una suora che in ginocchio pregava.
Suor Maria, tutti ormai la conoscevano  al collegio per i suoi modi sempre gentili, e per  le sue doti in cucina. Non potevano sapere chi fosse realmente. Quella mattina era sola nella vecchia cappella. Aveva preparato l’altare per la preghiera mattutina, e poi si era inginocchiata a pregare. Pregava per lei. Per diciotto lunghi anni l’aveva cercata, e all’ennesimo tentativo l’aveva trovata. Aveva girato collegi, conventi, persino ospedali..pur di trovarla. Ed era come la immaginava. Bella, pura, con gli occhi e i capelli di sua madre. L’aveva riconosciuta subito, appena aveva incrociato i suoi occhi tristi. Tristi fino a qualche giorno prima. Stava succedendo, era scritto dovesse andare così, e lei era arrivata appena in tempo. Si sentiva confusa, aveva scelto di cercarla per aiutarla quando fosse arrivato il momento, come aveva giurato diciotto anni prima. Ma ora non sapeva come fare. Strinse tra le mani il medaglione che portava appeso al petto, e poi lo guardò. Se lo rigirò tra le mani, guardando il liquido azzurrino contenuto nella fragile sfera .
“Quando sarà pronta, ti prego Maria. Solo quando sarà pronta!”  
E Suor Maria quel giorno, capì che presto lo sarebbe stata davvero.







A  pancia in su sul letto fissava il soffitto. Tra pochi minuti sarebbero suonate le sveglie. Tutte sincronizzate, come ogni mattina. Solo poche ore, e l’avrebbe rivisto. Ripensò al contatto del giorno prima, al brivido lungo la schiena. E si sentì felice. Mai prima di quel momento era stata felice di cominciare una nuova giornata. Fino ad allora aspettava la notte, e il sogno. Ma da giorni ormai non sognava più. L’ultima volta era stato sulla spiaggia. “E’ lui..” ricordava la voce di sua madre. Forse quel lui era Enea. Ma come faceva sua madre a sapere… ma no!E’ solo un sogno!  Solo uno stupido,inutile sogno. Si alzò dal letto sorridendo, legò i capelli con l’elastico che portava al braccio e aprì la porta per scendere in cucina proprio nel momento in cui le sveglie delle compagne all’unisono cominciarono a suonare.


“Oggi cose raffinate!L’orfanella del villaggio ha imparato a cucinare!” Aurora guardava stupita le omelette che si trovavano ordinate nei vassoi delle compagne. “Sono fatte con uova di oca. Lo so che non è convenzionale, ma mi sembrava uno spreco non usare le uova calde calde che sforni ogni mattina..”. Risata generale. Aurora arrossì fino alle punte dei suoi capelli biondi. “C’è qualche problema?” La madre badessa le fissava entrambe, e poi fissò il suo vassoio a capotavola. “Brava, vedo che stare in cucina ti fa bene cara!” Disse sorridendo. “Su Su! Mangiate svelte che poi la preghiera ci aspetta!” Le ragazze si sedettero a tavola in silenzio. “Ti unisci a noi piccola?” Laila trasalì. Suor Maria le era spuntata alle spalle come al solito, e come al solito all’improvviso. “Si,certo!” Disse sorridendo. E quella mattina dopo due giorni mangiò tutto con gusto.
Poco dopo, tornò dal mercato con le borse cariche di buste, e come sempre trovò Suor Maria in cucina. “Bene cara, ora vai. Penso io al pranzo, come ieri.” Laila la fissò incredula. “Ma no,potrebbero scoprirvi..”
L’orologio batté mezzogiorno. “No, vai. E’ già tard..” stava per dire. Ma Laila la fermò. “Come..come sapete?” Suor Maria arrossì. Abbassò gli occhi e disse “Beh, sono stata ragazza anche io, prima di prendere i voti. E sono sicura che la ragione della tua premura è qualche ragazzo, o mi sbaglio?” Il battito di Laila tornò normale. Per un attimo aveva temuto che lei la seguisse. Era strana quella donna, non c’era dubbio. “Beh, ecco…” “Dai, vai e portati un paio di queste..” Disse porgendole delle fragole. “E’ il tempo delle fragole, sono buone, belle mature in questo periodo!” E le sorrise. “Beh, allora grazie. E’ sicura che posso andare,no?” La guardava ancora un po’ stranita. “Si, si vai!” E dopo aver messo un paio di fragole in tasca si girò e andò via.




