why not now?

di laCollins
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Faccio questa strada due volte al giorno, la mattina presto e la sera tardi, andata e ritorno dal lavoro. D' inverno alle cinque è gia buio, ed esco dall' ufficio alle sei, per cui è notte fonda. Sento il cellulare vibrare sul sedile accanto, mentre viaggio a novanta su una statale in mezzo alla campagna. Tutto rettilineo, niente incroci. Quel fine settimana a Gloucester dalla mia famiglia, mi aveva sicuramente fatto bene, penso tra me e me, mentre i Cranberries inondano l'abitacolo dell'auto con un pezzo di qualche anno fa. Cerco il cellulare con la mano destra, tenendo la sinistra sul volante e gli occhi fissi sulla strada. 

- Dove sei? - mormoro, iniziando ad infastidirmi.

Il sedile è vuoto, ma sento di nuovo vibrare. Arrivo di fronte al rettilineo e prendo una curva a destra; mollo un pò l'accelleratore costringendo la cintura di sicurezza a stringersi sul mio petto. Il cellulare dev'essere finito sicuramente sul tappetino, e a quest'ora sarà uno dei ragazzi a chiamare. Forse Jay, che mi aveva mandato un messaggio poco prima della mia partenza, chiedendomi dove fossi finito. Un attimo, un attimo per notare i fari abbaglianti di un'altra automobile, nella mia direzione.








- Ma cazzo! Pure un incidente ci mancava questa sera! - mormoro nervosa tra me e me.

Quella era stata decisamente una di quelle mattine che non si dimenticano, talmente noiosa che provavi noia anche ad annoiarti. Il lavoro andava, la vita quotidiana un pò meno, e mi ritrovo a pensare a quanto sciatta fosse ogni mia giornata. Incolonnati, io e quello davanti, passiamo vicini al cartello con il nome del paese: non me lo ricordo mai e non lo leggo neanche stavolta. Quello davanti rallenta ancora, e quasi quasi me ne frego della pattuglia posteggiata al fianco della strada e lo passo, ma mi trattengo. Per distrarmi, studio il mezzo. Una fiat stilo station-wagon grigio argento, con la targa posteriore storta e un pupazzo appeso allo specchietto retrovisore. Un addetto, si sistema in mezzo alla strada costringendo la fila di macchine a fermarsi per causa incidente, mi chiedo quanto grave può essere stato. Accendo la radio, cercando una stazione decente in quella strada deserta. Ma, aspetta.. la mia attenzione si sofferma davanti alla prima macchina della fila, proprio in mezzo all' incrocio. C'è qualcosa. Sembra un uomo, e se ne sta rannicchiato per terra, sull'asfalto, da quel che posso giudicare da qui. Abbasso il finestrino e mi sporgo leggermente fuori, con il capo. Ci sono vetri sparsi per terra, i fanali dell' auto disperi sul ciglio della strada. Un cappellino, poco più distante dall'uomo. E in quel momento, speravo non fosse quello che pensavo. Quel cappellino. Quell' auto, a dir poco distrutta, e quel ragazzo erano tutta la mia vita. E come se niente fosse, giacevano al suolo inconsapevoli del vortice turbinoso di emozioni che stavo provando dentro di me. Inizio a far mente locale di tutti i santi che conoscevo, nominandoli in testa il più velocemente possibile, chiedendo per favore che non mi facessero vedere quello che stavo per vedere, o che non mi facessero fare quello che stavo per fare. Niente. Al diavolo la fede, in momenti del genere. Scendo di corsa dall' auto, lasciando lo sportello aperto. Corro, fino all' incrocio.

- Signorina, non può stare qui! Torni nell' auto! - 

Ahh, andate al diavolo! Sento solamente un vociare assurdo, mentre le mie ginocchia cadono per terra, piegandosi contro il mio stesso interesse. Non reggono, non possono reggere un simile spasmo. Tantomeno il mio corpo, con il peso dei pensieri che ho in questo momento in testa. Non possono reggere, e mi accascio anche io sull' asfalto, prendendo la sua mano e sentendo il sapore salato delle lacrime, rigarmi le guance e scendermi fin sull' angolo della bocca.

Non può essere.
No, che non può.

Non può essere accaduto veramente, non a lui, per lo meno.

- Nathan.. - sussurro, silenziosamente.









- 'issa corner -

Buongiorno,buonpomeriggio,buonasera. Scegliete voi.
E' una storia questa, a rating drammatico, con un pizzico di malinconico, sentimentale, romantico e azione. Basta shakerare il tutto, e puf, vien fuori 'sta roba.
So, mi presento velocemente.
Mi chiamo Clarissa, ma potete chiamarmi anche 'issa. Ho 19 anni, e studio giurisprudenza.
Seguo le ff su questo sito da anni,
e ammetto che ne ho scritte un paio anche io, sulla mia pagina.
Ora, ho deciso di rendere le cose 'ufficiali' e scrivere qua su.
Aspetto qualche recensioncina per vedere cosa ne pensate di 'sto scempio, e per regolarmi se continuare o meno.

a presto, xx.

