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Lista capitoli: Capitolo 1: *** 0 La Genesi Della Creazione *** Capitolo 2: *** 01 "Il Mondo Degli Dei." *** Capitolo 3: *** 02 "Euridice La Cacciatrice Di Taglie” *** Capitolo 4: *** 03"Antares Del Regno Della Dimenticanza" *** Capitolo 5: *** 04”Mnemosine Della Memoria” *** Capitolo 6: *** 05 " Nel Nido Degli Scorpioni” *** Capitolo 7: *** 06 "Assalto Dimensionale." *** Capitolo 8: *** 0.7"L'Isola Degli Innominati" *** Capitolo 9: *** 08. “Il Sogno Del Campo D’Elisio E Il Viaggio Attraverso Il Tartaro” *** Capitolo 10: *** 09 "Il Tredicesimo". *** Capitolo 11: *** 010 "La Figlia Del Cielo E La Dea Degli Abissi ." *** Capitolo 12: *** 011”In Viaggio Verso Oceania” *** Capitolo 13: *** 012 "Il Cavaliere Del Sole” *** Capitolo 14: *** 0 13 "l'Agguato!" ***
Questa storia si ambienta in un universo alternativo,
ove dei antichi, in grado di usare , macchine, viaggiare nelle dimensioni,
astronavi.si sono risvegliati e
vogliono riportare il Caos.
Attenzione:
La storia è un originale che
cerca di mischiare, fantasy e scificion
insieme,presentando al pubblico personaggi anche tratti dalla Mitologia Greca,
come ad esempio i dodici Titani Figli di UranoGea,padroni di un nuovo mondo, governato dal loro giogo tirannico,
creatosu misura e fantasia dell’autore.
'origine, parola dal
significato pressoché indefinito, nessuno sa esattamente da dove sia nato
tutto, ma una cosa era certa il tutto lo aveva creato Caos colui che
rappresenta la suprema essenza da cui tutto nacque e tutto poteva morire, un
dio universale creatore di altri dei che
diedero origine ai pianeti dell'universo, tra queste figure spiccò in modo
particolare Urano il signore dei cieli e delle stelle che trovò l'amore in Gea dea madre colei che generò la Terra , ma non solo diede
origini anche alle terre dei pianeti nell'universo, da loro nacquero altri dei
tra cui dodici possenti figure con a
capo uno dei figli di Urano più ambizioso Crono colui che rappresentava il
tempo.
La vita continuava a
scorrere completamente ridata da Gea, ma con il
passare del tempo crebbe l'ambizione del figlio Crono che desiderava sempre più
il potere come il padre, un potere immenso e assoluto che nessuno poteva contrastare,
un’ambizione che presto mise contro i due ed un giorno Crono assassinò suo
padre e prese il suo posto.
Crono istaurò il suo
regno, furono anni di tirannia nelle terre appena create da Gea
comandata dalla stirpe dei Titani i signori della genesi non che mostri
distruttori e provocatori, ma al tempo del loro dominio sarebbe presto
terminato, perchèGea la
madre aiutò uno dei suoi tanti figli dati dallo stesso Crono, Zeus a
contrastare quel dominio opprimente, fu così che nacque la grande guerra degli
dei "La Titanomanchia" che presto finì come
in passato fu per Urano nel sangue e nell'orrore più totale poiché un altro
figlio uccise il proprio padre facendo sprofondare la sua stirpe nelle viscere
di un’oscurità senza fine, fu così che la prima tirannia della genesi fu
eliminata e al posto suo iniziò il regno di Zeus che durò fino a, quando il
mito non morì, ma chissà se era veramente tutto morto?...
'era dei miti antichi della genesi era ormai morta, nessuno
li venerava più nell'universo tutti si erano dimenticati delle loro origini e
le guerre dei grandi miti furono sepolte dai meandri del tempo, accantonate in
un dimenticatoio eterno, gli dei che avevano creato il mondo erano stati
cancellati per sempre e al posto loro erano nati i mortali o uomini che
dominavano i mondi dell'universo ormai.
Arcadia era un mondo nascosto nei meandri del tempo e i
grandi cantatori di storie narravano che la grande "Titanomanchia" la
lotta tra Crono e Zeus fu combattuta proprio in quel mondo e lì, infatti, era
l'unico posto in cui i mortali veneravano le due divinità delle genesi, ma
ormai solo i sacerdoti di questo culto vi erano rimasti, i mortali che
abitavano questo mondo non veneravano più di tanto queste che tutti chiamavano
semplicemente leggende, eppure le leggende hanno sempre avuto un fondo di
verità.
Passò il tempo anche laggiù in quel mondo, tranquillo senza
problemi e tutto alla fine andò perduto, fino a, quando poi tutta questa
apparente tranquillità che durò millenni, non svanì.
Era l'anno astrale 750 numero non definito, ma si sospetta
che sia un anno avanzato e futuristico, ipotizzato dagli abitanti di Arcadia
per dare un senso al tempo e tutto ancora il mondo viaggiava tranquillo.
Le città si erano ormai estese e coprivano quasi tutto il
mondo e avevano un aspetto sempre più tecnologico esattamente come la gente che
le abitava che avevano sviluppato negli anni grandi progressi, costruendo città
dagli alti grattaceli, tecnologie sempre più bizzarre robot sempre più
sofisticati e astronavi sempre più enormi in grado di viaggiare nell'universo
in modo iper-veloce, e di accorciare così le distanze tra un pianeta e l'altro
oppure anche da una stella all'altra, a velocità della luce.
Tutto questo progresso tecnologico fece di Arcadia il mondo
più bello e prosperoso dell’universo creato nei millenni dagli dei, ma
purtroppo anche le cose belle esattamente come un piccolo fiore di primavera
sono destinate a scomparire ed appassire man mano, corrotte dalla morsa del
tempo.
Passarono quattro anni era il 754 gli indovini e l'Oracolo
lo avevano predetto eppure nessuno ci credeva, gli dei sarebbero tornati a
vivere e a riprendersi ciò che era loro, eppure la civiltà che vi era fece
finta di ignorare tutto forse per paura o per stoltezza, fatto sta che non
passò molto tempo da questa premunizione che il mondo di Arcadia conobbe l'era
del Caos.
Tutto incominciò da un colpo di stato al governo liberale
principale situato nella capitale di Olimpia, da cui tutte le regole per la
convivenza pacifica partivano direttamente dal presidente Arthesia donna di
grande fascino e carisma dai capelli d'argento e occhi di ghiaccio che vestiva
sobri abiti composti di tuniche di finissima seta, era una donna molto
magnanima e forte di spirito fu per questo che tutti l'amavano, e poi si diceva
che il suo fascino derivasse anch'esso dagli dei, forse dalla stessa figlia di
Zeus Atena signora della saggezza e della giustizia, ma purtroppo all'interno
del suo ipotetico governo di pace vi erano membri del parlamento invidiosi e
senza scrupoli che avevano assaporato il gusto irresistibile del potere e
avrebbero fatto di tutto per spodestarla tra questi spuntò fuori la figura del
sacerdote Kronos, uomo dal fascino immenso che vestiva toga nera come era uso
fare dai sacerdoti devoti agli dei, i suoi capelli lunghi corvini lineamenti
giovani all'ora e occhi scuri come la notte, un uomo che aveva devoto tutta la
sua vita ai tempi e alla venerazione degli dei, ma qualcosa in lui, cambiò
radicalmente dopo che in una divinazione fu stregato e fatto prigioniero di
un’essenza malefica proveniente dai meandri del tempo, il dio che all'origine
fu testimone dalla grande guerra con Zeus, Crono il signore del tempo.
Non si sapeva per quale ragione Crono decise di rinascere
proprio in Kronos, forse era per via del suo nome (che significava
"tempo") o forse era per via della sua forte ambizione e grande
potere, sopratutto al livello magico, infatti, era ben noto che i sacerdoti
Arcadiani avessero grandi poteri devoti alla magia e che sapessero anche far
rinascere e estrapolare le anime dei viventi dal corpo, era un uomo
predestinato dal destino che presto sarebbe stato il padrone di Arcadia e così
fu da solo prese grazie al potere del dio che era in lui riuscì a prendere in
mano le redini del potere e si auto proclamò imperatore di Arcadia ed istaurò
la nascita di un’era di tirannia, forse eterna che nessuno riuscì a fermare,
neppure l'esercito di resistenza creato da Arthesia per contrastarlo, non fu in
grado del suo compito, poiché Crono aveva risvegliato al suo fianco i suoi
fratelli. che avevano dormito per millenni in altri undici sacerdoti,
predestinati come Krons a far rinascere queste divinità sanguinarie.
Loro erano le guardie personali di Kronos i
"Titani".
La grande guerra combattuta tra i due eserciti esattamente
come quella in passato contro Zeus fu denominata "Titanomanchia" o
guerra degli "immortali" e fece migliaia di vittime da entrambi le
parti, ma i poteri dei dodici titani era troppo grande per l'esercito
dell'ex-presidente quindi presto fu annientato e nulla potette fermare il loro
dominio su quel mondo.
Arthesia fu costretta a ritirarsi e nascondersi chissà dove
nell'universo non ostante i titani la braccavano in continuazione presto
vedendo che era scomparsa smisero di darle la caccia, e pensarono invece a
continuare a istaurare il loro regno di terrore che coprì tutto Arcadia, ma non
solo anche molti pianeti vicini furono conquistati e costretti a servire loro.
Forse tutto questo non avrà mai fine, eppure la speranza
negli occhi di tutte le genti sottomesse al tiranno era tanta e chissà se un
giorno un eroe sarebbe arrivato a liberarli? Comunque era ormai era troppo
tardi.
Capitolo 3 *** 02 "Euridice La Cacciatrice Di Taglie” ***
02 "Euridice La Cacciatrice Di
Taglie”
Q
uanti anni erano passati? Quante epoche di terrore e sangue
erano state testimone dello scempio che avevano creato i titani? quanto tempo
era passato dalla grande "Titanomanchia"? Quanto dolore e terrore era
stato sparso? Troppo, eppure nessuno ha avuto il coraggio di ribellarsi a parte
gruppi sparsi costretti a vivere nell'ombra più totale, ancora devoti ad Arthesia. Il dominio di Crono era assoluto e irremovibile,
eterno come la sua anima, ormai erano passato all'incirca 20 anni, siamo
nell'era astrale numero 720 ed Arcadia era divenuto un regno di oscure tenebre,
dove la morte attendeva a chiunque non si fosse prostrato ai piedi del Dio
Crono, niente era concesso gli abitanti, erano soggiogati dalla pressante morsa
di ferro dei titani che avevano diviso le loro zone in dodici parti, dove ad
ognuno di loro, Crono aveva assegnato una parte e li aveva nominati governatori
permettendo loro di creare un piccolo
stato governato a loro piacimento.
Le dodici parti erano denominati Regni e avevano un Governatare-Re
che faceva le sue leggi e che poteva decidere del destino di tutti.
Tutto, incominciò dopo aver vinto la grande guerra contro
l’esercito di Arthesia. Crono aveva appena preso l’
assoluto potere su Arcadia, e aveva indotto una riunione speciale con i
fratelli ormai rinati come lui dai meandri del tempo, da ventenni , ormai erano
vecchi dall’ultima volta, esattamente come il loro signore, che ora era un uomo
maturo e possente con una grande esperienza alle spalle.
Quegli dei antichi incarnati in sacerdoti esattamente come
fu per Crono.
Nella riunione Crono parlò a lungo con i suoi fratelli, e
stabilì anche le leggi che servivano ad instaurare il loro dominio sul pianeta
, quindi era necessario che ogni Governatore –Re seppure autorizzato dallo
stesso Crono a governare con le sue leggi, giurasse comunque fedeltà assoluta
al grande signore di Arcadia , prima di essere assegnato a capo di uno dei
regni.
Crono quindi fece un patto con i fratelli, un patto
sigillato con il sangue che ogni futuro despota, versò offrendolo al proprio
signore.
Ci fu un vero e proprio rito in onore di questo patto, dove
ogni titano prima di essere nominato governatore di un regno, doveva versare il
proprio sangue, incidendosi la parte superiore dell’indice sinistro. Il sangue
versato veniva raccolto in una piccola anfora, che inseguito venne deposta
all’interno di un altare del tempio principale di Olimpia , in cui governava
Crono e fu così che iniziò la spartizione di ogni regno.
Ogni diavolo stabilì il suo dominio.
Il regno del Nord il regno più vicino e devoto ad Olimpia,
la città ormai conquistata da Crono, era comandato dal pugno di ferro del
governatore Iperione figlio del "Sole", fratello in origine di Crono,
un dei titani più agguerriti e spietati che erano stati risvegliati in quella
epoca , fu il vice comandante che durante la "Titanomanchia"
costrinse alla resa l'esercito di Arthesia.
La sua forza era leggendaria, dovuta sopratutto all'arma che
lo stesso Crono gli aveva donato, la grande “spada del potere”, che unita ai
suoi poteri divini lo rendevano invincibile e padrone degli elementi di fuoco e
dei venti, e inoltre come quasi tutti i titani poteva far uso del potere di
estrapolare e distruggere le anime dei mortali, e la possente armatura oscura
forgiata da un cristallo nero dalla forma sofisticata di fattura divina che
aveva il potere di ricomporsi, quando era distrutta, lo rendeva anche una
fortezza invalicabile.
Quest' armatura era composta di spallacci enormi, da cui
diamanti neri risplendevano e pettorina unita tra loro da strisce più o meno
regolari di cristallo, i gambali erano alti fino alle cosce come gli schinieri,
che finivano appena sul ginocchio a formare un disco che si adattava alla
rotula del ginocchio, da cui sempre era adornato da una pietra nera , mentre i copri
braccia con guanti ferrati e un elmo possente dalle alte ali quasi demoniache
ai lati che si estendevano in alto di qualche centimetro, mentre scendevano ai
lati, contornando la forma longilinea del viso giovane del dio immortale dagli
occhi color del fuoco, come le battaglie che aveva combattuto, e capelli neri
come suo fratello Crono, tenuti allungati, sulle spalle facendogli assumere
sotto l'elmo, l'aspetto di piccoli serpenti, come quelli che aveva nel mito la Gorgone.
Aveva un carisma assai vistoso quasi quanto Crono, però l’unico
suo difetto era la troppa fiducia in se e la sua continua ambizione, anche di
poter spodestare il fratello un giorno, e Crono lo sapeva bene, ma era questo
che lo affascinava così tanto, era per questo che gli permise di prendersi una
parte della sua terra, se non era stato principalmente per il fratello, a
quest'ora nemmeno lui stesso era dove stava adesso sul trono d'Olimpia.
Questo era solo un regno, poi dopo il regno del Nord di
Iperione, si passava appena vicino, nella parte del secondo regno del Nord-Est
dove si trovava il regno di Temi, una delle titandi più agguerrite al pari di
suo fratello Iperone, ed era in origine la "madre della giustizia
“divina" il suo dominio, sebbene meno sanguinario rispetto a suo fratello,
era comunque molto rigido e basato su regole precise che ogni abitante era
tenuto a rispettare, se non voleva subire il suo giudizio divino. Le regole
riguardavano sopratutto il puntuale pagamento di tasse da parte degli abitanti
ogni mese né un giorno in meno o in più, altrimenti si rischiava la pena
capitale.
Il suo regno era quindi una sobria struttura di città in
ordine, un ordine quasi maniacale, neanche un mattone doveva essere fuori posto,
aveva persino creato un ordine di giudici personali che controllavano e
giudicavano ogni singola cosa facendole rapporto.
Era una donna quindi che amava l'ordine, e si vedeva anche
quando appariva in pubblico sobria e solenne con la sua armatura di cristallo
nero, che le avvolgeva il corpo, dove da sotto il suo mantello porpora
sbucavano fuori due alette che sembravano d'angelo, e i guanti di metallo
lunghi fino ai gomiti, e i sobri gambali solenni, le davano un’ottima
protezione, solo che la sua armatura non era immortale come quella del fratello,
ma nulla poteva scalfirla e il suo diadema che le contornava i suoi capelli
lunghi quasi di seta e solenni di un colore viola, aveva un diamante nero che
risplendeva .
Quello che più incuteva terrore era il suo sguardo
accusatorio di ghiaccio seppure le iridi fossero rosse come quelle del fratello
Iperione, bastava appena il suo sguardo per essere giudicati e come arma , fin
dalla "Tianomanchia" usava anche lei una possente spada di cristallo
nero, che le permetteva di ampliare il suo potere di origine psichico e di
entrare nei ricordi di chiunque e scoprire i suoi peccati per poi giudicarli
colpevoli o innocenti.
Il terzo regno invece, era situato a nord-Ovest ed era
comandato da Crio, dio della "Forza" che
aveva istaurato nel suo regno un completo dominio di fortissimi guerrieri,
addestrati fin dalla tenera età al combattimento, e strappati alle proprie
famiglie per essere richiusi nell'immensa accademia militare gestita dal titano,
che con il suo abile parlare da oratore, faceva una pressione psicologica
immensa nei bambini, gli diceva mille cose assurde, e promosse di gloria
immensa, se servivano con fede Crono, poi i suoi generali li addestravano alla
lotta, mentre chi era ritenuto debole o non idoneo, veniva o eliminato
radicalmente oppure usato come schiavo nelle miniere da cui si estrapolava il
metallo nero, che serviva per forgiare le armi, che in quel posto erano
diffusissime e vi erano di ogni tipo, dalle pistole sofisticate ai raggi a
neutroni, ai cannoni possenti ultraparticelle in grado di distruggere con un
solo colpo un’aeronave spaziale corazzata, fino poi ad arrivare alle spade e
alle armature più sofisticate.
Crio era un titano che teneva molto al suo esercito, voleva sempre
il meglio per dimostrare di essere sempre il più forte, esattamente come nella
"Titanomanchia" quando lui grazie ad un’azione diversiva e strategica,
aiutò i suoi fratelli a finire l'esercito di Arthesia, esattamente come allora
il suo desiderio ossessivo di potenza e fama di gloria non si era mai spento.
Il suo esercito era uno dei migliori, non vi era alcun
dubbio.
Crio oltre che il suo fascino nell'arte della guerra,
possedeva tutto il carisma e le qualità di un vero generale d'armata, la sua
armatura era sempre di cristallo nero, ed era ampissima nelle spalle che
presentavano aculei terrificanti, come nei dischi dei copri braccia e dei ginocchi,
il suo elmo era ampio e presentava possenti
corni ai lati e aculei.
Tutto questo
armamento, dava al titano l'aspetto di un demone, e lo era di certo, sopratutto
in battaglia, quando tirava fuori la sua spada-frusta con la quale grazie al
suo speciale potere derivante dagli dei, poteva par patire ai nemici mille pene
lacerando le loro carni, e diventando sempre più forte con il loro sangue, poi
oltre che a questa terribile arma, ne possedeva anche altre, un gun-ken ovvero
un cannone a particelle, che gli permetteva di colpire a distanza creando colpi
ad area che esplodevano e mietevano chiunque li si palesava avanti, poi
possedeva una pistola laser dal tocco preciso e infallibile e uno scudo
possente al braccio sinistro, che gli dava un’immensa difesa.
Era una vera e propria macchina da guerra.
Dopo il regno della guerra di Crio si passa al quarto regno
il regno ovest, comandato dalla furia di colui che è più vicino a Crono, per
quanto riguarda il potere divino, poiché padrone dello spazio e del tempo, Giapeto il dio delle dimensioni, che fa del suo potere
l'arma perfetta poiché in grado di aprire varchi dimensionali che comprimono
eserciti interi fino a distruggerli.
Il suo regno , difatti,
era sotto l'influenza di un varco dimensionale che creava, scompiglio
nell'ambiente e faceva fondere tutto assieme, e rendeva quella zona terribilmente
caotica e pericolosa, anche se il titano aveva concesso agli abitanti di vivere
all'interno di cupole protettive, nessuno poteva uscire fuori altrimenti sarebbe
stato risucchiato, oppure di sarebbe fuso con gli atomi di qui varchi. Solo con
il suo permesso si poteva lasciare il regno al di fuori, ma difficilmente
Giapeto lo concedeva questo privilegio, infatti, era per puro divertimento
personale che segregava gli abitanti in città che sembravano prigioni ormai,
inoltre all'interno la situazione era veramente assurda, schiavitù completa
sopratutto nelle miniere metallurgiche e nelle costruzioni di palazzi e statue,
della divinità, osannata vivamente come se fosse il creatore dell'universo.
Giapeto oltre che essere un despota megalomane e ambizioso,
amava molto anche divertirsi e non perdeva tempo a fare feste alla sua corte,
devote solo ai suoi gerarchi e ruffiani che gli giravano intorno.
Come aspetto si presentava sempre più tosto bene, la sua
armatura era color dell'ebano e di raffinata fattura sopratutto la pettorina i
copri braccia e i gambali, che avevano decorazioni in rilievo dorate
rappresentate rami di giglio, era il più giovane fra tutti i titani, i suoi
capelli dal taglio raffinato biondo gli davano un’aria così sofisticata, la sua
espressione del viso, dal sorrisino maligno e cinico, dagli occhi di ghiaccio,
incuteva sempre terrore anche nel guerriero più impavido.
Spostandosi invece verso est,si passa al quinto regno, il
regno dell'oscurità eterna ove il sole non penetra mai, e dove le tenebre
eterne regnano sovrane, dando via libera ai mostri più terrificati e a fantasmi
passati, ormai corrotti e assetati di anime mortali. Il regno in cui i mortali
sono costretti a subire la punizione eterna delle tenebre, portate dalla
titanide Teia dea che creò l'oscurità della notte primordiale.
Il suo aspetto era quello di una donna, ma assomigliava più
ad una strega, dato la sua strana bellezza e i suoi capelli lunghi corvini, gli occhi viola come la notte, esattamente
come la sua bizzarra armatura , da cui sul braccio sinistro vi era abbinata una
balestra enorme da cui le sue frecce laser partivano sbaragliando i nemici.
Infatti, era chiamata "l'arcere dei titani, poiché era
bravissima a centrare i suoi bersagli anche da distanze lontanissime e
conosceva ogni tipo di freccia, da quelle laser a quelle avvelenate e inoltre
il suo speciale potere derivante dalle tenebr,e
poteva far ricadere aloni di pestilenza soffocante e talmente pesanti che
nessuno ha mai potuto resistere.
Passando invece al versante sud del pianeta vi era il sesto regno, quello appartenete ad
uno dei titani di Crono al pari di Iperione che si dice che sia stata anche una
delle amanti del signore del tempo, Rea
la figlia della natura.
Il suo regno, infatti, era purissimo e incontaminate pianure
estesissime e foreste immense con città al loro interno, che si confondevano
con la natura circostante in perfetta armonia con il ciclo degli animali e
della vegetazione.
Era un regno incantato, ma nascondeva molte insidie ed era
un ottimo posto in cui imbattersi in vere e proprie trappole architettate per
bene.
Rea, infatti, era definita nella guerra dei titani "
l'insidiosa signora delle trappole" e si diceva, che grazie a molti sui
espedienti l'esercito di Arcadia perse migliaia di membri.
Il suo aspetto è angelico, una vera dea della natura, dai
lunghi capelli platino e occhi violastri come sua sorella Teia, mentre la sua
armatura era sobria seppure di oscuro colore e sembrava fatta dalla stessa
natura, infatti, si intrecciavano al corpo in modo pittoresco formando le varie
protezioni delle braccia e delle gambe, e una sobria tunica bianca abbinava il
sotto dei suoi fiancali fatti di foglie, mentre ali di farfalla si aprivano
dietro di lei come se fosse un’enorme fata.
I suoi poteri derivavano dalla natura, e il suo speciale
polline, delle sue ali aveva il potere di far perdere le forze vitali ai suoi
nemici e come arma usava una speciale cetra incantatrice di melodie passate e
ipnotiche.
Verso sud- est invece si trovava il settimo regno comandato
dal signore dei fulmini Ceo, famoso ormai per le sue nuvole cariche di
elettricità, continuamente create dall'aurea maligna del titano, da cui si trae
molta energia combustibile per le città protette in continuazione, però da
possenti para fulmini sui tetti, e gli abitanti esattamente come nel regno di Giapeto, erano costretti a stare all'interno delle proprie
città, se non volevano rimanere folgorati da questa forza della natura
incontrastata.
Ceo era un titano dall'aspetto imponete, con lo sguardo
severo e implacabile un vero e proprio dio dagli occhi azzurri purissimi, e
capelli biondi, che vestiva un’armatura oscura enorme con ampi spallacci, e un
elmo da cui partivano alette con aculei e corna, ed era un ammasso di puro
cristallo nero che copriva la sua ampia tunica violastra,
e come armi usava un bastone enorme con una sfera sopra possente decorati con ali da cui i fulmini prendevano
vita, scatenandosi in tutta la loro potenza.
A sud -ovest, invece vi era un regno dall'aspetto
inquietante misterioso, dove le illusioni ingannavano i viaggiatori che si
perdevano nelle foreste senza fine, era l’ottavo regno, quello di Febe titanide
esperta in poteri illusori e ingannevoli, dall'aspetto di donna affascinante e
seducente esattamente come la faceva apparire la sua armatura oscura, che le
disegnava le forme del corpo, mentre una corona alta che le copriva la testa,
le faceva assumere un'aria sobria e solenne come il suo volto angelico dagli
occhi grandi, e lucenti di colore smeraldo come i suoi bellissimi capelli, ma
nascondeva un potere terrificante, derivante dalle sue illusioni che portavano
alla pazzia, come arma aveva anche lei una spada corta che ampliava le sue onde
ipnotiche.
Invece in una penisola all’estremo sud vi era il nono regno
della “Dimenticanza” di Mnemosine dea della memoria
che aveva il potere di far perdere ad ogni individuo il senso della memoria e
della sua esistenza, e usando inganni e illusioni lo induce a patteggiare con
lei oppure lo uccideva senza rimorso.
Costei ha un regno molto singolare, fatto di città a cavallo
tra lo stile neo classico e lo stile dell’Egitto antico, ma con accenni di
tecnologia avanzata, come dimostrano le sue astronavi a forma di piramide e poi
conosceva il modo di viaggiare nel tempo, e fece creare un portale dimensionale
stellare denominato “Porta delle stelle” o “Stargate” con il quale poteva
compiere viaggi in dimensioni parallele nel passato o futuro ogni volta che
voleva.
Mnemosine era la più giovane tra i
titani, ed aveva sembianze di ragazzina innocente dal corpo fragile ed
aggraziato, con i capelli lunghi che le scendevano sulle spalle di colore
porpora, occhi grandi e assorti di
colore rosso, la sua espressione non mostrava mai sorrisi e indignazione era
sempre sobria e solenne, esattamente come la sua armatura dalle sfumature
porporine e nere dalle forme sottili che la coprivano interamente tutto il suo
corpo.
Era impassibile, quando giudicava sia quando combatteva e
tutti la temevano vivamente, poiché poteva leggere e prevedere nel futuro,
niente le sfuggiva, come arma usava un’ascia dall’aspetto insolito con un
diamante porporino all’estremità.
Gli ultimi regni il decimo e l’undicesimo appartenevano ai
due titani dei mari Oceano e Teti che avevano il dominio completo delle città
sommerse.
Teti era una dea dall’aspetto bellissimo, una vera musa del
mare con i capelli color turchini e splendidi occhi azzurri e l’armatura fatta
con perle azzurrate provenienti dagli abissi più profondi, che le coprivano il
corpo sinuoso e longilineo dalla pelle candida, e come arma usava una lancia
che le permetteva di governare le correnti del mare e le condizioni
metrologiche.
Oceano invece era colui che in origine fu creato da Urano
per creare i mari, supremo signore antico anche più dello stesso Poseidone
figlio di Zeus, era suo il completo controllo dei mari, furia devastatrice dai
suoi poteri derivanti dal tridente possente che gli donò Crono e dalle due
daghe magiche da cui le correnti prendevano forma.
Il suo aspetto
esattamente come i suoi poteri era imponente e austero e incuteva grande timore
di già, quando si palesava avanti ai suoi sudditi, la sua figura era imponente
il suo sguardo di un blu profondo come i suoi abissi e la sua armatura sempre
dello stesso blu indaco, intenso era sempre di pura perla marina, ed era la più
elaborata di tutte le undici armature, si potevano vedere persino le squame
incise come quelle dei pesci, e le sue ali simili a pinne di pesce come le tre
creste che ava sul suo elmo che presentava un diamante azzurro centrale, mentre
il suo volto aveva tatuaggi simbolo del potere dei re dei mari , si diceva che
il mare fosse la sua anima.
I regni dei dodici titani sono ormai una dinastia destinata
a regnare in eterno, soggiogando i mortali al loro destino, eppure anche in
questi regni vi erano gruppi sparsi di ribelli pronti a tutto pur di non far morire
la speranza che aleggiava nei cuori e proprio in uno di questi regni che nacque
lei.
Siamo sempre nell’anno astrale 720 Arcadia in quei tempi era
un luogo di continue rivolte contro la tirannia posta da Crono, ve ne era stata
una persino ad Olimpia la capitale in cui un giovane ribelle cercò di
assassinare Crono, ma fu catturato processato e condannato a morte, presto esattamente
come i ribelli che lo seguivano, però anche nei restanti regni la situazione
non andava migliorando e i titani regnanti iniziavano ad essere molto stanchi
di queste continue rivolte, allora il
loro potere si fece più pressante e ormai la popolazione iniziava a non
sopportare più tanto le loro speranze
stavano andando man mano svanendo, ma fu proprio in uno di questi regni che una
sola ribelle armata di coraggio e voglia di libertà, nacque tra il popolo ormai
piegato dalla tirannia, il suo nome era Euridice.
Euridice era una giovane ragazza originaria del regno
conquistato da Teia, la signora dell’oscurità, ed era
stata sempre abituata a vivere duramente, in un posto reso inospitale dalle
tenebre create dalla titanide, un posto il cui non cresceva mai vegetazione
dovuto al clima gelido che si era creato, dove le nuvole erano nere e cariche
di gas impregnato di aurea malefica che aumentava la crescita dei mostri
terrificanti e degli spettri tormentati dai meandri del tempo.
Un luogo di incubo eterno dove i mortali vivevano schiavi
del terrore, ma per Euridice era un luogo che l’aveva aiutata a crescere dopo
la morte dei suoi genitori, ormai sola, aveva imparato la legge della
sopravivenza nel bosco di tenebre, che avvolgeva i vari assembramenti di
villaggi ammassati e ormai decaduti e lasciati al proprio destino, e aveva
imparato a combattere i mostri, poiché li cacciava per poi riscuotere il denaro
sulle loro taglie, e così che viveva, era una cacciatrice di taglie e per
vivere non le importava chi prendere, molte volte le capitava anche di catture
dei criminali per conto dell’ l’esercito dei Teia, l’importante era che la
pagavano bene.
Tutto per lei erano solo i soldi, però conosceva bene il
valore della libertà e della speranza lei stessa ne ha voluto essere simbolo,
non solo come esempio per gli altri, ma soprattutto per se stessa, come i
grandi ed epici eroi del passato.