Era rimasta sola. Maria guardava la ragazza allontanarsi. Che cosa stupida stava per combinare. Doveva fargli capire qualcosa, ma non in quel modo.  Respirò profondamente chiudendo gli occhi  Che Dio m’aiuti… e cominciò come ogni giorno a preparare il pranzo.






“Sono, uhm, sono la cosa più buona che abbia mai mangiato!” Enea con incuriosito aveva addentato una fragola, e a quanto pare, constatò Laila, gli piacevano parecchio. “Si chiamano fragole, sono frutti che crescono in questo periodo..” Enea finì di mangiare la sua fragola. Un po’ di succo rosso gli colava dalle labbra, e Laila si sentì avvampare dopo averle fissate per qualche secondo. “Tieni, prendine un'altra!” E gliene pose un'altra. Il ragazzo mangiò anche la seconda con gusto,e sta volta lei gli fece compagnia. Alla fine, lui si passò la lingua fra le labbra automaticamente, come per pulirsi, e le sorrise “Allora, andiamo?” Laila fece un gran respiro, si alzò e gli tese la mano “Certo..”. Il ragazzo si alzò, i capelli biondi gli brillavano al sole “Da dove cominciamo?” “Da dove vuoi,sei tu la guida mia cara!” “E allora seguimi!”