r e c e n s i t e

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Capitolo 2
*** 2. ***


Secondo Elizabeth Kübler Ross quando stiamo per morire, o abbiamo subito una perdita drammatica, tutti noi passiamo attraverso cinque diverse fasi del dolore.
C'è la fase del rifiuto, perché la perdita è talmente impensabile, che non possiamo credere che sia vera. La rabbia esplode contro tutti, rabbia contro chi sopravvive, rabbia contro noi stessi, poi patteggiamo.
Preghiamo.
Imploriamo.
Offriamo tutto ciò che abbiamo, offriamo la nostra anima in cambio anche di un solo giorno in più.
Quando il patteggiamento fallisce ed è troppo difficile contenere la rabbia, cadiamo nella depressione, nella disperazione, finché alla fine ammettiamo di aver fatto tutto il possibile e ci abbandoniamo.
Ci abbandoniamo, ed arriviamo all'accettazione.
Ecco, io sono decisamente a questa fase. Devo solo accettare la realtà, devo solo accettare il fatto che Nathan aveva avuto un incidente, un grave colpo alla testa, ed ora si trovava in quel letto di ospedale, e devo solamente accettare il fatto che io non posso far nulla, se non sperare.
Ma anche questo sperare, in cosa poi, può andare decisamente a farsi fottere.


- Parenti del signor Sykes? - una voce femminile, delicata, irrompe nel silenzio assordante dei miei pensieri, di quel maledetto giorno al St June Hospital.
- Parenti del signor Nathan James Sykes? nessuno? - ripete, quasi affranta, delusa.. quasi infastidita dal fatto che ancora non mi fossi alzata, e come me nessun altro.

- Sono la sorella. - di colpo, senza esitare nemmeno per un attimo. Raggiungo l' infermiera, che nel frattempo aveva fatto uno di quei sorrisi forzati, che odio tanto. Per caso, quando si accetta di lavorare in un ospedale, è compresa anche la clausola del 'never stop smiling'? Ma è mai possibile che dovete sempre sorridere, anche in situazioni del genere? Mio fratello è appena uscito dalla sala operatoria, dopo un intervento di 7 fottutissime ore, e lei che fa? Sorride? Al diavolo!

- Mi puo' lasciare qualche firma qui, per favore?

- Come sta? -

- Signorina, prima mi lasci una firma, poi potrà parlare con il medico -

- Ho detto, come sta mio fratello? - acida. Ecco, è in momenti del genere che ringrazio la mia freddezza, e il mio senso di non affabilità con chiunque parli. Ripeto, Nathan è uscito dalla sala operatoria qualche manciata di minuti prima, e lei ora mi chiede una firma? Sa dove le potrei lasciare una bella firma, mh? Alzo lo sguardo, e incrocio quello della ragazza.
Si e no, avrà venticinque anni. Abbastanza magra, piatta proprio direi, troppo. Non molto alta, occhi chiari e capelli rossi. Un velo di fondotinta, magari a coprire le occhiaie per la notte passata a 'sorridere' qua dentro. Prendo la penna che mi porge, gentilmente, con ancora addosso quel maledetto sorriso e lascio una firma su quel foglio bianco. Non ho intenzione nemmeno di sapere cosa ci sia scritto.


- Prego, ora può entrare. Ha bisogno di riposo, suo fratello. -

'Ha bisogno di riposo suo fratello!' credi che non lo sappia? Dopo un' operazione di quel tipo alla testa, tutti avrebbero bisogno di riposo. Beh, anche lei ha bisogno di riposo. Vada al diavolo!
Un due tre prova, è la mia coscienza che parla! Io chi sono? Solo solo una ventunenne con troppi pensieri per la testa. In ogni momento della giornata. Ecco chi sono, anche se sinceramente non ne sono molto sicura.


- Nathan! - mormoro impercettibilmente, avanzando a passo svelto verso il letto dove mio fratello..dormiva. Si, dormiva. Noto con lo sguardo l' infermiera che chiude la porta, come a voler lasciare quell' atmosfera di intimità fraterna. Prendo la sua mano, stando attenta ad ogni singolo movimento, stando attenta a cosa fare, come muovermi, stando attenta persino a respirare.
Lui dorme, con quella fascia sulla testa, segno di quell' operazione andata bene.
Sorrido appena, pensando a cosa avrebbe potuto dire, se si fosse guardato in quel momento: i suoi capelli sparati all' indietro, una brutta cera sul viso e piccoli graffi sul labbro inferiore e sullo zigomo. Amo il suo modo di prendersi cura di se stesso, il suo ciuffo sempre in perfetto ordine, il suo profumo da far svenire chiunque gli passasse accanto, anche solo per un momento.

Ecco chi sono. Una sorella maggiore un pò troppo protettiva.
In realtà, non so bene nemmeno cosa ho e cosa sento dentro di me. Di una cosa sono certa, e non è la morte; i pensieri che mi continuano a turbinare in testa, non hanno intenzione di andar via. Ormai, non mi riconosco più;
una lacrima inizia a rigarmi la guancia, levando via quel velo di fondotinta che avevo accuratamente messo, prima di andare al lavoro e non per nascondere le occhiaie dal troppo sorridere. Forse, sono io che non vado bene.


