Mimbulus Mimbletonia

di Julia Veiss
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Settembre ***
Capitolo 2: *** Bentornato ***
Capitolo 3: *** Muschio e lavanda ***
Capitolo 4: *** Lui è migliore di me ***
Capitolo 5: *** Decisioni ***
Capitolo 6: *** Ribellione ***
Capitolo 7: *** Niente posta la domenica ***
Capitolo 8: *** Passaporta ***
Capitolo 9: *** Arancia e mandarini ***
Capitolo 10: *** Risveglio ***
Capitolo 11: *** Poof! ***



Capitolo 1
*** Settembre ***



Era una mattinata piuttosto fredda, nonostante settembre fosse iniziato da qualche giorno. La luce pallida del sole mattutino entrava dalle finestre tirate a lucido del dormitorio di Grifondoro.
Quando Neville aprì il baldacchino del suo letto, la luce gli ferì gli occhi. Fece un gran sbadiglio, si stiracchiò un poco e una volta vestito scese nella Sala Grande per fare colazione.
Appena entrato nella Sala, vide Harry, Ron, Hermione e Ginny che gli facevano cenno di sedersi vicino a loro al tavolo di Grifondoro. Neville sorrise e si diresse verso i suoi amici.

I quattro tavoli erano già disposti nella Sala, che tuttavia appariva piuttosto vuota. Neville si guardò attorno, ancora mezzo addormentato: alle pareti mancavano gli stendardi delle quattro Case. Probabilmente gli Elfi Domestici stavano ultimando le riparazioni.
«Abbiamo fatto un bel lavoro, eh?»gli disse Ron allegro nonappena si fu seduto, porgendogli un piatto stracolmo di crepes al cioccolato.
«Si, siamo stati bravi»rispose Neville con un sorriso. Negli ultimi mesi, dopo l’uccisione di Voldemort, lui ed altri ormai ex-studenti di Hogwarts erano rimasti al castello (o perlomeno, quel che ne restava) assieme ai professori e ad una squadra di maghi specializzati per aiutare a ricostruire la scuola in vista del nuovo anno scolastico che ormai era alle porte. Nel pomeriggio, gli ex-studenti sarebbero ripartiti alla volta di Londra lasciando che gli insegnanti ultimassero i preparativi.

Neville fu risvegliato dai suoi pensieri da Ginny, che si era messa ad agitare le braccia gridando «Hei, Luna! Siamo qui!».
Neville rischiò seriamente di soffocarsi con un pezzo di crepe, e tossendo si girò verso la porta.
Luna era sulla soglia della Sala Grande. I lunghi capelli chiari erano raccolti in una treccia, i grandi occhi azzurri osservavano i tavoli gremiti alla ricerca di un posto libero. Indossava un vestito verde lime che le arrivava fino alle ginocchia. Le maniche e il bordo della gonna erano arancio acceso. In mano stringeva un numero sgualcito del giornale redatto dal padre, Il Cavillo. Sulla copertina viola spiccava un titolo giallo polenta, che annunciava che alle pagine quattordici e quindici erano svelati i migliori metodi per catturare un Nargillo.
Quando il suo sguardo cadde su Ginny che si sbracciava, Luna fece un gran sorriso e si diresse verso di loro. Neville si accorse che l’unico posto libero era quello di fronte a lui. Avrebbe voluto gridare, ma avendo la bocca piena di crepes si limitò ad arrossire fino all’inverosimile.

Durante i suoi anni ad Hogwarts, Neville non aveva mai dato molto peso alle ragazze. Primo, perché lo ignoravano completamente, e secondo perché era sempre troppo occupato a non badare alle continue frecciate dei suoi compagni e a preoccuparsi delle Strillettere di sua nonna.
Ma lei, Luna, lei era diversa. Lei era stata l’unica a capire che dietro alla sua goffaggine e alla sua sbadatezza c’era un ragazzo buono e gentile.
Lui d’altra parte era stato il primo a capire che non era così matta come tutti pensavano.
Nonappena Luna si sedette, Neville fece un gran sospiro e ricominciò a mangiare le sue crepes. Mentre ognuno finiva la sua ultima colazione ad Hogwarts, Hermione domandò: «E voi che farete dopo Hogwarts? Cioè, vi cercherete un lavoro o continuerete gli studi?»

Silenzio.

Nessuno fino ad ora si era mai posto questa domanda, tra la sconfitta di Voldemort e la ricostruzione di Hogwarts non ne avevano avuto il tempo.
Fu Ron a rompere il silenzio: «Io credo che aiuterò George a gestire il negozio di scherzi, ora che Fred…» non riuscì a finire la frase. A tutti quanti pesava la mancanza di Fred, ma erano Ron, Ginny e George a soffrirne di più.
«A me piacerebbe diventare un Auror, quindi credo che continuerò a studiare» disse Harry, cercando di deviare l'argomento.
«Io non lo so, però mi piacerebbe partire per cercare nuove creature strane» disse Luna sognante.
«A me manca ancora un anno di scuola...» aggiunse Ginny, cupa. Harry le prese la mano e la guardò dolcemente.
«E tu, Neville?» chiese Hermione.
«Io? Beh, ecco… veramente…»
Non era mai stato un granchè a scuola. Non era proprio pessimo, ma nemmeno così bravo da poter aspirare alla carriera di Auror.
«Insomma, vorrei…»
Però un sogno nel cassetto lo aveva.
«…mi piacerebbe…»
Certo, forse in fondo era un sogno un po’ stupido.
«…beh, sapete…»
Ma perché non provarci?

«Ecco… io vorrei insegnare Erbologia, qui ad Hogwarts».