E poco dopo si trovarono sulla strada. Enea si guardava in torno come se stesse sognando. Laila dovette fermarlo più volte per evitare che venisse investito. “Quelle sono macchine!” Spiegò in preda al panico. “Servono a noi umani per spostarci da un luogo all’altro, e credimi possono farti molto male!” Poi gli prese la mano per attraversare dicendo “Si fa così!” Ma quando intreccio le dita alle sue si sentì strana, come in preda ad un dejà vu, e capì subito che era la stessa sensazione del sogno. Staccò subito la mano. “Và tutto bene?” “Si,si..” mentì. Sarà stata una mia impressione..forse dovrei calmarmi… e scelse semplicemente di cingergli il braccio col suo. “Andiamo!” disse, e si trovarono dall’altro lato. “Però, siete strani voi umani..” Laila si accorse che un bambino stava semplicemente..leccando un gelato con gusto. “Mi sa che devo spiegarti molte cose eh!” E così fece. Passarono tutto il pomeriggio a passeggiare per le vie, Enea la fermava ad ogni passo con espressioni come “Wow” “Ma cos’è?” “Guarda!!” rivolte a cose che a Laila sembravano semplicissime, come dei motorini, dei negozi di dolciumi, o dei venditori ambulanti con i banchi pieni di ogni cianfrusaglia, e adesso fissava  un bambino dentro ad un passeggino spinto dalla madre. Laila spiegò a cosa servisse lo ‘strano aggeggio porta umani’ ma Enea sembrava ancora perplesso. “Da noi non esistono questi strani attrezzi, i cuccioli nuotano subito!”. Alla parola cuccioli Laila scoppiò irrimediabilmente a ridere. “Cuccioli?Ma i cuccioli sono gli animali!” Enea si fermò d’avanti alla vetrina di un pet shop. Fissava un cagnolino. “Che animali strani che avete sulla terra!” “E’ un cane!”Spiegò Laila. “Entriamo, se vuoi!” Lui le sorrise ed entrarono. Laila si trovò a spiegare cosa fosse un cane, un canarino, un gatto o un coniglio. Lui trovava difficile credere che degli animali potessero volare. “Come i delfini!” disse “Ehm, no Enea..i Delfini non volano, saltano!” Lui la guardò perplesso.  Lei pensò ad un uccello che potesse aver visto, e poi ebbe un illuminazione “Come i gabbiani!” Lui trasalì. “MA i gabbiani sono esseri immondi!Mangiano i pesci!!” Disse lui sconcertato. “Beh,effettivamente..” Senza accorgersene erano arrivati al reparto dei pesci del pet shop. “Dio mio..perchè queste creature sono chiuse in queste..scatole?” Laila avvampò. Si sentì tremendamente in colpa “Sono acquari…” disse come per giustificarsi. E poi notò che tutti i pesci dei grandi acquari erano come immobilizzati, attratti da Enea. E fu facile capire il perché. “Comunichiamo..” Disse lui vedendo che lei lo fissava. “Ah…” lei era effettivamente incredula, e di colpo capì cosa quella giornata aveva significato per Enea. “Tu prima hai detto che non è giusto chiamare i nostri piccoli cuccioli, no?” “Esatto, non sei mica un animale!” disse lei sorridendo e appoggiandosi al muro. Notò che lui però non sorrideva, anzi di colpo era diventato serio. “Laila,cosa sono i pesci..per  te? “ “Animali..” Rispose lei sicura. “E io sono per metà pesce no?” “Beh..” disse lei imbarazzandosi di nuovo. “Sono per metà quello che tu chiami animale, ecco.” Laila si sentì perplessa, e profondamente in colpa, avrebbe voluto dirgli che le dispiaceva, ma le sembrò una cosa ridicola. Così fece l'unica cosa che le sembrava utile per uscire da quella situazione e a grandi passi uscì dal negozio. Enea le andò dietro, e la fermò per una spalla. “Non do detto mica che mi sono offeso!” sorrise. “Per noi, voi umani siete ‘animali terrestri’!” Lei si girò e lo fissò. Animale, lui l’aveva definita un animale. Le sembrava così strano, ma anche stranamente..buffo. Scoppiò a ridere di gusto, mentre Enea sembrava come sempre attratto dai suoi capelli. Allungò una mano per sfiorarli, e Laila smise di ridere. Si sentì lo stomaco sottosopra mentre lui sempre giocando coi capelli li sciolse dall’elastico che li teneva fermi, e poi glieli scompigliò sulla testa. “Sei così..magnetica quando ridi!” Laila sentì il cuore battere veloce. Non sapeva cosa dire, mentre il cuore batteva veloce nel petto, e così gli sorrise mentre pensava a quanto in quel momento doveva sembrargli stupida.
Lui la prese per la mano, Laila scattò come se da un momento all’altro si aspettasse di sentire di nuovo la sensazione di sempre, ma nulla. Sentì solo il contatto con la fredda pelle del tritone, ma nulla di più.
Ricominciarono il loro giro, e prima del tramonto erano di nuovo sulla spiaggia. “Come vi salutate tra umani?” Chiese lui con la solita ingenuità. Lei non rispose, ma si alzò sulle punte e gli diede un piccolo bacio sulla guancia. Poi restò in punta di piedi, con le braccia attorno al suo collo e il naso appoggiato al suo viso. Quel profumo. Le ricordava qualcosa quel profumo..ma non riusciva a capire che cosa fosse. Sarebbe rimasta per sempre così, sulle punte e con le braccia attorno al suo collo. Lui però non l'abbracciò. Rimase dritto, quasi imbarazzato. Si sentì un idiota, e si staccò di colpo ma che sto facendo???  Guardò Enea che le sorrise come se nulla fosse successo e le diede un piccolo bacio a sulla guancia, imitandola. “E allora io vado…” Disse. Lei non rispose. Lo guardò andare come ogni sera. E  come ogni sera, correndo si tuffò in mare e scomparve all’orizzonte. E come ogni sera, in quel momento si sentiva come se qualcosa le mancasse.