- Non posso permetterti di andar via, Nathan - sussurro quelle parole sulle labbra, iniziando a piangere silenziosamente. Gli stringo la mano, intreccio le sue dita con le mie e mi abbasso, baciandogli la mano. Resta con me, devi rimanere con me. Non puoi andartene! Che diranno Max, Tom, Siva e Jay, eh? Che diranno le tue fans? Non pensi che morirebbero al solo pensiero? Stanno gia in ansia per te ora che sei qui dentro, immagina se dovesse succedere altro!
Che direi io,eh?
Ci pensi un pò a me, Nate? Sono tua sorella! Ci siamo sempre stati l'un per l'altra, dopo l' incidente di sei anni fa. Ecco, ricomincio a piangere, singhiozzando. Odio gli incidenti, ecco. Mi avevano gia portato via le due persone piu importanti nella vita mia e di Nathan, e da brava sorella maggiore ho sempre avuto cura di lui, quasi a voler sostituire il ruolo di madre.
E' come se attirassi su di me, tutte le disgrazie del mondo, tutti i problemi del mondo. Non sono più capace di sopportarlo. Almeno non ora, non più.
Ecco chi sono. Allonano le persone che mi vogliono bene, solo per evitare dei fottutissimi guai nella loro vita. Ho allontanato Tom, quando ha detto di amarmi, ho allontanato tutto il resto del mondo, creando un muro protettivo tra me e loro.
Non voglio far soffrire più nessun altro, e nessun altro soffrirà più a causa mia.
Punto.
Ora svegliati Nate, e fammi uno dei tuoi splendidi sorrisi.
Qui c'è bisogno di te.
Io ho bisogno di te, come l'aria che respiro, o anche peggio.

Svegliati.
Stringimi la mano.
E sorridi, sempre.
Non come fa l'infermiera, ma come solo tu sai fare.

E' un cordoglio, questo.
Non sono capace a sopportarlo, non sono abbastanza forte. E' un dolore profondo, un' angustia, una pena straziante! 
Come chirurghi, come scienziati, ci hanno insegnato ad apprendere facendo riferimento a libri, a definizioni, a dati certi, ma nella vita le definizioni semplici si applicano di rado, nella vita il cordoglio può assumere forme che hanno ben poche affinità con la pena straziante. Il dolore può essere una cosa che abbiamo tutti in comune. Ma ha una faccia diversa per ognuno di noi. Ed è proprio in questo modo che si rimane vivi.
Quando si soffre tanto da non riuscire a respirare, è così che si sopravvive.






- issa's corner -

salve lettrici! So che questo capitolo fa al quanto schifo, in quanto è abbastanza deprimente. Ma lo prometto, dal prossimo le cose cambieranno, in bene o in male poi si vedrà. uu
piuttosto, sono contenta che il primo capitolo abbia fatto colpo. Cioe, wow. Qui ho ricevuto qualche recensioncina, ma su fb mi avete praticamente assalita! -no, non la pubblico da nessuna parte, se non qui, ma ho lasciato il mio account per qualunque evenienza e mi ha fatto piacere leggere le vostre opinioni!-
bene, mi sono depressa anche io un pochino, scrivendolo ma vabè, il prossimo sarà diverso.
Bacioni, alla prossima.

r e c e n s i t e

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Capitolo 3
*** 3. ***


La pace.

- Il piccolo Sykes del gruppo inglese The Wanted, si e' ripreso alla grande! Eccolo qui, intento a autografare, abbracciare, farsi fotografare dalle sue fans! - certo che i giornalisti a volte sono peggio degli avvoltoi.

La pace, ripeto.

Non è soltanto uno stato permanente, esiste a momenti, è fugace, svanisce prima ancora che ce ne accorgiamo.

Possiamo sperimentarla in qualsiasi occasione, nell'atto di gentilezza di uno sconosciuto, in un compito che richiede concentrazione totale o semplicemente nel conforto di una vecchia abitudine.

- Ehi, Jam! E' la terza volta che guardi l' intervista di tuo fratello della scorsa settimana. Che ne dici di uscire? - Michelle. Lei che sopporta tutto di me, dagli sbalzi di umore, alla mia lunaticità. Michelle, la mia miglior amica. Lei che c'è sempre stata, che ci sarà sempre. Lei che continua ad esserci.

Ogni giorno sperimentiamo momenti di pace. Il trucco è capire quando arrivano per poterli godere appieno e viverli. E alla fine lasciarli andare. Ecco perche' oggi ho deciso di prendermela comoda, e non fare assolutamente niente che non sia oziare finchè i ragazzi non fossero tornati da Los Angeles.

- No, dai. Fra un pò dobbiamo andare a prenderli, magari stasera tutti insieme, mh? - e via con la testa sotto il cuscino. Voglio pace, pace. Quei tre mesi erano stati terribili, a dir poco. 

Nathan.
L' incidente.
L' operazione.
Tom.

Si, esatto. Thomas.
Ricordo ancora quel giorno come se fosse oggi, come se lo stessi vivendo un' altra volta, e le emozioni sono sempre dannatamente uguali. Non cambiano, come i miei e i nostri sentimenti. I miei e di Tom, ovvio.
Le mie mani stringevano i suoi capelli, le sue labbra sfioravano il mio collo, lasciando una lieve scia di baci soffiati. I nostri corpi facevano l'uno da riparo all' altro, e combaciavano alla perfezione, senza quei vestiti addosso.

Erano finiti per terra, a far dar zerbino vicino all' armadio, alla porta, sotto al letto. Ovunque. Ovunque avessero voluto trovar riparo, un posto per nascondersi, per non essere complici dell' amorevole passione che si stava sfogando in quella stanza, quel giorno di metà luglio.