Era una ragazza di bel aspetto giovanile, dai lunghi capelli
color platino, che le formavano delle ciocche bianche ai lati ,portati legati
in un’alta coda che si liberava nell’aria fluente, e i suoi occhi color del
ghiaccio dall’aspetto severo e sicuro, le davano un’aria da vera dura insieme
alle labbra sottili ma che sapevano parlare molto bene e portava sempre uno
strano elmo di ferro sul capo da cui fuoriuscivano le sue buffe orecchie
appunta, come gli elfi, la sua carnagione era scura seppure nel regno di Teia
non ci fosse sole, e la gente era bianca come latte lei comunque era scura perché
viaggiava molto in giro per Arcadia, aveva visto tutti i dodici regni di terrore e
sapeva bene che cosa significava per la gente essere schiava, era sempre stata
la sua aspirazione quella di liberare tutti da quella opprimente tirannia, ma
sapeva bene che era solo un sogno, poiché mai c’l’avrebbe fatta.
Come vestito invece aveva un’armatura nera dagli spallacci
rigonfi di cristallo nero e la pettorina che le stringeva il seno e lasciava la
sua ampia scollatura, finendo sottile ai fianchi tondi e longilinei, dando
spazio ai suoi glutei sodi che si notavano benissimo, dotto il suo piccolo
kimono che portava sotto l’armatura, poi sulle gambe aveva dei lunghi gambali
neri su cui rotula vi erano dei dischi come protezione, e una sporgenza a forma
di corno appuntito esattamente come gli stivali che avevano speroni appuntiti.
Chiunque l’avesse vista, avrebbe pensato che fosse una sorta
di dea oscura, al pari dei titani eppure era solo una giovane ragazza che amava
l’avventura.
L’avventura di Euridice iniziò proprio per puro caso.
La ragazza stava girovagando nel bosco delle ombre alla
ricerca di un mostro, che a quanto pare al villaggio al nord del regno
dell’oscurità, i miglior cacciatori di taglie non erano mai riusciti a
prendere, poiché questa creatura incuteva molto timore, poiché era alta più di
due omoni assieme e faceva risuonare ruggiti agghiaccianti, mangiava tutto ciò
che le se palesava avanti senza distinzione, tra uomini e animali era per
questo che dava molto fastidio, ma in molti avevano cercato di catturare la
belva, ma mai nessuno era riuscito a farlo, anzi più delle volte chi si
avvicinava a lei veniva trucidato a morte e mangiato da essa.
Euridice tuttavia non ne ebbe paura, quando venne a sapere
di questo mostro, anzi la cosa la eccitava e voleva provare a prenderlo così si
avviò verso il bosco delle “Ombre”.
All’interno di quel posto, era tutto un silenzio di tomba,
niente vi era se non il gracchiare di qualche corvaccio e l’ululare dei lupi,
era notte, come lo era sempre, però la luna si riusciva ad intravedere appena,
esattamente come il sole seppure poco durante il giorno, e la ragazza dai
capelli platinati era a caccia, armata di pistola laser, arco e frecce, daghe
taglienti poste su i suoi sinuosi fianchi all’interno di un cinturone che lei
tratteneva.
Camminava quatta, udendo ogni singolo movimento di quella
vegetazione degna di film d’orrore che confondeva le ombre della notte con il
terreno di tenebre circostante.
Faceva passi lenti, la mano destra sulla pistola laser,
l’altra su una delle sue daghe, sguardo attento e preciso come un felino pronto
a balzare, il suo pensiero solo sulla sua preda.
Su bello fatti vedere…
Continuava a ripetersi tra se, mentre dai secchi cespugli,
marciti dall’energia maligna si avvicinava ad un essere dalla forma non
definita per ora, poiché avvolto nell’oscurità, si sentiva solo degli strani
versi, come grugniti misti a ringhi, che stavano mangiando i resti di un altro
stesso mostro divenuto il suo pasto.
Euridice si avvicinò alla belva informe, poi si fermò a
pochi metri, mentre un sorrisino soddisfatto le si dipingeva in volto.
Bene e ora preparati a
farti un giro...
La belva sembrò disturbata, ed emetteva ringhi instabili, come
a simboleggiare ciò che sarebbe capitato subito dopo per lei, infatti, poi si
sentì colpita da una lama tagliente alla schiena, Euridice gli era balzata in
modo felino addosso e aveva conficcato nelle sue carni la sua daga, mentre le
stava sopra alla schiena accovacciata con i piedi fissi sul suo dorso dominando
la furia della belva che si dimenava, s'imbizzarriva ruggendo tra il sangue che
colava copioso a terra e sul braccio della cacciatrice di taglie, più impavida
del quinto regno.
La belva si rivelò intanto alla luce lunare, era un Cerbero,
un cane a tre teste orripilanti che al tempo del mito era a guardia dell'Ade,
quale bestia più terrificante poteva dunque incutere così tanto timore, anche
nei guerrieri più impavidi, anche ora faceva paura persino ad Euridice che
continuava a stare sulla sua schiena, mentre la furia del Cerbero cercava di
scrollarsela di dosso, poi un colpo secco di schiena furioso dell'animale, e la
ragazza dai capelli platinati, fu scaraventata in aria per poi finire su di un
albero, sbattendo la schiena e dolorante si rialzò a fatica giusto in tempo per
scappare da una delle tre bocche fameliche della belva che addentarono l'albero
distruggendo, il suo tronco sradicando la sua corteccia, mentre Euridice era
rotolata via verso la parte destra, da dove, però la coda dell'animale si
avventò su di lei colpendola all'altezza dello stomaco e buttandola metri
avanti su di una roccia.
Maledizione e così
pensi di essere furbo vero bello?...
La ragazza era rimasta ferita alla schiena, e la spalla
sinistra doveva essere slogata per colpa dell'urto, ma ancora non si dava per
vinta, mai l'avrebbe fatto, mai con nessuno anzi sorrise all'idea di avere un avversario
così forte, che ora si era imbizzarrito e la stava per colpire con le sue zampe
anteriori, armati di possenti artigli.
Euridice con la mano destra sparò un colpo di laser che
colpì l'occhio sinistro della testa destra della belva, che si fermò di colpo e
scomposta si dimenava nell'ombra, ruggendo in modo agghiacciante, come lamento
di anime provenienti dall'Ade.
La cacciatrice non ci
pensò due volte, e ne approfittò subito per assestare alla belva ferita un
colpo secco di daga alla gola ,della testa ferita che si accasciò al suolo, ma
vi erano altre due teste, che ora erano molto più arrabbiate. Attaccarono la
ragazza da davanti e dietro, non poteva sfuggire, ma lei saltò in aria,
eseguendo un salto mortale in avanti atterrando in groppa alla schiena
dell'animale dove vi era la testa centrale che colpì di nuovo con la sua daga
segnandone la fine.
Ormai la belva era al limite si dimenava impazzita, ma ormai
la sua furia si stava placando, mentre la ragazza prese l'ultima ed enorme
testa sotto il braccio sinistro, cercando di incurvarla all'indietro verso di
se, poi con la mano destra infilò la sua pistola nella bocca dell'animale che
intanto la morse cercando di staccarle il braccio, poi sparò un colpo secco e
l'animale privo di ogni forza vitale crollò al suolo sconfitto insieme alla
ragazza.
Ormai erano entrambi i nemici a terra, non si capiva chi vinse,
ma poi si rialzò un solo pretendente, Euridice che aveva vinto, la sua preda e
fiera alzò la sua daga al cielo come se avesse vinto una battaglia epica, e,
infatti, lo era stata, visto che il mostro apparteneva all'era del mito antico
e probabilmente era rinato sotto l'influenza dell'avvento dei titani.
Si riposò subito dopo, a lungo sdraiata a terra, curandosi
le ferite che erano profonde degli artigli e dei denti dell'animale, che erano
un niente per lei, poi legò le gambe posteriori e anteriori dell'enorme animale
e se lo caricò sulle spalle e lo portò al villaggio per riscuotere la taglia
che pendeva sulla testa del suo trofeo.
"Caro il mio cagnoline, con te credo proprio che
mangerò per un pò, ti devo ringraziare lo sai.”.
Disse durante il tragitto alla carcassa del Cerbero, mentre
raggiungeva l'assembramento di un villaggio al di là della foresta.
Il villaggio era composto principalmente di capanne ottenute
dalle pietre nere e resistenti che estrapolavano dalle miniere del regno, avevano tetti fatti in paglia e fango, non si
potevano definire vere e proprie case, ma solo capanne, ma il villaggio
presentava di tutto e ormai la flebile alba era giunta, e le attività mattutine
degli abitanti stavano prendendo vita a poco a poco.
C'era chi pascolava gli animali, c'era chi iniziava ad
aprire le proprie bancarelle che vendevano di tutto, dai migliori oggetti
tecnologici, come le invenzioni più strambe dal robot addetto alle faccende di
casa ,allo strumento per vestirsi con l'uso di un raggio molecolare, che faceva
apparire all'istante ogni tipo di vestito che si voleva, ma niente di tutto
questo attirava l'attenzione di Euridice, anzi ora era lei che attirava l'attenzione,
perchè portava in spalle il Cerbero di cui tutti temevano la furia e la guardavano
con aria interrogativa,chiedendosi fra
loro come fosse riuscita a catturare quella belva da sola.
Euridice guardava i volti degli abitanti con soddisfazione,
le piaceva vedere che la gente la riteneva in gamba, poi arrivò alla locanda in
cui il giorno prima aveva letto il manifesto in cui vi era il mostro e la
taglia messa dal proprietario del bar, ormai stanco della bestia che mangiava
tutti i suoi animali che allevava con tanta fatica.
La ragazza appoggiò il mostro a terra vicino alla porta
d'ingresso chiedendo gentilmente ad un ubriacone di curare che nessuno glielo fregasse,
altrimenti sarebbe finito male e Euridice non era una che scherzava di certo,
quindi l'uomo si convinse con o senza le buone maniere in ogni caso.
La ragazza entrò nel locale.
Il posto era più tosto sporco e pieno di gente poco
raccomandabile, vi erano tutti i tipi, proveniente da ogni regno di Arcadia, ma
la maggior parte erano tutti prigionieri scappati dalle prigioni in cui li
tenevano i titani e guardarono la ragazza con sguardi famelici, e qualcuno un
po’ più coraggioso azzardò dei fischi e apprezzamenti di troppo, che la ragazza
non contò minimamente, si limitò a dirigersi diretta al bancone dove vi era una
fila ammassata di ubriaconi, che fischiavano, poi uno cercò addirittura di
abbracciarla, povero lui, gli assestò un
bel gancio destro, diritto sul grugno, tanto che cadde dalla sedia a terra.
"Ecco così impari, la prossima volta ti consiglio di
metterti le mani da un’altra parte che non sia la mia spalla.".
Disse chiara e tonda la ragazza, ad un tratto si sentì un
battito di mani, proveniente dal bancone, la ragazza si girò e vide che vi era
il proprietario che le batteva le mani ridendo, era un uomo di mezz'età, con la
faccia deturpata da cicatrici procuratosele forse durante una prigionia nelle
segrete della rocca in cui governava Teia, era di statura più tosto grossa e
tozza, ma i suoi muscoli avevano sicuramente lavorato nelle miniere del regno e
il suo ghigno era spavaldo.
Euridice sorrise di intesa con l'uomo.
"Complimenti vedo che non ti smentisci mai vero?".
"Mi sembra ovvio.".
"Dimmi sei riuscita a prendere quella cosa che ti ho
detto?".
Euridice non rispose subito alla domanda, si limitò a fare
segno al barista di seguirla fuori e così l'omone fece.
Uscirono fuori e la ragazza mostrò il cadavere del mostro,
dove intanto si era radunata una folla di curiosi stupiti di vedere il Cerbero
finalmente catturato e ucciso.
Il barista si stupì nel vedere anche lui la beva uccisa, poi
controllò il manifesto che aveva in tasca, era proprio la belva che tutti
cercavano, il Cerbero e c'era una bella sommetta sulla sua testa, all'incirca
centomila denari, quindi era tutto in regola.
Euridice si avvicinò all'uomo con un sorrisino spavaldo.
"Allora che ne pensi sono stata brava?".
Disse ponendo il dito indice destro sol torace dell'uomo
scorrendo tra le sue forme, lui arrossì un po’in imbarazzo.
"Oh sì...certo...ehm...".
L'uomo deglutì perdendosi nei suoi occhi di ghiaccio, che,
però non scherzavano affatto, e sapevano bene cosa volevano, tirò fuori dunque
i soldi e lei glieli strappò di mano subito aprendo il sacchetto per controllare
che ci fosse il denaro, e vi erano tutti, centomila monete tonde, tonde d'oro
purissimo che nelle sue mani splendeva come il sole, mentre le lasciava cadere
nel sacchetto, tintinnando.
Euridice sorrise all'uomo "Ti ringrazio per la tua generosa
offerta.".
L'uomo annuì"Grazie a te per averci liberato di quel
mostro te li sei meritati."
La ragazza annuì a sua volta andandosene, l'uomo, però la
fermò "Ehi vai via di già? Non vuoi fermarti a mangiare qualcosa, offre la
ditta naturalmente, giusto per ringraziarti ancora.".
"Beh se proprio insisti.".
Disse la ragazza senza battere ciglio accettando la generosa
offerta, in effetti, stava morendo di fame.Si sedette
dunque ad un tavolo da sola, mentre una cameriera la servì, portandole del vino
e una portata di carne, e del pane azzimo.
La ragazza mangiò tutto a volontà senza risparmiarsi di
nulla, aveva bisogno di recuperare ogni energia perduta, poi dopo essersi
saziata si dondolò sulla sedia bevendo la birra mettendo i piedi sul tavolo e
buttando la testa all'indietro socchiudendo gli occhi per rilassarsi.
Capitolo 4 *** 03"Antares Del Regno Della Dimenticanza" ***
03"Antares Del Regno Della Dimenticanza"
Q
ella caccia quell'oggi le aveva proprio fruttato bene, e si
stava proprio rilassando dopo aver catturato il temibile Cerbero ed era avvolta
nel suo silenzio, mentre la gente la guardava di sott’echi e commentava le sue
gesta, già in quel paese era considerata una sorta di eroe, poi si alzò dal
tavolino e si stiracchiò le braccia sgranchendosi le ossa del collo e la spalla
destra fasciata dopo la ferita subita dai denti di Cerbero, che ora aveva
bisogno di un cambio quindi chiese gentilmente al suo amico barista di
prestargli delle bende e lui fu felice di dargliele, anzi l'aiutò a curarsi la
ferita, e lei fu felice di aver ricevuto quel trattamento.
Tutta via la sua felicità non durò a lungo perchè ad un
tratto qualcosa turbò la quiete di quel posto e i clienti iniziarono a scappare
via , c'era anche chi lo faceva scappando dalla finestra e chi si nascondeva
dentro ai badili vuoti di vino, e il barista iniziò a sbuffare aspramente.
"Uffa che noia mi fanno scappare sempre i clienti quei
maledetti. su va via anche tu è meglio credimi.".
Disse rivolto ad Euridice, che tuttavia non sembrò voler
ubbidire a quel comando incuriosita di vedere chi cavolo stava disturbando il
suo attimo di gioia.
Dalla porta del bar si iniziarono a sentire passi di metallo
, migliaia di passi metallici e grida agghiaccianti degli abitanti del
villaggio, intenti a scappare dal pericolo, poi la porta della locanda si aprì
e sull'uscio si videro quattro figure da cui una nel mezzo spiccava più di
tutte vestita con una nera armatura e un lungo mantello armato di un enorme
ascia, alto quanto la porta della locanda, tanto che dovette abbassarsi
visibilmente per entraree l'elmo che
gli copriva il capo da cui sbucava fuori un grugno orrendo degno di un orco,
con gli occhi gialli che incutevano timore , tranne ad Euridice che nel vedere
quell'essere sbadigliò ampiamente, non curandosene che il barista le stava
dicendo di andarsene.
"Che cosa fai? Va via non vedi che è arrivato il
comandate delle truppe degli "immortali" di Teia?
Non gradisce nessuno seduto al bancone.".
"Che cosa, ma dico stai scherzando? io ho pagato è sto
qui quanto mi pare , non me ne vado di certo per far posto al quel brutto
muso.".
"Ma sei impazzita zitta, che ti sente.".
"Chi sene frega.".
Il barista gli tappò la bocca e gli fece segno di stare
zitta, ma ormai era troppo tardi, perchè l'ufficiale si era avvicinato in tutta
la sua immensa potenza accerchiato dai suoi soldati che vedendo la ragazza
iniziò a sbuffare nervosamente.
Euridice non lo guardò neppure anzi le voltò le spalle
sbuffando.
Il barista prevedeva guai grossi, allora per calmare le
acque iniziò subito a riempire i bicchieri di vino.
"Oh prego comandante Gorth
vuole il solito vero?".
Fece un sorrisino , mentre l'ufficiale non sembrava molto
contento e continuava a fissare con aria minacciosa Euridice che lo guardò di
sottecchi e con aria annoiata continuò a fasciarsi il braccio in santa pace.
Il comandante Gorth mise le mani
sui fianchi e i suoi sotto posti iniziarono ad assumere anche loro un aria
irrequieta, poi finalmente parlò.
"Ehi tu bambina ti dispiacerebbe spostarti non vedi che
io e la mia truppa dobbiamo bere, sparisci."
La ragazza continuò a farsi gli affari suoi, l'ufficiale
iniziò ad innervosirsi e il barista continuò a temere il peggio.
"Ehi non hai sentito? spostati subito questo è il
nostro posto hai capito signorina?".
Il colosso le toccò una spalla , lei a quel punto tirò fuori
fulminea la daga a amputò la mano all'ufficiale, che urlò dal doloree rabbia e il barista andò subito a
nascondersi dietro un barile.
"Senti un pò amico, questo
locale è abbastanza grande per entrambi , se non ti va che io stia qui allora
vattene da un altra parte, e pensaci due volte prima di osare toccarmi
chiaro?".
L'ufficiale era inferocito ed ordinò ai suoi uomini di
attaccarla, balzò subito in piedi, in mezzo a quattro soldati armati di pistole
laser e spade.
Spararono, ma lei schivo abilmente i colpi, e prese in mano
la daga destra ed uccise il primo soldato sventrandolo parte a parte, un altro
le era alle spalle con la spada alzata, ma lei gli assestò un calcio
all'indietro colpendo con il calcagno le parti intime del soldato, che gridò di
dolore dimenandosi, poi menò le daghe girando nell'aria e tagliò la testa a due
soldati e balzò sul lampadario appendendosi dondolandosi e prendendo a calci i
soldati rimanenti. Si staccò dal lampadario, ed eseguì un salto mortale atterrando
avanti al comandante, che intanto se la era fatta addosso cadendo da solo a
terra intontito dalla paura e dall'incredulità.
la ragazza gli riservò un sorrisino cinico, poi mise il
piede destro sul petto dell'ufficiale schiacciandolo a terra.
"Il bancone è tutto tuo ora.".
Poi tolse il piede da dosso al comandante e si avviò verso
la porta, ma fu fermata da Gorth.
"Ehi aspetta un secondo.".
"Che diamine vuoi rifiuto?".
"Ti ho riconosciuto adesso, non sei quella famosa
cacciatrice di taglie che si fa chiamare Euridice?.".
"Si esatto sono io e con ciò?".
"Non mi ero accorti che fossi tu , però avrei una proposta
da farti da parte della governatrice.".
"Vuoi dire quella tiatanidie
che si crede di essere una dea.".
"Attenta come parli.".
"Attento tu.".
Disse la ragazza mettendo la daga alla gola dell'ufficiale,
che si era animato all'ultima affermazione nonostante la paura "D'accordo
la smetto, ma non farmi del male ho qualcosa di molto gustoso per te, si tratta
di un affare da trecento milioni..."la ragazza si fece più attenta e mise
via la daga sedendosi su una sedia con le gambe accavallate, poi fissò una daga
sul tavolo di legno.
"Avanti parla.".
Gorth si alzò a fatica con la mano
sanguinante poi prese dalla sua armatura nera un foglio di carta ingiallita che
ora era sporco di sangue scarlatto il suo sangue.
"Guarda questa, ti interessa?.".
Euridice guardò la foto sul manifesto e vide che era quella
di una donna con abiti originali delle lontani terre dimenticate che
appartengono alla titanideMnemosine,
una collana ingioiellata adornava il suo collo come i bracciali d'oro alle
braccia, e sul corpo un armatura minuziosa a forma di decorazioni di squame di
scorpione come i suo spallaci che ne avevano il simbolo, tutto in toni delrosso fuoco.
Sulla testa un elmo a forma di coda da cui il fondo vi era
la cuspide della coda di scorpione rosso fuoco e i capelli lunghi e corvini
ordinati, e occhi verdi come le foreste di forma allungatae la sua carnagione era olivastra, mentre la
sua espressione non dava di certo nulla a cui pensare se non che fosse una di
poche parole e molto furba, e dalla sua bocca si potevano notare un piccolo
canino sporgente sul labbro inferiore sinistro contorto in un ghigno spavaldo.
Una donna bellissima a dirla tutta, ma su di lei pendeva
l'enorme taglia, e in grande a caratteri cubitali vi era scritto il suo nome Antares.
Euridice inarcò un sopraciglio "Una donna? Voi che vi
fate chiamare “immortali” non sapete catturare una donna ? Che vergogna.".
L'ufficiale sbuffò ed era anche imbarazzato, ma parlò lo stesso.
"Quella non è una donna qualsiasi fa parte della setta
dei "Predoni del deserto" un gruppo di predatori, che rubavano in origine
tesori di tombe, ma ora sono in rivolta contro il regno di Mnemosine
e affianca l'esercito ribelle dell'ex-presidente Arthesia,
è un ricercato molto importante da catturare e impiccare subito.".
Euridice ci pensò a fondo :"Dimmi la volete viva o
morta?". L'ufficiale rispose subito con sicura affermazione: " Come
vuoi tu, anzi se l'ammazzi sarebbe meglio, magari te la paghiamo di più visto
che una donna scorpione.".
"Donna scorpione?".
"Si esatto, le donne scorpione sono creature
provenienti dai meandri del passato, si dice che siano le prime abitanti di
questo pianeta e sono molto agili e insidiose è per questo che non riusciamo a
prenderla è molto forte e inoltre sanno nascondersi molto bene.".
"Ma io la stanerò, sento che ci sarà da divertirsi un
sacco, dimmi dove è stata avvistata l'ultima volta?".
"Nel deserto del nono regno.".
Euridice ormai sapeva cosa fare, prese tutto il necessario
per partire poi si fece dare una moto spaziale e si avviò verso la volta del
nono regno, il regno della "Dimenticanza".
Il viaggio fu lungo ci mise tre settimane di viaggio intero
per arrivare laggiù, ma alla fine ci riuscì ed arrivò a destinazione.
Si fermò ad un villaggio, dove il sole picchiava come un
mattone e dove il caldo era insopportabile, gli abitanti indossavano tutti
abiti di lino freschi e si paravano il capo con turbanti e veli bianchi e
vivevano di vendite di qualsiasi genere sopratutto ai turisti come Euridice,
che fu letteralmente aggredita da questi viandanti al suo arrivo che le
offrivano ogni tipo di bene, poi capitava anche di vedere qualcuno che chiedeva
l’elemosina, poiché la povertà era assoluta ormai là, dopo la presa al potere
di Mnemosine, la ragazza fu molto dispiaciuta di
vedere un simile scempio.
Ad un tratto però in mezzo a tutta quella calca Euridice si
accorse che qualcuno le aveva rubato il sacchetto con i suoi denari, infatti
vide un ragazzino ammantato scappare subito dopo.
"Ehi tu brutto ladruncolo...".
Si lanciò all'inseguimento subito.
Il ragazzino correva come un dannato saltando i passanti
agilmente , mentre più delle volte Euridice ci sbatteva contro rischiando di
perderlo di vista,poi costui quando vide che la ragazza era troppo vicino le
buttò avanti un badile carico di mele che le bloccarono la strada, ma Euridice
lo superò, allora buttò giù diversi barili,ma non servì a nulla.
Il ragazzino, si imbucò in un viottolo, la ragazza dai
capelli platinati lo raggiunse, ma una volta nel veicolo era già sparito.
Ansimando Euridice non si diede pace e iniziò a cercarlo
senza successo.
"Piccolo bastardello, se ti
pesco ti scuoio vivo.".
La ragazza imprecando ogni parolaccia e bestemmie di vario
genere , dovette allontanarsi, ormai l'aveva seminata.
Il ragazzino poi uscì da un cesto di Vimini che era deposto
nel viottolo, ridendosela.
"Ih ih ih! Che idiota ma cosa
credeva che mi sarei fatto prendere come un allocco?".
Dopo aver detto questo se ne andò camminando per la sua
strada.
Il ragazzino era proprio felice, controllò il contenuto del
sacchetto vi erano monete d'oro a sufficienza poi trovò anche il manifesto con
la taglia di Antares e il suo sguardo si fece cupo.
"Antares?Antares
è braccata dall'impero gli hanno messo una taglia enorme sulla testa poverina,
maledetti bastardi!".
Strinse il foglio tra le mani, mentre arrivava ad un
viottolo dove vi erano altri tre ragazzini ammantati che sembravano aspettare
il ragazzino.
"Ehi Azir sei tornato
allora.".
Azir sorrise con i suoi neri occhi
che sbucavano giovanili dal mantello bianco ai tre bambini:"Certo avevate
qualche dubbio, oggi si mangia , ho preso un bel bottino.".
I bambini festeggiarono: "Oh davvero ce lo fai
vedere?." il ladruncolo annuì "Certo guardate quante belle monete
d'oro...".
Ad un tratto una lama gli strappò il sacchetto dalle maniche
si piantò nel muro, facendo fuoriuscire alcune monete che tintinnarono a terra.
Azir prese in mano il suo pugnale
e fece segno agli altri bambini di allontanarsi, poi vide chi era stato che
l'aveva colpito e su di un muretto di un abitazione vi era scintillante al sole
la figura di Euridice, che aveva fatto creder di averlo perso per poi seguirlo
fin lì.
"Lasciaci in pace vattene via!".
Disse il ragazzino agitando il coltello ,mentre Euridice
balzò giù avvicinandosi a lui con aria minacciosa: "Non avvicinarti!"
minacciò tremando, ma Euridice no n lo ascoltò e tirò fuori l'altra sua daga.
"Se ti avvicini giuro che ti ammazzo." Il
ragazzino si lanciò sulla ragazza, che non faticò a schivare i suoi goffi
colpi, poi lo atterrò con un pugno sul volto.
Il ragazzino cadde a terra , mentre rivelava il suo volto di
carnagione olivastra e i suoi occhi neri come la sua chioma ribelle, aveva
perduto il suo pugnale era a terra a pochi metri di distanza, si buttò
subitoper riprenderlo, ma lo raggiunse
lo stivale nero di Euridice che appoggiò la sua suola sulla lama, poi puntò la
sua daga alla gola del giovane, che tremante si arrese al suo destino, ma anzi
che vedersi tagliate di netto le carotidi il giovane si accorse che la ragazza
che aveva derubato stava sorridendo in modo amichevole e aveva messo via la
daga, si stupì molto del suo comportamento.
"Ehi cosa fai? Avanti uccidimi che aspetti?".
Azir era pronto a morire, ma
Euridice non aveva intenzione affatto di ucciderlo:"Ehi per chi mi hai
preso io non uccido i mocciosi, però li punisco per bene se non mi
restituiscono ciò che hanno preso
, sculacciandoli per bene.".
"Scordatelo, non ti restituirò mai quello che mi sono
guadagnato io con tanta fatica, ma che tu sei guadagnata sulle spalle della gente innocente...fottuta
canaglia dell'impero."Azir sputò con disgusto
verso la ragazza, e lei di certo non poteva biasimarlo, del resto era vero che
era lì per conto dell'impero dei titani per catturare un ricercato per loro
doveva essere un eroe, ma rubare proprio a lei era ridicolo.
"Senti stronzetto, non ho tempo di occuparmi di te,
ti conviene ubbidire alla gente più grande.".
"Fottiti!...".
Euridice lo prese per il colletto del mantello e lo sbatte
al muro ora era un pò arrabbiata :"Mi hai
proprio stancato carino, te lo ripeto ancora o mi restituisci i soldi oppure ti
faccio arrestare dagli Imperiali.".
Ad un tratto la ragazza sentì una mano tirarla per il cinturone
che aveva appesa sulle gambe, lei si voltò e vide il volto innocente di una bambina
dagli occhi verdi e limpidi che piangeva: "Ti prego signorina, non portare
Azir dagli Imperiali.” La supplicò in modo davvero
disperato.
“Nam sta zitta non voglio la pietà
di un fottuto servo dell’impero!”Azir avrebbe
preferito morire, più tosto che essere risparmiato e compatito da chi gli era
nemico, ma Euridice vedendo la bambina piangere , lasciò andare il ragazzino.
“E va bene ho capito, non denuncerò questo ladruncolo agli
imperiali, ma in cambio dovete restituirmi il denaro.”.
Azir si era impuntato “ Ti ho già
detto di no!” a quella risposta il terzo
bambino a fianco della bambina raccolse il denaro e lo porse ad Euridice
“Eccoti i tuoi sporchi soldi, ed ora vattene e non farti più vedere brutta spia
dell’esercito.”.
Euridice ci pensò un attimo, certo li rivoleva i soldi
indietro, però vedendo che i ragazzini erano ridotti più tosto male, non poteva
portarglieli via così, sarebbe stato da egoisti , ed anche lei sapeva cosa
voleva dire vivere nella povertà, visto che quasi tutta la sua infanzia l’ha
trascorsa a stento, quindi non prese i soldi e si avviò ad andarsene.
“Non sono una spia dell’impero.”disse mentre il bambino
continuava a porgerle i soldi, “ Teneteveli pure non li voglio più ho cambiato
idea,ma non sperperateli, fatene buon uso.”.
“Cosa ma che significa, perché allora ti sei accanita su Azir.”.
“L’ho fatto per principio, per dargli una lezione , in modo
che capisse che la prossima volta non potrebbe incontrare me, ma qualcuno di
molto peggio.”.
Azir in effetti capì benissimo ,
comunque aveva anche capito la buona fede di Euridice.
“E poi non né ho bisogno, ne guadagnerò altri quando
catturerò il criminale che sto cercando.” Euridice
sorrise poi saluto con la mano i tre bimbi, ad un tratto però fu fermata dallo
stesso Azir:
”Aspetta.”.
“Che cosa c’è?”.
“Stai cercando Antares vero?.”.
“Sì esatto devo assicurare quella criminale alla giustizia
al più presto.”.
Azir strinse i pugni e i denti,
poi sputò parole con rabbia “Non è una criminale, sono quei bastardi che la
calunniano e dicono che una criminale solo perché infonde speranza in noi con
le sue battaglie, lei è un eroe e, perché vuoi catturarla?” Euridice non sapeva
cosa dire a parte che a lei non interessava questo, poiché per un cacciatore di
taglie ogni lavoro era buono, non faceva distinzioni che siano criminali o
patrioti, che siano dell’Impero o meno.