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Capitolo 2
*** Bentornato ***


Neville richiuse piano il suo baule. Nel dormitorio di Grifondoro regnava il silenzio.
«Dai, Neville, scendi! Quanto ci metti a preparare un baule?»
«Arrivo, Ron... scendo subito.»
Guardò a lungo il dormitorio. Per l’ultima volta.
Ad Hogwarts non erano stati anni facili, per lui. Già negli studi non era esattamente una cima, poi il ritorno di Voldemort e tutto quello che ne era seguito avevano reso tutto ancora più difficile.
Però sapeva che aveva trovato degli amici, amici veri. Come non ne aveva mai avuti.
Neville scese in fretta le scale e si trovò nella Sala Comune di Grifondoro.
«Ah, allora ti sei deciso a scendere! Stavamo per usare un incantesimo di Appello» sbottò Hermione, sorridendo.
«Scusatemi, non riuscivo a… a trovare la Ricordella» farfugliò Neville, poco convinto.
«Beh, questa è l’ultima volta che ci troviamo tutti assieme qui» mormorò Ginny, triste.
«Ma possiamo sempre scriverci via gufo. Voi dove starete?» chiese Neville.
«Noi, tutti alla Tana. Ora che Fleur e Bill si sono sposati abbiamo una camera in più» disse Ron. «Tu invece, dove starai?».
«Ah, io sarò sempre d mia nonna. Se non fa attenzione una volta o l'altra farà saltare per aria la casa!»
Terminati i saluti alla Signora Grassa e a Nick-quasi-senza-testa, il gruppetto si avviò verso il binario, dove li aspettava l’Espresso di Hogwarts che li avrebbe ricondotti a Londra.

Arrivati al binario, dopo i frettolosi saluti agli insegnanti tutti gli ex-studenti salirono sul treno. Neville si affrettò a cercare uno scompartimento vuoto. Non aveva voglia del trambusto che creavano Ron ed Harry con i petardi magici, voleva starsene un po’ da solo per pensare a come avrebbe detto a sua nonna Augusta che voleva diventare insegnante di Erbologia. Era elettrizzato: oramai era maggiorenne e poteva decidere della sua vita, ma d'altra parte affrontare la temibile Augusta Paciock non sarebbe stata un'impresa facile, e lui lo sapeva benissimo.
Per un po’ guardò fuori dal finestrino, poi si disse che non doveva per forza comunicare subito la sua decisione alla nonna e quindi decise di mettersi a leggere. Aveva appena estratto dal baule la sua copia di Mille Erbe e Funghi Magici quando qualcuno bussò alla porta del suo scompartimento.
Era Luna.
Neville si alzò di scatto e andò ad aprirle la porta. «Ciao, Neville… sul treno non c’è posto, posso sedermi?» Aveva le gote leggermente arrossate. Neville abbozzò un sorriso.
«Si, certo, accomodati» rispose, imbarazzato.
Luna non fece neanche in tempo a metter piede nello scompartimento che delle sue compagne di Corvonero la presero e la portarono via, strillando che qualcuno aveva stregato una Cioccorana e che era uno spettacolo da non perdere. Mentre Luna seguiva a malavoglia le sue compagne rivolse un ultimo sguardo dispiaciuto a Neville. Lui, deluso, si risedette e riprovò ad immergersi nella lettura.
Stranamente, però, non riusciva a concentrarsi su nulla per più di due minuti.

Dopo un tempo che gli parve interminabile, l’Espresso per Hogwarts raggiunse sbuffando la stazione di King’s Cross. La banchina era gremita di persone: genitori, parenti, amici degli studenti di Hogwarts.
Neville notò un gruppetto di persone, tutte con i capelli rossi. Dovevano essere i Weasley. Poco distante, su una panchina, sedeva un’anziana signora con i capelli color argento.
Indossava un abito verde bottiglia, una voluminosa pelliccia di volpe ed un cappello scuro su cui troneggiava un avvoltoio impagliato. In mano stringeva una grande borsa rossa. Gli occhi, grandi e scuri, erano vispi e luminosi e osservavano il frenetico viavai di persone.
A Neville sfuggì un sorriso. Sua nonna Augusta non era mai venuta ad accompagnarlo o a prenderlo alla stazione, nemmeno quando frequentava il primo anno ed era solo un ragazzetto impaurito.
Scese in fretta dal treno e si diresse velocemente verso di lei, quasi correndo. Lei non lo guardò nemmeno, ma c'era da aspettarselo. Detestava le dimostrazioni d’affetto. Ma quando Neville le fu davanti lui le prese le mani, la guardò negli occhi e sussurrò «Ciao, nonna».
Solo allora lei ricambiò lo sguardo con gli occhi pieni di lacrime.
«Sei cresciuto tanto» disse in un soffio «ma il sorriso resterà sempre quello di tuo padre».
Dopodiché, nonna e nipote si strinsero in un lungo abbraccio, mentre il caos della stazione vorticava attorno a loro.
«Bentornato, Neville».

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Capitolo 3
*** Muschio e lavanda ***


Una volta giunti a casa Neville si sentì subito meglio.
Lui e la nonna vivevano in una vecchia fattoria dispersa nelle campagne attorno a Londra, al limitare di un bosco. L'edificio era cambiato rispetto a come Neville se lo ricordava: l'edera aveva quasi ricoperto tutti i lati dell'abitazione e c'erano molte più tegole mancanti dal tetto, ma nonostante ciò era rimasto identico a quando Neville l'aveva lasciato l'ultima volta.
Durante tutti quei mesi di guerra aveva temuto che i Mangiamorte avessero attaccato la casa di sua nonna come avevano fatto alla Tana durante il matrimonio di Bill e Fleur. Ma non era successo proprio nulla, la casa al suo interno era intatta, come dimostravano le sfere di cristallo disposte in ordine decrescente sopra uno scaffale o il bizzarro lampadario di cristallo che cambiava colore in base all’umore della padrona di casa.

Ora era color giallo canarino, segno che nonna Augusta era felice, anche se non lo dava a vedere più di tanto.
Neville, dopo aver respirato a pieni polmoni l'aria di casa. Profumava di muschio e lavanda, proprio come quando era bambino. Un sorriso si fece strada sul suo viso.
Fece per portare le sue cose al piano superiore, nella sua stanza, ma la nonna lo fermò con un gesto imperioso.
«Quello lo puoi fare anche dopo, adesso voglio che mi racconti per filo e per segno come si è svolta la battaglia. Non sono sicura che la Gazzetta del Profeta abbia riportato proprio tutto».

Neville fu ben felice di non dover portare subito il pesante baule di sopra. Si ricordò che avrebbe potuto usare la magia anche fuori da Hogwarts e portare il baule di sopra con un incantesimo ora che era un mago maggiorenne, ma non si era ancora abituato del tutto all'idea. Quindi si sedette sul morbido divano color lavanda mentre la nonna aveva preso due tazze e, colpendole con la bacchetta, le aveva riempite di fumante thè alla menta.
Neville , per l'ennesima volta, raccontò tutto dall’inizio: di come Harry aveva trovato sei Horcrux e li aveva distrutti, dei giorni in cui Piton era Preside e la scuola sembrava una prigione, di quando avevano innalzato le protezioni attorno ad Hogwarts, di come lui (e qui arrossì fino alla punta delle orecchie) aveva mozzato la testa a Nagini con la spada di Grifondoro e infine di come avevano ricostruito la scuola.