Il suo respiro affannato, proprio come il mio.
Le sue spinte ora lievi, ora più fugaci.

Le nostre mani,
il nostro sudore.

Tutto aveva un senso, quel giorno. A parte noi. Noi, condannati all' essere (in)felici per sempre, l' uno distante dall' altra.
Dannazione, stiamo parlando di Tom Parker! Non uno qualsiasi, non il ragazzo carino della festa scolastica, non il barista del locale all' angolo. No, Tom Parker. Cantante nel gruppo più in voga del momento. E fin qui, sembra non ci sia nessun problema.

Aggiungerei una piccola clausula: la stessa band di mio fratello.
Era automaticamente impossibile stare insieme. World Tour, ogni sei mesi. Fans urlanti.
Non avrei accettato tutto questo, e nemmeno lui.

Non poteva stare con una come me, una tirocinante chirurga.
Troppo tempo sarebbe passato da un incontro all' altro. Da un bacio all' altro.

Da una notte all' altra. Da una notte come quella notte, di tre mesi fa.

-Jam!

mi sento chiamare, ma non vedo nessuno. Com' è possibile?

-Jamie? -

di nuovo. No aspetta, mi sento sfiorare i capelli. Apro gli occhi, e realizzo di essermi addormentata. Metto a fuoco ciò che mi ritrovo dinanzi.

- Nathan! - sbotto di colpo, sgranando gli occhi e buttandomi a capofitto tra le sue braccia. - Oddio, quando sei arrivato? Perchè non mi hai chiamata? Eravamo rimasti che sarei venuta a prendervi io, all' areoporto! Come stai? -

- Ehi, vacci piano. Sono ancora un pò stordito per il fuso orario. Faccio una doccia e ti racconto tutto. - e mi lascia li, con un bacio soffiato sulla fronte. Si, è il mio fratellino, ma a volte si comporta da perfetto fratello maggiore. E lo amo più di me stessa.




- E quindi, Max, Siva e Jay hanno ballato al centro commerciale difronte le fans che vi guardavano? - scoppio a ridere, infilando in bocca quel pezzo di pollo in agrodolce che avevamo ordinato, osservando mio fratello fare lo stesso e raccontandomi le loro due settimane nell' altro lato del mondo.

- Si, mentre io e Tom abbiamo fatto conquiste. - sorride, caparbio.

Quasi non mi affogo con la mia stessa saliva, il pezzo di pollo mi strozza la gola e inizio a tossire. Non ci credo.

- Ehi, Jam! Tutto bene? - dice poi, non curante del turbinio di sentimenti e di pensieri che avevo in testa.

- Si, si. Tranquillo, mi è andato di traverso qualcosa. Comunque.. - mi alzo dal divano, prendo entrambi i lembi della maglietta e la sistemo sui fianchi, e sistemo la fascia nei capelli. - esco a fare due passi, tu vai a riposare. Ho le mie chiavi. - gli lascio un bacio fugace sui capelli, e prendo le chiavi della macchina. Devo uscire da quella stanza. Non resisto un secondo in più, chiusa tra quattro mura. 

Devo uscire.
Prendere una boccata d' aria fresca, e non pensare.
A niente.
A lui per lo meno.

Dannazione, Parker.

Guido tranquilla per le strade del quartiere che conosco ormai a memoria, quasi sembra che la macchina cammini da sola. 
Bip, bip.

Il mio cellulare.

Menomale, pensavo fosse il mio cercapersone.

E' impossibile spiegare come il panico ti assale se sei un chirurgo e il tuo cercapersone suona nel bel mezzo della notte.
Il cuore batte all'impazzata, la mente è come paralizzata, le dita intorpidite, ti senti coinvolto.

Si tratta della madre di qualcuno, del padre di qualcuno, del figlio di qualcuno e adesso tocca a te. Perchè la vita di quella persona ora è nelle tue mani. In quanto chirurghi siamo sempre concentrati sui nostri pazienti.

Ma quando il paziente è un bambino non siamo solo concentrati, siamo anche responsabili.

Responsabili del fatto che quel bambino sopravviva, che abbia un futuro. E basterebbe questo per terrorizzare chiunque.
Tranne una chiamata di Tom Parker, nel bel mezzo di una serata pensierosa.

No, non voglio rispondere.
Non sono ancora pronta, a sentire la tua voce, Tom.

Dammi del tempo.
Non sono pronta a rischiare, a puntare tutto su un noi, su un futuro insieme.
Dicono che più investi e più guadagni. Ma devi essere disposto a rischiare. Devi capire che potresti perdere tutto.
Ma se corri il rischio, se investi in modo saggio, la ricompensa potrebbe sorprenderti.


E' davanti casa mia, che mi aspetta.
Aiuto.

E sono sorpresa, anche se non ho rischiato.