“Guarda che a me interessano solo i soldi che ha come
taglia, non mi importa nulla di chi sia, può essere anche una dea, ma per me se
ha una taglia è una preda gustosa, ecco perché voglio prenderla, non per far
piacere ad uno schieramento, ma per il mio piacere.” Parole dure, ma era il suo
credo, del resto ormai aveva imparato a credere a sue spese in se e basta, era
una necessità vivere così per lei ormai.
Azir la guardò con ancora più
disgusto ” Sei peggio degli imperiali, nient’ altro che uno sporco cacciatore
di taglie, mi fai davvero schifo.”.
Euridice non si preoccupò del commento del ragazzino, del
resto come lei non poteva sapere nulla di lui, neppure lui sapeva nulla di lei
erano pari dunque, si limitò a sorridergli di scherno e basta, poi rispose con
aria indifferente “Beh non credere che la cosa mi interessi, se ho scelto
questa vita non è di certo perché ti devo piacere.” Poi se ne andò per la sua
strada.
Euridice dopo l’incontro con i ragazzini si avviò verso
l’esterno del villaggio dove vi era un’immensa distesa di deserto rovente dalle
dune sconfinate e dalla sabbia sottile, non sapeva come avrebbe potuto trovare Antares in quel posto, ma avrebbe fatto almeno un giro di
ispezione, una traccia l’avrebbe trovata.
Si procurò il necessario, cibo, acqua e un Codo, che sarebbe una razza di animale di colore rosa
originario del nono regno, e aveva quattro zampe più tosto tozze, e una faccia
buffa , una schiena forzuta tanto da essere impiegato per le attraversate nel
deserto, inoltre non aveva bisogno di bere molto e mangiare, davvero ottimo.
Euridice partì così per il deserto.
Il viaggio fu lungo e molto faticoso poiché il caldo
soffocava radicalmente e bruciava la pelle ed anche l’anima, passò tre interi
giorni a girare per il deserto, dormendo all’addiaccio, sotto le stelle
notturne di un deserto che di notte era freddissimo, con temperature polari dai
-40 C° ai + 55 C° del
giorno.
Una vera trappola infernale per ogni viaggiatore. Alla
ragazza,poi nel pomeriggio del quarto
giorno, le capitò una vera disavventura che la costrinse a combattere con un
mostro del deserto spaventoso, un enorme scorpione, che fuoriuscì dal terreno.
Stava camminando in groppa ad suo Codo,
quando la sabbia iniziò a franare sotto i piedi dell’animale, e Euridice fu
sbalzata in avanti , rotolando sulla sabbia dalla quale fuoriuscì l’enorme artropode,
con le sue enormi chele e enormi fauci che mangiò il Codo
con le provviste poi cercò di prendere anche lei, ma lei schivò i suoi colpi,
poiché era molto agile rispetto all’animale.
Subito dopo poi con uno scatto fulmineo balzò sul dorso
dell’animale e lo infilzò con le sue daghe.
Fu una dura ed intensa lotta, epica, ma alla fine Euridice
riuscì ad avere la meglio, ma ormai stanca e ferita ad un braccio fu costretta
a cercare di trovare la via per il villaggio, ma non ci riuscì poiché la sua
bussola era finita infondo alla sabbia, era completamente sola senza mezzi di
sussistenza, per affrontare il deserto, comunquelei non si scoraggiò ed iniziò ad avanzare
per quella sconfinata ed arida terra.
Camminò ore ed ore, ma non trovò proprio nulla a parte solo
sabbia e sole,trascorse due o tre giorni di stento senza cibo ne acqua, ormai
era ridotta ad uno straccio, le rughe della disidratazione le si vedevano in
volto , la stavano consumando pian piano.
La sua vista iniziò ad annebbiarsi , non distingueva ormai
più nulla , il suo fiato si fece più pesante, e sentì le sue membra
appesantirsi, poi cadde in ginocchio a terra sulla sabbia, ormai stremata e si
lasciò abbandonare sulla sabbia , mentre con il suo debole senso della vista
intravide una carcassa di animale ormai scheletrica, sapeva che avrebbe fatto
la stessa fine .
Gli avvoltoi enormi e famelici iniziarono a volteggiarle
attorno, spettando che esalasse l’ultimo respiro , per divorare le sue carni.
E’ la fine sento che
le forze mi stanno abbandonando…
Fu il suo ultimo pensiero,poi forse fu la sua immaginazione
per via dell’imminente fine, ma avvertì uno scalpitio, come di zoccoli, e la
sabbia in lontananza che si alzava in nubi enormi che coprivano l’aria e il
cielo, poi da quelle nuvole quattro sagome a cavallo di Codi bianchi, si
stavano avvicinando. Figure ammantate di bianco,Euridice
non riuscì a distinguere bene cosa stavasuccedendo, svenne prima che le
rimanesse il tempo di vedere chi erano quelle figure.
Era svenuta, quando rivenne si accorse di essere un buco
umido da dove filtrava una fioca luce da una feritoia, poi voltando lo sguardo
vide delle sbarre, laser era in una prigione, ed era legata con delle catene al
muro, che le stringevano i polsi , mentre il sangue colava da essi.
Maledizione ma dove
cavolo sono finita?
Sentì dei passi metallici avvicinarsi alla sua prigione, poi
vide le sbarre laser scomparire ed entrarono due guardie , massicce, due alte e
snelle figure femminili da fascino particolare, vestite con una strana armatura
rossa , simile a quella che aveva indosso Antares nel
manifesto, erano donne scorpione allora?.
Donne
scorpione?sarebbero loro le donne scorpione?...
Guardò quelle figure leggiadre di dee avvicinarsi , poi le
liberarono le braccia e la tirarono su di forza .
“Ehi che razza di modi, certo che voi donne scorpione non
conoscete le buone maniere?”,disse la ragazza, ma la donna che le era alla
destra non rispose, le diede uno schiaffone colpendola sulla faccia facendola
cadere a terra.
Euridice aveva il labbro che sanguinava, ma sorrise
aspramente, asciugandosi il labbro con il dorso della mano, fissando la donna
con il suo sguardo di ghiaccio impassibile e di sfida, l’altra ragazza la
riprese con forza e la trascinò fuori dalla cella.
Euridice fece un passaggio nelle prigioni e ovunque si
poteva vedere, prigionieri in stato di desolazione umiliazione totale e
tantissimi scheletri, mentre lamenti e grida si sentivano, come se
fuoriuscissero dal Ade.
Ma che posto è mai
questo?
Si chiese tra se, mentre veniva condotta attraverso un
corridoio che si rialzava a salita , poi avanti a se vide un portone enorme a
forma di arco, da cui poifu costretta a
passare, una luce le aggredì gli occhi , era la luce dei raggi di sole che
filtravano attraverso una cupola incavata nella roccia da cui come tane di
insetti vi erano delle abitazioni scavate nei muri da cui uscivano donne che
assomigliavano tutte ad Antares, ma molte di loro,
non erano delle guerriere e vestivano umili abiti di lino, e sembravono
impaurite di vedere Euridice, ma si sentivano sicure poiché le due guardie la
controllavano.
Avanzò all’interno di quel covo di donne , dando un
occhiata, vi erano anche bambine, però nessuna traccia di uomini, ma dove erano
finiti tutti i maschi? Possibile che fosse un luogo di sole donne? Come
facevano a mantenersi? E i bambini come crescevano senza la figura paterna?Era
davvero strano, una specie di città delle amazzoni.
Man mano che esplorava quel luogo mistico, riuscì a vedere
che quelle donne avevano molti campi di addestramento, per diventare guerrieri
e avevano armi tecnologiche, oltre a lance spessissime e taglienti .
Vide anche delle astronavi, carri armati corazzati,piccoli ma ben armate a forma di scorpione,
adatte al deserto e a nascondersi sotto terra, per tendere imboscate.
Euridice fu portata all’interno di un arena da cui si
estendevano le tribune ghermite di donne scorpione e da cui in mezzo a tutte
loro, vi era una colonna portante, fatta di teschi umani da cui si formava la
forma di un trono molto sinistro.
Euridice guardò stupita, ma anche intimorita quel trono , ma
ancor più chi vi era seduto lì, la riconobbe era lei .
“Antares?”.
Sospirò in con un filo di voce , vedendo la donna scorpione
che stava cercando in tutta la sua magnificenza, mischiata tra seducenti forme
perfette e piene e un espressione di scherno e compiacente malizia, con il suo
canino sinistro sporgente e il suo sguardo furbo che si stringeva al lato
sinistro ogni volta che il suo ghigno si allargava come stava facendo in quel
momento, nel vedere Euridice, appoggiata con la testa sulla sua mano sinistra.
“Mi fa piacere che una perfetta sconosciuta, anzi non
proprio sconosciuta, visto che hai ucciso il Cerbero nel quinto regno, ormai
tutti conoscono il tuo nome Euridice, conosca il mio nome, il nome della regina
scorpione.”.
Euridice non si impressionò e rispose sorridendo
maliziosamente anche lei di scherno, in risposta quasi di sfida a quella donna
che era la più possente guerriera di quel posto, è per questo che ne era stata
eletta regina, e che comandava le truppe di rivolta contro Mnemosine.
“E’ ovvio che ti conosca, sono venuta fin qui affrontando il
deserto apposta per te, mia cara.”.
“Oh ma certo ti
credo, del resto la mia taglia farebbe gola a qualunque cacciatore di taglie,
questa volta quei bastardi titani ci hanno messo tutto l’impegno per rendermi
ancora più appetibile, sono lusingata sai?.”.
“Ne sono contenta così forse non avrai paura a scendere e
provare a battermi.”.
All’ultima frase di Euridice si alzò una risata
agghiacciante e completamente sguaiata, e non solo una ma tante , perché le
serve della regina ridevano divertite con lei “Cosa? Vorresti batterti con
me?Ma davvero certo che sei un ottima comica sai?.”.
“Comica dici?”sospirò Euridice non curante alle provocazioni
, poi annoiata sbadigliò e alzò con il piede una piccola nuvoletta di sabbia,
forse le donne scorpione non si rendevano conto di chi avevano di fronte, Euridice
non aveva paura di nulla e non aveva niente da perdere però chissà ,magari Antares aveva paura di perdere la faccia?
“Dimmi una cosa, vostra maestà, vi siete auto eletta regina
perché eravate di famiglia oppure ve lo siete guadagnato quel posto?”.
Antares iniziava ad innervosirsi
“Dove credi di arrivare? Che cosa ti importa di questo?Saranno anche cavoli
miei, non è una cosa che ad una succhia sangue come te è dovuta a sapere.” Euridice finì di parlare sempre con non curanza e
rispetto”Voglio dire, se eravate di famiglia allora significa che le vostre
imprese sono tutte fantasticherie, se invece ve lo siete guadagnato allora
siete in gamba e avrete il mio rispetto e non vi riterrei una vigliacca.”.
“Come osi?”.
Antares si alzò in piedi, con uno
scatto di ira, mentre una delle ragazze di guardia, tirò con il manico della
sua lancia un colpo diritto al ventre della cacciatrice di taglie, che agonizzò
inginocchio al suolo, sputando sangue , ma senza perdere la lingua aguzza.
“Ho ragione a quanto pare, vi fate proteggere dai vostri
scagnozzi e non avete il coraggio di venire in questa arena ad affrontarmi a
viso aperto, che vergognaper la grande
regina scorpione.”.
Non fece in tempo a sputare queste parole che le due ragazze
guardie iniziarono a riempila di calci, pugni “Bastarda come osi rivolgerti
alla nostra regina in questo modo?Ora morirai.”, le gridarono, Euridice però si
era seccata di fare la brava.
“E va bene belle ve la siete cercata.”disse, poi con uno
scatto fulmineo in avanti colpì con un pugno diretto al ventre la guardia
avanti sinistra, poi diede sguardo alla guardia destra che la stava colpendo
alle spalle con la sua lancia.
Un colpo di affondo netto, ma la ragazza platinata balzò in
aria, poi eseguì una capriola all’indietro, ponendo i palmi della mano in
parallelo, con l’elmo della donna scorpione oltrepassandola arrivandole alle
spalle, ed essa colpì con la punta della lancia ,l’altra ragazza affianco, che
fu trapassata parte a parte, mentre il sangue schizzava a priori e ella morì
sul colpo.
Poi Euridice finì la ragazza con un calcio che la fece
cadere in avanti sull’altramorta che
avendo un'altra lancia vicino , cadendo si infilzò anche quest’ ultima l’ultima
al petto. Un azione da vera professionista, anche la stessa Antares
si accorse della bravura innata di quella donna, ne era profondamente stupita,
era fortissima , la voglia di misurarsi con lei le stava crescendo, come se
qualcosa dal profondo la stesse richiamando.
Quella donna è
fantastica, terribilmente fantastica, non ho mai visto una simile destrezza nei
movimenti…
Pensò la regina scorpione, mentre altre guardie arrivarono
nell’arena, gridando, menando fendenti con le lance sparando colpi di laser, ed
Euridice le abbatté tutte schivando i colpi laser e mietendo vittime, su vittime.
Alla fine Antares fermò tutto.
“Ferme!.”
Tutto tacque , le guardie si misero in ordine e in formazione
, tutte in riga e si inchinarono alla loro regina.
ntares stava già pregustando il duello che sarebbe scaturito
in quel momento, già vedeva lei ed Euridice faccia a faccia, mentre già i loro
occhi si scrutavano guardiani e carichi di desiderio di lotta, come due epici
eroi, in lotta l’uno contro l’altro provenienti dai meandri del tempo, come i
titani.
Antares, scese giù nella arena con un balzo atletico, prese
le sue due spade ricurve ed enormi nelle mani e le fece ruotare con i polsi.
Euridice del canto suo, prese in mano una spada ricurva dal
cadavere di una guardia scorpione e le bastò per ruotarla anche lei.
Le due si girarono attorno, come due pericolose belve pronte
ad azzannarsi a vicenda, si guardarono intensamente scambiandosi sorrisini
maliziosi di scherno.
Antares fece vedere ancor più la sua espressione cinica, il
suo canino sporgente e l’occhio sinistro stretto, le pupille verdi erano divenute piccole e
simili a quelle dei gatti, erano eccitate. Euridice invece, aveva sempre la sua
espressione spavalda e guardava l’avversaria come a prenderla in giro, mentre
passava da una mano all’altra la sciabola, poi posizionò un piede a terra e
l’altro appena di lato e incurvò la schiena. L’altra invece, mise il piede
destro in avanti, e il sinistro all’indietro, come un corridore prima
dell’avvio di gara, mentre alzò le braccia incurvandole assieme alla schiena,
in una posa poco naturale, come quella di uno scorpione pronto a scattare.
Ci fu un attimo in cui il tempo sembrò essersi fermato, poi
scoccò l’attimo e le due guerriere scattarono in vanti, entrambi a tempo
uguale, e incrocirono i primi copi di sciabola, che cozzarono ampiamente
risuonando, nell’aria, poi le due si allontanarono e rincominciarono a
incrociare le spade.
Colpo su colpo, entrambe erano pari, non si risparmiavano.
Fu una lotta accanita e Antares usò anche tattiche subdole
pur di vincere schizzando veleno sugli occhi dell’altra che rimase per un
attimo accecata, però riuscì a schivare gli ultimi letali fendenti della regina
scorpione, prima che la decapitassero, ferendo l’avversaria al ventre.
Si fermarono, dopo questo scambio di colpi, entrambe stanche
e ferite. Il loro sangue bagnò la sabbia e si mescolò con la loro pelle.
Antares aveva parecchia energia da vendere e la sua qualità
che derivava dagli artropodi, la rendevano agilissima e si stancò di meno
dell’altra, che iniziava a sentire il polso stanco e le faceva male, ma non
demordeva e non voleva arrendersi. Più la stanchezza si faceva sentire più la foga
delle due combattenti e la loro forza di volontàdiceva ad entrambi di distruggere l’altra.
Ancora colpi di sciabole, ma Euridice ebbe la meglio e
disarmò Antares, che sorrise, ma non aveva intenzione di arrendersi, perché
aveva un asso nella manica, anzi si potrebbe definire di più nelle sue dita,
poiché, da loro poteva scagliare dardi avvelenati simili alle punture dello
scorpione.
Posizionò le dita delle mani verso l’alto poi, menò una
serie di dardi avvelenati, in tutto ventiquattro colpi, che andarono a
impattare su Euridice dappertutto, nelle gambe,
braccia e corpo. Era come essere colpiti da migliaia di proiettili
sottilissimi, da migliaia di aculei che sembravano le carni.
Antares però non aveva finito, nonostante Euridice era già
al limite, e non poteva muoversi per via del veleno, preparò un unico colpo un
ultimo letale dardo, che era simile ad una sottile lama rossa, un ghigno sadico
si dipinse sul volto della donna scorpione, mentre il volto di Euridice cercava
di resistere.
Poi un sol colpo partito dal dito indice sinistro, un sol
colpo che trapassò la parte sinistra del torace, della cacciatrice di taglie,
il destino volle che non forasse il cuore, o chissà magari lo aveva voluto
proprio Antares, per onorare il suo coraggio.
Euridice cadde sulle ginocchia “No, non posso perdere
adesso…” vide la sagoma di Antares annebbiarsi ai suoi occhi, mentre il suo ghigno
era soddisfatto, e il sangue colava dal suo dito sinistro.
“Bene bella fine dei giochi, hai visto chi è la più forte?”.
La regina scorpione rise sguaiatamente, lasciando Euridice a terra.
Raccolse le sue sciabole e le depose nella fodera che aveva
dietro alla schiena, poi, però ammise una cosa :“Sei stata in gamba, non mi
sono mai divertita così tanto, è per questo che ti ho risparmiato la vita, ti
voglio nel mio esercito.”.
Euridice era troppo scossa per capire il senso di quella
frase, svenne.
Mentre Euridice era impegnata sul fronte della cattura di
Antares, nella capitale fatiscente e misteriosa, carica di tecnologia e passato
che si fondevano insieme in perfetta sinfonia, tra palazzi suntuosi costruiti,
secondo antichi riti e modernizzati attraverso il tempo, come le astronavi a
piramide, Alexandria; Mnemosine,
governatrice e regina di quel posto aveva appena convocato i suoi migliori
consiglieri per parlare della questione della rivolta di Antares.
Infatti, era stata lei a mettere quella
enorme taglia sulla testa della regina scorpione, e aveva chiesto aiuto ad ogni
suo fratello, poiché non ostante i suoi mezzi tecnologici e la sua capacità di
sondare ogni pensiero, non era riuscita a stanarla, quindi la cosa iniziava ad
essere parecchio fastidiosa per lei, anche perchè Antares aveva l'abitudine di
intralciare i rifornimenti di combustibile per le aeronavi, e gli armamenti
delle truppe che si faceva prestare dai vari regni dei fratelli, per poter
continuare il suo dominio.
Il sole era alto in cielo quel oggi, e il caldo era
soffocante e avvolgeva Alexandria in una morsa
infernale senza fine. Le suntuose case e palazzi, avevano mura che scottavano e
gli abitanti non uscirono di casa se non per necessità.
Il suntuoso palazzo di Mnemosine
era avvolto in un silenzio surreale, le alte colonne da cui statue antiche di
sacerdoti si erigevano come due guardie a difesa di quel posto verso l'alto, a
formare quasi la vetta di una piramide, insieme alla struttura, di pietre e corazzato
metallo, come se quel posto volesse raggiungere la magnificenza degli dei, che Mnemosine conosceva poiché rinata da poco.
Quel posto, al suo interno era un groviglio di corridoi e
labirinti più intricati dotati anche di trappole e sistemi di sorveglianza ad
alto potenziale. Le sentinelle pullulavano come formiche, insieme ai soldati
del vasto esercito, vestiti con abiti antichi inneggianti l'antico Egitto e
l'era classica, possedevano armi tecnologiche distruttive come lance laser.
Aria di mistero e sobrio silenzio laggiù, esattamente come
vi era nella suntuosa sala del trono dove un gruppo di sacerdoti vestiti con
suntuosi abiti di purissima seta e adornati di diademi e gioielli, si era
riunito in assoluto silenzio, ponendosi in righe, avanti al suntuoso e alquanto
tecnologico trono della titanide che non era ancora arrivata.
L'attesa si fece sempre più intensa e nervosa, poiché il
motivo della riunione era molto scottante, due o tre sacerdoti sudarono anche
deglutendo, con il cuore in gola in trepidazione per quando la loro signora
sarebbe arrivata.
Ad un tratto un suono di tromba e tutti i presenti
guardarono verso la porta enorme automatica appena alla destra del trono, in
ansia, si prestano subito ad inchinarsi, mentre quella si apriva e comparvero
le figure leggiadre di una decina di ancelle bellissime che con sobri passi
avanzavano verso il trono, ponendosi al fianco guardando il resto dei presenti.
Infine, dalla porta avanzò con fare solenne e gelido, Mnemosine
con il suo sguardo assorto privo di emozione, con indosso la sua armatura e
affiancata dalla sua ascia, mentre altre due ancelle la accompagnarono portando
il suo mantello, verso il suo trono sul quale con estrema eleganza, attenta ad
ogni minimo dettaglio per apparire sempre perfetta, si sedette lanciando uno
sguardo inespressivo sui presenti, che al suo cospetto iniziarono a sudare.
Dopo la venuta della loro signora, uno dei sacerdoti, quello
che doveva essere il mentore di tutti, visto il suo aspetto anziano e visto che
portava una tunica rossa, si alzò e ponendo i rispettivi saluti alla sua
signora parlò della questione.
"Mia signora, vi porgo i miei più distinti e onorevoli
saluti, e vi porgo notizie che a voi purtroppo a mio dispiacere non faranno molto
piacere e saranno l'argomento della discussione di quest'oggi, vi prego dunque
di ascoltare.".
Mnemosine sapeva bene tutto, però
lasciò parlare il su suddito: "Onorevole Basch,
so bene di avervi invitato per parlare di quella questione, quindi vi invito ad illustrami come è andato
l'ultimo rifornimento di materiale, ci sono stati ancora problemi?".
La voce della titanide era calma e composta, non dava nulla
di buono anche perchè Basch sapeva bene che avrebbe dovuto dare una notizia
poco gradita.
Il vecchio deglutì poi prese parola: "Ecco mia signora,
mi duole assai darle questa notizia, ma l'ultimo rifornimento di materiale è
stato bloccato da un altro attacco a sorpresa dei ribelli e hanno rubato tutto,
eppure la sorveglianza era al massimo, ma non ce stato nulla da fare.".
Mnemosine se lo immaginava ed era
più tosto agitata per ciò: "Lo immaginavo, del resto da soldati di terza
categoria non potevo aspettarmi di più.".
Basch si rese conto di aver infastidito la sua signora, e si
prostrò a testa bassa ai suoi piedi poi si giustificò: “Però vi prometto che la
prossima volta non succederà.".
La titanide era abbastanza stufa delle promesse da marinaio
del suo servitore si alzò in piedi, in modo composto e leggiadro e guardò con
inespressività Basch, che tremava temendo già ciò che sarebbe capitato.
Ad un tratto il vecchio sacerdote fu raggiunto da una fitta
alla testa che lo fece gridare. Gli sembrò che la testa gli stesse scoppiando
da un momento all'altro, stava impazzendo, mentre guardava con terrore gli
occhi porporini della titanide dai capelli dello stesso
colore, un rosso porpora misterioso, che aveva attivato il suo potere psichico
di entrare nella mente dei mortali, per punirlo della sua inefficienza, mentre
gli altri sacerdoti tremavano a tale vista, temendo anche per la loro sorte,
sudando freddo.
Il vecchio supplicò la sua signora: "Vi prego mia
signora, perdonatemi, datemi un’altra possibilità, siate clemente con il vostro
suddito più fedele, vi prego...".
La titanide fece pressione sulla mente del povero vecchio, poi,
però quasi allo stremo, lo lasciò andare: "So che presto arriverà un altro
carico di rifornimenti provenienti dal regno di mio fratello Giapeto, non
voglio che nessuno tocchi questa volta per nessun motivo quel contenuto lo
voglio qui e se fallisci di nuovo Basch, ti giuro che ti farò scoppiare la
testa in mille pezzi.”.
"Sì mia signora provvederò io stesso che la
sorveglianza sia impenetrabile.”.
Rispose il vecchio ansimando, e pregando il cielo per la
fortuna, di essersela cavata in quel modo.
Mnemosine allontanò i sacerdoti e
tutta la sua servitù, perchè voleva rimanere sola.
Si avvicinò all'enorme finestra che dava vista completa
sulla città immersa nella sua frenetica attività ,ed iniziò a pensare ad una
tattica per riuscire a stanare Antares.
Antares, maledetta, ti
prometto che riuscirò a trovarti e quando ti avrò tra le mie mani ti ucciderò, con
la mia ascia.
La titanide strinse la sua ascia, era furente si vedeva
chiaramente, ad un tratto, però un’oscura presenza iniziò ad impregnare l'aria.
La ragazza dai capelli porporini si voltò riconoscendone l'indole, mentre
l'aria della stanza iniziava a mutare forma e a diventare caotica. Un groviglio
di colori e materia, si formò mentre un varco nero apparve improvvisamente dal
nulla facendo entrare un’ombra muta dalle forme scomposte.
Mnemosine sbuffò :"Giapeto, che diavolo ci fai qui?" disse rivelando
subito l'identità del nuovo venuto che era proprio il signore delle dimensioni,
che apparve presto, con il suo ghigno malefico, e i suoi occhi ghiacciati,
mentre tutto l’ambiente veniva avvolto in una risata machiavellica, che risuonò
da per tutto come eco assordante.
"Salve sorella, ti vedo un pò indisposta oggi o
sbaglio?".
"Non sbagli affatto, oggi sono piuttosto nera, quindi
vedi di sloggiare al più presto o abbatterò anche te.".
"Mamma mia che modi ed io che ero venuto a farti una
visitina, è questo il modo di rivolgerti al tuo fratellino?".
Era evidente che Mnemosine aveva
già capito le intenzioni del fratello, quindi tante storie non le gradiva.
"Che cosa sei venuta fare?". Chiese con tono distaccato
la ragazza dai capelli porporini, Giapeto alzò le
spalle: "Ero venuto a trovarti, sai pensavo che potessi aver bisogno di
aiuto visto che mi sembra che con quella ribelle le cose non stiano andando
troppo bene, sono stanco dei miei messaggeri che mi vengono a dire che i
rifornimenti che ti ho mandato sono stati assaltati da ignoti che poi
spariscono così troppo velocemente, non ti sembra anche a te molto
strano?".
"Il problema più grande è che sono troppo frequenti ed
io sto iniziando ad innervosirmi, bisogna trovare il modo di stanare quella
strega di Antares!". L'obbiettivo della titanide
era più che chiaro, il fratello iniziò a pensare dunque a qualcosa e forse un’idea
interessante gli era venuta.
"Ho un’idea.".
"Parla.".
"Stavo pensando ad un attacco a sorpresa.".
"Ci abbiamo già provato.".
"Sì ma io dico un attacco a sorpresa nel loro covo.".
"Come pensi di fare per entrare dentro?".
Giapeto sorrise ampiamente:
"Semplice useremo il metodo dell'infiltrato, sai non penso che abbiano i
mezzi per sospettare di qualcuno di cui si fidano.”. La titanide
camminò avanti e indietro, ponendosi una mano sotto il mento: "Sì,
infatti, potrebbe funzionare, però deve essere qualcuno di estremamente
affidabile e nello stesso tempo fedele a noi.”.
Il titano sorrise di nuovo "Non preoccuparti per questo
basterà cercarlo e convincerlo a collaborare, lascia fare a me.”. Il fratello
si avvicinò a Mnemosine e la aiutò a sedersi e a
rilassarsi, facendole dei massaggi sul collo, una delle sue poche cose migliori
che gli riusciva a fare, oltre a fare il despota. Infatti, le tante donne
scelte da lui ne hanno sempre parlato come un grande "casanova".
Il suo motto difatti era, donne, potere e denaro, erano i
suoi chiodi fissi e non se li faceva mai mancare.
Giapeto si avvicinò poi all’orecchio della sorella e le
sussurrò: "Sta tranquilla e rilassati ok? Andrà tutto bene sorella.".
Mnemosine si era già persa nelle sue mani e annuì un pò assente: "Va bene, sai una cosa? E’ proprio vero
quello che si dice di te, mi sento già a posto.”. Giapeto
sorrise poi le prese il viso tra le mani, per poterla fissare con i suoi occhi
azzurri e sussurragli a stretto contatto, quasi a baciarla sulle sue labbra
" Avevi qualche dubbio?".
La ragazza sorrise "No però chissà...".
Malizioso sguardo di intesa tra i due, poi lui la baciò intensamente, e lei ricambiò
il tutto vi era una specie di pura attrazione tra i due si vedeva, ma la
ragazza non lasciò che i suoi istinti la comandassero, in un momento così
delicato, si scostò quindi da lui con il suo disappunto "Ehi che ti
prende?ci hai ripensato?".
La titanide si ricompose nel suo solito atteggiamento
distaccato: "Scusami mi sono lasciata trasportare, ma ti avviso se ne fai
parola con qualcuno, ti stacco la testa con la mia ascia chiaro?". Giapeto sbuffò : " Uffa perchè
cavolo ti sei fermata eravamo solo all'inizio.".
"Abbiamo cose più importanti di cui occuparci
chiaro!".
"Sì però.".
"Vattene via.".
L'ordine della titanide fu secco e preciso, il titano aveva
fatto un buco nell'acqua per ora, ma sapeva bene che prima o poi anche lei
sarebbe caduta ai suoi piedi, ma ora, in effetti, c'era la questione di Antares
quindi salutando la sorella si allontanò dalla sala. Decise che ci avrebbe
pensato personalmente a quello, con i suoi soldati, in sella a moto spaziali
velocissime dirigendosi verso il nord del deserto, nella direzione in cui
Euridice era partita alla ricerca di Antares.
Durante l'avanzata nel deserto, le truppe di Giapeto
subirono un’imboscata, da parte dei ribelli a quel punto mentre il
combattimento, e soldati da entrambi le parti erano trucidati, il titano attuò
il suo piano e tramutò se stesso, grazie ad una speciale sostanza, in un’una
vecchia donna scorpione, e si finse una prigioniera delle milizie.
Aveva studiato tutto nei minimi dettagli, grande stratega
Giapeto e subdolo serpente è questo che lo rendeva così forte rispetto a tutti
i titani, e si era messo d'accordo con i suoi per attaccare il nemico nel suo
covo al momento giusto.