Quando finì di raccontare era già notte inoltrata, ma la nonna non aveva dato segni di stanchezza nemmeno per un istante, anzi: la sua espressione era rimasta attenta dall’inizio alla fine del racconto.
«Oh, che storia emozionante! Sono sicura che i tuoi genitori sarebbero fieri di te se sapessero che hai compiuto queste imprese» disse mentre rispediva le tazze ormai vuote in cucina agitando la bacchetta.
«Si, certo, fierissimi» disse Neville ancora più rosso.
«Ora è tardi… sarai stanco». La nonna non fece in tempo a finire la frase che Neville si esibì in un sonoro sbadiglio. Le diede la buonanotte e andò nella sua camera, una piccola stanza rettangolare con una finestra che dava sul bosco vicino. Fu lieto di vedere che nulla era stato spostato: i poster con i Cannoni di Chudley che sfrecciavano sulle loro scope attaccati alle pareti, i libri nella libreria, la sua collezione di foglie sul comodino. Ogni cosa era al suo posto.

Neville si mise il pigiama e si infilò sotto le coperte, infreddolito.
Era felice.
Era a casa.

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Capitolo 4
*** Lui è migliore di me ***


Le giornate in casa Paciock scivolavano l’una sull’altra come le onde del mare, senza nessun avvenimento importante.
Neville non era più abituato ad una vita tranquilla, nonostante ormai fossero passati mesi dalla guerra ad Hogwarts ed era arrivato l'inverno.
Aiutava la nonna con le faccende domestiche e nell’orto dietro la casa. Lei era invecchiata ed era stanca, anche se non riusciva ad ammetterlo. Ogni tanto Neville faceva delle lunghe passeggiate da solo, nel bosco vicino: camminava fra gli alberi osservandoli attentamente e prendendo qualche appunto su ciò che lo circondava.
Portava sempre con sé il vecchio galeone incantato da Hermione, quello che usavano per conoscere le date degli incontri dell'Esercito di Silente nella Stanza delle Necessità. Sapeva che ormai non ci sarebbe stato più nessun incontro ma ormai era diventato una specie di rito, un modo per ricordare i giorni passati ad Hogwarts che, nonostante tutto, gli mancavano.

Un giorno, durante una di queste passeggiate, Neville si imbatté in un esemplare di Mimbulus Mimbletonia. Il cactus grigio ricoperto di pustole al posto delle spine cresceva ai piedi di una vecchia quercia che era stata abbattuta tempo prima da un fulmine.
Neville Fu sorpreso di questa scoperta: non era affatto normale che una pianta abituata al caldo dell' Assiria crescesse in un clima freddo e piovoso come quello inglese. Sorrise, ricordando come, al quinto anno, lui e Harry, Ginny e Luna avevano fatto scoppiare le bolle che ricoprivano la pianta venendo cosparsi di Puzzalinfa.
Il ragazzo etrasse in fretta un foglietto di pergamena e prese appunti sullo stato della pianta. Stava quasi per raccoglierla per studiarla meglio in seguito, ma si trattenne.
E se la nonna avesse fatto qualche domanda?
Lei era ancora convinta che Neville intendesse diventare un Auror, come i genitori, invece che un insegnante di Erbologia. Non le aveva ancora detto niente.
Come l’avrebbe presa? Non bene, di sicuro. La nonna voleva che Neville diventasse qualcuno, qualcuno di importante. ‘Ah, se fossi bravo come Harry Potter!’ soleva ripetere quando Neville frequentava i primi anni ad Hogwarts e i suoi risultati a scuola erano piuttosto deludenti. Neville in quel periodo era sicuro che, se avesse potuto, la nonna avrebbe adottato Harry al posto suo.
Per Augusta, Harry era sempre il migliore, un modello a cui ispirarsi, un idolo, e continuava a paragonare il nipote a lui. Erano anche nati a solo un giorno di distanza, un solo giorno!
Dopo tanti anni passati ad essere paragonato al "Prescelto", nella mente di Neville si era radicata la convinzione che Harry era e sarebbe sempre stato migliore di lui, in qualsiasi campo.
Come dimenticarsi della prima lezione di volo? Quando Neville era salito sul manico di scopa ma, incapace di scendere, si era fatto soccorrere da Harry che aveva anche recuperato la sua Ricordella che Draco Malfoy gli aveva sottratto.
O ancora, quando si era fatto pietrificare da Hermione poche ore prima che Harry sconfiggesse Voldemort al primo anno.
"Affrontare i nemici richiede notevole ardimento. Ma altrettanto ne occorre per affrontare gl amici!" aveva detto Silente. Certo, quegli ultimi dieci punti erano stati decisivi per vincere la Coppa delle Case quell'anno, ma Harry quella volta aveva addirittura guadagnato 50 punti in un colpo solo! Nonna Augusta aveva elogiato Harry per settimane, mentre a Neville era toccata una misera pacca sulla spalla.

Ma lui sapeva di essere cambiato, era maturato molto. Lui sapeva di essere cresciuto. Era migliorato molto nelle arti magiche negli ultimi anni ad Hogwarts, non si poteva negarlo. D'ora in poi avrebbe preso da solo le sue decisioni, che fossero piaciute o meno alla nonna non voleva farsi più mettere i piedi in testa da lei, questo era certo. Ora bisognava soltanto trovare un modo per farglielo capire...
Un brivido di freddo lo destò dai suoi pensieri. Sospirando, Neville gettò un ultimo sguardo alla Mimbulus Mimbletonia e tornò sui suoi passi, diretto verso casa.