- issa's corner -
ciaoriciao, lettrici.
Nuovo capitoletto, eh gia'. Non è ancora successo niente di particolarmente speciale ed emozionante, ma se Tommino è davanti casa sua, vuol dire che nel prossimo qualcosa accadra'. E ho gia' in mente cosa.
Si, l'ho scritto con i piedi questa volta, e mi scuso. Se non avete capito qualcosa, chiedete che rimedierò *sad me*
bene, ringrazio tutti per le bellissime parole, sia nelle recensioni che su facebook.
al prossimo capitolo.

bacioni!


r e c e n s i t e 

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Capitolo 4
*** 4. ***


-issa's corner-

Ciaoriciao. Questa volta parlo ad inizio capitolo, perchè devo avvisarvi. Allora, non sono molto convinta di questo capitolo, è tutto un girovagare di pensieri, ma succedono delle cose asdfghjkl. Devo stare zitta, okok çç Mi è anche passato per la testa di concluderla qui 'sta long, giusto quattro capitoli, boh. Voi che ne pensate? Faccio succedere qualcosa oppure la finisco qui? Fatemi sapere!
Ringrazio chi ha recensito, chi ha espresso il proprio parere su facebook, e le 91 persone che hanno letto -magari anche in silenzio- ma lo hanno fatto.**

right now, read. byee.







Merda, è lì.
Li davanti la porta di casa mia, appoggiato al muretto in pietra con un ginocchio piegato.

Non sono pronta a parlarti, Tom. E’ passato tanto tempo dall’ ultima volta che ho sentito la tua voce, che ho incrociato il tuo sguardo;
è passato tanto tempo, dal nosto ultimo bacio, dalla nostra ultima notte insieme;
da quando ho sentito il sapore delle tue labbra, il profumo della tua pelle e la sensazione dei nostri corpi che si uniscono e si incastrano alla perfezione, quasi fossero fatti apposta, è passato tanto tempo.. troppo.
E ora, hai il coraggio bastardo di tornare e sconvolgermi nuovamente la vita?

Ci eravamo messi d’accordo, saremmo scomparsi uno dalla vita dell’ altra, e ci eravamo detti addio. Stai infrangendo le regole, Parker.
Rimani un’egregia testa di cazzo, con quel pizzico di semplicità che attrae, che mi attrae. Avrei giurato che un giorno se ne avessi avuto tempo, modo e occasione, avrei raccontato di te.. avrei raccontato la nostra storia;
di certo non ora, che le ferite sono ancora aperte, che i ricordi sono freschi e non si decidono a sbiadire. Di certo non ora, Tom, che ti ho davanti e che fa ancora troppo male. Dannazione, non guardarmi in quel modo!

Si, ho deciso di rimanere in macchina fin quando non deciderai di andartene.

Forse in questo modo capisci che non ho assolutamente intenzione di parlarti. Cazzo, Tom, una sola sillaba da te pronunciata e sono fottuta.
Rimani li, anzi, vai via.
Vattene.
Voglio andare a casa, voglio scendere da questa dannatissima auto ed entrare in casa mia, senza la paura di incontrare un tuo sguardo. Senza il timore di poter sentire la tua risata. Senza il rimorso di non averti ascoltato.

Te lo chiedo con tutto il cuore, anche se non mi senti, vai via. Lasciami andare.
No, che stai facendo? Ho detto non muoverti! Non avvicinarti, per favore.
E’ sempre tutto inutile con te, Tom. Non ho altra scelta, giusto? Bene, vuoi parlarmi? Sentiamo.
 
Almeno abbassa il finestrino..” Huston, abbiamo un problema. Jamie chiama Terra, oddio, la sua voce. Per una volta decido di ascoltarlo; deglutisco, senza farlo troppo notare, apro lo sportello e scendo dall’ auto. Eccomi, sono qui dinanzi a te, dopo tanto tempo. Adesso.
 
Non posso andare avanti così, Jam” tiene le mani in tasca, il tipo.
Lo sguardo che prima era basso, ora è dritto nei miei occhi. Possiede vita propria, è come se mi volesse penetrare da una parte all’ altra, Dio. Non guardarmi così. Sospira, lo sento. E’ agitato, lo vedo. Ha paura, lo so.
 
Torna a casa, Tom. Ti passerà, lo sappiamo entrambi” butto giù la prima frase che mi passa per la testa, la prima frase pescata in quel turbinio di pensieri maledetti che mi stanno uccidendo.
Si, esatto.
I miei stessi pensieri mi stanno uccidendo, e non c’è cosa più orrenda. E’ una sensazione straziante, maledettamente frustrante.
Con un passo veloce avanzo, scansandolo di poco e lasciandolo sulla mia destra, ma lui, con un gesto ancora più rapido, quasi involontario, mi blocca per il polso. Mi è sembrato quasi che sussurrasse il mio nome. ‘’Tom, piantala. Fai l’uomo” dico, acida, rimanendo in quella posizione, e guardando fissa di fronte a me. Le luci di casa si spengono di colpo, segno che Nathan è andato a dormire.
Mi era sembrato di sentirlo stamattina che mi avvisasse su un’eventuale dormita di McGuiness a casa nostra, sottolineando ‘staremo nella mia stanza, tranquilla Jam’. Bene, buon per loro, non avrei accettato alcun stupido rumore quella sera.
 
Jam, ti prego. Riproviamoci. Per te sarei capace di lasciare la band..” lo sento che sussurra quelle parole, gli stanno facendo male, tanto quanto la sua stretta sul mio polso sta facendo male a me. Come poteva lasciare i ragazzi, per me?

Non sono così egoista da lasciarglielo fare.
Non sono così egoista da rovinare la sua vita, soltanto per avere me con lui, soltanto per sentirsi amato da me, per sentirmi amata da lui.
No, non arriverei mai fino a questo punto, e lui lo sa benissimo che non gliel’avrei mai e poi mai permesso.

Ecco, uno a zero per te, Parker.