I ribelli, infatti, abboccarono l’amo e condussero la
vecchia donna a casa, fu caricata quindi su un camion di rifornimenti munizioni
che di solito era impiegato nel campo per offrire sostegno alle truppe. Era
accerchiata da molte donne scorpione tra cui una sbucava su tutte, era molto
bella, e aveva i capelli lunghi biondi ed era di stazza più tosto grande e
portava un’armatura ben più sofisticata delle altre, forse doveva essere un
comandante, visto che impartiva comandi a manetta, a gran voce, mentre le sue
sottoposte avanzavano, chi a piedi, chi con motorette spaziali, chi Codi
bianchi.
Giapeto era soddisfatto del proprio operato, stava andando
tutto liscio come l'olio, sogghignò dietro alla sua finta maschera e già
pregustava il momento in cui Antares sarebbe stata sconfitta.
Antares, preparati
questa sarà la tua ultima partita, sei arrivata al capolinea...
Questo fu il suo unico pensiero.
Nel frattempo Euridice che era ancora nel covo delle
scorpioni, si destò dal suo sonno e si ritrovò in un comodo ed accogliente
giaciglio di paglia all'interno di una stanza, con spesse pareti di ferro, ma
non era una prigione, anche se vi erano due belle e grosse donnone di guardia.
Si alzò poteva muoversi, era libera delle catene ed era
stata curata dalle ferite che le aveva procurato Antares, poi si avvicinò alle
guardie per cercare informazioni.
"Ehi ragazze come mai mi trovo qui? Dov'è Antares?".
Le due guardie non risposero, come al solito ed Euridice iniziò
a sbuffare incrociando le braccia, sedendosi a gambe incrociate sul suo
giaciglio: "Uffa!".Subito dopo il suo commento, si aprì l'enorme
porta automatica, dalla quale sbucò fuori una possente donna scorpione vestita
con un’armatura nera, un altro comandante, accompagnata da altre due guardie.
"Ah altre visite?".
"Su muoviti la nostra regina ti vuole parlare.”.
Euridice sbuffò ancora, però seguì gli ordini.
Chissà cosa diavolo
vorrà ora?.
Pensò tra se camminando, lungo il corridoio immenso di
quello che doveva essere forse un palazzo, il palazzo di Antares per la precisione.
Infatti, al di fuori era la struttura che fuoriusciva e
troneggiava su tutte le altre case, una vera fortezza di ferro roccia,
inattaccabile incavata nel buco di quelle enorme nido di scorpioni, che dava un’aria
così mistica che sapeva di passato e presente in una cosa sola.
Euridice, in fondo, si sentiva a
suo agio lì, nonostante il primo approccio iniziale.
Fu quindi condotta in un’ampia stanza, da cui un enorme
tavolino posto davanti a una finestra affianco, facevano da contorno al tutto, poi
le guardie lasciarono sola la ragazza, non vi era ancora nessuno lì dentro, e
lei aspettò chiedendosi il perchè di tutto questo, ma era sicura che presto
tutto le sarebbe tornato chiaro.
Si spalancò la porta automatica sul lato sinistro ed apparve
Antares. Euridice le riservò uno sguardo ancora di
astio, per via della sconfitta subita, non riusciva proprio a capire come
quella donna avesse fatto a trafiggerla con colpi così precisi.
Antares invece sembrava molto più gentile della prima volta,
come dimostrava il suo sorriso calmo che ora non era cinico come nell'arena,
sembrava proprio voler conversare tranquillamente, e Euridice un pò a quel
punto, si rilassò, ma sempre all'erta.
"Sei stata parecchio brava, nessuna mi aveva mai fatto
divertire tanto, avresti vinto se solo avessi avuto l'addestramento necessario.”.
"Addestramento necessario?".
"Sì se fossi nata qui, sono sicura che saresti stata
una delle guerriere migliori.".
"Però io non sono nata qui e sono venuta per catturati
Antares.".
"Lo so bene, ma fino a quando non mi sconfiggi non
riuscirai a prendermi.".
Euridice tacque all'ultima affermazione della regina
scorpione, era vero, non poteva catturala se non la sconfiggeva, ma allora che
fare? Ritentare di nuovo?sì era l'unica soluzione.
"Io non mi arrendo, ti prenderò mia cara, però non
riesco ancora a capire com’ hai fatto a sconfiggermi? Che cosa ho
sbagliato?". Chiese la cacciatrice, nonostante la rivalità nei confronti
dell'altra, era proprio curiosa di sapere quali segreti nascondeva, prima di
ritentare di sconfiggerla.
"Domanda ardita, ebbene la riposta è semplice.”. Antares iniziò a camminare avanti e indietro:"Tu sei
una mortale che non possiede i genomi "Scorpion",
ovvero il gene che ci rende note di essere chiamate donne scorpione, in pratica
siamo decisamente una razza diversa da voi e abbiamo le caratteristiche degli
artropodi, quindi anche le loro cuspidi velenose, e la loro velocità, è per
questo che non sei riuscita a sconfiggermi. Prima di affrontare una donna scorpione
è necessario allenarsi molto in velocità, per evitare i suoi pungiglioni.".
Euridice capì, in effetti, lei era molto forte, nessuno era
mai riuscito a batterla, ma si era accorta che bastava veramente poco, ci pensò
e ripensò, poi decise di prendere una decisione.
"Ascolta ti chiedo di insegnarmi ad essere più veloce e
più forte.”.
uridice fu felice di vedere che Antares, molto
sportivamente, aveva accettato di addestrarla . La ragazza, non sapeva ancora
per cosa avrebbe combattuto, in un futuro, anche se ora la priorità era saper
battere una donna scorpione per prendere Antares,ma comunque sentiva nel suo
istinto di dover combattere per molto di più. Dopotutto sopravvivere era
importante, ma non sempre poteva bastare, ed era proprio questa ad essere in
pericolo e bisognava difenderla a tutti i costi, non per un ideale, ma per se
stessi, per dimostrare al mondo di essere in grado di cavarsela in ogni
situazione.
Antares sorrise, poi diede una pacca sulla spalla alla
ragazza platinata: "Ascoltami bene, ciò che ti sto offrendo è molto di più
che combattere per prendersi i soldi di una stupida taglia, se ti offro questa
possibilità è per farti capire che ci sono cose più importanti per cui
combattere e poi voglio farti capire chi sei veramente.".
L'ultima frase di Antares, fu un fulmine a ciel sereno:
"Capire chi sei veramente...”. Una sola frase che ora le girava intorno,
perchè? Non era forse in grado di capirlo da sola? Anzi non l'aveva già capito?
Non conosceva ancora se stessa? Come era possibile?Che Antares sapesse qualcosa
di importante su di lei?Forse era probabile, poiché la regina scorpione non era
una sprovveduta, e non ha mai fatto entrare nessuno nel suo esercito se non era
un tipo speciale, quindi poteva fidarsi?
Dovrei fidarmi di lei?
Perché? E’ solo una criminale non devo farmi incantare dalle sue parole.
Si ripeté tra se diffidente, poi Antares l'accompagnò verso
la porta automatica: "Ti addestrerò io stessa, sai so che tutto questo ti
sembra strano, ma presto ti sarà tutto più chiaro.".
Euridice fu accompagnata quindi al campo di addestramento
delle reclute, che aveva visto all'inizio. In quel luogo, vi erano tre campi
differenti, dove le reclute erano selezionate ed indirizzate ai diversi stili
di combattimento.
I tre campi erano divisi così per distinguere gli allievi: Vi
era il campo delle giovanissime, ovvero l'addestramento per le bambine, poi si
passava a quello delle giovani, e infine si passava all'addestramento per le
vere esperte, soldatesse pronte ad un possibile assalto, o invasione con ogni
arma e mezzo possibile.
Antares fece entrare Euridice per prima nell'addestramento
dei più piccini, poiché aveva bisogno di imparare le nozioni base, che non
erano solo saper combattere bene, ma vi erano regole precise, che solo fin da
piccoli bisognava imparare.
Euridice fu molto contrariata alla cosa, tanto che si
lamentò con la regina: "Ehi, ma dico è uno scherzo? Avevi detto che mi
avresti addestrato tu, che significa che devo stare in mezzo a queste
mocciose?". Antares si aspettava una simile reazione, allora rise poi
ripose a tono: "Non puoi imparare ad essere di già un soldato se prima non
impari le regole fondamentali, qui non ti chiedo di combattere al livello
basilare, come lo potrei chiedere a queste ragazzine. Io qui ti chiedo di
imparare delle regole per combattere al meglio senza farsi prendere dagli
istinti. E’ solo un preliminare dunque, starai per poco solo un paio di
settimane all'limite, poi ti insegnerò io stessa te lo giuro, però qui devi
dimostrare di essere coerente ok?".
Euridice si rassegnò e si recò nel campo di mala voglia,
annuendo.
Quando entrò all'interno della struttura le sembro di essere
tornata alle elementari, vi erano bambine di appena sette anni che erano
intente a giocare, forse era l'ora della ricreazione, poi vide che una donnona
con un’armatura nera dai capelli ramati entrò con fare minaccioso, e intimorì
le piccole con il suo enorme vocione facendole andare nelle proprie camere, poi
vedendo Euridice le si avvicinò, e la ragazza deglutì ampiamente.
"Dunque, tu devi essere l'ultima arrivata, accidenti,
ma non sei un pò grande per passare da qui?".
Euridice preferì non fare commenti a riguardo sennò avrebbe
preso e ammazzato Antares anche a costo di rimetterci la sua pelle, poi
l’insegnante le mostrò la sua camera, che era singola e appartata, visto che
era troppo grande per stare con le altre ragazzine, Euridice sopirò poi entrò.
L'interno era più tosto piccolo quattro pareti di ferro, una
porta automatica come entrata, un letto singolo, un lavatoio affianco sul
comodino e un vaso auto pulente ove fare i bisogni, sopratutto durante la
notte, visto che quella stanza si adoperava solo per dormire, poiché durate il
giorno le giovani apprendiste dovevano svolgere le loro attività.
Euridice si buttò sul letto, continuando a sospirare e
sbuffare."Che palle!". Commentò solamente, poi, forse per la notevole
stanchezza, si addormentò profondamente e intanto subentrò la notte.
Durante quel arco di tempo sembrò tutto tranquillo, Euridice
sembrava proprio a suo agio, una sana dormita le ci voleva, tutta via le capitò
di sognare una cosa strana, che non le era mai capitato, poiché i suoi sogni
erano sempre inerenti alle sue avventure, questo invece le sembrò provenire da
un antico e remoto passato nascosto.
Era all'interno di una stanza suntuosa, dalle colonne alte
in stile profondamente greco dell'era "Ionica". Un atrio si estendeva
di fianco all'arcata, da dove usciva verso l'esterno in un'altra stanza,percorrendo
un corridoio. Era distesa su di un letto dalle morbide coperte di seta che le
accarezzavano la pelle. Si svegliò e si accorse di essere vestita solo con una
tunica di seta degna di una dea, era bella con quel vestito, terribilmente
bella. Il suo era un fascino davvero divino, è sempre stata bene con qualsiasi
cosa si metteva, dalla sua nera armatura trasgressiva, fino agli abiti più
raffinati, non capiva come era finita laggiù, le sembrava tutto così strano
guardò quel ambiente antico attonita.
Che posto è questo?...
Continuava a chiedersi imperterrita.
Eppure è così
famigliare...
Si disse tra se sentendo in quel posto uno strano calore,
mai provato prima, si alzò dal letto ed uscì dalla stanza. Percorse un lungo
corridoio oscuro, contornato sempre di alte colonne e rilievi di antiche
battaglie. Era tutto così affascinante, le sembrò di essere arrivata in un
altro mondo, poi infine al corridoio, arrivò all'interno di un’altra stanza, in
cui un altare si erigeva al centro, e lì avanti vi era una figura leggiadra di
una donna dai lunghi capelli bianchi, vestita con una tunica di seta anche lei,
ed era voltata di spalle.
Euridice guardò quella figura, con curiosità aspettandosi
magari che parlasse e che le mostrasse chi era.
La misteriosa donna si voltò poi verso di lei. Il suo volto
era bellissimo, di una bellezza surreale e mistica, i suoi occhi verdi
abbagliavano e davano immensa suggestione, come se quella donna potesse leggere
nelle anime di chiunque, poi sorrise con le sue sottili labbra da cui, uscirono
delle parole.
"Benvenuta, giovane figlia deldel cielo sono contenta che ti sei svegliata dal lungo
letargo pronta ad affrontare colui che rappresenta il tuo destino.".
Le parole della donna lasciarono spiazzata Euridice, ma cosa
stava dicendo? Lei figlia del cielo?affrontare colui che rappresenta il suo
destino?D'improvviso le vennero in mente le parole di Antares, glielo aveva
detto che avrebbe affrontato il suo destino, ma cosa intendeva con
"Colui"? E poi chi era questo?Come avrebbe fatto a sconfiggerlo se
non sapeva come fare?
Mille domande contorte affollarono la sua mente, poi la
donna le sorrise ancora e si avvicinò prendendole il viso tra le mani: "So
che ti senti confusa ora che ti ho parlato, ma presto quando imparerai a far
rinascere i tuoi poteri sopiti, ti sarà tutto più chiaro, non esserne
spaventata dunque.".
Euridice la guardò intensamente, poi parlò: "Io non
sono spaventata, sono solo confusa, chi sei tu?" la donna dai capelli
bianchi sorrise ancora, era normale che la ragazza le chiedesse chi era e lei
glielo disse.
"Io sono l'Oracolo, colei che gli dei interrogano ogni
volta che hanno dubbi sul futuro. Io rappresento la preveggenza del destino e
sono stata mandata a parlarti, da tuo padre.".
"Mio padre?Sai credo che ti stia sbagliando, io ho
perso da molto tempo i miei genitori, sono un’orfana cresciuta in un villaggio
del quanto regno, non ho un padre, mi hanno cresciuto degli abitanti molto
gentili che io chiamo zii".
Spiegò, cercando di essere esauriente per fa capire la
situazione all'Oracolo, che già comunque sapeva tutto.
"Lo so bene, poiché è stato tuo padre e mandarti
laggiù!".
"Ma come può essere?Perchè? E poi chi è mio
padre?".
Ad un tratto una luce abbagliante accecò la ragazza, poi si
svegliò e si ritrovò nella piccola stanza del campo delle giovanissime
scorpione.
La ragazza sentì un dolore alla testa, si alzò e si diresse
al lavatoio, sciacquandosi la faccia, togliendosi l'elmo dell'armatura, che la
sera prima non aveva fatto in tempo a togliersi, poi guardò attraverso la
finestra appena di lato al letto e notò che era sorto il giorno.
Si sedette sull’letto e poi assorta pensò al suo strano sogno.
Ma che cavolo mi è
successo? Ho una strana sensazione addosso, quel sogno sembrava sapere tante
cose su di me, più di quanto conosca io, no non è possibile, deve essere stato
senz'altro un caso e poi era solo un sogno nulla di preoccupante può capitare...
Si disse fra se, lasciando passare quei pensieri, poi venne
a chiamarla la donna del giorno prima, ordinando di prepararsi e di arrivare in
orario alle lezioni che per lei erano le prime lezioni.
Sbuffò ampiamente, immaginandosi le lezioni che si sarebbero
svolte, che senz’altro erano al livello elementare visto che i novellini
avevano un’età ridotta.
"Mio dio aiutami!".
Si disse tra se, poi si preparò e andò verso un ampio salone
a fare colazione, dove vi era un vociare accanito di bambini, che facevano
casino scherzando, lanciandosi le cose ridendo. Euridice si sentiva proprio
fuori luogo lì: "Mio dio, ma chi me lo ha fatto fare.”. commentò ancora,
poi si sedette in un tavolo a parte e consumò la sua colazione che consisteva,
in un’abbondante tazza di latte caldo e fette biscottate, poi dopo aver finito
si recò nel campo, dove vi erano le ragazzine di già sull'attenti come veri
soldati e erano in assoluto silenzio. Erano diverse da quelle che aveva visto
giocherellare prima, davvero incredibile, dunque era vero che non erano bambine
qualsiasi, riuscì ad intravedere poi in lontananza l'arena dove si stavano
sfidando come abili gladiatori due ragazzine guardate da un’altra tutrice che
ne giudicava l'idoneità.
Euridice era in un gruppo composto da una ventina di membri
in tutto, che erano sull'attenti, mentre una donna vestita di un’armatura nera,
dai capelli blu e occhi di ghiaccio, arrivò imponente d'innanzi a loro,
berciando ordini a manetta e le ragazzine ubbidivano senza fare storie.
Poi fece un giro tra la fila, guardando con aria severa le
ragazzine: "Tu metti dentro la pancia e stai dritta" .Disse colpendo
una ragazzina con un lungo bastone, sul ventre, la quale al comando si drizzò
subito, senza fiatare sudando, passò ancora: "Tu butta quella gomma, non
ti ho detto che poi masticare d'innanzi a me". Disse ad un’ altra, dandole
un ceffone sul volto giovane che iniziò a sanguinare e lei sputò la gomma a
terra.
Andò avanti così per un pò, quella donna era un vero
sergente spietato, come poteva trattare così delle bambine, Euridice a vedere
quella prepotenza era davvero infastidita, infine poi arrivò il suo turno e la
donna dagli occhi di ghiaccio, la guardò con sufficienza.
"Bene, bene tu devi essere la nuova arrivata, ma non
sei un pò troppo grande per essere ancora qui?".
"Non è colpa mia se sono qui!".
"Non ti ho detto che puoi parlare chiaro? Tappati
quella fogna e aprila solo quando te lo dico io!".
La donna le diede uno schiaffo. Euridice si sentì ferita
nell'orgoglio, i suoi occhi volevano vendetta avrebbe voluto, saltarle addosso
per ucciderla e mostragli un pò di buone maniere, ma non poteva farlo, poiché
Antares credeva in lei, quindi doveva sopportare, qualunque addestramento anche
il più duro: "Chiedo scusa signore, non era mia intenzione mancale di
rispetto.”. Disse poi fintamente “mortificata”.
"Così va meglio e ricorda qui non sei a casa tua, devi
ubbidire ciecamente e dimostrare fedeltà alla nostra regina, è molto importante,
anche se sei qui come ospite, perciò ti consiglio di imparati un pò di buone
maniere, altrimenti non durerai molto qui dentro, anche se è un banale
addestramento base per te!".
La soldatessa scorpione era stata ben chiara, e dopo la
lavata di capo iniziale, le ragazzine furono subito messe al lavoro, iniziando
con degli esercizi di riscaldamento, che consistevano in alcuni giri di corsa e
un pò di sano esercizio fisico, poi ci fu la lezione su i vari stili di lotta
corpo a corpo e sull'uso delle spade e armi laser di media potenza come le
pistole, poiché i cannoni e le aeronavi erano di competenza del gruppo
"Esperto". Euridice si annoiò
molto, sapeva già tutto di quello che le stavano spiegando, ma le bambine
guardavano il loro tutore, affascinate dal suo racconto e dalle preziose
informazioni ricevute.
Più avanti sempre durante la mattinata, vi era la noiosissima
lezione teorica, in cui si insegnavano i vari valori attribuiti al
combattimento come l'onore, la lealtà, e la sicurezza in se stessi quella di cui
Euridice aveva ancora bisogno, poiché combattere con l'istinto è bene, ma bisogna
anche riflette su cosa si vuole combattere e bisogna rispettare il codice di un
guerriero. In fondo tutto questo sarebbe senz'altro servito alla giovane
cacciatrice di taglie, però spettava in seguito a lei far vedere che aveva
imparato tutto questo.
Il pomeriggio, invece lo si dedicava ad imparare i vari
stili di combattimento basilari che già la ragazza platinata conosceva bene,
però doveva ammettere che durante gli allenamenti, le giovani ragazzine
scorpione erano parecchie brave e velocissime, non riusciva a stargli dietro, e
delle volte faceva delle figure davvero da piedi. Si sentì mille volte in
imbarazzo, ma almeno così imparava i suoi limiti e i suoi difetti in modo da
migliorarli inseguito.
Arrivò la sera e tutte furono mandate a letto presto come al
solito, ed Euridice non aspettava altro. Era completamente stanca e il sonno si
impadronì di lei non appena appoggiata la testa sul cuscino.
Passarono così almeno un paio di giorni, nel frattempo le
truppe d’assalto di Antares tra cui vi era in segreto anche Giapeto, erano
ancora in marcia verso il loro presunto covo. Il titano era riuscito a coprirsi
parecchio nei panni della vecchia, però iniziò ad essere un pò stufo, sapeva
bene di dover assolutamente stare buono per ora, poiché le donne scorpione,
anche se hanno salvato una loro simile non si fidavano ancora ciecamente.
Erano ancora in viaggio nel deserto, ormai erano passati un paio di giorni anche per loro, che
avanzavano in quelle lande insabbiate del nono regno senza una meta precisa. Sembravano
viaggiatori in fuga da chissà quale parte del mondo. Giapeto, però colse
intanto l'occasione per farsi vedere di occhio buono a quelle guerriere,
offrendo loro il suo aiuto in tutte le mansioni, portava anche i fucili alle
guardie e le munizioni, poi aiutava i feriti ogni qual volta si facevano male.
Quella vecchietta strana era veramente utile e man mano acquisì simpatia e
stima da parte di tutta la truppa, proprio quello che voleva il titano che si
stava quasi stupendo di quanta perfezione c'era nel suo piano. Era veramente facile
e divertente aggirare la mente di quelle povere stolte.
Tuttavia un giorno rischiò davvero di mandare a monte tutto.
Le truppe dopo un lungo camminare avevano bisogno di fare
rifornimento d'acqua, poiché stava scarseggiando quindi si fermarono nei pressi
di un’Oasi, dove vi era un lago e le
palme erano alte senza risentire del clima torrido. Tutti i camion e Codi delle
ragazze si fermarono, e molte di loro ne approfittarono per svagarsi
rilassandosi permettendosi anche di fare qualche bagno ristoratore nel
laghetto, ed era una vera libidine per gli occhi del titano, che era combattuto
tra i suoi istinti maschili di andare a spiarle e la sua missione, ma alla fine
riuscì a mettersi da parte e mandò un messaggio crittografico alle sue truppe,
in modo che sapessero dove si trovava, per poi attaccarle al momento buono.
Usò una speciale macchinetta che aveva nascosta a forma di
bracciale sul polso destro, che emanava impulsi a tratti frasi cifrate, del
tipo "Il gatto è stato colto in
fragrante, mentre il topo ballava sulla sua carcassa.", oppure "il pesce ha abboccato, ma poi è scappato!"
e così via, un vero lavoro da spia. Tuttavia, mandare quel messaggio fu davvero
rischioso, lo stavano per scoprire, infatti, un paio di ragazze osservavano
insistentemente la vecchia che fece di tutto per nascondere il suo sporco
gioco, allora riuscì a cavarsela, mentre era invitata a farsi il bagno, che
rifiutò categoricamente, però non dispiaceva guardare tutte quelle belle
figliole farselo.
Se questo è l'Elisio
vorrei fermarmi ancora un pò trasportare dalle sue meraviglie.
Pensò tra se il titano dall'occhio lungo e furbo, subito dopo
le donne guerriere ripresero il viaggio verso il loro covo, mentre le truppe di
Giapeto erano già sulle loro tracce ormai, ma mantenevano distanza opportuna,
bastava poco per far saltare il piano perfetto del signore delle dimensioni,
non dovevano azzardare nulla.
Passò una o due settimane ed Euridice ormai era prossima ed
essere passata al livello "Esperti" poiché le lezioni base le aveva
apprese, inoltre aveva imparato a essere più saggia, i suoi tutori erano
soddisfatti di lei, Aveva raggiunto una buona preparazione ed anche Antares ne
era soddisfatta, quindi la passò alla sezione successiva.
Questa volta, il campo le garbava a Euridice, poiché erano
ragazze più o meno della sua età e lì si imparavano, le varie strategie da
adottare in battaglia, cose che non aveva mai pensato di dover imparare, ma
erano molto importanti.
Quindi fu abbastanza un allenamento di tipo teorico, e gli
esercizi pratici riguardavano più che altro, esercitazioni di spostamenti, nei
vari ambienti e in qualunque situazione anche estrema. Bisognava imparare ad
agire anche in incognito ed aiutare i membri del gruppo di cui si faceva parte.
Fu un addestramento interessante, ma parecchio duro.
Euridice fece molta fatica in quei giorni che la separavano dall'arrivo delle truppe
in cui vi era Giapeto, infatti, non passò tanto dal loro arrivo. Lei era
all'ultima fase, doveva fare un test per passare, nell’addestramento vero e
proprio delle truppe d'assalto, ma il gruppo in cui vi era la vecchia
imbrogliona era già alle porte del covo delle scorpioni, ma naturalmente
nessuno si aspettava che Giapeto avesse organizzato già tutto, anche se però
volle aspettare ancora ad attaccarle, poiché aveva bisogno di avvicinarsi di
più ad Antares.
Euridice quella sera stessa, dopo l'arrivo dal fronte delle
truppe d'assalto era agitata per il test di prova del giorno dopo, non riusciva
a chiudere occhi e si allenava, sia fisicamente che mentalmente, niente doveva
andare storto.
Coraggio Euridice,
puoi farcela, non ti preoccupare.
Si disse tra se, mentre si rigirava nel letto, tuttavia
oltre che all'agitazione per il test, aveva una strana sensazione di
inquietudine nel corpo, come se stesse per accadere qualcosa di imperdonabile.
Uscì dalla sua stanza e si recò verso il campo delle reclute,
sospirando, guardando in lontananza il villaggio mistico delle donne scorpione.
Ho una strana
sensazione, quest'oggi il cielo di questa notte non è sereno.
Si disse tra se, poi chiese il permesso di uscire dal campo
per andare un pò in giro, e le fu concesso quindi girovagò in quel nido di
scorpioni. Euridice, più guardava quelle guerriere
più si chiedeva dove erano finiti tutti
i maschi? Possibile che queste donne non convivevano con dei compagni, come
facevano per riprodursi?Era davvero strano, ma presto la risposta a questa
domanda le fu data, dalla vista di una donna scorpione che sputava un uovo
dalla bocca e da lì ne nacque una piccola bambina.
Euridice mentre assisteva a quel fatto si era messa da parte
per non disturbare la madre e il piccolo e sorrise, poi si allontanò e durante
la sua camminata, che ora stava ritornando verso il campo. Ad un tratto, si
scontrò con qualcuno, Giapeto tramutato in vecchia
signora.
"Oh mi scusi, signora, non la avevo vista.".
"Di niente è la vecchiaia che mi gioca brutti scherzi,
perdonami tu.".
Euridice aiutò la signora prendendole la mano, in quel
preciso istante nella mente delle due, balenò un lampo di insicurezza.
Che cos'è questa
sgradevole sensazione.
Si disse tra se la ragazza dai capelli platinati, stringendo
la mano, e la vecchia o Giapeto avvertì la stessa cosa, era come se in quel
momento i due si stessero scrutando a vicenda, ma nessuno dei due sapeva
dell'altro, dei segreti che nascondeva, della menzogna che vi era, solo una
sgradevole sensazione.
Le due si guardarono, poi si passarono avanti incrociandosi
a vicenda fianco con fianco e poi tornarono sulle loro strade.
Anche Antares del canto suo non era tranquilla, sapeva che
sarebbe successo qualcosa e intensificò la sorveglianza, ma ormai il nemico era
dentro la città e con messaggi crittografici faceva segno ai suoi di
prepararsi, perchè quella notte avrebbero segnato la fine per la regina
scorpione.
a notte era scesa tranquilla, e l'oscurità avvolgeva il covo
delle scorpioni in un silenzio surreale, sembrava proprio che nulla potesse
disturbare quella quiete, eppure qualcosa si stava preannunciando, qualcosa di terribile
proveniente dai meandri del tempo, ma nessuno se ne sarebbe accorto poiché era
nascosta bene, pronta balzare alla prima occasione.
Giapeto sempre sotto le mentite
spoglie della vecchietta comprensiva, infatti, continuò a mandare i suoi
messaggi crittografici, per far preparare le sue truppe d'assalto che appena
fuori dal covo si erano ammassate circondando la zona.
Tuttavia Giapeto sapeva bene che
entrare nel covo di sorpresa, per i suoi uomini sarebbe stato molto difficile,
quindi decise di farli passare attraverso i suoi varchi dimensionali che si aprirono
d'innanzi ai soldati che vi entrarono dentro e poi si ritrovarono all'interno
del covo, pronti ad agire ad un minimo segnale del loro comandante.
Intanto nell'accampamento delle giovani in cui era tornata
dal giro Euridice, qualcosa di strano la svegliò di colpo, una strana
sensazione di gelo, come era successo quando aveva incontrato la vecchietta.
Che cos'è questa
sensazione?Come mai la percepisco così chiara, è qualcosa di così inquietante.
Ad un tratto in quel frangente di secondo, un solo attimo ed
Euridice vide nei suoi occhi il covo delle scorpioni
dato alle fiamme ed Antares uccisa, un immagine
terrificante , che la fece urlare, mentre si metteva le mani sulla testa.
"Cosa succede?Perchè questa visione?"Si chiese
farneticando, poi si risciacquò la faccia con dell'acqua ed uscì dalla sua
stanza, una guardia tutta via la fermò "Ehi non puoi uscire adesso
tornatene in camera tua!" La rimproverò, ma Euridice continuò a vedere le
sue visioni di morte, tutte le donne scorpioni, sia quelle innocenti che non. Tutte
risucchiate in un vortice nero come la pece e poi un volto nell'oscurità, con
un ghigno malefico e soddisfatto, una frase in testa: "Questa è l'ira
degli dei!".
Euridice sentì la sua testa scoppiare, la guardia cercò di
calmarla: "Portami da Antares, svelta è molto importante!".
Disse la ragazza all'altra che non sapeva cosa fare.
Euridice vedendo che la guardia era indecisa purtroppo,
dovette reagire di conseguenza: "Mi dispiace perdonami!". La ragazza
addormentò la guardia con un colpo, poi cercò di uscire dall'accampamento,
quatta senza farsi vedere.
Intanto il covo era avvolto sempre nel silenzio più totale ,
mentre l'ambiente circostante iniziò a essere più caotico e a deformarsi, poi
dei varchi oscuri si aprirono e dal loro interno iniziarono quatte ad arrivare
delle ombre, che emettevano suoni metallici ed astronavi immense e mezzi di ogni
tipo.
Quatti come il vento le truppe d'assalto di Giapeto iniziarono improvvisamente la loro invasione, colpendo
chiunque, molti sorpresi anche nel sonno.
Un lago di sangue iniziò così a bagnare quel posto, mentre
veniva man mano messo ferro a fuoco.
Le guardie che riuscirono a fuggire diedero l'allarme, ma
ormai era troppo tardi perchè i soldati dell'impero avevano già incominciato la
loro opera di distruzione.
Intanto Euridice era riuscita ad uscire dall'accampamento,
ma poi avvertì il suono degli allarmi e vide in lontananza il fumo uscire dalle
case.
"No!No!".
Si ripeté tra se, poi purtroppo si rese conto di non fare in
tempo ad avvisare Antares, il suo palazzo era
distante, quindi decise di andare verso le case in fiamme, per aiutare chi ne
aveva bisogno si preparò a combattere.