Salve a tutti!Ecco in nuovo capitolo della mia storia! Ringrazio chi mi segue, chi commenta o chi semplicemente ha letto fino a qui! Commentate se volete, accetto anche le critiche :3
-Martina.

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Capitolo 6
*** Giorno 5 ***


“Prendimi, dai prendimi se ce la fai!” Una ragazza correva, i capelli al vento erano di un rosso brillante, il viso coperto da un paio di grandi occhiali da sole. Indossava dei pantaloncini a vita alta, e una magliettina bianca che le arrivava all’ombelico.
Un ragazzo la seguiva, altrettanto giovane e bello. Aveva i capelli biondi, e gli occhi verdi, e come la ragazza rideva di gusto, libero e spensierato.
Qualcuno li riprendeva mentre si rincorrevano a piedi nudi sulla spiaggia.
“Ti prendo, aspettami” Si avvicinò correndo, e con un balzo la spinse sulla sabbia. I due erano sdraiati a terra adesso, e ridevano. La telecamera si avvicinò. “Vieni Maria!” E le facce furono tre.
La terza ragazza che prima riprendeva, adesso sorrideva alla telecamera “Salutate!” Era un po’ più grande dei due ragazzi che accanto a lei ora si baciavano ridendo, e aveva i capelli neri legati con due trecce. “Ho detto salutate, non sbaciucchiatevi!” Una gomitata colpì la ragazza rossa, che rispose facendo scivolare la telecamera che volò dietro le loro teste.



Maria premette  in pulsante ‘Stop’ del telecomando. Portò la registrazione indietro, bloccò di nuovo sulle facce dei tre ragazzi che ora da quel fotogramma nella grande tv la fissavano. Non sentiva le voci delle loro risate, ma quelle le conosceva a memoria. I due innamorati si guardavano negli occhi ridendo, e Maria sorrise rivedendo quel fotogramma. Sembrava passato un secolo.
Poi si rabbuiò e tutto di quella notte le tornò in mente. Quel pianto isterico, lei che cercava di calmarla, quella porta sbattuta. Quell’ospedale dai bianchi muri e poi la promessa di trovare una bambina che non aveva mai visto. Ricordava la sensazione di vuoto allo stomaco quando in un istante aveva capito perché per tutti quei mesi era scomparsa. Ricordava le lettere, ricordava la prima volta che aveva letto quella indirizzata a lei.
Da quel momento sapeva tutto. E da quel momento, 18 anni prima la sua vita era cambiata.

“Ah sei qui!” Maria trasalì. Un uomo sulla quarantina le si avvicinò. “Quando sei arrivata?” “Sta mattina presto, non volevo svegliarti, scusa.” Lui si accomodò accanto a lei sul divano di pelle. “Allora? Novità?” Disse curioso. Poi notò la busta bianca ormai leggermente ingiallita dal tempo posata sul tavolinetto di fronte alla tv. “Non le hai ancora detto nulla?” “Non è ancora pronta, Andrea.” “E’ in pericolo Maria, in pericolo!” Adesso urlava. “Non lo è!Lo sai benissimo che non lo è.” Lui guardò il fermo immagine sulla tv.
“Quanto l’amavo..” Ora l’urlo isterico aveva si era trasformato in una voce malinconica “E quanto mi manca!” L’uomo abbassò lo sguardo. “Mi rimprovero ogni giorno per averla lasciata andare, per aver fatto in modo che così conoscesse lui, per tutto quello che è successo dopo..” “Non è colpa tua Andrea, lo sai bene.”
La suora adesso gli poggiava una mano sulla spalla, come per consolarlo. “Era destino, lo stesso a cui adesso andrà in contro Laila..” L’uomo scattò “Ma davvero credi ancora a quelle fandonie scritte in quella lettera?” La guardò tra lo stupito e lo sconcertato. Maria gli sorrise solamente. “Da 18 anni a questa parte, non so più qual è la differenza tra fandonie e verità, Andrea.” E poi si alzò in piedi. “Vai già via?” Disse l’uomo imitandola. “Vengo con te. Così chiudiamo questa storia una volta per tutte!” “Non è ancora il momento, Andrea”
L’uomo incrociò le braccia al petto guardano la suora che cominciava a sistemare un grande borsone. “Voglio conoscerla.” La suora sbuffando irritata chiuse la cerniera del borsone e poi se lo caricò su una spalla. “E la conoscerai.” disse guardandolo scocciata “Solo quando sarà il momento però.” L’uomo le si avvicinò. “Sei sempre stata così ostinata e decisa Maria..” Adesso lei sorrideva “Ammettilo che ti stavo leggermente antipatica all’inizio…” “Posso accompagnarti almeno alla stazione?” Maria poggiò a terra il borsone. “E tu invece sei sempre stato bravo a cambiare discorso quando più ti conviene, vero Andrea?” L’uomo sollevò semplicemente le braccia in segno di resa e poco dopo i due uscirono di casa diretti alla stazione, mentre nella grande tv restava fermo il fotogramma dei tre ragazzi giovani, sereni e spensierati.