Hai trovato un punto debole.. come hai intenzione di uccidermi ancora, mh? Indietreggio di qualche passo, silenziosamente, e lo guardo negli occhi. Soltanto un brusio lontano, si sente. Nemmeno il suo respiro affannato. A momenti sarei capace di sentire anche il battito del suo cuore, del mio, dei nostri cuori. Sono convinta che battano all’ unisono, come due metronomi sincronizzati sulla stessa velocità. Che dico, ora? Cosa faccio? Jam, concentrati.

sai che lo farei per te..” è lui a spezzare quel silenzio, quell’ atmosfera macabra che si è venuta a creare.
Le lacrime mi punzecchiano gli occhi, segno che potrei crollare da un momento all’ altro, ma no, non lo darò a vedere. Non voglio farti vedere come mi hai cambiata, Tom. Non voglio farti assistere alla mia decadenza fisica, perché quella mentale è andata a farsi benedire qualche mese fa. Non voglio farti assistere a niente di tutto ciò, almeno questo è il mio volere. Alzo gli occhi al cielo, così da rimandare giù le lacrime. Batto ripetutamente le palpebre e sospiro.
 
porti ancora l’anello al dito, vuol dire che non mi hai dimenticato, Jam. Dacci un’altra possibilità, una soltanto..” si avvicina maledettamente a me, stacca la presa sul mio polso, e porta entrambe le mani sul mio viso, come a coprirlo, come a difenderlo, ripararlo, nasconderlo, in modo che nessuno potesse mai interferire tra noi.

Solo io e lui, e nient’ altro.

Solo lui poteva guardarmi negli occhi, in quel modo. “..guardami Jam, guardami negli occhi e dimmi che non mi ami più” come posso mentire a me stessa? Mi stai facendo del male, non possiamo stare insieme, cazzo!
Gli occhi mi bruciando di nuovo, non voglio piangere, non voglio piangere davanti a te, non voglio farlo adesso;
eppure, non riesco ad evitarlo.
La vista mi si annebbia, lascio sgorgare fuori dagli occhi una lacrima che, dispettosa, aveva deciso di disubbidirmi. Lacrima svergognata. Devo farlo, devo dire ciò che assolutamente non penso, solo per lasciarti andare. Devo mentire, a te, a me stessa, per te, per noi, per me.
 
non ti amo più” mi si è fermato il mondo all’ istante, si sono spente tutte le luci.
E’ buio, qui dentro, Tom.
Ormai, l’ho detto e non c’è nient’ altro da fare. E’ la malinconia che mi lacera, amore. Il ricordo dei nostri momenti felici, di quelli insieme, di quelli che mi hanno strappato un sorriso e che continueranno a farlo, ogni qual volta io ci ripensi, a far male più di ogni altra cosa. Più del bacio che ora mi stai lasciando. Le tue labbra si muovono lentamente, caute, quiete sulle mie.
Le tue mani stringono il mio volto, e mi costringono ad avvicinarmi ancora di più a te. Perché mi stai baciando, eh? Perché sai che io ho mentito? Hai intenzione di farmi cambiare idea, in questo modo?
Un brivido corre veloce, spedito, lungo la mia schiena e si disperde sulla nuca, diramandosi tra i capelli. Lo sento.
Cosi come sento il tuo corpo spingere sul mio, appoggiandomi alla macchina.
Chiudo gli occhi, e mi lascio andare. Mi abbandono, esatto. Sono nelle tue mani, ormai, Tom.
Abbi cura di me, un’altra volta, perché sarà l’ultima volta.
 

Se il dolore che ho provato in questi mesi senza te, durante questa tua assenza, fosse materiale.. il mondo intero non riuscirebbe a contenerlo, sai?
Credo andrebbe in questo modo, se solo il mondo sapesse quanto io ti ami.

Ora ti osservo dormire, sdraiato accanto a me.
Mi abbracci, forse per paura che io possa andarmene di nuovo, per paura che io esca dalla tua  vita un’altra volta. No, Tom.

Non me ne andrò, non questa volta.

Non ora che ti ho di nuovo con me.

Credevo di essere forte, credevo di riuscire a superare tutto. Sono una chirurga, devo saperlo fare, dopotutto.
Ti accarezzo i capelli, sento il tuo respiro ora molto più regolare sfiorarmi la pelle e ci lascio perdere. Non ti odio, io.
Forse è proprio per questo che sono triste.
E’ proprio per questo che non riesco a non amarti.
Spero sia normale. Hai deciso tu per entrambi, stasera. Baciandomi, hai preso una decisione anche per me, perché lo sapevi che sarei crollata. Perché ti ho sempre amato, ti amo ancora, e continuerò a farlo fin quando avrò ossigeno nei polmoni. Ti amo più di ieri e meno di domani, ricordi? Non mentivo, quel giorno.