In mezz'ora quasi tutto il covo era sotto assedio. Le
guardie fecero fatica a respingere gli imperiali e a palazzo le guardie in
fremito andarono subito ad avvertire Antares che
ancor dormiva nelle sue stanze. Fu un brusco risveglio e lei fece il possibile
per prepararsi all'istante, poi andò fuori e vide roghi appiccati alle case e
le urla disperate delle donne civili che scappavano via con le proprie figlie,
ma molte di loro furono trucidate e le loro bambine buttate dai più alti piani
delle case, una vera strage senza ritegno e senza rimorso.
Euridice continuò a correre verso quei roghi e man mano che
passava vedeva la scia di sangue provocata dagli imperiali , però vide anche
parecchi imperiali stessi a terra avvolti nelle loro armature nere.
La ragazza si ritrovò dunque in un viottolo , mentre le
fiamme dirompevano, con la sua daga sguainata e la pistola laser al suo fianco,
pronta ad agire.
Ad un tratto dal fondo del veicolo, iniziarono ad arrivare ,
proiettili laser veloci come lampo, Euridice si parò dietro ad una cassa per l'immondizia
e rispose al fuoco, mentre da quel singolo punto uscirono le sagome di quattro
soldati imperiali armati di mitragliatrice laser.
La ragazza fuoriuscì dal nascondiglio all’improvviso e fece
in tempo ad ucciderne uno con un colpo
di daga e ferì al braccio un altro, ma gli altri due che rimasero, iniziarono
ad incalzarla. Lei allora fece un salto atletico e fu sui due. Colpì uno
facendogli un buco in testa con il laser della sua pistola, mentre l'altro non
ebbe scampo e fu trapassato dalla daga.Non era finita, perchè ne stavano arrivando altri ,Euridice fu costretta
a scappare verso un atro viottolo intricato mietendo i soldati che non
cessavano a diminuire.
Intanto anche a palazzo le cose non andavano per niente
bene, Antares gridava ordini su ordini, fece
intervenire tutte le sue truppe tutti i suoi mezzi a disposizione, mentre i
soldati avanzavano.
"Maledetti bastardi!" imprecò la regina scorpione
mentre mieteva con le sue spade i soldati, era una guerriera davvero
straordinaria, ne aveva abbattuti da sola più di cento.
Mentre infuriava la battaglia, cruenta e senza regole, un
immenso varco si aprì dietro ad Antares, la donna si
girò di scatto, giusto in tempo per veder uscire da quel varco una figura, era
una vecchia signora scorpione. Antares fu sollevata
almeno era una dei suoi, ma si sbagliava di grosso.
La vecchia sogghignò di scherno divertita poi una frase le
venne fuori dalla bocca raggrinzita, che ora stava mutando come il suo corpo.
"Questa è l'ira degli dei.".
Stessa frase che sentì nella sua visione Euridice, quindi
era un presagio? Euridice poteva leggere nel futuro? Era uno dei suoi poteri
nascosti?
Antares rimase attenta a ciò che faceva
la vecchia, mentre nei sui occhi verdi vide plasmarsi a se la figura di Giapeto, che a dirla tutta non aveva mai visto, solo Mnemosine conosceva , ma gli altri titani non li aveva
incontrati, quindi rimase interdetta.
"Chi diavolo sei tu?".
Il titano sorrise di scherno gelandola con il suo sguardo ,
mentre plasmava nell'aria i suoi pugnali,sei in tutto che si unirono al guato
metallico della sua nera armatura, facendogli apparire le mani come artigli
lunghissimi su entrambi i dorsi della
mano.
"Chi sono io?Diciamo che sono colui che segnerà la tua
disfatta regina scorpione.".
Antares lo guardò con astio, poi
si scagliò su di lui, che scomparve fondendosi con l'aria caotica, ed Antares rimase di sorpresa.
Questo, non è come i
soldati che sono venuti, ma chi è quest'essere?.
Si chiese di nuovo, con gli occhi sbarrati , poi avvertì la
sua voce echeggiante nell'aria "Ehi pupa che ti succede, non hai mai visto
qualcuno più forte di te?".
Antares si sentì beffeggiare,
eppure non lo vedeva dove poteva essere?.
Ci fu un attimo di silenzio, che fu lungo quanto un intero
anno, poi dal cielo un improvviso varco oscuro si creò e veloce come il lampo
un colpo di pugnale sfiorò, la testa di Antares, che
lo schivò per un soffiò e le sfilacciò i capelli, poi la mano si ritrasse
veloce, prima che lei la potesse colpire e ilvarco si richiuse e si aprì veloce dietro di lei,facendo fuoriuscire una
miriade di fendenti di pugnale velocissimi diretti sulla sua schiena, e
riuscirono a colpirla, mentre lei gridò dal dolore e si accasciò sulle
ginocchia.
"Ah ah ah che ti prende vostra maestà siete già a terra
agonizzante?Ah che delusine.".
Giapeto si era scoperto dal suo
varco, che si richiuse dietro di lui, mentre si leccava il sangue di Antares sui i tre pugnali incastrati nel su guanto
metallico destro, poi si avventò di nuovo velocissimo sulla donna che era in
ginocchio.
"Crepa!".
Urlò a squarcia gola il titano, Antares,
non aveva intenzione di morire lì, quindi raccolse tutto il suo coraggio e con
uno sforzo sovraumano, colpì con il suo potentissimo raggio, posto nell'indice,
Giapeto all'altezza del ventre.
Il titano fu trapassato da quel unico raggio, che però
aumentò la sua ira.
Antares gli andò dalla parte
opposta e lui le era di fronte, mentre sputava sangue accasciandosi, la guardò
con i suoi occhi di gelo , che ora erano iniettati di sangue.
"Come hai osato!".
Il titano era furioso e si accanì su Antares,
che lo colpì con tutte le sua cuspidi velocissime, che si infilarono nelle sue
carmi trapassando anche l'armatura, eppure non bastavano per placare l'ira del
signore delle dimensioni, che la faceva a pezzi, la voleva vedere morta, in
quel momento, morta.
Ad u tratto però un miracolo, salvò la regina che stava per
essere colpita dall'ultimo letale colpo del titano, una daga colpì la spalla
sinistra del despota dimensionale, che colto alla sprovvista, non si accorse
nemmeno che gli stesse arrivandogli addosso, e si ritrovò con il braccio
sinistro amputato, mentre con lo sguardo ancora carico d'odio e sempre più
furente guardò sopra il muretto di una delle porte di ferro del palazzo. Lì vi era
Euridice, che scese giù velocemente con un balzo
atletico.
Giapeto era furibondo doveva
distruggere anche lei però qualcosa lo fermò di colpo.
Ebbe una visione anche lui. Era la stanza di Crono, suo
fratello, un'ombra oscurata teneva in mano un fagotto, poi un pianto
incessante,un pianto di un bambino, che gli diede alla testa.
"Basta sta zitto!".
Urlò, mentre si teneva la testa, che gli scoppiava. Euridice intanto ne approfittò per soccorrere Antares che era in un lago di sangue piena di tagli
profondi: "Mia regina resistete, ora vi porto in salvo." Le disse
rassicurandola, poi voltò uno sguardo assassino verso il titano e prese la sua
daga.
"Bastardo muori!".
Lo stava per colpire, ma una forte presa telecinetica la
bloccò completamente:"Che succede non riesco a muovermi!". Si
lamentò, mentre le sue ossa e i suoi arti iniziarono a intrecciarsi in modo
caotico, riuscì ad avvertire il dolore lancinante.
"Non ti permetterò di uccidere Giapeto,
piccola strega.".
Una voce calma si levò per tutto il campo, poi apparve tra i
due una figura di donna, con una terribile ascia in mano, Mnemosine.
La titanide non ebbe alcuno scrupolo,
e strinse la morsa psichica, frantumando le ossa degli arti di Euridice, che si
sentì messa in un trita carne cadde a terra.
Mnemosine sorrise divertita:
"Spiacente, ma questo luogo ormai è nostro, ed ora guarda." Si avvicinò
ad Antares e preparò la sua ascia per finirla.
"E'finita, mia cara tanto mi hai fatto penare ed ora
avrai la tua punizione!".
L'ascia si stava abbattendo inesorabile su Antares, ma ecco che una luce abbagliò la titanide e il campo di battaglia, poi le figure di Antares ed Euridice scomparvero e la titanide
imprecò ampiamente "Maledizione, no!".
Sbattete con veemenza l'ascia a terrea, che fece un enorme
buco, Giapeto invece era caduto in una specie di coma
e continuava a ripetere.
"Il tredicesimo, il tredicesimo.".
Mnemosine a sentirlo farneticare
quella frase, capì anche lei cosa voleva dire e rimase pietrificata anche ella.
uridice ed Antares,
furono sottratte al loro destino come d'incanto, prima che l'ascia di Mnemosine si abbattesse su di loro, però dopo la loro fuga
il covo degli scorpioni fu conquistato e
messo sotto il dominio della titanide della memoria,
ma delle due ragazze non ci fu più traccia, le cercarono dappertutto, ma nulla
valsero i loro sforzi.
Giapeto impiegò tre interi giorni
a cercarle, aveva mandato squadre di ispezione, specializzate in ogni angolo
del nono regno, ma nulla, non riuscì a trovarle da nessuna parte e questo indispettì
tantissimo Mnemosine.
Era appena tornata al su palazzo e convocò d'urgenza tutti i
suoi generali, in quella riunione vi fu invitato anche Giapeto
che avrebbe preferito non mettere più naso in quella faccenda.
La titanide era furiosa, i suoi
generali iniziarono a sudare freddo, mentre Giapeto
era apparentemente calmo , ma gli bruciava il fatto di aver perso un braccio
per colpa di Euridice.
"Siete tutti degli emeriti incapaci, non vi sopporto più.
Possibile che non riusciate a trovare due futili donne?". Mnemosine alzò il tono della voce, e la sua espressione calma
e pacata era divenuta di fuoco. Silenzio nella stanza, poi la ragazza azionò i
suoi poteri psichici, i suoi occhi iniziarono ad emanare onde concentriche, su
i suoi generali che la imploravano di risparmiarli, ma non fu così. Furono
condannati tutti a morte, le loro teste avvertirono fitte atroci e tra
sgomenti, terribili visioni lancinanti del loro passato, le loro teste
scoppiarono e i loro corpi giacquero a terra straziati.
Giapeto assistette allo spettacolo
con disgusto e in quel momento capì quanto era fortunato a essere fratello
della titanide, infatti a lui non successe nulla:
"Dovrai trovarti dei nuovi generali ora.". commentò solamente.
"Tu! Pensavo di fidarmi di te, ma anche tu sei un
totale incapace mi pento di averti affidato tutto!" replicò esasperata la titanide; Giapeto però non era
intenzionato a sentire altro, almeno un pò di ringraziamento
per aver trovato il covo se lo meritava, invece la sorella non faceva altro che
lamentarsi: "Sei proprio una stronza! Insomma chi è che ha scoperto il
covo della regina? Chi è che l'ha attaccata e costretta alla resa?Io e tu cosa
fai? Mi dai dell'idiota solo perchè ti ho fatto sfuggire le ragazze?".
"Dovevamo ucciderle dannazione, possibile che non
capisci niente zuccone?Quelle si riorganizzeranno presto e si prepareranno ad
un attacco.".
"Beh ci difenderemo.".
"Non è questo il punto. Io ho bisogno di stare sicura
nel mio regno.".
"Senti per adesso propongo di stare tranquilli e vedere
che cosa faranno loro. Io intanto ho già mandato le mie spie, negli altri regni
ed ho avvisato gli altri fratelli dell'accaduto perciò non ti devi preoccupare.".
Mnemosine annuì, poi si ritirò
nella sua stanza, mentre Giapeto, se ne andò nel suo
regno aveva bisogno di un altro braccio e nel suo regno come in tutto il
pianeta, ricostruire parti mancanti di braccia era ormai una pratica frequente,
bastava applicare delle protesi bio-meccaniche e si aveva un arto nuovo o addirittura
un intero corpo cibernetico, il titano giurò vendetta.
Maledetta strega con i
capelli bianchi! giuro che mi ripagherai il torto che ho dovuto subire.
Il pensiero di Giapeto era rivolto
ad Euridice l'autrice dell'amputazione del suo braccio.
Intanto da un'altra parte del pianeta in un'isoletta
sperduta, di cui nessuno sapeva l'esistenza al largo del mare dell'est, dove vi
era un sole caldo e una temperatura tropicale. Euridice ed Antares
si svegliarono completamente curate e bendate in una capanna modesta su dei
comodi giacigli di paglia.
Euridice fu la prima a destarsi. Si guardò attorno, era una
capanna di un dottore, si vedeva , poiché in giro vi erano medicine e mezzi per curarsi, quindi erano
state tirate in salvo da qualcuno per ora sconosciuto.
In quel momento arrivò un uomo di mezz'età che indossava un
camice bianco dai capelli rasati e un viso serio dagli occhi scuri: "Buon
giorno, ti sei svegliata finalmente, hai dormito per due interi giorni.".
"Siete voi che ci avete salvato?".
"Io?No,no non mi metterei mai in mezzo ad una battaglia,
dopo tutto sono un medico. Il mio compito è solamente curare chiunque
indistintamente nemico o amico.".
"Capisco.". Ci fu un attimo di silenzio, poi
l'uomo in camice bianco parlò di nuovo: "Io sono il Dottor Slagh e faccio parte della squadra di soccorso delle truppe
a salvarvi, infatti, sono state proprio loro,” le truppe di ricerca” erano venute
a vedere come stava Antares. Volevamo mandargli un
messaggio riguardante una spedizione verso i due regni marini di Teti e Oceano, ma poi hanno visto che eravate sottoassedio
da parte di Giapeto e vi hanno tratto giusto in tempo
in salvo.".
Euridice ascoltò attentamente, almeno non erano cadute in
mani nemiche e questo la sollevava, ma chi erano costoro?
"Ma voi chi siete in realtà?".
"Noi facciamo parte di un gruppo di ribelli chiamati
"Innominati",ci occupiamo del fronte marino e teniamo molti contatti
con l'esercito di Arthesia.".
Euridice non appena sentì il nome di Arthesia
spalancò gli occhi: "Arthesia?L'ex-presidente è
ancora viva?". Slagh annuì: "Si è viva e si
sta organizzando per assaltare Olimpia, questa volta Crono non riuscirà a
sconfiggerci.".
Euridice era un pò titubante:
"Fatto sta che comunque loro sono sempre più forti, ed ora senza il covo
delle scorpione è un bel disastro, Antares sarà
furiosa.".
Ad un tratto una voce chiara e sicura si librò nell'aria, a
rispondere verso la ragazza dai capelli platinati: "Lo sappiamo bene è per
questo che abbiamo bisogno anche del suo aiuto".
I presenti tranne Antares che era
ancora svenuta, si girarono e avanti ai loro occhi si mostrò un giovane, di
aspetto trasandato con una divisa militare imperiale(probabilmente era un
disertore) i suoi capelli avevano un taglio marziale e i suoi occhi erano fieri
con l'iride gialla, sembravano occhi di falco e il suo viso era giovane e
spavaldo.
Euridice rimase incantata dalla sua vista, però poi si
ricompose e chiese: "Chi è lei?". Il ragazzo sorrise e nel vedere Euridice
non ebbe problemi a mostrare la sua identità :"Mi chiamano Aquila Bianca
in battaglia, ma in verità sono conosciuto con il nome di Falcon
e sono il comandante degli “Innominati”.".
Euridice ci pensò un attimo, il nome di quell'uomo le
suonava famigliare.
Falcon?...Falcon?...che
strano mi sembra di conoscere questo nome.
Quel nome risuonava nella mente della ragazza come un
tamburo, eppure l'aveva già sentito,poi un immagine: Nel regno di Teia l'aveva visto in una foto segnaletica. Era uno dei
ricercati numero uno ,quelli che avevano una taglia stratosferica che nessuno
aveva mai catturato, ma allora era un possibile nemico anche lui, ma esattamente
come era successo per Antares non poteva sperare di
catturalo e poi le aveva salvato la vita quindi Euridice
gli doveva un favore anche se la sua taglia erabella gustosa, un vero peccato.
Falcon guardò per un attimo la
ragazza platinata, poi parlò "Sei un cacciatore di taglie vero?".
La ragazza sospirò: "Forse, ma adesso che mi sono messa
in mezzo a questa storia dell'invasione, sono sicura che i titani mi avranno
messo una bella taglia sulla testa.In pratica
dovrei cacciarmi da sola.".
"Cosa farai dunque adesso?".
"Non lo so.".
"Puoi rimanere con noi se vuoi un aiuto non può farci
che comodo.".
Euridice mugugnò, però ormai non le restava altro da fare. Non
poteva tornare nel suo regno e rischiare di essere arrestata come cospiratrice,
quindi se stava con loro era molto meglio e poi, sinceramente parlando, quel
gruppo le infondeva sicurezza e poi con lei c'era Antares.
Ormai si era affezionata a lei non avrebbe più cercato di catturarla, lo sentiva
dentro di se,doveva stare dalla loro parte, perché i titani erano il male. Era
da quando aveva sognato l'Oracolo che si sentiva così che tutto questo sia un
segno del destino?Allora lei che cosa doveva scoprire? Che cosa doveva
cercare?Quale verità nascosta aveva il suo passato? Chi era so padre?.
Mentre pensava tutto questo Falcon
le mise una mano sulla spalla: "Ascoltami hai tutto il tempo che vuoi, io
non obbligo mai nessuno a seguire le mie idee, pensaci bene perchè potrebbe
cambiarti la vita in bene o in male, se tu scegliessi di stare con noi potresti
rischiare anche di morire nella battaglia che affronteremo.".
Falcon aveva ragione, infatti,
Euridice ci pensò lungamente, però poi accettò perchè era l'unica cosa che si
sentiva di fare: "Va bene vi aiuterò, dopo tutto ho bisogno di risposte e
sono sicura che con voi le troverò!". Falcon
sorrise fiero: "Benvenuta a bordo." Le disse ponendole la mano che
lei strinse ricambiando il sorriso.
Intanto nelle profondità del mare, in una immensa metropoli
fatiscente ed enorme dalle cristalline e multicolori mura in un alto palazzo
imponente, il signore dei mari Oceano ricevette gli ultimi rapporti riguardanti
lo sterminio del covo delle scorpioni con relativa taglia su Antares ed Euridice.
Era immerso nel suo salone da dove i cristalli azzurrati
creavano una mistica atmosfera, mentre i pesci passavano, come se tutto fosse
un acquario e sembravano inchinarsi al loro signore seduto sul suo trono, con
aria imponente, da vero re di un regno con in mano il suo tridente e la sua
aria seriosa. Scrutava con circospezione, le foto di Antares
e di Euridice, anche egli si soffermò in particolar modo sulla foto della
ragazza platinata. Ad un tratto una strana sensazione fredda lo persuase, e anche
lui avvertì il pianto “del neonato” farsi strada nella mente, come era successo
al fratello Giapeto.Si alzò di colpo dal suo trono gettando a terra le due foto con veemenza.Dopo, in quel momento, una voce chiara e soave si
alzò nell'aria: "Mio signore avete una pessima cera oggi, che cosa vi
turba?". Una donna dai lunghi capelli azzurrati
si fece avanti, era Teti la regina dei mari compagna
del sommo Oceano che in quel momento era più tosto nervoso riconoscendo
qualcosa di remoto nella foto segnaletica di Euridice.
Oceano girò il suo sguardo serioso e profondo verso la donna e sopirò "Lui
è ritornato".
Teti spalancò i suoi occhi di un
azzurro limpido, atterriti e li piantò sul consorte: "Volete dire
che...". Oceano annuì con il capo.
"Sì".
La ragazza fece segno di no con la testa non poteva
crederci. E’tornato…non è
possibile.
Chi era ritornato? che cosa turbava tanto quegli dei immortali? Che segreto
nascondeva Euridice?.
"Non dobbiamo tuttavia perdere la calma, ora sono più
motivato ad intensificare gli attacchi verso il nord, mia signora ti affido la
protezione delle mie truppe, spingili ancor più, mi è stato riferito che c'è un
isola piena di ribelli e bisogna annientarli.".Oceano era stato chiaro, Teti annuì con il capo: "Si mio signore faro come
desiderate.".
La ragazza si allontanò, Oceano però la fermò ancora un
istante: “Aspetta Teti.”. La ragazza si bloccò come
colpita da un fulmine a ciel sereno, si voltò di scatto e gli occhi del fratello
le se posarono su i suoi poi proferì ancora parola.
“Sta attenta, non voglio perderti.”.
La titanide annuì con la testa e
rassicurò il suo signore facendo un lieve sorriso
“Non preoccuparti, tornerò presto da te.Ti amo.”.
“ Anche io. Che il sospiro eterno che giace nei mari ti
protegga.”.
Sopirò appena il titano, osservando Teti
andarsene e scomparire dietro la porta automatica.
Teti preparò dunque le truppe
d’assalto ed ordinò di far riemergere dagli abissi“La Bismarck”, l’enorme Aeronave corazzata
anfibia, in grado di spostarsi sia via mare che nei cieli.
L’immensa struttura di quella nave era enorme, anzi forse
molto di più, immensa. Era di forma ovale con il muso tirato in avanti,
lungapiù o meno una ventina di metri,
forse anche più e alta il doppio.Le sue
carene erano molte e resistenti e il suo rivestimento in acciaio indistruttibile
la rendeva un‘ immensa fonte di difesa, anche se possedeva possenti scudi
deflettori che assorbivano ogni colpo e a bordo possedeva all’incircaun milione e più di fucili laser e
altrettanti uomini soldati della marina addestrati dallo stesso Oceano pronti a
tutto. Sugli immensi ponti anteriori e posteriori aveva all’incirca una
quarantina di cannoni ad ultraparticelle e gun–cannon dall’enorme portata. potevano centrare un bersaglio anche in cielo
e al disopra dell’atmosfera del pianeta, quasi a raggiungere lo spazio, inoltre
i bocchettoni sotto la prua sganciavano missiliche andavano in profondità estrema e i missili terra aria erano talmente
veloci che potevano fare l’intero giro del pianeta per ben due volte di
seguito.
Un vero mostro del mare, il mostro con cui Teti ed Oceano soggiogavano i mari, nonostante i loro
immensi poteri divini. Non era mai stata impiegata, ma ora Teti
si voleva divertire un po’.
La
Bismarck fu così sfoderata in tutta la sua immensa potenza. Teti si era messa al comando di tale mostruosità e diede
l’ordine di avanzare portandosi dietro tutte le aeronavi spaziali, un intero
esercito stava riemergendo dalle profondità marine, pronto ad abbattersi verso
il nord.
Il movimento della flotta di Teti
però non passò inosservato, infatti. i satelliti spia ribelli posti intorno ad
Arcadia dalle truppe di Arthesia captarono i segnali
interferenti del movimento anomalo e li trasmisero sul pianeta satellite, Omicron
dove una frazione dell’esercito ribelle operava in segreto.
Omicron era un’enorme stazione mobile orbitante militare,
dove al suo interno i soldati ribelli operavano. Il segnale del satellite
arrivò ai radar principali, che iniziarono a suonare di una luce rossa,
l’addetto iniziò subito a dare l’allarme al comandate di brigata.
“Signore verso il versante sud dell’oceano di Babele è stato
rilevato un enorme spostamento di truppe marine sembrano che vogliano fare un
attacco verso la base degli “Innominati”.”.
“Che cosa? Accidenti è un bel guaio, quel bastardo di Oceano
vuole calcare la mano a quanto pare.!”. Commentò il comandante, poi il ragazzo
del radar non finì di parlare, non gli aveva detto la cosa più importante: “C’è
dell’altro signore, gli impulsi elettromagnetici hanno rilevato un altro enorme
spostamento di aeronave e … o mio dio, non posso crederci…”.
Il ragazzo iniziò a sudare freddo, e il comandanteera nervoso: “ Che cosa? parla!”.
Il ragazzo deglutì.
“E’ la
Bismarck.”.
Attimo di silenzio gelido tra i presenti, poi il comandante
parlò sudando freddo, cercando di mantenere la lucidità, nonostante l’imminente
pericolo.
“La
Bismarck hai detto?”.
“Sissignore.”.
Il comandante si sedette sconvolto su una delle enormi
poltrone, poi prese fiato.
“Cazzo.”.
Un imprecazione degna di un vero militare, poi voltò lo
sguardo severo verso uno dei ragazzi seduti vicino ai monitor e diede un ordine
secco e istantaneo: “ Avvisate subito Aquila Bianca prima che sia troppo tardi
e lo trovino impreparato, poi avvisate le truppe, le faremo scendere sull’isola
a dargli rinforzi contro quella bestia ci vorrà un miracolo. Che gli dei ce la
mandino buona.”.
Il messaggio di avviso arrivò subito sugli schermi dei
computer dell’isola che in un attimo si mobilitò e Falcon
diede subito inizio ai preparativi per resistere all’offesa che si stava
avvicinando.
Intanto Euridice era uscita dall’infermeria ed era andata a
fare un giro per la base, ma trovò tutto questo via vai e tutti non le rivolgevano nemmeno la parola anche se
lei chiedeva cosa stesse accadendo.
Euridice allora sbuffò, ma era evidente che erano mobilitati
per un eventuale attacco nemico, quindi non perse tempo e si appropriò di una
navicella( fortunatamente sapeva pilotare anche quelle, da brava cacciatrice di
taglie, non era la prima volta che lo faceva) con cannoni laser di un pilota e
volò con quella per ispezionare la zona, non vi era nessun pericolo eppure i
soldati erano in fermento.
Uffa ma che cavolo sta
succedendo?
Ad un tratto all’orizzonte un immensa ombra nera fuoriuscì
dalle nuvole, poi come api in fremito vi erano piccole aeronavi e mezzi anfibi
l’accompagnavano.
Terrore sull’isola!I soldati non si erano ancora preparati
bene, ma le prime linee erano già pronte e vedevano avvicinarsi quel mostro
imponente che iniziò a far rimbombare i suo cannoni laser, mentre le navicelle
velocissime si sperdevano.
Oh merda…
Commentò tra se Euridice, poi azionò al massimo i motori
della sua navicella spaziale e si buttò a difendere con gli altril’isola. Sparò i colpi di laser a raffica dai
suoi cannoni e questi colpirono un paio di navi nemiche.
La furiosa battaglia marina iniziò, Teti
dall’interno della sua corazzata sorrideva soddisfatta, come se avesse già la
vittoria in pugno, poi giusto per rendere più difficili le cose azionò i suoi poteri
e scatenò un tifone gigantesco. Le aeronavi dell’isola facevano fatica a volare
in quelle condizioni, molte furono
sbalzate via, mentre i più audaci rimanevano impassibili.
Euridice faceva fatica anche lei a mantenere i comandi del
suo veicolo , tuttavia rimase in volo e si avvicinò alla Bismarck.
Cazzo quanto è grande
quella cosa!...
Commentò tra se poi vide uno spiraglio dove colpire e provò
a lanciare dei missili laser verso uno dei cannoni ad ultraparticelle a nord della
prua, ma i deflettori erano troppo possenti.
Maledizione!. Imprecò
tra se, mentre un caccia le era già alle calcagna. Merda, merda!.
La ragazza fece una manovra di inversione e sparò al caccia
abbattendolo, ma fu colpita al fianco della nave da un altro, che le sbucò a
destra e cadde rovinosamente in mare, si salvò pelo, pelo azionando i sistemi
di espulsione pilota.
Cadde in mare e nuotò.In quel momento vide avanti a se quella cosa gigantesca che scendeva dal
cielo, per posarsi sul mare. Era paralizzata dal terrore, temeva di morire ,
mentre si vedeva avanti sparare i colpi laser e le cannonate nel mare. Doveva
andare via da quel inferno d’acque e luci laser.
Cristo, che cosa
faccio adesso?aiuto.
No che cosa stava facendo, non doveva farsi prendere
dall’agitazione, doveva trovare il modo di cavarsi fuori da lì.
La ragazza guardò in avanti verso la punta minacciosa della
corazzata vide che vi era uno dei migliaia di bocchettoni per l’aria, allora le
venne un idea per salvarsi.
Cercò di avvicinarsi in quella direzione non ostante le
evidentissime difficoltà dovute alle onde anomale che faceva quel mostro e i
continui bombardamenti, poi alla fine di una lunga ed epica attraversata, in
lotta con la natura e il fuoco nemico, che le procurò anche una ferita al
braccio,
la ragazza arrivò a uno dei bocchettoni e fortunatamente era abbastanza grande per
aggrapparsi e non tanto alto da raggiungere. Euridice
si arrampicò e entrò al suo interno..
L’interno di quel bocchettone era un cunicolo lunghissimo
che sembrava infinito e oscuro lei avanzò dentro nonostante tutto e si trascinò
lungo quei meandri oscuri, sentendo il dolore lancinante al braccio e
resistendone.
Intanto all’isola le cose non si mettevano bene Aquila
Bianca era in agitazione e gridava ordini a manetta, in quel momento lo raggiunse
anche Antares che si era ripresa, ma non vedendo
Euridice si era preoccupata tantissimo e la stava cercando come una dannata.
“Falcon!”.
Il comandante dei guerriglieri fu lieto di vedere che Antares era sveglia, ma era capitata in un momento davvero
critico.
“Mi fa piacere cara che ti sia svegliata, ma siamo nei guai
fino al collo Oceano ci ha lanciato contro la Bismarck!”
“Che cosa ,oh no che guaio.”.
“Puoi ben dirlo!”.
“Ascolta hai visto Euridice?”.
“Vuoi dire quella ragazza vestita con quella strana armatura
nera?L’ho lasciata con te in infermeria.”.
“Non c’è dove può essere andata con questo caos?”.
“Non saprei, però se vuoi possiamo rintracciarla, vi ho
fatto mettere dei dispositivi cerca persone, come a tutti i miei soldati, di
solito li usiamo per trovarci meglio nella mischia, basta che ti sintonizzi
sulla sua frequenza, provalo è quel bracciale che hai al polso.”.
Antares non perse dunque tempo e
si acquattò in un posto sicuro ed iniziò a ricercare il segnale del cerca
persone di Euridice.
Mentre la battaglia infuriava la giovane cacciatrice di
taglie continuava a salire con fatica lungo quel tunnel. Era affaticata non ce
la faceva più, stringeva i denti serrati in una morsa che non dava quasi
scampo, il braccio pulsava e il sangue non si fermava, i battiti cardiaci erano
alle stelle, si mescolavano al sudore.
Forza Euridice ,non
mollare…
Si disse tra se continuando ad avanzare.
Alla fine di una lunga scalata si ritrovò un coperchio chiuso e lì vi era una manovella
di forma rotonda. La ragazza platinata la mosse e si aprì così una specie di
piccola porta ed entrò dentro ad una stanza piena di motori, e tubi contorti,
doveva essere una delle sale macchine.