In quello stesso momento, Laila arrivò correndo a perdifiato alla spiaggia. Era una bella giornata di sole, e lei era in ritardo. Quella mattina Suor Maria non l’aveva aiutata col pranzo, perché era dovuta andare fuori paese. Quindi lei si era trovata a preparare il pranzo per tutte le compagne e le Suore, ed era uscita dal collegio solo dopo aver mangiato, quando a tutti gli effetti non dovendo seguire le lezioni, era libera di uscire come ogni giorno, a patto che la cucina le stoviglie e la sala pranzo fossero puliti. Quindi aveva perso altro tempo per fare il lavoro che solitamente Suor  Maria gli risparmiava.
 Arrivò sulla spiaggia all’ una del pomeriggio, e trovò Enea ad aspettarlo seduto sulle rocce. “Enea..ecco-eccomi.. So-sono qui!” Disse fermandosi a riprendere fiato. Lui balzò giù dalle rocce e la raggiunse “Ciao, è successo qualcosa?” Disse preoccupato vedendola col viso rosso e il fiatone. Lei respirò profondamente, cercando di far  tornare alla normalità il battito accelerato per via della corsa. “Sto..sto bene!” Disse cercando di sorridere. “Ho solo perso tempo al collegio..” Lui la guardò fissa “Sembri un gamberetto!Sei tutta rossa!” E poi scoppiò a ridere. Laila non poté trattenere le risate “Gamberetto? Nessuno mi aveva mai detto che somiglio ad un gamberetto..è..strano!” Disse ora più tranquilla. “Ti ho portato una cosa” disse “è un regalo, ma voglio dartelo dopo!” Laila ora lo osservava stranita. “Un regalo?” “Si, ma ora andiamo. Ho voglia di fare un altro giro nel tuo mondo!” Disse prendendo Lara per un braccio. Lei ebbe un leggero sussulto “Ehm, si certo andiamo! Oggi ti porto in un posto speciale!” E così dicendo si avviarono su per la spiaggia, fino al sentiero che portava sulla strada.