Forse ti ho toccato troppo, per questo ti stai svegliando? Ed ecco che ripunti i tuoi occhi nei miei, dannazione, e per giunta mi sorridi pure.
 
dovrei svegliarmi sempre così, sai?” mi baci il naso, uno di quei tuoi baci soffiati, che mi fanno morire. Cerchi l’altra mia mano sotto le lenzuola ed eccola, intrecci le dita adesso. Mi sorridi lievemente, e pieghi la testa di lato, come per chiedermi qualcosa.
 
sembra che mi abbiano preso a calci il cuore” dico di colpo.
Con poche parole, butto fuori tutto ciò che tenevo dentro da ormai tanto tempo, e improvvisamente mi sento meglio, giusto quel po’ che mi serve per affrontare il resto della giornata. Se avessi saputo che, dicendo queste parole sarei stata un po’ meglio, le avrei pronunciate più spesso. Bugiarda! Ecco cosa sono, sono solo una bugiarda. Perché io, nella mia tristezza, rivedevo te.
E non volevo allontanarmi da te, ecco perché non volevo star bene.
 
ci sono io con te, ora” sussurri, di nuovo, prima di riunire le nostre labbra in un altro tenero bacio, l’ennesimo.

Mi fai star bene, Tom.

Starai con me, per il resto della mia vita, vero? Mi lascio andare nuovamente e ti abbraccio. Poggio la testa sul tuo petto, affondando nel tuo profumo, incastrato nella tua semplice maglietta azzurra. Ho sempre detto che l’azzurro ti dona, Tom.
 
non è stato un addio il nostro, non lo è mai stato veramente, Jam. Ora dormi tranquilla..” giusto, giusta osservazione.
E pensare che ci eravamo detti addio.
Pft, sciocchezze.
I veri addii scattano nella mente, sono silenziosi, al contrario degli addii pronunciati. Sono i più veri, quelli più pericolosi. Sono quelli che tieni sempre per te.

E avrei potuto anche continuare a sentirti, Tom, ma non mi avresti mai più avuta se solo ti avessi salutato da dentro.
 
Bip, bip.
No, ti prego. Non ora, non adesso che ho finalmente trovato pace.
 
Maledetto cercapersone.






r e c e n s i t e .


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Capitolo 5
*** 5. ***


EPILOGO
 

Sono talmente ossessionata da Grey’s Anatomy che ho deciso di parlare ai miei specializzandi allo stesso identico modo di Bailey. Oggi, qui di fronte ad una dozzina o poco più di apprendisti chirurghi. Mi sento potente, ho l’intero reparto nelle mie mani, così come tutte le responsabilità che ne conseguono, ovvio. E pensare che tre anni fa c’ero io in quella dozzina, e avevo paura. Non troppa, giusto quel po’ di ansia mista ad eccitazione che si impossessa di me ogni qual volta inizio qualcosa di nuovo. E mi sentivo tremendamente utile, per il mio reparto, per l’ospedale intero, per la mia città, per il mondo.
 
Ho cinque regole. Memorizzatele. Regola numero uno, non perdete tempo a fare i ruffiani, vi odio e non cambierete le cose. Protocolli traumatologici, lista telefonica, cercapersone. Le infermiere vi chiameranno al cercapersone, scattate appena vi chiamano, e correte. Questa è la regola numero due. Il vostro primo turno di guardia inizia ora e dura 48 ore. Siete specializzandi, schiavi, nullità, l'ultimo anello della catena alimentare della chirurgia. Richiedete esami, scrivete ordini, siete di guardia a notti alterne fino all'esaurimento, e non lamentatevi.” Mi fermo giusto il necessario per spaventarli ancora di più. Ridacchio sotto i baffi, non che io li abbia, intendiamoci. Con lo sguardo fisso nei loro occhi, indico la stanza del medico di guardia e continuo, più decisa e accattivante. “La stanza per chi è di guardia. Gli aiuti la monopolizzano. Dormite quando e dove potete. E siamo alla regola numero tre: se io dormo non svegliatemi, a meno che il vostro paziente non sia in punto di morte. Regola numero quattro, il paziente moribondo non deve essere morto al mio arrivo: non solo avrete ucciso una persona, ma mi avrete anche svegliato inutilmente. È chiaro?

Noto gli occhi di tutti puntati su di me, per un primo secondo prima di iniziare a prendere appunti sulle loro agende. Non passa inosservata una ragazza che sibila all’ amica “Ha detto che aveva cinque regole, ma queste erano solo quattro.
 
Mi schiarisco la voce, incrocio le braccia al petto, e con un tono forte, deciso e quasi prepotente punto i miei occhi nei suoi, come a volerla spaventare. Essato, deve esserlo. Deve avere paura. E’ il nostro compito, non accettiamo specializzandi fifoni, cagasotto e fannulloni. “ Ehm, ehm. Regola numero cinque: quando io mi muovo, voi mi seguite.
 
 
 
 
Sono fermamente convinta che il mio lavoro è uno dei più pericolosi ed eccitanti al mondo.
Chi dice il contrario, non ha mai tenuto in mano un bisturi, ovviamente.
Vivo la mia vita in reparto, sette giorni su sette, per più 14 ore al giorno.
Passo più tempo insieme alle persone malate e non che da sola.
Dopo un po' di tempo, il modo di gestire la cosa diventa uno stile di vita.

Numero uno, si mette tutto in conto.

Numero due, si fa il possibile per fregare il tuo avversario, che nel mio caso è il mio carissimo e simpaticissimo ( -.-“ ) collega, Austin Smith. Credo abbia una cotta per me dai tempi della specializzazione, e sono riuscita sempre a dargli buca, forse per questo mi odia, ma mi ama allo stesso tempo.

Numero tre, fondamentale, non si fa mai amicizia col nemico.

Numero quattro, ogni cosa, ogni cosa è una competizione lì dentro.