Era bagnata fradicia e la fatica era stata enorme, il
braccio le doleva, non riusciva più a resistere in quel modo si sentì
abbandonare le forze e socchiuse gli occhi mentre la trasmittente suonava
invano.
08. “Il Sogno Del Campo D’Elisio E Il Viaggio Attraverso Il Tartaro”
G li dei hanno dato origine a tutto, gli dei possono distruggere completamente tutto è questo il principio su cui si basa questo mondo in cui dei e mortali continuano la loro lotta per la sopravvivenza eppure basta poco per rompere tutto questo, anche una sola persona.
La Bismarck era ormai prossima a divorarsi completamente l’isola di aquila bianca. L’esercito ribelle non avrebbe resistito a lungo, la situazione era davvero critica anche se una speranza forse c’era: Euridice. La ragazza platinata era ancora svenuta dopo l’immane sforzo fatto dopo essere salita attraverso il bocchettone dell’aria, era ancora distesa nella stanza di controllo, dove i motori giravano impazziti spingendo quell’immenso mostro dei mari verso la battaglia.
Euridice era completamente in balia della stanchezza, tuttavia quella situazione le fece rivivere qualcosa di così remoto che forse aveva dimenticato, eppure le sembrava così vicino a se l’illusione o la verità di un campo d’Elisio e poi un viaggio.
La ragazza lo vide estendersi avanti a se luminoso e carico dei colori dei fiori, un campo disteso adatto solo agli dei d’Olimpo,che ci faceva lei immersa in tutto quel creato? Perché riusciva a vederlo? Perché sentiva di volerci stare per sempre, come a cercare dimenticare la sua vita normale? Non era una dea, non la sarebbe mai stata però era tutto così famigliare. Che cosa mi sta accadendo? Perché vedo questo posto? Cosa faccio io qui?
Si chiese tra se, mentre si vedeva vestita come l’ultima volta con la sua leggiadra tunica, era probabile dunque che fosse un banale sogno come l’altra volta dove incontrò l’Oracolo. Chissà se lei è qui?...
La ragazza forse si rese conto che le stava capitando un’esperienza come l’altra volta, ma se avesse incontrato di nuovo “lei”, non l’avrebbe fatta fuggire, l’avrebbe interrogata per bene perché lei sapeva tutto, perché Euridice ancora faticava a conoscersi.
Aveva bisogno di risposte. Questa volta non mi scapperai, ti costringerò a dirmi tutto, mia cara Oracolo!
Si ripetete tra se, poi avanzò verso il campo, mentre la brezza fresca di quel luogo le accarezzava la pelle e i fiori le accarezzavano i piedi leggeri che camminavano lungo quel prato immenso, poi la portarono d’innanzi a un etereo lago fatiscente dalle limpide acque cristalline, la ragazza sorrise quella visione le dava tanta pace.
Respirò a fondo tutta quell’aria, poi un soffio di vento purissimo sul collo la distrasse e si voltò di colpo vedendo avanti a se l’Oracolo.
La ragazza rimase ancora abbagliata dalla sua immensa bellezza, ma questa volta fu fulminea.
“Oracolo stammi bene a sentire, io ho bisogno di sapere.”.
L’Oracolo sorrise, poi le girò le spalle e fece segno di seguirla:“Vieni è giunto il tempo che tu ritrovi le tue risposte, io non sono in grado di potertele dare, poiché gli dei mi hanno detto solo di accompagnarti verso il luogo in cui troverai tutto ciò che vuoi sapere. Dovrai essere tu a cercare quello che ti serve.”.
Euridice non si sentiva pronta, però l’istinto le diceva di andare avanti a tutti i costi, doveva sapere.
“Sarà molto dura per te credere che non sia solo un sogno, collegare tutto quello che vedrai alla tua realtà. Ti sarà difficile, ma quello che vedrai ti aiuterà a far rinascere in te ciò che hai dimenticato da tempo.”.
L’Oracolo continuava a parlare vagamente, Euridice ne era quasi indispettita, tutto ciò non aveva senso, certo il suo istinto le diceva di andare avanti, ma era di sicuro tutto un sogno che diavolo le serviva quindi crederci? Tutto questo non aveva nulla a che fare con la sua vita reale con quello che era, eppure sentiva il bisogno di vedere per forza ogni cosa, quindi doveva accettare ciò che il destino le offriva.
L’Oracolo la condusse fino a una grotta, forse era lì che doveva continuare il suo viaggio, sospirò profondamente, poi entrò.
Camminò per un lungo corridoio oscuro senza una meta precisa, non sapeva dove quel corridoio la portasse, ma una strana sensazione iniziò a pervaderla e man mano che andava avanti s’intensificava sempre più.
Arrivò alla fine del corridoio, poi fu di fronte ad uno spettacolo, che definirlo incredibile era una parola molto piccola.
Quel condotto l’aveva portata all’interno di una stanza di un tempio, come quella che aveva visto l’ultima volta, questa stanza però emanava un’energia terribilmente primordiale e nascosta. Era ormai tutta in rovina, vi erano solo ruderi al suo interno, però la bellezza classica greca era rimasta. Quel posto faceva sentire la ragazza platinata a casa sua e chissà poteva esserlo.
Avanzò all’interno poi si dovette fermare d’innanzi a un muro in cui una luce azzurra fatiscente lampeggiava, sembrava quasi rapirla e invitarla a vedere.
La ragazza si avvicinò e vide attraverso quella luce, quando i suoi occhi ghiacciati si posarono al suo interno cercando di guardare oltre, si sentì quasi svenire e improvvisamente qualcosa di anomalo e surreale accadde al suo corpo, anzi no, alla sua anima, poiché quella luce gliela aspirò al suo interno, lasciando il suo corpo esamine nella stanza.
L’anima della ragazza si era dunque fusa con quella luce azzurra che ora la aveva catapultata a sua volta in uno strano posto carico di luce oscura questa volta. Un raggio lucente penetrava e le dava terribilmente fastidio, l’aria poi la faceva soffocare era impregnata di una strana essenza. Che posto è questo?Cosa mi succede.
Si disse spaesata tra se, aveva paura di quello che stava vedendo, ma non poteva non doveva averne o non avrebbe mai scoperto ciò che voleva, quindi si fece coraggio e avanzò in quel posto desolato, fatto solo di rocce nere come la pece e di aria corrotta, si fermò solo d’innanzi a un fiume lunghissimo e infinito. E questo che cosa significa? Ah dannata strega come osa prendersi gioco di me, la ucciderò!
Euridice non capendo che cosa le stava capitando, diede colpa all’Oracolo pensava che la stesse prendendo in giro, ma sapeva bene che in cuor suo non era così, però perché si trovava lì? Che cosa doveva fare?Che cosa voleva farle vedere l’Oracolo? Ma soprattutto perché tutto questo? Era così importante per lei?
Le sembrò che la sua testa scoppiasse, era confusa e corrosa dal dubbio, quasi si pentiva di essere arrivata fin laggiù, ma ne sarebbe valso la pena per scoprire qualcosa sul suo passato. Era giusto che tutto andasse così, ma che fare? Dove andare?
A un tratto mentre il dubbio e la confusione la divoravano una voce leggera, le arrivò all’orecchio.
“Non lasciare che il dubbio e la confusione t’impediscano di andare avanti lungo il cammino che ti segnò tuo padre .”.
Euridice si voltò e avanti a lei vide la figura di un uomo ammantato in una sottile tunica bianca come la sua, con una corona d’alloro intesta e capelli grigi come la sua barba, un vecchio uomo.
“Chi sei?”.
L’uomo si avvicinò a lei “ Io sono colui che ti porterà a incontrare tuo padre nel Tartaro, Il mio nome è Esiodo e sono stato un cantatore di miti un tempo, miti che rimasero per tanto nella storia che però mi hanno costretto a rimanere nel Limbo. L’Oracolo mi ha parlato molto di te e tuo padre insistette così tanto perché io ti portassi da lui a tempo debito dopo la sua morte che non potetti dirgli di no. Del resto tu sei parecchio importante per Arcadia e non solo.”.
Esiodo, quel nome risuonò nella mente di Euridice come un tamburo. Un cantatore di miti l’avrebbe dunque accompagnata a conoscere suo padre? Se questo fosse vero, allora doveva dargli ascolto quindi si prestò subito ad andare: “Se quello che dici è vero, allora io ti seguirò, voglio delle riposte a tutti i costi.”.
Esiodo annuì :” Ovvio, però quello che ti mostrerò potrebbe anche non piacerti e potrebbe disturbare il tuo animo ancora, perciò quello che ti chiedo e di tenere sempre i nervi completamente saldi.”.
“Non preoccuparti, per me.”.
“Ero sicuro che mi avresti risposto cos, e ne sono contento su andiamo.”.
Il vecchio poeta cantatore la accompagnò dunque verso il fiume, dove arrivò poi in seguito la barca trainata da Caronte il traghettatore degli Inferi. Un altro vecchio raggrinzito, con un piede nella fossa dagli occhi rossi, si fece pagare e accompagnò i due.
Eurudice si sentiva veramente a disagio anche salire su quella barca, le era già una pena, ma possibile che suo padre si trovasse in un posto del genere? Ma poi che posto era quello? Si azzardò a fare una domanda.
“Ehm dove stiamo andando? Sei sicuro che mio padre si trovi qui? ”.
Esiodo sorrise: “Certo tuo padre è stato destinato dai suoi stessi figli a vivere anche dopo la morte qua giù.” Si fermò un attimo che per la ragazza fu lunghissimo: “Vedi questo posto è il Tartaro, il luogo in cui le anime dei mortali risiedono e soffrono in eterno. Tuo padre è stato destinato a soffrire qua giù perché ha commesso degli errori che gli costarono la vita, però il peggior peccato che ha dovuto pagare è stato quando vide i suoi figli ucciderlo senza pietà e infine essere scaraventato qua giù a pagare i suoi mostruosi peccati”.
Euridice era sempre più scioccata dal racconto di Esiodo, non ci credeva affatto era tutto un sogno, non era quello che stava cercando era tutto un inganno: “ E tu pensi che io sia così stupida? Pensi che io ci creda? Mio padre sarebbe una persona tanto disgustosa da meritarsi una punizione così?Stai mentendo vecchio lo sento, tutto questo non è reale, mi stai dicendo cose senza senso.”.
“Credilo pure se ti fa piacere, però ricordati che se non lo incontri e non scopri i tuoi reali poteri nascosti, non potrai mai sconfiggere i titani, poiché tuo padre è anche il loro, ma ti ha dato vita apposta, per vendicarlo.”.
“Che cosa?”.
La ragazza si alzò in piedi dalla barca di scatto, tanto che Caronte gli fece segno di sedersi, perché se si cadeva, si finiva in pasto alle anime vacanti di coloro che non avevano trovato un fisso posto nell’Ade. Quell’ultima affermazione del poeta cantatore non le piacque per niente, dunque lei era un oggetto per vendicarsi? Era nata per vendetta? Se questo era vero, allora era meglio non conoscere suo padre, perché era una persona ignobile se usava una figlia per vendicarsi. Risedette con calma, poi, però prese il vecchio per la tunica e parlò: “Piantala di prendermi per il culo, io non sono un oggetto per vendicare qualcuno e non voglio esserlo, perciò se le cose stanno, così allora io non voglio vederlo questo padre, voglio tornare indietro, su di a questo vecchiaccio di girare la barca o ti butto all’istante nelle acque di questo fiume pieno di anime. Io non sono un oggetto di vendetta, non voglio uccidere i titani per vendicare un perfetto sconosciuto, li sconfiggerò da sola non ho bisogno di poteri speciali.”.
La ragazza spinse quasi fuori dalla barca il vecchio, che già vedeva dietro di se e sentiva le anime di quei morti sconnessi,eppure rimase impassibile e sorrise di scherno.
“Dimmi allora, se eri in grado di sconfiggerli perché hai lasciato che Giapeto e Mnemosine prendessero il controllo del covo della tua amica?”.
Quella frase bloccò la rabbia di Euridice, che si rassegnò, lasciò il vecchio che si risistemò sulla barca, mentre con la coda dei suoi occhi rossi Caronte si gustava la scena senza intervenire. In effetti, aveva ragione, se era così forte se era la figlia di un qualcosa di potente perché non li aveva sconfitti, forse aveva bisogno di scoprire i suoi veri poteri, ma usarli per vendetta sarebbe stato giusto?
La lenta barca di Caronte si fermò sulla riva opposta al fiume da dove si poteva scorgere la porta dell’entrata dell’Ade. Un cancello lugubre fatto di sbarre di ferro da cui due colonne portantini erigevano troneggianti, mentre formavano una specie d’arcata da dove appena sotto alla volta vi era una lastra di marmo nero su cui a caratteri antichi sulla sommità della vi erano le leggendarie parole che Dante scoprì quando fu lui a viaggiare negli Inferi, le parole che ogni anima aveva paura solo a leggere perché sapeva bene che da lì mai più sarebbe uscita.
“Lasciate ogni speranza o voi che entrate.”.
Euridice le lesse con evidente timore, il suo cuore batteva forte e sudava freddo, chissà che cosa avrebbe trovato di così terrificante all’interno di quel posto?
La ragazza diede uno sguardo al vecchio cantatore e creatore della grande “ Teogonia” ovvero l’antico libro della genesi cui egli racconta l’epica nascita degli dei da Caos fino a Zeus e in cui vi era racchiusa la storia della vita e la morte dell’universo.
Esiodo proferì parola:” Questo non è che l’inizio del tuo viaggio, sei fermamente decisa dunque?”. Euridice ebbe un attimo di titubanza, quella frase incisa sulla porta era così agghiacciane e quel vecchio che le era vicino non le dava tanta sicurezza in fondo però sapeva tutto, sapeva ogni cosa e sapeva di lei, quindi strinse i suoi occhi di ghiaccio freddandolo con lo sguardo.
“Fammi strada io devo sapere.”.
Esiodo aprì dunque la porta dell’Ade, poi entrarono e subito la ragazza fu colta da uno stato di nausea profonda. L’aria che vi era lì era tremenda e i gridi di tormento delle anime dannate, la facevano impazzire, cadde a terra in ginocchio cercò subito di resistere, non poteva cedere, poi Esiodo gli mise una mano sulla spalla in segno di conforto: “Su non puoi fermarti ora, dobbiamo andare avanti, questo non sarà il tuo unico tormento.”.
Il poeta era stato più tosto schietto, la ragazza si stava quasi pentendo di essere venuta laggiù, però il desiderio di sapere era molto più forte, quindi si rialzò sulle gambe tremanti, doveva andare avanti.
“ Andiamo.”.
I due si avviarono all’interno della pianura oscura da dove si potevano vedere le file delle anime mortali avanzare silenti verso la meta, mentre la bocca dell’Ade le risucchiava al suo interno. La ragazza cercò di non soffermarsi mai a vedere quelle visioni, perché se lo faceva, sentiva ancora una volta che la pazzia l’avrebbe di nuovo presa e seguì invece il vecchio poeta che la guidò d’innanzi a un'altra e oscura porta, dall’aspetto minaccioso e imponete con strani rilievi inneggiati a figure di antichi e mitologici mostri.
La ragazza platinata deglutì, che cosa vi era là dentro, che cosa c’era oltre alla valle di lacrime che aveva appena visto? Che cos’era quella sensazione nel vedere quella porta che la percuoteva ? Si sentiva un’oscurità indosso così opprimente e profonda, quasi proveniente dai meandri di un tempo così lontano.
Si fermò prima che Esiodo toccasse la porta, per aprirla e mostrargli la verità: “ Aspetta che cosa c’è là dentro?”. Il poeta sorrise di scherno, se lo aspettava questa domanda, lui già la sapeva “Sapevo che me lo avresti chiesto, esattamente come tuo padre”.
Euridice non ce faceva più si mise le mani in testa, quella forza la stava travolgendo e il suo corpo si stava illuminando di una luce viola.
“Che cosa c’è là dentro maledizione!”.
Gridò presa dal panico, Esiodo non fece una piega e calmo pronunciò una sola frase.
“Dietro questa porta vi è il Tartaro, ovvero la parte più antica e remota da cui nacque anche l’inferno in cui si buttano quelle povere anime a soffrire, qui al di là di questa porta vi è il luogo che racchiude le anime degli dei e dei loro figli, questo luogo lo creò tuo padre per rilegare proprio i suoi stessi figli, ma ne fu a sua volta mandato dagli stessi destinandosi così alla dannazione eterna. La sua smania di potere lo fece decadere fino a quest’angolo remoto dell’Ade ed è qui che troverai le tue riposte e che lo incanterai.”.
Euridice ebbe un tonfo al cuore, sentiva di non farcela ad entrare là dentro, se fosse entrata, sarebbe morta, però non poteva tornare indietro senza le sue riposte, migliaia di dubbi la assalirono poi si fece coraggio e fu proprio lei ad avanzare. lasciò che l’istinto la guidasse e lasciò che le sue mani spalancassero quella pota.
La verità stava per essere svelata.
Euridice spalancò la porta del Tartaro ove al suo interno si celavano i segreti più nascosti dell'universo, era un azzardo entrarci lo sapeva bene e sentiva sempre più quella pressione incontrollabile che cresceva quell'ansia che ancora non l'aveva fatta impazzire, ma che ora era evidentemente presente.
Il ritmo del suo cuore era simile a un tamburo durante una marcia sudava freddo e deglutiva, mentre i suoi occhi erano assorti, poi entrò all'interno di quei meandri mettendo il primo piede sull'uscio. Esiodo rimase fuori.
"Perché non vieni anche tu?".Chiese la ragazza vedendo che il vecchio se ne stava al di fuori della porta: "Perché non posso entrare è vietato alle anime del Limbo attraversare altri confini, come l'inferno devi proseguire da sola".
Euridice capì quindi si avviò all'interno da sola.
L'interno di quel posto era terribilmente oscuro sembrava essere un enorme grotta dove l'aria era pregna di odore acre e putrido di morticino che dava alla testa. Le pareti avevano incastonati al suo interno le anime di coloro che dovevano esser stati delle creature del passato rilegate in quel posto e si lamentavano incessantemente.
La ragazza sentì di nuovo che la sua testa stava scoppiando, si fermò però questa volta fu diverso perché una profonda e echeggiante voce la invitò a venire.
"Tu che lungi in codesto luogo di prigione eterne, tu che sei nata sotto la mano del cielo dalla stessa madre Gea, nutri i tuoi occhi delle tenebre da cui il mondo nacque.".
Quella voce altisonante, quella frase nell'aria, quell'oscurità, perché tutto questo?Euridice aveva paura sempre più paura: "Chi sei?".Gridò nell'aria mentre le pareti sembravano muoversi cercando di prenderla e lei fuggì in avanti gridando. Cercò di arrivare alla porta d'ingresso per uscire, ma non le fu possibile poiché le anime la presero e la portarono con loro.
La ragazza urlava e si dimenava, mentre si sentiva soffocare da quella oscurità poi i suoi occhi si oscurarono e non vide più nulla perse conoscenza.
Euridice rivenne e si ritrovò distesa a terra, si guardò attorno, era una specie di enorme stanza buia guardò avanti a se e ciò che vide aveva dell'incredibile.
Vide un'immensa figura gigantesca di un uomo rilegato con delle catene che emanava una terribile aurea malefica però era assai anche il suo potere. Al suo fianco vi erano altre figure gigantesche, che si lamentavano sibilando. Cristo é questo che cos'è?...
Si disse tra se, mentre guardava quasi in fare religioso e contemplativo quella figura d'uomo. Chi era? Lo sentiva così vicino a lei, sentiva una strana sensazione di onnipotenza nel vederlo pura ed antica.
La ragazza platinata mai aveva avuto tanto senso di impotenza e paura, eppure aveva lottato con mostri del calibro di Cerbero e aveva affrontato già titani. Si sedette a terra e spalancò gli occhi, il suo viso era contratto in una morsa di terrore profondo e il suo cuore era a mille.
Ad un tratto però una voce le sopraggiunse alle spalle, era una donna.
"Non avere paura figlia.".
Euridice stranamente a sentire tale voce fu quasi rincuorata le dava molta scurezza quindi non ebbe timore a voltarsi per vedere chi era e quando lo fece vide una figura leggiadra di una donna bellissima, dai lineamenti aggraziati vestita con una tunica bianca dai capelli verdi fluenti che sembravano formare piccole foglie.
La ragazza platinata la guardò a lungo come se l'appartenesse da molto tempo, le sembrava di aver già avuto vicino quella figura era così pura però nascondeva una forza innata.
La donna dai capelli verdi sorrise, poi le tese una mano la ragazza non si fidò subito di porgerle la sua mano però poi accettò perché era il suo istinto a volerlo quindi la posò in quella dell'altra che la aiutò a rialzarsi.
Euridice la guardò neglio occhi:"Dimmi perché mi chiami figlia? Come mai io non mi ricordo di te e di tutto ciò che mi sta attorno? Perché ho paura?".
"E' normale che tu abbia paura, ormai ti sei dimenticata chi sei ed ora continui a vivere la tua vita mortale, ma adesso che è arrivato il momento di abbattere gli usurpatori è tempo che tu ti risvegli e che faccia uscire fuori i poteri di cui io e tuo padre ti donammo apposta perché tu li usassi in vista di quest'epoca ove la tirannia divina ha preso di nuovo il giogo del potere. Il tuo compito è stato assegnato dal destino, tu sei nata per sterminare gli “usurpatori” e vendicare tuo padre è tempo che tu te ne renda conto.". La donna parlò guardando la presunta figlia con occhi carici di ardore e sicurezza.
Euridice non poteva credere una cosa simile, no non poteva essere vero, lei non era uno strumento di vendetta! L'aveva già detto non lo sarebbe mai stato scosse la testa: " Ti sbagli, io anche se avessi i poteri che dici non li userei per vendicarmi di uno sconosciuto.".
La donna annuì con il capo: "Lo so bene è per questo che Esiodo ti ha portato qui perché tu lo conosca. Guardati alle spalle ciò che vedi accanto a te è il frutto della follia dei suoi figli, questi sono i giganti i miei figli sprofondati qua giù insieme a loro padre colui che domina i cieli e bramano sangue anche loro esattamente come me. Ciò che è stato fatto a noi non ha scusanti deve essere punito è per questo che io madre Gea aiuterò mio marito Urano a punire i suoi figli traditori e tu sarai la nostra arma perché sei nata per questo.".
Euridice scosse ancora la testa non le piaceva affatto questa storia, lei non era un' oggetto di vendetta si rifiutava di esserlo e mai lo sarebbe stato:"Ti sbagli io non sarò mai un oggetto di vendetta per nessuno chiaro?".
Gea sorrise di scherno: "Capisco la tua decisione però non puoi rifiutarti sai perché? Perché non potresti comunque farlo perché prima o poi saresti costretta ad accettare la tua vera natura.".
Le parole di colei che doveva essere sua madre la scioccarono non voleva spalancò gli occhi di ghiaccio poi si allontanò da lei mentre sentiva il lamento sempre più impetuoso dei giganti e poi la voce di suo padre che le sussurrava: "Vendicami."Sentì la sua testa scoppiarle ancora.
"No ..no..".
Urlò, quella voce opprimente si fece più insistente, ma lei resisteva, non doveva accettare di essere uno strumento per fare del male proprio lei che era sempre stata libera non poteva farsi imprigionare, eppure non riusciva ad andarsene a resistere all'istinto che suo padre le aveva in posto fin dalla nascita.
Era il suo dovere primordiale. Urano e Gea le diedero luce in tempi antichi e nascosta fino a adesso, eppure non era giusto combattere per vendetta, ma era questo che suo padre voleva.
“Non puoi opporti al tuo destino è il tuo compito, dunque lascia che io ti dia il potere di riuscire a rispedire i tuoi fratelli al Tartaro.”.
La ragazza era confusa voleva fuggire da quel posto avrebbe preferito non sapere chi era suo padre se la costringeva a fare una cosa del genere perché doveva essere proprio lei a combattere per vendicarlo? Perché il destino ha voluto proprio lei? Si voltò verso la gigantesca figura imponente del padre di ogni dio, figlio dell’origine del mondo e dello stesso elemento d’origine primordiale Caos espresse dunque ciò che pensava non poteva non dirlo: “Ti ho già detto che io non combatterò per saziare la tua vendetta.”.
La voce tuonante di Urano scosse la stanza:“Potresti pure riuscire a non combattere , ma hai intenzione di vedere il tuo mondo e l’universo intero venire avvolto dalla tirannia di Crono per sempre? Vuoi davvero vedere coloro che tu definisci i tuoi amici, morire a poco a poco?”.
Già Arcadia e non solo, era tutto in pericolo fin quando vi erano al mondo i titani, loro non si sarebbero fermati e come successe al covo di Antares sicuramente sarebbe accaduto da altre parti. Sarebbe stato tutto un mondo di guerre e distruzione eterna, loro non avevano fatto altro fin ora lei lo sapeva benissimo poiché nel suo regno d’origine dove forse era stata destinata da Urano a vivere, Teia continuava a spadroneggiare riducendo tutta la popolazione in schiavitù, esattamente come aveva visto nel nono regno quando incontrò Azir. C’era troppa gente che soffriva, perché dunque anche se era per vendetta di un dio non accettare un potere per poterli sconfiggere? Già perché doveva esitare? Suo padre aveva ragione doveva fermare tutto questo. Lo guardò con i suoi occhi di gelo che ora divennero ancora più decisi poi si avvicinò a quella figura immersa tra le altre semi divinità, si inginocchiò d’innanzi a lui al sommo dio dei cieli.
“Infondimi il tuo potere padre.”.
Disse soltanto inarcando il capo all’indietro in segno quasi di ovazione. Gea si avvicinò a lei e la spogliò della bianca tunica , mentre dal soffitto iniziarono a cadere gocce di sangue scarlatto che iniziarono a coprire la stanza e il corpo dalla pelle candida della ragazza infondendole un improvvisa e strana sensazione. Le bagnarono anche le labbra e le entrarono nella bocca, lei bevve con ingordigia quel liquido mentre sentiva il potere crescere sempre più e i ricordi del suo antico passato ritornarono alla sua mente. Rivide la sua nascita e il momento in cui i due dei della genesi la nascosero sul pianeta Arcadia, in vista di questo giorno, seppe anche che i suoi fratelli la temevano e la cercarono per anni in attesa di ucciderla, ma poi non andò così perché Urano fece in modo di assopirgli i poteri fino a farla arrivare ad ora. Era per questo che era cresciuta coma una mortale.
“Figlia dei cieli nutriti del mio prezioso sangue divino, il sangue di vendetta che versarono i tuoi fratelli quando mi uccisero, lascia che ti infonda il potere, lascia che la mia vendetta scorra in te e ti nutra in questa lotta degli dei . Essi partecipe della nuova guerra che rinascerà!”.
Le parole del padre le risuonarono nella testa, sì aveva voglia di lottare, di vendicarsi di salvare Arcadia, il suo cuore si stava riempiendo di quel potere arcano nato al tempo del Caos.
Il sangue che era a terra aveva riempito la stanza , poi ad un tratto come riemersa da un abisso eterno una spada fuoriuscì dal lago di sangue.
“La spada dei cieli ti guiderà durante il tuo cammino.”.
Era un oggetto davvero eterno. La lama era enorme ed era di una forma strana invece l’impugnatura era lunga e ai lati aveva ali d’angelo simboli del cielo e del vento di Urano con un diamante sferico di colore blu che splendeva della luce azzurrastra che aveva visto all’inizio della sua discesa nel Tartaro. L’abbagliò e di nuovo non vide più niente,tutto era scomparso, un sogno, una rivelazione di ciò che doveva fare.
Euridice si ritrovò dunque nella Bismarck, si svegliò di colpo con gli occhi sbarrati era ancora nella sala controllo. Si guardò attorno e si accorse che le sue ferite che si era procurata durante la salita nella botola d’aria oscura erano scomparse e si sentì addosso una nuova sensazione di pura energia che sprizzava da tutte le parti ed era bramosa di uscire da lei poi si accorse che con lei c’era la spada dei Cieli di Urano quindi non era stato un sogno era tutto vero.
La prese in mano e la guardò contemplandola. Questa spada mi guiderà.
Capitolo 11 *** 010 "La Figlia Del Cielo E La Dea Degli Abissi ." ***
010 "La Figlia Del Cielo E La Dea Degli Abissi ."
Euridice dopo aver ricevuto in dono magicamente la spada dei Cieli di suo padre Urano, si alzò da terra carica di quel potere che in sogno le aveva permesso di incontrare suo padre e di sapere finalmente qual'era il suo scopo primordiale.
Ora non era più una semplice cacciatrice di taglie, ora era divenuta una cacciatrice di dei, mentre sentiva in lontananza i rumori della battaglia esterna che ormai era prossima ad una svolta ed Aquila Bianca avrebbe dovuto accettare una sconfitta, mentre Antares disperata continuava a contattare Euridice che alla fine sentendo le vibrazioni del suo cerca persone rispose: "Pronto?Qui Euridice.".
La trasmittente emise i suoni un po’ sconnessi della voce di Antares: "Euridice? Grazie al cielo, ma dove sei?".
"Sono sulla Bismarck.".
"Che cosa? ma come...".Euridice interruppe subito la regina scorpione perché avvertiva che stavano arrivando visite "Te lo spiego dopo Antares, non preoccuparti per me ho intenzione di fare una cosa che solo io posso fare.".
"Euridice...".La trasmissione si interruppe lì ed Antares rimase con un terribile dubbio e paura, non voleva che la sua amica rischiasse così tanto però non poteva far nulla ormai solo aspettare gli eventi.
La porta automatica della sala si aprì d'improvviso e alcuni soldati entrarono affannati facendo rapporto a Falcon che era terribilmente preoccupato.
"Cazzo!". Imprecò sbattendo una mano sul tavolo, Antares guardò la scena preoccupata.
"Quella maledetta di Teti, la sua nave oramai è prossima,ci hanno dimezzato e ci vorrebbe un miracolo per sopravvivere." Commentò Falcon abbassando la testa puoi la rialzò e guardò i suoi uomini: "Quindi ascoltatemi bene.".
Fece una piccola pausa poi proferì ciò che tutti temevano: “ Quando sbarcheranno dobbiamo prepararci a riceverli.” .
Gli uomini annuirono facendo il saluto militare limitandosi ad eseguire gli ordini del proprio comandante anche Antares annuì era pronta a scendere in campo, dopo tutto era ciò che doveva fare per vendicare il suo popolo dopo l’attacco dei titani.
Intanto Euridice si inoltrò dentro i corridoi dei piani inferiori della Bismarck facendo strage dei soldati che cercavano di fermarla. La spada che le aveva dato Urano era veramente fantastica, riusciva a maneggiarla bene era leggera e in più possedeva la capacità di creare fulmini e raffiche di vento, ma era sicura che non aveva solo quei poteri, molto altro vi era da scoprire come per la stessa Euridice . Molti dei soldati furono presi di sorpresa, dato che nessuno si sarebbe aspettato un attacco interno e difatti anche sul ponte principale di comando dove Teti impartiva a gran voce i suoi ordini ci si accorse del trambusto ai piani bassi e i soldati presenti avvisarono subito il loro comandante.