Non appena entrò nel piccolo salotto, Neville corse al piano superiore sfregandosi le mani infreddolite. Voleva scrivere a Hermione, o a Ron, per chiedere come stavano, se avevano già iniziato a studiare (o a lavorare, nel caso di Ron) oppure se stavano ancora facendo vacanza. Scrivere era il miglior modo che conosceva per distrarsi dai problemi.
Mentre intingeva la piuma d’aquila nell’inchiostro, gli venne in mente che l’unica a cui non aveva ancora scritto da quando aveva lasciato Hogwarts era Luna. Che idiota era stato! Si era dimenticato di chiederle dove stava, ora che la sua casa era stata distrutta dai Mangiamorte.
Pensando a Luna, si accorse di essere arrossito. Cercò di scacciarla via dai suoi pensieri ma niente, era più forte di lui.
Chissà che cosa stava facendo, chissà che anche lei stava pensando a lui…
«No, non è possibile» si disse Neville.
Lei era troppo carina per essere interessata ad uno come lui.
«Io sono solo… me stesso» aggiunse tra sé e sé, con una punta di amarezza.
Messo da parte, anche se a malavoglia, il pensiero di Luna, Neville tornò a concentrarsi su come dire alla nonna dei suoi progetti per il futuro. Doveva farlo al più presto, prima che diventasse troppo tardi e prima che la nonna facesse qualche gesto avventato.
Rimase ad arrovellarsi sul problema fino a notte fonda finchè, sfinito, non si addormentò sula scrivania con la piuma d’aquila in mano.

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Capitolo 5
*** Decisioni ***


Quella mattina Neville si svegliò con il suono della pioggia che picchiettava sul vetro della finestra.
Aveva male da tutte le parti: quando poi si rese conto che si era addormentato sulla scrivania, si spiegò l’origine di tutti quei dolori. Massaggiandosi dietro al collo, scese le scale per andare a fare colazione. La nonna era già sveglia da un pezzo e fischiettava allegra, mentre con la bacchetta spostava piatti, bicchieri e posate come se fosse una direttrice d’orchestra.
Non c’erano dubbi, era di buon umore. Anche il lampadario del salotto lo confermava: era di un arancione acceso.

Neville si decise. Era quello il momento adatto per comunicarle i suoi piani per il futuro. Aveva riflettuto abbastanza e aveva fatto la sua scelta. Non voleva certo guastarle la giornata di primo mattino, ma... ora o mai più.
«Nonna, c’è una cosa di cui ti vorrei parlare…»
Lei si sedette. Roteò la bacchetta e la colazione (bacon, uova alla coque e succo di zucca) apparve in tavola.
«D’accordo, ma prima lascia parlare me. Ho appena spedito una lettera al Ministero, per iscriverti ai corsi specializzati per diventare Auror, proprio come i tuoi genitori ed... Harry! Sei felice?» disse con un sorriso smagliante.
Vedendola così allegra, a Neville venne un groppo in gola. Non ci sarebbe mai riuscito, mai e poi mai.
«Ecco… diciamo che la carriera di Auror non... non è proprio quella a cui aspiro».
Sul viso della nonna apparve un’espressione stupita, ma... non arrabbiata.
«Oh, capisco» disse lei. Neville credeva quasi di avercela fatta. Non era stato così terribile, in fondo, ma non si sarebbe mai aspettato questo tipo di reazione. Si sentì immediatamente sollevato.

«Allora... vuoi tentare in qualche altro Ufficio del Ministero?»
D'un tratto Neville si sentì crollare il mondo addosso. Avrebbe preferito sostenere mille esami di Pozioni piuttosto che dover affrontare quella conversazione. Come aveva fatto ad illudersi che la nonna avrebbe capito così, su due piedi? Ma ormai non poteva più tirarsi indietro.
«Non esattamente… io…»
«Oh, non dirmi che ti piacerebbe diventare addirittura Ministro della Magia! Forse però è un progetto un po’ troppo ambizioso, non credi?»
Neville era disperato. Come poteva dire alla nonna ciò che voleva fare senza ferire i suoi sentimenti? Era un’impresa semplice quanto voler cavalcare un Ungaro Spinato. E, per giunta, con gli occhi bendati.
«Nonna, io…» fece un respiro profondo.
«Io voglio insegnare Erbologia. Ad Hogwarts.»

Improvvisamente, il lampadario divenne rosso sangue.

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Capitolo 6
*** Ribellione ***


Nonna Augusta scoppiò in una lunga, sonora risata.
«Neville, caro, davvero vuoi insegnare Erbologia ad Hogwarts?» disse riprendendo fiato. «Ma dai, non scherzare! Pensa a cosa direbbero i tuoi poveri genitori!»

Per Neville questo era troppo. Aveva sentito ormai troppe volte quelle risate di scherno che lo seguivano sempre, ogni cosa facesse. Era frustrante.
Ma ora era giunto il momento di camminare con le proprie gambe, che fosse piaciuto o meno alla nonna.

«NON PARLARE COSI’ DEI MIEI GENITORI!» sbottò Neville alzandosi e sbattendo le mani sul tavolo di legno.
«Ogni volta che faccio qualcosa che non sta bene a te tiri fuori il discorso ‘che cosa penserebbero i tuoi genitori’. Loro sarebbero fieri di me anche se volessi fare un lavoro Babbano, ne sono sicuro!» disse.

Stava… tremando?
Per la prima volta in diciassette anni gridava contro sua nonna. Per la prima volta in diciassette anni stava facendo valere le sue decisioni.
E non era una brutta sensazione, affatto.

Lei lo fissava, impietrita. Per un istante parve quasi… spaventata.
Si ricompose in un attimo e gridò al nipote «Chi ti ha cresciuto? Chi ha badato a te per tutti questi anni? CHI? Io, naturalmente! Per te ho sempre preso le decisioni migliori, e adesso non lascerò che tu ti rovini con le tue stesse mani!»
«Ho già diciassette anni, nonna! Sono abbastanza grande per decidere da solo cosa fare nella mia vita.»

La nonna sembrava in procinto di aggiungere qualcosa, ma d’un tratto cambiò idea.
Si sentì un sonoro pop e di lei rimase solo una nuvoletta di denso fumo grigio. Si era Smaterializzata.

Neville rimase da solo nel piccolo salotto, schiumante di rabbia. Aveva ragione lui, e lo sapeva anche la nonna. Per questo si era Smaterializzata all’improvviso, troncando a metà la discussione.
Era già successo, in passato, che sua nonna scomparisse quando era arrabbiata oppure durante una discussione, ma nessuna era mai stata così violenta. Di solito la nonna stava via un paio d’ore, anche se Neville non aveva idea di dove andasse.

Ed stavolta non aveva idea nemmeno di quando sarebbe tornata.