Poco dopo, erano seduti su un grande prato, all’interno del parco del paese. Erano di fronte alla grande balconata, da cui si vedeva il paesaggio frontale, una distesa azzurra di mare, delle rocce in lontananza, e la costa delle città e dei paesi vicini. Il sole era forte e caldo, quindi Laila aveva insistito per sedersi sotto un grande albero.
“Parlami un po’ di Città Laggiù..” disse unendo le ginocchia al petto e guardandolo curiosa. “E cosa vuoi sapere?” “Non so..cosa fai durante il giorno, dove vai, come vivi insomma!” “Ho capito.” Disse lui sicuro, e poi cominciò. “Io vivo con la mia famiglia dietro una grande barriera, mia sorella è ancora un cucciolo sai?” Laila sorrise “Sarà carinissima! Ma c’è una barriera qui vicino?” “Abbiamo un concetto di vicinanza un tantino diverso, Laila” disse lui sorridendo “Vedi, a noi tritoni bastano due giorni per fare il giro di un continente… la mia barriera si trova nell’Atlantico..” Poi notò che lei lo guardava sempre più incuriosita. “E’..è fantastico!” disse con lo sguardo luminoso. Che strano..sembra uno di quei cuccioli umani..un bambino ecco! Pensò lui osservandola. “Quindi? Che fai durante il giorno?” “Beh la prima nuotata la faccio per andare a caccia, con mio padre. Poi porto la mia sorellina a scuola..” “Scuola?” disse Laila sempre più stupita “Avete una scuola? Ah e ho sempre voluto chiederti una cosa..cosa mangiate voi tritoni? Sono domande stupide lo so..ma..” Lui la bloccò. “Non sono domande stupide Laila!” disse sorridendogli “Si, i tritoni più anziani fanno scuola ai cuccioli che un giorno dovranno cacciare soli, e che dovranno anche imparare a difendersi dalle balene o dagli squali.” Laila annuì comprendendo quello che Enea voleva dirle. “E per la tua seconda domanda..noi mangiamo i pesci più piccoli, e le alghe. Io personalmente sono ghiotto di gamberetti, ma quelli non li cacciamo, mangiamo quelli che muoiono naturalmente. Sai noi tritoni cerchiamo di rispettare una regola fondamentale, alcuni pesci li mangiamo, altri no.” “Sembra così crudele..” disse Laila corrucciata. Enea annuì e poi si sdraio con le mani dietro la testa. “Voi mangiate i cani?” chiese poi deciso. “No,certo che no!” disse lei sicura. “Ma mangiate altri animali, o addirittura pesci. E’ esattamente la stessa cosa vedi?” Lei restò a fissarlo in silenzio, pensando a quanto avesse ragione.
Notò che lui osservava il cielo, sembrava assorto in chissà quale pensiero. Gli si sdraiò a lato, restando sollevata su un braccio a guardarlo. Poi lui d’improvviso allungò un braccio e la spinse su di se. Lei lo guardò stupita e imbarazzata. “Come hai fatto ieri tu?” Le chiese osservandola. Laila pensò alla figuraccia per quell’abbraccio non ricambiato, e avvampò. “Ecco, io…” “Laila era la prima volta che qualcuno mi si avvicinava in quel modo sai? Noi tritoni non abbiamo l’abitudine di stare così vicini..” Lei scattò di nuovo a sedere. “Allora scusa, non..non volevo..” “E’ stato bello.” Disse lui semplicemente. Lei sentì il cuore che accelerava il battito. “E’ che il tuo profumo mi ricorda qualcosa..” disse come per giustificarsi. “Fammi sentire il tuo!” disse  Enea che le guardava ancora sdraiato. Lei non rispose, ma lentamente gli si sdraiò a lato nuovamente, e poi si bloccò, non sapendo bene cosa fare, e con lo stomaco stretto e il cuore che batteva veloce. Lui fece lo stesso movimento di poco prima, e lei di nuovo gli scivolò addosso, sul petto nudo. Questa volta però non si spostò. La pelle del tritone era fredda, e lei come per scaldarla gli passava lentamente una mano sul torace. Lui cominciò a giocare coi suoi capelli. Lei sentiva il cuore che batteva regolare, così come il respiro del tritone e il petto che saliva e scendeva regolarmente. Chiuse gli occhi rilassandosi, e pensò che gli sarebbe piaciuto restare così per molto tempo.