Nelle telecamere di sicurezza si assisteva con grande stupore all’attacco di Euridice mentre alcuni di quagli attrezzi vennero oscurate.
“Che cosa diavolo succede?” .Tuonò Teti ad uno degli addetti,vedendo che le telecamere non funzionavano; il ragazzo cercò di ripristinare il collegamento: “ Non saprei, pare che un invasore sia riuscito a penetrare nei piani sotterranei.”.
“Che cosa?” .Commento incredula la titanide che andò subito a dare un’occhiate in uno degli schermi prima che le telecamere perdessero il segnale e lì la riuscì a vedere , era Euridice il suo nemico mortale, la sua espressione si fece più tesa e i suoi occhi si sbarrano.
“No tu non puoi essere qui !”. Farneticò indietreggiando,mentre però qualcosa da dentro al suo animo ribolliva, mentre vedeva quegli occhi di ghiaccio attraverso il monitor, vedeva i suoi movimenti e il suo potere poi l’immagine scomparve e la titanide rimase in mobile , mentre un suo subalterno cercava di chiamarla: “ Mia signora?”.
Ritornò in se, però una rabbia la persuase e di istinto lanciò un onda d’energia verso il soldato che ne fu travolto e il suo corpo fu ridotto a brandelli poi la ragazza diede un comando secco e deciso.
“Fate decollare questo catorcio.”.
“Ma signora perché? Ormai siamo arrivati all’isola, le truppe si sono già preparate non sarà di certo questo singolo invasore a fermarci”.L’ultimo commento del soldato che stava esponendo la propria idea fu interrotto bruscamente da un altro fascio d’energia che lo colpì e gli fece fare l’orrida fine del compagno di prima.
“Qualcun altro ha un altro commento da esporre a proposito?”.
Silenzio. Non vi era altra scelta , bisognava ubbidire per forza alla titanide, quindi i motori della Bismarck furono accesi in modalità “Spazio” che serviva per decollare dalla superficie marina all’atmosfera soprastante fino ad arrivare anche nello spazio.
L’immenso mostro di metallo si innalzò dunque in aria e sull’isola si notò questo spostamento anomalo e quindi controllarono la situazione anche se per ora sembrava che lo sbarco temuto non ci sarebbe stato.
“ A quanto pare abbiamo superato il peggio visto che si stanno spingendo verso lo spazio.” Antares rivolse con un tono tranquillo parola a Falcon, che incrociò le braccia guardando lo schermo, che presentava la Bismarck in volo: “ Già così sembrerebbe chissà perché?”.
Antares sapeva bene perché, forse era merito di Euridice :“ Beh io penso di sapere perché invece.”. Commentò sorridendo , pensando alla sua amica, non sapeva perché ma qualcosa le diceva che Euridice avrebbe risolto quella situazione , lei sarebbe stata l’unica a poterlo fare di sicuro, quindi si fidava. Euridice…
Pensò mentre guardava lo schermo con Falcon.
La Bismarck si era ormai posta in cielo ci volle pochi minuti anche se era molto pesante e copriva il sole e faceva un’ ombra gigantesca sull’isola degli “innominati”, mentre al suo interno Euridice si faceva sempre più strada verso la cima della nave.
La ragazza sentiva sempre più crescere il potere, era una sensazione bellissima non aveva mai provato tanto piacere nell’affondare la lama della sua spada nei corpi dei nemici e finendoli con la pistola laser, forse è stato il patto con suo padre a renderla così dunque era questo che significava combattere con un potere divino? I soldati continuarono a cercare di fermarla, ma fu tutto inutile, molti di loro furono costretti a scappare d’innanzi a quella furia.
La ragazza avanzò dunque sicura, mentre Teti si preparava a riceverla, aveva già preparato la sua lancia, il suo sguardo non aveva segni esitazione era pronta ad affrontare il suo destino, sapeva che sarebbe arrivato questo momento. Ti sto aspettando Tredicesimo figlio …
Solo questo le sfiorò la mente lucida , mentre la sua nemica arrivava.
Intanto nella capitale marina Oceano assisteva attraverso i suoi specchi d’acqua ciò che Teti si preparava ad affrontare e temeva per lei, ma preferì stare alla larga per ora, la sua consorte sapeva il fatto suo e sicuramente avrebbe fatto a pezzi la figlia tredicesima di Urano. Teti, ho grande fiducia in te, so che puoi farcela il tredicesimo deve morire …
Il titano strinse lo sguardo serioso aveva grande aspettative nei confronti di Teti, tuttavia una voce lo costrinse a riflettere.
“Devi fermarla altrimenti morirà, non c’è la farà mai contro il Tredicesimo .”.
Oceano si voltò e il suo sguardo color degli abissi vide arrivare da un improvviso buco nero il fratello Giapeto, il signore delle dimensioni.
“Giapeto sei tu dunque, ho saputo quello che ti è successo al covo di Antares, una figura un po’ penosa non trovi?”.
Giapeto capì molto bene la frecciatina di Oceano e un po’ si sentì ferito nell’orgoglio, si toccò il braccio bionico, ancora si ricordava del colpo di Euridice che gli mozzò il braccio e il pensiero lo irritò abbastanza è per questo che non poteva permettere che fossero i suoi fratelli a occuparsi di quella donna. Doveva essere solo lui l’autore della sua morte, solo ed unicamente lui, era una questione personale, non gli importava se era il tredicesimo figlio di Urano la voleva morta.
“Sta zitto, non voglio che sia Teti ad occuparsi di quella donna, solo io devo ucciderla e nessun altro, perciò fai ritirare nostra sorella e manda me, solo io posso sconfiggere l’ultimo figlio!”.
Giapeto era fermamente deciso, ma Oceano rimase impassibile: “ Finiscila , non lasciarti corrodere dalla voglia di vendetta, lascia che se ne occupi Teti e ti assicuro che di quella donna maledetta non ne rimarrà nulla.”.
Giapeto non ne era d’accordo: “ No non ne se ne parla, non permetterò che siate voi ad occuparvi di lei. E’ la mia preda non la vostra quindi volente o nolente fratello io andrò a prendermela!”.
Oceano non disse nulla, mentre Giapeto urlando, se ne era già andato via e il titano dei mari scosse la testa: “Stupido.”.
Commentò solamente, tuttavia non lo fermò aveva voglia di vedersi anche l’entrata di Giapeto: “Vediamo un po’ che cosa accadrà ora.”. emise una risata.
Nella Bismarck Teti era ormai prossima al combattimento. Fatti avanti …
La porta automatica si aprì e sull’uscio vi era Euridice, con in pugno la sua spada, il suo sguardo di ghiaccio scrutò subito quello della titanide dei mari che ricambiò l’occhiata.
“Salve devi essere una di quelle titanidi, ho incontrato uno dei tuoi fratelli nel nono regno .”.
“Lo so, ma io non sono ne Giapeto ne Mnemosine sono molto più forte di loro due .”.
“Ah davvero ? ma non mi dire .”.
“Il tuo sarcasmo è così rozzo, come te del resto.”.
Teti preparò la sua lancia ed Euridice strinse la spada sorridendo di scherno: “Sai una cosa? Voi titani avete scelto un epoca spagliata per rinascere.”.
Euridice non aveva paura era calma, la titanide anche, si giravano attorno scrutandosi come due abili gladiatori prima di iniziare un duello.
“Sta pur certa che io Teti dea degli abissi non mi farò mai sconfiggere da una troglodita come te.”.
Euridice non rispose alla provocazione e passò all’attacco eseguendo un balzo cercando di piombare sull’altra dall’alto , ma la dea dai capelli turchini non si fece cogliere impreparata e parò subito il colpo, erano faccia a faccia ora.
“Però niente male per essere una dea.”. Commentò Euridice sorridendo e l’altra ricambiò la battuta: “ Anche tu, del resto sei pur sempre nostra sorella”.
Si allontanarono entrambi e si scrutarono, Euridice girò la spada e Teti fece volteggiare abilmente la sua lancia. Rimasero in silenzio ognuna con i propri pensieri, l’atmosfera era elettrica e l’energia sprigionata dalle due sembrava scontrarsi in maniera caotica respingendosi, era due dee che si stavano confrontando.
Un altro movimento di gambe svelto e furtivo da parte di Euridice e fu addosso alla titanide che parò i suoi fendenti con grande abilità: I movimenti delle due erano davvero differenti , Euridice aveva un movimento più deciso che aveva un solo scopo uccidere, Teti invece si muoveva leggiadra, come una dea dell’acqua pronta a scatenasi ed agguantare la sua vittima.
Ci fu uno scambio di colpi repentino, erano alla pari non c’era che dire tuttavia bastò un attimo di distrazione da parte di Euridice che Teti le affondò subito la punta della sua lancia sulla spalla sinistra provocandole una profonda ferita che schizzava sangue. Un grido di rabbia da parte della figlia del cielo poi tentò di affondare la sua lama di spada verso il ventre della titanide, ma fu un azzardo perché lo schivò saltando all’indietro e quindi poi ne approfittò subito per andare in avanti mentre l’altra era intenta a ritirare la sua lama verso di se per difendersi, la colpì con una ginocchiata all’altezza del ventre che la fece abbassare dolorante e incurvata in avanti. Teti finì la sua azione poi volteggiando e menando un pugno trasversale sul volto della sua avversaria che cadde a terra strisciando per qualche metro andando a infossarsi contro una parete di ferro della nave che si ammaccò. Euridice sentì un gran dolore alla schiena, ma non fece tempo neppure ad accorgersi di tutto quello che succedeva che Teti si era lanciata su di lei infilandogli la lancia nella gamba destra .
Il dolore fu immenso la figlia di Urano gridò ancora in maniera disumana, ma i suoi occhi ora erano carichi di odio profondo tanto che la rabbia che aveva alimentò il suo potere e il suo desiderio di vendetta era tanta da far diventare le iridi rosse come sangue, mentre il potere di Urano ora era libero di sfogarsi. La spada si illuminò nel mezzo della sfera azzurra dell’impugnatura mentre Euridice si alzava con il labbro inferiore che colava di sangue la sua armatura si era rotta un po’ nella collisione con un espressione terrificante. i suoi occhi oltre che divenuti rossi erano infossati e divenuti con le pupille piccolissime, era un espressione demoniaca, tanto che la stessa Teti rimase impressionata nel vederla, i suoi occhi azzurri si spalancarono e indietreggiò non pensava di trovarsi una simile furia davanti, sudò freddo, ed ebbe paura , la prima volta paura in tutta la sua vita, mentre Euridice avanzava il passo come la morte ed alzò la spada dei cieli di suo padre al cielo.
“Allora sorella che cos’hai hai paura di ritornare nel tartaro?”.
Disse con una voce che non era la sua anzi quella non era Euridice ,era un'altra, un demone Teti non perse la calma e puntò la lancia, non fece in tempo a fare nulla perché Euridice l’attaccò con dei fulmini provenienti dalla sua spada che investirono la dea dei mari penetrandola al ventre con la lama mentre il sangue titanico schizzava arrivando a sporcare la ragazza che si leccò alcune gocce che le erano sulla faccia assaporandone il gusto e il piacere della vendetta.
“Padre guarda tua figlia ,mentre uccide i tuoi carnefici, mentre li fa soffrire aspramente, guarda tua figlia ed esserne fiero!”. Euridice farneticava parole sconnesse che mai avrebbe mai detto eppure adesso sentiva l’istinto che era estasiato a tale vista , mentre la parte della vera Euridice stava cercando di mandare via quella sensazione e riprendere coscienza non ce la fece e il demone si sfogava con tutta la sua forza e rideva godeva nel farlo.
Teti cadde a terra in una pozza di sangue ma fortuna volle che fosse viva, si rialzò barcollando sputando sangue a terra cercando di escogitare qualcosa per fermare quella furia e qualcosa aveva trovato. L’ultima arma che ogni titano sfoderava nel momento del bisogno, l’ultima magia dell’alba dei tempi che gli dei usano, “l’assorbimento dell’anima”.
Euridice intanto la faceva a pezzi poi però bastò un attimo di distrazione da parte della ragazza platinata e Teti la bloccò in una morsa telecinetica iniziando ad assorbire la sua anima .
Euridice gridò cercando di liberarsi, mentre soffriva per mantenere la sua anima attaccata al suo corpo, questa volta era Teti a ridere in maniera sadica: “ Sai una cosa credo che sarò io rispedirti nel Tartaro esattamente come tuo padre!”.
L’anima di Euridice stava per staccarsi dal corpo, ma ad un tratto un altro potente potere telecinetico contrastò l’influsso di quello di Teti e evitò che Euridice perdesse l’anima, la ragazza cadde a terra semplicemente perdendo conoscenza.
Teti si voltò verso sinistra e vide Giapeto e a quel punto si infuriò: “ Maledizione si può sapere che cavolo ti è preso? Lo sai chi è questa?”
“Certo che lo so.”.
“Allora perché?…”
“ Perché solo io ho il compito di ucciderla, non permetterò a nessuno di vuoi di farlo al posto mio chiaro?”.
Teti sentì ribollire il sangue, e mostrò un espressione indignata con i denti serrati, ma Giapeto non ci fece tanto caso e prese Euridice con se mentre spariva in un varco nero da lui creato.
Teti era furibonda, ma era evidente che non c’è la faceva a inseguirli o a continuare l’invasione dell’isola degli “Innominati” quindi ordinò la ritirata verso gli oceani.
Intanto nell’isola si festeggiava per la ritirata della Bismarck , ma era solo l’inizio sarebbero ritornati quindi doveva riorganizzarsi, Antares nel frattempo continuava a chiamare Euridice, ma non la raggiunse.
“Perché non risponde?” Si chiese , preoccupata: “ Che le sia successo qualcosa?”.
“Non vorrei essere pessimista Antares,ma se quella ragazza era sulla Bismarck, credo proprio che l’avranno uccisa o fatta prigioniera.”. Falcon fu schietto e Antares senti il cuore stringersi, non poteva crederci, Euridice non era morta, lo sentiva, ma cosa fare per scoprire che ne era stato di lei? Forse andare a cercarla nella loro base, ma era un suicidio però sentiva che lo doveva fare non poteva abbandonare la sua amica al suo destino quindi prese la sua decisione.
“Ascolta avresti una mappa di come raggiungere la base della Bismarck?”.
“La Bismarck non ha una base sua lei risiede nella città capitale Oceania, dimora del regno di Oceano, ma è impossibile avvicinarsi perché è protetta da molte correnti impetuose e da mostri marini giganteschi.”.
“Non mi importa dammi la mappa per raggiungere quella città!”.
“Che cosa, ma perché?”.
“Perché andrò a salvare la mia amica, non la lascerò morire.”.
Falcon cercò di dissuadere la regina scorpione, ma non ci riuscì e dovette dargli la mappa per raggiungere Oceania, tuttavia decise poi alla fine di accompagnarla anche lui con un paio di soldati di scorta, ma Antares spiegò che non ce ne era bisogno quindi partì da sola a bordo di un piccolo sottomarino impostò la rotta verso Oceania e sperò di arrivare a salvare Euridice in tempo, anche se ignorava che ora la sua amica era nelle mani di Giapeto, che l’aveva portata nel suo caotico regno.
Il sottomarino avanzava sperduto nelle profondità marine , seguendo la sua meta ed Antares era sempre più nervosa e temeva per Euridice chissà cosa le era capitato? Euridice resisti ti salverò io, non permetterò a quei vigliacchi di ucciderti.
Era immersa nei suoi pensieri quando un rumore proveniente da dietro un sedile la distrasse e fulminea prese le sue sciabole, ma non appena vide chi c’era dietro al sedile, si sorprese: “ Che cribbio ci fai tu qui? Non avevi detto che non volevi venire?” Chiese rivolta a Falcon che si era nascosto per venire, anche se era un rischio lasciare la base incustodita, ma lo era altrettanto perdere Antares: “Beh ecco io non me la sono sentita di lasciarti andare da sola e quindi sono venuto. Spero che non ti abbia dato fastidio.” Arrossì un po’ imbarazzato.
Antares sorrise: “Non preoccuparti, mi fa piacere che ti pensi anche per me, però la base incustodita? Se fanno un altro attacco sono guai.” Falcon abbassò lo sguardo: “ Lo so, ma sinceramente preferisco accompagnarti per ora, sai dove stai andando è un luogo molto pericoloso io ci sono stato.”.
Antares si sedette su uno dei sedili, poi spalancò gli occhi e si fece più attenta: “Cosa? Sei stato là in quel posto?”.
Falcon sospirò poi si sedette su uno dei sedili anche lui e tirò fuori una sigaretta e la accese, poi fece un tiro e buttò fuori il fumo che si spandeva nell’aria facendo piccole nubi.
“E’una lunga storia, comunque sì ci sono stato, ho combattuto laggiù perché quella città apparteneva agli abitanti degli Oceani di cui io ormai sono l’unico superstite dopo che Oceano decise di sterminarli a sangue freddo durante la guerra che ci fu per mandarlo via …”.
Falcon interruppe la sua parola gli sembrò di rivedere ancora quel giorno. L’acqua tanta acqua, i mari si erano innalzati come un ruggito improvviso di leone e insieme alla furia delle acque, il vento, un tifone immenso generato da una gigantesca creatura e poi l’acqua rivelò i suoi padroni due esseri spaventosi, due titani due dei dei mari, Teti e Oceano, furono loro gli autori di tale scempio. Una città bellissima e prosperosa ricca, pacifica completamente sommersa e i suoi abitanti morti con lei, se ne salvarono pochi tra cui lui che allora era piccolo, ma aveva combattuto contro di loro, contro l’ira degli dei, ma non poteva far nulla contro tali esseri quindi fu costretto a ritirasi e divenire un ribelle.
Falcon aveva un’espressione strana non sembrava in se, e Antares lo guardò con aria interrogativa: “Falcon, che cosa ti prende?”.
Falcon ritornò in se: “ Nulla non preoccuparti, l’unica cosa che voglio è uccidere quei due dei ma prima voglio pensare alla tua amica.”.
Antares sorrise: “Grazie sei un amico.” Falcon ricambiò il sorriso.
Il sottomarino viaggiò per un paio di giorni nei meandri degli abissi, senza trovare nulla e nel frattempo Antares e Falcon si raccontarono un sacco di cose e iniziarono così a instaurare un bel rapporto di amicizia. La regina scorpione di solito non aveva mai avuto amici tra gli umani soprattutto non aveva mai visto a bene quelli appartenenti al sesso opposto dato che nel suo covo vi erano solo donne, era la prima volta che parlava così apertamente con qualcuno che non era una femmina scorpione. Era piacevole stare con lui, era un tipo interessante e deciso lo capiva bene e nello stesso tempo era un po’ triste per via del suo passato che lui le raccontò a poco a poco, Antares capiva ora perché aveva voluto aiutarla.
“Dimmi da quanto tempo sei diventato comandante degli “Innominati”?”.
Antares teneva ferma la rotta e controllava il timone principale meccanico, Falcon che la aiutava guardando i monitor controllando ogni minima anomalia cercò di rispondere.
“Sono da loro fin da quando avevo otto anni, però solo di recente ne ho assunto il comando è bell’impegno sai e sei sempre al centro dell’attenzione.”.
“Capisco, anche fare la regina ha i suoi problemi.”.
“Già, però se non sbaglio le donne scorpione sono creature nate fin dai tempi più remoti, come gli dei quindi di regine cene saranno state molte.”.
“Altro che si parla di una dinastia millenaria ormai.”.
“Già però non riesco a capire, come avete fatto a sopravvivere senza uomini?”.
Antares sorrise, Falcon era la seconda persona che gli faceva quella domanda, anche Euridice se l’era fatta avendo ricevuto riposte dopo aver visto una donna scorpione partorire un uovo dalla bocca.
“Beh non che avere per forza una figura maschile sia indispensabile, noi siamo molto diverse dalle donne umane, noi partoriamo uova dalla bocca per procreare e il nostro istinto ci aiuta a crescere e a diventare forti come guerrieri, sai una donna scorpione ha la forza di una decina di uomini umani, siamo l’elite dei guerrieri, eppure …”. Abbassò lo sguardo ricordando la sconfitta subita l’ultima volta da Giapeto e Mnemosine: “Eppure non è bastato per salvare il nostro covo e ora non esiste più, ma io me lo riprenderò a qualunque costo, dopo aver recuperato Euridiuce tornerò nel nono regno e mi riorganizzerò, per invadere Alexandria, ucciderò Mnemosine con le mie mani!”.
Lo sguardo di Antares si fece molto deciso e Falcon non commentò nulla.
Passò ancora un giorno e tutto era tranquillo, anche se tuttavia avevano bisogno di fermarsi a mettere il carburante per il sottomarino e a prendere provviste e acqua visto che stavano scarseggiando quindi, decisero di riemergere e trovarono sulla strada una piccola isola abitata, forse laggiù avrebbero trovato qualcosa che gli sarebbe servito.
Approdarono dunque al piccolo molo e scesero giù sulla spiaggia, camminarono per un tratto e si ritrovarono in un piccolo villaggio di pescatori composto di rudi capanne di paglia, non sembrava esserci ombra di tecnologia laggiù, un paradiso naturale.
L'aria che tirava era cordiale fortunatamente, però non davano l'aria di possedere molti beni, chissà se avrebbero trovato qualcosa? Iniziarono a perlustrare la zona.
Antares si guardò attorno e adocchiò una locanda, propose di riposarsi laggiù e così fecero.
Entrarono all'interno, vi erano molti pescatori del luogo, che si divertivano a bere e abbuffarsi di pesce, poi vi era anche qualche viaggiatore, quindi non erano i soli a essere approdati in quel posto. In effetti, avevano visto anche altre navi ormeggiate, doveva essere un punto ritrovo neutrale come dimostrava anche la presenza di qualche soldato imperiale, lì avevano tutti accesso nessuno escluso.
Entrarono nella locanda.
“Vuoi prendere qualcosa? Io sto morendo di fame.”.
Falcon guardò quanti soldi aveva in tasca poi annuì, così si fermarono a mangiare un po’ del fresco pesce che c’era laggiù.
Durante il pasto Antares, con la coda dell’occhio, notò un comportamento non del tutto educato da parte di alcune guardie imperiali provenienti dal regno di Febe che se la stavano prendendo con il cameriere per via di una di una portata di pesce errata e si stavano preparando a ucciderlo dopo averlo picchiato più volte. Vedendo tale scena, Antares si alzò di colpo, ma Falcon la afferrò per un braccio e gli fece segno con la testa: “E’ meglio non immischiarsi, ti ricordo che stiamo andando da soli verso Oceania.”.
“Sì ma ti rendi conto? Quelle sporche carogne...”
“Sta qui e basta!”
Antares si sentì ribollire non diede ascolto a Falcon, non ha mai sopportato chi se la prende con i deboli.
“Antares!”. Le urlò dietro Falcon, ma non ci fu modo di fermarla.
La ragazza era già arrivata dalle guardie e aveva iniziato una bella scazzottata, Falcon sospirò, però doveva ammettere che quella ragazza era veramente interessante e alla fine andò a dare manforte anche lui. Intanto si era accalcata un enorme folla che già faceva scommesse, Falcon e Antares riuscirono a vincere e i soldati se ne andarono, giurando vendetta, subito dopo si sentì uno scroscio di applausi e una sonora risata, poi dalle ombre apparve un omone grande grosso sulla quarantina vestito con una divisa da imperiale, anche se si vedeva benissimo che non era uno di loro visto la chioma ribelle e i baffoni insieme allo sguardo serioso dalle iridi rosse.
“Complimenti siete davvero in gamba lo devo ammettere.”
“Ne vuoi un po’ anche tu?”
Commentò Falcon, che era già con il pugno al vento, l’uomo rise ancora: “Sei sempre il solito vedo non cambi mai vero Falcon?”.
Falcon notò che l’uomo lo conosceva allora iniziò a fissarlo e subito dopo qualche attimo d’incertezza spalancò gli occhi.
“No, ma tu sei …”
“Ti sei ricordato eh? Vecchia canaglia.”
Antares guardò i due con aria interrogativa, mentre iniziarono allegramente a scambiarsi segni di saluti e pacche sulle spalle come vecchi amici.
“Scusate, ma vi conoscete?”
Falcon annuì stringendosi con l’altro “Altroché come non riconoscere colui che m’insegnò tutto ciò che so? Il suo nome è Dankan ed un grande e famoso pirata spaziale.”. La ragazza spalancò gli occhi.
“Cosa un pirata spaziale, davvero, ma è fantastico!”.
Antares era sempre stata affascinata dai viaggiatori spaziali, perché un giorno contava di viaggiare anche lei nello spazio, un giorno magari quando i titani sarebbero scomparsi, tuttavia si dimostrò molto gentile con il nuovo arrivato ed anche lui lo fu altrettanto e gli offrì anche il pranzo in onore dei vecchi tempi.
Subito dopo aver finito di mangiare e aver preso tutto il necessario Falcon e Antares dovettero per forza andare, tuttavia un avvenimento inaspettato li colse, perché insieme con loro volle unirsi Dankan, visto che anche lui odiava Oceano e Teti e non appena seppe che lo dovevano liberare una loro amica andando a Oceania non perse tempo per partecipare a una nuova avventura, e loro ne furono felici, così partirono nuovamente verso la meta prescelta.
Ci furono altri giorni viaggio, in cui il gruppo si solidificò in una grande amicizia, poi finalmente arrivarono nei pressi della città, il fatiscente palazzo di Oceano si vedeva anche da lontano.
“Ci siamo ragazzi, Oceania.”.
Antares fu schietta e Falcon e Dankan rimasero in silenzio ognuno pensando al da farsi e soprattutto all’eventualità dello scontro contro Teti e Oceano.
Nel frattempo nel caotico regno di Giapeto, Euridice si ritrovò in una stanza chiusa adagiata su di un comodo letto, mentre il titano la assisteva, ma stava pensando al modo migliore per ucciderla, dopotutto gli aveva mozzato un braccio, anche se non sapeva perché, ma il su istinto lo portò a fargli decidere che era meglio curarla dalle ferite, altrimenti che gusto c’era combattere contro un nemico già morto? Già sarebbe stato davvero poco leale, anche se forse presto se ne sarebbe pentito. Però in quel momento non la sentiva una nemica, anche se era la tredicesima figlia, il prescelto che segnerà la fine dei titani, tuttavia forse era meglio accertarsene di persona che tutto questo fosse vero.
Il titano camminò avanti e indietro nervosamente, poi si fermò un solo attimo e guardò la ragazza, era davvero strano, aveva sentito parlare del tredicesimo figlio di Urano, ma non si aspettava che fosse una così bella ragazza, si chiedeva per quale ragione gli dei l’hanno voluta lanciare contro i titani suoi stessi fratelli anzi che convincerla ad aiutarli.
Il titano si avvicinò un attimo per osservarla meglio, era ancora sporca di sangue e presentava parecchie ferite e lividi, doveva ucciderla adesso che ne aveva l’occasione, eppure non riusciva a provare lo stesso odio di prima. Ora il suo cuore sentiva un caldo tepore, che questa sia la pietà? Pietà per un nemico pericoloso? Quale pazzia peggiore, eppure non desiderava ucciderla altrimenti gli sarebbe bastato poco ora che era in quelle condizioni un solo affondo con i suoi pugnali o con i suoi poteri, ma non lo fece. Usò la sua mano semplicemente per sfiorarle il volto, per poi scendere fino all’altezza del seno, ma non potette andare oltre perché Eridice gli fu subito addosso puntandogli un coltello che aveva nascosto nell’armatura alla gola del fratello, tenendolo immobile.
“Ok scusa, non dovevo farlo, non lo mi permetterò mai più promesso!”.
“Senti un po’ brutto stronzo che intenzioni hai? Mi hai salvata per provarci con me? Beh ti è andata male, e adesso cerca di startene calmo se non vuoi che ti porti via anche l’altro braccio!”.
“Uffa e stai un po’ calma?Ti ho chiesto già scusa.”.
Euridice si era posta a cavalcioni su di lui tenendolo fermo e facendo pressione con il pugnale: “Avanti si può sapere dove sono e perché mi hai portato qui senza uccidermi? Sta attento a ciò che fai capito o questo telo ficco in gola.”.
Giapeto sorrise un po’ divertito dalla situazione che a lui non dispiaceva, visto l’atmosfera che si era creata e quella ragazza era terribilmente sexy la lasciò fare: “Senti,ma non è che un giretto con me te lo faresti? Visto che ora sei tu che mi sei sopra. Io non sto facendo niente, vedi non ti ho toccata.”.
Euridice arrossì in effetti, era vero, però non era di certo né il luogo o il momento di pensare a certe cose visto che lui era anche un nemico.
Euridice sempre puntando il pugnale alla gola del titano, cercò nella sua armatura, anche se era distrutta se vi erano le manette che di solito le servivano per tenere fermi i ricercati che catturava e quindi immobilizzo il titano assicurandolo alle sponde del letto e già Giapeto s’immaginava il resto che ne sarebbe capitato se Euridice fosse veramente disposta: “Beh non era esattamente ciò che avevo in mente, però se proprio insiti, fa pure. ”.
Non aveva neanche fatto in tempo a pronunciare queste parole, che Euridice era scesa dal letto fulminea e se ne era andata verso la finestra, poi sul ciglio del cornicione sorrise maliziosamente:
“Sei proprio perfetto così, stammi bene ok? Ti saluto se vuoi sfidarmi prova a cercarmi ti darò del filo da torcere esattamente come ho fatto con Teti.”.
La ragazza saltò in cima a un balconcino che si affacciava alla stanza, poi così via saltando quatta e furtiva come un ninja riuscì a uscire dal palazzo di Giapeto, mentre vedeva l’ambiente e a quanto pare non era in mare, Giapeto doveva averla portata nel suo regno come dimostravano gli squarci caotici e sconnessi del cielo, e ora come fare per tornare da Antares? Una soluzione doveva pur esserci e l’avrebbe trovata.
Giapeto invece rimase senza parole, per alcuni secondi, poi deluso per l’occasione mancata e soprattutto per aver fatto la figura dell’idiota si liberò delle manette, e promise a se stesso che la prossima volta non si sarebbe fatto fregare e l’avrebbe uccisa per l’umiliazione subita.
“Puttana! Se ti prendo ti apro in due, questa te la faccio pagare è una promessa!”.
Euridice dopo essere scappata dal palazzo di Giapeto si ritrovò a girovagare per l'immenso bosco, in un regno a lei sconosciuto ove il cielo sembrava impazzito, non aveva forma precisa, non aveva colori distinguibili era tutto un groviglio di masse indefinite.
La ragazza doveva trovare il modo di ritornare sull'isola degli innominati, ma non sarebbe stato facile, era ferita sebbene camminasse ancora e non aveva nulla che le potesse permettere di prendere un'astronave e andarsene nemmeno un soldo era in una situazione alquanto disperata.
"Dannazione! Non so proprio cosa fare, presto Giapeto si metterà sulle mie tracce devo trovare il modo di scappare da qui altrimenti sarò costretta di nuovo... “.