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Capitolo 7
*** Niente posta la domenica ***


Erano passati ormai tre giorni, tre giorni da quando Neville aveva litigato con sua nonna e lei si era
Smaterializzata all’improvviso.
Erano passati ormai tre giorni, tre giorni da quando Neville aveva litigato con sua nonna e lei si era Smaterializzata all’improvviso.
Stava iniziando a preoccuparsi in modo serio. Era già successo che la nonna sparisse dopo un litigio, ma mai per così tanto tempo.
Neville passava i pomeriggi seduto davanti alla finestra, ad aspettare che lei tornasse. Scrutava il paesaggio con fare ansioso, e bastava un minimo movimento ai margini del bosco per illuderlo. Ma nessuna vecchietta con un avvoltoio impagliato in testa e una grande borsa rossa si stagliava all’orizzonte.
Sospirando, Neville si alzò e si diresse verso il piccolo cucinino per prepararsi una tisana. Forse questa l’avrebbe aiutato a distendere i nervi.
Diamine, perché era stato così duro con lei? Sapeva fin dall’inizio che non l’avrebbe presa bene, allora perché le aveva urlato contro in quel modo?
Mentre sceglieva distrattamente una tisana qualsiasi, sentì qualcosa che batteva freneticamente contro il vetro della finestra della cucina. D’istinto portò la mano alla bacchetta, ma si rese conto che non c’era nulla da temere. Era Leotordo, il gufetto iperattivo di Ron.
Neville aprì la finestra per lasciarlo entrare. Il piccolo gufetto era parecchio infreddolito, e Neville lo portò
subito accanto alla stufa del salotto per riscaldarlo. Dopodiché, sciolse il laccetto che teneva legata la
lettera alla zampa di Leotordo.
La lettera non era lunghissima, e recitava le seguenti parole:
 
“Ciao Neville,
I miei genitori sono partiti per l’Egitto per andare a trovare Bill e Fleur. Abbiamo un’altra camera libera,così volevo chiederti se ti andava di passare qualche giorno da me, finchè le vacanze invernali di Ginny non saranno finite. Saremo io, Harry, Hermione, tu e Luna, con la casa completamente a nostra disposizione.
Allora, ci stai? George mi ha lasciato prendere alcuni prodotti non ancora in commercio dal negozio di scherzi, ci divertiremo un saccco!
Mandami la risposta con Leotordo e ti spedirò una Passaporta per raggiungere la Tana.
Fammi avere il responso al più presto! Firmato, Ron ,,
 
Neville era molto eccitato. Era stato poche volte alla Tana, in occasione dei raduni dell’Ordine della Fenice prima che questo si trasferisse a Grimmauld Place. Gli piaceva l’idea di stare qualche giorno da Ron assieme ai suoi più cari amici, però era sempre preoccupato per sua nonna. E se fosse tornata e non l’avesse trovato a casa? Poteva sempre lasciare un messaggio dove spiegava dov’era andato.
Si decise per quest’opzione, scribacchiò una risposta veloce a Ron e la legò alla zampa di Leotordo, che stava becchettando alcuni semi che aveva trovato sul tavolo del salotto.
Quando il gufetto sparì oltre le nubi, Neville si precipitò di sopra: infilò qualche vestito a casaccio in un borsone, poi scese al piano di sotto e si dedicò al compito più difficile: scrivere il messaggio a sua nonna.
Cosa diavolo poteva scrivere? “Ciao nonna, sono da Ron, starò via qualche giorno”? Non era il caso, probabilmente Augusta si sarebbe arrabbiata ancora di più.
Mentre si arrovellava sul problema, sentì altri colpi alla finestra. Non poteva essere Leotordo, non poteva aver fatto andata e ritorno in così poco tempo... 
Fuori era buio, ma grazie alla luce pallida della luna Neville riuscì a distinguere la sagoma di un altro gufo al di là delle finestre. No, non era Leotordo: il gufo appena arrivato era grande circa il doppio e, soprattutto, aspettava tranquillo e paziente.
Neville aprì lentamente la finestra, leggermente intimorito. Il gufo entrò in casa con fare regale mentre squadrava tutto con i grandi occhi gialli. Dopodiché, si posò tronfio sullo schienale di una sedia. Neville slegò con mani tremanti la lettera dalla zampa del gufo, fissandolo. Lui ricambiò osservandolo con uno sguardo intimidatorio.
 
Una volta aperta la lettera, non fu difficile conoscere chi la mandava. Neville avrebbe riconosciuto tra miliardi quel sigillo: era il Ministero della Magia. Che cosa voleva ancora da lui?
La lettera era scritta con un inchiostro rosso scuro su un foglio di pergamena pregiata, in una grafia Ordinata. In sintesi, diceva questo: non poteva imporsi alle decisioni di sua nonna fino a che lui viveva ancora sotto il suo stesso tetto. Se lei gli diceva di diventare un’Auror, lui doveva obbedire finchè non si sarebbe trovato un’altra abitazione e finchè non fosse diventato completamente autosufficiente. Solo allora avrebbe potuto cambiare strada.
Ma che razza di legge era? Non aveva mai sentito nulla del genere, nemmeno da Percy quando era il puntiglioso e servile assistente del signor Crouch.
Ma Neville ormai si era deciso, e non voleva di certo sottomettersi a quella stupidaggine. Però non sapeva che fare: restare nella casa della nonna, rischiando che lei potesse tornare da un momento all’altro o andare via? Si, ma dove?
Neville era nel panico. Sentì un brivido di freddo, e si accorse che la finestra era ancora aperta, ma il gufo grosso gufo dagli occhi gialli era scomparso. Probabilmente era volato via, verso il Ministero e i suoi caldi Uffici.Neville chiuse la finestra. Finchè Ron non gli avesse mandato la Passaporta per raggiungere la Tana, sarebbe rimasto a casa della nonna. Era disposto a correre il rischio. D’altronde, che altro poteva fare?
 
Sbadigliò, assonnato. Si trascinò al piano di sopra e senza neanche mettersi il pigiama si buttò sul letto, scivolando in un sonno tormentato.