“Ti voglio bene piccola mia, ti voglio bene…”
Laila galleggiava lenta nel solito mare, mentre la voce gli parlava, lamentosa.”Perché mi hai lasciata, allora?” Voleva chiedere, ma come sempre alla gola non arrivava la voce. Solo panico.
“E’ lui Laila..è lui…”
Laila si sentì sprofondare come ogni volta, e come ogni volta il panico crebbe, fino ad impossessarsi di lei senza dargli scampo. Annaspava con le braccia, con le gambe, tentando di risalire invano.
“Capirai Laila..capirai…”
Laila non riuscì a distinguere il suono delle ultime parole, si sentiva solo inerme, in balia della corrente che la spingeva giù, sempre più in basso. Poi d’improvviso arrivò quella stretta, e di colpo cominciò a risalire.





“Laila, laila!” Laila trasalì. Aveva di nuovo fatto quel sogno. Enea la osservava chiamandola. “Laila, tutto bene? Che succede?” Lei gli sorrise e poi guardò l’orizzonte, e vide che il sole stava per tramontare. “Si, si..tutto bene Enea!” Gli sorrise cercando di non fargli capire che in realtà questa volta il sogno l’aveva lasciata più perplessa del solito. “Dobbiamo andare..è quasi il tramonto!” Disse alzandosi. Enea la imitò “Si, ma prima il mio regalo!” Laila sentì una fitta allo stomaco. Il regalo, se ne era quasi dimenticata. Enea si portò  le mani in tasca, e ne tirò fuori due orecchini. Laila restò un po’ stupita. “Questi li ritrovai sul fondale qui vicino, ero ancora un cucciolo e facevo lezione di caccia. Non l’ho mai detto a nessuno, ma quando ti ho conosciuta ho pensato che li dovessi avere tu. Sono così.. umani!” Laila li prese in mano. Erano molto semplici, d’argento e con una piccola sfera, in cui stava un liquido azzurrino. Brillavano alla luce del sole. Laila non sapeva cosa dire. Era felice, e allo stesso tempo imbarazzata. Poi notò che il tramonto era sempre più vicino, e che il cielo delicatamente cominciava a colorarsi di un arancione tenue. “Grazie Enea, sono bellissimi, davvero!” E gli diede un piccolo bacio sulla guancia.
Poi cominciarono ad avviarsi verso la spiaggia. “Il tuo odore..” le disse lui mentre camminavano fianco a fianco, “..è..bellissimo!” Lei arrossì leggermente mentre levava le scarpe vicino al sentiero che portava alla spiaggia. “Grazie..” riuscì a dire soltanto. Lui le porse la mano per superare gli scogli, e quando furono dall’altra parte si fermò osservando il mare.”Devo andare..” disse poi, e Laila sentì una sorta di malinconia nella sua voce, che stranamente si trovò a condividere. Quindi si sollevò in punta di piedi, come il giorno prima, lo abbracciò. A differenza del giorno prima lui ricambiò l’abbraccio “Ora so come si fa..” Disse mentre l’abbracciava stretta. Dopo qualche secondo si staccarono, e lui come sempre cominciò a correre verso il mare. Arrivato a riva però si fermò e si girò a guardarla “Ci vediamo domani!” e alzò un braccio in segno di saluto. “A domani!” Urlò Laila dalla spiaggia. E poi lo vide scomparire verso il tramonto.


Di una cosa però non si accorsero, stretti come erano nell’abraccio di poco prima. Una figura vestita di nero li osservava da lontano, annuendo e non riuscendo a trattenere una lacrima che piano le scivolò sul viso.













Salve a tutti! E’ passato un po’ di tempo da quando ho pubblicato il capitolo precedente, perché tra lo studio e le vacanze di Natale non ho avuto il tempo di buttare giù delle idee. Adesso eccolo qui! Ringrazio (come sempre ormai) chi mi legge, chi mi da dei consigli, e chi anche se non è iscritto su questo sito si è preso la briga di leggere la storia, e darmi dei pareri sinceri! Come al solito vi invito a commentare se vi và.
- Martina. 

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