Non fece in tempo a pronunciare l'ultima frase che un’orribile sensazione la prese al cuore. Era un vuoto totale e si ricordò dello scontro con Teti, lì non era in lei, era un'altra e gli piaceva esserlo eppure non voleva che il potere di Urano la corrompesse creando un mostro senza più una coscienza. No non poteva essere! Non doveva! Capì solo lì che doveva lottare con tutte le sue forze, niente doveva farle perdere il controllo di se si ripromise dunque che la prossima volta che avrebbe incontrato uno dei suoi fratelli non sarebbe successo, avrebbe dominato il suo istinto suo padre non avrebbe fatto i propri comodi con lei. Mentre si riprometteva questo, continuò a vagare senza meta.
Intanto Antares, Falcon e Dankan, ormai arrivato a Oceania si preparavano pian piano a entrare nella città.
"Ragazzi che facciamo?Non possiamo entrare così alla cieca ci scopri ranno."
Antares aveva ragione, Falcon camminava avanti e indietro nervosamente e Dankan si era appoggiato con le braccia conserte al muro metallico del sottomarino che era nascosto in una protuberanza a pochi metri dalla città. Ci pensarono a fondo, nulla gli venne in mente, ma poi quasi all'improvviso Dankan si accorse che il punto in cui era ormeggiato il sottomarino aveva al suo interno un cunicolo lunghissimo, chissà magari poteva portare verso la città allora propose subito di attraversarlo.
"Ragazzi credo di aver trovato una soluzione al problema." Falcon e Antares lo guardarono con aria interrogativa, mentre lui prese i comandi del sottomarino e si avventurò nella grotta: " Fidatevi di me il mio sesto senso non sbaglia.".
Il pirata spaziale era sicuro e gli altri due vollero dargli fiducia. Si addentrarono all'interno del cunicolo sottomarino, non si vedeva un palmo dal dito dovettero accendere i fari.
L'attraversata fu lunga, ma si rivelò utile poiché Dankan aveva ragione, era un passaggio segreto che faceva sbucare nelle periferie della città quando riemersero, infatti, cercarono di celare il sottomarino usato una barriera che li rendeva invisibili, era pericoloso andare avanti con quello, quindi lo lasciarono in un punto vicino al molo poi loro scesero e proseguirono a piedi camuffandosi con mantelli. Il loro obiettivo era il palazzo di Oceano e le sue prigioni, dove pensavano fosse Euridice.
Nel frattempo Euridice iniziò a stancarsi di girare a vuoto, era stanca e affamata e le forze la stavano abbandonando, iniziò a sentire le ferite bruciare. Dannazione!
Imprecò tra se, poi decise di riposarsi sotto a un albero. Chissà che cosa mi accadrà.
Un altro pensiero che poi fu interrotto da un fruscio di foglie, la ragazza balzò in piedi, mano alle due daghe, la spada del cielo foderata sulla schiena, erano un gruppo, lo sentiva, si stavano avvicinando, il suo respiro era calmo.
Ad un tratto una pioggia di frecce improvvisa. Euridice fece fatica a schivarle tutte e alcune la ferirono al braccio poi veloce lanciò le daghe trafiggendo due uomini che caddero a terra con un tonfo secco. In risposta altri due uomini l'attaccarono alle spalle, lei schivò i loro attacchi rispondendo con la lama della possente spada dei cieli. Ci fu un attimo lungo di silenzio e di tensione, Euridice si guardò attentissima intorno cercando di scovare il nemico che era ancora nascosto.
Ad un tratto però sentì un pizzico dietro alla nuca, l'avevano attaccata con un ago imbevuto di sonnifero che fece effetto da subito, infatti, non riuscì a capire da dove lo avessero tirato e si abbandonò al sonno lasciando la spada scivolare a terra.
Euridice non si accorse di nulla, ma la stavano portando da qualche parte non sapeva chi l'avesse catturata se erano le truppe di Giapeto o qualcun altro fatto sta che era stata fatta sicuramente prigioniera.
La ragazza si svegliò tuttavia, in un posto molto strano non era una prigione sembrava una stanza come quella che la ha ospitata nel covo di Antares però questa era molto raffinata e presentava lenzuoli di seta e uno stile neoclassico come quelle stanze che vedeva nei suoi sogni prima di incontrare l'Oracolo. Le sembrò di vivere un altro sogno, si guardò subito i vestiti erano i suoi e l'armatura era ancora logora e rotta. Dov'era? Continuava a chiedersi. Questo posto è così simile a quello del mio sogno.
In quel momento una porta automatica si aprì, e sull’uscio apparve una ragazza dai lunghi capelli biondi con indosso una bella e soffice tunica bianca di seta e portava un vassoio con della frutta mista “Buongiorno.”.
Euridice la guardò con aria interrogativa le sembrava gentile quindi sorrise e rispose al saluto poi la ragazza posò il vassoio sul comodino vicino.
“Se vuoi mangiare qualcosa poi prendere questa frutta.”.
La ragazza guardò Euridice sempre con aria amichevole lanciandole dei bei sorrisi però la ragazza platinata aveva sicuramente bisogno di spiegazioni: “Senti, che ci faccio qui? “.
La ragazza non ebbe nessun problema a risponderle: “Sei stata portata qui, dal mio padrone è un modo per chiederti scusa per averti attaccato, pensava fossi un soldato delle truppe di Giapeto allora ha ordinato ad alcuni uomini di attaccarti, ma poi quando ha visto che non avevi indosso una divisa imperiale allora ha capito di essersi sbagliato e ti ha portato qui per curarti.”.
La graziosa serva fece una spiegazione precisa, però a questo punto la curiosità di Euridice si fece ancora più attenta: “Chi è il tuo padrone?”.
La serva a quella domanda si sentì un po’ avvampare e arrossì: “Beh ecco, il mio padrone è una persona molto importante da queste parti, sai è considerato un eroe leggendario perché aiuta la gente di questo regno a combattere la tirannia di Giapeto.”.
Euridice annuì con la testa, mentre vedeva che la ragazza si era persa nei suoi sogni, chissà poi perché, poi lo capì al volo, perché subito dopo la ragazza continuò a parlare di lui elevando la sua figura a livelli quasi divini come se fosse l’uomo, più importate dell’universo e a lei personalmente importò poco e già gli stava sulle scatole.
Continuò a guardarla con una faccia poco convinta.
“Devi vederlo sai? Prima di tutto è l’uomo più bello che abbia mai visto, con i suoi capelli color del fuoco e gli occhi azzurri come il cielo e il suo fisico da dio greco è davvero l’apoteosi della bellezza ogni donna gli cederebbe ai piedi io per prima poi è fortissimo quando combatte. Ha poteri inimmaginabili divini e anche quando sconfigge i nemici sa muoversi con classe ed eleganza.”.
Dalla descrizione della giovane costui in pratica non era altro che uno stupido esibizionista, ma magari non era vero ed Euridice sinceramente era curiosa di vederlo, però non ebbe tempo neppure di chiederlo che la servetta svampita la fece scendere dal letto poi le aprì l’armadio mostrandogli delle tuniche di seta bellissime.
“Su avanti vestiti bene se vuoi incontrarlo non poi andare in giro in quel modo ah e poi fatti anche un bagno.”.
La ragazza non lasciò tempo di decidere a Euridice, la prese subito la spogliò e la mise nella vasca dove l’acqua era gelata e la cacciatrice di taglie si lamentava, ma fu tutto inutile, perché l’altra continuò ad agghindarla e farla bella. Ma dove sono capitata?Mi sa che era meglio stare da Giapeto.
Commentò pensando tra se.
Finalmente fu pronta, era veramente uno schianto, la tunica rosa, che le aveva scelto la serva era molto carina piaceva anche a lei aveva fatto un buon lavoro e le rivolse un sorriso poi fu accompagnata da questo famigerato padrone.
Percorsero un lungo corridoio molto raffinato, dove vi erano statue in stile neo classico, però si poteva vedere anche la tecnologia delle telecamere e del sistema di sorveglianza la serva, infatti, dovette farsi riconoscere dalla macchina di sorveglianza, prima di entrare nella stanza del suo padrone.
Le due ragazze entrarono e il misterioso salvatore si fece vedere, ed era proprio come descriveva la serva, aveva capelli rossi come il fuco corti, occhi azzurri e longilinei e un corpo da dio che si vedeva nella sottile tunica.
Euridice rimase un po’ incantata a guardarlo non aveva mai visto un uomo di tale bellezza, però poi tornò sulle sue mentre la serva era rimasta completamente imbambolata come le altre ragazze che lo circondavano mentre era sdraiato sul lettino, mangiando un grappolo d'uva che gli porgeva una ragazza.
Euridice avanzò poi il bel ragazzo parlò subito: "Ti do il mio benvenuto nel mio tempio, giovane fanciulla.".
Euridice face un piccolo inchino con la schiena "grazie", poi l'uomo, si alzò elegantemente dal lettino e con raffinato movimento arrivò di fronte a lei. La fissò per qualche attimo con i suoi occhi azzurri come il cielo, poi le prese la mano e le baciò elegantemente il dorso: "Il mio nome è Apollonius Spartaco e sono il generale dei cavalieri del Sole protettori di questo regno! Incantato.".
Euridice non era abituata a essere trattata con tanta eleganza, non sapeva cosa dire arrossì un po’ poi il ragazzo tornò a guardarla e sorrise ed Euridice riuscì a essere suggestionata anche da quello era così solare: "Posso sapere il vostro nome, mia signora?". Euridice annuì timidamente: "Sì certo, il mio nome è Euridice."
"Euridice? Questo nome è splendido, è proprio adatto per una creatura di rara bellezza come voi.”.
Euridice sorrise imbarazzata all'uomo, che la accompagnò a sedersi a terra in una valanga di morbidi cuscini dove vi era un tavolino addobbato con frutta e fiori.
La ragazza si sentiva un po’ fuori luogo lì.
"Ditemi come mai un così bel fiore era sperso nel bosco? Lo sapete che è molto pericoloso quel posto è sorvegliato dalle truppe di Giapeto, è stato un caso che passasi di lì con un gruppo d’ispezione e che vi abbia raccolta.".
"Lo sapevo già, infatti, ero in fuga da loro.".
"Ah capisco! Come ci siete finita nelle loro mani? Siete una ribelle?".
"Beh ecco diciamo quasi.".
Apollonius si fece più attento: "Interessante, anch’io ho un gruppo di resistenza, combattiamo Giapeto ormai da moltissimo, ma siamo in pochi, stiamo cercando di allearci con qualcuno, abbiamo contattato anche l'esercito di Arthesia, ma non bastano."
"Capisco." Commentò la ragazza platinata, però a questo proposito le venne un’idea per ritornare da Antares, sull'isola degli Innominati, costui poteva essere molto utile, e magari chissà poteva allearsi anche con Falcon visto che erano nella stessa situazione.
"Sentite di che gruppo rivoluzionario fate parte?".
La domanda dell'uomo cadde proprio a fagiolo.
"Avete mai sentito parlare degli "Innominati"?".
Apollonius spalancò gli occhi azzurri: "Gli innominati?". Euridice annuì.
"Li conosco, ho avuto molti aiuti c’eravamo alleati per un periodo, ma poi ci dividemmo per questioni di territorio visto che loro combattono in un altro fronte.".
"Però siete nella stessa situazione, perché non vi alleate ancora?".
"Mi piacerebbe, ma se il mio esercito lascia questo regno, chi lo proteggerà da Giapeto?".
"Però io avrei bisogno di tornare da loro una mia amica mi aspetta, vorrei permettermi di chiedervi di accompagnarmi all'isola.".
Apollonius ci pensò un attimo, però poi decise di aiutarla: "Va bene, infondo voglio rivedere Falcon, mi manca un po’ i tempi in cui lottavamo insieme.".
Euridice sorrise e lui ricambiò: "Poi non potrei mai dir di no a un così bel fiore dell’Eden.".
"Possiamo partire domani se è possibile?".
"Certamente, preparerò un’astronave apposta per voi, mia giovane dea.".
Euridice fu contenta di aver trovato qualcuno che la aiutasse, finalmente presto sarebbe tornata da Antares che nel frattempo si era inoltrata tra le vie di Oceania accompagnata da Dankan e Falcon.
Oceania era una città davvero bellissima e fatiscente, c'era tecnologia immersa in case incastonate nelle rocce calcaree marine, però ad abitarla vi erano solo guardie imperiali, gli abitanti c'erano pochi e tutti si barricavano in casa soggiogati dai soldati.
I tre dopo aver camminato e ammirato la città arrivarono al loro obiettivo: Il palazzo di Oceano.
"Eccoci arrivati.". Antares deglutì, esattamente come Falcon, Dankan invece rimase impassibile.
"Come facciamo ad entrare?". Già entrare non sarebbe stato facile, però una soluzione la trovarono, stordirono delle guardie e presero in prestito i loro vestiti, quindi entrarono dal portone principale indisturbati.
"E' stato facile.". Disse la Regina Scorpione, ripresa dal freddo intervento di Falcon: "Non abbiamo ancora finito!".
Antares era concentrata non voleva prendere troppo alla leggera la cosa.
Riuscirono a entrare nella fortezza che era immensa e sempre più fatiscente fu un’impresa trovare le prigioni, ma fortunatamente riuscirono a trovarle però cercarono e cercarono, ma di Euridice nemmeno l'ombra.
"Ragazzi siete sicuri che la vostra amica sia stata fatta prigioniera? Secondo me l'hanno già fatta fuori.". Constatò Dankan un po’ annoiato dalla situazione.
"Non dirlo neanche per scherzo.". Antares ammonì in malo modo Dankan, comunque fatto sta che Euridice non era lì, ma allora dov'era? Dovevano trovarla.
I tre ragazzi continuarono la loro ricerca, ma era inutile e temevano il peggio per la loro amica, tuttavia ora gli unici a essere a rischio erano loro poiché incapparono in un controllo e furono purtroppo scoperti e i soldati iniziarono ad incalzarli su di loro mentre cercavano di scappare, ma fu impossibile perché li circondarono.
"Oh no che guaio.". Il commento di Falcon non lasciò altro da dire. I soldati erano in molti e loro solo in tre la situazione era grave."Non possiamo sperare di eliminarli tutti!" Antares aveva ragione, allora in tale situazione, vi era una sola cosa ovvia da fare: Arrendersi, e così fecero quindi furono catturati e fatti prigionieri in attesa di giudizio.
La sera sembrò arrivare presto, anche se il cielo era tormentato dai caotici varchi dimensionali creati da titano Giapeto, quando arrivava la sera o il giorno il cielo si illuminava cerando contrasti fluorescenti che accendevano i varchi. La sera sopratutto erano davvero affascinanti perché nell'oscurità si potevano notare delle specie di stelle al loro interno che si frantumavano e procuravano una piccola luce simile a lucciole.
Euridice dormì nella sua stanza, Apollonius nonostante il suo modo di fare da super uomo era davvero un tipo molto simpatico, era stata bene assieme a lui, anche se era solo un giorno che stava lì era stata trattata benissimo, l’aveva fatta sedere al suo tavolo e le parlò della sua organizzazione di ribelli.
Più o meno, Apollonius e i suoi come organizzazione di ribelli assomigliavano agli "Innominati" di Falcon, possedevano anche loro armi tecnologiche e altre di vario tipo, però loro non basavano tutto sull'uso delle armi come gli Innominati che si poteva definire più un vero e proprio esercito militare. L'organizzazione era la stessa, rigida e compatta, ma loro "I Cavalieri del Sole"facevano uso anche di arti magiche derivate dal potere degli dei, loro infatti aveva un culto e una fede profonda per il dio del sole Febo Apollo e Apollonius per loro era il rappresentate del dio e lo seguivano come tale poiché i suoi poteri erano proprio gli stessi e degni di essere portati da lui.
La ragazza era affascinata da loro, quasi come quando era stata da Antares durante il suo addestramento, ma ancor più lo era dal carisma che incuteva Apollonius quando dava i suoi ordini, che non erano freddi come quelli di un comandante durante una guerra erano calmi e saggi, metteva sempre in primo piano la propria fede e il motivo perché combattevano. Era un vero oratore e tutti pendevano dalle sue labbra.
Euridice in quei pochi momenti si sentiva felice di poterlo ascoltare, poi lui le fece conoscere altri tre membri di spicco che lo accompagnavano sul campo di battaglia, Dafne e Perseo, nomi di eroi appartenuti al mito e forse lo erano anche stati in una vita passata come lei era un tredicesimo figlio di Urano quindi non si sarebbe affatto stupita della cosa.
Dafne si presentava come una bellissima ragazza più o meno della stessa età di Euridice, dai lunghi capelli biondi e occhi verdi smeraldo. Bellissima donna come l'antica ninfa da cui traeva il nome, la carnagione era bianca e aveva orecchie a punta come quelle di Euridice che si sentì per la prima volta uguale a qualcun altro, come abbigliamento indossava una tunica bianca molto raffinata con sopra al petto una pettorina di metallo finissimo e lavorato come la spallina che le era sul lato sinistro e il diadema che aveva tra i capelli. Perseo invece esattamente come l'antico eroe che sconfisse le Gorgoni dallo sguardo pietrificante, era un bellissimo ragazzo dal corpo olimpionico e capelli neri corvino fluenti, portava una leggera tunica rossiccia corta fino le cosce, com’era uso dagli antichi. Portava un'armatura argentata che però non indossava sempre, solo in battaglia come il suo scudo decorato di figure inerenti le sue battaglie con le gorgoni, il quale era una sua difesa importante, ma ava poteri anche divini poiché gli occhi delle gorgoni incisi su di esso potevano pietrificare, al suo fianco invece non mancava mai la mitica spada che tagliò la testa alla gorgone.
Prima che la sera finisse, Euridice era rimasta con loro e infatti le raccontarono di ricordarsi un’antica vita passata, tra leggenda e dei anche lei si aprì con loro però non disse nulla che era un tredicesimo titano, forse aveva paura che la ritenessero una spia e si limitò unicamente a dire di essere una cacciatrice di taglie come sempre poi andò a letto.
Intanto nel palazzo di Giapeto, il titano era intento a cercare una traccia che lo conducesse ad Euridice, gliela voleva far pagare per averlo umiliato in tal modo, prima in battaglia e poi anche prendendolo in giro quando l'aveva curata, si pentì di non averla uccisa, ma ora lo avrebbe fatto.
Consultò tutte le sue spie migliori, ma non trovò nulla che lo collegasse ad Euridice, però scoprì che i Cavalieri del Sole avevano in mente di partire e a questo proposito lasciò indietro per un attimo Euridice e pensò a come sorprendere il suo nemico mortale, per ora era in priorità assoluta, quindi si organizzò per bene per un agguato in pieno stile lui era un vero maestro, dopotutto non per nulla il covo di Antares era stato conquistato e sorpreso.
La mattina arrivò presto ed Euridice si svegliò di buon ora e raggiunse subito dopo essersi vestita e aver fatto colazione Apollonius e suoi, che erano già fuori pronti ad accompagnarla.
Tutti le sorrisero e lei ricambiò prese tutte le sue armi compresa la spada dei cieli e si rimise la sua armatura che intanto era stata aggiustata e resa anche più forte da un’arte magica di un abile armaiolo dell'organizzazione.
Apollonius le si avvicinò puntando i suoi occhi azzurri nei suoi e sentì ancora quel brivido: "Vogliamo andare?". Le porse la mano in maniera elegante, Euridice si sentì avvampare mentre lo guardava oggi non aveva la sua seducente tunica da dio era vestito come un vero e proprio soldato greco antico, una pettorina color dell'oro, schinieri e copri spalle finissimi con sandali intrecciati e un diadema sulla fronte, mentre i suoi capelli rossi fuoco sembravano svolazzare come fiamme. Portava un arco dorato e una magnifica spada al suo fianco.
Era un vero dio in terra, la ragazza gli porse la sua mano e lui la accompagnò verso il centro dove vi era un cerchio misterioso decorato di strani simboli arcaici.
Affascinante.
Ai lati del cerchio c'erano Dafne e Perseo.
Euridice guardò quel cerchio affascinata, poi però non resistette alla curiosità e si lasciò scappare una domanda innocente: "Che cos'è questo?".
"E’ un cerchio teletrasporto, con questo possiamo viaggiare senza uscire dalla cupola che ci ha imposto Giapeto, per non farci risucchiare dai terribili vortici dimensionali."
Interessante Euridce si precipitò sul cerchio e guardò i presenti impaziente, voleva tornare da Antares chissà com'era preoccupata per lei non vedeva l'ora di abbracciarla.
"Come funziona?".Chiese ancora.
Apollonius sorrise: "Sta calma ora lo vedrai." Fece segno ai due suoi guerrieri di procedere, ma proprio mentre Dafne stava recitando la formula magica per azionare il cerchio, Perseo si pose subito dinnanzi alle sue spalle e la protesse dall'improvvisa freccia che la stava per colpire con il suo scudo, gridando: "Dafne!".
D'improvviso tutti si misero in difensiva, Apollonios subito di fronte ad Euridice, anche se forse ignorava che lei non ne aveva bisogno sapeva badare a se stessa.
Dagli alberi sbucarono come funghi soldati imperiali e anche dai cespugli, si riversarono tutti sul gruppo con foga. Fecero fatica a respingerli, Apollonius gridava ordini a manetta ai suoi uomini, mentre Euridice affondava con le sue daghe nelle carni dei soldati, mentre Dafne ne abbatteva più che ne poteva con l'aiuto dei suo poteri e Perseo cercava di pietrificarli con lo scudo.
La battaglia iniziò subito ad infuriare, però alla fine i soldati sembravano diminuire, forse avevano vinto.
"Così imparano!". Commentò Perseo non vedendo apparire più nessuno, Euridice intanto stava lottando anche con se stessa, il sangue la incitava e quella sensazione di piacere e della vendetta di suo padre stava ritornando, ma non poteva farla uscire, non lo avrebbe permesso mai più. No... no ...mai più...
Si ripetete tra se, mentre si ricordava l'incontro con Teti, le fece male la testa e sentiva mancare l'aria, Apollonius se ne accorse e gli andò vicino abbracciandola, lei si sentì un pochino più sollevata accanto a lui.
"Non preoccuparti, starò io al tuo fianco, non ti lascerò sola.". Le disse, Euridice arrossì in volto, poi avvertì arrivare una familiare presenza.
Giapeto.
"Consegnami immediatamente quella donna Spartaco." Il titano fece risuonare la sua voce alle spalle dei due, Apollonius si girò di scatto esattamente come la ragazza e lo videro con la sua espressione glaciale.
"Sono spiacente mio caro, ma non permetterò che tu metta le mani su questa meravigliosa creatura, vattene dunque." Era evidente che il dio del sole voleva proteggere Euridice a tutti i costi, ma Giapeto non ne era affatto intimorito, avrebbe preso quello che voleva lo stesso anche a costo della vita.
"Allora vi ucciderò entrambi.".
Il titano velocemente mosse i suoi passi sguainando le sue sei lame dal dorso delle mani, ma Apollonius non era da meno e gli andò incontro urlando il suo grido da battaglia.
I due si scontrarono, la spada del dio del sole era incastrata nelle lame del titano, erano faccia a faccia, si guardavano negli occhi ricolmi d'ira poi indietreggiarono per un attimo per poi iniziare ad affondare colpi su colpi.
Apollonus era elegantissimo nel muovere la spada e a ogni affondo sembra assorbire anche i segni della sua fatica, Giapeto invece come era capitato con Antares, era velocissimo e spariva nelle sue dimensioni per poi riapparire alle spalle di Apollonis che più volte fu sorpreso e ferito alle spalle.
Euridice non poteva lasciare che lui facesse tutto quindi si gettò verso Giapeto con le daghe sguainate urlando, ma lui non si fece cogliere impreparato e scomparve dalla traiettoria di Euridice.
"Accidenti ma dove è finito?".
Non c’era e poteva apparire da un momento all'altro, Apollonuius ed Eurudice rimasero all'erta.
Ad un tratto un vento fortissimo iniziò a risucchiarli, i due alzarono la testa e videro un immenso buco nero nel quale al centro vi era Giapeto, che concentrava il suo potere. I due guerrieri erano in una gran brutta situazione anche se le cose non andavano bene neppure per Dafne e Perseo, le guardie erano troppe iniziavano ad essere stanchi e a sentire il potere del signore delle dimensioni.
Il risucchio dimensionale era opprimente bisognava fare qualcosa.
Apollonius Spartaco però aveva un’idea: Avrebbe creato una serie di raggi infuocati per contrastare il risucchio, quindi si raccomando ad Euridice di attaccarsi a lui.
Creò gli immensi raggi come il sole e li diresse verso il titano che forse era rimasto abbagliato dalla luce che emettevano e non li vide chiaramente arrivare, lo colpirono interrompendo il flusso dimensionale che andò scemando per poi chiudere il portale.
"Dannazione!" Imprecò arrivato a terra, mentre dei rivoli di sangue solcavano il suo viso e il suo corpo sotto l'armatura d'ebano poi però non perse il suo spirito guerriero e continuò a combattere, con più furia.
Apollonius stava facendo molta fatica a contenere i suoi attacchi Euridice anche però non si perdeva mai di animo e cercò di mantenersi completamente lucida senza lasciare che la belva uscisse di nuovo anche se la sentiva premere e richiamare sangue di titano. No questa volta no, io ti dominerò!
Si disse fra se mentre affondava la sua daga nel fianco del titano, ma non fu un colpo che lacerò organi vitali e il titano sentiva solo un immenso dolore che aumentava la sua rabbia e dunque si girò di scatto dando una gomitata con il braccio bionico sinistro verso il viso della ragazza.
Euridice fu scaraventata a terra, e sanguinava dal naso mentre Giapeto sembrava soddisfatto di quel colpo: "Così impari!Questo e per avermi considerato un idiota.".
La ragazza sorrise alzandosi: "Io ti considero ancora un idiota.".
"Impertinente!".
Giapeto fu subito addosso a lei come una furia, i suoi occhi di ghiaccio erano iniettati di sangue e le sue iridi erano piccolissime simbolo che voleva distruggerla una volta per tutte.
Preparò subito il suo attacco più possente il risucchio dell'anima come fece Teti, posò le mani con i palmi in avanti e la ragazza si mise subito sull’attenti quella posa era terrificante lo sapeva fin troppo bene.
"Muori!". Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, tuttavia quella rabbia lo portò a fare un grave errore e non si accorse dell'improvviso intervento di Spartaco che gli arrivò con un fendente incandescente alla schiena dove gli fece un taglio enorme.
Il titano urlò per il dolore lancinante sentendo le sue membra bruciare sulla spada del cavaliere del sole che lo guardò con odio affondando ancor più il suo fendente fino a quando non fosse morto.
Giapeto cercò di girarsi per colpirlo con le sue lame, ma Euridice fu più veloce e con la sua daga lo colpì al ventre.
Il titano era stato colpito da due diversi attacchi era tra le lame di due avversari, però sentiva che non avevano colpito in ogni caso organi vitali quindi poteva farcela a sopravvivere, ma non ci riusciva sentiva le forze venirgli a meno sputò sangue, poi cadde a terra, mentre il cielo iniziò a diventare normale senza più quel caos di prima. Era di un azzurro limpido forse Giapeto aveva diminuito il suo influsso dopo aver ricevuto i due colpi e l'equilibrio del regno ne risentì, forse era arrivata la libertà.
Dafne e Perso intanto avevano eliminato tutti i soldati e guardarono il cielo e sorrisero.
"E' finita.". Disse Perseo "Già hai mai visto un cielo così limpido?" Chiese Dafne stupita di quanto era successo, era bellissimo.
Perseo e Dafne commentarono l'avvenuto poi andarono in soccorso di Euridice e Apollonius che erano stati feriti dopo la lotta con Giapeto che però non era morto era agonizzante a terra riverso in una pozza di sangue riuscì a vedere venire le tenebre del tartaro a riprenderselo, non voleva aveva paura di ritornare laggiù, troppo dolore più della morte che stava subendo. No...tutto tranne il Tartaro...no … no...non voglio ritornarci...
Pensò tra se mentre un coniato di vomito di sangue lo percorse poi alzò per un attimo il suo sguardo e si vide vicino Perseo con la sua spada che gli puntava la gola.
Era finita!
“Preparati, ritornatene nel tartaro creatura delle tenebre!”. Perseo alzò la spada al cielo, poi la abbassò e si stava dirigendo verso la gola del titano. Nessuno lo voleva fermare, ma d’istinto qualcosa capitò ad Euridice e lo fermò prima che la sua lama toccasse la gola dell’altro.
“Fermo aspetta!”.
Spartaco rimase interdetto, come il resto dei presenti, poi la ragazza espose le sue ragioni: “E’stato sconfitto, non è necessario ucciderlo ora.” Non sapeva perché avesse detto in quel modo, ma non voleva incappare nell’errore che aveva fatto con Teti, non voleva che Urano la usasse ancora, se avesse lasciato che lo uccidessero era tutto alimento alla bestia vendicatrice che era in lei e non poteva permetterlo.
“Per quale assurdo motivo devo lasciare in vita una creatura del genere? Ti rendi conto cosa rappresenta?”.
Perseo era adirato, ma Euridice non si scompose: “Se lo uccidiamo adesso, non pensi che ci metteremo al suo pari? Ormai ha perso il suo regno è perduto e abbiamo conquistato uno spiraglio di libertà, ma appunto perché abbiamo questo spiraglio non dobbiamo macchiarlo con il sangue come dei demoni. Lui sarà stato un essere spregevole, ma deve avere un regolare processo.”.
Apollonius annuì il discorso di Euridice non faceva di certo una piega, infatti ordinò a Perseo di risparmiarlo e di imprigionarlo, poi si preparò con Euridice ad accompagnarla da Antares.
Dopo la sconfitta, il regno di Giapeto riacquistò il suo splendore, però fu una cosa molto graduale e inoltre questa sconfitta non passò inosservata poiché Crono lo venne a sapere e quindi radunò ad Olimpia i restanti titani per parlare della situazione mandò loro un avviso.
L’avviso di Crono arrivò anche a Oceania e Oceano non appena lo lesse corse subito ad avvisare Teti ancora convalescente che si stupì a sua volta non avrebbero mai immaginato che Giapeto venisse sconfitto quindi ora un regno era perduto e andava ripreso però anche loro avevano un loro problema interno ovvero i tre prigionieri entrati di nascosto al palazzo. Dovevano prima occuparsi di loro non erano tollerate spie o interferenze soprattutto ora che uno dei dodici regni era stato abbattuto quindi mandarono un avviso che avrebbero fatto tardi all’assemblea generale, poi ordinarono ai loro uomini di andare a prendere i prigionieri volevano vederli almeno in faccia e di sicuro non sarebbe stata una sorpresa piacevole quella di scoprire che uno dei tre era Falcon.
Note autore: Ecco finalmente dopo essere stata ferma riesco a ripubblicare i nuovi capitoli della fic Grazie a chi mi segue anche in silenzio ^^