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Capitolo 8
*** Passaporta ***


Il mattino dopo, Neville si svegliò di soprassalto. Stava facendo un incubo. Non si ricordava che cosa stava sognando, ma era sicuro che fosse qualcosa di terribile.
Scese al piano di sotto e si preparò una colazione veloce. Mentre sorseggiava la sua cioccolata calda,leggeva la Gazzetta del Profeta: ma non riportava niente di interessante, i soliti pettegolezzi. La giornata trascorse come tutte le altre: Neville passava il tempo seduto davanti alla finestra, in attesa che la nonna tornasse. Ma ora non era più preoccupato: dopo la visita del gufo del Ministero la sera prima, era terrorizzato dalla possibile reazione della nonna.
Nel primo pomeriggio, Neville si disse che non poteva andare avanti così, senza far nulla. Così prese un vecchio libro polveroso dalla libreria della nonna e si mise a sfogliarlo, svogliatamente. Improvvisamente, sentì un frenetico picchiettare alla finestra della cucina. Si alzò di soprassalto e corse nella cucina: si aspettava di rivedere il grosso gufo della sera prima, ma con suo grande sollievo al di là della finestra c’era Leotordo. Neville si sentì immediatamente più sollevato: poteva andarsene al più presto da lì.
Dopo averla slegata dalla zampetta di Leotordo, Neville aprì la busta, che era piuttosto grossa: ne scivolò fuori un vecchio calzino ammuffito e puzzolente.
Il messaggio di Ron era breve:
“La Passaporta si attiverà alle tre in punto. Tienila in mano a quell’ora e arriverai qui in un battibaleno!
Firmato, Ron.”
Neville scoccò uno sguardo all’orologio: erano le due e cinquantotto. Mancavano due minuti.
Corse a prendere il borsone che aveva preparato la sera prima. Dove diavolo lo aveva cacciato?
Un minuto e mezzo.
Provò in cucina. Nessuna traccia del borsone.
Un minuto.
Ma certo, di sopra! Neville si fiondò in camera sua come un missile e scese di sotto con il borsone alla
stessa velocità.
Trenta secondi.
Prese in mano il calzino, curandosi di tenerlo il più lontano possibile dal naso: il suo odore era simile a
quello della Puzzalinfa.
Dieci secondi.
Era pronto per partire. Chiuse gli occhi.
Cinque, quattro, tre, due, uno…
Mentre veniva risucchiato dalla Passaporta, Neville lanciò un ultimo sguardo al salotto.
Un istante prima che lui scomparisse del tutto, sentì un sonoro pop.
Da una nuvoletta di fumo grigio era appena comparso un grosso avvoltoio impagliato.
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NOTE DELL'AUTRICE;
Pwahahaha è la prima volta che scrivo una cosa del genere, quindi boh mi sento un po' nervosa (?)
Ultimamente non aggiorno molto spesso (penso, anzi spero che lo abbiate notato pwahaha) causa scuola / debiti / impegni della vita reale.
In più ho un'altra fanfiction work in progress (?) e quindi molto tempo lo perdo dietro a quella, sorry!
Cercherò di aggiornare più spesso, basta che non mi mettiate sotto pressione con i capitoli che altrimenti mi viene l'ansia (@FABBA una a caso sei tu pwahah)
Quindi boh, mettetevi l'anima in pace (?)
Salutoni, -g.

 

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Capitolo 9
*** Arancia e mandarini ***


Neville si ritrovò improvvisamente seduto sul tavolo della cucina di casa Weasley. Si tastò il corpo: era tutto intero. La porta della cucina si aprì ed entrarono Ron, Ginny, Hermione ed Harry.
«Ciao, Neville! Com’è andata con la Passaporta?» disse Hermione.
«Tutto alla grande, grazie» rispose Neville saltando giù dal tavolo.
«Ringrazia che sono stata io ad incantarla, se l’avesse fatto Ron saresti qui solo a metà» sbottò lanciando un sguardo torvo a Ron.
«Luna sarà qui a momenti» disse lui «Intanto puoi andare a sistemare le tue cose di sopra. Tu, Harry ed io dormiremo nella stanza dei miei genitori mentre Hermione e Luna si sistemeranno in quella di Ginny»
Neville salì i ripidi gradini accompagnato da Harry. Una volta giunti davanti alla camera dei coniugi Weasley, Harry aprì piano la porta. Era l’unica stanza della casa che Neville non aveva mai visto: non era molto grande, ma era arredata con gusto.
Al centro, al posto del letto matrimoniale, erano state sistemate tre brandine. Alle pareti (di color arancio carota) erano appese delle mensole con dei libri, messi in ordine di grandezza. Sarebbero state delle mensole normalissime se non fosse stato per il fatto che pendevano tutte da un lato, senza però che i libri cadessero. Neville restò a fissarle, incantato, ma Harry lo spinse delicatamente dentro la stanza.
«Sicuri che non do fastidio? Insomma, capitare qui all’improvviso…» aggiunse poi.
«Ron ha detto che i suoi genitori sono d’accordo…» disse Harry facendo spallucce.
Una volta sistemati i bagagli, i due ragazzi ritornarono al piano di sotto, nel piccolo salotto rotondo.
Hermione era seduta su una grande poltrona rossa, sfogliando uno dei libri di cucina della signora Weasley («Siamo sicuri che questo sia commestibile?») mentre Ron e Ginny erano impegnati in una partita a scacchi magici seduti sul pavimento. Neville si era appena accomodato sul divano accanto ad Harry quando si sentì un colpo, come uno sparo
proveniente dalla cucina.
«Dev’essere arrivata Luna!» disse Ron allegro, alzandosi dal pavimento.
Tutti gli altri lo seguirono. Luna era nella stessa posizione in cui era arrivato Neville: seduta sul tavolo.
«Oh, ciao, ragazzi!» disse spolverandosi il i pantaloni (viola a pois celesti).
Passarono il pomeriggio a raccontarsi cosa era successo in tutti quei mesi: Harry aveva cominciato gli studi per diventare Auror; Ginny era tornata ad Hogwarts per finire il settimo anno. Ron aveva iniziato a lavorare nel negozio di Fred e George e Luna aveva fatto un breve viaggio in Sudamerica alla ricerca di qualche
strana creatura per il Cavillo. Neville decise di non raccontare della lite con sua nonna: non voleva rovinare l’atmosfera allegra che si era
creata. Si limitò a dire che andava tutto benone. 