Ecco perché ho fatto coincidere la mia relazione con Tom ad una competizione.

Lui è il mio nemico, io devo riuscire a fare sempre tutto meglio di lui. Mi spiego.. se un giorno Tom arrivasse a casa con un mazzo di fiori, dopo aver preparato una cenetta romantica a lume di candela, avermi regalato un anello di chissà quanti mila dollari, e avermi riempito la testa di paroloni dolciastri e diabetici, il mio compito è di sembrare più fredda e distaccata possibile. Salire in stanza, svestirmi e infilarmi a letto. Magari anche senza cena, solo per il gusto di non dargliela vinta.

Si, ovvio, potrebbe sembrare da svitati una roba del genere, eppure noi ci completiamo a vicenda.
Lui non asseconda me, e io non assecondo lui.
Lui mi sorprende, io lo sorprendo.
Io lo amo, lui mi ama il doppio.
Lui mi odia, io lo odio il doppio.

E c’è anche una ragione in tutto questo: la sua band. E’ in giro per il mondo almeno il 70% dell’ anno, e quando c’è è come se non ci fosse. Un altro 20% lo dedica a servizi fotografici, nelle varie radio, in vari programmi di qua e di la; un altro 4% lo dedica ai social network, all’x-box e ovviamente, al divertimento con i ragazzi, e un misero 1% lo dedica a me.

Vi potrà sembrare da sadici, questo suo comportamento.
Eppure, abbiamo trovato il giusto equilibrio per la nostra relazione.
Ci vediamo poco e niente, ma ci amiamo più di chiunque e di qualunque altra cosa/essere/persona al mondo.

Quel fottutissimo 1% comprende amore, passione, gioia, sesso. Si, perché con un ragazzo come Tom Parker, non puoi rispettare la regola del ‘’verginella fino alle nozze’’.

Dannazione, stiamo parlando di Tom Parker. Non uno qualsiasi. Non un Austin Smith che si smanetta davanti foto di ragazze in posa, giornalini, o nel ripostiglio con la specializzanda carina del suo corso. No, di Tom Parker. La persona che mi ha fottutamente rubato il cuore. E può anche sembrare patetico tutto ciò, compresa la nostra relazione, ma cè un equilibrio di fondo che ci tiene uniti. Cade lui, cado io. Ecco cos’è.
 
Ecco perché lo amo, perché mi ama, perché ci amiamo.

Ecco perché ora mi ritrovo in macchina, a guidare fino all’aeroporto come una pazza esaurita. Voglio abbracciarlo, voglio stringerlo, voglio sentirlo mio e voglio soffocare nel suo profumo, annegare nel suo abbraccio, morire nei suoi occhi e rinascere con un suo bacio.
 
Ora.
Lo voglio ora, subito, adesso.
 

Le 10.40. Sono eccitata come quando devo dire ai parenti di qualche povera anima sul lettino di ferro, che l’operazione è andata per il meglio, che tutto è andato per il verso giusto.
Sono euforica, sto impazzendo.

Corro, corro più che posso.

Sento la voce nell’ altoparlante avvisare che il volo 276 da Boston, è appena atterrato.
Mi guardo intorno, destra, sinistra.

Sudo, sono agitata, ho l’affanno.

Se non fosse per l’orologio digitale appeso al muro che segna le 10.45, direi che sarebbe passata un’eternità, e non solo cinque fottutissimi minuti.
 
Ed ecco che la porta si apre.

Nathan, oddio Nate. Mio fratello che mi sorride dolcemente, vicino a Max. Ecco Siva e Jay, che mi salutano con la mano e con uno splendido e rassicurante sorriso sul volto.

E’ il suo turno, ma dov’è? Dov’è Tom? Dove dannazione è finito il mio T..
 
Ehi bellissima, posso conoscerti?” d’ un tratto alle mie spalle. La sua risata, fresca, dolce, la amo.

Sorrido, cercando di trattenere l’agitazione. Ma è troppo, è troppo sopportare una simile sensazione. La sua voce vicino al mio orecchio, mi fa toccare il cielo con un dito. E’ troppo fingere di essere tranquilla, mantenere la calma e rispondergli a tono. No, non ce la faccio, al diavolo tutto!

Mi volto e lo abbraccio.
Mi perdo in quel suo profumo, in quel suo abbraccio.
Quasi mi metto a piangere dalla troppa gioia, mentre una domanda mi sorge spontanea..
 
come cazzo ho fatto a resistere per quattro mesi senza di lui?





-issa's corner-


ciaoriciao, bella gente!
Okay, sto rischiando grosso con questo capitolo. Innanzitutto perchè alcune di voi mi manderanno al patibolo per aver deciso di concludere questa storia, e altre per la schifosaggine (o schifosità?o.O) di questo scempio. Ma comunque, state calme. Ho iniziato un'altra storia, e il mio beta è nientepopodimeno che l'autore di un libro del mio paese, Marco, che tengo a ringraziare e abbracciare forte forte.
(Quale titolo daresti ad una vita? è il titolo del libro, per informazioni, contattate mee** YO)

Beeene, quindi boh
ringrazio chi ha recensito, chi mi ha dato il suo sostegno, chi mi ha rallegrata con le sue opinioni in chat su facebook, e anche chi ha letto in silenzio, quelle 204 persone.

Grazie,
grazie davvero tanto.
Eh niente,
alla prossima;D



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