Ormai si era fatta sera. Dopo cena, quando si fece buio, Ron estrasse dalla tasca un sacchetto azzurro.
«Questi sono i prodotti non ancora in commercio che mi ha passato George» disse sottovoce, quasi per paura che qualcuno li scoprisse.
«Sono dei fuochi d’artificio profumati, ma non hanno ancora un nome... George ha detto che possiamo testarli oggi» aggiunse poi. Era molto, molto eccitato.
«Allora, che aspettiamo?» disse Harry, afferrando un maglione di lana.
Dopo aver indossato gli abiti pesanti, i ragazzi uscirono dalla casa. Ron accese il primo fuoco d’artificio, che partì verso l’alto con un fischio. Sembrava che fosse finita lì, ma ad un tratto esplose un colpo, formando una cascata di stelle rosse ed arancioni che disegnavano strane figure nel cielo color inchiostro, mentre
nell’aria si diffondeva un dolce profumo di arancia e mandarini.
I fuochi successivi non furono da meno: molti avevano il profumo dei fiori, altri di liquirizia o di ciambelle appena sfornate.
Quando ebbero scoppiato tutti i fuochi d’artificio, Neville e i suoi amici tornarono dentro casa, infreddoliti e assonnati ma felici.
«Beh, ragazzi, buonanotte» disse Ginny con uno sbadiglio.
Tutti quanti tornarono alle rispettive camere, ed una volta infilatisi il pigiama scivolarono in un sonno profondo. Tutti, meno Neville: era ancora eccitato per i fuochi d’artificio e per il fatto di essere dai Weasley.
Non riuscendo a prendere sonno, Neville sgattaiolò fuori dal letto. Indossò un maglione sopra il pigiama e scese al piano di sotto, poi uscì in giardino. Guardare le stelle gli aveva sempre fatto bene quando non riusciva a dormire.
Rimase assorto a guardare il cielo per dei minuti. Come si sentiva piccolo ed insignificante rispetto all’immensità della volta celeste.
«Neanche tu riesci a dormire?»
Neville si girò di scatto. In piedi, con una camicia da notte giallo limone, c’era Luna.
«No, non ce la faccio» disse sottovoce arrossendo.
«Posso farti compagnia?»
«Ma certo». 
Si sedettero sui gradini sotto la porta, con una vecchia coperta sulle ginocchia per riscaldarsi. Per un po’ rimasero in silenzio, poi Luna iniziò a parlare delle varie costellazioni che si potevano osservare. A Neville piaceva starla ad ascoltare, ma d'un tratto, senza pensarci troppo, disse: «A me piace solo guardarle, così mi sento meno... solo».
Luna sorrise. «Finché ci saremo noi, non sarai mai solo» disse. Neville si accorse che stava tremando.
«Hai freddo?» le chiese.
«Solo un po’» rispose lei, avvicinandosi un po’ di più a Neville, poi appoggiò la testa sulla sua spalla.
E rimasero così, immobili, appoggiati l’uno all’altra, per tutta la notte. Finché l’alba non sopraggiunse.

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Capitolo 10
*** Risveglio ***


«Neville, svegliati!»
«Nonna, ancora cinque minuti…»
«Non sono tua nonna! Sono Ron, razza di genio»
Neville si svegliò di soprassalto: come un flashback, rivide tutta la serata precedente: i fuochi d’artificio, lui che non riusciva a dormire, Luna che veniva a fargli compagnia…
Si sentì pervadere da un profondo imbarazzo. Fece per alzarsi ma si accorse che Luna dormiva ancora, appoggiata a lui. Il respiro era delicato e regolare, la bocca formava un lieve sorriso.
Neville guardò Ron e Harry, che era poco distante. Loro sorridevano. Ma non era un sorriso di scherno, era un sorriso amichevole.
«Non fatevi trovare qui quando si sveglierà» sussurrò Neville. Ron ed Harry annuirono e rientrarono in casa da una porta secondaria.
Non appena chiusero la porta, Luna si svegliò. Si stropicciò gli occhi, respirò a fondo la fresca aria mattutina e poi rivolse i suoi occhi color cielo a Neville.
«Buongiorno!» esclamò.
«Ciao, dormigliona» disse lui sorridendo.

Rientrarono in casa dalla porta principale: Hermione e Ginny dormivano ancora (dopotutto, il sole era appena sorto); solo Harry e Ron se ne stavano in salotto, mangiando biscotti alla cannella e chiacchierando sottovoce. Neville tirò un sospiro di sollievo quando vide che Harry e Ron non dissero nulla vedendo entrare lui e Luna nella stanza. La guardò di sottecchi: le sue gote avevano assunto un leggero colore rosso.
«Vado a preparare la colazione per tutti» disse nervosamente uscendo dal salotto.
Neville la guardò voltarsi ed andarsene , i lunghi capelli biondi che le cadevano morbidi sulle spalle. Non appena lei chiuse la porta della cucina, Harry disse piano: «Si vede lontano un miglio che sei innamorato perso».
«Beh, in realtà… siamo amici…» balbettò Neville, preso alla sprovvista.
«Siete fatti l’uno per l’altra!» disse Ron sorridendo sornione.
Neville desiderò tanto che la terra si aprisse sotto i suoi piedi, ma l’unica cosa che accadde fu che le sue orecchie assunsero un colorito simile a quello dei capelli di Ronald Weasley.
Mentre aspettavano che Hermione e Ginny si svegliassero, Ron e Neville giocarono a scacchi magici mentre Harry accarezzava Grattastinchi, il gatto di Hermione, accoccolato sulla poltrona.
Quando Hermione e Ginny si furono svegliate, tutti assieme fecero un’abbondante e gustosa colazione con i piatti cucinati da Luna, che non sembrava ricordare nulla di quello che era successo la sera precedente. Lei e Neville si lanciavano occhiate imbarazzate, ma quando i loro sguardi si incrociavano entrambi lo distoglievano in fretta.
Nel pomeriggio, nel grande prato dietro la Tana, ebbero luogo emozionanti e combattute partite di Quidditch: Harry e Ginny contro Ron e George, che quel giorno era tornato presto dal negozio.
Hermione e Neville facevano la telecronaca, mentre Luna aveva tirato fuori il copricapo a forma di testa di leone che usava per le partite di Quidditch di Grifondoro.
Neville non poteva desiderare niente di più.

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Capitolo 11
*** Poof! ***


I giorni alla Tana passarono in fretta, tra gli scherzi magici di Ron e George, le partite di Quidditch e a scacchi magici e le lunghe chiacchierate serali davanti al fuoco. Arrivò così l’ultimo giorno di permanenza di Neville.
«Domani tornano i nostri genitori» disse Ron malinconico.
«Già, e sarà meglio fargli trovare la casa come l’avevano lasciata...» aggiunse Ginny guardando il fratello, torva.
Ma non fu un problema: qualche incantesimo e la casa fu in ordine, forse anche troppo. I manici di scopa al loro posto, i libri disposti ordinatamente in fila sugli scaffali e tutti i letti rifatti alla perfezione. Non si era mai vista una casa tirata così a lucido.
«Secondo me neanche la Umbridge aveva una casa così ordinata!» disse Harry. Tutti i ragazzi scoppiarono a ridere, dopodichè corsero tutti a ultimare i preparativi per la partenza.
Neville invece si sedette su una poltrona per pensare a quanto era successo giorni prima. Se ne era andato nello stesso istante in cui era tornata la nonna, quindi l’ipotesi di ritornare a casa come se niente fosse era da scartare. E poi, dopo la visita del gufo del Ministero, Neville aveva il presentimento che la nonna, pur di farlo diventare un Auror, l’avrebbe legato ad una sedia con un libro di Gilderoy Allock sotto il naso. Rabbrividì cercando di trovare un’altra soluzione.

Nel frattempo Hermione era scesa al piano di sotto e stava incantando una Passaporta per Ginny, che sarebbe tornata ad Hogwarts quella sera stessa. Purtroppo l’ultimo tratto dei binari dell’Espresso non era ancora stato riparato del tutto, e quindi tutti gli studenti avevano dovuto trovare un metodo alternativo per raggiungere la scuola.
Quando Hermione finì l’incantesimo, Neville si avvicinò a lei.
«Senti, Hermione... non è che potresti farmi un favore?» disse con tono supplichevole. «Vedi, il fatto è... è che io non posso tornare a casa».
«In che senso non puoi tornare a casa, Neville? Che è successo?» chiese lei allarmata.
Neville spiegò rapidamente come stavano le cose fra lui e sua nonna Augusta. Hermione annuiva, pensierosa, accarezzandosi il mento.
«Oh, Neville... cosa ti serve?» Neville si sentì subito più leggero.
«Avrei soltanto bisogno di una Passaporta per... per Hogsmeade.» disse piano.
«Hogsmeade? Così lontano?» chiese la ragazza.
«E’ che... voglio cominciare a studiare... al più presto» rispose lui arrossendo un poco. Lo imbarazzava sempre parlare dei suoi desideri, delle sue aspirazioni. Hermione sorrise, prese una vecchia spazzola per il pelo di Grattastinchi dal suo baule e la incantò. Dalla sua bacchetta scaturirono delle fiamme color prugna che avvolsero la spazzola fino a farla quasi sparire, dopodichè tutto d’un tratto si dissolsero. La spazzola sembrava tale e quale a prima.
«Arriverai a Hogsmeade alle undici in punto di stasera» disse la ragazza, terminato l’incantesimo.
«Grazie mille, Hermione. Davvero.» disse Neville.
«Fai attenzione, mi raccomando.» sussurrò lei sorridendo.

Ormai era arrivata l’ora di partire, e i ragazzi si radunarono nel salotto della Tana. Ginny abbracciò Hermione e Luna, salutò frettolosamente i fratelli e poi trascinò via Harry in cucina, ridendo, mentre Ron tirava una gomitata a George sogghignando.
Anche per Neville era ormai arrivato il momento di andare. Salutati tutti quanti, prese il borsone e uscì dalla porta, tenendo la spazzola incantata in tasca. Fuori il cielo era color inchiostro punteggiato da tante minuscole stelle bianche. Neville cominciò a camminare e l’erba, ghiacciata per il freddo, sotto i suoi piedi produceva un suono piuttosto sinistro. Voleva allontanarsi il più possibile dalla Tana, in modo che nessun altro, eccetto Hermione, sapesse che non era diretto a casa. Continuò a camminare per un tempo che gli parve interminabile e stava morendo di freddo: era sicuro che se si fosse tolto le scarpe non avrebbe trovato le sue dita dei piedi, bensì dei ghiaccioli. Cercando di non pensarci, decise di voltarsi indietro.
Il tepore della Tana ormai erano solo un puntino lontano, e una parte di Neville si pentì di non essere rimasto ancora. Sospirando riprese a camminare, quando gli sembrò di sentire dei passi dietro di sé. Proseguì ancora per un paio di metri dopodichè si voltò di scatto.
Lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo, un paio di pantaloni azzurro cielo e un maglione rosso con tante fragoline stampate sopra. Era Luna.
Neville ebbe un tuffo al cuore. Si fermò in mezzo al prato che circondava la Tana per aspettarla.
«Vado anche io da quella parte, ti faccio compagnia!» disse lei quando lo raggiunse. In realtà Neville non aveva la minima idea di dove stesse andando, ma ora che c’era Luna con lui, che importava?
I due ragazzi proseguirono chiacchierando allegramente del più e del meno. Scese la sera, arrivò il buio e il freddo, ma a loro non importava più di tanto.
«Sono quasi le undici... io devo andare» disse Neville d’un tratto.
«Oh...» sussurrò lei. «Mi ha fatto tanto piacere parlare con te» aggiunse poi sorridendo. Neville sorrise a sua volta. Fortunatamente era buio, così Luna non si accorse di quanto lui fosse rosso in viso.

Neville decise di farsi coraggio. Chissà quando si sarebbero rivisti...
«Luna c’è un’ultima cosa che vorrei dirti...»
Lei spalancò gli occhi: «Dimmi!»
Lui le prese le mani e le strinse nelle sue.
«Ecco, io... veramente...» farfugliò Neville «io... cioè, tu...»
Luna aspettava paziente che Neville riuscisse a formulare una frase di senso compiuto. Le piaceva questo lato di lui, un po’ imbranato, ma in fondo anche tanto dolce e carino.
«Tu... tu mi...»
POOOF.
Neville venne improvvisamente strattonato via dalla Passaporta di Hermione, verso Hogsmeade.
E Luna rimase sola in mezzo all’erba gelata, con ancora il calore delle mani di Neville nelle sue e con quelle parole che galleggiavano nell’aria fredda di gennaio.

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